Tutto iniziò quel giorno...

di Giveme
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 :D ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 :D ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 :D ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 :D ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 :D ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6 :D ***
Capitolo 8: *** Avviso ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


 Sono stanca. Sì, sono stanca di cambiare città ogni volta, cambiare scuola, cambiare stanze di hotel.

Sì proprio così stanze di hotel, ormai non abbiamo una casa da quando ero piccola, ci spostiamo in città  a città  a causa del lavoro di mia madre ovvero la stilista, crea abiti molto belli, ma non mi ha mai permesso di indossarne uno. Dice che se voglio un vestito, basta che lo chiedo e ne fa uno appositamente per me, ma non è mai così. Glielo avrò chiesto moltissime volte ma niente, buio e silenzio totale.

Amici? No, non ne ho, non voglio legarmi a persone che poi o io devo lasciare o loro ti giudicano alle tue spalle o ti deludono. Si, forse uno lo avevo, era un mio amico dell’asilo, mi ricordo che giocavamo sempre insieme e ci divertivamo un mondo, veniva molto spesso  a casa mia oppure io  a casa sua.

Me la ricordo ancora come se fosse ieri, quella casa era a dir poco stupenda, era bellissima, ogni volta che  andavo lì mi sentivo protetta da quelle quattro mura, appena mettevi il piede in quella casa, tutto ti emanava calore, la sua famiglia era “normale”, non come la mia se si può definire famiglia.

Famiglia vuol dire mamma, papà e figli, e  la mia non si può definire tale.

Quanto mi manca Bryan, era un amico a tutti gli effetti, mi capiva al volo e ci aiutavamo l’uno con l’altro.
Dopo la mia partenza tutto è cambiato. Non lo sento da molto tempo, ho perso tutti i contatti con lui.

Spero soltanto che a volte gli capiti di ricordare di me …

Sono sola, non ho nessuno che tiene a me e mi dispiace moltissimo …

Spero, quante volte ripeto questa parola ma veramente vorrei che si avverassero queste mie piccole speranze, di conoscere una persona con cui avere un’amicizia oppure, perché no, un amore…
                  
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Note dell’autrice:
Eccomi qui  a scrivervi il prologo della mia prima storia. Oddio la mia prima storia,sono ancora sorpresa e incredula di averla finalmente pubblicata.Volevo scriverla da molto tempo, ma ora ci sono riuscita …
Vabbè che dire, spero che vi piacerà …

Ciaoo e un abbraccio a chi mi seguirà :D

Ci vediamo al prossimo capitolo :D

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 :D ***


“Venite sul ciglio”, disse.
“Abbiamo paura”, risposero.
“Venite sul ciglio”, disse.
Loro andarono. Lui li spinse….  E loro volarono.
 
A volte abbiamo solo bisogno di una piccola spinta, di un incoraggiamento, per renderci conto che anche noi possiamo volare. <3 <3
                                                     
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Drrrrrriiiiiiiiiin, drrrrrrriiiiiiiiiiiiinnnnnnnnnn.
Il suono della sveglia mi fa quasi cadere dal letto, quella sveglia odiosa che segna appena le 6:30 del mattino, la butto a terra ma non è ancora decisa a spegnersi…

Sono costretta da alzarmi, la prendo e la butto dalla finestra della mia carissima stanza d’hotel di New York,  che mi mancherà tanto, sento un signore dalla strada alzare la testa ed urlarmi qualche parola che non riesco a decifrare ma non penso che siano parole dolci.

Mi giro subito, mi allontano dalla finestra e la chiudo. Mi lavo, mi trucco e mi metto questi ( http://weheartit.com/entry/52434640/via/endless_ocean). Alle 7:30  scendo nella hall e vado nella sala per fare colazione e raggiungere mia madre..

-Buongiorno Hope, allora dormito bene?- mi chiede mia madre. La rispondo con un’occhiataccia, così finisce di mangiare la sua colazione. Finita, saluto mia madre e vado nella mia camera per finire di fare le valigie…
 
Controllo gli armadi della stanza e quello che trovo lo metto nelle mie 4 valigie della Louis Vuitton .  Mentre prendo il mio cellulare e il mio I-pod, sento dire da mia madre attraverso la porta che è tardi e che mi aspetta nella hall…

La raggiungo dopo circa 15-20 minuti e la vedo parlare con quello della reception e pagare le nostre due stanze. Mi guardo intorno e mi accorgo che questo era l’hotel che mi è piaciuto di più e che ci sono restata più a lungo.
Mi mancherà il giovane bagnino che mi guardava sempre,mi mancherà il cameriere che mi serviva sempre i cocktail, mi mancherà il mio massaggiatore e le mie saune..

Di questo hotel penso mi mancherà quasi tutto …

Anzi di questa città mi mancherà tutto…

 
Mia madre mi risveglia dai miei pensieri  e insieme ci dirigiamo al taxi che ci porterà all’aeroporto di New York. Arrivati, il conduttore ci aiuta a scendere e ci consegna le valigie,subito prendiamo quel carrello dove mettere le valigie, perché sono circa 8-9 non considerando le borse e sarebbe un’impresa molto difficile portarle.

Ci dirigiamo alla biglietteria e mia madre ritira i biglietti, già acquistati online. Mi porge il mio e ci dirigiamo per fare il check-in.


Dopo tutti quei noiosissimi controlli, ci sediamo e finalmente osservo  il mio biglietto. Uffaaaaaa non sto vicino a mia madre, una parte di me è contenta così non mi potrà rompere e mettersi a parlare della nuova città, ma dall’altra ho paura di chi starà vicino a me.
 
