La Tata

di Julia Bex
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 15 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Ho letto la versione originale di questa fan fic sul sito fanfiction.net e mi è piaciuta così tanto che ho deciso di tradurla e pubblicarla qui per voi.
Avvertimenti: più in là con la storia ci saranno scene rosse. La storie e le idee non sono mie, io mi prendo il merito solo per la traduzione, tutto il resto è sotto copyright di Cassie Bones e del sito fanfiction.net
Precisazioni: la storia è ambientata nel passato, Castle ha 28 anni, Kate 19 e Alexis appena 5. Eccetto per piccole cose (es: la morte della madre di Kate) la trama non ha niente a che fare con quella di Marlowe. La vita dei nostri personaggi si svilupperà diversamente.
E' tutto, buona lettura. xx




Capitolo 1.

“Papà!, Papà svegliati!” piccole manine accarezzavano la guancia di Rick Castle che, aprendo un occhio,  si ritrovò davanti una sorridente testolina rossa con occhi azzurri come il ghiaccio.
 
“Che?” chiese. “Hai avuto ancora incubi?” Questo sogno ricorrente in cui giganteschi orsetti gommosi la rincorrevano le aveva impedito di dormire tranquilla nel suo letto o di mangiare alcun tipo di caramelle per due settimane. “Credevo fossero finiti.”
 
“Ma lo so!” esclamò Alexis, arrampicandosi sul letto e tuffandosi sopra il padre ancora mezzo addormentato, sorridendogli. “Però ti devi svegliare ora! Hai i colloqui per le tate e sono già le dieci in punto!”
 
Castle spalancò gli occhi non appena guardò l’orologio, aveva ragione! La prima intervista della giornata era alle undici e mancava già un quarto d’ora alle dieci.
 
Si precipitò fuori dal letto, cadendo sulle ginocchia prima di tornare in piedi e schizzare verso il bagno. Alexis scese dal letto subito dopo di lui tornando in camera sua per vestirsi, scuotendo la testa. “Devi imparare a essere più puntuale, papà!” gli gridò. Puntuale era una delle nuove parole che apprendeva da suo padre. Si sentì fiera di averla usata correttamente.
 
 
Kate era in ritardo, tremendamente in ritardo. Il suo colloquio era alle undici e mezza e mancava solo un minuto. Corse per la strada, deviando tra mamme con passeggini, uomini d’ufficio e venditori ambulanti, finché non si fermò di fronte al palazzo 595 di Broome Street. Le ci volle qualche secondo per riprendere fiato prima di entrare nell’edificio.
 
Fortunatamente l’ascensore si trovava già al piano terra quando lo chiamò, e in qualche secondo si ritrovò all’ultimo piano a bussare alla porta di…
 
“Richard Rodgers,” lesse nell’annuncio del giornale che teneva in mano, parlava di un padre single in cerca di una tata per la figlia di cinque anni. Offriva cinquecento dollari a settimana, e non era niente male considerato che avrebbe comunque potuto continuare gli studi seppur lavorando come tata 24 ore su 24 a casa Castle. In più non sarebbe più stata costretta a vivere con suo padre. Si sentiva in colpa di esserne sollevata, ma dopotutto non poteva continuare a..
 
“Ciao!” Kate quasi non notò che la porta venne aperta da una piccola testolina rossa che le sorrideva smagliante. Ricambiò il sorriso, dolcemente.
 
“Ciao,” la salutò “tu devi essere Alexis, vero?” La bambina annuì. Kate sorrise e le porse la mano. “E’ un piacere conoscerti Alexis, io sono Kate.”
 
Alexis afferrò la sua mano. “Piacere mio,” disse “vuoi entrare?”
 
Kate annuì e Alexis la condusse all’interno dell’elegante salotto del loft, dove circa una dozzina di altre aspiranti tate erano sedute, coprendo ogni superficie della stanza. Kate cercò un posto a sedere ma non ne trovò nemmeno uno.
 
Alexis lo notò e la condusse nella cucina adiacente “Ti puoi sedere qui al bancone con me.” disse. Kate la ringraziò e prese posto accanto a lei, di fronte a una serie di fogli e matite colorate sparsi sul bancone.  Alexis era intenta a disegnare quando Kate arrivò, cercando di stare il più alla larga possibile da tutte le altre tate che si rivolgevano a lei come se fosse una neonata. Kate questo non lo faceva. Le chiese dei suoi disegni e sembrava anche interessata a quello che aveva da dirle. Alexis già sperava che Kate sarebbe stata la sua nuova tata, invece di tutte quelle altre che la trattavano da ignorante e parlavano con buffi accenti.
 
Kate continuava a guardare l’orologio mentre parlava e disegnava con Alexis. La piccola se ne accorse subito. “Devi andare da qualche parte?” chiese. Kate la guardò confusa.
 
“No,” disse, “perché me lo chiedi?”
 
Alexis fece spallucce. “Continui a guardare l’ora come se fossi in ritardo per qualcosa, il puto è che tu sei già qui, quindi..”
 
“Oh, è che il mio colloquio avrebbe dovuto essere dieci minuti fa; mi innervosisco quando le cose non cominciano puntuali. Ma non devo essere da nessun parte, eccetto qui.” Sorrise ad Alexis che ricambiò raggiante.
 
Improvvisamente la porta dell’ufficio di Castle si aprì. “Molte grazie Mrs. Ungermire, le farò sapere se ha ottenuto il posto. Arrivederci.”
 
“Arrivederci, Mr. Castle,” disse un’occhialuta anziana signora con un forte accento russo e un grosso neo sul mento. “Spero di ricevere sue notizie.” disse uscendo dall’ufficio.
 
Castle le sorrise educatamente. “Alexis, tesoro, accompagneresti gentilmente Mrs. Ungermire alla porta, per cortesia?”
 
Alexis annuì e saltò giù dallo sgabello per andare ad aprire la porta d’ingresso. Batté la mano sulla testolina di Alexis prima di uscire dal loft. “Grazie, signorina.” disse andandosene. Alexis mise il broncio e chiuse la porta, pregando che non sarebbe stata quella la sua nuova tata.
 
Nel frattempo Kate era rimasta scioccata. Si trovava di fronte a Richard Castle, autore di best-seller nonché di alcuni dei suoi romanzi criminali preferiti. Amava i suoi libri. Credeva di dover tenere un colloquio per un certo Richard Rodgers e invece…
 
Kate avrebbe voluto prendersi a calci da sola; il vero nome di Richard Castle era Richard Rodgers, come il teatro di Broadway. Avrebbe dovuto saperlo!
 
“Katherine Beckett?” chiamò Castle, guardandosi intorno sperando vivamente che non si trattasse dell’ennesima anziana, bisbetica signora.
 
Kate si schiarì la gola prima di alzare la mano. “Qui!” esclamò. Castle seguì la sua voce e spalancò gli occhi non appena questi si posarono sulla giovane donna che stava in piedi nella cucina, indossando un completo bianco e grigio. I suoi capelli castani erano legati in una comoda treccia da cui si potevano intravedere alcune mesh.  
 
Era assolutamente da togliere il fiato e il tacco tre che indossava le snelliva ancora di più le gambe e aggiungeva qualche centimetro alla sua già alta statura. Stava in piedi vicino ad Alexis che la indicava ripetutamente sorridendo, e alzando i pollici mentre lei camminava verso di lui. Non sapeva dire se Kate stesse arrossendo o se si trattava solo del trucco. Le sorrise ammaliato stringendole la mano. “E’ un piacere conoscerla, Miss Beckett.” disse rivolgendole uno dei suoi sorrisi più smaglianti.
 
Kate sorrise di rimando. “Piacere mio, Mr…non ho potuto fare a meno di sentire quella signora chiamarla Castle, come lo scrittore?” riuscì a dare un tono pacato alla sua voce e non a squittire come una fan davanti al proprio idolo.
 
Castle annuì. “Si esatto,” disse “non mi sembrava il caso di mettere il mio vero nome accanto all’indirizzo sull’annuncio, questo posto si sarebbe affollato nel giro di pochi secondi, non crede?!” Kate annuì e scosse la testa come per convincersi di non star sognando, prima di seguire Castle nel suo ufficio. Ce la stava mettendo tutta per contenere l’emozione.
 
Lui chiuse la porta e la fece accomodare su una sedia davanti alla sua scrivania, dietro la quale prese posto anche lui subito dopo. Osservò il curriculum che lei gli aveva inviato in risposta all’annuncio. “Qui dice che lei ha frequentato Stanford fino a poco fa, per poi trasferirsi in un Community College qui a Manhattan; come mai?”
 
“Ecco, è…sorta un’emergenza familiare che mi ha costretto a tornare qui. E il Community College è molto economico, e dopo tutti i prestiti scolastici l’economicità era la benvenuta. Sto studiando giustizia criminale ora e dovrei essere in grado di entrare nell’Accademia in un paio di anni.” Stava balbettando e se ne rendeva conto, si stava rendendo ridicola di fronte al suo scrittore preferito barra potenziale capo.
 
Castle si limitò ad annuire. “Davvero interessante,” commentò “l’accademia di polizia, suppongo?” Kate annuì e Castle sorrise calorosamente. “Sono sicuro che entrerà. Sembra una persona sveglia.” Kate arrossì e Castle tornò a leggere il curriculum. “Dice anche che ha posato che ha lavorato come modella durante l’estate per due anni e che ha fatto da babysitter per alcuni dei suoi vicini. Impressionante, qui nelle raccomandazioni dicono meraviglie di lei, Miss Beckett.”
 
“Può chiamarmi Kate, e darmi del tu.” disse piano. Castle annuì.
 
“Kate, quindi, le tue raccomandazioni sono magnifiche e sembra anche che tu sia particolarmente simpatica a mia figlia. Ho solo bisogno di un’ultima cosa.”
 
“Qualunque cosa.” Kate disse, il suo cuore che batteva all’impazzata.
 
Castle sogghignò, sporgendosi verso di lei come se dovesse confidarle un segreto.
 
“Quando puoi iniziare?” sospirò.


Eccoci qui con il primo capitolo!
Che ne pensate? Piaciuto? Ovviamente questo è solo l'inizio, il meglio deve ancora venire.
Fatemi sapere cosa ne pensate,
X
J.

 

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Capitolo 2

 Come pensava, Kate poté iniziare il Lunedì seguente e, dopo aver passato l’intera Domenica a traslocare tutte le sue cose nella camera degli ospiti, la quale era adiacente a quella della piccola Alexis nel caso ci fosse stata qualche emergenza o anche solo per la comodità di entrambe due, si trasferì a casa Castle.
 
Lunedì mattina Kate venne svegliata dall’incessante suoneria della sua sveglia più presto del solito. Erano appena le cinque, solitamente si alzava per la sua corsa quotidiana alle sei, ma dato che doveva portare Alexis a scuole per le sette e trenta era stata costretta a scalare di un ora l’orario del suo programma. Per lei era comunque meglio di rinunciare del tutto a correre.
 
Si tirò su a sedere sul letto, stiracchiando la schiena e il collo e ruotando le spalle avanti e indietro un paio di volte. Stranamente non si sentiva indolenzita come al solito, il letto della sua nuova stanza era molto più comodo di quello sul quale dormiva prima.
 
Kate si alzò e si piegò in avanti fino a toccare le dita dei piedi, allungando i muscoli delle gambe per prepararsi alla corsa di tre miglia che la attendeva. Finiti i pochi minuti di stretching aprì il suo armadio tirandone fuori un top e un paio di pantaloni yoga. Sperava che, a causa dello stretto top, il suo ombelico non fosse troppo visibile. Anche se dubitava che Castle avrebbe potuto farne un grande problema; sembrava un uomo molto più flessibile rispetto agli altri padri per cui aveva lavorato. Castle era molto più…bimbo. Un bambinone diciamo.
 
Si era trasferita il giorno prima, portando l’ultimo gruppo di scatoloni della sua roba, e aveva trovato lui e Alexis intenti a giocare a Laser Tag, nascondendosi dietro i mobili e rotolando a terra come fossero agenti segreti. Alexis l’aveva persino usata come scudo umano mentre cercava di arrivare illesa alla sua camera, ottenendo solo un grido di indignazione dal giovane padre.
 
“Hey! Non vale! Niente scudi umani!”
 
“Le regole non lo vietano!”
 
“Ora si!”
 
“Imbroglione!”
 
Kate aveva scosso la testa e guidato Alexis sino ai piedi delle scale per poi lasciarla alla battaglia e dirigersi verso la sua camera. Il fatto che fosse tutta per lei l’aveva sorpresa non poco, date le dimensioni.
 
Si infilò le scarpe da corsa e legò i capelli in una comoda coda, indossando le cuffiette dell’iPod e assicurando il filo al suo braccio così che non  sarebbe potuto cadere mentre correva per Central Park.
 
Quando fu pronta decise di scendere in cucina per bere un po’ d’acqua. Rimase sorpresa nel vedere Castle che già curiosava nel frigorifero.
 
“Mr. Castle?” disse, il cuore martellante nel petto. Ancora non riusciva a credere di lavorare per il suo scrittore preferito.
Il suo volto spuntò dal frigo, gli occhi semichiusi. Doveva essersi appena svegliato. Si svegliò un po’ di più alla vista della sua bella tata in tuta da jogging, mentre lui indossava semplicemente una veste e un paio di boxer.
 
Si raddrizzò immediatamente chiudendo il frigo e allacciandosi la veste. Le sorrise.
 
“Buongiorno Kate,” salutò, la sua voce ancora impastata dal sonno “..e ti ho già detto di chiamarmi Rick. Anche solo Castle va bene.”
 
Kate sorrise timidamente. “D’accordo allora. Ti dispiace se prendo un po’ d’acqua dal frigo, Castle? Sto per andare a correre.”
 
Castle annuì e aprì di nuovo l’anta del frigo, passandole una bottiglia d’acqua che lei prese rapidamente.
 
Oh, è così sexy. Castle non riuscì a dare freno ai suoi pensieri, ma dovette imporsi un minimo di controllo. Fa che rimanga nei pantaloni, è la tata di tua figlia!
 
Kate finì praticamente la bottiglietta in un sorso solo, prima di riempirla e ridarla a Castle. “Puoi metterla al fresco per favore? Dovrei essere di ritorno tra un ora.”
 
Castle annuì e fece quello che gli aveva chiesto senza esitare, sempre sorridente. “Lo sai, abbiamo una palestra di sotto. Puoi usarla se vuoi, è aperta 24 ore su 24, sette giorni su sette.”
 
Kate fece spallucce. “Forse in inverno. Mi piace l’aria fresca.” disse avviandosi poi verso la porta. “A dopo, Castle.” disse uscendo.
 
“Divertiti,” rispose lui dalla cucina “Se hai bisogno, starò dormendo.”
 
Kate ridacchiò divertita mentre si chiudeva la porta alle spalle. Castle sorrise e il suo cuore perse un battito al sentire il dolce suono della sua risata.
 
La corsa di Kate andò molto meglio di quanto si era aspettata. Aveva molta più energia del solito e decise di aggiungere un altro giro del lago di Central Park prima di fare ritorno al loft.
 
Quando tornò a casa tutto era piombato nel silenzio. Castle molto probabilmente era tornato a letto e Alexis ancora non si era svegliata. Kate guardò l’ora: le 6.18. Le avanzava ancora un po’ di tempo per una doccia veloce e per cambiarsi prima di svegliare Alexis. Prese la bottiglietta d’acqua dal frigo e la svuotò in pochi secondi per poi riempirla di nuovo e attaccarci un post-it col suo nome scritto sopra.
 
Salì le scale due gradini alla volta e decise che una doccia era assolutamente d’obbligo; era tremendamente sudata e l’odore non era dei migliori.
 
Uscita dalla doccia e cambiata con vestiti puliti per la scuola (una maglietta nera dei Beatles, jeans, e stivali col tacco) decise che era ora di svegliare la piccola di casa. Entrò in punta di piedi nella cameretta e si concesse qualche secondo per fermarsi ad osservarla. Sembrava così rilassata e tranquilla che quasi decise di lasciarla dormire ancora un po’, ma erano già le 7.30 e se avesse atteso ancora un po’ sarebbe arrivata in classe in ritardo. Si chinò su di lei e, dolcemente, cominciò a scuoterle una spalla per svegliarla.
 
I suoi occhi blu si spalancarono e osservarono Kate. “Finalmente,” disse Alexis mettendosi seduta “pensavo che non saresti mai venuta a svegliarmi.”
 
Kate sogghignò. “Da quanto sei sveglia Alexis?”
 
“Dalle sei e mezza quando ti ho sentito fare la doccia. Ho pensato che ci avresti messo poco per venire a svegliarmi, invece non arrivavi più!”
 
“Ti hanno mai detto che sei tremendamente drammatica?” ridacchiò Kate aiutandola ad alzarsi dal letto.
 
Alexis annuì. “L’ho preso dalla nonna, lei è un’attrice di Broadway! Papà non mi lascia vedere nessuno dei suoi spettacoli però, dice che non so abbastanza grande per quel genere di cose.”
 
Kate conosceva il tipo di opere in cui recitava Martha Rodgers, ne aveva vista una non molto tempo fa, e dovette ammettere che Castle aveva ragione. “Beh, forse,” disse “se fai la brava, il prossimo mese noi due potremmo andare a vedere qualche spettacolo adatto ai bambini. Che ne dici?”
 
Alexis sorrise raggiante. “Assolutamente si!”
 
Kate rise. “Bene, ora andiamo a vestirci. Cosa vorresti indossare oggi?”
 
Alexis ci pensò su un attimo, prima di decidere. “Un paio di jeans e il mio maglione blu.” disse a Kate.
 
“D’accordo,” disse Kate “vai a tirarli fuori dall’armadio allora. E prendi anche una maglietta da mettere sotto al maglione nel caso ti venga caldo. Vuoi fare una pettinatura speciale oggi?”
 
Alexis si bloccò all’improvviso voltandosi verso Kate, timidamente. “Sai..sai fare le treccine?” chiese. “Papà prova sempre a farmele ma non vengono mai giuste, nonostante sappia come intrecciare i capelli.”
 
Kate rise. “Ma certo!” esclamò. “Treccine, andata. Ora sbrigati a vestirti però, non abbiamo molto tempo.” Alexis annuì aprendo le ante del suo armadio. “Vado di sotto a preparare il tuo pranzo.” le disse Kate. “Cosa vorresti?”
 
Alexis spalancò gli occhi. Erano secoli che qualcuno non le preparava un pranzo al sacco. Di solito Castle le dava qualche spicciolo per comprarsi il pranzo. “Panino al burro d’arachidi, per favore,” chiese “e latte al cioccolato.”
 
“Okie dokie!” esclamò Kate andandosene.
 
Alexis sorrise, avrebbe anche potuto farci l’abitudine.
 
Quando Kate finì di preparare il pranzo di Alexis e lo mise in un sacchetto di carta, Castle fece il suo ingresso in cucina, ora vestito con un paio di pantaloni da tuta e una maglietta nera. “Di nuovo buongiorno, Kate.” salutò ora un po’ più sveglio di qualche ora fa.
 
“Buongiorno Castle.” disse Kate, emozionandosi un’altra volta alla vista del suo scrittore preferito, sembravano quasi una vera famiglia. Scosse la testa, non poteva permettersi di pensarla a quel modo. Loro non uscivano insieme, lei era solo la tata.
 
“Che stai facendo?” chiese Castle notando il sacchetto nelle mani di Kate.
 
Kate fece spallucce. “E’ solo il pranzo di Alexis,” disse, chiudendo il sacchetto e posandolo sul bancone prima di aprire il frigorifero e prendere un paio di waffle. “Waffle?”
 
“Si, per favore. Sai, non c’era bisogno che le preparassi il pranzo. Di solito le do qualche dollaro per poterlo comprare a scuola.”
 
Kate scosse la testa. “Non è un problema. E comunque, sarebbe meglio che lei evitasse tutte quelle calorie da snack del bar.”
 
“E burro di arachidi invece è molto meglio?” chiese incredulo.
 
“E’ già qualcosa.” replicò Kate inserendo un paio di waffle nel tostapane.
 
“Touché,” commentò Castle accendendo la macchinetta del caffè. “Caffè?” chiese. “Posso offrirti un cappuccino, al latte, espresso, dimmi tu.”
 
“Ce l’hai con vaniglia senza zucchero?”
 
“Pfft, ma certo! Che ti sembro, un poveraccio?” disse estraendo dalla dispensa una bustina del caffè preferito da Kate. “And BAM said the lady!”* Kate ridacchiò e lui sorrise, quasi non si accorsero dell’arrivo della piccola Alexis.
 
“Buongiorno papà!” salutò lei buttandosi tra le braccia del padre. Castle la sollevò e girò su se stesso, baciandole la guancia ripetutamente.
 
“Buongiorno, zucca,” disse lui sorridente “vuoi che ti faccia la treccia oggi?”
 
“No grazie papà.” rispose Alexis sciogliendo l’abbraccio “Kate ha promesso di farmi le treccine!”
 
Castle sorrise. “Ooh, treccine,” disse scherzoso “è tanto tempo che non le porti.”
 
Kate ridacchiò. “Beh, se Alexis mi facesse il piacere di portarmi gli elastici potrei fargliele quante volte vuole. Che ne dici, Alexis?”
 
La piccola annuì e corse a prendere l’occorrente mentre Kate iniziava a preparare la colazione. “Cosa ci vuole Alexis sui suoi waffles?”
“Crema di fragole,” rispose Castle “c’è ne è un po’ nella porta del frigo.”
 
Kate annuì e ne spalmò un po’ su un paio di waffle prima di metterli in un piatto sul bancone per Alexis, che tornò trotterellando con qualche elastico e forcina in mano. Kate si mise dietro di lei e iniziò ad intrecciarle i morbidi capelli rossi. In un paio di minuti aveva già finito.
 
“Come sto?” chiese a suo padre. Lui le sorrise.
 
“Stai assolutamente da favola.” esclamò Castle giocando con una delle treccine. Alexis sorrise radiosa guardando Kate.
 
“Grazie Kate!” disse abbracciandola. Lei non poté far altro che ricambiare l’abbraccio.
 
