“Ecco il villaggio.”
Annunciò Orochimaru a bassa voce.
Tsunade raggiunse
Orochimaru, che in quel momento si trovava
appollaiato su un albero ad osservare la zona.
Quando lo raggiunse, vide
dall’alto lo splendido villaggio
dell’acqua.
Era una città piccola,
quasi campagnola. All’interno del
villaggio si poteva vedere il lago di modeste dimensioni, attorno al
quale vi
erano le case degli abitanti, quasi tutte dipinte di rosso, con tetti
spioventi
in uno stile tipicamente orientale. Sul lato nord del lago c’era una
cascata, e
i monti attorno al villaggio costruivano un muro naturale che andava a
diminuire di altitudine man mano che si raggiungeva il lato sud del
villaggio.
In quel punto vi erano costruiti due torri che sorreggevano un immensa
porta di
metallo, finemente decorata.
Orochimaru prese il suo
cannocchiale e zoomò sul ingresso.
Vide due uomini arrivare
all’entrata, questi due esibirono
una sorta di pass, quindi la guardia posta in cima della torre diede
l’OK
permettendo l’ingresso ai viaggiatori.
Poi vide arrivare altri
due uomini, anche questi
presentarono un pass e poi entrarono.
Orochimaru passò il
binocolo alla compagna. “Osserva anche
tu, hanno una sorta di pass per entrare al villaggio, dobbiamo
procurarcene
almeno uno.”
“Sì, ma faremo a modo
mio.” Disse Tsunade scambiando
un’occhiata severa al compagno.
Sapeva che Orochimaru
avrebbe tramortito il nemico per poi
sottrargli il pass. Agendo in quel modo però rischiavano di far
scattare
l’allarme. Sapeva anche che se lei gli avesse spiegato le ragioni lui
avrebbe
detto “Basta ucciderlo no?” era già capitato altre volte, ed erano
costretti ad
agire sempre in fretta per non farsi scoprire. E in quel frangente la
fretta
non avrebbe portato a nulla. Dato che non sapevano neanche se il loro
compagno
era effettivamente prigioniero in quel villaggio.
Dovevano entrare, agire e
poi sparire senza lasciare
traccia.
“OK sei tu il capo!” le
rispose Orochimaru curioso di vedere
cosa avrebbe escogitato. Attesero qualche momento, poi videro uscire un
uomo su
un carretto trainato da cavalli, lo seguirono usando varie tecniche di
mimetizzazione.
L’uomo doveva attraversare
il bosco poco distante dal villaggio
per recarsi verso i campi per ritirare la scorta di frutta che spettava
al
villaggio.
“Ho un piano.” Disse
Orochimaru all’improvviso.
“No, non si uccide, non si
stordisce, non deve neanche
accorgersi che gli sottraiamo il pass.”disse Tsunade subito dopo.
“Fammi finire, prima di
parlare.” La interruppe Orochimaru.
Lei sospirò annoiata ma poi annuì.
“Dunque, tu lo fermi
chiedendogli un passaggio e lo seduci,
mentre io senza farmene accorgere salirò sul retro del carro e cercherò
nelle
borse. Poi ti darò un segnale e ce ne andremo.”
Tsunade lo guardò
infastidita: non le andava a genio
recitare la parte della sgualdrina, senza contare che il tizio in
questione era
anche brutto oltre che troppo vecchio per lei.
“D’accordo, ma sii un
ombra, non voglio che per qualche
incidente, dovremo poi ricorrere alla violenza, avremmo delle
difficoltà enormi
poi.”
“Ma per chi mi hai preso?
Fino a prova contraria io vi sono
superiore, sia a te che a quel buono a nulla di Jiraiya.”
Tsunade sbuffò e si
allargò la scollatura, poi intrecciò le
dita e con la tecnica della trasformazione cambiò gli abiti. Si
precipitò sulla
strada, attese il carro, e una volta arrivato vicino finse di cascare.
L’uomo
fu costretto a fermarsi per non travolgerla.
“Tutto bene signorina?”
chiese l’uomo.
Tsunade si rialzò
lentamente lanciando uno sguardo intenso
al conducente.
“Sì, grazie sono solo
inciampata.”disse Tsunade. Poi si
sollevò e osservando l’uomo finse di stupirsi “Che uomo affascinante.”
Disse
Tsunade melliflua. Si avvicinò al carro ancheggiando con grazia felina,
una
eleganza che non aveva mai ostentato fino ad allora.
Orochimaru ghignò sicuro
che l’uomo avrebbe abboccato. Ma
per loro grande sorpresa invece l’uomo continuò il suo cammino
ignorando le
curve mozzafiato della donna.
