Letter From Silent Heaven

di Glory and Love
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prima Parte - Catherine Streisand ***
Capitolo 2: *** Prima Parte - Carmine Abate ***
Capitolo 3: *** Prima Parte - Lynda's Appartament ***
Capitolo 4: *** Prima Parte - Trauma Infantile ***
Capitolo 5: *** Prima Parte - Matteo ***
Capitolo 6: *** Prima Parte - Broken Trust Hospital ***
Capitolo 7: *** Prima Parte - Broken Trust Hospital (Versione Alternativa) ***
Capitolo 8: *** Prima Parte - Società Storica di Centralia / Bridewell Prison ***



Capitolo 1
*** Prima Parte - Catherine Streisand ***


Londra, 11 Maggio 2013, (England)...
Non so spiegare da quanto tempo sia in viaggio. Forse due giorni, due mesi... La Ford rossa è parcheggiata fuori questo bagno pubblico che ho trovato lungo la via per andare... nel nostro 'posto speciale'. Di fronte allo specchio, tiro di nuovo fuori la lettera stampata dal mio pc prima di partire. "Ora sono qui, solo. Nel nostro 'posto speciale'. Waiting for you..." 
Il nostro 'posto speciale'. Già... ma quale? Tutta la città lo era. Centralia non era cambiata molto da due anni. Una città fantasma dove si narravano strane storie e leggende. Matt amava sentire la storia di quel posto ed io mi divertivo a prenderlo in giro. Alcuni la chiamavano "la collina silenziosa" per noi era solo Centralia.
E' possibile che la mia mente sia andata oltre tutto ciò? Insomma... la morte di Matt mi ha scosso parecchio. Mia madre me lo diceva sempre. Non le ho detto di aver trovato questa e-mail però. Lei non capirebbe. Che Matt fosse ancora vivo?
E' possibile? 
Sospiro di fronte l'immagine riflessa del mio specchio. Gli occhi verdi profondi rimangono per parecchi minuti impiantati nel vetro della toilette. 
"Matt... sei davvero qui?"
Chiedo al freddo vento che riesce ad entrare persino in quel lorrido bagno pubblico. Lui per me è tutto... e se fosse ancora vivo sarebbe un miracolo. Ma cosa sto cercando in questo posto dimenticato da Dio? Un morto o una speranza per la quale vale ancora la mia vita? Non so come mandarla. Non so neanche da dove cogliere il lato positivo perchè non c'è ne è. Ho indossato le prime cose che ho trovato. Una minigonna rossa, sandali esotici a sfondo rosso e una maglietta alla "marinara" a strisce orizzontali bianche e rosse con un laccio sopra il seno. I capelli neri erano lasciati al vento mentre le punte, sfumate sul rosso scuro, mi andavano a solleticare il mento.
Guardo ancora un' ultima volta nello specchio e lo trovo un pò appannato. Ci passo sopra la mano, rendendo più chiara la mia immagine. Sospiro. Matt è ancora vivo. Me lo sento ed è lì fuori. Che mi sta aspettando nel 'nostro posto speciale'. 
Raccolgo la mia tracolla bianca ed esco da quel lurido bagno. La città è deserta ed è coperta di nebbia. C'è così tanta nebbia che faccio fatica anche a vedere la strada dove sto camminando.
Cancelli di case chiusi, cantieri chiusi e negozio con alcune tavole di legno che impedivano l'entrata con un semplice cartello fuori alla porta "Closed!".
Con tutto quel silenzio riesco a sentire persino i miei passi rieccheggiare per la strada. E' davvero un posto desolato e dimenticato da Dio... forse la gente se ne era andata. Fatto sta che il cielo sembrava pronto ad esplodere in una pioggia primaverile. Sperai di no... farsi cogliere impreparati senza ombrello da una pioggia in un posto come quello non era di certo il massimo. Non potevo neanche ripararmi dentro una qualche abitazione abbandonata visto che l'entrata era inacessibile.
Dove mi porterà tutto ciò? Ritroverò davvero Matt? Sospiro tristemente mentre cerco di orientarmi. Un cartello però accoglie la mia attenzione. Mi avvicino e noto con piacere che è una mappa della città. Con nomi di strade e località. Bene. Mi sarebbe servita. Cerco un foglio bianco e una penna... in fretta e furia scrivo una breve 'copia' della mappa di Centralia. Appena finisco la riguardo. Ci capisco abbastanza da continuare il mio viaggio. Per entrare nella città sarei dovuta entrare attraverso il cimitero. Scesi le scale di cemento, ritrovandomi di fronte alla sfonda opposta del Lago Bridweell. Lago famoso per le tante specie di pesci che vi abitavano dentro. Ricordo che avevo provato a pescare con Matt ma non presi niente. Anni d'oro erano. Chissà se sarei potuta tornare a quel tempo. Se solo potessi... ma ora non c'è tempo! Devo entrare nella città.
Riprendo a camminare silenziosa e il doppio delle volte continuo a sentire qualcosa che si muove nell'erba alta. Animali forse. Stringo l'unica bretella della tracolla e continuo a camminare, incontrando una baracca mezza rotta. Mi resi conto che la nebbia si era fatta più fitta man mano che camminavo. Accidenti! Vicino c'era un pozzo con alcune cose. Essendo un' impicciona senza ritegno mi avvicinai e indagai. Era semplicemente un acqua tonica con un portafogli vicino. Lo presi e lo aprì. C'erano delle carte quindi... cera qualcuno lì con me? La carta d' identità recitava il nome e cognome di un uomo: Carmine Abate. Che fosse lì da qualche parte?
Presi l'acqua tonica e il portafogli per intero. Se avrei trovato l'uomo avrei potuto ristituirgli tutto. 
Entrai nella baracca di legno. Non c'era nulla di così importante. Solo una scrivania vuota e un letto disfatto. C'era anche un angolo cottura che conteneva delle pentole sporche di sugo. C'era una porta che ridava sul cortile posteriore. Uscii da lì prima che potesse venirmi un malessere per l'odore nauseante che emaneva. Una volta uscita da lì trovai un grande muro di mattoni grigi e con una scritta a lettere cubitali con un elegante carattere. "Cimitery". 







Note di un'anima Silenziosa:

E'rieccomi di nuovo. Dopo tanto torno qualche volta sul foro dopo quelle mille storie ancora da finire ho voluto scriverne un' altra che abbia senso. Vorrei però dire una cosa a proposito della storia. Mi sono ispirata ad un gioco che ho rifatto diverse volte e ho voluto cambiare un pò lo scenario... tutto qui. Riscritto con anche qualche sorpresa e non per forza tutto scontato. Siccome scrivere è il mio hobby preferito mi piacerebbe un vostro giudizio. Amo gli Horror.. specialmente quegli psicologici e tengo particolarmente a questa storia. Questo capitolo l'ho scritto sulle note di questa canzone: http://www.youtube.com/watch?v=bZ3BP-eQJG8
Grazie. 
Glory and Love.

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Capitolo 2
*** Prima Parte - Carmine Abate ***


Letter From Silent Heaven


Entrai nel cimitero, calpestando l'erba tagliata a 'prato inglese'. La nebbia riusciva a coprire, alla mia vista, le varie lapidi piantate nella terra marrone. Vicino ad alcune c'erano anche dei fiori appassiti. Dovevano essere molte le persone che se ne erano andate da quel luogo. Nella mano destra continuavo a stringere la bottiglia d'acqua tonica che avevo trovato vicino al pozzo, dove c'era anche quel portafogli che ora era nella tasca della mia tracolla bianca. Non ricordavo che prima di arrivare in città ci fosse un cimitero. Forse perchè io e Matt prendevamo sempre la via opposta per arrivare a Centralia Central. Ricordo ancora il parco, le giornate passate in riva al lago di Bridweell. A volte penso che se quella malattia non me l'avesse portato via, ci saremo tornati. Così mi chiese nella nostra ultima visita lì. "Please promise, Kate. Torniamo ancora in questo posto magnifico..." Ed io non avevo mantenuto la promessa. La sua salute si era aggravata ed era stato costretto a ricoverarsi al King's Edward Hospital di Londra. Pochi minuti di macchina da Primrose Hill, il quartiere dove risiedeva il nostro appartamento. Erano una fila di quattro case tutte attaccate. Vicino a noi era venuto a trasferirsi anche un certo Kevin Holleman. Un giornalista, da come diceva mia madre. Ma ormai quello era il passato. Ora dovevo pensare al presente e al futuro. Avrei trovato Matt anche a costo di girare mezza città. Perchè lui è vivo e mi sta aspettando. Nel nostro posto speciale. 
Continuo a camminare, cercando di non andare a sbattere contro qualche lapide. Anche se era un posto desolato era pur sempre un luogo sacro. Ad un certo punto, vidi tra la nebbia qualcosa. Una testa. Aveva un colore che andava in perfetto contrasto con la nebbia bianca. Era un colore chiaro, non poteva essere Matt visto che lui era moro. Era più alto e se ne stava inginocchiato davanti ad una lapide. Forse era dove riposava un suo caro. Mi avvicinai, cercando di far notare la mia presenza ma forse il mezzo biondo era troppo impegnato a controllare quella lapide. Era un saccheggiatore di lapidi, forse?
"Scusami... io..."
Iniziai, chinandomi un poco su di lui, reggendomi sulle mie ginocchia. Il tizio sussultò, rimettendosi in piedi come una guardia militare alla presenza di un suo Superiore. Ora potevo osservarlo bene anche se la nebbia copriva alcuni particolari. Aveva la pelle quasi diafana e gli occhi verde pistacchio. I capelli erano corti ma quel poco che riuscivo a vedere erano mossi. Un colore misto al marrone e al biondo. Un castano d'orato forse.
"Ah!.. Oh, scusami tu. Io stavo giusto andando..."
Ma non gli feci finire la frase. Con la mano li feci cenno di stare tranquillo.
"E' tutto okay. Non volevo spaventarti. E' stata colpa mia."
L'uomo sembrò quasi rilassato dalle mie parole. Rilassò il voltò, guardandomi.
"Ho bisogno delle informazioni riguardo la città."
Dissi poco dopo, lasciando intendere all'uomo che non avevo 'cattive intenzioni'. Lui inclinò di poco la testa di lato, quasi a non capire le mie parole. 
"Città?"
"Si. Centralia. Devo arrivare al centro. E' questa la strada?"
Chiedo, indicando all'uomo il cancello di poco dietro di lui che ridava sull'altra via. Dall'altra parte del lago Bridweell.
"S-si. E' difficile orientarsi con questa nebbia, he?! Perchè vuoi andare a Centralia? Non c'è più nessun abitante ormai."
S'interessò di sapere il tizio. Non potevo, però, dirgli la verità. Ovvero che andavo in tale posto per cercare il mio defunto marito. Mi avrebbe presa per una pazza ma valeva farsi ricoverare in un 'Saniterium' per cercare Matt.
"Sto cercando qualcuno che mi ha dato appuntamento nella città."
Meglio evitare di dire che sto cercando una persona morta, altrimenti il soggiorno al manicomio non me l'avrebbe tolto nessuno. L'uomo incrociò le braccia al petto e mi scrutò.
"Non è che sia proprio un luogo romantico dove dare appuntamenti. Ha qualcosa di strano codesta città. Centralia. Non sò."
Fece il vago e il suo tono era assorto nei pensieri. Una volta lo era... un posto romantico. Ogni coppia si faceva chilometri e chilometri per fare un giro sulla "canoa dell'amore". Un giro dedicato alle coppiette che venivano a fare dei week-and all'aria aperta. La canoa si guidava fino al centro del lago di Bridweell e si aspettava il tramonto, dove le coppie si baciavano davanti al caldo sole giallo con le sfumature rosse ed arancioni. 
"Perchè sei qui, allora?"
Osai chiedergli. Diceva che non c'era nessuno, che era un posto strano... allora perchè era lì? L'uomo mi superò, perdendo il suo sguardo nell' ambiente nebbioso.
"Sto cercando mio padre. Dovevamo andarcene da questo posto. Lui... mi ha detto di venire qui. Ma sono preoccupato. Temo gli sia successo qualcosa."
Mormorò, infine, abbassando lo sguardo sull'erba. So cosa significava quello sguardo. Era lo stesso che avevo io quando seppi della malattia di Matt. Quel moto d'emozioni ritornò come un uragano, colpendomi in petto. Ci posai una mano sopra, respirando a fondo. Avevo il problema della respirazione da molti anni, ormai. Il che, se un giorno la cosa si sarebbe aggravata e avrei smesso di respirare, non sarebbe stato tanto drammatico. Avrei potuto rivedere Matt nell'altro mondo. Magari in questo modo mi avrebbe anche chiesto scusa per come si comportava con me. Respirai a fondo, raggiungendo l'uomo e mettendogli una mano sulla spalla, cercando di consolarlo.
"Stia tranquillo. Sicuramente è solo in ritardo."
Volta lentamente il volto verso di me, guardandomi. Si allontana, quasi bruscamente ma so che non lo fa intenzionalmente. E solo preoccupato per suo padre, dopotutto.
"Si. Scusami... non è un tuo problema. La strada è questa. Più avanti vedrai delle scale di marmo bianco, salile. Ti ritroverai nel centro della città. Ma ti consiglio vivamente di pensarci bene prima di addentrarti lì dentro."
Da come me ne parlava sembrava che stesse parlando di una casa degli horrori che si trovava nei vari Luna Park. La cosa mi fece venire un brivido lungo la spina dorsale.
"Spero che lo troverai."
Dico, quasi in un sussurro. Per quanto era basso credevo che non lo sentisse, ma poco dopo mi arrivò la conferma che mi sbagliavo.
"Si. Anche tu."
Mi rispose tornando poi, con lo sguardo, verso la lapide. Faccio due passi verso il cancello d'uscita, che ridà sulla parte opposta da dove sono venuta, ma qualcosa mi blocca. Il portafogli mi cade lungo la tracolla. Come se qualcuno lo stesse prendendo per poi buttarlo a terra. Mi chino a raccoglierlo e scorgo qualcosa all'interno delle varie carte. Un pezzo di giornale stracciato. Si legge a malapena il titolo per quanto è giallognolo e ridotto male. Lo recito, leggendo a bassa voce.
"Franco Abate sposa oggi la sua compagna, Mila Steele."
Vicino, c'era un' immagine dei due sposi. Anch'essa però era irriconoscibile. Vicino alla sposa c'era un uomo dalla faccia tagliata. Le mie indagini vengono interrotte da i passi alla mia destra. Alzo lo sguardo e vedo che è l'uomo di prima.
"Hai nominato mio padre?"
Mi chiede, quasi speranzoso di una qualche buona notizia. Allora lui doveva essere...
"Tu sei Carmine, giusto?"
Sapevo che non si rispondeva ad una domanda con un'altra domanda ma lì era più un' affermazione sicura che una domanda.
"Si. Ma come lo fai a sapere?"
Aprii la tracolla, restituendo al leggittimo proprietario il suo portafogli con le varie carte, compreso il pezzo di giornale che parlava del matrimonio di suo padre con quella che doveva, forse, essere la madre.
"Li ho trovati vicino al pozzo, venendo qui."
Spiegai io, allungandogli anche l'acqua tonica. Lui guardò la bottiglietta e scosse la testa.
"Il tuo viaggio è un pò lungo. Sicuramente ti verrà sete. Tienila, ti servirà."
Mi disse solamente, rigirandosi tra le mani quel pezzo di giornale. Allargo le labbra in un flebile sorriso. Il primo da quando sono in viaggio.
"Grazie, Carmine. Io sono Catherine, ma chiamami Kate. Ormai siamo in vena di presentazioni."
In altre circostanze avrei accompagnato quella frase da una risata ma non mi venne spontaneo ridacchiare, neanche se era una barzelletta ben riuscita.
"Bene. Grazie, Kate. Spero che tu trovi chi stai cercando."
"Anche tu."
Detto ciò, mi voltai ed uscii dal cimitero, attraverso il cancello arrugginito. Avevo finito la conversazione come aveva fatto prima lui. Mi ritrovai in una lunga strada, per la prima volta ben fatta, dove alla mia sinistra c'era un lungo cornicione che ridava sul vuoto. Chissà cosa avrà voluto dire Carmine con 'strano posto'. Da che ricordo, Centralia era una bellissima città. Forse ora un pò meno perchè c'era la nebbia e le persone se ne erano andate quasi tutte. Sperai di trovare Matt lungo la strada. Sarebbe troppo bello per essere vero. Quella città riusciva a mettermi quel moto di tristezza e senso di colpa che mai nessun luogo era riuscito a suscitarmi. Mi dava fastidio ciò. Era come avere una spina conficcata in un fianco che non puoi togliere e che vivrà con te per sempre. E' una brutta sensazione, che non auguro neanche al mio miglior nemico. Non c'era alcun vento mentre riuscivo ad arrivare alla fine di quella stradina. Ritornai nuovamente su una nuova strada orizzontale. Poggiai una mano all'edificio, intenta a riprendere il respiro. Anche camminare per così tanto tempo era diventato un problema. Problema che avrei risolto non appena avrei ritrovato Matt e, insieme, saremo tornati a casa nostra, a Londra. 
Un suono, molto più simile ad un lamento alla mia sinistra, attirò la mia attenzione. Tra la nebbia c'era qualcosa che si muoveva e si allontanava. Forse era... Matt?
"Hey, aspetta!"
Ma chiunque stava camminando nella nebbia non sentì le mie parole perchè sparì in quella direzione. Presi a correre verso sinistra, per raggiungere chi stava camminando lì, ma mi fermai quando vidi qualcosa. Un cancello. In poco tempo come poteva aprire e richiudere un cancello senza che me accorgessi? Appena l'avevo visto avevo cominciato a correre... ma ecco che i miei pensieri vengono interrotti da altri suoni provenienti da dentro. Altri lamenti. Aprii il cancello di ferro e presi a correre lungo la strada di quella specie di cortile, seguendo i lamenti come 'mappa'.







