The dark side of me

di clepp
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** - Prologo ***
Capitolo 2: *** One - What a bad day ***
Capitolo 3: *** Two - The legend ***
Capitolo 4: *** Three - Angry ***
Capitolo 5: *** Four - That hero with bad moods ***
Capitolo 6: *** Five - Umbrella ***
Capitolo 7: *** Six - Obey me ***
Capitolo 8: *** Seven - My family is a tragedy ***
Capitolo 9: *** Eight - I don't want you (but i need you) ***
Capitolo 10: *** Nine - Closer ***
Capitolo 11: *** Ten - His heart is made of ice ***
Capitolo 12: *** Eleven - Apologize ***
Capitolo 13: *** Twelve - Arrows ***
Capitolo 14: *** Thirteen - That guy with dark eyes ***
Capitolo 15: *** Fourteen - I hate bad girls ***
Capitolo 16: *** Fifteen - Happy birthday! ***
Capitolo 17: *** Sixteen - Heating on ***
Capitolo 18: *** Seventeen - He loves you and you love him ***
Capitolo 19: *** Eighteen - Boy? ***
Capitolo 20: *** Nineteen - Portrait ***
Capitolo 21: *** Twenty - Ma tu mi vuoi? ***
Capitolo 22: *** Twenty one - Exception ***
Capitolo 23: *** Twenty two - Love is ***
Capitolo 24: *** Epilogo - Beginning ***



Capitolo 1
*** - Prologo ***


THE DARK SIDE OF ME.
 
Prologo

 


  

 

  She's the best,
and he's a crash

 

Wendy Evans abita in una piccola cittadina vicino Londra.
Ha diciassette anni, un gatto, una sorella e la fobia per i ragni.
È bella, buona e adora quando le persone sorridono grazie a lei. È un’ottima amica ma una pessima cantante, ama leggere e detesta ballare, conosce a memoria le battute dei suoi film preferiti e ha la camera tappezzata di poster di Johnny Depp, il suo sogno proibito.
È una normale adolescente, forse un po’ più studiosa e seriosa degli altri, ma anche lei si lamenta spesso dei professori e delle verifiche e qualche volta finge di star male per rimanere sotto il suo piumone rosa a leggere mentre in casa non c’è nessuno.
Non ha mai messo piede fuori dall’Inghilterra e dopo la scuola sogna di visitare le capitali più importanti del mondo, di farsi una foto sotto la Tour Eiffel e di assaggiare un vero hot dog americano.
Ama quella peste di sua sorella che a soli due anni le ha già conquistato il cuore e che a malapena parla, ma esprime tutto il suo amore stringendole l’indice prima di addormentarsi o correndole incontro quando lei torna a casa da scuola.
Ama sua madre che ogni volta che la vede studiare fino a notte fonda il mattino dopo le porta la colazione in camera o che dopo una lite con Lola la porta a fare shopping per farla distrarre.
Odia i bugiardi, i maleducati e i ragazzi che fumano fuori dalla sua scuola come se fossero i padroni del mondo. I ragni, gli insetti, e la morte la spaventano.
Suo padre è morto quando lei aveva quattordici anni e si ricorda che quando sua madre gliel’aveva comunicato pioveva e tuonava. Forse per questo odia i temporali, il rumore dei tuoni e i lampi che spezzano la tranquillità del cielo. Da quando è morto, soffre di attacchi d’asma, per questo il suo inalatore è diventato uno degli oggetti più importanti nella sua borsa.
Ogni volta che c'è un temporale Harry le scrive qualche messaggio di conforto prima di andare a dormire e Lola la chiama per accertarsi che stia bene.
Harry e Lola sono i suoi migliori amici e Wendy li ama più della sua stessa vita.
Wendy è felice.
Ha tanti sogni, il più importante è quello di laurearsi e viaggiare per il mondo.
Il secondo è quello di innamorarsi, di essere amata, di provare quel sentimento che ti corrode dentro e di cui milioni di canzoni e di film ne parlano.
Ma anche riuscire a mettersi il mascara senza sbavare è all’apice della lista.
Sogna di vedere sua sorella crescere felice e spensierata, di regalare a sua madre quella cucina in legno che tanto vuole, di riabbracciare suo padre un’ultima volta, sogna di riuscire un giorno a mettersi le scarpe con il tacco che ha comprato al centro commerciale senza capitombolare a terra ogni cinque passi. Sogna di riuscire a riempire un po’ di più il reggiseno, di allargare la sua biblioteca personale con tutti i libri più belli, di conoscere un ragazzo francese perché ama il loro accento, sogna di poter mangiare tre pizze intere senza vomitare l’anima, sogna di fare la maratona dei film di Harry Potter in un giorno anche se sa che ventiquattrore non bastano per tutti e otto, sogna di tuffarsi dall’alto nonostante la paura di farsi male, di riuscire a non urlare di fronte ad un ragno e di fare una ruota perfettamente circolare.


 
Zayn Malik abita in una piccola cittadina vicino Londra.
Ha diciotto anni, una sorella e una vita che odia profondamente.
È stato bocciato in seconda superiore, per questo adesso frequenta la quarta invece di preparare la tesina per la maturità. Ma va bene così, è talmente perso che non ha il tempo e il coraggio di soffermarsi a pensare a cosa potrebbe fare dopo la scuola.
È terrorizzato dalla vita e dal futuro ma ovviamente non lo da a vedere.
È un duro, ed è esattamente come tutti gli adolescenti persi della sua età, nessuno escluso.
Fuma ma non ha i soldi per comprarsi un pacchetto di sigarette.
Ha qualche tatuaggio ma ha paura degli aghi.
La sua famiglia a malapena sa che esiste e quando si accorge di lui è per ricordargli che persino la spazzatura che deve portare fuori ogni sera è meglio di lui.
Ha molti amici ma non è sicuro che possa definirli tali.
A scuola i suoi voti rasentano l’insufficienza e tra i banchi litiga con chiunque gli capiti a tiro.
Non è cattivo, è solo stanco.
Non ha mai avuto niente dalla vita e non capisce perché. Non riesce proprio a capire perché a lui è toccata tutta quella sofferenza.
Non vuole comportarsi da vittima o da debole, ma sa di esserlo.
Ogni giorno cerca di stare il più lontano possibile da casa sua perché primo non vuole vedere suo padre ubriaco e secondo non vuole continuamente odiare sua madre solo perché non è abbastanza coraggiosa da portarli via da quel pazzo.
Ha fatto una promessa. Una sera, quando suo padre era tornato a casa e aveva cercato di attaccare briga con Safaa, lui l’aveva colpito dritto in faccia, aveva preso la sorella e si erano richiusi in camera. E mentre la teneva per mano e la guardava negli occhi le aveva promesso che un giorno l’avrebbe portata via da lì.
Per quel motivo, da lì in avanti, aveva cominciato a cercare lavoro. Ha bisogno di soldi se vuole mantenere la parola data.
Nei suoi diciotto anni di vita non ha mai conosciuto la gentilezza, la bontà, l’amore o stronzate varie.
Ha sempre combattuto per ottenere ciò che vuole e non ha mai versato una lacrima per niente. Forse solo una volta, quando all’età di dieci anni era caduto dall’altalena e si era sbucciato entrambe le ginocchia.
Non ha una ragazza e non si atteggia a playboy. Non ha nulla contro le donne, solo non vuole averne una al suo fianco. Sta bene da solo, o lo crede.
Non le usa, non gioca con i loro sentimenti, le tratta freddamente solo perché non vuole dare a nessuna false speranze.
Ha avuto una ragazza all’età di tredici anni e quando lei gli aveva rotto il suo skateboard l’aveva lasciata.
Fa sesso periodicamente, quando riesce a trovare una ragazza che ha le sue stesse intenzioni. Ovvero zero vestiti e zero sentimenti.
Non è felice ma se la cava.
Sa che non può sopportare quella vita ancora per molto, ma per il momento non sa cos’altro fare.
Forse ha bisogno di scappare, o di essere trovato.





E mi ritrovo qui, il 3 luglio del 2013, a postare una nuova storia. 
E' parecchio emozionante, dato che non posto un qualcosa di nuovo da praticamente una vita! ahahah 
Beh, la prima cosa che voglio dirvi è che credo che questa sia la fan fiction più accettabile che io abbia mai scritto (w la modestia wuhuuuu) e me ne sono affezionata un sacco.
Questo è solo un prologo dove presento i due personaggi principali, ovvero Zayn e Wendy (strano che scrivo una ff su Zayn, no? ahahah). La storia ha già 11 capitoli quindi, stranamente, sarò rapida nell'aggiornare, per vostra fortuna! :)
Spero davvero che la storia piaccia perchè ci tengo davvero molto. Ci ho messo l'anima a scriverla e a non entrare nel ridicolo o a ripetere cose che sono già state scritte tremila volte. 
Volevo ringraziare una persona in particolare che mi ha sostenuto tutto questo tempo, incoraggiandomi e riempiendomi di complimenti. E' grazie a te, Sara, se sto postando la storia. Grazie del tuo sostegno :)
Beh, cos'altro dire... cercherò di evitare i cliché e di dare il meglio di me perchè voglio che questa storia sia importante. Vi prego di non soffermarvi sui primi capitoli ma di andare avanti con la lettura perché la parte più bella arriverà tra circa tre capitoli :) 
Un bacio a tutti,
your clepp



 

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ONE
-what a bad day


Lui assottigliò gli occhi e le soffiò in faccia il fumo, facendola tossicchiare. Gli lanciò un’occhiata di traverso che lo fece alzare un sopracciglio, con arroganza.

 

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Capitolo 2
*** One - What a bad day ***


 

 

THE DARK SIDE OF ME.

(ONE)
-what a bad day




 
 

 “can you stop?”
“sorry” she blushed.

 

Wendy si infilò velocemente la giacca, afferrando lo zaino con una mano e le chiavi di casa con l’altra. Uscì di corsa, rischiando di cadere sugli scalini della veranda e spezzarsi l’osso del collo.
Non le capitava mai di essere in ritardo e si odiava per aver tirato l’orario la sera prima stando alzata fino a tardi per finire di vedere l’ultima puntata della sua serie preferita.
Con una rapida corsetta attraversò la strada deserta e arrivò al lato opposto del marciapiede. Si sbrigò a svoltare l’angolo e raggiungere la fermata dell’autobus, posta esattamente di fronte al parco dove era solita portare Susan la domenica mattina. Passò davanti alla pasticceria aperta e, con rammarico, proseguì dritto: non c’era tempo per la sua solita colazione a base di brioche al cioccolato.
Poco più in là scorse la fermata, cosciente del fatto che ormai aveva perso il solito pullman delle sette e dieci e che per sua sfortuna avrebbe dovuto aspettare quello successivo. Sospirando raggiunse la piccola panchina blu occupata interamente da un ragazzo e dalla sua roba, lo zaino mimetico buttato malamente al suo fianco e lo skateboard verde, rotto e malconcio, accanto ai suoi piedi.
Wendy lo osservò per un momento per capire se lo avesse mai visto in giro. Era una faccia del tutto estranea e così doveva rimanere.
Odiava aspettare, ma soprattutto odiava pensare che quella mattina avrebbe sicuramente preso una nota disciplinare per essere arrivata in ritardo.
E in più quello stupido pullman non era ancora arrivato.
Wendy sbuffò e si spostò la coda bassa da un lato, cominciando nervosamente a giocherellare con le punte dei capelli.
Quel giorno aveva anche una verifica di matematica e un’interrogazione di storia e temeva di non essersi preparata abbastanza nonostante le ore intense dedicate allo studio il pomeriggio precedente.
Sbuffò di nuovo e iniziò a picchiettare con insistenza la punta del piede sull’asfalto. Lo faceva sempre, quando era nervosa.
Quella giornata iniziava già nel peggiore dei modi e quando una giornata cominciava così, lo sapeva per esperienza, significava che tutto sarebbe peggiorato.
Si sporse in avanti per controllare se il pullman fosse anche solo lontanamente visibile. Ovviamente, non c’era.
Le venne automatico sbuffare di nuovo e abbassare lo sguardo sulle sue converse bianche che aveva lavato qualche giorno prima per liberarle dal fango e dalla terra.
“Hai finito?”
Wendy alzò di scatto la testa e rimase per un attimo sorpresa da quell’improvvisa domanda che, evidentemente, era rivolta a lei. Il ragazzo seduto sulla panchina aveva gli occhi puntati su di lei e Wendy si accorse solo in quel momento delle cuffiette infilate nelle sue orecchie e della musica attutita che proveniva da quegli aggeggi. Pensò che doveva essere parecchio alta se lei riusciva a sentirla fino a lì.
Quando si ricordò che lui la stava fissando in attesa di una risposta aggrottò la fronte, incapace di capire a cosa si riferisse.
“Finito di fare cosa?” chiese ingenuamente, schiarendosi la voce con evidente nervosismo.
Il ragazzo cominciò a sbuffare e a muovere il piede destro insistentemente in una chiara imitazione dell’impazienza di Wendy. Nonostante l’umoristica scopiazzatura si capiva che lui non trovava la cosa affatto divertente e Wendy non poté trattenersi dall’arrossire.
“Scusa – rispose, mordendosi il labbro inferiore – la smetto” continuò, abbozzando un debole sorriso che non trovò risposta. Il ragazzo infatti si era voltato verso lo schermo del suo ipod prima che Wendy riuscisse a finire la frase.
Rimase così sconcertata da quel comportamento così sprezzante che l’improvviso rumore delle porte del pullman la fece sobbalzare. Si sistemò meglio lo zaino sulle spalle e si diresse verso l’entrata dell’autobus, completamente vuoto a quell’ora.
Con la coda dell’occhio notò che anche il ragazzo aveva recuperato skate e cartella e si era alzato dalla panchina per salire sul mezzo. Lei si accomodò su uno dei sedili liberi e richiamò tutta la sua forza di volontà per trattenere l’ennesimo sbuffo della giornata mentre lui si sistemò in uno dei sedili in fondo.
Si ritrovò a pensare se l’avesse mai visto, ma non le sembrava una faccia conosciuta e neanche molto affidabile. Probabilmente era qualcuno venuto a far visita a qualche amico di Holmes Chapel, oppure era un nuovo arrivato. Sperò con tutta se stessa che non fosse nessuna delle due possibilità.
Decise di lasciar perdere e di concentrarsi sull’interrogazione di storia. Cominciò a ripassare i concetti principali, muovendo con discrezione il labiale per aiutarsi meglio nell’esposizione.
Mentre ripeteva la travagliata storia d’amore di Enrico VIII e Anna Bolena un improvviso scoppio e uno scossone del pullman le fecero cadere lo zaino sul pavimento sudicio dell’autobus. L’autista frenò di colpo e lei fece appena in tempo ad aggrapparsi ai pali gialli per evitare di sbattere contro il vetro del finestrino.
“Ma che diavolo...” sentì l’autista borbottare e, uscito dalla cabina di guida, lo vide scendere dal pullman per andare a controllare il motivo di quell’improvviso guasto.
Wendy recuperò lo zaino e lo ripulì dalla polvere, pregando in tutte le lingue del mondo che l’autista rientrasse e la avvisasse che andava tutto bene e che sarebbe arrivata a scuola in perfetto orario. Certo, e magari il professore l’avrebbe accolta con una brioche appena sfornata.
“Ragazzi – l’uomo riapparve dalle porte aperte, attirando l’attenzione degli unici due passeggeri – c’è un problema con il motore, dovete scendere” disse, senza tanti preamboli e Wendy, non riuscendo a trattenere uno sbuffo irritato, afferrò lo zaino e scese a passo pesante da quel dannato trabiccolo.
Quando si guardò attorno si accorse che si erano fermati proprio nel bel mezzo del nulla, attorno a loro solo campi e distese di erba. Da lì alla scuola ci volevano almeno altri venti minuti abbondanti. La giornata stava via via degenerando e Wendy si pentì di essersi alzata dal suo letto e di aver messo piede fuori casa.
“Spero per lei che arrivi un altro pullman” l’arroganza di quelle parole la fecero voltare meccanicamente verso il ragazzo. Alzò gli occhi al cielo quando l’autista rispose che avrebbero dovuto aspettare un’ora buona prima dell’arrivo di un nuovo autobus.
“E io come ci arrivo a scuola in tempo?” borbottò Wendy, stringendo con impazienza il laccio dello zaino sulle sue spalle. Il ragazzo le lanciò un’occhiata di traverso e cominciò a frugare freneticamente nelle tasche del suo giubbino, alla ricerca di qualcosa.
“Mi dispiace, dovrete aspettare” si giustificò l’uomo e, probabilmente per evitare altre lamentele, si ritirò nella cabina di guida.
Wendy strinse le labbra fino a farle diventare un’unica linea orizzontale. Girò i tacchi e borbottando lamentele fra sé e sé cominciò a camminare, pensando che, con un buon passo e un pizzico di fortuna sarebbe riuscita ad arrivare a scuola per l’inizio della seconda ora.
Ma lei di fortuna non ne aveva e di fiato anche meno.
“Hai intenzione di camminare fino a scuola?”
Per la seconda volta, la voce di quel ragazzo attirò la sua attenzione e, controvoglia si voltò annuendo.
“Certo e dovresti farlo anche tu” gli fece notare, con un certo disappunto nella voce. Il ragazzo alzò un sopracciglio e la guardò come se fosse impazzita.
“Ti sembro il tipo che si dispera per un ritardo?” domandò, retorico e Wendy non poté fare a meno di abbassare lo sguardo sul suo abbigliamento stravagante e sui tatuaggi sparpagliati per il corpo. L’insieme rispondeva in parte alla sua ironica domanda.
“Sicuramente no” si rispose, con una smorfia.
“Esattamente” il tizio gettò lo zainetto per terra e ci si sedette sopra, allungando le gambe e poggiando i piedi sullo skateboard. Wendy lo osservò per qualche secondo fino a che lui non le lanciò un’occhiata che le fece abbassare lo sguardo, in imbarazzo.
“Beh ehm... ci vediamo allora” mormorò, con un filo di voce, alzando una mano in segno di saluto. Lui non rispose e si accese con un accendino blu elettrico la sigaretta già tra le labbra.
Wendy tornò sui suoi passi, affranta.
“Ragazzina – fu costretta a girarsi nuovamente, richiamata dall’autista – dove stai andando?” le domandò, con un cipiglio severo.
“A scuola” replicò lei trattenendo l’istinto di roteare gli occhi.
“E quanto pensi di metterci? Il tempo che impiegherai ad arrivare a scuola è il tempo che ci impiegherà l’autobus ad arrivare qui, quindi risparmia la fatica e aspetta” le consigliò lui, infilando le mani nelle tasche dei pantaloni blu e lanciando un’occhiata al ragazzo, steso sul ciglio della strada. “Segui il suo esempio” continuò, abbozzando un sorriso ironico.
“No, grazie, preferisco camminare” replicò Wendy, alzando le spalle.
“La secchioncella ha paura di essere sgridata” affermò il ragazzo, con un sorrisetto divertito, gli occhi chiusi e le mani incrociate dietro la testa.
“Non... non è vero” mentì Wendy, aggrottando la fronte, a disagio.
“Allora perché così tanta voglia di andare a scuola?” domandò lui, aprendo un occhio solo. Wendy socchiuse la bocca per ribattere ma non le venne in mente nulla di brillante da dire, così preferì rimanere in silenzio e, senza tante cerimonie, si voltò e tornò sui suoi passi.
“Dovresti andare con lei” udì l’autista rivolgersi allo sconosciuto e lui scoppiare in una risata ironica che le fece abbassare gli occhi.
“No” fu la sua unica risposta.
Wendy strinse i pugni lungo i fianchi e, sospirando pesantemente continuò a camminare, senza voltarsi.
Dopo una decina di minuti si lasciò indietro i campi della periferia e raggiunse una strada interna della città. Se i suoi calcoli erano giusti, sarebbe arrivata a scuola più o meno entro mezzora, così respirò a fondo e allungò il passo, mentre nella testa ripeteva per la milionesima volta il programma di storia, attenta a non sbagliare nessun pezzo.
Quando arrivò a scuola, stanca e col fiatone, aveva ripetuto talmente tante volte la lezione che se non avesse preso una A avrebbe denunciato l’insegnante.
Entrò nel cancello ancora aperto e, poco più in là, appoggiato al muro accanto al portone d’ingresso vide il tizio dell’autobus.
Non era poi tanto diverso da un’ora prima. Aveva una sigaretta quasi finita tra le mani, lo zaino sulle spalle, lo skateboard posato a terra e l’espressione arrogante. Capì in quel momento che non era un ragazzo venuto a far visita ad un amico. 
“Sembri stanca” disse, ironicamente, osservandola salire gli scalini con fatica.
“Sto benissimo” replicò, cercando di nascondere il fiato corto. Lui assottigliò gli occhi e le soffiò in faccia il fumo, facendola tossicchiare. Gli lanciò un’occhiata di traverso che lo fece alzare un sopracciglio, con arroganza.
Lo lasciò perdere ed entrò nell’ingresso proprio mentre la campanella che annunciava la fine della prima ora risuonava nei corridoi così si sbrigò a raggiungere il suo armadietto per poggiare lo zaino e prendere i libri.
Una volta giunta in classe riuscì a scampare la nota con una scusa quasi credibile e si trascinò verso il suo banco salutando qualche suo compagno.
“Ragazzi prima di cominciare la lezione vorrei presentarvi un vostro nuovo compagno. Vi prego di essere gentili con lui e di accoglierlo in classe con il dovuto rispetto. Prego, si accomodi. Lui è Zayn Malik”
Wendy alzò la testa dal suo quaderno con disinteresse.
Quando la porta della classe si aprì, rivelando l’identità del loro nuovo compagno, Wendy avrebbe voluto essere ovunque, fuorché lì dentro.
Il ragazzo del pullman entrò a passo lento, dirigendosi verso uno dei banchi liberi, senza mostrare un particolare interesse nei confronti della classe.
Wendy tornò a fissare il quaderno.
Fantastico.
 




Ebbene si, sto già postando ahahahah dato che le mie giornate consistono nello svegliarmi alle 11.15 la mattina, guardare pretty little liars, mangiare, stare al computer, guardare TVD, mangiare, e gironzolare per casa, la sera non posso fare altro che aggiornare nuove ff, giusto no? lol
Beh, comunque, ho voluto aggiornare per il semplice motivo che visto che il prologo non se l'è cagato nessuno (buhuuuu a me) ho pensato che magari postando il primo capitolo la storia avrebbe preso un po' di forma. Credetemi ci tengo davvero molto, e vedere che comincia a interessare mi farebbe molto piacere :)
Comunque, detto questo, ecco qui che i nostri due giovincelli si incontrano. Ovviamente, Zayn si comporta come un ragazzo scontroso e bla bla bla bla bla.. letto mille volte giusto? 
Avete ragione ma io amo scrivere di Zayn scontroso, quindi perdonatemi ahahah l'unica cosa che posso dirvi per invogliarvi a leggere è che non si aprirà molto facilmente con Wendy (ci metteranno una vita) quindi... stay tuned!
Ok, credo di  avervi rotto abbastanza le palle! Ringrazio coloro che hanno recensito il prologo e hanno messo la storia nelle preferite e nelle seguite! Significa davvero molto per me! :)
un bacio,

clepp


 





(TWO)
-the legend

“Grazie Evans – Wendy immediatamente sentì il rossore espandersi sulle sue guance – ma quelle storie effettivamente sono vere” 
 

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Capitolo 3
*** Two - The legend ***


 

 

THE DARK SIDE OF ME.

(TWO)
-the legend






“But those stories are true”
She was petrified.

 
Wendy non aveva più visto il tizio del pullman fino al giovedì seguente, quando controvoglia aveva raggiunto la classe di storia e se l’era ritrovato seduto sulla sua sedia, dietro al suo banco.
E adesso si ritrovava in piedi, impalata, a decidere cosa fare.
Non sapeva se andare a rivendicare la sua postazione oppure occupare un altro posto. Quello era il suo da ben quattro anni, e non voleva rinunciarci proprio adesso, ma non voleva neanche comportarsi come una bambina viziata.
L’insegnante le si parò davanti, osservandola con un’espressione divertita e impaziente stampata in faccia. Lei sussultò.
“Ha perso la bussola, signorina Evans?” Wendy scosse la testa e, amareggiata, andò a sedersi in uno dei primi banchi liberi.
Fu una delle lezioni più interessanti dell’anno, nonostante l’inizio snervante e il continuo urlare della gente in cortile. Wendy aveva riempito una pagina intera di appunti, risposto a qualche domanda e evidenziato le parti più importanti sul libro di storia. Come sempre.
Quando la campanella suonò fu l’ultima ad uscire perché dovette sistemare tutti i fogli e le penne tirate fuori per scrivere gli appunti. Alzando la testa dal suo zaino scorse il professor Hiddleston parlare con Zayn che sembrava disperatamente annoiato e disinteressato alle parole dell’uomo di fronte a lui.
Wendy si sbrigò ad uscire per evitare di ascoltare la conversazione ma, senza avere il tempo di mettere un piede fuori dalla porta, l’insegnante la richiamò gentilmente, chiedendole di tornare indietro. Wendy obbedì, leggermente imbarazzata, sistemandosi a pochi centimetri dal ragazzo.
“Mi dispiace rubarti del tempo, signorina Evans, ma ho bisogno di parlarti un momento” le spiegò l’uomo, unendo le dita delle mani in un gesto serio, quasi esagerato.
“Non si preoccupi” replicò Wendy, con un sorriso educato, aspettando pazientemente che lui le spiegasse il motivo di quell’improvviso richiamo. Lanciò un’occhiata a Zayn e, deglutendo, pregò in aramaico che non centrasse nulla con lui.
“Volevo solo farti presente che l’anno scolastico ormai è già iniziato e il signor Malik potrebbe avere qualche problema a mettersi in pari. Quindi stavo pensando che, se per te non c’è problema, potresti spostare il tuo banco accanto al suo durante le ore di lezione, giusto per aiutarlo se ha qualche problema o dubbio” spiegò, pratico, accompagnando quella richiesta barra ordine con un vago sorriso. Wendy si affrettò a replicare ma la voce strascicata di Zayn la precedette.
“Non ho bisogno del suo aiuto” mormorò, scocciato, spostando il peso del corpo da un piede all’altro con fare annoiato.
“Io credo di si. La signorina Evans è una delle studentesse più brave della classe, se non la più brava. Il suo aiuto non può che giovarti” gli fece notare l’insegnante, piccato.
Wendy osservò quello scambio di battute con un cipiglio nervoso. Stavano parlando di lei, di ciò che avrebbe dovuto fare, eppure nessuno dei due sembrava considerarla.
“So cavarmela da solo. Non ho bisogno della balia” sbottò Zayn, sempre più nervoso.
“Io credo che…”
Wendy provò ad intervenire ma il signor Hiddleston la bloccò, alzando la voce con fare autoritario.
“Ti ripeto che Wendy ti aiuterà ad ambientarti meglio nella scuola e-“ Zayn fece un passo avanti, in un evidente gesto di sfida. Sia lui, sia Wendy rimasero per un momento colpiti da quel suo gesto così imprudente e arrogante.
“E io le ripeto, professore, che so cavarmela da solo e che non voglio ambientarmi in questa maledettissima scuola!” con un gesto secco afferrò lo zaino a cui era agganciato lo skateboard e uscì dalla classe con una velocità quasi impressionante lasciando Wendy e l’uomo completamente basiti, in piedi davanti alla cattedra. Udirono i passi pesanti di Zayn riecheggiare nel corridoio vuoto, poi il tonfo di una porta.
“Beh... ehm... io credo che se lui non vuole avermi accanto, non è il caso di obbligarlo” balbettò Wendy, dopo qualche secondo di silenzio imbarazzante. Hiddleston portò l’attenzione su di lei, rendendosi conto forse solo in quel momento della sua presenza.
“Si certo – replicò sbrigativo – adesso vai pure, ti ho già fatto perdere troppo tempo”
Senza farselo ripetere due volte Wendy si strinse nelle spalle e uscì dalla porta.
Nel corridoio vuoto sentì dei rumori echeggiare dall’aula da cui era appena uscita e, aguzzando meglio l’udito, capì che Hiddleston stava spostando uno dei banchi.
Probabilmente da quel giorno in poi lei sarebbe stata l’unica della classe di storia ad avere un compagno di banco.
E non ne era poi così entusiasta.
 
Con una breve corsetta riuscì a raggiungere Harry prima che entrasse nella mensa gremita di studenti.
“Ehi, Wendy Wendy, come va?”
Wendy abbracciò l’amico, sorridendogli gentilmente.
Harry Styles era uno dei ragazzi più belli e ambiti dell’intera scuola. Aveva un fascino incredibile e l’intero corpo studentesco, maschi compresi, ne era rimasto folgorato.
Ma Wendy lo conosceva talmente bene che poteva tranquillamente affermare che era uno dei ragazzi più idioti di questo mondo. Era l’unica immune del suo charme, forse perché lo conosceva da una vita e il fatto che quando erano piccoli, lui si mettesse le dita nel naso, le aveva fatto perdere ogni traccia di interesse.
Ma era il suo migliore amico, e gli voleva un bene dell’anima.
“Bene, Harold, e tu?”
Insieme entrarono in mensa, recuperando due vassoi vuoti e umidi e mettendosi in fila per pranzare.
“Non chiamarmi così – roteò gli occhi – comunque, brutti voti in matematica a parte, tutto bene” abbozzò un sorriso e una lieve fossetta comparì al lato destro della bocca.
“Se hai bisogno di ripetizione lo sai che io ci sono vero?” mormorò lei, inclinando la testa con fare gentile. Harry le circondò le spalle con un braccio forte e le schioccò un bacio sulla guancia.
“Per questo sei la mia amica preferita – affermò – ma lo sai come la penso” ammiccò con lo sguardo e afferrò una vaschetta di budino al cioccolato dagli stand.
“Lo so, lo so – sbuffò Wendy – non si passa il tempo con gli amici studiando o facendo i compiti” ripeté in tono canzonatorio mentre muoveva la testa a destra e a sinistra per sottolineare il concetto.
“Brava la mia ragazza, per quello ci sono i secchioni della scuola” esclamò Harry, salutando con un cenno del capo la cuoca della mensa e indicando con l’indice la pasta che voleva mangiare. Wendy pensò che anche lei faceva parte del gruppo “secchioni della scuola” ma evitò di farlo presente. Se non avesse conosciuto Harry diciassette anni fa, probabilmente ora non si siederebbe ad uno dei tavoli più popolari della mensa.
“Oggi sei già il secondo che rifiuta il mio aiuto, sai?” buttò lì, sorridendo gentilmente alla cuoca e imitando il gesto di Harry che, con finto stupore si portò una mano alla bocca.
“Chi è il pazzo, a parte me, che rifiuta una mano dalla ragazza più bella e intelligente della scuola?” strillò ricevendo in risposta un debole pugno sul braccio.
“Grazie – sospirò Wendy – comunque, Hiddleston mi ha chiesto se potevo aiutare il nuovo arrivato, Zayn Malik, hai presente?” nel sentire quel nome Harry si voltò di scatto verso di lei, scuotendo la testa energicamente.
“Zayn Malik? Quel Zayn Malik? Il nuovo arrivato? Colui che definiscono cattivo ragazzo?” elencò lui, con una finta voce teatrale che fece alzare gli occhi al cielo a Wendy.
“Cattivo ragazzo?” ripeté lei, ingenuamente, osservando Harry con un’espressione curiosa. Il ragazzo sospirò.
“Girano delle storie su di lui...” replicò vagamente, con l’aria di uno che la sa lunga.
“Che storie?” domandò Wendy, sentendosi sempre più confusa e sciocca.
“Dicono che sia stato mandato via dalla sua vecchia scuola per le continue risse e per certi altri problemi...”
Wendy pestò un piede per terra, lanciando un’occhiata di fuoco al riccio.
“Spiegati meglio” esclamò, con un sbuffo infastidito. Harry sorrise e scosse la testa, osservandola divertito.
“Sei troppo piccola per certe cose” mormorò ironicamente, cominciando a giocare con la sua coda alta, arrotolandosela attorno all’indice e colpendola ripetutamente come se fosse un ciondolo.
“Smettila! E comunque abbiamo la stessa età!” borbottò, indispettita, allontanando con un leggero schiaffetto la mano di Harry.
“Non è l’età che determina il numero di esperienze di una persona” spiegò lui, saggiamente, alzando il mento in un’espressione di pura fierezza. Wendy non riuscì a trattenere una risatina.
“E dimmi, signor maestro, com’è possibile che questo Zayn Malik sia qui da appena quattro giorni e già girino storie su di lui? Ne ha di cose da fare la gente qui dentro” gli fece notare, piccata, mentre la fila andava avanti.
“Beh, secondo te tutti i pettegoli di questa scuola potevano farsi sfuggire l’occasione di fantasticare sulnuovo arrivato? Bello, misterioso, pieno di tatuaggi, ribelle... praticamente la sua storia ce l’ha scritta in faccia”
“Solo perché ha degli stupidi tatuaggi, un comportamento insopportabile e un guardaroba improponibile non significa che quelle storie siano vere”
Una risatina la fece raggelare sul posto.
Voltò la testa con così tanta foga che la punta della coda di cavallo le colpì il viso. Zayn Malik era dietro di lei e la osservava con un sorrisetto divertito e spavaldo. Tra le mani teneva una mela verde già addentata.
“Grazie Evans – Wendy immediatamente sentì il rossore espandersi sulle sue guance– ma quelle storie effettivamente sono vere”
Senza aggiungere un parola, uno sguardo o un cenno, uscì dalla fila, giocherellando con la mela, e sparì proprio come era comparso.
Wendy rimase per un momento immobile, con il corpo ancora girato dalla parte opposta della fila. Solo quando la mano di Harry le sfiorò il braccio si ridestò dal suo stato di trance.
“Imbarazzante - commentò lui – davvero imbarazzante. Uscita degna di un oscar, comunque” ridacchiò smuovendola con un gomito.
Wendy inspirò di nuovo e afferrò entrambi i lati del vassoio con mani tremanti.
“Wendy, stai calma. Quel ragazzo è solo uno sbruffone” la tranquillizzò lui, e insieme uscirono dalla fila, cercando con lo sguardo il tavolo occupato dai loro amici.
Quando lo trovarono zigzagarono tra i tavoli gremiti di studenti, riuscendo ad arrivare sani e salvi al fondo della mensa.
Wendy si sedette tra Harry e Niall il quale le sorrise in segno di saluto. A fatica riuscì a ricambiare, la mente totalmente sconnessa.
Stava pensando al suo incontro con Zayn avvenuto giusto cinque minuti prima.
Quel ragazzo la intimoriva in un certo senso, anche se sapeva che non aveva fatto nulla di male. Dopotutto loro stavano parlando di lui e, giustamente, si era sentito di intervenire nella conversazione.
Wendy continuò a pensarci mentre addentava il suo panino.
Era vero. I tatuaggi e tutto il resto lasciavano intendere che fosse uno spaccone e le poche volte con cui lei ci aveva parlato avevano confermato quel dato di fatto.
Era la prima volta che lo vedeva in mensa. In quei quattro giorni, non che ci facesse realmente caso, non l’aveva visto neanche di sfuggita girovagare lì dentro. Forse preferiva mangiare fuori o forse era talmente misterioso che riusciva a nascondersi negli angoli più nascosti della stanza senza farsi vedere da nessuno.
Wendy non doveva pensarci.
Si obbligò a riconnettere il cervello e ascoltare l’argomento di conversazione tra Niall, Harry e Liam.
“Oggi Misha ha detto che è stato espulso perché lo hanno beccato con una ragazza nei bagni – mormorò Niall, entusiasta – ma vi immaginate? Qui l’unica cosa eclatante che potrebbe mai succedere nei bagni è che qualcuno non centri la tazza” continuò, addentando il trancio di pizza caldo che teneva tra le mani.
“Niall...” lo richiamò l’unica ragazza al tavolo, disgustata.
“A me hanno detto che è stato sospeso più volte perché ha picchiato metà corpo studentesco” aggiunse Harry.
Wendy lanciò un’occhiata a Liam che, in silenzio le rivolse un sorriso affettuoso, domandandole come stava.
“Alla grande e tu?” lui annuì.
“Bene – si voltò verso Harry e Niall che ancora parlavano delle varie teorie sull’improvviso arrivo del ragazzo misterioso – in questi giorni non si parla d’altro” borbottò, e Wendy annuì.
“Oh lo so, frequenta il mio corso di storia e Hiddleston mi ha obbligato ad aiutarlo durante le lezioni” spiegò, sospirando mentre l’idea di dover passare tre ore alla settimana accanto a quel ragazzo si faceva sempre più concreta.
“Sembra che la scuola sia impazzita, persino i professori parlano di lui in continuazione”
“E’ una specie di esempio per tutti noi” ridacchiò Niall.
“E che gusto c’è nell’imitare un ragazzo che usa delle ragazze in un bagno e picchia dei suoi coetanei?” domandò Wendy, con la fronte aggrottata e un’espressione corrucciata. Davvero non capiva tutto quell’eccitamento e quell’ammirazione per Zayn, o meglio, per ciò che aveva fatto.
Scopa delle ragazze, Wendy – ridacchiò Harry – puoi dirlo, non è una bestemmia”
Lei roteò gli occhi. Era abituata a quel genere di battutine, Harry e Niall la trattavano sempre come la piccola ingenua e pudica Wendy, ma a lei andava bene. Non voleva essere la grande donna sverginata a dodici anni. Stava bene così, ingenua, sciocca e ancora bambina.
“Non avete risposto alla mia domanda”
“Il fatto è che lui ha il coraggio di farle, certe cose – spiegò Niall – e poi per noi è una novità. Ripeto, qui dentro non succede mai niente del genere”
“Meglio così” commentò lei, prima di nascondersi dietro al libro di letteratura inglese per ripassare il programma della giornata.
Liam sorrise intenerito verso la sua direzione e Niall e Harry si lanciarono un’occhiata eloquente prima di tornare a chiacchierare tranquillamente.
 
Wendy uscì da scuola alle quattro in punto e, dopo aver salutato alcuni compagni si diresse con calma verso la fermata dell’autobus.
“Ciao Wendy Wendy – la salutò Harry passandole accanto e  sorridendole affettuosamente – a domani” sfrecciò via, correndo lungo il marciapiede per raggiungere in tempo il suo pullman che arrivava sempre in estremo anticipo.
Passò davanti ad alcuni gruppetti di studenti che, spensieratamente fumavano, ridevano o chiacchieravano. Poi, come in un incubo, si avvicinò alla sua fermata e vide Zayn appoggiato ad un muretto intento ad aprire un pacchetto di sigarette.
Cercò di passare inosservata, abbassando la testa e puntando lo sguardo sulle sue scarpe.
Con la coda dell’occhio lo vide accendersi la sigaretta in pace e tirare fuori dalla tasca dei jeans il telefono a cui erano attaccate un paio di cuffiette.
Wendy aspettò l’autobus in perfetto silenzio, ascoltando quel poco di musica che sentiva provenire dalle cuffiette del tizio. Quando il mezzo arrivò si affrettò a salire e a prendere posto sull’unico sedile libero.
Sarebbe dovuta scendere tra sei fermate, quindi si mise comoda.
Dopo una manciata di minuti però, un’anziana signora salì sul pullman e, senza esitare, Wendy le lasciò il suo posto, andando ad appoggiarsi ad uno dei pali gialli per tenersi in equilibrio. Senza volerlo incontrò lo sguardo di Zayn, poco più distante e le sembrò quasi che la stesse prendendo in giro. Il viso era serio ma lei poteva vedere l’ombra di una smorfia sarcastica.
Lo vide scuotere la testa.
Si voltò, mordendosi il labbro.
Una volta arrivata, scese alla sua fermata con una fretta incredibile. Voleva frapporre quanta più distanza possibile tra lei e quel ragazzo che, non sapeva perché, la metteva terribilmente a disagio.
Nella fretta però inciampò nel marciapiede e, con uno scossone, lo zaino le cadde a terra, e i libri capitombolarono fuori uno ad uno. Non era possibile.
Sbuffando si chinò a raccoglierli mentre la gente le passava accanto senza degnarla di uno sguardo.
Poi, un paio di vans verdi distrutte le bloccarono la visuale e lei dovette alzare lo sguardo, nonostante sapesse a chi appartenessero quelle scarpe.
“Ti serve qualcosa?” si schiarì la voce mentre riponeva l’ultimo libro nello zaino e si rialzava faticosamente.
“Perché hai ceduto il tuo posto a quella vecchia?” chiese, spiazzandola completamente. Wendy ci mise un po’ a rispondere, aprendo più volte la bocca, non sapendo bene cosa dire.
“Perchè... è così che si deve fare”
“E’ così che si deve fare ma nessuno lo fa. Perché l’hai fatto?” sembrava estremamente serio, e Wendy non capiva il perché di quella domanda.
“Perché è un gesto educato... - balbettò, sempre più a disagio. Doveva andarsene – chi fa del bene riceve sempre del bene”
“Tutti i tuoi libri sono caduti a terra e delle dieci persone che ti sono passate accanto nessuna ti ha aiutato, evidentemente non è sempre così” constatò, alzando un sopracciglio.
“Lo so ma... io non sono gentile solo per ricevere qualcosa in cambio”
“Sei davvero stupida” commentò, con naturalità, come se insultare gli sconosciuti fosse un hobby per lui.
“No, sono solo gentile. E comunque, delle dieci persone che mi sono passate accanto, tu avresti potuto aiutarmi” gli fece notare, vacillando. Lui alzò gli occhi al cielo.
“Io non sono stupido”
Si voltò e, infilatosi nuovamente la cuffietta nell’orecchio s’incamminò verso casa.
Wendy rimase lì in piedi, lo zaino in mano e un’espressione vagamente stupita stampata in faccia.





Ma buongiorno, miei cari lettori! :)
Non ho tanto tempo, quindi sarò breve, sono qui davanti al computer che muoio dal caldo. 
Allora, in questo capitolo entrano in azione i nostri tre nuovi eroi ahahah Harry, Niall e Liam. Avranno un ruolo rilevante nella storia, soprattutto Liam :)
Sinceramente questo è uno dei capitoli che mi piace meno, forse perché non succede nulla di particolarmente eclatante .-. il prossimo invece è uno dei miei preferiti asdfghjkl cercherò di postarlo il prima possibile 
nel prossimo infatti arriverà un altro personaggio ancora più importante di Liam :) 
volevo ringraziare tutte le persone che hanno inserito la storia nelle seguite, preferite e ricordate e coloro che hanno recensito gli scorsi capitoli! Grazie mille, non potete capire quanto mi rendano felici quelle recensioni :)
beh, non so che altro dire, un bacio,
alla prossima :3






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(THREE)
-angry


“Fermatevi, fermatevi!”
Si scontrò con due grandi occhi azzurri.

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Capitolo 4
*** Three - Angry ***


 

THE DARK SIDE OF ME.

(THREE)
-angry







“You are scaring the baby”
He stopped just for a moment.

 
Wendy si avvicinò allo specchio con aria assorta, ancora profondamente indecisa sulle scarpe che avrebbe messo quella sera. Indossava un semplice paio di jeans e una camicetta sobria, nulla di eclatante, quindi optò per un paio di ballerine bianche, semplici e carine. Raggiunse il bagno dove si truccò con uno strato di matita e una passata di fard sulle guance, giusto per darle un po’ di colore in più. Lasciò che i capelli lunghi e scuri le ricadessero morbidi sulle spalle, consapevole che durante la serata li avrebbe raccolti nella sua solita coda alta. Odiava tenere i capelli sciolti, le davano davvero molto fastidio, e poi si piaceva con la coda, le dava un’aria seria e intelligente. Dopotutto lei era seria e intelligente.
Afferrò la borsa e scese in salotto dove Susan giocava con la madre sul divano. Sorrise ad entrambe.
“Mamma io esco un paio d’ore con Harry, d’accordo?” si abbassò per darle un bacio sulla guancia mentre la sorella agitava le manine per attirare la sua attenzione.
“Se non foste amici da una vita, penserei che ci fosse qualcosa tra voi due...” commentò la donna, con un sorriso malizioso stampato in faccia. Wendy scosse la testa, alzando gli occhi al cielo.
“Meno male che conosci la verità allora...”
Il suono del clacson attirò la sua attenzione. Salutò la madre e la sorellina e si affrettò ad uscire dopo aver afferrato la giacca nera.
“Divertiti!” le urlò dietro la madre mentre lei richiudeva la porta.
Parcheggiata davanti al vialetto vide la macchina accesa di Harry.
“Domani nevicherà!” esclamò lui, non appena la vide entrare, riferendosi chiaramente ai suoi capelli finalmente liberi da elastici e forcine.
“Simpaticone” mormorò alzando gli occhi al cielo. Lui glieli scompigliò, facendola sbuffare, poi con un sorrisetto divertito accelerò, immergendosi nelle strade buie di Holmes Chapel.
“Andiamo al Glamour, d’accordo? Liam e Ella ci aspettano là” l’avvisò con cautela.
Wendy gli lanciò un’occhiata ostile.
“Ella? Da quando noi usciamo con Ella?” domandò, irritata e allo stesso tempo confusa. Harry sospirò.
“E’ da una vita che ci prova con me e alla fine ho ceduto... era diventata insopportabile” spiegò, mortificato. Wendy sbuffò rumorosamente.
Ella Ferguson era una delle ragazze più insopportabili dell’intera scuola. Oltre ad essere una gran maleducata, era anche rozza e stupida e Wendy non riusciva a capire come i ragazzi riuscissero a sopportarla per una sera intera. Forse la prospettiva di poter toccare quel suo seno prosperoso era un ottimo aiuto per riuscire a stare in sua compagnia. Wendy ne era disgustata.
“Harry, sei consapevole che adesso ti perseguiterà a vita? E che sarà mille volte peggio di prima?” gli fece notare, con un sopracciglio alzato e la sua solita aria da saputella. Lui sospirò mentre dava un’occhiata allo specchietto per controllare la strada dietro di loro.
“Purtroppo lo so, ma è stato più forte di me. Mi ha chiesto di uscire proprio quando quella stronza di francese mi ha interrogato ed ero talmente nervoso che ho dovuto accontentarla per non doverla più stare a sentire” spiegò, sempre più afflitto.
“Non vedo l’ora che torni Lola” esalò Wendy.
Lola, la sua amata migliore amica Lola. Lei si che era una forza della natura. Una piccola ragazzetta, alta un metro e cinquanta, snella, con dei capelli lunghi e rossi e un paio di occhietti verdi e vispi. In tutta quella piccolezza c’era un uragano di persona, una giovane ragazza intraprendente e senza peli sulla lingua. In quel periodo purtroppo però faceva parte di uno dei progetti della scuola ed era partita per un intero mese in Francia.
Lola era tutto ciò che Wendy non era.
“Già, con lei intorno, tipe come Ella non hanno neanche il coraggio di avvicinarsi” replicò Harry, con un sorriso divertito stampato in faccia. Wendy sospirò e sorrise a sua volta.
Quando arrivarono davanti al locale notò che era già gremito di persone, ed erano soltanto le nove e mezzo. Lei ed Harry parcheggiarono e scesero insieme dall’auto. Come era solito fare, Harry la prese sottobraccio, trascinandola dentro il bar.
Wendy avvistò immediatamente la chioma biondo platino di Ella e subito dopo il sorriso felice e sollevato di Liam rivolto nella sua direzione.
“Hai lasciato il povero Liam da solo con quella?” ghignò Wendy, mentre raggiungevano a passo lento il tavolo occupato dai due.
“Mi sento seriamente in colpa” mormorò prima di aprirsi in uno dei suoi più falsi sorrisi non appena fu davanti a Ella. Quest’ultima ricambiò, lanciando un’occhiata di fuoco a Wendy nel vederla così vicina alla sua preda. Lei con una rapidità impressionante lo lasciò andare, sedendosi accanto ad un povero Liam.
“Se ti fa sentire meglio, Harry si sente in colpa” gli disse con un sorriso compassionevole.
“Ho già in mente qualche favore da rifilargli” replicò, con finto tono sadico e Wendy rise.
Quando anche Ella e Harry si furono accomodati di fronte a loro la serata cominciò. La coppietta ordinò un paio di drink e, ignorando la loro presenza, cominciarono ad approfondire il loro rapporto. La lingua di Harry infatti, approfondì a fondo la bocca di Ella.
“Per fortuna che non la sopporta” commentò Wendy, trattenendo a stento una smorfia disgustata di fronte a tanta volgarità. Non che lei fosse una santa o una suora, ma c’era un limite a tutto. Non avrebbe mai baciato così un ragazzo alla prima uscita, davanti ad altre due persone per di più. Non era quel genere di persona.
“Beh, con quella scollatura si può fare un’ eccezione” fu la risposta di Liam che, senza esitazione, ricevette una pacca sul braccio.
“Siete tutti uguali” borbottò lei, trattenendo un sorrisetto divertito. Liam aprì la bocca per replicare ma la suoneria del suo cellulare lo interruppe di colpo.
“E’ Niall, esco per rispondere” dichiarò, alzandosi.
“Vado a prendere qualcosa da bere intanto, non mi va di fare la terza incomodo” borbottò lei e tutti e due lasciarono ai piccioncini un po’ di privacy.
Wendy osservò Liam uscire dalla porta d’ingresso e, con un po’ di fatica riuscì a raggiungere il bancone.
“Una birra e una coca cola, grazie” disse al barista che, con un’espressione perplessa si voltò per preparare ciò che aveva chiesto.
“Chi è che viene in un locale dove ci sono soltanto ubriaconi e ordina una coca cola?”
Wendy si voltò di lato, incontrando un paio di occhi cristallini. Osservò la faccia del ragazzo che aveva parlato e rimase colpita dal bel sorriso che le stava mostrando.
“Io” rispose, sperando in tutti i modi che le luci soffuse nascondessero il rossore sulle sue guance.
“Tu? – ripeté lui, ironicamente – solitamente quelle che sembrano le più tranquille sono le più cattivelle” commentò, alzando un sopracciglio mentre giocherellava col bicchiere mezzo vuoto della sua bibita. Wendy aggrottò la fronte.
“Beh, io sono come mi vedi”
“Io vedo soltanto una bella ragazza” replicò lui, con un sorriso sornione e gli occhi lucidi a causa dell’alcol ingerito. Wendy trattenne il respiro e si voltò verso il barista per controllare quanto gli mancava a preparare due dannati bicchieri.
“Beh ti ringrazio” disse semplicemente.
“Quanti anni hai?” chiese.
“Diciassette”
“Diciassette? Sembri una bambina” mormorò, sorridendole divertito e quasi intenerito.
“Si, me lo dicono in tanti” replicò lei, scocciata.
“Beh, le bambine non bevono coca cola, ma solo tè e succhi di frutta”
“Louis”
Wendy non poteva crederci. Anche lì, in uno dei tantissimi locali della città le toccava risentire quella voce.
Esitante si voltò e incrociò gli occhi cupi di Zayn Malik che con fare seccato la osservava. Arrogante e maleducato.
“Sei tornato finalmente – esclamò il ragazzo con gli occhi azzurri – io e questa bella bambina stavamo parlando” continuò, lanciandole un’occhiata complice che non trovò risposta.
“Che ci fai qui?” gli chiese lei di getto, pentendosi subito di quella domanda.
“E’ vietato venire in un locale il sabato sera?” replicò, acido, alzando un sopracciglio. Wendy abbassò lo sguardo, imbarazzata. Si sentì stupida per avergli posto una domanda del genere.
“Vi conoscete?” domandò il ragazzo dagli occhi azzurri, passando lo sguardo da Wendy a Zayn come una saetta.
“E’ una della mia scuola” rispose lui, seccato. Quella situazione lo infastidiva. Lei lo infastidiva.
“Beh, presentami allora” disse l’amico, ironicamente.
“No”
“Andiamo amico!”
“Presentati da solo”
“D’accordo – esalò, stufo – io sono Louis, un amico di Bradford di questo simpaticone – lanciò un’occhiata divertita a Zayn – e tu come ti chiami?”
Wendy deglutì rumorosamente e giocherellò con l’orlo della sua maglietta.
“Wendy, Wendy Evans” rispose, a bassa voce.
“Wendy? Persino il tuo nome sprizza tenerezza da tutti i pori” scoppiò a ridere e finì la sua birra in un sorso, pulendosi poi la bocca con la manica del maglione color indaco.
“E’ solo una bambina Louis, andiamocene”
Zayn gli afferrò il braccio e, con uno sguardo eloquente gli intimò di seguirlo ma Louis non si mosse.
“Zayn lo sai di essere un gran maleducato?” lo rimbeccò Louis, con un’occhiata di ghiaccio, strattonando il braccio per liberarsi dalla sua presa.
“Non ci dormo la notte”
Wendy si rese conto solo in quel momento che il barista aveva poggiato i due bicchieri accanto a lei e senza pensarci due volte li prese in mano, finalmente aveva una scusa per andarsene.
“Io... devo tornare al mio tavolo” balbettò, con un debole sorriso, nascosto dai due bicchieri.
E tutto successe in un attimo.
Louis in un gesto involontario e poco sobrio allungò il braccio verso di lei per fermarla, ma Wendy sussultò presa in contropiede e il bicchiere contenente la birra schizzò dappertutto, colpendo Louis e Zayn. Quest’ultimo imprecò, abbassando lo sguardo  sulla sua maglia dove una grossa macchia giallastra si stava espandendo a vista d’occhio.
“Guarda che cazzo hai fatto!” sbottò, alzando di scatto la testa, inchiodandola con quei due occhi ardenti. Louis si alzò per prendere le sue difese ma qualcun altro fu più svelto di lui.
Liam le si parò davanti proprio mentre Zayn avanzava verso di lei in uno scatto d’ira.
Quel ragazzo era sempre stato un pacifista, ma Wendy non poté non notare che la sua stazza era parecchio possente.
“Sta fermo” gli intimò, con tono calmo ma deciso.
“E tu chi cazzo sei? – domandò il mulatto, accalorandosi – il suo bodyguard?”
Louis con tranquillità afferrò il braccio di Zayn, cercando invano di farlo calmare. Wendy pensò che non doveva essere la prima volta che lui cercava di attenuare la sua rabbia perché i suoi gesti sembravano perfettamente studiati e la sua espressione scocciata, come se quella scenetta l’avesse vissuta milioni di volte. E forse era così.
“Non ti senti un idiota a prendertela così con una ragazza?” lo ammonì Liam con i suoi soliti modi pacati e la sua voce pacifica.
Solo quando il battito di Wendy e il suo respiro tornarono regolari si accorse di aver trattenuto l’aria per tutto quel tempo. Si era spaventata, e non poco. Vide Zayn fissarla e i suoi occhi ardere.
“E’ lei l’idiota che mi ha sporcato la maglia” ringhiò lui, in risposta, serrando la mascella.
“Vacci piano con le parole”
Wendy vide chiaramente i muscoli della schiena di Liam contrarsi e sentì il suo tono sfumare risultando più aggressivo.
“Liam…” Wendy posò una mano sulla sua spalla. Non voleva creare problemi o dare spettacolo, voleva solamente andarsene ed evitare tutto quel caos.
“Dai Zayn, andiamo via” Louis prese l’amico per il braccio cercando di trascinarlo via con sé ma Zayn sembrava irremovibile.
“Altrimenti, cosa mi fai?” il moro ora sembrava soddisfatto, come se volesse ottenere proprio quel tipo di reazione, come se volesse accendere in Liam quel pulsante che avrebbe portato la discussione a qualcosa di più violento.
“Altrimenti ti faccio tornare da dove sei venuto, coglione” replicò Liam, sempre più minaccioso. Wendy si stupì: non l’aveva mai visto così, non l’aveva mai sentito dire una parolaccia in dieci anni che si conoscevano.
Era spaventata, sapeva che Liam sarebbe riuscito a controllarsi ma conoscendo i tipi come Zayn, la situazione sarebbe degenerata in pochi secondi, e lei non voleva assistere ad una scazzottata.
“Ripeti ciò che hai detto”
Zayn non sembrava più scherzare. Nei suoi occhi baluginò un lampo di furia cieca.
“Zayn... - fu Louis a parlare – stai spaventando la bambina
Il moro distolse lo sguardo per un momento da Liam, posandolo su una Wendy spaventata e intimorita che ancora era nascosta dietro la stazza dell’amico. Sembrò quasi calmarsi per qualche secondo anche se il suo sguardo bruciava ancora; poi Liam parlò.
“Co-glio-ne” esalò l’ultima sillaba con un sorrisetto ironico.
Louis non fece in tempo a bloccare la mano di Zayn che stretta in un pugno colpì la mascella di Liam, producendo un rumore assordante e terribilmente raccapricciante per le orecchie di Wendy.
Lei riuscì a spostarsi giusto in tempo per evitare di cozzare contro la nuca di Liam, sospinta prepotentemente all’indietro. Lo vide traballare e subito dopo capì che Zayn stava per riattaccare.
Completamente impaurita, scioccata e arrabbiata come mai prima avanzò di un passo, puntandosi davanti all’amico barcollante e alzando una mano davanti alla faccia di Zayn, bloccando ogni suo movimento. Si sentiva tremendamente piccola di fronte a lui.
“Non provarci! – esclamò – o giuro su Dio che ti prendo a schiaffi!”
Zayn sembrò sorpreso. La osservò sbattendo le palpebre un paio di volte, poi si ridestò.
“Levati di mezzo” sibilò, afferrandole il polso e abbassando la mano ancora alta davanti al suo viso.
“No!” replicò, decisa.
“Zayn, andiamo via! - sbottò Louis, impaziente – vuoi fare la stessa fine di Bradford?”
Wendy venne presa per le spalle e trascinata prepotentemente di lato. Si ritrovò a fissare la possente schiena di Harry contratta in modo quasi innaturale.Sembrava anche più infuriato di Zayn e Liam messi insieme.
Lei lo guardò afflitta: sapeva che quando il riccio si arrabbiava poteva diventare davvero pericoloso.
“Se provi di nuovo a toccare, offendere, minacciare o anche solo respirare la stessa aria di Wendy, giuro su ciò che di più caro ho che i tuoi amici di Bradford e i tuoi genitori faticheranno a riconoscere la tua faccia da testa di cazzo” il suo tono era calmo, basso, freddo, ma la tensione che calò nel gruppetto fece intendere che quella minaccia non doveva essere presa come scherzo. Lo sguardo di Harry avrebbe fatto accapponare la pelle anche all’uomo più coraggioso del mondo, ma Zayn lo fissò, imperterrito.
“E’ stata la tua ragazza a rovinarmi la serata – cominciò, seccato – non fare il gradasso, quando non ne sei in grado”
Wendy fu svelta come un lampo: posò una mano sul braccio di Harry, bloccando di conseguenza ogni suo movimento.
“Harry, non farlo” sussurrò al suo orecchio in modo che solo lui sentisse.
“Non so se da dove vieni tu trattare così le persone sia una routine ma qui non lo è, quindi esci e datti una calmata”
Wendy si ritrovò a pensare come solo due giorni prima la situazione fosse completamente diversa. Si ricordava perfettamente dello sguardo di ammirazione che Harry aveva mentre parlava di ciò che Zayn poteva aver fatto per farsi espellere dalla sua vecchia scuola. E adesso era lì, davanti a lui a fronteggiarlo, con due occhi minacciosi e un tono di voce che faceva rabbrividire.
“E suppongo che io debba ubbidire ad un ragazzino più piccolo di me perché…?”
“Perché questo ragazzino può farti il culo a strisce, se vuole – replicò Harry, con un sorriso ironico –vattene, ci hai già rovinato abbastanza la serata”
Zayn inclinò la testa, sfidandolo con lo sguardo. Wendy sapeva che stava soppesando le possibilità di andarsene o di rimanere a peggiorare la situazione. Voleva intervenire, ma non sapeva come fare.
“Sentite – Harry, Wendy e persino Zayn si voltarono verso Louis – Zayn è una testa calda e se non volete avere problemi vi conviene andarvene voi. Mi dispiace per tutto questo casino, io, come voi, volevo solo passare una serata tranquilla con un amico”
Sembrava davvero dispiaciuto per l’accaduto e Wendy provò una certa compassione nei suoi confronti. Dopotutto non sembrava cattivo e, nonostante i suoi tentativi di flirtare, non sembrava avere cattive intenzioni.
“Louis ha ragione. Harry andiamo, dobbiamo medicare Liam” decretò alla fine Wendy, afferrando un braccio dell’amico e obbligandolo a distogliere lo sguardo da Zayn che ancora non sembrava intento a finire la discussione lì.
“Si amico, ascolta la tua ragazza. Devo avergliela rotta la mascella a quel perdente”
“Harry!”
Harry non ci vide più. Ignorò il richiamo di Wendy e caricò con tutta la sua forza, rifilando a Zayn una spallata nello stomaco che lo fece piegare in due, mozzandogli il fiato.
Quest’ultimo non sembrava aspettare altro.
“Era ora” sussurrò, rimettendosi in piedi. Con un sorriso soddisfatto, avanzò, ignorando le lamentele di Louis, gli occhi dei clienti che li attorniavano, il sospiro spaventato di Wendy.
Finalmente aveva qualcosa su cui sfogarsi da quando se n’era andato da Bradford. Poteva liberarsi dai problemi che lo assillavano da quando si era trasferito, dalle continue lamentele di sua madre, dai pianti di sua sorella, dalla bocciatura, dalla violenza di suo padre, dai continui brutti voti, dalla continua e opprimente sensazione di sentirsi un completo disastro per tutti quanti. Solo per un momento.
“Fermatevi, fermatevi!”
Si scontrò con due grandi occhi azzurri.
Wendy si era di nuovo frapposta tra lui e la sua unica valvola di sfogo, alzando il braccio e respingendolo indietro con una mano. Trattenne con tutto se stesso l’impulso di buttarla a terra.
“Harry, andiamocene, subito!” sbottò, infervorata, prendendo il riccio per il braccio e aiutando Liam ad alzarsi dalla sedia su cui si era momentaneamente seduto.
Uscirono in fretta, seguiti a manetta da una biondina tutta curve.
“Quella bambina non è poi tanto bambina se riesce a fermarti per ben due volte dal menare qualcuno” gli fece notare Louis, lasciandosi cadere su uno sgabello.
Zayn lo ignorò. Aveva bisogno di trovare qualcosa, qualsiasi cosa che lo distraesse dal rincorrere quei tre stronzi.
Cominciò con una sigaretta, mentre Louis ordinava il terzo giro di alcol.






Ed è arrivato anche l'amorevole Louis asdfghjkl 
ricordatevi, lui sarà un personaggio importante nella storia, così come Liam :)
Comunque, siete stupiti di vedermi aggiornare così presto? ahahahah il fatto è che amo questa storia e ho sempre voglia di postare nuovi capitoli asdfghjkl
Nel prologo mi sono completamente dimenticata di lasciarvi una foto della nostra protagonista, Wendy. Per lei ho scelto la modella Emily Didonato che io stra adoro (è la mia modella preferita asdgfg) e che secondo me rispecchia perfettamente il carattere dolce di Wendy :)
Che altro dire? ringrazio tutti quelli che hanno recensito, siete degli amori :)
spero di non aver deluso le vostre aspettative :)
un bacio,

clepp



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(FOUR)
-that hero with bad moods


“Lascia perdere” ripeté lui, duramente, e senza dire altro si voltò e se ne andò via, camminando lungo il marciapiede. Wendy lo osservò, rendendosi conto solo in quel momento di essere arrossita vistosamente.

