You make my dream come true

di ooswin
(/viewuser.php?uid=202787)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Come Paige si ritrovò a puntare la sua (finta) bacchetta contro un perfetto sconosciuto ***
Capitolo 2: *** Puoi anche chiamarlo interrogatorio. ***
Capitolo 3: *** Indagini ***
Capitolo 4: *** Un cappello, un camino e un medaglione ***



Capitolo 1
*** Come Paige si ritrovò a puntare la sua (finta) bacchetta contro un perfetto sconosciuto ***


Prologo - Come Paige si trovò a puntare la sua bacchetta (finta) contro un perfetto sconosciuto

 

Il 15 giugno Paige era andata a letto piuttosto presto, per i suoi standard. Verso l'una e venti di notte aveva chiuso Son Of Neptune e spento la luce, per poi rigirarsi fra le lenzuola per almeno 10 minuti buoni, alla ricerca di una posizione comoda per addormentarsi. Dopo una mezz'oretta passata a sbuffare e a cercare di prendere sonno, aveva iniziato ad avere le palpebre pesanti e si sarebbe addormentata nel giro di poco, se solo una figura non fosse spuntata dal nulla nel bel mezzo della sua camera, rovesciando una pila di libri che la ragazza aveva lasciato per terra, in attesa di essere riposti negli scaffali già strapieni. Non aveva provocato un rumore poi così forte, ma era abbastanza per far allarmare Paige, che afferrò la bacchetta dal comodino e la puntò sullo sconosciuto, mentre accendeva la luce.

«Chi sei? Ti sei materializzato, che hai fatto? Un viaggetto nell'ombra? Dovresti essere figlio di Ade, uhm.. in effetti i capelli neri e la pelle pallida ce l'hai. Oppure..» il ragazzo aveva nel frattempo alzato la testa e, vedendo la bacchetta che gli veniva puntata contro, aveva iniziato ad indietreggiare, fino a trovarsi schiacciato al muro. «Non sarai mica arrivato da Narnia attraverso l'armadio? No, evidentemente no, i vestiti non hanno traccia di neve, o fogliame. Mh, sono puliti e senza traccia di viaggio, ma tu sembri affaticato – è Sherlock, ho visto tutta la seconda serie oggi pomeriggio, e ora sono più o meno fissata con il ragionamento logico – in ogni caso, non sarai mica un vampiro? Sai, wish-wish, magari senza sangue..»

«Non luccico, se è questo che ti stai chiedendo» la interruppe lui, piuttosto sbalordito.

«Certo che no» continuò lei distrattamente «Parlavo di vampiri seri. Comunque, dal modo in cui sei indietreggiato vedendoti puntata contro questa» disse, abbassando lo sguardo sulla bacchetta «sei un mago. In realtà c'ero arrivata già prima, ma volevo vagliare tutte le opzioni, non si sa mai. Questa è finta, comunque – inutile che ti preoccupi. E non cercare nemmeno di obliviarmi e andarmente, perché la tua ce l'ho io.» gli sventolò davanti la sua bacchetta – 10 e ½ pollici, rigida, legno di mogano, anima di corde di cuore di drago – e lui cercò di acchiapparla, inutilmente. Paige balzò sul letto e si mise comoda, per poi fargli segno di sedersi accanto a lei.

«O miei dei, non ci credo, o Zeus, Merlino, Morgana, per Salazar è un mago vero, e io ce l'ho vicino.» Sussurrò, in preda all'entusiasmo. Insomma, aveva letto quei libri centinaia di volte, praticamente il suo sogno si stava avverando. Gli tese la mano: «Io sono Paige Cohen, piacere di conoscerti.» Lui la strinse e fece per presentarsi, ma lei lo bloccò. «No, fermo, fermo. Indovino io. Nuova Generazione, no? Insomma, figlio di uno degli eroi del mondo magico o comunque di quelli di quell'epoca, eccetera» chiese, mentre gli girava intorno, osservandolo con aria assorta. Lui annuì, perplesso. «Allora.. sui sedici anni, capelli neri perennemente in disordine, occhi verdi, niente occhiali, permesso di usare la magia prima della maggiore età, probabilmente un corso extra-curriculare perché sei una schiappa in smaterializzazione.. Albus Severus Potter, figlio di Harry James Potter, l'eroe del mondo magico. Ho indovinato?» chiese eccitata, rimettendosi seduta davanti a lui. «Come.. diavolo.. hai fatto?» chiese Albus, decisamente stupito. «Tesoro, io conosco quei libri» Paige indicò lo scaffale sopra la testata del letto, con tutti i libri di Harry Potter e i gadget più disparati riguardanti la saga «a memoria. Potrei ripeterteli pezzo per pezzo. Come potevi anche solo pensare che non ti avrei riconosciuto? Poi ovviamente ho una mente geniale, ma questa è un'altra questione.»

«Sei modesta, eh?»

«Preferisco realista» replicò lei, sorridendo.

«Quindi tu saresti.. una babbana?»

