I've been waiting for two years

di Lelex97
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Riavvicinamenti e Rivelazioni ***
Capitolo 2: *** Rancori ***
Capitolo 3: *** Giallo, rosso, impatto. ***
Capitolo 4: *** False speranze e pianti. ***



Capitolo 1
*** Riavvicinamenti e Rivelazioni ***


Note dell'autore: Salve a tutti! Sono nuovo del sito e non sono ancora molto bravo. Spero che questa storia vi piaccia e spero di scrivere bene. Ogni critica sarà ben accetta e, se vi va, lasciate un commento. Grazie per l'attenzione e buona lettura.

Capitolo 1

Riavvicinamenti e Rivelazioni

Avevo la gola secca, ormai parlavo come se fossi un fiume in piena e gli dissi tutto ciò che avevo dentro da otto mesi buoni. Non ero un tipo che si sforgava spesso con qualcuno e se quel qualcuno era la persona che amavi, beh è molto più difficile. Eravamo a scuola quel giorno e approfittai dell'intervallo per parlargli, finalmente. Ho sempre avuto paura dei discorsi perché facevano uscire il mio lato peggiore cioè quello timido, impacciato e balbuzziente. Ormai erano quasi cinque minuti che mi squadrava e lo riportai alla nostra conversazione. 
«Perché continui a guardarmi e non dici nulla?» Gli chiesi quasi innervosito dal suo comportamento, non mi aveva mai guardato così. 
«Stavo decidendo.» E continuava a guardarmi, secondo me lo faceva apposta. Arrossii un po' e storsi lo sguardo.
«Ehi!» Mi chiamò, quasi per ammonirmi di una cosa che non avrei dovuto fare «Me lo ripeti sempre eppure tu non lo fai mai.» mi prese il mento con le mani e mi constrinse a guardarlo, incurante di alcune ragazzine indiscriete che ci guardavano. «Guardami quando sto per parlarti.» Mi sorrise e poi mi strinse a lui. 
«Hai ragione, sai?» Sbottò dopo che restammo un po' in quella posizione. Mi piaceva perché inspiravo il suo profumo di muschio e un'altra fraganza di cui non conosco l'esistenza.
«Cosa?» Gli dissi semplicemente; non capendo a che cosa andava a parare.
«Hai ragione su tutto quello che hai detto, cioé quasi tutto. Sono stato un vero stupido ad alzare la voce quel giorno di otto mesi fa, eppure continuavo a fregarmene di te. Ho avuto il mio tempo e non ho saputo gestirlo. Scusami tu...» Aveva gli occhi lucidi, forse era veramente dispiaciuto.
«Non ti metterai a piangere spero.» Ridacchiai e lui mi seguì a ruota. Era così carino quando sfoderava i suoi denti candidi...
«Io? No no.» Smise di guardarmi e poi guardò un punto fisso della platea.
« Che stai guardando?» I suoi occhi dovevano essere solo i miei, di nessun altro! 
«Nulla, osservavo quella ragazzina lì. È una ragazza della prima.» Lo guardai male e poi mi girai verso la persona che lui mi indicò. Cosa? Celestian? Perché guardava la mia migliore amica con la bava alla bocca? Ad essere carina si, ma non per mettersi con uno come lui: bello, fisico tonico, un filino di barbetta che da due giorni non rasava. Non lo conoscevo così bene finché la stessa Celestian non mi ha fatto aprire un mondo: non era il ragazzo duro che dava a vedere. Celestian mi raccontò che quando arrivava a casa preferisce chiudersi in camera sua e poi piangere al di rotto per tutti i problemi che affronta in famiglia; quali le lunghe litigate dei genitori e le condizioni di salute critiche del fratellino più piccolo del quale si occupavano solo lui e il fratello intermedio, Marcus. Le informazioni le ricavava dall' amica di banco che abitava a qualche palazzo di distanza da Cristiano e diciamo che si conoscevano da una vita. Non capii perché Celestian fosse così affezionata a quel ragazzo. Non voleva saperne di continuare a parlarmi, così lo richiamai «Ehi, Terra chiama Cristiano. La smetti di squadrarla da cima a fondo? Sembri uno di quei ragazzi che non vedono la fica da quattro mesi!». Ridacchiai alla sua vista truce. 
«Sono libero di fare quello che voglio, chiaro? E poi non ti riprendere tutta questa confidenza solo perché ti ho perdonato!» 
Lo guardai male e gli feci la linguaccia facendolo sorridere. 
«E' così carina... Sono due giorni che non mi toglie gli occhi di dosso!» Sbottò spostando lo sguardo di nuovo verso di lei e sorridendo come un idiota. 
«C-C-Cosa? Due giorni?!» Balbettai stralunato. Celestian non mi aveva mai detto che parlavano direttamente. 
«Si, due giorni. Cosa c'è di male?» Sorrise.
«Di male non c'è nulla, ma non metterti stupide idee in testa; ti fa male pensare!» ridacchiai di nuovo, ricevendo un buffetto sul capo. 
«Basta! Hai chiuso di nuovo! Solo perché la guardo non significa che io ci voglia provare. Ci ho solo chiacchierato tramite cellulare e non mi è sembrata una persona cattiva come quella puttana della mia ex, al contrario. E' romantica, dolce e sognatrice. Con lei non sarebbe solo una sveltina, credo». 
