Eternity was in our lips and eyes

di Angelus_Dragon
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 15: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Eternity was in our lips and eyes

Quarta classificata   premio


Note dell'Autrice: Ho cercato di mantenere coerenza con i criteri di J.K. Rowling. Le vicende sono ambientate nel sesto anno, non ho modificato la situazione effettiva di quell’anno, tuttavia ho evitato di ripetere la narrazione estesa delle vicende, per evitare di “fare una copia del libro”. Ovviamente qualche evento è stato spostato nel tempo (Ad esempio la seconda cena del Lumaclub l’ho spostata dopo Natale.) e qualche altro è stato totalmente tralasciato. Per il resto ho cercato di mantenere tutto il più invariato possibile, anche se magari cambiano gli avvenimenti che conducono i personaggi a determinate azioni o in determinati posti.
Per la possessione del corpo di Nagini mi sono rifatta a ciò che viene narrato nel settimo libro, riguardo a Bathilda Bagshot.
P.s.: la prima parola di ogni capitolo è scritta interamente in maiuscolo per mia personale scelta, non si tratta quindi di errore di battitura.
 
Guida alla lettura: Ho utilizzato tre metodi differenti per i tre diversi stili di dialogo.
(Caporali e scritta normale)«Ti ucciderò Harry Potter» : dialogo.
(Virgolette e scritta in corsivo) “Dobbiamo uccidere Harry Potter” : pensiero.
(Virgolette e scritta in corsivo) “Devo uccidere Harry Potter” : dialogo in serpentese.



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Prologo

IL
 freddo della terra lambiva le mie squame mentre mi muovevo sinuosa verso l’edificio nel quale il mio padrone mi aspettava. La nebbia distendeva le sue dita di fumo sulla vegetazione morente di giardini dimenticati, alcune foglie marcie si strusciarono sul mio corpo mentre ci passavo accanto, mi infilai nel piccolo buco che si era creato in una delle vecchie pareti della casa e proseguii il mio viaggio su ripide scale che terminavano proprio di fronte alla stanza dove lui mi stava attendendo. Odiavo farlo aspettare, non per una semplice devozione, piuttosto perché egli aveva la tendenza di diventare parecchio irascibile se non veniva accontentato subito, e nonostante fossi più che certa che non mi avrebbe mai fatto del male, preferivo non correre alcun rischio.


La porta era aperta quindi non dovetti nemmeno attendere per entrare ed arrampicarmi sullo schienale della poltrona nella quale il mio padrone soleva riposare una volta, quando ancora non possedeva un corpo vero e proprio, quando gli offrivo il mio latte perché potesse resistere a quella tortura straziante. Ora era lì, non più un feto informe, con voce stanca e gracchiante come quella d’un vecchio, ma un vigoroso uomo dalla pelle lattea, le unghie affilate e lo sguardo duro di un conquistatore. Scivolai sulla sua spalla coperta dal velo oscuro del suo abito e lasciai che mi sfiorasse il muso con le sue dita fredde, nel farlo potei notare di fronte a noi una ragazza, era bianca di paura e nel vedermi tremò intimorita dalle mie dimensioni, aveva lunghi capelli dorati raccolti in un codino disordinato, indossava ciò che pareva essere una vestaglia di seta bianca che lambiva le dolci forme del suo corpo di diciasettenne fino alle cosce. Il volto tirato dal timore era grazioso e dominato da enormi occhi color zaffiro, si stava torturando le mani unite davanti al grembo, in riverente silenzio. I miei occhi verdi la scrutarono con un misto di appetito e curiosità, la mia contemplazione di quella vittima sacrificale venne interrotta dal mio padrone che palesò la sua voce con tono suadente ed ipnotico nella mia lingua.

“Nagini, ho un incarico molto importante da affidarti.” Lo ascoltai attentamente mentre la ragazzina sussultava nell’udire quelle note così cariche di suoni rettiliani. “Devi introdurti ad Hogwarts e verificare che il giovane Malfoy esegua il suo compito, inoltre dovrai cercare di scoprire cosa sa Harry Potter.” La sua voce si dissolse per un attimo, mentre la mano che non si premurava di coccolarmi scivolò sulla sua tempia massaggiandola energicamente, sapevo che lo faceva quando era particolarmente affaticato, quel dannato ragazzo lo sfiancava, penetrava nella sua mente e in qualche modo condivideva con il mio padrone alcune emozioni. L’idea mi  fece repulsione e feci scivolare la lingua violacea e stretta attraverso le mie labbra, allungandola e scuotendola contrariata, poi la ritrassi ed ascoltai nuovamente il mio padrone.
“Uccidi il ragazzo, Nagini.” Lo guardai senza capire, quel bambino viziato era la sua preda, e mai mi sarei permessa di sottrargli la soddisfazione di porre fine alla sua miserabile esistenza al posto suo, nel fissarlo però capii che aveva perso la speranza di riuscirci da solo. C’era qualcosa che gli impediva di ucciderlo, inoltre il lavoro al Ministero della Magia richiedeva la sua più totale attenzione. Stavo quasi per chiedergli come avrei dovuto fare per infiltrarmi in quella maledetta scuola, quando la sua voce si fece nuovamente viva, questa volta con il tono basso, minaccioso e vagamente beffardo che assumeva parlando la lingua degli uomini.
«Ti presento Viktoriya Mstislava. Purosangue da generazioni immemori.» Allungò un braccio ad indicarla, e lei abbassò subito lo sguardo. «I suoi genitori hanno gentilmente concesso che lavorasse per me.» Dicendolo il suo volto venne sfigurato da un ghigno soddisfatto, e seppi con esattezza che i genitori di quella giovane donna erano stati minacciati di morte se non avessero lasciato la figlia nelle mani del Signore Oscuro, o peggio ancora avessero incontrato una tragica fine, probabilmente in seguito ad un lampo verde e al sorriso sadico dell’uomo che ora mi carezzava dolcemente il collo.
Non ebbi bisogno di altre spiegazioni e non attesi nemmeno il suo segnale, me l’aveva concesso indicando la biondina pochi attimi prima, mi allungai oltre la spalla che mi sosteneva e scivolai sul pavimento freddo e ruvido, avvicinandomi a Viktoriya con una danza ondeggiante delle mie spire al suolo. Perse il coraggio che l’aveva tenuta ferma, in silenzio per tutto quel tempo e cominciò ad indietreggiare mentre i suoi occhi si spalancavano e la fronte bianca si imperlava di sudore, sembrava le mancasse il fiato per gridare, ma nel momento in cui la sua schiena nuda incontrò il gelido muro che le bloccò la fuga l’urlo arrivò. Acuto, terribile, il volto della paura stessa si impossessò del suo sguardo e spalancò la bocca per esalare lo sfogo di quel panico che la dominava. Scattai precisa verso quella voragine aperta nel suo viso e mi tuffai dentro di lei. La lotta fu breve e in pochi istanti ebbi il controllo. La sentii morire dentro di me e percepii la sua anima svanire nell’etere, lasciandomi libero arbitrio sul suo corpo, ora nel mio volere, come una marionetta nelle mani del suo marionettista. Purtroppo comandare un corpo così differente dal mio non era impresa altrettanto semplice come impossessarsene. Le mani e le gambe avevano articolazioni complesse e mi ci vollero diversi attimi per capirne l’utilizzo, quando ci riuscii tornai di fronte al mio padrone. C’era qualcosa di strano ed anormale nel vederlo con i miei nuovi occhi di zaffiro, sembrava molto più inquietante, ed io mi sentivo molto più fragile, come se il corpo della ragazza mi avvertisse del pericolo che correvo nello stare lì, eppure lo sguardo che ostentai fu duro, disciplinato e severo, o almeno così mi parve. Il Padrone inclinò appena il capo da una parte, studiandomi come un padre che valuta la propria figlia che deve partire per il primo giorno di scuola.
“Bentrovata Natasha Saeros.”
Mi aveva cambiato nome, e nel mio cuore seppi immediatamente che lo fece per evitare che quei ficcanaso della scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts potessero risalire alle vere origini di Viktoriya, scoprendo magari che la sua famiglia era morta o che era in combutta con il Signore Oscuro. Avrebbero cercato Natasha Saeros e avrebbero trovato i suoi genitori, certamente Mangiamorte incaricati di mettere su un bel teatrino per quegli stolti.
E così partii per l’ultimo posto al mondo nel quale sarei mai voluta essere, lontano dalla mia quiete e soprattutto dal mio padrone.

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***


Capitolo 1

            LA Sala Grande era gremita di studenti, che, come ogni anno, attendevano il buffet di Benvenuto. Lo smistamento si concluse con l’ultimo ragazzino reclutato tra i Tassorosso. Ron aspettava con l’acquolina in bocca la magica comparsa del cibo di fronte a lui, ma ciò non avvenne, quindi incrociò le braccia sbuffando. Aveva appena saputo che il professor Piton aveva finalmente ottenuto la cattedra di Difesa Contro le Arti Oscure e non poteva nemmeno cercare di non pensarci affogandosi nelle vivande. La voce del loro preside tuonò ancora una volta nella sala annunciando una giovane ragazza.
«Diamo il benvenuto ad una studentessa della scuola di Magia e Stregoneria di Arkhangel che per motivi familiari si è dovuta trasferire in Inghilterra: Nathasa Saeros!» Uno scrosciante applauso riempì le tavole ancora vuote e la splendida fanciulla al fianco del leggio del preside fece un lieve inchino con il capo, lasciando così che alcuni ciuffi d’oro le scivolassero su una spalla, sfiorandole la camicetta di raso che indossava, abbinata ad una gonna piuttosto corta e scura, le gambe erano nascoste da autoreggenti.
«Natasha verrà smistata come una studentessa del primo anno, in quanto nella sua vecchia scuola le case di appartenenza erano differenti.»Annunciò Silente mentre faceva cenno alla McGrannit di procedere con quella burocrazia. La professoressa si avvicinò alla ragazza con uno svolazzare morbido della sua tunica verde, poggiò il Cappello Parlante sulla testa della giovane ed attese il verdetto.
Natasha si sentì afferrare la testa nella morsa di quell’artefatto magico e per un attimo si chiese se egli avesse il potere di riconoscere l’imbroglio. L’oggetto rimase sul suo capo pensieroso, mugugnando tra sé e sé. Il cuore prese a batterle più velocemente, la sua mente si mosse confusa come non faceva mai, perdendo il suo autocontrollo tipico. E se l’avessero scoperta? Con Silente presente difficilmente avrebbe potuto fuggire. Si sentì serrare la gola e la bocca dello stomaco, si stava arrabbiando nei confronti del cappello che ancora taceva dubbioso.
«SERPEVERDE!!»
Ci mise un attimo a capire cosa fosse accaduto. Era stata smistata con successo? Vide la Vice-preside allungare un braccio per liberarla dal cappello magico e sorridere lievemente indicandole il tavolo all’estrema destra della sala, dove innumerevoli coetanei si esaltavano all’idea di averla nella loro Casa. Natasha si avviò verso la sua meta, maledicendosi per aver dubitato del suo Padrone, avrebbe dovuto saperlo che se l’aveva mandata in quella stupida missione si era premurato che nulla potesse andare storto, nemmeno per mano di uno stupido Cappello Parlante, il suo nuovo corpo però sembrava pensarla diversamente, lo sentiva reagire come d’istinto di fronte a certe situazioni. Se per lei era normale scattare contro una minaccia per questo corpo era altrettanto normale evitarla. Se per lei era logico mangiare un topo, per questo corpo era fonte di disgusto e provava una strana pressione allo stomaco che la spingeva a vomitare.
Mentre la ragazza si allontanava dal Preside per prendere posto tra i viscidi Serpeverde, Ron si illuminò nel notare la tavola riempirsi di ogni genere di cibo e bevanda, e tra una risata e l’altra l’arrivo di quella sconosciuta si affievolì fino a sparire, annegata nel succo di zucca e nella gelatina che divorava con Harry ed Hermione.


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NdA: So bene che è un capitolo molto breve, e probabilmente ce ne saranno altri simili, tuttavia ve ne sono anche di più corposi. In fondo non conta la lunghezza ma l'intensità xD.
Beh, ad ogni modo pubblicherò due volte a settimana: il Lunedì e il Venerdì (Salvo imprevisti).

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***


Capitolo 2

«Che palle!»esordì Ron come se questo potesse alleviare la sofferenza che provava.
«Ti esprimi come un vichingo Ron.»Hermione lo ammonì, tuttavia divertita. «Non è così male come prima lezione.»
«Non è male??»squittì di rimando. «Non è male?! Harry la senti?! Non è male…»Cercò con lo sguardo il sostegno di Harry, intento a ridacchiare accanto all’altro fianco della loro amica. «Storia della magia non è male… Herm vorrei che ti ascoltassi a volte quando parli…»continuò a lamentarsi di quell’infausta sorte fino davanti all’aula. Harry prese posto sugli spalti accanto ad Hermione e tra i lamenti soffocati di Ron, effettivamente nemmeno lui pensava che fosse una sorte tanto brillante quella di iniziare l’anno scolastico con quella materia tanto noiosa e dai poteri soporiferi, ma non se ne lamentò. Tuttavia quando i suoi occhi caddero dall’altra parte dell’aula e riconobbero le divise dai ricami verdi ed argentei gli sfuggì una smorfia.
«Oltre al danno, anche la beffa.»fece notare a Ron con una gomitata al braccio, la sua reazione fu la stessa, accompagnata anche da un sonoro sbuffo.
«Uhm?»Harry vide tra le ormai note facce dei sui peggiori rivali qualcuno di nuovo. Non poteva trattarsi di un novellino, non nella classe del sesto anno. «Herm…»la richiamò toccandole la mano intenta a sistemare fogli e calamai. «Chi è quella là?»Ed indicò con un breve cenno del capo la ragazza bionda che stava cercando di raccapezzarsi tra fogli e libri. Hermione la guardò poi sbuffò facendo roteare gli occhi verso il soffitto.
«Harry, dov’eri durante lo smistamento? E’ Natasha Saeros, la studentessa di Arkhangel! »
Harry si sentì un idiota, perché non l’aveva vista nella Sala Grande?
Si disse che probabilmente era stata colpa di Ron e del suo stomaco affamato che ruggiva come un leone a digiuno da mesi.
«E cosa ci fa qua?» domandò stupidamente.
L’amica lo guardò allibita, come era solita fare ogni volta che le veniva posta una domanda apparentemente senza senso o dalla risposta ovvia.
«Avrà perso il Troll da compagnia e lo starà cercando in quest’aula, oppure…»fece una breve pausa per abbassare la voce mentre entrava fluttuando nell’aria il professore «…è qui per lo stesso motivo per cui ci siamo noi! »
La lezione iniziò noiosa come da regolamento, il professore spiegò per mezz’ora qualcosa che ad Harry nemmeno entrò nella testa, poi proseguì altrettanto tediosa. Dopo quasi due ore sentì la rauca voce dell’insegnante porre una domanda ad una delle studentesse degli spalti davanti ai loro, alzò pigramente la testa per evitare che la domanda rimbalzasse verso di lui e si trovasse a fare scena muta, visto che non aveva la più pallida idea dell’argomento trattato e sapeva perfettamente che la sua compagna non l’avrebbe soccorso, giusto per il gusto di vederlo affrontare la difficoltà che si meritava per l’aver sonnecchiato tutta la lezione.
«Allora signorina Saeros, sa ripetermi chi era Sarah Cole?»la ragazza sussultò e si guardò timidamente attorno, in cerca di aiuto. Harry provò uno strano ed anomalo senso di apprensione nei suoi confronti mentre i suoi compagni di Casa la deridevano. Un commento sottovoce di Neville lo raggiunse alle spalle.
«Ed ecco la prima vittima delle noiose lezioni di Curtuhbert Ruf!»
Stranamente Harry non sorrise a quel commento. Le guance di Natasha avevano assunto una timida tonalità pesca ed i suoi occhi, di un colore indefinito dalla distanza a cui si trovava lui, osservavano la copertina di un libro intonso, poggiato proprio di fronte a lei. Accanto ad Harry invece svettava un braccio dall’indice puntato verso l’alto. Ovviamente Hermione conosceva la risposta.
«Signorina Granger…»concesse l’evanescente Curthbert osservandola. Hermione si schiarì la gola e spiegò con voce sicura che Sarah Cole fu la ragazzina che inventò una rudimentale sfera di cristallo tuffando un bianco d’uovo in un bicchiere d’acqua, a Salem Village.
«Cinque punti a Grifondoro e per la prossima volta voglio una relazione completa sulle streghe di Salem.»E con un coro di sospiri contrariati gli alunni si alzarono e si incamminarono alla lezione successiva. Qualcuno urtò Natasha uscendo, per ammonirla di non aver saputo rispondere in modo da regalare i cinque punti alla Casa avversaria.
 
