Red Scarf

di StarFighter
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


RED SCARF


L’oceano,stretto nella Manica, ruggiva indomito:una massa di argento fuso che schiumava di rabbia e lambiva selvaggiamente le scogliere di granito rosa della Bretagna. Il vento correva veloce sulle onde e le sospingeva violente contro il piccolo borgo di pescatori di Perros- Gueric.
Quello non era proprio un giorno indicato per fare una passeggiata al porto, sulla spiaggia o semplicemente per uscire di casa:quei giorni, gli abitanti della piccola cittadina, li chiamavano “giorni da nodi”.Erano giorni caratterizzati da un vento furioso che annodava ogni cosa possibile, dal filo per il bucato alle sartie delle barche ormeggiate al sicuro nel porto, e faceva volar via la voglia dei pescatori di uscire in mare.
Con un tempo del genere tutti, preferivano restare chiusi nel confortevole calore delle loro dimore o nelle taverne odorose di tabacco e di vino caldo aromatico.
Nonostante tutto, però, una piccola figura, si ergeva impavida sul bagnasciuga, a fronteggiare il gigante Oceano. Stretta nel caldo abbraccio di una sciarpa rossa,unica macchia di colore in quel grigio opprimente, con una mano reggeva un cestino e con l’altra tratteneva i vari strati di gonne e sottane che indossava. Camminava a piedi scalzi nell’acqua bassa della risacca,che cancellava metodicamente le sue piccole impronte e rilasciava preziosi tesori.
Ogni volta che si abbassava a recuperare uno dei regali che l’oceano dimenticava sulla spiaggia,una ciocca di riccioli biondi,sfuggiva alla stretta del cappuccio e ricadeva mollemente su una spalla della piccola figura.
Raccoglieva le conchiglie e ne ascoltava il suono, non trovandone mai due che dessero lo stesso: amava la melodia dell’oceano.
Una voce acuta chiamava dal deserto lungomare: l’esile figura si voltò verso quel richiamo e rivelò un viso di fine porcellana, non da bambina né da donna; un volto incorniciato da una massa indomabile di riccioli biondi,con due zaffiri incastonati al posto degli occhi.
Salutò con foga la figura che la chiamava e si avviò verso il lungomare. Il vento la sospinse con forza e geloso di tanta bellezza le strappò via la sciarpa rossa.
Un piccolo grido di disappunto uscì dalle labbra sottili della giovane, che lasciò cadere il cestino sulla sabbia: le conchiglie si sparsero come un lancio di rune sul tavolo di una veggente.
Corse con il vento, per recuperare la stoffa rossa, che si librava nel cielo plumbeo come un gabbiano sospinto dalle correnti. Si arrestò sulla soglia dell’oceano e rassegnata vide la sciarpa posarsi gentilmente tra i flutti impetuosi.
Il rumore di passi attutiti sulla sabbia la fece voltare: qualcuno la sorpassò e prima che potesse rendersene conto, con un trionfo di spruzzi,l’acqua si richiuse su una testa bruna.
Alle spalle della ragazza, giacevano abbandonati in terra un cappello e una giacca blu da cadetto. Si voltò verso l’acqua tumultuosa e vide un ragazzo agitare la sciarpa rossa in sua direzione. Sorrise felice, ma subito un senso d’angoscia la travolse quando un’onda sopra le altre trascinò nel profondo oceano il ragazzo e la sciarpa.
Urlò e corse,incurante delle vesti bagnate,in acqua,cercando inutilmente di raggiungere il posto dove il ragazzo era stato sommerso.
Mani invisibili la trascinarono sul fondo e fu per annegare anche lei,quando due braccia la trascinarono fuori dalla furia dell’oceano.
Un sottile strato di sale s’era formato sulla sua pelle bianca,rendendola ancora più simile alla porcellana. Aprì gli occhi: non sentiva più le onde travolgerla, né l’acqua salata bruciarle in gola; era forse morta?
La luce forte del sole cominciò a far capolino tra le nuvole grigie e la colpì nell’iride lapislazzuli. Una sagoma scura le si parò di fronte e la scosse leggermente.
Il forte profumo di acqua di colonia e di salsedine si impadronì dei suoi sensi,annebbiandoli. La vista si schiarì e il giovane cadetto,il suo salvatore, colui che aveva rischiato la vita per salvare la sua sciarpa rossa dall’oceano, le si mostrò.
Due occhi brillavano sotto i capelli scuri  bagnati e un sorriso genuino gli increspava le labbra.
-“Come sta madamoiselle?”- le disse con voce tremante e timida.
-“Io…credo bene!”-gli sorrise di rimando, restando incantata da tanta galanteria.
L’aiutò a rimettersi in piedi e la sostenne, finché non fu sicuro che riuscisse a tenersi dritta sulle proprie gambe.
La ragazza sbiancò rendendosi conto delle condizioni in cui versava il suo vestito: zuppo,insozzato dalla sabbia e strappato dalla forza dell’acqua.
-“Oh mon Dieu!Papa si arrabbierà parecchio!”-scrollò la gonna e si aggiustò il corpetto,ritrovando un po’ di compostezza.
Il ragazzo le porse la sciarpa rossa e le fece un cortese inchino.
Nessuno mai le aveva tributato un inchino e rimase spiazzata: cosa doveva fare?
Ringraziare le sembrava il minimo: “Grazie monsieur ,le devo la vita!”- si tenne la gonna e fece una lieve riverenza.
-“Dovere madamoiselle. Ma non vi sembra di esagerare chiamandomi ‘monsieur ‘? Ho appena quindici anni!”-rise di fronte all’imbarazzo crescente della giovane.
-“Obbligata mon…”- come doveva chiamarlo, se non signore!?-“Come devo chiamare il mio salvatore allora?”-chiese più sfacciatamente.
-“Sono il visconte Raoul Lucius Julienne De Chagny,ma lei può chiamarmi solamente Raoul!”-
-“Molto lieta Raoul, il mio nome è Christine. Christine Daeè.”-