Continuava a bramare quel corpo perfetto di quella ragazzina, come se fosse oro su di un piedistallo, compatto, che attende solo che tu lo prenda e ci faccia ciò che più ti piaccia. 
Gli sferrai un leggero pugno sulla guancia, non un pugno carico di rabbia ma amichevole.
«Ti sei innamorato, eh? Imbeccile?» gli mandai questa frecciatina e lui arrossii un poco.
«Io? Innamorato? AH! Figuriamoci. Io non mi innamorerò mai più, perché l'amore...»
«Fa soffrire, ti rende triste e bla bla bla, il solito» lo interruppi sul nascere, perché sapevo che la cosa sarebbe degenerata poco dopo. Pensai ad alcune cose e decisi di fare una cosa che andava contro i miei sentimenti ma forse capii che era giusto farlo per lei, ma anche un po' per me: dovevo togliermelo dalla testa perché ricevere insulti sul cellulare da anonimi idioti non era più tollerabile per me. Cristiano non era contro l'amore tra stesso sesso ma se dovesse provarlo a causa mia lui mi ucciderebbe, sicuro.
«Ho un' idea!» Sorrisi al quel pensiero di ciò che avevo pensato.
«E cioè?» Mi guardò confuso e con gli occhi spalancati dal terrore. Sapeva a cosa andava in contro e la prospettiva di andare vicino a Celestian non lo allettava molto, infatti, una volta preso per il polso e trascinato per il corridoio della scuola sino alla classe della mia migliore amica, era rosso in viso e cercava in tutti i modi di non parlare. Appena Celestian incrociava il suo sguardo, lo abbassava rapidamente per cercare di evadere da quella prigione di occhi color nero pece. «Allora, Celé» Cris mi guardò male per quel piccolo nomignolo che aveva attribuito lui alla ragazza «come è andato il compito di francese? Ho saputo da Yasmine che dovevate farlo alla prima ora.»  Finalmente la mia migliore amica mi degnò di uno sguardo carico di imbarazzo «Ehm... Si.. Allora...» Balbettava quasi, era così carina quando era imbarazzata... «Erano quattro domande su di un argomento scelto dalla prof ed io...» guardò Cristiano, poi guardò me. «Sono andata bene, ho risposto a tutto.» Sorrise soddisfatta. 
«Brava la mia Celè! Diventerai un ottima professoressa di francese!»Sbottò Cristiano. Celestian scoppiò in una fragorosa risata e Cristiano non potè fare a meno di gonfiare le guance per il nervoso. Odiava quando qualcuno gli rideva letteralmente in faccia «Scusami... Scusami. E' solo che hai fatto una faccia buffissima quando hai pronunciato il mio nome. Sei carino quando fai quella faccia!» Chris sorrise a quel complimento e abbracciò forte Celestian che arrossì di colpo a quel gesto inaspettato. «Ehm... Cristiano...» Chris sorrise ancora e si staccò da lei. E continuò a avere una risata nervosissima. Il suo instinto era sempre così inutile. Ma quando suona questa campanella? Erano venti minuti buoni che eravamo in corridoio ed io stavo morendo di invidia per le attenzioni che degnava alla mia migliore amica che a me.
«Scusa, mi viene naturale abbracciare le persone quando mi fanno un complimento, scusami.»
«Figurati.» Passarono altri 2 minuti di silenzio tombale e decisamente imbarazzante, finché la campanella si decise, finalmente, di segnare la fine dell'intervallo. «Bene, ora dovremmo andare.» Disse Cristiano. Io gli sorrisi.
«Mi aspetti giù? Dovrei confidare una cosa alla ragazza qui presente.» Gli dissi con un barlume di preghiera negli occhi e lui non pote che guardarmi male, ancora.
«Va bene, va bene, ma non più di cinque minuti. Ti ricordo che abbiamo due ore di filosofia filate e dovrei essere interrogato per recuperare quell'orribile cinque.» Detto questo scese le scale senza ricevere una risposta. 
«Allora? Avete parlato?» Celestian era eccitatissima all'idea che io e Cristiano avessimo fatto pace e saltallava dalla gioia. Lei sapeva tutto ciò di cui pensavo su Cris. Lei è sempre stata presente in tutto quello che facevo e non potetti proprio lasciarla anche in questa sfida. Ha avuto pochi ragazzi che però l'hanno fatta sempre soffrire e, puntualmente, c'ero io che la consolavo e asciugavo le sue lacrime. Era molto strano come una ragazza bella come lei fosse a corto di ragazzi che le facevano la corte. Aveva un fisico stupendo, molto magra e quando sorrideva faceva cadere tutti ai suoi piedi. I capelli li teneva lungi fino al fondo schiena dove le radici erano castane e finiva con dei bellissimi riflessi biondi. Ne avevamo passate tante insieme...
« Si, abbiamo parlato e siamo giunti alla conclusione che saremo di nuovo amici come prima.» «Ma...?» «Ma io non devo stargli attaccato come una zecca, lo so, lo so, ma Cè io lo amo ancora, non posso farci nulla...» Avrei dovuto veramente rassegnarmi a dimenticarlo. 
«Oggi, casa mia, alle quattro di questo pomeriggio. Non mancare mi raccomando, abbiamo un sacco di cose da dirci!» Mi stampò un bel bacio sulla guancia e scappò in classe sua come feci io, del resto.