            Sarah Cole?
Avrebbe dovuto sapere chi fosse questa megera? Probabilmente sì, o almeno così le suggeriva la faccia del fantasma che aspettava una risposta che non avrebbe ricevuto, non da lei. Aveva passato l’intera lezione a giocare con le sue dita, così strane e a modo loro divertenti, le sollevava una ad una e ne studiava le unghie perfette, i polpastrelli morbidi e sensibili, si era dedicata al loro studio più minuzioso e così non aveva sentito una sola parola di quella lezione. In fondo cosa le importava della scuola? A quanto pareva però il professore non la pensava come lei, e nemmeno i suoi compagni che ora ridacchiavano alle sue spalle, canzonandola come ignorante, le arrivarono alcuni insulti, e se non avesse avuto determinati ordini da eseguire li avrebbe divorati tutti, a costo di farsi venire una terribile indigestione. Malfoy fu quello che rise più di tutti, e la cosa la irritò profondamente. Come poteva un tale idiota essere al servizio del Signore Oscuro? Allo stesso tempo però il suo nuovo corpo reagì scaldandole il volto, sentì di dover abbassare lo sguardo per evitare ulteriori umiliazioni e tacere, cosa che le riusciva perfettamente visto che non aveva ancora sperimentato per bene la realizzazione di suoni articolati per parlare. Mentre usciva si rese conto della sua impotenza, era una ragazzina con una bacchetta magica che non poteva usare realmente e gli altri potevano spintonarla senza che nemmeno li potesse insultare a dovere.
La missione si stava rivelando molto più dura di quanto potesse aspettarsi.

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Capitolo 4
*** Capitolo 3 ***


NdA: Chiedo scusa per il ritardo di due giorni, non ero a casa, il capitolo di venerdì uscirà puntuale, salvo imprevisti.

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Capitolo 3

NUOVAMENTE in compagnia dei Serpeverde, e per di più con il direttore della loro Casa. Difesa contro le Arti Oscure era sempre stata una materia difficile, ma con Piton come professore l’impresa sembrava impossibile da sostenere. Camminava tra i banchi come un predatore in attesa di attaccare la preda più debole. Le mani conserte dietro la schiena, coperta dal lungo mantello nero che sfiorava il terreno ed i banchi degli studenti.
«Ora… scrivete.»annunciò con tono piatto ed autoritario voltandosi verso la classe, intrecciò le braccia al petto chiudendosi nel suo mantello come un pipistrello e scrutò ogni singola testa presente, soffermandosi su Harry con aria indecifrabile, probabilmente ribrezzo, pensò il ragazzo. Poi gli occhi scuri dell’insegnante lo abbandonarono e continuarono l’ispezione, iniziando a spiegare nei dettagli un incantesimo di difesa. La sua voce buia era accompagnata solo dai pennini che graffiano le pergamene rapidamente, cercando di tenere il ritmo con le sue parole, sperando di appuntare quelle più importanti. Improvvisamente il rumore di un calamaio che si frantumava a terra congelò l’intera aula, decine di occhi curiosi cercarono la fonte del dramma e tutti si trovarono a fissare nello stesso punto: Natasha Saeros. Tratteneva la piuma bianca tra le dita e lo sguardo quasi spaventato rivolto al professore, fermo immobile accanto alla cattedra.
«Fortunatamente quello non era Fluido di corna dell'Erumpent (1), signorina Saeros.»le risate furono generali. Il Professor Piton aveva l’innata abilità di dire sempre la cosa giusta al momento giusto per farti sentire una nullità. «Dopo la lezione è pregata di fermarsi, e ripulire…»Fece una breve pausa, squadrandola con aria diffidente e pensierosa «…ed ora cerchi di stare attenta e quanto più ferma possibile.»Riprese immediatamente la spiegazione, le risate finirono e nessuno osò pronunciare un’altra sola parola, tuttavia le arrivarono sui capelli alcuni proiettili di carta, accompagnati dai bassi sghignazzi del gruppo di Malfoy.
Harry tornò a piegarsi sulla sua pergamena, chiedendosi come potevano esistere persone così stupide come quei tre Serpeverde che se la prendevano con la loro nuova compagna al posto di sostenerla.
Dopo un’ora interminabile il professore tacque per alcuni istanti, quindi annunciò la ricerca da svolgere e girando attorno alla scrivania vi si sedette  concentrandosi su alcune carte, o almeno così parve ad Harry, intento a raccogliere la sua roba.
Hermione fuggì di corsa, probabilmente per non perdersi la lezione di Rune antiche, che quasi si accavallava con quella di Difesa contro le Arti Oscure, Ron si stava lagnando al fianco di Harry, cercando di non farsi sentire troppo chiaramente dall’austero professore ancora nell’aula.
«Abbiamo la partita Harry, quando li facciamo tutti questi compiti?»
«Troveremo un modo Ron, l’abbiamo sempre fatto.»ripulì la propria piuma e la ripose nella sua custodia.
«Ma Hermione ci ha sempre aiu…»si bloccò improvvisamente come se si accorgesse solo in quel momento che Piton era ancora presente. «Beh, io vado giù in sala pranzo, ci vediamo lì.»Gli regalò una pacca sulla spalla e si congedò. Ron era sempre stato particolarmente a disagio con il professore di Pozioni, ora seduto li davanti a loro, apparentemente intento a fare altro, quindi fu più che rapido nell’uscire e sparire nei corridoi gremiti di studenti, senza attendere oltre l’amico.
Harry prese finalmente tutta la sua roba e si voltò, dopo aver scrutato la cattedra e rivolto un saluto mormorato all’uomo dai capelli neri, giusto per rispetto. Si accorse quasi con stupore che accanto ad uno degli ultimi banchi c’era ancora Natasha, china a terra intenta ad asciugare le macchie di inchiostro nero. I capelli biondi erano adagiati sulla sua spalla destra e le nascondevano il volto. La lunga cappa scura della scuola copriva il suo corpo e sul colletto brillava l’argento e lo smeraldo della sua Casa d’appartenenza. Harry pensò che quello era un valido motivo per ignorarla ed andarsene, mosse i primi passi, convinto di seguire quella decisione, eppure si fermò quasi subito. Quella ragazza sembrava non averne ancora combinata una giusta. Era stata canzonata per essere stata disattenta ben due volte nel giro della stessa mattinata, ed era anche nuova del posto. Non seppe spiegarsi perché, ma le si avvicinò, si chinò davanti a lei estraendo la bacchetta e con un lieve sorriso indagatore pronunciò la formula Reparo, aggiustando il calamaio di vetro. Lei alzò lo sguardò verso di lui, trafiggendolo con quelle iridi blu come le gemme più preziose che si potessero mai immaginare, eppure gli parve che somigliassero di più alla ferocia delle fiamme che alla quiete del mare del quale avevano rubato le tonalità. Non seppe spiegare quello sguardo, e lei non disse nulla, rimase semplicemente lì a fissarlo, con quel piccolo calamaio nella mano macchiata di nero.
«Natasha, giusto? Piacere, sono Harry!»provò ad azzardare allungando la mano verso di lei, ma fu ignorata, la ragazza si alzò, ma non mosse un passo, non sorrise, non cambiò sguardo.
«Suppongo tu abbia bisogno degli appunti… posso prestarteli se vuoi.»Harry prese il suo quaderno di Difesa e glielo porse con un sorriso, sapeva che non poteva rifiutarlo visto che non aveva potuto prendere appunti della lezione, ed infatti tese una mano per prenderlo, quindi annuì una volta, come per ringraziarlo senza usare nemmeno una parola.
Sicuramente non sa ancora parlare bene la nostra lingua” si trovò a pensare Harry mentre si grattava la nuca, probabilmente si sarebbe pentito di ciò che stava per dire in pochi attimi, eppure parlò prima di potersi mordere la lingua.
«Se ti va possiamo fare la ricerca sulle Streghe di Salem insieme.»Non sapeva esattamente da dove gli fosse venuta quell’idea, lui non era uno dai voti brillanti in ogni materia, tantomeno in Storia della Magia, eppure sentì l’impulso di avvicinarsi a quella ragazza, sentì l’esigenza di aiutarla, forse per dimostrarle che Hogwarts non era inospitale come magari avrebbe potuto pensare dal pesante primo giorno che aveva dovuto affrontare. Era un’idea folle, lei era una Serpeverde, non avrebbe mai accettato! E anche l’avesse fatto come avrebbero potuto farsi vedere in biblioteca assieme? Natasha sembrò pensarci un attimo, avrebbe voluto rifiutare l’offerta, ma la voce del suo padrone che le ordinava di uccidere Potter le risuonò nella mente e quindi annuì per la seconda volta. In quel momento per Harry non sembrò più così importante pensare a cosa gli altri avrebbero potuto pensare, Natasha aveva accettato di farsi aiutare da lui, e se era arrivata a quella conclusione era perché sicuramente si sentiva più a suo agio con la gentilezza dei Grifondoro piuttosto che con l’accidia della sua Casa.

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Note:
(1) 
Fluido di corna dell'Erumpent: serve per creare la Pozione Esplodente, quindi se iniettato o agitato esplode.

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Capitolo 5
*** Capitolo 4 ***


NdA: Come prima cosa devo annunciare un cambiamento nella pubblicazione dei capitoli, che d'ora in avanti avverrà solo più una volta a settimana (Lunedì, salvo imprevisti); la seconda cosa riguarda il cambiamento di impaginazione da un capitolo all'altro, sto provando ad utilizzare Nvu, e devo ancora capire se mi trovo bene o meno, quindi chiedo venia se un capitolo è scritto con un font e il seguente con un altro.
Detto questo: Buona lettura!
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Capitolo 4

       RAGGIUNSERO la biblioteca assieme dopo pranzo, l’odore dei vecchi libri che affollavano gli alti scaffali di legno riempiva l’aria conferendo al luogo quell’odore caratteristico che riportava Harry agli studi fatti con Hermione e Ron, non tutti di carattere prettamente scolastico. A quell’ora gli studenti intenti a studiare tra i libri si potevano contare sulle dita di una sola mano, fortunatamente.
Si avvicinò ad uno scaffale e lo guardò percependo quasi un senso di vertigine per la sua eccessiva altezza, rivolse quindi la sua attenzione verso Natasha e sorrise. 
«Dovremmo trovare quello che ci serve nella sezione storica.» Notò con disappunto che sotto la casacca nera della ragazza non c’erano la solita camicia con felpa e gonna monocromatiche, ma un’elegante pull-over cachi dallo scollo a “V” e dei jeans, decise di non commentare e si voltò per raggiungere la sezione che cercavano. Probabilmente nella scuola dalla quale veniva il regolamento delle uniformi era più tollerante, o proprio inesistente. Desistette dal provare ad immaginarsi una cosa del genere, per lui era impensabile poter andare a lezione senza la casacca con lo stemma che rappresentava la sua Casa. 
«Eccoci…» valutò prudentemente, scrutando i dorsi di innumerevoli libri, tutti ordinatamente riposti sui loro scaffali. «Vediamo un po’ se riusciamo a trovarlo!» le sorrise e poi si arrampicò sulla scala per poter leggere i titoli dei tomi più in alto. 
Era incredibile come si dovesse ricorrere a sistemi tanto obsoleti come le scale a pioli quando si era in possesso di una bacchetta, tuttavia Nagini capì che erano li anche per chi non ne era provvisto, o per chi ancora non conosceva incantesimi di richiamo, era anche probabile che non si potesse richiamare a sé un libro del quale non si conosceva il titolo esatto. 
Alzò lo sguardo verso il ragazzo che trafficava a quasi due metri da terra: Harry Potter. Il Prescelto, il Bambino Sopravvissuto, il ragazzo che tormentava l’esistenza di Lord Voldemort. Nagini rimase ferma al suo posto, le mani incrociate al seno tenendo la sua borsa, gli occhi fissi sulla schiena del ragazzo che borbottava qualcosa. 
Uccidi il ragazzo, Nagini”, ma come? Non poteva usare la bacchetta e non poteva nemmeno abbandonare il corpo di Natasha visto che aveva anche un altro compito da svolgere nelle sue vesti. 
«Eccoli!» La voce esuberante di Harry la ritrasse dai suoi pensieri cupi e la costrinsero a guardarlo mentre scendeva un po’ goffamente dalla scala carico di alcuni grossi e pesanti tomi. Si avvicinò ad una delle sedie abbandonate al silenzio di quel luogo e la afferrò dallo schienale per portarla accanto ad una sorella che affiancava un’alta e magra finestra. 
«Se per te va bene, restiamo qui, okay?» Si sedette e posò i libri a terra, prendendo il suo zainetto e tirandone fuori una pergamena e una piuma. Decise di non ammetterlo, ma la scelta di restare in biblioteca gli parve più logica dell’andare a studiare e svolgere i compiti in Sala Grande come tutti gli altri studenti, in fondo lui restava un Grifondoro e lei una Serpeverde, estremamente bella e seducente, ma pur sempre una Serpeverde. Ripensandoci si chiese cosa lo avesse spinto realmente a proporle quello studio condiviso, possibile che la compassione fosse riuscito a spingerlo tanto oltre rispetto alle sue morali? In fondo anche i Serpeverde erano maghi come lui, e magari non tutti condividevano lo stesso spirito bellicoso di Malfoy, eppure se venivano smistati in quella Casa era perché avevano determinate qualità. Non riusciva a venirne fuori, così decise di chiudere la sua mente a quelle domande inutili e sorrise alla taciturna compagna di studio che stava prendendo posto davanti a lui. 
«Ecco, inizia da qui.» Le gettò tra le mani una copia di “Streghe e Stregoni, gli albori” e proseguì afferrando tra le mani il volume successivo. «Io vedrò cosa dice questo.» sospirò soppesando il manufatto. 
Natasha aprì la copertina scricchiolante del suo testo e venne investita da un odore acre di pagine ingiallite, i caratteri stampati su di esse le sembrarono segni privi di significato, li analizzò per diversi minuti, ed improvvisamente nella sua mente risuonò una voce dolce ed aggraziata: la sua voce. 
“Questo libro è il risultato delle ricerche di diversi secoli e…”, si guardò attorno confusa, osservò Harry intento nella sua silenziosa lettura e quindi tornò a guardare i simboli davanti ai suoi occhi. I caratteri cambiavano forma sotto le sue iridi attente e ciò che prima le sembrava uno scarabocchio o un disegnino assumeva il senso di un suono che veniva ricreato nella sua mente. Ogni suono si legava al suono immaginario di un segno che seguiva l’altro e così nascevano parole e poi frasi.  Senza nemmeno accorgersene sorrise: stava leggendo! Trovava sorprendente come delle scritte potessero trasformarsi in rumori di senso compiuto. Era all’oscuro del processo che il cervello di Viktoriya stava elaborando, ma funzionava, e questo era tutto ciò che poteva desiderare, giunse semplicemente alla conclusione che il corpo della ragazza reagisse d’istinto di fronte a tutto ciò che lo circondava, dalle cose che lo intimorivano alle cose che gli piacevano, come ad esempio il vento sulla pelle o l’odore delle frittelle appena servite sui tavoli della scuola. In pochi attimi si perse a sfogliare il libro dimenticando l’obbiettivo della sua ricerca, girava le pagine senza un ordine e si soffermava a leggere qualche frase a caso solo per il gusto di ripetere quella magia di mutazione che compivano le lettere di fronte ai suoi occhi. 
Harry sbuffò lievemente. 
«La piuma!» Stava cercando di organizzarsi per prendere alcuni appunti, posò il tomo in grembo e si sporse a raccogliere la pergamena che aveva preso prima, la piuma scivolò su di essa e atterrò qualche centimetro più distante, abbastanza da costringerlo ad un piegamento maggiore per allungarsi a sufficienza, nel farlo il grosso libro sfuggì da sotto le sue dita ed abbandonò le ginocchia per cadere nelle mani avide della gravità che lo condusse sul piede disteso della giovane intenta a leggere. 
“Ahia!“ Alzò gli occhi su Harry e gli sibilò contro. “Fai attenzione, diavolo!” Si rese contro troppo tardi di aver espresso i suoi pensieri nella sua lingua da rettile, si raggelò e lo scrutò terrorizzata, che idiota che era stata! Si era immersa troppo profondamente nella sua nuova scoperta che non aveva nemmeno percepito il libro muoversi – o forse il suo nuovo corpo non era proprio in grado di percepire una cosa così lieve? – e presa alla sprovvista si era esibita sibilando. Come avrebbe reagito il Prescelto dei suoi stivali? 
«Scusami!! Non volevo!!» si piegò rapidamente a raccogliere il libro fuggiasco e poi la guardò, la studiò confuso. «Dai, non fare quella faccia, hai ragione è stata colpa mia!» Natasha non capiva cosa fosse successo. L’aveva appena sentita parlare nella lingua dei serpenti e non se ne faceva problema? Era così normale che una ragazza sapesse quella lingua? La sua espressione di sconvolgimento doveva essere evidente vista la reazione del ragazzo, che probabilmente l’aveva scambiata per una faccia da “Chiedo scusa, non volevo alzare la voce”. 
«Ehi Natasha, tutto a posto? Ti ha fatto così male?» Il suo tono di voce ora era più preoccupato e i suoi occhi corsero al piede della compagna. 
“N-no… è tutto a posto, sto bene…” balbettò incerta. 
«Menomale! Dalla tua faccia pensavo di averti rotto qualche osso!» Riaprì il libro che l’aveva colpita e ritornò al suo obbiettivo principale: annotare alcune informazioni. Natasha rimase alcuni istanti immobile, come se temesse un attacco improvviso, ma non avvenne nulla. 
Si domandò come fosse possibile, la sua mente cavalcò l’onda di innumerevoli ipotesi e finalmente ne raggiunse una che le parve plausibile: Harry Potter era un rettilofono. Effettivamente lei ne era a conoscenza, ma aveva sempre pensato che si rendesse conto di quando ascoltava una lingua o l’altra, scoprire che invece non era così la lasciava senza parole. Forse questo avrebbe reso le cose più semplici per lei, o forse no, visto che potendo parlare la sua lingua reale non si sarebbe mai esercitata con i suoni di quella umana. Perché riusciva a leggere e produrre pensieri nella sua mente ma non riusciva a realizzarne i suoni? Le corde vocali erano così complicate da usare, creavano rumori differenti a seconda del movimento della bocca, della lingua e delle labbra, una serie di movenze troppo contorte per realizzare una sola parola, tuttavia era costretta ad esercitarsi se non voleva restare indietro, e soprattutto voleva riuscirci, in modo da poter rispondere a tono a quei deficienti che la deridevano.
         Le ore passarono più rapidamente di quello che si sarebbero aspettati, verso sera si erano abituati l’uno alla presenza dell’altro, avevano parlato ed argomentato sulla ricerca che stavano svolgendo, lamentandosi entrambi del professore e delle sue noiose lezioni, riuscirono addirittura a sghignazzare un paio di volte, ma nulla di troppo sentito, più che altro si limitavano a quelle risate che possono esserci tra due perfetti sconosciuti che si incrociano per strada e non sanno decidersi da che parte spostarsi. La risata era una cosa nuova per Natasha. Non c’erano molte occasioni di divertimento quando era con il suo Padrone, e tantomeno la sua fisionomia le permetteva un tale gesto. Le piaceva ridere, le faceva sussultare lievemente il cuore e sembrava renderlo più leggero, come se le facessero il solletico dall’interno.
«Credo che per oggi abbiamo lavorato fin troppo!» Constatò alla fine Harry sollevando le braccia sopra la testa e stiracchiandosi. 
“Ti ringrazio dell’aiuto, Harry.” Natasha si alzò dalla sedia dopo aver riposto la sua roba, odiava doverlo ringraziare, ma sapeva che se voleva avvicinarsi a lui per poterlo colpire quando meno se lo sarebbe aspettato allora era obbligata a farlo. 
«Figurati!» Sorrise mettendo in mostra la sua dentatura perfetta e l’animo dannatamente altruista. «Quando vuoi possiamo rifarlo!» lei annuì dopo qualche attimo, non era certa di voler passare altro tempo in compagnia di quella spina nel fianco di Voldemort. 
Qualcuno si affacciò in punta all’ultimo scaffale della sezione nella quale si trovavano loro. 
«Harry!!» La voce di Hermione era bassa, per rispetto della biblioteca, ma dal tono duro ed accusatorio. Si avvicinò ai due lanciando occhiate fameliche ad entrambi, in particolare alla Serpeverde. «Dove diavolo ti eri cacciato?! E’ tutto il pomeriggio che nessuno ti vede!» 
«Sono sempre stato qui, aiutavo Natasha con la ricerca per Curthbert!» la giustificazione risultò placida ed insignificante davanti agli occhi minacciosi della sua amica, che chiaramente lo accusavano di aver dimenticato qualcosa di molto importante. 
«Ron ti aspettava in Sala Grande per i compiti Harry!!» Natasha avrebbe preferito andarsene ma questo avrebbe implicato il dover salutare, e lei non era in grado di farlo, non con la Mezzosangue presente. Harry si batté una mano sulla fronte colpendo la cicatrice che ne occupava un piccolo angolo. 
«Cazzo! Me ne sono totalmente scordato!!» Si alzò di corsa afferrando la sua roba e corse via lanciando dietro di sé un mesto saluto alla ragazza. Hermione lo seguì ignorandola com’era giusto che facesse un beneducato Grifondoro. 
          