Angolo autrice:piccola raccolta di missing-moments senza pretese,della coppia "ufficiale" del libro e del film. Nonostane non ami questa infelice accoppiata, mi è saltato in mente di rivedere la loro storia  e di dare risalto alla figura del visconte,che di solito viene  bistrattato. Spero possa piacere a qualcuno. Ovviamente i commenti e le recensioni sono sempre ben accetti.  ^.^

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


RED SCARF

La soffitta di quella vecchia casa odorava di ricordi e di tè al limone,di lavanda provenzale e di pece. In un angolo stava rigido un leggio,nel centro, un sofà con morbidi cuscini riposava come un grasso gatto su un tappeto persiano e tutto era illuminato da una finestra rotonda che dava sul giardino fiorito.
Christine,dietro i vetri di quella finestra, osservava rapita i petali dei fiori colorati,colpiti dalla pioggia scrosciante. Sul viottolo, tra le siepi verdi, sotto un ombrello,correva verso l’entrata,colui che un anno addietro era diventato il suo migliore amico. Sorrise al colmo della gioia e si fiondò sulle scale.
-“Lottie! È arrivato il signorino Raoul!”- la donna paffuta che aveva aperto la porta,non fece in tempo a finire la frase,che un uragano si fiondò sul giovane sull’uscio.
Lo strinse forte, aspirando il suo profumo, che sapeva di acqua di colonia costosa  e di città.
-“Mi sei mancato…”-gli sussurrò all’orecchio,sentendosi una sciocca per non essere riuscita a trattenere un lacrima.
-“Lottie,anche tu mi sei mancata, ma se continui a stringere così… mi soffocherai!”-scherzò con tono lieve.
La ragazzina lo lasciò e di sfuggita si asciugò gli occhi,mentre un sorriso le illuminava il volto.
Raoul le porse una scatola rossa con un bel fiocco: “So che sei golosa così ti ho portato dei cioccolatini. Sai sugli Champs Elysees hanno aperto una nuova pasticceria. Le maestranze sono svizzere e ha un nome impronunciabile: Lindt & Sprungli!”
-“Grazie, vieni li mangiamo in soffitta,hai tanto da raccontarmi …”-lo prese per una manica e lo trascinò su per le scale.
Al primo piano della casa, da una delle porte si affacciò un uomo molto giovane con un sorriso bonario stampato sul volto,con un violino in una mano e l’archetto nell’altra: “Bentornato Raoul! Sono felice di rivederti.”
-“Salve monsieur Daeé, anche per me è un piacere rivederla!”- Christine gli aveva lasciato la manica e lui aveva raggiunto il padre della ragazza, salutandolo con una calorosa stretta di mano. I due uomini parlarono per alcuni minuti del più e del meno,poi la ragazzina,stufa di essere ignorata prese il ragazzo per mano e lo tirò via.
-“Papa,non monopolizzare la sua attenzione! Ora deve raccontarmi tutto quello che è successo in quest’ultimo anno.”- disse con finta stizza.
-“Mmm,qualcuno è geloso!”-protestò l’uomo ammiccando alla volta del ragazzo che era arrossito.
-“Andiamo Raoul! Papa saremo in soffitta. Puoi chiedere a Mary di prepararci il tè con i biscotti?”-
-“Certo tesoro . Mary metti su il tè…”-si affacciò sulle scale e chiamò a gran voce la paffuta  governante inglese.
Intanto Christine condusse per mano Raoul,in soffitta, gioendo in cuor suo di quel contatto pelle contro pelle.
