You don't know how lovely you are

di SmartieMiz
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** You don't know how lovely you are ***
Capitolo 2: *** Nobody said it was easy, no-one ever said it would be this hard ***
Capitolo 3: *** Running in circles, coming in tales ***
Capitolo 4: *** Tell me your secrets and ask me your questions ***
Capitolo 5: *** I had to find you, tell you I need you ***
Capitolo 6: *** Oh, let’s go back to the start ***
Capitolo 7: *** Heads are a science apart ***
Capitolo 8: *** I was just guessing at numbers and figures ***
Capitolo 9: *** Pulling your puzzles apart ***
Capitolo 10: *** Questions of science, science and progress ***
Capitolo 11: *** Do not speak as loud as my heart ***
Capitolo 12: *** And coming back as we are ***
Capitolo 13: *** I rush to the start ***
Capitolo 14: *** It's such a shame for us to part ***
Capitolo 15: *** Running in circles, chasing our tails ***
Capitolo 16: *** Tell you I set you apart ***
Capitolo 17: *** Come back and haunt me ***
Capitolo 18: *** Tell me your secrets ***
Capitolo 19: *** And tell me you love me ***
Capitolo 20: *** You don't know how lovely you are - Reprise ***
Capitolo 21: *** Nobody said it was easy ***
Capitolo 22: *** No-one ever said it would be this hard ***
Capitolo 23: *** Tell you I'm sorry ***
Capitolo 24: *** The Scientist ***
Capitolo 25: *** I'm going back to the start ***
Capitolo 26: *** Epilogo - 5 years later ***



Capitolo 1
*** You don't know how lovely you are ***


Questi personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà della Fox; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.
 



 You don’t know how lovely you are


«Thad! Thad! Mi ha già sorriso per sei volte! Capito quante volte? Sei!».
«Andiamo, Jeff, è il tuo migliore amico, perché non dovrebbe non sorrid…».
«Ma è diverso!», lo interruppe il ragazzo alto e biondo: «Mi ha sorriso in un modo differente! Erano dei sorrisi dolci, teneri…».
«Ohh, questo è amore!», scherzò Thad beccandosi la gomitata di Jeff.
«Mi sto illudendo, vero?», chiese il biondo mettendo il broncio.
«Non lo so», ammise Thad: «Spero di no».

«Sebastian».
«Duval che mi rivolge la parola. Quale onore?!», chiese il ragazzo alto con sarcasmo.
«Volevo parlare con qualcuno», rispose Nick con un sorriso imbarazzato.
«Hai il tuo amichetto Sterling per parlare», sbottò Sebastian.
«Ma io devo parlare con qualcuno di lui», ammise Nick timidamente.
«Puoi parlare con quell’Harwood».
«Sta studiando in biblioteca», si giustificò Nick.
«Ci sono Anderson, Nixon, Montgomery. Perché vuoi parlare proprio con me?».
«Perché mi hanno detto che sai dare sempre buoni consigli», rispose il moro.
«Balle», commentò Sebastian, poi disse: «Allora, Duval? Problemi di cuore?».
«Ehm… io… io sono innamorato di Jeff», ammise il ragazzo timidamente.
«Qual è la novità?!».
«Come facevi a saperlo?».
«Credo che tutti lo sappiano, tranne Sterling», asserì Sebastian con un sorriso malizioso.
«Ah. Secondo te glielo devo dire?», chiese Nick pensieroso.
«Credo proprio di sì, così la finisci di darmi fastidio!», rispose Sebastian accigliato.

«Jeff, spegni quella luce…», mormorò una voce assonnata.
Jeff alzò gli occhi dal proprio libro di chimica e si voltò verso Nick.
«Scusami, ma mi serve», rispose Jeff spostando la lampada per non dar fastidio all’amico.
«Ma che stai facendo?», domandò il ragazzo con uno sbadiglio sedendosi sul letto.
«Studio», rispose semplicemente Jeff, poi aggiunse: «O meglio, cerco di studiare».
Nick si alzò e si avvicinò a Jeff. Provò invano ad aggiustare i capelli scompigliati, cercò di aprire gli occhi, guardò l’orario e inarcò un sopracciglio.
«Studi chimica alle tre di notte?», domandò Nick sorpreso.
Jeff annuì.
«Non capisco un’acca, mi arrendo», disse Jeff chiudendo il libro: «È inutile, non lo so se sono io troppo stupido che non capisco mai niente o se è la chimica ad essere troppo complicata. Figurati, ho provato pure ad imparare a memoria certi concetti ma nemmeno quello riesco a fare!».
«Jeff, ma alla seconda ora hai il test e…», provò a dire qualcosa Nick, ma si fermò. In effetti era troppo tardi per studiare, ma quel compito era davvero importante. Nick non voleva che Jeff venisse di nuovo rimandato in chimica: «Ti aiuterò io».
«Che? Cosa? No, già ti ho disturbato abbastanza, è meglio che tu vada a dor…».
«No, Jeff, io non vado a dormire finché tu non capisci queste cose di chimica. Devi prendere almeno B!», lo interruppe Nick severo sedendosi a fianco dell’amico, poi con una risatina disse: «Certo me l’avresti potuto dire prima che avevi bisogno di aiuto».
Jeff provò a protestare, ma lo sguardo quasi assassino di Nick lo fermò. Il biondo smorzò un sorriso.
«Cos’è che non hai capito?», domandò Nick aprendo il libro.
«Le reazioni chimiche», rispose Jeff sbuffando.
«Ah, che argomento interessante!», commentò Nick.
«Stai scherzando, vero?», domandò Jeff allibito.
«No, sono serio», rispose Nick sincero: «Io adoro la chimica e le scienze in generale».
«Okay, se lo dici tu…».
Nick incominciò a spiegare l’argomento a Jeff. Quest’ultimo cercava di non dormire e di ascoltare l’amico. Nick era semplice e chiaro e cercava di spiegare le cose a Jeff con esempi molto banali. Il biondo aveva capito qualcosa, ma comunque non era sufficiente.
«Nick, sono le quattro… non fa niente, grazie lo stesso. Sei stato gentilissimo», lo ringraziò Jeff chiudendo il libro, poi aggiunse con un debole sorriso: «Come sempre, d’altronde».
«Jeff, ma rischi di essere…».
«Preferisco dormirci su», ammise Jeff interrompendolo: «Grazie a te mi ricordo qualcosa».
«Ma a che ora hai iniziato?».
«Alle cinque, dopo la riunione dei Warblers», rispose Jeff: «Non ho fatto nemmeno una pausa, ecco perché sono stato tutto il pomeriggio in biblioteca».
«E perché non hai chiesto subito aiuto a me o a Thad? Potevamo aiutarti!», lo ammonì Nick.
«Perché per una volta avrei voluto fare da solo», ammise Jeff alzandosi dalla scrivania e avvicinandosi alla finestra: «Uffa, non so fare niente, sono un fallito! Verrò rimandato di nuovo in chimica, quest’anno non mi diplomerò e resterò qui a Westerville per tutta la vita».
Nick si rattristì. Perché Jeff diceva quelle cose?
«Ah, e dimenticavo: tra qualche anno posso anche dare una mano a fare le pulizie a scuola. Almeno quelle le so fare», aggiunse Jeff imbronciato ammirando il cielo bianco.
«Jeffie, ma non dire queste cose», rispose Nick avvicinandosi al ragazzo e poggiando una mano sulla sua spalla: «Il fatto che hai qualche problema a scuola non fa di te un fallito. Sei un ragazzo meraviglioso, lo vuoi capire?».
«Che?», chiese Jeff confuso voltandosi verso l’amico.
«Sei un bravissimo ragazzo. Sei buono, gentile, generoso… e sei anche talentuoso», gli ricordò Nick: «Sbaglio o hai una bella voce? E sbaglio o sai suonare la chitarra da far invidia persino a Blaine?».
«Capirai…».
«Ma quale capirai! È questo il tuo punto debole, ti sottovaluti troppo», lo rimproverò Nick: «Hai una passione… beh, non lasciarla! Fai di questa passione la tua vita».
«Sì, ma comunque voglio diplomarmi», fece Jeff.
«Non ho detto che non devi diplomarti», rispose Nick.
Jeff annuì distrattamente.
«Uffa, ho un sonno», sbadigliò Jeff.
«Allora andiamo a dormire», lo invitò Nick.
Jeff seguì il consiglio del suo amico e si buttò sul proprio letto.
«Bene, fa pure freddo», bofonchiò Jeff tirandosi le coperte fin sotto il naso.
Nick si stese al fianco di Jeff e lo abbracciò stretto.
«E ora? Fa ancora freddo?», gli sussurrò il ragazzo.
«Sì», rispose Jeff, ma era una piccola bugia. Il ragazzo strinse Jeff ancora di più tra le sue braccia e il biondo sorrise spontaneamente. Amava essere stretto dal suo migliore amico. Al suo fianco si sentiva al sicuro, si sentiva protetto. Si sentiva speciale, si sentiva qualcuno. Quasi dimenticava di essere un fallito.
«Adesso? Hai ancora freddo?», chiese Nick premuroso.
«No», rispose Jeff accoccolandosi di più all’amico.
«Non sei un fallito», gli sussurrò Nick teneramente baciandogli la guancia. Era impressionante il fatto che Nick lo leggesse sempre nella mente.
Jeff arrossì lievemente. Era quella la sua reazione ogni volta che Nick gli prestava attenzioni di quel tipo. Jeff era innamorato di lui, della sua gentilezza, della sua sicurezza, di tutto. Era il suo migliore amico, ma ne era innamorato.
Dal canto suo, Nick ricambiava gli stessi sentimenti, ma era troppo spaventato nell’ammetterlo. Jeff era il suo migliore amico, non poteva essere qualcosa in più.
Jeff si strinse ancora di più tra le braccia di Nick facendolo arrossire.
Bastava una parola, un movimento, qualunque cosa per far arrossire quei due ragazzi.
Passò qualche minuto quando Nick notò che Jeff era ancora sveglio ed era assorto nei suoi pensieri.
«A cosa stai pensando?», gli domandò Nick leggermente preoccupato: «Dovresti dormire…».
Ovviamente Nick questa volta non poté capire cosa passasse nella mente del suo amico.
«Niente, è che…», Jeff non sapeva cosa dire: «… è che mi sento così al sicuro con te. Mi sento bene».
Nick non disse niente, si limitò ad un lieve sorriso e ad accarezzargli il ciuffo biondo che tanto amava.
Jeff si beò di quelle carezze senza proferire parola. Quanto era frustrante quella situazione: Nick e Jeff si amavano e nessuno dei due lo sapeva.
«Nick», gli sussurrò Jeff ad un certo punto.
«Dimmi», rispose semplicemente Nick.
«E se la mia passione fossi tu?».
«Che cosa vuoi dire?», chiese Nick arrossendo vistosamente.
«Ehm… ecco… Nick… io non so come dirtelo», farfugliò Jeff incerto: «Tu sei il mio migliore amico, vero? E lo sarai per sempre, a prescindere da quello che sto per dirti?».
«Certo, Jeff, ma così mi fai preoccupare», rispose Nick stralunato.
«Nick, non ce la faccio più a reprimere i miei sentimenti per te. Io ti amo, ti amo dal primo anno alla Dalton e solo quest’anno l’ho capito. Io ti amo tantissimo, per me sei più di un migliore amico, per me sei tutto, sei davvero tutto, e non volevo dirtelo perché ho sempre avuto paura di perdere la nostra splendida amicizia. Avevo paura di perderti».
Jeff era semplicemente scoppiato in un mare di parole che gli erano uscite in un modo così naturale. Nick lo abbracciò calorosamente per tranquillizzarlo e Jeff si beò di quell’abbraccio e dell’affetto immenso che solo il suo migliore amico sapeva dargli.
«Quindi mi ami?», mormorò Nick con un ampio sorriso che Jeff non seppe interpretare.
«Sì», rispose il biondo timidamente.
Il moro interruppe dolcemente l’abbraccio e continuò ad accarezzare i capelli del biondo. Nick sollevò delicatamente il viso di Jeff e avvicinò le proprie labbra a quelle dell’amico. Le labbra di Nick e Jeff si unirono in un bacio dolce e breve.
«Anch’io ti amo», sussurrò Nick.
Il biondo, sorpreso e felice allo stesso tempo, gli sorrise e questa volta fu lui a baciare dolcemente il moro. Jeff era un ragazzo meraviglioso e Nick si domandò come potesse esser diventato suo.
 

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Capitolo 2
*** Nobody said it was easy, no-one ever said it would be this hard ***


Nobody said it was easy, no-one ever said it would be this hard
 

 
 
«Nick, dimmi che stai scherzando…».
«Jeff…».
«Nick, no, ti supplico».
Jeff non riusciva a credere a ciò che gli aveva appena detto Nick, o meglio, non voleva crederci.
«Jeff, io andrò a New York e tu a Los Angeles, saremo lontaniss…».
«Ti supplico, Nick», continuò Jeff con le lacrime agli occhi. Nick odiava vederlo piangere.
«Jeff… hai visto Thad e Sebastian? Sebastian ha fatto soffrire Thad e non voglio che ciò accada anche a noi, quindi sarebbe meglio se ci prendessimo una pausa…».
«Nick, ma io non ti tradirei mai!», asserì Jeff disperato.
«Jeff, non ci vedremo per tanto tempo. Non voglio che in questi quattro anni tu ti senta solo a causa mia… si continua a vivere», spiegò Nick razionalmente cercando di trattenere le lacrime. Era così brutto e così difficile parlargli in quel modo: «Io ti amo tantissimo, Jeff, ma non voglio essere un ostacolo per te».
Le lacrime, amare e incessanti, rigarono il volto di Jeff. Nick si avvicinò al biondo e lo strinse forte a sé.
«Ti amo…», sussurrò Jeff: «Non dirmi addio, Nick…».
Nick accarezzò teneramente i capelli del suo ragazzo, ma non riuscì a rispondergli.
«Rimaniamo amici?», chiese ad un tratto Jeff speranzoso. Quelle parole dovettero costargli tantissimo.
«Sì», mormorò Nick per poi baciarlo sulle labbra un’ultima volta.
 
Era passato solamente un mese e già gli mancava il suo ragazzo.
Era bruttissimo non potersi più vedere, non potersi più abbracciare, non poter più dormire insieme.
Si parlavano a telefono, ma come due vecchi amici, e ciò faceva male ad entrambi.
«Dovremmo dimenticare tutto», gli disse ad un certo punto Nick serio.
«Nick…».
«Jeff, ci stiamo uccidendo lentamente», provò a spiegargli il moro: «È passato solamente un mese e già mi manchi un casino… non dovremmo più sentirci. Fa male, lo so, ma continuare a far finta di niente come se non ci fossimo mai amati è ancora peggio».
Jeff non sapeva cosa fare. Lui amava tantissimo Nick e non avrebbe mai voluto lasciarlo. Si ritrovò di fronte ad una decisione più grande di lui e non sapeva come affrontare la situazione.
Alla fine, con le lacrime che gli solcavano liberamente le guance, rispose:
«Nick, sappi che ti ho amato tantissimo e che non ho mai amato nessuno quanto te».
 
Era passato un anno. La vita di Nick sembrava essere incompleta, vuota.
Da quella telefonata, lui e Jeff non si erano più sentiti. La decisione era stata di Nick, ma ovviamente l’aveva presa a malincuore. Nick non voleva essere un ostacolo per Jeff e nemmeno Jeff voleva esserlo per Nick, quindi quella era stata la scelta più giusta e più saggia.
Dimenticare Jeff… era così difficile.
Nessuno ha detto che sarebbe stato facile, nessuno ha mai detto che sarebbe stato così difficile.



Angolo Autrice

Scusate per il capitolo triste ma soprattutto breve xD
Dal prossimo capitolo inizierà la "vera" storia! ;)
Ringrazio tutti coloro che leggono :)

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Capitolo 3
*** Running in circles, coming in tales ***


Running in circles, coming in tales
 

 
Nick era immobile, con gli occhi lucidi e sbarrati e un’espressione delusa stampata sul volto.
«Ho preso tutto», asserì freddamente una ragazza mora.
«Mamma!», esclamò un bambino.
La ragazza si voltò e un bambino con i capelli scuri scompigliati e gli occhi nocciola corse tra le sue braccia.
«Mamma, dove vai?», chiese il bambino curioso.
La ragazza gli accarezzò delicatamente i capelli.
«Non gliel’hai detto?», domandò la giovane con voce gelida e tagliente al ragazzo.
«Credo proprio che gliel’avresti dovuto dire tu», rispose semplicemente Nick trattenendo le lacrime.
La ragazza annuì leggermente, poi prese in braccio il bambino e gli disse:
«Vado via per un po’, tesoro».
«Dove vai?», domandò il bambino sempre più curioso.
«Da mia madre», mentì la ragazza: «Ci vediamo sabato prossimo».
«Tra una settimana?», chiese il bambino sgranando gli occhi: «Ma è tanto!».
«Amore, mi dispiace», si scusò la ragazza.
«Mi mancherai!», disse il bambino dandole un bacio sulla guancia.
La ragazza sorrise lievemente. Suo figlio non sapeva niente di quel che era successo.
«Anche tu mi mancherai», disse la ragazza baciandolo sulla fronte: «Ciao, tesoro».
Il bambino scese dalle braccia della mamma per correre verso quelle del papà.
«Trattalo bene», affermò gelida la donna.
«A differenza tua, io so cosa significa essere un genitore», rispose Nick con altrettanta freddezza.
La ragazza ignorò la risposta di Nick, prese le proprie cose e andò via.
«Papi», lo chiamò una vocina leggermente intristita.
«Dimmi, tesoro».
«Stai piangendo».
«Oh, no, non sto piangendo».
«Sì, invece, e io non voglio vedere il mio papi piangere», insistette il bambino: «Cos’è successo?».
Nick asciugò le lacrime che si erano impossessate delle sue guance.
«Tesoro, sto bene, non è successo niente», mentì il ragazzo.
Il bambino, non molto convinto, si limitò ad annuire.
 
«Non ci posso credere».
«Invece devi», rispose una voce divertita.
«No, io non ci credo».
«Jeff, sei a New York!», disse infine la voce.
«New York», sussurrò Jeff con occhi pieni di meraviglia e stupore.
«Te l’avevo detto che ti sarebbe piaciuta», ridacchiò un ragazzo baciandogli teneramente la guancia.
Jeff sorrise sinceramente. New York… non se la immaginava così grande e così bella.
«Questa è la città adatta per i sognatori come noi due», continuò il ragazzo.
«È bellissima…».
«Bellissima? Così poco? Ancora non hai visto niente!», rispose il ragazzo con un enorme sorriso.
 
«Thad».
«Nick, cos’è successo?», domandò il ragazzo visibilmente preoccupato dall’altra parte del telefono.
Thad era l’unico ragazzo della Dalton Academy con cui Nick era riuscito a mantenere i contatti. Anche Thad aveva frequentato un college a New York e quindi i due ragazzi erano riusciti a vedersi e a sentirsi più spesso.
«Io e Ashley ci siamo lasciati», rispose il ragazzo.
«Cosa?! No, perché?», chiese Thad sorpreso.
«Mi ha tradito», continuò Nick con le lacrime agli occhi: «Ieri avevo i turni notturni a lavoro, ma alla fine sono tornato qualche ora prima e ho sorpreso Ashley con un altro uomo».
«Non è possibile», commentò il ragazzo accigliato: «Non riesco a crederci, Ashley non farebbe mai una cosa del genere…».
«È quello che pensavo anch’io», mormorò Nick deluso: «Stamattina è andata via… è stata così fredda con me…».
«Lei ha torto», asserì Thad.
«Lo so».
«E ora? Siete pure sposati…».
«Chiederemo il divorzio», rispose Nick.
«Sicuro?».
«Certo, perché non dovrei esserlo? Io l’ho amata veramente e la amo tutt’ora, ma a quanto pare per lei non è stata la stessa cosa…».
«Mi dispiace tantissimo», ammise Thad sincero, poi ricordò amareggiato: «Un po’ come Sebastian…».
«Sebastian… a proposito, hai notizie di lui?», chiese Nick cercando di cambiare argomento.
«No e non m’interessa», rispose Thad deciso: «Si è comportato da gran bastardo».
«Già».
«Nick, se vuoi oggi passo da te», parlò Thad: «Credo proprio che tu abbia bisogno qualcuno con cui parlarne da vicino…».
«Ti ringrazio tantissimo, Thad. Ti voglio bene».
«È questo quello che fanno gli amici», rispose semplicemente Thad con un sorriso.
 
«Quest’appartamento è minuscolo», si lamentò il ragazzo: «ah, e anche piuttosto inquietante».
«Ma Brandon, è così carino, invece!», cinguettò Jeff: «Bisogna solamente arredarlo e tinteggiare un po’ i muri».
«Insomma, un gioco da ragazzi», sbuffò Brandon.
«Andiamo, che ci vuole!», sbottò Jeff: «Se iniziamo ora credo che finiamo per domani mattina».
«Manca la vernice», notò Brandon.
«Uhm, vado un attimo a comprarla», asserì Jeff: «Dovrebbero essere aperti il sabato mattina…».
«Hey», lo fermò Brandon sulla soglia della porta.
«Che c’è?».
«Ti amo», gli sussurrò il ragazzo sulle labbra per poi catturarle in un bacio lungo ed intenso.
«Anch’io ti amo», rispose Jeff con un sorriso.
 
«Papi, la porta!», urlò il bambino avvicinandosi alla porta.
Nick aprì la porta e vide il suo amico Thad.
«Zio Thaddy!», esultò il bambino contento abbracciando calorosamente il ragazzo.
«Ciao, campione!», lo salutò Thad con un dolce sorriso scompigliandogli affettuosamente i capelli, poi si rivolse a Nick e lo salutò: «Hey, Nick».
«Ciao Thad, grazie per essere venuto», rispose il ragazzo. Sembrava piuttosto scosso.
«Zio Thaaaddy, andiamo al parco?», chiese il bambino entusiasta.
«Certo, Harry, però penso che tuo padre voglia prima scambiare due parole con me», rispose Thad con un sorriso sincero.
«Va bene, allora a dopo!», disse il bambino con un sorriso rifugiandosi nella propria stanza.
«Non sa niente, vero?», domandò Thad a Nick accertandosi prima che suo figlio fosse andato via.
«No», rispose Nick.
«Dovrebbe sapere tutto», asserì Thad.
«Ma ha soltanto tre anni», protestò Nick.
«Lo so, ma la situazione non può durare a lungo», cercò di essere razionale Thad.
Nick annuì debolmente.
«Io.. io amo Ashley», mormorò il ragazzo: «Perché l’ha fatto?».
«Non ne ho idea», ammise Thad abbracciando il suo amico: «Sai cosa ti dico? Forse non ti merita».
«Io sono preoccupato per Harry», continuò Nick ancora abbracciato a Thad: «È così piccolo, non può vivere con un trauma del genere…».
«Nick, vedrai che si sistemerà tutto», cercò di rassicurarlo l’amico.
 
Quella mattina, Nick, Thad e il piccolo Harry andarono al parco.
«Thad, io vado a fare un giro», disse ad un certo punto Nick al suo amico: «Ho bisogno di essere un po’ solo…».
«Certo, come vuoi, mi occupo io di Harry», disse Thad con un grande sorriso: «A dopo, Nick».
«Grazie, davvero. Sei un amico».
Nick andò via dal parco e, con le mani nelle tasche della felpa, camminò avanti e indietro per le strade newyorkesi. Avvertiva un vuoto nel cuore ed era una sensazione orribile. Ancora non riusciva a raccapezzarsi del fatto che Ashley l’avesse tradito.
Le lacrime incominciarono a rigare il suo volto. Il ragazzo sospirò e chinò il capo cercando invano di asciugare le lacrime.
«Mi scusi», disse ad un certo punto Nick. Si era appena scontrato casualmente con un ragazzo alto e biondo. Entrambi avevano un’espressione sorpresa stampata sul viso.
«Nick!».

«Jeff?!».
 


Angolo Autrice

Allora, abbiamo scoperto che Nick è sposato con una certa Ashley e che Jeff è a New York. ;)
Ringrazio tutti coloro che leggono! :D

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Capitolo 4
*** Tell me your secrets and ask me your questions ***


Tell me your secrets and ask me your questions
 

 
Restarono a fissarsi per qualche minuto, incapaci di dire qualcosa.
«Nick?», fu Jeff a rompere l’imbarazzante silenzio, poi con un timido sorriso chiese: «Tutto bene?».
Quel sorriso.Quanto gli era mancato quel sorriso.
«Sì, tutto bene», mentì Nick, poi domandò: «E tu? Tutto bene?».
«Tutto okay», rispose Jeff. Ovviamente si era accorto che Nick gli aveva mentito: «Ti offro un caffè».
Nick annuì forzando un sorriso.
 
«Un cappuccino per me e un caffè senza zucchero per lui», ordinò Jeff alla cameriera.
«Arrivo subito», si congedò la cameriera con un sorriso.
«Ricordi come prendo il caffè…», disse Nick in un sussurro, ma Jeff lo sentì.
«Ovvio», rispose il biondo con un caloroso sorriso: «È passato così tanto tempo, Nick. Sei sempre uguale».
«Anche tu», ammise Nick con un lieve sorriso.
Dopo cinque anni, Jeff era identico: i capelli biondi, gli occhi vispi e allegri, il sorriso sulle labbra.
Nick aveva un leggero accenno di barba, ma anche lui era identico a cinque anni prima. D’altronde cosa si aspettavano? Erano passati solamente cinque anni ed erano ancora così giovani.
«Allora, Nick? Tutto bene al college?», chiese Jeff incuriosito.
«Sì, tutto bene, ma la mia vita non è così interessante, parliamo invece della tua», Nick cercò di sorvolare l’argomento. Non gli andava di parlargli di Ashley che l’aveva lasciato proprio quella mattina.
«Io niente… come già sai sono stato quattro anni a Los Angeles per l’accademia d’arti», spiegò Jeff: «Non ho ancora un lavoro fisso, ma canto e suono la chitarra ai pianobar».
«E che cosa ci fai qui a New York?», insistette Nick curioso.
La cameriera arrivò con i caffè e i ragazzi la ringraziarono.
«Io e il mio fidanzato abbiamo deciso di dividere un appart…».
A Nick andò di traverso il caffè. Per poco non sputò il contenuto della tazza in faccia al biondo.
«Nick, tutto bene?», chiese Jeff premuroso dandogli una leggera botta sulla schiena.
«Si, tutto bene», rispose il moro, poi con un colpo di tosse chiese: «Che cosa stavi dicendo?».
«Io e il mio ragazzo abbiamo deciso di dividere un appartamento qui a New York», rispose Jeff: «Nemmeno lui ha un lavoro fisso, però aspira a diventare scrittore. Nel frattempo per mantenerci economicamente proveremo a cercare lavoro in qualche bar o fast-food».
«Ah», rispose semplicemente Nick, incapace di dire qualcosa di sensato. Non capiva nemmeno lui perché si stesse comportando in quel modo così strano.
«Tu, Nick? Che lavoro fai?», chiese Jeff curioso.
«Medico», rispose il ragazzo.
«Oh, ma è sempre stato il tuo sogno!», cinguettò Jeff entusiasta: «Come sono felice per te!».
Nick sorrise sincero.
«E la tua vita sentimentale?», chiese Jeff con un sorriso enigmatico, poi con voce suadente sussurrò: «Racconta».
«Oh, Jeff, sei sempre il pettegolo di cinque anni fa, eh?», scherzò Nick. Cercò di sdrammatizzare la situazione perché la sua vita sentimentale era un vero disastro.
Jeff si limitò a ridere.
Quella risata…cavolo, anche quella gli era mancata.
«Scherzavo», rispose Jeff con un sorriso.
Nick sorrise lievemente. Di fronte a lui c’era Jeff Sterling, il suo compagno di stanza alla Dalton Academy per ben quattro anni, nonché suo migliore amico. Si erano ritrovati a New York dopo cinque lunghi anni e tutto sembrava andare bene. Ma allora perché Nick si sentiva strano e incompleto?
«Comunque io… io…», Nick non riuscì a continuare la frase. Mostrò a Jeff il proprio anello nuziale che ancora teneva al dito.
«Che bella notizia!», commentò Jeff con uno strano sorriso: «Chi è il fortunato?».
«Fortunata», lo corresse Nick.
 
Jeff sgranò leggermente gli occhi. Nick era sempre stato etero fino a quando non si era innamorato di lui.
Il biondo scacciò via quei pensieri. La mattinata stava proseguendo bene: aveva incontrato il suo carissimo e vecchio amico della Dalton e ognuno aveva la propria vita. Tra loro due non c’era stato niente, eccetto una piccola e insignificante infatuazione.
Certo, proprio un’infatuazione. La loro non era stata una semplice cotta adolescenziale.
Il loro era stato amore.
«Io mi sono sposato con una ragazza, Ashley», proseguì Nick fissando il pavimento: «Le cose però non sono andate bene… proprio stamattina ci siamo lasciati».
«Oh, mi dispiace tanto», ammise Jeff sincero mettendogli una mano sulla spalla.
Quel tocco. Quel tocco così leggero e delicato, quel tocco che avrebbe riconosciuto anche a occhi chiusi. Anche quello gli era mancato.
«Papi!», esultò una vocina.
Nick si voltò e vide il suo adorabile bimbo corrergli tra le braccia. Dietro di lui c’era Thad con un’espressione incredula sul volto.
«Jeff?», chiese Thad perplesso.
Jeff stava ancora pensando al papi urlato da quel bambino, ma la visione di Thad lo aveva fatto ritornare alla realtà.
«Thad!», esclamò Jeff entusiasta.
Il ragazzo si avvicinò al biondo e lo abbracciò.
«Oh, Jeff, quanto tempo!», rispose Thad emozionato, poi abbandonò delicatamente l’abbraccio e si rivolse a Nick con tono severo: «Signor Duval, io e Harry abbiamo provato a contattarla più volte ma nessun segno di vita».
«Scusa», si scusò Nick estraendo il cellulare dalla tasca dei jeans e notando di aver ricevuto sei chiamate senza risposta da parte di un allarmato Thad Harwood.
«Ciao!», il bambino tra le braccia di Nick salutò calorosamente il ragazzo biondo.
«Ciao!», rispose Jeff con altrettanta calorosità: «Sei tu Harry?».
Il bambino annuì energicamente scuotendo il ciuffo.
«E tu chi seeeei?», domandò il bambino incuriosito.
«Io mi chiamo Jeff», rispose il ragazzo: «Sono un… ehm… un…».
Un cosa?, pensò Jeff confuso.
«Harry, lui è il migliore amico di tuo padre. Erano compagni di stanza al liceo!», rispose Thad al posto di Nick e Jeff.
«Ah, capito», asserì il bambino.
«Sei identico a tuo padre», commentò Jeff nascondendo la sua sorpresa nel fatto che il suo amico Nick avesse un figlio.
«Lo so, ce lo dicono tutti!», rispose il bambino con un sorriso: «Però ho il naso della mamma».
«Meno male!», scherzò Thad beccandosi l’occhiataccia di Nick.
Jeff, profondamente divertito, scoppiò a ridere.
«Sempre così gentile, Harwood», disse Nick sarcastico, ma non poté non unirsi anche lui alle risate.
Le risate vennero interrotte da un bip-bip.
«È il mio cellulare», asserì Jeff prendendo il proprio cellulare e visualizzando il messaggio appena ricevuto.
 
Amore, ma quanto ci vuole per comprare della vernice?! xD <3 – Brandon
 
Scusami, poi ti spiego! <3 – Jeff
 
«Ragazzi, io dovrei andare, è stato bellissimo rincontrarvi», ammise Jeff alzandosi dal tavolo.
«Ma ovviamente non te ne andrai senza averci dato il tuo numero di cellulare», disse Thad con un sorriso.
«È sempre lo stesso», rispose Jeff ricambiando il sorriso.
Nick annuì. Anni prima aveva cancellato il numero di Jeff, ma lo ricordava ancora a memoria.
«Ciao, Harry», lo salutò Jeff con un tenero sorriso.
«Ciao!», rispose il bambino sorridente.
Jeff salutò Nick e Thad. Fece per andarsene quando il Nick Duval in miniatura lo fermò.
«Posso chiamarti Jeffie?», chiese il bambino.
Jeff si irrigidì.
Jeffie… Nick lo chiamava Jeffie.
«Ehm… sì, certo», rispose Jeff confuso forzando un sorriso.
 
«Oh, eccoti, finalmente!», esclamò Brandon.
«Scusa, durante il cammino ho incontrato dei vecchi amici del liceo», rispose Jeff con un lieve sorriso appoggiando a terra gli acquisti.
«Qualche Warbler?», chiese Brandon curioso cingendo Jeff per i fianchi e unendo le loro labbra in un bacio.
«Sì», rispose Jeff: «Nick e Thad… non so se te ne ho mai parlato».
«Thad sì, Nick no», rispose Brandon catturando le labbra del suo ragazzo nell’ennesimo bacio: «Deve essere nostalgico incontrare i propri amici del liceo».
«Già», confermò Jeff: «Ma anche molto bello. Io e Thad ci siamo sentiti qualche volta telefonicamente, ma io e Nick no… non ci sentivamo da cinque anni!».
«Eravate molto amici?», chiese Brandon.
«Sì, era il mio migliore amico».



Angolo Autrice

Ed ecco l'incontro di Nick e Jeff! (e di Thad ;D).
Ringrazio tutti coloro che leggono e recensiscono! ;)
Al prossimo capitolo! :D

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Capitolo 5
*** I had to find you, tell you I need you ***


I had to find you, tell you I need you
 

 
«Dove sei stato?».
Thad boccheggiò. La voce del suo ragazzo era così fredda e l’espressione stampata sul suo viso era dura e indecifrabile.
«Allora? Ti ho fatto una domanda», insistette il ragazzo.
«Ehm… io… sono stato da un amico», rispose Thad sincero.
«Duval, vero? Ma perché continui a frequentare quegli stupidi amichetti della Dalton?».
«Oh, Dylan, Nick e sua moglie si sono lasciati! Ma non hai nemmeno un po’ di pietà?», sbottò Thad disgustato.
«Dovevi avvisarmi», rispose Dylan accigliato, poi si avvicinò pericolosamente a Thad e gli intimò: «Lo sai che devi dirmi sempre tutto».
«Io non devo dirti proprio un bel niente», rispose Thad gelido.
«Sei il mio ragazzo, devo sapere dove vai e con chi stai», si giustificò Dylan.
Thad, incapace di dire qualcosa, si limitò ad annuire. Dylan lo baciò sulle labbra e Thad provò una strana sensazione di paura e inquietudine. Si ritrasse senza sapere perché.
«Oh, avanti, ma fai il bravo per una volta!», gli sussurrò Dylan divertito cingendogli i fianchi e baciandolo con prepotenza sulle labbra, poi gli sussurrò all’orecchio: «Sei strano oggi, sembra che tu abbia paura di me».  
Thad si irrigidì. Scosse debolmente il capo.
«Scusa se a volte sono un po’ duro con te…», mormorò Dylan quasi dolcemente: «È solo che ti amo e non voglio perderti».
 
«Papi, il tuo amico Jeffie è così simpatico!», esclamò il piccolo Harry una volta tornati a casa.
«Eh sì», tagliò corto Nick. Sembrava confuso.
«Papi, è successo qualcosa?», domandò Harry preoccupato.
«Niente, tesoro», rispose suo padre scompigliandogli affettuosamente i capelli.
Harry rispose con un sorriso per poi correre nella propria stanzetta.
Nick sospirò. Si recò nello studio e incominciò a cercare e sfogliare vecchi album di foto. Anni prima aveva buttato a malincuore tutte le foto di lui e Jeff; l’aveva fatto per dimenticarlo prima, ma c’era una foto che non aveva mai avuto il coraggio di buttare.
Nick la trovò: nella foto c’erano lui, Jeff, Thad e Sebastian. Ricordò quei tempi felici, quando lui e Jeff erano freschi fidanzati e quando Sebastian si era finalmente innamorato per la prima volta di qualcuno. La Dalton gli mancava, mancava a tutti, e anche tanto.
Con loro ne aveva passate tante: lui, Jeff, Thad e Sebastian formavano proprio un bel quartetto, anche se Sebastian non l’aveva mai ammesso.
Jeff, poi, era sempre stato il suo migliore amico: Jeff era un amico con cui ridere, un amico con cui piangere, un amico con cui confidarsi, un amico con cui condividere tutto.
Ma tutti alla Dalton sapevano che Nick e Jeff non erano soltanto amici: erano sempre stati qualcosa in più. La loro amicizia era troppo forte e troppo intima per poter essere considerata come una grande amicizia. Erano più di amici, più di fratelli.
Si amavano, incondizionatamente, da sempre.
Una lacrima solcò la guancia di Nick. Ci aveva messo un bel po’ di tempo per fingere di dimenticarlo. Ci era quasi riuscito, ma Jeff, quel giorno, era ritornato a far parte della sua vita.
Era passato del tempo, ma Nick ci teneva ancora a lui.
Non avrei mai dovuto lasciarlo, pensò Nick, ma l’aveva fatto per permettergli di vivere la sua vita, indipendentemente da lui.
Dovevo ritrovarti, dirti che ho bisogno di te, pensò Nick rattristito.
La suoneria del suo cellulare lo riportò alla realtà.
 
