I can't help falling in love with you

di _Marlene_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** L'inizio ***
Capitolo 2: *** Incrocio ***
Capitolo 3: *** Guerra, pace e... fame ***
Capitolo 4: *** Cambiamenti ***
Capitolo 5: *** Nuovi incontri ***
Capitolo 6: *** Rivelazione oscurata ***
Capitolo 7: *** Stretta di mano ***



Capitolo 1
*** L'inizio ***


Salve a tutti, questo è il mio primo sforzo narrativo. Prima di dire qualsiasi altra cosa devo ringraziare la mia beta holls che mi ha aiutata e continua ad aiutarmi con questa storia. Spero possa piacervi, se mi lasciaste una recensione mi farebbe un gran piacere. Alla prossima^^

‘’Ci spiace siamo al completo, se avremo bisognola contatteremo’’
‘’Grazie, arrivederci’’ Sconsolata mi buttai sul divano, era la decima chiamata andata a vuoto.
‘’Allora?’’
‘’Come al solito, niente di fatto’’
‘’Ma tu sei una pianista fantastica Leonore, non è possibile che nessuno ti voglia’’
‘’Hanna, mi arrendo non posso seguire la mia strada. Chi diavolo cerca una pianista oggi?’’ Presi il cappotto e mi avvicinai alla porta.
‘’Dove vai?’’
‘’Al parco, Fernand mi sta aspettando’’
‘’Nonti gettare giù, una soluzione la troveremo’’
 Le risposi con un sorriso e mi chiusi la porta alle spalle.
 
Possibile che pur essendomi diplomata al conservatorio con il massimo dei voti nessuno voglia assumermi, ho un repertorio vastissimo. Devo per forza accontentarmi di essere una cameriera. Anzi nemmeno quello, visto che mi hanno cacciata pure da lì.
‘’Ehi, Leonore, sono qui’’
Una voce mi riporto alla realtà.
’’Scusa, non ti avevo visto.’’
‘’Deduco dalla tua faccia che non è andata bene’’ Castano, non altissimo, di bell’aspetto conoscevo Fernand da qualche mese. La relazione più seria che avessi da anni.
‘’Già’’                               
‘’Ascolta, ho uno zio che lavora come maggiordomo in una casa per ricchi a Ginevra, cercano una cameriera’’
Il mio sguardo esasperato diceva tutto, fare la cameriera non mi piaceva affatto e avrei dovuto anche trasferirmi. Ma dovevo pur campare.
‘’Leonore, ti capisco, ma non puoi aspettare in eterno…’’
‘’In un’altra città, addirittura’’
‘’Be’, Ginevra non è poi così diversa da Zurigo e io verrò con te’’
‘’A fare cosa?’’
‘’Troverò un lavoro, non ti lascio sola’’
Mi baciò dolcemente, avevo il terrore che si fosse innamorato di me. Io volevo evitare con tutte le mie forze l’amore. Un sentimento che mi manda in confusione, mi fa diventare timida e impacciata. Avevo già fatto un errore anni fa, quel bastardo mi aveva umiliata. Ma l’errore era pensare che sarei riuscita a sfuggire all’incontro con l’uomo della mia vita.
‘’Fernand, lo sai’’
‘’La nostra è una relazione senza impegno, lo so, me l’hai detto mille volte. E sono d’accordo con te. Ma qui non ho niente, lì almeno avrei te e i miei zii. Poi anch’io cerco un impiego, magari lì sarò fortunato’’
‘’È una decisione importante, devo avere del tempo per riflettere. Vorrei avere un parere di Hanna prima.’’
Lui si avvicinò di più mi circondo la vita e mi sussurrò all’orecchio: ‘’Allora non vieni a casa mia oggi?’’
 Io sorrisi e feci aderire il mio corpo al suo: ‘’Mi spiace, sarà per un’altra volta’’
Mi diede un profondo bacio e mi salutò. Io ripercorsi i miei passi. Dovevo lasciare tutto, per fare la mia solita vita altrove? Magari li avrei trovato qualcuno che mi avrebbe assunta come pianista.
 
Ginevra…
‘’Non posso credere che mio figlio voglia  limitarsi a fare il barman’’
‘’Papà, sono io che decido quello che devo fare della mia vita, è chiaro. Dirigere la tua azienda non fa per me, credevo di avertelo dimostrato’’
‘’Possibile che tu sia così testardo?’’
‘’Chissà da chi avrò preso…’’
 
Finito il colloquio, Paul si alzò dalla sua scrivania. L’ennesima discussione col figlio lo aveva provato. Era un uomo sulla sessantina direttore di uno dei più  importanti giornali di Ginevra.
‘’Amore, devi lasciare a tuo  figlio la possibilità di fare ciò che desidera’’. La moglie si sedette sul divanetto, cercava di far ragionare il marito.
‘’Brigitta, lui ha le capacità di occuparsi del giornale. Ha tutti i titoli di studio per affrontare quella carriera’’
‘’Sì, ma chi ha insistito per fargli prendere quei titoli di studio? Ha solo accettato per orgoglio, non voleva essere inferiore a David.’’
‘’E ora ha cambiato idea? Almeno David è dirigente di una multinazionale.’’
‘’Ha capito di dover seguire i suoi sogni. E diventare direttore non rientra nei suoi piani.’’
La donna si avvicinò al marito e gli mise le mani intorno alle larghe spalle: ‘’Vuoi che tuo figlio sia felice?’’
Paul scosse la testa in segno di assenso: ‘’Allora fallo realizzare’’
 
Berna…
Sandra, una donna determinata e passionale, preparava le valige. Aveva trovato un annuncio per un posto da giardiniera in una villa a Ginevra. Non una villa qualsiasi, quella dei genitori del suo fidanzato. Aveva chiamato e le avevano detto di presentarsi tra una settimana. Quando David lo seppe, cercò di convincerla a rinunciare. La donna però insistette: erano ormai mesi che stavano insieme e lui non si decideva a presentarla alla sua famiglia. Eppure pensava di non essere un’avventura, visto che David le ripeteva in continuazione di amarla come nessun’altra. Allora il ragazzo l’aveva minacciata di porre fine alla loro storia, se fosse partita a Ginevra.
‘’Vai via?’’ disse lui freddamente.
‘’Spiegami per quale motivo vuoi tenermi nascosta alla tua famiglia, ti vergogni di me? È perché i miei genitori non sono ricchi?’’
‘’No, non è per questo’’
Sandra gettò a terra la valigia e scosse David: ‘’Cos’è allora? Ti rendi conto che sto con un uomo che non conosco. Perché non mi dici qualcosa di te, del tuo passato…’’ . Le lacrime le rigavano il volto, riprese il bagaglio e andò verso la porta.
‘’In quella casa abita il mio fratellastro. Lo odio con tutte le mie forze. L’avevo trovato a letto con Evelyn il giorno prima delle nozze. Da allora non ho più rimesso piede in quella casa.”
Ancora voltata di spalle e singhiozzando capì che il cuore di David non le apparteneva, almeno non totalmente. ‘’Tu la ami ancora, vero?’’
‘’Sandra io..’’
‘’Non c’è più niente da dire, addio.’’
Chiuse la porta e andò in strada, verso la stazione per prendere il primo treno per Ginevra. Tra due giorni avrebbe avuto il colloquio con la famiglia del suo ormai ex.
 