Note di un' anima Silenziosa:
C'è ne è voluto di tempo ma... alla fine ho aggiornato! Dunque... qui facciamo la conoscenza di Carmine Abate. Un uomo che sta cercando, a detta sua, suo padre. Ci soffermeremo su di lui in seguito e sopratutto su quella notizia riportata sul foglio di giornale che gli abbiamo lasciato. Ora abbiamo raggiunto il di fuori della città e ci stiamo addentrando nel cortile posteriore di Centralia. Per raggiungere quella persona nella nebbia. Cosa ci attende e chi sarà? Sarà Matt? Ritroveremo lui? Ho voluto lasciare questa sottospecie di 'suspance' anche se, forse, qualcuno avrà già intuito io non dico nulla. ù.ù. Di seguito, prima dei saluti, vi lascio il link del video trailer. Il mio primo video trailer. Ci sono anche i prestavolti che ho scelto per i personaggi. Ve li indico qui sotto:

Catherine "Kate" Streisand = Elisha Cutberth
Matt Montgomery = Tom Cruise (anche se ancora non l'abbiamo incontrato lo indico qui.:))
Carmine Abate = Joseph Morgan

Man mano che incontreremo altri personaggi, nella story, segnerò i loro prestavolti nelle note finali. 
Ringrazio chi ha già messo la storia tra le seguite, preferite e ricordate. Un grazie specialissimo a chi recensisce e mi da una sua opinione, aggiungendo anche i vari errori. Grazie. ;) Un bacio,

Glory and Love.

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Capitolo 3
*** Prima Parte - Lynda's Appartament ***


Letter From Silent Heaven


Correvo in fondo al viale, continuando a sentire quei lamenti. Mi facevano come da "mappa". Più andavo in fondo al viale e più erano chiari. I lamenti venivano accompagnati dal rumore dei miei passi. Il basso tacco dei sandali calpestava l'erba verde petrolio del cortile, risalendo poi sulla breccia. Arrivai in fondo fino ad uno "Stop" di lavori in corso. Ora i lamenti erano cessati e con esso i passi. Dall'altra parte della recensione c'era l'interferenza di una radio. Che cosa ci faceva una radio in un posto simile? Oltrepassai la recensione, abbassandomi e rialzandomi quando l'avevo superata. Entrai in una specie di galleria, dove c'era un tavolo con alcuni arnesi e la radio che faceva quel rumore strano, come se ci fosse un interferenza. Andai lì e osservai un corpo steso a terra. Era completamente sfigurato e sul viso c'era del sangue secco come se stesse lì da molto tempo. Era impossibile riuscire a vedere come fosse fatto perchè era completamente ricoperto di sangue. Puzzava anche. Mi tappai il naso, respirando con la bocca l'aria che veniva da fuori la galleria. Notai che in mano aveva un biglietto. La sua mano era nera e sporca di sangue, in perfetto contrasto con il bianco della carta. Strano. Se il corpo era lì da molto tempo, a giudicare da come puzzava, il biglietto bianco doveva essere sporco anch'esso. Invece questo era limpido e pulito. Perfettamente bianco come se fosse stato appena messo nella mano di quell'uomo. Mi chinai e raccolsi il biglietto. Era corto e sopra c'era una scritta "Lynda's Appartament". Era una palazzina nella periferia di Centralia. Forse Matt era lì.
Misi in tasca il biglietto, andando verso la radio. Questa aveva ripreso l'interferenza. Quel rumore mi dava leggermente fastidio. La presi in mano, cercando il pulsante per spegnerla. All'improvviso, i lamenti ripresero a farsi sentire. Stavolta sembravano essere molto vicini. Mi voltai verso destra e vidi nella nebbia qualcuno che si avvicinava. Avanzai in quella direzione fino a quando non mi ritrovai davanti qualcuno o meglio... qualcosa. 
"Mio Dio!"
Sussurrai, tappandomi la bocca con le mani mentre quella strana creatura si avvicinava. Era un corpo da umano, al posto della mani aveva le forbici e la testa era liscia. La fronte si contraeva al minimo lamento mentre il suono delle forbici faceva 'zig-zag'. Mi faceva paura. Non era umana quella cosa! 
Di scatto, dal tavolo degli arnesi, presi un tubo d'acciaio e mi misi sulla difensiva. La creautra continuava ad avanzare verso di me e quando mi resi conto che era troppo vicino e che poteva ferirmi facilmente... Sbam! Iniziai a colpirla forte. La creatura, al minimo dolore, si lamentava e la sua voce sembrava quasi umana. Dopo alcuni colpi alla testa, si accasciò a terra, morente. Si muoveva ancora, però. Alzai il piede, calpestandola. Da sotto il petto cominciò ad uscire del sangue, significato che la creatura era morta. 
"Non è umana questa cosa!"
Esclamai al vento, riprendendo il respiro per lo spavento. Accidenti, ci era mancato poco. Questo posto... cosa è diventato? Centralia... non è più quella di una volta. Il Lynda's Appartament non è tanto lontano. Salite le scale che portano a Centralia Central bastava svoltare a destra e mi ritrovavo subito lì. Il Lynda's Appartament era stato costruito vicino un' altra palazzina. Il Blues House Appartament. Quando Matt ed io avevamo visitato la città il Blues House era ancora in fase di ristrutturazione. Chissà se dopo l'avevano finito. La radio continuava ad avere delle interferenze e si sentiva anche una voce. La presi in mano e la portai vicino all'orecchio, per sentire meglio. Era una voce maschile.
"Ka-te... Kat-e?"
L'interferenza finì subito dopo. Tutto tornò tranquillo e silenzioso. Quella voce... mi stava chiamando. Matt, era lui? Decisi di portarla con me, mettendola dentro la tracolla. Tornai fuori dalla recensione. Ora dovevo andare al Lynda's Appartament, non era troppo lontano e a piedi ci sarei arrivata in quindici minuti. Iniziai, quindi, a camminare. 
Durante il tragitto, non facevo altro che pensare a quella voce. Era davvero Matt o l'avevo solo immaginato? Per velocizzare il passo presi a correre lungo la via. Mentre avanzavo verso Gang's Street sentivo dei forti lamenti, proprio come quelli di prima. Pregai con tutto il cuore di non ritrovarmi quelle creature davanti all'improvviso. Presi a correre più velocemente, sentendo anche degli ululati non troppo lontani da dove stavo correndo. Gli ululati erano seguiti da ringhi canini e non mi fu difficile indovinare cosa ci fosse in mezzo a quella nebbia con quelle orribilanti creature. Calpestai anche una pozza di sangue. Urlai. Accidenti!
Ero arrivata lungo St. Ferome Street. Alla fine di quella via c'era la palazzina che stavo cercando. Continuai a correre, evitando cani feroci e quelle creature con le forbici. Arrivai di fronte il grande cancello di ferro e l'aprii, entrando nel piccolo cortile. Con la nebbia riuscivo a vedere ben poco ma riuscivo a distinguere finestre dalla porta d'entrata. Sulle scalette c'era un giornale con un articolo. Curiosa, mi chinai e lessi cosa c'era scritto.

"Nella prigione di Centralia, viene trovata morta suicida la brutale serial Killer, Diane Cooleman. Da molti anni la giovane manifestava schizzofrenia e istinti omicidi. Sorella di Stanley Cooleman, morto al St. Mary di Centralia un anno e mezzo fa. Diane era solita fare omicidi, firmandosi con dei numeri. Nel corso degli anni, il ciclo di omicidi di Diane vennero rinominati 'il caso Cooleman'. La Cooleman è stata sepolta nel giardino di Villa Esperanza, orfanotrofio vicino le sfonde del lago di Bridweel. La giovane non aveva famigliari in vita. Padre Manfredo ha assistito alla cerimonia."