“Nessun problema Alexis. Ora sbrighiamoci a finire la colazione, dobbiamo uscire tra poco.”
 
Alexis annuì e prese posto su uno degli sgabelli al bancone.
 
Nel frattempo Castle aveva preparato il caffè di Kate e lo aveva versato in una travel mug. “Scremato?” le chiese. Lei annui. Castle le porse la tazza. “Ecco qui, un latte scremato con due cucchiaini di vaniglia senza zucchero.”
 
Kate gli sorrise prendendo la tazza. “Vuoi un applauso?” chiese scherzosamente.
 
“Nah. Vedere il tuo splendido sorriso è abbastanza.” ammiccò lui facendo subito arrossire Kate. Si affrettò ad afferrare un waffle, imburrarlo, e iniziare a gustarlo.
 
Alexis finì la sua colazione “Tutto finito!” esclamò prima di scendere dallo sgabello e appoggiare il piatto vuoto nel lavandino.
 
“Prendi la tua roba e ce ne andiamo, okay?” disse Kate e Alexis annuì, correndo via a cercare il suo zaino.
 
Kate la osservò sorridendo e bevendo un sorso del suo caffè. Quando gemette Castle la guardò arrossendo.
 
“Stai bene?” chiese.
 
Kate annuì decisa. “Si, è solo che…è così buono!”
 
Castle sorrise. “Beh, facevo il barista durante il college. Almeno finché non ho scritto In a Hail of Bullets. Scommetto che ci so ancora fare.”
 
Kate roteò gli occhi. “A volte sei un po’ egocentrico, lo sai?”
 
Castle fece spallucce. “Ho tutte le ragioni di esserlo.” disse malizioso facendo arrossire Kate per la seconda volta in pochi minuti.
 
Fortunatamente per lei Alexis fece ritorno con il suo zaino e afferrò il suo pranzo al sacco dal bancone. “Pronti?” chiese e Kate annuì afferrando la sua borsa e posando anche lei il piatto vuoto nel lavandino. Afferrò il suo caffè con una mano e con l’altra prese quella di Alexis. Castle salutò la piccola con un bacio sulla fronte.
 
Kate lo salutò e non le sfuggì lo strano scintillio che apparve negli occhi di lui quando posò il suo sguardo su di lei.
 
Probabilmente lei stava facendo lo stesso.
 

Ecco qui anche il secondo capitolo pubblicato al più presto come vi avevo promesso!
Vorrei precisare che dovrete avere pazienza perchè attualmente la storia è di 78 capitoli ed è ancora in corso, io cercherò di essere il più veloce possibile comunque ;)
Direi che tra Alexis e Kate le cose vanno già più che bene e che tra i Caskett la scintilla piano piano si sta accendendo. Si accettano scomesse su quanto ci metteranno quei due tontoloni a mettersi insieme in questa versione della storia xD (no, non sarà un attesa tanto estenuante)
Grazie a chi ha recensito e a chi segue la storia, mi fa piacere sapere che ho catturato la vostra attenzione.
A presto col prossimo capitolo,
X
J.

PS: per chi volesse leggere la storia in lingua originale non deve far altro che mandarmi un mp e vi invierò il ink :)

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Capitolo 3
 

I giorni passarono velocemente e divennero settimane. Kate lavorava per i Castle da due mesi ormai, aveva conosciuto Martha, la madre di Castle, la quale veniva a farli visita molto spesso per passare un po’ di tempo con la nipotina e il figlio; aveva incontrato anche la madre di Alexis, Meredith, che in nove settimane era venuta a trovarla solo due volte. Ed in entrambi i casi Kate aveva notato che Castle si affrettava a sparire nel nulla, preferendo evidentemente non rivedere l’ex moglie. Aveva persino chiesto a Kate una decina di volte dove fosse il suo “gattino”, e Kate aveva immaginato si stesse riferendo a Rick. 
 
Gina, l’editrice di Castle, era anche lei stata a trovarli qualche volta ma era stata cacciata via come se fosse la peste. Kate pensò fosse a causa del nuovo libro che lui stava scrivendo, Flowers for Your Grave, romanzo che era estremamente ansiosa di leggere.
 
Ad Halloween Castle diede la serata libera a Kate e vestì Alexis da principessa Leila e se stesso da Darth Vader. Kate non era riuscita a trattenersi dal ridere suscitando anche la risata dell’uomo.
 
“Divertitevi!”aveva detto guardandoli uscire. “Portami un po’ di dolcetti Alexis!”
 
“Roger!” esclamò la piccola facendo ridere Kate.
 
Quando fecero ritorno Kate rimase sorpresa nel vedere che Castle aveva racimolato molte più caramelle di Alexis.
 
“Svuotava l’intera ciotola nel suo sacchetto dicendo che ne avrebbe presa solo una.” fece la spia Alexis.
 
“Spiona.” disse Castle mettendo il broncio. Kate si limitò a sorridere e insieme ad Alexis rubò qualche dolcetto dal sacchetto di Castle per poi mettersi comoda insieme a lei sul divano per guardare uno dei suoi Scary Movie preferiti, Dawn of the Dead. Castle si sedette al suo fianco, Kate poteva vederlo con la coda dell’occhio ma si sforzò comunque di non voltarsi verso di lui.
 
Quando Alexis si addormentò Kate la prese in braccio e informò Castle, che stava scrivendo nel suo studio, che l’avrebbe portata a nanna. Lui annuì e le disse che sarebbe salito per darle il bacio della buonanotte. Il cuore di Kate perse un battito, per un momento aveva pensato si stesse rivolgendo a lei.
 
Con il passare del tempo Kate iniziò a sentirsi molto più a suo agio in casa Castle. Cenare con loro e flirtare giocosamente con Castle erano diventate cose all’ordine del giorno. Portare Alexis a scuola era diventata una routine, persino quando pioveva preferivano camminare mano nella mano lungo la strada, prendendo scorciatoie e fermandosi ad ascoltare gli artisti di strada. Certe volte Kate si univa con loro a cantare facendo ridere Alexis che però non mancò di farle notare ogni volta quanto fosse bella la sua voce. Quando si fermavano di fronte all’entrata della scuola Alexis la abbracciava, ultimamente dandole anche un bacio sulla guancia. A Kate facevano piacere questi piccoli gesti d’affetto, Alexis era un po’ come la sorellina minore che non aveva mai avuto. Ed era ancora più piacevole quando finita la scuola Alexis le correva incontro con le braccia aperte pronta ad avvolgerla in un affettuoso abbraccio. La loro camminata di ritorno a casa consisteva nel sentire la piccola raccontare della sua giornata in classe e di quello che aveva imparato.
 
Il più delle volte quando arrivavano al loft Castle non c’era perché troppo impegnato in riunioni o bloccato da fan urlanti nelle librerie durante i suoi eventi per l’autografo dei libri. Kate e Alexis si sedevano al bancone e iniziavano a fare i loro compiti. Ogni tanto Alexis chiedeva l’aiuto della tata e quando aveva finito si limitava a rimanere seduta aspettando che anche Kate posasse la sua penna per poi andare finalmente a giocare.
 
Kate ne faceva tesoro di quei momenti. Mentre giocava al te con le bambole con quell’adorabile bimba di cinque anni si sentiva come se fosse tornata indietro nel tempo a quando lei faceva lo stesso con sua madre. Era come se Alexis potesse riportarle indietro…
 
“Kate!” la voce di Alexis la fece distogliere dai suoi pensieri. Ancora. Era la terza volta quella settimana che le capitava di estraniarsi in un mondo tutto suo e non poteva biasimarla se Alexis perdeva la pazienza.
 
“Scusa Lex,” si scusò “è solo che ho un po’ di cose per la testa in questo periodo.”
 
“Roba di scuola?” chiese Alexis. Kate annuì non essendo ancora pronta a rivelarle la verità. Non che una bambina avesse bisogno di saperla comunque. Era una realtà ancora troppo buia per lei.
 
“Si,” concordò “roba di scuola.” Posò a terra la bambola che teneva in mano e guardò l’orologio. “Credo sia ora di preparare la cena comunque.” disse. “Cosa ti piacerebbe sta sera?”
 
Alexis aggrottò le sopracciglia, riflettendoci. “Uhmm non lo so…ci sono i maccheroni al formaggio?”
 
Kate sorrise. “Tuo padre è o non è un bimbo di nove anni dipendente da carboidrati?! Ovvio che ci sono!Andiamo, ti mostrerò anche il mio ingrediente segreto per farli deliziosi.”
 
Kate si alzò e afferrò la mano di Alexis aiutandola a scendere le scale per poi andare in cucina a preparare la cena.
 
Quando Castle rientrò a casa quella sera trovò Kate ai fornelli intenta a mescolare qualcosa dal profumo delizioso e Alexis seduta ad osservarla al bancone. Castle quasi non poteva credere che quella bellissima giovane donna che si prendeva cura di sua figlia e che il più delle volte preparava loro la cena non fosse nemmeno sua moglie.
 
Castle sentì l’urgente bisogno di avvicinarsi a lei da dietro, spostarle i capelli da un lato e baciarle il collo, sussurrando un debole “ciao” all’orecchio che l’avrebbe fatta rabbrividire.
 
Ovviamente sarebbe stato più che inappropriato, si concentrò sul salutare sua figlia che gli stava venendo in contro a braccia aperte urlando “Papà è a casa!”. La sollevò da terra abbracciandola e riempiendola di baci sul viso, facendola ridacchiare.
 
“Ciao zucca!” esclamò. “Com’è andata oggi a scuola? Successo niente di interessante?”
 
“Si!” disse Alexis. “E’ arrivato un indiano e abbiamo imparato la danza della pioggia!”
 
“Nativo americano.” la corresse Kate dalla cucina. Sorrise a Castle “Bentornato a casa.” disse. Castle ricambiò il sorriso.
 
“Grazie,” disse “e com’è stata la tua giornata, Miss Beckett?”
 
Kate roteò gli occhi e sospirò. “Lunga e tortuosa,” disse drammatica prima di ritrovare il sorriso “o almeno fino a quando non sono andata a prendere quel piccolo raggio di sole che hai tra le braccia.” Alexis arrossì “Poi la giornata è andata bene.”
 
“Solo ‘bene’?” disse Alexis mettendo il broncio.
 
Kate rise e si avvicinò a lei, pizzicandole il nasino per gioco, affettuosamente. “Okay, molto meglio di ‘bene’.” disse baciandola sulla fronte. Ma Alexis continuò a tenere il muso.
 
“Solo..”
 
“Non forzare la mano, Rossa.” disse Kate facendo ridere Alexis.
 
Quando i maccheroni al formaggio furono pronti Kate ne riempì tre scodelle porgendone due ad Alexis e Castle, prima di prendere la sua e sedersi con loro al bancone. Chiacchierarono serenamente, parlando di scuola e di quando il nuovo libro di Castle sarebbe uscito, se mai avrebbe deciso di finirlo. L’argomento si spostò poi sui loro piani per il giorno del ringraziamento. Decisero che Kate l’avrebbe trascorso con loro e avrebbe aiutato Martha a cucinare (“ha bisogni di aiuto, credimi.” aveva esclamato Castle facendo ridere le due donne). Castle le chiese se avrebbe voluto invitare i suoi parenti per passare la giornata con loro ma Kate disse solo che avevano altri progetti. Non era del tutto una bugia; lei sapeva che suo padre aveva altri piani, i quali includevano più vodka che tacchino. E sua madre…
 
No, non voleva pensarci proprio in quel momento.
 
Poi si spostarono sui piani di Alexis per il suo compleanno che, per la cronaca, non sarebbe stato prima di Febbraio. “Non è mai troppo presto per iniziare i preparativi di un compleanno.” replicò Castle. “Giusto Kate? I tuoi genitori quando iniziano a pianificare il tuo?”
 
Kate fece spallucce cercando di restare impassibile. “Verso la fine di Ottobre.” disse sperando che la domande seguente non sarebbe stata..
 
“Aspetta, quando è il tuo compleanno?” chiese Alexis.
 
Kate si schiarì la gola guardando dritto nel suo piatto. “il dcstte Nvmbr.” borbottò.
 
“Eh?” chiesero Castle e Alexis contemporaneamente.
 
Kate fece un colpo di tosse. “Il diciassette Novembre…” disse, sperando non risultasse un grosso problema.
 
Evidentemente non conosceva i Castle bene quanto credeva.




Lo so lo so, è passato solo un giorno dall'ultimo aggiornamento ma visto la quantità immensa di capitoli più veloce vado meno rischio di finire di tradurre a 80 anni xD E poi non credo sia un grande problema per voi, no?! 
Comunque eccoci qui con il terzo, vi dico già che da qui in poi le cose si fanno moooolto interessanti. Si alza il livello di comicità e di...uhm..ve lo do un piccolo spoiler? Ma si dai, anche di romanticità. (chiamiamola così xD) 
Perchè Kate non voleva rivelare la data del suo compleanno? No non vi rovino la sorpresa, lo vedrete nel prossima capitolo. ;)
Comunque ribadisco quello che dico da mesi: Kate sarebbe una mamma coi fiocchi se solo Andrewuccio si "Stanizzasse" un po' e ci desse qualche baby Caskett!! 
Ah, grazie per tutte le belle recensioni e grazie anche a chi sta seguendo la storia, a chi l'ha preferita ed etc..siete i migliori!
Alla prossima,
X
J.

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


Capitolo 4
 
“DICIASSETTE NOVEMBRE???” gridò Castle.
 
Alexis si accigliò. “Papà,” lo sgridò “abbassa la voce!”
 
Castle fece una smorfia “Scusa zucca.” si scusò prima di voltarsi verso Kate “Diciassette Novembre?” sussurrò. “Ma Kate, era ieri!”
 
Kate fece spallucce “Non è un problema.” disse con nonchalance.
 
“Eccome se lo è!” apostrofò lui “Era il tuo primo compleanno con noi e ce lo siamo perso, è inaccettabile.”
 
“Già!” concordò Alexis.
 
Kate le sorrise dolcemente. “Beh, dovrete accettarlo invece.” disse “Perché il mio compleanno ormai è già finito e non ce ne sarà un altro per…364 giorni. Forse possiamo fare qualcosa l’anno prossimo.” affermò prima di alzarsi col piatto e metterlo nella lavastoviglie. Castle e Alexis la seguirono.
 
“Non aspetteremo così tanto per festeggiare il tuo compleanno.” disse Castle posizionandosi accanto a lei con le braccia incrociate. Alexis lo copiò e mise su la stessa espressione imbronciata. A Kate venne voglia di scattare immediatamente una foto, quei due erano tremendamente carini insieme. “Festeggeremo questo Sabato!” esclamò Castle distogliendo Kate dai suoi pensieri. “Tu, io e Alexis. Passeremo la giornata a girare per la città, un giro turistico, dello shopping, tutto quello che vuoi. Ho abbastanza denaro e anche di più. Se vuoi vedere uno spettacolo di Broadway, andremo a Broadway. Senza se e senza ma.” Alexis ridacchiò e Castle la guardò interrogativo.
 
“Chi sono Se e Ma?” chiese lei.
 
Kate scosse la testa “E’ proprio tua figlia.” Castle sorrise orgoglioso e le accarezzò i capelli.
 
“Il mio tesoro.” disse in tone minaccioso. Alexis rabbrividì e corse verso Kate che le mise un braccio attorno alla spalla.
 
“Hey Gollum, stai spaventando il tuo ‘tesoro’.” Castle aggrottò le sopraciglia e Alexis ridacchiò guardando la sua tata.
 
“Quindi verrai con noi Sabato o saremo costretti a rapirti?” chiese.
 
Kate sospirò pronta a dire di no, ma poi Alexis la guardò con quei suoi grandi occhi blu e quell’espressione da cucciolo che assumeva ogni volta che voleva davvero qualcosa e, dannazione, le faceva sempre sciogliere il cuore.
 
Gemette “Va bene,” disse infine “ma niente torta, palloncini o trombette e roba del genere. Voglio solo una tranquilla giornata con la mia bimba preferita …e suo padre.” Sorrise maliziosamente a Castle che le rispose con uno sguardo che era tutto un programma.



Lo so che il capitolo è piuttosto corto, ma era così anche l'originale e non voglio fare casino. Pubblicherò presto il prossimo.
Scusate se ci ho messo tanto ma ci sono stati un po di casini in famiglia, il mio fratellino sta per nascere e sapete com'è..non si sa mai quando può capitare *-*
Comunque alla fine ecco spiegato perchè tanto casino per rivelare la data del suo compleanno. Sempre la solita Kate che non pensa mai a se stessa per prima...cucciola!
Niente grande festa di compleanno ma vi assicuro che il regalo di Castle sarà più che soddisfacente!!!
A presto con il seguito.
X
J.

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


Capitolo 5
 
“Kate.” Una flebile voce sussurrò all’orecchio di Kate quel sabato mattina. Si voltò e aprì un occhio, gemendo quando si trovò di fronte la piccola Alexis ancora in pigiami con i capelli scompigliati. Era assolutamente adorabile.. come sempre d’altronde.
 
Ma in quel momento, non avendo ancora preso il caffè e avendo dormito solo poche ore, Kate si sentiva leggermente infastidita da lei, non intenerita. “Che c’è Alexis?” chiese con la voce ancora impastata dal sonno.  
 
Alexis abbassò lo sguardo, timidamente. “Ho avuto l’incubo degli orsetti gommosi.” disse.
 
Kate si sentì immediatamente in colpa; l’incubo degli orsetti gommosi terrorizzava Alexis anche da prima che lei arrivasse. Normalmente Castle avrebbe dormito con lei, consolandola, ma Kate sapeva che quando era andata a letto la sera prima lui si era fermato a scrivere nel suo ufficio fino a tardi. Molto probabilmente si era addormentato sulla sua scrivania e non aveva così potuto sentire Alexis urlare il suo nome nella notte dato che la stanza era insonorizzata, da entrambe le parti.
 
Kate scosse la testa e sollevò le coperte. “Vieni,” disse “ti proteggerò io dagli orsetti gommosi.” Alexis sorrise e si sdraiò vicino a Kate, accoccolandosi. Kate le avvolse un braccio attorno alla vita mentre con l’altra mano le accarezzava i capelli. Le sussurrò parole dolci e rassicuranti, proprio come sua madre usava fare con lei, e cullò entrambe verso il sonno.
 
Kate venne svegliata dalla luce del sole che filtrava dalle finestre. La testa di Alexis era poggiata sul suo petto, la teneva abbracciata con una mano ancora tra i suoi capelli. Kate le sorrise e si chiese come fosse possibile che sua madre non si facesse viva più spesso per lei. Se lei avesse avuto una figlia bella e intelligente come Alexis non se ne sarebbe separata mai.
 
Le tornò alla mente che Meredith Castle era una delle donne più stupide sulla faccia della terra per aver sempre ignorato sua figlia. Kate baciò la fronte della rossa e si alzò piano dal letto, sgattaiolando in bagno. Quando ne uscì trovò Alexis sveglia, i suoi occhi blu scintillanti e in allerta.
 
“Buongiorno Kate!” salutò, cinguettando. “Sei pronta per la nostra giornata fuori?”
 
Kate annuì e sbadigliò, stiracchiandosi. “Mmhm,” disse “dopo una bella corsa e del caffè. Ma che ne dici se ti preparo la colazione prima?”
 
Alexis sorrise e saltò giù dal letto. “Okay!” esclamò. “L’ultima volta c’erano uova marce.” Corse fuori dalla porta verso le scale rincorsa da Kate che la acchiappò e se la mise su una spalla a testa in giù. Alexis rideva divertita.
 
“Mettimi giù!” ridacchiò. “Papà! Aiuto! Sono stata rapita!”
 
Non appena entrarono in cucina videro Castle in piedi di fronte ai fornelli alle prese con dei pancakes. Sorrise “Buongiorno Alexis. Buon compleanno Kate.” le salutò. Kate roteò gli occhi e posò Alexis su uno sgabello.
 
“Non è il mio compleanno Castle.” gli ricordò.
 
“Oh si che lo è!” replicò lui.”Visto che non hai voluto dirci quale era il giorno giusto, per quest’anno oggi diventa quello ufficiale. Ora siediti così posso darti i tuoi pancakes di compleanno.” Kate roteò di nuovo gli occhi ma si sedette vicino ad Alexis. Castle le avvicinò una tazza di caffè bollente che nemmeno una volta aveva mancato di prepararle ogni mattina da quando era arrivata da loro, e Kate ne annusò il forte aroma prima di berne un sorso. 
 
Praticamente gemette quando il liquido le scese in gola e Castle quasi svenne a quella vista ma si ricompose immediatamente rivolgendole un sorriso malizioso. Kate arrossì.
 
“Che c’è? Scottava…” disse ridacchiando.
 
Castle fece una smorfia giocosamente mentre girava un pancake sulla padella. “Quindi, Miss Beckett, dove ti piacerebbe andare oggi? Museo di Storia Naturale? Da Madame Tussaud? Da Ripley? Broadway? Dimmi tu.”
 
“A letto.” Disse Kate con tono assonnato, senza realizzare cosa aveva detto fino a quando Castle quasi non si strozzò col caffè. “Dio, Castle; intendevo siccome sono stanca.”
 
Castle si schiarì la gola. “Ovviamente sapevo cosa intendevi.!” disse porgendole un piatto con una pila enorme di pancakes a forma di topolino. Kate alzò un sopraciglio e prese un altro piatto versandocene sopra la metà e passando l’altro ad Alexis che la ringraziò sorridente sommergendo i suoi di sciroppo. Kate si alzò dal suo sgabello e aprì il frigo cercando qualche ciliegia e la panna montata. Lo sguardo di Castle cadde su di lei, mezza nascosta dalla porta del frigorifero. Avvertì anche lui il suo sguardo quando Kate tornò al suo posto, cospargendo i pancakes di crema e mettendo una ciliegina su ognuno.
 
Quando ebbe finito la sua creazione, si spruzzò un po’ di panna in bocca e ne offrì un po’ ad Alexis che annuì e aprì la bocca pronta a ricevere un montagna di quella crema deliziosa. Kate rise vedendo la bocca di Alexis ricoperta di schiuma che ringhiava come un cane rabbioso.
 