Hey, Nick. :) Stasera terrò un piccolo spettacolo da William’s, volete venire tu, Thad e il piccolo? Mi farebbe davvero piacere. :)
 
Nick sgranò leggermente gli occhi.
Andiamo, Nick, Jeff è tuo amico, ti ha soltanto mandato uno stupido messaggio!, cercò di convincersi Nick.
 
Ciao, Jeff! Ma a che ora?
 
Alle 20.00. Lo so che dovrebbe essere una serata tra amici, ma vi dispiace se viene anche il mio ragazzo?
 
Certo che mi dispiace.
 
Certo che non ci dispiace, Jeff. :)
 
Okay, a stasera, allora. :)
 
Erano le otto di sera e Nick, Harry, Thad e Dylan – che si era autoinvitato – erano già da William’s.
«E così questo vostro amico sarebbe Jeff Sterling, quel biondo che stava con voi alla Dalton?», chiese Dylan fintamente interessato.
«Sì», rispose Thad meccanicamente.
«Ciao, ragazzi!», ed ecco che anche Jeff si unì ai ragazzi. Ma non era solo.
Al suo fianco c’era un ragazzo alto quasi quanto lui e snello, con capelli castano scuro e brillanti occhi verdi. Portava gli occhiali ed era davvero un bel ragazzo.
«Jeffie!», esultò Harry con un sorriso, poi chiese curioso: «Chi è lui?».
«Io sono Brandon Fight, piacere di conoscervi!», si presentò il ragazzo porgendo la mano a tutti i ragazzi.
«Piacere di conoscerti, Thad Harwood».
«Dylan Parker, il suo ragazzo».
Jeff aggrottò leggermente le sopracciglia. Non pensava che Thad fosse di nuovo fidanzato dopo quel che era successo con il suo ex.
«Nick Duval».
Nick accettò la stretta. Brandon era così sorridente e sembrava anche molto gentile. Jeff sembrava felice con lui e a Nick importava soltanto la sua felicità, no?
«Harry Duval!», si presentò il bambino entusiasta stringendo la mano di Brandon.
Jeff si congedò per poter prepararsi per lo spettacolo. Brandon, invece, prese un tavolo e incominciò a parlare con tutti quei volti a lui nuovi.
«Jeff suona bene la chitarra e ha anche una bella voce, sono sicuro che non ve ne pentirete!», disse Brandon con un ampio sorriso.
Lo so meglio di te, pensò Nick leggermente irritato, ma tacque. D’altronde, che cosa voleva? Brandon era il fidanzato di Jeff ed era anche un ragazzo educato e gentile, sarebbe stato completamente stupido e inutile comportarsi male.
Lo spettacolo iniziò circa un quarto d’ora dopo. Nick pensò semplicemente che Jeff cantasse divinamente e che avrebbe meritato qualche assolo in più quando facevano parte dei Warblers.
La mente di Thad, invece, era altrove. Stava pensando chissà a che cosa quando arrossì improvvisamente. Non riusciva a credere a ciò che aveva appena visto.
«Thad? Ti senti bene?», gli chiese Nick ritornando alla realtà.
«Ehm… no, vado un attimo in bagno», farfugliò Thad nervoso alzandosi dal tavolo.
«Ti accompagno?», domandò Dylan leggermente preoccupato.
«Non preoccuparti», tagliò corto Thad.
Il ragazzo si recò presso i bagni maschili e si fermò dinnanzi agli specchi e ai lavandini. Si guardò e notò che era arrossito violentemente.
«Thad?», lo chiamò una voce familiare.
«S-s-sebastian?», balbettò il ragazzo voltandosi.
«Sì, sono io», rispose il ragazzo con un leggero sorriso.



Angolo Autrice

Ed ecco un nuovo personaggio, Dylan, il fidanzato di Thad...
Ed ecco anche il nostro amato Sebastian! *---*

Nick e Brandon incominciano a conoscersi... mm...
La frase che pensa Nick "Dovevo ritrovarti, dirti che ho bisogno di te" sarebbe la traduzione del verso "I had to find you, tell you I need you" della canzone "The Scientist". :) Ringrazio tutti coloro che leggono e recensiscono! Al prossimo capitolo! :D

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Capitolo 6
*** Oh, let’s go back to the start ***


Oh, let’s go back to the start
 

 
«Sebastian…», ripeté Thad incredulo.
«Conosco il mio nome», rispose lui sarcastico con un sorriso.
Quel sorriso irresistibile. Thad aveva sempre amato quel sorriso.
«Sebastian… che ci fai qui?», chiese il ragazzo confuso.
«Mi sono trasferito qui a New York», rispose lui con un lieve sorriso.
«E gli studi?».
«Oh, sì, ho completato i miei studi alla facoltà di giurisprudenza», rispose Sebastian.
«Quindi ora sei avvocato? È sempre stata la tua più grande ambizione…».
«Sì», rispose l’altro deglutendo leggermente: «Ora sono avvocato… e tu, piuttosto? Cosa fai?».
«Lavoro in una biblioteca», rispose Thad.
«Mm», commentò Sebastian senza sapere cosa dire.
Ci fu un breve silenzio che imbarazzò entrambi.
«Mi sei mancato…», mormorò ad un certo punto Sebastian chinando il capo.
Thad arrossì violentemente.
«T-t-ti sono mancato?», farfugliò il moro perplesso.
«Sì, e anche tanto», precisò il francese.
«Sebastian, io…».
Thad si fermò quando la mano del francese si posò delicatamente sulla sua guancia.
«Non sei cambiato», mormorò Sebastian: «Sei sempre bello come ricordavo…».
Era sempre il suo meraviglioso Thad – che poi suo non era più – della Dalton Academy.
«Bas, io sono impegnato…», disse infine Thad rossissimo in viso.
«Bene», asserì il francese ritirando subito la propria mano: «Beh… ti capisco».
Thad annuì leggermente.
«Ci possiamo vedere?», continuò il più alto guardando il pavimento.
«Non penso che il mio fidanzato sarebbe d’accordo», ammise Thad.
«Non ho detto che dobbiamo frequentarci. Ho capito che sei impegnato», spiegò Sebastian accigliato: «Ci possiamo vedere come amici?».
«Il mio ragazzo non sarebbe d’accordo comunque», parlò Thad.
«È così possessivo il tuo fidanzato?», domandò Sebastian perplesso.
«Giusto un po’», rispose il moro mesto.
«Thad».
Eccolo. Era stato appena nominato ed era comparso nel bagno dei maschi.
Thad impallidì.
«Dylan», rispose il ragazzo quasi con voce tremante.
«Che stai facendo?», chiese Dylan freddo.
«Io… ehm, niente, cosa dovrei fare?», domandò il ragazzo confuso.
«Io sono un suo vecchio compagno della Dalton», parlò infine Sebastian, poi fece per andarsene: «Ora ho da fare. Ciao».
«Thad, io e te dobbiamo parlare», asserì Dylan freddo avvicinandosi pericolosamente al suo fidanzato.
«D-d-di cosa?», balbettò il ragazzo.
«Ora andiamo a casa e mi spieghi tutto», continuò lui imperterrito.
«Ma non è finito lo spettacolo di Je…».
«Me ne infischio dello spettacolo di Jeff!», concluse Dylan furioso.
 
«Dov’è zio Thaddy?», chiese Harry perplesso.
«È andato via con Dylan», rispose semplicemente suo padre, poi cambiò argomento: «Ti sta piacendo lo spettacolo?».
«Sì, tanto! Jeffie canta benissimo! Anch’io vorrei imparare a suonare la chitarra, proprio come lui», asserì il bambino entusiasta.
Nick sorrise lievemente.
 
«Tu ti vedi con un altro», asserì Dylan gelido una volta chiusa la porta di casa.
«Non è vero! Io non mi vedo con ness…».
Dylan zittì Thad con un forte schiaffo sulla guancia.
«Già, nemmeno con me!», rispose lui adirato: «Allora? Con chi te la stavi spassando in bagno?».
«Oddio, Dylan, quello era un vecchio compagno del liceo! Stavamo solamente parlando, tutto qui!», rispose il ragazzo massaggiandosi la guancia arrossata.
«Chi era?», insistette Dylan.
Thad avrebbe tanto voluto mentire, ma Dylan se ne sarebbe accorto e sarebbe andata peggio.
«Sebastian…», mormorò il ragazzo.
«Scusa, non ho sentito!», disse l’altro visibilmente irritato perché aveva sentito troppo bene.
«Sebastian», ripeté Thad.
«Bene, il tuo ex, giusto?», continuò Dylan infastidito: «A quanto pare non è ancora finita tra voi due!».
«Santo Cielo, Dylan! L’ho incontrato in bagno e ci siamo scambiati due parole. Okay?».
Ma Dylan non gli prestò ascolto. Gli diede un pugno sul naso e un calcio sul fianco facendolo cadere a terra.
«Fermati, ti prego…», lo supplicò Thad trattenendo le lacrime.
«Ti piace ancora, ammettilo», asserì il ragazzo avvicinandosi minacciosamente a lui.
«No», rispose il moro, poi sussurrò mesto: «Lui mi ha tradito… come potrei continuare ad amarlo…».
«Appunto, ti ha tradito», disse Dylan con un sorriso enigmatico abbassandosi, poi prese bruscamente il suo volto tra le mani e sussurrò con finta dolcezza: «Io no, perché ti amo davvero».
Se mi ami davvero non dovresti picchiarmi, pensò Thad, ma lasciò stare i suoi pensieri.
«E ora? Torniamo da William’s?», chiese il ragazzo speranzoso e terrorizzato allo stesso tempo. Non voleva rimanere in quella casa nemmeno un secondo in più.
«In realtà avevo pensato ad un’altra cosa», mormorò Dylan sbottonando lentamente la camicia di Thad.
 
«Bravissimo, davvero!», si complimentò Nick dandogli una pacca sulla spalla.
«Ti ringrazio», rispose Jeff con un ampio sorriso: «I tuoi incoraggiamenti mi sono sempre stati molto utili».
Nick accennò un sorriso triste.
Sì, triste, perché stava ricordando i bei tempi della Dalton quando lui e Jeff si mettevano a suonare e a cantare insieme ai Warblers.
«Amore, sei stato eccezionale!», si congratulò Brandon entusiasta cingendo Jeff per i fianchi e baciandolo teneramente sulle labbra.
Nick trattenne una smorfia.
«Grazie, tesoro», mormorò dolcemente Jeff, poi si allontanò lentamente da Brandon e si avvicinò al piccolo Harry con un sorriso: «Ti è piaciuto lo spettacolo?».
«Sì! Tanto tanto tanto!», rispose il piccolo entusiasta: «Sei bravo, Jeffie! Voglio imparare anch’io a suonare la chitarra come te!».
Jeff sorrise sinceramente.
«Per me non c’è problema», asserì il biondo con un sorriso.
«Sììì!», esultò Harry, poi si strinse a Nick e gli disse: «Papiii, Jeffie può insegnarmi a suonare la chitarra? Ti prego, ti prego, ti preeego».
Come si poteva dire di no a quei due occhioni così dolci e innocenti?
«Ehm… se Brandon è d’accordo…».
Ma che risposta è?, si chiese Nick perplesso.
«Certo che sono d’accordo, perché non dovrei?», confermò Brandon con un sorriso.

 

Angolo Autrice

Sebastian è tornato, è avvocato e vive a New York, ma il suo Thad è impegnato...
Dylan è geloso e picchia il suo fidanzato, e a quanto pare non è la prima volta. D:
Harry vuole imparare a suonare la chitarra... sarà Jeffie il suo maestro? (:
Ringrazio tutti coloro che leggono e recensiscono! Al prossimo capitolo! :D

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Capitolo 7
*** Heads are a science apart ***


Heads are a science apart
 

 
Quella mattina, Thad era piuttosto dolorante. Gli faceva ancora male nel punto in cui aveva ricevuto il calcio dal fidanzato, e non solo.
Thad si rivestì velocemente e lasciò Dylan solo nel letto. Corse in cucina a preparare la colazione: non voleva che Dylan si infuriasse di nuovo con lui.
Dopo qualche minuto, Dylan entrò in cucina sbadigliando sonoramente.
«Non si saluta, amore?», gli chiese il ragazzo con un sorriso quasi divertito.
Thad non ci trovò niente di divertente nelle sue parole.
«Buongiorno», disse infine Thad.
«Buongiorno a te», rispose Dylan avvicinandosi a lui e cingendolo per la vita: «Ho una fame…».
«I pancake sono quasi pronti», rispose Thad imperterrito continuando a cucinare.
«Cos’è tutta questa freddezza? Ho fatto qualcosa di male?», domandò Dylan fintamente sorpreso.
Thad avrebbe tanto voluto rispondergli per le rime.
«No, niente… ho dormito poco stanotte», mentì infine Thad. Beh, in effetti non era riuscito a dormire nemmeno per un minuto a causa di Dylan.
«Eh, chissà perché», mormorò Dylan malizioso baciandogli leggermente il collo.
Dylan continuò a torturare il suo collo con baci e morsi finché la colazione non era pronta.
Era domenica e, per la fortuna di Thad Harwood, quel giorno doveva andare a lavoro in biblioteca per metà giornata.
 
«Harry, svegliati, sono le dieci», lo svegliò dolcemente suo padre.
Il bambino si stropicciò gli occhi, dopodiché li aprì e rivolse un gran sorriso al papà.
«Buongiorno, papi», lo salutò.
«Buongiorno a te, tesoro», rispose suo padre baciandolo teneramente sulla guancia.
«Papi, posso chiederti una cosa?», domandò ad un certo punto il bambino alzandosi dal letto.
«Certo, tesoro, dimmi pure», rispose Nick con un sorriso.
«Tu e la mamma non vi volete bene più», asserì il bambino serio: «Ieri mattina era strana… ti guardava quasi con odio… non è più la mamma di sempre… è cambiata».
Il sorriso di Nick scomparve. Solo in quel momento si rese conto che Harry, nonostante avesse tre anni, era un bambino davvero intelligente e acuto e che prima o poi avrebbe scoperto da solo quel che stava succedendo.
«Tesoro, io voglio ancora bene alla mamma… ci siamo solamente presi una pausa», rispose Nick mentendo sull’ultima parte della frase. Odiava dover mentire, ma non voleva ferire il suo bambino.
«Quindi questo significa che tornerà?», chiese il bambino speranzoso.
«Harry…», mormorò Nick senza sapere cosa dire.
Poi pensò alle parole del suo amico Thad.
«Dovrebbe sapere tutto».
«Ma ha soltanto tre anni».
«Lo so, ma la situazione non può durare a lungo».
In realtà era durata a stento un giorno, ma ormai il piccolo Harry aveva capito tutto.
«Harry… a volte due persone possono non andare d’accordo ed è quel che è successo alla mamma e al papà… per ora vogliono vivere un po’ lontani lont…».
Nick si fermò. Harry stava piangendo e il ragazzo lo strinse a sé.
«Non piangere, tesoro…», mormorò Nick con gli occhi inumiditi: «Si sistemerà tutto, vedrai…».
«Non si sistemerà un bel niente!», asserì il bambino stringendosi di più alla maglietta del padre.
 
Hai da fare stasera? :)
 
Thad sbuffò leggermente.
 
Quante volte ti devo dire che sono impegnato?
 
Anche se non mi piace per niente, può venire anche Dylan.
 
Guarda un po’, l’antipatia è reciproca.
 
Dylan non mi sopporta? x’D
 
Per niente. Sa che sei il mio ex…
 
A quelle parole scritte stesso da lui, Thad ebbe una forte fitta al cuore.
Ad un tratto il cellulare di Thad squillò. Il ragazzo uscì immediatamente dalla biblioteca e rispose.
«Pronto?».
«Thad».
«Bas…», mormorò leggermente Thad.
«Thad, possibile che non puoi perdonarmi per un errore compiuto a diciassette anni?».
La voce di Sebastian era spaventosamente seria.
«Sebastian… non puoi intrometterti nella vita degli altri così all’improvviso», gli disse Thad quasi a malincuore: «Il passato è passato… ora ho 23 anni, sono impegnato e non voglio impicci… okay?».
«Thad, mi dispiace davvero… mi sono scusato tantissime volte… io… io non voglio perderti», confessò Sebastian: «Ti amo ancora».
Il cuore di Thad perse un battito.
«Bas…».
«Mi manca vederti sorridere, mi mancano i tuoi baci, il tuo tocco, le tue carezze, i momenti passati insieme… mi manca fare l’amore con te… mi manca tutto di te. Mi manchi tu, Thad».
Thad aveva gli occhi inumiditi. Lui e Sebastian si erano davvero amati.
«Bas, sto a lavoro, ora devo staccare…».
«Ma ci sentiremo, vero?», insistette il ragazzo.
«Sì, ti chiamo io appena posso. Ciao».


 

Angolo Autrice

Scusate per il ritardo! D:
Allora, parliamo del capitolo! ;)
Thad è timoroso nei confronti di Dylan...
Sebastian non sa cosa fare: rivuole il suo Thad, ma è impegnato. Lo ama ancora ♥, ma Thad dice che non vuole avere impicci. :/
Il piccolo Harry ha scoperto tutto... Nick cerca di consolarlo, inutilmente.
Di Jeff non se ne parla proprio, ma ci sarà nel prossimo capitolo! :)
Ringrazio tutti coloro che leggono e recensiscono! Al prossimo capitolo! :D

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Capitolo 8
*** I was just guessing at numbers and figures ***


I was just guessing at numbers and figures


Quella domenica mattina, Jeff si risvegliò tra le braccia di Brandon.
«Buongiorno, dormiglione», lo salutò Brandon divertito accarezzandogli teneramente i capelli.
Jeff sbadigliò sonoramente e si accoccolò di più al petto dell’altro: «Buongiorno… che sonno…».
«E ci credo, ieri sera ci siamo ritirati tardi», rispose l’altro razionale.
Jeff annuì, poi disse: «Stanotte ho fatto i conti… con lo spettacolo ho racimolato centoventi dollari. Non possiamo andare avanti soltanto con le mie esibizioni, dobbiamo trovare un impiego».
«Lo so, tesoro, infatti oggi avevo pensato di fare un bel giro con te per chiedere nei negozi o nei bar», disse Brandon.
Jeff sorrise: «D’accordo. Allora il tempo della colazione, di una doccia e scendiamo, okay?».
Brandon rispose con un bacio delicato sulle labbra.
 
Nick aveva portato Harry al parco, sperando di distrarlo. Non pensava di poter peggiorare la situazione.
Harry era seduto ad una panchina, con le braccia incrociate al petto e un’espressione funebre sul volto.
«Andiamo, Harry, quei bambini ti hanno chiesto di giocare con loro», cercò di persuaderlo Nick.
«Non mi va di giocare», tagliò corto Harry.
Il bambino si limitò ad osservare gli altri bambini che correvano felici e i loro genitori guardarli contenti. Perché non poteva essere felice come loro? Perché non poteva avere al suo fianco anche la sua mamma?
Harry scoppiò a piangere.
«Tesoro…», mormorò Nick sedendosi al suo fianco e stringendolo forte a sé, poi disse a malincuore: «Capisco se sei arrabbiato con me…».
«Non sono arrabbiato con te, tu non hai fatto niente», rispose Harry con la voce rotta dal pianto: «Sono arrabbiato con la mamma… lei è andata via, e non ritornerà».
Nick non sapeva cosa dire: anche lui era arrabbiato con Ashley.
Per un momento Nick pensò di non chiedere più il divorzio: lui e Ashley avevano un bambino piccolo e forse era meglio non privare Harry della figura di entrambi i genitori; da una parte, il clima familiare non sarebbe stato di certo sereno se lui e Ashley fossero rimasti insieme, e quindi il bambino ne avrebbe sofferto ancora di più. Ormai Harry aveva capito che le cose tra il papà e la mamma non andavano bene, era inutile fingere.
Nick sciolse delicatamente l’abbraccio e chiese ad Harry di guardarlo negli occhi: «Tesoro, ti prometto una cosa».
Harry annuì leggermente, asciugandosi le lacrime.
«Qualsiasi cosa accada, io sarò sempre al tuo fianco, okay?», lo rassicurò Nick accarezzandogli la guancia: «E ora basta piangere. Non importa quanto le cose facciano schifo, ma l’importante è ricordarsi soltanto di sorridere… sempre».
Harry acconsentì con il capo per poi abbandonarsi nuovamente tra le braccia del padre.
«Non lasciarmi mai, papi», mormorò il bambino.
«Perché dovrei? Ti amo, piccolo mio».
 
Sebastian moriva dalla voglia di rivedere Thad, ma lui sembrava non voler avere più contatti con lui.
Lo comprendeva: Thad, che era più grande di lui di un anno, si era iscritto al college e Sebastian, che doveva frequentare il quarto e ultimo anno di liceo, sarebbe rimasto alla Dalton. L’aveva tradito perché gli mancava, gli mancava terribilmente, e forse aveva scioccamente pensato che in un altro avrebbe ritrovato il suo Thad.
Sapeva che non aveva giustificazioni, ma quello era stato soltanto un errore del passato, lo stupido errore di un giovane diciassettenne ancora un po’ superficiale e confuso, e Sebastian, che si era scusato miliardi di volte, voleva soltanto che Thad lo perdonasse.
Sebastian lo amava ancora, lo amava sempre di più: Thad era stata l’unica persona della sua vita a rubargli il cuore, e molto probabilmente non gliel’aveva ancora restituito.
 
Thad era appena uscito dalla biblioteca. Voleva approfittare dell’assenza di Dylan per chiamare Sebastian e sapere cosa volesse dirgli più.
«Ciao, amore».
Thad sobbalzò, mettendo subito il cellulare in tasca.
«D-dylan», balbettò Thad sorpreso, poi con un finto sorriso chiese: «Che ci fai qui?».
«Semplice, ti volevo prendere da lavoro», rispose l’altro ricambiando il sorriso e baciandolo fugacemente sulle labbra, poi si insospettì e chiese: «Che cosa stavi armeggiando con quel telefono?».
«Niente… controllavo l’orario», rispose Thad titubante.
Dylan annuì lentamente, fingendo di credergli.
«Ti porto a pranzo fuori», disse infine Dylan con un sorriso.
 
Brandon aveva trovato impiego come commesso in un negozio e Jeff come cameriere in un fast-food; era sempre meglio di niente.
Jeff stava camminando verso casa con Brandon quando gli arrivò un messaggio:
 
Hey, Jeff! :) Tutto bene? Saresti ancora disponibile per le lezioni di chitarra di cui parlavamo ieri sera? Ovviamente ti pago – Nick
 
Dylan portò Thad in una caffetteria di New York e prese un tavolino per due.
«Dove lo trovi un ragazzo come me che ti prende da lavoro, che ti ama e che ti porta a pranzo fuori, in una delle migliori caffetterie di New York?», scherzò Dylan con un sorriso.
… e che ti prende a parole, a calci e a pugni perché è possessivo e geloso?, aggiunse mentalmente Thad.
Il ragazzo si limitò a fingere l’ennesimo sorriso: fingere, fingere, fingere… per non essere maltrattato da Dylan, bastava soltanto continuare a fingere.
 


 

Angolo Autrice

Buon pomeriggio a tutti! :D
Non vi siete dimenticati di questa ff, vero? D: Scusatemi per il ritardo colossale (scuola+blocco dello scrittore... lo dico sempre che sono un'accoppiata terribile! D:). So di essere imperdonabile, ma chiedo ugualmente perdono! (?) :(
Allora, parliamo del capitolo! ;)
Quando Nick parla ad Harry e gli dice di sorridere sempre... beh, ecco, mi sono ispirata a delle frasi che ha detto Riker Lynch ♥, ovvero l'attore che interpreta il nostro amato Jeffie ♥ (:
E così Thad continua a fingere che tutto vada bene perché ha paura di Dylan... D:
Nel prossimo capitolo (spero di non pubblicarlo tra mille anni xD Stranamente mi sono venute delle "grandi" idee, quindi credo che sarò un po' più precisa e meno ritardataria XD :D), avremo più Brandeff (?) (Brandon+Jeff xDD), Thadlan (Thad e Dylan? Non mi piace come nome Thadlan xD, i loro nomi non si sposano nemmeno bene insieme XD u.u), un po' più di papà Nick e Harry e... e più Sebastian! ;) ♥
Ringrazio tutti coloro che leggono e recensiscono e YoumovemyKurt e BrokenRoses che hanno recensito lo scorso capitolo! Al prossimo capitolo! :D

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Capitolo 9
*** Pulling your puzzles apart ***


Pulling your puzzles apart


«Allora? Mattinata noiosa in biblioteca?», gli chiese Dylan fintamente interessato mangiando il proprio panino.
«No. Mi piace il mio lavoro», rispose semplicemente Thad con un lieve sorriso.
Thad bevve un bicchiere d’acqua, sentendosi gli occhi di Dylan puntati su di lui.
«Che c’è?», chiese Thad sentendosi in soggezione.
«Sei bellissimo», rispose l’altro con un sorriso: «e ti amo tantissimo».
Thad rifletté un momento su quello che Dylan gli aveva appena detto: sembrava maledettamente sincero e aveva un bellissimo sorriso stampato sulle labbra.
«Hey», mormorò Dylan prendendogli la mano, poi gli chiese con gentilezza: «Cosa c’è che non va?».
«N-niente», balbettò Thad, poi disse: «Ti amo anch’io, Dylan».
Dylan sorrise, ma il suo sorriso si spense immediatamente.
Thad si preoccupò dell’improvvisa espressione del suo ragazzo; si voltò nel punto che stava fissando Dylan e scorse la figura alta e slanciata di Sebastian Smythe.
«Ciao, Thad!», Sebastian si accorse della presenza di Thad e lo salutò con uno dei suoi migliori sorrisi, poi si rivolse al suo fidanzato: «Ciao, Dylan».
«Ciao, Sebastian», rispose Dylan freddo quasi con disprezzo: «Che ci fai qui?».
«Niente, ero venuto qui per prendere qualcosa da bere», rispose Sebastian, poi prese una sedia e disse cortesemente: «Non vi dispiace se mi siedo con voi e se scambiamo quattro chiacchiere, vero?».
«No, non ci dispiace», continuò Dylan arcigno.
Thad non era riuscito ancora a spicciare una parola; aveva la testa immersa nel piatto e aveva paura di dire qualcosa perché se avesse detto qualcosa di sbagliato, Dylan avrebbe saputo come punirlo.
«Abiti qui?», chiese Dylan sinceramente interessato a Sebastian.
«Sì, mi sono trasferito da qualche mese», rispose il ragazzo.
«E perché proprio qui?», insistette il fidanzato di Thad.
«Oh, New York è stupenda, è il sogno di tutti», fu la risposta di Sebastian.
Dylan annuì lentamente, poi domandò: «Che lavoro fai?».
«Avvocato», rispose pronto Sebastian: «Tu?», osò domandare.
«Impiegato in un ufficio», rispose l’altro gelido.
Sebastian annuì, poi si rivolse a Thad e, con un sorriso gentile, gli chiese: «Ti senti bene, Thad? Sei così silenzioso…».
«Oh, sì, sto benissimo, grazie», farfugliò Thad alzando finalmente il capo e guardandolo in faccia: Sebastian aveva un’espressione sinceramente preoccupata.
«Ultimamente è così strano il mio fidanzato», asserì Dylan pronunciando la parola mio con maggiore enfasi: «Un po’ di stress, forse… spero sia soltanto una cosa momentanea perché è da un bel po’ di tempo che ho in mente una bella proposta da fargli…».
«Che cosa?», chiese Thad incredulo.
«È da mesi che sto cercando il momento perfetto per dirtelo, ma non penso che sia il caso di farlo in una caffetteria con tutta questa gente…», si giustificò Dylan guardando Sebastian con un sorriso quasi cattivo.
Sebastian aveva un brutto presentimento, ma finse di mostrarsi tranquillo: «Avanti, Dylan, le cose più belle sono quelle che accadono inaspettatamente…».
«D’accordo, mi hai convinto», disse Dylan, poi si rivolse a Thad, gli prese la mano e gliela strinse forte: «Thad, tu sei l’uomo della mia vita, non hai idea di quanto è forte il mio amore nei tuoi confronti, non vorrei stare neanche un secondo lontano da te… mi vuoi sposare?».
Era impossibile decretare chi fosse quello più esterrefatto tra Thad e Sebastian.
 
Hey, Nick! :D Sì, tutto bene, grazie :D Ovvio che sono disponibile e… PAGARMI?! Ma sei pazzo! D: – Jeff
 
Sì, pagarti. Cosa c’è di strano? – Nick
 
Nick! Siamo o non siamo amici?! Non devi pagarmi un bel niente! ;) – Jeff
 
Jeff, sarà comunque tempo che perderai… - Nick
 
… ma con piacere :) Adoro Harry e poi tu sei un amico, non chiederei mai soldi ad un amico! :) – Jeff
 
Vabbè, ne possiamo parlare meglio telefonicamente. Ti saluto e ti ringrazio per la tua disponibilità! :) – Nick
 
Di niente! A presto :D - Jeff
 
Nick sarebbe crollato a terra da un momento all’altro.
Amico… per Jeff era ancora il suo amico, forse uno dei migliori.
Nick voleva davvero pagare Jeff per le lezioni di chitarra che avrebbe impartito a suo figlio: pagarlo per il suo impegno gli sembrava giusto e gli sembrava anche un modo per mantenere i rapporti più freddi e distaccati. Non era assolutamente quello che voleva Nick, ma lui non era come sua moglie Ashley: non avrebbe mai sfasciato una relazione o una famiglia.
Eppure sentiva che nella sua vita mancava qualcosa, o meglio, qualcuno.
Jeff. La sua vita era come un puzzle e Jeff era il tassello mancante.
«Papi?», il piccolo Harry lo riportò alla realtà strattonandolo per la manica della giacca: «Tutto bene?».
«Oh, sì, tesoro», rispose Nick ritornando alla realtà, poi gli strinse più forte la manina e gli disse con un leggero sorriso: «Ho contattato Jeff, prenderai lezioni di chitarra proprio come avevi detto. Sei contento?».
Harry annuì con un sorriso: «Grazie, papi… stai facendo tanto per me. Ti voglio tanto bene!».
Nick si emozionò a quelle parole: stava cercando di fare qualsiasi cosa per rendere il suo bambino felice e per distrarlo da quella brutta situazione familiare in cui si ritrovavano.
 
Dylan aveva liquidato Sebastian con finta gentilezza e aveva quasi trascinato Thad verso casa.
«Ma sei impazzito?!», gli urlò contro Dylan non appena ebbe sbattuto la porta di casa con violenza.
Spinse bruscamente Thad verso il divano e gli diede un pugno che fortunatamente il ragazzo riuscì a schivare: «Che cosa sarebbe a dire “ci devo pensare”?! Che risposta è, Thad?!».
«Io… Dylan, siamo ancora giovani, abbiamo soltanto 23 anni… un giorno ti sposerò, sì, ma secondo me è ancora troppo pres…».
Dylan interruppe Thad sferrandogli un pugno in faccia e colpendolo in pieno: «Di’ la verità: non volevi dire di sì di fronte a Sebastian! Non volevi spezzare il suo cuore! Pensi che non l’abbia capito che tra di voi c’è ancora qualcosa?!».
«Oddio, Dylan, ti ho già detto mille volte che non c’è nien…».
Ma Thad venne zittito dall’ennesimo pugno.
«Sei uno stronzo», imprecò Dylan furibondo, poi urlò ancora di più: «Che cazzo piangi a fare?!».
Thad provò invano ad asciugare le lacrime con la manica della camicia.
«Noi ci sposeremo, è chiaro?», disse infine Dylan autoritario ad un soffio dalle sue labbra.
Thad non riuscì a rispondere. Dylan lo strinse per il mento e ripeté la frase, scandendo bene parola per parola: «Noi ci sposeremo. È chiaro?!».
Thad annuì fiaccamente.
«Voglio sentire una risposta», insistette l’altro.
«Sì», biascicò il ragazzo: «Ci sposeremo…».
Dylan lo guardò soddisfatto, gli lasciò un bacio sulle labbra e uscì dalla stanza, lasciandolo solo sul divano, terrorizzato e gemente.
 


 

Angolo Autrice

Buona giornata a tutti! :D
Okay, in questo capitolo manca la Brandeff, ma sarà presente nel prossimo ^^ (che bello uhuhuh! XDD).
Sono riuscita ad aggiornare presto e sono fiera di me stessa (?) lol XDD
Allora... in questo capitolo abbiamo di nuovo Nick con il suo piccolo Harry ♥ (è un amore quel bambino! *---*) e la Sebthadlan (?).
Bene, credo che abbiate capito che Dylan voglia sposare Thad solo perché è estremamente geloso e possessivo D:
La scena finale... l'ho scritta a malincuore :(
Ringrazio tutti coloro che leggono e recensiscono e BrokenRoses, YoumovemyKurt e AngelAnderson15 che hanno recensito lo scorso capitolo!
Al prossimo capitolo! :D (a causa della scuola credo di poter pubblicare soltanto una volta a settimana D: Spero di pubblicare il prossimo capitolo entro sabato! :33).

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Capitolo 10
*** Questions of science, science and progress ***


Questions of science, science and progress


La sveglia suonò alle sette in punto.
Nick si svegliò e accarezzò leggermente i capelli di suo figlio che aveva voluto dormire insieme a lui nel lettone matrimoniale.
Improvvisamente Nick si rese conto che sua moglie non c’era: siccome entrambi lavoravano, avevano assunto una babysitter per il bambino, eccetto il lunedì, il sabato e la domenica, giorni nei quali Ashley non lavorava, e ora Nick non sapeva a chi affidare Harry.
Che pessimo padre che sono!, pensò Nick scoraggiato.
Avrebbe voluto portarlo con sé all’ospedale, ma sicuramente non gliel’avrebbero permesso essendo ancora troppo piccolo.
Non avrebbe mai trovato a quell’ora un babysitter disponibile ad occuparsi di suo figlio per tutta la giornata, perciò si trovò costretto a contattare Thad che il lunedì non lavorava.
«Ciao, Thad!».
«Hey, Nick!».
«Come va? Tutto bene?».
«Sì, bene…», Thad deglutì leggermente: «… te?».
«Bene, Thad, anche se in realtà avrei un problema…».
«Ti ascolto».
«Sei impegnato stamattina?».
«No, perché?».
«Volevo sapere se ti posso affidare Harry per tutta la giornata… purtroppo torno da lavoro stasera tardi e non mi sono potuto organizzare bene… sai, Ashley il lunedì non lavorava, e io mi sono dimenticato che la solita routine si è spezzata», Nick aveva pronunciato le sue ultime parole con amarezza.
«Oh, Nick, certo. Fallo venire pure ora», rispose gentilmente Thad.
«Ti ringrazio tantissimo. Mi dispiace davvero tanto darti fastidio anche nel tuo giorno libero…».
«Ma non preoccuparti! Non è affatto un disturbo», lo rassicurò l’amico.
I due ragazzi si salutarono. Nick staccò la chiamata e posò il cordless al suo posto, dopodiché rientrò in camera da letto e si sdraiò leggermente sul letto.
«Svegliati, tesoro», gli sussurrò dolcemente Nick baciandogli la guancia.
«Ho sonno», biascicò il bambino.
«Lo so, ma ti devo portare a casa di zio Thad», gli spiegò Nick.
Harry sorrise leggermente: amava zio Thad. Il bambino si lasciò andare ad un rumoroso sbadiglio e disse: «Buongiorno, papi».
«Buongiorno a te, tesoro», rispose lui con un sorriso: «Andiamo a fare colazione?».
Il bambino annuì con un lieve sorriso.
Nick lo prese inaspettatamente in braccio e lo caricò sulle spalle: «Voliamo dritto in cucina. Ho una gran fame», disse suo padre con un sorriso.
Harry rise, stringendosi forte al collo del padre: «Perché mi porti da zio Thaddy?», chiese curioso.
«Perché devo andare a lavoro e purtroppo non posso portarti con me», rispose Nick.
«Oh, papi, ma io non do fastidio! Posso aiutarti a curare i pazienti», gli disse il bambino convinto.
Nick sorrise teneramente: «Curare i pazienti non è come bere acqua fresca, Harry».
Il bambino annuì lentamente.
Nick lo portò in cucina e preparò la colazione per entrambi: latte e biscotti per il bambino, caffè senza zucchero per lui.
Sia Nick che Harry incominciavano ad avvertire la mancanza di Ashley.
 
