Il Ritorno

di Lilyth
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Introduzione ***
Capitolo 2: *** 1 ***
Capitolo 3: *** 2 ***



Capitolo 1
*** Introduzione ***


Per quanto, una manciata di mesi prima, avevo creduto che il peggio fosse passato e che finalmente mi sarei riappropriata della mia vita da normale diciassettenne, quando mi ritrovai appesa a testa in giù su una vasca di piranha dovetti tristemente ricredermi.
Sospirai tentando di tirarmi su con il busto e afferrare con le mani, se pur legate, il cappio che mi teneva strette le caviglie.
Ripiombai giù delusa dopo aver scoperto che non riuscivo a muovere neanche le dita per quanto il sangue mi si fosse fermato.
 
Ma brava Smile, bel modo di cominciare un nuovo anno scolastico, “farò la persona seria quest’anno” avevi detto “non mi caccerò nei guai” avevi giurato “non dovrò più sperare che qualcuno mi venga a salvare il culo” avevi marchiato a fuoco sul tuo orgoglio.
E ora, oltre a borbottare da sola come una vecchia di ottant’anni, non solo non stavo cominciando bene l’anno, mi ero anche cacciata nei guai e oltretutto stavo ardentemente sperando che qualcuno venisse a tirarmi fuori da li prima che i miei capelli fungessero da filo interdentale alle graziose bestie sguazzanti nella vasca.
 
Infondo però, alle prime due promesse non avevo creduto neanche io, non gli avevo dato un minimo di peso neanche quando me le ero fatte, erano passate subito nel dimenticatoio della mia testa.
Forse all’ultima ci tenevo leggermente di più, e non perché avevo una voglia matta di morire martorizzata, solo perché ero pienamente convinta di potermela cavare da me sempre e comunque.
Eppure stavo pregando (e non scherzo, pregando veramente per quanto io e la religione fossimo due realtà prettamente differenti).
 
Sentii uno scrocchio e un tonfo sordo, calcolando che ancora riuscivo a pensare voleva dire che probabilmente ero ancora viva ( benedetto Cartesio) e che non ero stata io a procurare il rumore sinistro.
Mi voltai il più possibile ma quando vidi una frezza di capelli biondi dondolare vicino a me mi rassegnai al fatto che
 
< ora siamo veramente fottuti >

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Capitolo 2
*** 1 ***


Dopo circa due settimane di ricovero forzato e inutile, finalmente stavo varcando la soglia di casa.
Non che morissi dalla voglia di riprendere le mie abituali occupazioni, la mia vita era un totale shaker di problemi, ma sicuramente tornare almeno alla dimora era meglio che rimanere costretta nel letto candido del pronto soccorso al solo scopo di capire come mai non ero ancora morta.
La verità era che tornando a casa avrei scoperto alcune cose su cui avevo riflettuto durante il mio lungo soggiorno nel palazzo bianco.
La prima questione era semplice, quasi immediata, mia madre sarebbe stata li ad aspettarmi o era già andata via come faceva di solito?
Laby e Kay mi avrebbero perdonata per non essermi fatta viva per circa un mese?
Ma soprattutto, domanda d’oro da cento milioni di dollari, che cazzo di fine aveva fatto quel cazzone di Skorny?
 
< a che pensi Smile? >
Guardai mio padre ad occhi sbarrati
< cosa? >
< ti vedo strana, a cosa pensi? >
Presi le valigie dal portabagagli e iniziai a camminare verso la porta
 
< a un po’ di cose in effetti >
< le posso sapere? >
 
Non feci in tempo a ribattere che la porta si aprì e mia madre uscì abbracciandomi.
La risposta alla prima domanda era arrivata e, questo dovevo dirlo, ne ero piacevolmente sorpresa.
 
< amore di mamma, come stai? >
< come deve stare Gloria? Si è fatta due settimane di ospedale >

Lei lanciò un’occhiataccia a papà che la superò con le borse in mano.
 