Sono al posto 18B, quindi dovrei stare in mezzo a due persone, che brutto. Spero solo che vicino a me non capitino delle persone noiose che si mettono  a parlare, oppure che vomitano a causa dell’aereo oppure che si mettono a cantare, non sopporto proprio queste persone.

Lo dico per esperienza, ogni volta mi capita un tipo strambo e non un ragazzo bello che ti affascina e ti dice cose dolci come nei film. A me capitano solo tizi molto strani.

La mia unica speranza è quella di potermi fare un sonnellino, non chiedo troppo giusto?.


I miei pensieri sono fermati da una voce che annuncia che dobbiamo imbarcarci … Saliamo sulla navetta che ci porta all’aereo e arrivata salgo quelle scale che ho sempre odiato, per una mia caduta che ebbi da piccola.

L’hostess mi accompagna al mio posto,e alla vista di una persona con una croce in mano (*) e con le mani unite come se volesse pregare, mi fa ridere a crepapelle dentro di me …

Lui sembra non farci caso, così mi siedo al mio posto e vedo le persone che vanno a sedersi anche loro e comincio a contare quanti posti c’erano, mi sembra circa 125…

All’improvviso vedo un bellissimo ragazzo salire sull’aereo, parlare e sporgere il biglietto all’hostess. Al contrario del mio caro vicino di posto  che non si è mai girato a guardarmi, questo incontra i miei occhi e mi sorride. Mi giro subito facendo finta di non averlo mai visto …
 
Questo ragazzo si avvicina sempre di più al mio posto, che facendoci caso quello affianco a me non è ancora occupato, oddioooo  spero solo che non si viene  a sedere vicino a me altrimenti non so cosa gli farei. 

Pensieri perversi andate via dalla mia mente, viaaa…

 
Come sempre diciamo la sfiga, ma anche un po’ di fortuna, è sempre con me, quindi come avrete capito il ragazzo da me soprannominato Jay (**) si siede accanto  a me.

Mi guarda e mi sorride.

Imbarazzata con le guance che scottano per il troppo rosso, sorrido anche io e prendo l’i-pod dalla mia borsa e ascolto le canzoni..
La prima è “Un centimetro al giorno” dei LAIN…( Ascoltatela, ve la consiglio).



C’è un ragazzo in un parco,sembra che mi stia aspettando, ha un viso già conosciuto, ma non mi ricordo di lui…
Questo mi si avvicina piano piano come se mi vorrebbe salutare, ma io subito mi allontano. Comincio a  correre anche non sapendo dove andare.

Corro. Corro.

Sto scappando da quel ragazzo, non ne so neanche il motivo, ma in quel momento il mio pensiero è fuggire, lui mi rincorre,ma non riesce a fermarmi.

Urla il mio nome, ma io non lo ascolto, mi fermo e mi ritrovo in una stanza buia, ci sono solo io ed il buio, comincio a toccare ogni punto delle pareti, ma non trovo neanche una porta, uno spiraglio di luce.

Niente. Zero.

Ecco che finalmente sento qualcuno sfiorarmi la pelle e chiamare, a quel contatto sussulto.

 
Mi sveglio e mi ritrovo tutta accaldata e tutta la maglia bagnata, mi tocco la faccia e sento che ho pianto.

Mi giro e incontro quella mano che è ancora sul mio viso e il suo sguardo.


-Ciao,Tutto bene?- mi dice.

-Ehm…penso di sì,non lo so- rispondo.
 
Mi guarda perplesso, dopo incrociando i miei occhi, si rassicura  e mi sorride..
  
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(*)Ho incontrato veramente un giovane che aveva una croce in mano, sull’aereo diretto in Sardegna per una vacanza-studio.
 
(**) Non ho fantasia scusatemi, pleaseeeeee
 
Note dell’autrice:

Ringraziatemii sto scrivendo il capitolo, invece di studiare latino e matematica.. Ma vabbè tutto per voi..

Ringrazio le tre persone che seguono la mia storia e grazie per la recensione che appena letta,mi ha fatto sorridere.


Baci, Give me :D

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 :D ***


 

Sorridi sempre, anche se è un sorriso triste, perché più triste di un sorriso triste c’è la tristezza di non saper sorridere.
-Jim Morrison

 
-Ciao,Tutto bene?- mi dice.

-Ehm…penso di sì,non lo so- rispondo.
 
Mi guarda perplesso, dopo incrociando i miei occhi, si rassicura  e mi sorride..

 
                                                             ------------------------------
 
Eccolo qui, ad un centimetro da me, con un sorriso bellissimo, a dir poco stupendo. Con la sua mano appoggiata sul mio viso, che mi accarezza lentamente il viso ormai rosso dall’imbarazzo.

Non alzo ancora lo sguardo, per non dover far  incontrare i miei occhi con i suoi, in quel colore azzurro, quasi come il cielo, che volentieri mi ci perderei dentro.

Ma lui avvicina l’altra mano al mio viso, al mio mento e lo alza e incontro i suoi occhi. Mi guarda e di nuovo sorride.

Mi perdo in quell’azzurro chiaro che a poco a poco sta cambiando tonalità di colore, vorrei essere in quel cielo per poter stare con lui, come una stella, ma solo per navigare in quel colore troppo bello, che mi fa aumentare il battito del mio cuore.

Poi diminuisce e (ri)aumenta ancora, finché non sento neanche più il battito, credo di essere svenuta, per lo più morta, ma non è così, perché sento che il calore delle mie guance sta diventando ancora più caldo.

