... And You Were Just... There.

di Sundance
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il 21 Ottobre 2007 ***
Capitolo 2: *** That's It ***
Capitolo 3: *** La voce di un angelo ***
Capitolo 4: *** Take me as I am ***
Capitolo 5: *** Un giorno senza te ***
Capitolo 6: *** Not a stranger ***
Capitolo 7: *** Quel dolore perfetto ***
Capitolo 8: *** My soul in your eyes ***
Capitolo 9: *** Il raggio verde ***
Capitolo 10: *** Just the beats of my heart ***
Capitolo 11: *** Regalo senza pari ***
Capitolo 12: *** Good night my love ***
Capitolo 13: *** Ti serbo il mio cuore ***
Capitolo 14: *** Having you back ***
Capitolo 15: *** Il sonno dell'angelo ***
Capitolo 16: *** What dreams are made of ***
Capitolo 17: *** Amicizia ***
Capitolo 18: *** Please... don't stop ***
Capitolo 19: *** Oltre il punto di non ritorno ***
Capitolo 20: *** Being Yours ***
Capitolo 21: *** Il mio compleanno, e tu ***
Capitolo 22: *** A wish come true ***
Capitolo 23: *** Ne vali la pena ***
Capitolo 24: *** The rarest rose ***
Capitolo 25: *** Di nuovo con te ***
Capitolo 26: *** Defending my love ***
Capitolo 27: *** L'unica vita che voglio vivere ***
Capitolo 28: *** Burning down ***
Capitolo 29: *** Benvenuta a casa ***
Capitolo 30: *** Beaming, deep love ***
Capitolo 31: *** L'urlo della mia anima ***
Capitolo 32: *** So my world ended today ***
Capitolo 33: *** Schegge infrante ***
Capitolo 34: *** ... And you were just... there. ***
Capitolo 35: *** Come promesso ***
Capitolo 36: *** Coming back to you ***
Capitolo 37: *** Tutto ciò che ho quasi perduto ***
Capitolo 38: *** However it may be ***
Capitolo 39: *** Il mio cuore, la mia anima... la mia mano. ***
Capitolo 40: *** Epilogue ***



Capitolo 1
*** Il 21 Ottobre 2007 ***


I Kensington Gardens non sono propriamente piccoli. Nè sono propriamente solo giardini.
I Kensington Gardens sono il mio paradiso.
Non sono cristiana. Ma quando il sole scivola lungo le foglie sottili dei salici, che mosse dal vento si rincorrono avvolgendo le panchine di legno, un dipinto romantico, e i fili d'erba risplendono di gemme mentre ogni risata, ogni parola, ogni suono, non è che pura, perfetta armonia, allora ecco, penso con tutta me stessa che se mai dovesse esistere per me un paradiso, sarebbe quello.
Non sono cristiana. Ma prego per un Aldilà che si avvicini alla mia idea di Arcadia, di Avalon, di Terra di Mezzo, come l'immagine che mi si offrì quel giorno, il 21 Ottobre 2007.
Davanti al cartello in materiale nero e lucido, che con varie frecce indicava le attrattive del luogo - la statua di Peter Pan, il sentiero, il lago - riflettevo su quanto fossi fortunata. A trovarmi lì prima di tutto, visto che ero quasi scappata di casa. Avevo deciso che di studiare ne avevo abbastanza: cinque anni di Classico mi avevano deluso e l'Università più di tutto il resto, e non ne potevo più di sentirmi una cretina quando davo esami che poi regolarmente bocciavo mentre i professori si rifiutavano di dirmi perchè. Perciò, saputo che c'era un colloquio per un corso per Hostess di volo a Stansted, feci i bagagli e lasciai a casa i miei irritati - professori entrambi - e mia sorella sorridente - ha sempre fatto il tifo per me, siano benedette le sorelle minori! - e mi prepararai al colloquio. Naturalmente fare l'assistente di volo mi piaceva meno di altre cose, ma almeno avrei potuto volare, vivere a Londra, che mi era rimasta nel cuore sette anni prima, e soprattutto scegliere una vita che, anche se non perfetta, dipendeva esclusivamente da me.
Altro motivo per cui mi sentivo fortunata, era questo: sette anni prima, per quindici giorni, avevo trascorso una vacanza-studio a Londra col più mite dei clima, ed il sole mi stava salutando anche quel giorno.
Se è vero che Londra ha solo 40 giorni belli all'anno, li avevo beccati tutti io.
Tuttavia una smorfia amara mi piegò le labbra, quando feci mentalmente il conto. Era il 21. Tra due giorni, meno di due giorni, sarei tornata a casa. Purtroppo avevo passato il colloquio, e anche con notevole interesse da parte degli esaminatori, ma il corso si teneva in Inghilterra, e non avrei potuto permettermi di pagare quello, oltre che il vitto e l'alloggio. Quindi era deciso: tornare in Italia, fare quanti più esami possibili a costo di impiegarci nottate, e poi via, ripartire a fine febbraio, e tornare a casa. Perchè Londra è la mia casa.

Mi incamminai seguendo la direzione indicata per raggiungere la statua di Peter Pan, l'eterno bambino che davvero esaudiva i suoi desideri, che aveva trovato la gioia, l'infantile incoscienza del mondo e delle sue regole in un luogo detto Neverland, la terra impossibile, l'Isola Che Non C'è, dove puoi essere chi vuoi a seconda di come ti svegli, e le fate tessono per te maglie di incantate fantasie. Lo invidiavo. Perchè non portarmi con sè, lontano? O regalarmi della polvere di Fata, perchè potessi volare e tentare di trovarla, questa terra meravigliosa?
Persa nella fantasticherìa inciampai, ma seppi sostenermi, così nessuno se ne accorse. Non che mi importasse: non mi conosceva nessuno. Abbassai gli occhi a terra per vedere dove esattamente ero rimasta impigliata, e sorrisi tra me e me: nonostante i molti cani, nonostante la gente andasse in quei luoghi per i picnic, nessun rifiuto, nessuna sporcizia. Per questo pure amavo Londra. Così belli i parchi, così ben tenuti, e la gente stessa molto attenta a non sciupare quei quadri! Mica come da noi... cambia pensiero, sei qui, goditi la vacanza!
Ero semplicemente scivolata, anche perchè la rugiada era ancora presente su tutto il prato, vista l'ora mattutina, perciò ripresi la mia camminata.
Diverse falcate più tardi cominciai a nutrire un sentimento piuttosto maligno nei confronti di Peter Pan: dove diavolo avevano messo la statua? Eppure le direzioni possibili erano solo quelle! Lasciai il sentiero erboso, che rischiava di macchiarmi seriamente i pantaloni, e presi quello ben delineato, sotto arcate di alberi già rossicci.
Stavo ammirando la corteccia di uno degli alberi davanti a me quando lo vidi: un enorme cane nero che correva a perdifiato verso di me.
No, non nella mia direzione semplicemente, come mi accorsi con ansia: mi puntava proprio.
Senza museruola, senza guinzaglio, la stazza di un Golden Retriever, decisamente troppi chili da sostenere in un eventuale corpo a corpo. E io sono anche piuttosto bassa.
Il cane lanciò un latrato e mi raggiunse in tre salti. Non ebbi nemmeno il tempo di gridare. Mi si buttò addosso con tutto il suo peso, alzandosi in piedi e spingendo le sue zampe anteriori contro le mie spalle. Qualcuno urlò, non molto lontano. Ebbi la momentanea visione di una donna con due bambini che si portava la mano alla bocca a dieci metri da me, poi la testa del cane mi si fece vicino e chiusi gli occhi.
E mi sentii cadere all'indietro.
Cercai di afferrarmi al collo dell'animale per sostenermi e così evitai di crollare distesa, finendo per terra solo per metà. Tradotto volgarmente, una botta di sedere da vedere le stelle.
"My God, my God, please somebody help her!" urlò una voce di donna - forse quella di prima? - mentre io ancora decidevo se ricominciare a respirare o prepararmi all'attacco dei denti.
Rapidi passi in avvicinamento, e intanto un pensiero mi fulminò: a parte il dolore al fondoschiena, il cane non mi stava facendo assolutamente nulla.
Aprii piano gli occhi e subito li richiusi perchè una lappata mi bagnò tutta la faccia, e di colpo scoppiai a ridere, probabilmente per il nervosismo. Certo, avevo pensato di finire attaccata, non leccata.
Invece il cane sembrava tutto contento, scodinzolava allegramente e continuava a darmi testate e lappate su viso e collo.
"Buono, buono, va bene, non mi son fatta nulla, stai calmo, che c'è, so di buono?"
Tentai di dare alle parole un suono spensierato perchè le persone accorse non si preoccupassero, ma mi resi conto che stavano uscendo a scatti dalla mia bocca. Patetico, tremavo pure. La donna frattanto - proprio quella coi bambini - mi si era fatta vicino e mi stava toccando le spalle, ripetendo una serie di "How are you, dear? Are you alright?", con un'espressione alquanto tesa.
Vidi altre due sagome in piedi davanti a me, ma evitai di alzare lo sguardo, rossa come il vino del Chianti, e mormorai un: "Don't worry, Madam, I'm fine, really, I'm fine..." alla donna, che annuì per niente convinta e si scostò per permettere ad un tipo di scrollarmi il cane di dosso e legarlo col guinzaglio.
Io tenevo la testa bassa e stavo ringraziando tutti gli Dèi che conoscevo, ma qualche frase, anche se pronunciata velocemente e in tono irritato, la captai. C'erano delle scuse dispiaciute e accavallate, e un certo risentimento per aver lasciato libero un cane così impulsivo. No, non era impulsivo, era "poco controllato, una cosa veramente imprudente". E una delle tre voci mi sembrava familiare. Sicuramente l'avevo già sentita in qualche programma, si assomigliano tutte, e poi guardavo Sky in inglese sempre, che fossero film, programmi o news internazionali. Comunque feci una rapida analisi del mio stato fisico e conclusi che non mi ero fatta niente. Solo presa uno spavento non indifferente.
Una manina bianca e morbida mi si posò sui capelli e alzai lo sguardo: la bambina della signora mi stava guardando con la stessa aria preoccupata della madre, i bei capelli lungi e lisci, biondo cenere, mossi dalla brezza. Le sorrisi; era una bambina adorabile, e continuava a darmi carezze sulla testa come se fossi io la piccola, e lei l'adulta. Anche lei mi sorrise, e poi si unì al fratello - pensai fosse il fratello, dato lo stesso colore di capelli e gli occhi azzurri così simili - che stava accarezzando il cane. Il quale cercava in tutti i modi di tornare a leccarmi il viso, ma era trattenuto dal tipo accorso assieme alla donna e a un altro signore.
Mi feci forza e presi un profondo respiro per rialzarmi, perchè le gambe mi tremavano ancora, ma una mano mi si parò davanti, accompagnata da un gentile e preoccupato: "Let me help you, please, give me your hand."
Alzai la mano e l'altra me la strinse forte, ma senza farmi male, e facendo forza sui piedi mi rialzai.
"Are you ok?"
Alzai pianissimo la testa e lo sguardo collegò la mano che tratteneva il cane allo stesso corpo da cui dipendeva l'altra che stava stringendo la mia. O meglio, che io stavo ancora trattenendo.
*Ma dannazione, mollala, sennò si rende conto che tremi! Patetico!*
Lasciai piano la mano e risposi: "Yes, I-I-I'm fine, really."
*Peggio che patetico.*
Evidentemente il tipo non ne era sicuro (effettivamente una che libera la mano dalla tua lentamente come se stesse maneggiando nitroglicerina e che impiega sette secondi per un "Sto bene" non dà molta sicurezza sul suo stato mentale), perchè mi posò la mano sulla spalla per avvicinarmi e da lì la alzò fino a toccarmi il mento, alzandomi il capo, con un gentile: "Sure?". A quel punto ero già da sotterrare per la vergogna, potevo pure guardarlo in viso...
I miei occhi risalirono il suo braccio fino al torace, proseguirono sul collo e si fermarono sulle labbra. Notai che sembrava giovane, cosa che si ricollegava bene alla voce, e che si era fatto la barba evidentemente. Poi in un impeto di coraggio estremo alzai di scatto gli occhi e li puntai nei suoi.
E mi sciolsi.
E capii perchè conoscevo quella voce.
Perchè la sentivo risuonare nella mia testa nei momenti più impensabili, perchè aveva pronunciato frasi che avrei sempre ricordato, perchè un "Depends on the one day" assume tutt'altra forma e sensazione quando è quella voce che lo dice.
E compresi anche che se mai avessi potuto sperare di incontrarlo, non sarebbe mai, MAI stato con il trucco sbavato da lappate di cane, i pantaloni sporchi per la caduta e l'espressione di una che sta per collassare.
*Lassù qualcuno mi odia.*
Di scatto ebbi la visione di me, ridotta da far pietà, che fissava Orlando Bloom, preoccupato, circondati da due bambini, una donna irritata e un signore del medesimo stato d'animo, oltre che da un cane che testardamente cercava di raggiungermi.
Mi resi anche conto che dalla sua domanda stavano passando troppi secondi.
"Yes, no, really, I'm fine, don't worry, please, I'm ok!"
Agglomerati di parole senza senso.
*Stupida, cretina, deficiente.*
E intanto non avevo tolto dai suoi occhi color cioccolata - belli, perplessi, gentili, dolcissimi - i miei.
*Maleducata, per di più. Non si fissa. Smetti!*
Subito chinai la testa, di nuovo rossa.
"She's not fine, mom, I think she's got flu" disse la bambina. Questo mi diede l'idea di quanto rossa fossi, e alzai di nuovo gli occhi su quel viso conosciuto e straniero al tempo stesso per comunicargli che no, stavo benissimo, che se andasse per favore, sto per mettermi a piangere, ho i lucciconi agli occhi, non farmi fare questo, non posso credere di averti conosciuto così, ti prego, fammi mangiare dal tuo cane se hai pietà di me!
Ma gli occhi castani non compresero niente di tutto ciò.
Perciò mi feci forza, ricordandomi che dovevo salvarmi da sola da quella situazione, e mormorai un perfetto:
"This is so embarassing."
Questo gli occhi lo capirono bene, perchè brillarono, e anche il suo viso si distese mentre annuiva. Mi lasciò andare il mento - stava ancora toccando la mia pelle? - e fece scivolare il braccio lungo il suo fianco. Io chinai la testa per evitare che davvero i goccioloni cadessero lungo le guance, sarebbe stato il culmine dell'orrore, e intanto sentii qualche frase tra lui e il signore, che intanto mi toccò piano il braccio porgendomi la borsa. Diamine, mi era caduta, nemmeno lo avevo notato.
Con grande abilità teatrale sfoderai un sorriso convinto ed esclamai: "Thank you sir" in un tono che forse lo rese soddisfatto, perchè mi sorrise, mi regalò un "Not at all, miss" e un cenno cordiale del capo, e si allontanò.
Al ché mi voltai verso la donna, che ancora guardava male il cane, e la ringraziai per tutto il disturbo. Lei mi fece un gran sorriso materno, mi sistemò una ciocca di capelli e mi salutò, portando via i bambini dal cane. Il bimbo salutò il bestione agitando il braccio, la bambina mi rivolse un sorrisone e mi rivolse un cenno con la mano. Che amore. E mentre andavano via...
Panico.
Sola con lui davanti.
O mamma.
*Fai qualcosa, che non sia piangere, per favore!*
"I... I... I am really fine, you know."
*Ma sei cretina?*
Certo, come non sottolineare l'evidenza? Non lo stavo guardando, ma lui tacque, perciò ripresi di furia.
"I mean, you don't need to worry about me, I just... fell down. It happens. Thanks for helping me anyway, you're very kind..."
*Taci ti prego, zittisciti...*
Un tono dispiaciuto mi risponde, e immagino stia indicando il cane che scodinzola ai suoi piedi:
"It was my fault, I shouldn't have let him go, he's quite... exuberant, you know."
"I see."
Silenzio.
*Forse potresti dire qualcosa che non gli faccia credere che tu sia arrabbiata.*
"Ahm... He's beautiful."
*I-d-i-o-t-a*
Sento uno sbuffo, e alzo gli occhi a guardarlo. Sta ridendo. Cerca di trattenersi ma sta ridendo. Immagino che da una ragazza aggredita dal tuo cane ci si possa aspettare di tutto tranne "E' bello". Mi vedo attraverso i suoi occhi: rossa, macchiata, striature di lappate sul viso, capelli in disordine, lacrime che non mi curo di frenare, e che trionfalmente colano giù. A questo punto non riesco a vedermi oltre attraverso i suoi occhi, e a quelle lacrime che mi son vista piangere se ne aggiungono altre, copiose. Dio, come mi vergogno, come mi sento carta straccia, come vorrei sparire! Prendo un respirone inframmentato di singhiozzi e scuoto il capo, cerco di parlare ma alzo solo la mano a fare qualche gesto strano che nella mia intenzione dovrebbe essere un "Non mi guardare, dammi un minuto ti prego, oppure sparisci".
E mi copro gli occhi con la mano che stringe la borsa. Riprenditi. Riprenditi. Non lo saprà nessuno mai. Mi rinfranco un pò e oso guardarlo di nuovo. Sicuramente a questo punto è colato anche il mascara. All'inferno, chi se ne frega ormai. Alzo lo sguardo e lo punto nei suoi occhi. Mi restituisce lo sguardo e mi accorgo che è davvero, davvero serio e impensierito. Mi si bloccano lacrime e singhiozzi mentre quegli occhi così desiderati mi rinfrescano anima e spirito. Tento un sorrisino tremulo. Lui mi guarda mortificato, un perfetto Will Turner, o un Drew Baylor. Troppo poco serioso per essere un Legolas. Mi si avvicina di nuovo e mi fa:
"Please, forgive me. I'm so sorry. I don't know what to say, I'm deeply sorry."
Sorrido più tranquilla, e sto per dirgli che ok, no problem, e correre via lontano da qui, quand'ecco che il Golden Retriever o quel che è decide di essere stato ignorato abbastanza e con un latrato assai "exuberant" si butta di lato, trascinando via metà braccio di Will/Drew, che non avendolo prevsito quasi finisce per terra al posto mio. Ammiro i suoi riflessi qundo lo riafferra prontamente, ma l'espressione sorpresa alla "Oh mamma e che è?" che ha sul volto mi scioglie nuovamente. Stavolta in senso comico.
Sghignazzo piano, sbuffando appena, poi incrocio il suo sguardo stile "preso alla sprovvista" e non mi trattengo, lasciando andare un singhiozzo, divertito stavolta. E lui mi guarda, sfodera un sorriso sghembo e guardandomi bene in faccia fa:
"I guess we're even!" e comincia a ridere.
E allora scoppio a ridere anche io. E dall'assurdo di quella situazione, da film comico di serie z, nasce un pensiero, timido ed effimero quando un bocciolo di rosa: avevo tre motivi, dopotutto, per cui dirmi fortunata.
Ero a Londra.
C'era il sole.
E lui era lì. Semplicemente, lì.






Disclaimer: con questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere di Orlando Bloom, nè degli altri attori o personaggi realmente esistenti ivi nominati, e tantomeno intendo offenderli in alcun modo. Luoghi e particolari realmente esistenti sono stati citati per esigenze di storia. Tutto ciò che scrivo è per divertimento.

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Capitolo 2
*** That's It ***


"E così sei italiana. Sei in vacanza o studi qui?"
"Veramente dovevo lavorare qui ma non posso coprire le spese, perciò in attesa di ripartire faccio la turista."
"Hai scelto un bel posto da vedere."
"Era l'unico parco che mi mancava.... o meglio, Hyde Park e St James li conosco bene, solo che non avevo mai visto finora la statua di Peter Pan, e così..."
"Ti accompagno io, così Sidi cammina e non attacca altre persone."
Risi. E non ci credevo, mentre accadeva a me di passeggiare lungo i bei viali dei giardini che accolsero la nascita del Fanciullo Immortale di J.M. Barrie, al fianco suo. Di Orlando Bloom. Io e lui. Com'era successo?


Passata la ridarella, mi porge la mano e si presenta:
"I'm Orlando."
Gliela stringo come poco prima, e di nuovo mi stupisco a notare quanto le mie dita dipendano dalle sue.
*Svegliati.*
"I'm Luna, pleased to meet you."
Il cane abbaia e fa per saltarmi di nuovo addosso. Lui - che a sentire il mio nome aveva assunto un'aria incuriosita - lo trattiene e aggiunge:
"E questo è Sidi, testone e disubbidiente."
Alza lo sguardo su di me e prosegue, serio:
"Davvero, spero non ti abbia spaventata, prima. Non lo aveva mai fatto, solitamente non si comporta così. E' colpa mia, avrei dovuto tenerlo al guinzaglio, ma non credevo che lasciarlo libero due minuti portasse a questi incidenti."
Sorrido e scuoto il capo, posando la mano sulla testa del cagnone, che apprezza scodinzolando.
"Non ti preoccupare, a me piacciono i cani grossi, e poi non mi ha fatto nulla..."
E Sidi mi posa le zampe sulla cintura dei jeans. Orlando lo tira indietro e lo accuccia severo, ripetendo le scuse.
"Sicuramente gli stai simpatica, tutta questa confidenza la mostra solo ai miei amici stretti, che vede più spesso."
"Bene, allora è una cosa positiva!"
Alza la testa alla mia esclamazione e sorride, poi si fa serio e mi guarda la mantellina leggera e i pantaloni.
"Ti ha ridotta maluccio, però. Mi dispiace davvero, permettimi di rimediare, c'è una tintoria poco distante da qui..."
"No, assolutamente. Tra poco tornerò a casa, ci penserà la lavatrice, metto i pantaloni in valigia e via."
Lui mi guarda interrogativamente, perciò spiego:
"Non vivo qui... sfortunatamente. Devo tornare in Italia."
"Oh. Capisco."
Silenzio. Faccio di tutto perchè non se ne vada, perciò esco con un:
"Se però sai dirmi dove posso trovare una fontanella, mi fai un favore. Come ho detto adoro i cani, ma l'Inghilterra è la patria dell'educazione e andare in giro con la saliva di Sidi non mi attira benevolenza, immagino."
*Sei irrimediabilmente scema.*
Mi guarda in viso, e di nuovo mi sento diventare rossa. Perciò chiudo gli occhi e balbetto:
"Ti prego, dimentica le mie ultime parole. Non sono stupida, davvero, è che non sapevo che dire."
*Viva la sincerità.*
Sorride divertito, invece, e annuisce.
"Non stavo considerando il tuo stato mentale, pensavo che in effetti Sidi è un cane che lascia il segno."
E dicendo questo allunga una mano a spazzolare due o tre foglie via dalla mia mantellina.
*Controllati, sei ridicola, hai un'età, insomma. Non vorrai comportarti come le milioni di fan allucinate.*
"Comunque la fontanella c'è. Non è potabile, se non ricordo male, ma fa al caso nostro. Vieni, ti accompagno."
"Sei sicuro, non è che interrompo la tua passeggiata?"
"Mi sembra il minimo, dopo lo spavento che ti ho causato."
"Ahm, allora... grazie."
"You're welcome."

Non è meraviglioso il modo di dire "prego" che hanno gli inglesi? "Sei la benvenuta". E' meraviglioso.
Ci incamminiamo lungo i viali, e intanto, stranamente, risulto abbastanza sicura di me da rispondere alle sue domande o alle sue osservazioni, che stranamente, continua a farmi. Non so perchè continui a parlare con me. Mi sorge il dubbio che sia per tranquillizzarmi, oppure per evitare che gli faccia causa, che ne so. Sia come sia, mi godo il momento. E lo sfrutto, perchè sfodero il mio inglese, lingua che - in un lampo di lucidità - ricordo di sapere abbastanza bene. Almeno faccio pratica.
*Smetti di razionalizzare. Prendi in giro solo te stessa.*

Arrivati alla fontana mi tiro su le maniche della giacca, poso la borsa per terra e mi sciacquo per bene il viso. Quando mi sento abbastanza fresca e pulita, lancio una rapida occhiata alla superficie lucida della cannella. Non riesco a vedere se son riuscita a togliere tutto il mascara o no. Recupero la borsa e rifletto rapidamente: prendere il portacipria per guardarmi è escluso, sembrerei la classica fighetta che si preoccupa solo del trucco. Ma se invece al contrario non facendolo sembrassi trasandata e sciatta? Oddio, che farei se fossi con un amico?
"Secondo te ho gli occhi a panda?"
*CHE CAVOLO FAI?!?*
Mi guarda a metà tra l'incuriosito e il sorpreso.
*Ma dannazione, non è un tuo amico, non hai una confidenza tale da porre questa domanda, stupida!*
"Intendevo..."
*Oltretutto non si dice "occhi a panda" in inglese, scema! Chissà che hai detto!*
"... ho gli occhi neri?"
Si avvicina ancora con l'aria stupita, e dopo avermi fissata a lungo sembra capire qualcosa e fa:
"Ah! Mi stai chiedendo se il rimmel ti ha macchiato gli occhi?"
*Standing Ovation per la tua brillante intelligenza, cara.*
"... sì."
"No, sono a posto. Fortunatamente non avevi il rimmel water-proof, so che è difficile da sciacquare via."
Adesso sono io che lo guardo stranita, e lui con un sorrisino mi fa:
"Lo vedo al lavoro, quando le mie colleghe si devono truccare... se usano il rimmel water-proof devono tergersi il viso con più insistenza."
"Oh... capisco. No, comunque hai ragione, non avevo messo il water-proof."
Meglio non dirgli che sai benissimo con che tipo di colleghe lavora, belle e perfette anche se sbaffate di trucco.
"Conosco il tuo nome. Non so parlare bene l'italiano, ho studiato solo il francese, ma qualche parola l'ho appresa... però non pensavo fosse un nome da dare anche alle persone, non so se capisci che intendo."
"Oh... oh, sì, perchè è il nome con cui noi identifichiamo la luna, però sì, è anche un nome proprio."
Ero rimasta sorpresa dalla sua affermazione, ma mi sembrava di aver dato una risposta inconcludente.
"Sai, come Gwyneth Paltrow, che ha dato nome a sua figlia "Apple". Anche se è un minimo differente, forse..."
Orlando sorride e annuisce:
"Effettivamente non darei a mio figlio il nome di qualcosa da mangiare."
Sorrido anche io e mi sistemo le maniche.
"Ma "Luna" suona carino."
Resto a bocca aperta. Mi ha fatto un complimento.
*Reagisci, non sei un merluzzo.*
"Ah, ehm, grazie. A me piace il tuo. E' il nome di un cavaliere."
*Non aggiungere che il cavaliere in questione era un pazzo furioso, ti prego.*
Sorride divertito e sfoderando il sorriso sghembo di prima chiede:
"Facciamo a cambio?"
E a quel punto, sto zitta e rido. Almeno non corro il rischio di dire altre assurdità.


Arrivammo davanti ad una piccola discesa, che portava ad un lago, sulla destra. Respirai profondamente l'aria mattutina. Mi sentii rinascere. Mi voltai verso il mio accompagnatore e di colpo fu come se lo vedessi per la prima volta.
Mi presi il tempo di guardarlo, di ammirarlo, con calma. I capelli erano scuri e gli ricadevano lisci fino a sotto le orecchie, in una specie di caschetto disordinato. La pelle era chiara, ma non pallida, anzi sembrava ancora abbronzato nonostante fosse autunno inoltrato. E gli occhi, che seguivano ogni movimento del suo amico a quattro zampe, si posavano sulle persone e su quanto ci circondava avvolgendo tutto con la forza della loro dolcezza color cioccolato. Fu in quel momento che sentii distintamente riaffiorare in me la me stessa di qualche anno prima, quando, sedicenne, entrai per la primissima volta a contatto col suo viso, nelle vesti di un principe Elfo, biondo e dagli occhi color mare, che scendeva da cavallo. Sentii di nuovo tutta la forza di quello sguardo magnetico e quasi impossibile da sostenere, e considerai che in quella mezz'ora lo avevo incontrato molte volte. Mi lasciai sfuggire un sospiro tremante.
Lui se ne accorse, perchè cercò il mio sguardo, lo avvertii, ma tenevo la testa bassa, e prima che la potessi rialzare mi aveva toccato il braccio che tenevo rilassato accanto al suo. Lo guardai e mi resi conto che tra me sedicenne e me ventitreenne non c'era alcuna differenza, in quel momento.
"Ti senti bene? Non volevo chiedertelo prima, ma hai battuto la testa? Ti fa male la schiena?"
C'era qualcosa in quegli occhi preoccupati che mi dava serenità. Qualcosa che manca negli occhi della gente quando ti rivolge questa domanda senza un vero interesse dietro.
"No..."
Sincerità. Ecco cosa brillava tra l'iride e la pupilla.
"... sto bene. Stavo solo pensando... a Sidi. E' davvero bello, sul serio."
Sorrise, e mi affrettai ad aggiungere:
"Non sospiravo per lui, era un sospiro... di benessere, ecco. Mi piace Londra. La adoro con tutta l'anima. Non vorrei vivere in nessun'altra città."
"Davvero? Ci eri già stata?"
"Sì. Come lo sai?"
"Per apprezzarla bisogna viverla, e hai detto di essere qui per un lavoro, perciò non avevi in programma di visitarla, ma se ti piace così tanto significa che hai potuto farlo."
Sorrisi annuendo. E ripresi:
"Non mi piace solo Londra. E' la gente, che mi attira. E la lingua, cerco di impararla il più possibile, perchè mi piace davvero."
"Lo vedo. Sei brava, in ogni caso. Finora non hai fatto alcun errore."
"Oh... grazie! Sei gentile!"
Sorridemmo entrambi, e soprappensiero aggiunsi:
"Il fatto è che mi risulta più facile parlare in inglese che in italiano. Sono un pò dislessica, e parlare un'altra lingua mi aiuta a esprimermi correttamente, perchè avendola imparata, non posso sbagliarla... non so se riesco a spiegarmi."
"Sì, invece. Io avevo lo stesso problema anni fa. Capisco cosa intendi."
"Ottimo."
"Eccoci qua."
Di colpo tornai alla normalità. Al mio fianco sinistro, con il lago sulla destra ed una piccola salita davanti, si ergeva la piccola, tenera statua di Peter Pan. Mi avvicinai in estasi: l'avevo vista in un film da bambina, ero commossa, e ammirai ogni singola parte dell'opera col fiato sospeso e tenerezza nel cuore. Un altro sogno esaudito. Alzai lo sguardo a fissare il volto del bambino eterno, e pregai con tutte le mie forze di bimba che esaudisse anche un altro desiderio: quello di rivederlo, un giorno.
Mi voltai a guardare Orlando sorridendo per ringraziarlo, ma non c'era.
Un tuffo al cuore.
E poi una ben nota spinta mi tirò in avanti: Sidi mi aveva afferrata per la mantella. Ero così sollevata che presi il suo muso tra le zampe e ridacchiai:
"Ma che bel cucciolone che sei!"
Lui scodinzolò, e abbaiò. Orlando apparve da dietro la statua - c'era una specie di piccolo giardino - e lo sgridò nuovamente:
"Ma insomma, Sidi!" poi guardò me spalancando le braccia come a dire "che posso fare?" e sospirò:
"Qualsiasi cosa tu gli abbia detto, se era severa mi associo. Non si regge quando decide di fare il matto."
Io sorrisi e risposi:
"No, non era severa, e anche se lo fosse stata, non mi avrebbe dato retta, ti pare?"
Lui mi fissò un attimo pensieroso e valutò attentamente lo stato in cui mi ero ridotta, poi sospirò:
"Non so davvero come scusarmi, ti prego di credere che sono desolato."
"Non è niente, ti giuro. Anzi... sei stato gentile ad accompagnarmi fin qui, lo apprezzo tantissimo, con tutto quel che avrai da fare, immagino..."
"No, sono in vacanza, in realtà, in pausa."
"Oh..." Evitai di nuovo ti sfiorare il tasto "attore/Hollywood" e continuai:
"Comunque davvero, non disturbarti oltre, se devi andare vai, non voglio obbligarti a starmi dietro per tutta la mattina, davvero..."
Cercai di sembrare il più gentile possibile, perchè capisse che non lo stavo scacciando, stavo solo cercando di semplificarci la vita: lui avrebbe continuato la sua, io la mia, con un ricordo più bello.
Riprese Sidi e lo legò più stretto, poi mi guardò e mi sorrise. Io mi feci coraggio e decisi di staccare il prima possibile per non stare peggio dopo. Gli tesi la mano ed esclamai:
"E' stato un piacere conoscervi entrambi. Buon... buona giornata, allora."
Lui mi prese la mano e la strinse gentilmente, trattenendola. Lo guardai negli occhi, per bearmi un'ultima volta della loro luce.
"E' stato un piacere anche per noi. Sidi ha sicuramente apprezzato." Sorrise, ed io ridacchiai.
"Non che io abbia apprezzato di meno, non fraintendermi. Spero tu possa tornare qui a vivere, se è un tuo desiderio."
"Tu ci sarai?"
Oh no.
*Ma sei impazzita?!*
Che frase mi era uscita? Ritirai la mano abbassando lo sguardo, imbarazzatissima, pregando perchè non m'avesse sentita.
"Perchè, ecco, è piacevole parlare con te, sai. Tutto qui."
Il famoso "that's it" che salva le frasi azzardate.
*Respira, ormai la frittata è fatta.*
"Meglio che vada. Grazie ancora di tutto."
Senza rialzare lo sguardo accarezzai la testa di Sidi e feci per voltarmi, mordendomi il labbro.
"Non mi dispiacerebbe incontrati ancora. Anche per me è stato piacevole chiacchierare con te."
...
*Respira. Respira.*
"... Thank you. Ahm, well... goodbye."
"Goodbye."
E mi incamminai, sola, verso l'uscita dei giardini.

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Capitolo 3
*** La voce di un angelo ***


22 Ottobre.
Ultimo giorno.
Penultimo, perchè fino alle dieci di mattina del giorno dopo avrei continuato a respirare aria londinese, ma era questo l'ultimo giorno in cui veramente potevo girare un pò per la città.
Non volevo allontanarmi troppo comunque, perciò, visto che il mio appartamento era nella zona in prossimità di Portobello Road, decisi di fare una visita al luogo.
Ma adesso c'era davvero poca gente, perciò visto che era presto mi diressi dalle parti dei parchi, St James e Hyde Park. Di tornare ai Giardini, nemmeno per idea: se avessi incontrato chi speravo spasmodicamente di incontrare, sarebbe stato imbarazzante. Con tutti quei discorsi sul non fare la fan sfegatata, potevo mica andarlo a cercare davvero?

St. James è uno dei parchi che più amavo: verde, pulito, pieno di animali, e un lago immenso che lo attraversava tutto, fiori di ogni tipo e colore, e un'aria così serena... Meno fiabesco dei Kensington, ma altrettanto perfetto. E poi adoravo gli scoiattolini, con quelle codone morbide, che andavano a prendere il cibo direttamente dalle mani dei turisti. Penso sia bellissimo, quando un animale notoriamente timido si comporta così: significa che sa di essere al sicuro.
Amavo gli inglesi, niente da dire. Uno in particolare occupava i miei pensieri quella mattina, ma mi costrinsi a mettere un lucchetto su questa idea. Scesi dal bus rosso e mi fermai a guardarmi intorno. Dall'altra parte della strada, il parco. Feci un sospiro esagerato, immagino, perchè la signora davanti a me - anziana, con un pullover rosa che si armonizzava benissimo con la sua carnagione, e gli occhi azzurri come l'ombrello che teneva nella borsa, mi sorrise e domandò:
"It's a lovely place, isn't it?"
Io sorrisi in risposta: sì, lo era eccome. La signora mi fece un sorriso e si incamminò per la sua strada. Dovevo godermi la giornata. Erano già le undici e mezza. Distolsi lo sguardo dalla signora in lontananza e lo puntai sulla cabina della fermata. Ed un annuncio mi incuriosì.
"Libreria 'Libri Eccetera', Oxford Street, 421, London, cerca
Personale di negozio per reparto libri di narrativa,
full-time, dai 18 ai 35 anni, necessaria conoscenza di almeno una lingua straniera."

*Dimmi che tenti.*
Un segno dal cielo.
*Vai e prova, che ti costa.*
Restare qui ancora un poco... forse...
*Cammina.*
Senza rendermene conto mi fiondai sul lato opposto della strada e mi diressi verso l'altra fermata, in modo da prendere il primo bus diretto a Oxford Street.

Entro nella libreria - chiamala libreria! Altro che la biblioteca della Bella e la Bestia! - e una signora, sui 50 anni, capelli corti e color caramello, con una targhettina sul petto, occhi chiari dietro gli occhiali ed espressione efficiente mi si avvicina con un
"Good morning, may I help you Miss?"
"Good Morning Madam, yes, I hope so", rispondo io, e spiego il motivo della visita. L'annuncio, il posto di lavoro. Annuisce con un sorriso e chiama una ragazza, a cui suggerisce di pensare al negozio mentre lei si apparta con "la signorina", dice indicandomi.
La ragazza - molto carina, capelli mossi legati dietro in una coda, occhi scuri, d'aspetto fresco, ordinato e gentile - mi sorride.
Io seguo la signora, che mi fa entrare in una stanza adibita a studio dietro uno scaffale. Non molto ampia, presenta una scrivania, un computer, varie pile di libri e casse di cartone e plastica in cui vedo altri libri accumulati.
Comincio a pensare di aver sbagliato. Non ho un titolo di studio spendibile, ancora. Non ho il permesso di soggiorno.
Poi mi riprendo: ho un'ottima conoscenza della letteratura, ho comunque un diploma di Classico, e il permesso posso sempre farmelo fare. Se mi danno il posto.
Ma resto comunque una che non ha dietro neppure il Curriculum. L'ho lasciato nel'appartamento. Che ne sapevo?
La signora mi fa cenno di accomodarmi sulla sedia di fronte alla scrivania, ed eseguo subito. Fisso un attimo lo sguardo sulla targhetta, che recita "Mrs. Meadows". Mi ricorda un racconto della Mansfield. Ostento un'espressione sicura e compìta, che evidentemente fa effetto, perchè la donna esclama:
"Dunque, signorina, mi sembra una ragazza affidabile, ma capirà che devo sapere qualcosa di più sul suo conto, oltre all'impressione che dà."
"Naturalmente", rispondo io.
Parte l'interview.
Parlo di me, della famiglia - almeno le basi sono più che buone, rifletto - dei miei studi, dell'università, delle mie esperienze con l'editoria - poche, ma fortunatamente sembra interessata ad un saggio che ho tradotto tempo fa per una tesi di un compagno - e della mia passione per le lingue straniere.
Appare compiaciuta, e commenta:
"Avevo immaginato che fosse straniera, per il suo accento, ma posso garantirle che la grammatica è perfetta."
Io sorrido, ringrazio arrossendo, cosa che stempera un pò l'atmosfera perchè lei se ne accorge e ride, e aggiungo che conosco abbastanza bene il francese. Ciò le piace, lo vedo dall'aria soddisfatta.
"Molto bene, davvero notevole. Così lei ha una buona conoscenza di tre lingue."
Io abbasso un pò la testa e rispondo:
"Signora, si può dire ch'io ne conosca due, perchè in fondo l'italiano è la mia lingua, non posso pretendere di inserirla fra quelle straniere..."
Lei sorride e mi interrompe: "Non creda, con i vari dialetti che esistono, anche qui in Inghilterra, conoscere bene la propria lingua è diventato quasi un optional."
Io mi rilasso e sorrido. Comunque vada, la signora è simpatica. Seguono altre domande, altre risposte, infine la parte più temuta: la mia sosta nel Paese. Ma lei sbaraglia i miei dubbi:
"Ovviamente, se è qui per migliorare la sua conoscenza della lingua, non ha pensato a richiedere un permesso di soggiorno, che del resto non le avrebbero dato senza residenza fissa. E' naturale, mi creda, ma non si preoccupi, bado più alla sostanza. Certo, se troverà lavoro qui, dovrà procurarselo, ma per il momento questo non costituisce affatto un punto a suo sfavore."
*Evvai pupa. Proceed please.*
Alla fine del colloquio - uno sguardo veloce all'orologio a muro mi informa che sono trascorsi ben 35 minuti, e perciò è ora di pranzo - la signora si alza e mi accompagna fuori. Ha un sorriso gentile mentre mi porge la mano e mi fa sapere che entro la fine della giornata mi faranno sapere qualcosa.
Poi si ritira nel retro.
Io tiro un profondo respiro, e la ragazza di prima, coi capelli mossi, mi si avvicina e sussurra:
"Easy, she was quite satisfied. Good luck!"
Che gentile! La ringrazio ed esco a godermi la giornata. E, naturalmente, c'è il sole.

Il cellulare era acceso, in attesa di una chiamata. Tesa come un cordino, sedevo rigida sulla panchina di Hyde Park, scribacchiando sulle cartoline acquistate il giorno prima.
"Cara Linda, la tua sorellona qui fa grandi progressi.
Ha avuto il coraggio - per non dire la faccia tosta - di trovarsi un lavoro in una libreria del centro.
Se guardi la cartolina capirai che "centro" qui significa "mondo".
Fai il tifo per me stellina. Se sono fortunata, questa card ti arriverà prima di me!"
Terminai con un "Kisses, Luna", e infilai la cartolina nella busta, poi mi alzai. Mi stiracchiai e presi a passeggiare. se avessi avuto la fortuna d'essere assunta, la mia vita avrebbe preso una piega assai diversa da quella che si prospettava due ore prima: innanzitutto avrei dovuto cercare un appartamento a lungo termine, perchè quello dove stavo era affittato per una settimana; poi avrei dovuto farmi il permesso di soggiorno, ma quello lo avrei chiarito in seguito se avessi avuto il posto. E poi, avrei avuto davvero la possibilità di stare là, a Londra, almeno fino a Natale! Già immaginavo di tornare a casa piena di regali per tutti. Senza contare che Halloween in London è una cosa da vedersi, pensavo. Non sapevo cosa aspettarmi, ma comunque... tutto pur di rimandare il ritorno.
Lessi un giornale di quelli distribuiti a gratis, scribacchiai qualche altra cartolina, perlustrai Hyde Park da cima a fondo, arrivai a Buckingham Palace, e trovai una buca per le lettere in cui infilai le cartoline. Dopodichè, trascorse in tal modo altre due ore e mezza, non sapevo che fare. Erano quasi le sette. Hyde Park si stava svuotando, era ora di cena. Figuriamoci, io ero abituata a cenare verso le nove. Passarono un gruppo di persone, tutti turisti italiani, del Nord a giudicare dall'accento, due coppiette e infine vidi aggirarsi tre ragazzi in fondo al vialone. Mi sembrarono un pò alticci - uno di loro teneva in mano una lattina, ma non riuscii a vedere di cosa - e non me ne curai. In quel mentre decisero di tagliare dalla mia parte - c'erano un paio di guardiano dal lato poosto, forse avevano qualche problema davvero - per cui mi alzai di scatto.
Squillò il cellulare. Mi fermai, lo tirai fuori dalla borsa e risposi.
Era Mrs. Meadows. Considerando le mie conoscenze linguistiche e letterarie, la mia cortese educazione e il modo in cui mi presentavo, era lieta di annunciarmi che, se ero ancora interessata, avrei potuto cominciare a lavorare anche dal giorno dopo. Avrei percepito un regolare stipendio, da trattare la mattina successiva, fin dalla prima settimana. Le spiaceva avvertirmi così tardi, ma fino a sera avevano avuto a che fare coi clienti, e sperava che non fosse troppo tardi per avvertirmi.
Io stavo letteralmente ballando sul posto mentre continuava a parlare, ma all'ultima frase dovetti per forza fermarmi e rispondere.
"Assolutamnte no, Mrs. Meadows, la ringrazio per la sua offerta, sono pronta ad incominciare domani, certamente."
"Perfetto. Il negozio apre alle nove, perciò la pregherei di presentarsi almeno mezz'ora prima."
"Senz'altro signora, ci sarò. Grazie ancora."
"A lei. Buona serata."
"Altrettanto."
Click.
*Ma vieniiiii!!!!"
Che gioia! I soldi che avevo ancora da parte per una settimana mi sarebbero bastati, per l'appartamento avrei intanto rimediato con un ostello, ma tutto tramontava di fronte alla possibilità di restare!
Così, con un sorriso raggiante stampato in faccia, mi incamminai, sorpassando i tre tipi che ormai mi avevano raggiunta. Uno di loro dette di gomito all'altro, e ricambiò il sorriso con uno ebete e, notai, da perfetto ubriaco. Subito cancellai il mio dalle labbra e presi ad allontanarmi. Uno dei tre mi richiamò indietro biascicando:
"Where 'r you goin', babe?"
Mi rifiutai di fermarmi o anche solo di rispondere ed affrettai il passo. Ma non mi sentii tranquilla neppure dopo aver varcato il cancello. In strada c'erano poche persone, e tutte di fretta. Stava diventando buio. Faceva più freddo. Azzardai un'occhiata e vidi due dei tipi dietro di me, le mani in tasca, un'espressione astuta. Ebbi paura. Da sola, di sera, in un posto che per quanto conoscevo non ospitava nessun amico, nessun parente. Diamine, nemmeno il numero della polizia locale conoscevo! Dov'erano i guardiani? Mi girai di nuovo per trovarli ma con sommo orrore mi accordi che i due tipi si eran fatti decisamente troppo vicini. Cominciai a correre, e subito sentii il rumore delle loro scarpe dietro. Li avevo alle calcagna.
*Dannazione, corri, corri!*
Percorsi tutto il marciapiede senza che ci fosse anima viva, mi ero attardata troppo, ed ero lontana dalle vie più frequentate. Di rallentare vicino ad una fermata del bus neanche a parlarne, chissà entro quanto sarebbe passato. Chiamare aiuto li avrebbe solo fatti arrabbiare e resi più pericolosi. D'improvviso mi sentii strattonare per il cappotto, perciò gridai e mi gettai all'impazzata lungo ogni strada possibile. Sbucai nella via principale, piena di macchine, e mi lanciai tra le auto. Una frenò di colpo a mezzo metro da me, ma non mi fermai neppure quando un'altra auto schivò me prendendo in pieno uno degli inseguitori, che si era buttato in strada al mio seguito. Uno di meno, pensai, ma mi sarei uccisa se avessi continuato, perciò scartai e recuperai il marciapiede. Con la coda dell'occhio vidi che il secondo inseguitore era accanto a quello investito, e non dava segno di volermi seguire. Corsi fino alla fine del marciapiede e mi buttai in una stradina secondaria, fermandomi per riprendere fiato. Mi appoggiai al muro, respirando profondamente, quando dall'ombra sbucò il terzo uomo. Mi afferrò per la giacca, e capii che il piano era stato quello di prendermi in trappola. Mi divincolai, gridando e scalciando, ma era troppo più robusto di me. Mi bloccò contro il muro tappandomi la bocca. Sentivo l'odore di birra che emanava e rifiutando di arrendermi gli morsi la mano. Lui gridò e alzò il braccio per colpirmi. Chiusi gli occhi nascondendo la faccia tra le mani, pietrificata. Un rumore sordo, un ringhio, un urlo, una colluttazione. Mi piegai e mi lasciai scivolare a terra. Qualcosa si accasciò su di me e poi si rialzò correndo via. Tremavo come una foglia.
Sentii qualcuno parlare, ma non capii niente. Due mani mi presero per le spalle e mi fecero alzare, un braccio mi sostenne fino al termine della strada, dove una macchina scura aspettava. Mi sedetti all'interno come in trance. Qualcuno mi allacciò la cintura, mise in moto e partì.
*Luna, cosa diavolo stai facendo? Scappi illesa da tre sconosciuti e entri nella macchina di chicchessia?"
Oddio! Era vero! Afferrai la maniglia della portiera ma di scatto una mano fermò la mia.
Urlai.
"Easy, Luna, easy! It's me! Calm down. Calm down. It's me. You're safe now. Take a deep breath and calm down."
Scoppiai a piangere.
Se la voce d'un angelo diceva che ero salva, dovevo esserlo davvero.


Orlando restò in silenzio finchè non smisi di singhiozzare, le labbra tese, lo sguardo fisso sulla strada. Lanciai un'occhiata alla sua espressione e mi resi conto che era infuriato.
Da dietro mi arrivò un uggiolìo. Nello specchietto retrovisore si affacciò l'immagine di Sidi. Caro cucciolone.
"Are you alright?"
Pronunciò le parole come se le stesse mordendo. Fissava ancora la strada.
"I think I am", balbettai.
Capendo che una risposta simile non gli sarebbe bastata, mi affrettai ad aggiungere: "I'm not injured."
Annuì una volta sola, di scatto, e tacque.
Restammo in silenzio altri cinque minuti, poi, cessato di tremare, domandai piano:
"Where are we going?"
"To the Police, of course."
No. Alla polizia no. Avrei dovuto fare una serie di cose che mi avrebbero procurato solo fastidio.
"Per favore, no. Non posso andarci."
"Stai scherzando spero."
"Ti prego, Orlando, per favore."
"Non voglio sentire una sola parola."
Mi ribellai, da qualche parte il mio brutto carattere anti-ordini prese il sopravvento:
"Non intendo andarci. Ti prego, considera un secondo la storia. Non ho permesso di soggiorno, è tardi, voglio solo riposare e dimenticare tutto, e domattina devo anche lavorare."
"Luna, sei stata aggredita. E se domani accadesse a qualche altra ragazza? Tu ringrazieresti chi non ha fermato i tipi di stasera?"
Tacqui, chinando il capo. Lui si accorse del mio stato d'animo, perchè riprese più pacatamente:
"Ti accompagno io. Non ci metteremo tanto."
"Non li ho visti in faccia, a che pro una denuncia?"
Stavolta colsi nel segno. Sembrò considerare la questione, e arrivati al semaforo rosso, mi guardò, finalmente. Mi tuffai nella preoccupazione e nella furia di quegli occhi, considerando, da perfetta cretina, che almeno lo spavento era valso la pena. Allungò una mano e mi sfiorò piano il volto.
"Hai un taglio sulla gola."
"Oh... devo essermelo fatto con la cinghia della borsa. Non fa male."
"Sei sicura di non voler andare almeno all'ospedale?"
"No, davvero. Lasciami pure ad una fermata, torno a casa e mi metto a letto."
"Non se ne parla. Per vedere se appena giro l'angolo ti aggrediscono di nuovo. Ti porto io."
"Ma no... non stare a disturbarti..."
"O questo o anche l'ospedale, scegli."
"Sidi avrà fame."
"Sidi starà buono. E poi, cos'è questa novità che lavori? Non dovevi tornare a casa?"
"Se lo dici con quel tono pare che ti dispiaccia se rimango."
Restò a bocca aperta, ed io sfoderai un sorriso semi-divertito, o almeno provai. Lui sbuffò, ma l'espressioni si ammorbidì.
"Sono contento per te. Dove hai trovato lavoro?"
Glielo raccontai. Lui restò in silenzio, poi aggiunse: "Sai che hanno un reparto di drammaturgia completo di ogni opera?"
"Non lo sapevo."
"In genere mi rifornisco lì di testi sul teatro."
"Oh. Allora..."
"So a chi rivolgermi se devo comprare qualcosa." Sorrise. Adesso assomigliava di più a se stesso. A quello che io conoscevo, insomma.
"Dove abiti?"
"Attualmente a Ladbroke Grove, vicino Portobello."
"Conosco il luogo. E' tranquillo. Meglio così."
"Dovrò cambiare, l'affitto scade domani."
"Intanto ti accompagno, poi ti aiuto a cercare qualcosa. Sono ammessi i cani nel palazzo?"
"Penso di sì."
Accennò col capo a Sidi.
"Perfetto. A lasciarlo in macchina distruggerebbe i sedili, e già una volta mi sono sorbito le critiche per averlo fatto."
"Davvero?"
"Sì. Puoi immaginare come sono i giornalisti."
"... sì."
*No comment, rammenta.*
Silenzio.
"Orlando?"
"Sì?"
"... grazie."
E lo dissi di cuore. Lui mi guardò serio, poi lentamente distese l'espressione.
Forse si era aspettato un'altra domanda. Qualcosa che avesse a che vedere con le colleghe, i giornalisti e i gossip.
"Ti ho vista schizzare in strada seguita da quei due. Non ti sei fermata, perciò ho capito che non era finita. Ero dietro l'auto che ha steso uno dei tizi, e sono sceso di corsa quando ti ho riconosciuta. L'avrei fatto comunque, ma tu sei da sola, qui. Avevo deciso di tagliare dall'altro lato della strada per raggiungerti, ma quando non sei sbucata ho temuto il peggio. Avevo ragione."
Divenne nuovamente cupo.
"Mi dispiace che ti sia successo questo."
"Non è colpa tua."
"Dà fastido lo stesso."
"Ti sono debitrice. Non siamo più pari. Dovrò aspettare che una folla di ragazze scalmanate ti dia la caccia per ricambiare."
*Che cosa dici, pazza scellerata?! Non si era deciso di tacere?*
Cancello il sorriso che mi era spuntato e mi schiarisco la gola. Ma lui mi guarda e basta, a lungo.
"Dov'è che abiti?"
Siamo arrivati nella mia via. Aguzzo la vista e indico una casa azzurra, a qualche decina di metri da noi.
"Là."
"Parcheggio e scendiamo. Da sola non ti muovi."
E stavolta, accetto l'ordine di buon grado.





NOTA: ho italianizzato il nome della libreria, perchè esiste davvero, ma l'indirizzo e la collocazione sono esatti. Cerco il più possibile di inserire cose reali, anche nei prossimi capitoli, luoghi e negozi che ho visto davvero, perchè la Fanfic risulti più realistica. A parte per il nucleo cui ruota intorno, of course XD

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Capitolo 4
*** Take me as I am ***


Aprii la porta e accesi la luce. Grazie al cielo avevo rimesso a posto ogni cosa. Il divano, la camera, la cucina, il piccolo salottino, era tutto a posto. Niente polvere, niente vestiti in giro. Mica come a casa mia. Stare fuori del nido migliora le persone, diceva mia madre. Orlando entrò dietro di me appena lo invitai a farlo, e Sidi cominciò ad annusare ogni cosa, ma evidentemente trovò il posto di suo gradimento, perchè si accucciò davanti al divano.
"Dammi pure il giaccone."
"No, torno giù, vado a prendere un giornale di quelli con gli annunci. Vediamo se riusciamo a trovare una casa."
"Ma non devi dist..."
Alzò la mano, e mi zittii. Sorrise:
"Se fosse stato un disturbo, non avrei insistito."
Dopodichè usci, e chiudendosi la porta alle spalle aggiunse: "Chiuditi dentro. Torno subito."
Sentii i suoi passi lungo le scale, e mi sedetti sul divano. Guardai Sidi, che ricambiò lo sguardo e mi posò la zampa sul piede. Se anche fossero entrati dei ladri, ci avrebbe pensato lui.
Telefonai ai miei tacendo l'accaduto e parlando solo della bella novità. Non nominai assolutamente Orlando nè accennai ad averlo incontrato. Linda fu contentissima quando le dissi del posto in libreria, e anche i miei si rasserenarono un poco.
"Ma per la casa come fai?"
*Menti. A metà.*
"La ragazza che lavora con me alla librearia mi sta dando una mano, forse troviamo qualcosa."
Sentii di nuovo dei passi sulle scale.
"Scusami mamma, ti lascio, è arrivata, ci mettiamo a cercare casa."
"Va bene, facci sapere se hai bisogno, trottolina."
"Sì mamma, grazie. Un bacione a tutti!"
Buttai giù mentre bussavano alla porta. Mi avvicinai e feci per aprire, poi decisi di dargli la soddisfazione di vedere che non aveva fatto a botte per niente.
"Chi è?"
"Sono io, con il giornale."
Aprii la porta e lui entrò, un'ombra di sorriso sulle labbra.
"Non ti eri chiusa."
"No, ma c'era Sidi. Vale quanto un antifurto. E' anche più sicuro."
Sorrise, poi si tolse il giaccone, che io gli presi di mano per agganciarlo all'attaccapanni. Nel farlo dovetti sfiorargli le dita.
"Sei gelida, hai freddo? La casa è calda."
"No, sono ancora un pò frastornata. Mi passa subito. Vuoi qualcosa?"
"No, ti ringrazio."
"A proposito, ma tu ti sei fatto male?"
Mi guarda incuriosito, poi capisce a che mi riferisco e scuote il capo.
"No, tranquilla, sto bene."
Ci sedemmo sul divano, e di nuovo, spulciando i vari annunci, mi stupii. Io e Orlando Bloom. A parlare tranquillamnte come se ci conoscessimo da tempo. E soprattutto, mi riusciva facile. Era davvero come parlare con un conoscente. Di più, un amico. Forse dovevo stare più attenta, o mi sarei lasciata sfuggire qualcosa come prima. Lo osservai mentre scorreva il dito sull'elenco degli annunci. Aveva quasi trentun anni, io quasi ventiquattro. Non mi aveva mai vista prima, tranne che per una mezz'ora il giorno precedente. Non ero sua amica, neppure mi conosceva. Però era lì per me. Mi sentii rincuorata. Non ero sola.
"Guarda. Questo si trova in una zona abitata, non lontana dal centro."
"E' a lungo termine?"
"Dai sei ai dodici mesi, rinnovabili se lo desideri. Domani potresti farci un salto e vederlo di persona."
"Buona idea. Li chiamo domattina prima di andare a lavoro, così prendo appuntamento."
"Perfetto."
Il silenzio ci avvolse. Di nuovo fui presa dalla consapevolezza che era lì, accanto a me, sul divano. E che odiavo il silenzio, perchè poteva portare solo ad una fine.
"Posso... chiederti..."
Alzò lo sguardo su di me, in attesa.
"... perchè ti sei preoccupato così tanto? Non mi conosci neppure."
Mi fissò, sorpreso.
"Non fraintendermi, sono certa che sei sempre pronto ad aiutare chi ne ha bisogno, lo hai detto anche tu. Però ecco, io sono un'estranea, insomma, potrei anche essere una psicopatica... così, mi chiedevo... perchè?"
Mi guardò in silenzio. Sperai di non averlo offeso, mi sarei mangiata le mani, dopo tutto quel che aveva fatto. Ma il silenzio persisteva, per cui abbassai lo sguardo e rinunciai.
"Non lo so. A parte il fatto che il mio cane ti ha praticamente investita, non avevo effettivamente un legame con te. Non ci ho pensato, a dire la verità."
Tacque, ed io restai in silenzio.
"Quando ti ho riconosciuta mi è sembrato normale aiutarti. Però razionalmente, non c'è un motivo. Non uno preciso."
"Va bene, era così, per parlare."
Già mi pento della domanda, cerco di cambiare discorso. Però mi batte sul tempo.
"Ti comporti in maniera diversa dalle altre persone."
Diversa? Sono italiana, non muoio di isteria se il tuo cane mi lecca, e sono da sola lontano da casa; è questo che intendi?
"Tratti coloro con cui vieni a contatto come se li conoscessi bene, cerchi di... scoprirti il più possibile perchè capiscano cosa intendi. Anche con me, hai sempre agito come se non volessi mai offendermi. Quasi come se ci tenessi, come un amico. Non saprei come dirlo meglio."
A questo non ero preparata. Lo guardo. Davvero l'ho fatto? Abbassa il suo sguardo, intanto che io rievoco ogni frase pronunciata per capire quando e dove l'ho trattato da amico.
"E poi Sidi è un tuo fan, ormai è appurato."
Sorridiamo insieme. E la domanda mi sale alle labbra prima che possa fermarla.
"Non hai amici?"
*Ma fatti i cavoli tuoi, rompiballe!*
"Non molti che non siano del mio ambiente."
Silenzio. Uno dei due sta per scoprire le carte.
*Lascia che sia lui, per favore*. Sono d'accordo.
"Oh. Capisco."
Silenzio. Ci guardiamo nello stesso istante. E lui parla per primo.
"Sai chi sono, no?"
Lo temevo. Poker d'assi contro un tris. Ma non distolgo lo sguardo.
"Sì. Anche a non saperlo, c'è il manifesto di Kingdom of Heaven nel video-noleggio qui sotto. E comunque, sono un'avida lettrice di Tolkien."
Non sorride. Neppure io. Tamburello con le dita sul cuscino. E mi faccio coraggio.
"Tu non ti sei presentato come Orlando l'attore, solo come un ragazzo qualsiasi che portava a spasso il suo cane. Ho pensato che sarebbe stato maleducato trattarti diversamente solo perchè ho una vaga idea di chi tu sia, o meglio, di che lavoro tu faccia. Non volevo in alcun modo offenderti."
Mi ascolta sgranando gli occhi.
"Ma non mi hai offeso."
"Magari sei abituato ad essere trattato in modo... non so, differente."
"Appunto. Non mi piace essere ciò che non sono. Essere etichettato come quello che non sono. Il giorno che sbaglio me lo rinfacciano per mesi. Non è vita."
Lo guardo col cuore in tumulto. Così cupo, così serio... stanco. Veramente afflitto.
"Perchè lo fai?"
Mi guarda come se non capisse, poi un sorriso leggero, anche se con una punta d'amarezza, gli piega le labbra.
"Perchè mi piace da impazzire recitare, e ne vale la pena. Ci sono persone, ragazzi e ragazze, cui piace quello che faccio, ed è una sensazione stupenda sentire che sei adatto per una cosa o per l'altra. Così, immagino che alle persone piaccia come recito, e allora posso anche sopravvivere ai paparazzi. E'... sapere che ne vale la pena, capisci?"
"Assolutamente si. A me piace ciò che fai."
Mi sorride e china la testa. Non ditemi che l'ho messo in imbarazzo. Prendo in mano la situazione.
"Senti, ieri mi hai fatto da guida e stasera mi hai salvato la vita, o comunque ci sei andato vicino. Posso invitarti a cena? C'è un pub molto carino a qualche passo da qui, si chiama The Castle. Oltretutto non è mai troppo affollato, così non corri rischi. Se vuoi, a me farebbe piacere. Non pensare male, per favore. Prendilo come un ringraziamento per esserti fidato di me abbastanza da condividere i tuoi pensieri."
E la temperatura interna delle guance sale vertiginosamente a 40 gradi.
*Usa i capelli, li hai lunghi no? Nascondi quel viso rosso!*
Mi guarda basito. Ho sbagliato verbi? Ho detto qualcosa di male?
"Se non hai impegni, è chiaro..."
"No, non ne ho. Stavo pensando che hai ragione."
"Ahm... riguardo a cosa?"
"Ti ho messo a parte dei miei pensieri. Non me ne sono accorto mentre lo facevo... le cose sono due. O sei un'abile manipolatrice..."
Ma grazie. Sidi, mordilo.
"... oppure ho ragione io: sei diversa. Parlare con te viene spontaneo, non è un peso."
E a questa frase vorrei che Sidi ingoiasse me.

"Grazie di tutto, davvero."
"Grazie a te piuttosto. Non ero mai stato al Castle, è figo."
"Mi fa piacere ti sia piaciuto."
"Generalmente sono abituato ad offrire io la cena. Soprattutto alle ragazze."
"Ma io sono una ragazza innovativa."
Sorrise e lo imitai. Eravamo arrivati sotto casa. Il pollo e l'insalata a cena erano stati buonissimi, ma forse era la compagnia che mi faceva apprezzare tutto di più. Non avevamo smesso un secondo di parlare, ed ero stata costretta ad ammettere che, checché ne dicesse lui, era a me che veniva facile parlare, ed aprirmi. Durante la cena mi ero resa conto un paio di volte che gli avevo aperto il cuore molto più di quanto avessi mai fatto a casa con gli amici. Da un lato mi sentivo scoperta, intrappolata. Dall'altro, era una sensazione nuova, piacevole come la brezza d'estate, non aver paura di niente, meno che mai di sentirsi dire "Ma come, Luna, tu non fai mai così!"
Libera di essere me stessa. Era così che mi sentivo con Orlando. Una ventata di aria fresca. Sicuramente faceva meglio a me stare con lui di quanto potesse beneficiare lui della mia presenza. Eppure talvolta mi fermavo e una considerazione cruda mi colpiva la bocca dello stomaco.
E' Orlando Bloom. L'attore. Tu chi sei? Quanto credi che durerà?
Ma l'affondavo sempre, con determinazione.
"Bene, eccoci qua. Mi sono divertita, grazie della bella serata. Vuoi qualcosa?"
"No, ti ringrazio, vado a casa. Anche Sidi perde colpi, quando ha sonno."
"Non mi pare probabile."
Sorridemmo. Il cane invece sbadigliò.
"Ha davvero sonno. Allora, beh, vi lascio andare. Non so come sdebitarmi."
"Per una cena?"
"Per avermi aiutata in una brutta situazione."
"Non parlarne neppure, l'importante è che tu stia bene."
Annuii e cercai le chiavi.
"A volte passo dalla libreria."
Alzai di scatto la testa, interrogativamente.
"Quando porto Sidi a fare una passeggiata. O per, sai, i testi di teatro."
Mi piacque il tono distratto con cui lo disse. Era un "Ma sì, se poi non passo non potrai dire che te lo avevo promesso."
Mi odiai per averlo pensato. Mi aveva dimostrato tutta la sera quanto fosse onesto. Che schifo di persona ero?
Lo guardai negli occhi e cercai di difendermi dalle mie stesse accuse: avevo paura di non vederlo più, ecco la verità.
Qualunque creatura avrebbe temuto di vederlo allontanarsi. Non ero io la cattiva. Era la situazione in generale a promettere poco di buono.
"Oh, sì. Già. Beh, allora..."
"Può darsi che ci rivediamo."
Se insiste significa che ci pensa davvero?
*Prendila alla larga, comunque.*
"Oh, si, mi farebbe piacere rivedere Sidi."
*Non così larga. Scema.*
"Cioè, mi farebbe anche più piacere rivedervi insieme.
*Patetico.*
"Intendo dire, se passi sono contenta davvero di salut... senti, ti prego, per favore: prendimi come sono, qualunque gaffe io abbia fatto finora l'ho fatta per evitare di sembrare appiccicosa, quindi accetta il fatto che io sia molto felice di rivederti, se passi dalla libreria, senza che questo mi complichi ancora di più il modo in cui dirtelo. Va bene?"
*Viva la sincerità sfrontata.*
Ma Orlando sorride divertito, e annuisce.
"Va benissimo. Grazie del pensiero."
"Figurati", borbotto io di nuovo color mogano. Gli ho detto davvero "Prendimi come sono"?! E' da ricovero!
"Mi fa piacere che tu possa restare qui a Londra."
Tu-tump. Tu-tump.
"Anche a Sidi saresti mancata, ormai è chiaro che ti adora."
Tump. Tump.
*Sai che sei davvero patetica?*
Guardo il cucciolone che mi lecca la mano e lo coccolo sulla testa, sorridendo.
"Già. Fa piacere avere un ammiratore."
Lo guardo negli occhi. Begli occhi color cioccolata...
"Beh, ehm, buona notte. Ancora grazie."
"A te."
Chino il capo a salutare Sidi con un'ultima carezza. E quando mi rialzo - non l'ho visto avvicinarsi, eppure è lì davanti a me - avverto le sue labbra sfiorare la mia guancia.
Le sue labbra mi sfiorano la guancia.
Un secondo interminabile.
Un anno, un secolo, un millennio di frammenti.
Il suo profumo. Il suo tepore. Il suo viso contro il mio. Il ritmo impazzito del mio cuore. Galleggio nell'acqua in una bolla. Un sussurro che mi lascia un brivido lungo il collo.
"'Notte. E chiuditi a chiave."
"... sì."
Le chiavi in mano, lo guardo staccarsi da me ed arretrare. Salgo gli scalini ed infilo la chiave nel portone. Un ultimo sguardo ed un sorriso lieve prima che la porta si chiuda.
Salgo le scale.
Apro la porta.
Accendo la luce. Mi spoglio, mi lavo, mi infilo il pigiama.
E sotto il piumone, stringo forte a me il cuscino morbido, rievocando profumo, sussurro ed immagine, il cuore in tumulto ed il tocco delle sue labbra ancora sulla guancia.

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Capitolo 5
*** Un giorno senza te ***


Non avevo dormito granchè quella notte.
Perciò verso le sette andai in bagno, riempii la vasca d'acqua fumante, e mi immersi.
Lasciavo correre troppo la mia fantasia. Ma come era stato possibile che davvero avessi immaginato tutto?
Cioè, un "Good Night" è plausibile, il resto non esiste.
*Oppure, per una volta, potresti accontentarti di quel che viene senza cercare ragioni e criteri. No?*
Anche stavolta, mi duole ammetterlo, sono d'accordo.
Eppure trascorro mezz'ora in bagno a passarmi lo shampoo sui capelli ed il bagnoschiuma sul corpo con l'eco del "Chiuditi a chiave" nelle orecchie. E il tocco bruciante delle sue labbra sulla guancia.
Dannazione. Non doveva accadere! Non lo vedrai mai più, piccola ingenua, e che cosa ti sarà rimasto? Un ricordo destinato ad appassire, che non condividerai mai con nessuno, finchè un giorno tanto lontano, da brava nonnina, racconterai ai tuoi nipotini di quando quel bell'attore, quel dolce ragazzo, passò una serata a cena con te e ti baciò sulla guancia. E loro lo racconteranno ai tuoi figli, che sorrideranno tra loro pensando "Povera mamma, perde colpi, sta invecchiando dopotutto..."
Che miseria, mio Dio...
*Se invece di pensare a questi bei progetti edificanti e assai utili per l'autostima ti sbrigassi ad uscire, forse arriveresti anche in orario a lavoro. Sai com'è...*
E' vero. Dopotutto non sono venuta a Londra per lui. Io sono qui per costruirmi una vita. E comincio da adesso. Un bel sorriso, l'asciugamano attorno al corpo, i capelli avvolti perchè non gocciolino, un lavoro interessante. Forza. Devo anche vedere l'appartamento oggi. Si va.
*Ecco, già suona meglio del "Povera nonnina con l'arteriosclerosi..."*
Taci, coscienza. Non mi va di ascoltarti.

Calzette nere a metà polpaccio, pantaloni grigi con la piega, un dolcevita bianco, una giacca grigia sopra e la mantella nera. Ai piedi gli stivaletti scuri. I capelli mogano - c'è il sole, di nuovo, e li rende ancora più rossi - pettinati a zigzag con la frangetta diagonale su un lato. Nuova pettinatura, ma mi sta bene. Per mantenerla, inserisco un cerchietto dorato di minimo spessore tra i capelli. Et voilà, che intuizione, ci sta d'incanto.
Un filo di trucco: mascara, matita bronzea leggera, rossetto scuro - inutile, il rosso è osceno ed il rosa mi rende cheerleader, questo è il migliore - e il profumo.
*Rapido esame.*
I capelli sono a posto e profumano di mora. Il profumo al Ming Shu è frizzante e non appesantisce. Il verde della matita risalta il medesimo colore dell'occhio sinistro, rendendo più chiaro anche il destro. Uffa. Ma potevo avere due occhi verdi e basta?
*Ringrazia che ne hai uno, intanto... e poi la matita aiuta anche l'altro.*
Il mistero dei miei occhi. Mia madre mi diceva, da bimba, "Anche Alessandro Magno aveva un occhio chiaro e uno scuro. E nessuno lo ha mai criticato." Io no di certo: Alex è il mio eroe. Se potessi conoscere qualcuno del passato, sarebbe lui. Ma lui ha conquistato l'Oriente, sfido che nessuno gli abbia mai detto nulla.
*Tu stai conquistando un ritardo, cara.*
Ahm, vero. Basta con lo scandisk del mio aspetto. Ho tutto a posto, non è una sfilata di moda. Certo, il look in un negozio così importante è necessario, ma direi che sto bene.
Prendo la borsa, le chiavi ed esco Ultima occhiata allo specchio?
*Sei très jolie, darling.*
Click.

Mrs. Meadows mi si fa incontro sorridente e mi stringe la mano.
"Sono lieta di averla qui con noi, Miss Reali."
"Il piacere è tutto mio, Mrs. Meadows. Grazie di avermi dato questa opportunità."
"Se l'è guadagnata. Adesso, immagino vorrà conoscere le sue colleghe di lavoro."
"Certamente, con piacere."
La signora sorride e chiama due ragazze che stanno sistemando alcuni depliant sui Caraibi e le isole Seychelles nel reparto "Vacanze". Subito si avvicinano, ed io poso lo sguardo, un attimo, sul mare caraibico immortalato nella copertina. E due occhi castani escono prepotentemente dalla mia memoria.
*That's enough.*
"Queste, Miss Reali, sono Leah e Cynthia. Ragazze, vi presento la vostra nuova compagna, Miss Luna Reali."
Leah, quella con gli occhi scuri ed i capelli mossi, che il giorno prima mi aveva augurato "good luck", mi tende la mano sorridendo cordialmente:
"How do you do?"
Cynthia la segue con il medesimo sorriso, gli occhi chiari e i capelli a caschetto di un biondo rossiccio. Un ginger, per essere in tema. "Hi, I'm pleased to meet you."
"Thank you, I'm very pleased to meet you."
L'atmosfera è serena, mi sembrano davvero gentili, forse un pò incuriosite dalla novità, e cordiali.
Mrs. Meadows distribuisce subito i compiti.
"Allora, Leah, occupati delle consegne, per favore, e dì da parte mia a Mr. Hummel che mi aspettavo un pò più di puntualità, da un tedesco come lui."
Io sbuffo cercando di nascondere una risata, Mrs. Meadows sorride rivolgendosi a me e alzando gli occhi al cielo:
"Sapesse quanto tempo perde a vantarsi delle sue origini germaniche."
"E' vero" aggiunge Cynthia, mentre Leah ancora ridacchia, "lo vedrai da sola... Ogni volta che fa una consegna, batte l'unghia dell'indice sul quadrante dell'orologio per far vedere quanto in orario è, e poi chiede..."
"E dunque, le facciamo o non le facciamo bene le cose, noi tedeschi?" conclude Leah, divertita, imitando un vocione borioso.
Io a quel punto rido senza tratenermi, e Mrs Meadows con un sospiro aggiunge:
"Come se avesse mai vissuto in Germania. Ah, pazienza, ci vuole pazienza. Cynthia, tu occupati del settore scientifico, e per cortesia assicurati che nessuno sposti i vari manuali. Chimica e fisica sono due cose diverse."
"Yes, Madam."
"Lei, Miss Reali..." comincia, ed io attentissima la ascolto.
"Il settore narrativa e linguistica è tutto suo. Si preoccupi di mantenere i saggi con i saggi, le lingue nel settore apposito, e che i confini tra romanzi e racconti non sia confuso."
"Sissignora."
Sto per aggiungere che può chiamarmi 'Luna' e darmi del tu, ma forse preferisce mantenere un pò le distanze. In fondo è solo il primo giorno. Anzi, non è ancora cominciato, il primo giorno.
Leah mi si avvicina e mi fa vedere lo stanzino - pulito e ben tenuto, all'altezza del negozio - dove posso lasciare giacca e borsa, poi mi porge una targhettina con scritto "Miss Reali" e sotto il nome della libreria. Me l'appunto sul petto e domando:
"Non abbiamo una divisa?"
"Oh, no, Mrs Meadows ci lascia indossare i vestiti, purchè siano signorili e consoni all'impiego. E' una caratteristica di questa libreria, perchè a suo dire si crea meno distacco col cliente, in modo che sia più a suo agio nel consultarci."
"Oh... che bella idea!"
"Sì, lo è. Mi piace lavorare qui." Poi mi guarda e aggiunge:
"Sono contenta che ti abbia assunto. Avevamo bisogno di un aiuto, ma le altre candidate erano più... spocchiose, come se lavorare qui fosse un favore fatto a noi. Tu hai fatto davvero un'ottima impressione su Mrs Meadows, e anche su me e Cynthia."
"Oh... io... grazie, davvero?"
Leah annuisce e prosegue, pensierosa:
"Sai, Cynthia le squadra subito, è una buona osservatrice, e le altre quattro non le erano piaciute dal primo momento. Quando ieri ti ha vista entrare e parlare con Madam, invece, si è affacciata dal piano di sopra con aria convinta."
Io ero di nuovo rossa, e intanto ringraziavo ogni Dio passato e presente: quattro candidate, dico quattro. E avevano preso me. Se avessi avuto bisogno di uno stimolo in più per lavorare bene, me lo avevano appena offerto.
"Sono contenta di poter lavorare qui. Sembrate una squadra così affiatata, c'è una bella atmosfera."
Leah sorrise annuendo: "Mrs Meadows ti studierà tutto il giorno, ci scommetto. Ma vedrai che entro le sette avrà già cominciato a chiamarti per nome."
"Oh, ahm, beh, speriamo."
Lei sorrise e uscimmo assieme. Io presi il mio posto nella sezione assegnatami, Leah si mise a sistemare le consegne del giorno prima, e a ritoccare un pò la sistemazione degli itinerari della sezione geografica e storica, e Cynthia si preoccupò che fisica e chimica non fossero troppo vicine.
Alle nove, Mrs Meadows annunciò:
"Signorine, si apre."
I clienti cominciarono ad imperversare. Tedeschi, francesi, spagnoli, e con mia insolita gioia, un gruppo di italiani. Fui cortese con tutti, risposi con cordialità e buonumore - mi veniva davvero facile, contenta com'ero - e si presentò anche l'occasione per sfoggiare la mia conoscenza delle lingue. Andò così: Leah era occupata da un gruppo di tedeschi - seppi in seguito che sua madre era svizzera, perciò lei era bilingue - e Mrs Meadows impegnata a registrare il conto di alcuni clienti, ma Cynthia era stata consultata da due signori che a quanto pare la stavano facendo impazzire. Incrociai il suo sguardo quando si voltò dalla mia parte e accorsi.
"Tutto bene, c'è qualche guaio?"
"Questi signori parlano solo francese, e non riesco a capire che cosa stanno chiedendo."
"Oh, tranquilla, posso farlo io."
Mi passò accanto sfiorandomi la spalla con la mano e sussurrò: "Mi salvi, grazie!"
Io sorrisi e domandai:
"Bonjour à vous."
Sembrarono sollevati: "Oh, bonjour Mademoiselle, pouvez-vous nous aider?"
"Bien sur, Monsieur."
Quando furono soddisfatti li mandai alla cassa. Mrs Meadows sorrise compiaciuta e Cynthia mi si accostò:
"Dovrei mettermi a studiare qualche altra lingua straniera. Grazie per l'aiuto."
"Figurati, anzi."
Mi guardò e sorrise. Non volevo chiederle come mai fosse l'unica a non parlare una lingua straniera, ma mi rispose senza che l'avessi domandato.
"Io ho studiato spagnolo, ma pare che ne capitino pochi. In genere preferiscono la Francia."
"Oh. Quindi... tu parli lo spagnolo, Leah il tedesco..."
"E tu il francese. Oh, e l'italiano, ovvio."
Sorrisi. Lei ricambiò e aggiunse:
"Proprio una squadra al completo."
Ridacchiai. Ero davvero serena. Ma ci fu poco tempo di distrarsi, perchè la libreria era immensa e i clienti tantissimi. Verso le dodici cominciarono a scemare, e potemmo rilassarci un minimo. Visto che le persone erano poche, Mrs Meadows lasciò Cynthia e Leah ad occuparsi del negozio e chiamò me nello studio, per definire stipendio e orario.
"Dal lunedì al venerdì, dalle 9 alle 13, e dalle 15.30 alle 19. Sono perciò sette ore e mezza giornaliere, o trentacinque e mezza settimanali. La pausa pranzo è, come ha visto, di due ore e mezza, per permettere alle impiegate di mangiare con calma e senza premura. Non c'è bisogno che dal mattino al pomeriggio si cambi di abito, o la lavatrice darà in escandescenze."
Sorrisi al pensiero della lavatrice sbuffante.
"L'importante è che l'abbigliamento sia sempre consono al nome della libreria, la sua posizione e soprattutto la sua rispettabilità. Mi sembra che finora se la stia cavando egregiamente."
"Oh, la ringrazio, Mrs Meadows. Sì, mi trovo bene, il lavoro è stimolante e mi piace."
"Bene, me ne compiaccio. Passando a questioni più materiali, trattiamo dello stipendio. Oggi è martedì, per cui potrebbe percepirlo regolarmente da venerdì, penso. Per questioni legali, dovrei cominciare dalla prima settimana ad elargirle lo stipendio, ma ieri mi ha detto che sta cercando casa, per cui posso affrettare un poco..."
"Mrs Meadows, gliene sono grata, ma non vorrei che avesse dei fastidi per questo."
"Non se ne preoccupi. Sarò però costretta a detrarre dalla paga un giorno lavorativo, ma la somma le verrà aggiunta al momento di percepire l'intero importo settimanale."
Io annuii, ancora un pò confusa. L'appartamento non costava troppo, ma neppure poco... e i soldi che avevo con me in fondo erano quel che erano. Sperai che lo stipendio mi bastasse a garantirmi almeno la casa e i vari arrangiamenti, come la Oyster card per la metro e i bus, semmai avrei fatto un pò di economia sul cibo. Il flat costava 170 sterline la settimana, ed era preso benissimo. Ma significava spendere 680 sterline il mese...
"Considerata la somma da detrarre, corrispondente a 90 pounds, della giornata lavorativa di ieri che ha perso, venerdì percepirà 360 pounds."
La guardai a bocca aperta. Lei non fece mostra di notarlo, impegnata sul foglio dei calcoli e dello stipendio.
"Perchè, 90 sterline al giorno corrispondono a 450 sterline la settimana, considerato che la libreria è aperta cinque giorni su sette..." alzò la testa e cambiò espressione. Si fece dapprima sorpresa, poi preoccupata:
"Va tutto bene?"
*Chiudi la bocca, murena!*
"Oh, io, sì, va tutto bene, mi scusi."
"Se preferisce le faccio il conto al mese, come mi sembra sia d'uso in Italia... 450 sterline la settimana, calcolate al mese, perciò quattro settimane, sono 1800 sterline. Le torna meglio, così?"
Mi guardò ancora preoccupata.
Scossi il capo convinta, e sorrisi:
"Va benissimo Mrs Meadows, la ringrazio. Stavo solo, ecco, calcolando."
"Oh, sì, immaginavo. Bene, questo è tutto, credo."
Proseguì sistemando qualche conto e facendo vari calcoli, ma io la ascoltai appena. 90 sterline il giorno, 450 sterline ogni settimana... togliendo dai 1800 i 680 di ogni mese, mi rimanevano... 1120 sterline d'avanzo.
Potevo vivere benissimo.
Tornai alla realtà e guardai Mrs Meadows davanti a me. Mi venne voglia di abbracciarla.
"La ringrazio infinitamente delle spiegazioni, Madam. Le assicuro che va benissimo così."
Sorrise anche lei:
"Oh, bene. Dunque, manca poco alle 13, possiamo cominciare a chiudere. Ha bisogno di una mezz'ora, o di un'ora libera, oggi, per l'appartamento?"
Ci misi due o tre secondi, ma capii.
"Oh, no, ho appuntamento alle 14. Per le 15.30 sarò sicuramente qui, anche prima."
"Benissimo", sorrise lei, poi si alzò e la imitai.
Leah e Cynthia avevano già cominciato a chiudere le finestre e a raccogliere le loro cose. Depositai la targhetta dove l'avevano lasciata le altre e presi giacca e borsa. Mrs Meadows uscì dopo di noi e attivò l'allarme, dopodichè chiuse con una mandata la porta di vetro. "Bene, buon pranzo, e a oggi pomeriggio."
"Anche a lei Madam, grazie."
Salutata la padrona ci augurammo buon pranzo anche noi, dopodichè mi incamminai verso la fermata. Leah mi accompagnò, abitava a poche centinaia di metri dal negozio, e la fermata era sulla sua strada.
"Allora, come è andata la prima giornata?"
"Leah, ma è... io sono abituata a stipendi più... ridotti, non so se capisci..."
Si mise a ridere.
"Sei in Inghilterra, qui le cose sono diverse, non so com'è da voi. Comunque capisco cosa intendi."
"Meno male, sono ancora strabiliata. Aspetta che lo dica ai miei..."
"Sono in Italia?"
"Sì. A loro non piace l'inglese."
Ridemmo entrambe, poi mi lasciò alla fermata augurandomi buon pranzo. Ricambiai e mi fiondai sul bus, diretta all'appuntamento per il mio flat.

Nell'attesa, mangiai in un pub piccolo ma ben tenuto. Poi mi feci indicare dalla cameriera la strada e arrivai tranquillamente con cinque minuti di anticipo. L'agente immobiliare, Mr Harrison, era già lì. Ci presentammo, poi mi fece strada fino al primo piano di una palazzina molto carina, dipinta di bianco, ovviamente in stile vittoriano. Sul pianerottolo, coperto di moquette chiara - come le scale - tirò fuori un mazzo di chiavi e aprì la porta davanti a noi, color mogano, e mi fece entrare. La porta si apriva su una sala spaziosa, tutta dipinta di bianco, con un camino come nell'altro appartamento. C'erano un divano, un televisore, un tavolo, quattro sedie, la finestra - propria di una tenda color crema - che dava sulla strada, e dei ripiani in legno che fungevano da libreria. Per terra un tappeto morbido. Accanto c'era la cucina, più piccola, con frigo, lavatrice e lavandino, oltre che finestra, questa però senza tenda, e tavolo con tre sedie. Imboccando il piccolo corridoio si arrivava alla camera da letto, ampia e dotata di finestra sul retro, sui giardini, e da questa al bagno - wow, avevo un bagno in camera! - con vasca.
Mi piacque, perciò mi decisi a prenderlo, e pagai due settimane di anticipo.
Conclusa questa faccenda, andai ad informarmi sul permesso di soggiorno. E nonostante i vari giri, arrivai al lavoro puntuale.

La giornata trascorse velocemente. Avevo lavoro, casa e stabilità. Dovevo solo portare le valigie da una casa all'altra. Alle sette salutai datrice e compagne di lavoro, e finii quello che avevo cominciato.
Quando aprii la porta della mia nuova casa, mi sentii davvero bene.
Disfeci i bagagli, mangiai qualcosa e filai a letto. Era tutto perfetto, ma sentivo che qualcosa non andava.
Tutto era al suo posto. Avevo anche il telefono e l'accesso a internet. I vicini erano silenziosi e si erano affacciati per presentarsi e darmi il benvenuto. Ma qualcosa mancava.
Fu quando tirai fuori dalla busta ripiegata in valigia i jeans, macchiati di fango e zampate, per infilarli in lavatrice, che capii cosa c'era, o meglio, cosa non c'era. E di colpo, mi resi conto che era la prima volta in tre giorni in cui non avevo incontrato Orlando. E, pensiero che mi trafisse, avvertii anche che per quanto avessi trascorso con lui solo poche ore, mi mancava in maniera lancinante.






Nota: questo è il capitolo più noioso finora, ma non potevo liquidare tutto in tre parole, lavoro, casa e sistemazioni varie... spero vorrete perdonarmi e gustarvi i prossimi! Prometto che saranno più avvincenti ^.^
*Per forza, non ci sarà solo Luna...*

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Capitolo 6
*** Not a stranger ***


La mattina dopo, fatta colazione, presi il bus e andai a lavoro. Ci mettevo davvero poco, perciò me la presi comoda. A lavoro, la prima grande novità fu il "Good morning, Luna" di Mrs Meadows, e i segni di vittoria da parte delle mie compagne. Trovammo il tempo, durante la pausa pranzo, anche per insegnarci a vicenda come mandare a quel paese uno scocciatore in quattro lingue, il che generò una serie di risate, perchè io con il tedesco sono sempre stata una frana, e Cynthia la erre francese non sapeva proprio arrotolarla.
Passai una buona seconda giornata di lavoro, e così una terza. Arrivai al venerdì stanca ma entusiasta.
Visto che avevo pagato in anticipo la casa, decisi che col mio primo stipendio sarei andata a fare compere. Perciò il sabato mattina mi diressi a Oxford Street e da lì girai ogni singolo negozio.
Acquistati una camicia bianca, una giacca lunga scura, due dolcevita bordeaux e un paio di jeans scuri, mi sentii abbastanza soddisfatta da non spendere oltre. Era quasi l'ora di pranzo, perciò mi fermai in un cafè molto carino che avevo adocchiato all'andata, prima di gettarmi nei negozi. I tavolini neri e lucidi e le sedie del medesimo colore mi attiravano particolarmente, oltre al fatto che era in un posticino tranquillo e riparato.
Mi sedetti e posai le buste a terra, presi un menu e controllai la lista.
Passò un filo di vento, e mi strinsi nella giacca, chiudendo gli occhi. I miei erano contenti per me, mia sorella stava già programmando una visita, avevo decorato l'appartamento con il mio stile personale aggiungendo qua e là un quadretto colorato, un vaso con dei fiori, e quegli animaletti di sabbia e peluche che si comprano alle bancarelle, cosicché adesso lo sentivo proprio mio. Avevo un lavoro che mi piaceva ed uno stipendio decisamente ok. Respirai profondamente l'aria e qualcosa mi attrasse. Un profumo, leggero ma intenso al tempo stesso, una fragranza che, pensai, fosse uscita dal reparto profumeria di un negozio, ma in qualche modo più familiare, più... conosciuto.
Un flashback improvviso.
Conoscevo quel profumo.
E spalancai gli occhi.
"Hi."
... E mi si fermò il cuore.
"... hi."
Stava di fronte a me, avvolto in una giacca scura, una sciarpa color miele a nascondergli la gola. Un sorriso gli illuminava il viso, e fui catturata dal suo sguardo. Era profondo, e mozzafiato come ricordavo.
*Riprenditi.*
Sgranai un sorriso malizioso e domandai: "Sidi oggi non c'è?"
Lui sorrise divertito:
"No, non è il caso che lo porti con me oggi. Devo andare... in un posto."
"Oh."
*Fai qualcosa, non stare a fissarlo e basta.*
Mi salva lui.
"Ti ho disturbata? Stavi..."
"Eh? Oh, no, no, affatto. Mi godevo l'aria. Hai fatto bene a fermarti."
"Ti ho vista qui, stavo passando, e ho pensato di salutarti, vedere come stavi..."
Pronuncia queste parole con una tenerezza che mi stringe l'anima.
"Sono contenta che tu l'abbia fatto. Siediti, dai, non restare in piedi."
"Oh, beh... va bene."
Si siede e si toglie la sciarpa. Il suo profumo adesso è più forte, e mi investe in pieno. Faccio finta di nulla.
"Ho fatto un pò di shopping, ma devo pranzare. Mi fai compagnia? Se non sei di fretta, naturalmente."
"No, ho tempo. Ma non ho voglia di mangiare... Ho lo stomaco chiuso."
"Oh no, che c'è, stai male?"
*Ci hai messo troppo interesse, non sbilanciarti!*
"No, grazie, sei carina a chiederlo. No, è che... sono teso."
Lo guardo incuriosita, ma lui ha chinato la testa sul menu. Sta facendo finta di leggerlo, lo vedo bene: i suoi occhi non si muovono di un centimetro.
"Qualcosa non va?"
Alza lo sguardo e incontra il mio. Non lo distolgo, prendo coraggio di nuovo.
"Vuoi parlarne?"
Sorride e risponde:
"Non è niente di grave. E' che ho un provino."
Devo controllare la mia espressione perplessa. Lui è in crisi per un provino?
"Per il teatro. Sai, è da diverso tempo che non faccio teatro, ultimamente ho recitato solo in film, e ho paura di essere un pò arrugginito. Il teatro non è come il cinema: inutile avere un curriculum prestigioso, se dipendi troppo dalla camera di ripresa."
Lo capisco. Certo che è diverso: gli attori di teatro non possono permettersi di sbagliare, nè di rileggere le battute tra una scena e l'altra per impararle. Quando si apre il sipario, tutto deve essere al suo posto, fino alla fine.
"A che ora lo hai il provino?"
"Alle 15."
Sto maturando una decisione disperata e folle.
"Senti, se non ti dà fastidio nè ti mette a disagio, posso accompagnarti. Così non affronti la prova da solo. Io sono libera."
In tutti i sensi, ma concentriamoci sul discorso e basta.
Lo vedo passare dal preoccupato al sorpreso, poi al pensieroso. Temo di aver detto qualcosa con troppa foga. Chino lo sguardo e faccio finta di niente, ma non mi riesce, per cui lo guardo di nuovo.
"Verresti?"
Mi sento spalancare la bocca.
"Vuoi seriamente che venga?"
"Solo se non è un problema o un peso, però..."
*Ma sei scema, articola qualcosa!*
"No, altrimenti non te lo avrei proposto. Non è affatto un peso e tantomeno un problema. Te l'ho detto, sono libera. Se posso accompagnarti, lo faccio molto volentieri." E sorrido convinta.
Anche lui mi regala un sorriso. E anche ora mi parte un battito in più.
"Grazie. Davvero. Sono sicuro che se mi andasse male non mi permetterai di deprimermi."
Mi sciolgo a questa affermazione. Posso prenderla come un seppur vago e distratto "ho bisogno di te"?
Rispondo con convinzione e calma.
"Io sono sicura che non ti andrà male, ma se accadesse l'impossibile, garantisco che non avrai tempo di deprimerti. Ho un'ottima tattica."
Sorride: "Davvero? Quale sarebbe?"
"Non ne ho idea, ma mi verrà in mente."
Scoppia a ridere, e lo imito.
"Scusa, non voglio rischiare di portarti sfortuna dicendola prima del tempo. E poi non ti ci fissare. Pensa che sei un attore con la A maiuscola, che dopotutto hai iniziato col teatro e che quindi puoi farcela. Il resto verrà da sè."
Mi lancia uno sguardo divertito e ironico:
"Allora qualcosa di me sai."
*Brava, brava, complimenti.*
"Sei inglese, tutti gli attori inglesi fanno rodaggio in teatro."
*Brillante replica. Scema.*
Mi guarda divertito.
"Penso. Poi non lo so, dimmelo tu."
"Per un certo verso hai ragione, dopotutto."
"E dall'altro?"
"Sei una brava scalatrice di specchi." E ride. E io arrossisco, ma lo imito comunque.
"Concedimelo, sei sulla scena da quando ero al liceo, tutte le mie compagne cercavano di saperne di più su di te... evidentemente qualcosa in mente mi è rimasto." Parlo a bassa voce perchè non mi senta nessuno. Lui lo capisce, perchè si avvicina tendendosi verso di me:
"Allora è solo buona memoria?"
Lo guardo. Ma il brillìo ironico delle pupille non mi frega, stavolta:
"In realtà no, la sola ed unica verità è che sono cotta di te."
E aggiungo, da attrice consumata, un sospiro drammatico:
"Che vuoi farci, l'amore e la vita sono alleati crudeli."
Faccio finta di asciugarmi una lacrima e lo vedo ridere di cuore. Ma stavolta resto solo a guardarlo. E' radioso, è perfetto... aria fresca quando fa caldo e un morbdio abbraccio nel freddo pungente. E' essenziale. Ecco la parola giusta. Lui mi è essenziale.
E mi sento sorridere guardandolo.
Il cameriere ci viene vicino e sorride anche lui. Poi chiede se siamo pronti per ordinare.
"Ops." Io non ho nemmeno controllato, alla fine.
"Andiamo sul classico sapore di casa... spaghetti al ragù."
Orlando sorride e annuisce:
"Lo stesso, grazie."
"Pensavo non avessi fame", esclamo stupita.
"Sono meno nervoso. Se la tua tattica era questa, funziona alla grande."
Mi si imporporano le guance, lo sento. Ma con nonchalance riprendo:
"Visto? Non posso deludere chi conta su di me."
"Ne ero certo già da prima."
Colpo basso. Allora dillo che ti piace vedermi arrossire.
Quando alzo nuovamente lo sguardo noto che, come prima, si è avvicinato. Mi sta studiando con lo stesso sguardo che gli ho visto utilizzare nei suoi film, quando l'occasione richiede attenzione e sicurezza. Balbetto:
"Che cosa c'è?"
Sbatte le palpebre, ma non smette di fissare i miei occhi. Il suo sguardo si posa a turno sul destro e sul sinistro, poi spalanca i suoi e si tira un poco più indietro.
"Hai gli occhi verdi. E... di due colori diversi."
Tu-tump. Tu-tump. Vale la pena di morire di infarto per un'occhiata così intensa.
"Ehu... s-sì. Il sinistro è più chiaro, si nota di più."
"Quando ti vidi ai Kensington Gardens, infatti, mi era sembrato di aver notato la sfumatura. Ma l'ultima volta credevo di essermi sbagliato."
"Oggi c'è il sole, con la luce è diverso. O con l'acqua di mare. Dovresti vedere la mattina quando mi sveglio!"
*ZITTA, TACI, PER L'AMOR DEL CIELO!*
O mamma! Mica lo avrà preso come un invito eh?!
"Comunque sì, sono verdi. Mh-mh" concludo, abbassando la testa e incrociando le braccia sul petto. Che idiota. Ma quanto sarò scema da uno a dieci? Novemila?
Silenzio. Non oso alzare la testa. Sento uno sbuffo. Arrischio un'occhiata. E lo vedo sghignazzare, cercare di trattenersi e di nuovo ridere.
"Che c'è?"
Scoppia a ridere e indica il cucchiaio: lo alzo e mi ci vedo riflessa. No, aspetta, non sono io. E' un pomodoro coi miei vestiti e i miei capelli, quello.
Rimetto giù il cucchiaio e sospiro: "Non riuscirò mai a restare del mio colore naturale, così."
"Posso... sapere..." non ce la fa a dirlo, per quanto ride. Poi scuote il capo e si trattiene:
"Posso sapere cosa hai pensato di tanto imbarazzante per diventare bordeaux?"
"Nulla, lascia stare, ti supplico."
Arrivano gli spaghetti. Grazie cameriere, mi hai salvata. Ti lascerò una super mancia. Acqua? Che acqua?
"Naturale ti va bene?"
"Oh, ehm, si, benissimo, grazie."
Il cameriere segna tutto e va via.
"Bene, ehm..."
"Buon apetì-to."
Lo guardo a bocca aperta. E lui stavolta non sembra così sicuro:
"Ho sbagliato? Non dite così?"
"Eh? No, no, cioè, sì, sì, esatto. Bravo. Buon appetito"
Sorride e impugna la forchetta. E io controllo il cuore, di nuovo.