Zurigo…
Leonore entrò nel suo appartamento. Come al solito la sua amica faceva aerobica con la musica a tutto volume.
‘’Hanna, dobbiamo parlare’’
‘’Leonore, come mai sei qui stasera? Vuoi prenderti qualche ora di riposo da Fernand?’’
‘’No, non è questo…puoi abbassare il volume?’’
‘’Cosa?!’’
Volevo molto bene a quella donna, ma delle volte era così infantile…
‘’Perché hai spento?’’
‘’Innanzitutto perché dobbiamo risparmiare. Gli esercizi li puoi fare senza musica. E poi perché dobbiamo parlare.’’
‘’Mio Dio. Cos’è successo? Mi fai preoccupare’’
Le feci segno di sedersi sul divano.
‘’Fernand mi ha detto che nel posto dove lavora suo zio cercano una cameriera’’
‘’E allora è perfetto’’
‘’È a Ginevra’’ la sua faccia sempre sorridente divenne seria.
‘’Dovrai trasferirti?’’
‘’Non lo so. Da una parte è totalmente inutile, farei la stessa vita che facevo prima che mi licenziassero, dall’altra devo pur lavorare’’
‘’Poi dove vivrai? Come farai a pagarti un affitto?’’
‘’Infatti, sarà peggio di adesso’’  disse Leonore alzandosi dal divano.
‘’O forse lì troverai qualcuno che ti assuma come pianista’’
‘’In una casa di un ricco signore?’’
‘’Ascolta, informati prima per lo stipendio e tutto’’
‘’Chiamo mia madre, magari mi illuminerà. Grazie, Hanna, senza di te non so cosa farei’’
‘’Intanto prendo del gelato. Voglio recuperare i milligrammi che ho perso’’
Presi il telefono e digitai il numero: ’’Leonore, ogni tanto ti ricordi di avere una madre’’
‘’Mamma dammi un consiglio…’’

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Capitolo 2
*** Incrocio ***


Salve a tutti. Secondo capitolo. Sandra arriva a Ginevra e Leonore ha chiamato alla villa per avere informazioni. Spero vi piaccia, le recensioni sono sempre ben accette :)

Ginevra…  

    
Era appena arrivata a Ginevra. Erano le otto. Aveva passato tutta la notte a pensare a David. L’aveva profondamente delusa. Nonostante questo, si chiedeva se era il caso di andare a lavorare nella famiglia del suo ormai ex. Ormai sono qui. Noi abbiamo chiuso e la sua famiglia non mi conosce. Devo andare.
L’incontro sarebbe stato la mattina seguente, aveva un giorno per riprendere le energie e un po’ di morale. Uscita dalla stazione, vide un vecchio seduto vicino una casa che molto probabilmente era la sua.
‘’Scusi, sa per caso dove posso trovare una pensione?’’   
‘’Guardi, prosegua, al primo incrocio giri a destra, in fondo alla strada ne troverà una’’.
‘’Grazie’’. Lo salutò con il migliore sorriso che poteva offrire e si recò dove il signore le aveva indicato.
Non ci mise molto ad arrivare. Il posto era abbastanza spoglio, tuttavia il poco arredamento era piacevole per essere un semplice ostello.
‘’Salve, mi servirebbe una stanza singola’’
‘’Prego’’
La signorina le porse le chiavi per la stanza numero 7.
‘’Un’informazione: la villa Hartmann dove si trova di preciso? Magari lei non la conosce…’’
‘’Per carità, certo che la conosco. Appartiene al direttore di uno dei giornali più famosi di Ginevra’’
‘’Sì questo lo so. Quindi, più o meno?’’
‘’Si trova fuori città, sulla strada comunale numero 78 al chilometro 5. C’è una stradina sterrata che porta alla tenuta. Pensi che è circondata da un bosco e possiedono pure un laghetto.”
‘’Wow, interessante’’ Sandra aveva di fronte una donna o che di secondo lavoro faceva la spia o che era una semplice pettegola incallita.
‘’Come mai questa domanda?’’ Decise che la seconda opzione era la migliore.
‘’Vorrei essere assunta come giardiniera, a quanto mi ha detto di lavoro ce n’è visto che hanno un intero bosco’’
‘’Non speri di essere assunta così facilmente.’’ La donna si avvicinò a Sandra come se le stesse raccontando un segreto di stato: ’’Dicono che sia più facile trovare lavoro dalla regina Elisabetta che da loro’’
‘’Be’, la ringrazio per le informazioni. Se non le spiace ora vorrei andare a letto’’
‘’Ma prego, se le serve qualcosa.’’
Dopo essersi finalmente liberata della receptionist, raggiunse la camera e si gettò sul letto. La stanza era spartana come il resto della pensione, ma, anche con le poche cose presenti, tutto sommato chi l’aveva arredato aveva avuto buon gusto. Il piumone era di un semplice color crema, mentre le pareti erano dipinte con un leggero celeste. Dalla finestra non c’era una visuale mozzafiato, ma la luce che penetrava contribuiva a rendere il posto rilassante.
Il suo animo però era scosso. Come poteva essere stata fregata così? Con ancora il cappotto addosso chiuse gli occhi, con l’immagine di David nella mente.      
 
Zurigo…
Mi alzai stancamente dal mio letto. Mi diedi una sciacquata, feci colazione e ripresi il telefono.
‘’Ehi, buongiorno.’’
‘’Ciao Fernand, puoi darmi il numero di quella casa?’’
‘’Vuoi partire?’’
‘’Non so ancora…ieri ho parlato sia con Hanna che con mia madre, dicono entrambe la stessa cosa. Devo capire se trasferirmi mi conviene.’’
‘’Ascolta, ora chiedo a mio zio di darmi il numero, poi vengo a portartelo’’
‘’Ok, a dopo’’
Poggiai il telefono sul tavolo. Ero curiosa di sapere cosa mi avrebbero offerto lì a Ginevra.
‘’La notte ha portato consiglio?’’ Mi disse una voce assonnata che veniva da dietro le mie spalle.
‘’Buongiorno Hanna, non lo sai che sono un’indecisa cronica?’’
‘’Vuoi un po’ di caffè?’’
‘’No, grazie ho già fatto colazione’’
Hanna, come al solito di prima mattina, aveva più energia di una mandria di bisonti. Trafficava sul piano cottura e apriva tutti gli sportelli. 
‘’Da quanto ho sentito, tra poco parlerai con gli abitanti della casa della discordia’’
‘’Credo sia più probabile che mi risponda il maggiordomo, o una cameriera. Sono ricconi, di solito affidano l’incarico di assumere nuovo personale a qualche altro dipendente. Ma… che stai cercando?’’
‘’Il barattolo del caffè’’
‘’È sul ripiano in alto’’
 Hanna si voltò con il volto innervosito: ‘’Dimmi, ma lo fai apposta?’’
‘’Non entrava sotto’’ Mi alzai e presi il caffè. ‘’Non è colpa mia se sei bassina’’ la canzonai.
‘’Ma come sei simpatica, giraffa’’
‘’Pulce’’
‘’Giraffa’’
‘’Rimetto il caffè sopra’’
‘’Ok, scusa. Oh vedi, stanno suonando’’
‘’Dev’essere Fernand’’ Mi fiondai alla porta. Era effettivamente Fernand.
‘’Allora ce l’hai il numero?’’
‘’Certo’’
‘’Che aspetti? Dammelo’’
‘’Solo se mi prometti che stasera sarai tutta mia’’
‘’Sì, certo…’’Mi diede un fogliettino con su scritto il numero. ‘’Grazie’’
Corsi in cucina e digitai il numero.
Mi aspettavo che mi rispondesse qualcuno con il pomposo: ‘’Buongiorno, villa Hartmann come posso esserle utile?’’
Mi rispose un giovane con un semplice pronto.                                                                                                                                                                                    
 