«Era il tuo amico Nick?», chiese Dylan quasi con noncuranza, torturandogli il collo con baci e morsi.
«Sì. Oggi viene Harry a casa nostra», rispose pronto Thad.
«Nick ci ha scambiati per babysitter, vero?», domandò Dylan sarcastico.
«Dylan, sai bene che la situazione sentimentale di Nick non è affatto una delle migliori… è un favore che gli facciamo, e poi è solo questione di oggi», cercò di convincerlo Thad.
Dylan annuì lentamente, poi le sue labbra scesero sul suo petto: «Voglio sposarti entro il mese prossimo, quindi diamoci da fare per organizzare il matrimonio. Deve essere tutto perfetto», gli sorrise.
Thad sentì lo stomaco attorcigliarsi: «Certo, amore…», rispose fingendo un sorriso.
L’idea del matrimonio lo spaventava, o meglio, l’idea di sposare un verme come Dylan Parker lo terrorizzava incredibilmente.
Thad avrebbe voluto lasciare Dylan a causa dei maltrattamenti e delle violenze che doveva subire quasi tutti i giorni e lui, al contrario, voleva addirittura sposarlo, come se volesse tenerlo ancora più stretto a sé.
Thad non stava vivendo a pieno la sua vita con Dylan. Stava semplicemente sopravvivendo: Dylan era un pazzo e Thad non poteva sapere cosa passava nella sua mente da un giorno all’altro.
«Dylan, Nick dovrebbe arrivare tra poco… fammi alzare», lo esortò Thad.
«Figurati, io devo andare a lavoro. Il bambino e il lavoro possono aspettare…», mormorò Dylan indugiando sui suoi fianchi.
Thad lo trovò disgustoso: «Dylan…», lo richiamò severo.
«Okay… ma stanotte sei tutto mio, okay?», gli disse Dylan con un sorriso malizioso.
«E qual è la novità?», rispose Thad seccato.
 
Sebastian non era riuscito a dormire quella notte. Aveva preso sonno soltanto alle cinque del mattino per svegliarsi alle sette, infastidito dal suono della sveglia.
La notizia delle imminenti nozze del suo Thad e di quel rivoltante Dylan l’avevano sconvolto completamente: avrebbe voluto fare qualsiasi cosa per impedire quel matrimonio.
Thad non sembrava felice con Dylan, o almeno era questa l’impressione che era riuscito a cogliere Sebastian, ma forse doveva smettere di cercarlo.
Thad era fidanzato, e Sebastian doveva lasciargli la sua vita e la sua libertà.
Questo significa amare davvero, si ritrovò a pensare il francese amareggiato.
 
Nick portò suo figlio Harry a casa di Thad per poi sfrecciare via verso l’ospedale.
«Dylan?», chiese Harry incuriosito.
«È in ufficio», rispose Thad quasi con un sospiro di sollievo.
«Sembri felice. Forse non ti piace più la sua compagnia?», gli chiese Harry inarcando un sopracciglio.
Thad rimase quasi sconvolto: certo che quel bambino era davvero acuto!
Beh, che cosa ci si poteva aspettare dal figlio di Nick Duval?

«Oh, no, certo che mi piace stare con Dylan», mentì Thad con un lieve sorriso.
Harry annuì, non molto convinto, ma decise di non ritornare su quell’argomento. Sperava soltanto che Thad e Dylan non fossero nelle stesse condizioni dei suoi genitori.
 
«Ciao, amore! Com’è andato il primo giorno di lavoro?», lo salutò Brandon con un bacio quando tornò a casa la sera.
«Abbastanza bene, eccetto per un bambino che ha fatto cadere il suo piatto a terra», rispose Jeff: «E a te, tesoro?».
«Sì, direi bene. Che cosa mangiamo stasera?».
«Stasera mi scoccio di cucinare, avevo quindi pensato a qualcosa di veloce come le pizze surgelate».
«Sono d’accordo con te», rispose Brandon con un lieve sorriso.
 
La sera tardi, Nick uscì da lavoro e andò a casa di Thad. Ringraziò l’amico per tutta la sua disponibilità e la sua gentilezza e portò Harry a casa propria.
Durante il tragitto, Nick incontrò qualcuno che non credeva di trovare a New York.
«S-smythe?!», balbettò Nick sorpreso quando lo vide camminare indaffarato per le strade della città.
Il francese, sentendosi chiamare, si voltò: «Duval?».
«Sì, sono io», rispose Nick con un lieve sorriso, poi gli si avvicinò per abbracciarlo: «È passato così tanto tempo».
«Lo so», rispose l’altro sorridendo sincero: «Lo sai, mi manca la Dalton. Stranamente mi manchi un po’ anche tu».
«Non sei proprio cambiato», scherzò Nick.
«Neanche tu», ridacchiò Sebastian, poi notò il bambino che teneva stretta la mano di Nick e disse sorpreso: «Oh, che carino, un bimbo. È identico a te, eccetto per il naso».
Nick lo fulminò con lo sguardo, ma non poté non ridere.
Harry sorrise: «Harry Duval», si presentò il bambino.
«Sebastian Smythe. Sono un vecchio compagno di scuola di tuo padre», rispose il francese con un sorriso intenerito.
«Sebastian, vuoi intrattenerti a casa mia? Preparo qualcosa da mangiare e poi scambiamo due chiacchiere», propose Nick con un sorriso: lui e Sebastian erano sempre stati una sorta di nemici-amici, ma in fondo si volevano bene.
«No, non posso accettare. Non voglio creare nessun disturbo».
«Ma quale disturbo! È bello rincontrare i vecchi amici», lo convinse Nick.
 
«Furbacchione, tu hai già cenato», scherzò Nick rivolto al figlio.
«Andiamo, papi! Soltanto un biscotto», cercò di convincerlo Harry.
«L’ultimo, poi ti vai a lavare i denti e vai a dormire, okay?».
«Va beeene».
Harry prese il biscotto, poi scomparve dalla cucina. Sebastian ridacchiò.
«È incredibile quanto vi assomigliate… non solo fisicamente, ma anche caratterialmente», commentò il francese.
«Ce lo dicono tutti», rispose Nick con un lieve sorriso sedendosi all’altro lato del tavolo della cucina.
«Non è il figlio tuo e di Sterling. Mi sbaglio?».
Sebastian aveva notato che c’era qualcosa che mancava.
«Non ti sbagli», rispose Nick chinando il capo: «Abbiamo rotto prima di partire per il college».
Sebastian annuì lentamente: «Che peccato, sembravate così perfetti assieme», commentò sincero.
«Lo pensavo anch’io», fece Nick mesto.
«Anch’io pensavo la stessa cosa con Thad», Sebastian finse di guardare altrove.
Nick alzò il viso e notò che negli occhi verdi di Sebastian c’era quel luccichio che li illuminava ogni volta che stava con Thad o ogni volta che parlava di lui.
«Hai ancora contatti con Sterling?», chiese inaspettatamente Sebastian rompendo l’imbarazzante silenzio che si era venuto a creare.
«No, cioè sì… è una storia lunga da raccontare», rispose Nick.
«Non vado di fretta», lo incitò a parlare Sebastian.
«Lasciai Jeff prima di partire per il college perché non volevo essere un ostacolo per lui. Volevo che vivesse, che realizzasse i propri sogni, indipendentemente da me. Non ci siamo sentiti per anni… a diciotto anni incontrai Ashley, una ragazza molto dolce che molto lentamente mi fece uscire da questo periodo di “depressione”. Diventammo amici, finché non capimmo di esserci innamorati… a diciannove anni siamo diventati genitori del meraviglioso bambino che hai conosciuto prima, e a venti anni abbiamo deciso di sposarci», raccontò Nick.
«Sterling cosa c’entra in tutto questo?», chiese Sebastian perplesso.
«Sabato io e Ashley ci siamo lasciati», svelò Nick: «Avevo i turni di notte a lavoro e, tornato a casa, l’ho beccata a letto con un altro uomo…».
Sebastian sgranò leggermente gli occhi: «Perché… perché l’ha fatto?».
Che ipocrita che sono, pensò Sebastian, ho fatto la stessa cosa con Thad…
Sebastian scosse il capo, come se così potesse cancellare quell’errore dalla sua vita.
«In realtà non ne ho idea. So soltanto che sabato, quando accompagno il bambino da lei, gliene parlerò», rispose Nick risoluto, poi disse: «Domenica ho incontrato Jeff… anche lui è a New York ed è fidanzato».
«Anche lui sta con una ragazza?», chiese Sebastian incuriosito.
«No», fu la risposta secca di Nick: «Sta con un certo Brandon… sembra un bravo ragazzo».
«Mm», mugugnò Sebastian, poi disse: «Ho visto Sterling sabato sera. Non l’avrei mai detto, ma quel ragazzo è più bravo di quanto pensassi con la chitarra».
«L’hai visto anche tu, quindi?», chiese Nick sorpreso.
«Sì, ma lui non mi ha visto. Ah, e ho incontrato anche Thad… abbiamo parlato», svelò il francese.
«Thad? A proposito di Thad… è l’unico ragazzo della Dalton con cui ho mantenuto i contatti in tutti questi anni… ma in questi giorni Thad non mi ha detto niente di te», rispose Nick stranito.
«Davvero? Ci siamo visti sabato sera e anche domenica mattina… sta con un certo Dylan Parker, vero?».
«Sì», confermò Nick, poi disse serio: «Jeff e Thad sono fidanzati… almeno io non rovinerei mai un rapporto. Voglio solo vedere Jeff felice, è questo quello che conta».
«Ma allora sei ancora innamorato di Sterling? E di questa Ashley?», gli chiese Sebastian confuso.
«Ashley mi ha tradito, ha fatto una cosa imperdonabile, ma devo prima chiarirne meglio con lei… e Jeff… beh, Jeff è rientrato a far parte della mia vita quando ci siamo incrociati improvvisamente quel sabato mattina… ho fatto di tutto per cercare di dimenticarlo, e quando ci ero quasi riuscito, lui è ricomparso nella mia vita».
Sebastian annuì lentamente: «Vorrei tanto poter tornare indietro e cancellare tutti i miei errori… amo ancora Thad».
«Sebastian, mi sa che in un certo senso stiamo nella stessa situazione», concluse Nick sconfortato.
 
«Che sonno», esclamò Jeff buttandosi sul letto nel vero senso della parola: «Buonanotte, amore».
Brandon gli sorrise e gli si stese accanto: «’notte a te, amore mio».
Jeff baciò Brandon sulle labbra per poi voltarsi e stringersi nelle coperte poiché faceva molto freddo.
Brandon, però, sembrava avere altri piani per quella notte: indugiò lentamente sui fianchi del suo ragazzo facendo risalire la mano sotto la maglietta. Gliela sfilò leggermente quando Jeff borbottò: «Ho freddo».
Brandon rise leggermente. Lo baciò sulle labbra con foga e passione per poi scendere giù con le labbra sino a baciargli il petto.
«Ti voglio, Jeff», sussurrò il ragazzo all’orecchio del suo fidanzato: «Ti voglio ora».
A quelle parole, Jeff provò un brivido di eccitazione misto a spavento.
«Brandon, io… mi sembra ne avessimo già parlato tempo fa», rispose semplicemente Jeff.
«Sì, lo so, ma cosa importa? Ci amiamo, Jeff, non capisco perché tu non debba sentirti pronto».
«Brandon, non l’ho mai fatto con una ragazza né tantomeno con un ragazzo», disse Jeff serio.
«E allora? C’è sempre una prima volta a tutto», cercò di persuaderlo Brandon.
«Sì, ma non ora, per piacere. Buonanotte», concluse Jeff rinfilandosi la maglietta e accoccolandosi al cuscino.
Brandon sospirò leggermente: era fidanzato con Jeff da un bel po’ ed era esattamente da due anni che si chiedeva perché il suo ragazzo fosse così spaventato e avverso nei confronti della sessualità. 


 

 

Angolo Autrice

Buona giornata a tutti! :D
Scusatemi per il ritardo! D: Ho postato il decimo capitolo con soltanto una settimana di ritardo, anziché un mese XD Record! :DD
Okay, a parte i deliri xD... eccoci con il decimo capitolo, un po' più lungo degli altri per farmi perdonare! (?) ;)
Allora... in questo capitolo i Nickbastian ♥ (Nick+Sebastian) finalmente si incontrano! :D Adoro la Nickbastian friendship! (: Voi che cosa ne pensate? :)
Nick racconta la sua storia, ma dobbiamo aspettare soltanto l'incontro con Ashley per capire il perché del tradimento... Sebastian, invece, si limita a parlare soltanto di Thad. 
Abbiamo i Thadlan... che dire... Dylan sempre più odioso, anche se tenta di fare il bravo fidanzato lol (?) (ma a chi vuole darla a bere! u.u). Cioè, dai, persino il piccolo Harry ha intuito che i rapporti tra Thad e Dylan non sono rosei! D:
E alla fine abbiamo la scena Brandeff... bene, da qui capiamo che Jeff non l'ha mai fatto con nessuno/a, neanche con Nick.
Non voglio svelarvi niente, ma per vostra sfortuna - o fortuna? lol -, Brandon sarà più presente nei prossimi capitoli.
Ringrazio tutti coloro che leggono e recensiscono e BrokenRoses, YoumovemyKurt e AngelAnderson15 che hanno recensito lo scorso capitolo!
Al prossimo capitolo! :D (spero di pubblicarlo per sabato, anche se sono un po' impegnata con la Sebastian Smythe Week 2013 e con le altre long :33 - e con la scuola ovviamente ahahah D: -). :D

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Capitolo 11
*** Do not speak as loud as my heart ***


Do not speak as loud as my heart


La mattina seguente era martedì e Nick, come ogni giorno, svegliò suo figlio.
«Harry, svegliati», gli disse pazientemente per la terza volta.
«Non voglio alzarmi», protestò il bambino stringendo con forza il cuscino.
«Harry, dai, deve venire la babysitter, non puoi farti vedere in queste condizioni», gli spiegò il padre pieno di buonsenso.
«E invece sì», disse lui: «O zio Thaddy o niente».
Nick si sorprese degli improvvisi capricci di suo figlio: «Zio Thad è a lavoro», rispose semplicemente il ragazzo.
«Allora no», disse il bambino risoluto.
Nick si arrese e si recò in cucina.
«Se vuoi fare colazione devi alzarti», disse.
Dopo neanche un minuto, Harry era già seduto al tavolo della cucina.
Nick gli sorrise furbamente.
«Solo perché ho fame», si giustificò il bambino imperterrito.
 
 
Thad stava consigliando dei libri di scuola ad un ragazzo quando qualcuno entrò in biblioteca.
«Thad!».
Il ragazzo si voltò di scatto: «Dylan, non urlare, siamo in una bibliote…».
Thad venne zittito da un bacio di Dylan.
«Dylan, ma che fai?», mormorò l’ispanico leggermente.
«Sono andato al comune, ci sposiamo il mese prossimo», rispose Dylan con un sorriso.
Thad si sentì morire.
«Perché non mi hai detto niente? Saremmo dovuti andare insieme al comune», disse infine l’ispanico arrabbiato.
«Se avessi davvero dovuto aspettare un tuo convinto, non ci saremmo sposati più», asserì Dylan gelido.
Thad non seppe cosa dire. Negli occhi di Dylan c’erano freddezza e follia.
Era spaventato, la sua vita stava prendendo una piega orribile. Non voleva sposarlo, aveva paura di lui, ma come gliel’avrebbe dovuto dire?
«Dylan… davvero, potremmo ancora aspettare qualche anno», gli sussurrò Thad, cercando di essere persuasivo.
«C’è qualche altro uomo nella tua vita, Thad?», gli chiese Dylan serio.
«Oddio, Dylan, come fai soltanto a pensare a qualcosa del gen…».
«Thad? Allora? Rispondi, per piacere», lo interruppe Dylan severo.
«No», rispose l’ispanico sicuro.
«Nessuno? Neanche qualcuno del passato?», continuò Dylan imperterrito.
Thad sapeva benissimo che Dylan si riferisse a Sebastian: «No, assolutamente nessuno», rispose sincero.
«Mi ami?», continuò Dylan.
«Sì…».
«E io amo tantissimo te. Ci amiamo, Thad. Nel nostro rapporto c’è amore, sincerità e assoluta fedeltà da entrambe le parti, quindi cosa stiamo aspettando?», cercò di convincerlo Dylan.
«E il rispetto? Dov’è il rispetto?».
Thad si meravigliò della sua stessa risposta: gliel’aveva dettata la rabbia, la frustrazione, il terrore. Gli era uscita quasi meccanicamente, ed era così vera e tremendamente reale.
Thad boccheggiò qualcosa, ma non riuscì a dire niente: l’espressione sul volto di Dylan era impenetrabile.
«Non ti trovi bene con me, Thad? Pensi che io sia irrispettoso nei tuoi confronti?», gli chiese infine il ragazzo.
«Lavoro in una biblioteca, Dylan, e stiamo dando troppo spettacolo. Sarebbe meglio parlarne un’altra vol…».
Ma Dylan lo prese per la vita e lo strinse fortemente a sé: «Non m’interessa di quel che cazzo pensano gli altri», sussurrò ad un soffio dalle sue labbra.
«Dylan, modera il tuo linguaggio, per piacere», lo supplicò Thad.
«Ora andiamo a casa, e non mi interessa se la tua giornata lavorativa non è terminata», concluse Dylan autoritario.
 
Quella mattina, Harry aveva assunto uno strano atteggiamento.
Nick sapeva che tutto quello era dovuto ai problemi familiari, e avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di veder spuntare un sorriso sul volto di suo figlio.
Durante la pausa lavorativa, Nick mandò un messaggio a Jeff:


Ciao, tutto bene? Ti avevo detto che ti avrei richiamato, ma purtroppo sono stato impegnato e non ho potuto. Se sei disponibile, potrebbero iniziare oggi le lezioni di chitarra? Mi raccomando, pensa prima ai tuoi impegni! Ti ringrazio in anticipo – Nick
 
Nick sperò che Harry potesse distrarsi un po’ con le lezioni di chitarra.
 
Hey Nick, tutto bene, grazie! A te? Comunque certo che sono disponibile, posso venire per le sette? – Jeff
 
Bene, grazie. D’accordo, va benissimo alle sette. Ti ringrazio ancora – Nick
 
Di niente, a dopo :) – Jeff
 
«Tu mi devi spiegare che cosa intendi per rispetto!», asserì Dylan sbattendo furiosamente la porta di casa.
«Dylan, ti scongiuro, non urlare», cercò invano di calmarlo Thad.
Dylan lo sbatté contro la parete: «Parla, cazzo. Non sviare sempre», gli disse minaccioso.
«Non possiamo discutere come due persone civili, per una volta?!», questa volta fu Thad ad infuriarsi.
«Tu non alzi la voce con me, è chiaro?», mormorò Dylan freddo intimidendolo.
Thad non rispose. «Allora? Che cosa intendi per rispetto?», insistette Dylan cercando di nascondere la propria ira mantenendo un tono di voce composto.
Thad non riuscì a guardarlo negli occhi.
«Rispondi, cazzo», incalzò Dylan.
«Niente, lascia stare. Non capirai mai…», mormorò Thad afflitto.
«Se tu parlassi forse potrei capire qualcosa», insistette l’altro.
Thad non proferì parola. Si limitò a rimboccare le maniche della camicia e mostrò i suoi polsi pieni di lividi a Dylan.
«Questo non è niente…», biascicò l’ispanico con una lacrima che gli solcò la guancia.
Dylan ebbe una strana reazione: lo abbracciò fortemente a sé. Forte, troppo forte, pensò Thad inquieto.
«Mi dispiace di essere così rigido con te», mormorò il ragazzo: «Possiamo ricominciare, partendo dall’inizio…».
Thad non disse niente.
«Non ti picchierò più, non ti insulterò più… sono mortificato, davvero», rivelò Dylan: sembrava sincero: «… ma tu mi devi promettere che non farai niente più che mi faccia arrabbiare. Intesi?».
Thad, intimorito, si limitò ad annuire.
 
«Sono le sette e dieci, provo a chiamare tuo padre», disse la babysitter prendendo il proprio cellulare.
Harry non disse niente: si limitò ad uno sbuffo.
Proprio in quel momento qualcuno bussò alla porta.
«Papà», mormorò Harry con un sorriso.
«Papà ha le chiavi», sentenziò la babysitter stranita avvicinandosi alla porta: «Chi è?», chiese.
«Jeff», rispose semplicemente una voce appartenente ad un ragazzo.
«Jeffie!», esultò Harry.
«Jeffie?», ripeté la donna stralunata.
«Cosa aspetti? È Jeffie, non vorrai lasciarlo fuori casa!», disse il bambino accigliato.
La babysitter aprì la porta. Un ragazzo biondo e incredibilmente alto con una chitarra alle spalle entrò e disse: «Buonasera, sono Jeff Sterling, amico di Nick Duval. Lei è sua moglie?».
«No, in realtà sono la babysitter di suo figlio», rispose la donna.
«Oh», esclamò Jeff, poi si rivolse al bambino: «Ciao, campione! Papà? Dov’è?».
«È a lavoro», rispose il bambino: «Forse ha fatto un po’ tardi».
Jeff annuì lentamente, prendendo il proprio cellulare dalle tasche dei jeans.
 
«Cavolo!», imprecò Nick sottovoce.
Erano le sette e un quarto di sera ed era convinto fossero ancora le sei del pomeriggio. Sarebbe dovuto tornare a casa prima perché la babysitter sarebbe andata via alle sette, proprio quando sarebbe dovuto venire Jeff.
Pensò di essere una persona orribile e un pessimo padre. I pazienti, l’ospedale, Ashley… tutti quei pensieri frullavano nella sua testa e gli facevano perdere la cognizione del tempo.
«Dottore, problemi?», le chiese Sandy, una collega gentile e disponibile.
«Dovrei andare a casa da mio figlio di tre anni. Saresti così gentile da continuare il mio lavoro? Te ne sarò grato», le chiese gentilmente Nick.
«Certo, dottor Duval. Buona serata», rispose Sandy con un sorriso cordiale.
«Gentilissima, ti ringrazio. Buona serata a te», si congedò Nick.
 
Jeff tranquillizzò la babysitter, mandandola via.
«Io direi di aspettare tuo padre», disse il biondo.
«Va bene», disse semplicemente il bambino, poi gli svelò: «Lo sai che mi stai molto simpatico? È strano perché a me stanno simpatici soltanto papi e zio Thaddy».
Jeff sorrise teneramente: «Davvero?», disse emozionato.
«Mm», confermò il bambino.
Passò un altro quarto d’ora, e Jeff si chiese perché Nick non fosse ancora arrivato.
Gli mandò un messaggio, ma non ebbe risposte.
Forse starà guidando, intuì il ragazzo.
«Sono quasi le otto meno venti, che ne dici se facessi una sorpresa a papà?», disse Jeff pieno di buonsenso.
«Una sorpresa? Quale sorpresa?», chiese il bambino incuriosito.
«Vedrai, vedrai».
 
Alle otto in punto, la porta di casa si aprì. Nick, paonazzo e con il fiatone, entrò in casa.
Jeff e Harry uscirono dalla cucina. «Nick», lo salutò il biondo con un sorriso.
«Jeff! Perdonami, sono davvero mortificato! C’era traffico! E poi ho fatto tardi perché stavo curando dei pazienti e mi sono completamente dimenticato di avere un figlio di tre anni a casa da solo con una babysitter che assolutamente cambierò in quanto ha lasciato mio figlio da solo con uno sconosciuto! Non è che non mi fido di te, Jeff, anzi, darei a te la mia stessa vita perché sei una persona affidabile, ma potevi essere anche un malintenzionato che si è spacciato per un mio amico! Sono una persona orribile, non sono un padre!», parlò Nick tutto d’un fiato.
Jeff gli si avvicinò e gli mise una mano sulla spalla: «Hey, hey, calma, Nick, respira», cercò di rassicurarlo: «Può capitare di avere tanti pensieri per la testa a tal punto da dimenticare le cose importanti. Lo so, non dovrebbe capitare, ma può capitare, okay? Sei un padre attentissimo e perfetto, mi è bastato vedere te e Harry qualche volta per capirlo, sei solo stressato a causa degli ultimi eventi, ti capisco. Ti devi prendere una bella pausa e devi organizzare meglio i tuoi impegni, d’accordo? Grazie a Dio, per oggi è andata bene. Sta’ tranquillo, okay?».
Era impressionante come le parole del biondo lo avessero rasserenato e calmato.
«Grazie, Jeff», sussurrò Nick: «Ti sono riconoscente, per tutto».
Jeff si limitò ad un leggero sorriso.
«Papi!», Harry fece ritornare alla realtà suo padre: «Io e Jeffie stavamo preparando la cena».
«Che cosa?», chiese Nick stupito aggrottando le sopracciglia.
«Ops, non dovevo dirlo, era una sorpresa!», si lasciò sfuggire Harry mettendosi una manina davanti alla bocca.
Nick, interrogativo, si rivolse verso Jeff: «Ho capito bene?», chiese meravigliato.
«Oh, ma non preoccuparti, è un piccolo favore per un amico. Era già tardi e allora ho pensato di preparare qualcosa da mangiare per il bambino e per te, quando saresti arrivato», spiegò semplicemente Jeff.
«Oh, scusami tanto, Jeff… comunque davvero, non dovevi… sono mortificato, davvero», Nick era visibilmente imbarazzato.
«Non devi scusarti», lo risollevò Jeff, poi con una risata disse: «Ah, e per quanto riguarda la lezione di chitarra, ovviamente è saltato via tutto. Se ne parla la prossima volta, okay?».
Harry annuì al posto del padre. Nick restò folgorato dall’allegria e dalla semplicità di Jeff, sempre così estroverso e generoso.
Pensò che lui e Jeff sarebbero potuti essere dei perfetti padri per Harry.
Il moro scosse il capo, come per eliminare quelle fantasie dalla sua mente.
Tutto questo sarebbe perfetto in un mondo parallelo, non in quello reale in cui Jeff è felicemente fidanzato e io quasi divorziato, pensò Nick amareggiato. 
 
 

 

Angolo Autrice

Buon pomeriggio a tutti! :D
Vi avverto che vado di fretta e non ho potuto rileggere il capitolo, quindi mi scuso anticipatamente per eventuali strafalcioni ♥
SO DI ESSERE IMPERDONABILE E DI NON AVERE SCUSE PER IL RITARDO, LO SO, DAVVERO, SONO MORTIFICATA. :(
Purtroppo sto avendo delle settimane piene di impegni e non trovo mai il tempo di scrivere e aggiornare D:
Beh, che dire... eccomi qui, con l'undicesimo capitolo!
Niente Sebastian in questo capitolo çç e niente Brandon. Con entusiasmo, vi confermo che torneranno entrambi nel prossimo capitolo :D (un po' di meno entusiasmo per Brandon, lol XD). Ah, e nel prossimo o nel prossimo ancora ci sarà anche Ashley D:
Purtroppo in questo capitolo abbiamo tanta Thadlan, ma abbiamo anche tanta Jarry (?) (Jeff+Harry?) e, in un certo senso, anche tanta NIFF. ♥
Nick è ancora innamorato di Jeff, penso che questo si sia capito.
Jeff che insieme ad Harry prepara la cena a Nick, awww. ♥ Ma non è l'amore? ♥ *my Niff feelings*
Nick non è una persona orribile, è semplicemente un giovane padre stressato e un po' in depressione (?). Ha detto bene Jeff, deve prendersi una pausa ♥
Ringrazio tutti coloro che leggono, recensiscono e mi sopportano xD e BrokenRoses e YoumovemyKurt che hanno recensito lo scorso capitolo!
Al prossimo capitolo! (:

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Capitolo 12
*** And coming back as we are ***


And coming back as we are


Jeff tornò a casa per le nove e mezzo.
«Amore», lo salutò Brandon con un dolce sorriso.
«Brandon», rispose Jeff baciandolo teneramente sulle labbra.
«Mi è arrivato il messaggio… hai davvero finito così tardi?», chiese il ragazzo perplesso.
«C’è stato un imprevisto», spiegò tranquillamente il biondo: «Nick era a lavoro e non ce l’ha fatta a tornare per le sette, allora sono rimasto a casa sua e mi sono preso cura di suo figlio per qualche ora, poi ho preparato la cena e abbiamo cenato tutti insieme».
Brandon annuì lentamente: «Mi dispiace per Nick, sembra piuttosto estenuato. Lavoro, famiglia…».
«Sì, infatti gli ho suggerito che dovrebbe prendersi una pausa», fece Jeff: «Deve riposare un po’ la mente e organizzare meglio i suoi impegni».
Brandon acconsentì con il capo, poi disse improvvisamente: «Ti amo, Jeff».
Jeff lo guardò nei suoi luminosi occhi verdi.
«Ti amo anch’io», rispose Jeff sincero.
Brandon lo cinse delicatamente per i fianchi, poi lo baciò sulle labbra con tenerezza.
I baci divennero sempre più spinti e passionali, e un minuto dopo Jeff si ritrovò sdraiato sul divano, con Brandon sopra di lui.
Il moro continuò a baciarlo sulle labbra con ardore, poi giocherellò con l’orlo della sua maglietta, sfilandogliela lentamente.
Lasciò baci lungo il suo petto, poi gli abbassò la zip dei jeans.
«Brandon…», mormorò Jeff.
Il moro lo guardò negli occhi: «Jeff…», rispose semplicemente.
«Fermati, per piacere», gli disse serio.
Brandon non protestò: rialzò la zip dei jeans e si sdraiò al suo fianco, abbracciandolo forte a sé.
«Scusami, mi avevi già detto che non eri pronto», si scusò il moro.
«Non preoccuparti, non devi scusarti», lo rassicurò Jeff.
«È solo che ti amo alla follia, Jeff, e ti desidero tantissimo», svelò Brandon.
Jeff arrossì vistosamente: «Ti amo anch’io, Brandon, e verrà il momento anche per quello…», si limitò a sussurrargli.
 
La mattina seguente, Thad si risvegliò tra le braccia di Dylan.
«Buongiorno», gli sussurrò Dylan in corrispondenza dell’orecchio.
«Ciao…», biascicò Thad, con la voce impastata ancora dal sonno.
Dylan gli accarezzò i capelli: «Dovremmo andare a lavoro», disse.
Thad annuì: «Non ne ho voglia», mormorò.
«Prenditi pure un giorno di pausa, io proprio oggi non posso mancare», gli suggerì il ragazzo dandogli un bacio sulle labbra.
 
Quella mattina, Thad restò a casa. Aveva sonno, perciò dormì fino a tardi, finché la suoneria del cellulare non lo svegliò.
«Dylan», rispose, con gli occhi ancora mezzi chiusi.
«Hey, Thad, sono Sebastian».
Il suo cuore perse un battito. Thad si svegliò completamente.
«Sebastian, che c’è?», gli chiese sorpreso.
«Che cos’avete deciso tu e Dylan?», la voce di Sebastian non trapelava emozioni.
Dylan sembrava esser cambiato da un giorno all’altro. Si era comportato bene quella mattina, ma Thad era convinto fosse soltanto una breve tregua.
Non l’avrebbe voluto sposare, e non per Sebastian, ma perché non voleva rimanere vincolato all’uomo che lo aveva maltrattato e insultato per tutto quel tempo.
Thad non aveva il coraggio di denunciarlo. Si sentiva colpevole. Forse era colpa sua se Dylan lo picchiava: Thad pensò che si sarebbe dovuto stare zitto più spesso, avrebbe dovuto protestare di meno, non si sarebbe dovuto intrattenere fuori per tanto tempo, avrebbe dovuto assecondarlo di più…
Forse poteva continuare la sua vita con Dylan, cercando di autocorreggersi.
«Io… lui… Dylan è andato al comune e a quanto pare ci sposiamo il mese prossimo», farfugliò Thad. Non avrebbe voluto dirglielo per non farlo soffrire, ma non voleva neanche mentirgli.
Perché ci teneva ancora ai suoi sentimenti? Forse Dylan aveva ragione, forse lui non aveva mai completamente dimenticato Sebastian.
Thad scosse il capo. Sì che l’ho dimenticato, provò ad autoconvincersi.
«Ah», la risposta secca di Sebastian non tardò ad arrivare: «Bene, d’accordo, spero soltanto che con lui tu sia felice. Spero che sia migliore di me, magari non infedele, e che ti ami più di quanto ti abbia amato io e di quanto ti ami ancora».
Sebastian gli stava parlando con il cuore in mano.
«Sebastian, non dire così…».
Ma il ragazzo aveva già interrotto la chiamata.
 
Nick seguì il consiglio di Jeff: si prese una settimana di riposo.
Restò a casa con Harry ma trovò differenti modi per distrarlo: un film, un libro da leggere e persino una torta da preparare insieme.
Harry si divertì molto, con le manine impataccate di farina e i vestiti tutti impiastricciati.
La sera, aspettarono Jeff che venisse per le lezioni di chitarra.
Alle sette in punto, il biondo si presentò a casa loro.
«Hey!», Jeff salutò Nick e Harry con il suo solito sorriso.
«Ciao», rispose Nick ricambiando.
«Jeffie!», Harry gli corse incontro: «Sono contento di vederti».
Jeff sorrise: «Sei pronto a diventare una grande rockstar?», gli domandò scherzando.
«Siiii», rispose il bambino entusiasta.
Nick, intenerito, sorrise lievemente: «Vorresti qualcosa da bere, Jeff?», gli chiese gentilmente.
«Solo un bicchiere d’acqua, grazie», rispose Jeff cordiale, poi chiese: «Dove possiamo sistemarci?».
«Anche in salotto», rispose Nick, poi domandò: «Quanto vuoi, Jeff?».
Jeff lo guardò in cagnesco: «Assolutamente NIENTE».
«Ma…».
«Niente ma! Siamo amici», rispose semplicemente il biondo.
«Ma non puoi perdere ore della tua giornata senza esser retribuito», cercò di convincerlo Nick.
Jeff ridacchiò: «Nick, ma scherzi? Così non perdo ore della mia giornata. Mi piace fare questo e adoro Harry», disse con un sorriso.
Ed era proprio quello il punto: Jeff si era affezionato troppo al bambino e viceversa, considerava Nick come un amico e non voleva soldi.
Si stavano avvicinando, di nuovo.
Non che a Nick dispiacesse così tanto, ma non voleva rovinare il rapporto tra Jeff e Brandon.
Brandon, a proposito… che cosa ne pensava di quella storia? Sapeva che lui era l’ex di Jeff? Sapeva della loro storia?
Le domande, incessanti, si fecero sempre più vive nella mente di Nick, finché il suono del campanello non interruppe il flusso dei suoi pensieri.
«Chi può essere alle sette di sera?», chiese Nick sorpreso.
«Potrebbe essere lei?», provò ad indovinare Jeff.
«Non credo…», rispose Nick.
Il moro si avvicinò alla porta e chiese chi fosse. La risposta lo sorprese.
«Sebastian», lo salutò Nick con un sorriso aprendogli la porta. Si chiese come mai fosse venuto da lui.
«Oddio, Sebastian Smythe, non ci posso credere! Anche tu a New York!», parlò tutto d’un fiato Jeff avvicinandosi all’amico.
«Ma qui tutti conoscono tutti?», domandò il piccolo Harry incuriosito.
Nick gli sorrise, scompigliandogli affettuosamente i capelli.
Jeff abbracciò Sebastian: «Non credevo che un giorno ci saremmo riuniti tutti! Io, tu, Nick e Thad, chi l’avrebbe mai detto? A proposito, dobbiamo chiamare Thad, così…».
Il biondo s’interruppe, pensando al passato.
Non siete più i Warblers di cinque anni fa.
Non siete più gli inseparabili Niffadastian, come affettuosamente vi avevano definiti Trent, Wes, David e gli altri vostri amici.
Tu non sei più il ragazzo di Nick Duval.
Thad non è più il ragazzo di Sebastian.
Ora tu stai con Brandon, e lo ami.
Ora Nick è quasi divorziato, e ha un figlio.
Ora Thad è fidanzato anche lui, ma non sai molto su questo nuovo ragazzo.
Ora anche Sebastian è a New York, ma non sai ancora niente su di lui.
«Non sto più con Thad», la voce fredda e tagliente di Sebastian fermò i pensieri di Jeff.
«Sì, lo so, me n’ero dimenticato… scusami», si scusò Jeff rattristito.
«Sono venuto qui perché volevo scambiare due chiacchiere con Duval… spero di non disturbare», fece Sebastian.
«Oh, no, non disturbi affatto», lo rassicurò Nick.
«D’accordo, allora io mi occupo di Harry», fece Jeff indicando la chitarra.
 