         Raramente Harry aveva avuto modo di vedere Ronald Weasley veramente offeso, in genere era il tipo di ragazzo che tendeva a minimizzare tutto con una scrollata di spalle, ma quella volta lo trovò nella sala comune, sul divano, in silenzio, ad osservare le fiamme del camino inseguirsi fino a divorarsi l’una con l’altra in una danza eterna ed ipnotica. Hermione diede una lieve spinta alla spalla di Harry incitandolo con uno sguardo ed un cenno del capo a muoversi, e così fece, un po’ intimorito. Aveva totalmente scordato l’impegno che aveva preso con Ron e non sapeva nemmeno come giustificarsi, visto che l’aveva rimpiazzato con una bella bionda dei Serpeverde.
«Ron…» 
«Ti ricordi il mio nome, stupendo.» ecco questo era esattamente il tipo di atteggiamento che mandava Harry su tutte le furie. Lo stava accusando di una sciocchezza, e pretendeva ancora di poter fare una scenata del genere, il primo giorno di scuola oltretutto. 
«Senti Ron…» cercò di mantenere la calma mordendosi il labbro inferiore, non si sedette accanto a lui. «Scusami, me ne sono dimenticato, lo ammetto! Però avresti anche potuto cercarmi!» Come al solito cercava di stare sulla difensiva, ma l’atteggiamento ermetico del rosso non lo aiutava affatto e lui non era famoso per la sua sopportazione. 
«Cercarti? Pff!! Credo tu sia abbastanza grande per ricordarti gli impegni che prendi!» Si alzò e fronteggiò l’amico puntandogli un dito nel petto. «E se non te li ricordi è perché a quanto pare li reputi poco interessanti!!»retrocedette di qualche passo poi fece il giro del divano e brontolò sommessamente. «Certo studiare con un amico non è un’attività allettante per il Prescelto!» 
«RON!!» ringhiò Harry, si lanciò oltre al divano, quasi colpendo una studentessa del secondo anno intenta a ripetere mentalmente la sua lezione. «Non ti azzardare…!!» lo inseguì, ma Ron corse su per le scale che portavano ai dormitori, spalancò la porta e se la richiuse alle spalle. Harry la aprì pochi istanti dopo facendola sbattere con forza contro al muro. Hermione rimase a bocca aperta nell’osservare i gradini che i suoi amici avevano appena superato rapidamente. 
«Maschi.» Pose fine ai suoi dilemmi con un movimento della testa che le fece ricadere i ricci sulla schiena e salì verso il suo dormitorio. Avrebbe saltato cena, sapere che Harry e Ron stavano litigando la metteva di pessimo umore, quindi si sarebbe rifugiata nel suo letto, al caldo delle pesanti coperte, e si sarebbe abbandonata alla lettura di qualche testo scolastico in modo da assicurarsi sempre il primo posto, anche se oramai lo studio diventava una sfumatura sempre più tenue nei suoi interessi.

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Capitolo 6
*** Capitolo 5 ***


Capitolo 5

            LE settimane passarono lente e noiose tra una lezione e l’altra, i professori pretendevano sempre di più dai loro allievi oramai pronti per l’ultimo anno di scuola e questi erano sempre più stufi di quelle ore spese in banchi ormai scomodi.
Hermione seguiva la fiumana di studenti nei corridoi che si spostava per raggiungere l’aula dell’ultima lezione della mattinata, nel suo caso si trattava di Pozioni. Il professore che aveva sostituito Piton era un tipo alquanto strano, aveva un sorriso da vecchio e pochi capelli in testa, gli occhi azzurri enormi, sempre indagatori, sempre pronti a cogliere un’eventuale opportunità di farsi del bene. Harry e Ron camminavano poco dietro di lei, avevano risolto il loro diverbio con una lotta selvaggia la stessa notte in cui si inseguirono nel dormitorio, per quanto ne sapesse si erano azzuffati fino a rimanere senza fiato crollando l’uno accanto all’altro e scoppiando a ridere rendendosi conto di quanto fossero realmente sciocchi. Per canto suo Harry non vide più Natasha, e ne era certa perché l’aveva sempre tenuto d’occhio. Forse si era reso conto da solo del fatto che non fosse un’idea particolarmente brillante fraternizzare con una Serpeverde, o forse il piccolo livido che Ron gli aveva lasciato sullo zigomo gli ricordava che c’erano prima i suoi amici dell’ultima bella biondina che entrava ad Hogwarts. Si corrucciò lievemente svoltando verso le scale che portavano ai sotterranei, l’umidità di quel luogo l’aveva sempre messa a disagio esattamente come il freddo e l’odore di stantio che ne velava i corridoi.
L’aula era circondata da scaffali stipati di ogni genere d’ingrediente, i tavoli lunghi e privi di sedie erano colmi di fiale e provette, dosatori, mestoli, calderoni ed ampolle. Entrando Hermione notò con disappunto che erano insieme alla classe di Serpeverde, già tutti organizzati per il compito che stava per assegnare il nuovo insegnante.
«Ottimo ragazzi, oggi dovrete riuscite a ricreare la pozione Restringente! Pagina 37 del vostro libro!»Batté le mani un paio di volte poi si inumidì le labbra e aggiunse «Cerchiamo di non far saltare in aria niente, d’accordo?»Sorrise un po’ teso quindi raggiunse la sua scrivania e vi ci si appoggiò contro, esaminando l’aula.
Hermione fu la prima ad aprire il libro, ne lesse gli ingredienti necessari e si affrettò ai giusti scaffali per assicurarsi la prima scelta, si sorprese nel vedersi subito raggiunta dalla bionda Saeros, aveva lo sguardo dolce e deciso al contempo e prendeva con precisione ciò che le serviva, nonostante non fosse da molto in quella scuola sembrava sapere esattamente dove si trovasse ogni singolo ingrediente, inoltre le parve anche sospetto che fosse stata in grado di leggere le istruzioni rapidamente come aveva fatto lei, in fondo nemmeno parlava ancora! Infine lasciò perdere, dicendosi che probabilmente aveva già studiato quella pozione nella vecchia scuola e che ne aveva riconosciuto il titolo, afferrò una manciata di bruchi e li ripose nel piccolo contenitore che aveva con sé, poi si procurò le radici di margherita, il succo di sanguisuga, la milza di ratto e uno Shrivelfig (2). Nel momento in cui lei tornava al banco Ron stava ancora cercando di capire cosa gli occorresse, ma nonostante il bene che gli volesse non si sarebbe mai permessa di aiutarlo, non sotto lo sguardo attento di Horace Lumacorno.
Iniziò a dividere con precisione i bruchi che si attorcigliavano attorno alle sue dita, ne catalogò i migliori e li getto nel suo calderone, dopodiché iniziò la pulizia delle radici, mentre i bruchi vorticavano e bollivano nel caldo liquido d’unione.
Era a metà dell’opera quando si mise a sbucciare lo Shrivelfig, casualmente i suoi occhi caddero su Harry, poco distante da lei. Era intento a tagliuzzare finemente le radici delle margherite.
«Harry!»Urlò sottovoce, per farsi sentire e per rimproverarlo. «Vanno messe intere!»Non glielo diceva per aiutarlo, ma piuttosto per evitare danni all’intera aula visto che con le pozioni era facile sbagliarsi di pochissimo e combinarne di seri. Dentro di sé sentì di averglielo fatto notare anche per un timido timore che provava ultimamente avendolo visto particolarmente brillante in quella materia nella quale aveva sempre faticato, forse sperava che ammonendolo si attenesse alle istruzioni stampate nel testo ed ottenesse un risultato mediocre.
«Se le tagli si scioglieranno meglio!»Ammiccò per tutta risposta alla ragazza che si accigliò cupamente e tornò alle prese con il frutto dall’antipatica pelle che aveva tra le mani.
Dopo quasi un’ora di lezione il professore batté nuovamente le sua mani per dichiarare lo scadere del tempo a disposizione, aveva gironzolato un po’ per la classe valutando e correggendo alcuni studenti, ma non si era sbilanciato in alcun tipo di commento.
«Bene bene, tempo finito! Ora valuterò le vostre preparazioni!» Prese una scatoletta con dentro diverse palline e si avvicinò al primo studente, afferrò tra le dita una di quelle sfere grandi come palline da tennis e la gettò nel liquido fumante. L’oggetto rimase a galla, poi sprofondò sparendo sul fondo. Increspò il naso.
«C’è ancora qualcosa su cui lavorare qui…»Proseguì la sua ronda, in silenzio, contemplando i vari lavori e la reazione di ogni pallina che abbandonava in essi. Ci fu una piccola esplosione quando immerse la sfera nel calderone di Seamus Finnigan, più che altro un’esalazione di fumo nero che gli sporcò il volto costringendolo a tossire un paio di volte e ripulirsi con un fazzoletto.
Arrivò il turno di Hermione che fremette leggermente esattamente come la pallina azzurra che galleggiava sulla sua mistura, poi la sfera vibrò più violentemente e si rimpicciolì fino a metà della sua dimensione originaria, un sorriso compiaciuto si stampò sul volto della studentessa e Horace le fece i complimenti, proseguendo poi verso Harry. La palla si tuffò nella pozione e quando ne riemerse era già piccola come una biglia, Lumacorno restò senza parole per quel risultato sorprendente e si congratulò vivamente con il giovane mago.
«Ora mi dici come hai fatto!»Lo minacciò Hermione. Aveva seguito alla lettera ogni passo del libro, non era possibile che il suo amico l’avesse superata nuovamente! Lui alzò le spalle sorridendo come per assicurarle che non lo sapeva, stava per ribattere quando il professore la interruppe con la sua voce gioiosa, si stava complimentando con un altro allievo, questa volta tra i Serpeverde. Pensò subito a Malfoy, che da sempre era nelle grazie dell’ex professore di quella materia, ma quando lo vide dall’altra parte dell’aula si incupì.
«Natasha, mi hai davvero sorpreso! Brava!!»Applaudì come se fosse commosso, poi tornò al suo posto di comando e annunciò la fine della lezione assegnando per compito lo studio di alcuni ingredienti. Natasha non rispose all’esuberanza dell’insegnante, semplicemente lo fissò sorridendo mesta, come se la sua approvazione fosse l’ultima cosa di cui le poteva importare qualcosa, si appuntò i compiti e poi uscì, seguita da Draco Malfoy e la sua banda.
Senza farsi notare Harry la osservò mentre se ne andava con il suo passo aggraziato accompagnata dai suoi compagni. Non aveva più avuto modo di stare da solo con lei, si erano scambiati un paio di frasi in tutto dal pomeriggio in biblioteca, e in nessuna occasione aveva trovato il coraggio o il pretesto giusto per ripetere l’esperienza, non era neanche certo di quanto lo desiderasse realmente. Una parte di lui lo spingeva a farsi avanti, perché la dolcezza che ispirava era qualcosa di perfetto e pacifico, i suoi rari sorrisi erano splendidi e i suoi occhi, dettaglio che più di tutto adorava, erano lagune inesplorate di decisione, zaffiri brillanti che accecavano, a volte aveva l’impressione di restare quasi ipnotizzato da quelle iridi spettacolari, come se si trovasse di fronte a qualcosa di estasiante e proibito. Un’altra parte di lui invece lo ammoniva, lo metteva in guardia, sussurrava dentro alla sua mente che c’era qualcosa che non quadrava, che era una Serpeverde e che certamente tramava qualcosa, inoltre non avrebbe mai più voluto affrontare l’ira dei suoi amici. Sospirò rassegnato, realizzando anche il fatto che oramai si era quasi certamente inglobata nella sua Casa d’appartenenza, infatti non aveva più sentito nessuno deriderla o disturbarla durante le lezioni, e questo voleva dire che era come loro.
«Harry muovi il culo, abbiamo poco più di un quarto d’ora per mangiare e andare ad allenarci per domani!»Ron lo riscosse dai suoi pensieri.
«Cavolo!! La partita!»Corse fuori dall’aula, seguito a ruota dal giovane e ridacchiante Weasley.
 