“Ho fretta, mi scusi
signorina.” Aveva detto l’uomo,
borbottando poi di quanto fosse sfacciata. Quindi abbandonò lì la
fanciulla in
difficoltà.
Tsunade si sentì umiliata,
era forse brutta? Eppure Jiraiya
e altri tipi che le facevano la corte davano un idea diversa. Poi
realizzò che
non era lei il problema. Quel uomo di sicuro non amava le donne, anche
perché
aveva un atteggiamento strambo: un po’ troppo effeminato. Ridacchiò tra
se e se
e raggiunse Orochimaru con un balzo.
“Spiacente, ma il tizio
qua non subisce il fascino delle
donne.” Disse dandogli una pacca sulle spalle. Poi con un cenno della
testa gli
fece capire che doveva essere lui la distrazione.
“Forza, tocca a te.” Gli
disse Tsunade vedendo che
Orochimaru esitava.
Il sannin sbarrò gli occhi
sorpreso, poi si indignò
corrugando la fronte.
“Io?” chiese puntandosi il
dito sul petto, come se lei
avesse detto la cosa più assurda al mondo. Tsunade annuì.
“Pfui puoi scordartelo,
passiamo al piano B ammazziamolo e
via.”
“Già e poi cosa dirai alle
persone che lo aspettavano? Non
vedendolo tornare daranno l’allarme e addio alla nostra intrusione. E
poi lo
hai visto anche tu che l’unico modo per arrivare al villaggio è passare
dalla
porta. Mica possiamo buttarci giù dalla cascata, ammesso che sia
raggiungibile.
Sei la nostra unica speranza. E poi che ti costa basta farti dare un
passaggio
e distrarlo con le chiacchiere.”
“Cioè tu vorresti che io
mi fingo gay per distrarlo?”
Tsunade gli tolse il
giubbotto mentre lui continuava a
opporsi alla sua idea.
“Che stai facendo?” chiese
poi Orochimaru confuso. Tsunade
non gli rispose, lo guardò agguantandosi il mento, con fare analitico,
poi
allargò la scollatura del particolare Kimono di Orochimaru; in modo che
si
notasse il petto liscio e bianco.
“Scordatelo, aspettiamo il
prossimo.” Protestò ancora lui.
Tsunade vide che con le
buone non stava ottenendo nulla,
quindi decise di ricorrere a metodi più bruschi. Lo afferrò per il
colletto e
poi usando tutta la sua forza e aiutandosi con una tecnica ninja lanciò
l’uomo.
“Non lo uccidere, o ti
ammazzo io.” Gli urlò mentre era
ancora in volo.
Orochimaru girò su se
stesso e poi atterrò sulla terra. Poco
dopo arrivò il carretto, che si fermò.
“Stava andando verso i
campi?” chiese l’uomo con un gran
sorriso.
“Sì!” rispose Orochimaru
senza slancio, come se avesse detto
la cosa più noiosa al mondo.
“Gradisce un passaggio,
bel giovane?”
Orochimaru non rispose
neanche limitandosi a montare sul
carretto.
Tsunade dovette
trattenersi per non scoppiare a ridere. Poi
notò che Orochimaru non si stava impegnando; ma nonostante ciò l’uomo
sembrava
alquanto interessato a lui.
Intanto Tsunade si
avvicinò furtivamente al carro, correndo
con il busto abbassato, si posizionò dietro al carro. Per non fare
troppo
rumore afferrò il legno del sostegno posteriore del carico. Usando il
braccio
come leva si diede una spinta verso l’alto, e atterrò all’interno del
carretto
con leggerezza, come se fosse stato un gatto non emise alcun rumore. Si
acquattò al suolo ringraziando il cielo che ci fosse un po’ di roba sul
carro
che la copriva.
“Dimmi, vieni molto spesso
qui?” chiese l’uomo.
“Sì, ci lavoro.” Rispose
Orochimaru quasi infastidito.
“Come hai detto che ti
chiami?”
“Mi chiamo….Tsunamaru.”
gli disse Orochimaru.
L’uomo passò il braccio
attorno alle spalle del sannin, che
facendo uno sforzo enorme riuscì a sembrare impassibile.
“Bene Tsunamaru, dimmi c’è
l’hai la fidanzata?”
‘
adesso lo ammazzo,
se non toglie la mano lo uccido sul serio.’ continuava a
pensare Orochimaru
fremendo dentro di se per poter picchiare il molestatore.
“No, a me non interessano
le donne.” Riuscì a rispondere il
sannin.
Tsunade intanto frugava
nelle borse, poi finalmente riuscì a
trovare il pass. Con un piccolo sbuffo di fumo fece apparire una
piccola
lumaca, ordinando di farsi vedere da Orochimaru.