Qualche nuvola nasconde il sole. Speriamo che non piova. Lui sembra pensare lo stesso, poi alza la bottiglia dell'acqua e mi lancia uno sguardo interrogativo. Faccio cenno di no. Che bello, adesso comunichiamo anche a gesti, e ci capiamo pure.
*Ma va? Nessuno dei due è deficiente. Lui certamente no, di te sono meno sicura.*
"Cosa hai comprato?"
"Ahm... jeans, giacca, camicia e due dolcevita."
"Che colore?"
Rifiuto di arrossire.
"Bordeaux."
"Sarai in tinta unita."
Lo sapevo. Lui ridacchia, io gli lancio uno sguardo che nelle mie intenzioni dovrebbe essere assassino.
"Perfido. Non vale prendere in giro."
Alza la testa sorridendo e mi fissa.
Non vale neppure togliermi il respiro. Si fa serio, poi di nuovo sorride.
"Avevi ragione: senza luce sembrano più scuri dei miei."
Ah, gli occhi. E già. Faccio per sorridere, ma percepisco che qualcosa non va. E' diventato troppo serio. I miei occhi non c'entrano.
"Che cosa c'è?"
"Scusa?"
"Qualche brutto pensiero? Hai un'aria... amareggiata."
Infatti da perplesso torna cupo. Poi senza guardarmi risponde. Piano.
"Non sei la prima persona che incontro ad avere un occhio diverso dall'altro."
"Oh. Qualche tuo amico?"
E ricordo.
Un altro flashback tremendo.
Tremendo perchè è maligno per lui.
Lo ricordo mentre alza lo sguardo a incrociare il mio.

///////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////FlashBack///////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////
"Ma possibile che questa qui, dico questa qui, che è scialba e non sa di niente, con quel ghigno sempre stampato in faccia come se lo avesse murato, stia con un figo da paura come lui da anni? Cioè, ma è da ricovero!"
Mia sorella è precisa nelle descrizioni di chi detesta. Ci mette tutta una grazia mefistofelica.
"Magari lo ama."
"Magari è imbecille."
"Chi, lui o lei?"
"Ma come si fa! Ma lo sai che si erano lasciati, e quando lui le ha comprato l'anello allora subito è corsa da lui?"
"Ma Linda, ma che ne sai, saranno affari loro... noi che c'entriamo. Non ne sappiamo nulla."
"Tu fai pure la brava. Io mi riservo di pensare tutto il male possibile. Preferisco credere ai giornaletti, per una volta."
Ed era uscita dalla stanza. E guardando la posa rigida della ragazza bionda dagli occhi azzurro-castani, unico pregio che le riconosco perchè mi ricordano quelli di Alessandro Magno, accanto a Orlando, paragonandola alla dolcezza con cui lui le stringe il fianco, mentre lei sembra scostarsi per non sgualcire il vestito, rifletto tra me e me che forse mia sorella, più giovane ma più sveglia, ha ragione. Ma non so che cosa farci, perciò ripiego la pagina ed esco dalla camera.
///////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////FineFlashBack///////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////

Per questo frammento di passato immagino la sua risposta prima che la pronunci.
"La mia ex-fidanzata."
Stavolta non sono capace di arrossire. Le mani mi diventano gelide, e anche le mie guance devono essere impallidite.
Chino lo sguardo e la testa, maledicendomi.
Perdonami, ti prego perdonami, non avrei mai, mai voluto farti male.
"Mi dispiace tanto. Sono profondamente mortificata."
Scuote il capo, con finto disinteresse.
Mi conficco le unghie nelle mani. Stupida. Anche la voce interiore tace. Certo, non posso offendermi più di così. Mi sono fatta male da sola. Mi fermo su quel pensiero. Mi sono fatta male da sola perchè temo di aver ferito lui.
*Andiamo male, ragazza.*
Alzo lo sguardo e mi butto:
"Posso picchiarmi da sola per aver toccato un tasto dolente, ma se vuoi farlo tu comincia pure."
Riporta lo sguardo su di me e mi guarda perplesso. Poi sorride.
"Ma non ci pensare. Non è colpa tua. Che cosa ne sapevi?"
"Potevo farmi gli affari miei" mormoro.
Lui si sporge in avanti e posa le sue mani sulle mie. Di scatto alzo lo sguardo e lo punto nel suo. Sta sorridendo dolcemente.
"Luna, stavamo chiacchierando. Non hai infranto nessuna privacy, praticamente ti ho messo in bocca io la domanda, il primo a parlarne sono stato io. Non colpevolizzarti."
Azzardo un sorriso, che lui ricambia.
"E' una cosa passata. E poi ne sto parlando con te, non con un giornalista."
Fingo di rilassarmi.
"Oh, sicuramente sono più simpatica io."
"Puoi scommetterci."
E mentre mi lascia andare le mani sorridendo, mi colpiscono due pensieri.
Aveva notato la sfumatura dei miei occhi al primo incontro.
Sta parlando con me, non con un giornalista. Perchè i giornalisti sono estranei a caccia di notizie. Io non sono opportunista.
E allora mi colpisce una terza riflessione: significa che per lui non sono nemmeno solo un'estranea.

A fine pranzo, dopo un bel caffè, ci alziamo. Tira fuori il portafoglio prima che lo faccia io, ma non ascolta minimanente le mie proteste.
"Ma scusa, ti ho invitato io a pranzo."
"Siamo in Inghilterra, patria dell'educazione, per cui sta a me offrire."
"Che fai, prendi in giro?"
"No, ti cito."
Mi blocca a metà gola la replica che volevo fare.
Si ricorda ogni mia frase?
No. Si ricorda ogni mia gaffe.
Razionalizza un pò, Luna. Lo guardo mentre mi aiuta con le buste, insistendo per portarne almeno un paio.
Lo lascio fare sorridendo, poi scocco la mia domanda-frecciatina:
"Quindi adesso siamo pari?"
Mi guarda incuriosito, poi afferra la sua citazione e risponde ironicamente:
"Solo finchè Sidi non ti butta ancora per terra."
E al ricordo della famosa scena ci allontaniamo dal cafè ridendo di gusto.

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Capitolo 7
*** Quel dolore perfetto ***


"Scusa la domanda: se il provino lo hai alle 15, perchè eri in strada già all'ora di pranzo?"
Sorride imbarazzato - è la seconda volta che lo metto in imbarazzo - e risponde:
"Camminando mi rilasso."
"Oh."
"Non che ne abbia bisogno ancora, sono bastate le risate."
"Quelle sicuramente sono sempre un toccasana. Andiamo a piedi allora?"
"No, da qui è lontano, e c'è meno tempo adesso. Conviene prendere un bus, o la metro."
Annuisco e lo seguo, prendendogli di mano le buste. Mi guarda interrogativamente, finchè non capisce cosa voglio fare infilando i due dolcevita, i jeans e la camicia nella busta della giacca e ripiegando le buste in avanzo tutte dentro la prima suddetta: essere più libera nei movimenti. Di bus dovremmo cambiarne due, per cui decidiamo per la metro. Scendiamo le scale che portano alla Oxford Circus, e aspettiamo. Ogni tanto gli lancio qualche occhiata. Non mi piace il modo in cui i miei occhi vengono attratti dal suo viso, nè come il cuore si ferma e poi accelera quando il suo sguardo incrocia il mio. Non parliamo di quando sorride.
Dovrei ricordarmi di chi è lui e chi sono io, invece di viverla come un grande sogno. Poi tanto mi sveglio e mi faccio del male. Ci sono già passata, ma con lui sarebbe anche più doloroso. Perchè è un ideale, ormai.
No, torna giù. Rinuncia, anzi, che ci stai a fare qui, inventa qualcosa e fuggi, per favore... abbi un minimo di dignità. Di rispetto per te stessa.
Chino lo sguardo e faccio per parlare, ma lui mi precede: "Sei sicura, seriamente, che non stai rinunciando a qualcosa per venire con me?"
Digli di sì. Fallo adesso, scusati e scappa. Starai male per un pò ma sicuramente soffrirai di meno, invece di farla durare.
Di nuovo apro la bocca, ma mi inchiodano due semplici, struggenti cose:
il suo sguardo e la sua espressione. E' preoccupato, e teso. E, come mi colpisce quando lo noto!, solo. Eppure teneramente mi sta comunicando con gli occhi che non devo per forza, che sono libera. Niente mi obbliga. E con questa libertà che mi concede, mi sento in diritto di incatenarmi da sola.
"No. Sono seriamente sicura che non c'è alcunché a cui stia rinunciando per seguirti."
Tranne la mia sanità mentale. E probabilmente, a giudicare dai miei pensieri, anche quella sentimentale.
Lo guardo negli occhi, e sorrido serena. Lui ricambia con così tanta dolcezza che vorrei annegare in questo perfetto momento. Allunga una mano e mi sfiora la guancia.
"Grazie." Un sussurro. E tre battiti meno. E il calore del mio viso. Mi sta bene così: se sarò dannata e costretta a soffrirne di più, sono convinta in questo momento che ne vale assolutamente la pena.
"Di nulla."

Arriva il treno ad interrompere. Respiro e raccolgo i pensieri, mettendomi a tracolla la borsa e sotto braccio la busta, imponendomi di tornare tranquilla. Una serie di persone mi scavalca spingendomi indietro, intanto che mi ordino di calmarmi, ma sono destinata a fallire in questo proposito, perchè chi ce la farebbe, in verità?
*Luna, si chiudono le porte.*
Oddio! Fatemi passare! Dov'è? Non dirmi che l'ho perso! Lasciatemi passare, che diavolo! No!
Qualcosa mi tira per la mano, e riesco a seguire la linea fino a trovare la porta, che è ancora aperta. Grazie, chiunque tu sia, per avermi aiutata. Chino lo sguardo sulla mia mano. Tenuta stretta da un'altra. Che non mi lascia.
Comincio a tremare mentre lentamente risalgo lungo il braccio fino a fissare lui. Vagamente ricordo che è già accaduto.
La sua mano. La sua mano tiene la mia.
*Luna, Luna, stai perdendo conoscenza, Luna, reagisci!*
Salgo sul piano del vagone, trainata dalla sua stretta come in trance. Ma mi sveglio, e mi do una mossa. Mi ritrovo accanto a lui.
Balbetto, cercando di spiegarmi.
"Scusami..."
Mi guarda interrogativamente, perplesso.
"Per che cosa?"
"C-ci ho messo una vita a salire..."
"Cosa?"
Una signora che smania per passare lo interrompe, poi riprende, sorpreso:
"Mi sei sempre stata accanto, non ci hai messo un attimo più di me a salire."
"Oh..."
Ero certa di averci impiegato interi minuti. Ma non mi sta prendendo in giro, lo vedo bene, la porta è ancora aperta, e so che per più di un certo tot di secondi non ci sta, per cui evidentemente a me sembrava di muovermi con la velocità di un bradipo, mentre in realtà il mio corpo rispondeva positivamente agli stimoli.
*Almeno una cosa funziona, yuhuu.*
Due ragazzi si fanno strada fino a noi spingendosi a vicenda: "Scendi, dai che si chiude!", e uno dei due passando mi rovina addosso. Non faccio in tempo a riprendere l'equilibrio che cado in avanti. Alzo la mano libera per parare la caduta e chiudo incosciamente gli occhi. Ma non cado contro il pavimento freddo della metro: finisco contro il suo petto.
Sento stringersi la mano che ancora trattiene la mia, mentre un braccio mi si posa sulle spalle, tirandomi a sè per ridarmi stabilità.
"State attenti, ragazzi!"
Lo ha detto lui, da qualche parte, sopra la mia testa. Mi giungono ovattate le scuse dei ragazzini. Poi la porta si chiude con un fischio. Il treno parte.
Sono stretta contro di lui. Mi sto stringendo ad Orlando Bloom, la mia mano sinistra sul suo petto, dove giace la mia testa, i miei capelli sul viso, il suo profumo e il suo tepore a contatto con la mia pelle. Ed ascolto il suo cuore. Ad ogni nuovo battito ruba uno dei miei.
"Tutto ok? Ti sei fatta male?"
Alzo la testa e incontro i suoi occhi. Sposta il braccio dalle mie spalle e mi scosta leggermente portando la mano sulla mia guancia sinistra, studiandomi il viso con aria premurosa.
Sento le mie labbra muoversi ma non articolo suono. Mi sto ubriacando del suo sguardo, della sua presenza. Sono perduta. Perduta davvero.
*Se ne accorgerà, Luna.*
"No. No, sto bene, non mi sono fatta niente. Grazie." Sorrido e mi allontano di un passo o due. Scrollo i capelli e lascio cadere la mano sinistra. La destra è ancora sua.
"Scusa, non volevo caderti addosso."
"No, tranquilla, sulla metro è sempre così." Sorride e lascia la mia mano. La riaccosto al mio corpo lentamente. Riprendo coscienza di me e del mio fisico. E ho voglia di piangere con tutta l'anima.
Ho riconosciuto la sensazione. Quando hai contratto una volta una malattia tremenda, cerchi di evitare ogni possibile sintomo, ma alla fine li riconosci sempre. E' quel vuoto alla bocca dello stomaco. Quel ridere che si fonde nel singhiozzare. Quel dolore perfetto. Quando ti senti strappare in mille pezzi da una mano impietosa, e lo accetti, lo desideri.
Abbassai il capo poggiandomi contro il pannello di vetro dietro di me, e con lo sguardo a terra, mi separai dalla mia anima, tornata intatta con così tanta fatica, nel tempo che ci volle a capire - non più di un secondo - quanta parte del mio cuore avevo incondizionatamente donato al ragazzo di fronte a me... senza che lui neppure lo sapesse.

"Vieni, la fermata è questa."
Solo allora osai alzare nuovamente la testa ed annuire, stampandomi un sorriso in faccia. Scendemmo dalla metro e salimmo le scale, fianco a fianco. Uscire all'aria aperta fu per me come per Dante salire al Purgatorio dopo aver veduto l'Inferno.
"Siamo in orario?"
"Sì, manca una mezz'ora."
Camminammo fino a raggiungere un palazzo alto e tinto di un bel marrone chiaro, quasi un caramello scuro, con una porta girevole a vetri scuri. Ci fermammo. Avvertii chiaramente il suo nervosismo. Allungai una mano a toccargli il braccio: ora che lo avevo confessato a me stessa, potevo smettere di nascondermi. Lui tentò un sorriso.
"Andrà bene. Pensa di stare provando solo per qualcuno cui tieni. Ricorda la quarta parete."
Mi guardò sorpreso.
"Hai fatto teatro anche tu?"
Assunsi un'aria sorniona e saccente:
"Mio caro ragazzo, hai davanti un animale da palcoscenico. Quattro anni di danza classica, due di pianoforte, due di canto e di teatro. Modestamente, Rita Hayworth mi fa un baffo."
La scenetta comica funzionò: scoppiò a ridere, e sembrò più rilassato.
"Allora sei una collega, e non lo hai detto."
"No, prego, non confondere: non accostarmi a quelle belle fanciulle senza un solo difetto che frequenti di solito. Ti pare che io sia così? Mi offendi! Che orrore!" e terminai con una smorfia disgustata. Anche questo espediente funzionò. Quando smise di ridere, sorridendo mi fece:
"Non hai niente in meno rispetto a loro, ti assicuro."
"Tranne il conto in banca."
"Tranne il conto in banca. Te lo concedo", sghignazzò. Io sorrisi, poi mi voltai verso la porta. Anche lui mi imitò, e tornò serio.
"Dovrai entrare, prima o poi."
"Mhm." Nervoso.
"Vuoi... non so, vuoi che resti qui? Invece che entrare, magari."
"No. No, entra anche tu. Se non ti crea problemi."
"Assolutamente. Fai finta che ci sia solo io. Nessuno tranne me, seduta in platea. Una conoscente qualunque passata per caso."
"Sei un pò più di una conoscente."
*Ignora questa frase.*
"Fingi, sei un attore. Recita. Anzi. Fai finta di recitare la parte di uno che sta recitando e che per copione viene assunto."
"Mhm. Buona idea. Non ci avevo pensato."
"Eh, cosa farebbe il mondo senza di me", ridacchiai.
Orlando si girò verso di me e mi inchiodò con un sorriso:
"Chieditelo sul serio, non è una domanda da niente."
Conservai il sorriso e mi dondolai sui talloni.
"Dai, entra che si fa tardi."
"Giusto. Vieni."
Mi tese nuovamente la mano.
*Non lo fare.*
Gli porsi la mia.
*Ti stai bruciando da sola.*
La strinsi forte, e lo seguii all'interno.

Si fermò nell'atrio per chiedere informazioni sui provini, poi mi guidò su per le scale, ancora tenendomi per mano. Salendo vidi le tende lunghe, rosse, pesanti, che chiudevano l'entrata della platea, e mi feci un appunto mentale, per sapere come tornarci. Girò dietro un corridoio, e ci trovammo davanti altre persone. C'erano delle sedie, e una signora, sulla sessantina, con una lista in mano. Lasciai la mano di Orlando sussurrando:
"Vai a vedere." Lui annuì, ed io rimasi ad attenderlo. Tornò dopo poco, aggiornandomi sulla situazione. Erano parecchi i nomi della lista, ma avrebbero detto subito il nome del prescelto. Gli feci un sorriso incoraggiante che mi restituì.
"Siediti, c'è tempo ancora, no?"
"Non so stare fermo, in attesa."
"Idem."
Sorrise, poi la signora intimò il silenzio, e affermò che i provini avrebbero avuto inizio nei prossimi minuti.
Detto fatto, perchè un uomo spuntò da una porta e le fece cenno. Lei annuì e chiamò un nome. Un ragazzo si alzò e la seguì oltre la porta.
Guardai Orlando: era veramente inquieto. Si sedette sulla sedia e strinse una mano dentro l'altra. Gli toccai una spalla delicatamente, per non infastidirlo. Lui alzò lo sguardo a guardarmi. Sembrò che mi vedesse per la prima volta.
"Luna, sinceramente, chi te lo fare di stare qui?"
"Eh? Vuoi che vada in platea?"
"No, intendo..."
"Ho capito che intendi. Tu lo hai fatto per me. Mi sembra il minimo ricambiare. E poi, come ti ho detto quella sera, a me piace vederti recitare. Potrei mai perdere questo spettacolo tutto mio, senza nessuna fan strillante a condividerlo?"
Sorrise più sciolto, e di nuovo mi prese per mano.
"Grazie, davvero."
"Prego."
"Posso sdebitarmi?"
"Ci penserò, qualcosa mi verrà in mente."
Sorrise divertito.
"Che ti chiedono in genere le ragazze come me?"
"Come te finora non ne ho incontrate."
*Ignora anche questa.*
"Allora ho stabilito un primato."
"Decisamente."
"Bloom, Orlando."
La voce della donna ci raggiunse. Orlando scattò in piedi e io mi ripresi la mano. Mi guardò, e annuì. Io sorrisi.
"Vai e fagli vedere chi sei."
E mi alzai sulle punte. Mi protesi verso il suo viso. Lo baciai sulla guancia.
"Ti aspetto oltre la quarta parete", sussurrai senza guardarlo, e girando i tacchi mi diressi in fretta in platea.
*Tu vuoi suicidarti.*
Di qualcosa si deve pur morire. Almeno è un bel morire.

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Capitolo 8
*** My soul in your eyes ***


Mi arrivano delle voci da dietro la tenda. Che sia già sul palco? La scosto di furia e guardo. Immersa nel buio non mi vedrà nessuno. Un'occhiata verso la parte opposta. Sì, è lì in piedi. E davanti a lui, in prima fila, una serie di persone. La voce appartiene al signore in mezzo, cerco di fare attenzione a che dice intanto che mi siedo tra le ultime file. La busta di plastica dura fa un pò di rumore ma nessuno ci bada. Avvolta nell'ombra, mi godo il "mio" spettacolo.
"... Prospero's Speech, from The Tempest."
Oh. Oh, lo conosco. Loreena McKennitt lo ha anche messo in musica. Pare l'ultima preghiera di un condannato a morte, è bellissimo. Senza contare che Waterhouse ne ha fatto un dipinto, ed io amo i Preraffaelliti. Mi accorgo che la chiusura d'ottone della mia borsa riluccica. Pensavo d'essere al buio. Mi sbagliavo, una delle luci minori, fortunatamente lieve, s'è spostata su di me. Che stupida, è vero, è questo il danno delle ultime file... ebbene, non conta. Vedere, vedo. Mi assale il dubbio che possa vedermi lui, e che possa distrarlo.
*Guarda che non sei così importante, ricordatelo.*
Che c'entra, se è nervoso tutto può dargli fastidio... La luce si spegne per cui mi risolve il problema. Mi abbandono ai miei pensieri. Noto adesso che senza giacca e sciarpa è vestito di scuro. Che di nuovo perdo un battito. E rifletto purtroppo su quanto quella semplice situazione delinei perfettemanete la mia con lui: è vicinissimo, pochi metri da me. Ma non posso raggiungerlo, c'è la quarta parete. Ed è così anche nella realtà. Potrà toccarmi, sfiorarmi finché voglio... non potrà mai farlo davvero.
Mi costringo a non liberare un sospiro accorato, e a lasciarlo andare per gradi. Non bisogna disturbare durante lo spettacolo, mamma mi ha educata bene.

Lo individuo tra gli altri e gli vado incontro. Sente i miei passi, mi sorride. Questo sì che è un sorriso rilassato.
"Come ti senti?"
"Meglio, decisamente meglio."
"Quando ci diranno qualcosa?"
"Penso verso la fine dei provini."
Annuisco. I ragazzi si dividono tra quelli che già hanno superato la prova, e quelli che ancora devono farlo. Due o tre guardano nella nostra direzione e confabulano tra loro. Orlando segue il mio sguardo perplesso e punta i tipi, che smettono di chiacchierare e fanno un cenno di saluto. Lui ricambia, stavolta sorpreso lui, e io facilmente me lo spiego. Mi schiarisco la voce:
"Vuoi che vada fuori?". Mi piace l'espressione che assume per negare. Come se ci tenesse.
"No, perchè?"
"Penso ti abbiano riconosciuto, non vorrei complicarti qualcosa..." ma mi muore in bocca tutta l'ultima parte. Che cosa pretendo di complicare? Non ha una ragazza. Non siamo in atteggiamento equivoco. Non siamo in alcun atteggiamento preciso. Mi riprendo in fretta e concludo:
"... se pensano che tu sia disposto a fare gli autografi ti assaltano." Lui sorride, e mi fa:
"Si vede lontano un miglio che non sei una fan, tranquilla. Siamo al sicuro."
E mi guarda con un viso d'angelo. Adesso sì, è perfettamente Legolas. Lui è al sicuro, questo è certo.Io un pò meno.

"Scusami per prima. Spero tu non ti sia offeso: con gli amici, prima di un esame o di qualcosa di importante, lo faccio sempre. E' un portafortuna."
L'aria fresca mi dà sollievo come sempre. Siamo usciti, è venuto a macare il quorum della commissione, quando una telefonata ha portato via con non ho capito quale scusa una delle donne presenti. Provini rimandati. "Ma quelli che lo hanno già superato possono stare tranquilli, abbiano registrato tutto."
Meglio così, da un lato: sarebbe stato snervante aspettare fino alla fine. Così stiamo passeggiando fino alla fermata di un bus che mi porti a casa. E quale argomento migliore, se non le scuse per quell'azzardato lieve bacio sulla guancia?
*Masochista.*
"E' così gentile da parte tua invece, grazie." Mi salva sempre. Un angelo. Sembra anche colpito dal fatto che io 'conceda questo privilegio' solo agli amici. E, altro battito mancante, ne è colpito in senso positivo.
"Prego."
"Torni subito a casa?"
Perchè me lo chiede?
*Curiosità, nulla più. Rispondi, avanti.*
"Beh, shopping l'ho fatto." Sorrido. "Però credo che lascerò tutto a casa e andrò a gustarmi il sole, visto che c'è." Ancora. "Forse andrò verso i parchi. Tu?"
"Anche io. Voglio portare Sidi a spasso, oggi ancora non è uscito di casa."
"Abbraccialo da parte mia."
Sorride. "Lo farò." Poi ha un'idea e aggiunge:
"Perchè non ci troviamo al St. James? Oppure a Hyde Park. Così puoi abbracciarlo di persona."
*Respira, Luna.*
"Volentieri, certo. Con piacere. Hyde Park allora?"
"Sì. Verso le cinque?"
Do un'occhiata al suo orologio: ce la faccio, sono appena le quattro. Posso anche sistemarmi.
"Va bene, alle cinque. Ci... troviamo in un posto preciso, o lasciamo fare al destino?". Ci metto tutta me stessa per non farlo sembrare un appuntamento.
"Finora è stato clemente. Incontrarsi tre volte in meno di cinque giorni non capita spesso, a Londra. In tre diversi scherzi del caso."
"Questo perchè sono fortunata. Tu di meno." Sorrido divertita. Mascherare con l'ironia è più facile, quando tieni davvero a mascherare qualcosa.
"Ti sottovaluti, Luna. Parlare con te mi piace ogni volta di più."
Calmo, sincero.
*Non lo sai se è sincero.*
Poteva ridere e basta invece di dirlo. Lo guardo. E mi manca più di un battito.
"Anche a me."
Deus ex machina, il bus. Siamo già alla fermata. Grazie; chiunque ci sia lassù, se questo è il tuo modo di odiarmi continua pure a farlo.
"Allora, ecco il mio bus. Alle 5 a Hyde Park, dunque."
"Bene. Io e Sidi ti aspettiamo."
Sorrido e salgo sul bus, passo la Oyster card sullo schermo accanto al guidatore, poi mi volto a salutarlo. Lui alza la mano e mi regala un sorriso bellissimo. Ricambio, e spero che il mio sia altrettanto mozzafiato. Ne dubito. Poi le porte si chiudono, il bus si mette in moto, e lo perdo di vista.

"Mi scusi, Madam, ha forse visto passare un ragazzo, alto più o meno fin qui", e alzo il braccio a compensare quei quasi 20 centimentri che mi separano dalla sua testa - 15, ho gli stivali coi tacchi -,"con un grande cane nero?"
La signora mi guarda pensierosa, intanto che la osservo. Assomiglia a mia nonna materna. Ho un impeto di affetto verso di lei. Corruga la fronte nello stesso modo anche. Poi spalanca gli occhi e risponde:
"Oh, sì. Sono passati da questo viale poco fa, andavano di là." Mi indica il lato opposto della strada.
"La ringrazio, buona giornata!", esclamo, e la signora sorride. Chissà che sta pensando. Sicuramente che ai suoi tempi era il ragazzo a seguire la ragazza, non lei ad inseguire lui e il suo cane.
Calcolando le falcate di Sidi mi affretto. E rifletto su quanto sono scema. 'Lascia fare al destino.' Chi credevo d'essere? Non si può essere talmente baciati dalla sorte. La sto scontando tutta, comunque. Un quasi appuntamento con Orlando Bloom, e non riesco a trovarlo. E' patetico. Di più, è da buttarsi sotto un treno.
Percorro il viale di traverso per tagliare e raggiungerlo prima, ma non vedo niente. Abbasso le braccia e riprendo fiato. Segnali di fumo?
Richiamo vocale? Un ululato, per richiamare l'attenzione?
*Per vedere se ti porta via l'addetto del canile? O l'ambulanza del manicomio, magari.*
Sospiro, liberando il petto di metà della pena.
Un suono di trotto felpato, ammorbidito dall'erba, alle mie spalle.
Mi volto in tempo per reggere l'urto e il latrato che mi risuona a mezzo metro dal naso, puntando i piedi per terra e sostenendo il grosso cane nero con la passione per gli abbracci. Destino un corno: fortuna che c'è Sidi.
"Ma ciao, cucciolone! E' un piacere vederti!" esclamo, in italiano, e lui gradisce lo stesso, perchè mi lascia andare e abbaia scodinzolando. Mi chino e gli porto le mani ai lati della testa, per grattargli le orecchie. Lui si siede, come un re sul trono. Della serie: continua pure, che è un piacere.
"Ciao! Ti ha trovata prima di me."
Mi alzo lasciando andare Sidi, e lo guardo venirmi incontro. Non mi sono ancora abituata a vederlo. Sorrido quando mi è accanto, la risposta pronta sulle labbra, ma lui si china e mi bacia sulle guance. Su tutte e due le guance.
Per un riflesso condizionato ricambio, senza premeditazione, con naturalezza, come fosse la cosa più ovvia del mondo. Lo è, in effetti, ma qui si parla di un'altra situazione.
"... Ciao. Sì, praticamente è stato lui ad abbracciare me, ma ci sono abituata." A questo sì.
"Non riuscivo a vederti, pensavo non ce l'avessi fatta."
"Da quando le donne ti danno buca?"
"Non mi crederesti, per cui lascia perdere." Sorride. Non ci credo infatti, ma va bene così.
Sidi abbaia, poi trotta in avanti e si gira. Io e Orlando ci guardiamo.
"Beh, ehm..."
"Sì, seguiamo lui. Rifiutarsi non sarebbe saggio."
"Lo credo bene", rispondo, azzardando un'occhiata alla stazza del cane. Lui ride.
"Ma è un Golden Retriever o un Labrador?"
"Un meticcio, in verità. Non ha un'ascendenza ben definita."
"Oh."
"L'ho trovato in Marocco, durante le riprese di un film."
"Oh, racconta, ti prego!"
Mi lancia un'occhiata, ma non ho bisogno di convincerlo che mi interessa davvero, un tono così sincero non mi era mai uscito. Amo gli animali, casa mia è un gattile ambulante, per cui basta una storia sull'adozione di un cucciolo a catturare il mio interesse. Se poi il narratore è lui...
"Beh, lo vidi durante una pausa. Era lì, da solo, si aggirava come se avesse perso il senso dell'orientamento. Mi avvicinai e si lasciò toccare, mi piacque subito. Non ci crederai, ma era grande così all'epoca, e molto magro."
"Chi, lui?! Ma stai parlando di un altro cane, allora..."
Scoppiamo a ridere, guardando il 'piccolo cane malnutrito' che, sdraiato sull'erba, sradica zolle su zolle.
"Ti assicuro, era davvero malridotto. Per cui l'ho preso e l'ho portato qui."
"Ma, te lo han fatto portare senza problemi? Io sapevo che qui, quando importi qualche animale, deve stare in quarantena."
Mi balenò nella mente l'immagine del mio amore. Il micio più bello, più bianco, più amabile che potessi mai desiderare di avere. Il mio Ramses. Quante volte gli avevo promesso che l'avrei portato con me. Eravamo fratelli, io e lui. Solo che lui aveva quattro zampe e una coda in più.
Sorrise e rispose: "Mi sono rivolto al Pets Travel Scheme. Ti aiutano loro."
"Oh... che bello, grazie d'avermelo detto."
"Vuoi portare un animale qui?"

Flashback. Il mio gattone, ad occhi spalancati, steso sulla tavola. Io gli accarezzo la testa, ma lui non può sentirmi. Non può più sentirmi.

Mi si è bloccato il respiro. Scuoto il capo, e tentando un tono stabile, rispondo:
"No. Non ho più nessuno da portare qui."
Mi ferma trattenendomi piano per il braccio. Oddio, non lo avrò mica messo in difficoltà? Lo guardo e lo vedo preoccupato, mentre cerca di capire. E mentre gli rispondo, non è difficile lasciare che le parole, e la memoria, escano dal mio cuore.
"Avevo il migliore amico che si potesse mai immaginare. Un gattone bianco. Anche lui era un incrocio, aveva il pelo lungo e gli occhi d'ambra. Lo chiamavo Ramses perchè era faraonico, in tutto, anche nell'atteggiamento."
Mi sento sorridere al ricordo di come alzava gli occhi su di me con espressione sorniona.
"Si è ammalato, e nonostante la sua forza, non ce l'ha fatta. Ho dovuto... addormentarlo."
Ucciderlo, mai. Ucciderlo sarebbe stato lasciarlo stare male. Non l'ho ucciso. Non è il termine. Non è quel che ho fatto.
Mi alza il mento, gentilmente, e lo guardo di nuovo. Mi scruta, senza essere invadente, e sento che mi capisce perfettamente, adesso.
"Mi dispiace. Anche io ho perso un amico a quattro zampe cui volevo molto bene. Quando è successo?"
Calma, perfettamente seria, un macigno sul petto, rispondo:
"Due settimane fa."
Eccolo, il vero motivo della mia partenza. Non avevo nient'altro che mi trattenesse. Dovevo allontanarmi da una casa che la mattina avrei visto vuota.
Mi posa il braccio sulle spalle e mi attira a sè, stringendomi appena. Lo circondo con l'altro braccio, passandoglielo dietro la schiena.
"Mi dispiace davvero."
Lo so. Lo vedo. Ci capiamo al volo, ora. Siamo uguali.
"Grazie. No, sinceramente. Sei la prima persona cui lo dico. Non mi riesce parlarne."
Gli sorrido, per stemperare l'atmosfera. Lui risponde con un sorriso e un'altra lieve stretta, poi mi vedo dall'esterno e perdo tre, quattro, cinque battiti di fila:
ma che stai camminando con Orlando Bloom, il tuo braccio dietro la sua schiena, il suo braccio sulle tue spalle, te ne sei accorta? Che non è propriamente un tuo amico di vecchia data? Che ci sono circostanze da considerare? Eh? La vogliamo fare, qualche considerazione??
"Ahm, comunque, è una buona novità in ogni caso. Non mi sembrava giusto, infatti, lasciare gli animali in gabbia per quaranta giorni. Fa impazzire."
"Hai ragione. Il servizio è ottimo, ti aiutano in tutto."
"Bene. Bene."
Nessuno che mi salvi? Sidi, Sidi bello, non mi salti più addosso?
Un latrato e una corsa nella direzione opposta. Caspita, mi legge nel pensiero.
Accidenti, ma sta puntando uno scoiattolo.
"Sidi! Sidi! Qui!"
Ci lasciamo contemporaneamente, correndogli dietro. Sidi stranamente obbedisce e a metà corsa fa un salto su se stesso e torna indietro, buttandosi contro il padrone, abbaiando allegramente. Orlando ride, lo abbraccia, il cagnone salta e si rotola, lo spinge e fa finta di allontanarsi qualche passo per poi ritornargli addosso.
E' una scena da quadro. Da foto, è troppo vivida per i colori tenui della pittura. No, ci vorrebbe una videocamera.
Senza rendermene conto tiro fuori di tasca il cellulare e lo punto sui due, scattando. Sidi al suono del 'click' rivolge la sua attenzione su di me e si sdraia per terra rotolandosi. Io rido e lo fotografo.
Orlando sorride divertito, fa finta di sospirare:
"Che esibizionista."
"Ehi, sarà abituato alle foto. Guarda che meraviglia."
Gli mostro il cellulare facendo scorrere le immagini del cagnone appena immortalate. E' troppo divertente.
"Però, Sidi, sei fotogenico."
Sidi abbaia e resta sdraiato, lanciando un uggiolìo sbuffante che ci fa scoppiare a ridere. L'ultima immagine ritrae loro due assieme.
"Questa è bellissima."
La guardo, non ho ancora visto com'è venuta. Lo schermo mostra un ragazzo, dai capelli lisci e scuri, tagliati quasi a caschetto, con un ginocchio a terra, su di un prato ancora verde, che stringe la testa di un cagnone nero che ricambia il suo sguardo, una zampa sulla sua spalla, l'altra sul suo braccio. Il sole è leggero, ed è autunno, ma la luce illumina tutti e due. Mi toglie il fiato. L'ho fatta io?
"E' più che bellissima. E' da poster." E mentre lo dico mi viene un'idea.
"Sei brava, hai talento. Non sarai una giornalista travestita?"
"Che fai, prendi in giro?"
Alza le mani, come a chiedere "pace", e ride:
"No, saresti troppo brava come attrice per essere una giornalista. Non è che è un'altra delle tue tattiche?"
"Ebbene sì, e visto che finora hanno funzionato tutte... Visto che mi hai scoperto, su, siediti e cominciamo."
Lui sta al gioco e si siede per terra, accanto a Sidi. Io incrocio le gambe davanti a lui e, seduta, faccio finta di prendere appunti.
"Dunque, lei è solito, Mr Bloom, permettere al suo cane di distruggere metà del suo abbigliamento?"
Lui ride guardandosi la giacca strattonata.
"Ma sì, perchè no, i cani hanno diritto di divertirsi."
"Le ricordo che parla ad un pubblico di ragazzi che potrebbe, per questa sua affermazione, lasciare che il proprio cane scorrazzi per la casa addentando cuscini, stoviglie e alimenti vari."
Scoppia a ridere e si porta la mano alla nuca, imbarazzato, socchiudendo gli occhi:
"Non sono un gran bell'esempio, vero?"
"Stai scherzando? Vuoi sapere con che ragazzi ho il piacere di trovarmi ad uscire io?"
"Sì, dai, racconta!"
Lo squadro lanciandogli un'occhiataccia, ma lui ride, perciò rinuncio e alzo una mano per contare.
"Dunque, uno ha insistito un mese per uscire con me, e quando gli ho detto ok, per sfinimento, ha avuto il coraggio, una volta capito che non intendevo farci nulla, di dirmi impettito 'Ma se non ti piaccio perchè sei uscita con me, scusa, potevo dedicarmi a qualcun'altra.'"
"No..." mi guarda allibito. Annuisco seriamente e proseguo.
"Uno per impressionarmi mi ha portato in un locale dove un cocktail analcolico costa dieci euro, e me lo ha fatto notare", imito la voce del tizio: "Sai quanto l'ho pagato? dieci euro. Eh, hai visto in che posti ti porto?"
Orlando ride e chiede: "E tu?"
"Io? Io gli ho detto molto innocentemente "Ma scusa, allora tanto valeva prenderlo vicino casa, così risparmiavi cinque euro."
Lui si piega letteralmente dalle risate.
"Avrei voluto vedere la sua faccia."
"Già. Poi dunque, il terzo ha cercato di saltarmi addosso tutto il tempo, finchè non gli ho tirato un ceffone, e il quarto... beh, il quarto è stato il mio ragazzo. Per due anni e mezzo. Poi ho scoperto che raccontava un sacco di frottole. A me, alla sua ragazza e all'altra sua ragazza."
Mi guarda basito:
"Cioè mentre stava con te..."
"... intratteneva una relazione con altre due. Già." Scrollo le spalle. Non mi fa un baffo da due anni, questa storia. Lui però sembra davvero irritato.
"Che bastardo."
"Ah, beh, tranquillo, mi sono vendicata a sufficienza."
"Cioè?"
"Mi è bastato contattare le altre due e farci trovare a casa mia una era in cui dovevamo vederci."
"Ben gli sta, così impara." Annuisce vigorosamente, sorridendo. Poi il sorriso si addolcisce.
"Mi dispiace però, dopo due anni e mezzo deve essere stato tremendo."
"Sai come si dice, ciò che non uccide, fortifica... E poi è una cosa passata, ormai. Sono stata male perchè era il mio primo ragazzo, la mia prima relazione seria. Però, ecco... Non rimpiango il mio passato con lui, quel che ho fatto l'ho fatto di mia volontà perchè ne ero felice."
Mi guarda a lungo, in silenzio. Io passo una mano tra i fili d'erba e l'allungo verso Sidi, il quale mi ci posa sopra la zampa.
"E poi vedi, adesso c'è Sidi." Sorrido. Anche lui sorride.
"Sei davvero in gamba, Luna. Sinceramente. Sono contento di averti incontrata."
"Anche io. Sei un ragazzo con cui stare è davvero piacevole. Grazie."
Sorride, e scuote il capo, come a dire "di nulla". Sidi si rotola e mugola. Io rido, poi lo guardo di nuovo.
"Ehi, l'intervista dovevo farla io a te, si sono scambiate le parti."
Orlando sorride e risponde:
"Sono a tua disposizione. Quando vuoi. Mi piacerebbe conoscerti il più possibile."
"Anche a me. Davvero."

Troppe frasi si susseguono, non riesco a focalizzarne una per analizzarla che già rispondo con un'altra senza pensarci, così come mi viene. Sto giocando a mosca cieca sull'orlo di un baratro, circondata da mille fiammelle pronte a bruciarmi. Rischio la scottatura più grande della mia vita.
Ma invece no. Perchè mi basta guardarlo e tutta questa furiosa analisi svanisce, perde senso e consistenza. Gli sto aprendo il mio cuore, perchè lui non ha chiesto di entrarci a forza. Si sta facendo strada poco a poco. E mi permette di fare altrettanto. Mi permette di fare altrettanto.

"Magari quando mi vengono in mente domande serie."
"Va bene. Allora nel frattempo ne approfitto per tentare di sondarti di più."
"Mi hai presa per il laghetto del St James?"
Sorride, e risponde:
"Aspetto anche io qualche domanda seria."
Sidi invece non aspetta assolutamente niente e di colpo si rimette in piedi, abbaiando. Non capisco cosa voglia, però il cagnone evidentemente sì, perchè mi spinge con le zampe giù per terra.
"Sidi!" gridiamo all'unisono. Io prendo una schienata da film, e riesco a non farmi nulla. Sidi si ritrae e mi si sdraia accanto, annusandomi collo e petto.
"Sidi, buono, stai giù, testone d'un cane, giù!", gli intima Orlando. Ma il massimo che risolve è che Sidi smette di annusarmi. Beh, almeno una cosa l'ha ottenuta.
"Scusami, ti prego, non so che gli prenda a volte."
Mi porge una mano per tirarmi a sedere.
"Ma ti pare, mai sminuire un impeto di affetto così profondo ed esuberante."
"Chiamalo affetto. Cane disubbidiente e maleducato!"
Scuote il dito indice guardando male Sidi, che non se lo fila per niente. E io scoppio a ridere per la scena, e non riesco ad allungargli la mano per farmi aiutare.
"Oddio... oddio... è troppo forte..." boccheggio quasi.
"Tu ci ridi, dovresti vedere come mi ha ridotto il letto quando aveva un anno e mezzo."
"Posso immaginare." Sospiro e resto sdraiata. Alzo lo sguardo e incontro il cielo. E' terso. La luce comincia a svanire, ma è bellissimo comunque. Verso est si vede già la luna, pallida, azzurra.
"Guarda. Adoro il cielo quand'è così. Ho sempre preferito il tramonto. Distende."
Lo sento sorridere anche se non lo vedo.
"E' vero. Ha dei colori bellissimi."
"Sul mare poi è una visione."
Annuisce. Mi sento osservata, riporto lo sguardo su di lui.
"Che cosa c'è?"
Mi studia lo sguardo ed il viso, angelicamente, bellissimo e distante, no, vicino e dirompente.
"Ti sono tornati verdi. Gli occhi."
Taccio.
E intreccio il mio sguardo al suo. Ci metto tutta l'intensità che provo quando lo ricambia, uno scambio di energia, di forza, di sensazioni che mi fanno rabbrividire, mi impediscono di annegare ma non mi lasciano riemergere. Affondo.
Ho paura. Ho paura di te. Di te che mi guardi eppure non mi vedi. Di te che mi leggi fino in fondo all'anima, senza averne l'intenzione, solo perchè sono io, io, ad aprirti le sue porte. Sono lo specchio trasparente di ciò che provo, adesso. E tu mi fissi. Mi vedi per ciò che sono. In profondità. Ti supplico. Annientami così, o salvami una volta per tutte.
Quando il cuore comincia a farmi male fisicamente, compongo un sussurro.

"Ti prego..."
"Che cosa?". Un sussurro anche il suo. Mi dilania.
"... non guardarmi."
Non stacca gli occhi dai miei, ma li spalanca, stupito.
"Non mi dai fastidio. Ma non riesco... a fronteggiarti. Mi sento... scoperta."
Il suo sguardo non si allontana, serio, introverso.
"Anche io."
Sussurro.
"Che cosa?"
Sussurro.
"... Mi stai vedendo davvero."
Sussurro.
"Mi dispiace."
"Non mi dà fastidio."
Silenzio.
Ho bisogno di respirare. Di battere le palpebre. Lo facciamo entrambi, e distogliamo lo sguardo.
Sento di nuovo i confini del mio corpo, e percepisco l'infinità della mia anima racchiusa in una gabbia così piccola. Ho uno spazio abbastanza grande per contenerla solo quando la condivido con i suoi occhi.
Silenzio.
Ma torniamo nei nostri corpi. Rabbrividisco: comincia a fare freddo, prendo coscienza di me, di nuovo. Anche lui pare pensare lo stesso. Si chiude la giacca.
"Temo di averti lasciata andare troppo in profondità."
Sorride appena, guardando in basso.
"Ti assicuro che non volevo danneggiarti."
"Non l'hai fatto." Alza di nuovo lo sguardo. "E' stato un momento particolarmente troppo intenso per entrambi."
Sorrido.
"Davvero. Meglio limitarsi alle domande."
Lui sorride e mi porge di nuovo la mano. La prendo e lascio che mi aiuti, tirandomi a sedere.
In un lampo di memoria rammento che si interessa di discipline orientali. Forse allora ha capito davvero tutto ciò che intendevo dire.
C'è di più: ha capito che lo avrei capito anche io.
Sidi posa la testa sul suo ginocchio. Lui lo accarezza. Ho paura di aver rovinato qualcosa, anche se non focalizzo cosa.
Uno scoiattolo attira l'attenzione mia e del cagnone. Lui lancia un latrato convinto e ovviamente si lancia all'inseguimento. Tutti e due sorridiamo, ma è un sorriso a cui arriviamo lentamente, anche se con facilità. E' sereno, ma in qualche modo, languido. E d'improvviso mi viene da chiedermi quanto ci siamo scambiati l'uno dell'altro, e quanto di ognuno abbiamo riversato nell'altro a vicenda.





Per questo capitolo devo ringraziare in assoluto tre persone: Blackpearl, Michi88, e Celine Dion. Le prime due perchè se continuo a scrivere questo mio sogno è grazie soprattutto al loro entusiasmo.
La terza perchè, senza la meravigliosa "My precious one", questo capitolo non sarebbe mai nato. E più di tutti, il mio imperituro amore a quattro zampe. Mi manchi, Ramses. E perdonami se, per esigenze di storia, ho dovuto anticipare il dolore di perderti. Ti voglio bene.

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Capitolo 9
*** Il raggio verde ***


In silenzio siamo arrivati alla fine del viale. Solo ogni tanto scambiamo uno sguardo o un sorriso leggero, quando Sidi ci viene tra le gambe, e lo accarezziamo a turno. Mi sento strana. Sto bene, ma sono ubriaca di queste sensazioni, ne vorrei sempre di più. Ma mi freno. Non so ancora cos'è che è cambiato.
Mi stringo nella giacca nuova. Ottimo acquisto. Tiene caldo davvero. L'autunno qui non è da ridere. E in quella mi ricordo di una cosa.
"Ma... oggi è il 27?"
Orlando mi guarda incuriosito, fa un rapido resoconto mentale e annuisce.
"Sì, sabato 27."
"Tra poco è Samhain."
*Traduci, il mondo non è tutto pagano.*
"Cioè, intendo, è..."
"Halloween." Conclude guardandomi. Annuisco.
"Studi il gaelico o lo chiami così in omaggio alla tradizione antica?"
"Ahm... è che... sono solo abituata a chiamarlo così. La fine dell'anno celtico. E tu, come mai lo conosci anche così?"
"Ho studiato le varie religioni, soprattutto quelle più orientali, e quelle legate alla natura."
"Oh. Ma è interessante! Ne hai trovata qualcuna da seguire in modo particolare?"
"Mi piace la filosofia buddhista. La trovo abbastanza in sintonia con me."
"La conosco, un pò."
"Davvero?"
"Sì. Anche mia madre si interessa di queste cose. Studia anche il Sanscrito, se è per questo. Mia sorella è cristiana, o almeno dovrebbe, ma ne dubito. Al momento il suo unico dio è un attore di diciassette anni di queste parti, ma non ricordo il nome. Mio padre è agnostico."
"Un bel misto. E tu?"
"Io? Io sono fieramente animista. E fortemente pagana. Tra gli alberi sono a casa mia. Meglio nel mare, però."
"Allora capisco perchè ti piaccia Tolkien."
"Oh, sì. Gli Elfi rispecchiano i miei gusti. E sono decisamente fighi."
Ridiamo entrambi.
"E' bello."
"Che cosa?"
"Crescere in una famiglia di mentalità così aperta."
"Più che aperta è spalancata. Però, sì, è vero. Penso... che ti aiuti a creare una propria visione delle cose, senza dipendere da quella altrui. Non lo so."
"Non ti senti così?"
"Lascio giudicare agli altri se sono mentalmente aperta o meno."
*Sicuramente instabile, il resto non so.*
"Non sai farti un'auto-analisi?"
"Me ne faccio anche troppe, ma ben poche risultano positive."
"Non hai una grande autostima, vero?"
"... no."
"Da che dipende? Non ne hai alcun motivo."
Lo guardo. Mi sorride sincero. Ricambio, e un pò mi sento arrossire. Pensavo di aver superato la fase 'guance a rischio'.
"Ti ringrazio. Non lo so, sinceramente. Forse dalle persone che mi circondano. Esclusi i presenti, ovviamente", sorrisi guardandolo. Lui ricambiò.
"Perchè sai, se hai un amico, è ovvio che con te si trovi bene, altrimenti non sarebbe tuo amico. Per cui da lui puoi aspettarti un commento positivo. Ma gli altri... guarda gli esempi di prima, i ragazzi. Come potrebbe essermi possibile non sentirmi solo una sorta di oggetto senziente, alla luce di quelle scene? E' ovvio che l'autostima ne risenta."
Annuì, pensieroso.
"Effettivamente... ma gli idioti esistono, sai. Non puoi fartene un problema personale. Non sei tu, quella strana."
"Credevo avessi detto di sì", sorrido io. Lui sfodera il sorriso sghembo.
"Ho detto diversa, non strana. Ed è un commento positivo."
"Lo so." Lo guardo. E' vero. Non mi offenderebbe mai. A che pro? Non chiede niente, non pretende niente da me. Possiamo anche essere sinceri.
"Bene, siamo arrivati. Torniamo indietro o sfondiamo i cancelli di Buckingham Palace?"
Lui sorride e risponde con grinta:
"Ma sì, anarchy in the UK!"
Scoppio a ridere.
"Citazione dei Sex Pistols o di 'V for Vendetta'?"
"Beh, l'una è citazione dell'altra, perciò... è una frase comune, qui. Ogni volta che capita qualcosa, che sia remotamente collegato con la casa reale, subito parte il sondaggio: 'quanto il popolo inglese tiene alla monarchia?' E' da impazzire. Decenni di queste storie."
Torniamo sui nostri passi.
"Sì, l'ho visto nel film 'The Queen'. Ma tu stai fuori dell'Isola per la maggior parte del tempo, in fondo, per lavoro. E in quanto attore non vengono a farti queste domande. No?"
"E' vero."
"Ecco, visto che siamo in argomento, se non ti secca parlarne... ma hai mai incontrato ragazze che ti chiedono autografi in posti strani o fanno richieste senza pudore?"
Scoppia a ridere e annuisce:
"Non ne hai un'idea. Si presentano situazioni da carcere." Sorride a ricordare qualche vecchia scena, evidentemente.
"Però ci sono anche quelle gentili, anzi, sono senz'altro di più. Allora è un piacere, firmare autografi o esaudire qualche richiesta."
"Lo credo."
"E tu?"
"Io?"
"Sì. Hai detto che hai dato uno schiaffo ad un ragazzo. Aveva richieste 'senza pudore' da farti?"
"No, quelle erano pretese. Una richiesta è tale quando accetta un 'no' come risposta."
"Allora è stato più che meritato."
"Certo! Io non picchio le persone così, per il gusto di farlo. Non picchio mai, in realtà. Sono una brava bambina."
Scoppia a ridere.
"Va bene, sono abbastanza brava. Ok?"
Ridacchia ancora.
"Sto pensando di picchiare te, sai."
Mi lancia un'occhiata da spezzare il cuore a un sasso. Oddio. E' Will Turner.
"Non lo faresti mai."
"Fai finta di crederci, per favore, o la stima nella mia capacità d'incutere terrore finirà sotto zero."
"Sei più brava a colpire con gli occhi che con le mani, ci scommetto."
"Forse hai ragione. Ma sfortunatamente c'è tanta gente che si finge cieca. Una manata invece la senti sempre."
Stavolta ridiamo insieme. E mi piace da impazzire. Prendo un respiro profondo. Sidi mi trotterella tra le gambe, mi fermo e lo coccolo un pò. Lui si siede. Di nuovo l'espressione: fai pure, cara. Sorrido e gli gratto le orecchie.
"Penso che ti stia amando particolarmente, in questo preciso momento."
"Ah, beh, l'amore fa bene, ogni tanto."
"Ogni tanto?"
"Sì, quando è sereno, non scotta, non gela, e soprattutto, non pretende."
"Sono d'accordo."
"E poi l'affetto di un animale è più onesto, deriva da poche cose. Quindi, Sidi, sei liberissimo di amarmi, te ne sono grata."
Orlando sorride, Sidi fa un uggiolio tranquillo. E' un gran bel cane, intelligente davvero. Ma tutti gli animali lo sono, in genere.
"E tu? Hai qualcuno di speciale, a parte Sidi, che ti ricopra d'amore sereno e non troppo esigente?"
Arrossisco. Ma fortunatamente sono ancora chinata sul cagnone, posso nascondermi.
"No. Io e Cupido siamo nemici dichiarati da un pò."
"Capisco."
"E tu?"
"Io sono innamorato dell'amore."
"E di qualcuno che sia un pò più fisico?"
"Nossignora. Mi sono preso una pausa."
"Oh. E sta funzionando?"
"Pensavo di sì."
Tu-tump. Tu-tump- Tu-tump.
*Respira, Luna.*
"Devo vedere come prosegue."
"Oh. Capisco. Avevo deciso di farlo anche io."
Silenzio.
*Non migliori la situazione.*
Lo so. Infatti lo sento guardarmi, in attesa:
"... Ma...?"
"... Ma poi, è arrivato Sidi."
Uno pari, palla al centro
Sorridiamo, ma è un sorriso solo appena accennato.

Che cosa vuoi che ti dica? Che mi stai prosciugando? Che la mia tachicardia nasce esclusivamente da un tuo gesto, da una tua parola?

"Scherzi a parte... non dipende da me. Ho deciso di evitare di amare l'idea che ho di qualcuno. Vorrei che fossero i miei battiti accelerati ad indicarmi la persona che mi ha... presa davvero, sentimentalmente."
"Quindi sei... in attesa dei battiti affrettati?"
No. Li ho già. Dannazione. Li ho già. Ti detesto. Mi detesto.
"Più o meno, sì."
Non sono rossa. Sono pallida, me ne accorgo dal freddo che sento sulle guance. Il mio cuore corre troppo velocemente.
Lascio andare Sidi e mi volto verso Orlando. E me lo trovo davanti.
Ho un cavallo lanciato al galoppo nel petto, un treno senza freni, il tuono di una tempesta, il rimbombo del maremoto.
Quando si è spostato? Non l'ho sentito. Chiudo gli occhi e li riapro. Per forza. Non posso tenere gli occhi chiusi. Fronteggia e para l'assalto, Luna. Non puoi fare altro.
"Tu che cosa aspetti?", gli domando in un sussurro poco più forte della brezza leggera.
"Io?"
Mi guarda pensieroso, allungando con la mano il guinzaglio e legandolo attorno al collare di Sidi. Attimo di lucidità: ecco perchè era davanti, o meglio dietro, di me. Doveva legare il cane. Fa scattare la chiusura, poi risponde:
"Non lo so. Mi fiderò del momento... dell'istinto e basta, semplicemente. Oppure lascerò scegliere a Sidi."
Sorridiamo entrambi, e la bufera che ho dentro si placa un poco. Ma mi tremano le labbra, e ne scorrono parole che non vorrei pronunciare.
"Orlando?"
"Dimmi."
*No. Ti prego, ti supplico, no. Non lo fare. Ci sei già passata. Liquida pure l'argomento con una scrollata di spalle, ma ti ha segnata troppo perchè tu voglia ricominciare a stare male. Ti prego. No.*
"... Se lasci scegliere a Sidi ti ritrovi con una cockerina, come minimo."
*Ottima uscita.*
Sorride, dapprima perplesso - dovevo avere l'aria di chi sta per dire tutt'altro - poi abbassa il capo e sorride con più divertimento.
*Ti è anche andata bene. Non era male, per essere una battuta di salvataggio.*
"Vuoi consigliarmi tu?"
"Ti fidi abbastanza di me da lasciarmelo fare?"
L'ho colpito. La sua espressione è quella di uno preso in contropiede. Ma non voglio che mi risponda.
"Non devi rispondere per forza, era una domanda vaga."
Mi studia. Io ostento un'aria pacifica.
"Sai, a volte hai il potere di lasciarmi completamente senza parole."
Sorrido e chino il capo. Non so se è un complimento o una critica.
"E'... non è una cosa buona, vero?"
"Non è questo. E'... disarmante. E insolito. Non ci sono abituato."
Mi guarda e sorride:
"Sì, sei insolitamente disarmante, Luna."
"Ah. Ok. Grazie della spiegazione. Ho capito. Mhm-mh."
Annuisco vigorosamente. Non ho capito un'acca. E infatti lui scoppia a ridere. E così mi sciolgo anche io e rido con lui.

"Perchè volevi sapere che giorno era?"
Stiamo tornando indietro, assieme, ma sono diversi minuti che nessuno dei due parla. Sidi ogni tanto tira il guinzaglio, ma Orlando sa trattenerlo. Di nuovo mi precede. Non che il silenzio mi causasse qualche fastidio, ma effettivamente meglio parlare. Così non ho il tempo di analizzare frase per frase e diventare matta.
*Non che tu ne abbia bisogno.*
"Solo curiosità. Da noi Halloween si festeggia e non si festeggia, o meglio, i bambini un pò si travestono e qualcuno si è piegato all'idea di conservare qualche dolcetto da dar loro, ma immagino che qui sia un pò più simile a com'è negli Usa."
"Dipende, in realtà. In genere i ragazzi festeggiano insieme senza badare troppo al fatto che sia Halloween, solo per bere qualcosa in compagnia. I bambini girano poco da soli, a meno che non restino nei quartieri più sicuri. Ma non credo che tu debba aspettarti qualche 'Trick-or-Treat'."
Sorrido. Sidi abbaia diverse volte. Orlando corruga la fronte.
"Tranquillo, che c'è?"
"Forse avrà freddo? E' sera ormai", rispondo io stringendomi, senza averne bisogno, nella giacca.
Non ho freddo infatti, è che so cosa accadrà tra poco, e l'idea mi toglie il tepore che il giaccone sa conservare così bene. La brezza è più tagliente, e mi sposta una ciocca di capelli. Noto che brillano di un rosso più acceso, perciò mi volto; ho già capito di che si tratta. Eccolo qua, il mio spettacolo preferito. Il tramonto, su Hyde Park.
Anche Orlando s'è fermato e ha seguito il mio sguardo. Sorride.
"Ti piace davvero, eh?"
Io sorrido annuendo, affondando lo sguardo nel rosso, nel lilla e nell'indaco che il cielo mi regala.
"Sì, mi piace davvero."
Gli ultimi raggi del sole mi accarezzano il viso. Mi sento veramente bene. Mi volto verso Orlando perchè mi è venuta in mente una cosa, ma le parole non seguono il filo dei pensieri quando noto che mi sta osservando.
Con un leggero sorriso sul viso, un sorriso che mi rammenta qualcosa di bello, forte e dolce. E - stavolta non posso razionalizzare, perchè è uno sguardo che conosco, l'ho visto negli occhi di chi ho amato un tempo -, arrossisco nell'accorgermi che è uno sguardo di ammirazione. Gli sorrido fingendo più candore di quel che provo:
"Cosa c'è? Ho qualcosa di strano?"
Sorride e risponde:
"No, scusami. Stavo osservando il colore del sole sul tuo viso. Ti sta bene."
*Respira.*
"Grazie. Sei gentile a dirlo."
Scrolla le spalle con quel sorriso che indugia sulle labbra, come a dire 'prego'. E sento che mi porta via un'altra fetta di cuore. Me ne resteranno abbastanza per sopravvivere, quando non sarà più la presenza costante delle mie giornate?

"Sai che il famoso raggio verde del tramonto esiste davvero?"
"Intendi il lampo verde nel cielo quando il sole cala?", mi domanda dubbioso.
"No, lascia stare la versione cinematografica e la mano del destino, Will." Sorrido fingendo di arrabbiarmi. Lui ricambia il sorriso e chiede:
"Parli seriamente?"
Adesso sono io che credo stia scherzando.
"Mi stai dicendo che non hai mai visto il raggio verde?"
"No. Com'è?"
"Beh, dunque, qui non si vede, dovresti essere sul mare. In pratica, se osservi il sole calare nell'acqua e alzi lo sguardo di due o tre centimetri sopra il suo diametro, poco prima che il lilla diventi viola, lo vedi, è un filino verticale che si colora di verde. Credo sia un'illusione ottica per via dei vari colori e dei raggi solari."
Mi guarda sorpreso.
"Allora non stai scherzando."
"Ovviamente no! Io e i miei amici, quando eravamo in vacanza al mare da piccoli, aspettavamo con ansia il tramonto giusto per vedere se anche stavolta riuscivamo a cogliere il raggio verde. Era l'appuntamento della giornata, come il bagno con la tavola da surf."
E sorrido ripensando alla tavola. Quante cadute. Sono negata.
Orlando mi guarda e afferma:
"Allora la prossima volta che sarò sul mare ci farò caso."
Sorride e prosegue:
"Io e Dom in genere guardavamo le onde e basta."
"Dom?"
"Dominic Monaghan. Facevamo surf, in Nuova Zelanda."
"Ah, sì, ho capito. No, beh, mentre fai surf non puoi distogliere l'attenzione dalla tavola. Nemmeno per i raggi verdi."
Sorridiamo.
"Vi sentite ancora, immagino?"
Annuisce: "Sì. Torna spesso a casa sua, a Manchester. Siamo rimasti legati. Tutta la Compagnia lo è."
"Ci credo, siete stati a stretto contatto per, quanto, due anni? Sono cose che per forza determinano o un'amicizia..."
China lo sguardo con un sorriso e attende: "...Oppure?"
"Oppure l'odio eterno."
Scoppia a ridere.
"Guarda che è vero, come esempio basta il liceo: stai per cinque anni di fila con quelle determinate persone, o finisci per amarle, o finisci per odiarne qualcuna."
Annuisce convinto, ancora sorridente:
"E' vero, hai ragione. Ma siamo stati fortunati. Nessuno di noi ha subìto danni derivanti da antipatia."
"E' una cosa molto piacevole, vero?"
"Sì, lo è."
Siamo fuori del parco. Il tramonto conserva tonalità azzurre, ma è sera. Per forza: siamo un'ora indietro rispetto a casa, ma il sole non si piega agli orari inglesi. Ci fermiamo davanti all'uscita.
"Allora... ", comincio, ma non so esattamente come concludere. Ho un'ispirazione improvvisa
. "Ti auguro che il provino sia andato benissimo, e che ti considerino per quel lavoro. Si capisce che ci tieni, e inoltre hai talento, per cui ci rimetterebbero loro soltanto a tralasciarti."
Sorride chinando lo sguardo:
"Grazie, sei gentile."
"Sono realista. Se ti sanno dire qualcosa, mi piacerebbe che tu mi avvertissi. Sai... per vedere se sono ancora capace di portare fortuna o no. Ma penso che le tue capacità bastino."
Di nuovo sorride, poi risponde:
"Sei gentile ad interessartene. Prometto che te lo saprò dire."
"Bene. Io sono... alla libreria, perciò quando vuoi, passa pure."
"Ok, lo terrò a mente."
"Bene. Beh, ehm... ciao Sidi, è sempre un piacere vederti." Mi chino a coccolare il cane, che abbaia e si strofina contro le mie gambe. Io ridacchio, poi alzo lo sguardo sul padrone.

Ho un flashback di una frase tratta da uno dei miei film preferiti: Love Actually.
Lui le dice: "E' il momento della giornata che preferisco, accompagnarti."
Lei, in un'altra lingua, risponde: "E' il momento della giornata che detesto, lasciarti."

"Non so come ringraziarti di tutto. Sinceramente. Mi sei stata di grandissimo aiuto, ti giuro. Hai sacrificato l'intero pomeriggio, sei un tesoro, davvero."
Faccio del mio meglio per non arrossire, e cerco di suonare perfettamente calma.
"Scherzi? Ho passato il miglior pomeriggio da quando sono qui. Praticamente con oggi hai finito di regalarmi i tre momenti di una giornata intera, se ci pensi."
Mi guarda perplesso, ed io spiego:
"Ai Kensington la mattina del 21, la sera del 22, e oggi il pomeriggio. Più di così non posso chiedere. Sei libero, 'Prospero', dalle tue catene."
Lui sorride cogliendo il riferimento al provino, ma torna serio nel pormi la domanda successiva. Che mi fa tremare:
"Quindi se dovessi rivederti, non avrei più a disposizione altri buchi di una giornata, da occupare per poterli passare con te?"
Lo guardo. Ricambia lo sguardo. Non mi sta prendendo in giro. E nemmeno io riesco a farlo.
"Se dovessi rivedermi, e tu pensassi di non poter passare anche solo un'ora con me, sappi che la prenderei come un'offesa personale."
Mi guarda e lentamente distende il viso.
"Un'offesa grave, nota bene."
Sorride.
"E' un sollievo. Non vorrei non poter passare del tempo con te."
"No, tu devi poter passare del tempo con me finchè vuoi, finchè non ti do la nausea. Non pensare il contrario. Ricorda che anche a me piace stare con te."
*Azzardata, troppo azzardata. Non ti ha detto che gli piace 'stare' con te. Finora si è parlato di chiacchierare.*
Ma lui sembra lieto, sereno, invece che contrariato.
"Allora spero di vederti presto."
Mi si avvicina.
"Sì, anche io" sussurro, prima di sentirmi baciare le guance e ricambiare, come all'inizio del pomeriggio, in perfetta semi-incoscienza.
"Ti tengo d'occhio finchè non sali sul bus."
Sorrido e annuisco.
"Sei un angelo, grazie. A presto, allora!"
"Sì, a presto."

Attraverso la strada con la forza del suo sguardo sulla schiena Mi sento avvolta in una nuvola calda. Mi sento protetta come mai. Faccio in tempo ad attraversare che il bus rosso si accosta alla fermata. Mi siedo dalla parte del finestrino, punto gli occhi sul lato opposto della strada e lo individuo. Alzo una mano in segno di saluto, che lui subito ricambia. Sorride. Poi segue Sidi lungo la via, nella direzione opposta rispetto a quella in cui mi muovo io.
Ma anche se i suoi occhi mi hanno abbandonata, mi sento ancora protetta. Guidata.
E - un dolore acuto in fondo all'anima me ne rende pienamente coscia - totalmente, incondizionatamente travolta d'amore.

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Capitolo 10
*** Just the beats of my heart ***


"Luna, tu non me la conti giusta. Dai, mamma e babbo non possono sentire, sono nell'altra stanza. Che cosa c'è?"
"Ma niente, che vuoi che ci sia? Sono a casa, ho un affitto prorogabile, un lavoro soddisfacente, uno stipendio che mi permette di vivere benissimo, anche di più... Ho anche fatto shopping."
"Luna. Senti, lo so che tu sei lì per vivere la vita come ti pare, e so che sei tu la maggiore, perciò quel che dico io vale poco..."
"Non usare la carta della vittima, per favore, non ci casco più da quando avevi 11 anni."
"... tu non cambiare discorso, allora. Finora mi hai parlato di una pura cornice. Nella sostanza, qualcosa non va."
"Ma che ne sai?"
"Ti conosco, Luna! Fai un calcolo rapido: hai quasi ventriquattro anni, il che implica che io ne ho diciotto, perchè li compio un mese prima di te."
"So quando compi gli anni, Linda. E per essere puntigliosi, li compi un mese e 14 giorni prima di me."
"Perciò sono diciotto anni che ti conosco. Quindici, visto che i primi tre ero una bambina e capivo poco. Dopo questo tempo non puoi mentirmi, al telefono oltretutto. Vedo benissimo la tua espressione anche a distanza. E c'è una cosa che ti tradisce più di tutto."
"Sarebbe, Sherlock?"
"Sarebbe la tua voce, Watson. L'ultima volta che ti ho sentito quel tono avevi appena pianto tutte le tue lacrime per il bastardo. E giuravi sui pochi brandelli rimasti della tua anima che non avresti mai permesso di nuovo ad un uomo di ingannarti."
...
Mia sorella. Coi suoi occhi nocciola sempre attenti, con quell'aria da egocentrica distratta, mentre invece osserva tutto e tutti. Come ho potuto pensare di ingannarla?
Ma che mi è venuto in mente di chiamarla? Sapevo che sarebbe successo.
*Appunto. Lo sapevi.*
Forse ne avevo bisogno. Avevo bisogno di qualcuno che mi scoprisse? Che sapesse riconoscere i sintomi della mia malattia?
"Luna, sei ancora lì?"
"Sì."
"Tesoro, che c'è? Dimmi cosa non va, non farmi preoccupare. Per favore."
"Ho paura... ho paura..."
"Di che?", incalza ansiosa.
"... di essere innamorata."
Silenzio.
Ho faticato mesi per rimettere a posto quel puzzle distrutto che era il mio cuore. E dopo poco, mi si era nuovamente spezzato, con la morte di Ramses. Ero arrivata a Londra con una crepa che lo percorreva da cima a fondo, sperando di poterla saldare. E ora, l'effetto che Orlando aveva su di me era paragonabile ad un macigno gettato sopra una lastra di finissimo ghiaccio.
"Chi è questo figlio di una grandissima st..."
"Linda!"
"Non prendermi per le chiappe, Luna! Non sei innamorata, un'innamorata non parla con le schegge del cuore sulle labbra!"
E' un'immagine perfetta di quello che sono. Ma cerco di essere indifferente.
"Poetica. Le lezioni di retorica vanno bene, vedo."
"Luna! Luna, rispondi sinceramente: stai bene? Sei felice? Perchè la tua voce afferma il perfetto contrario. Allora, chi ama non soffre. Quindi, o hai scelto di amare un amore impossibile, e ti conosco, non sei tipo da puntare quello già impegnato o troppo grande, oppure costui ti sta facendo del male, e io mi riservo di poterlo uccidere a mio piacimento. Prenoto subito il volo."
"Linda... per favore. Calmati. Se ti calmi, ti spiego tutto."
"... Ok. Sputa. Sono calma."
"Hai un'opinione troppo alta di me. Sono andata a puntare proprio quello sbagliato."
"E' fidanzato?"
"No."
"Oh... ha dai dieci ai venti anni più di te?"
"No."
"Che ha di così impossibile?"
"... Ha che si chiama Orlando."
"Vabbè, tutta questa storia per un nome, che vuoi che s..."
Silenzio.
Non lo interrompo io.
"Luna. E' solo il nome, o anche il cognome è un problema?"
"Anche il cognome, sì."
...
La sento stringere la cornetta. Sta respirando velocemente. Ora mi urla addosso.
Mi preparo all'esplosione. Che in effetti arriva: solo che mi aspettavo grida, non risate.
"Sei una grande! Oddio, oddio, mi avevi fregata, c'ero cascata come una pera cotta... oddio... sei un'attrice fenomenale, perchè hai smesso col teatro? Mamma, che paura... però sei bastardissima, potevi evitarmi questo infarto..."
"Linda. Se non mi credi tu, se non mi aiuti tu, non ho nessuno a cui appoggiarmi!" E sentendo tutta l'implacabile verità della mia frase, scoppio a piangere.
Dalla cornetta, il silenzio. Diminuisco i singhiozzi e cerco di riprendere a respirare.
"Passato?"
Sorrido appena. "Un pò."
"Ok, parliamone. Sei ridotta così male da aver preso una cotta per Orlando Bloom? Ci sono davvero ragazzi così brutti a Londra da costringerti a sbavare su un idolo delle ragazzine?"
"Linda... Linda. Pensaci. Mi hai mai vista lacrimare su un poster di qualche attore, di un cantante? Ho mai anche solo avuto un poster simile? Sono mai stata tra quelle che urlano e maledicono la fidanzata di questo o quel divo?"
Silenzio. Ho colpito.
"... No. E' questo che mi preoccupa. Perchè significa solo una cosa: stai dicendo la verità. E quindi..."
".. che?"
"Quindi hai avuto il culo stratosferico di incontrare Orlando Bloom, con tutta la gente che c'è laggiù! Mia sorella ha visto Orlando Bloom! Lo ha visto davvero!"
"Non mi aiuti. E se è solo per questo, ci sono anche salita in macchina e in metro assieme."
"NO! Ma porca l'oca! Fai schifo!"
"Linda. Possiamo tornare a me?"
"Difficile che mi riesca."
"Ok, mettiamola così, lascia stare ciò che ti ho detto. Fai conto che sia solo un attore, che non conosciamo. Però fa l'attore."
"Luna, scusa, ma in mezzo a tutte queste news non ho capito la cosa fondamentale: perchè è un problema?"
"... mi pigli per i cosìddetti?"
"No, davvero, non focalizzo il nodo cruciale."
"Linda, ma mi ascolti? Immagina me: mi vedi? Tua sorella, quella con gli occhi bicolore, i capelli lisci, ci sei?"
"Sì. E prima che tu me lo dica, sì, vedo pure lui. E?"
"E? Non noti che qualcosa stona? Tipo, che so, io sono normale..."
"Perchè, lui ha le antenne?"
"Piantala. Io ho un lavoro comune..."
"Anche il suo lo è, al giorno d'oggi basta respirare e ti fanno fare un film, lui almeno se l'è guadagnato, bravo com'è."
"Non sono del suo giro. Del suo mondo. Ok?"
"Te lo dico io cosa sei: scema. Permetti che ti illustri la mia logica da diciottenne?"
"Prego, non vedo l'ora."
"Fai poco la sarcastica. Le tue non sono che paranoie senza capo nè coda. E sai perchè te le fai? Perchè hai paura. Non esiste nessun 'suo' mondo, nessun 'suo' giro. Frequenta solo gente diversa, se vuoi vederla da un punto di vista meno isterico. E quando ami qualcuno, degli altri non te ne frega niente. Devo ricordarti io come è amare?"
"... No."
"Ecco. Che cavolo di discorsi sono? Scommetto che finora lo hai trattato come un ragazzo qualunque, no?"
"Sì."
"Perchè vuoi cambiare ora? Per il suo nome? Fai conto solo che sia un ragazzo particolarmente ambito, no? Sii fiera di aver riscosso la sua attenzione, invece! E se son rose, fioriranno, e lui ti dirà le stesse cose che ti ho detto io, se è intelligente come penso, perchè quando si ama, non c'è un 'mondo', uguale o diverso, a cui appartenere. Il tuo amore, la tua metà, ti segue e basta. Punto. Ciò che era prerogativa di uno non ha più valore come singolo. E mi rifiuto di credere che tu sia così regredita da non renderti conto che ho ragione."
No. Non sono regredita. Perchè ha ragione davvero, la mia piccola donna saggia. Lo capisco anche io. E sarebbe bello affondare in questo sollievo, in questo confortante punto di vista. Ma c'è un problema che, pur nella sua immensa saggezza, non ha contemplato.
"Non penso affatto che lui mi ami."
"Oooh! Finalmente un problema degno di questo nome! Perchè finora hai posto solo stupidaggini. Dunque. Forse dovresti raccontarmi tutto da capo, che dici?"
"E' troppo lunga come storia, e sono già passati quindici minuti di chiamata, mamma e babbo si insospettiranno."
"Capperi, hai ragione. Scrivi!"
"Eh?"
"Sì, mandami una bella lettera. In cui spieghi tutto."
"Linda, è troppo lunga. Mi viene la tendinite."
"Allora non ti sei limitata a salirci in macchina e metro!"
"No."
"Uuuuh, muoio di curiosità! Dai, dai, ti prego... troviamo una soluzione..."
"Domani, magari. Sono stanca, e devo ancora cenare."
"Uffa, mi lasci sempre sul più bello."
"Linda. Ascoltami molto attentamente. Mi aspetto che tu, no, meglio, pretendo, no anzi, ti ordino in assoluto di tacere su ogni cosa. Sei grande, sai perchè."
"Non mi credi tanto 'grande', se pensi che abbia bisogno di sapere che devo stare zitta. Vipera."
"Ti voglio bene anche io. Grazie. Davvero. Non so quanto mi abbia effettivamente aiutata, ma te ne sono grata."
"See, liscia il gatto per il verso del pelo, ipocrita."
Scoppio a ridere. E' un 'ti voglio bene', anche se non sembra.
"Buona notte stellina."
"'Notte gioia, e dream in Bloom."
"LINDA!"
"Scherzavo... Zao!"
Click.
E resto a guardare la cornetta, sorridendo. No, Linda non lo dirà a nessuno.
Non solo per i motivi ovvi di gossip e danno alla sua immagine, oltre che alla mia vita. Egoisticamente, preferisco che solo Linda sappia quello che è accaduto, perchè se dovrà finire male, almeno potrò avere la consolazione di non essermi sbilanciata troppo con nessuno.
E' una questione di autodifesa.
Ed io, ora che mi sono sfogata, mi sento meglio. Perchè sono talmente persa in quegli occhi castani, pronti a bruciarmi i ricordi ogni volta che li rievoco nella memoria, al punto che qualsiasi incoraggiamento mi porta sollievo.

La notte è piena di stelle. Ha un fascino speciale. Oppure sono io che voglio trovarne uno. Mi affaccio alla finestra, e osservo la strada, sempre piena di persone, sempre illuminata. I negozi di fronte hanno le decorazioni arancioni e nere di Halloween. Accendo la tivù, e trovo qualcosa da guardare, un vecchio film della mia infanzia: Beethoven 2. Lo guardo con la testa tra le nuvole, finchè la colonna sonora risuona dando più enfasi all'immagine della luna sul lago, che la telecamera inquadra. Presto ascolto alle parole.

Just an ordinary day
Started out the same old way
Then I looked into your eyes and knew
Today would be a first for me
The day I fall in love
On the day I fall in love
Sky will be a perfect blue
And I'll give my heart forever more
To someone who is just like you
The day I fall in love


Mi chiedo se è davvero destino. Mi domando che cosa starà facendo. E oso sperare che forse, tra i suoi pensieri, ci sia anche io, quella sera. Linda direbbe di sì. Perchè potrebbe farlo per molti motivi, affermebbe lei: basta una parola in italiano, o pensare al provino, o controllare la Oyster card, o pensare a Sidi... Ha un sacco di motivi per ricordarsi di me. Tra tutti, il più grande e lucente, è l'astro lunare fisso in cielo. Mi chiedo se lo sta guardando anche lui. E più di tutto, vorrei sapere che cosa pensa, quando dai suoi ricordi affiora il mio viso. Magari, colorato di tramonto.

Il sole mi sveglia. Ormai è una costante. Subito dopo, al secondo battito di palpebre, giunge il suo pensiero. Faccio un esame veloce della mia attività cardiaca. Niente, non batte alcun passo in più. No? Sono guarita? Non sono innamorata, non di lui?
Ricordo la sua mano nella mia.
Tu-tump, tu-tump, tu-tump.
Il meccanismo si è rimesso in moto. Ho la certezza che mi mancava. Che si rafforza quando rammento il tocco delle sue labbra sulla guancia.
No, povero cuore mio, no. Non mi tradisci. Sono io che ti tradisco. Sono io, che faccio finta di non sentirti squassare il mio petto.

Non so che fare. E' domenica. Ho paura di uscire. Perchè se resto qui, decido io di non incontrarlo. Se esco e lo incontro, se ne accorgerà. Ma se esco e non lo incontro, starò solo male. Resto qui. Resto in casa. Al massimo uscirò stasera.

"Sidi!"
Il cagnone nero già mi è addosso quando lo saluto.

Codarda.
*Non ce l'hai fatta a restare ferma. Mentre ti proponevi di passare la giornata a letto, eri già immersa nella vasca. E che cura particolare hai messo nel vestirti, nel truccarti. Ti brillano gli occhi e lo specchio riflette bene il tuo viso. E' il viso che non pensavi di rivedere. Non certo grazie a lui.*

"Sei sempre più grosso oppure rimpicciolisco io?"
Abbaia il cucciolone, e richiama qualcuno. Che vedo alzarsi e guardare nella mia direzione.
E noto lo sguardo sorpreso farsi gioioso nel vedermi. Un altro battito in più.
Gli vado incontro seguita da Sidi che scodinzola.
Lui mi tende la mano e mi attira a sè.
"Sono contento di vederti così presto."
Mi bacia sulle guance. Sorrido e mi perdo.
"Sono felice di sentirtelo dire."
Sorrisi, e basta. Nessuna scusa, nessuna giustificazione. Mi sembra che lo sappia. Va bene così.
"Allora vai a rotazione."
"Che intendi?"
"La prima volta ti ho vista qui ai Kensington, la seconda a St James, la terza a Hyde Park. Adesso siamo tornati al punto di partenza."
"Avevo voglia di farmi buttare nuovamente a terra da un altro cane, sì. Ma c'è Sidi, perciò lo lascerò fare a lui. Ormai ci ha preso gusto."
Sorride divertito. Mi siedo sull'erba. Il sole brilla, davanti a noi solo prati e alberi, il lago in lontananza. Mi siede accanto, e arriva Sidi di corsa, insiste per annusarmi collo e viso, come sempre.
"Sidi! Cuccia!", ordina lui, e di colpo mi guarda, improvvisamente sicuro di qualcosa.
"Ho capito perchè fa così. Scommetto che usi sempre il solito profumo, vero?"
"Ahm... sì. Perchè, non è buono?"
"Non lo so, per ora lo ha apprezzato solo lui."
Indica il cagnone, occupato a rotolarsi. Sorrido divertita. La sua mano mi si posa sul collo, sotto l'orecchio destro, poco più su della spalla. Mi avvicina a sè gentilmente, come se potessi rompermi. Mi si gela il sorriso, lo sento svanire. Chiudo ermeticamente gli occhi. Non faccio neppure un respiro. Sento il suo vicinissimo, mi brucia la pelle. Ed il cuore esplode.
"E' fresco e leggero, ti sta bene."
Mi guarda sorridendo. Ha risolto un interrogativo. Io ne altri mille, ma non posso proporglieli.
"Allora... è per questo, secondo te? Per il profumo?"
"Credo di sì."
"Oh. Speravo di essergli particolarmente simpatica e basta."
"Quello è sicuro." Sorride. Poi si fa serio. In ascolto quasi. Di che?
La sua mano è ancora sul mio collo. Ha un tocco leggero.
E in un lampo capisco: riesce a sentire il mio cuore che corre.
A questa comprensione improvvisa segue un veloce imbizzarrirsi della mia tachicardia. Avverto bene il sangue che scorre veloce nelle mie vene. Il suono del mio battito sale di tono, non posso sperare che non lo senta. E basta sfiorare il mio collo per percepirlo rimbombare.
Alzo lo sguardo sul suo viso.
Non dirmi di andarmene.
Incontro il suo, che si intreccia al mio.
Permettimi di restare.
Silenzio.
"Stai male?"
Preoccupato. No. Sta aspettando una risposta ad una domanda diversa da quella che ha posto.
Respiro lentamente e rispondo, senza staccare - non ci riesco - gli occhi dal suo viso.
"Ho... solo... i battiti... accelerati."

La mano lentamente si scosta. Sale lungo la guancia e la sfiora con una dolcezza che m'infrange.
Non sento alcun suono se non il mio cuore.
Il suo viso si avvicina.
I suoi occhi non lasciano i miei in attesa di un segno, un rifiuto o un permesso da parte mia.
Non mi accorgo di alzare la mano destra a toccargli la spalla, per risalire sul collo, e fermarmi sulla sua guancia.
I suoi occhi lasciano i miei un secondo per chiudersi e riaprirsi, ardenti di un fuoco che non fa male, ma riscalda.
Più vicini. Più vicini.
Il tocco leggero delle sue labbra sulle mie.
Il loro tepore che le accende.
Chiudo gli occhi.
Sento la punta del suo naso sfiorare la mia guancia come io sfioro la sua. La sua mano mi attira più vicina al suo petto, di più ancora. Lo sento abbracciarmi con l'altro braccio, passare sotto il mio fianco, fermarsi sulla schiena.
Mi stringe a sè.
E con dolce passione crescente, il mio amore mi bacia. Ed ogni cosa che non sia noi due, svanisce nell'ombra.





Dedica: a tutte voi che leggete, commentate e vi emozionate con questa storia. Grazie di cuore - per restare in tema.

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Capitolo 11
*** Regalo senza pari ***


You’re in my arms,
And all the world is calm...
So close together,
And when I’m with you,
So close to feeling alive

[So Close - Enchanted OST]


Piano, sempre più lentamente, il mio cuore cessa di correre, e si limita ad un battito regolare, affrettato, ma non impazzito.
E' l'unica cosa di cui sono cosciente, mentre con amaro rimpiango decido di svegliarmi, di aprire gli occhi.
Il dolce tepore delle sue labbra scompare.
La coperta mi cinge il collo, adattandosi perfettamente alla forma della mia guancia.
Ma - lo capisco un secondo prima di schiudere gli occhi - non è il materasso che sto toccando.
Ed il suo profumo mi investe nuovamente.
Decido di affrontare il giorno, con la sua realtà. E mi trovo a specchiarmi nei suoi occhi.
Bellissimi, caldi, sorpresi. Sulle sue labbra un sorriso, il sorriso esitante di chi non sa se ha fatto bene ad agire in tal modo, ma che lo farebbe ancora.
E così è. Di nuovo mi sento toccare la bocca dalla sua, ed il mio cuore esulta.
No, è questa la realtà: più bella di qualsiasi sogno.

Sidi abbaia. Adesso sono conscia di più di quel che m'accade intorno. Non sono più convinta di trovarmi nel letto. Orlando allontana il suo viso e lo appoggia nell'incavo del mio collo, stringendomi piano a sè. Restituisco l'abbraccio senza alcuna resistenza, e scopro che è facilissimo lasciar scorrere le braccia attorno alla sua schiena, sui suoi fianchi, al di sotto della giacca, che adesso scalda anche le mie mani. Non so per quanto restiamo così. Secondi, minuti, ore. Ogni cosa nei Kensington è luminosa e fatata. E sorrido tra me pensando che è naturale ch'io mi trovi tra le braccia di un angelo, visto che quello è il mio paradiso.
Se dovessi morire, vorrei che fosse adesso.
*Ma perchè morire, ora che hai di nuovo accolto la vita?*

Chiudo gli occhi e li riapro.
E' successo qualcosa di sublime.
Tanto che sento le lacrime spingere agli angoli degli occhi.
Ho sentito il suo cuore. Battere forte contro il mio.
E nel frangente d'un attimo, sono stati perfettamente all'unisono.
Sorrido, libera di ogni dubbio, mentre la vista mi si appanna e tutto sfoca nella luce, perchè capisco una cosa: anche lui subisce l'effetto della nostra vicinanza, esattamente nella stessa mia misura.
Quindi, come direbbe Linda, non è meno preso di quanto lo sia io.
E' un pensiero incoraggiante.

