In a Heartbeat

di TwistedRocketPower
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Seek ***
Capitolo 2: *** Find ***
Capitolo 3: *** Blaine ***
Capitolo 4: *** Thump ***
Capitolo 5: *** Text ***
Capitolo 6: *** Errands ***
Capitolo 7: *** Meds ***
Capitolo 8: *** Heart ***
Capitolo 9: *** Fudge ***
Capitolo 10: *** Plans ***
Capitolo 11: *** Story ***
Capitolo 12: *** Pace ***
Capitolo 13: *** Truth ***
Capitolo 14: *** Trust ***
Capitolo 15: *** Dark ***
Capitolo 16: *** Days ***
Capitolo 17: *** Sorry ***
Capitolo 18: *** Memory ***
Capitolo 19: *** Time ***
Capitolo 20: *** Out ***
Capitolo 21: *** Lizzy ***
Capitolo 22: *** Again ***
Capitolo 23: *** Visit ***
Capitolo 24: *** Drive ***
Capitolo 25: *** Lunch ***
Capitolo 26: *** Better ***
Capitolo 27: *** Sick ***
Capitolo 28: *** Tired ***
Capitolo 29: *** Honesty ***
Capitolo 30: *** Home ***
Capitolo 31: *** Dad ***
Capitolo 32: *** Laundry ***
Capitolo 33: *** Gray ***



Capitolo 1
*** Seek ***





-IN A HEARTBEAT-

CAPITOLO 1 - SEEK





 
“Mi dispiace, non possiamo più fare nulla”


 
Kurt era seduto alla scrivania, fissando lo schermo del computer. Aveva appena cercato su Google il nome di sua madre, passando oltre gli articoli sulla sua morte di molti, molti anni fa.

 
Li aveva letti tutti tante e tante volte, guardando le foto laterali, tanto che non ne aveva più bisogno.

 
La prima volta fu sorpreso di alzare gli occhi e trovare quegli articoli; non si sarebbe mai aspettato che qualcuno li avesse messi su internet, ma era contento che fossero lì.

 
Ogni volta che le mancava, stranamente, leggere quegli articoli lo aiutava… ma, oggi, non voleva rileggerli ancora. Stava cercando un’altra cosa.

 
Non trovando quello che cercava, tornò sulla barra di ricerca e aggiunse ‘donatore’ al nome, quindi cliccò su ‘cerca’.

 
Alcuni link saltarono nuovamente fuori, ma questa volta ce n’era uno in più. Cliccò su esso per scoprire che si trattava di un giornale di una piccola cittadina dell’Ohio – Creation era il suo nome – che Kurt non aveva mai sentito nominare. Decise che non era il momento per fare commenti sul nome della città.

 
L’articolo parlava di un uomo, John Davies, che aveva bisogno di un trapianto di fegato. Stava ormai perdendo le speranze di riceverne uno, sapendo che stava per morire… non c’era altra scelta.

 
Poi, un giorno, ricevette una telefonata. Doveva andare immediatamente in ospedale.

 
Non fece nessuna domanda, semplicemente ci andò. Fu subito portato in sala operatoria. Tutto successe così rapidamente che non era nemmeno sicuro di quello che era successo finché non si era svegliato.

 
Sì, gli era stato detto per intero quello che stava succedendo, prima di essere messo sotto anestesia. Gli era stata data la possibilità di rifiutare se avesse voluto “ma, sul serio, chi rifiuterebbe di vivere?” aveva detto John.

 
Kurt continuò a leggere, scoprendo che John aveva disperatamente voluto sapere da chi avesse ricevuto il fegato. Il suo dottore gli diede un nome, Elizabeth Hummel, ma era tutto.

 
L’uomo proseguì dicendo che avrebbe voluto ringraziare la famiglia di Elizabeth. A volte sembra spaventoso che una persona debba morire per far sì che un’altra sopravviva, ma lui aveva detto “Sarò eternamente grato a Elizabeth e alla sua famiglia per avermi dato un’altra possibilità per vivere”.

 
Le lacrime si stavano accumulando negli occhi di Kurt. Finì di leggere l’articolo e vide una foto dell’uomo con i suoi due nipoti. Dopo averla fissata per un paio di minuti, tornò sulla pagina principale di Google digitando il nome dell’uomo e la città da cui veniva.

 
L’articolo apparve di nuovo… e sotto, il suo necrologio.

 
Kurt si sentì il cuore sprofondare. Ci cliccò sopra, sperando che fosse un altro John Davies di Creation.

 
Era proprio lui.

 
La stessa foto di lui con i suoi due nipoti era sul necrologio e sotto c’era scritta una breve biografia della sua vita, compreso il trapianto di fegato. Chiunque l’avesse scritto, disse che erano stati felici per i quattro anni in più che erano stati concessi a John. Sarebbero sempre stati grati al suo donatore e sapevano che si sarebbero incontrati in cielo perché quello era il desiderio di John. Poter incontrare la donna che gli aveva salvato la vita.

 
Kurt finì di leggere il necrologio mentre una sola lacrima gli scendeva sul viso.

 
Mentre era ancora sconvolto dal fatto che John fosse morto, non poteva fare a meno di essere felice. La famiglia di Davies sembrava incredibile e lui era così orgoglioso che sua madre li avesse aiutati. Un uomo aveva potuto guardare i suoi nipoti crescere altri quattro anni grazie a lei… era una cosa di cui essere felice.

 
Kurt non riusciva a credere quanto avanti fosse nella ricerca. Era riuscito a trovare una delle tre persone che aveva ricevuto un organo da sua madre.

 
Poteva segnare ‘fegato’ fuori dalla lista.

 
Ora doveva trovare gli ‘occhi’ e il ‘cuore’.

 
Cercò un’altra volta il nome di sua madre con la parola ‘donatore’, come prima, ma non trovò nulla di nuovo.

 
“Kurt, la cena!” lo chiamò suo padre.

 
Kurt sospirò. “Arrivo”.
 



Passarono due settimane e ancora niente. Non aveva trovato altro su sua madre o su chi aveva ricevuto i suoi organi.
 
Sapeva che non poteva cercare più a fondo… suo padre non era molto d’accordo con lui su questa faccenda (ed era per questo che non gli aveva ancora detto di John), quindi sapeva che il suo computer poteva essere la sua unica fonte di informazioni al momento.


 


 
Una settimana dopo, Kurt non riuscì più a trattenersi. Dopo cena, mentre Carole e Burt stavano seduti sul divano a guardare il telegiornale, Kurt si sedette sulla poltrona di suo padre.

 
Burt sapeva automaticamente che stava per succedere qualcosa. “Cosa c’è che non va, Kurt?”

 
Kurt si voltò verso suo padre. “Non ti arrabbiare”.

 
Burt spense la televisione. “Kurt” disse con tono d’avvertimento.

 
“Ho trovato la persona che ha ricevuto il fegato della mamma… tre settimane fa”

 
La sua affermazione fu accolta con il silenzio. Carole si voltò a guardare Burt, aspettando che rispondesse. Kurt fece la stessa cosa, eccetto che il suo cuore stava battendo fortissimo.

 
“Tre settimane fa?” chiese Burt calmo.

 
Kurt annuì. “Lo so che non volevi che cercassi qualcosa a riguardo fino a che non avessi avuto diciotto anni, ma non potevo aspettare. Ho trovato un articolo su di lui… è m-morto, ho anche trovato il suo necrologio, ho solo… non volevo tenertelo nascosto”.

 
Burt sospirò… un sospiro molto, molto lungo.

 
Guardò Carole che si limitò ad annuire, poi si alzò e si diresse verso le scale.

 
“D-dove stai andando?” chiese Kurt, spaventato dal fatto che suo padre fosse troppo sconvolto per restare.

 
“Tornerà” lo rassicurò Carole.

 
Rimasero seduti in silenzio mentre aspettavano.

 
Come aveva detto Carole, suo padre tornò con una busta in mano.

 
Tornò a sedersi sul divano e fissò la busta, poi la porse a Kurt.

 
“Che cos’è?” chiese Kurt.

 
“Tanto tempo fa, poco dopo la morte di tua madre, volli sapere chi aveva ricevuto i suoi organi. Chiesi in giro, cercando di trovare qualche informazione e alla fine trovai qualcuno che poteva ottenere qualche informazione.

 
“Ci lavorarono a lungo, fino a quando non trovarono qualcuno. Dissero che non li avevano costretti a mettersi in contatto come me, ma solo se avessero voluto e che avrei presto ricevuto una lettera da parte loro.

 
“Quasi otto mesi dopo, ricevetti un biglietto per posta. Lo aprii. Era la persona che aveva ricevuto il suo fegato.

 

“Lo lessi ed era come riaprire tutte le mie ferite in via di guarigione e versarci del sale sopra. Sono stato male per un paio di settimane, ma non riuscivo a smettere di leggerlo… fino a quando non mi costrinsi. La richiusi nella busta e la lasciai lì.

 
“Tre mesi più tardi ricevetti un’altra lettera. Questa aveva un…” Burt fece una pausa, schiarendosi la gola. “Aveva un cuore disegnato sul retro della busta e io… sapevo cosa c’era dentro e n-non riuscii ad aprirla. La misi insieme all’altra lettera, con la busta ancora sigillata e non la guardai più”.

 
Kurt guardò la busta. Improvvisamente la sentiva pesante. Come se pesasse una tonnellata.

 
Si alzò in piedi, la busta in mano, e abbracciò suo padre. “Grazie” gli disse “Grazie mille”.

 
“Prego, Kurt”

 
Dopo aver abbracciato suo padre, abbracciò anche Carole. Non era sicuro perché, ma ne sentiva il bisogno.

 
“Vado ad aprirle al piano di sopra” disse Kurt dopo aver lasciato Carole.

 
Era arrivato a metà scala quando suo padre lo chiamò.

 
“Kurt?”

 
“Si?”

 
“Non lasciare che si riaprano certe ferite” gli disse guardandolo dritto nei occhi. “Non lasciare che ti tiri giù. Okay?”

 
Kurt annuì lentamente. “Va bene, papà”



 



 
Una volta tornato nella sua stanza, Kurt chiuse a chiava la porta. Non poteva permettere che Finn irrompesse in quel momento. Appoggiò la busta al letto e la fissò.

 
Era quasi come se fosse un animale vivo o forse una grande palla di energia che se l’avesse toccata lo avrebbe fulminato.

 
Camminò. Avanti e indietro, avanti e indietro.

 
Non sapeva esattamente perché si sentiva in quel modo. Tre settimane fa, quando aveva trovato John, non era così. Si, aveva una sorta di ossessione nel trovare le altre due persone da allora, ma non aveva riaperto nessuna ferita… giusto?

 
Era stato solo qualcosa negli occhi di suo padre mentre gli aveva parlato. Qualcosa nel modo con cui gli aveva detto ‘non lasciare che ti tiri giù’. Stava parlando per esperienza, questo era certo, ma non sarebbe successo con Kurt, no? Erano passati nove anni da quando sua madre era morta, era abbastanza per non lasciarsi coinvolgere emotivamente in tutta quella faccenda… giusto?

 
Kurt smise di camminare, si mise le mani sui fianchi e fissò la busta. “Fallo, Kurt! E’ quello che vuoi”

 
E con questo, prese la busta, la aprì e tirò fuori la prima lettera.

 
Era quella di John.

 
Aprì la busta che era già stata precedenetemente aperta da suo padre e lesse:

 
Cara famiglia Hummel

 
Sono così felice di essere qui. In primo luogo, voglio ringraziarvi per tutto. So che deve essere difficile senza Elizabeth, ma la sua morte mi ha salvato la vita e le sarò per sempre grato.

 
Kurt sorrise, ricordando che era la stessa cosa scritta nell’articolo che aveva letto, poi continuò a leggere.

 
So che niente potrà alleviare il dolore per la sua perdita, ma sappiate che non avete perso tutto di lei. Non sto parlando del fatto che io, e speriamo molti altri, hanno un pezzo di lei ora, ma sto parlando del fatto che il suo spirito sarà sempre con voi.

 
Non so nulla di lei o di qualcuno di voi, ma ho la sensazione che sia stata un donna magnifica.

 
Ci sono così tante cose che vorrei dirvi, ma voglio essere breve, per ora.

Spero che continueremo a parlare in futuro e magari, un giorno, poterci incontrare di persona.

 
Ancora una volta vi ringrazio dal profondo del mio cuore

 
John Davies


 
Kurt era rimasto seduto sul letto finché non ebbe finito di leggere la lettera. Aveva la sensazione che John gli sarebbe piaciuto. Sembrava come un nonno. Avrebbe voluto avere la possibilità di conoscerlo.

 
Rilesse la lettera altre due volte prima riappoggiarla acconto a lui sul letto.

 
Prese di nuovo la busta, tirando fuori l’altra lettera.

 
Questa aveva un cuore disegnato sul retro, proprio come aveva detto suo padre. Sapeva cosa voleva dire: chi aveva inviato quella lettera aveva ricevuto il cuore di sua madre… qualcuno che aveva il suo stesso battito.

 
Aprì la busta, senza pensare a guardare l’indirizzo o il nome.

 
Aggrottò le sopracciglia quando vide la carta all’interno della busta.

 
Carta da disegno, per l’esattezza.

 
Carta da disegno rosa, per essere ancora più precisi.

 
Sulla parte anteriore della cartolina fatta a mano, c’era un cuore gigante rosso che copriva la maggior parte della pagina.

 
Aprì lentamente la cartolina, aspettandosi che fosse una specie di orribile scherzo, quando vide che il tutto era scritto in un mix di blu, verde e arancione. Poi cominciò a leggere.

 
Ciao, famiglia Hummel. La mia mamma mi ha detto che tua moglie e mamma mi ha dato un cuore nuovo. So che siete tristi per la sua perdita, ma sono così felice del mio nuovo cuore. Devo prendere una medicina ogni giorno per essere sicuro che il cuore stia bene, ma non mi dispiace. Dal momento che vi manca il suo cuore, volevo darvi questo.

 
Sotto era disegnato un altro cuore enorme, questa volta con tanti cuoricini disegnati all’interno. Ognuno aveva un colore diverso.

 
Grazie per avermi dato il suo cuore. Prometto che me ne prenderò cura.

 
Kurt non si era accorto di star piangendo finché non sentì cadere una lacrima sulla mano.

 
Mise la lettera sulle gambe e si asciugò le lacrime sulle guance.

 
Un bambina aveva ricevuto il cuore di sua madre… non pensava nemmeno che fosse possibile. Pensava che i bambini potessero ricevere organi solo da altri bambini… non avrebbe mai pensato… dio, non sapeva a cosa pensare.

 
Kurt afferrò la busta e guardò il nome sulla parte anteriore.

 
Era scritto con un inchiostro blu, in modo disordinato; gli diceva che chi aveva ricevuto il cuore di sua madre era un ragazzo. Ora sapeva come si chiamava e quel’era il suo indirizzo.

 
Kurt si avvicinò alla scrivania, dove c’era il computer e lo accese. Aprì Firefox ma, invece di andare su Google, andò su Facebook. Sapeva che se voleva trovare un ragazzo giovane, non c’era opzione migliore di Facebook.

 
Così, con il cuore in gola e le lacrime che gli rotolavano giù dal viso -  ancora non sapeva perché non si era fermato – digitò il nome del ragazzo sulla barra di ricerca.


 
Blaine Anderson

 
 
 





 
 
Note dell’autore:

ok, devo ammettere che non so come funzionino queste tipo di cose, ma per questa storia facciamo finta che sia così :)

Spero che vi piaccia e che mi facciate sapere cosa ne pensate e se continuare o no!

Grazie in anticipo! :D

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Capitolo 2
*** Find ***






-IN A HEARTBEAT-

CAPITOLO 2 - FIND






 “Non ha sofferto”

 

 

 

C’erano tanti Blaine Anderson… beh, in realtà non molti, ma abbastanza per i gusti di Kurt. 

Non si aspettava di certo che fosse facile, Anderson era un cognome piuttosto comune, ma sapeva che sarebbe stata una cosa magica se un solo Blaine Anderson avesse Facebook e sul suo profilo ci fosse stato scritto a grandi lettere “SONO QUELLO CHE STAI CERCANDO, KURT!”

Si, sapeva che era completamente irrealistico, ma si può sognare, no? 
 

Kurt restrinse la ricerca escludendo chi sembrava avere oltre i vent’anni. Sapeva che chi aveva il cuore di sua madre, dalla cartolina che aveva mandato, doveva avere intorno alla sua età. 
 

Cliccò sul primo profilo e scoprì che nonostante quella persona sembrasse davvero giovane, aveva ventisei anni. Successe altre due volte, un ragazzo aveva ventiquattro anni e l’altro trenta. 

Il prossimo ragazzo viveva in Nevada, aveva diciotto anni, ma era anche un alcolizzato. Praticamente tutte le foto mostravano diversi tipi di feste, tutte a base di alcol. 
 

Mentre valutava la possibilità che il Blaine che stava cercando fosse proprio lui, si rese conto che chi aveva scritto la cartolina aveva fatto la promessa di prendersi cura del cuore di sua madre e Kurt si aspettava che mantenesse quella promessa. Sapeva che Blaine Anderson era piccolo quando aveva scritto la cartolina… ma è davvero una cosa che si può dimenticare? Chi avrebbe fatto marcia indietro su una promessa del genere?

 
Ben presto tornò alla pagina di ricerca e cliccò sull’ultimo ragazzo della lista. 
 

Questo Blaine Anderson sembrava essere una persona molto privata. Tutto ciò che Kurt poteva vedere era che aveva diciassette anni, era un maschio e che andava a scuola alla Dalton Academy. 
 

Nella sua foto del profilo c’erano quattro ragazzi, tutti in uniforme, con le braccia intorno alle spalle dell’altro. Sorridevano tutti e sembravano buoni amici. 
 

La foto stessa fece sorridere Kurt. 
 

Cliccò su essa per vederla meglio, ma non ci riuscì… a quanto pareva questo Blaine Anderson era veramente una persona molto privata. 
 

Tutto qui. Questo era quello che aveva per andare avanti. Non c’era niente che provasse che quel Blaine Anderson era la stessa persona che aveva ricevuto il cuore di sua madre. Nessuno segno che avesse almeno problemi di cuore. Kurt doveva solo basarsi su una sensazione. E forse era più di una sensazione di rifiuto, non volendo che fosse proprio l’alcolizzato, ma il passo successivo che fece Kurt fu andare su Google e digitare ‘Dalton Academy’ nella barra di ricerca. 

Il primo sito che venne fuori era quello della scuola e rapidamente ci entrò. 

Quando la pagina finì di caricare, la prima cosa che vide era dov’era situata la scuola. 

Westerville, Ohio.
 

Kurt sapeva, dai viaggi che aveva fatto con suo padre per andare a prendere alcuni ricambi di automobili, che Westerville era a poco più di un’ora di distanza da lì. 

Sorrise ampiamente, il suo cuore saltellava dall’eccitazione.

Saltò dalla sedia, corse al piano di sotto e di diresse direttamente in garage, sapendo che suo padre stava fingendo di pulirlo per Carole.
 

“Papà! Papà! Papà!” ripeté Kurt ad alta voce una volta raggiunto il garage. 

Burt sbatté la testa contro uno scaffale. “Ahi!” gemette voltandosi verso Kurt, strofinando la testa. “Che cosa c’è Kurt?” 

“L-l’ho trovato! Voglio dire, credo di averlo trovato! Potrei averlo trovato!” Kurt saltava su e giù, battendo le mani. 

“Kurt” disse suo padre, avvicinandosi a lui. “Calmati e dimmi di cosa diavolo stai parlando” 

Kurt sospiro e alzò gli occhi al cielo. “Il ragazzo che ha ricevuto il cuore della mamma. Abita a un’ora di distanza, voglio dire, se è lui. Voglio davvero, davvero incontrarlo. Si chiama…”
 

“Ehi, Kurt. Fermati un secondo”
 

Kurt fece un respiro, dando a Burt la possibilità di parlare.
 

“Non andrai a incontrarlo, Kurt”
 

Kurt aggrottò le sopracciglia, confuso. “C-cosa vuoi dire?”
 

“Kurt, non ti ho dato quelle lettere in modo che tu possa andare a incontrare queste persone. Una volta che avrai diciotto anni, se sentirai ancora il bisogni di incontrarlo, potrai farlo.”
 

“Ma, papà…”
 

“Quanti anni ha, Kurt? L’hai chiamato ragazzo”
 

“Lui ha… ha la mia età”
 

“Quindi è minorenne?”
 

Kurt incrociò le braccia. “Papà, non capisco cosa intendi dire”
 

“E’ giovane, Kurt. E se lui non volesse conoscerti? E se non volesse pensare al fatto che il cuore che ha non è il suo? E se fosse omofobo?”
 

“Cosa?”
 

Burt fece un passo verso Kurt, appoggiando una mano sulla sua spalla. “Questa non è una fiaba, Kurt. Ti aspetti di incontrarlo, di dirgli chi sei, magari di abbracciarlo e di dirgli che sei felice di averlo conosciuto, ma non voglio che tu sia deluso se questo non accadrà. Sei ancora troppo giovane, Kurt”
 

Kurt spinse via la mano di Burt. “Ma papà, quando mi hai dato le lettere avevi detto che ormai ero abbastanza grande e ora mi stai dicendo che non lo sono più? Non ha senso”
 

“Si trattava solo di leggere delle lettere, Kurt. Nulla di più”
 

“Quindi mi hai dato una speranza per poi togliermela?” chiese Kurt alzando la voce. “E’ completamente ingiusto, papà!”
 

“Kurt, non sappiamo nemmeno se questo ragazzo è quello giusto” esclamò Burt, superando la voce di Kurt. “L’hai detto tu stesso! E’ solo una possibilità!”
 

“Ma devo provarci, papà! Mi chiederò per sempre se sia lui o no e ho la sensazione che…”
 

“Basta Kurt, la mia risposta è no”
 

Le lacrime traboccarono dagli occhi di Kurt. Diede le spalle a suo padre, rapidamente uscì dal garage, passando di corsa per la cucina e andando dritto in camera sua, chiudendo a chiave la porta.



 

 

Dopo aver dato un paio di minuti a Burt, Carole andò in garage. “Di cosa si tratta?” chiese.
 

Burt sospirò. “Kurt pensa di avere trovato il ragazzo che ha ricevuto il cuore di Lizzie”
 

“Oh mio Dio” rispose Carole. “E’ incredibile… e veloce”. Guardò l’orologio. “Ha avuto quelle lettere solo due ore fa… perché era così sconvolto?”
 

“Perché gli ho detto che non poteva incontrarlo. A quanto pare questo ragazzo abita a un’ora da qui”
 

Carole si sedette su uno scatolone pieno di vecchi libri. “E perché non può incontrarlo?”
 

Burt sospirò di nuovo, girandosi verso un scaffale che stava (non) pulendo. “Perché hanno entrambi diciassette anni. Sono troppo giovani per affrontare una cosa del genere. Hanno bisogno di aspettare finché non saranno più grandi, più maturi”
 

“Non avevi dato quelle lettere a Kurt perché era maturo?”
 

“Kurt è maturo, Carole, ma l’altro ragazzo? Kurt non è nemmeno sicuro che sia la persona giusta, ha solo una sensazione. E se, dopo averlo incontrato, questo ragazzo si prendesse gioco di lui, lo odiasse, o gli dicesse di stargli lontano? Spezzerebbe il cuore a Kurt”.
 

Carole annuì. “Capisco cosa intendi…”. Fece una pausa mentre si alzava, avvicinandosi a Burt. “Ma è davvero per il cuore di Kurt che ti preoccupi… o del tuo?”
 

Detto questo, si volto e tornò in casa, lasciando Burt a pensare.

 

 


 

 

La mattina seguente, dopo aver tenuto la porta di camera sua chiusa a chiave tutta la notte, Kurt uscì dalla stanza giusto in tempo per andare a scuola.
 

Salutò Carole e uscì insieme a Finn, ma non disse nulla a Burt.
 

Passò metà del viaggio in silenzio, finché Finn non ce la fece più.
 

“Tutto bene, amico? Sei stato tranquillissimo per quasi tutto il tragitto”.
 

“Non sapevo che dovessi farti divertire”
 

“Non devi, ma di solito parli sempre di qualcosa”.
 

“Sto tentando di concentrarmi sulla strada, Finn, in modo da evitare qualsiasi incidente mortale”.
 

Finn fece un respiro profondo. “Kurt…”
 

“No, Finn… ho solo avuto una brutta giornata, okay? Non è niente”
 

Finn sospirò. “Okay”
 

Il resto del viaggio fu tranquillo, nessuno dei due fece uno sforzo per parlare.
 

Quando, finalmente, arrivarono a scuola, Finn scese in fretta dalla macchina, saltellando fino a raggiungere Rachel e camminandole affianco.
 

Kurt aprì la borsa, tirò fuori un pezzo di carta preso dal suo taccuino, scrisse l’indirizzo sul navigatore e uscì dal parcheggio.
 

Non gli importava cosa aveva detto suo padre, stava andando a conoscere Blaine Anderson.

 

 

 

 

 

Note dell’autore:

Wow! Non mi aspettavo così tante recensioni per il primo capitolo! Grazie mille, ragazzi!
Spero che vi piaccia anche il secondo capitolo! Blaine apparirà solo in quello successivo, ma non vi dirò altro ;)

Fatemi sapere cosa ne pensate!

 

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Capitolo 3
*** Blaine ***




 

-IN A HEARTBEAT-

CAPITOLO 3 - BLAINE






“Ha perso troppo sangue”
 
Quando Kurt entrò nel parcheggio della Dalton Academy, potè pensare soltanto a una cosa ‘wow’.

 
Quel posto era enorme. Sembrava meno una scuola e più un castello. Non riusciva a credere che dentro ci fossero un gruppo di ragazzi, a correre per i corridoi, magari. Sembrava un luogo in cui dovevi seguire una linea retta, facendo attenzione a non toccare nulla.

 
“Forse è questo che fanno” pensò Kurt dopo aver parcheggiato.

 
Tolse le chiavi dal quadro e fece un respiro profondo. Quello era il posto dove avrebbe incontrato Blaine… bhe, sperando. Quello era l’obbiettivo, in ogni caso.

 
Si guardò nello specchietto retrovisore un’ultima volta, raddrizzando la cravatta, prima di scendere dall’auto.

 
Sperava che il suo abbigliamento si confondesse abbastanza con le divise della scuola. Aveva passato più di due ore a cercare qualcosa nel suo armadio che potesse anche lontanamente avvicinarsi alla divisa della Dalton.

 
Ma Kurt non si rese conto di non avere un vero è proprio piano fino a quando non entrò dentro alla Dalton. L’unica cosa che sapeva era che Blaine era uno dei quattro ragazzo della sua immagine del profilo. Non aveva idea di quali lezioni frequentasse – e nemmeno in quali classi – o se ne avesse quel giorno.

 
Si guardò intorno in una grande stanza, non del tutto sicuro su dove andare.

 
Tutto era così… grande. Le pareti erano alte, il soffitto decorato con lampadari enormi, la stanza sembrava non finire mai.

 
Poi c’era la scala. Una scala gigante.

 
“Vale la pena farci una passeggiata”, si disse Kurt mentre cominciava a salire.

 
Era tutto così tranquillo. Kurt intuì che gli studenti dovessero essere in classe, ma la tranquillità era comunque strana. Al McKinely c’era sempre rumore. Anche se tutti erano in classe, l’atrio era sempre rumoroso. Lì era così diverso… tranquillo.

 
Una volta arrivato al piano di sopra, mentre camminava lungo un corridoio, si morse nervosamente l’interno della guancia, tornando poi sui suoi passi. Mentre tornava indietro, la campanella suonò. Nel giro di pochi secondi i corridoi si riempirono di ragazzi che ridevano e correvano via.

 
Kurt si fermò, di tanto in tanto qualcuno gli urtava un braccio, ma quasi sempre sentiva un “mi dispiace” dopo e questa era la parte strana.

 
Si accorse che tutti gli studenti andavano nella stessa direzione.

 
“Strano” pensò, ma decise di seguirli.

 
Aveva fatto metà delle scale, quando si imbatté in un volto che gli era familiare, davvero, chi può dimenticarsi di quei capelli?

 
Aumentò il passo per raggiungerlo e una volta che fu abbastanza vicino, gli batté sulla schiena.

 
“Ciao” cominciò Kurt “Mi chiamo Kurt, ehm, sono nuovo e mi chiedevo… dove stanno andando tutti?”

 
Il ragazzo sorrise, stringendo la mano a Kurt. “Io sono Jeff, e stiamo andando a guardare un’esibizione degli Usignoli. Bhe, io no perché ne faccio parte.”

 
“Gli Usignoli?”

 
“E’ il gruppo di canto corale della scuola”. Jeff si voltò e fece un gesto a Kurt. “Vieni con me”

 
Kurt sospirò e seguì Jeff. Era contento perché poteva escludere una persona dalla lista, ma anche triste perché non aveva ancora trovato Blaine.

 
Seguì Jeff fino a una stanza piena di ragazzi in attesa di ascoltare gli Usignoli. “Devo andare” disse Jeff. “tu ascolta e dopo fammi sapere cosa ne pensi, va bene?” gli chiese con un sorriso.

 
Kurt gli sorrise in risposta. “O-okay”

 
Jeff andò dietro a una fila di ragazzi e subito iniziarono a cantare.

 
Un ragazzo si fece avanti fino al centro della stanza. Kurt lo riconobbe dalla foto e, guardandosi intorno, vide altri due ragazzi.

 
Uno di loro era Blaine.

 
Era quasi troppo da sopportare. Se la canzone non fosse stata così ottimista, forse Kurt sarebbe scoppiato a piangere in quell’istante. Ma, invece, prese un lungo respiro e sorrise, muovendo leggermente la testa a ritmo con la canzone.

 
Una volta che ebbero finito di cantare, tutti applaudirono e iniziarono a uscire fuori dalla stanza.

 
Il biondo, Jeff, tornò verso Kurt. “Allora?”

 
“Era davvero bella” rispose Kurt con un sorriso.

 
“Grazie. Sai, mi chiedevo se volessi venire in sala ricreazione durante la tua ora buca, sempre se coincide con la mia”.

 
“Quand’è la tua?” chiese Kurt, sapendo che Jeff probabilmente gli stava per fare la stessa domanda.

 
“Alla seconda ora”

 
“Si, anche la mia”

 
“Fantastico. Suppongo che tu ancora non conosca molta gente, qui. Potresti conoscere qualche mio amico. Sono persone magnifiche”

 
Kurt annuì. “Fantastico, si, mi piacerebbe”

 
Jeff uscì dalla stanza, continuando a parlare, così Kurt lo seguì. “Qual è la tua prossima lezione?”

 
“Ehm… francese”

 
Jeff rise un po’, annuendo con la testa. “Va bene. Bhe, ci vediamo più tardi” aggiunse prima di proseguire.

 
“Ciao”

 
Tutti tornano nelle loro classi, facendo tornare i corridoi vuoti non appena la campanella suonò.

 
Kurt sospirò. “Dove diavolo sarà la sala ricreazione?” mormorò tra sé e sé. Guardò l’orologio e decise che avrebbe passato le successive due ore alla ricerca della stanza.


 


 
Circa un’ora e cinquantadue minuti dopo, finalmente trovò quella che doveva essere la sala ricreazione… o la sala professori.

 
Non era nemmeno sicuro del perché una scuola superiore avesse una ‘sala ricreazione’ come per i bambini. Non aveva nessun senso. Tuttavia, nulla in quella scuola aveva un senso per lui.

 
Si sedette a uno dei tavoli individuando la macchina del caffè, la panna e le bustine dello zucchero in un angolo. Aggrottò le sopracciglia. “Questo posto è folle”.

 
Rimase seduto lì da solo per qualche minuto, fino a quando non suonò la campanella. In pochi secondi, i ragazzi si radunarono nella stanza, occupando i tavoli intorno, parlando e ridendo tra loro.

 
“Ehi” disse una voce familiare.

 
Si guardò alle spalle e vide Jeff insieme ad altri tre ragazzi camminare fino al suo tavolo.

 
“Ciao” rispose timidamente.

 
I ragazzi si sedettero.

 
Kurt riconobbe immediatamente due ragazzi della foto. Uno era asiatico mentre dell’etnia dell’altro non ne era sicuro, ma era il cantate di punta degli Usignoli. C’era anche un ragazzo che non era nella foto.

 
“Wes” si presentò il ragazzo asiatico, stringendo la mano a Kurt.

 
“Kurt”

 
Un altro ragazzo fece lo stesso. “Nick”

 
“Kurt”

 
Poi fu il turno del ragazzo che Kurt aveva deciso avere gli occhi da cucciolo. “Blaine”

 
In quel momento, Ryan Reynolds sarebbe potuto entrare nudo in quella stanza che Kurt non se ne sarebbe accorto.

 
Strinse la mano a Blaine, cercando di non sembrare troppo shoccato. “K-Kurt” balbettò.

 
‘Calma’ pensò tra sé e sé.

 
“Jeff ci ha parlato di te, Kurt” disse Wes una volta che le presentazioni furono finite. “Hai detto di essere nuovo?”

 
Kurt si costrinse a distogliere lo sguardo da Blaine.

 
“Uhm, si, si lo sono”

 
“Allora, vieni dall’Ohio?”

 
“Si. Lima”

 
“Non è molto lontano da qui. Avevi Francese l’ora prima?”

 
“Si, esatto” rispose Kurt. Qualcosa in quell’interrogatorio lo stava innervosendo. Forse perché non frequentava veramente quella scuola e ogni cosa che gli usciva di bocca era una bugia… forse.

 
“Frequentiamo tutti Spagnolo e Tedesco… chi è la nuova insegnante di francese?”

 
oh, merda’

 
“Ehm.. il signor Wilson”

 
I ragazzi si misero a ridere e le guancie di Kurt si tinsero di rosso.

 
“Okay, Kurt, da dove vieni veramente?” chiese Nick.

 
“Che cosa vuoi dire?”

 
“Non c’è nessun signor Wilson qui” spiegò Jeff. “Francese non è una materia della prima ora per nessuno e non avrebbero mai lasciato entrare uno studente senza un’uniforme… anche se fosse uno nuovo. Sappiamo che non sei di qui, Kurt”

 
Ora Kurt era anche più nervoso. “Per favore non mi picchiate” disse in fretta.

 
“Non ti picchieremo di certo, Kurt” ripose Blaine a basa voce, attirando l’attenzione su di lui.

 
“Si, non è così che vanno le cose da queste parti”, aggiunse Jeff.

 
Kurt si lasciò sfuggire un sospiro di sollievo.

 
“Vogliamo sapere perché sei qui, però” disse Nick. “Sei la spia di un altro Glee Club?” provò a indovinare.

 
Kurt scosse la testa. “No,no… voglio dire, io sono nel Glee Club della mia scuola, ma…” guardò Blaine.

 
ma ho ricevuto una lettera di un Blaine Anderson che ha avuto un trapianto di cuore grazie a mia madre molto tempo fa, e mi chiedevo se fossi tu” era quello che Kurt voleva dire.

 
“..ma volevo sapere com’era questa scuola. Sono sempre andato alla scuola pubblica, così mi sono chiesto se la scuola privata fosse diversa” disse alla fine.

 
Sembravano tutti annuirono all’unisono, prendendo la sua risposta per vera.

 
“E cosa ne pensi fino ad’ora?” chiese Jeff incuriosito.

 
Kurt fece un respiro profondo. “Onestamente? Penso che questo sia il posto più tranquillo in cui io sia stato da molto tempo” rispose in completa onestà. Era ormai tanto tempo che non entrava in una scuola senza essere chiamato per nome o spinto di proposito. Quel posto era confortante e gli fece venire le lacrime agli occhi. Abbassò lo sguardo sul tavolo, non volendo farsi vedere.

 
“Ehm, ragazzi, posso parlare con Kurt da solo per un secondo?”

 
Quella voce riaccese l’attenzione di Kurt.

 
Blaine.

 
Blaine aveva detto che…

 
Blaine voleva parlare con lui da solo.

 
Ma perché?

 
Il cuore di Kurt iniziò a battere forte.

 
Gli altri annuirono, salutando Kurt e uscendo dalla stanza.

 
Kurt non era sicuro di aver risposto o meno. L’unica cosa che sapeva era che lui e Blaine erano seduti da soli al tavolo e stava fissando negli occhi il ragazzo che forse aveva un pezzo di sua madre con lui.

 
 







Note della traduttrice:

Finalmente sono apparsa anche io ;)

Ho letto questa fanfic in un pomeriggio e me ne sono perdutamente innamorata.

Spero che sappiate apprezzarla e che non troviate grossi errori di traduzione che potrebbero essermi sfuggiti.

Grazie a tutti quelli che hanno recensito (leggo sempre tutto!!) e quelli che hanno messo questa fanfic tra le preferite/ricordate/seguite.

Alla prossima!!

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Capitolo 4
*** Thump ***




 

-IN A HEARTBEAT-

CAPITOLO 4 - THUMP






“Dov’è la mamma?”
 
“Vorresti andare a fare una passeggiata?” domandò Blaine. Si guardò intorno nella stanza, poi tornò a Kurt. “E’ un po’ affollato qui”

 
“Uhm, certo” rispose Kurt, con voce un po’ più alta del normale. Mentre si alzava si schiarì la gola e seguì Blaine fuori dalla stanza.

 
Andarono sul retro della scuola, oltrepassando due grandi porte – Kurt stava cominciando a credere che avessero una sola misura in quel posto – ed entrarono in un giardino.

 
“Wow” disse sorpreso Kurt, guardandosi intorno.

 
“Si” rispose Blaine, ridendo dello sguardo sconvolto di Kurt. “Questo posto non è come le scuole pubbliche”

 
“Questo posto è folle. Insomma, tutto è folle. Ho camminato per due ore nella scuola senza aver mai visto un insegnate o qualcuno della sicurezza”.

 
Blaine annuì. Cominciò a camminare lungo una stradina che portava dietro ad alcuni alberi. Kurt si guardò intorno ancora un secondo prima di raggiungerlo.

 
“In realtà gli insegnanti, qui, non vanno molto in giro” disse Blaine. “E non abbiamo la sicurezza… non ce n’è bisogno”

 
“Di nuovo, è folle

 
Blaine sorrise. “Ci fidiamo l’uno dell’altro. Sono qua da due anni e ho visto solo una volta una rissa. Il ragazzo che ha iniziato è stato espulso immediatamente”

 
“Deve essere bello” rispose Kurt, guardando i fiori e gli alberi che li circondavano.”Voglio dire, non la rissa, ma la sensazione di sicurezza. La fiducia”

 
“Si” concordò Blaine.

 
Rimasero in silenzio per alcuni passi. Raggiunsero una panchina e Blaine si sedette, subito seguito da Kurt.

 
“Prima di venire alla Dalton” iniziò Blaine. “Ero in una scuola pubblica. Sono stato vittima di bullismo. Non so quale sia la tua storia, ma io ero stato preso di mira perché sono gay”.

 
Kurt dovette trattenersi dallo strabuzzare gli occhi.

 
“Quei ragazzi furono… incredibilmente crudeli” continuò. “Ho pensato che fosse la cosa giusta, fare coming out. Ho pensato che avrei potuto dimostrare agli altri ragazzi che non c’era niente di cui avere paura e che avrebbero potuto farlo anche loro”. Blaine rise senza umorismo. “Dio, quanto mi sbagliavo”

 
“Ho lo stesso problema” rispose a bassa voce Kurt. “Solo che io non sono semplicemente gay, sono fluorescente” risero entrambi. “Ho un bizzarro senso della moda, odio gli sport, mi piacere essere pulito, ho la mia routine di cura della pelle… e la voce non aiuta più di tanto”

 
Blaine guardò Kurt. “Mi piace la tua voce. E’ unica nel suo genere”

 
Kurt sorrise un po’, arrossendo.  “Grazie” rispose, guardando altrove in modo da non far notare a Blaine le sue guancie rosse.

 
Blaine fece un sorriso che si spense poco dopo. “Bhè,
la Dalton è ottima. Sono qui, non gliene importa a nessuno, ma non era esattamente quello che volevo. I miei genitori sono molto protettivi nei miei confronti e hanno deciso di mandarmi qua dopo un incidente nella mia vecchia scuola. Praticamente mi hanno impedito di uscire di qui da quando la scuola è iniziata.
 
“Ad ogni modo, mi sento come se i bulli avessero vinto. Andandomene, ho dimostrato che hanno potere su di me…è una cosa che odio”

 
Blaine si voltò verso Kurt, guardandolo dritto negli occhi. “Per favore non lasciare che accada anche a te, Kurt. Io non ero abbastanza forte per affrontare quei bulli, ma ho la sensazione che tu lo sia”

 
Kurt sorrise, ricacciando indietro le lacrime. “Come fai a saperlo?”

 
Blaine si strinse nelle spalle. “Lo posso soltanto dire. Non mi sembri il tipo che si lascia mettere i piedi in testa dalla gente”

 
“Grazie” rispose Kurt con una risata.

 
“Nessun problema” rispose Blaine. Guardò l’orologio e sospirò. “Sarà meglio che vada” disse, alzandosi in piedi.

 
Kurt rimase dov’era. “Oh, va bene. Bhe, è stato bello parlare con te” disse cercando di nascondere la delusione. Era stato meraviglioso parlare con Blaine, ma non era riuscito a dire nemmeno una delle cose che avrebbe voluto.

 
Blaine lo guardò per un momento. “Uhm, Kurt, ti dispiace se ti do il mio numero? Ho la sensazione che tu non possa fare visite regolari e sarebbe carino avere un amico fuori da questo…” fece un segno con le mani “… mondo”

 
Kurt sorrise. “Si, certo. Piacerebbe anche a me… voglio dire, qualcuno che vive al di fuori del mio mondo… nel senso- perché non ti ho ancora dato il mio telefono?”

 
Blaine rise. “Okay”.

 
Kurt gli porse il suo cellulare e Blaine digitò il suo numero per poi restituirlo a Kurt. “Mandami un messaggio più tardi e scrivi chi sei cosi posso salvarmi il tuo numero, ok?”

 
“Okay”



 


 
 
Tornarono dentro insieme, poi si separarono. Blaine voleva accompagnarlo fino all’uscita, ma Kurt sapeva che avrebbe ritardato alla lezione successiva e gli disse che poteva trovare da solo la strada.

 
Riuscì a tenere sotto controllo le emozioni, fino a quando giunse alla sua auto.

 
Chiuse a chiava la portiera e mise in moto. Ma, prima che potesse anche solo pensare di uscire dal parcheggio, i suoi occhi si riempirono di lacrime.

 
“Non piangere, non piangere, non piangere” si ripeteva, respirando a pieni polmoni.

 
Era tutto inutile. Non riusciva a smettere.

 
Le lacrime cominciarono a cadere lungo le guancie e gli tremavano le labbra.

 
Piangeva perché aveva trovato Blaine.

 
Piangeva perché non era certo che fosse il Blaine giusto.

 
Piangeva perché non aveva chiesto a Blaine se era la persona giusta.

 
Piangeva perché Blaine era stato così aperto e onesto con lui.

 
Piangeva perché Blaine era così carino ad aiutarlo con i suoi problemi a scuola.

 
Piangeva perché non doveva nemmeno essere lì.

 
Piangeva perché non poteva raccontarlo a suo padre.

 
Piangeva perché avrebbe dovuto mentirgli dicendo che era andato a scuola.

 
Piangeva perché i suoi amici avrebbero saputo che non era andato a scuola e avrebbero chiesto a Finn.

 
E piangeva perché sua madre non c’era più e non sarebbe mai tornata.

 
Appoggiò la testa al volante, mentre lo stringeva saldamente con le mani. Tremava e in quel momento si ricordò di come faceva sua madre per calmarlo quando era piccolo ed era triste o spaventato.

 
“Cosa c’è che non va, tesoro?”

 
“Ho fatto un brutto sogno”

 
“Dai, torniamo a letto”

 
“Non mi lascerai, vero?”

 
“Sai che non lo farò. Faremo quello che facciamo ogni volta. Straiati, adesso”

 
“Era un sogno bruttissimo, mamma”

 
“Di nuovo i mostri?”

 
“Si”

 
“Mi dispiace, tesoro”

 
“Posso…?”

 
“Certo che puoi. Appoggia la testa sul mio petto”

 
Kurt poteva ancora sentire quel familiare battito. Aveva sempre lo stesso ritmo. Thump… thump… thump,thump…thump…

 
Lo faceva addormentare più velocemente di qualsiasi storia. Era un suono rilassate alle sue orecchie. Alcune volte aveva perfino finto di avere un incubo per sentire quel battito.

 
Kurt pianse finché non uscirono più lacrime.

 
Finalmente, mollò la presa su volante e alzò la testa, asciugandosi gli occhi.

 
Lanciò un’occhiata all’orologio per scoprire che aveva quasi un’ora per tornare a scuola e prendere in tempo Finn.

 
 





Note dell’autore:

Per qualche ragione ho sempre immaginato che
la Dalton abbia un giardino :)
Per favore, fatemi sapete cosa ne pensate. Significa tanto per me!

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Capitolo 5
*** Text ***




 

-IN A HEARTBEAT-

CAPITOLO 5- TEXT





“Quando tornerà?”

 
Kurt tornò al McKinely giusto in tempo per parcheggiare prima del suono dell’ultima campanella. Pochi secondi dopo, i ragazzi corsero fuori dall’edificio. I più grandi spingevano i più piccoli, prendendosi giocho di chi andava a piedi o prendeva l’autobus. Kurt scosse la testa e sospirò. Non cambieranno mai. Ogni anno nuovi atleti sostituivano quelli vecchi. E ogni anno avevano obiettivi diversi rendendo le vite di quelli come lui un inferno. Era un infinito circolo vizioso di cacciatori e prede.

 
Kurt tornò di nuovo al presente quando la portiera del passeggero si spalancò e Finn saltò rapidamente dentro, chiudendosi la portiera alle spalle.

 
“Dove diavolo sei stato?” furono le prima parole che gli uscirono di bocca.

 
“Andiamo?” chiese Kurt, ignorandolo.

 
“Non muoverti da qua, Kurt! Mi hai mollato a scuola e te ne sei andato? Ho sentito da Tina e Mercedes che non ti hanno visto alla prima ora, poi vengo qua alla fine della seconda e scopro che l’auto non c’è più! Ho dovuto saltare la lezione dopo per venirti a cercare nei bagni, negli spogliatoi, nei cassonetti e in qualsiasi altro luogo dove qualche idiota avrebbe potuto chiuderti! Avevo paura, Kurt, va bene? Dove sei stato?”

 
Kurt sospirò. “Mi dispiace. Non pensavo di averti preoccupato così… dovevo solo vedere una persona”

 
“Chi?”

 
“Un… un ragazzo”

 
“Un ragazzo? Di cosa stai parlan…” Finn si fermò realizzando ciò che aveva appena detto Kurt. “Ok… hai un ragazzo?” sorrise, spintonando gentilmente la spalla di Kurt. “Perché non me l’hai detto?”

 
Kurt alzò gli occhi al cielo. “No, non un fidanzato, Finn”

 
Finn aggrottò le sopracciglia per la confusione. “Bene, allora… che ragazzo? Per cosa? E’ qualcuno che ti da fastidio? So di sembrare stupido, ma ho capito che è successo qualcosa, Kurt”

 
“Pensò che la frase parli da sé” borbottò Kurt. Dopo un attimo, girò la testa per guardare Finn. “Stavo cercando le persone che hanno ricevuto gli organi da mia madre, ricordi?”