            Il cielo era grigio e carico di dense nubi madreperla la mattina successiva. Harry si ritrovò a contemplarlo nella speranza che le sue preghiere mentali si avverassero scongiurando la pioggia. Cercare il Boccino d’Oro in assenza del sole era già complicato, ma con il brutto tempo diventava un’impresa quasi impossibile! Ron, accanto a lui, stringeva il manico della scopa convulsamente, quasi potesse essere un’ancóra di salvezza, questo atteggiamento metteva un po’ d’ansia anche a lui, ma non gli disse nulla ricordando perfettamente le sue prime partite di Quidditch.
Madama Bumb li annunciò e saltando rapidamente sulle loro scope si misero in volo verso il centro del campo. La prima partita dell’anno l’avrebbero giocata contro i Corvonero, agguerriti ed ingegnosi, ma leali. Il fischietto annunciò l’inizio della partita e da quel momento per Harry il mondo svanì, cercò di schermare la sua mente a qualunque suono permettendo l’ingresso solo al ronzio familiare della piccola sfera dorata che ora era troppo lontana. Restò sospeso nell’aria, piuttosto in alto in modo da evitare bolidi e pluffa, aguzzò la vista oltre le lenti appannate, se li sfilò e li pulì rapidamente con la manica della felpa che indossava sotto la casacca bordeaux della sua squadra. Il battito d’ali che stava cercando si fece sentire proprio nel momento in cui la sua vista era ridotta, inforcò rapidamente la montatura sulle orecchie e fu costretto a scartare subito a destra per evitare uno scontro con la Cercatrice avversaria. Cominciava la caccia.
La piccola ed astuta sfera volteggiava nell’aria sempre più fredda mentre i due Cercatori si affiancavano al suo seguito, ora schivava a destra ed ora a sinistra, si alzava rapidamente come se avesse dovuto raggiungere il cielo con un solo piccolo battito d’ali e poi si contraddiceva immediatamente tuffandosi in picchiata verso la sabbia sottostante. Alcune gocce bagnarono le lenti di Harry annunciando l’inizio del temporale. La volta celeste si era incupita ancora di più e preannunciava un diluvio in piena regola. Nella sua risalita il Boccino sembrava quasi scomparire grazie ai riflessi lucidi dell’acqua che rispecchiavano i colori circostanti, si nascondeva dietro agli spalti e scendeva in caduta libera sulle teste degli spettatori. Harry tirò verso di sé il manico che stava cavalcando per frenarla, la manovra salvò i ragazzi sottostanti dall’urto, ma non dalla cascata che arrivò dalla coda della scopa.
Al riparo dell’ombrello nero di Draco Malfoy Natasha ricevette solo alcuni di quei fastidiosi schizzi.
«Lurido Sfregiato!»Draco si asciugò una goccia dalla guancia indirizzando un’occhiataccia verso la schiena di Harry, che subito sparì oltre al parapetto. «Sapesse almeno volarci su quell’affare!»Natasha lo osservò per captarne le emozioni, a prima vista avrebbe detto che si trattava di gelosia, ma ad un analisi più attenta avrebbe anche potuto affermare che Draco volesse commentare così acidamente ogni cosa legata al Prescelto per farsi vedere dai compagni, si limitò ad alzare le spalle, in fondo lei che ne sapeva di Quidditch e di scope volanti? I suoi grandi occhi tornarono nell’aria davanti a loro, occupata da milioni di gocce e da quattordici giocatori grondanti che si combattevano la vittoria. La giacca svolazzante di Harry catturò la sua attenzione, era lunga e copriva quasi interamente la scopa, aveva i bordi dorati e le maniche abbastanza larghe. Seguì la linea incurvata della sua schiena per raggiungerne i capelli castani incollati al viso, lo sguardo concentrato attraverso gli occhiali e la mascella serrata in tensione, un braccio abbandonò il suo appiglio per protendersi avanti sfiorando la superficie liscia e sfuggente del Boccino. Natasha si trovò a dischiudere le labbra, in trepidazione per l’atto finale della partita. Come poteva un mago riuscire a prendere quella piccola sfera tenendosi solo ad un precario manico sospeso nel nulla e lanciato a velocità incredibili? Harry era ancora allungato verso la sua preda, strinse gli occhi concentrandosi e lei si sentì coinvolta in quello stato, si sentì pervasa da un’emozione sconosciuta, sentì che il suo diaframma si era fermato per trattenere il fiato come ogni studente che stava seguendo quella manovra. Nello stesso momento in cui il pugno del Cercatore Grifondoro si chiuse un bolide gli si scagliò contro.
Qualcuno gridò il suo nome dagli spalti Grifondoro, ma nemmeno vi fece caso, si capovoltò su se stesso evitando la palla nera per un soffio, poi tornò nella posizione corretta.
«Scusami!»gli urlò spiacente Jimmy Peakes alzando le spalle, lui gli sorrise di rimando, in fondo poteva capitare anche a loro di sbagliare un colpo, quindi si alzò di quota e mostrò il pugno serrato, lo aprì cautamente trattenendo il Boccino d’Oro tra le dita e lo sventolò vittorioso.
«E LA PRIMA PARTITA VIENE VINTA DA GRIFONDORO!!» La voce di Zacharias Smith si fece sentire forte attraverso il megafono.
«Una partita avvincente…»fu il commento aggiuntivo di una voce delicata e sognante, probabilmente Luna Lovegood. «Soprattutto per tutta quest’acqua.»
            I giocatori si dedicarono a lunghe docce rigeneranti, Ron fischiettava beato sotto all’acqua calda mentre si insaponava i capelli, Harry arrivò alla doccia più tardi, avendo dovuto sorbirsi i complimenti di tutti i compagni.
«Harry, Ron!! Siete stati incred…»
«Herm!!!»La voce terrorizzata di Ron la interruppe prima che potesse voltare l’angolo e coglierli in fragrante mentre erano nudi, probabilmente rendendosene conto la ragazza arretrò mortificata, arrossendo vividamente.
«Dicevo…che siete stati davvero bravi.»La voce era meno euforica, ma altrettanto sincera, sicuramente stava sorridendo compiaciuta dei suoi amici.
«Un minuto e siamo pronti!»La avvertì Harry sciacquandosi rapidamente.
«Potremmo andare a mangiare ai Tre Manici di Scopa!»Ron si illuminò nel sentirsi dire quelle parole.
«E’ vero! Oggi è domenica quindi possiamo andare ad Hogsmeade!»Anche la loro amica sembrava contenta al pensiero e quindi Harry sorrise.
«Mi sembra una buona idea per festeggiare!»dicendo questo prese ad asciugarsi.
Pochi minuti dopo i tre amici stavano per uscire dallo stadio, ma una voce li fermò.
«Harry..?»Era una voce incerta, dolce e carezzevole, il ragazzo non seppe associarla a nessun suo conoscente quindi si voltò e con disappunto incrociò gli occhi zaffirini di Natasha. Le lunghe ciocche di capelli ricadevano sulle sue spalle scivolandole sul petto dichiarando inutile il lavoro del cappuccio di stoffa che le nascondeva la testa, il biondo appariva quasi bianco in contrasto con il colore scuro della sua cappa.
«Ciao Natasha!»Harry si girò completamente per potersi avvicinare di qualche passo alla ragazza mentre i suoi amici restarono dietro di lui: Ron sorpreso e vagamente diffidente, Hermione indagatrice e minacciosa. «Come va?»La domanda gli suonò stupida, non si parlavano da settimane e le chiedeva una cosa così banale? Nella sua mente si affollavano domande molto più logiche, ad esempio “Che ci fai qui?” o “Perché non mi hai più cercato?”, anche se di quest’ultima già conosceva la risposta. Avrebbe voluto risponderle con qualcosa di raffinato ed allo stesso tempo pungente come “Ho visto che ti sei integrata bene nella tua nuova classe.”, giusto per farle notare che era passato più di un mese dal giorno in cui lui si era tanto gentilmente offerto ad aiutarla, ma qualcosa glielo impedì, forse la stessa apprensione che aveva provato quel preciso giorno aiutandola con il calamaio. Probabilmente però i suoi occhi non comunicarono un sincero interesse per come stava, perché la ragazza si strinse le mani davanti al grembo e abbassò appena lo sguardo, senza però abbandonare il contatto visivo con lui.
«Volevo farti i complimenti…»esitò un attimo «…per la partita.»
Harry rimase sinceramente spiazzato da quella frase. Si era aspettato qualche commento in perfetto stile Malfoy, si era preparato la risposta perfetta ad una frecciatina malefica ed ora non sapeva cosa dire, inoltre gli sembrò di sentire la voce di Natasha per la prima volta, era così calma, così sincera.
«G-grazie. Felice che ti sia piaciuta!»Si grattò la mascella sorridendo imbarazzato, ed improvvisamente sentì di dover passare di nuovo del tempo con lei. «Senti, noi stavamo andando a…»
«Appunto! Stavamo andando!»Hermione lo afferrò per il gomito e lo tirò indietro sfoggiando un ampio e falso sorriso alla Serpeverde. «Quindi scommetto che potrai perdonarci se non ci fermiamo ulteriormente!»Non attese ulteriore risposta dalla biondina e con l’amico sottobraccio si infilò sotto l’ombrello che Ron teneva aperto nello scrosciare continuo del temporale.
 
            Hogsmeade era avvolta da una pioggia leggera che si adagiava sui tetti e nelle vie conferendo ad ogni oggetto un’aura argentea. I tre amici stavano camminando in silenzio, Hermione cercava di convincersi che il suo amico non fosse stato in procinto di invitare la Serpeverde a pranzo con loro, Harry stava provando a capire cosa lo avesse spinto così in confidenza con quella ragazza, più ci pensava più se ne sentiva ipnotizzato e Ron, vittima del silenzio degli amici, osservava la gente che passeggiava per il paese.
Entrarono ai Tre Manici di Scopa con i cappucci inumiditi e i volti congelati, si fecero abbracciare volentieri dal tepore della locanda.
Gli occhi azzurri di Natasha abbandonarono il viso di Draco voltandosi in direzione della porta, si sorprese nel riconoscere i tre Grifondoro, li osservò mentre si toglievano le giacche e prendevano posto qualche tavolo più in là rispetto a dove si trovava lei, poi tornò a fissare i suoi compagni di tavola sperando che nessuno dei tre nuovi clienti la notasse. Zabini stava raccontando qualcosa a Pansy la cui attenzione era totalmente indirizzata a Draco, lui per canto suo sembrava pensieroso e preoccupato. Natasha sapeva bene quale fosse il suo dilemma, ma non ne condivideva l’angoscia.
Nelle settimane trascorse dalla biblioteca aveva iniziato a parlargli ed era riuscita a fargli capire che anche lei lavorava per il Signore Oscuro, tuttavia si astenne dallo spiegare l’effettiva situazione nella quale si trovava. Avevano iniziato a progettare diverse soluzioni per sbarazzarsi del preside e finalmente quel giorno avevano consegnato la collana destinata a lui.
I suoi occhi guizzarono furtivi verso Harry intento a sorseggiare una burrobirra mentre rideva spensierato, era così allegro, così felice. Una gioia che lei non sapeva spiegarsi, un benessere che gli vedeva addosso ogni volta che era con la Mezzosangue e Weasley, un sentimento che mancava tra i ragazzi che condividevano il suo stesso tavolo. Poteva forse trattarsi della fiducia e dell’affetto che quei tre provavano l’uno per l’altro? Improvvisamente si sentì triste, quasi gelosa. Il suo corpo rimpiangeva qualcosa, forse le vecchie conoscenze di Viktoriya, forse il semplice sorriso che poteva donarle un amico, lo stesso sorriso che Harry le aveva sempre rivolto. Scosse la testa lasciando che alcuni ciuffi le coprissero gli occhi solleticandone le palpebre, poi li spostò da una parte e guardò Draco, anche lui era diverso da ciò che aveva sempre pensato, era così fragile dentro di sé, era così perso. Prima di trovarsi ad Hogwarts l’avrebbe ritenuto un inutile verme patetico, ma ora era quasi comprensiva dei suoi turbamenti, del timore nel deludere suo padre o peggio il Signore Oscuro.
Qualcuno scese le scale della taverna e si diresse al tavolo dei Grifondoro: Horace Lumacorno. Lo vide mentre sorrideva placido a Harry e Hermione, dicendo loro qualcosa, e la risposta dei due ragazzi fu un cenno d’assenso con il capo mentre sorridevano rispettosi. Il rosso sbuffò una volta e il soffio fu seguito dalle risa divertite degli amici. Natasha si corrucciò, non sopportava vederli ridere, non così di cuore, voleva farlo anche lei.
«Scusate ragazzi.»La voce di Lumacorno la costrinse a cambiare soggetto nei suoi pensieri, il professore era al fianco del loro tavolo, e la guardava con interesse. «Sto organizzando una cenetta con alcuni studenti e volevo chiederti…»i suoi occhi celesti ed anziani si piantarono su di lei. «…se ti andava di venire, Natasha. Mi faresti un grande favore!» Natasha stava già per rifiutare l’offerta quando realizzò i fatti. Anche Harry era stato invitato alla cena del professore. Poteva essere una buona occasione per cercare di avvelenargli qualche cibo e sbarazzarsene una volta per tutte.
«Sono lieta di accettare l’invito, professore.»Sfoggiò uno dei suoi sorrisi più innocenti e l’uomo annuì vivacemente, orgoglioso di averla persuasa, quindi si congedò sparendo nella folla della sala. Pozioni era una materia estremamente semplice per lei, conosceva bene gli ingredienti e li distingueva già solo con l’olfatto, avrebbe voluto dare meno nell’occhio, ma ora la situazione girava a suo favore.

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Capitolo 7
*** Capitolo 6 ***


Capitolo 6

            LA settimana seguente Harry si trovava davanti allo specchio del suo dormitorio, stava studiando con aria disattenta gli abiti troppo eleganti a cui non era abituato.
«Divertitevi alla cena…»Ron sbuffò dal suo letto, intento a leggere un piccolo libricino di cui probabilmente non gli interessava nulla, nella sua mente si annidava solo la seccatura per non aver ricevuto lo stesso invito dei suoi amici.
«Dai Ron, non ti perdi niente!»
«Nemmeno tu dovresti andarci! Non sei più bravo di me in Pozioni!»Ribatté secco, Harry alzò le spalle commentando mestamente.
«Non ERO più bravo di te.»
Ancora una volta gli occhi azzurri del suo amico lo trafissero indagatori, come poteva essere migliorato così tanto in pochi mesi? Si rabbuiò e nascose il naso dietro alle pagine ingiallite del piccolo manuale che teneva tra le mani.
Harry lasciò il dormitorio e con Hermione si avviò verso la sala nella quale si sarebbe svolta la cena. Lei cercò di sapere cosa si celasse dietro alla grande abilità che dimostrava in quella materia il suo compagno, ma la semplice e banale risposta che ricevette fu che era l’assenza di Piton ad averlo spronato, così sospirando cambiò argomento.
Aprirono la porta della sala e furono accolti da un piacevole tepore e dalle risa di diversi compagni.
«Ciao Hermione!»La voce di Cormac McLaggen fu la prima a farsi sentire, il giovane accompagnò il saluto con un ampio sorriso che fece mise in imbarazzo la ragazza.
Presero posto attorno ad un grosso tavolo rotondo, Ginny fu l’ultima ad arrivare. Ad Harry piaceva la sorella di Ron, aveva un viso delicato e una cascata di fuoco al posto dei capelli, il suo sguardo era sempre indifeso, si alzò in piedi per educazione ed arrossì rendendosi conto di essere l’unico ad averlo fatto. L’immagine di Natasha gli frustò la mente, i suoi immensi occhi blu lo fissavano disarmanti, decisi e dolci al contempo, tornò a sedersi e si guardò attorno, la Serpeverde non c’era. Se ne stranì, gli era sembrato di notare che la ragazza se la cavasse molto bene nella materia di Horace, a quanto pare non era stata invitata, stupidamente ne sentì la mancanza, affondò il cucchiaino nel gelato davanti a  sé ascoltando distrattamente i discorsi dei presenti.
 
            «Non funzionerà mai, non è così stupido!»Draco fece una smorfia osservando la ragazza accanto a lui sul divano in pelle nera della loro sala comune.
«Invece funzionerà, fidati di me.»La sua voce era una dolce carezza per le orecchie.
«Fidarmi… tsè!»Sì alzò ed infilandosi le mani in tasca si diresse verso una delle immense vetrate che donavano una vista suggestiva del fondale del Lago Nero, uno spicchio di luna attraversava a fatica l’acqua scura e regalava alla sala comune un bagliore quasi argenteo. «Fidarmi di te Natasha. Non so nemmeno perché il Signore Oscuro ti abbia mandato qui.»Fece una breve pausa, poi i suoi occhi si socchiusero sofferenti. «Per controllarmi, probabilmente.»Sapeva di essere debole, sapeva di aver causato molti dubbi tra le schiere dei Mangiamorte, lui non era fatto per uccidere, non riusciva a trovare il coraggio di farlo, e tantomeno riusciva a decidersi che uccidere il Preside fosse una cosa giusta ed indispensabile, però non avrebbe mai tollerato di deludere suo padre. Rivolse i suoi occhi grigi nelle tenebre delle profondità lacustri.
«Draco…» Natasha abbandonò il suo posto sul divano e si avvicinò al ragazzo. Vederlo così indeciso la riempiva di rabbia, non doveva esitare sull’ordine del loro Signore, suo malgrado però sembrava capire le perplessità che lo travolgevano, le paure e le sofferenze che cercava di non dare a vedere. La cosa la preoccupò seriamente, temeva che la sua anima stesse assorbendo troppe nozioni da Viktoriya, troppi sentimenti. «Non ha importanza perché io sia qui, l’importante è che ci sia, e ti aiuterò nella tua missione. » Allungò una mano dalle lunghe dita affusolate e la poggiò sulla sua spalla. La reazione che scaturì fu violenta, Draco si voltò scacciando con uno schiaffo quel contatto indesiderato, i suoi occhi apparivano quasi lucidi di tensione, rabbia e dolore.
«Aiutarmi?? Aiutarmi?! Nessuno può aiutarmi!! E’ una cosa che devo fare io, ed io soltanto!!»
Natasha ritrasse la mano colpita e la afferrò con l’altra stringendosela al seno, guardò il suo compagno, avrebbe desiderato non esserci rimasta tanto male, rivolgergli un’occhiataccia ed ammonirlo per questa vena di vittimismo che tirava fuori, ma la realtà era ben diversa. Il gesto di Draco l’aveva fatta sussultare, l’aveva colta alla sprovvista e ferita dentro, sentiva l’impulso di dirgli che non era vero che era da solo, che non avrebbe dovuto affrontare quella prova senza aiuto, ma tacque. Il biondo strinse i pugni, contrasse la mascella e puntò i suoi occhi contro la ragazza, e quando li incontrò vi sprofondò dentro, tutto svanì, si sentì uno stupido per averle urlato contro, si sentì in colpa per averla allontanata e per non averle dato ascolto. Lei era lì. Era ad Hogwarts per lui. Se poi vi fosse stata mandata per controllarlo non importava, perché lei era lì e lo sosteneva. Lei era l’’unica che sapesse e quindi l’unica con la quale condividere il fardello che gli gravava sul cuore. Le si avvicinò sussurrando uno “Scusa” e la abbracciò stringendola al suo petto. Affondò il viso nell’incavo della sua spalla e si lasciò cullare dal suo profumo.
Nessuno l’aveva mai abbracciata prima, si sentì persa nel tepore che Draco le donava con il suo corpo, ma non si mosse, non ricambiò la stretta e non se ne sottrasse, era una sensazione piacevole e vi si abbandonò completamente, dimenticandosi di aver saltato la cena del Lumaclub, dimenticandosi di avere un compito importante da portare a termine. Chiuse gli occhi, il respiro del Serpeverde le sfiorava la pelle ed i capelli. Era piacevole, stava pensando che sarebbe potuta restare lì per un giorno intero quando il suo cervello elaborò un’immagine che la fece inorridire: al posto di Draco sentì Harry, sentì le sue braccia attorno a sé e i suoi capelli ribelli sulla guancia, la cosa peggiore fu che lo trovò ancora più piacevole della presenza di Draco. Scattò allontanando il ragazzo da sé e davanti alla sua espressione confusa si sistemò i capelli dietro un orecchio.
«Dovremmo preparare il vino…»