«Che cosa ci fa Sterling a casa tua?», chiese Sebastian sorpreso chiudendo la porta della cucina.
«Niente, sta impartendo lezioni di chitarra a mio figlio», rispose Nick porgendogli un bicchiere d’acqua.
«E fate finta di niente?».
«Che cosa intendi, Smythe?».
«Sterling viene a casa tua di sera, si impossessa di tuo figlio e tu fai finta di niente?», asserì Sebastian sarcastico.
«Non si impossessa di mio figlio», rispose Nick irritato.
«Che bel quadretto familiare», commentò Sebastian cinico.
«Giornata andata male, eh, Smythe?», provò ad indovinare Nick.
Sebastian si limitò ad alzare gli occhi al cielo.
«Cos’è successo? Che cosa volevi dirmi?», provò a chiedere il moro.
«Oggi ho chiamato Thad per chiedergli la conferma», parlò Sebastian chinando il capo.
«La conferma di cosa?», domandò Nick perplesso.
«Come la conferma di cosa? Del matrimonio, no?».
Nick lo guardò come se fosse un extraterrestre: «Io non so niente», disse insospettito.


 

Angolo Autrice

Buon pomeriggio a tutti! :D
Ho scritto e postato il dodicesimo capitolo il giorno dopo che ho postato l'undicesimo *---* *come cercare di farsi perdonare* xD
Bene, che dire... Brandon glielo dice esplicitamente XD D: Che cosa ne pensate della Brandeff in questo capitolo?
Thadlan... Dylan sta giocando al bravo fidanzato o è cambiato realmente?
Thad non lo denuncia perché è entrato in una fase nella quale si autocolpevolizza, o una cosa del genere... mi sembra di averlo letto in qualche libro.
I Niff, awww *---* ♥ Sebastian bussa alla porta e Jeff rovina tutto xD Ma dai, che dolce e imbranato Jeffie sarebbe se non combinasse sempre guai? ♥
Jarry... che dire, secondo me hanno una chimica perfetta! Jeff potrebbe essere davvero un buon padre per Harry :D *cerca di convincere il signor Duval*
Sebastian, a quanto pare, sa. Non proprio tutto, ma sa del matrimonio Thadlan. Nick, invece, non sa niente. Thad gliel'ha tenuto nascosto o.o
Ricordi Niffadastian... la nostalgia dei tempi felici sta incominciando ad assalire anche Jeff. Ce la faranno tutti ad uscire da questo circolo vizioso? O ritorneranno all'inizio?
Ah, è ufficiale: Ashley comparirà nel prossimo capitolo D: ;)
Ringrazio tutti coloro che leggono, recensiscono e continuano a sopportarmi xD e AngelAnderson15 e BrokenRoses che hanno recensito lo scorso capitolo!
Al prossimo capitolo! (:

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Capitolo 13
*** I rush to the start ***


I rush to the start


«Mi sembra strano il fatto che Thad non mi abbia detto niente», asserì Nick, poi chiese: «Da quanto lo sai, Sebastian?».
«Già da qualche giorno», rispose il francese confuso. Possibile che Thad l’avesse detto soltanto a lui?
Nick annuì leggermente: «Strano, davvero molto strano…», mormorò.
Sebastian fece spallucce: «Duval, posso farti una domanda?», chiese.
«Certamente».
«Cosa sai di Dylan Parker?», chiese Sebastian serio.
«In che senso?».
«Dimmi tutto quello che sai su di lui», specificò il francese.
«Beh, ha 23 anni, è un impiegato, è laureato in economia…».
«Non in quel senso», lo interruppe Sebastian, poi fece un respiro profondo e disse: «Ama davvero Thad? Che tipo di persona è?».
«È un bravo ragazzo e sì, sono sicuro ami Thad», rispose Nick sincero.
«E Thad? Lo ama?», gli occhi di Sebastian erano imploranti e sconfortati.
A Nick non piacque affatto vedere Sebastian così affranto: «Sì, credo proprio di sì…», rispose infine in un sussurro.
«D’accordo», rispose Sebastian alzandosi dalla sedia: «Ho capito cosa devo fare», asserì serio.
«Cosa hai intenzione di fare?», Nick lo guardò preoccupato.
«Lasciar perdere, semplice», rispose l’altro senza guardarlo in faccia: «Non ho più niente a che fare con Thad».
Nick gli si avvicinò per mettergli una mano sulla spalla, ma Sebastian si ritrasse.
«Sebastian… io ci sono sempre per qualsiasi cosa, okay?», cercò di confortarlo il moro.
Il francese si limitò ad annuire: «Ci si vede», concluse.
 
Thad stava preparando la cena quando sentì il rumore della porta.
«Buonasera, amore», lo salutò la voce di Dylan dall’altra stanza.
«Ciao», rispose il ragazzo.
Dylan entrò in cucina e lo abbracciò da dietro, lasciandogli un bacio fugace sulle labbra: «Tutto bene?», gli chiese.
«Sì, te?».
«Tutto okay», rispose l’altro, poi lo baciò e con un sorriso gli disse: «Vado a farmi una doccia. A dopo».
Thad ricambiò il sorriso che, ovviamente, scomparve subito quando Dylan abbandonò la camera.
Quell’atteggiamento del suo ragazzo era piuttosto inquietante. Come poteva continuare a fidarsi di uno che aveva provato più volte a fargli del male?
 
Nick, silenzioso, entrò in salotto e osservò Jeff e suo figlio.
«Capito? Non è così difficile», disse il biondo ad Harry, spiegandogli qualcosa a proposito della chitarra.
«Ma tu sei bravo, non vale!», disse Harry con un sorrisetto.
Jeff ricambiò: «Oh, anche tu diventerai bravo».
Nick sorrise, intenerito. Jeff amava i bambini: ai tempi della Dalton gli diceva sempre che in futuro avrebbe voluto dei bambini.
Il moro contemplò Jeff per un tempo che gli parve infinito: alto, biondo, con quel sorriso abbagliante che poteva persino oscurare il sole; le ciglia, lunghe e castane; il naso, piccolo e leggermente all’insù; le labbra, rosee e soffici.
Forse non era chissà quale bellezza, ma per Nick era sempre stato così bello da star male. Per chiunque i suoi occhi potevano essere semplicemente castani, ma per Nick nascondevano un mondo tutto loro.
Jeff avvertì la sua presenza dopo un po’, voltandosi verso di lui.
Nick, rosso in viso, chinò immediatamente il capo.
«Nick, tutto bene? Sebastian se n’è andato e ha risposto a stento al mio saluto… sembrava piuttosto infuriato», parlò Jeff leggermente allarmato.
«Tutto bene, Jeff, non preoccuparti», rispose Nick.
Ma quale tutto bene!, pensò Nick.
In quella situazione, niente andava bene.
«Papi, posso farti una domanda?», parlò improvvisamente Harry, distraendo Nick dai suoi pensieri.
«Certo, tesoro», rispose il moro.
«Perché prima quel tuo amico ha detto non sto più con Thad?», chiese il bambino incuriosito.
Nick boccheggiò qualcosa, ma Jeff fu più veloce di lui: «Oh, niente, Harry. Sebastian e Thad erano grandi amici, ma poi hanno litigato e non si sono sentiti più per tanto tempo».
In sostanza, la storia era più o meno quella.
 
Alle otto, Nick insistette Jeff a prendere i soldi.
«Nick, davvero, non…».
«Prendili, Jeff», lo interruppe Nick con la sua solita gentilezza: «Davvero».
Dopo l’ennesimo rifiuto, Jeff li prese e li mise in tasca.
«Ti ringrazio, Nick».
«Grazie a te», rispose il moro.
Jeff gli sorrise, dopodiché scompigliò affettuosamente i capelli del bambino, li salutò e andò via.
Nick chiuse la porta di casa e sospirò.
«Papi, Jeffie è proprio bravo ed è anche molto simpatico», Harry ruppe il silenzio: «Sarebbe carino se venisse a vivere da noi, non credi? Che dici, glielo chiediamo?».
Nick sgranò gli occhi: «Harry, ma sei impazzito? Non possiamo far venire a casa tutta la gente che ci sta simpatica…», provò a spiegargli con un sorriso imbarazzato.
«Invece sì, tanto è poca. Soltanto tu, Thaddy e Jeffie mi siete simpatici. Quel tuo amico alto alto alto che è venuto prima neanche un po’», Nick ridacchiò alle parole di suo figlio: «Ah, e poi la mamma mi stava simpatica. Chissà se sabato mi starà ancora simpatica».
Nick, con sguardo serio, si inginocchiò alla stessa altezza del figlio e gli accarezzò la guancia: «Tesoro, è sempre la tua mamma», disse con un lieve sorriso.
«Sì, ma sono sicuro che ha fatto qualcosa al mio papi, altrimenti il mio papi non sarebbe sempre così triste», parlò Harry.
Le lacrime incominciarono a bagnare gli occhi di Nick.
«Papi… scusa! Non volevo farti piangere!», si scusò il bambino rattristito.
«Non è niente, Harry. Va tutto bene», mormorò il moro stringendolo forte a sé in un abbraccio: «Va tutto bene, piccolo mio…».
 
Quella sera il locale era piuttosto affollato. Sebastian vi entrò, prese posto e ordinò una birra.
«Hey, ci conosciamo?», un ragazzo gli si avvicinò.
Sebastian non gli degnò neanche di uno sguardo.
«Non credo», rispose Sebastian automaticamente.
«Mi offri da bere?», continuò il ragazzo.
«Tutte queste lusinghe sono inutili e patetiche, se mi vuoi scopare dillo e basta», asserì il francese innervosito.
«Hey, calmati… cercavo soltanto di abbordare», si giustificò il ragazzo.
«Davvero? Sai che ti dico? A fine serata scoperemo in bagno senza ritegno, fidati. Succede sempre così», rispose Sebastian brusco.
«Sebastian, guardami, cavolo».
Il francese, con sguardo ostinato, si voltò, e perse almeno dieci anni di vita.
«Anderson? Hummel?», chiese con la bocca quasi spalancata.
«Sebastian», rispose Blaine con un sorriso.
«Cosa diavolo ci fate qui?», chiese Sebastian sorpreso.
«Tu cosa diavolo ci fai qui!», rispose Kurt secco: «Stasera io e Blaine ci scocciavamo di vedere un film e perciò siamo andati a farci un giro, ma tu, piuttosto? Dov’è Thad?».
Sebastian rise amaramente: «Le cose sono cambiate, Faccia-da-Checca».
Kurt storse il viso per quell’appellativo.
«Come sarebbe a dire?», Blaine si allarmò.
«Io e Thad non stiamo più insieme da ben cinque anni», fece Sebastian.
Sebastian era sempre stato molto chiuso per quanto riguardava la sua vita privata, perciò Blaine preferì non approfondire l’argomento: «Non so cosa sia successo, ma mi dispiace tanto».
«Non me ne fotte un cazzo della tua compassione, Anderson», rispose Sebastian burbero.
«Modera il tuo linguaggio, Mangusta», lo difese immediatamente Kurt.
«Potete lasciarmi da solo, per piacere? Non voglio parlare con nessuno», tagliò corto Sebastian prendendo la sua birra.
«Okay. Ciao, Sebastian», lo salutò Blaine, poi aggiunse: «Spero di rivederti».
 
Nick attendeva impazientemente che qualcuno rispondesse a telefono.
Stava quasi per attaccare quando udì la voce di Thad: «Pronto?».
«Thad, sono io».
«Hey, Nick!», rispose il ragazzo.
La sua voce era leggermente affannata, e subito Nick si spiegò perché avesse risposto così tardi.
«Thad, posso parlarti o vai di fretta?», chiese il moro.
«Non ti preoccupare, dimmi pure», lo rassicurò l’amico.
«Thad, ma è vero che tra un mese ti sposi?».
 
Thad deglutì.
«Come hai fatto a saperlo?», disse infine il ragazzo.
«Me l’ha detto Sebastian», rispose il moro.
Thad respirò profondamente: «Comunque sì, è vero».
Nick evitò di chiedergli perché non gliel’avesse detto. Decise però di chiedergli un’altra cosa: «Lo ami, Thad?».
«Chi?», chiese l’altro confuso.
«Dylan».
No.
«Sì», rispose l’ispanico: «Certo…».
«Bene. E lui? Ti ama?», incalzò il moro.
No.
«Certo, Nick, sì…», rispose Thad, poi imbarazzato chiese: «Perché me lo chiedi?».
«Beh, perché dovete sposarvi e voglio assicurarmi che tutto vada bene… Thad, per me sei come un fratello, non permetterei mai a nessuno di farti calpestare e di farti del male. Voglio soltanto la tua felicità, okay?», Nick gli parlò con il cuore in mano.
Thad avrebbe pianto, se solo Dylan non fosse stato in casa.
«Sì…», si limitò a dire: «Ti ringrazio…».
«E di che?», rispose Nick, poi disse ancora: «Un’ultima cosa».
«Ti ascolto».
«Sebastian non smette di dirmi che ti ama e che gli manchi», rivelò Nick: «Volevo dirti soltanto questo».
«Nick, scusa, ti richiamo io appena posso», Thad sorvolò l’argomento.
«Va bene… ciao».
«Ciao».
 
Tra le quattro mura di quella casa sconosciuta, si poteva riconoscere il Sebastian Smythe di tanti anni prima.
«Che c’è? Non ti sono piaciuto abbastanza?», gli sussurrò sul collo una voce accattivante.
«No, sei uno come tanti», rispose semplicemente Sebastian.
«Però… che caratterino!», ridacchiò l’altro: «Perché ti sei rivolto ad uno come tanti? Cuore spezzato?».
«Non sono cazzi tuoi».
«Sto soltanto cercando di capire cos’è successo».
«Non ho bisogno di uno psicologo», asserì il francese gelido.
«Perché sei così aspro?».
«Ma che cosa t’interessa? Una volta che abbiamo terminato io me ne vado e ciao ciao, chi si è visto si è visto».
«È inutile che ti comporti così. Vai da Thad e chiarisci i tuoi problemi con lui, non con me», gli suggerì il ragazzo.
«Che cosa ne sai tu di Thad?».
«Ma non te ne sei neanche accorto? Non hai fatto altro che urlare il suo nome per tutto il tempo…», spiegò l’altro accigliato.
«Non posso andare da lui», mormorò Sebastian pensieroso: «Non posso… devo soltanto lasciar perdere e precipitarmi all'inizio...».


 

Angolo Autrice

Buona serata a tutti! :)
Eccomi con il tredicesimo capitolo e sì, questo è un capitolo pieno di angst e feelings D:
Abbiamo tantissima Niff e Thadastian, anche se non in senso positivo D: :( ♥
Io odio Dylan. Non so cosa c'entra ora (?), ma lo odio, punto. è insopportabile anche quando non fa niente.
Lo so, vi avevo detto che in questo capitolo sarebbe comparsa Ashley, ma la storia ha preso una piega un po' diversa e ho fatto comparire i Klaine ♥ che ovviamente ritorneranno :) Ashley comparirà nel prossimo capitolo, questa volta è sicuro, e FORSE il quattordicesimo capitolo arriverà domani! :D
Io amo Harry, è così awdnsdnjoaww ♥
Sebastian si è arreso, si sta precipitando all'inizio (I rush to the start, verso di The Scientist) D:
Forse il capitolo è un po' troppo angst, ma comprendetemi: stavo ascoltando una marea di canzoni, ovviamente tutte deprimenti, ed è uscito questo :') Spero vi piaccia lo stesso ♥
Ringrazio tutti coloro che leggono e recensiscono e BrokenRoses e AngelAnderson15 che hanno recensito lo scorso capitolo!
Al prossimo capitolo! (:

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Capitolo 14
*** It's such a shame for us to part ***


It's such a shame for us to part


Il giorno dopo, Jeff era appena tornato da casa di Nick.
«Amore, sono tornato!», disse allegro chiudendosi la porta alle spalle.
Nessuna risposta.
«Brandon?», domandò, entrando prima in cucina e poi in camera da letto.
Brandon non era a casa. Era strano, la sera la trascorrevano sempre insieme a casa e il sabato sera a volte anche fuori, ma comunque stavano insieme.
Jeff fece spallucce e incominciò a preparare qualcosa per la cena. Dopo circa un quarto d’ora, sentì la porta di casa aprirsi.
«Ah, sei già tornato!», disse Brandon con un sorriso, poi gli si avvicinò e lo baciò dolcemente sulle labbra: «Ciao, amore».
«Ciao, Brandon», rispose Jeff.
Si chiese dove fosse andato, ma Jeff si fidava di lui, perciò non gli disse niente.
«Sono andato a fare un giro, mi scocciavo di stare a casa», Brandon quasi lo lesse nel pensiero.
«L’avevo immaginato», rispose il biondo con un semplice sorriso.
Brandon aiutò Jeff a cucinare e, dopo aver mangiato, guardarono un film.
 
Durante quella settimana, non accadde nulla di particolare.
Ogni giorno era monotono e frustrante: Jeff veniva a casa di Nick, Thad e Dylan lavoravano.
Arrivò il sabato tanto atteso. Con un messaggio, Ashley aveva comunicato a Nick di portare e lasciare il bambino da sua madre.
«Mi dispiace tanto, Nick, sei un bravissimo ragazzo. Sono davvero mortificata», la madre di Ashley era sinceramente dispiaciuta: «Non so cosa le è preso…».
«Non si preoccupi, signora. La ringrazio», la rassicurò il ragazzo. Nick voleva davvero bene alla madre di Ashley: per lui rappresentava la figura materna che non aveva mai avuto.
«Mamma e papà arrivano più tardi», disse Nick baciando la guancia di suo figlio.
«Cercate di fare pace, se potete», disse il bambino.
Nick lo guardò, impressionato: «Lo spero… A dopo, tesoro», lo salutò.
 
Ashley aveva fissato l’incontro fuori la loro vecchia casa.
«Ciao», la salutò Nick educatamente quando la vide.
«Ciao», rispose lei con un sorriso appena accennato, poi chiese: «Harry? Come sta?».
Nick la guardò torvo: «Come deve stare, secondo te?».
Ashley ammutolì. Nick aprì la porta di casa con le chiavi e la fece entrare.
«Allora? Che cosa vuoi dirmi? Vuoi semplicemente ufficializzare la nostra rottura?», disse infine lei acida.
«Voglio capire perché», rispose Nick: «Credo di meritarmi una spiegazione…».
«Io meriterei una spiegazione da te, piuttosto», disse lei ostinata.
«Sono io quello che ha avuto le corna, quindi a te la parola».
«Pensavo non mi amassi più», incominciò Ashley: «Ogni giorno andavi a lavoro e tornavi la sera tardi. Credevo ti intrattenessi altrove…».
«Perché avrei dovuto?», la interruppe Nick: «Non farei mai una cosa del genere…».
«… pensavi sempre e soltanto al lavoro e ad Harry, e io ero l’ultimo dei tuoi pensieri…», continuò lei.
«Non è vero, Ashley… il lavoro mi tiene molto occupato, lo sai».
«Fammi parlare», disse lei infastidita: «Quando tornavi da lavoro, eri sempre stanco per dedicarti a me, e ho addirittura pensato che potessi essere tornato al passato…».
«Al passato?», chiese Nick incredulo: «Che cosa intendi?».
«Pensavo fossi diventato di nuovo… gay», svelò lei, pronunciando quella parola come se fosse un terribile insulto: «Insomma, la sera tornavi tardi, e ti limitavi a darmi soltanto un bacio…».
«Tornavo tardi per lavoro, mica mi andavo a divertire!», rispose Nick irritato.
«Io allora mi sono scocciata e mi sono trovata un altro, semplice», rispose lei con disinvoltura: «È anche molto più ricco, non è un medico da quattro soldi come te».
Quelle parole ferirono Nick fin dentro l’animo. Il ragazzo la guardò con repulsione: «Sono inorridito dalla tua mentalità così chiusa, Ashley. Davvero pensi alle ricchezze di cui dispone un uomo? Davvero preferisci un uomo ricco ad uno che ti ama davvero?».
«Beh, rispetto ad un finocchio come te di sicuro», rispose lei con sicurezza.
Nick la guardò con orrore, con le lacrime che incominciavano a pungergli gli occhi.
«Dimmi la verità, Nick: non hai mai dimenticato quel Jeff del liceo, vero?», chiese lei ad un tratto.
Nick sospirò: «Non so dirti con precisione se l’ho mai dimenticato, ma sono sicuro che tu sei entrata nella mia vita in un momento cupo della mia vita, e mi hai fatto rinascere, in un certo senso. Mi sono innamorato davvero di te, Ashley, tu e Jeff siete state le uniche relazioni serie della mia vita».
«Quindi io sono stata soltanto un giocattolo per non pensare a Jeff, vero? Mi usavi per distrarti, per dimenticarlo, non è così?».
«Assolutamente no. Non è da me», rispose Nick sincero: «Ti ho amato e con te ho creduto davvero di poter costruire un futuro insieme, una vita insieme. Io, te e Harry. Ma tu, per futili motivi, hai deciso di rovinare tutto».
«Che ne potevo sapere io se mi tradivi o meno? La colpa non è soltanto mia, Nick», disse Ashley fredda.
«Quindi ciò significa che non hai mai avuto fiducia in me», le fece notare Nick.
«No, d’accordo? Avevo costantemente paura del fatto che potessi essermi infedele», rispose lei, poi disse: «Lasciamo stare che è meglio, Nick, tanto è finita, non c’è nient’altro da fare».
«Infatti», rispose Nick gelido: «Mi dispiace soltanto aver sprecato un matrimonio in questa maniera, e mi dispiace tantissimo per quello che stiamo facendo nei confronti di nostro figlio».
«Già. Credo proprio che possiamo procedere con le pratiche del divorzio», concluse lei.
 
Quel sabato pomeriggio, Thad e Dylan erano insieme.
Dylan stava scrivendo qualcosa su un foglietto: «D’accordo, Nick, Jeff… Poi?».
«Poi non lo so», rispose Thad.
«Se invitiamo Jeff anche Brandon, no?», ragionò Dylan.
«Come vuoi».
«Va bene, quindi Brandon…», mormorò scrivendo, poi disse: «Per ora sono undici invitati. Poi? Qualche tuo parente?».
Thad divenne cupo: «Soltanto mia sorella», rispose.
Dylan notò lo sguardo intristito di Thad.
«Hey», Dylan gli si avvicinò, accarezzandogli una guancia: «Fregatene dei tuoi genitori, okay? Tu sei perfetto così come sei».
Il ragazzo annuì leggermente, mentre alcuni ricordi del passato riaffiorarono nella sua mente.
 
«Thad! Cos’è successo?».
Thad era appena entrato in stanza, con le lacrime agli occhi. Sebastian gli si avvicinò e gli circondò la vita: «Hey…».
«Ho fatto coming out... e ho detto ai miei di noi…», rivelò Thad.
Sebastian lo strinse forte a sé: «Non piangere, Thad… Fottitene di quello che pensano loro e gli altri. Tu sei perfetto così come sei».
«Ti amo, Sebastian…».
«Ti amo anch’io» .
 
«Thad?», lo richiamò Dylan.
«Sì, dimmi», si ricompose Thad.
«Ti amo, è questo quello che conta», gli disse dolcemente Dylan. Avvicinò le sue labbra a quelle di Thad e le unì in un bacio.
«Ti amo anch’io», rispose Thad in un sussurro.
Dylan lo ribaciò con più intensità. Thad chiuse gli occhi, e per un momento immaginò di essere con Sebastian. Immaginò le sue labbra morbide che chiedevano di più con gentilezza e passione allo stesso tempo, immaginò il suo tocco delicato, le sue mani sulla sua pelle.
Thad si sorprese dei suoi pensieri. Non aveva mai immaginato di essere con Sebastian al posto di Dylan. Incominciò a preoccuparsi, e mancava anche meno di un mese al matrimonio.
 
Quel sabato sera, Jeff tornò da casa di Nick e, come i giorni precedenti, non trovò Brandon a casa.
Non si meravigliò: Brandon era semplicemente uscito per prendersi una boccata d’aria.
Brandon tornò dopo poco, e la serata proseguì tranquilla. Trascorsero il sabato sera in casa a guardare un film, poiché entrambi non avevano molta voglia di uscire, e andarono a dormire abbastanza tardi.
«Buonanotte, amore», Jeff gli augurò la buonanotte con un bacio sulle labbra.
L’altro lo strinse forte a sé: «Buonanotte, amore», gli sussurrò.
Brandon si sentì un verme, pensando a quello che stava facendo ad una delle cose più belle della sua vita.
 
«Rimani ancora un altro po’. Già vieni alle sette di sera quando tutti gli altri vengono di notte», gli aveva detto quella sera il tizio.
John, si chiamava. O James? O Jack? Boh, Brandon non si ricordava nemmeno.
«Ti ho spiegato: il mio ragazzo torna alle otto, già mi stai facendo fare tardi», rispose, abbottonandosi la camicia.
«Ah, ora la colpa sarebbe mia», disse l’altro accigliato: «Se ami così tanto il tuo ragazzo, perché vieni da me?».
Brandon si sedette sul letto. Incominciò a piangere lacrime amare.
«Brandon?», lo richiamò l’altro.
«Sto sbagliando tutto!», mormorò il ragazzo affranto.


 

Angolo Autrice

Buon pomeriggio a tutti! :)
Eccomi con il quattordicesimo capitolo :) Il quindicesimo arriverà o domani o in questi giorni, ma penso più in là... ma arriverà tra non molto! :)
Finalmente vediamo Ashley e in quanto ad antipatia è un po' come Dylan, ma almeno lei non picchia nessuno :O (però ad insultare sì, come vedete ha offeso Nick).
Appoggio Nick in tutto e per tutto, non so se si è capito xD ♥ No, ma ha ragione, davvero. Lui l'ha veramente amata, Jeff non c'entrava assolutamente niente.
Harry è l'amore, e nel prossimo capitolo sarà maggiormente presente ♥
Nessuna traccia di Sebbie eccetto nei ricordi di Thad, ma don't worry, he will come back! (?) :) ♥
Thad e Dylan, mmm... Dylan che gioca a fare il bravo fidanzatino (?) (o lo è diventato davvero? lol) e che consola Thad che, a quanto pare, non ha affatto buoni rapporti con i suoi. Sì, di solito nelle mie ff (e forse anche nelle altre) è Sebastian quello ad avere problemi con i genitori, ma qui li ha anche Thad. :(
Le parole di Dylan richiamano in Thad i ricordi di Sebastian alla Dalton... e Thad incomincia a pensare sempre di più a Sebastian che Dylan, lol. Che ne pensate? (:
Bene, parlando di Brandon... non so se ve lo aspettavate, ma avevo deciso questa sorte (?) per lui già da un po'. Vi invito ad indovinare perché si comporta così (a parte perché è un coglione ;), lol) (: 
Ringrazio tutti coloro che leggono e recensiscono e BrokenRoses e Melipedia che hanno recensito lo scorso capitolo!
Al prossimo capitolo! (:

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Capitolo 15
*** Running in circles, chasing our tails ***


Running in circles, chasing our tails


Nick rimboccò le coperte a suo figlio.
«Buonanotte, tesoro», gli sussurrò baciandogli una guancia.
«’notte, papi», Harry si strinse nelle coperte; Nick notò che i suoi occhi erano pieni di lacrime.
«Mi dispiace, piccolo…», disse Nick sincero, stringendolo forte a sé.
«Posso dormire con te, papi?», chiese il piccolo tirando su con il naso.
«Certo, tesoro».
 
Passò un’altra settimana. Nick riprese il lavoro di mercoledì, affidando Harry ad una nuova babysitter.
Tornava a casa la sera e alle sette veniva Jeff, per poi andare via alle otto.
«Una volta zio Thaddy disse che tu e Jeffie eravate migliori amici», parlò Harry quella sera a cena: «Come vi siete conosciuti?», chiese, curioso.
I ricordi attraversarono la mente di Nick: «Al liceo… Jeff non riusciva a trovare la sua stanza, e alla fine scoprimmo che era anche la mia», rammentò con una lieve risata.
Harry sorrise: «E così siete diventati amici del cuore», disse.
«E così siamo diventati amici del cuore…», ripeté Nick.
Harry annuì: «Ma Jeff abita da solo?», chiese, incuriosito.
«No, abita con Brandon. Stava anche lui quella sera da William’s, ricordi?».
Il piccolo annuì freneticamente: «Ah, sì, Brandon. Non mi piace».
«Noto che non ti piacciono un po’ tutti i compagni degli amici di papà», rise Nick.
«Sì, perché sono antipatici. Dylan è insopportabile, non capisco cosa zio Thaddy ci trovi di così bello in lui. Brandon mi è indifferente, ma sembra antipatico, e quel tipo alto alto ha un sorriso brutto, sembra cattivo, e il nome del granchio della Sirenetta non è per lui!», disse convinto.
Nick rise, profondamente divertito: «Sebastian non è cattivo, è solo un po’ chiuso, tutto qui».
«E lui e zio Thaddy come si sono conosciuti?», chiese Harry, ancor più curioso.
C’erano certe serate, come quella, nelle quali Harry era in vena di domande.
Era impossibile lasciarsi il passato alle spalle.
«Anche loro al liceo e anche loro erano compagni di stanza… figurati, all’inizio non si sopportavano, litigavano sempre», ricordò Nick quasi nostalgico: in realtà non aveva mai completamente accettato la rottura tra Thad e Sebastian.
E a quanto pare, neanche quella tra lui e Jeff.
 
Alle otto e dieci, Jeff era a casa. Stranamente, Brandon era già tornato e stava preparando la cena.
«Ciao», lo salutò Jeff baciandogli dolcemente le labbra.
Brandon aveva un’espressione funebre: «Hey…», rispose leggermente.
«Cos’è successo?», gli chiese il biondo preoccupato.
«Jeff, io…», Brandon prese un respiro, poi lo guardò negli occhi: «Ti devo parlare».
«È morto qualcuno?», chiese Jeff sgranando gli occhi.
«Oh, no, Jeff…», lo tranquillizzò l’altro: «Siediti, ti prego».
L’espressione di Brandon non prometteva nulla di buono. Jeff obbedì, sedendosi sulla sedia della cucina: «Dimmi», lo esortò a parlare.
Brandon prese un altro respiro: «Jeff, io…».
Non riuscì a dirglielo: «… hai presente il romanzo che ho scritto? Ho avuto gli esiti dalla casa editrice, non vogliono pubblicarmelo».
In realtà era vero, ma non era quello che doveva dire, e comunque avrebbe potuto chiedere ad un’altra casa editrice; non era una tragedia.
«… mi hanno detto che la storia è piatta, noiosa… bah», aggiunse Brandon.
Jeff si alzò e lo abbracciò: «Wow, Brandon, mi hai fatto prendere uno spavento! Puoi chiedere ad un’altra casa editrice e comunque almeno io non la penso così. Non mi è mai piaciuto leggere, ma il tuo libro l’ho praticamente divorato», disse con un sorriso.
«Eh, ma non vale! Tu sei di parte», rise Brandon.
Jeff ridacchiò: «Ti amo, Brandon», disse con occhi luminosi, giocando con le sue ciocche castane.
«Ti amo anch’io, Jeff», rispose il moro, sentendosi per l’ennesima volta un verme.
Non doveva fingere più: Jeff non meritava questo.
 
«Mi sembra strano il fatto che tu non abbia un ragazzo», gli disse il ragazzo abbottonandosi la camicia: «Sei un bel ragazzo e, diciamoci la verità, sei fantastico a letto».
Sebastian restò impassibile: «Faccio quello che mi sento di fare, semplice», si giustificò.
«C’è solo un problema», asserì il ragazzo, alzandosi la cerniera dei jeans: «Ti ricordi come mi chiamo, vero?», lo sfidò.
Simon? George? Chuck? Boh, in quei giorni si era dato davvero da fare.
«No», rispose Sebastian sincero: «e non m’interessa».
«Thad… mi devi spiegare chi è questo Thad», insistette l’altro.
Sebastian si sedette sul letto, sbuffando: «Ma perché volete tutti sapere chi è questo Thad? È un bastardo che sto cercando di dimenticare, punto! E voi che fate? Me lo dovete rinfacciare! Ma abbiate la decenza di stare zitti dopo una scopata, cazzo».
L’altro restò zitto. Osservò la schiena di Sebastian percossa da qualche singhiozzo.
Stava piangendo?
«Ehi… non c’è bisogno di piangere», gli disse avvicinandosi a lui e mettendogli una mano sulla spalla: «Non ti merita, forse…».
«Non sto piangendo», mugugnò l’altro, con gli occhi visibilmente bagnati.
Il ragazzo gli si sedette accanto: «Forse ti fa bene parlarne con qualcuno… chi meglio di uno sconosciuto?», ammiccò con un sorriso.
Sebastian si lasciò convincere: «In realtà, sono stato io il bastardo, non Thad… lui non ha fatto niente…», iniziò.
«Cos’hai fatto?».
«Lui ha un anno in più a me… stava a New York, al college, mentre io ero bloccato in Ohio, al liceo… mi mancava terribilmente, mi mancava in tutti i sensi e io, che sono un idiota, ho pensato benissimo di scoparmi il primo che mi capitava per colmare la sua assenza, per sentirmi meno solo, per sentirmi vicino a lui… vicino a lui un corno! Peccato che l’ho capito troppo tardi».
«E come l’ha scoperto Thad?».
«Non l’ha scoperto… gliel’ho detto io», rispose il francese, chinando il capo, poi chiese: «Ti sei mai innamorato di qualcuno?».
«Ho avuto diverse storie durante la mia vita, ma niente di serio», rispose sincero il ragazzo.
«Ti invidio. Innamorarmi è una delle più grandi cazzate che abbia mai fatto…».
«Al cuor non si comanda. Mica hai deciso tu di innamorarti», ridacchiò l’altro, poi disse: «Innamorarsi è una gran perdita di tempo».
«Sì… innamorarmi è stata una grossa cazzata, ma allo stesso tempo è stata una delle cose più belle della mia vita…», continuò Sebastian: «Io amavo Thad e lui amava me… non c’era cosa più giusta e più bella…».
«Non c’è proprio modo di ricucire i rapporti?», gli chiese il ragazzo quasi speranzoso; si era quasi affezionato a quella storia.
«Ti dico solo una cosa: tra un po’ Thad si sposa».
 
Le settimane passarono molto velocemente per Thad Harwood. Mancavano soltanto due giorni al matrimonio e Dylan era ancora più esaltato del solito.
«Dove ce ne possiamo andare dopo il matrimonio? Che ne dici di Madrid? Oppure Parigi!», disse Dylan eccitato.
«Parigi no», rispose Thad ostinato.
«Perché Parigi no? La Francia sembra bella», protestò l’altro.
Perché la Francia mi ricorda lui, completò mentalmente Thad.
 
L’ultima notte prima della sua partenza per il college la trascorsero insieme, nella stanza di Sebastian alla Dalton.
«Dopo il college, andremo via di qui. Cambiamo aria», gli disse Sebastian con un sorriso, accarezzandogli il petto.
«Sicuro che dopo il college staremo ancora insieme?», gli chiese lui, stringendosi di più al suo ragazzo. Faceva freddo, quella notte.
«Spero di sì», il suo sguardo assorto, le sue parole sincere, i suoi occhi verdi pieni di speranza: Thad ricordava tutto di quella notte.
«Ce ne possiamo andare a Parigi, so che ti è piaciuta tanto. Che te ne pare?», gli chiese Sebastian.
«Ho visto Parigi soltanto una volta con te e me ne sono già innamorato», rispose Thad entusiasta: «Ma io non so un’acca di francese…».
«Neanche una parola? Eppure hai fatto pure il corso di francese», ridacchiò Sebastian.
«So dire solo “merci”, “baguette” e “je t’aime”», rispose semplicemente Thad con un sorriso: «Non mi è mai entrato in testa, è troppo difficile».
Sebastian rise, baciandogli dolcemente il collo: «Suvvia, è già qualcosa…».
 