All’improvviso mi accorgo che sta spostando la mano e il suo sguardo si sta dirigendo in fondo all’aereo.

Seguo il suo sguardo e vedo che sta chiamando l’hostess. L’ultima ci raggiunge con il carrello delle bibite, e lui, gentilmente, le chiede un bicchiere d’acqua.

-Tieni questo ti farà bene- dice, porgendomi il bicchiere d’acqua

-Grazie- con una faccia a dir poco sorpresa, lo bevo tutto e poi lo porgo all’hostess ringraziandola ancora

Perché aveva fatto questo per me? Non mi poteva lasciare stare e non pensarmi proprio come il tipo affianco a me?

Ecco che le domande a cui una risposta non l’avrò mai, cominciano a spuntare dal mio cervellino.





Aspettate, oddio cosa vedo e sento, mi giro verso il finestrino e vedo che il mio vicino di posto ora sta recitando una preghiera, odddio questo mi mette paura. Anche l’altro ragazzo lo sta guardando.

A stento trattengo una risata, guardo l’altro, incrociamo i nostri occhi e vedo che sono divertiti e felici. Mi rigiro e scoppio a ridere, anche lui si mette a ridere.

Ma il recitatore di preghiera non si muove di un centimetro, continua a pregare. Odddioo non c’è la faccio, e scoppio nuovamente a ridere, l’hostess preoccupata viene a vedere cosa sta succedendo.


Ho le lacrime agli occhi per il troppo ridere, dopo essermi un po’ ripresa l’hostess comincia  a parlare.

-Tutto bene , signorina?-mi domanda.

Oddio questa situazione sta volgendo ai limiti del consentito. Signorina a me? Oddio, sono una ragazza, perché non mi chiama cosìì, è anche più corta la parola.. Mi deve ringraziare perché stavo scoppiando a ridere ancora , ma mi blocco per rispetto e perché non aveva intenzione di dirlo, ma per il suo lavoro lo deve dire.

-Certo- le rispondo.

Mi avvicino all’orecchio e gli dico di seguire i miei occhi e di sporgersi un po’ vicino a me per sentire.

Lei fa come ho detto, poi le guardo il viso.


E’ una signora molto bella. Ha dei lineamenti leggeri, ha degli occhi verdi, ha dei capelli lunghi fino alle spalle, che gli coprono le spalle dove non  aveva vestiti per la loro divisa(?). I suoi occhi sono divertiti e felici dopo quella vista.

All’improvviso incomincia  a ridere e io la seguo, ridendo ancora di più  a crepapelle, poi si allontana e la sento raccontare il tutto all’altra hostess, che di conseguenza si mette a ridere anche lei. Anche il mio bel vicino comincia  a ridere.

Invece l’altro è indifferente, sembra morto, forse è svenuto, boh, non si muove proprio. Lo scuoterei ma per primo ho paura degli sguardi e di cosa potrebbe farmi, ma non lo faccio solo perché la bocca si muove anche se dice preghiere, boh ,non ho proprio idea di che tipo è.

Da una parte fa un po’ paura, perché potrebbe portare sfiga, sapete è un po’ strano avere al fianco un giovane che prega. Prima, almeno aveva solo la croce in mano, ma ora mi sto preoccupando un po’ della sua sanità mentale.

Dall’altra fa ridere, infatti a quei pensieri scoppio di nuovo a ridere.


Dicono che chi ride vivrà di più, forse io non morirò mai :D

Okkeì, basta a pensare a questo squilibrato vicino a me, pensiamo che vicino a me c’è un ragazzo bellissimo, con una maglia attillata che fa vedere tutti i suoi muscoli, penso di svenire.

Oddio ora sta sbadigliando e la maglia sii è alzata di poco e fa vedere l’ombelico e poi quella striscia di peluria che finisce lì, potrei molto velocemente staccargli tutte quei peli a morsi oppure leccarli oddiooo cosa penso , basta, pensieri  perversi via da meee..

Ecco che i miei pensieri vanno via, per una voce che sussurra qualcosa al mio orecchio, facendomi rabbrividire  a quel calore improvviso.

-Ma stai ridendo per quello?- mi sussurra indicandomi il giovane vicino a me.

-Si proprio lui- Gli sussurro anche io e vedo che comincia a tremare e ad avere brividi perché vedo che fa movimenti strani.

C’è un silenzio imbarazzante, ma dopo un po’ ricomincia a parlare.

-Allora, vai a Londra per vacanza?- mi domanda

-No, mi devo trasferire lì- lo dico con un tono della voce che dalla felicità è passata a una tristezza
assoluta. Lo nota.


- Come mai quegli occhi così tristi, non sei contenta di trasferirti?-

-No, stavo bene a New York, ma devo trasferirmi per il lavoro di mia  madre-

-E’ per gli amici?-

-No, non ne ho, perché ci trasferiamo da una città all’altra e quindi non posso conoscere persone  e non voglio legarmi, perché già so che devo lasciarli, e tu per vacanza?-

-No, mi trasferisco anche io, comunque se vuoi ci possiamo  incontrare a Londra, posso farti visitare la città, cosa ne dici?-

Allora,aspettate conosce la città e si sta trasferendo, okkeì i conti non mi tornano, ma li lascio stare per non essere invadente  nei suoi confronti.

-Vabbene, accetto, mi porterai a visitare e conoscere Londra, mi servirà una guida turistica-

A quell’affermazione ci mettiamo a ridere entrambi.

 
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Note dell’autrice:


Eccomi , scusate il ritardo, ma in questi giorno non avevo proprio voglia di scrivere.