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Capitolo 8
*** Capitolo 7 ***


Capitolo 7
         I MESI trascorsero normalmente ad Hogwarts, Harry continuava a brillare in Pozioni e cercava di avvicinarsi sempre di più a Lumacorno nella speranza di convincerlo a donargli un ricordo che serviva al preside. Ron frequentava Lavanda Brown, una giovane Grifondoro dai capelli castani che gli era letteralmente saltata addosso dopo la vittoria di una partita di Quidditch. Hermione non la sopportava, odiava quel suo modo di fare allegro e spensierato, come se al mondo non esistessero che lei e Ron.
La neve volteggiava fuori dalle finestre della scuola e ricoprivano l’intero paesaggio di un bianco puro ed immacolato mentre scale e corridoi gremivano di studenti in partenza per le loro case.
Natale era alle porte ed ognuno attendeva ansioso di rivedere i propri genitori o di passare qualche settimana di vacanza con gli amici.
Harry e Hermione erano stati invitati alla Tana, la ragazza ci aveva dovuto pensare molto prima di spedire un gufo ai suoi genitori con gli auguri per le feste e le scuse per l'aver deciso di restare con i suoi amici.
Il soffitto della Sala Grande brillava candido ed alcuni fiocchi volteggiavano svanendo prima di sfiorare i tavoli, ad Harry brillavano gli occhi mentre si godeva quella splendida magia attendendo i suoi due migliori amici. Seguendo il percorso che compivano i fiocchi incantati scorse la figura di una ragazza bionda: Natasha era di spalle a lui, osservava l'immenso abete brillare a festa avvolta nella sua giacca color perla.
Si alzò con l'intenzione di salutarla, magari farle gli auguri per le feste. Con molta probabilità sarebbe tornata in Russia a trovare qualche parente insieme ai suoi, e questo pensiero in qualche modo lo turbò, mosse appena un paio di passi quando si sentì afferrare dal braccio destro.
«Harry! Dai andiamo! Dobbiamo passare a salutare Hagrid, Hermione è già alla capanna!»Ron lo osservava con un misto di gioia e curiosità, espressione che cambiò radicalmente quando, seguendo lo sguardo intristito dell'amico, vide Natasha, lasciò il suo braccio e gli si mise davanti per evitare che continuasse a fissare la ragazza. «Si può sapere perché non riesci ad ignorarla?!  È una dannata Serpeverde!»
Perché non riusciva a ignorarla? Non lo sapeva, se l'era chiesto molte volte prima di addormentarsi, quando il viso di lei gli appariva e gli sussurrava parole che nemmeno comprendeva, ma che lo rilassavano e lo facevano stare bene accompagnandolo nel mondo dei sogni. Decise di non provare nemmeno a giustificarsi con Ron, alzò le spalle e poi aggiunse:
«Avevi detto che Hagrid ci sta aspettando, è meglio muoversi se non vogliamo far arrabbiare Hermione arrivando in ritardo.»
I corridoi del castello erano piuttosto silenziosi, gli studenti oramai erano partiti quasi tutti e i passi di Ron davanti a lui producevano una strana eco. L'unico pensiero che aveva nella testa era Natasha. I suoi occhi splendenti, quegli occhi che non aveva potuto vedere prima perché era di spalle. Doveva vederli ancora una volta prima di andarsene per due settimane!
«Ron, io...»pensò rapidamente, odiava mentire al suo amico, ma in questo caso non c'era altro modo. «...ho dimenticato la mappa in camera! Tu vai pure, almeno Hermione e Hagrid sapranno che non ci siamo persi, io vi raggiungo subito!»sorrise per dare più concretezza a quella bugia e corse indietro, ripercorrendo la strada appena fatta per tornare alla Sala Grande. Con tutto il cuore sperò che lei fosse ancora lì e quando, varcando il portone, se la trovò dinanzi le parole svanirono tutte come se non fossero mai esistite. Gli occhi di zaffiro di Natasha lambivano i suoi e per un istante non ricordò di aver avuto altre intenzioni se non quella di guardare quelle iridi magnetiche.
«Harry?»Natasha sorrise. «Non sei ancora partito?»
«No...no, avevamo ancora qualcuno da salutare, e i signori Weasley non sono ancora arrivati.»ad Harry sembrò di giustificare la bugia rifilata all'amico e subito si sentì un idiota. «E tu? Tornerai in Russia per le feste?»Non si trattenne dal chiederglielo.
Lei sembrò sussultare appena poi sorrise timidamente sfiorandosi una ciocca di capelli.
«No, il mio Padr…»si morse subito la lingua e corresse rapidamente «...mio padre ha molto lavoro da fare qui, non avremmo tempo per un viaggio così lungo.»le sembrò talmente stupido parlare di Lord Voldemort come di suo "padre" che le sfuggì un sorriso. Non vedeva l'ora di abbandonare un po' quel corpo umano che le stava traviando la mente per farsi una bella strisciata nell'erba fresca e magari mangiarsi un paio di topi.
«Ah, capisco... Beh, ad ogni modo, volevo augurarti di passare delle buone feste!»
Mai nella sua esistenza Natasha avrebbe pensato di riceve degli auguri dal Prescelto. Stava per rispondere quando una terza voce si aggiunse ala loro conversazione.
«Ehi Sfregiato, non dovresti essere da qualche parte a giocare a fare l'eroe con i tuoi amichetti?»Natasha si volse per poter guardare il compagno di Casa, sul suo viso aleggiava la solita smorfia di soddisfazione mentre si avvicinava, avrebbe voluto dire qualcosa, probabilmente perché non tollerava un atteggiamento così meschino da parte di un servitore del Signore Oscuro, ma probabilmente c'era anche qualcos'altro, forse legato al sentimento di gioia che aveva appena provato nel sentire Harry farle degli auguri così sinceri benché appartenessero a due Case da sempre rivali, eppure alla fine decise di tacere, non poteva prendere le parti di nessuno dei due.
«Cosa ci fai ancora qui Malfoy?»la voce di Harry uscì strozzata dalla rabbia, perché quel biondino aveva il dono di comparire sempre nei momenti meno opportuni?
«La domanda è cosa ci fai tu ancora qui, ho visto la Mezzosangue piuttosto irritata in cortile.»
«Dai Draco, andiamo...»Natasha lo afferrò delicatamente per un gomito invitandolo ad allontanarsi con lei prima che la situazione potesse degenerare; in quel momento un atroce dubbio si insinuò nella mente di Harry come una tarma malvagia, quei due avrebbero anche potuto passare il Natale insieme. L'idea lo inorridiva, cercò di convincersi che quei due non fossero  abbastanza amici da chiedere a Malfoy senior di ospitare la ragazza a casa loro.
Poco convinto Draco le diede ascolto, lanciando un'ultima occhiata al suo antagonista, poi aggiunse qualcosa rivolgendosi a Natasha.
«Anche tu, però, faresti bene ad evitare certa feccia.»
Nell’udire quelle parole Harry sentì l’impulso di afferrare la bacchetta e lanciare un incantesimo al ragazzo, non se l'era presa per l'appellativo che aveva ricevuto, a quello era abituato, la cosa che veramente lo infastidì fu che dava ordini a Natasha, ordini che, per di più, riguardavano lo stargli alla larga, ma si trattenne dal seguire quell’emozione violenta, forse perché sotto Natale tutti si sentono più clementi, o forse perché non voleva apparire rissoso davanti alla ragazza. Li osservò mentre si allontanavano, sparendo dietro al portone della sala.

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Capitolo 9
*** Capitolo 8 ***


Capitolo 8
            NATALE non portò la gioia sperata. La neve era scesa senza sosta sui campi che circondavano la Tana. L’odore dell’abete in salotto si mescolava piacevolmente con quello della legna che ardeva nel caminetto, la fragranza delle leccornie cucinate da Molly aleggiava per tutta la casa e accompagnando le risate e la serenità generale della famiglia Weasley. Harry non era riuscito a godersi nemmeno un istante di quelle due settimane. C’era Ginny, e le sue attenzioni erano diventate molto più esplicite, una volta ne avrebbe gioito, ma ora no, i suoi occhi si perdevano fuori dalle finestre, si insinuavano tra i fiocchi candidi lasciando danzare con essi la fantasia e subito si ritrovava seduto mano nella mano con una giovane Serpeverde davanti ad un vivace focolare le cui scintille brillavano ardenti nel blu infinito degli occhi di lei. Si scaldavano a vicenda sorridendo ancora al ricordo di un pomeriggio passato a giocare nella neve, poi le parole lasciavano posto al silenzio e ai loro sguardi, e poi il caldo aumentava fino al momento in cui si avvicinava alle labbra lisce e perfette di Natasha, ma ogni volta qualcosa interrompeva il sogno: un piatto che veniva posato indelicatamente sul tavolo, Fred e George con qualche scherzetto, il signor Weasley con una domanda fuori luogo o Hermione che sgridava Ron per una distrazione. Era anche arrivato a credere che in realtà la sua fantasia si interrompesse da sola perché non era in grado di dare una percezione di ciò che sarebbe potuto succedere. Non c’era modo di immaginare un piacere tanto grande quanto la conclusione di quel desiderio irrealizzabile.
 
Il ritorno ad Hogwarts fu atteso e piacevole, sperava di vedere quanto prima la Serpeverde, anche se si era a lungo interrogato sul perché ci tenesse così tanto. Dentro di lui il cuore blaterava qualcosa, palpitava ogni volta che la mente gli rimandava l’immagine dello splendente viso della giovane, ma si rifiutava di ascoltarlo. Allungò il passo verso la Sala Grande dove lo attendevano i suoi amici e si sforzò di chiudere la sua mente a qualunque pensiero.
«Harry!»
Il ragazzo si pietrificò nell’udire quella voce. Non la ricordava tanto soave e dolce. Sorrise e si voltò verso una Natasha in jeans chiari, stivaletti e dolcevita azzurro.
«Ciao Natasha…»Era ancora più bella di quanto non la ricordasse, stringeva al seno un paio di libri ed un quaderno, i capelli erano raccolti in una treccia che seguiva la dolce linea del suo collo poggiandosi sulla spalla. «Passate buone feste?»Tornò violenta l’idea che avesse passato le feste insieme alla famiglia dei Malfoy, lei sorrise ed alzò le spalle.
«Speravo in meglio, ma almeno ho rivisto i miei cari.»Effettivamente era combattuta sulla risposta. Per tutta la settimana precedente alle vacanze si era convinta che durante le festività il Signore Oscuro le concedesse di riprendere la sua forma reale, e questo pensiero l’aveva sempre rallegrata, ma arrivata al cospetto del suo padrone era stata informata dell’impossibilità di realizzare il suo desiderio. “Rischieremmo di perdere il corpo della bella Viktoriya, e non vogliamo fallire così la nostra missione, vero Nagini?” La voce di Voldemort le rimbombava ancora nella testa, e prima di allora non avrebbe mai creduto di poterlo odiare così tanto. Non aveva proprio idea di cosa significasse per lei restare intrappolata in quel corpo bipede? Ogni giorno che passava nel corpo di Viktoriya sentiva cambiare qualcosa dentro di sé, come se lentamente si stesse fondendo con la ragazza apprendendo cose a lei sconosciute prima di allora: il piacere di alcune pietanze rispetto ad altre, il benessere di una carezza di vento sulla pelle così sensibile, ma peggio ancora l’imbarazzo per un abito inappropriato, l’insicurezza in una determinata situazione, la stretta allo stomaco causata dallo sguardo di un ragazzo… causata dallo sguardo di Harry Potter.
«Si, capisco, stessa cosa per me. » Harry la osservò sfoggiando un timido sorriso imbarazzato.
«Ad ogni modo… volevo scusarmi per il comportamento di Draco la volta scorsa, a volte perde un po’ la testa e nemmeno se ne accorge.»Socchiuse gli occhi sorridendo, ma Harry non condivise quel gesto. Perché si scusava per Malfoy? Che rapporto aveva con lui se arrivava a scusarsi al posto suo? Solitamente i fratelli o le coppie si scusavano gli uni per gli altri, non i compagni di classe.
«Harry, tutto bene?»
«Uhm? Sì…»ammise poco convinto. Si sentiva nauseato all’idea di lei e Draco assieme.
«Io…»tentennò un momento, poi sfoggiò un sorriso disarmante. «…ecco, ti andrebbe di ripete l’esperienza di studio assieme? Non sono riuscita a terminare la traduzione di Rune Antiche…»
«Mi dispiace Natasha…»la guardò senza quasi vederla realmente. Dal giorno della biblioteca non aveva sperato in altro che ripetere l’episodio, ed ora che l’iniziativa arrivava addirittura da lei non se la sentì di accettare, prima di tutto aveva promesso a Ron ed Hermione di raggiungerli in Sala Grande e se fosse mancato probabilmente avrebbe potuto ritenersi un mago morto, in secondo luogo il pensiero che lei fosse di Draco lo ripudiava profondamente, eppure non trovava altra interpretazione alle sue parole. «…ma mi aspettano già Ron e Hermione.»Mosse un passo per superarla, la testa bassa per non incrociare i suoi occhi, non seppe perché, ma temette di vedervi dentro la delusione di un rifiuto, anche se la mente gli suggeriva che probabilmente si sarebbe trovato di fronte l’incarnazione dell’indifferenza.
«Ehi!»La sua voce decisa si fece udire un secondo prima della presa sul suo braccio ed un istante prima del bacio che gli arrivò sulla guancia destra. Il tocco delle sue labbra fu lieve, quasi inesistente, come la carezza di un fiocco di neve che a contatto con la pelle si scioglie, si allontanò e sorrise sfiorandosi la punta della treccia. «Allora rimandiamo alla prossima volta!»Ammiccò e voltandosi se ne andò verso la biblioteca. Harry non seppe reagire in alcun modo, non aveva parole, non aveva fiato, l’unica cosa che gli era rimasta era un’espressione ebete stampata sulla faccia.
 
