After City of Lost Souls

di Ladypotter97
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Come un tuono ***
Capitolo 2: *** Finchè c'è la speranza ***
Capitolo 3: *** Caccia ***



Capitolo 1
*** Come un tuono ***


Come un tuono

Da quanto tempo stava fissando quella parete?

Da quanto tempo aveva smesso di vivere?

Da quanto tempo non vedeva la luce?

E soprattutto da quanto tempo non si cambiava la maglietta?

Alec sbatté più volte gli occhi, dopo essersi stiracchiato pigramente si alzò dal letto, le tende lo proteggevano dai raggi del sole, ma nonostante questo trovava fastidioso la luce che filtravano. Guardò distrattamente la sua stanza dell’Istituto, vestiti sparsi per il pavimento, libri aperti disseminati per la scrivania, le armi riposte nel baule accanto al letto, una vecchia foto di lui con i suoi fratelli, sembravano felici, Max rideva mentre Jace si provava i suoi occhiali, Izzy faceva una linguaccia alla macchinetta fotografica, e lui scompigliava i capelli del fratellino

Non lo rivedrò mai ridere

Il dolore ancora non l’aveva abbandonato, una cicatrice che sarebbe rimasta per sempre incisa nel suo cuore, allontanò dalla mente il viso di Max e prese la prima maglietta che trovò nel grande armadio di legno, ai lati era ricamato da edera in bassorilievo che si attorcigliava lungo la superficie, la accarezzò distrattamente, poi la sua attenzione fu catturata da uno sprazzo blu all’interno del mobile, avvicinò la mano e sentì la lana morbida, tirò fuori l’indumento, era una sciarpa

Magnus

Il ragazzo rimase senza fiato, se la rigirò tra le mani accarezzandola, la strinse al petto, aveva cercato di dimenticare, di allontanarsi, di scappare dalla consapevolezza che non lo avrebbe più rivisto. Lo stregone lo aveva lasciato, nonostante avesse detto di amarlo, perché lui lo aveva tradito, aveva scoperto che Alec era intenzionato a patteggiare con Camille, Magnus sarebbe diventato mortale e il cacciatore avrebbe ucciso Raphael, sembrava la via più facile. Sembrava.

Alec aveva perso, la morte che lo avrebbe tallonato fino alla fine dei suoi giorni lo aveva allontanato dallo stregone

-E’ il terzo incomodo della nostra relazione- gli aveva detto poco tempo prima, quella frase lo aveva fatto arrabbiare, come poteva Magnus essere così tranquillo? Perché lo avrebbe trattato come tutte le sue storie passate? Alec non voleva diventare un ricordo, non sarebbe stato il trastullo di nessun stregone millenario.

Lanciò con frustrazione la sciarpa verso il fondo della stanza in modo che ,forse, non avrebbe pensato a lui

Dannazione! Lui era un cacciatore! Da quando si buttava giù così facilmente?Aveva visto la morte in tutte le sue sfaccettature. Ma allora perché si sentiva come se gli fosse stata strappata via l’aria dai polmoni?

Si mise le mani tra i capelli, cercò di calmarsi, respirava affannosamente come se potesse affogare nel dolore. Si accovacciò per terra con la testa nascosta

-Ho rovinato tutto- sussurrò, questo era stato per lui come un mantra negli ultimi giorni, lo ripeteva nella notte ed era il suo primo pensiero quando si svegliava. La cosa che odiava di più era che il suo nemico era stato lui stesso e complici erano la sua paura e il suo egoismo.

-ALEC!- la voce di Jace lo fece sobbalzare –Se non esci subito, giuro che sfondo la porta con un calcio. E tu sai bene quanto sono bravo a sfondare le porte- Alec già poteva immaginare il ghigno del suo parabatai al di là della porta. Lo conosceva fin troppo bene da sapere che l’avrebbe fatto sul serio, così dopo essersi dato una ripulita veloce, andò ad aprirgli la porta.