«Tecnicamente. Anche se secondo me il mio gufo con la lettera si è solo disperso- insomma, dai, io non posso essere solo una babbana. Ma a quanto pare è questo che mi ha riservato la vita.» disse, facendo spallucce.

«Mai avuto casi di magia accidentale?» chiese il ragazzo, stringendo gli occhi e chinandosi in avanti, interessato.

«Non che io ricordi. A meno che qualcuno del Ministero non mi abbia obliviata per qualche motivo a me oscuro, niente. Guarda» Prese la bacchetta di Albus e la puntò verso il portapenne sulla scrivania. «Wingardium Leviosa!» per un paio di secondi non successe niente, poi della luce bianca partì dalla bacchetta, sollevando a mezz'aria il portapenne e lasciandolo cadere rumorosamente a terra, causando un fracasso terribile.

«Merda» sussurrò Paige, abbassando piano la bacchetta, lo sguardo fisso sulle matite e penne sparse sul parquet.

«Credo che tu abbia riassunto piuttosto bene la situazione.» sussurrò Albus di rimando.



-----------------------------------------------------------------

SALVE!

Allora, questa è un'idea che, uhm, ho più o meno dall'anno scorso, visto che tenevo sul serio una bacchetta sul comodino (-- lo faccio anche quest'anno. lol.) e mi ero immaginata questa scena.
Non mi sembra di avere altri commenti, ugh. Sparisco a finire (.............) il primo capitolo e a fare il banner (sto avendo davvero molti problemi a fare questo banner ma va bene. HAHAHA)


BOO-YA!

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Puoi anche chiamarlo interrogatorio. ***


Puoi anche chiamarlo interrogatorio

 

La mattina dopo, Paige si era alzata senza nessun pensiero particolare: come sempre, era scesa a fare colazione e, come sempre, si era poi rintanata a leggere sul terrazzo, con il sole che le illuminava i capelli rossi e le scaldava la pelle pallida. I ricordi erano affiorati a poco a poco, facendole gradualmente rizzare la schiena e far cadere il libro, per poi alzarsi di scatto e correre in camera sua a frugare nel cassetto del comodino. Buttò all'aria più o meno tutto il contenuto, (“Perché l'ho messo così in fondo? Me stupida”) spargendo quaderni, matite e appunti sul tappeto, prima di trovare quello che stava cercando.

 

«No, senti, non puoi andartene così senza spiegarmi niente.. o, non lo so, senza la certezza che domani, quando mi sveglierò, tutto questo non sarà solo un simpatico sogno!» Suonava leggermente melodrammatica, e se ne rendeva conto, ma non poteva fare a meno di interpretare la parte di una di quelle protagoniste delle soap-opera (“No! Non lasciarmi sola, Rodrigo, tutto questo è già così simile ad un sogno adesso che se mi addormenterò tu svanirai come ombra alla luce, e non ti rivedrò mai più, me lo sento.”) che vedeva sua nonna al piano di sotto. «E ricordati che ho ancora la tua bacchetta» aggiunse, indietreggiando fino a mettersi con la schiena appoggiata al cuscino e un broncio da bambina dipinto sul viso.

«Senti, io devo andarmene. Avevi ragione, sono una schiappa a smaterializzazione e non sarei dovuto arrivare qui, e mio padre potrebbe mandare uno stuolo di Auror da un momento all'altro per cercarmi. Prendi questo» Slacciò il orologio e glielo porse «ci tengo, quindi questa è la garanzia che tornerò.» Lei gli porse la bacchetta e lui si smaterializzò di nuovo, lasciandola per metà entusiasta ed eccitata (“Sono una strega!”) e per metà sfinita. Sistemò l'orologio nel cassetto del comodino, un po' in fondo così se sua nonna avesse avuto la malsana idea di mettersi a cercare una penna o un foglio là dentro non lo avrebbe trovato.

 

 

Si rigirò fra le mani l'orologio, passando le dita sul quadrante leggermente offuscato per quante volte era stato toccato, controllato, spostato. La pelle del cinturino era consumata, ed era in generale un oggetto molto vecchio, col vetro scheggiato e le rotelline d'ottone scolorite; si notava però che era sempre stato trattato con cura, come se fosse un oggetto prezioso. Lo ripose sul comodino e prese a camminare su e giù per la stanza, torcendosi le mani, aspettando eccitata. Dopo una decina di minuti senza alcun segno del mago, Paige decise che forse, forse, quello non era il modo migliore d'ingannare il tempo nell'attesa. Così decise di rivedersi la 2x16 di Glee per la millesima volta, così, tanto per far salire i feels per la sua OTP alle stelle. Klaine. Quei due erano perfetti, dio, talmente perfetti da essere illegali.

Quando finalmente Albus si fece vedere, la puntata era nel suo momento migliore. Nel momento in cui i feelings ballano la conga e tu ti trattieni dal saltellare per la stanza agitando le mani come un'orca spastica, emettendo urletti decisamente imbarazzanti e fangirlando come se non ci fosse un domani.

«Ehm, Paige.. ciao?»