 
“Si”

 
“Beh, ho trovato chi ha ricevuto il suo fegato…”

 
“Pensavo fosse morto”

 
“Allora te lo ricordi” rispose Kurt, scioccato.

 
“Dovrei offendermi in questo momento?”

 
“No… comunque… ho trovato il ragazzo che ha il suo cuore… credo”

 
“Mio Dio, è incredibile!”

 
“Si” sospirò. “Così oggi sono andato a incontrarlo. Ha la mia età, va alla Dalton Acadamy, è carinissimo, gentile, premuroso…” si fermò, senza rendersi conto che le lacrime stavano di nuovo scendendo sul suo viso.

 
“Allora perché piangi?”

 
“Perché non ho potuto chiederglielo!” esclamò Kurt, asciugandosi le lacrime con il dorso delle mani, anche se immediatamente ne scesero altre. “Era quello che stavo aspettando da anni e finalmente ho avuto la possibilità di incontrarlo e non sono riuscito a chiederglielo! Abbiamo parlato da soli e lui era così gentile, mi ha aiutato con i miei problemi e mi ha dato il suo numero di telefono dicendo che voleva essere mio amico e…”

 
Finn si inginocchiò sul sedile e avvolse le braccia intorno a Kurt.

 
Kurt si immobilizzò. “Che cosa stai facendo?”

 
“Ti abbraccio”

 
“Perché?”

 
“Sembra che tu ne abbia bisogno”

 
Dopo un momento che Finn lo teneva in quel modo, Kurt ricambiò l’abbraccio. Il fatto che fossero in macchina e in una posizione strana lo rese un po’ imbarazzante, ma non importava.

 
Pochi secondi dopo, Finn tornò a sedersi sul suo sedile. Erano entrambi in silenzio da un minuto e così Finn parlò di nuovo.

 
“Aspetta, perché ci sei andato durante la scuola? E’ perché non ne hai parlato con Burt?”

 
“Sei più perspicace di quanto pensassi” disse Kurt.

 
“Di nuovo, dovrei offendermi?”

 
Kurt sospirò. “Si, è perché non ne abbiamo parlato” disse, rispondendo alla prima domanda. “Non voleva che incontrassi Blaine – si chiama così – dicendo che avrei dovuto aspettare fino a che non fossi diventato un po’ più maturo, ma dovevo farlo… anche se alla fine si è trasformato in un epico fallimento”

 
“Io non direi. Voglio dire, hai detto di avere il suo numero. E che vuole essere tuo amico. E’ già qualcosa, no?”

 
“Io… credo di si”

 
“Ascolta, Kurt, ho capito. Se ci fossero delle persone che hanno dei pezzi di mio madre vorrei conoscerli anch’io, quindi… se dovessi avere bisogno di qualcuno che ti guarda le spalle, lo farò, okay?”

 
Kurt sorrise con ancora gli occhi arrossati dal pianto. “Grazie, Finn. Sei un buon fratello”

 
Finn sorrise. “Grazie!”

 
Kurt fece un respiro profondo. “Allora, andiamo adesso?”

 
“Si, andiamo” rispose, sedendosi nel modo corretto e allacciandosi la cintura di sicurezza. “Oh, a proposito, ho detto agli altri che non ti sentivi bene oggi, quindi se ti chiedono qualcosa… questo è quello che gli ho detto”

 
Kurt annuì, rendendosi conto di quanto si sentisse grato di avere un fratellastro come Finn.

 
 


 
 
6:55pm

Rosa o viola?

 
6:57pm
Cosa?

 
6:57pm

Rosa o viola, quale preferisci?

 
18:59 pm
Uhm… viola? Perché?

 
7:02 pm

Due opzioni per il papillon.

 
7:08 pm
Ahhh. Beh, in questo caso, come sei vestito?

 
7:10pm

Fastidiosi pantaloni neri. Una camicia a manica lunga verde chiaro. E un giubbotto bianco.

 
7:15pm

Kurt?

 
7:18pm
Scusa, stavo salvando i miei occhi dall’orrore di quell’immagine.

 
7:19pm

Kurt!

 
7:21pm
Devo dire, non mi aspettavo che questo fosse il primo argomento di conversazione che avrei avuto con te.

 
7:22 pm

Quindi ci hai pensato? *strizza l’occhio*

 
7:23 pm
*Alzo gli occhi la cielo in modo drammatico* no, ma la maggior parte delle persone iniziano un messaggio con ‘hey!’ o ‘sono (mette il nome), ti ricordi di me?’

 
7:25pm

Beh, sembra noioso e generico. Inoltre, ho salvato il mio numero sul tuo telefono mettendo anche il nome, quindi penso che tu sappia chi io sia.

 
7:26pm
Cambiando argomento… hai tempo per cambiare la bruttezza che stai indossando?

 
7:27pm

Devo dire che non mi aspettavo che nella nostra prima conversazione tu avresti insultato i miei vestiti…e no, non ce l’ho. Devo andare giù tra tre minuti.

 
7:27pm

Oh, odio anche io questi vestiti, l’unica scelta che ho avuto è stata sul papillon.

 
7:28pm
Bene, hai un papillon nero?

 
7:29pm

Ho ogni papillon possibile e immaginabile.

 
7:29pm
Anche uno bianco e nero a scacchi?

 
7:30 pm

Tre tipi diversi, in realtà. Scacchi grandi, scacchi medi e scacchi piccoli… oh, aspetta, ne ho quattro! Scacchi multi dimensioni.

 
7:31pm
Oddio! Ok… scacchi piccoli. Viola sembreresti Barney e rosa un sorbetto. Gli scacchi mostrano la tua ribellione al tuo outfit.

 
7:32pm

Mi piace il tuo modo di pensare, Hummel, però sono già due minuti in ritardo e ora mio padre si comporta come se gli dovesse venire un attacco di cuore. A dopozzzz!

 
7:34pm
Per favore, dimmi che non hai aggiunto la ‘z’ dopo una parola.

 
7:35pm

Consideralo un test… l’hai passato! Congratulazioni! Adesso devo veramente andare.

 
7:38pm
Divertiti… ovunque tu stia andando!


 


 
Kurt non sapeva dire a cosa stava pensando durante quella conversazione. Non era nemmeno sciuro di star pensando a qualcosa. Aveva appena finito di cenare con Finn, Carole e suo padre, ed era tornato nella sua stanza che il telefono stava suonando.

 
Quando vide che era Blaine, rimase scioccato. Non si aspettava un messaggio di Blaine solo dopo un giorno dal loro incontro. Pensava che sarebbe passata una settimana, o forse anche di più…. O forse Kurt voleva solo scrivergli per primo.

 
Ma una volta che aveva aperto il messaggio, i suoi pensieri… sparirono. Era il ‘primo messaggio’ più strano che avesse mai ricevuto, e in un certo senso, era anche il migliore. Era quasi come se lui e Blaine fossero amici da molto tempo. Era confortevole.

 
E, una volta che la conversazione era finita, Kurt si rilassò sul letto, tenendo il telefono sul petto, chiedendosi cosa stesse facendo Blaine fino ad addormentarsi due ore più tardi.







 
 
Note dell’autore:

Nel caso non si fosse capito, i messaggi di Blaine sono in corsivo e quelli di Kurt sono normali.
Inoltre, non uso mai il ‘linguaggio degli sms’ quando scrivo dei messaggi. Mi piace scrivere le frasi per intero, con parole vere, e credo che la pensino così anche Kurt e Blaine.

 
Infine, grazie a tutti per le recensioni! Significano molto per me! Fatemi sapere se la storia continua a piacervi!

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Capitolo 6
*** Errands ***





 

- IN A HEARTBEAT-

CAPITOLO 6 - ERRANDS

(link originale)




“Papà, voglio la mamma”


 
“Sinceramente, non capisco perché mi stia facendo questo, professor Schuester. Non è giusto”
 
“Rachel, per l’ultima volta, non cantare il tuo assolo per una sola settimana non ti ucciderà. Sei già sopravvissuta prima”
 
“Ma ho preparato una canzone di Celine Dion. Mi sono esercitata ogni notte nella mia stanza!”
 
“E avrai la possibilità di cantarla la prossima settimana”
 
Kurt stava seduto nella fila posteriore, tra Mercedes e un posto vuoto, giocando a solitario sul suo telefono. Si era estraniato dalla discussione tra Rachel e il professor Schue dieci minuti prima. In un primo momento, era stato divertente, poi era iniziato ad essere fastidioso, così aveva deciso di concentrare la sua attenzione altrove.
 
Era a una sola mossa prima della fine della partita quando gli arrivò un messaggio. Stava già per lamentarsi, quando si accorse che era di Blaine.
 
Lui e Blaine si scambiavano sms da circa una settimana, ormai. A volte facevano delle conversazioni del tutto casuali, come ‘quel è il numero di papillon per considerarli tanti?’ iniziata da Blaine, o ‘perché la gente mette ancora le culotte? Non capisco!’ iniziata da Kurt.
 
Altre volte, Blaine aveva mandato a Kurt parole di incoraggiamento, facendogli capire che ogni volta che Kurt aveva bisogno di parlare, lui era lì.
 
Questa volta, comunque, quando Kurt aprì il messaggio, c’era molto di più.
 
 
2:54pm
:(
 
 
Kurt era un po’ confuso… ok, molto confuso.
 
 
2:54pm
Che succede?
 
2:56pm
Ti sto facendo lo sguardo imbronciato prima di chiederti un favore.
 
Kurt ridacchiò… anche se in realtà lo stava già facendo da un pezzo. E se c’era una cosa che lui non faceva, era ridacchiare. Alzò gli occhi, guardandosi intorno per assicurarsi che nessuno se ne fosse accorto. Sembrava che tutti si stessero ancora godendo lo Spettacolo della Settimana di Rachel Berry per accorgersi di lui.
 
Fece un respiro di sollievo e mandò un sms di risposta.
 
2:57pm
Quale favore?
 
2:58pm
Una volta al mese, passo una giornata a fare commissioni per mia madre. Sabato prossimo, sarà quel giorno. Odio farlo da solo, ma nessuno vuole venire con me. Capirò se hai già altri programmi… ma per favore, dimmi che non ne hai!
 
 
3:01pm
Hum, non lo so… mi sento come se fossi l’ultima scelta.
 
 
(Stava scherzando, ovviamente. Al pensiero di poter trascorrere una giornata con Blaine… era troppo bello per lasciarselo scappare.
 
 
3:02pm
NO! Non sei affatto l’ultima scelta… non pensavo che volessi, così ho chiesto a qualche mio amico ma mi hanno detto di no, quindi… sto divagando.
 
3:03pm
Si, lo stai facendo. Non ho programmi, e mi piacerebbe unirmi a te… anche se ho la sensazione che ci sia un motivo se i tuoi amici non volevano venire…
 
3:04pm
Grazie a Dio!
 
3:06
NON FARLO! NON FARLO! NON CADERE NELLA TRAPPOLA! QUESTO E’ UN AVVERTIMENTO!
 
 
Kurt aggrottò le sopracciglia. Non aveva idea su chi gli avesse mandato quel messaggio, e stava iniziando a preoccuparsi un pochino.
 
Prima di aver modo di rispondere, comunque, Blaine gli rispose.
 
 
3:07pm
Scusa! Era Jeff. Mi ha rubato i telefono e il tuo numero. Non ascoltarlo. Fa solo il… simpatico!
 
 
Kurt lasciò uscire l’aria che non si era reso conto di trattenere.
 
 
3:08pm
Haha, grazie a Dio! Credevo di aver ucciso qualcuno e qualcosa del genere. Sono libero sabato.
 
3:09pm
SI! Ci vediamo allora! Grazie, Kurt! Mi stai salvando da un mondo di noia.
 
 
Kurt sorrise e tornò al messaggio di Jeff.
 
 
3:10pm
Scusa, ma è troppo tardi. Ci sono già finito dentro.
 
3:12pm
Ci ho provato! Buona fortuna!

 
Mr. Shue battè le mani mentre Rachel stava tornando a sedersi. Apparentemente la lite era finita.
 
“Okay, classe. Possiamo iniziare… finalmente”
 
Kurt mise via il telefono, provando a ignorare le farfalle che sentiva nello stomaco per l’attesa di sabato.
 
Aveva preso la sua decisione. E sabato sia.
 
 


 
 
Venerdì sera, Blaine gli mandò un messaggio dicendogli che sarebbe venuto a prenderlo a casa sua verso le nove, così Kurt gli diede il suo indirizzo e andò da Finn per informalo dei suoi programmi.
 
Finn gli disse che avrebbe passato il sabato con Rachel, per cui, se Burt avesse chiesto qualcosa, poteva dire che era con lui.
 
Gliene fu grato: se Burt gli avesse chiesto se quella sera voleva aiutarlo al negozio, Kurt avrebbe potuto usare quella scusa senza inciampare sulle sue stesse parole.
 
Il giorno dopo, Kurt si sveglio alle sette e mezza per iniziare a prepararsi. Sentì suo padre, con il quale non parlava ancora molto, uscire per andare a lavorare verso le otto, così scese di sotto per la colazione.
 
Era pronto cinque minuti prima dell’arrivo di Blaine, così si sedette semplicemente sul divano ad aspettarlo.
 
 


 
 
Un paio di minuto più tardi, ricevette un messaggio.
 
 
8:57am
Sono arrivato un po’ prima. Devo bussare alla porta o sei pronto?
 
 
Invece di rispondere, Kurt si alzò dal divano e si diresse alla porta. Non voleva sembrare troppo ansioso, così aspettò circa trenta secondi prima di aprire la porta e andare verso la macchina.
 
Sperava di non essersi vestito troppo elegante e troppo poco. Aveva deciso per qualcosa di semplice. Jeans blu scuro, camicia bianca e giubbotto nero.
 
Blaine sorrise e gli aprì la portiera. Quando Kurt salì, prese brevemente nota dei pantaloni scuri di Blaine, piegati intorno alle caviglie, e della suo polo rossa e decise che entrambi si erano vestiti per la stessa occasione. Respirare gli sembrò un po’ più facile.
 
“Ciao” disse Blaine quando Kurt richiuse la portiera e si allacciò la cintura di sicurezza
 
“Ehi” rispose Kurt. “Allora, quel è la prima cosa nella lista delle cose da fare di oggi?”
 
Blaine inserì la retromarcia, guardando dietro per assicurarsi che nessuno sarebbe spuntato fuori all’ultimo momento.
 
“UPS¹. Mia madre deve consegnare un pacco a mio fratello”
 
Kurt annuì. “E UPS sia!”
 
Blaine rimase in silenzio per un breve momento prima di fare un respiro profondo. “Okay, volevo solo chiederti scusa per la giornata noiosissima che stai per avere. Spero solo che tu non avessi altri piani perché sarebbero stati comunque meglio di questo. Scusa se ti ho fregato”
 
Kurt rise. “Non mi hai fregato. Avevo capito il sarcasmo dei messaggi. E questa è la prima volta che ho dei programmi il sabato da due mesi a questa parte, quindi questo è sicuramente emozionante”
 
“Va bene, allora, dovrebbe essere una giornata abbastanza buona” rispose Blaine con un sorriso che sparì dopo pochi secondi. “Allora, come va la scuola?”
 
“Va bene, papà” scherzò Kurt. “Al lavoro tutto bene?”
 
“Okay, okay” rispose Blaine, alzando una mano in segno di resa. “Ho fatto una domanda da genitore, ma…. Lo sai cosa intendo”
 
“I bulli ci sono ancora” si strinse nelle spalle “E’ come al solito”
 
“Non è così che dovrebbe essere”
 
“Si, lo so. Ma basta con i discorsi tristi. Potremmo aver parlato per tutta la settimana, ma non ci conosciamo ancora così bene e mio padre dice che non bisogna andare in auto con gli sconosciuti”
 
“Quindi non abbiamo mai parlato prima di questo viaggio in auto?”
 
Kurt sorvolò sulla domanda. “Dimmi qualcosa di te”
 
“Okay…” pensò per un momento. “Beh, ho diciassette anni. Vado alla Dalton Academy. Sono gay. Canto”
 
Kurt lo fissò un istante prima di rispondere. “Okay, ma questo lo sapevo già”
 
Blaine rise. “Scusa. Non c’è molto altro oltre a questo. Che mi dici di te?”
 
Kurt sospirò. “Sai già le basi”
 
“Allora c’è una sola cosa da fare”
 
“E cosa?”
 
Blaine allungò la mano e accese la radio. “Cantare fino a farci scoppiare i polmoni e facendoci guardare male a ogni semaforo, soprattutto dagli anziani”
 
Ci vollero un po’ di moine, ma alla fine Kurt si lasciò convincere a partecipare a quella cosa. E risero a crepapelle quando una donna, probabilmente sulla novantina, mostrò loro il medio.
 




 

Lasciando cadere il pacchetto, si diressero alla loro prossima fermata: il negozio di alimentari.
 
Kurt lesse la lista mentre Blaine prendeva quello che sua madre aveva scritto, poi tornò indietro, dicendo che dovevano prendere qualcosa da mangiare.
 
Parlarono e scherzarono mentre Blaine prendeva ogni tipo di schifezze. Questo uccise Kurt, ma tenne la bocca chiusa, mentre guardava Blaine mettere tutti i tipi di cibo spazzatura nel carrello.
 
Bhe, d’accordo, non tenne proprio la bocca chiusa. Le Pop-Tarts² furono la goccia che fece traboccare il vaso.
 
“Okay, non puoi farlo, Blaine”
 
Blaine aggrottò le sopracciglia e lo guardò. “Fare cosa?”
 
“Pop-Tarts al triplo caramello, Blaine? Scherzi?”
 
“Sono buonissime!” le difese.
 
“Hanno anche l’intenzione di ucciderti… hai bisogno di frutta”
 
“Ho già preso la frutta della lista. Mangio spazzatura solo al fine settimana, il resto tutta roba sana”
 
“Hai preso biscotti, patatine, pop corn e scommetto che prenderai anche il gelato… esattamente, per quanti fine settimana stai comprando?”
 
Blaine si voltò, tenendo una mano sul carrello e mettendo l’altra sul fianco. Fece una faccia imbronciata a Kurt. “Ma io ho bisogno dei miei Pop-Tarts!”
 
Kurt mise entrambe le mani sui fianchi, guardando in faccia Blaine per un attimo prima di rispondere. “Che ne dici di un compromesso? Puoi prendere le Pop-Tarts alla fragola senza glassa”
 
Blaine spalancò la bocca mettendosi una mano sul cuore, con un’espressione di finto orrore. “Questo non è un compromesso. Questo è l’inferno”
 
Kurt sospirò. “Va bene. Pop-Tarts alla fragola e con la glassa, ma a basso contenuto di grassi… e lascerai il gelato”
 
Blaine gemette, voltandosi verso i Pop-Tarts. Trovò quelli che aveva deciso Kurt e li prese, facendoli cadere nel carrello come se non gliene importasse.
 
“Contento?” chiese voltandosi di nuovo verso Kurt.
 
“Molto”
 
Kurt riprese a camminare, saltellando un po’ all’idea di averla avuta vinta.
 
“Sai” disse Blaine, unendosi a lui un attimo dopo “A nessuno dei miei amici è mai importato quello che compravo quando venivano con me… mi incoraggiavano, in realtà.”
 
“Bhe, potrai ringraziarmi quando avrai ancora una taglia 40 a potrai ancora respirare”
 
Blaine sospirò. “Forse” rispose, mantenendo il suo comportamento drammatico per ancora qualche secondo.
 
Kurt rise dirigendosi verso la cassa. Gli venne in mente, mentre stavano mettendo i loro acquisti sul nastro trasportatore, che forse aveva oltrepassato certi confini con la storia dei Pop-Tarts. Non aveva nessun diritto di dire a Blaine cosa poteva o non poteva comprare. Quella era la prima volta in cui facevano qualcosa insieme, per l’amor del cielo!
 
Blaine aveva tutto il diritto di lasciarlo perdere, si trattava degli affari suoi… ma non lo aveva fatto. Non sembrava più nemmeno preoccupato a riguardo. Stava parlando e ridendo come se niente fosse successo.
 
‘E’ come se fossimo uno vecchia coppia… no! No, Kurt, non pensare a certe cose, sarebbe troppo strano’
 
Finirono di pagare alla cassa e si diressero alla macchina.
 
“Allora, dove andiamo?” chiese Kurt, anche se l’aveva già intuito.
 
Blaine sorrise, guardando Kurt con gli occhi spalancati. “A casa Anderson”
 
 
 


 
 
 
Note dell’autrice:
ho cercato di rendere più leggero questo capitolo, visto che mi sembra di aver già fatto piangere la maggior parte di voi, ultimamente. :) spero che questo vi abbia fatto sorridere un po’.
 
Grazie mille a tutti per le recensioni! Vi sono molto grata a tutti quelli che hanno messo la fanfic tra le preferite/ricordate/seguite, ma le recensioni sono semplicemente incredibili!
 
Alla prossima e grazie ancora :)
 
 
 
Note della traduttrice:
¹L’UPS è un’azienda che si occupa di mandare pacchie e cose del genere.
² Le Pop-Tarts sono delle specie di biscotti ripieni. Ne esistono di tantissimi gusti (cioccolato, nocciola, fragola, vaniglia, ecc) e si possono mangiare anche riscaldati. Per nostra sfortuna in Italia non sono in vendita.

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Capitolo 7
*** Meds ***





 

- IN A HEARTBEAT-

CAPITOLO 7 - MEDS

(link originale)



“Non tonerà più a casa”
 
 
Kurt rimase un po’ scioccato quando raggiunse la casa di Blaine. Più per la maestosità per la grandezza. Aveva già previsto che fosse grande, ma non credeva che sarebbe stata così… perfetta.
 
L’erba era di un bel verde e sembrava appena tagliata. Era evidente che quel giardino era stato progettato da un paesaggista. Rose e tulipani, che Kurt non pensava potessero stare così bene insieme, erano collocati nei punti giusti, rendendo il giardino molto colorato.
 
Davanti a loro c’era una quercia, con un’altalena che pendeva da essa. Non un’altalena per bambini, ma una che ne poteva portare anche due persone alla volta.
 
La casa era bianca, con rifiniture nere e una porta rossa. Sembrava come se l’avessero appena dipinta.
 
Fu distolto dai suoi pensieri quando la macchina si spense e l’aria condizionata smise di soffiargli sul viso.
 
“Dopo essere entrati, puoi darti una rinfrescata mentre metto via la spesa, così facciamo prima” disse Blaine.
 
Kurt annuì. “Suona bene”
 
Portarono la spesa verso la porta, poi Blaine si accucciò per poter infilare la chiave nella porta e aprila, ed entrarono.
 
Kurt si guardò intorno. I pavimenti erano in legno duro e le pareti di un color crema confortante. Sul muro c’erano alcuni dipinti dall’aria piuttosto costosa, e tutti i mobili in cui si imbatté mentre andava in cucina sembravano molto costosi.
 
“La tua casa è bellissima” disse Kurt posando la spesa sul bancone della cucina.
 
“Grazie” rispose Blaine. “Mi sembra un po’ troppo perfetta per i miei gusti, ma ai miei genitori piace così”
 
“E’ molto elegante”
 
“Sembra che nessuno si sia mai seduto sul divano. Ti giuro che lo facciamo, però”
 
“Ci mettete un telo sopra, prima?” chiese Kurt con un sorriso malizioso.
 
“Ahi, questo fa male” rispose Blaine con una drammatica espressione di dolore sul volto.
 
Kurt rise. “Hai cominciato tu. Io ho solo detto che mi piace la casa”
 
“Che ne dici di tornare a quando ho detto ‘grazie’ e ricominciare da lì?”
 
“Buona idea”
 
 



 
 
Tolsero la spesa dai sacchetti e la riordinarono in un silenzio confortevole, poi Blaine si offrì di preparare il pranzo.
 
“Giuro che sarà sano” disse facendo il segno d’onore degli scout con le dita.
 
Kurt rise. “Mi fido… uhm, ti dispiace se uso il bagno?”
 
Blaine trattenne il respiro mentre si dirigeva verso il frigo per cercare quello di cui aveva bisogno. “Oh, non lo so, preferirei che la tenessi”
 
Si voltò a guardare Kurt con un sorriso. Kurt aveva le mani sui fianchi e gli lanciò un’occhiataccia.
 
“Al piano di sopra, terza porta a sinistra”
 
Kurt sorrise. “Grazie mille”
 
 



 
 
Dopo essersi lavato le mani, stava per uscire, ma qualcosa lo fermò. L’armadietto dei medicinali era socchiuso e Kurt poteva vede alcune bottiglie con delle pillole.
 
Aprì l’armadietto ancora un po’ e vide che c’erano anche delle vitamine.
 
Le pillole erano state prescritte per Blaine… o almeno quelle su cui riusciva a leggere il nome sopra.
 
Tirò fuori il suo cellulare per scattare una foto a una delle bottiglie con le pillole. Sapeva che non si sarebbe mai ricordato il nome ‘Ciclosporina A’ una volta tornato a casa.
 
Non volendo aspettare ancora, scattò al foto e si diresse rapidamente fuori dal bagno.

 



 
Quando tornò in cucina, Blaine era occupato a preparare due insalate. “C’è qualche verdura che non ti piace, Kurt? Perché sto mettendo dentro un po’ di tutto…”
 
“Mi piace tutto” rispose Kurt, sedendosi su uno sgabello. “Non sono molto esigente”
 
Blaine annuì in risposta.
 
“C’è qualcosa che posso fare per aiutarti?” chiese Kurt, sembrandogli scortese rimanere seduto a guardare.
 
“Ho quasi finito, ma se vorresti prendere i condimenti, sono tutti nella porta del frigo”
 
Kurt si alzò e si diresse verso il frigo. “Cosa preferisci?”
 
“Salsa Ranch, per favore… e potresti anche prendere l’acqua? Prendi quello che vuoi da bere. Il mio frigo è il tuo frigo”
 
Kurt rimase a bocca aperta. “Il tuo frigo?” chiese con finto stupore mentre prendeva i condimenti e tornava indietro per l’acqua.
 
“Ho comprato quello che c’è dentro”
 
“Con i soldi dei tuoi genitori”
 
“Si, ma se non fosse stato per me che sono andato al negozio, loro non l’avrebbero fatto, quindi ho tutti i diritti su esso, dal momento che ho speso del tempo per prenderli”
 
“Lo sai che ho solo preso dell’acqua, vero?” rispose Kurt, alzando una bottiglia. “Quindi niente di tutto ciò è importante”
 
Blaine aggiunse un pezzo di carota a una delle due insalate. “Devo fare pipì” disse uscendo dalla cucina e andando verso il piano di sopra.
 
Kurt rise e scosse la testa.
 
 




Mangiarono al tavolo della cucina, parlando di niente di serio. Erano solo storielle di quando erano bambini su contrattempi piuttosto divertenti, ricongiungimenti familiari, e lo sfortunata collisione di Blaine con la torta del suo decimo compleanno.
 
“Sei pronto per tornare a casa?” chiese Blaine una volta che tutto fu ripulito.
 
“Il Giorno delle Commissioni è già finito?” chiese Kurt, cercando di nascondere la delusione nella sua voce.
 
“Bhe, no, ma devo andare al country club di mia madre e fare la mia comparsa. Le fa piacere che io ci vada almeno una volta al mese per incontrare le sue amiche. Non ci sono ancora andato questo mese, quindi pensavo di andare oggi, ma non voglio annoiarti”
 
“Sono tutt’altro che annoiato, Blaine” rispose Kurt. Ci volle un momento, poi si rese conto come suona quello che aveva appena detto. Distolse lo sguardo, sperando che Blaine non lo vedesse arrossire.
 
Blaine sorrise. “Va bene allora, andiamo.”
 
 



 
 
Quando arrivarono al country club, Blaine parcheggiò senza spegnere l’auto.
 
“Qualcosa non va?” chiese Kurt.
 
Blaine fece un respiro profondo, togliendosi la cintura di sicurezza e girandosi verso Kurt. “Okay, dunque, queste donne… io gli piaccio… molto e, bhe…”
 
“Blaine?”
 
“Provano sempre a incastrarmi con le loro figlie” sbottò alla fine.
 
Kurt sbuffò, coprendosi rapidamente la bocca per non nascondere la sua risata, anche se ormai era troppo tardi.
 
“Kurt!”
 
Kurt si calmò, ma continuò a sorridere. “Mi dispiace, io… ehm, non sanno che sei gay?”
 
“Si…”. Ora anche Blaine aveva iniziato a ridere, anche se non così forte come Kurt. “Sono abbastanza sicuro che è per questo che tentano di farmi fidanzare con una delle loro figlie”
 
“Bhe, certo, noi uomini gay siamo eccezionali con le donne”
 
“Ovviamente” concordò Blaine.
 
“Dai, andiamo, questa non me la voglio proprio perdere”
 
Kurt!” gemette di nuovo Blaine.
 
Blaine!” lo derise Kurt.
 
Blaine spense la macchina e si diressero all’interno. Entrarono in una sala da pranzo dove cinque capannelli di donne stavano avendo diverse discussioni sul gossip l’una con l’altra.
 
Blaine si fece strada fino al tavolo centrale.
 
“Ehi, mamma, signore” disse, riconoscendo tutti. Si chinò per dare a sua madre un bacio sulla guancia.
 
“Ciao, Blaine” risposero tutte, ad accezione di sua madre.
 
“Ciao, tesoro” disse lei.
 
“Uhm, mamma, signore, lui è Kurt. Kurt, questa è mia madre Diane, e le sue amiche, Laura, Jenny, Brianna, Stacey e Loraine” presentò Blaine indicando ogni donna mentre ne diceva il nome.
 
Kurt fece un passo avanti, mettendosi accanto a Blaine. “Ciao” disse educatamente, facendo un cenno verso le donne.
 
Diane continuava a spostare lo sguardo tra Kurt e Blaine. “Blaine ci ha parlato di te. Vai al McKinley, giusto?”
 
“Si, signora”
 
“E’ una bella scuola?”
 
“Ehm, si abbastanza. Faccio parte di un Glee Club e ho alcuni ottimi amici, quindi, va bene”
 
“Bene” disse Diane, alzandosi in piedi “Odio andarmene in questo modo, ma devo usare il bagno e prendermi un altro drink, dal momento che il cameriere sembra non avere intenzioni di tonare. Scusatemi”
 
“Siedetevi, ragazzi, siedetevi” disse Jenny.
 
Blaine si sedette al posto di sua madre e Kurt prese il posto vuoto accanto a lui.
 
“Allora, Blaine…” iniziò Loraine.
 
Blaine si avvicinò a Kurt. “Ci siamo” sussurrò.
 
Kurt sorrise, cercando di non ridere.
 
“Mia figlia, Jerica… ti ricordi di lei, vero? Bellissimi capelli castani, occhi azzurri, pelle come quella di una bambola?”
 
“Si, mi ricordo”
 
“Bene, canterà a un concorso la prossima settimana!”
 
“Davvero? E’ fantastico!”
 
“Si, così mi chiedevo se saresti in grado di aiutarla un giorno di questi. Potreste fare un po’ di pratica e magari dopo potreste uscire e divertirvi… che te ne pare?”
 
“Uhm, bhe, non so se ho tempo questa settimana, ma controllerò e ti farò sapere” rispose educatamente Blaine.
 
Kurt lo guardò e poté scorgere il disagio sul suo volto. Non sapeva se fosse la cosa più giusta da fare, ma prima di poterci pensare veramente, si avvicinò a lui e gli appoggiò una mano sulla gamba.
 
“Tesoro, potresti passarmi l’acqua? Ho la gola un po’ secca”
 
Blaine aggrottò le sopracciglia per la confusione, poi, un attimo dopo, sembrò colpito e sorrise. “Certo… piccolo, te la vado a prendere subito”
 
Blaine si alzò e si diresse verso la zona bar. Kurt, rimanendo nel personaggio, lo guardò allontanarsi.
 
“Non è un amore?” disse, rivolgendosi alle signore.
 
Sembravano tutte scioccate, per non dire altro.
 
“Ehm, si” rispose Stacey, la prima a ritrovare la voce. “Si, lui è… d-da quanto tempo state insieme?”
 
“Oh, siamo usciti solo un paio di volte. E’ una cosa nuova”. Si voltò per vedere se Blaine stesse tornando indietro, e con la coda dell’occhio vide le altre donne fare lo stesso. “Non diteglielo, ma penso possa essere quello giusto” sussurrò, appoggiandosi allo schienale della sedia.
 
Le donne rimasero a bocca aperta. Nessuno di loro sembrava arrabbiata, un po’ sconvolte forse, ma sembrava che avessero appena sentito il più grande pettegolezzo della storia.
 
Blaine tornò, porgendo a Kurt il bicchiere. “Ecco qua, tesoro” disse, strofinando la schiena di Kurt per un attimo, prima di sedersi.
 
“Grazie mille” rispose Kurt, lanciandogli uno sguardo amorevole.
 
… le donne non menzionarono mai più le loro figlie.
 
 



 
 
“Non ho idea di cosa tu abbia detto mentre ti stavo prendendo da bere” disse Blaine accompagnando Kurt verso il vialetto “ma grazie”.
 
“Nessun problema” rispose Kurt. “Per un attimo ho avuto paura di aver oltrepassato il limite, ma sembrava che ti volessero saltare addosso”.
 
“Non l’ho hai oltrepassato affatto” lo rassicurò Blaine.
 
“Bene”. Kurt si fermò per un secondo. Sapeva che doveva già essere fuori dalla macchina, ma non voleva scendere ancora. “Sono stato bene oggi” disse guardandolo. “Se hai bisogno di un amico per un’altra commissione, sarei felice di accompagnarti”
 
Blaine gli rivolse uno sguardo che Kurt poteva descrive come ‘da cucciolo’. “Davvero? Mi piacerebbe”
 
Kurt sorrise. “Bene”
 
“E’ ufficiale, allora” rispose Blaine con un cenno del capo. “Sarai il mio partner ufficiale per le commissioni”.
 
Kurt rise. “Beh… è meglio che vada” disse guardando l’orologio della macchina per scoprire che erano appena passate le quattro e mezzo. Suo padre non sarebbe tornato a casa fino alle sei, ma non voleva correre rischi. “Spero di riuscire a rivederti il mese prossimo”
 
Blaine deglutì a fatica, poi annuì. “Si, anch’io”
 
Kurt scese dall’auto, salutando Blaine mentre chiudeva la portiera.
 
Si avvicinò alla porta, e mentre stava cercando le chiavi in tasca, ricevette un sms. Tirò fuori il cellulare e vide che era di Blaine.
 
4:34pm
Spero di riuscire a vederti anche prima di quanto pensi.
 
Kurt si voltò indietro per vedere che Blaine era ancora sul vialetto con un sorriso sul viso.
 
Kurt sorrise e gli fece un cenno, rispondendo al messaggio: ‘Bene. Anch’io’
 
Guardò Blaine ricevere il messaggio e leggerlo. Poi, con un ultimo sorriso e un cenno, Blaine mise in moto e si allontanò.
 




 
Fu solo quando Kurt ebbe raggiunto la sua stanza che si rese conto che non aveva detto a Blaine l’unica cosa che avrebbe voluto dirgli.
 
A dire il vero non gli era nemmeno passato per la testa. Nemmeno quando aveva visto tutte quelle pillole e vitamine in bagno… il che gli ricordò di cercare il farmaco che aveva fotografato.
 
Tirò fuori il telefono, prese il computer spento dalla scrivania e si lasciò cadere sul letto.
 
Aprì Google e digitò ‘Ciclosporina A’ nella barra di ricerca.
 
La prima pagina che apparve fu quella di Wikipedia, intitolata ‘Cyclosporina’, che apparentemente era una grafia diversa dello stesso farmaco.
 
Sapendo bene che quella non era la fonte più affidabile per i dettagli, almeno poteva dirgli a cosa serviva quel farmaco.
 
Cliccò sul sito e cominciò a leggere… nella prima frase, subito dopo le diverse grafie del nome, Kurt lesse che era un farmaco immunosoppressivo usato nei trapianti d’organi per prevenire il rigetto.
 
Man mano che leggeva il cuore di Kurt batteva sempre più forte.
 
Fece scorrere verso il basso la pagina e lesse che era un medicinale comunemente usato nei casi di trapianti di cuore… e in quel momento lo seppe. Quello non era più un ‘forse potrebbe, forse non potrebbe essere’… quel Blaine era sicuramente il Blaine che stava cercando.
 
 
 
 
 

Note dell’autrice:
Sono io, o c’è un sacco da ridere in questo capitolo?
Il prossimo capitolo sarà in parte Blaine POV… in realtà probabilmente sarà tutto dal punto di vista di Blaine.
 
Grazie mille per tutte le meravigliose recensioni :) vi adoro!
 
E se ho scritto qualcosa di sbagliato sulle medicine… è tutta colpa di Google!

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Capitolo 8
*** Heart ***





 

- IN A HEARTBEAT-

CAPITOLO 8 - HEART 

(link originale)



“Ne abbiamo uno, ma dobbiamo fare in fretta”
 
Blaine tornò a casa verso le cinque e un quarto. Aprì la porta ed entrò, chiudendola nuovamente alle sue spalle.
 
Sentì sua madre in cucina, come sempre a quell’ora, così decise di andare a tenerle compagnia per un po’.
 
“Ehi, mamma” disse mentre si sedeva al bancone della cucina.
 
Lei gi dava le spalle, girata verso il lavandino. “Ciao, tesoro. Com’è andata oggi?”
 
“Benissimo. Ho appena riportato a casa Kurt”
 
“Si è divertito durante la tua giornata delle commissioni?”
 
“Credo di sì. Mi ha detto che gli piacerebbe rifarlo”
 
Lei chiuse il rubinetto e portò una pentola piena d’acqua sul fornello. “Davvero? E’ la prima volta che succede” disse con una risata.
 
“Lo so” concordò lui.
 
“Sai, le signore mi hanno raccontato una cosa divertente, dopo che ve ne siete andati dal country club”.
 
Blaine si morse il labbro, cercando di trattenere una risata. “Davvero? Cosa?”
 
“Bhe, mi hanno chiesto di Kurt, che a quanto pare è il tuo ragazzo. Ho pensato che fosse strano, visto che l’hai conosciuto solo una settimana fa e siete usciti solo una volta… avete fatto commissioni tutto il giorno… il che non andrebbe nemmeno considerato come un appuntamento”
 
“Non è il mio ragazzo, mamma”
 
“Oh, ci ero già arrivata per conto mio, tesoro… o Kurt è l’unico autorizzato a chiamarti così ora?”
 
Blaine sospirò. “Ti hanno detto anche questo?”
 
“Sai che mi dicono tutto. Erano scioccate, Blaine… come lo ero io”
 
“Bhe, se lo meritavano. Cercano costantemente di incastrarmi con le loro figlie nonostante sappiano benissimo che io sono gay”
 
“Lo fanno perché gli piaci, Blaine. Dovresti prenderlo come un complimento”
 
“Sa di vecchio, mamma”
 
Ora era la volta di Diane a sospirare. “Beh, io sono stata al vostro gioco. Ho detto loro che la vostra relazione era una cosa nuova, quindi non sapevo molto di Kurt, ma che mi sembrava un ragazzo davvero carino”
 
Blaine sorrise. “Vedi, non hai nemmeno bisogno di mentire!”
 
Lei alzò gli occhi. “Allora, Blaine, Kurt ti piace o non ti piace?”
 
“Mamma”
 
“Niente ‘mamma’ con me. Rispondi alla domanda”
 
“E’… sento che è una persona che mi potrebbe piacere… è uno a posto, ma voglio conoscerlo meglio prima di lasciarmi andare con lui”
 
Diane annuì, approvando la risposta del figlio.
 
Proprio in quel momento la porta si aprì di nuovo, sbattendo mentre si richiudeva.
 
Diane alzò di nuovo gli occhi. “Ciao, Nathan, siamo qua”
 
Nathan entrò in cucina, continuando a fissare il suo Blackberry. “Te lo dico io, John è un idiota! Non c’è alta parola per descriverlo che idiota!”
 
“E’ andato tutto bene al lavoro?” chiese Diane con tono sarcastico.
 
“Mai andata così male!”. Guardò Blaine e puntò un dito contro di lui. “Non lavorare mai con gli idioti, Blaine. Mai”
 
“Lo terrò a mente, papà”
 
“Nathan, pensi che si possano mettere da parte gli idioti abbastanza a lungo per dare un bacio a tua moglie?”
 
Nathan sospirò, cercando di calmarsi. “Certo, tesoro, mi dispiace”. Si avvicinò a lei, chinandosi per baciarla sulla guancia come faceva ogni giorno dopo essere tornato dal lavoro.
 
“Allora, Blaine, com’è andata oggi a scuola?”
 
Blaine gli lanciò uno sguardo come a dire ‘mi stai prendendo in giro’. “E’ sabato, papà”
 
“Sa-Sabato?” esclamò, sgranando gli occhi. “Me ne ero completamente dimenticato! Diane, tesoro, devo cenare nel mio ufficio stasera, va bene?” disse, già sulla soglia della cucina.
 
Lei sospirò. “Te lo porto quando è pronto”
 
Nathan lasciò la stanza e nel tragitto verso il suo ufficio, Blaine poté sentire che era già al telefono.
 
“Oh, guarda, io e te da soli a cena… di nuovo” disse Blaine, roteando gli occhi.
 
“Dai, Blaine, lascia un po’ di spazio a tuo padre. Lo sai quanto è difficile il suo lavoro.”
 
“Mamma, apri gli occhi. Sono abbastanza sicuro che se stessi annegando e mio padre fosse l’unico che potrebbe salvarmi, riceverebbe una telefonata di lavoro”
 
Diane mise il resto degli spaghetti nella pentola, senza preoccuparsi per quelli che si rompevano. Si avvicinò a Blaine. “Lo sai che non è vero, Blaine! Tuo padre ti ama e farebbe di tutto per te”
 
“Hum” fu l’unica cosa che rispose Blaine. “Hai bisogno di aiuto con la cena?”
 
“No, ho tutto sotto controllo”
 
Blaine annuì. “Vado in camera mia”
 
“Ti chiamo quando è pronto”
 
“Okay”
 
 


 
Blaine salì al piano di sopra, ma , mentre stava andando verso la sua stanza, si fermò davanti al bagno.
 
Sapeva perfettamente cosa doveva fare. Nessuno doveva più ricordarglielo. Doveva prendere diverse medicine e vitamine in diverse ore del giorno, tutte prima dei pasti. Così finiva col prendere due pillole e tre vitamine a colazione, una pillola e due vitamine a pranzo e due pillole e due vitamine a cena.
 
Per lui era una cosa normale.
 
Prese le pillole, le appoggiò al bancone, e riempì un bicchiere d’acqua che era sempre in bagno.
 
 
Ma questa volta, prima di prendere le pillole, si guardò un attimo allo specchio.
 
Dopo alcuni minuti, non era sicuro quanti, alzò la mano destra e la posò sul suo cuore. Lo sentì battere per un momento, poi deliberatamente cominciò a respirare più velocemente, costringendo il cuore a battere più forte.
 
Premette più forte la mano sul petto e tornò a respirare normalmente, sentendo il suo battito cardiaco rallentare e tornare alla normalità.
 
Tenne la mani ancora lì, non essendo ancora in grado di toglierla.
 
Faceva sempre quello che doveva fare. Batteva sempre più forte quando correva, o piangeva, o aveva paura, o in qualsiasi momento in cui il suo respiro accelerava – o quando vedeva un bel ragazzo che lo faceva sciogliere – ma non era il suo.
 
Il suo cuore non c’era più. Quella che aveva dentro al suo corpo era di un’altra persona. Un’altra persona che una volta era viva e aveva una famiglia. Quella persona doveva essere ancora lì…
 
C’era state alcune volte in cui avrebbe voluto morire… e un paio dove lo aveva fatto veramente. A volte si sentiva ancora come se fosse morto. Forse era il suo destino morire giovane. Che quel cuore, quel cuore che non era suo, non gli appartenesse mai.
 
E quanto era egoista? Tante persone avrebbero potuto avere quel cuore. Così altre persone sarebbero potute diventare medici, avvocati, o qualcosa che avrebbe fatto una grande differenza.
 
Che cosa voleva fare Blaine? Cantare.
 
E non poteva fare a meno di chiedersi chi era la seconda persona nella lista. Chi era la persona che avrebbe ricevuto quel cuore se non ci fosse stato lui? Chi era morto perché lui lo ricevesse?
 
Blaine era, in un certo senso, senza cuore. Era come si sentiva, almeno.
 
E fu allora che capì che stava arrivando. Ormai era in grado di capire da qualche anno quando stava per iniziare la depressione, ma non era ancora in grado di fermarla.
 
Sospirò, guardandosi allo specchio per un attimo prima di far cadere la mano dal petto, raccogliendo le pillole e ingoiandole tutte con un sorso d’acqua.
 
Versò il resto dell’acqua nel lavandino mentre sua madre lo chiamava per la cena.
 
Scese le scale, sentendo il suo cuore - no, non il suo cuore, ma quello di qualcun altro – estremamente pesante. Era una sensazione triste rispetto a quanto si era sentito bene quel giorno.
 
Si, stava arrivando. Non c’era altra scelta. Ora Blaine non poteva fare altro che aspettare che colpisse… e sapeva che sarebbe stato un duro colpo.
 
 
 
 
 
 
Note dell’autrice:
Ed ecco a voi il Blaine POV!
 
Spero che abbiate apprezzato il capitolo!Fatemi sapere cosa ne pensate, e grazie a tutti quelli che hanno recensito fin’ora!

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Capitolo 9
*** Fudge ***


- IN A HEARTBEAT -


CAPITOLO 9 - FUDGE


(link orginale)



"Perché non risponde?”
 
Kurt iniziò a preoccuparsi dopo non aver sentito Blaine per tre giorni.
 
Il giorno dopo ‘la Giornata delle Commissioni’, lui e Blaine si erano scambiati sms come sempre. Semplici battutine o cose a caso durante la giornata. Poi, il giorno dopo, Blaine rispose soltanto ai messaggi di Kurt. Erano sempre rispose cortissime. Non potevano nemmeno considerarsi frasi.
 
Poi, il giorno dopo, niente. Kurt gli mandò due sms, ma quando arrivò a sera senza aver ancora avuto nessuna risposta, gli mandò un altro sms per sapere se stesse bene.
 
Dopo tre giorni e un totale di dieci ‘stai bene?’, ‘Sei malato?’, ‘Sei vivo?’, Kurt capì che c’era qualcosa che non andava.
 
Eppure, aspettò un altro giorno prima di decidersi di mandare un sms a Jeff.
 
 
2:48pm
Jeff, sono Kurt, alias la spia del McKinely. Volevo sapere come sta Blaine. Parliamo da un po’, ma negli ultimi quattro giorni, niente. Sono solo preoccupato per lui e mi chiedevo se stesse bene… o se fosse ancora vivo.
 
 
2:54pm
Non può essersene dimenticato, Kurt! Inoltre, ho aggiunto il tuo numero alla rubrica quando ho rubato il telefono a Blaine… e a proposito, Blaine non sta bene in questo periodo. E’ sicuramente vivo, comunque… te lo prometto.
 
Kurt non provò nemmeno a non farsi prendere dal panico quando lesse che Blaine non stava bene. Rispose subito a Jeff.
 
 
2:55pm
Sta bene? E’ malato? Ha bisogno di qualcosa?
 
 
2:57pm
Ehi! Calmati, Kurt! Sta bene… bhe, lo starà. Lui non è malato – bhe, non nel modo tradizionale… ascolta, Kurt, non posso entrare nei dettagli; non mi riguarda. Starà bene, però.
 