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Capitolo 2
*** Rancori ***


Note dell'autore: Ciao ragazzi e ragazze. Mi ero ripromesso che pubblicavo il secondo capitolo domani, ma ho tutta la storia già finita, quindi è inutile aspettare. Spero che questo capitolo sia più carino di quello precedente. Rammento a voi di recensire la storia cosicché io possa migliorarla. Grazie per l'attenzione

Capitolo 2
Rancori

La prof. chiamò proprio lui ed io mi rifiutai di aiutarlo nell'interrogazione, quel sette che avevo non potevo farlo scendere a sei, non avevo studiato. Doveva cavarsela da solo. Cavolo, pensavo come un maestro di arti marziali che lascia il suo allievo ad una sfida difficile. Sorrisi come un cretino al solo pensiero. Dopo un' ora Cristiano tornò a posto.
«Beh? Come sono andato?» Un grosso sorriso occupava la faccia del mio migliore amico.
«Non c'è che dire, sei stato eccezionale all'interrogazione! Non sapevo studiassi così assiduamente quando vuoi recuperare un voto.» Mi diede un lieve pugno sulla spalla per gioco e dopo si andò a sedere accanto a me. 
«Dai, non scherzo, come sono andato?» Chiese insistente.
«Te l'ho detto, benissimo.» Gli sorrisi e lui guardò l'insegnante che intanto iniziava a spiegare l'ultimo capitolo del libro.
La mattinata passò in fretta. Quando la prof.ssa finì di spiegare, uscimmo dalla classe per tornarcene alle nostra rispettive case. All'uscita di scuola il padre di Cristiano mi diede un passaggio per tornare a casa ed io non potetti smettere di ringraziarlo. «Allora ragazzi, come è andata? Cris, sei stato interrogato? E' andata bene? E tu Emmanuel? Sei stato interrogato?» Eccola, la raffica di domande che ha sempre caratterizzato Rafael. «Papà, non iniziare con la tua raffica di domande! Comunque, si tutto bene. Sono stato interrogato ed è andato tutto alla grande.» Cris cercò di zittirlo. Non gli piaceva quando il padre iniziava a fargli il terzo grado, diceva che lo trovava irritante soprattutto quando parlava d'amore. 
«Hai trovato la ragazza che ti piace? Non puoi arrivare alla tua festa di diciotto anni senza una ragazza!» Appunto. Cristiano lo guardava allibito e con gli occhi spalancati, era allibito.
«Bene, io dovrei scendere qui.» Dissi, scappando da quella situazione.
«Ma tu abiti a due isolati più avanti.» Mi disse Cristiano con un accenno di tremolio nella voce. Quando è in difficoltà cercava sempre qualcuno per aiutarlo. «Dai, resta...» Mi stava pregando?
«E va bene...» Sospirai e mi rassegnai, lui mi prese la mano in segno di ringraziamento, io arrossii un po'. Rafael che ci guardava dallo specchietto retrovisore dell'auto si arrabbiò molto, si vedeva dallo sguardo furioso.
Arrivati sotto casa mia, scesi dalla macchina e Cristiano abbassò il finestrino e mi chiamò. «Domani sei libero? Ho bisogno di parlare con te...» Sorrisi alla sua faccia da bambino. La faceva sempre quando voleva ottenere qualcosa. A volte sembrava che io fossi il più grande dei due, ma questo non era vero. Lui era più grande di me di un anno, era stato bocciato in prima superiore. «Va bene, scemo. A domani.» Gli diedi un bacio sulla guancia e lui si pulì con la mano. «Sai quanto mi fanno schifo, smettila.» Risi e gli domandai scusa. Appena tolsi la faccia dalla macchina il padre partì a tutto gas, forse era straziato da quell'amicizia troppo stretta. Raggiunsi il pianerottolo di casa mia e aprii con le chiavi. 
«Sono a casa!» Urlai felice come una pasqua. 
Mia madre mi accolse con un grandissimo abbraccio e mi stritolò non poco; mio fratello invece era in camera mia che studiava. Sapete, stava all' università e non era una passeggiata. Tra lavoro, piscina e università ne perde di tempo. La tavola era già imbandita di ogni prelibatezza che mamma preparava ogni sabato a pranzo. Chiamato mio fratello dalla camera mangiammo come una allegra famiglia e, mentre eravamo a tavola, mio fratello mi fece una domanda diretta: «Hai fatto pace con Cristiano, vero? » Mi irrigidii alla sola pronuncia del suo nome ma anche perché mio fratello mi capiva al volo. «Denny, cosa ti fa pensare questo? » la mia voce apparì titubante e nervosa, non ero per nulla al mio agio. «Allora, considerando la tua felicità incomprensibile dopo mesi di malinconia e depressione, direi che tu abbia fatto pace con la tua cotta adolescenziale.» Lo guardai leggermente male «Odio i tuoi studi di psicologia all'università!» Mio fratello rise e poi si alzò da tavola perché aveva appena finito di consumare il pranzo. «Vado in camera a studiare, non avere la testa tra le nuvole.» 