Mi lascia andare piano e di nuovo mi specchio nei suoi occhi. Non sono io quella ragazza dal viso luminoso e gli occhi lucenti ritratta nelle iridi castane. Le sue mani lasciano la mia schiena ma si fermano sulle mie braccia. Neppure io voglio che si allontani del tutto. Ha ancora quel sorriso titubante. Io invece non so se sto ridendo, piangendo o solo ricambiando il suo sguardo.
"Per favore, non prenderlo come un momentaneo impulso senza criterio."
Lo guardo, e scuoto una volta il capo. Esultano anima e cuore a questa preghiera.
"Non lo farò."
"Intendo, certo, è stato momentaneo... e anche senza criterio. Quasi. Ma non è stato solo un impulso. O meglio, sì..."
Lo guardo e mi sento sorridere: è imbarazzato. Sorride anche lui e cerca le parole.
"Ho capito... per istinto... che era l'unica cosa che davvero... volevo... fare."
Annuisco come se capissi, ubriaca della sua presenza. Ma mi si muovono le labbra
. "Perchè?"
Mi guarda e ricambio, trepidante. Non volevo davvero chiederlo.
I suoi occhi mi scrutano l'anima in una carezza gentile, remissiva, e chiede il permesso per farlo.
"Ho sentito il tuo cuore. I suoi... battiti affrettati."
Ricordo. Ricordo ogni frase in merito.
"Credevo che non fossero per l'avermi vicino. Che fossi intimidita quando mi sono avvicinato... per il profumo. Ma non sono diminuiti, neppure dopo. E non mi hai fermato. Allora ho pensato... che forse... a causarli, ero io. Che erano per me."
Come potevi non accorgertene? E' vero. Non di un briciolo si sono attenuati quando ti sei allontanato, perchè ancora stavi sfiorando il mio collo. Sono raddoppiati quando ho creduto che li avessi sentiti. E' così. E' stato così. E hai capito che eri tu.
"E sono stato felice pensando... che fossero per me."
Lo hai voluto davvero fare.
Mi guarda incerto.
*Forse potresti parlare. Dirgli qualcosa.*
"Se non... se non li avessi sentiti..."; mi muoiono le parole.
"Se non li avessi sentiti, avresti voluto farlo comunque? Avresti voluto che fossero... per te?"
*Non è una frase ben ragionata, Luna. Potrebbe pensare che non è così.*
La sua espressione me lo conferma. E getto ogni precauzione. Ormai non servono più. Ad occhi chiusi, confesso ogni speranza.
"Perchè lo sono. Lo sono davvero. Lo sono dalla prima volta in cui mi hai ricomposto il cuore quando ascoltai il tuo."
Quel pomeriggio in metro. Pare vicino e lontano.
Lo vedo sorridere, felice, gioioso. Non posso non fare altrettanto, ma stavolta sono io che mi avvicino al suo viso, io che cerco le sue labbra, affondando nel suo abbraccio.
Che mi accoglie con sincero, palese piacere. Sì, avrebbe voluto. Ho solo affrettato l'occasione, oltre alla tachicardia. Scivolo di nuovo nell'estasi luminosa, e l'unico pensiero che riesco a formulare è che forse ho fatto pace con Cupido.

Una grattata sul braccio accompagnata da un uggiolio mi fa ricordare di Sidi.
Io e Orlando ci separiamo e rivolgiamo entrambi uno sguardo interrogativo al nostro compagno che ci guarda con impazienza e rimprovero. Ridiamo assieme, e allunghiamo le mani per rincuorarlo.
Mi ero dimenticata di lui. Anche di me, se è per questo.
Ma il cagnone si sente ignorato, e giustamente vuole attenzione. Io ne stavo riscuotendo abbastanza.
"Da un certo punto di vista, ho lasciato che effettivamente scegliesse lui per me, se ci pensi."
Sorrido divertita.
"E sei anche fortunato, non sono una barboncina."
Ride.
"Credevo avessi detto cockerina."
"Quello che sia, comunque non ho quattro zampe. E' già una nota positiva."
"Sicuramente. Ma ce ne sono altre mille."
Arrossisco, lo sento bene. E lui mi accarezza dolcemente la guancia.
"Mi piaci quando arrossisci. Sembri così indifesa."
"Lo sono. Non riesco a difendermi da te. Ma nemmeno intendo farlo, se è per questo."
Sorride e lascia Sidi per alzarmi il mento e baciarmi nuovamente sulle labbra.
"Good for you", sussurra staccandosi un attimo, "'cause you've no reasons to protect yourself from me."
"I know", mormoro in risposta, "that's why I gave you most of my heart."
Sorride e mi stringe nuovamente a sè. Spero che non la prenda come una frase troppo impegnativa, ma non è così.
Sidi reclama attenzione, per cui io allontano il braccio sinistro dalle sue spalle e lo poso sulla testa del cagnone, grattandogliela appena, mentre Orlando fa lo stesso col braccio destro. Le nostre dita si sfiorano e non tardano ad unirsi, perciò Sidi emette un brontolio seccato e trotterella più in là, andandosi a sdraiare a circa due metri da noi. Io scoppio a ridere ma non mi sposto d'un millimetro. Lascio vagare gli occhi attorno, in perfetta beatitudine.
Ma mi accorgo di fissare qualcosa di preciso. Focalizzo. E mi irrigidisco. Orlando lo sente e si scosta da me.
"What? What is it?"
Lo guardo e accenno alle sue spalle. Lui si volta. A una cinquantina di metri ci sono due uomini, alle cui spalle sopraggiungono due o tre ragazzine, incuriosite. I due hanno una di quelle macchine fotografiche con lo zoom lunghissimo e pesante, con tanto di cavalletto. Sono vestiti comunemente, il che mi fa pensare che non siano lì per noi, solo che hanno azzeccato il momento propizio. Per loro. Le ragazzine evidentemente, avendo notato l'attrezzatura, hanno pensato, a ragione, che ci fosse qualcuno di importante.
Tombola.
"Non è possibile", esclama irritato alzandosi.
"Aspetta." Lo trattengo per una mano. "Lascia stare. Andiamocene e basta. Attireresti di più l'attenzione."
Lui mi guarda e infine annuisce. Con la mano con cui lo trattengo mi aiuta ad alzarmi. Mi copro il più possibile per non mostrare il viso, e lui fa lo stesso chiudendo la giacca e mettendosi gli occhiali da sole che aveva in tasca. Sidi ringhia piano, ma al cenno di Orlando si avvicina e si lascia mettere il guinzaglio.
Ci incamminiamo nella direzione opposta lasciando alle spalle fotografi e ragazzine. Tengo la testa bassa, lanciandogli un'occhiata ogni tanto, ma non riesco a capire quanto sia arrabbiato. Mi schiarisco la voce e propongo:
"Potrei prendere per un'altra strada. Se ci dividiamo magari..."
"No. Non intendo mandarti via a causa loro. Non sei tu quella che deve andarsene."
E togliendo la mano dalla tasca afferra la mia.
*Respira, Luna.*
La tengo forte, così come fa lui.
*Luna, respira. Che c'è?*
Mi risuonano all'orecchio le parole lungimiranti di mia sorella.
"... Il tuo amore, la tua metà, ti segue e basta."
Talvolta mi chiedo se non sia una moderna Sibilla.
Ma siamo seguiti. Sento la voce di un uomo - probabilmente uno dei fotografi - scacciare in malo modo le ragazzine, che però stranamente danno retta e lasciano stare. I due invece ci stanno appresso. Vorrei che non dovesse sopportare questo. Forse dovrei fare di testa mia e lasciarlo andare. Ma la sua mano aumenta la stretta sulla mia. Non vuole. Provo a suggerirlo io.
"Potrei evitarti questa seccatura."
"Non parlarne neppure."
"Ma..."
*Blocca la lingua! BLOCCALA!*
Do retta alla voce e taccio. Oddio, cosa ho rischiato. Se avessi finito di dire che così rischio solo di nuocere alla sua immagine, lo avrei deluso profondamente e basta. Io, Luna, quella che lo tratta come un qualsiasi ragazzo, quella che proprio per questo atteggiamento lo mette a suo agio. Quella Luna. Che invece gli dice "No, sai, tu sei un divo ed io rovino la tua reputazione."
No, non esiste. Mi sono fermata in tempo. Grazie, voce.
Infatti lui mi interrompe con una semplice osservazione.
"Mi avrebbero fotografato comunque. Con o senza di te. Se mi dà più fastidio il fatto che sia stato con te, è perchè era un momento particolarmente personale."
Tu-tump, tu-tump, tu-tump. Non so cos'è stato, se le parole o il tono che ha utilizzato, ma il cuore mi ha fatto un balzo.
"Non voglio condividerlo con nessuno."
Ancora un balzo. Cerco di sorridere:
"A parte Sidi."
Lui sorride e me la dà buona. Una voce lo chiama, accavallandosi ad un'altra. Affretta il passo ed io lo seguo senza indugio, giù per la piccola discesa che porta a Peter Pan. Lancio un'occhiata al fanciullo e sorrido, rammentando la preghiera che in quello stesso punto, con la stessa persona accanto, gli avevo rivolto solo una settimana prima. L'ha esaudita. Mi domando se Peter Pan e Cupido siano la stessa persona. Al momento adoro entrambi. Ma le voci si fanno insistenti, e qualche persona a sentire il nome di Orlando si volta, specie se poi nota che chi lo chiama ha una Dixon al collo con uno zoom da paparazzo consumato.
"Ci raggiungeranno."
"Sto seriamente pensando di girarmi e mandarli via."
"Ti creerebbero solo ulteriore fastidio."
"Se lo facessi gentilmente forse no. Ma non ti nascondo che a volte vorrei minacciarli con un bastone."
Sorrido divertita.
"Hai subìto l'influenza di Johnny Depp, vedo."
Anche lui sorride. Ma si incupisce, intanto che saliamo, perchè i due non ci mollano, e adesso hanno attirato l'attenzione dei tranquilli viandanti, tra cui un gruppetto di teenagers. Arriviamo alla fine della strada e davanti a noi si apre un altro parco. Poco distante da noi ci sono due guardie che parlottano, controllandosi intorno.
"Ehi. Si può chiedere aiuto a loro?"
Orlando segue il mio sguardo e pensieroso risponde:
"Non credo siano addetti a queste cose."
"Tentar non nuoce, tanto dobbiamo andare di là comunque. Vieni." Stavolta sono io che lo guido a passo veloce finchè non raggiungo i due agenti, che notano la mia espressione preoccupata e si avvicinano:
"Any problems, Miss?"
"Please, we're chased by two guys, could you help us?" domando in fretta.
In quel mentre arrivano i due fotografi, che ci individuano. La guardia più vicina a me alza lo sguardo e li punta:
"Sono quei due?" domanda con tono secco.
"Si, signore."
"Vada pure signorina, ci pensiamo noi."
"Si affretti", aggiunge l'altro.
"Grazie mille" rispondo sollevata, e seguo il consiglio. Lasciamo dietro di noi i due agenti con i fotografi, e ci allontaniamo velocemente.
"Non ci avrei mai provato. Sei davvero in gamba."
Io fingo di prendermela: "Ah, te ne accorgi adesso?"
"No, lo sapevo già da prima." Sorride divertito. Io lo guardo, e arrossico aggiungendo:
"E' che ci tengo anche io al momento particolarmente personale."
Lui mi lascia la mano e mi porta il braccio sulle spalle, attirandomi a sè. Gli passo il braccio dietro la schiena e gliela accarezzo, anche se non penso che possa sentire attraverso la giacca. Invece evidentemente sì perchè lui fa lo stesso.
"Tra parentesi, con gli occhiali stai benissimo."
Sorride e mi guarda: "Dici sul serio?"
"Sì. Ma preferisco comunque quando non li hai. Sono dipendente dai tuoi occhi."
Sorride e si guarda indietro. Faccio lo stesso, nessuno ci segue.
"Forse si sono arresi."
"Ne dubito, è raro che succeda."
"Dove stiamo andando?"
Sorride maliziosamente e mi lancia un'occhiata da dietro gli occhiali.
"A riprendere il momento da dove lo abbiamo lasciato."
TU-TUMP, TU-TUMP.
*Respira, Luna, non posso ripetertelo sempre io.*

"Non riesco a credere che tu mi abbia convinta a salire quassù!"
Sono terrorizzata. Non soffro di vertigini, ma neppure sono indifferente a più di cinquantra metri di altezza. In una cabina, oltretutto. Non fosse per i due occhi castani che sorridono davanti a me mi sentirei in trappola.
"Non puoi vivere a Londra e non provare il London Eye."
"Sì invece, che ci vuole? Basta non salirci. Si sopravvive benissimo."
Scoppia a ridere, poi mi prende le mani e si avvicina.
"Facciamo così. Chiudi gli occhi finchè non te lo dico io."
"Niente scherzi."
"Promesso."
"Ok...", faccio come mi ha detto. Non lo vedo, ma sento le sue mani attorno alle mie; una mi sfiora il viso girandolo lentamente di lato.
"Visto che Peter Pan ti piace così tanto, immagina di essere Wendy."
"Sono un pò troppo cresciuta per immedesimarmi in una bambina."
"Meglio, una Wendy adulta che torna a Neverland. Pensa all'aria fresca sul viso, il Big Ben a pochi metri da te che suona il rintocco preciso dell'ora, le nuvole chiare... e sotto i tuoi piedi, il fiume, la gente piccolissima, le strade e le case. Padrona del cielo e del vento."
Riesco a vedere tutto nella mente, mutando i suoi sussurri in visioni.
"Adesso trattieni questa immagine, e quando te lo dico apri gli occhi. Ora."
Schiudo gli occhi. E la mia visione è reale. Sotto di me il nulla, sopra di me solo il cielo. Le persone si muovono lontane e minuscole, il Tamigi scorre sotto i ponti e le case creano macchie di colore. In quella, il Big Ben suona le 12. Senza fiato appoggio le mani al vetro e cerco di trattenere tutto negli occhi. E' bellissimo.
Mi volto verso Orlando a bocca aperta. Lui mi guarda sorridendo.
"Allora, ne valeva la pena?"
"Io..."
Ti amo.
"... è meraviglioso. Hai calcolato tutto!"
Sorride chinando il capo. Mi rimetto davanti a lui e gli alzo il viso gentilmente, fissandolo negli occhi.
"E' un regalo senza pari. Grazie."
Lo bacio sulle labbra, e lui mi trattiene portando le mani sul mio collo. Non ho alcun desiderio adesso. Mi sembra che il mondo, il destino, gli Dèi mi siano favorevoli. Non chiedo altro che questo momento per sempre.

Recuperiamo Sidi - non potevamo portarlo con noi, ma fortunatamente c'è un addetto a questo servizio - e ci incamminiamo senza meta alla ricerca di un luogo dove pranzare. Mano nella mano, o sottobraccio, o stretti l'una all'altro, dipende. Non ci separiamo mai per più di un secondo e dieci centimetri.
Sulle labbra mi tremano le parole che prima ho frenato. Non rimpiango d'averlo fatto, ma ho paura. Tutto corre così velocemente. Se dopo tali vette di felicità tornassi alla mia vita, nulla mi sembrerebbe più come prima. E' come scalare la più alta montagna del mondo e poi limitarsi a fare una gita in collina. Come assaggiare l'oceano, nuotandoci per ore, e poi provare la piscina comunale. Eppure mi basta. Ogni volta che lo sento guardarmi.

"Questo permette l'ingresso ai cani... è anche un ristorante italiano."
"Figurati, fanno finta di esserlo."
"Come lo sai?"
"Scommettiamo che i quadri, le foto, i dipinti all'interno sono tutti in italiano, ma nessuno dei camerieri o dei proprietari ne spiccica una parola?"
Ride.
"Guarda che è vero! A Gloucester c'è un ristorante molto carino, dove ti accolgono con un 'buongiorno!', anche ben pronunciato. Poi però non sanno dire altro."
"Potrebbero assumere te, per un pò. Magari gli insegni qualcosa."
"Ho già un lavoro, e comunque bisogna essere interessati, per imparare una lingua. Dubito sia il loro caso."
"Insegneresti qualcosa a me?"
Lo guardo. Sorride, ma sembra serio.
"Di italiano?"
"Sì, perchè no? Mi piace, è molto musicale. Inoltre qualcosa so già. E ti garantisco che sono interessato."
Sorrido.
"Va bene" scandisco. Lui mi guarda interrogativamente poi chiede:
"E' un ok?"
"Si."
"Perfetto! Gra-zie."
Sorrido.
"Complimenti, sei un ottimo allievo."
"Te l'ho detto: sono molto interessato."
Arrossisco e lui scoppia a ridere, poi mi prende per mano ed entriamo nel locale.

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Capitolo 12
*** Good night my love ***


"Domani lavori?"
"Sì, mattina e pomeriggio, a parte lo stacco per il pranzo. Tu che farai?"
"Penso che mi dedicherò ad un pò di sano esercizio fisico. Ho anche alcune cose da sistemare, in effetti. Ma temo che non mi prenderanno troppo tempo."
"Perchè temi?"
"Avrò più tempo per sentire la tua mancanza."
Arrossisco di nuovo. Ma smetterò mai? Mi sfiora la mano con la scusa di prendere il tovagliolo.
"Ne soffrirò anche io", sussurro. Sto sviluppando un coraggio che non mi sarei mai aspettata.
"Potrei casualmente passare dalla libreria."
Alzo lo sguardo. Sta vagamente osservando i quadri alle pareti, ma un angolo della bocca è piegato in un sorriso.
"Sarebbe un bellissimo augurio di buon giorno."
"Bene. Non ti creerò problemi, tranquilla."
"Ne sono convinta. A meno che Sidi non decida di sbranare il settore vacanze."
Sorride, aggiungendo:
"Non lo porterò con me. In questi giorni l'ho abituato male, sarà bene che si ricordi che la passeggiata è lunga e piacevole, ma solo una volta al giorno."
"Povero cucciolone!" rido io.
"Potresti pranzare da me. Non abito lontano da dove lavori."
TU-TUMP.
"Così risparmi tempo e non devi fare tutto in fretta."
TU-TUMP.
"A... casa tua?"
*Ma che domanda è, Luna?!*
Mi guarda perplesso.
"Se vuoi mangiare dai vicini, a me sta bene. A loro non so", sorride. Lo faccio anche io.
"No, no, cioè, ahm, a me va bene. Se non è un problema, o una seccatura."
"Stai scherzando, spero."
"Ahm, beh... In realtà... sono contenta dell'invito, e lo accetto volentieri. Almeno posso vederti anche domani."
"Avrei arrangiato qualcosa comunque, per vederti il più possibile."
Sospiro e mi si gonfia il cuore. Troppa felicità. E' la mia ecstasy.
"Perchè me?"
*L'unica domanda che non dovevi porre.*
Mi guarda sorpreso.
"Scusa?"
"Perchè mi fai un regalo dietro l'altro?"
*Wow. Stai migliorando.*
Scuote il capo confuso:
"Non capisco che intendi."
"Ahm, non lo puoi sentire perchè c'è confusione, ma hai il potere di comporre frasi semplicissime che mi fanno l'effetto di un defribillatore."
Sorride, divertito, e risponde:
"Allora, mi stai chiedendo perchè le dico o perchè le penso?"
"Uhm... tutt'e due."
"Semplice: le dico perchè le penso, perchè da quando ti conosco non ti ho mai mentito. Tu sei così palesemente sincera che mi disarmi. Anche quando vorresti agire in maniera opposta, sono i tuoi occhi a dire ciò che pensi. Quando sono con te, per riflesso divento uno specchio." Lo dice con serietà estrema.
Guance in fiamme.
"Quanto al perchè le penso... Luna, tu sottovaluti quello che fai e quello che sei."
Alzo gli occhi e tento un sorriso malizioso:
"Perchè, chi sono?"
"Sei una ragazza che non somiglia a nessun'altra ch'io conosca. Tu agisci in base all'istinto, e riesci sempre a fare la cosa giusta, la cosa migliore per gli altri. Non ti importa di quanto possa risentirne tu. Non sai che dono è questo."
Abbasso il capo. Non mi riconosco nella descrizione, è una ragazza molto migliore di me quella di cui parla.
"Pensaci. Quante persone conosci che mi avrebbero seguito al teatro, quel giorno?"
"Ma quello l'ho fatto perchè mi interessava poterti aiutare in quel frangente."
"Appunto."
Taccio. Cerco una replica a tutti i costi.
"Ma moltissime ragazze lo avrebbero fatto, lo sai bene."
"Sì. Per Orlando Bloom. Non per me."
Ripenso alla descrizione, e mi ribello.
"Mi avevi aiutata in una tremenda situazione."
"Non avevi alcun debito."
"Beh, ma ti avevo invitato a cena, non potevo far finta di niente, di non conoscerti."
"Potevi dire 'In bocca al lupo' e continuare lo shopping."
"Sarebbe stata una cosa ripugnante."
"Lo vedi?"
Di nuovo, resto in silenzio. Non mi sento di meritare tutta questa considerazione. Lui sospira e mi guarda con calore, sfiorandomi la mano.
"Il tuo problema è che ti ostini a credere di essere l'opposto della ragazza speciale che sei. A me sta bene se non vuoi riconoscerlo, ma lasciami il piacere di sostenere il contrario e di fartelo notare, ogni tanto."
E ora che mi sciolgo in quel caldo abbraccio visivo, non trovo proprio nulla da obbiettare.

Trafalgar Square è immensa. Il pavimento è chiarissimo, le auto non possono entrarci e quindi si può passeggiare con tranquillità. Ogni tanto passano delle guardie a cavallo. I leoni che vegliano sotto la colonna di Nelson vengono presi d'assalto dai turisti, che fanno finta di cavalcarli. In effetti fa uno strano effetto arrampicarcisi sopra e pensare, come fosse un film fantasy, di vederli muoversi, prendere vita, ed alzarsi, con te a cavalcioni. Se si indugia più di un minuto su questa fantasticheria, ti pare davvero che la schiena del leone abbia subìto una scossa, e allora scendi prima che la fantasia si avveri e che tu ti ritrovi a cavalcare un enorme leone di bronzo per Londra.
Ma appena fai per tornare giù, il leone si rimette a cuccia, e continua a sorvegliare il suo lato di piazza.
Stavo pensando a questo mentre passeggiavamo di fronte alla National Gallery, che io avevo visitato anni prima.
"Ci sei mai stato?"
"Sì, più d'una volta, vivendo qui. Immagino che anche tu abbia visto spesso gli Uffizi."
"Eccome. Pisa dista un'ora appena da Firenze, appena posso mi immergo nella cultura classica", sorrisi. Ricambiò subito.
"Appunto. E qui ci sei stata?"
"Una volta sola, ma ci ho lasciato una parte di me. Specialmente nelle sale di Turner e dei Preraffaelliti. Waterhouse è il mio preferito."
Taccio un secondo, e aggiungo, pensierosa:
"Effettivamente, mi innamorai di Londra così tanto da lasciare una parte di me dovunque. Potresti dire che sono tornata qui giusto per riprenderle tutte."
"E una volta riconquistate una per una, tornerai a casa e le terrai sotto chiave?"
Sorride, ma stavolta lo stupisco io.
"Impossibile. Ogni volta ne lascio altre. Sono una fonte inestinguibile di miei frammenti. Senza contare che ne sto seminando altri, qui, con te. E quelli non potrei riaverli neppure se lo volessi. Cosa che non è."
Mi guarda con quel sorriso dolcissimo, raggiante, stringendomi a sè come se potessi perdermi.
"Ne avrò cura. Te lo giuro."
"Lo so."
Ricambio il sorriso, che mi auguro sia altrettanto dolce. Ci metto l'anima, sicuramente.
Si alza il vento. E' freddo, di colpo è arrivato il vero autunno londinese.
Sento vibrare il cellulare, infilo una mano in tasca e lo apro.
"Perdonami un secondo..."
"Certo."
Un messaggio di mia sorella: NEWS IN FIORE, STELLA?
Io arrossisco, ringrazio il cielo che lo abbia scritto in italiano, e lo rimetto giù. Mi sento osservare.
"E' mia sorella."
"Accidenti, ti fa sempre questo effetto?"
"Solo quando chiede notizie riguardo la mia vita sentimentale."
Sorride, e in silenzio risaliamo la strada.
"E come procede?"
"Che cosa?"
"La tua vita sentimentale."
"In perfetto climax ascendente."
Scoppia a ridere.
"Poetico. Si vede che ciò che studi ti interessa."
"Che studiavo. Certo, altrimenti non avrei scelto l'indirizzo letterario."
"Pensi di ricominciare?"
"Non lo so. Dovrei tornare a casa. Non è che ne abbia molta voglia, al momento. Me lo chiedi per qualche motivo?"
Mi guarda preso in contropiede.
"No. No, nessuno preciso."
"Mhm-mh."
Silenzio. Poi sorride chinando il capo.
"Va bene, in realtà volevo sapere qualche programma in merito alla tua permanenza qui."
"Hai paura che scappi? O che invece non me ne vada più?"
"Ma dai!" esclama ridendo.
Arrossisco, so che risposta è. Un corvo si fionda in picchiata sopra le nostre teste, attirando immancabilmente l'attenzione di Sidi, che ne approfitta per tirare il guinzaglio e cercare di raggiungerlo.
"Buono, tu, non si cacciano i corvi!"
"A proposito, mi spieghi perchè? Sento dire da ogni persona che i corvi non vanno toccati, ed in effetti ce ne sono a bizzeffe qui in Inghilterra. Posso sapere perchè? E' qualcosa che riguarda la caccia?"
"No, no. E' una leggenda che risale a qualche secolo fa. Vuoi che te la racconti?"
"Certo! Dimmi."
"Dunque, siamo ai tempi di Carlo II."
"Il re che permise alle donne di recitare in teatro?"
"Esattamente, brava. Ora, sai dov'è la Torre di Londra?"
"Sì, al di là del Tower Bridge, quella dove fu rinchiusa anche Elisabetta I."
"Ti sei proprio documentata alla perfezione."
"No, sono fan di Cate Blanchett." Ridiamo, e gli chiedo di continuare.
"Bene, allora, lì oltre alle prigioni c'era anche un laboratorio astronomico. Dato che l’astronomo reale si lamentava dei disturbi dovuti al passaggio dei corvi, che sono sempre stati nel giardino della residenza, Carlo ordinò che venissero allontanati. Però gli fu detto di una leggenda secondo la quale se tutti i corvi avessero lasciato la Torre di Londra, la Monarchia e l’intero regno sarebbero caduti. Lui non se la sentì di tentare la sorte, e dopotutto nel Seicento la superstizione abbondava, nonostante lui fosse un monarca piuttosto razionale. E alla fine nessuno ha più fatto niente."
"Allora la casa reale è ancora superstiziosa."
"Naturalmente, penso non esista monarchia che in segreto non tema qualche karma negativo. Se ci pensi bene è normale. Tutti quelli che hanno paura di perdere qualcosa si sentono continuamente minacciati."
"Senza contare che mettersi contro gli uomini è un conto, ma contro il voler divino non c'è re che tenga."
"Vero."
Ci sediamo sulle scalinate della National Gallery, Sidi si accuccia ai nostri piedi, il muso sulle zampe, ancora fissando il corvo che zampetta distante qualche metro da noi.
"Grazie del racconto."
"Figurati. E tu, conosci qualche superstizione?"
"Certo, vuoi che te ne elenchi un paio?"
"Sì, vediamo se riesci a battere quella dei corvi."
"Allora... a parte quelle internazionali, come il sale versato e i gatti neri, che io invece adoro, c'è quella delle posate incrociate."
"Cioè?"
"Se mentre apparecchi la tavola butti le posate e queste formano una croce, devi staccarle subito, sennò porta male."
"Strana credenza, come mai?"
"Non sono sicura, ma penso che abbia a che vedere con la Crocifissione. Poi dunque... mai mettere il pane capovolto in tavola, non chiedermene il motivo, e indossare qualcosa di rosso per i momenti in cui hai bisogno di immensa fortuna."
"Ad esempio?"
"Beh, un esame, o l'inizio dell'anno nuovo..." arrossii. Ogni fine anno mamma compra appositamente a me e Linda un paio di mutandine per festeggiare il 31 dicembre. Che imbarazzo.
"Vedo che la condividi."
"E' l'unica che condivido. E la modifico pure. Talvolta agli esami invece di una cosa sola in rosso ne metto tre, perchè mi piacciono i numeri dispari. Tipo, maglia, sciarpa e calzini."
"Sono due."
"Sì, ma valgono per uno. Non per niente si vendono al paio."
Scoppia a ridere.
"Funziona?"
"Finora sì."
Era vero, gli unici esami che non avevo passato erano stati quelli di cui il professore non c'era mai, e oltretutto non avevo indossato nulla di rosso.
"E tu? Tu sei superstizioso?"
"Non particolarmente."
"E' una bella cosa, a rifletterci."
"Perchè?"
"Beh, se affermi che chi è superstizioso lo è perchè ha paura di perdere qualcosa, vuol dire che sei sicuro di ciò che hai. Delle cose essenziali, almeno."
Mi guarda in tralice, stupito.
"Ho detto qualcosa che non va?"
"No, ma a volte sei destabilizzante. Mi fai riflettere su cose che nemmeno prendevo in considerazione."
"E' perchè penso troppo, prima o poi mi fondo."
Sorride divertito, sfiorandomi il collo con le dita, senza togliermi il braccio dalle spalle.
Sidi, che ha lasciato perdere il corvo, decide di tornare a farsi fare le coccole da me. Ne sono contenta: cominciavo a pensare che avesse iniziato a vedermi in cattiva luce. Ma mi ricordo che è un cane: gli animali non sono come gli umani. Quindi con piacere lo accarezzo finchè vuole. Mi accorgo che Orlando mi fissa sorridendo. Di nuovo ho le guance in fiamme.
"Che c'è?"
"Niente. Mi fa piacere che andiate così d'accordo. Davvero."
"Come si fa ad essere insensibili a chili di affetto?"
"Fidati di me, c'è chi lo è."
"Beh, allora... evidentemente io e Sidi siamo fortunati."
Sorride, abbracciandomi.
Ed io mi sento molto fortunata.

Passai una giornata perfetta. Poco importò quando il sole cominciò ad eclissarsi, e al suo posto scese una pioggerellina che lentamente si trasformò in vera pioggia. Non potevo sempre pretendere il bel tempo. O forse, ora che avevo il mio sole personale, quello del cielo poteva pure riposare. Aveva fatto fin troppo per me, in quei giorni. Nessuno dei due era munito di ombrello, e non era il caso di fare inzuppare Sidi. Perciò, seppure a malincuore, lo convinsi a tornare a casa il prima possibile.
Non avevo mai avuto un saluto così dolce. Sotto il tetto trasparente della cabina alla fermata del bus, rimisi in tasca il cellulare su cui avevo appena segnato il suo numero. Non riuscivo a credere di averlo. Risi tra me e me: avevamo trascorso la giornata abbracciati, e mi stupivo ancora per il solo fatto di conoscere il suo numero?
Sì, in effetti. Perchè ero convinta che i ricordi fossero solo frammenti di sogno. Ma quella cifra era reale, e memorizzata nel mio cuore, oltre che nella memoria del cellulare. Tornai a casa in un perfetto stato di beatitudine. Decisi di connettermi ad internet e scrivere a mia sorella. Dopotutto, potevo anche rischiare la tendinite. E in quella mi venne in mente l'idea di qualche giorno prima. Presi il cellulare e lo attaccai al computer, scaricai le foto e scrissi a Linda. Non quello che avevo in programma di raccontarle. Le mandai una serie di indicazioni da seguire a puntino e in rigoroso riserbo.
Ed ero certa che lo avrebbe fatto. Dopo cena mi immersi nella vasca e ci rimasi per trenta minuti filati, a pensare.
Ma ogni volta che ricordavo la sensazioni delle sue labbra sulle mie, la mia temperatura superava quella dell'acqua.

"... non c'è problema, puoi passare quando vuoi, davvero. Ti servo un'ottima scusa: domani arrivano i nuovi volumi di 'Storia del teatro.' Così nessuno può dire niente."
"E' un piano diabolicamente attraente."
"Addirittura!" risi.
"Certo, stiamo parlando di teatro."
Sorrisi maliziosa, spegnendo le luci in soggiorno e in cucina.
"Allora devo mettergliene da parte qualcuno, signore?"
"No, la ringrazio, Miss. Vengo a sceglierli io."
"As you wish", sorrisi, "a domani."
"Sogni d'oro, Luna."
Un sussurro da brividi.
"Anche a te. Buona notte."
Click.
Due sospiri profondi.

Vado a spegnere il computer ma prima controllo la casella di posta. Qui sono le dieci e mezza, perciò a casa sono le undici e mezza. Non so se mia sorella è ancora sveglia. Però non si sa mai, magari ha fatto in tempo a vedere la mail.
Dubbio risolto. C'è un suo messaggio. Lo apro, e mi appare una scritta bicolore, verde e nera:
"TI ODIO, DETENTRICE DEL FONDOSCHIENA PIU' GRANDE DELLA VIA LATTEA"
Seguita, in caratteri più piccoli, da un'altra.
"Tranquilla. Missione in corso. Ti voglio bene. Anche se ti detesto."
Ridendo spengo il computer e mi infilo nel letto. Sarà una sorpresa stupefacente, se tutto va bene.
Buona notte, amore mio.





Ringraziamento speciale, più che speciale, a:
summer89 - Cecy (posso chiamarti così cara?)
michi88 - (Mihi, vale la domanda di sopra e anche la "h" fiorentina ^.^)
BlackPearl - Sara (idem come sopra, ma senza "h" XD)
Bell_Lua
eminae
Neith
Shockermoler - Kla (idem per le domande di sopra ^.^)
Non avete idea di quanto vi devo. No, davvero. Senza il vostro entusiasmo non ne avrei neppure io. Ed è una storia lunga, mooolto lunga. Perciò grazie di cuore per riuscire a ricaricarmi!
Desidero aggiungere una cosa:
A Desy e Kla, che mi hanno scritto per mail: non riesco a rispondervi tramite posta elettronica e così non riesco a comunicarvi quanto sia assolutamente commossa. Ma proprio tanto. Ci riprovo subito, perchè ogni volta che vedo il messaggio "Failed" mi viene voglia di sfidarlo per ripicca. Grazie. Grazie a milioni.
Un abbraccio da qui a Trafalgar Square.
Giulia.

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Capitolo 13
*** Ti serbo il mio cuore ***


Sono felice.
Mentre mi sveglio, mi vesto, faccio colazione.
Mentre il dentifricio scivola lungo lo spazzolino - devo ricordarmi di portarlo, oggi - e a questo pensiero sono ancora più felice.
Mentre mi lavo, mi vesto, mi trucco leggermente.
Guardo la ragazza nello specchio e non la riconosco. No, invece sì, qualcuno mi ricorda, anche se dall'ultima volta sono passati mesi ed ha tagliato i capelli.
"Ciao, Luna innamorata."
Sorrido a tutti, alla vicina che si affaccia sulle scale per salutare la figlia che va a scuola, ad un'anziana che passeggia col cane, all'autista del bus. Sorrido al mondo.
Piove appena, ma ho l'ombrello. Sorrido anche perchè lavoro al chiuso e al caldo. Quando arrivo alla libreria, trovo Leah e Mrs Meadows.
"Good morning Mrs Meadows, hi Leah!"
"Good morning, Luna."
"Hi Luna, what's up?"
Mi diverte Leah, quando imita l'accento americano. E' fidanzata con un ragazzo di Bethesda, da qualche parte in Maryland. Le rispondo con un caloroso "I'm fine, thanks" strascicando il 'fine' e slogando la vocale del 'thanks', e lei scoppia a ridere.
"Mio Dio, sei uguale, come fai?"
"Beh, basta prendere l'inglese e ridurlo a brandellini."
Leah scoppia a ridere e Mrs Meadows sorride:
"Che piacere vedere che non sono l'unica a lamentarmi di come abbiano ridotto la nostra lingua."
"Hi girls! Good morning, Mrs Meadows." Cynthia arriva di corsa. La salutiamo, poi ci mettiamo ai nostri posti.
"Luna, gentilmente, puoi occuparti della sezione di drammaturgia? Sono arrivati i nuovi volumi."
"Certo!" sorrido ed eseguo. Mrs Meadows soddisfatta raggiunge la cassa e sorride. Le piaccio davvero. Ma sono troppo euforica, Cynthia se ne accorge. Congeda i clienti che vanno a pagare e mi raggiunge in una pausa.
"Allora, ti ha morso una renna di Babbo Natale?"
La guardo a bocca aperta, poi scoppio a ridere, e anche Leah, che si è aggiunta alla conversazione, ride.
"Ha ragione, sei più radiosa del solito. Che c'è?"
"Di solito sono radiosa?"
"Quantomeno molto cordiale. Ma oggi cammini sopra mezzo metro di altezza. Che c'è?"
Io arrossisco, e cerco di tenere a freno tutto, ma l'occhiata che rivolgo alle due mi tradisce.
"Sei innamorata!" Leah lo esclama con enfasi e assumendo un'aria a metà tra il felice e il sorpreso.
"No! No, io... magari sono un pò... presa." Cerco di rimediare al danno. Cynthia sorride e scuote il capo:
"Sì, presa e incatenata."
"Oh, guarda, le brillano gli occhi come i falò del 5 novembre!"
Arrossisco ancor più violentemente, e le mie due compagne ridono. Leah mi abbraccia:
"E' una cosa bellissima, ti auguro tanta felicità!". Non mi aspettavo un calore così esuberante. Alla faccia di chi pensa che gli inglesi siano freddi e riservati. Cynthia mi guarda bene e sussurra:
"Che c'è che non va?". Leah abbassa le braccia e mi studia con più attenzione. Aveva ragione su Cynthia: vede tutto quanto, nel minimo particolare.
"E' che... non so." Le due ragazze mi guardano perciò continuo: "Ho paura di auto-condizionarmi troppo, se capite che intendo."
Cynthia annuisce, Leah unisce le mani portandosele alle labbra come se pregasse.
"Lui non dimostra lo stesso interesse?" chiede.
Il London Eye. La sua promessa. No. Non intendo fargli alcun torto.
"No, no, è così... così adorabile. Davvero. Solo che non so, capite, se..."
"Non starti a chiedere quanto e se durerà, Luna. Goditela finchè viene." Cynthia lo dice con sincerità ed un sorriso gentile. Lo ricambio, ma entrano un gruppo di turisti che distolgono la nostra attenzione. Riconosco qualche parola.
"Oh, sono spagnoli!" esclamo. Leah fa un sorrisone a Cynthia, che esulta stringendo i pugni e fa:
"Evvai! Ladies, questi sono miei!" e si precipita a riceverli. Ridiamo divertite, poi Leah mi fa:
"Ha ragione. Non viverla come una continua domanda. Lascia che venga da sè."
"Sì. Grazie, siete due amiche." Lo penso davvero. Siamo molto affiatate, tutte e tre. Anche Mrs Meadows è contenta di questo ottimo rapporto. Leah sorride, ma mi posa una mano sul braccio quando faccio per chinarmi a prendere dei libri.
"Sicura che non c'è altro?". Mi guarda attentamente con i suoi occhi scuri e grandi, gentili. Io mi mordo il labbro inferiore, poi sussurro. "E' che non so che cosa siamo."
Dall'occhiata che mi lancia capisco che non mi sono spiegata affatto.
"Intendo... non so come siamo rimasti. Se siamo due amici che...", e lo dico dubbiosa, senza volere. Non che l'idea mi deluda, niente affatto. Sarebbe più di quanto oso sperare. Ma io in genere non perdo il respiro a guardare gli amici, nè li bacio come era successo il giorno prima.
"... o qualcosa di più...".
"Oh, ho capito, non è un rapporto ben definito", conclude lei. Annuisco. Mi stringe appena il braccio con la mano, in un'espressione di simpatia, poi riprende:
"Quando dovreste rivedervi?". Facile risposta, eppure mi causa uno scompenso cardiaco. Di questo passo ci rimango.
"Ahm, veramente... oggi. A pranzo."
"Bene! E l'ultima volta che vi siete visti?"
"Ehm, in realtà... ieri. Tutto ieri, finchè non ha cominciato a piovere."
"Ma allora è chiaro che sia un rapporto in cui l'interesse è reciproco e molto forte! Non avere paura. Scommetto che prima di quanto tu creda risolverai ogni dubbio."
Le sorrido. E' così sicura che carica anche me di convinzione. Lei ricambia il sorriso e va in direzione di una mamma con una bambina al seguito, alla ricerca di un libro illustrato. Io raccolgo i libri e li sistemo sullo scaffale, poi mi occupo del mio lavoro, concentrandomi solo su di esso.
E' una giornata fortunata: piove, però la gente circola comunque, e anzi per trovare riparo entra più volentieri in libreria. Inoltre noi ragazze abbiamo sviluppato un'abilità tutta nostra nel mettere a proprio agio qualsiasi tipo di cliente, dal timido al vago, cosicché anche coloro che entrano in libreria al solo scopo di non bagnarsi finiscono per girovagare tra gli scaffali in cerca di qualche libro, che finiscono per acquistare. Aiuto due ragazze italiane - di Firenze, a giudicare dall'accento - con cui perdo un minuto o due in chiacchiere per sapere come vanno le cose in Italia. Mi chiedono da quanto mi trovo lì, e se ci vivo bene. Una delle due mi guarda e fa:
"Ma tipo, qualche attore l'hai già visto?", e l'altra aggiunge con interesse, "Sì, sì, tipo Clive Owen, o Jude Law!"
L'altra la riprende subito: "Ma chi se ne frega di Jude Law, semmai il mitico Orly!"
Mi sento terremotata ma sorrido gentilmente: "No, però a Portobello Road due settimane fa c'era Keira Knightley."
"Ma lei deve morì, c'ha un culo assurdo, s'è baciata con i meglio pezzi di Hollywood!"
Povera creatura. Io tra l'altro adoro Keira. E' una delle mie attrici preferite. Mi sta proprio simpatica, la trovo così piena di vitalità. Non oso dirlo alle due ragazze, mi limito solo a scuotere il capo:
"Spiacente, non ho incontrato nessun altro. Forse potreste provare a Manchester."
Loro annuiscono affermando di volerlo fare, poi vanno alla cassa. Rido tra me e me. Non mi piace dire bugie, ma qualche volta è utile.
Senza contare che magari trovano davvero Dominic Monaghan a Manchester. Povera Keira. Che ingiustizia, essere odiata perchè fa il suo lavoro. Chissà che cosa mi lancerebbero addosso se sapessero cosa ho fatto io, e non per lavoro oltretutto. Mi viene una curiosità, voglio vedere se rispondono come ragazzine o se invece lo fanno con maturità. Le richiamo.
"Scusate una domanda... ma se un vostro idolo avesse la ragazza, la odiereste per forza?". Ci pensano, poi serie scuotono il capo:
"No, se ci sta bene. Certo, ci mangeremmo le mani, ma d'altronde mica possono aspettare noi. Però dipende. Tipo, la cosa, l'acciuga bionda e ghignante che stava con Orly..." - oddio! Un clone di mia sorella! Cerco di non scoppiare a ridere - "quella non era una persona a modo. No, ma scusa, ma ti pare che c'hai la fortuna di stare con lui, e lo tratti pure male, ci stai insieme finchè ti fa comodo? Ma allora te tu sei una bischera." L'altra annuisce vigorosamente.
Ah, parlata di casa! Scoppio a ridere, e le ringrazio salutandole.
Hanno risposto come mia sorella. Sono ragazze intelligenti, perciò immagino che la frase su Keira fosse solo un augurio gentile ben nascosto. Forse.
Finisco di sistemare qualche romanzo, fermamente decisa a non guardare l'ora. Ma il mio stomaco mi fa presente che ormai è ora di pranzo o quasi. Allora riordino una scaffale già perfetto, evitando con convinzione di guardare la porta, da cui ormai non entra più nessuno. Mrs Meadows comincia a sistemare i conti, Leah e Cynthia a chiacchierare tra di loro. Gli occhi mi cadono sull'orologio a muro. Le 12 e 20. Sospiro profondamente, e visto che nella mia sezione tutto è a posto, vado a sistemare quella sulle vacanze, almeno mi tengo occupata.
"Mi scusi, Miss, può mostrarmi cortesemente i depliant sulla Nuova Zelanda?", mi sento chiedere da dietro.
Mi volto e incrocio lo sguardo di un ragazzo dai capelli castano chiari. Lì per lì penso di conoscerlo, poi sono sicura di sbagliarmi; sembra cortese ed ha un sorriso cordiale, ma i suoi occhi hanno un lampo di furbizia che non so comprendere. Sorrido in ogni caso, gentilmente, ed annuisco:
"Certamente. Ha qualche preferenza?"
Si gratta la testa, indeciso:
"Non saprei. Può aiutarmi?"
"Naturalmente, sono qui per questo. Dunque, le faccio vedere", mi sbrigo a rassicurarlo, poi mi volto verso lo scaffale chiaro e afferro una serie di depliant, tutti geograficamente simili eppure di diverso stampo e caratteristica. Con la coda dell'occhio noto che Leah e Cynthia stanno guardando dalla mia parte. Probabilmente ce l'hanno col cliente ritardatario.
"Allora, questo riguarda soprattutto hotel e residence, con mappe stradali e cartine delle zone adibite a villaggi tuistici. Se invece le interessa di più una vacanza di cultura, questo mostra i luoghi più interessanti e le varie camminate che si possono fare all'interno dell'isola..."
"No, quello no, grazie, ci ho camminato anche troppo", ride lui. Non capisco granchè, ma mantengo comunque il sorriso. Mi sta simpatico, a pelle.
"Oh, allora c'è già stato?" domando. Lui annuisce. Io mi volto nuovamente verso lo scaffale.
"Allora, vediamo, forse può indicarmi qualcosa di particolare dell'isola che desidera approfondire..."
"Beh, ecco, se ha qualcosa sulle spiagge..."
"Certo. Dunque, spiagge in generale, o qualcosa di preciso, pesca, balneazione..."
"Surf" precisa ridendo lui alle mie spalle. Dopodichè accadono tre cose:
collego il suo viso a qualcosa di specifico;
collego la parola a una conversazione recente;
qualcuno mi copre gli occhi con le mani.
Le guance mi bruciano violentemente. Quel qualcuno si china su di me: ne riconosco il profumo prima che sussurri "Sorpresa!" al mio orecchio destro. Un brivido lungo la schiena. Le mani si allontanano lasciandomi libera di aprire gli occhi. Ruoto lentamente viso e corpo e incrocio Cynthia e Leah che sorridono dall'altra parte della stanza, Leah con la mano sulle labbra, Cynthia con le braccia incrociate.
Poso gli occhi sul ragazzo che ancora mi guarda ridacchiando. Poi li alzo e incontro i suoi.
"Ciao". Sorride, bellissimo, inondandomi di calore. Quando una parola può riassumere tutto.
"... Ciao."
*Respira, sorridi, da brava.*
Sento schiudersi le mie labbra in un sorriso di pura gioia. Orlando ricambia e mi abbraccia, stringendomi a sè, con dolcezza. Faccio altrettanto, chiudendo gli occhi. Che meraviglia. Tocco di nuovo il paradiso.
"Amico, così la metti in imbarazzo, e la signora proprietaria non sembra felice."
Apro gli occhi intanto che Orlando mi lascia andare, e guardo in direzione di Mrs Meadows. Non è arrabbiata, semmai sembra perplessa. Oddio, speriamo non pensi che sono solita abbracciare qualsiasi ragazzo che entri in libreria.
"Ahm...", balbetto, intanto che riporto gli occhi sul ragazzo. Lui tende la mano con un sorriso divertito e fa:
"Dom, lieto di conoscerti."
Tu-tump. Mi ritornano in mente le ragazze fiorentine.
"Luna, ed il piacere è mio."
"Scusami se mi sono permesso, ma ho incontrato questo ragazzo" e sorride indicando Orlando "mentre veniva qui, perciò mi sono aggregato. Spero non ti spiaccia."
Figuriamoci, se anche non mi stesse già simpatico sarebbe comunque amico suo, quindi ben accetto.
"Anzi, mi fa piacere invece. Hai fatto bene." Sorridiamo, e torno a guardare Orlando, che ci osserva con un'espressione serena. Dom fa l'occhiolino all'amico e dice:
"Vado a tranquillizzare la signora, così non scaccia nessuno dei tre." E si dirige verso Mrs Meadows, che lo guarda sorpresa. Sento che si presenta e che comincia a chiacchierare a raffica. Orlando sorride:
"La farà impazzire." Mi guarda e si affretta ad aggiungere:
"Tranquilla, non ti creerà problemi, quando vuole sa essere più che affascinante. Se lo conosco, in cinque minuti renderà la padrona felicissima di averti assunta."
Sorrido divertita: "Perchè?"
"Le dirà che è un attore, ovviamente, e che è un tuo conoscente. E' tutta pubblicità per la libreria."
Rido: "Avete concordato il piano mentre venivate qui?"
"Un pò, sì, ma soprattutto farà di testa sua."
Lo guardo, e mi vibrano le corde dell'anima.
"Sono felice di vederti."
Lui sorride e mi sfiora la guancia con la mano, poi si china a sussurrarmi:
"Appena siamo fuori ricordami di salutarti in maniera appropriata."
Divento rossissima, lo sento bene, così come sento Leah e Cynthia sghignazzare a distanza. Orlando pure sorride, e mi prende per mano. "... quindi è stato un piacere conoscerla, Madam. Non dubiti che intendo tornare quanto prima. Capirà, il settore cinema è lì che aspetta me."
"Oh, quando vuole è il benvenuto, Mr Monaghan, le assicuro che potrà trovare tutto quel che le serve."
Trattengo una risata nel rivolgermi a Mrs Meadows, che mi guarda compiaciuta.
"Mia cara, noto con piacere che hai delle amicizie molto gradevoli. Le conservavi come l'ultimo asso nella manica nel caso non fossi stata convinta di assumerti?"
"Ahm, no, no Mrs Meadows! E' che..."
"Troppo modesta, troppo modesta, questa ragazza. In confidenza, le garantisco che non glielo avrebbe mai detto, per non sembrare opportunista."
Io sfumo nel viola. Orlando allunga il piede e sferra un calcio leggero sulla caviglia di Dom, che si limita a sogghignare guardandolo. Mrs Meadows sorride ossequiosa e aggiunge:
"E' veramente una ragazza in gamba, e ha un ottimo rapporto con le altre. Siamo un pò come una società di famiglia. Luna, se hai bisogno del pomeriggio libero..."
"No, signora, la ringrazio, ma non importa... magari ne approfitterò un'altra volta..." impasto incoerentemente recuperando borsa e giacca.
"Bene, allora, a oggi pomeriggio. Signori, buona giornata..."
"A lei, Madam, arrivederci!" conclude Dom, alzando la mano in segno di saluto alle altre due, che ricambiano. Io saluto Mrs Meadows e lancio un'occhiata a Cynthia e Leah, salutandole con la mano libera; Cynthia sorride facendo lo stesso, Leah alza l'indice e il medio della destra in una 'V' entusiasta.
Usciamo nell'aria fresca, ancora piovigginosa, e tiro un respiro di sollievo. Ancora qualche metro e potrò scoppiare a ridere.
Fortunatamente i negozi hanno tetti abbastanza larghi da poterci stare sotto, quindi non c'è necessità d' aprire l'ombrello. Passati più o meno tre metri faccio per aprire la bocca e dire qualcosa, quando Orlando mi tira a sè d'improvviso per la mano che tiene stretta nella sua e mi stringe tra le braccia, alzandomi il viso e cercando le mie labbra con le sue. Mi bacia appassionatamente e tutto si ferma. Non c'è vento, pioggia, o tempesta che mi possa scalfire. Riesce ad accendermi con una forza così dolce che mi sento bruciare, viso e corpo, e non è più sangue quello che mi scorre impazzito nelle vene, ma lava incandescente. Mi alzo sulle punte dei piedi senza staccarmi da lui, e gli affondo le dita nei capelli, facendole scorrere sul suo viso, sul suo collo, e lascio scendere le braccia per infilarle sotto la sua giacca e stringerlo più a me, più vicino, a contatto con il mio cuore.
Lentamente mi restituisce le labbra, e mi tiene così, vicinissima al suo viso, gli occhi profondi e perduti nei miei.
"Questa è la mia idea di saluto." Sussurra sulla mia bocca, posandovi un bacio leggero.
"La condivido in pieno", riesco a rispondere. Lui sorride e mi accarezza le guance, lasciandomi andare. Dom si schiarisce la voce in finto tono indignato:
"Questi sono atti osceni in luogo pubblico, ragazzi miei."
Ridiamo scostandoci, la mia mano intrecciata alla sua. Mi volto verso Dom.
"Grazie di tutto quel che hai detto lì dentro" - accenno alla libreria - "scommetto che Mrs Meadows lo ha apprezzato."
"Figurati, è un piacere" sorride lui, lo sguardo astuto di poco prima.
"Credevo non fossi in Inghilterra", aggiungo. Lui annuisce:
"Sono tornato ieri sera, e ho pensato di andare a vedere come se la cavava OB, ma vedo che se la passa magnificamente."
Io di nuovo divento bordeaux, e Dom scoppia a ridere. Orlando gli lancia una finta occhiataccia:
"Guarda che così peggiori la situazione."
"Perchè? E' fantastico al giorno d'oggi trovare una ragazza che ancora arrossisce, il più delle volte sono così truccate che al massimo cambiano da marrone sabbia a marrone corteccia."
Scoppio a ridere, divertita, e anche Orlando fa lo stesso.
"Comunque sia sono davvero contenta di conoscerti. Orlando mi ha parlato di te."
"Oh, che le hai raccontato di male?", chiede lui guardandolo scherzosamente in cagnesco. Orlando alza le braccia prendendo un'aria solenne e risponde:
"Tutti i tuoi difetti dipendono da te, amico mio".
"Che canaglia!" scoppia a ridere Dom, e io lo imito. Sono una coppia davvero divertente. Orlando sorride scuotendo il capo, e Dom fa:
"Bene, allora sarà meglio che vi saluti, così potete pranzare in santa pace..."
Io guardo Orlando aggrottando le sopracciglia, e lui mi guarda. Forse sta pensando la stessa cosa.
"A te dispiacerebbe..."
"Niente affatto, chiedigli di restare! Vi vedete così poco... possiamo pranzare insieme un'altra volta."
Si ferma e mi guarda così intensamente che mi sento tremare le ginocchia.
"Sei davvero un tesoro, Luna, ma se non ti spiace ho un'idea migliore." E richiama Dom, che si era intanto allontanato di qualche passo:
"Ehi, Dom! Vieni con noi, dai, pranziamo assieme, tutti e tre."
Dom si gira sorpreso. Io annuisco convinta, sperando che non la prenda come un 'vieni a fare il terzo incomodo'.
"Starai scherzando, scusa! Non volete stare da soli?". Orlando apre bocca ma lo anticipo io:
"Per favore, insisto sul serio. Mi offendo se non resti. Prometto che non vedrai scene ad alta gradazione glicemica."
Dom scoppia a ridere, e si avvicina.
"Non posso rifiutare rischiando di offendere una così gentile fanciulla. Bene, dove andiamo?", chiede, lanciando occhiate da una parte all'altra della strada.
Sorrido allegramente. Sono contenta davvero che accetti, scommetto che ci divertiremo tutti e tre. Orlando mi stringe la mano, guardandomi con la stessa intensità di poco prima. Non riesco a leggergli nel pensiero, ma devono essere cose gradevoli, perchè mentre ci incamminiamo, chiacchierando tutti e tre spensieratamente, il pollice della mano che stringe la mia me ne accarezza la pelle.

"... e insomma arriva l'onda, lui sale sulla tavola da destra, si alza in piedi e scivola da sinistra, così, tutto di seguito! Nel giro di cinque secondi al massimo!" esclama Dom, piegandosi dalle risate. Io sto scivolando sotto il tavolo per quanto rido, Orlando sghignazza imbarazzato e si difende:
"Tu eri già bravo, io non avevo mai toccato una tavola da surf in vita mia, prima!"
"Ohi ohi... e aspetta, Luna: dovevi vedere la faccia che ha fatto quando si è tirato su, con l'espressione di chi non capisce come sia riuscito a cadere... e si è beccato l'ondata in faccia!".
A quel punto non ce la facciamo più a parlare e restiamo senza fiato per tre minuti buoni. Sto morendo dal ridere. Quando riusciamo a calmarci, cerchiamo di guardarci il meno possibile, per evitare di ricominciare. Il silenzio però non aiuta, perchè appena uno apre bocca gli altri due si piegano di nuovo, e così via a ruota per altri cinque minuti.
"Non ho mai riso così tanto in vita mia. Non in una sola ora, almeno" affermo. Dom annuisce facendo finta di asciugarsi gli occhi col tovagliolo, e viene minacciato scherzosamente da Orlando:
"La prossima volta sarò io a raccontare qualcosa su di te, amico mio."
"Oh, non ne trovi di così divertenti! Vogliamo parlare di quando ti si è rotto l'arco durante le ultime riprese? E' rimasto così" si rivolge a me, mimando un'espressione a metà tra il meravigliato e l'affranto "con questi due pezzi di legno in mano, ed è andato da Peter tutto depresso, continuando a mormorare 'no, il mio arco, il mio arco'... Ha portato il lutto una settimana."
"Ci tenevo, lo stavo usando da un anno e mezzo!" replica lui, ma ride. Io sono distrutta, le risate mi hanno svuotata. Non ho più forza nemmeno per alzare il cucchiaino dello zucchero.
"Ti prego, non citare altre scene simili, o dovrò andare a lavoro in barella: sono sfinita!".
Dom ridacchia e alza le mani in segno di resa:
"Tranquilla, per stavolta lascio da parte le altre. Allora, ditemi di voi: com'è andata che vi siete conosciuti?"
Tu-tump. Tu-tump.
*Indovina che ti sto per dire?*
Respira.
*Brava.*
I Kensington, la caduta, i lacrimoni che mi portavano via il mascara. Lui, nella luce del sole, e nient'altro. Ma la cosa che più mi fa arrossire è che, da come lo ha chiesto, pare che effettivamente stiamo insieme. Cosa che non ho ancora capito se sia un fatto o meno. Orlando risponde mentre scorro velocemente questi pensieri:
"Sidi ha particolarmente apprezzato il suo profumo e l'ha voluta abbracciare per dimostrarglielo."
Io scoppio a ridere, ricordando la paura che mi aveva messo l'adorabile cagnone. Sembrano secoli fa.
Dom annuisce ridendo e commenta: "Immagino. I suoi non sono abbracci da niente. Quindi è stato un colpo di fulmine!"
Raggiungo i 50 gradi corporei.
*Però! Se ti metti un uovo sulla fronte cuoce in tre secondi.*
Gioco la mia carta 'umorismo anti-imbarazzo', finora ha funzionato.
"Tra me e Sidi? Assolutamente sì! Come non arrendersi dinnanzi a tanta passione?", e fortunatamente Dom scoppia a ridere, lasciando cadere l'argomento. Mi annoto mentalmente di prendere un respirone appena possibile.

Le tre arrivano anche troppo presto. Mi alzo da tavola domandando scusa ai due amici e vado in bagno a lavarmi i denti, cogliendo la scusa di lasciarli un pò soli. Credevo di aver bisogno di una sistemata con tutto quel ridere, invece il mio viso è solo un pò più colorato del solito. Sciacquo la bocca e mi asciugo, poi torno indietro. Il nostro tavolo è in un angolo, proprio dietro la graziosa scala in legno che porta ai piani sotterranei, dove si trova il bagno. A Londra è raro trovare la toilette allo stesso piano della sala pranzo, cosa che a me piace. Mentre salgo le scale, mi coglie la curiosità di sapere di cosa parlano due amici quando sono da soli. Tra sole donne penso si trattino argomenti diversi, così come fra un uomo e una donna, per quanto amici siano. Il mio migliore amico infatti, per il quale sono una sorella e che per me è parte della mia famiglia, non mi ha mai parlato di cose di cui magari parla con un amico maschio, a cui sicuramente tiene meno di me, ma non è femmina, a differenza mia. Mi sentii un pò in colpa, a sostare sugli scalini per vedere di captare qualcosa della conversazione. Ma dall'altro lato, pensai che qualsiasi altra ragazza lo avrebbe fatto. Così, odiando la mia debolezza, estesi al massimo il mio udito.
Non sentivo nulla. Forse erano andati fuori. Scossi il capo e feci per salire.
"No." Era Dom forse?
"Quindi mi dai ragione." Orlando.
"Assolutamente."
Silenzio. Di nuovo alzai il piede per montare il gradino.
"Non è affatto una cosa studiata, voglio dire..." Questo era Orlando. Dom lo interruppe.
"No. No, è impossibile. Basta guardarla in faccia per capire ciò che pensa. E' un libro aperto. Accetta il fatto di essere fortunato, per una volta. E per favore, non fare cazzate."
"Non c'è bisogno di suggerirmelo."
Silenzio. Dire che non stavo capendo niente è riduttivo.
"E' davvero molto carina", aggiunse Dom.
"Sì. Sì, lo è." Il tono teneramente orgoglioso con cui Orlando rispose mi sciolse il cuore.
"E' spigliata, simpaticissima, con la battuta pronta. Molto gentile, e da quel che ho potuto vedere, dolce. Un bel mix di ottime qualità. No, non è un dubbio su cui mi soffermerei. Anzi, figurati, mi pare quasi di farle un torto a parlarne."
"Lo so. Mi conosci, sai che dispiace a me per primo aver immaginato anche lontanamente... però anche tu ammetti..."
"Amico, non devi certo giustificarti con me. Sei stato sfortunato, come tanta gente prima di te, e a chiunque verrebbe in mente di domandarselo. Anche ad una persona non famosa. A maggior ragione nel tuo caso."
"Eppure vedi..."
"Che non fa differenza. L'ho visto eccome. Mi sono trovato davvero a mio agio."
Silenzio. Avevo il ritmo accelerato.
"Mi interessa sul serio."
"Good for you, mate. Se anche fisicamente fosse stata meno attraente, avrebbe comunque avuto un grandissimo merito, per conto mio."
"That is?"
"She loves you."
...
Avevo il volto in fiamme. Odiai per un attimo l'inglese, che associa 'amare' e 'voler bene' allo stesso verbo, cosi che non capii se Dom avesse sottolineato una cosa ovvia, o se invece fosse andato un pò più in là, scoprendo effettivamente quanto ero persa per il suo amico. Tremai. Ebbi paura che l'intensità di questo sentimento allontanasse Orlando da me.

"How do you know it?"
"Come on, man, that's so clear! Le si illumina il viso quando ti guarda. Ti riserva uno sguardo speciale, e scommetto che nemmeno se ne accorge. Non puoi non averlo notato."
Silenzio.
Dovevo fare qualcosa per spezzarlo. Per evitare che andassero più a fondo. Scesi di due gradini silenziosamente e poi salii le scale in fretta, stampandomi un sorriso in faccia. Raggiunsi il tavolo e vidi due paia di occhi posarsi su di me. Dom sembrava perfettamente a suo agio, Orlando un poco più serio di lui. Mi scusai con aria imbarazzata sedendomi:
"Mi dispiace di averci impiegato tanto. C'era la fila."
Dietro di me spuntano dalle scale due ragazze, che confermano la mia bugia. Fortuna capricciosa. Mi è andata bene ancora. I due sorridono e Dom commenta:
"Ma figurati. Poi mi devi spiegare perchè le donne vanno in gruppo."
Risi e risposi:
"Non lo so, francamente non ci ho mai pensato. Forse per maggior controllo. Se ci pensi capita raramente che sia un ragazzo ad essere aggredito."
Orlando mi lancia un'occhiata in tralice. So a che cosa pensa: ricordo bene ogni particolare di quella sera.
Dom sorride e annuisce:
"Effettivamente come teoria regge. Allora, my fair lady, sarà bene che ci avviamo, oppure arriverai in ritardo. Anche se, a pensarci bene, forse dovresti farlo davvero, e poi raccontare a Madam che hai dovuto fare un resoconto dettagliato della libreria a qualche altro nostro amico."
"Sì, e poi magari portare l'intera Compagnia in negozio." Ridemmo immaginando la scena.
"Ehi, l'idea non è male. A proposito, quelle due tue amiche..."
"Dom, non sei occupato?" domanda Orlando ironicamente, fingendo di essere scandalizzato.
"Accidenti, è vero. Niente, peccato, la mora era carina..."
"E' fidanzata, quindi sei fregato in ogni caso", lo informo con un sorrisetto.
"Credo che mi toccherà restare fedele", sospira. Io e Orlando ridacchiamo, poi ci alziamo tutti e tre.

"E' stato davvero un grande piacere conoscerti, Dom. Mi auguro di rivederti."
"Il piacere, ti assicuro, è stato totalmente mio. Sapevo che le ragazze italiane sono speciali, ma tu confermi ogni teoria a riguardo."
Torno bordeaux, e i due amici scoppiano a ridere.
"Se reagisci così ogni volta non potrò mai farti un complimento."
"Ve ne approfittate perchè ho la pelle chiara e si nota, voi siete più abbronzati di me", sorrido io imbarazzata.
"Qualche nota positiva il lavoro la comporta."
"Mi dispiace che non abbiate passato più tempo assieme..." comincio, ma Dom mi ferma subito.
"Scherzi? E perdere l'occasione di raccontarti della prima volta di OB col surf?" e scoppia a ridere. E' troppo simpatico, così vitale. Mi ricorda Linda.
Si avvicina e mi bacia sulle guance per salutarmi, cosa che ricambio, poi stringe fraternamente Orlando in un abbraccio:
"Alla prossima amico, take care. Luna, fammi un favore, trattamelo bene e controllalo."
Sorrido:
"Farò il possibile, ti giuro." Lui mi fa l'occhiolino e guarda Orlando.
"Ci scommetto. E tu" aggiunge, alzando il dito indice a mò di rimprovero, "abbi cura di questa ragazza, altrimenti dovrai vedertela con me."
Orlando sorride e mi stringe a sè con dolcezza, quasi a difendermi.
"Non ne dubitare." Dom sorride e si allontana in direzione della macchina. Alziamo il braccio quando si volta di nuovo e ci salutiamo a vicenda.
"E' veramente simpatico, capisco perchè siete così legati."
"E' uno dei miei migliori amici. Venne anche a trovarmi durante le riprese di un film, con Billy. In genere mi fa da consigliere."
A questa frase non so come rispondere. Camminiamo verso la libreria in silenzio per vie traverse, abbracciati, poi non ce la faccio e chiedo:
"Va tutto bene?"
Lui mi guarda sorpreso, poi sorride annuendo.
"Sì, perdonami, stavo solo pensando."
Vorrei chiedere 'a cosa', ma cambio la domanda in un'altra:
"Spero non siano brutti pensieri?"
"No, affatto. Ti assicuro che erano anzi molto piacevoli."
"Oh. Beh, allora va bene."
Sorride e mi ferma, puntando gli occhi nei miei. Ricambio lo sguardo e mi sento alla deriva, ma ho una nave sicura a cui tenermi.
Nascondo le mani dentro la sua giacca, allacciandole dietro la sua schiena. Non passa nessuno. La strada è piccola e deserta.
Mi accarezza gentilmente le guance e sfiora con le dita le mie labbra. La mano destra scende sul collo, lasciandomi un brivido ad ogni tocco. Socchiudo gli occhi, accogliendoli ad ondate. Lascio andare un sospiro.
"Luna..." sussurra appena, posando brevi, leggeri baci a fior di labbra sulla mia guancia sinistra, scendendo piano lungo il collo.
Un brivido più forte.
Troppo più forte.
Sto perdendo il controllo. Affondo le dita nelle sue spalle.
Se ne accorge, lo sento sorridere nell'incavo della mia gola.
"Se continui non riuscirò a lasciarti andare..." affermo con voce roca.
Aumenta la pressione delle labbra sul mio collo.
Un'altra ondata mi stordisce.
"Non farlo, allora..." sussurra piano, continuando a baciarmi.
Il cuore corre furioso.
Stringo gli occhi, perdo lucidità.
Lo sento schiudere le labbra.
*Aiuto.*
Morde piano la mia gola.

Smarrisco la ragione.
Lo afferro con ardore trattenendolo contro di me, le mie mani aggrappate alle sue spalle, e apro la bocca per respirare, mentre affogo, mentre non ho che un solo pensiero a rombombarmi fuori e dentro il corpo: fallo ancora. Fallo ancora.

Mi stringe più forte senza farsi pregare. Mi sento bruciare. Sono fuoco. Sono metallo fuso. Ho fame. Fame di lui. Dei suoi morsi, dei suoi baci, del suo corpo che mi afferra violento, mentre la sua bocca risale il mio collo e raggiunge le mie labbra tuffandocisi come se da esse dipendesse la sua vita, e ricambio la passione del suo bacio abbandonandomi alla deriva di qualsiasi ragionevolezza.
A malapena respiro.
Per troppo tempo.
Comincia a girarmi la testa e la lascio ricadere all'indietro. Lui me la sostiene con la mano, separandosi infine dalla mia bocca. Sospira profondamente sul mio collo. Abbiamo il respiro affannoso entrambi. Libero le sue spalle dalla mano destra e passo le dita tra i suoi capelli.
Ascoltiamo i nostri cuori in silenzio. Finchè piano piano rallentano, e tornano ad un ritmo regolare.

Apro gli occhi. Oddio. Ho perso la testa.
Ma le guance non ce la fanno ad imporporarsi. Il sangue non è ancora tornato a fluire normalmente.

"Luna." Un sussurro roco.
"Sono qui." Un mormorio simile.
Mi stringe piano, con dolcezza, poi lentamente mi lascia andare. Non ho il coraggio di guardarlo negli occhi. Però lo faccio. E vi leggo desiderio. Ci guardiamo così per un minuto intero, in perfetta quiete. Non un suono.
Poi da qualche parte un orologio rintocca le tre e mezza.
Sbattiamo le palpebre quasi contemporaneamente, ed io, libera da quella catena invincibile, abbasso gli occhi. Adesso sì, lievemente arrossisco.
"Io... scusami." Di più non oso spiccicare.
Lui mi prende le mani e le porta alle labbra, posandovi un bacio per una.
"Voglio rivederti il prima possibile. Per favore."
Alzo lo sguardo a bocca aperta. Lui vuole rivedermi per favore.
"Non hai bisogno di chiedermelo."
Mi guarda serio, inabissandosi nei miei occhi.
"Non ti do per scontata."
"No. Lo so." Lo guardo e proseguo, seriamente convinta:
"Sono io che do per scontato che tu non abbia bisogno di domandarmelo. Ch'io non abbia alcun motivo per rifiutarmi. E devi saperlo anche tu."
Che non c'è nessun altro nel mio cuore. Nei miei pensieri. Mi posa una mano sulla guancia. Lo sa. Lo vedo.
Con rimpianto mormora:
"Questa sera non posso."
E quasi con rabbia aggiunge:
"Tutta la prossima settimana sarò impegnato."
"Non te ne devi preoccupare. Ti aspetto. Ti aspetterei fosse anche per più di una sola settimana."
Mi accarezza dolcemente.
"Non sai come vorrei liberarmi."
"Lo so. Mi fido di te."
*Luna? Che dici, Luna?*
Sulle sue labbra nasce un sorriso.
*Luna? Sei smarrita, Luna?*
Mi bacia di nuovo, e riconosco in questo il bacio che prelude a una separazione.
"Mi aspetterai davvero?"
"Prometto che lo farò."
E con un ultimo tocco gentile delle sue dita, i suoi occhi si separano dai miei. Il tempo di battere le palpebre e lui è svanito.
Con questa promessa, ho messo sotto chiave il mio cuore, in serbo per lui.





Questo capitolo piace anche a me, ve lo confesso XD
Mi ci sono impegnata al massimo.
Sono in lutto per Heath.
Non lo conoscevo come non lo conoscerò mai, ma aveva solo 28 anni e una figlia di due.
Ho tremato per tutti gli altri attori che rischiano ugualmente, persi in Hollywood.
Quindi ho scritto pensando anche a lui. E' il mio omaggio. Da poco, ma dal cuore.
Perdonate se non posto più spesso com'ero solita fare.
Questo lavoro mi sta prosciugando.
Ci metto troppa me stessa. Aiuto.
Ma finchè vi piace continuo.
Oh yeah.
Baci.
NdA.

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Capitolo 14
*** Having you back ***


Supero la porta di vetro e vengo accolta dal sorriso gentile di Mrs Meadows e da quello preoccupato di Leah e Cynthia.
Sono due settimane che va avanti questa storia.

///////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////FlashBack///////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////

Non ho saputo trattenermi.
Quando sono tornata in negozio, quel pomeriggio, Mrs Meadows era raggiante e nemmeno ha badato ai cinque minuti di ritardo. O dieci. Quello che erano.
Sono entrata nel camerino e ho attaccato borsa e giacca al supporto, riprendendo la targhettina.
Leah è entrata di corsa, ha chiuso la porta e mi ha abbracciata.
Ho spalancato gli occhi, stupita da quel gesto.
Le ho chiesto come mai. Ma le parole non mi sono uscite. Ho tentato di nuovo. E intanto sentivo strani rumori stridenti, scattosi. Ho pensato fosse la stampante dell'ufficio. Forse Cynthia stava fotocopiando qualcosa.
Ma Cynthia è entrata e si è chiusa la porta alle spalle, prendendomi per una mano e stringendola forte. Erano preoccupate tutte e due. No, erano letteralmente angosciate. E intanto il rumore continuava. Ho chiesto a Cynthia chi stava stampando. Ma niente. Nessuna parola mi è uscita.
Lei ha allungato una mano e mi ha toccato la guancia. Quando l'ha ritirata, la sua mano era lucida di lacrime.
Le mie lacrime. Rotolavano lungo il mio viso a fiotti, come il sangue da una ferita profonda.
E quello stridìo continuo, erano i miei singhiozzi.
Quando me ne sono resa conto, ho stretto forte la mano dell'una e la schiena dell'altra, e mi sono abbandonata ad un pianto disperato.

Più tardi trovo anche il tempo di stupirmi di come mai Mrs Meadows non sia venuta a cercarci.
"Lei dice davvero, quando parla di una società di famiglia. Non sembra, ma ci controlla come una chioccia coi suoi pulcini. Ci tiene, a noi" mi spiega piano Leah.
Ho una tazza di the in mano, nell'altra un fazzoletto di stoffa azzurra.
Leah prosegue spiegandomi come io sia entrata in negozio con la morte sul volto.
"Eri talmente pallida che ho avuto paura che svenissi", mormora Leah. Cynthia annuisce, cupa.
"Quando hai sorriso a Mrs Meadows, ho quasi sentito il tuo volto infrangersi. Come se fosse uno specchio. Hai cominciato a lacrimare prima che la porta fosse richiusa. Ho fatto cenno a Leah, che era al piano di sotto, e ti è corsa dietro."
"Davvero non ti eri resa conto di niente?" mi domanda lei.
Scuoto il capo, riprendendo fiato.
"Ero convinta di essere perfettamente normale. Non ho neppure riconosciuto i miei stessi singhiozzi." Intanto che lo dico, noto come il respiro mi manchi a tratti, e le parole escano segmentate.
"Mi dispiace, sono davvero mortificata. Non volevo spaventarvi. Sto bene."
"Non dire sciocchezze, non siamo noi il problema. Che cosa è accaduto?"
Guardo Leah, che attende guardandomi con aria avvilita, e Cynthia, che dietro di lei allunga la mano a togliermi una ciocca di capelli dal viso.
"E' andato via."
Le mie amiche si scambiano uno sguardo affranto.
"Ed io lo amo da morirne."
Silenzio. Io mi asciugo le lacrime col fazzoletto, poso il the sulla sedia e mi alzo, sistemandomi i capelli. Mi appunto la targhetta sul petto, faccio un bel respiro profondo e chiudo gli occhi. Ma sul mio collo, tra i miei capelli, è rimasto il suo odore. Mi colpisce come una pugnalata. Mordo il labbro inferiore e ricaccio giù, nel profondo, ogni cosa. Dedico alle mie compagne un sorriso. Tremolante, ma un sorriso che sia degno di questo nome. Loro lo ricambiano. In silenzio, usciamo dal camerino.
Non ci servono parole. Ognuna ha capito benissimo i pensieri dell'altra. E' un rapporto perfetto.
Passo oltre la sezione vacanze e mi impongo di non pensare a poche ore prima. Mi conficco le unghie nel palmo delle mani passando davanti ad un libro sui cani, con un terranova in copertina. Mi dedico alla sezione di drammaturgia. E' caduto un libro e si è aperto, lo raccolgo.
'Romeo and Juliet', by W. Shakespeare. Guardo alla pagina in cui si è spalancato. Conosco il pezzo: Romeo è bandito da Verona, Frate Lorenzo lo esorta a non abbattersi, visto che Giulietta lo ama nonostante le abbia ucciso il cugino. Leggo l'ultima riga:
"... così che tu possa tornare con dieci, cento, mille volte la gioia di adesso, che stai andandotene addolorato."
Lo chiudo. E seguo il consiglio di un poeta. Perchè io sia dieci, cento, mille volte più lieta quando lui tornerà da me.

Quella sera Leah e Cynthia non mi hanno lasciata da sola un secondo. Passando per caso nel mio settore mi sfioravano un braccio, una spalla, mi sorridevano piano oppure mi guardavano e basta, in silenzio. Ma quando sono arrivate le sette, hanno capito che avrei preferito stare da sola. Mi hanno accompagnato alla fermata. Leah mi ha baciata sulla fronte, Cynthia mi ha abbracciata. Mi sono seduta sul bus e sono tornata a casa. Non ho preparato la cena, non mi sentivo in grado di mangiare. Ho fatto solo un bagno - un'altra pugnalata:
cancellare il suo profumo dal mio corpo - e mi sono infilata nel letto, sotto il piumone. Ho stretto forte la coperta.
..."Non sai come vorrei liberarmi."...
Non ti chiederei mai di rinunciare a ciò cui tieni.
..."Mi aspetterai davvero?"...
Non potrei fare altrimenti. Ti avrei aspettato anche se non me lo avessi chiesto. Sono più di cinque anni che ti aspetto.
..."Luna..."...
Ti amo.
Troppo. E mi fa male.
Squilla il cellulare. Non ho la forza di alzarmi. Devo, non posso lasciarlo acceso tutta la notte. Nuoce alla salute. Con estrema stanchezza e fatica mi alzo e raggiungo il tavolino ai piedi del letto. E' un messaggio.
Mi salta il cuore in gola quando leggo il nome del mittente. Lo scorro tremando.
"I'll be back as soon as possible. Please, take care of yourself while I'm away. Good Night, Cherished Moon."
Lo fisso finchè ogni parola non si imprime nella mia mente. Finchè le lacrime mi confondono, appannando la vista.
E premo il pulsante 'Reply'.
And l'll be here, waiting for you, when you come back. I promise. Good Night, Sweet Prince.
Resto a fissare il cellulare finchè non crollo ed il sonno mi vince.

*Tornerò il prima possibile. Ti prego, abbi cura di te mentre sono via. Buona notte, preziosa Luna* --> cit. Shakespeare
**Ed io sarò qui ad aspettarti quando tornerai. Lo prometto. Buona notte, dolce principe**--> cit. Shakespeare

///////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////FineFlashBack///////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////

Una settimana è diventata dieci giorni. Dieci giorni, due settimane.
Ogni volta che comincio lentamente a respirare pensando che manca poco al suo ritorno, vengo bruscamente tradita.
Ho paura.
Di così tante cose.
Dell'America, dove solo una settimana prima di conoscermi aveva fatto un incidente.
Di ciò che può accadergli mentre sono qui.
Dell'attenzione da cui è circondato, e che laggiù può portarlo a dimenticarsi di questa stupida ragazzina che lo aspetta.
Linda mi chiude il telefono in faccia quando lo suggerisco, piano, nella cornetta. Per tutta la prima settimana. Poi però evita di farlo, in seguito. Quando ogni giorno si trasforma in altri due, tre, sette. Senza una notizia.
Siamo quasi a metà Novembre. Tra poco è il mio compleanno.
Non guardo nemmeno più il cellulare. Il suo non riesce a trovare campo, laggiù. E' quello che mi ripeto testardamente. A volte ho momenti di lucidità, o di irrazionalità estrema, a seconda ch'io sia fiduciosa o depressa, in cui ricordo bene lo sguardo con cui mi ha salutata. Ma il desiderio può risvegliarsi facilmente, magari con altre.
*Non era solo desiderio.*
No. Ma tremo comunque, e quindici giorni di silenzio bruciano come lame gelide.

Leah mi si accosta con un sorriso confuso, una muta domanda. Chino il capo in risposta. Lei mi prende la mano e me la stringe. Cynthia si avvicina e sussurra:
"Non lo pensare neanche. Dagli tempo."
Annuisco.
Leah si scosta bruscamente da me e guarda fuori:
"Oh... c'è il ragazzo... quello... dell'altra volta."
Spalanco gli occhi e mi volto. Dom alza una mano al di là del vetro, un sorriso sul viso.
Cynthia mi spinge appena: "Vai."
Mi affretto ad uscire. Rabbrividisco. Che sappia qualcosa che io non so? Lo ha sentito? Ci sono cattive notizie? Oddio, no... No, ha un volto sereno mentre lo raggiungo.
"Ciao, Luna." Ci baciamo sulla guancia, con un sorriso.
"Ciao, Dom. Sono contenta di vederti, stai bene?" E' vero che lo sono. E' un caro ragazzo. Cerco di non pensare che sia l'unico legame che ho con Orlando.
Dom mi scocca un'occhiata indagatrice, scrutandomi bene in viso. Si fa serio.
"E' successo qualcosa?"
"No. Perchè?"
Mi guarda attentamente.
"Sei l'ombra della ragazza che ho conosciuto quindici giorni fa."
Stringo le labbra. Non riesco a sostenere il suo sguardo.
"Sto bene. Davvero. E' solo stata una settimana pesante."
"Oh, capito. Hai tempo? Per un caffè?"
Guardo l'orologio:
"E' quasi ora di pranzo, direi di sì. Ti andrebbe di farmi compagnia?"
"Certo. Ti aspetto, così nel frattempo stordisco ancora un pò Madam."
Sorrido divertita e lo accompagno dentro.
"Good morning, Madam, how are you today?" esclama dirigendosi su Mrs Meadows. Io rido piano tra me e me e finisco di inserire Byron al suo posto, dopodiché prendo borsa e giacca. Uscendo dal camerino incontro Cynthia, che mi fa un sorriso d'incoraggiamento.
Lo ricambio - ci provo, almeno - e raggiungo Dom, che, accanto a Mrs Meadows, sta confondendola a più non posso.
"Bene, allora, a oggi pomeriggio, Luna."
"A più tardi, Madam. Cynthia, Leah, a dopo."
"Ciao Luna!" "A dopo!" rispondono in coro.
Affianco Dom e gli chiedo come sta intanto che camminiamo.
"Bene, ti ringrazio. Tra qualche giorno devo ripartire, torno negli Usa."
Pugnalata improvvisa.
"Anche tu?" mormoro. Lui mi guarda in tralice e sospira.
"E' un lavoro che ti complica la vita. Soprattutto quando hai qualcuno cui tieni."
Io resto perplessa.
"Credevo che la tua ragazza abitasse con te laggiù."
"Infatti stavo parlando di te e di Orlando."
Taccio. Solo accostare i nostri nomi mi sbrana dentro.
Il silenzio dura qualche minuto. Poi lui lo interrompe:
"Sicura che sia stata solo una brutta settimana?". E' serio. Decido di essere sincera.
"... No. Sono state due brutte settimane."
Silenzio.
"Hai cambiato idea?"
"Su che cosa?"
"Sulla tua decisione di aspettarlo."
Non mi chiedo nemmeno come fa a saperlo, reagisco d'istinto.
"Piuttosto morta."
Lui mi ferma e mi guarda negli occhi. Non ho niente da nascondere adesso. Ciò che vede deve piacergli, perchè mi sorride.
"Perdonami se te l'ho chiesto. Ma Orlando è uno dei miei migliori amici. Penso tu possa capire perchè l'ho fatto."
Annuisco. Certo che lo capisco. Quante volte ho fatto lo stesso con le mie amiche. Semmai non capisco un'altra cosa.
"Ma... sei venuto fin qui da Manchester per sapere questo?" domando confusa.
Lui sorride e scuote il capo.
"No, sono venuto qui perchè sapevo... speravo che ti avrei trovata così."
Lo guardo a bocca aperta e lui si affretta ad aggiungere:
"Non che tu stessi male, non fraintendermi! Che tu stessi male per il fatto che non c'era." Mi guarda alzando un sopracciglio:
"Mi sono fatto capire?"
"Volevi... vedere se mi mancava? Se mi mancava sul serio?"
"Qualcosa di simile, sì."
Silenzio. Da qualche parte nella mia mente intuisco che il ragionamento non fa una piega. Ma non trovo l'idea che me lo confermi.
"Ma... allora, in ogni caso, sei venuto fin qui da Manchester solo per vedere come stavo, e sapere da me se era a causa sua?"
"Quasi. Per vuotare il sacco, sono venuto qui per verificare quanto la ragazza del mio amico non avesse avuto ripensamenti, nonostante soffrisse la sua mancanza, e a portarle qualche bella notizia. Detto così è più corretto."
"Sbagli comunque su un punto: non sono la sua ragazza."
"Oh, ahm, scusa... allora come vi chiamate?"
"In nessun modo preciso."
"Mi stai dicendo che senza essere effettivamente la sua ragazza, resti comunque ad aspettarlo, molti più giorni rispetto al previsto, senza un solo segno da parte sua, che è dall'altra parte del mondo?"
"Dom, per favore, così distruggi ogni mia difesa!". Sono già scoppiata a piangere prima ancora di terminare. Come una bambina.
Nascondo il viso nelle mani, per sfuggire ad ogni cosa. Tutto ciò che ha detto riproduce esattamente la mia esistenza nelle ultime settimane, quella testarda speranza che anche in mia sorella cominciava lentamente a svanire. Trattengo quello che vorrebbe uscire, lacrime, singhiozzi, e abbasso le mani in cerca del mio fazzoletto. Ogni nuova sera devo lavarlo ed asciugarlo per tutto l'uso che ne faccio.
Ma Dom me ne offre uno di carta. Lo prendo con un sorriso e mi asciugo gli occhi. Non metto nemmeno il mascara, da un pò.
"Scusami." Lo diciamo assieme e sorridiamo tutti e due.
"Di che cosa? La colpa è mia. Potevo essere meno incisivo." Sorride, e anche io vengo contagiata dalla sua simpatia. Ci sediamo su una panchina.
"Bene, adesso che hai constatato come riesca a ridurmi ad una bambinetta con la lacrima facile, che farai?"
"Innanzitutto ti porto a pranzo. Dovrai mangiare. E poi mi racconti per bene come vanno le cose."
"Non ho molta fame."
"Preferisci raccontare ora e mangiare dopo?"
"Devo proprio ripercorrere la miseria delle mie ore?"
"Ti assicuro che se non vuoi, non c'è ragione per farlo."
Silenzio. Parlare con lui è parlare con un amico. E le parole mi sfuggono, accavallandosi. Vorrei prima chiedergli come sa tutte queste cose, se ha notizie di lui, se sta bene, laggiù... ma lo sommergo. Gli parlo della scena del negozio, di quando per i primi sette giorni ho tenuto il cellulare nella tasca dei pantaloni per poter captare qualsiasi chiamata, qualsiasi messaggio; della solitudine delle mie sere. Del computer, acceso solo per scaricare la posta di mia sorella, senza che il mouse si fermi mai alla cartella delle foto.
"... e poi due giorni fa ero a St James, e ho visto Sidi, lui voleva saltarmi addosso ma quando ho fatto per accarezzarlo, il tizio che era con lui non me lo ha lasciato fare, così ho dovuto allontanarmi anche da lui, ed io vorrei solo cadere in un sonno profondo finchè non torna, perchè ogni minuto che passo senza sapere come sta, che cosa sta facendo, è come respirare ghiaccio riempendone i polmoni."
Riprendo fiato, ma mi si incrina la voce. Ho appena sfogato quindici giorni d'intima tortura. E mi maledico da sola per le nuove lacrime che spingono inesorabilmente fino a cadere.
Dom resta in silenzio e mi abbraccia piano, impacciato, ma ricambio la stretta, perciò aumenta la sua e mi culla appena, con calma. Riesco di nuovo a vincere me stessa e mi do una regolata.
"Passato?" Mi sorride, ed io annuisco ricambiando.
"Sappi che mi vergogno da morire."
"Lascia stare, va meglio?"
"Sì."
"Bene! Allora ti racconto io qualcosa." E si fa serio, cominciando da quel giorno in cui ci siamo conosciuti, quando, diretto da Orlando, lo aveva incrociato per la via della libreria.
"Strada facendo mi ha detto che aveva conosciuto una ragazza che semplicemente lo destabilizzava. Che era una ventata d'aria fresca, qualcosa di leggero, di trasparente. Ti confesso che ebbi paura. Sai che siamo legati... puoi capirmi."
Annuisco convinta. Lui riprende.
"Invece, Luna, accidenti, ma tu sei davvero così!" e mi guarda come se avesse visto un marziano. Scoppio a ridere solo per l'espressione che ha. Anche lui sorride, e mi racconta per intero la conversazione che aveva avuto al tavolo con l'amico, e che io - ma questo non lo sa - avevo ascoltato per metà.
"Ero colpito dal modo in cui ci trattavi, ti assicuro che per quanto sia bello avere una folla urlante davanti, poter parlare in serenità è un lusso raro. Era come ritrovarsi tra amici e basta. E avevo notato che, per quanto fossi indubbiamente calamitata da OB, non azzardavi mai niente che potesse decifrare il tuo rapporto con lui."
Ricordo la battuta di Sidi con cui avevo risposto alla sua domanda sul colpo di fulmine.
"Eppure lo trattavi diversamente. Non come una star... ma come una ragazza solitamente tratta il ragazzo per cui è completamente partita." Sorride, ed io arrossisco. Era sicura di essere stata brava quel giorno, nelle mie manifestazioni. Di essere stata contenuta.
"Senza fare nulla, dipendevi completamente da lui. Addirittura se si spostava, anche solo un centimetro, tu a ruota cambiavi posizione. E scommetto che non te n'eri accorta."
"Io... no."
"Ecco." E prosegue. Mi racconta di quando io mi sono allontanata. Di Orlando che afferma, e gli chiede se la pensa come lui, che non sia un atteggiamento studiato. Che mi venga spontaneo trattarli da ragazzi comuni, con affetto comune. Dello sbalordimento di Orlando quando riuscivo a farlo sentire semplice eppure importante senza che fosse il suo nome o determinarlo.
"In sintesi, hai conosciuto il ragazzo che sta dietro l'attore. E, se mi concedi di dirlo a alta voce, ti sei presa una solenne cotta per lui!"
Sorrido arrossendo, e lui fa: "Appunto. Ora, se io ti dicessi che ricambia, tu non mi crederesti. Devi spiegarmelo tu perchè."
Lo guardo, e ci ragiono. Non è perchè è un attore, non è mai stato un problema.
"E'... Dom, è tutto ciò che amo racchiuso in una sola persona. Ma io che ho da offrirgli? E non sto parlando di Orlando Bloom, sto parlando del tuo amico e basta. Non mi sento all'altezza comunque."
"Beh, questa è un'idea che non fa onore alla tua intelligenza, ma lascerò che sia lui a cancellarla."
"Ah, grazie" gli lancio un'occhiataccia, che ricambia con una risata.
"Adesso posso farti io una domanda?"
"Vediamo se è quella che mi aspetto da..." controlla l'orologio "... un'ora."
Scuoto il capo. Mi fa bene parlare con lui. E' un sollievo.
"Sta bene?"
Mi guarda stupito: "Non è quella che mi aspettavo. Ma sei sicura di essere una ragazza? Nessun 'Oh, Dom, lo hai sentito, ti ha parlato di me, quando torna'?"
Io scoppio a ridere, cosa che da due settimane non facevo. Mi farà morire. Lui mi guarda ancora stranito e non riesco a frenare le risate. Scrolla le spalle divertito:
"Mah. Italian girls. Comunque sì, sta bene, l'ho sentito giusto ieri."
Tu-tump.
Taccio. Mi guarda.
"Allora? Devo farmele da solo queste domande?"
"Non importa. Mi basta sapere che sta bene. Io posso aspettare. E' già un sollievo."
"Tu, ragazza mia, sei di un'altra galassia. Ho capito, dovrò pensarci da solo." Dopodiché atteggia l'espressione a quella di una ragazza in perfetto stile 'mi pensi? ma quanto mi pensi?' ed esclama, in falsetto:
"Oh, Dom, ti ha detto perchè non chiama nè scrive?", poi recupera il tono e l'espressione normale e fa: "Sì, Luna: gli hanno arrotato il cellulare."
Non ce la faccio, mi piego in due dalle risate.
"Arr... arrotato?" boccheggio
"Già. Schiantato dalle ruote di un pick-up. Così impara a guidare col finestrino aperto e a parlare al telefono senza viva voce."
Di nuovo scoppio a ridere.
"Ovviamente i numeri che non contano niente li può recuperare quando vuole. Basta che ci pensi l'agente. Sono gli altri, che ci rimettono."
Sorrido, e lui continua nell'imitazione di una ragazza sospirante:
"Oh, Dom, ti ha detto quando torna? Ti ha parlato di me?"
"Lo ha fatto?" gli chiedo a bruciapelo.
Lui sorride: "Oh, finalmente una reazione normale! Sissignora. Mi ha detto di passare a vedere come stavi."
"Di venire a controllarmi, intendi?"
"No, quello l'ho fatto io di mia volontà. No, no... solo di vedere come stavi. Sa che qui hai due amiche a cui rivolgerti in caso di bisogno, ma per il resto sei sola. Era preoccupato, perchè non poteva raggiungerti in alcun modo, o spiegarti che fine avesse fatto."
Corruga la fronte e fa: "A pensarci bene, anche lui è strano. Io semmai gli avrei chiesto di andare a controllare che la mia 'non-ragazza' non decidesse di impiegare il tempo libero con qualcun altro."
"Sa che non potrei."
"Visto, che ci tiene a te? Se non gliene importasse, o non si fidasse, mi avrebbe chiesto quel che gli avrei domandato io."
Di nuovo, resto in silenzio. E da qualche parte confermo ancora che non fa una piega.
"E che gli dirai?"
Mi lancia un'occhiata obliqua.
"Non so se è bene dirgli che fino a poco fa facevi paura. Eri più a pezzi del suo arco."
Sorrido, e lui fa lo stesso.
"Finirebbe per sentirsi in colpa."
"No. Non dirgli nulla. Inventa. E' il suo lavoro, non deve farsene una colpa."
Mi guarda, e sorride scuotendo il capo.
"Che c'è?"
"Luna, Luna. Non sai come sono contento per lui. Credevo di avere il primato della fortuna, ma vedo che siamo pari. No, non diventare rossa, ancora, manca una risposta."
Trattengo il calore nelle guance e chiedo:
"... Ti ha detto quando torna?". Lui mi guarda e resta in silenzio, ma sorride malizioso.
"Te lo ha detto? Davvero? Quando?" boccheggio. Lui scoppia a ridere e guarda il quadrante dell'orologio.
"Calcolando il tempo di atterraggio, lo sbarco, il check-out e il resto... sei ore."
Sussulto mentre la notizia mi scorre in tutte le membra.
"Cos... tra sei ore? Tra sei ore è a casa?" esclamo, e lui ridendo mi fa:
"Sette al massimo. Esatto. Tra l'altro, ma lo dico così, casomai tu volessi andare a Heathrow, io sono diretto là..."
Lo abbraccio di slancio, ridendo, esultando di gioia, singhiozzando di sollievo.
"Grazie, grazie, grazie!"
"Is it the italian way to say 'thanks'?"
Non mi sono neanche accorta di averlo detto in italiano.
"Sì, I mean, yes, thanks a lot!", esclamo, accavallando i vari idiomi.
Dom ride e aggiunge:
"Gran bel modo di dire grazie! Gli italiani mettono sempre più passione in tutto. Ora, signorina, tu fili con me a mangiare qualcosa. Assomigli già di più a Luna, ma scommetto che con un bel primo piatto abbondante davanti riacquisterai quasi totalmente il tuo aspetto."
"Sei un amico, Dom. Non so come ringraziarti. Non penso che potrei mai."
"Vorrai scherzare. A me ha fatto piacere rivederti, avevo già deciso di passare per Londra comunque, prima di andare via, e così ho colto l'occasione di fare tutte queste cose insieme. Senza contare che fa piacere aiutare un amico. Due, è meglio ancora."
Sorride e si alza, io lo seguo. Cammino molto più leggera, quella tremenda spada di Damocle sulla testa s'è eclissata, spazzata via da una considerazione che mi ripaga di tutto: tra poco sarà di nuovo qui.