 
Kurt fece un respiro profondo mentre leggeva il messaggio. Non era sicuro di cosa significasse, ma sentire che Blaine sarebbe tornato a stare bene lo faceva sentire un po’ meglio.
 
 
2:59pm
Okay. Grazie, Jeff.
 
 
3:01pm
Nessun problema, Kurt. E ricordati che non sei un estraneo. Blaine non dovrebbe essere l’unico ad ottenere dei benefici dalla tua presenza.
 
 
3:03pm
Magari passo un giorno dopo la scuola… potremmo fare qualcosa dopo le prove dei Warblers.
 
 
3:05pm
Sarebbe fantastico! Ci vediamo presto :)
 
 
Kurt rimise il suo telefono in tasca e riprese ad ascoltare il professor Shue che parlava della musica degli anni ottanta. Non poteva non sentirsi triste per Blaine. Avrebbe voluto sapere cosa non andava e se c’era qualcosa che poteva fare per aiutare… ma, come immaginava già, doveva solo aspettare.
 
 

 

 
Aspettare non era il suo forte. Sabato, il giorno dopo della chiacchierata con Jeff, Kurt si era ritrovato a fare una piccola commissione da solo, e subito dopo si era diretto a casa di Blaine.
 
Esitò prima di bussare. Forse ora stava veramente superando il limite. Quello che non si rese conto fino a quel momento, letteralmente all’ultimo secondo…. era che lo aveva già fatto. Probabilmente era stato visto avvicinarsi alla casa o sentito quando aveva chiuso la portiera.
 
Fece un respiro profondo, sistemando il sacchetto sul suo polso e aggiustandosi la camicia.
 
Suonò il campanello e, nel giro di due secondi, la porta si aprì, il che fece credere a Kurt di essere già stato visto appena arrivato.
 
“Ciao” disse Diane, guardandolo senza sorpresa. Ancora un altro indizio per Kurt sull’essere già stato visto. “Kurt, giusto?”
 
“Si, signora. M-mi chiedevo se potessi vedere Blaine” rispose, diventando molto nervoso. La gente di solito non si presentava a casa degli altri in quel modo. “So che avrei dovuto chiamare, o qualcosa del genere, ma non avevo più notizie di lui da un po’ e mi stavo preoccupando così ho chiesto al suo amico Jeff se stava bene e mi ha detto che lo sarebbe stato, ma era ancora preoccupato e – oh dio, sto divagando. Mi dispiace, mi limiterò a…”
 
“Kurt” lo interruppe Diane, sorridendo leggermente. “Vorresti entrare?”
 
Kurt rimase sorpreso. “S-se va bene”
 
Diane annuì, spostandosi in modo da permettere a Kurt di entrare. Chiuse la porta alle sue spalle, poi si voltò a guardarlo mentre parlava. “Jeff ha ragione, Blaine starà bene. Onestamente, però, non sono sicura che sia dell’umore adatto per la compagnia”
 
Kurt fissò il pavimento per un attimo prima di tornare a guardare Diane.
“Signora, Jeff non mi ha detto molto… ha detto che era una cosa che succedeva a Blaine, ma so che qualcosa non va perché è diventato più freddo. Blaine mi ha aiutato quando avevo un problema. Non mi conosceva, ma ha trovato tempo per parlare con me e darmi una mano… mi piacerebbe avere la possibilità di fare lo stesso per lui, se posso”
 
Diane sembrava come se stesse avendo una discussione con se stessa. “Va bene” disse lei dopo un momento di silenzio. “Puoi andare di sopra, ma non ti assicuro che avrà voglia di parlare con te. Per favore non prenderla sul personale se lo fa”
 
Kurt fece un respiro profondo. “Non voglio… se lui vuole che me ne vada, me ne andrò, promesso”
 
Lei annuì di nuovo, facendo strada a Kurt che le andò dietro asciugandosi le mani sudate sui pantaloni.
 
Diane si diresse verso la porta a destra dopo il bagno e bussò piane tre volte. Prima ancora di ricevere una risposta, aprì la porta, facendo cenno a Kurt di entrare.
 
La stanza era buia. Molto, molto buia. E, se non fosse stata per la luce che arrivava dal corridoio, Kurt non sarebbe stato in grado di vedere Blaine sdraiato sul letto, disteso sulla pancia, con le coperte tirate fino alla testa.
 
Una volta che Kurt fu nella stanza, Diane socchiuse la porta e si allontanò. Normalmente sarebbe rimasta lì, ma in quel momento la sua presenza sembrava fuori posto, così pensò che Kurt avrebbe avuto più fortuna di lei.
 
“Ti ho detto che non voglio mangiare, mamma” disse Blaine con tono seccato.
 
Kurt non era del tutto certo che era stato lui a parlare. Sembrava così diverso dal Blaine felice e vivace che conosceva.
 
“Sei sicuro?” rispose Kurt, non sapendo cos’altro dire. ‘Non sono tua madre, sono Kurt’ sarebbe stato molto meglio. “Ti ho portate le Pop-Tarts” aggiunse, tenendo la borsa.
 
La testa di Blaine spuntò fuori. Si voltò velocemente, mettendosi a sedere e socchiudendo gli occhi in direzione di Kurt. C’era solo un piccolo filo di luce che arrivava dalla porta socchiusa. “Kurt? C-che cosa ci fai qui?”
 
“Bhe, quando smetti improvvisamente di scrivere a una persona, quella comincia a preoccuparsi. Ho dovuto chiedere a Jeff per sapere se fossi vivo, e quando mi ha informato che non stavi bene, l’unica cosa che mi è venuta in mente di fare è stata di venire a trovarti con le Pop-Tarts. E non quelle a basso contenuti di grassi, ma al triplo fondente.”
 
Blaine lo guardò con la bocca leggermente aperta, come se fosse in soggezione. “M-mi dispiace di non averti più scritto in questi ultimi giorni” disse dopo aver ritrovato la voce. “Ho solo… a volte ho queste fasi di… n-non ho l’energia per fare niente”
 
Kurt capì che per lui era difficile spiegare. Cavolo, sembrava tremendamente stanco solo dopo aver detto quel paio di frasi.
 
“Va tutto bene” disse Kurt, impedendogli di continuare. “Non c’è bisogno di spiegare niente, Blaine. Volevo solo essere sicuro che tu stessi bene”
 
Blaine fece un respiro profondo, rompendo il contatto visivo con Kurt, e fissò il letto. “Sono così stanco” rispose con tono calmo.
 
“Me ne vado” rispose Kurt, sentendosi ridicolamente triste per Blaine. Sembrava così piccolo in quel momento, sotto alle coperte, con gli occhi apparentemente così pesanti da non riuscire a tenerli aperti.
 
“No!” si affrettò a dire Blaine, sorprendendo entrambi. “Voglio dire, ho solo… puoi rimare ancora un po’, se puoi. E’ un viaggio un po’ lungo fino a casa tua. Sarebbe solo uno spreco di benzina essere rimasto per così poco tempo” Era una scusa pessima, Blaine lo sapeva, ma era tutto quello che riusciva a pensare il quel momento.
 
Kurt fece un passo verso il letto. “Certo. Ehm, dove vuoi…” la sua voce si spense. Non era sicuro su quello che doveva fare. Doveva sedersi sul pavimento? Sulla sedia?
 
Ma Blaine si stava spostando nel letto, facendo spazio da un lato. “Puoi metterti qui. E’ molto più comodo di una sedia”.
 
Kurt annuì, non fidandosi della sua voce. Blaine si sdraiò sulla schiena, tirandosi le coperte fino al petto.
 
Kurt appoggiò la borsa sul pavimento accanto al letto, si tolse le scarpe e si sdraiò sul letto, sopra alle coperte.
 
Rimasero entrambi in silenzio per quasi un minuto, nessuno dei due sicuro su cosa dire o fare, finché Kurt parlò. “Sai, ho sempre pensato che mi piacerebbe uscire con un ragazzo prima di andare a letto con lui”
 
Blaine sorrise. Non aveva riso per una settimana intera e ora stava sorridendo.
“Solo un appuntamento?” rispose.
 
Kurt si strinse nelle spalle. “Forse due”
 
Adesso Blaine non era sicuro se stesse scherzando o no. Guardò Kurt che si voltò a sua volta cercando di mantenere una faccia seria, ma quando vide l’espressione sul volto di Blaine, non riuscì più a trattenersi. “Sto scherzando, Blaine. Scherzo. Dovrebbe essere una cosa a lungo termine… e probabilmente non sarei io il primo ad averlo proposto”
 
Blaine lasciò il respiro che non si era reso conto di aver trattenuto. “Oh, grazie a Dio”
 
Di nuovo, rimasero tranquilli per un po’, ma questa volta, fu Blaine il primo a parlare. “Ho sentito qualcosa sulle Pop-Tarts?”
 
Kurt smise di guardare il soffitto, voltandosi verso Blaine. “Credevo fossi stanco”
 
Blaine fece un piccolo sorriso. “Ho uno scoppio improvviso di energia”
 
Kurt si allungò, tirando fuori le Pop-Tarts dalla borsa, aprì la scatole e porse uno dei pacchetti a Blaine.
 
“Mi siete mancati” disse Blaine prima di baciare il pacchetto.
 
“Voi che me ne vada e vi lasci da soli?” chiese Kurt.
 
Blaine si voltò verso di lui. “Non fare scherzi. Me li hai fatti lasciare alle spalle. Adesso ho una crisi d’astinenza”
 
“E’ stato una settimana fa, Blaine”
 
“Non ha importanza. E’ passato troppo tempo”.
 
Si spostò indietro, sedendosi e aprendo il pacchetto. Prese un biscotto e lo porse a Kurt.
 
“Oh, no, no. Sto bene così”
 
“Quando è stata l’ultima volta che li hai mangiati, Kurt?”
 
Kurt ci pensò un momento. “Avevo… sette anni”
 
“Oh mio Dio! E’ una tortura, Kurt! Perché lo hai fatto?”
 
“Perché mi piacerebbe vivere abbastanza a lungo da avere i capelli grigi”
 
“Li sopravvaluti” rispose Blaine, avvicinando una Pop-Tarts alla bocca di Kurt.
 
Kurt sospirò, preso il biscotto e gli diede un morso. “Felice?” chiese mentre masticava.
 
“Dimmi che sapore ha”
 
Kurt aggrottò le sopracciglia. “Prendine un morso e lo saprai”
 
Blaine scosse la testa. “Voglio sapere cosa ne pensi tu”
 
“Dio, sei strano”. Fece una pausa, finendo di masticare e deglutì prima di rispondere. “E’ delizioso, okay? Contento? Sarò dispiaciuto per sempre di averti tenuto lontano da tutto questo”
 
Blaine sorrise. “Scuse accettate” rispose, finalmente dando un morso alla sua Pop-Tarts.
 
 


 
Diane era rimasta fuori dalla porta della camera di Blaine. Onestamente non aveva intenzione di origliare. Stava andando in bagno, per mettere gli asciugamani sporchi nella lavatrice, quando aveva sentito Blaine ridere.
 
Rimase nella zona in penombra per un momento. Blaine non rideva da una settimana, e quando gli succedeva durava almeno per due. Doveva essere più facile, ormai, ma quando la depressione lo colpiva ogni pochi mesi quelle due settimane non potevano essere più difficili. Se non altro, lo aveva fatto crescere.
 
Ecco perché, quando lo sentì ridere, non poté trattenersi dall’andare verso la porta e ascoltare. Era come essere sordi per tutta la vita ed essere tornati a sentire.
 
Non ci era mai riuscito nessuno prima. Aveva provato con ogni rimedio che le era venuto in mente. Aveva provato con i familiari, gli amici e con chiunque potesse arrivare da loro, e ogni volta lui li cacciava via, o semplicemente dormiva finché non se ne andavano.
 
Ma questo ragazzo che aveva conosciuto da pochissimo, lo aveva fatto ridere dopo solo trenta minuti che era lì.
 
Diane sorrise con le lacrime agli occhi. Questo Kurt era il rimedio che aveva sempre cercato.
 
 
 
 
 

 
 
Note della traduttrice:
Volevo ringraziare tutti quelli che hanno recensito il capitolo precedente. Davvero, grazie mille, leggo sempre tutto e mi avete resa davvero felice con tutte quelle recensioni tanto che ho aggiornato con un giorno d’anticipo ;)
Ringrazio allo stesso modo anche tutti i lettori silenziosi e quelli che hanno messo la fanfic tra le preferite/seguite/ricordate.
Fatemi sapere cosa ne pensate di questo capitolo!

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Capitolo 10
*** Plans ***


- IN A HEARTBEAT -


CAPITOLO 10 - PLANS


(link orginale)



“Cosa dovremmo fare?”
 
Blaine tornò a scuola il martedì successivo dopo la visita di Kurt. Per la maggior parte delle persone non sembrava niente di così incredibile, ma per Diane aveva recuperato più velocemente di quanto non avesse mai fatto. Per lei, era un miracolo.
 
Kurt tornò la domenica pomeriggio con una scorta di film e gelato. Diane non l’avrebbe mai ammesso, ma lo aveva pregato di tornare mentre stava andando via la prima volta che era venuto.
 
E Kurt non l’avrebbe mai ammesso, ma era stato estremamente felice di essere stato invitato a tornare.
 
Il lunedì e martedì, dopo la scuola, Kurt andava a casa degli Anderson per fare i compiti e Blaine recuperava con quelli che gli aveva portato David.
 
Lunedì fu il primo giorno in cui permise che la porta restasse completamente aperta per far entrare la luce del corridoio, e martedì accese la lampada accanto al letto mentre lui e Kurt lavoravano in silenzio l’uno accanto all’altro.
 
Blaine non parlò mai di come si sentiva in quei giorni con lui, e Kurt non chiese mai niente, anche se aveva fatto qualche ipotesi. Sabato sera, dopo aver lasciato Blaine, aveva fatto una ricerca e scoprì che la depressione era molto comune tra chi aveva subito un trapianto d’organo.
 
Kurt era solo felice che in quel periodo suo padre fosse inondato dal lavoro e non prestasse troppa attenzione a quello che faceva Kurt durante il giorno. Sembrava convinto che Kurt si vedesse con i suoi amici delle Nuove Direzioni… e chi era Kurt per dire il contrario?

 


 
Era passata una settimana da quando Blaine era tornato alla sua normale routine e tutto sembrava essere tornato come prima.
 
Blaine tornò a scrivere a Kurt e lui tornò a sorridere e a scuotere la testa ogni volta che leggeva un suo sms.
 
Kurt era seduto sul letto, le ginocchia piegate e Vogue appoggiato alla gambe, quando il telefono cominciò a squillare.
 
‘Chi può essere a quest’ora?’ pensò Kurt guardando l’orologio sul comodino. Fu allora che si accorse che erano appena passate le nove e trenta.
 
Alzò gli occhi al cielo e prese il telefono. “Non ho una vita” mormorò mentre rispondeva, senza preoccuparsi di guardare chi fosse. “Ciao”
 
“Kurt, ciao!” rispose la voce pimpante di Blaine. Kurt apprezzava quella voce ancora di più adesso, senza rendersi conto di quanto l’avesse amata finché era rimasto parecchi giorni senza.
 
“Ehi, come ti senti?”
 
Blaine rise. “La smetterai mai di chiedermelo?”
 
“Solo quando tu la smetterei di chiedermi come vanno le cose a scuola”
 
“Touchè, ma ora non ho niente da aggiungere al mio ‘Kurt, ciao!’”
 
“Va bene, penso che sia una cosa vecchia, in ogni caso”
 
“Va bene, allora vado subito al punto”
 
Kurt fece un sospiro drammatico. “Intendi che non mi hai chiamato solo per parlare?” tirò su col naso “Sono addolorato”
 
“Mi dispiace molto, Kurt, ma questa volta ho un motivo valido se ho chiamato”
 
“Okay, bene, credo che mi passerà”
 
“Spero di si” rispose Blaine. Kurt capì che stava sorridendo da come parlava.
 
Blaine fece un respiro profondo e continuò. “Volevo parlarti… di persona. Volevo parlarti di… tutto”
 
Non dovette nemmeno elaborare. Kurt sapeva cosa voleva dire. “Blaine, davvero, non c’è bisogno”
 
“Lo so, ma voglio io. Tutti i miei amici lo sanno e tu sei uno dei miei più cari… voglio che anche tu lo sappia. Meriti di saperlo”
 
Kurt annuì, anche se Blaine non poteva vederlo. “Va bene. Uhm, quando?”
 
“Domani sera va bene?”
 
“Si, è perfetto”
 
“Okay, verso le sette. Conosci il ristorante italiano ‘Grille’? Più o meno è a metà strada tra le nostre case”
 
“Si, ci sono stato un paio di volte”
 
“Allora facciamo lì, alle sette”
 
“Ci sarò”
 
Blaine sospirò di sollievo. “Okay. Grazie, Kurt”
 
“Non devi ringraziarmi, Blaine. Siamo amici…”
 
“Lo so, ma, solo… grazie”
 
“Non c’è di che”
 
Si salutarono e riattaccò, poi Kurt saltò giù dal letto e corse verso l’armadio.
 
Sapeva che non era un appuntamento. Sapeva già tutto… ma questo non gli impedì di passare al vaglio nelle prossime due ore ogni capo d’abbigliamento che possedeva. Non gli importava se non era nemmeno un appuntamento. Doveva rendersi presentabile. Non doveva importare con chi usciva a cena… o almeno, questo era quello che continuava a ripetersi.

 


 
 
La sera dopo, Kurt, vestito e pronto a uscire, scese al piano di sotto per dire a Burt dove stava andando. Aveva continuato a rimandare perché sapeva che suo padre avrebbe fatto domande, e lui non sarebbe riuscito a tenere Burt completamente all’oscuro di avere un amico di una scuola diversa.
 
“Papà, stasera esco” disse mentre si dirigeva in cucina. Quella sera dovevano avere una delle loro tipiche cene di famiglia, ma Carole doveva lavorare, così avevano anticipato alla sera precedente.
 
“Dove?” chiese Burt.
 
“A un ristorante italiano”
 
“Con chi? Rachel e Mercedes?” tentò, sapendo che era sempre la stessa risposta.
 
“No, con qualcun altro. Lui non lo conosci”
 
Burt alzò le sopracciglia mentre si voltava a guardare suo figlio. “Lui?
 
Kurt sospirò. “Non è come pensi, papà. E’ un mio amico”
 
Finn entrò in cucina per prendere qualcosa da mangiare mentre Burt continuò.
 
“Come si chiama?”
Kurt sperò che suo padre non si ricordasse il nome di Blaine dalla busta di tanti anni fa. Aveva detto che le ultime lettere non le aveva nemmeno guardate. Kurt sperò solo che fosse vero.
 
“Blaine, si chiama Blaine”
 
“Va al McKinely?”
 
“Cavolo, papà, perché tutte queste domande?”
 
“Perché stai andando a mangiare fuori, in un ristorante italiano con un nuovo ragazzo che non conosco”
 
“Ti ho già detto che non è come sembra”
 
“Va al McKinely?” ripetè Burt.
 
“Ah! No!”
 
“Dove l’hai conosciuto?”
 
“Su una chat online, papà. Il suo nickname era amoibambini barra ilmigliorgay69. Non l’ho mai visto prima, ma lui dice che si prenderà cura di me”
 
Burt prese la scatola dei cereali e si avvicinò al tavolo. “Dico sul serio, Kurt”
 
“Va alla Dalton”
 
“Dalton? Come hai fatto a incontrare un ragazzo della Dalton?”
 
E qui Kurt non seppe cosa rispondere.
 
“Beh…”
 
“Ci siamo mischiati” li interruppe Finn che stava fissando il microonde. “E’ per questo che vi siete conosciuti, giusto?
 
“Uhm… si” rispose Kurt, in parte confuso e sollevato.
 
“Si, il professor Schue voleva che passassimo del tempo con alcuni dei nostri futuri rivali, in modo che non ci fosse troppo astio tra di noi”
 
Kurt sarebbe stato per sempre grato a Finn che si era interessato a sapere tutto quello che poteva su Blaine. Lui e Kurt avevano avuto parecchie discussioni a tarda notte dopo quel giorno che aveva saltato la scuola per andare alla Dalton.
 
“Oh, è nel Glee Club della Dalton?” chiese Burt, continuando a spostare lo sguardo tra Kurt e Finn.
 
“Si” rispose Kurt. “Ed è solo un amico. Questo è quanto”
 
Burt annuì. “Okay, l’interrogatorio è finito. Divertiti”
 
Kurt sorrise. “Grazie, papà” disse mentre camminava verso di lui e l’abbracciava. Alzò lo sguardo verso Finn e mimò con la bocca un “grazie” a cui Finn annuì e sorrise in risposta.
 



 
Kurt arrivò al ristornate con un paio di minuti di anticipo. Non vide l’auto di Blaine così decise di sedersi sulla panchina fuori dal locale, invece di entrare subito.
 
Era una serata piuttosto fredda, ma Kurt non era sicuro se i brividi che aveva fossero provocati dal vento o dal fatto che Blaine stava per dirgli una cosa enorme che lui giù sapeva. Si sentiva orribile per questo. Era come avere due piccoli Kurt sulle sue spalle, uno che gi diceva di dirgli la verità e l’altro che forse ormai era troppo tardi.
 
“Ehi, potevi andare dentro”  disse allegramente una voce familiare.
 
Kurt alzò lo sguardo per vedere Blaine camminare verso di lui con un sorriso sul volto.
 
Kurt si alzò, andandogli incontro. “Volevo aspettarti qui. E’ una bella serata”
 
Blaine annuì. “Si. Potremmo sederci fuori, se vuoi…”
 
“No, no, dentro va bene… per me è la stessa cosa”
 
Erano seduti dietro a un separè vicino all’entrata, dove un bel giovane non riusciva a cancellare il sorriso dal suo volto da quando li aveva visti entrare.  Era uno di quei sorrisi alla sono-una-coppia-adorabile che sia Kurt che Blaine decisero di ignorare.
 
Kurt non poté fare a meno di notare quanto stesse bene Blaine. Indossava una giacca nera con le maniche lunghe, una camicia e dei jeans blu scuro. Aveva i capelli tirati indietro e, dio, il suo sorriso era semplicemente…
 
Kurt allontanò quei pensieri dalla testa. Non doveva pensare a Blaine in quel modo. Soprattutto in quel momento.
 
Ma, ancora, sperò che la sua camicia con le maniche a tre quarti, i jeans blu scuro e gli stivali neri sembrassero adatti.
 
Ordinarono da bere e guardarono il menù, mentre chiacchieravano. Kurt riempì Blaine di piccoli aneddoti stupidi su cosa succedeva al loro Glee Club, e Blaine informò Kurt che tutti i Warblers sarebbero stati felici di rivederlo… anche quelli che non l’avevano ancora conosciuto. A quanto pareva, Jeff aveva un amico fuori dalla Dalton a cui aveva raccontato tutto su di lui.
 



 
Passò qualche minuto e la cameriera arrivò e prese i loro ordini.
 
Una volta che furono di nuovo soli, Blaine fece un respiro profondo.
 
“Va bene” disse guardando Kurt. “Non ho idea da dove iniziare, quindi, io ehm…”
 
“Blaine” lo rassicurò Kurt, sapendo quanto fosse nervoso. “Va tutto bene. Se non vuoi dirmi niente, lo capisco”
 
“No, no, io voglio. Solo… “si strofinò il collo. “E’ una lunga storia”
 
Kurt sorrise dolcemente, raggiungendo attraverso il tavolo la mano di Blaine e stringendola dolcemente. “Ho tempo”
 
 
 
 

 

Note dell’autrice:
Lo so, lo so, sono una persona orribile! Il capitolo sarebbe stato troppo lungo, se avessi continuato. Inoltre, penso che una storia come quella di Blaine meriti un capitolo tutto suo! (Per favore, non uccidetemi).
 
E non ho scelto Breadstix, perché sono stanca di quel posto! Mi sembra di mangiare lì tutti i giorni da quando ho iniziato a seguire questo fandom!
 
Ah! (mi dispiace se stanno venendo delle note lunghe) volevo specificare che le frasi all’inizio di ogni capitolo sono in corsivo perché si tratta di un flashback.
 
Grazie per aver lasciato così tanti commenti! Significano molto per me!



 
 
Note della traduttrice:
Ancora grazie mille per tutte le recensioni che avete lasciato! Non rispondo mai a nessuno, ma se vorreste chiedermi qualcosa andate sulla mio account di EFP: Leana  dove trovate tutti i miei contatti.
Il prossimo capitolo, per quanto mi riguarda, è uno dei più emozionanti della fanfic.
Spero di non deludervi!
Ps. Questa fanfic avrà un totale di 33 capitoli ;)

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Capitolo 11
*** Story ***


“Se non riesci ad andare avanti, lo capisco, e va bene lasciarsi andare”
 
Blaine si schiarì la voce prima di cominciare. “Beh, inizierò da quando avevo due anni. Mia mamma mi ha raccontato che un giorno, mentre mi stava vestendo, ha notato che la mia pelle era bluastra. Andò fuori di testa perché sapeva che solo le persone che stavano morendo o erano già morte diventavano blu.
 
“E’ corsa subito in ospedale, chiedendo ai medici di visitarmi subito anche se loro parlarono tutto il tempo con lei e le chiesero cosa non andava”. Blaine rise. “Non mi ricordo niente, ma mi ha detto che continuavo a cercare di calmarla.
 
“Comunque, questo dottore mi ha fatto alcuni esami e, dopo molte ore, hanno scoperto che avevo un difetto a una valvola cardiaca. Era troppo stretta e non consentiva un adeguato flusso di sangue al cuore.
 
“A quanto pare non fecero molto a riguardo. Diedero a mia madre delle medicine e le dissero che si sarebbe risolto abbastanza rapidamente”
 
“Scommetto che non è successo” disse Kurt mentre Blaine si fermava un attimo per prendere un sorso della sua bevanda.
 
“Esatto. Il farmaco non mi fece nulla. Beh, il colore blu andò via per un po’, ma non andava molto meglio. Lentamente cominciai a perdere peso. Non avevo mai voglia di giocare e, quando lo facevo, rimanevo senza fiato in poco tempo.
 
“Mia madre era sempre più preoccupata, così prese un appuntamento con il mio medico ma, due giorni prima dell’appuntamento, venne a svegliarmi e io ero di nuovo blu.
 
“Mi portò di nuovo in ospedale e questa volta venne anche il mio medico. Fecero altri esami e, quasi certamente, la valvola non era più stretta, ma completamente chiusa. Dissero a mia madre che dovevo essere operato. Da quello che mi ha raccontato, chiamò mio padre che lasciò il lavoro per venire in ospedale. E quando arrivò, lei svenne.
 
“Con un agevolamento, ci mandarono all’Ohio State University Medical Center a Columbus. Apparentemente era uno dei migliori centri per il cuore che ci fossero nella zona.
 
“Subii un primo intervento senza problemi. Dissero che era andato tutto bene e che sarei potuto tornare a casa entro un paio di settimane.
 
“Le cose, però, peggiorarono velocemente. Nel giro di un paio di giorni iniziai a stare male. Presi una polmonite e i medici avevano paura che peggiorasse ancora. Finii per stare in ospedale per un mese”
 
Il cuore di Kurt aveva iniziato a battere freneticamente quando aveva sentito il nome dell’ospedale. Era lo stesso verso cui lui e suo padre avevano dovuto guidare quell’orribile notte di tanti anni fa.
 
“Le cose andarono bene per più di un anno. Facevo controlli periodici e sembrava che fossi una ragazzo normale… poi, una notte, quando avevo circa quattro anni e mezzo, mi svegliai con il cuore che batteva forte, ma non come quando corri, era come… se qualcuno lo avesse colpito con un martello. Mi precipitai nella stanza di mia madre e svegliai mio padre e mio fratello e andammo insieme in ospedale. La valvola era di nuovo completamente chiusa, insieme ad un’altra. Due ore dopo, ero in sala operatoria.
 
“Gli anni successivi, furono lo stesso. Subii un altro intervento a sette anni e un altro a otto. Sembrava che stesse andando tutto a rotoli. Ero sempre stanco e malato e stavo in ospedale più di quanto non stessi a casa. Mia madre e io ci trasferimmo in pianta stabile all’OSU Medical Center. Riuscimmo a prendere un appartamento a Columbus e mio padre veniva a trovarci durante il fine settimana, quando non doveva lavorare.
 
“Il mio medico di Columbus parlò con mia madre dopo una degenza particolarmente brutta e, dopo aver escluso ogni opzione possibile, fui inserito nella lista dei trapianti di cuore. Mi ricordo di quando mia madre mi spiegava cos’era e…” fece una pausa, scuotendo la testa. “non c’è niente di più difficile per un bambino di otto anni che provare a convincersi sul fatto che il cuore di qualcun altro sarebbe stato il suo. Il fatto che stavo morendo, mi ha reso le cose più facile di comprendere”
 
Una lacrima scese dagli occhi di Kurt. Si asciugò rapidamente, lieto che Blaine stesse guardando il tavolo.
 
“Comunque” continuò Blaine, appoggiando le mani sul tavolo per giocare con un tovagliolo “passò un altro anno, stavo sempre peggio, e ad essere franchi, la persona giusta ancora non era morta per me”. alzò lo sguardo verso Kurt che aveva un’espressione sorpresa sul volto.
 
Blaine non poté fare  a meno di ridere. “So che sembra brutto, ma è una cosa che ho detto al mio medico per alleggerire l’atmosfera quando è entrato nella stanza per dirmi, ancora una volta, che non c’era nessun cambiamento e che non avevano ancora trovato un cuore per me.
 
“Pochi mesi dopo, durante quello che probabilmente sarebbe stato il mio ultimo mese di soggiorno in ospedale, una donna arrivò in ospedale. Sembrava che avesse avuto un indicente d’auto. Stava… stava male. Era una donatrice, però, e questo era tutto ciò che contava. Non ero nemmeno in cima alla lista, ma il mio medico riuscì a tirare un po’ la corda e corse nella mia stanza… questo me lo ricordo. Ci disse che c’era un donatore, ma che dovevamo fare in fretta…” Blaine guardò dritto negli occhi Kurt, piene di lacrime non versate, prima di abbassare di nuovo lo sguardo. Non riusciva a guardarlo mentre gli raccontava la sua storia. Forse aveva paura di essere allontanato dopo aver finito, che Kurt non volesse più parlare con una persona come lui.
 
Onestamente, non doveva usare un ‘forse’ in quella frase, perché era sicuro di essere preoccupato proprio per quello.
 
“Sapevano che non sarei durato ancora a lungo. Mia…” si schiarì la gola, sedendosi in una posa rigida. “Mi madre mi fece un discorso sul ‘va bene lasciarsi andare’, e stavo quasi per seguire il suo consiglio, quando il medico mi fece entrare in sala operatoria così velocemente che non mi resi conto di quello che stava succedendo finché non fu finito tutto”
 
Kurt fece un respiro profondo. “Allora… allora tu eri li? Quella notte, tu eri già in ospedale?”. Sapeva che era esattamente quello che Blaine aveva appena detto, ma voleva solo un chiarimento. Era come se qualcosa si fosse scagliato contro al sua testa così in fretta che per lui era difficile comprendere tutto.
 
“Si, ero nella stanza 23”. Si mise a ridere. “Credo che non dimenticherò mai il numero della mia stanza...
 
“Dopo l’intervento, trascorsi circa un mese in ospedale. I normali tempi di recupero era di due settimane, ma il mio medico era un secondo padre per me ed era fermamente convinto che dovessi rimanere più a lungo per potermi controllare più facilmente.
 
“Dopo un sacco di riabilitazione e di molte visite in ospedale per i controlli, finalmente potei tornare alla mia casa di Westerville, dieci mesi più tardi. Sarebbe stato più semplice, ma avevamo un contratto di locazione con l’appartamento che avevamo in affitto vicino all’OSU Medical Center. Mia madre era terrorizzata all’idea di tornare a casa, anche se c’erano i medici per i controlli anche qui.
 
“Quando tornammo a casa, ricevemmo per posta una lettera dal marito della donna che aveva donato il cuore. Non mi ricordo come si chiamava, è una delle cose che ho eliminato dalla testa quando è iniziata la depressione, ma ricordo di avergli scritto una lettera. Mi aspettavo una risposta da lui, ma non l’ha mai fatto… sarebbe stato bello, però”
 
Kurt stava silenziosamente andando fuori di testa. Il termine ‘montagne russe emotive’ non era nemmeno abbastanza vicino per descrivere come si sentiva in quel momento. Era tutto così travolgente. Sentiva il battito del cuore nelle orecchie, le lacrime negli occhi e non sapeva se iniziare a scusarsi con Blaine e dirgli la verità, o semplicemente rimanere zitto. Optò per quest’ultima opzione, ma non era sicuro che fosse una buona decisione.
 
Blaine si lasciò sfuggire un sospiro. “Ho appena realizzato che ti ho raccontato un sacco di cose che probabilmente non avevi bisogno di sapere…”
 
Kurt lo interruppe. “No, volevo sapere. Per favore, vai avanti”. La sua voce era dolce nonostante fosse sul punto di piangere, ma sapeva che doveva rimanere forte.
 
“Beh, siamo arrivati al punto in cui avrai compreso cosa diavolo avevo la settimana scorsa…. L-la mia prima battaglia con la depressione iniziò esattamente una anno dal giorno del mio trapianto. Siamo tornati a Columbus per un controllo.
 
“Il nuovo medico che avevo fece un solo commento che…” scosse la testa “mi ha rovinato. Avevamo finito i controlli ed era tornato per comunicarci i risultati e disse: ‘sembra che il tuo cuore stia lavorando per te’. Fu una semplice frase. Non significava nulla, ma in quel momento mi colpì. Voglio dire, era come essere appena stati colpiti da un tir o una cosa del genere. Capii che questo cuore” si indicò il petto “non è mio. E’ di un’altra persona e io gliel’ho preso. Non me l’ero mai chiesto prima di allora: se erano riusciti a far star meglio me, perché non potevano aiutare la donna che mi aveva donato il suo cuore? Ora l’ho capito, ma mi sento ancora così estremamente colpevole, a volte. Mi sento come se qualcuno dovesse essere la mio posto”
 
“No” disse in fretta Kurt, prima ancora di rendersi conto di quello che stava dicendo.
 
Blaine aggrottò le sopracciglia, così Kurt continuò.
 
“Se non avessi quel cuore, non staresti qui. Per quel poco che ti conosco, mi hai aiutato tanto, Blaine. Sei diventato uno dei miei più cari amici. So che posso dirti tutto senza essere giudicato e so che sarà sempre così”
 
Entrambi i loro occhi si riempirono di lacrime, me questa volta non si preoccuparono di lasciarle cadere.
 
“Sono contento di essere qui” disse Blaine, con un paio di lacrime che gli scivolavano sulla guancia. “A volte non posso fare a meno di cadere in depressione, però. Ma ci sono momenti, momenti come questo, in cui sono felice di essere vivo”
 
Si guardarono negli occhi fino a quando qualcuno tossi a un altro tavolo e li fece tornare alla realtà.
 
Kurt guardò in basso e notò il cibo di fronte a loro. “Quando è arrivato qui?” chiese, facendo guardare anche Blaine in basso.
 
“Non ne ho idea” rispose, ridendo leggermente.
 
Entrambi si asciugarono le lacrime e Blaine si lasciò sfuggire un sospiro. “Va bene, basta con le cose tristi. Il cibo è…” avvicinò la mano per verificare “ancora caldo, e non sarebbe bene piangere mentre lo lasciamo raffreddare”
 
“Sono d’accordo” disse Kurt con un cenno, scacciando tutti i pensieri che stavano cercando di affliggergli la mente. Avrebbe avuto modo di pensare a quella conversazione più tardi. In quel momento, voleva solo essere un adolescente normale che cenava con un amico.
 






 
 
 
Note dell’autore:
Dopo un sacco di ricerche (che dovrebbero essere esatte al 90%) sono riuscita a finire questo capitolo!
Vorrei precisare che se c’è qualche informazione sbagliata, la colpa è di Google e qualsiasi altro sito su malattie cardiache e/o trapianti di cuore.
 
 
Note della traduttrice:
E infine siamo arrivati a uno dei miei capitoli preferiti. Spero di essere riuscita a renderlo bene anche in italiano, perché leggerlo in inglese è stato emozionante.
Grazie mille per tutte le recensioni che lasciate! Siamo arrivati a più di 100 tra seguiti/preferiti/ricordati!

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Capitolo 12
*** Pace ***


“Mi prenderò sempre cura di lui”
 
Dopo aver mangiato, Blaine insistette per pagare. Spiegò a Kurt che era il suo modo per ringraziarlo per quella seduta sulla storia della sua vita. Quando, però, Kurt non accettò, gli disse che sarebbe stato triste se non l’avesse lasciato pagare. E quando anche questo non funzionò, usò i suoi occhi da cucciolo… e fu così che Blaine pagò la cena.
 
“Grazie, Blaine” disse Kurt mentre tornavano verso le loro auto.
 
“Per cosa? Una cena? Te l’ho detto, Kurt, era il mio modo per ringraziarti”
 
“No, non per la cena, anche se ti sono grato. Intendevo per avere abbastanza fiducia in me per avermi raccontato la tua storia. So che per te è stato difficile, quindi… grazie”
 
Blaine sorrise. “Sei la prima persona a cui l’ho detto così presto. Conoscevo già i ragazzi della Dalton da un anno prima di averglielo raccontato, ma… tu sei diverso”
 
Si fermarono quando giunsero all’auto di Kurt, anche se quella di Blaine era un po’ più distante.
 
Kurt si voltò verso Blaine, per chiedergli cosa intendesse dire, quando Blaine aprì la bocca. Tuttavia, la chiuse prima di dire qualcosa.
 
“Cosa c’è?” chiese Kurt aggrottando le sopracciglia dopo aver visto lo sguardo serio sul volto di Blaine.
 
“I-io… non l’ho mai fatto prima” mormorò, guardando per un momento per terra.
 
“Fatto cosa?”
 
Blaine si asciugò le mani sudate sui pantaloni, sperando che Kurt non lo vedesse, continuando a guardare in basso.
 
Kurt, tuttavia, lo vide e pensò che fosse assolutamente adorabile.
 
“M-mi piaci davvero, Kurt, e non ho mai… non ho mai incontrato nessuno come te prima, mi piace stare con te”
 
Distolse lo sguardo sul finale, sentendosi un’idiota.
 
Kurt sorrise. “Piace anche a me stare con te”
 
La testa di Blaine si alzò di scatto, ed era così sorpreso che Kurt trovò molto difficile trattenere una risata che minacciava di sfuggirgli.
 
“Davvero?”
 
“Si”
 
Blaine fece un respiro profondo. “Oh, grazie a Dio. Questo renderà la prossima parte un po’ più facile”
 
Kurt alzò un sopracciglio come a chiedere spiegazioni.
 
“Kurt, m-mi piacerebbe uscire di nuovo con te… in un vero appuntamento” disse velocemente l’ultima parte. Non riusciva a credere di essere così nervoso.
 
“Hum… non sono sicuro”
 
L’espressione di Blaine cambiò totalmente. Distolse lo sguardo da Kurt. “Oh, m-mi dispiace. Era un po’ troppo, non è vero? Dovrei… dovrei-”
 
“Blaine” lo interruppe Kurt, appoggiandogli le mani sulle spalle, “Non conosci il sarcasmo, vero?”
 
“Cosa? O-onestamente, non ho nemmeno sentito cosa hai detto, ho appena iniziato a dare di matto”
 
Kurt sorrise. “Blaine, mi piacerebbe molto avere un appuntamento con te… fino a quando mi lascerai pagare”
 
“Sei… sei… davvero?”
 
“Si, davvero”
 
Blaine sorrise ampiamente. “Fantastico!” disse eccitato… un po’ troppo, si rese conto l’attimo dopo. Si schiarì la gola. “Voglio dire, ehm… non sono sicuro su cosa dovrei dire ora”
 
Kurt rise. “Che ne dici di ‘ti chiamo domani’?”
 
“Si, suona bene” rispose Blaine con un cenno del capo, rilassandosi un po’. “Ti chiamo domani così decidiamo quando e dove vederci”
 
Blaine si fece avanti e, per un momento, Kurt pensò che stesse per baciarlo. Era un po’ teso, ma Blaine avvolse semplicemente le braccia intorno a Kurt, abbracciandolo. Kurt si rilassò e ricambiò l’abbraccio.
 
“Sono stato bene stasera” disse Blaine ancora stretto a lui.
 
“Anche con tutte quelle lacrime?” chiese Kurt.
 
Blaine rise. “Anche con tutte quelle lacrime” rispose.
 
Lasciarono la presa, rimanendo l’uno di fronte all’altro.
 
“Scrivimi quando arrivi a casa” disse Blaine, indietreggiando verso la sua auto.
 
“Anche tu”
 
Blaine annuì, poi si voltò, non riuscendo a togliersi il sorriso dalla faccia.
 
Kurt salì in macchina, ancora estremamente felice. Questo fino a quando non accese l’auto per partire e realizzò che aveva appena accettato di uscire con lui e a quanto fosse una brutta idea. Blaine aveva avuto piena fiducia in lui raccontandogli una cosa enorme. Gli aveva detto che era suo diritto sapere. Non aveva mai raccontato la sua storia così presto prima di averlo conosciuto. Kurt capì che aveva fatto un cattivo uso della fiducia che Blaine aveva in lui.
 
Il senso di colpa lo travolse improvvisamente. Perché non ci aveva pensato prima? Perché non aveva fermato Blaine prima che parlasse? Perché aveva detto di si a quell’appuntamento? Perché? Perché? Perché?
 
Kurt fece un respiro profondo. Aveva bisogno di tornare a casa. Subito. Non doveva lasciare che le lacrime o la rabbia si impossessassero di lui. Aveva bisogno di parlare con qualcuno… e c’era solo una persona che conosceva abbastanza bene quella storia per aiutarlo. Sperò solo che fosse in grado di farlo.
 

****

 

Quando Kurt tornò a casa, mando subito un sms a Blaine per farglielo sapere, poi si affrettò a dirigersi dritto verso la stanza di Finn. Non bussò nemmeno, semplicemente aprì la porta ed entrò, chiudendosela alle spalle. “Ho bisogno di parlarti” disse con voce tremante.
 
“Rachel, devo andare” disse Finn, interrompendo il suo sproloquio.
 
Lei provò a protestare, ma lui riattaccò. Sapeva dove era andato Kurt quella sera e dallo sguardo sul suo volto, Finn capì che qualcosa era andato storto. “Cos’è successo?” chiese, sedendosi con le gambe oltre al bordo del letto.
 
Kurt iniziò a camminare avanti e indietro. “Mi ha detto tutto. Tutta la sua storia. Ha il suo cuore, Finn. Ha il cuore di mia madre e io lo sapevo già, ma lui non sapeva che io sapevo e si è fidato di me raccontandomi la storia della sua vita – cosa che non aveva mai fatto così presto – e alla fine mi ha chiesto un appuntamento ufficiale e gli ho risposto di si perché lui mi piace davvero, davvero tanto e non ho nemmeno pensato al suo cuore o a mia madre quando gli ho risposto, ero solo felice e ho detto di si…”
 
Smise di camminare e parlare quando Finn gli bloccò la strada. “Kurt, dovresti prendere un respiro ogni tanto o sverrai”. Mise una mano sulla spalla di Kurt e lo condusse verso il letto. Kurt si sedette dove poco prima c’era suo fratello, e Finn si sedette accanto a lui.
 
“Non mi serve un respiro, Finn! Sto andando fuori di testa! Niente di tutto questo sarebbe dovuto accadere” continuò Kurt guardando davanti a sé. “Volevo solo incontrarlo, raccontargli la mia storia, chiedergli se fosse il Blaine Anderson giusto e sperare che potessimo tenerci in contatto o semplicemente parlare un po’ o qualcosa del genere. Non avrei mai dovuto pensare che era carino, dolce e premuroso o che vorrei davvero avere un appuntamento con lui. Non doveva capire che mi piaceva in quel modo. Nessuno mi era mai piaciuto in quel senso. Perché dovrebbe? E ora mi sembra che sia troppo tardi per essere onesto con lui perché lui ha avuto fiducia in me raccontandomi la sua storia e io l’ho tradita a sua insaputa solo perché ero spaventato e adesso è troppo tardi!”
 
Kurt finalmente guardò Finn, che lo fissava a sua volta con gli occhi spalancati. “Wow. E’… molto su cui pensare”. Mosse una gamba piegandola sul letto e lasciando l’altra sul bordo, in modo da poter affrontare meglio Kurt. “Ti ha parlato del trapianto di cuore?”
 
Kurt annuì.
 
“Va bene, ma tu lo sapevi già e adesso ci stai male perché lui non so che tu lo sai?”
 
Annuì.
 
“E piaci a Blaine più che come un amico e tu provi lo stesso e non solo perché ha il cuore di tua madre?”
 
Annuì.
 
“Wow… e’ una situazione un po’ complicata”
 
Kurt aggrottò le sopracciglia alle parole che aveva usato Finn che non erano molto nel suo stile.
 
“Oh, è una frase che ha usato oggi Rachel” rispose Finn con un sorriso.
 
“Ovviamente”
 
“Comunque, Kurt” disse Finn, tornando al punto. “non vedo come si possa avere un qualsiasi tipo di rapporto con Blaine se non sei onesto con lui. Anche solo un’amicizia. Quello che gli stai nascondendo, non è un piccolo segreto, come quando io non ascolto Rachel metà del tempo quando parla. Se vuoi essere suo amico, o fidanzato, o qualsiasi altra cosa, è necessario che tu sia onesto con lui”
 
Kurt fece un respiro profondo. “Lo so. Lo so, hai ragione…ma se lui poi mi odia?”
 
“Beh, se fossi in lui, ne rimarrei sconvolto. Ma lo sarei ancora di più se lo scoprissi dopo aver iniziato ad uscire con te. Voglio dire, se davvero vi piacete e finirete per sposarvi, un giorno? Non puoi mantenere questo segreto per sempre, perché si sa, alla fine la verità viene sempre a galla. Ecco perché è importante che tu glielo dica adesso. Devi solo essere completamente onesto con lui. Fagli capire che quando hai accettato di uscire con lui, non era per tua madre, o qualsiasi altro motivo, ma perché ti piace”
 
“Mio dio, Finn, da quando sei diventato più intelligente di me?”
 
“Non lo so, ma penso che mi piaccia”
 
Kurt rise, proprio come sperava Finn. Odiava vedere suo fratello sconvolto. “Ehi, perché non guardiamo un film o qualcosa del genere?” gli chiese, sperando di distrarre la mente di Kurt dai suoi problemi per un po’.
 
“Non dovevi richiamare Rachel?”
 
“No, sarà scontrosa dopo che le ho sbattuto il telefono in faccia. E’ meglio se aspetto fino a domani”
 
“Bene, allora vado a cambiarmi e ci guardiamo qualcosa. Scegli tu”
 
Sia Kurt che Finn si alzarono e mentre Kurt andava nella sua stanza, Finn andò di sotto per scegliere un film.

 

****
 

 
Kurt andò nella sua stanza e chiuse la porta. Si tolse gli stivali, ma prima di togliersi i vestiti, si diresse vero la scrivania. Aprì il cassetto e tirò fuori la cartolina rosa. La fissò per un momento, prima di decidersi a sedersi sul letto.
 
La aprì e cominciò a leggerla.
 