Ginevra, villa Hartmann…
‘’Buongiorno, mamma, papà’’
‘’Ben arrivato figliolo, hai dormito bene?’’
‘’Grazie, mamma. Meravigliosamente. Papà, puoi passarmi il burro?’’
‘’Moritz, hai riflettuto sulla possibilità di iniziare a lavorare al giornale?’’ Il più vecchio passò il burro al più giovane, che lo spalmò su una fetta biscottata.
‘’Hanno aperto un nuovo ristorante. Cercano un barman, ho intenzione di propormi’’
Brigitta sentiva aria di guerra, cercò con diplomazia di risolvere definitivamente la questione.
‘’Non potete sempre litigare sullo stesso argomento…’’
‘’Squilla il telefono, non c’è Gregor?’’ disse il figlio ignorando completamente la madre.
‘’No, ho dato qualche giorno di ferie a lui e alla moglie’’ rispose Paul, come se Brigitta non esistesse.
‘’Vado io…Pronto?’’
Con una attimo di incertezza la voce dall’altra parte rispose: ‘’Salve casa Hartmann?’’
‘’Sì’’
‘’Bene, chiamo per il posto di lavoro da cameriera’’
‘’Sì, ne cerchiamo una’’
‘’Ecco, io vorrei informarmi…’’
‘’Lo stipendio è di 2000 franchi mensili compreso vitto e alloggio… è ancora il linea?’’
‘’Sì, sì. In pratica offrite anche un posto in cui vivere?’’
‘’I nostri dipendenti hanno a disposizione le numerose stanze, se vogliono possono abitare qui. Ma lei è interessata al lavoro?’’
‘’Sì, cioè no, insomma dovrei decidere’’
‘’Le andrebbe bene un colloquio dopodomani? E sarebbe così gentile da dirmi come si chiama e da dove viene?’’
‘’Sì, che sciocca. Mi chiamo Leonore Ceylan e vengo da Zurigo. Dopodomani mi va benissimo’’
‘’Bene signora Ceylan, io sono Moritz Hartmann, ma è più probabile che avrà il colloquio con il nostro maggiordomo Gregor Schroder. Le auguro buona giornata’’
‘’Anche a lei’’
Chiuse il telefono e ritornò a tavola.
‘’Chi era, Moritz?’’ disse Paul con la tazza di latte in mano.
‘’Una ragazza che cercava lavoro. Dopodomani tornerà Gregor?’’
‘’No, perché?’’
‘’Ho fissato il colloquio per quel giorno’’
Paul rimase con la tazza sospesa tra le sue mani: ‘’Moritz, e ora chi se ne occuperà?’’
‘’La casa è tua, non è così strano che il padrone di una villa si occupi delle assunzioni’’
Il vecchio poggiò rumorosamente la tazza:‘’ Richiamala e dille di venire la settimana prossima. Non ho il tempo di occuparmi anche di queste sciocchezze’’
‘’Sciocchezze? Il tuo egoismo è allucinante. Le farò io quel dannato colloquio”
‘’Non solo litigate per il lavoro, anche per una chiamata’’ disse Brigitta, ricordando ai due uomini che lei era ancora lì.
‘’Mamma, questo è un problema tra noi’’
‘’Ah, è così. Sapete che vi dico? Sono stanca di farmi in quattro per voi ricevendo solo indifferenza.”
La donna sbatté il tovagliolo sul tavolo. ‘’Risolveteveli da soli i problemi’’
‘’Brigitta, ti prego, non essere così permalosa’’
Parole al vento, lei era già uscita dalla stanza. 

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Capitolo 3
*** Guerra, pace e... fame ***


Zurigo…
Chiusi il telefono e mi voltai verso i miei due amici : “Ho un colloquio dopodomani”
Hanna e Fernand si guardarono negli occhi per un attimo, indecisi su come reagire, anche perché il mio volto non aveva specificato se fossi felice o meno.
“Bene,” Hanna optò per la felicità “faresti meglio a guardare l’orario dei treni, non hai molto tempo.”
“Vuoi che ti accompagni?”
“No, grazie Fernand. Quando faccio colloqui detesto avere parenti o amici accanto, mi innervosiscono. Preferisco andare da sola.”
Il volto del ragazzo si rabbuiò. “Ok, allora io vado.”
Lui mi diede le spalle, mentre la mia migliore amica mi faceva smorfie di ogni tipo per farmi dire di non andare via.
“Ciao, Fernand” disse Hanna mentre lo seguiva verso la porta.
Dopo averla chiusa iniziò con i suoi rimproveri.
“Ma ti sembra modo di trattare quel ragazzo?”
“Che ho fatto?”
“Si sta facendo in quattro per te e tu dici che la sua presenza ti innervosisce? Se ti fa tanto schifo, lascialo”
“Esagerata, ho solo detto che certe cose preferisco farle sola.”
“Un colloquio per cameriera? Non ti sta assumendo un cantante per accompagnarlo al piano”
“Ma cosa vuol dire…”
“Il fatto che tu non lo ami è chiaro come il sole, ma credevo provassi almeno un po’ di affetto per lui. Ci sta male a contare così poco nella tua vita”
“Io gli voglio bene, ma fin dal primo giorno abbiamo messo in chiaro che non ci sarebbe stato nulla oltre il sesso”
Io ero seduta, e lei era in piedi, mi sembrava di essere in commissariato. Se non stessimo litigando quella poteva essere una seduta psichiatrica.
Hanna scuoteva vistosamente il capo.
Allora risposi alla sua frase silenziosa: “Sai perfettamente cosa penso di quel sentimento, mi è bastata una sola volta per imparare la lezione.”
Non capivo da dove provenisse tutto quel nervosismo, non mi sembrava di aver fatto chi sa cosa.
“E questa la chiami lezione di vita? L’amore è l’emozione che dà   maggior felicità alla vita umana…’’
“…e maggior dolore.”
“Un’esistenza senza di esso sarebbe completamente vuota.”
Mi sporsi sul tavolo, per farmi capire meglio: “Io ho amato follemente, avrei rinunciato a tutto per Raphael. Cosa ne ho avuto indietro? La sua risata. Mi ha dato della povera ingenua a pensare che potessimo avere un futuro. Quanto ci ho messo a risollevarmi, eh?”
“Sì, ok, però…”
“L’amore ti fa completamente dipendere da una persona e non provare questo sentimento mi fa sentire più libera.”
 Hanna si staccò dalla tavola e si avvicinò alla finestra: “Tu sei la donna emancipata, sicura di sé, autonoma,”si voltò verso di me per guardarmi negli occhi “ma Raphael non sta ancora influendo su di te facendoti odiare l’amore?”
Io sgranai lievemente gli occhi e distolsi lo sguardo. La sua inutile morale sognatrice. Aveva ragione, quell’uomo lasciava ancora degli strascichi. Mi voltai di nuovo verso di lei.
“È una colpa se voglio evitare di soffrire?”
“Se eviti di soffrire, eviti di essere felice.”
Il suo ragionamento non faceva una piega, ma la delusione scottava ancora.
“Cerco gli orari dei treni su internet.”
Mi sollevai dalla sedia e andai nella mia stanza. Secondo il sito il giorno seguente sarei stata a Ginevra.
 