«Nonono, zitto ora.» Lo bloccò la ragazza, alzando una mano. «Oddio questo pezzo. OH MIO DIO.» Iniziò a girare su se stessa con le mani congiunte ed un'espressione sognante in viso. «Kurt, arriva un momento in cui diciamo a noi stessi “Oh! Eccolo là!”. Cerco uno così da una vita. Vederti cantare Black Bird, l'altro giorno, mi ha davvero aperto gli occhi. Ho capito una cosa- Tu.. tu mi emozioni, Kurt. E questo duetto sarebbe una scusa per passare più tempo con te.» ripetè le battute un attimo prima che queste venissero pronunciate. «E ora si baciano. AHHHHHWWW, sono perfetti, cioè, oddio, SONO BELLISSIMI.» si avvicinò ad Albus, parecchio perplesso «Lo sono. Lo pensi anche tu, vero? Lo pensi anche tu, vero?» chiese, con un tono leggermente minaccioso e un'espressione vagamente folle.

«Ehm, sì?»

«WAAAAAAA» gli buttò le braccia al collo, facendosi prendere leggermente dall'entusiasmo. Lui la strinse, adesso un attimino preoccupato (“In che razza di guaio si era andato a cacciare?”). Paige lo lasciò quasi subito, schiarendosi la gola e spazzolandosi i leggins. «Ehm, scusa. Crisi da fangirl finita. Ora possiamo anche parlare di ciò per cui sei venuto qui» disse, aprendosi in un ampio sorriso. Si sedette sul letto e gli fece cenno di accomodarsi, così lui avvicinò la sedia e si sporse in avanti, appoggiandosi sulle ginocchia. «Allora.. cosa vuoi sapere?» chiese.

«Okay, uhm, ho tipo trecentonovantaquattro – ogni riferimento a Piton è puramente casuale – domande da fare e sto cercando di mettere ordine nel mio povero cervellino sovraccarico. Partiamo dai libri. Se il mondo magico esiste davvero, perché sono stati pubblicati? La Rowling è una strega, una babbana, una magonò, cosa? Nei libri è riportato esattamente ciò che è successo?»

«Quante domande.. Mh, appena finita la Seconda Guerra Magica il Ministero della Magia si è accorto che i Babbani iniziavano a nutrire qualche sospetto per, sai, tutto il caos che c'è stato, eccetera. Quindi hanno chiesto a questa strega molto portata per la scrittura, Johanne Rowling, di scrivere le cronache di quei sette anni e di pubblicarli nel mondo Babbano perché, beh, se metti informazioni vere in una storia fantasy nessuno ci crederà più, no? Lei quindi ha intervistato mio padre parecchie volte, si è fatta raccontare la storia da lui, e poi l'ha riscritta – in un tempo davvero da record. Solo che il mondo magico non si aspettava una così calda risposta da parte dei babbani per l'uscita di quei libri – non pensavano avrebbero fatto tutto quel successo, e così Johanne si è trovata costretta a vivere fra i Babbani per tutta la vita, nonostante suo marito sia un mago come i suoi figli. Però non credo le dispiaccia – a quanto ho sentito anche lei, come mio nonno Arthur, era ed è una babbanofila. E poi se vuole fare una visitina a Diagon Alley può sempre usare la Polvere Volante. L'unico inconveniente piuttosto spiacevole è che adesso arrivare al binario 9 ¾ è un po' scomodo per, sai, tutti i babbani-potterhead (si chiamano così, vero?) che il 1° settembre cercano disperatamente di entrare ma ovviamente non possono. Sono stato abbastanza esauriente?»

Paige fissava un punto oltre la sua testa, completamente assorta nei suoi pensieri.

«Paige? Ehi, ci sei?»

«Cos- oh sì, scusa. Stavo metabolizzando questo pacchetto famiglia d'informazioni. E sto cercando di trattenermi dall'urlare.» le brillavano gli occhi e le scappò un piccolo urletto con tanto di mani agitate stile morbo di parkinson. «Più o meno. In ogni caso, non ho finito. Devo sapere se le mie ipotesi sono giuste, se almeno una delle mie fanfiction preferite ha fatto centro.. E se ci sono ship che non mi piacciono, devo elaborare un piano per farli lasciare e farli mettere con qualcun altro. Forse sto correndo troppo, ugh.»

«Aspetta, ferma un attimo. Le barche non ti piacciono..?»

Paige scrollò le mani, spazientita. «Ma no, cosa c'entrano le barche adesso! Una ship, da relation-ship, il cui verbo è ship, to ship, shipping, tifare per una coppia, volere con tutta te stessa che quei due stiano insieme. Dizionario di una fangirl, pagina 2, paragrafo 4; by Paige Naya Cohen, grazie per averne usufruito.»

«Ehm, ti offendi se ti dico che sto capendo più o meno la metà di tutto quello che dici?»

Lei sventolò una mano come per dire “Tranquillo, è normale” e poi si sporse in avanti.

«DICEVAMO. Come sta la tua famiglia, tutto bene? Nessuno soffre di depressione, è alcolizzato, ha subito violenze, niente?»