Mi sono divertita molto a scrivere questo capitolo, ridevo anche io molto.

Ringrazio ancora per chi mi segue e un grazie immenso per le recensioni, per avere delle persone a cui piace il mio modo di scrivere.


Baci e un abbraccio, Give me.

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Capitolo 4
*** Capitolo 3 :D ***


-Vabbene, accetto, mi porterai a visitare e conoscere Londra, mi servirà una guida turistica-

A quell’affermazione ci mettiamo a ridere entrambi.
 
                       
                              ---------------------------------------------------------

 
-Dove starete a Londra?- mi domanda

-Penso in un hotel, come sempre-

-In un hotel?-

-Si , proprio così, in un hotel, non ho una casa da quando sono piccola-

Mi guarda con una faccia sbalordita, molto sorpresa e leggo nei suoi occhi che non mi sta seguendo più.

-Noi ci spostiamo da una città all’altra molto velocemente, il più lungo trasferimento è durata 3 mesi, quindi …-

Mi guarda con una faccia molto sconvolta, mi interrompe, cominciando a parlare lui.

-Aspetta, penso di non aver capito bene, 3 mesi?-

-Si proprio così- il suo volto ora è triste e preoccupato

-Non ti preoccupare ne sono abituata-

-Come fate con la casa?-

-Te l’ho detto, non abito in una casa da molto tempo, viviamo sempre in hotel perché comprare una casa per poi abitarci nel giro di due mesi non conviene-

-Ah, ho capito, non avere una posizione stabile però è brutto vero?-

-Si molto-

- E con la scuola, come fai?-

-Io a scuola non vado, seguo delle lezioni private a casa-

-Ah ho capito-

Credo che la conversazione sia terminata, non so il perché ma ha degli occhi molto tristi, sentendo la mia storia non ci voleva credere.
Mi scuso con lui, e vado in bagno.


Eccomi in un bagno molto piccolo, mi appoggio contro il muro e scivolo contro di esso, fino a  sedermi a terra.

Le mie parole si affollano nella mia mente e allora scoppio a piangere.


Vorrei una vita normale come tutte le altre ragazze, vorrei andare a scuola come tutti, vorrei non vivere negli hotel come una profuga che va da un hotel all’altro.

Vorrei avere una casa per portarci le mie  amiche.

Aspettate, amiche? io non ne ho. Quindi dovrei prima averle delle amiche e poi potrei parlare.

Vorrei almeno un cane per non essere lasciata a casa da sola, vorrei qualcuno con cui parlare, con cui condividere quello che mi è successo.

Non c’è la faccio più a vivere questa vita, mi sono scocciata di tutto e tutti.

A volte mi capita di fare pensieri sulla morte, di uccidermi, ma poi penso a mia madre, chissà come soffrirebbe, so che mi vuole bene ma non fa niente per dimostrarmelo perciò ci sto male.

Sapete ho anche dei nonni, una nonna e un nonno, ma non li vedo quasi mai.

Mi ricordo che ogni volta che andavo  a casa loro mi facevano fare tutto, mi viziavano.


Sono stata anche per un certo periodo di tempo da loro, ho vissuto un periodo della mia infanzia con loro, perché mia madre non poteva portarmi con lei, perché aveva tante sfilate da fare,e poi toccava a  me stare in hotel da sola oppure con qualche baby-sitter. Quindi i miei nonni si sono offerti di ospitarmi.


Mia nonna era una persona con un carattere bellissimo, era molto gentile, sempre pronta ad aiutare gli altri, ti confortava nei momenti peggiori e quando qualcuno era felice, lei si limitava ad essere felice con questa e faceva di tutto per non far svanire questa felicità.


Era una signora minuta, fine, aveva dei lineamenti molto sottili come quelli di mia madre, aveva degli occhi che cambiavano tonalità con la variazione di stati d’animo o con il variare del tempo, erano di un colore dal grigio all’azzurro. Aveva dei capelli lunghi fino alle spalle, aveva l’abitudine di legarli sempre con uno chignon.


Invece mio nonno, era più dolce di mia nonna, non che lei non lo era, ma lui ti accontentava sempre, ti faceva fare anche cose assurde, che mia nonna per fortuna non glielo permetteva e aveva sempre la pipa in bocca.


Mi ricordo ancora quel giorno, eravamo sulla spiaggia e io vidi i paracadutisti
volare nel cielo, per poi atterrare sulla spiaggia. Quel giorno volevo provarlo a tutti i costi, mia nonna mi disse di no perché era pericoloso e perché avevo solo 4 anni, invece chiedendolo a mio nonno, lui subito accettò e decise di andare a domandare come si faceva, finalmente mia nonna non glielo permise, altrimenti non so cosa sarebbe successo.


Mio nonno era un uomo con qualche chiletto in più, era grassottello, aveva degli occhi castani e capelli brizzolati, non ho mai saputo di che colore erano veramente.

Mi davano ogni giorno caramelle , ogni due-tre giorni mia nonna, amante di preparare dolci, mi faceva una torta, io la mangiavo sempre tutta insieme a mio nonno. Ci piacevano molto.

Io me li ricordo così, ora non li vedo da circa 10 anni, chiederò a mia madre di andarli a trovare qualche giorno.


Ora vi starete chiedendo, allora Hope ha una madre, due nonni e non ha un padre e altri due nonni? Per ora è un argomento tabù, forse ve lo spiegherò più avanti.

Mi sciacquo il viso ed esco dal bagno e mi dirigo al mio posto. Il ragazzo bello affianco a me ora ascolta musica, oddio non so ancora il suo nome.