«Cosa?» Mi ero incantato a leggere l'etichetta della Pepsi che era in tavola «Appunto.»
Lo guardai andare in camera e chiudersi dentro. 
«Allora, non ti è passata ancora la cotta?» la voce di mia madre mi fece voltare verso di lei «A quanto pare no, mamma.» Le risposi gelido. Mia madre non aveva mai accettato il fatto che io amassi Cristiano e mai se n'era fatta una ragione; era la classica donna anni 70 contro i gay e contro tutto quello che andava contro le leggi divine. Per lei tutto doveva essere cancellato iniziando dagli omosessuali. Mi fece la solita predica sull'amore tra persone dello stesso sesso: «Non capisco ancora cosa c'è che non va in te! Non potrai mai trovare piacere in quella persona, siete uguali, avete tutti e due quel coso tra le gambe, cosa ti potrà mai donarti quel tuo amico? Una famiglia? No, questo mai! Mi sono scocciata di combattere, devi dimenticarlo definitivamente!» Sputò il suo veleno che chissà da quanto tempo teneva dentro.
«Mamma, ma...» Non mi fece finire la frase.
«BASTA! Vattene di qui, prendi la tua roba e fatti una vita segnata dalla malavita e dal dolore, mi sono letteralmente scocciata!» Così iniziai a piangere. Corsi in camera piangendo e imprecando contro mia madre, mi fratello mi guardava non capendo quello che era successo. Preparai la valigia e, una volta finita, la sola cosa che udii sulla soglia della porta era mio fratello che urlava e mia madre che piangeva. Uscii, chiusi la porta e corsi verso un solo posto: da Celestian. Quando arrivai erano le tre e trenta e non seppi se bussare alla sua porta oppure no, ma poi suonai al campanello e mi aprì proprio lei. «Oh, sei in anti... Manu, cosa è successo? Hai gli occhi gonfi e rossi.» Lasciai cadere la valigia a terra e mi fiondai a circondarle il collo con le mie grosse braccia. « Ti spiego dentro, mi fai entrare?» Chiesi tra un singhiozzo e l'altro. 
«Certo, accomodati...» Si scostò e mi fece entrare. Quell'ambiente mi era completamente familiare, casa arredata nel migliore dei modi: legno morbido color ciliegio e souvenir delle migliori parti del mondo. Il fratello di Celestian, Clark, era un giramondo. Quindi, quando può, porta dei regalini simpatici alla sua sorellina. Mi fece accomodare nella sua cameretta tappezzata di ogni bambola possibile ed immaginabile, alcune anche di porcellana. «Allora, spiegati.» Gli spiegai tutto quello che era successo in casa e il seguito, Celè ha sempre fatto così: le è sempre piaciuto aiutare gli altri in qualche maniera. «E tua madre ha reagito così? Scusami, Emmanuel ma tua madre ha proprio sbagliato a mandarti fuori di casa, non mi aspettavo certo questa da Stefany.» Sapevo che avrebbe reagito così. Un'altra qualità di Celestian era che commentava sempre ogni cosa.
«Lo so, neanche io...» Le dissi deluso. 
«Dai, vedrai che si aggiusterà tutto.» mi sorrise, ma io scoppiai in quel momento. «Come puoi dirmi che si aggiusterà tutto, eh? Aiuto sempre gli altri in tutto, metto sempre da parte i miei sentimenti per far si che la vita degli altri sia fantastica, ma io quando avrò qualcosa in cambio? Posso solo sperare che Chris si riavvicini a me come prima, ma anche questo è improbabile perché lui ha accettato di ritornare amici solo per avere te, quindi, ancora una volta, mi faccio da parte per te.» Non ce la feci a tenermi tutto dentro; una persona non può sperare di andare avanti guardando sempre gli altri e non pensare un po' a sè. «Manu, cerca di calmarti...» Gli vennero le lacrime agli occhi per il mio comportamento scorbutico e scontroso. «Oddio, scusami Celè. Non volevo arrabbiarmi con te.» Che stupido. La abbracciai come per scusarmi «Non preoccuparti.» Un trillo di cellulare ci fece staccare «E' il tuo.» Affermai io certo. Lei rise. «No, caro mio. E' il tuo.»
«Cosa? E' impo...» Guardai il display del cellulare e Cristiano mi aveva mando un messaggio: "Allora è confermato per domani? Come ti ho detto, ho un' assurda voglia di stare con te. Porto un paio di bottiglie di birra e non accetto un "no" come risposta. Ti voglio bene".  Il 'ti voglio bene' era bloccato da due cuoricini. 
Sorrisi come un ebete, in fondo ero innamorato «È lui, dice di voler venire a casa mia domani.» 
« Visto? E tu dici che la vita non ti sorride mai.» Mi sorrise un po' sofferente. Sapevo che anche lei ci aveva messo gli occhi addosso già da un po' ma la cosa era uscita fuori solo da poco tempo. 
«Ti adoro tantissimo» La abbracciai, ancora. Ma non un abbraccio qualsiasi, quelli che io faccio alle persone che amo di più di me stesso.
«Bene, ora che cosa vogliamo fare? Ti stabilisci da me?»