"Finisci."
"Ti prego, non ce la faccio più. Guarda che mangio sempre poco. Oggi mi hai fatto abbuffare."
"Non mi diventare scheletrica, per favore." Sorride fingendosi terrorizzato.
"Sono un pò lontanuccia dall'esserlo, no?"
"Se fosse tornato tra un mese ti avrebbe trovata trasparente."
"Sto benissimo. Davvero Dom, non ho posto neanche per il caffè."
"Quello puoi pure evitare di prenderlo, mi sembri abbastanza attiva di tuo." Sorride, mettendo da parte l'aria imbronciata. Io rido, in perfetto relax. Mi sento benissimo. Più che benissimo.

Mi bruciano solo ancora un pò gli occhi mentre torniamo alla libreria, perciò recupero il fazzoletto e lo bagno nell'acqua di una fontanella.
Me lo passo sulle palpebre rinfrescandole. Che delizia.
Poi sento una corsa vicina e due braccia che mi stringono forte.
Apro gli occhi e mi ritrovo tra i capelli mossi di Leah. Cynthia si avvicina a Dom con un'aria inferocita:
"Che è successo?"
Dom indietreggia preso alla sprovvista: "Ma, veramente..."
Cynthia incalza avanzando: "Ascolti bene: questa ragazza è una nostra amica, e non tollero che venga ripetutamente sconvolta da chicchessia. Non è già abbastanza upset?"
"No, Cynthia, Leah, no, mi stavo solo sciacquando il viso! Non stavo piangendo..." le guardo annuendo vigorosamente. Leah mi lascia andare e mi scruta con aria preoccupata, poi sussurra: "Sicura?"
"Certo. Dom non c'entra niente..." cerco di spiegare, ma la faccia di Cynthia mi blocca le parole in bocca. Se possibile, è già più rossa di me quando raggiungo l'apice.
"Oh..." commenta, guardando Dom confusa.
Io e Leah ci guardiamo e scoppiamo a ridere piegandoci in due. Dom sfodera un sorriso scanzonato e fa:
"Dom, piacere" allungando la mano a Cynthia, che la stringe chinando lo sguardo.
"Cynthia. Chiedo scusa, mi dispiace..." comincia, ma lui la interrompe.
"A me no, Luna mi ha detto che siete tutte e tre molto amiche."
Cynthia e Leah mi guardano con un sorriso affettuoso che non manco di ricambiare subito. Dom sorride e annuncia:
"Bene, allora, passo verso le sette. A dopo, signorine." E allungando la mano a darmi un buffetto sulla guancia, si allontana, sghignazzando.
Cynthia mi guarda e chiude gli occhi: "Non dirlo a Mrs Meadows o mi licenzia in tronco!"
"Assolutamente, tranquilla. Ma non ti preoccupare, non se l'è presa affatto. In realtà scommetto che gli hai fatto un'ottima impressione."
Leah sorride alzando gli occhi al cielo: "Certo, chi non penserebbe bene di una donna agguerrita che minaccia a tutto spiano un innocente passante?"
Ridiamo tutte e tre di cuore. E quando arriva Mrs Meadows, non riusciamo a spiegarle perchè per tutta l'ora successiva un solo sguardo tra noi ha il potere di scuoterci dal ridere.

Le sette. Leah insiste per sistemarmi i capelli e prestarmi il suo mascara, Cynthia mi controlla vestiti e giacca. Poi entrambe mi lanciano uno sguardo critico:
"Ok, sei a posto."
Mi guardo nello specchietto del portacipria. Ho di nuovo la visione di una ragazza con gli occhi lucenti e il viso luminoso, un sorriso di pura gioia sul volto. Le guardo e mormoro un 'Grazie' commosso. Loro mi stringono forte, contemporaneamente. Un abbraccio a tre. L'amicizia è tutto, davvero. Perchè comunque vada ti sostiene sempre. Se ami e non hai un amico, quando l'amore finisce, cosa fai per respirare?
Mrs Meadows bussa al camerino e mi sorride:
"C'è quel caro giovanotto che ti aspetta, my dear."
Io annuisco e sorrido, lasciando andare le due compagne.
"Ci vediamo domani!", e volo fuori. Dom saluta galante Mrs Meadows con un inchino e le mie amiche con la mano e uno sguardo, poi si rivolge a me.
"Allora, sei decisamente la ragazza di quindici giorni fa. Lieto di rivederti."
Sorrido e gli allungo piano il pugno sulla spalla: "Smetti di sfottermi!"
Lui sorride: "Mica è colpa mia se ti presti bene a lasciarmelo fare. Vieni."

La sera è fredda e buia. Piove appena. Lungo la strada non c'è troppo traffico.
"Dom?"
"Attendevo la domanda."
Lo guardo sorpresa, e lui mi sorride in risposta:
"Ponimela, vediamo se è quella giusta stavolta." Lo guardo e la butto lì, e basta.
"Ci saranno fotografi?"
*Viva la cruda curiosità.*
Mi guarda interdetto.
"Cioè, i giornalisti intendo. Ad aspettarlo, insomma, lo sanno che torna?"
Scoppia a ridere e frena appena in tempo per evitare di colpire la macchina davanti, che si è appena fermata bruscamente.
"Luna, ma riesci a leggere il pensiero, per evitare sempre le domande che credo io?"
"Dom, scusami, ma non ti seguo proprio."
"Pensavo m'avresti chiesto se lui sa che ci sarai tu."
"Oh... ahm... lo sa?"
"No. Surprise!" sorride. Io faccio altrettanto. Vorrei chiedergli se pensa che ne sarà contento, o se invece non preferirebbe vedermi con calma quando può. Dopotutto Los Angeles-Londra sono 12 ore di volo, penso di aver letto da qualche parte. Anche se non sapevo se fosse partito da Los Angeles o New York. In ogni caso, sarebbero state abbastanza da volersene stare tranquillo.
Reminiscenza: mi ha raccontato, quella prima cena assieme, che detesta volare. Oddio, povero cucciolo! Allora se anche fossero solo trenta minuti per lui varrebbero ore.
"Luna, tutto ok?"
"Mi sono ricordata che volare lo terrorizza."
Sghignazza annuendo, poi torna al punto di partenza:
"Comunque per rispondere alla tua domanda, non lo so, non credo ce ne siano, di giornalisti. O li incontri per caso, come ai Kensington, oppure, dubito che abbiano saputo del suo ritorno... Non possono controllare ogni spostamento."
"Te lo ha raccontato?"
"Di che cosa?"
"Dei Kensington Gardens, dei due fotografi."
"Sì. Non è una novità, ma se ti consola, evidentemente non appartengono a qualche giornale preciso, oppure ti saresti vista in giro, sui tabloid vari."
"Beh, nessuno qui mi conosce e può assediarmi, semmai è un fastidio per lui."
"Ci siamo abituati, non preoccuparti."
Davanti a noi, l'aeroporto di Heathrow. Mi ricordo di Love Actually. Negli aeroporti c'è sempre aria di festa, d'eccitazione, d'avventura, e soprattutto d'amore. Ed il cuore mi batte più forte.

"Aspetta qua, io vado a ritirare la mia prenotazione."
"Sissignore, non mi muovo."
Scoppia a ridere e si allontana. Mi affaccio alle finestre ampie, a guardare fuori. Ci sono due aerei fermi, i passeggeri stanno sbarcando.
Le luci di un altro velivolo si allontanano a distanza. Mi volto. Arriva gente, con i bagagli in mano o sui carrelli. Persone sconosciute si illuminano di un sorriso grande e caloroso a ritrovare tra la folla i loro cari, e fioccano baci, abbracci, si stringono mani e si scambiano saluti e bagagli. Mi volto nella direzione di Dom: sta parlando con una delle addette alle prenotazioni.
Poi torno a guardare le porte.
Lo vedo.
Cammina lentamente, sul viso un'aria stanca ma quieta. Si è lasciato crescere leggermente i capelli. Spinge il carrello con due valigie avanti a sè.
Mi toglie il respiro come la prima volta che l'ho visto. Come la seconda, la terza e tutte le altre, come immagino che sarà sempre.
"Orlando..."
Lo mormoro appena.
Quasi mi avesse sentita, alza gli occhi. Mi riconosce. Si ferma. Sul suo viso si susseguono sorpresa, incredulità, di nuovo stupore e, mentre muovo due passi in avanti, gioia profonda. Lascia da parte il carrello e sorride radiosamente.
E' il segnale che aspetto per corrergli contro.
Vengo accolta tra le sue braccia ed il suo profumo mi pervade, chiudo gli occhi e ne aspiro il più possibile.
Mi stringe forte, più forte, le sue dita tra i miei capelli, le sue labbra sulla mia pelle, poi mi allontana di qualche centimetro da sè e mi guarda negli occhi.
Mi tuffo nel mare profondo che mi accoglie, scuro e protettivo, mentre le mie mani gli accarezzano le guance calde.
"Luna..." sospira, poi preme le sue labbra sulle mie, che lo accolgono avide.
Quanto mi è mancato quel bacio, lo capisco davvero solo ora.
E prima di perdere qualsiasi connessione col mondo, penso che è vero: negli aeroporti c'è soprattutto amore.






Carissime tutte, sappiate che siete le mie muse ispiratrici.
Spero sinceramente che la lunghezza di questa storia non vi diventi eccessiva e che abbiate voglia di continuare a leggerla comunque.
Come ho scritto nei commenti, ho preferito fare capitoli in più per non accumulare troppo in uno solo, così da facilitare la lettura.
Il fatto poi che Orlando mi ispiri all'infinito una serie di vicende, mea culpa, ma non posso farci niente XD
Vediamo se riesco a ringraziarvi una per una...
< prende la lista > Bell-Lua, Cecy, Mihi, Sara, Arale, Neith, Shockermoler, Bebe, Eminae. Presenti? Tutte? Ok:
Grazie!!!
In carattere più grande, così percorre prima le distanze e arriva meglio!
Thanks a lot, really, I don't know what to say, I'm deeply touched.
Fa uno strano effetto non essere conosciuti da nessuno eppure avere delle fans. E CHE fans.
Un abbraccio, e buona fortuna con compiti/fanfiction/vita in generale.
Giulia

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Capitolo 15
*** Il sonno dell'angelo ***


Mi stringe forte, ed io ricambio il suo abbraccio, di cui sono dipendente come fosse droga. Lui è la mia droga.
In silenzio, consci solo di noi due. Mi piace stare così. Mi piace lui. Molto più di quanto credevo. Sempre meno di quel che scopro ad ogni minuto che passa. Mi sfiora il collo con le labbra, lasciandomi un brivido lungo la schiena.
"Mi mancava la tua pelle."
Me lo sussurra contro la gola, e mi sento avvampare.
"Anche a lei mancavi tu. Ti abbiamo aspettato assieme."
Sorride e si allontana piano, mi bacia ancora sulle labbra, apre gli occhi e mi fissa.
Mi sento attraversare da scariche elettriche.
"Non hai idea di che cosa ho cercato di fare pur di tornare prima a casa."
Mi riempe di gioia.
"Adesso sei qui. Siamo qui tutti e due."
Mi sorride e mi abbraccia di nuovo, chiedendomi:
"Come sapevi che sarei tornato stasera?"
"L'ho portata io."
Dom arriva sorridendo. Orlando mi lascia andare e alza lo sguardo sorpreso, poi sorride contento:
"Dovevo immaginarlo."
"Piaciuta la sorpresa, OB?" chiede Dom divertito. Orlando lo abbraccia, e lui ricambia dandogli qualche pacca sulla schiena.
"Non potevi farmene una migliore. Che ci fai qui?"
"Beh, sono andato a Londra a fare un giro, sono passato a salutare Luna, e ho detto, 'perchè non fare una sorpresa al mio vecchio amico?'. Così eccoci qui."
"Da Manchester a Londra, solo per fare un giro?"
"Mi piace perdere tempo, lo sai." Sorridono. Sembrano fratelli, sanno entrambi come stanno le cose ma non rinunciano a scherzarci sopra. Orlando torna a guardarmi, e si fa preoccupato:
"Stai bene?"
"Sì, certamente", rispondo. E' vero, come posso stare male ora?
Mi prende il viso fra le mani e mi osserva con attenzione:
"Sei più pallida."
Arrossisco appena e balbetto:
"No, io... sono stata raffreddata un paio di giorni e basta..."
Vedo Dom lanciarmi un'occhiata che afferro e restituisco. Annuisce appena. Orlando la intercetta, e si fa serio. Mi prende per mano.
"Mi dispiace. Sul serio. Avrei voluto tanto poterti chiamare, sentirti ogni giorno..."
Gli poso due dita sulle labbra, interrompendolo. Sorrido serena, c'è tempo per parlare di questo. Il suo sguardo si fa dolce, e preme la mia mano contro la bocca, teneramente.
"Ogni giorno in più costretto a restare era un pugno nello stomaco."
Per me. Perchè desiderava stare con me quanto lo volevo io. Esulta, mio cuore.
*Finalmente te ne sei convinta.*
"Non pensarci." Non so che altro dirgli. Ci sarebbero troppe cose da aggiungere.
E' Dom a salvarmi. Sono circondata da tanti deus ex machina. Meno male.
"Se recuperi carrello e bagagli, possiamo evitare di passare la notte qui. A meno che l'idea non ti alletti..."
"Non intendo vedere un aereo per i prossimi cinque mesi almeno. Ma so che mi costringeranno a farlo, invece" sorride lui.
"Beh, intanto goditi l'aria di casa e la terraferma, il resto verrà dopo."
Orlando annuisce e sempre sorridendo appoggia le mani sul carrello, spingendolo di lato. Stavolta sono io che lo osservo attentamente:
"Sei stanco. Da quanto sei in piedi?"
Mi sorride stiracchiandosi appena. Un micione. Ho voglia di stringerlo forte e basta.
"Sedici ore. Penso che crollerò presto."
Gli prendo di mano il carrello.
"Lascia stare, ci penso io. Se procedi a zigzag in questo modo finisci per azzoppare qualcuno."
Lui fa per trattenerlo, ma in perfetto stile 'Claire Colburn' di Elizabethtown lo fermo scandendo:
"Let go."
Orlando sorride e lascia che io lo superi col carrello, poi mi abbraccia alle spalle, da dietro, costringendomi a fermarmi. Gli poso una mano sul braccio e reclino la testa contro la sua spalla. Sento il suo cuore a pochi centimetri dal mio orecchio. China il capo e mi sussurra all'orecchio un "Thank you" che mi fa tremare. Dom sorride:
"Se hai intenzione di procedere simulando l'attacco di una piovra ad ogni passo, non usciremo mai di qui."
Scoppiamo a ridere tutti e tre. Orlando mi lascia andare ma si mette in mezzo a me e Dom, così da posare una mano sulla mia e l'altra sulla spalla dell'amico, e in questo modo ci incamminiamo fuori dall'aeroporto.

"E' stato tremendo come al solito?" domanda Dom, mentre raggiungiamo il deposito carrelli.
"Non ne hai un'idea. Non riesco ad abituarmi. Comunque, va molto meglio di prima. Ed è infinitamente preferibile al trovarsi un maiale davanti."
Freno di botto il carrello e lo guardo allibita. Ho sicuramente capito male. Un maiale?!
I due mi guardano sorpresi.
"Tutto bene?" chiede Dom, e Orlando più preoccupato: "Stai male?"
"Un... maiale?" ripeto debolmente. Dom diventa serissimo. Guarda lui, guarda me, china il capo, si controlla la punta del piede e tra i denti sussurra:
"Non lo sa?"
Orlando china la testa alzando le spalle, per nascondere il viso nella giacca. Da sotto il colletto esce un sibilato: "No."
A bocca aperta guardo lui, quindi Dom, che si morde le labbra scosso da singhiozzi, e nuovamente lui, poi chiedo:
"Hai... hai paura dei maiali?"
Mi mordo le guance mentre lo dico. Orlando prende un respirone e, con metà viso coperto dal bavero, mi lancia un'occhiata. Annuisce.
"Oh."
Dom allunga il collo a guardarmi, in attesa.
Silenzio. Ricomincio a spingere il carrello. Non una parola, da parte di nessuno. Orlando guarda Dom che si piega sbuffando ad ogni passo, poi sospira e stancamente concede:
"Puoi ridere, non me la prendo."
Scuoto il capo a scatti. Dom sghignazza:
"Questa sì che è una bella prova d'affetto... Considerato che eri vestito da Legolas, quando sei scheggiato via alla vista dei porcellini di Hobbiton."
"Mppfff..." mi mordo le labbra ma non ce la faccio: Legolas che batte in ritirata inseguito dai maiali mi fa accasciare sul carrello. Dom scoppia a ridere e fa:
"Ah, ecco, volevo ben dire! Nessuno può resistere all'immagine dell'impavido elfo terrorizzato da piccoli, teneri maialini rosa."
Non ci riesco, mi dispiace, è troppo divertente. Rido di cuore figurandomi la scena.
Prendo un respirone costringendomi a smettere, ed afferro le valigie, che subito i due ragazzi provvedono a togliermi di mano, da gentili cavalieri. Infilo il carrello al suo posto e guardo Orlando. Sorride anche lui, chinando lo sguardo.
"Non devi sentirti imbarazzato. Io... ho una crisi isterica alla vista delle cavallette. Anche se sono disegnate."
I due mi guardano. Io annuisco vigorosamente. E aggiungo, spalancando le braccia per sottolineare:
"Ma... ma mi fanno paura proprio tanto, eh!". Orlando e Dom scoppiano a ridere per la faccia solennemente convinta che ho fatto.
"Siamo messi bene, senza dubbio", commenta Dom raggiungendo la macchina. Orlando mi cinge le spalle con il braccio. Alzo lo sguardo ed incrocio il suo, tenero, dolce, intrigante.
"Sono felice che tu sia qui" sussurra. Io arrossisco, e gli passo il braccio dietro la schiena.
"Io sono felice che tu sia tornato."

Siedo davanti con Dom sotto insistenza di Orlando, che preferisce sedersi sui sedili posteriori - anche se, secondo me, lo fa perchè sa che talvolta soffro di crampi allo stomaco stando dietro. Allaccio la cintura e chiacchierando tutti e tre partiamo. Non ha smesso di piovere, ma è una pioggerella leggera, e se anche l'aria notturna è fredda, all'interno dell'abitacolo stiamo benissimo, specie con il riscaldamento acceso.
Mi perdo ad osservare il cielo, notando qualche stella che timidamente si affaccia oltre le coltri di nuvole. Il mio braccio destro è teso dietro il sedile, le mie dita intrecciate a quelle di Orlando, che le accarezza piano. Mi sorprendo a desiderare di abbracciarlo senza che ci sia alcunché in mezzo a dividerci. Niente giacconi, nessuna maglia troppo pesante. E indugio in quel pensiero. L'idea di poterlo stringere a me senza impedimenti mi infiamma le guance, creandomi un turbinìo di emozioni. Che assaporo, una per una. Le sue mani, le nostre mani, i nostri corpi, liberi di muoversi come più desiderano, il mio petto contro il suo, le mie dita che scorrono sulla sua pelle calda... Riaffiorano le sensazioni provocatemi da quel morso sul collo che mi ha dato giorni fa. Lo voglio ancora, ne voglio di più, fino allo smarrimento completo della ragione, fino a che non riesca a lasciarmi senza fiato, i miei sensi vibranti...
Mi accorgo che in auto c'è silenzio ed esco dalle mie fantasie di colpo. Oddio, che vergogna. Spero nessuno abbia notato l'imporporarsi delle mie guance. Ma i lampioni sono troppo deboli per consentire questa imbarazzante visione. Sposto lo sguardo su Dom, che trattiene un sorrisino. Si accorge che lo guardo e stacca una mano dal volante, portandosi un dito alle labbra, in una richiesta di silenzio. Poi accenna ai sedili posteriori.
Volto piano il capo e lancio un'occhiata perplessa alle mie spalle in direzione di Orlando. E il cuore mi si riempe di struggente tenerezza. Mi soffermo con lo sguardo sul suo viso in ombra, scivolo lungo gli occhi chiusi e le labbra leggermente semiaperte, i capelli che gli coprono le guance. La sua mano giace immobile nella mia. Respira regolarmente, senza fare alcun suono, il braccio abbandonato in grembo.
Si è addormentato.
Resto a fissarlo finchè non mi si appanna la vista di lacrime d'amore. Allora mi volto di nuovo. Dom sorride guardandomi. Io ricambio.
"Ho rallentato da quando me ne sono accorto" sussurra a fior di labbra.
"Non me ne ero resa conto neppure io. Credevo steste parlando" mormoro in risposta.
"Infatti... ma quando non mi ha risposto ad una domanda ho dato un'occhiata allo specchietto. Ed eccolo lì", sorride.
"Doveva essere davvero esausto. Da quanto...?"
"Più o meno cinque minuti. Volare è sempre uno stress, anche mentale, oltre che fisico."
Mi volto di nuovo a guardarlo. Un angelo. Uno spirito celeste che riposa a pochi centimetri da me, e non lascia la mia mano neppure nel sonno.
"E' bellissimo."
Dom sorride. "Sicuramente ispira tenerezza." Mi guarda facendomi l'occhiolino, poi torna a fissare la strada. Respiro profondamente, senza emettere un solo suono, e torno a guardare quella creatura perfetta abbandonata sul sedile. Per questo dipinto fiabesco rinuncerei per sempre alla mia anima, e così, in un sospiro, gliela offro irrevocabilmente.

Guidando piano ci abbiamo messo di più a tornare, ma alla fine, purtroppo, siamo rientrati in città. Non vorrei mai dover scendere da questa macchina.
"Dobbiamo per forza svegliarlo?" domando piano, guardandolo ancora dormire. Per favore... Non spezzate quell'incantesimo.
"Credo proprio di sì. Dispiace anche a me" risponde Dom. Tace un attimo, poi riprende, a bassa voce:
"Ma non so che cosa fare."
"Che intendi?"
"Posso accompagnare te e poi portare a casa lui, ma mi uccide se scopre che non l'ho svegliato per salutarti. D'altro canto, se lo sveglio mi uccidi tu." Sorride. "Senza contare che, conoscendolo, farebbe violenza su se stesso per restare sveglio e passare un pò di tempo con te, ma poi cadrebbe in coma per un giorno intero... è un bel rebus."
Io ricambio il sorriso, e vengo folgorata da un'idea.
"E se tu lo portassi a casa sua e lo convincessimo a dormire un pò, intanto che io preparo una bella cenetta?"
Mi guarda sorpreso, valutando l'idea.
"Se ovviamente pensi che a lui non spiaccia se gli occupo la cucina, e se ti fidi abbastanza della mia bravura come cuoca."
Sorride divertito.
"E' un'idea grandiosa. Così lui potrà dormire se proprio non ce la fa, ma allo stesso tempo tu sarai vicina." Annuisce convinto.
"Sei un genio."
Sorrido allegramente: "E' che anche a me piange il cuore al pensiero di lasciarlo già."
"Lo immaginavo. C'è un solo particolare da considerare."
"Sarebbe?"
"Speriamo che in casa ci sia qualcosa da mangiare."
"Oh... beh, qualcosa trovo. Ho inventiva." Sorridiamo. In quella mi viene in mente un'altra cosa.
"Dom... c'è un altro particolare, molto meno trascurabile del cibo."
"Sarebbe?"
"Sidi."
"... Oh. Beh, comunque prima o poi doveva svegliarsi." E ridacchia. Lo imito, pensando al benvenuto che Sidi rivolgerà a tutti e tre.

"Arrivati" annuncia Dom parcheggiando. Guardo fuori dal finestrino. Siamo davanti ad una villetta bianca, naturalmente in stile vittoriano, le finestre rettangolari e lunghe come tutte le case di quel tipo. Scommetto che sul retro ha un giardino spazioso. Ne ho viste diverse nel corso della mia permanenza. Alcune col tempo sono state suddivise e trasformate in flats, appartamenti più o meno adatti a ospitare da due a quattro persone, altre sono rimaste case padronali o vere e proprie villette unifamiliari. Le trovo particolarmente graziose, con quelle sporgenze cilindriche a mò di castello medievale. Davanti al portone scuro, un cancello in ferro nero.
Mi volto di nuovo verso Dom che tira il freno a mano per poi girarsi a guardare Orlando. Non si è svegliato per tutto il tragitto. Gli lascio andare delicatamente la mano.
"Orli... Orlando..." chiama Dom, alzando la voce di un tono, scuotendolo piano per la gamba. L'angelo mormora qualcosa e non si muove.
"Vuoi tentare tu? Così intanto apro il cancello."
Annuisco e scendo dalla macchina, chiudendo la mia portiera leggermente e aprendo con altrettanta grazia quella di dietro. Non so perchè, ma ci tengo particolarmente che non si svegli in modo brusco. Dom lo intuisce e accosta la sua per poi andare ad aprire il cancello.
Mi sporgo sul sedile posteriore e sfioro la guancia del ragazzo addormentato. Lui muove appena le labbra, ma non fa altro. Mi avvicino e gli poso un bacio sul viso, sussurrando in italiano:
"Svegliati, amore mio... siamo arrivati. Siamo a casa."
Con le dita seguo il profilo della sua guancia fino al collo, delicatamente. Lo vedo stirarsi appena ed aprire gli occhi, che nel buio brillano riflettendo la luce chiara dei lampioni, e fissarli nei miei. Sorrido con tutta la dolcezza che infonde nel mio cuore e mormoro ancora:
"We're home, my angel."
*Luna. Stai parlando in inglese ora.*
Sbatte le palpebre, continuando a fissarmi, ed io mi sento inghiottire in quel vortice oscuro. Tremo, per l'intensità con cui lo desidero.
Gli accarezzo la guancia, e lo vedo sorridere lentamente.
"I thought it was a dream." Un sussurro che riscalda.
Sorrido: "And was it a good dream?"
"A beautiful one really." Mi sfiora le labbra con l'indice e poi scende sulla gola, risalendo nuovamente a sistemarmi una ciocca di capelli dietro l'orecchio. Dal cancello arriva uno stridìo. Orlando abbassa la mano e io mi tiro indietro per farlo uscire. Dom apre la portiera e tira fuori una valigia.
"Ehilà, bell'addormentato! Va meglio?"
Orlando sorride allungando le braccia e piegandole dietro la schiena.
"Più o meno... Grazie infinite di non avermi svegliato."
"Scherzi, Luna era pronta a massacrare chiunque ci provasse, non ho aspirazioni suicide."
Arrossisco ridendo, e Orlando mi lancia un'occhiata piena di calore.
"Tra l'altro ha avuto un'ottima idea: tu adesso ti sdrai sul divano, io trattengo Sidi e lei prepara una bella cena con quel che trova..."
"... se non ti crea fastidio che rovisti in cucina..." aggiungo in fretta io imbarazzata, ma Orlando mi ferma prendendomi le mani.
"Starai scherzando, spero. Hai fatto bene invece, è una splendida idea, così passiamo un pò di tempo assieme."
Sorrido annuendo, e lui lascia le mie mani per prendere l'altra valigia. Poi prende le mani e ci fa strada.
"E' molto carina anche da fuori" commento guardando la casa. Orlando sorride e infila le chiavi nella serratura.
"E' la prima volta che vieni qui?" chiede Dom. Annuisco e chino lo sguardo. Dom sorride piegando un lato della bocca, tra sè e sè.
La porta si apre e Orlando entra nel buio, poi sento uno scatto e la luce si accende.
"Prego, entrate pure."
Precedo Dom nell'ingresso spazioso, guardandomi attorno. I colori sono chiari, e mi sento a mio agio, in un ambiente familiare. Seguo Orlando nel soggiorno e osservo la stanza ampia, luminosa. In fondo alla parete, una libreria attira subito la mia attenzione. Il divano chiaro non stona in quell'ambiente ospitale e riservato al tempo stesso, e mi piace l'aria di 'casa' che sento.
Dom lascia la valigia accanto alla porta del soggiorno e si fa avanti.
"Però, come la tieni sempre bene! Vedessi la mia..." sorride. Un latrato ed un rumore di corsa dal piano di sopra si concretizzano nell'apparizione di Sidi, che sfreccia verso Orlando e gli salta praticamente in collo. Lui regge l'urto e comincia a salutarlo a suo modo, coccolandolo e rivolgendogli una serie di esclamazioni. Io e Dom sorridiamo, e questi batte la mani chinandosi e richiamando l'attenzione del cucciolone:
"Sidi, vieni qui, fatti abbracciare!", invito al quale Sidi non si oppone, anzi. Scoppio a ridere mentre Orlando mi raggiunge e mi posa le mani sulle spalle per togliermi la giacca. Mi scorrono davanti agli occhi le immagini vaneggiate in auto e arrossisco di botto, porgendogliela.
"Grazie" mormoro, e lui sorride. Io mi volto verso Sidi che scondinzola seduto davanti a Dom, poi il muso scuro del cane si rivolge a me e con un latrato di benvenuto mi piomba addosso, posandomi come di consueto le zampe sulle spalle.
"Ciao cucciolone, mi sei mancato anche tu! Lo sai che volevo abbracciarti l'altro giorno, ma non ho potuto, però ti voglio bene comunque..." esclamo tra una codata tra le gambe e l'altra. Orlando torna dall'altra stanza dove ha lasciato la mia giacca e chiede:
"Di che parli?"
"Luna ha incontrato Sidi al parco ma non gliel'hanno fatto avvicinare" spiega Dom.
"Oh. Mi dispiace, davvero, credevo non fosse così severo..." si scusa lui guardandomi dispiaciuto. Io sorrido e scuoto il capo:
"Tranquillo, va tutto bene", affermazione cui fa seguito un altro abbaio di Sidi. Quando il cagnone si calma, riprendo:
"Allora, ragazzi, è un pò tardi rispetto al solito ma spero abbiate fame... Ahm, dunque, se, ecco, se mi dici dov'è che posso lavarmi le mani..." balbetto, e Dom interviene subito:
"Sali le scale, subito a sinistra, prima porta."
Ringrazio e mi giro verso Orlando:
"La accompagno su, intanto puoi controllare quel che c'è in dispensa?"
"Sissignore" risponde Dom scattando in cucina. Io seguo Orlando su per le scale.
"E' molto, molto bella davvero."
"Sul serio ti piace?"
"Certo, sprigiona serenità. Complimenti."
"Ti ringrazio, mi fa piacere. Eccoci qua. Fai con calma, io vado a controllare che quei due non mi distruggano la cucina."
Scoppio a ridere e faccio per entrare, ma lui mi trattiene per le spalle e mi attira a sè per poi baciarmi. Di nuovo ogni singola visione a nostro riguardo fa capolino nella mia mente e comincio ad essere cosciente di avere un corpo, e che quel corpo sa come e che cosa desiderare. Mi stacco appena dalle sue labbra e sussurro:
"Dovresti andare..."
"Non vuoi che resti?" mi bisbiglia sulla bocca.
"Al contrario, è che lo voglio troppo, potresti non scendere più."
*Luna! Ma... ma!*
"Ok, allora rimango qui" replica, baciandomi nuovamente. Adesso è più difficile controllare il metallo fuso nelle vene. O mi allontano, per quanto a malincuore, o mi perdo. Sorrido e lo spingo leggermente indietro.
"Fila giù, ammaliatore" gli intimo ridendo, e lui fa lo stesso, per poi scendere le scale.
Io entro in bagno e mi appoggio alla porta, ascoltando il ritmo del mio cuore. Così non va bene. Punto dritta a tutta velocità su una strada buia a fari spenti.
*E se non ci fosse stato Dom, al piano di sotto?*
A questo pensiero lancio un'occhiata allo specchio rettangolare sopra il lavandino. Mi risponde lo sguardo acceso e avido di una ragazza dagli occhi bicolore e la pelle in fiamme.

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Capitolo 16
*** What dreams are made of ***


Quando scendo le scale Sidi mi trotta incontro, e dalla porta - chi l'ha socchiusa? - mi arrivano le voci dei due ragazzi.
"... it serves you right, the speakerphone isn't senseless, you know..."
Sorrisi divertita: Dom stava evidentemente sgridando l'amico per aver accidentalmente distrutto il cellulare. Poso la mano sulla porta.
"I'm so sorry." Mi fermo. Il tono di Orlando è troppo amareggiato per riguardare un telefono.
"She was overwrought, I tell you. And yet she would have waited anyway..."
*Bloccali.*
Entro nella stanza con un sorriso sorpreso:
"Ehi. Avete chiuso fuori me e Sidi."
Dom sorride cancellando l'aria seria che aveva quando sono entrata: "Scusa, l'ho accostata prima e mi son dimenticato di riaprirla."
"Non fa nulla. Allora, avete trovato qualcosa?"
*A forza di frequentare attori sei diventata abilissima. A mentire.*
"Sì, fortunatamente ci ha pensato l'accompagnatore di Sidi: uova, latte, burro, sale e farina ci sono, insieme a zucchero, the e caffè. E un bel pacco di pasta. Oltre all'acqua. E al cibo per cani."
Sorrido: "Bene, vediamo se tiro fuori almeno un primo ed un secondo."
Orlando fa per alzarsi: "Ti aiuto, aspetta", ma io lo fermo:
"Alt. No, tu rilassati, prometto che non ti distrurrò casa. Finite pure di chiacchierare, faccio presto."
Mi sorride colpevole. Faccio finta di non notarlo e sgrano un sorrisone dirigendomi in cucina.
*Cos'è che avevi detto tempo fa? Ah, sì. Rita Hayworth ti fa un baffo.*

Preparo tre porzioni di pasta e le butto nell'acqua bollente, poi controllo lo spessore della frittata in attesa di rigirarla. Se non altro qualcosa di commestibile fuori ho tirato. Dom entra a prendere tovaglia e piatti, e annusa l'aria con espressione rapita:
"Mhm! Cos'è?"
"Penso che la gente la chiami 'frittata', di solito" sorrido.
"Dall'odore non sembra male."
"Lo spero, mi ci sono messa d'impegno."
Entra Orlando e mi si avvicina sorridendo. Mi abbraccia da dietro e mi bacia sui capelli.
"Tu non dovevi riposare?"
"Preferisco starti a guardare mentre cucini. Sembi a tuo agio."
"Ti suonerò antica, ma nonostante tutte le modernità, una donna che sa cucinare sa dove mettere le mani, anche se la casa non è sua."
Dom esce ridendo: "Meno male!" e socchiude la porta. Orlando mi lascia e si appoggia al tavolo dietro di me. Controllo che la pasta non si attacchi, poi non riesco a resistere e mi volto. I miei occhi vengono calamitati dalla sua figura ma voglio godermela con calma.
Comincio dal basso, dalle scarpe scure, risalendo su per i pantaloni neri, posandomi sul dolcevita grigio che gli fascia il petto. Alzo lo sguardo e lo fisso in viso. La sua pelle, più ambrata della mia, i suoi capelli lisci che si arricciano appena sulle punte, i suoi occhi scuri. Mi sorride appena, chinando lo sguardo. Vorrei toccarlo, accarezzargli il petto che tante volte mi accoglie.
"Luna. Posso parlarti?"
Rabbrividisco. Un terrore cieco mi afferra le corde del cuore. Annuisco senza parlare. Alza lo sguardo e mi fissa.
"Non volevo che stessi male."
*Respira.*
"Mi dispiace davvero per quel che è successo."
*Respira, Luna. Forza.*
"Ho tentato di fare qualcosa, ma questo... questo è il mio lavoro." China lo sguardo, abbassando il tono.
*Luna, dannazione, respira!*
"Sono capitati degli imprevisti che non mi aspettavo. Però questo non... non deve farti stare male, non è giusto per te."
No. Ti prego, no. Non lo dire.
*Luna, RESPIRA!*
"Ti prego non mandarmi via da te." E' tutto ciò che riesco a esalare, che mi sfugge di bocca mentre tento di riprendere fiato.
Sto tremando. Crudeli lame gelide mi si conficcano sotto pelle. Lo guardo e mi sento fredda, inerte, un involucro vuoto fatto di ghiaccio. Lui alza lo sguardo ma non riesco a vederlo perchè chiudo gli occhi nascondendomi il volto tra le mani. La terra vibra sotto i miei piedi facendomi oscillare. Mi sento sbilanciata. Le gambe non mi sostengono a dovere.
Poi il suo profumo mi investe e lentamente il pavimento si ferma, cessando di ondeggiare. Vengo sorretta con forza da due braccia che mi stringono protettive, e la sua voce mi risuona vicina all'orecchio:
"Non potrei mai farlo, Luna! Allontanarti da me significa rifiutare la grazia in punto di morte. Come puoi pensarlo?"
Abbasso le mani dal viso posandole sul suo petto, sopra il suo cuore che batte con accento affrettato. Ed il mio, che non lo sento, sta ancora palpitando? Rientro nel mio corpo e lo trovo deserto e ghiacciato, ma il calore comincia a scorrermi di nuovo tra le vene, poco a poco. Apro gli occhi e poso la testa sulla sua spalla. Sto ancora tremando, ma i brividi iniziano a cessare. Mi accarezza i capelli con tocco gentile.
"Non intendo in alcun modo mandarti via, Luna. Non pensarlo neppure."
"Io ti amo, Orlando."
*... No.*
Tu-tump.
L'ho sussurrato davvero.
*Come hai potuto.*
Tu-tump.
Contro la sua spalla, in italiano. Ma l'ho mormorato davvero.
*Hai perduto ogni protezione.*
Tu-tump.
...

Invece no. E' lui la mia protezione. Non mi farebbe mai del male. Io mi fido di lui. Mi del mio amore. E non c'è desiderio di difesa che tenga, nessun dolore troppo grande da impedire ad un amore di essere completamente riconosciuto. Per quale motivo conservarlo in eterno, finchè non appassisce, e muore? Quale soddisfazione può esserci dopo, nel dire 'ma non ho sofferto per amore, e mi sono preservata dal farlo', quando ciò che hai in mano è un sentimento sfiorito e sterile?
...

"Che cosa?"
Apro e chiudo gli occhi a ripetizione per due volte. Orlando mi sta ancora abbracciando, la sua mano tra i miei capelli.
"Cosa, che cosa?"
"Non ho capito quello che hai detto."
Ci sarà un altro momento. Un altro tempo. Forse è meglio così. Ma soprattutto, sono sicura che ci sarà un futuro.
"Ho detto che mi dispiace. Di averlo pensato."
Lui mi prende il viso tra le mani e mi guarda, come se dovesse lasciarmi per lungo tempo.
"Ma ho avuto paura."
"Non devi, piccola, fragile Luna. Ricordi? Non hai ragione per proteggerti da me."
La luce del sole di quel giorno mi illumina scaldandomi. Sorrido nel fissare gli occhi da cui dipende il mio destino.
"Lo so. E' il motivo per cui ti ho dato la parte più grande del mio cuore."
Sulle sue labbra appare il sorriso dell'angelo, mentre si chinano a toccare le mie.

"Mi aspetto che me lo diciate, se non vi piace."
Orlando sorride, Dom incurante ha già affondato la forchetta nella sua porzione di frittata e si porta una piccola fetta alla bocca.
Resto in attesa. Mentalmente ripercorro le mie mosse, anche se dopo quel che è successo in cucina sono stata un pò soprappensiero.

Non dovrei aver dimenticato nulla, neppure il sale. Sono pure riuscita a non fare troppi disastri con la farina. Dom mastica lentamente, con aria concentrata. Orlando lancia un'occhiata a me che sono sulle spine, e a lui che fa l'indifferente, ed esclama:
"Allora? Cosa ne dice il critico? Ci stai tenendo in sospeso."
Dom sorride e ridacchiando risponde:
"Avanti, mangiate, è buonissima. Penso che verrò più spesso a Londra se mi prometti una cena così ogni volta!"
Io scoppio a ridere, sollevata, e annuisco:
"Quando vuoi."
E ringrazio tra me e me mia madre, per aver insistito così tanto nelle lezioni di cucina.

Prendo i piatti impilandoli e li porto in cucina per lavarli, mentre Orlando pensa a bicchieri e posate e Dom finisce di sparecchiare la tavola. Infilo i piatti nel lavello e apro l'acqua calda.
"Immagino che data l'ora non sia il caso di proporre un caffè."
"Per me sì, se non ti dispiace. Altrimenti a Manchester non ci arrivo. Comincio ad avere sonno anch'io", mi prega Dom entrando con la tovaglia ripiegata.
"Resta qui, almeno fino a domattina. Sai che non ci sono problemi" suggerisce Orlando reprimendo uno sbadiglio. Ha un'espressione così assonnata che fa tenerezza. Mi accorgo di sorridere come un'ebete e mi volto dedicando l'attenzione ai piatti.
"Beh, la proposta è invitante, non lo nego, però..." risponde Dom, ed anche se sono voltata avverto il suo sguardo sulla schiena.
Afferro la spugna ed il sapone e comincio a sfregare energicamente i piatti, simulando completa indifferenza. Vorrei dire che posso tranquillamente prendere un bus, la tratta è praticamente la stessa che faccio per andare a lavoro, e in fondo sono, che ore saranno?, le undici al massimo, non posso correre troppi rischi, non sull'autobus almeno. Poi appena fuori mi fiondo in casa. Che problema c'è?
Due mani calde mi sfiorano le braccia e inavvertitamente la spugna mi scivola tra le dita. La riprendo subito.
"Ti andrebbe di restare?" mi sussurra la sua voce all'orecchio.
Tu-tump. Tu-tump.
Io? Lì? A casa sua?
"Posso... posso prendere un bus, davvero..."
"Stai scherzando? Con certa gente in giro?" mi frena.
"Tranquilla, Luna, se ti si avvicina troppo gli sguinzaglio contro Sidi" sorride Dom divertito.
Divento, ahimè, del consueto bordeaux. I due scoppiano a ridere.
"Uffa..." borbotto, posandomi una mano sulla guancia bollente, in una vago tentativo - molto mal riuscito - di nascondere il rossore.
"Ti prego. Non mi fido a mandarti da sola in giro, non quasi a mezzanotte."
Mezzanotte? E' un pò più tardi di quel che credevo.
"Per favore, rimani" aggiunge. Come posso negare un favore a due occhi così dolci. Annuisco:
"Volentieri, allora." Orlando mi sorride accarezzandomi la guancia ed io chino lo sguardo sotto quello divertito di Dom, voltandomi di nuovo per finire di lavare i piatti.

Mi appoggio al lavello respirando profondamente. Dai. Non è niente di male. Hai dormito altre volte a casa di amici maschi, e tu eri l'unica femmina.
Eppure ho il vago presentimento che sia qualcosa di un pò diverso stavolta, no?
*Luna, non ti capisco. Nessuno intende saltarti addosso.*
Oh, lo so, lo so bene.
*Se lo dici così sembra che ti spiaccia, sai.*
Taci, e asciugati le mani, e raggiungili di là. Su. Forza. Avanti.
*Devi muovere le gambe, Luna. Si chiama 'camminare'. In genere si parte con una e la si supera con l'altra. Su, fammi vedere se lo sai fare. Oh, ecco. Brava.*

Tornando in salotto li vedo stravaccati, uno sul divano davanti a me e l'altro su quello a fianco. Hanno gli occhi chiusi ma sorridono, perciò non stanno dormendo. Sidi alza la testa e di nuovo la riappoggia sulle zampe, sdraiato sul pavimento con aria indolente.
*Maschi.*
"Siete ridotti male, eh?"
"Sei tu che hai un'energia infinita. Non capisco come fai. Ma forso ho trovato: dormi più di me la notte" borbotta Dom guardandomi divertito.
"Può essere", rispondo avvicinandomi.
"Ti invidio. Io invece ultimamente dormo poco, e finisco per essere s-s-sta-anco morto", aggiunge sbadigliando. Io sorrido divertita. "Dovreste andare tutti e due a nanna, di corsa, o correrete il rischio di addormentarvi qui. Poi domattina sentirete che dolori alla schiena." "Ha ragione", bisbiglia Orlando, aprendo gli occhi e alzandosi lentamente.
"Noo, lasciatemi qui, abbiate pietà..." supplica Dom, mentre l'amico lo afferra per le braccia costringendolo ad alzarsi.
"Dai, avanti, devi solo salire le scale, non è difficile..."
"Mi porti tu?" sorride Dom maliziosamente facendo finta di saltargli sulla schiena.
"Prendi in giro? Per vedere se cadiamo tutti e due?"
"Oh, avanti, solo tre scalini..."
"Ma neanche per sogno!"
"Due, allora, solo due..."
"Guarda, se anche mi implorassi non ci sarebbe niente da fare."
"Come sei crudele!"
Io salgo dietro di loro ridendo per tutte le scale, intanto che continuano fino alla cima.
"Bah, che razza di amico, potevi almeno portarmi tu visto che la camera non è al piano terra."
"Certo, quale casa non ha la camera da letto in soggiorno?"
Sto rischiando di cadere per le risate. Dom apre la porta della camera degli ospiti e scuote il capo.
"Umpf. Basta, con te non ci parlo più fino ai prossimi dieci secondi" afferma corrucciato scoccando un'occhiataccia all'amico, poi si rivolge a me e sorride:
"Buona notte, darling, la cena era squisita. Complimenti."
Ridacchio e lo bacio sulle guance: "Grazie, lieta che ti sia piaciuta. Buona notte."
"Accidenti... non ho pensato a Sidi" esclama Orlando portandosi una mano alla fronte.
"Lascia, faccio io, così controllo se ho chiuso il gas."
"Davvero non ti spiace?"
"No, affatto."
Dom sorride e lo guarda: "Non te la meriti, scommetto che se avesse potuto lei mi ci avrebbe portato su per le scale!"
"Ma tu non dovevi non parlarmi?"
"Dieci secondi son passati" alza le spalle lui, e augurandoci la buona notte chiude la porta. Noi ridiamo divertiti, poi Orlando mi prende per mano e mi accompagna alla mia camera. Questa casa ha un sacco di stanze. Me ne indica due.
"Quella sulla sinistra è una stanza degli ospiti. Non ti garantisco che troverai pigiama femminili, ma ci sono vari ricambi."
Mi guarda ed aggiunge: "Ogni tanto viene mia sorella a trovarmi."
Sorrido divertita e annuisco: "Va benissimo."
"Quella accanto è la mia. Per qualsiasi cosa..."
"Non preoccuparti, me la caverò splendidamente. E poi si tratta di qualche ora, domattina presto passerò da casa prima di andare a lavoro."
Mi guarda, stringendomi le mani. Gli sorrido, beandomi di quegli occhi così caldi, felini, accattivanti. Faccio un passo avanti sollevando la testa e mi accorgo di essere io ad invitarlo, stavolta. Mi appoggio al suo petto alzandomi sulle punte dei piedi e lo bacio piano sulle labbra, chiudendo gli occhi. Ma il tocco leggero si trasforma in qualcosa di più forte, coinvolgente, che mi trascina via, e le sue mani lasciano le mie per stringermi la schiena, e scivolare lungo i fianchi regalandomi un brivido.
A due passi dalla camera.
Oddio.
*Frena.*
Separo le mie labbra dalle sue con infinita angustia e lo guardo, sorridendo appena. Lui ricambia sguardo e sorriso, accarezzandomi i fianchi con struggente lusinga. Restiamo immobili qualche secondo, poi porto le mie mani dalle sue spalle - come c'erano finite? - sul suo petto, e sussurro:
"Vado."
Annuisce appena, alzando la mano destra e passandola tra i miei capelli, poi sussurra:
"Prometto che proverò ad aspettarti sveglio. Voglio augurarti la buona notte."
Io sorrido e annuisco: "Va bene", poi lo lascio andare e scendo le scale, tornando in cucina. Sidi mi trotterella incontro con un brontolio di gratitudine e comincia a mangiare il cibo che gli verso nella ciotola rossa circolare. Lo accarezzo sulla testa, controllo che gas e luce siano spenti, poi torno al piano di sopra e vado in camera. C'è un piccolo bagno incluso nella stanza, dove mi spoglio e lavo, infilandomi una maglia da notte a maniche lunghe e un paio di pantaloni da pigiama, che arrotolo sulle caviglie per non inciamparci. Evidentemente anche sua sorella è più alta di me, ma ci vuole poco, quando sei più bassa di 1 e 70. Dopodichè prendo un respiro esagerato e in perfetto silenzio, a passi di gatto, esco dalla mia camera. La porta della sua è socchiusa, e la spingo appena. Poi mi afferra un nervosismo improvviso e vorrei non farlo più, ma ormai la spinta, per quanto leggera, ha compiuto il suo dovere.
La porta si apre su una stanza ampia e in ombra, illuminata appena da una luce chiara che entra dalla finestra di fronte, le cui tende sono scostate. I miei occhi si abituano al buio e riconoscono la forma di un armadio subito accanto all'entrata, sulla sinistra, e di un cassettone davanti a me accostato alla parete destra. Entro piano e vedo il letto, un matrimoniale, di qualche centimetro separato dalla parete centrale. Le coperte sono morbidamente arrotolate verso la cima, e sembrano caldissime. Seguo il loro profilo con gli occhi finchè non mi soffermo sul suo corpo.
Il mio cuore ha un sussulto.
La trapunta gli copre il torso lasciando fuoriuscire le braccia, le spalle ed il viso. Il petto si solleva piano, al ritmo regolare del suo respiro. Una goccia di luce si allunga sul suo collo sfiorandolo fino alle labbra, lievemente dischiuse. Un braccio sopra la coperta e l'altro piegato, la mano all'altezza del suo viso morbidamente appoggiato contro il cuscino, da un lato. Nel sonno seduce così violentemente, che ho paura di svegliarlo col tremito del mio corpo.
Sguscio nella stanza senza emettere un suono, a malapena respiro per non distruggere l'incanto. Raggiungo il suo lato e lo contemplo da vicino, chinandomi sul suo volto sereno, lo ascolto respirare. Non oso muovermi. Non so per quanto resto in quella posizione, mentre il rintocco dei miei battiti scandisce il tempo. E d'improvviso, come se avesse sempre saputo che ero lì, o il suo sonno lo avesse avvertito che stavo osservandolo, apre gli occhi e mi guarda. Ricambio in silenzio, finchè non vedo le sue labbra muoversi appena ed esalare:
"Ti aspettavo."
Non muovo un muscolo eppure vibro in ogni centimetro di pelle, il calore mi assale ad ondate e ad ondate si ritira, come la marea sulla spiaggia. Il braccio posato sulla trapunta si alza e raggiunge il mio collo, la mano mi sfiora la guancia e scende poi sul mio polso, avvolgendolo. Solleva appena il torace mentre con l'altro braccio scosta le coperte spostandosi verso il centro del letto, piegandole.
"Vieni qui", sussurra.
L'ultimo barlume di coscienza si spegne lanciando un fioco grido d'allarme che non ascolto, e posando le mani sul materasso mi piego, sdraiandomi al suo fianco. Lascia ricadere la coperta su di me e con un braccio mi circonda la schiena tirandomi più vicina a sè, sul suo petto. Mi bacia la fronte mentre accosto il mio corpo al suo, e gli cingo col braccio sinistro il torace, posando la testa sopra il suo cuore. La sua pelle sprigiona un tepore rassicurante, e chiudo gli occhi aspirandone il profumo. Mi stringe appena, accarezzandomi i capelli ed il viso, per lungo tempo. Le mie dita si muovono delicate sui suoi pettorali, piene d'amore. Non un suono che sia diverso dal nostro respiro quieto. Scivolando nel sonno, cullata dalla sua presenza, protetta come mai lo sono stata, mi chiedo se sia da questi momenti sublimi che nascono i sogni, e se siano realmente fatti di questa tenera inconsistenza fatata che li rende inafferrabili, eppure alla portata di tutti.




Bimbe mie belle,
dolcissime sognatrici,
vi dedico questo capitolo con tutto il cuore.
Un bacio, vostra Giulia.

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Capitolo 17
*** Amicizia ***


Oltre le mie palpebre chiuse c'è luce. Non voglio svegliarmi, ma nel momento in cui formulo questo desiderio, il sonno scompare, ed apro gli occhi. Lentamente, affinché io non venga colpita dalla violenza di ciò che la vista mi propone. Dev'essere presto, perchè il chiarore sa di alba, e i raggi del sole tremolano ancora per riuscire a farsi spazio attraverso l'oscurità. Chiudo gli occhi di nuovo, e respiro il suo odore. Nonostante abbia trascorso l'intera notte sul suo petto, non ne sono ancora sazia.
Fisso le tende chiare e vagamente m'accorgo che abbiamo cambiato posizione: gli volto le spalle, il suo braccio destro mi fascia il fianco, il suo torace contro la mia schiena, il suo respiro tra i miei capelli.
Allungo piano le gambe. Mi si spezza il cuore quando capisco che devo andare. Non c'è una sola ragione - un buon bagno caldo, il cambio d'abito, la colazione, il lavoro - che mi sembri abbastanza valida da costringermi ad alzarmi ed allontanarmi da quell'oasi perfetta di pace. Cerco di ricordare perchè sono ritenuta dai più una ragazza assennata: non rimando un dovere, per quanto sgradevole sia.
Ho l'impulso ribelle di distruggere questa opinione che maledice e contrasta i miei desideri restandomene dove sono, ma mi danneggerebbe e basta. Devo lasciarlo e tornare a casa. E possibilmente, senza svegliarlo.
Ci metto circa dieci minuti ad uscire dal suo letto, a staccarmi dal suo abbraccio, che incosciamente serra nel sonno. Ogni minimo cenno che fa per trattenermi mi strappa a morsi l'anima, soprattutto perchè lo fa senza saperlo. Ma alla fine ci riesco. In punta di piedi raggiungo la porta ed esco dalla camera, tornando nella mia. Lì mi spoglio e mi rivesto, piegando il pigiama che porto via con me per poterlo lavare a casa. Passando accanto alla camera di Dom non sento alcun rumore, perciò penso stia ancora dormendo. Mi dispiace non poterlo salutare, visto che oltretutto deve partire. Mi viene un'idea intanto che scendo le scale e Sidi mi trotta incontro, ancora insonnolito. Lo accarezzo sulla schiena, intanto che cerco di trovare le chiavi. Le individuo sul mobile accanto all'ingresso, e le prendo, uscendo e richiudendo piano la porta dietro di me.
A poca distanza da casa di Orlando c'è un locale, che fortunatamente è aperto. L'aria frizzante mi accoglie e risveglia del tutto. Cerco il cellulare in borsa e guardo l'ora: le 6 e 30. Entro nel bar, ed il ragazzo al di là del bancone mi sorride dandomi il buongiorno. Sembra stanchissimo. Ricambio il saluto e faccio colazione con un caffè macchiato ed una piccola pasta vuota. Mentre aspetto che sia pronto, il ragazzo borbotta sorridendo che ne avrebbe bisogno anche lui, di un bel caffè. Sorrido chiedendogli da quanto è lì, e lui risponde dicendomi che ha fatto il turno di notte, e che deve restarci fino alle otto. Su un tavolino sono sparsi alcuni fogli - sembrano volantini bianchi - e ne prendo un paio, con un'altra idea in mente. Finita la mia colazione ordino anche due brioche grandi, con due cappuccini in quella confezione che trattiene il calore - e nonostante non conosca il termine in inglese, il ragazzo annuisce sorridendo - ed un altro caffè, "Me lo faccia come preferisce", affermo. Pago il conto e prendo il contenitore che gentilmente mi ha dato per poterli portare via. Arrivata alla porta mi sento richiamare:
"Miss, sta dimenticando il caffè!"
"Oh, no, quello è per lei", rispondo. Lui mi guarda stupito, poi mi rivolge un sorrisone a metà tra il sorpreso e il contento:
"Oh, grazie infinite, Miss!" balbetta, prendendo la tazzina e assaporando il profumo che emana. Io gli sorrido scuotendo il capo:
"Di nulla, a lei" ed esco.
Rientro in casa a passi felpati e lascio cappuccini e brioche sul tavolo, poi prendo la penna dalla borsa e mi piego a scrivere sui due fogli bianchi due biglietti distinti:

Buongiorno!
Spero di essere stata abbastanza silenziosa nell'uscire.
Nella busta c'è la colazione, mi auguro che nessuno dei due
sia nemico del buon vecchio cappuccino.
Dom, ti mando un grandissimo abbraccio, fai buon viaggio
e appena torni sappi che sei invitato a pranzo - o a cena, dipende - come promesso.
Grazie di tutto quanto.
Luna.


L'altro biglietto lo piego con cura e lo porto con me al piano di sopra. Rientrare nella camera di Orlando mi costa uno sforzo di volontà enorme, ma riesco a lasciargli il foglio sul comodino senza ripiombargli accanto, sotto la coperta morbida.
Poi esco di nuovo, scendo le scale, lascio le chiavi sul tavolo accanto alla busta con la colazione, prendo il pigiama ripiegato e mi chiudo la porta dietro le spalle.

Non avrei mai voluto
lasciare il tuo fianco e andarmene senza salutarti.
Ma svegliare chi dorme è come profanare
un luogo sacro. Potevo farti questo torto,
dopo che tu mi hai regalato la notte da fiaba
appena trascorsa?
Buon risveglio,
angelo mio.


Esattamente due ore dopo sono davanti alla libreria. Leah mi vede da lontano e mi corre incontro con un sorriso che si allarga nel guardarmi bene in viso, mano a mano che si avvicina.
Mi prende le mani e scoppia a ridere:
"Luna, che gioia rivederti così! Non vedevo l'ora che ti tornasse la luce negli occhi, sono stata tanto preoccupata..."
La abbraccio forte, questa ragazza dolcissima e premurosa, che per quindici giorni mi ha osservata in apprensione, pronta a sostenermi se fossi caduta. Lei ricambia e mi sussurra:
"E' tornato? E' per questo che ieri c'era quel ragazzo a prenderti?"
"Sì, a tutte e due le domande."
"Come stai?"
"Come se respirassi di nuovo dopo essere stata ad un pelo dal soffocare."
"Lo credo. Bastava guardarti..."
"Luna!"
Mi volto, Cynthia ci viene incontro con aria inizialmente tesa, poi più serena una volta raggiunteci:
"Credevo... ho visto che l'abbracciavi... tutto bene?" Guarda a turno me e lei per cercare conferma. Io annuisco e stringo forte anche lei, che per tutto il tempo è rimasta in silenzio, evitando qualsiasi consiglio che andasse più in là di un sussurro gentile, ma che il giorno prima si era fatta avanti a proteggermi con determinazione e affetto.
Le mie amiche. Sorrido sopraffatta dalla gioia. Loro ricambiano in pieno e sfogano finalmente la curiosità che, sono certa, hanno trattenuto finché non son state sicure del mio stato d'animo, rivolgendomi una serie di domande a cui rispondo con precisione.
"Bene, adesso sinceramente sono più tranquilla" esclama soddisfatta Cynthia. Leah sorride e fa:
"A proposito, ma allora com'è che siete messi?". La guardo perplessa.
"Sì, come siete rimasti, cosa siete, adesso lo sai?"
Ops. Dettaglio non ancora pervenuto. Posso dire con sicurezza che non sono un'amica. A meno che qui in Inghilterra due amici trascorrano una notte come quella...
"Luna, sei arrossita. Ho fatto la domanda sbagliata?" chiede Leah.
"Ahm, no, no, scusa, stavo pensando... è che abbiamo parlato di così tante cose che questa proprio mi è... come dire... sfuggita."
Cynthia interviene:
"Io penso che tu possa tranquillamente dire di essere la sua ragazza."
Ancora? Ma questo termine lo usano tutti, qui? Mi fulmina un pensiero. Spalanco gli occhi. Ragazza. Girlfriend. In inglese è un termine non ufficiale. Un pò meno ristretto che da noi in Italia. "Ragazza-amica, ragazza-compagna"... sì, ci posso stare.
"Luna, tutto bene?"
"Ahm, sì... mi sono appena accorta che avete sempre avuto ragione voi a dirla così..."
Mi guardano un pò perplesse, ma l'arrivo di Mrs Meadows mi dispensa dallo spiegare.
"Good morning, dear ones." "Good morning, Madam", "Good morning, Mrs Meadows."
La signora ci sorride e apre la libreria. Noi ragazze ci scambiamo uno sguardo e la seguiamo all'interno.

"No, no, tu sei brutta, cattiva e malefica, mi vergogno d'essere tua sorella, che cavolo!"
Alzo gli occhi al cielo e cambio orecchio: Linda mi sta fracassando il timpano.
"Vuoi parlare più piano? Sono a lavoro."
"Potevi chiamare ed avvertirmi, Medusa!"
"Medusa?"
"Certo! Tu sei come le streghe della Disney, che sono appunto brutte, cattive e malefiche. Ce n'era giusto una che si chiamava Malefica. Ma non cambiare discorso! Discolpati, su."
"Linda, non ero a casa ieri sera, come ti chiamavo?"
"E dove saresti stata, sentiamo!?"
"A casa sua."
...
"Linda, ci sei ancora?"
"A MAGGIOR ragione potevi chiamare ieri notte, sai che tengo il cellulare acceso!"
"Che, tra parentesi, ti fa male, ma non avrei potuto comunque."
"E per che motivo, scusa?"
Chiudo gli occhi e avverto nuovamente le sue braccia attorno alla mia schiena. Rabbrividisco in fiamme.
"Ero a casa sua."
"... Di notte?"
"Siamo tornati tardi, ho preparato una cenetta per tutti e tre, e poi erano così stanchi che sono andati a dormire."
"E tu perchè non mi hai chiamata?"
"Ma, mi ascolti? Ti ho detto che ero a casa sua."
"Appunto! Tornata a casa potevi chia..."
Si interrompe. Forse ha capito.
"Non sei tornata a casa?"
"No."
"Sei rimasta a dormire da lui?!"
Di nuovo rievoco il pensiero del suo corpo contro il mio. Un altro brivido scivola lungo la schiena.
"Sì."
"Oh. Oh! OH! Ma te c'hai davvero un culo spropositato! Dormi nella stessa casa di Orlando Bloom, nella stanza accanto alla sua! Cioè non so se mi spiego! Hai visto se dorme col pigiama o senza, come gli americani? Ma no, già, se eri in un'altra stanza non potevi..."
Silenzio.
*Menti.*
Non mi riesce, è mia sorella.
"Luna."
Ho terrore della domanda che sta per pormi, lo sento.
"Luna, tu hai dormito in un'altra stanza, eh? Vero?"
"Quanto cado nella tua stima se preferisco non rispondere?"
"Stai scherzando? Scherzi?! Cioè hai dormito con lui? Sei andata a letto con..."
"Linda, piantala!". Tace subito. Mi sono arrabbiata davvero. Riprendo con calma.
"Primo: ti ho già pregato di ricordare che potrebbe essere l'ultimo degli sconosciuti, e che per me sarebbe la stessa identica cosa. Per favore. Smetti di pensare a lui come all'attore." Resta in silenzio un attimo, poi prosegue, più tranquilla.
"E, non ti arrabbiare, ma come posso farlo?"
"Non lo so. Provaci. Pensa solo che è un ragazzo meraviglioso che mi fa stare benissimo, come non mi è mai capitato. Che lo fa per davvero, perchè vuole, senza secondi fini."
"Mhm. In quest'ottica va già meglio. Posso riuscirci. E secondo?"
"Secondo, credevo mi giudicassi un pò meglio."
"Se stai per dirmi che non ci sei andata ti giudico peggio, semmai."
"Linda..." la prego stancamente, ma mi interrompe.
"Scusa, no, lo hai detto tu che lo ami. In genere queste cose si fanno, se si ama."
Il ragionamento non fa una piega, tipico di questa furbona. Ci rifletto un pò sopra, poi arrischio una risposta. "Forse... è proprio per questo. Vedi, non... non è che ho rifiutato. E' che proprio non... non abbiamo contemplato l'idea."
"... Oh. Quindi, tu intendi... che magari anche lui... che siccome ci tenete tutti e due, non volete, che so, prenderla come una cosa scontata?"
"E' una possibilità tanto assurda?"
"Uhm, no. Ma se è così, sai cosa vuol dire, vero?"
"Che... no. Cosa?"
"Che non è un amore a senso unico."
"Ma io lo so che mi vuole bene."
"Eh, appunto. Pensaci."
Ci metto qualche secondo ma ho capito dove vuole andare a parare.
"Senza offesa per l'intuito, ma non credo che sia già a questo punto."
"Tu ci sei."
"Sarò diversa, che ne so. Io so solo che avevo un cuore sgretolato e che adesso funziona nuovamente grazie a lui, anzi, per lui. Forse dopo quelli che mi sono capitati, mi risulta più facile amare prima e realmente qualcuno che se lo merita."
"Beh, ha mostrato di apprezzare il tuo fisico, no?"
Arrossisco. "E allora?"
"Quindi ho ragione io. Senti, Luna: io non ho esperienza, e va bene, però se una persona è attratta fisicamente da un'altra e stop non ci perde tanto tempo. E nemmeno se vuole bene e basta, secondo me. Anche se indubbiamente ti rispetta. Ma visto che su questo argomento sei suscettibile come la fiammella del gas, torno al motivo per cui ti ho chiamata: tra dieci giorni è il tuo compleanno."
"Undici."
"Ah, già, oggi è il 14. Senti, mamma e babbo mi han dato il permesso per venirti a trovare. Però mi trovo inguaiata, perchè lunedì 26 ho la simulazione della terza prova e non posso saltarla. Quindi il 25 non posso festeggiare con te. Mi dispiace tanto, gioia."
"Oh... senti... come sta andando a scuola?"
"Benissimo: perchè?"
"Se chiedessi a mamma e babbo ti mandarti qui, come premio per buona condotta scolastica, dal giovedì al sabato? Tu potresti visitare Londra mentre io lavoro, giovedì, ma dalla sera in poi staremmo assieme. Mrs Meadows non vede l'ora di concedermi un giorno di ferie. Potrei chiederle quel venerdì."
"Accidenti, addirittura insiste? Fai così pena come libraia?"
Scoppio a ridere. E' grazie a Dom che posso sperare in quel favore.
"Mi va benissimo. Controllo i voli, ma se non sbaglio ce n'è uno la mattina del giovedì e uno che riparte la sera del sabato, sul pomeriggio tardi. Vanno bene?"
"Certo!"
"Allora sento i parents e prenoto. Oh, così ti porto anche l'altra cosa."
"Cosa... non dirmi che..."
"Sissignora. Missione compiuta." La vedo sorridere con la mente.
"Sei un tesoro."
"E già. Porto tutto giovedì. In gamba, Ursula!"
Click.
Mia sorella. Che matta. Respiro profondamente ed esco dal camerino.
Mrs Meadows mi rivolge un sorrisone ed indica la porta. Alzo lo sguardo.
"Dom!"
Mi viene incontro sorridendo ed entrato nella libreria mi abbraccia.
"Potevo andare via senza salutarti, dopo che oltretutto ci hai portato il cappuccino più buono di Londra?"
"Ma dai!" scoppio a ridere.
"No, davvero, è stato un pensiero graditissimo, grazie. Se possibile ti adoriamo più di prima. Confermi di essere una rarità." Mi lascia e annuisce, un sorriso sincero e scanzonato.
Arrossisco: "Ma non è stato nulla di che..."
"Orlando non la pensa così. Era veramente toccato."
Resto in silenzio, le guance brucianti. Dom mi guarda serio:
"Sii felice, Luna. Io lo sono, per voi due."
Gli sorrido e annuisco: "Grazie di tutto, Dom. Davvero."
"You're welcome, darling." Sorride.
Dom. Amico suo. Di più. Amico mio, anche. Che gli parla di me. Che mi consola. Che è felice ch'io sia felice. Mi mancherà, già lo so.
"Stai andando via, allora?"
"Sì, parto tra due giorni. Ma spero di tornare per farti gli auguri: so che tra poco è il tuo compleanno."
Annuisco: "Sì."
"Bene! Allora mi auguro di poterteli fare di persona quando ritorno. Oh, prima che me lo dimentichi... Oggi a pranzo sei prenotata. E anche domani, e per tutti i pranzi della prossima settimana. Indovina da chi."
Arrossisco, e lui scoppia a ridere.
"L'agente gli ha sistemato i vari appuntamenti per lasciarlo libero tutti i giorni almeno a pranzo. Una full-immersion di lavoro concentrata nel pomeriggio."
"Ma... ma non c'era bisogno..."
"Invece sì: in questo modo, il 24 ed il 25 lo avrai tutto quanto per te."
Vengo scossa da una gioia profonda, convulsa. Forse anche le streghe cattive hanno un Principe che le ami.





Spero sinceramente che vi sia piaciuto ^.^
Sappiate che siete la mia fonte principale di carburante per il cervello.
Tra parentesi, non è irreale che Luna ci abbia messo dieci minuti per uscire dal letto.
Parlo per esperienza personale. Quando non vuoi svegliare una persona, riesci a mettercene anche di più a forza di muovere un muscolo al minuto XD
Lots of kisses!

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Capitolo 18
*** Please... don't stop ***


E' una settimana perfetta. Ogni giorno, a pochi minuti dalla chiusura, sono certa di poter alzare lo sguardo e vederlo davanti a me, in attesa, il suo sorriso solare che illumina il cielo intero. Fin da poche ore dopo la partenza di Dom.

///////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////FlashBack///////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////

Leah sorride voltandosi dall'altra parte mentre mi chino a raccogliere un libro che ha urtato. Non mi è chiaro finchè a riprenderlo non è la sua mano, ma una che conosco altrettanto bene. Ne seguo il profilo fino a fissarlo negli occhi. Lo sguardo di Eros. Gli Dèi esistono, ne ho uno davanti. Posa il libro al suo posto e mi abbraccia, affondando il viso nel mio collo.
"Buon giorno, piccola Luna." Lo sussurra sfiorandomi con le labbra la gola, ed io avvampo. La sua pelle sotto le mie dita, il suo profumo sul mio viso, nei miei capelli il suo respiro...
"... Hi, my angel" bisbiglio. Sorride e si allontana posandomi le mani sul viso, avvolgendomi del suo sguardo scuro.
"Grazie." Lo guardo interrogativamente.
"Per il risveglio più dolce che abbia mai avuto."
Arrossisco. "Sarebbe stato un crimine, svegliarti. Anche se il desiderio di salutarti era così forte da fare male."
Mi investe di calore e sentimento, attraversandomi anima e corpo, ed io non vorrei altro se non tornare alla notte trascorsa assieme, solo poche ore prima, quando ogni mia remora era svanita del tutto...
"Vieni qui." Lo stesso invito. Che mi scuote il cuore. Mi perdo nella sua stretta e chiedo soltanto di assaporarla il più a lungo possibile.

///////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////FineFlashBack///////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////

"Quando arriverà?"
"Domani mattina presto. Ho il tempo di andarla a prendere e portarla a casa, prima di andare a lavoro. Così riposa un pò e poi può girovagare per Londra come desidera. Tu quali programmi hai?"
"Ho la giornata piena, e così venerdì. Ma mi farebbe piacere conoscerla."
"Davvero? Scommetto che ne sarebbe felice."
Sorride, poi china lo sguardo:
"Lo sa, di me?"
Ops. Non mi ero preparata a questa domanda. Lo guardo intimidita, poi dico la verità:
"Veramente, ecco... sì."
Silenzio. Mi faccio forza:
"Non potevo evitare, visto che verrà qui... però, intendo, è davvero riservata, se l'ho fatto è solo per scrupolo di coscienza, non per... ecco...". Accavallo le spiegazioni una sull'altra. Respiro profondamente e riprovo, con calma:
"E' giovane, ma è una bravissima ragazza, ha la testa a posto. Solo che mi conosce meglio di quanto mi conosca io, e perciò, ecco, lo ha sentito quando... quando ho cominciato a comportarmi in maniera diversa. Così le ho dovuto dire la verità."
"Ovvero?". Il tono è interessato, ma assolutamente sereno. Mi tranquillizzo.
"Ehm..." arrossisco furiosamente. Ripetere le cose che le ho raccontato davanti a lui vale è piacevole quasi quanto buttarsi dal quinto piano su cocci di vetro appuntiti.
"Ecco, che avevo incontrato qualcuno di veramente speciale. Che... se avevo un'aria strana era perchè... è perchè... come dice Dom... sono totalmente... andata."
Pronunciare queste parole mi costa uno sforzo pari a quello di lasciare il suo abbraccio. Ho chinato così tanto la testa che rischio di sbattere addosso alla gente, se non sto attenta. Lo sento stringere di più il braccio che mi cinge la schiena, e mi chiedo cosa stia pensando. Spero lo sappia, che non sono andata a dire ai quattro venti che sto con lui. Che se ne ho parlato, è stato solo per raccontare di un ragazzo meraviglioso cui ho dato il mio cuore, senza che nome e fama valgano qualcosa.
Ma la domanda che mi pone mi spiazza completamente.
"E... che ne pensa?". Lo guardo: sembra imbarazzato anche lui.
"Di che cosa, del fatto che sia totalmente andata?", domando lasciando da parte il pudore. Sorride confuso, chinando lo sguardo di nuovo. Mi appare Drew Baylor in carne e ossa. Ho un attacco di tenerezza difficile da frenare.
"No, in realtà...". Lo guardo interrogativamente, poi capisco cosa intenda e resto a bocca aperta.
"Cosa ne pensa... di te?" chiedo io sbalordita. Lui annuisce, sorridendo imbarazzato.
Lui che si fa dei problemi su cosa può pensarne un membro della mia famiglia. Lui. Orlando. Quello che mi ha salvato la vita da tre delinquenti. Quello che mi ha rimesso in funzione il cuore. Senza pensarci mi esce una risposta dettata da sincera passione:
"E' contentissima, perchè sua sorella ha accanto un ragazzo che le regala una favola ogni giorno. A lei basta sapermi felice, e lo sa, lo sente, che da quando ti ho incontrato, non passa giorno senza ch'io lo sia con tutta l'anima."
*Luna?! Hai rotto il freno a mano?!*
Oddio. Ci ho messo troppa foga. Mi guarda stupefatto ed io invariabilmente arrossisco fino alla punta dei capelli.
"Scusa, non volevo essere troppo esub..." borbotto, ma non mi lascia il tempo di finire la frase, perchè le mie labbra vengono catturate dalle sue con così tanto slancio che devo tenermi al suo petto per non indietreggiare. E restituisco in pieno. Sempre più spesso ultimamente la ragione viene meno e libera i miei sensi, costringendomi a cercare un controllo che non trovo, intanto che non mi riconosco. Luna, che detestava Cupido, che tratteneva pensieri e parole... resa selvaggia ed avida dal desiderio di questo ragazzo che mi preme il petto contro il proprio mozzandomi il respiro.
"Vale anche per me. Devi saperlo" mi sussurra a mezza bocca, separandosi quel tanto che gli permette di formulare le parole. Chiudo gli occhi, in preda a scosse elettriche. Torna un pò della compostezza che avevo, ma è sempre più scarsa. E va benissimo così.

Il giorno si promette chiaro e luminoso. La vedo arrivare prima di tutti gli altri, e subito cercarmi tra la folla. Mi individua e alza un braccio sventolando la mano, rischiando di colpire un povero passeggero con la giacca. Scuoto il capo ridendo: mia sorella.
"Oh, pardonnez-moi!" si scusa, e poi mi corre incontro. La abbraccio forte, dopo un mese intero di lontananza.
"Sei in Inghilterra, non si dice 'pardonnez-moi'!"
"Oh, se vuole ha capito lo stesso! Sorellona! Come stai? Fatti guardare! Wow, che figona mi sei diventata! Guardala, tutta rossa come sempre! Su questo non ci piove mai. E qui? Qui piove? E l'uomo? Dove sta?"
Si allunga per cercare Orlando, facendomi scoppiare a ridere per l'espressione.
"Spiacente di deluderti, ma non c'è."
"Nooo! Perfida! Ma come! Guarda che non te lo rubo, voglio solo vederlo, toccarlo, o almeno farmi fare un sacrosanto autografo!"
"Linda, se n'era parlato o sbaglio?"
"Senti, fammi essere scema come tutte le ragazze della mia età... tu sei nata vecchia, non sei mai stata adolescente, che ne sai di com'è?!"
"So solo che dovrai trattenerti un minimo, perchè fino a stasera probabilmente non lo vedi."
Resta a bocca spalancata: "Co... lui... stasera? Viene stasera?"
"Forse. Non lo so. Che c'è? Eri così contenta, t'è passato l'entusiasmo?"
Mi fulmina: "Oh, non cominciare a fare la sarcastica. E togliti quell'accento british, che mi metti i brividi. Dio mio! Ti sei inglesizzata!"
E con la sua parlantina a raffica che mi tempesta di notizie, non finisco di ridere per tutto il tragitto da Heathrow a casa.

Porto Linda a casa e vado a lavoro. Le lascio sul tavolo una cartina della metro e dei bus da prendere per raggiungere le varie zone, oltre ai soldi per il pranzo e per qualche extra, e le chiavi di casa, di cui non ho bisogno perchè l'ultima ad uscire è lei. Fortunatamente la stanchezza ha avuto il sopravvento, ma so per certo che appena si sveglierà verrà a cercarmi lungo tutta Oxford Street. Difatti, appena suonano le 12 e 30 Leah lancia un "Oh!" che ci fa voltare tutte e tre. Indica il vetro della libreria, al di là del quale una ragazza con i capelli castano chiaro, giacchetto azzurro e occhi nocciola ci sgrana un sorrisone facendo 'ciao' con la mano. Mrs Meadows la guarda perplessa, ed io le spiego chi è, arrossendo. Cynthia e Leah sorridono e Madam commenta:
"Senza dubbio ti assomiglia abbastanza da immaginare che siate parenti, ma per il resto sembrate agli antipodi."
"Ehm", rispondo, mentre le tre donne ridono guardandola saltellare al di là della porta con in mano un CD dei Queen appena acquistato, "effettivamente potremmo essere giorno e notte, ma è un bene, perchè ci compensiamo."
La presento a tutte e tre, poi andiamo a pranzo. Devo ammettere che dopo tanto tempo, parlare nella propria lingua è un piacere. Mi accorgo di dover riformulare delle frasi perchè la grammatica è diversa. Finita la pausa, le raccomando di stare attenta e di tornare entro le sette, altrimento resto chiusa fuori, e lei promette di tenere gli occhi aperti e vigili.
"Non si sa mai, magari lo becco per strada prima di stasera!"
"Linda..."
"Scherzo, tranqui... Ciao pupa!"

Alle sette ho finito di impilare i libri nelle scatole, e saluto le ragazze e Mrs Meadows uscendo fuori dal negozio. Respiro profondamente l'aria della sera. Fa un freddo tremendo, ma sto benissimo. Mi incammino verso la fermata del bus, sperando che quella piccola peste di mia sorella non abbia sconvolto i bravi londinesi, e intreccio le mani, sfregandole per riscaldarle un poco.
"Permettete che lo faccia io, my lady?"
Sorrido prima ancora di voltarmi. Ma ostento un'aria distaccata e regale:
"Se lo desiderate, my lord..."
"Assolutamente", afferma lui, prendendomi le mani e portandosele sotto la giacca, per posarsele sui fianchi. Non le trattengo affatto, anzi, glieli accarezzo piano. E' sempre un piacere poterlo fare. Orlando si china a baciarmi, e subito le mie mani salgono sul suo petto, teso e tonico sotto il maglione. Potrei mettermi a fare le fusa.
"Sei invitante, così caldo." Arrossisco subito dopo averlo detto e in fretta aggiungo: "Io sono sempre gelida."
"Allora è una fortuna che ci sia io" sorride lui, stringendomi forte. Se solo sapesse quanto ha ragione.
"Sei libero o devi lavorare?"
"No, per oggi ho finito. 'Serata Libera'" annuncia aprendo le braccia e respirando profondamente ad occhi chiusi. Scoppio a ridere, poi esclamo:
"Allora perchè non vieni a cena da me? Non hai ancora visto la mia nuova casa, e praticamente me l'hai scelta tu."
Sorride: "Vero. Vieni, ti accompagno, ho la macchina qui dietro."
Raggiungiamo l'auto e lui si fa avanti per aprirmi la portiera. Sorrido imbarazzata:
"Grazie, che cavaliere." Lui ride e risponde:
"Sei tu che hai deciso che gli inglesi debbano essere educati... non voglio contestare un giudizio così cortese."
Ridacchio anche io, e mi allaccio la cintura. Mentre fa il giro per sedersi, ricordo che è la prima volta dopo, quella sera, che salgo in auto con lui. Orlando mette in moto l'auto e guida verso casa mia, dopo che gli ho dato l'indirizzo.
Lui sorride, poi chiede, d'improvviso:
"Oh, ma... non è arrivata Linda?"
"Sì, stamattina."
"Sicura che non interrompo un tête-à-tête tra voi? Vorrete stare sole, parlare un pò..."
Scuoto il capo:
"Figurati, desidera assolutamente conoscerti, le ho messo troppa curiosità addosso."
Sorride lanciandomi un'occhiata e sussurra:
"Intrigante".
Lo fa con un tono così innocentemente malizioso che è difficile controllare il batticuore.

Davanti a casa non c'è nessuno. Che fine ha fatto? Controllo l'orologio. Le sette e trenta. Comincio ad essere preoccupata, non ha neppure chiamato. Lo faccio io. Al secondo squillo sento rispondere:
"Linda, dove sei?"
"Ffffrrrr... rdonami, son... frrrrrrrr... metro, non c'è linea, son q... frrrr...asi a casa, tranquilla!"
Click.
Orlando mi guarda, spostandomi una ciocca di capelli dal viso. Rabbrividisco: succede sempre quando mi sento tirare piano i capelli. Soprattutto se a farlo è lui.
"Tutto a posto?"
"Sì, sta arrivando, ma è in metro e perciò non c'è campo."
Mi sfiora ancora la ciocca con la mano. Un secondo brivido.
"Hai freddo?"
Scuoto il capo: "No..." ma sussulto di nuovo in conseguenza all'altra carezza.
"Sei sicura? Stai tremando."
Sussurro: "Sei tu che mi dai i brividi."
Mi guarda dapprima stupito, poi sfodera il sorriso sghembo che gli conosco bene:
"Oh, intendi, se faccio così?" e nuovamente mi tira appena i capelli, intrecciandoseli attorno alle dita. Una scossa mi attraversa partendo dal collo fino alla schiena, chiudo gli occhi.
"Per favore..."
"Per favore, cosa?", sussurra malizioso giocando con le mie ciocche color mogano, l'altra mano che si muove sul mio collo.
"... non smettere."
*Oh. Oh-oh.*
Apro gli occhi e incrocio il suo sguardo. E' caldo e indecifrabile, ma lo vedo accendersi mentre si avvicina. Mi bacia con labbra brucianti la pelle del viso, e scende lungo il confine del mio volto infiammandolo, finchè non raggiunge il collo. Schiudo le labbra trattenendo il respiro, quando la sua bocca mi preme sulla pelle e le sue mani mi scorrono lungo la schiena, i fianchi, le spalle, avvinghiandosi ai miei capelli.
Affondo le dita nelle sue spalle ed indietreggio portandomi contro il muro, le avverto contrarsi e soffoco un gemito quando lo sento mordermi il collo. Di nuovo è metallo fuso e incandescente che mi scorre nelle vene, ed appena mi lascia sono le mie labbra che cercano la sua pelle, ogni singolo centimetro libero da poter assaporare, mentre il suo profumo annienta l'ultimo briciolo di lucidità rimastami. Sento il suo respiro affannoso sulle spalle ed il mio cuore battere all'impazzata ma nessuno dei due si ferma, incuranti di dove siamo, in un susseguirsi di desiderio e brama crescenti.
Finchè dall'abisso sensuale in cui sto precipitando non emerge una voce sbalordita:
"L-Luna?"
Ci allontaniamo di scatto, voltandoci contemporaneamente: Linda mi sta, ci sta fissando a bocca aperta ad un metro di distanza.
Mi sento arrossire furiosamente e riprendo possesso delle mie mani. Chino lo sguardo non osando guardare nè lui nè lei.
Silenzio opprimente per cinque secondi lunghissimi. Poi Linda si schiarisce la voce e avanzando con la mano tesa verso Orlando fa:
"Hi, I'm Linda. Pleased to meet the guy who's kissing my sister."
Al ché io mi copro gli occhi con la mano, nascondendomi dal mondo intero, mentre 'il tipo che baciava sua sorella' le stringe la mano ridacchiando imbarazzato:
"Hi, pleased to meet you too."
Linda con aria indifferente mi porge le chiavi, ed io apro la porta senza alzare la testa.
"Sappi che dopo questo, quell'autografo lo pretendo." La guardo sghignazzare, e lascio andare un sospirone.

Avevo preparato e messo in freezer le lasagne, uno dei piatti preferiti di Linda, per cui non dovetti fare altro che infilarle nel forno e attendere, mentre lei aiutava Orlando a sistemare la tavola. C'era un pò di disagio all'inizio, non certo dovuto alla scena a cui aveva assistito. Immaginai che fosse perchè ancora non riusciva a vedere vari personaggi, che aveva amato come tutte le ragazze, nel corpo di un uomo soltanto, in carne ed ossa. Certo, avere Will Turner a cena non è da tutti, ma io avevo cominciato all'estremo opposto, perciò per me sarebbe strano insolito trovarmi davanti lui e non Orlando. Ma capii presto che non era per questo: la sentii spiegare, incespicando qua e là, che il suo inglese era abbastanza limitato, e che avrebbe voluto poter parlare come sempre, ma temeva di dover ricorrere continuamente a me per tradurre. Ammirai la sua sincerità, specie davanti ad un ragazzo che non conosceva. Mi chinai a controllare le lasagne per poter correre a trarla fuori d'impaccio, ma d'improvviso fui attratta dal suono continuo delle loro voci. Incuriosita, mi affacciai. Erano seduti sul divano; Linda chiacchierava in perfetta serenità, con un'espressione leggermente sorpresa sul viso, mentre Orlando le rispondeva allo stesso modo. Stavano dialogando in francese. Aveva trovato il modo di poterla mettere a suo agio. Fui conquistata dal suo tatto. Sapeva che Linda aveva studiato solo francese a scuola, glielo avevo detto io. Così aveva deciso di risolvere il problema in modo gentile e cortese, come era solito fare.
Mi videro mentre li guardavo e Orlando sorrise: "Quoi? Qu'est-ce que c'est ?"
Scossi il capo: "Absolument rien." Linda mi guardò raggiante. Affermai di essere pronta e spedii Linda a lavarsi le mani. Tornai in cucina e tolsi le lasagne ben cotte dal forno, sorridendo tra me e me. Mi sentii toccare le spalle e voltai la testa per incontrare i suoi occhi.
"Come mai sorridi?"
"Perchè sei davvero un ange, mon cher", risposi divertita. Lui sorrise, di quel sorriso caloroso che adoravo.
"Mi sembra il minimo. E' così cordiale, senza contare che non ha fatto commenti sulla scena in cui si è imbattuta poco fa, ma petite délicieuse", mi sussurrò all'orecchio tirandomi i capelli con delicatezza.
Un'altra scossa da capo a piedi. Come se non bastasse aver scoperto un mio punto debole, anche parlare in francese lo rendeva incredibilmente seducente.

"E' stato davvero un piacere conoscerti."
"Il piacere è stato mio, Linda."
"Sono contenta di lasciare Luna nelle tue mani. Trattala bene, ma non viziarmela troppo."
Orlando ride abbassando lo sguardo: "Tenterò."
"Linda!" cerco di riprenderla, ma lei mi blocca:
"Guarda che vale anche per te: se scopro che fai la perfida torno qui e ti riporto a casa."
Lo sento fasciarmi appena un pò di più le spalle col braccio, e ne esulto. Linda scuote il capo guardandoci:
"Vabbè, inutile dirlo. Vado, ehm, a... beh, qualcosa mi invento. Notte!" e sguscia in camera mia.
Orlando sorride divertito e mi guarda: "E' davvero simpatica. In certi momenti mi ha ricordato Dom, è incredibile."
"Non dirlo a me, ci vivo da diciotto anni." Mi si incrina il sorriso. Mi mancherà quando dovrà ripartire. Orlando deve intuirlo perchè mi alza il mento con un dito.
"Hai nostalgia di casa?"
"Sì, penso sia normale. E' stato un cambiamento con la 'c' maiuscola."
"Pensi mai di tornare?"
Lo guardo attentamente. Mi ricambia, con tale tenera innocenza da smuovere un sasso.
"No. Solo a Natale, per le feste. Non ti libererai di me, spiacente" sorrido per tranquillizzarlo.
Mi bacia dolcemente sulle labbra, sussurrando: "Me lo auguro davvero."
E anche se non c'è ombra di seduzione, il mio cuore accelera la corsa.