Jace era in tenuta da combattimento, le rune ancora ben evidenti sulla pelle significavano che era andato a caccia. Senza di lui. Prima di parlare il ragazzo lo guardò attentamente, gli occhi dorati stretti in due fessure, Alec sapeva che, anche se avesse voluto, non gli avrebbe potuto nascondere niente.

-Fratello- disse appoggiandogli la mano sulla spalla -Ho bisogno di te- sospirò guardando per terra imbarazzato, poi continuò –E so che tu hai bisogno di me, ti prego Alec basta- Jace aspettò una risposta, ma Alec non sapeva che dire, così si avvicinò a lui e lo abbracciò, l’altro per un primo momento rimase sorpreso, il suo parabatai si mostrava pochissime volte così vulnerabile, ma  ricambiò l’abbraccio dandogli delle pacche sulla spalla

-Accompagnami a prendere la mia roba nel suo appartamento- gli sussurrò lui, poi cercò di abbozzare un sorriso –Tutte le mie vecchie magliette mi stanno strette-

-Okay- Jace lo guardò speranzoso, Alec era forte, lui lo sapeva bene, si poteva piegare ma mai spezzare, proprio come lui. Era per questo che l’aveva scelto come parabatai, quel ragazzino con la felpa sbrindellata, gli occhi blu e i capelli arruffati che gli ricadevano sulla fronte, diffidente e freddo, ma quando stavano da soli, quando sapevano di non essere giudicati, quando sapevano di stare al sicuro, allora in quel momento Alec rideva così che Jace riuscì ad aprire una breccia dentro la sua armatura. Si erano salvati la vita a vicenda, Alec era la sua ombra e i suoi occhi, si fidava ciecamente di lui.

-Vado a farmi una doccia ora- Jace fece una smorfia-Questi dannatissimi demoni puzzano in un modo indecente- gli scompigliò i capelli già arruffati e si allontanò.

Dopo un po’ di metri si girò, Alec era rimasto sulla soglia a guardare il vuoto

-Alec- il ragazzo si girò- Te lo ricordi?- gli chiese Jace, l’altro aggrottò le sopracciglia –La mia forza non smetterà di echeggiare…

-Come un tuono- finì Alec

-Te lo ricordi allora- il suo parabatai sorrise soddisfatto

-Come potrei dimenticare gli stupidi motti di quando eravamo bambini?-

-Finalmente! Con questo ho potuto constatare che non sei completamente partito di testa- detto questo Jace si girò, Alec non riuscì a comporre una risposta adeguata che lui era già sparito nell’oscurità del corridoio.

 

 


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Capitolo 2
*** Finchè c'è la speranza ***


Finché c’è la speranza

Faceva freddo fuori, nel vento si poteva sentire l’odore dell’inverno che stava arrivando, Alec tirò il cappuccio della felpa sopra la testa. Intorno a lui la vita continuava a scorrere, i mondani che gli camminavano accanto sembravano felici e spensierati.

Perché invece per me è così difficile essere felice?

-Ci siamo quasi- la voce di Jace lo riportò alla realtà –Che civico è?-

-28- rispose lui meccanicamente, sapeva a memoria dove si trovava la casa dello stregone, ma non aveva avuto la forza di parlare durante il tragitto, il solo cercare di non far affiorare i ricordi legati a quel luogo gli toglieva il fiato.

-Eccolo qui- prima di entrare Jace si girò a guardare il suo parabatai – Sei pronto?- gli chiese, Alec fissò quegli occhi dorati che sembravano risplendere di luce propria, era sempre grazie a Jace che trovava il coraggio di andare avanti, fin da quando erano bambini, lui sapeva sempre come dargli forza

-Sì sono pronto-

BANE Alec fissò il nome scritto sotto al campanello, gli tremavano le mani, non aveva immaginato che sarebbe stato così difficile. Gli rivenne in mente cosa aveva pensato quando l’aveva visto per la prima volta

Sembra un incrocio tra una pantera e un elfo demente

Sorrise amaramente a quel ricordo, Alec inspirò profondamente e poi soffiò fuori l’aria. Non poteva tirarsi indietro, prima affrontava tutto il dolore prima avrebbe potuto dimenticarsene. Si avvicinò alla porta e suonò il campanello.