Salve, famiglia Hummel. La mia mamma mi ha detto che tua moglie e mamma mi ha dato un cuore nuovo. So che sei triste per averla persa, ma sono felice di avere un cuore nuovo. Devo prendere una medicina ogni giorno per tenerlo al sicuro, ma non mi dispiace. Dal momento che vi manca il suo cuore, volevo darvi questo.
 
Kurt fece passare il dito sopra al grande cuore disegnato sotto alla scritta. Sorrise a tutti i piccoli cuoricini disegnati dentro, e riprese a leggere.
 
Grazie per avermi dato il suo cuore. Prometto che me ne prenderò cura.
 
Lacrime non versate si accumularono negli occhi di Kurt. Non riusciva a credere a tutto quello che era successo da quando aveva letto quella cartolina.
 
Non sapeva quanto tempo passò a rileggerla, più e più volte. L’unica cosa che realizzò poco dopo era che Finn lo stava chiamando, chiedendogli se fosse pronto.
 
Appoggiò la cartolina sul comodino, poi si alzò per cambiarsi, decidendo che la prossima volta che avrebbe parlato con Blaine, gli avrebbe raccontato tutta la verità.
 
 
 
 









 
Note dell’autore:
So che Blaine sembra nervoso quando chiede a Kurt di uscire, ma c’è un motivo dietro. Quindi, se vi è sembrato un po’ OOC (anche per questo Blaine), è colpa mia.
 
Grazie a tutti per le recensioni! Non avete idea di cosa significhi per me!
 
 
Note della traduttrice:
Volevo precisare una cosa riguardo al capitolo precedente.
Per messaggio sei_ies (che ringrazio molto) mi ha fatto notare un piccolo errore che ha fatto l’autrice.
Vi riporto di seguito quello che mi ha scritto perché non potrei spiegarlo con parole migliore e ci tengo a farvelo sapere (visto che non posso modificare il testo della fanfic perché non è mia):
‘E' un dato clinico...la stenosi di una valvola del cuore esiste ed è una problematica importante ma non penso che possa esserci una "chiusura" di una valvola cardiaca (o addirittura di 2)....il sangue non passerebbe e la persona morirebbe subito.
Altra cosa possibile invece, e che alcuni bambini hanno, è un reflusso valvolare (teoricamente crescendo dovrebbe sparire), ovvero queste non riesco a chiudersi completamente e tra la sistole e la diastole una parte del sangue "torna indietro".’

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Capitolo 13
*** Truth ***


“Non so cosa farò”
 
Kurt probabilmente non stava pensando lucidamente quando aveva deciso che la prossima volta che avrebbe incontrato Blaine di persona gli avrebbe detto tutta la verità, perché la prossima volta sarebbe stato il loro appuntamento.
 
Si, Kurt probabilmente avrebbe dovuto chiedergli se potevano parlare prima del loro appuntamento, ma quando Blaine l’aveva chiamato il giorno successivo per decidere quando vedersi, Kurt si era ritrovato ad essere d’accordo con tutto quello che gli diceva.
 
Avevano deciso che Blaine sarebbe passato a prenderlo e sarebbero andati a cenare all’Ocean Grill. Gli aveva detto che nonostante fossero lontani dal mare, il cibo era incredibile, poi Blaine aveva proposto una passeggiata nel parco dopo cena e alla fine l’avrebbe riportato a casa, avendo cura che fosse in un’ora ragionevole.
 
Kurt era deciso a chiedergli di vedersi prima del giorno dell’appuntamento, ma quando sentì la voce felice di Blaine, si sciolse. Ricordava ancora quando era triste – non gli piaceva affatto così e non voleva esserne responsabile.

 

******

 
 
In poco, arrivò la sera dell’appuntamento. E tutto fu perfetto. Non ci furono silenzi imbarazzanti durante la cena. Non c’erano disaccordi su nulla. Erano, a quanto pareva, in perfetta sintonia.
 
C’erano solo alcune piccole differenze tra loro. Blaie era un tipo più da canzoni pop, mentre Kurt da lenti, numeri di broadway, ma entrambi amavano i Beatles. A entrambi piaceva fare shopping, ma Kurt era uno che si concentrava più sui vestiti mentre a Blaine piacevano gli accessori. Trovarono strano il fatto che Kurt indossava più accessori di Blaine.
 
Entrambi amavano i papillon, avevano una strana ossessione con TruTV, volevano andare nel Paese delle Meraviglie quando erano più piccoli e guardavano ancora The Magic School Bus.
 
L’appuntamento non poteva andare meglio.
 

*****
 

 
Quando tornarono a casa di Kurt, erano appena passate le nove e mezza. Kurt non aveva detto a Burt dell’appuntamento, ed era felice del fatto che lui e Carole fossero usciti all’ultimo minuto per vedere un film e non sarebbero tornati prima di un’ora.
 
Prima che Kurt potesse dire a Blaine che era stato benissimo, Blaine spense la macchina e aprì la portiera. Kurt, confuso, fece lo stesso.
 
“Che cosa stai facendo?” gli chiese andandogli incontro.
 
“Ti accompagno alla porta, sciocco” rispose Blaine con un sorriso.
 
Kurt sorrise e iniziarono a camminare lungo il vialetto. “non c’era bisogno di accompagnarmi alla porta” disse timidamente.
 
“Ci tenevo… e adesso mi aspetto che tu faccia lo stesso quando mi riporterai a casa dopo un appuntamento”
 
“Oh, davvero?” disse Kurt, alzando un sopracciglio.
 
“Mhm” rispose Blaine diventando serio. “Cioè, voglio dire, se vuoi uscire di nuovo. Perché io sono stato bene, ma se a te non è piaciuto…”
 
“Blaine” lo interruppe Kurt raggiungendo la porta. “Rilassati. Sono stato benissimo e mi piacerebbe davvero tanto rifarlo”
 
L’espressione seria di Blaine si trasformò in un piccolo sorriso e, per un momento, rimasero a guardarsi.
 
“Kurt?” disse Blaine con le guance che arrossivano.
 
“Si?”
 
“P-posso…io… vorrei tanto…” si fermò e fece un respiro profondo. “Posso baciarti?”
 
Kurt non era sicuro sul perché non era ancora svenuto. Aveva sperato tanto che Blaine gliel’avrebbe chiesto, ma non avrebbe mai pensato che sarebbe successo veramente. “Si” disse con un sussurro.
 
Blaine fece un altro respiro profondo mentre appoggiava una mano sulla guancia di Kurt e lo baciò dolcemente. Dopo un momento, Kurt premette le labbra contro le sue. Qualche secondo dopo, si tirarono indietro, anche se a malincuore, alla ricerca d’aria.
 
Entrambi sembravano diventati timidi nello stesso momento, rompendo il contatto visivo con un sorriso.
 
Kurt si morse il labbro, come se non potesse credere a quello che era appena accaduto, prima di schiarirsi la gola e tornare a guardare Blaine.
 
“Vorresti entrare?”
 
Blaine ricambiò lo sguardo e sorrise. “Certo”
 
Dopo aver preso le chiavi dalla tasca ed aver aperto al porta, entrarono.
 
“I miei genitori non ci sono” disse Kurt, mentre chiudeva la porta dietro a Blaine “ma probabilmente il mio fratellastro è in camera sua a giocare con qualche video game o a parlare con la sua ragazza”
 
“La tua casa è molto carina” disse Blaine. guardandosi intorno. “E’ accogliente”
 
Kurt sorrise. “Grazie… vuoi andare di sopra, nella mia stanza?”
 
Blaine si voltò verso Kurt. “Pensavo che non facessi questo genere di cose al primo appuntamento, Hummel”
 
“Che cosa? Oh Dio, no! No, io volevo solo… perché io ho viso la tua camera, quindi…”
 
Blaine si limitò a sorridere. “Vedi, ora sai come si ci sente ad essere dall’altra parte. Non è divertente quando inciampi nelle parole”
 
Kurt lo fissò. “Sei terribile”
 
“Fammi strada”
 
Kurt condusse Blaine verso le scale.
 
Blaine gli stava un paio di passi indietro, guardandosi intorno. Preferiva quella casa confortevole alla propria.
 
Quando raggiunsero la camera, Kurt aprì la porta e si fece da parte, permettendo a Blaine di entrare per primo.
 
“Ho bisogno di usare il bagno per un momento” disse Kurt. “Guardati pure intorno”
 
Blaine annuì e Kurt si diresse verso il corridoio.
 
Iniziò da uno scaffale. Sapeva che si poteva capire molto di una persona da quello che legge. Sembrava che ha Kurt piacesse molto la moda e le autobiografie.
 
Non volendo essere troppo ficcanaso, decise di andare a sedersi sulla sedia e aspettare il ritorno di Kurt. Tuttavia, lungo la strada, qualcosa sul comodino attirò la sua attenzione.
 
Passò oltre la scrivania e si avvicino verso quel cartoncino rosa.
 
Sorrise, chiedendosi dove Kurt avesse preso quella carta.
 
Lo contemplò decidendo se prenderla o meno, poi decise che non sarebbe successo niente.
 
Prese la cartolina e la rigirò per vedere la parte anteriore… e se ne pentì immediatamente.
 
Aveva una certa familiarità con quella cartolina che lo confondeva; gli dava una sensazione di disagio. Gli sembrava di riconoscerla.
 
Perciò decise di aprila. Secondo errore.
 
Se realizzare pienamente che il cuore che aveva non era il suo era come se qualcuno gli avesse sparato, questa volta doveva essere stato investito da un treno… no, peggio. Questa volta sembrava più un’accoltellata alla schiena.
 
Si sedette sul letto di Kurt per avere più luce.
 
Gli era fin troppo familiare ora. Il colore della carta che aveva scelto, ogni pastello che aveva usato, la scrittura, le parole, il disegno.
 
“Hummel. Hummel. Hummel”. Blaine lo stava ripetendo senza nemmeno rendersene conto. Tutto portava a lui. Il nome che aveva dimenticato per tanti anni.
 
Non poteva essere. Non stava succedendo. Doveva essere un sogno. Solo quello. Era nervoso per l’appuntamento, che probabilmente sarà domani e il suo subconscio gli stava solo facendo un brutto scherzo… non era possibile. Non stava accadendo veramente.
 
Un lieve sussulto proveniente dalla porta lo riportò alla realtà. Alzò gli occhi dalla cartolina e guardò la porta dove Kurt lo guardava con occhi spalancati.
 
Non era un sogno. Non era il suo subconscio. Stava accadendo realmente.
 
“Kurt” disse Blaine con voce troppo calma. Sembrava distrutto. “Per favore, dimmi che non è come sembra”
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Note dell’autore:
Mi odiate adesso, non è vero? Va bene, lo farei anch’io se fossi in voi.
 
Non ho molto da dire su questo capitolo. Grazie mille per tutte le recensioni! Scherzi a parte, significano tutto per me!

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Capitolo 14
*** Trust ***


“Non voglio avere questi rimpianti”
 
Kurt non riusciva a muoversi. Non aveva idea di cosa fare o dire per rendere quel momento meno difficile.
 
Blaine guardò la cartolina, leggendola di nuovo, poi si alzò. “Hummel… era il nome che avevo dimenticato. I-io non posso credere di non esserci arrivato prima”
 
Alzò lo sguardo verso Kurt che era ancora lì come un cervo colto dai fari di una macchina.
 
“Era tutta una bugia, vero?” chiese, guardandolo sconvolto. “Dal momento in cui ci siamo incontrati, era tutta una bugia”
 
Sentire questo shoccò Kurt. “No” disse mentre faceva un passo avanti. “Non è vero. Quando ti ho detto che avevo problemi con i bulli, non era una bugia”
 
“Ma non era la vera ragione per cui eri venuto” lo interruppe Blaine, alzando la voce. “Volevi solo incontrare la persona che aveva ricevuto il cuore di tua madre. Mi hai usato per tutto questo tempo! Poi, hai deciso che essere amici non era abbastanza, così hai accettato di uscire con me anche se non ti piacevo veramente!”
 
Blaine scosse la testa, si allontanò da Kurt e gettò la cartolina sul comodino.
 
“Non è vero!” protestò Kurt. “Forse, la prima volta che ci siamo conosciuti era per il motivo che stai pensando, ma mi hai davvero iniziato a piacermi. Quando ho detto si per l’appuntamento, non è stato per nessun altro motivo, oltre che per te. Non per il tuo cuore, ma perché mi piaci”
 
Blaine si voltò verso Kurt, guardandolo completamente sconfitto. “Mi fidavo di te” disse con voce tranquilla. “Mi piacevi tanto. Sembravi una brava persona. H-ho pensato che tu potessi prenderti cura di me. Dio, come sono stato stupido”. Si mise le mani sul viso, strofinando le lacrime che erano scese dai suoi occhi prima che potesse fermarle.
 
“No, non lo sei. Io lo sono. Sono un idiota. Avrei dovuto dirti la verità fin dall’inizio, ma ho avuto paura, e quando ho pensato che fosse troppo tardi…”
 
“Ti ho baciato” disse Blaine, come se nemmeno avesse sentito parlare Kurt. “Ti ho baciato, mi stavo innamorando di te, pensavo a te tutto il tempo. Non avevo mai avuto un ragazzo prima, non ci avevo mai pensato, ma tu… tu eri diverso. Pensavo fossi diverso”
 
“Sono diverso”
 
“Non posso permettere che questo accada” continuò Blaine.
 
“Blaine!” esclamò Kurt, cercando disperatamente la sua attenzione.
 
Blaine lo guardò e quando fu sicuro che non avrebbe detto nulla, Kurt parlò.
 
“Mi dispiace per quello che ho fatto, ma devi credermi quando dico che mi piaci. Quando ho detto si all’appuntamento, non è stato per mia madre, ma solo per te”. Le lacrime iniziavano a scendere dai suoi occhi e non riusciva a impedire che cadessero. “Non voglio perderti Blaine. Mi dispiace”
 
Blaine fece un respiro profondo. Rimase in silenzio per un attimo prima di parlare. “Non c’è bisogno, Kurt. Non ti credo. Ho creduto a tutto il resto e guarda cosa è successo. Sinceramente… non credo di essermi sentito così in tutta la mia vita. Mi fa male tutto, Kurt. Fa male e mi sento così a pezzi perché ho avuto fiducia in te. Ti ho parlato della mia vita e io odio raccontare la mia storia, ma volevo che sapessi” rise senza umorismo. “e tu la conoscevi già. Mi hai aiutato quando stavo male e mi hai fatto sentire una persona completa. Ed ora scopro che l’unico motivo per cui tu hai fatto tutto questo non sono io perché non sono una persona completa. Non voglio più sapere se stai dicendo la verità o se stai mentendo”
 
“Blaine, ti prego, ti sto dicendo tutta la verità!” lo implorò Kurt con le lacrime che gli rigavano il viso. Non si era mai sentito così male in tutta la sua vita.
 
“Avresti dovuto farlo sin dall’inizio!” urlò improvvisamente Blaine, facendo saltare Kurt per la sorpresa. “Avresti dovuto essere onesto fin dall’inizio! Cosa? Avevi paura di me o qualcosa del genere? Avevi paura che ti allontanassi?”
 
“Blaine, mi dispiace!”
 
“Sei stato il primo, Kurt!” esclamò Blaine con la voce rotta. “Sei stato il primo! L’unico! Ecco cosa!”
 
“D-di cosa stai parlando? Il tuo primo cosa?”
 
Blaine scosse la testa. “Devo andare. Devo uscire da qui” disse mentre camminava verso la porta.
 
“No!” rispose Kurt, afferrandogli il polso mentre passava accanto a lui. “No, Blaine, per favore, parliamone”
 
Blaine lo guardò dritto negli occhi. Erano così vicini che Kurt poteva sentire la tensione e il dolore di Blaine.
 
“Non c’è niente di cui parlare, Kurt” disse con voce nuovamente tranquilla. Kurt avrebbe voluto urlare.
 
Blaine si liberò della presa di Kurt per poi cominciare a camminare rapidamente lungo il corridoio e le scale.
 
Kurt andò dietro di lui, continuando a pregarlo di restare. Nessuno dei due notò Finn in piedi sulla soglia della sua camera, chiedendosi cosa dovesse fare.
 
“Blaine! Blaine, fermati e lasciami parlare, per favore!”
 
Blaine spalancò la porta. Non si fermò nemmeno quando vide due adulti dietro di essa. Li superò e continuò a camminare nel vialetto verso la sua auto.
 
Kurt spinse i suoi genitori. “Blaine!”
 
“Addio, Kurt” disse Blaine, con voce tremante, ma rifiutandosi di piangere fino a quando non fosse stato solo. “Goditi la cartolina. Credevo a ogni parola che ho scritto”
 
“Blaine, per favore!” disse Kurt con la voce stanca per averlo ripetuto così tante volte. Blaine salì sulla sua auto facendo marcia indietro dal vialetto.
 
“Per favore” disse Kurt un’ultima volta, rimanendo lì a guardare l’auto che si allontanava, sapendo che non c’era nulla che potesse fare.
 
 

****

 
 
Non era sicuro di quanto tempo fosse rimasto lì. La prima cosa che realizzò furono le mani sulle sue spalle che lo guidarono di nuovo in casa.
 
In quel momento si rese conto che era in iperventilazione.
 
“Burt, dagli un minuto” sentì dire a Carole e si rese conto che qualcuno l’aveva aiutato a sedersi sul divano. Non aveva ancora sentito suo padre parlare.
 
“Kurt, tesoro, calmati” disse lei, sedendosi accanto a lui e massaggiandogli la schiena. “Devi dirci cosa è successo così possiamo aiutarti”
 
Ma Kurt non riusciva ancora a respirare abbastanza per poter formulare una frase.
 
Passarono pochi secondi, quando sentì qualcuno sedersi dall’altra parte. Sapeva che non era su padre, perché lui stava sempre seduto o in piedi di fronte a lui quando qualcosa non andava, in modo da poterlo affrontare più facilmente.
 
Doveva essere Finn.
 
“Lo ha scoperto, non è vero?” chiese Finn a bassa voce, confermando i pensieri di Kurt.
 
Kurt riuscì ad annuire.
 
“Chi ha scoperto cosa?” chiese Burt.
 
Kurt, sforzandosi di calmarsi, finalmente alzò lo sguardo. La lacrime ancora gli annebbiavano la vista, ma riusciva a riconoscere suo padre e Carole, entrambi estremamente confusi.
 
“Qualcuno dica qualcosa”disse Burt impaziente. “Devo andare a cercare quel ragazzo, o cosa?”
 
“Era lui, papà” disse Kurt con la voce traballante.
 
Burt, che si era seduto sul tavolino di fronte  Kurt, si spostò più vicino. “Chi, Kurt?” chiese con voce calma. “Dovresti essere un po’ più specifico”
 
“Blaine. Era Blaine”
 
“Blaine?... intendi il ragazzo con cui sei andato a cena l’altra sera? L’amico che hai incontrato all’incontro del Glee?”
 
Kurt appoggiò i gomiti sulle gambe e lasciò cadere la testa tra le mani.”Oh, Dio, ho rovinato tutto. Non sarebbe dovuta andare così. Non avrei mai dovuto incontrarlo. Sono un idiota”
 
Burt guardò Finn. “Hai idea di cosa stia parlando?”
 
Finn fece un respiro profondo. “Si, lo so… ma non credo di essere io a dovertelo dire”
 
Burt sospirò, rivolse la sua attenzione a Kurt e gli posò una mano sul ginocchio. “Kurt, qualsiasi cosa sia successa, devi dircelo”
 
Kurt, di nuovo il lacrime, ne asciugò una dal suo volto. Non riusciva a trovare la forza per incontrare gli occhi di Burt mentre parlava, così si concentrò su un granello di polvere sul pavimento.
 
“N-non ho incontrato Blaine a un incontro. U-un giorno ho saltato la scuola e sono andato alla Dalton. L’ho incontrato lì”
 
“Cosa?” esclamò Burt incredulo. “Hai saltato la scuola?”
 
Kurt alzò una mano per fermarlo. “Per favore, lasciami finire prima di agitarti”
 
Burt sospirò e annuì, facendogli segno di continuare - cosa che Kurt vide con la coda dell’occhio.
 
“Siamo appena tornati da un appuntamento…”
 
Burt fece per interromperlo di nuovo, ma lo sguardo di Carole lo fermò immediatamente.
 
“So che avrei dovuto parlartene, ma ero nervoso e io…”. Si fermò e fece un respiro profondo. “Non è questo il punto. Il punto è che ti ho mentito su Blaine, papà. Blaine è.. lui è… è il ragazzo che ha ricevuto il cuore di mamma”
 
“Che cosa?” gridò Burt, incapace di fermarsi.
 
Kurt strinse gli occhi. “Papà, per favore, lasciami finire”
 
Burt rimase in silenzio, anche se il movimento nervoso del suo piede mostrava che non ci sarebbe rimasto ancora per molto.
 
Kurt tornò a fissare il pavimento e continuò. “L’ho incontrato nonostante tu mi abbia detto di non farlo perché non potevo aspettare. Stavo per dirgli subito chi ero, ma ho avuto paura e gli ho detto che ero lì a causa dei bulli del McKinely. So che è stupido, ma continuavo a dirmi che gli avrei raccontato tutto la prossima volta che l’avrei visto. Non l’ho mai fatto, però, e lui ha iniziato a piacermi sul serio. Non per il fatto che ha il cuore della mamma, ma perché era gentile e premuroso e divertente e dolce e solo… tutto quello che ho sempre desiderato in un ragazzo.
 
“Ma quando siamo tornati a casa dopo l’appuntamento, l’ho portato un camera mia.. non è successo niente!” aggiunse subito, guardando l’espressione di suo padre e notando che stava peggiorando. “No, vedi, sono entrato nella camera di Blaine un paio di volte e volevo fargli vedere la mia, e Dio, suona tutto così male, ma sono andato in bagno e… e quando sono tornato, aveva la cartolina in mano. Quella che ci aveva mandato molto tempo fa. Devo averla lasciata sul comodino, e ora mi odia e mi odio anch’io, ed è tutto cosi incasinato!”
 
Burt chiuse gli occhi e respirò profondamente, prendendo lunghi respiri per calmarsi prima di cominciare a parlare.
 
“Potete lasciarci solo per un minuto?” disse dopo un paio di minuti di silenzio.
 
Carole massaggiò per l’ultima volta la schiena di Kurt, poi si alzò. Finn gli diede una pacca confortante sulla spalle e seguì sua madre al piano di sopra.
 
Burt si alzò mentre Kurt si stropicciava gli occhi ormai rossi e gonfi. Si avvicinò alla finestra e guardò fuori, poi si voltò e tornò dov’era prima. Lo fece un paio di volte, camminando avanti e indietro.
 
“A quanto pare la conversazione non è ancora finita” disse Kurt. Non era una domanda. Voleva solo interrompere quel silenzio pieno di tensione.
 
Burt scosse la testa. “No, e’ ben lontana dall’essere finita, Kurt”
 
 
 
 
 
 
Note dell’autore:
Questo capitolo è stato il primo a saltarmi in mente quando ho deciso di scrivere questa storia. E’ strano essere arrivata finalmente a scriverlo. Spero che sia piaciuto a tutti, perché mi ci sono impegnata tanto.
 
Grazie per tutte le recensioni! Vi amo tutti!

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Capitolo 15
*** Dark ***


“Andrà tutto bene. Andrà tutto bene. Andrà tutto bene”
 
Dopo aver camminato per un po’, Burt si diresse verso la sua sedia e si sedette. Non in modo rilassato contro lo schienale, ma sul bordo, chinandosi un po’ per appoggiare i gomiti sulle gambe.
 
“Quindi il ragazzo che è appena corso fuori… ha il cuore di Elizabeth?”
 
Non era questo il modo in cui Kurt avrebbe voluto iniziare la conversazione, ma annuì comunque in risposta.
 
Burt fece un respiro profondo. “E’ difficile da accettare” disse massaggiandosi gli occhi.
 
“Lo so” rispose tranquillamente Kurt, indeciso se guardare suo padre o il pavimento. Decise di spostarsi da uno all’altro.
 
Dopo un altro respiro profondo, Burt iniziò a parlare. “Va bene, affrontiamo una cosa alla volta. Guardami”
 
Kurt guardò negli occhi suo padre con il cuore che gli batteva forte.
 
“Innanzi tutto, hai visto Blaine di nascosto?”
 
Kurt annuì.
 
“Hai visto Blaine anche se ti avevo detto di no…”
 
Kurt aprì la bocca per parlare.
 
“No. Ora è il tuo turno di rimanere in silenzio. Anche se te l’avevo proibito, non posso fartene una colpa. Non mi piace, ma non posso darti la colpa”
 
Kurt lo guardò sorpreso e confuso allo stesso tempo, cercando di non interromperlo d nuovo.
 
“Sinceramente, me lo sarei dovuto aspettare. Sei sempre stato uno che fa sempre tutto quello che si mette in testa e non mi sarei dovuto aspettare altro anche questa volta.
 
“Tuttavia, mi hai mentito. Mi hai mentito su chi era Blaine, dove l’hai incontrato e su quello che voi due stavate facendo. Non è qualcosa su cui posso passare sopra. Per questo sei in punizione per un mese. Andrai a scuola, al Glee e tonerai a casa. Senza fare shopping, senza telefono dopo le sei di sera e terrò io tutte le riviste di Vogue che arriveranno per posta finché la punizione non sarà finita. Inoltre, non dovrai contattare Blaine per almeno una settimana e…”
 
“Papà!” esclamò Kurt. Poteva accettare tutte le punizioni, ma aveva bisogno di dire a Blaine che gli dispiaceva. Doveva ripeterglielo più e più volte finché Blaine non avesse capito.
 
“Ascoltami, Kurt. Dopo una settimana potrai scusarti con lui. Sarà l’unica volta che ti concederò di andare da qualche parte dopo la scuola”
 
“Ma perché aspettare, papà? Devo chiedergli scusa adesso”
 
“Devi dargli tempo. Mi sembra che non abbia preso la notizia troppo bene.”
 
Kurt sbuffò guardando in alto. “Probabilmente non vorrà più parlarmi”. Si voltò a guardare Burt con le lacrime agli occhi. “Si fidava di me, papà. Mi ha raccontato tutta la sua storia, dicendo che non gli piaceva farlo, ma l’ha fatto perché si fidava di me. Aveva fiducia in me e io ero troppo terrorizzato per ricambiare la cortesia. Ho provato a dirglielo tante volte. Stavo per essere completamente onesto con lui e dirgli tutto, ma… poi l’ho visto, mi piaceva e facevo finta di niente e con il passare del tempo ho dimenticato il piano originale per godermi il tempo passato insieme.
 
“E stasera, quando era nella mia camera e ha trovato la cartolina, ho visto quello sguardo sul suo viso e… non potevo credere di averlo fatto. L’ho completamente distrutto. Non avrei mai dovuto farlo. Non avrei mai voluto fargli del male. Onestamente, mi importa molto più di quanto mi sarei mai aspettato. Non ho accettato di uscire con lui per usarlo, non credevo di stare così bene, non credevo che mi importasse così tanto quello che diceva, non l’ho baciato per usarlo, non…”
 
“Aspetta… baciato?” lo interrupe Burt senza riuscire a trattenersi.
 
“Si” rispose Kurt con un ceno del capo, continuando come se niente fosse. “Ho cercato di spiegarglielo. Più di una volta, ma lui non mi voleva credere. Ma non lo biasimo. Vorrei solo che mi ascoltasse o poter farlo tonare a sorridere. Ha un bel sorriso. L’ho visto sorridere, una volta, quando stava attraversando uno dei suoi periodi di depressione. Non potrò aiutarlo ad uscirne questa volta, perché sono stato io a causargliela.
 
“Continuava a dirmi che sono stato il primo. E l’unico. Sono stato ‘il solo’. Che questa era…”
 
“Ok, ok, Kurt”. Burt prese un respiro. “Primo di cosa, esattamente?”
 
Kurt si strinse nelle spalle. “Mi piacerebbe saperlo. Bacio, forse? Appuntamento? Non lo so”
 
“Okay, quindi non intendeva altro oltre a un bacio o un appuntamento?”
 
Kurt aggrottò le sopracciglia, prima di rendersi conto di quello che suo padre intendeva dire. “No, papà, solo questo”
 
Burt si lasciò sfuggire il respiro che non si era accorto di aver trattenuto. “Ascoltami, ragazzo. Conosco il tuo cuore, quindi so che non avevi nessuna intenzione di fare del male a Blaine, ma l’hai fatto. Ha bisogno di tempo per sé stesso ora e così anche tu per riflettere su questa situazione. Entrambi avete perso qualcuno a cui tenevate stasera, non solo tu. Non penso che ora ti perdonerà se proverai a scusarti di nuovo, non è vero?”
 
Kurt scosse la testa.
 
“Ecco perché dovrai aspettare una settimana. Non posso assicurarti che dopo ti perdonerà, ma almeno gli avrai dato un po’ di tempo per calmarsi. In questo momento, le cose possono essere considerate da entrambe le parti cosa che nessuno dei due vuole fare, ma non dovete più avere rimpianti, capito?”
 
Kurt annuì. “Si, ho capito”.
 
“Bene”. Burt si stropicciò gli occhi stanchi. Se il film che lui e Carole non avesse riempito tutta la sala, a quell’ora sarebbero ancora lì, ridendo e godendosi la reciproca compagnia.
Fino a pochi minuti fa non era così stanco. Ma ora si sentiva come esausto. “Pensò che sia meglio lasciar perdere per questa sera, Kurt. Questa conversazione non è ancora finita, però. Abbiamo ancora alcune cose di cui parlare”
 
‘Specialmente adesso che esci con qualcuno con il quale ti sei… baciato’ aggiunse tra sé e sé. ‘Dio, speravo di non arrivare mai a parlargli di quello.’
 
“Si, papà”
 
Kurt si alzò per lasciare la stanza, ma Burt lo richiamò.
 
“Kurt” disse alzandosi in piedi. Alzò le braccia, facendo cenno a Kurt di avvicinarsi.
 
Kurt non esitò a cadere tra le braccia del padre.
 
“Ti voglio bene, figliolo” disse Burt mentre lo abbracciava forte. Kurt non si era mai sentito più sicuro di quando stava tra le braccia di suo padre.
 
“Ti voglio bene anch’io”
 
Dopo un momento, Burt lo lasciò. Appoggiò le mani sulle spalle di Kurt, guardandolo negli occhi. “Tutti fanno degli errori, Kurt. Tutti. Che tu ci creda o no, anche più gravi del tuo. Quello che conta è che tu ti impegni per risolvere il problema e hai una settimana per capire qual è il modo giusto per farlo”
 
Kurt annuì. “Grazie, papà” disse dando a suo padre un ultimo abbraccio prima di tornare in camera sua.
 
Si cambiò e andò subito a letto, ma senza addormentarsi. Non riusciva ad allontanare della testa Blaine e la cartolina che sembravano perseguitarlo. Si alzò dodici volte durante la notte, mettendola in posti diversi. Poi, intorno alle 03:00 si arrese. Tirò fuori la cartolina dal libro in cui l’aveva riposta, tornò a letto e la fissò finché il sole si levò il mattino seguente.

 



 
Blaine voleva solo tornare a casa. Si concentrò solo su questo mentre guidava. Continuava a fare respiri profondi, ignorando la sensazione di bruciore ai polmoni.
 
“Devo arrivare a casa, devo arrivare a casa” ripeteva più volte a sé stesso.
 
Le lacrime gli bruciavano gli occhi ma, come quando era nella stanza di Kurt, si rifiutò di mettersi a piangere. Se piangeva, avrebbe dovuto accostare e ci sarebbe voluto più tempo per arrivare a casa.
 
“Devo arrivare a casa, devo arrivare a casa”
 
Cominciò a ripetersi le indicazione per arrivare a casa nonostante non ne avesse bisogno.
 
“Percorri questa strada… gira qui… prosegui per due chilometri… svolta a sinistra dopo il semaforo…”
 
Continuò a farlo finché non arrivò al vialetto di casa.
 
Scese rapidamente dalla macchina ma, non appena mise piede dentro casa, gli rivenne in mente ogni instante di quella sera. Come tutto fosse stato perfetto, finché…
 
Gli cadde tutto addosso. Fu come se i suoi sentimenti fossero stati calpestati. Alcuni l’avrebbero definita una cosa drammatica, ma non potevano capire. Non conoscevano la sua vita. Non sapevano come pensava. Non sapevano quanto fosse difficile chiedere a un ragazzo di uscire. Semplicemente non lo sapevano.
 
Sentiva quel sentimento troppo familiare. Questa volta, però, non ne aveva paura. Lo desiderava. Desiderava il suo letto, nessuna luce, la porta chiusa e il mondo fuori.
 
Aprì la porta ed entrò, sperando che non ci fosse nessuno… ma niente da fare.
 
“Blaine, com’è andata la serata?” chiese Diane, con un sorriso sul volto.
 
Blaine la ignorò, chiudendo la porta e andando verso le scale.
 
Il sorriso di Diane svanì. “Blaine? Blaine, tesoro, aspetta…”
 
Blaine si fermò, ma non si voltò a guardarla. C’era troppo luce lì. Cominciava a fargli male la testa. Ed era stanco. Così stanco. Il corpo gli faceva male. Aveva bisogno del suo letto. Tutto qui. Le coperte tirate sopra la testa, il sonno che lo portava via. Questo era tutto quello che desiderava. Non voleva parlare in quel momento.
 
“Cos’è successo?” chiese, con al voce carica di preoccupazione.
 
“Ho fatto un errore” disse piano per poi riprendere a camminare verso la sua stanza.
 
Lei lo chiamò di nuovo, ma lui aveva già chiuso la porta… rumorosamente, facendo capire che non voleva essere disturbato.
 
Non accese la luce né tantomeno si cambiò. Prese il cellulare dalla tasca, lo spense e lo gettò a terra. Non era sicuro su dove fosse atterrato, e non gli importava. Si avvicinò al suo letto e una volta che si fu sdraiato tirò completamente le coperte sopra al testa, si arricciò su sé stesso, lasciando che il sonno prendesse il sopravvento. 

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Capitolo 16
*** Days ***


“Non fate pazzie mentre sono via, ragazzi”
 
 
 
Due giorni. Questo era il tempo che era passato da quell’orribile notte. Kurt aveva dormito un totale di quattro ore da allora ed era solo la stanchezza a costringerlo.
 
Kurt sapeva che non sarebbe stato più in grado di dormire finché non avesse chiesto scusa a Blaine o comunque finché non le avesse accettate… cosa che non sarebbe mai successa.
 
Andò a scuola circondato dalla nebbia. Una spessa e fitta nebbia. Andò a lezione anche se non avrebbe saputo ripetere una parola di quello che aveva detto l’insegnate e poi fece un’ultima tappa al Glee.
 
“Kurt… Kurt?”
 
“Hum?” disse Kurt, uscendo dalla sua trance.
 
“Stai bene?” chiese Sam al suo fianco. “Sembri un po’… fuori di te”
 
“No” rispose Kurt senza cercare di nascondere i propri sentimenti. “Non sto bene”
 
Finn, che era seduto di fronte a lui, sembrava aver sentito Kurt. Si voltò verso di lui. “Se vuoi andare a casa posso farmi dare un passaggio da Puck”
 
Kurt annuì senza esitare, prendendo la sua borsa e uscendo dalla stanza mentre il professor Schue entrava. Non gli diede nessuna spiegazione quando quest’ultimo gli chiese dove stesse andando.
 
Non appena tornò a casa si sdraiò sul letto cercando – inutilmente – di dimenticare.
 
 



 
 
Quattro giorni. Quattro giorni da quando Blaine aveva scoperto la verità. Quattro giorni che aveva passato raggomitolato, sperando che il mondo sparisse.
 
Mangiò poco, solo qualche boccone a ogni pasto che gli portava sua madre – e solo quando era sicuro che fosse uscita dalla stanza.
 
Non avrebbe mangiato nulla se non fosse stato per le medicine. Quasi tutte andavano assunte dopo i pasti. Gli facevano venire una forte nausea e quindi era costretto a mangiare qualche boccone. Non voleva nemmeno immaginare come si sarebbe sentito se avesse avuto lo stomaco vuoto.
 
Non parlava. Mai. Non disse nemmeno una parola a sua madre in quei quattro giorni. Era facile, in realtà. Ad ogni modo, le voci erano troppo forti.
 
Dormiva molto, svegliandosi quando sua madre gli portava da mangiare e le pillole, o quando era costretto ad andare in bagno.
 
Era la solita routine. La luce del corridoio era sempre accesa e nonostante non lo fosse, per lui era troppo forte. In quel momento la luce gli sembrava così… sbagliata. Ma nulla gli sembrava giusto al momento.
 
 



 
 
Cinque giorni. Cinque giorni da quando Burt aveva detto a Kurt di aspettare una settimana prima di parlare con Blaine. Si sentiva quasi come un tributo. Gli occhi erano gonfi e scuri. Un paio di mattine uscì dalla sua stanza con lo stesso volto di uno che aveva passato al notte a piangere.
 
Burt aveva deciso di sospendere la conversazione per il momento. Non perché non voleva più avere a che fare con tutto ciò, ma perché non lo riteneva molto produttivo visto l’umore di Kurt.
 
Mangiava poco, notò Burt. Dovette praticamente forzarlo a mangiare il suo toast un paio di mattine.
 
Non parlava molto. Solo quando doveva rispondere a una domanda o se fosse assolutamente necessario. Anche in questo caso, in modo forzato.
 
Era infelice. Questa era l’unica parola che Burt aveva trovato per descriverlo.
 
Una cosa era certa: Kurt non aveva solo un piccolo sentimento nei confronti di Blaine. Era sicuramente quel sentimento dal ‘più che amici’. Era ovvio per Burt che a Kurt piacesse e importasse molto di Blaine. Sperava solo che Kurt riuscisse a convincere anche Blaine come aveva fatto con lui nonostante non avesse detto nemmeno una parola… poi avrebbero potuto parlare.
 
Per quanto riguardava la faccenda che Blaine aveva il cuore di Elizabeth... Beh, non era nemmeno una cosa a cui Burt poteva pensare in quel momento.
 
 



 
 
Sei. Sei giorni da quando il mondo sembrava caduto a pezzi.
 
Diane non aveva idea di cosa fosse successo. Blaine non gli aveva più rivolto la parola da quando era tornato a casa dopo l’appuntamento.
 
“Ho fatto un errore”
 
Questa era l’ultima cosa che era uscita dalla bocca di suo figlio.
 
Aveva cercato di parlare con lui un paio di volte da allora, ma non aveva concluso niente.
 
Avrebbe voluto che Kurt venisse. Per quanto ne sapeva, era lui la causa di tutto questo, ma almeno avrebbe avuto delle risposte. Questo era tutto quello che voleva. Una ragione.
 
C’era sempre una ragione ogni volta. Lo capiva.
 
Ma questa era una cosa completamente nuova. Almeno finché lui non avesse parlato con lui. Non aveva ottenuto altro che parola.
 
“No, mamma”
 
“Lo mangerò più tardi, mamma”
 
“Ti prego, smettila di chiedere”
 
“Mamma, davvero, vai. Sono solo stanco”
 
Pensava che quei momenti fossero davvero brutti. Poteva solo ottenere risposte annoiate o agitate da lui. Ma lei lasciava correre ogni giorno.
 




 
Sette. Sette giorni. Una settimana. Avrebbe potuto rivederlo quel giorno – sperava.
 
Kurt posteggiò nel vialetto di Blaine. Scese dalla macchina, sfregandosi le mani sopra alla camicia per assicurarsi che non avesse grinze e si diresse verso la porta d’ingresso.
 
Fece un respiro profondo, sperando di non avere gli occhi gonfi come lo erano stati negli ultimi giorni.
 
Ci aveva messo un’ora e mezza più del solito per prepararsi quella mattina. Era la prima volta che si preoccupava del suo aspetto nell’ultima settimana.
 
Una volta raggiunta la porta d’ingresso, si guardò ancora una volta i vestiti, facendo attenzione che tutto fosse a posto.
 
Si sistemò un’ultima volta i capelli e si pizzicò le guancie per dargli un po’ di colore.
 
Prese un ultimo respiro prima di allungare la mano e suonare il campanello.
 
 
 
 
 
 


 
Note dell’autrice:
So’ che è un po’ corto, ma volevo dar l’idea dei piccolo momenti della settimana con i diversi POV.
Grazie a tutti per le recensioni e per essere così carini. Quindi grazie, grazie, grazie.
 
 
Note della traduttrice:
Vi informo che potrebbe esserci un altro aggiornamento entro la fine di questa settimana per compensarvi per questo capitolo che era un po’ corto ;)
 
Grazie mille per tutte le recensioni che continuo a ricevere!

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Capitolo 17
*** Sorry ***


 

- IN A HEARTBEAT -

CAPITOLO 17 - SORRY

(link originale)





“Se ne sarà anche andata, ma il suo ricordo vivrà per sempre”
 
 
A Kurt sembravano passate ore prima che la porta si aprisse. Aveva vagliato ogni scenario per spiegare perché non avessero ancora risposto. Passava dalla normale preoccupazione dei genitori di Blaine per quello che era successo e volevano che non lo vedesse mai più, alle idee più pazze tipo loro con una mitragliatrice pronti a sparargli da dietro la porta.
 
In realtà, fu solo una questione di venti secondi prima che la porta si aprisse.
 
Tuttavia, non era la madre di Blaine, come al solito. Era un uomo, probabilmente il padre di Blaine, intuì Kurt.
 
“Salve, sono Ku-“
 
“Si, ma ti ho già detto che non mi interessa”
 
Kurt aggrottò le sopracciglia confuso mentre l’uomo alzava un dito verso Kurt per dirgli di aspettare. Poi Kurt notò il Bluetooth all’orecchio dell’uomo.
 
“Beh, penso la prossima volta. Devo andare, ti richiamo. Non mi interessa!”
 
Premette un pulsante sul Bluetooth. “Mi dispiace” disse guardando Kurt. “Lavoro con degli idioti”
 
“V-va tutto bene”. Kurt si schiarì la gola. “Uhm, sono un amico, voglio dire, conosco Blaine. Mi chiamo Kurt. Mi chiedevo se potessi parlare con lui”
 
“Oh, beh, vieni dentro. Diane!” chiamò mentre si faceva da parte per far entrare Kurt.
 
“Sono Nathan, il padre di Blaine”. Fece una pausa e guardò Diane scendere dalle scale. “Devo tornare nel mio ufficio a rimediare al casino che hanno fatto i miei colleghi”. Guardò sua moglie. “Chiamami quando la cena è pronta. Spero di riuscire a finire tutto in tempo”
 
Diane scese l’ultimo gradino e Nathan la baciò sulla guancia prima di tornare nel suo ufficio.
 
“Kurt, sono così felice che tu sia qui” fisse Diane sospirando di sollievo.
 
“Signora, mi chiedevo se potessi parlare con Blaine” disse Kurt. Pensò che lei non sapesse quello che era successo visto che aveva detto di essere contenta che lui fosse lì.
 
“Certo, certo. Ma, per favore, prima vieni con me”
 
Kurt annuì e Diane gli fece strada verso la cucina. “Siediti” disse, indicando il tavolo. “vuoi qualcosa da bere?”
 
“No, signora. Sto bene così, grazie”
 
Diane annuì e si sedette accanto a Kurt. Lo guardò per un attimo prima di parlare. “Sembra che tu abbia appena visto un orso mangiare un bambino. Non avere paura, Kurt. Non ti ho portato qui per sgridarti. Per quanto ne so, per il momento non ho bisogno di urlarti contro”
 
Fece una pausa mentre Kurt si rilassava, poi continuò.
 
“Sono disperata, Kurt. Non l’ho mai visto così”
 
Kurt si costrinse a non mettersi a piangere. Blaine stava sicuramente peggio di quanto era stato lui… per colpa sua. Era solo colpa sua. Cercò di non dare troppo peso alla conversazione, ma sapeva di non poterlo fare. Anche se ascoltava per auto punirsi… sapeva di meritarselo.
 
“A malapena mangia. Non parla, con nessuno. Neanche una parola. Non l’ho sentito dire nemmeno una lettera da quando è tornato a casa dal vostro appuntamento, una settimana fa.
 
“Volevo chiamarti. L’hai aiutato così tanto l’ultima volta, ma non avevo il tuo numero e non mi sembrava giusto andare a sbirciare nel telefono di Blaine.
 
“Ma, Kurt, ho bisogno di sapere. Voglio sapere cosa è successo quella sera. Hai visto qualcosa? Hai notato qualcosa di strano in lui? C’era un segno? Qualcosa?”
 
La disperazione sul suo volto rese difficile a Kurt controllarsi. Aveva causato tutto quello. Non aveva fatto del male solo a Blaine, ma anche alla sua famiglia… o, almeno, a sua madre. E solo questo era grave.
 
Kurt fece un respiro profondo prima di iniziare. “L’appuntamento in sé è andato molto bene… non sarebbe potuto andare meglio, in realtà. Ma, alla fine della serata, è successa una cosa. Prima di dirtelo, però, ho bisogno di parlare con Blaine. Devo chiedergli scusa. Ti racconterò tutto dopo, te lo prometto”
 
Diane lo guardò con attenzione. “Avete fatto qualcosa… fisicamente?”
 
Kurt spalancò gli occhi. “N-no, Dio, no! Non avrei mai potuto fare una cosa del genere. I-io non sono stato completamente onesto con lui, ma voglio farglielo sapere, se me lo permette. V-voglio solo scusarmi con lui”
 
Diane esitò un momento, poi annuì. “Vai di sopra” disse con tono dolce. “Non perdere tempo a bussare. Non risponderebbe”
 
Kurt la ringraziò mentre saliva.
 
Nervosamente percorse la strada verso la camera di Blaine, su per le scale, fino alla porta della stanza.
 
Aveva le mani sudate, il cuore gli batteva forte ed era abbastanza sicuro di essere sul punto di vomitare.
 
Quando arrivò alla porta di Blaine, bussò leggermente, anche se sapeva che era inutile. Sentiva che sarebbe stato sbagliato entrare senza nessun preavviso.
 
Dopo aver atteso qualche secondo, lentamente aprì la porta.
 
La stanza era buia, cosa che si aspettava, e riuscì a distinguere la figura di Blaine sotto alla trapunta, cosa che si aspettava di nuovo.
 
Tuttavia, nonostante già avesse previsto tutto, Kurt sentiva il cuore spezzarsi sempre di più.
 
“Blaine?” disse nervosamente mentre chiudeva la porta alle spalle. “Blaine, sono io, Kurt”
 
Nessuna risposta. Nemmeno una smorfia.
 
Gli occhi di Kurt si erano abituati alla luce ora, e se non fosse stato per Blaine che aveva gli occhi aperti e lo sguardo fisso davanti a sé, Kurt avrebbe pensato che stesse dormendo.
 
Dopo aver preso un respiro profondo, Kurt fece cautamente un passo avanti “I-io sono venuto per scusarmi con te, Blaine. Volevo venire prima, ma mio padre mi ha costretto ad aspettare una settimana. Ha pensato che sarebbe stato un bene dare a entrambi un po’ di tempo. Per me era come una tortura, ma…”. La sua voce si spense e dopo un momento di imbarazzante silenzio, si schiarì la gola.
 
Era strano vedere Blaine così. Era come se fosse privo di emozioni. Il suo volto non mostrava rabbia, o tristezza. Non mostrava niente.
 
“Voglio solo che tu sappia che non ho scuse per giustificarmi. Tutto quello che sto per dirti è completamente vero, me non una scusa. Te lo prometto.
 
“Quando sono venuto alla Dalton il mio unico intento era di raccontarti di mia madre. Lo volevo così tanto… e poi ti ho incontrato, e mi sono tirato indietro. E ho continuato a farlo ogni volta.
 