“Oh che bella notizia.”
Disse il pilota del carretto felice.
In quel momento la messaggera riuscì ad arrivare sul braccio del Sannin.
‘
Era ora.’ pensò
sollevato, ma in quel preciso istante, l’uomo fece scivolare la mano
sul sedere
di Orochimaru palpandoglielo.
Orochimaru non riuscì a
frenarsi e gli sferrò un cazzotto di
tale potenza che l’uomo cadde dal carro.
Sentì la lumaca
bisbigliare “brutto stupido ci farai
scoprire.”
Allora Orochimaru scese
dal carro e puntò il dito sul
pervertito.
“Noi due ci rivedremo.”
Disse con uno sguardo cupo, da far
gelare il sangue nelle vene. L’uomo deglutì preoccupato.
Poi prima di sparire
Orochimaru gli mostrò il dito medio
“Sei fortunato vecchio bacucco.” Disse.
L’uomo del carretto rimase
spiazzato di fronte a tale reazione,
rimase a terra incredulo mentre Orochimaru si allontanava.
All’improvviso gli
vennero i brividi e piagnucolando tornò sul suo carretto, spronando i
cavalli
terrorizzato.
“Beh devo dire che sei
stato bravo a non farti scoprire”
disse ridacchiando fra se e se Tsunade.
“Tsunade!” chiamò
Orochimaru con tono duro. “Se provi a
raccontarlo a Jiraiya giuro che ti uccido.”
Tsunade la buttò sul
ridere “Ma dai, Jiraiya potrebbe usarlo
per qualche suo romanzo non credi?” gli rispose e lo guardò con un
sorriso. Ma
Orochimaru non stava scherzando affatto, la fulminò con uno sguardo
furente di
pura malvagità. Tsunade ebbe i brividi.
“Non eri molto sensuale,
però ha funzionato lo stesso.”
Disse Tsunade.
“Neanche tu eri sensuale,
eppure sei una donna.” Gli rispose
Orochimaru intenzionato a offenderla.
Tsunade si fermò e lo
fulminò con gli occhi. Orochimaru fu
costretto a fermarsi “Che c’è?” chiese con il suo solito tono
disinteressato.
Tsunade gli si avvicinò
con passi felpati, poi passò le
braccia sulle spalle del ragazzo mostrandogli la generosa scollatura.
Poi si
avvicinò ancora in modo che si poggiasse con la testa sulla spalla. Poi
insinuò
un dito nella scollatura di Orochimaru, scendendo lentamente,
accarezzandogli
la pelle nivea. “E’ così che avrei dovuto fare?” gli chiese guardandolo
negli
occhi.
Orochimaru era confuso,
cos’era quell’atteggiamento da parte
della sua compagna? Doveva ammetterlo Tsunade era proprio sexy, peccato
che a
lui non piaceva per nulla il suo carattere. Beh, ma doveva anche
ammettere che
a lui non piaceva nessuno, dal punto di vista caratteriale. Però in
quel
momento quelle labbra gli sembrarono improvvisamente invitanti.
“Sì, dovevi comportarti
così, non come una stupida gatta
morta.” Si limitò a rispondere Orochimaru. Poi si allontanò come se non
fosse
successo nulla. Tsunade si irritò, ma poi pensò che Orochimaru era
fatto in
quel modo, non doveva prendersela.
“Sei scemo? Mi si rivolta
lo stomaco a pensare di
comportarmi in quel modo con quel vecchio.” Disse Tsunade facendo
spallucce.
Naoto si svegliò
bruscamente, e nel sollevarsi di scatto
avvertì una fitta di dolore al fianco destro.
Strinse i denti soffocando
un gemito. Spostò la stoffa che
copriva il dolore e notò un grosso livido violaceo.
‘Questa
forse me la
sono fatta svenendo.’ Pensò.
“Lì ci vorrà un impacco di
erbe per far sparire l’ematoma.”
Constatò Jiraiya.
Naoto si ricoprì in fretta
quasi spaventata. Quando sollevò
la testa notò a qualche metro distante Jiraiya seduto comodamente con
la
schiena poggiata alla parete rocciosa. Si chiese come mai non aveva
notato la
presenza vicino a lei. ‘si vede che sono malata, una cosa del
genere non mi era mai capitata prima.’ Si sentì frustrata da
tanta
debolezza: lei era la ninja donna più abile del villaggio, destinata a
diventare Kage, un errore del genere non era degno di una come lei. Non
aveva
mai sopportato le malattie, odiava sentirsi debole.