Mi guarda , mi fa passare e mi siedo al mio posto, il recitatore da me soprannominata così sta ancora recitando delle preghiere, vabbè ormai non ci faccio più caso.

Prendo il mio I-pod dalla mia borsa Chanel e ascolto anche io un po’ di musica. Premo play alla mia playlist ( per chi non lo sa è una lista di canzoni dove si prevede una gestione più rapida dei brani in esecuzione e la loro sequenza).Comincia “Ci vediamo a casa” di Dolcenera.


La chiamano realtà 
Senza testimone 
E di dubbia moralità, 
Questa specie di libertà 
Che non sa volare, volare, volare, volare 
Come sarebbe bello potersi dire 
Che noi ci amiamo tanto, 
Ma tanto da morire 
E che qualunque cosa accada 
Noi ci vediamo a casa 
Come sarebbe bello potersi dire 
Non vedo l’ora di vederti amore 
Con una scusa o una sorpresa, 
fai presto e ci vediamo a casa.



Sarebbe proprio bello, speriamo che capiti anche a me questa felicità.
                     
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Note dell’autrice:

Ho scritto questo capitolo insieme a quello prima, però lo pubblico solo oggi.

Non è troppo attivo , prevalgono le descrizione, ma dai prossimi ci sarà più azione.

Chi sarà e dove sarà il padre? E’ morto, separato dalla moglie o non c’è l’ha proprio? E Bryan si farà rivedere, e questo ragazzo chi è realmente?

Okkeì non uccidetemi ancora, lo so sono crudele ma dopo mi ringrazierete solamente:D

Grazie per le recensioni  e per chi mi segue nonostante tutto.

Baci, Give Me :D
 
P.s: aggiornerò ogni domenica, perché i compiti mi uccidono :D

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Capitolo 5
*** Capitolo 4 :D ***


N.B.: Il recitatore di preghiere( quello con la croce in mano) è un anziano signore, scusatemi se vi ho fatto intendere altro.                    

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Mi sveglio, prima con una lieve carezza sul viso, poi con un brusco movimento sul braccio, che mi fa perdere equilibro, facendomi sbattere con la testa sulla spalla del mio bel compagno di aereo, che è già sveglio.

Mugugno qualcosa come uno scusa che, con la voce assonnata,non sono sicura che l’abbia sentito, ma mi sbagliavo.

-Non ti preoccupare- mi dice.

Mi accorgo subito dopo che l’hostess al mio fianco mi sta fissando e mi guarda con insistenza, le rivolgo una faccio come WTF, lei mi guarda ancora.

-Signorina, le prego di allacciarsi la cintura, per prepararsi all’atterraggio- indicandomi la cintura, la guardo e me l’allaccio subito.

-Grazie- dice l’hostessina con un fare menefreghista che mi fa venire la nausea.

-Signori passeggeri fra circa 5 minuti saremo all’aeroporto di Londra, vi prego di allacciare la cintura e di prepararvi all’atterraggio, grazie per la vostra attenzione- dice il comandante(?).

Osservo che il recitatore di preghiera, ora impugna ancora più saldamente la croce e la sta baciando con fare possessivo.

La mia curiosità su quel signore sta diventando una cosa non normale, ma vorrei chiedergli tante domande tra cui perché stringe la croce così.

O Mio Dio, mi guarda , forse avrò pensato ad alta voce, le mie guance sono rosse dall’imbarazzo e mi volto di là. (Mi capita spesso di pensare ad alta voce). Come sono scema, stupida, come? Lo vorrei proprio sapere, ma i miei pensieri e il mio respiro si blocca,quando la mano del recitatore di poesia si poggia sul mio braccio.

L’altra mano, oddiooo, si sta avvicinando al mio viso, mi ritraggo subito e mi giro per guardarlo negli occhi.

Quegli occhi che mi sembrano vedere delusione, tristezza.

-Ho sentito, la vuoi sapere davvero la risposta?- mi dice con occhi ancora più tristi.

Me ne sto in silenzio, ma poi decido di parlare.

-Sì, lo vorrei tanto sapere perché può sembrare buffo, per chi guarda da fuori-

-Me ne rendo conto, ma non credo che dopo avertelo detto, ti sembrerà buffo-

A quella risposta comincio  a pensare davvero tutto, ma non ho idee molto chiare, quindi rispondo …

-Okkei, lo voglio sapere davvero-

Alla mia risposta, il recitatore di preghiere si gira e guarda dal finestrino, comincia a parlare.


-Da piccolo vivevo in un orfanotrofio, mia mamma mi aveva abbandonato perché non aveva soldi per potermi mantenere, così mi affido a mia nonna, ma non le diedero il permesso di tenermi e accudirmi perché era troppo anziana e mio nonno era morto e mi serviva una figura paterna. Allora vissi lì, poi all’età di 13-14 anni una famiglia mi voleva adottare e dovevo prendere l’aereo per andare ad abitare con loro, lo presi e arrivai  a casa sano e salvo-

Fece una piccola pausa, ora i suoi occhi erano scuri, velati dalle lacrime, già ipotizzavo che in qualche modo l’aereo c’entrasse per qualcosa di brutto.

Continuò a parlare.


-In quella casa mi accudivano come un loro figlio, volevano più bene a me che piuttosto all’altro figlio, sangue del loro sangue. Il periodo di prova era finito e loro dovevano decidere, accettarono di adottarmi, ma dovevo fare un ultimo viaggio con loro per prendere i miei documenti-

In quell’attimo uscì una lacrima, ma la tolse subito con un gesto della mano.