“A cuccia bimba.” disse Kate facendole pat pat sulla testa mentre Alexis ridacchiava, leccando via tutta la crema e tornando a mangiare i suoi pancakes. Quando Kate si voltò quasi cadde dalla sedia dal ridere vedendo Castle in piedi davanti a lei con la bocca aperta e il dito che puntava verso la sua lingua. Kate roteò gli occhi e si sporse dall’altro lato del bancone, spruzzando un po’ di crema nella sua bocca prima di spruzzarne un po’ anche sul suo naso, ridendo.
 
“Hei!” protestò Castle incrociando gli occhi guardandosi la punta del naso. La sua voce era impastata dalla crema che ancora aveva in bocca e Kate rise più forte, spruzzandosene ancora un po’ in bocca. Castle ingoiò la panna e con la lingua cerco di leccare anche quella sul naso, fallendo però miseramente. Kate rise di nuovo e Castle la guardò. “Tu sai cosa significa questo, vero?”
 
Kate sorrise. “No,” disse “Cosa significa, Castle?”
 
Castle rise malefico e tornò verso il frigo, aprendolo e tirandone fuori altre due bottigliette di panna spray. “Significa guerra.” disse lanciandone una ad Alexis prima di shekerare la sua e puntarla verso Kate.
 
Kate prese la sua e l’alzò come fosse un arma. “Castle…cosa pensi di fa-“
 
Venne fermata a metà frase da Castle che le spruzzò una montagna di crema appena sotto il mento. Kate abbassò immediatamente lo spray e si lanciò dietro il bancone, alzando una mano e spruzzando la panna alla cieca, riuscendo però a colpirlo sul petto. Castle strillò e balzò indietro, dietro ai fornelli.
 
Kate iniziò a strisciare attorno al bancone, pronta per fargli un attacco a sorpresa. Guardò Alexis che guardò dove il padre fosse accucciato e annuì. Kate le fece l’occhiolino e strisciò dietro l’angolo proprio mentre Castle voltava quello dall’altra parte, il suo sedere in piena vista. Si prese qualche secondo per ammirare il fondoschiena del suo capo prima si spruzzarlo con quanta più crema poteva. Castle urlò e cadde in avanti, voltandosi pronto per il contrattacco ritrovandosi però Kate che gli puntava lo spray dritto in faccia. Premette sul beccuccio e Castle chiuse gli occhi pronto all’attacco, ma venne fuori solo un piccolo spruzzo. Kate corrucciò le sopracciglia e spalancò gli occhi quando Castle sorrise e si voltò a guardarla. Strillò e iniziò a correre via da lui, afferrando al volo l’altra bottiglietta che Alexis le aveva lanciato. Lei preferiva rimanere solo a guardare.
 
Castle le spruzzò in faccia. “Traditrice!” esclamò facendo ridere Alexis quando si ritrovò ricoperta di panna.
 
Castle e Kate si rincorsero per tutta la stanza, spruzzandosi a vicenda e nascondendosi dietro i vari mobili finché entrambe le loro bottigliette non furono vuote e si lasciarono cadere sdraiati a terra, ridendo come non mai.
 
Alexis si alzò e li guardò entrambi, sollevando un sopracciglio.
 
“Gli adulti sono strambi.” commentò alimentando le risata di suo padre e della sua tata. Castle guardò Kate, i suoi capelli e le guance ricoperte di panna. Era adorabile e quel sorriso gli riscaldava il cuore. Involontariamente si protese verso di lei e leccò via un po’ di panna dalla sua guancia, costringendola a smettere di ridere e a voltarsi scioccata per quell’improvviso, intimo contatto. Restarono a fissarsi per alcuni secondi prima che Kate interruppe il contatto e si mettesse seduta, ridacchiando nervosa.
 
“Penso che ora dovremmo andare a lavarci,” disse “ci aspetta una lunga giornata.” Si alzò e aiutò Castle a rimettersi in piedi, un brivido l’attraversò quando le loro mani si toccarono. Arrossì e lasciò la sua, guardando altrove, fingendo di osservare il casino che avevano combinato. “Forse dovremmo pulire prima.” borbottò.
 
“Non ti preoccupare.” disse lui scuotendo la testa. “La cameriera verrà oggi, le lascerò qualche dollaro extra per il casino.”
 
Kate annuì e sorrise ad Alexis. “Pronta per il bagno?” chiese. “A quanto pare sembra che non andrò a correre oggi dopotutto.”
 
Alexis annuì e afferrò la mano sporca di panna di Kate, seguendola su per le scale, lasciando Castle da solo in cucina a guardarle sorridente.

 
 
 
 
Quinto capitolo!! Uno dei miei preferiti ad essere sincera, è una scena troppo bella da immaginarsi no?!
Giocare alla lotta con la panna spray è proprio una cosa da Castle e, a quanto pare, Kate da giovane è molto più allegra dato che si lascia coinvolgere da lui così facilmente.
Mi sono divertita a tradurre questo capitolo, spero che per voi sia stato lo stesso leggerlo.
Grazie a tutti quelli che continuano a seguirmi e a recensire, love u all!! <3 <3
Alla prossima,
X
J.

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


Capitolo 6

 
Quando Kate ebbe finito di fare il bagno ad Alexis si fece una doccia veloce per poi acconciare i capelli di entrambe. Per se stessa fece uno semplice chignon, mentre ad Alexis acconciò una lunga treccia dietro la schiena che la faceva sembrare una piccola Lara Croft.  
 
Vestì Alexis con un semplice paio di jeans e una lunga maglietta bianca con un fiore sopra. Lei invece indossò il suo paio preferito di jeans attillati, un maglione e un paio di stivali col tacco alto. Ne recuperò un paio dalla camera di Alexis anche per la piccola rossa, che intanto si era soffermata ad osservare i tacchi vertiginosi della sua tata.
 
“Come fai a camminarci?” chiese poi.
 
“Questione di pratica.” rispose Kate prima di allacciare con un doppio nodo gli stivali di Alexis. “Forza, andiamo a vedere se tuo padre è pronto.”
 
Quando scesero le scale trovarono Castle in piedi di fronte alla porta d’ingresso, vestito, lavato e pronto per uscire. Kate pensò subito a quanto fosse stupendo e dovette lottare con se stessa per non dirlo ad alta voce. Lui le sorrise e allargò le braccia per Alexis, la quale corse subito verso di lui e gli saltò in braccio.
 
“Ma non sei adorabile?!” disse sorridendole. Alexis ricambiò il sorriso.
 
“Grazie!” disse. “Kate mi ha pettinata.” Disse sorridente guardando Kate, che le ricambiò il sorriso.
 
“Beh, ha fatto davvero un buon lavoro.” disse Castle sorridendole, i suoi occhi accessi di…qualcosa. Kate non era sicura di cosa e comunque non voleva sperare in qualcosa che sapeva non sarebbe stato vero.
 
“Non è nulla.” disse timidamente.
 
Castle continuò a fissarla sorridente e lei incontrò il suo sguardo, incapace di levare quel sorriso ebete dalla sua faccia mentre il cuore aveva iniziato a battere a mille. Alexis alternò lo sguardo da un all’altra, confusa.
 
Perché nessuno stava parlando?
 
Stava per interromperli quando un bussare alla porta lo fece per lei. Lo sguardo di Castle lasciò Kate solo per voltarsi ad aprire la porta.
 
Sulla soglia c’era una piccola, paffutella donna ispanica, con un abito blu addosso, secchio e scopa in una mano e detersivi spray nell’altra.
 
“Salve, Mr. Castle.” salutò sorridendogli cortesemente. “Vengo oggi a pulire l’appartamento?”
 
Castle sorrise in saluto. “Si, Lilia,” disse “è oggi. Entri pure.” Si spostò di lato per far passare la donna. Entrando salutò anche Kate, le due si conoscevano già da quando lei aveva iniziato a lavorare lì.
 
“Salve, Katherine.” salutò. Quando si erano incontrate la prima volta Kate aveva insistito parecchio per farsi chiamare semplicemente Kate invece di Miss Beckett, come usava chiamarla all’inizio. Lilia, a quanto pare, aveva pensato che ‘Kate’ fosse troppo formale, così aveva optato per Katherine. E a Kate andava bene così piuttosto che essere chiamata per cognome.
 
“Hei Lilia,” rispose Kate, sorridendo. “Come sta oggi?”
 
“Sto molto bene,” rispose Lilia, sorridente. “Grazie per avermelo chiesto.” Il suo accento straniero era molto calcato ma il suo inglese era perfetto.
 
Castle si voltò verso di lei posando Alexis a terra. “Beh, come può vedere c’è un po’ di casino qui oggi,” disse sorridendo colpevole, “ma, solo perché lo sappia, è tutta colpa di Kate.”
 
“Cosa?” esclamò Kate indignata. “Sei TU quello che ha iniziato a spruzzarmi  con la panna montata!”
 
“Dopo che TU me ne avevi spruzzata un po’ sul naso.” specificò Castle.
 
“Questo non significa niente!” ribatté lei.
 
“E’ abbastanza!” urlò Lilia zittendoli entrambi, le mani alzate. “Non mi interessa chi ha iniziato, il punto è che entrambi avete continuato. E dovreste vergognarmi di fare pulire un simile disastro ad una donna anziana come me.”
 
Castle chinò la testa verso il basso e Kate assunse un’aria colpevole. Alexis era impressionata.
 
“Wow,” disse guardando Lilia. “sei meglio della mia mamma!” Alexis era abbastanza intelligente da accorgersi che sua madre faceva sempre ricadere le colpe su Castle, una di queste era il fatto di tenerla lontano da loro figlia (cosa che non era assolutamente vera dato che lui aveva ottenuto la custodia proprio perché Meredith era sempre in giro per lavoro.) Qualunque fosse la scusa, Meredith trovava sempre il modo di far fare a Rick tutto quello che voleva, motivo per il quale lui spariva sempre quando veniva a trovare Alexis nei weekend. (cosa che era sempre meno frequente).
 
Lilia le sorrise. “Grazie, Miss Castle.” Disse. “Credo di avere qualcosa per te.” Frugò nella tasca del suo vestito e ne tirò fuori un lecca lecca rosso, un regalino che le portava sempre. Alexis le ricordava molto sua figlia Marissa, la quale ormai era però cresciuta. Alexis sorrise contenta e accettò il regalo.
 
“Grazie, Miss Alvarez!” disse. 
 
Lilia le sorrise. “Nessun problema, querida.” disse accarezzandole i capelli. Guardo Castle che aveva ancora dipinto sul volto quell’espressione colpevole, e notò che indossava la giacca. “State uscendo? Mr. Castle?” chiese.
 
Castle annuì. “E’ il compleanno di Kate e io e Alexis abbiamo pensato di farle trascorrere una bella giornata fuori.” Sorrise a Kate che roteò gli occhi sbuffando, non provò nemmeno più a specificare che in effetti no, quello non era il giorno del suo compleanno.
 
Lilia la guardò sorridente. “Buon compleanno, Senorita!” disse tirando fuori dalla tasca un altro lecca lecca e porgendolo a Kate, la quale ringraziò e accettò il regalo.
 
“Grazie Lilia.” disse sorridente. Si voltò verso Castle “Pronto per andare?” lui annuì e Kate si voltò verso la donna. “Grazie ancora Lilia, e scusa per il casino, non capiterà mai più.”
 
“Non si preoccupi.” disse con nonchalance. “Vada e si goda la giornata con il signor Castle e la sua adorabile figlia.”
 
Kate sorrise. “Grazie,” disse “lo farò di certo. Arrivederci Lilia.” Fece indossare ad Alexis il cappotto, mise anche il suo e prese la piccola per mano dirigendosi verso l’uscita. Castle aprì la porta per loro e con un gesto della mano salutò Lilia prima di uscire per iniziare la loro giornata.
 
Quando Kate finalmente decise cosa voleva fare per primo, stavano già camminando per Central Park, sia lei che Castle tenevano la mano ad Alexis, camminando vicino al lago.
 
“Penso che mi piacerebbe andare al Museo di Storia Naturale.” disse improvvisamente. Ci aveva pensato durante tutto il tragitto dal loft al parco; non andava al museo da molto tempo. Non da quando sua madre…
 
Non voleva pensarci oggi. Non quando Castle e sua figlia stavano tentando di regalarle la più bella giornata possibile.
 
Entrambi i Castle furono immediatamente d’accordo che un giro al Museo di Storia Naturale dovesse risultare per forza nei piani, e praticamente la trascinarono là, entrambi non vedevano l’ora di mostrarle le loro mostre preferite.
 
Quando arrivarono Castle pagò i loro biglietti (lui era già un membro, doveva solo comprare quelli per Kate e Alexis) e lui e Alexis si precipitarono subito verso la mostra dei dinosauri. Kate li seguì con più calma, sorridendo a mo di scusa alle altre madri che osservavano Castle e sua figlia con occhi sgranati e lei con espressione sorpresa.
 
Quando li raggiunse Alexis era in posa di fronte ad un T-Rex, fingendo di scappare mentre Castle scattava decine di foto con la macchina che aveva comprato durante il tragitto. Kate se ne stette in disparte, scuotendo la testa e ridacchiando.
 
“Kate!” disse Castle notandola per la prima volta. “Vai anche tu! Proteggi mia figlia!”
 
Kate roteò gli occhi ma fece quello che il suo capo aveva detto, accucciandosi dietro Alexis la quale era a terra che fingeva di star per venir sbranata, e la avvolse in un abbraccio facendole da scudo con il proprio corpo. Scattarono foto come queste tutta la mattina, inventando dozzine di stupide pose e fingendo di essere in un safari finché il rullino non si esaurì.
 
“Dannazione,” esclamò Castle dopo aver scattato l’ultima foto. “E’ finito.” Informò Kate e Alexis che erano ancora in posa. Entrambe alzarono le spalle.
 
“Possiamo farne ancora in Times Square,” disse Kate “ma prima, voglio farvi vedere la mia mostra preferita.” Prese Alexis per mano e la condusse verso il planetario.
 
Alexis spalancò gli occhi quando entrarono nella stanza. “Wow” sussurrò guardando il sistema solare in miniatura. Kate sorrise, ricordando la sua reazione la prima volta che lo vide. Ne era rimasta davvero colpita quando sua madre l’aveva portata lì la prima volta per il suo settimo compleanno. Johanna Beckett si era presa un giorno libero dal lavoro ed era andata a prenderla a scuola per portarla ad esplorare la città, portarla a pranzo, in Times Square, Central Park, e due ore prima di incontrare suo padre, Jim, per un cena speciale, erano andate al museo ed avevano visitato la maggior parte delle mostre finché non avevano trovato la preferita da Kate, il Planetario.
 
Aveva ogni costellazione e pianeta in perfetta scala rispetto all’attuale Universo. Si muovevano persino in perfetta sincronia. Castle indicò la Terra ed esclamò “Guardate, siamo noi!” Kate roteò gli occhi e percorse tutta la stanza con Alexis per mano, osservando ogni pianeta e costellazione. Alexis spalancò gli occhi ad ogni nuova scoperta finché non l’ebbero esaminato tutto.
 
“E’ stato magnifico!” esclamò sorridendo a Kate. “Non sapevo nemmeno che quella parte esistesse, papà non mi aveva mai portata qui!”
 
Kate alzò un sopracciglio e Castle fece spallucce. “Abbiamo passato molto tempo con i dinosauri, non mi è mai venuto in mente di portarla qui.” Kate scosse la testa e guardò Alexis.
 
“Beh, cosa ne dici di questo: ogni volta che hai voglia di tornare qui io ti accompagnerò, okay?!” si offrì.
 
Alexis sorrise raggiante. “Okay!” disse. “Grazie, Kate.”
 
Kate le sorrise spostandole una ciocca di capelli dietro l’orecchio. “Nessun problema, bimba.” disse.
 
“Uhm, veramente..” disse Castle dietro di loro “un problema c’è. La mostra verrà chiusa per restaurazione dopo il Ringraziamento.”
 
Kate si voltò verso di lui. “Cosa?” esclamò guardando verso l’avviso che lui stava indicando.
 
-Chiuso per restaurazione: Il Planetario sarà chiuso a partire dal 26 Novembre 1999 e non verrà riaperto fino all’anno successivo, nel 2000. Data ancora da determinarsi.
 
Kate aggrottò le sopracciglia. Il Planetario, la mostra preferita da lei e sua madre, stava per essere rinnovata. Quanto diversa la faranno? Sarà completamente differente da come è adesso? Saprà mai riconoscerla?
 
Tentò di rimanere impassibile alla notizia, di fingere che non le importasse più di tanto e promise ad Alexis che ci sarebbero tornate insieme alla riapertura. Ma non poté frenare il senso di vuoto che quella notizia le aveva lasciato mentre venne condotta all’uscita da Castle e Alexis che intanto stavano già pianificando cosa fare una volta arrivati in Times Square.
 
“Mangiare.” disse Castle toccandosi la pancia. “Sono affamato!”
 
“Tu hai sempre fame!” specificò Alexis alzando gli occhi al cielo. Fu a quel punto che si accorse che Kate era distratta da qualcos’altro. Le sfiorò il braccio. “Stai bene Kate? Sei silenziosa.”
 
Kate interruppe i suoi pensieri e sorrise ad Alexis. “Sto bene Alexis.” disse accarezzandole i capelli. “Allora, che stavi dicendo a proposito di mangiare?”
 
“Non io,” disse Alexis scuotendo la testa. “Papà; è affamato.”
 
“Ancora? Non ti abbiamo sfamato ieri?” scherzò.
 
“Ha. Ha. Davvero divertente.” brontolò. “Seriamente però, è quasi l’una e il mio stomaco brontola come se fossi un leone in gabbia. Possiamo per piacere pranzare da qualche parte in The Square?”
 
Kate roteò gli occhi sentendolo lamentarsi. “Se proprio dobbiamo.” disse come se si stesse sottoponendo a qualche sorta di sacrificio. Castle alzò il pugno e fermò un taxi non appena furono in strada, dicendo al tassista di portarli a destinazione.
 
Il taxi li portò nel centro di Times Square per venti dollari. Pagò Castle, ovviamente, e aiutò le due ragazze a scendere dall’auto. Quando la sua mano e quella di Kate si toccarono i loro sguardi si incatenarono per un momento, creando come elettricità. Kate spostò lo sguardo imbarazzata e lui fece un colpo di tosse prima di lasciare la sua mano e aiutare anche Alexis a scendere.
 
“Quindi, dove vuoi andare a mangiare?” chiese a Kate.
 
Kate fece spallucce. “Va bene dappertutto. Cosa ne dici, Lex?” chiese alla piccola. Lei sorrise.
 
“Friday’s!” esclamò. “Non andiamo lì da taaaanto tempo.”
 
“Ci siamo stati un paio di mesi fa.” obbiettò Castle.
 
“Papà,” disse Alexis, roteando gli occhi “Ho cinque anni, non ho vissuto poi così tanto quindi due mesi per me sono tanto tempo.”
 
Castle scosse la testa e guardò Kate. “Proprio una Drama Queen.” sospirò.
 
Kate rise. “Senti chi parla!” lui la guardò indignato e lei sorrise prima di tornare a guardare Alexis. “Friday’s va bene per me.” disse. “Ora vediamo se riusciamo a liberarci di Mr. Brontolo.”
 
Alexis ridacchiò. “Hei!” piagnucolò Castle. “Potrei ricordarle che ‘Mr. Brontolo’ qui le paga la cena?”
 
Kate rise prendendo Alexis per mano. “Ho abbastanza denaro per il pranzo, Castle.” disse. “Ho un lavoro, ricordi?” gli fece l’occhiolino e dopodichè si girò e attraversò la strada insieme ad Alexis, rivolta verso Friday’s.
 
Castle le lanciò un’occhiataccia. “Già, giusto,” brontolò, “fai meglio a correre.” Dopodichè le seguì sperando di raggiungerle in tempo prima che prendessero posto ad un tavolo.
 
Per sua fortuna ce la fece ad arrivare prima che si fossero già sedute. Aveva il fiatone per aver corso in mezzo alla strada e aver rischiato di venir investito. Due volte.
 
“Eccoti qui!” esclamò Kate sghignazzando quando lui le raggiunse. “Cominciavo a chiedermi se ti saresti mai fatto vedere. Hanno detto che ci sono quindici minuti di attesa.”
 
Castle si accasciò sullo sgabello accanto al suo, respirando a fatica. “Tu…sei…crudele.”
 
“L’adulazione non ti porterà da nessuna parte, Mr. Castle.” rispose maliziosa, ridendo. Alexis, vicino a lei, sghignazzò. Castle la fissò.
 
Quando vennero finalmente chiamati Kate fu felice di vedere che erano stati sistemati ad un tavolo vicino ad una finestra dalla quale si poteva intravedere la bellezza di New York. Alexis preso il posto più vicino alla finestra, Kate si sedette di fianco a lei e Castle dall’altra parte del tavolo di fronte a Kate. Restò ad ammirare il paesaggio per un po’ finché non si voltò e rivolse l’attenzione al menù.
 
“Oooh, torta al cioccolato.” Kate si aspettava che Alexis guardasse i dolci invece dei primi piatti, sarebbe stato normale per una bimba, peccato che il commento veniva dal Castle adulto, che aveva gli occhi lucidi come un bambino mentre leggeva di torte al cioccolato e pasticci al burro d’arachidi.
 
“Papà,” lo castigò Alexis “prima pranziamo, poi pensiamo al dolce.”
 
Castle le mise il broncio ma si arresa all’evidenza, girando pagina del menu sui primi. Kate quasi scoppio a ridere, quella famiglia era proprio stramba. Lo aveva appreso negli ultimi due mesi ma non ne aveva mai avuto un esempio lampante come questo.
 
Quando la cameriera arrivò erano pronti per ordinare. Kate prese un panino al bacon con patatine di contorno e una coca. A Castle cadde la mascella. Guardando Kate, così magra e in forma com’era, non poteva credere che potesse ordinare una cosa del genere. Ancora una volta dovette ricordare a se stesso che lei andava a correre ogni singola mattina a Central Park.
 