«Tesoro?», la voce di Dylan lo riportò alla realtà.
Thad ebbe una sorta di fitta al petto. Sebastian gli mancava, gli mancava terribilmente.
Avrebbe mandato tutto all’aria, per lui.
Avrebbe lasciato Dylan, l’imminente matrimonio. Tutto.
Ma aveva paura. Aveva paura della reazione di Dylan. Aveva paura di quello che gli avrebbe potuto fare, di quello che sarebbe potuto accadere.
«Meglio la Spagna… si parla spagnolo e io sono messicano, ricordi?», scherzò Thad.
Dylan ridacchiò leggermente, poi gli si avvicinò e catturò le sue labbra in un bacio appassionato: «Già, e mi piaci anche tanto quando parli in spagnolo… sei eccitante», gli sussurrò malizioso.
Thad deglutì leggermente: Sebastian diceva le stesse cose.
E, inevitabilmente, Thad lo aveva pensato di nuovo.
«Tra due giorni sarà tutto ufficiale… tra due giorni sarai ufficialmente mio», gli disse Dylan con un gran sorriso.
Mio.
Il sorriso di Dylan non era per niente rassicurante, e le sue parole ancor meno.
Thad aveva paura.
«Dylan…», mormorò l’ispanico.
«Dimmi, amore».
Annulliamo il matrimonio.
«Ti amo…», disse infine Thad, ingoiando le parole non pronunciate.
«Ti amo anch’io, Thad», rispose l’altro con un bacio. 


Angolo Autrice

Buon pomeriggio a tutti! :)
Eccomi con il quindicesimo capitolo! :)
Abbiamo due scene con Nick e il piccolo Harry e la loro conversazione a cena ♥ (:
Jeff torna a casa e trova stranamente Brandon. Questi gli vuole parlare, ma... ma svia la questione e non ha il coraggio di svelargli tutto D: (non so se vi ricordate, ma Brandon "sarebbe" scrittore, mentre Jeff "sarebbe" musicista u.u :D).
Sebastian, oh, Sebastian... se la spassa con un altro e gli narra la storia della sua vita.
Scena Thadlan e un flashback Thadastian nel bel mezzo *---* Sì, penso che ve ne siate accorti, ma amo inserire questi flashback Thadastian *---* ♥ *my Thadastian feelings*.
Il prossimo capitolo sarà quello del matrimonio D: Chissà cosa succederà! Sebastian, da bravo supereroe (?), interromperà la cerimonia? Thad scapperà? Thad si sposerà e basta? Bah, chi lo sa. D:
Ah, avremo anche più Niff *---* ;)
Ringrazio tutti coloro che leggono e recensiscono e BrokenRoses e AngelaAnderson15 che hanno recensito lo scorso capitolo!
Al prossimo capitolo e... buona Pasqua a tutti! :D ♥

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Capitolo 16
*** Tell you I set you apart ***


Tell you I set you apart


Il giorno dopo, Jeff, come sempre, arrivò a casa di Nick per le sette.
«Ciao, Jeffie», lo salutò Harry. Sembrava piuttosto mogio.
«Hey, campione, cos’è questa faccia?», gli chiese Jeff incuriosito.
«Oggi non ho tanta voglia di suonare», rispose il piccolo: «Scusami…».
«Harry, ma Jeff è venuto fin qua per te», cercò di fargli comprendere Nick.
«Oh, non preoccuparti, Nick. A tutti può capitare di avere una giornata no», lo rassicurò Jeff.
«Ma mi dispiace averti fatto perdere tempo», protestò il moro, pieno di buonsenso.
«Ma non è un problema, davvero», lo rinfrancò il biondo: «Allora, campione? Cosa vuoi fare?», si rivolse ad Harry con un sorriso.
«Possiamo vedere un film? Solitamente il venerdì sera io, papi e la mamma vedevamo un film», chiese il bambino: «Mi piacerebbe tanto! Per favore».
Jeff lo guardò, intenerito: «Ma certo, se per Nick non è un problema».
«Oh, certo che non è un problema», rispose Nick con un sorriso imbarazzato.
 
Si accomodarono sul divano con Harry tra loro due. Il film l’aveva scelto Harry, era un cartone della Disney.
La nostalgia assalì Nick per l’ennesima volta: il venerdì sera lui e Jeff guardavano sempre un film insieme. Il giorno dopo non c’era scuola, perciò si chiudevano in stanza e guai a chi osava interrompere il “cinema” del venerdì. Alla fine non capivano mai niente del film scelto, troppo intenti a scambiarsi coccole e baci.
Era una loro tradizione, e Harry, senza sapere niente, aveva chiesto loro di vedere un film insieme.
Jeff dovette pensare la stessa cosa di Nick perché si ritrovò ad arrossire, ricordando il passato.
A Nick non sfuggì niente dell’atteggiamento di Jeff di quella sera.
Dopo tanti anni, Nick e Jeff stavano guardando un film insieme il venerdì sera, e comunque non capirono niente del cartone, troppo intenti a riflettere e a guardarsi di sottecchi.
 
Una notte.
Mancava soltanto una dannatissima notte prima del matrimonio.
In quei giorni, Thad era stato nervosissimo e Dylan, ovviamente, se n’era accorto, ma pensava fosse normale.
Quella era l’ultima notte prima del fatidico gesto, e Dylan si distese sul letto.
«Thad? Che fai?», chiese Dylan confuso vedendo il suo ragazzo prendere il cuscino.
«Niente, dormo sul divano… porta male dormire insieme la sera prima del matrimonio», rispose Thad quasi con timidezza. Non credeva affatto a quelle dicerie, ma qualsiasi cosa andava bene pur di non dormire con quell’essere e riflettere, riflettere da solo su quello che stavano facendo.
«Suvvia, Thad, non crederai mica a queste superstizioni!», ridacchiò Dylan: «Dai, dormi con me».
Dormire, poi. Certo.
Thad si arrese, rimettendo il cuscino al suo posto e sdraiandosi accanto a Dylan.
«Sembri turbato», gli sussurrò Dylan accarezzandogli i capelli.
«Domani mi sposo», rispose l’ispanico con un’amara risata, cercando di sdrammatizzare la situazione.
Dylan rise: «Anch’io mi sposo», disse: «e sono così contento che tutto questo sia vicino. Ti amo, Thad».
«Ti amo anch’io…», rispose Thad in un sussurro, sentendosi le labbra di Dylan sul suo collo e la sua mano sotto la sua canotta.
Dylan gliela sfilò, lasciando baci lungo il suo petto, baci delicati che ben presto divennero struggenti e impetuosi.
Dylan notò che Thad non lo assecondava, perciò si svestì da solo, poi tolse i pantaloni di Thad e i suoi boxer, scoprendo la sua intimità.
Dylan applicò le dovute precauzioni e neanche un minuto dopo era dentro di Thad.
Thad trattenne un urlo. Forse non lo faceva neanche apposta, ma Dylan gli stava facendo male, nei suoi movimenti c’erano possessione, ossessione, tormento. Una notte soltanto e Thad sarebbe diventato ufficialmente suo, suo e di nessun altro.
Sebastian non aveva mai osato fargli del male: era sempre stato premuroso e protettivo nei suoi confronti che è ben diverso da possessivo, e non faceva mai qualcosa che potesse metterlo a disagio o che potesse provocargli del male.
Thad pianse in silenzio. La sua vita era uno schifo e stava prendendo una pessima piega.
«Basta…», sussurrò ansimante: «Per piacere…».
Dylan uscì dal suo corpo, sdraiandosi accanto a lui: «Cosa c’è, Thad?», gli chiese, con finto interesse, perché Thad era sicuro che a lui non fregasse niente di lui, dei suoi sentimenti, del suo corpo.
«Dormiamo», rispose semplicemente Thad: «Per favore…».
 
«Se qualcuno ha qualcosa in contrario a questa unione, parli ora o taccia per sempre».
«Mi oppongo!», qualcuno spalancò le porte del municipio.
Una figura alta e slanciata si ergeva sulla soglia della porta.
Thad gli corse incontro, lasciando Dylan da solo di fronte al sindaco.
Quando Thad abbracciò la figura, essa si dissolse.
 
 Thad si alzò di scatto. Erano quasi le nove del mattino.
Aveva sognato Sebastian che lo salvava dal matrimonio; chissà se era un sogno premonitore. Thad quasi ci sperò.
«Buongiorno, dormiglione, finalmente ti sei svegliato!», scherzò Dylan: «Lo sai che tra poco più di due ore dobbiamo stare al municipio?».
L’ansia assalì Thad: «Oh…», fu la sua risposta. Non sapeva cosa dire.
Dylan si sedette sul letto e gli lasciò un bacio fugace sulle labbra: «Se hai bisogno di tempo, posso aspettarti al comune», lo rassicurò.
Thad annuì lentamente, incapace di dire qualcosa.
 
«Non voglio andarci», sbottò Harry.
Nick gli sistemò il cravattino: «Perché, piccolo?».
«Zio Thaddy non mi sembra felice con quel Dylan, perché se lo vuole sposare?».
Nick sospirò: «Oh, Harry, Thad e Dylan si vogliono bene, si amano, non preoccuparti», rispose accarezzandogli la guancia.
Harry si limitò ad arricciare il naso: «Se lo dici tu…».
 
Jeff era ansiosissimo.
«È orribile questa giacca!», asserì il biondo buttando l’ennesima giacca sopra il letto.
Brandon lo guardò, divertito: «Nemmeno fosse il tuo di matrimonio…», scherzò.
Jeff lo guardò, torvo: «Uno dei miei due migliori amici si sta per sposare!», spiegò quasi con ovvietà: «È una tappa importante anche nella mia vita».
Brandon annuì lentamente, con un sorriso.
«Secondo me va bene qualsiasi giacca, sei sempre tremendamente bello», disse infine il moro.
Jeff sorrise: «Ti amo, Brandon», lo baciò dolcemente sulle labbra.
«Ti amo, Jeff».
Brandon non stava più frequentando quel ragazzo, l’aveva visto soltanto per una due settimane, solo per sesso. Forse avrebbe potuto mentire e andare avanti, Jeff non avrebbe mai saputo niente.
Ma Jeff era la cosa più dolce e innocente del mondo, non poteva non sapere niente. Il loro rapporto doveva essere sincero, non poteva basarsi su menzogne.
 
Dylan era sceso di casa alle nove e mezzo, lasciando a Thad il tempo per prepararsi con calma.
Si fecero le dieci e mezzo, e Thad era ancora nel letto.
Il tempo stringeva.
Gli arrivò un sms sul cellulare.
 
Tesoro, sei quasi pronto? – Dylan
 
Sì, tra un po’ scendo – Thad
 
Thad prese la sua decisione. Avrebbe rischiato parecchio, ma doveva far di tutto pur di non sposare Dylan.
Si fece una doccia veloce, si vestì con abiti quotidiani, prese le cose più importanti come soldi e cellulare e scese di casa, senza una meta ben precisa.
 
Quando Jeff e Brandon arrivarono, Nick e Harry erano già fuori al municipio.
«Ciao!», i due ragazzi salutarono Nick.
«Ciao», rispose Nick con un lieve sorriso.
«Hey, campione!», Jeff scompigliò affettuosamente i capelli di Harry.
«Hey, Jeffie!», rispose lui sorridente.
«Chi saranno i testimoni?», chiese Brandon curioso.
«Io sarò quello di Thad e un amico di Dylan sarà il suo», rispose Nick.
Per un momento, Jeff contemplò Nick: i capelli castani, solitamente scompigliati, fissati con un po’ di gel; gli occhi castano-verde, intensi e profondi come sempre, ma privi di quel bagliore che li caratterizzava quando era con lui. Indossava una giacca grigia e dei pantaloni dello stesso colore e una cravatta nera.
Jeff si ritrovò a pensare fosse bello, bellissimo come sempre, ma non pensò a nient’altro. Amava Brandon e non gli avrebbe mai fatto del male.
 
Durante la loro storia, Jeff gli aveva più volte parlato dei suoi amici della Dalton, di Thad, Sebastian, Blaine, Kurt e qualcun altro, ma aveva sempre taciuto su Nick che era stato anche il suo migliore amico.
Brandon s’insospettì. Aveva notato diverse cose: Nick guardava Jeff quasi con ammirazione, anche se più volte chinava il capo e provava a nascondersi. Quando gli sorrideva, aveva un sorriso intenerito e apposito per lui. Con gli altri, invece, forzava sempre i suoi sorrisi e non erano mai pieni e del tutto sinceri.
Doveva esserci stato per forza qualcosa in passato, o anche di recente, magari durante gli incontri serali di chitarra per il piccolo Harry.
Brandon si ritrovò ad essere incerto.
 
Erano già le undici e un quarto e non c’era nessuna traccia di Thad.
«Ha detto che stava per scendere!», sbottò il ragazzo adirato, camminando avanti e indietro per i corridoi del municipio.
«Mi sembra strano, Thad è sempre preciso», parlò Taylor Harwood, sua sorella: «Pazienta per qualche altro minuto, arriverà».
Dylan annuì, anche se non ne era per niente convinto.
 
Thad maledisse i mezzi pubblici. Possibile che di sabato mattina non ci fosse nemmeno un pullman per la città?
Doveva prendere il primo pullman che gli capitava e andare via di lì. Aveva portato con sé la sua paga mensile, avrebbe alloggiato in qualche ostello e poi avrebbe deciso sul da farsi.
Si pentì di aver deciso tutto all’ultimo minuto: avrebbe potuto pianificare meglio la sua fuga qualche settimana prima. Avrebbe avuto più tempo a disposizione e meno fretta.
La paura lo aveva spinto a fare un gesto del genere.
Thad camminava per le strade, innervosito.
Al diavolo i pullman!, pensò. Se la sarebbe fatta a piedi.
 
Dylan era esploso: aveva lasciato il municipio e, furibondo, si era messo alla ricerca di Thad. Prese la propria auto e guidò verso casa, ma Thad non c’era.
Guidò all’impazzata per le strade di New York.
«Ma è pazzo?! È rosso!», lo ammonì un passante.
«Va’ al diavolo!», imprecò Dylan.
Per la strada, Dylan inquadrò una figura inconfondibile, non molto alta e vigorosa.
Parcheggiò l’auto e corse verso la figura. Le si piazzò davanti e scorse il suo ragazzo.
 
Thad era pietrificato.
«Dove stai andando?», gli chiese Dylan con finta dolcezza.
«Io…», Thad non riuscì a spiccicare una parola.
Cosa sarebbe successo? Cosa gli avrebbe fatto ora?
«Noi ora andiamo a casa», Dylan, con un sorriso mellifluo, lo strattonò violentemente per il braccio.


 

Angolo Autrice

Buon pomeriggio a tutti! :)
Eccomi con il sedicesimo capitolo! :)
Abbiamo la Niff! *---* Jeff finalmente ricorda anche lui il passato, non è solo Nick a struggersi per la loro storia passata çç
Harry, oh, Harry *---* ♥ Lui sì che, nella sua innocenza, ha capito come devono andare le cose. çç
Nessuna traccia di Sebastian, ma tornerà nel prossimo capitolo! :)
Thadlan... Dylan fa male a Thad, perché è suo e si sente stupidamente in diritto di farlo (?). Lo odio, punto (e perché mi ostino a scrivere scene Thadlan? Bah).
Dire che Thad è ancora innamorato di Sebastian penso sia superfluo... ♥
... e così Thad programma una fuga all'ultimo minuto! Lo avevate pensato? Comunque che coraggio, peccato che non sembra andare bene.
Perdonatemi per il finale aperto di questo capitolo, ma penso possiate immaginare cosa accade dopo D: Ma don't worry, ho già detto che nel prossimo capitolo ci sarà anche Sebbie u.u ♥
Ringrazio tutti coloro che leggono e recensiscono e BrokenRoses, Melipedia e AngelaAnderson15 che hanno recensito lo scorso capitolo!
Al prossimo capitolo! :D ♥

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Capitolo 17
*** Come back and haunt me ***


Come back and haunt me


Sebastian camminava per New York, assorto nei suoi pensieri.
Oltrepassò il supermercato, i negozi, la chiesa, finché non scorse Duval, Sterling e altra gente di fronte al municipio.
Scorse anche Taylor Harwood, la sorella di Thad.
Si chiese perché ci fossero tutti tranne i due promessi sposi. Diede uno sguardo all’orologio da polso: erano le undici e mezzo, possibile che Thad e Dylan fossero in ritardo di mezz’ora?
Si era quasi convinto del tutto di lasciar stare Thad, di andare avanti, ma gli era rimasto ancora un barlume di speranza: si incamminò verso il municipio, pronto a chiedere dove fosse.
«Salve, ragazzi», Sebastian salutò Nick e Jeff, ignorando completamente il ragazzo che stava al fianco del biondo.
«Hey, Sebastian», risposero i ragazzi, un po’ sorpresi di vederlo in quell’occasione.
«Allora? Dove sono gli sposini?», nella voce di Sebastian era presente una palese nota di amara ironia.
«Thad non si è presentato», rispose Jeff apprensivo.
«Dylan è andato a cercarlo», aggiunse Nick.
Sebastian inarcò un sopracciglio: «Thad non si è presentato?», chiese, scettico.
Nick annuì. «E non gli mandate un messaggio, non provate a chiamarlo?», incalzò il francese.
«Già fatto, ma sono irraggiungibili entrambi», rispose Duval: «Riproveremo più tardi».
«Okay, io ora vado. Ci vediamo», tagliò corto Sebastian, andando via.
Il fatto che Thad non si fosse presentato al municipio lo insospettiva parecchio.
 
Lo aveva spinto precipitosamente in auto nei posti di dietro, in modo tale da non potergli permettere di aprire la portiera per sfuggirgli di nuovo.
Gli aveva detto di collaborare, di fare il bravo, altrimenti sarebbe andata peggio.
Thad sapeva che sarebbe andata male comunque. Pianse, in silenzio.
«Possiamo parlarne…», mormorò sommessamente.
«Non ti sento», mugugnò Dylan furioso: «Cosa cazzo hai detto?».
Thad deglutì: «Non arrabbiarti, ti prego… possiamo parlarne con calma».
Dylan non si degnò di dirgli qualcosa, fingendo di non aver sentito nulla.
Thad sospirò, appoggiando la testa sul finestrino, con gli occhi che si riempivano di lacrime.
«È inutile piangere sul latte versato, ci pensavi due volte prima di fare una cazzata del genere», asserì Dylan freddo.
«Scusami, Dylan…».
«Non servono scuse. Ora taci, stronzo, che così mi irriti ancora di più».
Thad tacque, poi pensò di inviare un sms a Nick. Magari avrebbe potuto dirgli di raggiungerlo a casa, così non sarebbe rimasto da solo con Dylan e avrebbe rallentato le sue intenzioni.
Non doveva farsi vedere con il cellulare tra le mani, Dylan, anche senza un motivo preciso, era sempre stato gelosissimo e molto possessivo.
Thad infilò lentamente la mano nella tasca dei jeans e tastò il suo interno, sentendo la superficie del cellulare sotto le sue dita. Provò a ricordare la combinazione dei tasti per sbloccarlo e li premette, sempre con molta cautela.
Pensò alla disposizione delle icone e andò sull’icona dei messaggi.
«Dammelo», la voce gelida e tagliente di Dylan interruppe il suo intento.
«C-cosa?», farfugliò Thad, fingendo di essere perplesso.
«Lo sai cosa, stronzo».
Dylan vedeva che Thad esitava: «Muoviti, bastardo», imprecò.
Thad obbedì, porgendogli il cellulare.
«Bravo, così mi piaci», nella voce di Dylan c’era scherno, e un sorriso divertito era stampato sul suo volto. Osservò il display del cellulare per qualche secondo: «E così volevi inviare un messaggio, ma bravo, Thad. Volevi chiedere a qualcuno di prenderti, di salvarti dall’uomo cattivo? Magari al tuo dolce Sebastian? Guarda che non ti sto prendendo in ostaggio, sei il mio ragazzo».
Thad ribollì di rabbia, ma continuò a tacere.
«Mi fai pena, Thad, come sei caduto in basso», continuò a vaneggiare Dylan, infastidendolo: «Chissà se domani vedrai ancora la luce del giorno».
Dylan era un folle, era certo. Thad continuò a non fiatare e ad ascoltare quelle spaventose minacce.
«Pagherai per tutto, brutto stronzo», imprecò nuovamente Dylan.
Thad decise di agire d’istinto. Se ne fregò delle conseguenze: non aveva scelta.
Si gettò sul collo di Dylan e lo fece barcollare. Dylan fu costretto a rallentare.
«Ma che cazzo fai? Togliti di dosso!», inveì Dylan.
Tutto si svolse in un attimo che sembrò durare un’eternità per Thad.
L’ispanico si gettò sul sediolino anteriore libero e aprì la portiera, approfittando del fatto che Dylan avesse rallentato.
«Thad!», lo richiamò, tirandolo per la manica.
Thad oppose resistenza. Dylan riuscì a sferrargli un pugno in faccia. Thad gemette, ma la paura di ciò che lo attendeva, in particolare dopo quel tentativo di fuga, gli diede la forza di andare fino in fondo.
Si gettò sul marciapiede.
 
Nick, Jeff, Brandon e Taylor inviarono altri sms e provarono a fare altre chiamate, ma nessuno rispondeva.
Harry sospirò, impensierito: «Dove sarà mai zio Thaddy?», chiese, preoccupato.
«Lo vorrei sapere anch’io», rispose Nick apprensivo.
 
Anche Sebastian provò a chiamare Thad e a mandargli un sms, ma non ebbe alcuna risposta. Guardò l’orario: mezzogiorno. Ritornò a casa.
 
Dylan aveva parcheggiato frettolosamente l’auto e aveva inseguito Thad che, fortunatamente, era riuscito a scappare per poi nascondersi.
Thad gemette per il dolore: solo in quell’attimo di quiete si accorse di essersi procurato una ferita sulla gamba quando si era gettato dall’auto. Si chiese come avesse fatto a resistere per tutta la fuga.
Esausto e dolorante, si fermò, appoggiandosi su un muretto e chiudendo gli occhi.
Per quell’ora sarebbe già dovuto essere a casa a patire le violenze di Dylan.
Thad ripensò a tutti gli schiaffi, i calci, i pugni, gli insulti e gli abusi ricevuti da lui. Pensò ai lividi che provava a camuffare con diversi prodotti e ai polsi martoriati, alle ferite lungo il corpo e alle ferite dell’animo.
Provò ribrezzo, odio, paura, vergogna.
Pianse silenziosamente, com’era abituato a fare da sempre.
Forse era tutto finito, ma non voleva cantare vittoria.
Avrebbe potuto chiedere rifugio a Nick, ma Dylan sapeva dove abitava e l’avrebbe di sicuro cercato anche a casa dell’amico.
Non aveva più il suo cellulare con sé, ma aveva del denaro.
Non diede molto peso alla ferita sulla gamba e camminò: doveva andare il più lontano possibile.
 
Dylan romanzò l’accaduto.
«Aveva lasciato il suo cellulare a casa, ma di lui neanche l’ombra», raccontò a Nick, Jeff, Brandon e Taylor: «Sono convinto che sia fuggito per non sposarmi».
Taylor impallidì: «Dove si sarà cacciato…», mormorò la ragazza allarmata.
Nick prese un respiro. «Potremmo chiamare la polizia», propose Jeff.
Dylan ci rifletté. Non voleva avere contatti con la polizia dal momento che sapeva benissimo che, per quello che aveva fatto a Thad, sarebbe dovuto andare in prigione.
Si era convinto che Thad fosse troppo buono, docile e indifeso e che non lo avrebbe mai denunciato, ma dopo ciò che era successo in auto si era ricreduto.
«Non c’è bisogno della polizia», tagliò corto Dylan, poi cercò di tranquillizzare la sorella: «Per il momento lo posso cercare io».
 
Erano le due del pomeriggio e Thad vagava per la città da due ore. La fortuna, ovviamente, era sempre dalla sua parte: non c’erano bus perché quel giorno era lo sciopero dei pullman.
Aveva la costante paura di farsi scoprire e la costante ansia di sentirsi osservato.
Entrò in quello che era un grosso emporio; almeno si sarebbe potuto confondere tra la gente.
 
Nick era a casa con Harry.
«Ma zio Thaddy tornerà, vero?», chiese il bambino speranzoso.
«Certo che tornerà», rispose Nick convinto, ma sembrava più lo stesse dicendo a se stesso.
Era agitatissimo: dove poteva mai essere il suo amico? Non poteva essere andato così lontano.
Decise di telefonare Smythe.
«Sebastian?», lo chiamò.
«Duval», rispose la voce dall’altra parte del telefono: «Notizie di Thad?», chiese, cercando invano di mostrarsi indifferente.
«Niente. Dylan lo sta cercando», rispose Nick.
«Dylan lo sta cercando, addirittura?».
«Sì».
«Beh, se Thad è davvero così introvabile, non fareste prima chiamando la polizia?», domandò Sebastian accigliato.
«È quello che ha detto anche Jeff», asserì Nick: «ma Dylan ha detto che non ce n’è bisogno, che sarà stesso lui ad occuparsene».
«Non ti appare curiosa questa scusante? Non ti sembra strana?», indagò Sebastian.
«Che cosa vorresti dire?».
«Non ti sembra insolito questo fatto che Dylan non voglia denunciare la scomparsa?».
«Sebastian, ma non si può denunciare subito, e poi pensiamo sia soltanto un qualcosa di temporaneo… Thad tornerà», fece Nick.
«Mm, okay», tagliò corto il francese: «Tienimi aggiornato, d’accordo?».
«Okay, ma… Sebastian, di’ la verità», Nick gli pose la domanda che lo aveva spinto a chiamarlo: «Tu sai qualcosa di Thad, vero?».
«Che cosa ne posso sapere io se ormai non faccio parte più della sua vita?», fu la risposta secca e amara di Sebastian: «No, comunque».
 
Quella sera, Sebastian la trascorse con l’ennesimo ragazzo.
«Fanno cento dollari», asserì il francese alzandosi i pantaloni.
«Cento dollari?», chiese l’altro quasi perplesso: «Così… così poco? Cioè, pensavo avresti chiesto di più…».
«Ringrazia il fatto che oggi è una giornata no per me», rispose semplicemente Sebastian abbottonandosi la camicia: «Se poi vuoi darmi di più, okay, fa’ come vuoi».
Il ragazzo gli porse centocinquanta dollari: «Tornerò, okay?».
Sebastian si limitò ad annuire. Il ragazzo lo salutò, abbandonando il suo appartamento.
Erano soltanto le dieci di sera. Il francese finì di vestirsi e uscì di casa: sarebbe andato a trovare un po’ di conforto nell’alcool.
 
La fortuna continuava a girare dalla sua parte: erano le dieci e un quarto di sera ed era ancora alla ricerca di un ostello economico. La sua paga di bibliotecario non era il massimo e non credeva che i prezzi potessero essere persino più alti del suo stipendio.
Il cielo era buio e Thad, smarritosi per le strade dell’immensa New York, finì in una strada stretta ed isolata. C’era anche un locale piuttosto illuminato che, per la vivacità e la musica assordante, assomigliava vagamente allo Scandals, noto bar gay di West Lima.
Sfinito per il troppo camminare, si appoggiò ad un muretto, lasciandosi cadere.
«Thad?».
Non ebbe il bisogno di alzare il capo per capire chi fosse, ma Thad aprì istintivamente gli occhi.
«Sebastian», rispose sommessamente, guardandolo negli occhi: «Che cosa ci fai qui così tardi?».
«Tu, piuttosto, che cosa ci fai qui a quest’ora!», lo rimbeccò Sebastian, poi gli porse una mano per aiutarlo ad alzarsi: «Allora? Cos’è quest’occhio viola? Chi è stato?», incalzò il francese fingendo invano di non essere preoccupato.
«Grazie», rispose Thad accettando la stretta: «Nessuno, comunque…».
«Dylan, vero?», insistette il francese.
«No, nessuno…».
«Okay, allora è stato Dylan», asserì infine Sebastian, ignorando le parole di Thad: «Dove pensi di andare, ora? Pensi di ritornare a casa?».
Thad si meravigliò dell’atteggiamento di Sebastian: che cosa ne sapeva lui di come andavano le cose tra lui e Dylan?
«No, a casa non ci torno…», mormorò Thad. I suoi occhi erano visibilmente spaventati.
Sebastian accennò un sorriso enigmatico: «Per Dylan, vero?», ammiccò.
«Smettila, ti prego», lo supplicò l’ispanico: «Non sono in vena di scherzi…».
Sebastian si fece serio e gli posò una mano sulla spalla: «Vieni a casa mia».
Thad spalancò gli occhi: «Oh, no, Sebastian, non voglio disturb…».
«Nessun disturbo», lo interruppe pronto Sebastian.
«No, Sebastian, non… non posso accettare», rispose Thad mesto: «Provo a cercarmi un ostello conveniente…».
«Non ce ne sono, quindi vieni a casa mia», tagliò corto il francese: «Vivo da solo, c’è sempre posto per qualcun altro».
Thad pianse in silenzio. Sebastian lo strinse forte a sé, cogliendolo in un abbraccio: «Piangi pure, sfogati», gli sussurrò piano.
«Non so come ringraziarti», mormorò l’ispanico: «Grazie… grazie di tutto».


 

Angolo Autrice

Buon pomeriggio a tutti! :)
Eccomi con il diciassettesimo capitolo! :) Non l'ho riletto, quindi scusatemi per eventuali strafalcioni ^.^
Niente Niff né Brandeff, ma nel prossimo capitolo ci saranno entrambe! :)
Ed eccoci con i Thadlan e con i THADASTIAN *---* Ve l'avevo detto che Sebbie sarebbe tornato!
Allora... grande Thad che riesce a fuggire e ad andare via dall'auto! Scusatemi per il linguaggio piuttosto colorito di Dylan ^^
Per quanto riguarda le vicende in contemporanea, vediamo Sebastian che chiede soldi ad un ragazzo. Ricordatevi questo particolare (non il ragazzo, non è importante ai fini della trama xD) perché sarà molto utile nei prossimi capitoli ;)
Momento Nickbastian a telefono e... e Thadastian alla fine! Morivo dalla voglia di scrivere la scena in cui si incontravano in quella stradina *-* (l'avrò scritta nella mia mente almeno centinaia di volte, spero di non avervi deluso xD).
Sebastian non ha cattive intenzioni, vuole semplicemente aiutare Thad perché ha intuito che le cose tra lui e Dylan non vanno bene (basta pensare al fatto che non si sia presentato al municipio, all'occhio nero e al fatto che sia sempre timoroso e quasi spaventato nei suoi confronti :33).
Ringrazio tutti coloro che leggono e recensiscono e BrokenRoses e in hibernation che hanno recensito lo scorso capitolo!
Al prossimo capitolo! :D ♥

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Capitolo 18
*** Tell me your secrets ***


Tell me your secrets


Gli mostrò rapidamente il suo piccolo appartamento, poi gli chiese se volesse qualcosa da mangiare o da bere.
Thad rifiutò con gentilezza e, stanco morto, finì per addormentarsi sul divano, crollando in un sonno profondo.
Sebastian si sedette cautamente accanto a lui per non svegliarlo. Lo osservò dormire ed era bellissimo, come sempre.
Una spaventosa macchia violacea era sul suo occhio destro: Sebastian era sicuro che Dylan c’entrasse qualcosa con quella faccenda. Prima si era dimostrato distaccato e quasi impassibile nei confronti di Thad, ma Sebastian stava semplicemente cercando di smuoverlo, di farlo parlare. Non doveva dargli fretta, avrebbe parlato quando lo avrebbe ritenuto necessario, ma Sebastian moriva dalla voglia di sapere la verità perché il suo più grande desiderio era quello di fare a pezzi colui che aveva ridotto Thad in quello stato, colui che lo aveva maltrattato e fatto sentire un inutile oggetto.
Dylan o chiunque altro aveva ridotto Thad in quelle condizioni avrebbe dovuto soffrire, proprio come aveva sofferto lui.
Sebastian si accorse improvvisamente che i pantaloni di Thad avevano uno squarcio di medie dimensioni in corrispondenza della gamba sinistra. La ferita che si poteva distinguere sulla pelle era piuttosto recente e sanguinante.
Sebastian non ci pensò due volte: andò in bagno a prendere ovatta, garza e alcool e ritornò da lui. Gli abbassò la zip dei jeans e gli abbassò i pantaloni il più lentamente possibile sino alle caviglie.
Sebastian inzuppò l’ovatta di alcool per poggiarla con delicatezza sul taglio di Thad.
Thad ebbe un gemito: «Ahia, brucia…», mormorò: «Sebastian, ma che fai?!», si svegliò completamente diventando paonazzo.
«Ti sto medicando la ferita», rispose semplicemente Sebastian con un sorriso incoraggiante: «Non mi sarei mai permesso di sfilarti i pantaloni se non per questo motivo…».
A quelle parole, Thad arrossì e Sebastian chinò il capo, mesto.
«Potevi svegliarmi», gli disse l’ispanico.
«Non volevo svegliarti, anche se alla fine ti sei svegliato lo stesso», fece Sebastian.
«Comunque grazie», mormorò Thad pieno di gratitudine.
«Dovere», rispose semplicemente il francese.
Quando ebbe finito di disinfettare la ferita, avvolse quella parte di gamba con della garza e gli permise di alzarsi i pantaloni.
Sebastian si sedette al suo fianco. Regnava un silenzio religioso: Thad era inquieto e ancora spaventato per gli eventi di quella giornata, ma si sentiva anche un po’ in imbarazzo; Sebastian, invece, sembrava impaziente.
«Forse dovrei darti delle spiegazioni», Thad ruppe il silenzio.
Sebastian lo guardò negli occhi: «Non sei obbligato a parlarne», lo rassicurò.
Thad annuì leggermente: «Se vuoi posso dirti tutto, anche se sono convinto che tu l’abbia già capito».
«Sei libero di fare quello che vuoi», lo rasserenò il francese.
Thad prese un respiro, ma la voce gli si bloccò in gola.
Si rimboccò le maniche della camicia, mostrando a Sebastian due polsi martoriati. Il francese si limitò a fissarli, raccapricciato.   
Thad sbottonò la propria camicia restando in canottiera e mostrò al ragazzo i lividi e le cicatrici sulle spalle e sulle braccia.
Sebastian fissò gli sfregi sul suo corpo con indignazione.
«Dylan», fu l’unica parola che riuscì a mormorare Thad.
«Io lo ammazzo quello stronzo!», Sebastian esplose, alzandosi di scatto dal divano.
Thad lo prese delicatamente per il polso: «Sebastian, no, ti prego…».
«Come si è permesso quel bastardo di farti del male?», inveì il francese adirato: «Da quanto tempo va avanti questa cosa?!».
«Due anni», rispose Thad chinando il capo: «… e stiamo insieme da tre».
«Due anni?! Due anni e non ne hai mai parlato con nessuno? Non lo hai denunciato, non hai fatto niente? Nemmeno Duval lo sa?», Sebastian era sbigottito.
Thad scosse il capo: «Lo sai solo tu», rispose.
Con un cenno, l’ispanico invitò il francese a sedersi vicino a lui: «Ci siamo conosciuti al college e non avrei mai immaginato che si rivelasse per quello che è… inizialmente era un po’ geloso, tutto qui, ogni volta che uscivo dal college, anche solo per un giro, mi riempiva di domande: dove sei stato, perché così tardi, eri con qualcuno e cose così, ma nient’altro. Poi quando abbiamo terminato il college abbiamo deciso di vivere insieme e si sono presentati i primi problemi della convivenza…».
Sebastian provò invano a rilassare i muscoli. Aveva l’impulso di andare da Dylan per spaccargli i connotati facciali.
«… tutto iniziò per una stupidata: quella sera avevo il turno di pomeriggio in biblioteca e tornai a casa un po’ più tardi perché mi piaceva camminare la sera per New York», raccontò Thad: «Arrivai a casa e lui incominciò a blaterare le solite cose, poi disse anche che non servivo a niente, che ero completamente inutile e che pensavo soltanto ad uscire e che aveva fame e che quindi dovevo muovermi a preparare la cena…».
«… non se la poteva preparare lui?», lo interruppe Sebastian, pieno di sdegno.
«Diceva di non saper cucinare», rispose Thad, poi proseguì: «… preparai la cena e ci mettemmo a tavola, senza parlare. Lui mi chiese perché fossi così freddo nei suoi confronti e io gli spiegai semplicemente che le sue parole non veritiere non erano state un qualcosa di carino. Lui incominciò a vaneggiare sostenendo di aver ragione e, dopo una semplice lite, io, infastidito, ho lasciato che parlasse. La notte ci siamo messi nel letto e lui voleva farlo con me, ma io non ero in vena dopo tutto quello che mi aveva detto e perciò rifiutai… lui incominciò a farsi mille paranoie, pensava che avessi qualcun altro e, litigando, mi diede uno schiaffo. Gli avevo detto che non doveva permettersi di toccarmi e lui, infuriato, mi disse che poteva tutto e che essendo il suo fidanzato aveva tutto il diritto di fare quello che voleva e incominciò a picchiarmi… inizialmente provavo a difendermi, ma poi ho capito che sarebbe andata sempre peggio e ho provato a subire e a comportarmi “meglio” per evitare la sua ira… ogni volta che c’era una piccola “infrazione”, magari se tornavo tardi da lavoro o per qualsiasi altra sciocchezza, lui mi picchiava… e mi... mi… mi forzava… mi violentava anche, mi faceva male… secondo me lo faceva apposta, se ne fregava di me…».
Thad chinò il capo, provando invano a nascondere le lacrime. Ricordare gli faceva male, ma comunque si sentiva con un peso in meno.
Sebastian seguì l’istinto di abbracciarlo, di stringerlo a sé: «Dobbiamo denunciare quell’essere ignobile», mormorò.
Thad affondò il viso sul suo petto: «Ti prego, non farlo…», sussurrò, con le lacrime agli occhi.
Sebastian gli accarezzò leggermente i capelli per tranquillizzarlo: «Perché?».
«Mi minacciava… diceva che mi avrebbe ucciso se lo avessi denunciato…», rispose l’ispanico: «… e tu non sai cos’è successo stamattina…».
«Cos’è successo?».
«Non mi sono presentato al comune, gli ho mentito dicendo che ero quasi pronto e invece ho deciso di scappare all’ultimo minuto… il mio obiettivo era andare via di qui, lontano da lui… lui mi ha scoperto e mi ha trascinato in auto, minacciandomi e prendendomi a parole, come sempre. Sono riuscito a scappare lanciandomi per terra, procurandomi questo…», gli indicò la ferita sulla gamba: «… ovviamente non prima che mi avesse dato questo pugno in faccia… e si è preso anche il mio cellulare perché ho provato di nascosto a mandare un sms a Nick…».
«… potevi mandarlo a me», asserì Sebastian: «Sarei arrivato subito, ovunque tu fossi…».
Thad chinò il capo. «Dobbiamo denunciarlo. Forza, Thad, devi ribellarti, devi reagire!», cercò di esortarlo Sebastian.
«Sì, ma ti supplico, non ora… ti prometto che ci penserò», rispose Thad sincero.
Sebastian annuì, stringendolo più forte a sé, e si fidò perché quella era una promessa di Thad, non di uno qualsiasi.
 