< o piantala tu di fare sempre il sarcastico. Dicevamo, si, come stai? >

Cercai di sorriderle in modo normale, anche se in quella situazione mi risultava molto difficile
 
< o, bene, dire molto meglio. Tu? >
< tutto bene, ti stavamo aspettando già da giorni ma qui qualcuno non mi ha fatto sapere nulla sulla tua condizione ospedaliera >

Surclassando la frecciatina che aveva appena lanciato a papà mi concentrai sul “stavamo”.
Lei e chi? Mi ero  persa qualcosa, o meglio, mi ero forse dimenticata qualcuno?
La mamma notò la mia espressione interrogativa
 
< ma come, non te lo ricordi? Ci rimarrà malissimo! Non glielo dire! >
 
Mi avvicinai al suo orecchio bisbigliando
 
< di chi stai parlando? >
< ma come Smile, di Lorian! >

Trassi un sospiro di sollievo, me ne ero dimenticata ma ero ben felice di ricordarmi di lui.
Lorian, il coinquilino gay di mamma che dovevo “assolutamente conoscere” ma che ancora non avevo neanche visto.
Nulla di cui preoccuparsi.
Mamma mi fece strada in casa sviolinandomi le ultime novità ed elogiando il suo “figlioccio”, come diceva lei e sottolineando quanto lui mi aspettasse e quanto sarebbe stato felice di vedermi una volta rincasato quella sera.
 
Peccato che io, in quel momento, avevo altri pensieri nella testa, o meglio le due domande di prima che attendevano ansiosamente una risposta.
Con la scusa di risistemare gli abiti nell’armadio salii in camera e tirai fuori il computer.
Ok, per quanto facebook fosse uno strumento idiota e spesso inutile, era l’unico modo che avevo per capire, senza chiederlo, quanto Laby fosse furiosa con me.
Detto fatto, appena aperto sulla home comparvero almeno 15 suoi stati in cui sottolineava aspramente quanto di “certa gente” non ci si possa fidare.
 
Non feci in tempo a vedere se era connessa che la sua chat si aprì violentemente e mi piovvero addosso le sue frasi d’ira per eccellenza
 
“ che fine avevi fatto?  Cazzo Smile! Un mese, è passato un mese! Non è possibile, fai sempre così, anzi, fate sempre così. Tu non ti fai sentire, quel demente sparisce e in tutto questo Kay rischia di essere bocciato! Ti rendi conto di che situazione sto vivendo? ”
 
Di quella sfilza di parole ne avevo lette solo due, “demente” e “sparisce”, nel leggere ciò mi estraniai completamente dalla chat che continuava a trillare indispettita.
Alex era sparito...ma perché?
Io non sapevo nulla, non mi avevano fatto sapere nulla cazzo, come al solito!
Le tre domande erano state soddisfatte, e sinceramente sapevo che Laby si sarebbe presto stancata di tenermi il muso.
Ora il problema era un altro.
Mi sedetti pesantemente sul letto lasciando il computer.
Alex era sparito, già, a sentire lei se ne era andato senza lasciare alcuna notizia.
Perché, come e dove?
Cazzo, gli avevo anche salvato la vita, ero stata io, cazzo, ero stata io.
Inoltre, non per voler essere fiscale, ma mi pareva di aver capito che tra di noi, dico e ripeto, tra di noi, fosse nato qualcosa.
E lui cosa fa? Sparisce!
 
Scrissi a Laby due righe di numero per scusarmi e promettere che l’avrei chiamata in serata, presi il cellulare, e attesi.
“ il numero da lei chiamato è inesistente”
Inizia ad innervosirmi veramente, che voleva dire che il numero era inesistente? Era uno scherzo? L’avrebbe pagata questa volta, non poteva farmi questo.
 
Passai tutto il giorno, e non scherzo, tutto il giorno a cercare di capire cosa stesse facendo Alex, senza contare che mi sentivo così colpita nell’orgoglio da impedirmi di andare a casa sua e buttare giù la porta a calci.
Mia madre mi risvegliò dalla mia tana di cupidigia per avvisarmi che Lorian era tornato a casa e non vedeva l’ora di conoscermi.
Scesi con un’aria tutt’altro che felice, se dovevo essere sincera con me stessa non avevo affatto voglia di conoscere questo altro tizio, avevo troppe idee in testa e ognuna di esse aveva come protagonista quell’imbecille di Alex.
 
< Lorian, lei è mia figlia Smile >
 
Non stavo neanche guardando, per la precisione i miei occhi erano fissi a terra, il movimento di una coda sotto il tavolo mi aveva rammentato la presenza di Mollica, l’unica a cui non avevo ancora pensato.
 
< Smile? >
 
Mi ripresi goffamente scuotendo la testa, troppo tardi per impedire al mio interlocutore di capire che non ero proprio nelle mie condizioni migliori.
Notai una mano tesa davanti a me, la strinsi senza pensarci e poi alzai gli occhi.
 