“Quando mi hai chiesto di andare a fare commissioni, ho detto di sì perché volevo conoscere meglio la persona che aveva il cuore di mia madre. E non ero nemmeno sicuro che fossi il Blaine Anderson giusto allora, ma ero sicuro che avrei trovato un modo per scoprirlo. Avevo deciso che ti avrei raccontato tutto, quel giorno. Poi, sei venuto a prendermi. E, mentre la giornata passava, mi sono dimenticato di quelo che volevo dirti, ho dimenticato qual’era il vero motivo per cui ero venuto a conoscerti, e io… stavo bene. Apprezzavo molto stare con te. Cominciavi a piacermi per quello che eri.
 
“E si, avrei dovuto dirtelo prima che tu ti fidassi di me fino al punto che mi raccontassi la tua storia. Allora ero sicuro che tu fossi il Blaine giusto. E’ stato un colpo basso da parte mia, lo capisco benissimo. Volevo conoscere la tua storia così tanto, ma non avevo modo per sentirla. Avresti dovuto sapere a chi la stavi raccontando prima di farlo.
 
“Ma, quando mi hai chiesto di uscire per un appuntamento, ho detto di sì perché mi piacevi. Ho detto di sì perché volevo stare con te e volevo avere un appuntamento con te. Non ho nemmeno pensato a mia madre, in que momento. Non ho pensato alle conseguenze, fino a quando sono tornato a casa”
 
Kurt fece una pausa, cercando di combattere contro le lacrime che minacciavano di cadere.
 
“Dio, Blaine, ci sono state così tante volte in cui ero sul punto di dirtelo. Tante volte ho parlato con il mio fratellastro, e lui diceva che dovevo essere onesto con te e io gli rispondevo che l’avrei fatto. Ma, ogni volta che ti avevo intorno, ogni volta che vedevo il tuo viso, cambiava tutto. Era come se tutto quello che volevo dirti volasse fuori dalla finestra e rimanevano solo noi, semplicemente due ragazzi gay dell’Ohio che si piacevano. Eri il mio migliore amico e a un certo punto ho pensato che fossi anche di più.
 
“So di aver fatto un sacco di cose stupide e idiote, ma non avrei mai accettato di uscire con te solo per usarti. Posso anche aver colpito basso, ma mai così basso.
 
“Sono così dispiaciuto, Blaine”. La voce di Kurt vacillò, non più in grado di controllare l’emozione. “Ti capisco se non vuoi perdonarmi. In realtò me lo aspetto, anche se spero che un giorno lo farai.
 
“M-mio padre mi ha lasciato una settimana per pensare a come mettere a posto le cose e io c’ho provato, ma non ci sono riuscito, perché non credo di esserne capace”. Una lacrime scese lungo la guancia realizzando che non avrebbe più rivisto Blaine dopo quel giorno. “Non ti biasimo se non vuoi più vedermi, e io non so cosa dire per rimettere le cose a posto, ma mi piacerebbe che tu capisca che non ti sto mentendo. Mi piacerebbe avere la possibilità, un giorno, di essere di nuovo tuo amico”
 
Kurt fece una pausa. Non era sicuro di cosa stesse aspettando. Blaine non aveva parlato per una settimana, per cui non c’era motivo per cui dovesse iniziare proprio ora. Sperò solo che l’avesse ascoltato. E che forse non tutto era perduto.
 
“Ora vado, Blaine, ma non mi arrendo. Non mi arrenderò finché non mi crederai o smetterai di cercarmi”
 
Kurt si voltò, con il cuore pesante, ma sentendosi un po’ meglio dopo aver raccontato tutto.
 
Aveva girato la maniglia della porta e stava per aprirla, quando una voce familiare lo fece fermare.
 
“Parlami di lei”
 
 
 
 
 
Note dell’autrice:
Lo so, lo so, vi sto torturando… ma lo faccio con amore :)
 
Note della traduttrice:
Come promesso ecco in anticipo il nuovo capitolo. Per la cronaca, da ora in poi ho intenzione di aggiornare due volte a settimana salvo imprevisti, ma anche in quel caso avrete sicuramente almeno un aggiornamento. Questo perchè i capitoli li ho quasi finiti di tradurre tutti e avevo intenzione di inizare a pubblicare una nuova long sempre di questa autrice.
 
Grazie mille per tutte le recensioni e a tutti i lettori silenziosi (si, siete tanti) :)

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Capitolo 18
*** Memory ***


- IN A HEARTBEAT -

CAPITOLO 18 - MEMORY

(link originale)







“Profumi di buono, mamma”
 
Non era il perdono, ma nemmeno un ‘stai lontano da me’.
 
Kurt si girò lentamente, quasi come se si fosse mosso troppo velocemente avrebbe spezzato l’incantesimo.
 
Si diresse verso il letto, dal lato opposto rispetto a dove era sdraiato Blaine. Si accorse che, nonostante gli fosse passato davanti, gli occhi di Blaine non si erano mossi, era come se fossero bloccati davanti a sé.
 
“Posso sedermi?” chiese piano Kurt, con cautela.
 
In un primo momento non ci fu risposta, poi Blaine rispose semplicemente tirando indietro le coperte dall’altro lato.
 
Kurt lo prese per un sì, e sperando di non sbagliarsi, si sedette appoggiando la testa alla testiera ei piedi sul letto. Era in una posizione familiare, visto che era il modo in cui si sdraiava accanto a Blaine ogni volta che veniva a trovarlo quando era depresso.
 
Kurt non sapeva da dove iniziare, o cosa volesse sapere Blaine, ma quello non era il momento per fare domanda, così semplicemente iniziò.
 
“La prima cosa che ricordo di lei era il suo profumo. Aveva sempre un profumo buonissimo. Non riesco a spiegare esattamente cosa fosse, ma era come un misto tra profumo e biscotti. Mio padre scherzava sul fatto che sapeva di dolce e piccante, visto il suo comportamento.
 
“Le dicevo spesso quanto fosse buono il suo profumo, e quando lo facevo, lei andava a prendere la sua boccetta del profumo e me ne spruzzava un po’ e poi mi diceva che profumavo di buono anch’io.
 
“Chiesi a mio padre il nome di quel profumo un paio di volte, ma non riuscì mai a ricordarselo, sapeva solo che era rosa, in una boccetta rotonda che assomigliava a una ragazza con un vestito”. Kurt rise leggermente, ricordando suo padre un paio di anni fa quando glielo descriveva.
 
“Era dolce e premurosa” continuò Kurt. “Era ovvio quanto amasse essere una mamma e… e non ricordo molti dettagli su di lei. A volte devo guardare delle vecchie foto per ricordare il colore dei suoi occhi, ma ricordo benissimo un giorno. Stavo male ed ero rimasto a casa da scuola. Trascorse tutta la giornata al mio fianco, ad eccezione di quando mi portava da bere o da mangiare… o quando doveva ripulire il mio vomito o mangiare… successe due giorni prima che morisse” aggiunse con un piccolo sorriso che sparì rapidamente.
 
“Non avevo idea che quello sarebbe stato l’ultimo giorno che avrei trascorso con lei. Che sarebbe stata l’ultima volta che ci saremmo seduti insieme a guardare un film. L’ultima volta che mi addormentai con la testa sul suo grembo. L’ultima volta che si sarebbe inventata una storia da raccontarmi. L’ultima volta che avrebbe cucinato la sua famosa zuppa di pollo”
 
Kurt fece una pausa per riprendersi, asciugandosi una lacrime che gli era sfuggita lungo la guancia. Guardò Blaine che, nonostante non si fosse mosso, aveva spostato lo sguardo su di lui.
 
Kurt lo fissò per un momento, poi distolse lo sguardo, incapace di sostenere quello sgaurdo.
 
 
 
 
 
Note dell’autrice:
Il. Più. Breve. Capitolo. Mai. Scritto. Non volevo aggiungere cose inutili, quindi…
 
Grazie per tutte le recensioni! Non riesco a credere a quante ne ho ricevute! Vi amo tutti e vi mando un abbraccio virtuale!




Note della traduttrice:

Effettivamente il capitolo è parecchio corto. Vi invito a recensire comunque e io mi impegnerò ad aggiornare entro massimo due giorni ;) 

 
 
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 19
*** Time ***


 


- IN A HEARTBEAT -

CAPITOLO 19 - TIME







“Ce la farai, tesoro. Andrà tutto bene”

 
Blaine rimase dov’era. Si sentiva stanco, ma non riusciva ad addormentarsi. Non importava quanto fosse stanco il suo corpo, il suo cervello stava andando in quarta.
 
C’erano così tante cose a cui pensare. Troppe.
 
Sarebbe stato facile perdonare Kurt al momento, o dirgli di stargli lontano per sempre… nessuna di queste due opzioni gli sembrava ragionevole, però.
 
Sentire qualcosa sulla madre di Kurt era molto a cui ragionare. Molto. E che gli piacesse o no, lui e Kurt erano in qualche modo collegati.
 
Anche se gli avesse detto addio per sempre, non avrebbe mai potuto dimenticarlo. Non avrebbe mai potuto dimenticare la sua prima cotta, il suo primo appuntamento, il suo primo bacio… ma, oltre a questo, non avrebbe mai potuto dimenticare il figlio della persona che gli aveva donato il cuore.
 
No, dirgli addio per sempre il quel momento non sarebbe stato un bene. Avrebbe lasciato troppo cose in sospeso tra lui e Kurt.
 
Ma semplicemente perdonarlo e andare avanti… non pensava fosse possibile. La loro amicizia – diamine, era anche più di una amicizia – era basata su una bugia. Una grande bugia, con un segreto ancora più grande che incombeva dietro di loro.
 
No, semplicemente dimenticare non era una cosa fattibile.
 
Una cosa certa, però, era che aveva bisogni di dormire. Per parecchio tempo. Avrebbe preso una decisione dopo, ma per ora, voleva semplicemente spegnere il cervello.
 




 
Kurt fece un respiro profondo mentre scendeva per le scale. Ora doveva parlare con Diane, cosa che non avrebbe voluto fare.
 
Era stato difficile richiamare tutti quei ricordi per Blaine, ma ora doveva rivivere ricordi anche più dolorosi, e correre il rischio di essere buttato fuori di casa e dalla loro vita… no, Kurt non ne era per niente impaziente.
 
“Signora Anderson?” chiamò Kurt mentre scendeva l’ultimo gradino. Gli aveva già detto prima di chiamarla Dinae, me pensava che fosse pià opportuno visto quello che stava per dirile.
 
Kurt, non ricevendo risposta, si diresse in cucina.
 
“Signora Anderson?” chiamò di nuovo.
 
Si guardò intorno nella cucina e dopo averla trovata vuota, si voltò per andarsene.
 
Quando si girò, però, Nathan era proprio dietro di lui.
 
Kurt sussultò.
 
“Mi dispiace, ti ho spaventato?” chiese Nathan, muovendosi verso il frigo.
 
“Un po’, ma è tutto okay… signor Anderson?”
 
“Nathan” lo corresse lui.
 
“Nathan, la signora Anderson è qui?”
 
“No, è venuta nel mio ufficio un paio di minuti fa dicendo che aveva bisogno di passare al negozio. Probabilmente gli serviva qualcosa per la cena di stasera”
 
Nathan chiuse la porta del frigorifero, con una bottiglia d’acqua in una mano e dell’uva nell’altra.
 
“Avevi bisogno di lei per qualcosa?” chiese guardando dritto negli occhi di Kurt.
 
“Beh, dovevo parlare con lui una volta aver parlato con Blaine”
 
“Blaine ti ha parlato?” chiese Nathan lentamente cambiando espressione. Spaventò un pochino Kurt, ma lo nascose. Era la prima volta che quell’uomo sembrava umano.
 
“Solo poche parole. Non molto”
 
Nathan sospirò. “Oh… bhe, vuoi che le lasci un messaggio per te? Posso dirglielo quando torna”. Era tornato il vecchio sé stesso.
 
“Dille che dovevo andare e che probabilmente non potrò tornare per un po’, ma parlerò con lei il prima possibile”
 
Nathan lo sguardò per un momento, poi annuì. “Va bene, glielo farò sapere”
 
“Grazie” rispose Kurt. Non era esattamente sicuro di cosa fare ora. Doveva semplicemente andarsene, salutarlo prima o… cosa?
 
“Devo tornare al lavoro” disse Nathan, posando la bottiglia d’acqua e aprendo un cassetto. “C’è altro di cui hai bisogno?” chiese tirando fuori un taccuino.
 
“No, grazie, sign-”
 
“Nathan”
 
“No, grazie, Nathan. Ora devo andare”
 
“Buona giornata, Kurt” disse mentre Kurt si dirigeva verso la porta d’ingresso.
 
“Grazie. Anche a te”
 
Come Kurt uscì di casa, prese un altro respiro profondo – cosa che gli sembrava di aver fatto un sacco di volte quel giorno. Non era del tutto sicuro su cosa dovesse fare con Nathan. Sembrava un maniaco del lavoro, ma aveva mostrato, anche solo per un momento, di avere a cuore suo figlio.
 
Si comportava come una persona senza fronzoli, ma Kurt non poteva fare a meno di sentire che c’era molto di più in quell’uomo dai capelli neri.
 
Kurt pensò che ci sarebbe solo voluto un po’ di tempo per farlo uscire allo scoperto… ma poi gli venne in mentre che forse di tempo non ne aveva più molto.
 




 
 
Aveva sentito. Diane aveva sentito tutto. Non aveva potuto fare a meno di seguire Kurt per le scale e ascoltare dietro alla porta di Blaine. Era preoccupata per suo figlio e ogni madre preoccupata lo avrebbe fatto.
 
Su figlio stva male e avrebbe fatto qualsiasi cosa per risolvere il suo problema. Non poteva aspettare ancora per avere delle risposte. Aveva già aspettato abbastanza.
 
Quindi, ascoltò. Ascoltò quello che aveva da dire Kurt finché non calò un silenzio freddo una volta che ebbe finito.
 
Se ne andò subito dopo, afferrando le chiavi, infilando la testa nell’ufficio di Nathan per dirgli che stava uscendo e correndo verso la sua auto.
 
Non era nemmeno sicura di quello che stesse facendo fino a quando non aveva già percorso un miglio di strada.
 
Accostò, premendo con forza sul freno.
 
Kurt era il figlio della donatrice di Blaine.
 
Kurt aveva mentito.
 
Ecco perché Blaine era tornato a casa sconvolto.
 
Aveva scoperto la verità la sera del suo primo appuntamento.
 
Ecco perché era di nuovo depresso.
 
Ecco perché non parlava più.
 
Quando Kurt gli aveva chiesto perdono era sinceramente dispiaciuto.
 
Ma era tutto una grande bugia.
 
Diane appoggiò la testa al volante, prendendo respiri lunghi e profondi. Non riusciva a fermare le lacrime che le cadevano lungo le guancie, mentre aveva cominciato a piangere in silenzio.
 
Era sempre stata forte. Doveva esserlo. Se non lo fosse stata lei, chi? Nathan era preso dal lavoro, e Cooper aveva già compiuto diciotto anni e aveva la sua vita. Era lei a doversi prendere cura di Blaine.
 
Nathan aveva un lavoro e si era preso cura di Cooper le molte volte in cui Blaine era in ospedale.
 
Cooper aveva la scuola, il calcio e i corsi di recitazione nel weekend che non poteva saltare. Non importava quanto la loro vita fosse diversa dal normale, lei e suo marito volevano che crescesse come un qualsiasi ragazzo. Non voleva che rinunciasse a essere un bambino.
 
Nathan pensava a tutte le cose di Cooper, insieme al lavoro. Diane aveva lasciato il suo quando le cose erano diventate troppo pesanti, così Nathan aveva iniziato a lavorare di più.
 
La famiglia collaborava tutta insieme, ma era lei che stava con Blaine ogni giorno, tutti i giorni. Era lei a trascorrere settimane e mesi in ospedale, di notte, senza dormire vegliando su suo figlio.
 
Era lei che aveva dovuto prendere la decisione di mettere a Blaine un respiratore per una settimana quando aveva preso la polmonite.
 
Lei era quella che era stata butta fuori della stanza tre volte diverse quando Blaine doveva essere rianimato.
 
Era lei ad aver vissuto per dieci mesi in un appartamento dopo l’intervento, assicurandosi che prendesse tutti i giorni le medicine e che non ci fossero effetti collaterali.
 
Era lei che doveva avere a che fare con gli sbalzi d’umore e il dolore. Era lei ad averlo tenuto mentre lui piangeva. Era lei a coccolarlo mentre dormiva. Lei era quella che si era svegliata ogni mezz’ora, ogni notte, per tre anni dopo l’intervento per assicurarsi che respirasse ancora.
 
Aveva un legame incredibile con suo figlio, anche se non lo mostrava apertamente. Una volta adolescente, sapeva che doveva tirarsi un po’ indietro e lasciarlo essere sé stesso, ma non cambiava il fatto che lui fosse il suo tutto.
 
Amava Cooper. Lo amava tantissimo. Ma non era lo stesso con Blaine. Si, probabilmente era colpa sua, ma non poteva farne a meno. Se fosse stato Cooper quello malato di cuore, le cose sarebbero state tutto il contrario.
 
Quando Blaine era felice, lei era felice. Quando lui era triste, lei era triste. Quando era arrabbiato, lo era anche lei. E ancora…
 
Ma quello era il problema. Non sapeva come si sentisse Blaine. Pensava che non fosse felice, ma non sapeva cosa stava succedendo nella sua testa. Non poteva forzarlo a parlare, non l’aveva mai fatto.
 
Diane aveva sempre voluto conoscere la famiglia della donna che aveva dato a suo figlio una possibilità di vita. Voleva ringraziali e abbracciarli, e piangere con loro. Questo era quello che voleva.
 
Non aveva mai immaginato questo.
 
Non a spese di suo figlio.
 
Dio, era così confusa. Aveva bisogno di risposte. Aveva bisogno che qualcuno parlasse con Blaine e lo facesse uscire da quel baratro continuo. Kurt aveva funzionato l’ultima volta, ma probabilmente non valeva più al momento.
 
Avrebbe dovuto trovare qualcuno. Avrebbe dovuto trovare qualcuno che potesse parlare con lui e aiutarlo… e che magari aiutasse anche lei.
 
 






 
 
Note della traduttrice:
 
Chiedo perdono in ginocchio per il ritardo. Tra vacanze di pasqua, influenza e la mia connessione che scade proprio il giorno in cui dovevo pubblicare sembrava che ci fosse una cospirazione contro di me. Per il momento sono da un computer di fortuna e dovrei riuscire almeno ad aggiornare una volta a settimana e non due come vi avevo promesso.
 
Comunque sia, vi ringrazio tantissimo per tutte le recensioni che sono arrivate negli ultimi giorni (in cui io ero totalmente isolata dal mondo), anche a quelle che mi sono arrivate per messaggio!

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Capitolo 20
*** Out ***


 


- IN A HEARTBEAT -

 

CAPITOLO 20 - OUT



 (link originale)

 
 
“Mamma, starò bene?”
 
Diane si lasciò sfuggire un respiro profondo mentre riattaccava il telefono di casa.
 
Aveva appena fatto quella che riteneva fosse una delle migliori e importanti telefonate della sua vita.
 
Era stata una lunga chiacchierata, iniziata un po’ goffamente. Ma, una volta a loro agio, le due ore successive si rivelarono incredibili.
 
Aveva finalmente potuto parlare con qualcuno che la capiva, almeno fino a un certo punto.
 
Era stato bello lasciar andare tutte le sue paure e preoccupazioni senza sentirsi un peso.
 
Prima di riattaccare, avevano deciso di incontrarsi, insieme a Blaine e parlare. Sentiva che fosse la cosa migliore per suo figlio e sperava solo che avesse ragione.
 
Avevano deciso di incontrarsi tre giorni dopo per pranzo e sembrava che quei tre giorni non passassero mai.
 
Blaine non sembrava stare meglio. Non parlava ancora, usciva dalla sua stanza solo per andare in bagno e a malapena mangiava. Aveva paura che iniziasse a perdere troppo peso e non voleva che si aggiungesse anche quello alla lista delle preoccupazioni.
 
****
 
Quando finalmente arrivò il giorno, Diane si diresse verso la camera di Blaine. Aveva deciso di usare il suo ‘amore severo’ così, non appena entrò nella stanza, si avvicinò alla finestra e tirò le tende.
 
“E’ ora di alzarsi, Blaine” disse mentre si avvicinava al suo letto e gli toglieva il piumino dalla faccia. “Oggi usciamo”
 
Blaine non rispose. Semplicemente prese le coperte e se le gettò di nuovo addosso.
 
Diane sospirò. Lo riprese di nuovo in mano e glielo tolse di dosso, lasciandolo ai piedi del letto, troppo lontano perché Blaine potesse di nuovo tirarlo su.
 
“Dico sul serio, Blaine” disse. “Adesso ti alzi e usciamo. Hai un’ora per prepararti”
 
Blaine non si mosse e Diane si diresse verso l’armadio, tirando fuori dei vestiti e appoggiandoli sul lato libero del letto. “Se non ti alzi ora, ti vestirò io. L’ho fatto quando eri piccolo e posso farlo anche ora”
 
“Per favore, esci” disse finalmente Blaine. La sua voce era talmente bassa che se non fosse per Diane che aveva un udito molto, molto buono, non l’avrebbe sentito.
 
“No, Blaine. E’ diverso. Sei dispiaciuto per te stesso e non starò qua seduta a guardati continuare. Ti ho sempre lasciato del tempo con queste cose ma, come ti ho appena detto, questa volta è diverso. Non sei più un bambino.
 
“E per oggi, non hai scelta. Ti alzi, prendi i vestiti, ti rendi presentabile e andiamo fuori a mangiare”
 
“Non me la sento, mamma”
 
“Non importa. Andremo lo stesso”
 
Nessuno poteva immaginare quanto fosse difficile per Diane. Stava facendo più male a lei che a Blaine, ne era sicura. Lei era quella che lo capiva. Quella che lo seguiva con le sue depressioni e i suoi ritmi. Lei gli portava cibo e medicine e si assicurava che stesse bene, dicendogli parole d’incoraggiamento.
 
Questa… non era lei.
 
Rimase lì per un minuto, le braccia incrociate, mentre aspettava che si alzasse. Quando non lo fece, uscì dalla stanza e tornò con Nathan.
 
“Blaine” disse severamente.
 
La testa di Blaine fece un salto a quella voce. Suo padre non era mai entrato nella sua stanza. Diamine, non aveva mia visto suo padre quando passava uno dei quei periodi.
 
Si voltò a guardare suo padre con gli occhi spalancati, ma non disse nulla.
 
“Fai quello che ti dice tua madre” continuò con voce ferma. “Ti alzi, ti metti quello che ti ha preso, ti sistemi i capelli, ti rendi presentabile, sali in macchina e vai ovunque ti voglia portare, il tutto senza lamentarti. Chiaro?”
 
Blaine rimase in silenzio per un momento, cercando di capire cosa diavolo stava succedendo. “S-si signore” rispose infine.
 
“Bene”
 
Nathan se ne andò, ma Diane rimase sulla soglia. “Hai poco più di mezz’ora. Ti aspetto di sotto”
 
 
*****
 
Blaine non era esattamente allegro quando scese di sotto trenta minuti dopo, ma non si lamentava… anche se forse era dovuto al fatto che non parlava affatto.
 
Diane si alzò dal divano quando sentì i passi sulle scale e gli venne incontro. “Stai bene” disse, cercando di farlo sorridere.
 
Non lo fece.
 
Lei lo portò in macchina e in poco tempo furono in viaggio.
 
Blaine non aveva idea di dove stessero andando e cercava di comportarsi come se non gliene importasse, ma Diane capì che se lo stava chiedendo.
 
Lo vedeva con la coda dell’occhio. Ogni volta che passavano davanti a un cartello stradale o a un ristorante, Blaine si guardava intorno come se si stese aspettando che si fermassero.
 
Quando raggiunsero un piccolo caffè, Diane parcheggiò e guardò Blaine.
 
“Qua?” chiese, parlando per la prima volta dopo aver risposto a suo padre.
 
“Qua” rispose lei con un cenno.
 
Sapeva perché avesse fatto quella domanda. Quello non era un luogo che frequentavano di norma. Non le piaceva definirsi ‘presuntuosa’, ma in quanto a cibo era esigente.
 
Quel buco di bar non era da lei.
 
Scesero dalla macchina, Blaine camminando lentamente, come se fosse tutto uno scherzo e una telecamera potesse saltare fuori all’improvviso.
 
“Andiamo” disse Diane dopo aver fatto il giro della macchina.
 
Blaine si avvicinò all’uscita del parcheggio stretto a Diane.
 
Quando furono dentro al locale, si guardò intorno finché un uomo non venne loro incontro.
 
“Da questa parte” disse a Blaine. Guardò l’uomo, poi si girò confuso verso sua madre.
 
Lei lo guidò verso l’uomo con una mano sulla schiena.
 
“Ciao” disse lei mentre lui si alzava.
 
“E’ bello vederti” rispose lui con un cenno. Le strinse la mano, allungandola poi verso Blaine. “Tu sei Blaine, giusto?”
 
“Uhm, giusto” rispose Blaine aggrottando le sopracciglia confuso. “Mi spiace ma… tu chi sei?”
 
“Sono Burt Hummel, il padre di Kurt”
 
 
 
 
 
Note dell’autrice:
 
Probabilmente non era così sorprendente, vero? Ahah, beh, spero che abbiate apprezzato comunque il capitolo. Era un po’ corto, ma prometto che il prossimo sarà molto più lungo.
 
Ho pubblicato una OS, si chiama ‘In Today’s News’, è una Klaine :) dategli un’occhiata!

 
Note della traduttrice:
 Ero indecisa se tradurre l’OS citata sopra, ma quando l’ho letta me ne sono innamorata subito, così mi sono messa al lavoro e... eccola qua! Fatemi sapere cosa ne pensate :)

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Capitolo 21
*** Lizzy ***



- IN A HEARTBEAT - 

 

CAPITOLO 21 - LIZZY




(link originale)




“Ci siamo solo io e te, adesso. Staremo bene, però. Te lo prometto, staremo bene”
 
 
Blaine spalancò gli occhi mentre Burt gli stringeva ancora la mano.
 
Diane allungò un braccio sulla spalla di Burt, “Va bene un’ora?” gli chiese.
 
Lui annuì. “Si, è un sacco di tempo. Sicura che non vuoi restare?”
 
“E’ meglio di no”
 
Quelle parole sembrarono risvegliare Blaine dalla sua trance. “Aspetta. Cosa?”
 
“Blaine, devo andare a fare delle commissioni” spiegò Diane “ti lascio a parlare con il signore Hummel”
 
“Burt” la corresse lui.
 
“…a parlare con Burt. Quando torno andremo a pranzo. Se ne avrai voglia”
 
“M-mamma, non puoi lasciarmi qui” rispose Blaine nervosamente. Sua madre non poteva lasciarlo con uno sconosciuto!
 
“E’ solo per un’ora, Blaine. Andrà tutto bene”. Si chinò su di lui dandogli un bacio sulla guancia, poi iniziò ad allontanarsi.
 
“Mamma!” la chiamò, sperando che tornasse indietro.
 
Lei non lo sentì, o fece finta di non sentirlo, mentre usciva dal caffè, senza mai voltarsi indietro.
 
“Siediti” disse Burt mentre si accomodava. Blaine si voltò lentamente verso di lui e Burt poté scorgere un misto di nervosismo, paura, preoccupazione e ogni altro sentimento negativo sul suo volto.
 
“Non preoccuparti” continuò Burt “Contrariamente alle credenze popolari, non mordo”.
 
Blaine tirò indietro con cautela la sedia di fronte a Burt e si sedette.
 
Burt bevve un sorso del caffè che aveva ordinato nell’attesa che arrivassero, poi si schiarì la gola. “Vuoi qualcosa da bere? Puoi prendere quello che vuoi”.
 
Blaine scosse la testa. “Sto bene così” rispose tranquillamente.
 
Burt annuì. “Sai, nelle ultime due settimane ho sentito molto parlare di te. Adesso che tutto è alla luce del sole, Kurt non la smette mai di parlare di te”
 
“Signor Hummel…”
 
“Burt”
 
“Burt. Mi dispiace essere scortese, ma preferisco non parlare di Kurt. Lui è già venuto da me e mi ha detto che mi avrebbe lasciato del tempo per decidere e…”
 
Burt alzò la mano per fermarlo. “Non sono qui per parlare di lui” disse. “O comunque non della vostra relazione… o di qualunque cosa si tratti.
 
“Sono qui per raccontarti una storia, se mi prometti che l’ascolterai”
 
Blaine esitò un momento, sentendosi incerto su tutta quella faccenda. Tuttavia, era bloccato lì per almeno un’ora, quindi avrebbe anche potuto sentire cosa aveva da dirgli. Annuì, spostandosi sulla sedia per stare più comodo.
 
“Okay. Bene. Ora, questa storia parla di una donna di nome Elizabeth Hummel, conosciuta anche come la mia defunta moglie”
 
Blaine fece per interromperlo, non sentendosi pronto ad ascoltare nessuna storia su di lei, ma Burt gli tese una mano per fermarlo. “Hai promesso che avresti ascoltato. Non sai nemmeno cosa ho da dire”
 
“Okay, okay, ascolterò” disse calmo.
 
“Grazie… dunque, incontrai Lizzy nel 1989 durante una riunione dei ex alunni della mia scuola, alla quale non volevo andare. La mia ragazza di allora mi aveva preso un posto e praticamente mi costrinse ad andare. Mi sedetti al tavolo di Lizzy mentre la mi ragazza parlava con persone che non conoscevo, e iniziammo a parlare. Venne fuori che anche lei era stata trascinata lì dal suo ragazzo che si era laureato con me. Scoprimmo che condividevamo l’odio per le feste e che avevamo tante cose in comune.
 
“Tuttavia, iniziammo a uscire insieme solo il mese dopo. Stavo facendo la spesa e lei era nello stesso negozio. Ci siamo incontrati e abbiamo iniziato a parlare di nuovo. Aveva già rotto con la mia ragazza allora e lei con il suo ragazzo così abbiamo iniziato a uscire insieme”.
 
Blaine sorrise. “Sapevo dal nostro primo appuntamento che l’avrei sposata. Senza dubbio. Era così… bella, dentro e fuori.
 
“In ogni caso, circa un anno dopo, un mese dopo averle chiesto di sposarmi, avemmo una conversazione. Era una di quelle conversazioni serie che avevamo sempre quando andavamo al cinema. Eravamo seduti in un piccolo ristorante e iniziammo a parlare della morte, che riguardava una gran parte del film che avevamo appena visto. Durante quella conversazione, lei mi confessò di essere una donatrice di organi. Io non lo ero e non mi ero mai preso la briga di pensarci veramente, così le chiesi perché lo aveva deciso. Si strinse nelle spalle, come se fosse la cosa più semplice del mondo, e disse: ‘Se io non ne ho più bisogno, a qualcun altro potrebbero servire, quindi perché non dovrei farlo?’”
 
Blaine si asciugò le mani sudate sui pantaloni, mentre cercava di trattenere le lacrime negli occhi. Non voleva che Burt smettesse, lo sapeva, ma stava diventando sempre più difficile ascoltare.
 
“Si è sempre presa cura di sé stessa” continuò Burt. “Diceva che voleva essere in grado di dare a qualcuno – o a più di uno – ‘l’ultimo regalo’ come lo chiamava lei. Donava il sangue e il midollo osseo regolarmente. Sarei voluto andare con lei qualche volta perché tornava sempre indietro sorridendo. Un giorno le chiesi come fosse in grado di farlo perché se fossi stato io sarei uscito con la stessa faccia di uno che era appena stato investito da un camion. Lei scrollò le spalle e disse che la rendeva felice. Mi disse che sperava di aiutare qualcuno che se lo meritava.
 
“Lizzy era la persona più disinteressata e premurosa che conoscevo. Voleva sempre aiutare le persone. Mi faceva andare un po’ fuori di testa a volte”
 
Burt si fermò prendendo un sorso di caffè e prima che Blaine si rendesse conto di cosa stesse facendo, fece una domanda. “Cosa intendi?”.
 
Burt fu sorpreso dal fatto che Blaine volesse sapere di più, anche se lo nascondeva bene. “Una notte, circa due anni dopo la nascita di Kurt” disse Burt appoggiando la tazza. “eravamo a letto e mi disse che non voleva vivere fino a diventare ‘troppo vecchia’. Non potevo credere a quello che aveva detto. Pensavo di aver capito male o qualcosa del genere. Ma mi spiegò che se fosse diventata troppo vecchia, il suo corpo avrebbe smesso di funzionare correttamente. Disse che i suoi organi sarebbe stati troppo vecchi e non sarebbero potuti funzionare più. Disse che se fosse morta in quel modo, sarebbe morta invano.
 
“Le dissi che era ridicola, che non importava se moriva da vecchia perché non sarebbe mai stato invano, perché c’era Kurt e altri suoi figli e che la sua memoria sarebbe sempre rimasta viva.
 
“Lizzy disse che lo sperava, ma niente di più. Voleva che la sua vita e la sua morte, avessero un senso e che potessero aiutare qualcun altro a vivere”.
 
Burt si strinse nelle spalle. “Penso di non averla ancora capita. E so che se potesse vedermi, alzerebbe gli occhi al cielo e direbbe ‘non lo farai mai’. So che non avrebbe mai voluto lasciare Kurt mentre era ancora così piccolo. Quale madre lo farebbe? Ma so anche che non sarebbe mai tornata indietro. Sarebbe stata felice che la sua morte non sia stata vana. Ti avrebbe guardato e sarebbe stata contenta di come sono andate le cose.
 
“Kurt è un bravo ragazzo. Le manca, ovviamente, ma penso che sia orgoglioso di lei per aver salvato un bambino. So che se avesse la possibilità di tornare o di rimanere dov’è, sceglierebbe la seconda. Avrebbe scelto te in un attimo, Blaine”
 
Blaine ruppe il contatto visivo con Burt asciugandosi rapidamente una lacrima che gli era sfuggita.
 
“Quello che non le sarebbe piaciuto, comunque” continuò Burt, riportando l‘attenzione di Blaine su di lui “è tu che passi i tuoi giorni e settimane a nasconderti dal mondo. Avrebbe voluto che vivessi ogni momento di ogni giorno fino all’ultimo secondo”.
 
“Io...”Blaine tirò su col naso. “A volte mi sento come se non lo meritassi. Come se qualcuno potesse averne più beneficio... e onorare meglio la sua vita”
 
“Stammi a sentire, ragazzo”. Burt si sporse avanti dalla sedia. “Finché non sprecherai la tua vita, finché farai tutto ciò che vuoi fare, non c’è modo che lei possa essere delusa”
 
Alcune lacrime caddero dagli occhi di Blaine. Abbassò lo sguardo mentre le asciugava con le mani, desiderando solo tornare a quando era da solo.
 
“Signor- uhm, Burt?”
 
“Si?”
 
“Potresti... voglio dire, se non ti dispiace, potrebbe dirmi cosa... le è successo? So che c’entra qualcosa un incidente d’auto... ma nient’altro”
 
Burt annuì, poi cominciò a parlare. “Era andata a trovare sua sorella che viveva a circa un quarto d’ora fuori Columbus, quella giornata. Eravamo d’accordo per andarci tutti insieme nel fine settimana, ma Kurt era appena stato male e non potevamo portarlo fuori. Lei non voleva andare senza di noi, ma sapevo che voleva vedere sua sorella, quindi le ho detto di andare. Mi sarei potuto benissimo prendere cura di Kurt da solo per due giorni, ma lei ha rifiutato di stare via per così tanto tempo. Disse che sarebbe andata solo per una giornata.
 
“La chiamai poco prima che partisse dalla casa di sua sorella, quella notte. Avevano perso la cognizione del tempo, cosa che facevano sempre quando erano insieme, ed era già diventato buio. Le dissi di rimanere lì e di mettersi in viaggio il giorno dopo. Le dissi che Kurt stava bene, che io stavo bene, e sarebbe stato meglio se lei fosse rimasta da sua sorella. Ma naturalmente, lei non mi ascoltò. Kurt ha preso tanto da lei in quel senso.
 
“In ogni caso, mi ha detto che voleva tornare a casa e mi assicurò che sarebbe andato tutto bene. Disse che guidava fino a casa con il buio da un sacco di tempo. Mi disse che mi amava e di dare il bacio della buonanotte a Kurt che doveva già essere a letto quando lei sarebbe tornata e poi riattaccai.
 
“Il telefono di casa squillò due ore dopo e non ce n’era ragione visto che lei sarebbe già dovuta essere arrivata. Era un agente della polizia...”. Burt fece una pausa per riprendere fiato.
 
“Non c’è bisogno di continuare” disse Blaine, sapendo quanto fosse difficile per l’uomo. Si sentiva in colpa ad averlo chiesto, ora.
 
“No, sto bene, ragazzo. Ho solo bisogno di un secondo”. Si schiarì la gola. “Uhm, l’agente mi disse che c’era stato un brutto incidente e che Lizzy era ricoverata in ospedale. Non sapeva niente sulle sue condizioni, mi disse soltanto quello che era successo e dove l’avevano ricoverata. Aveva piovuto nel pomeriggio e una buca in mezzo alla strada si era riempita d’acqua.  Lizzy non l’aveva vista e invece di evitarla c’è andata a finire dentro e ha perso il controllo della vettura, schiantandosi contro un albero. A ottanta chilometri all’ora.
 
“Non appena l’agente mi disse queste informazioni, riattaccai e mi precipitai nella stanza di Kurt, e lo tirai su dal letto. Probabilmente era spaventato a morte, ma non notai nemmeno la sua reazione. Lo portai al piano di sotto, presi le chiavi dell’auto e andai al OSU Medical Center.
 
“Una volta arrivati ci fecero aspettare un po’ perché il medico non poteva uscire subito. Quando finalmente arrivò, capii dal suo volto che non era niente di buono. Mi allontanai da Kurt e mi disse che non ce l’aveva fatta. Non c’era niente che potevano fare. Aveva gravi danni cerebrali, emorragie interne, entrambe le gambe rotte, come il braccio sinistro. Anche se tutte le operazioni di cui aveva bisogno avessero avuto successo, non sarebbe più riuscita a parlare, camminare o fare qualsiasi altra cosa mai più. Era troppo da sopportare per il suo corpo”
 
Blaine stava piangendo di nuovo. Non si prese nemmeno la briga di nascondere le lacrime questa volta. Burt gli porse un fazzoletto e dopo un flebile “grazie”, Blaine si asciugò gli occhi e si soffiò il naso.
 
“C’è qualcos’altro che vuoi sapere?” chiese dolcemente Burt. “Non mi dispiace rispondere a delle domande, se ne hai”
 
Blaine fece un respiro profondo, pensandoci un  momento, poi scosse la testa. Pensò che fosse abbastanza per quel giorno.
 
Burt annuì. “Va bene. Tua madre dovrebbe tornare tra poco. Vado un attimo in bagno. Va bene se ti lascio qui?”
 
“Si” rispose Blaine, guardando Burt. “Grazie, Burt... per tutto”
 
“Quando vuoi”
 
Burt si alzò e cominciò a camminare quando Blaine lo richiamò.
 
“Burt?”
 
“Si?” rispose girandosi verso di Blaine.
 
“Hm, quando... quando finisce la punizione di Kurt?”
 
“Tra meno di due settimane...”
 
Blaine annuì.
 
“Ma, per te” continuò Burt. “E’ libero in qualsiasi momento”
 
 
 
 
 
 
 
Note dell’autrice:
So che questo capitolo non sembra molto lungo, ma mi sembra di averci messo una vita a scriverlo. Spero che le cose sulla mamma di Kurt non vi sembrino troppo irrealistiche. Mi sono basata su un paio di persone che conosco. Una era mia nonna morta nel ’89. Mi ricorderò sempre di lei quando mi diceva che non voleva vivere troppo a lungo fino a diventare vecchia.
 
Comunque grazie per tutte le recensioni! Siete sempre incredibili!

 

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Capitolo 22
*** Again ***


- IN A HEARTBEAT -


CAPITOLO 22 - AGAIN

(link originale)




“Qual è il punto di tutto questo? Sono così stanco, mamma!”
 
Blaine sapeva di poter andare a casa di Kurt in qualsiasi momento. Sapeva di non dover aspettare che Kurt finisse la sua punizione. Ma lo fece comunque. O quasi. Decise di andare da Kurt l’ultimo giorno di punizione.
 
Sentiva di aver bisogno di più tempo per riflettere. Una volta che la madre di Blaine si era unita a Burt per il pranzo, avevano parlato di più. Blaine aveva fatto altre domande, anche se molto più semplici rispetto alle precedenti, e Burt ne aveva fatto qualcuna a lui. Quando tornarono a casa, quel giorno, era andato nella sua stanza, si era infilato i pantaloni della tuta e una T-shirt, e aveva dormito per ore. Anche se Burt l’aveva aiutato molto, la depressione non era una cosa che andava via con niente. Ci volle del tempo. Non era solo una cosa mentale, ma anche un esaurimento fisico, e la giornata l’aveva completamente stancato.
 
Il giorno dopo accese una lampada e fece un po’ dei compiti che si stavano accumulando, ma rimase comunque chiuso nella sua stanza. Il giorno dopo si vestì, fece i compiti, e scese per il pranzo, ma per il resto della giornata rimase in camera sua. Due giorni dopo, tornò a scuola.
 
In tutto questo tempo, fece una profonda riflessione su tutto ciò che gli era stato detto. Voleva prendere una decisione razionale. Non una basata esclusivamente sulle emozioni... anche se le emozioni avevano molto a che fare con essa.
 
Ma dopo aver pensato per così tanto tempo, la sua decisione portò Blaine a guidare verso la casa di Kurt in un nuvoloso sabato pomeriggio.
 
Non lo chiamò in anticipo, nonostante sapesse che era la cosa giusta da fare. Se avesse chiamato prima, avrebbe pensato troppo alle cose che voleva dirgli. Sapeva di sembrare ridicolo, soprattutto per un ragazzo che aveva passato quasi due settimane a pensarci, ma lui sentiva di avere il diritto di sembrare ridicolo.
 
Parcheggiò nel vialetto, fece un respiro profondo, poi spense l’auto e scese. Quando chiuse la portiera dell’auto, alzò lo sguardo verso la casa. Sembrava quasi intimidatoria in quel momento. Non era sicuro perché. Forse a causa di quello che era successo l’ultima volta che era stato lì. Forse perché doveva affrontare Kurt e chiunque altro fosse in casa in quel momento. Forse perché era rimasto chiuso dentro a un bozzolo per settimane e quella era la sua prima vera uscita oltre alla scuola. Non lo sapeva, e nemmeno importava, perché era nervoso. Molto, molto nervoso.
 
Percorse la stradina fino alla casa, suonò il campanello e pazientemente – o almeno, disse a sé stesso di avere pazienza – attese che qualcuno rispondesse.
 
Nel giro di un secondo, una miriade di pensieri gli passarono per la testa.
 
E se in casa non ci fosse nessuno?
 
E se fosse stato Kurt ad aprire la porta?
 
E se Kurt non fosse a casa?
 
E se avesse sbagliato casa?
 
No, non è la casa sbagliata, idiota!
 
Che qualcuno risponda!
 
No, non fatelo!
 
Forse...
 
La porta si aprì, fermando tutti i suoi pensieri.
 
Una donna stava sulla soglia, con un canovaccio in mano e gli sorrise dolcemente quando i loro occhi si incontrarono.
 
“Salve” iniziò Blaine. “Io...”
 
“Sei Blaine” disse, senza nemmeno chiederlo. Lo sapeva già.
 
“Uhm, si, sono io”
 
Lei gli fece un segno con il canovaccio. “Entra” disse, facendosi da parte. “Sono Carole, la matrigna di Kurt”
 
Blaine entrò in casa e Carole chiuse la porta alle sue spalle.
 
“Oh, è un piacere conoscerla, signora... c-come faceva a sapere chi ero?” chiese, la curiosità ebbe la meglio su di lui.
 
“Mi ricordo di te” rispose Carole facendo sparire il sorriso, ma avendo comunque quel dolce sguardo materno. “Dall’altra volta. Stavi uscendo di casa mentre io e Burt stavamo entrando”
 
“Oh, giusto”. Blaine abbassò la testa e guardò a terra. “Mi dispiace. E’ stato scortese da parte mia andarmene in quel modo. Onestamente, però, non vi avevo nemmeno notati... Dio, suona da maleducati. Mi dispiace”
 
“Non ti preoccupare” disse lei, sorridendo leggermente. “Ho capito. Eri arrabbiato. Sei qui per vedere Kurt?”
 
“Si, signora”
 
“Carole va bene, tesoro. E’ nella sua stanza. Sai dov’è, giusto?”
 
“Si, mi ricordo”
 
“Vuoi qualcosa da bere prima di salire?”
 
“No, grazie. Si-Carole”
 
Carole indicò le scale e Blaine iniziò a salirle.
 
“Sono in cucina se hai bisogno di qualcosa” lo richiamò di nuovo.
 
“Grazie” rispose lui a metà delle scale.
 
Continuò a prendere respiri lenti e profondi fino a quando non si trovò davanti alla porta di Kurt. Poi, dopo un ultimo momento, bussò leggermente.
 
Sentendo un tranquillo “Avanti”, Blaine aprì la porta.
 
Kurt era seduto alla scrivania a fare i compiti, e non si preoccupò di guardare chi fosse appena entrato.
 
Blaine chiuse la porta e dopo qualche secondo di silenzio, si schiarì la gola.
 
La testa di Kurt si voltò nella direzione di Blaine e rapidamente si alzò. I suoi occhi erano spalancati, chiaramente in stato di shock per il fatto che Blaine fosse lì. “Blaine” disse con la voce un po’ più alta del normale.
 
“Kurt”
 
Blaine fece un paio di piccolo passi nella direzione di Kurt. “Uhm. I-io sono venuto per parlare con te, va bene?”
 
“Certo” rispose Kurt con un cenno del capo. “P-puoi sederti” disse indicando il suo letto.
 
“Grazie” rispose Blaine, raggiungendo rapidamente il letto e sedendosi di fronte a Kurt. I loro occhi si incontrarono e Blaine dovette prendere un altro respiro profondo prima di cominciare.
 
“Prima di te, Kurt, non avevo mai pensato una volta di più a un ragazzo. Si, c’erano dei ragazzi veramente carini e un paio che pensavo fossero troppo carini, ma non andammo mai oltre il semplice flirtare”
 
Kurt aggrottò le sopracciglia. “Perché?” chiese prima ancora di pensare. Non riusciva a capire. Avrebbe ucciso per aver un ragazzo che lo desiderava.
 
“Mi feci una promessa, tanto tempo fa. Di non attaccarmi mai a nessuno. Ho degli amici, sono molto vicino a mia madre, ma questo è quanto.
 
“I-io ho sempre saputo che avere un trapianto di cuore significa non avere una vita molto lunga. Soprattutto alla mia età. Voglio dire, si, sicuramente sarà molto più lunga rispetto a se non avessi fatto il trapianto, ma non sarò certo in grado di diventare n vecchietto novantenne senza denti che ha bisogno di un bastone per andare in giro”
 
Kurt tirò su col naso. “Non mi sembra così bello in ogni caso”
 
Blaine sorrise tristemente. “E’ facile da dire quando non si tratta di te”
 
“Blaine, io...” la voce di Kurt si spense. Non sapeva cosa dire.
 