            Dopo aver terminato di studiare con i suoi amici Harry si stiracchiò con un ampio sbadiglio, piegandosi indietro al limite delle capacità della sua spina dorsale.
«Che noia Divinazione!»
«Ronald, per te è tutto noioso finché si tratta di dover aprire un libro…»rise l’amica canzonandolo amichevolmente.
«Non è colpa mia, le pagine mi fanno venire sonno!» Si alzò prendendo la sua roba ed aggiunse con tono grave. «Dev’essere una specie di allergia!»
«L’allergia di cui parli ha un altro nome sai? Si chiama pigrizia!»Harry rise alla battuta di Hermione, ma aveva la testa altrove. Forse si era sbagliato riguardo la relazione tra Natasha e Draco, si trovò a riflettere sul fatto che probabilmente sarebbe stato meglio che quei due avessero avuto qualche legame affettivo, almeno avrebbe avuto un pretesto per smettere di pensare a lei.
«E ora due noiosissime ore di Difesa Contro le Arti Oscure!»Hermione punzecchiò il fianco di Ron che storse il naso.
«E ti preoccupa la noiosità? Io mi preoccupo di più del professore!»deglutì incamminandosi verso l’aula.
Hermione si voltò ad osservare Harry  perso nel suo mondo di nuvole di zucchero, lo sguardo che ostentava era eternamente sovrappensiero come se enormi fardelli lo dilaniassero lentamente ed in silenzio. Conosceva quello sguardo e conosceva anche il suo amico quindi le ci volle poco a supporre che Natasha volteggiava in abito di seta nella mente del ragazzo ad ogni ora del giorno e della notte, purtroppo però non era disposta a lasciare che Harry si devastasse per una ragazza totalmente fuori dalla sua portata. Notò in quel momento la figura della giovane donna in compagnia di Draco, erano appartati vicino ad un gargoyle e lui muoveva le labbra a poca distanza da lei, sussurrandole qualcosa mentre lei lo guadava dritta negli occhi, rapita. Per un attimo Hermione pensò di avvertire Harry, ma forse il senso di lealtà nei suoi confronti glielo impedirono, lasciò perdere e finse di non aver visto nulla. Harry però vide. Lo capì dal modo in cui interruppe la sua camminata. Era fermo in punta al corridoio nel quale si trovava la coppia e li guardava con occhi delusi, feriti e al contempo fiammeggianti d’odio.
«Harry…»Il sussurro di Hermione che gli sfiorava il polso fece scattare in lui la riluttanza di ciò che i suoi occhi avevano visto e che la sua mente rifiutava.
«Andiamo! Non ho intenzione di farmi punire da Piton per aver ritardato alla sua lezione!»scostò bruscamente il braccio allontanando l’amica e riprese il cammino a passo deciso, stringendo tra le dita la spallina del suo zaino. Era stato uno stupido ad interessarsi a quella ragazza. Avrebbe dovuto capirlo dal primo giorno che l’aveva vista che una della sua Casa non avrebbe portato che guai nella sua vita. La cosa che lo amareggiava di più è che lei si dimostrava sempre gentile nei suoi confronti, come se veramente ci fosse una speranza per far sbocciare quel fiore che ora sentiva appassire nel suo petto.
Il banco gli risultò più scomodo del solito, le parole scritte sul libro di fronte a lui non avevano senso e la voce del professore alle loro spalle riecheggiava tonante ed incorporea come una eco fastidiosa. Sapeva che al fondo dell’aula, nell’ultimo banco sulla destra, sedeva Natasha accanto ad una sua compagna Serpeverde, non l’aveva vista, ma ne percepiva lo sguardo addosso, lo sentiva sulla sua schiena e questo gli provocava dei brividi misti di piacere e rabbia. Come poteva atteggiarsi così innocentemente a lui quando in realtà frequentava Malfoy? Questo la rendeva ancora più spregevole.
«Signor Potter, credo che assassinare quella pergamena non la aiuterà a far passare il tempo più rapidamente.»la voce del professore scandì lo spazio, ma fu la gomitata di Ron a riportarlo sull’attenti, Harry si accorse di aver premuto la punta della piuma nel foglio sotto ai suoi occhi fino a bucarla, l’inchiostro nero colava dal conduttore riempiendo il piccolo foro e traboccando sulla carta come sangue da una ferita mortale. La ritrasse con orrore, lo sguardo del suo compagno di banco era sconvolto, ma continuò a tacere per evitare di essere ripreso dal professore che lentamente riprese la sua spiegazione.
Passò un’altra ora ancora prima che Piton assegnasse i compiti e desse il permesso di lasciare l’aula. Harry si alzò quasi di corsa gettando la sua roba nello zaino e fuggendo dalla stanza carica ormai di aria viziata. I suoi amici gli stavano dietro interrogandosi sul perché del suo strano atteggiamento, Hermione si trattenne dallo spiegare a Ron l’effettiva situazione, se non la approvava era impensabile che lo facesse lui.
«Merda!!»la voce di Harry era un ringhio.
«Che…?»Ron si bloccò alle sue spalle e lo guardò allarmato, ma lui non si degnò nemmeno di dargli un’occhiata, semplicemente gli passò accanto tornando indietro e farfugliando qualcosa sul fatto che aveva dimenticato il libro in classe.
Ron si mosse per seguirlo, ma Hermione lo fermò con una mano.
«Lascialo andare…»Sicuramente aveva bisogno di riflettere, e stare da solo. Non era certa della relazione che ci fosse tra lui e Natasha, ma era abbastanza convinta che ora l’avrebbe lasciata perdere, e nonostante le facesse male vederlo così era felice che tutta quell’assurda storia stesse per finire, si incamminò con Ron verso la Sala Comune dei Grifondoro.
            Entrò nell’aula di Difesa Contro le Arti Oscure certo che non ci fosse più nessuno, quando vide Piton in piedi alla sua cattedra tanto agognata si fermò. Sentendolo entrare il professore alzò lo sguardo dalla giovane Serpeverde interrompendo il discorso che le stava facendo, aveva lo sguardo cupo e –se possibile- preoccupato? Più probabilmente era semplicemente allarmato che Harry avesse potuto udire qualcosa che non avrebbe dovuto.
Natasha si congedò lapidaria, senza dimostrare particolare rispetto per la figura del suo insegnante e direttore di Casa. Aveva lo sguardo duro e le sue iridi avevano abbandonato la brillantezza degli zaffiri tramutandosi nelle profondità di un oceano inquieto e pericoloso. Improvvisamente Harry afferrò il libro mentre la ragazza gli passava accanto, la squadrò e poi guardò il professore dai capelli corvini il cui sguardo celava malamente il fastidio per la sua presenza. Si sentì subito in colpa per aver accusato Natasha senza un reale motivo, si accigliò e le corse dietro. Appena fuori dall’aula le prese una mano per farla voltare.
«Natasha!»Lei si girò schiaffeggiando la mano ostile, poi addolcì lo sguardo incontrando gli occhi del Prescelto.
«Harry, scusami… non volevo… io…»Il suo sguardo danzava da una parte all’altra, incerta, e i suoi occhi si erano tramutati da oceano a lago. Un lago limpido e delicato che cela nel suo bacino fiori bellissimi e altrettanto effimeri.
«E’ tutto a posto Nat?»gli sfuggì di abbreviare il suo nome, ma conosceva Piton e temeva che l’avesse intimidita in qualche modo. Forse perché non brillava nella sua materia –Harry aveva notato che la ragazza non maneggiava mai la bacchetta- ed esigeva di più dagli studenti della sua Casa.
«S-sì, tutto a posto…»il suo sguardo era diretto al pavimento di pietra, sembrava preoccupata. Allungò le mani verso di lei e le afferrò delicatamente i polsi, lasciando che le sue dita scivolassero nei suoi palmi.
«Non devi prendertela per lui…»sorrise cercando di incoraggiarla. «Semplicemente non badarci, d’accordo?»
L’espressione sorpresa di Natasha mutò in un sorriso riconoscente e le sue dita si strinsero nelle sue mani.
«STUPEFICIUM!!»Un fiotto di scintille rosse lo aggredì al fianco sinistro, i suoi occhi tremarono in quelli di Natasha che si allargavano sconvolti e smarriti, le sue mani scivolarono dalla sua presa mentre il corpo cedeva al volere della gravità, la pavimentazione fredda lo accolse senza pietà e senza rumore, non percepì nemmeno il dolore dell’impatto, tutto pulsava intorno al punto in cui era stato colpito. Dalla porta dell’aula di Difesa vide arrivare qualcuno, un lungo mantello che sfiorava il terreno danzò attorno alle caviglie del proprietario mentre esso gli si avvicinava, chinandosi di fronte a lui: Severus Piton. Lo sguardo infuriato come ogni volta che uno studente trasgrediva alle regole scolastiche mentre dettava ordini ai presenti che lentamente si affollavano intorno alla scena. Il mondo iniziò a girargli attorno, la vista si annebbiava e ogni cosa scompariva in un buco nero mentre i suoni ovattati venivano risucchiati dalle tenebre lasciando il silenzio ed il buio totale.

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Capitolo 10
*** Capitolo 9 ***


NdA: Il capitolo di Lunedì prossimo (2 Settembre) sarà rimandato al Martedì seguente (10 Settembre) a causa della mia settimana di ferie e conseguente giorno di ripresa :3
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Capitolo 9


            L’odore asettico dell’infermeria svegliò Harry stuzzicandoli in maniera poco gradevole l’olfatto. Aprendo gli occhi vide Ron accanto al suo letto, Hermione invece era intenta a camminare su e giù avvolta dagli ultimi raggi solari della giornata.

«Herm!! Si sta svegliando!!» La ragazza si precipitò sul letto dell’amico con un gran sorriso di sollievo.

«Harry!! Come stai!?»

«Mi gira un po’ la testa…» sorrise debolmente e fu grato ai suoi amici di essergli accanto, se non fosse stato così probabilmente si sarebbe alzato e avrebbe cercato Malfoy per ricambiargli il favore.

«Si può sapere cosa diavolo è successo?? Piton era su tutte le furie!» ora Hermione aveva la solita espressione che dichiarava che non ammetteva storie, il problema è che nemmeno lui sapeva esattamente come o perché fosse successo tutto quel casino.

«Ha addirittura tolto 20 punti a Serpeverde, miseriaccia!!» il commento di Ron sembrò enfatizzare il loro desiderio di sapere i dettagli dell’accaduto.

«Non lo so… stavo solo…» il pensiero di Natasha lo colse impreparato, gli tornò vivido alla mente il suo sguardo stupito, totalmente ignara di cosa stesse accadendo. Non poteva parlare di lei ai suoi amici. «…stavo solo riprendendo il mio libro.» guardò fuori dalla finestra, il cielo si stava scurendo e le nuvole assorbivano gli ultimi raggi di un timido sole che si stava nascondendo oltre la Foresta Proibita.

«Malfoy! Il solito villano!! Non capisco proprio come faccia a comportarsi in maniera così deplorevole! E pensare che appartiene ad una grande famiglia di maghi che…» I discorsi di Hermione svanirono lentamente dietro una coltre di pensieri densi ed opprimenti. Draco l’aveva colpito. Non lo aveva mai aggredito senza motivo. Quale era stato il suo movente questa volta? Harry ripercorse il filo dei ricordi e delle sensazioni. Il sorriso di Natasha, le loro mani unite e il piacere di un po’ di conforto reciproco. Improvvisamente tutto divenne chiaro, semplice ed ovvio: Draco era geloso di Natasha, l’aveva vista con lui e non era stato in grado di controllarsi. Aveva sbagliato a pensare che si frequentassero, lei non apparteneva a nessuno!

«…ora che ce ne andiamo.» la voce dolce di Hermione tornò a riempirgli le orecchie e quindi tornò con gli occhi su di lei. «Si sta facendo tardi e devo ancora finire la mia ricerca per Aritmanzia!».

Harry sorrise al pensiero che Hermione fosse giunta all’ora di cena con dei compiti da finire per colpa sua, probabilmente aveva rischiato un infarto mentre la avvertivano che il suo migliore amico era in infermeria dimenticandosi totalmente dei suoi impegni scolastici. Sentì di volerle veramente bene, a lei e al ragazzo dai capelli rossi che ora storceva lievemente il naso, contrariato dall’idea di dover mangiare cena con il pensiero dei compiti da finire dopo.

«A domani Harry!!»

«A domani!» Li salutò con una mano sentendo ancora una lieve scossa di dolore sul fianco.

            Due ore in quell’enorme sala vuota stipata di letti candidi e freschi sembravano anni, come se il tempo si fosse diluito nello spazio dimenticandosi di far andare avanti l’orologio. Sul comodino di Harry giaceva abbandonato il vassoio con la sua cena oramai finita. Un po’ di zuppa e dell’insalata. Aveva provato a convincere Madama Chips che stesse abbastanza bene da andare a mangiare con gli altri, ma era stata irremovibile servendogli quel magro pasto. Aveva tentato di addormentarsi, ma il sonno era lungi dal farsi afferrare da lui così si era messo seduto nel letto, la schiena poggiata sui due cuscini di cui era stato fornito e gli occhiali inforcati sul naso, gli occhi fissi sulla mappa dalle molteplici piegature sulle quali scorrevano piccoli passi accompagnati da nomi di studenti e professori. La fioca luce della candela sul comodino illuminava a stento la pergamena. Alcuni studenti stavano correndo verso la sala comune dei Tassorosso, altri invece passeggiavano per i corridoi in gruppetti di due o tre dedicandosi a chiacchiericci serali, il Preside camminava avanti ed indietro nel suo ufficio ed Harry poté immaginarselo nell’atto di sfiorarsi la barba tenendo l’altra mano dietro la schiena. Voltò pagina e si accorse che la maggior parte degli studenti si trovava ancora nella Sala Grande, c’era anche Draco Malfoy con Zabini e Pansy, senza rendersene conto iniziò a cercare il nome di Natasha Saeros. Scorse il dito su ogni studente che leggeva sulla mappa, cominciò a sfogliare le varie sezioni del castello in modo sempre più frenetico fino a trovarsi con gli occhi sul proprio nome nell’infermeria, notò un movimento in corrispondenza con l’ingresso di quella sala, mosse una mano per spostare una piega e poter leggere il nome, ma il rumore della porta che veniva aperta lo precedette quindi si affrettò a pronunciare rapidamente “Fatto il misfatto” e ripose l’artefatto nel cassetto del comodino, solo allora si permise di guardare chi era il nuovo arrivato. Natasha stava camminando verso di lui con passo incerto, elegante e seducente, ma incerto, come se non fosse certa di dover essere lì.

«Natasha?»

Lei annuì affiancando il suo letto.

«Volevo accertarmi delle tue condizioni.»

Harry le indicò la sedia che aveva occupato Ron per tutto il pomeriggio invitandola a sedersi. Accettò l’invito e prese posto sistemandosi il pullover nero.

«Oh, sta bene signorina Saeros, domani mattina potrà tornare tranquillamente a lezione!» La voce di Madama Chips si intromise decisa nella conversazione appena iniziata mentre si sporgeva verso il comodino per prendere il vassoio. «Il signor Potter è piuttosto coriaceo!» si lasciò sfuggire una breve risata e poi se ne andò esattamente com’era arrivata.

«Credo che questo risponda alla tua domanda.» Harry le sorrise e lei ricambiò divertita per un momento, prima di tornare seria e concentrarsi sulle sue dita, come se osservasse qualcosa di nuovo a cui non era abituata.

«Scusa Harry, non volevo metterti nei guai.» Non avrebbe mai più pensato di dire una cosa del genere al Bambino Sopravvissuto, e tantomeno si sarebbe aspettata di dirlo tanto sinceramente. Dopo l’aggressione del pomeriggio aveva parlato con Draco scoprendo che era cieco di rabbia nei confronti del Grifondoro, le aveva urlato contro dimostrando che in realtà quello non era il suo vero problema, aveva bisogno di sfogarsi, stava accumulando troppo stress ed ogni minima cosa lo innervosiva terribilmente. Aveva perso le staffe, lo sapeva, e dopo lo sfogo che ebbe con Natasha sembrò realizzare l’accaduto come una notizia letta sulla Gazzetta del Profeta.

«Non è niente. Sono abituato a queste cose. Conosco Draco da sei anni oramai.» Vero, ma non l’aveva mai visto comportarsi in questo modo. Per qualche strana ragione la sua furia evaporò venendo sostituita da mera pietà per quel ragazzo. «Non è veramente cattivo, è solo un po’ spaccone.» O almeno voleva crederci, nell’ultimo anno aveva potuto notare strani comportamenti del giovane Malfoy, aveva anche pensato che si stesse preparando per entrare nella cricca dei Mangiamorte, di cui per altro suo padre faceva già parte.

La ragazza accanto a lui lo stava studiando incredula, come se avesse appena affermato di poter camminare sull’acqua. Era sbalordita dalla bontà di cuore di Harry, nonostante tutto non accusava Draco di nulla. Sorrise impercettibilmente mentre nel suo petto fioriva qualcosa, speranza forse. Speranza e fiducia in quel ragazzo che avrebbe dovuto uccidere e che sembrava in grado di poter accettare qualunque cosa. Anche una come lei. Non capiva perché si trovasse a pensare certe idiozie, la sua mente sibilava contrariata ricordandole che non doveva importarle di nulla, lei era importante per l’Oscuro Signore e non poteva chiedere privilegio maggiore, eppure qualcos’altro si insinuava nella sua testa sussurrandole che era bello potersi sentire importanti per qualcun altro, sentirsi apprezzati per ciò che si è davvero, ed Harry sembrava in grado di apprezzarla veramente, sembrava tenerci a lei in modo affettuoso e sincero. Gli si avvicinò guidata da un istinto che non le apparteneva, lo vide osservarla senza fiato mentre i loro volti si avvicinavano pericolosamente. I suoi occhi si socchiusero quando la mano calda di Harry le sfiorò il collo avvicinandola ulteriormente a sé. Cercò di dire qualcosa per convincersi a fermarsi, ma il suo corpo decise di strozzarle le corde vocali e proseguire quella follia.

Si baciarono.

Fu un contatto dolce, rovente e delicato. La sensazione che percepì fu così intensa e nuova che la stordì. Sentiva il cuore martellarle nel petto e le labbra arderle di benessere. Non voleva rinunciarvi mai più, lo abbracciò e lui la aiutò a spostarsi sul letto al suo fianco, i baci divennero più esigenti e gli abbracci più forti. Sentiva dentro di sé una guerra in corso tra Viktoriya e la sua volontà rettiliana, la prima voleva proseguire quella danza seducente ed eccitante mentre la seconda avrebbe voluto scappare, allontanarsi il più possibile o nel migliore dei casi stringerlo abbastanza forte da stritolarlo come avrebbe fatto se al posto di quel corpo traditore avesse avuto le sue adorate spire. Un bagliore di lucidità la investì inaspettatamente, lo colse rapidamente e si staccò dal ragazzo ansimante alzandosi come se l’avesse morsa qualcosa. Cercò di riprendere fiato, sentiva le gote accaldate e le tremavano le mani. Le nascose imbarazzate. Aprì la bocca per dire qualcosa, incrociò gli occhi smarriti di Harry, e la richiuse, si passò una mano tra i capelli che con la fioca luce della candela apparivano come setosi fili d’oro e si voltò andandosene a passo svelto.

Harry non trovò la forza di dire nulla, distese un braccio verso la schiena della ragazza oramai lontana e ne sussurrò il nome sulle labbra ancora umide della sua saliva.