Eh, si: oggi solo un capitolo.
Ma è perchè sono stata fulminata da un pensiero e ne ho scritti altri due o tre che verranno solo dopo un pò.
Praticamente, mi sono avvantaggiata XD
Grazie di cuore per il sostegno e la pazienza che dimostrate. Ve ne sono grata in modo effettivamente quasi palpabile.
Un bacione a tutte!
Giulia

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Capitolo 19
*** Oltre il punto di non ritorno ***


There's a song that's inside of my soul,
it's the one that I've tried to write over, and over again
I'm awake in the infinite cold
but you sing to me over, and over, and over again
So I lay my head back down,
and I lift my hands and pray
to be only yours,
I pray to be only yours,
I know now, you're my only hope


"Sono stata felicissima di averti qui."
"Io di più, puoi scommetterci."
Linda mi si accosta e con aria seria e da agente segreto, si guarda attorno e fa:
"Senti, visto che siamo sole e qui nessuno capisce, posso dirlo ad alta voce?"
"Eh? Che cosa?"
"Che, per tutti i santi, mia sorella sta con Orlando Bloom! E lo bacia pure! Ahhh, come ti invidio!"
E saltella sul posto, frenetica. La gente la guarda e ride, ma si sa, all'aeroporto c'è sempre un bel clima. Io arrossisco e cerco di fermarla:
"Per favore, mi metti in imbarazzo..."
"Ma se non ti conosce nessuno!"
"Appunto! Voglio evitare etichette pure qui."
"See, ascolta, sono stata buonissima tutta l'altra sera, non ho fatto alcun commento, e comunque è stato un amore a parlare francese per me. Fa pure la 'erre' a modo, che uomo... maaaaamma, e te lo sei beccata te! Quasi quasi mi trasferisco anche io qui, si sa mai che passi William Moseley... In ogni caso, per tornare a noi, me lo dovevi, questo attimo di giubilo."
Mi studia e le spunta il classico sorriso malizioso che so ormai collegare ad una battuta che mi farà arrossire.
"Oh, attendo belle notizie, vista la scenetta gentilmente offertami due sere fa, e sappi che se avrete un figlio sarà proprio un amore, chissà che occhi avrà..."
Infatti. Mi nascondo il viso con una mano e con l'altra la allontano.
"Sparisci, non tornare per i prossimi tre anni."
"Tanto ti vedo prima: se a Natale non ci sei, mamma e babbo ti segano le gambine."
"Mi farò installare un paio di ruote, così evito di prendere il bus."
Mi guarda basita: "No, eh, l'english humor per favore evitamelo... Ci sarai, vero?", aggiunge più seria, preoccupata. Implorante. La mia sorellina di diciotto anni, che pur essendo maggiorenne continuo a considerare una bambina, sempre svagata, sempre sorridente, e adesso così seria mentre me lo chiede. Mi si stringe il cuore, e l'abbraccio forte.
"Non sono un granché come sorella, vero?"
"Perchè, scema?"
"Ti ho lasciata da sola, senza sostegno, e hai anche la maturità quest'anno, con loro che ti stressano per lo studio... Mi dispiace tantissimo."
"A me no", risponde ricambiando la stretta e battendomi la mano sulla spalla, come faceva da bambina: "Se anche non avessi incontrato Orli, saresti stata comunque felicissima qui. E' il tuo posto. A casa, o in qualsiasi altro luogo diverso, non staresti bene. E a me a che servirebbe una sorella depressa?". Mi fa la linguaccia. Sorrido. Lei sghignazzando continua:
"Oltretutto, sei un'ancora di salvezza a ragionevole distanza. Così se scassano troppo o combino un guaio, posso sempre trovare asilo da te."
"Sicuramente, puoi contarci."
"E magari rivedere quel gran figliolo."
Sbuffo per trattenere una risata e scuoto il capo, ma non riesco a restare seria. La adoro.
"Vai, o chiedo alla hostess di legarti al motore di dietro."
"Sì, figurati, tempo due minuti e già sarò l'anima dell'aereo, una volta scesa mi chiederanno l'autografo per Miss Simpatia."
"Oh, a proposito", faccio io, tirando fuori un biglietto dalla borsa, "questo è da parte di Orlando."
Mi guarda a bocca spalancata e lo prende con mani tremanti: "Questo... questo è..."
"Un omaggio che ti ha fatto volentieri, prima di uscire di casa. Non sai come sia diventata fucsia per chiederglielo."
E' vero. Poco prima che uscisse gli avevo chiesto se poteva farmi un favore. Si era mostrato subito premurosissimo e attento:
"Qualsiasi cosa, dimmi."
Sicuramente non si aspettava di vedermi assomigliare al dolcevita bordeaux e sentirmi sussurrare: "Un autografo. Per Linda." Era rimasto interdetto qualche istante, poi era scoppiato a ridere, intanto che il mio colore peggiorava aumentando di intensità. "Certo, hai un foglio?". E così aveva firmato il famoso autografo che adesso Linda stringe in mano, ancora guardandomi sbalordita.
"Wow, mi ha fatto una dedica spettacolare! Ma è un angelo! Sposatelo subito, per favore." Scoppio a ridere. Dopo averlo firmato lo avevo baciato per ringraziarlo e lui avviandosi per le scale mi aveva lanciato un'occhiata dispettosamente divertita:
"Dì la verità: in realtà è per te, e la seduzione era un'altra tattica di cui ti servivi per poterlo avere, vero?"
Avevo raggiunto la temperatura di un bollitore, e lui se n'era andato ridendo per tutte le scale.
Abbraccio un'ultima volta Linda, che s'incammina saltellando, spensierata e contentissima, e resto a guardarla salire sull'aereo con gli altri passeggeri. Una volta imbarcatasi, mi volto per andare a prendere il bus. Suona il cellulare mentre scendo le scale mobili e lo tiro fuori dalla borsa, intanto che controllo l'ora: le 15.00. Una mano mi afferra lo stomaco e lo lascia subito andare, quando leggo il nome sul display.
"Hello?"
"Hi, lovely Moon." Un sussurro. Come può una voce arrivare ad avvolgere l'anima di una persona in questo modo?
"Hi, honey, what's up?" domando, cercando di suonare spigliata. Oddio, l'"honey" spigliatissimo non era.
"Sei all'aeroporto?". No, forse non sono stata impacciata come temevo. C'è il rumore d'un aereo, probabilmente alle mie spalle.
"Sì. Sappi che hai appena reso felice una giovane fanciulla francofona." Lo sento ridere.
"Mi fa piacere. Allora sei libera? C'è qualcuno cui farebbe piacere vederti, oltre a me naturalmente." Risuona un latrato in sottofondo.
"Sidi! Cucciolone, non lo vedo da una settimana e anche più!"
"Ha deciso di radere casa al suolo, se non lo porto fuori." Scoppio a ridere uscendo all'aria aperta.
"Mi pare giusto. Vi raggiungo subito, dove siete?"
"A circa cento metri da te."
Mi fermo, lasciando che le parole arrivino al cervello e formino una frase di senso compiuto.
"Più a sinistra."
Alzo lo sguardo e lo vedo, appoggiato alla macchina scura, il cellulare in mano e gli occhiali da sole, a poca distanza da dove mi sono bloccata. Riesco a notare il sorriso compiaciuto che gli piega le labbra anche da qui. Nell'auto, il cagnone nero seduto sui sedili posteriori abbaia festoso dal finestrino aperto. Tutto il sole del cielo mi entra nel cuore. Senza abbassare il cellulare mi avvicino fino a raggiungere l'auto. Lo guardo, e lui sorridendo divertito china gli occhi:
"L'ho già fatta, una scena simile. Che dici, attacchiamo?"
"Oh". Chiudo subito il cellulare. "Che stupida."
Lui scoppia a ridere. E' incredibile. Una sorpresa al minuto. La vita con lui è adorabile. Mi guarda incuriosito, il sorriso luminoso: "Che cosa c'è?"
"Tu. Mi stavo beando della tua presenza." Lo vedo chinare il capo imbarazzato. Colpito e affondato. A volte sono troppo brava a mostrare i miei sentimenti, ci metto un'energia che sorprende anche me. Ma è lui a farmi quest'effetto. Mi viene da domandarmi se ho mai realmente amato, prima. Mi sento un pò come Romeo quando incontra Giulietta per la prima volta. 'Occhi, rinnegatelo...'
"Dunque... oggi sei..."
"Totalmente libero, e così domani. Una piccola vacanza. Dobbiamo festeggiare il tuo compleanno, no?" Sorride. Bellissimo. Linda ha ragione, sono schifosamente fortunata. Mi faccio rabbia da sola, quasi.
"Hai davvero concentrato tutti gli appuntamenti in questa settimana per essere libero oggi e domani... per me?"
Mi porta le mani sulle spalle e mi attira a sè. Poso la testa sul suo petto, e lui appoggia il mento sui miei capelli.
"Non te lo aveva detto, Dom?"
"Sì, ma non osavo crederlo."
"Perchè no?"
"E' troppo. Ricorda che non devi viziarmi." Lui scoppia a ridere e mi bacia la fronte.
"Lasciamelo fare finchè ne ho la possibilità. Non mi capita spesso di riuscire ad avere il tempo di fare quello che desidero. Perciò, per 48 ore intendo essere a tua completa disposizione."
"Credevo avessi detto di volerti prendere una mini-vacanza."
"Per me questa è una vacanza: fare ciò che desidero, ed io desidero stare con te il più possibile." Mi alza il viso gentilmente e mi bacia.
Cupido, perdona ogni mio insulto: da parte mia, sei scusatissimo. Sidi abbaia nuovamente, e noi ci separiamo per entrare in macchina, con un sorriso. Ancora non riesco a crederlo. Cos'è che disse Leah? Ah, sì: niente domande. Lascia che venga da sè.

Sidi corre davanti a noi per ogni viale del St James. Noi, mano nella mano, le dita intrecciate, lo seguiamo con lo sguardo, ma molto più spesso i nostri occhi vengono calamitati dai nostri volti. E non manchiamo mai di sorridere quando accade.
"A proposito, ma il famoso provino?"
"Ho dovuto rinunciare. Ho ricevuto una proposta per un film."
"Oh. E' una bella notizia! Dovrai partire presto?". Suono completamente spensierata, ma non penso affatto che sia del tutto una bella notizia. Egoisticamente, lo so. Però è vero che sono lieta della proposta. Lui mi guarda e risponde:
"No, ancora no, c'è tempo. Si vedrà."
"Prevedi una lavorazione lunga?"
"Non saprei, in realtà. Se così fosse, potrei non tornare per un pò."
"Oh." Sento che stiamo pensando tutti e due all'ultima volta, e decido di sviare il pensiero. "Beh, prendila come un'opportunità per vedere posti nuovi. Sai che invidia, magari il set è da qualche parte sotto il sole e vicino al mare... senza contare il bello di conoscere nuova gente."
Questa idea mi piace di meno, decisamente. Scorro con gli occhi tutte le 'colleghe di lavoro', e la mia autostima scende vertiginosamente a zero. Scoppia a ridere e mi ferma, guardandomi bene in faccia. Resto un pò perplessa.
"Che ho detto?"
"Dovresti vedere che cipiglio battagliero hai! Stai valutando l'idea di uccidere qualcuno, o per te 'conoscere nuova gente' equivale al piacere di una visita dentistica?"
"Ha-ha, divertente. Stavo pensando alle gambe di qualche attrice", borbotto imbarazzata. Prende pure in giro, lui.
"Gelosa?" sussurra piano. Oddio. Accidenti. Scoperta. Un fanale puntato su di me, come una ladra.
*Brava. Clap-clap-clap, applausi.*
"Nossignore. Proprio no. Ma davvero, eh." Mi rifuto di alzare gli occhi, rossa quanto un semaforo. Prendo un respirone e arrischio un'occhiata, ma lui intercetta il mio sguardo e scoppia nuovamente a ridere. E stavolta lo imito anche io.

Verso le sei comincia a calare la sera, e si alza un'arietta fredda. Orlando raggiunge Sidi e lo lega col guinzaglio, riportandolo da me. Il cagnone mi salta addosso sbilanciandomi, ma riesco a sostenerlo perchè so cosa aspettarmi ormai, e lo coccolo affettuosamente. E' un cucciolone bellissimo, senza contare che è un mio fan e che io ricambio in pieno.
"Devi andare?". Di già?, vorrei aggiungere.
"Riporto a casa lui, dopodichè torno da te." Tu-tump. "Ti sei dimenticata che dobbiamo festeggiare?"
"Oh... no, io... ahm... che programmi hai in mente?". Patetica, me lo dico da sola.
Sorride: "Tu preparati, e lascia fare a me." Sensi all'erta. Arrossisco violentemente.
"Se... se mi dai un'idea di... di per che cosa devo prepararmi... così, ecco... magari scelgo il vestito adatto...". Ho le guance in fiamme. Mi sorride e me le accarezza con entrambe le mani.
"Ti ho già detto che sei straordinariamente attraente, quando arrossisci?". Non mi aiuta con il porpore, ma gradisco infinitamente il complimento.
"Mi fido del tuo senso estetico, dopotutto vieni dal Paese della moda", aggiunge ridendo. Io ricambio:
"Non è una garanzia, ma farò del mio meglio per essere più che presentabile." L'occhiata di apprezzamento che mi lancia devo essermela sognata.
"Sei sempre incantevole, anche senza doverti impegnare." Mi scioglie. Quello sguardo così vivido. Così tenero.
No, non me l'ero immaginata l'occhiata, dopotutto.

Cammino nervosamente davanti alla finestra del salotto. Di tanto in tanto lancio uno sguardo agitato e raggiante nel contempo allo specchio, che mi rimanda un'immagine a cui non sono abituata. Complessivamente, se non sapessi di essere io, potrei definirmi avvenente: il vestito da sera celeste-polvere, dal taglio semplice, mi arriva fino alle caviglie; non è troppo attillato, e ricade in maniera naturale lungo i fianchi. Ai piedi, un paio di decoltè nere lucide. Il cappotto nero sottile, più corto dell'abito e più attillato, riprende bene sia le scarpe che la borsa nuova, da sera. Fondamentalmente, dovrei davvero sentirmi carina, ma ci riesco solo se penso di non stare guardando un riflesso. I capelli sono lucenti, ben pettinati e illuminati da riflessi mogano. Gli occhi di due sfumature diverse sono sottolineati dalla matita color bronzo. Il mascara è nero e, finalmente, water-proof, ma senza essere troppo ostinato da togliere. Mentalmente ringrazio Leah che me lo ha consigliato. A Cynthia va la mia gratitudine per le scarpe. Nei quindici giorni in cui Orlando era lontano, mi avevano trascinata a fare shopping per un sabato e una domenica interi, per tirarmi su con la medicina di ogni donna: gli acquisti. E adesso, anche se all'inizio non riuscivo a capire che cosa farmene di un abito, una borsa e un cappotto da sera, devo ammettere che quelle due sono davvero lungimiranti. Guardo l'orologio, e non faccio in tempo a vedere che sono le sette e mezza, che la sua macchina parcheggia sotto il palazzo. Il batticuore aumenta e sale di grado. Prendo un respiro profondo, mi guardo per l'ultima volta allo specchio, e finalmente esco.
Apro il portone tremando appena. Non capisco perchè debba essere così nervosa, e mi impongo di calmarmi. Stranamente ce la faccio.
Lo vedo mentre di spalle chiude la portiera e si volta verso di me; mi rivolge un sorriso sorpreso nel trovarmi già lì, che però in un attimo si trasforma in un'espressione stupefatta. Oh, mamma. Ho dimenticato qualche indumento?
*Veloce ripasso mentale: no, c'è tutto.*
Allora che cosa non va? Mi fissa come se non mi avesse mai vista prima. Mi schiarisco la voce piano, imbarazzatissima, e di nuovo sento bruciarmi le guance.
"Se... ecco... Posso cambiarmi, ci metto poco." Dirlo è più facile, tenendo gli occhi incollati al suolo. Lui mi si avvicina e mi prende le mani. Alzo lo sguardo e lo fisso, interrogativamente:
"Sei semplicemente stupenda. Una visione davvero." Il tono e lo sguardo sono così sinceri che un'ondata di gioia mi attraversa. Il cuore corre senza freno.
*Ringrazia, Luna.*
"Oh... io... grazie." Sorrido, rilassandomi, e mi prendo il tempo di osservarlo attentamente. Nuove pulsazioni cardiache a dismisura. Sta d'incanto. La giacca nera copre appena la camicia più chiara, e riprende il colore dei pantaloni eleganti. Un modello in abito da sera. Sospiro profondamente. E' semplicemente l'uomo più attraente che abbia mai visto.
"Sei... non c'è un termine. In nessuna lingua ch'io conosca. Sono tutte limitate."
Sorride scendendo di uno scalino distogliendo un secondo lo sguardo, imbarazzato, poi mi offre la mano, su cui poso la mia, ridacchiando tra me e me di questa parodia di 'Titanic'. Ma il solo annegamento che rischio, è quello nei suoi occhi profondi quando li rialza a fissarmi, e con un brivido vi leggo lo stesso desiderio che devono mostrare i miei.

"Dove andiamo?"
"Sorpresa."
Sorrido. Dev'essere un vizio, quello delle sorprese.
"Un aiutino?"
"E' ora di cena, trai le tue conclusioni."
"Mhmm, fammi pensare..." mi porto un dito alle labbra e fingo di rifletterci seriamente. Lui mi lancia un'occhiata divertita. La ricambio.
Resto colpita da una constatazione improvvisa: mi fa bene vederlo sorridere. Mi fa bene fisicamente, intendo. E' come se tramite questa espressione ogni affanno si dissolvesse. Mi accorgo di sospirare nuovamente.
"A che cosa pensi?", mi domanda.
"Veramente, a te." Mi sfugge la risposta prima che possa considerare la domanda.
Sorride incuriosito: "E che cosa pensi a mio riguardo?"
"Non farmelo dire, suonerei terribilmente scontata." Ridacchia e fa:
"Tu dimmelo, magari detto da te suona originale." Mi lancia un'occhiata a metà tra l'implorante e il divertito. Prendo coraggio e fiato, e rispondo:
"Pensavo... a una cosa che mi disse un'amica tempo fa, quando il suo ragazzo dovette partire per diversi mesi. Sai, faceva il militare, lo avevano trasferito in un'altra città. Lei affermava che se non l'avesse mai conosciuto, non ne avrebbe sentito l'assenza, e che ne soffriva."
Mi faccio forza e continuo:
"Ma secondo me... secondo me varrebbe la pena soffrire indicibilmente la tua mancanza, giusto per... per averti potuto conoscere."
*Oddio, Luna. Lo hai fatto davvero.*
Respiro in religioso silenzio, gli occhi fissi sulla strada, sul semaforo che scatta dal giallo al rosso. Ma quel che voglio più di ogni altra cosa è poterlo guardare, e quindi li riporto su di lui. Che lascia il volante e mi prende il viso tra le mani, baciandomi le labbra così fieramente da non lasciarmi il tempo di prendere fiato. Non mi aspettavo una reazione del genere, ma non ci penso due volte a ricambiare bacio e passione. Ci allontaniamo giusto nel momento in cui il semaforo torna verde e le auto davanti a noi riprendono ad avanzare. Mi fissa negli occhi accarezzandomi la guancia, lo sguardo luminoso. E' lo sguardo che si accompagna al "Depends on the one day" di tutte le mie fantasticherie, quello per cui l'ho riconosciuto ai Kensington Gardens un mese prima. Gli dono un'altra fetta di cuore, probabilmente l'ultima rimastami. Un mese soltanto, già un mese. La concezione del tempo non vale più assolutamente nulla.

"E' un posto meraviglioso. Mi sento come un pesce fuor d'acqua, è da favola", sussurro guardandomi attorno. E' il ristorante più bello che abbia mai visto. Non c'è una sola cosa che non sia perfetta, dalle camicie dei camerieri puntuali e precisi come orologi svizzeri, ai lampadari tirati a lucido sotto le volte del tetto del salone, dorate e dipinte in stile rinascimentale.
"Direi piuttosto che sembri perfettamente a tuo agio. L'ambiente ti si addice, non stoni minimamente, te lo assicuro. Anzi. Semmai è il contrario."
"Ne sei certo?"
"Assolutamente. Guardati attorno: vedi una donna più affascinante?" mormora sorridendo.
Arrossisco di nuovo.
"Non sono un giudice corretto, non posso essere imparziale."
"Oh. Allora, lasciami giudicare al posto tuo. Semplice, no?".
Lo guardo cercando di concentrare tutto l'amore che gli porto in una sola occhiata. La ricambia con altrettanta intensità. Ricordo di come mi sentii vulnerabile la prima volta che mi fissò così, al parco. Ma stavolta non ho paura di farmi vedere come sono. Nè di fargli leggere cosa provo dentro. Un canto continuo, dolcissimo, sublime, senza un solo accordo che suoni diversamente dall'altro. Ecco, lui è questo: è la mia canzone.
Il cameriere si avvicina prendendo le ordinazioni, interrompendo quel muto dialogo. Lascio vagare gli occhi nella stanza guardandolo andare via e mi fermo sulle bellissime finestre ad arco. Londra illuminata, Londra sotto le stelle. Mi assale una felicità incontrollabile. Sento le lacrime agli occhi, e chino la testa, in estasi, senza smettere di sorridere. Non potrei riuscirci comunque.
"Luna, va tutto bene?". Premuroso. Dolcissimo amore mio. Annuisco appena.
"Sei sicura?" mi chiede nuovamente, tendendosi in avanti e portando una mano sulle mie.
"Sì, sono solo...", mi interrompo per guardarlo. Non ci credo. Non sono vera, non è reale. Ma è un sogno bellissimo, e voglio viverlo fino in fondo.
"... solo felicissima. Lo sono davvero."
Non so con che tono lo abbia detto, ma deve essere stato molto più che incisivo, perchè le sue mani stringono le mie come se da esse dipendesse la sua vita. Un piacevole tepore mi riscalda, partendo dal petto.
Lo guardo fissarmi profondamente, e mi perdo in quel colore stupendo, così scuro, così rassicurante. Devo trattenermi con tutta me stessa per non confessargli quanto ben oltre l'amore io sia.
"Orlando...?"
"Dimmi, piccola Luna."
"... Grazie. Dico sul serio."
Sorride serenamente: "Per che cosa? Ricorda che sono io in vacanza."
Sorrido divertita, e lui ricambia, aggiungendo:
"Mi dispiace solo aver dovuto anticipare la cena a stasera, dato che il tuo compleanno è domani."
"Non fa niente, scherzi? Anzi. Così ho una festa prolungata, che posso volere di più?"
Ride annuendo: "E' vero, da questo punto di vista hai completamente ragione."
"Già", confermo, facendo scivolare le mie dita sulle sue. Lui me le accarezza piano, delicatamente. Mi accorgo che è quasi come se i nostri corpi non riuscissero a stare lontani, e cercassero continuamente un motivo per potersi sfiorare. Arrossisco, ma non c'è pudore che possa smorzare le mie sensazioni. Ho passato il punto di non ritorno.

"Sono contento che ti sia piaciuto."
"Piaciuto? E' un ristorante principesco! Mai visto niente di più sfarzoso, e ti assicuro che sono stata in molte città, ne ho visti diversi di belli, ma questo li ha battuti tutti. Grazie."
"E' un piacere" sorride, ammiccando. Mi sfiora la guancia, ed io mi avvicino perchè non si distragga dalla strada, prendendogli la mano e tenendola contro il viso. E' così calda.
Oh. Oddio. Mi sono ricordata di una cosa...
"Senti, se... se non sei stanco, o non devi andare subito, ti dispiacerebbe salire un momento in casa? C'è una cosa che devo darti. Un regalo, in effetti." Sorrido, spiegandomi meglio.
"Che cos'è?" chiede incuriosito, guardandomi.
"Sorpresa! Espressamente arrivata dalla Madrepatria", sorrido divertita. Lui mi lancia un'occhiata allegra.
"Credevo fosse il tuo compleanno."
"Sì, ma questa cosa risale a qualche settimana fa. Non farmi domande, ti prego, sennò finisco per svelarlo prima del tempo."
Lui ridacchia e annuisce: "D'accordo. Nessuna domanda. Ma in ogni caso, anche io devo darti il tuo regalo."
Lo guardo allibita: mi ha fatto un regalo? Oltre a tutto il resto?
"M-ma... ma non dovevi..."
"Come no? Non si usa fare così?" sorride divertito.
"Ma credevo... pensavo..." mi assale la curiosità "Che cos'è?"
Scoppia a ridere: "Sorpresa!"
E per il tono che usa comincio a ridere anche io.

Arrivati a casa, Orlando aggira l'auto per aprire la portiera e aiutarmi a scendere. Lo ringrazio con un sorriso lieto, intanto che cerco le chiavi e mi avvicino al portone. Lo sento chiudere la macchina, e trovate le chiavi le infilo nella serratura, voltandomi per invitarlo ad entrare. Mi sta fissando attentamente, quasi con avidità. Mi sento avvampare. Lui nota che lo sto guardando, e mi sorride, speciale come solo lui riesce a rendere un sorriso:
"Perdonami. E' che sei davvero meravigliosa, vestita così. Sembri un dipinto."
Arrossisco di soddisfazione, impacciata.
"Sono contenta di piacerti." Lo guardo. "Per me è lo stesso. Dico davvero." Anche lui china lo sguardo, imbarazzato, e sorride. Prendo un profondo respiro e giro la chiave nel portone, invitandolo a seguirmi fino al mio appartamento. Una volta lì, apro la porta, ed entriamo.




Ta-Daaaaammmm!!! XD
Premettendo che la canzone sopra riportata è "Only Hope" di Mandy Moore,
desidero ringraziare ognuna di voi, per tutto ciò che commentate.
Me commossa ç.ç E Cecy, tranquilla: internet dà problemi a tutti, ma la storia è qui anche per te, non scappa ^.^ Un bacione, fanciulle care! Giulia

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Capitolo 20
*** Being Yours ***


... Everything is shoreless sea
weightlessness is passing over me
I feel so light
this is all I wanna feel tonight
I feel so light
Tonight and the rest of my life
Tonight and the rest of my life...
[Nina Gordon - Tonight and the rest of my life]





Mi tremano leggermente le mani e le chiudo a pugno per evitare che si noti. Non ho paura, sono solo nervosa. Molto nervosa. In perfetta crisi, a dire la verità. Poi mi sento un'emerita cretina, e di colpo ogni brivido scompare. Che sarà mai? Io e un ragazzo, in casa mia, di notte? Che vuoi che sia, è già successo, no?
*Non ti prendere in giro.*
Questa considerazione non mi aiuta. Accendo la luce più vicina, quella dell'ingresso, e tengo aperta la porta per farlo entrare:
"Vieni pure."
Lui avanza di qualche passo ed io intanto lascio la giacca appesa alla spalliera di una sedia. Sento chiudere la porta, ma non mi volto.
Devo accendere la luce del soggiorno! L'ho dimenticata! Le mie dita stringono così forte lo schienale che le nocche mi diventano bianche. Ricordo l'unica notte trascorsa con lui, e improvvisamente quel piacevole tepore si spande nuovamente dal mio petto e rilassa ogni mio muscolo. Mi sale un sorriso intenerito alle labbra. Adesso posso anche sostenere il suo sguardo, perciò giro su me stessa. Ma dietro di me non c'è. Avverto un movimento vicino alla finestra e lo guardo osservare la notte.
Perdo un altro battito, mentre lo ammiro: è stupendo, con la chiara luce notturna ad illuminargli appena il volto, a scivolare lungo il suo corpo in una lieve carezza lucente. Trattengo il respiro. Come si può essere così seducenti senza volerlo? Alzo lo sguardo sul suo viso e intercetto il suo, così serio, così profondo. Mi lascio avvinghiare da quella catena senza peso. Lui ruota appena, senza il minimo rumore. Un Elfo. Sto davvero guardando un Elfo. Tolkien ha visto nel futuro e si è ispirato a lui, per forza.
"Sembri irreale", sussurro. Lui piega appena le labbra in un sorriso.
"Stavo pensando la stessa cosa di te."
Tu-tump.
"Mi stai ovviamente prendendo in giro: non c'è paragone" sorrido per evitare l'imbarazzo.
Lui mi si avvicina e il cuore mi salta in gola. D'improvviso non vorrei essere qui, mentre un solo attimo dopo averlo pensato avanzo anche io di un passo verso di lui e gli poso le mani sul petto. Lui alza le sue a sfiorarmi le spalle scoperte, in una carezza delicata lungo le braccia. Ho la pelle d'oca. Siamo vicini. Troppo vicini. Lo sento attirarmi a sè e chinare il capo sulla mia spalla:
"Chiudi gli occhi." Un sussurro che mi attraversa come una scarica.
Serro immediatamente le palpebre e annuisco, in silenzio. Le sue mani accarezzano piano la mia schiena, poi scivolano sulle braccia e mi lasciano, per infine prendermi il polso sinistro. Sento un piccolo scatto, un fruscìo, e avverto qualcosa di freddo posarcisi sopra e avvolgerlo. La sua mano destra torna a sfiorarmi la guancia, io respiro il suo profumo. Le sue labbra baciano le mie con estrema, struggente delicatezza.
"Puoi riaprirli, ora."
Lo faccio e trovo subito i suoi occhi, vividi, brillanti, sorridenti. Chino lo sguardo sul mio polso e lo alzo, mentre il mio cuore batte velocemente. Un braccialetto finemente lavorato, d'oro rosso, sottile e leggero, riluccica nel buio catturando i raggi lunari. Lo fisso per interi secondi, a bocca aperta, nelle orecchie il battito dirompente del mio cuore sconvolto.
"E'... è semplicemente... una meraviglia." Termine poco corretto, ma ho scoperto ultimamente che la lingua umana non riesce a comporre parole che valgano la pena di pronunciare, per simili descrizioni. Vorrei concentrare tutta la mia gioia per questo dono in una frase, ma non ci riesco. Alzo lo sguardo e lo fisso nel suo, sentendomi gli occhi lucidi:
"Non so come ringraziarti. E' un regalo speciale. Non me lo toglierò neppure per dormire."
Sorride chinando gli occhi, ma non gli lascio il tempo di pronunciare una parola, perchè al vederlo imbarazzato un fuoco è divampato nel mio petto e mi ha bruciata, facendomi alzare le mani fino a toccargli il viso e costringendomi a cercare in tutti i modi un contatto con il suo corpo; mi accosto al suo petto ed alzo la testa a baciarlo, con violenta sete di lui, e lui ricambia, circondandomi con le braccia, accarezzandomi le spalle, il collo, tirandomi i capelli e sorridendo appena, senza staccarsi dalle mie labbra, quando avverte i brividi che mi provoca.
Le mia dita scorrono sotto la sua giacca, cercando di raggiungere le braccia, e senza che me ne renda conto gliela lascio scivolare giù, fino a terra. Non se ne dà minimamente pensiero intanto che scende a baciarmi il collo e le spalle, e la mia pelle brucia al suo tocco, ma le mie mani non si fermano, come il mio cuore, come il mio corpo. Arrivo a toccargli il petto caldo senza capire come ho fatto a slacciargli i bottoni della camicia, mi sento arrossire e non me ne curo, perchè intanto la chiusura del mio abito si apre dietro la nuca, e mi lascia a petto scoperto, il seno appena protetto e nascosto dalla stoffa chiara. Posa baci ardenti sulle mie spalle ed io lo stringo a me facendo correre le unghie sulla sua schiena nuda, senza fargli male. Un suo morso sul mio collo mi blocca il respiro e soffoco un gemito, reclinando la testa, e la sua bocca torna sulla mia, cercandomi avidamente. Indietreggio senza allontanarmi di un centimetro e anzi invitandolo a seguirmi, finchè sulla porta di camera mia riapro gli occhi e lo guardo, in una breve pausa.
Che mi sembra infinita: i suoi occhi accesi serrano i miei, colmi di desiderio, e - un'ondata di amore mi travolge al notarlo - di attesa, per un mio permesso, o un mio rifiuto. Le mie dita tornano sui suoi pettorali e arrossisco violentemente, ma non ho più un confine da superare: alzo di nuovo lo sguardo su di lui, con un muto sorriso di conferma.
Lo ricambia avvinghiandomi contro il suo corpo, portandomi ad indietreggiare finchè non cado sul materasso ampio, che ci accoglie entrambi. Il suo corpo preme sul mio, le mie gambe s'intrecciano alle sue, mentre i miei fianchi vibrano per le sue carezze, e sento il vestito lasciare con un fruscìo il mio corpo. Tremo di brama e di inquietudine, ma vince ogni mio possibile dubbio quando alza la testa a guardarmi, e mi specchio nei suoi occhi.
"Luna...", mi sussurra piano, a voce roca, che mi scuote. Lo voglio per me, così tanto che fa male. Non mi curo di nient'altro, di storie passate, di amori traditi, neppure dei paragoni di cui potrei essere oggetto. Ci sono solo io, a sentirmi così leggera, così forte, nella notte stellata, con il sole dentro all'anima.
"Sì", rispondo mormorando. E in una semplice piccola parola c'è tutto il mio abbandono.

Respiro affannosamente afferrandogli le spalle e stringendolo più forte, attirandolo di più a me, allacciando le gambe attorno al suo corpo. Mi bacia i fianchi lasciandovi piccoli morsi che tendono i miei muscoli allo spasimo, per poi salire piano fino al seno, che sento infiammarsi sotto il suo tocco, e infine affonda il viso tra i miei capelli, congiungendo perfettamente il suo corpo al mio. Apro gli occhi di scatto, ed osservo la luce lunare attraversare le tende e posarsi sulla sua schiena, sulle spalle, tra i suoi capelli scuri, sul lieve sorriso che gli piega le labbra mentre i nostri due corpi combaciano.
Uniti.
Ogni più leggero movimento segue il tempo di una canzone che finora non è mai stata scritta, e siamo noi a vergarne le parole e a deciderne ritmi e note. Le mie mani gli corrono lungo tutto il corpo, avide della sua pelle, del suo profumo che respiro con tutta me stessa, io che sono sua, nient'altro che sua, adesso. Le sue dita si intrecciano alle mie e mi portano le braccia sopra la testa, gratto le unghie contro la parete intanto che le sue mani scivolano di nuovo lungo il mio seno e i miei fianchi, carezze di fuoco, lava nelle vene.
Sussulto soffocando un gemito, ed un altro ancora, le corde che tendono il mio corpo vibrano senza pietà, mi afferrano i punti più sensibili e li bruciano. La passione mi acceca violenta: gli cingo i fianchi con le braccia e spingendolo di lato cambio posizione, i miei capelli gli ricadono sul petto, su cui poso mille baci frenetici, giungendo fino alla gola, che stringo piano tra i denti, assaporandone il calore ed il gusto, e lo sento reprimere un grido roco, le sue braccia avvinghiate alla mia schiena, le sue dita conficcate nella mia pelle. Ondate di desiderio mi invadono esplodendo, mi sento sussurrare il suo nome più volte, e lui chiamare il mio, sempre più in fretta, sempre più senza tregua, privi di discernimento, ebbri di noi. Lo sento inarcarsi sotto il mio seno e un'agonia di piacere estremo ci vince entrambi, lasciandoci affannati, senza respiro, il cuore in tumulto ed i corpi ancora vibranti di estasi. Affondo con il viso nel suo collo, tra i suoi capelli che mi sfiorano la pelle, e tento di riprendere fiato.
Tremiti leggeri mi passano lungo le membra, mentre ascolto il suo cuore battere furiosamente a contatto col mio, e lentamente decelerare. Nel silenzio, rotto soltanto dal nostro respiro affrettato, la mia mano sinistra gli accarezza il viso, la destra il petto, a pochissima distanza dai miei occhi, che fissano il buio e la luce, il suo braccio e le coperte su cui è posato. L'altro lo tiene sulla mia schiena, le dita si muovono in gentili piccoli cerchi sulla mia spalla. Restiamo così finché i nostri battiti tornano regolari. Temo di pesargli, ma quando accenno un movimento, serra la stretta, trattenendomi contro di sè. Allora distendo i muscoli e rimango rilassata su di lui. Lo sento respirare vicino al mio orecchio, e chiudo gli occhi, i miei capelli come unica coperta, il suo petto come cuscino. Soltanto sua.

Il braccialetto poco a poco torna freddo a contatto col mio polso, non più percorso dal fuoco.
Avverto un brivido percorrergli il corpo. Allungo la mano a raggiungere la coperta e la tiro a me, ma il suo braccio mi ferma. Alzo la testa a guardarlo, ed i miei occhi incontrano i suoi. Profondi, sereni, pieni di dolcezza. Ha un sorriso appena accennato sulle labbra, il volto angelico. E' una visione celestiale, ed esulto d'intima gioia nel pensare che è per me. Mi sfiora la guancia con la mano, facendo scorrere il pollice sulle mie labbra, ed attirando il mio viso al suo. Mi bacia leggero sulla bocca, gli occhi chiusi, alzando appena la testa dal cuscino.
"Io ti amo, Luna."

Non è vero. Perchè non può esserlo. E' il mio desiderio di poter sentire queste parole da lui, che mi fa immaginare che l'abbia detto. Perchè non è possibile.
I suoi occhi si aprono e cercano i miei, ma io sono lontanissima, galleggio in alto, da qualche parte oltre il cielo, tra le stelle più lucenti, tra gli astri non ancora scoperti. Ma torno giù, nel mio corpo ancora fremente, d'improvviso: il suo sguardo è così disperatamente sincero che mi impedisce di respirare. Di negare. Avverto una lacrima scivolarmi lungo la guancia, e mentre mi guarda, sul viso una punta di preoccupazione, gli apro l'ultima porta del mio cuore.

"Anche io ti amo."
Mi guarda con occhi grandi, scuri, sorpresi. Davvero non lo ha mai capito? O come me, non credeva che potesse essere reale?
"Ti amo da morire. Te lo sto dicendo ogni giorno, da molto tempo."
Mi viene da sorridere al pensiero di quanto sia facile confessarlo, ora. Senza paura, senza dubbi. Le sue dita portano via quella piccola lacrima dalla mia guancia, ed attirano il mio viso sul suo petto, dove sono ben felice di posarlo. Chiudo appena gli occhi, mentre il braccio abbandonato sulla coperta si alza e mi cinge la schiena. Vorrei poter restare così per tutta la vita, attraverso le infinite notti che segneranno questo pianeta, oltre i miliardi di vite che verranno dopo di noi. Io e lui, nel buio d'una stanza inframmentato dalla luce della luna. Amandoci per un momento eterno.

Mi sveglia il sole che vibra sulle tende chiare, spargendo i suoi riflessi per tutta la stanza. Apro e chiudo gli occhi due volte, e mi domando, ancora nel dormiveglia, come mai non ho il pigiama. La coperta mi cinge la vita, ma non sale oltre. Mi volto piano per portarmela sulle spalle, ed incontro il suo viso. Rivivo intensamente ogni singola sensazione della notte trascorsa, ogni emozione si risveglia nitida in me, mentre osservo quel volto disteso, gli occhi chiusi, le labbra appena imbronciate.
L'uomo che amo. Che sa che lo amo. Che so che mi ama.
Mi ama.
Il suo braccio sotto il mio collo si muove appena, ed io alzo la testa, per permettergli di spostarlo, senza che si svegli. Lo ricongiunge al suo corpo, non destandosi dal suo sonno. Gli copro il petto con la coperta delicatamente, e resto a guardarlo, alzata su un fianco. Da qualche parte mi sovviene che sia Orlando Bloom, il ragazzo che sto ammirando. E non conta niente.
Mi riadagio piano al suo fianco, e gli cingo il torace con il braccio, accarezzandogli i fianchi. La sua mano destra, stesa sulle coperte, sale a toccare la mia. Il suo petto si alza e si abbassa con un respiro più profondo, ed un secondo dopo, apre gli occhi. Piano, battendo le palpebre, la luce dei sogni ancora accesa nell'iride color cioccolato. Subito il suo viso si piega sul cuscino a cercare il mio. Intrecciamo gli sguardi. Sulle sue labbra nasce un sorriso tenero, dolcissimo.
"Buongiorno, piccola preziosa Luna."
Perdo un battito in quel sussurro.
"Buongiorno, amore mio."
Si solleva sul fianco per potermi baciare sulle labbra, tenendomi il viso tra le mani. Lo lascia andare e resta a guardarmi, l'affetto ben visibile nella sua espressione. Gli sorrido in risposta. E con le sue dita nei miei capelli, torno a posare l'orecchio sul suo cuore.





Questo è stato il capitolo più tremendo, più difficile, e più stupendo che abbia mai scritto.
Non perchè lo sia davvero, eh, non prendetemi per vanesia montata:
è che... è la prima volta che scrivo di un momento simile. Di una tale intimità.
Non solo in una fanfic, anche nelle storie reali che ho raccolto nel corso degli anni.
Ma voi siete il mio pungolo perpetuo, e so, dalle recensioni che mi lasciate e che mi stringono il cuore,
dall'entusiasmo con cui commentate, che lo aspettavate almeno quanto aspettavo io
di riuscire a scriverlo.
Perciò sappiate che ve lo dedico con tutto il cuore.
E spero che leggendolo siate riuscite a vedere voi stesse al posto di Luna.
Se è così, allora potrò dirmi pienamente soddisfatta.
Un abbraccio affettuoso a ognuna di voi:
Cecy, Mihi, Sara, Kla, Artemide82, Neith, Bell_Lua, Bebe, Arale...
Ricordo ogni vostra minima opinione sulla storia, e grazie ad esse questa continua a essere scritta.
Per la cronaca, ringrazio (anche se non lo sapranno mai) "All I Need" dei Within Temptation.
La scena non sarebbe mai avvenuta così senza questa meravigliosa canzone,
e senza tutte le altre che compongono la personale Colonna Sonora della storia.
Vostra Giulia.

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Capitolo 21
*** Il mio compleanno, e tu ***


Uscendo dal bagno, con l'accappatoio verde acqua avvolto intorno al corpo, rientro in camera a passi leggeri. Ho un sussulto quando lo vedo steso sulla schiena, il lenzuolo che lo copre per metà, lasciando libero il torace. Ha gli occhi chiusi, ma mi sente trattenere il respiro ed alza lo sguardo. Con un morbido sorriso chiede:
"Che cosa c'è?"
Scuoto il capo. Come spiegargli che è una visione?
"Mi piace guardarti dormire." Mi sorride teneramente.
"Davvero?"
"Sì." Mi avvicino e mi siedo dalla sua parte, prendendogli la mano. "Mi piace pensare che in quei momenti sono io a proteggere te." Lui sorride e mi stringe le dita. Nessuno dei due parla. Ho tempo di considerare ch'io abbia fatto l'amore con lui. Oddio. Batticuore. Ci vorrà un pò per abituarmi a questo pensiero. Arrossisco. Lui se ne accorge:
"A che cosa pensi?"
"A questa notte", sussurro. Al momento in cui abbiamo preso le giuste precauzioni, un attimo prima che lasciassi comandare i miei desideri invece del mio criterio; ai nostri sospiri; alle parole sussurrate dopo. Lui si mette a sedere e mi attira a sè. Mi accoccolo vicino a lui come una bambina, e cingendomi i fianchi con un braccio, mi culla appena. Appoggio la testa sulla sua spalla. Siamo silenziosi tutti e due. Vorrei chiedergli cosa sta pensando, ma lascio perdere. Basta domande d'insicurezza.
"Buon compleanno, dolce Luna." Spalanco gli occhi e lo guardo. Mi sorride, accennando al mattino luminoso: è vero. E' il 25 Novembre.
Ho ufficialmente 24 anni. Mi bacia sul collo mentre sorrido divertita e felice, più adulta di un anno, più fortunata di come potrò mai esserlo in una vita intera di ricorrenze. No, forse no. Non si dice 'cento di questi giorni'?
"Grazie."

Appoggiata al balconcino della finestra osservo il sole giocare con le foglie degli alberi. Non mi sono ancora vestita, ma sto benissimo così, in accappatoio. Lo sento rientrare in camera e mi volto a guardarlo. Non mi sono abituata neppure a vederlo a torso nudo. Nascondo un sospiro. Mi osserva con vaga sorpresa. Corrugo la fronte:
"C'è qualcosa che non va?", domando alzandomi. Lui mi raggiunge, l'asciugamano ampio attorno al corpo, e mi sfiora la guancia.
"No. Ti guardavo alla luce del sole." Mi prende con un sorriso per le spalle e mi fa voltare verso la finestra: la luce mi acceca e strizzo gli occhi appena.
"Ohi. Siamo sicuri di essere a Londra? Da dove spunta tutto questo sole?". Mi tiene per le braccia sorridendo divertito, poi mi studia in viso.
"Ebbene, finalmente ho visto i tuoi occhi verdi al mattino."
Oh. Oh, no. Ricordo. Torno color porpora. Lui scoppia a ridere e mi abbraccia forte. Lo sento felice. E pensare che sia a causa mia, mi riempe di gioia.
"Ah! A proposito. Non ti ho fatto vedere la tua sorpresa."
Sorrido guardando la sua espressione confusa. Uno pari. Raggiungo l'armadio e ne tiro fuori un pacco piuttosto grande incartato, sottile e rettangolare, e glielo porgo. Lui mi lancia un'occhiata incuriosita e comincia a scartarlo.
"Sappi che non è assolutamente niente di che. Ma mi è venuto in mente quel pomeriggio al parco, con Sidi. Sai... quando vi feci le foto. Vicino a casa mia c'è un fotografo molto in gamba che prepara cose del genere, così la sera stessa inviai tutte le immagini a Linda. Questo è il risultato, me lo ha portato lei giovedì", concludo, mentre lo guardo alzare una specie di quadro, a bocca aperta.
Lo osservo anche io: è venuto bene come speravo. E' una specie di foto-calendario, con tutti i mesi del 2008 ed i relativi numeri e giorni ai tre bordi, scritti in caratteri medi. Lo sfondo, di un color crema, è riempito di varie foto di Sidi, mentre al centro in alto spicca, più grande di tutte le altre, quella con lui e Orlando. E' un'immagine bellissima. Orlando si volta verso di me a occhi spalancati. Io arrossico borbottando:
"Ahm, come ti ho detto, non è nulla di troppo... ma ho notato che qui non se ne fanno di simili... e quindi ho pensato che sarebbe stato un bel modo di segnare i giorni del prossimo anno, un calendario tutto personale, ecco... il vetro è doppio, non si dovrebbe romp..."
Mi soffoca le parole baciandomi con ardore. Le mie labbra ricambiano prima che la mia mente abbia afferrato l'accaduto. Si allontana e mi guarda con espressione seria e commossa ad un tempo:
"E' un pensiero molto più che gradito. Dico davvero."
Gli sorrido accarezzandogli il collo ed il viso, ma scivolo sul suo petto prima di fermare la mano.
"Mi fa piacere", sussurro, asciugandogli alcune gocce d'acqua rimastegli sulla pelle. Non so se ho modificato espressione, ma noto che lui ha cambiato la sua. Posa delicatamente il quadro accanto al cassettone e preme le mani sui miei fianchi, avvicinandomi. Alzo lo sguardo ed incontro il suo, abbastanza acceso da farmi arrossire nuovamente.
*Non dirmi che hai ritrovato un minimo di pudore?*
Lo sento giocare con la fascia dell'accappatoio, e senza smettere di fissarlo negli occhi, la mia mano aiuta la sua a slacciarla. Mi guarda e mi perdo nella profonda fiamma di quegli occhi felini. L'accappatoio finisce per terra, seguito dal suo asciugamano.
No. Non c'è ragione nè pudore. Non adesso.

Seduti al tavolo della cucina parliamo e sorridiamo a intervalli, facendo colazione, cercando in tutti i modi una scusa per sfiorarci le mani, le dita, i polsi. Vedergli indossare la stessa camicia che la sera prima gli ho tolto mi fa un effetto destabilizzante. Non mi sono mai sentita così. Non avevo mai visto occhi come i suoi, la luce languida e gentile che assumono tenendomi stretta a sè dopo...
Però... non abbiamo più pronunciato quelle parole. Forse è stato il momento particolare della notte passata, forse - e una lama mi trapassa al pensarlo - ci siamo pentiti tutti e due di averlo detto. Ma stranamente, non riesco ad esserne completamente colpita. Se anche è stato un errore, è stato commesso al punto giusto. Se anche non dovesse mai più ripeterlo, mi basterebbe per sempre quell'unico ricordo. Lo guardo stiracchiarsi appena. Ma chi voglio prendere in giro? Sapevo di aver passato un confine ben preciso. Probabilmente Leah, Cynthia e mia sorella hanno ragione: mi faccio troppi problemi. Decido di lasciar perdere tutti questi pensieri.
"Dovrai andare a cambiarti a casa?", gli domando posando la tazza di latte caldo. Lui mi guarda confuso:
"Non vieni anche tu?". Mi sento afferrare il cuore da una stretta leggera.
"Certamente!" annuisco, con un sorriso sereno. Lui lo ricambia. Mi alzo, finito il latte, e metto la tazza sul lavello, voltandomi per andare in camera a vestirmi. Mentre gli passo accanto lui mi trattiene per il braccio con una mano, e mi tira a sè, facendomi sedere sulle sue ginocchia. Mi scosta i capelli dalla spalla e ci appoggia il mento, tenendomi abbracciata, la mia schiena contro il suo petto. Porto le mie braccia sulle sue, incrociate davanti a me. Restiamo in questa posizione per diversi minuti, ascoltando i nostri respiri, osservando la luce del sole oltre la tenda.
"Mi sento veramente bene."
Chiudo gli occhi a questo sussurro, pronunciato vicino al mio orecchio. Lo sento respirare il mio odore.
"Anche io."
Mi sfiora la guancia con un bacio leggero:
"Che cosa vuoi fare oggi, per festeggiare?"
Sorrido: "A parte stare con te?"
Ricambia stringendomi: "Questo è incluso."
"Non lo so. Me lo chiedi per saperlo, o perchè hai qualche idea precisa?"
Sfodera il sorriso sghembo che tanto gli sta bene: "Ho qualche idea precisa."
"Oh... dimmi, ti prego."
"Vedrai."
Mi libera dal suo abbraccio e aggiunge: "Ma se fossi in te porterei una giacca pesante, potremmo fare tardi."

"Non ci posso credere."
E' tutto ciò che mi viene in mente da dire mentre mi aiuta a sedermi sulla canoa. Il sole brilla dispettoso, come se mi avesse sentita. Il parco è meravigliosamente illuminato. Ma niente mi abbaglia più del suo sorriso.
"Lo hai mai fatto?"
"No! E non è una buona cosa, sappilo: finiremo per inzupparci tutti e due. Ho un equilibrio tremendo, per non dire una coordinazione del tutto assente."
Scoppia a ridere: "Scommetto che ti stupirai di quanto sia facile." Si siede, e prende un remo; io lo imito.
"E stento a credere che tu abbia problemi di coordinazione. Ti muovi meravigliosamente bene."
Riuscirei ad evitare di arrossire se non lo guardassi, ma non posso farne a meno. La luce maliziosa accompagnata al tono usato gli brilla nell'iride scura, ed io avvampo.
"E' una cosa... è stato diverso."
"E' vero. E' stato più che bellissimo."
Tu-tump.
Al ché chino il capo e taccio. Ma non così il mio cuore, che galoppa. Lo sento ridere, e gli lancio un'occhiataccia, ma lui risponde ammiccando, perciò sospiro e rinuncio. In canoa lungo la Serpentina di Hyde Park, fino ai Kensington, andata e ritorno. Remiamo bene, perfettamente a tempo, e nonostante l'impaccio iniziale, mi rilasso completamente, assaporando i raggi solari sul viso e sul collo, che mi riscaldano.
Un cigno segue la scia della nostra imbarcazione, che scivola silenziosa senza disturbare i gruppi di anatre e paperi lì vicino. Noto alcune persone che ci guardano fluttuare, quasi sospesi nel bagliore giornaliero, e sorridono accennando un saluto col capo; ricambio ognuno con un gran sorriso: sono talmente felice che vorrei spartire la mia gioia con tutti.
Mi vibra il cellulare, e riesco ad aprirlo senza sbilanciarmi.
"E' Linda. Ti dispiace?"
"Stai scherzando? Salutala da parte mia" sorride lui.
"Pron..." comincio rispondendo, ma non riesco a finire che un coro di voci comincia a cantare a squarciagola 'Tanti Auguri' e sono costretta a staccare l'apparecchio dal viso, dolorante, finché la canzone non si spegne e si sente un applauso in sottofondo.
"Pupa! Com'è fare 24 anni a Londra?" chiede mia sorella esaltata. Sbuffo ridacchiando:
"Una favola, ma è perchè ho un principe accanto, anzi, davanti", e lancio un'occhiata maliziosa a Orlando, che assume un'espressione curiosamente divertita. Meno male che non conosce l'italiano.
"Uuuh! Come va? Eccerto che è lì, lo immaginavo... com'è? Oddio! Non vi ho mica preso in un momento sensualmente avvincente, vero?"
Lotto contro il porpore, ma è una battaglia persa. Orlando scoppia a ridere guardandomi ed io rispondo, borbottando:
"No, piccola viperotta malpensante."
"Come no? E che aspetta, il permesso scritto? Oh, non mi dire che sei tu a tirarti indietro, vero?"
"No" sorrido soddisfatta, prendendomi la rivincita "ti assicuro che non mi sono tirata indietro."
"Ah, ecco, perchè sennò mi cadi completamen...". Silenzio.
"Linda?"
"..."
"Linda? Ci sei? Linda?!"
"... Ti odio."
Scoppio a ridere. Orlando mi tende la mano ed io annuisco:
"Te lo passo. Niente commenti, per favore, o ti uccido."
"Figur... aspetta, chi mi passi tu?!"
Ridacchiando gli lascio il cellulare e lui mi lancia un'occhiata maliziosa:
"Salut, Linda! Comment ça va?"
Io riprendo il remo in mano intanto che lui dialoga con mia sorella; senza farmene accorgere tengo d'occhio la conversazione, perchè non si sa mai che cosa può uscire da Linda. Ma dalle frasi di Orlando non sembrano discorsi più personali di un semplice scambio di convenevoli. Mi restituisce il cellulare ed io concludo la telefonata:
"Lo adoro, quell'uomo. Beh, allora, com'è andata?"
"Ciao Linda, grazie per gli auguri ed il bellissimo coro, e abbraccia mamma e babbo per me."
"Lo vedi che sei perfida? Ma tanto prima o poi mi racconti tutto!"
"Manco morta. Ciao!"
"Ciao stella, ancora cento di queste notti!"
Click.
Arrossisco di nuovo. La sbranerei, talvolta. Beh, almeno lo ha detto in francese, i miei non avranno capito. Alzo lo sguardo sul mio 'principe', che mi fissa attentamente, l'espressione concentrata, gli occhi profondi, un leggero sorriso sulle labbra. Fatico a respirare, quando fa così.
"Che cosa c'è?"
"Nulla, ti sto solo guardando."
"Oh." Guance in fiamme. "Ah, ahm... e ti piace ciò che vedi?"
Il sorriso si tende facendosi più tenero.
"Decisamente sì." E mi stringe la mano con la sua. Qualche persona dal sentiero lascia andare un sospirato 'Oooh!' e batte le mani, in un piccolo applauso. Il mio viso brucia, ma ridiamo assieme, mimando un inchino alla volta del piccolo pubblico improvvisato e sorridente.

"E' stato come entrare in un quadro dell'Ottocento. Grazie!"
Mi alzo in punta di piedi e lo bacio leggera sulle labbra. Lui sorride:
"Non abbiamo finito."
Al mio sguardo incuriosito mi risponde con un'aria maliziosa e sussurra:
"Dobbiamo cambiare sentiero e fare il percorso inverso. Via terra, però."
Tira fuori una bandana nera dalla tasca del giaccone.
"E quella?"
"Questa è per evitare che tu veda." Me la stringe attorno agli occhi. "Seguimi. Ti guido io."
"Ma senza vedere inciamperò di sicuro!"
"Non lascerò che succeda: ti sostengono le mie braccia. Tu fidati."
Che invito dolcissimo. Certo che mi fido. Sento le sue mani allacciarsi alle mie e avvolgermi i polsi, facendomi avanzare. Dopo qualche passo incerto, riesco a camminare abbastanza bene e aumento l'andatura.
"Hai visto che te la cavi bene?"
"E' perchè ci sei tu a tenermi."
Lo sento sorridere. Ho perso il senso della distanza, non ho contato i passi che ho fatto, nè so in che direzione. Mi volto d'improvviso per evitare una delle guardie a cavallo. No, impossibile: non c'è rumore di zoccoli. Eppure...
"Che cosa c'è?"
"Avevo... mi sembrava di aver sentito il profumo di cavalli, credevo ci fosse una di quelle guardie dietro di noi, ma non sento scalpiccìi."
"Beh, effettivamente, le guardie non ci sono."
Corrugo la fronte, poi m'illumino d'un'idea e resto a bocca aperta.
"Cosa..."
"Vieni." Mi lascia le mani e porta le sue sotto i miei gomiti.
"Allunga le dita e non avere paura."
Per un attimo ho la ridicola visione di me, in piedi, con gli occhi fasciati e le mani tese avanti a me, come una bambina che gioca a mosca cieca. Poi le mie dita sfiorano qualcosa di morbido ed ispido al contempo. E caldo. Un borbottìo ben conosciuto mi risponde, mentre piano scendo lungo questa forma e nella mia mente prende vita il disegno d'un animale che amo infinitamente. Che non riesco a toccare da anni.
Mi sento sciogliere la fascia e rimango a volto scoperto, con gli occhi chiusi. Il suo profumo mi raggiunge quando si china a sussurrarmi:
"Ok, guarda pure."
Lentamente schiudo le palpebre e vedo le mie mani appoggiate delicatamente sul collo di un bellissimo cavallo, d'un castano così scuro da sembrare nero. L'animale volta il muso a guardarmi negli occhi, poi sbuffa e mi dà una testata sulla spalla. Mi sento gli occhi lucidi, un groppo in gola che non so sciogliere. Resto solo ad accarezzarlo piano, mordendomi il labbro inferiore per trattenermi. Quanto ho amato i cavalli. Ero l'amazzone più promettente del centro ippico dove cavalcavo. Ma quel giorno, quel maledetto giorno...
"Luna."
Mi volto a guardarlo emergendo dai ricordi tetri in cui sono crollata. E' preoccupato.
"Stai bene?"
"Io... io... sì."
"Ne sei certa?" Cerco di spiegarmi il più possibile, e mi sforzo di sorridere.
"Sì, assolutamente. E' che... Non tocco un cavallo da circa quattro anni."
Mi sorride comprensivo:
"Non preoccuparti, una volta imparato non si dimentica più."
Una fiamma competitiva mi si accende nel petto.
"E' una sfida?" sorrido maliziosa. Mi risponde con un sorriso scanzonato:
"Se te la senti..."
Ha pronunciato le parole magiche: sorrido alla donna che trattiene il mio cavallo per le redini, allungo la cinghia della staffa e posatoci il piede sopra mi do una spinta precisa. Il mio corpo ricorda perfettamente ogni movimento da fare, e nel giro di tre secondi sono già in sella, a sistemare sella e fasce. Prendo le redini che la signora mi offre e guardo lui, a terra accanto al suo destriero. Sorrido presuntuosa:
"E dunque, cowboy?"
Lui scoppia a ridere e sale a cavallo, affiancandosi a me.
"Se sapevo che era tutta scena non ti proponevo una gara."
Sorrido divertita.
"E' vero che non salgo a cavallo da anni. Ma sono stata in gamba, in passato."
Mi guarda incuriosito:
"Ricordo che mi hai detto di amarli molto, perchè hai smesso di cavalcare?"
Pugnalata.
"Incidente di percorso. Chiamalo pure così."
Non insiste, ma la sua espressione è preoccupata intanto che procediamo al passo. Gli sorrido rassicurante:
"E' la sorpresa più bella che potessi farmi. Davvero. Cavalcare attraverso Hyde Park. Non è mica da tutti."
Sorride e recuperato il sorriso sghembo propone:
"Corsa fino a Buckingham?"
"Andata", rispondo, e incito il cavallo al trotto spedito. L'animale obbedisce subito e a falcate piuttosto celeri mi trascina con sè. Che sensazione meravigliosa... come ho potuto evitarla per così tanto tempo? Il vento nei capelli e il verde davanti agli occhi, un tutt'uno con il destriero, le sue zampe sono le mie gambe, e ciò che sente lui lo avverto anche io. La criniera ispida mi sfiora le mani. Mi sento sorridere serena. Girandomi vedo Orlando accanto a me, perfettamente seduto in sella e composto. Legolas, colui che mi appare è decisamente Legolas. Mi sorride:
"Insisto col dire che mi hai preso in giro. Mai conosciuta una ragazza che mi tenesse testa a cavallo."
"Perchè le donne che frequenti tu generalmente sono più affezionate alla manicure che alla giusta percezione delle cose."
Scoppia a ridere aumentando l'andatura:
"E qual'è la giusta percezione delle cose?"
"Questa! La brezza, la libertà di sentirsi fatti di aria e raggi di sole... che altro c'è di meglio? Vale la pena di distruggersi le unghie!"
Il mio cavallo affretta la corsa fino a raggiungere un galoppo leggero. E' il momento che preferisco.
"Va bene, mi dichiaro superato, piccola guerriera!" mi richiama sorridendo, mettendosi subito dopo ad un'andatura che gli permetta di starmi accanto. Lo guardo e vengo letteralmente fulminata. Il mio amore che galoppa accanto a me, lungo i viali dei parchi inglesi. Sono in piena epoca vittoriana.
Giunti quasi alla fine della corsa rallentiamo passando al trotto, infine al passo. Accarezzo il collo del cavallo che sbuffa soddisfatto. Evidentemente anche lui è contento di aver fatto una corsa. Mi chino ad allungargli un pò le redini e poi mi volto verso Orlando. Vorrei potergli dire quanto gli sono grata di questo regalo.
"Non ho parole per ringraziarti. Davvero."
Sorride e china lo sguardo:
"Mi fa piacere vederti felice. Temevo non fosse la cosa giusta."
Scuoto il capo inorridita: non voglio che pensi una cosa simile.
"Non è affatto vero! Non è... ho reagito così, ma non per la cosa in sè." Resto in silenzio, poi sospiro profondamente. Posso anche raccontarglielo. So che non mi dirà che sono una stupida.
"Fino a quattro anni fa cavalcavo almeno tre volte a settimana. Ero piuttosto promettente, ma non perchè fossi particolarmente brava... è che riuscivo a legare talmente tanto con i cavalli che montavo, che mi riusciva facile eseguire gli esercizi. Col tempo affinai la tecnica e cominciai a fare i concorsi più leggeri di salto a ostacoli, di livello base. Però i miei istruttori volevano che mi esponessi di più, e così iniziai a partecipare a quelli più seri. Ma il giorno del mio più importante concorso ufficiale, mia nonna si sentì male, e la ricoverarono." Mi mordo le labbra. "La sera prima aveva detto che le sarebbe tanto piaciuto vedermi cavalcare. Così pensai che il modo migliore per farle un augurio di pronta guarigione fosse partecipare, invece di ritirarmi, così che potesse vedermi almeno in televisione dall'ospedale. Vinsi il primo premio. Però non c'era nessuno della mia famiglia, lì con me. Erano in ospedale con lei, che non era riuscita a vedermi. Era morta un'ora prima dell'inizio della gara."
Mi impongo di frenare quei pensieri cupi. Alzo la testa e lascio che il sole mi riscaldi il petto, dissolvendo quelle ombre nere dal mio cuore.
"Non so perchè smisi di cavalcare, effettivamente. Forse in qualche modo ho stupidamente pensato che se invece di essere là fossi stata in ospedale, l'avrei almeno salutata. E non riesco nemmeno a sentirmi in colpa, perchè mia nonna voleva davvero vedermi... mi ci spedì lei, praticamente. Però sta di fatto che da allora non ho più nemmeno sfiorato queste meravigliose creature", accarezzo la criniera del cavallo sbuffante. Mi volto nuovamente verso Orlando, che mi guarda serio, ed aggiungo sinceramente:
"Per questo non potrò mai dirti quanto sia importante essere qui, adesso, con te." Assume un'aria interrogativa, ed io proseguo:
"Tradendo i miei desideri in questo tempo ho tradito solo me stessa... e anche lei. Invece ora, grazie a questo splendido dono, sono perfettamente in pace con tutte e due."
Gli sorrido con decisione. Non potrei essere più onesta di così. Tendo la mia mano verso di lui, che staccando la sua dalle redini la stringe, una luce dolcissima negli occhi. La ricambio in pieno.
"Ti ho già detto che sei un angelo?", domando piano. Lui sorride:
"No, oggi ancora no."
Restiamo così, senza dividerci, finché non torniamo al punto di partenza.

Dopo il pranzo nel chiosco abbiamo vagato un poco per i giardini fino a trovare un bello spazio libero e illuminato, dove ci siamo sdraiati, la sua testa sul mio petto, ad ascoltare il mio cuore, le mie mani sulla sua schiena.
"Luna?"
"Dimmi."
"Se dovessi partire, che cosa faresti?"
Il battito accelerato non posso nasconderglielo, ma mantengo la calma.
"Ti aspetterei."
"Se non tornassi?"
Una fitta lancinante. Che domande sono? Gli accarezzo i capelli con la mano.
"Se tu non tornassi, verrei io da te. Se lo volessi anche tu."
Chiude gli occhi e respira profondamente. Mi faccio coraggio.
"Devi partire?"
"Non tanto presto."
"Per quel film?"
"Sì."
"Perchè non dovresti tornare?"
"Potrebbe volerci molto tempo. Potrei decidere di fermarmi là."
Il cuore mi pulsa così forte che fa male. Eppure sono assolutamente tranquilla. La quiete prima della tempesta.
"Non voglio chiederti di non andare", sussurro. Lui riapre gli occhi alzando la testa per guardarmi.
"E' ciò che ami, nessun amore può limitare un altro amore. Ma se mi chiedi che cosa proverei, e se vuoi una risposta sincera... sarebbe un lento morire."
"Luna..."
"Però potrei venirti a trovare, se tu me lo chiedessi, no?" mi affretto ad aggiungere. "Me lo chiederesti, se ti mancassi?"
Mi fissa con struggente malinconia.
"Certo che lo farei. Ti verrei a prendere io stesso."
Cerco di sorridere:
"Per volare ben due volte quando potresti evitarlo? Non sono così crudele da permettertelo."
Sorridiamo tutti e due, e restiamo immobili.
"Perchè me lo hai chiesto?"
"Perchè ho paura che questo ti sfinisca tanto da decidere di vivere la tua vita come è meglio per te, invece che per me."
Stringo le braccia attorno alla sua schiena in preda al panico.
"Che vita migliore potrei scegliere se fosse una vita senza di te?"
Mi guarda angosciato, ed io riprendo, con foga:
"Non sono così masochista, Orlando. Se dovessi scegliere di vivere lontana da te, non sarebbe una decisione presa di mia volontà. Se un domani mi accorgessi di essere io a limitarti, in qualsiasi cosa, o che la mia presenza ti nuoce e basta, allora sì, me ne andrei. Ma in caso contrario, vorrei con tutta l'anima e se me lo permetti restare con te, finché lo vorrai anche tu."
Mi posa due dita sulle labbra, raccogliendo la lacrima che mi è scivolata lungo la tempia con l'altra mano. Mi detesto per averla lasciata andare. Ma i suoi occhi sono infinitamente pieni di amore e calore quando mi guarda.
"Piccola, dolcissima, fragile Luna..."
"Io ti amo, non posso lasciarti, a meno che non sia tu a volerlo", sussurro a voce spezzata. Lui mi posa un bacio appassionato sulle labbra, con forza gentile, tenendomi il viso tra le mani, proteggendomi col suo amore.
"Non avere mai dubbi a riguardo. Ti prego", mormora baciandomi piano, delicatamente la fronte.
"Neppure tu." Sorrido appena. "Perciò abbandoniamoli, o saremo costretti a dare ragione a Dom e Linda, quando dicono che ci facciamo troppi problemi." Ride divertito anche lui, tornando ad ascoltare il mio cuore. Gli accarezzo piano le braccia, euforica. L'unica certezza che ho, è che nessuno dei due vuole perdere l'altro.

"Ti piace molto, non è vero?"
Riporto lo sguardo dal Tower Bridge illuminato al suo, e annuisco sorridendo, gioiosa.
"Sì. Lo trovo così maestoso... senza contare che ci sono passate sotto così tante persone, che sembra un punto di connessione col passato. Anche quello non particolarmente gradevole" aggiungo, accennando alla London Tower poco distante. Il complesso grigio di mura impiegate a prigioni si eleva verso il cielo, eterno, immutabile. Mette quasi i brividi, anche sotto il sole. Figuriamoci adesso, di sera. Ma sul traghetto dalle luci colorate nulla mi tange, specie se resto così, abbracciata a lui. Gita di sera lungo il Tamigi. Io e lui all'aperto, sul ponte, ad osservare Londra che risplende. Un sogno. Mi sento nuovamente gli occhi lucidi.
"Non penso che potrò mai ringraziarti. Hai reso una sola giornata qualcosa di impagabile. Uno dei ricordi più belli che potrò mai avere."
Lui mi stringe a sè, accarezzandomi i capelli.
"Sono lieto che tu la pensi così. Era quello che speravo, in realtà" aggiunge scherzando. Gli sorrido divertita.
"Sai che così mi metti in difficoltà? Sarà un problema organizzare qualcosa di altrettanto splendido per il tuo compleanno."
Scoppia a ridere tenendomi più vicina ancora.
"Non corri rischi, se sarò davvero a girare."
"Oh." Lama nelle costole. "E' vero. Ma ti assicuro che non la scampi per questo, vedrai che ti combino..."
Sorride divertito.
"Detto così sembra una minaccia."
"Certo: mi minaccio da sola, così evito di abbandonare l'inventiva."
Mi alza il mento con due dita, accarezzandomi dolcemente il viso.
"Basterebbe poter essere certo di trascorrerlo con te."
"Questo te lo posso promettere una volta per tutte. Dammene il permesso e lo farò."
Mi sorride baciandomi i capelli.
"Non voglio legarti."
"Arrivi tardi, mi sono già incatenata io."
Ridacchia, tirandomi piano una ciocca. Il consueto brivido mi vibra lungo la schiena.
"Lo fai apposta?"
"Naturalmente" sussurra malizioso, prima di baciarmi con estrema tenerezza. Sopra di noi il ponte, le stelle e l'Universo intero splendono radiosi, mentre le nostre immagini specchiate nell'acqua scura si infrangono tra le onde.




A mia nonna.
Io lo so, che c'eri con me, quel giorno.
A me stessa. Perchè vorrei tornare a cavallo, ma sono una gran codarda,
e vorrei avere qualcuno accanto che mi spinga a farlo.
L'Orlando di questo capitolo è un pò più il "mio" Orlando che il "nostro", spero non sia spiaciuto a nessuno.
P.S.: La scenetta adorabile della canoa è avvenuta davvero;
solo che io ero tra quelli che costituivano il piccolo pubblico sospirante.
E il ragazzo non era il Mitico, ma sono certa che alla fanciulla in barca non gliene importasse niente.
Che non lo avrebbe mai scambiato. Si vedeva dall'espressione.
Un caro abbraccio a tutte voi care. Siete le Fan Perfette, con tanto di lettere maiuscole.
Giulia

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Capitolo 22
*** A wish come true ***


Race the moon
Catch the wind
Ride the night to the end
Seize the day stand up for the light
I want to spend my lifetime loving you
If that is all in life I ever do
[The Mask Of Zorro OST]




"Non andare."
L'ho sussurrato troppo forte perchè non l'abbia sentito. Infatti nonostante il vago e confuso oblìo che mi circonda avverto il suo sguardo su di me. Mi impongo di non sollevare il mio.
"Resta con me."
*Egoista.*
"Luna... Non posso."
La mia mano si contrae appena sul suo petto. Che strano tono. Come se fosse ovvio, che non può restare. Come sono stupida. Come sono illusa.
"Siamo a casa mia. Dove dovrei andare?"
Spalanco gli occhi di colpo, svegliandomi. Oh. Oh, no. Che figura.
Le sue dita mi sfiorano la guancia, intanto che riprendo controllo e soprattutto memoria di me. Le coperte mi sfiorano la schiena, calde, ma sono soprattutto le sue braccia che mi stringono a donarmi tepore. Il suo cuore batte sotto il mio orecchio, lo sento benissimo. Scuoto appena il capo. Dovunque è solo notte.
"Perdonami. Io... mi ero addormentata. Stavo già sognando."
La stretta si fa più salda, il suo sussurro più nitido:
"Non avere paura. Non ti lascio andare, neanche nei sogni. Resto qui." Liscia piano la mia schiena, una carezza estenuante che concilia il sonno d'amore.
"Scusami" mormoro, prima di chiudere nuovamente gli occhi.
"Ssshh. Ti proteggo io, adesso. Dormi, piccola Luna. Veglio io sul tuo sonno."
Annuisco appena, scivolando nell'oscurità resa leggera dalla sua voce.

Qualcosa di caldo, morbidissimo, mi sfiora la spalla. Mi sento sorridere, ma non ne sono certa. Non voglio uscire dal sonno. Ma il tocco lieve non si allontana, e sbattendo le palpebre abbasso lo sguardo. Due occhi scuri mi fissano attenti. Risuona un latrato festoso. Sussulto, svegliandomi completamente.
"Buon giorno, cucciolone", mormoro con voce stropicciata, ancora intontita, e allungo una mano ad accarezzarlo.
"Sidi! Ti ho detto di fare piano..." bisbiglia un'altra voce, finché Orlando non entra di schiena reggendo un vassoio, e mi lancia un'occhiata. Da sorpreso il suo sguardo diventa dolcissimo.
"Ti ha svegliata, mi dispiace."
"No-no, ero già in procinto di farlo."
Posa il vassoio sul letto e si china a baciarmi la fronte.
Adesso sì che sgrano un sorrisone felice.
"Non ho mai avuto un buongiorno così, lo giuro."
Lui sorride e si siede accanto a me.
"Bene, buon per noi" afferma, scompigliandomi i capelli. Gli sorrido come una bambina e poso lo sguardo sul vassoio.
"Anche la colazione in camera, che delizia..."
"Mi sembra il minimo, bella addormentata."
Arrossisco, ora che ogni frammento della notte passata trova il suo posto nel puzzle dei ricordi. Le sue mani, il suo petto, i suoi occhi, i nostri corpi vibranti, così perfettamente congiunti...
"A-ha, stai affrontando qualche bel pensiero?" domanda maliziosamente divertito. Il mio rossore aumenta d'intensità.
"Ma tu non ti imbarazzi mai?" domando con tono implorante. China lo sguardo ridendo:
"Certo che sì, dipende da cosa penso."
"Allora abbiamo pensieri opposti" borbotto prendendo la tazza fumante.
"Non lo so..." mormora avvolgendomi in un abbraccio gentile, "A che pensavi, tu?"
"Al... ahm... a... ecco... niente."
Sorride sghignazzando, e mi posa un bacio sul collo.
"Piccola adorabile timidona."
Oddio, mi scioglie il cuore se lo dice così!
Metto giù la tazza e mi accoccolo accanto a lui, a stretto contatto col suo torace teso. Lui mi bacia i capelli e la fronte, teneramente.
"Potrei anche farci l'abitudine, a tutte queste coccole."
Sorride scostandomi una ciocca dal viso:
"Che cosa te lo vieta?"
"Uhm, pensandoci... nulla, in effetti." Lo stringo a me, tuffandomi nel suo profumo. Che meraviglia. Esiste davvero, per me. Vorrei trascorrere tutta la mattina così... Oh. Oh! Mattina?!
"Oddio!" sussulto.
"Che c'è?" chiede perplesso.
"E' lunedì! Devo andare a lavoro!"
"Lo so. Infatti sei in tempo. Sono solo le otto, e da qui non è lontano. Ti ci porto io."
"Oh", mi rimetto tranquilla a sedere, "Ma allora ti sei alzato presto per colpa mia."
Sorride scuotendo il capo:
"No, tranquilla. Dovevo alzarmi, e comunque ha suonato il telefono."
"Non me ne sono neppure accorta" confesso meditabonda, mangiando i biscotti.
"Lo so. Stanotte hai parlato un pò nel sonno, ma quando sei crollata del tutto non ti sei più mossa."
Altro sbalzo di temperatura.
"Oh, no, mi dispiace, non volevo svegliarti..."
"Non lo hai fatto, tesoro mio, non hai parlato molto."
Realizzo il 'my cherished one' e mi luccicano gli occhi.
"Che cosa ho detto?"
"Beh, dunque, all'inizio, non volevi che andassi via, ma eri in dormiveglia" sorride, accarezzandomi la guancia. "Poi hai deciso che i tuoi pensieri dovessero restare segreti, perciò hai parlato solo in italiano. Tranne una volta."
Emergo dall'abisso del mio imbarazzo e chiedo piano:
"E che ho detto, in quella occasione?"
"Che mi ami."
Vamp. Se non ho preso fuoco ci sono andata molto vicina.
"Oh. Ahm. Beh. Scusa."
Bevo un sorso veloce di latte caldo e distolgo lo sguardo, portandolo su Sidi accucciato al suolo. Orlando mi prende la tazza dalle mani e mi fa voltare gentilmente il viso, fino a guardarlo negli occhi.
"A me non è affatto dispiaciuto."
E mi perdo nel suo sguardo prima ancora che nel suo bacio.

"Va bene qui?"
"Sì, ti ringrazio tantissimo del passaggio."
"Scherzi, vero?" sorride divertito. Io ricambio, e chino la testa.
"Quando... voglio dire, pensi..."
"Stasera. Vieni a casa mia."
Esulta, mio cuore.
"Sì. Corro, appena finisco di lavorare."
Annuisce sorridendo e si avvicina per baciarmi. Ricambio finchè non sento di dover agire coraggiosamente, per non smarrire la lucidità. "A stasera" confermo in un sussurro. Lui annuisce e mi accarezza la guancia, per poi guardarmi scendere di macchina. Aspetta finchè non imbocco la strada della libreria e mi volto a salutarlo con un sorrisone, dopodiché ricambia e si allontana. Negli ultimi due giorni ho raggiunto un livello di felicità così raggiante tale da permettermi di illuminare ogni ombra, e noto che le persone se ne accorgono, o lo avvertono, perchè mi fanno un cenno, un sorriso, o bisbigliano un saluto vedendomi passare.
Arrivo in libreria e la trovo deserta.
Un colpo. E' successo qualcosa? No, Leah e Cynthia mi avrebbero chiamata, oppure Mrs Meadows... oddio! E se Madam stesse male? Se avesse avuto qualche problema? Dentro è tutto buio. Poso la mano sul vetro e questo si muove. Ma... allora non è chiusa, la porta? Oddio! E se ci fossero i ladri? Se avessero legato Leah e Cynthia? Se hanno fatto del male a qualcuno, io... io...
L'orologio batte le nove. No, impossibile. Come avrebbero fatto dei ladri ad entrare prima dell'orario di apertura? No, forse sono dentro a sistemare qualcosa... Mi faccio animo e apro la porta. Entro piano, schiarendomi la voce:
"Is there anyone? Hello?"
Non mi risponde che l'ombra.
"Mrs Meadows? Leah?... Cynthia? Are you there?"
La luce s'accende di colpo; sussulto soffocando un urlo mentre una pioggia di coriandoli mi cade addosso dall'alto.
Spalanco gli occhi abituandoli al bagliore e vedo Leah e Cynthia corrermi incontro con un sorrisone. Ho una vaga idea di che cosa stia accadendo prima che comincino a canticchiare "Happy Birthday", e scoppio a ridere, sollevata, abbracciandole.
"Tantissimi auguri, tesoro!", "Felici 24 anni!", "Scusa il ritardo, ma ieri era domenica, spero tu non abbia pensato che ce ne fossimo dimenticate!"
"Assolutamente, no, io..."
"... Eri troppo impegnata per ricordartene, dì la verità."
Ruoto su me stessa riconoscendo la voce:
"Dom! Sei tornato!"
Mi viene incontro e mi abbraccia:
"Certo, te l'avevo detto! Anche se speravo di tornare prima. Ma accetti comunque i miei auguri ritardatari, vero?"
"Ma sicuro! Che bello vederti! Orlando lo sa?"
"Direi di sì, visto che l'ho sentito stamattina."
"Oh..." ricordo qualcosa "Allora sei tu che hai telefonato?"
"Sissignora. Tu dormivi, mi ha detto."
Oh. Oh, no. Mi sento di nuovo tornare violacea. Mi sono tradita. No, peggio, ho confermato quel che già sapeva. Oh, mamma. Dom mi guarda maliziosamente e scoppia a ridere, stringendomi di nuovo.
"Hai un'espressione da immortalare! Non ho mai visto nessuno di quel colore!"
"Prendi pure in giro..." borbotto.
"Che ci posso fare? Possibile che qualsiasi pensiero o atto naturale debba ridurti come un febbricitante? Scommetto che sei sui 50 gradi!"
Rinuncio a tornare pallida e lascio vagare lo sguardo attorno. Ora che tutto è aperto ed acceso, la libreria sembra anche più viva del solito. I clienti cominciano ad entrare e osservano sorpresi e sorridenti la festicciola. Leah e Cynthia li fanno accomodare, invitandoli a prendere qualcosa da bere, spiegandone il motivo ed indicando me, ancora confusa. Allora ognuno mi si avvicina per farmi gli auguri, stringermi la mano, darmi una lieve pacca sulle spalle, perfetti sconosciuti gentilissimi. Gli Inglesi. Ma come saranno fantastici? Sorrido tra me e me, intanto che da gruppi sparsi per la sala risuona la canzone di buon compleanno.
"Hai organizzato tutto tu? Con loro?" domando sbalordita indicando Leah e Cynthia, sorridenti. Dom risponde divertito.
"In realtà, quasi tutto io... loro sono state abbastanza compiacenti da lasciarcelo fare."
"Ma quando...?"
"Ah! Non si dice... surprise!" ridacchia. Ma quanto sarà adorabile? Gli stringo forte la mano.
"Dom, io... grazie."
Lui china lo sguardo - non ci credo: l'ho messo in imbarazzo? - e fa:
"Ma ti pare..."
Mrs Meadows mi si avvicina raggiante con una specie di crostata al cioccolato, tonda, dall'aspetto buonissimo, su cui son posate due candeline con i numeri 2 e 4.
"Come on, my dear, make a wish!"
Chiudo gli occhi nel silenzio improvviso, mentre tutti attendono. Poi soffio sulle candeline, e parte un applauso festoso. Leah e Cynthia mi abbracciano nuovamente, e corrono a tagliare la torta. Mrs Meadows mi sorride baciandomi sulle guance come una mamma e si dirige al tavolo a stappare lo spumante. Io incrocio lo sguardo di Dom, che non guarda me ma sorride rivolto alle mie spalle. Due braccia mi avvolgono stretta, ed il suo profumo mi stordisce l'anima. Un sussurro sul mio collo, vicino all'orecchio.
"Sorpresa... Ti amo, piccola Luna."
Serro gli occhi perchè non riuscirei a mostrare tutta la felicità che provo in questo istante, e temo che non le rendano giustizia, piccoli specchi bicolore di un sentimento troppo grande per essere contenuto così. Orlando mi bacia il collo delicatamente, portando le mani sui miei fianchi ed intrecciando infine le braccia davanti al mio petto, quasi fossero uno scudo, il suo mento sulla mia spalla destra.
"Allora, che desiderio hai espresso, Luna?" sorride Dom quando riapro gli occhi.
"Non si può dire, altrimenti non si avvera" risponde Orlando ridacchiando.
Controllo la mia voce, portando le mani sulle sue braccia e appoggiandomi contro il suo petto.
"Non importa", sussurro, tutto il piacere del mondo nel mio petto, "Si è già esaudito."
Se di felicità si può morire, io sono appena rinata.

"Bene, sarà il caso di lasciar lavorare queste fanciulle."
"Vai già via?" domando guardandolo dispiaciuta. I clienti arrivano a frotte, attirati dall'aria frizzante e festaiola. Dom mi dà un buffetto sulla guancia e fa l'occhiolino.
"Non temere, mi rivedrai anche troppo presto, scricciolo. Mi hai promesso una cena, ricordi?"
"Eccome!"
"Appunto. Domani sera siete prenotati. E non ci sono scuse, chiaro OB?". Orlando lo guarda divertito e fintamente offeso.
"Come se ne avessi mai cercate..."
"Adesso hai un motivo in più per farlo, amico" ribatte Dom con un sorriso malizioso ed uno sguardo scanzonato diretto a me. Io veleggio verso i toni del vermiglio, lui scoppia a ridere e Orlando fa finta di prenderlo a spinte:
"Fuori!"
"Buono, buono, esco da solo! A domani Luna! Tanti auguri!" e schizza dal negozio ridendo. Io scuoto il capo. Da un certo punto di vista mi spiace che sia troppo grande e già fidanzato, sennò lo presenterei a mia sorella. Oddio. Linda e Dom assieme. No, non esiste: un vulcano in piena eruzione sconvolgerebbe di meno.
"Ha ragione, comunque. E' ora che vada anche io."
Lo guardo a metà tra l'implorante e l'intenerito. Il suo tono mi ha fatto capire che la cosa gli dispiace. Mi alzo sulle punte e lo abbraccio forte, baciandolo.
"Non ti preoccupare, stasera arriverà prima di quanto credi."
Sfodera il sorriso sghembo. Batticuore infinito.
"Pensavo di dover essere io a consolarti."
"Ah, perchè, a te non spiace andare via? Ma grazie..." borbotto, falsamente permalosa, e faccio per girare sui tacchi.
Mi trattiene per una mano e mi attira a sè, stringendomi al suo petto. Il suo profumo mi investe completamente, difficile restare lucidi.
"Sei incredibilmente attraente quando sei indispettita, lo sai?" sussurra piano. Un brivido lungo le spalle.
"Non lo sono per davvero."
"Lo so. Ma non per questo risulti meno allettante."
Respiro avidamente il suo odore, allacciando le braccia attorno al suo corpo. Quando mi rendo conto che siamo in pubblico e che alla sera mancano diverse ore, lo lascio andare.
"Vai, prima che ci ripensi."
Trattiene una risata e mi libera dal suo abbraccio.
"Va bene. A stasera. Ti aspetto."
"Ci sarò."
Si china a baciarmi sulle labbra, poi esce e si allontana. Sospiro profondamente e resto a guardarlo finchè non gira l'angolo, poi rientro nel negozio.
"Luna! Non hai ancora visto il regalo?"
"Co... mi avete fatto un regalo? Oltre alla festa?"
"Quella in realtà l'ha proposta questa mattina Mr Monaghan" spiega Mrs Meadows soddisfatta, avendo intercettato l'ultima parte della mia domanda, prima di correre da alcuni clienti.
"Sebbene avessimo in ogni caso preparato un rinfresco... pensavamo di farlo all'ora di pranzo. Ma il regalo te lo abbiamo fatto comunque, certo!" annuncia Leah.
Mi portano nel camerino e intanto Cynthia chiede:
"Ma quindi... anche il tuo ragazzo è un attore?"
La guardo a bocca aperta, e così Leah.
"Ma certo! Non lo hai visto, c'è una sua foto nella strada accanto, sul manifesto di un film" risponde lei.
Cynthia mi guarda mortificata:
"Perdonami, io non ho riconosciuto nessuno dei due."
Scoppio a ridere: "Ma Cynthia, questo non può che farmi piacere. Davvero. Siete tutte e due così carine..."
"Considerato come sei innamorata, e visto quanto anche lui è abbondantemente perso per te, il minimo che puoi aspettarti da noi è che lo trattiamo gentilmente, no?" ridacchia Leah. Che carissime ragazze, due amiche veramente.
"Siete dei tesori. Dico sul serio."
Loro mi abbracciano contemporaneamente, unendomi nel nostro collaudato abbraccio a tre. Dopodiché mi obbligano a chiudere gli occhi.
"Ok, puoi riaprirli!", annunciano dopo avermi messo in mano due pacchetti rettangolari, uno grande e l'altro più leggero. Provvedo subito a scartarli.
"Oh... Oh! Ma sono stupendi!" esclamo. E' vero: due orecchini a goccia di smeraldo riflettono i raggi del neon, balenando sul muro in piccole scintille luminose. "Grazie! Sono meravigliosi!" ripeto, convinta.
Loro sorridono: "Quello è il regalo 'serio'..."
"Aspetta ad aprire il prossimo..."
Un pò perplessa mi accingo ad aprire quello più grande, e prima ancora di aver finito mi sento diventare simile alla Ferrari.
"... M-m-ma... ma ragazze!"
Loro si rotolano dal ridere.
"Oh, dovresti vederti... oh, Dio, non lo metterai mai..."
"Chi se ne importa, è sufficiente la faccia che sta facendo adesso!"
E giù risate. Io tiro fuori il corsetto nero-argentato di seta e pizzo dalla scatola, scuotendo la testa. E' un capo bellissimo, con stecche rigide, molto fine e molto elaborato, femminile e assolutamente non volgare, per cui ritengo debba appartenere sicuramente ad una marca famosa. Accidentalmente però è la cosa più sexy che abbia mai pensato di poter indossare.
"Mi sa che avete ragione, non lo metterò mai."
"Che ne sai? Magari gli piace" azzarda Leah maliziosamente.
"Magari evito proprio di farglielo vedere."
"Non ci riuscirai. Verrà il momento in cui vorrai essere tu a sapere se gli va di vedertelo addosso."
Mi nascondo gli occhi con la mano, allibita. Piuttosto morta.
"Non deve vederlo per forza, basterà che non lo indossi se sai di dover uscire con lui."
"Leah, in questo modo non lo metterà mai."
Sorrido. Cynthia con questa frase ha dissolto ogni imbarazzo, perchè implicitamente ha affermato una stupenda verità.
Leah alza le spalle: "Beh, allora ci sarà un giorno in cui non dovrai uscire con lui e potrai indossarlo" e mi guarda maliziosamente "E sappi che ti controllo. Scommetto che ti sta divinamente."
E mentre si slogano le giunture dal ridere io sospiro cercando di attenuare il bordeaux delle mie guance.





Alle mie bimbe bellissime,
romantiche ed innamorate,
quelle che mi sostengono
e che leggono
ogni capitolo, commentandolo.
A voi tutte, insomma.
In particolare al mio terzetto,
per il sorriso incancellabile... anche 'without a reason why'.
Giulia.

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Capitolo 23
*** Ne vali la pena ***


Whenever dark turns to night,
and all the dreams sing their song,
and in the daylight forever,
to You, I belong

[B*Witched]



Il cielo era sempre grigio, sebbene la notte brillasse in modo insostenibile. Le sere invernali sono più luminose di quelle estive, ma possiamo godercele di meno, perchè essendo freddo stiamo al calduccio in salotto. Stavo pensando a quanto poco mancasse al mio ritorno a casa, e a tutto quel che era accaduto in così poco tempo.
Ero arrivata in Inghilterra quasi due mesi prima, per un colloquio di lavoro come Hostess. Mi avevano accettata, ma non potendo pagare le spese ero stata costretta a tornare. Quasi. Perchè nel frattempo ero riuscita a trovare un altro lavoro, che mi consentisse di vivere molto bene e di mantenere un appartamento tutto mio. Il mio impiego mi piaceva molto, avevo trovato degli amici.
Ed era accaduto; avevo rimesso in moto il mio cuore. Per caso. Un mattino, a due giorni dalla mia partenza, un cane enorme, nero ed esuberante, mi aveva buttata a terra mentre cercavo Peter Pan. Il padrone del cane era un ragazzo dagli occhi color cioccolata, i capelli scuri ed una voce capace di far vibrare le corde dell'anima, che mi aveva aiutata, non solo ad alzarmi e a trovare la statua, ma a ricompattare quella lastra di ghiaccio finissimo che era il mio cuore, semplicemente distruggendola a ricostruendola da capo. Senza neppure accorgersene. Il suo nome era quello di un cavaliere, il mio quello di un astro. Ma il suo era molto più che famoso. Ed io ero molto meno che nessuno. E proprio perchè io trattavo lui come nessuno, e lui trattava me come qualcuno, finimmo per innamorarci. Seriamente. Dalla notte del 24 Novembre non ne trascorse una che non mi vedesse tra le sue braccia.
Ero l'amante innamorata e ricambiata di Will Turner, di Legolas, di Drew Baylor, di Baliano. E di nessuno di loro. Perchè sebbene talvolta associassi i suoi sguardi, i suoi gesti, i suoi sorrisi ad un certo personaggio che più me li ricordava, lui, il ragazzo che amavo, non aveva un cognome famoso, nè una gloria da sostenere. Lui era quello che mi faceva battere il cuore con un sussurro più roco, che mi stringeva forte a sè come se avesse paura di perdermi, che mi amava in modo così appassionato da farmi dimenticare di me stessa mentre ero sua. Non ci dicevamo mai spesso quello che provavamo l'uno per l'altra. E a me stava bene così, perchè alle tre note parole preferivo i suoi sguardi, i suoi abbracci, il sentirlo veramente vegliare su di me, mentre dormivo.
Adesso, dopo quasi due mesi assieme, sarei dovuta tornare a casa, in Italia. E ogni lama che esisteva nel mondo mi trapassava impietosa, quando questo pensiero riaffiorava dall'abisso dell'indifferenza in cui cercavo di cacciarlo.