Un vecchio articolo di giornae. L'avevo letto tempo fa all'ospedale dove Matt era ricoverato. Quella Cooleman è davvero un pericolo per la società.
Bando alle ciance, non sono qui per indagare su brutali serial killer. 
Entrai nella palazzina dei Lynda's Appartament. Appena Entrai una luce mi colpisce in pieno volto. E' l'unica che fa luce in tutta la stanza buia. Era una semplice torcia, appesa nella tasca di una giacca. Mi avvicinai per esaminarla meglio e notai che era un manichino senza testa vestito come un militare, aveva anche i classici pantaloni da soldato. Era anche il classico abbigliamento che indossava quasi sempre Matt, anche quando avevamo soggiornato lì a Centralia. Lui era un ex militare di un antico ordine cavalleresco. Non ricordavo il nome... ma era una cosa importante. Quei vestiti erano identici ai suoi. Presi la torcia, posizionandola nel taschino della maglietta alla marinara a strisce bianche e rosse orizzontali.
Inziai a salire le scale della palazzina. Il legno scricchiolava, si vedeva che era disabitato. Era strano... una volta tale posto era abitato ed era pieno di vita, di gioia, di colori. Non riesco a capire il motivo che abbia spinto le persone ad abbandonare un luogo così.
Entrai nel corridoio del primo piano e notai che l'altra metà di corridoio era bloccata da delle sbarre. Per terra, la torcia illuminò qualcosa che attirò la mia attenzione. Un mazzo di chiavi, forse dei vari appartamenti chiusi. Mi chinai, facendo passare la mano sotto le sbarre. Ero quasi riuscita a prenderle... fino a quando non sento una forte pressione sul palmo della mia mano. Una scarpa.
"Ma che... ?"
"Ah. Ah. Ah!"
Mi fece il verso un bambino. Mi aveva appena pestato la mano e dato un calcio a quelle chiavi, mandandole lontano da me. Accidenti a lui! Dopo che mi ebbe fatto il verso se ne andò lungo il corridoio.
"Hey, aspetta!"
Ma le mie proteste furono del tutto inutile. Ma chi era quel bambino? Cosa ci faceva in un posto del genere? Inutile era stare lì ad indugiare... quel mazzo di chiavi mi serviva ma ora non potevo raccoglierlo. Uscì dal corridoio del primo piano, andando al secondo. Lì la radio riprese con le interferenze... però non c'era nessuno di pericoloso come cani o quelle orribilanti creature. Anche se in fondo al corridoio riuscivo a scorgere qualcosa di rosso e quadrato. Era bloccato da delle sbarre, però. Entrai nell'unico appartamento del corridoio che si apriva. L'interno di ogni appartamento era uguale agli altri. Con mia orribile sorpresa vidi un morto vicino al frigorifero della cucina. Era stato ucciso con un colpo di pistola. Gli schizzi di sangue avevano raggiunto persino i bordi del soffitto. Quella stanza era orribile, però. Le pareti erano piene di ruggine, sembrava disabitata da secoli quell'edificio. 
Tornai alla porta d'entrata per uscire da lì prima che potessi svenire dalla nausea ma un rumore attirò la mia attenzione. Era in una stanza. Mi misi sulla difensiva col tubbo di ferro e avanzai verso la stanza. Spalancai con un tonfo la porta, ritrovandomi davanti il busto di una donna chinato sulla tazza del water. Forse era l'inquilina dell'appartamento. Tossiva e vomitava. Mi stava venendo da rimettere anche a me a quella visione.
"Hey? Tutto ok?"
Chiesi io, cercando di esserle d'aiuto. Forse poteva dirmi cosa stava succedendo. La donna da i folti capelli mossi castani, si girò lentamente, concentrata ancora a rimettere nella tazza del water.
"C-come? Si-si. Almeno credo."
Via. Altro vomito e altra tosse. Senz'altro stava bene, he?!
"Puoi dirmi cosa accade qui? Nella cucina c'è un morto."
La donna tossì ancora, voltandosi lentamente un poco verso di me.
"Era già qui quando sono arrivata. Lo giuro. Questa città è mal-edet-ta!"
Disse a stento, prima di rimettere nuovamente. La città è maledetta? Questa si che è bella. Peggio degli omicidi di Diane Cooleman. Anche se... dopo aver visto cani in quello stato, creature orribilanti come quella di prima nel cortile, io un pò di dubbi che la città fosse maledetta li avrei. Meglio ricominciare da capo.
"Come ti chiami?"
La donna tossì nuovamente, prima di rispondere.
"Eve Smarskylde."
E tornò a vomitare.
"Io sono Catherine Streisand. Sto cercando un uomo... per caso l'hai visto?"
La donna dopo aver vomitato, si voltò a guardarmi. 
"Un uom-o? No... non c'-è pi-ù nes-sun-o ormai."
Balbettava, forse perchè stava male. Tutto sommato riuscì a comprendere ciò che disse.
"E un bambino?"
"Neanche..."
Tornò per l'ennesima volta a vomitare. Dunque... Eve non mi serviva a molto in quello stato.
"Ti ringrazio lo stesso. Fa attenzione... è pieno di orribili creature qui."
"Lo s-o... anch-e tu f-a att-enzione."
Annuii, uscendo dal bagno. Quella donna era davvero strana. Ma non potevo credere che fosse una serial killer come Diane Cooleman. Oddio... non potevo saperlo ed era anche per questo che preferivo andarmene alla svelta da lì. Percorrendo nuovamente l'atrio dell'appartamento vidi uno squarcio nel muro della camera da letto. Entrai lì e vidi che ridava dall' altra parte del corridoio... quello bloccato dalle sbarre dove c'era quella creatura. Mi ritrovai nell'altro atrio e trovai una pistola con delle munizioni nell'ampia scarpiera dell'appartamento. Ad un certo punto... tutto divenne buio. Sentii dei passi avvicinarsi. Dalle fessure della scarpiera vidi una creatura che  si stava strusciando ad un manichino. Oh, mio Dio! Poco dopo, l'orribile creatura con una piramide di ferro in testa si voltò verso di me, avendo forse sentito il mio odore. Indietreggiai... anche se le pareti della scarpiera erano strette. Presi la pistola e la puntai contro quella creatura.
"Non ti avvicinare!"
Urlai, spaventata. Ma la creatura, a passi lenti, iniziò ad avanzare verso di me. Ero spaventata... credevo che fosse la fine. E se lo fosse stato veramente? Se quella era la fine? Sarei morta?
Sparai più e più volte... fino a scaricare la pistola. Era veramente la fine. Chiusi gli occhi d'istinto. All'improvviso... il suono di una sirena fece cessare tutto.









Note di un'anima Silenziosa:
Dopo tantissimo finalmente l'aggiornamento.
Ora abbiamo fatto l'incontro di Eve Smarskylde e di un bambino molto dispettoso. Abbiamo anche affrontato il nostro primo mostro nel cortile. Cosa succederà dopo il suono della sirena? Kate incontrerà Matt? E quella creatura dalla testa di piramide chi è?
Ora metto il prestavolto di Eve, quello del bambino lo inserirò in seguito:

Eve Smarskylde = Angelina Jolie.
Ringrazio chi recensisce e chi segue la story! Un bacio a voi,
Glory and Love.

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Capitolo 4
*** Prima Parte - Trauma Infantile ***


Letter From Silent Heaven


Uscì dalla scarpiera, guardandomi intorno. La creatura dalla testa di piramide non c'era più. Sul pavimento erano presenti delle strisce fatte col sangue. Forse centrava con il manichino alla quale la creatura si era strusciata prima.
Stavo diventando pazza o cosa? Cosa c'era in quel posto? Era tutto così strano... più proseguivo il mio viaggio e più sentivo un senso di colpa irrefrenabile dentro di me. Cos'era quella sensazione che provavo da quando ho messo piede nel cortile della città?
No, stavo davvero impazzendo se continuavo a credere a quelle cose... 
Ispezionai l'atrio dell'appartamento, c'erano tutte cose rotte, comprese le lampade lasciate sulla scrivania. C'erano foto, documenti... Curiosa, mi chinai e vidi un' immagine. C'erano un bambino con quelli che dovevano essere probabilmente i suoi genitori. La donna era molto bella e anche l'uomo non era male. Dietro notai una dedica: "Alla luce dei miei occhi." Appena lessi quella frase ebbi la strana sensazione di aver fatto qualcosa di male. Luce dei miei occhi... erano da sempre le parole con la quale mi chiamava Matt, anche durante la nostra intimità. Luce dei miei occhi, così mi chiamava. Lui, ora, la luce l'aveva vista per davvero. Mi rialzai, portando con me quella foto, non so perchè ma avevo la necessità di portare con me quella fotografia. Sospirai, puntando la luce della torcia nella mia tasca alla stanza, in modo da illuminarla fatta bene. Non c'era nient'altro da prendere. Uscì fuori dall'appartamento, notando che ero finita dall'altra parte del corridoio. Lì dove quel bambino pestifero mi aveva allontanato il mazzo di chiavi e pestato una mano. Ah, se lo prendo! Mi chiedo cosa ci faccia un bambino come lui in un posto pericoloso come questo. Che si fosse perso? Non m'importava. Non ero lì per lui. Sotto l'unica luce accesa, e che funzionava, del corridoio del secondo piano vidi il mazzo di chiavi. Lo raccolsi, notando che c'erano solo due chiavi attaccate. Quando avevo cercato di prenderle, invece, ce ne erano tre. Una di quelle chiavi deve averla presa quel bambino... forse per farmi un dispetto. Avrei dovuto trovarlo. Se non ricordo male... era sparito oltre quel corridoio. 
Percorsi i vari tratti e superai le varie porte che mi dividevano dall'ultima. Andavo a passo veloce, forse per paura di rincontrare quella strana creatura. Arrivata all'ultima porta, misi la chiave nella toppa e girai, facendo scattare l'apertura. Aprì la porta, mostrandomi una finestra. Il corridoio terminava con quella porta? La finestra ridava sull'altra palazzina. Il Blues House Appartament's. Non avevo alternativa... dopo tutto lì non dovevo far nient'altro.