«Mh, no.» rispose lui «Beh se vuoi contare quella volta in cui Lily ha pianto per un giorno intero dopo che James aveva trasformato la sua bambola preferita in una spaventosa barbie-zombie.. è vero che aveva due anni, se adesso James facesse una cosa del genere al suo libro preferito o al suo ragazzo – ci ha provato, ma Teddy l'ha fermato in tempo – credo che arriverebbe al giorno dopo in un lettino del San Mungo. Lily sa essere terribilmente vendicativa, a volte. Ugh.»

Paige intanto si sfregava le mani, soddisfatta. «Sìsìsì, me la immaginavo decisamente così. E dimmi, chi è quel ragazzo che James voleva trasformare in uno zombie? In che casa siete finiti voi tre? E gli altri Weasley? E i fratelli Scamander – sono come Luna, poi? Che rapporto avete con Scorpius Malfoy?»

«Con calma. James e Lily sono a Grifondoro, Rose è a Corvonero come anche Lorcan, Lysander (sì, sono piuttosto simili a lei. Diciamo che con loro non ti annoi mai) e Victorie. Dominique è a Serpeverde, come me e Louis. Molly è a Tassorosso. Tutti gli altri Weasley sono a Grifondoro. Per quanto riguarda Scorpius, beh, per James è solo 'Malfoy' – nota il tono di disprezzo; Lily ha una cotta storica per lui, anche se non lo ammetterebbe mai (a me l'ha detto Roxanne, non me ne sarei mai accorto, penso.)»

«Certo» lo interruppe Paige «Sei un maschio! E i maschi non capiscono mai niente» lui sorrise.

«Insieme ad Andrew Nott, Scorpius è il mio migliore amico.»

«Mi piace! Bene, ti chiederei dei vari intrecci amorosi come avevo inizialmente programmato di fare, ma sentendoti parlare ho deciso che forse è meglio chiedere a qualcuno di più esperto, quindi ho un'altra domanda: perché ieri sei finito qui? Ho come l'impressione che non fosse la tua meta.»

«E hai ragione. Dovevo arrivare qualche miglio più a ovest ma, come ho detto, non sono affatto bravo in smaterializzazione e ho sbagliato. In effetti è questo il motivo per cui mi è permesso di fare magia prima dei 17 anni fuori da Hogwarts: ho un permesso speciale che mi permette solo di materializzarmi e smaterializzarmi entro il perimetro dell'Inghilterra e praticare degli Oblivion, in caso qualche babbano mi veda, com'è successo con te. Peccato tu non fossi propriamente una babbana..»

«A proposito di questo. Perché, se sono una strega, non mi è arrivata la lettera da Hogwarts e non ho manifestato magia accidentale – che io possa ricordare, almeno – prima di ieri sera?»

Si mise a gambe incrociate, agitandosi un po' per la frustrazione. Non capiva quella sua situazione: insomma, era a dir poco meraviglioso quello che le stava succedendo, ma il non sapere le dava un fastidio terribile. Aveva sempre odiato non essere informata di ciò che la riguardava, non avere la sua vita sotto controllo; perché più o meno era sempre stata sicura di ciò che era, anche se non le piaceva. Adesso era tutto cambiato e anche se amava quel cambiamento, voleva sapere il perché.

«Francamente non lo so.» rispose Albus, passandosi una mano fra i capelli «oggi non ho avuto tempo, ma stasera o domani chiedo una mano a Rose, lei è un genio e saprà qualcosa di sicuro. Non so quando arriverò, quindi per ogni evenienza cambiati in bagno, okay?»

«Okay» rise lei, alzandosi. «Tieni» disse poi, porgendogli l'orologio.

«Giusto. Non vorrei dimenticarlo» rispose lui, allacciandoselo al polso.

«Ieri hai detto che sei legato a questo oggetto, come mai?»

«Era di mio nonno – quello paterno. Nell'estate dell'anno scorso io e i miei fratelli abbiamo trovato un vecchio scatolone in soffitta; non c'erano molte cose, ed erano tutte piuttosto vecchie e quando abbiamo chiesto a papà cosa fosse lo sguardo gli si è velato di tristezza, quindi abbiamo capito che erano le cose dei nonni. La maggior parte degli effetti personali della nonna li ha presi Lily, mentre le cose del nonno ce le siamo divise io e James. A me è toccato questo orologio, il suo primo boccino e un gufo di legno chiamato 'Gerard'.»

«Ohw. Che bello.» sorrise Paige «Tranne per Gerard. Gerard è il nonnino stronzetto di Teen Wolf.»

«Te-che?»

«Lascia perdere.. Sai, roba da fangirl.» aggiunse, con aria cosipratoria.


~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~


YAHOOO!

Allora, ugh, qua si scopre più o meno tutto (?) tranne ovviamente il perché Paige è una strega e blabla. Quello è un mistero che devo ancora decidere (.......) che persona pessima che sono. 
Anyway.
Per la faccia di Paige ho un dubbio: meglio Emma Stone o Kathryn Prescott?

BOOH-YA!