"Ragazze care, trascorrete delle buone vacanze, e abbiate un sereno Natale."
Mrs Meadows aveva gli occhi lucidi nel salutarci. Ci scambiammo tutte e quattro saluti, auguri, regali e abbracci, quella sera di venerdì.
Poi uscimmo dalla libreria, che Madam chiuse. Sarebbe rimasta così fino al 7 Gennaio 2008.
Leah mi si accostò:
"A che cosa pensi, Luna?"
Mi riscossi e la guardai.
"Che oggi è il 21 Dicembre. Non so come sia accaduto."
Lei sorrise: "Intendi, che il tempo sia passato così in fretta?"
"Non solo. Tutto il resto. Sembra così strano pensare che fino a tre mesi fa ero incerta su milioni di cose..."
"Adesso sei più sicura?" sorrise divertita. Ricambiai.
"No, anzi. Ma in qualche modo le cose di cui sono insicura adesso mi spaventano meno di quelle di tre mesi fa. Non posso crederci, non conoscevo nè te nè Cynthia, solo due mesi fa! Tre mesi fa addirittura non sapevo che cosa volere da me stessa. Ora sono così soddisfatta, che a volte temo..."
"Di perdere il suolo stabile?" interloquì Cynthia. Io annuìi. Lei sorrise:
"Non te ne preoccupare. Pensa che c'è chi ti sostiene, se la terra trema."
"Sì" intervenne Leah "non pensare a ciò di cui dubitavi prima, pensa ad ora: ci siamo noi, ci sei tu, siamo una super squadra..."
"E c'è qualcuno che ti guarda" completò Cynthia allungando il collo.
Io, che mi aspettavo un "che ti ama", la guardai perplessa.
"Eh?"
Lei mi indicò una figura alta, dall'altra parte della strada, confusa appena dalla gente che passava e dai pochissimi, radi fiocchi di neve.
Nonostante il freddo fu come se qualcuno mi avesse riempita di acqua calda.
"Visto? Hai appena recuperato il suolo stabile" ridacchiò Leah. Io sgranai un sorrisone e le abbracciai forte.
"Vi voglio bene, ragazze" sussurrai, un groppo in gola. Mi sarebbero mancate molto.
"Anche noi, tesoro. Tantissimi auguri di Buon Natale."
"Ci sentiamo durante le feste, vero?" domandai.
"Certo! Innanzitutto la mattina di Natale... non vedo l'ora di scoprire che cosa mi hai regalato" sorrise Cynthia, tastando il pacchetto. Era la cosa che più detestava dei regali, doverli aprire solo parecchio dopo averli ricevuti. Io e Leah ridacchiammo, poi ognuna di noi si allontanò per strade diverse. Mi lasciai alle spalle la libreria e mi incamminai verso la figura che a sua volta veniva verso di me, facendosi mano a mano più vicina. Lo sguardo dolcissimo di quegli occhi color cioccolata mi incantò, come sempre ormai.
"Hi, my angel."
"Hi, my cherished Moon" sussurrò prima di baciarmi. Naturalmente, mi persi. Da quando poi si era fatto crescere il pizzetto alla Will, era ancora più seducente di prima.
"E' stato tanto brutto?" chiese lui sorridendo. Lo guardai: mi conquistava sempre con la sua delicatezza nel comprendermi appieno. E non mi giudicava neppure stupida come credevo d'essere io.
"Un pò, ma fortunatamente 17 giorni passano presto."
"Non sei contenta di staccare un pò, di tornare a casa?"
"Ma come, sono venuta apposta fin qui per non restare là" sorrisi divertita. Lui ricambiò:
"Non può essere così brutto. Si vede lontano un miglio che ami la tua famiglia."
"E' verissimo, nel modo più assoluto. Ma evidentemente sto attraversando adesso il periodo di ribellione adolescenziale."
Scoppiò a ridere e mi strinse a sè, cingendomi le spalle col braccio.
"Comunque sia, sì, sono contenta di avere una vacanza. E' da quando sono qui che la vivo come tale, ma effettivamente sento il bisogno di tornare a starmene accoccolata davanti al camino di sala con una tazza di cioccolato in mano, e dormire fino alle dieci di mattina, da brava pigrona."
"Beh, puoi cominciare subito domattina a farlo. Fino al 24 non parti, dopotutto, hai tempo di sistemare le cose qui."
Una morsa gelida mi serrò il cuore. Solo tre giorni. Se ne accorse.
"Tornerai presto, piccola Luna. Appena otto giorni, più o meno. E' anche meno di quanto mi aspettavo."
"E' che... mi mancano davvero i miei. E la mia casa. Ma qui... qui ho costruito una vita."
"Non devi demolirla, solo sospenderla per un pò."
"E mi mancherai da non crederci" sussurrai piano. Egoisticamente, avrei voluto avere tutte e due le cose, com'è naturale.
A questo non rispose, ma mi fermò, e mi abbracciò forte.
"Anche tu, piccola Luna. Sarà strano trascorrere il Natale senza di te."
Annuìi posando la testa sulla sua spalla, sospirando profondamente.
Sette giorni, o otto, quello che erano, senza di lui mi sembravano impossibili, ma era ancora più assurdo quello che si era venuto a creare tra di noi. Non avevo mai vissuto un rapporto così. Era troppo irreale. Non c'era mai stata una sola discussione tra di noi, finora. Io passavo la mattina a lavoro e pranzavo con le amiche, restando in negozio fino al pomeriggio inoltrato, poi la sera la trascorrevamo assieme, fino al mattino successivo. Nei giorni liberi viaggiavamo per Londra e fuori, a Windsor, a Manchester, e talvolta si univano a noi i nostri amici, Dom e la sua fidanzata - che finalmente avevo potuto conoscere, e ci eravamo piaciute subito -, Leah ed il suo ragazzo, Cynthia con il proprio. Creavamo un bel gruppetto, in cui ognuno era solo se stesso. Ero grata di ciò alle mie amiche e ai loro compagni, perchè si comportavano come se Dom e Orlando non facessero un lavoro tale da renderli conosciuti a livello mondiale, e l'atmosfera era piacevolissima.
Ogni volta mi stupivo non riconoscendomi in quella me stessa che viveva così. Luna, che diceva 'ti amo' dal cuore ad un ragazzo con cui stava da poco più di un mese, che ci dormiva assieme con l'abbandono di una vita intera. Io. Cupido s'era fatto perdonare gli sbagli passati, indubbiamente. Ci aveva messo anche troppo impegno.
L'idea di non svegliarsi la mattina di Natale assieme a Orlando mi dava un senso di smarrimento.
"Ad ogni modo, il 31 mattina sarai nuovamente qui. Potrai riposarti del viaggio, rilassarti fino al 7, e riprendere in mano le cose."
"Dimentichi lo stare con te."
"Era incluso, amor mio."
Sorrisi serenamente. Era sempre un piacere sentirglielo dire. Riprendemmo a camminare, intanto che un altro probema si profilava all'orizzonte.
"Ma non dovrai partire presto, per quel film?"
"Sì, ma sarà verso metà Gennaio."
Mi piombò un macigno sullo stomaco. Lo avevo sempre saputo, ma adesso quei sette giorni lontano da lui mi sembravano più che mai uno spreco. Il nevischio si fece più deciso, ed io chinai il capo e lo sguardo.
Camminammo in silenzio fino a casa sua, e sempre in perfetto silenzio entrammo. Sidi mi corse incontro dalla sala e lo abbracciai forte. "Bellissimo, adorabile cagnone, sempre più grande! Ma che gli dai da mangiare?" domandai mentre Sidi mi passava il muso dovunque riuscisse ad arrivare. Orlando scoppiò a ridere.
"Vuoi una bella tazza di the caldo?"
"Oh, sì, magari. Grazie."
"Figurati. Mettiti comoda."
Obbedìi subito, sedendomi sul divano e togliendomi la giacca. Sidi alzò le orecchie quando il pizzo del corsetto nero-argento frusciò sotto la mia maglia.
"Shhh, non dire nulla" sussurrai divertita, e lui si riaccucciò ai miei piedi. Leah e Cynthia evano preteso di vedermelo addosso almeno l'ultimo giorno. Scossi il capo tra me e me. Che donne. Orlando tornò con due tazze di the e si sedette accanto a me. Lo ringraziai e mi portai alle labbra la mia. L'aroma del the mi piaceva moltissimo.
Restammo in silenzio ancora un pò, finchè lui riprese, senza guardarmi.
"Luna, non so come dirtelo."
Temevo quella frase. Abbassai la tazza appena, chinando lo sguardo. Nessuno dei due osservava l'altro, sembravamo entrambi attirati da qualcosa. Io da Sidi, lui dalla neve oltre le tende.
"Prova."
Respirò profondamente ed io bevvi un sorso di the.
"Si prevede una lavorazione piuttosto lunga. Parlano di qualche mese, a quanto so. Avremo delle pause ogni tanto, ma nessuna tale da permetterci di assentarci."
*Posa la tazza, Luna.*
Seguii il consiglio della voce interiore; stava in silenzio da diverse settimane, ma quando parlava aveva ragione.
"E' normale" mi venne fuori. Lui mi lanciò un'occhiata ma non la ricambiai.
"Intendo, che un film serio ci metta del tempo a essere... insomma, deve riuscire bene, no? Senza contare qualche imprevisto che può incidere sulla durata."
Un tono di voce più letale di quello non mi era mai uscito, ma fortunatamente mi mantenevo calmissima. Esteriormente.
Restò in silenzio. Quando riuscii a contare fino a ben 58 secondi di totale assenza di suono, mormorai.
"Finisci di parlare, ti prego."
Si voltò verso di me, lo avvertii, ma non mi girai. I miei occhi erano fissi sulla schiena di Sidi.
"Tempo fa ti chiesi che cosa avresti fatto. Mi dicesti di voler aspettare il mio ritorno."
Annuii.
"Certo, basta che tu me lo chieda."
"Non intendo chiedertelo."
*Respira, Luna.*
Non mi riuscì. Serrai le labbra, irrigidita. Aggiunse piano:
"E' quanto di più lancinante ci sia, aspettare."
"Ma io lo farei", sussurrai appena.
"Ma io non voglio chiederti questo. Sarebbe puro egoismo."
Mi feci forza cercando di reprimere ogni brivido di gelo che mi attraversava il corpo.
"Allora... allora... che cosa vuoi chiedermi?" articolai, alzando lo sguardo voltandomi verso di lui, ma senza posare gli occhi più in alto del suo petto, là dove batteva il suo cuore.
"Verresti con me?" bisbigliò a bruciapelo.
Le lame ghiacciate si rattrappirono dissolvendosi. Lo fissai negli occhi, e vidi la sua espressione ansiosa, preoccupata... speranzosa.
"Con... te?" sussurrai, certa di aver capito male.
"Sì. Anche solo per poco, anche solo per qualche giorno ogni due o tre settimane, ma verresti là, con me?" chiese in fretta, senza distogliere lo sguardo dal mio.
Lo guardai a bocca aperta. Seguirlo. Avrei dovuto lasciare il lavoro, non potevo chiedere una vacanza appena ritornata da un'altra. E senza lavoro non sarei rimasta a Londra nemmeno a sognarmelo. Oppure partire ogni venerdì tardi per raggiungerlo chissà dove il sabato e tornare la domenica sera distrutta. Troppe variabili. Troppa confusione. Troppi rischi. Dovevo rinunciare per forza a qualcosa.
"Sì."
Mi scrutò con ansia. Aveva indovinato ogni mia domanda, ogni mio ostacolo, e non si aspettava minimamente quella risposta.
"Ne sei convinta?"
"Sì."
"Sarà un sacrificio enorme. Hai un lavoro, e anche se sei libera nel week-end finiresti per trascorrerlo più su un aereo che con me... ripensandoci è più ingiusto chiederti questo, che non di aspettarmi" sussurrò, chinando lo sguardo. Calcolai appena che non avesse più la tazza di the in mano e gli piombai letteralmente tra le braccia, stringendolo disperatamente a me.
"Me lo hai chiesto. Mi hai chiesto di seguirti per poter stare assieme, anche solo per poco. Mi sta bene, va benissimo così."
Ricacciai le lacrime indietro mentre lui mi abbracciava forte.
"Non ti capisco, Luna. Chiunque altra si sarebbe infuriata, perchè tu quasi mi ringrazi? Credevo che odiassi gli egoisti."
"Ma vuoi vedermi! Vuoi stare con me! Posso sopportare la stanchezza, l'aereo, tutto, finché me lo permetti. Orlando" alzai gli occhi e incontrai i suoi, e scandii le parole seguenti "ci sono centinaia di ragazze che lo fanno per poterti vedere solo un attimo. Ti prego, consideralo: anche se non ne parliamo mai, sai che è vero. Io posso abbracciarti, posso tenerti con me... non riuscirei più a guardarmi nello specchio se decidessi di non farlo, quando rispetto a loro ho così tanto di più."
Avevo toccato l'unico argomento mai sfiorato, tra di noi. Temevo costituisse una barriera, e non lo menzionavo mai. Ma stavolta era diverso. Stavolta dovevo far presente un dato di fatto innegabile. Io avevo il suo amore. Valeva bene la pena. Quelle creature che lo seguivano da un capo all'altro del mondo, non avevano la mia stessa fortuna. Come avrei potuto evitarmi ciò che loro si auto-imponevano senza avere il medesimo premio alla fine? Restò in silenzio, e temetti d'averlo urtato, ma non mi lasciò andare.
"Mi dispiace di averne parlato. Ci tenevo a farti capire una cosa." Tacque, ed io proseguii.
"Io mi sono innamorata di te perchè ho avuto la fortuna di conoscerti. Non mi interessa nient'altro. Ma concedimi di fare per te quello..."
"Che fanno le fan?" domandò. Il tono serio e freddo che usò mi gelò il sangue, ma non aveva afferrato il punto, perciò scossi il capo e lo fissai.
"Che ho fatto con chi ho amato in passato." Non pronunciò parola, di nuovo, ed io aggiunsi.
"Ti parlai una volta del mio ragazzo, sai che cosa mi ha fatto. Ma non sai che viaggiava spesso, e che io lo seguivo, a Roma, in Germania, una volta addirittura in Polonia. Ho trascoso 48 ore su un autobus per raggiungerlo, dannazione! Ora perchè non dovrei fare lo stesso con te, che mi tratti così diversamente da come mi ha trattata lui? Sarebbe come aver perso un datore di lavoro prepotente e trattare male quello più gentile!" conclusi, con foga.
Rimase in silenzio cinque secondi per poi abbracciarmi con così tanta forza da togliermi il respiro, baciandomi in maniera quasi disperata, staccandosi quel tanto che gli permetteva di ripetere:
"Scusami, ti prego, perdonami."
Scivolai all'indietro sul divano e lui mi seguì continuando a baciarmi, stringendomi a sè appassionatamente, fino a che non appoggiò la testa sul mio petto ed entrambi riprendemmo fiato.
"Sono davvero un egoista bastardo" sussurrò. Gli posai due dita sulle labbra sgridandolo:
"Per favore, non lo dire. Mi fai solo male. E offendi la mia intelligenza, visto che sto con te."
"Non avrei dovuto nè proporti di venire con me, nè tantomeno credere, dopo tutto questo tempo!, che lo avresti fatto per... per quello che sono."
"Ma io lo faccio per quello che sei." Alzò il capo a guardarmi, ma replicai prima che lo facesse lui:
"Sei il ragazzo che amo, e basta. Certo che lo faccio per te. Sei solo tu. Non c'è nessun altro."
Mi guardò attentamente, gli occhi scuri lucidi. Gli sorrisi con dolcezza e lui ricambiò, chinando lo sguardo. Sfiorai il suo viso con la mano. "Ascolta. Posso farcela. Posso sempre chiedere un permesso. O meglio, mandare Dom da Mrs Meadows, così sono certa che me lo conceda" sorrisi, e anche lui si rilassò.
"Ma se anche non funzionasse, mi resta il week-end. Sono disposta a raggiungerti ovunque. Devi solo dirmi che lo desideri. E dirlo sinceramente, senza dubbi. Vorresti?"
Annuì, ascoltando il mio cuore: "Più che mai."
"Allora va bene così. Una soluzione si trova." Rimasi ad accarezzarlo, vagliando mentalmente le varie possibilità. "Sono sicura che andrà tutto bene. Però..."
Alzò lo sguardo: "Però?"
"Grazie di avermelo chiesto, intanto."
Sorrise appena, portandomi la mano sul fianco. Poi alzò la testa e mi guardò incuriosito.
"Che cosa hai addosso?"
Oh. *Oh, no.* Arrossii.
"Ahm, nulla, è uno scherzo di quelle pazze con cui lavoro... un regalo."
"Un regalo?" domandò tirandosi su a sedere. Anche io mi rimisi seduta, infiammandomi.
"Ecco, sì, uno dei due regali di compleanno. E' un... è un corsetto. Volevano a tutti i costi vedermelo indossare prima di partire e non mi è riuscito di evitarlo." Chinai la testa vergognosa con una mano sugli occhi, ma lo sentii ridacchiare.
"Dai, vediamo questo capo imbarazzante."
"Che? No, no, non se ne parla, filo subito a togliermelo!" annunciai alzandomi in piedi, già bordeaux in viso. Lui fu più svelto di me e mi catturò, riportandomi sul divano, e cominciò a farmi il solletico, cosa che io non sopporto assolutamente. Mentre boccheggiavo cercavo di scalciarlo via, ma era difficile farlo quando ogni nervo del mio corpo si contorceva sotto le sue dita.
"Per fav... per favore... dai... lascia... va bene, va bene, mi arrendo!" gridai ad un certo punto, stremata, ridendo come una scema. Lui si fermò, a pochi centimetri dal mio viso, sghignazzando. Che crudele.
"Avanti, piccola inguaribile timida, non può essere così brutto."
"Che ne sai?" bofonchiai slacciandomi i bottoni della maglia.
"Perchè in genere tra amiche si fanno bei regali."
"Ah, giusto" mormorai, valutando l'ipotesi che avesse ragione. Ma infatti era vero: non era brutto, era semplicemente troppo sexy. Mi alzai la maglia fino a metà pancia poi mi fermai. Nonostante trascorressimo notti intere assieme, l'idea di spogliarmi davanti a lui mi metteva a disagio ancora. Lui sorrise malizioso:
"Faccio io?" chiese, prendendo i bordi della maglia.
"Sì, grazie" mormorai, violacea. Me la tolse con gentilezza, ed io chiusi gli occhi quando il capo mi passò dalla testa, lasciandomi scoperta. Portai istintivamente le braccia davanti al petto, ma poi le feci ricadere mentre posava la maglia sul tavolino e si voltava a guardarmi. Chinai lo sguardo, imbarazzata.
"Ta-daamm" mormorai appena, sentendomi osservata. Mi rispose il silenzio. Osai alzare lo sguardo ed incontrai i suoi occhi che scrutavano il regalo delle ragazze.
"Ti prego, dì qualcosa, è già abbastanza snervante così, senza l'attesa della sentenza" sussurrai sorridendo, e lui scoppiò a ridere.
"Non capisco perchè non lo abbia mai messo prima d'ora. Sei bellissima. Sei anche più seducente del solito."
"Che fai, prendi in giro?" sorrisi allungando un braccio a riprendere la maglia. Lui me lo fermò:
"Non vorrai rivestirti, vero?" domandò guardandomi. Avvertii un brivido nel riconoscere il desiderio nel mio animo ancor prima che nei suoi occhi.
"No?" chiesi appena, avvicinandomi.
"No" rispose lui attirandomi a sè.
Il corsetto non mi rimase addosso a lungo. Leah aveva visto giusto: gli era piaciuto, sicuramente piaciuto.




A tutte le Fan che hanno fatto
quello che io non ho potuto,
e a tutte quelle che continuano a trascorrere del tempo
su un aereo, dirette verso di lui.
Vi ammiro, sul serio.
E alle mie Fan, che adoro e che mi sostengono,
con tanti baciotti dalla loro Giulia.

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Capitolo 24
*** The rarest rose ***


Mi sveglio con un profumo di fiori e di caffè, e Sidi che struscia il muso contro il mio braccio. Senza aprire gli occhi allungo la mano, ma le mie dita toccano solo la coperta. Spalanco gli occhi di scatto. Orlando non c'è. Ma posata davanti a me, sul cuscino, c'è una bellissima rosa rossa, in boccio. La osservo e alzo piano la mano per sfiorarla con delicatezza; è così setosa, così morbida. D'improvviso sguscia via dalle mie dita, verso il basso, e la mia mano si ferma a mezz'aria. Seguo con lo sguardo il lungo gambo fino alla base, e avendo visto che cosa lo trattiene, sorrido.
"Good morning, sleeping beauty."
"Hi, my prince charming" ricambio sorridendo, stiracchiandomi. Orlando si china e posa un bacio sulla mia spalla, sistemando un vassoio sul comodino. Mi tiro su a sedere.
"Ho dormito sodo anche stavolta, vero?"
"Come una bambina molto stanca. Vedi? Hai proprio bisogno di una vacanza."
Mi stiracchio, e tenendo il lenzuolo avvolto attorno al seno piego le ginocchia e le fascio con le braccia.
"Meno male ci sei tu a prenderti cura di me." Lui china lo sguardo, sorridendo timidamente. Un amore.
"Mi sembra il minimo." Alza la rosa e la fa scivolare piano lungo il mio collo e le braccia, porgendomela infine. Spero che i miei occhi riescano a comunicare tutto quel che provo.
"E' bellissima. Adoro le rose."
"Lo so. E infatti, le voilà" sorride, picchiettandomici la fronte. Io ridacchio, e prendo la tazza che mi porge.
"Domani ci penso io alla colazione, altrimenti rischio di farci l'abitudine e divento più pigra del solito."
"Tu pigra? Con chi sono stato finora?" mi guarda scandalizzato, e scoppia a ridere. Io lo imito, e gli faccio posto accanto a me.
"In ogni caso, mi fa piacere viziarti un pò."
Potrei fare le fusa per questa frase ed il tono usato. Gli accarezzo la guancia. Si può essere così adorabili? Mi bacia il palmo della mano mentre gli sfioro il viso, guardandomi teneramente. No, non si può. In alcun modo.
"What are you thinking about?"
"You. You're amazing. You must be a dream." Lui sorride divertito.
"That's sweet. Am I a good dream?".
Colgo la mia stessa citazione, e sorrido posandogli la mano sul petto, sopra il suo cuore.
"A wonderful one, really."
Mi bacia sulle labbra, leggero, dolcissimo. Il mio amore. Mio.
"Allora, essendo questo il tuo primo giorno di libertà, che ne dici di spenderlo come una coppia dovrebbe fare a tre giorni dal Natale?"
Una coppia. Giusto pensare la parola mi dà un'emozione infinita.
"Perchè no? Come la trascorre una coppia, una giornata così?"
Mi lancia un'occhiata divertita.
"Tanto, tanto shopping natalizio."
"Stai scherzando? Tu? A fare shopping?" Resto un pò basita.
"Perchè, è vietato al genere maschile rinnovare il guardaroba?" domanda inarcando un sopracciglio.
"No, anzi. E' che non sono mai stata a fare shopping con il mio ragazzo. Non ci sono mai stata con un ragazzo e basta, a pensarci"
sorrido. L'idea mi suona così nuova che mi piace.
"C'è sempre una prima volta" sentenzia lui solennemente, porgendomi un biscotto davanti alla bocca. Lo addento e lui sorride.
"Mi sta benissimo. Oltretutto devo pensare ai regali per i miei. Ma... ahm... ci andiamo soli, o devi...?"
"Penso di potermela cavare anche da solo, sì."
Ha capito benissimo che mi riferivo alle bodyguards. Annuisco, un pò preoccupata. Se qualcuno lo riconosce, la folla intera del negozio di scatenerà. Mi guarda e intuisce ciò che penso.
"Ma se in questo modo ti senti più sicura, posso..."
"No, io non mi preoccupo per me. Ma comunque hai ragione, è una questione stupida."
"No che non lo è. E' normale, invece." Mi prende le mani. Lo fisso negli occhi e mi sento difesa.
"Fortunatamente, hai in abbondanza sciarpe e cappelli" sorrido. Lui sfodera il sorriso sghembo.
"Ci stavo giusto pensando. Allora, mademoiselle, appena volete, andiamo."
"Sì" annuisco io, convinta. Sarà l'aria di festa o il solo tenergli la mano, ma sono sicura che ci divertiremo.

"Ma quanti piani ha, questo palazzo?" domando incredula dal marciapiede, osservando l'altezza dell'emporio della Nike. Orlando scoppia a ridere e tenendomi per mano mi tira dentro. Lo seguo subito, ma resto comunque annichilita. Borse, scarpe, costumi, attrezzi, tute, piani e piani di cose firmate, belle, unisex, femminili, maschili... tutta roba sportiva.
"Mi viene quasi voglia di cominciare a fare un pò di sana palestra", commento. Lui sorride e mi passa il braccio dietro le spalle:
"Guarda che sei perfetta così come sei."
Arrossisco: "Certo, curve così non ne hai mai viste", ironizzo per mascherare l'imbarazzo, ma lui mi fulmina maliziosamente, sgretolando ogni mia difesa:
"Se anche le ho mai viste, apprezzo infinitamente di più le tue. Soprattutto quando posso ammirarle accanto a me senza veli."
Naturalmente le mie guance sfiorano i gradi più alti di bollore.
"Ok, mi hai ridotta al silenzio" mormoro, e lui ridendo mi stringe a sè.
Usciti da lì ci dirigiamo in uno dei negozi più grandi di Oxford Street. C'è di tutto, dai giochi agli indumenti per bambini e adulti, al reparto profumeria e cosmetici.
"Ci dividiamo ed iniziamo l'esplorazione, o ci avventuriamo assieme?" domando guardandomi attorno. Lui sorride, grattandosi la fronte:
"Effettivamente tempo lo abbiamo, ma forse è meglio separarci, così ne risparmiamo un pò."
"Va bene. Allora, ti ritrovo qui?" chiedo lanciando un'occhiata alla zona delle camicie maschili, dove ci troviamo. Lui sorride ironicamente:
"Finirà che dovrò venire a cercarti io. Ricorda cosa si dice delle donne nei centri commerciali..."
"Ma rammenta anche che io sono una ragazza innovativa. Magari impiego meno tempo di quel che credi."
Sorride e si china a baciarmi, poi aggiunge:
"Ti aspetto qui, tranquilla."
Io annuisco sorridendo e filo alla volta del reparto profumeria. Ho già in mente che cosa comprare, per questo sono relativamente sicura di quanto ci impiegherò. Infatti dopo aver acquistato qualcosa lì corro verso la gioielleria, e da lì al reparto dischi, fortunatamente trovando ciò che avevo in mente per ognuno.
Trascorsi in questo modo circa trenta minuti, ritorno al punto di partenza, con tre buste in più. Mentalmente faccio il conto: il regalo per mamma, anzi, i regali per mamma li ho presi, quelli per mio padre idem, mia sorella l'ho sistemata... Mentre mi avvicino noto un paio di ragazze che scrutano attentamente le camicie ed i camerini, ponendosi domande a vicenda che non riesco ad afferrare. Quando sono abbastanza vicina tacciono improvvisamente, e mi guardano in maniera strana. Rivolgo loro un sorriso incerto, per evitare che pensino che stia ascoltando la loro conversazione, o che sia lì per farlo, e faccio per andare avanti, cercando con lo sguardo Orlando. Una delle due mi guarda a bocca aperta, e dà di gomito all'altra. Sento il sorriso scivolarmi via dalle labbra come cera quando anche l'altra, dai capelli neri quanto quelli dell'amica son biondi, mi fissa. Mi fermo a guardarle anche io, intimidita da questa reazione. *Interrompi. Fai qualcosa.*
"Ahm... ci conosciamo?" chiedo cortesemente, come fossero clienti della libreria. Una - la bionda - scuote il capo in cenno di diniego, vigorosamente, e abbozza un:
"No, scusaci, ci sembrava..."
"Ma sei questa, tu?" esclama l'altra interrompendo l'amica e piazzandomi sotto il naso un giornale. Lo prendo perplessa e guardo l'immagine che continua ad indicare. Mi sento raggelare quando riconosco il mio viso, per quanto sfocato e assolutamente fuori tono, appoggiato sopra la spalla di Orlando, che fortunatamente è preso di schiena. Deve essere una di quelle dei Kensington. Ma siamo praticamente irriconoscibili, perciò non capisco come le due possano avermi identificata così, al primo incontro. Tiro un sospiro di sollievo e mi incollo un sorriso in faccia per negare l'evidenza, ringraziando mentalmente il cielo di essere venuta sfocata, finchè non passo alle foto successive. Queste sono recenti. Non sono di quella prima volta. E mi si vede benissimo. Peggio: lui si vede ancor meglio.
"M-ma che... di quando sono?" domando flebilmente.
La bionda mi risponde, stranamente con gentilezza, al contrario di quel che mi aspettavo:
"Il giornale è di ieri, ma le foto sono del mese scorso, vedi, c'è scritto."
Scruto attentamente la pagina. Certo. Il giorno del mio compleanno. Io e lui stesi sull'erba, a parlare di un argomento delicato, che però il giornaletto non può riportare. Almeno questo. Mi esce un mal formulato:
"I see."
Le due restano in silenzio. Mi schiarisco la voce e commento:
"Sicuramente mi somiglia, ma dubito che potrei essere..."
"Sappiamo che Orli è qui", fa la bruna, con un sorriso trionfante, e aggiunge mentre la fisso sgomenta: "Lo abbiamo seguito apposta quando ci è passato davanti, prima. Se sei qui anche tu vuol dire che per forza sei quella della foto."
"Magari sono solo passata a cercare una camicia per mio padre."
"Ma dai! E guarda caso assomigli tantissimo a questa ragazza, e pensa che coincidenza, anche Orli si trova qui."
A questa replica taccio. E' scaltra, la tipa. Non mi viene nessuna risposta. La bionda mi sorride appena, come intimidita, l'altra invece comincia a saltellare sul posto e a lanciare strilletti acuti:
"Oh my God, oh my God! It's you! I knew it!"
Non arrossisco. Sono anzi decisamente pallida. Ma reagisco d'istinto: le afferro il polso e la fisso negli occhi implorante, sibilando:
"Ti prego, ti prego, non farti sentire, te lo chiedo per favore, per favore!". Il tono che uso deve essere particolarmente serio perchè lei si ferma subito e con aria da cospiratrice mi prende le mani e sussurra:
"Oh, sì, sì, sì, tranquilla, sto zitta! Non dico nulla! Ma ti prego, dimmi, sei tu davvero?"
"Lil, lasciala in pace, dai..." mormora la bionda, chinando lo sguardo, ma Lil non le dà retta e mi guarda avidamente. Avranno si e no diciott'anni. Mi impongo di pensare a loro come a mia sorella e respiro profondamente.
"Sì, sono io." Le due mi osservano a bocca aperta, la bruna si porta le mani sul viso e sussurra un "Oh my God I can't believe it" continuo, la bionda invece resta in silenzio.
"Per favore, vi dispiace fare finta di niente?" domando, ansiosa. La bruna mi guarda con gli occhi di fuori dalle orbite:
"Ma scherzi? Cioè, tu stai con Orli!" strilla più forte, e l'amica la zittisce.
"Scusaci, non vogliamo darti fastidio..." mormora, ma Lil evidentemente non ha la stessa educazione dell'amica.
"Ma Sarah, ma stai dicendo per scherzo, questa è la ragazza di Orlando Bloom! Piacere, io sono Lilian, ma tu puoi chiamarmi Lil, no, anzi, devi chiamarmi così. Oddio, oddio, ti posso abbracciare?"
"Eh?" chiedo, basita. Mi aspettavo una sequela di imprecazioni varie, se non di ceffoni. Lil mi guarda con i lucciconi, e pur essendo profondamente confusa, balbetto:
"Ah, ehm, beh, se è per un abbraccio, io..." e faccio per tendere le braccia e posare le buste, ma lei ci si tuffa contro e mi stringe forte. "Oh, quanto sei gentile, davvero, ma lo sapevo, lo sapevo, Orli mica può stare con una stronza, tu sì che sembri carinissima, lo stavo giusto dicendo a Sarah, e le mie compagne che invece ti caverebbero gli occhi, oh, meno male ti abbiamo trovata noi invece di loro!"
*Capperi.*
"Eh, meno male davvero" esclamo, rabbrividendo. Accidenti. Che infarto. Almeno, per quanto stravagante, questa non mi vuole massacrare.
Mi spezza due o tre costole con il suo abbraccio, ma è meglio che tornare a casa con le orbite vuote. Le batto gentilmente la mano sulla schiena, e comincio a rilassarmi un pò. Lei si stacca e mi guarda con gli occhi umidi, sorridendo a trentadue denti. Sarah mi guarda, imbarazzata. Io più imbarazzata di lei le chiedo:
"Ahm, vuoi... vuoi un abbraccio anche tu... Sarah?". A questa domanda lei arrossisce, e Lil squittisce e ricomincia:
"Oh, lo vedi, lo vedi, che dolce! Ah, che bello, ma si vede che sei bravissima, era ora che lasciasse stare le attrici, che sono tremende quelle, tu invece sei una ragazza normale, e sei perfettissima per lui, ma davvero! Uh, fatti guardare, ma sì, sei anche così carina! Dai Sarah, abbracciala, hai visto che te lo permette?"
Ci sono una o due cose che mi stordiscono un pò del suo discorso, ma complessivamente è fatto in mia difesa, perciò non ci trovo poi molto da ridire. Ma Sarah mi guarda timidamente, aprendo appena le braccia:
"Posso, davvero? Non è che ti dà fastidio?" mormora. Io scuoto il capo e sorrido, tranquillamente. Mi piace, è così graziosa. La stringo per qualche secondo e lei mi lascia arrossendo:
"Grazie."
"Ma figurati." Mi guardo intorno. Nessuno ha notato nulla. Ma Orlando dov'è?
"Ahm... scusate, sembra strano che ve lo chieda, ma... ecco... dove..." Lil previene ogni mio pensiero.
"Orli? E' andato di là un minuto prima che tu arrivassi. Ti accompagniamo noi, dai!" esclama, di nuovo alzando il tono. Sarah le lancia un'occhiataccia:
"Ma lasciala stare, Lil! Stanno facendo compere, non puoi rompere le scatole così. "
"Oh." Lil mi guarda e assume un'aria dispiaciuta: "Scusa. Non ci avevo pensato... vorrete fare le vostre cose con calma. Mi dispiace, davvero... è che non ci ho pensato, sai, incontri un attore e non pensi che sia solo un... scusa, davvero."
Comincio a sentirmi in colpa: "No, lo so, tranquilla, non preoccuparti. Non è una cosa che puoi prevedere, insomma..."
Lil deliziata commenta: "Oh, sei davvero così gentile!". In fondo sono carine, non mi hanno fatto alcun torto. Posso anche fare qualcosa per loro, forse. Sarah mi guarda e sussurra:
"Forse dovremmo lasciarla andare, Lil, sta facendo tardi per stare qui." Lil annuisce nuovamente dispiaciuta e annuncia:
"Ti prometto che non vi seguiremo, grazie di essere stata così disponibile."
"Oh, ahm... ma vi pare... Allora, buon week-end" borbotto, confusa. Loro mi sorridono e mi augurano altrettanto. Comincio a camminare piano nella direzione indicatami, poi affretto il passo. Mi trovo davanti Orlando.
"Luna! Ti stavo venendo a... che c'è?" mi guarda, tenendomi ferma per le spalle.
"Ho appena incontrato due tue fan." Si incupisce rapidamente e mi affretto ad aggiungere:
"No, sono state gentilissime, figurati, mi hanno detto loro che eri venuto da questa parte."
"Cosa... ti conoscono?" domanda perplesso. Io, di nuovo ansiosa, gli spiego delle foto e del giornale:
"Avevano in mano questo servizietto su di te, e in qualche foto c'ero anche io. Mi hanno riconosciuta, e mi hanno chiesto se ero quella ragazza... e oltretutto non ho potuto negare, perchè ti hanno visto, di là."
Chiudo gli occhi chinando il capo:
"Mi dispiace, per quelle foto." Lui mi alza il mento con due dita, gentilmente, e mi guarda:
"Luna, non mi causeranno alcun fastidio. Ci sono abituato. E dovevo aspettarmelo. Ma... questo, a te, crea dei problemi?"
Resto sorpresa. Tesoro mio. Ancora convinto che la tua vita possa dare noia a me. Sorrido mettendoci tutta la dolcezza possibile.
"No, lo sai, nella maniera più assoluta. Se a te non importa, non importa neppure a me."
Mi sorride attirandomi a sè, e mentre gli poso le mani sul petto mi viene un'idea:
"Però... mi faresti un favore personale?" Lo sento farsi teso e gli accarezzo la schiena, rassicurante.
"Certo, dimmi."
"Ti chiedo troppo se ti propongo di... salutarle? Solo salutarle, e nient'altro?"
Mi allontana di qualche centimetro e mi guarda stupito:
"Domandi a me se per me è un problema? Non dovrebbe esserlo per te?" sorride malizioso: "Non sei minimamente gelosa?".
"Se manifestassi quanto lo sono non faresti vita, perciò lascia che mi comporti da brava ragazza, soddisfatta e sicura di te abbastanza da farti salutare altre due fanciulle, ok?" ribatto ironicamente. Lui mi stringe baciandomi sulle labbra, teneramente.
"Non hai motivo di temere nulla, piccola Luna. Lo sai." Annuisco appoggiandomi al suo petto, sorridente. Poi lo prendo per mano e mi faccio seguire fino all'altro settore.
Quando le due ragazze lo vedono arrivare sgranano gli occhi e rimangono a bocca aperta. Persino Lil è senza parole.
"Ciao" saluta gentilmente Orlando "grazie per aver aiutato la mia ragazza a trovarmi. Non vorrei mai perderla."
Mi batte furiosamente il cuore quando accompagna queste parole ad una stretta del suo braccio sulle mie spalle.
"Oh, no, il piacere è nostro, è stata tanto carina con noi..." risponde Sarah arrossendo. Lil annuisce vigorosamente e fa:
"E' v-v-vero. Sì. Si è anche f-f-fatta abbracciare." Sentirla balbettare mi fa uno strano effetto. Ma già, dimentico che lei non sta guardando Orlando. Sta guardando Orlando Bloom. Io stessa resto senza fiato a volte, solo osservandolo dormire, figuriamoci lei.
Ma lui si comporta da ragazzo adorabile quale è. Addirittura firma il giornaletto alle due scrivendoci un "Thank you, Sarah & Lil" che le fa quasi piangere. Loro mi salutano con la mano, gli occhi lucidi, quando ci allontaniamo ed usciamo dal negozio.
"E così hai trovato altri fan, oltre a Sidi."
"Tu ci scherzi, sai che cosa mi hanno detto? Che le loro compagne mi vorrebbero sbranare. No, accecare, meglio."
Lui scoppia a ridere e sussurra: "Non glielo permetterò. Prometterò un autografo a tutte se ti trattano bene."
"E che cosa vuoi fare, annunciare a ogni tabloid che hai una ragazza e che non deve essere toccata?" sorrido. Mi lancia un'occhiata strana, e torno immediatamente seria.
"Non starai pensando... non starai pensando che dicevo sul serio, vero?" Lo guardo allibita.
"No, scusami, ho avuto una specie di deja-vu..." sussurra lui scuotendo il capo. Io lo fermo e sfodero un'aria sorpresa, come se mi fossi accorta solo adesso che è lì.
"Orlando? Stai parlando con me, mi vedi? Ciao, sono Luna, ci siamo incontrati un pò di tempo fa quando il tuo cane ha deciso di annusare meglio il mio profumo..." ribatto, tendendogli la mano. Lui scoppia a ridere e mi prende per la mano facendomi fare una giravolta finché non finisco tra le sue braccia.
"Va bene, va bene, pace." Sorridiamo insieme, e riprendiamo a camminare.
"In ogni caso, se si ripresenta l'occasione, potrebbe essere una buona idea. Ma alla fine non mi farebbero mai del male. Nessuno ha ancora ucciso Keira, anche se è stata a contatto con te, Johnny e altri per mesi interi."
"Ma è il suo lavoro."
"Appunto. E credi che io stia simpatica a quelle due ragazze per il mio bell'aspetto? Ci sono quelle che lo capiscono, che ti vogliono bene, e di conseguenza sono contente se sei contento tu. Lo sei, quando stai con me?" domando alzando lo sguardo. Lui sorride e mi ferma, sussurrando un secondo prima di baciarmi:
"Io lo sono da quando sto con te, Luna."
Perdo una serie di battiti ma ricambio con la stessa passione.

Sfortunatamente, dopo pranzo, scopriamo che Lil e Sarah non sono le uniche a riconoscermi per strada. Pare quasi che sia diventata più famosa io di lui.
"Dovrei comprarmi una sciarpa anche io, credo" commento quando, mentre stiamo finendo un caffè, un gruppetto di ragazzine dall'altra parte della strada guarda ininterrottamente verso di me attraverso la finestra a vetro del ristorante. Lancio un'occhiata a Orlando e lo vedo soffiare sul caffè tranquillamente, come se nulla di ciò lo toccasse. Sbaglio. Un secondo dopo mi sussurra:
"Mi dispiace."
"Stai scherzando? Io mi sto divertendo."
Mi guarda perplesso. Ancora non ha capito se sto giocando o se sto dicendo la verità.
"L'ultima volta che qualcuno mi ha fissata così è stato Dom, e subito dopo ha detto che credeva fossi un marziano" lo stuzzico, e lui sorride divertito.
"Lo credo, se avevi affermato qualcosa di simile. Come può non darti fastidio, soprattutto a te che non ci sei abituata?"
"Per due motivi: il primo è una domanda che devo porti. A te secca mai? Con ragazze gentili, come quelle di prima, per esempio."
Resta un poco in silenzio, poi risponde:
"No, per questo no. Senza di loro in fondo non..."
"Appunto. E perchè dpvrebbe fare differenza con me, se il massimo che chiedono è un abbraccio?"
Lui sorride e posa la sua mano sulla mia: "E il secondo motivo?"
"Perdonami se ti cito, ma ne vale assolutamente la pena."
E lo dico con tutta la convinzione possibile. Mi andrebbe bene anche essere presa a schiaffi pur di non lasciarlo. La stretta sulla mia mano si fa più forte, così come il suo sguardo si fa più dolce.
"Spero che non cambierai idea tanto presto."
"Spero che tu non abbia intenzione di cullarti in eterno con questa speranza, perchè resteresti deluso."
"Vieni qui" mi chiama aprendo le braccia, ed io mi stringo a lui con tutto il cuore.

"Hai preparato tutto?"
Sospiro annuendo. Inutile che mi porti troppe cose dietro, perciò ho fatto solo una valigia piccola. A casa ne ho di vestiti, non c'è bisogno di portarne alcuni da qui. Già il 23 sera. Domani pomeriggio sarò sull'aereo, e domani notte dormirò nel mio letto d'ottone nero e dorato, con gli elfi a calamita attaccati sopra le rifiniture. Senza di lui. Dopo tanto tempo, dormirò senza di lui.
"Va tutto bene, piccola Luna?"
Annuisco senza guardarlo e lo abbraccio forte, posando l'orecchio sul suo cuore. Lui mi culla tra le braccia accarezzandomi la testa.
"Che cosa c'è?"
"Niente, davvero. Volevo solo sentirti vicino a me."
"Amor mio, sono qui. Non mi muovo."
Accompagna questa promessa con un bacio sui capelli. Le mie dita giocano con il suo maglione scuro, mentre Sidi accanto a noi sul divano allunga la testa sulle mie gambe. Queste scene mi mancheranno incredibilmente. Ma è giusto tornare. Non accadrà niente nel frattempo. Niente di doloroso o irrimediabile.
"Mi aspetterai?" chiedo a fior di labbra, prima di poter frenare la domanda. Lui mi alza il viso e mi guarda negli occhi, profondamente.
Riesco a sentirlo leggere la mia anima.
"Puoi starne sicura. Non andrò da nessuna parte. Mi troverai qui, ad aspettarti, quando tornerai."
Sorrido e lui mi picchietta la punta dell'indice sul naso.
"Non proprio qui: all'aeroporto, se vogliamo essere precisi."
"Guarda che ci conto" mormoro tornando ad ascoltare il suo cuore.
"Non ti deluderò" mi risponde piano, ed il suo battito me lo conferma.






Carissime cucciolotte,
ho già scritto la fine, anzi, in realtà ne ho scritte due <.<
Voglio sempre fare le cose in grande, mi dispiace... diciamo che uno dei due è un finale alternativo.
Ma manca ancora un pò, perciò vi chiedo di pazientare ^.^ So che sta diventando lunga questa fanfic, spero
non sia un problema per nessuna di voi, mi dispiacerebbe tanto! ç.ç
Vi devo pregare di attendere anche perchè quell'altra cosa è in dirittura d'arrivo,
e ci tengo a farla bene, non si sa mai che qualche pazzo decida di darmi una mano.
Nel frattempo consentitemi di dire che vi adoro.
Siete tutte nel mio cuore, non una esclusa.
Un abbraccio grande.
Vostra Giulia.

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Capitolo 25
*** Di nuovo con te ***


Always come back to You
I'll always come back to You
You're feeling all alone
A million miles from home
And the dark of night is closing in on you
For once in your life
A promise will come true
I'll always come back to You
[The Nutcracker Prince OST]



"Bene, immagino che ci siamo", sussurro quando la macchina si ferma davanti all'aeroporto. Orlando sorride appena e mi guarda. Non ce la faccio a salutarlo. Ho paura di tornare a casa e svegliarmi, scoprire che non è mai stato vero.
Intanto che lui prende le mie valigie dalla bauliera, quella con i ricambi e quella colma di regali, io mi appoggio allo sportello dell'auto e respiro profondamente. In silenzio, mano nella mano, mi accompagna a ritirare il biglietto, e infine alla fila, piuttosto corta, dell'imbarco. Per tutto il tempo mi sorride ogni volta che i suoi occhi incontrano i miei, ed io mi perdo in quella dolcissima visione, ma una morsa gelida mi attanaglia il ventre. Quando ormai manca poco, e le persone davanti a me sono tutte già passate per il cancello d'imbarco, mi sembra quasi che mille iceberg mi pungano le vene, impedendo al sangue di scorrere.
"Luna, stai tremando. E sei pallida, stai bene? Vuoi qualcosa da bere?" mi chiede Orlando, preoccupato, prendendomi il viso tra le mani. Io scuoto appena il capo e sorrido:
"No, ti ringrazio, sto bene..." sussurro. Lui non sembra convinto:
"Forse non dovresti volare, se ti senti male."
"Ti prego, non darmi una scusa ulteriore per restare qui, o non ce la farò ad andarmene" mormoro, chinando gli occhi e poi alzandoli nuovamente verso di lui. Che ricambia lo sguardo, accarezzandomi le guance ed i capelli, fino a portare le mani sulle mie spalle per attirarmi a sè e baciarmi.
Non ci separiamo finchè non mi chiamano, avvertendomi che stanno per chiudere l'accesso all'imbarco. Allora mi lascia andare, con rimpianto. Io gli sorrido incoraggiante, perfetto esempio del contrario di ciò che ho dentro, e mi volto, ma lo sento raggiungermi e quando mi giro verso di lui mi abbraccia, stringendomi forte per un'ultima volta, sussurrandomi all'orecchio:
"Ti aspetto. Lo sai. Abbi cura di te finché non posso proteggerti io." Io chiudo gli occhi e respiro il suo profumo ricambiando la stretta e il sussurro.
"Fai attenzione anche tu, amore mio."
"Avvertimi quando sarai arrivata."
"Promesso. E tu coccola Sidi per me."
Sorride e con un ultimo bacio leggero mi lascia andare. Io mi avvio porgendo la carta d'imbarco alla signorina che mi guarda con gentilezza. Chissà quante scene simili ha visto. Poi lancio un'ultimo sguardo a Orlando, che lo ricambia, ed alza la mano in saluto. Io gli sorrido, e poi mi allontano oltre la porta, indietreggiando finchè non sparisce dalla mia vista.

"Luna!" Linda mi corre incontro e mi solleva quasi, abbracciandomi. Scoppio a ridere e la stringo forte, contentissima di rivederla.
"Fatti guardare! Oh, sei stupenda! L'amore ti fa bene, stella! Mamma mia, ancora non ci credo!"
"Che cosa, che sia qui o che sia innamorata?"
"No, è di chi lo sei che mi sconvolge! Oh, ricorda che mi devi raccontare una certa cosa, eh?" parla a raffica, come sempre, e ride davanti al mio imbarazzo, intanto che le guance mi tornano rosse.
"Non cambi mai eh? Oh, a proposito, ma com'è che non ti sei attaccata al suo braccio pur di non partire?"
"Me lo chiedo anche io" mormoro, e lei sorride, comprensiva, prendendomi a braccetto mentre usciamo.
"Sette giorni passano presto. Anzi, ho una mezza idea di chiedergli di lasciarti un pò di più. Mi manchi. Specie quando torno a casa e non c'è nessuno a venirmi incontro. E la camera è così silenziosa...". Ha colpito le corde giuste.
"Tesoro mio..." la stringo forte, commossa. La mia piccola sorellina. Lei ricambia e sorride:
"Ma tranquilla che il 31 ti lascio andare. Sennò i giornalisti come fanno senza l'oggetto delle loro news?"
Resto bloccata come una roccia. Linda mi guarda inarcando un sopracciglio.
"Non lo sapevi?"
"S-sono uscite anche qui, le foto?"
"Sì, e anche su internet, nei siti giusti ovviamente. Oh, non mi dire che non sei contenta. Diventerai famosa!"
"Eh, che fortuna! Sai che ho trovato due ragazzine che mi hanno detto quanto le loro compagne sognino di farmi fuori?"
"Ahm... beh, dai, perchè dovrebbero prendersela prima con te, nessuno ha ancora ucciso Vanessa Paradis."
"Vorrei ben vedere, povera donna!" scuoto il capo. Poi mi vien da sorridere. Ne vale la pena. Comunque vada, ne vale la pena.
"Senti, ma dopo gli esami posso venire a stare da te per un pò? O per le vacanze di Pasqua, così è prima? Perchè va bene Orlando Bloom, ma che diamine, sei anche mia sorella!" afferma, alzando il naso per aria, da perfetta signorina altezzosa. Io scoppio a ridere.
"Certo che devi venire! E starci di più, stavolta. Per Pasqua magari potresti trattenerti una settimana, no?"
"Oh, bene! E così mi presenti qualche altro attore appetibile e appetitoso..."
"Linda..."
"Taccio. Ok. Ma sappi che sei proprio cattiva. Oh, adesso, visto che tra dieci metri incontrerai mamma e non ne potremo parlare, dimmi un pò, com'è stato?"
"Ma, Linda!" sibilo, violacea. Lei sfodera un sorriso malizioso e fa:
"Ok, se ne riparla stasera... Tanto conoscendolo, avrà fatto faville!" e si rotola dal ridere mentre io, più simile ad un pomodoro che ad una persona, mi getto tra le braccia di mamma, che mi stringe forte, nascondendo il mio viso imporporato.

Aria di casa. Mi sono mancate molto le mie piante, le mie stanze, il mio letto, ogni mio singolo dettaglio lasciato qui per caso.
Mi manca Ramses, ma è l'unica cosa che non ci sia davvero più. E' un colpo nuovo, tornare e trovare tante cose cambiate, eppure rimaste le stesse. Mio padre mi abbraccia per cinque minuti interi. Mia mamma non smette di tenermi la mano, e Linda saltella. Accidenti. Dipende davvero da me, tutta questa felicità? Che bellissima sensazione. Passiamo la serata a parlare, di tutto, del lavoro, delle amiche, di Londra, di tutto tranne che di lui. Fino a che mia madre, dopo qualche minuto di silenzio, mi domanda:
"Luna, non è per farmi gli affari tuoi, ma nel corso di qualche telefonata io e babbo abbiamo intercettato qualcosa... Hai trovato un ragazzo?"
*Calma.*
Linda mi guarda allarmata. Io annuisco. Mamma sorride e babbo borbotta:
"Oh, ma è a modo, vero? Non sarà mica uno di quegli inglesi che non si lava, come si dice?"
Ricordare il suo torso nudo imperlato di gocce d'acqua e diventare rossa è tutt'uno. Mia madre sghignazza, accompagnata da Linda.
"No, babbo, è un gran bravo ragazzo."
"Ah. Beh, me lo aspettavo, conoscendoti, ma meglio chiederlo, sai. E che cosa fa di lavoro?"
"Ahm..."
Linda mi guarda sulle spine, mamma interrogativamente e mio padre in attesa.
"Lui... recita. E' un attore. Un attore incredibilmente in gamba."
Linda si muove nervosamente sulla sedia e affonda il viso nella torta al cioccolato. Mia madre assume un'aria sorpresa, mio padre perplessa:
"Fa l'attore? In teatro o nei film?"
"Ahm... entrambi. Sai, dipende da che cosa gli viene offerto...".
"Bene, è una bella cosa, finchè è richiesto e gli va bene. Come si chiama?"
Prendo un respirone. Non mi va di mentire, nè di dire tutta la verità. Perciò la svelerò solo a mia madre, che sa essere una tomba. Inoltre lei conosce ogni attore del momento, mentre mio padre non vede la differenza tra Sean Connery e Clive Owen. Neanche sa chi siano, in effetti. Ma mia madre lo scoprirebbe prima o poi. Insegna al ginnasio, a ragazze di quattordici e quindici anni. E' solo questione di tempo, lo so, e lo sa anche Linda. Perciò rispondo:
"Will Turner."
La reazione è quella che immaginavo. Mio padre annuisce e fa: "Non è neanche difficile da pronunciare"; mia sorella soffoca nella torta e mia madre spalanca la bocca.
"W-Will Turner? Come quello dei Pirati dei Caraibi?" domanda guardandomi sbigottita. Io alzo lo sguardo e la fisso, annuendo.
"Sì, mamma, è esattamente Will Turner."
Mio padre la guarda confuso: "Lo conosci? Allora è un attore famoso?". Mia madre mi scruta attentamente, cercando di leggermi in volto una menzogna che non c'è. Passa dal critico allo stordito ed infine al sorpreso, ma si riprende nel giro di un secondo.
"No, è che è un nome comune, allora. Anche il pittore si chiamava Turner, no?" domanda vagamente, battendo la mano sulla schiena di Linda. Mia sorella riemerge da sotto la tavola e deglutisce:
"Mi era andato di traverso, scusate."
"Fa niente, cara" dice mia madre, ancora fissandomi perplessa. Io le indirizzo un sorrisino che ricambia, con gli occhi lucidi.
"E' davvero, sul serio, un bravo ragazzo, mamma. E' veramente quello che aspettavo."
Lei sorride annuendo e riprende a tagliare la torta al cioccolato.
"Assomiglia almeno all'originale?"
Linda la guarda a bocca aperta. Io la fisso sbalordita. Non ha capito. O fa finta?
"Ahm... molto. Sì" rispondo, perplessa. Mio padre mi versa lo spumante nel bicchiere e non fa caso alla conversazione semicriptata.
"E' più come Legolas o più come quello dei Pirati?" domanda nuovamente mia madre. Ma allora, sta recitando oppure...?
"E' un'unione di tutto. Però è il meglio di ognuno." Se non reagisce a questa risposta non so che pesci prendere.
Mia madre sorride e resta in silenzio. Poi d'improvviso fa:
"Se vengo a Londra anche io, un surrogato di Aragorn me lo trovi? Mi sta bene anche un Boromir di seconda mano!" afferma, e mio padre scuote il capo mentre ridacchiamo come ragazzine, noi tre cospiratrici. Linda mi lancia un'occhiata intrisa di puro sollievo. Anche io sono tranquilla e in qualche modo a più mio agio, però mi dispiace che mia sorella debba portare questo segreto da sola ancora per un pò.

Quella sera fatico ad addormentarmi. Ritrovarmi in un ambiente così familiare dopo tanto tempo mi scombussola un pò; Linda dorme nel letto dall'altra parte della stanza, ma io resto a fissare il buio. Mi sembra strano non condividere la coperta con qualcuno che mi ama abbastanza da sentire, nel sonno, ogni mio movimento, e tenermi stretta se faccio appena cenno di volermi allontanare. Chiudo gli occhi e cerco di evocare ogni sensazione lasciatami dai suoi abbracci, e riesco quasi a sentirne il profumo. Un sussurro mi raggiunge nell'oscurità.
"Luna?"
Mi sbagliavo: Linda è sveglia.
"Dai, lo so che sei attiva quanto un gufo. Che cosa hai?"
"Non lo so. Non ho solo sonno."
"Stai pensando a Orlando, vero?"
"Sono patetica, vero?"
"Sei innamorata, stella. L'amore è patetico. Nel senso letterale del termine, visto che coinvolge i sentimenti. Quindi, se intendi 'patetica' in senso negativo, no, non lo sei affatto. Sei solo drogata di lui. Non so quanto sia sana, questa cosa."
"Perchè?"
"Perchè dovrebbe farti stare bene anche se lui non c'è. Tu ruoti attorno a lui, è incredibile. E' come se fosse il sole, e tu la... luna."
Sorrido e riesco anche a ridacchiare.
"Dev'essere il destino del mio nome."
"Beh, comunque sia, pensa che prima ti addormenti, prima arriva domattina, così scartiamo i regali - e io non vedo l'ora di scoprire che mi hai portato - e soprattutto, puoi sentirlo di nuovo. No?"
"Hai ragione. Sei proprio diventata una piccola donna saggia."
"Eh, andata via tu, sono diventata io l'adulta di famiglia." Resta in silenzio un poco, poi riprende:
"Mamma ci è rimasta secca quando ha pensato che stessi sul serio con Orlando. Fortuna che non lo ha creduto possibile."
"Dici che se sceglievo Henry Cavill mi andava meglio?" sogghigno.
"Naa, è che mamma non si è mai vista una sola puntata dei Tudors, mentre Orlando è dovunque... giusto oggi pomeriggio c'era Elizabethtown su Sky. Per questo il pensiero non le è rimasto nell'anticamera del cervello per più di qualche secondo. Ma secondo me, lei non avrebbe proprio niente da ridire. L'importante è che..." "Io non venga risucchiata nelle spirali della droga, del sesso rischioso e della vita hollywoodiana", finisco di recitare. E' l'unica cosa che mamma ci ha sempre detto quando da piccole fantasticavamo su come sarebbe stato sposare un attore.
Ridiamo tutte e due, poi di nuovo è silenzio. Chiudo gli occhi e adesso riesco quasi ad addormentarmi subito.
"Luna?"
"Mhmmm... si?" mormoro assonnata.
"E la spirale del sano, sacro e tantrico amore fisico buddista?". Perfida! La sento sogghignare come una iena, e le guance mi si infiammano.
"Notte Linda..."

"Tesoro, è il tuo cellulare."
Mia madre mi porge il telefonino ed io scatto in piedi, picchiando tra l'altro la testa contro una decorazione del'albero. Linda ride sotto i baffi con in mano i suoi regali, io mi allontano dal gruppetto e rispondo, riconoscendo il numero sul display.
"Pronto?"
"Buon Natale, piccola Luna." Il cuore accelera.
"Buon Natale, angelo mio."
"Come va nel Bel Paese?"
"Direi che non posso proprio lamentarmi. Ma mi manca da aprire il tuo regalo. Lascio i più cari per ultimi."
Riesco a vederlo sorridere di quel suo sorriso luminoso.
"Sei probabilmente la creatura più dolce che abbia mai incontrato."
"Mi ispiri tu. Come passerai la giornata?"
"Tutti assieme in famiglia, ma stasera probabilmente vedrò gli amici. Devo salutarti qualcuno?" chiede ironicamente, ed io sto al gioco.
"Certo: tutti quelli che conosco. Perciò Dom e basta" sorrido. Lui ridacchia e annuncia:
"Credo che presto potrai ampliare le tue conoscenze."
"Che intendi?"
"Sorpresa... lo vedrai quando torni qui."
"Un accenno?" imploro divertita.
"Vediamo... che ne dici di preparare un abito da sera? Da sera speciale." Misterioso. Adorabile.
"Come quello che hai già ammirato?" chiedo, e subito arrossisco al ricordo. Sia il mio cuore che il mio respiro si fermano.
"Esattamente come quello."
Un brivido mi passa attraverso il corpo, elettrico. Il suo tono è così basso, serio, tenero... seducente. Ci sta pensando anche lui.
"Va bene, vedrò di trovarne uno simile. E, ahm, un altro indizio?". Scoppia a ridere.
"Chiedi troppo, tentatrice."
"Io, tentatrice?" chiedo, rilasciando un profondo sospiro. Lui ridacchia.
"Non ti preoccupare, capirai tutto il 31. Ma scommetto che lo avrai già immaginato. Devo lasciarti adesso, oltre alle altre cose da preparare devo anche scartare l'ultimo regalo. E ti consiglio di fare lo stesso. Se ci pensi, sarà come se fossimo insieme."
"Hai... lasciato anche tu il mio per ultimo?" chiedo, e mi sento gli occhi lucidi.
"I più cari per ultimi, non lo hai forse detto tu?" domanda, sorridendo. Un piacevole calore si espande dal mio petto.
"Sai che sei amabile?" sussurro.
"Mi ispiri tu, piccola, dolcissima Luna" mormora teneramente.
Fuori, la mattina si colora dei raggi del sole, che si riflettono sulle decorazioni natalizie della stanza illuminata.

Per le strade di Firenze c'è gente e fa freddo, ma quando tre donne hanno una missione da svolgere non c'è clima che tenga. Soprattutto se le tre donne in questione sono una madre con due figlie, una delle quali in cerca di un abito da sera.
"Perchè siamo venute fin qui?" domando, guardandomi attorno. Adoro Firenze, è una città stupenda, e quando ero in Italia, appena potevo, ci facevo una capatina. "Perchè a Pisa di negozi di abiti da sera non ce ne sono molti, e se ci sono, sono vestiti per donne mature. Non vorrai vestirti come me!" ribatte mia madre sorridendo e spingendomi in un negozio di lusso.
Gli abiti esposti sono meravigliosi, vanno dai colori più chiari a quelli più scuri, e sono incredibilmente eleganti. Una commessa molto gentile, giovane e dai capelli color miele, che mi ricorda subito Mrs Meadows, si prende cura di me e del mio aspetto. Mi porge una serie di abiti, tra i quali alla fine trovo quello adatto, consigliata da mia madre e mia sorella. Color blu notte, dai riflessi più chiari, senza spalle ma con un morbido bustino che mi fascia seno e vita, e si tende fino ai piedi in una gonna lunga. Sembra il vestito di Anastasia nella versione animata. Però vedendomelo addosso riesco quasi a convincermi che mi stia bene. I guanti del medesimo colore danno un tocco in più. Tutto sommato è una composizione davvero carina. Sospiro: vorrei poter sapere che cosa ha in mente. Linda ha suggerito una festa, visto che il 31 è Capodanno, e a questo potevo arrivarci anche io, ma non ho capito che cosa intendeva con l'ampliare le amicizie. A meno che Dom non abbia intenzione di dare una festa invitando parecchie persone. Nel qual caso, allora questo vestito sarebbe davvero perfetto.
"Siete davvero, seriamente, in tutti i modi certe che mi stia bene?" domando per la quinta volta alle tre donne che mi guardano. Tutte e tre all'unisono annuiscono vigorosamente ed esclamano:
"Luna, piantala di fissarti, sei un amore!"
"Signorina, le assicuro che questo modello le dona davvero..."
"Avanti, tesoro, pensa a come ti divertirai" conclude mia madre, sempre pratica. Al vedere le loro espressioni solenni mi viene da ridere, e mi fido del loro giudizio. Mia madre una volta uscite resta in silenzio per un pò, intanto che Linda blatera sugli accessori e le scarpe, poi mi lancia una strana occhiata e fa:
"Luna. Posso parlarti, da madre a figlia?"
Linda capisce al volo e fila via: "Ho voglia di un bel gelato freddo, in piena armonia con la giornata!"
Io aspetto che mia madre parli. Ma pare che abbia esaurito le idee. Camminiamo lentamnte, in perfetta quiete, finchè non prende fiato e comincia:
"Luna, tesoro mio, so che stai bene, là. Sono contenta, e lo è anche tuo padre, che tu abbia trovato quel che cercavi. Però permettimi di chiedertelo: è quello che cercavi?"
"Non capisco che intendi, mamma. Ho un lavoro, degli amici e una vita piuttosto piacevole."
"Sì, ma sei così giovane, e così lontana da casa... per esempio, perchè non aspetti almeno il cinque a ripartire? Perchè fermarsi solo una settimana?"
"Perchè desidero stare con... Will, finchè posso."
"Non puoi farlo dal cinque in poi?"
"Partirà, mamma. Ha una parte in un film, voglio godermelo il più possibile."
"Ci manchi tanto, lo sai?"
"Lo so, mamma. Mi mancate da morire anche voi. Ma ti prego, non chiedermi di scegliere tra due cose cui tengo. Inoltre, perchè per Pasqua non venite un pò da me? Scommetto che sarebbe bello, no? Tu che ami tanto i musei, non ti sei mai vista il British Museum!"
Lei sorride e annuisce: "Vero. Oh, Luna, perdonami se ti parlo così, è che per me sei ancora la mia bambina, e mi riesce difficile vederti andare via, vivere una vita tua."
"Mamma..." la abbraccio, e mi sento gli occhi pieni di lacrime. Mi mancano queste cose, da impazzire. Se non avessi trovato l'amore, probabilmente avrei accettato di restare un pò di più, e sarei anche partita prima. Ma in questa situazione, non posso fare altro che comportarmi come sto facendo. Anche se forse potrò rimpiangerlo. "A questo proposito, Luna, non penso di aver bisogno di dirti di stare attenta a certe cose..." mi dice, lanciandomi un'occhiata obliqua. Io la guardo confusa. "Parlo del rapporto che hai con questo ragazzo, e adesso te lo dico da donna a donna. So che sei adulta, e che hai la testa sulle spalle, ma ricorda di stare attenta, anche se gli ormoni vanno in testa-coda... Da quel che ha detto Linda è decisamente carino, ma non lasciare che un paio di pettorali ben scolpiti ti streghino..."
"Ma mamma!" cerco di fermarla, ma finisco solo per farla ridere, mentre arrossisco furiosamente.

"Ricapitoliamo: valigia con i vestiti?"
"Sì."
"Abito per stasera?"
"Sì."
"Varie ed eventuali?"
"Cosa?"
"Accessori, scarpe, guanti... regali di Natale che hai preso qui?"
"C'è tutto."
"Perfetto! Sei pronta! Oh, non dimenticare il biglietto."
"Ce l'ho. Grazie, Linda."
"Figurati, tu a preparare le valigie sei un'imbranata, fai solo confusione."
"Ti voglio bene anche io sai." Lei mi fa una linguaccia e scoppia a ridere. Mia madre ci chiama dalle scale:
"Andiamo, o non ce la fai col check-in!"
Io mi fiondo giù per quanto mi sia possibile con due valigie in mano, e Linda mi segue con cappotto e passaporto.
Carichiamo tutto in macchina e partiamo, chiacchierando tutto il tempo per mitigare l'atmosfera. Una volta arrivati mi accompagnano a lasciare i bagagli, poi c'è il tempo di un grande abbraccio collettivo di dieci minuti.
"Tesoro, fai a modo, telefona quando arrivi e facci sapere come va" dice mio padre sistemandomi la giacca che non ne ha bisogno.
"Scrivi quante mail puoi e stai riparata, che a Londra c'è freddo, e mi raccomando sii giudiziosa" aggiunge mamma baciandomi sulle guance.
"E divertiti stasera, e anche le prossime sere, da brava party girl" afferma Linda, sorridendo. Ricambio strette, baci e sorrisi, ed infine mi allontano. Ho un piccolo sussulto quando mi rendo conto che adesso è difficile partire, ma Linda mi corre incontro e mi abbraccia forte per l'ultima volta.
"Luna, sii te stessa sempre, non ti fare problemi su quel che provi e pensi, e se devi amare fallo con tutta la faccia tosta possibile, purchè sia in libertà."
"Oddio, Linda, se mi dici così mi preoccupi... devo sospettare che ci siano dei problemi?"
"No, ma casomai te ne creassero i paparazzi, non osare fare un passo indietro o in avanti che non sia a tempo col suo. State insieme, ricordalo. Chi sta insieme non ha un mondo a parte e uno in generale... condivide il solo che ha con chi ama."
La mia piccola adorabile sorellina saggia. La stringo ed annuisco:
"Non temere, non mi sento più inadatta, non quanto prima. Lo so che mi ama, non ci sono mondi privati."
"Brava sorella! Ora vai e vola via, che ti aspetta! Scommetto che farà il solco nel pavimento, finchè non ti vede arrivare!" afferma sghignazzando e dandomi una pacca sul fondoschiena. Seguo il consiglio, e prima di sparire oltre lancio un'ultima occhiata alla mia famiglia che mi saluta sorridente, sventolando le mani per aria e augurandomi un felice Anno Nuovo.

Lo vedo in piedi, a qualche metro di distanza dalla gente appoggiata alle transenne, gli occhiali da sole, un dolcevita chiaro color crema, la testa china e le mani sui fianchi. Il mio cuore batte in maniera quasi troppo violenta, mi chiedo che cosa stia pensando, ma in un attimo al sopraggiungere degli altri passeggeri lo vedo alzare lo sguardo e cercarmi. Trovarmi. Neppure mi accorgo di affrettare il passo e lasciare le valigie quando mi raggiunge e mi abbraccia con passione, tenendomi stretta come se potessi scivolargli via dalle mani. Mi bacia e mi sorride, e mi bacia nuovamente, ed il mio cuore esulta nel rivederlo, lentamente decelerando.
"Luna..."
"Sono qui, sono tornata."
"Ti ho aspettata."
"Lo so. Mi sei mancato indicibilmente."
"Anche tu, non sai quanto. Fatti guardare." Mi prende per la mano facendomi compiere una giravolta su me stessa, ed io rido, divertita, serena, contenta. Sono di nuovo con lui.
"Non sei cambiata affatto, ma sei sempre più attraente."
"Non ci credo, ma se lo dici tu ne sarò convintissima."
Scoppia a ridere e mi abbraccia ancora. Sento il suo cuore contro il mio. Di nuovo all'unisono, a poca distanza l'uno dall'altro.

"Allora, che cosa è questa sorpresa?"
"Accontentati di sapere che è una festa, come hai giustamente intuito."
"Posso almeno sapere se ci sarà qualcuno che conosco?"
"Certo: per adesso, io e Dom, ma conoscendoti da qui alla fine della notte ti sarai fatta benvolere da tutti, da quel tesoro che sei."
Arrossisco di piacere nel sentirglielo dire, e la mia mano sfiora la sua, che si stacca dal volante per stringermi piano le dita.
"Tu hai un'opinione troppo alta di me."
"E tu troppo bassa. E' perfetto così, non trovi?"
Lo guardo, soffermandomi sul suo sorriso tenero, la sua espressione serena, i suoi occhi dolci.
"Sì, è perfetto così."

Non passiamo da me. Mi porta direttamente a casa sua, perchè così abbiamo più tempo per stare insieme dopo la separazione, senza contare che ho una camera in cui cambiarmi e farmi un bagno; posso tranquillamente rimandare al giorno dopo tutte le cose non certo urgenti che devo fare.
Non gli do assolutamente torto nè mi sogno di protestare. Mi è mancato davvero, anche fisicamente, l'averlo accanto, sentire il suo profumo sulla mia pelle. Sidi mi salta addosso vedendomi e lo abbraccio, accarezzandolo sulla schiena, sulla testa, grattandogli le orecchie. La porta di casa si chiude ed io mi volto verso Orlando sorridendo, felice di essere lì con lui; posa le valigie per terra e subito mi stringe, baciandomi, e le sue mani scivolano lungo la mia schiena, sui miei fianchi, tra i miei capelli, mentre le labbra cercano la mia pelle, il mio collo, e le mie dita si perdono sul suo petto. Indietreggiamo per tutte le scale, lasciando una maglia o una camicetta sugli scalini, sul corrimano, fino a ritrovarci davanti a camera sua. Mi prende in braccio, ed io mi avvinghio al suo corpo, senza mai smettere di baciarlo, finchè non mi posa gentilmente sul letto, dove di nuovo la passione ci acceca completamente.
Solo molto dopo, la sua testa posata sul mio seno, mentre gli accarezzo i capelli e lui mi bacia la pelle, respiriamo regolarmente.
Sidi entra trotterellando nella stanza e si sdraia ai piedi del letto.
"Sei mancata anche a lui."
La sua voce, più roca, intontita di piacere, mi lascia un brivido addosso.
"Si sentirà escluso, non ho ancora avuto il tempo di salutarlo come si deve" sorrido, e lui fa lo stesso, alzando la testa per baciarmi leggero sulle labbra; resta così, a fissarmi negli occhi, ed io mi perdo in quel colore così profondo e dolce, avvolgente.
"Non vedevo l'ora di riaverti qui."
"Non intendo andarmene per molto ancora. E se anche dovrai farlo tu" aggiungo, vedendolo farsi più serio appena "ti raggiungerò. Resto con te comunque."
"Ti amo, piccola Luna, lo sai?" mormora sorridendo, accarezzandomi la guancia.
"Lo so" sussurro stringendolo forte "perchè ti amo anch'io."




Bimbe mie!
Mihi, Sarè: parlarvi su msn è stata una cosa fa-vo-lo-sa.
Grazie di tutto, soprattutto dell'intervista concessami, Sarè XD
Scusa se t'ho stressata ^.^
E grazie di essere la mia personal trainer con la mannaia <.< Scrivo, scrivo! XD
A tutte voi che avete letto finora,
che state leggendo tuttora,
che ancora tifate per Luna e il suo amore,
GRAZIE. Siete super.
Mi dispiace di postare così di rado, ma fo del mio meglio,
tra esami, lavoro e cose varie ç.ç
Un grande abbraccio stellare!
Giulia

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Capitolo 26
*** Defending my love ***


"Orlando?"
"Dimmi."
"Se non ti piace, ti prego, dillo subito... non vorrei fare una figura meschina, nè metterti in imbarazzo."
Lo sento ridacchiare appoggiandosi allo stipite della porta.
"Avanti, fatti vedere" dice, ed io mi affaccio dalla stanza al piano di sopra. Mi appoggio al corrimano, arrossendo nel trovare ancora lì la mia camicetta, e in fretta l'afferro e la nascondo in camera, poi respiro profondamente e mi porto sulla cima delle scale. Lo vedo alzare la testa a guardarmi e cambiare espressione. Arrossisco ancora di più, scendendo, sistemandomi i guanti attorno alle dita, giusto per avere qualcosa da fare in attesa della sentenza.
"Ahm... ti prego, non farmi arrivare fino a lì per dirmelo."
Lo guardo intimidita. E' bellissimo, in smoking, i capelli legati in un codino, il nero che tanto gli dona in pieno contrasto con la camicia bianca sotto la giacca del completo. Una delizia per gli occhi. Torno a fissarmi i guanti e poi di nuovo alzo lo sguardo ed incontro il suo.
"Sei stupenda" afferma, prendendomi le mani e facendomi scendere l'ultimo scalino. Il groppo che ho in gola si scioglie.
"Davvero?" sorrido, sollevata.
"Te lo giuro. Sembra sia stato fatto apposta per te." Mi studia attentamente, con sguardo limpido e sincero.
"Tu sei davvero elegante. Dovrò stare attenta alle ragazze, stasera."
Mi sorride divertito.
"Prima che abbiano il tempo di guardare me, avranno già inviato i propri stilisti a cercare un abito simile. Sei uno splendore, Luna" afferma nuovamente, sorridendomi con tenera ammirazione. Lo abbraccio, di slancio, e lui posa il mento sulla mia spalla. Gli accarezzo la schiena, finchè una sua frase non mi riecheggia nella mente.
"Quali stilisti?" domando, confusa, staccandomi lentamente da lui. Mi guarda inarcando un sopracciglio e sorridendo appena. Oh-oh.
"Orlando... quali ragazze andiamo a incontrare, che hanno gli stilisti personali?" chiedo, un pizzico di adrenalina su e giù per le vene.
"E' una festa un pò esclusiva" commenta lui, prendendomi la giacca e posandomela amorevolmente sulle spalle. Giusto il pensiero mi scioglie, rilassandomi, e solo quando siamo in macchina torna il brivido.
"Quanto esclusiva?" chiedo, fingendo nonchalance. Lui sorride, poi si fa serio, e mi guarda.
"E' una festa dove sicuramente incontrerai persone note, probabilmente anche alcuni miei colleghi, oltre a Dom." Tace, ed io faccio lo stesso. Attendo qualche direttiva, del tipo "non parlare se non sei interrogata" e cose simili. Mi lancia un'occhiata obliqua:
"E' un problema, piccola Luna?" Lo guardo sorpresa.
"No, perchè dovrebbe? Non mi stai portando tra gli alieni, sono comunque ragazzi e ragazze come noi, no?" chiedo, confusa. Lui mi guarda in modo indecifrabile e aggiungo:
"Voglio dire, sono attori e attrici... E ci sarà semmai qualche... non lo so, i giornalisti? E' quello il problema? Ma se è quello, forse dovrei raggiungerti col taxi..." non so più dove andare a parare. Lui mi prende le mani:
"Che stai dicendo? Luna, no, non ci sono giornalisti, è una festa solo per... Oh! Non avrai pensato..." e scoppia a ridere. Io, che non capisco molto, resto perplessa. Soffoca la risata e mi guarda teneramente, condannando il mio cuore ad accelerare.
"Luna, non riuscirò mai a capire quanto tu sia diversa da chiunque altra. Sei veramente speciale" e avvicinatosi mi bacia dolcemente. Non ho chiarito ancora, ma mi sta benissimo così, e ricambio, fino a che il petto mi si infiamma. Orlando si allontana gradualmente, ed io sussurro:
"Credevo che per te fosse un problema, nel caso ci fossero giornalisti, sai, per pubblicità poco gradita."
"Non mi interessa di loro, possono scrivere quel che desiderano, finchè a te non dà fastidio."
"Per me non conta niente, se anche per te è così." Mi accarezza la guancia con delicatezza, sorridendo.
"Ma allora, non volevi dirmi qualcosa del tipo... 'se incontri Kate Moss, non nominare Johnny', o simili?" chiedo, e lui mi guarda sorpreso, poi scoppia a ridere.
"Sei incredibile. Credevi che ti avrei fatto un corso su come comportarti? A te, che in meno di un'ora hai conquistato Dom?" ridacchia, mettendo in moto.
"Ma Dom è un ragazzo alla mano, che ne so... magari altra gente lo è di meno..." borbotto, imbarazzata ma anche compiaciuta della notizia.
"Al contrario: Dom è una persona molto critica, specie quando si tratta dei suoi amici più cari." Mi guarda e sorride. Mi sento vagamente soddisfatta di saperlo, o meglio, ne sono veramente contenta. Lui annuisce alla mia espressione ed aggiunge:
"Stai tranquilla, come ti ho detto saprai sicuramente farti stimare da chiunque. Sii te stessa, come sempre. L'ambiente conta poco. E i miei amici sono totalmente bendisposti nei tuoi confronti."
"Che... sanno che sarei venuta anche io?" chiedo, e adesso il nervosismo mi attanaglia lo stomaco. Lui annuisce, e mi guarda:
"Sì... alcuni si, ma ti avrebbero comunque conosciuta là." Mi sorride, osservandomi: "Nervosa?"
"Un pò... ma non perchè facciano il tuo stesso lavoro, lo sai. E' che sono amici tuoi, voglio fare una buona impressione, ecco" mormoro, arrossendo. Lui stacca una mano dal volante e mi sfiora una ciocca di capelli, scivolando lungo il collo, lasciandomi una leggera scossa.
"Sarà sicuramente così, amor mio. Non ci metteranno molto a capire perchè sei così straordinaria." Riporta la mano sul volante e mi sorride, cosa che ricambio subito. Tutto ciò che ha detto finora è stato come un balsamo per una ferita.
"In ogni caso, puoi scommettere che Dom farà di tutto per metterti a tuo agio. A parte farti arrossire, ma questo non dipende da lui." E sentendomi le guance in fiamme di nuovo, sbuffo indispettita, mentre lui ride. Ma non sono assolutamente irritata, anzi. Linda ha sempre ragione, dovevo ricordarmi le sue parole. Piccola Sibilla moderna.

Ci fermiamo davanti ad un gigantesco hotel illuminato a giorno, con una fila di giornalisti dietro le transenne e lampi di macchine fotografiche a non finire. Resto senza fiato: mi vedo come presa e gettata di peso sul tappeto rosso, e la prima sensazione che ho è quella di sentirmi sperduta. Ma appena scendo Orlando chiude l'auto e mi prende per mano, dissolvendo ogni nervosismo. I giornalisti lo vedono e cominciano a chiamarlo ed a scattare foto su foto, abbagliandomi, ma nuovi arrivi distolgono l'attenzione dei paparazzi più vicini alla strada. Però quelli in piedi accanto all'entrata dell'albergo non fanno che gridare domande e ritrarre ogni singolo dettaglio. Di colpo, in mezzo a quel caos, mi sento perfettamente a mio agio. Sfodero un sorriso sereno e mi rendo conto che non c'è alcun problema nel raggio di miglia: lui mi ama. Abbastanza da non nascondere, e tantomeno negare, il fatto che stiamo insieme. Perchè devo pormi io domande su questo argomento? Perciò, quando lui sorride e saluta cortesemente coloro che lo chiamano, io accenno un saluto col capo, finchè non entriamo nella hall radiosa e sgargiante di luci e colori. La mia mano è ancora stretta nella sua, e lo vedo lanciarmi un'occhiata:
"Tutto bene?" mi chiede, con un sorriso incerto. Io rispondo mostrandone uno gioioso:
"Certamente sì." Mi sorride più allegro, e lascia cadere la mano per passarmi il braccio dietro la schiena, posando la mano sul mio fianco sinistro e accostandomi a sè. Il ragazzo, in divisa rossa dalle pieghe nere, chiama immediatamente l'ascensore vedendoci arrivare, e ci saluta signorilmente, per poi farci strada nell'ampia cabina, compìto e in silenzio. Anche l'ascensore è di lusso, circondato da specchi brillanti e pareti morbide di stoffe bordeaux. Quando le porte si aprono ci troviamo davanti una baraonda di luci, suoni e voci, coriandoli rettangolari bianchi che vorticano per la sala immensa e un turbinio di vestiti e volti sorridenti. Un pò della mia sicurezza evapora, ma Orlando mi tiene vicina a sè e mi stringe appena, sorridendomi incoraggiante. La scintilla che ha negli occhi mi colma di benessere e ardore contemporaneamente. D'improvviso ho la ferma convinzione che andrà tutto stupendamente.
"Vieni."
Mi porta avanti, e l'ascensore si richiude dietro di noi. Anche volendo non posso più scappare. In una sola occhiata ho già riconosciuto una decina di volti noti dello spettacolo, ma sono troppo impegnata a rassicurarmi per collegare i nomi alle figure.
"OB!" una voce entusiasta dal timbro conosciuto richiama la nostra attenzione, e Dom ci viene incontro a corsa sorridendo raggiante. Lascio andare la mano di Orlando per permettergli di abbracciarlo, e resto a guardarli sentendomi stendere le labbra in un gran sorriso.
"Come stai, amico?" chiede Dom, scanzonato come al solito.
"Non c'è male, grazie. E quanto a te?" risponde sullo stesso tono Orlando.
"Ah, non si vede che sto benis... santo cielo, ma è Luna?" domanda, posando lo sguardo su di me e sgranando gli occhi. Io, com'è ovvio, arrossisco. Dom scoppia a ridere:
"Ma certo che è lei, questo è il suo biglietto da visita!" esclama, dandomi un buffetto dulle guance in fiamme, e poi mi abbraccia forte.
"Sono felicissima di rivederti, Dom, non sai che piacere mi fa" affermo, stringendolo. Lui ricambia e ride:
"E' un piacere vedere te! Voltati, fatti guardare... sei un fiore. Accidenti, dovrai fare attenzione stasera, lo sai?" chiede a Orlando, lanciandogli un'occhiata maliziosa. Lui scoppia a ridere e mi prende per mano:
"Starò molto attento a che nessuno la rapisca."
"Bravo, perchè ne avrai bisogno" scommette Dom ammiccando, e ridiamo tutti e tre. Un'altra voce chiama il nome di Orlando e un ragazzo dagli occhi chiari ed i capelli scuri ci corre incontro. Orlando lo guarda sorpreso e contento assieme, mentre Dom mi si accosta con un sorriso facendosi da parte:
"Billy! Non posso crederci, non ti vedo da secoli!" si abbracciano forte, come due fratelli che non si incontrano da mesi.
"Sono stato un pò qua e un pò là, in effetti... come stai?"
"Benissimo, grazie, tu?"
"Da urlo." Billy si volta verso di me e un lampo di curiosità gli passa negli occhi: "E questa affascinante signorina chi è?" domanda, con un sorriso gentile e rassicurante. Ho la visione esterna di me circondata dai due Hobbit combinaguai della trilogia tolkeniana. Non riesco a crederci. Ma Dom sghignazza:
"Non ci provare, è già presa." Billy scuote il capo fingendosi offeso:
"Ma pensi sempre male!"
"Naa, ti conosco e basta, amico mio..." scherza Dom, abbassandosi per evitare la manata sulla nuca che Billy aveva accennato, ridendo.
Orlando scoppia a ridere e mi presenta: "Luna, questo è Billy. Billy, ti presento Luna."
Tende la mia mano a Billy che se la porta alle labbra, in un perfetto baciamano, e sorride:
"Ah, finalmente posso conoscerti di persona. Ho sentito parlare di te." Questo col rossore non mi aiuta ma mi faccio coraggio, ignorando i battiti forsennati del mio cuore.
"Spero che fosse in bene" esclamo, e lui sorride divertito.
"Ci puoi giurare. E' un piacere incontrarti, Luna."
"Grazie, sei davvero gentile. Il piacere è tutto mio, te l'assicuro."
"Andiamo, quel tavolo è tutto nostro" interloquisce Dom guidandoci verso il lato opposto della sala, accanto alle vetrate limpide che si affacciano sul cielo e lasciano vedere le stelle. Ci sono vari tavoli bianchi circondati da divanetti, in gruppi di tre o quattro, e noi prendiamo posto in uno di questi, a contatto con il vetro freddo e trasparente. Orlando mi prende la giacca e la appende ad un attaccapanni che credo sia stato messo appositamente ad ogni tavolo.
"Grazie, sei sempre premuroso" sorrido sedendomi, e lui fa lo stesso ridendo:
"Devo comportarmi bene, altrimenti Dom ha promesso di bacchettarmi come nei vecchi college."
I due si scambiano un'occhiata maliziosa e scoppiano a ridere. Billy sghignazza scuotendo il capo e fa cenno al cameriere che sta passando con in mano il vassoio dei bicchieri, colmi di spumante.
"Scoprirai presto che quando ci mettono assieme siamo insopportabili, Luna" afferma Billy passandomi un calice stretto ed elegante.
"Non me ne preoccupo, vuol dire che state bene così" rispondo io ringraziandolo con un sorriso.
Dom mi guarda e sorride: "Non si smentisce mai, vero?". Io lo guardo corrugando le sopracciglia, confusa, ma Orlando mi passa un braccio dietro le spalle e mi attira a sè, sorridendomi da togliere il respiro.
"No, in alcun modo. Ascoltate questa: poco prima di Natale eravamo nel centro commerciale di Oxford Street, e due ragazze l'hanno riconosciuta dalle foto famose di tempo fa."
Ho appena il tempo di riflettere sul fatto che evidentemente ne erano al corrente tutti e due, perchè annuiscono interessati.
"Non solo le ha abbracciate quando glielo hanno chiesto, ma mi ha anche domandato se come favore personale potevo andarle a salutare!"
Arrossisco violentemente, incerta se leggervi una critica o una constatazione, ma Dom sorride bevendo un sorso di spumante e commenta:
"Non so perchè, ma mi aspettavo qualcosa del genere." Billy invece assume un'aria sorpresa e mi guarda:
"Davvero?"
Racimolo un pò di fermezza e rispondo:
"Erano state carine, con me... insomma, mi aspettavo di essere linciata, invece mi hanno solo riempita di complimenti, avranno avuto l'età di mia sorella. Mi sembrava fosse giusto ringraziarle, e non mi è venuto altro modo in mente."
La mano che mi stringe la spalla mi attira sul suo petto, e Orlando mi bacia i capelli sussurrando:
"Sei un angelo, piccola Luna."
*Ok, non era una critica. Relax.*
Billy mi sorride allegramente: "Accidenti, complimenti, Luna... dubito che un'altra lo avrebbe fatto. E' stato molto carino da parte tua."
"Ah, ti accorgerai che lei è proprio fatta così. Non sono ancora convinto che sia una ragazza normale" esclama Dom ridendo, lanciandomi un'occhiata maliziosa, e aggiunge, con una punta di dolcezza insolita nel tono e nello sguardo:
"Ma d'altronde se fosse diversa non sarebbe il tesoro che è, non è vero, OB?" Il mio cuore perde diversi battiti mentre registro la frase, e ancor di più quando l'interpellato risponde annuendo, con uno sguardo sincero e profondo:
"That's why I love her so much."
Lascio che le parole risuonino in me senza tradurle, perchè così come sono state pronunciate sono perfette.
"Ah, qualcuno sta arrossendo vertiginosamente..." sussurra Billy guardandomi con un sorriso dispettoso, e lui e Dom scoppiano a ridere.
"E' un'altra delle sue caratteristiche principali. Un carattere eccezionale ed un'anima trasparente... non avrebbe mai potuto fare la spia."
"Buon per me che lavoro tra i libri", sussurro divertita, e i tre ridacchiano, unendo i quattro bicchieri in un tintinnìo ben augurante.