Si accomodarono sul morbido divano e la ragazza sciolse con cura il fiocco del pacchetto rosso,che fino a quel momento aveva stretto al petto.
Scoprì una scatola piena di dolce cioccolato di forme e sapore diverso,e ne prese uno: lo soppesò,ne saggiò la consistenza ed infine lo accostò alle labbra sottili. Chiuse gli occhi,perdendosi nel sapore dolce di quella prelibatezza.
Ne prese un altro e dopo un altro ancora: non aveva mai saggiato qualcosa di così buono!
-“Ehi non essere ingorda! Offrine uno anche a me…”-il ragazzo rise e la risvegliò dal suo stato di estasi.
-“Mi sbaglio o l’hai portati per me!? Ho il diritto di mangiarne fino a star male!”- lo colpì con un cuscino e si alzò dal sofà,portando con sé la preziosa scatola.
Il ragazzo la seguì e tentò in tutti i modi di sottrarle il dolce bottino, ma senza riuscirci. Le loro risate risuonavano in tutta la soffitta,rimbalzando sulle pareti ed infrangendosi di nuovo nelle loro orecchie.
-“Mmm,questo dev’essere proprio buono …”-prese l’ennesimo bonbon  e fece per mangiarlo,ma all’improvviso lo porse alle labbra del ragazzo.  Raoul le prese il polso e si portò la sua mano alla bocca,mordendo metà cioccolatino. Si fissarono per un lungo istante,seri,esitando sul da farsi.
Ora che sciocche risatine non lo spezzavano,il silenzio pesava come un macigno.
 Christine,seria come non lo era mai stata in vita sua,portò l’altra metà alle labbra  e la mangiò .Il ragazzo quasi ipnotizzato,imitò il percorso del dolciume e posò delicatamente le labbra su quelle della ragazza,che sussultò a quel tocco gentile.
Il cuore le saltò in gola per la felicità:da quando nutriva tali sentimenti per Raoul? Pensò che il destino l’aveva portato sulla sua strada per una ragione e che, quella ragione fosse che dovevano stare insieme.
-“My dear avresti potuto aiutarmi a portare il vassoio con il tè!”-la voce della governante li sorprese e spezzò la magia che aleggiava sui due giovani. Si allontanarono in imbarazzo e,mentre Raoul si riaccomodava sul divanetto, Christine andò a sorreggere Mary,che stava per rovinare per le scale insieme al vassoio con il tè e i biscotti.
-“Lascia,faccio io .Grazie Mary,puoi andare”-
Lo sistemò sul basso tavolino di legno che occupava parte del centro della soffitta e si sedette sull’altra sponda del divano,attenta a non incrociare lo sguardo del ragazzo,che cercava inutilmente di racimolare poche parole da dire.
Non c’era nulla da dire:il suo gesto era eloquente!
A toglierli dall’imbarazzo ci pensò papà Daeé che, con noncuranza e passo calmo, si appropriò della sedia a dondolo posta dal lato opposto al divano,si accese la pipa e cominciò a dondolarsi,provocando scricchiolii sinistri.
Raoul stimava molto quell’uomo,che nonostante fosse ancora giovane ,non aveva nemmeno pensato a riprendere moglie o a darsi alla bella vita,ma aveva pensato solamente al benessere della sua unica figlia. Era un uomo sui generis, che alternava momenti di pura euforia a pause riflessive,che potevano durare anche delle ore.
-“Allora, quale storia vi racconto oggi?”- chiese squadrandoli per bene.