Ginevra, villa Hartmann…
Il vecchio terminò la colazione: “Moritz, dici che si è davvero offesa?”
“ No, di solito le piace innervosirsi e alzarsi da tavola imbestialita” Il figlio era in vena di battute.
“Dovrei andare a parlarle” E Paul fece per alzarsi.
“ Parlarle non serve a nulla se prima non ci riconciliamo noi. Cosa c’è che non va nel lavoro da barman?”
Si risedette e capì che forse, per comprendersi, urlare non era la cosa migliore.
“Vorrei che mio figlio facesse qualcosa di più, come dire…”
“Remunerativo? Papà, a me non interessano i soldi, se devo passare una vita dietro una scrivania a fare un lavoro che non mi piace”
“Ti chiedo solo una cosa: provaci, forse questa volta avrai sensazioni diverse”
“Prova, invece, a capirmi. Ricordi cosa ho fatto, quando per un periodo mi hai fatto lavorare lì?”
“Hai mandato tre volte le troupe di giornalisti, in città diverse da quelle in cui dovevano recarsi, e hai dimenticato spesso di fare i rifornimenti di colore e carta, ma…”
“Se vuoi che faccia fallire il giornale, dimmelo e in pochi giorni non esisterà più. Poi me ne andrò a fare il barman”
Paul si lasciò sfuggire un sorriso. Era un uomo che aveva dedicato tutta la vita ad occuparsi della sua creatura, ma i figli erano sempre al primo posto. Forse per questa volta avrebbe ceduto.
“Come posso interpretare quel sorriso?” disse Moritz lasciando a sua volta l’espressione seria, per una più rilassata.
“Ho consumato anni e anni per fare di quel giornale il migliore di Ginevra, non permetterò al mio figlio scostumato di distruggere tutto”
“Saggia decisione, vecchio mio.”
“Resta sempre il problema della successione, non ho intenzione di lasciarlo a qualcuno che non sia di famiglia”
“E David?” Il volto del più giovane si rabbuiò e ci fu qualche secondo di silenzio.
“Non accetterà, non ha intenzione di rimettere piede qui”
“Non lo sento da oltre un anno, se non fosse che chiama qualche volta la mamma potrei pensare che sia morto”
Paul poggiò una mano sul braccio del figlio: “Prima o poi capirà e vi riconcilierete”
“Magari, ma lui non si fida di me come te.”
“Quando dimenticherà quella donna e capirà che razza di persona era, allora tornerà con la sua famiglia”
“Bene, allora il mio piano ha avuto successo” Una voce femminile proveniva dalle spalle di Moritz.
Paul, che stava di fronte al figlio, la vide subito: “Sei una donna malefica”
“Sei una grande attrice, mamma” disse voltandosi Moritz.
“Sì, grazie, troppo buoni. Vado a fare una passeggiata in giardino” Si girò, prese la giacca e uscì.
Dopo che si fu assicurato che non l’avrebbe sentito, il marito disse: “ Non aveva un piano, ma non insinuare mai una cosa del genere o sono guai seri”
“Papà, grazie”
 
Ginevra, pensione…
Sandra riaprì gli occhi a fatica. Era accecata dall’abbondante luce pomeridiana che entrava dalla finestra. Si rese conto di avere ancora il cappotto addosso e…tanta, molta fame. Non aveva fatto colazione, né tanto meno il pranzo, aggiungiamoci una delusione d’amore e la cucina di quella pensione terminò le provviste. Dopo aver trangugiato tutto, ritornò in camera, sistemò il necessario per l’indomani e si sedette sul letto a leggere una rivista di gossip rubata alla receptionist.

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Capitolo 4
*** Cambiamenti ***


Zurigo…
Spensi il computer e mi misi a fissare il soffitto. Mi sentivo la peggiore delle persone, non volevo offenderlo. Il mio inconscio voleva frenare la sua intromissione nella mia vita, o meglio, volevo frenare il suo affetto per me. Odiavo non andare d’accordo con chi volevo bene; c’era bisogno di un chiarimento, non sarei potuta partire in queste condizioni. Scelsi di andare dalla persona oggetto della discussione di poco prima.
Scesi le scale, passai dalla cucina dove Hanna preparava il pranzo e presi il cappotto. Feci per parlare, ma lei mi precedette: “Non ti preoccupare, sto cucinando solo per me”
Aprii e uscii senza dire una parola. La casa di Fernand non era molto distante, sinceramente non  sapevo come cominciare, in fondo avevo litigato con Hanna non con lui, meglio non lambiccarsi il cervello. Quando sarei arrivata, sarei stata il più naturale possibile; la sincerità è fondamentale in una coppia. Il problema era capire cosa ne volessi fare di quella relazione.
Entrai nel palazzo, feci le scale e raggiunsi il suo appartamento. Bussai vigorosamente. Ci mise qualche tempo ad arrivare, evidentemente era impegnato in qualche attività. Quando vide che ero io, mi fissò per qualche istante con una faccia indecifrabile.
“Tu?”
“Fernand, mi fai entrare, per favore?”
Si scosto e chiuse la porta.
“Credo sia necessario parlare” cominciai io con qualche incertezza.
“Sì, lo penso anch’io”
“Ascolta, per quello che ho detto prima, non era mia intenzione offenderti e che io sono così…”
“So che non sei la persona più facile del mondo e ho capito che ti do fastidio”
“Io, ecco, vedi…”
“Ti sei stancata di me, non mi consideri più di un amico”
“Fernand lasciami parlare. Io ti voglio davvero bene, ma tu per me sei sempre stato solo un amico.  Anche con Alex andò allo stesso modo, prima stavamo insieme, poi ci siamo lasciati e siamo diventati grandi amici”
“Ho capito, bene, la nostra storia era senza impegno. È iniziata e ora è finita, niente rancore” fece un sorriso tirato.
Con Alex avevamo chiuso di comune accordo, al contrario della mia storia seria con Raphael, ma ora ero io a porre fine a tutto. I sensi di colpa mi mangiavano, ma per fortuna Fernand non mi stava giurando amore eterno. Non stava lasciando tutto per seguirmi, come stavo per fare io con Raphael .  La sua freddezza era stata allucinante, il mio orgoglio, il mio cuore, io ero andata in pezzi di fronte alle sue parole. Ma quello era il passato. Ora speravo di non essere stata altrettanto terribile.
Vide il mio volto triste e pensieroso, fu lui a consolare me, mi maledissi mentalmente per la mia incapacità.
“Non ne fare una tragedia, ora. Non ti ho mai giurato amore eterno, né che avrei lasciato tutto per te. Anch’io ero d’accordo nella relazione senza impegno”
“Fernand, se accettassi il lavoro a Ginevra, verresti con me?”
“Certo, ci sarei andato comunque”
“Grazie, ora devo chiedere scusa alla tua avvocatessa, che, come al solito, aveva ragione”
“Ho assunto un’avvocato senza che ne sapessi nulla?”
“Non credo che Hanna ti chiederà una parcella” dissi ridendo, mentre spostavo lo sguardo sulle padelle sul fuoco.
“Che cucini?”
“Vuoi fermarti per pranzo?”
“Sì, la mia socia ha dimenticato di avere una coinquilina, oggi.”
Parlavamo come due vecchi amici, era quello che volevo. Ora ero quasi pronta per iniziare un nuovo capitolo della mia vita. Mancava solo che mi chiarissi con Hanna e che raggiungessi Ginevra.
Uscii da casa si Fernand soddisfatta. Avevo perso un compagno per fare sesso, ma avevo guadagnato un amico. Infilai la chiave nella toppa e rientrai in casa. Iniziava il secondo tempo.
Dal divano su cui era stesa, intenta ad usare il cellulare, si sincerò se avessi pranzato o meno.
“Hai mangiato fuori?”
“Da Fernand”
Mi guardò con una faccia a dire ‘’mi sono persa qualcosa?’’.
“Vi siete riappacificati?”
“Sì, ma non nel modo in cui pensi. Abbiamo parlato e abbiamo deciso che è meglio chiuderla”
“Oh”
Aveva sempre quell’espressione quando le dicevo che avevo concluso una relazione. Si stupiva della velocità e della semplicità con cui passavo dalla modalità accoppiata a quella single. Lei invece era totalmente diversa da me. Ogni uomo che incontrava era il potenziale marito e padre dei suoi figli. E, ogni volta, dopo qualche mese erano lacrime a non finire. Se io con una relazione andata male rifiutavo ogni contatto sentimentale, lei poteva fallire anche cento volte, ma avrebbe sempre cercato l’uomo della sua vita.
“Vedo che sei un po’ più calma”
“Sì, forse ho esagerato un po’. In fondo la vita è tua. Se a te piace così”
“Grazie Sua Maestà per l’approvazione”
“Prego, come vedi ti ho fatto il piacere di fare le pulizie. Non hai mosso un dito, oggi”
Le feci un sorriso, poi arrivai al punto: “ Ascolta, è chiaro che abbiamo due idee diverse sull’amore e che nessuna di noi due le cambierà mai”
“Be’ chi lo sa, magari incontrerai…”
“Mai” mi esibii nel tono più truce che avessi.
“Sì, sì non mordere però”
Soddisfatta del successo ottenuto, mi accucciai sul divano e mi presi un libro.
Hanna, invece, si sceglieva una stazione radio che accompagnasse i suoi esercizi fisici.
“Vuoi riperdere i milligrammi che avevi riacquistato con il gelato di ieri?”
“Sì, un fisico in forma è fondamentale”
La radio elencava le notizie del giorno, quando ritornò a programmare le canzoni.
Wise man say: “Only fools rush in”
But I can’t help falling in love with you…
“Non trovi che sia bellissima questa canzone?”
Mi distolsi dalla lettura e prestai attenzione alla musica.
Take my hand, take my whole life, too
For I can’t help falling in love with you…
“È troppo sdolcinata”
“Mamma mia, sei intrattabile”
“Dico solo quello che penso”
“Un giorno le tue idee ti si ritorceranno contro”
“Quando arriverà quel giorno, fammi un fischio”
 