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Capitolo 5
*** Four - That hero with bad moods ***


 

THE DARK SIDE OF ME.

(FOUR)
-that hero with bad moods






 
 

Lost in a world of magic
 because my life is a tragic

 
 


Wendy si avvolse meglio la sciarpa di lana attorno al collo, si sistemò il cappotto grigio e lanciò un’occhiata a sua sorella. La vide in difficoltà mentre cercava di recuperare un giocattolo sul divano. Con un sorriso divertito lo prese e glielo diede.
“Dai Susan, andiamo” prese la sorella per mano, assicurandosi che fosse coperta bene per uscire. Era domenica pomeriggio e Wendy era solita portare la piccolina a fare una passeggiata mentre aspettavano che la madre tornasse dal lavoro.
Susan le afferrò la mano ed insieme uscirono di casa.
Wendy era ancora scossa per ciò che era successo la sera prima. L’aveva capito che Zayn era uno spaccone e un duro ma non pensava davvero che avrebbe cominciato ad alzare le mani per un niente.
E poi Harry. Ne era rimasta completamente basita. Il suo comportamento l’aveva sorpresa, non pensava davvero che potesse abbassarsi al livello di Zayn. Si era giustificato dicendo che si era infuriato vedendo come si era comportato con lei, ma Wendy non credeva che Zayn le avrebbe mai fatto nulla di male a parte urlarle contro. Insomma, si, era un ragazzo violento e si, non lo conosceva affatto, ma era un semplice diciottenne con qualche scatto d’ira, non era un pericolo o un criminale.
“Parco!” urlò d’un tratto Susan, risvegliandola dai suoi pensieri. La trascinò verso il parco vicino a casa dove qualche bambino aveva già occupato i pochi giochi che c’erano.
“Susan non correre!” la rimproverò la maggiore, stringendo un po’ di più la presa per impedirle di correre troppo veloce.
“Endy, guarda!” Susan alzò il piccolo indice paffuto e indicò con un sorriso radioso lo scivolo giallo su cui era solita salire. Wendy sorrise, sospirando e seguendo la sorellina.
“Si ma fai piano o la mamma se la prenderà con me” le disse mentre saliva i piccoli gradini con una velocità impressionante. Sua sorella era un uragano e da quando era nata era caduta almeno una ventina di volte, senza contare tutte le botte che aveva ricevuto andando a sbattere contro qualche mobile.
Susan traballò sulla stretta asse di legno, raggiungendo a passi corti il ripiano. Affacciò la sua faccina sorridente dall’apertura dello scivolo e con un urletto irresistibile si sedette sulla plastica gialla.
“Endy, guardami!” urlò, rivolta alla sorella che, ovviamente le stava accanto, osservandola con occhio vigile.
“Vai amore mio” esclamò, incitandola.
Susan si diede la spinta appoggiando le mani sui lati dello scivolo e con una risata cristallina scivolò giù fino alla fine, sbattendo rumorosamente i piedi sull’erba.
Wendy esplose in un applauso che fece ridere ancor di più la sorella.
Dio, l’avrebbe voluta riempire di baci ovunque, era così bella con quel sorriso da bambina e quel faccino rosso e paffuto.
“Endy, là, guarda!” per la seconda volta Susan alzò l’indice e indicò un altro gioco dove altre due bambine si stavano divertendo spensierate.
“Vai, io starò proprio lì a guardarti” Wendy fece un cenno alla panchina posta esattamente a pochi centimetri da dove Susan voleva andare.
Quando la maggiore si sedette rimase per un attimo a fissare la solita fermata dell’autobus che raggiungeva la mattina. Mille pensieri cominciarono a vorticarle in testa.
Il giorno in cui aveva incontrato Zayn Malik per la prima volta era il giorno in cui aveva fatto ritardo... per la prima volta.
Il giorno in cui aveva incontrato Zayn Malik il suo pullman si era rotto a metà tragitto.
Il giorno in cui aveva incontrato Zayn Malik lei aveva camminato per mezzora, inutilmente.
Il giorno in cui aveva incontrato Zayn Malik sembrava essere stato l’inizio dei suoi problemi.
Forse era solo una coincidenza o forse era solo destino che, in quel giorno tanto sfortunato, avesse incontrato quel ragazzo. O forse era un segno.
Non era tanto difficile capire che era meglio stare alla larga da lui il più possibile e dato che lei era una ragazza tranquilla che non amava particolarmente i guai, non sarebbe stato un problema.
Avrebbe passato le sue tre ore di storia alla settimana accanto a lui, avrebbe risposto alle sue eventuali domande o sarebbe rimasta in silenzio se l’avesse ignorata, avrebbe fatto una bella figura davanti all’insegnante e tutto sarebbe andato come al solito.
Ma poi, alzò lo sguardo.
Susan non era più sopra l’altalena accanto alle altre due bambine.
Aveva distolto lo sguardo per mezzo secondo, e lei era sparita.
Il cuore le saltò in gola per poi ricadere giù, fin sotto terra.
Si alzò di scatto, come una molla e cominciò a spostare lo sguardo in ogni singolo centimetro di quel dannato parco. Non c’era.
Il fiato le venne meno.
No, non poteva averla persa, non poteva.
La sua testa cominciò ad elaborare ogni possibile conseguenza di quel suo errore. Come un vortice comparvero davanti ai suoi occhi le immagini di sua madre che le urlava contro, che piangeva, che si disperava. Vide la sua faccia riflessa allo specchio, una faccia distrutta dal dolore.Le sembrava di essere tornata nel passato, quando suo padre era morto. Le scene erano le stesse, ma sua madre non era più incinta, Susan non c’era.
Dio, perché doveva essere così negativa? Probabilmente era lì vicino, a provare qualche altro gioco.
Cercò di riprendersi. Prese un profondo respiro e avanzò di qualche passo, urlando il nome della sorella.
“Susan?!” gridò a pieni polmoni, facendo voltare qualche persona. “Susan?”
Trattenne le lacrime.
Si voltò, si rivoltò, aguzzò la vista, l’udito per captare anche solo un singolo rumore riconducibile alla sorella.
“Susan!!”
Una ciocca di capelli biondi saettò poco più lontano da dove era lei, scomparendo subito dopo dietro una macchina parcheggiata. Capì che stava attraversando la strada, intenta a raggiungere il negozio di dolci dall’altro lato.
Scattò in avanti, senza pensarci due volte.
Come a rallentatore vide sua sorella attraversare con quelle sue gambette corte la strada e fermarsi esattamente nel mezzo.
Wendy girò la testa di lato e vide il peggio. Una macchina stava per raggiungerla tranquillamente, non accennava a rallentare.
Aumentò il passo, con il cuore sempre più pesante.
“Susan!” urlò con tutta la forza che aveva in corpo.
La sorellina si voltò verso di lei e le sorrise, come se stessero giocando, come se tutto quello fosse uno stupido gioco.
La macchina era sempre più vicina. Wendy troppo lontana.
Non ce l’avrebbe fatta, non ci sarebbe riuscita.
Chiuse gli occhi, non voleva vedere, ma le gambe continuarono a correre.
Uno stridio di gomme, un urlo, un’imprecazione, un pianto improvviso e, con la speranza di rivedere la sorella sana e salva, riaprì gli occhi.
Susan era scoppiata a piangere e le sue guance erano bagnate e rosse.
La macchina che stava per investirla si era fermata bruscamente.
Davanti a lei, Zayn teneva in braccio la bambina.
Imprecando contro il guidatore si spostò dalla strada.
Con un sospiro mozzato, Wendy avanzò velocemente, raggiungendo Zayn e la sorella, prendendola in braccio con trasporto.
Quasi soffocandola la tenne stretta al petto.
“Sta più attenta la prossima volta! – le ringhiò contro Zayn, rimproverandola – l’hai terrorizzata cazzo! possibile che affidino a te la responsabilità di una bambina quando non sei neanche in grado di badare a te stessa?” sbottò, mentre Wendy si lasciava cadere a terra, Susan ancora tra le braccia.
In quel momento non le importava di Zayn, non le importava delle cose che le stava urlando contro. Avrebbe voluto abbracciarlo e ringraziarlo fino alla morte.
“Endy...” singhiozzò Susan.
Wendy la spostò leggermente per vederla meglio in viso e liberarle i capelli che le coprivano gli occhi ancora bagnati.
“Scusami, scusami, scusami” ripeté, afflitta. Scoppiò a piangere anche lei e la strinse nuovamente.
“Puoi finirla per favore? Vi stanno guardando tutti” esclamò Zayn, seccato.
Wendy si asciugò gli occhi e faticosamente si rialzò.
“Zayn io...”
“Lascia perdere per favore, hai già fatto abbastanza. La prossima volta cerca di stare più attenta a ciò che fa tua sorella prima che entrambe ci rimettiate la pelle!”
Wendy tirò su col naso e poggiò Susan sull’erba.
“Ho distolto l’attenzione per un secondo e lei...”
“Un secondo è già abbastanza! È troppo piccola, cazzo, non capisci? Se non fossi uscito in quell’esatto istante da casa mia sarebbe potuto succedere il peggio!”
Wendy inevitabilmente scoppiò di nuovo a piangere, in preda ad un forte senso di colpa. Aveva ragione, sua sorella sarebbe potuta morire solo perché lei si era distratta un secondo. Un dannato secondo di troppo.
“Endy...” Susan le tirò la manica del giubbotto.
“Susan...”
“Dio smettila di piangere! Non serve a niente!”
Zayn sembrava infuriato e Wendy non capiva il motivo di così tanto accanimento. Si sentiva già abbastanza male senza che lui sfogasse tutta la sua rabbia contro di lei.
“Non urlarmi contro...” lo pregò, flebilmente, cercando di smettere di piangere di fronte a sua sorella. Non voleva spaventarla di più.
“E cosa dovrei fare? Complimentarmi con te per ciò che hai fatto?”
“Zayn, basta!” esclamò, guardandolo negli occhi. Tremava e singhiozzava.
Zayn non parve addolcirsi o provare pena per lei, anzi, rincarò la dose.
“Finiscila di fare la vittima. Torna a casa e fa curare tua sorella da qualcuno più attento di te”
“Grazie! – sbottò Wendy – Grazie, d’accordo? Grazie per aver salvato mia sorella!”
Zayn sembrò sorpreso da quell’improvviso cambio di rotta. L’espressione si era incupita, ma lo sguardo era tagliente come prima.
“Lascia perdere” sbottò, seccato.
Con uno slancio dettato da chissà cosa, Wendy gli si avvicinò, lanciandogli le braccia attorno al collo e abbracciandolo con forza per liberarsi di tutta la sua gratitudine.
“Grazie, Zayn, grazie” gli sussurrò debolmente all’orecchio prima di mollare la presa e asciugarsi una lacrima sulla guancia.
“Lascia perdere” ripeté lui, duramente, e senza dire altro si voltò e se ne andò via, camminando lungo il marciapiede.
Wendy lo osservò, rendendosi conto solo in quel momento di essere arrossita vistosamente.
 
Wendy non aveva raccontato nulla a sua madre dell’accaduto. Non voleva di certo spaventarla proprio adesso, che era riuscita da poco a ritrovare la serenità che la morte del marito le aveva portato via.
Ammirava sua madre, era una delle donne più forti che avesse mai conosciuto. L’aveva vista piangere due volte in quel periodo lungo due anni. Quando aveva scoperto che lui non sarebbe più tornato e quando la prima parola di Susan era stata “papà”. Un papà che non avrebbe mai conosciuto.
Wendy ripensò a tutte le volte in cui lei aveva pianto per la perdita di suo padre, e a tutte quelle volte in cui sua madre l’aveva consolata, senza versare una lacrima, senza abbandonarsi al dolore. Stava lì semplicemente, ad abbracciarla e ad infonderle quella poca forza che la faceva andare avanti.
Ovviamente, non era wonderwoman. Wendy la sentiva piangere di notte, quando si svegliava per prendere un bicchiere d’acqua e passava davanti alla sua camera. La sentiva ripetere il nome di suo padre in sussurri colmi di dolore. La sentiva singhiozzare fino a star male. La sentiva obbligarsi a stare zitta, perché non voleva svegliare le figlie. Ancora una volta, pensava a loro.
Wendy non poteva capire fino in fondo ciò che provava. Lei aveva perso il padre, non l’amore della sua vita. La perdita era comunque devastante, ma il dolore era diverso.
Sua madre era sola, lei no. Lei era giovane, poteva rifarsi una vita, trovare un uomo che la amasse e passare il resto della sua vita a ricambiare il suo amore.
Per questo non le aveva detto del quasi incidente della sorella. Amava sua madre, non poteva permetterle di soffrire di nuovo. Non riusciva a pensare a cosa sarebbe potuto succedere se Susan fosse stata investita da quella macchina. Per quello si era spaventata tanto quando non l’aveva più vista giocare assieme alle altre due bambine. Era sempre molto attenta ai movimenti della piccola, non poteva permettersi errori.
Zayn l’aveva salvata.
Zayn aveva salvato sua sorella.
Zayn.
Non poteva credere che adesso provasse così tanta gratitudine per un ragazzo che, proprio la sera prima, aveva dato un pugno a uno dei suoi amici più cari e le aveva urlato contro.
Wendy entrò nel cancello della scuola alle otto e mezza. Aveva un’ora buca quindi sarebbe potuta entrare alle nove, ma voleva ripassare per l’interrogazione di quel giorno. Francese, il suo punto debole.
Raggiunse la mensa con molta calma e si sedette in uno dei tavoli più appartati possibili. Non che a quell’ora ci fosse molta gente, ma stare nascosta le dava un senso di pace.
Aprì il libro e, a bassa voce, cominciò a ripetere i verbi della prima coniugazione.
“Je mange, tu manges, il mange, nous mang... nous mang... nous mang-qualcosa” sbuffò e abbassò lo sguardo sul libro, rileggendo per la milionesima volta quel dannato nous che non le entrava in testa.
“Nous mangeons, vous mangez, ils mangent” sospirando, cominciò a ripetere altri tre verbi. Iniziò con la seconda coniugazione.
“Je finis, tu finis, il finit, nous finissons, vous finissez, ils finissent” riabbassò lo sguardo, rilesse un secondo verbo e lo rialzò per ripetere. Quando i suoi occhi puntarono l’attenzione sulla finestra davanti a lei che dava esattamente sul cortile della scuola vide Zayn Malik entrare dal cancello, una sigaretta stretta in bocca e l’espressione vagamente stanca.
Wendy distolse l’attenzione.
“Je... je... accidenti!” esclamò, riabbassando lo sguardo scocciata, rileggendo il verbo.
Ripeté fino allo sfinimento più di venti verbi e ogni volta che alzava lo sguardo, Zayn era lì, appoggiato al muretto del cortile che fissava un punto davanti a sé e fumava.
Quante sigarette fumava al giorno? Tante a giudicare dall’accendino scarico e il pacchetto quasi vuoto.
Wendy lo guardava, abbassava lo sguardo e lo rialzava a intervalli regolari.
Stava cercando di captare i suoi pensieri. Aveva un viso stravolto, i capelli erano disordinati, l’aspetto trasandato e gli occhi circondati da due occhiaie marcate. Non aveva una bella cera e lo sguardo era perso chissà dove. Inoltre ogni mattina era perennemente in ritardo. Forse non riusciva ad alzarsi in tempo dal letto? O forse continuava a perdere il pullman e prendeva quello successivo?
Voleva sapere, ma non poteva.
Perché voleva sapere? Non erano fatti suoi.
Cambiò pagina. Lesse il verbo, alzò lo sguardo, guardò Zayn, ripeté a memoria.
E continuò l’azione per un paio di volte fino a che si stufò e chiuse il libro, ritirandolo nella cartella. Zayn non c’era più.
Si chiese dove potesse essere andato e, come ad averlo invocato, entrò in mensa con passo lento e strascicato. Andò a sedersi in uno dei tavoli più vicini all’uscita e si abbandonò sul ripiano.
Wendy stava per andarsene ma decise di rimanere lì dov’era.
Che stava facendo? Non poteva basare le sue azioni su ciò che lui faceva.
Si alzò; si risedette.
In fondo un altro ripasso non le avrebbe fatto male. Tirò fuori il libro ma lo lasciò chiuso sul tavolo. Zayn aveva tirato fuori dallo zaino un blocco disordinato dove era agganciata una matita corta e mangiucchiata.
Come perso in chissà quale mondo affondò la punta della matita sul foglio bianco e cominciò a muovere la mano con gesti lenti e precisi. Wendy rimase ipnotizzata a fissare la sua espressione concentrata, i suoi lineamenti tesi, le sopracciglia unite. Le labbra rilassate, gli occhi sereni, il respiro regolare. Il ciuffo cadente sulla fronte, gli zigomi alti, le ciglia lunghe.
Si ridestò al suono della campanella.
Rimase per un attimo sorpresa dal fatto che avesse perso tempo ad osservare Zayn piuttosto che ripassare.
Poi si alzò di scatto, impacciata, non voleva di certo fare tardi alla lezione successiva.



 

E siamo già al quarto capitolo. Che noia, sto postando veramente troppo hahaha che posso farci? 
beh, non ho molto da dire, se non che in questo capitolo wendy comincia a capire qualche aspetto del carattere di zayn. 
Vi avevo già avvertito che ci metterà un bel po' ad aprirsi con wendy, almeno altri dieci capitoli hahah
beh, spero davvero che il capitolo vi sia piaciuto :)
nel prossimo non succederà nulla di eclatante, ma mi piace un sacco lo stesso asdfjgld non vedo l'ora di postarlo!
ah, l'altro giorno ho scritto una OS su harry e mi piacerebbe sapere cosa ne pensate :)

Un altro mondo  

ah si, grazie a tuuuuutti quelli che hanno recensito gli scorsi capitoli e che hanno aggiunto la storia tra le preferite, seguite e ricordate! non potete capire quanto mi rende felice sapere che la storia vi piace :)
un bacio,

alla prossima



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(FIVE)
-umbrella


“Sei così irritante”
“Voglio solo essere gentile”
“E’ la gentilezza a renderti irritante”

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Capitolo 6
*** Five - Umbrella ***


 

THE DARK SIDE OF ME.

(FIVE)
-umbrella









“Why are you so grumpy?”
“Because you’re stressing”

 


Wendy aveva appena tirato fuori il suo libro di storia quando sentì un tonfo accanto a sé. Vide Zayn poggiare i gomiti sul banco e spostare lo sguardo dalle sue mani al panorama fuori dalla finestra.
Buongiorno pensò Wendy, anche per me è un piacere vederti.
Sospirando, rilesse velocemente l’argomento della lezione precedente mentre al suo fianco Zayn tirava fuori dallo zaino un mucchietto di libri per cercare quello di storia. Wendy con la coda dell’occhio vide il blocco disordinato su cui l’aveva visto disegnare due giorni prima.
Era una buona occasione per non farsi i fatti suoi.
“L’hai fatto tu?” domandò lei, timidamente, indicando con l’indice la copertina del blocco su cui era scarabocchiato uno strano disegno. Lui annuì appena e coprì il quaderno con un libro.
“E’ molto bello” commentò, con un debole sorriso che ovviamente non venne ricambiato. Roteò gli occhi e tornò alla lettura della lezione.
Cosa si era detta? Ah si, di rimanere in silenzio se Zayn avesse fatto l’introverso.
“Grazie”
Wendy rimase per un attimo a fissare un punto indefinito della pagina, incredula di ciò che aveva appena sentito. Poi si voltò verso di lui, le guance in fiamme e un sorriso ad adornarle il viso.
Certo, l’aveva detto con un tono brusco e duro, ma era comunque un segno di umanità.
“Figurati... – replicò, indecisa – ne hai fatti altri?” domandò, titubante e insicura. Non voleva calcare troppo la mano.
Zayn annuì semplicemente.
Wendy si aspettò che glieli facesse vedere ma lui si voltò dall’altra parte e tornò a fissare la finestra.
Era già un risultato.
Durante la lezione qualcuno le picchiettò la spalla da dietro, lanciandole sul banco un bigliettino accartocciato. Odiava quei mezzi, non capiva perché la persona che volesse dirle qualcosa non poteva aspettare di parlarle faccia a faccia. Accertatasi che il professore non la stesse guardando, aprì il foglietto.
Scritto in una grafia disordinata c’era l’invito alla festa di un certo Harry Styles, quel sabato. Wendy roteò gli occhi, quasi ironicamente. Ovviamente era stata la prima a sapere della festa, e quel bigliettino per lei era inutile, così lo passo alla compagna davanti. Era quello il modo degli studenti di passare il tempo durante le lezioni. Era tipico far girare dei bigliettini  con pettegolezzi o novità che tutta la classe leggeva. Wendy non ne andava matta, ma scopriva tante di quelle cose con quei piccoli pezzetti di carta che la lasciavano completamente basita.
Improvvisamente, si rese conto di non aver passato il biglietto al suo compagno di banco. Con una smorfia si chiese se fosse il caso di invitarlo a quella festa dopo ciò che era successo con Harry.
Forse lo era, dato che quasi tutta la scuola era invitata e non sarebbe stato carino snobbare il nuovo arrivato così.
Forse però avrebbe dovuto prima chiedere ad Harry.
Ma lei sapeva già che le avrebbe detto di no.
Che cosa poteva fare? Voleva dare una possibilità a Zayn, dopotutto non si era ancora per niente ambientato e quella festa sarebbe stata l’occasione perfetta per integrarlo nella vita sociale di Holmes Chapel.
Decise di aspettare la fine della lezione per parlargliene. A pensarci bene, ci sarebbero state talmente tante persone che probabilmente Harry non avrebbe neanche notato la presenza di Zayn.
Ma si era detto di non volere problemi, e Zayn era un problema.
La campanella suonò e lei si schiarì la voce, pronta a parlare.
Ma Zayn si era già alzato, e lei non era abbastanza coraggiosa per bloccarlo.
Sospirò, ci sarebbero state altre occasioni.
Uscì dall’aula e vide Harry, poggiato sul suo armadietto, il telefono in mano e la sua solita capigliatura strana.
“Si parla solo della tua festa” lo salutò, con un sorriso, spostandolo gentilmente dal suo armadietto per aprirlo e inserirci i libri.
“Lo so, Wendy Wendy, qui si parla sempre di me, o di qualcosa inerente a me” Wendy roteò gli occhi e tirò fuori dallo zaino i quaderni per le prossime due lezioni.
“Settimana scorsa l’attenzione era completamente puntata su qualcun altro, a quanto ricordo” commentò lei, ricevendo in risposta un grugnito infastidito.
“Lascia perdere quel deficiente, e concentriamoci su cose più importanti” replicò, serio.
Brutto segno. Wendy cominciò a ripensare all’idea di invitare Zayn. Forse non era poi una così buona idea.
“Sono tutta orecchi” chiuse l’anta dell’armadietto e si lasciò prendere a braccetto dall’amico.
“Ci sarà più gente del previsto, da quanto dice Liam. Probabilmente dovrò buttare fuori qualcuno altrimenti la casa esploderà” confermò Harry, elettrizzato. Wendy fece una smorfia.
“Forse è il caso di annullare, no? Insomma, i tuoi neanche lo sanno”
Harry sospirò e, come era solito fare, le tirò la coda di cavallo. Quello era uno dei suoi tipici gesti che le facevano capire che aveva detto qualcosa di profondamente stupido, ingenuo e da lei. Stava cominciando a prendere in considerazione l’idea di lasciarsi i capelli sempre sciolti perché era stufa di essere tirata ogni due minuti.
“Perché sei così piccina, Wendy? Non capisci? È questa la parte bella di una festa – sospirò – fare tutto di nascosto dai genitori”
“Ok, poi però il giorno dopo quando tu sarai ancora ubriaco marcio con qualche ragazza nel letto, non chiamarmi per aiutarti a pulire perché per la piccina la parte bella della festa diventerà dirti di no” gli spiegò ironica e lui rise, scuotendo la testa.
“Tanto bastano i miei due occhioni verdi per farti cedere – imitò la sua espressione da cane bastonato – siamo come madre e figlio, puoi arrabbiarti, ma non puoi negare un aiuto al tuo pargoletto”
Wendy scoppiò a ridere e lo spintonò affettuosamente.
Insieme raggiunsero l’aula di matematica dove l’insegnante entrò subito dopo di loro.
“Signor Styles, la smetta di importunare la signorina Evans!” esclamò, ironicamente, poggiando sulla cattedra la sua valigetta.
“E’ lei ad importunare me!”
 
Dopo altre quattro ore di lezione Wendy uscì dal portone della scuola e corse a ripararsi sotto l’ombrello di Niall.
“Ci mancava solo la pioggia” commentò il biondino, accogliendola al riparo.
“Viviamo in Inghilterra, che ti aspetti?”
“Spero solo che sabato non piova, non posso permettere che i miei capelli si bagnino prima della festa di Harry” Wendy roteò gli occhi. Persino lei non si preoccupava così tanto dei suoi capelli.
“Lo spero, altrimenti tutti quei poverini che non entreranno in casa si prenderanno una bella lavata” intervenne Liam, avvicinandosi ai due con aria imbronciata. Wendy lo osservò intenerita, sapeva che odiava con tutto se stesso la pioggia. E come non poteva un ragazzo così solare, non odiare la pioggia?
“La mia voglia di venire alla festa diminuisce sempre di più” commentò lei, infilandosi le mani in tasca.
“Ci tireremo su il morale a vicenda” la consolò Liam, con un sorriso compassionevole.
“Voi due siete una noia” Niall roteò gli occhi, con una smorfia buffa che fece ridere Wendy.
I due ragazzi si misero a chiacchierare della partita di calcio della sera prima così Wendy non li stette più ad ascoltare. Pensò ai compiti che avrebbe dovuto fare quel pomeriggio, alla cena da preparare, alla sorellina a cui avrebbe dovuto badare, alle faccende di casa, alla spesa, alla questione di Zayn.
Ancora non sapeva bene se invitarlo oppure no. Forse era meglio di no. O forse si.
Doveva farsi i fatti suoi.
Decisamente.
“Secondo voi è azzardato invitare Zayn Malik alla festa di Harry?” interruppe bruscamente il discorso dei due ragazzi che, con uno scatto della testa, si voltarono verso di lei all’unisono.
“Invitare chi?”
“Alla festa di chi?”
“Zayn Malik...”
“Alla festa di Harry?”
“Sei pazza?”
“Vuoi che Harry ti uccida?”
“Sei così masochista?”
Wendy alzò le mani in segno di resa.
“State calmi, era solo un’idea!” esclamò, roteando gli occhi.
“E da dove è saltata fuori questa brillante idea?” domandò Niall, ironicamente.
“Il fatto è che... insomma, è un ragazzo molto introverso, è qui da due settimane e ancora non parla con nessuno”
“Perché lui non parla, insulta” la interruppe Liam, e Wendy lo guardò con aria compassionevole. Aveva ancora un livido visibile sotto al mento.
“Ad ogni modo... credo sia un’occasione per farlo integrare” disse lei, con calma.
“Io non voglio che si integri” replicò Niall, bruscamente.
Wendy sospirò. “Solo una settimana fa lo idolatravate” sbottò, guardandoli di traverso.
“Una settimana fa non aveva ancora spaccato la faccia a Liam e insultato te e Harry” replicò lui, infervorandosi. In effetti, aveva ragione.
Uno a zero per Niall.
“D’accordo ma... cercate di capirlo, è solo, non ha amici qui ad Holmes Chapel, l’anno è già iniziato, è indietro con le materie, è perennemente in ritardo...”
“E non ha un ombrello...” l’interruppe di nuovo il biondino mentre fissava un punto al di là della sua spalla. Wendy aggrottò la fronte, confusa. In risposta Niall le indicò con l’indice dietro di lei.
Wendy vide Zayn avventurarsi sotto la pioggia, coperto solo dal leggero cappuccio della felpa nera.
“Andiamo non avete un cuore?” si girò di nuovo verso gli amici. Loro scossero la testa all’unisono.
“D’accordo, vorrà dire che allora io e il vostro caro Zayn saremo gli unici a non venire alla festa e a bagnarci come dei poveri idioti” fece un passo indietro dove non c’era riparo e la pioggia cominciò a batterle sopra la testa.
“Perché devi fare la cocciuta in situazioni così stupide?” sospirò Niall, scuotendo la testa.
“Perché non è giusto che voi lo trattiate così – spiegò Wendy – non conoscete la sua storia, ma ne avete inventata una. Non conoscete il suo carattere, ma ne avete creato uno”
Aveva il viso e la felpa già fradici. Sperò di convincerli il prima possibile.
“E’ lui ad essersi comportato male nei nostri confronti” replicò Liam, inviperito.
“D’accordo, questo è vero. Non ha scuse ma è comunque un ragazzo solo, che è stato mandato in un posto dove non conosce nessuno, e nessuno ha cercato di aiutarlo”
Niall sbuffò, Liam abbassò lo sguardo.
Sapeva che li stava quasi per convincere, così rincarò la dose.
“Inoltre a quella festa ci saranno tante di quelle persone che hanno avuto un sacco di dispute con Harry, una in più che differenza fa?”
Niall sbuffò di nuovo.
Liam invece le diede il suo ombrello, andando a ripararsi sotto quello dell’amico.
“Va ad invitarlo, ma non venire a piangere da noi quando ti insulterà” mormorò Liam, fissandola con uno sguardo strano.
Wendy gli sorrise, riconoscente e scese gli scalini che portavano al cortile.
“Wendy - si voltò verso Liam che l’aveva richiamata – se ti insulta vieni a dircelo, subito” le disse, la voce preoccupata e lo sguardo ansioso.
“Si Liam, ma non lo farà” li salutò con un cenno della mano e si voltò nuovamente.
Zayn era proprio davanti alla fermata, appoggiato al muretto, completamente bagnato.
Si fece coraggio e lo raggiunse a passi piccoli e lenti.
Con un profondo respiro gli si parò davanti. Lui alzò a malapena lo sguardo e quando la vide lo riabbassò sullo schermo del suo cellulare.
“L’ombrello è abbastanza grande per entrambi” disse, accennando un debole sorriso che ormai sapeva non avrebbe ricevuto risposta.
“Mi piace la pioggia” replicò lui, con una smorfia.
“Al tuo telefono no però” accennò allo schermo del suo cellulare completamente fradicio.
“Mi piace la pioggia” ripeté lui, duramente.
Wendy si trattenne dallo sbuffare e andò ad appoggiarsi a qualche centimetro di distanza da Zayn.
“Devo chiederti una cosa” buttò lì lei, guardandolo di sottecchi. Sarebbe arrossita, ne era certa. Non pensava che chiedergli di venire ad una stupida festa potesse essere così complicato.
“Farò finta di ascoltarti”
“Perché sei così scontroso?” le parole le erano uscite senza che lei potesse fermarle. Come aveva previsto, arrossì vistosamente, e sperò che il rumore della pioggia avesse coperto le sue parole, ma le aveva dette con un tono di voce troppo alto.
Zayn parve sorpreso per un attimo e, finalmente, alzò la testa dal telefono e la guardò con intensità. Wendy si chiese se lo faceva apposta ad avere uno sguardo così impetuoso ogni volta che lo puntava su qualcuno, oppure se non se ne rendesse nemmeno conto.
“Sei tu ad essere troppo stressante” l’apostrofò, alzando un sopracciglio. Wendy non ci poteva credere. Stressante? Lei? L’unica che stava cercando di aiutarlo?
“Sto solo cercando di essere gentile con te dato che fino ad adesso nessuno lo è stato” replicò lei, mantenendo il tono della voce ad un livello basso. Lui alzò i lati della bocca, formando un sorriso malizioso.
“In realtà, una biondina, qualche sera fa, è stata fin troppo gentile” ammise, e Wendy ne rimase disgustata. Detestava quelle cose, con tutto il cuore.
“Lascia perdere” disse, voltandosi  e incamminandosi verso il ciglio della strada, il più lontano possibile da Zayn.
“Aspetta”
Cinque dita bagnate le avvolsero l’esile polso, bloccandola a metà strada.
Lei si voltò, sorpresa da tale gesto.
Guardò Zayn, in attesa, ma lui non parlò. La sua mano circondava ancora la sua pelle.
“Hai bisogno di qualcosa?” chiese, il tono un po’ seccato, un po’ ingentilito. Lui scosse la testa e mollò la presa.
Le sembrava di impazzire.
“Ok” si voltò, e continuò a camminare. Quando si fermò sentiva chiaramente lo sguardo di Zayn puntato sulla sua schiena come una mitragliatrice pronta a sparare. Avrebbe voluto scomparire, sotterrarsi, essere risucchiata dal marciapiede.
“Cosa dovevi dirmi?”
Ogni volta che apriva bocca, la stupiva. Non esisteva persona più lunatica di lui.
Wendy cercò di mantenere la voce salda e si girò nuovamente verso di lui. La stava fissando con uno sguardo seccato, annoiato e allo stesso tempo profondamente intenso. Era quasi indecifrabile.
“Niente”
Ci aveva ripensato, non era una buona idea. Zayn non era un soggetto tranquillo, e non voleva assolutamente far arrabbiare Harry o rovinargli la serata. Se avesse scoperto della festa e sarebbe voluto venire era un conto, ma non voleva essere lei a dirglielo, scatenando così la rabbia di Harry.
Aveva deciso.
“Ok” alzò le spalle e tornò ad appoggiarsi al muretto.
Il pullman arrivò dopo pochi minuti, la pioggia non accennava a smettere.
Wendy rimase per tutto il tragitto a fissare il paesaggio cambiare fuori dal finestrino. Quando arrivò alla sua fermata scese e aprì l’ombrello di Liam.
Subito dietro di lei scese Zayn, sorpassandola a passo svelto, coprendosi la testa con quel cappuccio già fradicio. Lo vide attraversare la strada e dirigersi verso un condominio.
Wendy si voltò, non voleva sembrare una stalker.
S’incamminò per il marciapiede, ma le venne impossibile tenere lo sguardo puntato per terra quando sentì un colpo arrivare proprio dalla sua sinistra. Si voltò di scatto e vide Zayn colpire una seconda volta il muro accanto al citofono. Lo vide parlare, o meglio sbraitare, contro l’aggeggio e poi, dopoaver colpito per l’ennesima volta la parete, si andò a sedere sugli scalini, coprendosi meglio con la felpa.
Sembrava distrutto, più stanco di prima. Vulnerabile.
Wendy non potè far altro che attraversare la strada e raggiungerlo. Era nel suo carattere, non poteva farci niente.
“Senti – intervenne – so che mi trovi stressante e tutto il resto, non voglio sapere il motivo per il quale sei seduto qua fuori o per il quale hai quasi sfondato quella parete, ma non posso lasciarti qui sotto la pioggia con questa faccia da cane bastonato” disse in fretta, non avendo neanche il tempo di pentirsene e ritirare tutto.
Lui la guardò, e Wendy non riuscì a decifrare il suo sguardo.
“Quindi?” domandò, serio.
“Quindi – sospirò – tieni il mio ombrello, farò una corsa per tornare a casa” gli porse l’ombrello di Liam e subito venne colpita da una miriade di gocce di pioggia.
Con sua sorpresa, lui lo rifiutò.
“No” disse semplicemente e il suo tono sembrava non ammettere repliche.
“Avanti, abito qui vicino” glielo porse di nuovo e lui di nuovo glielo restituì.
“Non ne ho bisogno”
“Prenderai l’influenza”
“Ho passato di peggio” rise amaramente, scuotendo la testa.
“Per favore, prendi l’ombrello”
“Ho detto di no!” sbottò allora, alzandosi di scatto e scendendo di uno scalino.
Wendy lo vedeva a metà, l’ombrello gli copriva la fronte e i capelli.
I suoi occhi erano intensi, proprio come prima.
La guardava come se volesse farle qualcosa, come se la sola vista di lei lo rendesse nervoso.
“Ok”
Lui si risedette.
Lei ci mise un po’ a decidere.
Si sedette al suo fianco e alzò l’ombrello per coprire l’alta figura di Zayn. Lui sbuffò e chiuse gli occhi.
“Sei così irritante”
“Voglio solo essere gentile”
“E’ la gentilezza a renderti irritante”
Wendy non disse nulla. Abbassò lo sguardo e rimase in silenzio a pensare a ciò che aveva detto.
Forse non era giusto imporgli la sua presenza così. Le aveva fatto chiaramente intendere che la infastidiva quindi non era il caso di peggiorare la situazione. Se voleva stare lì seduto, da solo, non erano affari suoi.
Si alzò, lasciò l’ombrello aperto accanto a lui e s’incamminò a passo svelto per il marciapiede. Più camminava veloce prima sarebbe arrivata a casa, meno si sarebbe bagnata.
Cercò di ripararsi sotto i balconi o qualunque sporgenza degli edifici ma la doccia era inevitabile.
Di colpo, affondò una converse bianca in una profonda pozzanghera, lavandosi i jeans chiari fino al ginocchio.
“Deve essere uno scherzo” sibilò, trattenendo a stento la voglia di urlare.
“Se stessi attenta a dove metti i piedi, magari eviteresti certe figure” il tono saccente e duro di Zayn le arrivò da dietro e subito dopo sentì la pioggia cessare sopra di lei.
Si voltò, rossa in viso e lo vide dietro di lei sorreggerle l’ombrello sulla testa.
“Grazie” sussurrò, in imbarazzo.
Zayn non rispose.
Wendy non sapeva che fare.
Si guardarono.
Lui parlò.
“Se casa tua non è lontana ti accompagno – disse, seccato – ma se lo è, questo è l’ombrello e quella la strada”
Che gentile.
Lei gli fece strada e in silenzio cominciarono a camminare.
Wendy cercava di stare il più al riparo possibile mentre Zayn cercava di starle il più lontano possibile. Praticamente, lui teneva l’ombrello, ma quella ad esserci sotto era lei. Era come se non volesse nemmeno sfiorarla accidentalmente.
“Casa mia è quella” Wendy indicò una villetta bianca. In veranda sua madre l’aspettava, già pronta per andare al lavoro.
“Wendy! Era ora diamine! Susan è in casa, sono in un ritardo allucinante!” strillò, scorrazzando per il giardino.
“Scusa mamma” replicò mortificata.
“Non importa, va in casa. Oh, tu devi essere un amico di Wendy, piacere, io sono sua madre. Scusa ma non posso restare a parlare. Buona giornata!”
Sua madre s’infilò in macchina senza dare il tempo a nessuno dei due di replicare e accelerò come un fulmine.
“Ehm... lei solitamente è più simpatica” disse Wendy, più imbarazzata che mai.
Zayn alzò le spalle, indifferente.
“Vuoi... mmmh… vuoi entrare?”
Scosse la testa.
“D’accordo... ehm... l’ombrello lo puoi tenere, me lo ridai domani”
“No, riprenditelo, non mi va di avere cose in sospese con qualcuno”
Wendy annuì, non capendo del tutto quell’affermazione.
“Ciao, allora” lei alzò la mano e con l’altra abbassò la maniglia della porta.
“Ciao” Zayn non disse altro. Infilò le mani in tasca e scese gli scalini della veranda.
Wendy non sapeva cosa fare.
Invitarlo? Non invitarlo?
Era in strada.
Invitarlo?
Si stava allontanando.
Non invitarlo?
“Zayn!” lo richiamò, ad alta voce.
Lui si bloccò di colpo, come se qualcuno di invisibile lo avesse afferrato per le spalle. Ci mise un po’ a voltarsi.
“Sabato c’è una festa a casa di Harry Styles – Dio, stava arrossendo di nuovo – ti... ti andrebbe di venire?”
Inspirò. Abbassò lo sguardo. Arrossì. Attese.
“Harry Styles?” domandòlui.
“Si, il ragazzo con cui hai... litigato sabato scorso”
Certo, detta così non sembrava una proposta poi così allettante.
“Il ricciolino?” lei annuì.
Lui sembrò animarsi.
“A che ora?”
“Alle nove”
“Ci sarò”
“Ci sarai?”
“Si”
Zayn si girò e continuò a camminare.
Wendy l’osservò a lungo.
Poi lui svoltò l’angolo e lei entrò in casa.






Sbabam!
Non potete capire quanto pessima sia cominciata questa giornata.
Ho un dolore allucinante alla schiena, un sonno pazzesco e il morale sotto ai piedi. Ho appena scoperto che la mia metà, il mio Johnny Depp, si ritirerà dalle scene. Non potete capire cosa sto provando in questo momento.
Ma comunque, torniamo alla storia... allora, questo è uno dei capitoli che preferisco perchè, finalmente, quei due cominciano a comunicare e a passare del tempo assieme, godetevi questo momento perchè nel prossimo capitolo le cose già crolleranno di nuovo hahah
e non è una vera fan fiction se dentro non ci si infila una festa a casa di Styles!
Nel prossimo capitolo, appunto, ci sarà questa fatidica festa e non vedo l'ora di postarlo percbhè è uno dei miei preferiti in assoluto asdfdsgkdfl 
zayn combinerà un po' di guai ma vi prometto che rimedierà hahah
Comunque, voi non potete capire quanto sia felice per questa storia! Effettivamente non ha ricevuto poi così tanta attenzione ma io sono troppo felice perchè due delle mie autrici preferite l'hanno aggiunta tra le seguite e questo per me è... wow!
sto divagando troppo...
vorrei farvi una domanda very easy, cosa ne pensate di harry, niall e liam? sono curiosa di sapere se vi piacciono etc..
ah si, quasi dimenticavo, ho cominciato a scrivere una nuova ff dedicata a Harry, ma anche a tutti gli altri ragazzi. Si chiama "On the road" e nel prossimo capitolo credo che vi lascerò una piccola anticipazione se faccio in tempo a scriverla. 
un'altra cosa, settimana scorsa ho scritto due One Shot dedicate a Harry e mi piacerebbe farvele leggere :)

Un altro mondo 
Ti ho amata 

Penso di aver finito..
grazie a tutti per aver inserito la storia nelle preferite, seguite o ricordate e per aver lasciato una recensione, lo apprezzo molto :)
un bacio,

clepp








(SIX)
-obey me


“Vuoi che io diventi cattivo?”
“Diventi? Non lo sei già?”
“Tu non vuoi vedermi veramente arrabbiato. Sali” 

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Capitolo 7
*** Six - Obey me ***


 

THE DARK SIDE OF ME.

(SIX)
-obey me





 
 

“You want me to be bad?”
“you’re not already?”
 



“Harry!”
Wendy cercò di farsi spazio attraverso quella massa di gente che animava il piccolo salotto di Harry. Era un delirio, ancora peggio di come l’avevano immaginato.
Vide l’amico ridere con Niall mentre entrambi tenevano in mano un bicchiere di carta. Wendy si voltò verso Liam, indicando gli altri due.
“Siete arrivati!” esclamò Harry non appena li vide e con un gesto poco sobrio afferrò le spalle dell’amica e le schioccò un bacio rumoroso sulla guancia. “Sei bellissima!” le urlò nell’orecchio per sovrastare il rumore della musica.
“Grazie, Harry” replicò lei, cercando di ignorare il suo alito che puzzava di alcol. Non si era ancora abituata a quelle feste dove tutti bevevano fino a star male, ma soprattutto non si era abituata al suo migliore amico ubriaco marcio già alle dieci di sera.
Lei preferiva non bere. Lo aveva fatto una volta, e aveva rischiato di finire in ospedale. Da quel giorno aveva capito che il suo corpo non poteva reggere più di tanto l’alcol, così aveva smesso completamente, facendo stare più tranquilla sè stessa e sua madre.
La musica era assordante e la casa era gremita di adolescenti sballati.
Wendy si pentì di non essere rimasta a casa.
“Prendete qualcosa da bere!” esclamò Harry indicando con l’indice il tavolo pieno di bottiglie piene che aveva messo in un angolo della stanza. Wendy scosse la testa.
“Sai che non bevo” mormorò lei, guardandolo con sguardo severo ma, calmandosi poco dopo, sapendo che con lui ubriaco non avrebbe risolto niente.
“Allora berrò io per te!” esclamò, alzando in alto le mani. Subito dopo lui e Niall sparirono tra la folla.
“Andiamo a sederci?” chiese Liam, guardandola con sguardo compassionevole.
In quei momenti amava avere un amico come Liam. Erano così uguali che bastava poco per capirsi. Entrambi sarebbero voluti rimanere a casa, era evidente.
Riuscirono a trovare un paio di sedie senza molta fatica.
“Sarà una lunga serata” mormorò Liam, con un sorriso ironico.
“Davvero lunga”
“Alla fine, il tuo amico viene?” domandò lui, cercando di nascondere il fastidio che gli cresceva dentro.
Wendy si schiarì la voce, leggermente a disagio. Amico?
“Mi ha detto di si – rispose semplicemente – ma non credo che venga” continuò, abbassando lo sguardo sul suo vestito bianco, poco consono per una festa del genere.
Era un semplice vestito che andava ad allargarsi sotto il seno, bianco, con le spalline larghe, regalatole dalla madre a Natale.
Guardò l'abbigliamento delle altre ragazze stipate nel salotto, e si sentì un pesce fuor d'acqua. “Meglio così” rispose Liam.
Continuarono a parlare del più e del meno, a ridere e a farsi compagnia a vicenda per superare con un sorriso quella serata. Alla fine quelli che rimanevano sempre sobri erano loro due.
Wendy si domandò, per la milionesima volta, come sarebbe stata una eventuale storia con Liam. A volte ci pensava, specialmente quando passava tanto tempo con lui. Pensava a che tipo di coppia sarebbero stati e a cosa avrebbe pensato la gente di loro, ma soprattutto, si chiedeva se lei sarebbe stata felice.
Harry le aveva detto più volte che secondo lui sarebbero stati la coppia perfetta di Holmes Chapel, la coppia più tenera e dolce dell’intera scuola.
Ma a lei Liam non piaceva in quel senso.
Era uno dei suoi amici più cari ma non riusciva a pensare a lui come al suo ragazzo. Erano troppo simili caratterialmente e fidanzarsi con lui sarebbe stato un po' come fidanzarsi con se stessa.
“Vado in bagno” l’avvisò lei, d'un tratto, alzandosi e facendosi spazio a fatica tra la gente. Raggiunse il secondo piano, attraversò il corridoio e arrivò all’ultima porta.
Si bagnò le guance e inspirò un po’ di aria fresca, non contaminata da odori vari come birra, sudore e fumo. Prese l'asciugamano e mentre si asciugava le mani alzò lo sguardo verso la finestra.
Si sentì mancare.
In strada, davanti al vialetto di casa, un gruppetto di sette ragazzi tra cui una ragazza stava oltrepassando il cancello degli Styles.
Riconobbe immediatamente il ragazzo avvinghiato ad una rossa vestita così diversamente da lei.
Superato lo stupore iniziale, ci mise poco a capire.
Zayn aveva portato lì i suoi amici di Bradford e indovinare il perchè non era poi tanto difficile.
Voleva rovinare la serata a Harry, fargliela pagare per ciò che aveva fatto. Ecco perché aveva accettato così volentieri, ecco perché si era illuminato quando lei l’aveva invitato, pochi giorni prima.
Doveva mandarli via, ma come poteva scacciare sette ragazzi dall’aria poco affidabile, quando non aveva neanche il coraggio di parlare a Zayn senza balbettare?
Doveva almeno tentare.
Uscì dal bagno e a passo spedito scese le scale. La situazione era come prima, se non peggiore. Una trentina di studenti stipati in un piccolo salotto ballavano a ritmo di una musica assordante. Non riuscì a vedere Harry, né Liam o Niall.
Vide la porta d’ingresso aprirsi e gli amici di Zayn entrare senza che nessuno si accorgesse di niente. Notò Louis, l'unico che aveva già visto, farsi spazio tra la folla per raggiungere il tavolo degli alcolici.
Continuò a barcollare, raggiungendo l’uscita.
Non appena aprì la porta, Zayn comparve di fronte a lei. I loro visi a pochi centimetri di distanza, il fiato di Zayn impregnato di fumo e il suo braccio avvolto alla vita della ragazza dai capelli rossi.
“Che cosa hai fatto?” esalò Wendy, cercando disperatamente di non arrossire. Lui la fissò con uno sguardo confuso e vuoto, come se a malapena riuscisse a vederla. “Chi sono queste persone?”
“Dei miei amici” rispose poco dopo, con un debole sorriso ironico che sparì quasi subito.
“Amici?”ripeté lei, mentre il panico l’assaliva. Se Harry l’avesse visto, li avesse visti, sarebbe stata la fine.
“Si, amici, tu non ne hai?” sbottò Zayn, seccato.
“Non sarebbero dovuti venire”
“Tu non l’hai specificato”
“Era sottinteso”
Rimasero a fissarsi per qualche secondo. Gli occhi di Zayn leggermente rossi, quelli di Wendy lucidi e brillanti.
“Sii più precisa la prossima volta”
“Zayn possiamo entrare?” si lamentò la rossa, afferrando il braccio di Zayn e lanciando un’occhiata di sbieco a Wendy.
“Tu entra” replicò lui, senza un accenno di vero interessamento nei confronti della ragazza. La rossa sbuffò e, alzati gli occhi neri come la pece al cielo, si rifugiò in casa. Wendy pensò che doveva essere abituata a quel tipo di atteggiamento.
“Non avresti dovuto portarli” ripeté lei una volta da soli. In quel momento avrebbe voluto avere dell'alcol nello stomaco, sia per avere il coraggio di sostenere il suo sguardo, sia per stare un po' al caldo in una notte così fredda.
“L’hai già detto – sbottò lui – lo sbaglio è stato tuo. Sei così ingenua e sciocca. Come hai potuto pensare che invitare me alla festa di Harry Styles sarebbe stata una buona idea?” commentò lui con un tono terribilmente sarcastico.
Wendy si sentì una completa idiota.
“Speravo che evitassi una cosa del genere - replicò lei, a disagio – non credevo fossi così stupido da rifiutare l’aiuto di qualcuno”
Zayn la fissò, incredulo. Scoppiò a ridere.
“Il tuo aiuto, intendi? Non ho bisogno del tuo aiuto, ragazzina!” esclamò guardandola di traverso. Avrebbe voluto spingerla via per entrare in casa e raggiungere i suoi amici. Non ce la faceva più a sopportare le sue chiacchiere da piccola bambina sciocca e la sua voce da insopportabile saputella.
“Sto solo cercando di farti integrare a scuola, di farti conoscere qualcuno – replicò – ma forse hai ragione, non sono fatti miei. Non so cosa tu abbia fatto a Bradford ma se vuoi sprecare la seconda possibilità che ti è stata data facendoti venire qui sono fatti tuoi. Rovina pure tutto, costruisciti di nuovo la fama da cattivo ragazzo anche qui, quando in realtà sei solo un debole ragazzino che prova piacere nel mancare di rispetto a tutti”
La sua voce ferma e la sua mancanza di esitazione la stupirono. Sentì un peso scemare dal suo stomaco dopo aver finalmente detto a Zayn ciò che pensava da un po'.
Approfittò del suo temporaneo silenzio per voltarsi e riaprire la porta di casa.
Non fece in tempo a mettere le dita sulla maniglia che il suo polso venne afferrato bruscamente dalla fredda mano di Zayn. Le mancò il respiro quando lui la girò bruscamente, facendola indietreggiare verso la superficie in legno della porta.
“Mi fai male” sussurrò, spaventata.
La stretta di Zayn si fece ancora più ferrea attorno al braccio di Wendy, mentre l’altra mano, stretta a pugno, si andava a poggiare sulla porta, accanto al suo viso.
“Non osare parlarmi così” le ringhiò contro.
Wendy vide i suoi occhi scuri fissarla minacciosi.
“Zayn...” le stava facendo davvero male.
“Non giudicarmi o anche solo provare a capire come sono fatto. Non sai niente di me, niente
“Zayn, per favore” mise una mano sopra quella di Zayn, per obbligarlo ad allentare la presa, ma lui non cedette.
“Tu non devi fare niente per me. Nessuno ha mai fatto niente per me e di certo non ho bisogno che una stronzetta come te venga a farmi discorsi sul senso della vita”
Gli occhi di Wendy erano lucidi e il suo cuore batteva forte.
Mordendosi un labbro per trattenere l’eminente pianto, portò una mano tremante sulla maglietta bianca di Zayn, premendo sul suo petto, percependo la sua pelle fredda sotto al tessuto leggero.
Lui osservò quel gesto con occhi impassibili.
“Zayn per favore, lasciami il braccio” lo pregò con un filo di voce. Con la mano premette sul suo petto, cercando di allontanarlo.
Quando lui mollò la presa la prima cosa che vide furono cinque segni bluastri sulla pelle bianca e candida di Wendy. Le sue dita le avevano lasciato il segno, le avevano fatto male, l’avevano marcata.
La seconda furono le sue guance bagnate e gli occhi lucidi.
La terza fu la prospettiva di un bicchiere di alcol.
Senza dire una parola spalancò la porta e la sbatté dietro di sé.
Aveva bisogno di bere.
Di sfogarsi.
 
Wendy rientrò in casa dopo cinque minuti dalla scomparsa di Zayn. Tremando come una foglia si fece spazio tra la folla che sembrava non stancarsi mai di ballare e bere in continuazione.
Si era asciugata le guance e gli occhi e mentre raggiungeva Liam sperò che lui non si accorgesse di nulla.
“Wendy, finalmente! – esclamò, andandole incontro – dove sei stata? È da mezzora che ti cerco!” la osservò con attenzione e fece per parlare ma l’arrivo di un Niall ubriaco e barcollante lo bloccò sul nascere.
“Ragazzi, abbiamo un problema!” urlò il biondino con voce strascicata.
“Il problema sei tu, Niall”
“Harry si è accorto che ci sono degli imbucati” continuò, ignorando il commento di Liam. Il cuore di Wendy mancò di un battito.
“Imbucati? - domandò Liam – qualche primino?”
“No – Niall scosse freneticamente la testa – non sono della nostra scuola. Harry è furioso”
Wendy non lo stette più a sentire, come un fulmine si voltò e si addentrò nella folla alla ricerca di Harry. Doveva parlargli, spiegargli la situazione e cercare di evitare una catastrofe.
Cercò l’amico in lungo e in largo e alla fine lo trovò vicino al tavolo degli alcolici mentre parlava animatamente con Louis.
“Harry!” lo richiamò lei e lui si girò di scatto.
“Cos’è questa storia? - sbottò lui, guardandola con uno sguardo tra il furioso e il confuso – sei stata tu ad invitare Zayn e i suoi amici?”
Wendy non sapeva cosa dire.
Guardò Louis, anche se sapeva che non poteva fare nulla.
Era nei guai e in quel momento l’unica cosa che voleva fare era buttarsi sotto le coperte del suo letto.
“Wendy, è così?” sbottò lui, richiamando la sua attenzione. Wendy annuì appena e Harry lanciò un urlo frustrato. “Wendy che cazzo hai nella testa? Perché hai invitato quel deficiente?!”
Lei continuò a rimanere in silenzio, così lui la scansò e sparì di nuovo tra la massa.
“Bella festa!” commentò Louis, alzando il bicchiere in sua direzione.
Odiava quella festa, odiava quella serata, odiava Zayn e odiava se stessa per averlo invitato. Per avergli anche solo rivolto la parola.
Si guardò il braccio ancora leggermente viola.
“Che ti sei fatta?” domandò Louis, avvicinandosi titubante.
Lei sussultò e, senza rispondergli, corse via, sgomitando tra i ragazzi per aprirsi un varco in cui passare.
Doveva trovare Liam e obbligarlo a riportarla a casa.
“Ehy!”
Non si rese conto del ragazzo davanti a lei prima che ci finisse contro. Il liquido giallo del suo bicchiere si riversò completamente sul suo bel vestito bianco, lasciandole una grossa macchia. Wendy abbassò lo sguardo e la puzza di birra le arrivò fino alle narici, rischiando di farla vomitare.
Rialzò lo sguardo, puntandolo sul ragazzo di fronte a lei. Non l’aveva mai visto prima, quindi pensò che fosse uno degli amici di Bradford di Zayn. Grandioso.
Lui la osservò irato per un momento, poi, quando spostò il suo sguardo sulla scollatura bagnata del suo vestito, si fece più malizioso.
“Se ne volevi un sorso, bastava chiedere” commentò, ammiccando. Lei aprì la bocca per ribattere ma non ne uscì alcun suono. Voleva solo tornare a casa, chiedeva troppo?
“Se vuoi ti aiuto ad asciugarti” continuò, e il disgusto di Wendy si fece, se possibile, ancora più forte. Cercò di oltrepassarlo ma lui la bloccò.
“Per favore, fammi passare” tentò lei ma lui parve non sentirla nemmeno.
“Sembri così innocente – Wendy ebbe l’orribile sensazione che si stesse avvicinando – balliamo” le afferrò la mano e la trascinò in mezzo alla folla che ballava sopra le note di una canzone spacca timpani. Lei cercò di resistergli, ma cosa poteva fare il suo fragile corpo contro un energumeno del genere?
Una volta al centro della sala lui la strinse a sé con poca delicatezza e spalmò il suo corpo su quello di lei. Wendy sentì le sue mani vagare sulla sua schiena, sulle sue spalle, sulla sua pelle, ovunque. Stava per vomitare.
Le lacrime cominciarono a bagnarle le guance.
Non era abbastanza forte. Non era una ragazza che sapeva farsi rispettare.
Era una stupida, una bambina e adesso lo sapeva più che mai.
Quando quelle mani disgustose toccarono il suo fondoschiena, cominciò a dimenarsi. Era troppo.
“Ehi, bambolina, che c’è? Non ti piace?” la lasciò andare per qualche secondo e lei ne approfittò per sgattaiolare via. Si voltò e, con la vista offuscata dalle lacrime, si scontrò con qualcun altro.
La sua dignità cadde ancora più in basso quando, tra le lacrime, riconobbe il viso arrogante di Zayn. La sua figura non era mai stata così imponente e il suo sguardo, mentre la fissava, non era mai stato tanto intenso. Poco più distante da lui, la rossa lo fissava con le braccia conserte e un’espressione seccata.
Si sentiva umiliata, terribilmente fragile. Si aspettava che entrambi scoppiassero a ridere e la additassero come una povera sfigata.
“Avanti Zayn, lascia che quella ragazzina faccia le sue esperienze” urlò la rossa, acida.
Il tizio che stava ballando con Wendy allungò una mano per riprenderla ma inaspettatamente Zayn le afferrò la spalla e la portò dietro di sé, coprendole la vista di quel rigurgito di madre natura con la sua schiena possente.
“Per fare ciò che devi fare vai da qualche puttana” sbottò Zayn, la mano ancora su di lei in un gesto terribilmente protettivo.
Wendy era frastornata.
“Avanti amico, non rovinarmi la serata! Sei tu che mi hai portato qui, fammi divertire” sbottò il ragazzo e, nonostante fosse più alto e grosso di Zayn sembrava mille volte più piccolo di fronte al suo sguardo glaciale.
“Ci sono altre decine di ragazze, divertiti con loro – poi, con tono crudele si voltò verso la rossa – Sasha dagli ciò che vuole”
La ragazza parve offesa e, alzando il medio, se ne andò via.
“Fai sembrare me lo stronzo che si comporta male con le ragazze, ma guarda come le tratti tu!”
Wendy fu più veloce di Zayn. Gli afferrò la manica della giacca di pelle e con forza lo trattenne dall’attaccare.
“Vai via, coglione! E portati via anche tutti gli altri!” ringhiò Zayn. Il ragazzo sembrò voler ribattere ma cambiò idea quando Zayn lo guardò di traverso. Con un velocità quasi impressionante sparì anche lui.
Quando Zayn si scrollò di dosso la mano di Wendy dalla giacca, lei sarebbe voluta essere da qualunque altra parte. Ovunque ma non lì, di fronte a lui, con le guance bagnate e le labbra tremanti.
“Si può sapere perché non l’hai mandato a fanculo? - le urlò contro, quando si voltò verso di lei - Non sai neanche farti rispettare?”
No.
Wendy non avrebbe retto una delle sue sgridate. Non era abbastanza forte.
Si coprì gli occhi per cercare di diminuire il flusso di lacrime e si voltò, andando via.
Zayn la trattenne, obbligandola a girarsi.
La guardò per un attimo dritta negli occhi, poi le prese una mano e la trascinò lontana da tutti, verso l’uscita. Wendy faticò a stargli dietro, sembrava un fulmine.
Quando passarono davanti all’ingresso Louis li bloccò.
“Ehi amico, dove stai andando?”
“Andate a casa, la festa è finita. Prendo la tua moto” replicò schietto Zayn e senza fermarsi uscì dalla casa, lasciandosi indietro il rumore della musica e la puzza di alcol.
Trascinò Wendy lungo il giardino e poi fuori dal cancello.
“Fermati... fermati” ordinò lei, con un filo di voce. Ritrasse la mano e si fermò in mezzo al marciapiede. Le braccia strette in vita per cercare di darsi un po’ di calore. La sua giacca era ancora in casa, il vestito ancora bagnato, la pelle ancora fredda, il respiro ancora irregolare.
“Che fai?” sbottò Zayn, voltandosi verso di lei.
“No, tu che fai!”
“Ti sto riportando a casa”
“Ci torno da sola a casa” indietreggiò.
“Non fare l’idiota”
Lui avanzò.
Lei indietreggiò di nuovo, rabbrividendo.
Zayn la osservò con il suo sguardo penetrante, intenso, indecifrabile.
Rimasero così per un minuto esatto.
Poi lui esalò l’ultimo respiro carico di rabbia. Si sfilò la giacca di pelle, la felpa, rimanendo solo a maniche corte.
Con un gesto deciso si avvicinò a lei e le afferrò le spalle. La chiuse tra il muretto in cemento e il suo corpo caldo. Con un attenzione quasi maniacale portò le mani sulle spalline spesse del suo vestito bianco, tirandole giù.
Wendy sussultò.
“Fermo!” strillò, spingendolo via.
“Sta calma!” sbottò in risposta.
“Non toccarmi Zayn, non farlo!”
Zayn la guardò, e la sua espressione la fece rabbrividire ancora di più.
“Vuoi morire di freddo? Sta calma” ripeté duro.
Riportò le mani sulle spalline e le tirò giù il vestito bagnato, fino alla vita.
Cercò di non fissarle il reggiseno bianco in pizzo, la sua pelle candida e pura, le sue guance tremendamente rosse.
Le fece passare le mani nelle maniche della sua felpa nera, richiuse la cerniera, sfiorando per sbaglio con il polpastrello il pizzo del reggiseno. Fece lo stesso con la giacca, richiudendola fino alla fine. Le maniche erano così larghe che Wendy dovette risvoltarle un paio di volte per liberare le mani piccole.
“Andiamo”
Era sconvolta.
Lo seguì come un ameba mentre cercava di non pensare al fatto che lui l’avesse vista in reggiseno e che lei non avesse fatto niente per impedirglielo. Si sentiva umiliata, a disagio. Si sentiva male con se stessa.
Arrivarono davanti ad una moto nera e Zayn ci salì sopra.  Quando si voltò verso di lei, Wendy scosse la testa freneticamente.
“Non ci salgo” disse, seria. Lui sbuffò.
“Muoviti” 
“No”
“Wendy”
“No, non ci salgo!”
Zayn smontò e le afferrò la mano, costringendola ad avvicinarsi.
“Sali”
“No”
“Non succederà niente, Sali!”
“No Zayn, non puoi obbligarmi” sbottò, allontanandosi.
“Vuoi che io diventi cattivo?”
“Diventi? Non lo sei già?”
“Tu non vuoi vedermi veramente arrabbiato. Sali”
Wendy non voleva salire su quel trabiccolo con lui. Era come andare incontro alla morte.
“Assicurami che andrai piano”
“No”
“Allora non ci salgo!”
“Non fare storie!” sbottò spazientito.
“Non hai neanche un casco”
“Ti do il mio se la smetti di comportarti così”
“Così come? Come una che tiene alla sua vita?”
Le lanciò il casco, imprecando, e accese il motore della moto.
“Ora Sali, non lo ripeterò un’altra volta” era serio, così serio da farle paura.
Si avvicinò, titubante. Si sedette dietro di lui, mentre Zayn afferrava il manubrio della moto.
“Aggrappati alla mia maglia” le ordinò.
Wendy non lo fece.
Zayn le afferrò bruscamente le mani, portandosele attorno alla vita e facendole cozzare la fronte contro la sua schiena.
“Obbedisci” sibilò, prima di mettere in moto e sgommare nella strada buia.
Wendy fu obbligata a fare come le aveva detto Zayn, se non voleva cadere e morire. Lui guidava come un pazzo, era talmente veloce che in neanche cinque minuti erano arrivati davanti casa sua.
Wendy notò che le braccia di Zayn avevano la pelle d’oca. Probabilmente, stava congelando. Ben gli stava.
Si levò il casco con mani tremanti e glielo restituì, scendendo faticosamente dalla moto. Andò dritta verso casa sua, senza neanche rivolgergli la parola. Sentiva crescere dentro di sé un sentimento che non aveva mai provato per nessun altro.
Lo detestava.
Lei, la piccola e adorabile Wendy Evans che odiava qualcuno. Incredibile.
“Un grazie sarebbe gradito”
Si bloccò.
Strinse i pugni.
Sentiva l’impulso di prenderlo a schiaffi. A malapena aveva il coraggio di mandare via un ragazzo che le metteva le mani addosso, e adesso voleva picchiarne uno. La rabbia la fece voltare, e quando lo vide seduto su quella moto con un’espressione più rabbiosa della sua non riuscì a trattenersi.
“Grazie? E per cosa? Per aver rovinato la festa a Harry? Per avermi messa nei casini, per aver portato i tuoi amici schifosi o per avermi praticamente spogliata in mezzo alla strada come se fossi una puttana?” non si rese conto di star urlando finché il cane dei vicini non si mise ad abbaiare come un pazzo.
Zayn la fissò, impassibile. Lei continuò a sbraitare.
“Dimmi Zayn, per cosa dovrei ringraziarti? Per aver picchiato uno dei miei migliori amici, per aver fatto diventare Harry un violento o per avermi trattato da schifo fin dal primo giorno in cui sei arrivato qui? – si era avvicinata di qualche passo, Zayn la osservava ancora, senza dire nulla – non ho mai odiato, insultato o mancato di rispetto a nessuno, non ho mai avuto il desiderio di picchiare qualcuno,  ma ora guardo te e tutto questo affiora in me con un’intensità quasi incontrollabile!”
Era talmente accecata dalla rabbia e dall’irritazione che le parole le erano uscite così, proprio come le aveva pensate. Solitamente riusciva a darsi una calmata, ma con lui erano tante le cose che non riusciva a fare.
“E hai anche il coraggio di stare lì a fissarmi come se fossi io quella in torto e tu quello che deve arrabbiarsi!”
Zayn rimase in silenzio.
I suoi occhi erano così scuri e cupi da intimorirla.
Forse aveva esagerato.
“Ridammi la giacca e la felpa” furono le uniche sue parole.
Wendy lo osservò, un misto di nausea, amarezza e tristezza. Abbassò la cerniera del giubbotto in pelle e glielo lanciò addosso con una forza che non pensava di avere.
Indugiò qualche secondo in più sulla cerniera della felpa. Non voleva che la vedesse ancora in biancheria intima, ma lui la fissava, imperterrito, in attesa di riavere ciò che gli era dovuto.
“Voltati”
“No”
“Voltati”
“E’ la mia felpa”
“E’ il mio corpo”
“Non mi volterò”
“Allora non la toglierò”
“Vuoi che te la tolga io?” un lampo di irritazione guizzò nei suoi occhi ma lei non aveva intenzione di stare di nuovo alle sue condizioni.
“Se ti volterai io la toglierò, altrimenti te la riporterò lunedì a scuola”
Zayn non aspettò nemmeno che finisse la frase. Smontò dalla moto e la raggiunse con due falcate.
“Hai il coraggio di farti toccare da un porco senza neanche battere ciglio e non hai il coraggio di toglierti una felpa di fronte a me, che l’unica cosa che ho fatto è stata quella di darti i miei vestiti per farti stare al caldo?”
L’espressione di Wendy si addolcì un po’.
Quella di Zayn invece si fece se possibile più seccata.
“Per favore, voltati” quasi lo supplicò.
Zayn sbuffò. Alzò la mano e con l’indice e il pollice afferrò la cerniera. Con gli occhi fissi in quelli di lei, fece scorrere l’apertura fino in fondo, aprendo la felpa.
Zayn tenne gli occhi puntati sul suo viso, senza mai abbassare lo sguardo. Vide le sue guance dal rosa colorarsi di un rosso acceso in un decimo di secondo.
Le sfilò la felpa dalle braccia, portò le mani sui suoi fianchi, con l’indice strinse le due spalline del vestito, tirandole su con una calma quasi insopportabile. Wendy sentì le sue mani accarezzare la sua pelle, dai fianchi, alla vita fino alle braccia. Prima non lo aveva fatto, prima era stato più cauto.
Quando il vestito coprì il reggiseno e la sua pelle scoperta, gli occhi di Zayn distolsero l’attenzione dal suo viso.
“Bastava fare così” le bisbigliò, a pochi centimetri di distanza.
Zayn indossò la sua felpa, il giubbotto e si voltò per risalire sulla moto.
L’accese e, con un rombo assordante che fece ricominciare ad abbaiare il cane, sparì nel buio della notte.
“Mio Dio” sussurrò Wendy, immobile, sul ciglio della strada.
Era il suo cuore, quello che stava per uscirle dal petto?