Naoto guardò fuori verso
l’uscita della grotta, notò che era
l’alba. Si alzò e si diresse fuori dalla grotta. Non appena uscì sentì
l’aria
fredda pizzicarla, ebbe la sensazione di sentirsi meglio. Si allontanò
di
qualche passo, mentre Jiraiya la seguì attento che lei non cadesse di
nuovo.
Naoto allargò le braccia e
inspirò l’aria avidamente: stare
in quella grotta la soffocava e aveva bisogno di aria fresca.
Mosse ancora qualche
passo, poi le venne un giramento di
testa: stava crollando nuovamente. Ma le braccia salde di Jiraiya le
impedirono
di cadere.
“Vedo che stai meglio, ma
non abbastanza da potertene andare
da sola.”
Naoto non rispose neanche.
“Dai ti riporto dentro.”
Disse Jiraiya intento a caricarsela
sulle spalle.
Naoto però lo fermò
afferrandolo per un braccio.
“No, non ne posso più di
starmene sdraiata sulla roccia,
voglio rinfrescarmi, o se proprio non posso, voglio stare un po’ nella
natura.”
Jiraiya sorrise infondo la
comprendeva benissimo, anche lui
odiava starsene fermo. Stava di nuovo per caricarsela addosso quando
lei lo
fermò nuovamente.
“Mi basta che mi sorreggi,
non voglio essere portata in
groppa come una mocciosa.” Le disse lei infastidita.
“D’accordo, qui vicino c’è
una cascata con un bel fiume.”
Jiraiya la guidò nel bosco, indicandole i posti dove aveva piazzato
delle
trappole in caso ci fossero dei nemici.
Quando arrivarono nei
pressi della cascata, Naoto si bloccò
ammirando il panorama che le si presentò in tutto il suo splendore.
Il sole era sorto da pochi
minuti e tra la cascata e il lago
sottostante si era formato un arcobaleno. Attorno ad essi la
vegetazione era
rigogliosa e si sentiva il cinguettare sereno degli uccellini. Vide
anche dei
pesci saltellare sullo specchio d’acqua. Si sentì invasa da una
piacevole
sensazione di pace.
“Questo luogo ha il potere
di rasserenarti.” Disse Naoto con
un espressione commossa in viso. Era felice di vedere che non tutto era
stato
distrutto dalla guerra e che esistevano ancora dei posti in cui regnava
la
pace.
Si sedettero entrambi
sulla riva con i piedi ammollo.
“Jiraiya, perché mi hai
salvata? Tu vieni dal villaggio
della foglia, la maggior parte delle persone che incontrerai saranno
tuoi
nemici.” Chiese lei dopo qualche attimo di silenzio.
Jiraiya non rispose
subito, all’inizio rimase serio a
guardarla negli occhi, cercando le parole adatte.
“Il mio nemico è colui che
minaccia la vita dei miei cari.
Se scopro che sei diretta a massacrare la mia gente, allora sarò
costretto ad
ucciderti.” Disse con l’aria di un grande saggio che non teme nulla.
“Certo
sarebbe un peccato uccidere una così bella ragazza, ma lo farei senza
esitazioni per difendere il mio paese. Ma non sono tanto vile da farlo
adesso,
se tu sei una mia avversaria attenderò che tu sia in grado di
combattere. Dimmi
Naoto tu sei mia nemica?” chiese.
“Non lo sono.” Gli rispose
lei decisa guardandolo
intensamente negli occhi. Jiraiya la fissò per essere sicuro che non
stesse
mentendo. Gli occhi della donna non mostravano nessun segno di
agitazione, o di
malvagità. E lui capì che gli aveva detto la verità.
Dopo qualche attimo
Jiraiya si rilassò sorridendo “Ne sono
felice.” Disse gioioso. E lo era davvero, in quel posto sarebbe stato
un
sacrilegio uccidere un nemico. E poi la ragazza gli piaceva, sembrava
coraggiosa oltre che bella. Si massaggiò la guancia dove aveva ricevuto
il suo
pugno, pensando che era anche forte. E lui aveva un debole per le donne
così.
Dopo qualche attimo di
silenzio Naoto guardò di sottecchi
Jiraiya.
“Senti ho tanta voglia di
farmi un bagno.” Disse guardando
lo specchio d’acqua sotto di lei.
“Da’davvero?” fece
entusiasta Jiraiya, immaginandosi insieme
a lei in acqua, nudi a scherzare.
“Sì, ma da sola. E se
sbirci ti uccido.” Disse lei con uno
sguardo furente.
Jiraiya sospirò sconfitto.
“Sì, ho capito vado a caccia.”
Disse e si alzò mogio.
Naoto frenò una risata
“Certo che sei sfacciato.” Constatò
lei.
“Sempre meglio che
bugiardo.” Le disse facendole un occhiolino.
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