Presi la rincorsa e saltai, raggiungendo l'altra palazzina. Mi ritrovai in una stanza, la quale i vetri erano coperti da dei giornali. Qualcuno aveva scritto con il pennarello un messaggio, di colore rosso: "Te lo meritavi!" Ma... chi può essere stato? Mi guardai bene attorno, notando una macchia di sangue sul letto dalle lenzuola candide, stranamente. Mi morsi un labbro, coperto dal rossetto roseo. In quella stanza sentivo freddo e avevo paura. Era come se... ci fosse qualcuno lì con me. Dall'altra stanza sentii un urlo. Sobbalzai per lo spavento. Ma... sapevo di chi era quella voce! Scattai verso la porta che ridava nell'atrio dell'appartamento e a terra trovai Carmine. Mi avvicinai a lui, notando che era in uno stato di semi-coscenza. Aveva in mano un coltello macchiato di una strana sostanza rossa, impiantato nel legno. Osservava con lo sguardo perso il vetro dello specchio con la quale erano coperte le pareti.
"Carmine?"
Lo chiamai, avvicinandomi con cautela.
"Oh, sei tu."
Il tono, da come lo disse, sembrava uno che si era appena ripreso da una sbornia pazzesca. Che si fosse ubriacato per la disperazione di non trovare più suo padre e suo fratello? Avanzai di due passi verso la sua figura stesa, gli occhi semi chiusi mi facevano spaventare. 
"Carmine... cosa stai facendo?"
Chiesi, indicando il coltello, la quale il sottoscritto reggeva dalla parte del manico nero.
"Cercavo mio padre... lui... non è qui."
Parlò a tratti. Come se fosse debole ma non lo era. Altrimenti come reggeva il coltello dal manico? Mi chinai su di lui, porgendogli la mano.
"Dammi quel coltello."
Dissi, con tono un pò severo. Ma non volevo morti sulla coscenza. Solo perchè non trovava suo padre e suo fratello non voleva dire che doveva uccidersi. C'erano ancora tante cose per cui valeva la pena vivere. Carmine alzò lo sguardo, rialzando anche il busto. Mi guardò come fosse abbagliato da qualcosa. Improvvisamente, scattò contro di me.
"Perchè? Tu non puoi darmi ordini, okay?! Tu non sei niente... niente! Non sei mia madre! Tu non sei mia madre, brutta bastarda!"
Prese una sedia di legno malandata e la scagliò contro di me. Mi scansai velocemente con ancora la paura nello sguardo. Cosa gli stava prendendo? Che soffrisse di crisi epilettiche? Ma c'era qualcuno sano di mente in questa città?
Il coltello era ancora impiantato nel legno del pavimento. Da dove si era alzato Carmine c'era una pozza rosso sangue, appena sotto la pancia. Era davvero... sangue? Ma perchè continuavo a vedere sangue ovunque? L'uomo si portò una mano alla testa, emandendo qualche lamento e imprecando contro qualcuno.
"Oh... Kate! Oh, Kate! Perdonami... io... non ero in me. Scusami!"
Poco dopo rise. Una risata isterica che riusciva a darmi su i nervi. Strinsi i pugni, fulminandolo con lo sguardo. Carmine sfilò il coltello dal pavimento e si avvicinò a me.
"Scusami. Stavo facendo un incubo a... occhi aperti."
E il suo sguardo tornò sul coltello. Sulle sue labbra c'era un sorriso davvero insopportabile. Non riuscivo a capacitarmi di come un attimo prima si comportava da pazzo e quello dopo mi chiedeva scusa con un sorriso stampato in faccia.
"Mh. Spero di non trovarmi ancora nei paraggi quando ti ricapiterà."
Dissi acida, ottenendo un suo sguardo malizioso. Da come mi guardava percepì che aveva in mente qualcosa di losco. Indietreggiai, puntandogli la pistola, in tal caso avesse fatto una mossa sbagliata. Sarei davvero stata capace di ucciderlo?
"Tranquilla. Me ne sto andando. Ora ricordo che mio padre lavora alla Società Storica di Centralia Central. Andrò lì. Posso chiederti un favore prima?"
Abbassai la pistola, non troppo sicura che le sue parole fossero vere. Annuii con il capo, osservandolo. Mi tese la mano dove c'era il coltello.
"Tienilo tu per me. Io farei una qualche sciocchezza."
Presi il coltello sporco di una sostanza rossa. Lo presi con mano tremante come se avessi paura. Una volta che il coltello fu nelle mie mani, Carmine si avviò fuori dall'appartamento, richiudendo la porta alle sue spalle. Sentivo i suoi passi allontanarsi. Forse ero stata un pò troppo severa con lui, insomma... l'avevo preso per un maniaco sessuale. Scossi la testa... meglio seguirlo e chiedergli scusa. Mi diressi alla porta da dove era uscito e da dove si usciva per l'appartamento. 
"Carmine io..."
Ma mi bloccai improvvisamente.
Quello non era il corridoio della palazzina. Era orribile e malandato. Lugubre e freddo. Spaventoso e buio. Puntai la torcia in direzione del rumore che era arrivato alle mie orecchie e in un angolo vidi la strana creatura dei Lynda's Appartament. Quella con una piramide sulla testa. Era chinato su un manichino e stava... oddio! Distolsi lo sguardo, mandandolo alle scale. Senza fare rumore, raggiunsi i gradini. Pregai il Signore che quella creatura non si girasse. Altrimenti sarebbe stata davvero la fine.
Misi un piede in un gradino, bagnandolo. Il rumore dell'acqua fece voltare la testa di piramide della creatura, ringhiando come un cane ferito. Sobbalzai, notando troppo tardi che le scale erano inaccessibili visto che il corridoio sotto era pieno d'acqua. La creatura, a passi rapidi, si avvicinò a me, trascinando una enorme spada dietro di se. Spaventata cominciai a correre a destra e sinistra per quei pochi angoli alla quale avevo accesso visto che la porta da dove ero entrata era bloccata.
Quando, per l'ennessima volta, tornai verso destra della stanza inciampai sulla sedia rotta di legno. La creatura si stava avvicinando e stava prendendo la rincorsa per infliggermi dei danni con il suo spadone. Chiusi gli occhi... un c'era una via di scampo. Come se una qualche forza sconosciuta si impossesasse di me, mi scansai, mancando il colpo. Quando la creatura tentò di riprovare... la sirena di prima suonò nuovamente. La creatura emise un altro lamento e prese la via delle scale bloccate che ora erano sbloccate dall'acqua. Riaprii gli occhi, guardandomi intorno. Mi ritrovai nel corridoio degli appartamenti, di nuovo. 
"Cos'era quella cosa?"
Chiesi ad alta voce, facendo rimbombare il mio eco per il corridoio illuminato da poche luci. A passi lenti andai verso l'unica porta che aveva una targa fuori d'orata che recitava: "S. Cooleman". Come la killer? Ma forse quella S stava per Stanley, il fratello di Diane. La porta era semiaperta. Entrai, ritrovandomi in un' altra dimensione. Quello appartamento era limpido e pulito. C'era anche una candela accesa sulla scrivania, dove illuminava un libro. Era aperto ad una pagina precisa. Lessi cosa c'era scritto:
"Da lei cielo e terra ebbero i natali.
Da lei si origino la razza dei mortali.
Da lei furono incisi i nomi della pietra.
Da lei nasce l'amor che il cuore impietra.
"
Era un indovinello. Tra le pagine trovai la carta di un tarocco: "Le Stelle". Non ero un'appassionata della lettura delle carte, ma le Stelle in tema di chiromante erano illustrate come buoni presagi, riuscita di qualcosa oppure... fiorimento. Sempre sulla scrivania trovai anche una statuetta... raffigurava la Dea Venere. Accanto ad essa trovai una maschera nera con il un contorno di occhi d'orati. Avevo la sensazione di averla già vista... ma dove?
Presi tutto ciò che potesse servirmi e ispezionai il resto dell'appartamento. Molto lussuoso. Nella camera da letto non trovai nulla, apparte qualche vestito qua e là. Anche quelli in stile militare, come quelli di Matt. In una tasca del gilet militare trovai un biglietto che recitava:
"Ti osservo ogni giorno da questo mio angolo di paradiso.
Mi manchi tanto amore mio.
Tu non sai...
Ma io sono sempre...
"
La poesia si interrompe qui. Ricordo che Matt adorava leggere poesie mentre dormivo beata nel mio letto, di prima mattina. Ed io adoravo ascoltarlo. La sua voce era... così melodiosa. 
Vicino trovai la statua di Cupido, Dio dell'amore e figlio di Venere. Presi anche quella. Una cosa non capivo però... due poesie, la quale descrivono rispettivamente le Stelle, la carta dei tarocchi. Descrivono anche le statuette trovate. Chissà a cosa servono.
Decisi di uscire dall'appartamento. Dalla finestra dell'atrio d'uscita vidi che era buio... doveva essere calata la notte. Buia e tenebrosa, proprio come quel posto. 
La porta d'uscita era bloccata. C'erano due incavi rotondi dove andavano le statuette. Sopra gli incavi c'erano delle parole: Amore e Seduzione. Non mi fu difficile completare quell'enigma. Cupido era il Dio dell'amore, giusto? Quindi, con molte probabilità, l'incavo con la parola amore era il suo. Così lo posizionai lì. Ora... l'incavo vuoto era la Seduzione. Venere, Dea della bellezza, aveva avuto molti amanti, dalla quale aveva avuto molti figli. Tutti gli sguardi d'amore degli Dei erano tutti per la bella e saducente Venere, quindi il suo incavo è per forza quello della Seduzione. Posizionai la statuetta lì e sentii lo scatto della serratura. Aprii il portone dei Blues House Appartament's ed uscì da lì. Come immaginavo era buio... fortuna volle che avevo quella torcia nella tasca della maglietta a strisce. Uscì dal cancello di ferro, molto simile a quello della palazzina vicino.
Dal cielo continuavano a cadere della cenere. Ancora della cenere. Sia da destra che da sinistra sentivo dei lamenti strozzati. Presi a correre a tutta velocità verso dove il mio istinto mi portava. 
Arrivai di fronte ad un grande muro dove c'era una porta con una scritta vicino. Scritta di sangue: "Da dove inizia qui finisce l'incubo."
Dietro di me avevo quattro cani che ululavano in cerca di carne fresca da sgranocchiare. Di colpo, spalancai la porta ed entrai lì dove avrei scoperto d'essere dall'altra parte. Un'altra dimensione certo. Dimensione della Centralia nebbiosa. Questa città è davvero maledetta. Inizio a credere che Eve avesse ragione.
Camminai per le strade nebbiose fino a scorgere un asilo infantile. Dove sopra il muretto c'era un bambino che canticchiava una canzone, con le gambe a penzoloni.