-Salimmo sull’aereo, ritornammo all’orfanotrofio, ci diedero i documenti, andava tutto bene, finché al ritorno l’aereo si schiantò contro una montagna, su 125 passeggeri se ne salvarono 9-10 persone e tra questi non c’erano i miei genitori adottivi,perciò stringo questa croce che mi dà la forza di sperare che non succederà più un evento del genere-

-Ora tu ti stai chiedendo come faccio a ricordarlo ancora dopo essere passati
tantissimi anni, giusto?-



Annuì confusa, era proprio quello che stavo pensando in questo momento, come ha fatto?


-Quel ricordo mi ha segnato l’adolescenza soprattutto, ma anche tutta la vita, penso ancora che sia stata tutta colpa mia, ma so che mi sbaglio. E’ stato un periodo difficile della mia vita  e ne porto ancora il segno, che non si toglierà mai- disse con voce spenta e con qualche lacrima che scendeva dal viso.

A quelle parole lo abbracciai e cominciò a singhiozzare, mi pentì subito di tutte le cose che avevo pensato su di lui, di ridergli dietro.

Piansi di nuovo anche io, non augurai  a nessuno di vivere quella storia, neanche al mio peggiore nemico, perché tutti noi abbiamo bisogno di avere una vita  e viverla.

Il nostro abbraccio si sciolse quando il comandante dissi ai passeggeri di essere arrivati.


Presi la mia borsa con dentro il mio caro I-pod, salutai i miei compagni di viaggio, ma il bel vicino mi chiese di aspettarlo al ritiro dei bagagli.

Gli lanciai un’occhiata interrogativa e lui mi indicò il signore che teneva ancora la croce in mano.

Annuì e scesi dall’aereo dove aspettai mia madre, insieme ci recammo a prendere i bagagli.


Trovai l’aerea dove si ritiravano, dopo essermi presa le mie valigie mi sedetti su una poltrona.

-Tesoro, vado  a prendere quel coso dove si portano le valigie, aspettami qui  e guarda anche le mie valigie- mi disse mia madre

-Vabbene mamma, tanto devo aspettare un ragazzo che mi doveva dire una cosa-

Mi salutò e non la vidi più.

Stavo guardando la vetrina di un negozio quando mi accorsi che alle mie spalle  c’era qualcuno.


Era Lui, il ragazzo dai meravigliosi occhi azzurri, pronta per parlarmi, mi fa cenno di sedermi sulla persone e mi dici di aspettarlo per ritirare la sua valigia.

Ritorna e comincia a parlare.


-Scusa l’invadenza, ma perché alla fine hai abbracciato quel signore con la croce in mano?- mi domanda con voce dolce.


Allora mi stava guardando , infatti mi sentivo in un certo modo spiata e sentivo anche degli occhi addosso, ma credevo che era frutto della mia immaginazione, ma mi sbagliavo anche questa volta.

Gli raccontai tutto e i suoi occhi ora erano velati dalla tristezza e ci abbracciammo  dolcemente.

Sentì il suo profumo sulla mia pelle, mi piaceva era One Million di Paco Rabanne, i nostri occhi si incontrarono e i nostri visi si avvicinarono pian piano…
 
                      ---------------------------------------------------
 
Note dell’autrice:

Eccomi di nuovo qui, questo capitolo non mi convince più di tanto, ma lo metto lo stesso.

Il prossimo capitolo penso di pubblicarlo in settimana.

Grazie per chi mi segue, grazie tantissimo a Krystal Darlend, a elisatwilight e infine a super mimi per le recensioni.

Baci,

Give me:D

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Capitolo 6
*** Capitolo 5 :D ***


Sentì il suo profumo sulla mia pelle, mi piaceva era One Million di Paco Rabanne, i nostri occhi si incontrarono e i nostri visi si avvicinarono pian piano…
 
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Mi abbracciò e mi diede un bacio sulla guancia.

Le sue labbra erano calde e morbide e il mio viso, penso, era incendiato dal contatto…

-Comunque piacere, mi chiamo Jack- mi dice

-Piacere, io sono Hope- gli rispondo

-Tieni- mi porge un foglietto di carta, con scritto qualcosa sopra che non
riesco a decifrare da lontano.


-Cos’è?-

-E’ il mio numero di cellulare, devo portarti in giro per Londra, giusto?-

-Ah, si si, aspetta che ti segno il mio-

-Hope, dai andiamo- mi urla mia madre da lontano, le faccio segno di andare e di aspettarmi 5 minuti.

-Vabbè penso che devi andare via, fammi uno squillo col tuo cellulare così mi salvo il tuo numero- mi dice Joe

-Okkei  ciao alla prossima- Corro da mia madre che ha già recuperato le valige e sta uscendo dall’aeroporto.

Mi saluta con la mano e un sorriso sulle labbra.

Raggiungo mia madre e saliamo insieme sul taxi, dice l’indirizzo al tassista e partiamo.


Mi ritrovo a pensare di come sia bella Londra, alcune strade affollate e altre senza persone. Ci sono ville affiancate da altre ville. Strade che ai due lati dei marciapiedi presentano negozi di tutti i generi dall’alimentare ai vestiti, dai vestiti al trucco, dal trucco ai detersivi.

Arriviamo finalmente all’hotel, chiedo a mia madre di avere una stanza singola perché voglio stare da sola e ho tanti vestiti dietro. Mia madre accetta e mi raccomanda però che per qualsiasi cosa mi devo rivolgere a lei. E mi dice che già aveva prenotato le stanze on-line.