Due ore dopo ero pronta per recarmi alla stazione. Hanna mi faceva raccomandazioni di ogni tipo, come se stessi per partire al fronte.
“Mi raccomando, è una città che non conosci, attenta”
“Sì, mammina. Domani mi rilasso e visito la città, dopodomani mattina faccio quel benedetto colloquio e il pomeriggio sarò sul treno per il ritorno”
Ero ormai uscita con una valigia con qualche vestito.
“Leonore”
“Che c’è ancora?”
“Buona fortuna”
“È un colloquio per cameriere, non per essere assunta alla Nasa”
 
Finalmente ero sul treno, destinazione Ginevra. Mi squillò il telefono. Per fortuna non era Hanna, ma Fernand.  Rimasi per un attimo a fissare lo schermo, poi mi decisi a rispondere.
“Ciao”
“Ciao, Leonore. Ti chiamo per augurarti in bocca al lupo.”
“Crepi.  Ti confesso che sono un po’ nervosa, spero che mi prendano. In fondo  lo stipendio e tutto sono molto buoni.”
“Sì, se riuscissi ad ottenere il posto sarebbe fantastico”
“Ma tu, invece. Quando farai domanda di essere assunto?”
“Se prenderanno te, allora mi proporrò io. Adesso ti lascio, meglio che tu riposi”
“Ok, ciao”
Chiusi il telefono e riflettei su Fernand. Alle volte sembrava così premuroso, che mi veniva il timore che potesse chiedermi di sposarlo. Altre era così indifferente che pensavo volesse lasciarmi. Non ho mai ben capito cosa abbia provato per me. Ma ora era tutto finito, meglio dormire e non perdersi in trip mentali.
 
Ginevra pensione…
Sandra aveva passato la notte a navigare sul computer. Era lì a Ginevra, ma non aveva la certezza che sarebbe rimasta. Salutò gentilmente la receptionist e le restituì la rivista di gossip senza darle nemmeno il tempo di protestare per quel furto. Seguì tutte le indicazioni che le aveva dato la donna derubata e, al quinto chilometro della strada comunale 78, c’era effettivamente un strada sterrata circondata da un bosco. Rimase qualche secondo indecisa se entrare o meno. Non c’era un campanello, o qualcosa per annunciarsi. Prese coraggio ed entrò.
 
Ginevra villa Hartmann…
Moritz si preparava per fare la sua corsa mattutina e si recò all’ingresso, dove trovò la cameriera mentre accoglieva una bellissima ragazza bionda, sorridente, ma con lo sguardo decisamente triste.  Si mise lì, a fissarla, come se stesse vedendo un’apparizione miracolosa. La cameriera si affrettò a presentarla:
“Signor Hartmann, questa è la signorina Winkler. Dovrebbe fare un colloquio per il posto da giardiniera”
Il ragazzo ignorò completamente  la cameriera.
“Piacere, Moritz Hartmann” disse porgendole una mano.
“Sandra Winkler” rispose lei ricambiando la stretta e guardandolo curiosa.
È lui, il fratello traditore? pensò la ragazza. Non le sembrava poi così terribile.
 
 
 

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Capitolo 5
*** Nuovi incontri ***