Note di un'anima Silenziosa:
Dopo parecchio tempo mi trovo ad aggiornare. Un miracolo, diranno alcuni di voi. Si, sono stata illuminata dal Signore... o dalla Signora in questo caso, visto che siamo a Centralia. Città fantasma.
Dunque... abbiamo rincontrato Carmine Abate in uno stato di semi-coscenza. Ha davvero delle crisi epilettiche come pensa la nostra Kate o c'è dell'altro? Lo scopriremo presto... E la carta dei tarocchi: Le Stelle? Sarà un elemento per risolvere questo mistero o è solo una carta comune? Ritroveremo Matt lungo questa nuova dimensione di Centralia nebbiosa? E il bambino?
Tutto nel prossimo capitolo. Questo capitolo l'ho scritto sulle note della canzone di
Akira Yamaoka: Promise. Solamente Promise, non Reprise. Un bacio,
Glory and Love.

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Capitolo 5
*** Prima Parte - Matteo ***


Letter From Silent Heaven


Avanzai verso il bambino con le gambe a penzoloni sopra il muretto colorato. Era moro e aveva una faccia paffutella, il suo abbigliamento era classico da scolaretto appena uscito dalla classe. Portava i pantaloni della tuta della sua taglia, una maglietta a righe verticali celeste e bianco e i capelli erano corti. Di un castano mogano, anzi. Non riuscivo a vedere di che colore fossero gli occhi, ma ben presto lo scoprii.
Ora ricordo... era lo stesso bambino dei Lynda's Appartament. Uh, certo che... aveva una bella faccia tosta! Mi chiedo cosa ci faccia qui... è pieno di mostri e sembra così tranquillo. Avanzai rapida, sostando a pochi passi da lui. Alzai un dito, indicandolo.
"Tu... tu sei il bambino che mi ha pestato la mano."
Il bambino dal nome sconosciuto alzò gli occhi dal suo libro di favole, almeno da come notavo dalla copertina, e mi guardò con impassibilità, anzi... sembrava anche scocciato che l'avevo disturbato dalla sua lettura.
"Uhm.. io? Mi dispiace."
Disse con finta tristezza. Dal suo tono si sentiva lontano un miglio che non era dispiaciuto per niente. 
"Spiegami... che ci fa un bambino piccolo come te in un posto come questo?"
Chiesi, guardandomi intorno. La nebbia si era fatta più fitta e a mala pena riuscivo a vedere la strada. Dannato tempo! Il bambino alzò un sopracciglio, guardandomi con confusione.
"In che senso?"
Chiese, incrociando le braccia al petto. Rimasi un attimo a pensare. Ma come 'in che senso?'. Non riusciva a vederli? Non percepiva la nebbia? Il terrore? Quelle creature assurde?
"Pr-ima... il buio, la testa di piramide..."
Mi fermai. Il suo volto era completamente spaesato, come se non sapesse di cosa sto parlando. Allora... ero io ad essere impazzita? Ma no... Eve riusciva a vederli ma... l'unico che non aveva detto nulla a riguardo di quelle creature era Carmine. Ah bhè lui... soffriva di crisi epilettiche come faceva a ricordarsi? Credo davvero che l'unica sana di mente sia la mora Eve.
"Stai bene? Ma sai che c'è?! Non m'intessa."
Il suo sguardo era uno sguardo accusatore, come se mi stesse rimproverando di aver fatto qualcosa. Certo che aveva una faccia... lui avrebbe potuto semplicemente rispondermi: "guardati la tua" e aveva ragione. Ma prima mi pesta una mano, mi allontana le chiavi e poi mi guarda con quello sguardo. Qui quella arrabbiata dovrei esserlo io che ho rischiato la vita per quelle chiavi, maledizione!
"Perchè mi guardi così?"
Chiesi, assumendo la stessa sua espressione d'accusatore. 
"Perchè tu non amavi Matt."
Avevo sentito bene? Matt? Aveva davvero nominato il nome del mio defunto marito? Allora lui deve conoscerlo... o meglio, deve averlo conosciuto.
"Matt? Come sai di lui?"
Chiesi, con una sorta di speranza nella voce. Ma il bambino non mi rispose, si limitò a saltar giù dal muretto con una lettera in mano.
"E quella? E' di Matt?"
Il bambino si girò verso di me con un sorrisetto insopportabile.
"Non sono affari tuoi."
E scattò, correndo, nella direzione dove c'era la nebbia fitta. Dovevo raggiungerlo... era l'unico che potesse portarmi da lui. 
"Aspetta!"
Gli urlai, correndogli dietro. Si sentivano i miei passi rimbombare sulla strada, mentre continuavo ad urlargli di aspettarmi. Perchè non si fermava? Come conosceva Matt? Che quel bambino vivesse a Londra? Strano... non l'avevo mai visto. Eppure la sua voce mi era così familiare. Ero sicura di non averlo visto da nessuna parte? Ad un certo punto non sentii più gli altri passi.
"Merda!"
Imprecai tra me e me, guardandomi intorno. C'era solo che nebbia. Girandomi verso destra vidi un negozio... era aperto perchè aveva la porta spalancata e alcuni ritagli di giornale erano all'interno con la folata di vento. Avanzai cauta verso il negozio, entrando. Non era un bel negozio, anzi... però era lì che finivano i passi di quel bambino. Era un negozio d'articoli sportivi, in risalto però... c'erano ancora quelle vesti da militare. Fucili, bombe a mano dissinescate, scarpe, cappello, pantaloni, gilet e molto altro. C'erano anche delle foto che ritraevano Centralia al tempo della guerra. Le pareti erano di un bianco sporco con incorniciate alcune foto di laghi e parchi divertimenti. C'era anche, fotografato, il lago di Bridweell.
Ad un certo punto, sentii un rumore tra gli scaffali. C'era qualcuno lì. D'istinto alzai la pistola, mantenendo il dito sul grilletto pronta a sparare, se ce ne fosse stato bisogno. Girai per lo scaffale e vidi un uomo di spalle. Era moro e portava una maglietta bianca sportiva con pantaloni stile militare. Forse doveva essere il proprietario di quel posto ma... quella postura alta ed elegante. Le spalle larghe e vittoriose. 
"Matt?"
Lo chiamai. L'uomo si girò lentamente, sorridendomi in un sorriso malizioso. In effetti... era uguale a Matt, se non fosse per gli occhi e il modo di vestire. Portava un tatuaggio con un teschio disegnato sul braccio. Matt non l'aveva. I suoi occhi erano gialli petrolio, Matt aveva gli occhi neri. Neri come il mare in tempesta.
"Scusami... io credevo che tu fossi..."
"Assomiglio forse al tuo fidanzato?"
Chiese lui con sempre quel sorriso a trentadue denti bianchi e perfetti, come quelli di Matt. 
"No... a mio marito morto."
Mormorai, ancora scossa. Non mi capacitavo di come poteva essere uguale a Matt. Non aveva fratelli gemelli, almeno da come sapevo io... non mi capacito.
L'uomo mi superò, tornando indietro a sistemare alcuni scaffali alle mie spalle.
"E' impressionante! Potreste essere gemelli... La postura, il viso, i capelli... solo l'abbigliamento e gli occhi cambiano."
L'ouomo sospirò, voltandosi verso di me.
"Il mio nome è Matteo."
Anche il nome era simile. Possibile coincidenza? Possibile che stavo diventando pazza come Carmine?
"Scusa. E che sei così simile a lui..."
Matteo sorrise appena, continuando a guardarmi.
"Sei venuta a trovarlo al cimitero?"
"No... a dire il vero mi sta aspettando nel nostro 'posto speciale'. E solo che... non ricordo quale."
Risposi, abbassando di poco lo sguardo. Non mi fu difficile intuire lo sguardo perso del proprietario di quel posto. Forse stava facendo un' ipotesi di chiudermi in un Saniterium. Ne sarebbe valsa la pena.
"Ma non hai appena detto che è morto?"
"In teoria si... ma... è una lunga storia."
L'uomo rise appena. Si stava prendendo beffe di me, inutile negarlo.
"Comunque... hai visto un bambino per caso? Paffutello, occhi neri, capelli mogano, abbigliamento scolaretto?"
"No... non è passato nessuno. A dire il vero qui è deserto. La sola persona che ho incontrato è stato attraverso una porta di legno."
Cercò di ironizzare l'uomo. Si passò una mano nei corti capelli neri e mi guardò. Quindi... il bambino non era passato neanche di lì. Ma dove può essere? E' possibile che sia sparito nel nulla? E' possibile. Dannato, ragazzino!
"E, giusto per curiosità, dov'è questo 'posto speciale'?"
Alzai le spalle. 
"Non so... l'intera città era il nostro posto speciale. Però... ci sarebbe ancora l'albergo."
Risposi ad alta voce. Ma certo! Il Lakewiew Hotel. Ridava sulle sfonde del lago di Bridweell, dall'altra parte della città. Forse Matt si trovava lì.
"Umh. E l'albergo era il vostro 'posto speciale'? Lo credo bene."
A volte riusciva a farmi imbestialire una frase detta male, proprio come faceva Matt. Dovevo trovarlo! Girai i tacchi ed iniziai a camminare verso l'uscita. Ma lui mi fermò.
"Hey? Stavo scherzando. Mi dispiace."
"Tu non centri. Grazie comunque."
Mentii, riprendendo a camminare fuori dal negozio. Appena giunsi sul marciapiede, notai che Matteo mi stava seguendo.
"Vieni con me?"
Lui sembrò sorpreso.
"Vuoi lasciarmi qui? Con tutte queste orribili creature in giro?"
"No.. Buon Dio. Andiamo."
Risposi e, insieme, ci addentrammo nella fitta nebbia di Centralia. Lui mi seguì appena dopo di me. Restava sempre dietro di me, dietro le mie spalle. Uhm... paraculo! Pensai. 
Fortuna che non c'erano mostri nei paraggi. Niente cani, niente manichini e niente tizzi con la piramide di ferro in testa. 
"Non mi hai ancora detto il tuo nome..."
Già... vero. Continuai a camminare lo stesso, parlando.
"Catherine Streisand. Ma chiamami Kate."
Risposi, presentandomi. Lui emise un 'Umh' e restò zitto per tutto il tempo. Bene, ora sapevamo il nome di entrambi. Comunicare sarebbe stato più semplice. 
"Hey, Kate?"
Mi girai di poco verso di lui, fermandomi.
"Non è quel bambino?"
Guardai dove stava indicando e vidi quel bambino moro entrare in un edificio. Però è strano... Matteo non sapeva come fosse fatto quel bambino, come faceva a dire che era lui?
"S-si..."
"Vai. Seguilo!"
Mi disse, indicandomi l'edificio. La sala da Bowling. Avanzai, attraversando la trada e ritrovandomi di fronte al grande edificio in mattoni bianchi. Prima di entrare, vidi Matteo appoggiarsi vicino all'entrata.
"Tu non vieni?"
"Meglio di no. Aspetterò fuori."
Okay. Meglio così. Entrai nella sala da Bowling, sperando che quel pestifero ragazzino non scappasse di nuovo e mi disse delle risposte serie... anzi, che mi desse risposte e basta.