Fuori, sul balcone, osservo Londra illuminata, che si prepara ad entrare nel nuovo anno. Tutto è in festa e sgargiante, e riesco quasi ad ignorare il freddo che fa, così in alto, quando mi concentro su quello che provo dentro. Una marea di emozioni piacevoli mi riscalda come acqua bollente che si riversa nelle vene, a partire dal petto. Respiro profondamente, e penso all'anno quasi totalmente trascorso. Quante cose incredibili. La mia vita è diventata una favola, ed io ne sono protagonista. Non potrei essere più felice di così.
Due mani calde si posano sulle mie spalle e mi fasciano fino ad intrecciarsi sul mio petto. Il suo profumo mi avvolge come la sua stretta, e chiudo gli occhi, assaporando entrambi. Mi sbagliavo, posso eccome.
"Non hai freddo qui fuori?"
"Non più, adesso."
Sussurriamo come se intorno a noi le persone dormissero. Orlando mi bacia sulla spalla nuda, affondando il viso nell'incavo del mio collo.
"Sono tutti dei tesori con me."
Nel corso delle ultime ore infatti non ho incontrato solo Billy, ma non c'è stato un solo individuo, ch'io conoscessi o meno già di vista, che mi abbia trattato in modo meno che gentilissimo ed amichevole.
"E' perchè sei adorabile." Sorrido e lo stringo portando le mie braccia sulle sue. Resto un poco in silenzio, godendomi il momento.
"Sai che mi sento veramente, veramente bene?". Lo sento sorridere, ed accosta la sua guancia alla mia, alzando gli occhi alle stelle.
"Anche io, mia bellissima Luna. Ed è merito tuo."
"Mio? Perchè?"
"Perchè ti amo." Mi libera dalla stretta e mi fa voltare verso di lui, dolcemente, guardandomi negli occhi con quella luce splendida ed irraggiungibile che solo lui possiede. Vengo attraversata dalla sua forza, dal suo calore.
"Perchè so che mi ami."
"E' vero, è così, e non sai quanto" sussurro io perdendomi nelle sue iridi scure. Mi accarezza delicatamente la guancia alzandomi il viso e mi bacia con tutto ciò che provo anche io, amore, passione, desiderio, tenerezza, protezione. Non vorrei mai lasciare le sue labbra, il suo petto, le sue braccia che mi tengono stretta, perfetto rifugio da qualsiasi freddo e dolore.
"Ah, eccov... ahm, torno più tardi?" domanda Dom arrivando d'improvviso, e noi due ci separiamo sorridendo divertiti, intanto che lui mostra un'espressione a metà tra l'imbarazzato e il malizioso.
"Sì, fila via, non vedi che sto tentando di sedurla?" domanda ironicamente Orlando, e Dom scoppia a ridere avvicinandosi a me.
"Da quel che vedo è lei che ti ha completamente ammaliato, ma se vuoi bearti nella convinzione contraria..." afferma, e ci porge due bicchieri di champagne, intanto che Orlando sorride divertito e mi tiene la mano tra le sue.
"Dom, se bevo ancora qualcosa, il mio self-control svanirà completamente", lo avverto. Generalmente reggo bene l'alcool, ma non si sa mai. Dom assume un'aria sorpresa ed esclama:
"Buono a sapersi! Bevi, bevi! Voglio scoprire come sei, senza autocontrollo." Scoppia a ridere, tenendo fermo il suo bicchiere.
"E una volta che sono completamente partita che fai, mi costringi a ballare sui tavoli?" ribatto, divertita.
"Guarda che se le proponi una sfida l'accetta anche da sobria" sussurra Orlando, sfiorandomi la schiena.
"Non una del genere. Finchè si tratta di cavalli..." sorrido, e Dom sghignazza.
"Potrei costringerti a confessare qualche segreto... vediamo..." ci pensa un pò su, ma arriva Billy ad interromperlo:
"Dom, se bevi ancora così ci finisci tu a ballare sui tavoli... e ti assicuro, Luna, che le sue confessioni non sono adatte ad una ragazza per bene."
Orlando, Billy ed io scoppiamo a ridere, Dom gli lancia una finta occhiata malefica.
"Sono certissimo che non si scandalizzerebbe, vero, Luna?". Mi lancia uno sguardo implorante e dispettoso assieme, perciò recito anche io.
"Assolutamente no, ti assicuro, e comunque vada resti uno dei miei miti personali" annuisco solennemente, intanto che gli altri due sghignazzano.
Dom sorride e mi agguanta per il braccio, tirandomi a sè con finta forza:
"Visto che angelo? Grazie Luna, tu sì che sei un amore... Orlando, sei un carissimo amico, ma sono devo proprio rubartela: non ti dispiace, vero?"
"Provatici e vedi" gli sibila lui ridendo. Dom mi lascia con un sospiro profondo e disperato:
"Ma come, non condividiamo tutto da anni? Che razza d'amico..." e atteggiandosi a vittima si allontana di qualche passo, per poi scoppiare a ridere. Billy scuote il capo sorridendo: "Non cambierà mai."
"Me lo auguro, non sarebbe Dom" affermo io guardandolo infilarsi tra la gente e sparire all'interno della sala. Mi volto sorridendo verso Billy e Orlando, dei quali il primo mi sorride divertito, annuendo, e l'altro mi riporta al suo fianco cingendomi la schiena col braccio.
"Speriamo esca fuori in fretta, manca poco..." ed in quella un maxischermo in lontananza inizia il conto alla rovescia dell'ultimo minuto.
"Ecco. Rimpianti dell'anno passato, desideri non ancora esauditi?" chiede Billy guardandoci.
"I miei non hanno scadenza", risponde Orlando sorridendo.
"Ed io non ho neppure avuto il tempo di esprimerli che già si sono avverati" sorrido, alzando lo sguardo e trovando il suo, color cioccolata, che mi avvolge. Billy ridacchia.
"E per il futuro?" domanda guardandomi.
"Prenderò quel che viene, ma se durasse così non mi lamenterei affatto" scherzo, e i due sorridono, alzando lo sguardo su Dom che ci raggiunge:
"Eccomi qua, allora, qui c'è la bottiglia, mancano venti secondi, siamo tutti assieme... Pronti?"
"Sissignore" esclamiamo in coro noi tre. Ripenso velocemente a quanto ho perso e quanto ho avuto. La mia famiglia, la mia casa, il mio gatto, Londra, Peter Pan, il lavoro, Leah, Cynthia, gli amici, e soprattutto Orlando, che adesso è qui, accanto a me, a condividere la sua vita con la mia. Il mio cuore esplode di felicità prima dei fuochi d'artificio, che colorano di rosso, arancione, giallo, azzurro, argento, oro, verde, il cielo nero stellato sopra la città. Risuona un coro di auguri e di botti, gli spumanti vengono stappati e mille colori si aggiungono a quelli del cielo.
"Felice Anno Nuovo!" gridiamo assieme, abbracciandoci a vicenda, prima tra noi quattro, poi con chiunque ci venga incontro, che siano perfetti sconosciuti o amici di vecchia data. La notte rimbomba di auguri e allegria, e ogni cosa appare più stupenda, triplicando la gioia che mi reca, quando incrocio il suo sguardo. In quel momento mi sento completa di tutto.
"Auguri, piccola Luna", mi sussurra all'orecchio stringendomi forte. Ricambio ascoltando, in mezzo a tanta confusione, il battito del suo cuore.
"Auguri, amore mio."
Sbadiglio appena quando il Big Ben annuncia le tre e mezza, mentre la festa continua. Non ho sonno, ma devo effettivamente aver bevuto un pò più di quanto mi sia consentito.
"Ciao" mi fa una voce, ed io alzo lo sguardo incrociando quello di un ragazzo molto avvenente, di forse qualche anno più di me ma non troppi, che con un sorriso gentile mi osserva. Ricambio il sorriso e rispondo:
"Ciao."
"Sei stanca?"
"No, stavo solo riposandomi un poco."
L'ho già visto, assolutamente, ma non ricordo dove. Lancio una veloce occhiata ad Orlando e lo vedo dall'altra parte a parlare con un gruppetto di persone. E' bellissimo anche solo da qui. Pensare che posso averlo per me, sembra ancora impossibile. Riporto gli occhi sul ragazzo davanti a me, che sorridendo appena mi chiede se può sedersi.
"Certamente, accomodati pure."
"Grazie. Io sono Chris."
"Piacere di conoscerti, Chris, io mi chiamo Luna." Mi stringe la mano, cordialmente, poi appoggiando i gomiti alle gambe si piega in avanti:
"Non ti ho mai vista prima, devi perdonare la mia curiosità."
"Oh, di nulla, davvero. Frequenti spesso queste feste?" chiedo io, e lui annuisce.
"Per me è la prima volta, forse è per questo che non mi hai incontrata prima."
"Eppure mi sembri familiare. Sei una modella, magari?"
Io sgrano gli occhi e sorrido: "Una modella con la mia altezza? Ne dubiterei se anche lo fossi davvero."
"Sei un'attrice?"
"No, e non sono neppure una cantante. No, neanche una giornalista infiltrata" aggiungo, vedendolo aprire bocca nuovamente. Lui scoppia a ridere:
"Allora sei una new entry, insomma. Strano, perchè conosco il tuo viso."
"Magari lo confondi..." suggerisco, ma lui resta a fissarmi attentamente. Mi sento un pò esposta. Lancio un'altra occhiata a Orlando, ma quando lo vedo voltarsi verso di me il nuovo venuto parla ancora, e riporto lo sguardo su di lui.
"Come mai ti trovi qui?". Ah, la classica domanda. Se non appartieni al nostro mondo, che ci fai con noi? Dovevo aspettarmela. Non sono tutti come Dom e Billy.
"Sono con il mio ragazzo ed i miei amici" affermo, decisa. Il suo stupore non mi lusinga. Tanto meno la frase ed il tono che usa dopo:
"Ah, cerchi di fare conoscenze, eh?" e sorride malizioso, arrogante. Non rispondo, ma lui non ne sente il bisogno perchè continua:
"Non c'è bisogno che tu frequenti un attore o un qualsiasi momentaneo vip per sfondare, è una tattica che quando viene scoperta non ti fa onore. Ma io sono un produttore, ho gli agganci giusti, e lasciami dire che molti sarebbero interessati a te."
"Forse non sono interessata io" ribatto, mettendoci più veleno del solito. Il mio autocontrollo si sta dileguando. Troppo spumante. Lui mi guarda sorpreso e allunga una mano sul mio braccio, sfiorandomelo con insistenza. I brividi che mi lascia non sono affatto gli stessi del tocco amorevole di Orlando.
"Stai scherzando. Tutti vogliono diventare famosi, ed una ragazza attraente come te...". Allontano il braccio dalla sua mano e lui assume un'aria minacciosa:
"Non mi dire che se sei capace di stare con un qualsiasi attorucolo, ti dà fastidio che qualcuno più in alto di lui ti faccia delle proposte."
*Luna!*
Lo schiaffo lo raggiunge prima che possa rendermene conto. Non gli faccio male, ma lo lascio letteralmente di sasso. Mentre mi fissa basito portandosi una mano al viso, ho il tempo di considerare cosa ho fatto. Mi sembra che il tempo, la musica si fermino. Oddio. Ho perso la testa. Ma non mi sento minimamente in colpa. "Come ti permetti..." mi ringhia contro, rabbioso, ma io sibilo più velocemente di lui:
"Mi hai dato della puttanella opportunista, hai insultato il mio ragazzo per ben due volte: pretendevi un applauso, Chris?". Sputo il suo nome come fosse veleno. Si alza afferrandomi per il braccio e mi tira in piedi a strattoni, facendomi davvero male. Cerco di divincolarmi dalla stretta, quando il suo avambraccio viene afferrato da una presa salda ed evidentemente dolorosa, perchè Chris mi lascia subito con un urlo soffocato.
"Che cosa credi di fare?" ringhia Orlando, allontanandolo da me e mettendomisi davanti. Dom e Billy ci raggiungono subito, il primo affiancando Orlando e chiudendo le mani a pugno, l'altro posandomi le mani sulle spalle con aria preoccupata:
"Ti ha fatto male?"
"No, io... non tanto, no."
Billy annuisce e riporta lo sguardo su Chris, che si massaggia il punto dolorante, a testa china; intorno a noi nessuno si è accorto di niente, c'è troppa gente e troppa confusione. Chris alza lo sguardo inferocito e resta fulminato trovandosi davanti Orlando e Dom. Mi lancia un'occhiata a bocca aperta, poi torna a guardare loro e me, ad intervalli.
"Stai... stai con lui?" mi domanda balbettando. L'espressione truce di Orlando non promette nulla di buono. Chris fa una rapida ammenda accompagnata da retromarcia:
"Io... scusami, io non sapevo... non potevo immaginare..." borbotta, senza staccare gli occhi da noi quattro, a turno.
"Sei avvisato per la prossima volta, idiota" sibila Dom, non meno inviperito.
"Mi dispiace, io, davvero, non volevo..." mormora Chris un'ultima volta prima di sgattaiolare via tra la gente. Mi accorgo di non stare respirando. Nessuno ha notato niente. Forse queste feste sono fatte apposta per le probabili risse in cui uno deve filarsela.
"Che cosa ti ha fatto?" chiede Orlando a denti stretti, avvicinandomisi. Dom mi esamina il braccio indolenzito.
"No, non è niente, davvero, siete arrivati subito, non ha avuto il tempo... mi dispiace."
"Ti dispiace?" ripete Orlando guardandomi incredulo. Billy mi accarezza le spalle da dietro e domanda, con tono rassicurante:
"Che cosa è successo?"
"Una cosa davvero stupida..." chino lo sguardo, vergognandomi, "All'inizio sembrava volesse solo chiacchierare, poi ha cominciato a farmi delle proposte spiacevoli e a dire cose ignobili... non ci ho visto più e l'ho schiaffeggiato. Sono stata scioccamente impulsiva, mi dispiace sul serio."
L'attimo di silenzio che aleggia dopo queste parole mi sembra lungo un giorno.
"Ho compromesso qualcosa?" domando flebilmente, terrorizzata dalla risposta.
"La sua reputazione, senza dubbio. Grande Luna! Così si fa!" esclama Dom, scoppiando a ridere. Il magone che ho sul petto si alleggerisce di colpo, e l'atmosfera torna serena.
"Gli sta bene. Il classico porco figlio di papà che si atteggia a gran produttore", conclude Billy.
"Ah, allora lo conosci?" chiedo, confusa. Lui scuote il capo:
"No, assolutamente, ma so chi è. Non è la prima volta che succede una cosa del genere. Il mondo ne è pieno." Mi guarda e il sorriso si incrina:
"Sicura di stare bene?". Annuisco, e Dom mi domanda, divertito:
"Che ti ha detto per farti arrabbiare così? Tu che picchi le persone è un paradosso!". Arrossisco ma sorrido:
"E' colpa tua, te l'avevo detto che bere troppo mi fa male..."
"Fa male a tutti, ma non sapevo cambiasse anche la personalità!"
"Non l'ha cambiata, sono fatta così: se insultano i miei cari, divento una tigre." Mi guardano perplessi, ed aggiungo, piano: "Ha offeso Orlando, non l'ho sopportato. Due volte. Oltre che darmi dell'arrampicatrice sociale dai facili costumi, ma questo potevo anche ignorarlo."
Billy sorride amichevolmente e mi stringe piano le spalle, Dom guarda Orlando, che ha stretto le mani a pugno ascoltandomi, e afferma:
"Possiamo sempre andarlo a cercare."
"Lasciate perdere, che v'importa? Siete sicuri piuttosto che non..."
"Non hai combinato alcun guaio. Tranquilla, Luna, non ci saranno problemi" afferma Billy, e Dom ride aggiungendo:
"Era ora che qualcuna gli tirasse uno schiaffo. Spero solo tu gli abbia fatto male."
I due scoppiano a ridere, ed io arrischio un'occhiata a Orlando. Finora non ha aperto bocca. Billy gli batte sulla spalla dicendo:
"Non prendertela amico, sai che può capitare a queste feste... vedrai che non ci riprova più." E lui e Dom si allontanano tornando a mischiarsi tra la folla, lasciandoci soli. Orlando mi guarda seriamente, e ne ho quasi timore. Mi sfiora il braccio dolorante con delicatezza, ma senza dire niente. Non reggo più il silenzio.
"Perdonami, sono stata avventata, non vo..." mi interrompe alzando una mano, e taccio.
"Ti fa male?" mi domanda piano. Scuoto il capo vigorosamente, mentendo.
"No, davvero. E' passato. Grazie di essere venuto subito, dovevo alzarmi ed andarmene prima che succedesse tutto." Mi guarda attentamente.
"Non dovevo lasciarti sola, è stata colpa mia."
"Stai scherzando?" esclamo sorpresa "Gli imbecilli esistono, non puoi farci niente, ricordi? Me l'hai detto tu." Sorrido, ed anche lui si distende, prendendomi le mani.
"Anzi, se fossi una ragazzina, ti direi che anzi è stato emozionante, ma essendo un pò più grande dovrò mostrare maturità... perciò sappi che è stato molto romantico, e che mi sono sentita davvero protetta. Se possibile ti adoro ancora di più."
Scoppia a ridere e mi guarda:
"Non posso credere che ti sii arrabbiata al punto da tirargli un ceffone perchè ha offeso me."
"Beh, scusami, a te non dà fastidio quando offendono chi ami?" domando, e lui sorride, annuendo.
"Hai distrutto la facciata da brava ragazza, Dom sarà felice di aver trovato una pecca nel tuo carattere."
"Sappi che se è così ne sono fiera e ne è valsa la pena; io mi sono vendicata, e Dom è soddisfatto" confermo solennemente. Lui sorride e mi stringe forte a sè.
"Piccola, incredibile Luna." Ricambio l'abbraccio sorridendo, in perfetta armonia col mondo, innamorata più che mai.
"E' la seconda volta che affronti qualcuno per aiutarmi."
"Nel Medioevo avrei dovuto battermi contro un drago per averti, non mi lamento proprio."
"Valgo le fiammate di un drago sulla tua bella schiena, o mio cavaliere?" domando divertita, ridacchiando. Lui sorride e mi guarda.
"Non hai una buona opinione di me, se ne dubiti. Il che è strano, visto che hai appena schiaffeggiato un idiota per avermi offeso."
"Ma che io sono strana lo sai, o non andremmo così d'accordo, no?" chiedo briosa. Sorride fissandomi dolcemente, mormorando appena sulle mie labbra:
"Non ti ho ancora detto che ti amo, vero?"
"Quest'anno no" sussurro, stringendomi di più a lui, che mi cinge le schiena premendo il suo petto contro il mio, prima di perdermi nelle sue labbra e farmi riscaldare dal suo amore.




Questo capitolo è tutto per voi.
Per te, per te, per te, per te,
oh, anche per te, certo.
Mihi, Sarè, Stelly, Eminae, Arale, ragazza_ruggine, kiss, kiki, Kla, Bell-Lua... tutte.
Sarè, sto scrivendo un sacco e studiando niente, puoi riporre la mannaia per un giorno o due? XD
Mihi, la proposta è graditissima, fare da intermediario col Fiho non mi spiacerebbe affatto ^.^
Un carissimo abbraccio tesorini!

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Capitolo 27
*** L'unica vita che voglio vivere ***


Mi sveglio sentendolo mormorare qualcosa. Apro gli occhi e fuori la luce grigia mi dà il buongiorno, attraverso le tende chiare. Riordino un pò i pensieri, e faccio un veloce ripasso degli eventi più recenti: siamo andati via dall'hotel che ormai quasi albeggiava, tutti e quattro insieme. Billy e Dom mi hanno salutata con calore ed affetto; ricordo, come se lo provassi ora, il tepore piacevole che si espande dal mio petto quando entrambi mi abbracciano, augurandosi di rivedermi presto. Dom che ancora sghignazza per la mia grintosa reazione, come la chiama lui, dandomi un buffetto sulle guance, e Billy che gentilmente mi stringe le mani, guardandomi con un sorriso sincero e amichevole mentre Orlando mi cinge la vita. Che carissimi ragazzi. Confermo la mia ottima opinione sugli Hobbit, e su quanto i due assomiglino al personaggio interpretato in quel film di cinque anni fa. Sospiro appena per le memorie successive, quando lo sguardo mi cade sul vestito, languidamente appoggiato sulla poltrona di camera. I guanti lunghi ricadono, piegati, sul bracciolo morbido, dove li avevo lasciati poco prima di tuffarmi sotto le coperte, assonnata e stretta al mio amore. Che di nuovo mormora appena qualche parola, ed io mi volto verso di lui. Sta sognando. Accarezzo con gli occhi ricolmi d'affetto profondo il suo viso, ogni singola sua caratteristica, le sue palpebre serrate che si muovono appena, l'espressione serena che mi stringe il cuore, la luce chiara sulle sue guance ed i suoi capelli scuri. Non esiste, non può esistere, una visione più perfetta di questa, più fatata, più dolce, tanto da commuovere. E la sto ammirando soltanto io, fortunata tra milioni, che lo amo con tutta me stessa. Stringe il cuscino esattamente come abbraccia me, nel sonno, e sembra così indifeso, abbandonato in questo modo. Desidero solo toccarlo, sentirlo vicino a me, sapere che veglio io sul suo sonno. Mi accosto, pianissimo, al suo corpo, e lo circondo con il braccio, posandogli un delicato bacio sulle spalle nude. Resto così, a guardia del mio amore, per interminabili minuti, assaporando il piacere di sentirlo respirare accanto a me. Sento una piccola grattata alla porta ed il muso di Sidi si affaccia. Alzo la testa e gli sorrido, facendogli cenno di star buono. Lui sbuffa sbadigliando, e si ritrae. Con estrema lentezza e in silenzio mi alzo, coprendo la schiena di Orlando con la trapunta soffice, ed infilandomi la vestaglia lo sento di nuovo mormorare qualcosa. Mi chino ad ascoltare, ma non riesco ad afferrare cosa stia dicendo, perciò gli sussurro piano, all'orecchio:
"Hush, my love, don't worry, I'm watching over you."
Mi allontano gradualmente bisbigliando queste parole, e lui stringe di più il guanciale, affondando il viso nella stoffa morbida. Sorridendo d'amore esco dalla stanza e seguo Sidi giù per le scale, fino in cucina. Sistemo la moka e la teiera sul fuoco, poi penso al cucciolone nero che reclama un pò di coccole e di cibo. Resto ad accarezzarlo senza riuscire a smettere di sorridere. Non mi sono mai sentita così. Non è solo l'amore che mi dona lui a rendermi leggera e raggiante, è anche quello che ricambio io con tutta l'anima, a darmi questa sensazione di completezza. Mentre il caffè borbotta recupero il cellulare dalla borsa abbandonata sul divano, e lo accendo. Mi arrivano diversi messaggi, tra cui alcuni di Linda, degli avvisi di chiamata, ed uno di auguri, entusiasta e irriverente com'è nel suo stile. Decido di telefonarle, dando un'occhiata all'orologio del salotto. Accidenti, sono quasi le tre del pomeriggio!
"Pupa! Ma dov'eri finita? Auguroni!" esclama mia sorella dall'altra parte della cornetta, facendomi sussultare: mi ero dimenticata di aver avviato la chiamata.
"Ciao tesoro mio, auguroni anche a te, felice Anno Nuovo! Ero ad una festa, non ho sentito il cellulare, perdonami..."
"Caspita, è finita tardi questa festa!". Tolgo il caffè dal fuoco e spengo la teiera, che bolle.
"Eh, veramente siamo venuti via stamani alle cinque, qualcosa del genere..."
"Sarai distrutta, si sente dalla voce. Eeeh, quell'uomo ti sfibra!"
"Linda, lui non c'entra, è che eravamo a letto finora...". Oddio! Mi sono appena scavata da sola la fossa! Infatti la sento ridere esclamando:
"A-ha! Luna! Allora ci credo che sei sfinita, dopo il sano sacro e tantrico ses..."
"Taci, piccola vipera pervertita! Siamo crollati entrambi dal sonno, e stavamo dormendo."
"Sì, adesso si chiama così... Hai visto che ti sfibra sul serio?" e ridacchia divertita, mentre io m'infiammo. La colpa è mia, devo omettere certi particolari quando parlo con lei.
"Non ti parlerò mai più se continui, sappilo" borbotto imbarazzata.
"Figuriamoci, e perdere l'occasione di poterti canzonare un pò? La pianto, la pianto, tranquilla. Allora, dimmi della festa, c'era bella gente?"
"Ho picchiato un tizio." Sorridendo prendo un vassoio e le tazze coi cucchiaini.
"Starai scherzando! Tu? Che fai a botte? E' paradossale!"
"L'ha detto anche Dom, ma evidentemente capita anche a me di perdere le staffe. Sono pur sempre un'umana."
"Dom chi? Oh... Oh! Quel Dom? Cioè ma fammi capire, te stai conoscendo metà dei miei miti personali?!". Ridacchio annuendo al telefono.
"Accidentalmente, sì. Oh, Linda, se avessi visto che posto meraviglioso, che festa magnifica! Son stata benissimo, non ne hai un'idea."
"Tizio bastonato a parte?". Detta così mi fa quasi sentire in colpa.
"Linda, non l'ho bastonato... E scommetto che avresti fatto lo stesso: mi ha dato dell'arrampicatrice sociale con tendenze al libertinaggio, e ha chiamato Orlando attorucolo."
"... Spero tu gli abbia fatto male, a quel porco infame. Dimmi che hai sparso tanto sangue, il suo soprattutto." Sorrido divertita, e di nuovo mi ricorda Dom.
Questa cosa non mi piace, sono troppo simili. Verso il caffè nella tazza e sistemo la zuccheriera, poi aggiungo i tovaglioli di carta.
"No, era solo uno schiaffo. Ma lui mi ha afferrata per la spalla facendomi male e a quel punto sono arrivati Orlando, Dom e Billy."
"Immagino Orli si sia arrabbiato, eh?"
"Dovevi vederlo. Sembrava un angelo vendicatore. Se già non lo fossi stata, me ne sarei innamorata in quel momento."
"Eh, beh, fa un certo effetto... Oh, ma voi due state bene? E la tua spalla?" aggiunge preoccupata. Getto un'occhiata al livido violaceo che mi segna il braccio.
"Sta benissimo, non è niente, sul serio. Appena l'idiota ha visto con chi era andato a scontrarsi, se n'è andato."
"Vile, infame codardo... peccato non lo abbia massacrato! Nessuno deve toccare mia sorella, che cavolo, sennò muore!"
Sorrido intenerita e domando maliziosamente: "E Orlando?"
"Che c'entra, Orli è un angelo, e quanto a te, da lui ti faresti anche investire con la jeep, scommetto." Scoppio a ridere. Ha ragione.
"Ci pensa già Sidi a farlo."
"E' bellissimo, vero? Sentire, vedere che lui c'è, che ti protegge. No?" Respiro profondamente, ed ogni suo gesto mi torna in mente come se lo stessi rivivendo.
"Sì, è stupendo" sussurro. Linda sghignazza:
"Sei proprio andata eh?"
"E ne sono orgogliosa. E se vuoi scusarmi, devo andare davvero, anche fisicamente: porto la colazione al mio cavaliere."
"Beato lui! Vorrei vedere la sua espressione quando si risveglia accanto a te."
"Io vivo per quella che ha lui quando sono io a svegliarmi al suo fianco." Il cuore sussulta al pensiero.
"Ahia... presa proprio profondamente, eh?"
"Ho paura di sì. Ciao piccolina, fai a modo e comportati bene."
"Sì mamma, ci sentiamo prossimamente!" sbuffa lei, e ridendo chiude la conversazione. Io lascio il cellulare nella borsa e torno a prendere il vassoio, poi con attenzione salgo le scale fino a raggiunger la camera. Spingo piano la porta ed il solo vederlo steso, arrotolato tra le coperte morbide e avvinghiato al cuscino, mi strazia di tenerezza. Appoggio il vassoio sul comodino e mi chino a baciargli la guancia, quando di scatto mi sento afferrare per le braccia e tirare giù. Perdo l'equilibrio e rotolo sul letto, ritrovandomi sovrastata. I suoi occhi vividi catturano i miei con uno sguardo malizioso, a pochi centimetri dal mio viso.
"Catturata!" sussurra Orlando, scoppiando a ridere mentre osserva la mia espressione sbalordita. Mi lascia andare le braccia e mi stringe a sè, senza smettere di ridacchiare. Il cuore lentamente torna regolare.
"Cre-credevo dormissi... Mi hai fatto prendere un colpo!" sibilo, ancora sbigottita, e lui annuisce ridendo:
"Lo vedo dalla faccia che hai. Hai un'aria troppo buffa" e di nuovo scoppia a ridere.
*Allora vuole la guerra...*
"Ah, si?" domando innocentemente, allungando fulminea le mani sulla sua pancia e cominciando a fargli il solletico.
"No, no! Non vale, ferma, mi arrendo! Chiedo scusa!" grida lui, contorcendosi tra risate e sussulti. Scoppio a ridere anche io e ritiro le mani.
"Così impari, perfido..." ribatto, ostentando un'aria vittoriosa. Lui si mette a sedere in fondo al letto davanti a me, scuotendo la testa, ancora attraversato da singhiozzi.
"Che ragazza vendicativa!" mi sorride, ma l'espressione diventa dolce nell'osservarmi.
"Credevo non ti dispiacesse essere imprigionata tra le mie braccia."
*Respira, Luna.*
"Non mi dispiace, infatti, anzi è una delle cose che preferisco. Ma non a tradimento!" sorrido, divertita, e mi avvicino per baciarlo. Lui ricambia, posandomi la mano sul livido senza avvedersene, ma quando preme un pò di più sento dolore. Se ne accorge e mi guarda preoccupato:
"Che cosa c'è?" domanda, e prima che trovi una scusa nota la macchia scura sulla mia spalla. Di colpo diventa cupo.
"Non è niente, davvero, neppure lo avevo notato" fingo indifferenza, ma lui mi guarda serio.
"Forse avrei dovuto andarlo a cercare davvero, quel bastardo vigliacco." Scuoto il capo con convinzione.
"No, non sarebbe servito a niente, lo avrebbe fatto con chiunque. Ha solo beccato la ragazza sbagliata, tutto qui. E poi se ci fosse stata una rissa e tu ti fossi fatto del male, non me lo sarei mai perdonata. Senza contare che sarebbe venuto fuori, e allora ti immagini i vari pettegolezzi..."
"Non mi interessa, non doveva permettersi, nessuno deve permettersi di toccarti." E' così severo che quasi mi spaventa, e cerco di rassicurarlo.
"Tesoro, sono io ad attirare i guai, ricordatelo. E in ogni caso penso che non ci riproverà tanto presto, lo avete impressionato. Quanto a me, passerà, in un paio di giorni neppure ci sarà rimasto il segno." Mi guarda dubbioso, ed io annuisco vigorosamente.
"Te lo assicuro."
Mi scruta fissando i suoi occhi scuri nei miei, ardenti, e mi sento avvampare di nuovo, quando mi attira a sè per baciarmi. Le mie dita scivolano lungo il suo petto nudo. Vagamente mi domando in un assalto improvviso di pudore se non sia solo io ad indossare qualcosa. Arrossendo confermo questo sospetto, quando si separa da me ed i miei occhi si posano sul sole tatuato sulla sua pelle, all'altezza del ventre, appena coperto dalla trapunta soffice che nasconde l'altra metà del suo corpo. Fingo impassibilità e mi allungo a prendere la tazza, ma lui cattura il mio sguardo:
"A che cosa pensi?"
Le guance raggiungono una temperatura notevole ed io mi schiarisco la gola, mormorando:
"Ahm, al... fatto che sei... completamente svestito."
Scoppia a ridere fissandomi e stringendosi la coperta attorno al corpo, poi si allunga verso di me e senza staccare gli occhi intensi dai miei mi sussurra sul viso, malizioso, provocante:
"Puritana."
Mi sento attraversare da una cascata di metallo fuso, e completamente sedotto, il mio corpo agisce di sua volontà.
"Ora ti mostro quanto" sibilo prima di buttargli le braccia al collo ed avvinghiarmi a lui, che mi accoglie ben felice e con altrettanta passione, intanto che le mie gambe lo circondano e si stringono attorno ai suoi fianchi. Mi bacia ardentemente affondando le dita tra i miei capelli, mentre con l'altra mano scivola sotto la veste e mi accarezza i fianchi e la schiena, attirandomi più vicina, più premuta contro il suo corpo. Lascio le sue spalle solo per togliermi a strattoni la vestaglia e spingere il mio petto contro il suo, allontanando la coperta. Più libero nei movimenti, Orlando mi afferra e mi piega sul letto, abbandonando il suo corpo sopra il mio, che non desidera altro.
La colazione sicuramente si raffredderà, ma nessuno dei due ha tempo di curarsene.

"Fa freddissimo!" esclamo, quando una ventata gelida ci avvolge, sparpagliando le foglie rosse al suolo e facendole turbinare. Non c'è neppure uno scoiattolo in giro, ma Sidi si accontenta di rincorrere le fronde secche che rotolano sul terreno. Orlando sorride e mi posa il braccio sulle spalle, stringendomi.
"E' il primo gennaio, che cosa ti aspettavi?"
"Voglio diventare un San Bernardo finché non torna il sole."
Scoppia a ridere ed esclama: "Accidenti, considerato che siamo in Inghilterra, potresti restare San Bernardo per i prossimi cinque mesi."
"Hai ragione, in effetti. Ripensandoci posso sempre trovare un modo per scaldarmi."
Ci lanciamo un'occhiata maliziosa nello stesso istante e scoppiamo a ridere.
"Ecco, sei prevenuto, magari io pensavo al caminetto acceso, no?"
"Sei tu che pensi male: stavo considerando la stessa cosa."
"Ah, mhm, sì sì." Ci guardiamo di nuovo e di nuovo ridiamo.
"E' incredibile" afferma lasciando vagare lo sguardo sul parco.
"Che cosa?" domando, sorridendo.
"Quanto tu sia necessaria nella mia vita. E' una cosa realmente essenziale, la tua presenza. Non potrei farne a meno."
Sento rocce roventi e pesanti cadermi nel petto, rimbombando di pura estasi in ogni singola fibra del mio corpo, che non risponde, fermandosi. Alzo gli occhi a cercare i suoi e me li sento lucidi di lacrime.
"E'... semplicemente... la frase più preziosa... più magnifica... che tu potessi mai pronunciare."
Mi fissa con così tanto amore nelle iridi castane che rischio di annegare, ma non c'è porto più sicuro delle sue braccia, che si richiudono su di me, fondendo il mio fisico con il suo. Non esiste più il freddo, nè il vento, la pioggia, il sole, il parco, la Terra, l'universo. Ho tutto raccolto nella mia stretta, nel battito del suo cuore, che risuona contro il mio, all'unisono.

"Luna?"
"Dimmi."
"... Niente."
Lo guardo perplessa. Non è da lui questo atteggiamento.
"Tutto bene?"
"Certo. No, scusami, stavo pensando ad una cosa, nulla di importante." E' un attore eccezionale, ma lo amo abbastanza da intuire qualcosa.
"... Sicuro?" chiedo, insinuante.
"Sì."
Annuisco e torno a guardare Sidi, in attesa. Cala la sera, stiamo tornando a casa.
"... No."
Lo sospettavo.
"Che cosa c'è?" domando piano.
Fatica a trovare le parole e resta in silenzio. Qualcosa si smuove nella mia mente gelandomi.
"E'... per il film?"
Annuisce.
"Ti... hanno chiamato in questi giorni, quando ero a casa, per comunicarti un periodo preciso?"
Annuisce nuovamente.
"Perchè non me l'hai detto?"
"Per telefono?" chiede, chinando lo sguardo dopo averlo fissato nel mio.
"... Giusto." Forse avrei fatto lo stesso anche io.
Silenzio.
"Che cosa c'è che non va?" domando, implorante.
"Sei ancora dell'idea di piantare tutto qui e venire con me?"
"Cascasse il mondo puoi giurarci."
Distende la fronte, sorridendo appena, a testa china. Gli prendo la mano.
"Volevi solo assicurartene?"
"Vorrei solo che non te ne pentissi."
"Guardami un secondo."
Alza lo sguardo e lo fissa nel mio. E' sempre un battito in meno, quando lo fa. Respiro profondamente.
"Ascoltami. Può darsi che tra dieci anni io detesti tutto di questo posto, te compreso. Oppure potresti essere tu ad odiarmi, per chissà che motivo."
Sembra totalmente scioccato dalle mie parole, tuttavia non mi interrompe.
"Ma adesso sto vivendo un presente più che perfetto, e quello che faccio, lo faccio col cuore e con tutta la convinzione possibile. Non posso pentirmi di qualcosa che ho voluto io, non importa quel che accadrà, non importa quello che dovrò affrontare. Non lo rimpiangerò mai, perchè ho deciso io di viverlo."
Mi accarezza le guance fredde con i guanti morbidi, gli occhi profondi ed intensi, lucenti, splendidi gioielli che leggono la mia anima, in fondo al mio cuore.
"E comunque non penso che tra dieci anni potrei odiarti: sei troppo speciale" affermo, sorridendo.
Lui ricambia chinando lo sguardo e portando le mani sulle mie spalle.
"Sei un'anima troppo grande per questi tempi, Luna."
"Devo espandermi per forza, sono sommersa d'amore, grazie a te."
Sorride divertito, ed io aggiungo piano:
"Mi vuoi con te, quando partirai?"
"Io ti voglio con me ogni secondo, Luna."
Mi vibrano le corde dell'anima quando lo afferma con quel tono e quell'espressione. Mi sciolgo, semplicemente, e alzandomi sulle punte lo bacio con tutto il cuore. Ricambia con uguale ardore, stringendomi forte a sè. Si alza una brezza glaciale che ci sfiora il viso, graffiandolo dal freddo, ma non ci separiamo se non dopo diversi altri secondi. Per mano, ricominciamo a camminare, sulla via di casa.
"Luna?"
"Dimmi."
"... Ti amo."
Chiudo gli occhi e trattengo la folle corsa dei miei battiti, sussurrando dal profondo:
"Ti amo anche io."

"Sai che stasera mi andrebbe proprio una pizza? Ma di quelle buone, sai."
Ride arruffandomi i capelli, mentre me ne sto accoccolata su di lui, sul divano del salotto. Dovrei anche riportare le valigie a casa, prima o poi, ma Orlando dice che c'è tempo, in fondo ricomincerò a lavorare il 7. Questa vaga idea di convivenza non mi dispiace affatto, finchè considero che è di breve durata. Non voglio in assoluto mettere troppa carne al fuoco. Lo guardo ridere e mi si accende il cuore.
*Chi vuoi prendere in giro. Resteresti così tutta la vita.*
"A me va benissimo, è da una vita che non mangio una sana, buona pizza italiana. A te immagino mancherà anche di più."
"Effettivamente... posso prendere possesso della cucina, allora?"
"Nossignora: ti porto fuori io. Sei in vacanza, ricordalo."
"Ma..."
"Ah-a, no, in vacanza non si cucina neppure."
"Guarda che io mi diverto."
"Non ho gli ingredienti per la pizza, comunque."
"Corro a comprarli."
"E' il primo gennaio e sono le sette di sera, amor mio."
"Uffa" incrocio le braccia sul petto, imbronciata "Allora va bene, facciamo come vuoi tu, antipatico."
Lui scoppia a ridere e mi abbraccia forte, baciandomi il collo ed i capelli:
"Sei incredibilmente tenera quando fai così, lo sai? Conquisteresti qualsiasi cuore."
"A me basta avere il tuo" sorrido divertita quando mi mordicchia la spalla, facendomi il solletico.
"Quello è ovvio, piccola Luna. Ne dubiti ancora?" Mi guarda con intensità struggente.
*Respira, Luna.*
"No, non ne dubito affatto."
"Bene. Allora, vogliamo andare?"
"Sì" mi alzo in piedi in fretta e recupero borsa e giacca.
"Hai qualche idea precisa?" domando. Lui ci riflette, infilandosi il giaccone e prendendo le chiavi.
"Direi un luogo tranquillo, dove possiamo stare in pace a goderci la cena."
"Perfetto. Allora posso anche venire così, no?" chiedo, indicando i miei jeans neri, il dolcevita chiaro ed il coprispalle in tinta con i pantaloni. Lui mi lancia un'occhiata di apprezzamento.
"Sei sempre bellissima."
Arrossisco e sussurro:
"Non posso mica farti sfigurare..."
Scoppia a ridere e mi cinge la vita, uscendo di casa.
"Non ci riusciresti neppure volendolo."
Ci avviamo alla macchina, e prima che possa anche solo sfiorare la portiera lui me l'apre, come ha sempre fatto. Gli sorrido, raggiante.
Mi siedo e allaccio la cintura, guardandolo salire e sistemarsi.
"Mi è venuto in mente dove potremmo andare" afferma lentamente, pensandoci. Io lo guardo curiosa:
"Dove?"
"Al Castle. Ti ricordi? E' vicino al tuo vecchio appartamento."
"Oh, sì, sì! Si mangiava anche bene, oltretutto."
"Già" annuisce, mettendo in moto. Resta in silenzio un pò, poi aggiunge:
"E' stato dove abbiamo cenato assieme per la prima volta."
Tu-tump.
Mille ricordi inafferrabili e vividi mi attraversano la mente, ognuno particolarmente importante, ognuno incredibilmente meraviglioso. Lui mi sorride, dolcemente.
"Santo cielo, quanto tempo..." sussurro, sorpresa da questa valanga di emozioni e immagini.
"Sembra tanto, vero?" domanda con un sorriso. Io annuisco, ancora incredula.
"Da quando ti conosco vivo così intensamente che ogni giorno sembra una settimana, è stupendo."
Lui mi prende una mano, approfittando del semaforo rosso, e mi guarda. Intensamente, tanto da togliermi il respiro.
"Sono cambiate tantissime cose da quella sera, eppure sei sempre la ragazza che aiutai a rialzarsi dopo che il mio cane l'aveva atterrata, con i capelli baciati dal sole, e gli stupefacenti occhi bicolore."
"Quella che ti chiese se aveva gli occhi cerchiati di rimmel?" domando, sorridendo al ricordo.
"Proprio quella" sorride anche lui "La stessa che mi ha accompagnato al provino, qualche giorno dopo."
"Dopo che le avevi salvato la vita" gli rammento.
"E che lei mi aveva invitato a cena al Castle" sorride.
"Siamo tornati al punto di partenza" esclamo divertita.
"No. Siamo partiti molto prima."
Tu-tump.
*Respira.*
Così serio, così attento, profondo, scuro, insondabile. Smorza i battiti del mio cuore.
Lo guardo, sussurrando:
"Quando siamo partiti?"
"Quando mi hai chiesto se sarei rimasto, quel giorno, ai Kensington. Quando ti sei allontanata dalla statua di Peter Pan e hai portato via un pò di me, con te, senza che neppure me ne fossi accorto, e l'ho capito solo quando, quella sera, mi chiedesti perchè mi stavo preoccupando per te, che eri un'estranea. Mi avevi già cambiato la vita senza che nè tu nè io potessimo rendercene conto. Ed ora è l'unica vita che voglio vivere, questa, con te."
*Respira, Luna.*
Fitte, potenti scosse elettriche mi squarciano il petto e l'anima, affondando senza pietà in ogni sua minima parte. Senza farmi male. Con infinito amore. Non c'è nessuno che abbia mai provato, che proverà mai, quello che sto provando io ora.
"Ferma la macchina."
Non se lo fa ripetere ed accosta sterzando bruscamente. Prima ancora che l'auto sia immobile mi ritrovo tra le sue braccia, dove intendo passare tutta la mia vita finchè ne avrò, ed il suo cuore batte velocemente contro il mio, e lo bacio con tutta la più disperata passione che sia mai stato concesso di provare ad una mortale, e lui mi ricambia, con la stessa intensità, lo stesso affanno, lo stesso impetuoso ardore.
"Ti amo da morire, Orlando."
Non riesco a sussurrarlo in una singola frase perchè non posso nè voglio staccare le mie labbra dal suo viso, dalla sua bocca, che cerca la mia nello stesso modo. Le sue braccia mi stringono protettive e avvincenti, legandomi in una morsa eterna che se anche fosse dolorosa non rifiuterei, io che sono sua, soltanto, indissolubilmente sua.
"Sei il dono più grande che abbia ricevuto, Luna. Resta. Resta con me."
Lo mormora tra un bacio e l'altro, come me, guardandomi negli occhi e di nuovo cercando il mio volto, le mani affondate nei miei capelli, le braccia attorno al mio corpo, e mi stringe come se volessi scappare, come se non sapesse che sono totalmente, incodizionatamente legata a lui, dipendente da ogni suo sospiro, da ogni battito che gli risuona in petto. "Resto. Sono qui. Sono tua. Resto, amore mio. Resto con te."




Io... non so come potervi esprimere anche solo lontanamente tutto l'affetto,
la gratitudine che vi porto, senza neppure avervi mai viste.
Tento da circa 20 minuti di spiegarlo a parole, ma non esiste una lingua che ne sia capace.
Sono assolutamente incapace di trasmettere tutto quel che sento quando leggo le vostre recensioni.
Le ultime, soprattutto.
Elena, che mi ringrazia di averle fatto passare il mal di testa.
Bebe, che mi segue e chiede scusa se non commenta sempre.
Kiki, che mi vuole costruire un monumento.
Mihi, che mi elogia e mi accetta come intermediario.
Sara, che lo ha proposto, e mi fa da personal trainer, pur dotandosi di mannaia.
Stelly, che mi scrive per mail, spronandomi a continuare.
Ioioio, che mi ha spalancato il cuore con le sue parole.
Hai trascorso sei ore a leggere la mia storia. Non penso esista un modo per dirti quanto sia... tanto. Troppo.
Da quando le ho lette, quelle parole, quotate da Sara, non ho smesso un secondo di scrivere.
Da qualche parte questo mi dovrebbe preoccupare per via degli esami incombenti, ma non ha effetto alcuno su di me.
Non riesco a capacitarmi di come mi siate indispensabili, con la vostra stima, le vostre parole, le vostre opinioni, la vostra accorata passione per questa storia. Io vi dedicherei il mondo, se fosse un luogo meraviglioso degno di essere dedicato.
Vorrei solo poter in qualche modo farvi capire quanto il mio "Grazie" contenga il mare, il monte, la pianura ed il cielo, con tutte le onde, tutte le foreste, tutte le nuvole.
Siete assolutamente essenziali.

Vi voglio un grandissimo bene.
Grazie di cuore.
Giulia

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Capitolo 28
*** Burning down ***


"Mi sembrerà strano non trascorrere così le prossime nottate."
Porta la sua mano sulla mia al mio sussurro, fermandomela all'altezza del suo cuore. L'altro braccio mi cinge la schiena, muovendosi piano quando le dita si intrecciano alle mie ciocche.
"Non ce lo vieta nessuno, piccola mia" mormora in risposta, come me fissando le pareti della camera, rese azzurre dalla penombra. Respiro profondamente il suo profumo, sistemando la testa sul suo petto.
"Devo tornare a casa, prima o poi. E a lavoro" sussurro nuovamente, con una punta di amarezza. Non vorrei mai che questa fiaba avesse fine. Lui piega il viso per baciarmi la fronte.
"Resteremo insieme comunque, ogni volta che vorremo. Non preoccuparti."
Amo la sua voce quando risuona così roca, intontita di piacere, di appagamento. Chiudo gli occhi e sorrido, lentamente, scivolando nella morbida culla del suo amore.
"Non mi preoccupo. Sono qui."
Decido di lasciar tacere per sempre la mia razionalità. Quello che vivo è un sogno, la realtà è troppo misera per venirci a contatto. Che i problemi siano illuminati dal giorno, così lucido: la notte è solo nostra, e nessuno può contaminarla con la ragione.
"Orlando?" chiamo appena, già nel dormiveglia.
"Mhm?" mormora lui, per metà addormentato, come me.
"... Tienimi qui."
Sorride teneramente, gli occhi chiusi, e stringe appena il braccio attorno a me, mentre con un respiro più profondo si addormenta, rispondendomi.
"Ti tengo qui. Promesso."
Mi sento sorridere prima che l'incoscienza mi vinca.

Giro la testa e una vaga luce scivola attraverso le mie palpebre chiuse. Mi sto svegliando. Non intendo farlo, e piombo ancora nel buio.
Ho di nuovo una minima scintilla di lucidità quando lo sento muoversi, accanto a me. Non voglio che si alzi. Mi impongo di svegliarmi.
"Non andare" sussurro piano. Mi sento abbracciare, avverto il suo petto contro la mia schiena, il suo respiro tra i miei capelli.
"No" mormora appena, a fior di labbra. La sua mano si stringe alla mia, ed io sorrido, di nuovo avvolta dal sonno.
Sono così colma d'amore che potrei fermare ogni guerra.

E' un attimo: sentire il latrato di Sidi e vederlo saltare sul letto avviene quasi contemporaneamente. Apro la bocca per gridare, in un riflesso involontario, ma mi sento sovrastare dallo stesso corpo che per tutta la notte mi ha riscaldata col suo tepore, dopo essersi unito più volte al mio, finchè entrambi, sfiniti, non si sono abbandonati al sonno.
"Sidi! Cuccia!" esclama la sua voce, da qualche parte sopra la mia testa. Sidi scende dai piedi del letto e si sdraia, brontolando. Orlando si tira indietro e mi guarda preoccupato e assonnato assieme:
"Tutto bene?"
Ho la visione di me, acciambellata come un gatto e avvolta dalle coperte, protetta da lui che si è alzato a farmi scudo da Sidi, il quale aveva deciso di farci rotolare giù dal letto saltandoci addosso. Lui, Orlando, sembra un cucciolo addormentato.
"Sì" faccio in tempo a dire, e poi scoppio a ridere. E' troppo buffa come scena. Orlando si porta la mano alla fronte grattandosi appena la testa, perplesso, poi comincia a ridere anche lui e si lascia ricadere sul cuscino.
"Io non ho un cane, ho un carro armato."
"Però è ottimo se hai un appuntamento e la sveglia non funziona" ridacchio io, tornando a stendermi completamente, al suo fianco. Lui mi cinge col braccio.
"E' vero."
Restiamo così per un poco ancora, semplicemente respirando e accarezzandoci piano il petto o la schiena a vicenda. Sidi uggiola, sentendosi ignorato, forse. Entrambi sorridiamo.
"Dovremo alzarci, prima o poi."
"Odio questi doveri" risponde lui, tenendomi più stretta. Io non mi faccio pregare e mi adagio su di lui.
"Vuoi che vada a preparare la colazione, così nel frattempo riposi ancora un pò?"
Scuote il capo.
"No, grazie, tesoro. Se ti alzi tu mi alzo anche io." Lo dice così intontito che sembra un bambino. Mi piega completamente, e rinuncio a fare una sola mossa.
"In questo modo non ci sposteremo mai da questo letto, lo sai, si?" domando io, maliziosa. Lui ride e annuisce:
"Hai ragione. Va benissimo così, restiamo finchè ci va, non ci insegue nessuno."
"Che proposta invitante" sussurro, chiudendo gli occhi. Mi bacia la fronte sorridendo e sistema la testa accanto alla mia, a contatto ravvicinato. Un latrato irritato ci fa sussultare e poi sorridere:
"Ha ragione anche lui, povero cucciolone."
"Ho paura di sì. Al tre?" chiede, guardandomi. Io annuisco sorridendo.
"Va bene... tu comincia pure a contare."
Scoppiamo a ridere e contemporaneamene ci alziamo, scendendo ognuno dal proprio lato. Io mi infilo la vestaglia, lui l'accappatoio. Mi si avvicina e allaccia lui stesso la fascia che mi cinge la vita, baciandomi sulla fronte, poi mi tende la mano e scendiamo assieme le scale. Sidi ci supera e si piazza in cucina, in attesa. Io mi dirigo ai fornelli e Orlando pensa al cagnone, che richiede un pò di attenzioni. Mentre aspettiamo che latte e caffè bollano, Orlando si alza:
"Vado a vedere quanti gradi ci sono fuori, dovrebbe esserci il meteo."
"Va bene."
Effettivamente fa più freddo del solito, riesco a sentirlo anche se la casa è caldissima. I vetri sono gelidi, infatti. Tolgo la caffettiera dal fuoco e verso del caffè per entrambi, mentre Sidi mi annusa le caviglie, dandomi qualche testata sulle gambe. Gli gratto la testa soprappensiero, finchè non sento Orlando chiamarmi:
"Luna! Vieni qui!".
Il tono allarmato mi spaventa: lascio tutto sul tavolo e corro in salotto, al suo fianco.
"Che cosa c'è?" domando angosciata. Lui con aria preoccupatissima mi indica la televisione. Lì per lì non capisco, poi riconosco la zona e le insegne, completamente annerite dal fumo. Mi tremano le ginocchia quando leggo il nome della libreria avvolto dai getti d'acqua dei pompieri. "Ma... ma... è il mio negozio..." sussurro appena, sconvolta. Orlando mi si avvicina in fretta e mi prende per le braccia, sostenendomi, gli occhi fissi sul televisore che mostra impietoso la libreria completamente bruciata, i vetri anneriti, la porta distrutta. Pagine corrose dal fuoco volano alle spalle della giornalista, che spiega questo incidente come una bravata di Capodanno, ma senza ulteriori notizie o basi precise.
"Non posso credere che tra tutti i negozi abbiano bruciato proprio quello, è impossibile."
Afferma questo pensiero con rabbia quasi, ma io a malapena riesco a farmene un'idea. Afferro la borsa dal divano e cerco il cellulare, che accendo in fretta. Mi tremano le mani, ed il mio cuore sussulta quando mi arriva un messaggio di Leah, un'avviso di chiamata. Subito compongo il numero e aspetto, in febbrile attesa. Uno squillo. Due squilli.
"Luna?". La sua voce mi arriva da lontano.
"Leah!"
"Hai visto... mio Dio, hai visto..." singhiozza, scoppiando a piangere.
"Ssshh, non fare così, stai tranquilla, vedrai che si sistema tutto..." mormoro, passeggiando nervosamente davanti agli occhi preoccupati di Orlando, che mi segue con lo sguardo.
"Dicono che siano stati dei teppisti, ma non è possibile, con tutti i centri che ci sono..." singhiozza, trattenendo il pianto. Respira profondamente e deglutisce:
"Mrs Meadows sta andando là, è stata Cynthia a chiamarmi quando ha visto... e poi ha contattato Madam, e adesso... adesso che facciamo, Luna? La libreria è bruciata, completamente bruciata!" esclama, disperata, e di nuovo si abbandona al pianto.
Non so come aiutarla: mi sento svuotata. Ma cerco un pò di forza:
"Leah, tesoro, ascoltami, sssh, ascoltami... Il negozio sarà assicurato, se è come dicono al telegiornale vedrai che saremo risarcite, al massimo dovremo cominciare a lavorare prima per rimettere in sesto il negozio, ma vedrai che andrà tutto bene, davvero..."
"Sì" annuisce lei, tirando su col naso "hai ragione, è che sono solo tanto, tanto spaventata..."
"Lo so, tesoro, lo immagino, io non ci credo ancora. Non posso pensarci... ma troveremo una soluzione, non temere. Sai cosa facciamo? Adesso mi preparo e ci troviamo lì tra poco, raggiungiamo Mrs Meadows. Chiama Cynthia, senti se vuole venire anche lei. Così facciamo un pò il punto della situazione e vediamo il da farsi."
"Hai ragione, hai proprio ragione, Luna, sei bravissima. Non ci avevo pensato. Sì, chiamo subito Cynthia, ci si vede lì tra... vi va bene tra quaranta minuti?"
"Va benissimo. A tra poco."
"Sì, a dopo."
Click.
Chiudo meccanicamente il cellulare e fisso il vuoto. A mente fredda mi stanno assalendo una serie di paure tremende e purtroppo, con mio crescente terrore, reali e possibilissime. Se anche il negozio è assicurato, resta comunque un gran brutto colpo. Se invece non lo fosse, o se l'incidente fosse stato casuale... se non ci coprissero... dovremo cercarci un altro lavoro.
*Respira.*
Un altro lavoro. Dove lo trovo? Come lo trovo? Non posso sperare nel destino per sempre!
*Respira, Luna.*
La libreria bruciata... il mio compleanno, tutti i ricordi, l'incontro con Dom, le mie amiche, il mio motivo per restare qui... è tutto lì... era tutto lì...
*Dannazione, Luna, respira!*
"Non voglio tornare in Italia" mormoro al niente, il gelo che mi attanaglia il corpo, insistente.
Orlando mi stringe forte a sè riscuotendomi. Sono una statua di ghiaccio.
"Luna, stai tremando... siediti qui, avanti..." mi fa accoccolare in braccio a lui, sul divano, cullandomi appena.
"Andrà tutto bene, non è niente di troppo grave..." mormora rassicurante, ma lo sguardo che ha è preoccupato.
"Amavo quel negozio... mi ha permesso di restare qui..." sussurro allibita, posando la testa sulla sua spalla.
"Lo so. Lo so, piccola mia, lo so. Ma non disperarti, vedrai che si aggiusterà tutto."
"Se non dovesse aggiustarsi? Se passasse del tempo prima di trovare un lavoro? Devo rinnovare l'affitto!" esclamo, ricordandomene di colpo.
Lui mi tiene stretta a sè e mi accarezza la guancia.
"Ascolta, è inutile farsi queste domande adesso. Intanto ti accompagno là, e poi vedremo come sistemare le cose. Ma ti prometto che andrà tutto bene. Ok?"
Mi guarda. Ho paura, sono angosciata, e le prospettive sono tremende, ma i suoi occhi hanno quella luce tanto sincera e sicura che riescono a riscaldarmi.
"Sì. Sì, va bene."
Lui sorride appena e mi bacia la fronte, tenendomi abbracciata. Alla televisione, l'inviata chiude il servizio.

La strada è piena di gente che cerca di farsi largo attraverso le transenne imposte dalla polizia e dai vigili del fuoco. Ho uno scatto di fastidio: che cosa guardano, che c'è da osservare con così tanta morbosa curiosità? Orlando mi tiene per mano, l'espressione leggermente tesa. Tra mille pensieri mi viene in mente che non sia il caso di portarlo proprio lì, davanti alla folla. Mi fermo di colpo.
"Forse dovresti... non so..."
Posa un dito sulle mie labbra e scuote il capo: "Non ti lascio, tranquilla."
E' un angelo, un vero amore. Gli sorrido, tentando serenità, ma so di non riuscirci, però lui ricambia comunque. Un poliziotto ci ferma:
"Signori, non potete passare di qui..."
"Luna!" Leah mi chiama correndomi incontro alle spalle del poliziotto. Mi abbraccia forte ed io ricambio la stretta, sentendo le lacrime premermi agli angoli degli occhi.
"E' una commessa del negozio, li lasci passare" aggiunge rivolta alla guardia, che annuisce e ci fa cenno di procedere. Poco distanti da noi Cynthia e Mrs Meadows osservano la libreria, sconvolte. Leah mi guarda, il bel volto tirato dall'ansia:
"Non ci sono segni di una bravata da teppisti, deve essere stato un problema interno... Oh, ciao, Orlando, perdonami..." sussurra, rivolta al mio accompagnatore, che le sorride incoraggiante e scuote il capo:
"Non preoccuparti, Leah, è una situazione delicata."
Leah gli sorride appena, annuendo, poi si volta verso Cynthia, che appena mi vede corre a stringermi.
"Cynthia..." sussurro, abbracciandola, e lei annuisce e basta, in silenzio, asciugandosi il viso.
"Ciao, Orlando" esclama, lasciandomi andare e sorridendo lievemente. Lui le posa la mano sulla spalla e la saluta gentilmente, poi alza lo sguardo sulla libreria e torna preoccupato. Raggiungiamo i pompieri e Mrs Meadows, che mi afferra le mani e sussurra, sgomenta:
"Oh, Luna... la nostra bella libreria..."
E' affranta. Le cingo la vita col braccio guardando quel luogo che mi ha regalato così tanto. Mi vengono in mente i ricordi più disparati: il mio primo colloquio, la prima giornata di lavoro, la mia festa... Ha ragione Madam, questa era la nostra libreria, un luogo dove lavoravamo così serenamente da non rendercene conto. Bruciata da capo a piedi. Completamente annientata.
"Come..." bisbiglio, ma il vigile risponde prima che finisca di formulare la domanda.
"Dev'essere stato un incidente. Una specie di fuoco interno scatenato da chissà che contatto. Da lì si è propagato, ed essendo un luogo pieno di carta e materiale infiammabile..."
Carta. Materiale infiammabile. Quelli erano i miei libri. I bellissimi volumi rilegati di Storia, Drammaturgia, Arti Visive, Teatro... come si può ridurli ad un termine così crudo? Carta. Materiale infiammabile.
"Mrs Meadows, quanto è grave?" domanda Cynthia, una volta allontanatosi il pompiere. Mrs Meadows respira profondamente, ma le trema la voce.
"Tanto, mia cara bambina. Forse troppo. Per rimettere tutto a posto non basterà lavorare. C'erano tutti i registri, le copie dei conti, le cartelle assicurative..."
"Che cosa... comporta, questo, Mrs Meadows?" domando io, alla ricerca di una risposta precisa, che spazzi via i miei terrori o li confermi una volta per tutte.
Nonostante il tono neutro, la voce mi si incrina. Mrs Meadows mi guarda negli occhi con sguardo sconfortato.
"Purtroppo, temo... temo che sarà ben difficile sistemare tutto. Ho paura che questo incendio abbia segnato la chiusura del negozio."
Cynthia e Leah si voltano a fissare prima lei e poi la libreria, in lacrime. Io perdo completamente cognizione di me, di dove sia, di che cosa stia facendo.
"Quindi la... la libreria resterà... chiusa... definitivamente?" chiedo, lottando per mantenere ferma la voce.
Mrs Meadows con gli occhi lucidi annuisce, mordendosi le labbra, e cercando un fazzoletto nella giacca.
Io guardo Leah e Cynthia, entrambe come me piene di spavento e disperazione, poi alzo lo sguardo sulla libreria. Chiudo gli occhi chinando il capo, certa che sia un bruttissimo incubo da cui intendo assolutamente svegliarmi. Ma l'odore acre della carta bruciata mi riempe le narici, e nascondo il viso tra le mani per sfuggire a questo tormento. Due braccia si stringono attorno a me, due labbra tiepide mi baciano sulla guancia, in un sussurro appena mormorato al mio orecchio, intanto che il suo cuore batte contro la mia schiena:
"Andrà tutto bene. Promesso. Andrà tutto bene."

Mentre torniamo a casa faccio mentalmente una serie di riflessioni che mi deprimono tremendamente: sono senza lavoro; devo sbrigarmi a trovarne un altro, e che sia anche decente, perchè anche se ho dei soldi da parte, l'affitto è quello che è. Mi rifiuto di soffermarmi sull'idea che comunque vada nessun posto sarà come quello, perchè sono già abbastanza affranta, devo affrontare un pensiero alla volta. Senza lavoro non pago l'affitto, senza l'affitto devo tornare a...
"Ti va un the?" mi chiede Orlando, infilando le chiavi nella porta. Alzo lo sguardo ed esclamo, senza connessione logica:
"Non potrò restare a Londra!".
Il solo pensiero mi dilania. Orlando scende gli scalini e mi prende tra le braccia, guardandomi fisso negli occhi, serio:
"Ascoltami, devi stare calma. Ti assicuro che sistemeremo questa cosa. E comunque stasera non puoi fare niente. Cominceremo da domani, va bene? Hai un'ottima conoscenza di tre lingue, potresti fare qualsiasi cosa. Se ti interessano i libri, potresti occuparti dell'editoria, per esempio. Hai tutto il tempo, comunque."
"No, che non ce l'ho. Tra poco l'affitto scade, devo rinnovarlo. Sì, ho i soldi da parte, eccome, ma..."
"Prima di quanto pensi avrai già trovato un lavoro, non ti preoccupare. Posso sempre aiutarti io, no?"
Lo guardo a bocca aperta, l'istinto ribelle di nuovo vibrante:
"No. Non intendo accettare."
"Perchè? Non faresti lo stesso, per me?"
"Sì! Ma questo è..."
"Che cosa, diverso?" chiede, incalzante. Mi mordo le labbra. Stava per sfuggirmi proprio quella parola. Chino il capo, pentita di aver anche solo cominciato questa discussione.
"Perdonami, per favore. Sono solo... ancora scossa. Mi dispiace. Non volevo."
Mi alza il mento per fissarmi negli occhi, turbato. Ricambio lo sguardo sentendomi gli occhi lucidi. Non penso di essermi mai odiata tanto come in questo preciso istante.
"Ascoltami. Sai che quello che ti ho detto è vero. Hai tutte le capacità per fare quello che vuoi. Non intendevo chiederti di dipendere da me, sei troppo autonoma e in gamba per poterlo fare. Ma se dovessero presentarsi dei problemi, ti prego, lascia che faccia qualcosa per aiutarti. Tu mi dai così tanto, Luna. Fammi ricambiare, per una volta."
Lo guardo disperatamente, mordendomi le labbra, e lo abbraccio forte, di slancio. Lui ricambia nello stesso modo, con la stessa energia, accarezzandomi i capelli.
"Sono proprio una stupida" bisbiglio, maledicendomi da sola. Lui sussurra piano:
"No, non lo sei. Sei solo spaventata."
Mi stringe più forte:
"Neppure io voglio che tu vada via."
Sospiro profondamente, serrando le palpebre. Pur di restare con lui farei di tutto.

"Perchè non rimani?" mi chiede velocemente, posando il coltello. Io lo guardo perplessa:
"Che intendi?"
Alza lo sguardo e mi fissa serio:
"Resta qui. Rimani qui, da me."
Pronuncia le parole come se scottassero. Corrugo la fronte. Non si era deciso di fare così fino al 7?
"Me lo hai già chiesto, avevo già detto di sì. Ma non so quando dovrò cominciare a lavorare, nel nuovo posto..." mi muore la frase in gola quando lo vedo scuotere il capo ed alzarsi, per venire da me. Si siede al mio fianco e mi prende le mani, guardandomi negli occhi con intensità. "Luna, non capisci. Io sto dicendo..."
*O. Santo. Cielo.*
"... perchè non resti a vivere qui?".
Lo guardo a bocca aperta.
"A... viverci? Qui?" sussurro. Lui annuisce.
"Pensaci, Luna. Lo stiamo già facendo, in effetti. E stiamo benissimo. Perchè non continuare? Se è una tua indipendenza che vuoi, puoi sempre utilizzare la stanza che si trova accanto alla mia. Solo per poco, se l'idea ti infastidisce, solo per qualche tempo, finchè le cose non sono di nuovo a posto. Qui avrai il tuo bagno, le tue cose, semplicemente ci sono anche io: è tanto brutto?" domanda, con un sorriso interrogativamente tenero.
Sta scherzando, spero. D'un tratto non so che mi prende. Invece di essere felice sono frastornata.
"Ma... no."
La mia risposta lo lascia stupito.
"Perchè?"
"Non è giusto. Non devi chiedermelo perchè... per quello che è successo."
*Ma sei scema?*
No, c'è un motivo per cui ho risposto così. Non voglio essere di peso a nessuno. Non voglio un aiuto. Non su una cosa simile. Vivere insieme. Non per comodità, dannazione. Dev'essere per volontà reciproca.
"Luna, che ti succede? Perchè ti comporti così?" mi domanda, lo sguardo preoccupato, una piega amara agli angoli delle labbra.
"Io... non voglio che tu me lo chieda per utilità."
Mi guarda passando dal sorpreso al comprensivo. Scuote il capo, rattristato, e sospira, allentando la presa sulle mie mani:
"Non riuscirò mai a convincerti del contrario, adesso, ma è quello che ti avrei chiesto comunque. Ho solo affrettato i tempi, data la situazione."
Appunto. Non mi piace. Ma mi fa stare peggio l'amarezza che gli sento nella voce. Resto in silenzio. Sento che dovrei dire qualcosa, che dovrei come minimo mostrarmi più che grata, invece c'è un blocco nero sul petto che mi impedisce di parlare, di provare ciò che dovrei. Chino lo sguardo, non reggendo il suo. Sfioro con gli occhi le nostre dita intrecciate. Legate.
Siamo noi. Noi siamo così.
Che diavolo mi prende?
Di colpo tutta la mia confusione svanisce. Evapora. Non è mai esistita. Ripercorro mentalmente le ultime ore. Le ultime frasi. Non devo tornare, non vuole che torni a casa, in Italia. Vuole che resti lì con lui. Tenermi qui quanto lo desidero io. Che resti qui a vivere. A vivere insieme.
La piena comprensione di tutto questo mi travolge, infiammandomi il petto.
*Ti sei svegliata, sì?!*
Lo vedo allontanare le mani dalle mie, facendo l'atto di alzarsi.
*Fermalo.*
Allungo la mano ma mi sta già dando le spalle. Rialzo lo sguardo e lancio un'occhiata al suo viso. La sua espressione mi strazia il cuore. Non è dispiaciuta. E' ferita. L'ho ferito io.
*Luna, muoviti!*
Mi alzo con uno scatto improvviso anche per me, tanto da non ottenere un buon equilibrio. Non fa in tempo a voltarsi per capire com'è che la sedia abbia grattato il pavimento, perchè gli ho già stretto le braccia attorno alla vita, stese le mani sul suo petto, trattenendolo, col viso sulla sua schiena.
"Per favore... per favore..." non riesco a formare la frase, mi manca il respiro, i singhiozzi senza lacrime mi bloccano le parole.
"Che cosa?" mi chiede, senza voltarsi, bloccato dal mio corpo, dalle mie braccia. Ma il suo tono è preoccupato. Mi basta. Non è arrabbiato. Mi impongo di fermare la voce:
"... Chiedimelo ancora."
Restiamo in silenzio per secondi eterni. Lo lascio andare piano, facendo ricadere le braccia lungo il mio corpo. Lui si volta verso di me, mi fissa profondamente, intensamente. Ricambio lo sguardo mettendoci tutto l'amore, tutta la costernazione che provo. Gli chiedo scusa in mille modi diversi tramite un solo paio di occhi.
Schiude le labbra, senza distogliere lo sguardo dal mio.
"Resta qui. A vivere con me. Vuoi?"
Una scintilla di preghiera gli brilla nelle iridi castane.
Me lo ha chiesto davvero. Apro la bocca per rispondere ma mi precede:
"Solo finchè vorrai, non è un obbligo. Solo e soltanto se lo desideri."
Mi batte troppo forte il cuore. Mi fa male. Non riesco a dire nulla. Non riesco neppure a chiedergli perdono. Annuisco. Annuisco vigorosamente, e prendo fiato per rispondergli, ma le sue braccia mi circondano. Al ché crollo.
"Mi dispiace, mi dispiace, ti chiedo scusa, perdonami, sono una stupida, non merito nemmeno un centesimo di quello che mi dai, per favore, perdonami, non so cosa m'è preso, sì, sì che voglio, non me ne andrei mai se fosse per me, ti prego, scusami."
Sono sommersa dalle mie stesse parole, dalle mie stesse lacrime. Mi aggrappo alle sue braccia come se stessi precipitando in un burrone. Non me lo permette: mi stringe forte, tenendomi la testa contro la sua spalla, il mento accanto alla mia tempia, accarezzandomi i capelli e la schiena.
"Non devi chiedere scusa di niente, Luna. Va tutto bene."
"No, non è vero, ti ho visto, non volevo farti del male, non io..." esclamo di fila, ma lui mi blocca le labbra baciandomi, tirandomi a sè fino ad alzarmi. Gli circondo il collo con le braccia, ricambiando con tutta la disperazione possibile. Mi bacia da togliere il respiro. Si allontana quando sto giusto per annegare.
"Luna, non potresti mai, mai essere tu a farmi del male."
Me lo dice con uno sguardo così serio, deciso, che non posso fare a meno di crederci. Annuisco appena.
"Posso restare davvero?" domando a fior di labbra. Lui sorride, bellissimo, dolce, tenero, amabile.
"Di che cosa stiamo parlando secondo te?" mi chiede con tono vivace, ironico, facendo una giravolta e tenendomi ben stretta in braccio.
Sentirlo ridere mi riscalda completamente. Sorrido anche io lieta, felice, e lascio che mi rimetta giù.
"Che dici, finiamo di cenare?" domanda maliziosamente, arruffandomi i capelli. Gli sorrido in risposta:
"Sì, finiamo."
Ma non mi lascia andare la mano, nè io mi scosto da lui. Lo guardo, e confesso la verità, per quanto mi imbarazzi farlo:
"Non ho mai... convissuto, prima. Ho sempre pensato che si facesse... non lo so... quando le cose sono stabilite in un certo modo. Lo so che è una convinzione sciocca, ma è per questo che ho pensato... che tu me lo chiedessi per... aiutarmi, invece che perchè veramente lo desideravi. Lo so che tu non sei così, credimi lo so meglio di chiunque altro, te lo assicuro. Ma sono anche una ragazzina, e ancora non posso credere che sia possibile essermi meritata l'amore di un angelo come te. Tu mi capisci, mi proteggi, sai sempre che cosa dire o fare, ed io in cambio non posso darti che tutto il mio cuore, e mi sembra così poco a confronto."
Riprendo fiato, svuotata. Aspetto una sua risata, un commento leggermente ironico, ma non arriva ne l'una nè l'altro.
"Luna. Guardami."
Alzo gli occhi. Dio, è sempre più stupefacente trovarmelo di fronte. Non ci farò mai l'abitudine.
"Se solo potessi spiegarti quanto la mia felicità più sincera dipenda dalla tua presenza, capiresti quanto ciò che tu consideri 'poco' costituisca una delle ragioni vitali per cui non c'è giorno in cui io non sia felice, sapendo, un attimo prima di svegliarmi, che ti troverò accanto a me. Tu che mi hai veramente cambiato la vita, che mi hai davvero guardato negli occhi e visto ciò che sono, senza abbellimenti, senza aggiunte, e mi ami perchè sono io. Non penso che sarò mai capace di esprimerlo a parole. Accetta solo di sentirlo dentro di te, se riesco a fartelo capire anche soltanto un pò."
"..."
*Respira, Luna.*
Mi guarda con viva, bruciante intensità. Non mi curo neppure di frenare le lacrime.
"Vorrei... che fossimo... immortali. Una sola vita non mi basta a contenere tutto questo."
Mi sorride dolcemente, abbracciandomi. Sento l'universo scorrere tra le pieghe del mio cuore, tra i riflessi del mio spirito.
"Potremmo sempre ritrovarci nella prossima, piccola preziosa Luna. E in quella dopo ancora. Non ne avrei mai abbastanza. Ma per adesso, voglio assaporare ogni attimo di questa, accanto a te. Me lo permetti?" sussurra piano, distruggendo e ricostruendo da capo ogni frammento disperso della mia anima.
"Non hai bisogno di chiedermelo: è solo tua. Non sono nè potrei essere di nessun altro."
"Non voglio possedere la tua vita."
"Tu proteggi la mia vita amandomi. Chiedimi qualsiasi cosa di me e te la darò."
"Mi ami?"
Chiudo gli occhi e mi abbandono.
"Con tutta l'anima."
"Non mi occorre altro" sussurra, stringendomi forte a sè.





Non ho parole.
Il che per una che passa il tempo a scrivere è un gran dramma.
Ma non ho colpa stavolta:
le lingue umane non sono abbastanza illimitate da permettermi di fare un discorso serio e sensato.
Perciò ci provo con la speranza che capirete comunque quanto siete indicibilmente incredibili.
Io non ci credo, tra tutte le persone che ci sono al mondo, che diritto ho io di essere così fortunata?
Non penso di meritarmelo, proprio no, in alcun modo. Ma sul serio, dico.
E invece siete sempre qui, ad aspettarmi, a commentare, ad esprimere il vostro sostegno in così mille modi...
Ogni vostra parola è una tazza di cioccolata calda dopo una passeggiata nella tormenta,
un ombrello grande sotto cui ripararsi mentre il diluvio universale imperversa.
Praticamente siete di basilare importanza.
Non ho idea di come accidenti esprimere la mia commozione,
forse dovrei postare una foto di me in lacrime quando leggo i vostri commenti per darvi un'idea precisa.
Vorrei solo che capiste quanto valore incommensurabile abbia il potervi avere come pubblico.
Se fossi Jack Sparrow sareste la mia Perla Nera.
Navigo solamente grazie a voi.
Un abbraccio di quelli che non si dimenticano mai, tesori.
Di cuore, con tutto l'affetto possibile, grazie.
Giulia.

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Capitolo 29
*** Benvenuta a casa ***


When the rain is pouring down
And my heart is hurting
You will always be around
This I know for certain
You and me together
Through the days and nights
I don't worry 'cause
Everything's going to be alright
[Alicia Keys - No One]


Salgo le scale fino al pianerottolo ed entro nella mia casa. Accidenti, quanto tempo. Non la vedo da prima di partire per l'Italia. E' rimasta com'era, con tutte le decorazioni al loro posto, gli animaletti di peluche e sabbia, i libri... tutto. Sospiro profondamente. Non voglio separarmene. Mi mancherà tanto. La mia prima casa della mia vita a Londra. Certo che è strano il destino: ho iniziato con un appartamento in Inghilterra e già mi sembrava di avere in mano il mondo intero, e adesso mi ritrovo a trasclocare in casa di Orlando. Alzo lo sguardo sulla finestra e vedo in basso un paio di ragazzine chiacchierare tra di loro, lungo la strada. Chissà che cosa ne penserebbero. "Sapete, tre mesi fa ero qui e stavo per tornare a casa, adesso invece vado a vivere da Orlando Bloom". Come minimo resterebbero secche. Ridacchio tra me e me, considerando che mi è incredibilmente difficile ormai ricordare chi sia per gli altri. Lui, che per me è solo un angelo. Ma come ho anche solo potuto pensare di rifiutare la sua proposta?
*Che sei scema, si sapeva, Luna.*
Già, la coscienza ha decisamente ragione. Meno male sono rinsavita. Dovrei avvertire i miei, ma lo farò per mail, così potrò evitare di rispondere se mi chiedono come farò con l'appartamento. Però a Linda posso sempre raccontarlo in anteprima; lo scoprirà comunque, e come alleata mi è fondamentale. Afferro il cordless e nel frattempo tiro fuori dall'armadio i vestiti, infilandoli accuratamente in valigia. Intanto posso portare quelli, per gli accessori si vedrà.
"Pronto?"
"Ciao tesoro."
"Luna! Com'è che chiami di mattina?"
"Perchè sapevo che non avrei trovato nessuno a casa, adesso, tranne te. In genere la mattina mamma e babbo sono fuori."
"Oddio, è successo qualcosa? Stai bene?"
"Sì, più o meno, perchè?"
"Come perchè! Se chiami e non vuoi che ci siano loro dev'essere successo qualcosa."
"Linda... la libreria è bruciata."
"Cosa?"
"Hai sentito bene, purtroppo. C'è stato un contatto, dicono, ed è bruciata da capo a piedi. Sono senza lavoro."
"Oh, no! E ora che farai?"
"Cercherò qualcosa, ti assicuro che non intendo tornare."
"Bravissima, questo volevo sentirti dire! Ma per l'affitto?"
"Ehm, Orlando mi ha gentilmente offerto di..."
"Wow!!! Hai accettato, spero! No, Luna, se hai detto di no sappi che ti butterò giù la cornetta!"
"Ahm..."
"LUNA!" ruggisce.
"Sì, ho accettato, infatti sto facendo le valigie."
"Nooo, non ci credo, ma te hai un sedere che a confronto Godzilla è una lucertolina!"
Scoppio a ridere. Sempre la solita, mai che si smentisca. Ci assomigliamo davvero. Anche se in versi completamente opposti.
"Naturalmente taci con chi di dovere."
"Con tutti, in sintesi. Figurati se babbo potrebbe sopportare una notizia così. La sua bambina, che va a convivere con un uomo? Orrore!"
Ridacchiamo tutte e due all'immaginaria scenetta.
"Comunque non sarà per molto."
"Sei scema?"
"Uffa. Linda, ascolta..."
"Nein, TU ascolta ME: lo ami, ti ama, dormite già assieme, trascorrete ogni secondo vicini... mi dici perchè non provare?"
"Perchè... se non funziona?"
"Ci penserai dopo se non funziona, no? Che stress! Ma la pianti di farti tutte queste manovre mentali? Lascialo riposare un pò, il cervello!"
"Forse hai ragione tu."
"Naturale che ho ragione io." Sorrido divertita.
"Sono proprio una rompiballe."
"Abbastanza, ma ti si vuole bene lo stesso. Questo mi conferma quanto santo sia quell'uomo. Salutamelo, eh!"
"Sissignora... era la porta di casa?"
"Oddio! Ti lascio, mi sa che sono tornati. Un abbraccio stella, e basta con le riflessioni!"
"Agli ordini. Ciao cucciola, e grazie."
Click.
Sorrido tra me e me, chiudendo una valigia ed iniziando a riempire l'altra. Temo che dovrò fare diversi viaggi. Ma stamattina Orlando non poteva accompagnarmi, aveva un impegno, perciò mi accontento di prendere due sole borse; per il secondo viaggio, useremo la macchina. Non sarebbe male ricominciare a guidare, ho quasi dimenticato come si faccia. Magari con il nuovo posto mi andrà abbastanza bene da permettermi di comprare una macchina a buon prezzo... Scrollo le spalle, ripensandoci. Intanto devo trovarlo, questo nuovo impiego. Ma sono piuttosto calma, adesso: ho lavorato a Londra e ho ottime referenze, non devo più rompere il ghiaccio con un datore di lavoro inglese, il che implica che parto avvantaggiata, e che potrei effettivamente mirare in alto. Orlando ha ragione, Linda anche. Devo smetterla di preoccuparmi eccessivamente.
*Yuhuu, stappiamo la bottigilia di spumante!*

Scendo dal bus e mi dirigo verso casa. Oddio. Mi batte forte il cuore a chiamarla 'casa'. Casa nostra. E' una sensazione spumeggiante, travolgente, ma incredibilmente piacevole. Svolto l'angolo e mi blocco. Un fulmine mi attraversa da capo a piedi cementandomi al terreno, intanto che il mio cuore rimbomba sordamente, fracassandomi il petto cavo, vuoto, come il mio corpo.
Davanti a me ci sono una donna ed un uomo abbracciati. Non mi è difficile riconoscere i suoi capelli, le sue mani, che accarezzano la schiena della sconosciuta. Riesco quasi a sentire il suo profumo come deve sentirlo lei, che gli è così vicina al collo.
C'è qualche cosa di feroce che mi azzanna l'anima riducendola a brandelli. Non riesco a sbattere le palpebre, e l'immagine sfoca.
*No, Luna.*
Avanzo di un passo, il peso delle borse che mi concede quell'equilibrio che io non trovo. Un altro passo. Un'altra istantanea fitta.
*Luna... no.*
Ascolto la voce. Non ci posso credere per davvero. Non è quello che penso. Qualcuno ha appena commesso un errore madornale, e sono stata io a farlo. Dopo tutte le sue parole, i suoi sguardi sinceri, voglio davvero fidarmi dei miei occhi, invece che del mio cuore?
Stringo più forte i manici delle borse, per poi posarle piano, a terra. Non faccio alcun rumore, ma i due se ne accorgono, e si voltano contemporaneamente verso di me. Orlando mi rivolge uno sguardo raggiante, che si fa più preoccupato mano a mano che mi guarda. Presumo di avere una strana espressione, e la ricompongo in un sorriso gentile. La ragazza - molto carina, dai capelli scuri e gli occhi ancor di più - guarda me, guarda lui e poi sorride, divertita. Orlando mi si avvicina e mi prende per la mano sinistra, poco sotto il braccialetto che non tolgo mai, e portando una mano a sfiorare la mia guancia mi bacia sulle labbra, con dolcezza. La ragazza si avvicina chinando lo sguardo, come se fosse imbarazzata.
Il tutto accade in forse cinque secondi, che per me durano una vita. Ma riesco a formulare una frase coerente.
"Credevo fossi... impegnato."
"Sì, ma sono riuscito a farcela molto prima del previsto."
Non so cosa rispondere, finchè lui non tende la mano alla sconosciuta e l'attira davanti a me.
"Vorrei che tu conoscessi una persona" afferma, guardandomi teneramente, con ancora una punta di confusione. Ho ancora l'aria stralunata?
Punto gli occhi sulla donna che mi sorride amichevolmente, ed il suo sguardo limpido, sebbene incuriosito, mi tranquillizza di colpo; ricambio con un sorriso cordiale, che mi riesce facile. La ragazza mi tende la mano intanto che lui me la presenta, e senza rendermene conto la stringo.
"Luna, questa è Samantha, Sam per gli amici. E' mia sorella."
Tu-tump- Tu-tu-tump. Tu-tu-tu-tump.
*Respira.*
L'annuncio che doveva calmarmi mi innervosisce. Ma non basta questo a colpirmi profondamente; perchè lui si volta verso di lei, e con infinito amore nel tono, aggiunge:
"Lei è Luna, Sam." Non ho mai sentito nessuno pronunciare il mio nome con simile attaccamento.
"L'avevo intuito, sai?" domanda ironicamente lei, guardandomi divertita.
Vorrei seppellirmi. Non è possibile che non esista un'incudine divina che mi schiacci di colpo. Ignorando completamente la tempesta che mi si è scatenata dentro, Orlando innocentemente domanda:
"Da che cosa?" e sorride, stringendomi le spalle col braccio. Sam alza gli occhi al cielo ironica:
"Ti sei illuminato come Liverpool Street sotto Natale, quando lo hai detto. E poi a quanto ne so sei monogamo, dubito tu accolga ogni ragazza con così tanto entusiasmo."
Lui ride chinando il capo, imbarazzato, e guidando il suo sguardo nel mio. Dolcissimo, tenero, profondo come sempre. Lo ricambio con tutta me stessa, e di nuovo torno su Sam, e sorrido serenamente:
"E' un piacere conoscerti, Samantha, davvero."
"Il piacere è mio, Luna. Ma chiamami pure Sam." Arrossisco appena per questa aggiunta, ma freno l'imbarazzo.
"Oh, io... grazie, Sam."
Si fa incuriosita:
"Per che cosa?"
"Orlando ha detto che ti fai chiamare così solo dagli amici, per cui..."
Assume un'aria sorpresa e lancia un'occhiata a Orlando, che annuisce sorridendo e baciandomi sulla guancia. Mi sento riscaldare come se mi avessero gettata in una vasca di acqua calda e profumata. Sam sorride e scuote il capo:
"Me l'avevi detto, ma non ci credevo!" e scoppia a ridere. Io la guardo perplessa, ma lei mi prende entrambe le mani e me le stringe forte:
"Sono contenta davvero di fare la tua conoscenza."
Lo dice così sinceramente che mi spiazza, e non posso che sorridere raggiante in risposta, ricambiando la stretta. Lei aggiunge:
"Ero passata per ritirare un vestito e degli oggetti che avevo lasciato qui l'ultima volta, ma non c'era nessuno in casa, perciò ho dovuto aspettare finchè non è arrivato lui..."
"Qui fuori finora? Ma sarai gelata! Vuoi un the caldo?" esclamo io. Ormai mi sono inglesizzata, come dice Linda. Ho rinnegato le origini. Sam mi sorride e risponde:
"No, ero in macchina, ma grazie, sei gentile a chiederlo."
"Scherzi..." replico, assaporando la stessa magnifica sensazione di quando mi fu presentato Billy. Sapere che ha parlato di me, che ne ha parlato a persone cui tiene, è la consapevolezza più appagante che potessi mai avere. Orlando mi cinge la vita e mi attira a sè, così che possa appoggiarmi al suo petto. Lo fa con così tanta naturalezza che il mio cuore perde una serie imprecisata di battiti, ma non se ne accorge:
"Io un the lo prenderei volentieri, e comunque in casa devi entrare, perciò se vuoi farmi compagnia..."
"Oh. Allora sì, grazie" risponde, guardandomi. Mi piace, ha uno sguardo vivido, brillante. Annuisco sorridente:
"Certo. Mi metto subito a prepararlo." Mi chino a prendere le borse ma Orlando me le toglie di mano.
"Le porto io, non preoccuparti."
"Oh, grazie davvero, ma posso farcela, non sono pesanti..."
"Nossignora. Molla l'osso" risponde solennemente, ed io scoppio a ridere, lasciandolo fare.
"Agli ordini."
Sam ci guarda con le mani sui fianchi ed un sorriso divertito. Ma noto che ci scruta attentamente, senza modificare la sua espressione. Lancia un'occhiata alle borse e fa per parlare, ma si ferma e chiude la bocca. Orlando posa le valigie davanti al portone, e prese le chiavi lo apre, facendo entrare anche noi. Lascia le due valigie nell'ingresso e ci fa strada fino in salotto. Sidi mi corre incontro, pretendendo la sua dose di coccole, ma quando Sam si china a sfiorargli la testa si ritrae e si allontana. Resto confusa: non l'aveva mai fatto. Sam ridacchia tra sè guardandomi:
"Non ti preoccupare, con me si comporta sempre così. Sarà che mi vede poco."
"Oh, capisco..."
"Ha mostrato da subito una passione per Luna, invece", interviene Orlando scostando un pò le tende per fare entrare la luce grigia, "praticamente l'ha demolita."
Sorrido al ricordo. Fu un vero infarto vedermelo correre incontro e sentirmelo piombare addosso. Avessi saputo che era solo l'inizio un pò strano di un sogno superbo...
"Beh, io di certo non gli sto simpatica" sbuffa Sam, scrollando le spalle.
"Se avete un pò di pazienza vi porto subito il the" esclamo io dirigendomi in cucina.
"Fai con calma, io vado a prendere il vestito intanto."
Detto ciò Sam sale le scale sparendo al piano di sopra. Orlando mi raggiunge in cucina e mi abbraccia da dietro:
"Tutto bene?"
"Certo!" rispondo, contenta, voltandomi dopo aver messo l'acqua sul fuoco. Lui mi sorride:
"Quando sei arrivata sembravi un pò confusa."
"Oh, no, non era niente, ho visto te e Sam e mi stavo chiedendo chi fosse, tutto qui."
Mi sfiora i capelli tirandoli appena. Un brivido ben conosciuto mi vibra lungo la schiena. Socchiudo gli occhi, notando il suo sguardo malizioso.
"Che cosa fai, provochi?" sussurro. Lui assume un'aria innocente e di nuovo intreccia le dita ad un'altra ciocca. Altro sussulto. Mi mordo le labbra e lui mormora divertito:
"Abbiamo già sconvolto tua sorella, facciamo lo stesso con la mia, così siamo pari."
"Ti prego, ancora mi vorrei sotterrare se ci penso" rispondo arrossendo, ma non mi dà il tempo di imporporarmi perchè di nuovo, con incredibile e crudele abilità, mi lascia altri brividi lungo le spalle, costringendomi ad aggrapparmi a quel poco di lucidità rimasta.
"Smettila, perfido..." imploro, ma sussulto di nuovo. A quel punto reagisco spinta dall'impulso e lo stringo, fermandogli le braccia e mordendolo sul collo. Il suo profumo mi inebria. Non se lo aspettava questo attacco. Lo sento scuotersi e trattenermi contro di sè, affondando il viso tra i miei capelli, le labbra sulla mia gola. Indietreggia fino al muro, intanto che le mie mani scivolano sotto il maglione scuro, cercando un contatto con la sua pelle. In un vago lampo di ragione mi auguro di non avere le dita fredde, ma se anche è così non sembra curarsene, e cerca la mia bocca, con avidità. Quando mi bacia in questo modo vorrei che il tempo non scorresse mai. Avverto i passi di Sam giù per le scale e faccio in tempo ad allontanarmi, esattamente nel momento in cui lui mi lascia andare. Ci scambiamo un sorriso inebriato di desiderio ed io torno alla mia postazione, togliendo la teiera dal fuoco. Mi raggiunge, di nuovo abbracciandomi da dietro e tenendomi contro il suo petto. China il capo e mi sussurra piano, dolcemente, irresistibile:
"Benvenuta a casa, Luna."
Chiudo gli occhi, posando il capo sulla sua spalla, la sua stretta come unico sostegno. Un morbido sorriso mi piega le labbra e una calda fiamma mi scorre dal petto in ogni vena.
"Grazie."
Sam si schiarisce la voce dalla porta ed entra, fingendo indifferenza:
"Scusate l'interruzione..." sorride, ma io e Orlando non ci lasciamo, anche se ridacchiamo. Lei ci imita, osservandoci, poi sospira:
"Le tazze sono al solito posto, vero?" domanda, ed Orlando annuisce, allentando la stretta. Gli sorrido facendo altrettanto; per le coccole c'è tempo.
"Hai trovato il vestito?" chiede lui posando sul tavolo le bustine e le tazze. Io le riempio d'acqua calda.
"Sì, ho già preso tutto, grazie" risponde lei sedendosi, poi aspetta che mi sia seduta anche io e mi chiede:
"Allora, Luna, Orlando a Natale mi ha detto che lavori a "Libri Eccetera". Dev'essere interessante, è un gran bel negozio."
Non faccio in tempo ad arrossire per aver scoperto che lui le aveva parlato di me, perchè la perdita della libreria è una ferita ancora fresca.
"In realtà... non più. E' bruciata. C'è stato un corto circuito, pare, e quindi adesso è chiusa. In... modo definitivo."
"Oh, santo cielo, mi dispiace, non ne sapevo niente. Quando è successo?" mi domanda preoccupata.
"Ieri" risponde Orlando, serio. Per un secondo nessuno parla. Poi Sam riprende:
"Quindi devi cercare un altro lavoro?" mi chiede, fissandomi. Annuisco appena, chinando lo sguardo. Mi sento leggermente in crisi. Una marea di pensieri mi passano per la mente, e cerco di reprimerli tutti. Non vorrei che pensasse qualcosa di simile a quel che pensava Chris, alla festa. Sam si porta la tazza alle labbra e suggerisce, seccamente:
"Non penso che dovresti preoccuparti. So che hai un'ottima conoscenza di tre lingue, è un vantaggio; potresti anche lavorare come assistente in televisione, per esempio."
A-ha. Eccoci. Riesco a captare l'occhiataccia che Orlando le lancia, fulminante. Io rispondo tranquillamente, già forgiata dall'esperienza con Chris:
"Non mi interessa la televisione."
I due mi guardano, l'una attentamente, l'altro vagamente compiaciuto. Ho dato una risposta che non replicava tanto alla sua domanda ufficiale, quanto a quella ufficiosa, tra le righe. Ed evidentemente era quella che Orlando si aspettava.
"Però, sì, naturalmente potrei cercare lavoro nell'editoria, come traduttrice, oppure come interprete in qualche ufficio. Di possibilità ne ho, ed intendo vagliarle tutte, nessuna esclusa. Al limite posso sempre fare la cameriera" sorrido appena, bevendo un sorso di the e posando la tazza.
Non ho il coraggio di alzare gli occhi ma la mano di Orlando si stringe sulla mia, incoraggiante. Gli lancio un'occhiata e lo vedo sorridermi teneramente, cosa che ricambio subito.
Sam resta in silenzio, a sguardo chino, poi lo rialza e mi fissa:
"L'importante quindi è restare qui, insomma?". Io annuisco seriamente:
"Certo. E' per questo che sono venuta a Londra, non intendo tornare a casa alla prima difficoltà. E adesso ho fin troppi ottimi motivi per darmi da fare."
La vedo annuire impercettibilmente, e la stretta di Orlando si fa più distesa, mentre le sue dita si intrecciano alle mie. Gli sorrido aggiungendo velocemente:
"Tuo fratello è stato un amore a propormi di restare qui per un poco, almeno potrò risparmiare qualcosa sull'affitto, ma non intendo assolutamente approfittarne: appena trovo un lavoro che me lo permetta, e intendo trovarlo quanto prima, torno al mio appartamento. E' solo una cosa provvisoria."
Ecco qua. Le ho fornito tutta la verità su un piatto d'oro, perchè abbia chiaro che cosa esattamente io voglia fare, e perchè lei sappia che non desidero assolutamente nascondere nulla di ciò che sta succedendo. Un contrattacco ben preciso, forse fin troppo incisivo, ma almeno sa che ho scoperto le mie carte e le sue.
Orlando sorride di quel sorriso sghembo che adoro, nascondendolo con la tazza di the, che porta alle labbra bevendone un sorso. Sam sorride serenamente e mi guarda:
"Sono sicurissima che tutto si sistemerà al più presto, Luna. Sei una ragazza in gamba, lo si capisce subito."
Arrossisco imbarazzata, vergognandomi: forse ci ho messo troppo spirito nell'attacco. Ma Sam alza la tazza accennando a me ed esclama:
"Auguri, al tuo nuovo lavoro!" e dopo averla picchiata appena con il bordo della mia finisce il suo the. Io sorrido e faccio lo stesso, intanto che Orlando non sa più dove guardare. Sam si alza, posando la tazza sul tavolo e sistemandosi la maglia scura.
"Bene, sarà il caso che vada adesso. Tesoro, fatti sentire più spesso. Luna, grazie mille per il the."
"Oh, ma ti pare?" faccio io, alzandomi assieme ad Orlando, confusa. Lei va in salotto e prende il vestito ripiegandolo, poi si rimette la giacca.
"Non vuoi restare, magari per pranzo?" domando, ancora imbarazzata.
"No, ti ringrazio, sei gentile, ma ho un appuntamento. Semmai la prossima volta, con piacere."
Mi si avvicina e mi bacia sulle guance stringendomi le mani:
"E' stato un vero piacere conoscerti, Luna. Sul serio. Sono stata davvero contenta di poterti incontrare."
Lancia un'occhiata a Orlando e aggiunge, sorridendo maliziosa:
"Ti confesso che colpisci più di quanto mi aveva predetto."
Io sfocio nell'amaranto, lei sorride divertita ed esce. Orlando la accompagna, io rimango sulla soglia. Li sento sussurrare qualcosa, ma nessuno dei due perde l'espressione serena mentre parla, perciò spero siano battute piacevoli. Quindi Sam mi fa un cenno di saluto con la mano, che ricambio, e si siede, mettendo in moto. Orlando la guarda andare via e poi mi raggiunge. Mi sorride, guardandomi con affetto.
"Sono stata veramente incivile, vero?" domando, mortificata. Lui scoppia a ridere:
"Stai scherzando? Non sperava altro!", e vedendomi perplessa aggiunge:
"Sam è fatta così, sa come mettere in difficoltà. Ma tu sei un modello di prudenza, piccola Luna."
Mi arruffa i capelli mentre rientriamo in casa, ed io sorrido, ancora un pò vergognosa:
"Sei sicuro? Non sarò stata troppo impudente?" chiedo a bassa voce. Lui sorride e scuote il capo.
"Ti assicuro di no. Vedi, nonostante ci siano pochissimi anni di differenza, tiene al suo ruolo di sorella maggiore, specie ultimamente."
Non pongo domande sull'avverbio, e faccio abilmente finta di niente.
"In genere si comporta così per vedere quanto la gente sia ipocrita, ma era comprensibile che con te non sortisse alcun effetto. Sei un libro aperto. Non penso che abbia mai conosciuto qualcuno che le fornisse le risposte giuste alle domande che ancora non aveva posto. Teme di aver trovato un' avversaria" sogghigna, squadrandomi. Io mi rilasso e scoppio a ridere:
"Sono davvero sfacciata."
Lui mi prende tra le braccia, baciandomi la fronte.
"Sei un tesoro, e lo ha capito anche lei. Vedi? Alla fine tutti quelli che ti conoscono finiscono per benvolerti. E' così per i miei amici, e anche per lei."
Arrossisco, a metà tra il compiaciuto e l'imbarazzato.
"Avevi raccontato di me alla tua famiglia?"
Mi guarda sorpreso:
"Tu mi hai presentato Linda."
"Sì, ma a parte lei nessuno ti conosce."
"Esattamente per quanto riguarda te: a parte i nostri amici ed un famigliare, e a quanto pare tocca sempre alle sorelle, nessuno ci identifica. Voglio tutelarti il più possibile, specie dopo quelle foto."
Lo guardo stupita:
"Tu vuoi tutelare me?"
"Naturalmente. Un tesoro va protetto."
Mi stringe un poco più forte ed un'ondata di struggente amore mi travolge.
Comprendo tutto ciò che intende. Non è il pensiero che tra noi finisca male, nè che un domani siano anche i rapporti con le nostre famiglie ad incrinarsi. E' una questione di difesa. Non sarebbe lui a farne le spese, se qualcuno venisse a sapere che stiamo insieme. Sarei io quella inseguita, perchè sono la ragazza non famosa, da scoprire; vorrebbero capire perchè lui abbia scelto me, con tante attrici e modelle disponibili. Mi si riempiono gli occhi di lacrime a questa intuizione. Lui mi guarda preoccupato, teme che abbia capito l'opposto:
"Non intendevo dire... che preferisco far finta che tu non ci sia. Tutti sanno che c'è questa meravigliosa ragazza nella mia vita, volevo solo..."
Non lo faccio finire. So già cosa intende. Lo stringo forte a me cercando le sue labbra, che non si tirano indietro, ma ricambiano, in un bacio dolce, forte, appassionato e tenero come solo chi ama davvero può regalare.
"Non potrò mai amarti abbastanza quanto meriti" sussurro, e lui sorride, accostando la sua fronte alla mia.
"Io sento il tuo amore e la forza che possiede, Luna."
"E' ancora troppo poco. Non potrò mai dirti quanto sei speciale."
Sorride sfiorandomi i capelli, e il suo sguardo si fa malizioso quando un nuovo brivido mi assale.
"Puoi sempre spiegarmelo riprendendo da dove eravamo rimasti."
Mi sento sorridere, completamente soggiogata, mentre mi attira in casa e chiude la porta alle mie spalle, tornando a baciarmi.