Da quando l’anno precedente Raoul era diventato parte della famiglia,quei tre avevano preso l’abitudine di ritirarsi in soffitta,dove,tra un intermezzo canoro,un assolo di violino e cupe storie del nord, trascorrevano anche l’intera serata.
-“Ti prego papa,raccontaci una storia d’amore!”-lo supplicò la figlia,con voce sognante.
-“Oh no! Una storia dove ci siano lotta e azione!”-protestò il ragazzo,risvegliandosi dal suo mutismo.
-“Bene,allora desiderate una storia d’amore con azione e lotta…mmm vediamo un po’,questa dovrebbe fare al caso vostro.”-prese una lunga boccata dalla pipa e poi lasciò che il fumo uscisse il lente volute grigie.
-“Stasera vi narrerò del mito di Ade e Persefone…”-cominciò con tono da cantastorie-“Non guardarmi così Lottie,non è un mito scandinavo,non lo conosci perché non te l’ho mai raccontato.” Rispose repentino allo sguardo interrogativo della figlia.
-“È un mito greco,anzi era il preferito di tua madre: credo che in questa storia ci sia tutto quello che mi avete chiesto!”-sorrise pensieroso,perso nei ricordi.
-“Demetra,dea della fertilità e dell’agricoltura,aveva una bellissima e giovanissima figlia, Kore,o Persefone che dir si voglia. La dea badava alle terre,faceva fruttare i campi, rendeva rigoglioso il mondo e gioiva nel vedere che il suo operato favorisse il genere umano; ma la sua più grande gioia era sicuramente la figlia,dalla quale non si divideva mai.”- cominciò con fare da vecchio cantastorie.
-“Un giorno infausto però, tra i verdi campi alle pendici dell’Etna,la figlia adorata le venne sottratta con la forza e l’inganno. Il dio Ade,il signore dell’Oltretomba,rapì la fanciulla,caricandola sul suo cocchio nero. Corse fino alle colonne d’Ercole,fino alle soglie dell’oceano e poi si occultò,insieme a Persefone,nel suo dominio sotterraneo.”-i due giovani lo osservavano rapiti dalla voce cadenzata dal tono così ritmico.
Il signor Daeè raccontò loro per filo e per segno tutta la vicenda della furia di Demetra,dell’amore di Ade e della tristezza di Persefone;dell’inganno dei sei chicchi di melagrano e di come, gli antichi trovassero un modo fantasioso per spiegare l’avvicendarsi delle stagioni.
Dopo ch’ebbe finito di raccontare, si ritirò nelle sue pause di vuoto silenzio,aspirando dalla pipa; i due giovani erano rimasti immobili,persi nei propri pensieri,affascinati da quella storia così singolare.
-“Io non mi farei mai abbindolare in una simil maniera da un tale uomo! Non accetterei mai di seguirlo in un mondo sotterraneo…”- disse rabbrividendo la giovane.
Intanto fuori il sole aveva terminato la sua corsa giornaliera e la luna stava sorgendo in un cielo limpido,pulito dal temporale pomeridiano.
-“Credo sia ora di andare. Grazie dell’ospitalità signor Daeé.”- Raoul si alzò dalla sua comoda postazione e si avvicinò all’uomo, che ancora si dondolava pigramente sulla sedia a dondolo.
-“Ma come, non rimani per cena? Non abbiamo affatto parlato…”- disse Christine mettendo il broncio.
-“Sono desolato Lottie,ma stasera mio fratello Philip arriva da Parigi; mio padre ha insistito perché ci fossimo tutti a cena!”-
-“Tornerai domani?”-
-“Tornerò sempre,non preoccuparti.”- così dicendo si congedò con un inchino e un sorriso timido rivolto di sfuggita alla ragazza.
Christine già non vedeva l’ora di rivederlo…