Note di un'anima Silenziosa:
Rieccomi con questo nuovo capitolo. Da oggi sarò più puntuale, giuro. Bene, qui conosciamo una nuova figura importantissima per lo svilluppo della story. Incontriamo questo uomo... Matteo. Apparentemente uguale a Matt e che, come abbiamo visto, lavora in un negozio d'articoli sportivi. Ma cosa si nasconde in verità dietro di lui? E quel bambino come sa di Matt? Cosa ci attende in quella sala da Bowling? Lo scopriremo nel prossimo capitolo... Adesso il prestavolto di Matteo (fotocopia di Matt Montgomery) quindi è:

Tom Cruise = Matteo.
Il prestavolto del bambino lo inserirò al prossimo capitolo, così inserirò anche il nome.
Un bacio,

Glory and Love.

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Capitolo 6
*** Prima Parte - Broken Trust Hospital ***


Letter From Silent Heaven


Palle da Bowling. Palle da Bowling da per tutto. Dopo tutto ero nell'edificio della sala di quel gioco. Odiavo il Bowling, riusciva a mettermi una sorta di nervosismo e agitazione addosso. Maledetto gioco! Dal canto mio, a me piaceva di più giocare a carte. Poker, Tre sette... ma non il Bowling. Si, c'erano persone che erano diventate importanti grazie a quel gioco ma non ero io di sicuro.
Appassionato di Bowling era, invece, Matt. Scossi la testa... pensavo un pò troppo a lui e così non mi concentravo su ciò che dovevo fare. Quel bambino, da come mi aveva indicato Matteo, era entrato qui. Dovevo trovarlo.
Entrai in una stanza che doveva essere la reception della sala da Bowling, da dove riuscivo a sentire delle voci. C'era qualcuno allora. 
"Allora... che ci fai tu qui?"
Chiese una voce maschile. Dalle fessure vidi due persone. Uno era quel maledetto bambino e un' altra era... Eve, potevo riconoscerla da i suoi capelli castani. Stava bevendo un qualche alcolico nell'angolo bar della sala. Il bambino stava seduto sullo sgabello e guardava quasi meravigliato quella donna.
"Sto scappando dalla... polizia."
Che fosse indigata anche lei per omicidio? Come la Cooleman?
"Hai ucciso qualcuno?"
Chiese il bambino, curioso di sapere qualcosa di quella donna. Con lei usava tutt'altro tono, sembrava quasi rispettarla. Che fosse suo figlio? Impossibile... anche perchè non le avrebbe parlato in quella maniera. Se fosse stata sua madre avrebbe mostrato di certo molta più dolcezza.
"No. Ma non mi crederebbero... perciò scappo."
Il bambino guardò la donna con confusione nel volto. La stessa espressione che aveva con me prima sul muretto. Era strano come quel bambino un attimo prima si mostrava tranquillo e vivace e un attimo dopo testardo ed arrogante.
"Umh. Buon per te... un' alcolista come te, però, mi rallenterebbe solo."
Amazza che vocaboli che usava quella peste! Fossi stata sua madre già lo avrei riempito di botte. Forse era giunto il momento di intervenire. Entrai in quella sala attraverso la porta di legno. Appena il bambino mi vide scappò attraverso la seconda porta d'uscita. Maledizione! Sulla pista da Bowling vidi un uomo a terra, morto ferito. C'era del sangue che usciva peccaminoso dalle sue tempie. Feci una mezza smorfia di disgusto, raggiungendo Eve all'angolo bar.
"Eve, ma che...?"
Provai a chiederle, indicandogli il morto. La mora alzò le spalle, non staccando minimamente le dita dal bicchiere con il liquido giallognolo. 
"Era già qui quando sono arrivata."
Di nuovo? Più che coincidenza doveva essere un'abitudine... quella di trovarsi in pessime situazioni con morti che giaciono sul pavimento. Ma la puzza non le dava fastidio? Avevo meglio da fare che mettermi a fare CSI, in questo momento.
"Sai chi era quel bambino?"
Eve guardò la porta da dove se ne era andata quella peste ed annuì, infine.
"Fabio. Si. E' un orfano di questa città. Un anno fa soffrì di respirazione e fu portato al Brokeven Trust Hospital della città, qui vicino. In seguito fu trasferito a Londra, al King's Edward Hospital, vicino il quartiere di Primrose Hill."
Forse era lì che aveva conosciuto Matt visto che affermava che io non l'amavo. Dovevo seguirlo... forse sapeva dov'era.
"A detto che sarebbe andato lì. Sta cercando una persona anche lui. Un uomo."
Forse era proprio Matt. Meglio controllare.
"Grazie, Eve. Riguardati."
Le dissi, raggiungendo la seconda porta d'uscita della sala da Bowling. La seconda uscita ridava sul cortile posteriore. Con quella nebbia quella peste poteva essere andato ovunque. Accidenti a lui! Tra la nebbia vidi qualcuno correre nella mia direzione. Era un affannoso Matteo che si reggeva a stento in piedi.
"Ho visto quel bambino... correva in quella direzione. Gli ho detto di fermarsi ma non mi ha dato retta. Presto, dobbiamo seguirlo!"
A passo svelto, lo seguii lì dove aveva perso le sue tracce. La nebbia si era fatta ancora più fitta e presto non avrei visto neanche la strada dove stavo camminando. Fabio... chissà da quanto conosceva Matt. Forse da due anni, da quando è morto. Povero bambino. Forse non sa che Matt ora è... morto. Non so neanche io cosa mi abbia spinto in questa città. La speranza... chi di speranza vive, di speranza muore, purtroppo.
"Hey, Kate! Guarda lì!"
E mi indicò Fabio che stava entrando in una struttura ospedaliera. La porta era bianca fuori e aveva una croce rossa sul muro. C'era una targhetta in bronzo che recitava: Brokeven Trust Hospital. Dev'essere l'ospedale dove era stato ricoverato Fabio, un anno fa. Forse aveva dimenticato qualcosa. Seguita da Matteo entrai nella struttura, richiudendo la porta alle spalle. Il primo piano era perfettamente illuminato, per fortuna. Insieme a Matteo esplorammo per intero il primo piano. Quella peste doveva spiegarmi come faceva a dileguarsi ogni volta che entrava da qualche parte. Sentii il rumore di qualcosa... guardai per terra e vidi un peluche. Matteo si avvicinò a me e lo guardò.
"Sai che a Fabio piacciono i peluche? Quelli di cane, specialmente."
Come faceva a sapere che quel bambino si chiamasse Fabio? E che amasse i peluche? Io non gli avevo detto il suo nome e quel particolare non lo sapevo neanche io. Ma mi guardai bene dal fargli notare queste cose. Certo che... quel Matteo era davvero una persona misteriosa, oltre al fatto che assomigliava come una goccia d'acqua a Matt. Misi il peluche nella tracolla, continuando a guardarmi intorno.
"Forse è salito al secondo piano. Andiamo a controllare?"
"Si."
Risposi subito alla proposta di Matteo. Salimmo le scale della struttura, alcune di queste erano cigolanti. Molte volte tendevo a cadere e Matteo fu sempre pronto a sorregermi. Lo ringraziai con un mezzo sorriso. Il primo da quando l'avevo visto. Entrammo nel corridoio delle stanze del secondo piano. Erano molte... un corridoio immenso di stanze con numeri: A1, A2, A3, A4 e così via fino al numero 10.
Camminando per il corridoio, la radio nella tracolla ricominciò la sua interferenza e nel buio riuscì a sentire qualche lamento. Ci risiamo! Pian piano che la creatura che si lamentava venne alla luce della torcia nella mia tasca la vidi. Era un'infermiera indemoniata, sicuramente. Brandiva delle forbici anche lei, proprio come il mostro nel cortile. Impugnai il tubo di ferro e mi misi sulla difensiva. Appena l'infermiera provò a tagliarmi qualcosa io la colpì forte sulla testa. Ci vollero un pò di colpi prima che questa cadde a terra, la calpestai e dal suo bustò uscì del sangue. Era morta.
"Non sono umane queste cose."
Annuii alle parole di Matteo.
"Concordo. Esaminiamo le stanze?"
Lui annuì, accompagnandomi nella mia esplorazione. Così esplorammo le stanze partendo dalla A1. Arrivammo alla A9 quando Matteo, stanco di camminare, si sedette sul lettino della stanza. 
"Aspetta, Kate. Devo riposarmi un attimo."
Io non avevo tempo per riposarmi. Dovevo concentrarmi nel trovare Fabio e farmi dire come conosceva Matt e se l'aveva visto. Vidi Matteo estrarre dalla tasca dei pantaloni stile militare delle pasticche. Le ingoiò con tanto di rumore di sottofondo. Rise appena, sdraiandosi sul lettino.
"Sbronza della sera precedente."
Sorrisi appena, annuendo.
"Dovresti riposarti. Io andrò a cercare Fabio."
"Uhm.."
Rispose lui, chiudendo gli occhi. Quella stanza era illuminata appena dalla luce del comodino. Io non avevo tempo per riposarmi, però. Tornai indietro, raggiungendo la porta.
"Kate?"
Mi chiamò lui. Poggiai una mano sulla maniglia e mi voltai verso di lui. Era incredibile... avevano persino la stessa voce.
"Si?"
"Volevo chiederti... se non troverai Matt, che farai?"
Già... che cosa succederà se non riesco a trovarlo? Non ci avevo pensato. Mi ero messa in macchina ed ero arrivata lì. Senza pensare alle conseguenze, senza pensare a cosa succederà se fallisco. Molto probabilmente tornerò a Londra, a Primrose Hill. Dimenticherò tutto questo viaggio assurdo, se le cose andranno male.
"Non saprei."
Dico con sincerità. Certo... la cosa più probabile e che torni a casa, dimenticando tutto... ma come continuerò a vivere dopo questo? Tutti gli avvenimenti qui, mio marito... Sospiro. Abbasso la maniglia e apro la porta, uscendo dalla stanza. Richiudo la porta, dirigendomi alla stanza A10. L'ultima del secondo piano. 
Appena apro la porta vedo una rampa di scale che porta in cima. Le inizio a salire, ritrovandomi di fronte ad una botola. Era aperta e molto leggera perciò mi fu facile aprirla. Sentivo freddo... molto probabilmente conduceva al tetto. Feci peso sul mio corpo, entrando definitivamente. Richiusi la botola, notando che il cielo era buio. Era ricalata la notte. Fortuna che con la torcia riuscì a scorgere qualcosa in fondo alla rete. Mi chinai e vidi un diario aperto. Non mi fu difficile riconoscere la caligrafia di Matt.
"11 Aprile 2011,
Le giornate qui sembrano non finire mai. Di tutta la struttura amo il tetto. Mi piace volare e piace anche a Catherine, mia moglie. Ricordo ancora la nostra vacanza a Centralia. Fu una bella esperienza, specialmente andare in canoa. Ma... sono anche consapevole che questi sono i miei ultimi giorni di vita. Il medico ha detto che posso tornare a casa ma non so fino a che punto Kate sia contenta di vedermi. Per lei ormai sono diventato un peso e me ne rendo conto da solo. La sua faccia è così... sciupata e ne sono io la causa. Questo mi fa star male. Spero solo che la cena sia a base di verdura, ne sono in vena.
Matt Montgomery.
"
Matt... è questo che pensavi? Che per me eri un peso? Ma chi... ti aveva messo in testa queste cose? Tu? Un peso? Ma neanche per idea. Ti amavo e ti amo tutt'ora. Come potevi essere un peso per me, he?! Oh, Matt! Dammi una seconda oppurtinità, ti prego... Una lacrima scivolò sul mio viso. Poco dopo sentii dei lamenti. Mi voltai e vidi la testa di piramide che mi stava scagliando contro il suo spadone. Indietreggiai, finendo con la schiena sulla rete. Accadde tutto in un attimo. La rete si ruppe e cadde giù e con lei anche me. Questa era davvero la fine? No. Atterrai sul suolo dell'erba. Non avevo neanche un osso rotto. Com'era possibile? Mi alzai, ripulendo i vestiti. Certo che avevo fatto un bel volo... sentivo ancora da qui i lamenti di quella creatura. Entrai nell'unica porta esistente e accessibile, ritrovandomi in un corridoio. Doveva essere il primo piano... invece sulla mappa lì vicino segnava che mi trovavo al terzo piano, ancora. Dalla stanza vicino sentii una voce maschile. Aprii la porta e vidi Fabio a terra che giocava con alcuni peluche di cane. Mi avvicinai, guardandolo e anche lui si era accorto della mia presenza.
"Finalmente. Mi sono stancata di correrti dietro, ragazzino!"
Esclamai, restando con la voce calma. Fabio mi guardò spaesato, alzandosi da terra.
"Non sapevo che mi stavi rincorrendo."
Lo ignorai completamente. Ero ancora scossa per ciò che avevo letto. Come poteva Matt pensare che per me era un peso? Lui era la mia unica ragione di vita. L'unica davvero per la quale valesse la mia vita.
"Come fai a conoscere Matt?"
Gli chiesi. Stavolta non mi accontentavo di un semplice: 'non sono affari tuoi.' Quella pesta adesso mi diceva tutto ciò che sapeva su Matt e se l'aveva visto. Fabio si alzò da terra, avvicinandosi a me.
"Bhè... io e Matt eravamo amici. Siamo stati ricoverati al King's Edward Hospital insieme, un anno fa."
Un anno fa? Che faceva, mi prendeva in giro? Sapevo che Matt era morto non uno ma ben due anni fa. Come faceva Fabio ad averlo conosciuto solo un anno fa? Quello era troppo.
"Bugiardo!"
Urlai, fuori di me. Ma subito dopo mi accorsi di aver fatto un pessimo errore.
"Okay. Non credermi se non vuoi ma questa è la pura verità!"
Mi disse con voce altrettanto alta lui. Mi calmai... farselo 'nemico' non era certo il modo migliore di 'collaborare' per trovare Matt. Forse era meglio uscire da lì anche.
"Scusami, Fabio. Ma... Matt è morto. Due anni fa. Come hai potuto conoscerlo solo l'anno scorso?"
Chiesi, cercando di farmi due conti. Eppure no... non sbagliavo. Matt era morto due anni fa.
"Io l'ho conosciuto davvero. Lo stavo appunto cercando anch'io."
Okay. Forse era meglio vederci chiaro in quella faccenda. Prima di tutto era meglio uscire da lì.
"Va bene. Vieni, Fabio. Usciamo da qui così mi spiegherai meglio."
Inizialmente il bambino fu titubante ma poi accettò il mio invito e mi seguì.
"Non riesco a capacitarmi di come tu non abbia nessun graffio."
Gli dissi, uscendo dalla stanza con lui.
"Dovrei?!"
Mi chiese con una punta di ironia. Davvero non sapeva...? Eppure quel posto metteva i brividi a me che ero una venticinquenne e a lui che poteva avere... quanto? Sette? Otto anni? Niente.
Arrivammo dall'altra parte del corridoio quando all'improvviso si fermò.
"Euhm...?"
Mi tirò un braccio per dirmi di voler qualcosa. Abbassai lo sguardo su di lui, attendendo una qualche sua parola.
"Ho dimenticato la lettera..."
"Quale lettera adesso?"
"La lettera di Matt..."
Matt? Aveva lasciato una lettera? Probabilmente quella che aveva in mano quando l'ho incontrato sul muretto dell'asilo. Se era così... dovevamo andar subito a prenderla.
"Mi accompagni?"
Mi chiese con voce speranzosa e occhi lucidi. Classica espressione che mia madre chiamava 'faccia da cane bastonato'. Annuii, divertita e mi feci guidare da lui. Mi portò in una stanza buia, illuminata solo dalla mia torcia.
"E' lì giù.."
Mi indicò la scrivania in fondo alla stanza. Io non vedevo niente, però. Entrai a passo lento, guardandomi intorno.
"Lì giù. Non fermarti!"
Mi disse a bassavoce. Non sapevo perchè parlasse così piano. Odiavo quando le persone parlavano a bassavoce senza un motivo. Mostri non c'è ne erano, infermiere neanche... Andai in fondo alla stanza e rovistai tra le varie carte cliniche ma non trovai nulla. Quando mi voltai per chiedere a Fabio dov'era di preciso, la porta si chiuse con un tonfo. Diamine! Raggiunsi con uno scatto la porta e la provai ad aprire. Ma nulla... quella piccola peste teneva salda la maniglia dall'altra parte.
"Apri, Fabio."
Gli dissi con tono calmo. 
"Ah, ah, ah."
Di risposta, lui mi fece il verso. Ma guarda tu che situazione! Improvvisamente nella stanza si sentì uno strano rumore, proveniva dall'alto. Guardai in sù e notai che il soffitto non c'era, si vedevano le stelle coperte dalle nubbi scure. Dal cielo stavano cadendo strani cosi. Erano piene di sangue e ruggine... di nuovo e si muovevano in avanti e indietro. Emettevano lamenti molto simili a quelli di testa di piramide. Penzolavano dal cielo e non toccavano terra, arrivavano all'altezza del mio viso. Mi facevano paura.
"Razza di peste. Apri subito questa porta!"
Urlai stavolta. Dall'altra parte, Fabio continuò a farmi il verso.
"Parola magica?"
E intanto quelle strane creature si stavano avvicinando.
"Apri questa porta!"
Urlai più forte. Ma questo non servì a niente se non a far arrabbiare ancora di più quei cosi che penzolavano dal cielo. Si stavano avvicinando sempre di più.
"Sbagliato. Daltronde io sono una peste bugiarda, no?! Credo proprio che ti lascerò qui... Addio."
No. Non poteva lasciarmi nella... merda! Sentii i suoi passi allontanarsi... diamine!
"Fabio! Fabio!"
Razza di peste... questa me la pagava. Aveva chiuso la porta a chiave. Di bene in meglio. Quelle cose si stavano avvicinando, erano due.  Restava solo una cosa da fare... presi la pistola e la puntai contro quei cosi. Iniziai così a sparare prima a uno e poi ad un altro, evitando i loro tentacoli viscidi che riuscivano a prendermi la gola e a stringere forte. Un pò di volte ero caduta nella loro 'trappola', ma dopo aver capito il meccanismo seppi io come farli cadere nella mia di trappola. Scappai a destra e sparai, scappai a sinistra e sparai. Lo feci per un pò di volte fino a quando le due cose non si fermarono. Significato che erano morte. Dopo ciò dal cielo iniziò a piovere, per la prima volta era la pioggia a cadere dal cielo. Niente nebbia e niente cenere. Pioggia. Solo pioggia. Divenne così tutto buio.. illuminato solo dalla torcia nella mia tasca della maglietta. Dal corridoio dell'ospedale sentii qualcosa. Le ruote di una barella e una voce.
"Kate... Kate... Kate..."
Stavolta era forte e chiara. Ne ero sicura. Era Matt e si trovava lì. Ora rimaneva scoprire dove... Sorrisi da sola, spalancando la porta dell'atrio dell'ospedale. Ma ciò che vidi non fu piacevole. Ciò mi portò ad adorare la Centralia di prima. In tutto e per tutto.








Note di un'anima Silenziosa:
Ed eccomi con un altro capitolo. Come avrete notato andrò veloce perchè ho ispirazione, per la prima ed unica volta. Due capitoli pubblicati in un solo giorno. Dunque... qui abbiamo rincontrato Eve Smarskylde nella sala da Bowling e ci svela qualche informazione sul bambino e qui capiamo che si chiama Fabio. Bambino molto pestifero la quale va data una bella strigliata, he?! Ma qui ci rimane un dubbio: perchè Fabio non riesce a vedere i mostri? E Matteo lo rivedremo ancora? E Matt? E' davvero all'interno della versione alternativa di questo ospedale? Non resta che scoprirlo leggendo il prossimo capitolo... il prestavolto di Fabio:

Bradley Steven Perry = Fabio.
Un bacio,
Glory and Love.

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Capitolo 7
*** Prima Parte - Broken Trust Hospital (Versione Alternativa) ***