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Capitolo 3
*** Giallo, rosso, impatto. ***


Note dell'autore: Salute a voi lettori! Oggi vi posto il seguito dei capitoli precedenti. Non se ci saranno altri due o soltanto un altro capitolo ma la storia sta volgendo al termine. Buona lettura e grazie per l'attenzione

Capitolo 3

Giallo, rosso, impatto.

La sera arrivò presto e dopo aver mangiato una bella pizza insieme andammo a dormire. «Come stai?» Celè mi chiese d'un tratto, nel buio. Mi fece questa domanda non per sapere il mio stato fisico, ma quello morale. Conosceva ogni mio sguardo, capiva ogni mio sbalzo improvviso d' umore. Sapeva quando tacere e, invece quando ammonirmi, la amavo.
«Bene, non preoccuparti, è passato.» Sorrisi, pur sapendo che lei non mi vide.
«Okay, buona notte.» Si sporse dalla sua parte di letto e mi diede un bacio sulla guancia. «Ti voglio tanto bene.» Continuai a tenere il sorriso sulle labbra. «So che me ne vuoi, ma io di più.» la punzecchiai.
«Ah, non dire stronzate.» Mi tirò un po' il naso e poi si rimise nella sua parte di letto. Il cellulare che avevo vicino vibrò rilevando un nuovo messaggio: "Non vedo l'ora di domani, so che ora sei a letto ma non starai dormendo. Buona notte, amico mio. Mi ha fatto tanto piacere parlare con te stamane." Come non si poteva non amare un ragazzo del genere? Era tenero, dolce, romantico, peccato che era completamente etero ed io non potei mai confessargli il mio amore.
**
La luce del sole, che filtrava dalle finestre semichiuse, mi dava molto fastidio ed iniziai a svegliarmi. Si sentiva profumo di caffè appena fatto e mi alzai dal letto subito. Celè sapeva quando mi piaceva il caffè di primo mattino e ogni volta che andavo a casa sua me ne preparava una tazza piena, come fece, del resto. «Buongiorno. Ti sei svegliata di buon umore vedo.» Lei mi sorrise come al solito e appena mi vide, mi abbracciò «Io sono sempre di buon umore, che credi? Comunque, ci sono i Pancake nel micronde che aspettano solo di essere mangiati. Ci sediamo?» Annuii con convizione e pensai a come quella giornata poteva volgere solo al meglio. Mangiammo con una felicità assurda, forse nemmeno da bambini ridevamo così tanto; ci vestimmo e passammo la mattinata insieme. I nostri cellulari suonavano a raffica causa del messaggi che Cristiano continuava a mandarci e noi eravamo più felici che mai. Vedevo nei suoi occhi uno strano luccichio come di stella. Forse Cristiano le mandava frasi dolci e lei era completamente persa nel mondo dei sogni, non si sapeva. «Che ti ha scritto?» Chiesi curioso e lei arrossì di colpo coprendosi il volto con una mano e con l'altra mi voltò il cellulare facendomi leggere ciò che c'era scritto: "Ho capito quanto ci tengo a te e quanto io sia affezionato al nostro rapporto. Per gioco abbiamo iniziato a contattarci e poi, incontrandoti, mi è salito il cuore in gola, e mi sono reso conto che è te che voglio. E che non voglio perderti per nulla al mondo." Sentii qualcosa dentro di me fare un piccolo sussulto e poi fermarsi per diversi secondi. Poco dopo spalancai gli occhi a quella nuova sensazione che stava nascendo dentro di me e sentii il cuore rompersi ancora, gli occhi bruciare e le lacrime farsi strada all'interno dei miei occhi. Sentii la terra sotto di me sprofondare, il respiro farsi più lento. Celestian volse lo sguardo sorridente verso di me e con molto dispiacere cambiò espressione «Best...» Usava quel nomignolo quando credeva di aver fatto qualcosa di male nei miei confronti. «Scusa, non avrei mai dovuto mostrarti quel messaggio.» Mi strinse forte, ma io non sentivo niente, non provavo niente. Non sentivo il calore della sua pelle a contatto con la mia, non sentivo l'amore che in quel momento voleva trasmettermi, nulla. Volevo solo fare una cosa per aggiustare tutto quello che stava accadendo. La allontanai da me e inviai un messaggio a Cristiano dove gli dicevo che dovevamo incontrarci immediatamente al parco vicino casa mia e poi scesi da quella casa. Le suppliche della mia migliore amica venivano alle mie orecchie, ma era come se non le sentissi e andavo avanti. Avevo un muro dinanzi agli occhi ed ero pronto a fare la cosa che ritenevo giusta. «Best aspetta!» Mi bloccò prendendomi per il polso ma io non ce la facevo più, la strattonai.
«Cosa vuoi ancora? Devo fare una cosa.» Le risposi acido, brusco, ancora una volta. Ricominciai a camminare.
«Sapevi che non si sarebbe mai invaghito di te, è unile che ti arrabbi!» Mi bloccai, aveva ragione, ma io volevo lui, lui era mio!
«Tu parli così solo perché lo vuoi tutto per te. Dì la verità: hai sempre disprezzato l'amicizia che c'è tra me e lui perché volevi che al mio posto ci fossi tu! Ti osservavo l'anno scorso, conosco anche i tuoi sguardi, so che ti piaceva già da tempo.» Il colpo mi arrivò dritto in pieno volto: un fortissimo schiaffo, carico di odio e disprezzo. Mi fece girare la testa da un lato e sentivo la parte sinistra della mia faccia bruciare. Portai una mano dove avevo ricevuto il colpo e piano voltai la faccia verso Celestian, aveva le lacrime agli occhi. «Tu non sai proprio niente! Sei proprio un idiota se pensi così di me, della tua migliore amica che ti è stata sempre vicina. Ti odio, vattene!» Corse via, verso casa sua ed io non la raggiunsi, avevo un appuntamento con la morte.
Il parco appariva in tutta la sua bellezza: gli alberi in fiore, i giardinetti ben curati, le giostre vuote. Eravamo soli, io e lui. Indossava un giacchetto di pelle nera e dei jeans fasciavano le sue gambe toniche e snelle. La barba era ancora presente sul suo volto e gli dava un'aria di superiorità. «Allora? Perché mi hai fatto catapultare qui? È successo qualcosa? Ti hanno picchiato?» Mi diceva tutte queste cose mentre messaggiava con Celestian e la cosa mi dava molto fastidio. Mi torcevo le mani e continuavo a starmene in silenzio. Si scocciò di tutto questo mutismo e poi alzò la voce. «Parla!» Mi disse, continuando a non osservarmi ed io presi un bel respiro prima di entrare nel tunnel della mia morte. Avevo paura, paura di un rifiuto, di continuare a tenerci il muso per mesi, di soffrire, ma dovevo farlo per il mio bene. «Ti amo.» Le parole fuoriuscirono con una notevole calma, ma lui questa calma la prese male, molto male. Mi guardò con gli occhi spalancati e furenti, fece cadere il suo cellulare. «Che... Che hai detto? Ripetimelo.» La sua voce appariva spaventata, restia ad una risposta affermativa su quello che aveva sicuramente sentito. «Perché te lo devo ripetere? Hai capito benissimo! Mi sono innamorato di te e non riesco più a tenermi tutto dentro. Ogni volta che sono con te, ogni volta che mi tocchi; il mio cuore sussulta e fa una capriola. Posso affermare il mio amore verso di te, ti amo Cristiano.» Finalmente. Non riuscivo più a controllarmi, avevo il cuore che batteva all'impazzata e la paura mi attanagliava, ma non potevo farci niente il danno era fatto. «Tu... Tu... Come è?» Non ci credeva, probabilmente pensava che io fossi malato o pazzo. Cose che non erano affatto vere! Mi avvicinai cautamente a lui, ma si allontanava, si mostrava freddo. «Cristiano, non scappare.» Cercai la sua bocca e la trovai. Un bacio casto, a pelo con le labbra, un solo piccolo incontro di bocche. Lui mi scansò subito dandomi un bel sinistro, proprio dove Celestian mi aveva schiaffeggiato. Caddi a terra con la faccia dolorante e le lacrime agli occhi. «Stai lontano da me, hai capito? Mi fai rivoltare lo stomaco. Pazzo! Malato! Vattene via!!» Scappò, anche lui, lontano da me. Presi tutte le forze che mi rimanevano in corpo e decisi di inseguirlo. Dovevo spiegargli che avrei voluto che lui mi dimenticasse, che doveva vivere la sua vita vicino alla piccola Celestian e che io mi sarei fatto da parte. Arrivammo ad un incrocio e lui attraversò di corsa la strada, il semaforo scattò il giallo. Forse potevo farcela, forse potevo fermarlo, ce l'avrei fatta! Corsi ancora più veloce, se possibile. Scattò il rosso per i pedoni e le macchine sfrecciarono. Un unico pensiero si formulò nella mia testa: "Cristiano". Come se lui mi avesse sentito si voltò dalla mia parte ed io mi bloccai, in mezzo alla strada. «Imbeccile! Stai attento!» Mi urlò lui contro, ma era già troppo tardi. Mi voltai verso la mia sinistra e una macchina in velocità mi colpì in pieno, volai, mi sentii leggero. L'ultima cosa che sentii fu il mio nome «EMMANUEL!!».