Voi non potete capire cosa sto provando in questo momento hahah
ho riletto questo capitolo e sono tipo tutta emozionata perchè non vedevo l'ora di postarlo e farvelo leggere asdfjksdf
lo adoro troppo (stranamente) e adoro troppo anche quei due. Spero davvero che vi piaccia perchè ci tengo troppo!
Beh, allora, che posso dire?
Io ve l'ho detto, che per farli avvicinare ce ne vuole ancora hahah
ma qui comunque qualcosa già c'è
Intanto, Zayn la protegge dal tizio e Wendy inizia (inizia?) ad essere attratta dal badboi che tanto badboi non è
ashfjashfjhasit no son troppo felice di aver postato questo capitolo
spero davvero di non deludervi :)
Anche il prossimo sarà uno dei miei preferiti hahah e non vedo l'ora di postare pure quello :D
Vorrei ringraziare di cuore tutti coloro che hanno aggiunto la storia alle preferite-seguite-ricordate, per me è molto importante :)
e soprattutto coloro che recensiscono i capitoli, diventando la ragione dei miei sorrisi più belli :)
grazie davvero, questa storia è importantissima, e leggere le vostre belle parole mi rende troppo felice :)
ah, se può interessarvi, vi lascio una foto del vestito di Wendy, così, giusto per farvi capire quant'è bella 'sta ragazza :)
Ho esaurito gli argomenti, quindi direi che vi saluto!
Un bacio e grazie di nuovo :)











(SEVEN)
-my family is a tragedy


“Non ne ho bisogno”
“Si invece, te lo leggo negli occhi. Hai bisogno che qualcuno si preoccupi per te, e se nessuno ne ha intenzione, allora lo farò io”


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Capitolo 8
*** Seven - My family is a tragedy ***


 

THE DARK SIDE OF ME.

(SEVEN)
-my family is a tragedy







“Does it hurt?”
“No”
“You seem to suffer a lot”
“it burns!”
 

 
 
“Harry!”
Wendy vide il suo migliore amico uscire da casa sua: pantaloni della tuta, petto scoperto, tatuaggi in bella vista e sacco della spazzatura in mano.
Quando sentì la sua voce alzò di poco la testa e le fece un debole cenno col capo.
Wendy fece una breve corsetta e riuscì a raggiungerlo in tempo, prima che lui si richiudesse la porta alle spalle e la snobbasse come solo lui sapeva fare.
“Ciao” sussurrò debolmente, guardandolo di sbieco. Lui fece un altro cenno col capo e le lanciò un’occhiata carica di rammarico.
“Come va?”
Harry alzò un sopracciglio e sbuffò.
“Che cosa vuoi, Wendy?” sbottò, guardandola di traverso.
“Volevo solo vedere se stavi bene. Sai, ieri sera non eri molto sano”
“Ero sano abbastanza da ricordare che cosa ha fatto la mia migliore amica” mormorò, raggelandola sul posto. Wendy si schiarì la voce e spostò lo sguardo sulle sue unghie laccate di azzurro.
“Sei arrabbiato?”
“Perspicace come sempre” la rimbeccò, incrociando le braccia al petto con quella sua solita aria autoritaria.
“Mi dispiace Harry” disse semplicemente.
“Anche a me”
“Lo sai come sono fatta, no? – mormorò, ansiosa – e sai anche che mi fido sempre di tutti, che cosa posso farci?”
Harry roteò gli occhi ma la sua espressione parve addolcirsi.
“Se avessi la coda te la tirerei fino a strapparti tutti i capelli” commentò con un sorrisetto ironico e Wendy seppe che era sulla via giusta per il perdono.
“E’ per questo che ho tenuto i capelli sciolti”
Harry ridacchiò e allungò una mano verso la sua testa. Con un gesto rapido, affettuoso e deciso le scompigliò i capelli, facendola sbuffare.
“Me lo sono meritato”
“Non credere di essere stata perdonata del tutto”
“Che cosa posso fare per essere assolta dai miei peccati?” replicò, ironica. Harry si appoggiò allo stipite della porta.
“Aiutarmi a pulire da cima a fondo il porcile che chiamo casa – iniziò – e portare la colazione, ma visto che non-“
Wendy alzò un sacchetto di carta sul quale aleggiava la scritta verde Starbucks.
“E pensa che so anche dove tieni gli stracci e le scope per pulire”
 
Wendy non aveva visto Zayn il lunedì mattina, a scuola.
E neanche martedì.
E mercoledì.
E giovedì.
Era rimasto a casa una settimana intera e l’intera scuola, professori compresi, ne era estremamente sollevata. Anche Wendy lo era.
Aveva un sacco di cose da studiare, e ne era talmente felice che aprì il libro di letteratura con un mezzo sorriso. Con tutte quelle cose da fare, la sua mente non avrebbe avuto spazio per pensare ad altro. Con altro, ovviamente intendeva Zayn.
Aveva cercato di cancellare tutto di lui, ma non ci era riuscita. Era troppo difficile, sembrava come una macchia di indelebile nero. Più cercavi di pulirla, più la macchia si espandeva.
Ecco cos’era lui. Una macchia, un problema, un qualcosa da eliminare dalla propria vita. Non era qualcuno che Wendy avrebbe dovuto conoscere, ma era successo, e adesso doveva dimenticarlo. Perché alla fine, aveva portato solo ed esclusivamente guai.
“Wendy!” sentì la voce squillante di sua madre richiamarla dal piano inferiore. Aprì la porta per sentirla meglio.
“Dimmi mamma”
“Io sto andando al lavoro e porto Susan dalla nonna, così puoi studiare tranquillamente” l’avvertì, affacciandosi dal fondo delle scale.
“D’accordo, a dopo”
“A dopo – la salutò lei – ah Wendy, più tardi potresti andare a comprare qualcosa per cena? Oggi non ne ho avuto il tempo”
Wendy trattenne uno sbuffo e acconsentì. Qualche secondo dopo sentì la porta principale sbattere e il motore della macchina di sua madre accendersi.
Tornò a studiare, riportando l’attenzione sui libri.
Dopo due ore di intenso studio, aveva bisogno di staccare. Decise di andare a fare la spesa, così chiuse il quaderno e ritirò i fogli con gli schemi che aveva fatto per aiutarsi a ricordare meglio. Schemi che avrebbe riaperto quella sera, per ripassare.
Scese le scale, afferrò il giubbotto e i soldi che sua madre le aveva lasciato sul tavolo e uscì di casa.
Come sempre, faceva molto freddo. Si strinse di più nel cappotto, mentre camminava tranquillamente per la strada.
In lontananza vide il solito parco comunale che ormai era abituata a vedere ogni giorno. Automaticamente, i suoi pensieri virarono a Zayn. Il suo sguardo si spostò sull’edificio grigio e imponente collocato proprio di fronte alla distesa verde, dove lui viveva.
Non poteva negare di essere preoccupata.
Probabilmente era l’unica ad esserlo. E probabilmente era l’unica a non doverlo essere. Dopo tutto quello che Zayn le aveva combinato, preoccuparsi per qualche sua assenza sembrava ridicolo.
Distolse lo sguardo, puntandolo sulle sue converse bianche. Passò davanti all’edificio con tranquillità, anche se la curiosità di sapere che cosa avesse Zayn le aveva fatto venire voglia di andare a suonare per controllare che fosse a casa.
Proseguì dritto.
Il rumore di una porta che sbatteva rumorosamente la fece sussultare ma, imperterrita, continuò a camminare, senza fermarsi o voltarsi. Non poteva associare ogni rumore che sentiva nel mondo ad un qualcosa riconducibile a Zayn. Stava diventando paranoica.
Udì dei passi frettolosi dietro di lei e, in seguito, qualcuno le diede una debole spallata, sorpassandola con poca gentilezza. Stava quasi per lamentarsi quando riconobbe la giacca del ragazzo di fronte a lei. Era la stessa che aveva indossato lei il sabato prima. La stessa di cui aveva annusato il profumo, percepito il calore.
I capelli neri, rasati ai lati e sistemati in una cresta alta, le gambe magre, le braccia muscolose, la schiena forte e ricurva, come se dovesse sopportare tutto il peso del mondo.
Era proprio Zayn.
Lo fissò per un momento. Sembrava strano, più del solito. Teneva il capo chino, le mani strette lungo i fianchi e il passo veloce, quasi volesse scappare.
Sentì il forte impulso di richiamarlo ma rimase in silenzio. Non doveva più parlargli, giusto?
Ma poi lui voltò la testa per una frazione di secondo che le bastò per notare una macchia di sangue vicino al labbro.
E “Zayn” le uscì automatico.
Zayn si bloccò, guardandosi intorno spaesato. Poi, rendendosi conto che la voce veniva da dietro di lui, si voltò meccanicamente.
Il suo viso da confuso divenne terribilmente seccato. Wendy non ci fece caso, era abituata ormai.
Si concentrò sul profondo taglio all’altezza del labbro superiore, al grosso livido blu che circondava l’occhio sinistro e ad un leggero rossore sullo zigomo destro.
Trattenne il fiato.
Non sapeva cosa dire, cosa fare, come guardarlo per non renderlo ancora più nervoso.
Zayn si girò di nuovo e ricominciò a camminare.
Wendy si affrettò a raggiungerlo.
“Che cosa hai fatto?” gli domandò, allungando un braccio verso il suo. Lui la scansò, grugnendo.
“Vai via” gli ringhiò contro, senza neanche guardarla.
“No, Zayn, aspetta – con più decisione, gli afferrò la manica del giubbotto – stai sanguinando!” sbottò, fissandolo dritto negli occhi.
Si era obbligata di non parlargli mai più, ma come poteva stare zitta di fronte al suo viso ridotto così?
“Sei perspicace” sibilò lui in risposta, riprendendo a camminare con più fretta.
“Che cosa hai fatto? Chi ti ha ridotto così?” domandò lei, sempre più preoccupata. Possibile che fosse successo qualcosa in casa sua? Con la sua famiglia?
“Non sono affari tuoi”
“Si invece – lo bloccò nuovamente, con chissà quale coraggio ancora non lo sapeva – guardati, sei tutto un livido”
Lui la fissò, gli occhi fiammeggianti e la mascella tesa.
“Non ho la forza di trattenermi ora, quindi vai via prima che perda del tutto la pazienza” l’avvisò in una velata minaccia.
Wendy aprì la bocca per ribattere ma non seppe cosa dire.
Zayn continuò a camminare.
“Stai andando a farti medicare?” gli domandò dietro lei, tenendolo d’occhio.
“No – rispose lui – sto andando a comprare un pacchetto di sigarette”
Wendy sentì la rabbia montare dentro di sé. Quale razza di imbecille sarebbe andato a comprare un pacchetto di sigarette invece di curarsi dopo averle prese di santa ragione?
“Fermati Zayn!” ordinò, a pieni polmoni.
Con sua sorpresa, Zayn si fermò. Vedeva solo la sua schiena tesa e le spalle ricurve, ma poteva immaginare il suo viso contratto in una smorfia e il suo sguardo seccato.
Velocemente, tirò fuori dalla borsa un pacchetto di fazzoletti di carta e si avvicinò con titubanza verso di lui.
“Hai bisogno che qualcuno ti disinfetti quel taglio” mormorò, arrossendo un po’.
Ora si sentiva a disagio. Era l’effetto che lui aveva su di lei. Prima sentiva il bisogno di prenderlo a pugni per la sua mancanza di buon senso, e il momento dopo si sentiva in un profondo imbarazzo.
“Non ho bisogno che nessuno faccia niente – sbottò Zayn, arretrando – sono sempre uscito vivo dai litigi con mio padre, e questo che vedi non è niente confronto a ciò che mi faceva qualche mese fa!”
Wendy era sconvolta.
Quelle ferite, quei lividi... non poteva averglieli fatti suo padre. Non poteva crederci.
Wendy non riusciva a immaginare che un padre potesse anche solo mettere le mani addosso al proprio figlio, figuriamoci conciarlo così. E non era neanche la prima volta.
“Non ho bisogno della tua pietà” sputò lui, fissando la sua espressione compassionevole con evidente fastidio.
“E’ davvero... stato tuo padre?” mormorò lei, abbassando lo sguardo sulle sue mani intrecciate. Zayn scoppiò in una risata amara, incolore.
“Non la finirai mai di essere così ingenua vero? Il mondo non è rosa e fiori, e i genitori a volte sono ben diversi da come ce li si aspetta. Si prende ciò che ci spetta”
Wendy lo fissò.
Non sapeva dove trovava la forza di parlarle con un tono così indifferente, spento e cupo. Lei avrebbe pianto fino ad esaurire ogni lacrima, ma lei era debole e lui sembrava così forte.
Sembrava.
Wendy all’improvviso capì perché lui era così arrabbiato con il mondo.
Era il mondo ad essere arrabbiato con lui.
“Lascia che ti ripulisca la ferita al labbro... sembra dolorosa” mormorò, in imbarazzo. Voleva davvero aiutarlo, ma sapeva che lui non gliel’avrebbe permesso.
“Non ne ho bisogno”
“Si invece, te lo leggo negli occhi. Hai bisogno che qualcuno si preoccupi per te, e se nessuno ne ha intenzione, allora lo farò io” voleva che il suo tono risultasse più deciso, ma per lei non era facile esporsi così con lui. Sentì le sue guance andare a fuoco.
Zayn sembrò completamente incapace di parlare. La sua espressione contratta sembrò vacillare per un solo, fugace istante che bastò a farle capire che anche lui aveva un cuore.
“Perché fai così?”
“Così come?”
“Così...” Zayn non parlò, scosse semplicemente il capo, incapace di formulare una frase.
Wendy approfittò di quel momento per sporgersi in avanti, alzare la mano e poggiare con delicatezza il fazzoletto di carta sul labbro tagliato di Zayn. Quest’ultimo sobbalzò, strinse gli occhi e afferrò il polso di Wendy. Lei si fermò.
Quando sentì la stretta allentarsi continuò a tamponare.
“Ho bisogno del disinfettante – dichiarò lei –devi venire a casa mia” decretò infine, fissandolo con occhi seri.
Lui la fissò, sconcertato.
“Ci metteremo poco, e poi ho anche del ghiaccio per quell’occhio nero” cercò di convincerlo. Zayn sembrava completamente ammutolito, ma i suoi occhi parlavano per lui. Non doveva andare con lei, ma in qualche modo voleva farlo. Era in confusione.
Lei lo fissava, con quell’espressione innocente, quel sorriso timido, quello sguardo preoccupato, deciso e un po’ ingenuo. Zayn nei suoi diciotto anni di vita non aveva mai conosciuto nessuno tanto puro, semplice e sciocco quanto Wendy.
E odiava questo, odiava il fatto che lei pensasse di vivere in un mondo fatto di pace e amore, in un mondo dove tutti sono buoni e gentili, dove tutti si preoccupano per gli altri.
Lui non era cresciuto con quell’ideale. Lui era cresciuto in preparazione alla vita vera, alla vita dura e difficile. I suoi genitori non l’avevano mai trattato come un principe, e dopo il trasloco le cose erano persino peggiorate, come se prima non fosse già abbastanza difficile vivere con loro in casa. Sua madre lo trattava peggio di prima dato che le aveva fatto perdere il lavoro e obbligato a lasciare Bradford. Suo padre probabilmente avrebbe preferito che  la moglie diciotto anni prima abortisse e ogni sera, quando tornava dal lavoro, ubriaco e stanco, glielo ricordava senza tanti complimenti. E sua sorella Safaa era troppo piccola per capire qualcosa, ma era convinto che quando sarebbe cresciuta anche lei lo avrebbe trattato esattamente come tutti gli altri.
Tutti, tranne Wendy.
Odiava il modo in cui lo trattava, odiava il fatto che si interessasse così tanto a lui, odiava la sua ingenuità, la sua gentilezza, la sua pazienza e odiava la sua mancanza di furbizia. Odiava il suo sorriso genuino e i suoi occhi così azzurri. Odiava il suo viso così bello e il suo naso a punta.
“Zayn – non si era reso conto che lei si era già incamminata per il marciapiede – andiamo...” mormorò appena, guardandolo con occhi pazienti.
Zayn si sorprese di ciò che stava facendo. Si era mosso per seguirla. Lo stava davvero facendo. Rimase dietro di lei, seguendola in silenzio, quasi avesse paura di aprire bocca, le mani in tasca, il capo chino. Non voleva che la gente vedesse la sua faccia ridotta in quel modo.
“C’è un po’ di casino, non ho fatto in tempo a sistemare – borbottò Wendy, aprendo la porta e facendolo entrare – Susan fa sempre un sacco di macello con i suoi giochi”
Zayn si guardò attorno. Il salotto era piccolo e accogliente, in ogni angolo c’era un qualche gioco per bambini o un libro o un cd di musica o un qualche vaso da fiore. Chissà perché Zayn avesse immaginato casa sua esattamente così.
“Siediti, vado a prendere il disinfettante” Wendy gli sorrise, intimidita e sparì al piano superiore. Zayn si sedette, guardandosi ancora intorno, spaesato.
Diciamo che non era particolarmente abituato a quel genere di casa. Era ben arredata, calda, intima. Alle pareti c’erano una miriade di foto della famiglia, di Susan, di Wendy, dei loro genitori. Non che a casa sua non ci fossero cornici di quel genere, ma l’effetto era ben diverso.
“Ecco qua” Wendy ricomparve, si era tolta la giacca e in mano aveva un batuffolo di cotone e una boccetta di disinfettante.
“Posso fare da solo” aveva ripreso il solito tono sprezzante e insolente.
“D’ac...d’accordo” balbettò Wendy, porgendogli il necessario.
Zayn sbuffò e aprì la boccetta di disinfettante. Quando fu il momento di spruzzarne un po’ sul batuffolo, premette troppo e il liquido si riversò sulla sua giacca. Imprecò.
Con una smorfia, si portò il pezzo di cotone imbevuto di disinfettante vicino al labbro. Chiuse gli occhi per l’improvviso dolore e imprecò di nuovo.
Inaspettatamente una mano calda e piccola si posò sulla sua.
Spalancò gli occhi.
Wendy era inginocchiata di fronte a lui, un sorriso rassicurante e imbarazzato ad incorniciarle il viso e gli occhi azzurri come il cielo leggermente luminosi.
“Ho detto che posso fare da solo” si lamentò, scontroso. Wendy lo ignorò, prese un altro batuffolo di cotone, lo bagnò con gesti capaci e spostò la mano di Zayn dal suo viso.
“Il tocco di una ragazza è più adatto per questo genere di cose” disse semplicemente e, con attenzione iniziò a tamponare il taglio.
Zayn arretrò di qualche centimetro, imprecando mentalmente.
“Fa male?” domandò Wendy, fissandolo preoccupata.
“No”
“Sembri soffrire un sacco” commentò lei, trattenendo un sorrisetto. Zayn alzò gli occhi al cielo.
“Brucia” rispose semplicemente.
Wendy continuò a tamponare con delicatezza, poi quando ebbe finito si alzò e sparì in cucina.
Tornò con un cubetto di ghiaccio e uno strofinaccio pulito. Avvolse il ghiaccio con il tessuto e fece per appoggiarlo all’occhio di Zayn ma, quest’ultimo, le bloccò la mano.
“Questo lo so ancora fare” disse ironico e le rubò lo strofinaccio, accostandolo vicino all’occhio.
“Hai qualche altro taglio da disinfettare?” chiese lei, mordendosi il labbro inferiore.
Zayn la osservò per un momento, poi abbassò lo sguardo sulla sua mano destra. Le nocche erano rosse e leggermente gonfie.
Wendy gli fu accanto in un secondo, afferrandogli la mano.
“Sto bene” sbottò Zayn, arretrando.
“No, non è vero” replicò lei, risoluta. Allungò il braccio ma Zayn si fece sempre più lontano.
“Non mi fa male!” esclamò, nascondendo la mano dietro la schiena.
“Si certo, come il taglio e l’occhio nero?” replicò, ironica.
Zayn sbuffò e si alzò, gettando il ghiaccio per terra.
“Me ne vado” decretò, dirigendosi verso la porta.
“Zayn...” lo richiamò lei.
“Che vuoi?” sbottò, voltandosi verso di lei, ancora seduta sul divano.
La vide chinarsi, raccogliere lo strofinaccio e avvicinarsi a lui. Non fece in tempo a chiedergli che cosa volesse fare che lei poggiò con gentilezza il ghiaccio sul suo occhio.
Zayn ammutolì, lasciandosi sfuggire un sospiro di sollievo.
“Cerca di essere un po’ più carino con le persone che ti aiutano” lo ammonì Wendy, premendo con dolcezza il ghiaccio sul livido.
Zayn non seppe bene cosa rispondere. Chiuse gli occhi, e si abbandonò al conforto del ghiaccio freddo sulla botta.
Rimasero così per qualche istante, poi Zayn sembrò ridestarsi e aprì gli occhi. Mascherò l’imbarazzo afferrando bruscamente lo strofinaccio e tenendoselo da solo.
“Appunto” sospirò Wendy, roteando gli occhi.
“Devo andare” sbottò Zayn, afferrando la maniglia della porta.
Wendy lo bloccò di nuovo.
“Dove vai?” si rese conto della sua domanda e, arrossendo, abbassò lo sguardo.
“Fatti miei” replicò lui, come prevedibile.
“Giusto”
Zayn la fissò per un momento, aprendo la bocca per dire qualcosa. Ci ripensò, e aprì la porta.
“Zayn”
Lui si voltò, seccato.
“Non... non tornerai a casa, vero? Tuo padre potrebbe...” Zayn la bloccò.
“So tenere a bada mio padre” l’interruppe, stizzito.
“Lo vedo” commentò lei, accennando al suo viso.
Zayn fece una smorfia e uscì dal salotto, immergendosi nuovamente nel freddo di Holmes Chapel. E della sua vita.
“Cerca di... stare attento”
Lui non le rispose, ma non riuscì ad ignorare del tutto quelle parole.
Era attonito.
Da quanto qualcuno non gli diceva di fare attenzione?
Da quanto qualcuno non lo trattava come un normale diciottenne?
Da quanto qualcuno non si preoccupava così per lui?
Da quanto?






Non so per quale motivo sto aggiornando dopo solo cinque giorni, però ho sentito l'impulso di pubblicare il nuovo capitolo e boh, eccomi qua 
allora, che ne pensate? Questo è uno dei capitoli che preferisco di più perchè si comincia a intravedere un po' di umanità in Zayn e tanta ma tanta pazienza in Wendy :)
spero davvero che vi sia piaciuto, perchè ci tengo molto! Questa è una delle storie più difficili e importanti che io abbia mai scritto e ho paura di deludervi haha
cosa ne pensate della parte inziale, quella tra Harry e Wendy? se pensate che non litigheranno ancora per colpa del vecchio Malik, vi sbagliate di grosso hahah e se pensate che Wendy e Zayn abbiano fatto qualche passo avanti, anche qui vi sbagliate di grosso hahah
Volevo chiedervi se percaso trovate i capitoli un po' troppo lunghi. Ho davvero paura di annoiarvi hahah
Fatemi sapere cosa ne pensate :)
Intanto ringrazio tutti quelli che hanno aggiunto la storia alle preferite - seguite - ricordate e che mi hanno aggiunto tra gli autori preferiti (sono arrivata a 100, wuhuuu)
ma, soprattutto, a quelle bellissime ragazze che recensiscono ogni capitolo! Siete meravigliose :)
Credo di aver esaurito gli argomenti hahahah
Nel prossimo capitolo non succederà nulla di particolarmente eclatante, sarà solo di transizione
Un bacio :)












(EIGHT)
-i don't want you (but i need you)


“Hai l’influenza?”
“Come?”
“In questo periodo c’è in giro un virus, magari sei ammalata” si difese, con tono duro.

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Capitolo 9
*** Eight - I don't want you (but i need you) ***


 

THE DARK SIDE OF ME.

(EIGHT)
-I don't want you (but i need you)






“Look at me! Look at me
and tell me that you don’t want me,
that you don’t need me,
and I’ll leave you alone”

 



“Wendy!” fu l’urlo di Niall a risvegliarla del tutto quella mattina, dopo una nottata insonne e sei ore di pesante lezione.
Il biondino varcò la soglia della mensa correndo verso Wendy che, mezza addormentata, aspettava pazientemente in fila.
“Niall, calmati” gli intimò, guardandolo di sbieco. Lui la ignorò e le mostrò lo schermo del suo cellulare.
Wendy dovette sbattere più volte le palpebre per vedere bene cosa ci fosse scritto. Quando lesse il messaggio le venne quasi da urlare.
“Torna Lola!” esclamò, abbracciando Niall in uno slancio di felicità.
“Sabato, giusto giusto per l’apertura dei baracconi in città!” continuò lui, con un sorriso enorme stampato in faccia. L’apparecchio bianco brillava sotto le luci della mensa.
Wendy si era completamente dimenticata che quel sabato in città avrebbe riaperto il parco giochi più bello di tutta l’Inghilterra. Era quello il periodo che Wendy preferiva di più durante l’anno. Lei, Harry, Lola, Niall e Liam passavano le loro intere giornate in quel posto, non c’era attrazione sulla quale non avessero urlato, riso, avuto paura e anche vomitato.
Era una tradizione ormai, e Lola sarebbe ritornata giusto in tempo per onorarla.
Wendy era al settimo cielo. Lasciò perdere il pranzo e andò a sedersi al tavolo con  Niall, parlottando ancora delle giostre su cui erano saliti in quei cinque anni.
“Dicono che ci siano nuove attrazioni!” esclamò il biondino salutando Harry con una pacca sulla spalla. Il riccio si sedette di fronte a Wendy e le sorrise velocemente, prima di affondare i denti nel suo panino.
“Sabato torna Lola” lo avvisò la ragazza, con un sorriso contento ad incorniciarle le occhiaie marcate.
“Davvero? Ma è fantastico! - esclamò Harry, a bocca piena – è anche il giorno di apertura del parco” fece notare, con gli occhi brillanti.
“Già, arriverà giusto in tempo” replicò Niall, felice come una pasqua.
Il cellulare di Wendy vibrò nella sua tasca. Lo prese e lesse il messaggio di sua madre che le diceva che quel pomeriggio avrebbe dovuto accompagnare Susan dal suo pediatra di fiducia che distava un’ora da Holmes Chapel.
Sospirò sollevata. Aveva bisogno di riposare quel pomeriggio, e senza la madre che le chiedeva di fare qualcosa e la sorella che rideva e urlava in continuazione le sarebbe riuscito più facile.
“Wendy, mi senti?”
L’attenzione di Wendy venne richiamata dalla voce insistente di Harry. A giudicare dal suo tono e dalla sua espressione seccata doveva averla richiamata parecchie volte.
“Si scusami”
“Stavo appunto dicendo che sembri parecchio stanca – si addolcì – hai dormito stanotte?” domandò, preoccupato.
“No” sospirò lei, e improvvisamente sentì il bisogno di uscire a prendere una boccata d’aria fresca.
“Per via del temporale?” continuò lui, allungando una mano verso la sua.
“Si Harry, per cosa se no?” sbottò, frustrata.
“Ne hai ancora paura? Sono passati già due anni...”
Wendy si alzò di scatto, la sedia traballò, rischiando di cadere per terra con un tonfo assordante.
“Vado fuori” disse semplicemente e frettolosamente si diresse verso la porta d’uscita della mensa, quella che dava sul cortile.
Inspirò intensamente e si lasciò cadere su uno degli scalini delle gradinate dove gli studenti solitamente passavano le loro ore buche durante le giornate più soleggiate.
Chiuse gli occhi e cercò di allontanare i suoi pensieri dall’immagine di suo padre, l’ultimo giorno che l’aveva visto. L’ultimo giorno che i suoi occhi si erano posati sul suo viso, l’ultimo giorno che la sua bocca si era mossa per dirgli che le voleva bene. E poi sua madre che le diceva che era morto, che se n’era andato. E in sottofondo il temporale. Uno stupido temporale autunnale che ogni volta le ricorda che suo padre non c’è più.
Un tonfo la fece voltare di scatto.
Davanti a lei, poco più lontano, c’era Zayn. Il suo zaino buttato malamente per terra e il suo volto stanco e provato, persino più del suo in quel momento. Tra le labbra una sigaretta accesa.
Wendy si girò. Non aveva la forza di sopportare una conversazione con lui. Parlare con Zayn richiedeva molte energie che lei in      quel momento non aveva.
Rimase lì seduta, cercando di calmarsi.
Decise di tirare fuori il libro che stava leggendo in quel periodo. Era in ritardo con la lettura e doveva riportarlo in libreria entro due giorni, così se lo portava dietro ovunque, anche a scuola.
Cominciò a leggere.
Solo dopo una decina di minuti si rese conto che stava rileggendo la stessa riga senza capirne davvero il significato. Lo richiuse e, afferrato lo zaino, si alzò.
Stava per fare qualcosa che non aveva mai fatto in diciassette anni.
Aveva bisogno di riposare, dormire e staccare per un attimo la mente, quindi si diresse verso l’uscita, con l’intenzione di tornare a casa e saltare le lezioni pomeridiane.
“Wendy” si voltò.
I suoi occhi chiari incontrarono quelli di Zayn. Un moto di compassione le strinse il cuore non appena vide il suo viso marcato dalla stanchezza. Era come se il peso di tutti i suoi problemi stesse venendo a galla drasticamente e lui non facesse nulla per combatterlo.
Era sfinito e vulnerabile e terribilmente solo.
Wendy avrebbe voluto aiutarlo. Avrebbe voluto liberarlo da quel peso, prenderne un po’ per se.
“Zayn” fu l’unica cosa che fu in grado di dire.
Lui la fissò per un momento, indeciso su cosa fare.
“Non sembri tu” quelle tre parole la stordirono per un attimo. Dovette sbattere le palpebre ripetutamente per riprendersi.
Nella sua voce c’era un’intensità quasi innaturale, una lieve nota stonata che rovinava il suo intento di risultare indifferente e distaccato.
La preoccupazione.
“Che vuoi dire?” chiese lei, stringendosi nelle spalle.
“I tuoi occhi...” accennò alle occhiaie sotto ai suoi occhi azzurri.
“Sono solo un po’ stanca” disse, accompagnando quelle parole con un vago gesto della mano.
Wendy vide l’indecisione aleggiare sul volto di Zayn. Probabilmente stava misurando l’idea di chiederle come mai fosse stanca. Evidentemente non gli era solito preoccuparsi per qualcuno che non fosse lui.
“Tu non sei mai stanca” commentò invece, gettando il mozzicone della sigaretta che aveva appena finito per terra. Si alzò, torreggiando sopra di lei.
Wendy si sentiva sempre, in tutti i sensi, orribilmente piccola di fronte a lui.
“Beh ora lo sono”
“Hai l’influenza?”
“Come?”
“In questo periodo c’è in giro un virus, magari sei ammalata” si difese, con tono duro.
“No, non sono ammalata” replicò lei. Era stanca, voleva solo dormire.
“Ok”
Wendy fece per voltarsi, ma si fermò.
“E tu hai l’influenza?” fece a Zayn la stessa domanda che lui le aveva rivolto, ottenendo in risposta uno sguardo confuso e scettico.
“No, perché?”
“Perché sembri sfinito, magari sei tu quello ammalato” gli fece notare, alzando un sopracciglio. Zayn aprì la bocca per ribattere ma la voce di una terza persona lo interruppe bruscamente.
Harry stava venendo verso di loro, in faccia un’espressione arrabbiata.
“Che stai facendo, Wendy?” le domandò, lanciandole un’occhiata di rimprovero. Quando le fu accanto, le mise una mano sulla spalla come a proteggerla.
“Stavo parlando con Zayn” rispose semplicemente, con ovvietà. Harry fissò Zayn con due occhi pieni di rabbia e rancore.
“E perché?” chiese, tornando a guardarla.
“Perché mi andava di farlo, è forse vietato parlare con lui?”
Non era nel suo carattere rispondere male, soprattutto alle persone a cui voleva bene, ma odiava quando Harry si comportava così. E odiava di più se stessa per non averglielo mai fatto notare.
“Per te lo è” replicò Harry.
Wendy lo fissò, sconcertata.
“Per me lo è? – ripeté – e vediamo... chi l’avrebbe deciso?” domandò, ironica.
“Nessuno. Ma se avessi del buon senso e un minimo di testa non parleresti ad uno la cui reputazione varia dagli insulti alla violenza fisica”
Zayn fece una smorfia, ma non fece in tempo ad aprir bocca per replicare a dovere.
“Lui è famoso soltanto per le cose che voi vi siete inventati – sbottò Wendy – Dio, sembra che lo consideriate un criminale! È un ragazzo, Harry, e come tale va trattato!”
Harry digrignò i denti, nervoso.
“Ma ti senti quando parli?! Ha dato un pugno al tuo migliore amico, rovinato la mia festa e tu sei qui che ci parli tranquillamente”
“Cosa dovrei fare? Ripudiarlo come avete fatto tutti voi? Non dargli neanche una possibilità?”
“Stronzate, Wendy! È sempre così con te! Sei talmente stupida da dare sempre una seconda possibilità a tutti, da credere che la gente sia solo buona e gentile” sbottò Harry, alzando la voce. Lei aprì la bocca, pronta a ribattere e a farsi sentire, per una volta.
“Wendy”
Zayn la richiamò con un tono forte e deciso che lei non riuscì ad ignorare.
“Smettila” le ordinò, fissandola con uno sguardo cupo.
“Ma non lo vedi? Questa è la dimostrazione che a lui essere trattato come uno stronzo sta bene! Non ti rendi conto che non vuole essere aiutato?” replicò Harry e con un gesto frettoloso le prese il braccio, trascinandola via con se. Wendy si oppose.
“Stai zitto, Harry” lo fissò con un sguardo che non aveva mai avuto.
“Non sto zitto, Wendy! Fai passare me per lo stronzo della situazione e dai ragione a lui! È assurdo, non sei mai stata tanto sciocca in tutta la tua vita!”
Harry sembrava furioso.
Wendy lo era persino di più.
“Ti stai comportando da bambino, lo sei sempre stato. Quando qualcuno ti oscura per un attimo non fai altro che infangarlo! Questo è ciò che sei, non dare la colpa a lui o a me”
Harry fece per replicare ma la voce di Zayn sovrastò la sua.
“Smettetela, tutti e due. Non ho tempo di stare dietro ai vostri stupidi battibecchi”
“Tu stai zitto, se stiamo litigando è per colpa tua!”
“Non sai quanto sto male per aver rovinato la vostra meravigliosa amicizia. Stanotte non riuscirò a dormire a causa dei sensi di colpa”
“Zayn...” Wendy cercò di intervenire, non le andava proprio di vederli litigare, soprattutto perché in quella discussione Zayn non doveva farne parte. Lui la zittì con un gesto brusco della mano.
“Zitta”
“Forse tuo padre avrebbe dovuto insegnarti l’educazione a suon di schiaffi, razza di idiota”
La reazione che quelle parole scatenarono in Zayn fu inevitabile.
Un misto di rabbia, frustrazione, odio, confusione, tristezza, rassegnazione, dolore... la consapevolezza che lui ce l’aveva veramente un padre che per impartirgli qualche lezione di vita lo prendeva a schiaffi... tutti quei sentimenti, la faccia soddisfatta di Harry, la stanchezza lo portarono ad avanzare, il pugno chiuso, il braccio teso, gli occhi accecati.
“No Zayn. Fermo.”
La voce decisa, gli occhi azzurri fermi e intensi, i lineamenti rigidi. La mascella contratta, il respiro mozzato, le mani tese in avanti.
Zayn si fermò di fronte a Wendy.
“Fermo. Non farlo”
Zayn la fissò, per un tempo che parve infinito. Guardò il suo viso determinato e timoroso allo stesso tempo, il suo labbro inferiore leggermente tremante, la sua fronte tesa. I suoi occhi comprensivi.
Distese le dita.
“Giuro su Dio che un giorno ti prenderò a pugni fino a farti uscire il sangue dal cervello, e quel giorno non ci sarà la tua amichetta a pararti il culo” le parole di Zayn arrivarono forti e chiare.
Afferrò il suo zaino e con uno sguardo che fece raggelare il sangue a Wendy, sfrecciò via, verso l’uscita della scuola.
“Sei soddisfatto di te stesso?” urlò lei contro Harry, non appena il ragazzo sparì dalla sua visuale. Gli diede una forte pacca sulla spalla e si voltò, senza dargli il tempo di rispondere. Lo sentì richiamarla a gran voce, ma non si girò. Uscì dalla scuola correndo.
In testa aveva tanti di quei pensieri e una confusione tale da farla quasi impazzire.
Quando vide Zayn si accorse che era già alla fine della strada.
Lo rincorse, urlando il suo nome con tutto il fiato che aveva in corpo. Lui la ignorò.
“Zayn!”
Aumentò il passo mentre lui faceva lo stesso.
Zayn voleva porre quanta più distanza possibile da lei... Wendy voleva ridurre il più possibile i metri che la dividevano da lui. C’era troppo dentro per poter tornare indietro.
“Zayn!”
Lo vide svoltare l’angolo. Quando si fece un po’ più vicina si rese conto che aveva girato in un vicolo chiuso tra due alti edifici grigi. Rallentò il passo e si fermò quando fu davanti all’entrata della piccola stradina.
“Zayn...” lo richiamò per l’ennesima volta, ma questa volta la voce era leggermente più flebile. Quasi inudibile.
Si fece avanti, timorosa. L’ombra regnava in quel buco di strada e nonostante fosse giorno faticava a distinguere le sagome.
Sentì un improvviso frastuono poco più lontano da lei.
Sobbalzò per lo spavento e arretrò di qualche passo.
Un secondo colpo la fece sussultare.
Quando capì da dove provenivano quei rumori avanzò lentamente, prendendo un profondo respiro, preparandosi a ciò che avrebbe dovuto affrontare in pochi secondi.
I suoi occhi si abituarono all’ombra e, a qualche metro da lei, vide Zayn appoggiato ad uno dei cassonetti verdi della spazzatura.
“Zayn...” sussurrò, a voce bassa.
“Wendy vai via prima che la rabbia che non ho scaricato su Harry la sfoghi su di te” l’avvertì Zayn, con un tono di voce che la fece immobilizzare sul posto.
Wendy sapeva che non le avrebbe fatto del male. In qualche modo sapeva che non era violento, che non era cattivo. Si fidava di lui.
“E’ sbagliato sfogare la rabbia con la violenza” mormorò lei, fissandolo con un po’ di timore. Avrebbe avuto bisogno di una scarica di coraggio. Tenere testa a Zayn non era facile, soprattutto con il suo carattere debole.
“Non se è l’unico modo che conosco!” sbottò lui, voltandosi di scatto.
Wendy sussultò, ma cercò di calmarsi. Doveva tenere i nervi saldi.
“Non è l’unico modo...”
“E’ l’unico che hanno sempre usato con me!” inveì e, stringendo le dita a pugno, colpì per la terza volta il metallo del cassonetto. Il rumore echeggiò per tutto il vicolo silenzioso e nel cuore di Wendy.
Era il rumore della disperazione. Dell’esasperazione. Del dolore.
Lo lasciò dare sfogo al nervosismo.
“Zayn... – lo richiamò, con voce dolce – hai troppa rabbia dentro di te”
Lui scoppiò in una risata amara, senza colore.
“Ti hanno mai detto che sei davvero intelligente? Non l’avrei mai detto, sai?” esclamò, ironico. Wendy avanzò lentamente.
“Hai capito che cosa intendo”
“Si, Wendy – ribattè, brusco – ho capito che cosa intendi, sono un mostro che non ha sentimenti, perennemente incazzato con il mondo, con la propria famiglia, con le persone in generale” si appoggiò al cassonetto e prese un profondo respiro.
Wendy ne approfittò per avvicinarsi ancora un po’.
“Non sei un mostro” sospirò, guardandolo con occhi pieni di pena.
Era distrutto. Ma cercava comunque di tenere duro.
Non era la rabbia a predominare in lui. Era la tristezza. La solitudine. La sofferenza.
“Non cercare di consolarmi, ragazzina – sbottò, alzando lo sguardo – non sai niente di me, non conosci la mia famiglia, la mia storia. Niente”
“Parlamene allora”
“Smettila! – sbraitò, sovrastando la sua esile figura – smettila di cercare di aiutarmi! Non ho bisogno di nessuno, specialmente di te!”
Wendy trattenne il respiro. Si obbligò a tenere uno sguardo fermo e deciso, ma le sue labbra tremarono leggermente.
“Non ti rendi neanche conto di quanto tu abbia bisogno di una persona che ti aiuti” affermò lei, schiarendosi la voce.
Zayn rise di nuovo.
“Sono cresciuto con mio padre che mi urlava contro ogni tipo di insulto, mia madre che prendeva le sue parti senza difendermi neanche una volta, i miei professori che mi considerano un caso perso, i miei amici che si divertono con me solo quando prendo a botte qualcuno, la gente che mi guarda dall’alto al basso etichettandomi come un poco di buono senza neanche sapere quale cazzo possa essere il motivo del mio atteggiamento negativo verso il mondo – la sua voce si incrinò – e tu vieni a dirmi, all’età di diciotto anni, che ho bisogno di aiuto? Me la sono sempre cavata benissimo da solo, senza nessuno al mio fianco”
“E ora stai crollando”
Il cuore di Wendy era stretto in una morsa.
Come poteva un semplice ragazzo di diciotto anni aver affrontato tanta cattiveria nella sua vita? Come poteva aver retto per così tanto tempo?
“No” scosse la testa.
Lei annuì.
“Smettila. Sto bene, sto alla grande”
“Zayn… - Wendy si avvicinò ancora di più, ritrovandosi a pochi centimetri dal corpo accaldato di Zayn – credi di essere forte, ma non lo sei. Sei solo un ragazzo triste e arrabbiato che non ha mai ricevuto la giusta dose di amore da nessuno e ne ha un disperato bisogno, e credi che stare da solo e contare su te stesso sia la cosa giusta, ma non è così...”
Zayn voltò la testa.
Non voleva guardare quegli occhi così disgustosamente luminosi e belli e puri e attraenti. Gli occhi della verità.
“Guardami, per favore” il suo non era un ordine, era una richiesta. Un invito ad accettare tutto ciò che lei gli stava donando.
“Vai via, Wendy, sono stufo di queste stronzate” mormorò, con voce stanca.
“Perché mandi via chiunque possa aiutarti o interessarsi a te?” domandò Wendy, dolcemente. Lui non rispose e, imperterrito, continuò a fissare un punto ben lontano dal suo viso.
“D’accordo, come vuoi – sospirò – guardami negli occhi e dimmi che non vuoi mai più vedermi, che non hai bisogno di me, e io me ne andrò e ti lascerò stare”
Zayn continuò a stare in silenzio, ma voltò l’attenzione verso di lei.
Come poteva dire addio all’unica persona che l’avesse mai veramente calcolato in tutta la sua vita? Con quale coraggio?
“Non voglio mai più vederti” affermò, con decisione.
Vide chiaramente il volto di Wendy sprofondare nella delusione ma, come aveva promesso gli regalò un ultimo sorriso triste e si voltò, allontanandosi da lui, dal suo muro di cemento che aveva eretto contro il mondo intero.
Zayn la guardò fino a che non sparì dietro l’angolo.
Si rese conto che le aveva detto che non voleva mai più vederla... ma non che non aveva un disperato bisogno di lei.






la prima cosa che vi dico è che prima ho cominciato a rispondere alle vostre recensioni del capitolo scorso ma che efp si è impallato e quindi è successo un casino!
Quindi se non trovate alcuna risposta, non è colpa mia hahah
detto questo, passiamo al capitolo!
Allora, io sono tornata stamattina dal mare e sto letteralmente morendo di sonno ma ci tenevo ad aggiornare oggi :)
Come vi avevo detto, non è successo nulla di eclatante, semplicemente Wendy ha capito che Zayn non è cattivo, ma solo e disperatamente arrabbiato.
e vi avevo anche detto che tra Wendy e Harry le dispute non sarebbero finite hahah e infatti, eccoci qua hahah
Che posso dire? Spero davvero che il capitolo vi sia piaciuto, e sono davvero felice di vedere che la storia vi interessi tanto :)
Nel prossimo capitolo arriverà Lolaaaaa che io adoro :)))))))))
e succederà anche qualcosa di importante tra i nostri due piccioncini, quindi stay tuned
Ah, qualche giorno fa ho pubblicato una nuova Long su Harry, se vi va dateci un'occhiata, Love & Coffee
Come sempre, ringrazio tutti quelli che recensiscono o leggono la storia silenziosamente! Siete meravigliosi :)
un bacio!








(NINE)
-closer


“Distraimi”
 “Cosa?”
“Parla di qualcosa, cerca di distrarmi”

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Capitolo 10
*** Nine - Closer ***


 

THE DARK SIDE OF ME.

(NINE)
-closer







“Forget the moods he used
but think about the meaning
of those gestures”


 

 
Quando Wendy vide Lola, quel sabato sera, non riuscì a trattenere lo stupore.
La vide poco più lontana da lei, nel parcheggio del parco giochi mentre scendeva dalla macchina di Harry con quel suo sorriso meraviglioso e quell’aria frizzante che riscaldava l’atmosfera.
Non riusciva a sorridere. La persona più importante della sua vita le stava davanti e Wendy ne era felice e terrorizzata allo stesso tempo. Lola la conosceva meglio di chiunque altro, un passo falso e avrebbe capito che qualcosa non andava e Wendy non aveva alcuna voglia di parlare di Zayn in quel momento.
Ma non la vedeva da un mese. Le era mancata.
Wendy le corse incontro. Voleva un suo abbraccio, voleva sentire la sua migliore amica vicina come non mai.
“Wendy!” Lola spalancò le braccia e strinse l’amica come mai aveva fatto prima.
Si erano separate solo per un mese e per loro sembrava un’eternità.
“Mi sei mancata” sussurrò la rossa, scoccandole un sonoro bacio sulla guancia.
Wendy chiuse gli occhi e inspirò il suo profumo familiare.
Avrebbe voluto condividere il suo pensiero, ma le parole le vennero meno. Sentì gli occhi bruciare e le guance bagnarsi.
“Ehi Wendy... – Lola la prese per le spalle e le puntò i suoi occhi verdi nei suoi azzurri – non c’è bisogno di piangere! Sono viva e vegeta, davanti a te, bella come il sole!” esclamò, scuotendola leggermente. Wendy sorrise e l’abbracciò di nuovo, scossa da altri singhiozzi.
“Qualcosa mi dice che c’è sotto qualcos’altro” sussurrò, e affettuosamente cominciò ad accarezzarle i capelli, stranamente sciolti lungo la sua schiena.
“Ragazzi – Lola si rivolse a Niall e Harry – potete lasciarci cinque minuti da sole per favore?”
Niall annuì mentre Harry rimase un attimo scettico. Fissò Wendy per un tempo che le parve interminabile, poi come se lei avesse fatto chissà quale sciocchezza scosse la testa, contrariato. Seguì Niall.
“Andiamo, ti compro lo zucchero filato” Lola le regalò un sorriso gentile e Wendy provò un moto di amore nei suoi confronti che la portò ad abbracciarla di nuovo. Se in quei giorni d’inferno ci fosse stata lei, era sicura che tutto sarebbe andato diversamente.
S’incamminarono in silenzio lungo le attrazioni e raggiunsero il chiosco dello zucchero filato. Lola ne comprò due stecche e ne diede una a Wendy. Andarono a sedersi, ancora in silenzio.
“Ne vuoi parlare?” chiese la rossa, mangiucchiando lo zucchero. Wendy rimase a fissare il suo senza neanche toccarlo.
“Non proprio”
“Se non te la senti non sei obbligata, ma mi stai facendo preoccupare” l’avvertì Lola, fissandola con i suoi due occhi intensi.
Wendy prese un profondo respiro e, con lo sguardo lontano dal suo, cominciò a raccontarle per filo e per segno cosa era successo quando lei non era lì. In tutti quegli anni Wendy si era sempre fidata ciecamente di Lola, quindi non aveva problemi a raccontarle ogni cosa, senza tralasciare neanche un dettaglio. Sapeva che l’avrebbe capita e che l’avrebbe consigliata nel migliore dei modi, anche se non era sicura che quei consigli fossero ciò che lei voleva davvero.
Più parlava, più il suo cuore e la sua mente si alleggerivano.
Più parlava, più si rendeva conto di quanto fossero stati folli quegli incontri con Zayn.
Più parlava, più capiva di provare un qualcosa, seppur stupido e sbagliato, nei confronti di quel ragazzo.
Era evidente.
Tutto di lui, dal suo carattere scontroso alla sua vita incasinata, dal suo aspetto misterioso a quella disperazione, a quel dolore nascosto dentro di lui l’attiravano come una calamita. Si era imbattuta in quel ragazzo problematico senza che lei lo avesse voluto e adesso non sapeva più come uscirne.
Sentiva il bisogno impellente di aiutarlo, di preoccuparsi per lui, di interessarsi ai suoi problemi, di salvarlo dai suoi problemi.
“Io non... so cosa dire”
Furono queste le parole di Lola dopo un profondo silenzio. Wendy non la guardò, ma chiuse gli occhi.
Le veniva da piangere, di nuovo.
“Dì che è il ragazzo sbagliato per me. Dì che, anche se soffrirò, allontanarmi da lui è la cosa giusta. Dì che non provo niente per lui, dì che ciò che mi ha fatto è sbagliato” sussurrò lei, scuotendo la testa. Non erano quelle le cose che voleva sentirsi dire, ma erano quelle le cose che doveva sentirsi dire.
Lo sapeva che Zayn era un ragazzo sbagliato per lei, era fin troppo intelligente per capirlo da sola. Ma la sua testa, il suo cervello non potevano rinnegare ciò che il suo cuore provava così intensamente.
“Wendy… - Lola sospirò – credo che ormai ti sia quasi impossibile allontanarti da lui e nonostante lui abbia detto così, credo che lo sia anche per lui. Non ti ho mai vista così presa per un ragazzo, deve essere parecchio importante” constatò lei, sorridendole appena.
Wendy scosse la testa.
“E’ sbagliato... devo concentrarmi sulla scuola e lasciare da parte queste cavolate”
Più diceva queste cose e più si sentiva morire dentro. Stava dicendo ciò che avrebbe dovuto fare, ma non ciò che avrebbe voluto.
Era sempre stata una ragazza diligente, seria e studiosa. E adesso stava mandando tutto a quel paese per un ragazzo.
“Lui ti piace veramente – affermò Lola – Wendy, per tutta la vita sei stata brava e buona con tutti. Per una volta, prova a buttarti, prova a lasciarti andare, prova ad ignorare ciò che gli altri vogliono che tu faccia”
“Lola – Wendy la interruppe bruscamente, a stento riuscì a trattenere il tono della voce – lui è il ragazzo sbagliato, non è giusto per una come me! Ti ho detto le cose che mi ha fatto, le cose che mi ha detto e tu mi dici di provarci?”
“E’ proprio per questo, per le cose che ti ha detto, per le cose che ha fatto che dovresti provarci. Non ha forse salvato tua sorella? Non ti ha forse protetta da quello stronzo? È stato lui a darti i propri vestiti per tenerti al caldo, per rassicurarti. Lascia perdere i modi che ha usato, ma pensa al significato di quei gesti e al rispetto per te, nascosto dietro quella facciata dura. Io credo che lui abbia un disperato bisogno di te, e che tu voglia aiutarlo più di chiunque altro”
Gli occhi di Wendy avevano ricominciato a lacrimare di nuovo. La verità di quelle parole la colpì come uno schiaffo. Aveva bisogno di distendersi, di chiudere gli occhi, di disconnettere il cervello per un po’.
“Mi ha detto chiaramente che non vuole più avermi intorno” constatò, sospirando pesantemente.
“Anche tu mi stai dicendo che non vuoi stare con lui, eppure non è la verità” replicò lei, guardandola con occhi dolci e al tempo stesso decisi.
“Cosa posso fare?”
“Aspettalo”
“Non credo verrà mai a cercarmi”
“Tu aspettalo, lui arriverà – le sorrise – e se ti farà soffrire, si ritroverà con qualche testicolo in meno”
Wendy sospirò nuovamente. Si sentiva svuotata, confidarsi con Lola era sempre molto intenso. L’abbracciò, riconoscente e si asciugò le guance bagnate.
“Sto via per qualche settimana e tu mi combini tutto questo casino?” domandò lei, ironicamente, spingendola con fare affettuoso.
“Non andare via più allora” replicò Wendy, dandole un buffetto sulla guancia. Entrambe si alzarono e andarono alla ricerca di Niall, Harry e Liam.
Wendy doveva avere una faccia stravolta perché Liam le chiese più volte se stava bene e Harry le regalò un piccolo peluche, porgendoglielo con un debole sorriso. Lui era il ragazzo più stupido, testardo e meraviglioso che avesse mai avuto la fortuna di conoscere.
Come di consuetudine passarono la serata a salire e scendere su decine di giostre ma Wendy aveva la mente da un’altra parte, non riusciva a divertirsi. Ancora ripensava alle parole di Lola e non capiva come lei fosse così sicura che Zayn sarebbe tornato. Lei lo conosceva abbastanza da poter affermare che non l’avrebbe fatto.
“Vado a prendere qualcosa da bere” affermò, mentre erano in fila per le montagne russe.
“Ti accompagno” disse Liam.
“No – replicò bruscamente – faccio in un attimo” aggiunse, con più calma.
Si allontanò dalla calca e prese un profondo respiro quando riuscì a liberarsi dalla folla di gente raccolta tutta attorno l’entrata delle montagne russe. Si guardò in giro, cercando di orientarsi. Quando si ricordò dove si trovava il piccolo bar s’incamminò goffamente, tenendo la testa china per evitare che il vento le colpisse il viso. L’aria cominciava a raffreddarsi, temeva che cominciasse a piovere da un momento all’altro. I suoi capelli svolazzavano da tutte le parti, si pentì di non averli raccolti in una coda alta.
Si mise dietro alle due persone in fila davanti al piccolo bar. Probabilmente dopo aver preso da bere, sarebbe tornata dagli altri e li avrebbe salutati. Non aveva più voglia di stare lì e dato che il suo umore non era dei migliori preferiva andarsene piuttosto che rovinare loro la serata. Alzò lo sguardo. Magari prima avrebbe provato a fare due tiri con le palline per vincere quell’enorme peluche che la fissava con quei due occhietti dolci.
E poi lo vide, mentre stava spostando lo sguardo per riposarlo sulla nuca del tizio davanti a lei.
Lo vide in tutta la sua bellezza, in tutta la sua semplicità, in tutta la sua compostezza.
Lo vide mentre la fissava da lontano, con i capelli stranamente lisci sulla fronte e le mani nascoste in tasca.
Lo vide e il suo cuore perse un battito.
Lo vide, e realizzò che Lola aveva ragione.
Lo fissò a sua volta, non sapendo bene come comportarsi.
Forse non era lì per lei, forse era solo venuto a divertirsi un po’. D’altronde erano in un parco giochi, cos’avrebbe potuto fare?
Faticosamente, distolse lo sguardo e lo puntò sui suoi stivaletti.
Arrossì.
Quella situazione stava seriamente diventando insopportabile. Doveva prendere una decisione e in fretta.
Arrivò il suo turno. Chiese una bottiglietta d’acqua, pagò e uscì dalla fila.
Zayn era davanti a lei. Le bloccò la strada e lei riuscì a stento a fermarsi in tempo. Lo fissò, cercando di racimolare quel poco di calma e di forza che aveva ancora in corpo.
Aveva il solito sguardo cupo, i soliti lineamenti tesi e la solita espressione arrabbiata. Portava una semplice giacca di pelle sopra una maglietta a maniche corte mentre Wendy era vestita con una felpa pesante e un cardigan altrettanto caldo.
Si fissarono per un momento, rimanendo in silenzio. Wendy non voleva parlare, non voleva essere la prima a farlo.
Zayn si schiarì la voce e aprì la bocca per parlare, ma non ne uscì nessuna parola. La richiuse.
Wendy sospirò, rassegnata.
“Hai bisogno di qualcosa?” domandò gentilmente, lanciandogli un’occhiata fugace.
“Volevo…” sembrava in difficoltà.
“Avevi detto che non volevi più vedermi Zayn. Non rendere le cose troppo difficili” disse lei, quasi con sofferenza. Zayn scosse la testa e poi l’abbassò.
Wendy, come al solito, provò una forte compassione nei suoi confronti, che la portò a parlare di nuovo.
“Io sto per andare a casa – disse, schiarendosi la voce – se devi dirmi qualcosa di importante, ti conviene sbrigarti”
“Volevo parlarti – replicò lui, alzando lo sguardo – in privato” aggiunse, circospetto.
“Puoi parlarmi qui” ribatté lei, stringendosi di più nel cappotto. Non vedeva l’ora di rintanarsi sotto le coperte del suo letto, ma allo stesso tempo non vedeva l’ora di sapere cosa voleva dirle Zayn.
“Ho detto in privato” ripeté, brusco.
“Nessuno qui ascolterà cosa hai da dirmi”
Zayn sbuffò ma non rispose. Non aveva intenzione di parlarle lì davanti a tutta quella gente, soprattutto perché ciò che doveva dirle non era semplice. Già era tanto che si era presentato.
“D’accordo – cedette lei infine – seguimi” Wendy lo sorpassò e fece per proseguire ma la mano forte di Zayn la fermò. Si voltò verso di lui con un’espressione confusa stampata in faccia. Aveva quel brutto vizio di afferrarle il polso con fermezza, ma doveva capire che lei non era uno dei suoi stupidi amici. Doveva smetterla di usare quei modi rozzi.
“Dove vai?”
“Non volevi parlarmi in privato?” chiese lei, fissandolo con fare ovvio. Zayn la osservò per qualche secondo, la presa ancora ben salda.
“Ok” la lasciò andare e la seguì con un’espressione scettica.
Solo dopo una manciata di minuti Wendy si rese conto di non essere più fiancheggiata da lui e allora si voltò, preoccupata. Lo vide pochi metri più indietro, fermo con le braccia incrociate a fissarla con uno sguardo cupo. Più del solito.
“Che fai?” gli chiese, quasi urlando per farsi sentire. Zayn indicò l’attrazione alle sue spalle.
“E’ quello il tuo posto privato?” sbottò, fissandola con astio.
“Nessuno ci sentirà da lassù – gli fece notare, piccata – e poi è l’unica giostra che ancora non ho fatto” aggiunse, picchiettando la punta del piede sulla terra, impaziente.
Zayn scosse la testa freneticamente.
“Non ci salgo là sopra” disse, deciso.
“Hai paura della ruota panoramica?” domandò lei, quasi con dolcezza.
Zayn sbuffò. Non era mai stato così in difficoltà.
Wendy sorrise e lo raggiunse con calma.
Quando gli fu davanti lo incoraggiò a seguirla con lo sguardo, ma lui non sembrò intenzionato a muoversi.
“Quella cosa è per bambini”
“Sarà, ma io di bambino ne vedo solo uno”
Zayn sbuffò e fece per andarsene ma lei lo bloccò, prendendolo per mano. Per un attimo rimase immobile, sorpresa dal suo stesso gesto. La mano di Zayn era calda e morbida e lei avrebbe voluto non lasciarla mai più. Sentiva che i suoi muscoli erano diventati improvvisamente tesi e la sua schiena tirata come una corda di violino, ma continuò a stringerlo. Fece scivolare le sue dita tra le sue. Si sentì bene.
“Avanti – gli sussurrò, con calma – la vista da lassù è bellissima” aggiunse cercando di confortarlo. Lui rimase voltato ma Wendy percepì la sua mano rilassarsi, fino a quasi stringerle le dita.
“Non possiamo semplicemente andare a sederci su una panchina?” chiese lui, stizzito, rigirandosi verso di lei.
Wendy sbuffò e, con un gesto quasi infantile, gli tirò il braccio.
Zayn roteò gli occhi.
Wendy sorrise.
Zayn sbuffò.
Come se volesse rispondere a quel gioco, la tirò dalla sua parte, per trascinarla verso la panchina. Wendy si oppose e gli strinse la mano nuovamente.
“Il giro sta quasi per finire, dobbiamo metterci in fila” disse lei, fissandolo con tenerezza. Le era quasi impossibile non ammirare quei suoi lineamenti duri e rigidi con due occhi così pieni di dolcezza. Era come se volesse infondergli un po’ della sua pace e della sua serenità soltanto attraverso un semplice sguardo.
Per Zayn era frustante e allo stesso tempo tremendamente necessario.
“Ho detto che non ci salgo, Wendy” la rimproverò lui, inarcando un sopracciglio.
“Allora ci andrò da sola” ribadì lei, seccata. Gli lasciò la mano e si voltò, dirigendosi con fermezza verso la corta fila davanti all’entrata dell’attrazione. Era leggermente patetico salire su una ruota panoramica da sola, soprattutto quando attorno a lei c’erano solo coppiette, ma per una volta voleva vincere una discussione con Zayn. Una volta.
Quando arrivò il suo turno l’addetto la fece salire sulla stretta seggiola per due e fece per chiudere la sbarra.
Cinque secondi dopo Zayn aveva superato l’intera fila e si era piazzato davanti al tizio, scansandolo poco più in là per potersi sedere. Con gesti frettolosi abbassò la sbarra di ferro e intimò al giovane con modi poco gentili di far partire quel dannato aggeggio. Lui premette un bottone con fare scocciato e la ruota cominciò a girare, fermandosi pochi secondi dopo per permettere alle altre persone di poter salire.
Wendy osservò Zayn che sembrava impietrito. Si teneva saldamente alla sbarra di ferro e gli occhi erano fissi davanti a lui. Wendy temette che svenisse da un momento all’altro.
“Zayn calmati, non ti succederà niente” lo rassicurò lei, con la voce calma e pacata.
Zayn non rispose, si limitò a chiudere gli occhi.
Lei sospirò e aspettò che la ruota si muovesse di nuovo. Quando lo fece, Zayn sussultò, afferrando la prima cosa che gli capitò vicino.
Ora le loro mani erano intrecciate, gli occhi di Zayn chiusi e quelli di Wendy spalancati.
“Zayn mi stai stritolando la mano” borbottò lei quando la ruota si mosse di nuovo. Lui mugugnò qualcosa in risposta, cominciando a respirare affannosamente.
“Odio le altezze” sbottò, portandosi la mano libera davanti agli occhi.
“Ci sono qui io, non devi avere paura” mormorò lei, con dolcezza. Zayn fece una smorfia.
“Ho detto che le odio, non che ho paura” mentì spudoratamente.
“Si perché quella che tra poco sviene sono io” scherzò lei.
Zayn sbuffò e cercò di aprire un occhio ma lo richiuse subito dopo.
“Che cosa dovevi dirmi?” domandò lei, con naturalezza.
“Non credo sia il momento adatto” rispose lui, sospirando pesantemente.
La ruota si mosse ancora, portandoli nel punto più in alto di essa. Da lì Wendy poteva vedere l’intera città stagliarsi sotto di lei. Le luci degli edifici, le case, i negozi. Era uno spettacolo meraviglioso e Zayn se lo stava perdendo.
“Zayn apri gli occhi”
Lui scosse la testa freneticamente. A Wendy sembrò un bambino, con quell’espressione contrariata e la mano ancora stretta nella sua. Avrebbe voluto abbracciarlo, stringerlo a sé, fargli sentire il calore del suo corpo.
Era bellissimo.
“Avanti, ti stai perdendo la parte più bella”
“Non mi importa”
“Perché mi hai seguito allora?” borbottò lei, seccata.
“Perché...” si mosse frettolosamente. La seggiola oscillò pericolosamente e lui per un istante sembrò voler urlare.
“Ti stai comportando come una femminuccia” lo avvisò lei, trattenendo un sorriso. Sapeva che l’unico modo per farlo riprendere da quel suo stato di trance era pungerlo sul vivo, risvegliare il suo orgoglio.
“Sta zitta” gli intimò lui, con una smorfia che la fece ridere di gusto. Lui sbuffò e, respirando pesantemente cercò la forza di aprire gli occhi. Quando le palpebre si alzarono lentamente e la visuale dell’intera città gli si piazzò davanti ne rimase stranamente sorpreso. Sotto di lui le luci dei lampioni, degli edifici, delle case sembravano bucherellare il buio della notte. Era come se il cielo si fosse capovolto.
La sua seconda reazione fu inevitabile.
Si ricordò di stare sospeso in aria a trenta metri d’altezza e il panico lo assalì nuovamente.
“Ti odio per avermi fatto salire qui sopra” sbottò, lanciandole un’occhiata carica di disprezzo.
Wendy fece finta di niente e tirò fuori il suo cellulare, posizionandolo davanti a lei. Scattò qualche foto mentre aspettava che la ruota si muovesse di nuovo per permettere alle altre persone di potersi godere la stessa visuale. Questa si spostò, e come prima Zayn afferrò saldamente la sbarra di ferro posizionata sui loro busti.
“Distraimi” sbottò, rivolgendosi a Wendy.
“Cosa?”
“Parla di qualcosa, cerca di distrarmi” ripeté, quasi urlando. Wendy aprì la bocca per qualche secondo, poi la richiuse, incerta. Che cosa avrebbe potuto dirgli? La sua vita non era poi così avvincente e piena di avventure da poter raccontare.
“Distraimi!” esclamò Zayn, la ruota ancora in movimento, le sue nocche bianche per la tensione.
“Ehm... io... ecco – balbettò, pensando a cosa avrebbe potuto dirgli – ieri la... la professoressa di francese mi ha interrogata sui verbi... della prima coniugazione e... ecco io non vado molto bene in francese, quindi il pomeriggio prima ho dovuto studiare quei verbi per ore ma non mi sono rimasti in mente quindi... ho preso il mio primo brutto voto dell’anno, ed è assurdo perché la mia media rasenta la perfezione, e non è giusto che proprio per colpa di quella strega io debba rimetterci! Lo sapeva benissimo che non ero molto preparata, ma ha deciso di interrogarmi lo stesso perchè... beh perché è una strega, ecco perché!”
Il suo sfogo venne interrotto da un qualcosa che Wendy non si aspettava minimamente.
Zayn si era fatto più vicino, fino a quasi sfiorarle la fronte con la propria. Wendy poteva sentire il suo profumo forte inebriarle la mente e il suo respiro ancora irregolare soffiarle sul viso.
“Distraimi meglio” sussurrò lui, sulle sue labbra e senza aspettare una risposta eliminò del tutto le distanze, posando le sue labbra su quelle di Wendy, unendole in un bacio casto e puro, in un debole sfioramento di sospiri.
Zayn aspettava quel momento dalla prima volta in cui aveva incrociato lo sguardo di Wendy. Aveva tenuto quell’impulso nascosto nei meandri della sua mente buia, cercando di spazzarlo via perché non era la cosa giusta da fare.
Da quando i suoi occhi si erano imbattuti in quel viso ingenuo, in quello sguardo cristallino, in quelle labbra morbide e piene, aveva desiderato di poterla baciare.
Era la ragazza più bella e attraente che avesse mai conosciuto.
Baciarla, era come aveva immaginato. Semplice, puro, candido, proprio come lei.
Dimentico di essere a trenta metri d’altezza, staccò il palmo della mano dalla sbarra, portandolo sulla guancia di Wendy, accarezzandola. La sentì schiudere le labbra, così approfittò di quel momento per rendere quel bacio più passionale.
Zayn la strinse a sé, circondandole la vita.
Wendy affondò le sue dita piccole tra i suoi capelli.
Avrebbe voluto che quell’attimo non finisse mai.
Dentro di lei si risvegliarono una serie di sentimenti incontrollabili che lei aveva cercato di reprimere fino a quel momento. La verità stava emergendo, e lei voleva mostrarla a tutti.
Non c’era bisogno che Zayn le dicesse il motivo per il quale si era presentato quella sera.
Glielo stava già dimostrando.