Nessuna voce nella tromba delle scale li accolse, si sentì solo un suono metallico, e la seconda porta si aprì. Di Magnus nemmeno l’ombra. I due si scambiarono un’occhiata indecisi sul da farsi.

Alec deglutì e si costrinse a camminare con Jace che lo seguiva guardandosi attorno. Il loro addestramento li aveva costretti ad essere sempre diffidenti in qualsiasi luogo andassero, non si potevano permettere di abbassare la guardia. Mai.

Al buio salirono le scale traballanti fino ad arrivare al pianerottolo del secondo piano. Appoggiato all’uscio della porta c’era Magnus. I capelli neri non erano più a punta, ma gli ricadevano disordinati sul viso, gli occhi gialli da gatto li guardavano con indifferenza, come se fossero stati degli estranei

Un estraneo, sono diventato questo adesso

Indossava una maglietta nera a maniche corte che lasciava scoperti i bicipiti, teneva in braccio il suo gatto accarezzandogli distrattamente la testa.

Alec non riuscì più a fare un passo, avrebbe voluto gridare, scappare, evadere da quella realtà che lo stava distruggendo. Sembrava tutto così simile alla prima volta che si erano baciati. Alec lo ricordava bene. Le labbra di Magnus  sulle sue avevano risvegliato un fuoco che mai avrebbe pensato di avere, il ragazzo si era sentito forte e fragile allo stesso tempo, ma ormai quelli erano solo ricordi e pensarci era pericoloso.

-Le tue cose stanno in questi due scatoloni- Magnus ruppe il silenzio carico di tensione, indicando con la testa i due pacchi accanto a lui. Ma Alec rimase immobile cercando con lo sguardo lo stregone, ma gli occhi gialli di lui erano rivolti altrove.

-Ci penso io- disse Jace, Alec si era completamente dimenticato della presenza del suo parabatai. Jace si avvicinò a Magnus guardandolo con diffidenza, poi prese i due scatoloni.

-Vedo che ti sei fatto accompagnare- disse Magnus continuando ad accarezzare il gatto, la sua voce era piatta assente, sul suo viso non c’era più il solito ghigno tipico dello stregone. Alec poté notare la mascella di Jace serrarsi.

-Qualche problema?- chiese l’altro, Magnus alzò lo sguardo lentamente, Jace poté vedere nei suoi occhi tutta la sua vecchiaia e sofferenza. Quante persone che amava aveva visto morire?

-No- Magnus si staccò dall’uscio e si stiracchiò –E se qui avete finito io andrei a letto- prese il pomello della porta –Jace- fece un cenno di saluto al ragazzo, poi guardò Alec, il ragazzo avrebbe voluto implorarlo, pregarlo di cercare almeno di capire le sue ragioni, ma riuscì solo a sostenere il suo sguardo –Alexander- detto questo chiuse la porta. Alec avrebbe voluto crollare a terra, ma doveva essere forte, l’orgoglio dei Lightwood era presente anche in lui, seppur in piccola parte.

- Alec?- Jace lo scosse prendendolo per la spalla –Alec? Mi stai sentendo?- l’amico lo stava guardando preoccupato.