 

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Indagini ***


Indagini

 

Albus si materializzò addosso a Roxanne, venuta a casa Potter per un the insieme a Fred, George e Angelina, beccandosi un rimprovero dalla madre (“Al, ti è permesso esercitarti nella materializzazione proprio perché tu eviti di finire dove non dovresti”). Si sedette a tavola pescando un biscotto e sorrise. «Qualcuno ha visto Rose?» chiese. Fred gli lanciò un'occhiata interrogativa, visto e considerato che nessuno cercava Rose durante le vacanze – eccetto Albus, ma a lui questo non era dato saperlo –.

«È a casa, no? È sempre a casa, d'altronde.»

«Rox, non essere cattiva» la riprese la madre. «Leggere non è affatto una brutta cosa, e se lo faceste un po' di più anche voi due non sarebbe male.»

«Io leggo, ma-»

«Le istruzioni sulla crema di bellezza non valgono, Roxie cara» la canzonò il fratello, per poi farsi schermo con un piattino quando lei gli lanciò un tappo di bottiglia.

Albus scosse la testa, sorridendo, e se ne andò di sopra, in camera sua, mentre i due fratelli continuavano a bisticciare. Si buttò sul letto, acchiappando il libro che aveva lasciato sul comodino la sera prima, troppo stanco per continuare a leggere. Nonostante la storia tutto meno che noiosa, dopo un paio di pagine realizzò che non aveva capito una sola parola di quello che stava leggendo, troppo preso dai pensieri che stavano vertendo inesorabilmente verso Paige; insomma, era decisamente uno strano soggetto, con tutte quelle cose babbane che nominava in continuazione ed era decisamente esaltata, ma era simpatica, quando ti passava la paura di venire assalito-e-analizzato. E lo spaventava un po' che una ragazza che non aveva mai visto Hogwarts potesse conoscerla meglio di lui – che lei conoscesse suo padre meglio di lui. (Perché, in effetti, non aveva mai avuto il coraggio di leggere quei libri, gli era sempre sembrato di violare la sua privacy – Lily, invece, non aveva avuto scrupoli, e ora ogni volta che combinava qualcosa e i genitori la riprendevano, rinfacciava loro tutto quello che avevano fatto alla loro epoca.) Lui, d'altro canto, non aveva mai avuto quel tipo di problema, visto che era sempre stato uno studente modello, ligio alle regole e prefetto perfetto dall'anno precedente; questo, almeno, era quello che sembrava a tutti – tranne, in realtà, a Scorpius e Andrew, che erano responsabili insieme a lui quando nel castello di scatenava un putiferio per una ragione misteriosa che mai veniva scoperta. Perché essere un serpeverde voleva dire anche quello: combinare casini e incolpare qualcun altro, o non far trovare affatto un colpevole. In effetti, ragionò Albus, c'erano davvero un sacco di cose che lui era e che faceva, ma che quasi nessuno sapeva. Non era come suo fratello James, che doveva sventolare ai quattro venti le sue imprese per sentirsi realizzato, o come sua sorella che, sebbene la maggior parte delle volte usciva indenne dagli scherzi che la coinvolgevano come organizzatrice, a volte si lasciava un po' trascinare dalle parole, dalla rabbia o dall'impulsività e faceva crescere orecchie d'asino a tutti coloro che l'avevano provocata. Albus era più nascosto, più riservato, e decisamente meno onesto con coloro che non gli piacevano.

 

***

Quando si svegliò, con la bocca impastata e il libro spiaccicato sul naso, era quasi buio e ormai era troppo tardi per andare da Rose, quindi si rassegnò semplicemente a scendere per cena, visto che sua madre gli urlava da più o meno 10 minuti di scendere e ad andarci la mattina dopo. Rotolò giù dal letto e poi si materializzò in cucina, così, tanto per provare. Atterrò quasi nel camino, ma non si bruciò niente, e questo era già un buon inizio. Si sedette accanto a Lily, mentre Harry e Ginny portavano in tavola la cena.

«Pà» iniziò Albus «Come fanno a sapere sempre a chi mandare le lettere di Hogwarts?»

«Beh, c'è un registro, di tutti i maghi che ci sono in Gran Bretagna. Poi ovviamente se qualcuno non vuole andarci basta che mandi indietro la lettera dicendo che vogliono istruire il figlio o la figlia in casa.»

«E per i Nati Babbani?»

«C'è un registro anche per loro. Poco prima della battaglia di Hogwarts Voldemort ha bruciato parte di quei registri, ma siamo riusciti a recuperare praticamente tutti i nominativi, per fortuna.»

«Praticamente? Quindi c'è qualche Nato Babbano che non sa di essere un mago o una strega.» Allora era per quello, ragionò. Voldemort aveva bruciato i registri dei Nati Babbani e Paige era una di quelle il cui nominativo non era stato ritrovato. Che sfiga.

«In realtà no. Tutti i bambini nati in quella fascia di tempo hanno addosso una traccia, che consente al Ministero di sapere quando fanno magia accidentale per poterli riinserire nel registro e mandarli ad Hogwarts ad 11 anni.»