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Capitolo 4
*** False speranze e pianti. ***


Note dell'autore: Salve ancora a tutti. So di essere un po' in ritardo con l'aggiornamente, forse troppo... Ma ecco qui il nuovo capitolo. Vi avevo promesso che ci sarebbero stati quattro semplici capitoli, d'altronde è la mia prima fanfiction, ma ci sarà uno special. Un po' diverso. Non voglio fare spoiler quindi, sto zitto. Alla prossima e come sempre buona lettura :)

Capitolo 4

False speranze e pianti.

Pov Cristiano

Paura, ecco cosa provavo al momento. Il suo corpo era steso a terra e dalla testa perdeva sangue, la maglia era strappata e anche i jeans. Non respirava e continuavo ad avere paura. Scappai. La sua confessione mi aveva toccato nel profondo: la sua faccia ce l'avevo ancora presente dinanzi al me, il suo sapore l'avevo ancora intrinseco nelle mie labbra. Cosa stavo pensando? Sono forse diventato anche io come lui? Eppure quel bacio, anche se piccolo, era carico di amore e tenerezza. Forse era veramente innamorato, forse se non fossi stato così idiota lo avrei respinto con più gentilezza, in fondo eravamo amici, forse avrei risposto a quel bacio. Questi pensieri mi stavano facendo impazzire, cosa mi stava accadendo? Cosa succedeva nella mia testa? Cosa mi spronava di fare il cuore? Non riuscivo a togliermi quel sapore piacevolissimo dalla bocca, che schifo! Io che ero stato baciato da un altro ragazzo, io che ero innamorato di una ragazzina di quattro anni più piccola di me, io che ero l'etero per eccellenza. Che egocentrismo! Perché pensavo solo a me stesso e mai agli altri? Perché non potevo essere come lui? Bravissimo nei discorsi, intelligente, buono con tutti e cattivo con se stesso. Con questi pensieri che mi attanagliavano la testa non sapevo dove stavo andando, non sapevo cosa volessi. Il cuore mi diceva: "va da lui, ha bisogno di te!", la mente rispondeva contrariata dicendo: "È sbagliato quello che stai pensando!" Non sapevo cosa fare, ero combattuto, confuso e amareggiato dal mio comportamento da vigliacco che non affrontava le situazioni e scappava. Non volendo ero arrivato sotto casa di Celestian ed incessantemente bussavo alla sua porta.
«Un attimo!» La sua voce era cupa, incrinata, trista. Che avesse pianto?
Mi aprì e la visione che ne uscì non era delle migliori: portava solo un lungo vestitino che le arrivava alle ginocchia, piedi scalzi. I capelli erano completamente compligliati, segno che era stesa sul letto. Gli occhi completamente rossi e gonfi, sorpresi della mia visita.
«Cosa ci fai tu qui?» La abbracciai fortissimo e avevo il respiro affannato, stavo per cedere.
«Cristiano, cosa è successo?» Scoppiai in un pianto disperato. Io il maschio alpha che piangeva, io che mi ero ripromesso di piangere solo dinanzi allo specchio e non dinanzi a qualcun altro. «Posso stare qui per un po'? È successa una cosa che non ti piacerà.»  I singhiozzi arrivarano presto e trascinai anche lei nel mio pianto di sfogo. 
«Cazzo Cristiano, parla!» Non volevo affrontare, non volevo continuare a pensarlo, non volevo ricominciare a farmi i sensi di colpa.
«Emmanuel mi ha baciato.» lei sciolse l'abbraccio che ci caretterizzava da un po', oramai e mi guardò strana.
«Wow... E quindi?» Come poteva reagire così? Mi aveva baciato un ragazzo!
«L'ho respinto ovviamente e...» Eccole, di nuovo, le lacrime.
«E...?» Mi esortava a rispondere ma io...
«Io... Ecco... Io...» Non riuscivo a parlare, avevo paura. «Io l'ho respinto e sono scappato dicendo che lo odiavo. Poi lui mi ha rincorso e...» Continuavo a scappare.
«Cristiano! Cosa è success...?» Le tappai la bocca con le mie sole parole:
«È finito sotto una macchina, capisci? È tutta colpa mia, è tutta colpa mia!!» mi crucciavo e continuavo a rimurginare sulla sua immagine rivolta verso il basso, era colpa mia!
«Che cosa... Ma come... Emmanuel.» Stava per piangere anche lei, lo sentivo.
«Capisci Celestian? È colpa mia! Solo colpa mia! L'ho lasciato lì e sono scappato. Non so se hanno chiamato soccorsi, non so se ora lo stiano operando, non so nulla!»
«Cosa hai fatto tu?» Perché si stava arrabbiando? Non doveva mettersi a piangere? «Che cazzo di amico sei, eh? Lo hai lasciato lì, per terra? Cosa diavolo ti è passato per la testa? E tu che ti spacci il suo migliore amico? Beh, se fossi stata in te non avrei fatto come hai fatto. Lo avrei aiutato, avrei chiamato qualcuno. Sei proprio così insensibile come credo? Non me lo aspettavo da te! Idiota!» Ora era anche il cuore a piangere. Avrei dovuto aiutarlo? Avrei dovuto chiamare qualcuno? Io? Che cosa dovevo fare? Anche lei mi diceva di aiutarlo, il mio cuore, la mia parte buona.
«Cosa dovrei fare, eh?» Mi stavo innervosendo «La situazione è in fase di stallo oramai, non posso fare nulla.»
«Continui ad essere cocciuto? Cerca dov'è, fa qualcosa. Ne sarebbe felice.» Lui... Felice...
«Se non volessi? Se lui mi farebbe schifo?»