Lui ordinò una bistecca con puré di patate e fagiolini, e una Coca. Alexis prese il suo solito: ali di pollo con patatine e succo di mela. Quando la cameriera prese nota di tutte le ordinazioni e se ne andò con i menu, Kate si alzò. “Torno subito,” disse “Devo andare alla toilette, Alexis hai bisogno anche tu?” Alexis annuì e si alzò con lei, prendendole la mano mentre si dirigevano verso il bagno delle signore.
 
Quando Castle si assicurò di non poter essere visto, chiamò la cameriera. Questa sorrise, flirtando, avvicinandosi. “Posso esserle d’aiuto, Mr. Castle?” chiese riconoscendolo dai tabloid che lo mettevano sempre in mostra dovunque andasse.
 
“Si,” disse, “quando la mia, uhm, ragazza,” non voleva rivelare che in realtà Kate era la sua tata “ordina il dessert, potrebbe per piacere metterci una candelina sopra? E’ il suo compleanno oggi e voglio che sia speciale.”
 
La cameriera, che si incupì non appena sentì la parola ‘ragazza’, sforzò un sorriso educato. “Certo,” rispose “nessun problema.” Castle la ringraziò e la ragazza se ne andò proprio mentre Alexis e Kate uscirono dal bagno. Lui sorrise.
 
“Gita piacevole?” disse scherzoso. Kate e Alexis alzarono entrambe gli occhi al cielo.
 
Impiegarono il tempo d’attesa chiacchierando tranquillamente, parlando dei piani di Kate per il futuro e della sua decisione di cambiare scuola nuovamente. Questa volta, stava pensando di trasferirsi alla NYU, che era vicina sia al loft che alla scuola di Alexis. Era già stata accettata e aveva appena mandato il modulo di partecipazioni per le lezioni di primavera. Li assicurò che sarebbe stata in grado frequentare le classi e di riuscire ad andare a prendere Alexis a scuola in tempo e passare il pomeriggio con lei, dato che queste finivano prima delle tre.
 
Parlarono del nuovo libro di Castle che era quasi terminato, con gran gioia di Kate. (si possono ricevere parecchie chiamate da una più che infuriata pubblicitaria del tuo capo). Secondo i piani, se tutto andava come previsto, l’uscita era prevista per il giorno di San Valentino.
 
Alexis parlò di quello che stavano imparando a scuola. All’asilo imparavano maggiormente a leggere e scrivere, cosa che, grazie a Castle, lei sapeva fare meglio degli altri bambini. Avevano di recente avuto un test di spelling e Alexis aveva ottenuto un punteggio di 100 su 100. Si congratularono e la piccola arrossì.
 
“Non è nulla.” disse piano.
 
Le loro ordinazioni arrivarono proprio nel momento in cui Castle scoprì la passione di Kate per i fumetti, specialmente per Barman, e passarono diversi minuti a discutere su chi fosse il miglior cattivo; Joker per Castle o Catwoman per Kate.
 
Continuarono la loro conversazione, ridendo e scherzando e mandandosi continuamente sfrecciatine, raccontandosi le loro storie e discutendo di quello che avrebbero fatto una volta usciti da Friday’s. 
 
Quando furono pronti per il dessert erano ormai quasi le tre. Kate e Alexis ordinarono entrambe una fetta di pasticcio di burro d’arachidi, mentre Castle una di torta al cioccolato, praticamente sbavando di fronte alla foto. Kate e Alexis alzarono gli occhi al cielo, contemporaneamente.
 
Kate stava per prenderlo in giro per la sua dipendenza da zuccheri quando senti dei battiti di mani alle sue spalle. Si voltò e vide l’intero staff di camerieri venire verso di lei, la torta in mano ad uno di essi con una candelina sopra. Sorridevano tutti come da copione.
 
Quando si voltò verso Castle, lui stava sghignazzando. Gli sorrise. “Non l’hai fatto..”
 
“Oh, eccome se l’ho fatto.” disse lui sorridente. La cameriera posò la torta di fronte a Kate e tutti iniziarono a cantare.
 
Quando finirono di cantare Kate era leggermente rossa in viso e accasciata sulla sua sedia. Ma stava sorridendo, timidamente. “Grazie per tutto questo.” disse una volta che i camerieri furono tornati ali loro tavoli.
 
Castle le sorrise, tuffandosi sulla sua torta al cioccolato. “Nessun problema. Ora mangia, dobbiamo fare in fretta se vogliamo essere a casa prima che faccia buoi per lasciare giù Alexis.”
 
Kate alzò un sopracciglio. “Lasciare giù Alexis? Perché?” guardò la bambina che, al contrario di lei, non sembrava sorpresa dall’annuncio.
 
Castle le sorrise. “Oh, ho scordato di dirlo? Mia madre ci ha regalato due biglietti per uno spettacolo a Broadway.”
 
“Oh,” disse Kate assaggiando un pezzo di torta “che gesto carino. Quale spettacolo?” quasi si strozzò quando udì la risposta.
 
“Baciami, Kate.”

 



Scusate il ritardo enorme ma in questi giorni sono stata un po’ presa e poi questo capitolo sembrava non finire più.
Toccante la scena al planetario, ogni volta che Kate tira fuori sua madre mi viene un magone tremendo. Ma come ha detto lei meglio concentrarsi sulla bella giornata in famiglia.
Capitolo in vero stile Caskett; frecciatine, battibecchi e ogni tanto anche scene da pubblicità di profumi (if u know what I mean ;) )
Bella la sorpresa di Castle a Kate, anche se vi posso assicurare che le sorprese non finiscono qui. Resistete ancora due capitoli e poi le cose si faranno interessanti ;)
Spero vi sia piaciuto e grazie a chi continua a seguirmi.
Alla prossima,
X
J.

Ps: se non rispondo a tutti nelle recensioni non è perché non voglio, ma ho proprio tempi stretti in questo periodo e devo accelerare tutto. Sappiate comunque che le apprezzo tutte! <3

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


Capitolo 7

Kate stava tossendo talmente forte che la cameriera dovette avvicinarsi al tavolo e chiederle se stava bene.

Dopo aver bevuto un sorso della sua soda confermò di stare bene e sorrise cordiale alla cameriera la quale rassicurata e convinta chiese se volevano altro.

“Il conto, per favore.” rispose Castle senza distogliere lo sguardo da Kate. Quando Jolie, la cameriera, annuì e si allontanò dal tavolo Rick si rivolse a Kate. “Stai bene?” chiese.

Kate annuì e bevve un altro sorso della sua bibita. “Sto bene.” lo rassicurò prendendo un respiro profondo. “Sono solo rimasta un po’ sorpresa quando hai detto...”

“Baciami, Kate? E’ il nome dello spettacolo.” disse lui cercando di non ridere.

“Si beh, l’ho realizzato ora.” disse Kate ora finalmente calma, prendendo un’altra fetta della sua torta,. “Ma era completamente impreparata a questo un paio di minuti fa. Potevi avvisare.”

“Te l’ho detto che non era una grande idea.” disse Alexis addentando un pezzo del suo dessert. Guardò Kate “Gli avevo detto di prendere i biglietti per il circo che così potevo venire anche io.” esclamò convinta.

“E io le ho detto che sua nonna ha ottenuto i biglietti gratis. Avrei dovuto specificare anche che conosce l’attrice che interpreta Lilli. Ma sono sicuro che se avesse potuto prendere i biglietti per il circo l’avrebbe fatto, zucca. Magari la prossima volta.” Alexis abbassò lo sguardo triste. Kate si voltò e le accarezzò dolcemente i capelli. Poi guardò di nuovo verso Castle.

“Esattamente di che cosa parla lo spettacolo?” chiese. Ne aveva già sentito parlare ma non si era mai soffermata ad ascoltare quale fosse la trama.

Castle sorrise. “E’ un musical tratto da La Bisbetica Domata. Beh, più un musical tratto dallo spettacolo dentro lo spettacolo.” Kate alzò un sopracciglio, confusa. “Ha un retroscena romantico e drammatico, come se si svolgesse nel dietro le quinte di uno spettacolo. E contemporaneamente, il tutto è uno spettacolo. E’ un gran casino, davvero, ma mia madre ha detto che è stupendo, soprattutto l’attrice che fa Lilli, Marin Mazzie. Dice che Marin è una fantastica Lilli-barra-Katherine. E il gusto teatrale di mia madre è…profondo. Dev’essere spettacolare.”

“Sembra fantastico,” disse Kate “ma, sicuro che per questa volta Alexis non potrebbe essere la mia accompagnatrice? Voglio dire, le avevo promesso di portarla ad uno spettacolo di Broadway e magari questa potrebbe essere la nostra occasione.”

Castle scosse la testa. “Non c’è la possibilità che Alexis veda questo spettacolo. Non parla esattamente di unicorni canterini che cavalcano sugli arcobaleni e prati in fiore. La porterai un’altra volta, presto.”

Kate guardò Alexis. “Scusa bimba,” sospirò “ci ho provato.”

“E’ okay.” disse Alexis. “Possiamo andarci un’altra volta e non invitare papà.”

“Giusto!” annuì Kate sorridendo a Castle che aggrottò le sopracciglia.

Il conto arrivò e Castle porse la sua carta di credito senza nemmeno guardare il prezzo, aveva più che abbastanza denaro in banca per coprire il costo di un pranzo.

Quando si alzarono per dirigersi verso l’uscita, Kate rimase sorpresa dalla mano di Castle posata sulla sua schiena che l’accompagnava fuori. Il suo cuore fece una capriola per quel contatto inaspettato.

Quando tornarono al bancone gli venne consegnata una busta che conteneva coupon, e una Polaroid di Kate sorridente e arrossita mentre soffiava sulla candelina del suo dessert. Kate si chiese come avesse fatto a non accorgersi che la stavano immortalando. Castle invece non riusciva a spiegarsi come qualcuno potesse sembrare così carino e sexy allo stesso tempo. Alexis non capiva perché si stessero soffermando tanto su una foto che potevano semplicemente portarsi a casa. Cominciò a tirare verso l’uscita Castle per un braccio, che diede la foto a Kate prima di essere trascinato fuori da sua figlia.

Quando furono finalmente sul marciapiede Castle cominciò a spingere Alexis che a sua volta spinse Kate verso un gift shop dove lui comprò altri due rullini per la sua macchina fotografica.

“Ecco fatto!” disse inserendo il primo rullino. “Ora, dove vuoi andare?”

Kate ci pensò su un momento. “Conosco un karaoke bar. Vi vanno un po’ di note stonate e qualche passo da imbranati?”

Castle sogghignò e Alexis gemette. “Oh no.” si lamentò. “La frittata è fatta.” Senza proferir parola, Castle prese le mani di entrambe e si diresse verso il bar. Sapeva esattamente di qualche stava parlando.

Due ore e sei canzoni di Castle dopo Kate era completamente pentita di aver menzionato il karaoke. Wannabe delle Spice Girls era l’ennesima canzone in cui si stava cimentando. Lei e Alexis erano sedute a un tavolo poco lontano dal palco sul quale Castle stava cantando a squarciagola, fuori tono, e ballando in torno esaltato, fuori tempo. Si accordarono per drogarlo, legarlo e trascinarlo fuori dal locale nel momento stesso in cui la canzone sarebbe finita.

La canzone però sembrava non finire mai e Alexis e Kate si ritrovarono a trascinare fuori Castle per le braccia mentre lui protestava a voce alta.

“No! Questa è la parte migliore! Devo dirvi what I really really want! Andiamo ragazze, lasciatemi andare!”

Non lo lasciarono andare finché non furono tutti e tre seduti nel taxi che Kate aveva chiamato, diretti verso il loft. Castle mise il muso per tutto il tempo “Non siete divertenti.” brontolò incrociando le braccia al petto come un bambino che fa i capricci. Kate alzò gli occhi al cielo e sospirò.

Sarà davvero una lunga serata.




Capitolo un po’ più corto ma in compenso sono riuscita ad aggiornare prima di quanto pensassi. L’immagine di Castle che fa il pazzo al karaoke bar mi ha fatta ridere per mezz’ora. E’ un proprio un bambinone. :3 Beh non c’è molto altro da dire, spero vi sia piaciuto anche questo. Alla prossima (presto lo prometto ;) ) X J.

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


Okay non voglio nemmeno sapere quand'è stata l'ultima volta che ho aggiornato questa storia, mi vergognerei troppo. Probabilmente correva l'anno 1432....
Invece di stare qui ad annoiarvi con mille mila scuse di cui probabilmente non ve ne frega neanche una cippa, dirò solo che sono stata assente per motivi seri di salute, e che mi scuso con tutti quelli che recensivano e seguivano questa storia con interesse!
Ricordo comunque che non ho nessun copyright se non per la traduzione, la storia originale è scritta in inglese e l'ho presa dal sito fanfiction.net (se volete il link scrivetemi un mp ;) )
Anyway, eravamo arrivati al giorno della festa di compleanno di Kate, ricordate? No? Okay, piccolo riassuntino :)
Storia ambientata 16 anni fa, con due giovani Caskett e una piccolissima e tenerissima Alexis. Kate, dopo la morte di sua madre, si trasferisce alla NYU e diventa tata in casa Castle della piccola Al. Niente, papà e figlia hanno scoperto che il compleanno di Kate è già passato da una settimana e lei non aveva detto niente, così decidono di farle trascorrere una giornata in giro per NY e come ciliegina sulla torta Castle la porta a Broadway per vedere un nuovo spettacolo chiamato Kiss Me, Kate.
Il resto è tutto da leggere in pratica! Ci vediamo giù :D


Capitolo 8
 

Nel momento in cui rincasarono Kate fu trascinata su per le scale da Alexis che non pensava ad altro che a trovare per la sua tata un vestito adatto per la..ehm, serata con Castle.
 
Kate si imponeva di non vederlo come un appuntamento; lui era il suo capo dopotutto. Sarebbe stato decisamente inappropriato per lui chiederle un appuntamento, non importa quanto Fran Drescher e Charles O'Shaughnessy potessero farlo sembrare romantico ed esaltante. E non importa quanto attraente, dolce, premuroso e divertente fosse…
 
Kate scosse la testa per cacciare quei pensieri dalla mente. Non doveva pensare certe cose del suo capo, del padre di quell’adorabile bimba di cui si occupava e che in quel momento stava scavando nel suo armadio alla ricerca di un vestito. Kate guardò divertita la bimba scartare vestito dopo vestito, esibendo smorfie di disapprovo, finché non ne rimase più neanche uno. Alexis mise il broncio voltandosi verso Kate, proprio come avrebbe fatto suo padre.
 
“Non hai niente da mettere!” esclamò analizzando il groviglio di vestiti per terra.
 
Kate rise. “Sono sicura di avere qualcosa, bisogna solo essere meno pretenziosi!”
 
“Ma-ma Kate, tu devi essere pretenziosa! E’ Broadway! Tutti quanti ci andranno vestiti eleganti e tu non puoi semplicemente indossare la prima cosa che capita.”
 
“Be’, sono sicura che troveremo qualcosa.” Disse Kate pescando tra il mucchio di vestiti e prendendone uno rosa chiaro. “Che ne dici di questo?” chiese ad Alexis che scosse la testa.
 
“Sembra un vestito da ballo scolastico.” disse “troppo rosa e sfarzoso.”
 
Kate prese un altro vestito, questo era blu e corto. “E’ troppo appariscente, sembreresti una di quelle che nonna chiama ‘hoochy-mama’!”
 
Kate rise e ne pescò uno verde. “Vorresti indossare quel verde caccola?”
 
Kate prese un vestito bianco ma lo ripose all’istante, un vestito bianco era decisamente inappropriato per uscire con il proprio capo.
 
Ne prese invece uno nero. “Troppo banale.” Kate sospirò.
 
“Dobbiamo sceglierne uno,” disse “lo spettacolo inizia tra poche ore.”
 
All’improvviso qualcuno bussò alla porta. Kate si alzò per andare ad aprire, mentre Alexis continuava a rovistare alla ricerca del vestito adatto. Inutilmente.
 
Perché Martha Rodgers era in piedi dall’altro lato della porta, con in mano un altro regalo per Kate che si sarebbe rivelato esattamente ciò di cui aveva bisogno.
 
Castle andò ad aspettare Kate al piano di sotto quando finì di prepararsi. Indossava uno dei suoi migliori completi, che solitamente riservava solo alle feste per il lancio di un suono nuovo libro, ma credeva che un nuovo, magnifico spettacolo di Broadway e una splendida giovane donna fossero ragioni più che valide per indossarne uno quella sera. I suoi capelli erano pettinati all’indietro, dandogli un’aria decisamente più affascinante. Si era rasato quel piccolo accenno di barba e profumato con la sua miglior e più costosa colonia. Aveva persino lucidato le scarpe e ora si sentiva nervoso come un ragazzo al suo primo ballo scolastico. Si sentì come se avesse dovuto uscire a comprarle un corsage per l’occasione. Si domandò se ci fosse qualche negozio di fiori aperto lì vicino.
 
Ad interrompere i suoi pensieri ci pensò sua madre, che proprio in quel momento era entrata in casa con un pacco enorme tra le mani. “Madre?” chiese. Sapeva che sarebbe dovuta venire per badare ad Alexis quella sera, ma non credeva che si sarebbe portata qualcosa dietro. Magari era uno dei suoi regali del momento per Alexis che amava tanto farle.
 
“Ciao, Richard, caro,” disse Martha baciando suo figlio sulla guancia “stai benissimo. Dov’è la tua ragazza?”
 
“Non è la mia ragazza, mamma,” la contrariò “è la mia tata. La tata che sto per portare a Broadway per il suo compleanno perché mia madre ci ha procurato i biglietti. Grazie ancora, comunque.”
 
“E’ stato un piacere, kiddo.” disse Martha sogghignando “Allora dov’è la tua tata? Ho qui qualcosa per lei.”
 
“Un altro regalo di compleanno?”
 
“Ci puoi scommettere!”
 
Castle sorrise. “E’ al piano di sopra con Alexis a prepararsi, terza porta a sinistra.” Martha annuì e salì le scale con il suo pacchetto mentre Castle si sistemava nervoso la cravatta chiedendosi ancora qualche sarebbe stato il modo più veloce di procurarsi un corsage. Dopo averci riflettuto su per qualche minuto decise che la cosa migliore da fare era sedersi sul divano e guardare la tv finché Kate non sarebbe arrivata. Era nel bel mezzo del secondo episodio di America’s Funniest Home Videos quando sentì qualcuno schiarirsi la gola alle sue spalle. Si voltò e vide Martha e Alexis ai piedi delle scale che lo fissavano impazienti. Castle si alzò dal divano e le raggiunse. Alexis gli fece cenno di chinarsi e così lui fece. Gli sistemò la cravatta e i capelli e mostrò il pollice all’insù. Castle sorrise e la baciò sulla fronte prima di rialzarsi.
 
“Sei pronto?” chiese Martha. Castle sentì la gola asciutta mentre annuiva, guardando impaziente alle scale. “Vieni giù cara!” Martha chiamò Kate.
 
Pochi secondi dopo lei apparve in cima alle scale e Castle vide- mentre il suo respiro si smorzò- la cosa più bella su cui avesse mai posato gli occhi in vita sua (eccetto per la nascita della sua unica figlia).
 
Kate Beckett, la sua tata e, lui sperava, sua amica, stava scendendo gli scalini vestita di un abito d’oro, con uno stretto corpetto senza maniche e una gonna lunga che la faceva sembrare un angelo caduto dal paradiso. O una dea.
 
Si, Kate Beckett era decisamente una dea. I suoi capelli erano raccolti in un’elegante pettinatura, con un paio di ciocche che le ricadevano sul viso incorniciandolo e facendola splendere. Aveva un trucco chiaro e leggero, proprio come piaceva a Castle (lui non sopportava quelle bambole sempre esageratamente truccate) ed era più bella di quanto lui si ricordasse di averla mai vista. Ai suoi piedi calzavano delle scarpe d’argento con tacco e aperte che lasciavano intravedere le unghie dei piedi smaltate d’oro.
 
Lui doveva essere rimasto a bocca aperta perché sentì sua madre afferrargli il mento e chiuderla. Castle si schiarì la gola quando Kate arrivò ai piedi delle scale, le rivolse un sorriso smagliante e lei ricambiò timidamente.
 
“Tu sei…” splendida, bellissima, abbagliante, mozzafiato “…stai molto bene!” bella mossa, deficiente!
 
Kate gli sorrise ringraziandolo. “Neanche tu sei niente male, Castle.” disse facendolo sorridere.
 
“Sono più che niente male, guarda qui!” disse scherzando.
 
“D’accordo, non montarti troppo la testa,” disse Martha. “Richard, caro, vai a prendere il cappotto di Kate. Finirete per arrivare in ritardo voi due.” aiutò Kate a finire di scendere dalle scale mentre Castle faceva quello che gli era stato detto e prese i cappotti di entrambi. Aiutò Kate a indossare il suo e quando la sua pelle venne per sbaglio a contatto con quella liscia di Kate, un fremito gli percorse la schiena. Anche Kate trattenne il respiro per un momento, concentrandosi sulla televisione dove un padre e suo figlio stavano giocando a T-ball. Sorrise, sapendo già cosa sarebbe successo anche se non l’aveva mai visto.
 
“Quel bambino finirà per colpire il padre sullo stomaco.” disse lei ad alta voce.
 
Castle alzò lo sguardo verso la tv “L’hai già visto?”
 
Kate scosse la testa “Non ce n’è bisogno; è ovvio. Voglio dire, hai un bambino con una mazza e un padre con una palla. Guarda. Tra tre…due…” il padre lanciò la palla e il bambino la colpì con la mazza rispedendola verso l’uomo che venne colpito proprio nello stomaco, cadendo a terra dolorante. “Te l’avevo detto.” disse ridacchiando.
 
“Uhm, sei pronto ad andare?” chiese. Stava giocando con la catenella con l’anello che indossava sempre al collo. Castle aveva notato che era un’abitudine per lei toccarla ogni volta che era nervosa. Lo trovava adorabile.
 