Oh. Allora non era quello. E cosa poteva essere? Forse era davvero il caso di andare da Rose al più presto.

«Perché, t'interessa, comunque?» chiese Harry, guardandolo incuriosito.

«Curiosità» rispose il figlio, scrollando le spalle e accingendosi a mangiare il suo petto di pollo.

 

***

Paige si stava ancora rotolando nel letto, cercando di svegliarsi – erano solo le 10 del mattino! - quando Albus comparve nella sua stanza, leggermente traballante ma tutto sommato intero. Aprì faticosamente gli occhi, sbadigliando, e si girò dall'altra parte. «Che ci fai qui all'alba?» chiese, con la voce impastata dal sonno.

«In verità sono le dieci del mattino, ma comunque..»

«Stessa cosa.» Si tirò a sedere stiracchiandosi e sistemandosi i capelli, ridotti ad una specie di nido rosso. «Allora, sei qui.. Aspetta, perché arrossisci?» poi si guardò, constatando che la sua canottiera non era proprio la cosa più coprente di questo mondo. «Oh. Per questo.» Si tirò il lenzuolo fino al mento e appoggiò il mento sulle ginocchia. «Dicevamo?» sorrise.

«Eh? Oh, ugh, sì. Allora. Ieri ho chiesto a mio padre e lui dice che tutti i Nati Babbani della nostra età hanno addosso una traccia che avverte il Ministero quando fanno magia accidentale, quindi non credo sia quello..»

«Io sono stata adottata.»

«Come?»

«Io» ripetè lei «Sono stata adottata. Non so chi siano i miei genitori naturali.»

«Oh. Questo è interessante. Senti, che ne dici se vieni con me da Rose? Così ne parlate insieme.. boh, magari capisce meglio lei, capisci meglio tu.»

A Paige brillarono gli occhi. «SIIIIIII!» urlò, alzandosi dal letto. Poi si sporse in corridoio. «NONNAAAAAA! Io esco, va bene? Tornerò, boh, nel pomeriggio penso. Comunque mangio fuori. Il tempo di prepararmi. Ciao!»


_________________________________



Okay, scusate per il capitolo merdosissimo e cortissimo, ma sono di frettissima (quanti issima) perché sto per partire, D'AAAHHH.
D'ora in poi aggiornerò meno spesso visto che non ho wi-fi nè computer, scriverò dal cell, e manderò tutto ad un mio amico che poi pubblicherà - sperate che sia affidabile.


CIAAAAAAAAAO

p.s. avrei voluto mettere anche l'incontro con Rose, ma non ho avuto tempo :c

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Un cappello, un camino e un medaglione ***


Un cappello, un camino e un medaglione

 
 
Alla fine, Albus si era lasciato convincere a passare da casa Potter (mai le avesse detto che a quell’ora era vuota, essendo Harry al lavoro e tutti gli altri a Diagon Alley) e poi arrivare da Rose con la polvere volante – anche perché non si fidava di se stesso a smaterializzarsi insieme a qualcuno. Quindi, dopo che Albus ebbe mandato un gufo a Rose per avvertirla del loro arrivo, s’incamminarono a piedi, essendo le due case relativamente vicine. Partirono per le dieci e un quarto, sicuri di riuscire ad arrivare in mezz’ora, tre quarti d’ora massimo; in fondo c’era solo una collina di distanza, quindi non sarebbe stato poi così faticoso.. no?
«Che ne dici.. di una pausa?» ansimò Paige, dopo un’ora di scarpinata, sdraiandosi sull’erba.
«Penso che sia un’idea meravigliosa.» rispose Albus, piegato con le mani sulle ginocchia.
«Non è che hai dell’acqua magicamente nascosta in una tasca? Muoio di sete.»
«Putroppo l’unica cosa che al momento c’è nelle mie tasche è.. un occhio di girino.» rispose costernato e sorpreso il ragazzo. Doveva ricordarsi di svuotare le tasche dei pantaloni usati per pozioni prima di metterli, la prossima volta.
«Utile.» mormorò lei. «Potremmo sempre usarlo per richiamare le Sorelle Grigie e dir loro che se non ci portano a casa tua non avranno più il loro occhio. Che poi non è loro. But who cares?»
«Sorelle Grigie?»
«Hai mica una dracma?»
«Perché parli in una lingua a me sconosciuta?»
«Uhh, guarda, quella nuvola sembra un drago! Potremmo chiedergli di darci un passaggio.»
«…»
«Certo che se fossimo in un cartone della Pimpa adesso tutti gli alberi, l’erba e le foglie ci starebbero aiutando.»
«La Pimpa. Cos’è la Pimpa?»
«Oddei voglio un Tardis. Se avessimo un Tardis e un Doctah sarebbe molto meglio. Magari Ten. Ten è l’amore.»
«Spiegami di nuovo perché io sto ancora ad ascoltarti.»
«Perché sono maledettamente geniale e divertente?» sorrise Paige, alzandosi in piedi e spazzolandosi i pantaloncini dalle foglie rimaste attaccate.
«Ma perché voi maghi non usate mai la macchina?»
«La macchina.» Sussurrò Albus, come folgorato.
«Va a motore.» continuò Paige, perplessa.
«Ma certo, la macchina!» esclamò lui. «Paige Cohen, sei un fottuto genio.» disse, avvicinandosi e schioccandole un bacio in fronte.
«Fottuto da chi? Perché se è da Will Herondale potrei anche concordare..» iniziò la rossa, ma lui si era già smaterializzato. «No, aspetta, cosa? Dove..? Oh, FANTASTICO!» sbottò, lasciandosi cadere a gambe incrociate per terra.
 