vi prego di non odiarmi hahah
ho il terrore di aver affrettato un po' le cose, ma spero con tutto il cuore che il capitolo vi sia piaciuto :)
allora, iniziamo dalla prima parte.
Lola è uno dei miei personaggi preferiti. Rispecchia molto il carattere della mia migliore amica che per me è la persona più importante del mondo! Se mi fossi ritrovata nella stessa situazione di Wendy (si, sogna clara) sicuramente lei mi avrebbe detto le stesse cose.
Harry lo adoro troppo e so che magari può sembrarvi troppo possessivo con Wendy, ma le vuole bene e da quando lei ha perso il padre, lui ha sempre cercato di proteggerla da tutto e da tutti. Se vi va, ditemi cosa ne pensate di lui, se secondo voi esagera troppo oppure no :)
poi, poi, poi
spero vi sia piaciuto l'incontro con Zayn e che non l'abbiate trovato troppo affrettato... 
lui è un ragazzo molto scontroso, ma ha bisogno di Wendy, e non riesce a stare lontano da lei neanche un secondo
Per quanto riguarda la scena della ruota, ho preso spudoratamente spunto da the O.C. ahahah 
Comunque, se pensate che la situazione sia migliorata almeno un po', anche questa volta vi sbagliate ahahah
ormai questa storia è come le montagne russe ahahah
nel prossimo capitolo, infatti, succederà quaaaaalcosa di very very bad.
Per ultimo, ringrazio tutti coloro che hanno inserito la storia tra le ricordate-preferite e seguite! e soprattutto coloro che lasciano una recensione ad ogni capitolo! Siete meravigliosi!
ah si, se può interessarvi, ho pubblicato altre due long (si son fuori di capa), una su Harry - Love & Coffee - e una su Zayn (strano) - One night. Un bacio :)





gif maker



(TEN)
-his heart is made of ice


“Sei cattivo… spregevole, e mi fai schifo!” racimolò tutto il coraggio che albergava nel suo fragile corpo e spinse Zayn lontano da lei, guardandolo con due occhi pieni di rabbia.

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Capitolo 11
*** Ten - His heart is made of ice ***


 

THE DARK SIDE OF ME.

(TEN)
-his heart is made of ice







 
 
'cause all you are 
is mean.
 
 
Il lunedì seguente, nell’ora di mensa, Wendy raggiunse come al solito il tavolo dove sedevano i suoi amici.
Lola e Niall l’accolsero con un sorriso caloroso mentre Harry e Liam a malapena la notarono. Lei li salutò, ma loro non risposero, troppo impegnati a mangiare il loro pranzo.
Si sedette accanto a Lola che le offrì una mela.
“Com’è stato il ritorno a scuola?” domandò Wendy alla sua migliore amica.
“Traumatico. Le scuole in Francia sono così diverse da qui, darei qualsiasi cosa per tornarci e portarvi con me” rispose lei, con un sospiro malinconico. Wendy non riuscì a replicare che la voce carica di rammarico di Harry sovrastò la sua.
“Dove sei finita sabato sera, Wendy? No perché, se non sbaglio avevi detto a Liam che saresti tornata e poi, non ti abbiamo più vista” il suo tono era infastidito e tagliente. Oramai Wendy era abituata a sentirlo così, in quel periodo non facevano altro che discutere.
“Io…” la interruppe di nuovo.
“Siamo stati davvero molto in pensiero. Davvero molto” sottolineò le ultime due parole con intensità.
“Harry – lo rimproverò Lola – falla finita”
“No, Lola… sono curioso, davvero. Siamo stati ad aspettarti per circa mezz’ora, e tu non tornavi, così Liam è venuto a cercarti”
Wendy voltò lo sguardo verso Liam che la fissò con uno sguardo che non gli aveva mai visto addosso. Si sentì quasi in colpa.
“Io… sono tornata a casa, ero stanca”
Liam si alzò di scatto, la sua sedia stridette sul pavimento della mensa. Le lanciò un’occhiata carica di rammarico e si diresse verso l’uscita a passo spedito.
“Dì la verità, Wendy – sbottò Harry – dicci che cosa hai fatto!” dovette controllare il tono della voce per non attirare troppo l’attenzione. Niall posò una mano sulla sua spalla, per intimargli di calmarsi. Ma Harry sembrava furioso.
“Harry ti ho detto di smetterla!” sbottò Lola in risposta, prendendo le difese dell’amica.
Wendy era come pietrifica. Non sapeva cosa dire, cosa fare, come comportarsi. Non aveva mai visto Harry così teso e nervoso, ne era quasi intimorita.
“Ti ha visto, Wendy! – continuò Harry – Liam ti ha visto mentre baciavi quel bastardo!” stava urlando, e aveva attirato l’attenzione di qualche ragazzo lì accanto.
“Harry, è l’ultima volta, ti ho detto di smetterla” anche Lola cominciava ad innervosirsi.
“Liam ti ha visto, Wendy. Non dici nulla?”
“Cosa dovrei dire?”
“Cosa dovresti dire? Forse scusarti per ciò che hai fatto?”
“Scusarmi? – il viso di Wendy andò in fiamme. Scusarsi? – Per cosa diamine dovrei scusarmi? Perché ho baciato un ragazzo che mi piace? O perché ho baciato un ragazzo che a te non piace?” sbottò, fissandolo con astio.
“Ragazzi non litigate” sussurrò Niall, cercando di calmarli con un gesto vago della mano ma loro lo ignorarono.
“Non smetterò mai di dirtelo, quel ragazzo è pericoloso e tu sei così stupida da non notarlo! Perché non mi dai retta? Devi lasciarlo stare, non è adatto a te”
Wendy si alzò di scatto, proprio come aveva fatto Liam poco prima.
“Tu non sai che cos’è adatto a me”
Spostò la sedia e zigzagò tra gli altri tavoli, aprendo la porta d’uscita con una spallata.
Non era possibile che Harry ragionasse così. Non era possibile che avesse una mente così bacata. La faceva impazzire a volte, non lo sopportava quando si comportava così, come il re del mondo, come se tutti dovessero eseguire ogni suo ordine.
“Wendy!” sentì Lola chiamarla più volte, e dopo poco la rossa l’affiancò.
“Lasciami stare Lola” borbottò lei, raggiungendo a passo svelto il suo armadietto.
“Non devi ascoltarlo Wendy. È solo arrabbiato per Liam”
“Che cosa centra Liam adesso?” sbottò, voltandosi di scatto. Lola la fissò per qualche secondo, lasciandosi andare ad un sospiro sommesso.
“Non… non te ne sei mai accorta?” chiese, con aria seria.
“Accorta di cosa?”
“Wendy… Liam è stracotto di te!”
La ragazza strabuzzò gli occhi, sconvolta. Liam stracotto di lei? Era uno scherzo? Era uno dei suoi migliori amici da una vita ormai, non aveva mai pensato ad una cosa del genere. Soprattutto, Liam non aveva mai fatto capire di essere interessato a lei.
O forse si?
“Non è vero” mormorò, stringendosi nelle spalle.
“E’ assurdo che tu non ti sia mai accorta di nulla. È sempre stato così evidente…” commentò Lola.
Wendy ci pensò su, e anche se la situazione le sembrava assurda, capiva per quale motivo Liam avesse reagito in quel modo poco prima.
“Io non so che cosa dire”
E in effetti, era senza parole.
“Quando sabato ti ha visto baciare Zayn su quella ruota ci è rimasto davvero male” le disse lei, rammaricata.
“Io non volevo ferirlo” replicò Wendy, sentendo già i sensi di colpa farsi spazio dentro di lei. Farlo soffrire era proprio l’ultima cosa che voleva fare.
“Lo so Wendy, e credo che lo sappia anche lui”
“E’ meglio se vado a parlarci”
Lola annuì e l’abbracciò, prima di lasciarla sola con i suoi pensieri. Wendy andò a poggiare la borsa nel suo armadietto e, preso un bel respiro, si diresse verso il cortile dove se n’era andato Liam.
Quando uscì fuori, lo vide seduto sulle gradinate poco più lontano da lei. La vide quasi immediatamente, osservandola con quei suoi due occhi nocciola, pacifici e sereni.
Wendy arrossì, imbarazzata. Lo raggiunse a passo lento, cercando di guardare tutto tranne che lui.
“Scusa per come ho reagito” disse lui, non appena le fu davanti.
“No, sono io che devo scusarmi”
Ed era vero. Era stata così stupida da non accorgersi che piaceva a Liam, che piaceva ad un ragazzo perfetto, ad un angelo.
Ma soprattutto, era stata così stupida a non pensare mai a lui in quel senso… insomma, Liam era il ragazzo dei sogni, dolce, gentile, premuroso, e lei non gli aveva mai dato una chance. Si era fatta ammaliare dall’arroganza e dalla misteriosità di un ragazzo che probabilmente non l’avrebbe mai trattata come Liam.
Harry aveva ragione, era un’ingenua.
“No Wendy – Liam sorrise appena – non devi affatto scusarti – sospirò e le fece segno di sedersi al suo fianco – sono io che ho sbagliato a reagire così. Hai tutto il diritto di baciare un ragazzo, anche se quel ragazzo mi ha quasi spaccato la faccia”
Lei accennò un debole sorriso, abbassando lo sguardo. Si sentiva uno schifo.
“Se la metti giù così, non mi aiuti” disse, scherzando, e lui scosse la testa.
“Wendy, ciò che provo per te non deve ostacolare i tuoi sentimenti per Zayn” sospirò, fissandola con un’intensità quasi innaturale.
“Tu sei… un ragazzo fantastico” disse semplicemente.
Non aveva parole per descrivere Liam. L’unico modo che aveva per farlo era compararlo con Zayn. Erano due ragazzi completamente diversi, con un carattere opposto.
Liam era gentile, solare, estroverso mentre Zayn era introverso, misterioso e alle volte imprevedibile.
Wendy non capiva come potesse essere attratta da un ragazzo così diverso da lei, così sbagliato per lei.
“Posso dirti una cosa?”
“Certo”
Liam prese un profondo respiro prima di parlare.
“Volevo solo dirti che… io ti conosco Wendy, so che sei una ragazza estremamente intelligente e, al contrario di ciò che dice Harry, non sei affatto stupida o ingenua. Non voglio dirti di stare attenta a Zayn e cavolate varie, perché se lo hai scelto un motivo c’è. Voglio solo dirti  di… non cambiare, di rimanere sempre la Wendy che conosco perché se Zayn dovesse cercare di cambiarti in qualche modo, sappi che lui non ti merita”
Wendy trattenne l’istinto di abbracciarlo così forte da togliergli il respiro. Perché il suo cuore non aveva scelto lui? Perché aveva dovuto andare a complicarsi la vita con un soggetto come Zayn?
Più ci pensava, più il sentimento per Zayn cresceva, e cresceva.
Cosa c’era di sbagliato in lei?
 


Fu dopo quattro giorni, alla fine delle lezioni di un nuvoloso pomeriggio, che Wendy rimase profondamente sorpresa di ritrovarsi Louis fuori da scuola, appoggiato alla sua macchina nera con un’espressione seria e concentrata.
Wendy sapeva perfettamente che doveva essere lì per questioni serie.
Zayn non si era più fatto vedere dalla sera del bacio, e lei non si era mai preoccupata tanto per una persona, tranne che per sua sorella. Tutti i giorni, prima di tornare a casa da scuola, passava davanti a casa sua, aspettando di vederlo uscire con quella sua faccia perennemente arrabbiata e quel suo comportamento scontroso. Ma niente. Aveva aspettato e aspettato e aspettato mentre la paura che gli fosse successo qualcosa di brutto, davvero brutto, cresceva istante dopo istante. Era come scomparso nel nulla e l’unica persona a cui importasse davvero era lei.
Wendy fissò Louis dall’alto delle scalinate, ricevendo in risposta uno sguardo eloquente che la fece rabbrividire per un attimo.
Non sapeva per quale motivo fosse lì, se era lì per lei o per parlare con qualcun altro, ma poco le importava. Aveva bisogno di sapere dove diavolo fosse finito il ragazzo per cui lei si era esposta tanto.
Aveva bisogno di saperlo al sicuro.
Senza dire una parola, ignorò completamente ciò che Niall le stava dicendo da almeno una decina di minuti e corse giù per le scale, sgomitando tra la folla di studenti per arrivare davanti a Louis il prima possibile.
“Cia-“
“Che è successo?” sbottò, senza dargli il tempo di salutarla. Louis sospirò e si alzò dal cofano della macchina.
“Wendy, ascolta – prese un grosso respiro prima di parlare – se Zayn scopre che ti sto parlando, mi ucciderà, ma devo farlo per forza” Wendy lo guardò con impazienza, intimandogli di continuare.
“Ho poco tempo, tra poco devo ripartire per Bradford, quindi arriverò subito al punto”
“Aspetta – lo bloccò lei – prima dimmi perché stai parlando proprio con me” aveva bisogno di saperlo, a tutti i costi. Louis sospirò e abbozzò un debole sorriso.
“Beh, anche il caro e scontroso Zayn si confida a volte” replicò, lanciandole un’occhiata eloquente. Lei non riuscì a fare a meno di arrossire, abbassando lo sguardo per qualche secondo.
“Comunque, Wendy, sono qui per un altro motivo. Zayn non è più qui, a Holmes Chapel”
Wendy rimase per un attimo sorpresa e delusa nello scoprire che Zayn se n’era andato senza… senza dirle niente. Non era cambiato niente tra loro, assolutamente niente.
“E dov’è?”
“E’ tornato a Bradford, ora sta con me, nel mio appartamento”
“Ma… perché?”
“Sabato sera dopo che vi siete divertiti – Wendy arrossì di nuovo – Zayn è tornato a casa e beh, diciamo che non ha trovato qualcosa che un ragazzo di diciotto anni vuole trovare nella propria casa”
Wendy trattenne il respiro. Cosa poteva essere successo di così grave da farlo scappare via dalla propria famiglia?
“Ha picchiato suo padre, di nuovo – Louis sospirò, evidentemente anche per lui era difficile sapere che il suo migliore amico viveva in una situazione del genere – sai com’è fatto, non riesce a trattenere i suoi impulsi. Sua madre ha cercato di fermarli e… mentre cercava di dividerli Zayn l’ha colpita per sbaglio”
Era allibita. Non riusciva a pensare ad una famiglia del genere, proprio non ci riusciva. Zayn aveva ragione, lei era fortunata. Era cresciuta in una famiglia perfetta, serena e accogliente dove i suoi genitori non le avevano mai fatto mancare niente. Per Zayn era diverso. Fin da quando era nato aveva dovuto combattere per ottenere ciò che voleva.
“Ha cercato di rimediare ma suo padre l’ha sbattuto fuori di casa e allora lui è venuto da me” sospirò di nuovo, amareggiato.
“Louis io… non lo sapevo altrimenti avrei fatto qualcosa”
E odiava Zayn per questo, per non averle detto niente. Lui sapeva che avrebbe potuto contare su di lei, e invece l’aveva ignorata, di nuovo.
“Puoi fare qualcosa adesso – replicò lui, sorridendole gentile – Zayn non può continuare a perdere altri giorni di scuola o lo bocceranno, e questa è l’ultima cosa di cui ha bisogno in questo momento. Ma è anche vero che non può fare avanti e indietro da Bradford a Holmes Chapel ogni giorno”
Wendy spostò il peso da un piede all’altro, aspettando che lui dicesse ciò per cui era venuto.
“Ovviamente, non ti chiedo di ospitarlo a casa perché so cosa pensano gli adulti dei ragazzi come lui, quindi… ti sto solo chiedendo di provare a parlare con i genitori di Zayn”
Le fu difficile trattenere lo stupore che si lesse su ogni angolo del suo viso. Parlare con i genitori di Zayn? Lei? Che a malapena riusciva a tener testa a sua sorella di due anni.
“Io?” sussurrò, sconcertata.
“Si tu Wendy – ripeté Louis, deciso – è l’unico modo perché loro accettino di nuovo Zayn in casa, almeno fino alle vacanze di Natale. Tu sei una ragazza modello, sei brava e buona e sono sicura che farai colpo su di loro”
“Facciamo finta che io accetti – cominciò, titubante – Zayn lo sa? È d’accordo?”
Louis parve in difficoltà per un attimo prima di riprendere il controllo della situazione.
“No e mi servi anche qui. Io devo andare al lavoro adesso e Zayn è a casa mia. Se a te sta bene posso portarti da lui per parlarci, per convincerlo” il suo tono di voce sembrava una supplica e Wendy non poteva dirgli di no, in nessun modo, primo perché voleva aiutare Zayn e secondo perché aveva bisogno di vederlo, anche solo per sentirlo urlarle contro.
Louis sembrava un idiota a primo impatto, ma in realtà era solo un semplice ragazzo disperatamente preoccupato per il suo migliore amico.
Così dieci minuti dopo, Wendy si ritrovò seduta in quella macchina nera a sfrecciare lungo le strade di Holmes Chapel, diretta verso Bradford.
 


Louis la lasciò frettolosamente davanti ad un edificio grigio e decisamente poco rassicurante. Le indicò il piano e il numero, dandole le chiavi e dicendole di non suonare perché non era certo che Zayn le aprisse.
Wendy avanzò nel piccolo corridoio principale, raggiungendo le scale con il cuore a mille.
Quando si ritrovò davanti alla porta da Louis indicata, dovette respirare a fondo un paio di volte per trovare il coraggio di infilare le chiavi nella porta ed entrare.
Il salotto era piccolo ma accogliente. La tv accesa la rassicurò per un attimo, ma quando sentì il rumore della doccia proveniente dal bagno i suoi nervi si tesero di nuovo.
Era davvero pronta a litigare di nuovo con Zayn? Perché era ovvio che quella conversazione sarebbe finita in un litigio e questa volta lei non voleva comportarsi come la povera ragazza debole che non riesce a ribadire le proprie opinioni. Voleva tenergli testa.
Aspettò qualche minuto, girovagando per la stanza e curiosando in giro. Era una tipica casa abitata da un tipico diciannovenne. Disordinata e piccola ma vissuta e accogliente.
Troppo concentrata ad osservare una foto appesa alla parete dove Louis, Zayn e altri due ragazzi stavano ridendo e fumando non sentì lo scroscio dell’acqua fermarsi e la porta del bagno aprirsi. Non sentì il sussulto di stupore, lo sguardo su di sé, i cinque passi che seguirono.
Ma la mano che le afferrò il braccio la sentì perfettamente. Calda, bagnata e tremante.
Venne voltata bruscamente, e non le venne neanche dato il tempo di parlare che Zayn le stava già urlando addosso.
“Che cazzo ci fai qui? – sbottò, a cinque centimetri dal suo viso – chi diavolo ti ha fatto entrare?”
Wendy rimase pietrificata lì dov’era a fissare il ragazzo furente di fronte a lei. I capelli  bagnati, il petto nudo e gocciolante, la vita coperta soltanto da un asciugamano.
Voleva baciarlo, picchiarlo e urlargli contro, tutto nello stesso momento.
“Non… non urlare” balbettò, cercando di calmarlo.
“Non urlare mi dici? Tu prima rispondi alla mia domanda e poi io vedrò se non urlare!”
Wendy aveva assistito a molte sue sfuriate, ma quella sembrava la peggiore.
“Louis mi ha… mi ha fatta entrare – spiegò, con calma – devo parlarti di una cosa” i suoi occhi si ridussero a due fessure.
“Louis? Louis ti ha fatta entrare?” ripetè, quasi sconvolto.
“E’ preoccupato per te” replicò lei, e fece un passo indietro per aumentare le distanze tra loro.
“E tu che cosa centri?” le ringhiò addosso, con aggressività.
“Mi ha chiesto di parlarti”
“E perché dovrei ascoltare te?” lei sbuffò, seccata.
“Perché devi essere così… così…” sbatté nervosamente il piede per terra. Non aveva mai perso così tanto la pazienza con qualcuno, ma Zayn la faceva andare in crisi ogni volta.
“Così come? – avanzò di un passo, sovrastandola con la sua altezza – così come, Wendy? Avanti, parla, tienimi testa per una volta, arrabbiati, fatti sentire! Sei sempre così… debole e piccola che nessuno ti prende mai in considerazione. Persino i tuoi amici ti considerano una bambina!” quel tono alto, autoritario e violento la lasciò per un attimo frastornata. Come dargli torto? Lei era sempre stata la piccola e indifesa Wendy Evans, la ragazza con cui nessuno avrebbe mai potuto arrabbiarsi. Lei aveva perso il padre, lei era sempre gentile con tutti, lei era gracile e minuta. Lei era questo, lei era quello.
“Sei cattivo… spregevole, e mi fai schifo!” racimolò tutto il coraggio che albergava nel suo fragile corpo e spinse Zayn lontano da lei, guardandolo con due occhi pieni di rabbia.
“Prima mi baci, mi tratti come desidero essere trattata, mi fai capire che un po’ sei cambiato che magari tra di noi può esserci qualcosa, e poi sparisci senza dirmi dove sei andato, senza salutarmi! Mi illudi, mi fai capire che nonostante tutto provi qualcosa e poi sparisci e devo venire a sapere che i tuoi genitori ti hanno sbattuto fuori di casa da uno sconosciuto! Dio quanto sei penoso, Zayn! Ti avrei potuto aiutare se solo me lo avessi chiesto, ti avrei potuto dare una mano come ho sempre fatto  da quando ti ho conosciuto e tu lo sai! Invece no, hai preferito per l’ennesima volta trattarmi come una stupida ragazzina e tagliarmi fuori dalla tua vita quando l’unica cosa che voglio fare è alleggerirti dai tuoi problemi e vederti per una volta sorridere di fronte a me. Grazie a me”
Sentì un peso scemare dalla sua mente e dal suo stomaco. Era fiera di ciò che gli aveva detto, o meglio, urlato. Aveva il fiatone per quanta intensità ci aveva messo in quel discorso, per fargli capire perfettamente cosa pensava lei, per farsi sentire.
Zayn la fissò come non aveva mai fatto in quelle settimane. Nel suo sguardo c’era un misto di rabbia, consapevolezza, autocommiserazione e gratitudine.
Wendy capì in quel momento, in quel preciso istante, mentre i suoi occhi si riempivano di lacrime per la frustrazione, di essere irrimediabilmente innamorata di lui. Provava un sentimento talmente profondo per un ragazzo pieno di problemi, che la trattava come spazzatura e che probabilmente non provava i suoi stessi sentimenti, e ne era terrorizzata.
“Baciami” gli sussurrò, e a lui bastò un nano secondo per capire che voleva baciarla tanto quanto lei lo voleva. Le afferrò il viso e la baciò con un’intensità tale da farla gemere.
La voleva, con tutto se stesso.
Non sapeva cos’era l’amore, non sapeva che cosa significava essere amati. Ma in quel momento, in quel salotto, con lei tra le sue braccia, il suo profumo candido, il sapore delle sue labbra… in quel momento, in quel preciso istante, seppe di tenere a lei con tutto il cuore.
Di ghiaccio certo.
Ma pur sempre un cuore.







Buongiorno a tutti :)
Puntuale come sempre, mi stupisco di me stessa ahahah
Allora, allora, allora.
Comincio subito col dire che, nello scorso capitolo ho detto che sarebbe successo qualcosa di "very very bad". Rileggendolo però mi sa che ho sbagliato ahahah 
beh, effettivamente a Zayn le cose non stanno andando per il meglio, soprattutto nei successivi capitoli, ma tra lui e Wendy qualcosa sta pur nascendo. Infatti, Wendy si è resa conto di provare qualcosa di molto ma molto forte per lui.
Non potete capire quanto le vostre recensioni mi facciano felice, davvero! Siete fantastici :)
Ma, commentiamo un po' il capitolo ahahahah
allora, nella prima parte finalmente Wendy capisce che Liam gli sbava dietro da una vita ahahah e ovviamente, come non poteva esserci una piccola sfuriata del nostro Styles?  (spero che non l'abbiate trovata eccessiva, ma Harry nel ruolo di amico protettivo ce lo vedo proprio ahah)
Poi poi poi.
L'arrivo di Louis è stato un colpo al cuore per la nostra piccola protagonista ahahah
personalmente, adoro Louis e più avanti sarà anche più presente e diventerà molto amico di Wendy :)
E poi, la sfuriata finale del nostro amato Zayn ahahah quel ragazzo ha l'incazzatura facile ahahah ma alla fine, si è risolto tutto con un piccolo bacino
Spero che il capitolo vi sia piaciuto :)
Il prossimo probabilmente sarà uno dei più importanti. E' uno di quei capitoli in cui succede qualcosa di essenziale. Infatti, è il mio preferito ahahah e spero di farvelo amare quanto lo amo io ahahah
Grazie ancora per le recensioni e per l'amore che mi state dando ahahah
un bacio :)







(ELEVEN)
-apologize



In sottofondo sentì la porta di casa aprirsi e richiudersi con un tonfo. Louis gli fu di fianco in un attimo e cominciò a chiedergli cosa diamine fosse successo. Zayn cercò di zittirlo.
“Zayn che cazzo è successo?” la voce di Louis in sottofondo lo rese più nervoso.

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Capitolo 12
*** Eleven - Apologize ***


 

THE DARK SIDE OF ME.

(ELEVEN)
-apologize







 

Is that love?


 

Wendy era stata tante volte felice nell’arco dei suoi diciassette anni.
Lo era stata quando sua sorella era nata e l’aveva guardata con quei suoi due occhietti vispi, quando sua madre l’aveva portata allo zoo, quando le aveva comprato un cane, quando Niall le aveva ceduto il suo gelato al cioccolato perché lei aveva mal di gola e quando sua nonna le aveva detto che stava diventando bellissima.
Sorrideva ogni volta che Harry le portava periodicamente un sacchetto di biscotti in quei giorni in cui lei prendeva l’influenza oppure quando lei e Lola dormivano insieme.
Rideva sempre quando Niall diventava rosso per l’imbarazzo o quando Liam faceva una delle sue famose battute squallide alle quali Harry rispondeva con uno sbuffo seccato.
Amava la vita ogni volta che sua madre le dava la buonanotte, ogni volta che andava al cimitero a trovare suo padre e lo sentiva lì, al suo fianco, a sorridere assieme a lei.
E, anche in quel preciso istante, si sentiva felice di trovarsi in quella casa e di sapere che Zayn era a due passi da lei.
Con cautela accese il fornello, ci posizionò sopra la pentola piena di acqua e aspettò che bollisse per metterci dentro la pasta. Tirò fuori da una credenza due piatti e due bicchieri, mettendoli poi sul tavolo posto al centro della cucina.
“Non sei obbligata a cucinare”
Wendy sussultò e di scatto si voltò verso l’entrata, dove Zayn la stava osservando con la spalla destra poggiata allo stipite della porta. Il petto non era più nudo ma coperto da una maglietta bianca, rattoppata qua e là, l’asciugamano era stato sostituito da un paio di pantaloni della tuta neri che gli coprivano quasi del tutto i piedi scalzi e i capelli erano ancora un po’ umidi.
Era bellissimo.
Wendy arrossì al suo sguardo penetrante e tornò ad occuparsi della tavola.
“Non è un obbligo” replicò semplicemente, sistemando la forchetta al lato del piatto. La presenza di Zayn la rendeva così nervosa e impacciata, eppure non voleva altro che lui al suo fianco. Era tutto così estremamente confuso e strano. Lei nella stessa stanza di Zayn, ma soprattutto lui che le parlava tranquillamente, per quanto lui potesse essere  un tipo tranquillo.
“Non mi abituerò mai alla tua gentilezza” affermò lui, avanzando di qualche passo verso di lei. Sembrò quasi volerla toccare, ma poi cambiò idea e si appoggiò al bancone della cucina, tenendo sempre gli occhi ben saldi su di lei.
“E io non mi abituerò mai al tuo sguardo insistente” replicò lei, quasi intimorita, mentre lanciava una rapida occhiata all’acqua della pasta.
Come se gli fosse appena stata sbattuta la verità in faccia, Zayn allontanò frettolosamente lo sguardo da lei e lo puntò sulla piccola finestra della cucina.
“Sta per piovere” constatò, con una smorfia.
Wendy conosceva molto bene quel suo comportamento. Ogni volta che lei riusciva a metterlo a disagio, lui rispondeva in modo scortese o scostante.
Erano affascinanti tutte quelle sfumature del suo essere che era riuscita ad apprendere in così poco tempo.
“Grandioso” anche lei spostò l’attenzione sulla finestra e pregò con tutta se stessa che Louis la riportasse a casa prima di un eventuale temporale. Inoltre, non aveva nemmeno avvertito sua madre che non sarebbe tornata a casa a mangiare.
“E l’acqua sta bollendo” aggiunse Zayn, accennando alla pentola sul fuoco.
Wendy sussultò e corse verso il fornello per spegnere la fiamma. Prima di riuscire a mettere mano al pulsante, l’acqua nella pentola cominciò a trasbordare e una goccia bollente cadde sulla mano di Wendy, facendola urlare e arretrare contro il bancone della cucina.
“Questo è il momento buono per imprecare” commentò Zayn, che con un gesto rapido spense il fornello, fermando immediatamente il flusso dell’acqua. Si voltò verso di lei con un sorrisetto divertito e allo stesso tempo contrariato, e le allungò una mano, in una tacita richiesta di avvicinare la sua.
“So che stai morendo dalla voglia di scoppiarmi a ridere in faccia” sbottò lei, scorbutica, fissandolo con uno sguardo storto che lo fece sorridere ancora di più.
Wendy sbuffò, stizzita, e gli diede le spalle. Spostò il palmo della mano verso il basso per controllare la ferita che cominciava a bruciarle e non appena vide una bolla sulla pelle aggrottò le sopracciglia, sbuffando.
Zayn le fu accanto in pochi secondi e, con un gesto veloce e stranamente gentile, le prese la mano, l’avvicinò alle labbra e cominciò a soffiarci sopra. Il suo respiro era fresco.
Wendy rabbrividì.
“Grazie” gli disse, con un debole sorriso, le guance rosee. Zayn alzò le spalle.
“Louis dovrebbe avere una crema per le scottature, vado a cercare” sparì per qualche secondo, per poi tornare subito dopo con una scatolina in mano. Le prese la mano e se la portò vicino mentre apriva la scatolina e tirava fuori il tubetto di crema.
“Brucerà?” domandò lei, preoccupata.
“No”
“Sei sicuro?” chiese, stringendo le labbra.
“Si”
“E se brucerà?”
“Wendy – Zayn sbuffò – non brucerà”
“Lo prometti?”
“Perché fai tante storie?”
“Ho paura del dolore – Wendy fece una smorfia – promettimelo”
In quel momento sembrava una bambina. Zayn avrebbe voluto abbracciarla. Ovviamente, non lo fece.
“D’accordo – sbuffò, seccato – lo prometto”
Lei aprì meglio la mano così che Zayn riuscisse a spalmare la crema con maggiore abilità. Sussultò leggermente per via della crema fredda, ma Zayn aveva mantenuto la promessa. Non bruciava.
“Fatto”
Si portò la mano vicino agli occhi per esaminare il danno, mentre lui risistemava il tubicino nella scatola.
Wendy mise il broncio, esibendosi in un’ adorabile smorfia, simile a quelle che faceva sua sorella di due anni quando doveva prendere le medicine.
Zayn la osservò e per la prima volta da quando l’aveva conosciuto, le sue labbra si alzarono verso l’alto. Stava sorridendo. Quel ragazzo bellissimo, pieno di problemi e scontroso, stava sorridendo, per lei, a lei, con lei.
Wendy non aveva mai visto sorriso più bello.
Il suo cuore scoppiò di gioia, ma si trattenne dall’esultare.
“Grazie” gli disse, arrossendo.
“Prego” replicò, osservandola.
Wendy si schiarì la voce e lo oltrepassò, andando verso i fornelli. Il pavimento era bagnato e la prospettiva di cenare sembrava solo un miraggio.
“Posso ordinare una pizza” disse lui, con un’espressione divertita.
“Credo... si credo sia meglio”
“D’accordo, vado a chiamare”
“Io pulisco qui” lui annuì e uscì dalla cucina, dirigendosi verso il salotto.
Wendy prese uno straccio e cominciò a pulire il disastro che aveva combinato, attenta a non sporcare con la crema.
Ripensò alla scenetta di qualche minuto prima. Tutto ciò le sembrava surreale. Solo qualche giorno prima ricordava le loro litigate e le loro discussioni, le incomprensioni e tutto il resto. E adesso invece... era tutto così diverso.
Wendy era così felice.
Mezzora dopo, quando le pizze arrivarono, Zayn si sedette a tavola con un’aria stranamente calma.
“Mi dispiace per... quel disastro” fece lei, sedendosi di fronte a lui e aprendo il cartone della pizza. Lui alzò le spalle e addentò la prima fetta.
Rimasero in silenzio per almeno cinque minuti, entrambi persi nei loro pensieri. Fu Zayn a parlare per primo.
“Perché sei venuta qui?” il suo tono era serio e la sua espressione di nuovo cupa. Wendy sospirò, era troppo bello per essere vero.
Decise di affrontare il motivo per cui Louis l’aveva cercata.
“Louis è venuto a parlarmi oggi pomeriggio” cominciò, giocherellando con la crosta bruciacchiata della pizza.
“Questo lo so” replicò, roteando gli occhi.
“Si beh... mi ha raccontato che cosa ti è successo e perché sei venuto qui” spiegò lei, e con calma, alzò lo sguardo verso di lui. La sua espressione era dura, indecifrabile. Era tornato il solito Zayn. Si preparò alla prossima discussione.
“Ti sembrerà una soap opera” mormorò, stizzito. Wendy scosse la testa e sospirò.
“Piuttosto, un film drammatico”
“Ancora non capisco il motivo per cui sei qui” continuò, pratico.
“Louis mi ha... mi ha chiesto una cosa” deglutì a fatica e continuò a giocherellare con la crosta. Improvvisamente, non aveva più molta fame.  Avrebbe preferito scottarsi di nuovo tutte le dita piuttosto che ritrovarsi in quella situazione. Non voleva discutere con lui, soprattutto adesso che si era comportato così bene.
“Cosa?”
“Mi ha... mi ha fatto capire quanto è preoccupato per te, per la tua situazione. Non vuole che tu salti la scuola perché ha paura che tu venga bocciato. E francamente credo che abbia ragione – si schiarì la voce - Però, è anche vero che non puoi fare avanti e indietro da Bradford a Holmes Chapel ogni giorno” Zayn era attento alle sue parole, come se sapesse già dove sarebbe andata a parare.
“Mi ha chiesto di... di parlare ai tuoi genitori, per convincerli a farti tornare a casa, almeno per l’ultima settimana di scuola fino alle vacanze di Natale”
La reazione di Zayn fu immediata. La sua mano, stretta a pugno, colpì il legno del tavolo. Wendy sussultò, spaventata ma non sorpresa.
Rieccolo, il ragazzo scontroso.
“No, non se ne parla” sbottò, alzandosi di scatto dalla sedia. Si diresse verso il bancone della cucina, afferrando le estremità e abbassando la testa, come per calmarsi.
“Perché no Zayn? Non è una cattiva idea, dopotutto”
“No, assolutamente no”
“Zayn” Wendy si alzò e provò ad avvicinarsi a lui.
“Sta ferma” ringhiò. Lei sospirò e si bloccò a pochi centimetri da lui.
“Zayn so che non ti piace vivere a casa tua ma non puoi saltare la scuola, hai già perso un anno”
Zayn si voltò di scatto. Gli occhi color nocciola terribilmente scuri, ridotti a due fessure. Wendy arretrò automaticamente, ma cercò di tenere i nervi saldi.
“Quella cazzo di scuola è l’ultimo dei miei problemi!” urlò, in preda ad un attacco d’ira.
“No, è la tua priorità” replicò lei, cercando di farlo ragionare.
“La mia priorità? – Zayn alzò gli occhi al cielo, stringendo i pugni – ho un padre che mi picchia, una madre che mi odia, una sorella che vive nella merda, e tu mi viene a dire che la scuola deve essere la mia priorità?” Wendy non si rese conto di avercelo così terribilmente vicino. La sua corporatura era così dominante che per un momento barcollò. Deglutì.
“Lasciami parlare con loro... hai solo bisogno di un posto dove dormire, tutto qui”
Wendy avrebbe voluto toccarlo, fargli sentire che lei era lì, per lui. Ma aveva troppa paura di una sua reazione. Lui era imprevedibile, questo l’aveva già imparato.
“No” sbottò, risoluto.
“Zayn... per favore... parlerò io con loro, cercherò di farli ragionare” lui scosse la testa. Era così serio e deciso. Ovviamente, non avrebbe permesso che qualcuno lo aiutasse. Quando mai?
“Dammi la possibilità di fare qualcosa, di rendermi utile” continuò.
Allungò la mano destra e senza che lui se ne accorgesse, lasciò scivolare le sue dita tra le sue. Zayn sussultò e abbassò lo sguardo, puntandolo sulle loro mani intrecciate. Slegò l’unione e le diede le spalle.
“No, Wendy” ripetè, ma il suo tono sembrò vacillare.
Wendy capì che c’era un solo modo di fargli cambiare idea, di farlo ragionare.
“Fallo per tua sorella, Zayn. Torna a vivere in quella casa e stalle vicino. Lei ha bisogno di te, sei suo fratello”
Il respiro di Zayn si fece più intenso, la sua schiena cominciò a tendersi e le sue mani si strinsero a pugno.
Rimase in silenzio per un tempo che  le parve infinito e quando parlò, il cuore di Wendy sprofondò come il titanic.
“Vai via... esci da questa casa, vai via”
La sua voce era ferma, cupa e scontrosa. Come sempre.
Wendy rimase immobile, allibita.
Lui si voltò, e fissò i suoi occhi nei suoi. Buio contro luce.
“Zayn...”
“No Wendy, vai via...”
Lei non seppe cosa fare. Non voleva andarsene, non adesso. Aveva bisogno di rimanere con lui, di farlo ragionare, di aiutarlo. Non poteva andarsene, non poteva mandarla via. Non capiva che così si faceva solo del male? Le faceva solo del male?
Lei era l’unica in grado di aiutarlo, di portarlo via dall’infelicità. Perché non glielo permetteva allora? Perché si odiava a tal punto da mandare via l’unico suo spiraglio di luce?
“Vai via! Esci da questa casa, Cristo Santo!”
Wendy sussultò.
Provò a parlare, ma riuscì soltanto a gemere e a mordersi la lingua. Stava per scoppiare a piangere e si odiava per questo.
Avrebbe dovuto urlargli contro, farsi sentire, lottare per lui.
E invece piangeva e scappava e usciva da quella dannata porta. E se la richiudeva alle spalle e correva giù dalle scale e si abbandonava sulla veranda davanti all’entrata.
E fuori pioveva, e le nubi rendevano il cielo scuro e grigio. Detestabile.
Wendy cadde nel panico.
Il temporale, in quel momento, non l’avrebbe sopportato. Se solo avesse avuto il numero di Louis per chiedergli a che ora sarebbe tornato.
Quanto tempo avrebbe dovuto aspettare lì fuori? Quanto tempo mancava al temporale? E perché non poteva essersi innamorata di Liam?
Adesso, probabilmente, sarebbe stata a casa sua, sotto le coperte, rannicchiata contro di lui, mentre lui l’avrebbe rassicurata, abbracciata, confortata.
Zayn, Zayn, Zayn. Lei e il suo stupido Zayn.
Un tuono la fece sussultare. Si alzò di scatto e rientrò nel condominio, chiudendosi la porta alle spalle. Il respiro irregolare, il battito veloce e il dolore per la morte di suo padre ancora troppo vivo.
Cercò di calmarsi, di respirare con calma. Ci mancava solo un attacco d’asma e la giornata poteva definirsi perfetta.
Si rese conto di non avere il suo inalatore in tasca e neanche nello zaino. Si costrinse a tutti i costi a stare calma, ma un secondo tuono, più forte del primo, peggiorò la situazione.
Sua madre le viene incontro, il volto funereo, gli occhi scavati, le guance bagnate. Un terzo tuono, un lampo, la sua voce che le chiede cosa c’è che non va.
Sua madre che la guarda, tenta di sorridere ma non ci riesce, il dolore è troppo grande. Le dice che il papà se n’è andato, ma lei non capisce.
Quattro, cinque, sei tuoni. Urla e non capisce. Se n’è andato, in che senso? È partito per qualche viaggio? Oppure si è trasferito? Senza di lei, come ha potuto?
Sette tuoni. Il rumore incessante della pioggia. Sua madre l’abbraccia e il pancione la sfiora. Le sussurra qualcosa ma lei non capisce perché quel dannato temporale non cessa un attimo.
È morto, suo padre, è morto.
Non è possibile, solo qualche ora fa le stava raccontando un aneddoto di un suo amico, e lei stava ridendo, come al solito.
Una mano le afferrò il braccio. Due braccia forti la tennero in piedi, ma lei era troppo debole. Scivolò a terra, le gambe non riuscirono a reggere il dolore.
Le braccia cercarono di tenerla, la tirarono su da terra. Lei pianse. Rantolava.
Il viso cupo di Zayn le comparve davanti, sostituendo quello sorridente di suo padre.
“Wendy, guardami” la voce di Zayn, decisa, sembrò vacillare un attimo.
“Wendy, occhi su di me” ripetè, tenendola stretta tra le sue braccia. Aprì la porta di casa e la richiuse con una spallata. Si avvicinò verso il divano e adagiò Wendy sul tessuto morbido mentre le convulsioni continuarono a farla tremare.
Zayn la fissò per un attimo. La sua bambina, tremante come una foglia.
“Wendy, guardami, va tutto bene – le prese il viso tra le mani – Wendy, stai calma, va tutto bene... ci sono qui io, va tutto bene... tieni gli occhi aperti, respira... respira”
Sembrò calmarsi, le convulsioni cominciarono a scemare lentamente, ma gli occhi di Wendy cominciarono a chiudersi. Zayn le afferrò la testa, accarezzandole le guance.
Avvicinò le labbra alle sue, delicatamente. Prese un profondo respiro e cominciò a soffiarle la sua aria nella bocca per farla rinvenire. Una, due, tre volte.
“Occhi su di me, ragazzina. Svegliati. Tieni quei due cazzo di occhi azzurri nei miei” fu sull’orlo di urlare dal panico.
In sottofondo sentì la porta di casa aprirsi e richiudersi con un tonfo. Louis gli fu di fianco in un attimo e cominciò a chiedergli cosa diamine fosse successo. Zayn cercò di zittirlo.
“Wendy ti prego, svegliati! Apri gli occhi, io sono qui, e sono un idiota, ma ti prego apri gli occhi” Zayn le afferrò la mano, intrecciando le sue dita con quelle inermi di Wendy. Le strinse con intensità, ma lei non rispose. Era svenuta, aveva perso i sensi, e lui si sentiva così in colpa.
“Zayn che cazzo è successo?” la voce di Louis in sottofondo lo rese più nervoso.
“Wendy, ti prego, apri gli occhi – fu sull’orlo di scoppiare – Wendy, apri gli occhi...”
Non era mai stato preoccupato così tanto per una persona... tutta la sua rabbia, tutta la merda nella sua vita, improvvisamente accantonata per una ragazza tanto meravigliosa. Non meritava nemmeno di toccarla con quelle sue mani sporche, sudice.
Quando l’aveva vista sdraiata su quel pavimento, in preda alle convulsioni, il suo cuore di ghiaccio era esploso. La preoccupazione l’aveva avvolto completamente. Vedere Wendy, la ragazza, la bambina, la piccola bambina ingenua, così indifesa e vulnerabile era stato un colpo al cuore. E ora vederla così, sdraiata su quel divano, priva di sensi, lo fece rabbrividire.
“Wendy, scusami”
 
Wendy sentì i muscoli della schiena indolenziti. Faticosamente e quasi con riluttanza, aprì gli occhi, sbattendo più volte le palpebre. Un paio di coperte e un piumone la coprivano completamente e lei si sentì perfettamente al caldo. Si rilassò.
Accanto a lei vide una tazza di un qualcosa, e un piccola lucina attaccata alla presa di corrente. Anche Susan ne aveva una, ma la sua emanava una luce rosa. Il petto le faceva male, respirare le sembrava un’impresa impossibile.
Capì subito di non essere a casa sua e il primo pensiero andò a sua madre. Non l’aveva avvisata, non sapeva dove fosse e probabilmente l’avrebbe uccisa quando sarebbe tornata a casa.
Si ricordò dell’attacco d’asma, del temporale. Capì di essere a casa di Louis.
Cercò di alzarsi ma l’improvviso aprirsi della porta la paralizzò lì sul posto. Zayn entrò in camera. Le mani poggiate sul viso stanco e i capelli in disordine.
“Sei sveglia” si bloccò davanti al letto, osservando Wendy con un cipiglio nervoso. Sembrò sul punto di parlare, ma qualcosa lo bloccò.
Il suo viso era un dipinto di emozioni, nervosismo e sollievo però erano i sentimenti predominanti.
“Che ore sono?” domandò lei, la voce impastata dal sonno.
“Le dieci... hai dormito solo un paio d’ore” spiegò, la voce pacata.
“Devo avvisare mia madre!” sbottò, mettendosi a sedere ad una velocità sovraumana. La testa cominciò a girarle e dovette chiudere gli occhi.
“Ci ho pensato io... le ho mandato un messaggio con il tuo cellulare con scritto che stasera ti saresti fermata da una tua amica a dormire. Per fortuna, non ha chiamato” spiegò lui, pratico.
Wendy si rilassò, sua madre si fidava di lei. Era una scusa credibile.
“Grazie”
Wendy lo osservò.  Avrebbe voluto che fosse lì, accanto a lei, e non così lontano come se fosse un estraneo, come se fosse un dottore che visita la sua paziente. Voleva abbracciarlo, sentire il calore del suo corpo, baciarlo, tenergli la mano.
Ma lui era così scostante, e lei così timida.
“Hai bisogno di qualcosa?” lei scosse la testa, mentendo. Aveva bisogno di lui. Perché non lo capiva?
“Io sono di là se hai bisogno” con un debole cenno della testa si avviò verso la porta. Wendy avrebbe voluto fermarlo, ma la delusione di vederlo uscire dalla stanza era talmente tanta che non ebbe il coraggio di farlo.
Si ricordava del suo viso prima di svenire e perdere i sensi, nient’altro. Era stato così premuroso quando lei non era cosciente, perché non poteva comportarsi così anche quando era sveglia?
Si rabbuiò.
Sbuffò e si alzò dal letto. Si rese conto di indossare una maglietta fin troppo lunga per essere sua e un paio di pantaloni, anch’essi troppo lunghi per essere  suoi. Cercò di non pensare al fatto che Zayn l’aveva vista di nuovo in biancheria intima.
Aveva freddo, troppo freddo. Sfilò il piumone dal materasso e se lo avvolse sulle spalle.
Respirando a fondo, si diresse verso la porta socchiusa, dalla quale proveniva la luce della televisione. Quella infatti, era l’unica luce che illuminava il salotto buio. Wendy scorse Zayn, sdraiato sul divano, le mani poggiate al bracciolo e lo sguardo puntato verso la televisione. Fuori, il rumore della pioggia che batteva incessante era attutito dalle persiane chiuse.
Wendy era stanca. Stufa di aspettare.
Aprì la porta, attirando l’attenzione di Zayn che si tirò su a sedere come punto da qualcosa.
“Hai bisogno di qualcosa?” chiese, rigido, osservando ogni suo movimento. Lei cercò di non pensare troppo a ciò che stava facendo, altrimenti si sarebbe sicuramente fermata.
Fece qualche passo in avanti, attenta a non inciampare nell’orlo dei pantaloni. Raggiunse il divano sotto lo sguardo attento di Zayn e quando gli fu davanti, si sedette esattamente al suo fianco. Distese le gambe lungo la parte libera del divano, si appoggiò a Zayn e lentamente, gli prese il braccio, alzandoglielo e posandoselo sulle spalle.
Con attenzione, allungò le sue braccia e circondò la sua vita, poggiando la guancia sul suo petto. Sospirò pesantemente.
Zayn era esterrefatto.
Wendy si sentiva bene. Il suo corpo la riscaldava più di ogni altra coperta.
Zayn la osservò dall’alto mentre lei copriva entrambi con il piumone.
Rimase immobile come una statua di marmo.
Poi, dopo sessantasette respiri – Wendy li aveva contati -, le avvolse meglio il braccio attorno alle spalle e la strinse più a sé.

Diciotto anni di amore perduto accumulati tutti in quel momento.






aaaaaaaahhhhwwwwwww io. sono. troppo. felice.
Dio, sono troppo contenta di aver postato questo capitolo ahahah
non vedevo l'ora, davvero! E non vedo l'ora di leggere le vostre recensioni che sono sempre le più belle <3
Allora, non so nemmeno da dove cominciare! 
Prima di tutto, mi scuso per l'immensa tenerezza del capitolo ma l'ho scritto in un momento di pura debolezza, a notte fonda, mentre pioveva, con Ed Sheeran in sottofondo... quindi potete capire ahahah 
Spero davvero che vi sia piaciuto tanto quanto io ho adorato scriverlo :))
Cosa ne pensate della scena del temporale? Spero che non l' abbiate trovata squallida o cose del genere ahahah 
Wendy, anche se ormai non lo da più a vedere, soffre ancora moltissimo per la perdita di suo padre e dopo la litigata con Zayn è ancora più vulnerabile, quindi l'attacco d'asma/di panico è inevitabile.
E Zayn? Aaaahw non potete capire quanto io abbia amato descriverlo in questo capitolo ahahah stavo tipo fangirlando mentre scrivevo ahahah
E la scena finale non so come mi sia venuta fuori, ma è un'esplosione di tenerezza asssurda ahahah 
Aspetto con ansia le vostre recensioni :)
Ringrazio ancora tutti voi che come sempre mi lasciate un commentino, e anche tutti quelli che hanno inserito la storia tra le preferite - seguite - ricordate! Grazie di cuore <3
un bacio :)



 



(TWELVE)
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“Volevi esattamente dire questo” mormorò, e quando rialzò gli occhi, Zayn vide le lacrime solcare le sue guance.

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Capitolo 13
*** Twelve - Arrows ***


 

THE DARK SIDE OF ME.