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Capitolo 3
*** 2 ***


Dire che rimasi imbambolata fu decisamente poco.
Sfilai la mia mano dalla sua dopo circa tre minuti senza mai smettere di guardarlo.
La perfezione si innalzava davanti ai miei occhi, alto, moro e con due occhi verdi da sbavo.
Mi sorrideva calorosamente continuando a ripetermi quanto fosse contento di conoscermi.
Perché era gay?
Me lo chiesi per tutta la durata della nostra presentazione, interrotta dal suo volersi fare una doccia.
Ah, giusto perché sono sempre l’ultima a sapere le cose, Lorian fino a quel momento era stato placidamente ospitato nella mia camera e, a meno che io non avessi avuto problemi, ci sarebbe restato.
 
Appena sparì sulle scale mi avvicinai a mia madre tossicchiando
< non c’è nessun problema se rimane da me >
Mi lanciò un’occhiata ammiccante e sussurrò
< diciamo che potrai almeno rifarti gli occhi. >
 
Nascosi un lieve sorriso, che svanì non appena sentii il cellulare vibrare nella tasca dei jeans.
Lo tirai fuori e rimasi paralizzata davanti allo schermo, era Monica, risposi velocemente
< Monica! >
< ciao Smile, come stai? >
Sospirai
< io bene, sono uscita dall’ospedale poche ore fa. Ma che fine avete fatto? >
Rimase qualche secondo in silenzio
< non ti allarmare, io sono a casa, per quanto riguarda Alex...beh, dovremmo parlarne più approfonditamente >
Mi innervosii parecchio
< cosa vuol dire? Vengo subito da te. Non mi convince questa storia! >
< come vuoi, io sono qui tutto il giorno >
 
Appena attaccai notai gli occhi di mamma e papà che mi puntavano interrogativi
< cos’è successo? Alex è sparito? >
Scossi la testa violentemente
< non ho tempo di spiegare nulla, vado da Monica. Se chiama Laby ditele che ci vediamo domani a scuola. Ciao >
 
Li baciai entrambi e corsi fuori casa.
Cosa voleva dire che “dovevamo parlarne più approfonditamente”? cosa stava succedendo?
Iniziavo ad avere paura che fosse successo qualcosa, qualcosa che non sarebbe dovuto succedere.
Intorno a me le case si allontanavano velocemente, forse troppo velocemente, avrei dovuto rallentare l’andatura se non volevo attirare troppo l’attenzione.
Raggiunsi il palazzo di Monica ed Alex e citofonai con foga.
Il portone si aprì con un clangore metallico, entrai e senza guardare l’ascensore corsi per le scale più velocemente che potevo.
La porta era aperta e Monica mi stava aspettando appoggiata allo stipite, era in condizioni pietose
< cosa ti è successo? >
Accennò un sorriso
< diciamo che nel tuo mese di ospedale gli scontri non sono finiti, io e Alex abbiamo dovuto rimboccarci parecchio le maniche >
Varcai la soglia guardandola meglio, aveva parecchi cerotti sul volto e un taglio sul collo, quasi sicuramente il suo corpo doveva essere tempestato da lividi
< lui che fine ha fatto? >
Mi guardò negli occhi
< diciamo che in missione, segreta per la precisione. Dovrebbe tornare tra qualche giorno, comunque non devi preoccuparti, sta bene >
annuii, col cazzo che sarebbe stato bene quando mi avrebbe rivista!
Come si permetteva di non dirmi nulla? Prendeva e se ne andava così, in missione poi.
< non essere troppo dura con lui, non voleva metterti nei guai più di quanto già lo sei >
Non so se sarei riuscita a giustificarlo, l’importante era rivederlo per ora.
 
Durante la mia visita a Monica cercai di farmi spiegare cosa realmente stesse accadendo, ma non ci fu modo di strapparle nessuna informazione che non fosse “ i Bruni, sempre i soliti Bruni”.
Non riuscivo a capire che senso avesse tenermi a distanza e soprattutto non dirmi nulla, ero una di loro, avevo il diritto di sapere.
Lascia correre, la vedevo strana e non volevo creare più problemi di quanti già non ne avesse.
Tornai a casa pensierosa e desiderosa di rivedere il coglione, non sapevo quanto avrei dovuto aspettare ma una cosa era certa, forse mi stava mancando.
 
 

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