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Capitolo 11
*** Capitolo 10 ***


NdA: Salve cari lettori e lettrici che state seguendo "Eternity was in our lips and eyes", finalmente ho risolto i problemi del mio computer, che continua a zoppicare ma va avanti. Poi ho anche avuto qualche impegno personale tra cui una mezza vacanza ed un profondo periodo di insofferenza tecnologica, quindi mi ero un po' distaccata dal pc. Ora però eccomi di nuovo qua, pronta a proseguire settimanalmente la pubblicazione dei pochi capitoli che restano prima della fine di questa fan fiction! Sperando che qualcuno di voi sia rimasto pazientemente in attesa eccovi il decimo capitolo!
Un grazie profondo a chiunque non sia fuggito :)

-Angelus
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Capitolo 10

            MADAMA Chips lo svegliò bruscamente venti minuti prima dell’inizio delle lezioni, fuori era ancora buio ed Harry pensò di odiarla per questo. Aveva faticato ad addormentarsi e il sonno era stato leggero ed agitato da incubi oramai inconsistenti. Si alzò controvoglia, il freddo del pavimento lo raggelò aiutandolo a trovare un po’ di lucidità, si vestì in fretta e corse nella torre di Divinazione a stomaco vuoto.
I suoi amici furono felici di vederlo e lo accolsero come un eroe di ritorno dalla guerra. La gioia evaporò rapidamente quando la professoressa Cooman iniziò il sermone sul destino e su come tutto, secondo lei, fosse già scritto sulle pagine della propria vita.
Dopo un’interminabile ora in quella stanza circolare non c’era nemmeno più uno studente sveglio, la professoressa sollevò le mani annunciando la fine di quella lezione, non assegnò compiti e gli allievi gliene furono riconoscenti.
Harry afferrò il suo zaino e gettandoselo su una spalla scese dagli spalti in legno senza attendere Hermione e Ron, ignorò i loro richiami e corse giù dalle lunghe scale circolari della torre. Voleva trovare Natasha, chiederle spiegazioni per la sera prima, voleva sapere perché l’avesse fatto e perché poi fosse fuggita. Aveva così tante domande che mentre si muoveva nei corridoi per precedere gli studenti a Pozioni se le ripeteva mentalmente, cercando di ordinarle in qualche modo.
I sotterranei erano bui ed umidi come sempre, qualche torcia illuminava fiocamente le pietre scrostate dei muri e l’umidità alleggiava nell’aria. Era arrivato prima di tutti, sapeva che quella lezione l’avrebbero fatta con i Serpeverde e quindi aveva intravisto la possibilità di parlare a Natasha dell’accaduto. Mentre la aspettava accanto ad un’antica armatura imprigionata nella sua posa fiera e vigile si domandò quante possibilità avesse effettivamente di poterla prendere in disparte, con molta probabilità sarebbe stata in compagnia di qualche amica, o peggio ancora di Draco Malfoy. I passi di alcuni studenti riecheggiarono verso di lui e rabbrividì, gli venne addirittura il dubbio che la sera precedente non fosse accaduto nulla, che fosse solo un’allucinazione dovuta allo Stupeficium che lo aveva colpito stordendolo forse più del possibile.
Si strofinò i palmi delle mani sui pantaloni e poi strinse con forza la spallina dello zaino. La vide svoltare l’angolo da sola, come sempre priva dell’uniforme sotto alla sua casacca nera. Aveva il passo morbido e la stoffa scura le sfiorava le caviglie nascoste da dei pantaloni chiari. Attese un momento assicurandosi che fosse effettivamente sola,  quando passò accanto all’armatura la afferrò e la trascinò dietro il soldato di ferro. Le sfuggì un breve gridolino che cessò riconoscendo il ragazzo.
«Harry?! Cosa diavolo stai facendo?» La sua voce trasudava  impazienza, ma sul suo volto faceva capolino un velo di imbarazzo. Ecco la prova che era successo davvero. Il cuore di Harry perse un colpo, l’aveva davvero baciato, ed era stata una sua iniziativa. Non ci fu più nessuna domanda, nessuna parola uscì dalle sue labbra che invece si schiusero appena e si tuffarono su quelle di Natasha. Erano più fredde di quanto le ricordasse in infermeria, ma vellutate e lisce. Cessò di respirare per non perdersi il sapore di quel contatto magico che lei non stava rifiutando, i passi di altri studenti diretti alla lezione lo riportò alla realtà: era nei sotterranei a baciare una Serpeverde. Si allontanò dopo appena pochi secondi e fu sorpreso quanto compiaciuto nel notare sul suo viso l’amarezza di una delusione, non aveva ricambiato, ma non ne aveva avuto il tempo, e il suo viso diceva chiaramente che lo avrebbe fatto. Non disse nulla, uscì dal suo nascondiglio ed entrò in classe.
 
La mattinata trascorse molto più rapidamente della prima ora. Il sole aveva deciso di impadronirsi del cielo e il buon umore del cuore di Harry che aveva deciso di andare al campo di Quidditch per allenarsi un po’.
L’aria che si insinuava tra i suoi capelli lo facevano sorridere e volare lo faceva sentire leggero, in sintonia con il suo stato d’animo. Volteggiò sulla sua scopa per più di due ore, il cielo era di un cobalto perfetto e qualche nuvola candida e soffice si divertiva ad assumere la forma di qualche strano animale: un cavallo con due corna, un aquila dalle ali di fuoco e persino un piccolo draghetto con due code. Era spettacolare e si costrinse ad atterrare quando gli mancava il fiato e la necessità di bere era eccessiva. Negli spogliatoi si avvicinò ad un lavandino, si riempì le mani d’acqua e se la gettò in faccia godendo della sua freschezza, poi bevve. Prese l’asciugamano e si tamponò la faccia, beato, aprendo gli occhi intravide una figura nello specchio di fronte a lui. Era una ragazza, poco più bassa di lui, i capelli quasi bianchi raccolti in una treccia. Harry riafferrò gli occhiali sul bordo del lavandino e se li portò sul naso voltandosi. La figura di Natasha divenne nitida.
«Nat… non dovresti essere qui.» Si passò una mano tra i capelli tirandoli indietro, ancora umidi d’acqua; no, non doveva assolutamente essere lì, da sola con lui.
«Lo so, come so che ieri non sarei dovuta essere in infermeria.» Si avvicinò con passi calcolati e seducenti, allungò una mano sul petto del ragazzo, come se non desiderasse altro.
«E’ sbagliato, sai?» Ad Harry tremò la voce sentendo le sue dita sul petto, cercò di mantenere il controllo, doveva capire quali fossero le intenzioni della Serpeverde.
«Tu non hai idea di quanto lo sia…» Alzò gli occhi serafici su di lui come se fosse a conoscenza di qualcosa che lui ignorava, ed effettivamente era così, ma non poteva farci nulla, il corpo di Viktoriya desiderava tutto quello, e lei non era in grado di trattenerla. Forse in cuor suo sperava di riuscire a coinvolgerlo senza lasciarsi coinvolgere a sua volta in modo da potergli sferrare l’attacco a sua insaputa, compiendo così la missione del Sign…di chi? Mentre le labbra di Harry trovavano le sue tutto svanì, e non riuscì a ricordare cosa stesse pensando. Sapeva che era qualcosa di importante, che era Qualcuno di importante, ma non riuscì proprio a concretizzare il ricordo, l’unica cosa che sentiva era il calore scottante del Prescelto, le loro lingue che danzavano assieme e le sue mani che stringevano la casacca bordeaux del giovane Cercatore.
Harry si lasciò travolgere dalla foga di Natasha perché a sua volta ne era contagiato. La strinse a sé e la fece voltare, poggiandola contro al lavandino, abbandonò le sue labbra per aggredire la pelle lattea del suo collo, nella mente si imprimeva chiaramente ogni forma del suo corpo mentre le mani lo esploravano ambiziose.
La risata di due ragazzi si fece strada nel corridoio che portava al campo di Quidditch e agli spogliatoi. Harry scattò lontano da Natasha e si guardò allarmato intorno constatando con un sospiro di sollievo che i due Grifondoro erano ancora fuori dalla porta. La Serpeverde riprese coscienza di sé, gli lasciò un rapido bacio sulle labbra e fuggì da una porta secondaria, proprio mentre essa si chiudeva l’altra si apriva lasciando entrare i gemelli Weasley, rimasero sorpresi di trovarsi Harry davanti.
«Ragazzi! Cosa ci fate qui?» Dalla sua voce trapelava un po’ di nervosismo, come se temesse che i due potessero capire cosa stesse facendo solo guardandolo negli occhi.
«Vogliamo volare un po’…» Annunciò Fred.
«…ovvio no?» Concluse George.
«Ovvio…» Harry sospirò, Fred e George erano stati espulsi dalla squadra l’anno precedente, era naturale che per volare dovessero andare al campo nel tardo pomeriggio. Si congedò da loro con un sorriso stirato ed un’ultima occhiata verso la porta nella vana speranza che Natasha si trovasse ancora lì dietro, magari ad aspettare che i visitatori inopportuni se ne andassero e riprendere il discorso che avevano iniziato.

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Capitolo 12
*** Capitolo 11 ***


Capitolo 11

            L’INVERNO sfumò nella primavera dolcemente, la neve venne sostituita dai colori della natura e le temperature divennero più miti, favorendo l’utilizzo di indumenti più leggeri e sorrisi più spontanei. Harry e Natasha si incontravano da soli almeno una volta a settimana, solitamente il mercoledì, quando Hermione aveva lezione di Aritmanzia e Ron veniva rapito da Lavanda. In quei mercoledì pomeriggio andavano in biblioteca, sempre meno affollata con l’arrivo del bel tempo, e si dedicavano allo studio, sorridendo e chiacchierando, ma mai toccando l’argomento della loro relazione, se così si poteva definire la perversa situazione nella quale si erano arenati insieme. A volte si baciavano a lungo e puntualmente qualcosa o qualcuno li interrompeva: uno studente, un foglio volante, un gufo di passaggio o un rumore di qualunque altro genere. Forse era la forza di Hogwarts a trattenerli, contrariata dall’intimità tra un Grifondoro ed una Serpeverde, sì, Harry ne era sempre più convinto.

 Sabato mattina aveva in programma un’uscita ad Hogsmeade con Ron ed Hermione. Gli piaceva sempre andare in quel villaggio di maghi, c’era qualcosa di mistico nel trovarsi tra quelle case dove ogni abitante era a conoscenza della magia e dove essa stessa scorreva in ogni cosa.
Poco prima di pranzo Ron si fermò davanti a Mielandia storcendo il naso.
«Dovrei prendere un pensiero per Lavanda, tra pochi giorni è il nostro “Mesiversario”.» Constatò avvicinandosi alla vetrina dove dolciumi di ogni genere erano esposti in buffi portaoggetti.
«Perché non le regali delle gustose Piperille Nere (3)?» Hermione ironizzò contrariata avvicinandosi a sua volta alla vetrina, poi seguì Ron all’interno sperando di convincerlo nell’acquisto di qualche dolciume con sorpresa. Harry entrò con i suoi amici sghignazzando lieve per l’irritazione di Hermione. Passò accanto ad alcune caramelle di glassa che lo osservarono timorose di essere mangiate e si avvicinò all’espositore dei leccalecca. La vetrina del negozio era un’esplosione di colori vivaci e l’odore dello zucchero gli riempiva le narici. Fuori c’erano molti studenti che si godevano l’aria frizzante del mattino,  c’erano alcuni Corvonero diretti al Ghirigoro ed alcuni Tassorosso che si pregustavano una buona bevanda ai Tre Manici di Scopa. Vicino ad un muretto Harry vide due figure terribilmente familiari, si corrucciò avvicinandosi alla vetrina e si sentì divorare dall’odio e dal timore nel riconoscere proprio Natasha e Draco. Erano terribilmente vicini e si parlavano fittamente, poi lui annuì, si guardò attorno e si incamminò verso la scuola seguito da Natasha.
«Harry!» Hermione gli posò una mano sulla spalla e lo fece sussultare. «Stai bloccando il passaggio.» Lo studiò incerta e guardò fuori, ma i due Serpeverde erano già spariti. «Dai, usciamo, Ron è andato a pagare.» Il tono che usò lasciò intuire ad Harry che il ragazzo avesse optato per qualcosa di più romantico delle Piperille Nere, si lasciò sfuggire un breve sorrise cercando di scacciare l’immagine di quei due insieme.
«Ah, il Professor Lumacorno mi ha chiesto di informarti della festa che ci sarà stasera, ovviamente sei invitato.»
«Okay…» mormorò flebilmente uscendo dal negozio. Improvvisamente il ricordo di prima si smaterializzò riproponendosi come un nuovo dilemma: quella sera ci sarebbe stata di certo anche Natasha alla festa, sapeva che era brava in Pozioni e che doveva esserci alla cena precedente.

 «Un’altra stupida festa riservata ai lumaconi?»
«Non prendertela così, non ci andrei nemmeno io se potessi…» Harry lanciò un’occhiata ad uno scettico Ron sdraiato sul divano della sala comune, il pigiama gli stava grande, probabilmente era appartenuto a Fred o a George prima che a lui. Sbuffò e spostò la sua attenzione sulle fiamme del camino.
«Ci vai con Herm?» La domanda lo colse alla sprovvista; sì, aveva pensato di andarci con l’amica, ma lei era già accompagnata da Cormac McLaggen e non gli parve il caso di dirlo a Ron.
«No, vado con Luna.» si sistemò il colletto dell’abito scuro. «Per altro è meglio che vada, mi starà già aspettando.»
Non si era sbagliato, Luna era all’ingresso del grande corridoio che portava alla sala della festa, indossava un abito color argento a balze che le arrivava fino alle esili ginocchia. Si incamminarono assieme verso il salone che li attendeva, entrando furono investiti da una marea di profumi invitanti, tende dorate e soffici coprivano le fredde pareti del castello e dei tavoli occupavano gli angoli meno affollati portando sopra di loro ogni tipo di prelibatezza. Luna decise di lasciare Harry da solo per concentrare le sue attenzioni su quei manicaretti.
«Qualcosa da bere Harry?» Neville gli stava porgendo un vassoio pieno di bicchieri.
«No grazie, sono a posto…» Le parole gli morirono in gola mentre l’amico passava oltre proseguendo il suo servizio, davanti ad uno dei tavoli del buffet c’era Natasha, indossava un elegante abito nero che risaltava la sua carnagione lattea ed i capelli quasi albini, la gonna che soffice le avvolgeva i fianchi era più corta davanti e più lunga dietro, una coda di seta scura che le sfiorava il retro delle ginocchia. Era splendida. Ed era da sola. Harry strinse appena la mascella e si fece avanti, voleva sapere cosa stesse facendo quel pomeriggio ad Hogsmeade con Draco, e dove fossero andati con tanta segretezza assieme.
«Natasha.» La voce si rivelò più dura di quanto non volesse, lei aprì bocca in un sorriso per ricambiare il saluto, ma lui proseguì senza lasciarla parlare. «Dov’è Draco?»
«Perché dovrei saperlo?» La sua sorpresa era pari all’indignazione. Sapeva perfettamente dov’era il ragazzo, ma di certo non avrebbe detto al Prescelto che si trovava nella stanza delle Necessità a  cercare di far funzionare un vecchio armadio Svanitore.
«Perché siete così intimi…» alzò un sopracciglio lasciando intendere che li aveva visti in un paio di occasioni.
«Intimi??» La scena dell’abbraccio che avevano condiviso le esplose nella testa, il piacere di quel calore e la visione che ebbe su Harry, deglutì e sibilò indispettita. «E’ una scenata di gelosia?» Si guardò furtivamente attorno. «Perché non credo sia proprio il luogo più adatto.» E su questo non poteva darle torto, però non gli importava molto, forse perché si stava convincendo che non fosse affatto gelosia.
«Tu non me la conti giusta su voi due…»
«Non te la conto … che?!» Posò il bicchiere che aveva in mano ed accusò il Grifondoro con un indice. «Io e Draco non siamo affari tuoi più di quanto non lo siate per me tu e la Granger!» dicendolo il suo sguardo puntò un angolo della sala dove un drappo di tenda si mosse a causa di una ragazza in abito rosa che lo aveva spostato. Era stupido che si lamentasse della Mezzosangue, ma forse era l’umana a parlare per lei, anzi, sicuramente lo era. Quei due erano sempre insieme!
Harry seguì istintivamente la scia dello sguardo di Natasha e riconobbe Hermione. Si stava nascondendo, ma perché mai? Rivolse i suoi occhi alla Serpeverde, detestava dover interrompere il discorso proprio ora, e soprattutto dopo quanto aveva affermato la ragazza, ma la sua amica era in una qualche sorta di difficoltà e doveva aiutarla.
«Ne riparleremo…» Si allontanò da lei per raggiungere l’amica dietro le tende leggere.
«Hermione! Cosa stai facendo?» Sorrise divertito. «Ti stai nascondendo?»
«No! Cioè... non esattamente… è che Cormac è…» si torturò le mani davanti al grembo e non ci fu bisogno di altre parole, l’amico ridacchiò. «Non ridere Harry!» Lo ammonì con un colpetto sulla spalla, intanto un ragazzo si affacciò tra le tende porgendo loro un vassoio, Hermione glielo strappo di mano quando fu avvisata del fatto che davano un pessimo sapore all’alito.
«Okay, okay!» Harry si toccò la spalla colpita, quindi la guardò mentre sputava il boccone che si era messa in bocca, sapeva esattamente perché aveva accettato l’invito di Cormac, solo per una specie di dispetto nei confronti di Ron che frequentava Lavanda. «Herm…» La guardò dolcemente. «Vai.» Annuì, e sapeva per certo che la ragazza avrebbe intuito a cosa si riferiva, infatti annuì anche lei e sgusciò via dal suo nascondiglio proprio mentre vi entrava il suo ammiratore.
«Hai visto Hermione?»
«No, la stavo cercando.» Harry gli porse il vassoio ricevuto in dono dal cameriere e il ragazzo si mise a mangiare beato.
«E’ abbastanza sfuggevole, vero?» fece una breve pausa ed indicò il vassoio. «Cosa sto mangiando?»
Harry lo scrutò un momento poi rispose trattenendo un sorriso. «Palle di drago.»
McLaggen ebbe un conato poi si piegò avanti e rigettò sulle scarpe di qualcuno che si era affacciato al nascondiglio: Severus Piton. Venne subito avvertito del fatto che si era guadagnato una punizione esemplare e poi la sua voce profonda e controllata richiamò Harry, che intanto aveva cercato di allontanarsi per evitare la stessa sorte del compagno.
«Si professore?» si voltò a guardare l’odiato insegnate, l’odore del vomito di McLaggen spingeva Harry ad una fuga precipitosa, ma si concentrò per restare al suo posto.
«Potter, credo sia il caso di informarti del fatto che alcune tue conoscenze non sono ritenute…» pausa. «… raccomandabili.»
«Mie conoscenze? Cosa intende dire? Io…!» La porta della sala che si aprì fragorosamente interruppe la loro discussione. Gazza irruppe come una furia brandendo nella mano destra il colletto del costoso abito di Malfoy.
«Signore, ho beccato questo studente mentre cercava di intrufolarsi alla festa!»
«Era invitato! Era con me!» La voce di Natasha risuonò cristallina sopra il brusio generale, al che Draco strattonò la mano del custode e si risistemò la giacca. Piton gli si avvicinò e con un eloquente occhiata lo invitò ad uscire dalla stanza insieme a lui. Ci fu un attimo di silenzio carico di tensione, poi la roca e vispa voce di Horace esortò i presenti a riprendere i festeggiamenti. Harry però non aveva più alcuna voglia di stare lì, lanciò uno sguardo ferito ed accusatore a Natasha. Non sapeva dov’era Draco, ma era invitato alla festa con lei, sicuramente era una menzogna, il giovane Malfoy stava tramando qualcosa, Harry lo sapeva e Natasha lo stava coprendo.
Uscì dalla sala deciso a cercare Draco e chiarire una volta per tutte la situazione. Non fece tempo a svoltare due angoli che incontrò Hermione, seduta su alcuni gradini, intenta a piangere.
«Herm!!» Le corse accanto e la abbracciò. «Cos’è successo Hermione?»
Tra le lacrime ed i singhiozzi la ragazza spiegò di aver visto Ron appartato in un angolo con Lavanda, intenti a scambiarsi ogni genere di effusione.
«Che stupida sono stata!! Ed io che lo stavo pure cercando come una cretina!» Sventolò la bacchetta come se fosse stata una lama mortale diretta verso Ron.
«Shht…» Harry la strinse a sé, poi la invitò ad alzarsi. «Su, torniamo alla sala comune.» Non c’erano dubbi sul fatto che dovesse riposare, che entrambi dovessero farlo. Si trovò a pensare che fosse meglio così, se avesse trovato Draco nello stato in cui era probabilmente si sarebbe fatto espellere per eccessiva violenza, o forse sarebbe finito ad Azkaban per omicidio.
Occhi indiscreti li notarono dal fondo del corridoio, occhi come zaffiri incorniciati da capelli di platino. Natasha li vide avviarsi insieme, abbracciati, verso la loro torre, senza capire perché sentì gli occhi pungerle di lacrime che non sarebbero mai uscite.
Una volta nella torre Harry accompagno Hermione nel dormitorio dei maschi visto che l’accesso a quello femminile gli era negato. Fece accomodare Hermione sul proprio letto e la coprì affettuosamente ascoltandola parlare e lamentarsi fino a quando la stanchezza la fece crollare in un sonno profondo. Con una mano le sistemò alcune ciocche di capelli ramati, si domandò perché non potessero vivere tranquillamente le loro storie d’amore, si interrogò sul perché si fosse fatto affascinare così da una Serpeverde e non trovando alcuna risposta soddisfacente si avvicinò alla finestra. Il cielo era grigio, carico di nubi dense e minacciose, il vento ululava ferocemente travolgendo la vegetazione della Foresta Proibita. I suoi occhi scorsero qualcosa muoversi in quella direzione. Una ragazza. Una sinuosa figura femminile avvolta in un abito nero che contrastava il chiarore dei lunghi capelli. Come poteva essere Natasha? E cosa andava a fare nella foresta? Sospirò ed osservò la sua migliore amica, almeno lui non era da solo.