(TWELVE)
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Quella mattina, Zayn Malik si risvegliò con una serenità che non gli apparteneva. La mattina era solito svegliarsi di cattivo umore a causa dei continui incubi e del malessere che aleggiava come un fantasma in casa sua.
Ma adesso, in quel momento, si sentiva felicemente rilassato.
Sentiva che niente e nessuno avrebbe potuto distruggere quella realtà quasi perfetta e pacifica, che niente e nessuno avrebbe potuto rovinare quel momento. Era da parecchio che non si sentiva così calmo e tranquillo.
Aprì gli occhi.
Il motivo per il quale si sentiva così stranamente diverso quella mattina, era lì accanto a lui, gli occhi chiusi, le ciglia lunghe, le labbra leggermente socchiuse, il respiro regolare.
Wendy era distesa al suo fianco, la testa appoggiata al braccio di Zayn, i capelli lunghi cadenti sul suo viso, il corpo esile coperto dal piumone.
Rimase lì ad osservarla per secondi, minuti che parvero attimi infiniti. Sembrava stare bene, adesso. Dio solo sapeva quanto l’aveva fatto preoccupare, il giorno prima. E Dio solo sapeva quanto si era odiato per averla cacciata fuori di casa.
Sentì la porta della camera di Louis aprirsi, e dopo pochi instanti il viso assonnato dell’amico fece capolino in salotto. Si bloccò sull’uscio della porta, sgranando gli occhi semichiusi alla vista dei due sul divano, ma poi, come se nulla fosse si rintanò in cucina.
Zayn avrebbe voluto rimanere lì, sotto le coperte, sdraiato accanto alla sua unica fonte di calore ma era tanto masochista da alzarsi, liberarsi dal piumone, dal caldo corpo di Wendy per immergersi di nuovo nel freddo inverno che era la sua vita. L’unico momento di felicità, spazzato via da lui stesso.
Ancora non era intenzionato ad aprirsi del tutto a Wendy. Anche se avrebbe voluto, con tutto se stesso. Ma non era nel suo carattere cedere così facilmente.
A cosa poi? Alla felicità? Lui che di felicità non ne aveva mai avuta? Sembrava quasi un sogno. Doveva esserci per forza il trabocchetto.
Andò in cucina, richiudendosi la porta alle spalle e lanciando un’ultima rapida occhiata alla ragazza addormentata sul divano.
“Buongiorno” la voce di Louis era carica di malizia. Zayn grugnì.
“Non cominciare” sbottò, fissandolo con astio. Louis alzò le spalle e gli passò una tazza di caffè e una scatola di biscotti al cioccolato.
“Cos’hai intenzione di fare oggi?” domandò, con una certa insistenza. Zayn bevve un paio di sorsi dalla sua tazza e puntò il suo sguardo scocciato in quello di Louis.
“Non andrò a parlare con i miei genitori, se è questo che vuoi sapere” replicò, asciutto, ricevendo in risposta uno sbuffo irritato.
“Volevo solo sapere che programmi avevi dato che è sabato – ribatté, seccato – e comunque, dovrai farlo prima o poi” lo redarguì, serio. Zayn abbassò lo sguardo sul liquido nero e caldo.
Non era mai stato tanto rilassato da quando non abitava più con i suoi genitori, in quella dannatissima casa. E allo stesso tempo, non era mai stato così preoccupato per Safaa. Se suo padre avesse anche solo alzato le mani su sua sorella, non avrebbe più risposto delle sue azioni.
L’idea di comprarsi una casa per loro diventava sempre più concreta.
“Non sono affari tuoi” sbottò, in risposta a Louis.
“Si che lo sono, dato che vivi qui, a casa mia, e dato che ho il potere di buttarti fuori quando mi va” replicò lui, alzando un sopracciglio.
Zayn scosse la testa.
“Non oseresti” disse semplicemente, con convinzione.
“Purtroppo hai ragione – ribatté Louis, sospirando – ma tu dovrai parlare ai tuoi genitori, e al più presto” continuò, alzandosi e dirigendosi verso il lavandino.
Zayn alzò gli occhi al cielo e richiuse la scatola di biscotti, improvvisamente sazio.
“Non ci penso nemmeno”
“Ci andremo oggi”
Non era stato Louis a parlare.
Una candida voce femminile arrivò alle spalle di Zayn, il quale, sorpreso e allo stesso tempo scocciato, si voltò verso Wendy. La vide con addosso la sua tuta, i capelli in disordine e il viso assonnato ma risoluto.
“No” ribatté, tornando a sedersi composto.
“E invece si – controbatté lei, il tono deciso – oggi stesso”
Zayn strinse con forza il cucchiaino che teneva in mano, tanto da far diventare le nocche di un bianco pallido.  Alzò lo sguardo verso Louis, il quale alzò le spalle, impotente.
“No” ripeté, nella sua voce un misto di fastidio, rabbia e amarezza.
“E invece si, Zayn” zampettò fino al tavolo della cucina, posizionandosi esattamente davanti a lui. Non l’aveva mai vista così decisa e autoritaria.
“Ho detto di no, Wendy” sbottò, e gli ci volle tutta la sua forza di volontà per non alzarsi e fronteggiarla faccia a faccia. Lei strinse le labbra in un’unica linea orizzontale.
“Non voglio il tuo parere – sibilò, guardandolo con astio – voglio solo le chiavi della macchina”
Gli occhi di Zayn saettarono da lei a Louis.
Quest’ultimo, profondamente colpito dalle parole di Wendy, abbozzò un debole sorriso ironico a Zayn e si rivolse alla ragazza.
“Sono in salotto”
 
 
Dopo un’ora, Zayn si ritrovò seduto dietro il volante della macchina di Louis. L’espressione furiosa e il corpo teso. Accanto a lui, Wendy osservava il panorama fuori dal finestrino con una serietà quasi paurosa.
Quando raggiunsero Holmes Chapel, Zayn strinse il volante con entrambe le mani per scaricare un po’ la tensione.
“Ti porterò dritta a casa tua” disse, con un tono che non ammetteva repliche. Wendy si voltò verso di lui, lanciandogli un’occhiata raggelante.
“Vuoi smetterla di comportarti così?”
“No se non la smetti di obbligarmi a fare cose che non voglio”
“Vuoi dirmi che non vuoi vedere Safaa?”
Zayn serrò le mascella, le dita strette al volante come una morsa. Perché doveva essere sempre così fottutamente irritante? Perché doveva mettere in mezzo sua sorella?
“Certo che voglio vedere Safaa – ribatté, con astio – ma non voglio parlare con mio padre” continuò, alterato. Wendy si rese conto della velocità con cui stavano procedendo. Zayn stava accelerando sempre di più, vittima della tensione.
“Zayn, rallenta – mormorò Wendy, preoccupata – Zayn, rallenta, o ci ammazzeremo!”
Un semaforo rosso lo costrinse a frenare di colpo, sballottando entrambi contro il parabrezza. Le cinture di sicurezza li tennero saldi al sedile.
“Cristo Santo, ti vuoi dare una calmata?” urlò Wendy contro Zayn, una volta superato lo spavento. Lui serrò di nuovo la mascella e tenne lo sguardo fisso davanti a se.
“Sto parlando con te, Zayn! – continuò lei, abbassando un po’ il tono di voce – ti rendi conto che non puoi vivere da Louis per il resto dei tuoi giorni? Ti rendi conto che saltare la scuola è sbagliato? Che per trovare un lavoro decente e per costruirti un futuro ti serve avere almeno uno stupido diploma?”
Era facile parlare per lei. Lei aveva una vita perfetta, una famiglia che l’amava, degli amici che le volevano bene. Aveva sempre avuto ciò che voleva, non aveva avuto neanche la metà dei problemi che aveva avuto Zayn.
Metteva l’istruzione davanti a tutto, ma per Zayn non era così. Per Zayn la scuola era proprio l’ultimo dei suoi innumerevoli problemi. Avrebbe perso l’anno? Pazienza, si sarebbe diplomato a diciannove anni. Cosa poteva farci?
Aveva bisogno di una sigaretta.
Prima che il semaforo diventasse verde, girò il volante e accostò l’auto sul ciglio della strada, azionando le quattro frecce. Scese dall’auto, rovistando nelle tasche del suo giubbotto in pelle, alla ricerca della sua fonte di sfogo più efficace.
Sentì lo sguardo di Wendy su di lui ma continuò a camminare fino ad un basso muro, dove ci si sedette sopra con un piccolo balzo. Si accese la sigaretta ed inspirò il fumo, rigettandolo poi fuori, insieme all’ansia e alla preoccupazione. Perché la sua vita faceva così schifo?
Puntò lo sguardo verso la macchina dove vide Wendy aprire la portiera e scendere, diretta verso di lui. Tenne gli occhi puntati su di lei fino a che non gli fu davanti.
Perché non poteva essere felice quanto lei?
“Zayn... – sussurrò, con la sua solita dolcezza nella voce – devi cercare di resistere...”
Rise amaramente, soffiando il fumo fuori dalla sua bocca. Un’altra dose di ansia uscì con lui, ma era talmente tanta che gli sarebbero serviti almeno dieci pacchetti di sigarette per riuscire a liberarsene.
“Ho resistito per diciotto anni” rispose, e Wendy lesse il dolore nei suoi occhi color nocciola.
“Resisti ancora un po’” tentò lei, abbozzando un debole sorriso che, come sempre, non trovò risposta.
“Perché credi che sia così semplice?” chiese lui, quasi arrabbiato.
“Non è semplice Zayn, non ho mai detto che lo è”
“Ma lo fai sembrare semplice” sbottò, fissandola con rabbia. Lei sospirò e si sedette accanto a lui, ad una certa distanza. Non voleva metterlo a disagio, irrigidirlo, non ora che stava quasi per uscire allo scoperto.
Gli prese la sigaretta dalle mani e la gettò lontano, lanciandogli un’occhiata di rimprovero.
“Non è semplice. Nulla è semplice nella vita. Niente ci viene regalato, niente è facile da conquistare. La vita è ingiusta, e anche se so che fai fatica a pensarlo, anche la mia lo è. Due anni fa ho perso mio padre, capisci? Mio padre era tutto per me. Nulla, e ripeto, nulla, potrà mai rimpiazzarlo. Né la mia bella casa, né i miei amici, né i miei bei voti a scuola”
Wendy abbassò lo sguardo.
Zayn rimase in silenzio.
Tirò fuori una seconda sigaretta dal pacchetto e l’accese. Fece il primo tiro, ma non gli andava neanche di fumare. Improvvisamente aveva talmente tanta rabbia e ansia addosso, che nemmeno quel rimedio avrebbe funzionato.
“Non posso andare a supplicare mio padre di riaccettarmi in casa” disse, dopo qualche minuto.
Wendy puntò i suoi occhi azzurri nei suoi.
“Zayn, sei suo figlio. Per quanto possa averti trattato male, non ti chiuderà fuori di casa – replicò, con quel suo tono ingenuo che lo faceva arrabbiare e disperare – e poi ci parlerò io, cercherò di convincerlo” continuò, con un sorriso, nel disperato tentativo di convincerlo.
Zayn scese dal muretto.
Cosa avrebbe potuto fare?
Tornare a casa e continuare ad andare a scuola oppure rinchiudersi per sempre in casa di Louis e distruggere ogni possibilità di un futuro migliore?
Le porse una mano per aiutarla a scendere.
“Lo faccio per Safaa. Non per me”
Wendy sorrise.
Tenne la mano nella sua e lo trascinò fino alla macchina.
Guidarono fino a casa di Zayn, entrambi troppo agitati per poter aprire di nuovo bocca. Quando scesero dall’auto, Wendy si avvicinò titubante al campanello, incoraggiando Zayn a fare lo stesso. Lui sbuffò e la seguì sulle scale.
“Se dovesse succedere qualcosa... se mio padre dovesse arrabbiarsi… tu dovrai fare esattamente ciò che ti dico, hai capito?” le disse, con una tale serietà da intimidirla.
Wendy annuì e suonò al campanello. La voce di una ragazza le arrivò fino alle orecchie. Doveva essere Safaa. Stava per conoscere Safaa, la sorella di Zayn.
“Safaa sono io, aprimi” ordinò Zayn. Wendy rimase per un attimo stupita da quel tono autoritario ma allo stesso tempo, terribilmente dolce.
Doveva amare sua sorella più di quanto volesse veramente ammettere.
La serratura del portone scattò e prima che Zayn potesse ripensarci, Wendy avanzò nel piccolo atrio del condominio. Lui era ancora ancorato alla soglia, in attesa che la forza di affrontare di nuovo suo padre lo aiutasse ad entrare.
“Vieni Zayn... – lo incoraggiò la ragazza, tendendogli una mano – andiamo, insieme
Zayn abbassò per un attimo gli occhi, prese un profondo respiro e varcò la soglia. Ignorò la mano tesa di Wendy e continuò a camminare lentamente fino alle scale.
Fu Wendy ad intrecciare le sue dita a quelle di Zayn mentre entrambi salivano per le scale.
Zayn avrebbe voluto dirle qualcosa, ma non ci riusciva. Era come se tutti i muscoli della faccia si fossero improvvisamente bloccati.
“Qual è la casa?” domandò la ragazza, con voce tranquilla, calda e rassicurante. In realtà, stava letteralmente morendo dentro. La sola idea di dover fronteggiare un uomo che aveva il coraggio di picchiare il proprio figlio, la terrorizzava. Ma doveva essere forte, per Zayn.
Gli sorrise incoraggiante e gli intimò di indicare l’appartamento. Lui la portò davanti ad una porta ma non riuscì a bussare.
Wendy alzò la mano stretta a pugno e colpì la superficie di legno un paio di volte. Una ragazza sui quattordici anni aprì la porta. Non appena i suoi occhi si posarono sul viso stanco di Zayn un sorriso illuminò il suo volto.
Wendy non potè fare a meno di notare la somiglianza tra i due fratelli. La carnagione olivastra, il colore dei capelli, la forma delle labbra, l’aria di chi ha dovuto crescere troppo in fretta.
“Zayn!” esclamò, fiondandosi tra le sue braccia.
Wendy fece un passo indietro per lasciare la dovuta privacy ai due. Il cuore le scoppiò di gioia non appena vide la serenità sul viso marcato di Zayn e un sorriso ricambiare quello della sorella.
“Ciao Safaa” disse semplicemente, accarezzandole i capelli.
“Ero così preoccupata per te” replicò la ragazzina, raggiante.
“Mi dispiace” rispose lui, con amarezza. Entrò in casa, ora sembrava leggermente più sicuro, forse perché si era assicurato che la sorella stava bene.
Wendy li seguì, in silenzio.
“Safaa lei è... una mia amica. Wendy lei è mia sorella”
Le due si guardarono per un secondo, imbarazzate, poi si sorrisero appena. L’attenzione tornò a rivolgersi a Zayn.
“Dove sei stato fino ad adesso?” domandò, sedendosi sul divano.
Wendy si guardò attorno, curiosa di vedere come fosse la casa di Zayn. Era spoglia e poco arredata, sicuramente era dovuto dal fatto che si erano trasferiti da poco. Così sperava.
“Nell’appartamento di Louis – rispose, lanciando una rapida occhiata a Wendy, intenta ad osservarsi in giro – dov’è la mamma?” chiese poi.
“E’ andata a fare la spesa”
“Come... come sta?” tentennò leggermente.
Wendy vide il senso di colpa affiorare nei suoi occhi segnati. Avrebbe voluto dire qualcosa, consolarlo, fargli capire che la colpa di ciò che era successo non era affatto sua, ma la porta di casa si spalancò prima che lei potesse aprire bocca.
Un uomo alto, dalla carnagione mulatta e l’espressione rude varcò la soglia, bloccandosi alla vista della ragazza ancora in piedi.
“Chi diavolo sei tu?” domandò con tono burbero.
Wendy si sentì sprofondare. Quell’uomo la metteva profondamente a disagio. Non si era mai sentita tanto piccola in tutta la sua vita e il pensiero che la piccola Safaa e Zayn dovevano affrontare quell’uomo tutti i giorni, la fece sbiancare.
“Lei è una mia amica” Zayn si alzò di scatto, fronteggiando il padre con lo sguardo.
“Una tua amica? Da quando hai amiche femmine? Tu le femmine te le scopi e basta, o sbaglio?” domandò lui, il tono vagamente divertito. Gli occhi rossi e lucidi, Wendy temette che avesse bevuto.
“Sono venuto qui per parlarti” lo ignorò Zayn, e Wendy vide le sue mani stringersi lungo i suoi fianchi, l’espressione leggermente calma sfumare in una rabbiosa. L’atmosfera in casa cambiò radicalmente.
“Parlarmi? E di cosa? Mi sembrava di essere stato molto chiaro quando ti ho detto che tu non avresti più messo piede in questa casa” ancora un’altra volta, Wendy sentì una nota di divertimento in quelle parole. Le vennero i brividi. Ancora non riusciva a credere che un padre potesse trattare in quel modo i propri figli, giocare in quel modo con loro, prenderli in giro. E di nuovo, pensò a quanto era stata fortunata ad avere un padre modello come il suo.
“Sei stato cristallino – ringhiò Zayn, fissandolo con odio – non sarei dovuto tornare qui” lanciò una rapida occhiata eloquente a Wendy che capì che voleva andarsene. Ma la voce di Safaa lo fermò.
“No, Zayn, per favore”
Wendy temette che scoppiasse a piangere da un momento all’altro. Automaticamente, fece qualche passo verso di lei con l’intento di starle accanto.
“Zitta, Safaa. Tuo fratello non abita più qui” sbottò l’uomo, lanciando un’occhiata di rimprovero alla figlia. In quel momento, la porta di casa si aprì di nuovo, e il viso stanco e segnato di una donna fece capolino dalla porta. Non appena vide Zayn, le buste della spesa le caddero per terra.
“Zayn...” esalò in un sussurro, i suoi occhi divennero più lucidi.
“Ciao mamma”
“Che ci fai qui?” domandò, riprendendo velocemente il controllo della sua voce che divenne più chiara e dura.
“Tuo figlio è venuto qui per parlare con me – rispose l’uomo – ma credo che non ci sia nulla da dire, giusto?”
La donna osservò per primo il marito, poi spostò lo sguardo su suo figlio. Wendy pensò che avrebbe detto qualcosa, che avrebbe preso le parti di Zayn e invece, annuì appena, chinandosi e riprendendo in mano le buste della spesa come se nulla fosse. Come se suo figlio non fosse lì davanti a lei, a pregarla con lo sguardo di perdonarlo.
Il suo cuore si sgretolò in mille pezzi quando si voltò a guardare il ragazzo. La sua espressione era indecifrabile ma Wendy sapeva che qualcosa si era distrutto anche in lui. Prima che lui potesse parlare, Wendy si fece avanti, impaurita ma decisa.
“In realtà... – cominciò, titubante – siamo venuti qui per chiedervi se potevate riaccettare Zayn in casa, solo per un’altra settimana, fino all’inizio delle vacanze di natale”
Wendy vide due reazioni contrastanti. L’espressione di Safaa e di sua madre era sorpresa e profondamente colpita, mentre quella di Zayn e di suo padre furiosa e distante. Tutti e quattro fissavano lei, in silenzio.
“Il fatto è – continuò - che Zayn ora sta da Louis e dato che c’è la scuola, non può fare avanti e indietro da Bradford a qui, quindi pensavamo di farlo tornare qui, solo fino all’inizio delle vacanze natalizie” spiegò con calma.
Ci fu un intenso minuto di silenzio imbarazzante, poi l’uomo parlò.
“E questo perché dovrebbe importarci?” domandò, il tono perennemente divertito. Wendy si trattenne dallo spalancare la bocca. Forse perché è vostro figlio?
“Beh perché… stiamo parlando dell’istruzione di vostro figlio, del fatto che potrebbe venire bocciato di nuovo” rispose, come se fosse una cosa estremamente ovvia.
“Tanto sarebbe stato bocciato lo stesso, stupido com’è” replicò lui, lanciando un’occhiata di scherno al figlio.
Tutti si aspettarono che quella conversazione finisse lì, invece Wendy continuò a parlare, imperterrita, intimorita e profondamente disgustata.
“Io non credo, Zayn è molto intelligente, e se si impegnasse potrebbe finire l’anno con ottimi vot-“
“Senti, ragazzina, non so chi tu diamine sia, o cosa ti abbia dato Zayn per farti venire qui a parlarmi, ma mio figlio ha picchiato mia moglie e il minimo che posso fare è mandarlo via da questa casa!”
Wendy fremette di rabbia. Non era mai stata tanto coraggiosa in vita sua, avrebbe voluto colpire quell’uomo con una violenza tale da farlo stramazzare a terra. Ora capiva perché Zayn finiva sempre per alzargli le mani addosso.
“Lui non... lui non ha picchiato sua madre! – sbottò, fissandolo con astio – lui la stava proteggendo da lei! e le ricordo, signore, che è lei ad alzare le mani su suo figlio, ed è lei che stava per alzare le mani su sua moglie, lui ha solo cercato di proteggerla!”
Il padre di Zayn strabuzzò gli occhi e serrò la mascella. Il suo sguardo si infuocò all’istante.
“Tu non hai il diritto di parlarmi in questo modo! – sbraitò – non accetto che una stupida ragazzina venga in casa mia ad insegnarmi come trattare i miei figli!” la sua voce era tuonante, furiosa, autoritaria.
Se fosse stato in un altro contesto, probabilmente Wendy sarebbe corsa via, terrorizzata. Ma lì, in quel momento, con Zayn a pochi passi da lei, umiliato e trattato come una pezza, non poteva fare altro che difenderlo.
“E invece dovrebbe farlo visto che non è esattamente il padre dell’anno!”
L’uomo chiuse la distanza tra loro avanzando di due passi, fronteggiandola faccia a faccia.
Wendy rabbrividì.
Zayn si arrabbiava, le urlava contro e la intimidiva, ma lui non era minimamente paragonabile a suo padre. Suo padre sembrava un mostro.
Lei sussultò e arretrò di un passo, vacillando.
“Tu, piccola puttanella!” sibilò. Fece per alzare una mano.            
Zayn le fu davanti come un fulmine.
Il viso di Wendy sbatté contro la sua schiena forte.
Il suo corpo, teso e contratto, la copriva completamente, proteggendola dall’uomo.
“Fa ciò che vuoi di me, colpiscimi, picchiami, insultami, trattami come la merda tanto ci sono abituato. Ma giuro su Dio che se solo provi a toccare lei o Safaa, tutta la rabbia che mi hai scaricato addosso in questi diciotto anni la sfogherò contro di te fino a distruggerti con le mie stesse mani”
Wendy trattenne il respiro, lo shock la tramortì in pieno.
L’aveva detto davvero?
Suo padre non sembrava sconvolto, ma persino più furioso.
Non avrebbe mai voluto che la situazione degenerasse in quel modo.
“Esci da questa casa!” tuonò suo padre, le vene del collo pulsanti, gli occhi infuocati.
Wendy si affrettò a prendere Zayn per una mano.
“Andiamo via” gli sussurrò gentilmente all’orecchio, cercando di trattenere una nota spaventata nella voce. Sentì un singhiozzo alla sua destra e quando si voltò, si rese conto che Safaa era scoppiata a piangere. Chissà quante volte aveva dovuto sopportare scene del genere, non voleva neanche pensarci.
Zayn non se n’era accorto, era ancora troppo occupato a sostenere lo sguardo furibondo di suo padre. Wendy gli strinse la mano, di nuovo.
“Zayn” lo richiamò debolmente. Lui si voltò verso di lei e la osservò per un lungo istante, come se non la vedesse veramente.
“Vattene!” tuonò di nuovo suo padre, alzando un braccio ed indicando la porta. Per un momento sembrò voler colpire il ragazzo, ma dopo una breve esitazione continuò ad indicare l’uscita.
Zayn si voltò verso Safaa e i suoi occhi si addolcirono in un secondo.
“Vattene! Fuori da questa casa – ripeté l’uomo, afferrando Zayn per il gomito e trascinandolo fuori – di mia figlia mi occupo io! Fuori, via!”
Il ragazzo lanciò un’ultima, rapida, occhiata alla sorella. Cercò di parlarle, di rassicurarla, di farle ascoltare la sua voce, ma suo padre fu più svelto e gli sbatté la porta in faccia.
Ringhiando, colpì la superficie di legno con entrambe le mani strette a pugno. Sentì le urla di suo padre e il pianto di Safaa.
“Andiamo via” disse a malapena Wendy.
Ora che era fuori da quell’appartamento soffocante, tutta l’ansia repressa la colpì in pieno. Cominciò a mancarle l’aria, ma non ero quello il momento adatto per una crisi.
Ora capiva, almeno in parte, ciò che doveva passare tutti i giorni Zayn. Non biasimava affatto il suo carattere sempre così scontroso e arrogante, e gli dispiaceva che le persone, a scuola, lo trattassero come un appestato senza neanche sapere cosa doveva sopportare ogni giorno.
Zayn la oltrepassò e si precipitò giù dalle scale. Wendy lo seguì, quasi correndo. Lo richiamò più volte, ma lui sembrava sordo, troppo arrabbiato per ascoltarla. Spalancò la porta del condominio ed uscì fuori, dirigendosi verso la macchina.
“Sapevo che non sarei dovuto venire, lo sapevo” sbottò, camminando avanti e indietro davanti all’automobile, le mani tra i capelli e il viso contratto.
“Zayn, calmati”
“Che cosa ho ottenuto, eh Wendy? – si voltò di scatto verso di lei, fissandola con due occhi rabbiosi – che cazzo ho ottenuto? Solo la voglia di tornare su a spaccargli la faccia e il senso di colpa per aver abbandonato di nuovo Safaa” il suo tono era furioso e carico di tensione.
Wendy oramai era abituata alle sue sfuriate, ma ogni volta vederlo così la intimoriva, e non poco.
“Per favore Zayn, abbassa la voce” lo pregò notando alcuni passanti osservare i due con aria curiosa.
“Non abbasso un cazzo di niente!  Non avrei dovuto darti ascolto! Sono un idiota!” colpì la ruota dell’auto con il piede, cercando di sfogare un po’ della rabbia accumulata fino a quel momento. Avrebbe voluto colpire qualcosa, qualcuno, sfogarsi, urlare, fumare una sigaretta, ubriacarsi.
“Zayn..” la sua voce lo fece andare su tutte le furie. Di solito, il suo nome pronunciato da quella voce lieve e candida aveva lo strano potere di calmarlo ma in quel momento, dopo aver visto sua sorella scoppiare a piangere per l’ennesima volta, faticava a rilassarsi.
“Sta zitta – sbottò, alzando una mano verso di lei, per bloccare ogni suo movimento – sta zitta” ripeté, fissandola con astio.
“Zayn, ti prego... non essere arrabbiato” si avvicinò di qualche passo, ignorando il suo avvertimento di stare lontano. Il ragazzo strinse le mani, conficcandosi le unghie nella carne tanto era frustrato.
“Sono infuriato
“Non esserlo” replicò la ragazza, allungando una mano per toccare la sua. Sentiva questo continuo e impellente bisogno di toccare la pelle di Zayn, di sentire il calore del suo corpo, di sentirlo vicino. Era l’unica cosa che lui le permetteva di fare senza tante storie, quella di prenderlo per mano, e allora lei ne approfittava, incastrando le sue dita affusolate alle sue ogni qualvolta sentisse il bisogno del suo contatto.
Era l’unico gesto che le faceva capire che c’era qualcosa tra loro due, che lui in fondo ci teneva a lei.
“Non toccarmi” ringhiò, lanciandole un’occhiataccia.
La delusione la colpì in pieno come una palla di neve in inverno. Si sentì sprofondare e lasciò ricadere il braccio lungo il fianco.
Stava mettendo un punto a loro due? Un punto a ciò che stava per nascere?
“Non avrei dovuto ascoltarti – ripeté, con insistenza e amarezza – solo perché tu non hai più un padre e non sai come riempire le tue giornate non significa che devi andare in giro a riordinare la vita degli altri”
Wendy sentì una, due, tre, quattro, cinque frecce colpirle il petto, a intervalli regolari, distruggendole il cuore, mozzandole il fiato. Sentì gli occhi riempirsi di lacrime, il poco colore che aveva in faccia scomparire, le gambe vacillare.
Zayn scosse impercettibilmente la testa, rendendosi conto solo troppo tardi di ciò che aveva detto, del significato delle sue parole, dettate dalla rabbia e dall’angoscia e dalla paura.
“Oh” esalò lei.
“Non volevo dire questo, Wendy” replicò lui, pratico. Wendy abbassò lo sguardo sulle sue scarpe.
“Volevi esattamente dire questo” mormorò, e quando rialzò gli occhi, Zayn vide le lacrime solcare le sue guance.
Non ebbe nemmeno il tempo di fermarla che lei era già corsa via, allontanandosi da lui come un fulmine.
E adesso non poteva fare altro che avere un altro motivo in più per odiare se stesso.





Buongiorno a tutti :)
Allora, ho poco tempo quindi sarò breve questa volta! Ho appena visto Shutter Island e sono completamente scombussolata e inoltre devo andare a fare i compiti (si perchè ho già i compiti dopo due giorni di scuola).
Dopo il capitolo precedente, non poteva non mancare un finale del genere ahaha ve l'ho detto che la loro storia è come le montagne russe!
Comunque, è entrata in scena la famiglia di Zayn che approfondirò un po' di più tra qualche capitolo. 
Spero che questo vi sia piaciuto e come sempre ringrazio tutti quelli che lasciano una recensione e inseriscono la storia tra le seguite-preferite-ricordate!
Grazie davvero! :)
Nel prossimo capitolo assisteremo per l'ennesima volta al buon cuore di Wendy ahah
un bacio :)



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(THIRTEEN)
-that guy with dark eye



“Non saresti dovuta venire”
“Se vuoi me ne vado”
“Non ho detto questo”

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Capitolo 14
*** Thirteen - That guy with dark eyes ***


 

THE DARK SIDE OF ME.

(THIRTEEN)
-that guy with dark eyes








Zayn sbatté sul tavolo il terzo boccale di birra, completamente vuoto. Mandò giù l’ultimo sorso e si pulì le labbra con il dorso della mano. Scese dallo sgabello, barcollante e ubriaco da far schifo. Appoggiò una mano al bancone per cercare di darsi equilibrio.
Era proprio messo male.
Sbattè le palpebre più volte.
Aveva bisogno di una sigaretta.
Tutta quella gente che parlava e parlava e parlava lo stava nauseando.
Si fece spazio tra la folla, urtando qualche persona e ignorando le continue lamentele. Barcollò fino alla porta e l’aprì, inspirando l’aria fresca della notte.
Si accasciò e vomitò sull’asfalto.
Si era ripromesso di non bere a stomaco vuoto, ma lui l’aveva fatto e adesso stava da schifo.
Bene, era ciò che si meritava.
Si rialzò, pulendosi la bocca con la manica della giacca di pelle. Ancora non sapeva come avrebbe fatto a guidare fino a casa di Louis in quelle condizioni; magari avrebbe potuto dormire in macchina, così se mai fosse stato di nuovo male, gli sarebbe bastato aprire la portiera e rimettere l’anima.
Non gli importava di nulla in quel momento.
Aveva rovinato anche l’ultima cosa buona che gli era capitata nella vita.
“Ehi, coglione”
L’eco di una voce gli perforò i timpani. Si voltò lentamente, la sigaretta in una mano, l’accendino nell’altra. Tre ragazzi erano appena usciti dal locale e lo stavano fissando con un’espressione che lui conosceva bene. Era la stessa che aveva lui ogni volta che voleva prendere a cazzotti qualche testa di cazzo.
Sorrise e accese la sigaretta.
“Dimmi” mormorò, alzando lo sguardo su uno di loro. Questo si avvicinò di qualche passo, affrontandolo faccia a faccia.
“Mi hai urtato, qualche minuto fa – ringhiò, a qualche centimetro dalla sua faccia – e non ti sei nemmeno scusato” continuò, un sorriso ironico aleggiò sul suo viso da animale.
“Che gran maleducato” replicò Zayn, soffiandogli il fumo in faccia.
La sua dote era quella di riuscire ad innervosire con una sola battuta chiunque gli capitasse davanti. Persino un santo avrebbe perso la pazienza con lui. Persino Wendy perdeva la pazienza con lui.
“Beh, ti conviene, amico
“Altrimenti, che cosa mi fai?”
“Inizia a spegnere quella cazzo di sigaretta, così ti mostro cosa posso farti”
Zayn rise, buttò la sigaretta per terra e la spense con la punta della scarpa.
“Tutto tuo, amico
 
Wendy spalancò la porta a vetro della corsia.
Sua madre, a pochi passi da lei, cercava di fermarla.
“Wendy, ti prego, rallenta!” urlò. La sua voce riecheggiò per l’intero corridoio vuoto, colpendo le pareti e tornando indietro.
La ragazza continuò a correre, svoltò l’angolo, corse.
“Wendy” sua madre le afferrò un braccio, bloccandola di colpo.
“Che c’è?” sbottò, abbassando immediatamente il tono di voce.
“Tesoro devi calmarti!” mormorò la donna, osservandola con uno sguardo comprensivo. Wendy prese un profondo respiro.
“Scusa, mamma”
Lei sospirò e affondò le mani nella borsa, alla ricerca di qualcosa. Dopo pochi istanti tirò fuori una piccola scatoletta che Wendy conosceva molto bene.
“Tieni – gliela porse – non voglio essere di troppo, quindi vado a prendere qualcosa da bere al bar. Se hai bisogno di qualcosa, chiamami immediatamente d’accordo?”
Wendy annuì, ancora intontita, ritirando l’inalatore nella borsa.
La donna le strinse il braccio in un gesto affettuoso e le fece segno di proseguire.
Wendy continuò.
Il panico le fece accelerare il passo. Si ritrovò a correre per la corsia semivuota, di nuovo.
I capelli raccolti in una crocchia disordinata, un paio di pantaloni della tuta, la maglietta del pigiama coperta dal cappotto, gli occhiali da vista, il viso devastato. Bel sabato sera.
Doveva essere un mostro, ma in quel momento i suoi pensieri erano altri.
Svoltò l’angolo e vide due ragazzi poco distanti da lei. Rallentò il passo quando riconobbe uno dei due giovani.
“Louis” sospirò, cadendo sulla sedia al suo fianco.
“Wendy, prendi fiato!” esclamò lui, preoccupato. Dopo quello che era successo a casa sua la sera prima, non voleva rischiare che ricapitasse di nuovo.
“S-sto bene” balbettò, inalando uno spruzzo d’aria dal suo inalatore. Si sentì subito meglio.
“Hai fatto in fretta” commentò Louis, sorridendole appena.
Wendy alzò le spalle e lanciò una rapida occhiata al ragazzo seduto accanto a Louis.
“Lui è Simon, un amico di Zayn” disse vagamente.
Si scambiarono un rapido cenno della testa, poi Wendy spostò l’attenzione sulla porta davanti a loro.
“E’ li dentro?” domandò, in ansia. Louis annuì e sospirò.
“Posso sapere che è successo?”
“Zayn si è ubriacato” rispose Simon, come se quella semplice frase rispondesse alla sua domanda.
“E?”
“E ha fatto a botte con tre tizi grossi il triplo di lui” sbottò Louis, chiudendo gli occhi e scuotendo la testa.
“Idiota” sussurrò Simon, mentre fissava la porta davanti a loro.
“E adesso come sta?”
“Meglio di quando l’hanno trovato accasciato in strada, circondato dal suo vomito – replicò Simon – ha un polso rotto e le costole schiacciate, gliele hanno date di santa ragione”
Wendy strabuzzò gli occhi. Gli sembrava un incubo, poche ore prima lo aveva lasciato completamente sano, forse un po’ arrabbiato, e adesso era sdraiato su un letto d’ospedale.
Poche ore prima, si era ripromessa di non parlarci più, e adesso era a pochi metri da lui, preoccupata come non mai.
“Si può entrare?” domandò, a bassa voce, cercando di trattenere il rossore delle guance. Louis sospirò e alzò le spalle.
“Non lo so, dovresti chiederlo ad uno dei dottori”
Wendy annuì. Si rese conto che anche Louis indossava una tuta e aveva la faccia stravolta e assonnata. Capì, con un po’ di amarezza, che loro due erano le uniche due persone che si preoccupavano davvero per quel pezzo di imbecille.
Passarono minuti che le parvero infiniti prima di vedere un’ infermiera uscire dalla stanza.
Wendy balzò in piedi.
“Si può entrare?”
La donna, una piccola signora anziana, sospirò.
“Mi dispiace signorina, ma il ragazzo ha bisogno di riposare” spiegò, sorridendole debolmente. Non le disse altro e si diresse verso la fine del corridoio.
Wendy lanciò una rapida occhiata a Louis.
“Vai, ti copriamo noi” le disse con un debole sorriso di rassicurazione. Wendy era indecisa. Non era solita disobbedire a quel genere di cose, ma la voglia di vedere Zayn e assicurarsi che stesse bene era troppa. Annuì e si avvicinò alla porta, abbassando la maniglia con una lentezza quasi esasperante.
Quando entrò nella stanza, semibuia fatta eccezione per una debole luce proveniente dal comodino, tentennò leggermente. Prese un profondo respiro e si richiuse la porta alle spalle.
Zayn era sdraiato di lato e le dava le spalle. Non sapeva se stava dormendo o se si fosse accorto che qualcuno era entrato.
Si tolse il cappotto, poggiandolo sulla poltrona, sperando che il buio coprisse il suo imbarazzante abbigliamento.
Si avvicinò, titubante.
Le gambe di Zayn si mossero sotto le coperte bianche come la neve, ma continuò a darle le spalle.
Vide la sua mano fuori dal lenzuolo e trattenne con fatica l’istinto di afferrarla e far scivolare le sue dita tra le sue.
Vide che non indossava la maglietta ma che il petto era avvolto in una stretta garza che gli circondava il torace.
“Sei così stupido” sussurrò appena, scuotendo la testa. Ancora non riusciva a capire come un ragazzo potesse ridursi in quel modo, ubriacarsi, fare a botte, finire in ospedale. Per lei era una cosa inconcepibile. Non avrebbe mai avuto il coraggio di fare una cosa del genere, di rischiare la vita. Per lei era troppo importante, troppo preziosa. Doveva cercare di convincere Zayn della stessa cosa.
Fece il giro del letto: voleva vederlo in faccia.
Si accorse che le sue palpebre erano alzate e il suo sguardo fisso davanti a se.
Wendy non vide eventuali lividi in faccia perché la luce era troppo opaca, ma sapeva che non doveva essere ridotto benissimo.
“Ciao” sussurrò debolmente, aprendosi in un sorriso sollevato. Zayn non rispose, continuò a tenere l’attenzione puntata sulla finestra chiusa.
Wendy afferrò la sedia per gli ospiti e la spostò poco più vicina al letto. Ci si sedette sopra e osservò Zayn per un tempo che le parve interminabile.
Osservò i suoi lineamenti scuri e marcati, la linea delle sue labbra, le sue ciglia lunghe, i capelli bassi sulla fronte, il naso perfetto. Rimase a guardarlo per un po’, in sottofondo il ticchettio dell’orologio a muro.
Quando lui parlò, non seppe quanto tempo era passato da quando era entrata.
“Perché sei qui?” domandò, la voce rauca e stanca.
“Perché non dovrei esserci?”
Silenzio.
“Non saresti dovuta venire”
“Se vuoi me ne vado”
“Non ho detto questo”
Wendy sospirò. Parlare con lui richiedeva sempre molte energie.
“Cosa intendi allora?”
“Dopo ciò che ti ho detto, non saresti dovuta venire”
“Oh sta zitto”
E in un secondo, capì di averlo già perdonato.
Quello che le aveva detto era chiaramente una cosa cattiva e lei ci era stata malissimo. Ma doveva accantonare per un attimo quel pensiero, e concentrarsi su di lui.
Wendy non resistette. Allungò una mano e afferrò la sua.
Zayn sussultò, ma non si tirò indietro. Abbassò lo sguardo sulle loro mani intrecciate, sovrappensiero.
“Non dovresti voler stare con me” mormorò a voce talmente bassa che Wendy fece fatica a sentirlo.
“Come?”
“E’ sbagliato, non dovresti stare con me, passare il tuo tempo con me. E’ sbagliato. Io sono sbagliato. Porto solo guai, problemi...”
Wendy gli strinse la mano.
“Sai, da quando ti conosco hai detto tante di quelle cavolate che ho perso il conto ormai, ma queste sono in assoluto le più stupide”
Zayn fece una smorfia e scosse la testa, per un attimo pensò di togliere la mano dalla sua, ma il suo tocco era troppo rassicurante e bello per poterlo fare.
“Lo sai anche tu, Wendy. Sai che sono sbagliato per te. Da quando mi conosci hai litigato con tre dei tuoi migliori amici, per colpa mia”
“In realtà, grazie a te sono riuscita a dire a Harry quello che ho sempre pensato di lui in questi anni”
Zayn sospirò. Come poteva farle capire che doveva andarsene, dimenticarlo, lasciarselo alle spalle?
Wendy sorrise. Come poteva fargli capire che lei l’avrebbe aiutato, che lei l’avrebbe salvato da se stesso?
“Hai visto anche tu che la mia vita è un casino, praticamente nuoto in un oceano di problemi”
“Ho i braccioli di mia sorella che mi tengono a galla” sorrise.
“Annegherai lo stesso”
“Vorrà dire che imparerò a nuotare”
Zayn rimase in silenzio.
Wendy lo osservò di nuovo.
Passarono secondi, minuti, istanti formati da secondi, minuti. Era così bello, così dannatamente oscuro, problematico e solo.
Voleva solo aiutarlo, liberarlo dai suoi problemi, farlo sorridere, renderlo felice.
Zayn appoggiò le mani sul materasso e fece peso per aiutarsi a girare il corpo. Una smorfia di dolore aleggiò sul suo viso mentre si metteva a pancia in su sul letto.
La luce illuminò in parte il suo volto. Wendy vide un livido bluastro attorno al suo occhio destro e un taglio sul labbro inferiore. Odiava vederlo così, lo odiava proprio.
“Non ho bisogno di te, Wendy”
Ma lei non lo ascoltò. Posò lo sguardo sulle sue ferite, sul suo petto avvolto dalla garza, sulla sbucciatura del braccio.
Si alzò dalla sedia e si sedette sul letto, al suo fianco. La sua gamba sfiorò quella di Zayn fasciata nel lenzuolo.
Chinò il viso e, come attirata da una calamita, posò le sue labbra sulle sue, premendo dolcemente sul taglio. Con la mano accarezzò delicatamente il livido attorno all’occhio.
Zayn le affondò le mani nei capelli.
Dio, quanto era bella. E buona. E profumata. E pura.
“Non ho bisogno di te, Wendy”
Si che ne ho bisogno, ho un dannato bisogno di te, voglio tutto di te.
“Non ho bisogno di te”
Wendy era sorda. Continuò ad accarezzargli il livido con una mano mentre con l’altra scendeva lungo il suo petto, sulla garza bianca. Con i polpastrelli toccò dolcemente ogni costola.
Zayn osservò ogni suo movimento, come incantato. Il suo tocco era così delicato che invece di infastidirlo gli dava un enorme sollievo.
Wendy premette di nuovo le labbra sulle sue.
Sorrise.
Gli baciò la punta del naso.
La fronte.
L’occhio ferito.
Sorrise di nuovo.
“Dormi con me” esalò Zayn.
Wendy strabuzzò appena gli occhi.
“Dormi con me, ti prego – ripeté Zayn, gli occhi supplichevoli – ho bisogno di sentire il calore del tuo corpo vicino al mio”
Ed era vero. Aveva bisogno di percepire la sua pelle fresca e calda allo stesso tempo contro la sua, il suo respiro dolce e profumato soffiare sul suo viso, le sue mani accarezzarlo come solo lei riusciva a fare. Aveva bisogno di dormire insieme a lei, come la sera prima, per riuscire a riposare bene.
Wendy trattenne il respiro.
Dopo pochi secondi annuì, quasi intimorita.
Osservò Zayn spostare le coperte e spostarsi per farle spazio con una smorfia di dolore.
Wendy si tolse le scarpe e si sdraiò al suo fianco.
Zayn la coprì con la coperta e la avvolse con le braccia. Dio, si sentiva già meglio.
Rimasero così per qualche minuto, ascoltando i rispettivi respiri, i rispettivi battiti.
Quello di Wendy leggermente più veloce.
“Wendy"
Wendy mormorò qualcosa in risposta.
"Posso chiederti un favore?"
"Tutto ciò che vuoi"
Lui rimase in silenzio per sette battiti del suo cuore che, inevitabilmente era accelerato.
"Non... non rinunciare, ok?"
Wendy chiuse gli occhi e sentì il dolore nelle parole di Zayn. Gli accarezzò una guancia e gli sorrise, gentile. "Mai"





 
sbaam baaaam
Sarò daaaavvero brevissima, come questo capitolo ahah
Allora, prima di tutto, spero che il capitolo vi sia piaciuto :) ci tengo davvero tanto perchè Zayn comincia ad aprirsi un po' di più :)
Spero che non l'abbiate trovato banale o noioso, comunque aspetto le vostre recensioni che come al solito mi fanno sempre felice <3
Zayn nei panni del ragazzo scontroso che però è dolce come pochi, mi fa sempre un certo effetto ahahah
Nel prossimo chapter ci sarà un momento hot tra i nostri due protagonisti ahah ma sappiate che farà comunque una certa fatica a togliersi di dosso i suoi vizzi da bad boy, come bere, fumare e fare a botte.
Come sempre vi ringrazio per le recensioni e per aver inserito la storia tra le preferite - seguite - ricordate! <3
un bacio <3




 
 




(FOURTEEN)
-i hate bad girls


“Odio le ragazze disobbedienti” sibilò, fissandola con uno sguardo indecifrabile.
Wendy sorrise e gli fece la linguaccia.
“Ho vinto” 

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Capitolo 15
*** Fourteen - I hate bad girls ***


 

THE DARK SIDE OF ME.

(FOURTEEN)
-i hate bad girls








Lola aveva visto Wendy sorridere senza un vero motivo un sacco di volte. Quando sua madre le metteva una razione di cioccolato in più nei biscotti, quando sua sorella l’abbracciava prima di dormire o quando Harry entrava in camera sua la domenica mattina, urlandole di alzarsi. Ma mai come in quel modo, con quell’intensità, con quella luminosità negli occhi.
Si avvicinò a lei mentre chiudeva il suo armadietto.
“Come mai così felice?” le domandò, sorridendole.
Wendy si voltò verso la sua migliore amica, ancora con quel sorriso sghembo stampato in faccia.
“Non so” rispose, tornando ad occuparsi del suo armadietto.
Era l’ultimo giorno di scuola prima delle vacanze natalizie e tutti gli studenti erano tenuti a liberare i propri armadietti dai libri che solitamente tenevano lì dentro durante le ore di lezione. Wendy aveva talmente tanta roba che avrebbe dovuto trascinare la propria borsa fino alla fermata dell’autobus.
“Beh, miss Felicità, io ho finito di liberare l’armadietto, quindi muoviti che così usciamo da questa prigione” esclamò Lola, entusiasta.
Wendy ampliò ancora di più il suo sorriso e ritirò l’ultimo libro di storia, chiudendo a fatica la cerniera della borsa.
“Andiamo!” esclamò, afferrando con entrambe le mani lo zaino pesante mentre sotto al braccio destro teneva altri due libri.
Lola la prese sottobraccio e insieme si diressero verso la porta d’uscita dove la calca di studenti cercava in ogni modo di farsi spazio per lasciare l’edificio.
Uscirono all’aria aperta.
Ovviamente, pioveva. Come poteva non piovere a Dicembre, in Inghilterra, prima delle vacanze?
Wendy sbuffò e si guardò attorno.
Aveva bisogno degli ombrelli di Harry o di Niall. Erano sempre loro a salvarla da quegli improvvisi cambiamenti meteorologici.
Ma poco più in là, appoggiato ad una macchina nera, vide qualcosa di meglio.
Zayn la osservava con quello sguardo che la faceva fremere ogni volta, riparato da un ombrello, con una sigaretta quasi finita tra le mani.
“Ehi, guarda chi c’è – mormorò Lola – il tuo principe azzurro” scherzò, spintonandola leggermente. Lei arrossì e sorrise, lanciandole un’occhiata carica di felicità.
“Wow, ora capisco perché sei felice” le disse, sorridendole gentile.
“Si, ora lo sai”
“Beh, ma come mai non si vede più a scuola?” chiese mentre scendevano con calma i gradini.
“Te lo spiegherò, prima o poi – disse – è una storia un po’ lunga” le sorrise e l’abbracciò, dandole un bacio sulla guancia.
“Lo dico per lui, se continua così, verrà bocciato” replicò, alzando le spalle.
Wendy sospirò. Lo sapeva fin troppo bene.
Le sorrise un’ultima volta prima di immergersi sotto la pioggia. Corse verso la macchina di Zayn, cercando di non far cadere i libri e la borsa per terra, rischiando così di bagnarli.
Quando lo raggiunse rischiò quasi di finirgli addosso.
Si guardarono per un minuto intero.
Wendy avrebbe voluto baciarlo, stritolarlo, abbracciarlo, ma non sapeva come avrebbe reagito e inoltre aveva troppa paura di fargli male al petto, ancora fasciato. Quindi attese un gesto, un qualsiasi gesto da parte sua.
Lui semplicemente gettò la sigaretta ormai finita per terra, aprì la portiera, le prese dalle mani i due libri e la borsa e le fece cenno di sedersi.
Lei lo fece, stupita da così tanta gentilezza.
Quando Zayn entrò in macchina, leggermente bagnato si voltò verso di lei.
Wendy pietrificò all’istante.
Era un sorriso, quello che le stava mostrando? Un debole, quasi impercettibile sorriso?
Le prese il mento tra l’indice e il pollice e la baciò sulle labbra, su quelle morbide labbra vellutate.
“Dove vuoi andare?” le domandò poi, infilando le chiavi nel quadro e aspettando pazientemente una sua risposta.
Wendy alzò le spalle, trattenendo a stento un sorriso entusiasta. Stava esplodendo di felicità, ma non voleva rischiare di rovinare quel momento.
“Con questa pioggia non si può fare molto – rifletté, tornando ad osservare il parcheggio davanti a lui – possiamo andare a casa a guardare un film, se ti va”
Lei annuì, incapace di parlare. Se solo pensava a qualche settimana prima, quando lui le rivolgeva a stento la parola. Adesso era andato a prenderla a scuola e voleva passare del tempo con lei.
“Non ti mangio se dici qualcosa” mormorò lui, afferrando il volante e facendo retromarcia per uscire dal parcheggio.
“Scusa” disse solo.
“Non ero io quello che parlava poco?” domandò, ironicamente.
“Scusa” ripeté e sentì  le guance colorarsi di un rosa acceso.
Zayn si immise nella strada trafficata, la pioggia batteva ancora con prepotenza sull’asfalto. Wendy rimase in silenzio per metà tragitto, osservando il panorama fuori dal finestrino e di tanto in tanto il ragazzo che le sedeva accanto.
Aveva un chiodo fisso.
Doveva risolvere il problema di Zayn prima della fine delle vacanze natalizie, ma la questione era seria, e difficile da risolvere. Lei era ancora una minorenne, non aveva nessun diritto.
Come poteva trovare una casa a Holmes Chapel dove lui potesse abitare per non fare avanti e indietro da Bradford a lì? Certo, avrebbe potuto ospitarlo qualche giorno, ma sua madre non ne sarebbe stata poi così entusiasta.
“Tutto bene?” domandò Zayn, quasi con diffidenza.
Lei annuì appena e decise di accantonare il problema scuola solo per quel giorno.
Quel giorno.
Dio, stava succedendo davvero.
Stava per andare a casa di Louis a guardare un film con il ragazzo di cui era follemente – e segretamente – innamorata.
“Wendy!” Zayn la richiamò deciso. Lei sussultò.
“Scusa, dicevi?”
“Ti ho chiesto se magari volevi fare qualcos’altro” ripeté, paziente, lanciandole un’occhiata perplessa.
“No no, il film va bene”
Zayn tornò a guidare e Wendy a fantasticare su quel pomeriggio.
La casa di Louis era lontana qualche minuto da dove si trovavano ora.
Quando Zayn svoltò l’angolo, però, parve lontana ore e ore.
Un gruppo di ragazzi stava attraversando la strada, ridendo, scherzando e facendo gli idioti.
Wendy li riconobbe, o meglio, lo riconobbe.
In mezzo a loro il ragazzo che l’aveva palpeggiata alla festa di Harry attirò immediatamente la sua attenzione. Alla luce del giorno sembrava persino più brutto e disgustoso di quanto non fosse stato quella notte.
Subito, il suo sguardo scattò verso Zayn che aveva frenato di colpo, fisso anche lui sulla figura imponente a pochi passi dalla macchina.
“Non sono i tuoi amici?” cercò di alleggerire la situazione.
“No” ringhiò Zayn e l’atmosfera scintillante di pochi secondi prima sembrò scemare in un attimo.
“Oh, ok – mormorò Wendy – allora possiamo tranquillamente sorpassarli” gli disse con un sorriso tirato.
Zayn prese un profondo respiro, gli occhi ancora puntati verso il gruppetto di ragazzi.
Loro non sembravano averli notati, ma quando Zayn suonò il clacson per intimare loro di muoversi, il primo a girarsi fu il ragazzo. Questo si aprì in un sorrisetto ironico quando vide Zayn e in uno malizioso quando i suoi saettarono su Wendy.
Un istante dopo, Zayn si era già fiondato fuori dall’auto.
La pioggia era diminuita un po’.
La rabbia era persino salita.
Possibile che avesse così tanta collera in corpo?
“Zayn” Wendy lo richiamò più volte.
Scese dall’auto e lo seguì a passo deciso.
Per quanto avesse pensato che fosse cambiato, lui era sempre lo stesso.
“Malik, da quanto tempo! – urlò uno di loro – ci chiedevamo che fine avessi fatto!”
Zayn sorrise ironico.
“Immagino la vostra preoccupazione” replicò, sarcastico.
Wendy lo affiancò qualche secondo dopo, lanciando una rapida occhiata al gruppetto davanti a sé.
Non doveva essere un pomeriggio tranquillo?
E poi Zayn aveva ancora il petto fasciato.
“E lei chi è?” domandò un tipo alto, dai capelli biondi, gli occhi scuri e uno sguardo che la fece rabbrividire.
“E’ la ragazzina con cui ci ho provato qualche sabato fa? – chiese il ragazzo, scoppiando a ridere – senza quel vestitino non vali una birra rovesciata”
Stronzo.
“Chiudi la bocca” sibilò Zayn, lanciandogli una delle occhiate raggelanti che solitamente riservava a lei.
“Andiamo, Malik! Fino a qualche settimana fa eravamo amici, e ora ci tratti così? Per caso questa stronzetta ti ha fatto il lavaggio del cervello?” domandò il tizio biondo.
“Attento a come parli”
“Ma sentitelo” scoppiarono a ridere all’unisono.
Wendy afferrò la manica di Zayn.
“Non ti conviene fare il gradasso adesso che non c’è Louis – fece lo stronzo – e poi, non vorrai mettere in pericolo la tua nuova fanciulla” ammiccò in direzione di Wendy.
Zayn fece un passo avanti, coprendola completamente dalla vista di quegli idioti.
“Non osare...” ringhiò.
“Zayn” Wendy lo richiamò, senza ottenere grossi risultati.
“Altrimenti?”
“Altrimenti sai cosa posso farti”
“Sei da solo, Zayn, non ti conviene”
Il ragazzo alzò le mani prima che Wendy potesse accorgersene e colpì Zayn al torace, esattamente nel punto dove aveva un grosso livido, mozzandogli il fiato.
Il viso di Zayn si contrasse in una smorfia di dolore mentre si portava le mani al petto in un gesto quasi automatico.
Wendy gli fu accanto in un attimo, poggiando le dita sulla sua maglietta in un gesto protettivo, percependo lo spessore della fasciatura e il suo cuore battere all’impazzata per l’impatto.
“Sei pazzo?” urlò, cercando di tenere Zayn stabile.
“Ehi amico, sei diventato fragilino” commentò il biondo.
Prima che Zayn riuscisse a reagire il clacson di una macchina attirò l’attenzione del gruppo. Sembrarono rendersi conto di stare in mezzo alla strada solo in quel momento, così con una semplicissima alzata di spalle si avviarono verso il marciapiede.
“Ci si vede eh”
Un secondo dopo erano già spariti.
Zayn spalancò gli occhi e strinse i denti.
“Andiamo a casa, stai tranquillo”
Lo aiutò a sedersi sull’auto mentre il dolore cominciava a scemare e il fiato gli tornava in corpo.
Zayn poggiò le mani sul volante mentre Wendy faceva il giro della macchina per andare a sedersi sul sedile del passeggero.
Lui prese qualche profondo respiro prima di pigiare sull’acceleratore.
“Stai calmo, Zayn” sussurrò lei, guardandolo con una certa preoccupazione.
Zayn non la sentì nemmeno, forzando il piede sull’acceleratore.
Le sembrò di vivere un flashback di una settimana prima, quando Zayn aveva scaricato la tensione accelerando e rischiando di farli ammazzare.
“Per favore, calmati – sussurrò lei, cercando di usare un tono il più possibile tranquillo – sono andati via, Zayn ti prego rallenta” la sua era quasi una supplica.
“Ma non capisci?” urlò, sbattendo i palmi delle mani sul volante. Rallentò di colpo e accostò sul ciglio della strada.
“Cosa, Zayn, cosa devo capire?”
Lui sbuffò e spalancò la portiera dell’auto, sbattendola subito dopo.
Wendy prese un profondo respiro, chiuse gli occhi, racimolò tutta la sua calma, ed uscì fuori, seguendolo.
Lui si era fermato a pochi passi dal veicolo, il viso rivolto davanti a sé e le mani nascoste in tasca.
Si trovavano in un parco, in un parco immenso, particolarmente bello, rialzato su una collinetta.
Wendy lo affiancò pochi secondi dopo, rimanendo in silenzio. Sapeva che aspettare che Zayn parlasse per primo era come desiderare la luna, ma aspettò paziente.
Lo sentì sbuffare, prendere profondi respiri, e lanciarle occhiate veloci e seccate.
“E’ uno dei parchi più belli dell’Inghilterra – disse d’un tratto, facendola quasi sussultare – ci portavo Safaa il lunedì pomeriggio, quando nostro padre aveva il giorno libero – spiegò, velocemente – e venivo qui con Louis a farmi qualche canna”
La sincerità di quelle parole la colpì in pieno. Beh, ormai aveva appurato che non era un santarellino e le canne probabilmente erano un niente rispetto a tutto il resto.
“Cos’è che non ho capito Zayn? cos’è che devo capire?” gli domandò, supplicandolo quasi, ricevendo in risposta uno sbuffo frustrato. Il nervosismo prese di nuovo il sopravvento.
“Tu non... – sospirò, cercando di calmarsi – tu non meriti nemmeno di conoscere persone come quei pezzi di merda. Loro non devono... non devono nemmeno guardarti, o parlarti... tu sei troppo, troppo, per quei rifiuti umani” sbottò, voltandosi di colpo verso di lei.
“E qual è il problema? Ce ne siamo andati, non li rivedrò più”
“Cristo Santo, Wendy! Il problema sono io! Il problema è che io sono come loro cazzo! Sono come quei cazzo di pezzi di merda, forse anche peggio! Bevo, fumo, impreco, faccio a botte, litigo con tutti, non ho rispetto per nessuno! Sono un rifiuto umano, persino i miei genitori mi odiano! Io sono sbagliato per te, sono completamente sbagliato per te! Tu ti meriti il meglio del meglio, ti meriti una persona che si prenda cura di te, una persona giusta per te. E di certo, non sono io”
Wendy era pietrificata.
Davvero pensavo questo di se stesso?
Davvero credeva di essere un rifiuto umano, di essere un pezzo di merda?
Lo fissò quasi a bocca aperta, incredula.
“Tu sei migliore di loro” fu l’unica cosa che riuscì a dire.
Zayn rise amaramente.
Gocce di pioggia cominciarono a battere sull’erba, sui loro vestiti, sulle loro teste, come se fossero in un vero e proprio film di bassa qualità.
Wendy sentì il freddo della pioggia, dell’aria e di quelle parole entrarle nelle ossa.
“Sono esattamente come loro – disse – faccio schifo, Wendy. E non è per fare la vittima o per sentirmi dire il contrario. È la verità, è quello che sono. Ognuno è quel che è. Tu sei meravigliosa e io... io sono uno schifo”
“Tu sei... bellissimo”
Avanzò di un passo.
Affondò le sue mani tra i suoi capelli, avvicinando il suo viso al suo.
Sentì il suo respiro affannoso soffiarle sul naso, i suoi muscoli tendersi e i suoi occhi diventare cupi e scuri.
“Stronzate” mormorò serrando la mascella.
“Non sono stronzate, – sorrise debolmente – sei bellissimo e giuro su Dio che farò di tutto per fartelo entrare in quella testa dura”
Poggiò le sue labbra umide sulle sue, unendoli in un bacio bagnato e carico di amore.
Avrebbe fatto qualsiasi cosa per riuscire a fargli capire che lui non era come loro, non era un rifiuto umano e tantomeno un pezzo di merda. Lui era Zayn Malik, l’imperfezione fatta perfezione.
“Smettila”
“Sorridi”
“No”
“Sorridi”
“No”
“Dai”
“Wendy”
“Mmh”
“Smettila”  
“Prendimi”
Wendy si voltò di scatto e prese a correre verso il prato, sentendo le gocce di pioggia battere su ogni singolo centimetro del suo corpo.
Saltellò verso il centro del parco, leggermente più in alto rispetto alla strada.
Zayn era ancora fermo, lontano da lei. La stava guardando con un paio di occhi cupi e contrariati e le mani nascoste in tasca.
Wendy sapeva che si sarebbe beccata una bella ramanzina una volta acciuffata, ma in quel momento non le importava. Voleva farlo scaricare un po’, farlo ridere, renderlo un po’ più felice.
Era il suo obiettivo da tempo ormai, quello di amarlo.
“Prendimi!” urlò, alzando le mani, sovrastando il rumore della pioggia. Scoppiò a ridere e si voltò, riprendendo a correre come se fosse una bambina.
Quel parco era veramente immenso, sembrava non finire più. Avrebbe voluto portarci Susan, vedere quel suo bel faccino sorridente, quelle sue gambette corte zampettare in giro.
D’un tratto, si sentì afferrare la vita da un paio di mani forti. La sua schiena sbatté contro qualcosa di altrettanto possente.
Due braccia la avvolsero completamente e sentì un respiro irregolare soffiarle contro il collo. I brividi le pervasero la schiena.
“Presa” la voce calda, roca e contrariata di Zayn le arrivò fino all’orecchio.
Cercò di divincolarsi dalla sua stretta ma le mani di Zayn erano veramente troppo forti per lei.
“Torniamo in macchina” ordinò, prendendola per mano e tirandola verso di lui.
“No!” Wendy calpestò i piedi e oppose resistenza.
Zayn sbuffò e le lanciò un’occhiata autoritaria.
“Torniamo in macchina” ripetè, deciso.
Lei scosse la testa e indietreggiò di qualche passo.
“No” sorrise e ricominciò a correre sul prato bagnato.
Sentì i passi di Zayn dietro di lei e la sua voce richiamarla con insistenza.
Dio, ma perché non si lasciava un po’ andare?
“Wendy, fermati subito!”
Si sentiva un po’ come una bambina disobbediente. Sembrava essersi trasformata in Susan quando, al parco davanti alla fermata, correva a destra e a manca senza ascoltare i suoi continui richiami.
“Se ti prendo non sai cosa ti faccio” le urlò dietro, la voce era fin troppo vicina.
Wendy fece lo stupido errore di voltarsi per controllare quanto fosse distante.
Il viso di Zayn era contratto in una smorfia contrariata, i suoi capelli bagnati erano appiccicati alla fronte e gocce di pioggia scendevano dalla sua giacca in pelle.
Wendy si fermò di colpo.
Zayn si bloccò a un passo da lei.
“Me lo regali un sorriso?” domandò, fissandolo con aria di supplica.
“Come?” lui aggrottò la fronte.
“Non è divertente giocare se tu sei arrabbiato”
“Non stiamo giocando” borbottò lui, lanciandole un’occhiata di traverso. Lei sbuffò e alzò gli occhi al cielo.
“Si, invece – esclamò – andiamo, è divertente!”
“Niente affatto”
Wendy fece un passo indietro. Poi un altro e un altro ancora, sfidandolo con lo sguardo.
“Ti conviene prendermi prima che io ti chiuda fuori dalla macchina”
E di nuovo, ricominciò a correre, questa volta più veloce che mai.
La macchina era a qualche passo da lei, la portiera ancora aperta e la possibilità di vincere sempre più vicina.
Si scaraventò, letteralmente, dentro il veicolo, riuscendo a chiudere la portiera un secondo prima che Zayn ci finisse contro.
Ma, sfortunatamente non fece in tempo a chiuderla a chiave.
Zayn spalancò la portiera e si bloccò a qualche centimetro dal suo viso.
Gli occhi fiammeggianti.
Il viso gocciolante.
Il respiro irregolare.
“Odio le ragazze disobbedienti” sibilò, fissandola con uno sguardo indecifrabile.
Wendy sorrise e gli fece la linguaccia.
“Ho vinto”
Zayn la guardò senza dire una parola. Quel suo sguardo la fece arrossire.
Cinque secondi dopo, le sue labbra bagnate si unirono a quelle di Wendy.
Le infilò la lingua in bocca con prepotenza mentre le sue ginocchia piegate premevano contro le sue gambe.
La baciò con un tale trasporto e una tale energia da riuscire a smaltire un po’ di rabbia e di nervosismo.
Le sue mani afferrarono la sua vita e con uno scatto deciso portò Wendy più vicina a lui, facendola scivolare sul sedile. Le prese il viso tra le dita, continuando a baciarla con arroganza e possessività.
Le gocce di pioggia scivolavano leggere sui loro visi e sui loro vestiti, mentre i loro sospiri crescevano intensamente.
Quando si staccarono lo schiocco delle loro labbra fu quasi assordante.
“Non provare a rifarlo” l’avvisò, scoccandole un’occhiata decisa.
Lei annuì appena, senza fiato.
Zayn sbatté la portiera, camminò davanti all’auto e si andò a sedere al posto guida.
Wendy lo guardò, imbarazzata, affascinata e tremendamente felice.
Lui riprese a guidare in silenzio, con una calma innaturale.
Solo dopo qualche minuto Wendy si rese conto che si stava dirigendo di nuovo verso l’autostrada.
“Che stai facendo?” domandò, lanciandogli un’occhiata confusa.
“Ti riporto a casa” replicò lui, deciso.
Wendy strabuzzò gli occhi e lo guardò infuriata.
“Non fare cavolate!” esplose, arrabbiata. Lui sbuffò ma continuò a guidare ignorando il suo tono petulante.
“Zayn, torna immediatamente indietro! – sbottò – sono abbastanza grande per poter decidere cosa fare e con chi stare e in questo momento voglio stare con te, quindi porta questa macchina davanti casa di Louis senza dire una parola”
Il rossore sulle sue guance fu, ovviamente, inevitabile. Ma il suo sguardo deciso non ammetteva repliche.
Zayn sbuffò, di nuovo, roteando gli occhi.
Rimasero in silenzio per altri venti secondi mentre Wendy poteva sentire la lotta interiore che cresceva in lui.
D’un tratto sterzò il volante, effettuando un’inversione a U e immettendosi nella corsia inversa, ricevendo una decina di clacson e un centinaio di insulti.
“Il film lo scelgo io” decretò, pratico.
E sbuffò.
Per la terza volta.