Blaine si rialzò, incapace di stare fermo. Si avvicinò alla libreria e guardò un paio di foto, poi si voltò verso Kurt. “Ho già realizzato che probabilmente non vivrò abbastanza a lungo per avere i capelli grigi e l’ho accettato, ma... è per questo che scoprire la verità su di te fa così male. Ho rotto la mia regola proprio con te. Mi sono attaccato a qualcuno. Ti ho chiesto di uscire, ti ho baciato, io...” fece una pausa,cercando di trovare le parole giuste. “Sei l’eccezione alla mia regola. E quando ho scoperto chi sei veramente, sono stato più male di quanto non dovessi perché sentivo di aver rotto la mia regola per qualcuno che nemmeno provava lo stesso per me”
 
“Non è vero” si difese subito Kurt, alzandosi in piedi. “Provo lo stesso per te”
 
Blaine distolse lo sguardo da lui, le lacrime ad annebbiargli la vista.
 
“Senti, lo so che non mi credi e hai tutto il diritto di farlo, ma io provo qualcosa per te, Blaine”
La voce di Kurt era rotta, ma continuò lo stesso. “Lo so che non avrei dovuto mentire su chi ero e so che avrei dovuto essere onesto fin dall’inizio, ma non lo sono stato. Ho combinato un casino. Ma non ti ho mai, mai preso in giro. I miei sentimenti per te non sono falsi, Blaine. Non lo sono mai stati”
 
Blaine non parlò, continuando a fissare il pavimento. Aveva le braccia incrociate e continuava a muovere la mascelle come se si stesse trattenendo dal piangere.
 
“So che le azioni parlano più delle parole” continuò Kurt. “ma non ho avuto la possibilità da fare niente da quando sono in punizione. Ho scritto su un diario, però”. Si voltò verso la scrivania e prese un piccolo taccuino verde. “Ogni volta che mi veniva  in mente qualcosa di te che mi piaceva, la scrivevo qua”
 
Si avvicinò a Blaine, porgendogli il taccuino. “Leggilo” disse.
 
Blaine lo prese, ma rimase a fissarlo mentre si avvicinava al letto e si sedeva.
 
“Avanti, leggilo”
 
Blaine si avvicinò lentamente al letto di Kurt e si sedette accanto a lui. Aprì con cura la prima pagina del taccuino.
 
I suoi occhi.
 
Era tutto quello che c’era scritto.
 
Guardò Kurt.
 
“C’è una cosa per ogni pagina” lo informò Kurt.
 
Blaine annuì e voltò pagina.
 
La sua risata.
 
Girò pagina.
 
La sua onestà.
 
Quanto si preoccupa.
 
Il suo naso.
 
Il colore della sua pelle.
 
Blaine non riuscì a trattenere una risata per l’ultima cosa che aveva letto.
 
Il modo in cui mi fa sentire.
 
Le sue battute.
 
Quanto è gentile con le persone, nonostante se lo meritino o meno.
 
Come si aggrottano le sue sopracciglia quando è confuso.
 
Le sue labbra.
 
Blaine arrossì.
 
Il suo folle amore per le Pop-Tarts.
 
La sua eleganza nel vestire.
 
Il gel nei suoi capelli.
 
I suoi capelli senza gel.
 
Blaine si fermò. Voleva parlare, ma Kurt parlò prima che potesse farlo.
 
“La promessa che ti sei fatto è stupida, lo sai?”
 
Guardò Kurt confuso, quello sguardo che a Kurt piaceva tanto, così si spiegò.
 
“Nessuno sa quando deve morire, Blaine. Voglio dire, questa casa potrebbe prendere fuoco non appena uscirai di qui e potrei morire. Nessuno sa quale sarà il suo ultimo girono sulla Terra, e non tutti si fanno la promessa di non attaccarsi a nessuno per questo motivo. Se tutti noi vivessimo così allora nessuno sarebbe felice. Non puoi essere felice a vivere in questo modo, Blaine.”
 
Blaine annuì, appoggiando il taccuino sul letto prima di rispondere. “Lo so. Me ne sono reso conto un paio di giorni dopo aver parlato con Burt”
 
Ora era la volta di Kurt ad essere confuso. “Tu e mio padre avete parlato?”
 
“Non lo sapevi?”
 
“No”
 
“Oh. Beh, l’abbiamo fatto. Ma non è questo il punto.
 
“Ad ogni modo, mi sono reso conto di aver avuto una possibilità in più per vivere e io non la stavo sfruttando a pieno. Credevo di star vivendo nel pieno del mio potenziale, ma non era così. Affatto. Sia che io viva per altri cinquant’anni o cinque, voglio vivere a pieno quegli anni. Non voglio perdere tempo nella mia stanza, depresso per cose di cui non posso avere il controllo. Voglio essere felice, Kurt. Voglio sapere cosa significa essere veramente felici. E ora so che prima non lo ero”
 
Kurt sorrise. “E’ fantastico, Blaine. Tutti meritano una vita felice, non importa quanto lunga o breve sia. Voglio dire, se io vivessi fino a trent’anni allora farei di tutto per stare bene fino ad arrivarci”
 
“Sono d’accordo”
 
Dopo essersi scambiati un sorriso, Blaine tornò a fissare il pavimento e Kurt la porta dall’altra parte della stanza.
 
Dopo un momento iniziale di silenzio, Blaine si alzò improvvisamente. “C’è di più” disse, cominciando a camminare avanti e indietro.
 
“Okay” rispose lentamente Kurt.
 
Blaine continuò a camminare.
 
“Mi stai facendo venire ansia, Blaine”
 
Blaine sembrò non ascoltarlo. “Quando stavo parlando con Burt, dopo la nostra prima conversazione, mia madre si è unita a noi per il pranzo e abbiamo continuato a parlare. Non ho potuto fare a meno di domandare qualcosa su di te e su tua madre” disse guardando di tanto in tanto Kurt. “Burt mi ha raccontano un po’ di cose. Ricordo che tu mi hai detto qualcosa quando sei venuto a casa mia un paio di settimane fa e quando Burt mi ha praticamente detto le stesse cose ho capito una cosa”
 
Blaine si fermò, lanciando un’occhiata a Kurt.
 
“Allora... che cos’è?” chiese Kurt infine.
 
Blaine smise improvvisamente di camminare. Rimase in piedi di fronte a Kurt, a pochi metri di distanza.
 
“Se non vuoi va bene lo stesso, ma voglio che tu sappia che io sono pienamente d’accordo”
 
Kurt annuì. “Okay” disse ancora confuso.
 
“Io mi stavo chiedendo...”. Si fermò, facendo un respiro profondo. “Mi stavo chiedendo se volessi sentire il mio cuore”
 
Kurt fu abbastanza certo che il suo cuore si fosse fermato. Sentì le lacrime riempirgli gli occhi, ma non le lasciò cadere.
 
Non si fidava della sua voce, così, dopo un momento, annuì.
 
“E’ un si?” domandò Blaine.
 
Fece un altro cenno.
 
“In questo momento?”
 
Annuì.
 
“Okay... uhm, va bene se mi sdraio sul letto? Saremo più comodi”
 
Kurt si schiarì la gola. “Si. Si, va bene”
 
Blaine si avvicinò al letto, poi si distese sulla schiena. Kurt prese il taccuino verde e lo appoggiò sulla scrivania, poi andò verso l’altro lato del letto e si distese accanto a lui.
 
“P-puoi mettere un braccio intorno a me”disse Blaine mentre Kurt si spostava un po’ più vicino a lui.
 
Kurt annuì. Si girò completamente su un fianco, allungando un braccio intorno a Blaine. Per un momento era come se si stessero facendo le coccole, poi lentamente Kurt appoggiò la testa sul petto di Blaine.
 
Blaine non sapeva dove mettere le braccia, ma come Kurt appoggiò la testa su di lui, gliele avvolse intorno alla vita, abbracciandolo.
 
Kurt sentiva un costante thump, thump, thump, mentre chiudeva gli occhi. Il suo labbro inferiore cominciò a tremare e lacrime cominciarono silenziosamente a farsi strada sul suo viso e sulla camicia di Blaine.
 
Non sarebbe riuscito a spiegare come si sentiva. C’erano troppe emozioni dentro di lui. Avrebbe voluto trovare le parole per dire a Blaine quanto significasse per lui quel gesto. Avrebbe voluto ringraziarlo tante volte, ma non era nemmeno sicuro che le sue corde vocali funzionassero al momento. Era tutto così travolgente.
 
Ascoltare il battito del cuore di Blaine era rilassante, ma era diverso da quello di sua madre. Non sapeva cosa aspettarsi. Probabilmente che avrebbe avuto lo stesso suono. Che si sarebbe sentito allo stesso modo. Ma, non fu così... forse perché lui non era sua madre. Era il cuore di Blaine, il suo battito, non quello di sua madre.
 
Non avrebbe mai più sentito il suo battito, né le sue braccia intorno a lui. Il che non succedeva da quando aveva nove anni e non sarebbe mai potuto tornare indietro.
 
Si rese conto, però, che stava bene comunque. Blaine era protettivo, premuroso, affettuoso, gentile in un modo completamente diverso.
 
Si rannicchiò più vicino a Blaine, continuando a lasciar cadere le lacrime, e Blaine avvolse più strette le braccia intorno a lui.
 
Alcune lacrime caddero anche dagli occhi di Blaine. Ora sapeva, senza ombra di dubbio, che lui e Kurt sarebbe stati l’uno nella vita dell’altro per sempre. Erano connessi. Che si trattasse di essere amici, o più che amici, non aveva importanza. Ci sarebbero sempre stati l’uno per l’altro.
 
Nessuno dei due era sicuro di quanto tempo fosse passato, o per quanto avessero pianto, o chi si fosse addormentato per primo, ma entrambi sapevano che sarebbe stato perfetto se quel momento non fosse mai finito.
 
 






 
 
Note dell’autrice:
Vorrei saper disegnare. Ho l’ultima scena di questo capitolo in testa in modo così chiaro che vorrei poterla disegnare. Ma almeno è impresso nella mia mente...
 
Grazie mille per tutte le recensioni e a tutti quelle che hanno messo la mia ff nei preferiti/seguiti/ricordati. Mi fate piangere ogni volta!
 
 
Note della traduttrice:
Troppa dolcezza in quest’ultimo capitolo çç
 
Okay, ho un paio comunicazioni.
Numero 1: ho pubblicato una nuova long della stessa autrice visto che ormai mancano circa 10 capitoli alla fine di questa ff, è una Klaine quindi se ne avete voglia dategli un’occhiata.
 
Numero 2: volevo ringraziarvi tantissimo perché siamo arrivati a più di 100 recensioni! Mi fate sentire realizzata dopo tutto il lavoro che faccio <3

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Capitolo 23
*** Visit ***


-IN A HEARTBEAT - 

CAPITOLO 23 - VISIT

(link originale)



“Perché la vita non può essere più semplice?”
 
 
“Tony Huesman!” esclamò Kurt facendo irruzione nella camera di Blaine.
 
Blaine fece un salto e rapidamente si tirò su i pantaloni. “Kurt! Che diavolo ci fai qui?”
 
“Ho fatto una ricerca su Tony Huesman” disse Kurt avvicinandosi al letto di Blaine e sedendosi nel suo solito posto, con la schiena conto la testiera.
 
“Dovremmo davvero iniziare a chiamarci quando andiamo l’uno a casa dell’altro” rispose Blaine distrattamente. Guardò Kurt, che lo stava a sua volta osservando dando un colpetto al letto per indicargli di sedersi.
 
Erano passate tre settimane da quando Blaine era venuto a casa di Kurt e si erano addormentati abbracciati. Si erano svegliati ore più tardi e con calma, un po’ goffamente, si districarono l’uno dall’altro. Dopo un paio di minuti di silenzio, seduti sul letto di Kurt, Blaine aveva preso la parola dicendo che, se Kurt era d’accordo, sarebbero potuti tornare amici.
 
Kurt era molto più che disposto. Promise a Blaine di essere onesto. Disse che sarebbe sempre stato onesto con lui anche se non avesse voluto.
 
Blaine gli disse che non doveva fare una promessa che non poteva mantenere perché non aveva mai conosciuto nessuno essere onesto al cento per cento tutto il tempo e Kurt fu d’accordo. Promise comunque che ci avrebbe provato. Kurt gli disse che sperava di poter tornare a essere migliori amici, un giorno, perché Blaine era stato il miglior amico che aveva mai avuto.
 
Quella notte, quando Blaine tornò a casa, ebbe una lunga chiacchierata con sua madre. Parlarono dell’appuntamento, di quando Blaine aveva scoperto la verità, del fatto che Diane aveva sentito Kurt e tutto quello che era successo da allora. Era preoccupata del fatto Blaine avesse perdonato Kurt così facilmente. Non perché non volesse che suo figlio fosse amico con Kurt, ma perché aveva visto le ripercussioni di quello che era successo e aveva paura che potesse accadere di nuovo. Inoltre, aveva paura che Kurt in realtà fosse una persona completamente diversa da quella che conosceva Blaine.
 
Blaine aveva capito, ma lui le disse che era convinto che Kurt fosse del tutto onesto ora, ed era stufo di perdere altro tempo. Non voleva più essere arrabbiato con Kurt. Il tempo gli avrebbe detto se stava facendo la scelta sbagliata, ma per ora... voleva solo essere suo amico.
 
Tornarono in confidenza l’uno con l’altro molto più facilmente di quanto si aspettassero. In una settimana, Blaine era tornato a mandare sms a Kurt sul come si sentiva quel giorno, il che fece tornare un grande sorriso sul volto di Kurt.
 
Il che ci riporta a ora... Kurt si sentiva abbastanza in confidenza per poter camminare nella stanza di Blaine dopo essere saltato già dal letto. E a Blaine andava bene tanto che provò a concentrarsi su quello che Kurt gli stava dicendo.
 
“Okay, stavi dicendo?” chiese Blaine, sedendosi all’indiana sul letto.
 
“Giusto. Ero a casa, cercando qualcosa sui trapianti di cuore e mi sono imbattuto in Tony Huesman...”
 
“Si, so chi è” lo interruppe Blaine. “Ho letto la sua pagina di Wikipedia più volte”
 
Kurt annuì. “Okay, bene. Quindi saprai che ha vissuto altri 31 anni dopo il suo trapianto di cuore e che è morto per un cancro. Ha avuto il trapianto nel 1978, a vent’anni”
 
“Kurt, dove vuoi arrivare?”
 
“Beh, correggimi se sbaglio, ma credo che la scienza medica e la tecnologia sia cambiata parecchio dal 1978. Inoltre, morire di cancro non ha nulla che a vedere con il cuore. Anche sua moglie ha ripetuto nell’articolo che il suo cuore è rimasto sano e forte fino alla fine”
 
Blaine guardò Kurt che si strinse nelle spalle. “Ho fatto qualche ricerca in più”
 
Quello era uno dei modi in cui Blaine si rendeva conto che Kurt non mentiva quando diceva che voleva che la loro amicizia fosse messa sopra a tutto. Era sempre lo stesso Kurt, anche se più aperto sulla sua vita. Non c’era un drastico cambiamento di atteggiamento. Era ancora... Kurt.
 
“Va bene e posso chiederti perché l’hai fatto?”
 
“Perché so che ti da ancora fastidio. Non lasci che ti controlli, ma ti da fastidio. Quindi da fastidio anche a me... comunque, dopo ave letto questo, mi sentivo molto più ottimista. Sono convinto che sarebbe vissuto molto più a lungo se non fosse stato per il cancro. Inoltre, si può avere un secondo trapianto cardiaco”
 
“Fammi indovinare. Erik Compton”
 
“Esatto!” esclamò Kurt, tornando sul letto. “Ha avuto il primo a dodici anni, nel ’92, e il secondo nel 2008. E fa roba del golf tutto il tempo”
 
“Roba del golf?” chiese Blaine con una risata.
 
Kurt lo guardò, anche se il sorriso sul suo volto gli fece perdere gran parte della serietà. “Bene, scherza pure. Io penso che sia una notizia abbastanza buona”
 
Blaine sorrise, sporgendosi n avanti e accarezzando una gamba di Kurt. “E’ veramente una buona notizia. Grazie, Kurt”
 
Kurt si strinse nelle spalle. “Di niente”
 
“Per me lo è” rispose Blaine. “Nessuno dei miei amici ha mai cercato tutta questa roba per me. Significa molto”
 
Kurt distolse lo sguardo con le guance che si tingevano di una totalità rosa chiaro.
 
“Aspetta” disse Blaine, stiracchiandosi la schiena prima di strisciare sul letto e contro la testiera accanto a Kurt. “Chi ti ha fatto entrare? Pensavo che mia madre non ci fosse”
 
“Infatti. E’ stato tuo padre a farmi entrare”
 
Blaine aggrottò le sopracciglia. “Mio padre? E’ a casa?”
 
“A meno che non abbia un robot identico a lui, si”
 
“Uhm. Pensavo fosse a lavoro oggi”
 
Kurt lo guardò. “Tu... non sapevi nemmeno che tuo padre fosse qui? Non sei uscito fuori dalla tua camera oggi?”
 
“Sono sceso giù per la colazione, poi di nuovo per parlare con mia madre prima che uscisse. Immagino che sia chiuso nel suo ufficio”
 
“Sembrava piuttosto indaffarato quando mi ha aperto la porta” ragionò Kurt. Rimasero in silenzio per un momento, poi Kurt sentì il bisogno di chiedere una cosa. “Cosa fate nei suoi giorni di riposo?”
 
Blaine si strinse nelle spalle. “In realtà non ha molti giorni di riposo. Quando li ha, di solito va a giocare a golf o qualsiasi altra cosa con i suoi colleghi. Non siamo molto legati”
 
Kurt aveva già intuito che Blaine e suo padre non fossero grandi amici, ma non aveva pensato che Blaine lo avrebbe confermato con quel tono, come se fosse la cosa più normale del mondo. “Perché?” chiese.
 
“Non lo so” rispose Blaine, girando la testa per affrontare Kurt. “Non siamo mai da soli. E’ sempre stato più legato a mio fratello e io con mia madre. Mio padre si prendeva sempre un paio di giorni di vacanza quando Cooper tornava in città spendendo una quantità ridicola di tempo insieme. Io sono sempre stato attaccato a mia madre... o lei attaccata a me, credo”
 
“Cosa vuoi dire?”
 
Blaine rimase in silenzio per un istante, come se stesse cercando di capire quale fosse il modo migliore per spiegarsi. “Dopo il trapianto, mio padre si allontanò ancora di più da me. Prima eravamo soliti a fare qualcosa insieme. Voglio dire, non potevo fare molto perché ero sempre malato, ma solo quando mi sentivo abbastanza bene per poter fare qualcosa insieme. Non dopo, però”
 
“S-sa di me? Chi sono? Non mi sembrava diverso dal solito, oggi”
 
“Lo sa” rispose Blaine. “Mia madre gli dice sempre tutto. Non ha problemi con questo, però”. Blaine fece un respiro profondo e scosse al testa. “Onestamente, non sono sicuro di quale sia il suo problema”
 
“Non ti sei mai preso la briga di chiedere?” chiese onestamente Kurt. Lui non riusciva nemmeno a immaginarsi suo padre distante da lui senza nemmeno chiedersi perché.... sopratutto se si trattava di una cosa che succedeva da nove anni.
 
“Non ci ho mai pensato”
 
Kurt lo guardo e Blaine sospirò. “Va bene, ci ho pensato... ma ho sempre avuto paura a chiedere”
 
“Come mai?”
 
Blaine si spostò per poter guardare meglio Kurt in faccia. “Mio padre è c-come un estraneo per me, lo sai? E’ così da quando avevo nove anni. L’idea di avere una vera conversazione con lui mi terrorizza”
 
Kurt spalancò gli occhi. “Blaine! Non dovresti essere terrorizzato a parlare con tuo padre! Voglio dire, è tuo padre!”
 
Blaine non potò fare a meno di ridere dell’espressione di Kurt. “E’ facile per te dirlo. Tu e tuo padre avete un bellissimo rapporto”
 
“Lo so, ma...” Kurt sospirò. “So di averlo visto solo un paio di volte e che non è esattamente un tipo loquace, ma non mi sembra così spaventoso... tranne con quell’idiota con cui lavora”
 
“E’ John” rispose Blaine annuendo. “E’ molto pigro e lento, probabilmente perché i suoi genitori sono cugini”
 
Kurt fece una smorfia. “Aw. Che schifo! Cugini? Perch-No! Non funziona, stai cercando di distrarmi. Non cambiare argomento!”
 
“Beh, è vero... e tecnicamente abbiamo cambiato argomento quando abbiamo cominciato a parlare di mio padre perché non è quello l’argomento originale di cui stavamo parlando”
 
“Si, ma avevamo finito la conversazione precedente e, se non sbaglio, sei stato tu a chiedere chi mi avesse fatto entrare”
 
Blaine sospirò. “Touché”
 
Kurt annuì, poi improvvisamente allungò la mano e afferrò il polso di Blaine. Guardò l’orologio per poi lasciare il polso di Blaine. “Devo andare” disse iniziando a scendere dal letto. “Mio fratello vuole che l’aiuti con i mobili della sua stanza”
 
Blaine aggrottò le sopracciglia, alzandosi in piedi mentre Kurt usciva. “Quindi, tu sei venuto fino a casa mia, per dirmi una cosa, per poi tornare a casa tua, dove saresti dovuto rimanere?”
 
Kurt, che passò davanti a Blaine per uscire dalla stanza, annuì. “Si”
 
Blaine provò, fallendo, di trattenere un sorriso. “Beh, grazie”
 
“Come ho detto prima, non c’è problema”
 
Rimasero in silenzio mentre scendevano le scale, ma una volta arrivati in fondo, Blaine parlò. “Kurt”
 
“Si?” chiese Kurt voltandosi verso di lui.
 
“Io, ehm, ho un appuntamento a Columbus, sabato. E’ una cosa abbastanza noiosa, ma andiamo a mangiare fuori con i miei genitori. Con Cooper via, hanno solo me con cui parlare, quindi mi chiedevo se... ehm, se volevi venire. Se non sei impegnato” aggiunse velocemente. “Voglio dire, so che non è il masso per passare il sabato, quindi capisco se-”
 
 
“Blaine” lo fermò Kurt, sorridendo. “Stai vaneggiando e mi piacerebbe molto venire. Basta che mi mandi un messaggio per dirmi a che ora vieni a prendermi”
 
Blaine annuì, prendendo un respiro profondo. “Okay”
 
Passò oltre a Kurt e gli aprì la porta. Quando Kurt raggiunse la soglia, si fermò e si voltò verso Blaine. “Comunque intendevo dire veramente quello che ti ho detto. Non devi avere paura di parlare con tuo padre. Non riuscirei a immaginare la mia vita senza averlo vicino... solo, pensaci, va bene?”
 
Blaine annuì. “Lo farò”
 
Kurt gli sorrise. “Bene. Ciao, Blaine”
 
“A più tardi, Kurt” rispose Blaine sorridendogli. Rimase lì per assicurarsi che Kurt arrivasse alla sua auto senza problemi nonostante fossero in uno dei quartieri più sicuri che ci fossero in zona, poi gli fece un cenno di saluto prima che facesse retromarcia e se ne andasse. Chiuse la porta e sospirò, guardando la porta dell’ufficio di suo padre. Pensò per un momento di andare là, prima di cambiare idea e tornare nella sua stanza.
 
 
 
 
Note dell’autore:
Anche in questo caso se ci sono errori nel capitolo è tutta colpa di Google!
 
Grazie mille a tutti per le recensioni dell’ultimo capitolo. Alcuni avranno pensato che fosse l’ultimo capitolo, ma non temete, ne ho ancora un po’ prima che la storia sia finita.
 
PS. Spero di non aver offeso nessuno con la storia dei ‘cugini’. Il fratello del marito di mia nonna ha sposato una sua cugina di primo grado e per questo, 3 dei loro 7 figli sono un po’ lenti mentalmente. So che è raro che accada, ma succede. Comunque, se desiderate sposare vostro cugino, non ho nulla in contrario. Ancora una volta, spero di non offendere nessuno.
 
Note della traduttrice:
*din din* comunicazione di servizio: ho intenzione di aumentare gli aggiornamenti, visto che il computer è tornato in vita. Gestendo allo stesso tempo più traduzioni, preferisco aggiornare questa anche tre volte a settimana visto che ormai siamo agli sgoccioli. Quindi state in campana!
 
Grazie mille per il sostegno che continuate a darmi!

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Capitolo 24
*** Drive ***


- IN A HEARTBEAT - 

 

CAPITOLO 24 - DRIVE

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“Cose che non ti saresti mai immaginato di fare, improvvisamente le fai... ed è orribile”
 
 
 
Sabato mattina, verso le undici, il padre di Blaine parcheggiò nel vialetto degli Hummel. Diane era seduta accanto a lui, e Blaine sul sedile posteriore in trepidante attesa.
 
Non sapeva perché fosse così nervoso. Sapeva per certo che non era il fatto che stessero andando in ospedale. Gli esami, nonostante fossero fastidiosi, avevano smesso di mettergli ansia molto tempo fa.
 
Okay, forse sapeva perché era nervoso. Lui e Kurt stavano bene ora, ma non avevano mai avuto una giornata come quella. Non con i genitori di Blaine nei dintorni. Era così snervante per lui... si chiese se fosse la stessa cosa per Kurt.
 
“Sta arrivando?” domandò Nathan, guardando Blaine attraverso lo specchietto retrovisore.
 
Blaine lesse la risposta al breve sms che aveva appena mandato. “Si, sta arrivando proprio ora”
 
Come un segnale, la porta si aprì e Kurt uscì. Blaine lo guardò mentre si voltava indietro a parlare con qualcuno, annuire e poi chiudere la porta.
 
Sorrise a Blaine dal finestrino mentre si avvicinava all’auto, e Blaine gli sorrise in risposta, pensando dentro di sé quanto Kurt sembrasse calmo. Dio, non era giusto!
 
Kurt andò sul lato destro dell’auto e aprì la portiera, poi entrò.
“Ciao” salutò mentre richiudeva la portiera.
 
“Ciao, Kurt” rispose Diane, voltandosi per sorridergli.
 
“Ciao” disse Nathan con un rapido cenno del capo.
 
Kurt allacciò la cintura di sicurezza mentre Nathan usciva dal vialetto. “Mi dispiace averci messo tanto” iniziò. “Il mio fratellastro mi ha tirato a dosso per sbaglio un bicchiere di the e mi ha bagnato i pantaloni e le scarpe, quindi mi sono dovuto cambiare”
 
“E’ tutto a posto, tesoro” rispose Diane. “Non stavamo aspettando da molto comunque”
 
Kurt guardò Blaine per la prima volta da quando era salito in auto e gli sorrise. Blaine realizzò di star fissando Kurt da quando era salito. “Ciao” disse Kurt, parlando un po’ più piano.
 
“Ciao” rispose Blaine. Sbatté le palpebre un paio di volte, costringendo gli occhi ad allontanarsi da Kurt, e fece un respiro profondo. “Come è andata la settimana?” chiese cercando di non sembrare troppo inquietante.
 
Kurt si strinse nelle spalle e guardò avanti. “Come al solito. Quindi, uno schifo”
 
“Come mai?”
 
“Solo... le persone”
 
“Le persone della tua scuola?”
 
Kurt annuì. “Le persone della mia scuola”
 
“Vuoi parlarne?” chiese piano Blaine. Tutte le sue preoccupazioni precedenti erano scomparse; ora la sua unica preoccupazione era Kurt.
 
“Preferisco dimenticarmene, in realtà, anche se non riesco a fare un buon lavoro”
 
“Cosa sta succedendo a scuola, Kurt?” chiese Diane aggrottando le sopracciglia mentre si girava indietro per guardarlo.
 
Blaine aveva sperato più di ogni altra cosa che non avesse sentito, o almeno che fingesse di non averlo fatto, ma a Kurt sembrava non dispiacere.
 
“Solo alcuni ragazzi della mia scuola a cui non piaccio molto...beh, non gli piaccio affatto, in realtà”
 
“Per quale motivo?”
 
“Per chi sono... la mia voce, i miei vestiti, le mie... ‘scelte’, come le chiamano. Danno fastidio a tutto il Glee Club, ma se la prendono più con me che con gli altri perché sono gay”
 
“Ti hanno messo le mani addosso?” chiese Nathan.
 
Blaine rimase sconvolto da quella domanda, per non dire altro. Non credeva nemmeno che suo padre stesse ascoltando.
 
Kurt scosse la testa. “No... a volte mi spingono addosso agli armadietti, ma niente di più”
 
Tutti rimasero in silenzio per un momento, poi Nathan fece un’altra domanda. “I tuoi genitori lo sanno?”
 
“Non... non tutto” rispose Kurt, sembrando a disagio per la prima volta. “Non è mai niente di grave, comunque. Voglio dire, sanno come sono, e come sono gli altri del Glee, ci tirano addosso delle granite... e mio padre ha ricevuto un paio di telefonate anonime in passato dove gli venivano dette alcune cose crudeli e stupide, ma questo è tutto quello che sanno”
 
“Dovresti dirglielo” disse Diane. “Il bullismo è una cosa grave, Kurt. Non è da prendere alla leggera”
 
“Ho perso il conto delle volte in cui mio padre è andato a scuola solo per le cose di cui era a conoscenza. È stato fantastico, ma è stato il preside che non ha fatto niente. E poi non voglio aggiungergli altro stress. Ne ha già abbastanza. Io sto bene. Voglio dire, non che non abbia bisogno di qualche parola di conforto di tanto in tanto. I miei genitori mi toglierebbero dalla scuola, se sapessero tutto, e io non voglio lasciare i miei amici”
 
“La sicurezza viene prima di tutto, Kurt” rispose Nathan, con aria seria. “Sempre la sicurezza”
 
Kurt annuì. “Lo so. Se dovessi succedere qualcosa di brutto, lo dirò ai miei genitori. Terrò tutto sotto controllo”
 
“Promesso?” chiese Diane lanciandogli un’occhiata.
 
“Promesso”
 
Blaine non aveva detto molto... o, beh, non aveva detto nulla in realtà, dal momento in cui i suoi genitori avevano iniziato a parlare. Era abbastanza sicuro che la sua voce non sarebbe riuscita a lasciare il suo corpo nello stato di shock in cui era. Era stato nervoso per paura che i suoi genitori non avrebbero parlato affatto con Kurt per tutta la durata del viaggio a causa di quello che era successo in passato. Sapeva bene quanto fossero gentili e cordiali quando Kurt veniva a trovarlo, ma aveva paura che durante quel viaggio, loro l’avrebbero ignorato, o che i loro veri sentimenti sarebbero venuti fuori.
 
Invece, sembrava che quello che provavano veramente non fosse così male. In realtà, Blaine non avrebbe potuto immaginarli essere più carini. Non avrebbe mai pensato che suo padre avrebbe parlato per così tanto tempo.
 
“Blaine va sempre bene per fare una chiacchierata” disse Diane, voltandosi per guardare davanti. “Ha avuto problemi con il bullismo in passato”
 
Kurt guardò Blaine. “Si, me l’ha detto” disse, ricordando la loro prima conversazione.
 
“Giuro, quel viaggio in ospedale è stato uno dei peggiori, tanto quanto quelli che faceva da piccolo, se non peggio”
 
Kurt sembrava confuso. “Aspetta, ospedale?”
 
Blaine sospirò. “Già. Non ti avevo proprio raccontato tutto. Solo le cose di base”
 
“Cosa... cosa è successo?”
 
“La scuola dove andavo prima non era esattamente ‘amica dei gay’, come sai”
 
Kurt annuì.
 
“Sono stato molestato, molto. Mi scrivevano cose sull’armadietto, ci infilavano dentro dei bigliettini o me le dicevano mentre passavano. NOn mi sono mai fatto la doccia dopo l’ora di ginnastica perché sarebbe stato un suicidio. Riuscivo ancora a gestire tutto questo, però. Non mi piaceva, ma riuscivo a conviverci...
 
“Poi, dal nulla, la cosa è uscita fuori dal controllo. Tutte quelle stronzate mi si sono rivolte contro ed è stato... brutto”
 
“Oh mio Dio” rispose Kurt, scioccato.
 
“Sta sminuendo la cosa” disse Nathan, la rabbia nella voce piuttosto evidente. “E’ stato in ospedale per tre settimane. Le prime due non se le ricorda nemmeno. Aveva una costola rotta, lividi ovunque, una spalla lussata e la testa praticamente sfondata”
 
“Papà, non era sfondata”
 
“Dillo ai venti punti di sutura che hai dietro alla testa”
 
Gli occhi di Kurt si spalancarono. “Blaine! Chi farebbe una cosa del genere? E’ orribile!”
 
Blaine si strinse nelle spalle. “Solo i bulli a cui non piacevo per... chi ero”
 
Kurt guardò Blaine che stava fissando dritto davanti a sé. Aveva parecchie domande su quello che gli era successo.
 
Perché gli avevano fatto una cosa del genere?
 
Conosceva ancora quelle persone?
 
Erano stati puniti per quello che avevano fatto?
 
Avrebbe voluto chiedere qualcosa, ma si accorse di quanto a disagio Blaine fosse. Sapeva che quel argomento dovesse essere ancora delicato per lui, e apparentemente anche per i suoi genitori, così lasciò cadere il discorso.
 
Rimasero tutti in silenzio per un paio di minuti, guardando fuori dal finestrino, ad eccezione di Nathan che era concentrato sulla guida.
 
Poi improvvisamente, Blaine si voltò verso Kurt. “Basta stare attenti, okay?” disse piano. “A volte non si ci rende conto di quanto male faccia fino a quando non è troppo tardi”
 
Kurt lo guardò senza capire per un attimo, poi annuì. “Starò attento. Te lo prometto, starò attento”
 
Blaine annuì e fece un respiro profondo, ma la preoccupazione non lasciò il suo volto.
 
 
 
 
 
Note dell’autrice:
Okay, non doveva finire così. In origine non ero intenzionata di scrivere un capitolo intero del loro viaggio in auto, ma non ho potuto resistere. Spero che non vi dispiaccia.
 
Fatemi sapere cosa ne pensate!

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Capitolo 25
*** Lunch ***


- IN A HEARTBEAT -


CAPITOLO 25 - LUNCH

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“Felice. E’ tutto ciò che voglio essere. Solo felice”
 
Il resto del viaggio fu occupato da una conversazione più leggera. La madre di Blaine raccontò alcune storie simpatiche, o a detta di Blaine, imbarazzanti di quando era piccolo... e alcune anche di quando non lo era così tanto.
 
Dopo che Blaine ebbe sentito parlare sufficientemente di sé stesso, e Kurt ebbe riso così forte da arrivare quasi a farsi la pipì addosso, Blaine lo costrinse a raccontare un po’ di storie imbarazzanti su sé stesso.
 
Anche Nathan rise un paio di volte. La sua risata non era così forte come quella di Kurt, o di Blaine, o Diane, ma Blaine non riusciva nemmeno a credere che stesse ridendo veramente. Si chiese se Kurt non avesse ragione. Forse suo padre non era così spaventoso come aveva sempre pensato. Forse era qualcun’altro che teneva le distanze tra di loro.
 
Cercò di non pensarci troppo, comunque, perché erano arrivati al parcheggio dell’ospedale.
“Non posso dire di adorare questo posto” disse Diane, guardando l’edificio con una smorfia di disgusto.
 
“Suppongo che condividiamo tutti questo pensiero” rispose Kurt, socchiudendo gli occhi mentre dava un’occhiata all’edificio.
 
“Oh, Kurt mi sento un idiota” disse Blaine, sentendosi onestamente uno grande stronzo. “Non avevo nemmeno pensato dove tua madre...”
 
“Blaine” Kurt alzò una mano, fermandolo. “va bene. Non sono mai stato un grande ammiratore degli ospedali, in ogni caso. Non mi dispiace essere qui, però. Va tutto bene”
 
“Sei sicuro?”
 
“Assolutamente si” lo rassicurò Kurt.
 
“Okay ragazzi” disse Nathan sospirando mentre apriva la portiera. “E’ ora di andare”

 


 
Quando entrarono dentro all’edificio, Diane e Nathan fecero strada come se conoscesse benissimo quel posto...cosa che, intuì Kurt, doveva essere così.
 
Non stava mentendo quando aveva detto che gli ospedali non gli erano mai piaciuti. A lui non erano mai piaciuto nessun luogo con dei medici. Aveva sempre la sensazione che stessero per colpirlo e trascinarlo via anche se non erano lì per lui. Era abbastanza sicuro di avere una sindrome del Camice Bianco, ma era perfettamente in grado di nascondere le sue paure e ne era felice.
 
Si fermarono improvvisamente, o almeno, improvvisamente per Kurt che non aveva prestato attenzione, e Diane aprì una porta sulla loro destra.
 
“Ragazzi, voi sedetevi” disse Diane “io vado a prendere i moduli”
 
Mentre si sedevano, Kurt guardò Blaine che non sembrava affatto nervoso. “Non ti dispiace venire qui?” chiese Kurt, spingendo il gomito di Blaine per ottenere la sua attenzione.
 
Blaine scosse la testa. “Non esattamente. E’ fastidioso e tutto, ma gli esami non sono dolorosi”. Gli sorrise. “Inoltre, dopo andiamo sempre a mangiare nel mio ristorante preferito, così ho anche qualcosa da guadagnare”
 
“E puoi passare più tempo con me, ovviamente” aggiunse Kurt scherzosamente.
 
“Ovviamente”
 
“Okay” iniziò Diane mentre si sedeva sulla sedia libera accanto a Nathan. “Compiliamo questo modulo”
 
“Mamma, posso farlo da solo” protestò Blaine.
 
“No, no, mi piace farlo. Mi da la possibilità di ficcanasare senza che tu mi stacchi la testa”
 
Blaine sospirò e alzò gli occhi al cielo, ma un piccolo sorriso sul suo volto fece capire a Kurt che non era veramente sconvolto.
 
“Va bene, spara”
 
Diane si schiarì la gola. “Nome?”
 
“Mamma”
 
Diane annuì, mentre con la bocca mimava la parola ‘mamma’ mentre scriveva.
 
“Non hai veramente scritto ‘mamma’, vero?” chiese, cercando di leggere il modulo.
 
“Oh, mi stai dicendo che non hai cambiato il tuo nome in ‘mamma’... o meglio, illegalmente, visto che hai meno di 18 anni”
 
Blaine le lanciò un’occhiataccia. “Mamma”
 
“Rilassati, tesoro. Adesso veniamo alle vere domande. Fumi?”
 
“No”
 
“Bevi?”
 
“No”
 
“Mai? Anche se bevi un sorso dovrebbero saperlo”
 
“Lì non lo dice, mamma”
 
“Forse, o forse no” rispose lei spostando il foglio in modo che fosse lontano dalla vista di Blaine.
 
Blaine sospirò. “Mamma, lo sai quanto sia pericoloso per me bere. Non lo faccio. D’accordo?”
 
Lei segnò un riquadro sul foglio. “Prossima domanda. Sei sessualmente attivo? Se si, da quanto tempo?”
 
Kurt si morse il labbro provando a non ridere dell’espressione di Blaine.
 
“Mamma!” esclamò.
 
“Cosa? Te lo giuro, è una delle domande”
 
Lui gemette. “No”
 
“No che cosa? Non sei sessualmente attivo o non mi credi?”
 
“Non sono sessualmente attivo” rispose a denti stretti.
 
Diane si lasciò sfuggire un sospiro di sollievo. “Grazie a Dio. Quindi, credo che non dovrei segnare che hai malattie a trasmissione sessuale”
 
“NO, almeno che non abbia qualcosa dalla nascita”
 
“Non ti preoccupare, sia io che tuo padre siamo puliti”
 
Blaine si mise la testa tra le mani. “Oh, Dio”
 
Kurt rise, appoggiando una mano sulla schiena di Blaine e accarezzandola. “Va tutto bene. Una volta mio padre mi chiese se ero sessualmente attivo prendendo un preservativo da una sala d’attesa e chiedendomi se ne volevo uno. C’erano parecchie persone in quella stanza... è stato un momento imbarazzante”
 
Blaine fece un respiro profondo mentre guardava Kurt, poi si rivolse a sua madre. “Visto le domande, direi che sarebbe più semplice se finissi di compilare il modulo da solo”
 
“Mi sembra giusto. Ho saputo tutto quello che avevi bisogno di sapere”
 
“Ovviamente”

 


 
Diane terminò la compilazione del modulo mentre Kurt e Blaine stavano leggendo una rivista insieme. Una volta che Diane ebbe consegnato il foglio, ci vollero circa dieci minuti prima che un’infermiera venisse fuori e chiamasse il suo nome.
 
“Ci vorrà un po’” disse Blaine. “Se vuoi andare al bar o da qualche altra parte fai pure. Voglio dire...”
 
“Blaine” lo interruppe Nathan. “Starà bene. Non far aspettare il dottore”
 
Blaine annuì e fece un respiro profondo, poi si alzò.
 
“Buon divertimento?” chiese Kurt, non del tutto sicuro di cosa dire.
 
Blaine gli lanciò un’occhiataccia, ma il sorriso sulle sue labbra esprimeva ben altro sentimento.
 
Una volta che Blaine e Diane ebbero lasciato la stanza, Kurt tornò a leggere la rivista. Non era sicuro di cosa fare. Nathan era seduto lì, guardando davanti a sé come se stesse avendo una conversazione nella sua testa.
 
Kurt gli lanciava un’occhiata di tanto in tanto, cerando di notare se cambiasse espressione, ma non lo fece mai.
 



 
Rimasero così per almeno un’ora prima che Nathan gli rivolse la parola. “Vorresti andare al bar? Probabilmente torneranno verso le sei e non abbiamo ancora pranzato”
 
Kurt annuì. “Certo” disse, prendendo un momento per ritrovare la voce. Non si aspettava che Nathan parlasse, e stava pensando a un modo per iniziare lui la conversazione.
 
Il tragitto fino al bar fu tranquillo, ma veloce, quindi nemmeno troppo imbarazzante.
 
“Prendi quello che vuoi” disse Nathan mentre prendeva un vassoio per sé stesso. “Pago io”
 
“Oh, non c’è n’è bisogno, signore . Ho portato dei soldi”
 
“Nathan, Kurt. Solo Nathan. E non mi importa se hai i soldi, pagherò comunque”
 
“G-grazie, Nathan”
 
“Mhm”
 
Ognuno prese del cibo; Nathan prese del polpettone e del purè di patate, mentre Kurt un sandwich di tacchino e delle patatine fritte, poi presero le bevande.
 
Kurt prese un tavolo mentre Nathan pagava, poi si unì a Kurt.
 
Dire che Kurt fosse nervoso era l’eufemismo dell’anno. Non sapeva perché, ma si sentiva quasi in dovere di impressionare Nathan ora che erano da soli. Anche come padre del suo fidanzato… no, non lo era! Lui e Blaine erano niente di più che amici. Non si aspettava nulla di più ora, non dopo tutto quello che era successo, ma non significava che non potesse sognare… o desiderare… o sperare.
 
“Si dovrebbe pensare che negli ospedali ti diano cibo salutare” disse Nathan, distogliendo Kurt dai suoi pensieri. “Non sono un grande salutista, ma sembra quasi che stiano cercando di guadagnare nuovi pazienti”
 
Kurt rise, facendo scemare la tensione. “So cosa intende. Avrò protestato un migliaio di volte quando mio padre era all’ospedale di Lima”
 
Nathan lo guardò confuso, e Kurt sapeva che era curioso, ma non voleva chiedere per non sembrare maleducato.
 
“Ha avuto un infarto” spiegò Kurt.
 
“Oh” rispose Nathan, cambiando espressione. “Deve essere stato difficile per te”
 
“Si” concordò Kurt. “ma ora sta bene”
 
Rimasero entrambi in silenzio per un momento, poi Nathan parlò. “Siete molto legati?” chiese, e Kurt non potè fare a meno di chiedersi perché si stesse interessando tanto alla relazione che aveva con suo padre.
 
“Molto” rispose Kurt. “Non lo siamo sempre stati. C’è stata una fase durante la scuola media e parte delle superiori in cui eravamo un po’ distanti… ma, una volta che gli ebbi confessato chi ero, ci siamo avvicinati molto. Non so cosa fare senza di lui”
 
“Ma se…”. Si interruppe subito, realizzando di stare per chiedere qualcosa di molto inopportuno.
 
“Se fosse morto?” chiese per lui Kurt. Ora non c’era nessun dubbio che nella sua mente, Nathan stesse parlando di sé stesso e Blaine.
 
“No, va bene” lo rassicurò Kurt. Prese un momento per pensare prima di rispondere. “Se mio padre fosse morto, ne sarei stato devastato. So che posso vivere senza di lui, ma non vorrei mai. Però, se fosse successo, almeno avrei saputo, senza ombra di dubbio, che mi amava. E lui sapeva che era lo stesso per me”
 
“Sai” iniziò Nathan come se fosse immerso in pensieri profondi. “Sei un ragazzo molto intelligente”
 
Kurt fece un piccolo sorriso. “Posso darti un consiglio, allora?”
 
Nathan annuì.
 
“A mio parere, la genere deve smettere di preoccuparsi tutto il tempo per quello che non possono avere, e iniziare a fare qualcosa per ottenerlo”
 
Nathan annuì di nuovo, guardando oltre Kurt. Se Kurt lo avesse conosciuto abbastanza bene, avrebbe detto che stesse piangendo.
 
“Parla con Blaine” aggiunse Kurt, sapendo quanto avesse bisogno di sentirselo dire. “Siete più simili di quanto pensi”

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Capitolo 26
*** Better ***


- IN A HEARTBEAT - 

 

CAPITOLO 26 - BETTER

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“E’ stata dura, ma ce l’abbiamo fatta. Ce la facciamo sempre. E sarà sempre così”
 
Kurt e Nathan tornarono nella sala d’attesa, parlando di tanto in tanto, ma stando spesso in un silenzio confortevole.
 
Circa alle cinque e mezza, Nathan si alzò in piedi, cosa che Kurt vide con la coda dell’occhio e lo distolse dalla lettura di una rivista. Blaine e Diane stavano uscendo. Blaine sembrava un po’ stanco e infastidito, ma per il resto stava bene.
 
“Qual è il verdetto?” chiese Nathan.
 
“Nuove medicine” rispose Blaine, roteando gli occhi.
 
“Non solo una dose più forte?”
 
Diane scosse la testa. “Non c’è niente di cui avere paura”
 
“C-cosa vuol dire?” chiese Kurt, con il cuore che batteva forte.
 
“Solo una nuova sfilza di effetti collaterali da sopportare” rispose Blaine con un sospiro, mentre Diane e Nathan li conducevano fuori.
 
“A cosa servono le nuove medicine?”
 
“Per mantenere bassa la pressione del sangue. Le medicine che sto prendendo ora non lo fanno nel modo giusto”
 
Kurt annuì. “Magari non avrai proprio tutti gli effetti collaterali”
 
Diane si voltò verso di loro. “E’ quello che diciamo ogni volta”
 
Kurt aggrottò le sopracciglia, così Blaine riprese a spiegare. “Ho sempre gli effetti collaterali più fastidiosi ogni volta che inizio a prendere delle nuove medicine. Ti posso garantire che sarò intrappolato nel mio letto, o in bagno, per almeno i tre giorni successivi dopo aver preso le nuove pillole”
 
Kurt fece una smorfia. “Sembra terribile”
 
“Lo è parecchio”
 
Camminarono tutti in silenzio per un momento. Kurt e Blaine rimasero qualche passo indietro a Diane e Nathan, così Kurt si avvicinò un po’ di più a Blaine per fargli una domanda che gli stava frullando per la testa da tutto il girono.
 