Letter From Silent Heaven


Erano coperte di sangue e ruggine le pareti che ora ricoprivano il Broken Trust Hospital di Centralia. La voce di prima aveva, come dire, aperto il sipario dell'ormai conosciuta versione alternativa della città.
Cos'era la versione alternativa?
Bella domanda. Ancora oggi non so dare una risposta chiara. Nel freddo corridoio dell'ospedale sento come una forza malefica che mi punisce. Una frusta che colpisce la mia carne nuda facendola sanguinare. Il sangue è scuro, quasi nero. Non capisco perchè continuo a sentirmi così ma non è certo una cosa normale. 
Fabio... piccola peste! Chissà dov'era finito adesso... i passi che si allontanavano li avevo sentiti attraverso la porta della stanza. Scendevano le scale. Che Fabio stesse scappando attraverso l'uscita secondaria? Meglio verificare. 
Noto con sorpresa che l'ascensore funziona. Ed è proprio quel "grande mostro di ferro", come lo chiamavo da bambina, ad aprirmi le porte. Entrai con passi lenti, quasi indecisi, toccando il suolo dell'ascensore. C'è una fila di pulsanti... alcuni non funzionano e l'unico che sembra partire è il secondo piano. Lo premo e sento l'ascensore scendere. In quel momento ricordo di Matteo, ancora nella stanza a riposarsi. Sarei dovuta andare a riprenderlo per dirgli che Fabio era scappato, di nuovo. 
L'ascensore si fermò, aprendo le porte. La radio riprese la sua interferenza. Di bene in meglio... mi misi sulla difensiva con il tubbo di ferro, puntando la torcia prima a destra e poi a sinistra. Anche le pareti del secondo piano erano piene di sangue e ruggine. Sembrava quasi una struttura inutilizzabile.
Come pensavo c'erano due infermiere che brandivano ancora le forbici. Prontalmente, io le uccisi tutte e due, prima di dirigermi nella stanza A9, dove avevo lasciato Matteo riposare. Entrai, trovando anche quella stanza del tutto cambiata. Qui, le pareti, erano ricoperte da dei lenzuoli bianchi, sporchi, e si sentiva un respiro affannoso. Come quando rare volte mi ero sentita male. Sul comodino notai le pillole che poco fa Matteo aveva ingerito. Anche ora si sentiva male?
Dovevo trovarlo. Uscii dalla stanza, attraversando il corridoio, ritrovandomi la rampa di scale. Qualcosa attirò la mia attenzione e guardai giù.
Il rumore di una porta che sbatte e proveniva da i sotterranei.
L'ascensore non funzionava... l'unica cosa era scendere le scale. Ad ogni gradino che facevo, i passi sembravano più chiari come se quella persona stesse correndo vicino a me. Era una strana sensazione... quasi brutta. Infatti se guardavo il pavimento, illuminato con la torcia nella mia maglietta, vedevo delle tracce di sangue che prendevano la forma della suola di una scarpa. 
Si fermarono davanti la porta del sotterraneo. Con mano tremante aprii ed entrai. 
Camminai lungo il corridoio, mettendomi sempre sulla difensiva nel caso ci fosse stata qualche infermiera. Avanzai ancora fino a notare una sedia a rotelle per terra. Con una ruota ancora che girava. Da lì partiva un' enorme stiscia di sangue che girava l'angolo. Prima di svoltare a destra del corridoio presi un bel respiro, riprendendo la pistola nella borsa e riponendo il tubo di ferro. 
"Ah, Kate!"
Sentii come in un sussurro quando mi affacciai al continuo del corridoio. Il tono di quella voce era... roco. Mi ricordava tanto la voce che aveva Matt nei nostri rari momenti di passione. Quella voce era come se fosse felice di avermi lì.
Metteva quasi i brividi al solo pensiero di essere osservata da qualcuno. 
Osservai la striscia di sangue, continuava fin dentro l'ascensore e sulle porte di ferro, colorate di un verde scuro e chiaro, notai dei fori. Chiunque era stato lì doveva aver sparato con qualcosa a raffica, riuscendo anche a colpire il suo obbiettivo a giudicare da tutto quel sangue sparso per il corridoio. 
Deglutii. Non era una buona idea aprire l'ascensore per vedere cosa nascondesse. Se da sopra l'ascensore non arrivava un motivo c'era e di certo non volevo scoprirlo ora. 
Stavo per tornare indietro quando sentii dei lamenti. Provenivano nella porta vicino l'ascensore. Alzai la pistola, voltandomi verso quella direzione. Stavolta sembrava più qualcuno che stava soffocando... o meglio che stavano soffocando. Riuscivo a sentire il respiro mancarmi e la forza nelle braccia anche. Strinsi i denti e spalancai la porta, urlando.
Quella strana sensazione sparì non appena illuminai la stanza. Anch'essa malandata ma almeno non c'era sangue ovunque. Iniziai a guardarmi intorno, trovando delle munizioni per mitraglietta e l'arma per l'appunto lì vicino. Chiunque deve averla dimenticata dev'essere stato lo stesso che ha sparato alle porte dell'ascensore. 
"Kate!"
Sentii dietro le mie spalle. Sorrisi, voltandomi, e senza pensarci risposi:
"Matt!"
Ma appena la luce della torcia illuminò il volto di colui che mi aveva chiamata, la mia espressione cambiò. Non era Matt, come avevo soltanto pensato per un attimo che fosse lui?
"Oh... Matteo. Ti stavo cercando, non eri nella tua stanza. Scusa..."
Lui scosse la testa con un' espressione alquanto arrabbiata e delusa. Lo so. Dovevo aspettarlo e girarmi le altre stanze del secondo piano, ma non appena avevo sentito la porta del seminterrato sbattere... avevo pensato fosse Fabio.
"Ma comunque... stai bene, no?!"
Azzardai a dirgli. Pessima mossa. 
Quando Matteo riportò il suo sguardo su di me era furioso. Mentalmente contai fino a tre. Meno 1... 2... 3... infatti esplose:
"Comunque? Che vuol dire Comunque? Non sembri felice di vedermi e... Dio! Non sono mai stato impaurito così tanto in tutta la mia vita. Ci sono mostri orribili lì fuori. Ma tu no. Tu pensi solo a quel tuo marito morto, non è così?!"
Abbassai lo sguardo. Aveva ragione. Dovevo aspettarlo... avevo sbagliato. Mi sentivo, stranamente, in colpa per ciò. In colpa già... ma per cosa? 
Perchè avevo dimenticato Matteo al secondo piano? 
"Tu devi... prenderti cura di me. Così come io di te."
Lo fissai perplessa. Che cosa voleva dire? Che mi avrebbe seguita ovunque sarei andata? E' strano... quando lo guardavo avevo la sensazione di avere tutto ciò che avevo sempre desiderato.
Il mio defunto marito non mi aveva mai detto cose di questo genere. Mi fa pensare più al fatto che lui sia una visione di come lo volevo io Matt. Nomi similissimi, aspetto uguale... quale altre coincidenze possono capitare ancora?
Dun'tratto, Matteo mi abbracciò, stringendomi a se.
"Hai ragione. Scusa."
Mi sentivo così in colpa ma cercai di non pensarci. Lui scosse la testa di nuovo e sciolse l'abbraccio, tornando a guardarmi negli occhi. Ora, la luce della torcia, era puntata nel suo viso e riuscii a vederlo meglio in volto.
"Hai trovato Fabio?"
Mi chiese, guardandosi intorno.
"Si. Ma è scappato."
Notai che nei suoi occhi c'era una strana preoccupazione, come se conoscesse bene quel bambino.
"Lo conosci per caso?"
Chiesi, guardandolo. Matteo si strinse nelle spalle per il freddo che faceva lì sotto.
"No. Ma mi preoccupo. E' così solo in un posto come questo..."
Già. Anche io mi preoccupavo per quella piccola peste, in fondo era solo un bambino. Aveva due guanciotte rosse che avrei stretto volentieri tra le mani e gli avrei fatto le pernacchie sopra. A tale pensiero sorrisi. 
"Hai ragione. Sarebbe bene girarci questa sorta di versione alternativa per trovarlo, no?!"
Lui annuì, e insieme uscimmo da quella lugubre stanza.
Tornati nel corridoio, inziammo a camminare vicini. Quando riattraversai il corridoio con la sedia a rotelle sul pavimento sentii nuovamente quel lamento. Matteo si girò verso di me, avendolo sicuramente sentito anche lui.
"Proviene da lì."
E mi indicò una porta gialla con macchie di sangue e un mezzo vetro rotto al centro. Entrai prima io, venendo seguita subito da Matteo appena dietro di me. 
Era un lungo corridoio con svolti e poche luci accese. Fortuna che la mia torcia era ancora carica. D'improvviso sentii un rumore dietro di noi, come qualcuno che trascina qualcosa di pesante. Improvvisamente ripensai alla testa di piramide degli appartamenti. Diamine!
La conferma la ebbi quando Matteo mi urlò:
"Catherine, corri! C'è qualcuno dietro di noi, corri!"
Iniziammo così a correre, svoltando a destra e sinistra in quella specie di corridoio stretto che sembrava un vicolo. Non so come sarebbe finita ma speravo di trovare una porta alla fine di questa corsa.
Matteo iniziò a respirare a fatica, sintomo che si stava stancando. 
Alla fine del corridoio notai un ascensore a porte aperte. Fortuna, speravo solo che funzionasse. Mi precipitai dentro e guardai Matteo che mi stava raggiungendo. Appena tentò di saltare, però, le porte di ferro si chiusero, incastrando una sua mano. 
"Kate! Kate!"
Urlò lui dall'altro lato delle porte. Cercai di fare pressione sulle porte, facendo aprire ma niente. Erano bloccate. Accidenti! Non potevo mica lasciarlo lì però! 
Sentivo anche da dentro i passi di quella creatura e i suoi lamenti da cane ferito, mentre Matteo continuava ad urlare, terrorizzato.
"Sto cercando di aprire le porte... non ci riesco!"
Urlai io, cercando di farle aprire. Ci fu un ultimo urlo prima che le sue parole vennero spezzate. Da lì, ferma, potevo sentire qualcosa affondare nella carne. La conferma la ebbi quando gli schizzi del suo sangue mi arrivarono fin dentro l'ascensore, macchiando le mie gambe e i vestiti che indossavo. 
Sentivo anche quello spadone rigirarsi nella carne e le parole strozzate di Matteo interrompersi a metà, quasi in un sussurro. La mano si ritrasse e le porte si chiusero. L'ascensore iniziò così a scendere.
Chiusi gli occhi, buttandomi contro la parete e cadendo sempre più giù, al suolo verde chiaro dell'ascensore. Mi morsi le labbra, lasciando cadere alcune lacrime. La colpa era mia. Se avessi aspettato Matteo, se lui fosse entrato per prima...
Oh, Dio! Non ha senso, lo so... Ma è ugualmente la morte di qualcuno. Testa di piramide l'avrebbe pagata anche per questo. Partì il suono di una musica triste, mentre raggiungevo il primo piano. 
Uscii dall'ascensore, ritrovandomi nel corridoio. Niente interferenze e capii che la zona era deserta da mostri e infermiere. Avanzai, continuando ad andare in fondo al corridoio, trovando una porta ridotta in frantumi. Prima non era così. Dev'essere stato quel mostro.
Entrai e, curiosa, iniziai a rovistare in giro. Vidi qualcosa di illuminato da una lampada da scrivania. Era una mappa.. l'altro strato di mappa della città con delle chiavi. Vicino, c'era un biglietto che recitava:
"La morte... è solo il principio. 
Se sei davvero coraggiosa e ami il tuo Matt... allora torna nell'albergo Lakewiew Hotel, dall'altra parte della città. Hai dimenticato una cosa molto importante."

Il biglietto era anonimo. Che l'avesse scritto Fabio? Pensi al diavolo e... spuntano le corna. 
Alzai il viso e vidi la statura bassa di Fabio attraversare il marciapiede sotto l'unico lampione funzionante. Adesso dove stava andando? Presi le chiavi e lessi che sulla targhetta c'era il nome dell'Hotel. Bene. Controllai l'altro strato di mappa... per andare all'Hotel avrei dovuto attraversare il lago di Bridweell con una nave dal porto della società storica di Centralia. E pare che era lì dove Fabio si stava dirigendo...
Presi il tutto ed uscii dalla stanza, raggiungendo la porta d'uscita dell'ospedale. Tutto era ancora buio e dal cielo non cadeva nulla... la nebbia c'era sempre, però. 
E come non potevano mancare cani, infermiere e manichini? Correvo più che potevo, prendendo scorciatoie e addentrandomi dentro ai vicoli della città per raggiungere il St. William's Garden al più presto. 





Note di un'anima Silenziosa:
Ed eccomi nuovamente con il nuovo capitolo!
Dunque... qui Matteo ha fatto una brutta fine... poveretto, un pò mi è dispiaciuto. Ma è una cosa fondamentale che si saprà nel corso della vicenda.
Adesso la nostra protagonista sta raggiungendo il St. William's Garden, quartiere dove si trova la Società Storica di Centralia, dall'ultimo messaggio capiamo che probabilmente Matt si trovi al Lakewiew Hotel, dall'altra parte della città. Quindi per passare di lì dobbiamo passare prima alla società storica.
Chi incontreremo una volta lì? Come si evolverà la vicenda? E quella piccola peste di Fabio? Riusciremo a ritrovarla all'interno della società storica? Tutto nel prossimo capitolo...
Un bacio,

Glory and Love.

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Capitolo 8
*** Prima Parte - Società Storica di Centralia / Bridewell Prison ***