Andiamo alla reception e mamma conferma la prenotazione di due stanze singole per una durata di sue settimane.

Il mio viso alla parola due diventa scuro, triste, i miei occhi si velano di lacrime, poiché pensavo che dovevamo rimanere più tempo e poiché mia madre me lo aveva promesso.


-Tesoro, cosa ti succede?- mi chiede mia madre.

Faccio finta di non aver sentito e abbasso lo sguardo, ma mia madre mi appoggia le dita sul mento, me lo fa alzare e mi fa incontrare i suoi occhi.

-Te lo ripeto, cosa succede?-

-Perché hai detto alla reception di stare solo due settimane in hotel?-

-Ah, mi sono dimenticata di dirtelo, ma perché volevi stare più tempo?-

Quel “mi sono dimenticata di dirtelo” aveva scatenato in me diversi dubbi, ma subito mia madre aveva cambiato discorso. Bah ancora non riesco a capire, cosa aveva dimenticata di dirmi? Di stare lì poco, per poi ritornare a viaggiare?.

No, mi sa che non era quello il motivo, perché a quelle parole era felice, contenta  anche sapendo che odiavo viaggiare e non avere una posizione stabile.


-Cosa hai dimenticato di dirmi?-

-Ti ricordi della promessa che ti feci il giorno del tuo quattordicesimo compleanno?-

Riandai indietro negli anni ed ecco che mi ricordo la promessa.
 


-Mamma, ormai ho quattordici anni e devo esprimere un desiderio, io lo dico  a te- le dissi con una voce tranquilla e piena di speranza.

-Dimmi tesoro, qual è il tuo desiderio?- mi chiese con un sussurro e con una voce piena di curiosità.

-Vorrei vivere in una casa, una casa tutta nostra, dove potrei portare le mie amiche e giocare, vorrei avere una posizione stabile e  non viaggiare sempre-

-Amore, ti giuro che farò di tutto per esaudire questo desiderio-

-Mamma promettimelo- e gli diedi il mio dito per avere la sua promessa, che
doveva afferrare  e far muovere dicendo “Te lo prometto”.


Mia madre prese il mio dito e disse le parole, che in quel giorno del mio compleanno, mi fecero diventare la persona più felice al mondo e fortunata.




Quei ricordi mi invasero l’animo, avevo con me sempre quella promessa, ma
non le  avevo mai chiesta più di esaudirla. Non ci avevo più sperato.


Ma ora eccomi qui che mi rendo conto di quello che ha detto veramente, i miei occhi sono felicissimi, sono elettrizzata, ma.. Ma ho anche paura di aver frainteso tutto.

-Quindi mamma, se non erro, andiamo a vivere in una casa?-

-Aspetta, ogni cosa al suo tempo-

Avevo una faccia confusa, così mia madre continuò.

-Dobbiamo cercar ancora una casa e dobbiamo essere veramente sicuri di trasferirci- mi dice mia madre.

-Mamma grazie, aspetto questo momento da 3 anni, sono felicissima-


Sono felicissima, sono troppo contenta, abbraccio mia madre, la stringo così forte a me che ho paura che si possa rompere, a causa del suo esile corpo, troppo snello non come il mio, diciamo normale.

-Signora ecco le chiavi delle stanze- mi distolse dai miei pensieri la voce della receptionista che consegnò le chiavi a mia madre, ne presi una e portai con me le valige.

Mi fermai alla camera numero 101 e la aprì, quello che mi presentò davanti agli occhi mi sorprese così tanto che non saprei definire cosa passasse nella mia mente.

Mi guardai ancora intorno, le parole non mi uscivano da bocca, non ero mai stata sorpresa così tanto.


Lo stupore passò subito  a rabbia, e mi fece diventare arrabbiata nera e cominciai ad urlare.


-Ahhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhh- 

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Note dell'autrice:

Eccomi qui, vi è piaciuto questo nuovo capitolo? Lasciatemi i vostri commenti sia brutti che belli.

Avete notato sicuramente che c'è stato un colpo di scema, perchè Hope ha urlato? Per la bellezza della stanza o per un'altra cosa?

Lo scoprirete nel prossimo capitolo :D

Grazie a chi recensisce e chi legge la mia storia :D

Baci,
Give me

P.s.: Sto scrivendo un'altra storia se vi va leggetela:D

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Capitolo 7
*** Capitolo 6 :D ***


-Ahhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhh-
 
Il mio urlo causò diversi movimenti e anche diversi urli. A quegli urli non restitetti più, buttai le valige  a terra e cominciai a sbraitare contro tutti.

 
-Chi siete e cosa ci fate qui voi?- urlai in preda all’arrabbiatura

-Bambola, abbassa la voce che  ho mal di testa- mi disse uno sconosciuto sdraiato sul mio e ripeto Mio divano.

Mi aveva chiamata bambola?Oddio come si permetteva, con che coraggio mi chiama così.

-Bambola lo dici a tua sorella e voi altri chi siete?-

-Bimba stai zitta- un altro sconosciuto che mi dice di stare zitta e mi chiama in un altro modo. Okkei non ci siamo proprio.

- Prima cosa: Non vi permettete di darmi dei nomignoli, seconda cosa: io parlo quanto voglio e come voglio, terza cosa: cosa ci fate qui?-

-Te lo spiego io, posso?- mi dice un ragazzo che mi sembra il più educato lì in mezzo.

-Prego, sono tutta orecchie-

-Allora ci siamo imbucati in hotel e abbiamo detto che eravamo tuoi amici, ma la reception non ci ha creduto, così…-

Si fermò e si alzò per prendere un bicchiere d’acqua.