Venti minuti dopo, una decappottabile verde bottiglia si parcheggiava accanto ad una Paige che, decisamente frustrata, era intenta ad ideare un centinaio di modi per uccidere quello stupido mago fasullo. Tutti i Potter erano decisamente idioti, a quanto pareva. Alzò lo sguardo, pronta a spaventare il potenziale molestatore con una parlantina a macchinetta, quando si ritrovò davanti Potter-sono-stupido-Junior-2 che, sporgendosi dal finestrino, le faceva segno di salire. Lei sollevò un sopracciglio, ma non proferì verbo. Si alzò e s’infilò nel sedile del passeggero, girandosi poi a fulminare il mago con lo sguardo.
«È stata una buona idea, no?» chiese Albus, allegro.
«Lo sarebbe anche buttarti da un burrone.» rispose lei, acida.
«Quello magari no..»
«Stavo per andarmene.» lo interruppe lei.
«Potr- cosa? Perché?»
«Mah, non lo so. Proprio non mi viene in mente!» rispose, sarcastica. «Dopo che un tizio conosciuto l’altroieri di cui hai deciso di fidarti (per chissà quale motivo, tra parentesi) sparisce per venti minuti lasciandoti sola in una collina isolata (senza neanche il cellulare, perché tu ovviamente l’hai dimenticato) ad aspettare che la luna diventi piena così da farsi mangiare da un lupo mannaro, magari – magari eh – ti irriti un po’. Ah, e quel tizio non sa neanche materializzarsi e smaterializzarsi come si deve, quindi potrebbe anche essere finito in un pozzo e tu non lo sapresti mai.» continuò, gesticolando all’impazzata per avvalorare le sue parole. «In ogni caso» sospirò, aggiustandosi i capelli «Hai un cappello, magari di paglia?»
«Ehm, dovrebbe.. potrebbe.. essere nel sedile posteriore.» balbettò Albus, definitivamente perplesso.
«Oh, sì, hai ragione. Eccolo qui!» esclamò la ragazza, tirando fuori un cappello di paglia a tesa larga con un nastro blu un po’ consumato.
«Ma questa macchina non è tua, vero?» chiese, sistemandosi il cappello e facendogli segno di partire.
«No, è di mia madre. Perché?» rispose lui, iniziando a guidare.
«Mi sarei chiesta quante altre ragazze porti in decappottabile» rise lei. «Oh, ho sempre desiderato farlo.» aggiunse, quando il vento le scompigliò i capelli e lei dovette tenersi il cappello per non farlo volare via.
 