“Certo!” rispose porgendole il braccio, “andiamo?”
 
Kate gli sorrise, prendendo il suo braccio. “Andiamo!” disse, poi si voltò verso Alexis. “Non stare sveglia troppo a lungo, okay? Ricordati che devi andare a nanna alle…”
 
“Nove,” terminò Alexis per lei, “lo so.” avvolse le braccia attorno ai fianchi di Kate. “Divertiti, Kate.” Kate avvolse la piccola con il suo braccio libero e la baciò sulla fronte.
 
Poi fu il turno di Castle che la sollevò senza lasciare il braccio di Kate e le ricoprì il volto di baci “Fai la brava con la nonna,” disse “e non lasciarla avvicinarsi all’armadietto dei liquori.” le sussurrò nell’orecchio. Alexis annuì.
 
“Ti ho sentito!” esclamò Martha. Castle sogghignò e rimise Alexis a terra, sua madre si avvicinò e li baciò entrambi sulla guancia. “Divertitevi, voi due!”
 
“Madre, non siamo bambini, lo sai vero?” si lamentò.
 
“Scusami? Chi fa ancora il bagno con le bolle e va a fare dolcetto o scherzetto?” chiese Martha, alzando un sopracciglio.
 
Kate rise e Castle guardò sua figlia “Traditrice.”
 
Alexis fece spallucce “Mi ha promesso una barretta di cioccolato!”
 
Kate rise anche più forte e Castle alzò gli occhi al cielo. “Forza,” disse guidando Kate alla porta “andiamo.”
 
Kate lo seguì, voltandosi quando lui aprì la porta verso nonna e nipote “Passate una bella serata voi due.” disse mentre uscivano di casa.
 
“Anche tu, cara!” le rispose Martha “Non fate niente che io non farei.”
  
“Non credo che questo lasci spazio a molto, vero mamma?” scherzò Castle chiudendosi la porta alle spalle prima che il cuscino del divano lo colpisse in piena faccia.
 
Quando uscirono dal palazzo, Kate rimase stupita nel vedere che Castle aveva noleggiato una limousine con tanto di chauffeur che aspettava in piedi fuori dalla macchina tenendo la portiera aperta e sorridendo.
 
“Buona sera Signor Castle, Signorina Beckett. Io mi chiamo Javier, e sarò il vostro autista per questa serata.” chinò il capo rispettosamente e Castle gli sorrise. Poi aiutò Kate a salire nell’auto mentre l’autista gli chiuse la portiera, fece il giro della macchina e salì al posto di guida. “Dove andiamo, Signore?” chiese.
 
“Al teatro Martin Beck a Broadway.” rispose Castle. Javier annuì e accese il motore, infilandosi poi nel traffico di New York.
 
Il cuore di Kate, che aveva cominciato a correre dal momento in cui aveva visto Castle tutto in tiro con quel completo che metteva in risalto il suo fisico scolpito, non aveva mai smesso di battere da quando avevano lasciato l’appartamento e stava disperatamente cercando di trovare qualcosa che potesse occupare la sua mente.
 
La trovò quando vide la medaglia d’onore appesa allo specchietto retrovisore, proprio sotto la licenza di chauffeur di Javier. “Eri nell’esercito?” chiese.
 
Javier sorrise. “Si!” rispose “ero nelle Forze Speciali; ero un cecchino. Sono tornato a casa pochi mesi fa, a dire il vero. Mio zio mi ha procurato questo lavoro così che possa pagare l’affitto continuando gli studi allo stesso tempo.”
 
“E’ una buona cosa!” disse Kate “Dove studi?”
 
“Seguo giustizia criminale alla New York University,” disse “spero di entrare presto nell’accademia.”
 
“Accademia di polizia?”
 
“Esatto.” rispose Javi.
 
“Pure io!”
 
“Davvero?”
 
“Mmhm. Inizierò i corsi alla NYU in primavera, a dire il vero.”
 
“Wow, è fantastico. Magari ci vedremo a qualche lezione.”
 
Kate sorrise. “Magari.” Non si faceva nuovi amici da un po’ di tempo. Era stata troppo impegnata nel lavoro e nello studio. Aveva qualche amico nella vecchia scuola, come Lanie, una studentessa di medicina che veniva da St. Louis, che pianificava di trasferirsi alla Columbia. E Kevin, un altro studente di Giustizia Criminale che si sarebbe trasferito alla John Jay una volta ottenuti tutti i crediti necessari. Ma a parte loro, gli altri erano solo conoscenti, e tutti gli amici del liceo avevano preso strade completamente diverse dalla sua. Quindi avere Javier come amico in più non sarebbe stato affatto male.
 
Arrivarono al teatro in quarantacinque minuti, e Javi parcheggiò proprio davanti all’entrata, dove erano affollati una marea di paparazzi e reporter, attenti a vedere se qualche celebrità si sarebbe presentata alla prima dello spettacolo.
 
Castle scese, sorridendo e salutando alle fotocamere, prima di voltarsi e porgere la mano a Kate che la prese aiutandosi ad uscire anche lei dalla macchina, venendo un istante dopo accecata dai flash.
 
La montagna di gente che gridava, faceva domande e fotografava verso di loro faceva girare la testa tanto quanto la colonia che Castle stava indossando. Lui, notando il suo disagio, l’attirò a se e le sussurrò “Ignorali e basta.” all’orecchio. “Cammina e non ti fermare, fingi che siano solo un ronzio di sottofondo. Ti guido io.” La prese sottobraccio guidandola fino all’entrata del teatro, ignorando ogni domanda di quei reporter assetati di sangue, curiosi sulla data del rilascio del suo prossimo libro.
 
Quando furono finalmente dentro il teatro, Kate tornò a respirare. Non aveva intenzione di lasciare il braccio di Castle comunque, nemmeno quando vennero scortati in sala, ai loro posti.
 
Martha gli aveva procurato dei posti nella sezione Orchestra, a sole tre file dal palco, proprio al centro, da dove avrebbero potuto vedere veramente ogni cosa. Castle la fece entrare per prima nella fila, finché non raggiunsero i loro posti.
 
Si tolsero i cappotti e li appoggiarono sugli schienali delle poltrone, sedendosi spalla contro spalla. Non passò molto che le luci cominciarono a spegnersi, avvertendo gli spettatori che lo spettacolo stava per iniziare. Kate guardava con occhi sgranati come alcuni dei suoi attori preferiti prendevano posto poco distante da lei.
 
“Oh mio Dio,” sussurrò a Castle, “quelli sono Idina Menzel e Taye Diggs! E Sarah Michelle Gellar di Buffy! E oh mio Dio, è Meryl Streep!”
 
Castle ridacchiò “Rilassati Kate,” le sussurrò a sua volta, “Sono sicuro che avremo tempo di congratularci, o nel tuo caso, di impazzire, più tardi.” Lei gli diede una gomitata e lui ricambiò, sorridendole, gli occhi che brillavano di felicità.
 
Poi lo spettacolo iniziò.
 
Durante tutto il primo atto, Kate rimase seduta, incantata dagli attori e da i personaggi che interpretavano, raccontando la loro storia talmente bene che lei finì per crederci e venirne completamente assorbita. Allo stesso tempo, Castle non riusciva a toglierle gli occhi di dosso, incantato dal suo sguardo abbagliato che non si perdeva neanche il minimo particolare. Assolutamente adorabile.
 
Alla fine del primo atto, Kate batté le mani come nessun’altro, il sorriso che le andava da guancia a guancia. “E’ stato fantastico!” esclamò eccitata, facendo sorridere Castle.
 
“Si,” disse, sorridendole dolcemente, “lo è stato. Hai bisogno di alzarti per qualcosa? Abbiamo circa una quindicina di minuti.”
 
Lei annuì ed entrambi si alzarono uscendo dalla loro fila, Kate dritta verso il bagno mentre Castle si avvicinò allo stand. Stava esaminando i souvenir esposti e prese una bambola di Madame Alexander Katherine per Alexis e un piccolo portachiavi con sopra scritto Kiss Me, Kate in bella calligrafia. Infilò quest’ultimo nella tasca della sua giacca prima di tornare al proprio posto. Kate era già lì che si guardava intorno, probabilmente alla ricerca di qualche altra celebrità. Quando i suoi occhi incontrarono quelli di lui, gli regalò un sorriso abbagliante. Lui ricambiò, sentendo il suo cuore perdere un battito mentre tornava al suo posto accanto a lei.
 
“C’è anche Robert De Niro!” esclamò Kate.
 
Castle ridacchiò, “Oh, si.” disse, “Rob ama gli spettacoli di Broadway. Gli dico sempre che dovrebbe tentare l’audizione per Roger in Rent.”
 
“Ah si? E che cosa ti ha risposto?” chiese Kate.
 
Castle aggrottò le sopracciglia. “Mi ha dato un schiaffo dietro la testa dicendomi di smetterla di fare il deficiente.”
 
Kate scoppiò a ridere e Castle mise immediatamente il broncio. Senza pensarci lei gli diede un buffetto. “Oooh, povero bimbo.” disse ridendo. Ma la sua risata cessò non appena si rese conto di quello che stava facendo e subito ritrasse la mano, proprio quando le luci si spensero di nuovo, dando inizio al secondo atto.
 
Lei non lo guardò nemmeno una volta per tutta la durata del secondo tempo.
 
Quando lo spettacolo finì, Kate si sentiva già più rilassata, ma i suoi nervi tornare subito all’erta quando vennero fermati da niente popò di meno che Joe Torre.
 
“Ricky, hey!” salutò Joe, stringendo a Castle la mano.
 
“Joey!” rispose Rick, con nonchalance. “E Ali..” baciò la guancia della donna che Joe teneva sotto braccio, “come sta Andrea?”
 
Ali sorrise. “Sta bene,” rispose, “e tu come stai Rick? Sono anni che non ti vediamo, come stanno Alexis e Martha?”
 
“Alexis sta alla grande, proprio come suo padre. E mia madre…è sempre mia madre.”
 
Ali annuì. “E chi è questa giovane donna?” chiese rivolgendo a Kate un sorriso.
 
“Oh!” esclamò Castle, “Dove sono le mie buone maniere? Ali, Joey, questa è Kate Beckett. Kate, questi sono Joe e sua moglie Alice Torre.”
 
Kate li stava guardando ipnotizzata, non riuscendo a credere ai suoi occhi. Allungò una mano per stringere le loro.
 
“Salve, Signor Torre, Signora Torre,” disse sorridendo, “Il mio nome è Beckett, uhm, Kate. Uhm, salve.”
 
Ali e Joey sorrisero dolcemente. “E’ un vero piacere conoscerti Kate.” disse Joe.
 
“E’ sempre un piacere conoscere gli amidi di Rick!” esclamò Ali.
 
“Piacere mio.” Kate praticamente cinguettò.
 
“E’ meglio se andiamo comunque,” disse Joe, “abbiamo un appuntamento a cena che non possiamo mancare. E’ stato davvero un piacere conoscerti Kate. Rick, farai meglio a tenertela stressa, sembra speciale.” Castle annuì e sorrise, non provando nemmeno a correggerlo, perché dopotutto Joe aveva ragione; Kate era speciale e lui aveva intenzione di prendersi molta cura di lei, non importa che in direzione la loro relazione andasse.
 
“Lo farò!” disse sorridendo a Kate, che arrossì e prese a giocare con la collana. Quando Joe e Ali se ne furono andati, la scortò fuori dal teatro. “Hai fame?” le chiese, “Perché non mi dispiacerebbe affatto un boccone.”
 
Kate annuì. “Si, nemmeno a me.”
 
Castle ridacchiò. “Conosco il posto perfetto.”
 
Una volta tornati in macchina, Castle diede indicazione a Javier di recarsi ad un pizzeria sulla 24esima. Quando entrarono salutò Pete, il proprietario.
 
“Hey, hey Ricky!” salutò Pete con un forte accento del Brooklyn. “Come ti va? Cos’è tutta questa formalità? Lo sai che non c’è bisogno di vestirsi eleganti per venire da me!”
 
Castle rise e gli strinse la mano. “Come va Pete? Come stanno Mega e Alexa?”
 
“Le ragazze sono delle angiolette, proprio come la madre.” rispose Pete. “Che Dio abbia cura della sua anima.” Si baciò le dita e le premette su una foto di una giovane e sorridente donna italiana posta sul muro, dietro il bancone.
 
“La loro madre è morta?” chiese Kate, accigliata.
 
Pete annuì. “Due anni fa; cancro al seno. Le ragazze se la cavano, comunque.”
 
“Mi dispiace davvero tanto.” disse Kate, “Ho appena perso mia madre anch’io, so come ci si sente.”
 
“Mi spiace per la tua perdita…come hai detto che ti chiami?”
 
“Non l’ho detto,” rispose, “Kate, Kate Beckett.”
 
Pete annuì. “Piacere di conoscerti, Kate. E ancora, mi dispiace per la tua perdita. Perdere una mamma non è mai facile ma lo si supera, giuro.”
 
Kate annuì, sorridendo. “Grazie.”
 
“Nessun problema. Ora, che posso darvi?”
 
Castle ordinò una pizza media e due lattina di coca cola, prima di prendere posto nel fondo.
 
“Non sapevo che tua mamma fosse morta.” disse non appena furono seduti.
 
“Oh,” disse Kate, arrossendo, “si. E’ stato poco tempo fa. Ma non importa.” Stava mentendo. Sapeva che gli stava mentendo e le faceva male. Specialmente quando si trattava di quell’argomento.
 
“Quanto poco fa?” chiese Castle, i suoi occhi blu fissi in quelli di lei.
 
Kate sospirò. “Nove Gennaio, 1999.”
 
“Kate è… è stato solo nove mesi fa.”
 
“Si,” disse, “lo so. Possiamo parlare d’altro per favore?”
 
Castle annuì. “Si, certo, scusami…non volevo…”
 
“Va tutto bene,” lo rassicurò Kate, “è solo che non mi piacere parlarne. Sai, sono ancora troppo…”
 
“Sotto shock?” terminò Castle per lei. Kate annuì. “Si, capisco. Niente più domande, gustiamoci solo la nostra pizza.” Le sorrise dolcemente e lei ricambiò. Non ci volle molto perché il loro ordine arrivò e iniziarono a parlare del più e del meno.
 
Kate si mise un tovagliolo nel vestito così da evitare di sporcarlo e Castle si ritrovò a fissare costantemente la sua scollatura finché non si schiaffeggiò mentalmente, ricordandosi di guardare la pizza o il suo bellissimo viso. Quando ebbero finito di cenare e lui ebbe pagato, Castle la accompagnò fuori dal ristorante, e alla macchina, allungando a Javier due fette di pizza avanzate. “Nel caso tu abbia fame.” gli disse sorridente.
 
Javier lo ringraziò e aprì la portiera posteriore per farli salire.
 
“Dove andiamo ora, Signore?” chiese.
 
Castle guardò Kate che aveva tutta l’aria di stare per addormentarsi sulla sua spalla da un momento all’altro. “A casa, Javier, per favore.” disse e Javier annuì, accendendo la macchina e partendo in direzione del loft.
 
Castle passò tutto il viaggio a guardare Kate passare dalla realtà al mondo dei sogni, e quando furono arrivati a Broome Street, si era addormentata del tutto.
 
Castle le scosse il braccio dolcemente. “Kate, svegliati, siamo a casa.” sussurrò.
 
Kate aprì gli occhi lentamente. “Mmmh?” mugugnò.
 
Castle sorrise. “Siamo a casa, ancora qualche secondo di pazienza e potrai addormentarti nel tuo letto.”
 
Kate si lamentò, ma fu subito in piedi, afferrando la mano che Castle le stava porgendo per aiutarla a scendere dall’auto. La sorresse con un braccio mentre con l’altra pagò Javier quello che gli doveva più una cospicua mancia, ringraziandolo del servizio.
 
“Buona notte, Signor Castle.” rispose Javier, “Ci vediamo a scuola questa primavera, Signorina Beckett.”
 
A Kate sfuggì un gemito che secondo Castle avrebbe dovuto essere un Buona notte, anche se non ne era del tutto certo.
 
Quando furono in ascensore, Kate iniziò a svegliarsi di più, ma teneva ancora la testa appoggiata alla spalla di Castle, cosa che lo fece sorridere. Quando raggiunsero il loro piano, camminò senza il sostegno del suo corpo, ma Castle tenne comunque una mano dietro la sua schiena che le provocava piccoli brividi.
 
Quando varcarono la soglia d’ingresso vennero accolti da un’insonnolita Martha che li stava aspettando sul divano guardando qualche soap opera di tarda serata. “Bentornati!” li salutò. “Com’è stato lo spettacolo? Favoloso, non è vero?!”
 
Kate sorrise assonnata. “E’ stato meraviglioso Martha,” disse “e ho incontrato Joe Torre, non vedo l’ora di dirlo a mio padre.” Castle ridacchiò.
 
“Sono sicuro che sarà estasiato!” disse, “Mamma, grazie per aver badato ad Alexis.”
 
“Nessun problema, davvero.” Insistette lei, “Quella bimba è un angelo, Richard. Le ho proposto di stare alzata fino alle dieci per vedere un po’ di cartoni animati ma lei si è rifiutata, dicendo che alle nove doveva essere a letto. Seriamente, non so da chi abbia preso.”
 
Castle rise. “Lo so, vero?! Comunque, grazie.” Le baciò la guancia, “Ci vediamo Giovedì, per il Ringraziamento?”
 
“Un uragano non potrebbe tenermi lontana, kiddo.” Rispose Martha ricambiando il bacio, prima di passare a Kate. “Ci vediamo presto, cara. Sei assolutamente un incanto con quel vestito!”
 
Kate sorrise. “Grazie, Martha. Ci vediamo Giovedì.”
 
“Buona notte!” disse infine prima di prendere il suo cappotto e uscire di scena con un inchino, teatralmente, come sempre.
 
Castle scosse la testa. “Proprio un personaggio.” Disse ridacchiando.
 
Kate sorrise. “E’ davvero affettuosa.”
 
“Si, beh, tu non sei cresciuta con lei.” Puntualizzò Castle.
 
“Oh andiamo, non può essere stata così male!” Kate rise.
 
“Due parole: direttore teatrale. Quando il direttore della nostra scuola era malato prendeva lei il suo posto. Era peggio di un incubo e io venivo preso di mira perché era mia madre. Grazie a Dio sono stato sospeso.”
 
“Per cosa?”
 
“Aver premuto l’allarme anti-incendio, per trentasei volte…in un giorno.” Castle sorrise fiero.
 
“Impressionante.” Disse Kate in tono sarcastico.
 
Nemmeno avevano notato quanto si erano avvicinati l’uno all’altro mentre parlavano finché non si ritrovarono con i volti a pochi centimetri di distanza. Kate arrossì e fece per fare un passo indietro ma Castle glielo impedì prendendola per il polso.
 
“Aspetta,” sussurrò, “Ho qualcosa per te.” Frugò nella sua tasca e ne estrasse il portachiavi, che mise nella sua mano.
 
Kate lo guardò, il suo cuore quasi si fermò quando vide cosa c’era scritto sopra. Alzò lo sguardo, trovando quello di Castle a pochi centimetri dal suo e improvvisamente, annullò quella distanza premendo le sue labbra contro quelle di lui, il cuore che le esplodeva nel petto.
 
Ma se fosse volere o passione, questo non lo sapeva.


Eccoci qui alla fine di questo ottavo capitolo, spero sia piaciuto e che vi abbia fatto tornare alla mente un po di cose.
Colpo di scena alla fine, devo dire che quando l'ho letto la prima volta nemmeno io me lo aspettavo, ma non vedo l'ora di farvi leggere come andrà avanti perchè vi dico già, ci saranno progressi interessanti ;)
Spero che chi mi seguiva in passato abbia ancora voglia di farlo, e naturalmente che altre persone si interessino a questa bellissima storia. Io come sempre cerco di fare il mio meglio e nella traduzione mi attengo il più possibile a ciò che è scritto in lingua originale.
Commenti o critiche, tutto quanto sempre ben accetto lo sapete, anche chi mi vuole gridare in testa per averci messo così tanto ahahah
Alla prossima (che sarà presto giuro xD)
X
J.

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Capitolo 9
*** Capitolo 9 ***


Capitolo nove.
 
Le labbra di Castle sulle sue erano come un sogno. Si sentiva come se non potesse essere vero; Castle, il suo capo, non la stava baciando, era tutto frutto della sua immaginazione. Doveva esserlo.
 
Ma allora perché le sue labbra erano così calde? Perché le sue mani sui suoi fianchi, che li stringevano dolcemente, erano così forti e allo stesso tempo rassicuranti mentre avvicinavano il corpo di lei al suo? Perché i suoi capelli erano così soffici sotto suo tocco?
 
Kate realizzò, in parte con euforia, in parte con terrore, che lei stava effettivamente baciando Richard Castle; il suo capo, il suo scrittore preferito, il padre di Alexis. Un uomo che era di otto anni più grande di lei. Si staccò dal bacio, separando le loro labbra e sentendone immediatamente l’assenza.
 
“Castle, aspetta,” disse respingendolo quando cercò di riprendere possesso delle sue labbra, “non dovremmo farlo.”
 
“Cosa?” chiese, i suoi occhi incollati alle sue labbra. “Perché no?”
 
“Perché, uhm…” cercò nella sua mente una ragione valida “noi…” improvvisamente, ne trovò una “uhm, io sono la tua tata, sarebbe inappropriato.”
 
“Hmmm,” mugugnò Castle, baciandole il collo (Kate non aveva nemmeno provato ad allontanarlo) “Hai intenzione di accusarmi di violenza sessuale?”
 
“No.” Kate gemette quando le sue labbra toccarono il suo punto debole, “certo che no…”
 
“Sai perché?”
 
“Perché non ho intenzione di causare dolore a tua figlia.”
 
“Beh, si, anche.” Disse Castle, mordendole piano l’orecchio. “Ma sai per cos’altro?”
 
Kate gemette quando iniziò a mordicchiarle l’orecchio. “Perché?” sospirò.
 