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Capitolo 13
*** Capitolo 12 ***


Capitolo 12

            LA fine dell’anno non era lontana oramai, ma i giorni passavano lentamente e il tempo era sempre cupo.

La lezione di pozioni fu una noia assoluta, Harry osservava Natasha lavorare diligentemente con una sua compagna, si muoveva sinuosamente e le sue mani sfioravano ogni ingrediente con delicatezza e sicurezza. Ron ed Hermione erano in guerra aperta, il silenzio tra loro era straziante e ad Harry sembrava impossibile pensare ad una soluzione che li portasse allo stato precedente del loro rapporto.

A fine lezione sparirono entrambi uno con più urgenza dell’altro, come se il rischio di incontrarsi fuori dalle aule fosse una cosa letale. Harry se la prese comoda, non avendo particolare fretta di chiudersi nella torre di Divinazione. Vide che anche Natasha si stava attardando, quindi decise di prendere il suo zaino in spalla e le si avvicinò, voleva capire come mai lo stava ignorando così, e soprattutto cosa andava a fare nella foresta.

«Harry, scusa, ma non è proprio il momento.»

«Non lo sarà mai, vero?» con tono brusco gettò a terra lo zaino e le afferrò le spalle costringendola a guardarlo. La sua espressione era ferita e sicura. «Natasha, io ti voglio solo per me!»

La ragazza rimase pietrificata da quella confessione. Anche Viktoriya lo voleva, ma lei no, lei doveva ucciderlo, e aveva rimandato troppo a lungo, abbastanza da dimenticarne quasi il motivo, il Prescelto non le era sembrata una grande minaccia, era un bravo ragazzo, di buon cuore, e scaldava il suo con un semplice sorriso. Non poteva ucciderlo, ma non poteva nemmeno ricambiare i suoi sentimenti.

«Harry…» La voce si ridusse ad un sussurro intristito. «La verità è che il mio cuore appartiene già ad un altro.» Ed era dannatamente vero. Voldemort aveva in pugno il suo cuore e la sua anima, anzi, lei aveva un frammento della sua anima, e questo li legava in un modo che nessun sentimento umano avrebbe potuto trascendere.

«Un altro??» Harry sbiancò. «Draco? E’ lui?!» La scosse appena, lei si liberò dalla presa tornando a guardarlo.

«No! Draco è solo un compagno di scuola!» Questa volta era irritata, e i suoi occhi dichiararono che le parole erano vere. Improvvisamente nella mente di Harry si scatenò un uragano di pensieri, insieme ad essi agitava anche emozioni contrapposte come l’odio, la rabbia, la gelosia e una sofferenza immensa per l’esser solo stato usato. Quindi era “l’altro” che andava a trovare nella foresta? Organizzavano là i loro incontri segreti in modo che lei potesse continuare a giocare con i suoi sentimenti all’interno della scuola!

«Da quanto tem…»

«Da sempre. Da prima di entrare in questa scuola.» Si piegò per raccoglier i suoi libri e lo guardò, non avrebbe mai più creduto possibile che il suo sguardo la turbasse tanto, era afflitto, come se il mondo intero gli fosse caduto in testa.

«Signor Potter!» La voce della McGranitt lo richiamò come una sveglia che ti sottrae ad un sogno.  «Il Preside desidera vederti con urgenza.» La sua voce era asciutta e preoccupata, il ragazzo abbassò lo sguardo, poi posò gli occhi su Natasha come per imprimersi a fuoco nella testa il suo viso serafico, infine si voltò raccogliendo lo zaino e seguì la professoressa fino alla Torre di Astronomia.

Albus Silente aveva ottenuto il tanto desiderato Ricordo di Horace, quindi Harry non capiva perché lo volesse vedere.

Il paesaggio dalla torre era magnifico, la foresta si estendeva fino alle montagne che delimitavano l’orizzonte, non si preoccupò della lezione che stava saltando, lo aveva convocato il preside in persona e di certo nessun insegnante avrebbe trovato nulla da ridire.

«Harry, ricordi cosa disse Horace a Tom Riddle?»

«Qualcosa riguardo degli Horcrux.» Si appoggiò al parapetto godendosi l’aria fresca e tagliente, nella speranza di riceverne giovamento.

«Esattamente, ed io ne ho localizzato uno. » gli porse il braccio.

«Ma… non è possibile smaterializzarsi all’interno nel castello…» Gli sembrò stupido puntualizzarlo proprio al Preside, ma lo fece istintivamente, toccando comunque il braccio che gli veniva offerto.

«Ci sono alcuni vantaggi ad essere me.» Ammiccò attraverso gli occhiali a mezzaluna e svanirono assieme.

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Capitolo 14
*** Capitolo 13 ***


Capitolo 13

            CIÒ che Harry vide nella caverna non gli avrebbe mai più dato pace, creature informi che cercavano di trascinarlo via dalla sponda dell’isolotto di pietra, Silente che delirava chiedendo pietà mentre veniva costretto ad ingerire quello strano liquido posto a protezione dell’Horcrux e il vortice di fuoco che aveva riempito l’aria saturandola di calore. Fu felice quando i suoi piedi toccarono nuovamente la pavimentazione della Torre di Astronomia di Hogwarts. Sentì dei passi, il Preside lo costrinse a nascondersi al piano di sotto e a tacere, mentre Draco Malfoy saliva le scale. Si scambiarono qualche parola, il preside cercava di convincerlo a non commettere qualche sciocchezza. Harry non seppe esattamente di cosa stavano parlando, anche se nel suo cuore percepiva la gravità della situazione.

«Experliarmus!!» Draco disarmò il preside facendo volare la sua bacchetta oltre il parapetto della torre. Harry mosse un passo, voleva aiutare il preside, ma la figura scura di Piton che comparve accanto a lui gli intimò di tacere e restare al proprio posto, stoltamente Harry immaginò che volesse fermare il Serpeverde così rimase immobile.

«Per favore, Severus…» Silente lo supplicò con occhi languidi, Piton sembrava contrariato, probabilmente dalle suppliche inutili del Preside, puntò la sua bacchetta verso l’anziano mago mentre una schiera di Mangiamorte lo raggiungevano e si sistemavano alle sue spalle come un pubblico festante in attesa della fine.

«Avada Kedavra!» La voce di Piton risuonò quasi rauca mentre pronunciava la formula di morte, il lampo verde scaturì possente dalla punta della bacchetta come un serpente aizzato e colpì il petto dell’uomo sbilanciandolo oltre la ringhiera, lasciandolo precipitare nel vuoto. Piton, Draco e gli altri si allontanarono rapidamente. Harry non si trattenne oltre, lo inseguì. Vide Bellatrix Lestrange distruggere ogni cosa sul suo cammino, ma non gli parve importante, non più di molto, il suo obbiettivo era Piton. Gli corse appresso fino a raggiungere quasi la casa di Hagrid.

«Si fidava di lei!!» Estrasse la bacchetta furibondo e la puntò alla schiena del professore, invocò il Sectusempra, l’incantesimo che aveva letto sul libro di Pozioni che lo aiutava ad andare tanto bene in quella materia. Severus si voltò di scatto parando senza alcuna difficoltà l’incantesimo e lo disarmò, gli si avvicinò con passo felpato mentre il lungo mantello ondeggiava come un’ombra alle sue spalle, calciò lontano la bacchetta del giovane mago e gli soffiò contro la verità.

«Come ti permetti di usare un mio incantesimo contro di me?» ringhiò lieve e poi allargò le braccia. «Io sono il Principe Mezzosangue, Potter!» Lo guardò con un misto di disprezzo che fece rivoltare lo stomaco del ragazzo, poi si voltò e proseguì la sua marcia verso gli altri Mangiamorte che intanto appiccavano il fuoco alla capanna dove viveva Hagrid. Harry si girò su un fianco, confuso dalla rivelazione ricevuta. Per tutto l’anno aveva seguito le istruzioni date da questo “Principe Mezzosangue” senza mai sapere a chi fosse appartenuto realmente il libro. Si sistemò gli occhiali sul naso e un’altra figura catturò la sua attenzione. Natasha stava correndo verso la foresta Proibita. Si alzò incespicando e le corse dietro, nella confusione del momento non si ricordò la bacchetta, abbandonata a sé stessa nell’erba annerita dal fumo delle fiamme.

La foresta lo accolse come sempre tra i suoi tronchi scuri e rumori sospetti. Superò diverse radici di grossi alberi centenari cercando di non perdere di vista la chioma bionda di Natasha, quando la raggiunse si bloccò e si gettò dietro ad un albero. Non era da sola. Il cuore di Harry gli martellava nel petto come una mandria di cavalli al galoppo mentre l’uomo nascosto da un mantello del colore della notte sfiorava il viso della ragazza.

È ora di tornare a casa, Nagini.” Harry udì quelle parole, le comprese anche se erano in una lingua differente dalla sua e inorridì del loro significato. Nagini? Nagini era il nome del serpente che Voldemort aveva adottato come animaletto domestico, il nome della creatura che aveva attaccato il padre di Ron! Inoltre quel tono così suadente, quasi inumano, era inconfondibilmente la voce di Voldemort. Il mondo franò tra le dita di Harry. Natasha era Nagini? Non era possibile! Fece scorrere la mano lungo il fianco in cerca della bacchetta e si accorse con disappunto di non averla con sé. Era da stupidi mostrarsi al Signore Oscuro disarmati, ma l’idea di essere stato soggiogato così annebbiò la sua capacità di riflettere sulle possibili conseguenze del suo atto. Abbandonò il nascondiglio che gli offriva il tronco nodoso del pino e aprì la bocca per gridare contro entrambi, ma era tardi. Davanti a lui giaceva il corpo esanime di una ragazza: di Natasha, sempre che si chiamasse realmente così. Harry si sentì morire, si avvicinò a ciò che restava del corpo informe della Serpeverde e desiderò calciarlo con forza, non lo fece. Per rispetto della studentessa morta, per sfinimento. Si lasciò cadere accanto al cadavere e calde lacrime gli sfociarono dagli occhi rigandogli le guance contratte. Avrebbe dovuto saperlo. Avrebbe dovuto sapere che non bisognava fidarsi di una Serpverde. Lo aveva preso in giro, e lui ci era cascato come un deficiente. Osservò gli occhi vitrei di Viktoriya e pensò a quanto rispecchiassero ciò che sentiva ora. Silente era morto, Natasha era stato solo un sogno effimero finito in incubo.

Strinse i pugni fino a far sbiancare le nocche, il crepitio del fuoco che divorava ogni cosa non era altro che una marcia funebre nelle sue orecchie. In una sola notte tutto era magicamente crollato come se non ci fosse mai stata un’altra soluzione. Rimase lì, fermo. Davanti a Viktoriya, piangendo silenziosamente il lutto.

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Capitolo 15
*** Epilogo ***


Epilogo

             Finalmente respiravo di nuovo l’aria di casa. La mano del mio padrone riposava quieta sul mio capo mentre festeggiava la dipartita del Preside di Hogwarts. Ora le cose avrebbero iniziato ad andare meglio per lui. Non sentivo la mancanza di Viktoriya, dal momento in cui uscii dal suo corpo mi sembrò tutto un sogno, come se avessi vissuto un anno in trance, in balia di due volontà differenti. Non ricordavo esattamente cosa mi avesse spinto a fare determinate cose. Quando il Prescelto era accanto a me mi sembrava naturale baciarlo e stringerlo al mio corpo, ma ogni volta mi sentivo morire, come se stessi tradendo qualcuno.

Sposto il muso verso il volto bianco del mio Signore. Tradivo lui. Tradivo la sua fiducia nei miei confronti. Non sono stata in grado di uccidere il Bambino Sopravvissuto, ma non mi ha punito, sapeva che sarebbe stato difficile, inoltre ho aiutato il capriccioso pargoletto di Malfoy a compiere il suo dovere, benché quel Severus abbia interferito ficcando quel suo grosso naso nella situazione. Non mi aveva scoperta, per poco, ma ero riuscita a tenere segreta la mia identità.

Mi godo un’altra carezza e appoggio la mascella sulle sue gambe. Harry Potter mi ha fatto fare una pessima figura con il mio Padrone, ha lasciato che pensasse che la mia lealtà per lui fosse venuta meno, e questo io non posso sopportarlo. Per me non esiste altra luce che lui. Io vivo per lui, e lo accontenterò per sempre, custodendo nel mio cuore la sua anima. Sibilo infastidita dai miei pensieri, e alla domanda di Voldemort che mi chiede se è tutto a posto chiudo gli occhi firmando con un cenno la mia nuova missione: la prossima volta, Prescelto, ti ucciderò strappandoti la carne di dosso a morsi.



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NdA: Ecco finalmente conclusa questa fanfiction! Spero che sia stata di vostro gradimento e mi auguro che vogliate lasciarmi un personale parere su di essa. Sono accette anche le critiche, perché ovviamente sono quelle grazie alle quali si migliora! :)
Ringrazio tutti i lettori che hanno avuto la pazienza di arrivare fino a questo ultimo mini-capitolo conclusivo.
Alla prossima!
-Angelus

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