«Quindi.. eccoci qui. Casa Potter, in tutto il suo magnifico disordine.» esordì Albus, aprendo la porta e facendola passare. Paige si guardò intorno, soffermandosi sui vestiti che si andavano a mettersi a posto da soli, sulla ricordella appoggiata alla credenza e sul contenitore di Polvere Volante attaccato al camino. «Uuuuhh, la polvere volante!» esclamò, deliziata. Ne prese un po’ e la fece scorrere fra le dita. «Qual è l’indirizzo di Rose?» chiese poi.
«Bluegrass Street, 17. Ricordati di essere chiara nel pronunciarlo. Presumo che tu sappia come si fa, no?» sorrise. «Oh, direi proprio di sì.» sorrise lei di rimando, raccogliendo un pugno di polvere ed entrando nel camino. «Bluegrass Street, 17!» dichiarò, prima di sparire fra le fiamme verdi. Non era poi così male, se ci si ricordava di assumere una posa stile fuso e di chiudere gli occhi, onde evitare polveri vaganti. Qualche secondo dopo atterrò su un tappeto bianco, rotolando per evitare lividi. «Tu devi essere Paige. Albus ti ha menzionata nella lettera.» disse una voce divertita davanti a lei. Paige alzò lo sguardo, trovandosi davanti una ragazza di circa 17 anni, con ricci rosso scuro, enormi occhiali da vista neri che coprivano occhi azzurro chiarissimo e un maglione color prugna con una grande ‘R’ ricamata sopra. «E tu Rose» rispose lei, alzandosi per stringerle la mano. «È un piacere cono- AAHH» s’interruppe, cadendo con la schiena per terra e un Albus completamente rosso a due centimetri di distanza. Aveva degli occhi davvero verdissimi.
«Ehm, pensi di alzarti?» gli chiese, dopo una trentina di secondi che si fissavano interdetti.
«Oh. Oh sì, scusa.» si alzò, offrendole poi la mano per tirarla su.
«O-okaaay.» disse Rose, con un sorrisetto divertito.
 Paige osservò la casa, col naso in alto. «Wow» sussurrò
«Cosa?» chiesero Rose e Albus, perplessi.
«I.. i libri. Devono essere almeno un centinaio.» disse, impressionata, indicando le grandi librerie che correvano lungo le pareti, rimpicciolendosi man mano che arrivano al soffitto, più piccolo rispetto al pavimento; quella stanza aveva la forma di una canna fumaria.
«Sono 103, per la precisione. Ma è un’aggiunta recente, visto che in biblioteca e in camera mia non ci stavano più.» sorrise Rose.
«È meraviglioso»
«In questa casa vivono Hermione Granger e Rose Weasley, che ti aspettavi?» disse Albus, scrollando le spalle.
«Anche camera tua non scherza» ribattè Rose. «Allora, di cosa avevate bisogno?»
«Faglielo vedere, Paige.»
«Cosa? Che poi dire ‘faglielo vedere’ suona veramente brutto.»
Albus represse una risata. «Intendevo, la magia accidentale. Il fatto che non sei una babbana.» Lei sembrò cadere dalle nuvole. «Mh? Ah, certo. Mi presti la bacchetta? Che tra parentesi potrebbe anche essere stato un caso. Perché non ci abbiamo pensato? Magari la tua bacchetta era in sovraccarico di magia o..»
«Quella di Al? In sovraccarico? L’unica cosa in sovraccarico in lui è la pancia quando andiamo a pranzo da nonna Molly» lo canzonò Rose, beccandosi uno sguardo finto offeso dal diretto interessato.
«Prova e avremo risolto i nostri dubbi» disse semplicemente lui, passandole la bacchetta.
«D’accordo.» Paige fece un respiro profondo «Wingardium Leviosa!» pronunciò, indirizzando l’incantesimo verso una pila di libri davanti a lei, che si alzò lentamente, per poi ricadere con un tonfo quando la ragazza, sorpresa, lasciò cadere la bacchetta.
«Notevole» commentò Rose, impressionata. «Non dovresti nemmeno essere capace di far lievitare oggetti se non hai mai ricevuto istruzione. È roba da primo anno, certo, ma quella non è nemmeno la tua bacchetta.»
«Io, ehm, dopo che tu sei venuto la prima volta» iniziò, girandosi verso Albus «mi sono, ehm, esercitata con la mia, sai, bacchetta- quella finta.» concluse, arrossendo e rigirandosi la collana fra le mani, come sempre quando era nervosa. Albus si sforzò di non ridere. «Beh, hai fatto bene, direi»
«Già- sorvoliamo, è meglio.»
«Dai, è carina come cosa.»
Per tutta risposta lei lo guardò male. «Comunque. Non ho senso. Se sono una strega, anche Nata Babbana, dovrei aver ricevuto la lettera, ma non è successo. IL MONDO COMPLOTTA CONTRO DI ME.» esclamò. «Okay, forse sono un po’melodrammatica.» ammise poi.
«Giusto un pochino. Ma cos’è quello?» chiese Rose, indicando il suo ciondolo, che lei, sovrappensiero, aveva continuato a rigirarsi fra le dita.
«Oh, è l’unica cosa rimasta dei miei genitori. Me l’hanno lasciato nella culla con cui sono arrivata dai miei genitori adottivi. In teoria dovrebbe essere un medaglione, ma non c’è il taglio in cui si dovrebbe aprire, come se fosse incompleto, vedete?» disse, mostrando loro il lato del medaglione mentre parlava. «E poi c’è questa incisione, al centro, ma non ho mai capito cosa potrebbe essere. Sembra una parola, una sequenza di lettere, ma non è di nessun alfabeto esistente – almeno, non di quello conosciuto.»
«Un disegno?» ipotizzò Albus.
«E di cosa? In genere i disegni sono piuttosto riconoscibili.»
«Non lo so.. Tu che ne pensi, Rose? Rose?» ripetè, sventolandole una mano davanti agli occhi.
«Posso vederlo un attimo da più vicino?» chiese lei, con gli occhi spalancati e fissi sul medaglione, il viso cereo. Paige si sfilò la collana e gliela porse, leggermente turbata. «Cosa c’è che non va?» domandò. Rose non rispose; s’infilò gli occhiali ed esaminò attentamente le incisioni sulla superficie curva dell’ottone.
«Oh, io lo so cos’è questo.» affermò, con una luce preoccupata ed insieme eccitata negli occhi.




°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°


HELLO EVERYONE!
So. Come immagino avrete notato, il mio simpatico progetto di far aggiornare dal mio amico è andata tristemente perduta, e non per colpa sua. Dal telefono non riuscivo a scrivere, avevo da studiare eppoi ero molto impegnata a uccidere i miei poveri feels ad avere una vita sociale (AHAHAHAHA ma come sono simpatica, non è vero niente.)
E niente, il mistero s'infittisce (?) Spero vi piaccia, fatemi sapere cosa ne pensate c:

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=1963560