“Perché lo vuoi anche tu.” Le sussurrò staccandosi da lei per guardarla negli occhi, “Lo so che lo vuoi, quindi ti prego, smettila di lottare.” La strinse a se per un lungo, lento bacio, intrecciando le dite nei suoi capelli, togliendo qualche molletta e facendoli ricadere morbidi sulle sue spalle. Kate tentò disperatamente di opporsi al bacio, di spingerlo via, ma non ci fu niente da fare; ne era troppo presa. E, se doveva essere onesta con se stessa, lo voleva almeno tanto quanto Castle.
 
Le braccia di Castle le circondarono la vita, attirandola verso di se mentre cominciava a spingerla verso la camera da letto. Kate sapeva benissimo dove la stava portando, ma non sembrava avere intenzione di impedirglielo o di fermarsi. Lei sapeva se avesse detto che no voleva lui si sarebbe fermato, scusato e non ci avrebbe riprovato mai più.
 
Ma questo non era quello che voleva. Lei voleva stare con lui; baciarlo e tornare a casa da lui. Da Alexis. Lei amava Alexis come se fosse una figlia, nonostante la conoscesse da appena due mesi. La bambina era solare e allegra, proprio ciò di cui aveva bisogno Kate in quel momento della sua vita. Proprio come Castle, Alexis era esuberante, divertente e riusciva sempre a farla sorridere.
 
Erano mesi che Kate non rideva o scherzava più, fin dalla morte di sua madre, ma cominciare a lavorare dai Castle aveva cambiato le cose. Rick, Alexis e persino Martha erano capaci di farle dimenticare della tragedia di sua madre in pochi secondi. E di questo Kate ne aveva davvero bisogno.
 
Lei voleva lui. Voleva Castle più di quanto volesse ammettere a se stessa. Sin dal giorno in cui per la prima volta prese uno dei suoi libri in mano e vide quell’affascinante sorriso sul retro della copertina, Kate se ne era innamorata. Aveva aspettato per ore in fila solo per avere un suo autografo.
 
Allora sua madre era morta da appena un mese, era solo da quattro settimane che aveva deciso di non tornare a scuola, di restare a Manhattan con suo padre, che se la stava passando molto peggio di lei. A Johanna erano sempre piaciuti i libri di Castle, stava leggendo In a Hail of Bullets quando morì. Il padre di Kate si era rifiutato di dormire nel letto che condivideva con la moglie dopo la sua morte, rischiava un attacco di cuore ogni volta che metteva piede nella loro camera, ma Kate si sentiva più vicina a sua madre quando dormiva nel suo letto, a volte fingeva di essere ancora bambina, stretta nell’abbraccio amorevole della mamma.
 
Il letto era, ovviamente, vuoto ora ma quella sensazione era rimasta e Kate aveva passato lì ogni singola notte per mesi. Aveva trovato i libri di Richard Castle e aveva subito cominciati a leggerli, cercando disperatamente un contatto con la madre. Quando lesse il primo libro, ne diventò ossessionata, divorando i restanti romanzi uno dopo l’altro finché sulla libreria non ne rimasero più di nuovi. Il tutto in tre settimane.
 
Kate l’aveva cercato su Internet, e aveva scoperto che il suo prossimo libro sarebbe uscito da lì a poco e che avrebbe potuto avere la sua copia autografata. Prenotò subito il libro e, quando uscì, non si sorprese nel vedere una fila infinita di giovani donne come lei che usciva dalla libreria, tutte in attesa di incontrare l’affascinante e talentuoso scrittore. Attese in fila per cinque lunghe ore e quando fu finalmente il suo turno, fece appena in tempo a dire il suo nome che la sua editrice, una certa Gina, la scostò dalla fila per dar spazio ad un’altra fan. Castle le aveva sorriso gentilmente prima che Kate se ne andasse.
 
Ricordava che il suo cuore aveva preso a galoppare quando lui le aveva rivolto quel sorriso. E che lei aveva subito ricambiato, entusiasta, stringendo la sua copia firmata al petto.
 
Dopodiché si era incamminata verso il parco nell’aria gelida di Febbraio e si era seduta a leggere il suo nuovo libro. 
 
Aveva passato molte notti a rileggere le note di sua madre in ogni libro, sorridendo e correggendo qualche piccola imprecisione, ma più che altro seguendo ogni piccolo indizio che aveva lasciato in quelle righe, realizzando che man mano che leggeva, trovare il colpevole diveniva sempre più facile. Ed è stato in quel momento che capì di voler diventare una detective.
 
Lei amava risolvere i casi, seguire gli indizi così che potessero portarla all’assassino, anche quando non erano poi così evidenti, amava come la faceva sentire ed era un modo per sentirsi vicino a sua madre.
 
Se non fosse stato per i libri di Castle, Kate non l’avrebbe mai capito. Non si sarebbe mai trasferita alla NYU e probabilmente sarebbe tornata in California per continuare gli studi e avrebbe fatto da babysitter per qualche bambino arrogante e viziato. Invece era lì, in attesa di entrare in accademia e di diventare un detective della omicidi di Manhattan, dove era nata e cresciuta.
 
E dove sarebbe stato più facile per lei indagare sul caso di sua madre.
 
E niente di questo sarebbe stato possibile, e nemmeno pensabile, senza l’uomo che ora le stava facendo perdere la testa con i suoi baci.
 
La mente di Kate viaggiava a mille all’ora mentre Castle la baciava passionalmente, spingendola dallo studio verso la camera da letto adiacente. Stava pensando all’ironia della cosa, al fato e a…oh…le sue labbra. Si muovevano così bene sulle sue, la sua lingua stava esplorando a fondo la bocca di lei mentre le sue mani afferrarono…
 
“Aspetta!” disse affannata, staccandosi da lui prima che potesse slacciarle la zip del vestito, “Castle, dovremmo davvero…”
 
“Dimmi che non lo vuoi.” Disse Castle, “Dimmi, onestamente, che questo non è quello che vuoi e mi fermerò, Kate. Giuro. Ma, se non puoi, allora sappi che non sarò responsabile delle mie azioni.”
 
“Castle, io…” voleva dirgli che non era quello che voleva, mentirgli così da poterlo allontanare, proteggerlo da se stessa e dai suoi muri; i muri che si erano creati nell’esatto secondo in cui il detective Raglin si era presentato nel loro appartamento. Ma non poteva. Lei…lo voleva troppo. Disperatamente. Sapeva che era sbagliato, inappropriato ma, per l’amor di Dio, non gliene importava niente in quel momento.
 
Restò in silenzio per un momento, lottando con se stessa. Non era giusto, lei lavorava per lui. Avrebbe finito per ferirlo. E, peggio, Alexis ne avrebbe sofferto. Ma quei pensieri vennero cacciati dal suo forte desiderio per lui. Il suo am-sentimento per lui. Un sentimento che non voleva negare più, anche se non avrebbe mai potuto dirgli quello che lui voleva sentirsi dire.
 
Solo per questa volta si disse, solo per infrangere le regole. Una volta è tutto ciò di cui ho bisogno. Stava mentendo a se stessa, ma questo non lo sapeva.
 
Castle la stava guardando in attesa di una risposta, imponendosi di resistere al tentativo di baciare la sua pelle di nuovo prima di un suo consenso. Improvvisamente, Kate alzò lo sguardo su di lui, aveva preso una decisione. I suoi occhi verdi lo squadrarono, facendolo sentire nudo (cosa che, tecnicamente, voleva essere in quel momento, ma il suo sguardo lo fece sentire quasi a disagio).
 
Lei si gettò su di lui, tra le sue braccia, riprendendo il contatto con le sue labbra, finalmente donandosi completamente.
 
Anche se solo per una notte.  



Eccoci qui con il nono capitolo, vi avevo detto che sarebbe arrivato presto ;)
Che dire, finalmente Kate si è lasciata andare ai sentimenti e a...beh, Rick! Tranquilli la scena non finisce qui, il prossimo capitolo sarà ancora moooolto più interessante (if you know what I mean), ma l'originale era diviso così in due parti e non voglio fare modifiche.
Mi piace che l'autrice abbia specificato anche in questa versione della storia come i libri di Castle abbiano aiutato Kate dopo la morte di sua madre, un posticino riservato al ricordo di Johanna ci vuole sempre, e poi sottolinea di più il sentimento che Kate prova per Rick!
Spero stiate seguendo volentieri questa storia, anche se le cose sono un po' più afrettate rispetto alla serie tv vi posso assicurare che non sarà tutto noioso e monotono da qui in poi, anzi il bello viene proprio adesso.
Basta dai vi sto annoiando abbastanza, alla prossima :)
XX
J.

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Capitolo 10
*** Capitolo 10 ***


Avvertimento: contenuti adatti ai 18+, se capite cosa intendo.
 
Capitolo dieci.
 
 
Caddero sul letto avvinghiati l’uno all’altra, le labbra incollate, l’eccitazione crescente. Il vestito di Kate li copriva come una coperta, il tessuto oro svolazzava sopra Kate rendendo impossibile a Castle di toccare la liscia e morbida pelle delle sue gambe magre.
 
“Togliti questa cosa!” mugugnò Castle nella sua bocca.
 
Kate gemette quando lui le morse il labbro superiore “Fallo tu,” disse. Castle grugnì afferrando la zip del vestito, facendo ridacchiare Kate.
 
“Credo che lo farò.” Mormorò ad un soffio dalle sue labbra, slacciandole la zip. L’improvvisa percezione di aria sulla schiena nuda fece sussultare Kate. Gemette quando lui cominciò ad accarezzarla cercando di donarle un po’ di calore. Lui soffocò il suo gemito con un bacio prima di scendere lungo il collo, leccando e mordendola dietro l’orecchio. Cosa che la fece eccitare ancora di più.
 
“Castle…” mormorò mentre lui affondava la testa nell’incavo tra la sua spalla e il collo, “finirai per lasciarmi un succhiotto.”
 
“E’ questo il piano,” mormorò lui senza mai staccare le labbra dalla sua pelle.
 
“Non farlo,” sospirò, “o Alexis potrebbe…” non riuscì nemmeno a finire la frase che Castle premette le labbra sulle sue zittendola.
 
“Mai nominare mia figlia durante il sesso.” La avvisò. Non aggiunse altro ma evitò di lasciarle un succhiotto o qualsiasi altro segno… intimo visibile che avrebbe potuto catturare la curiosità di Alexis. Si concentrò invece sul suo petto, scoprendolo sfilando il corpetto e gemendo quando vide che non indossava il reggiseno. “Così mi uccidi!” grugnì osservando desideroso il suo seno. “Per tutta la serata non stavi portando il reggiseno?”
 
Kate sorrise, furba. “Non ce n’era bisogno; Martha ha comprato un vestito con supporto. E comunque, è senza spalline. E non indosso gli slip.”
 
“Bene, e io che pensavo di rischiare un attacco di cuore.” Castle gemette, catturando le sue labbra in un bacio mozzafiato. Lei gemette e approfondì il bacio, la mano di lui la spogliò velocemente del vestito buttandolo a terra mentre l’altra si dedicava al suo corpo, toccandola dove non avrebbe mai pensato di poter arrivare.
 
Si staccò dalle sue labbra e quasi gli venne un infarto quando vide il suo praticamente inesistente perizoma.
 
“E quello cos’è?” le sussurrò all’orecchio.
 
“Sono più che sicura che tu abbia già visto un perizoma Castle. Infatti, scommetto che Meredith…”
 
“Nemmeno le ex-mogli.” Grugnì Castle, togliendole quell’inutile pezzo di stoffa. “E ti assicuro che non ne ho mai visto uno così…stretto.”
 
Kate ridacchiò. “I perizoma devono essere stretti Castle, è questo il punto.” Ridacchiò di nuovo ma la risata si trasformò in un sussulto quando Castle le strappò l’intimo di dosso. “Era il mio preferito…” gemette quando la mano di lui sfiorò la sua femminilità.
 
“Te ne comprerò altri dieci.” Promise, le sue dita alla ricerca del suo clitoride.
 
“Sarebbe solo uno…oh! … spreco di soldi.” Sospirò e affondò la testa nel suo collo quando cominciò a sfregare dentro di lei. “Potrei benissimo girare senza…aahh… biancheria.”
 
Castle grugnì. “Non dire più cose come questa.”
 
Kate sogghignò. “Perché Mr. Castle? Potresti venire nei tuoi pantaloni?”
 
Castle gemette. “O come questa!” Prima che Kate potesse dire altro, lui si gettò nuovamente sulle sue labbra, sfregando contro la sua femminilità con la speranza di farle dimenticare di tutto tranne che del piacere che le sue dite le stavano donando.
 
Senza preavviso, inserì una delle sue dita dentro di lei. Kate sospirò e si contorse, soffocando le urla nella sua bocca mentre lui pompava dentro e fuori, portandola in paradiso. Allo stesso tempo le stuzzicava il clitoride con il pollice, portandola sempre più in alto finché non fu sicuro fosse al limite. Inserì un altro dito e lei tremò, urlando quello che suonava come il suo nome nella sua bocca, le sue labbra desiderose di altri baci, le sue gambe che gli cingevano i fianchi e le unghie che gli graffiavano la schiena, facendolo grugnire.
 
Castle l’accompagnò lentamente giù dal paradiso, finché non si accasciò ansante sul suo petto, il respiro affannato e il corpo nudo tremante. I suoi occhi erano aperti, spalancati, e una sottile scia di sudore la ricopriva interamente.
 
“Dio, sei bellissima.” Sussurrò meravigliato, spostandole delicatamente i capelli dal volto “Magnifica.” Aggiunse, baciandola sulla guancia. Le labbra di Kate si incurvarono in un dolce sorriso, prima di realizzare di essere stesa nuda sul corpo di Castle mentre lui era ancora vestito. Si spostò, sedendosi in modo da poterlo guardare.
 
“Togliteli.” Disse. La testa che ancora le girava per il potente orgasmo che aveva appena avuto.
 
“Cos…?” chiese lui, più concentrato sul suo seno che su di lei.
 
Kate si avvicinò e gli prese il mento tra le dita, alzandogli il capo così che potesse guardarla negli occhi. “La camicia,” ordinò ora che si era ripresa, “toglila. I pantaloni, anche. E la biancheria. Altrimenti questo,” indicò ora il suo corpo “se ne andrà di sopra e quello,” ora i suoi pantaloni, “avrà bisogno di una doccia fredda o della tua mano destra. Capito?” Castle annuì, gli occhi spalancati. “Bene.” Disse Kate sdraiandosi sul materasso accanto a lui. “Ora, strip!” hey, chi aveva detto che non si poteva godere la loro unica notte insieme? Ne sarebbe davvero valsa la pena.
 
Castle la osservò per qualche secondo prima che sul suo volto si dipinse un sorrisetto furbo. Si alzò dal letto e si mise di fronte a Kate (dopo aver chiuso a chiave la porta che avevano dimenticato aperta quando erano entrati nella stanza baciandosi). Le fece l’occhiolino e sorrise, allentandosi la cravatta lentamente e sfilandosela dalla testa mentre Kate lo osservava, ipnotizzata, un sottile ghigno sul volto. Castle le lanciò la cravatta e lei l’afferrò, indossandola e lasciandola cadere in mezzo ai suoi seni. Castle grugnì udibilmente, mentre il rigonfiamento dei suoi pantaloni aumentava e Kate sogghignò, schioccando le dita.
 
“Continua.” Ordinò. Castle sospirò e le sue mani scesero sul suo petto, slacciando un bottone alla volta, un sopracciglio alzato e le labbra curvate in un ghigno. Lanciò il gilet a Kate che se lo infilò lasciandolo aperto, ma coprendosi il petto. Castle aggrottò le sopraciglia.
 
“Smettila di indossare i miei vestiti!” si lamentò.
 
“Beh tu smettila di lanciarmeli allora!” lo scimmiottò lei. Castle mise il broncio, ma se lo fece passare non appena Kate si aggiustò la camicia in modo da lasciare scoperti i suoi seni. Sorrise contento e continuò, sfilandosi la camicia e lanciandosela alle spalle questa volta, invece che a Kate. Kate ammirò il suo torace muscoloso, incantata.
 
“Ti piace lo spettacolo?” chiese sfacciatamente, mentre si metteva in mostra come uno di quei modelli dell’Abercrombie. Kate roteò gli occhi e gli fece cenno di andare avanti. Castle deglutì a fatica e si precipitò a slacciare la cintura e a togliersi i pantaloni, sorridendo quando vide gli occhi di Kate fissi sul suo membro.
 
Si girò all’ultimo secondo e Kate si fece sfuggire un lamento di disapprovazione. Lui girò la testa per guardarla “Non preoccuparti,” disse “per la vista, vale la pena aspettare. Te lo assicuro.” Si calò i pantaloni fino alle caviglie, sfilandosi scarpe e calzini e saltando di lato, facendo scappare a Kate un risolino. Si voltò sorridendole.
 
“Pronta per il gran finale?” chiese.
 
“Ti è davvero così difficile trattenerti Castle?” chiese Kate scherzosamente.
 
“Non quel finale!” esclamò lui, “Quello viene dopo, sto parlando di…” con un dito tese l’elastico dei boxer, “questo,” fece lo stesso con l’altra mano, “finale.” Si calò i boxer, mettendo in bella vista il suo sedere. Kate lo ammirò sorridente.
 
“Bel…tatuaggio.” Disse, sghignazzando. Castle rise, guardandola.
 
“Non hai ancora visto niente.” Disse, lanciandoli dall’altra parte della stanza. “Pronta?”
 
Kate spalancò gli occhi e annuì, ardentemente. Castle si girò e i suoi occhi schizzarono quasi fuori dalle orbite. Era dotato. Molto più dotato di qualsiasi altro uomo che avesse mai avuto nel corso dei suoi brevi vent’anni. La maggior parte dei ragazzi con cui era uscita, poco più grandi di vent’anni, non potevano nemmeno sperare di fargli concorrenza. Ma Castle…non c’era alcun dubbio che fosse uomo, nonostante quanto potesse essere infantile o giocherellone quando stava con sua figlia.
 
Castle notò che l’attenzione di Kate era tutta concentrata su…sul Piccolo Rick, e si schiarì la gola.
 
“Uhm, Kate,” disse “mi occhi sono qui sopra, grazie.”
 
Kate inarcò un sopraciglio e roteò gli occhi. “Zitto e vieni qui, Castle.” Ordinò e lui avanzò verso di lei, lasciandosi cadere sul letto e lasciando una scia di baci su tutto il suo corpo finché non arrivò alla bocca. “Mmmh,” mormorò, sorridendole quanto allontanarono le labbra, “sai di buono.”
 
Kate sorrise e lo baciò sulla mascella, la sua lingua che gli stuzzicava la pelle. “Pure tu.” Gli sussurrò all’orecchio, facendolo tremare.
 
“E’ eccitante,” sussurrò, “Avevo questa ragazza una volta…”
 
Kate posò l’indice sulle sue labbra, zittendolo. “Un’altra regola, mai parlare di ex quando stai per penetrarmi.”
 
Castle grugnì. “Suonava tanto come un Harlequin*.” Disse, strofinando il mento contro la sua guancia.
 
Kate rise “Nulla del genere,” disse “vai meglio con altre oscenità.”
 
“Graz-hey! Cosa vorrebbe dire?”
 
“Ha davvero importanza, Castle?” disse Kate, rivolgendogli ‘lo sguardo’. Era qualcosa che spesso gli aveva donato sin dalla sua seconda settimana a Casa Castle, dopo che aveva cominciato a sentirsi a suo agio con loro. Lui le aveva detto di comportarsi come se fosse un vecchio amico, di essere se stessa con lui (a patto ovviamente che non diventasse sgarbata o irrispettosa). Le aveva detto di non farsi problemi nel prenderlo in giro per scherzo con Alexis, o di dire quello che pensava di lui, purché non diventasse troppo rude. E lei lo fece. ‘Lo sguardo’ era qualcosa che gli rivolgeva quando diceva qualcosa di stupido su cui lei non sentiva il bisogno di commentare. “Datti una mossa e prendi un preservativo.”
 
Castle annuì e si allungò verso il comodino, tirandone fuori un pacchetto di preservativi e prendendone uno mentre gli altri caddero a terra. “Li raccoglierò dopo.” borbottò, aprendolo e indossandolo, sistemando il Piccolo Rick all’entrata di Kate.
 
Kate avvolse le gambe attorno alla sua vita, e Castle fece una smorfia. “Cosa?” chiese lei, “Cosa c’è che non va?”
 
“Uhm…le tue scarpe.” Mormorò Castle. “Normalmente i tacchi li trovo sexy a letto ma questi mi stanno come perforando…in un posto abbastanza sensibile.”
 
Kate rise. “Bene allora,” rispose, “vorresti toglierli tu per me, Castle?”
 
“Oh Dio, si.” Grugnì, spostandosi così che Kate potesse slacciare le gambe dai suoi fianchi. Slacciò i lacci e le sfilò lentamente gli stivali, massaggiandole i piedi e baciandone ogni dito. Kate gemette a quella sensazione, specialmente quando iniziò a baciarle le gambe, le cosce, fino ad arrivare alla sua femminilità per assaggiarla ancora e farla gemere ancora più forte. Castle sorrise e continuò a salire sul suo corpo, gli occhi fissi nei suoi quando ritornò nella posizione di prima.
 
“Hey.” Disse, sorridendole dolcemente.
 
“Basta parlare,” gemette Kate, “ti. voglio. dentro. di. me. ORA.”
 
Castle annuì. “Come desideri.” Mormorò mentre la penetrava per la prima- e secondo Kate anche l’unica- volta. Kate gemette alla sensazione di pienezza, come se per tutta la vita non avesse mai saputo che qualcosa le mancava.
 
Non aveva la minima idea di come sarebbe riuscita a non farlo mai più.
 