“Blaine?”
 
“Si?”
 
“Mi hai detto che hai questi appuntamenti una volta all’anno, più o meno inornno al periodo in cui hai fatto il trapianto… e so che cade tra almeno un paio di mesi”
 
“Oh-“
 
Kurt proseguì, senza lasciarlo parlare. “Ho provato a lasciar perdere e di non reagire in modo eccessivo o altro, ma se qualcosa non va, puoi dirmelo. Ti prometto che…”
 
“Kurt, Kurt!” lo fermò Blaine. “Non c’è bisogno di preoccuparsi. Siamo venuti prima a causa delle mie vecchie medicine. Riesco a capire quando smettono di funzionare. Kurt, se eri preoccupato, dovevi solo dirlo”
 
Kurt si strinse nelle spalle. “Sono noto per essere melodrammatico. Non volevo saltare a conclusioni affrettate, ma credo di essermi lasciato andare”
 
Sorrise mentre uscivano dall’ospedale, e si diressero alla macchina.
 




 
Kurt arrivò a casa poco dopo le dieci. Una volta che ebbe ringraziato Diane e Nathan per aver pagato il pranzo e la cena, salutò Blaine, e si diresse verso la porta. La aprì, e si voltò di nuovo per vedere Nathan svoltare fuori dal vialetto, poi entrò.
 
“Va tutto bene?” chiese Burt dal salotto non appena Kurt chiuse la porta.
 
“Si” rispose Kurt. Andò in salotto e si lasciò cadere sul divano, posando la testa sul bracciolo. “Domani deve iniziare a prendere dei farmaci nuovi, ma non è nulla di serio”
 
“Bene” rispose Burt con un cenno del capo, abbassando il volume della televisione. “I suoi genitori sono stati gentili con te?”
 
Kurt non potè trattenere un sorriso mentre suo padre faceva quella domanda. Cercava di essere disinvolto mentre lo chiedeva, ma Kurt sapeva che era veramente interessato a sapere. “Si, sono carini. Suo padre è un po’ distante” Kurt scrollò le spalle “ma lo è anche Blaine”
 
“Blaine è distante? Con te?” domandò Burt, guardando Kurt come se non potesse crederci.
 
“Non tanto con me, ma con suo padre. Sono sicuro che non si rendano conto di quanto siano simili. Blaine ha paura ad avvicinarsi alla gente perché non sa per quanto tempo ancora vivrà. Nathan ha paura ad avvicinarsi a Blaine perché non sa per quanto tempo ancora vivrà Blaine”
 
“Mi suona un po’ strambo. Nessuno può sapere quando morirà”
 
“E’ quello che ho detto anch’io!” esclamò Kurt, alzando una mano in direzione di Burt. Sospirò mentre la batté sulla sua gamba. “Non lo so, sono stanco. Vado a letto”
 
“Okay, figliolo”
 
“Penso che domandi andrò da Blaine. Non era molto felice all’idea di iniziare con delle nuove medicine, dice che ha sempre degli effetti collaterali, quindi voglio aiutarlo, o distrarlo, o qualcosa del genere”
 
“Sei un bravo ragazzo, Kurt”
 
Kurt sorrise, e si avvicinò a suo padre, chinandosi per abbracciarlo. “Ti voglio bene, papà”
 
“Ti voglio bene anch’io, Kurt”

 



 
Blaine si lasciò cadere sul letto, e rimase a guardare il soffitto. Odiava prendere delle nuove medicine. Lo temeva quasi di più che un intervento chirurgico.
 
Non doveva essere poi chissà quale cosa, ma non aveva solo uno o due effetti collaterali. No, aveva sempre quelli più pesanti. E, fortunatamente per lui, quelli principali erano: nausea, vomito, vertigini, mal di testa e affaticamento. Fantastico.
 
“Ugh” disse a sé stesso mentre ci pensava. L’ultima volta che aveva cambiato le medicine, tre anni prima, era caduto in una delle sue depressioni. Una delle peggiori.
 
Pensare troppo in quel momento, non era mai un bene per lui.
 
Poi, come un segnale, il suo telefono squillò e lo riportò alla realtà. Prese il telefono dalla tasca e lesse che il messaggio che gli era appena arrivato era di Kurt. Non si rese nemmeno conto che un sorriso era apparso sul suo volto mentre leggeva quel nome.
 
10:51pm
So di essere un po’ formale, ma ho pensato dirtelo prima di venirti a trovare. Allora, posso venire domani?
 
Blaine sorrise ancora per un attimo prima di rispondere.
 
10:51pm
Whoaaa… adesso lo fai? Primo, non hai bisogno di chiedere, lo sai. Secondo, se vuoi guardare la mia nuca fare la spola dentro al bagno tutto il giorno, vieni pure.
 
10:53pm
Beh, allora penso che eviterò di portare le Pop-Tarts con me, ma mi piacerebbe essere lì… non per guardarti vomitare, ma… beh, sai cosa voglio dire.
 
Blaine rise.
 
10:54pm
Si, so cosa vuoi dire. E, Kurt, quando sarò sul letto di morte, immagino che le mie ultima parole siano ‘passami le Pop-Tarts’
 
10:55pm
Quindi le devo portare?
 
10:55pm
Portale.
 
10:57pm
Agli ordini. Buonanotte, Blaine.
 
10:57pm
Buonanotte, Kurt.
 
Quella notte, Blaine andò a letto senza preoccuparsi di quello che il domani avrebbe portato. Non riusciva a togliersi dalla testa Kurt, e dei suoi apparenti poteri magici che lo facevano stare meglio.

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Capitolo 27
*** Sick ***


- IN A HEARTBEAT -

CAPITOLO 27 - SICK

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“A volte devi cercare, ma troverai sempre una luce alla fine del tunnel. Solo che potrebbe volerci un po’ per trovarla”
 
Kurt arrivò dagli Anderson poco dopo le nove. Sapeva che Blaine avrebbe iniziato presto a prendere le sue medicine, così era voluto arrivare prima che le cose si mettessero male.
 
Scese dalla macchina, e aprì il bagagliaio, tirando fuori ‘La Borsa dei Rinforzi’, come l’aveva chiamata Finn la sera prima mentre lo aiutava a sistemarla. Chiuse il bagagliaio, e dopo essersi messo in spalla la borsa, si avvicinò alla porta d’ingresso.
 
Non ebbe tempo per bussare, che la porta si aprì. Blaine era lì con un piccolo, ma luminoso sorriso. “Ciao” disse spostandosi per lasciar entrare Kurt. “Ti ho sentito arrivare, così ho usato quel poco di libertà che mi è rimasta per venire ad aprirti”
 
“Suona come se fossi in prigione” rispose Kurt mentre Blaine chiudeva la porta.
 
“E’ come sembra di solito”
 
“E’ davvero così brutto?” chiese Kurt sinceramente preoccupato.
 
“Come tutte le volte”
 
Blaine gli fece strada fino alla sua stanza,e Kurt lo seguì a pochi passi di distanza.
 
“Beh, ho portato un po’ di cose da fare e vedere, e-“
 
“Pop-Tarts?” chiese Blaine, voltandosi verso Kurt con gli occhi spalancati.
 
“E le Pop-Tarts. Onestamente, però, non te le consiglio se dovrai vomitare”
 
“Ma saranno di conforto quando smetterò”
 
“Questo è vero” concordò Kurt con un cenno della testa.
 
Entrarono nella stanza di Blaine, e Kurt notò che assomigliava più a un campo di battaglia….beh, magari non proprio un campo di battaglia, a meno che la battaglia non fosse ‘assicuriamoci-di-raccogliere-il-vomito’
 
“Che cos’è tutta questa roba?” chiese Kurt, guardando il lenzuolo accanto al letto di Blaine. Successivamente, si accorse che c’era anche un secchio verde.
 
“Beh, non sono molto veloce a correre in bagno quando inizio a vomitare, quindi…”. La sua voce si spense mentre scostava le coperte.
 
“Ah” rispose Kurt. Appoggiò a terra la borsa,e  si avvicinò per dare un’occhiata a quello che c’era sul comodino di Blaine. “Gatorade, acqua, panni nell’acqua ghiacciata e stracci…” fece una pausa, immergendo il dito nell’acqua, e togliendolo rapidamente. “Ahia! Acqua calda”
 
“Si, ha preparato tutto mia madre questa mattina. E’ sempre preparata”
 
Kurt sospirò, poi si voltò verso Blaine che si era seduto comodamente sul letto.
 
“Blaine, è una cosa normale? Voglio dire, so che la gente a volte può avere degli effetti collaterali quando prende le medicina, ma questo mi sembra un po’… intenso”
 
“Beh, la prime due volte che ho cambiato le medicine, mia madre mi ha portato in ospedale credendo che stessi morendo, ma alla fine il dottore l’ha assicurata che stavo bene. Il mio corpo ha solo tempi più lunghi ad adattarsi alle medicine, ma dopo qualche giorno finisce e non dovremmo più preoccuparci fino al prossimo anno”
 
Kurt annuì, poi si sedette sul lato libero del letto di Blaine. sperava che Blaine si sbagliasse su quella faccenda. Magari questa volta sarebbe stato diverso e non avrebbe avuto tutti quei terribili effetti collaterali.
 
“Dove sono tutti?” chiese, sentendo il bisogno di riempire quel momento di silenzio.
 
“Mamma è in farmacia a comprare le medicine, visto che era troppo tardi la notte scorsa, e mio padre sta preparando la zuppa di pollo per più tardi. Rimane a casa quando inizio con nuove medicine perché è davvero tanto lavoro per mia madre… quindi, cosa mi hai portato?”chiese Blaine, dondolando facendo muovere il letto.
 
Kurt rise, poi si chinò e raccolse la borsa. “Prima di tutto, mia fratello potrebbe uccidermi se non ti informo che lui mi ha aiutato a fare questa borsa. Per averla chiamata ‘Borsa dei Rinforzi’, e per aver aggiunto Saw alla lista dei film. Gli ho chiesto perché ha voluto insistere tanto per Saw, ma si è stretto nelle spalle”
 
“Comunque” disse Kurt, tirando fuori Saw dalla borsa e appoggiandolo tra lui e Blaine. “Saw, poi What’s Eating Gilbert Grape, Benny & Joon, The Notebook, eFinding Neverland
 
Blaine rise. “Qualcuno ha un piccolo fetish per Johnny Depp”
 
Kurt gli lanciò un’occhiataccia. “Stai zitto”
 
“Per favore, continua”
 
“Okay. Non ridere, ma ho portato anche a serie The Golden Girls
 
Blaine lo fissò.
 
“Okay, forse dovresti ridere. Quello sguardo è un po’ fastidioso”
 
“No,no” rispose Blaine, “io… credevo di essere l’unico ragazzo al mondo ad aver visto quella serie”
 
“Oh, beh, non lo sei” lo informò Kurt con il cuore che batteva forte, anche se non era sicuro del perché. “Mio padre mi ha beccato più volte a guardarne intere maratone nel salotto a notte fonda. Così, mi ha comprato le prime tre stagioni lo scorso Natale. Io ho riso e ho finto di essere in imbarazzo, ma sono rimasto sveglio tre notti di fila…a guardarla”
 
“Dove sei stato durante tutta la mia vita?” chiese Blaine guardandolo come se fosse in trans.
 
Kurt lo fissò, incerto su come prendere quel commento. Per fortuna, Diane entrò nella stanza, e non gli diede il tempo per rispondere.
 
“Ti ho portato le medicine!” esclamò lei, facendo sussultare sia Kurt che Blaine.
 
“Evviva” rispose Blaine senza entusiasmo.
 
“Hai già preso le altre pastiglie? Ciao, Kurt!”
 
“Ciao”
 
Blaine annuì. “Prima che uscissi”
 
“Bene”. Lei aprì il barattolo, e tirò fuori una pillola. “Okay, ora devi prendere questa. E poi, dobbiamo solo aspettare”
 
Porse a Blaine la pillola e lui la prese a malincuore, senza nemmeno preoccuparsi di bere per farla scendere.
 
Dopodiché, Blaine si voltò verso la TV, e Kurt fece partire il primo episodio di The Golden Girls. Si accomodarono sul letto, e rimasero a guardare la tv aspettando l’inevitabile.
 
Kurt lo trovava un po’ strano. Non a essere a casa di Blaine, orami era normale, ma aspettare che iniziasse a star male. Di solito non funzionava così. Ti ammalavi ancora prima di rendertene conto. In quel caso, il problema di partenza era che avevano già realizzato che non sarebbe stato bene.
 
Quello era molto peggio. Sapere che presto stari male, ma non esattamente quando. Kurt non era nemmeno quello a dover star male, ma aveva comunque una sensazione strana alla bocca dello stomaco.
 
E non c’era nulla che potesse fare, se non stare con Blaine, ed era quello che avrebbe fatto. E nel frattempo, avrebbe guardato uno dei suoi programmi preferiti insieme a una delle sue persone preferite.
 



 
Aveva guardato il primo episodio, ed erano a metà del secondo quando…
 
“Oh Dio” disse Blaine all’improvviso. Si allungò in fretta, afferrando il secchio accanto al letto.
 
“Stai per-“
 
Blaine si allungò in avanti, tenendo saldamente il secchio mentre iniziava a vomitarci dentro, rispondendo alla domanda di Kurt.
 
Kurt non sapeva se correre a chiamare Diane o Nathan, ma non voleva nemmeno lasciare Blaine da solo. Inoltre, tossiva e vomitava abbastanza forte, quindi intuì che sarebbero arrivati presto.
 
Kurt si inginocchiò accanto a Blaine, e prese a strofinargli dolcemente la schiena. Sperò che Blaine non fosse una di quelle persone a cui dava fastidio essere toccando quando stava male.
 
Non parlò mentre Blaine si rialzava, sapendo quanto fosse fastidioso quando gli altri cercavano di rassicurarti in quelle situazioni.
 
Come sospettava, Diane entrò nella stanza in un attimo. Il peggio ormai era passato. Kurt lo sentì rabbrividire leggermente mentre continuava a strofinargli la schiena, e poteva vedere il sudore coprirgli il collo.
 
“Sei sicuro?” chiese Diane, guardando tristemente suo figlio.
 
Lui tossì ancora una volta, poi annuì, appoggiandosi indietro. Diane prese il secchio e uscì dalla stanza.
 
Kurt non sapeva cosa fare. “Ti prendo un panno” disse, aiutando Blaine ad appoggiarsi contro la testiera del letto. “Vuoi un po’ di acqua o gatorade?”
 
Blaine scosse la testa. “Poi dovremmo andare in bagno” rispose con la voce roca. “Dovrei sciacquarmi la bocca”
 
Kurt annuì, prendendo un panno freddo e strizzandolo un po’ prima di appoggiarlo sulla fronte di Blaine.
 
“Bel modo per trascorre la domenica, eh?” scherzò Blaine, anche se riusciva a malapena a ridere.
 
Kurt non rispose, passando gentilmente il panno sulla guancia di Blaine.
 
“Seriamente, Kurt, dovresti andare a fare qualcosa” continuò Blaine, chiudendo gli occhi sotto al tocco di Kurt.
 
“Sto facendo qualcosa”
 
“Intendevo qualcosa di divertente”
 
“Beh, non posso dire che questo sia ‘divertente’, odio vederti soffrire, ma non c’è un altro posto in cui vorrei stare… a meno che tu non voglia che me ne vada”
 
“No!” rispose in fretta Blaine riaprendo gli occhi. “Ho solo, voglio dire, io… mi piace averti qui”
 
“Allora resto”
 
Blaine richiuse gli occhi, con un piccolo sorriso sulle labbra. “Bene”
 
 


 
 
Note dell’autore:
Okay, avevo intenzione di scrivere molto altro in questo capitolo, ma sarebbe diventato troppo lungo. Il prossimo capitolo inizierà da dove è finito questo (penso di essermi divertita un po’ troppo a scrivere di un Blaine malato).

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Capitolo 28
*** Tired ***


 - IN A HEARTBEAT -


CAPITOLO 28 - TIRED 

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“Posso stare con te per questa notte? Non mi sento bene”
 
Blaine vomitò per tre volte, ed era ovvio che incominciasse a risentirne.
 
Tossì, poi prese dei respiri profondi mentre si piegava indietro.
 
Kurt si allungò da dietro, e tirò lo scarico. Gli riempì un piccolo bicchiere di colluttorio e un altro con della Gatorade verde.
 
“Ecco il colluttorio” disse Kurt con calma. Blaine alzò le mani per prenderlo, ma Kurt si accorse che stava troppo male. Non sarebbe riuscito a reggere il bicchiere.
 
“Lascia fare a me” gli disse. Appoggiò il bordo del bicchiere alla bocca di Blaine, e inconsciamente fece scorrere l’altra mano tra i capelli sudati.
 
Blaine, troppo stanco persino per parlare, lasciò che Kurt l’aiutasse. Fece un paio di sciacqui, e poi lo sputò nel gabinetto.
 
Prendendo l’altro bicchiere, Kurt gli allungò la Gatorade. “Bevi questo” gli disse portandoglielo alla bocca.
 
Blaine gemette pietosamente. Fece una smorfia, e indietreggiò fino ad appoggiarsi con la schiena alla vasca.
 
“So che non vuoi berlo” rispose Kurt “ma se non lo fai, rischi di disidratarti, e non va affatto bene”
 
Si sedette accanto a Blaine che ora aveva gli occhi chiusi. Kurt allungò una mano, e gli toccò una gamba, strofinandola dolcemente per avere la sua attenzione.
 
“Bastano solo un paio di sorsi” continuò una volta che Blaine ebbe riaperto gli occhi.
 
Blaine sembrava sul punto di protestare, ma era troppo esausto. “Bene” disse con voce roca.
 
Kurt annuì, e si inginocchio per poter portare il bicchiere fino alla bocca di Blaine più facilmente. “Ricordati solo di bere lentamente, d’accordo?”
 
Blaine annuì di nuovo, poi prese un paio di piccoli sorsi. Ne prese uno in più solo per far felice Kurt, poi riappoggiò la testa indietro.
 
“D-dove è andata mia madre?” chiese Blaine notando solo in quel momento la sua assenza.
 
“E’ andata a prendere altri panni. Torna subito”
 
Blaine annuì in risposta.
 
“Vuoi tornare a letto?” gli chiese Kurt sapendo che non doveva essere molto comodo in quella posizione.
 
Blaine scosse la testa. “Non è ancora finita”
 
Kurt sospirò, tornando a sedersi accanto a Blaine. “Dubito che ti sia rimasto ancora qualcosa da vomitare”
 
“Solo la bile” rispose Blaine, rabbrividendo al ricordo della gola i fiamme.
 
Kurt gli avvolse intorno un braccio, prendendogli la mano, e massaggiandogli delicatamente la testa. “Vorrei poterti far sentire meglio” confessò con voce tranquilla, mentre Blaine appoggiava la testa alla sua spalla.
 
“Il fatto che tu sia qui mi fa sentire meglio” rispose Blaine con voce così bassa che Kurt riuscì a sentirlo a stento.
 
Kurt non rispose, anche se il suo cuore aveva iniziato a battere più velocemente. Continuò a massaggiare la testa di Blaine, e dopo un po’ il ragazzo si addormentò sulla sua spalla.
 
 




 
Quando Blaine si svegliò, trenta minuti più tardi, di certo non fu uno di quei risvegli dove lui arrossiva e si scusava con Kurt per essersi addormentato addosso a lui. Dovette, invece, lanciarsi sopra al water, tenendosi la pancia mentre vomitava.
 
Kurt gli massaggiò la schiena, mentre la preoccupazione gli tormentava la testa. Non importava quanto Blaine e Diane trovassero normale quella situazione, perché per lui non lo era affatto. Non gli piaceva vedere Blaine in quello stato.
 
Diane entrò nella stanza pochi secondi dopo che Blaine aveva iniziato a vomitare. Era scesa al piano di sotto mentre Blaine dormiva, approfittandone per finire alcuni lavori domestici.
 
“Sembra che sia peggiorato” disse mentre Blaine continuava a vomitare nient’altro che bile.
 
“Sei sicura che stia bene?” chiese Kurt con voce tremante cercando di sembrare calmo di fronte e Blaine. “Non è meglio portarlo in ospedale, o altro?”
 
“So che sembra brutto” rispose lei. Blaine stava iniziando a calmarsi, tossendo e cercando di riprendere fiato. “Però è capitato che stesse anche peggio”
 
“Non ci sono delle medicine per fermare il vomito?”
 
“Non aiutano” ansimò Blaine. Era così esausto che non sembrava più nemmeno lui.
 
Diane tirò lo scarico, poi prese un asciugamano dal lavandino, e asciugò la bocca di Blaine. Gli diede il colluttorio, e lui si sciacquò pigramente la bocca prima di sputarlo.
 
Diane andò a prendere un altro bicchiere, e sospirò. “Devo andare a prendere dell’altra Gatorade” disse. “Torno subito”
 
Kurt circondò con un braccio la vita di Blaine. “Ti aiuto a sederti” disse, sapendo che per Blaine non era stato affatto un bel risveglio.
 
“Io non… credo… di riuscire a muovermi” rispose Blaine respirando affannosamente.
 
Kurt ignorò la sensazione di indolenzimento al petto, e si concentrò per trovare un modo di far appoggiare la schiena a Blaine alla vasca da bagno.
 
Dopo un momento, pensò di aver trovato la soluzione.
 
Fece passare le braccia sotto le ascelle di Blaine, e le avvolse intorno al petto. “Probabilmente non è il modo più comodo, ma è sempre meglio che stare sopra al gabinetto”
 
Kurt tirò su Blaine, praticamente portando tutto il peso, e lo trascinò fino alla vasca da bagno dietro di loro. Erano solo un paio di passi, ma stava trascinando Blaine a peso morto, e Kurt non era abituato a trascinare in giro la gente in quel modo.
 
Una volta arrivato fino alla vasca, si rese conto che l’unico modo per uscire da lì era lasciar andare Blaine. Oppure avrebbe dovuto scavalcarlo… ma sarebbe stato imbarazzante.
 
Quindi, Kurt si lasciò cadere a terra. Allungò le gambe in modo che Blaine potesse stare comodo in mezzo ad esse, e appoggiò la schiena alla vasca. Tirò Blaine più vicino a sé, facendogli posare la testa contro il suo petto.
 
“Sei comodo” mormorò Blaine, già mezzo addormentato. Non era sicuro che quello spostamento avesse giovato a Blaine, ma lui non si era lamentato.
 
Kurt sorrise a quel complimento. “Grazie” sussurrò.
 
Ci volle qualche secondo prima che si accorgesse quanto scomodo fosse stare con la schiena appoggiata alla vasca da bagno. Non gli sembrava così scomodo prima, ma ora era decisamente fastidioso. Suppose che qualsiasi superficie dura sarebbe diventata fastidiosa dopo un po’.
 
Proprio in quel momento, Diane tornò in bagno. Si fermò per un momento, osservando la scena che si trovò davanti. Suo figlio, sudato e sfinito, era svenuto tra le braccia di un altro ragazzo il cui volto era pieno di preoccupazione e stanchezza. Era un’immagine bella, e commovente allo stesso tempo.
 
“Come siete finiti così?” chiese lei con un piccolo sorriso, appoggiando la Gatorade.
 
“L’ho dovuto trascinare fino a qui in qualche modo, perché aveva detto che non riusciva a muoversi, ma mi sono accorto troppo tardi che non mi sarei più potuto spostare da qua dietro, così…”. Kurt si strinse nelle spalle.
 
Lei indicò la vasca dietro di lui. “Potevi mettere un piede dentro alla vasca, sai?”
 
Kurt aggrottò le sopracciglia, e si voltò a guardare la vasca. “Oh, io… non ci aveva pensato. Posso rialzarmi e-“
 
Diane alzò una mano per fermarlo. “Non muoverti. Non ho mai visto Blaine così tranquillo in tutte le volte che è stato male. Ti prendo un cuscino per la schiena”
 
“Grazie” rispose Kurt, sistemando Blaine un po’più vicino a lui.

 



 
Nathan guardò l’orologio. Erano quasi le cinque del pomeriggio. Aveva trascorso tutto il giorno chiuso nel suo ufficio. Rimaneva sempre a casa quando Blaine stava male, in caso Diane avesse bisogno di aiuto, ma onestamente non gli piaceva vedere suo figlio star così male, quindi cercava di restarne fuori.
 
Era contento che Diane non avesse chiesto il suo aiuto, e lui aveva cercato di ignorare il suono di qualcuno che vomitava e tossiva dal piano di sopra, ma era parecchio tempo che c’era solo silenzio. Da qualche ora, effettivamente. Suppose che avrebbe fatto bene ad andare al piano di sopra, e controllare suo figlio.
 
Si diresse verso le scale, prendendo tempo in caso Blaine stesse ancora male. Pensò che Blaine fosse tornato nella sua stanza, ma diede comunque un’occhiata in bagno. Anche se non l’avrebbe mai ammesso ad alta voce, quello che vide probabilmente fu una delle cose più adorabili che avesse mia visto.
 
Blaine era comodamente addormentato contro il petto di Kurt, e lo stesso era Kurt con la testa rivolta verso i capelli di Blaine, liberi dal gel per quel giorno. Nathan sapeva che quando si sarebbe svegliato avrebbe avuto un terribile torcicollo, ma non c’era un altro posto dove potesse appoggiare la testa. In più, sembravano entrambi rilassati.
 
Nathan si guardò intorno, assicurandosi che sua moglie non fosse in vista, poi tirò fuori il cellulare dalla tasca, e scattò una foto. Stava giusto mettendo via il telefono, quando Diane uscì dalla loro camera con una coperta in mano.
 
“Sembrano così tranquilli, non credi?” disse lei sorridendo.
 
“Già” concordò lui appoggiandosi allo stipite della porta, e incrociando le braccia. “Come sta?”
 
“Ha vomitato meno dell’altra volta. Ha smesso qualche ora fa. Gli ho preparato un bagno per quando si sveglierà, ho paura che gli giri troppo la testa per una doccia. Non dovrebbe più vomitare, ma il mal di testa che gli viene il girono dopo… lo sai…”
 
“Chiacchierate pazze” finì Nathan, ridendo leggermente.
 
Diane annuì. “Non dovresti ridere, Nathan”
 
“Mi dispiace” rispose, cercando di nascondere il sorriso. “ma ripensavo all’ultima volta. Sai, probabilmente dovremmo rinominarlo ‘onesto parlare’. E’ l’unica volta in cui non ha filtri, e dice tutto quello che gli passa per la testa”
 
“Già. Ora sarà meglio se li copro”
 
“Oh, ci penso io” si offrì Nathan, prendendo la coperta dalle sue mani.
 
“Grazie, tesoro. Vado a preparare la cena”
 
“Okay”
 
Diane scese al piano di sotto, e Nathan entrò nel bagno. Si inginocchiò, e delicatamente appoggiò la coperta sopra ai ragazzi, cercando di non disturbarli. Fissò Blaine per un momento, e le lacrime gli riempirono gli occhi all’idea di quanto dovesse essere stato male… e quanto male dovrà ancora stare per anni. Alzò una mano alla bocca, e gli baciò le dita, poi gli passò leggermente una mano sulla fronte. “Ti voglio bene, figliolo” disse, poi si alzò e scese al piano di sotto per stare con sua moglie.

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Capitolo 29
*** Honesty ***


- IN A HEARTBEAT - 


CAPITOLO 29 - HONESTY

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“Le cose non andranno mai bene. Ma le cose brutte te le faranno apprezzare ancora di più”

 

Quando Kurt si svegliò ebbe l’impressione di essersi rotto il collo. Sapeva che in realtà il suo collo era perfettamente integro, ma credette di esserci vicino.
 
Sentiva caldo. Soprattutto su una guancia. Quando riuscì finalmente ad alzare la testa, abbassò lo sguardo per capire su cosa era sdraiato.
 
Quando vide la testa di ricci, e il corpo di Blaine, si rese conto di essersi addormentato su di lui… e lo stesso aveva fatto Blaine.
 
Sbadigliò cercando di muoversi il meno possibile, poi allungò lentamente le gambe.
 
Notò solo in quel momento la coperta.
 
Si chiese da quanto tempo stessero dormendo, e quando gli avevano messo la coperta. I suoi muscoli desideravano solo potersi allungare, ma il resto di lui era contento di rimanere lì.
 
Non appena sparì l’annebbiamento dato dal sonno, Kurt toccò con una mano la fronte di Blaine per controllare se avesse la febbre. Era umida, ma non calda. Sicuramente si sarebbe sentito meglio dopo un bagno.
 
Kurt però non aveva nessuna intenzione di svegliarlo. Sarebbe rimasto lì finché Blaine non si sarebbe svegliato da solo, sapendo bene quanto avesse bisogno di riposare.
 
Non si sarebbe definita una persona da coccole, ma gli piaceva tenere Blaine vicino a sé. Voleva tenerlo al sicuro. Non sopportava vederlo malato. Era come una tortura. Sperò che il peggio fosse passato, e che non vomitasse più, perché non credeva di poter essere in grado di guardalo ancora per molto. E non tornare il giorno dopo non era un’opzione. Blaine aveva bisogno di lui. Kurt avrebbe passato lì la notte se avesse potuto, ma suo padre non gli avrebbe permesso di saltare la scuola. Ma sarebbe tornato subito dopo.
Avrebbe scritto a Diane per tutto il girono per sapere come stava Blaine, poi avrebbe saltato le lezione del Glee e sarebbe arrivato lì il prima possibile… senza infrangere la legge.
 
Kurt avvolse le braccia introno a Blaine abbastanza forte per portarlo ancora un po’ più vicino al suo petto. Okay, forse non era Blaine che aveva bisogno di lui.
Era Kurt che aveva bisogno di Blaine
 
Prima che Kurt si lasciasse andare in pensieri troppo profondi, Blaine cominciò a muoversi. Kurt allentò la stretta intorno a lui.
 
Blaine gemette iniziando a stiracchiarsi. Si strofinò gli occhi, e sbadigliò.
 
Poi non si mosse. Kurt fece per dire qualcosa, quando le mani di Blaine scesero fino a toccargli le gambe. Girò la testa fino a ritrovarsi a pochi centimetri da Kurt.
 
“Kurt?” chiese ancora con la mente intontita. “Cosa stai facendo?”
 
“Ti faccio da cuscino” rispose Kurt senza riuscire a trattenere un sorriso allo sguardo assonnato di Blaine.
 
Blaine voltò di nuovo la testa. “Mi dispiace” disse spostandosi in modo da non schiacciare Kurt.
 
“Per cosa?”
 
“Sei dovuto rimanere lì”
 
“Mi sono addormentato anch’io. Ho usato la tua testa come cuscino a quanto pare”
 
“Oh…”. Blaine si guardò attorno, sbattendo le palpebre. Era chiaro che fosse ancora confuso dal sonno. “Che ore sono?”
 
“Non lo so”. Kurt tirò fuori il suo cellulare dalla tasca, e controllò l’ora. “Oh… sono le otto passate”. Non riusciva a credere di aver dormito per così tanto tempo. Non si meravigliò che la schiena gli facesse così male. Aveva anche cinque chiamate perse, e altrettanti messaggi di suo padre.
 
Rimise il cellulare in tasca, e cercò di alzarsi in piedi appoggiandosi al bordo della vasca. “Sarà meglio che chiami mio padre per fargli sapere che sto bene”
 
Blaine cercò di alzarsi, ma si fermò prima. “Non credo sia una buona idea”
 
“Che cosa c’è?” chiese Kurt, dimenticandosi immediatamente di suo padre. “Stai bene?”
 
“Si, ho solo un po’ di vertigini”
 
In quel momento, Diane entrò in bagno.”Mi era sembrato di aver sentito delle voci” disse sorridendo. “Sono contenta che abbiate deciso di riunirvi di nuovo a noi. Come ti senti, tesoro?”
 
“Un po’ stordito, ma bene”
 
Diane annuì. “Pensi di riuscire a tornare a letto?”
 
“Si, penso di si”
 
“Va bene, ti aiuto”. Alzò lo sguardo su Kurt. “Tesoro, tuo padre mi ha chiamato, perché non riusciva a mettersi in contatto con te. Ha detto solo di chiamarlo quando ti fossi svegliato, così avresti potuto dirgli per che ora saresti tornato a casa”
 
“Lo chiamo ora. Hai bisogno di aiuto con Blaine prima?”
 
Diane scosse la testa. “No, ci penso io. Deve solo appoggiarsi a me”
 
Kurt annuì, poi li aggirò per andare a chiamare suo padre.
 




 
Mentre stava telefonando, Diane riportò Blaine a letto. Nonostante avesse dormito parecchio, sembrava ancora esausto. Aveva già gli occhi chiusi quando Kurt rientrò nella stanza.
 
“Blaine?” lo chiamò parlando a bassa voce.
 
“Hm?”
 
“Devo andare a casa. Non voglio guidare con il buio”
 
Blaine fece n respiro profondo. “Okay. Grazie”
 
Kurt sorrise alla voce assonnata di Blaine. “Per cosa?”
 
“Per oggi”
 
“Non sono nemmeno sicuro di aver fatto qualcosa, ma prego”. Lo raggiunse, e gli scostò i capelli dalla fronte, ignaro che Diane era ancora nella stanza e li stava guardando. “Torno domani dopo la scuola, d’accordo? Ti mando un messaggio durante l’intervallo per sapere come stai”
 
“Grazie” disse di nuovo Blaine prima di chiudere completamente gli occhi.
 
Guardò Diane che gli sorrise, e gli fece un cenno verso la porta.
 
Una volta fuori dalla stanza, Diane prese la parola.
 
“Si sveglierà a intervalli per tutta la notte. Gli preparerò un bagno, così la prossima volta che si sveglierà sarà pulito”
 
“Buona idea. Ora devo andare”
 
“D’accordo. Fammi sapere quando arrivi a casa, e chiamami o mandami un messaggio quando vuoi domani. So che sarai preoccupato”
 
“Grazie” rispose Kurt sorridendo di sollievo. “Va bene se vengo a trovarlo dopo la scuola?”
 
“Certo che va bene, tesoro”
 
“Grazie” disse di nuovo. Dopo aver salutato Diane, e Nathan al piano di sotto, Kurt tornò a casa.
 



 
La scuola sembrava non finire mai. Kurt non era sicuro come, ma gli sembrava di essere uscito per primo quel giorno.
 
Aveva già parlato con Finn la sera prima, dicendogli che non sarebbe rimasto al Glee. Kurt gli aveva detto che sarebbe rimasto se non aveva modo per tornare  a casa dopo, ma Finn gli aveva risposto di non preoccuparsi. Si sarebbe fatto dare un passaggio da Puck o Rachel. Gli disse anche che avrebbe coperto Kurt al Glee. E nonostante Kurt non sapesse come avrebbe funzionato, sapeva che Finn si sarebbe preso cura di lui.
 
Quando arrivò a casa di Blaine, Nathan venne ad aprirgli. Dopo una pacca sulla spalle, e un ‘oggi è in fiamme’, Kurt andò al piano di sopra.
 
Entrò nella camera di Blaine lentamente e in silenzio, non volendo svegliarlo nel caso dormisse. E infatti, stava dormendo.
 
Diane che stava pulendo la stanza, gli sorrise.
 
“Si è appena addormentato” sussurrò avvicinandosi a lui. “Ha parlato tanto oggi. Ha un bel mal di testa, ma non gli ha impedito di stare zitto. Poco fa ha detto a Nathan che lavora troppo, e che dovevano farsi una lunga chiacchierata. A me ha detto un sacco di cose, tra cui che dovrei farmi un nuovo taglio di capelli, e che avrei bisogno di andare a vedere il The Today Show dal vivo…”. Allo sguardo confuso di Kurt, si spiegò. “Lo guardo ogni mattina. Scherziamo spesso su questa mia ossessione”
 
Kurt annuì. “Quindi, quando è così, va un po’ fuori di testa…”
 
“Beh, dice tutto quello che pensa. Hai presente quella sensazione di annebbiamento dopo aver dormito?”. Kurt annuì. “Beh, è così, ma non va via. Abbiamo sempre dato la colpa all’emicrania, ma in realtà è delle medicine che gliela fa venire”
 
“Ha vomitato ancora?”
 
“Solo una volta questa mattina, circa quarantacinque minuti dopo aver preso le medicine. E, prima che tu lo chieda, non te l’ho detto nel messaggio perché sapevo che ti saresti preoccupato per il resto della giornata, nonostante ti avessi detto di stare tranquillo”
 
Kurt si strinse nelle spalle con un sorriso triste. “Non riesco a farne a meno”
 
“Lo so” rispose Diane stringendogli n braccio. “E’ una cosa bella. Preferirei vedere mio figlio con qualcuno che si preoccupa troppo piuttosto che con uno che non si preoccupa affatto”
 
“Ma Blaine-“
 
“Vado a prendere qualcosa da mangiare” lo interruppe lei. “Blaine si sveglierà presto”. Uscì dalla stanza prima che Kurt potesse dire qualcosa.
 
Cercando di dimenticarsi di quello che Diane le aveva appena detto, Kurt si avvicinò al letto di Blaine.
Si sedette delicatamente dalla sua parte del letto, appoggiando la schiena alla testiera. Era rigida, e non gli consentiva di stare comodo per paura che qualche movimento svegliasse Blaine.
 
Blaine nonostante tutto continuò a dormire, così dopo un paio di minuto, Kurt si rilassò.
 
Cinque minuti dopo Blaine iniziò a svegliarsi. Kurt lo guardò mentre si strofinava gli occhi. Era come un deja-vù con la differenza che non stava facendo da cuscino a Blaine…e nonostante non l’avrebbe mai ammesso ad alta voce, avrebbe voluto che Blaine lo facesse.
 
Blaine sbatté le palpebre un paio di volte, poi guardò in direzione di Kurt, accorgendosi subito della sua presenza. “Kurt, sei qui” disse più come un’affermazione che una domanda.
 
“Già. Sono arrivato da poco”
 
“Bene. Sono contento”
 
Kurt sorrise. “Sono contento anch’io”
 
“Davvero?”
 
Kurt annuì.
 
“E’ fantastico. Tu sei fantastico, Kurt. E alla moda. Adoro il tuo senso della moda”
 
“Grazie”
 
“Prego” rispose Blaine guardandolo con timore reverenziale.
 
“Sai, penso di poterti paragonare ad un ubriaco” disse Kurt ridendo.
 
“Oh, no. Non posso bere. Non mi fa bene al cuore. Affatto.”
 
“Hai ancora mal di testa?”
 
Blaine distolse lo sguardo da Kurt, fissando il soffitto. “Si. Ho preso delle pastiglie apposta, quindi non è così male. Medicine, medicine. Tutto quello che faccio è solo prendere medicine. Le prendo quando sono sveglio, durante il giorno, e la notte. Vado dal medico, e ottengo sempre più medicine. E’.Tutto. Quello. Che. Faccio.”
 
Il sorriso scomparve dal volto di Kurt. “Blaine, io-”
 
“Ma ti ho fatto una promessa. E a tuo padre. Ho promesso di prendermi cura di me stesso. Ho promesso che mi sarei preso cura del cuore di tua madre, e lo farò. Lo farò sempre. Fino a quando potrò. Anche se non voglio. So che suona male, ma è vero. A volte diventa pensante”
 
Kurt cercò di trattenere le lacrime che si stavano formando nei suoi occhi. “Blaine-”
 
“E tu mi piaci, Kurt. Mi piaci un sacco. Tantissimo. Ma so che se non fosse stato per la morte di tua madre, e per il fatto che io ho il suo cuore, non ci saremmo mai conosciuti. Anche se avessi ricevuto il cuore da un’altra persona, non ti avrei mai conosciuto. E tu non avresti conosciuto me. Avresti guardando qualcun altro. Chiunque avesse ricevuto il suo cuore invece di me. Ti saresti preso cura di lui, avresti parlato e passato del tempo con lui, e non con me. Ma non importa”
 
“Blaine, per favore, smettila” lo pregò Kurt con voce tremante, mentre le lacrime rotolavano sul suo viso. “Smettila”
 
Blaine si calmò. Dopo un momento, Kurt si accorse che si era addormentato.
 
Scese rapidamente dal letto, e uscì dalla stanza. Si asciugò gli occhi mentre scendeva le scale. Rifilò una scusa, che non riuscì a ricordarsi in seguito, per spiegare ai genitori di Blaine perché dovesse tornare a casa, e uscì.
 
Non si lasciò andare finché non fu ben lontano da casa Anderson.  Si fermò, e appoggiò la testa al volante mentre singhiozzava.
 
Non stava piangendo perché odiava che Blaine si sentisse in quel modo. Piangeva perché non poteva negare quello che Blaine gli aveva detto.

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Capitolo 30
*** Home ***


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CAPITOLO 30 - HOME

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“Sei più forte di quanto pensi. Sei dovuto esserlo”
 
 
Kurt riuscì a calmarsi abbastanza per poter guidare fino a casa.
 
Quando entrò nel vialetto e vide il furgone di suo padre, sospirò. Non aveva voglia di parlare con nessuno. Aveva gli occhi rossi e gonfi, era stanco, e si sentiva uno straccio. Voleva solo andare in camera sua e rimanere da solo.
 
Sperando solo che suo padre fosse sul retro, o da qualche altra parte, Kurt scese dall’auto, e si diresse verso la porta.
 
Una volta dentro, Kurt andò dritto verso le scale.
 
“Kurt? Sei tu?” lo chiamò la voce di Burt.
 
“Si, sono io” rispose Kurt, soffocando un sospiro. Rimase sulla scala, sperando che suo padre non l’avrebbe raggiunto… ma quello non era il suo giorno fortunato.
 
“Vieni qui un secondo”
 
Questa volta Kurt non riuscì a trattenere un sospiro, ma Burt non riuscì a sentirlo.
 
“Si?” chiese, cercando di mantenere un tono calmo. Forse suo padre era concentrato su qualcosa di importante, e non avrebbe distolto lo sguardo dal televisore. Si sarebbe subito accorto che aveva pianto.
 
“Non avevi detto che saresti andato da Blaine dopo la scuola?”
 
“Oh. S-si, ci sono andato, ma non stava bene così non sono rimasto”
 
Burt annuì, continuando a guardare un programma su Discovery Channel. “Sta meglio”?
 
“Mhm” rispose Kurt con tono un po’ troppo alto. Sentiva di nuovo che le lacrime agli occhi, e il labbro inferiore cominciò a tremare, ma si rifiutò di mettersi di nuovo a piangere. Doveva tenere dure finché non avesse raggiunto la sua stanza.
 
“Okay, allora penso che tu debba andare di sopra per fare i compiti. Finn rimane da Puck stanotte, quindi ci siamo solo io, te e Carole a cena”
 
Kurt annuì. “Va bene”. Si voltò e cominciò ad allontanarsi, quando Burt riprese.
 
“Quando vorrai dirmi la verità, io sono qui”
 
Kurt si bloccò. Si voltò verso suo padre che stava ancora guardando lo schermo della tv. “Ma non c’è niente-”
 
Burt alzò una mano, fermandolo. Spense la tv, e guardò Kurt. “Ti conosco abbastanza da capire quando non stai bene guardandoti in faccia. E non hai lasciato Blaine perché non stava bene”
 
Kurt lo fissò per un momento, prima di sedersi velocemente accanto a lui. Burt gli mise un braccio intorno alle spalle prima che iniziasse a parlare.
 
“Quando capirà che mi importa veramente tanto di lui?” chiese Kurt a bassa voce.
 
“Cosa vuoi dire?”
 
Le lacrime cominciarono a scendere dagli occhi di Kurt. “Quando sono andato a trovarlo… ha cominciato a dire… che non mi importa di lui… se non fosse… per il cuore della mamma…” disse prendendo dei respiri tremanti ogni poche parole. Il suo tentativo di trattenersi dal piangere non aveva avuto successo.
 
Burt gli sfregò una mano su e giù sulla spalla, cercando di calmarlo.
 
“Ma io…non ho potuto dirgli…che si sbagliava… perché, se fosse vero… io non starei con lui… ma con chiunque altro avesse ricevuto… il suo cuore”
 
“Okay, Kurt, adesso calmati” disse Burt, con tono dolce ma esigente. Si spostò in modo da appoggiare entrambe le mani sulle spalle di Kurt, standogli di fronte. “Calmati e ne parliamo, va bene?”
 
Kurt annuì, ma continuò a respirare male. Iniziò a fare respiri traballanti, finché non riuscì a calmarsi. La lacrime continuavano a cadere sul suo viso, ma non erano frequenti come prima.
 
“Va meglio adesso?” domandò Burt.
 
“Si. Penso di si” rispose Kurt, prendendo un respiro profondo.
 
“Okay”
 
Burt tornò nella sua posizione precedente, con un braccio intorno alle spalle di Kurt. “Ora, sei sconvolto perche lui la pensa così, o perché pensi che potrebbe avere ragione?”
 
Kurt rimase in silenzio per un momento… suo padre lo conosceva troppo bene. “Entrambi, credo… forse più per il secondo motivo”
 
“Riesci a immaginarti di passare il resto della vita con Blaine?”
 
Kurt aggrottò le sopracciglia. Stavano andando un po’ fuori tema. “Che cosa?” chiese, sollevando la testa per guardare suo padre.
 
“Ti sto solo chiedendo quello che pensi quando lo guardi” rispose Burt con un’alzata di spalle.
 
Kurt sospirò. Non pensava che quella conversazione sarebbe andata così… in realtà, non si aspettava affatto di avere questo tipo di conversazione.
 
“Io…io…”
 
“Tu?”
 
“Mi piace molto” rispose Kurt guardandolo ovunque tranne che Burt.
 
“E?”
 
“E penso che… si, potrei. Voglio dire, siamo solo due adolescenti, ma-”
 
“Non ha importanza” lo interruppe Burt. “Non mi sono mai piaciuti quei genitori che ripetono sempre ai loro figli che sono troppo giovani per sapere quello che provano. Ero sicuro che quello che provavo da giovane erano tutti sentimenti veri. Non era meno reale solo perché ero giovane”
 
“Mi piace stare con Blaine” rispose Kurt, sentendosi più a suo agio. “Mi piace andare a trovarlo, e il mio cuore inizia a battere più veloce quando ricevo un suo sms, mi ha ucciso vederlo star male, ma non volevo lasciarlo. Tutto quello che volevo era portare via il suo dolore. Adoro come parla delle cose stupide, ma anche quando abbiamo delle conversazioni serie. Adoro la sua ossessione per le Pop-Tarts. Penso che abbia uno dei migliori sorrisi che io abbia mai visto. Adoro che anche lui guardi Golden Girls, e che la sua preferita sia Sofia. Adoro le nostre diversità e le nostre somiglianze. Adoro quando mi ascolta quando parlo. Mi piace come mi fa sentire”
 
“Tu lo ami” disse semplicemente Burt.
 
“Si” rispose Kurt senza esitare.
 
Burt lasciò Kurt tra i suoi pensieri per in momento, sapendo che quella era la prima volta che si stesse rendendo conto dei suoi sentimenti.
 
Le spalle di Kurt si tesero. Si spostò un po’ sul divano, e Burt lasciò cadere la mano. “Voglio dire… io non so se… ma sono abbastanza sicuro…”. Kurt era di fronte a suo padre, ma non aveva stabilito nessun contatto visivo. I suoi occhi erano fissi sul pavimento. “E’ troppo presto, anche se… perché… ma-”
 
“Kurt” lo interruppe Burt, trattenendo una risata per l’espressione confusa di suo figlio. “Va bene se lo ami, lo sai?”
 