Quella notte Dylan andò avanti e indietro per New York con la sua auto. Non poteva essere andato così lontano quell’idiota del suo ragazzo.
Lo avrebbe trovato e gli avrebbe dato ciò che si meritava.
 
Nick si svegliò presto e il suo primo pensiero andò a Thad.
«Che fai, papi?», gli chiese Harry stropicciandosi gli occhi.
«Telefono Dylan», rispose il moro.
Il bambino annuì.
«Pronto?».
«Ciao, Dylan, sono Nick! Hai notizie di Thad?», gli chiese il moro apprensivo.
«Non ancora, ma non preoccuparti: lo troverò».
 
«Sei sempre il solito dormiglione», scherzò affettuosamente una voce.
Thad sbatté le palpebre e, con gran sollievo, anziché ritrovarsi gli occhi minacciosi di Dylan, si ritrovò un paio di occhi verdi accesi.
«’giorno, Thad», lo salutò Sebastian sedendosi accanto a lui sul divano e porgendogli un tazza di caffelatte.
«Buongiorno, Sebastian», rispose l’ispanico, ancora mezz’addormentato: «Grazie infinite».
«Di niente», fece il francese.
«Non… non posso rimanere qui», mormorò ad un certo punto Thad sorseggiando lentamente il latte: «Sto già dando troppo fastidio…».
«Affatto».
«… e Dylan potrebbe trovarmi da un momento all’altro», continuò Thad.
«… ma sbaglio o mi hai detto che lo denuncerai?», gli ricordò Sebastian.
Thad deglutì: «È ancora presto…».
«Non posso costringerti a farlo, ma pensaci sul serio», gli suggerì Sebastian serio.
Thad annuì: «Sto facendo preoccupare Nick, Jeff…», mormorò l’ispanico sentendosi colpevole.
«Forse dovresti dire la verità anche a loro», propose Sebastian: «e li rassicuriamo del fatto che tu ora sei a casa mia».
Thad ci pensò su: «E se Dylan venisse a saperlo?», si angosciò.
«Non preoccuparti, Dylan non saprà niente», lo tranquillizzò Sebastian prendendo il telefono: «Li faccio venire oggi».
 
Ad un certo punto aveva mollato ed era tornato a casa per riposare.
La mattina riprese le sue ricerche: perlustrò ancora New York, ma nessuna traccia di Thad.
Forse si era rifugiato da qualche parente, ma Dylan sapeva benissimo che non aveva affatto buoni rapporti con i suoi genitori, oppure poteva essersi rifugiato dalla sorella che, magari, sapeva bene dove stesse il fratello e lo stava nascondendo.
Alla fine gli venne un’illuminazione.
Nick. Jeff.
Sebastian.
E se si fosse rifugiato dai suoi amici, oppure da quel Sebastian?
Dylan estrasse dalla tasca della giacca il cellulare di Thad e sfogliò la cartella dei messaggi e delle chiamate che trovò vuote.

Sfogliò la rubrica e vi trovò il numero di Sebastian.
Dylan sfoggiò un sorriso sbieco, poi ebbe un’idea. Fermò un passante.
«Mi scusi, lei conosce l’avvocato Sebastian Smythe?», chiese.
«No, mi dispiace», rispose.
«Grazie lo stesso».
Porse la stessa domanda ad altri passanti.
«Mai sentito nominare», asserì una signora.
Nessuno sapeva dove fosse a New York un eventuale studio Smythe.
Dylan arrivò alla conclusione che Sebastian non era un avvocato. Cos’era, allora?
 
«Domani non ho lavoro, ma martedì? Non posso presentarmi in biblioteca…», parlò Thad quella sera mentre aiutava Sebastian a sistemare un po’ la casa. Sebastian gli aveva detto almeno mille volte di lasciar stare, ma sapeva benissimo quanto Thad fosse caparbio e scrupoloso.
«E allora non ci vai. Semplice», rispose il francese.

«Ma non posso stare a casa tua e comportarmi da vegetale!», spiegò l’ispanico: «Già stai facendo tanto per me e non so come ringraziarti, posso ripagarti soltanto con la paga che ho preso prima di andare v…».
«Non voglio soldi, Thad. Non voglio niente, okay?», Sebastian lo interruppe e lo rassicurò, guardandolo negli occhi: «Sai come sono fatto: se una cosa non la voglio fare non la faccio e basta, e viceversa, semplice».
Thad annuì. I loro volti erano vicinissimi.
Toc-toc.
Sebastian si ricompose e si allontanò immediatamente da Thad, andando ad aprire la porta.
«Salve, Duval», lo salutò il francese.
«Ciao, Sebastian. Scusa, ho portato Harry con me e…».
«D’accordo», lo fermò Sebastian, poi si rivolse al piccolo: «Ciao, Harry».
Il piccolo rispose agitando la manina.
«Jeffie!», esultò Harry con un sorriso.
Proprio in quel momento, Jeff era comparso sulla strada.
«Jeff?», chiese Nick stranito.
«Sì, ho detto anche a lui di venire», spiegò rapidamente Sebastian: «Salve, Sterling».
«Hey, ragazzi!», rispose il biondo.
«Entrate pure».
I due ragazzi entrarono e sgranarono gli occhi quando videro Thad.
«Zio Thaddy!», Harry corse incontro a Thad: «Ma dov’eri finito?».
«Santo Cielo!», mormorò Jeff impressionato.
«Thad!», lo richiamò Nick avvicinandosi a lui insieme al biondo.
I ragazzi lo abbracciarono: «Abbiamo avuto paura», mormorò il moro con gli occhi inumiditi.
«E cos’hai fatto all’occhio?», chiese invece Jeff, allarmato.
«Nessuno deve sapere che sto qui», sussurrò Thad, stringendo i ragazzi forte a sé: «Vi racconterò tutto e… Nick, ti dispiace se Sebastian porta Harry a fare un giro nei dintorni?».
Gli occhi di Thad erano imploranti e, per quanto potesse essere aspro e cinico, Sebastian era una brava persona e si potevano fidare di lui.
«D’accordo», Nick capì la gravità della situazione: Thad doveva dire qualcosa di estremamente importante.
«Ma io voglio stare con zio Thaddy», replicò il bimbo.
«Dopo, tesoro», gli promise Nick.
 
Quella sera, Dylan andò in un locale mai visto prima per mangiare qualcosa e bere un po’: non era da lui bere, ma era così nervoso e arrabbiato che aveva bisogno di svagare un po’ la mente.
E non era in quel locale, o meglio, in quel bar gay per caso; magari Thad lo tradiva con qualcun altro e per questo a volte tornava tardi la sera.
«Hey», richiamò dei ragazzi che stavano ballando.
Loro si avvicinarono a Dylan. «Ciao, bellezza», lo salutò uno di loro con un sorriso.
Dylan lo guardò, indifferente: «Sapreste dirmi se conoscete un certo Thad Harwood?».
I ragazzi lo guardarono circospetti. «Mm… no, ma mi è familiare questo nome», asserì il ragazzo.
«Sì, infatti, mi sembra di averlo sentito anch’io… Thad…», parlò un altro.
«Ma certo!», si illuminò un altro ancora: «Sebastian mi ha parlato di un certo Thad».
«Sebastian?», chiese Dylan, fingendo incredulità: «Chi è?».
I ragazzi lo guardarono quasi scandalizzati.
«Non sai chi è Sebastian Smythe?», gli chiese, accigliato.
Dylan scosse il capo: «Sono nuovo qui», si giustificò.
«Sebastian è… come dire…».
«… è il re del sesso», completò il ragazzo eccitato: «Frequenta sempre questo locale, la maggior parte delle volte chiede anche soldi».
Dylan digrignò i denti: «… e stasera non è qui?».
«No, stranamente manca da ieri sera, ma fortunatamente se voglio una sveltina ho il suo numero e il suo indirizzo», disse un altro ragazzo.
«Bene, sono interessato anch’io. Mi daresti il suo indirizzo?».


 

Angolo Autrice

Buon pomeriggio a tutti! :)
Eccomi con il diciottesimo capitolo! :) Da come avete notato, il titolo del capitolo è Tell me your secrets e già esiste il capitolo Tell me your secrets and ask me your questions. Bene, mi sa che riutilizzerò alcune frasi della canzone già usate perché c'entrano con il contenuto. Ce ne sono altre che non ho ancora usato, ma so già che le userò in seguito ;)
Okay, vi avevo detto che in questo capitolo ci sarebbero state la Niff e la Brandeff, ma ho cambiato idea - o meglio, i Thadlastian (?) me l'hanno impedito çç -. Abbiamo pochissima Niff e niente Brandeff, ma state certi che avremo entrambe, forse nel prossimo capitolo o nel prossimo ancora.
Thadastian awwsnkjasd *---* ♥ Ecco spiegata la freddezza iniziale di Sebbie, cercava soltanto di scuotere Thad e di farlo svegliare dal suo sonno (?). Ed ecco che Thad si confessa con qualcuno - con Sebastian, preciserei - e capiamo un po' la sua storia tormentata con Dylan. :33 E così hanno deciso di svelare tutto anche a Nick e Jeff! (in the next chapter :D).
Dylan, oh, Dylan, maledetto... con la sua astuzia e la sua perfidia ha forse scoperto qualcosa di davvero importante *fugge via*
I ragazzi del locale sanno di Thaddy e Sebbie perché lui, durante i suoi "incontri", ha più volte nominato Thad, e con uno addirittura gli ha parlato di lui, remember? ^^ D:
Forse nel prossimo capitolo avremo palate di angst ^-^ *scappa*

Ringrazio tutti coloro che leggono e recensiscono e BrokenRoses, AngelAnderson15 e bellissima90 che hanno recensito lo scorso capitolo!
Al prossimo capitolo! :D ♥

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Capitolo 19
*** And tell me you love me ***


And tell me you love me


Jeff era scioccato.
«Non lo avrei mai immaginato», ammise Jeff, stupefatto, poi gli suggerì: «Lo devi denunciare, Thad».
Nick, furibondo, era già stato trattenuto da Thad: proprio come Sebastian, la sua intenzione era quella di fare a pezzi quel verme.
«Lo stavi anche per sposare e… e non è possibile che in due anni non me ne sia mai accorto!», disse invece Nick, arrabbiato: «Che razza di amico sono? Faccio pena, faccio pena in tutto: come marito, come padre, come amico».
«Non dire queste cose, Nick, non è affatto vero», lo rinfrancò Thad, poggiandogli una mano sulla spalla: «Hai avuto i tuoi problemi in famiglia, e io sono stato abbastanza bravo a nascondere il tutto».
«Ma… ma perché?», chiese infine il moro: «Perché non mi hai mai detto niente?».
Thad sospirò: «Avevo paura, vergogna e… è dura, Nick. Si arriva persino ad odiare se stessi», si limitò a dire.
I due ragazzi lo abbracciarono. «Non pensare mai ad una cosa del genere, Thad…», gli sussurrò Jeff.
Nick lo strinse forte a sé, trattenendo le lacrime: «Mi dispiace tantissimo… avrei dovuto fare qualcosa».
«Non è colpa tua, Nick», lo rassicurò Thad, poi staccò delicatamente l’abbraccio: «Per fortuna ho incontrato Sebastian e mi ospiterà ancora per qualche giorno… è stato gentilissimo, come sempre, d’altronde…».
A quelle parole, Jeff non riuscì a trattenere un sorriso.
Il trillo del cellulare di Jeff riportò i tre ragazzi alla realtà.
 
Jeff, devo parlarti. – Brandon
 
Niente cuoricini, niente faccine o moine del genere. Doveva essere qualcosa di grave.
«Se dovete andare, non vi preoccupate», fece Thad.
«Non preoccuparti tu, se vuoi posso ancora restare», parlò Jeff, cercando di nascondere la sua ansia.
«Già, lo stesso è per me», concordò Nick.
In quel momento Sebastian entrò in casa con Harry: «Possiamo?», disse.
Thad annuì: «Certo», rispose.
Sebastian si chiuse la porta alle spalle. Harry corse tra le braccia del suo zio preferito.
«Zio Thaddy! Cos’è quell’occhio nero? Non mi piace», disse.
Thad sollevò il bambino, prendendolo in braccio: «Oh, niente di che, lo zio è caduto e si è fatto male», mentì.
«E quindi per questo ieri non sei venuto al comune?», ragionò il bambino.
Thad deglutì: «Sì, per questo», rispose.
«Secondo me è stato un bene che ti sei fatto male», asserì il bambino, beccandosi le occhiate curiose e perplesse dei quattro ragazzi: «È vero che si è liberi di amare chiunque si voglia, però Dylan è proprio antipatico».
Sebastian rimase quasi sconvolto da quelle parole: «Questo bambino è davvero perspicace», disse, infine.
«Che cosa significa?», chiese il bimbo, perplesso.
«Penso che tu sia molto intelligente», spiegò Sebastian.
«Ti ringrazio, anche se ho semplicemente detto la mia, non ho detto niente di che», rispose Harry.
 
Dylan sorrise, compiaciuto. Sapeva dove abitava Sebastian e aveva anche identificato la sua casa. Sarebbe potuto entrare all’improvviso, ma doveva fare le cose con calma.
Sarebbe tornato la sera seguente: doveva prima sistemare un paio di faccende.
 
«Quel bambino mi spaventa quasi, sai?», ammise Sebastian, intento a tagliare delle verdure.
«A chi lo dici!», concordò Thad mentre lo aiutava a cucinare: «Una volta mi è capitato di accudirlo mentre Nick era a lavoro e mi è sfuggito un sospiro di sollievo quando Dylan è andato in ufficio. Lui mi ha detto che sembravo felice e mi ha chiesto se non mi piaceva la sua compagnia».
Sebastian sgranò leggermente gli occhi: «Wow», esclamò: «Prima con me non ha proprio voluto parlare».
«Credo che tu non gli stia molto simpatico», asserì Thad: «Jeff invece gli sta simpaticissimo, semplicemente lo adora».
«Sai, credo sia ovvio: è pur sempre un Duval», ridacchiò Sebastian: «Se Sterling non piace a lui…».
Thad si fermò improvvisamente. Sebastian lo guardò, perplesso: «Che c’è?», gli chiese.
«Sto pensando», rispose l’ispanico.
«Davvero?», scherzò Sebastian.
Thad lo guardò torvo, ma non riuscì a trattenere un sorriso: Sebastian era sempre il solito simpaticone di cinque anni prima. Avevano sempre amato prendersi in giro, faceva parte della loro routine.
«A cosa pensi?», disse infine il francese.
«A Nick e Jeff», rispose l’ispanico: «… e a quanto mi piacerebbe poter ritornare a cinque anni fa…».
Sebastian annuì, leggermente, ma non disse nulla.
 
«Brandon, sono a casa!», Jeff aprì la porta: «Scusami, ero da un amico mio e di Nic…».
«Non importa», lo interruppe il suo ragazzo con un’espressione cupa in viso.
«Brandon? Cos’è successo?», incominciò ad allarmarsi il biondo.
«Tranquillizzati, ti prego», cercò di calmarlo Brandon.
… perché il peggio deve ancora arrivare, completò mentalmente.
«… puoi sederti, per piacere?», quasi lo supplicò.
Jeff capì immediatamente che le cose non andavano affatto bene. Si sedette, cercando di mantenere la calma.
«Jeff, io…», Brandon non sapeva come iniziare, poi gli disse: «Voglio essere completamente sincero con te».
Jeff annuì leggermente, preparandosi al peggio.
«… Jeff, io ti ho tradito, ma credimi, non era mia intenzione», sputò fuori.
… io ti ho tradito, ma credimi, non era mia intenzione.
Classico cliché, classica frase già fatta, classica menzogna.
«In… in che senso mi hai tradito?», chiese Jeff, mostrandosi invano tranquillo: non riusciva a credere alle parole di Brandon.
«Io… per circa due settimane ho avuto dei rapporti… dei rapporti esclusivamente sessuali», svelò Brandon. Vide gli occhi di Jeff incominciare a gonfiarsi di lacrime: «Oh, Jeff, ti prego, dimmi di tutto, dimmi che sono un idiota, un bastardo, uno stronzo, tutto quello che vuoi tu, ma non piangere».
Jeff era sempre allegro e solare e gli si struggeva il cuore le volte in cui lo vedeva piangere.
«Io… io mi fidavo di te», disse infine Jeff, asciugandosi le lacrime.
Si chiese cosa avesse spinto Brandon a fare una cosa del genere, poi pensò che il motivo fosse ovvio e anche stupido.
Se era per il sesso, Jeff non sapeva se esserne inorridito o se dare la colpa a se stesso.
Alla Dalton, Nick non gli aveva mai dato fretta: anzi, non ne avevano mai parlato.
«Mi dispiace così tanto…», si scusò Brandon.
Jeff non sapeva come comportarsi. Avrebbe dovuto mollarlo? Avrebbe dovuto mettere una pietra sopra, facendo finta che non fosse successo niente? Avrebbero dovuto iniziare daccapo? O avrebbe dovuto dargli un’altra possibilità?
«Io…», Jeff boccheggiò qualcosa, poi disse con tono sicuro: «Stasera dormo sul divano, poi si vede».
 
«Stanotte ti sei addormentato sul divano e non ho voluto svegliarti, ma ora puoi dormire anche sul letto», gli disse Sebastian gentilmente quella notte, accompagnandolo nella sua stanza: «Io dormirò sul divano».
«Ti ringrazio, Sebastian, ma non preoccuparti: il divano va benissimo», lo rassicurò Thad.
«Naaah, ma che dici!», replicò il francese: «Sei mio ospite, prenditi pure il letto».
«Sebastian, ma…».
«Ma niente».
«Davver…».
Sebastian interruppe Thad facendogli il solletico.
«Smettila, Seb!», rise Thad.
«Perché? Mi sto divertendo così tanto», sorrise Sebastian malizioso.
Thad affondò sul letto, con Sebastian sopra di lui che gli solleticava i fianchi.
«Basta, ho capito, devo dormire qui», si arrese Thad, divertito.
Sebastian la smise di torturarlo con un sorriso compiaciuto: «Ottengo sempre quello che voglio», disse, facendogli l’occhiolino.
Thad sospirò: «Certe volte sei proprio un bambino».
Sebastian si limitò a sorridergli, poi notò che Thad era arrossito. Finalmente realizzò che era sopra di lui, sul suo letto.
Si guardarono negli occhi. Thad, rosso per l’imbarazzo e ansimante, gli sorrise.
Sebastian ricambiò, e sembrò che nessuno dei due volesse alzarsi. Stavano così bene vicini.
Sebastian lo accarezzò con delicatezza, come solo lui sapeva fare. Unì le loro labbra in un bacio dolce e breve.
Le loro lingue si incontrarono, rendendo più intenso il contatto.
Sebastian accarezzò i fianchi di Thad, senza smettere di baciare quelle labbra che in quegli anni gli erano mancate terribilmente.
Thad assecondò le mosse di Sebastian, accarezzandogli la schiena.
I baci divennero sempre meno dolci e più profondi, ma mai bruschi e impetuosi: si baciarono con bisogno e passione.
Sebastian gli sollevò leggermente la maglietta, chiedendo con lo sguardo il permesso a Thad. Lui rispose con un semplice bacio sulle labbra.
Inizialmente Sebastian pensava di aver esagerato, ma si ricredette. Fu tutto così naturale, proprio come cinque anni prima. I loro corpi, nudi ed eccitati, in un unico corpo; i loro cuori che dopo tutto quel tempo si erano finalmente ritrovati. 


 

Angolo Autrice

Buon pomeriggio a tutti! :)
Eccomi con il diciannovesimo capitolo! :) 
Vi avevo promesso palate di angst, ma mi sa che le rimanderò al prossimo capitolo *fugge via*
Abbiamo però un po' di Brandeff e... e niente di positivo *sghignazza* Brandon svela finalmente tutto a Jeff che, forse - preciso, forse -, a quanto pare gli ha dato un'altra possibilità... nel prossimo capitolo ne sapremo di più ;)
Nick, oh, Nick che si autocommisera xD Piccolo ♥ E Harry... Harry è un piccolo genio, punto.
Abbiamo un lieve accenno di Niff alla Dalton, minuscolo accenno, direi, ma c'è comunque xD ;)
Non voglio soffermarmi su Dylan perché lo odio (che novità), ma... quali sono, secondo voi, le faccende da sistemare? çç
E ora finalmente i Thadastian *---* Dai, dopo 19 capitoli ci voleva un po' di Thadastian! xD
A parte gli scherzi xD, hanno ritrovato la loro sintonia, hanno ritrovato se stessi ♥ è amore, awww ♥ *fangirlizza e sparge cuoricini*
Ringrazio BrokenRoses, AngelAnderson15 e Breatheunderwater che hanno recensito lo scorso capitolo e tutti coloro che leggono!
Al prossimo capitolo (con più Niff, promesso) ♥

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Capitolo 20
*** You don't know how lovely you are - Reprise ***


You don't know how lovely you are - Reprise
 


Sebastian venne svegliato dagli accecanti raggi del sole. Sbatté leggermente le palpebre per poi aprire definitivamente gli occhi. Strinse più forte a sé il ragazzo tra le sue braccia, come se avesse paura di perderlo. Non lo avrebbe potuto sopportare un’altra volta.
Thad biascicò qualcosa. Sebastian lo baciò teneramente sulla guancia: «Sono già le dieci…», mormorò.
«Mm», bofonchiò Thad.
Sebastian incominciò ad occuparsi del suo collo, lasciandogli piccoli baci.
«Mica sto sognando?», chiese ad un certo punto l’ispanico, ancora mezz’addormentato.
«No», rispose il francese, abbracciandolo con fare protettivo: «Sono qui, Thad».
Thad aprì gli occhi e si voltò verso di lui. «Ciao», lo salutò, trattenendo uno sbadiglio.
«Hey», rispose l’altro con un sorriso, poi si fece serio: «Non ti ho fatto male, vero?».
Thad scosse il capo. Restarono qualche minuto in silenzio, l’uno abbracciato all’altro.
«Ti amo», gli disse ad un certo punto Thad con il suo bellissimo sorriso, con spontaneità e con occhi vivi e luminosi.
Sebastian sorrise, intenerito, accarezzandogli leggermente i capelli: «Anch’io ti amo», rispose, sincero.
Thad accoccolò la propria testa sul suo petto: «Non voglio perderti mai più…», sussurrò.
«Lo stesso vale per me», concordò il francese: «Non ce la farei mai un’altra volta».
 Thad annuì lentamente, lasciandosi accarezzare. «Ho paura», mormorò inaspettatamente.
«Di cosa?», chiese Sebastian perplesso.
«Di quello che accadrà, del futuro… di tutto», rispose l’ispanico, impensierito: «… di Dylan…».
«Hey», Sebastian lo guardò negli occhi: «Ora non devi aver paura di niente, okay? Lo denuncerai, no?».
Thad sembrava indeciso. «È ovvio che lo devi denunciare, Thad, i suoi sono stati veri e propri reati, si tratta di maltrattamento, di abuso, di violenza!», continuò Sebastian serio.
«E se invece andassimo via?», negli occhi di Thad si accese una nuova speranza: «Se scappassimo?».
«Non risolveresti un bel niente: verrebbe a cercarti pure in capo al mondo, e non perché ti ama davvero, ma perché sei la sua ossessione», spiegò Sebastian razionale, poi disse: «Possiamo denunciarlo e dopo andare dove vuoi tu, da qualsiasi parte… ti seguirò ovunque, se tu lo vuoi».
Thad rifletté a lungo su quelle parole. Se avesse denunciato Dylan, sarebbe stato in pace. Non doveva aver alcun timore.
«Oggi andiamo alla stazione di polizia», si decise Thad: «Grazie, Seb, grazie di tutto».
Sebastian gli sorrise leggermente. Thad lo baciò sulle labbra, poi gli sussurrò: «Parigi».
«Che cosa?».
«Mi hai detto che mi seguirai ovunque se lo voglio», gli ricordò Thad: «E io ti voglio nella mia vita».
Il francese sorrise: «Vada per Parigi, allora».
 
Jeff si svegliò alle dieci e mezzo del mattino, o meglio, finì di disperarsi alle quattro per poi crollare alle sei.
Venne svegliato bruscamente da un rumore. Aprì gli occhi di scatto, vedendo Brandon che aveva tra le mani una valigia.
«S-scusa, non… non volevo svegliar…».
«Spiegami cosa diamine stai facendo», Jeff lo interruppe.
«Me ne vado», rispose Brandon con semplicità, poi chinò il capo: «Io… io non posso stare ancora con te…».
Jeff lo guardò, confuso: «Non ho mai detto che te ne devi andare…», mormorò.
«Lo so, ma… ma non possiamo continuare così, Jeff!», Brandon alzò il viso, guardandolo intensamente negli occhi: «Sono stato un mostro, mi dispiace tantissimo, e non mi sento degno di una persona così buona e bella come te! Ti ho tradito, ho tradito la tua fiducia, non c’è cosa più orribile. Non ti merito, Jeff. Tu meriti di meglio, non un ipocrita come me».
«Ma… ma possiamo riprovarci, possiamo ricominciare!», protestò Jeff, con le lacrime agli occhi. Non poteva essere davvero finita.
«Ho fatto una cosa bruttissima, Jeff. Ho bisogno dei miei spazi. E tu dei tuoi. Forse una pausa gioverà ad entrambi», tagliò corto Brandon.
«Pausa è soltanto un modo più carino per dire che è finita, vero?», disse Jeff, rosso per la rabbia, mentre i ricordi, spiacevoli, riaffiorarono nella sua mente.
 
«Jeff… hai visto Thad e Sebastian? Sebastian ha fatto soffrire Thad e non voglio che ciò accada anche a noi, quindi sarebbe meglio se ci prendessimo una pausa…».
«Nick, ma io non ti tradirei mai!», asserì lui disperato.
«Jeff, non ci vedremo per tanto tempo. Non voglio che in questi quattro anni tu ti senta solo a causa mia… si continua a vivere», gli spiegò Nick razionalmente cercando di trattenere le lacrime: «Io ti amo tantissimo, Jeff, ma non voglio essere un ostacolo per te».
 
Era già successo una volta con una delle persone a cui teneva di più. Non poteva succedere anche con Brandon, con il quale aveva smesso di vedere il mondo in bianco e nero da quando aveva rotto con Nick.
«Jeff, io…».
«Dillo!», insistette Jeff, arrabbiato: «Dillo che è finita!».
Brandon afferrò la valigia, dirigendosi verso la porta.
«Non te ne andare, ti prego…», lo supplicò il ragazzo, con le lacrime agli occhi: «Non è finita, no, non può esser…».
Le sue parole vennero interrotte dal rumore di una porta aprirsi per poi chiudersi.
 
Lunedì.
Lavoro, Harry a casa con la babysitter e Thad da Sebastian.
E un Dylan che continuava a mandargli messaggi rassicuranti del tipo non preoccuparti, lo troverò.
Nick tratteneva di continuo l’istinto di andare fin sotto casa sua per spaccargli la faccia. Si chiese quando Thad avesse intenzione di esporre denuncia.
Durante l’ora di spacco, notò che gli era arrivato un messaggio.
 
Ciao, Nick. Mi dispiace, ma non potrò più impartire lezioni di chitarra ad Harry. Scusami per il disagio – Jeff
 
Nick s’insospettì.
 
Ciao, Jeff. D’accordo, spero soltanto che non sia successo nulla di grave. A presto! – Nick
 
Nick tornò a casa per le sette, pagò la babysitter e salutò suo figlio.
«Tesoro», lo salutò, prendendolo in braccio e dandogli un bacio sulla guancia.
«Papi!», rispose Harry sorridente.
«Tutto bene con Annie?», chiese, premuroso.
«Sisi. È molto gentile», rispose il bimbo, poi con un sorriso disse: «E ora chitarra con Jeffie!».
L’espressione di Nick s’incupì: «Harry, mi dispiace, ma Jeff non verrà».
Harry lo guardò, perplesso: «Come mai?».
«Non lo so», rispose suo padre sincero: «E non verrà neanche domani. Ha detto che non può più venire, ma non preoccuparti, ti troverò un altr…».
«… ma non sarà la stessa cosa. Io volevo Jeffie», lo fermò Harry, rattristito: «Chissà perché non può più venire… forse si è scocciato di me, forse gli sto antipatico…».
«Ma no, Harry, non pensare mai ad una cosa del genere!», lo rassicurò Nick.
«Io glielo chiederei, però», insistette il bambino: «Questa cosa m’insospettisce».
… e insospettisce anche me, completò mentalmente Nick con un sospiro.
Il cellulare di Nick squillò improvvisamente.
«Sarà Jeffie!», esultò Harry.
Ma non era Jeff.
«Buona serata, dottor Duval, sono Andrew».
Nick si ricompose: «Oh, buona serata, signor Depp! Mi dica».
«Sarebbe così gentile da recarsi all’ospedale entro mezz’ora per un turno straordinario? Stasera c’è molto lavoro da sbrigare e sto cercando di contattare tutti i dipendenti».
Nick si ritrovò in difficoltà, ma dovette accettare. Non bisognava mai mettersi contro il proprio capo, in particolare con un tipo esigente come il signor Depp.
«Harry, purtroppo dovrò chiamare una babysitter. Devo riandare a lavoro», lo informò Nick, digitando un numero sul cellulare e sperando che ci fossero babysitter disponibili a quell’ora.
Harry sbuffò, ma capì la situazione, perciò non protestò: «Va bene, a più tardi, papi».
 
Nick si ritrovò in anticipo, perciò decise di passare da Jeff. Non voleva essere invadente, ma in realtà era molto preoccupato per lui.
Gli mandò un messaggio chiedendogli l’indirizzo, e lo raggiunse in poco tempo.
Bussò alla porta.
«Ciao», Jeff l’aprì e lo salutò. Aveva gli occhi arrossati e l’aria di chi aveva appena smesso di piangere. Nick lo conosceva bene, ma decise di non riempirlo di domande.
«Hey», rispose Nick, poi chiese gentilmente: «Disturbo?».
«No, per niente», fece l’altro, facendolo entrare.
La prima cosa che Nick avvertì fu una sensazione di vuoto. Il silenzio e una valigia aperta e mezza piena sul divano gli lasciarono un senso d’inquietudine.
Si chiese che cosa ci facesse Jeff con quella valigia.
Il ragazzo lo lesse nel pensiero: «Oh, tra qualche giorno vado in Ohio dai miei… sai, mi mancano», finse un sorriso.
Nick annuì, lentamente. «Resterò qualche giorno», continuò Jeff, poi disse: «Non… non proprio qualche giorno…».
Prese delle magliette che aveva poggiato su una sedia e le sistemò in valigia: «Più di un giorno…», mormorò.
«Brandon?», chiese Nick, incredulo.
Jeff forzò un sorriso: «Brandon sta bene…», rispose.
«Stai andando via da New York definitivamente», Nick giunse alla conclusione, poi chiese la conferma: «Vero?».
Jeff non riuscì a guardarlo negli occhi. Si voltò, continuando a riempire il bagaglio: «Vado via perché non ho più niente che mi possa trattenere qui a New York. Non ho neanche un lavoro stabile. Non ho Brandon. Non ho niente… non ho nessuno!», si sfogò, piangendo: «Perché rimanere? Cosa cazzo ci faccio io a New York?!».
Nick soffrì nel vederlo piangere. Gli bloccò delicatamente il polso. Jeff si voltò, verso di lui. «Non è vero che non hai nessuno…», rispose Nick, avvicinando le sue labbra a quelle dell’altro.
Le unì in un tenero bacio. Entrambi persero il controllo, e Jeff approfondì il contatto anziché rifiutarlo. Si baciarono con bisogno, con passione, ritrovandosi contro la parete, senza nemmeno prendere fiato.
Fu proprio Nick a staccarsi, sgranando leggermente gli occhi per quello che aveva appena fatto: «Oddio, scusami, io non… non avrei mai dovuto…».
Anche Jeff sembrò finalmente rendersi conto di quello che era appena accaduto.
«Ho rovinato tutto, lo so, ho rovinato tutto…», continuò a rimproverarsi Nick.
«Sì», asserì Jeff, gelido: «Hai rovinato tutto», disse.
«Io… io devo andare a lavoro».
Idiota. Codardo. Vigliacco.
Non sapeva come definirsi. Non doveva scappare dai problemi. Li doveva affrontare.
Andò via.
 
«Pronto?», gli chiese Sebastian premuroso.
Thad annuì. Il francese lo baciò dolcemente sulle labbra: «Allora andiamo», gli sussurrò.
Aprì la porta di casa, e sentirono il sangue raggelarsi nelle vene.
Thad si sentì morire.
«Che coincidenza, stavo per bussare!».

 

Angolo Autrice

Buon pomeriggio a tutti! :)
Eccomi con il ventesimo capitolo! :) Non ho riletto il capitolo, quindi scusatemi per eventuali strafalcioni >.<
Questo è soltanto l'inizio dell'angst e... e non uccidetemi, vi prego çç *fugge via*
*prima di fuggire*: non insultate Jeff. è stato un po' "acido" nei confronti di Nick dopo il bacio perché è spaventato da tutto quello che sta accadendo ed è così confuso, non sa più che fare, se restare o meno :( 
Ringrazio BrokenRoses, AngelAnderson15, Maggie_Evans e Melipedia che hanno recensito lo scorso capitolo e tutti coloro che leggono!
Al prossimo capitolo ♥
*scappa*

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Capitolo 21
*** Nobody said it was easy ***


ATTENZIONE: in questo capitolo è presente un linguaggio piuttosto colorito ed elementi che potrebbero in qualche modo turbare il lettore.
 