-Perché l’hai fatto?- la voce di Alec uscì incerta e incrinata, Jace sbuffò

-Per l’Angelo Alec! Sono il tuo parabatai. Ora guardami- Alec alzò lo sguardo - Lo ami ancora?- l’immediatezza di quella domanda lo fece sobbalzare

-Io? Io … non- al ragazzo mancava l’aria, ma per lui era impossibile mentire a quel mare dorato, non poteva mentire a Jace, gli occhi gli bruciavano, ma non avrebbe pianto. Alec Lightwood non piangeva –Sì … io … lo amo-

Jace gli scompigliò i capelli, gesto che ara abituato a fare come respirare – Sai non è semplice amare, ma stai pur certo che se due persone sono legate dallo stesso destino niente potrà mai separarle-

-Ma lui mi ha lasciato- la realtà lo travolse come un treno in corsa

-E allora? Pensa a me e Clary. Insomma pensavo di aver baciato e fatto pensieri poco signorili su mia sorella!- Jace sorrise e Alec si trovò a ridere insieme al suo migliore amico –Finché hai speranza niente è davvero perduto-

Forse sarebbe stato davvero così.

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Capitolo 3
*** Caccia ***


caccia

Caccia

-Alec sei pronto?- Izzy bussò delicatamente alla porta con le nocche. Il ragazzo si mise l’arco in spalla, la pelle ancora bruciava per via delle rune che si era appena inciso.

-Si, ancora un secondo- mise lo stilo nella tasca interna della giacca, ricontrollò di aver preso le spade angeliche, che erano state fissate ben salde alla cinta, si mise i guanti di pelle e uscì.

La sorella lo stava aspettando davanti alla porta, anche lei era in tenuta di combattimento, i lunghi capelli neri erano raccolti in una coda, le rune le percorrevano la pelle come edera, e la frusta dorata girava intorno al suo braccio. Negli ultimi mesi non si erano quasi mai parlati, tutti e due erano troppo occupati dai loro problemi personali per occuparsi dell’altro.

Però lei è mia sorella e la proteggerò sempre

Dopo che Magnus l’aveva lasciato, Izzy e Jace erano andati a caccia da soli. Quando l’aveva scoperto Alec si era reso conto di quanto i suoi sentimenti lo stavano rendendo debole, così aveva deciso che sarebbe andato con loro. Uccidere demoni forse gli avrebbe tenuto la mente occupata per un po’, e poi non se la sentiva di lasciare quei due spericolati da soli, avevano bisogno di lui.

Non si dissero niente mentre camminavano per i lunghi corridoi dell’Istituto, la sorella stava a pochi passi di distanza da lui e gli dava le spalle, quando scese il primo scalino dell’imponente scala che portava all’atrio si girò interrompendo il loro silenzio imbarazzato

-Jace ci sta aspettando giù- disse la ragazza – Pensa di aver trovato alcuni demoni al deposito qui vicino-

-Pensa?- Alec conosceva fin troppo bene il suo parabatai dal sapere che non era molto saggio fidarsi delle sue supposizioni.  La sorella si mise a ridere mentre scendeva le scale a due a due

-Finalmente Lightwood! Non ce la facevo più ad aspettare- Jace li stava aspettando davanti alla porta d’ingresso a braccia conserte per rendere più evidente il suo disappunto.

- Che c’è vai di fretta?- lo rimbeccò Isabelle

- I demoni non aspettano, sapete bene quanto me che si spostano in fretta dopo che hanno ucciso due o tre persone- Jace diventava immediatamente serio quando stabilivano il piano di attacco

- Come fai a sapere che hanno già ucciso?- gli chiese Alec, il ragazzo ancora non aveva sceso gli ultimi gradini , Jace gli sorrise, soddisfatto che gli avesse posto quella domanda

- Naturalmente ho origliato tua madre che ne parlava- rispose soddisfatto, Izzy alzò gli occhi al cielo

-Dobbiamo entrare nell’edificio di soppiatto, abbiamo bisogno di poter contare sull’effetto sorpresa se sono più di noi- ragionò Alec – Nel deposito ci saranno sicuramente scatoloni e altre cose che ci possono nascondere. Se superano la ventina ritorniamo indietro con i rinforzi. Sono stato chiaro?-