Ginevra, villa Hartmann…
“Ehm” si intromise la cameriera, per paura che restassero a tenersi la mano tutto il giorno “suo padre non c’è e il maggiordomo è ancora in ferie. Chi si occupa della signorina?”
“Io” Sandra sfilò la mano da quella di Moritz “ non ho niente da fare. Non capisco perché mio padre prenda impegni senza poi rispettarli”
Notando che Moritz indossava una tuta, gli disse che poteva aspettare, visto che sembrava andare a fare sport.
“Non si preoccupi, posso fare jogging anche dopo”
“Bene, se non c’è nient’altro, io andrei” la cameriera si voltò e ritorno alle sue faccende.
“Grazie, Ingrid”
Moritz condusse Sandra nello studio del padre. Il colloquio consisteva nel portare un curriculum ed elencare le esperienze lavorative passate. Il giovane Hartmann, invece, iniziò a farle le domande che gli venivano in mente.  Anche se non fosse stata presa per lavorare, il suo cuore l’aveva già assunta come donna da conquistare.
Si sedette al posto di Paul e fece accomodare Sandra dall’altra parte della scrivania.
“Allora, il nome lo sappiamo già” disse sorridendo “da dove viene?”
“Berna”                                                                                                             
“Da Berna cerca lavoro qui a Ginevra?”
Sandra ebbe qualche attimo d’esitazione. Come poteva dire, così di getto, che era la fidanzata, o meglio ex, del fratello?
“Sa com’è, non sempre si trova lavoro nel luogo in cui si vive. Ho visto l’annuncio e eccomi qui”
“Non le dispiace lasciare gli amici, la famiglia…il fidanzato?”
 Sandra si irrigidì lievemente all’ultima parola: “Sì, ma devo pur lavorare”
“Ok, passiamo all’età”
“27 anni”
Più la guardava, più capiva che aveva qualche problema. Si guardava intorno, come se fosse una spia inviata per carpire informazioni. Era visibilmente nervosa.
“Ascolti, io non dovrei intromettermi, però se ha qualche problema può parlarne con me. In fondo parlare con uno sconosciuto è più semplice”
“Problemi con un uomo, niente di che” La sicurezza veniva meno, sarebbe voluta scappare. Mentire in questo modo era orribile, prima o poi sarebbero tutti venuti a sapere che stava con David.
Poco ci mancava che Moritz esultasse, se aveva problemi ed era venuta da sola significava che molto probabilmente si erano lasciati.
Toc toc…
“Avanti’’ il giovane Hartmann alzò lo sguardo per capire chi fosse.
“Papà, dove eri andato?”
“Scusami, Moritz, signorina. Piacere, Paul Hartmann”
Il figlio si alzò dalla sedia per lasciare il posto al padre.
“Sandra Winkler” La ragazza rispose alla stretta vigorosa.
 Paul prese posto nella sua postazione.
“Lei è qui…?”
“Per il posto da giardiniera, questo è il mio curriculum”
“Però, ha lavorato per la villa della famiglia più influente di Berna. Ho sentito che hanno seri problemi finanziari”
“Sì, per questo hanno tagliato personale”
“Avrà una settimana di prova, poi decideremo se assumerla o meno, grazie”
“Grazie a lei”
Detto questo si diedero un’altra stretta di mano e uscì dallo studio accompagnata da Moritz.
Lei fece per congedarsi, ma il ragazzo la precedette.
“Dove ha intenzione di andare stanotte?”
“Mi invita già ad uscire insieme?” Disse Sandra sorridendo.
“Perché no, se vuole. Ma  non mi riferivo a quello. Dove andrà a dormire?” Notando lo sguardo divertito e perplesso di lei, si affrettò a specificare: “Nel senso, ha un alloggio?”
“Oh, io pensavo di tornare a Berna”- l’immagine di David le passò per la mente: il suo ex, il fratello dell’uomo con cui stava iniziando a flirtare- “anzi, di trovare una stanza in una pensione”
“Invece di spendere soldi, può restare in uno degli alloggi della nostra casa”
Sandra osservò l’uomo che aveva di fronte: aveva la stessa corporatura di David, stesso colore di capelli e d’occhi. Ma dalle poche battute che avevano scambiato, poteva vedere la profonda differenza tra quei due. David così serio, uomo in carriera, rigido. Moritz invece, divertente, diretto, simpatico. Il suo ex sempre vestito in giacca e cravatta, ordinato e perfetto. L’altro, barba incolta, vestito in tuta, non aveva l’aria dell’uomo impacchettato in smoking. Entrambi avevano una cosa sicuramente in comune. Erano belli da morire.
“La ringrazio, vuole che l’accompagni?”
Paul sbucò dallo studio: “Ingrid, accompagni la signorina in una delle stanze”
La cameriera smise di lucidare l’argenteria e si precipitò ad eseguire gli ordini.
“Mi segua, signorina Winkler”
“Arrivederci” Disse Sandra, congedandosi dai due uomini.
“Moritz, la conosci da quanto? Meno di un’ora” Riprese a parlare il padre.
“Hai visto che donna meravigliosa?”
“Sì, è bellissima”
“È una sirena” Disse il più giovane, continuando a fissare come un ebete la scala su cui era salita Sandra.
“Immagino, ma è solo una mia supposizione, che tu abbia messo gli occhi sulla biondina”
“Credi al colpo di fulmine?”
“Credo all’attrazione fisica al primo sguardo, per l’innamoramento ci vuole tempo”
“Io sento già di amarla”
“Esagerato”
“Voglio vedere come evolve la situazione, mi interessa molto” si ricordò che doveva andare a correre e con un cenno salutò il padre.
 
Ginevra stazione…
Finalmente ero arrivata in quella benedetta città. Il giorno seguente ci sarebbe stato il colloquio, per quel giornomi potevo rilassare e visitarla. Innanzitutto dovevo trovare una pensione in cui stare la notte. Uscita dall’edificio vidi un vecchio seduto vicino a quella che presumibilmente era casa sua. Chi meglio di lui conosceva la città?
“Salve signore, conosce per caso una pensione vicina?”
‘’Prosegua- disse indicando con la mano tremolante la strada- quando incontrerà il primo incrocio giri a destra, in fondo alla strada ne troverà una’’
“Grazie mille”
Mi voltai e seguii le sue istruzioni.
Una donna di un’ottantina d’anni uscì dalla casa: “È già la seconda che ci chiede una pensione. Ci dovrebbero pagare quelli per la pubblicità che gli facciamo”
Il vecchio seduto si voltò: “Quanto sei taccagna, Enza”
Arrivai ad un edificio come tutti gli altri: solo l’insegna specificava che non era una normale abitazione.
Entrai e non mi meravigliai della semplicità dell’arredamento.
“Salve, come posso esserle utile?”
“Vorrei una stanza per una notte”
“Prego”
“Sa dove si trova villa Hartmann?”
“Certo signorina, che domande’’ la donna le diede le indicazioni per raggiungere il luogo.
 “Ah, immagino sia grande se si trova in periferia”
“Appartiene al direttore di uno dei giornali più importanti. È immensa, con bosco e lago. Anche lei spera di essere assunta?”
“Come fa a saperlo? Viene molta gente per essere assunta”
“Giusto ieri è andata via una ragazza che voleva essere assunta come giardiniera. Povera illusa”
“Bè, io vorrei tentare di essere assunta come cameriera”
“Nemmeno con tutta la fortuna di questo mondo, si riesce ad essere assunti”
Forse aveva ragione, con quello stipendio non assumevano certo chiunque. Mi avvicinai a guardare distrattamente la copertina di un giornale di gossip. Ma la receptionist me lo sfilò da sotto il naso.
“L’edicola è a pochi passi”
“Grazie, lascio le valige e vado”
 
Stanza di Sandra…
La camera aveva un letto al centro con coperte soffici di color terra, non era luminosa come quella della pensione, ma era sicuramente migliore per la qualità.
Mi sono intromessa nella famiglia di David e se lo scopriranno? Dovrei continuare a tacere? Lui è stato orribile con me, perché dovrei avere pietà? Inoltre non stiamo più insieme, lui fa parte del passato. L’unica cosa a cui devo pensare ora è il futuro.
Non era ancora pomeriggio e non sapeva cosa fare. Una passeggiata, una lettura. Si sentiva incapace di uscire da quella stanza. Non voleva incontrare i famigliari del suo ex. Che idiota, se sono qui li dovrò incontrare sicuramente. Moritz… che ragazzo simpatico, così diverso da David. Ma sì, sarò una giardiniera quindi è meglio se vado a vedere in che condizione sono le piante.
Prese la giacca e uscì, divisa tra il non voler incontrare Moritz e il volerlo conoscere meglio.

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Capitolo 6
*** Rivelazione oscurata ***


Ginevra pensione …
La luce di quella stanza mi accecava. Era solo l’alba eppure quei dannati raggi avevano illuminato la dolce oscurità in cui amavo dormire. Ormai era fatta: addio sonno, benvenuta ansia. Mi ricordai del colloquio e delle scarse possibilità che la receptionist mi aveva dato. Comunque fosse andata, potevo prendere quel soggiorno come una vacanza, peccato che al ritorno avrei ritrovato la mia vita senza il becco di un quattrino. Mi decisi a scendere e a far entrare qualcosa nello stomaco otturato. Chiamai Hanna per un appoggio morale, ma, nemmeno a dirlo, a quell’ora lei era ancora sotto le coperte.
 