Diventò un’idea impossibile quando Castle cominciò a muoversi dentro di lei, grugnendo al suono dei suoi gemiti e alla sensazione delle sue unghie che gli graffiavano la pelle, prima leggermente, poi con più forza quando le sue spinte cominciarono ad aumentare. “Oh Dio!” gemette, nascondendo il viso nel suo collo, “Castle!”        la sua voce che gridava il suo nome lo portò a spingere ancora più forte e velocemente, facendola urlare. Anche se suonava più come una preghiera. “Castle! Castle, Castle, Castle! Oh Dio, Castle!” le sue spinte aumentavano ad ogni lamento del suo nome. Le tolse il gilet che ancora indossava così da poter dedicarsi ai suoi seni, succhiandoli e mordendoli, facendola urlare per il piacere che le stava donando.
 
Poi, improvvisamente, e sorprendendo pure Kate, lei si irrigidì, sentendo uno tsunami di piacere invaderle tutto il corpo. Castle soffocò con la bocca le sue urla in modo da non svegliare la piccola al piano di sopra. La seguì pochi istanti dopo, i suoi gemiti soffocati nella sua bocca mentre pompava ancora un paio di volte dentro di lei prima di collassare. Kate lo avvolse con gambe e braccia, stringendolo forte a lei.
 
Non voleva più lasciarlo andare. E non solo perché le aveva appena donato i due migliori orgasmi della sua vita.
 
Okay, in parte anche per quello.
 
 
 
 
*Harlequin, per quelli che magari non lo sanno, è una compagnia di Toronto che pubblica serie di romanzi e fiction per donne.
 
Devo dire che la cosa che mi piace di più di questo capitolo è l’immagine di Rick che fa lo strip per Kate ahahah Sono giovani e come dice Kate chi le vieta di divertirsi un po’?!
Comunque, che ne pensate? E’ stato uno dei capitoli più difficile da tradurre, non tanto per i significati, ma per cercare di rendere al meglio possibile le scene. Anyway, I did my best! Spero ne sia uscito qualcosa di buono e di leggibile.
Fatemi sapere la vostra opinione, buona o cattiva che sia.
Alla prossima, ;)
XX
J.

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Capitolo 11
*** Capitolo 11 ***


Capitolo 11
 
Dopo che Castle uscì da lei, saltò giù dal letto e corse in bagno per gettare il preservativo usato. Non fece in tempo a tornare in camera che Kate si era già alzata e aveva raccolto il suo vestito. Non si era ancora tolta la sua cravatta.
 
“Che stai facendo?” chiese Castle alle sue spalle.
 
Kate non lo guardò – non poteva – quando gli rispose “sto andando in camera mia” disse “cosa ti sembra? Puoi chiudermi la zip?”
 
“No,” rispose Castle, scuotendo la testa “resta qui.”
 
Kate roteò gli occhi ma rimase voltata. “Castle,” disse “non posso. È stato un…”
 
“Non dire errore!” esclamò Castle.
 
Kate si voltò a guardarlo. Sembrava da un lato arrabbiato e dall’altro ferito; a quella vista Kate perse un battito. “Non era quello che stavo per dire,” sospirò “stavo dicendo che è stata una cosa da una volta sola. Non può accadere di nuovo, Castle.”
 
Lui le rivolse uno di quei suoi sguardi da cucciolo che, stranamente, era ancora più adorabile quando era nudo. “Perché no?” praticamente piagnucolò.
 
Kate gli sorrise dolcemente, accarezzandogli la guancia. “Perché lavoro per te.” gli ricordò. “E perche voglio troppo bene ad Alexis per rischiare che rimanga ferita quando tutto questo finirà….potrebbe finire.”
 
“Magari no invece,” disse Castle, posando la mano sulla sua. “Potrebbe essere la miglior cosa che sia mai capitata ad entrambi. Potrebbe essere quello di cui abbiamo bisogno. Credo che dovremmo dare una possibilità a questa cosa Kate. Io…”
 
“No.” Disse Kate, posando le dita sulle sue labbra. Il cuore quasi le si spezzò quando vide le lacrime affacciarsi agli occhi di lui. “Almeno, non per adesso.” Sospirò, insultandosi mentalmente per esserselo lasciato scappare. Ma non poteva farci niente. Non voleva davvero che questa cosa tra di loro finisse, non importa se c’erano in gioco i loro cuori e quello di una dolce bambina di cinque anni. “E’ come se fossi …rotta.” Sussurrò. Ed era la verità, la ragione più grande per la quale non poteva stare con Castle, oltre al rispetto e all’amore che provava per Alexis, si sentiva come se non avesse effettivamente potuto amarlo, non nel modo che si meritava e senza voler fuggire ogni singolo minuto di ogni singolo giorno.
 
“Allora lascia che ti aggiusti.” Le sussurrò, prendendola per la vita e attirandola a sé.
 
Kate gli sorrise, ma avrebbe voluto piangere. “Non puoi,2 disse, “devo farlo da sola. Non posso sempre contare su di te, Castle; devo imparare a stare in piedi da sola. E non potremo stare insieme finché non l’avrò imparato okay?”
 
Castle annuì, poggiando la fronte sulla sua. “Okay,” concordò. “Ma mi dirai tu quando, giusto? Quando avrai bisogno di aiuto i quando…quando non sarai più rotta.”
 
Kate sorrise e annuì. “Sarai il primo a saperlo.” Promise, donandogli un casto bacio sulle labbra. “Ora aiutami ad allacciare questo coso; devo tornare di sopra prima che Alexis abbia un altro incubo e venga a cercarmi.”
 
Castle si accigliò. “Fa ancora quell’incubo? Pensavo fosse un capitolo chiuso.”
 
“Lo era,” disse Kate, dandogli la schiena, “per un po’, ma ieri è tornato e ha passato tutta la notte nel mio letto. La bambina ruba i cuscini, comunque.”
 
Castle rise “E non lo so?! Quando era più piccola si arrampicava sul mio letto e mi rubava il cuscino proprio da sotto la testa. Mi svegliavo e vedevo dei piccoli piedini spuntare dal cuscino.” Kate sorrise immaginandosi la scena. Tremò quando sentì le labbra di Castle a contatto con il suo collo. “Mi mancherà questo.” Ammise.
 
Kate annuì e si voltò posando le braccia sulle spalle di lui, accarezzandolo dolcemente con le dita. “Anche a me.” Sospirò, “Ma è la cosa giusta. Ho bisogno di riprendermi, per te, per me stessa, per Alexis….non ho intenzione di ferirla,” promise, “le voglio troppo bene.”
 
Castle sorrise dolcemente, “Lo so, te ne vuole anche lei, sai?”
 
Kate annuì prima di distogliere lo sguardo. Quando tornò a guardarlo, i suoi occhi erano colmi di risentimento. “Dovrei andare.” Disse allontanandosi da lui e afferrando le sue scarpe da terra. Camminò verso la porta prima di voltarsi e correre da lui, che la sollevò in modo che lei potesse circondargli la vita con le gambe. Le loro labbra si unirono in un sentito, appassionato bacio d’addio. Kate sentì l’impeto di pronunciare quelle tre parole…quelle che non aveva mai detto a nessun uomo prima, e che non aveva mai pensato di voler dire in quel momento. Ma si tirò indietro.
 
Avrebbe solo confuso tutto, e sarebbe stato inappropriato.
 
Quando finalmente si separarono, Kate fece ritorno in camera sua, scarpe in mano e la cravatta di lui ancora nascosta nel vestito. Alexis stava ancora dormendo, se ne era assicurata prima di tornare nella stanza.
 
In fretta si svestì e fece una doccia, lavando via dal suo corpo tutto quello che era successo nelle ultime ore, come se avesse potuto semplicemente cancellare tutto dalla sua memoria; i baci, i gemiti, le urla, le promesse….tutto.
 
Rimase in piedi nella doccia mentre l’acqua calda le scorreva lungo il collo, finché non fu costretta ad uscire e ad asciugarsi. Mentre si asciugava i capelli e indossava il pigiama qualcuno bussò alla sua porta.
 
Sospirò. Avrebbe dovuto sapere che lui non sarebbe stato in grado di farlo. E aveva tutte le intenzioni di rimandarlo in camera sua…così sperava. Non era certa di avere la forza d’animo necessaria per farlo quella notte.
 
Fortunatamente, non era stato Castle a bussare. Ma Alexis, che non più di un’ora fa dormiva beatamente nel proprio letto, da quanto Kate aveva visto. La piccola trotterellò verso di lei e le avvolse la vita con le braccia.
 
“Brutto sogno?” sussurrò, accarezzandole i capelli rossi. Alexis annuì alzando lo sguardo, gli occhi pieni di lacrime. “Vuoi parlarne?”
 
Lei annuì e Kate si abbassò per prenderla in braccio. Si sdraiarono entrambe sul letto, abbracciate.
 
“Cosa è successo?” chiese Kate poggiando il mento sulla testa della bambina.
 
Alexis singhiozzò e si schiarì la gola prima di rispondere. “P-papà mi aveva mandato via” disse tremando “a vivere con mamma in California.”
 
“Perché l’ha fatto?” chiese Kate.
 
“Perché non poteva più prendersi cura di me e t-tu ci avevi lasciato.”
 
Gli occhi di Kate si riempirono di lacrime e si dovette sforzare per non darlo a vedere ad Alexis. “Non accadrà mai,” le promise “non me ne andrò mai. Non tanto presto, almeno.”
 
“M-ma sto crescendo,” piagnucolò Alexis “presto non avrò più bisogno di una tata.”
 
“Allora sarò tua amica.” Promise, “sarò sempre tua amica. Te lo giuro.”
 
“Davvero?”
 
“Davvero,” disse Kate “non ho intenzione di muovermi da qui, okay?”
 
Alexis annuì. Okay. “Ti voglio bene, Kate.”
 
Il cuore di Kate si strinse e lei sorrise, le lacrime che le scendevano sulle guancie. Baciò Alexis sulla fronte. “Ti voglio bene anch’io.” Rispose stringendo forte la bambina a sé. “Moltissimo.”
 
Tornarono a sdraiarsi abbracciate l’una all’altra, cadendo lentamente nel sonno.
 
Quando Kate si svegliò la mattina dopo e si liberò dall’abbraccio di Alexis, si vestì e indossò le scarpe da ginnastica, baciando Alexis sulla fronte prima di scendere al piano di sotto, aspettandosi di trovare Castle in cucina intento a preparare il caffè.
 
Invece, trovò una tazza di caffè bollente, il suo portachiavi di Baciami Kate, e un post-it che diceva semplicemente ‘per aiutarti a guarire’.
 
Kate sorrise e attaccò il piccolo souvenir al suo anello portachiavi prima di uscire di casa.


Ed ecco qui il nuovo capitolo ovviamente in ritardo pazzesco, so che ormai siete abituati alle mie sparizioni.
Grazie mille comunque a quelli che hanno sempre la pazienza di continuare a leggere e a seguire questa storia, ricordo sempre che non ho nessun diritto su di essa tranne che per la traduzione. Lo faccio sempre con piacere e in più mi diverte.
Alla prossima, scusate ancora :)
XX
J

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Capitolo 12
*** Capitolo 12 ***


Capitolo 12
 
Quando Kate fece ritorno al loft, il cuore quasi le scoppiò nel vedere un Castle ancora assonnato seduto al bancone con una tazza di caffè in mano. I suoi occhi incontrarono quelli di lei non appena entrò e si illuminarono.
 
“Ciao,” la salutò dolcemente.
 
“Hey,” rispose lei chiudendosi la porta alle spalle e prendendo una bottiglietta d’acqua dal frigo. Distolse lo sguardo da lui, incapace di controllare la fitta nel petto che provava ripensando a qualche ora prima, quando era ancora avvolta tra le sue braccia e lui…
 
No, non poteva pensarci. Afferrò una bottiglia di Smart Waters e la premette contro la fronte, sperando che la freschezza togliesse dal suo volto il rossore che quei pensieri poco casti le avevano procurato.
 
Ma quando chiuse il frigo e si voltò per tornare in camera sua, si trovò davanti Castle che la sorprese tanto da farle cadere di mano la bottiglietta.
 
“Dio, Castle!” esclamò, portando la mano al cuore, tentando di calmarne i battiti. “Che cosa diavolo stai-“
 
Non fece in tempo a finire la frase che le labbra di lui si avventarono sulle sue, la attirò a se per i fianchi intrappolandola tra lui stesso e il frigorifero.
 
Il bacio fece perdere a Kate per un attimo la lucidità, portando le braccia attorno al collo di lui mentre un gemito sfuggiva al suo controllo. Pensò per un momento che questo fosse molto meglio di qualsiasi piacevole sensazione che la bottiglietta d’acqua fredda che stava per bere potesse darle. Le labbra di Castle erano il più dolce, soddisfacente drink che avesse mai avuto, per quanto strambo questo potesse suonare.
 
Ma poi si ricordò. Si ricordò di tutte le ragioni per cui non potevano stare insieme; Alexis, la morte di sua madre che l’aveva lasciata in pezzi, i suoi muri, le sue paure, il cuore di lui, e il suo stesso cuore. Non era pronta per questo; era troppo presto.
 
“Castle,” sospirò, interrompendo il bacio, “no, fermo. Per favore. Non possiamo.”
 
Castle gemette, strusciando il volto nell’incavo del suo collo. Non si arrabbiava perché lei gli diceva di no, era solo frustrato. “Perche?” si lamentò. “Perché non possiamo? Cos’è così…perché?” Kate sentì le lacrime affacciarsi ai suoi occhi, e gli accarezzò i capelli.
 
“Te l’ho detto, Rick,” era la prima volta che lo chiamava per nome e suonava…strano. “Sono a pezzi, e non possiamo stare insieme finché non…”
 
“Lascia che ti aggiusti io,” supplicò, interrompendola. “Anche Alexis. Entrambi possiamo aggiustarti. Per favore, dai una possibilità a questa cosa.”
 
“Rick, Io-“
 
“Ti prego, Kate.” Kate voleva cedere. Voleva mandare tutto al diavolo e baciarlo, farlo dimenticare del suo nome mentre le loro labbra, e altri parti del corpo più intime si muovevano insieme, lottando per il dominio. Ma non poteva, non ancora.
 
Doveva prima guarire, almeno quanto bastava per non sentire il suo cuore spezzarsi ogni volta che pensava a sua madre. Voleva che i ricordi di sua madre non comprendessero solo l’immagine di lei, sdraiata, morta in un cunicolo dopo una rapina andata a finire male. Voleva essere di più per lui. E per questo, doveva aspettare.
 
“Mi dispiace,” disse, con voce rotta. “ma non sono ancora pronta. Probabilmente non lo sarò per un pezzo. Capisco perché tu non voglia aspettare così tanto ma…Dio, Rick, sono passate solo un paio di ore.” Rick gemette sul suo collo.
 
“Lo so,” mormorò, le sue labbra che sfioravano il suo punto debole sul collo, provocandole piccoli brividi. “Sono patetico.”
 
Kate sorrise dolcemente e gli baciò la fronte. “No, non lo sei,” lo rassicurò, “almeno non solo tu, comunque.” Lo disse a bassa voce ma fece comunque sorridere Castle.
 
“Davvero?” chiese, tirando ti nuovo fuori l’espressione da ragazzino.
 
Kate sorrise e annuì. “Voglio questo almeno quanto te…”
 
“Impossibile.” Esclamò, facendola ridere.
 
“Lo voglio,” lo rassicurò fermamente, “ma, come ho detto, dobbiamo aspettare un po’, finché non sarò…”
 
“Guarita.” Finì la frase per lei. “Si, okay, ho afferrato. Solo…posso baciarti? Nelle occasioni speciali, intendo?”
 
“Castle…”
 
“Ti prego, solo un bacino, come,” si avvicinò, posando le labbra sulle sue per un bacio casto e veloce, “questo.”terminò, dolcemente, lo sguardo vagamente annebbiato. “No okay, ammetto che non mi basta.” Dopo quel semplice bacio la voleva ancora di più e sapeva che non sarebbe riuscito a controllarsi ogni volta.
 
“Occasioni speciali.” Esclamò Kate sorprendendolo. “Ma solo quando non ci vede nessuno, e deve essere qualcosa di più di questo, non molto, ma qualcosa.”
 
“Quindi niente sesso?”
 
“No,” rispose fermamente, “non finché…beh, lo sai. D’accordo?”
 
Castle sorrise, “D’accordo.” Disse dolcemente, “Questo conta come occasione speciale?”
 
Kate roteò gli occhi, sorridendogli. “Immagino di sì.” Sbuffò, prima di far incontrare le loro labbra. Castle le prese il viso tra le mani e lei gli circondo la vita con le braccia, stringendolo di più quando lui l’attirò a sé.
 
Quando il bisogno di aria divenne troppo insistente si separarono, rimanendo fronte contro fronte. “E’ abbastanza per adesso?” chiese Kate.
 
Castle scosse la testa, “Non quanto vorrei, ma resisterò.”
 
Kate annuì, cercando di mandar giù il nodo che aveva in gola. “Farei meglio ad andare di sopra, Alexis sta dormendo nel mio letto e sarà sveglia tra poco.”
 
“Solito incubo?” chiese Castle. Kate pensò se dirgli la verità o meno, se raccontargli l’incubo di Alexis, se dirgli della sua piccola bambina che si arrampicava di notte nel suo letto per cercare conforto.
 
Decise di non farlo, di mentirgli. Non voleva che si preoccupasse. “Si,” disse, “credo che starà bene comunque, solo non voglio che si svegli da sola, capisci?”
 
Castle annuì, baciandole la fronte. “Vai,” disse, staccandosi da lei. Kate gli sorrise e si chinò a raccogliere la bottiglietta d’acqua, donandogli una perfetta visuale del suo sedere. Castle gemette. “Mi stai torturando donna. Vai prima che faccia qualcosa di cui potremmo pentirci.”
 
Kate sogghignò. “Oh Castle,” mugugnò, “potrebbe essere qualcosa che non dovremmo assolutamente fare ma ti assicuro che non ci sarebbe alcun pentimento.”
 
Castle bofonchiò e tornò in camera sua, praticamente correndo. “Sarò in camera mia se qualcuno mi cerca. Bussa, prima, però.” disse. Kate rise alla sua reazione tornò svelta in camera sua per un’altra doccia, sperando che Alexis non si fosse ancora svegliata.
 
Fu più che sollevata quando entrò nella stanza nel vedere che Alexis stava ancora dormendo e, per lo più, russando. Kate rise sentendola russare, sembrava un piccolo maialino. Kate sorrise amorevolmente a quella vista, afferrò un asciugamano ed entrò nella doccia, lasciandola riposare ancora un po’.
 
Quando uscì dal bagno Alexis stava ancora dormendo profondamente, e continuò fino a quando Kate si vestì e si asciugò i capelli.
 
Alexis aprì gli occhi e mettendosi seduta li strofinò con le manine, guardandosi intorno, confusa su dove fosse. “Kate?” chiamò. Kate si affacciò dal bagno, sorridendole.
 
“Hey là, bella addormentata. Ti sei finalmente svegliata dal come, eh?!” scherzò. Alexis le sorrise e saltò fuori dal letto, posizionandosi di fronte al lavandino con Kate che si asciugava e pettinava i capelli.
 
“I tuoi capelli sono bellissimi.” Notò Alexis. Kate le sorrise.
 
“Grazie Lex. Sto pensando di tagliare le punte però, non credo che il viola mi doni più.”
 
“A me piace!” esclamò Alexis. A lei piaceva il fatto che Kate fosse l’unica tata che avesse mai avuto con un colore di capelli non naturale. I colpi viola risalivano alla fase giovane e stupida di Kate. Era il colore preferito di Alexis però, ed aveva passato molte ore a fissarli quando si intrecciavano i capelli a vicenda nei pomeriggi liberi. Aveva persino chiesto a suo padre se poteva averli come Kate, ma lui le aveva risposto che avrebbe dovuto aspettare di crescere un po’. “Non cambiarli, non ancora.”
 
Kate sorrise. “Ho comunque bisogno di un taglio di capelli, Alexis.”
 
“Puoi farli ancora più viola allora.” Replicò lei, ostinata.
 
Dio, pensò Kate, tutta suo padre. “Forse.” Le concesse.
 
Alexis sospirò guardandosi allo specchio, strabuzzando gli occhi non appena vide lo stato dei suoi capelli. “Accidenti!” esclamò “I miei capelli sono un disastro!”
 
Kate rise. “Nah,” disse, passando le mani tra le ciocche scompigliate, “è solo un caso di scompigliamento da dormita, facilmente riparabile, ma serve una doccia. Forza, entra. Finisco di sistemarmi i capelli e poi possiamo passare un’altra giornata tra ragazze.”
 
“Okay.” Disse Alexis, entrando nella doccia. Lanciò per terra i suoi vestiti e aprì il getto d’acqua.
 
Kate usava restare vicino ad Alexis quando faceva la doccia prima, per supervisionare, ma ora era diverso, in qualche modo. Si sentiva più…materna verso Alexis quella mattina, soprattutto dopo la conversazione della sera prima, riguardo il suo sogno. Ora sapeva che una delle paure più grandi di Alexis, eccetto i giganti orsetti gommosi mangia - uomini,  era di perderla e di venir costretta a vivere con sua madre.
 
E, ad essere onesti, la paura più grande di Kate era la stessa. Non la parte degli orsetti gommosi, ovviamente. Sapeva che non poteva sopportare di perdere Alexis e Castle per quel motivo.
 
Anche se non era lo stesso per il quale aveva perso sua madre.


So che ho pubblicato lo scorso capitolo solo due giorni fa ma in questi giorni sto traducendo moltissimo e beh...non ho resistito!
Quindi ecco qui un nuovo capitolo per voi, spero vi piaccia :)
XX
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Capitolo 13
*** Capitolo 13 ***


Capitolo 13
 
Alexis e Kate passarono l’intera mattinata a pettinarsi i capelli a vicenda, all’inizio intrecciandoli solamente, ma poi usando anche codini e mollette per creare strambe acconciature che le facevano sembrare due personaggi usciti da uno dei libri del Dr. Seuss. Quando si guardarono allo specchio faticarono a respirare da tanto ridevano.
 
Decisero di restare pettinate così com’erano, (Kate con tre trecce unite sopra la testa da un molletta, e Alexis con due chignon alla Principessa Leila e un codino sopra la fronte) e di scendere per guardare un film e ordinare d’asporto. Inoltre erano curiose di vedere la reazione di Castle.
 