- Da quando sei diventato il leader della squadra?- gli chiese Jace

- Da quando ho deciso che non porterete più a termine alcun piano suicida- fece una pausa guardandoli: Jace ancora aveva un’espressione contrariata mentre sua sorella stava annuendo, vedendo quei grandi occhi neri prese forza e continuò  –Non voglio perdere anche voi-

-E va bene! Andiamo a spiare i demoni come una stupida liceale innamorata- esclamò Jace, i due ragazzi lo guardarono perplessi – Che c’è? Lo ripete sempre il mondano!-

- Simon non è un mondano! E’ un vampiro, che ti ha salvato la vita parecchie volte-  ribatté Izzy

- E tutte le volte che IO gli ho salvato la vita?- Jace si stava indicando indignato, la ragazza stava per rispondergli per le rime quando Alec li fermò

-Se non vi state un attimo zitti tutti i demoni nell’arco di un chilometro sapranno che stiamo arrivando!- 

Jace sbuffò e prese la giacca di pelle nera dall’appendiabiti. Quando aprì la porta, una folata di vento freddo entrò nell’edificio facendoli rabbrividire. Fuori la pioggia stava scrosciando sui marciapiedi e i mondani correvano per cercare di non bagnarsi, in lontananza si sentiva il rimbombo dei tuoni, Alec si tirò il cappuccio sopra la testa

- Pronti?- chiese ai due ragazzi

-Certo! Non ci faremo fermare da un po’ di pioggia- disse Jace con un ghigno

E’ questo il problema. Pensiamo che niente ci possa fermare avrebbe voluto dire Alec, ma si limitò a seguire gli altri che scivolavano accanto ai mondani come ombre, invisibili ma indispensabili.

 

Ci misero poco tempo a raggiungere il malinconico deposito che sembrava essere stato abbandonato da secoli, le porte erano socchiuse e le catene arrugginite ,che avrebbero dovuto tenerle chiuse, stavano abbandonate poco più in là. Nell’aria oltre all’odore dell’asfalto bagnato, Alec potè sentire quello dei demoni

-Entriamo dalla finestra- sussurrò ai due ragazzi che gli camminavano accanto vigili con le spade già in pugno –Là- indicò una finestra che era andata a pezzi.

Grazie al loro addestramento fu facile penetrare nell’edificio, subito furono investiti dal tanfo di morte che i demoni si portavano dietro. Sembrava che Jace avesse avuto ragione, non c’era solo un mostro lì dentro, si nascosero dietro uno scatolone e rimasero ad aspettare.

Ad Alec si ghiacciò il sangue nelle vene quando sentì i demoni parlare tra loro, la loro lingua era un insieme di suoni gracchianti e  gutturali. L’unico speranza che avevano era l’effetto sorpresa, così lentamente cercò di avvicinarsi per vedere quanti erano. Nel buio il ragazzo poté individuare circa una decina di demoni che si stavano litigando i resti di un mondano, lo stomaco di Alec fece una capriola, deglutì e iniziò a contare i suoi respiri per cercare di calmarsi, strinse più forte la sua spada angelica. Ogni passo che faceva tutto diventava più vivido, poteva vedere le scaglie che ricoprivano il corpo delle creature, mise la mano in tasca e estrasse una piccola sfera con sopra disegnata una runa, passò il pollice sul simbolo, poi la lanciò verso il gruppo di demoni. Quando toccò terra sprigionò una nube di vapore, i demoni infuriati iniziarono ad urlare imprecazioni coprendosi gli occhi con le mani artigliate

-Samel- sussurrò il ragazzo e la sua spada angelica prese forma sprigionando un aura di energia che diede forza al cacciatore.

La caccia era iniziata.

 

Nota dell’autrice: salve a tutti! Per prima cosa vorrei davvero scusarmi per la mia assenza negli ultimi giorni, ma non ho avuto internet in vacanza. Ho deciso di interrompere il capitolo perché avevo paura che diventasse troppo lungo. Per le fan del Malec posso fare un piccolo spoiler, se così lo vogliamo chiamare :

-Sono disposto a tutto per aiutarla!-

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