Ho pochissimo tempo perché devo andare a fare un sacco di compiti (aiutatemi vi prego), quindi sarò stra breve!
Allora, ho riletto questo capitolo dopo un po' di tempo e dire che mi fa schifo e minimizzare la cosa ahah ma ormai non ho tempo e voglia per cambiarlo, quindi spero che almeno a voi sia piaciuto.
Zayn comincia davvero a mostrare qualche interesse nei confronti di Wendy e anche se, in certi momenti, continua a comportarsi con lei come se la odiasse, si vede che ci tiene immensamente.
Spero che il capitolo vi sia piacuto! :))
P.S. ho scritto una nuova storia e mi farebbe piacere se la leggeste, non ho il tempo di lasciarvi il link quindi basta andare sul mio profilo :)
un bacio <33




picasion.com


(FIFTEEN)
-happy birthday


“Wendy – mormorò – se ti ho fatto capire in qualche modo che non mi importa di te, sappi che non è vero” 

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Capitolo 16
*** Fifteen - Happy birthday! ***


 

THE DARK SIDE OF ME.

(FIFTEEN)
-happy birthday







“Merda”
“Sta arrivando”
“Tutti ai propri posti”
“Harry muovi il culo”
“Chiudi la bocca, Niall”
“Chiudete tutti la bocca, idioti”
Wendy aprì la porta di casa con lentezza, come era solita fare quando sforava un po’ troppo l’orario che sua madre le imponeva di rispettare.
Cercò a tentoni l’interruttore della luce ma quando pigiò il tasto il salotto rimase buio.
Una lampadina fulminata era da aggiungere alla sua meravigliosa giornata.
Quella mattina si era svegliata con un forte mal di testa e il naso tappato. Era stata costretta a imbottirsi di medicinali per poter uscire il pomeriggio e sbrigare qualche commissione per sua madre.
Aveva dovuto passare l’intero pomeriggio in giro per negozi a comprare regali natalizi, stupidi biglietti di auguri e pacchi regalo di ogni forma e colore per ognuno dei loro parenti.
Adesso l’unica cosa che voleva fare era ingoiare una tachipirina, buttarsi sul divano e guardare qualche film demenziale nel suo bel pigiamino rosa. Da sola, perché sua madre aveva il turno di notte.
Il giorno del suo compleanno.
“Sorpresa!”
D’un tratto, la luce illuminò il salotto.
Wendy trattenne un urlo e arretrò di un passo.
La prima cosa che vide fu uno striscione orribilmente luccicante con su scritto “buon compleanno Wendy” con uno smile giallo alla fine della frase che le fece aumentare ancora di più il mal di testa.
La seconda cosa che vide furono Lola e Harry in piedi di fronte a lei con le braccia in aria e un sorriso entusiasta stampato in faccia.
La terza, furono le altre venti persone appostate nel suo piccolo salotto.
Non riuscì a non sorridere.
“Buon compleanno, Wendy Wendy” esclamò Harry, correndole incontro per stringerla in uno dei suoi soliti abbracci stile koala. Le scoccò un bacio sulla fronte e le scompigliò i capelli stranamente sciolti. Quel ragazzo non sembrava cambiare mai.
“Grazie” fu l’unica parola che uscì dalla sua bocca nei successivi cinque minuti, nei quali tutti gli invitati le regalarono un abbraccio e un augurio.
Santo cielo, era maggiorenne!
Aveva diciotto dannatissimi anni, un raffreddore micidiale e degli amici meravigliosi.
E lei non poteva essere più felice.
“D’accordo ragazzi, fatela respirare” sbottò Lola, prendendola per mano e aiutandola ad uscire dalla calca di gente.
“Dobbiamo farti vedere una cosa” sorrise Niall.
Pochi secondi dopo, dalla cucina comparve Liam. Il suo sorriso illuminò la stanza.
Tra le sue braccia, Susan si dimenava felice con addosso un vestitino rosa e in testa un fiocco rosso.
Wendy scoppiò a ridere e corse a prenderla in braccio.
“E’ il regalo migliore di tutti” decretò, dandole un sonoro bacio sulla guancia.
“Perché ancora non hai visto il mio” replicò Harry, ammiccando.
Lei alzò gli occhi al cielo.
“Auguri, Wendy” Liam le sorrise dolcemente, abbracciandola.
“Grazie, Liam” ricambiò il sorriso e poggiò la sorella per terra. Lola alzò una bottiglia di birra in aria.
“Beh, tua madre non c’è, Susan ancora non parla, perciò direi... che l’alcol abbia inizio!”
 
 
 
 
Liam si coprì il viso con i palmi delle mani.
Wendy andò a sedersi accanto a lui sul divano, dopo essersi assicurata che sua sorella dormisse tranquillamente.
“Tutto bene?” gli domandò gentilmente e un po’ preoccupata. Lui annuì appena e sospirò profondamente.
Con sua sorpresa, Wendy sentì l’odore dell’alcol mischiato al suo respiro.
“Non avrei dovuto bere” mormorò, iniziando a fare movimenti circolare sulle sue tempie.
Era probabilmente la prima volta che vedeva Liam brillo, e non avrebbe voluto assistere alle conseguenze del suo bicchiere vuoto.
“Già, non avresti dovuto” lo rimbeccò, piccata.
Lui sbuffò e chiuse gli occhi.
“Cos’ha, Wendy?” domandò d’un tratto, il tono della voce triste, quasi disperato.
“Come?” il mal di testa tornò, inesorabile. All’improvviso, si sentì terribilmente stanca.
“Cos’ha lui, in più di me? – sospirò pesantemente – che cos’ha Zayn che io non ho?”
Wendy rimase immobile, incapace di formulare una frase di senso compiuto.
Era talmente stanca, sorpresa e provata che l’unica cosa che riuscì a fare fu quella di sospirare e scoccare a Liam un’occhiata carica di rammarico. Credeva che avessero risolto quel problema, credeva di essere stata chiara con lui, di avergli fatto capire che tra loro non poteva esserci nulla più dell’amicizia. Di una profonda e meravigliosa amicizia.
“Perché ti piace così tanto? Non lo capisco... cos’ha lui in più di me?” ripeté, la voce leggermente squillante. Wendy sospirò e si guardò le unghie laccate di rosa chiaro.
“Niente, Liam – rispose – lui non ha niente in più di te. Sei tu ad avere tutto in più di lui”
Lui fece una smorfia, accompagnata da un verso poco sobrio.
“E allora? Tutto questo non ha senso – borbottò, tenendosi la testa tra le mani – stai chiaramente dicendo che io sono migliore di lui, eppure continui a preferirlo a me”
“Liam, è complicato”
Lui scosse la testa freneticamente.
“Cosa è complicato? Non c’è niente di complicato”
Wendy sentì il nervosismo salire sempre di più.
“Si invece – cercò di trattenere uno sbuffo infastidito, d’altronde Liam non era completamente lucido in quel momento – è come se io ti chiedessi per quale assurdo motivo tu preferisca me ad altre centinaia di ragazze della scuola. È come se ti chiedessi perchè Harry preferisce le bionde alle more, o perché Niall sceglie sempre il pezzo di pizza più bruciacchiato. O perché Lola ama così tanto l’estate invece dell’inverno. Non c’è una risposta Liam, è complicato. Ciò che provo per Zayn è complicato. Forse è proprio il fatto che lui non ha niente, mentre tutti voi altri avete tutto, a renderlo così meraviglioso ai miei occhi”
Si alzò, senza aggiungere altro. La testa le stava per scoppiare definitivamente. Si lasciò dietro il chiacchiericcio del salotto, il rumore della musica bassa in sottofondo e l’odore di birra per andare a rintanarsi in cucina.
Aprì un cassetto e afferrò la scatola di aspirina.
Preparò un bicchiere d’acqua e la buttò giù assieme alla pastiglia.
Il suo cellulare vibrò nella tasca.
Non guardò nemmeno il nome sul display, accettò solo la chiamata, in attesa che la pastiglia facesse effetto.
“Non mi avevi detto che oggi è il tuo compleanno”
La voce seccata di Zayn la spiazzò completamente. Era proprio l’ultima persona che avrebbe voluto sentire in quel momento, soprattutto perché, come ormai sapeva bene, parlare con Zayn richiedeva un sacco di pazienza e energia, cose che in quel momento scarseggiavano.
“Avrei dovuto?” replicò, sedendosi sulla sedia in legno della cucina, appoggiando la fronte sul palmo della mano. Zayn rimase in silenzio per qualche secondo.
Ormai Wendy sapeva bene anche quello. Aveva imparato a conoscere bene quasi tutti gli aspetti di Zayn, dai più belli ai più brutti. E quella parte di lui la conosceva alla perfezione. Sapeva anche quanto duravano più o meno i secondi di silenzio che precedevano una sua risposta. Dai 25 ai 30.
“Avresti dovuto” replicò, sospirando pesantemente.
“Beh, comunque ora lo sai”
“Avrei voluto saperlo da te”
“Senti Zayn – esalò, impaziente – in questo momento non ho né la voglia né la forza di parlare o di discutere. Credo di avere 39 di febbre e un raffreddore che questa notte non mi farà dormire, quindi non sono propriamente nelle condizioni di stare a sentire le tue inutili lamentele” spiegò, velocemente, ignorando lo stupore per avergli risposto in quel modo.
1, 2, 3... 18, 19, 20… 30, 31, 32.
I secondi di silenzio aumentavano. Avrebbe dovuto rifare la media. Al quarantaduesimo secondo, sbuffò.
“Dovevi dirmelo” disse, semplicemente. Wendy trattenne l’impulso di riattaccargli il telefono in faccia.
“Zayn, ascolta-“
“No tu ascolta – la interruppe, deciso – oggi è il tuo compleanno, il tuo fottutissimo diciottesimo compleanno e io non lo sapevo. Se vuoi che io continui a mandare avanti questa... cosa che c’è tra noi due, devi dirmele certe cose, hai capito?” sembrava arrabbiato. E quando mai.
Wendy sospirò e tenne il telefono tra la spalla e l’orecchio mentre si accasciava debolmente sul tavolo in legno.
“E questa cosa che cosa sarebbe esattamente?” domandò, ironica.
1, 2, 3... 13, 14, 15…
“Wendy – mormorò – se ti ho fatto capire in qualche modo che non mi importa di te, sappi che non è vero”
Era angoscia quella che stava sgorgando inesorabile dalla sua voce?
Era preoccupazione?
Paura? Amarezza?
Senso di colpa?
Wendy chiuse gli occhi. Sorrise.
Era interesse quello che stava cercando di far trasparire con quelle parole? Stava cercando di farle capire che in fondo, in fondo, ci teneva a lei?
“Mi dispiace – sussurrò – avrei dovuto dirtelo, scusami”
Lui sospirò e si schiarì la voce.
Due secondi dopo, il suo tono era tornato quello duro di sempre.
“Vai a dormire, è tardi”
E chiuse la telefonata.
Wendy sospirò. Il mal di testa, invece di essere sparito, era perfino aumentato.
Doveva mandare via tutti.
 
 
 
 
Wendy lasciò un bacio sulla fronte di Susan prima di socchiudere la porta della sua cameretta. Passò davanti alle scale ed evitò di guardare le condizioni del salotto. Sperava solo che sua madre non si arrabbiasse, il giorno dopo, altrimenti avrebbe potuto etichettare quel compleanno come il peggiore di tutti.
Andò in bagno, si lavò i denti e si legò i capelli in una treccia veloce e disordinata.
Si guardò allo specchio. Fissò il suo pigiama in pail rosa, con un animaletto ricamato sopra, il suo viso stanco e malato e i suoi occhi azzurri e rossi.
Aveva appena raggiunto la soglia della maggiore età e niente sembrava essere cambiato.
Aveva sempre la stessa faccia, lo stesso sorriso, gli stessi occhi, lo stesso pigiama perfino.
Spense la luce e uscì dal bagno, richiudendosi la porta alle spalle.
Il letto richiamava ogni sua attenzione.
La testa stava migliorando ma in compenso si sentiva debole e spossata per via del raffreddore. La mattina seguente era sicura che avrebbe avuto la febbre a 38, le ossa molli e un naso rosso stile rudolf. Beh, almeno si accostava perfettamente al Natale.
Entrò in camera e lasciò la porta semichiusa nel caso Susan si fosse svegliata durante la notte e avesse avuto bisogno di qualcosa.
Si rintanò sotto le coperte, il viso girato verso la finestra e gli occhi puntati fuori.
Il cielo era buio e nuvoloso, l’albero davanti alla sua camera si muoveva per via del vento e il vialetto di fronte alla casa era deserto.
Tutto sembrava tranquillo.
Wendy chiuse gli occhi.
Svuotò la mente.
Cinque minuti dopo era già caduta in un sonno profondo, protetto dalle due coperte e dal piumone blu che la tenevano al caldo.
Il viso di Zayn le apparve in sogno. I suoi occhi erano scavati e le guance terribilmente magre. Il suo aspetto era distrutto e più stanco del solito.
Il suo sguardo perso e vuoto le turbò il sonno.
Cercò di richiamarlo ma la sua voce non usciva. Apriva la bocca ma la voce non usciva.
Perché?
“Zayn, Zayn!” lui la ignorò e cominciò a camminare dalla parte opposta alla sua.
Il suo corpo era dimagrito e sembrava quasi anoressico.
Wendy cercò di seguirlo ma le sue gambe erano ancorate per terra.
I suoi occhi cominciarono a lacrimare.
Le sue spalle tremarono.
Sussultò.
I suoi occhi si aprirono di scatto e la sua camera le occupò la visuale.
Sentì un movimento alla sua sinistra, quando si girò vide Zayn seduto accanto a lei. Il viso rivolto verso la finestra e la giacca di pelle larga sulle sue spalle ricurve.
“Sei calda” mormorò lui. Di Zayn vedeva solo la schiena e la nuca.
“Credo di avere la febbre” replicò lei, toccandosi velocemente la fronte.
Avrebbe voluto mettersi a sedere ma la testa le pulsava dolorosamente e stava fin troppo bene sdraiata sotto le coperte.
“Dovresti riposare” continuò, il tono deciso ma la voce titubante. Era successo qualcosa?
“Mi hai svegliato tu – poi riflettè un attimo – come hai fatto a entrare in casa?” domandò, leggermente in ansia.
Zayn si voltò di poco e lei riuscì a intravedere il suo bel profilo rischiarato dalla luce che emanava la luna fuori dalla finestra.
“Con la chiave sotto lo zerbino” replicò semplicemente.
“Con la chiave sotto lo zerbino” ripeté lei, inebetita.
Zayn si alzò con un sospiro e andò verso la finestra. Lei cercò di seguirlo ma le faceva male ogni parte del corpo e lì sotto si stava davvero troppo bene. E se ci fosse stato anche lui accanto a lei, ancora meglio.
“Buon compleanno” le disse, abbozzando un debole sorriso.
Wendy rise debolmente.
“E’ già passato” commentò indicando l’ora sulla sveglia accanto al letto, che segnava l’una e mezza.
“Te l’avrei detto in tempo, se mi avessi avvisato”
Wendy sbuffò.
“Perché l’unica cosa che facciamo è discutere?” si lamentò, nascondendo il viso sotto le coperte e voltandosi dall’altra parte.
Chiuse gli occhi, sperando di riaddormentarsi in fretta per evitare di sopportare ancora quella conversazione.
D’un tratto, sentì il piumone spostarsi, il materasso abbassarsi e il corpo caldo di Zayn intrecciarsi con quello di Wendy.
“Potrei attaccarti l’influenza” commentò, pacata.
“Voltati”
Wendy obbedì. Si ritrovò a qualche centimetro dal viso di Zayn. Il suo respiro caldo soffiò sul suo viso e le sue mani grandi e forti le accarezzarono le guance.
Con un bacio dolce le riempì il cuore.
“Wendy, Wendy, Wendy” sospirò pesantemente e la baciò di nuovo.
“Che succede, Zayn? che cos’hai?” intrecciò le sue gambe affusolate con quelle di Zayn e portò le mani attorno alla sua nuca, accarezzandola.
“Wendy... cristo santo, tu mi distruggi” mormorò, baciandola per la terza volta.
“Anche tu”
“Dico sul serio, ragazzina – cominciò a giocherellare con l’elastico della sua treccia – mi distruggi in tutti i sensi. Ogni giorno sento il bisogno di stare assieme a te, di baciarti, di abbracciarti. Ho bisogno di sentire il calore del tuo corpo accanto al mio e il tuo sguardo su di me. E non posso dirtelo perché non ne ho il coraggio. E non posso dimostrartelo perché non so come si fa. Non ho mai provato una cosa del genere per nessuno ed è tutto così frustrante, cazzo. Tu sei qui e sei perfetta e io vorrei tenerti tra le mie braccia fino all’alba perché stare vicino a te è così bello. Per una volta nella vita mi sento completo, e mi sento bene. Quando ho te tra le mie braccia, sto bene. Ed è così ridicolo che non so dove sto trovando il coraggio di parlare di stronzate del genere. Ma è la verità, è la verità e non posso farci nulla. Sei entrata nella mia vita e me l’hai stravolta completamente ed io ho cercato di mandarti via ma tu hai combattuto per me. Ed è questo che mi fa impazzire, non riesco a capire che cazzo ci hai trovato in me di così tanto bello da non riuscire a lasciarmi perdere”
Wendy temette che il cuore le uscisse dal petto, talmente batteva forte.
Cosa poteva dire?
Era senza parole.
Non aveva nemmeno il coraggio di guardarlo negli occhi.
Non aveva mai provato un sentimento così intenso per nessuno.
Aveva voglia di baciarlo, abbracciarlo, proteggerlo per sempre.
Era quello l’amore quindi?
Che cos’è l’amore?
Il darsi completamente all’altra persona, l’annullarsi, il dipendere da qualcuno.
L’amore ti distrugge e ti riaggiusta allo stesso tempo.
L’amore è tutto.
L’amore è Zayn che con i suoi occhi cupi e impauriti la osservano.
L’amore è Wendy che ha il cuore che batte a mille perché ha appena capito di amarlo, di amarlo davvero.
L’amore sono loro due.
Zayn le passò le braccia attorno alla vita e la avvicinò ancora di più a sé. Sentì la voglia di baciarla crescere insistente in lui ed esplodere come una bomba.
“Tu sei troppo per me” commentò Wendy, sorridendo.
“Tu, sei troppo per me” replicò lui, serio.
“No, tu”
“No, tu”
“Tu!”
“Tu, e non si discute”
“Sta zitto”
“Zitta tu”
Wendy gli fece la linguaccia e lo allontanò con le mani, spingendolo via. Lui sorrise e oppose resistenza mentre con le mani la teneva stretta sui fianchi.
“Dai, Zayn, sono troppo debole, fai finta almeno” borbottò, mettendo il muso.
Zayn lasciò andare la presa e si allontanò da lei, assecondando i suoi gesti.
Lei sorrise vittoriosa e tirò su col naso.
Era bella anche influenzata.
“In una scala da uno a dieci quanto ti senti debole?” domandò, ammiccando. Lei alzò dieci dita e mise il broncio.
Zayn roteò gli occhi.
“Allora è il caso di svegliarti un po’”
L’afferrò per i fianchi e si mise a cavalcioni su di lei, appoggiandosi sui palmi delle mani sul materasso per non pesarle troppo. Le baciò la punta del naso rosso e poi le labbra.
Le dita intanto si mossero per raggiungere la pancia.
Iniziò a farle il solletico e a baciarla per soffocare le sue lamentele.
“No Zayn, basta, no, basta!” soffiò sulle sue labbra, ridendo e cercando di allontanarlo.
Lui continuò con quella tortura ancora un po’, poi quando vide che non ce la faceva davvero più, invertì le posizioni, sgusciando sotto di lei e facendola sdraiare sopra il suo torace. Gli doleva ancora di tanto in tanto, ma lei avrebbe potuto fargli male quanto voleva.
Il suo respiro irregolare fu il sottofondo per alcuni minuti.
Zayn portò una mano sopra la fronte di Wendy.
Bruciava.
“Cazzo, sei bollente”
Lei sospirò e chiuse gli occhi.
Zayn si alzò dal letto, uscì dalla stanza e tornò qualche minuto dopo con in mano un fazzoletto imbevuto di acqua.
“Appoggiati a me” le disse, mentre si sedeva sotto le coperte.
Wendy allungò un braccio lungo la sua vita e poggiò la testa dolorante sul suo petto. Qualche secondo dopo sospirò di sollievo per via del panno fresco che Zayn le aveva poggiato sulla fronte.
Rimasero qualche momento in silenzio, poi lui parlò.
“Wendy”
“mmh”
“Lo sai che domani tornerò a comportarmi esattamente come prima?” chiese lui, sospirando.
“Lo so” replicò lei, sorridendo appena.
E andava bene.
Andavano bene quei suoi improvvisi sbalzi d’umore e quei piccoli momenti romantici che le riservava raramente.
E andava bene anche quando Zayn avrebbe aspettato che si addormentasse per andarsene perché, alla fine, si era già spinto troppo oltre per quella sera.






Bonjour :)
Inizio subito con il dire che non so da dove tiro fuori certi capitoli così teneri e romantici, dato che questa storia doveva essere tutto tranne questo ahahah ma alla fine, uno Zayn un po' scontroso, un po' dolce è quello che ci vuole :)
Allora, che cosa posso dire?
Sono davvero felice di leggere tutte le vostre recensioni e i vostri complimenti perchè ci tengo davvero molto a questa ff e sapere che vi piace è davvero gratificante!
Volevo lasciarvi con due domande riguardo a questo capitolo, così, giusto per capire se avete capito fino in fondo il carattere di Zayn. Secondo voi, perchè si è presentato così a casa di Wendy? E perchè all'inizio era così distaccato?
Sono curiosa di leggere i vostri pareri :)
Il prossimo sarà un po' più soft, e riappariranno Harry, Louis e tutti gli altri :) 
Per quanto riguarda gli aggiornamenti purtroppo devo dirmi che non saranno più puntualissimi come prima perchè per prima cosa ho un sacco di cose da studiare etc (che Dio mi aiuti) e inoltre i capitoli già scritti sono quasi finiti, quindi non so quando troverò il tempo di continuare a scrivere. Anche perchè ho cominciato altre storie che vorrei portare avanti, quindi proprio non so.
Vi saluto e spero davvero che il capitolo vi sia piaciuto!
Grazie ancora a tutti <3



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(SIXTEEN)
-heating on



“Esci – le ordinò – non credo di riuscire a fermarmi” la fece scendere e riaprì le tendine, guardandola severo.

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Capitolo 17
*** Sixteen - Heating on ***


 

THE DARK SIDE OF ME.

(SIXTEEN)
-heating on







Harry sentiva la mancanza di Wendy.
La sentiva quando usciva di casa e lei non era lì a sorridere in quel suo modo tanto bello.
La sentiva quando non trovava chiamate da parte sua o quando l’ultimo suo messaggio ricevuto risaliva a due settimane prima.
La sentiva quando, con il cuore stretto in una morsa, pensava a quando erano piccoli e si facevano i dispetti durante le cene domenicali.
Harry suonò al campanello, sistemandosi i capelli e ricontrollando per la terza volta di non aver dimenticato nulla.
La sera prima non aveva avuto neanche la possibilità di stare solo con lei per farle degli auguri decenti, degli auguri alla Harry Styles.
Il viso assonnato della signora Evans le comparve davanti agli occhi.
“Ciao Harry, che piacere vederti!” esclamò, illuminandosi.
“Ciao Teresa – le sorrise gentile – sono venuto a vedere come sta Wendy” continuò mentre Teresa lo faceva entrare in casa.
In quella casa, Harry e Wendy avevano giocato tante volte. Avevano riso, discusso, guardato film su film e cantato al karaoke. Avevano cucinato un sacco di torte, badato a Susan e mangiato le brioches che Harry le portava la domenica mattina. Avevano imitato la risata di Niall, finto di ridere alle battute scadenti di Liam e sopportato gli sfoghi di Lola quando la sua matrigna le dava del filo da torcere.
“Sta ancora dormendo, ha la febbre” lo avvisò Teresa.
“Si lo so, le ho portato qualche rimedio” alzò il sacchetto che teneva in mano con un sorriso.
Teresa prese in braccio Susan e alzò gli occhi al cielo.
“Voi due avete tutti i vostri strani rituali – borbottò, agitando la mano – vi lascio soli”
Harry le sorrise riconoscente e salì le scale.
Non vedeva l’ora di vederla e di passare un po’ di tempo con la sua migliore amica, senza ragazzi o feste a rovinare tutto.
Da quando era comparso Zayn nella sua vita, non avevano fatto altro che litigare e discutere e a lui mancava poter parlare con lei senza dover alzare la voce.
Era la sua migliore amica, era come una sorella.
Aprì la porta con lentezza.
Le finestre erano abbassate e il piumone sul letto leggermente rigonfio.
Sorrise e si avvicinò alle tapparelle, tirandole su per far entrare un po’ di luce nella camera. Sentì dei lamenti provenire dal letto così, con un sorriso malandrino raggiunse l’ammasso di coperte, tirandole un po’ giù. Il volto di Wendy comparve sotto il piumone, i capelli sparsi ovunque, il naso arrossato e gli occhi lucidi ma pur sempre meravigliosi.
“Harry!” esclamò e di scatto si mise a sedere, come se qualcosa l’avesse punta. Si guardò attorno, preoccupata e ansante, mentre lo sguardo le si riempiva di confusione e i lineamenti sfociarono nella delusione. Gli sembrò che stesse cercando disperatamente qualcosa.
O qualcuno.
“Tutto bene?” le domandò, lievemente preoccupato. Wendy prese un profondo respiro e spostò lo sguardo sul riccio, sorridendogli appena.
“Si, diciamo di si” rispose, ma la tristezza che le aleggiava sul viso diceva tutt’altro.
“Sicura?”
“Non proprio” sospirò e tornò a sdraiarsi, chiudendo gli occhi.
“E’ successo qualcosa?”
Wendy fu sul punto di rivelargli che, quella mattina sperava di svegliarsi tra le braccia del ragazzo che lui odiava tanto, ma si limitò ad alzare le spalle.
“E’ successo che ho la testa che scoppia e il naso tappato” replicò, cercando di riprendere padronanza della sua voce. Harry le sorrise e gentilmente la spostò, facendosi un po’ di posto.
“Per questo ci sono io – esclamò, mettendole davanti al viso un sacchetto – cioccolata calda, ciambelle appena sfornate, la serie di Iron Man in HD e il tuo regalo di Natale” elencò, mentre sul viso di Wendy compariva uno dei suoi più bei sorrisi da ammalata. Tirò su col naso e gli diede un veloce bacio sulla guancia.
Harry sorrise e le porse il bicchiere di cioccolata bollente e una ciambella appena sfornata. Rimasero in silenzio per qualche minuto, assaporando la loro colazione e il vociare insistente di Susan al piano inferiore.
“Mi è mancato tutto questo” sospirò alla fine Wendy, pulendosi la bocca dallo zucchero a velo.
“Anche a me” Harry bevve l’ultimo sorso di caffè dalla sua tazza, appoggiandola sul comodino.
“E’ troppo chiederti di accettarlo?”
Harry sospirò.
Con un gesto lento e studiato aprì un fazzoletto di carta, pulendosi le labbra dalla glassa, rimuginando su ciò che avrebbe potuto dire.
“Se ti rende felice, se davvero è ciò che vuoi, sono felice per te – disse, lentamente – ma si, è troppo”
Wendy sospirò.
“Perché, Harry? Non lo conosci nemmeno”
“Mi sono bastati quei pochi incontri per capire che non è un ragazzo affidabile – replicò, risoluto – e non è adatto a te” aggiunse, lanciandole un’occhiata di rimprovero.
“Tu non lo conosci” ripeté Wendy, tirando su col naso.
“E forse è meglio così” le sorrise amaramente, cingendole le spalle con un braccio.
“Non potresti fare uno sforzo? Siete due delle persone più importanti per me e mi piacerebbe vedervi andare d’accordo”
“Mi dispiace dirtelo, Wendy, ma non credo succederà mai. Siamo troppo diversi e sai che fatico a cambiare opinione su qualcuno”
Wendy mise il broncio e si soffiò il naso con un fazzolettino di carta.
“Fai uno sforzo – continuò, ricevendo in risposta uno sbuffo infastidito – è quasi Natale e sono tutti più buoni, no?”
Harry ridacchiò e tirò fuori dal sacchetto i dvd di Iron Man, alzandosi e dirigendosi verso la televisione.
“Che genere di sforzo dovrei fare?” chiese, chinandosi davanti al lettore dvd per inserire il disco.
“Potremmo provare a uscire qualche volta tutti insieme. Io, te, lui, Liam, Niall e Lola”
Harry ci pensò su mentre schiacciava il tasto play e si rialzava, scrocchiando le ginocchia. Tornò a sedersi accanto alla mora e a pensare a ciò che avrebbe potuto fare.
Il fatto era che Zayn proprio non gli andava a genio e anche se ci fosse uscito insieme sapeva che non avrebbero risolto niente. Perché il pugno al suo migliore amico gliel’aveva comunque dato.
“Per quel che vale” mormorò, vagamente. Wendy esplose in un sorriso raggiante e cominciò a battere le mani. Subito dopo un attacco di tosse le impedì di esprimere la propria gioia che però le si lesse comunque negli occhi.
“Grazie, sei il migliore” esclamò, abbracciandolo di slancio.
“Lo so” replicò lui, mentre la voce di Tony Stark echeggiava nella camera e Wendy veniva inghiottita dalla familiare sensazione di felicità che l’attanagliava ogni volta che stava assieme a Harry.
Perché lui era, da sempre, il suo più grande migliore amico.
 



Zayn si portò la sigaretta quasi finita tra le labbra, abbassando lo sguardo sul suo piede che tamburellava sull’asfalto da almeno dieci minuti.
Tempo in cui aveva fumato circa tre sigarette, una dietro l’altra.
“Amico, devi calmarti” mormorò Louis, al suo fianco, dandogli una pacca sulla spalla.
“Taci” sbottò, guardandolo di sbieco. Louis trattenne una risata e si stiracchiò le gambe.
“Non eri obbligato a venire” replicò lui, in risposta.
“Ah, no?”
Zayn aveva dovuto sopportare le suppliche di Wendy e le frecciatine di Louis per un giorno intero, con il pacchetto di sigarette vuoto e un mal di testa atroce.
Credeva che fosse ironica, quando il giorno prima l’aveva chiamato invitandolo ad uscire con la sua combriccola di amici.
E invece no, era terribilmente seria, con la voce intasata, il naso chiuso e il tono risoluto e supplichevole.
Zayn aveva rifiutato categoricamente ma quando Wendy l’aveva richiamato per la decima volta e Louis l’aveva minacciato di buttargli il telefono giù per la finestra, si era detto che, volente o nolente, sarebbe dovuto andare.
Non per Wendy, non per lui, ma per la salute mentale di Louis.
“Potevi spegnere il telefono anziché prendere la drastica decisione di accettare” borbottò Louis, sbadigliando e stiracchiandosi le braccia.
Zayn sbuffò e si portò una mano tra i capelli, annoiato.
“Avrebbe trovato un altro modo per rintracciarmi” replicò lui, aspirando l’ultimo tiro di sigaretta per poi gettarla lontano.
“Tutte scuse” ribatté Louis, con una punta di ironia nella voce.
“Scuse?”
“Avanti Zayn, ammettilo. Se hai accettato è perché volevi farla felice. Dopotutto, ci tieni a lei – fece una piccola pausa – ci tieni tanto a lei”
Zayn scosse la testa e sbuffò, allungando le gambe.
Se aveva accettato era per fare tacere sia lui che lei, ma tanto era inutile ripeterglielo un’altra volta, quando Louis si metteva in testa una cosa, era quasi impossibile farlo ragionare.
“Non è una cosa negativa, Zayn – continuò l’amico, con un sospiro – anzi, per te è fin troppo bella. Non devi pensare che tenere ad una persona e renderla felice sia un qualcosa di cui vergognarsi. Credo che Wendy sia la cosa più bella che ti sia mai capitata nella vita” Louis gli diede una pacca sulla spalla, regalandogli un sorriso malizioso e amichevole allo stesso tempo.
Conosceva Zayn persino meglio di se stesso e anche se lui non l’avrebbe mai ammesso così apertamente, Louis sapeva fin troppo bene che per quella ragazza provava qualcosa di davvero profondo e intenso.
Altrimenti non avrebbe mai accettato di uscire con la sua compagnia di amici, non sarebbe mai uscito a notte fonda per andare da lei e augurarle buon compleanno e non avrebbe mai fatto tutto quello che stava facendo.
Con Wendy, era diverso.
Con Wendy, Zayn riusciva a provare dei sentimenti felici.
Wendy lo migliorava.
Lo aiutava.
Lo stava salvando.
“Hai finito di filosofeggiare?” chiese Zayn, scocciato mentre infilava la mano nella tasca dei jeans e tirava fuori per l’ennesima volta il pacchetto di sigarette ormai quasi vuoto.
“Si, ora ho finito”
Rimasero in silenzio per qualche minuto, osservando la gente entrare e uscire dal grosso centro commerciale con in mano pacchi regali, buste piene e carrelli stracolmi.
Zayn odiava il Natale.
Non aveva mai sopportato di passare un giorno intero assieme alla sua famiglia, di guardare l’albero di Natale e trovarlo sempre miseramente vuoto, di sentire le continue critiche di suo padre.
Non ricordava di aver mai sorriso durante quella giornata. Forse appena sveglio, durante quei cinque secondi in cui l'unica cosa di cui si è coscienti è che quello è un nuovo giorno, una nuova possibilità.
Sua madre era sempre malinconica, suo padre sempre arrabbiato e sua sorella sempre triste.
E lui era sempre un insieme dei tre.
Immerso nei suoi pensieri non si accorse della ragazza dai capelli rossi che li stava raggiungendo con un sorriso accecante stampato in faccia.
Zayn la osservò meglio.
Le sembrava familiare.
Quando gli fu di fronte lei alzò una mano.
“Ciao – esordì – tu devi essere Zayn” continuò.
Zayn sorrise appena, per nulla interessato.
Inspirò una manciata di fumo dalla sigaretta e lo buttò fuori subito dopo.
La ragazza lo osservò continuando a sorridere.
“Io sono Lola, la migliore amica di Wendy” aggiunse, sperando di smuoverlo.
Wendy l’aveva avvertita sul suo carattere chiuso e spigoloso, ma sperava di sentirsi dire almeno un ciao.
“Evidentemente il fumo gli ha ostruito le corde vocali – intervenne Louis, lanciando un’occhiata di rimprovero verso il moro – io sono Louis, un suo amico” continuò, sorridendole allegro.
“Piacere Louis – esclamò Lola – sei venuto in suo soccorso, immagino”
“Sono venuto a tenerlo in piedi in caso di svenimento”
“Ad ogni modo, sappi che noi non mangiamo” scherzò, rivolgendosi a Zayn.
Lui roteò gli occhi e si alzò in piedi.
Lola stava facendo del suo meglio per non essere sgarbata.
Lui non era proprio il tipo che si immaginava di fianco ad una come Wendy.
Ma si sa, gli opposti si attraggono.
Lo osservò meglio e, capelli neri, occhi nocciola, carnagione olivastra, appurò che era davvero un bel ragazzo.
Un po’ troppo scontroso.
“Wendy arriverà a momenti. Lei ed Harry hanno avuto un problema con la macchina”
Zayn fece una mezza smorfia nell’udire il nome di Harry. La loro disputa non era del tutto finita.
“D’accordo” replicò, coinciso.
“Allora ce l’hai la voce” ribatté Lola, pungente.
Zayn alzò le spalle e si portò la sigaretta alla bocca.
“E' il cervello che gli manca” commentò Louis, sbuffando.
Zayn gli lanciò un’occhiataccia e, senza tanti problemi, oltrepassò Lola e s’incamminò lontano con la sua fidata sigaretta tra le labbra e la testa piena di pensieri.
Il viso di Wendy davanti agli occhi e i capelli arruffati.
Non era propriamente una giornata meravigliosa e lui non aveva alcuna voglia di sopportare gli amici di Wendy.
Potevano essere i più simpatici del mondo - cosa che comunque lui dubitava fortemente - ma a Zayn proprio non andava.
Si fermò e si appoggiò al muro, inspirando il fumo della sigaretta, l’unica cosa che, di solito, lo aiutava a rilassarsi.
Riusciva a intravedere ancora Louis e Lola che si erano messi a chiacchierare tranquillamente, a ridere quasi.
Zayn non era come Louis.
Non riusciva a intavolare una conversazione o a socializzare o a fingere di ridere.
Se a lui qualcuno non andava a genio, non riusciva a nasconderlo, non riusciva a fare finta di niente.
Vide una macchina nera parcheggiare e pochi secondi dopo il viso sorridente di Wendy comparire dalla portiera aperta. Accanto a lei, Harry la teneva sotto braccio.
Zayn abbassò la testa, inspirò del fumo e lo ricacciò fuori.
Rialzò la testa, vide Wendy che si avvicinava a Lola e il suo sorriso svanire.
Abbassò la testa, inspirò del fumo e lo ricacciò fuori.
Rialzò la testa, vide Wendy col viso rivolto verso di lui e le labbra di Louis muoversi per dire qualcosa.
Abbassò la testa, inspirò del fumo e lo ricacciò fuori.
Perché era tutto così difficile?
Perché non poteva ammettere che Wendy le piaceva, e tanto, e smettere di comportarsi così?
Perché era un idiota, ecco perché.
Perché era difficile per lui ammettere che avrebbe fatto qualsiasi cosa per quella ragazza.
Perché lui non era debole, non era uno stupido mammalucco che prendeva una sbandata per una ragazza come lei.
Rialzò la testa e Wendy era a pochi passi da lui. Aveva ancora il naso leggermente rosso e le labbra screpolate, ma per il resto era bellissima come al solito.
Lo osservò a lungo con uno sguardo intenso e quasi comprensivo, poi si aprì in un sorriso e si appoggiò al suo fianco.
Il suo braccio sfiorò quello di Zayn.
Non disse nulla.
Ormai era diventata brava nel gestire i silenzi di Zayn.
Sapeva quando rimanere zitta, quando parlare e quando, invece, ignorare la situazione e distruggere ogni barriera.
E Zayn sapeva anche che l'aveva perdonato per essere scappato via la notte prima. Perchè Wendy era così, Wendy era troppo. Aspettò che lui finisse la sigaretta, che prendesse un profondo respiro e che buttasse il mozzicone acceso per terra.
Wendy allungò un piede per spegnere la piccola fiamma che ancora irradiava luce dalla sigaretta ormai finita.
Zayn sbuffò e calciò via il mozzicone.
Tornarono ad appoggiarsi al muro.
“Zayn”
“Mmh”
“Ieri mia madre è venuta da me e mi ha chiesto perché continuavo a sorridere – disse, allungando una mano verso quella di Zayn e sfiorando il suo palmo con i polpastrelli – mi ha chiesto perché non faccio altro che sorridere da giorni e cosa ci trovavo da sorridere anche con la febbre e il naso tappato”
Intrecciò le dita a quelle di Zayn, sentendo la sua mano debole e poco collaborativa. Lui teneva lo sguardo fisso davanti a sé e sembrava ignorarla, ma Wendy sapeva che la stava ascoltando.
“Secondo te che cosa le ho risposto?” domandò lei, cercando il suo sguardo.
Zayn alzò appena le spalle e scosse la testa.
“Ho risposto che il motivo per il quale continuo a sorridere, sei tu, Zayn” ammise, accarezzandogli il palmo della mano con il pollice. Ignorò il rossore che le animò le guance: se voleva aiutare Zayn ad aprirsi un po’ di più, doveva cercare di essere più spigliata.
Zayn abbassò lo sguardo.
Non sapeva bene cosa dire.
O cosa fare.
O come reagire.
Wendy era veramente troppo per lui.
“Quindi adesso perché non mi dai un bacio e non vieni a conoscere i miei amici? Sono sicura che andrai d’accordissimo con Niall, anche lui ha una passione per le moto” disse con un sorriso gentile e la mano ancora tra la sua.
Zayn cominciò a battere il piede per terra, nervoso.
Un’altra sigaretta non gli avrebbe fatto male.
“Se vuoi ti bacio io, ma sarebbe troppo poco convenzionale se fosse la ragazza a baciare il ragazzo per prima”
Zayn slegò la mano dalla sua e la portò sulla sua guancia.
Un istante dopo le sue labbra erano già sopra quelle di Wendy, alla disperata ricerca del suo calore in una giornata così fredda.
Percepì il suo bacino premere contro il suo e le sue mani affondare tra i suoi capelli arruffati.
“Comunque parli troppo” sussurrò Zayn, sulle sue labbra.
“E tu troppo poco” replicò Wendy, sorridendo.
Gli prese di nuovo la mano e lo trascinò verso il gruppetto che si era formato accanto all’entrata del centro commerciale.
“Lo sai vero che tutti mi odiano?” domandò Zayn, ironico.
“Non proprio tutti” mormorò Wendy, sorridendo.
Quando furono davanti a loro, Wendy strinse ancora di più la mano a Zayn per infondergli, in un certo senso, un po’ di sicurezza e coraggio.
“Beh ragazzi, vi presento Zayn e Louis” esordì con la sua solita vivacità.
Le reazioni furono contrastanti.
Lola sorrise solare, come se volesse dimenticare l’atteggiamento scontroso di Zayn di qualche minuto prima e dargli una seconda possibilità. Ovviamente, lo faceva per Wendy, non di certo per lui.
Niall sorrise appena, facendo un cenno con la testa ad entrambi e lanciando una rapida occhiata al ragazzo accanto a lui.
Harry, infatti, non sembrava propenso a comportarsi in maniera civile con Zayn. I due si guardarono a lungo, come sfidandosi con lo sguardo e la tensione tra loro era palpabile.
Harry guardava Zayn come se volesse staccargli la testa e gettarla contro il muro, e lo sguardo di Zayn faceva intendere che gli avrebbe dato tranquillamente un pugno di fronte a tutta quella gente.
Fu Liam a spezzare quel silenzio imbarazzante, probabilmente - pensò Wendy - era per scusarsi della figura che aveva fatto al suo compleanno. Lei gli era comunque infinitamente riconoscente.
“Piacere, io sono Liam” allungò una mano a Louis che la strinse gentilmente e poi si rivolse a Zayn che, tentennando, osservò prima lui, poi la mano tesa.
Fece un cenno veloce con la testa e Liam capì che quello era il massimo che poteva ottenere da lui.
“E loro sono Harry, Niall e Lola” continuò, con un tono incoraggiante.
“Credo sia meglio entrare” propose Louis, ironicamente e, alzandosi lentamente, nascose le mani nelle tasche dei jeans, osservando il gruppetto con l’ombra di un sorriso sarcastico.
Wendy annuì freneticamente e trascinò Zayn verso l’ingresso.
Dietro di loro, un po’ titubanti, si aggregarono Liam, Niall e Louis.
In fondo a quel gruppetto, Lola obbligò Harry a muoversi.
Louis fu sicuro di aver sentito Lola minacciare Harry di triturargli le palle se non si fosse mostrato un minimo accomodante, ma comunque, fece finta di niente.
Una volta entrati nell’immenso centro commerciale, Niall e Liam vennero risucchiati in un negozio di musica che vendeva chitarre elettriche e classiche, batterie moderne e ogni tipo di strumento musicale.
Zayn, notò Louis, sembrava vagamente perso lì dentro. Le sue dita intrecciate possessivamente a quelle di Wendy lo fecero sorridere. Guardava la ragazza come se volesse tenerla accanto a sé per sempre ma allo stesso tempo cercava di mostrarsi disinteressato ad ogni cosa che lei diceva.
Wendy doveva avere una pazienza infinita, pensò Louis.
Era la ragazza perfetta per lui.
“Lola – esclamò d’un tratto la mora – ho dimenticato di comprare un regalo a tuo fratello”
“Non devi fare regali a chiunque, Wendy – l’ammonì, divertita – un braccialetto a basso prezzo può bastare”
A Louis sembrava di essere al cinema a godersi un film. Osservava Wendy sballottare Zayn, Lola bisticciare con Harry e Niall e Liam ridere all’interno del negozio di musica. Era quasi esilarante e strano trovarsi lì, in piedi, immobile, a osservare quella specie di combriccola. Avrebbe voluto un po’ di popcorn e un sorso di coca cola per godersi meglio lo spettacolo.
“Vado a comprargli qualcosa, ci vediamo dopo al bar” l’avvisò Wendy. Sorrise con gentilezza a Zayn e insieme sparirono su per le scale mobile dell’immenso commerciale.
Louis sospirò. Avrebbe dovuto portarsi qualcosa da fare, se solo avesse saputo che Zayn l’avrebbe abbandonato così in fretta.
“Louis – la voce di Lola lo richiamò da poco più lontano – vieni” lo invitò ad entrare in un negozio di vestiti maschili.
Con un sorriso, raggiunse lei e Harry.
Aveva trovato cosa fare.
 



Wendy si immerse in uno dei tanti negozi di abbigliamento maschile, avventandosi su uno degli stand in mezzo alla stanza. Doveva trovare qualcosa di carino per il fratello di Lola, Dylan, per ripagarlo di tutte le volte che l’aveva aiutata a tradurre i verbi di francese e per tutte le volte che aveva sopportato gli scleri di lei e sua sorella per l’uscita del nuovo film di Johnny Depp.
Sentiva lo sguardo insistente di Zayn su di lei, ma quando si voltò per chiedergli un parere lo vide fuori dal negozio, gli occhi puntati su di lei e le mani nascoste in tasca.
Lei lo incitò ad entrare ma lui scosse la testa.
Sbuffò e mise il muso, sperando di convincerlo. Lui scosse di nuovo la testa e allora lei rinunciò.
Continuò a cercare tra i vestiti appesi qualcosa che potesse piacere a Dylan. Ripose un paio di pantaloni beige decisamente troppo vintage, un maglioncino rosso e blu, una camicia a quadri e una maglietta con stampe gialle e arancioni.
Sbuffò e si spostò sugli scaffali, prendendo qualche abito e ripiegandolo subito dopo.
Vide una maglietta abbastanza carina nera e grigia che, a giudicare dagli standard di Dylan, avrebbe anche potuto piacergli.
Ma non era sicura che quella fosse la taglia giusta. Dylan aveva un busto magro ma possente, due spalle larghe e le braccia snelle.
Proprio come qualcuno che conosceva.
Lanciò una rapida occhiata al ragazzo appostato fuori dal negozio, appoggiato alla parete di marmo con un’espressione annoiata e due occhi spenti.
Ripose la maglietta e uscì fuori.
Gli afferrò una mano e lo costrinse a seguirla mentre lui imprecava e borbottava seccato.
Lo bloccò a pochi passi dallo scaffale, riafferrò la maglietta e la poggiò sul petto di Zayn, facendo aderire le spalle e il busto.
Troppo piccola.
Prese una taglia più grande e fece lo stesso.
“Ripetimi perchè sono qui” mormorò Zayn lanciandole un’occhiata di sbieco. Wendy sbuffò e roteò gli occhi. Lei rise con gli occhi ancora puntati sulla maglietta, auto convincendosi che fosse decente.
“Per me” replicò, mentre ripiegava quella maglietta.
Troppo piccola o troppo grande, il problema era che faceva schifo.
Sbuffò e ricominciò a cercare.
Prese un maglioncino di lana che sembrava perfetto per lui. Usò di nuovo Zayn per decidere la taglia mentre lui si lamentava e si lamentava e si lamentava.
“Devi provarlo” decretò infine, con un sorriso gentile. Zayn scosse la testa, si voltò e fece per andarsene ma Wendy lo bloccò, parandosi davanti a lui.
“Per favore” tirò fuori il labbro, sperando di impietosirlo ma l’unica cosa che ottenne fu un’alzata di sopracciglio e uno sbuffo seccato.
Zayn cercò di sorpassarla ma lei lo seguì prontamente.
“Wendy – sibilò – smettila” sbottò, lanciandole un’occhiata di rimprovero.
“Per favore”
Wendy aveva quasi dimenticato che quel maglioncino era per Dylan. Voleva vedere Zayn indossare qualcosa di diverso dalle sue solite magliette bianche o nere e dal suo solito giubbotto di pelle.
Zayn afferrò bruscamente il maglioncino e si avviò verso i camerini, senza dimenticarsi di imprecare bellamente.
Wendy sorrise entusiasta e lo seguì, appostandosi fuori dal camerino e aspettando paziente.
Dopo una manciata di minuti, Zayn tirò le tendine con uno scatto che fece sussultare Wendy.
A parte il viso contratto in una smorfia seccata, i capelli arruffati e lo sguardo raggelante, era bellissimo.
Quel maglioncino colorato gli dava vita ed era in perfetto contrasto con la sua carnagione scura.
“Dovresti comprarlo tu!” esclamò, battendo le mani con un sorriso entusiasta.
Zayn alzò gli occhi al cielo e fece per tirare di nuovo le tendine ma Wendy lo fermò, facendo un passo verso di lui e afferrandogli i polsi.
“Dato che non ti vedrò mai più vestito così, posso farti una foto?” chiese, ironicamente.
“Vuoi proprio essere mandata a fanculo, oggi” replicò lui, seccato.
Wendy rise e spostò le mani dai suoi polsi alle sue dita. Gli aprì le braccia.
“Guarda quanto sei carino!” esclamò, con un tono di voce alterato.
Zayn rischiò seriamente di offenderla verbalmente ma vederla ridere così lo fece per un attimo rilassare. Poi si ricordò che stava, effettivamente ridendo di lui.
Con uno scatto le afferrò le mani e la spinse dentro il camerino, chiudendola tra le sue braccia. Richiuse le tendine mentre lei ridacchiava ancora per il suo maglioncino.
“Wendy – le sussurrò intimidatorio – ancora non sai cosa posso farti”
Lei interruppe la sua risatina e arrossì vistosamente.
Zayn alzò un sopracciglio, soddisfatto, e la sospinse contro la parete del camerino con una lentezza esasperante.
Le fece passare le mani sulle braccia, poi sul busto, sui fianchi e infine le afferrò le cosce. Le strinse mentre Wendy si mordeva il labbro e arrossiva ancora di più.
Zayn sorrise appena, compiaciuto, e inaspettatamente le alzò le gambe, infilandosi nel mezzo e tenendola per le cosce. La tenne in braccio senza fatica, guardandola divincolarsi imbarazzata dalla sua morsa.
“Zayn...” lo rimproverò, ancora con la faccia in fiamme.
“Cosa?” la istigò lui, avvicinando il suo viso al suo con un sorrisetto malizioso. Wendy deglutì a fatica e cercò di mantenere il tono della voce saldo.
“Non fare così”
“Non ti piace?” domandò lui, alzando un sopracciglio e guardandola fintamente offeso.
Chinò il viso e affondò le labbra nel collo fresco e profumato di Wendy. Le regalò una fila di baci umidi e seducenti, raggiungendo la sua scapola coperta dalla maglia a maniche lunghe. Rifece il percorso inverso, spostandole i capelli con il naso e baciandole il lobo dell’orecchio.
La sentì fremere sotto il suo tocco esperto e sorrise compiaciuto.
Le baciò la guancia, l’angolo della bocca e le labbra.
La obbligò a dischiudere le labbra e infilò la sua lingua nella sua bocca con fare prepotente, autoritario.
Giocò con la sua lingua, le serrò le cosce con le mani, premette il suo bacino contro il suo. Sentì l’eccitazione crescere dentro di lui mentre lei esplorava la sua schiena con le sue mani piccole e morbide.
“Wendy” scattò quando lei gli accarezzò i capelli con quel suo tocco delicato e innocente. La voce roca e profonda, gli occhi scuri e il respiro irregolare.
“Esci – le ordinò – non credo di riuscire a fermarmi” la fece scendere e riaprì le tendine, guardandola severo, cercando di riacquistare quel poco autocontrollo che gli era rimasto.
Wendy uscì con le guance in fiamme, il respiro corto e i capelli arruffati.
Fuori, un’anziana signora le scoccò un’occhiata scioccata.
Lei arrossì ancora di più ed uscì direttamente dal negozio, troppo imbarazzata per stare lì dentro ancora un minuto in più.
E il maglioncino l’avrebbe sicuramente lasciato lì dov’era.


 
Lola sedette su una delle sedie libere, sospirando per la fatica.
Louis si accomodò al suo fianco e Harry davanti a lei. Ancora stavano parlando del gruppo preferito del riccio e del concerto a cui entrambi avevano assistito.
Erano bastati due minuti, una battuta di Lola e la canzone dei Coldplay alla radio per far diventare quei due migliori amici per la vita.
La rossa vide Niall e Liam dirigersi verso di loro e sedersi accanto a Harry. Anche loro si unirono alla conversazione degli altri due, lasciando Lola in balia della noia.
Qualche minuto più tardi, due gambe affusolate e un broncio perenne si sedettero al loro tavolo.
“Che ci siamo persi?” domandò Wendy.
“Niente – sospirò la rossa – assolutamente niente”
Zayn si alzò per andare ad ordinare un caffè per lui e una cioccolata calda per Wendy. Quello era il momento adatto per parlare alla sua migliore amica.
“Allora?” domandò lei, ansiosa.
“Allora cosa?” replicò la rossa, alzando un sopracciglio. In realtà sapeva bene a cosa si riferiva, ma era divertente vedere Wendy così agitata.
“Come lo trovi?”
“Considerando che non mi ha degnato di uno sguardo quando l’ho salutato, che la sua faccia sembra voler mandare a fanculo chiunque si avvicini a lui e che non ci ho scambiato neanche due parole, devo dire che è un gran simpaticone”
Wendy sbuffò e alzò gli occhi al cielo.
“So che è un po’ scontroso ma... Lola, mi piace davvero”
“Lo so, Wendy, lo so” replicò sorridendole.
“Lo sappiamo tutti” subentrò Harry. Wendy capì chiaramente che stava trattenendo la voglia di fare una delle sue battutine poco carine, nascondendo l’arroganza dietro un sorrisetto ironico.
“Bene” sospirò, un po’ più tranquilla.
“E comunque – aggiunse Louis, con un sorriso – anche tu gli piaci davvero”
Wendy arrossì leggermente.
“Tu dici?”
“Non lo dico io – rise – ma il fatto che anche per prendere una cioccolata, non ti tolga gli occhi di dosso neanche un secondo”
 





Ho riletto questo capitolo dopo un bel po' di tempo e devo dire che mi fa più che schifo ahahah
Non ne sono affatto convinta e neanche tanto soddisfatta sinceramente. Ho provato a cambiare delle parti, ma ancora non mi fa impazzire!
Comunque come sempre spero che a voi piaccia e spero di non avervi deluso :)
Voi non potete capire quanto mi rendano felice le vostre recensioni, i vostri commenti su twitter e ask e il numero di persone che segue la storia!
Davvero, grazie di cuore, siete meravigliosi! :)
Allora, allora, allora. In questo capitolo Wendy cerca di far andare d'accordo i suoi amici con Zayn. Come avete letto, Harry non è ancora per niente convinto di lui, ma alla fine ha fatto uno sforzo per far contenta la sua migliore amica :)
Liam cerca di farsi perdonare e Louis invece aiuta il nostro piccolo Zayn ad ammettere che prova qualcosa per Wendy!
Avrete sicuramente notato la differenza tra questo capitolo e quello scorso, dove lui sembrava uno zuccherino.
Secondo voi perchè c'è questo cambiamento nel comportamento di Zayn?
Vi lascio con questo quesito ahahah
Spero c on tutto il cuore che la storia non vi stia annoiando, ma se è così, vi prego di dirmelo!
Grazie di nuovo! Un bacio :)



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(SEVENTEEN)
-he loves you and you love him



“Non sono arrabbiato – le sussurrò – lo ero, ma ora non lo sono più”
“Allora dammi un altro bacio, no?” 

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Capitolo 18
*** Seventeen - He loves you and you love him ***


 

THE DARK SIDE OF ME.