Una volta scesi gli scalini, trovarono Castle in cucina intento a frugare nel frigorifero con solo un paio di boxer e una maglietta umida indosso. Il cuore di Kate perse un battito quando notò le ciocche di capelli bagnati che gli ricadevano sulla fronte non appena lui si voltò verso di loro. Si era appena fatto una doccia.
 
L’immagine di lui nudo nella doccia fece arrossire Kate, ma riuscì a nasconderlo. Sollevò un sopracciglio quando Castle si drizzò chiudendo la porta del frigo, con in mano probabilmente metà del cibo che conteneva. “Rfffe hufede?” chiese, la bocca piena di cibo che, apparentemente, non poteva aspettare di essere prima posato su un piatto.
 
“E’?” chiese Alexis.
 
Castle masticò e ingoiò. “Ho detto, che succede? Perché quelle strambe acconciature? Non che non siate assolutamente adorabili.” Guardò Kate, che ora stava arrossendo visibilmente.
 
Fece spallucce, “Ci dedichiamo ad una giornata di cure di bellezza.” rispose. “Alexis voleva un nuovo look, e così gliene ho fatto uno. E lei a me, come puoi ben vedere.” disse indicando i suoi capelli.
 
Castle ridacchiò “Stupenda,” disse, non del tutto ironico.
 
“Stavamo per ordinare qualcosa, papà,” lo informò Alexis. “Ma visto che tu hai già mangiato…”
 
Castle si affrettò a ricacciare tutto il cibo dentro il frigo e a chiudere la porta prima che potesse cadere e spargersi sul pavimento. “Chi ha detto che ho già mangiato?” chiese, appoggiandosi con nonchalance al frigo.
 
Kate ridacchiò e guardò Alexis che roteò gli occhi. All’improvviso Kate notò che l’orlo della maglietta di Alexis non le copriva l’ombelico.
 
“Alexis, è troppo piccola per te?” chiese strattonando la maglietta verso il basso. Alexis guardò in basso.
 
“Oh, immagino di sì.” Disse tirando giù l’orlo, che immediatamente tornò su.
 
“Oh no di nuovo,” mugugnò Castle “sei cresciuta troppo in poco tempo.”
 
Kate roteò gli occhi “Abituati Castle,” disse “sarà così ancora per qualche tempo. Sembra che qualcuno abbia bisogno di fare un po’ di shopping.” disse sorridendo ad Alexis. “Che ne dici se mangiamo un boccone al centro commerciale e poi facciamo un giro per negozi? Sono sicura che tua padre ti comprerà tutto quello che vuoi, non è così, Castle?”
 
Castle annuì, afferrando il portafoglio dalla tasca dei pantaloni. “Ma certo zucca!” prese la Carta Visa e la porse a Kate. “Compra tutto quello che vuoi, anche tu Kate; scegliti qualcosa di carino.” Le fece l’occhiolino e lei alzò gli occhi al cielo, lottando contro il rossore che le spuntava in volto ancora una volta. “Solo non esagerate, d’accordo? Specialmente se avrai un altro picco di crescita tra qualche mese.”
 
“Che cosa farai mentre noi saremo via, papà?” chiese Alexis.
 
“Scriverò,” disse di malavoglia, “Gina mi sta facendo pressione perché finisca il libro, lo vuole pronto per domani.”
 
“Spero sia tanto bello quanto l’ultimo.” Ammise Kate senza pensare.
 
Castle sollevò un sopraciglio. “Tu leggi i miei libri?” chiese.
 
“Qualcuno.” Rispose distogliendo lo sguardo.
 
“Credevo che amassi i suoi libri,” disse Alexis guardando la sua tata. “Li hai proprio tutti quanti!”
 
Castle sogghignò. “Ah davvero?”
 
Alexis annuì. “E ci sono delle scritte all’interno di ognuno e pile di fogli dentro che…”
 
“Andiamo, adesso, Alexis!” esclamò Kate trascinandola fuori dalla stanza. “Andiamo a sistemare i tuoi capelli e a cercarti una maglietta più grande.”
 
Castle ridacchiò e scosse la testa.
 
Kate Beckett stava dando prova di essere ancora più perfetta di quanto potesse immaginare.
 
Quando i capelli di Kate e Alexis tornarono ad assumere un aspetto normale e Alexis prese in prestito una delle magliette smesse di Kate, uscirono e presero un taxi per il centro commerciale di Manhattan sulla West 33esima.
 
Una volta arrivate Kate prese per mano Alexis, conducendola nel centro commerciale.
 
“Perché non volevi che papà sapesse che leggi i suoi libri?” chiese Alexis.
 
Kate fece spallucce. “E’ che…non lo so. Penso che non mi faccia apparire professionale, credo. Più una fan sfegatata che una dipendente, capisci?” Era una bugia. Non voleva che sapesse quanto amava i suoi libri perché gli avrebbe solo montato la testa.
 
“Si, immagino.” Ammise Alexis. “Mi dispiace di averglielo detto.”
Kate le sorrise dolcemente. “Non fa niente,” la rassicurò, “Dimentichiamoci di questa cosa adesso, siamo qui per divertirci no? Ora mangiamo!” esclamò avviandosi nell’area ristorazione.
 
Mangiarono pizza per pranzo, parlarono e scherzarono tutto il tempo prima di avviarsi verso i negozi. Dapprima comprarono solo per Alexis, poi iniziarono ad entrare in negozi adatti a Kate, che si improvvisò modella facendo ridere Alexis con strambe combinazioni di vestiti e buffe facce. Alexis fece la stessa cosa. Continuarono così finché le loro braccia quasi cedettero al peso di tutti i sacchetti che portavano.
 
Stava per avviarsi all’uscita quando Kate notò un salone di bellezza e realizzò che non si faceva una manicure da chissà quanto tempo. “Alexis,” disse, “hai mai fatto una manicure?”
 
Alexis scosse la testa. “No,” rispose, “che cos’è?”
 
“E’ quando le persone del negozio ti smaltano le unghie al posto tuo. E puoi farlo persino sui piedi e farteli anche massaggiare. Come ti suona?”
 
Alexis annuì, sorridendo. “Sembra stupendo!”
 
“Benissimo,” esclamò Kate. “Andiamo allora!” guidò Alexis nel salone di bellezza e vennero immediatamente accolte.
 
Kate chiese una spuntata ai capelli, e Alexis sfoggiò la sua miglior espressione da cucciolo, chiedendole di lasciare i colpi viola sulle punte. Pochi minuti dopo erano sedute una accanto all’altra mentre due ragazze asiatiche le massaggiavano i piedi. Quella che si stava occupando di Alexis continuò a farle il solletico sotto i piedi, facendola ridere. Kate le sorrise, una ciocca di capelli che spuntava dall’asciugamano in cui erano avvolti.
 
“Soffri il solletico?” chiese.
 
Alexis annuì. “Tantissimo!”
 
Kate ridacchiò e scosse la testa. La donna anziana che si stava occupando delle sue unghie alzò la testa e sorrise. “Sua figlia è davvero bellissima.” Commentò.
 
Kate sorrise. “Grazie,” disse, “ma non è mia figlia.” Sorrise ad Alexis, che ricambiò. Un velo di tristezza nei suoi occhi. Kate le prese la mano. “E’ la mia migliore amica.” Esclamò, dolcemente.
 
Alexis le rivolse un sorriso raggiante, e Kate vide la donna asciugarsi una lacrima, ma non ne fu certa. Quella che sapeva per certo era che le sue parole erano vere al 100% e che probabilmente lo sarebbero sempre state.


Ecco come promesso subito un nuovo capitolo!
Il rapporto tra Kate e Alexis si fa sempre più forte e le due ormai sono inseparabili. Kate è sincera quando dice che la piccola rossa è la sua migliore amica, nonostante Alexis desidererebbe moltissimo che fosse la sua vera mamma. Ma d'altronde chi non vorrebbe Kate come mammma?!!
Il prossimo capitolo è già pronto, arriverà presto promesso!
Alla prossima,
XX
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Capitolo 14
*** Capitolo 14 ***


Capitolo 14
 
Quando Kate ed Alexis tornarono a casa, erano ormai le sei di sera passate e Castle stava preparando la tavola per la cena. Alzò gli occhi su di loro quando entrarono. “Eccovi qua!” esclamò, “stavo per inviare una pattuglia a cercarvi. Hai comprato tanti bei vestiti, zucca?” baciò Alexis sulla fronte non appena si sedette a tavola, non prima di aver posato tutte le borse in salotto.
 
“Eccome!” disse Alexis, sorridendo raggiante. “Abbastanza da riempire il mio e il tuo armadio!”
 
“Wow, sarà un bel colpo per il mio portafoglio, eh?” scherzò Castle, riprendendo la carta di credito dalle mani di Kate. Le loro dita si sfiorarono per un momento e i due si guardarono intensamente, finché Castle non fu costretto a distogliere lo sguardo, distratto dalla voce di Alexis.
 
“Io e Kate ci siamo anche fatte le unghie!” gli disse emozionata, mostrandogli le unghie pitturate. “Vedi?”
 
Castle sorrise. “Vedo, vedo! E quanto è costato?” chiese guardando Kate.
 
“A te niente,” disse Kate, scuotendo la testa. “Ho offerto io.”
 
“Oh Kate, non avresti-“
 
“E’ apposto Castle,” insistette. “Avrei dovuto comunque farlo prima o poi, e le su unghie non sono costate praticamente niente dato che sono così piccole.” Disse l’ultima parte della frase con voce infantile, solleticando la pancia di Alexis facendola ridacchiare.
 
“Grazie ancora, Kate.” Disse Alexis, abbracciando Kate per la vita, che sorrise accarezzandole i capelli.
 
“Nessun problema, Lex.” Disse baciandole la fronte. “Adesso perché non mettiamo tutto in ordine prima di cena e ti cambi la mia maglietta con una nuova delle tue?”
 
Alexis fece spallucce “D’accordo.” Disse, saltando giù dalla sedia e correndo in salotto per prendere le sue borse.
 
Castle colse al volo l’occasione e baciò Kate sulla guancia prima che Alexis potesse vederli. “Grazie,” sussurrò “per averla portata fuori, oggi, intendo. E per aver pagato per la sua manicure. E per…essere qui. Grazie.”
 
Kate gli sorrise, poi guardò Alexis, che era visibilmente in difficoltà con le borse tanto che quasi le rovesciò, ridacchiando. Kate e Castle sorrisero. “E’ stato un piacere.” Disse Kate, senza staccare lo sguardo dalla bambina. “Davvero.”
 
Castle le sorrise dolcemente, prima di notare qualcosa. “Hey, hai fatto qualcosa hai capelli?”
 
Kate arrossì. Quel ragazzo era così perfetto. Perché deve per forza essere il mio capo?
 
Kate e Alexis portarono di sopra e sistemarono i loro nuovi vestiti (tutti quelli di Kate erano stati pagati da lei stessa, salvo un paio di capi che riservava per occasioni veramente speciali) e liberarono dagli armadi tutti quelli tropo piccoli o troppo rovinati per essere usati. Quelli piccoli sarebbero andati in beneficenza, mentre quelli rovinati li avrebbero dati alla signora Hopper che viveva due piani sotto e che lavorava in casa come sarta. Diceva sempre come fosse brava a riciclare qualunque cosa.
 
Quando furono finalmente tutti seduti a tavola per cena, Kate rimase stupita di che buon odore aveva. “Mmm,” disse, annusando il preparato che Castle stava servendo nel piatto di Alexis. “Ha un odore buonissimo Castle; che cos’è?”
 
Castle sorrise. “Sono i miei speciali spaghetti alla bolognese; uno dei piatti preferiti di Alexis.” Sorrise a sua figlia posandogli il piatto colmo davanti. Alexis lo guardò sospettosa.
 
“Che cosa hai fatto sta volta?” domandò Alexis.
 
Castle strabuzzò gli occhi. “C-come?” chiese. “Che cosa-?”
 
“L’ultima volta che mi hai preparato uno dei miei piatti preferiti era perché il mio pesciolino rosso era morto. La volta prima avevi ristretto Scimmia Pina nella lavatrice. E quella prima ancora, mamma si era trasferita in California. Quindi stavolta cos’è? Kate se ne andrà?”
 
Castle rimase sorpreso di come gli occhi della bimba si riempirono in fretta di lacrime alla sola idea di perdere la sua tata. Kate le strinse la mano. “No Alexis,” disse rassicurandola. “Te l’ho detto, non vado da nessuna parte.”
 
“Già,” disse Castle. “Kate non se ne va, zucca. Io però si, a dire il vero. Intendo, per qualche giorno.”
 
“Dove?” chiese Alexis, sollevata dal fatto che Kate non la stesse lasciando. Continuava a tenerle la mano, comunque.
 
“Austin,” rispose Castle. “in Texas. Ho finito il manoscritto e devo andare la per consegnarglielo.”
 
“Che cosa ci fa in Texas?” chiese Alexis.
 
“Terrorizza qualche povero cowboy che ha violato il contratto, probabilmente.” Disse ironicamente Castle. “Il punto è che devo andare laggiù per qualche giorno per consegnarglielo a mano dato che rimarrà là per un mese e che è lei che legge tutti i miei manoscritti, quindi non ho davvero scelta.”
 
Alexis si rattristò. “Non potresti semplicemente darlo da leggere a Dave o Annie o a chiunque altro?”
 
“No se vuoi che tuo padre mantenga la testa sul collo e magari in futuro qualche fratellino.” Rispose Castle senza pensare. Si insultò mentalmente quando Alexis gli rivolse uno sguardo interrogativo.
 
“Che vuoi dire?” chiese, i suoi occhi pieni di confusione.
 
Castle guardò Kate in richiesta d’aiuto e lei roteò gli occhi, scuotendo la mano di Alexis per ottenere la sua attenzione. “Tuo padre voleva solo dire che deve per forza consegnare il manoscritto a Gina oppure lei si arrabbierà molto. Ho conosciuto Gina e non credo che tu voglia vederla arrabbiata.”
 
Alexis scosse la testa, sapendo benissimo a cosa si riferiva. Poi tornò a rivolgersi a suo padre. “Per quanto starai via?” gli chiese.
 
“Due giorni credo, tre al massimo. Sarò di ritorno prima ancora che tu sappia che sono partito.” Le prese la mano, quella che Kate non stava stringendo.
 
“Quando?” chiese Alexis.
 
“Venerdì.” Rispose, “Quindi sarò tornato in tempo per il Ringraziamento, okay?”
 
“Okay,” disse Alexis, annuendo. “nonna starà qui?”
 
“Venerdì, si.” Disse Castle. “ma lei e quel suo nuovo fidanzato hanno grandi piani per il weekend quindi andrà via Sabato. Avrai Kate, comunque.” Alexis sorrise alla sua tata.
 
“Okay.” Disse Alexis. “Ora possiamo mangiare? Sto morendo di fame!”
 
Castle e Kate risero lasciando andare entrambi la mano di Alexis e Castle servì la cena nei loro piatti. Mangiarono in completo silenzio per tutto il tempo, Castle e Beckett si scambiarono sguardi quando erano certi che la piccola non li notasse.  


Eccomi eccomi, scusate se ci ho messo più del previsto ma è stata una settimana infernale!
Questo capitolo è abbastanza corto quindi penso che pubblicherò il seguito domani, la parte divertente sta per arrivare ;)
Grazie mille per le bellissime recensioni che lasciate sempre, fanno sempre molto piacere e appena posso risponderò a tutti!
Alla prossima (prestissimo)
XX
J

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Capitolo 15
*** Capitolo 15 ***


Capitolo 15
 
La settimana passò velocemente per Kate. Lei e Castle dormirono nei rispettivi letti e non ci furono occasioni speciali che richiedessero un bacio, fino a Giovedì sera, la sera dello spettacolo di Ringraziamento di Alexis a scuola. Le era stato assegnato il ruolo di uno dei pellegrini e aveva la battuta finale dello spettacolo. Castle era incredibilmente fiero di lei, e così anche Kate, ma nessuno lo era tanto quanto sua nonna.
 
Martha si presentò due ore prima dell’inizio dello spettacolo, armeggiando con capelli e trucco della piccola, aiutandola a legarsi il cappellino in testa e a ripassare le battute ancora e ancora. Poi si offrì di portare Alexis a scuola in anticipo per provare qualche scena. Castle disse che non era affatto necessario, ma Martha insistette affermando che per lei era meglio arrivare in anticipo che presentarsi in ritardo e deludere tutti.
 
Anche Alexis allora intimò il padre di accompagnarla prima che fosse troppo tardi. Quindi uscirono, lasciando Castle a casa ad aspettare che Kate finisse di prepararsi. Ci vollero pressoché quaranta minuti prima che si incamminassero per i dieci minuti di strada che separavano il loft dall’asilo di Alexis (Martha gli aveva riservato due posti), prima che Kate scese finalmente in salotto.
 
Castle rimase a bocca aperta quando vide il semplice vestito blu scuro che Kate indossava. Maniche lunghe, gonna lunga fino al ginocchio e un ampio scollo che le metteva in risalto le clavicole. La catenina con l’anello attorno al collo, ovviamente. Castle quasi sbavava, i suoi occhi che vagavano su ogni curva del suo corpo.
 
Kate lo notò e schioccò le dita, portando la sua attenzione sul suo viso, incorniciato dai morbidi capelli con i colpi viola, e da un paio di orecchini di cristallo. “I miei occhi sono qui sopra.” Disse, sorridendo compiaciuta.
 
Castle le sorrise. “Sei meravigliosa Kate.” Disse, avvicinandosi a lei. Kate non si allontanò, fortunatamente, si avvicinò anzi. Lui indossava un completo casual con camicia blu, cravatta rossa e pantaloni beige.
 
“Stai bene anche tu, Castle.” Replicò lei accarezzandogli la guancia. Castle le sorrise raggiante e fece spallucce.
 
“Faccio del mio meglio.” Disse, cercando di mostrare nonchalance, il sorriso ancora sul suo volto.
 
Kate ridacchiò. “Ci scommetto.” Disse, prima di far incontrare le loro labbra per un dolce bacio.
 
Quando si separarono, Castle sorrideva così tanto che le guance gli dolevano. “Occasione speciale?” chiese.
 
Kate annuì. “Alexis ha un grande ruolo nello spettacolo oggi. Questa è una. E domani è il Ringraziamento, e fanno due.” Lo baciò di nuovo, con più passione questa volta. “mmm, e poi c’è il fatto che starai via per il weekend, forse anche lunedì, e il tuo star via è una specie di occasione speciale, quindi sono tre.” Lo baciò per la terza volta, gemendo quando la sua lingua cominciò ad esplorarle la bocca. Le braccia di Castle scesero a circondarle la vita, le mani che viaggiavano su e giù sulla sua schiena finché una non si fermò sul suo sedere.
 
Kate rise nel bacio. “Stiamo diventando audaci, eh, Mr. Castle?!” scherzò mordicchiandogli il labbro inferiore.
 
Castle sogghignò. “Che posso dire? Sono insaziabile.” Catturò di nuovo le sue labbra, spingendola verso gli scalini e costringendola a sedersi su di essi, mentre lui si inginocchiava di fronte a lei, le loro lingue che lottavano per il dominio mentre lui la stendeva lungo gli scalini. Kate sentì a malapena la loro pressione sulla schiena. Tutto quello che percepiva erano le loro labbra e le sue mani che esploravano il suo corpo e…
 
“Oh mio Dio.” Gemette quando leccò la sua pelle fino alla scollatura del vestito. “Castle, fermati.”
 
Castle si fermò immediatamente, respirando a fatica, mettendosi a cavalcioni su di lei. “Che c’è?” chiese dubbioso, “cosa c’è che non va?”
 
Kate fece un respiro profondo. “Oltre al fatto che non dovremmo farlo?” chiese, prendendo fiato di nuovo. “Lo spettacolo di Alexis inizierà tra venti minuti e non esiste che arriviamo in ritardo per del sesso sulle scale. Ora forza, in piedi.”
 
Castle sospirò, alzandosi, porgendole la mano per aiutarla a rimettersi in piedi. Kate si alzò in fretta, sistemandogli la cravatta e togliendo i residui di rossetto sulle sue labbra. Gli sorrise.
 
“Scusa.” Mormorò dolcemente. Castle sorrise, prendendole la mano e lasciando un casto bacio sul suo polso.
 
“Non c’è problema.” La rassicurò. “Ma vorrai probabilmente sistemare il tuo. E’…è tutto sbavato. Puoi usare il mio bagno.” Kate gli sorrise grata e si incamminò verso la sua stanza, ma prima che potesse fare anche solo due passi, Castle le afferrò un braccio. “Aspetta.” Disse. Quando Kate si voltò verso di lui, rivolgendogli uno sguardo interrogativo, Castle la attirò a sé per un altro, veloce, passionale, sentito bacio che le fece girare la testa.
 
“Visto che non potrò più farlo per il resto della serata.” Spiegò lui, respirando affannosamente. “Ora vai a ripulirti così possiamo andare.” Kate annuì, gli occhi luccicanti e le gambe tremanti mentre si allontanava da Castle per entrare in camera sua. Castle sorrise compiaciuto.
 
Arrivarono all’asilo di Alexis con tre minuti d’anticipo, avvistando subito Martha seduta in terza fila. Si incamminarono verso di lei, quando Castle notò un’altra persona dai capelli rossi seduta vicino a sua madre. Questa si alzò e gli sorrise.
 
“Ciao, gattino!” lo salutò con uno sorriso accattivante.
 
“Meredith?” esclamò Castle sgranando gli occhi.



Tan tan tan taaaaan!!
E' già, purtroppo è arrivata anche lei, non poteva mancare dopotutto (anche se sarebbe stato meglio)
A quanto pare però Kate non sa resistere a Castle così tanto come dice di saper fare, quei due non si lasciano sfuggire mezza occasione per tornare a baci e carezze.
Scusate se questi capitolo sono così corti, ma così è l'originale e così io faccio di conseguenza ;)
Alla prossima, e grazie sempre per le bellissime recensioni!
XX
J

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