Angolo autrice: non ho mai aggiornato così in fretta una storia! Sono sorpresa di me stessa XD Che dire allora, spero leggiate in molti e che qualche anima pia mi faccia sapere il suo parere … se avete delle perplessità sui personaggi, che forse risultano un po’ ooc,non fatevi problemi a dirmelo. Ok allora un saluto a tutti ;)

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


RED SCARF

 

Anche per quell’anno l’estate era agli sgoccioli. Il tempo trascorso in compagnia a divertirsi, volava via sempre troppo in fretta. Raoul sarebbe partito per Parigi l’indomani, e lei non avrebbe avuto sue notizie per un altro anno.

Quei tre mesi erano stati quanto di più vicino alla perfezione: non ricordava da quanto non si divertita tanto!

Avevano fatto di tutto,anche le cose più impensabili ed inappropriate per una ragazzina perbene ed un visconte: avevano esplorato le scogliere rosa modellate in strane forme dalle maree e dai venti incessanti; avevano preso il tè in soffitta nelle giornate più fredde; s’erano spinti fino al faro di Ploumanac'h percorrendo la strada dei doganieri, dove papà Daeè aveva raccontato loro storie di pirati e contrabbandieri che si spingevano oltre i confini del mondo; si erano rincorsi sulla spiaggia ed avevano ballato sul lungomare deserto,sotto un temporale estivo improvviso e fugace:  la conseguenza di questo “atto sconveniente”secondo Mary, era stata una febbre da cavallo che aveva costretto entrambi a letto per giorni: si erano tenuti compagnia con un fitto scambio epistolare che aveva estenuato la povera governante inglese e il fratello maggiore di Raoul,Philip,che facevano da intermediari.

In un assolato pomeriggio di luglio, avevano trovato un meticcio randagio che vagabondava tra le stradine deserte del paesino e se n’erano presi cura. L’avevano soprannominato Rosicchio, perché addentava qualsiasi cosa, che fosse commestibile o meno! Il cane faceva da spettatore alle loro esibizioni canore e uggiolava quando Raoul si arrischiava a cantare, con scarsi risultati; invece, stranamente, quando Christine cantava, ricorrendo le dita salterine del padre sulle corde vibranti del violino, il cucciolo ascoltava assorto.

Quella sera Christine aveva insistito perché Mary preparasse una cena coi fiocchi, per concludere degnamente il soggiorno di Raoul a Perros-Gueric.

Seduta sul sofà nel salottino, contiguo alla sala da pranzo, fremeva nel suo vestito nuovo mandatole da Parigi da mamma Valerius, nell’attesa del suo amico.

S’incupì pensando che il giorno successivo sarebbe finito tutto: l’anno precedente, quando Raoul era tornato in accademia dopo l’estate, si era sentita sola e abbandonata; quell’anno sarebbe stato un tormento ancora peggiore, alla luce del loro dolce segreto…

Qualche sera prima, infatti, il ragazzo l’aveva presa in disparte con la scusa di una passeggiata e le aveva fatto una promessa: “Quando tornerò l’anno prossimo, chiederò la tua mano a tuo padre! E se qualcuno cercherà d’impedire questa unione, prenderemo un treno e fuggiremo, e ci sposeremo, fosse anche ai confini de mondo!” -il suo sguardo si era acceso, infervorato da quel discorso così appassionato.

Christine non aveva proferito parola, aveva semplicemente annuito stralunata e poi Raoul l’aveva riaccompagnata in casa. Solo che, quando si era ritrovata in camera da sola, distesa a fissare il soffitto, aveva cominciato a fantasticare su una vita matrimoniale insieme, felice e perfetta, e si era scoperta a sorridere quando l’idea di un figlio di Raoul, si era insinuata nella sua giovane mente.