-Così..?- lo invitai a raccontarmi tutto

-Così siamo saliti dalla finestra e abbiamo fatto una festa dove abbiamo invitato un po’ di amici. Finito- mi raccontò poi finendo con un sorriso sulle labbra.

Okkei, ora avrei strozzato tutte queste persone presenti e avrei occultato i loro cadaveri.

-E ora pensate di andarvene?-

-Bambola perché ti surriscaldi così tanto, non sei contenta?-

Questo ragazzo voleva veramente andare all’altro mondo,ne ero proprio sicura.

-Contenta? E di cosa?-

Mi guardò e cominciò a ridere a crepapelle, penso che feci una faccia buffa perché anche gli latri scoppiarono a ridere. Comunque il tipo dopo si alzò. Mi venne vicino, e si fermò davanti a me.

-Bambola, non sei contenta della nostra presenza, ora sei la ragazza più famosa  e conosciuta dell’intera nostra scuola-

-Conosciuta, famosa  e perchè mai?-

-Perché ti abbiamo dato l’onore di avere una festa in camera tua-

-Ah quindi vi dovrei ringraziare?- dissi con voce un po’ troppo alta.

-Oh bambola non urlare, vabbè noi andiamo ora-

Si alzarono un po’ alla volta tutti e lì che la mia rabbia li colse impreparati. Ma con un tono finto molto dolce, che preannunciava l’inizio della tempesta, gli dissi, anzi ordinai.

-Cari bei ragazzi, ora sì che vi alzate tutti ma non per andarvene, anziché pulire la MIA camera da questa sporcizia-

-Bambola, mica dici sul serio?-

Oh, questo ragazzo ancora non mi conosceva troppo bene, annuii decisa e lì cominciarono tantissimi sbuffi e tantissime lamentele. Ma non me ne fregai di niente. Ma gli diedi un’ opportunità di scegliere.

-Allora visto e sentito le vostre lamentele e i vostri sbuffi, vi do un’opportunità di scegliere?- Nessuno parlò e continuai

-Volete essere buttati fuori dall’hotel dopo che le guardie avranno chiamato la vostra famiglia e detto che avete invaso una proprietà privata(?), aver bevuti degli alcolici oppure volete pulire la stanza e dopo andarvene e non farvi vedere più. Scegliete-

Si lo so ero stata crudele, alla parola famiglia si sono fatti tutti pallidi,che quasi  quasi  gli scoppiavo a ridere in faccia, ma mi sono trattenuta e ho continuato.

-Vabbene  bambolina ti puliremo la stanza ma come con la lingua?-

-Caro grazie, mi hai dato proprio una grandissima idea-

Tutti impallidirono, soltanto questo ragazzo capelli ricci, corti, color marrone chiaro  e occhi di un azzurro chiaro che mi chiamava Bambola cominciò a ridere.

-Stai scherzando ovviamente vero?-

-No caro per te proprio no, così la finisci di fare lo spiritoso, invece con gli altri non sarò così cattiva-

Mi guardò in cagnesco e invece gli altri tirarono un sospiro di sollievo. Andai vicino al telefono della stanza e chiamai subito la reception che mi disse che mi sarebbero arrivate 5 scope in camera.

Dopo qualche minuto bussarono alla porta subito aprii e mi diedero le scope. Chiusi la porta, ringraziai il signore e consegnai le scope  a tutti tranne a quel ragazzo.

-Scusa bambola e a me?-

-Non mi chiamare bambola- gli dissi

-Come devo chiamarti se non so il tuo nome?-

-Hope è il mio nome-

-Piacere il mio invece è Joe, comunque mi piace  di più Bambola, quindi ti chiamerò così-

-Non puoi chiamarmi così, io ho un nome JOE- calcai sul suo nome per essere chiamata anche io con il mio nome.

-Bambola non ti arrabbiare, sei più bella non arrabbiata-

Oddio, mi aveva fatto un complimento, arrossii subito e abbassai  lo sguardo non volevo farmi vedere da lui.

Prese il mio viso e me lo alzò dicendo

-Sei ancora più bella quando arrossisci-

-okkei ora basta e pulisci-

Mi accorsi che mi stavano guardando e stavano per scoppiare a ridere, quindi li incoraggiai e risi prima io.

Uno alla volta si presentarono.

Nick, occhi azzurri e capelli biondi con un fisico bellissimo.

Simone, occhi marroni e capelli marroni,fisico anche esso bello.

Josh, occhi verdi  e capelli neri e fisico ancora più bello

Cristopher che mi disse di chiamarlo Cris era anche lui un bel ragazzo con occhi azzurri e capelli marroni.

Cominciano a pulire e li aiuto anche io, li conobbi tutti avevano da una fascia d’età dai 17 ai 20 anni, il più piccolo era Nick ed il più grande Cris.


Erano tutti dei bellissimi ragazzi e anche simpatici, ma quello che mi colpì di più era Joe, a volte aveva un carattere burbero,ma poi subito diventava dolce ed era a detta della banda il più corteggiato della scuola e il più stronzo e a detta di Simon quello che se la faceva con tutte.
    
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Note dell'autrice:

Eccomi, scusate il ritardo ma non avevo proprio voglia di scrivere.

Con questo capitolo si entra nel vivo della storia, ringrazio chi mi segue.
Baci,
Give Me :D

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Capitolo 8
*** Avviso ***


Questa storia è momentaneamente sospesa, forse la cancellerò.. Baci, giveme

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