Nobody said it was easy


Thad sarebbe morto da un momento all’altro: la persona che gli aveva rovinato l’esistenza e che continuava a tormentarlo era lì, sulla soglia della porta dell’appartamento di Sebastian, con un sorriso folle, e lo guardava con avidità.
Thad stava tremando. Sebastian voleva tanto stringergli la mano e rassicurarlo, dirgli che non doveva preoccuparsi, che Dylan non poteva più fargli niente.
Dylan fece qualche passo in avanti, entrando con disinvoltura in casa.
«Bella casa», commentò, con un sorriso sbieco.
Quell’atteggiamento irritò enormemente Sebastian. Thad, inquieto, avrebbe voluto dire o fare qualcosa, ma le parole gli si bloccavano in gola e le gambe non avevano proprio voglia di muoversi.
«Thad», Dylan si voltò inaspettatamente verso di lui: «Oggi saresti dovuto essere mio marito».
Thad rabbrividì. Non riuscì a dire niente.
«Non farti pregare, Thad. Ritorna da me. Che ci fai qua?», la voce di Dylan era spaventosamente calma, e ciò terrorizzava ancor di più Thad: «Perché sei andato via, perché non ti sei presentato al comune, perché sei qui? Ma proprio non capisci che ti amo, che farei di tutto per te, che se mi comporto così è soltanto per il tuo ben…».
No, questo era troppo.
«Verme», sibilò Sebastian gelido: «Sei un verme».
«Puttana», asserì Dylan: «Brutta puttana».
«Non ti rivolgere così a Sebastian!», Thad ebbe il coraggio di rispondere. Tutto, ma non parlare così del suo Sebastian.
«Piccolo ingenuo Thad, ma è la verità», raccontò Dylan: «Sai come sono riuscito a scovarti? Grazie ad uno di quei locali che frequenta il tuo amichetto. Ieri ero lì per mangiare qualcosa, non per altro, ho chiesto di te e mi hanno detto che il tuo nome era loro familiare perché pronunciato spesso da un certo Sebastian Smythe durante le sue entusiasmanti sveltine».
Sebastian sentì le guance prendere fuoco. Arrossì, di rabbia e di vergogna.
Thad sgranò gli occhi. «Mi hanno detto anche che la maggior parte delle volte si prende soldi e che quindi questo è il suo lavoro. Guadagna così, Thad. Non è nessunissimo avvocato, ti ha preso per il culo».
Sebastian non riuscì a guardare Thad in faccia.
«Davvero preferisci lui a me?», continuò Dylan: «Davvero preferisci una puttana come lui a uno come me che ha un buon lavoro, che non ha mai smesso di amarti, che non ti ha mai tradito?».
A quelle parole, Thad ribollì di rabbia: «Sì», asserì infine, con un coraggio che non credeva nemmeno di possedere: «Sebastian avrà pure sbagliato, ma mi ama, mi ama davvero! Mi rispetta!».
«Certo, un uomo fidanzato che scopa con un altro è molto rispettoso nei confronti del suo ragazzo», parlò Dylan.
«Aveva soltanto diciassette anni e non è niente in confronto a quello che mi hai fatto tu!», rispose Thad.
«Io cercavo soltanto di raddrizzarti, di educarti, di farti capire come andavano le cos…».
«Cosa? Educare? Picchiandolo? Insultandolo? Per cosa, poi? Ti sembra questo il modo?», Sebastian lo interruppe, furioso. Si avvicinò a Thad e gli rimboccò le maniche della camicia: «Questo non è niente, Dylan, potrei andare oltre! Sul petto e sulla schiena ha delle cicatrici! Capito? Cicatrici! Ha delle lesioni, dei veri e propri tagli! Ma stiamo scherzando?!».
Gli occhi di Thad si inumidirono.
«Mi faceva arrabbiare», si giustificò Dylan, quasi con ovvietà.
Sebastian trattenne l’impulso di spaccargli la faccia: «Ti faceva arrabbiare?! Che cazzo di giustificazione è?! Non hai scusanti! Sei un mostro!».
«Come fai a sapere che ce li ha anche sulla schiena e sul petto?», sviò l’argomento Dylan: «Sei andato a letto con lui, vero, Sebastian?».
Nessuno dei due rispose.
«E bravo il mio fidanzato, a quanto pare preferisce le puttane», Dylan era visibilmente adirato.
«E ora basta!», si alterò Thad: «Lascialo stare!».
Dylan si avvicinò minacciosamente a Thad e gli strinse il mento con le dita: «Bel faccino, tu non mi urli contro, ricordi?».
Sebastian diede uno spintone a Dylan, allontanandolo da Thad: «Non lo sfiorare nemmeno!».
«Tu non devi toccare il mio ragazzo, brutto stronzo!», fece Dylan sferrando un pugno in faccia a Sebastian.
Il francese lo colse in pieno, ma non si tirò indietro. Si gettò su Dylan e iniziarono a prendersi a cazzotti.
«Smettetela!», Thad provò a dividerli, invano.
Sebastian gli tirò un pugno, rompendogli il setto nasale.
Si picchiarono violentemente. Fu proprio Dylan a interrompere la rissa, alzandosi con fatica e allontanandosi dai ragazzi.
«Sebastian», mormorò l’ispanico allarmato, avvicinandosi al francese.
«Tutto bene», cercò di rassicurarlo l’altro.
Dylan estrasse qualcosa dalla tasca dei pantaloni.
Thad e Sebastian spalancarono gli occhi. Una pistola.
«Non lo fare!», fu Thad a parlare: «Ti supplico, Dylan!».
«Thad, sappi che è tutta colpa tua se questo patetico romanzetto rosa sta per finire in tragedia», lo schernì Dylan, con un sorriso divertito.
Dylan puntò la pistola. Thad e Sebastian non avevano scampo, bastava un leggerissimo movimento e Dylan avrebbe potuto premere il grilletto.
«Dylan, ti scongiuro, non farlo», lo supplicò Thad.
«Non fare del male a lui», si intromise Sebastian, poi aggiunse: «… solo me, ma lascia stare lui…».
Thad spalancò gli occhi: «Sebastian, ma sei pazzo?!».
«Oh, caro Sebastian, così mi piaci: sono d’accordo con te, se solo Thad si levasse dal cazzo, altrimenti sono costretto ad uccidere entrambi», Dylan sorrise come se avesse appena fatto una battuta.
Folle. Ecco cos’era: un folle.
«Non fare cazzate, Dylan. Diventeresti un assassino…», provò a persuaderlo Thad, con le lacrime che gli rigavano il volto.
«Allora dammi una buona ragione per non diventarlo», lo sfidò Dylan: «Forza, Thadduccio».
Thad lo guardò con ribrezzo. Rifletté.
Dylan era pazzo, avrebbe potuto fare qualsiasi cosa.
Gli rimaneva soltanto una cosa fare. Sperò di prendere una decisione saggia, sperò di proteggere almeno Sebastian.
«Ti prego, non fare niente a Sebastian, lascialo in pace… dimentica tutta questa storia, e io ritorno da te…», lo implorò Thad con occhi arrossati: «Ti sposerò pure, se lo vuoi ancora…».
Dylan sorrise divertito, abbassando lentamente la pistola. «Non te lo permetterò, Thad», replicò Sebastian: «Tu non ritorni da quel mostro che ti ha rovinato la vita!».
«Caro, Thad ha fatto la sua scelta. Torna a fare la puttana che sei e lasciaci stare che hai già rovinato tutto», fece Dylan.
«Non rivolgerti così a lui», disse Thad, freddo.
«Torniamo a casa, su», lo incitò Dylan.
Sebastian si sentiva impotente. Che cosa poteva fare?
«Thad, non farlo…», provò a convincerlo.
Thad lo guardò negli occhi, rattristito.
Lo faccio perché ti amo, pensò il ragazzo.
Era assurda tutta quella situazione. Era assurda, ma purtroppo era la realtà, e Thad sapeva che quella era la cosa giusta da fare.
«Forza, cammina», gli ordinò Dylan brusco, spingendolo con violenza.
Sebastian non immaginava cosa Thad avrebbe dovuto sopportare a casa. Ne sarebbe uscito vivo?
Quello era troppo.
Sebastian si avvicinò a Dylan, sferrandogli un pugno. Ma quest’ultimo fu più veloce di lui ed estrasse la pistola: lo sparò.
Sebastian a terra. Sangue. Thad non capì più niente. Credette di impazzire.
Thad spalancò gli occhi: «SEBASTIAN! COSA DIAM…».
Dylan gli tappò la bocca: «Zitto, stronzo, o uccido anche te».
Thad diede un calcio a Dylan che cadde a terra.
La pistola gli scivolò dalle mani. Thad l’allontanò con il piede. Si sentì due mani stringergli il collo.
Thad voleva chiamare l’ambulanza, la polizia, qualcuno. Ma Dylan glielo stava impedendo.
«È finita, Thad. Sebastian è morto. Potresti seguirlo all’inferno, ma meriti di soffrire qui, non lì con lui», gli sussurrò, in corrispondenza dell’orecchio.
Si sentì il rumore di una sirena. Forse i vicini avevano udito lo sparo e avevano avvertito la polizia.
La porta, mezz’aperta, venne completamente spalancata dai poliziotti che immediatamente si avvicinarono a Dylan e Thad.
Per sorpresa di Thad, tra di loro c’era Blaine Anderson, il suo compagno della Dalton.
Blaine guardò con occhi sbarrati Sebastian a terra.
«Chiama un’ambulanza, ti prego», gli intimò Thad piangente, mentre gli altri poliziotti trasportavano via lui e Dylan.
 
C’era agitazione in ospedale.
«Dottor Duval! Un ragazzo è stato sparato! Occorre un intervento d’urgenza!», la collega Sandy avvertì il medico.
Nick annuì: «Andiamo», la incitò.
Il ragazzo seguì la collega. Si sentì morire quando vide Sebastian disteso sulla barella.

 

Angolo Autrice

Buongiorno a tutti!
Eccomi con il ventunesimo capitolo! :)
Ecco, siamo nel pieno dell'angst... D:
I Klaine dovevano tornare, per ora abbiamo Blaine, e sarà presente anche nel prossimo capitolo ;)
Penso che avete capito che Dylan, oltre a essere possessivo eccetera eccetera, è folle, quindi impazzisce e prova ad uccidere i nostri ciccini che, ahimé, se la vedono molto brutta in questo capitolo D: (in particolare Sebastian).
Niente Niff, niente Jeff, niente Harry, ma don't worry: nel prossimo capitolo abbiamo un po' di Niff, Harry e tanto, tanto Jeffie! :33 :D
Il ventiduesimo capitolo è quasi pronto, quindi credo di postarlo o stasera o domani, anche se non ne sono ancora sicura! c:
Ringrazio AngelAnderson15, BrokenRoses e Sunflower_ che hanno recensito lo scorso capitolo e tutti coloro che leggono!
Al prossimo capitolo :D

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Capitolo 22
*** No-one ever said it would be this hard ***


No-one ever said it would be this hard


Quella fu la notte più lunga della vita di Nick, Jeff, Thad e Sebastian.
Thad e Dylan erano stati interrogati separatamente dai poliziotti. Thad aveva raccontato tutta la sua storia. Era stato rilasciato, ma doveva essere sottoposto ad ulteriori interrogatori, e non sapeva come stesse Sebastian.
La sera, prima di lasciare la prigione, parlò con Blaine.
«Ti ringrazio per aver chiamato l’ambulanza», lo ringraziò l’ispanico.
«Dovere», rispose il ragazzo, poi abbracciò Thad: «Hai subito tutto questo…», mormorò, inorridito da Dylan.
Thad si strinse più forte a Blaine, lasciando che le lacrime bagnassero il suo viso.
 
L’operazione era andata bene: avevano estratto in tempo il proiettile e medicato con estrema attenzione la ferita che, fortunatamente, si limitava alla spalla destra e non aveva colpito alcun organo vitale.
Erano le dieci di sera: Nick aveva ricevuto una chiamata da Thad e fortunatamente lui stava bene fisicamente.
Nick doveva rimanere in ospedale e Harry era ancora a casa con la babysitter ed era già troppo tardi. Nick si ritrovò a chiedere aiuto a Jeff.
Lo telefonò, cercando di non pensare all’accaduto di quel pomeriggio e sperando che Jeff non lo ignorasse.
Per un momento pensò che non volesse rispondere alla chiamata, ma infine udì la sua voce: «Nick?».
«Jeff», rispose il ragazzo: «Scusami se ti chiamo solo per chiederti un favore, è una situazione critica…».
Jeff sospirò: «Dimmi pure».
«Lo so, sto per chiederti troppo, ma è successo un gran casino e non c’è tempo da perdere. Dylan è in prigione, Thad a casa e Sebastian in ospedale, ma sta bene, quindi non preoccuparti».
Jeff stava già per allarmarsi: «Cos’ha Sebastian?», chiese, apprensivo.
«È stato sparato da Dylan. Aveva un proiettile nella spalla, ma ora è tutto a posto».
Il biondo spalancò gli occhi: «Un proiettile? Sparato?!».
«Jeff, calmati, ti prego. Ora sta bene, lo tratterremo soltanto qualche giorno all’ospedale», lo rasserenò Nick.
«Grazie al cielo sta bene…», mormorò Jeff, ancora scosso.
«Già. Ti chiedo un immenso favore: puoi portare Harry dalla nonna, la madre di Ashley? Non tornerò a casa e Harry non ha nessuno, ti posso dare l’indirizzo e spiegarti com…».
«Se vuoi evitare di chiedere ad Ashley, posso prendermi io cura di lui», lo interruppe Jeff, rassicurandolo: «Magari chiedo anche a Thad di venire, così siamo tutti uniti e compatti».
«Sicuro, Jeff? Già sto disturbando tanto».
«Non disturbi, Nick, e comunque è un momento difficile. Non preoccuparti, davvero».
«Grazie, Jeff. Sei un vero amico», Nick lo ringraziò di cuore: «Avverto la babysitter».
 
Proprio come gli aveva detto Nick, Jeff arrivò a casa sua e, una volta parlato con la babysitter, restò da solo con il piccolo Harry.
«Papà è a lavoro e purtroppo deve restarci tutta la notte, mi ha chiesto di prendermi cura di te, spero non ti dispiaccia», gli disse il ragazzo premuroso.
Harry rispose semplicemente con un abbraccio caloroso: «Pensavo non volessi vedermi più. Allora mi vuoi bene».
Jeff si emozionò, sentendosi gli occhi pungere leggermente: «Certo che ti voglio bene, tesoro, perché non dovrei?».
 
La telefonata di Nick risollevò il morale di Thad. Sebastian aveva scampato qualsiasi pericolo.
Ricevette la chiamata di Jeff e lo raggiunse a casa di Nick.
«Zio Thaddy!», lo salutò Harry, saltandogli addosso.
Thad lo prese in braccio: «Harry», lo salutò, con un lieve sorriso, cercando di camuffare le lacrime che aveva versato prima.
«Sono felice di vedere sia te che Jeffie», disse il bambino entusiasta: «Però ho tanto sonno, mi dispiace andare a dormire senza nemmeno parlare un po’ con voi».
«Non preoccuparti, Harry, è stata una giornata dura per tutti», lo rassicurò Thad, alludendo a quel che era successo.
«Sei già pronto per andare a dormire?», gli chiese il biondo.
«Sì, devo lavarmi soltanto i denti», rispose il bimbo.
«Allora andiamo a lavarci i denti», lo esortò Jeff.
«Jeff, spero che non ti offenda, ma io vorrei andare all’ospedale», bisbigliò l’ispanico al biondo.
Il ragazzo lo guardò, comprensivo: «D’accordo, Thad».
Jeff abbracciò l’amico: «Se hai bisogno di qualcosa, chiama a qualsiasi ora».
Thad annuì: «Grazie di tutto, Jeff».
Il biondo sorrise. «Vai già via?», chiese Harry dispiaciuto.
«Sì, tesoro, ma ci vedremo presto, va bene?», Thad gli scompigliò affettuosamente i capelli.
«Va bene», confermò il piccolo: «Ci vediamo!».
 
Jeff non sapeva come comportarsi. Avrebbe dovuto far dormire Harry nel suo letto e lui avrebbe dovuto dormire nel letto di Nick e Ashley?
Si sentiva un po’ a disagio, ma doveva farlo per Harry.
E per Nick, aggiunse mentalmente, sentendosi le guance avvampare.
Rimboccò le coperte del piccolo Harry: «Buonanotte, Harry», gli disse con un sorriso.
Harry sorrise a sua volta.
«Vuoi la porta aperta o chiusa?», gli chiese gentilmente Jeff.
«Aperta, grazie», rispose il bambino.
Il biondo gli sorrise un’ultima volta, poi si fermò in corridoio, indeciso sul da farsi.
Nick gli aveva detto di fare come se stesse a casa sua. Non aveva molto sonno ed era piuttosto nervoso, ma non voleva di certo aprire il frigorifero e farglielo trovare vuoto a causa di fame nervosa.
Si recò in camera da letto e la osservò, assorto nei suoi pensieri.
Se cinque anni prima non si fossero lasciati, lui e Nick avrebbero vissuto insieme, forse proprio lì, a New York. Forse in quella casa, ma anche in un’altra, e quella sarebbe stata la loro stanza.
Jeff scosse il capo, prendendo un cuscino e recandosi in salotto. Si accomodò sul divano, perché non se la sentiva di dormire in quel letto.
Si sdraiò, accoccolandosi al cuscino e cercando invano di trovare una posizione comoda per dormire. Pensò ai tempi della Dalton e a quanto fosse bello e confortevole dormire tra le braccia di Nick.
Jeff arrossì nuovamente, poi ripensò al bacio di quella sera.
Era stato un bacio dolce e lieve che si stava trasformando in qualcosa di più intenso e travolgente. C’erano stati passione, calore, desiderio.
Poi pensò a Brandon.
Era confuso, così confuso.
Deluso da Brandon.
Attratto da Nick.
Confuso.
Il ragazzo chiuse leggermente gli occhi, sperando di riuscire a prendere sonno.
 
Conosceva gli orari dell’ospedale e purtroppo non poteva andare a trovare Sebastian a quell’ora, ma voleva almeno incontrare Nick per chiedere di lui.
Quando Thad arrivò, Nick lo abbracciò fortemente.
«È tutto finito», cercò di tranquillizzarlo: «Dylan è in prigione, non può più far del male, e Sebastian sta bene, deve soltanto riposare».
Thad singhiozzò: «Ma se fosse finita male? Sebastian ha rischiato, c’è mancato poco!».
«Thad, lo so, ma fortunatamente non è successo, quindi non fossilizzarti su questo», lo rassicurò il medico, poi gli accarezzò la schiena: «Va tutto bene, su».
«È tutta colpa mia! Sebastian stava per morire a causa mia!», si sfogò Thad, sentendosi colpevole.
«Non dire così perché non è così, Thad», asserì Nick: «Non pensarlo nemmeno».
«Ho avuto paura», confessò Thad: «Ho avuto una paura folle. Per un momento ho quasi creduto che Sebastian fosse morto davvero… Dylan aveva uno sguardo folle… non sono mai stato così terrorizzato in vita mia».
Il moro lo strinse fortemente a sé: «Non accadrà mai più. È finita».
 
«Jeffie».
Un ronfo.
«Jeffie».
«Mm», biascicò il ragazzo.
«Jeffie!».
«Harry, che c’è?», Jeff si issò leggermente sul divano, stropicciandosi gli occhi e sbadigliando.
«Ho fatto un incubo spaventoso», rivelò il bambino.
«Vuoi raccontarlo? A volte aiuta, sai?», lo esortò il biondo.
Harry annuì leggermente, ancora scosso per il sogno: «Nel sogno c’eravamo io, te, papà, lo zio e quel Sebastian. C’era anche un mostro orribile con i tentacoli che inseguiva lo zio e Sebastian e alla fine ha fatto del male a Sebastian, poi il mostro è scomparso e papà ha salvato Sebastian».
Jeff rimase impressionato da quel sogno, ma cercò di non darlo a vedere: «Non preoccuparti, piccolo, è soltanto un brutto incubo, anch’io ne facevo tanti da piccolo, sai? E tutt’ora può capitare di farli. Tutti fanno incubi».
Harry annuì leggermente, poi disse: «Quando non riesco a dormire, papà mi fa dormire nel lettone con lui».
Jeff inarcò un sopracciglio. «Ti dispiace se dormo con te?», chiese timidamente il bambino.
Il biondo diventò paonazzo: «Certo», accettò, perplesso.
Harry sorrise leggermente, prendendo il cuscino e sistemandosi sul divano, accanto a Jeff.
«Ti voglio bene, Jeffie. Secondo me saresti proprio un ottimo papà, ma non dirlo a papà, potrebbe offendersi», scherzò Harry: «Siete entrambi fantastici, vi voglio un mondo di bene».
A quelle parole, Jeff non capì più niente: «D-davvero pensi questo?», chiese, incredulo.
Harry annuì, convinto: «Sì, e mi piacerebbe tanto se vivessi con noi. Io, te e papi. Non sarebbe bello?».
Jeff sgranò gli occhi: «C-che cosa? Io, te e papà?».
«Certo! Già lo chiesi a papi», rispose il bambino.
«E che cosa ti disse?», chiese il biondo, incuriosito.
«Non lo so se era d’accordo, ma disse che abitavi con Brandon e che quindi non si poteva».
Jeff chinò il capo. Brandon… non c’era più nessun Brandon.
«Papi mi ha detto che eravate amici del cuore alla Dalton», continuò il bambino: «Ogni volta che parla di te, è strano… sembra triste e felice allo stesso momento… non saprei spiegarlo. Chissà perché».
Una lacrima solitaria bagnò la guancia di Jeff. «Tutto bene? Ho detto qualcosa di sbagliato?», chiese il bambino, preoccupato.
«Tutto bene, tesoro», rispose Jeff con un sorriso intenerito e scompigliandogli i capelli.
«Buonanotte, Jeffie», concluse Harry sorridente.
«Buonanotte, Harry».
 
Nick, assieme ai suoi colleghi e agli infermieri, dovette occuparsi degli altri pazienti, compreso Sebastian.
Quella notte, Nick entrò in camera di Sebastian per un controllo, e lo trovò sveglio. Era un buon segno.
«Sebastian», Nick gli sorrise, contento di vederlo in condizioni migliori. «Dylan è in prigione. Non c’è più niente da temere», lo informò.
«Thad?», chiese immediatamente il francese.
«Thad sta bene, prima è anche venuto qui», lo rassicurò Nick: «So che vuoi vederlo proprio come lui vuole vedere te, ma purtroppo dovrete aspettare domattina. Regole dell’ospedale».
Sebastian sbuffò, ma non poté non lasciarsi scappare un sospiro di sollievo. Thad stava bene, era quello l’importante.

 


Angolo Autrice

Buon pomeriggio a tutti! :D
Mi meraviglio di me stessa: il ventiduesimo capitolo, anziché arrivare domani o stasera (o tra un mese, lol, ahahah), è arrivato di pomeriggio xDD *fiera di se stessa* u.u xD
Allora, lo dico esplicitamente ora perché forse non l'ho specificato bene nello scorso capitolo: Blaine è un poliziotto, ecco spiegato che cosa ci faceva lì xD Quelli che hanno udito lo sparo, quindi i vicini, hanno chiamato la polizia, Blaine, invece (se non Blaine l'avrebbero comunque fatto gli altri poliziotti xD), l'ambulanza :33
Poca Thadastian stavolta, ma un po' di Niff e tanta, tanta Jarry (Jeff+Harry), come promesso 
Inevitabilmente, Thad si sente in colpa, anche se sappiamo tutti che la colpa è del verme -.-", non sua. Sebastian sta bene, non potevo farlo morire! Fortunatamente non è stato colpito in parti vitali.
E poi abbiamo Jeffie e i suoi dilemmi, i suoi ricordi, i suoi sentimenti *-* è confuso, ma sa che qualcosa tra lui e Nick si è riacceso. *^* *fangirlizza*
Harry è la voce della coscienza, punto, penso che ormai l'abbiate capito xDD 
Nel prossimo capitolo vi prometto un po' di Thadastian e un bel po' di Niff :)
Credo di aver finito con l'angst xD Mi sa che avremo soltanto fluff e feelings dal prossimo capitolo in poi ;)
E mi sa un'altra cosa: non lo so ancora, forse altri tre o quattro capitoli + l'epilogo e la ff è finita. :c
Ringrazio BrokenRoses, AngelAnderson15, sabtomlinson e angela_s che hanno recensito lo scorso capitolo e tutti coloro che leggono!
Al prossimo capitolo :D

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Capitolo 23
*** Tell you I'm sorry ***


Tell you I'm sorry


La mattina dopo, Thad era già all’ospedale, puntuale. A causa dell’ansia e della preoccupazione, quella notte non aveva chiuso occhio.
Salutò Nick che stava per tornare a casa, poi chiese al personale dell’ospedale di poter vedere un paziente e gli venne dato il consenso.
Entrò nella sua camera e lo vide, disteso sul lettino.
Sebastian lo accolse accennando un sorriso: «Thad», lo chiamò: «Grazie al cielo stai bene».
«Grazie al cielo stai bene tu!», rispose l’altro chinandosi accanto a lui, con gli occhi che stavano incominciando a riempirsi di lacrime: «Mi dispiace, è tutta colpa mia!».
«Calma, Thad, non è colpa tua, okay?», cercò di rassicurarlo Sebastian: «Non è mai stata colpa tua, la colpa è sempre stata soltanto di quel lurido essere che per anni ti ha reso la vita un tormento».
«La colpa è mia, invece. L’avrei dovuto denunciare già molto tempo fa», Thad chinò il capo, mesto.
«Ora questo non c’entra, questa è un’altra cosa. So che non è stato affatto facile sopportarlo, capisco che avevi paura e che…».
«… non dovevo far arrivare Dylan a tanto», lo fermò Thad: «Non sarei mai dovuto scappare così, inaspettatamente...».
«Convinciti dell’idea che non sei tu che hai fatto arrivare Dylan a fare cose del genere. Se ha provato ad ucciderci, vuol dire che l’ha pensato lui, che l’avrebbe fatto a prescindere dal tuo atteggiamento. Tu non hai fatto niente di sbagliato, okay? È stato proprio Dylan a farti credere di essere sbagliato».
Thad alzò il capo, guardandolo negli occhi: «Sebastian, mi dispiace… mi dispiace tantissimo, mi sento così tremendamente in colpa…».
Sebastian gli prese la mano, stringendola forte e portandosela al cuore: «È tutto finito, Thad. Ora non c’è più niente di cui aver paura, davvero».
Thad si asciugò le lacrime, annuendo lentamente. «Mi hai perdonato, Thad?», chiese inaspettatamente il francese, spaventosamente serio.
«In realtà credo di averti perdonato già da tempo… ci siamo lasciati e, anche se provavo a nasconderlo, credo di non aver mai spesso di pensare a te», svelò l’ispanico.
Sebastian annuì: «E le parole di Dylan? Che cosa ne… pensi?», chiese, imbarazzato.
Thad boccheggiò: «È… è vero?», chiese.
«Sì, ma ho smesso proprio l’altra sera, quando ti ho ospitato a casa mia. Stavo per andare in quel locale, ma fortunatamente sei stato proprio tu ad impedirmelo», spiegò Sebastian, poi con un sorriso disse: «Sei sempre stato come un angelo custode».   
Thad sorrise leggermente. «Mi dispiace averti mentito, io… io mi vergognavo, okay? Non ho mai terminato la facoltà di giurisprudenza, ho interrotto gli studi, senza di te non riuscivo a fare niente, ed era tutta colpa mia. Mi sono meravigliato di quanto l’amore possa avermi condizionato la vita… sai bene che ho sempre pensato che l’amore fosse una cosa patetica, inutile… ti consuma, ti rovina la vita, ma con te è sempre stato diverso, Thad. Alla fine mi sono trasferito a New York, perché sapevo che eri lì, a meno che non avevi cambiato college. Sai che ti dico? Non mi sono mai pentito di tutto questo… al diavolo tutto il resto! Averti ritrovato è stata la cosa più bella del mondo, credimi. Innamorarmi di te è stata la cosa più bella che potessi mai fare. È stato un errore? Bene, sappi che è un errore che rifarei sempre, all’infinito».
Thad, emozionato, gli strinse più forte la mano: «Andrà tutto bene, hai ragione: ora non c’è più niente e nessuno che può fermarci».
 
Nick arrivò a casa per le otto e mezzo del mattino. Aprì lentamente la porta con le chiavi e il buio della stanza lo accolse. Si avvicinò alla finestra, alzando le tende. I raggi del sole entrarono, illuminando la casa. Sul divano, Nick poté distinguere le figure di Harry e Jeff dormire serenamente. Due angeli, pensò intenerito e con il cuore che gli batteva forte.
«Hey, Nick».
Il moro si voltò, sentendosi chiamare. Jeff sbatté le palpebre, issandosi sul divano, con gli occhi ancora assonnati e i capelli arruffati: «Sebastian? Thad?», chiese, immediatamente.
«Tutto bene, Sebastian verrà rilasciato domattina», rispose il moro, avvicinandosi a lui.
«E tu? Tutto bene? Immagino sei stanco», parlò il biondo, premuroso.
«Sì, ma non importa», lo rassicurò il moro, poi bisbigliò: «Harry? Ha dato problemi per dormire?».
«No… andiamo di là? Harry potrebbe svegliarsi», gli suggerì Jeff.
Nick annuì, poi lo condusse nella propria camera. «Ha fatto un incubo e ha voluto dormire con me sul divano. Sai che mi ha detto?», iniziò il biondo.
Il moro scosse il capo. «Mi ha detto che ci vuole bene e che secondo lui sarei un ottimo padre. Gli piacerebbe che io vivessi con voi due…».
«Lo so, me lo disse già», confermò Nick.
«… e mi ha detto che quando tu parli di me, sembri triste e felice allo stesso tempo», continuò il biondo.
Nick sentì le lacrime, silenziose, solcargli le guance.
«Io… scusami, Nick, non pensavo davvero quello che ti ho detto ieri pomeriggio», disse Jeff chinando il capo, mesto: «Ero… sono confuso».
Nick gli si avvicinò: «È tutto okay. Tranquillo, forse hai bisogno dei tuoi tempi. Ti… ti capisco, posso capirti», provò a rasserenarlo.
Jeff avvicinò le sue labbra a quelle di Nick, unendole in un bacio molto breve e appena sfiorato. «Non… non dimentichiamo di nuovo. Smettiamola di fingere. Riproviamoci. Possiamo partire dall’inizio», parlò il biondo.
Nick lo cinse delicatamente per i fianchi: «Neanche io voglio dimenticarti… sappi che per quanto ci abbia provato, non ci sono mai riuscito».
Jeff gli accarezzò la guancia: «Quanto mi sei mancato, Nick… il mio primo ragazzo, ma soprattutto il mio migliore amico».
Le lacrime, più insistenti, continuarono a bagnare il volto del moro. Jeff gli tolse via le lacrime sulle labbra, accarezzandole delicatamente con la lingua: «Non piangere… ti emozioni sempre, tu…», sussurrò, con un sorriso vivace.
«Ah, senti chi parla!», sbottò Nick, poi risero entrambi. «Comunque sono d’accordo. Riproviamoci, partiamo dall’inizio», disse infine, serio.
Jeff annuì. Proprio in quel momento udirono il trillo di un cellulare.
«Ah, è il mio… l’ho lasciato di là, sul tavolino. Speriamo che non abbia svegliato Harry…», asserì il biondo premuroso, uscendo dalla stanza insieme all’altro.
 
 È passato così poco e già mi manchi. Avevo deciso di tagliare completamente i rapporti con te per quello che ho fatto, ma perché è così difficile? Cavolo, ti amo – Brandon
 
Jeff fece leggere l’sms a Nick. «Giusto, alla fine non ti ho spiegato niente…», disse il biondo.
Nick annuì lentamente. «Brandon mi ha tradito perché io… beh… perché io non sono entrato nelle sue grazie, ecco…», iniziò Jeff, diventando porpora.

Nick inarcò un sopracciglio. «Davvero?», gli sfuggì. Quella di Jeff e Brandon gli era sempre sembrata una coppia molto affiatata, gli sembrava difficile pensare che non lo fossero anche in quel senso.
«Sì», rispose il biondo, poi disse: «Sono rimasto... deluso, ma deluso è riduttivo. Non volevo che andasse via… volevo qualche spiegazione in più, qualche chiarimento… avremmo potuto parlarne insieme, ricominciare, non so, fare qualcosa, qualsiasi cosa, ma lui ha preferito rinunciare, prendendo una pausa. È finita, sai che non credo nelle pause».
Nick annuì, abbassando il capo. «Cosa pensi di fare?», chiese, infine.
«Mi sembrava fosse chiaro», disse Jeff, con uno strano sorriso e posando il cellulare.
Nick lo guardò, perplesso. «Ci siamo finalmente ritrovati, Nick. Non posso perderti di nuovo. Non voglio che accada di nuovo».

 


Angolo Autrice

Buona serata a tutti! :D
Scusatemi per il vergognoso ritardo! Sono stata molto assente durante queste settimane a causa della scuola, ma la settimana che sta per venire sarà ancora peggio, quindi mi sa che mi farò viva soltanto alla fine del mese D: (spero prima).
Che dire... capitolo leggermente di passaggio dal punto di vista Thadastian, anche se abbiamo dei chiarimenti e le parole di Sebbie provenienti dal suo cuoricino <3 *my OTP is perfect *---* * E poi... NIFF! *fangirlizza* Urliamolo: NIFF, NIFF, NIIIFFF! *delira*
E questo è solo l'inizio della Niff... ;) *sghignazza*
Ringrazio angela_s e BrokenRoses che hanno recensito lo scorso capitolo e tutti coloro che leggono!
Al prossimo capitolo :D

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Capitolo 24
*** The Scientist ***


The Scientist


Erano rimasti sul divano, l’uno a fianco all’altro, ad osservare Harry dormire.
«È un bellissimo bambino», commentò il biondo, intenerito.
«Lo so», rispose semplicemente Nick, emozionato: «Lo so…».
«Non mi sembra reale», disse Jeff.
«Cosa?», chiese il moro confuso.
«Tutto questo. Non si è capito più niente in questi giorni…», ammise Jeff: «Dylan, Brandon… Thad, Sebastian… io, te… Sembra quasi un film», sdrammatizzò con un sorriso.
Nick annuì. «Credi nel destino?», domandò improvvisamente Jeff.
«Che?», Nick inarcò un sopracciglio.
«Credi nel fatto che la nostra vita sia scritta, che è tutto prestabilito?».
Nick ci pensò su: «No. Secondo me tutto dipende dalle nostre scelte, dalle nostre decisioni… siamo noi artefici del nostro destino».
Jeff annuì. «E tu?», chiese Nick, incuriosito.
«Non saprei… cioè, dipende. La penso come te, ma secondo me ci sono alcune cose che non si possono cambiare, destinate ad accadere… tipo noi due, no? Secondo me era destino che ci rincontrassimo», spiegò il biondo.
«Non sei mai stato così filosofico, Jeffie», lo stuzzicò Nick con un sorriso.
Jeff rise, dandogli un pizzicotto sul braccio. «Ero serio, comunque, signor Nicholas-so-tutto-io-Duval», lo provocò.
Nick arricciò il naso. «Non mi chiami Nicholas, signor Jeffrey Sterling».
Questa volta fu Jeff ad esibire una smorfia. «Nemmeno il preside alla Dalton mi chiamava così».
Risero sottovoce, prendendosi in giro a vicenda.
Erano loro: Nick e Jeff. Nick e Jeff della Dalton, Nick e Jeff di New York.

Nick e Jeff di sempre.
 
La giornata passò molto velocemente. Harry fu lieto di trascorrere una bella giornata con suo padre e con Jeffie, peccato che il ragazzo tornò a casa propria per la notte.
La mattina seguente, Sebastian venne rilasciato dall’ospedale e tornò a casa, insieme a Thad.
Non appena entrarono e si chiusero la porta alle spalle, Sebastian baciò Thad sulle labbra con passione.
«Ti amo», gli sussurrò Sebastian sul collo, lasciandogli un tenero bacio.
«Ti amo anch’io», rispose Thad con sicurezza, per poi allontanarsi di malavoglia dal ragazzo: «Dovresti riposarti un po’, Seb».
Sebastian annuì, sedendosi sul divano. «Vieni qua», lo esortò.
Thad si sedette al suo fianco, e Sebastian lo cinse a sé con il braccio non bendato.
«Devo dirti una cosa», fece il francese, serio.
«Dimmi pure, ti ascolto».
«Mi piacerebbe rimettermi a studiare», svelò il ragazzo: «Giurisprudenza».
«Ma è grandioso, Seb!», rispose Thad, sinceramente felice, abbracciandolo forte a sé.
«Thad… capisco la tua felicità… ma il mio braccio no», scherzò Sebastian, e Thad allentò la presa. «Scusa… ma è davvero fantastico, Seb. Quando vorresti iniziare?».
«Beh, quando ricominciano le lezioni… solo che c’è un problema», disse Sebastian, poi sospirò e continuò: «Non ho abbastanza soldi».
«Oh», fu l’unica cosa che uscì dalla bocca di Thad. «Beh, posso aiutarti io».
«Non ti preoccupare, Thad, è ora che anch’io lavori in modo pulito», si convinse Sebastian: «Posso arrangiare da qualsiasi parte per mettere da parte un po’ di soldi. Ci vorrà tempo, ma non fa niente, non ho fretta».
Thad annuì. «Ti aiuterò ogni volta che ne avrai bisogno. Sempre», sussurrò Thad, lasciandogli un dolce bacio sulla guancia.
«Lo stesso vale per me. Potrai sempre contare su di me, Thad», Sebastian era maledettamente sincero e Thad sapeva che diceva la verità, che poteva veramente fidarsi di lui.
Dylan aveva finito di distruggere la sua vita, e Sebastian sapeva a cosa stava andando incontro, ma questa volta era pronto come non mai in vita sua. Thad era ormai da sempre la sua unica ragione di vita, non avrebbe mai voluto vederlo soffrire. Vedere le sue lacrime era come una nuova morte, vedere il suo sorriso una nuova rinascita.
Sebastian lo strinse forte a sé. «È una promessa», sussurrò.
«Non ce n’è bisogno», mormorò Thad: «Mi fido di te».
 