Aveva scosso la testa ed aveva accantonato l’idea per il momento: infondo il ragazzo non aveva ancora chiesto la sua mano a suo padre.

Un bussare alla porta, la riscosse dai suoi pensieri. Corse ad aprire, prima che lo facesse Mary.

Sorrise al nuovo arrivato e gli fece una piccola riverenza: “Buonasera monsieur le vicomte, prego si accomodi in salotto, la cena verrà servita tra poco.” -gli fece cenno di entrare e lo prese in giro con tono irriverente.

Si sistemarono in salotto e stettero in silenzio per alcuni minuti, non sapendo come rompere quella lastra di ghiaccio che si era venuta a creare tra loro. Come era possibile che non avessero niente da dirsi? Sicuramente l’imminente partenza del ragazzo, rattristava entrambi e i pensieri tristi, si sa, occupano sempre la mente e non lasciano spazio a molto altro.

Fu Christine dopo poco a scalfire quel muro di silenzio impenetrabile, dando voce ai pensieri di entrambi: “E così domani parti, sai non sono affatto triste!”

Il ragazzo pensò d’aver capito male: “Cosa?” - chiese con tono allarmato.

La giovane rise di gusto, osservando l’espressione disorientata di Raoul: “Ma cosa hai capito! Non sono triste, perché so che tornerai, fra un anno, ma tornerai…” -  il sorriso le si smorzò sulle labbra e s’incupì. Dirlo ad alta voce lo rendeva ancora più tremendo.

Raoul le asciugò una lacrima che furtiva le era scivolata lungo la guancia bianca: non si era nemmeno resa conto di star piangendo. Non doveva farlo, si era ripromessa di salutare il ragazzo con il sorriso sulle labbra, non con fiumi di lacrime.

Si riprese subito: “Scusa non volevo… è solo che” -  un singhiozzo la scosse- “mi mancherai!”

Raoul la osservò rapito da quegli occhi luminosi e dalle guance arrossate, poi l’abbracciò d’istinto, venendo meno all’etichetta che gli era stata inculcata fin dalla nascita. La strinse a sé e un senso d’angoscia lo pervase: una brutta sensazione gli fece contorcere lo stomaco. Scacciò quel pensiero buio, pensando al futuro luminoso che li attendeva insieme.

- “La cena è servita!” - trillò Mary dalla sala da pranzo, posando un’enorme zuppiera nel centro del tavolo imbandito.

Il signor Daeè, stretto nel suo gilet marrone e con le maniche della camicia rimboccate fino al gomito, scese con calma le scale e li precedette, accomodandosi a capotavola.

- “Salve Raoul, è un piacere averti a cena con noi.” -sorrise in direzione del ragazzo, che si era seduto alla sua destra.

- “Il piacere è tutto mio signor Daeè, passare la mia ultima sera qui a Perros, in vostra gradita compagnia mi rende felice.” -disse guardando in direzione di Christine, che gli sorrise di rimando, arrossando imbarazzata.

Il signor Daeè si sporse sul tavolo e si servì dalla zuppiera, pensieroso: “Allora figliolo, domani sarai di ritorno nella capitale: sei felice?” -

- “Per la verità signore, preferirei trascorrere tutto l’anno qui a Perros, invece che solo i mesi della stagione calda. Qui la vita è più tranquilla, più semplice …oserei dire quasi lenta! Parigi ha da offrire tutto e di più, ma il caos che regna tra le strade è snervante: c’è gente indaffarata ad ogni angolo, rumori molesti in ogni anfratto, non c’è un luogo tranquillo dove trascorrere delle ore in santa pace…e poi a Parigi non ho la vostra compagnia.” - sorrise verso l’uomo a capo tavola, che continuava ad osservarlo con sguardo enigmatico.

Christine reprimeva le lacrime, fissano il piatto davanti a sé, non proferendo nemmeno una parola.