Villa Hartmann…
Sandra aveva passato gran parte della serata a girare per le piante dell’immenso parco e a conoscere i suoi probabili futuri colleghi giardinieri. Appena sveglia di buon mattino si recò nella stanza del personale per fare colazione. Quel giorno doveva dimostrare le sue qualità. Non poteva perdere quel lavoro, si sarebbe dedicata alla potatura di un roseto. Uscita nel parco vide il giovane Moritz ritornare dalla sua corsetta mattutina.
“Signorina Winkler, buongiorno” disse il giovane con un leggero affanno.
“Salve”
Fece per andarsene, ma lui volle proseguire la conversazione.
“Già a quest’ora va al lavoro?”
“Le piante preferiscono essere curate la mattina presto e la sera”
“Ok ho capito. La lascio andare, buon lavoro”
Sandra si limitò ad un gesto del capo e si recò sul posto di lavoro.
Moritz, entrando nella sala da pranzo, notò il padre intento a bere un caffè.
“Ciao”
“Ehi figliolo, vuoi una fetta biscottata?”
“No, grazie”
Il ragazzo si sedette al tavolo.
“Non trovi che Sandra Winkler sia strana?”
“In che senso?”
“Be’, insomma, è misteriosa, no anzi, pensierosa, o meglio preoccupata per qualcosa”
“Quella ragazza è venuta qui per lavorare, non per flirtare con te. Non conosce nessuno qui, vuoi che si metta a sbandierare la sua vita ai quattro venti? E qui esigiamo serietà, non persone che portino scompiglio. Non vedo dove sia il problema”
“Secondo me c’è dell’altro, comunque vado a farmi una doccia”
Il roseto era ben curato, uno dei più belli che avesse mai visto. La tristezza la riempiva, anche se non voleva, David era sempre lì nei suoi pensieri. Qualche lacrima iniziò a scendere dai suoi occhi, si odiava per quella debolezza. Si infilò i guanti e iniziò il suo dovere, tentando di trattenere il pianto.
 
Ginevra pensione…
Raccattai le poche cose che avevo, salutai la receptionist e presi un taxi. L’attesa era snervante. Non vedevo l’ora di essere lì e di finire subito la questione. Finalmente uscimmo fuori da Ginevra. Le case via via diventavano più rade, mentre i loro metri quadrati aumentavano. Ormai gli edifici erano scomparsi dentro i loro immensi giardini, quando il taxi si fermò vicino ad un cancello dal quale si aveva accesso ad una strada sterrata. Pagai l’autista e cercai di vederne la fine, o almeno di intravedere la casa. Forse avrei dovuto chiedere al tassista di svoltare nella strada sterrata e di portarmi direttamente sulla porta. Ma ormai era già andato via, di malavoglia mi accinsi a fare una passeggiata salutare, quando il cellulare squillò.
Nemmeno “pronto” che…
“Sei arrivata? Com’è? Chi sono i padroni?”
Col piede sollevato in aria in procinto di mettersi a camminare, Hanna mi travolse con uno tsunami di domande.
“Ti saprei rispondere, se fossi già entrata”
“Uh, chi lo sa chi ci abita. Magari un bellissimo principe in cerca della sua principessa”
“Mah, secondo me, ci abita tutta la famiglia reale con servi al seguito” Finalmente poggiai il piede per terra e m’incamminai. Quella discussione non aveva senso, però mi aveva distratta e mi aveva tolto le preoccupazioni. Non ho mai capito se Hanna lo facesse apposta oppure involontariamente. Fatto sta che sempre riusciva a infondermi coraggio. Secondo me aveva capito che un buon modo per farmi stare bene era non farmi perdere nei miei trip mentali. E la sua parlantina continua non lasciava il tempo materiale per pensare.
“E se mi incontrasse e si innamorasse follemente di me?”
“Sì, se lo incontri, però”
“O magari sarai tu”
“Come no”
“Cosa ne sai, scusa? Magari è proprio l’uomo che hai di fronte a te quello che riuscirà ad incastrarti”
“Oh, andiamo, che idiozia…”
Sollevai lo sguardo. Ebbi una sensazione che mi sconvolse tutto il corpo. Mi parve di aver capito tutto del mondo, come se si fosse rivelato a me in tutta la sua bellezza. Tolsi il telefono dall’orecchio. Un giovane uomo mi veniva incontro.
Quando il suo sguardo incontrò il mio, ritornai alla realtà. Tutto ritornò come prima, sentii le farfalle nello stomaco smettere di svolazzare e sostituii automaticamente la faccia da apparizione divina con un sorriso smagliante e spontaneo.
“Salve, lei chi sarebbe?” disse lui leggermente perplesso.
Mi parve di aver già sentito quella voce.
“Ehm, io sarei, cioè sono, anzi forse è inutile che le dica chi sono. Ecco io dovrei fare un colloquio per un posto da cameriera”
“Aspetti lei è, come si chiama? Quella ragazza con cui avevo parlato al telefono?”
Ecco dove lo avevo già sentito.
“Io sono Leonore Ceylan e lei dovrebbe essere Hartmann…?”
“Moritz”
“Oh, sì. Ehm, io dovrei proseguire, non vorrei arrivare in ritardo”
“Certo, in bocca al lupo.” Mi si avvicinò lentamente e mi immobilizzai perdendomi nei suoi occhi.  “Stava parlando al telefono, ha scordato di chiudere la chiamata”
Recepii con un secondo di ritardo il senso di ciò che aveva detto.
“Oh cielo, è-è vero. Grazie”
Lui proseguì nella sua direzione.
Leonore, ma dove sei finita?!
Io ero ancora turbata, ma cosa mi era preso? Tutto ad un tratto ero diventata imbranata?
Pronto!! Leonore!
“Ma, cos’è questo rumore?”
Mi resi conto che avevo il telefono in mano. Ok, forse c’era qualche droga nel latte questa mattina.
“Ah, Hanna, scusami”
“Ma che ti è preso, vuoi farmi spendere un patrimonio di credito!”
“Sì, sì scusami, è che ho incontrato un tizio. Credo che pensasse che fossi una ladra, non so” ripresi a camminare velocemente.
“Ho capito, però ci mettevi un secondo a chiudere la telefonata”
“Ehm, ecco…”
“Perché ti trema la voce?”
“Scusa devo chiudere, sono arrivata”
Bugia. Ma almeno intravedevo la casa, anzi forse sarebbe meglio dire palazzo. Su una via adiacente alla mia, intravidi una ragazza intenta a tagliare un roseto. Si alzò velocemente e scagliò le forbici per terra. Si guardò attorno e non poté fare a meno di notarmi. Aveva il volto colmo di lacrime. Pensai si fosse tagliata o punta, (ma) forse il suo non era un male fisico. Il suo sguardo era vuoto, evidentemente i suoi pensieri erano altrove. Ero indecisa se andare da lei, ma per dirle cosa poi? Improvvisamente un macchinone mi passò accanto. Accostò e un uomo sulla sessantina mi squadrò dalla testa ai piedi. Questa volta andai decisa.
“Salve, sono qui per un colloquio. Sono Leonore Ceylan.”
“Certo ho capito, se ne doveva occupare mio figlio. È uscito, forse l’avrà anche incontrato… ah. Abbia un po’ di pazienza, tra una mezzoretta sarò di ritorno”
Subito schiacciò l’acceleratore e sparì. Non ebbi nemmeno il tempo di dire una parola. L’altra ragazza ebbe però il tempo di dileguarsi.
 