“Lo so. E’ solo… non ci ho mai pensato prima. Ho solo pensato che mi piacesse molto. Non credo di essermi mai sentito così.. così…”
 
“Connesso a qualcuno?” suggerì Burt.
 
Kurt annuì.
 
“Ascoltami, Kurt. Se Blaine non avesse ricevuto il cuore di Lizze, lo avrebbe fatto qualcun altro, si, e tu saresti andato a cercare lui. Probabilmente non avresti incontrato Blaine, ancora. Se tu e Blaine siete destinati a stare insieme, allora non c’è dubbio che primo o poi vi sareste incontrati. Ma è successo in questo modo. Si, è un modo molto, molto strano, ma non avevi ancora deciso di innamorarti di lui quando l’hai incontrato.
 
“Hai avuto modo di conoscerlo, però. Non funzionerà se tu non la vuoi far funzionare. Io non l’ho visto molto, ma mi sembra che tu gli piaccia un po’ troppo”
 
“Ma gliel’ho detto prima, papà. Dopo aver scoperto la verità su tutto. Gli ho detto, e gli ho scritto tutte le cose che mi piacevano di lui. Ma io non riesco a farlo con la sua testa”
 
“Sarò banale per un secondo per dirti che per il vero amore bisogna lottare. Blaine mi sembra quel genere di ragazzo che non ti starebbe intorno se almeno una parte di lui non ci credesse”
 
Kurt sospirò. “Si, suppongo. O almeno spero”. Si stropicciò gli occhi. “Penso di aver bisogno di sdraiarmi un po’”
 
“Okay. Vengo a chiamarti quando Carole torna con la cena”
 
“Va bene”. Kurt si sporse in avanti, e abbracciò suo padre. “Ti voglio bene, papà. Grazie”
 
“Nessun problema, figliolo” rispose Burt ricambiando l’abbraccio. “Ti voglio bene anch’io”
 
 
 
 
 
 
 
Note della traduttrice:
Come andiamo gente? La mia ff mi porta via un sacco di tempo, e non voglio trascurare questa traduzione visto che mancano tre capitoli.
Temo che l’ultimo capitolo verrò pubblicato la prossima settimana, non credo di riuscire a pubblicarli tutti entro la fine di questa.
Nel frattempo, ringrazio tutti quelli che si prendono del tempo per leggere e recensire <3

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Capitolo 31
*** Dad ***


- IN A HEARTBEAT - 

 

CAPITOLO 31 - DAD


(link originale)





“E’ meglio così. Nessuno si fa male, se tu non vieni attaccato”
 
Kurt non tornò a casa di Blaine il giorno dopo, non che Blaine lo incolpasse. Ricordava quasi tutto quello che gli aveva detto, e si sentiva solo un idiota.
 
Non voleva dire veramente quello che aveva detto, perché quelle erano le sue vere preoccupazioni, e non le avrebbe mai fatte sapere a Kurt. Non gli avrebbe mai fatto del male in quel modo. Amava essere amico di Kurt, e ora probabilmente aveva rovinato tutto.
 
Ecco perché trascorse la giornata terrorizzato a guardare il telefono ogni volta che suonava. Una parte di lui temeva che fosse Kurt che lo chiamava o gli inviava un messaggio per dirgli che non si sarebbero più visti, e dall’altra, aveva paura che non fosse Kurt, e che non l’avrebbe sentito mai più.
 
Blaine desiderava solo tornare al giorno prima e non preoccuparsi di quello che stava dicendo o pensando. Ma, oggi andava meglio. Oltre a piccole ondate di nausea e di vertigini se si alzava troppo in fretta, stava meglio.
 
Onestamente, non era nemmeno stato troppo male dopo aver preso il nuovo farmaco. Aveva passato momenti peggiori, anche se era più giovane allora, e non c’era Kurt… Oh, Kurt.
 
Stava cercando di cercando di schiacciare la testa ancora di più sul cuscino, quando il telefono squillò, facendogli sapere che gli era arrivato un nuovo messaggio. Borbottò, prendendolo cautamente in mano e sbirciando il mittente con un occhio aperto. Quando vide che era Jeff, sospirò di sollievo e preoccupazione.
 
Lesse il messaggio, dove Jeff lo informava che gli avrebbe portato i compiti verso le otto, quando qualcuno bussò alla sua porta.
 
“Avanti” disse, guardando ancora il telefono.
 
La porta si aprì, e Nathan si guardò intorno alla ricerca di Blaine prima di entrare. “Dormi?” chiese vedendo Blaine sotto alle coperte.
 
Blaine scosse la testa. “No, stavo pensando”
 
Nathan annuì, entrando nella stanza e chiudendo la porta dietro di sé.
 
“Bene, adesso che sono di nuovo tornato umano – parole tue –credo che dovremmo fare quel discorso che volevi”
 
“Oh, papà, no, io-”
 
Nathan agitò una mano, fermandolo. “Non cercare di tirarti indietro adesso. Mi ci è voluto tanto per decidermi”. Si sedette sul letto di Blaine. “Siediti” gli disse. “Non voglio che ti addormenti mentre parliamo”
 
Blaine si alzò lentamente per evitare le vertigini, e appoggiò il suo cuscino alla testiera, sedendosi poi contro di loro. “Papà, davvero. Non c’è bisogno. Ero fuori di testa quando l’ho detto, e-”
 
“No” lo interruppe Nathan, sedendosi meglio sul letto in modo di stare di fronte a Blaine. “Dobbiamo, Blaine. E’ troppo tempo che rimandiamo. Dovevamo farlo anni fa. Sono sicuro che sai già quello che vuoi dirmi, quindi non perdiamo altro tempo. Parliamo”
 
“O-okay” disse Blaine nervosamente. Appoggiandosi alle mani, si sedete più dritto, come se avesse bisogno di qualcosa da fare. Non riusciva ricordare un momento in cui aveva parlato con suo padre così. Era estremamente nervoso.
 
“D’accordo” concordò Nathan. “mettiamolo in chiaro, allora. Blaine, non sono stato un bravo padre per te-”
 
“No, papa-”
 
“Fammi finire. E’ vero, Blaine. si, ho lavorato tanto perché la nostra famiglia potesse continuare a vivere come faceva prima, e non ci siamo mai dovuti preoccupare delle fatture del medico, come facevano tutti gli altri. Questo non è essere un buon padre, ma un gran lavoratore. Ora, voglio che tu sappia che non ci sono scuse per quello che ho fatto. Ho sempre saputo che non ti stavo vicino come facevo con Cooper, ma l’ho fatto. E mi sbagliavo”
 
Blaine si guardò le mani, girandosi i pollici solo per aver qualcosa da fare. “Perché… perché lo hai fatto?” chiese Blaine.
 
“Suonerà come una scusa”
 
“Mi piacerebbe sentirla” rispose Blaine in fretta, guardandosi sempre le mani.
 
“E’ stato difficile per me venire a patti con il fatto che tu fossi gravemente malato. Ho fatto finta che non fosse vero all’inizio, dicendo a tua madre che stavano solo esagerando, e che presto saresti tornato a star bene.
 
“Ma poi… arrivammo a un punto in cui non potevo più fingere. Non sentivo più quelle cose orribili da tua madre, ma da medici e specialisti.
 
“Allora, mi sono buttato sul lavoro, mentre eravamo in attesa che arrivasse un cuore nuovo. Qualche volta mi sarebbe piaciuto pensarci, ma mi costringevo a smettere perché non riuscivo a capirlo. Non riuscivo a capire perché mio figlio dovesse essere sul punto di morte, per il suo cuore, tra tutte le cose, già in giovane età.
 
“Ho iniziato a passare più tempo con Cooper. Tua madre e io eravamo entrambi d’accordo che almeno lui dovesse avere una vita il più normale possibile. Ma c’erano delle volte in cui avrei voluto partire per venire a farti visita a Columbus, e invece rimanevo dov’ero. Era solo più facile per me. Potevo andare a una partita di football o di baseball, e dimenticarmi di quello che succedeva intorno a me”
 
Nathan fece una pausa, prendendo un respiro. Blaine non parlò. Non era sciuro di riuscirci. Non sapeva nemmeno cosa dire. Una parte di lui era triste, l’altra consumata dalla rabbia. Strinse saldamente le mani, e non alzò lo sguardo su suo padre perché non era sicuro di quello che avrebbe detto se l’avesse fatto.
 
“Tua madre mi chiamava qualche volta, piangendo così forte da riuscire a malapena a parlare. Mi disse che probabilmente non ce l’avresti fatta a passare la notte, e che sarei dovuto venire in ospedale, ma usavo Cooper come scusa. Le dicevo che non poteva, o non voleva, e che dovevo stargli vicino. Le dicevo di dirti che ti volevo bene.
 
“Una volta, Cooper mi sentì. Era così arrabbiato che si chiuse nella sua stanza per tre giorni senza parlarmi. Allora ho chiamato Diane, e le ho detto la verità, e lei non mi parlò più per cinque giorni”
 
“E dopo?” chiese Blaine senza pensarci.
 
“Dopo cosa?”
 
“Dopo il trapianto, e il mio recupero. Perché le cose non sono andate meglio?”
 
Nathan fece un respiro profondo. “Una cosa che ho sempre fatto è la ricerca. Ogni volta che ti sottoponevano a un nuovo intervento, mi piaceva fare delle ricerche. Quando hai avuto il trapianto… ho visto l’aspettativa di vita. Ho letto delle storie, storie dell’orrore. Ero terrorizzato ad avvicinarmi a te, Blaine. Terrorizzato. Avevo paura che se mi fossi riavvicinato, ti avrei perso, e io… io non ci potevo nemmeno pensare”. La sua voce si spezzò sull’ultima frase, cosa che fece finalmente alzare lo sguardo a Blaine. Non aveva mai visto suo padre in lacrime prima.
 
“Ho pensato che se non avessi mantenuto le distanze, tu… tu…”
 
“Sarei morto” rispose Blaine per lui.
 
Nathan annuì. “Si. Ho pensato che se non fossimo stati vicini, non avrebbe fatto così male. Ma, non penso più che sia vero. Non voglio che ti succeda qualcosa, e so che non ci siamo ancora conosciuti veramente”
 
“E’ andata sempre peggio” gli ricordò Blaine. “Dopo che ho fatto coming out, sei peggiorato”
 
Nathan sospirò, spostandosi sul letto. “Quando hai fatto coming out, sono rimasto shoccato, Blaine. Molto. Tua madre non tanto, ma lei ti conosceva meglio… Mi ci è voluto del tempo per elaborarlo, perché non capivo. Poi ho fatto una ricerca, e ho visto delle statistiche. Ho visto quanto fosse più probabile che tu ti suicidassi, o che fossi vittima di un crimine, tutte queste cose terribili. Era come se fosse un’altra ragione per starti più lontano.
 
“Poi sono successe quelle cose alla tua vecchia scuola. Ed ho pensato che stavo per perderti, e non era nemmeno per colpa del cuore.
 
“Erano tante cose, Blaine, e non sono stato in grado di gestirle. E non sto cercando delle scuse, non lo farei. Ho sbagliato. Non sono stato un buon padre, non ero lì per te quando avrei dovuto esserci. Stavi passando cose che nemmeno potevo immaginare e io ero qui, a fare il bambino, a starti lontano, a fare l’egoista. Mi dispiace, Blaine. Sono davvero, davvero dispiaciuto”
 
Blaine fece un respiro profondo, guardando suo padre negli occhi solo per un istante, prima di distogliere lo sguardo.
 
“A cosa stai pensando?” gli chiese Nathan.
 
“Sono arrabbiato, e triste, ma ti perdono. Capisco tutto quello che hai detto, e so che sei realmente dispiaciuto. Però sono ancora arrabbiato. Mentre ero in ospedale, pensavo di morire, e tu eri a una partita di football”
 
Nathan annuì. “Capisco. Hai tutto il diritto di essere arrabbiato. Sono arrabbiato anch’io con me stesso, quindi siamo arrabbiati in due”
 
Ci fu un attimo di silenzio. “Voglio starti più vicino” disse Blaine.
 
“Lo voglio anch’io”. Nathan si sedette all’indiana, sembrando più giovane agli occhi di Blaine. Sembrava quasi che quel discorso lo avesse ringiovanito. “Sai, ho un po’ di ferie arretrate. Potrei prendermi un paio di settimane di riposo e potremmo andare da qualche parte, o anche qui intorno, e fare delle cose insieme… potrebbe venire anche Kurt”
 
“Se ancora vorrà parlarmi” mormorò Blaine soprappensiero.
 
“Cosa vuoi dire?” domandò Nathan serio.
 
“Beh, mentre ero così aperto, e onesto con tutti, gli ho detto alcune cose che non avrei mai, mai voluto fargli sapere”
 
“Quali cose?”
 
“Fondamentalmente che non si sarebbe preso cura di me, se non avessi avuto il cuore di sua madre”
 
Nathan prese un respiro. “Oh… cavolo”
 
“Già”
 
“Beh, è così che ti senti, giusto?”
 
Blaine fece una pausa, poi sospirò. “Si, credo. Voglio dire, mi preoccupo a volte. Mi piace avere intorno Kurt, ma so che lui non lo farebbe mai in circostanze diverse”
 
“Probabilmente è una buona cosa che tu gliel’abbia detto ora, sai? Non vorresti mai che fosse un problema che uscirà tra vent’anni”
 
“Si. Io-”
 
“Ma” continuò Nathan interrompendolo. “la vita non è un’insieme di circostanze? O di cose? Non avrei mai incontrato tua madre, se non fosse stato per il temporale che un giorno ci ha fatto trovare riparo nello stesso parcheggio. I miei genitori non si sarebbero incontrati se mio padre non avesse licenziato mia madre perché era la peggior segretaria che avesse visto. I genitori di Diane non si sarebbero mai incontrati se non avessero fatto un incidente in auto. I miei nonni non-”
 
“Va bene, papà. Ho capito”
 
Nathan sorriso. “Il punto è che tutti hanno una strana storia da raccontare. Voi ne avete una più particolare del solito, ma sono sicuro che si riuscirebbe a trovare qualcosa di ancora più strano. Fa parte di tutto ciò che rende la nostra vita un divertimento. Guardando una persona e ricordando le circostanze in cui l’hai incontrata, e come eri felice di averlo fatto, perché non vorresti sapere come sarebbe la tua vita senza di lei”
 
“Cavolo, papà, ti comporti come se dovessimo sposarci. Siamo solo amici”
 
Nathan smise di sorridere. “Oh, Blaine, non provare nemmeno a fare finta di non amarlo. Lo vedo ogni volta da come lo guardi. Diamine, lo vedo anche solo quando pronunci il suo nome”
 
“I-io, non… davvero?” chiese Blaine rinunciando a combattere.
 
“Si”
 
“Ma cosa importa se non vorrà più parlarmi?”
 
“Ci sono due persone in un rapporto, Blaine, non una. Dovete decidere insieme se è finita”
 
Blaine rimase in silenzio mentre Nathan gli accarezzava un ginocchio. “Vado ad aiutare la mamma con la cena. Va tutto bene?”
 
Blaine annuì. “Si. Grazie, papà”
 
“Quando vuoi, Blaine”
 
Nathan si alzò, e si diresse verso la porta, ma Blaine lo fermò prima che potesse uscire.
 
“Papà?”
 
Nathan si voltò. “Si?”
 
“Io… ti voglio bene”
 
Dopo un respiro, e trattenendo un sorriso enorme, Nathan rispose. “Anch’io ti voglio bene. Blaine”






Note della traduttrice:
scusate per il ritardo, il negozio mi ha portato via più tempo del previsto :|
Mi rifaccio entro la prossima settimana, promesso
Leana <3
 

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Capitolo 32
*** Laundry ***


- IN A HEARTBEAT - 

 

CAPITOLO 32 - LAUNDRY

(link originale)






“Spero ancora che un giorno tutto avrà un senso”
 
Kurt aveva bisogno di tempo. Tempo per pensare. Tempo per preoccuparsi. Tempo per dirsi di non preoccuparsi. Solo… tempo.
 
Voleva disperatamente far sapere a Blaine come si sentiva, ma voleva anche che fosse Blaine a venire da lui. Non poteva passare il resto della sua vita a rassicurare Blaine che gli importava e che lo amava. Blaine doveva capirlo da solo.
 
Ma Kurt non era sciuro se dovesse prendere l’iniziativa di nuovo, o semplicemente aspettare Blaine.
 
Il problema era: e se Blaine non lo sapeva? Se si fosse dimenticato quello che aveva detto quando era malato? E se non sapeva il motivo perché Kurt non l’aveva più contattato? E se fosse stato malato? E se avesse bisogno di lui?
 
Tutte queste domande continuavano a scorrere incessantemente nella mente di Kurt. E poi, c’era un’altra serie di domande.
 
Perché Blaine non aveva provato a contattarlo? Perché non gli aveva mandato un messaggio chiedendogli perché non gli scrivesse più o perché non venisse più a casa sua? Non sarebbero più stati i suoi genitori, specialmente sua madre, a fargli sapere che Blaine stava male? E se Blaine non volesse più parlare con lui?
 
Era troppo a cui pensare, e pesava tutto su Kurt. Sapeva di non poterne parlare con suo padre, o Carole, o qualcun altro, perché sentiva il bisogno di doverne venire fuori da solo. Si chiese anche se fosse in grado di poterne venire fuori.

 



 
Blaine aveva bisogno di fare qualcosa. Qualsiasi cosa. Appena sveglio, quel giorno aveva fatto il bucato. Poi, aveva tirato fuori degli asciugamani puliti, e aveva lavato anche loro.
 
Era a casa da solo quel giorno. Avrebbe voluto tornare a scuola, ma sia sua madre che suo padre gli avevano detto di no. Era Venerdì comunque, quindi non importava molto, ma lui voleva andare fuori.
 
Suo padre era tornato al lavoro il giorno prima, e Blaine aveva praticamente costretto sua madre ad andare con le sue amiche, quindi adesso era da solo. Da solo significava tempo per pensare. Blaine era stanco di pensare. Stava pensando troppo, se se lo fosse chiesto. E si era chiesto un sacco di cose ultimamente.
 
Cose del tipo, perché Kurt non gli parlava? Doveva chiamarlo per primo? E se Kurt non avesse voluto parlargli? E se Kurt adesso lo odiava?
 
E poi venivano delle altre domande. E se Kurt stesse aspettando una sua chiamata? Avrebbe dovuto far la prima mossa? E se Kurt pensava che fosse ancora malato e non voleva disturbarlo?
 
E se…
 
E se…

E se…
 
Tutte quelle domande lo stavano facendo diventare matto.
 
Decise che non poteva, e non voleva, farlo più. Avrebbe parlato con Kurt.
 
Blaine piegò l’ultimo telo ri-pulito, e si diresse al piano di sotto. Afferrò le chiavi, e uscì dalla porta principale. Aveva tirato fuori il cellulare dalla tasca per scrivere a sua madre che stava uscendo, quando lo realizzò. Non era ancora mezzogiorno. Kurt era a scuola. Andare a casa sua sarebbe stato inutile.
 
Si sentì un po’ stupido e imbarazzato. Blaine si guardò intorno per assicurarsi che nessun vicino fosse fuori – non che loro sapessero cosa stesse facendo in ogni caso – e tornò in casa. Andò al suo armadio e prese una fila di vestiti sulle loro grucce, decidendo che non gli avrebbe fatto male se li avesse rilavati mentre aspettava.
 




 
Diane era tornata a casa mentre Blaine arrivava a casa di Kurt. Era un po’ riluttante a lasciarlo guidare, ma dopo che lui l’aveva assicurata che non era più stordito, e non lo era stato per tutto il giorno, lo aveva lasciato andare…. Con la promessa che le avrebbe scritto una volta arrivato, e quando stava per ripartire.
 
Blaine aveva le mani ridicolamente sudate e il respiro traballante mentre guidava lungo il vialetto di Kurt, ma non c’era modo di tornare indietro ora.
 
Mandò subito un messaggio a sua madre, prese due respiri profondi, e scese dall’auto. Poi, mentre si asciugava i palmi delle mani sui pantaloni, si avvicinò alla porta.
 
Suonò il campanello e attese, immaginando – nella sua testa -  cosa avrebbe detto a chi avrebbe aperto la porta.
 
‘Salve, signora Hummel, come sta?’ Aspetta, è Hummel o Hudson? Avrebbe dovuto dirmelo prima. Quale dei due? Merda!
 
‘Salve, signor Humme- volevo dire, Burt’ Aspetta, devo davvero chiamarlo così? Non suona molto bene.
 
‘Ciao, fratello-di-Kurt-di-cui-non-mi-ricordo-il-nome’. No, assolutamente,no.
 
‘Kurt, ciao, io… devo parlare con te. Posso entrare?’Non è troppo formale? Fors-
 
“Blaine, ciao! Entra!” lo accolse Carole interrompendo i suoi pensieri che si muovevano nella sua testa più veloce di quanto pensasse.
 
“Ciao” rispose Blaine con un sorriso mentre entrava nella casa. “Come stai?”
 
“Sto bene, grazie”. Carole chiuse la porta. “Tu come stai? L’ultima volta che ti ho sentito, avevi iniziato con delle nuove medicine”
 
“Oh, si, sono stato male qualche giorno, ma adesso sto bene”
 
“E’ fantastico. Suppongo che tu voglia parlare con Kurt?”
“Se va bene”
 
“Certo che va bene” disse lei agitando una mano. “Vai su”
 
“Grazie”
 
Blaine salì le scale più lentamente del necessario, poi andò in fondo al corridoio.
 
“Avanti” si disse dopo una decina di secondi in cui era rimasto goffamente fermo. Bussò in fretta, prima che avesse la possibilità di tirarsi indietro, e attese.
 
Sentì dei passi all’interno della stanza, e immaginò che Kurt si fosse alzato dal letto, poi la porta si aprì.
 
“Blaine!” esclamò Kurt incapace di nascondere lo shock.
 
“Kurt!” lo imitò Blaine con un mezzo sorriso.
 
Kurt rimase fermo per un momento, poi scosse la testa e fece un passo indietro. “Oh, entra”
 
Blaine entrò nella stanza, e Kurt chiuse la porta dietro di lui.
 
“Sono venuto per parlare con te” iniziò voltandosi verso Kurt che era ancora vicino alla porta. “Io… l’idea di non poterti più parlare mi stava facendo andare fuori di testa, ed era una cosa che non potevo fare per messaggio o con una telefonata”
 
“I-io sono contento che tu sia venuto. Anch’io volevo parlarti”
 
“Voglio che tu sappia che i-io ricordo quello che ti ho detto… quel giorno, e volevo scusarmi”
 
“No” disse Kurt scuotendo la testa. “Non devi scusarti, Blaine. Non devi scusarti per essere stato onesto con me”
 
“Ma ti ho ferito. Non volevo ferirti”
 
“Ma dovevo sapere come ti sentivi”
 
“Ma hai smesso di parlarmi per questo o io non l’ho mai voluto”
 
“Non ho smesso di parlato, avevo solo bisogno di tempo per pensare. Ho passato gli scorsi giorni a mettere tutto in discussione, soprattutto a me stesso, più e più volte. Ho pensato di andare da qualche parte, ma non l’ho fatto. Ho davvero sperato che venissi, e avevo paura che pensassi ancora che la nostra amicizia fosse una bugia e volevo darti dello spazio per scegliere se mi volevi intorno o no”
 
“Beh, ho passato gli ultimi giorni a pensare un po’ troppo, ho cercato di trattenermi fallendo miseramente, perché una parte di me aveva paura che non avresti più voluto vedermi, e l’altra credeva che tu pensassi che fossi ancora malato e non volevi darmi fastidio. Oggi ho passato tutta la giornata a fare il bucato, Kurt. Il bucato. Ho pulito i vestiti puliti per cercare di smettere di pensare. Sono uscito di casa per venirti a parlare alle undici e trenta prima di realizzare che non ci saresti stato a quell’ora”
 
Kurt sospirò. “Facciamo veramente schifo a comunicare” disse con le mani sui fianchi.
 
“Davvero” concordò Blaine.
 
“Io… lo so che il modo in cui si siamo incontrati è strano, Blaine. Lo so. È folle, bizzarro, ma un po’ fantastico. Lo so che non ha nessun senso, e probabilmente non ce l’avrà mai, ma è così”
 
“Sono d’accordo-”
 
“E non posso più fare questa cosa” disse Kurt indicando loro due. “perché non so più cos’è, e mi confonde ogni giorno di più. Mi piaci, Blaine. Molto. E più che come un amico. Non voglio essere tuo amico, nonostante abbia detto di essere d’accordo, e anche se è meglio che niente, non mi piace. Ti ho mentito. Perché non è quello che voglio da te. Voglio più di questo”
 
“Kurt, io-”
 
“E non mi scuserò se non provi lo stesso, perché non penso di dovermi scusare per niente questa volta. Sono solo stato onesto con te. Se non provi lo stesso, allora ci farò i conti. O almeno, ci proverò. Però, volevo solo fartelo sapere perché sono stufo di girarci sempre intorno”
 
“Kurt!”
 
“E abbiamo davvero bisogno di lavorare sulla comunicazione. Dobbiamo parlare di più, fare le cose alla luce del sole, ed è per questo che lo sto facendo. Completa, totale onestà. Probabilmente sono un po’ fuori di me, non ho mai parlato così veloce prima, ma ho solo bisogno di sfogarmi,e-”
 
“Kurt!”
 
Kurt si fermò, notando solo in quel momento che Blaine si era spostato lentamente più vicino durante il suo discorso, e adesso era proprio davanti a lui.
 
“Cosa?” disse Kurt senza fiato.
 
“Posso dire una cosa?” chiese Blaine.
 
“Si”
 
Blaine allungò la mano destra, e la pose sulla mascella di Kurt. Strofinò il pollice sulla guancia, prima di avvicinarsi lentamente e baciarlo.
 
Kurt rimase fermo per un momento, poi lasciò andare il respiro, afferrò la camicia di Blaine, e ricambiò il bacio.
 
Dopo quello che entrambi avrebbero poi descritto come uno dei momenti migliori della loro vita, si separarono anche se con riluttanza e si fissarono negli occhi.
 
“Non hai detto niente” lo informò Kurt dopo un momento di silenzio.
 
“No” rispose Blaine.
 
Kurt annuì. “Okay” disse prima di avvicinarsi per un altro bacio.

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Capitolo 33
*** Gray ***


- IN A HEARTBEAT -


CAPITOLO 33 - GRAY

(link originale)






“Sia che avremmo passato cinque o cinquant’anni insieme, saranno i migliori della mia vita”
 
Si potrebbe pensare che tutto si fosse sistemato facilmente una volta che Kurt e Blaine avevano dichiarato il loro amore per l’altro, e per un po’, fu proprio così. Le persone che non li conoscevano pensavano che avevano una normale relazione adolescenziale. Una che sarebbe durata fino al liceo, e poi sarebbe inevitabilmente finita con il college.
 
Ad eccezione di Kurt e Blaine, e le loro famiglie.
 
Ciò non significava, tuttavia, che non avessero mai litigato. Infatti, se gliel’aveste chiesto, avrebbero detto che erano stati piuttosto bravi.
 
La prima importante discussione, ora considerata la più  ridicola, avvenne una settimana dopo essersi trasferiti nel loro primo appartamento insieme. Blaine voleva verniciare le pareti, e Kurt, dopo aver visto centinaia e centinaia di colori, gli aveva detto che era ridicolo. Erano in affitto, e avrebbero dovuto riverniciare di nuovo di bianco prima di andarsene.
 
Blaine, però, era determinato a vivacizzare il posto e continuò a mostrare a Kurt altri colori. Era tardi, erano già a letto, ed entrambi erano stanchi. Tutto quello che voleva Kurt era poter dormire, mentre Blaine continuava a sprizzare energia.
 
A un certo punto, Kurt gettò via il libro di Blaine, The Color Palette Primer, che colpì il muro e cadde a terra. Blaine lo informò, mentre si alzava per recuperarlo, che aveva bisogno di “calmarsi”. E tutto crollò.
 
“Calmarmi?” chiese Kurt sgranando gli occhi. Si mise a sedere sul letto, e fissò Blaine, come sfidandolo a tornare accanto a lui.“Non mi hai detto seriamente di calmarmi”
 
“Uh, si, l’ho fatto” rispose Blaine in piedi sul bordo del letto. Posò il libro accanto ai piedi di Kurt, poi incrociò le braccia.
 
Gli occhi di Kurt guardarono il libro. “Metti. Quel libro. Lontano da me. Adesso”
 
“Cosa ti ha fatto quel libro, Kurt? Eh? Dio, a volte ti comporti da immaturo”
 
“Oh, io sono l’immaturo, signor  devo-spendere-ogni-momento-della-giornata-a-sbattere-in-faccia-al-mio-ragazzo-un-libro-con-dei-fottuti-colori?”
 
“Questo ti sembra immaturo? Viene chiamata entusiasmo. Scusa se ti da fastidio”
 
“Non è il tuo entusiasmo, sei tu. Non. Riesci. A. Calmarti. Mai!” rispose Kurt stringendo i denti alle ultime parole, mentre spingeva via il libro con i piedi. Esso colpì lo stinco di Blaine prima di cadere a terra.
 
“Oh! Dio, Kurt, qual è il tuo problema?”
 
“Tu! Tu sei il mio problema! Tu e i tuoi stupidi colori!” Kurt si alzò in piedi, afferrando il cuscino e la coperta del letto. “Voglio dormire, Blaine. Lo sai, no? E’ quello che fanno le persone alle due del mattino. Ma è ovvio che tu non lo sappia, sei troppo lontano dalle cose normali”
 
“Cosa vuoi dire?” chiese Blaine, sentendosi offeso da ogni parola detta da Kurt.
 
“Vuol dire che fai cose strane. Sei strano. Per niente normale. Strano, strano, strano!”
 
“Disse il ragazzo che si lamenta ancora con suo padre quando ha una brutta giornata a scuola!”
 
Kurt guardò Blaine, rimanendo in silenzio un momento prima di parlare. “Vuoi parlare dei tuoi piagnistei? Okay, allora. Come ti lamenti quando ti porto dal dottore. Come ti comporti da immaturo per tutta la strada. Come ti lamenti tutto il tempo, finché non ti rendi conto che tua madre non c’è”
 
“Kurt, smettila!”
 
“Hai iniziato tu!”
 
Entrambi rimasero a guardarsi per un minuto, con il petto ansate.
 
“Vado a dormire sul divano” disse infine Kurt, rompendo il silenzio.
 
“Dormi dove vuoi. Non m’importa”
 
“Bene! Forse potrei andare a dormire con quel vecchio nel vincolo che mi dice sempre quanto sono sexy!” urlò Kurt mentre usciva dalla camera da letto.
 
“Fantastico! Spero che voi due siate felici insieme!”
Poi, per aggiungere effetto, Blaine si avvicinò alla porta della camera, e la chiuse sbattendola.
 
Naturalmente, quando uscì la mattina dopo, Blaine trovò Kurt metà appeso sul divano sembrando estremamente scomodo, decise di svegliarlo per parlare. E parlarono, ed entrambi si resero conto di aver agito da stupidi, ed entrambi si scusarono e fecero voto di non andare mai a letto arrabbiati.

 



 
E poi, c’erano quelle volte in cui avevano delle lunghe conversazioni sul loro futuro. Così, quando ormai avevano ventisei anni, Blaine decise di dar voce a qualcosa che teneva nella sua testa da un po’.
 
“Bambini” disse dal nulla a metà della cena.
 
Kurt fece una pausa, con gli spaghetti ancora in bocca. “Cosa?”
 
“Bambini. Dovremmo parlare di bambini”
 
Kurt appoggiò lentamente la forchetta e guardò Blaine, dedicandogli la più completa attenzione. “Va bene. Cosa vorresti dire?”
 
“Non sono… non posso… io non…” Blaine sospirò. “Io non li voglio. Sono carini da lontano, non li odio o altro, ma non li voglio”
 
Kurt si fermò un attimo prima di rispondere. “Allora… perché ne stiamo parlando? Ti ho fatto intendere qualcosa nel sonno? Parlo nel sonno, Blaine?” chiese con lo sguardo pietrificato.
 
“No. No, Kurt”rispose Blaine, agitando una mano. Kurt sospirò di sollievo mentre Blaine continuava. “E’ solo una cosa che non ho mai tirato in ballo, e non l’hai fatto nemmeno tu, ma avevo paura che non lo facessi perché aspettavi che fossi io a farlo”
 
“E’ davvero una frase lunga”
 
Blaine gemette. “Kurt”
 
“Okay. Okay, scusa. Sono serio adesso”
Kurt appoggiò entrambe le mani sul tavolo, facendo segno a  Blaine di allungare le sue. Una volta che le loro dita si unirono, Kurt le strinse prima di parlare.”Non ho mai parlato di bambini perché onestamente, non ho mai pensato di averne con te. Mi piace questo, io e te. Qualcuno potrebbe chiamarlo egoismo, ma io no. Credo che sarebbe più egoista adottare un bambino che non vogliamo veramente”
 
“Quindi, se volevi un bambino…”
 
“Te l’avrei detto” concluse Kurt.
 
“Mi piace il fatto che mi venga costantemente ricordato come tu sia perfetto per me” disse Blaine con un sorriso.
 
Kurt si sporse avanti e accarezzò la guancia di Blaine, per poi chinarsi e baciarlo dolcemente. Dopo un momento, Kurt si fece indietro e sorrise sornione. “Sono contento che anche tu lo sia per me” disse prima di alzarsi e andare verso la cucina.  Blaine lo colpì sul sedere prima che fosse troppo lontano, poi sorrise mentre Kurt ridacchiava versandosi un drink.





 
Poi, ci furono momenti che terrorizzarono entrambi. Come quando Blaine e Kurt avevano trentadue anni, e Blaine era stato nuovamente inserito nell’elenco dei donatori.
 
Il dottore aveva usato grandi parole sgradevoli e descrizioni che non avevano nessun senso per qualsiasi altro essere umano, ma quando Kurt gli aveva urlato a metà frase di parlare la lingua di quel pianeta, il dottore aveva sospirato e ricominciato da capo. Nella versione dei comuni mortali, il cuore di Blaine era ormai vecchio. Veramente vecchio. Ed era stato usato troppo. Era affaticato, e non funzionava più come prima.
 
Blaine, però, sapeva già queste cose. Ecco perché aveva preso l‘appuntamento. Dopo nove anni sapeva che il suo corpo era migliore rispetto a quello di molte altre persone. Ma, sperava ancora di non dover ricorrere a un cuore nuovo.
 
Il medico l’aveva rassicurato che le procedure erano cambiate molto da quando era un bambino. I tempi di recupero erano più brevi, il tasso di successo superiore. Disse a Blaine che poteva anche farsi impiantare un pacemaker, ma lui raccomandava il trapianto.
 
Sei mesi dopo, erano in ospedale.
 
“Come è andata?” chiese Nathan quando vide Kurt entrare nella stanza.
 
Kurt alzò lo sguardo, gli occhi cerchiati di rosso, ed emise un sospiro. “Lo hanno appena fatto uscire” rispose. “E’ andata bene, comunque. Sono ottimisti”.
Si guardò intorno nella sala d’attesa. Nathan e Diane erano seduti su due sedie nell’angolo, Carole accanto a Diane, tenendola per mano, e Burt accanto a Carole, facendo lo stesso.
 
Solo mezz’ora prima, erano tutti seduti nella stanza d’ospedale di Blaine. Kurt era a disagio con tutta quella gente intorno. Sapeva che erano solo di supporto, ma lo faceva sentire come se stesse per dire addio a Blaine… ma no, non l’avrebbe mai fatto.
 
Circa dieci minuti dopo che l’avevano portato via, Blaine aveva chiesto di parlare con Kurt da solo. Non gli aveva detto di non preoccuparsi, perché Kurt gli aveva già spiegato che era una cosa inutile da dire, ma gli disse che lo amava con tutto il cuore – aggiungendo poi “e ti amerò anche con quello nuovo” cosa che Kurt non aveva trovato divertente. Rise lo stesso, però, per alleggerire l’atmosfera. Ma in realtà non era tutto okay.
 
Poi, Blaine si era fatto serio.
 
“Kurt, io… io voglio che tu faccia una cosa per me. Per tutti e due”
 
“C-cosa?” domandò Kurt nervoso.
 
“Voglio che appoggi la testa al mio petto. Come hai fatto quando eravamo ragazzini. Voglio che tu senta il suo cuore un’ultima volta”
 
E fu così che gli occhi di Kurt si arrossarono, cominciando a lacrimare immediatamente. “Ma, Blaine, ti ho detto tanto tempo fa-”
 
“So quello che mi hai detto. Mi hai detto che questo cuore è mio adesso, non il suo. Lo so, ma una volta era il suo, e questa è l’ultima volta che potrai sentirlo battere. Quindi, per favore. Fallo per entrambi”
 
Kurt si arrampicò sul letto accanto a Blaine, senza curarsi di infrangere le regole dell’ospedale, e si sdraiò accanto a lui. Mentre lacrime silenziose gli rigavano il volto, appoggiò la testa sul petto di Blaine. non si preoccupò di dove mettere le mani o di quanto a lungo potesse restare così. Era di conforto essere l’uno nelle braccia dell’altro.
 
Kurt avvolse le braccia strette intorno a Blaine, e Blaine fece lo stesso con Kurt. Entrambi chiusero gli occhi, e rimasero in ascolto. Kurt del thump… thump…thump… del cuore di Blaine – a un ritmo più debole di quanto non lo sia mai stato – e Blaine della presa di Kurt su di lui che lo tranquillizzava nonostante fosse terrificato.
 
Alla fine, si separarono, e dopo un bacio davvero bagnato e un “ci vediamo presto”, si allontanò da Blaine.
 
Il che ci riporta ad ora. Kurt, in piedi in mezzo alla sala d’attesa, non aveva idea di cosa fare.
 
“Kurt” iniziò Burt, riportandolo indietro dai suoi pensieri. “Vuoi sederti?”
 
Kurt prese un respiro instabile. “No. No, penso… penso di aver bisogno di camminare o… qualcosa del genere”. Lasciò in fretta la stanza, sperando di aver preso la direzione giusta per l’ascensore. Non riusciva più a pensare lucidamente.
 
“Kurt” lo chiamò una voce familiare alle sue spalle. Si voltò e vide suo padre camminare verso di lui con un’espressione preoccupata in volto. “Kurt, dove stai andando?” gli chiese dopo averlo raggiunto.
 
“A.. all’ascensore” rispose Kurt mentre una lacrime rotolava lungo al guancia. Non si era nemmeno accorto di star piangendo.
 
“Stai andando nella direzione opposta”
 
“O-oh”. Rise di sé stesso. “Devo… aver sbagliato corridoio”. Fece per superare suo padre, ma Burt lo fermò prima che potesse fare un altro passo.
 
“Kurt, non stai bene. Smettila di fingere”
 
 “C-cosa vuoi dire? Certo che sto bene” rispose mentre gli sfuggiva un’altra lacrima.
 
Un’occhiataccia, e un semplice “Kurt” lo fecero crollare.
 
Cadde tra le braccia di Burt, singhiozzando e con le spalle tremanti. “E se… succede qualcosa, papà? C-cosa faccio? M-mi sento c-così impotente”
 
“Hai fatto tanto per lui, ragazzo” rispose Burt abbracciando suo figlio e strofinandogli una mano sulla schiena. “Più di quello che farebbe la maggior parte delle persone alla tua età”
 
“I-io non ho fatto… niente”
 
“Kurt, hai passato gli ultimi sei mesi a prenderti cura di lui praticamente tutto il giorno. Lo hai portato in ospedale un sacco di volte, e hai imparato il linguaggio dei medici”
 
“D-devi sapere c-cosa dicono… tutte le volte. A v-volte dicono c-cose diverse pensando che t-tu non capisca”
 
“Vedi. Questo”. Kurt si tirò indietro in modo da poterlo guardare. “Kurt, tu sei andato ben oltre. Scommetto, da tutte le ricerche che hai fatto, che potresti fare l’intervento tu stesso”
 
“E’ quello che ha d-detto il dottore” rispose Kurt, calmandosi un po’.
 
Burt asciugò le lacrime dal volto di Kurt con i pollici. “Hai fatto tutto quello che potevi fare. Il resto non dipende da te, Kurt. So che lo vorresti, ma non è così”
 
“Non è giusto, però. Undici mesi fa ci siamo sposati, e… ora questo?”
 
“Lo so. E’ uno schifo. Ma tu hai i migliori chirurgi dalla tua parte, e se tutto va bene, tu e Blaine potrete passare altri 30 anni insieme. Lo so che questo momenti ti sembra brutto, ma non pensi che per trent’anni in più ne valga la pena?”
 
Kurt fece un respiro profondo. “S-si. Si, ne vale la pena”
 
“Okay allora. Andiamo a sederci e aspettiamo tuo marito”
 
E lui tornò. Si riprese molto più in fretta rispetto a quando aveva nove anni. Gli fu tolto il respiratore dopo due giorni, e dimesso dall’ospedale in una settimana, trascorrendo i due mesi successivi sotto le costanti cure di Kurt.
 
In sei mesi, Blaine fu di nuovo il vecchio sé. Oltre ai controlli regolari dal medico, l’intervento era una cosa che apparteneva la passato.
 
“Mi chiedo di chi sia il cuore che hai ora” si chiese Kurt ad alta voce una sera mentre stava rannicchiato sul divano a guardare un film. Il donatore questa volta era anonimo, e né Kurt né Blaine sapevano qualcosa su di lui o sulla sua famiglia.
 
Blaine strinse Kurt un po’ più vicino a sé. “Non lo so. Però, immagino loro figlio venirmi a cercare un giorno, diventeremo amici, ci innamoreremo, e passeremo il resto delle nostre vite insieme”
 
“Ah, ah, molto divertente” disse Kurt dando un pizzicotto al fianco di Blaine.

 



 
Poi c’erano momenti, come adesso, che semplicemente nessuno dei due poteva spiegare. Era solo… felicità. Ma anche qualcosa di più allo stesso tempo.
 
“Kurt! Kurt!” urlò Blaine dal bagno.
 
“Cosa?” esclamò Kurt lasciando cadere i piatti che stava lavando nel lavandino e correndo fuori dalla cucina.
 
“Vieni qui, Kurt! Sbrigati!”
 
“Cosa c’è? Se-”. Si interruppe quando raggiunse la porta del bagno, e vide Blaine goffamente sopra al lavandino, il più vicino possibile allo specchio. “Cosa stai facendo, Blaine? E perché sorridi? Pensavo che ti fossi fatt-”
 
“Guarda!” lo interruppe Blaine, voltandosi verso di lui con gli occhi spalancati. Aveva le mani tra i capelli, appiattendoli verso il basso, e sembrando in tutta onestà un po’ folle.
 
“Blaine, tesoro, che cosa dovrei guardare?” chiese Kurt parlando lentamente da quanto era confuso.
 
“I miei capelli!”
 
Kurt annuì. “Quella parte l’avevo capita, ma non capisco perché dovrei guardare i tuoi capelli”
 
“Non lo vedi?” chiese Blaine aggrottando le sopracciglia. Si voltò di nuovo verso lo specchio e dopo uno sguardo tornò ad avere un volto felice. “E’ cosi ovvio!”. Dopo essersi guardato allo specchio ancora per un momento, si voltò verso Kurt, avvicinandosi. “E’ proprio… qui” disse indicando un punto della sua testa.
 
Kurt sospirò. “Blaine, non ho idea di cosa tu mi vogl-”.
Si bloccò, vedendo finalmente quello che Blaine voleva mostrargli. “Oh mio Dio! Oh mio Dio, Blaine! Hai un capello grigio! Oh mio Dio!”
 
“Lo so!” esclamò Blaine eccitato. Allungò una mano e tirò Kurt vicino a sé, abbracciandolo più forte che poteva.
 
Entrambi avevano un sorriso ridicolo sul volto, e ridacchiavano come bambini che l’avevano fatta franca dopo aver mangiato il gelato prima di cena.
 
E’ vero, avevano solo 35 anni, e i capelli grigi non dovevano essere un momento felice. Inoltre, Blaine aveva il gene dei capelli grigi, suo padre era diventato completamente grigio a 45 anni, quindi non doveva esserne sorpreso. Ma, se c’erano due persone che andavano contro tendenza, erano loro due.
 
Kurt sapeva fin dall’inizio che il più grande – e unico – desiderio di Blaine era di avere i capelli grigi. “Se riesco a vivere abbastanza a lungo da avere i capelli grigi, e definirmi ‘un uomo anziano’, posso morire felice” aveva detto.
 
Per tre anni avevano temuto che non sarebbe mai successo. E adesso… stava accadendo. Non potevano contenere l’entusiasmo.
 
Kurt boccheggiò. “Blaine, dobbiamo festeggiare!” dichiarò, tirandosi indietro e guardando suo marito. “D’ovunque tu voglia andare, ci andiamo. E prenderemo una torta. E dei palloncini”
 
In questo momento, la maggior parte delle persone direbbe ‘è’ solo un capello grigio’.
 
Ma non Blaine. “Possiamo prendere dei cupcakes?”
 
“Duh”
 
“Ma voglio anche una torta”
 
“Che ne dici se…” disse Kurt voltandosi per uscire dal bagno, ma senza lasciare la mano di Blaine. “… andiamo fuori a cena, così possiamo prendere un dessert. Poi andiamo da ‘Mary’s Cupcake Shake’ e ne prendiamo un po’ anche da portare a casa”
 
“Certo” intervenne Blaine.
 
“Poi, andiamo da ‘Giorge’s Pie Parlor’ e prendiamo una torta. Poi, andiamo a prendere in un posto lontano i palloncini e torniamo a casa a piedi così tutti possono vederci e si chiederanno per cosa stiamo festeggiando”
 
Kurt si voltò per prendere la giacca dall’attaccapanni vicino alla porta, ma Blaine lo tirò a sé e lo bacio. “Ti amo così tanto”
 
“Ti amo anch’io” rispose Kurt sorridendo. “Ora andiamo a mangiare più del nostro peso corporeo”
 
“Si!”
 
Così quella sera, mentre il resto del mondo desiderava rimanere giovane per sempre, Kurt e Blaine festeggiarono il loro invecchiare.
 
“Mio padre mi diceva spesso che ‘a volte devi guardare bene. Ma troverai sempre una luce alla fine del tunnel. Solo che ci potrebbe volere un po’ prima di trovarla’. Beh, aveva ragione. L’ho travata. Eri tu”
 
 
 



 
Note dell’autrice:
FINE!
 
Ho pensato che fosse opportuno finire con un flashback dal momento che ho iniziato così ogni capitolo :)
In ogni caso, spero che questa ff vi sia piaciuta.
Qualcuno mi aveva consigliata di scrivere una OS su questa ff e non mi sembrava una cattiva idea, ma vorrei sapere cosa ne pensate. Non è una cosa che abbia mai fatto prima, ma odio dire addio a IAH. E’ il mio bambino.
Ad ogni modo, grazie a tutti.
 
 
Note della traduttrice:
finalmente sono riuscita a pubblicare anche l’ultimo capitolo.
Mi sembra passata una vita da quando ho deciso di tradurla, ma sono contenta che a molti altri oltre a me abbiamo saputo apprezzare questa ff.
Mi fa persino strano dover mettere ‘completa’, mi ci ero affezionata :,)
Per quanto riguarda le note dell’autrice (vedi sopra) alla fine ha veramente scritto una raccolta di 3 OS su questa ff che pubblicherò a breve, quindi state in campana ;)
Grazie mille per tutto il sostegno
Leana <3

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