Mary, dall’altra parte del tavolo, la guardava e le si stringeva il cuore: l’anno precedente, quando il visconte era partito, la giovane era caduta in uno stato di apatia totale; nulla era riuscito a scrollarle di dosso quella coltre di inerzia che durante i mesi invernali l’aveva caratterizzata. Solo al primo apparire delle rondine un accenno di sorriso aveva fatto capolino sul suo viso ancora da bambina. Mary conosceva lo sguardo che Raoul rivolgeva alla piccola Daeè, e ne temeva le conseguenze: i due giovani indubbiamente provavano affetto l’uno per l’altra, ma l’ennesima separazione, avrebbe potuto nuocere gravemente alla psiche della tenera fanciulla. Sperava tanto che ciò non accadesse!

Il resto della cena proseguì senza discorsi degni di nota, limitati a domande e a risposte per monosillabi.

Dopo cena i due giovani si diressero in soffitta, accompagnati dal signor Daeè che si era appena acceso la fedele pipa.

L’uomo si accomodò sulla sua sedia a dondolo e osservò i ragazzi che si sedevano, distanti l’uno dall’altra, sul comodo sofà.

- “Di cosa devo narrarvi stasera?” - chiese atono.

Nessuno dei due giovani rispose, ognuno perso nei propri tristi pensieri; il signor Daeè conosceva lo stato d’animo della figlia e così scelse di raccontare qualcosa che le facesse piacere, qualcosa che la calmasse.

- “Raoul ti ho mai narrato dell’Angelo della musica?” -

Il ragazzo si riscosse dalle sue riflessioni e prestando attenzione alla domanda che gli era stata posta, cercò nella mente una storia da associare a quel titolo, ma non ne trovò: “No, monsieur!”

- “Bene, allora stasera sarà la sera in cui scoprirai il segreto di Christine!” - fece sorridendo bonario in direzione del giovane, che lo guardava stralunato.

Christine dal canto suo, era passata dalla tristezza alla sorpresa: “Di quale segreto parli padre? Per Raoul non ho nessun segreto!”

- “Allora non hai ascoltato Christine! Sto parlando dell’angelo della musica!”

La giovane si rilassò, sorridendo appena: ricordava quella vecchia leggenda che le raccontava quando era bambina.

- “Allora, cosa aspetti? Rivela il mio segreto…” - scambiò uno sguardo d’intesa con il padre, mentre il giovane ospite li guardava senza capire: di quale segreto parlavano?

- “Bene, devi sapere mio caro ragazzo, che ai comandi di nostro Signore ci sono innumerevoli schiere di angeli: Troni, Podestà, Cherubini, Serafini; questi sono i più conosciuti. Ma non tutti sanno che ci sono alcuni angeli molto importanti che, a differenza di molti, vengono a contatto con noi sin dalla nascita. Questi sono gli angeli dei doni e proprio come delle antiche muse sono custodi di arti indispensabili all’uomo.” - aspirò dalla pipa e cacciò il fumo dalle narici, facendo ridere il ragazzo.

- “Quando nasce un bambino, questi angeli, nella sua prima notte, fanno visita alla culla dell’infante: si sporgono, soffiano sulla creaturina immersa nel sonno e pronunciano una parola, che segnerà il destino di quel bambino. Ora veniamo al segreto di Christine: quando la mia bambina nacque, non emise nemmeno un vagito, e questo preoccupò non poco me e la madre, che pensavamo fosse nata muta. Ma per magia al mattino, venimmo svegliati dal canto della vita di Christine. Ecco cos’era successo durante la notte: un angelo era sceso sulla culla di Lottie e aveva soffiato sulle sue labbra, pronunciando una parola che sicuramente avrai capito qual è…” -

- “Canta…” – lo interruppe Raoul come ipnotizzato.

- “Esatto ragazzo!” - sorrise l’uomo – “L’angelo ovviamente era quello della musica, ma come lui ce ne sono molti altri…”

Mentre parlava, si sentirono dodici rintocchi provenire dall’orologio a pendola nel salotto: rimasero in silenzio ad ascoltare tutti i ritmici tocchi, che calavano inesorabili come una scure sul loro tempo.

Infine Raoul si alzò: “Purtroppo il tempo concessomi per intrattenermi in vostra compagnia è scaduto. Domattina partiremo presto quindi credo sia conveniente salutarci ora!” –

Christine scattò in piedi come una molla e si strinse convulsamente al braccio del giovane: “Ti accompagniamo alla porta, vieni!” – piccole stille cominciarono a formarsi agli angoli degli occhi.