Letter From Silent Heaven


La chiave girò nella toppa della porta che conduceva all'interno della "Historycal Socety of Centralia". Spalancai la porta, urlando.
Alcune creature, per la strada del St. William's Garden avevano cercato di attaccarmi. Infermiere demoniache con bisturi, cani che grondavano sangue e ululavano al solo odore della fresca carne umana pulsante e manichini pronti a tagliarti la testa per far parte del loro mondo. Fabio era entrato qui...
Con la torcia illuminai l'interno. I vetri erano rotti e alcuni anche schiacciati per terra. Anche la Hall della Società Storica era piena di sangue e ruggine, forse molto di meno rispetto all'ospedale. Avanzai, entrando nell'altra stanza, dove c'erano i vari piedistalli per esposizioni. Sulle pareti sporche c'erano un sacco di quadri mancanti ma la mia attenzione si concentrò su uno in particolare. Mi avvicinai e lessi ciò che la descrizione diceva: "Il giorno del giudizio." Il quadro rappresentava lui. Testa di piramide. Il cielo del dipinto era tutto grigio e scuro, come se stesse arrivando una tempesta, dietro di lui c'erano un sacco di cadaveri che pendevano da delle sbarre a forma di letto che sembravano piombare dal cielo all'improvviso. Davanti c'era la sua grande statura... ora lo potevo osservare bene.
Aveva il petto nudo e una lunga gonna nera, sporca di sangue, che aveva all'altezza della pancia. Nelle sue grandi mani reggeva lo spadone con la quale uccideva le sue vittime. A coprire la testa e il volto la piramide di ferro con tre bulloni ai due lati e altri tre davanti.
Metteva paura anche solo vederlo nel dipinto e decisi di distogliere lo sguardo. 
Girai la testa e mi ritrovai il dipinto di una stanza dove nel pavimento c'era un profondo buco nero. La descrizione diceva: "La prigione dell'anima."
Sospirai, abbassando lo sguardo sull'ampio tappetto rosso scuro che ricopriva le tavole di legno del pavimento. Fu lì che sentì il rumore di vetri calpestati alla mia sinistra. 
Di scatto mi voltai con la testa e vidi una stanza buia con un grande squarcio nella parete che conduceva ad una rampa di scale che scendeva giù. Che fosse Fabio?
Presi a correre in quella direzione, scendendo la grande rampa di scale che sembrava infinita. Ad ogni gradino che scendevo mi pareva di sentire dei lamenti, degli urli... mi convinsi che era il mio subconscio.
Arrivai di fronte ad una grande porta di ferro. L'aprì e mi ritrovai in un lungo corridoio con una fila infinita di stanze. I lamenti mi portarono ad aprire la stanza proprio vicino a me dove c'erano delle fotografie in bianco e nero ed in seppia. Erano... i miei parenti? Ad un fianco c'erano anche i parenti di Matt, sua madre e suo padre. Ma come faceva la Società ad avere quelle foto? 
Senza darmi il tempo di riflettere su ciò, dei singhiozzi mi portarono ad osservare qualcosa nel pavimento. Una botola. L'aprì, stringendo i denti per quanto fosse pesante. Mi mostrò il buio... sembrava un buco molto profondo. Lo stesso buco del dipinto nella sala precedente... l'unica cosa da fare era scendere e controllare.
Feci un profondo respiro e mi buttai nel buco nero. Chiusi gli occhi, mentre sentivo il vento nei capelli... sperando di atterrare in una parte abbastanza morbida e non sull'asfalto altrimenti sarei morta sicuramente.
Mentre facevo mille pensieri sul mio atterraggio, rividi qualcosa nei miei ricordi. 
Era estate e c'era un sole che spaccava le pietre... eravamo a Londra, al St. Paul Church. Io scendevo da una elegante macchina antica, accompagnata dal mio padrino, vista l'assenza di mio padre. Il mio abito era bianco-avorio e non aveva strascico e ne velo. Una cosa semplice. Gonna lunga, fasce che coprono il seno e sotto l'abito una giarrettiera bianca con dei tacchi gioiello. I capelli erano acconciati in un modo perfetto da mia madre, la quale avvolta in un vestito color cenere, stringeva la mano alla Signora Montgomery, la madre di Matt. 
Era come rivedere tutto in un film.
Il mio padrino, Andrew Martin, mi accompagna lungo la navata mentre una marcia nuziale suonava soave, accompagnata da un "Ave e Maria" cantato da Lily Collins, compagna di liceo e superiori, la quale proprio alla sua festa avevo incontrato Matt.
Arrivo all'altare e saluto il mio futuro sposo con un sorriso felice, mentre il prete inizia la messa. Arriva il momento delle promesse e dello scambio degli anelli. Matt prende la mia mano e infila un anello al dito. Oro Gallese dove dentro c'è la seguente dedica: "Al mio amore di fiori di pesco, tuo Matty." Come lo chiamavo sempre io, Matty. 
Venne il mio momento... quelle parole non l'avevo mantenute alla fine.
"Io, Catherine Streisand, giuro solennemente di vegliare e amare solo te. Fino alla fine dei miei giorni. Ora e per sempre."
Ero stata una bugiarda. Lo sapevo e l'accettavo. 
La caduta terminò con me che atterrai su un morbido materasso. Sporco e morbido visto che atterrai su di esso e che sentivo sulle braccia qualcosa di appiccicoso.
Quando riaprii gli occhi costatai che era ruggine. Eppure non ero nella Dimensione Alternativa... Mi alzai rapidamente, pulendomi dalla polvere. Guardandomi in giro per la stanza sentii una risata provenire da una porta con la scritta: "Mensa". Una Mensa in una specie di museo? Era irreale.
Alzai le spalle e stringendo la mia Revolver tra le mani, spalancai la porta di ferro, entrando. La torcia fece luce in tutta la Mensa, stanza assolutamente disgustosa per il cibo avariato e la polvere sulle pentole, fino a far luce su una figura seduta per terra. Sopra lo squadicio pavimento c'era seduta una donna. 
-Eve?-
La chiamai, avanzando verso di lei. Vidi alla sua sinistra un morto seduto ad un tavolo, con la faccia dentro al piatto zuppo di sangue e con dei fiorellini rosa-fucsia che uscivano dalla sua testa. Sembravano Ciclamini...
Eve aveva in mano una pistola quando alzò il viso verso il mio.
-Oh, Kate! Che bella sorpresa, he?!-
Rispose, alludendo forse al morto. Mi portai le mani alla bocca, spaventata.
-Eve... sei stata tu?-
Le chiesi diretta, tornando a guardarla con un' espressione di rimprovero anche se ciò non era affar mio. Avrei contattato molto volentieri la polizia della Pennsylvania ma dubitavo che sarebbe arrivata.
Eve si alzò da terra con uno scatto che mi fece sobbalzare e stringere ancor di più la Revolver nelle mie mani.
-E come potevo non farlo? Quello stupido pervertito di Jonny Packman mi prendeva sempre in giro. Persino quello stupido cane... quello Shiba senza cervello, meritava di fare quella fine. Come il suo padrone.-
Dopo le sue parole, la sua espressione cambiò. Da arrabbiata divenne rilassata, come se non fosse successo niente. La sua Magnum d'orata rispecchiava alla luce della mia torcia e potei quindi vedere quando questa portò l'arma da fuoco alla tempia, sghignazzando.
-Non vedi com'è facile, Kate? Basta che tu prema questo grilletto e... BAM!-
Continuò, ridendo e imitando una pistola che sparava. Allontanò l'arma da fuoco dalla tempia, tornando a guardarmi. Sembrava pazza... poteva darsi la mano con Carmine, anche lui non era tanto sano di mente.
Eve rise, di una risata vera.
-Sto scherzando, Kate. Quel morto era già qui quando sono arrivata.-
Sospirai, sollevata. Solo allora mi avvicinai a lei che teneva una mano sulla maniglia della porta di ferro dietro di lei. Chissà dove conduceva.
-Eve... che cosa sta succedendo qui?-
-Se lo saprei, Kate, non mi troverei qui per cercare di capirci meglio.-
-Fantastico... che ne dici di girare questo posto in due? Correremo meno pericoli e...-
Ma Eve mi fermò con un gesto della mano, scuotendo la testa.
-Non c'è bisogno. Addio, Catherine.-
Aprì la porta e uscì fuori, senza darmi il tempo di replicare. Era pazza ad andare in giro da sola? Ero pronta a scommettere che quel posto era pieno di morti e mostri.
Mi guardai in giro... su un tavolo trovai del bisturi e una annotazione:
"A tutti i dipendenti della Prigione Bridweel,
le camere 111, 116 e 117 sono state chiuse in quanto i prigionieri delle rispettive celli si sono impiccati con le corde che pendevano dal soffitto. Diane Cooleman, Steer Hollidey e Morgan Keer, ambitre deceduti per impiccaggione. Anche se la Cooleman, dall'autopsia è stato rilevato che prima ha usato un bisturi per tagliarsi le vene e poi si è impiccata. Quando il collo si è spezzato, la Cooleman, quindi stava già per morire di emorrargia. Steer ha usato il bisturi, invece, per cavarsi gli occhi, e quando il suo collo si è spezzato era già ceco di un occhio solo. Anche l'autopsia del medico legale della Pennsylvania ha diagnosticato che è morto per emorrargia. Morgan ha invece usato il bisturi per tagliarsi i testicoli, anche lì il medico legale ha diagnosticato che è morto d'emorrargia. A tutti voi dipendenti siete, quindi, pregati di levare il sangue dalle celle per poter essere occupate da nuovi carcerati. In collaborazione con la Società Storica di Centralia, che ringraziamo, un saluto,
l'amministratore delegato,
Philips Riley O'Neil."

Rilessi più volte quell'appunto. Forse per trovare una via d'uscita sarei dovuta andare in queste tre celle. Per casualità, e anche per fortuna, vicino l'annotazione trovai una mappa. La mappa della Prigione di Bridweel.
Non era molto grande. Le celle 111, 116 e 117 si trovavano al primo piano, visto che la prima stanza cominciava già dal numero 100.
Decisi così d'uscire dalla porta che aveva usato Eve, magari l'avrei incontrata e l'avrei convinta ad aiutarla. Mi ritrovai in un corridoio molto stretto dove ovviamente c'erano tre mostri. Orribili esseri che si muovevano come se avessero il ballo di San Vito nelle vene. Sputatavano dal viso una sostanza verde e puzzolente. Colpii più volte i tre con la Revolver, sparandogli. Una volta colpiti, iniziai ad esaminare le stanze. Ma solo quelle riportate nell'appunto si aprivano. Esaminai, quindi, per prima la 111. Riconobbi essere la stanza di Diane Cooleman da alcune sue foto, vicino al letto. Trovai un bisturi di plastica, sporco di sangue, e lì vicino una bustina di plastica con una sostanza rosso scuro. Ero pronta a scommettere che fosse sangue. La misi in borsa ed uscii.
Esaminai la 116. La stanza di Steer Holliday, dove trovai degli occhi di plastica sul suo letto. Misi anche quelli nella borsa ed uscii. Ero poco ma sicura che tutto questo mi avrebbe portato ad un qualche enigma da risolvere. Infatti io non sbagliavo mai...
Quando entrai nell'ultima stanza, ciò che vidi mi fece tremendamente disgusto che dovetti combattere contro me stessa per non vomitare. Il letto sporco di sangue, con le sbarre piene di ruggine. Sulle coperte sporche c'erano... i testicoli di Morgan. Sulla scrivania vidi un manichino con delle cose tolte. Mancavano gli occhi, del sangue e i testicoli giù. Presi questi ultimi dal letto e misi la borsa sulla scrivania. L'aprii, estraendo i seguenti oggetti raccolti. Misi i due occhi alle orbite del manichino, il sangue nelle braccia e i testicoli tra le gambe. Improvvisamente sentii un meccanismo che scattava. Voltai lo sguardo fuori dalla cella e vidi che si era aperta una botola. Recuperai la borsa e mi avvicinai. Mi inchinai e osservai l'interno, c'era una lunga scala che portava giù. 
Deglutii, iniziando a scendere rapidamente. Quando toccai terra me ne accorsi subito. Da cosa? Dall'acqua su i piedi. Il fondo era pieno d'acqua che mi arrivava alla caviglia. Contando che avevo i sandali, potevo sentire l'impatto freddo a contatto con la pelle calda. Con la torcia esaminai il posto. Sembrava un pozzo e aveva due corridoi. Presi ad andare a destra, entrando in una grande stanza completamente... blindata. Pareti e pavimento blindati. Vicino a me c'era una specie di cubo... con colori scomposti. Iniziai a manovrarlo, scomponendolo e ricomponendolo. Alla fine riuscii a far combaciare due colori: il verde e il bianco. 
Alle mie spalle si aprii una parete, che si vedeva una luce in fondo... una luce molto intensa.
Presi a correre verso la luce ed entrai una stanza. Di fronte a me c'era qualcuno seduto che rinobbi subito. Era Matteo. Ma... non era morto? Mi sedetti di fronte alle sbarre che lo dividevano da me.
-Catherine, cara, è successo qualcosa quando ci siamo separati in quel lungo corridoio? Mi stai, forse, confondendo con qualcun'altro?-
Mi chiese... mentre la mia espressione era pari a quella di chi ha appena visto un fantasma di fronte a sè. Matteo rise, divertito della mia espressione.
-Sei sempre stata sbadata. Come quella volta all'Hotel, ricordi?-
L'hotel... ma come faceva a saperlo? Che fosse... Matt?
-Matteo?-
Chiesi, guardandolo negli occhi.
-Dimenticasti lì la videocassetta. Mi chiedo se sia ancora lì...-
-Come fai a saperlo? Sei... Matteo?-
Lui mi guardò, con intensità e serietà nel volto. Mi metteva un brivido di paura addosso.
-Non sono il tuo Matt.-
-Allora sei... Matteo?-
Lui incrociò le gambe, annuendo.
-Si, se tu lo desideri.-
Lo guardai interrogativo... che voleva dire "se io lo desideravo"? 
-Che significa?-
Lui si alzò, ridendo. Mi fece segno di avvicinarmi alle sbarre e non esitai. Dopo tutto era... Matteo, cosa poteva mai farmi di male? Anche se ora era mezzo confuso io sapevo che era Matteo.
-Lo senti, Kate?- 
Mi chiese, poggiando le sue calde mani sulle mie guancie.
-Lo senti come sono caldo, Kate? Si? Sono reale.-
Questa era la prova che chi avevo davanti era Matteo. Insomma... Matt mi sarebbe saltato addosso senza pudore.
-Che ne dici di fare il giro e venire qui? Con queste sbarre non posso fare tanto.-
Sicuramente alludeva a qualche altra cosa. Una cosa che mi mancava da molto tempo. Deglutii, alzando una mano. 
-Ok. Io faccio il giro, tu resta qui.-
Matteo rise, come se potesse muoversi. 
Una volta che ebbi ripreso il pieno delle mie facoltà mentali tornai indietro. Dovevo trovare un'altra strada per andare da Matteo e liberarlo. E... si anche quello, ma ci sarebbe stato dopo il tempo per concedersi una "pausa". 
Tornai alla stanza blindata, ripercorrendo il sentiero di prima. Stavolta presi la strada di Destra dove incontrai subito una porta. L'aprii, incontrando un corridoio ben fatto senza sangue o ruggine. Troppo ben fatto per stare lì sotto.
Presi a camminare per il corridoio fino a quando non sentii uno strillo maschile. Proveniva dalla porta alla mia sinistra. 
Senza pensarci due volte l'aprii, senza pensare a cosa andavo incontro.



Note di un'anima Silenziosa:
Dopo moltissimo tempo sono tornata ad aggiornare con questa fanfiction!
Dunque... qui rincontriamo Matteo? Un pò confuso a dire il vero... ma a tutto c'è una spiegazione logica. Siamo nel tunnell delle Prigioni di Bridewell, appena usciti dalla società storica di Centralia. 
Cosa ci aspetterà in questa stanza? Di chi era quello strillo maschile?
To be continued...

Glory and Love.

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