«So che non è così.» Mi disse poggiando una sua mano su di una guancia. «Andiamo, cerchiamo l'ospedale più vicino!» Mi prese una mano e corremmo via da quella casa.
Cercammo in lungo e soprattutto in largo, ma negli ospedali più vicini non risultava nessun Emmanuel. Uscimmo dall' ennesimo ospedale e Celestian era molto addolorata, forse troppo.
«Dove diavolo lo avranno portato? Mi sono scocciata di girare intorno.»
Era molto in pensiero, lo sapevo. Stavo iniziando ad avere paura anche io a causa delle mie troppo paranoie, ma cosa potevo aspettarmi? 
Dopo altri minuti persi a girare a vuoto notammo un' ambulanza avanzare verso l'incrocio e poi girare a sinistra. La sirena era squillante e correva ad una velocità assurda. «Celè, guarda lì.» Le indicai l'ambulanza e lei capì subito le mie intenzioni, iniziammo a correre. Mentre correvamo notai i suoi occhi. Continuavano ad esprimere malinconia e preoccupazione: sentimenti che provavo anche io, a mio giudizio. Forse qualcuno mi aveva fatto un sortilegio o un malocchio strano, ma iniziai a provare qualcosa di più per quel ragazzo, eppure mi piaceva anche lei. Arrivati all'ingresso notammo l'ambulanza che trasportava proprio il nostro amico. «EMMANUEL!» Celestian gridò e si fiondò sulla barella che era appena scesa dalla vettura rossa. «Signorina stia indietro, ha bisogno di cure immediate.» una ragazza sulla ventina in un camice di un celeste piuttosto scuro bloccò sul nascere la corsa di Celestian. Lei protestò, volle stare con il suo amico. «Mi lasci, la prego. Devo stare con lui...» Copiose lacrime solcarono quel viso angelico ancora una volta. Ne ero stufo, volevo che tutto quello finisse. La rangiunsi e cercai di darle tutto il supporto possibile. «Dai piccola, appena finiranno di curarlo entreremo in stanza e staremo con lui.» La rassicurai, ma lei non volle farsi aiutare, mi pregava di lasciarla. Fatto ciò mi assesto un ceffone forte sulla guancia, continuava a piangere. Mi spinse ed entrò subito nell'ospedale. La guardai correre velocissima tra i corridoi principali, poi scomparve. Toccai le mie labbra «Sangue...» Ritornarono alla mia mente le mie nocche insanguinate dal suo sangue, del sangue di un amico. Ecco, ripensavo ancora a lui! Ero sicuramente vittima di uno stupido sortileggio e poi perché queste immiagini mi riaffiorarono alla mente? Perché penso ad Emmanuel? "Forse perché ti stai innamorando!" Una voce fece capolino tra i miei pensieri, ma la scacciai subito. Che cosa stupida! 
«Cristiano!» Mi girai sentendomi chiamare e interruppi. Colui che mi aveva chiamato era il fratello di Emmanuel, Denny. Ci conoscevamo appena, come poteva conoscere il mio nome? Forse glielo avrà detto Emmanuel e forse gli avrà detto anche tutto su di me... 
Comunque, ora correva verso di me e aveva una faccia tutt'altro che amichevole: i suoi occhi esprimevano rabbia, frustazione, odio. Come se il bene più prezioso fosse stato rapito dalle sue braccia e portato via, forse era così, forse Emmanuel era il suo bene. Mi sentii tirare dal colletto ed essere sbattuto contro una macchina, mi fece male. «Ora tu, omino, mi dici cosa cazzo è successo a mio fratello, oppure ti pentirai di questo giorno per il resto della tua vita!» Aveva caricato un pugno pronto per colpirmi, ma non lo fece ancora. È tutta colpa mia... Non avrei dovuto... «Dai Danny, è in ospedale ora, non serve a nulla prendersela con lui!» Un ragazzo alquanto alto quanto il fratello di Danny stava in disparte dietro Danny e cercò di fermare il mio assalto. Fortunatamente mi lasciò andare ed io mi misi a posto il giacchetto di pelle e raccontai cosa era successo. Le cose che accaddero dopo erano solo ricordi confusi. Ricordai la faccia gonfia e rossa di lacrime di Celestian, Danny e quel ragazzo che erano vicini al letto di ospedale di Emmanuel. Dopo qualche ora venne anche la madre di Emmanuele che, guardatomi, inaspettatamente, mi poggiò una mano sulla guancia e mi disse di stare tranquillo. Eccolo il calore di una madre, ecco la premurosità che una donna possa donare al proprio figlio! Io tutte queste cose non le ho mai provate, volevo un famiglia... 
Venuta la sera rimanemmo solo io e Celestian, i familiari andarono via sotto ordine del dottore. Il fratello di Danny era troppo nervoso per restare e se fosse capitato qualcosa di orribile non lo avrebbe permesso e il capro espiatorio dei suoi mali sarei stato solo io. La madre firmò la liberatoria per permetterci di entrare in stanza e stare lì per la notte. Dopodichè ci venne vicino e disse: «Voi siete i suoi migliori amici, mi raccomando, stategli vicino!» e ci baciò sulla fronte ad entrambi. Io arrossii un po' per quel contatto mai provato e le sorrisi. Durante tutto il pomeriggio ero molto teso e non desideravo stare con nessuno, se non che con Celestian; la quale mi disse che Emmanuel era stato operato di urgenza, aveva le costole rotte e una lieve emorraggia al cervello, nulla di irriparabile. La notte passò tranquilla: facevamo a turno a chi doveva stargli vicino, a me toccò il secondo turno. La faccia di Celestian era tesissima e triste; cercai di consolarla, ma lei mi sorrideva timidamente e continuava a vegliare su Emmanuel senza quasi mai degnarmi di uno sguardo. Prima che cominciasse il mio turno andai a prendere ad entrambi qualcosa per bere e mangiare e optai per degli snack e una bottiglia d'acqua. Appena arrivai in stanza Celestian era rannicchiata sul lettuccio di ospedale insieme ad Emmanuel e lo stringeva a se dormiente. Sorrisi a quella visione e le andai vicino, la presi e la poggiai sul letto libero in camera vicino a quello di Emmanuel ed ella, accocolatasi come poteva sul letto, continuava a riposare. Mi voltai e lo guardai: aveva una faccia angelica anche da addormentato. I capelli erano sparsi per il cuscino ed li aveva fasciati da una stoffa bianca, anche il corpo era fasciato, almeno il busto, il braccio destro ingessato. Avevo gli occhi lievemente gonfi, volevo piangere. Presi una sedia libera e mi sedetti vicino, cercando di infondergli il mio amore. Gli presi la mano e sospirai, era quasi gelida, sembrava morto ma il bip della macchina cardiaca segnava che lui era vivo. «Bene, ora vuoi svegliarti?» sussurrai piano. Perché parlavo con lui, non poteva mai sentire! «So che forse ti sembrerà sciocco, ma ho bisogno di parlarti. Quando eravamo seduti vicino, al parco, non avrei mai dovuto trattarti così, non so cosa mi sia preso. È anche colpa tua che mi hai colto di sorpresa!» Arrivarono le lacrime. «Sono un completo idiota ed è tutta colpa mia se adesso sei qui, su questo letto a lottare per la tua vita! Ti prego di perdonarmi... Ti prego... Scusami...» I singhiozzi cominciarono a farsi forti e cercai di soffocarli come potevo. Non dovevo piangere, ma la tentazione era fortissima. Sentii un tocco lievissimo alla mano che gli stringevo, una lieve sfiorata come il bacio che ci dammo. Sussultai dallo stupore e lasciai la sua mano, alzandomi dalla sedia e facendola strusciare sul pavimento. Celestian si svegliò. «Cosa succede?» Si apprestò a dire. «Mi... mi ha... toccato...» Dissi poche parole, non riuscivo proprio a parlare dallo stupore «Cosa?!» Si alzò dal letto e si avvicinò al lettuccio, la bloccai subito. «Non posso esserne sicuro, torna a dormire.» «Tornare a dormire?! Sei impazzito? Io ti ammazzo, se c'è una possibilità che si sia risvegliato dobbiamo coglierla al volo!» Voleva indietro il suo amico, il suo migliore amico. Chiamammo l'inferiere di turno e controllò i valori di Emmanuel, scosse la testa. «Forse te lo sarai immaginato, ragazzo.» Ci disse, congedandosi. «Maledizione!» ero di nuovo nervoso. «Mi ha toccato, l'ho sentito!»
«Non lo metto in dubbio Cristiano, ma non si risveglia! È come... Morto!» Lei lo guardò e lo feci anche io. Ora aveva la bocca semichiusa come se fosse in procinto di parlare, gli occhi soffusi. «Emmanuel!» Esclamammo insieme io e Celestian. Corremmo vicino al suo letto e ci accovacciammo per guardarlo meglio. Si stava risvegliando, adagio. «D... Dove...» Non so cosa mi preso, ma era come se qualcuno mi avesse poggiato una mano sul capo e, chiudendomi gli occhi, mi fece appoggiare le mie labbra sulle sue. Celestian ci guardò strabuzzando gli occhi, ma dopo sorrise. Il bacio venne ricambiato, a poco a poco ed io mi sentii quasi... Felice. Mi staccai da lui e sorrisi, mi piaceva il suo odore, il suo sapore, mi piaceva... lui! «C-Cristiano...» Riuscì solo a dire, dopo chiuse gli occhi e... Non respirava più. La macchina cardiaca segnalava un bip continuo, senza picchi alti. «Infermiere! Infermiere venga!» Chiamammo il tizio di prima che corse subito portando via il lettino. Chiamammo anche i familiari di Emmanuel, i quali corsero all' ospedale. Celestian piangeva, e non smetteva di piangere tra le mie braccia. Io cercavo solo di consolarla come potevo. «Lo abbiamo perso, lo abbiamo perso...» Continuava a dire singhiozzando, ero impotente contro questa situazione... 
Dopo diverse e intense ora di attesa, la sala operatoria si spense ed uscì un dottore in camice bianco. Tutti ci apprestammo ad andargli incontro, ma lui ci disse già che non c'era nulla da fare. Tutti piansero, anche io. Rimanemmo delusi. Nessuno voleva crederci, ma era la verità. Emmanuel era morto e la colpa era solo mia... «Cristiano...» Celestian mi guardò ancora stretta alle mie braccia. «Cosa c'è?» cercai di sorridere per rassicurarla ancora. «Stringimi.» e lo feci, con tutta la forza che avevo.
I giorni successivi furono ancora occupati da pianti e sofferenza. Il funerale era stato devastante per tutti noi, persino la scuola era venuta a commemorare il povero Emmanuel, studente eccellente ma anche ottimo amico. «Cristiano, non dobbiamo piangere più, lui non vorrebbe.» Tenevo la mano di Celestian al momento della sepoltura del corpo. «Certo, saremo sempre felici per lui...» Sorrisi.
 
Fine

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