(SEVENTEEN)
-he loves you and you love him







Wendy prese in braccio Susan e la fece sedere sopra la sua valigia chiusa.
Afferrò la cerniera e cercò di tirare con tutta la forza che aveva in corpo, ma con tutti i vestiti che ci aveva messo dentro, dubitava che riuscisse a chiuderla entro sera.
“Susan non sei abbastanza pesante” sbuffò mentre sua sorella ridacchiava senza un vero e proprio motivo.
Sbuffò e si sedette sconsolata sul pavimento, appoggiando la schiena al letto.
Prese Susan in braccio e le diede un bacio.
“Grazie comunque” lei sorrise in risposta e corse fuori dalla stanza.
La voce di sua madre che parlava al telefono con sua nonna rimbombava in tutta la casa.
Dopo due anni, avevano deciso di passare il Natale dalla madre di Teresa, in una piccola casa in montagna. Erano stati soliti farlo quando Wendy era piccola, ma dopo la morte di suo padre, era tutto un po’ cambiato.
Sospirò e afferrò il suo Iphone bianco, digitando il numero che aveva imparato ormai a memoria.
“Wendy” la voce roca di Zayn le rispose dall’altra parte della cornetta.
Era solito rispondere alle sue chiamate non dicendo “pronto” o “ciao” ma sussurrando il suo nome, come se fosse qualcosa di speciale, di intimo fra loro due. E a Wendy faceva sempre un certo effetto.
Wendy lo immaginò con il joystick in mano, il telefono tra la spalla e l’orecchio e il corpo rilassato.
“Ho una valigia che non si chiude, una madre impazzita e otto regali da impacchettare” mormorò, affranta, allungando le gambe sul tappeto bianco e appoggiando la testa contro il materasso.
Zayn rimase in silenzio, Wendy sentiva solo il suo respiro in sottofondo.
“Per questo odio il Natale” esalò alla fine, sbuffando.
“Cos’è che non odi tu, Zayn?” sospirò Wendy, alzando gli occhi al cielo.
“Odio la gente che alza gli occhi al cielo – la rimproverò – non è vero, Wendy?”
Lei sorrise e scosse la testa.
“Beh, io odio fare la valigia - sbuffò e lanciò un’occhiata arrabbiata al suo trolley rosa poggiato sul letto – ma comunque sono contenta di rivedere i miei parenti dopo così tanto tempo”
“Mmh”
“Parlare con te al telefono è come parlare con un operatore telefonico” sbuffò, rimproverandolo.
“Uhm” replicò lui, ironico. Wendy rise silenziosamente.
“Allora, proviamo a rivolgere l’attenzione su di te – mormorò, giocherellando con l’orlo della sua felpa – cosa farai a Natale?” domandò, cauta. Era un argomento delicato, visto che Zayn non poteva passare le festività con la sua famiglia.
Lui, infatti, rimase nel suo solito silenzio difensivo, pensando a cosa avrebbe potuto dirle.
“Rimarrò a casa di Louis” replicò, piano.
“Passerete tutto il giorno a giocare ai video games?”
“Passerò” la corresse.
Wendy aggrottò la fronte: “Passerai? – chiese – e Louis?”
“Louis sarà dalla sua famiglia – replicò, seccato – dopotutto, lui ne ha una”
“Zayn – sospirò – perché non me l’hai detto prima?”
Lui rimase in silenzio. Sbuffò.
“Perché sapevo che avresti fatto qualcosa per non farmi passare il Natale da solo” spiegò lui, pratico. Wendy sentì la rabbia scaturirle dentro.
“E cavolo se lo avrei fatto! – sbottò, scocciata – e non pensare che adesso te la caverai”
“Non devi fare niente, Wendy – ribatté, risoluto – tu passerai il Natale con la tua famiglia, punto”
“E tu non lo passerai di certo da solo”
Zayn sbuffò e fu tentato di riattaccarle il telefono in faccia.
“Tanto non puoi fare nulla”
“Posso fare tutto invece”
Fu lei, inaspettatamente a riattaccargli il telefono in faccia.
Si alzò di scatto con i nervi a fior di pelle. L’arroganza di quel ragazzo la faceva impazzire ogni volta. Uscì dalla sua camera a piedi scalzi e spalancò la porta della stanza di sua madre.
Lei si voltò verso la figlia con un’espressione cupa stampata in faccia, la tipica espressione che aveva dopo aver discusso con sua madre.
Non era proprio il momento adatto per farle quel genere di discorso, ma Zayn non l’avrebbe passata liscia.
“Mamma – disse – devo chiederti una cosa molto importante”
 
 
 
Teresa parcheggiò l’auto davanti ad un grosso edificio grigio. Lanciò una rapida occhiata alla figlia e sospirò pesantemente. Perché ogni volta doveva andare a cacciarsi in situazioni del genere?
“Wendy – la richiamò – ti sto dando piena fiducia, vedi di non combinare disastri”
“Mamma, non preoccuparti. Zayn è un ragazzo un po’ chiuso, ma non farebbe mai nulla per mettermi nei guai” la rassicurò, scoccandole un veloce bacio sulla guancia.
“Sarò io a decidere se è un ragazzo a posto oppure no – disse, seria – ci vediamo più tardi, state attenti e guidate con prudenza”
Wendy annuì e scese dall’auto, afferrando la sua valigia rosa e sorridendo alla sorella, seduta sul suo seggiolino.
“A più tardi” le salutò e si avviò verso gli scalini, con una certa tensione nelle mani.
Quando aprì la porta del condominio, sussultò portandosi una mano al cuore.
Zayn era davanti a lei, seduto sulle scale del corridoio, i gomiti poggiati sulle ginocchia e i capelli cadenti sulla fronte.
“Ciao” sussurrò lei, lasciando la valigia vicino all’entrata.
Zayn non le rispose, continuando a fissarla con quei suoi due occhi intensi. Wendy non si sarebbe mai abituata a quel suo sguardo.
“Sei arrabbiato?” domandò, leggermente in ansia.
Lui intrecciò le dita, mordendosi il labbro inferiore con i denti bianchi e perfettamente dritti.
“Tu che dici?”
Wendy inspirò profondamente e si avvicinò titubante a lui.
“Io dico che sei molto arrabbiato – disse, cauta – ma dico anche che la tua è una rabbia ingiustificata”
Zayn sbuffò e si alzò di scatto.
“Rabbia ingiustificata? Sono costretto a venire con te e a passare le vacanze di Natale con persone che non conosco”
“Conosci me e questo può bastare – replicò lei, cercando di attenuare la tensione con un sorriso – e comunque, in nessun caso avresti passato il Natale da solo”
Zayn sbuffò di nuovo, si voltò e afferrò il manico di un borsone verde militare.
“Muoviti prima che io cambi idea”
Dieci minuti dopo scorrazzavano per le vie di Bradford, diretti verso l’autostrada, con la voce del GPS come sottofondo e i loro sospiri leggeri ad aumentare la tensione.
Sarebbe stato un lungo e silenzioso viaggio, Wendy lo sapeva, così si appoggiò meglio sul sedile e lanciò una rapida occhiata a Zayn. Lui sembrava profondamente concentrato sulla strada ma lei sapeva che era terribilmente infastidito e arrabbiato.
“Posso accendere la radio?” domandò, cauta.
“No” replicò lui, schietto.
“Perché no?”
“Perché no”
“Per favore”
“No”
“Sei peggio di un bambino”
“Taci”
Wendy sbuffò e appoggiò la testa alla superficie fredda del finestrino. Si strinse nel suo maglione arancione che le aveva regalato sua nonna il Natale scorso e chiuse gli occhi.
Senza neanche rendersene conto, crollò in un sonno pesante, risvegliandosi un’ora più tardi, con un torcicollo micidiale, i capelli arruffati e brividi di freddo su tutto il corpo.
Zayn aveva il finestrino semiaperto perché stava fumando una delle sue dannate sigarette.
“Puoi tirare su, per favore?”
Zayn la ignorò e continuò a guidare e a fumare come se lei stesse ancora dormendo, come se lei non gli fosse accanto.
“Devi comportarti così ancora per molto?” sbottò, mettendosi meglio a sedere. Lui annuì debolmente, inspirando una boccata di fumo e lanciandole uno sguardo ironico.
Lei sbuffò e fu tentata di afferrargli la sigaretta e buttarla fuori, ma il suo animo calmo le impedì di peggiorare la situazione.
Quando ebbe finito la sigaretta e buttato fuori il mozzicone, tirò su il finestrino.
“Contenta?” domandò, ironico.
“Si, grazie”
Fecero le successive due ore in silenzio, parlottando di tanto in tanto per chiedere quanto mancava o per battibeccare sul limite di velocità o sulle sigarette di Zayn.
Quando lui parcheggiò davanti ad una grande casa in legno, con il camino acceso e il prato ricoperto da un sottilissimo strato di neve, Wendy dimenticò ogni cosa.
Scese dalla macchina stringendosi nel suo maglione, assaporando il profumo del Natale. Sorrise automaticamente quando vide il viso di sua nonna comparire dalla finestra.
Aiutò uno Zayn svogliato a tirare giù le valigie dall’auto e corse verso l’entrata.
Sua nonna era lì, ad aspettarla con un sorriso solare e le braccia aperte.
L’abbracciò di slancio, rendendosi conto che l’aveva superata di almeno dieci centimetri dall’ultima volta che l’aveva vista.
“Non sei mai stata più bella” le sussurrò la donna, dandole un bacio sulla guancia.
Wendy le sorrise radiosa e si voltò verso gli scalini. Zayn era a pochi passi da lei, il borsone in mano, l’espressione cupa e le spalle ricurve. Ricordava quel suo atteggiamento quando ancora non si conoscevano bene. Capì che, incontrare nuova gente non lo metteva a proprio agio.
“Nonna – la richiamò, facendo un passo indietro – lui è Zayn”
L’idea di presentare un ragazzo che ancora non sapeva bene come reputare, la rendeva leggermente nervosa. Era il suo ragazzo? Un amico? Cos’era?
Loro non ne avevano mai parlato e forse non l’avrebbero mai fatto così esplicitamente.
La donna, capelli grigi e viso elegante, allungò una mano verso Zayn che con titubanza strinse.
“E’ un piacere conoscerti, Zayn” disse lei, con un tono educato ma lievemente freddo.
“Anche per me”
Wendy capì che Zayn si stava sforzando davvero molto per risultare cordiale e che sua nonna teneva gli occhi fissi sul suo viso per evitare di spostare l’attenzione sui tatuaggi che adornavano le braccia del ragazzo. Si avvicinò a lui e gli sorrise incoraggiante.
“Mamma e Susan sono in casa, prego entrate” li invitò dentro e quando Wendy varcò la soglia, si sentì euforica. Quanto amava quel posto, solo lei lo sapeva.
Era così caldo e accogliente che non sarebbe mai voluta andarsene. Gli addobbi natalizi poi, aggiungevano un tocco magico.
“Andate pure a sistemare le vostre cose. Ah e Zayn – lo richiamò con un sorriso – la tua camera è in fondo al corridoio” lo avvisò, facendo intendere che, ovviamente, lui e Wendy non avrebbero condiviso la stanza. La donna sparì in salotto.
Wendy si voltò verso di lui. Zayn sembrava indifferente a tutto ciò che succedeva attorno a lui. Lo prese per mano e lo accompagnò su per le scale.
“Questa è la mia camera. La divido con Susan” indicò una porta bianca in legno, all’inizio del corridoio. Camminarono verso la fine ed entrarono in un’altra stanza.
“Questa è la tua” accese la luce, illuminando una stanza piccola ma calda e accogliente. Un letto in legno, con lenzuola rosse e bianche, padroneggiava la stanza. Accanto al letto, un comodino con un vaso e una sveglia occupava lo spazio tra il materasso e la parete.
Poco più in là, una finestra ovale dava sul giardino.
Accanto ad essa, un piccolo armadio.
“Ti piace?” domandò gioviale, sedendosi sul letto.
Zayn alzò le spalle e appoggiò il borsone verde sul pavimento accanto all’armadio.
“E’ un bel posto” disse soltanto, aprendo la cerniera e tirando fuori i pochi abiti che si era portato.
“Devi vedere quando fuori nevica – disse lei, euforica – la vista è bellissima da quella finestra”
Zayn cominciò a sistemare i vestiti nei cassettoni. Di sicuro, lo stava facendo per evitare di parlare con lei, non di certo per essere ordinato.
“Sei ancora arrabbiato?” gli chiese, cauta, incrociando le gambe sul materasso. Zayn rimase in silenzio, continuando a sistemare i vestiti. Quando finì, richiuse il borsone, si alzò e la fissò con quel suo sguardo intenso e indecifrabile.
“Si e no” rispose. Lei sospirò e si abbandonò sul letto, sdraiandosi di schiena.
“Non essere arrabbiato, è Natale”
“Tra due giorni” la corresse.
“L’atmosfera è natalizia” commentò lei, ironica.
Zayn alzò gli occhi al cielo e la fissò dal fondo del letto con le mani appoggiate ai fianchi e lo sguardo severo.
“Non devi andare a sistemare le tue cose?” domandò, sbuffando.
“Vado se tu prometti di non arrabbiarti più con me per il resto delle vacanze”
Zayn sbuffò e le lanciò un’occhiata ostile.
I capelli castani erano sparsi per tutto il cuscino, le guance rosse, gli occhi brillanti, un braccio alzato e la mano stretta a pugno puntata verso di lui. Zayn vide il mignolo spuntare dalle sue dita magre e trattenne a stento la pazienza.
“Prometti” ripeté lei.
“Come faccio a non arrabbiarmi se ti comporti così?”
“Così come?”
“Come una bambina”
“Oh dai – sbuffò – giurin giuretto, lo fanno tutti!”
“Non io”
“Allora scendiamo a conoscere mia madre” gli disse, tirandosi su a sedere. Zayn parve per un momento intimorito, ma si riscosse subito.
“Andiamo”
Wendy scese dal letto e gli afferrò il polso, trascinandolo verso le scale.
Quando arrivarono in salotto, Wendy vide un grosso abete addobbato alla perfezione in un angolo della stanza. Sul divano, sua nonna, sua madre e Susan li fissavano con un sorriso.
“Endy!” urlò sua sorella, alzando le braccia verso di lei.
“Ciao amore – la salutò, avvicinandosi al divano – mamma, lui è Zayn” lanciò una rapida occhiata al ragazzo alle sue spalle.
Sua madre non parve infastidita dal suo atteggiamento un po’ ostile e dai tatuaggi che spuntavano qua e là sotto alla sua giacca.
Si alzò con compostezza e gli tese una mano con un sorriso gentile e sincero.
Conosceva sua madre e amava quel suo lato così aperto. Non era una di quelle solite madri iperprotettive e non aveva il brutto vizio di giudicare prima di conoscere. Il suo lavoro come infermiera in un reparto psichiatrico le impediva di giudicare le persone al primo impatto.
“Piacere di conoscerti, Zayn”
Zayn gli strinse la mano con quel suo solito tentennamento iniziale e le sue spalle ricurve.
“Anche per me” replicò, accennando un debole sorriso.
“Sedetevi pure con noi” li invitò la più anziana, indicando l’ampio divano.
Wendy prese Zayn per mano e lo fece accomodare, sedendosi poi accanto a lui.
“Wendy parla di te in continuazione, sai? Da quando mi ha raccontato di te, non tace un attimo”
Quel lato così impulsivo però non lo amava affatto; non era la prima volta che la metteva in imbarazzo davanti ad un ragazzo, eppure Zayn non era un ragazzo qualunque.
Lui si limitò ad abbozzare un debole sorriso spontaneo e a lanciare una rapida occhiata furtiva alla ragazza che gli sedeva accanto.
“Se cambiamo argomento, magari è meglio” replicò lei, in un misto tra l’ironico e l’imbarazzato.
“Non c’è nulla di male, Wendy – ribattè sua nonna, sorridendo – si vede lontano un miglio che provi qualcosa di speciale per lui”
Wendy sentì il cuore esplodere e le guance avvampare.
Percepì la gamba di Zayn sfiorarle il ginocchio ma il suo viso perfetto non tradiva alcuna emozione.
“Uhm – si schiarì la voce – forse è il caso che io vada a sistemare i vestiti” si alzò.
Sua madre si lamentò: “Avanti, rimanete qui ancora un po’!”
“Avete la cena per imbarazzarmi ancora un po’” esclamò, facendo cenno a Zayn di seguirla.
Lui si alzò svogliatamente, consapevole che non appena avesse messo un piede fuori da quella stanza, le due donne avrebbero cominciato a scambiarsi commenti su di lui.
“A proposito di cena, tra un’ora a tavola!”
 
 
 
Wendy si tolse il maglioncino, i jeans e si sciolse i capelli.
Tirò fuori il pigiama rosa dai cassettoni e lo indossò con gli occhi che bruciavano.
Andò a sdraiarsi sotto le coperte.
Il viso di suo padre le aleggiava davanti agli occhi da quel pomeriggio, non appena varcato la soglia di quella casa piena di ricordi.
Ricordi che non sarebbero tornati, momenti sepolti nel passato di due anni prima, quando lei aveva ancora un padre.
Aveva sopportato, nascosto e sorriso di fronte a sua madre, a sua nonna, a Zayn, ma in quel momento, al caldo nel suo letto, sciolta da ogni protezione, sentì il dolore pervaderle ogni cellula del corpo.
Strinse gli occhi e sentì le guance bagnarsi.
Due anni prima lei era nello stesso letto, nella stessa casa, ma con una vita diversa.
Allora, aveva un padre e una famiglia completa e un motivo per sorridere ogni giorno.
Due anni dopo invece, di motivi per sorridere ogni giorno ne aveva ben pochi, ma ce la faceva, sorrideva e non si lamentava.
Ma non in quel momento, nel suo letto, con le gambe tremanti e il viso di suo padre davanti agli occhi.
Pensò a Zayn.
Al suo viso, alle sue labbra, ai suoi occhi, alla sua bellezza.
Pensò alle sue mani grandi, ai suoi tatuaggi sulle braccia e sul petto che aveva intravisto poche volte dallo scollo delle magliette.
Pensò ai suoi denti dritti e bianchi, al suo sorriso appena accennato, alle sue ciglia lunghe, alla sua pelle mulatta.
Era perfetto.
E non era lì con lei.
Non era lì con lei ad asciugarle le guance e a dirle che l’amava. Ma l’avrebbe fatto? Se fosse stato lì, l’avrebbe fatto?
Wendy non ne era sicura.
Chiuse gli occhi e cercò di non pensare più a niente.
Eppure a qualcosa pensava sempre.
D’un tratto, si rese conto che quel giorno, tra bisticci e interrogatori, non si erano neanche dati un bacio.
Sbuffò e si mise a sedere.
Ne aveva bisogno, aveva bisogno di sentirlo vicino, di sapere che non era più arrabbiato con lei, che era felice di stare lì. Aveva bisogno di lui anche da arrabbiato o da silenzioso, aveva bisogno di Zayn sempre.
Poggiò i piedi scalzi sul pavimento freddo e, facendo attenzione a non fare troppo rumore, raggiunse la porta. Uscì e con cautela attraversò l’intero corridoio, passando davanti alla porta di sua nonna e a quella di sua madre da dove fuoriusciva uno sprazzo di luce della televisione.
A tentoni raggiunse la porta di Zayn. L’aprì lentamente, tenendola inizialmente socchiusa. Si asciugò velocemente le guance leggermente bagnate.
Sbirciò dentro e la prima cosa che i suoi occhi lucidi ma ben aperti videro fu la schiena di Zayn.
Era seduto alla piccola scrivania accanto al letto, la testa china, le braccia poggiate sul legno e il torace scoperto.
Trattenne il fiato e cercò di capire che cosa stesse facendo.
Aprì un po’ di più  la porta, giusto per poterci passare. La richiuse con attenzione alle sue spalle e lentamente si avvicinò a Zayn.
Quando arrivò alle sue spalle, capì che cosa stava facendo.
Le sue dita lunghe circondavano una matita del tutto consumata, la punta tracciava piccole linee sulla superficie piatta del foglio e la sua mano si muoveva fluidamente.
Wendy rimase senza fiato.
Era bravo da far paura.
Il panorama che stava raffigurando era proprio il paesaggio dietro la finestra di fronte a lui. Gli alberi, le nuvole, il cielo, la luna erano perfettamente disegnati.
Si sedette sul letto, aspettando che finisse. Non voleva disturbarlo, non ora che stava esprimendo se stesso nell’unico modo non nocivo che conosceva. E poi, aveva quasi smesso di piangere.
Lo fissò. I lineamenti rilassati, gli occhi persi, i muscoli tesi. I capelli disordinati, i pantaloni sgualciti e i tatuaggi sul petto.
Se solo avesse saputo disegnare anche lei, avrebbe voluto raffigurare lui in quell’istante.
Era a dir poco mozzafiato.
“Wendy” sussurrò d’un tratto.
Wendy sussultò e arrossì lievemente.
“Non volevo disturbarti” si scusò lei.
Zayn rimase girato verso la scrivania, la mano ancora in movimento e gli occhi puntati sul foglio.
“Perché sei qui?” chiese, in tono brusco ma stranamente quieto.
Wendy sospirò e cercò di nascondere l’imbarazzo e la tristezza.
“Io... – sentì la voce tremare – volevo salutarti”
Zayn si interruppe dal disegnare. Rimase per qualche secondo immobile, la mano ferma sul foglio e la matita lievemente inclinata; poi voltò il viso verso di lei. La fissò come solo lui sapeva fare; gli bastarono tre secondi, uno per ammirarla, un altro per capirla e l’ultimo per notare la lacrima lenta, ferma all’angolo del suo occhio sinistro, per rendersi conto che qualcosa non andava.
Sospirò debolmente e posò la matita sulla scrivania. Spostò un po’ la sedia e tornò a fissare la ragazza.
“Vieni qui” le ordinò, con quel suo modo autoritario.
Wendy si alzò con lentezza e zampettò verso di lui con la testa china, incapace di trattenere il dolore.
Quando gli fu davanti lui le prese entrambe le mani.
“Siediti”
Leggermente sorpresa, si sedette sulle sue ginocchia. Se non fosse stato così distrutta psicologicamente, avrebbe sorriso per quel gesto così naturale.
Zayn le girò il viso verso di lui. Le diede un bacio a fior di labbra e incastrò i suoi occhi con i suoi. Le chiese silenziosamente che cosa fosse successo e lei non ce la fece più.
Sentì gli occhi bruciare, le guance bagnarsi e il suo viso nascondersi nella spalla di Zayn.
Poi sentì due braccia avvolgerle la vita e due mani stringerla senza farla cadere.
“Wendy”
Lei non seppe cosa fare o cosa dire, ma il tocco di lui era già abbastanza.
Rimasero in silenzio per due minuti, Zayn aspettò pazientemente che i singhiozzi di Wendy si placassero mentre la sua spalla si bagnava delle sue lacrime e il suo cuore si sgretolava un po’.
Quando lei alzò lievemente la testa lui spostò le mani dalla sua vita al suo viso, asciugandole le guance con il palmo della mano.
“Cos’hai?”
Ed era preoccupato, anche se non voleva darlo a vedere, anche se non voleva ammetterlo, era preoccupato da morire perché Wendy non aveva mai pianto. Perché fino a dieci minuti prima, rideva come suo solito, perché fino a dieci minuti prima era la sua roccia.
Lei scosse la testa ma lui le prese il mento tra il pollice e l’indice e la fissò con decisione.
“Dimmelo”
Wendy si asciugò gli occhi con le maniche della maglietta, sospirando pesantemente.
“Mi manca – mormorò debolmente, e ad alta voce il sentimento era anche più forte – mi manca, Zayn”
Lui sentì le gambe cedere.
Cos’avrebbe potuto fare? Come avrebbe potuto consolarla?
Lui, che detestava suo padre, come avrebbe potuto consolare lei, che amava suo padre?
“Lo so, Wendy” che cosa poteva dire? Si odiava per essere così freddo e chiuso con lei, lei che si meritava tanto.
“Vorrei che tu lo conoscessi, vorrei che fosse qui, lo vorrei tanto”
Zayn le afferrò le mani, affondando le dita tra le sue.
Dillo, Zayn, dillo.
“Ci sono qui io, Wendy”
Lei sapeva che lui non era in grado di consolarla, non era in grado di dirle qualcosa che l’avrebbe fatta stare bene, ma quella frase le bastò per farle capire che se doveva piangere la sua spalla era lì e che se doveva cadere le sue braccia erano lì.
Tirò su col naso: “Sei ancora arrabbiato?”
Lui sospirò e scosse la testa: “Non sono arrabbiato, lo ero ma non lo sono più”
“Allora dammi un altro bacio, no?” 





Vi prego di non uccidermi ahahah
scusatemi davvero per l'immenso ritardo nell'aggiornare ma ho davvero montagne di compiti e non ho mai tempo per fare nulla!
Allora, sarò davvero molto breve perchè devo scappare. 
Questo capitolo l'ho modificato parecchio. La prima parte non mi convince per nulla ma era essenziale per la storia, mentre la seconda mi piace abbastanza, soprattutto perchè fa capire quando Zayn tenga a lei.
Spero davvero che il capitolo vi sia piaciuto e mi scuso di nuovo per il ritardo!
Inoltre volevo ringraziarvi per le bellissime recensioni e i bellissimi commenti che mi lasciate su ask, davvero, sono fondamentali per me! :)
Un bacio a tutti! Al prossimo aggiornamnto :) 




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Capitolo 19
*** Eighteen - Boy? ***


THE DARK SIDE OF ME.

(EIGHTEEN)
-boy?




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La mattina dopo, Zayn si risvegliò avvolto in un certo tepore.
Sotto le coperte, al caldo, il cielo innevato come panorama e le passate quattordici ore a dormire, si sentiva tranquillo.
Al di là della porta in legno delle voci attutite e dei passi frettolosi lo raggiungevano ovattati.
Alzò debolmente la testa e lanciò una rapida occhiata alla sveglia digitale posta sopra il comodino, anch’esso in legno.
Segnava le 10:30 del 24 dicembre.
Si rese conto che era la Vigilia di Natale.
Quasi non gli parve vero. Ogni anno era solito alzarsi presto alla Vigilia, uscire di casa e andare ad ubriacarsi in qualche bar assieme a Louis o da solo.
E adesso, ritrovarsi in una casa in montagna, assieme ad una famiglia semiperfetta, in un letto che se lo sognava qualche settimana fa, gli sembrava surreale.
Ravviò i capelli disordinati e aguzzò l’udito.
“Mamma!” la voce squillante di Wendy lo raggiunse come una ventata di aria calda.
“Non urlare, Wendy” la rimbeccò la donna.
“Non trovo il mio maglione bianco e sono sicura di averlo messo in valigia” borbottò lei, e Zayn la immaginò sbuffare come era solita fare.
“L’hai messo nella mia perché nella tua c’era già troppa roba!”
Zayn trattenne un sorriso e si alzò a sedere, stiracchiando le braccia.
“Endy!”
“Susan, no!” la voce di Wendy venne coperta da quattro forti colpi alla porta.
Zayn sussultò leggermente mentre cercava la forza di alzarsi dal letto.
Poggiò i piedi scalzi sul pavimento e rimase sorpreso nel sentirlo caldo e non freddo.
“Susan, smettila” altri due colpi alla porta lo obbligarono ad alzarsi.
Si diresse a passo lento verso la porta e l’aprì con calma.
Il viso di Wendy fu la prima cosa che vide. I suoi capelli erano raccolti in una treccia a lato, gli occhi brillavano dietro le lenti degli occhiali spessi e le guance erano più rosee del solito.
Si meravigliò della sua forza. La sera prima era crollata tra le sue braccia e lui l’aveva riportata nel suo letto, aspettando che si addormentasse per bene per tornare nella sua camera. E adesso era davanti a lui con un sorriso raggiante e il cuore più forte di prima. Era la sua roccia.
Tra i due, la più forte era senza dubbio lei.
Poi, la sua attenzione venne attirata da due manine svolazzanti. Abbassò lo sguardo e vide Susan, la sorella di Wendy, che sorrideva entusiasta e saltellava sul posto.
“Ciao” disse, la voce un po’ roca. Accennò un sorriso.
“Spero che non ti abbia svegliato” mormorò Wendy, lievemente imbarazzata. Lui scosse appena la testa e prima che riuscisse a parlare, la mamma di Wendy comparve dalla sua stanza.
Sorrise ad entrambi e si avvicinò, chinandosi per prendere Susan tra le sue braccia.
“Buongiorno Zayn” disse, gioviale.
“Buongiorno” replicò lui, schiarendosi un po’ la voce.
“Andiamo Sus – continuò – lasciamoli un po’ soli”
Wendy arrossì e abbassò lo sguardo mentre Zayn la osservava di sbieco.
La donna si incamminò verso le scale, ma si fermò un attimo prima di scendere il primo scalino.
“Tra una decina di minuti sarà pronta la colazione – li avvisò, sorridendo – cosa preferisci tu, Zayn?”
Zayn rimase per un attimo spiazzato da quella domanda.
“Ehm, quello che c’è va sempre bene”
Lei annuì semplicemente e sparì al piano inferiore.
Quando si voltò verso Wendy, si accorse che stava trattenendo una risata.
“Che c’è?” domandò, confuso.
“Dovresti vedere la tua faccia – spiegò, mordendosi il labbro inferiore – ti ha solo chiesto cosa preferisci per colazione”
Zayn si strinse nelle spalle e non disse nulla. Per lui, era una domanda inusuale.
“Hai dormito bene?” continuò lei, avvicinandosi di un passo. Lui annuì e si portò una mano tra i capelli arruffati.
“Tu?”
Lei abbassò per una frazione di secondo gli occhi, sospirò, e tornò ad osservarlo.
A Zayn bastava.
“Avrei bisogno di uno specchio” cambiò argomento.
Wendy sorrise e gli indicò la porta alla fine del corridoio.
“Avresti bisogno di fare la barba” gli fece notare, inclinando un po’ la testa.
Lui, automaticamente, si portò una mano sulle guance e sentì i peli pungergli la pelle.
“Non ho portato nulla” mormorò.
Lei lo prese per mano e lo accompagnò in bagno. Si richiuse la porta alle spalle e aprì un armadietto bianco appeso al muro. Rovistò per qualche secondo per poi tirare fuori una lametta, della schiuma da barba e una spugnetta.
“Ecco qua”
Zayn la ringraziò con un debole sorriso e aspettò che uscisse, ma lei rimase lì appoggiata al lavello ad osservarlo con un sopracciglio alzato.
“Mio padre mi ha insegnato come si fa” mormorò debolmente, con la voce bassa, quasi inudibile, giocherellando con l’orlo della maglia.
Zayn era abituato a fare tutto da solo, dal cucinare al pulire, ma il coraggio di dire di no a quei due occhioni azzurri sembrava essersi buttato giù dalla finestra.
Si sedette sul bordo della vasca da bagno e le lanciò un’occhiata eloquente.
Lei sorrise e si avvicinò a lui. Immerse la spugnetta nella schiuma da barba mentre si posizionava di fronte a lui.
Zayn aprì le gambe. Afferrò quelle di Wendy con le sue mani grandi e la attrasse a se mentre osservava con attenzione il suo viso diventare di un rosso acceso.
Sorrise appena.
Wendy prese un profondo respiro e avvicinò la spugnetta al viso tranquillo di Zayn. Spalmò la schiuma sulle sue guance, sul mento e sopra il labbro con cautela, poi prese la lametta e cominciò a rasargli la guancia destra, pulendo ad ogni gesto la lametta dalla schiuma.
Zayn tenne gli occhi puntati sul viso concentrato di Wendy.
“Rischio di tagliarti se continui a fissarmi così” mormorò lei d’un tratto, e lui alzò gli occhi al cielo.
“Devi imparare ad essere meno timida” replicò Zayn. Wendy continuò a rasare e quando finì si allontanò un momento per prendere un asciugamano pulito.
“La tua pelle è intatta” tornò da lui e si chinò sul suo viso.
Gli pulì il mento e le guance dai residui di schiuma e lo osservò, soddisfatta.
“Perfetto!” 
“Come sempre”
“Già”
 
Zayn udì due colpi coincisi alla porta in legno.
Bloccò il suo telefono e lo ritirò nella tasca, facendo peso sui gomiti per tirarsi su dal letto.
Il suo cellulare era rimasto silenzioso per tutta la mattinata, non aveva ricevuto né messaggi né chiamate da nessuno, se non da Louis.
Con la testa un po’ annebbiata e l’umore più cupo del solito, si diresse verso la porta socchiusa.
Prima che lui potesse aprirla, questa si aprì da sola e il viso sorridente di una Wendy tutta incappucciata gli illuminò di poco il viso.
“Ha nevicato tutta notte!” esclamò entrando nella stanza con il giubbotto chiuso fino alla fine e una sciarpa pesante avvolta attorno al collo.
Zayn alzò le spalle.
“Cosa significa? – mormorò lei, fintamente scioccata – Zayn la neve è la cosa più bella che questo mondo potesse regalarci. Quindi prendi una giacca, un paio di guanti, un sorriso e seguimi!”
Con il suo solito entusiasmo che sembrava sempre quasi troppo esagerato per essere vero, gli prese una mano e lo guidò fino alla sedia dove appallottolato malamente c’era il suo cappotto nero.
Zayn sbuffò e se lo infilò con lentezza, cercando di evitare quei due occhi azzurri che lo fissavano sempre, entrandogli dentro e leggendo anche ciò che lui non voleva far trasparire.
“E’ successo qualcosa?” domandò, mentre si incamminavano verso l’uscita e si richiudevano la porta della camera alle spalle.
Zayn scosse la testa mentre il telefono nella sua tasca rimaneva sempre miserabilmente silenzioso.
Come se lei avesse capito, intrecciò le loro mani e gli sorrise rassicurante.
“Te li faranno gli auguri, Zayn – disse convinta – sono solo le due del pomeriggio”
 
 
 
Dopo aver riacquistato il posto in treno che aveva ceduto ad un’anziana signora, Wendy si risedette di fronte ad uno Zayn completamente concentrato a fissare ostinatamente il panorama di fuori.
Non parlava e non la guardava da circa un’ora, troppo perso in una realtà così lontana a cui lei non riusciva ad arrivare.
Wendy avrebbe voluto amarlo di più – se questo fosse stato possibile – ma non sapeva in che altro modo aiutarlo a fargli passare un buon Natale.
Sembrava tanto assente da non sembrare nemmeno lì, su quel treno diretto in città.
L’unica cosa che faceva regolarmente – ogni tre o quattro minuti – era girare distrattamente lo schermo del cellulare per controllare che non ci fossero nuovi messaggi o chiamate.
Wendy allungò una gamba e la intrecciò con la sua, ma lui rimase ancora fisso fuori.
Probabilmente il suo pensiero era rivolto alla sorella.
Wendy non poteva sapere che cosa succedesse in quella casa durante le vacanze. A giudicare dal comportamento di Zayn, non dovevano essere cose felici.
Le vennero i brividi.
Credeva di essere riuscita a farlo aprire un po’ di più, ma in realtà, tutti i suoi sforzi si sgretolavano di fronte al ricordo della sua famiglia.
Wendy doveva fare di più, molto di più.
Mentre lo osservava, pensò a tutto ciò che avrebbe potuto fare per fagli assaporare quell’emozione che, probabilmente aveva provato poche volte nella sua vita.
Wendy doveva renderlo felice, e in qualche modo ci sarebbe riuscita, anche a costo di rimanerme scottata, anche a costo di perderci anni.
Zayn girò lo schermo del telefono ed osservò la schermata vuota e silenziosa.
Aspettò qualche secondo e, nel momento in cui bloccava lo schermo, il display si illuminò.
Il nome di Wendy lo confuse per un attimo.
Aprì il messaggio e lesse la parola “sorridi” con il labiale.
Alzò lo sguardo e la vide davanti a lei con quel suo sorrio perenne e quella voglia di vivere impressa sul volto.
“Ciao”
Zayn si calmò.
 
 
 
Il calore di quella casa e di quella famiglia era un qualcosa che Zayn non aveva mai percepito nei suoi diciannove anni. Non aveva fatto in tempo ad entrare in casa che la madre di Wendy le era comparsa davanti con una tazza di cioccolata calda e mille domande da fare.
Zayn si era congedato in fretta e con la scusa di dover fare una doccia si era rintanato in camera di fronte ad un foglio bianco e ad una matita temperata.
E adesso quel foglio bianco era macchiato di righe calcate, spesse, senza una logica precisa.
Era solo rabbia, quella che scaturiva da quel disegno astratto.
Rabbia, delusione e paura.
Zayn era indeciso se strapparlo o infilarlo in mezzo ai mille altri disegni senza senso che rappresentavano la sua vita.
Lo lasciò lì e si alzò in piedi mentre sfregava il palmo della mano sporco di grigio sul tessuto dei suoi pantaloni.
E mentre si spogliava e si dirigeva verso il bagno, il suo cellulare squillava ma nessuno rispondeva.
 
 
 
 
Wendy si pulì una macchia di cioccolata dalla bocca con un fazzolettino di carta e si alzò in piedi.
“Vado a vedere se ha finito” disse semplicemente mentre dava un bacio veloce sulla guancia di sua sorella e usciva dalla cucina.
Salì le scale canticchiando un motivetto natalizio e non appena raggiunse il secondo piano sentì in lontananza lo scroscio dell’acqua della doccia.
Decise di non disturbarlo perché dopo una giornata del genere, una doccia calda avrebbe potuto soltanto che fargli bene. Andò ad aspettarlo in camera sua, seduta sul letto bordeaux e le pareti in legno.
Wendy appoggiò la schiena alla testata del letto, chiuse gli occhi e aprì l’udito.
L’unico rumore che sentiva era quello dell’acqua e la risata quasi inudibile di sua sorella.
Continuò a pensare, e a ripensare a come avrebbe potuto aiutarlo.
C’era anche il problema della scuola che lei non sapeva come poter risolvere, e della sua famiglia. Di Safaa, di suo padre, di sua madre. Di una casa dove poter vivere.
Sospirò affranta.
Si sentiva inutile e impotente, incapace di aiutare il suo ragazzo – ragazzo?
La suoneria di un telefono non le diede il tempo di ragionare su quell’ultimo pensiero.
Si tirò su dal letto e si avvicinò alla scrivania.
Il telefono di Zayn stava squillando e l’acqua della doccia era ancora in funzione.
La voce “Casa” lampeggiava sullo schermo.
Wendy avrebbe potuto rispondere o lasciar perdere.
Afferrò l’aggeggio e con mani un po’ sudate, premette sul verde.
Non ebbe il tempo di rispondere che il nome di Zayn venne ripetuto due volte dalla voce spaventata, persa e bagnata di una ragazzina.
Il cuore di Wendy cadde giù e finì in una morsa. Le sue gambe vacillarono e si sentì male al solo pensiero di ciò che la sua mente aveva appena pensato.
“Safaa?”







Buonasera a tutti :)
Non ci credo che ho aggiornato!
Allora, dato il mio ritardo stratosferico inizio subito questo spazio autore con lo scusarmi con tutti voi! Mi dispiace davvero molto, ma credetemi se vi dico che non ho davvero tempo per mettermi davanti ad un computer e buttare giù un capitolo decente. Il fatto è che a questa storia ci tengo davvero molto e per me non è semplice scrivere un qualcosa che mi soddisfi pienamente.
Oggi mi sono messa lì, e finalmente sono riuscita a sfornare questo benedetto capitolo 18 che mi ha fatto penare fino alla fine!
Sono abbastanza soddisfatta del risultato, e mi scuso se non è ciò che stavate aspettando.
Allora, ho un po' di cose da dirvi.
Ovviamente, come avete potuto capire dalle ultime righe, la situazione è precipitata di nuovo e Zayn si trova ancora in bilico.
I prossimi capitoli si incentreranno completamente su Zayn, sulla sua famiglia e sulla sua fragilità.
Il 19 ancora non l'ho scritto, ma so più o meno come impostarlo, quindi cercherò di impegnarmi e di postarlo il più presto possibile.
Inoltre volevo avvisarvi che alla fine della storia mancheranno si e no quattro o cinque capitoli (arrotondando) e che giuro che darò il massimo per tenere ancora alto il livello di questa ff e di non farla cadere nel ridicolo.
Volevo ringraziarvi davvero di cuore per le meravigliose recensioni allo scorso capitolo! Davvero, non potete capire quanto mi abbiate resa felice!
Mi riempie sempre il cuore di gioia sapere che la storia vi piace e vi appassiona così tanto perchè ci tengo così tanto che a volte non mi sembra mai di dare il massimo.
Sicuro mi sto dimenticando qualcosa ma spero di avervi detto le cose più importanti.
Ah si, alla fine di questa storia ne posterò un'altra (se ce la faccio) che avrà Harry come protagonista!
Spero davvero che il capitolo vi sia piaciuto, e vi ringrazio ancora di cuore :)
Un bacio a tutti :)




 
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Capitolo 20
*** Nineteen - Portrait ***


THE DARK SIDE OF ME.

(NINETEEN)
-portrait




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Con le gambe tese, il respiro irregolare e gli occhi fissi sui capelli biondi di Susan, Wendy sedeva scomposta sul divano del soggiorno.
Sua madre le stava accanto, accarezzandole dolcemente la schiena e rimanendo in silenzio perché le parole in quel momento non sarebbero servite.
La nonna era in cucina a preparare una qualche disgustosa tisana alle erbe che lei sarebbe stata costretta a bere, mentre sua sorella giaceva tranquilla sul tappeto, tra le mani una bambola nuova.
L’orologio segnava le nove di sera.
Wendy aspettava con il cellulare poggiato sulle gambe e il viso devastato.
Sua nonna le passò davanti, si chinò e le mise tra le mani una tazza calda. Lei non riuscì a ringraziare, la voce era ancora spenta e la bocca impastata di paura.
“Tesoro, – sua madre le sorrise affettuosamente, nascondendo la preoccupazione dietro una facciata neutra – andrà tutto bene. Dagli il tempo di tornare a casa e controllare la situazione e poi ti chiamerà!”
Sua madre non sapeva.
Wendy chiuse gli occhi e trattenne le lacrime solo perché Susan la stava osservando.
Sua madre non sapeva, loro non sapevano!
Solo lei poteva capire, solo lei era l’unica a comprendere fino in fondo.
Non l’avrebbe chiamata e lei sarebbe morta di preoccupazione.
Non l’avrebbe chiamata e lei non avrebbe saputo come stava! Non avrebbe saputo come stava Zayn, il suo Zayn e al solo pensiero si sentiva mancare l’aria.
Strinse tra le mani l’inalatore e respinse la voce infuriata di Zayn, i suoi occhi preoccupati, il suo respiro agitato e la sua schiena che gli voltava le spalle.
Si sentì devastata.
 
 
 
 
Wendy sentì altri due respiri e poi più nulla.
Rimase con il telefono di Zayn tra le mani e un buco proprio in mezzo al torace.
“Wendy?”
Solo in quel momento, si rese conto di non sentire più lo scroscio dell’acqua e di avere Zayn a due passi. Strinse i pugni e faticò a voltarsi mantenendo il controllo.
“Che succede?”
Wendy si schiarì debolmente la voce e lentamente riacquistò un po’ di autocontrollo.
“Credevo ti mancasse ancora un po’ – mormorò, osservando il suo viso trasformarsi dal dubbioso al perplesso – e il tuo telefono stava squillando, allora ho risposto”
Bastarono quelle poche parole, la reazione iniziale di Wendy e la preoccupazione che stava serbando da tutto il giorno, per farlo avanzare automaticamente di qualche passo e afferrare il cellulare dalle mani tremanti di Wendy.
“Chi era?” domandò mentre con l’indice controllava la lista delle chiamate recenti.
Wendy si morse l’interno della guancia: “Tua sorella”
Lui alzò gli occhi di scatto e con lo sguardo le intimò di spiegarsi meglio, di parlare, di non lasciarlo così sulle spine perché alla fine non se lo meritava.
“Zayn non voglio farti preoccupare, - cominciò ma lui aveva già le palpitazioni – ha ripetuto il tuo nome due volte e sembrava stesse piangendo”
I muscoli di Zayn si mossero automaticamente verso il cassettone riempito di quei pochi vestiti che si era portato dietro. Lo aprì con una foga tale da scardinarlo quasi, e con altrettanta velocità tirò fuori un maglione che si infilò e poi il resto dei vestiti che finirono buttati alla rinfusa nel borsone appoggiato ai piedi del letto.
Wendy lo osservava, inerme e bloccata.
Zayn afferrò la giacca nera in pelle, le chiavi dell’auto e il borsone chiuso malamente. Sembrava essersi dimenticato che, a pochi passi da lui, c’era la ragazza a cui aveva permesso di entrare e distruggere ogni barriera. Aveva davanti il viso di sua sorella che in quel momento era la sua unica priorità.
“Zayn” bisbigliò lei, fin troppo cosciente del fatto che non avrebbe potuto fare nulla per fargli cambiare idea.
Lui parve spaesato per un attimo; si voltò verso di lei e il suo viso segnato dalla paura le fece tremare le gambe.
“Devo andare” disse pratico, riacquistando quel poco di contegno che gli rimaneva in corpo.
Lei fece un passo verso di lui, allungando una mano.
Inaspettatamente, lui arretrò, sottraendosi al suo tocco.
“Andrà tutto bene”
Lui annuì una sola volta.
“Solo non... fare sciocchezze”
“Farò ciò che è necessario” replicò, e il tono brusco e quasi aggressivo che usò fu un colpo al cuore. Non poteva perderlo di nuovo, non adesso che l’aveva trovato.
“Farai ciò che è giusto – ribattè – Safaa non ha bisogno di altro dolore”
Wendy lo vide stringere i pugni e serrare la mascella.
Sentì perfino la rabbia che gli fluiva nelle vene.
“Sta zitta”
Wendy si fece coraggio: “Zayn – lo riprese – usa la testa per una volta, e metti in primo piano tua sorella”
Mancava solo che aggravasse la situazione con suo padre, e l’avrebbe perso del tutto e per sempre. Non poteva permetterlo, non adesso che era diventato così importante.
Zayn fece un passo avanti, fronteggiandola con l’espressione che – Wendy ricordava così bene – aveva le prime volte che si erano visti.
“Non dirmi cosa devo fare con mia sorella – sibilò – non osare! So io come prendermi cura di lei, l’ho sempre fatto. Mi stai facendo solo perdere tempo”
Wendy vide andare via le due persone che amava con cuore e anima: lo Zayn scontroso che aveva aiutato a rendere migliore e il ragazzo che era riuscita a conoscere e a far sorridere. Il secondo però, era un addio vero e proprio.
No, non l’avrebbe permesso.
Aveva faticato così tanto per allontanare Zayn dai fantasmi della sua famiglia, e adesso che erano tornati non l’avrebbe lasciato solo. Non avrebbe rinunciato, con lui mai.
Si lasciò cadere sulla sedia e poggiò la testa tra le mani mentre sentiva le voci di sua madre e sua nonna e lo sbattere della porta principale.
La macchina che si accendeva, la sgommata che lo allontanava da lei e il suo cuore precipitare.
Alzò lo sguardo bagnato di lacrime e aspettò che le tornasse quel respiro che le era mancato.
Fece due profondi respiri e solo quando vide quei fogli sparpagliati sulla scrivania senza un ordine preciso e quella matita consumata l’unica cosa che riuscì a fare fu quella di aprire il quaderno e sfogliare.
Vide diversi disegni, ognuno unico nel suo genere.
Ritratti, paesaggi, disegni astratti e anche solo righe tracciate con rabbia e foga.
Con quei disegni, capì Zayn. Capì il suo dolore, la sua paura, la sua solitudine. Riuscì ad entrare nella sua mente e a vederlo sotto una prospettiva diversa.
Wendy trattenne il fiato e il sangue le si gelò nelle vene.
Dietro l’ultima pagina del quaderno, una busta bianca con la scritta “per Wendy” scarabocchiata sopra, le fece ripartire il battito cardiaco.
La prese con mani tremanti e l’aprì.
Lacrime calde le caddero sulle guance e un mezzo sorriso le adornò il viso.
Disegnato con un carboncino dalle diverse tonalità di grigio, il suo viso sorridente e i suoi occhi chiari le ricambiarono lo sguardo. Si asciugò le guance bagnate e si portò una mano sulla bocca. Quel ritratto, per lei, significava moltissimo.
Zayn aveva messo da parte la sua scontrosità e, attraverso ciò che lo rendeva più felice, l'aveva resa felice a sua volta.
In alto a destra, attaccata con una graffetta, c’era la foto da cui il disegno era tratto.
Wendy strinse la carta e sorrise.
Lo amò più di prima.
 
 
 
 
 
Erano le undici e Wendy avrebbe saputo dire anche da quanti secondi erano le undici.
Il suo sguardo era fisso sullo schermo del suo telefono e non lo spostava neanche se fosse stato necessario.
Era seduta sul dondolo della veranda, a coprirla una coperta pesante e un pigiama in pail.
Il freddo di quella notte non la scalfiva più di tanto talmente era rintontita e completamente spaesata. Erano stati così bene fino a quel pomeriggio. Avevano fatto così tanti progressi, così tanti passi avanti.
E adesso lui era tornato indietro e adesso lei aveva perso un’altra persona.
Ma lui c’era ancora, lui era reale.
Doveva combattere, doveva farsi forza ed essere forte per entrambi.
Sbloccò lo schermo.
Con movimenti automatici digitò quel numero che conosceva a memoria e si portò la cornetta vicino all’orecchio.
Voce ferma e compostezza, non poteva permettersi di crollare, Zayn non ne aveva bisogno.
Suonò a vuoto per almeno una decina di secondi, il tu di sottofondo era straziante.
Poi, al settimo, Wendy sentì qualcosa.
Zayn aveva accettato la chiamata ma non parlava.
Wendy chiuse gli occhi e abbassò la testa.
Rimasero in silenzio per qualche attimo, fino a quando lei non seppe più sopportare i respiri di Zayn carichi di tensione.
“Ciao”
Si schiarì la voce, un po’ a disagio un po’ triste.
Lui continuò a rimanere in silenzio facendole immaginare chissà quale tipo di tragedia.
“So che non ti va di parlare ma Zayn ti prego, ho bisogno di sapere che non è successo nulla di grave” la sua voce era impregnata di paura, preoccupazione e disperazione.
Era sull’orlo delle lacrime anche se non sapeva nemmeno lei perché piangeva.
Il problema era che, volente o nolente, Zayn era così. Pieno di problemi e incertezze che lei avrebbe potuto alleviare ma mai eliminare del tutto.
Sarebbero stati sempre in bilico; lei sarebbe riuscita a sopportare quella continua sensazione di precarietà?
Era abbastanza forte da sostenere entrambi? O da sopportare di perdere qualcun altro di così importante?
“Zayn tu non... non capisci proprio – proruppe carica di amarezza – non capisci che con me non devi avere paura. Con me puoi essere te stesso senza avere paura di essere giudicato. Con me puoi lasciarti andare perché credimi quando ti dico che non ti lascerei mai, che non ti farei mai del male. Con me non ti scotterai, te lo prometto. Non farò mai nulla che possa farti del male, mai. E sai perché, Zayn? Lo sai? – la voce le si spezzò mentre gli occhi le si riempivano di lacrime salate – perché sei tanto importante da innescarmi paura anche solo al pensiero di poterti lasciare, perché quello che io provo per te adesso non potrà mai cambiare. Perché sei tutto ciò che non cercherei mai in un ragazzo eppure sei tu che ho scelto. Con me sei al sicuro perché ti prometto che non sarò mai come i fantasmi del tuo passato. Io sono il presente e tu non devi avere paura. Non ti lascerò da solo”
Strinse i lembi della coperta con la mano destra, mentre gli occhi le bruciavano da star male.
“Ti amo, Zayn ed è perché ti amo che ho bisogno di sapere che stai bene ogni secondo della tua vita. L’idea di vederti soffrire ancora a causa del tuo passato mi uccide dentro. Sei ciò che più mi fa bene ed è assurdo che io te lo stia dicendo per telefono invece che faccia a faccia”
Chiuse la chiamata e gettò il telefono sul pavimento in legno. Vide due crepe formarsi sullo schermo ma l’unica cosa che le importava in quel momento erano i mille motivi per cui amava Zayn.
Gli aveva detto “ti amo” in una stupidissima telefonata quando per anni si era immaginata di dire quelle due parole così importanti in modi totalmente differenti.
E lui non aveva avuto modo di replicare, ma l’avrebbe fatto?
Era pronto a esporsi così tanto?
Wendy conosceva la risposta e per questo voleva piangere ancora di più.
Che cosa poteva farci se lo amava tanto che quasi le mancava il respiro?
E lui non era lì.
Con lei.
Pianse.






Buonasera a tutti :))
Sono stata abbastanza puntuale questa volta, o no?
Allora, ho un po' di cose da dirvi e poco tempo per farlo. Come avrete notato, questo capitolo non è lungo come al solito ma è anche fin troppo intenso ahahah
Da adesso fino alla fine, i capitoli saranno più corti del solito ma belli potenti ahahah
Spero davvero che questo vi sia piaciuto perchè finalmente Wendy ha rivelato i suoi sentimenti per Zayn anche se non gli ha dato modo di replicare (ma secondo voi, l'avrebbe fatto?). 
Il ritratto per Wendy gliel'avrebbe dovuto dare Zayn di persona perchè era il suo regalo di Natale ma alla fine ho deciso che l'avrebbe trovato lei per caso :)
In questi giorni ho pensato un po' a questa storia e a tutte le cose che avrei voluto inserirci ma che non ho messo per paura di annoiarvi ecc... quindi, visto che non volevo che la storia avesse mille mila capitoli, ho deciso di scrivere un sequel di dieci capitoli (o giù di lì) che racconta le vite dei nostri due protagonisti dopo le superiori. 
Sarà quindi una long in cui il loro rapporto si solidificherà ancora di più perchè Wendy e Zayn saranno più grandi e quindi più maturi.
Iiiiinoltre, sto scrivendo altre due storie che spero di postare presto :)))
Nel prossimo capitolo conoscerete meglio Safaa e scoprirete cosa succederà tra Zayn e sua madre :)
Volevo ringraziarvi di nuovo per tutto il supporto che mi state dando! E' fondamentale per me :)
Inoltre volevo ringraziare la ragazza che su ask mi ha postato il banner che ha creato per questa storia! Grazie di cuore, davvero!
Purtroppo ho deciso di non usarlo perchè la storia è quasi alla fine, quindi ho preferito continuare a lasciare delle foto e basta :) ma sappi che ho apprezzato tantissimo il tuo gesto!
Un bacio! :)




 
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Capitolo 21
*** Twenty - Ma tu mi vuoi? ***


THE DARK SIDE OF ME.

(TWENTY)
-ma tu mi vuoi?




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Louis aveva appena salutato sua zia Molly quando il messaggio coinciso e pratico di Zayn gli aveva fatto vibrare i pantaloni della tuta.
“Problemi in famiglia. Sta con Wendy”
Erano state le prime tre parole a farlo alzare e rinunciare al dolce di sua madre che, urlando, aveva cercato di fermarlo a tutti i costi perché non avevano mai passato un Natale divisi.
Ma Louis sapeva che Zayn non gli avrebbe mai scritto se quei “problemi in famiglia” non fossero stati tanto preoccupanti. E comunque di Natali ce n’erano a non finire.
Il suo migliore amico aveva bisogno di lui e di certo non si sarebbe tirato indietro.
Accese il motore dell’auto e con l’indice scorse la rubrica.
Premette il tasto verde e poi il vivavoce e cominciò a guidare.
La voce impastata di Wendy rispose con un “pronto” quasi inudibile.
“Dammi il nome della città e la tua via. Un’ora e sono da te”
 
 
 
 
 
Wendy era fuori dalla porta in legno e l’unico rumore che riusciva a sentire erano i battiti accelerati del suo cuore. Louis l’aveva lasciata lì dopo le sue mille suppliche e i suoi “Non mi importa se Zayn ti farà fuori, io ho bisogno di vederlo”.
L’ultima volta che era stata in quella casa, aveva quasi rischiato che il padre di Zayn le mettesse le mani addosso.
Sospirando pesantemente, si fece coraggio e bussò due colpi deboli, quasi inesistenti.
Dei passi frettolosi le giunsero dall’appartamento.
Qualche secondo dopo, il viso stanco di Safaa le comparve di fronte.
Sorrise: “Ciao”
Lei la osservò per qualche secondo come se stesse cercando di capire se era o non era lei.
“Ciao”
Wendy ebbe quasi paura di chiederle come stava, così rimase in silenzio. Le porse un sacchettino rosso che lei osservò con un cipiglio perplesso.
“Buon Natale” mormorò mentre Safaa prendeva quel sacchetto con due mani quasi tremanti e un’espressione un po’ perplessa e un po’ persa.
“E’ per me?”
“Certo! Spero ti piaccia” le sorrise.
Doveva essere forte anche per lei?
“Posso... posso entrare?”
Safaa annuì, ancora profondamente sorpresa da quel gesto così gentile a cui lei, evidentemente, non era affatto abituata. Le fece spazio mentre osservava il suo regalo con desiderio.
Wendy non sapeva cosa fare o dire. Avrebbe voluto chiederle dove fosse Zayn, ma non le pareva il caso di essere così diretta. In realtà, avrebbe voluto farle mille domande che riguardavano lui, lei e la loro famiglia, ma si morse la lingua ed entrò in casa.
“Sei da sola?”
“Si”
“Ti hanno lasciata da sola?”
“Per forza – mormorò, sedendosi sul divano – mamma è andata a farsi controllare l’occhio mentre Zayn è andato da papà. A nessuno dei due sembrava il caso di portarmi”
Wendy racimolò quelle poche informazioni e cercò di sviare l’attenzione. Si guardò intorno e notò che quel salotto era uguale all’ultima volta che era stata lì. L’unica cosa che lasciava intendere che fosse Natale era un piccolo alberello, alto più o meno quanto Susan, appoggiato su un tavolino in un angolo, quasi l’avessero dimenticato i vecchi proprietari della casa.
“Beh, non apri il regalo?”
Safaa si sedette più composta e afferrò il sacchetto.
“Non dovevi” mormorò, guardandola dal basso.
Wendy le sorrise e le sedette accanto.
“Eccome se dovevo – replicò – piuttosto, spero che ti piaccia!”
Safaa le sorrise riconoscente e Wendy vide in lei tanto di suo fratello. Sentì il bisogno di consolarla e abbracciarla, farle dimenticare ciò che aveva passato in quegli anni di vita ma si sentiva inutile perché il dolore che avevano sopportato era troppo grande anche per le sue cure.
Mentre Safaa scartava il suo regalo, Wendy cercò di capire cosa potesse essere successo il giorno prima.
Probabilmente,quello che succedeva sempre.
Il problema era che, questa volta, non c’era stato Zayn su cui sfogare la proprio rabbia e frustrazione.
“E’ bellissimo!” la voce gioiosa di Safaa la riportò alla realtà.
La piccola si alzò in piedi e si posò il vestito bordeaux in velluto sulle spalle. I suoi occhi brillavano di felicità e il cuore di Wendy si riempì di gioia.
“Spero che sia della tua taglia – disse, sorridendole – il colore è perfetto per te”
Safaa annuì e, in uno slancio di affetto, l’abbracciò.
Nell’esatto istante in cui Wendy scoppiava in una risata spontanea, la porta di casa si aprì e le voci sommesse di una donna e di un ragazzo attirarono la loro attenzione.
La madre dei due entrò e a malapena vide sua figlia che per una volta sorrideva. Era troppo occupata a inveire contro  Zayn.
Lui varcò la soglia con quelle spalle ricurve che Wendy era riuscita a far tornare un po’ dritte e quel viso cupo che Wendy aveva cercato di rischiarare.
La vide e si zittì.
“Non provare a dirmi che è stata colpa mia, Zayn! Tu hai peggiorato la situazione nell’esatto momento in cui hai deciso di andartene da qui! Tuo padre ha avuto una vita difficile e non è stato facile per noi come famiglia! Sei stato tu che con i tuoi atteggiamenti così rozzi e ribelli hai peggiorato ogni cosa!”
La donna aveva gli occhi lucidi e la voce a pezzi. Wendy vide un grosso livido blu vicino all’occhio destro e un taglio sul sopracciglio.
Le vennero i brividi.
Zayn gettò sul tavolo un plico di fogli e si voltò bruscamente verso la sorella, ignorando la presenza di Wendy.
“Che cos’è quello?” sbottò, indicando il vestito rosso che Safaa teneva ancora in mano.
Tutta la felicità che aveva adornato il suo viso qualche minuto prima, scomparve in un attimo.
“Un regalo”
Zayn avanzò di qualche passo.
“Non dovevi farle alcun regalo” ribatté, seccato, rivolgendosi – finalmente - a Wendy.
Lei si alzò dal divano.
“Chi è questa?”
La loro madre comparve dalla cucina e sembrò accorgersi della presenza di Wendy solo in quel momento.
“Wendy – rispose Zayn – se ne stava andando”
 “In realtà – disse schiarendosi la voce – vorrei parlarti”
La donna, che fino a quel momento l’aveva osservata con un cipiglio severo, scoppiò in una risata incolore e la indicò con l’indice.
“Tu! Ma almeno hai la più pallida idea di quale sia la nostra situazione? – sbottò, seccata – vieni qui, in casa mia, e pretendi di parlare con mio figlio in un momento del genere?”
Wendy non seppe bene come rispondere. Rimase in silenzio, osservando prima Zayn, poi la donna alle sue spalle e infine le sue mani unite.
Aveva appena urlato a suo figlio le peggio cose, e adesso veniva a dirle che l’egoista era lei.
“Ho detto di andare, Wendy” continuò Zayn, osservandola duramente.
Si fece coraggio: “E’ importante”
“Vuoi un invito formale oppure esci da sola?” continuò la donna.
“Zayn”
“Basta!”
La voce decisa e carica di frustrazione di Zayn riempì la stanza. Wendy fu l’unica a sussultare per quella reazione improvvisa, le altre due invece rimasero immobili, probabilmente fin troppo abituate a quegli scatti improvvisi.
“Basta! Non ho bisogno delle tue parole o dei tuoi cazzo di insulti! Sono tornato indietro per Safaa e per portarla via da questa merda di casa che poi casa non si può nemmeno definire! Ho guidato per due ore per venire qui, vedere mia madre con un occhio nero e ricevere insulti per aver lasciato questo posto quando in realtà sono stato mandato fuori a calci! Sono stanco di sentire che continui a difendere quell’animale che ti ritrovi come marito, persino dopo che lui ti ha fatto questo! Che ti ha picchiato davanti a una bambina. Sono stanco di non essere mai difeso da nessuno. Fino ad adesso non ho mai detto niente perché finché ero io ad essere picchiato a sangue, andava anche bene, l’importante è che non toccava voi due. Non riesco nemmeno a sopportare l’idea che ai tuoi occhi il cattivo sia ancora io, tuo figlio!”
Wendy sentì le gambe tremare quando vide che gli occhi di Zayn erano lucidi e che la sua voce era lievemente incrinata. Le venne la pelle d’oca.
Con uno scatto improvviso che le fece gelare il sangue nelle venne, Zayn afferrò il primo oggetto che si trovò di fianco – una piccola cornice che ritraeva sua madre e suo padre – e la scaraventò contro la parete di fronte.
Wendy si coprì le orecchie con le mani mentre Safaa indietreggiava di qualche passo.
La parete di cartongesso si scheggiò e il vetro della cornice esplose in mille piccoli pezzi.
“Sono tuo figlio! Tuo figlio! – la disperazione impregnava le sue parole - Dovresti difendermi a prescindere, qualunque cosa io faccia!”
Sua madre scoppiò a piangere e le gambe le tremarono violentemente. Zayn avanzò di qualche passo, probabilmente con l’intenzione di sorreggerla, ma in quel momento sembrò volerla attaccare.
Lei arretrò ed andò a sbattere contro l’angolo del tavolo in legno.
“Zayn” biascicò Wendy, facendo un passo avanti, un passo verso di lui.
“So di essere stato un disastro, - continuò guardando la donna dritta negli occhi - di non aver mai portato a casa una bella pagella o qualche soldo per pagare le bollette. So di avervi fatto cambiare casa contro la vostra volontà e di essermi guadagnato l’immagine del pezzente della famiglia, ma non ti ho mai mancato di rispetto mamma. Non come ha fatto lui! Per tutti questi anni mi sono detto che forse avevi paura, che forse non riuscivi a reagire perché papà ti terrorizzava, ma anche io lo ero! Sono tuo figlio eppure mi hai sbattuto fuori casa come un animale senza renderti conto che l’animale ti si infilava nelle mutande!”
Lo schiaffo che ne seguì rimbombò nella stanza più e più volte.
Wendy assistette alla scena con la testa che pulsava e le immagini al rallentatore. Sentì Safaa scoppiare a piangere, sua madre sbattersi la porta della camera alle spalle e Zayn scomparire fuori dall’appartamento con una velocità che le fece un male cane.
Era pietrificata e voleva piangere fino ad esaurire le lacrime e la forza ma non era tanto egoista da farlo.
Le venne automatico inginocchiarsi davanti alla bambine e abbracciarla, tenerla stretta, trasferirle un po’ di calore.
Rimase con lei mentre la scena di Zayn che se ne andava le passava davanti agli occhi ancora, ancora e ancora.
 
 
 
 
Erano le sette di sera e Wendy era sdraiata sul divano di casa sua con il cellulare accanto a se e la televisione accesa ma muta.
Aveva lasciato Safaa qualche ora fa, parlato al telefono con sua madre esattamente venti minuti prima e perso la forza di stare seduta composta.
Teresa e Susan sarebbero tornate a casa la mattina seguente perché lei aveva cercato di raccontare il minimo indispensabile ma alla fine non era riuscita a nascondere la sua voce spezzata. L’ultima cosa che voleva era far preoccupare sua madre ma non ce l’aveva fatta a fingere, non con lei.
Harry continuava a mandarle messaggi e Lola la chiamava da più di un’ora. Wendy sapeva che entro una decina di minuti si sarebbero rassegnati e avrebbero aspettato che fosse lei a chiamarli.
E intanto Zayn non c’era.
Non sapeva dov’era, cosa stava facendo e con chi era e lei non lo sopportava.
Come diavolo avrebbe fatto adesso? Come?
Lui era entrato nella sua vita e l’aveva capovolta completamente e adesso come avrebbe fatto?
Se non fosse tornato da lei, lei come avrebbe fatto? Il solo pensiero di poterlo perdere le apriva un varco nello stomaco e le faceva perdere il respiro.
Fin da piccola sua nonna le diceva che aveva il grande difetto o pregio di affezionarsi troppo alle persone e di dare l’anima e il cuore. Ma era colpa sua?
E poi Zayn ne aveva bisogno... e anche lei.
Chiuse gli occhi: voleva solo dormire.
Sonnecchiò per quelli che le parvero minuti. O ore? O giorni?
Quando aprì gli occhi sentì che qualcuno bussava alla porta e lei non aveva alcuna intenzione di aprire. Che fossero Harry, Lola, Niall, Liam, sua madre o Susan non le importava. Li avrebbe fatti preoccupare ma lei in quel momento non aveva la forza di alzarsi e fingere di stare bene.
E intanto continuavano a bussare e Wendy si coprì gli occhi con il braccio.
“Wendy”
La voce impastata e rauca di Zayn le fece aprire gli occhi di scatto. Fu in piedi in un secondo e davanti alla porta in due.
Dal vetro opaco riusciva a intravedere la figura alta di Zayn.
Aprì la porta e sentì un groppo in gola.
“Sei qui” sussurrò appena trattenendo a stento le lacrime.
Lui la fissò per minuti che le parvero infiniti fino a quando non varcò la soglia con passo deciso, afferrandole il viso con entrambe le mani fredde. Non le diede nemmeno il tempo di capire che cosa stesse succedendo; riuscì soltanto a sentire il rumore della porta che si chiudeva, l’odore di vodka e la sua pelle fredda a contatto con le sue guance.
Con forza, disperazione e possessività fece scontrare le loro labbra. Si appropriò di un bacio che non aveva nulla di loro ma solo di dolore e di rabbia.
Wendy cercò di staccarsi e di allontanarlo ma lui non glielo permise.
La fece arretrare fino a che la sua schiena non si scontrò con la parete e allora lui le sfiorò il collo con le dita fredde. Wendy sentì il respiro mancare.
“Zayn” biascicò nel tentativo di fermarlo da ciò che stava facendo e che stava per fare perché lui non era così. Lei lo sapeva.
“Zayn, per favore”
Gli premette le mani sul petto cercando di fare pressione ma il peso di Zayn era troppo per lei.
Continuò a baciarla e a far vagare le mani sul suo corpo. Le bloccò sulla schiena, poco più su dall’orlo dei pantaloni, e con decisione premette il suo bacino contro il suo.
La baciò di nuovo.
Wendy voleva fermarlo a tutti i costi perché quello che stava facendo non era vero ma spinto da un bisogno disperato di uno sfogo.
“Zayn... basta – voltò il viso – basta, smettila”
Lui continuò a toccarla con più foga, lasciandole baci umidi sul collo e sulla spalla.
Quando Wendy lo sentì sfiorarle l’orlo della maglia nel tentativo di toglierla, raccolse il suo coraggio e lo spintonò via, risistemandosi alla bell’e meglio.
Lo fissò con disapprovazione mentre lui si portava le mani tra i capelli e scuoteva la testa. Wendy spalancò gli occhi per quanto disperato le sembrò quel gesto. Cercò di parlare ma lui alzò un dito e le intimò di fare silenzio.
“Hai sentito mia madre? – mormorò debolmente – l’hai sentita? Mi ha rifiutato”
Wendy lo guardò.
“E adesso tu stai facendo la stessa cosa – ammise – Non mi vuoi, Wendy?” fece qualche passo avanti, guardandola con uno sguardo indecifrabile che lei non gli aveva mai visto addosso.
“Nessuno mi vuole ma tu mi vuoi?”
Wendy avrebbe voluto annuire ma aveva i muscoli congelati.
Lui si posizionò ad un centimetro esatto da lei. Il viso lievemente inclinato per vederla meglio e il viso devastato ma bello come sempre.
“Mi hai detto di amarmi – sussurrò – non ti credo”
Wendy socchiuse gli occhi.
“Credimi”
“Non ci riesco”
“Credimi – mormorò – io ti amo e ti voglio”
Zayn chiuse gli occhi, si voltò, fece qualche passo e – Wendy si sentì morire – crollò in ginocchio.
Le sue spalle si incurvarono, la testa cadde tra le mani grandi e la schiena cominciò ad abbassarsi e alzarsi con prepotenza.
Wendy rimase immobile per cinque secondi esatti finchè non realizzò che Zayn aveva bisogno di lei.
S’inginocchiò accanto a lui e gli accarezzò le mani con calma e dolcezza. Gliele allontanò dal viso e quando vide lacrime amare solcargli le guance, tutto ciò che provava per quel ragazzo risalì a galla.
Gli occhi solitamente inespressivi di Zayn erano bagnati di lacrime che tratteneva fin da bambino, giorno dopo giorno, anno dopo anno. Le sue guance erano rigate di dolore ed abbandono, di diciannove anni spesi a fare il burattino e ad occuparsi di sua sorella.
Stava piangendo ma quello sfogo non sarebbe servito e Wendy lo sapeva. Era lo sfogo di un disperato la cui vita non sarebbe migliorata con un pianto ma solo con il coraggio e la determinazione.
Ma per il momento, lei lo lasciava fare.
“Volevo solo che mi volesse bene”
Lui cadde di lato e appoggiò il viso sul suo grembo.
Wendy gli accarezzò il viso e lo strinse a se come se potesse perderlo da un momento all’altro.
“Non piangere – mormorò – ci sono io adesso”
Appoggiò la fronte con la sua e con le labbra sfiorò le sua labbra tremanti e bagnate.
Lo accarezzò e lo curò e lo abbracciò.
Perché lo amava.