 
 
 



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Capitolo 7
*** Stretta di mano ***


Questa volta sono stato un po' più rapida ad aggiornare, purtroppo la scuola occupa la maggior parte del mio tempo *_* Finalmente dopo ben sette capitoli (ho scritto sette capitoli!) avviene questo benedetto colloquio. La primissima frase ha la bellezza di due citazioni letterarie (?): la Divina Commedia e l'Orlando Furioso. Non so come mi sia venuto in mente, ma ormai quel che è fatto è fatto. Alla prossima!

Lasciata così su due piedi decisi di addentrarmi nella selva oscura, sperando di non perdere la diritta via, per cercare la ragazza furente. Recuperai le forbici e la cercai con gli occhi nell’ordinata boscaglia. Ignorai i frequenti cartelli che mi invitavano a non calpestare il duro lavoro dei giardinieri, ma se avessi seguito i sentieri ci avrei messo decenni per trovarla. Finalmente la vidi seduta su una panchina.
“Scusi… signorina. Credo che queste siano sue”
Se fossi stata al suo posto, avrei guardato la rompiscatole come chi vuole schiacciare uno scarafaggio.
Lei, invece, mi rivolse uno sguardo che mi fece provare un tonfo allo stomaco. Gli occhi di chi soffre e si sente solo.
“Grazie…” disse flebilmente.
“È successo qualcosa?”
“Niente di importante”
“Lei è parecchio emotiva, allora. È ridotta in questo stato penoso per niente?”
La delicatezza non faceva parte delle mie qualità. Pensavo che mi urlasse di sparire e di farmi gli affari miei, invece non disse nulla. Evidentemente eravamo diverse.
Mi sedetti accanto a lei.
“Amore, vero?”
Mi fece di sì con la testa. Ecco, sempre il solito problema. Mi misi a raccontarle la mia esperienza, la mia relazione finita male a causa di Raphael.
“La capisco, anch’io tempo fa ero molto innamorata. Lo avrei seguito ovunque, avrei lasciato tutto per lui. In cambio mi ha fatto vivere la peggior umiliazione della mia vita. Io gli aprivo il mio cuore sinceramente e lui con il suo sorriso da cafone mi diceva che la nostra storia era stata solo un divertimento per lui. Le confesso che ci ho messo parecchio tempo a superarlo, anzi mi ha così segnata quell’esperienza che grazie al cielo non mi sono più innamorata e di conseguenza le relazioni successive a quella sono state molto più serene”
“E io a causa del mio ex non dovrei più amare un altro uomo?” ribatté lei lievemente perplessa dal mio ragionamento.
“Non dico che non debba più innamorarsi, però secondo me senza quel sentimento si è più liberi”
“Io invece vorrei dimenticarlo, innamorarmi di un altro e costruire una famiglia con lui”
“Ovviamente siamo tutti diversi, ognuno ha i suoi metodi di guarigione”
“Non le manca provare le sensazioni collegate all’amore? Quello stato di euforia, di leggerezza, di sbadataggine, di farfalle nello stomaco. Secondo me la vita è meravigliosa proprio perché esistono queste emozioni”
Leggerezza, sbadataggine, farfalle nello stomaco. Ciò che avevo provato appena avevo visto quel giovane. No, non c’entrava nulla. Ma allora perché mi ero sentita così?
“Signorina? È ancora sul pianeta Terra?”
“Ah, sì. Be’… non so che dirle. Per il momento io sto molto bene così”
“Che le è preso? Ha una faccia da ebete”
“Come?! Ancora?!”
“Ancora?” Fece lei sorridendo. Provocavo ilarità nella gente, buono a sapersi.
“Mi dica sono rossa, per caso?”
“Sembra che abbia un po’ esagerato col fard”
“Maledizione! Non può essere! Ok ora mi calmo e passa tutto” feci io gesticolando come per allontanare quelle sensazioni.
“Ehm, è così sicura di essere libera dall’amore?”
“Naturalmente…ha-ha dubbi?”
“Se lo dice lei. Piacere, Sandra Winkler” disse porgendomi la mano.
“Leonore Ceylan, aspirante cameriera, quindi probabili colleghe”
Ridemmo entrambe delle mie elevate aspirazioni professionali.
“Visto,” le dissi “almeno l’ho distratta”
 
Zurigo…
“Pronto?” disse sollevando la cornetta.
“Hey, Hanna, sono Teresa. Allora è stata presa la mia bambina?”
“Credo che tua figlia non abbia nemmeno iniziato il colloquio, però le ho parlato al telefono poco fa. Mi è parsa strana”
“In che senso?”
“Deve aver visto qualcosa o qualcuno che l’ha imbarazzata. Stavamo parlando e tutto ad un tratto ha interrotto la conversazione, dimenticando di chiudere la chiamata”
“Qualcosa o qualcuno?” disse la donna un po’ perplessa.
“A meno che le cose non abbiano una voce maschile, suppongo fosse un qualcuno” rispose sfoggiando il sorriso di chi ha già capito tutto.
“Ahahah santo cielo! Nonostante sia sua madre, adoro vederla in difficoltà. È un disastro con i sentimenti!” disse scoppiando a ridere sonoramente.
“Già, è vero! Da donna perfetta con il controllo su tutto passa a timida ragazzina che non sa come comportarsi”
E le due donne continuarono così, spettegolando per tutta la serata.
 
Villa Hartmann…
Era arrivato il momento di quel dannato colloquio. Tentai di trattenere l’ansia.
“Signorina Ceylan?” Mi chiamò una cameriera.
“Sì?”
“Può recarsi dal signor Hartmann”
“Grazie” risposi tentando di accennare un sorriso.
Nello studio c’era la visione celestiale…ehm il tizio che avevo incontrato poco fa.
“Salve” mi chiusi la porta alle spalle e mi avvicinai.
“Prego, si accomodi. Le chiedo scusa per il piccolo malinteso di poco fa”
“Quale?”
Le farfalle nello stomaco?
“Mi era completamente sfuggito di mente il suo colloquio” disse con tono desolato.
“Oh certo. Non si preoccupi. Questo è il mio curriculum” aprii la borsa lo cacciai fuori. Glielo porsi e gli diede uno sguardo veloce.
“Laureata al conservatorio e vuole essere una cameriera?”
“Sa com’è. I pianisti non sono la categoria più ricercata professionalmente”
“Capisco e quindi si adatta”
“Spero comunque di riuscire a fare ciò che mi piace”
“Mi sta dicendo che se venisse assunta come cameriera e poi trovasse posto come pianista, lascerebbe questo lavoro immediatamente?”
Come darsi la zappa sui piedi. Ora mi avrebbe assunta di sicuro.
“No, non volevo dire questo..”
“Benvenuta nel club degli infelici del proprio posto di lavoro. Anch’io, se venissi preso come barman, mollerei questa scrivania seduta stante. È assunta.”
“Come prego?” rimasi a bocca aperta.
“Ha ottime referenze e poi, non so come spiegarglielo… lei mi è simpatica. Domani comincia il suo turno. Si faccia spiegare dalla signorina Ingrid gli orari” disse con un sorriso smagliante.
Arrivata al mi è simpatica non avevo più capito il seguito, aveva detto che il giorno seguente avrei lavorato?
“Davvero sono assunta? Lavoro?” Gli chiesi con gli occhi sgranati.
“Sì, oppure ha cambiato idea?”
“No, è perfetto. Grazie signor Hartmann”
Mi asciugai il sudore sui jeans e gli porsi la mano. Non avrei mai più voluto staccarmi da quella stretta. Forse non ero pienamente consapevole di amarlo, ma il mio cuore sapeva che gli sarei sempre stata accanto.
 

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