Scesero in silenzio le scale fino al pian terreno, poi Christine mollò la presa e permise a Raoul di congedarsi degnamente dal signor Daeè: “Monsieur grazie infinite per la preziosa ospitalità che mi ha concesso, spero che un giorno possa avervi miei graditi ospiti nella mia residenza di Parigi.” - strinse la mano dell’uomo e salutò con un inchino Mary, che intanto era giunta per salutare il giovane ospite.

Poi prese per mano Christine e aperta la porta la condusse in giardino, al cancello d’ingresso: “Lottie, non piangere, sarò di ritorno in un battito di ciglia… un anno non è poi così lungo come sembra!” - rincuorò la ragazza che ormai aveva dato libero sfogo alle sue emozioni.

Christine si strinse al petto del giovane, bagnandogli di lacrime la camicia chiara: “Come farò a resistere un intero inverno senza di te? Non hai nemmeno idea di quello che significa, rimanere qui: questo posto fra qualche settimana diverrà deserto e io sarò da sola…” – il ragazzo la strinse più forte a sé, come se con quel semplice gesto potesse lenire la sua pena.

Poi gli balzò in mente un’idea: dal taschino interno della giacca, trasse un piccolo biglietto, scritto con elegante scrittura: “Tieni Lottie, l’anno scorso è stata una mia mancanza, ho dimenticato di darti un indirizzo al quale scrivermi. Ma rimedio quest’anno… ecco, questo è l’indirizzo della mia casa parigina. Così potremmo sentirci anche se siamo lontani!” - le sorrise per rincuorarla e sembrò funzionare.

- “Ti scriverò ogni giorno, sarà come se fossi ancora qui!” - sorrise tra e lacrime, che continuavano inesorabilmente a scendere dai suoi occhi luminosi.

Un trottare di cavalli li interruppe: dall’angolo della piccola strada arrivò una carrozza, che si fermò proprio davanti ai due giovani.

-“Arrivederci dolce Lottie…”- il giovane venne interrotto da un bacio salato della ragazza.

Ora ne era più che certo: voleva che Christine diventasse sua moglie al più presto; sarebbe andato anche contro la sua famiglia pur di averla al suo fianco.

-“Arrivederci Raoul… torna presto, io rimarrò qui ad attendere il tuo ritorno!”- lo lasciò libero da quella dolce presa e indietreggiò di un passo, mentre il giovane saliva sulla carrozza senza staccare gli occhi dai suoi.

Quando la carrozza partì al galoppo tra gli stretti viottoli del villaggio di Perros, Christine non poté fare a meno di scoppiare in un pianto straziante: “Scrivimi!” urlò dietro al veicolo che girava l’angolo.

Si sentì stringere in un caldo abbraccio e si strinse al padre, che aveva assistito a tutta la scena, ed era uscito per sorreggere la sua bambina in quel momento così malinconico.

Il padre la cullò per un po’, sussurrandole che Raoul sarebbe tornato più presto di quanto credeva e che avrebbero trascorso altre fantastiche giornate insieme.

-“Lottie, ti dirò di più: se Raoul dovesse chiedermi la tua mano, io gliela concederei…non sarei disposto a separarmi da te per un giovane di minor valor!”- così dicendo le asciugò una lacrima solitaria che scendeva verso il mento.

Christine lo guardò sorpresa e poi scoppiò a ridere: ora ne era assolutamente certa, quei mesi che la separavano dal suo nuovo incontro con Raoul, sarebbero passati velocemente e poi finalmente lei e il ragazzo sarebbero stati insieme per sempre.

 

 

 

 

AngolinodiFarah: salve a te lettore! Se stai leggendo qst poche righe, vuol dire che hai letto il capitolo e te ne ringrazio… ;) sarei felicissima di ricevere tuoi commenti o rettifiche o correzioni o quant’altro possa aggradarti…tranne minacce di morte per aver stravolto i personaggi e la storiaXD Ci si legge al prossimo capitolo!

 

 

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