Scrivere di Zayn alle undici di sera mi distrugge e non poco! Beh, almeno ho aggiornato e vi ho reso felici :)
Sono sempre più onorata delle recensioni e dei commenti che ricevo, mi rendete davvero felicissima! 
Spero comunque di non annoiarvi con questi capitoli, e spero che vi piacciano perchè ci metto l'anima per questa storia.
Questo è stato uno dei capitoli più difficili da scrivere in assoluto perchè è il capitolo in cui Zayn crolla definitivamente e si lascia andare del tutto. Spero di non essere caduta nel banale o nel clichè... personalmente mi piace abbastanza anche se sono sicura che avrei potuto fare di meglio! 
Fatemi sapere - se vi va - che cosa ne pensate della reazione di Zayn e del comportamento della madre :)
Vi saluto e appena avrò tempo risponderò alle vostre recensioni :)
un bacio!




 
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Capitolo 22
*** Twenty one - Exception ***


THE DARK SIDE OF ME.

(TWENTY ONE)
-exception




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Zayn sedeva su una sedia in ferro di fronte ad una vetrata alta e spessa. I gomiti poggiavano sul tavolino e gli occhi erano fissi davanti a lui. Le gambe erano tese, la schiena era tirata e il viso spento.
La figura di suo padre chiuso in una divisa arancione con un numero segnato sul petto comparve dalle porte scorrevoli alla fine della stanza.
Zayn non seppe esattamente definire la sensazione che quella vista gli suscitava. Semplicemente strinse le dita e si sistemò meglio sulla sedia.
Suo padre si sedette di fronte a lui con un tonfo, a dividerli una lastra di vetro.
Stranamente, l’uomo non gli sorrise con quel suo solito modo di fare autorevole.
Zayn allungò una mano verso il telefono.
Parlò e la voce era ferma e quasi incolore.
“Ciao”
Era quasi tentato di dirgli che se lo meritava, che quell’immagine lui se l’era immaginata tante di quelle volte da aver perso ormai il conto, ma non lo disse, come non aveva detto tante altre cose.
Suo padre aveva uno sguardo un po’ perso ma intenso.
“Safaa sta bene” gli disse, come se – in un certo senso – sperasse che lui volesse saperlo.
L’altro annuì appena senza trovare la voce – o il coraggio – di parlare.
“Io e lei non ci saremo al processo”
Anche quello era giusto che lui lo sapesse.
Zayn era stato categorico: non voleva assolutamente che Safaa assistesse ad una scena tanto pietosa quanto dolorosa.
“D’accordo”
Zayn non ricordava suo padre completamente sobrio.
Se lo ricordava un po’ brillo, alterato e ubriaco ma non se lo ricordava mai del tutto lucido e vederlo lì, senza traccia di alcol in corpo o occhi rossi e voce tuonante, era strano.
Non se lo ricordava così silenzioso e parzialmente tranquillo.
“D’accordo”
Riposizionò il telefono e si alzò lentamente.
Guardò suo padre per un’ultima volta e si sentì in dovere di dire qualcosa. Ma lui non aveva mai veramente sentito il dovere di fare il padre quindi sistemò la sedia sotto il tavolino e si voltò senza aprire bocca.
Camminò verso l’uscita con passo rapido perché più si allontanava da lì più si allontanava dal futuro che si era prospettato di avere e si avvicinava a Wendy.
 
 
 
 
 
Wendy abbracciò sua madre con le lacrime agli occhi e un sorriso spontaneo ad illuminarle il viso.
Il supporto di sua madre in quei momenti era sempre stato così forte che le veniva da piangere ogni volta. Era assurdo anche solo pensare a quanto fosse diversa quella donna dalla madre che aveva cresciuto Zayn e Safaa.
Wendy aveva sempre pensato che, in un modo o in un altro, ogni madre supportasse il proprio figlio, perdonandolo e cadendo al posto suo. E invece, aveva scoperto che esistevano persone tanto egoiste da non riuscire nemmeno a difendere il sangue del proprio sangue.
Wendy era convinta che quella donna amasse i propri figli, ma era disgustata dalla sua stupidità e ignoranza nel non riconoscere la brutalità del marito, di un padre che non poteva essere definito tale.
Era solo impaurita o cieca?
“Scusami mamma – mormorò Wendy, asciugandosi le guance con la manica della felpa – ho rovinato il Natale, scusami tanto”
Sua madre le strinse le mani nelle sue e le sorrise calorosamente.
“Wendy non ti devi preoccupare – replicò – l’hai fatto per una giusta causa ed io sono fiera di te”
Wendy l’abbracciò di nuovo e sentì la stretta di sua madre così salda che la amò con tutta se stessa.
Erano diventate così forti dalla morte del padre, erano andate avanti insieme e si erano supportate l’una con l’altra. Wendy era così fiera di sua madre che era riuscita a sorridere di nuovo, ma sorridere per davvero.
“Comunque – le disse Teresa – casa nostra è aperta se Zayn ne ha bisogno”
Wendy sorrise e annuì, consapevole di avere la mamma migliore del mondo.
“Grazie di cuore mamma”
E il campanello suonò.
 
 
 
 
Zayn camminava al fianco di Wendy sul marciapiede deserto, ma non la sfiorava e non l’aveva ancora baciata. A lei andava bene così perché sapeva che Zayn in quel momento aveva bisogno di tempo per riflettere e riflettere e riflettere.
La sera prima, quando era definitivamente crollato e aveva versato tutte le lacrime che non aveva mai pianto da bambino, si era rialzato, l’aveva baciata con le labbra umide ed era tornato da sua sorella.
Era un uomo, non un semplice ragazzo.
Più Wendy lo guardava e più ne era convinta.
“Vuoi parlare?” chiese con calma, osservandolo con gli occhi di chi ama infinitamente.
Zayn scosse la testa e rimase in silenzio con lo sguardo fisso davanti a se.
Wendy sapeva che quella mattina era andato a parlare con suo padre e, nonostante avesse voglia di sapere che cosa si erano detti, rispettò il suo volere.
Rimasero in silenzio mentre lontani ma vicini camminavano lungo le vie desolate del paese.
Lo stava accompagnando verso il suo regalo di Natale e non vedeva l’ora di mostrarglielo. Aveva organizzato tutto quella mattina senza l’aiuto di nessuno ed era così fiera del suo operato che accelerò il passo.
Camminarono per altri tre isolati, sempre in silenzio ma un po’ più vicini.
D’un tratto lei urlò un “Eccolo” e prese Zayn per mano dimenticandosi di ogni cosa e trascinandolo verso un edificio decadente ai margini della città.
Era un alto edificio costruito in mezzo ad un cantiere abbandonato. Le finestre erano rotte, il tetto non era ancora stato finito del tutto e alcuni muri erano scheggiati. Sarebbe dovuto essere un agglomerato di appartamenti ma il comune non aveva abbastanza fondi per finanziare i lavori. Era abbandonato da circa due anni.
L’area era delimitata da una recinzione.
Wendy riuscì ad entrare da una fessura mentre Zayn la osservava con un cipiglio perplesso e l’aria di chi non ha alcuna intenzione di muoversi.
“Avanti”
Lui roteò gli occhi e, chinandosi un po’ riuscì a passare dallo strappo della recinzione.
Wendy lo prese di nuovo per mano e lo portò verso l’entrata della costruzione.
Una volta dentro, fermi nel corridoio impolverato, Wendy gli sorrise entusiasta e si avvicinò ad una porta scardinata.
“Non avrei mai fatto una cosa del genere se non per te” disse.
Spinse la porta e lo invitò ad entrare.
La stanza era piccola, disordinata e completamente spoglia fatta eccezione per un tavolo in legno e un coperta al centro.
Zayn non riuscì a vedere nulla fino a che Wendy non accese una lampada ad olio che illuminò gran parte della stanza.
“Wendy”
Si avvicinò al tavolo e prese in mano una delle dieci bombolette spray poste sul ripiano.
C’erano tutti i colori, dal rosso al verde, dal nero al bianco. Zayn si voltò verso di lei.
“Puoi fare ciò che vuoi – gli disse ancora in piedi accanto alla porta – anche colorare l’intero palazzo se vuoi, ho altre bombolette a casa”
Zayn non seppe bene cosa dire.
Era il regalo più bello che lui avesse mai ricevuto.
Poteva tranquillamente andare a comprarsi delle bombolette da solo e imbrattare tutto ciò che voleva ma il fatto che l’avesse fatto lei significava che considerava il suo talento, arte.
Era la prima volta che il suo amore per il disegno veniva apprezzato così tanto.
“Grazie” bisbigliò a malapena.
“Posso anche andarmene se vuoi rimanere da solo”
Lui scosse la testa e osservò la parete di fronte a lui.
“Ok”
C’era un solo motivo per cui lei aveva scelto di fargli quella sorpresa. Voleva soltanto che lui si sfogasse nella maniera più nociva che conoscesse.
Ed era quella di disegnare e creare.
Si sedette sulla coperta in pail che aveva portato quella mattina e i suoi occhi non si spostarono da Zayn neanche per un secondo.
Osservò ogni suo movimento ed ogni sua espressione.
Lui prese la bomboletta nera – Wendy non aveva dubbi – e si avvicinò alla parete. L’agitò per un po’ e cominciò a spruzzare la tintura nera sulla parete bianca.
 
 
 
 
Passarono due ore nelle quali la parete di quell’edificio abbandonato che prima era bianca ora era diventata nera, rossa, verde, gialla, blu e azzurra.  
Wendy leggeva un libro e in un intervallo di circa dieci minuti, alzava lo sguardo e guardava Zayn che non smetteva neanche per un attimo di spruzzare linee, cerchi e scritte sul muro.
L’odore di vernice era ancora abbastanza sopportabile. Ma Wendy non avrebbe resistito per altre due ore.
“Zayn – lo interruppe – devo darti una cosa” si alzò da terra e dalla borsa tirò fuori il quaderno che Zayn aveva lasciato nella casa in montagna.
Glielo porse.
Con le mani sporche di vernice lo prese e lo osservò.
Rimase così per venti secondi esatti mentre Wendy si chiedeva se volesse darle il suo ritratto.
“Devo... – si schiarì la voce – devo darti una cosa”
Wendy sentì il battito del cuore accelerare ed annuì.
Zayn appoggiò il quaderno sul tavolo e lo sfoglio con impazienza. Alla fine trovò la busta con la scritta “per Wendy” e, titubante, gliela porse.
Le fece segno di aprirla.
Lei lo fece.
Non c’era bisogno di fingere una reazione di sorpresa perché quel regalo l’avrebbe stupita ogni volta.
Sorrise entusiasta e, senza neanche pensarci, gli gettò le braccia al collo e lo abbracciò con una tale energia da farlo arretrare di due passi.
“Wendy” lo sentì sorridere.
“Grazie, grazie, grazie – esclamò – è meraviglioso Zayn”
Si spostò per guardarlo meglio in faccia e prima che lei potesse baciarlo, lui le poggiò le labbra sulle sue.
“Vuoi provare?” le chiese, una volta che si furono staccati.
“A fare cosa?”
Zayn indicò la parete disegnata.
Lei sorrise e annuì entusiasta.
“Ti avverto che le mie capacità artistiche sono pari a zero”
Zayn sorrise appena, afferrò la bomboletta rossa – quella più piena – e si avvicinò alla parte ancora bianca della parete, facendo cenno a Wendy di raggiungerlo.
Lei lo fece.
Zayn le diede la bomboletta: “Cosa vuoi fare?”
Ci pensò su: “Qualcosa di semplice”
Lui alzò gli occhi al cielo, le prese il polso e l’avvicinò al muro.
Con l’indice premette sul dito di Wendy che, a sua volta, premette sul bottone della bomboletta.
Il rosso colorò la parete.
Zayn le spostò la mano con lentezza, dall’alto verso il basso e poi di nuovo dall’alto verso il basso.
Wendy rise: “Un cuore?”
“E’ semplice”
“Ma banale”
Zayn le prese le spalle e le si mise dietro. Wendy sentiva il suo corpo caldo a contatto con il suo e le gambe le tremarono.
Zayn le prese di nuovo la mano.
Di nuovo, riprese a spruzzare, dall’alto verso il basso, dal basso verso l’alto, da sinistra a destra.
Stava scrivendo qualcosa.
You.
Wendy sorrise: io?
Are.
Sentiva il respiro fresco di Zayn sul collo: sono?
The.
Gli occhi scuri fissi sul rosso acceso: la?
Only.
L’altra mano si appoggiò con lentezza sui fianchi di Wendy: unica?
Exception.
Wendy sorrise: eccezione.
Non riuscì ad esprimere a parole ciò che provò in quel momento. Leggere quella frase scritta da Zayn, da Zayn, le faceva scoppiare il cuore di felicità.
Le veniva da piangere, da ridere e da piangere di nuovo, tutto nello stesso tempo.
Se fino a quel momento aveva mai avuto qualche dubbio, anche minimo, adesso era certa che amava quel ragazzo più di chiunque altro.
 
 
 
 
 
Quella sera Wendy la passò con sua madre e Susan, ma la sua mente era lontana anni luce.
Aveva ancora in mente la frase che Zayn le aveva scritto sulla parete, le sue braccia attorno ai suoi fianchi e il suo respiro calmo sul suo collo.
Sua madre la osservava dall’altra parte della tavola: “Sei felice?”
Wendy sussultò di scatto, facendo cadere la forchetta che teneva in mano.
Arrossì e si chinò per riprenderla.
“Come?”
Sua madre sorrise: “Sei felice?”
“Uhm – mugugnò – certo”
“Ah ecco”
Il telefono di Wendy le vibrò nei pantaloni. Lo tirò fuori e vide che Zayn le aveva lasciato un messaggio.
Passo a prenderti alle nove
Sua madre non le tolse gli occhi di dosso neanche un momento. Perciò vide il sorriso, quel sorriso, che le adornava il viso.
“Tesoro – la richiamò – dobbiamo parlare”
 
 
 
 
 
Zayn la fece entrare nell’appartamento di Louis.
Nonostante credesse che la portasse in un qualche bel posto, Wendy era comunque felice di passare con Zayn tutto quel tempo.
“Dov’è Louis?”
“Ancora da sua madre”
Wendy annuì.
Sentiva che qualcosa quella sera sarebbe successo, sentiva che qualcosa sarebbe cambiato. E non era spaventata, solo emozionata.
Zayn le prese la mano in un gesto naturale e fece un profondo respiro.
“Devo parlarti”
Wendy annuì, di nuovo. Con Zayn, non si era mai sicuri di ricevere belle notizie, ma dopo quel pomeriggio, Wendy era un po’ più sicura.
“Dimmi”
Lui si schiarì la voce.
“Non voglio obbligarti, Wendy – disse – è solo che... ho bisogno di te, in tutti i sensi”
Sentiva il cuore fuoriuscirle dal petto e le gambe tremare. Era felice, emozionata e anche un po’ preoccupata.
“Volevo renderla una cosa speciale – disse – ma non ne sono capace. Non so come si fa a sorprendere una persona, non come tu hai fatto oggi pomeriggio”
“Mi hai già sorpresa in tutti i modi possibili”
“Posso riportarti a casa, Wendy. Posso fare qualsiasi cosa tu voglia... volevo solo che tu lo sapessi”
La guardò.
“Non ho mai avuto una ragazza come te, non so come comportarmi, non so cosa fare perché ho sempre paura di sbagliare”
Zayn non aveva mai avuto una relazione come quella.
Zayn era abituato a fare sesso e basta.
Zayn non era abituato a fare l’amore e ad amare.
Zayn aveva paura di Wendy.
Zayn era debole e aveva bisogno di Wendy, in tutti i sensi.
Non per sfizio, non per gioco ma perché ne aveva bisogno.
Wendy arrossì e si fece un po’ più vicina.
“Non devi avere paura” le disse.
“Non ho paura – rispose -  solo... potrei non saperlo fare, potrei non essere all’altezza delle ragazze che frequentavi prima”
“Devi fidarti di me”
Lei annuì e gli sorrise perché temeva che lui fosse più terrorizzato di lei.
“Dammi la mano”
Wendy gliela diede.
Zayn l’accompagnò nella camera in cui lei si era risvegliata dopo aver perso i sensi, qualche tempo prima.
Era esattamente come se la ricordava, non c’erano fiori o candele o altre cose da film romantici e a lei andava bene così.
C’erano solo lei e lui e a lei bastava, sarebbe sempre bastato.
Il battito cardiaco era veloce.
Zayn le baciò le labbra morbide.
Fino a quel momento era lui ad essersi affidato a lei. Adesso era lei a doversi affidare a lui.
E si fidava, con tutto il cuore.
Zayn la fece adagiare sul letto, continuando a baciarla e ad accarezzarle i capelli sciolti.
“Non... non sei obbligata, posso fermarmi”
Wendy gli sorrise con calma.
“Stai tranquillo”
Lui sospirò e continuò a baciarla.
Sentiva il desiderio crescere in lui e divampare come un fuoco acceso.
Wendy era meravigliosa ed era sua.
Le sfiorò i fianchi con le dita.
Si tolse la maglietta rimanendo a petto – e barriere – nudo – nude.
Wendy li vide. I tatuaggi che fino a quel momento aveva visto sempre a metà, adesso le erano davanti e lei ne era completamente ammirata.
Voleva toccarli o baciarli ma aveva timore di muoversi.
Zayn le mise le mani sull’orlo del suo maglione ma non si mosse: la guardò per qualche secondo per chiederle l’ennesimo – e ultimo – permesso.
Lei annuì impercettibilmente.
La sua maglia finì a terra e le labbra di Zayn continuarono a baciarle la pelle calda con una dolcezza che le faceva quasi male.
Le sue dita grandi finirono sull’attaccatura del suo reggiseno bianco quanto lei. Glielo aprì e con calma glielo fece sfilare dalle braccia lunghe.
Vide il suo viso arrossire ma non gli disse di fermarsi.
La riempì di baci e di carezze e di un amore che Wendy non aveva ancora sperimentato.
Le sfilò i pantaloni sempre stando attento ad ogni sua reazione.
Wendy si sentiva in imbarazzo ma non aveva alcuna intenzione di fermarsi.
Se non con Zayn, con chi altri?
Lui coprì entrambi con la coperta e si tolse anche i suoi jeans.
Wendy sentiva la sua eccitazione premere contro i suoi fianchi e vide il viso di Zayn dolce come mai non l’aveva visto.
Le venne automatico sporsi un po’ per baciarlo sulle labbra.
Lui la tenne per la schiena mentre assaporava il suo sapore di freschezza.
“Farò il più piano possibile”
Facendo peso sui suoi gomiti, Zayn sfilò anche gli ultimi due indumenti che gli impedivano di amarla.
La guardò più volte e le diede un bacio a fior di labbra.
Con tutta la lentezza possibile che per lui era così innaturale ma che con lei era essenziale, fu dentro di lei.
Wendy gemette con forza e il dolore e il piacere le pervasero il corpo.
Zayn la baciò subito dopo, tenendola tra le braccia.
“Scusa”
E l’amò, lo amò e si amarono in quella stanza così piccola di una casa che non era la loro, di una città che Zayn odiava ma che Wendy ringraziava per avergli dato la persona più bella che lei avesse mai incontrato.






Ho davvero pochissimo tempo, quindi sarò più breve del solito!
Volevo solo dirvi che questo è uno dei capitoli che preferisco. Anche se è stato un parto scriverlo, ne sono soddisfatta, e spero con tutto il cuore che lo siate anche voi!
La scena della loro prima volta me l'ero immaginata completamente diversa ma ormai è uscita così ahahah
Probabilmente il prossimo capitolo sarà l'epilogo, devo ancora decidere. Non sono psicologicamente pronta ad abbandonare Wendy e Zayn anche perchè adesso lui non riesco ad immaginarmelo con nessun altra ahahah
Vi auguro di passare le queste feste con un sorriso :)
Grazie di tutto :)
un bacio!



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Capitolo 23
*** Twenty two - Love is ***


THE DARK SIDE OF ME.

(TWENTY TWO)
-love is




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La guancia di Zayn bruciava ed i suoi occhi erano lucidi.
Correva verso la sua camera e si sbatteva la porta alle spalle mentre suo padre urlava e sua madre piangeva.
Zayn aveva sette anni la prima volta che suo padre l’aveva colpito in viso.
Aveva sette anni e a sette anni pensava soltanto a disegnare e a colorare.
La sua guancia bruciava e le voci dei suoi genitori erano tanto alte da farlo tremare.
Suo padre era così autoritario, così imponente mentre sua madre era così piccola e fragile.
E Zayn aveva paura perché aveva solo sette anni e la guancia ancora bruciava.
Mentre ascoltava la voce squillante di sua madre, si chinò davanti al suo letto.
Afferrò il cuscino e sgusciò sotto le assi in legno, spingendosi più vicino alla parete e al buio.
La guancia di Zayn bruciava come se avesse dei tizzoni ardenti sulla pelle.
L’appoggiò al pavimento freddo e, anche se non cambiò nulla, la tenne ancorata alla piastrella.
Si portò il cuscino sulla testa e si coprì orecchio e occhi perché non voleva né sentire né vedere.
Zayn aveva sette anni e ancora non capiva.
Zayn aveva sette anni ed era nascosto sotto il letto mentre i suoi genitori litigavano e la sua guancia gli faceva male.
Zayn aveva sette anni e già voleva sparire.
 
 
 
 
 
 
 
Zayn era seduto sul suo letto. La schiena poggiava inerme alla parete e le gambe erano incrociate e incastrate nel lenzuolo azzurro.
Lo sguardo era fisso davanti a lui, fisso sulla porta semichiusa di camera sua.
Gli occhi erano lucidi e un po’ vuoti, il respiro era pesante, le spalle si alzavano e si abbassavano ad un ritmo irregolare.
La voce di sua madre arrivava attutita, quella di suo padre invece la sentiva chiaramente.
Seduto sul letto di camera sua, circondato dai disegni appesi alla parete, dalla cartella buttata malamente a terra e dal pupazzo di Captain America sulla scrivania, ascoltava i suoi genitori litigare da un’ora e venti minuti esatti.
Era l’una di notte.
Suo padre era tornato a casa un’ora e mezza prima e sua madre era uscita dalla camera cinque minuti dopo il suo rientro.
E adesso litigavano da un’ora e venti.
Zayn non riusciva a dormire e riusciva a pensare soltanto che la voce di sua madre era davvero flebile.
La sentiva muoversi per il salotto e se la immaginava mentre fissava papà con uno sguardo freddo ma con le mani sempre pronte ad afferrarlo nel caso perdesse l’equilibrio.
Zayn a volte guardava sua madre e si chiedeva dove trovasse la forza di amare un uomo che una sera si e l’altra pure tornava a casa e le urlava in quel modo.
Poi però si diceva che aveva solo undici anni e che non poteva capire.
Forse l’amore è urlarsi addosso – si diceva – forse è gridare dal mattino alla sera, forse non è sorridere, ma soltanto lamentarsi.
Guardava Safaa sdraiata nella sua culla e si diceva che lui l’amava eppure non le urlava dietro, non la sgridava, non la offendeva.
Forse era davvero troppo piccolo per capire cose così complesse.
Sentì un colpo secco e le voci che un attimo prima avvolgevano la casa si spensero immediatamente.
Zayn doveva convivere con quei rumori da tanto tempo.
Era abituato eppure ogni volta era uno strazio.
Il cuore gli si riempiva di preoccupazione e gli occhi di lacrime.
Ma aveva solo undici anni e gli mancava il coraggio di andare a controllare che cosa fosse successo.
Comunque, riceveva risposta la mattina seguente, quando sua madre compariva in cucina con un occhio leggermente rigonfio e i segni di una notte passata a raccogliere i cocci di una donna che ormai non c’era più.
Zayn strinse i lembi del lenzuolo, poggiò la testa contro la parete e chiuse gli occhi.
Sentiva ma non voleva ascoltare.
Dalla porta semichiusa arrivava la voce di suo padre, lieve in un sussurro che non aveva nulla di romantico o passionale.
Zayn si chiedeva anche come avrebbe fatto lui a trattare sua moglie dato che non aveva esempi da seguire.
Si diceva che non voleva comportarsi come suo padre, perché intuiva che era sbagliato, eppure si diceva anche che non sapeva come fare.
Non avrebbe saputo toccarla senza farle male, non avrebbe saputo cosa dirle senza ferirla o come farla sorridere senza farla piangere.
E poi si chiedeva se lui la voleva una donna al suo fianco.
Si chiedeva se era colpa di sua madre se suo padre era così...
Non trovava risposte, perché lui non chiedeva e nessuno si interessava.
Zayn rimaneva sempre in silenzio eppure ascoltava ed osservava.
E soffriva.
Zayn soffriva ma a nessuno interessava e, forse, non sarebbe mai interessato.
Aveva undici anni, sapeva disegnare, cantare e suonare la chitarra. Aveva una sorella di due anni di cui occuparsi e parecchie materie scolastiche da alzare.
Ma a nessuno interessava che lui sapesse disegnare, cantare o suonare un qualche strumento. A nessuno interessava che avesse una sorella o dei voti pessimi.
A nessuno interessava e, forse, nemmeno a Zayn.
 
 
 
 
 
 
 
Zayn era appoggiato al muretto nel cortile della Bradford School.
Aveva quindici anni e le sue dita stringevano una sottile sigaretta accesa e quasi finita. Louis Tomlinson, di un anno più grande, gli stava accanto e gli parlava senza pretendere che lui lo ascoltasse. Comunque, Zayn non lo ascoltava ma annuiva di tanto in tanto.
Il suo sguardo era fisso davanti a se e il fumo della sigaretta gli annebbiava la visuale.
Gli studenti della Bradford School erano fuori, chi seduto sul prato, chi sotto qualche albero e chi, come lui, a fumare in qualche angolo.
Era primavera e Zayn odiava la primavera.
La sera prima aveva litigato con sua madre per una convocazione dalla preside e adesso il suo umore era nero.
Riusciva soltanto a pensare al fatto che lei si arrabbiava sempre e solo con lui per delle sciocchezze invece di farlo con suo padre che, ancora una volta, era tornato a casa alticcio.
Zayn iniziava a capire.
Capiva che l’occhio nero di sua madre non era dovuto al poco sonno, capiva che suo padre non era una bella persona e che in quella casa di amore non ce n’era più da tempo.
Louis intanto parlava, forse per cercare di distrarlo, forse perché il silenzio non era una buona idea.
Zayn continuava a non ascoltarlo e a tenere lo sguardo fisso davanti a se, a pensare.
Osservava quei ragazzini della sua età che sembravano sempre felici e senza problemi. Se c’era una cosa che non capiva, era proprio quella.
Perché lui era sempre incasinato mentre i suoi compagni no?
Perché lui non sorrideva e non rideva e non parlava?
Perché a lui era capitata quella vita?
Non lo capiva.
“Malik!”
La voce e il naso a uncino di Peter Duhamel attirarono la sua attenzione.
Peter era un ragazzo alto, magrolino, biondo e sbruffone, il tipico ragazzino figlio di papà che ha tutto e ha bisogno di attaccare chi non ha niente.
Zayn inspirò l’ultima boccata di fumo e gettò il mozzicone ancora acceso ai suoi piedi.
“Duhamel”
Il biondino sorrise e lanciò un’occhiata d’intesa ad uno dei quattro ragazzi che gli stavano dietro.
“Come sta tuo padre? – domandò con voce impregnata di sarcasmo – mia madre l’ha visto ieri mentre usciva dal supermercato con qualche lattina di birra in mano. Barcollava già”
Zayn sentiva la testa scoppiare e le mani prudere.
Non aveva mai fatto niente a nessuno, non aveva mai fatto del male, l’unica cosa che chiedeva era di essere lasciato in pace. Perché dovevano istigarlo in quel modo? Perché dovevano fare così?
“Tua madre deve avere problemi alla vista”
“Lo sappiamo tutti che tuo padre è un ubriacone, Malik, e che tu farai la sua stessa fine”
“Avanti ragazzi – intervenne Louis – siamo tutti tranquilli, è una bella giornata, perché dovete rompere i coglioni?”
Zayn sbuffò mentre Peter rideva esageratamente, portandosi una mano allo stomaco.
“E’ Malik senior che rompe i coglioni – rispose poi, con un sorriso storto – non è sicuro avere un ubriacone in giro per la città. Mia madre si è dovuta chiudere in macchina per evitare uno stupro”
Il difetto più grande che Zayn avesse mai potuto ereditare da suo padre era l’impulsività.
Se c’era una cosa che odiava di se stesso, era proprio quell’aspetto. Ci voleva un niente per farlo scattare come una bomba a mano. Ci voleva un niente per fargli fare cose di cui poi avrebbe pagato le conseguenze.
E mentre si avventava contro Duhamel con un pugno chiuso e gli occhi ciechi, non riusciva a pensare a nient’altro.
Non pensava alle conseguenze delle sue azioni, ad un eventuale richiamo della preside, alla faccia delusa e arrabbiata di sua madre o alle botte di suo padre.
Pensava soltanto che la vita era ingiusta e che lui aveva soltanto quindici fottutissimi anni.
E che in qualche modo doveva pur sfogare tutta la rabbia che aveva dentro.
 
 
 
 
 
 
 
Zayn aveva diciotto anni e aveva imparato ad alzare la voce e le mani.
Aveva diciotto anni ed un sacco di responsabilità sulle spalle. Era l’unico in casa che poteva tenere testa a suo padre e difendere la propria madre e la propria sorella.
Zayn aveva diciotto anni ed aveva sviluppato una voce in grado di intimorire chiunque e due braccia capaci di pestare con forza ma quando si scontrava con suo padre sembrava che l’unica cosa che riuscisse a fare era prenderle e basta.
Adesso aveva diciotto anni, non più undici o quindici. Adesso aveva il coraggio e la forza di uscire dalla sua camera, mettersi davanti a sua madre e subire al suo posto.
Zayn aveva capito tutto.
Era tutto perfettamente chiaro. Aveva capito quanto odiava suo padre, quanti sforzi dovesse ancora fare per portare via Safaa e quanta pazienza dovesse avere per sopportare quella situazione.
Era in piedi di fronte a suo padre, le spalle dritte e le braccia tese.
Discutevano e discutevano e discutevano circondati da scatoloni ancora chiusi in una casa semisconosciuta.
Safaa era in camera, la mamma seduta sul divano.
Zayn sapeva che mancava poco al momento in cui suo padre avrebbe esaurito la pazienza di parlare e sarebbe passato alle mani.
E il momento arrivò due minuti dopo. Secondo più, secondo meno, Zayn era pronto.
Sentiva i colpi di suo padre, le grida di sua madre e il pianto di sua sorella. Le sue orecchie oramai erano abituate a quei rumori che, a persone inesperte, potevano sembrare terribili.
Sentiva la sua testa vuota e i pensieri immobili.
Sentiva le lacrime di frustrazione che comunque non sarebbero mai uscite.
Sentiva la paura, la rabbia e la tristezza.
E poi sentiva i suoi piedi muoversi automaticamente e la porta di casa aprirsi. La voce stanca di sua madre che lo richiamava era uno strazio ogni volta, ma Zayn non aveva la forza di restare.
Si sentiva  bene in strada, dove sarebbe stato al sicuro dall’odio di suo padre.
La faccia gli pulsava e le nocche delle mani bruciavano come carboni ardenti.
Non si accorse nemmeno di essersi scontrato contro qualcuno fino a che questo qualcuno non lo richiamò.
E fino a quel momento non pensava che potesse esistere voce più bella, fastidiosa e pura di quella.
Fino a quel momento non pensava nemmeno che potesse esserci al mondo uno sguardo tanto preoccupato e compassionevole.
Si voltò e la vide: quell’ancora di salvezza a cui lui si stava già attaccando con un’insana disperazione.
 
 
 
 
 
 *
 
 
Il calendario appeso nel salotto di casa Tomlinson segnava il 12 gennaio.
Wendy sorrideva mentre apriva la porta della camera degli ospiti.
Le tapparelle erano basse, la finestra chiusa e le luci spente.
Il letto a due piazze giaceva come al solito in mezzo alla stanza.
Wendy si avvicinò lentamente al comodino ed accese la lampada. Uno sprazzo di luce illuminò il grumo di coperte sul letto, sotto le quali pareva esserci qualcuno.
Sorrise involontariamente e si inginocchiò sul materasso che si abbassò lievemente sotto il suo peso.
Con una mano afferrò il lembo della coperta e il viso addormentato di Zayn venne illuminato dalla luce fioca della lampada.
Wendy vide la sua fronte aggrottarsi e le ciglia lunghe vibrare.
Appoggiò sul comodino il piatto di carta che teneva tra le mani e allungò le braccia verso il ragazzo semiaddormentato.
“Zayn – sussurrò con voce dolce – è ora di alzarsi”
Le mani di Zayn andarono a coprirsi il viso e la faccia affondò di nuovo nel cuscino, mentre girava il corpo dalla parte opposta alla sua.
Wendy rise e si chinò di nuovo verso di lui, abbracciandolo da dietro.
“E’ il tuo compleanno, pigrone! – esclamò – è ora di alzarsi e festeggiare!”
Zayn emise qualche grugnito di disapprovazione e mugugnò qualcosa di incomprensibile che fece ridere Wendy ancora di più.
Lei sbuffò, afferrò la coperta e la tirò completamente indietro, scoprendo il suo corpo rannicchiato, coperto soltanto da un paio di boxer e una canottiera bianca.
“Wendy!”
Lei rise di nuovo e gli picchiettò il braccio, intimandolo ad alzarsi.
“Andiamo Zayn! Alzati! È il tuo compleanno, non c’è tempo da perdere!”
Lui teneva gli occhi ancora chiusi e la faccia ancora affondata nel cuscino, ma Wendy riuscì a scorgere un debole, quasi impercettibile sorriso che gli illuminava il viso.
“Ancora cinque minuti”
“Non li hai cinque minuti – borbottò lei – devi mangiare la tua colazione”
Zayn sollevò controvoglia una palpebra.
Wendy teneva tra le mani il piatto di carta sul quale giaceva un cupcake rosa con una candelina accesa nel mezzo.
“E’ il mio primo esperimento culinario – mormorò – quindi spero che il gusto sia migliore dell’aspetto”
Zayn richiuse gli occhi e trattenne uno sbuffo.
In diciotto – diciannove – anni di vita, non c’era stato compleanno che a lui fosse piaciuto festeggiare. Non era molto legato a quel giorno, forse per i brutti ricordi, o forse perché nessuno ci aveva mai dato poi così tanta importanza.
Puntò i gomiti sul materasso e si tirò su con fatica.
Decise che, per quel giorno, avrebbe fatto uno sforzo.
Non per lui, ma per Wendy.
Si sedette di fronte a lei mentre con una mano si sfregava gli occhi e con l’altra si spostava i capelli disordinati dalla faccia. Osservò prima lei e dopo il dolce che teneva tra le mani.
“Dovrei soffiare, giusto?”
Wendy roteò gli occhi: “Certo! E se non farai una faccia estasiata, ti canterò anche ‘Buon Compleanno’”
Zayn sorrise e scosse la testa.
Soffiò sulla fiammella accesa, smuovendo anche i capelli sciolti di Wendy.
Lei sorrise a trentadue denti e gli porse il piatto, battendo le mani.
“Spero ti piaccia – disse, lievemente preoccupata – l’impasto l’ha fatto mia madre ma la glassa l’ho fatta io, quindi non so quanto possa essere mangiabile”
Con malcelata diffidenza, Zayn si portò il dolce alle labbra e, sospirando, ne morse un pezzo.
“E’ buono” mentì.
Anche se non lo era, apprezzava di più lo sforzo e il pensiero.
Le sorrise con gentilezza e lei roteò gli occhi.
“Non sai proprio mentire – sbuffò, afferrandogli il dolce dalle mani e buttandolo sul piatto – e io non so cucinare”
Fu la volta di Zayn di roteare gli occhi.
“Posso tornare a dormire?”
Wendy scosse categoricamente la testa: “Certo che no! Dobbiamo fare ancora un sacco di cose prima di stasera, e Louis vuole salutarti prima di andare al lavoro. Anche mia madre vuole farti gli auguri e scommetto che Safaa muore dalla volta di vederti almeno ogg-“
Zayn afferrò il tortino e glielo spalmò sulla bocca, così da farla tacere per un attimo.
La glassa rosa gli sporcò le labbra, la punta del naso e la guancia destra, facendolo ridere sommessamente.
Wendy sbuffò ma non disse nulla perché vederlo in quel modo la destabilizzò per un attimo.
“Sei davvero antipatico”
“Lo sono”
E la baciò, leccandole via la glassa e ringraziandola con lo sguardo e con i gesti.
“Non era tanto male, comunque” ammise Wendy.
 
 
 
 
 
 
 
Wendy aprì gli occhi e sbatté le palpebre più volte.
Camera sua era fredda e lei poteva sentire un venticello fastidioso aleggiare nella stanza anche se era sotto le coperte ed era maggio inoltrato.
Accanto a lei, Zayn non c’era più.
Erano le tre del mattino.
Si tirò su a sedere mentre si stropicciava gli occhi e si stiracchiava le gambe.
La finestra che dava sul balcone era semichiusa e le persiane aperte del tutto.
Si alzò di scatto, improvvisamente preoccupata.
Andò verso la porta-finestra e quando uscì fuori al freddo della notte, intravide Zayn seduto sul pavimento piastrellato del balcone.
La schiena poggiata al muro, una sigaretta tra le labbra e il giubbotto a coprirlo davano di lui un immagine pensierosa.
Non la guardò ma avvertì la sua presenza.
Wendy fece qualche passo incerto verso di lui, chiedendosi se era il caso di lasciarlo solo oppure stare lì con lui. Non sapeva bene come interpretare quel suo comportamento; che fosse successo qualcosa?
Alla fine, decise di sedersi poco più lontano.
“Stai bene?”
Lui annuì appena, soffiando fuori una boccata di fumo.
“E’ successo qualcosa?”
Lui abbassò lo sguardo e lo riportò verso il cielo.
“Zayn – mormorò - parlami
Wendy si spostò un po’ più verso di lui.
Aspettò qualche secondo ma lui non rispose.
“Vuoi che io stia zitta, vero?”
Lui annuì appena, ancora con quei due occhi pensierosi e burrascosi, turbati da qualcosa che Wendy non riusciva a capire.
Rimasero in silenzio per svariati minuti nei quali Wendy osservava la sigaretta di Zayn spegnersi lentamente, e lui teneva gli occhi semichiusi puntati su una crepa della piastrella su cui era appoggiato.
“Posso venire lì?”
Zayn non annuì e non disse di si. Aprì impercettibilmente il braccio e lei seppe che poteva farlo.
Si avvicinò e si rannicchiò contro di lui mentre soffiava fuori una nuvoletta di vapore.
Lui le chiuse il braccio attorno alle spalle e chiuse gli occhi.
Rimasero di nuovo in silenzio per un tempo che parve infinito. Secondi? Minuti? Ore?
Forse anni.
Wendy stava così bene che forse non si sarebbe mai più alzata.
Intorno a loro c’era solo il silenzio della notte. Eppure, anche se ci fossero stati rumori, non li avrebbero sentiti perché c’erano i loro cuori a riempire le loro orecchie.
“Cos’è l’amore, Wendy?”
Rimase un attimo stordita da quell’improvvisa domanda.
“L’amore? – ci pensò su un attimo, poi diede la più banale delle risposte – l’amore è quando l’altra metà è felice”
Silenzio. Era abituata ad aspettare minuti interi prima di avere una risposta da lui. Era fatto così e in tanti altri modi.
“Sei felice?”
“Si, certo”
“Allora credo di amarti”
E una lacrima le bagnò la guancia perché le emozioni erano davvero troppe.
 





Dire che questo capitolo mi fa schifo è una bugia perchè mi fa più che schifo ahahah 
Comunque buonasera! Allora, per vostra fortuna (o sfortuna) ho deciso di scrivere un altro capitolo prima dell'epilogo che spiegasse in generale le tappe della vita di Zayn. La scena di quando lui ha diciotto anni e litiga con il padre è la scena che avviene nel capitolo sette, quando Wendy si scontra con lui e lo obbliga ad andare a casa con lei per medicarlo.
La scena del compleanno e quella del balcone invece sono scene nuove che avvengono separatamente. La prima, appunto, si ha il 12 gennaio (cioè oggi ahahah) e la seconda invece a fine maggio.
Non voglio dilungarmi troppo perchè non posso pensare che questo è il penultimo capitolo di questa storia, quasi non ci credo.
I ringraziamenti e i pianti li lascio all'epilogo dove ricompariranno tutti i personaggi di questa storia - Harry, Niall, Louis, Liam, Lola - che spero di postare presto.
Non ho ancora la minima idea di come impostarlo e di cosa far succedere, quindi auguratemi buona fortuna!
Un bacio e un grazie di cuore a tutti voi :)




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Capitolo 24
*** Epilogo - Beginning ***


THE DARK SIDE OF ME.

(Epilogo)
-beginning



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Mentre Niall e Harry ridevano davanti al bancone con le loro birre in mano e la schiuma che trasbordava dall’orlo, Wendy e Lola chiacchieravano sorridenti con qualche ex compagno della loro classe.
Le toghe erano a casa, dimenticate in qualche angolo della camera o addirittura ancora inermi sul pavimento del salotto. I cappelli neri che avevano lanciato qualche ora prima e i sorrisi sui loro volti erano le uniche cose che indossavano e che facevano presumere che, quel pomeriggio, la classe 2012 della Holmes Chapel High School non faceva più effettivamente parte di quella scuola.
Wendy aveva uno dei suoi sorrisi meravigliosi stampati in faccia, il tocco nero leggermente storto sui capelli mossi e il cocktail alcolico – il primo dopo tanto tempo – che le stava gocciolando tra le mani.
La musica nel locale che avevano affittato giusto per l’evento, era alta e quasi assordante. Sulle pareti qualche festone adornava l’ambiente e per terra c’erano già i resti di palloncini scoppiati.
Il chiacchiericcio degli ormai ex studenti era alto quanto l’ultima canzone di Martin Garrix che pompava nelle casse. La voce già poco sobria di Harry Styles era quella che, nel bar, si sentiva costantemente, interrotta soltanto dalla sua risata roca e impastata.
Wendy bevve un ultimo sorso della sua bibita e diede il resto a Lola.
Si guardò attorno per la ventesima volta alla ricerca di un viso infastidito a causa della musica troppo alta e delle risate troppo squillanti di alcune ragazze.
Non lo vide.
Si congedò dal gruppetto con cui stava chiacchierando da qualche minuto e si fece spazio verso il bancone dove due dei suoi migliori amici erano intenti a raccontare i mille aneddoti di cinque anni di scuola.
Quando Harry la vide arrivare, le sorrise entusiasta e la prese sotto braccio, dandole un bacio rumoroso sulla fronte.
“E come dimenticarsi della qui presente Wendy Evans? La ragazza che ha salvato me e Niall da tanti di quei guai che ho perso il conto ormai!”
Wendy roteò gli occhi e sospirò, divertita.
“La ragazza che ci ha evitato una sospensione e probabilmente una serie infinita di sculacciate dei nostri genitori” continuò Niall, rosso in viso per via della birra ingerita.
“L’unica ragazza sulla faccia della terra che è figa anche con una seconda scarsa di reggiseno!”
Il viso di Wendy si fece – se possibile – ancora più colorato di quello di Niall e la sua mano finì automaticamente a coprirle gli occhi mentre l’altra si chiudeva a pugno per colpire la spalla di Harry.
Lui le lanciò un sorriso di scherno e la strinse affettuosamente.
“L’unica ragazza – proseguì il biondo - che ci passava i compiti senza fare storie e che ci preparava i bigliettini prima delle verifiche”
“L’unica ragazza che abbia mai riso veramente alle mie battute!”
Wendy scoppiò a ridere non appena il viso imbarazzato di Liam si fece spazio tra le facce degli altri ragazzi e le sorrise ironicamente.
“L’unica ragazza che l’intero corpo studentesco, me compreso, avrebbe voluto farsi ma che non si è mai accorta di niente!”
Lo schiaffo che partì volontariamente dalla mano di Harry andò a segno contro la nuca di Niall, facendolo barcollare leggermente dallo sgabello su cui era seduto.
Wendy rise: “Beh – mormorò – grazie!”
Harry alzò il suo bicchiere semivuoto e, con voce strascicata, urlò un brindisi.
“Alla migliore amica che si possa mai desiderare! – esclamò, e i bicchiere di chi stava attorno, sconosciuti compresi, si alzarono in aria – e al sottoscritto!”
Ci fu un rumoroso cozzare di vetri e voci di persone semi ubriache che urlavano frasi senza senso.
Harry l’abbracciò di nuovo e, nonostante i gesti un po’ troppo goffi e il sorriso vagamente perso, Wendy gli voleva un bene dell’anima.
E mentre il chiacchiericcio scemava e l’attenzione degli studenti si concentrava su altro, Wendy vide, leggermente in penombra, la figura alta e seria di Zayn che la osservava pazientemente, nell’attesa che lei lo raggiungesse.
Wendy sorrise ad Harry e agli altri del gruppo, congedandosi da loro con un saluto e la promessa di una cena la sera dopo. Si fece spazio tra la calca di studenti che affollavano il locale e, una volta raggiunto l’angolo appartato in cui Zayn aveva deciso di appostarsi per osservare senza mai disturbare, si fermò a qualche passo di distanza.
Quando lui le sorrise, lei sentì le gambe vacillare ma rimase stabile sui suoi tacchi dodici.
Zayn sorrideva più apertamente da un po’ di tempo; gli veniva automatico, quasi naturale, ed ogni volta quel gesto tanto semplice quanto profondo le scaldava il cuore e glielo stringeva fino a farlo scoppiare.
E rideva, in maniera controllata e pur sempre con un certo contegno, ma rideva e a Wendy pareva la cosa più bella del mondo.
Zayn Malik stava bene.
Il viso più colorito era tirato in un’espressione quasi rilassata ma pur sempre vigile e gli occhi tempestosi erano un po’ più calmi e di quel color nocciola che a Wendy piaceva tanto.
Non vedeva e non aveva notizie di suo padre da qualche mese ma andava a casa di sua madre ogni giorno per giocare con la sorella o anche solo accertarsi che fosse tutto come doveva essere. Le cose si stavano sistemando anche per loro.
Aveva deciso di rimanere da Louis, di trovarsi un lavoro in un piccolo paesino vicino Bradford e di frequentare dei corsi serali per conseguire il diploma.
Viveva di Wendy solo nei fine settimana perché entrambi erano pieni di impegni ma, nonostante il tempo trascorso lontani, il loro rapporto non era mai stato tanto sereno.
Zayn la invitava a cena, al cinema, al parco o semplicemente a vedere un film seduti sul divano di Louis e quando la riportava a casa e la osservava percorrere il breve viale che portava al portico, doveva ammettere che stava bene.
Con lei, con se stesso e con gli altri.
A volte pensava a quante cose fossero cambiate in quegli ultimi mesi e a quanto fosse cambiato lui in prima persona.
Nelle cose che gli succedevano adesso a volte si chiedeva che cosa avesse fatto qualche tempo prima, quando era una persona completamente diversa. Si diceva che forse era meglio non saperlo.
Anche se aveva sempre il pacchetto di sigarette a portata di mano, aveva diminuito l’alcol e aveva smesso di frequentare quei bar in cui la serata era solita finire in una scazzottata.
Era quasi ridicolo e banale pensarlo, ma gli bastava Wendy per stare bene.
Gli bastava sentire il suo profumo o la sua pelle calda a contatto con la sua per stare in pace con se stesso, e, anche se non gliel’avrebbe mai detto, in qualche modo lei lo sapeva.
“Ciao solitario”
Zayn si staccò dalla parete su cui era appoggiato e le andò incontro.
“Ti dedicano anche i brindisi adesso?”
Wendy gli sorrise e si sistemò meglio il tocco sulla testa: “Hai sentito tutto?”
“Dall’inizio alla fine”
“E’ stato imbarazzante”
Zayn le sfiorò le dita: “Sono tutti troppo ubriachi per ricordarselo”
“Si, forse hai ragione”
Si tirò su la cerniera del cappotto verde militare e le lanciò un’occhiata eloquente.
“Prendi la giacca”
“Dove mi porti?”
“A fare una passeggiata”
Lei ammiccò un sorriso e tornò indietro per recuperare la giacca nera e lunga fino alle ginocchia.
Insieme uscirono dal locale che già erano nella loro bolla di cristallo dove nessuno, neppure l’aria fredda di Londra poteva irrompere.
“Ti sta bene il tocco da maturanda”
Wendy fece una smorfia e si sistemò meglio il copricapo, spostandosi il filo che le cadeva sulla fronte da una parte all’altra.
“Grazie”
Zayn fece scivolare le dita tra gli spazi vuoti delle sue mani e le si avvicinò con cautela.
A volte a Wendy capitava di ripensare al loro percorso insieme. Da dove erano partiti e dove invece erano arrivati. Alle cose che erano cambiate e alle cose che invece erano rimaste uguali.
Quella, per esempio, era una delle poche cose che non era cambiata. Zayn aveva sempre avuto il bisogno di percepire la pelle calda delle mani a contatto con la sua, di incastrare le loro dita, di sentirla vicina.
Wendy lo osservava ogni tanto e si accorgeva che non lo faceva nemmeno apposta, che quel gesto così automatico e quasi banale gli veniva naturale.
Un’altra cosa ad essere rimasta sempre la stessa erano i suoi silenzi che delle volte duravano un’eternità. Tuttavia, erano sempre meno i momenti in cui rimaneva in silenzio e si estraniava dal mondo, senza accorgersi di non essere da solo, senza accorgersi di avere Wendy davanti a lui. Succedeva soprattutto quando lei lo faceva ragionare su qualcosa o quando andava contro la sua opinione.
Nonostante quel miglioramento, Wendy aveva ancora bisogno dell’illimitata pazienza di cui era dotata e della tranquillità che riusciva ad infondere.
Era sempre la stessa ragazza con un cuore grande e il sorriso sempre sulle labbra, pronta a sostenere il ragazzo di cui si era innamorata con anima e corpo.
Se c’era una cosa che però era rimasta uguale ma che loro avrebbero preferito dimenticare erano i fantasmi del passato.
Sia quelli di lei, che quelli di lui.
Zayn poteva fingere che tutto fosse cambiato e che le cose andassero bene, ma non poteva dimenticare o cancellare gli anni passati assieme a suo padre.
Gli anni in cui lui, in un modo o nell’altro, era cresciuto e aveva sofferto.
E Wendy non poteva dimenticare di non avere più un padre e di avere una famiglia di cui preoccuparsi, nonostante il dolore per la perdita sembrava essere lievemente scemato.
“Cosa farai?” le chiese d’un tratto, mentre entrambi erano rimasti in silenzio per alcuni minuti. Wendy si strinse nelle spalle e sospirò rumorosamente.
“Cosa farò? – ripeté – non lo so. Non ne ho la più pallida idea”
Zayn abbassò per un attimo lo sguardo e si costrinse ad affrontare quella conversazione perché anche se era difficile lui doveva sapere cosa sarebbe successo.
“Ti dico io cosa farai – replicò Zayn, bloccandosi di colpo e strattonandola debolmente verso di lui – sceglierai un’Università per intelligentoni, ti trasferirai dall’altra parte del mondo e diventerai l’ambasciatrice di una qualche associazione umanistica o qualcosa di simile” continuò con un tono che sarebbe dovuto sembrare scherzoso, eppure sembrava terribilmente malinconico. In realtà era da un po’ di tempo che pensava a loro due e al loro futuro. Zayn non poteva di certo ammetterlo ad alta voce ma ormai dentro di lui sapeva perfettamente che se Wendy se ne fosse andata, lui sarebbe crollato e sarebbe ritornato lo Zayn di una volta.
Le fece scivolare le mani sulla schiena e la spinse con gentilezza contro di se. Le poggiò la fronte sulla spalla e assaporò il suo profumo di cui non riusciva a fare a meno.
Wendy lo tenne vicino con una lieve titubanza a cui non riusciva a dare risposta. Per un attimo, si chiese per quale motivo si stesse comportando in quel modo e perché volesse parlare di quell’argomento proprio adesso.
“No – mormorò – non so ancora cosa farò nel mio futuro”
Zayn si tirò su e si ricompose con la stessa velocità con cui si era lasciato per un attimo andare. Le prese entrambe le mani e la portò in mezzo al marciapiede stretto dove a malapena ci stavano due persone.
“Cosa vuoi fare adesso, allora?”
“Adesso?”
“Nell’immediato”
Wendy sorrise e lo osservò con un’espressione vagamente ironica: “Se dico che voglio stare con te, è troppo banale?”
Zayn scosse lievemente la testa e con la punta delle dita le sfiorò le guance rosee e vive.
“Abbastanza”
Lei annuì: “Allora – rispose – io ti dico che voglio stare qui”
Impuntò i piedi sul ciglio del marciapiede, incrociando le braccia al petto e rialzando lo sguardo sereno ma estremamente serio verso di lui.
“E ti dico che voglio che tu stia lì”
Indicò con l’indice il punto esatto in cui Zayn stava in piedi, cioè ad un passo da lei.
“Il concetto è uguale ma è un po’ meno banale”
Zayn alzò gli occhi al cielo mentre si grattava il mento con la punta del pollice.
“E’ ridicolo” ammise sincero.
“E’ romantico”
“Per questo è ridicolo”
Wendy sbuffò, incrociando le braccia al petto e risultando vagamente buffa con il tocco nero da maturanda leggermente inclinato a coprirle la fronte. 
Significa qualcosa”
Zayn ammiccò: “Che cosa?”
“Che tu devi stare lì e io devo stare qui” e che noi dobbiamo stare insieme!, ma non lo disse.
Lui annuì. Con tranquillità tirò fuori dalla tasca dei jeans scuri il pacchetto di sigarette schiacciato e se lo portò alla bocca. Con le labbra ne estrasse una e l’accese con l’accendino blu che aveva rubato dalla scorta di Louis a cui avrebbe – forse – dovuto resituirne altri dieci.
Inspirò una boccata di fumo e si appoggiò al muro che gli stava dietro, rimanendo tuttavia con i piedi ben fissati nel punto che le aveva detto lei. Perché non avrebbe disubbidito mai, forse vacillato ma su quella mattonella ci sarebbe rimasto anche a costo di morirci sopra.
Wendy gli lanciò un’occhiata di sfida e si sistemò meglio il tocco sulla testa: se c’era qualcuno che non avrebbe ceduto, quel qualcuno era proprio lei.
E Zayn lo sapeva ma a lui piaceva giocare col fuoco.
“Allora – iniziò lei, osservandolo con un’espressione a metà tra l’ironico e il disappunto – quando hai intenzione di smetterla con quelle sigarette?”
Zayn soffiò fuori il fumo e ammiccò un sorriso sarcastico.
“Quando ne avrò voglia”
“Ti fanno male”
“Tante cose fanno male – replicò Zayn, facendosi improvvisamente serio – eppure si sopporta”
“Tu hai sopportato troppo, non credi?”
Lui abbassò la testa mentre si portava la sigaretta tra le labbra.
Ci furono alcuni secondi di silenzio nei quali Wendy riuscì a contare le crepe dell’asfalto sotto i suoi piedi e sospirare un paio di volte. Gli diede il tempo necessario per riflettere e racimolare i pensieri che lei con una semplice frase riusciva a far disperdere.
Quando rialzò lo sguardo, il suo viso era cupo e un po’ arrabbiato.
“Rispondi ad una domanda”
Wendy annuì e si preparò a tutto. Zayn era impulsivo e a volte anche irrazionale, ma le sue domande non uscivano mai a caso. C’era sempre un motivo, un perché per il quale decideva di chiedere proprio in quel momento.
“Tutto ciò che vuoi”
“Perché sei qui?”
Wendy aspettava quella domanda da parecchio tempo. Credeva – o temeva - non arrivasse più.
E adesso era lì, sospesa tra le labbra di Zayn e l’aria di Holmes Chapel, tra mille interrogativi e mille risposte.
Perché era lì?
Perché era lì con lui e non via con qualcun altro?
Perché l’aveva scelto e perché non aveva rinunciato?
Perché?
Wendy non lo sapeva.
Era così e basta. Non c’erano spiegazioni scientifiche o filosofiche, non c’erano leggi matematiche secondo le quali due più due fa quattro.
C’erano lei, i suoi sentimenti, e Zayn.
Come gliel’avrebbe spiegato? Come si può spiegare un concetto quando mancano le parole per farlo?
Lei era in mezzo ad una marciapiede nella via adiacente a quella della sua scuola ad Holmes Chapel, con le labbra screpolate ed un vestito un po’ troppo corto per i suoi gusti e lui era esattamente davanti a lei, a un’ora e mezza di distanza dalla sua città natale, vestito di un maglione stranamente colorato e di uno sguardo intenso che non avrebbe mai abbandonato.
A Wendy non sembrava esserci spiegazione a quella situazione così naturale e semplice. Per lei, essere lì con lui, sembrava giusto. Non vedeva altro posto dove voleva stare.
“Zayn?”
“Uhm”
“Non lo so”
Si schiarì la voce e si tolse il tocco dalla testa, sistemandosi  i capelli che si erano schiacciati.
“Il fatto è che... – sospirò – Zayn io ti guardo e non riesco a trovare un motivo per cui io non debba starti vicino, per cui non debba stare qui con te invece che con qualcun altro. Semplicemente, non lo trovo”
Anche se aveva imparato ad esprimere i propri sentimenti con sincerità, le guance di Wendy si sarebbero sempre tinte di quel rosa acceso che ormai era la sua caratteristica più umile.
“So solo che se non ho lasciato perdere è perché ho visto in te un motivo per non farlo”
Non era un concetto semplice da spiegare, soprattutto per lei che prendeva sempre la sufficienza scarsa nei temi a scuola, ma quelle poche parole piene di significato lasciarono un’impronta ben profonda nel cuore, nel petto, nelle ossa e nella mente di Zayn.
Con gli occhi nocciola lievemente socchiusi e caratterizzati da quella scintilla di chi ha vissuto una vita difficile, fissò Wendy per dei minuti che a lei parvero ore.
Con un cenno del capo le chiese tacitamente il permesso di spostarsi da quella mattonella e lei annuì appena.
Fece un passo avanti senza farselo ripetere due volte e, prendendole il viso tra le mani, la baciò con foga e gratitudine.
Gliel’aveva detto una volta sola in quei mesi passati assieme, ma sotto il buio della notte e la luce accesa di un lampione, Zayn le sussurrò un “ti amo” pieno di significato e di certezze.
Se avessero passato la vita insieme, lui non lo sapeva. Ma adesso, anche lui sapeva che qualcuno l'amava e l'aveva amato.
Cosa poteva dire se non grazie?






Sono le 18.44 e io non ho la più pallida idea di che cosa scrivere in questo angolo. 
Sono triste, delusa e anche un po' sollevata. Vi spiego il perchè.
Triste perchè rileggendo questo epilogo non sono per niente rimasta soddisfatta del risultato che ne è venuto fuori. Anzi, se potessi, non lo pubblicherei nemmeno perchè davvero, penso sia uno dei capitoli peggiori della storia. Tuttavia, so che non posso più rimandare e che anche se lo tenessi in ballo per un altro mese, probabilmente non riuscirei a cambiarlo o a migliorarlo.
Delusa perchè aspetto questo momento da quando ho iniziato a scrivere questa ff e mi sono resa conto che non sono stata in grado di tirar fuori un buon epilogo (o anche solo decente) dopo un mese di ritardo nel postare. Penso che tutto questo sia dovuto al fatto che io odio con tutto il cuore gli epiloghi perchè non so mai bene come gestirli.
Sollevata perchè ho amato scrivere questa storia e creare i personaggi di Zayn e Wendy e, anche se questo ultimo capitolo mi disgusta a dir poco, sono felice di essere giunta ad una conclusione. 
Volevo quindi scusarmi con voi per il ritardo e per questo obrobrio e ringraziarvi per tutto il sopporto, per le recensioni e per le belle parole che mi hanno riempito il cuore dal primo capitolo di questa storia! 
Davvero, non sapete quanto mi abbiate resa felice, siete stati talmente tanto gentili con me che vorrei abbracciarvi ad uno ad uno. 
Come ho già detto sul mio profilo facebook non credo riuscirò a scrivere altre storie su Zayn che non abbiano come protagonista Wendy ahahah quindi aspettatevi un sequel di questa storia ahahah
Inoltre, volevo soltanto dirvi che sto scrivendo anche altre ff con protagonista Harry e spero di pubblicarle presto :)
Grazie di cuore a tutti voi. Siete fantastici e spero di non aver deluso le vostre aspettative :)
un bacio e alla prossima :)


 

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