Quel pomeriggio, qualcuno bussò alla porta. Thad s’irrigidì e divenne incredibilmente pallido: Sebastian sapeva a cosa stava pensando.
«Thad, è tutto sotto controllo, non devi temere più nulla!», lo rassicurò il più alto: «Non può più farci niente».
Thad annuì. «Sì, lo so, scusa… non può essere lui».
Sebastian gli lasciò un bacio sulle labbra, per poi avvicinarsi alla porta. L’aprì e si ritrovò travolto da un cucciolo di Duval che correva verso zio Thad e da un Jeff Sterling che gli si era praticamente buttato addosso.
E poi c’era Nick Duval, che assisteva al tutto con un piccolo sorriso sulle labbra.
«Ciao, Sebastian! Ho saputo tutto, sono davvero contento che tu stia bene», Jeff staccò delicatamente l’abbraccio. Sebastian lesse sincerità e vera preoccupazione nei suoi occhi.
«Ti ringrazio, Sterling», rispose, gentilmente, poi si rivolse anche a Nick: «Entrate pure».
I ragazzi entrarono e si chiusero la porta alle spalle. Harry era tra le braccia di Thad.
«Io… l’ho saputo anch’io», rivelò Harry, chinando il capo.
Thad lo guardò sorpreso. «Cosa?», chiese, confuso, rivolto più verso Nick che verso Harry.
«Abbiamo deciso di dirglielo», Jeff precedette Nick: «Gli abbiamo detto che non ti trovavi bene con Dylan e che è successo quel che è successo».
Thad annuì. «Io l’avevo sempre detto che quel Dylan era insopportabile. Non mi è mai piaciuto, aveva qualcosa di cattivo negli occhi», asserì Harry.
Sebastian non avrebbe mai smesso di sorprendersi di quel bambino.
«Meno male che stai bene, Sebastian», fece Harry, rivolto al ragazzo.
Sebastian gli sorrise leggermente. «Grazie», mormorò.
Ci fu un breve e imbarazzante attimo di silenzio. Sebastian osservò attentamente l’atteggiamento di tutti: Thad aveva tra le braccia Harry, e aveva i muscoli del viso piuttosto rilassati; Nick era leggermente rosso in viso, mentre Jeff si mordicchiava continuamente il labbro inferiore con nervosismo.
Venne illuminato da una brillante idea.
«Harry, vuoi restare a dormire da me e zio Thaddy? Credo che papà e Jeffie debbano parlarsi», propose Sebastian ammiccando un sorriso.
Nick finì per diventare paonazzo, e Jeff smise di torturare il labbro, guardando Sebastian con occhi sgranati.
Improvvisamente Sebastian era parso più simpatico agli occhi di Harry.
«Papi, posso restare da zio Thaddy? Per faaavore», chiese il piccolo Harry con due occhi speranzosi.
Nick sospirò. «Andrebbe bene, ma non vogli…».
«Nessun disturbo, Duval», lo rassicurò Sebastian senza nemmeno lasciarlo finire di parlare: «Davvero».
«Hai visto, papi? Ha detto sì», fece Harry con un sorriso, poi si rivolse a Thad: «Sei felice, zio?».
«Certo», rispose Thad, leggermente confuso dal piano strategico di Sebastian che non aveva ben compreso.
Nick annuì. «Va bene, tesoro», gli schioccò un bacio sulla fronte.
«Allora voi andate, Harry starà bene con noi», Sebastian si avvicinò alla porta e l’aprì, come se volesse cacciarli di casa. O meglio, era proprio quello che stava facendo.
Jeff aveva capito tutto, ma era troppo imbarazzato per spiegarlo a Nick o per dire qualcosa di sensato.
«Mi ringrazierai soltanto, Sterling», gli sussurrò Sebastian quasi con malizia, leggendolo nel pensiero.
Jeff arrossì lievemente. «Ciao, Smythe», si limitò a dire.
Salutarono Harry e Thad, per poi andare via.
Quando chiuse la porta, Sebastian alzò il braccio in segno di vittoria.
Thad si avvicinò a Sebastian, con Harry tra le braccia piuttosto felice.
«Dov’è il trucco?», chiese Thad inarcando un sopracciglio: «Non sono sicuro di aver capito…».
Sebastian ridacchiò come un bambino in un negozio di caramelle. Si avvicinò a Thad, sussurrandogli all’orecchio: «Beh, saranno soli e chiariranno nel migliore dei modi una volta e per tutte…».
Thad roteò gli occhi al cielo, per poi ridere. Sebastian era sempre lo stesso, e lo amava anche per questo.
«Cosa vuoi fare, Harry?», gli domandò Thad con un sorriso finalmente vero.
«Vi va di guardare un film?», chiese timidamente il piccolo Harry.
«Certo, va bene», rispose Sebastian, scompigliandogli amichevolmente i capelli.
 
Nick e Jeff erano rimasti ancora fuori la casa di Sebastian, imbarazzati e indecisi sul da farsi.
«Sebastian è buffo, certe volte», commentò improvvisamente Nick interrompendo il silenzio, ridacchiando pensando alla scenata di prima.
Jeff, invece, era ancora rosso in viso.
Mi ringrazierai soltanto, Sterling.
«Io… io penso che Sebastian voleva che stessimo un po’ soli… sai, per parlare un po’», provò a dire Jeff, con un sorriso impacciato.
Ma no, Jeff. Non si era capito.
Jeff provò invano a zittire le vocine della sua testa.
Nick lo guardò, così adorabile come sempre. Gli prese la mano, ed entrambi sentirono i loro cuori battere all’impazzata. «Andiamo da qualche parte?», chiese.
«Passiamo un attimo a casa mia e andiamo da William’s. Ti va?», fece Jeff.
«Mi va», rispose l’altro con un sorriso.
 
Sebastian non aveva molti film, perciò fu costretto a sorbirsi il cartone animato preferito di Harry che stava trasmettendo in tv. Ma non si lamentò: non respirava un’atmosfera così serena e pacifica da tanto tempo. Thad era al suo fianco, dopo tanti anni, e nessuno dei due aveva intenzione di perdere l’altro, perché ognuno era innamorato follemente dell’altro, come sin dal primo giorno. Harry sprizzava allegria ed energia da tutti i pori, contagiando anche gli altri; lasciando stare l’aspetto esteriore, forse per Sebastian era più un piccolo Sterling che un piccolo Duval.
Sorrise leggermente, finché non finì per addormentarsi, perché comunque il cartone era noioso.
 
Erano passati a casa di Jeff per prendere la chitarra. Jeff avrebbe voluto suonare qualcosa quella sera e Nick era estremamente curioso, ma non fece domande.
Andarono da William’s e mangiarono una pizza, parlando del più e del meno, quando finalmente il pianobar si liberò e Jeff poté farsi avanti, chiedendo di potersi esibire.
Il padrone del locale, William, accettò senza problemi e Jeff si ritrovò sul palchetto, seduto, con la propria chitarra sulle sue ginocchia e il microfono vicino al suo volto.
«Buonasera a tutti! Stasera vorrei suonarvi qualcosa di… di… insomma, niente di ritmato, come mio solito», Jeff sorrise, poi ritornò serio: «… è una canzone dei Coldplay a cui tengo particolarmente, forse perché è la sua preferita… cantata da questa persona è anche meglio, ma insomma, non voglio farvi aspettare, spero vi piaccia…».
Jeff suonò i primi accordi, e Nick poté già sentire il suo cuore esplodere.
 
Come up to meet you, tell you I'm sorry
You don't know how lovely you are
I had to find you, tell you I need you
Tell you I set you apart

Tell me your secrets and ask me your questions
Oh, let’s go back to the start
Running in circles, coming in tales
Heads are a science apart

 
La voce di Jeff era sempre la stessa magnifica voce di sempre, limpida e semplicemente perfetta.
Lui era perfetto. Un angelo, per Nick era sempre stato un angelo meraviglioso.
Le lacrime rigavano i suoi occhi. Le asciugò con la manica della camicia. Perché si emozionava sempre?

Nobody said it was easy
It's such a shame for us to part
Nobody said it was easy
No-one ever said it would be this hard
Oh take me back to the start


Jeff lo esortò a cantare con lui, con un sorriso. Inizialmente Nick rifiutò gentilmente, ma poi accettò, persuaso da quel sorriso irresistibile.
 
I was just guessing at numbers and figures
Pulling your puzzles apart
Questions of science, science and progress
Do not speak as loud as my heart

And tell me you love me, come back and haunt me
Oh and I rush to the start
Running in circles, chasing tails
And coming back as we are


Nick e Jeff si guardarono negli occhi, emozionati. Era la loro canzone, la loro storia. La loro vita.

Nobody said it was easy,
oh it’s such a shame for us to part
Nobody said it was easy
No-one ever said it would be so hard

I’m going back to the start

oh, ooooo
ah, ooooo
oh, ooooo
oh, ooooo

 
«Sebastian?», la vocina di un bambino lo svegliò.
Sebastian ronfò. La voce di un moccioso… com’era possibile, se lui non aveva bambini?
«Lasciami dormire», borbottò brusco, aggrappandosi al bracciolo del divano.
Thad rise, trovando la scena esilarante.
«Seb, il cartone è finito, vedo che ti è piaciuto», scherzò Harry con un enorme sorriso.
Sebastian batté freneticamente le palpebre, per poi svegliarsi completamente e capire che quella non era altro che la vocina del figlio di Duval. Sospirò sollevato.
«Cosa c’è per cena?», chiese Harry allegro.
«Ora vediamo», rispose Thad dolcemente, ricambiando il sorriso: «Sebastian, cosa c’è in frigo?».
«Ehm… sono aperti i supermercati a quest’ora?», chiese Sebastian con un sorriso imbarazzato.
«Okay…», mormorò Thad, alzandosi dal divano: «Io e Harry andiamo a comprare qualcosa, torniamo subito».
«Vengo con vo…».
«Dove vuoi andare con questo braccio?», lo fermò Thad, premuroso.
«Thad, guarda che riesco ancora a camminare», disse Sebastian inarcando un sopracciglio, poi si alzò e prese il cappotto: «Andiamo all’emporio, dovrebbe essere aperto».
 
Harry aveva preso posto nel carrello, ma fortunatamente Sebastian non si era ritrovato ad esaudire nessuna richiesta imbarazzante. Nonostante i tre anni, sembrava un bambino piuttosto calmo e maturo e Sebastian fu felice di non doverlo scorazzare in giro per il supermercato.
Harry era spensierato e la sua allegria rese Thad e Sebastian di buonumore.
«Chissà dove stanno e cosa stanno facendo ora…», mormorò Thad perplesso, alludendo a Nick e Jeff.
Sebastian osservò l’orario. «Mah, ancora presto. Sono soltanto le nove».
Thad lo guardò torvo. «Hey, che ho detto?», gli chiese Sebastian con finta innocenza per poi sorridergli. Thad non si sarebbe mai stancato di quel sorriso meraviglioso e di quegli incantevoli occhi verdi intensi e travolgenti come un uragano. Sorrise, inconsapevolmente.
«Stai sorridendo come un ebete, Harwood», gli fece notare Sebastian, spezzando il momento idilliaco: «Eh, lo so, faccio quest’effetto alla gente…».
«Sei sempre il solito sbruffone», mugugnò Thad, ma non riuscì a trattenere un sorriso.
«Ma tu mi ami anche per questo», sussurrò Sebastian, e se fosse stato a casa lo avrebbe già riempito di baci. Si limitò a sorridergli, e Thad ricambiò, arrossendo lievemente.
Sebastian non si sarebbe mai stancato neanche di quello.
«Sai, stasera ho fatto due cose buone…», disse Sebastian, parlando sottovoce per farsi sentire soltanto da Thad: «… sicuramente i Niff approfitteranno della mia generosità…», e Sebastian si beccò l’occhiataccia del compagno: «… e noi, intanto, ci stiamo anche un po’ allenando a fare i baby-sitter. Sai, per degli eventuali bambini».
Thad realizzò dopo un attimo quel che Sebastian aveva detto con così tanta semplicità e disinvoltura. Arrossì vistosamente: poteva essere quella un’esplicita proposta di formare una famiglia insieme?
 
Per le undici si incamminarono verso la casa di Jeff. Non ebbero molte parole da dirsi durante il tragitto, anche se erano entrambi piuttosto agitati da emozioni intense.
Jeff inserì le chiavi nella toppa della porta. Il buio li avvolse immediatamente e Jeff accese la luce. Si chiuse la porta alle spalle e appoggiò la chitarra sul divano.
Si voltò verso Nick, che lo guardava quasi con timidezza. Jeff gli si avvicinò e lo baciò dolcemente sulle labbra, accarezzandogli il volto con le mani.
Nick rese più profondo il contatto, attirando Jeff verso di sé e facendo scendere le sue mani lungo la sua schiena.
La timidezza e la trepidazione svanirono e Nick e Jeff, più spontanei che mai, si baciarono con passione e veemenza. Erano emozioni nuove, emozioni nuove per entrambi, emozioni che non avevano mai provato prima d’ora l’uno per l’altro.
Qualche attimo dopo si ritrovarono nella camera del biondo, intenti a baciarsi e a interrompere soltanto quando mancava il respiro.
Jeff spinse Nick contro il letto, senza lasciare il possesso delle sue labbra. Nick si aggrappò alla sua maglietta, per poi sfilargliela. Jeff fece lo stesso con Nick, lasciandosi baci infuocati e percependo il desiderio crescere sempre più.
«Ti amo», sussurrò Jeff con sicurezza e con la voce leggermente rauca.
Nick gli accarezzò il viso e gli sorrise. «Ti amo anch’io».

 


Angolo Autrice

Buona serata a tutti! :D
Scusatemi per il vergognoso ritardo! Come avevo già detto nell'altro capitolo, mi sarei fatta viva verso la fine di giugno e... ed eccomi lol xD Giorni fa ho avuto un po' di febbre e non mi sono sentita molto bene, ma forse è anche grazie alla febbre che ho ripreso a scrivere xD Questa settimana cercherò di farmi viva ancora di più (?) perché non so se ci sarò anche il mese prossimo :/
La canzone è senz'altro The Scientist dei Coldplay, la canzone base di questa fanfiction *-* <3
Che dire... ho scritto di getto il capitolo e non l'ho riletto, quindi scusatemi per eventuali strafalcioni! :cc
Io... io l'avevo detto che quello era soltanto l'inizio della Niff! xD *sghignazza*
Ebbene, abbiamo i Niff e sì, finalmente. Poi abbiamo anche i Thadastian <3 che... che stanno giocando a fare i baby-sitter? lol xD Sebastian è un furbacchione, non c'è niente da fare xD Non voleva cacciare i Niff (o forse sì? XD), voleva soltanto che chiarissero... come lui sa. xD
Tanti feelings per i Niff e i Thadastian e per Harry <3 Secondo le mie previsioni (?) alla fine della ff mancano un capitolo e l'epilogo :c <3
Ringrazio BrokenRoses, Niam_, Melipedia, AngelAnderson15, Gio Colfer 93 e Lorenzoboss66 che hanno recensito lo scorso capitolo e tutti coloro che leggono!
Al prossimo capitolo :D

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Capitolo 25
*** I'm going back to the start ***


I'm going back to the start


Nick venne svegliato alle nove dal trillo della sveglia di Jeff.
Allungò il braccio e spense la sveglia, cercando di non svegliare Jeff che dormiva serenamente con la testa appoggiata sul suo petto.
A quella visione Nick sorrise e gli posò un tenero bacio tra i capelli.
«Nick…», biascicò Jeff, assonnato, sbattendo le palpebre.
«Hey», rispose il moro.
«Buongiorno», sussurrò il biondo, lasciandogli un bacio sulla guancia.
«’giorno a te, Jeffie».
Quando sentì pronunciare quel nome, Jeff sorrise, nostalgico. «Sei tornato, Nick. Sei tornato da me. Finalmente insieme», disse.
Non sapeva nemmeno perché stesse dicendo quelle cose, ma pronunciare quelle parole gli dava la consapevolezza che Nick non sarebbe più andato via, che non si sarebbero divisi più.
«Sì», confermò Nick, stringendolo a sé con fare protettivo: «Sono tornato… siamo tornati».
Jeff annuì. «Dimmelo», mormorò, accoccolandosi di più al suo petto.
«Cosa?», chiese Nick perplesso accarezzandogli teneramente i capelli.
«Dimmi che mi ami», rispose lui serio, in un sussurro: «Dimmi che mi ami e che non mi lascerai mai più».
«Ti amo tantissimo», rispose il moro, sincero, baciandogli dolcemente la guancia: «Non ti lascerò mai più».
«Promettilo», insistette Jeff: «Non lasciarmi mai più, Nick…».
Quella di Jeff sembrava quasi una supplica. Aveva paura di stare di nuovo senza Nick. Lo amava troppo e non avrebbe mai voluto separarsi di nuovo da lui.
Si completavano, l’uno era la parte complementare dell’altra, e non ce l’avrebbero mai fatta a farne a meno.
«Non ti lascerò mai più. Promesso», rispose Nick. Mantenere una promessa non è semplice, è un qualcosa che richiede consapevolezza e serietà, ma Nick sapeva che Jeff era la sua unica certezza: «Ti amo».
«Ti amo anch’io», rispose Jeff, beandosi dei baci e delle carezze del suo ragazzo.
 
«Zio Thaaaaaaddy! La colazione è pronta!».
La vocina di Harry fece svegliare Thad quasi di soprassalto.
Il ragazzo si sistemò meglio sul divano dove aveva dormito; Harry aveva insistito affinché dormissero tutti e tre insieme, e Sebastian aveva suggerito di dormire sul divano.
Appoggiò la testa sullo schienale del divano, finendo per riaddormentarsi.
«Aspetta», disse Sebastian a Harry con un occhiolino. Harry sorrise: Sebastian non era poi così male.
Sebastian andò in salotto, e si sedette al fianco di Thad, senza far rumore. Avvicinò le sue labbra sulla sua guancia e…
«Svegliati, cialtrone!», quasi gli stordì un orecchio.
«Sebastian!», si lagnò Thad: «Che risveglio brusco…».
«Sei un fannullone! Vergognati, persino Harry si è svegliato prima di te».
Si sentirono le risatine di Harry sin dalla cucina, e a Sebastian non poté non sfuggire una risata. Thad incrociò le braccia, cupo. «Ho sonno», bofonchiò: «Quando hai sonno tu io non ti disturbo».
Sebastian sorrise, divertito, per poi catturare immediatamente le sue labbra in un bacio. «Dormi troppo. Prova a dormire qualche volta il pomeriggio e riserva tutte le tue energie per la notte… che cosa ne pensi?», scherzò, malizioso.
Il broncio di Thad non durò a lungo. «Non hai mai avuto bisogno di una scusa per portarmi a letto…», mormorò, con un sorriso malandrino.
«Smettila con questo sorriso da sgualdrina, Harwood, rischio veramente di non rispondere più delle mie azioni», disse Sebastian: «e con questi capelli scompigliati, poi… sei estremamente sexy».
Thad lo attirò a sé. «Ti amo, Seb», gli sussurrò sulle sue labbra, con un bellissimo sorriso che sciolse il cuore di Sebastian.
«Lo so, piattola».
«Piattola? Ancora con i nomignoli del liceo…», mormorò Thad con uno sbuffo, ma non poté non sfuggirgli un sorriso.
«Non lo ammetterai mai, ma adori quel soprannome», disse Sebastian convinto: «e poi ti si addice alla perfezione. Sei sempre stato il rompiscatole, fastidioso, scocciante ragazzo per il quale ho perso la testa».
«Ogni giorno mi meraviglio di quanto tu sia sempre più romantico, davvero», disse Thad sarcastico, lasciandosi andare ad un sorriso.
«Beh, avevo pensato di portarti la colazione, che cosa romantica, ma poi ho pensato che mi avresti potuto sporcare il divano, quindi ora fai poche storie ed alzati. Basta il pensiero, no?», fece Sebastian, esortando il ragazzo a seguirlo in cucina. Thad rise, scuotendo il capo, divertito.
«Buongiorno, zio Thaddy!», Harry gli sorrise, radioso.
«Buongiorno, tesoro», rispose Thad con un sorriso. Harry gli corse incontro e gli schioccò un bacio sulla guancia.
«Credo che dovrei inviare un messaggio a Duval», asserì Sebastian, prendendo il cellulare.
«Perché chiami mio padre Duval? Si chiama Nick», domandò Harry incuriosito.
Thad sorrise. «Sebastian ha una fissa per chiamare tutti per cognome, è come se fosse una cosa più formale e riservata».
 
«Andiamo da Harry, Thad e Sebastian?», propose Nick.
«Certo», rispose Jeff, versando del caffè nella sua tazza: «Facciamo velocemente colazione, ci prepariamo e poi scendiamo, okay?».
Nick annuì. «Sai, saresti un ottimo padre per Harry», disse improvvisamente, con un sorriso.
Jeff arrossì, sorridendo imbarazzato. «Oh, ti ringrazio, ma non voglio dar problemi ad Harry… non penso che la situazione possa fargli piacere…».
«Anch’io mi preoccupavo di questo, ma Harry ti adora», disse Nick.
«Sì, mi adora, ma come amico di suo padre, non come il suo compagno», spiegò Jeff serio.
«Hai ragione», fece Nick, poi cercò di rasserenarlo: «Tranquillo, vedremo come fare».
«Qualsiasi cosa, ma voglio che Harry sia felice», fece Jeff, profondo: «Voglio che sia lui a scegliere».
«E sarà così», concordò Nick.
 
Per le dieci e mezzo, erano tutti a casa di Sebastian.
«Papi! Jeffie!», esultò il piccolo Harry quando li vide, precipitandosi nelle loro braccia.
I ragazzi sorrisero. «Tesoro», disse Nick, prendendolo in braccio: «Hai fatto il bravo?».
Thad rispose al posto suo. «È stato bravissimo, come sempre», sorrise.
«Mica hai fatto arrabbiare Sebastian?», gli chiese Jeff, con un sorriso curioso.
«No, anzi, mi sono fatto tante risate con Sebby!», sorrise Harry.
Sebastian trattenne una smorfia per quel soprannome.
«Posso avere un bicchiere d’acqua?», chiese Jeff gentilmente.
«Certo», rispose Sebastian, conducendo il biondo in cucina. Nick e Thad restarono in salotto con Harry a parlare.
«Sterling caro, allora?», domandò il francese, incuriosito, porgendogli il bicchiere d’acqua.
«Cosa allora?», chiese il biondo perplesso, bevendo un sorso.
«Com’è stato?», ammiccò il francese.
L’acqua gli andò quasi di traverso. Arrossì tremendamente. «Bellissimo», disse, infine, con un sorriso timido.
Sebastian sorrise, compiaciuto. «Finalmente, sarà strano detto da me ma non sopportavo l’idea di vedervi separati. Siete come un’unica entità, lo dicevano anche alla Dalton».
Jeff rise. «Anch’io non riuscivo a vedere te e Thad divisi. Siete perfetti insieme, credo di non aver mai visto Thad così felice come lo è con te».
 
«Che fine avevate fatto?», chiese Harry curioso quando Jeff e Sebastian uscirono dalla cucina.
«Ah, niente di che, piccole confidenze», sorrise Sebastian, facendo arrossire Jeff.
La giornata passò tranquillamente e Sebastian invitò Nick, Jeff e Harry a restare da loro per pranzo.
Trascorsero le ore a parlare e a ridere, esattamente come cinque anni prima. Nick, suo figlio e Jeff andarono via verso sera, e Sebastian e Thad restarono soli.
«È tutto tornato come prima», fece Thad, emozionato: «È tutto giusto, ora… è così che deve andare».
Sebastian lo baciò con passione sulle labbra. «Ti amo», disse, semplicemente, prendendogli il viso tra le mani.
Thad si perse in quegli incantevoli occhi verdi che ormai erano il suo mondo. «Anch’io», gli sussurrò Thad, baciandolo.
«Mi vuoi sposare?».
Thad restò felicemente sorpreso da quella proposta.
«Quando vuoi», continuò Sebastian, serio: «magari tra qualche anno… quando vuoi tu, se lo vuoi, ovviamente…».
Thad lo abbracciò, stringendolo forte a sé, mentre lacrime di gioia incominciarono ad inumidire i suoi occhi. «Certo che lo voglio, sì, sì, sì…», mormorò, entusiasta: «Ti sposerò, Sebastian… sì».
Sebastian sorrise. Thad lo baciò con sicurezza: era pronto ad iniziare la sua nuova vita con il ragazzo che amava più di ogni altra cosa al mondo.
 
Erano tutti fuori la casa di Nick. Quest’ultimo inserì le chiavi nella serratura della porta: sembrava piuttosto nervoso.
«Harry», lo richiamò Jeff che finalmente si decise a parlargli.
Il piccolo si voltò, sorridente. «Dimmi, Jeffie».
«Io… io volevo sapere se…», farfugliò Jeff, poi disse: «… se ti piacerebbe che io venissi a vivere qui, con te e papà».
Harry sorrise, entusiasta. «Certo che lo voglio!», fece il bambino, poi disse: «Papi cosa ha detto?».
«Sceglierò quello che vuoi tu, piccolo», rispose Nick, ma era palese che fosse d’accordo.
«Sì, allora!», fece il bambino contento, abbracciando forte Jeff: «Da oggi in poi sei uno di famiglia! E comunque zio Thaddy e Sebby mi hanno detto tutto, anche se l’avevo intuito, non sono stupido. Papà, me lo potevi dire anche tu: per me è un onore avere Jeffie come papà!».
Nick divenne paonazzo. «Harry, te lo avrei detto», disse.
«Ma Sebby è stato più veloce», Harry sorrise, facendogli la linguaccia.
Jeff pianse sommessamente, commosso. Nick strinse Harry e Jeff a sé in un forte abbraccio.
«Vi amo», disse, emozionato: «Siete le cose più belle e preziose della mia vita».
Erano tornati all’inizio.

 


Angolo Autrice

Buona serata a tutti! :D
Non sono per niente convinta del finale, non sono brava a scrivere i finali >__< ma don't worry, anche se è l'ultimo capitolo - ovvero quello che conclude l'intera vicenda - ci sarà un epilogo che, sperando bene, dovrei scrivere/postare domani :D 
Niff is on, finalmenteee! <3
Sebastian fa una proposta importante a Thad *---* Thad accetta, ma non si sposeranno subito: Sebastian non vuole dare nessunissima fretta a Thad.
Dylan ormai è soltanto un fantasma del passato, e Brandon... beh, Brandon tornerà nell'epilogo! ;)
Nick, Jeff, Harry... Seb e Thad hanno ritenuto opportuno raccontare tutto ad Harry, e il bambino sembra essere felice della svolta tra Nick e Jeff. Ricordatevi che Harry ha tre anni e che questa è soltanto una fanfiction, pura invenzione, quindi non so quale può essere la vera reazione di un bambino così piccolo come lui.
Tuttavia, Harry adora Jeffie <3 e ovviamente ama anche suo padre. c:
Ringrazio Melipedia che ha recensito lo scorso capitolo e tutti coloro che leggono!
All'epilogo! :') *scende la lacrimuccia*

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Capitolo 26
*** Epilogo - 5 years later ***


Epilogo - 5 years later


Nick Duval tornò da lavoro alle otto e la cosa più bella di quella giornata fu ritrovarsi i suoi figli correre in sua direzione.
«Papi!», un bambino di otto anni e una bambina di undici anni lo abbracciarono.
«Bambini», rispose Nick con un sorriso: «Tutto bene? Com’è andata a scuola?».
«Bene! Oggi ho preso A+ in matematica!», annunciò Harry entusiasta.
«Bravissimo, Harry. E tu, Luna?».
Una bambina alta e mingherlina bionda con gli occhi chiari sorrise tristemente. «Domani ho un test di chimica e non so niente… cioè, non riesco a capire l’ultimo argomento… proprio non mi entra in testa».
«Ti do una mano dopo cena», la rassicurò Nick, mettendo a posto la giacca sull’attaccapanni.
«Ma no, papi, sei stanco e…».
«… e non preoccuparti», Nick le sorrise incoraggiante, e la bambina ricambiò il sorriso.
«Okay, basta, mi sono stufato!», si lamentò una voce in cucina.
Luna sogghignò. «Papà ne avrà combinata un’altra delle sue…».
Harry rise. «Papi Jeffie è un pasticcione», scherzò.
Nick accorse in cucina, e vi trovò suo marito alle prese con i fornelli.
«È il secondo impasto che brucio», asserì Jeff secco.
Nick restò divertito dall’espressione sconvolta di Jeff. Rise leggermente.
«Non c’è niente da ridere», Jeff, serio, lo guardò torvo.
Nick gli si avvicinò, tranquillizzandolo con un bacio. «Buonasera, amore», gli sussurrò.
Jeff sospirò, addolcendosi leggermente. «Ciao a te».
Nick gli prese il viso tra le mani e baciò dolcemente le sue labbra.
«Perché il giovedì sera i bambini devono mangiare sempre cibo bruciato? Il prossimo giovedì non fa niente che si fa tardi, tu cucini e io lavo i piatti», disse Jeff imbronciato, facendo ridere l’altro.
«Ti amo», gli disse invece Nick, sincero, con gli occhi luminosi.
«Non attacca, Duval», Jeff sembrava risoluto, o almeno era quello che voleva far credere, ma il sorriso radioso di Nick lo fece sciogliere come un ghiacciolo. «Oh…», sospirò, per poi arrendersi e ricambiare il sorriso.
«Papi, quando è pronto?», urlò la vocina di Harry dall’altra stanza.
«Sì, ora!», Jeff ritornò in sé, lasciando a malincuore le labbra di Nick e mettendo l’impasto bruciato in un piatto.
 
Dopo cena, Nick aiutò Luna con la chimica.
«Allora, tesoro? Cos’è che non ti è chiaro?», gli chiese Nick.
«Le reazioni chimiche», rispose lei, avvilita.
Anche Jeff ai tempi della scuola non capiva la chimica, e le reazioni chimiche era l’argomento che Nick gli spiegò la notte in cui si dichiararono e si baciarono per la prima volta. Nick sorrise, spontaneamente.
«Papà, tutto bene?», chiese Luna, confusa.
«Oh, sì», Nick ritornò alla realtà: «Allora, tesoro, non è così diff…».
«Che argomento, tesoro?», Jeff lo interruppe, fermandosi sulla soglia della porta accanto ad Harry.
«Le reazioni chimiche».
«Ah, sì, io me le ricordo!», esultò Jeff entusiasta.
«Davvero?», domandò la piccola Luna incuriosita: «Papà mi ha detto che non eri una cima in chimica».
Jeff fulminò lo sguardo di Nick. Quest’ultimo si limitò a ridere.
«Queste cose me le ricordo proprio perché me le spiegò papà», rispose Jeff con un sorriso.
Harry sorrise, intenerito. «Con Nick stai in buone mani», ammiccò Jeff: «Ama la chimica e ogni branca della scienza».
«A me piacciono le scienze, solo che non sempre le capisco», spiegò Luna.
«Okay, vi lasciamo soli», disse Harry, chiudendo la porta e andando nell’altra stanza con Jeff. «Jeffie», lo chiamò: «Suoniamo qualcosa? Mi insegni una nuova canzone?».
«Tesoro, ma è tardi», fece Jeff, scompigliandogli i capelli.
«Ti prego, soltanto cinque minuti!», lo supplicò Harry: «Dai! Cercherò di non fare troppo rumore!».
«E va bene», si lasciò convincere Jeff, con un sorriso: «Corri a prendere la tua chitarra, rockstar».
 
Passò qualche mese. Quel giorno Nick, Jeff, Harry e Luna dovevano prendere l’aereo per Parigi per il compleanno di Sophie, la figlia più piccola di Thad e Sebastian.
Sarebbero rimasti tre giorni loro da loro, e Luna era eccitata: amava Parigi, era bellissima e magica.
Harry, come Jeff, aveva paura di volare, ed era sempre munito di bustine per poter rigettare.
Quella mattina Nick e Jeff caricarono le valigie in auto e per le otto del mattino erano fuori l’aeroporto con i due figlioletti.
Jeff incrociò un ragazzo alto e snello, con capelli castano scuro, luminosi occhi verdi e un paio di occhiali poggiati sul naso. Era al fianco di un ragazzo dai capelli rossi e le lentiggini e di un bambino biondo.
Brandon alzò la mano, in un cenno di saluto. Jeff ricambiò, sorridendo leggermente, contento del fatto che anche lui avesse trovato la sua felicità.
 
Per le cinque del pomeriggio erano arrivati a casa di Thad e Sebastian.
Non appena Jeff bussò alla porta, Thad aprì e si buttò praticamente tra le braccia dei suoi amici.
«Thad, non ci strangol…».
«Mi mancate!», Thad interruppe Nick, emozionato: «Sono sempre felice di vedervi».
Scompigliò affettuosamente i capelli di Harry e quelli di Luna. «Salve, campioni! Non mi siete mancati neanche un po’, no no», scherzò.
I bambini risero.
«Anche a me non sono mancati affatto!», si aggiunse una voce: «Vero, Dan?».
Sebastian era in soggiorno, e tra le sue braccia c’era la piccola Sophie che il giorno dopo avrebbe compiuto sei anni. Il piccolo Dan, un bambino di dieci anni con capelli castani e occhi verdi, annuì, divertito. «Sì, in particolare Luna», disse.
Luna lo guardò, accigliata, per poi ridere. Dan gli sorrise.
«Zio Sebby!», Harry gli si buttò praticamente addosso.
«Bentornato, piattola n°2», fece Sebastian, facendo ridere Sophie.
«Tanti auguri alla piccola Sophie!», disse Nick sorridente, avvicinandosi alla bambina. «Oh, porta sfortuna, domani compie gli anni!», fece Jeff, apprensivo.
Sebastian sbuffò, roteando gli occhi al cielo.
«Grazie, zio Ken!», sorrise la bambina, allegra.
«Oh, Sophie, quante volte ti ho detto che si chiamano Nick e Jeff e non Ken e Barbie!», Thad fulminò lo sguardo di Sebastian che sorrise, innocentemente.
«Abbraccio di famiglia!», con un sorriso, Jeff richiamò l’attenzione di tutti, allargando le braccia.
Nick sorrise, emozionato. Erano tutti una famiglia, proprio come dieci anni prima alla Dalton, quando erano tutti amici, solo che ora c’erano anche Harry, Luna, Dan e Sophie, le loro gioie più grandi.
E non importava quanto le cose potessero essere andate male in passato, perché il vero amore è quello che trionfa sempre.



 

You don't know how lovely you are

The end
The end. 



Angolo Autrice

*Completa? Mette segno di spunta e scende la lacrimuccia*
Siamo alla fine! :')
Abbiamo un ricordo, un flashback del primo capitolo <3, e la dolce piccola figlia dei Niff alle prese con la chimica (:
Harry è cresciuto, ha 8 anni, ma è il dolce genietto di sempre <3 E abbiamo anche i Thadastian che sì, si sono trasferiti a Parigi e si vedono ogni tanto con i Niff (che sono rimasti a New York), sposati e con due dolci bambini: Dan e Sophie <3
Brandon... sì, ho voluto dargli un happy ending! u.u E Dylan, beh... Dylan è soltanto un brutto ricordo del passato, ha avuto ciò che si meritava! u.u
è stato bellissimo scrivere questa fanfiction. Devo ammetterlo: all'inizio quasi non ci credevo in questa ff, tanto che è vero che non pensavo di continuarla... e invece intorno al 5-6 capitolo ho cambiato idea e, anche se conoscete i miei ritmi di aggiornamento xD, ce l'ho fatta <3
Ringrazio tutti coloro che hanno letto, tutti coloro che hanno inserito questa ff tra le seguite/ricordate/preferite e tutti coloro che hanno recensito.
Ringrazio in particolar modo BrokenRoses, Melipedia, AngelAnderson15, Niam_, Sunflower_, M3dialuna, bellissima90, Breatheunderwater, Maggie_Evans, sabtomlinson, angela_s, Gio Colfer 93, Lorenzoboss66, Dark Owl e Klaine_is_on_Bitches 
per le loro bellissime recensioni <3
Ringrazio anche 
nessiep96 per il suo appoggio e per il suo parere <3
Domani parto e credo che non potrò postare niente per tutto il mese :c ma continuerò a scrivere le altre ff, così quando torno devo soltanto ricopiare al computer u.u
Alla prossima! :')


 

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