Carissime stelle mie, eccomi qui:
Arale: sì, ho letto dell'incendio... ci sono rimasta malissimo. Non lo sapevo quando ho postato il capitolo precedente.
Sono stata davvero sconvolta. Un luogo così bello, il centro di mille attività... Accidenti.
Ho anche visto i filmati sulle pubblicità, grazie della segnalazione! :*** Tanti baci a te e alla bimba!
Sara: noi ci siamo e ci saremo, e soprattutto, se io ci sarò ci dovrai essere anche tu. E la Mihi. E la Cecy. Obbligatoriamente.
Senza di voi mancano delle pagine alla 'Cosa', dopotutto... E poi da quando in qua è solo l'Intermediario a incontrare il Fi... eh, il Capo? XD
Mihi, mi dispiace infinitamente che tu abbia rischiato l'esplosione O.o O mamma, non mi finire male, senza te come si fa? Ohè, dobbiamo andarci in 4 a Londra! XD
Grazie di tutto gioia, sei sempre impagabile.
Ioioio, vorrei poter conoscere il tuo nome per ringraziarti con più precisione, ma nel frattempo sappi che davvero,
ti sono debitrice per tutte le meraviglie che lasci nei commenti.
Sul serio, sinceramente, grazie.
Kiki, valgono i ringraziamenti già postati sopra; non posso che augurarti la stessa fortuna che tu auguri a me, e anzi, raddoppiarla pure.
Sapere che questa FF ti dà così tanto mi emoziona. Grazie.
Bebe, anche a te vanno i consueti ringraziamenti commossi per i commenti che lasci; non sai che piacere mi fanno, sul serio. Non posso esprimermi.
Stelly, se questa storia riesce a farti sognare, emozionare, piangere e di nuovo sognare, è solo grazie a voi che la accettate così entusiasticamente.
Non potrei combinare niente senza le mie sirene.
Un caloroso abbraccio a ognuna di voi, con tutto il mio cuore.
Giulia *commossa e onorata*

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Capitolo 30
*** Beaming, deep love ***


And I will love you, baby, always
And I'll be there forever and a day, always
I'll be there till the stars don't shine
Till the heavens burst and
The words don't rhyme
And I know when I die, you'll be on my mind
And I'll love you, always
[Always - Bon Jovi]



"Farei l'amore con te solo per come mi sento quando faccio l'amore con te."
Sorride, vago come un sogno, stringendomi contro il suo petto, lisciandomi le braccia con le dita gentili.
"Come ti senti, quando fai l'amore con me?" sussurra, roco, appagato.
Mi fa rabbrividire, la sua voce. La mia non è da meno, dopo questi istanti. Un mormorio perduto, una bisbiglio tra le fronde.
"Come se fossi in grado di realizzare ogni sogno, ogni desiderio più ardito."
China il capo sul cuscino e mi bacia la fronte, tenendomi abbracciata, stordita dal suo profumo, cullata dal suo cuore.
Non avrei mai pensato di poterlo dire. Non ho mai sfiorato argomenti simili, non sono mai stata così schietta. Ma non è sfrontatezza, non è volgarità. E' solo il canto della mia anima, che si alza sincero. Orlando lo sa, glielo leggo negli occhi scuri quando si intrecciano ai miei, in uno sguardo passionale e dolcissimo.
"E le altre ragioni, quali sono?" domanda, in un sussurro. Sorrido, serena, e chiudo gli occhi.
"Ti amo. Amo sentirmi tua, appartenerti completamente. Avverto così tanto profondamente il nostro legame, che riesci a far sì ch' io mi ami attraverso di te. E'... semplicemente... bellissimo. Non ho mai provato qualcosa di simile. Neanche lontanamente."
La sua stretta si serra, pur rimanendo delicata e protettiva. La sua mano mi accarezza la guancia facendomi alzare il viso. Le iridi color cioccolata indugiano nelle mie, ed affondo avida in così tanta dolcezza.
"Luna, tu non sai... non potrò mai dirtelo. Non con le parole."
Non distolgo lo sguardo e mi preparo ad annegare:
"Fallo con gli occhi, angelo mio."
E da quegli occhi si sprigiona una fiamma che divampa brutalmente nel mio cuore, bruciandolo completamente fino all'ultima goccia di sangue; senza pronunciare un solo suono avverto sensibilmente, come se la toccassi, la vastità del suo amore per me. Non mi servono frasi, o cenni. E' tutto in quelle iridi perfette, ardenti, lucide, sazie di noi. Mi lascio annegare, come previsto. Ma non salvatemi. Non ne ho bisogno, davvero.
Sono più al sicuro perduta in questo oceano di quanto potrò mai esserlo su qualunque terraferma.
Mi bacia sulle labbra con leggero, esausto rapimento. Vivo per questi attimi fiabeschi. Tutto è silenzio, tutto è nulla. Tranne noi.
Torno a posare la testa sul suo petto, il bracciale d'oro rosso che tintinna appena contro quello che io ho regalato a lui per Natale. Quando l'ho visto, così strano, così etnico, così raro, non ho potuto fare a meno di pensare a lui. Ed infatti, è stata senza dubbio una buona idea.
Mi stringe le dita della mano sinistra con le sue, e di nuovo il tocco dei due braccialetti risuona nella notte, tra le lenzuola calde e profumate di noi, del nostro amore, tra i nostri respiri tornati silenziosi dopo tanto affannarsi. Mi sento stupenda, priva di qualunque difetto, impareggiabile, onnipotente. Mi chiedo se anche lui subisca queste sensazioni, quando è dentro di me, nel corpo e più profondamente nell'anima. Sospira accostando il mento alla mia fronte, ed esulto intimamente nel capire che non intende separare un solo centimetro di sè dalla mia pelle.
"Perchè non aspetti ancora un poco a cercare lavoro?" sussurra piano, timidamente, quasi a non voler farsi sentire.
Rimango distesa e tutelata, serena in ogni fibra di me.
"Perchè dovrei, amor mio?" mormoro in risposta, e lui mi accarezza i capelli, forse sollevato dalla mia quiete soprannaturale, priva di reazioni più decise.
"Non manca molto, alla mia partenza. Avresti la possibilità..." il sussurro si spegne in un sospiro colpevole. Lo completo io.
"Di venire con te liberamente, senza dover sottostare ad orari precisi?" bisbiglio, in completa armonia con la notte. Lui annuisce appena.
"Se trovassi un impiego anche domani, dovresti affrontare un periodo di prova, e non ti lascerebbero subito... Ma non è giusto" riprende, fissando il soffitto con una nota amara nella piega delle labbra e nello sguardo. Gli poso due dita sulla bocca morbida ed alzo il capo, guardandolo.
"Ssshhh... Orlando" alito appena, e lui riporta gli occhi scuri nei miei. Lo fisso naufragando d'amore e struggente tenerezza.
"Chiedimelo, chiedimelo soltanto."
Lo vedo sperare, me ne accorgo dalla luce nelle iridi castane. Soffoco il desiderio di stringerlo forte a me, lui ed il suo sguardo timido, gentile, premuroso, sincero.
"Sarà... difficile. Io dovrò stare sul set molto tempo, e potremo vederci poco ogni giorno..."
"Ma ti vedrò ogni giorno", sussurro.
Lui scruta i miei occhi a vicenda, passando dal verde al marrone, come se non osasse davvero poter esserne fiducioso.
"Non sarà semplice per te stare senza fare niente, in mia attesa."
"Al contrario, avrò molto da fare per riempire le giornate: aspettarti, prima di tutto."
Schiude le labbra, incerto, ma lo precedo:
"Orlando, non capisci? Ho vissuto per anni, in tua attesa."
Sorrido, ora che mi appare così ovvio, così semplice. Anno dopo anno nella ricerca del suo amore. Mi guarda intensamente, accoratamente, e soggiungo:
"Che cosa possono farmi mezze giornate vuote, quando almeno per qualche ora posso averti con me, e tenerti al mio fianco?"
Rimane a fissarmi, ma il suo cuore batte velocemente, accelerando, e di riflesso anche il mio si getta a capofitto in una corsa senza ostacoli.
"Dici sul serio, Luna?" mormora indeciso, trepidante.
Gli sfioro le labbra in un bacio leggero, e sussurro di nuovo:
"Chiedimelo, Orlando. Chiedimelo soltanto."
Dischiude ancora le labbra in un bisbiglio:
"Vuoi aspettare e venire con me, invece di restare? Vuoi davvero, mia piccola Luna?"
Accarezzo il suo viso e circondo l'indice con una ciocca dei suoi capelli scuri. Sorrido, persa nei miei sogni.
"Sì, mille volte sì."
Mi stringe più forte, voltandosi fino a sovrastarmi, affondando il viso nei miei capelli, nell'incavo delle mie spalle, sussurrando contro il mio collo.
"Ti amo. Ti amo, Luna, ti amo tanto che fa male."
Premo con le dita sulle sue spalle nel sentirmi nuovamente pervasa dal desiderio del suo amore, del suo corpo, della mia stessa anima rischiarata dalla sua luce. Lo accolgo ancora in me, insaziabile creatura avida di sensazioni troppo divine per poterne accennare, e ricambio passione con brama, desiderio con cupidigia, fame con sete, ognuna inestinguibile e prepotente. Rinuncio alla vita per questa esistenza perduta tra le sue braccia e cadenzata dal ritmo dei suoi sospiri, racchiusa nella sua stretta e raccolta nel suo cuore furioso.
E per un istante ne ho paura, perchè trascende ogni mia facoltà. Ma l'attimo dopo, di tale timore non ho neppure un fioco ricordo.


"Vuoi altro latte?"
"No, sono a posto così, grazie. Il tempo di vestirmi e sono da te."
"Certo."
Mi bacia sulla fronte e si alza, uscendo dalla cucina. Io resto seduta e sorridente qualche altro minuto, poi mi riscuoto da quello stato di beatitudine e prendo le tazze, le lavo e le rimetto a posto. Faccio lo stesso con i cucchiaini, la teiera e la caffettiera, dopodichè salgo le scale ed entro in camera mia. Quella che dovrebbe essere camera mia, ma che non uso mai.
Mi lavo i denti e di nuovo il viso, così, per il gusto di sentire l'acqua fresca sulle guance accaldate, dopodichè mi controllo.
I capelli sono a posto, gli abiti pure. Posso aggiungere solo il mascara. Non mi riconosco, una volta terminato, guardandomi allo specchio.
Quella ragazza è troppo bella per essere me. E' radiosa, è felice, è appagata, è folle d'amore. Si vede che sta bene.
Si vede che sto bene.
Esco di camera e persa nei miei pensieri non mi accorgo di Orlando che sta uscendo nello stesso momento. Letteralmente gli sbatto contro, e perdo l'equilibrio. Lui mi afferra in fretta, trattenendomi.
"Luna! Scusami, io non..."
"No, oddio, perdonami tu..."
Ci guardiamo due secondi e poi scoppiamo a ridere. Neanche a farlo apposta sarebbe venuto così bene. Per mano, sorridenti, scendiamo assieme le scale, e una volta prese le giacche, usciamo di casa.


"Eccoci qui."
Parcheggia davanti alla palazzina e tira il freno a mano. Con quest'ultimo viaggio di oggi, tutte le cose che erano nell'appartamento verrano totalmente spostate in casa sua. Un pò mi dispiace. E' stato il mio traguardo, questo. Uno dei tanti che ho tagliato. Però non mi interessa se penso a quanto ho guadagnato. Non riesco neppure a spiegare quanto sia piacevole vivere assieme a qualcuno che ami. E noi funzioniamo benissimo, pare. Tutto sorge spontaneo, naturale, leggero, senza pensieri, senza dubbi. Non posso ancora crederlo.
L'agente immobiliare ci accoglie con un sorriso e una stretta di mano, e dopo aver finito di portare giù le scatole, gli consegno le chiavi.
Tolgo il piccolo fiocco verde-argento con cui le tenevo legate, e staccando quello mi separo anche dall'appartamento.
Finite di caricare le mie cose in auto, mi volto per l'ultima volta. La casa è vuota, esattamente come era quando sono arrivata. Fa una strana impressione.
Ma le sue braccia cingono le mie spalle, e tutto svanisce di fronte a questo tocco, alla consapevolezza che il mio posto è con lui solo.


"Quando dovremo partire?"
Mi guarda perplesso a questa domanda, riponendo il cellulare in tasca, e poi lo vedo sorridere tra sè. Lo scruto incuriosita, ma lui risponde: "Pare tra due settimane."
"Oh! Oddio. Così presto?" esclamo, preoccupata. Non che ci sia una vera ragione per esserlo, ma ancora non mi pare reale. Io, che lascio Londra, e vado con lui dall'altra parte del mondo, sul set. Mi afferra un pò di panico da prima volta, prima volta di troppe cose importanti. Lui mi stringe la mano.
"Puoi sempre ripensarci."
"Non dirlo, si vede lontano un miglio che stai male solo a immaginarlo" sorrido divertita, atteggiandomi a ragazzina viziata e altezzosa.
"D'altronde che cosa faresti senza la mia eccelsa compagnia?" aggiungo concludendo la scenetta. Lui ridacchia e annuisce:
"Non ne hai detta una sbagliata, piccola mia."
Puntualmente arrossisco. Con queste risposte mi sbaraglia sempre. E lui lo sa, perchè mi lancia uno sguardo malizioso.
"Non vale. Non c'è gusto a fingere ironia con te."
Scoppia a ridere:
"Come no? Dom non fa altro da mattina a sera! Oh, a proposito..."
Lascia la frase in sospeso ed io subito lo accontento, curiosa:
"Dimmi, dimmi! Ci sono novità?"
"Sissignora. Billy e Dom sono ancora qui da Capodanno. E Dom", mi allunga il suo cellulare, tirandolo fuori dalla tasca, "ci tiene a ricordarci che se osiamo non farci vivi ci toglie il saluto."
Scoppio a ridere nel leggere il messaggio, e gli restituisco il telefono.
"Sono contenta di saperlo. Allora ci vediamo tutti e quattro?"
"Tutti e sei. Billy porta con sè Ali, che la notte di Capodanno non poteva venire perchè il figlio stava poco bene, ed Eve e Dom si sono ricongiunti."
"Oh, questa sì che è una bella notizia! Quella sera infatti volevo domandarti come mai non era presente, ma non c'è stata occasione."
In effetti mi era parso strano che proprio la sera di Capodanno Eve non fosse accanto a Dom, ma avevo preferito evitare l'argomento finché avessi avuto Dom vicino, il che di fatto aveva reso impossibile accennare a qualcosa, perchè tranne che in certi momenti eravamo stati sempre assieme.
"Avevo immaginato che te ne fossi accorta, e volevo avvertirti, ma tu hai mostrato il tuo solito, adorabile tatto, e non ne hai fatto alcun accenno, perciò ho lasciato stare."
Mi sorride teneramente, e di nuovo arrossisco. Mi stringo di più a lui, mentre il cuore mi batte forte:
"Dunque, quando ci vediamo?"
"Stasera, o se preferisci domani sera. Dimmi tu."
"Io non ho alcun problema per stasera. Anzi, mi fa piacere vederli quanto prima, specie se poi dobbiamo andare via per un pò."
Mi sorride, però continua ad apparirmi incerto. Immagino stia pensando al viaggio, e freno il corso delle sue riflessioni prima che ci possa ripensare troppo:
"Ehi, pensa a quando saremo sull'aereo."
Mi fissa assumendo un'aria da martire:
"Questo è proprio il pensiero che speravo di potermi evitare, in realtà! Ma non si può andare in treno, che so, in nave?"
Alzo un sopracciglio squadrandolo, e lui ridacchia chinando il capo.
"Sappi che non ti darò pace. Sono tremendo, quando sono in volo."
"Farò del mio meglio per metterti a tuo agio", sorrido, e lui mi attira a sè, sussurrando dolcemente:
"Ne sono sicuro."


"Vado bene così?" domando, entrando in sala.
Lui alza lo sguardo dalla giacca nera e mi guarda, ed io resto senza fiato. Dio, ma si può essere così seducenti?
Mi si avvicina sorridendo e mi prende le mani, il braccialetto rotola appena lungo il mio polso. Rimango a fissarlo come inebetita.
"Sei un amore" esclama, con convinzione, baciandomi sulle labbra con leggerezza.
"Ma come fai?" mormoro appena, con tono quasi affranto. Lui mi guarda stupito:
"A fare che cosa?"
"Sei troppo attraente. Dovrò difenderti con unghie e morsi."
Sorride imbarazzato e china lo sguardo, rispondendo:
"Non posso presentarmi con una fanciulla così avvenente senza dimostrarmi all'altezza di tale onore, no?"
"Sai, non so com'è che ci riesci, ma te la cavi sempre" replico a bassa voce, le guance in fiamme. Lui sorride e mi posa la mantellina sulle spalle, spegnendo la luce nella stanza. Oh. Adesso sì che sono nei guai. La luce soffusa della sera gli dona come se fosse stata creata appositamente per lui. Il cuore perde battiti. Sospiro profondamente, ed esco dalla stanza, credendomi seguita da lui. Che invece mi ferma trattenendomi per la mano. Mi volto e le sue labbra trovano le mie, e se ne appropriano con avidità. Non respiro. E mi sta bene così. Ricambio con la stessa intensità, naufragando chissà dove.
Si allontana lasciandomi incapace di fermare il mio ritmo cardiaco, e mi sfiora il viso in una carezza tenera e gentile, il suo sguardo vivido e dolce che si fissa nel mio. Ogni volta è come la prima volta.
"Eri troppo bella per non farlo" sussurra. Ricambio tono e languore:
"Sentiti in diritto di farlo quando vuoi."
Lui sfodera il sorriso sghembo che adoro e mi bacia la fronte, poi ancora trattenendo la mia mano nella sua mi attira fuori dalla stanza, che lasciamo buia, e usciamo.


"Luna!"
Dom mi chiama dalla soglia del locale illuminato, individuandomi appena scendo dall'auto. Deve avere gli occhi forniti di infrarossi, questo ragazzo, per avermi vista con tutta la gente che c'è. Sento nascere un gran sorriso sulle labbra e Orlando mi cinge i fianchi mentre ci avviciniamo.
Un flash improvviso mi acceca, e perdo momentaneamente la vista. La mano ferma sul mio fianco destro si irrigidisce appena, ma non smettiamo di camminare, intanto che io cerco di capire che cosa è successo. Anche se ho un vago presentimento.
Fortunatamente il tipo non ci ha seguiti; che fosse un giornalista soddisfatto di un solo scatto? Mi sembra strano.
"Chi era?" sussurro, e Orlando risponde piano:
"E' un locale piuttosto noto, evidentemente qualcuno si è portato la macchina fotografica."
"Oh. Allora è per questo che c'è la fila."
Annuisce e mi guarda, dispiaciuto. Io gli sorrido serenamente.
"Va tutto bene. Ok?" domando, e lui distende l'espressione e annuisce, posando un bacio sui miei capelli.
Dom mi viene incontro in tre balzi e mi abbraccia:
"Eccola qua!" sorride, stringendomi forte. Io ricambio e scoppio a ridere:
"Dom, così mi togli il respiro!"
"Non dire queste cose davanti a OB, sennò mi uccide" sussurra ghignando, e Orlando scuote il capo, divertito. Dom mi lascia andare e i due amici si abbracciano. Eve fa capolino dal locale e vedendomi mi corre incontro, baciandomi sulle guance:
"Ciao, Luna, mi fa piacere vederti!"
"Anche a me fa piacere, Eve, come stai?"
"Meglio, molto meglio. Vieni, dentro ci aspettano, e qui fa freddo."
Annuisco e la seguo, lanciando un'occhiata a Orlando e Dom che ci vengono appresso. Eve mi guida fino ad un tavolo in una zona a metà tra il riparato ed il tranquillo, perciò un luogo perfetto dove stare in pace a chiacchierare. Billy si alza vedendomi e mi viene incontro, abbracciandomi:
"Ciao, Luna! Che bello rivederti! Vieni, siediti. Come stai?"
"Benissimo, grazie Billy. Sono davvero contenta di ritrovarti. Tu come stai? E tuo figlio? Orlando mi ha detto..."
"Sta benissimo, è guarito, sei gentile a chiederlo! La solita influenza, sai com'è l'inverno, nulla di preoccupante. Oh, a proposito, ti presento Ali. Ali, questa è Luna."
"Oh, Luna! Mi hanno parlato di te!" annuncia Ali facendomi posto al suo fianco. Io arrossisco, com'è ovvio, e Dom e Orlando ci raggiungono. Il primo prende posto accanto a Eve e Billy, il secondo al mio fianco, accanto a Eve.
"Lieta di conoscerti, Ali, davvero."
"Il piacere è mio! Allora, siamo tutti... vogliamo ordinare?" chiede lei, cercando con lo sguardo il cameriere, che si avvicina per prendere le nostre ordinazioni, e subito si allontana. Orlando si appoggia allo schienale del divanetto sistemandosi e Dom di scatto grida:
"Ahia!" e ritrae la mano da dietro la spalla di Orlando, dolorante. Scoppiamo tutti a ridere, perplessi dalla meccanica dell'incidente e divertiti dalla faccia di Dom, che si massaggia le dita.
"Mi spieghi come hai fatto?" domanda Billy ridendo.
"Avevo la mano dietro le spalle di Eve... chi va a pensare che quest'uomo sia fatto di marmo?" borbotta lui con un sogghigno. Orlando scrolla il capo sghignazzando.
"Oddio, scusami... Ma che colpa ne ho io se quando ti siedi tu ti espandi, Dom?"
"Ah, adesso è pure colpa mia! Luna, ma come fai?" chiede incredulo, mentre noi continuiamo a ridere divertiti.
"A fare che?" domando.
"A sopportarlo" spiega Dom, scambiando un finto sguardo assassino con l'amico.
"Mi vengono in mente troppi motivi per elencarli tutti" sorrido, lanciando un'occhiata a Orlando, che mi circonda la vita con un braccio, protettivo, regalandomi un sorriso bellissimo. Dom sorride ironicamente e scuote il capo:
"Niente, ormai non la salviamo più. E' andata. Scommetto che a lei non schiacci le mani, come fai coi tuoi poveri amici!" afferma, puntando un dito accusatore contro Orlando, il quale scoppia a ridere e mi stringe a sè.
"No davvero, te l'assicuro."
"Ecco. Luna, non ti fidare, vuole solo mostrarti la parte migliore di sè, ma vedrai quando starete assieme 24 ore su 24..."
"Effettivamente, Dom, stiamo già assieme 24 ore su 24."
Io sfocio nell'amaranto, colpita dalla naturalezza e dalla spontaneità con cui lo ha annunciato; Billy e Dom lo guardano sorpresi, Ali ed Eve invece fissano me con espressioni estasiate. Dom lo squadra sbalordito, riprendendosi:
"Cos... vivete insieme?"
Al cenno di Orlando punta lo sguardo allibito su di me, a bocca aperta:
"Luna. Convivi con lui?"
Io, violacea, annuisco.
"Sì."
"E ancora ci stai assieme? Allora è proprio amore!" esclama, assumendo un'aria disperatamente stupefatta. Billy, Ali e Orlando scoppiano a ridere, Eve invece gli tira una finta manata sulla spalla:
"Ma piantala, l'hai fatta diventare bordeaux!" sorride divertita accennando a me. Dom alza le mani, come a chiedere pace, e ribatte:
"Ah, no, questa è una caratteristica tutta sua, io non c'entro."
Mi copro metà viso con la mano, imbarazzata e ridente.
"Bene, allora propongo un bel brindisi alla notizia" afferma Billy, alzando il suo cocktail dal vassoio portato or ora dal cameriere.
Gli altro lo imitano, Dom ancora sghignazzante lancia un'occhiata a Orlando, che annuisce impercettibilmente e mi stringe contro il suo petto.
Alzo lo sguardo e incontro il suo, color cioccolata, dolce, forte, sicuro, protettivo, innamorato.
"Ti amo" sussurro a fior di labbra, così che nessuno tranne lui possa sentirmi, confessione privata di un cuore perduto.
"Anche io" mormora allo stesso modo, sfiorandomi la fronte con le labbra, e mi sorride, alzando il bicchiere, intando che Billy esclama:
"Agli innamorati... ovunque siano."
"Salute!" esclamiamo contemporaneamente. Dom sta ancora scuotendo il capo. Posa il suo cocktail e sbuffa:
"Adesso le ho viste proprio tutte. E pensare che mi sembravi una ragazza seria, Luna."
"Lo sono" affermo solennemente, "per questo ho accettato. Altrimenti, sarei stata seriamente folle."
Billy scoppia a ridere:
"Sei servito, Dom. Niente da fare. E' una battaglia persa, la tua."
"Eh, beh, mi arrendo. Avete la mia benedizione" afferma Dom, scrollando le spalle e guardandoci divertito.
"Grazie!" commentiamo noi due, nello stesso momento, e di nuovo scoppiamo a ridere.
"Aspetta, aspetta, ultima domanda: se non ve l'avessi concessa, sarebbe cambiato qualcosa?" chiede con falso fare inquisitorio. Cerco di trattenermi dal ridere. Orlando lo guarda, come valutando la domanda, guarda me, torna su di lui, inarca un sopracciglio, china lo sguardo, prende un respiro profondo e seccamente annuncia:
"No."
Eve e Ali ridacchiano, Billy osserva la scena sghignazzando. Dom sbuffa:
"Beh, almeno grazie di aver fatto finta di pensarci."
"Ah, ma ti pare?" fa Orlando, sfoderando il suo sorriso sghembo e di nuovo stringendomi a sè. Poso il bicchiere e intreccio le dita con le sue, naufragando nei suoi occhi scuri che mi scrutano in profondità, come a cercare qualche mistero, qualche segreto inconfessato. Ma non c'è niente di tutto questo, dentro di me. C'è solo immenso, radioso amore.





Ciao, stelle del mio cielo!
Vi chiedo perdono, stavolta ho fatto proprio tardi.
E temo sarà solo l'inizio, perchè nei prossimi giorni scriverò praticamente una parola al dì,
a causa di un esame malloppone che si sta protraendo troppo ç.ç
MA tornerò presto, tranquille, anche perchè siamo alla fine,
e nonostante io voglia evitare di concludere questa fanfic, che per me è stata importantissima,
non posso tuttavia lasciarla incompiuta, perchè mi dà fastidio sapere di dover terminare qualcosa
su cui qualcun altro investe così tanto.
Siete dei tesori. Grandissimi, rarissimi tesori.
Sarè: puoi definitivamente riporre la mannaia. Tira fuori lo spumante e la Viennetta Algida.
Sì, gioia. La Cosa c'è. Il punto 1 è stato raggiunto.
Va solo smussata un pò, naturalmente ci devo lavoricchiare un pò su... ma c'è.
Non sai che sollievo.
Ora devo solo pensare agli altri due punti, che sono i più tremendi =_=
MA raggiungerò anche quelli XD
Grazie di cuore, con tutta l'anima, aspetto solo di beccarti su msn per essere più esplicita!
Krisma: figurati! Scherzi? Anzi, grazie a te di aver letto finora! Sono lietissima che ti piaccia! Grazie, grazie sul serio!
E non prostrarti ai miei piedi, anzi! O.o Semmai mi rpostro io ai vostri, che scrivete, recensite e soprattutto seguite la vicenda!
Stelly: cara, grazie, che bellezza! Mi fa piacere che continui a leggere ^.^ E che ti piaccia ancora, soprattutto ^.^ Grazie!
Kiki: Ma cara, grazie! ç.ç In realtà ci sto provando, il problema è trovare l'editore XD Grazie infinite dei tuoi complimenti, davvero!
Bebe: grazie! Sono contentissima che il dialogo abbia funzionato... ero un pò titubante, ti dirò... ma se ti è piaciuto allora sto tranquilla! Grazie cara!
Mihi: < piange > Bellissima la mia bimba che mi scrive queste meraviglie... ora Bambi sono io! Grazie, grazie pupa, davvero! E ci conto, su Londra! Ricorda le bistecche per Sidi <.< E attenta ai bollitori! Anzi, facciamo che il the lo preparo io XD
Elena: eccerto! Sono nottambula, giacché non dormo almeno posto, perchè voi valete qualsiasi ora di sonno perduta! Ma davvero, ve l'assicuro! E non temere, c'è gente che non sa distinguire la bravura dalla persona, lo so bene... Ma non importa ^.^ Noi lo ammiriamo comunque, come si merita. Un bacione cara!
Lety: sono contentissima di conoscere il tuo nome, così i ringraziamenti arrivano meglio! Guarda, non so come spiegarti quanto sia strafelice che questa storia ti piaccia così tanto, abbastanza da farti immedesimare così profondamente... è il riconoscimento migliore, per me. Un grandissimo abbraccio anche a te, carissima, e grazie, grazie di cuore.
Siete sempre le mie Muse, signorine, ed io vi adoro tutte.
Voi e l'Omo, of course, ma fortunatamente lui questa storia non può leggerla XD

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Capitolo 31
*** L'urlo della mia anima ***


Premessa: non vorrei mai, mai, MAI che accadesse quel che accadrà in questo capitolo. E molte di voi mi odieranno, dopo avermi amata fin qui. Un pò mi detesto anche io. Un pò tanto, effettivamente. Ma proprio perchè è una fanfic un minimo verosimile e basata sulla realtà, non può succedergli nulla di brutto. Dopotutto siamo a Febbraio, il malaugurato mese è trascorso. Inoltre un domani potrei decidere di postare il seguito di questa storia, e quel seguito ha bisogno di questi eventi. Chiedo pertanto perdono a ognuna di voi. Non mi mannaiate XD


Why does my heart go on beating
Why do these eyes of mine cry
Don't they know it's the end of the world
It ended when you said goodbye

[Skeeter Davis - The End Of The World]

"No, no, no, cioè, non se ne parla, ma te fai schifo, cioè guarda io ti disconosco, non ne voglio proprio sapere..."
"Se in tutto questo intendi dirmi 'Capperi Luna che fortuna che hai', sappi che ci stai riuscendo bene..."
"Culo, questo si chiama culo, non confondere. Fortuna è quando lo incontri e ti becchi un autografo, ma tu, amica mia, tu hai un sacrosanto, stratosferico culo! Vorrei sapere come puoi sostenere di portare la 42. Praticamente potresti sostituire un catamarano col fondoschiena che ti ritrovi, che cacchio!"
Scoppio a ridere, letteralmente piegata in due, e Orlando si affaccia dalla porta di camera mia, divertito ed incuriosito dalla mia ilarità. Gli lancio un bacio portandomi le dita alle labbra, e lui mi risponde con uno sguardo dolcissimo.
"Ohè, che sospiri?" domanda sospettosa. Neppure mi ero accorta di aver sospirato.
"Niente, c'è Orlando..."
"Ecco, appunto, mi pareva di sentirti veleggiare verso Neverland... Ciao Orlandooooo!!!" urla contro il mio orecchio, distruggendomi il timpano.
Allontano di scatto la cornetta e Orlando scoppia a ridere lui, stavolta.
"Ciao Linda!" risponde, con un perfetto accento italiano, avvicinandosi per farsi sentire.
"See? E ora parla pure in italiano?!" domanda mia sorella basita.
"Certo" rispondo io sorridendo "è un allievo eccezionale, vedessi come impara alla svelta..."
"Luna, ti avverto che mi sta venendo in mente una serie di battute molto, molto poco raffinate..."
"Non le dire, ti prego!" imploro io, che già immagino quali. Mia sorella. Che ragazza assurda.
Orlando prende il telefono posando la sua mano sulla mia stringendola, e mentre se lo avvicina all'orecchio mi accarezza le dita delicatamente:
"Ciao, bel-la bambì-na, come estai?"
Io mi piego nuovamente dal ridere, boccheggiando, intanto che lui tutto solenne fa finta di capire quello che Linda sta rispondendo e che mi provoca un altro eccesso di risate:
"Orlandino, 'estai' suona più spagnolo che italiano! Cambia insegnante o cambia lingua, mica sei Viggo!"
Ovviamente lui non capisce niente di tutto ciò, e mi guarda divertito e perplesso assieme. Io non resisto più, sono distrutta dal mal di pancia post-risate. Orlando mi tende nuovamente il telefono esclamando:
"Poi mi dovrai spiegare che ti ha detto per ridurti così..."
Io prendo il telefono sbuffando per trattenermi e faccio:
"Allora, dove eravamo rimaste?"
"Al fatto che hai un culo senza confini. Andare con lui chissà dove, su chissà che set, ad incontrare chissà che attoroni!"
"Accidenti, oggi ce l'hai con la parola 'chissà', vero?"
"Si, sai, ho scoperto che da quando abiti lì, è infinitamente utile e precisa. 'Chissà' ti si addice, vuoi sentire alcuni esempi?"
"Vai, già tremo."
"Comincio subito! Chissà com'è che Sidi abbia agguantato proprio te, chissà com'è che tu vai a Londra e becchi subito il super figo, chissà com'è che si innamora di te e ti invita a conviverci assieme e chissà perché conosci pure i suoi amici e la sua famiglia! Insomma, chissà com'è che c'hai tutta questa fortuna, dannazione?!?"
Di nuovo scoppio a ridere, inebriata dalla lunga sfilza di successi emotivi e materiali che ha elencato, perchè sono tutti veri, ed ognuno di loro mi dà motivo di essere felice, innamorata, serena, legata alla vita con tutta me stessa. Tutte ragioni reali. Molto reali. Specie adesso che Orlando mi bacia lentamente il polso della mano libera con labbra morbide e leggere, sensuale, fissandomi con le iridi profonde color cioccolato.
"L'hai detto tu: ho un grandissimo fondoschiena."
"Si chiama culo, che diamine, culo! Porca trota mi fai impazzire! Sei una grande, ti adoro. Se becchi William Moseley pretendo un autografo."
"Prometto che te lo farò avere..." sussurro, perchè la mia pelle e soprattutto il mio cuore stanno reagendo a quei baci con troppa foga, riscaldandosi e accelerando il fluire del sangue nelle vene.
Orlando sorride e lasciando cadere piano la mia mano mi circonda con il braccio avvicinandomi a sè, e lentamente, in maniera struggente, mi bacia scivolando lungo il collo. Ho difficoltà a mantenermi concentrata.
"Luna? Stai perdendo i sensi o ti stai fondendo nel suo sguardo?"
"... Tutti e due, lo sai... l'uno è diretta conseguenza dell'altro."
La situazione si è fatta ardente. Troppo, per continuare la telefonata. Mia sorella fortunatamente lo ignora.
"O mamma, siamo proprio cotti, non c'è rimedio... Luna?"
"Sono qui."
Lo mormoro appena. E dimentico un particolare: Linda non è stupida. Difatti se ne accorge.
"No che non ci sei, sorella traviata! Ma come, cerco di parlare con te, io! Orlando, fila a cuccia!"
"Non è mica Sidi..." sussurro rabbrividendo ad un suo bacio più infuocato. Linda coglie al volo l'opportunità di staccare:
"Ahm, visto che io sono una bambina innocente ed ingenua, e non come voi due vampiri affamati e perversi, sappi che ti richiamo domani, eh?"
Sorrido appena, non so più se per la battuta di Linda o a causa delle sue dita che mi scivolano lungo i fianchi regalandomi brividi e sussulti.
"Sì, va bene..."
"Povera me, che esempi immorali ho davanti... Ciao Orlandoooo!!!" urla di nuovo prima di agganciare, e lui si stacca appena dalla mia pelle per scoppiare a ridere. Sbuffo trattenendo una risata anch'io. Povera Linda. Me le farà scontare tutte, quando sarà innamorata lei. Orlando scosta una ciocca di capelli dal mio collo e afferma divertito:
"Tua sorella è qualcosa di assurdo. E' la copia femminile di Dom."
"Lo dici a me, che ho vissuto con lei fino ai suoi diciotto anni?" domando, sorridendo. Mi guarda ricambiando l'espressione, scrollando i capelli scuri, leggermente riccioluti verso le punte, e mi accarezza leggero la guancia.
"Sai che giorno è?" domanda piano.
"Certo. E' il sette gennaio, il che implica una prossima partenza" esclamo, divertita.
Continuo a fare di tutto per mostrarmi veramente allegra, perchè non vorrei mai che ricominciasse a pensare di essere stato egoista a chiedermi di andare con lui. Figuriamoci: non sto nella pelle al solo pensiero. Ma lui mi lancia uno sguardo più tenero, e lievemente più dispiaciuto, segno che sta pensando a tutt'altro.
"Oggi avresti dovuto ricominciare a lavorare alla libreria. Ci pensi?" chiede infatti, quasi sottovoce.
Io annuisco, tornando seria. E' una cosa che ancora mi fa male. La nostra libreria. I sorrisi di Mrs Meadows, le risate con Cynthia e Leah...
Tutto perduto. Chino lo sguardo, lasciando il cordless sul letto.
"Sì, ci penso. Ci penso eccome. A volte, la mattina, d'istinto guardo l'orologio per controllare di non essere in ritardo, e poi mi ricordo. Mi manca molto, devo essere sincera. Mi piaceva tantissimo l'ambiente e tutto quello che avevo vissuto là dentro era un tassello di me. Ma nessuno poteva prevedere una cosa simile. E penso che alla fine, non sia altro che... solo un nuovo cambiamento. Dopotutto ne ho affrontati tantissimi negli ultimi mesi, no?" sussurro guardandolo, e lui sorride dolcemente posandomi le mani sulle braccia.
"Se però c'è una cosa che mi opprime, è l'idea di non poter rivedere le mie amiche. Eravamo un trio così unito, sai... Il pensiero di poterle frequentare pochissimo in futuro mi fa veramente star male."
"Non devi vederla in quest'ottica, piccola mia. Potete ritrovarvi nel week-end, per esempio."
Lo guardo scettica, e lui capta benissimo il mio pensiero.
A parte il fatto che per un pò non sarò a Londra, e che una volta tornata dovrò comunque cercarmi un lavoro e chissà che cosa comporterà questo, probabilmente anche lui dovrà sottoporsi ad una serie di interviste e cose speciali che gli lasceranno poco tempo, e perciò quando avrò un'ora libera vorrò sicuramente passarla con lui, piuttosto che con altri. E' normale, non è colpa di nessuno dei due. Chiunque lo farebbe, nella mia posizione.
"Vorrei tanto che non fosse accaduto, che tutto fosse rimasto come prima" sussurro, scrollando le spalle.
Mi mordo le labbra nel formulare questo desiderio, e intanto mi chino a ripiegare alcune maglie nella valigia, una delle tre che sto preparando.
Non posso certo andargli dietro senza organizzarmi per eventuali occasioni, come cene e incontri vari.
*Oddio, mi sei diventata posh.*
Taci, voce; non lo faccio certo per me. Non intendo metterlo in imbarazzo in alcun modo, specie con i colleghi. Voglio che sia contento di potermi presentare, com'è stato finora con i suoi amici.
C'è un attimo di silenzio strano, che faccio appena in tempo a considerare nel momento stesso in cui si spezza:
"Inclusa la convivenza?" mi domanda una voce dal tono vagamente teso.
Aggrotto la fronte cercando di riordinare i pensieri e mi ricordo dell'ultima mia affermazione, a cui è evidentemente legata questa domanda.
*Ops.*
Alzo lo sguardo e incrocio il suo. Perdo un battito, come sempre. E' troppo intenso, troppo insostenibile nel suo splendore, perchè mi possa abituare. Lentamente mi rimetto in piedi, senza distogliere i miei occhi dai suoi, e con tutta la sincerità dettata dal mio amore rispondo seriamente.
"E' una domanda retorica, spero. Ovviamente la risposta è no. Ne dubiti ancora? L'avrei bruciata io la libreria, se il risultato fosse stato vivere con te!" esclamo. E devo avere un'aria solennemente buffa, perchè sorride divertito, prendendomi per mano.
"Addirittura" mormora, ed io annuisco vigorosamente.
"Certo. Ma scusami, non avevi poi detto che me lo avresti chiesto comunque? Allora, mentivi?" domando, cercando di dare un tono ironico ad una questione che mi rende improvvisamente insicura, adesso che l'ho sollevata e vista sotto un'altra luce.
Ma lui lo capisce al volo. Chi voglio imbrogliare? E' un attore, dopotutto. Un attore con la A maiuscola, oltre alle altre cose. Infatti mi sorride di quel suo sorriso tenero e disarmante.
"Luna, sai benissimo che non ti avrei mai mentito su una cosa simile. Mi conosci."
Non capisco per quale motivo, ma questa semplice frase mi riscalda anima e corpo. Gli sorrido con tutto il cuore, e lui ricambia, assumendo però un'aria maliziosa.
"Comunque non era solo per questo che te l'ho chiesto."
Rimango un pò perplessa.
"Intendi, di che giorno è?"
"Sissignora. Pensaci. E' il sette gennaio..." bisbiglia sibillino, con aria misteriosa. La mia mente corre all'impazzata, incuriosita, cercando un qualche segnale relativo alla connessione del nostro dialogo con la prima settimana di gennaio, il lavoro in libreria, la convivenza...
*Tump.*
Mi blocco. La corsa folle delle mie idee si arresta bruscamente illuminandosi, come se si trovasse davanti ad un'insegna lampeggiante. Lo guardo a bocca aperta e lui ricambia col suo sorriso sghembo, causandomi un altro battito in meno. Non ci posso credere. Non posso credere che ci abbia pensato, che mirasse a questo davvero. Nessun ragazzo mai ci avrebbe speso anche solo un attimo sopra.
"Oggi... è... praticamente... una settimana... che vivo qui" balbetto a bassa voce, confusa, scandendo una parola per volta per vedere se vado nella giusta direzione, e lui annuisce ad ognuna, il sorriso che si allarga mano a mano che proseguo. Concludo ancora incredula che il punto sia proprio questo.
"Esattamente!" esclama lui, e attirandomi a sè mi bacia con passionale dolcezza sulle labbra.
Ricambio disorientata, e il mio petto nuovamente emana calore lungo le vene.
*Respira, Luna.*
Oddio. Non è possibile. Non ci voglio neppure provare.
"Ma tu sei adorabile, lo sai, sì?" domando impaziente, innamorata, radiosa, quando mi lascia andare. Orlando china lo sguardo imbarazzato e ridacchia:
"Perchè?"
"Nessuno, sottolineo nessun ragazzo che abbia mai conosciuto riterrebbe importante questa cosa... E tu, invece, ci hai pensato ancor prima che potessi farlo io!"
"E' perchè mi piace sorprenderti" ribatte divertito, modesto. Evidentemente non si aspettava una riuscita così. Mi sento gli occhi lucidi.
"Ti amo. Lo sai?" mormoro appena, fissandolo. Lui ricambia con la stessa tenerezza il mio sguardo e mi sento immensamente protetta dal mondo intero.
"Sì che lo so. A differenza delle ragazze che invece conosco io, tu hai raramente bisogno di dirlo, perchè lo sento anche a distanza. Mi basta guardarti."
Dolcissimo mio angelo. Ci fosse un termine abbastanza illimtato per definire quello che provo nei tuoi confronti.
"Tu non hai solo il mio cuore. Tu sei di fatto la mia vita, amore mio."
E' una confessione tanto estrema che non pensavo di poterla comporre. Ed invece mi è venuta fuori così semplicemente, onesta. I suoi occhi profondi scintillano di stupore e mi guardano seri, avvolgenti, intensi, come l'abbraccio che adesso mi stringe a sè, e che mi permette di ascoltare il suo cuore battere contro il mio.
"Allora devo avere molta cura di me se voglio averne di te, piccola Luna" mormora, un sorriso leggero sulle labbra chiare.
Annuisco chiudendo gli occhi e rispondo:
"Sì, che devi. Ma per te, non per me. Perchè senza te, sono persa. Ma non preoccuparti di questo. Ti proteggo io. Te lo prometto. Resto qui io, a proteggerti."
Serra la stretta e respira profondamente affondando il viso tra i miei capelli. Mi tremano le corde dell'anima quando avverto le sue ciglia farsi umide contro la mia pelle. Gli stringo forte le spalle e gli accarezzo i capelli.
"Che cosa c'è, amor mio?" sussurro appena, sfiorandogli la schiena, e desiderando solo di poterlo riscaldare con tutto l'amore che gli porto.
"Vorrei soltanto averti conosciuta tanto, tanto tempo fa" bisbiglia roco contro la mia gola. I miei battiti si fanno sempre più prepotenti.
Lo so, che cosa intende: ci saremmo risparmiati entrambi molto dolore, ne sono certa.
"Lo vorrei anche io. Ma adesso siamo qui, non conta il passato. C'è un presente stupendo, e lo stiamo vivendo assieme... e c'è un futuro davanti, anche, e aspetta solo noi. Non rimpiangere niente, Orlando: se tutto quello che ho vissuto finora doveva accadere per forza per portarmi da te, sono pronta a sopportare il quadruplo, pur di rimanerti accanto."
"Luna, Dio mio, ti amo troppo per dirtelo" afferma con ardore, alzando il capo e fissandomi negli occhi con uno sguardo lucente e commosso, prima di baciarmi con tutta la passione del mondo.

"Dove vai, preziosa Luna?" domanda abbracciandomi da dietro mentre prendo la giacca. Sorrido voltandomi.
"Credevo ti fossi addormentato, angelo mio."
"Mi ero soltanto assopito."
Si siede sul divano con un'aria intontita e tenera che mi stringe il cuore.
"Sembri un cucciolo assonnato con quel pigiama addosso, sai?" domando infatuata, e lui mi lancia uno sguardo talmente coccolone da sciogliere un menhir. Devo fare violenza su me stessa per connettere il cervello alla bocca.
"Mi ha chiamata Leah, si vede con Cynthia tra mezz'ora e vorrebbero che ci fossi anch'io, sai, così stiamo un pò insieme prima della partenza. Ho pensato che, visto che oggi hai da fare, fosse perfetto. Ti spiace?"
Scuote il capo scrollandosi di dosso anche il sonno.
"Assolutamente no. Devo incontrarmi con la mia agente, pare ci siano delle novità..." corruga la fronte, perplesso, "Ma non mi ha detto bene quali. Comunque, relative al film."
"Forse hanno spostato la data" suggerisco io infilandomi la giacca.
"O magari hanno cambiato idea" aggiunge lui sbadigliando. Io ridacchio divertita:
"Pigrotto. E se hanno cambiato idea e il film non c'è più? Che farai?"
"Beh, i biglietti li abbiamo comunque prenotati... che ne dici di una bella vacanza?"
Mi volto a bocca aperta, un braccio teso a prendere la borsa. Mi sorride dolcemente.
"Dici davvero?"
"Perchè no? Non ti manca il sole?" scherza lui ridendo. Io lo imito.
"Effettivamente... ma io credevo... che dovessi ricominciare a lavorare a qualcos'altro, non so... a teatro, magari..."
"C'è tempo, piccola mia, c'è tutto il tempo del mondo. Ma in ogni caso, inutile discuterne ora, non trovi?"
"Già, hai ragione." Mi avvicino e lo bacio sulle labbra, leggera. "Ci vediamo più tardi, orsetto."
Mi guarda ridendo, sorpreso: "Orsetto?"
"Certo, te ne stai lì tutto raggomitolato e insonnolito... un orso, tale e quale" rispondo sorridendo, e sfiorandogli un'ultima volta il viso mi allontano ed esco.

Fa freddo, molto freddo. Decisamente, il sole mi manca. L'aria è gelida. Io, Leah e Cynthia abbiamo trascorso il pomeriggio metà in un Cafè e metà nei negozi, senza necessariamente comprare qualcosa, solo per stare insieme. Leah mi sorride serena, mentre getto nel cestino il contenitore della cioccolata calda.
"Ce la caveremo comunque, non credete?" domanda, serena.
Io e Cynthia annuiamo, convinte. Leah ha deciso di trasferirsi in America col suo fidanzato, e ha già vagliato alcune proposte di lavoro; Cynthia invece si trasferirà verso Windsor, in un'agenzia di viaggi internazionali, cosa per cui la conoscenza dello spagnolo le serve. Io ovviamente non ci ho ancora pensato, devono succedere tante cose ancora. Ma sono ottimista. E finchè ci sarà Orlando con me, andrà tutto bene.
D'improvviso Cynthia si ferma e fa:
"Guardate dove siamo."
Io e Leah alziamo lo sguardo e osserviamo la nostra libreria, che si staglia davanti a noi ancora annerita, chiusa, completamente vuota. Riesco a percepire il malessere di tutte e tre davanti a questo relitto. Neppure ci eravamo accorte di aver preso questa strada.
"Siamo state bene, qui" mormora Leah, con gli occhi lucidi. Io le stringo la mano e Cynthia stringe la mia.
"Non ci perdiamo, ragazze. Ci allontaniamo solo un pò."
"E' vero" confermo io seguendo la frase di Cynthia "siete state le prime amiche che ho avuto a Londra, e non intendo lasciarvi nel passato. Preparatevi perciò a lunghissime telefonate internazionali."
Scoppiano a ridere tutte e due, e ci stringiamo in un abbraccio a tre di quelli che solo noi sappiamo fare.
"Sembra ieri, accidenti..." borbotta Cynthia, e noi due annuiamo. E' vero. Ma l'idea del futuro mi attira abbastanza da permettermi di evitare i tristi pensieri.
"Come on, girls. We are intrepid. We carry on" affermo solennemente, in una perfetta imitazione di Kirsten Dunst, e Leah scoppia a ridere:
"Tu frequenti troppi attori, stella."
"Eh, capita, se sei fidanzata con uno di loro" sghignazza Cynthia. Io arrossisco. E' un termine troppo... troppo, per me. Già non credo ancora di starci assieme, figuriamoci poi...
"Devo andare, adesso, parto tra due giorni e devo finire di prepararmi." Leah interrompe i miei ragionamenti. Ci salutiamo con calore e commozione, promettendoci di rivederci appena possibile e sentirci quanto prima, e poi ci separiamo, ognuna per la sua strada. Mi squilla il cellulare e noto sul display un numero anonimo.
Perplessa rispondo: "Pronto?"
"Sorpresa! Non te l'aspettavi, vero?" esclama Orlando ridendo dall'altra parte. Io sorrido:
"In effetti no. Ma che avrete voi inglesi per le sorprese..."
"Beh, in verità ne ho un'altra, mia carissima piccola lady."
"Oh, sarebbe, my lord?" domando ridendo. Lui fa lo stesso.
"Se in futuro smetterò di recitare, potrò darmi alla chiromanzia. Avevo visto giusto."
Mi fermo, accanto al semaforo rosso.
"Cioè non... il film non si fa più?"
"Esatto."
"E te lo dicono a due settimane neanche dalla partenza?"
"Questo è niente: pensa che era tutto pronto. Non so cosa sia andato storto, ma in ogni caso... adesso sì, possiamo discutere di quella vacanza. Il caldo ti manca ancora?"
Una folata di vento gelido mi scompiglia i capelli e rabbrividisco.
"Ci puoi giurare."
"Perfetto. Allora domani ti porto a comprare dei bei costumi da bagno, che ne dici?"
"Dico che è un'idea favolosa, amore mio."
Dalla cornetta mi arrivano dei suoni simili a quelli che mi circondano.
"Dove sei?" chiedo, incuriosita guardandomi attorno.
"Davanti a te, piccola mia."
Alzo lo sguardo e lo vedo dall'altra parte della strada, sorridente, la sciarpa scura attorno al collo e il giaccone nero imbottito. Mi sento sciogliere in un sorriso a trentadue denti.
"Felice di vedermi?" domanda, tenero.
"Molto, molto di più. Da me o da te?" chiedo sorridendo divertita. Lui scoppia a ridere nel momento in cui il semaforo diventa verde per i pedoni.
"Ferma lì, ti raggiungo io."
Avanza insieme a poche altre persone, sul lato estremo delle strisce bianche, ad ogni passo più vicino, i suoi occhi fissi nei miei.
E' un battito di ciglia. Uno sguardo. Lo scoccare di una lancetta. Un secondo perpetuo.
Una macchina non frena davanti al semaforo e inchioda di colpo. Vicino. Troppo vicino. Non abbastanza in tempo. Non così fermamente da evitarlo.
Al rallentatore vedo Orlando distogliere gli occhi dai miei e voltarsi con espressione sorpresa verso l'auto che non ferma la sua corsa. Lo vedo piegarsi sul cofano quando questo lo colpisce. Il cellulare gli vola via di mano e atterra senza rompersi sull'asfalto grigio. I battiti del mio cuore scandiscono la scena.
Tu-tump.
La macchina non si frena.
Tu-tump.
Orlando viene sbattuto sul cofano.
Tu-tump.
L'inchiodata stride e lascia dei segni neri sulla strada.
Tu-tump.
Il suo corpo viene sbalzato dal cofano a terra con violenza.
E lì rimane.
Tump.
Ogni cosa si fa sorda con l'ultimo cupo rimbombo cardiaco che segna la fine del mondo.
Poi, uno scatto.
Qualcuno urla. Sconosciuti si accalcano. La città si scuote. Tutto attorno a me riprende a muoversi freneticamente, a velocità raddoppiata, mentre i miei occhi restano fissi sul suo corpo steso al suolo, immobile.
Dalla cornetta, sento le stesse grida, gli stessi rumori che raggiungono l'orecchio libero.
Non so cosa stia accadendo. So solo che sono qui e gli stringo la mano e gli afferro il viso con le mani gelide e chiamo il suo nome e invoco aiuto e ci sono luci blu a intermittenza e persone che lo alzano separandomi da lui e lo stendono su un lettino e una di loro mi ferma scrollandomi, ripetendo che non posso andare, non posso andare con loro. Un'altra la strattona e faccio in tempo a vedere che è una donna che mi scandisce il nome di un posto e mi spinge verso un uomo a cui lo ripete e che mi fa salire in fretta su una macchina gialla e segue a tutta velocità l'ambulanza davanti a noi che strilla, e strilla, e lui mi ripete piano:
"It's all right, don't worry, Miss, don't worry, it's all right".
In quel momento mi accorgo che sto ancora stringendo il cellulare aperto in mano.
E che quell'urlo tremendo, angosciante, prolungato, è l'urlo della mia anima.




Come promesso, eccomi.
Grazie a tutte di avermi attesa così a lungo, sono commossa e onorata, e voi... siete i miei angeli, davvero.
Ovviamente da adesso, senza esami in mezzo per i prossimi 28 giorni, riposterò più spesso.
E partiamo con le scuse!
Perdono, perdono, perdono. Non ho mai scritto un capitolo con così tanto desiderio di uccidermi come adesso!
Io. IO che fo male al Fiho!
Devo essere impazzita O.o
Ma no, perchè era tutto programmato fin dal titolo =.=
Abbiate pietà, bimbe mie! Non odiatemi!
Adesso proseguo coi ringraziamenti, e c'è una lista lunga, lunghissima...

Jenny: grazie, grazie infinite! Che bello, una nuova fan *.* Sappi però che gli attori a Londra vanno effettivamente a giro così, senza guardie del corpo per forza ^.^
Lety: tesoro mio, non sai che gioia. Sono così contenta di sentirti dire certe cose... così orgogliosa che ti piaccia! ç.ç Io mi commuovo ç.ç
Krisma: purtroppo ho deluso le tue aspettative: niente viaggio. Ma spero vorrai continuare a seguire la storia! E grazie, grazie per averlo fatto finora!
Stelly: ma scherzi cara? Fai con calma, commenta quando puoi e se ti va, nessuno è obbligato! E' anche già troppo che tu legga ogni capitolo appena lo posto!
Sarè: ... che posso dirti, tesoro mio, che dire... c'è moltissimo da dire... ho concluso, ho risolto il punto 1. E tu ci sei. Come è giusto che sia. E vorrei che si realizzassero anche gli altri due, per urlare il mio "GRAZIE!" al mondo intero e stamparlo su ogni pagina scritta. (Orly si merita ben di meglio di me, ma un pensierino ce lo farei pure XD Grazie di averlo proposto XD) E sì, ti delizierò con qualcos'altro ^.^ Grazie sorellina, grazie mille, grazie di tutto.
Chiara: non ho idea di come poterti anche solo minimamente rendere chiaro il concetto di "sei un angelo", per tutto quello che hai fatto, per come ci credi, per come mi spingi... io... grazie. Grazie. Gra-zie. G-r-a-z-i-e. Grazie.
Elena: ... < si asciuga gli occhi > Premesso che non vorrei adescarlo con un filtro, grazie infinitissime per l'idea e il pensiero. E grazie dei complimenti. Grazie a te di leggerlo, che sia di mattina, di giorno o di notte, e di aspettare un mio aggiornamento. Grazie cara, grazie.
Mihi: Tesoro mio dolcissimo, riponi pure la mannaia, il seguito è già pronto nella mia testolina stravagante XD Stella, non so come ringraziarti, ma proprio no. Non ho parole, non ce ne sono e basta, insomma, io ci provo e le cerco ma non ne trovo manco una! Grazie, grazie mille, grazie... e sono in astinenza anche io da mancato contatto! We, dobbiamo fare un raduno delle Orly's Angels & Intermediator XD Con bictecche e the - sì, lo fo io, tranquilla gioia XD Spero l'esame sia andato fantasticamente bene carissima! Un abbraccio colossale!
Bebe: *.* *.* Grazie... ma in realtà sei proprio tu, siete proprio voi a essere abbastanza magiche da poter penetrare nella storia e viverla appieno. Io non sono che una lancia polvere, ma le ali da fata sono tutte vostre, carissime mie sirenette.
Vorrei tanto, così tanto, conoscervi di persona ed abbracciarvi forte forte, per ringraziarvi di ogni minuto speso a leggere questa storia. Ma siete voi, voi e solo voi, la mia ispirazione. Un abbraccio caloroso e un bacione con tutto il cuore, stelline. Grazie.

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Capitolo 32
*** So my world ended today ***


Don't let it end
Baby we could have so much more
Don't let it end
Honey please don't walk out that door
Don't let it end
I'm begging you don't let it end this way
Don't let it end
I'm begging you don't let it end this way
[Don't let it end - Styx]



"Signorina, venga, la porto io, aspetti, le apro la portiera, non si muova."
Quante parole, intanto che i miei occhi schizzano dall'ambulanza alle porte a vetri.
"Ecco, venga, scenda con calma, la tengo io..."
E non le capisco, tutte queste parole. Ho perso l'uso e la comprensione della lingua inglese. Della lingua umana e basta. Quello che mi circonda di umano non ha niente. Questa è Silent Hill.
Che cosa ci faccio qui? Cos'è successo? Pianto un paio di occhi spalancati sull'uomo gentile che mi sostiene per un braccio, con delicata dolcezza e premura.
"C'è stato uno sbaglio, io sto bene, devo andare dal mio ragazzo..." sussulto, singhiozzando senza freno ad ogni parola spezzata.
Lui mi guarda con i chiari occhi azzurri preoccupati e fissa la mia espressione terrorizzata. Dall'ambulanza scendono delle persone e altre ne accorrono dalle porte.
"Siamo all'ospedale, signorina. Il suo... ragazzo, è il suo ragazzo?, è stato investito."
Tump.Tump.Tump.
Che cosa dice quest'uomo? Che macabra storiella inventa? Lo guardo spaventata, mi sento i nervi del viso tesi e dolenti e la gola mi brucia. La barella viene posata piano a terra e spinta dentro la struttura bianca.
"Io ero lì, ho visto tutto... che fortuna, che ci fosse un'ambulanza proprio a poca strada... ecco, vada dentro, i medici le diranno come sta..."
Non era una battuta grottesca. L'uomo chiude la mia portiera e mi guarda posandomi le mani sulle spalle.
"Signorina, signorina, si sente male? Si tenga, ecco, guardi, ci sono io, si tenga pure, non si preoccupi, è leggerissima. Ecco, respiri profondamente. Sì. Brava."
Sento il mio respiro graffiante e gli occhi mi bruciano di lacrime arroventate. L'uomo fissa i suoi, azzurri e comprensivi, nei miei, e cerca di calmarmi.
"Venga l'accompagno dentro."
"Oh. Sì. Io. Io... de-de-devo pagarle la corsa."
Mi fa male il labbro inferiore. Me lo sono morsa cercando di formulare la frase. Sto battendo i denti. E tutto quel che mi viene in mente è una frase dettata dall'educazione e dal normale corso delle cose. Se prendi un taxi, lo paghi. Tutto comune. Invece no: negli incubi, di normale non c'è proprio niente.
L'uomo mi prende sottobraccio e scuote il capo trascinandomi dentro, intimorito, ripetendo una serie di "Ma lasci stare, ci penserà, si figuri, non ci badi...". Lo sto spaventando, forse. E mi accorgo che le mie gambe funzionano. Faccio l'atto di correre e temo che lui mi trattenga, invece mi lascia subito ed io mi getto contro la porta a vetri e sono subito dietro la barella ed i dottori che parlano in fretta, trottando lungo il corridoio.
"Sta bene? Sta bene? Si è ripreso? Come sta?", e dalla poca cognizione che ho dei termini medici, non comprendo assolutamente niente del loro linguaggio. Niente di buono.
Un'infermiera mi ferma, trattenendomi per le spalle con decisione.
"Non può entrare in questa zona."
"No, no, quello è il mio ragazzo, lei non capisce, devo stare con lui...". Come incespicano le mie parole incoerenti.
"Lo so, ma deve aspettare qui. Ecco, venga. Si sieda."
Non mi si piegano le gambe. L'infermiera lascia perdere il tentativo di farmi accomodare su un divanetto e si allontana seguendo i medici, che spariscono dietro una porta scorrevole. Resto in piedi, a fissare il niente, completamente svuotata. E nella mente mi si formano immagini raccapriccianti.
La macchina. L'impatto. Orlando steso a terra, senza sensi. I suoi occhi chiusi. L'ambulanza e la corsa all'ospedale in taxi. Una mano mi tende un cellulare. Il mio cellulare. Alzo lo sguardo riscuotendomi e vedo il tassista che me lo porge sussurrando:
"Lo ha lasciato in macchina."
Io lo prendo meccanicamente, fissandolo sgomenta. Lui con espressione tormentata mi domanda:
"Sa già qualcosa?"
A scatti scuoto il capo. Lui sospira abbassando le spalle come se un peso gli gravasse addosso. Una donna mi si avvicina. Vagamente la riconosco come quella che ha detto al tassista di portarmi lì. Mi tende un mazzo di chiavi, un portafoglio e un cellulare. Non capisco che vuole che ci faccia. Poi riconosco le chiavi di casa nostra.
"Questi sono oggetti del ragazzo, signorina. Ho pensato le servissero... per chiamare qualcuno, magari."
La guardo annuendo appena, e lei come il tassista sospira e si allontana. L'uomo torna a guardarmi.
"Se posso fare qualcosa..."
Di nuovo a scatti dico di no. Lui annuisce e sussurra, gentilmente:
"Si sieda, signorina. E' molto pallida, rischia di sentirsi male. Mi trova fuori, se ha bisogno."
Si allontana a passi leggeri e lo guardo uscire.
"Oh. Grazie" mormoro. Ben troppo tardi. Poi torno a fissare le chiavi di casa. E il portafoglio. Ed il cellulare. Ci stava parlando nemmeno quindici minuti fa. Con me. I suoi occhi castani fissi nei miei. Lo stridore della fermata.
Tump.
Lo apro, perfettamente incosciente delle mie azioni. Scorro la rubrica come in trance. Premo il pulsante verde una volta raggiunto un nome preciso.
Uno squillo. Due squilli.
"OB! Che bello sentirti, come butta?"
C'è un disturbo nella linea. Qualcosa che graffia come il sibilo d'un serpente. Unghie sulla lavagna.
E' la mia voce. E' il mio respiro.
"Pronto? Ehi? Ci sei, OB? Ma chi... Luna? Luna, sei tu? Oddio, non t'avevo ricon... Luna? Luna che c'è? Perchè mi chiami dal cellulare di Orlando? Luna? Che dici? Luna che hai, perchè piangi? Luna?! Luna non capisco niente, calmati, mi fai preoccupare! Luna! Che cosa c'è?"
Articolo tre parole impiegandoci tutta la forza che ho e mordendomi a sangue la lingua per farmi capire attraverso il battito incontrollabile dei denti.
"E' stato investito."
Crollo seduta sulla sedia e mi squarcio. Chiudo il cellulare che mi trema nelle mani chiuse, gelide. Mi guardo attorno, il sapore del sangue sulle labbra. Sono sola. Il corridoio è bianco e malsano, spettrale. Fiumi e fiumi di lacrime mi bagnano viso e collo, e non riesco a respirare, non riesco a fare niente se non a sussultare ad ogni singhiozzo che mi lacera il petto e mi scuote le spalle. Non ho sentito nemmeno quello che ha detto Dom. Non provo niente. Sono solo persa in mezzo all'oceano. E non c'è un solo scoglio cui aggrapparmi. Non ho ricordo neanche quello che gli ho detto io e quello che mi ha detto lui. Circondata dal nulla.
Finchè dei passi di corsa sulle scale mi distolgono dall'attonimento prolungato che mi possiede da quaranta minuti. Dom spunta reggendosi al corrimano e dandosi una spinta ulteriore salta a piè pari i due ultimi scalini, quando i suoi occhi angosciati mi distinguono seduta a dieci metri da lui. Nel confine esteso del mare si profila la sagoma di una scialuppa.
Mi alzo traballante e allungo una mano, come una cieca senza guida.
"Dom..."
In meno di un respiro gli sono tra le braccia; non sento niente: piango, piango squassandomi, senza neppure l'energia per tenermi in piedi, per tenermi a lui. Mi stringe le braccia e mi solleva perchè non cada al suolo, prendendomi di peso e trascinandomi sulla sedia, poi mi tiene fermo il viso tra le mani.
"Com'è successo?"
"Io. Lui. L'auto. Era verde. Le strisce. Camminava sulle strisce. Frenato tardi."
Rilascio le parole coi singhiozzi. Nella mia mente tutto ha logica, ma evidentemente sto esprimendomi in modo incomprensibile.
"Luna, Luna, ferma, calmati, smettila di sussultare. Non ho capito niente."
Dom mi guarda allarmato. Respiro. Mi ricordo di respirare. Dov'è la voce che me lo ripete sempre? Respiro tante volte. I denti battono di meno. Riprovo.
"Era davanti a me, mi stava venendo incontro, la macchina è arrivata di colpo e non ha frenato, lo ha preso in pieno."
Il cuore smette di battermi e la luce si offusca.
"Luna?! Luna!"
Apro gli occhi. Dom mi sta scrollando per le spalle.
"Dio, Luna, sei ferita? L'auto ha colpito anche te?"
Eh? Me? No. Sì. E' la stessa cosa. Raccontare l'accaduto d'un fiato e morire è tutt'uno. Sì, la macchina ha investito anche me. Dovrei esserci io, su quella barella.
"Il tassista... poverino, è ancora qui fuori...?"
"Che?"
Con un pò di calma gli spiego dall'inizio tutto, di nuovo. Come un'estranea. Non sono certo io quella. Questo è un universo parallelo, Luna in realtà è ancora a casa di Orlando, e sono teneramente abbracciati sotto il piumone, a dormire, com'è giusto che sia. Ma c'è una nota che stona: se questa è finzione, Dom dovrebbe ridere. Non avere le lacrime agli occhi. Mi crolla nuovamente il vano schermo protettivo e pezzi di cristallo si infrangono a terra.
"Dom...". Se piange lui allora il mondo è finito davvero.
"... dobbiamo chiamare la sua famiglia."
Lui mi guarda stupito e annuisce: "Che stupido, sì, è vero. Aspetta, conosco il numero, ci penso io, così penso anche al tipo del taxi..."
Mi aggrappo di scatto al suo giaccone senza accorgermene, ma lui mi guarda protettivo e angosciato assieme.
"Torno immediatamente, te lo giuro."
Annuisco e lo lascio andare. Seguo i suoi passi e cerco di calmarmi una volta per tutte. Quasi sorrido: che stupida. Come sono davvero stupida. Dopo essere sopravvissuto a costole, ossa e fratture multiple, figurati se una semplice perdita di conoscenza causata da un incidente così banale lo può scalire. Dopotutto, ora che me lo ricordo, è Orlando Bloom. Mica può stare male, lui.
No, sbagliato in pieno. E' Orlando e basta. E' il mio Orlando e basta. Non deve stare male, lui. Non c'è questione. Punto. Mi si avvicina un dottore.
"Mi scusi, signorina. Lei è un famigliare del signor Bloom?"
Scatto in piedi e lo fisso annuendo e comincio a rispondere che sì, certo, che domande, non mi vede, non lo sente che il mio cuore batte col suo? Poi mi rendo conto che questo ai medici non interessa mai. Chiudo la bocca, la riapro. E sussurro:
"Sono la sua ragazza, dottore. Ho bisogno di sapere come sta. Mi è necessario, capisce?".
L'uomo dal camice bianco mi guarda attentamente con espressione dispiaciuta e comprensiva, e annuisce.
"Certamente... va bene, se è la sua ragazza e non ci sono altri membri della famiglia..."
"Stanno arrivando. Saranno qui il prima possibile" interloquisce Dom, raggiungendoci di corsa. Da qualche parte mi rendo conto che avrei dovuto chiamare io Sam e la madre. Sono inebetita, e inutile. Il medico guarda Dom che subito afferma, serio e con un tono che non lascia scampo:
"Io sono il suo miglior amico. Mi ha chiamato la sua fidanzata, Luna, che era con lui al momento dell'incidente" precisa indicandomi.
Strano. Quel termine adesso non mi provoca niente. Però al medico evidentemente muta prospettiva. Adesso può considerarmi un famigliare, in effetti. E non mi piace, perchè lo sguardo che ci rivolge è di puro cordoglio. E inspiegabilmente parla guardando me.
"Il suo fidanzato non è in buone condizioni, Miss Luna, se mi permette di chiamarla per nome."
Annuisco vigorosamente. Qualsiasi cosa, basta che tu mi dica cosa devo fare.
"Nell'impatto ha subìto un trauma cranico indiretto, che come conseguenza ha provocato una contusione cerebrale piuttosto grave. Siamo intervenuti tempestivamente, ma la perdita di conoscenza prolungata può indicare un'alterazione anatomica ai danni del cervello. Il paziente infatti non ha ancora ripreso conoscenza, e secondo le nostre analisi, può darsi che resti in questo stato per diverse ore ancora... o anche per giorni."
Non ho capito. Cioè, ho compreso tutto ma non l'ho assimilato. Quando si sveglia? Perchè china lo sguardo, signore?
"E' in... è in coma, dottore?" domanda Dom balbettando.
Tump.
Il medico lo guarda affranto e annuisce: "Mi dispiace."
Tump.
"Può darsi che tuttavia si riprenda in breve tempo, ma anche in quel caso ci vorrebbero giorni per guarire competamente. Potrebbe esserci la possibilità di un'amnesia, o di qualche conseguenza neurologica e fisica. Tuttavia... se posso essere sincero, è necessario che per prima cosa si risvegli dallo stato di incoscienza. Prima si riprende, meglio sarà."
Tump.
Queste cose le so anche io. Seguo ER da quando avevo dodici anni. Perciò prevedo la sua frase successiva.
"Se... se... più tempo resta in... così, meno possibilità ci sono che... che... che si svegli, vero?"
Dom mi guarda impallidendo e sostenendosi con una mano al muro. Il medico mi fissa totalmente abbattuto, annuendo.
"Sì, signorina, è così."
Torno a fissare il vuoto. Il dottore dice qualcosa di gentile, del tipo che appena può verrà subito a darci altre informazioni, e si allontana. Lentamente mi siedo. Tutto questo è irreale. Alzo lo sguardo su Dom che si copre il viso con le mani, e mormoro piano:
"Se l'è cavata quando lo davano per infermo a vita. Può farcela, Dom. Ce la può fare anche stavolta."
Dom abbassa le mani e mi fissa distrutto, le lacrime sulle guance.
"Stiamo parlando di un coma, Luna!" esclama rabbioso. Si morde le labbra, come fosse pentito di aver usato quel tono, ma io non mi ha neppure sfiorata. C'è quella parola che mi assassina appena la sento. Annuisco più e più volte, e il mio viso di nuovo viene solcato da gocce roventi.
"Ma deve. Anche questa volta, Dom, deve farcela, capisci, deve..." mi si rompono le parole in gola. Non respiro di nuovo, e mi sento mancare la terra sotto i piedi. In un attimo le sue braccia mi stringono forte, in un abbraccio disperato, e mi trovo a singhiozzare sulla sua spalla mentre Dom mi accarezza i capelli piano.
"Scusami, Luna, non volevo, non dovevo gridare... Ssshhh, non piangere, andrà tutto bene, hai ragione tu: ne ha passate tante, può resistere anche a questa."
Ed in quel momento un pensiero mi trapassa: mi domando se proprio perchè ne ha superate tante, quest'ultimo ostacolo sia quello definitivo.

Non so quanto tempo sia passato. Dalle finestre mi pare di capire che sia sera inoltrata. Io e Dom, in silenzio, seduti l'uno accanto all'altra, non parliamo. Aspettiamo e basta.
"Luna!" mi sento chiamare, e alzo lo sguardo, imitata da lui. Samantha e una donna dai capelli scuri ed il volto tirato dall'ansia mi si avvicinano. Mi alzo, un poco più ferma sulle gambe, e Sam mi si ferma davanti, ansiosa, posandomi le mani sulle braccia:
"Come sta? Com'è successo? Che cosa dicono i dottori?"
Scuoto il capo cercando di formulare una risposta, ma Dom mi precede e risponde per me, guardando ora l'una ora l'altra. Per tutta la durata del discorso non fiato, non oso nppure alzare lo sguardo. Ho davanti la madre di Orlando. Un incontro che in un altro momento mi avrebbe innervosita ma lusingata, adesso mi annienta e basta. Che cosa posso dirle? 'Signora è colpa mia se suo figlio, il mio amore, è stato investito, perchè stava guardando me'? Mi accorgo che Dom tace. Sam mi ha lasciata andare. C'è una tensione tale da far accasciare a terra chiunque. Impaurita alzo gli occhi sulla donna a un metro da me, che mi guarda con espressione indecifrabile.
"Mi dispiace tanto."
Di tutto quello che potevo sussurrare, tre parole così stupide ho scelto.
"E' tutta colpa mia."
Dom e Sam mi lanciano un'occhiata sorpresa e preoccupata. Ma io continuo a fissare la donna.
"Stava parlando con me. Stava guardando me. Se non ci fossi stata, se avessi... se ne sarebbe accorto..."
Se non ci fossimo mai incontrati. Se la sua vita fosse proseguita tranquilla com'era, tra un kolossal e l'altro, tra individui del suo mondo, ed io non lo avessi mai incrociato... Ho rovinato la sua esistenza. Totalmente a causa mia. Una lacrima nuova riga il mio volto di peccatrice. Non ce la faccio a sostenere quello sguardo.
Chino gli occhi e li stringo appena sentendola avanzare verso di me. Mi preparo allo schiaffo, alla spinta, a tutte le parole che a ragione dovrà gridarmi. E lei, che avrebbe motivo di colpirmi, invece mi abbraccia. Mi abbraccia, stringendomi forte al suo petto e posando una mano sulla mia schiena e l'altra sui miei capelli, e sussurra singhiozzando:
"No, no, my dear, don't blame yourself, it's not your fault at all, ok?" e mi batte piano sulla spalla con la mano. Sento il suo cuore contro il mio, corrono entrambi. Si stacca appena e mi accarezza il viso, prendendolo tra le mani.
"Mi ha tanto parlato di te, sai. Non fa che ripetere quanto tu sia importante per lui, quanto ti deve... Non ritenerti responsabile in alcun modo."
"Camminava sulle strisce ed il semaforo era rosso, quel bastardo doveva fermarsi e basta. Tu non c'entri niente" rincara Dom vigorosamente. Sam annuisce seria, e la donna, che ancora mi guarda con un sorriso così gentile appena accennato e tanto dolore negli occhi, aggiunge:
"Davvero, piccola Luna. E' tutto, tranne che colpa tua."
Mi sento squarciare l'anima e il petto a quelle parole. Piccola Luna. Solo lui mi chiama così. Piccola Luna. Ho bisogno che continui a farlo. Mi è essenziale. Ricambio l'abbraccio affondando nel peggior dolore di tutta la mia vita.

Restiamo in silenzio senza osare guardarci, in attesa. Sonia ad un certo punto ha suggerito a me e Dom di andare a mangiare qualcosa, ma lui ha rifiutato, ed io non ritenevo di avere uno stomaco in grado di funzionare, perciò siamo rimasti lì. Ho pensato però che volesse restare sola con Sam, quindi mi sono alzata e ho cercato velocemente una scusa, anche se non me n'è venuta in mente alcuna. Ma si avvicina il dottore e mi blocco. Il passo pesante, lo sguardo serio, l'espressione preoccupata non mi suggeriscono niente di buono. Gi altri tre scattano in piedi, e il medico stringe la mano a Sonia presentandosi, poi sospira profondamente.
"Signora, abbiamo fatto il possibile e l'impossibile, ma suo figlio ancora non si è ripreso. Purtroppo lo stato di incoscienza si sta prolungando, e per quanto sia prematuro dirlo, potrebbe sfociare in un coma più grave, temporalmente più duraturo. L'unica cosa che ci resta da fare è aspettare e sperare che si svegli da solo quanto prima. Mi dispiace di non portarle migliori notizie, vorrei poter fare qualcosa in più."
Dom ricade sulla sedia, Sam si copre la bocca con la mano, prendendo posto accanto a lui. Sonia sussulta appena, incapace di sostenersi e io le cingo le spalle con il braccio, automaticamente. La sento appoggiarsi a me e passare una mano dietro la mia schiena mentre fissa il dottore:
"Non possiamo fare niente?"
"No, signora. L'unico consiglio che vi do è di andare a casa e aspettare: appena ci saranno novità sarà mia premura informarvene subito, non dubiti. Ma per adesso restare qui è inutile. Vada a casa a riposarsi, le assicuro che la chiamerò in caso di sviluppi ulteriori."
Sonia annuisce e chiude gli occhi. Sam si alza e la guarda affranta. Il dottore fa per allontanarsi con aria depressa, ma io mi sveglio e lo richiamo:
"Posso restare qui?"
Mi guarda confuso: "Forse dovrebbe tornare a casa anche lei, signorina. Qui rischia solo di torturarsi."
Non considero la risposta. Forse non ha capito che chiedo il permesso giusto per educazione. Ritento.
"Se non causo fastidio a nessuno, e prometto di stare solo seduta, qui, senza parlare, posso rimanere?"
Il dottore accenna un sorriso premuroso: "Certamente, se è quello che desidera, certamente, non dà certo fastidio. Ma in tutta sincerità, le suggerisco di andare e riposarsi..."
"Il fatto è che non c'è altro posto dove possa andare."
Sento tre paia di occhi puntati addosso a questa affermazione incolore e totalmente atona, mentre fisso quelli chiari del dottore. Che comprende perfettamente cosa intendo dire, e sorride appena.
"Va bene, Miss, non si preoccupi."
Il medico si allontana, e Sam farfuglia, incerta: "Ma Luna, tu e Dom potete venire con noi. Restiamo da Orlando finchè sarà ricoverato, siamo vicini..."
"Lasciala stare" sussurra Sonia guardandomi. E si rivolge alla figlia:
"Anche a me fa piacere pensare che non sia solo, se devo essere sincera. Se vuoi restare, cara, sei liberissima. Scommetto che in ogni caso ti aggrapperesti alla porta pur di rimanere qui."
Riesco a muovere le labbra quel tanto che mi permette di mostrare un sorriso, che lei ricambia. Le tendo le chiavi ed il portafoglio di Orlando e lei mi stringe le mani ancora una volta, per poi avviarsi. Sam mi abbraccia piano e mi lascia accarezzandomi la guancia. Io annuisco alla muta richiesta di informazioni dettagliate su qualsiasi novità. Lei si volta verso Dom.
"Tu non vieni?"
Scuote il capo.
"No, ti ringrazio, non me la sento. Preferisco restare qui ancora un pò. Se dovessi crollare dal sonno, c'è un ostello proprio qui davanti, perciò stai tranquilla. Ti facciamo sapere appena possibile."
Sam annuisce segue la madre lungo il corridoio. Una volta spentasi anche l'eco dei loro passi, mi siedo. Il silenzio si fa pesante.
"Non devi rimanere perchè resto sola, Dom" sussurro.
"Lo so, piccola. Ma è vero che non me la sento. E oltretutto pensarti qui, senza nessuno, non mi piace. Ma sarei rimasto anche se tu fossi andata, in ogni caso."
"Dom... che cosa faccio, se non si sveglia?" chiedo in un bisbiglio incolore. Suona come una semplice richiesta di informazioni.
Come un "Se non trovo la strada posso fare inversione o qui c'è senso unico?". Lui lentamente alza il capo e mi fissa con uno sguardo troppo affranto e disperato per poterlo descrivere. Nella mia domanda c'è il senso intero della mia vita. Non può rispondere. Nessuno può.
"Vado ad informarmi se la notizia è già trapelata, e chiamo Billy e gli altri più vicini. Meglio che lo sappiano da me piuttosto che dalla televisione, almeno coloro che riesco a raggiungere."
Annuisco appena, e lui si alza, posando un bacio leggero sui miei capelli.
"Torno subito."
Si allontana e rimango sola. Appoggio la testa contro il muro e chiudo gli occhi. E vengo trafitta senza pietà da una frase che emerge di colpo dalla mia mente.
"Allora domani ti porto a comprare dei bei costumi da bagno, che ne dici?"
Mi mordo le nocche della mano fino a imprimere i segni dei denti nella carne gelida per non urlare.







Visto? Ve lo avevo promesso che sarei stata brava e veloce come una volta ^.^
Oh, grazie per non avermi mannaiato, tesori miei.
Sappiate che per ogni parola che scrivo mi sanguina il cuore.
Ma mica solo perchè è il Fiho. E' che nessuno mai dovrebbe scrivere di cose simili.
Che purtroppo accadono. Anche ai nostri cari. Dannazione.
Uno stragrande GRAZIE urlato in anticipo a tutte coloro che ancora non hanno commentato,
ma che son certissima lo faranno, perchè siete speciali come le fate, e perciò lo prevedo.
Dopotutto ho postato ieri sera <.<
Mihi: potessi stringerti forte, forte, fortissimo, anche prima del programmato viaggio, lo farei, ti giuro. Magari potremmo incontrarci tutte prima, che ne dici?
Io non vedo l'ora di conoscervi, stelline. E di ospitarvi nella casa londinese, che - sono certa - ci aspetta di già, oh yeah.
E spero di non deludere le tue aspettative ^.^ Ma se tu assomigli a Nikki quanto io a Luna, siamo una coppia degna di un Oscar XD
Chiedo al Fiho se ci presenta Gore Verbinski, che ne dici? ^.^ Grazie di ogni singola parola, gioia.
Bebe: nuuu, dopo lo scipero degli sceneggiatori, quello delle recensitrici nooo! O.o Non ti voglio male cara! Nonono! Ma agli inglesi le sorprese piacciono... son stata contagiata XD Chiedo perdono per lo shock! *.* Elena: Tesoro, grazie, grazie davvero, io mi aspettavo lanci di coltelli e invece mi arrivano solo parole buone... che angeli che siete. Grazie!!! *.*
Stelly: già. Un dannatissimo frangente d'un frammento d'un millesimo di attimo. E tutto crolla. Grazie del commento tesoro (l'ho preso come un "accidenti!" in senso positivo, se ho interpretato male correggimi!), e di aver letto subito il nuovo capitolo! *.* Cara lei!

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Capitolo 33
*** Schegge infrante ***


How do I get through one night without you
If I had to live without you
What kind of life would that be
Oh I, I need you in my arms
Need you to hold
You're my world, my heart, my soul
[LeeAnn Rimes - How do I live without you]



Sento profumo di cioccolata. Apro gli occhi e sbircio tra le dita, scostando le mani dal viso. Dom mi tende un bicchiere di plastica marrone, ricolmo della bevanda ancora calda. Alzo lo sguardo e lo prendo, accennando un sorriso. Lui lo ricambia, dandomi un buffetto sulla guancia, e si siede accanto a me.
"Billy arriverà al più tardi domattina. Gli ho impedito di mettersi in viaggio stanotte, ma è stata dura riuscirci. E' rimasto sconvolto."
"Mh-mh."
Restiamo in silenzio un poco. Non abbiamo mai parlato a voce alta da quando siamo qui. Solo sussurri. Mi schiarisco la gola e riprendo:
"Non deve lasciare famiglia e affari per venire fin qua. Neppure tu dovresti."
"Innanzitutto è una mia decisione, Luna. E comunque, se anche avessi in ballo chissà che... tutto va in ultimo piano, se si tratta di un amico. Specie se è OB."
Gli trema la voce dicendolo. Piego appena le labbra, lui aggiunge:
"E inoltre... nessuno di noi vuole lasciarti sola qui. Perchè immagino che non ti schioderai da quella sedia, vero?"
Scuoto appena il capo.
"Solo quando me ne porteranno un'altra accanto al suo letto."
Sospira profondamente. Mi sento in colpa anche per questo, ora.
"Dom, questa è la mia decisione, non sei obbligato a condividerla. Dovresti..."
"Luna, se cominciamo a fare a gara a chi è il più tenace, rischiamo di mandare ai matti l'intero reparto. Lascia stare. Nessuno dei due convincerà l'altro."
"... Lo so. Ma Dom", lo guardo seria, "promettimi che andrai a riposare, appena sentirai di non resistere. Io ce la faccio anche da sola, sul serio."
"No, Luna. Tu ce la fai perchè ti obblighi, ma crollerai. Ascolta, non intendo, non vogliamo costringerti ad andare a casa, ma se ti ostini a rimanere, accetta almeno che ci diamo il cambio a farti compagnia. Ok?"
Lo guardo e leggo la stessa mia determinazione nei suoi occhi; ma c'è anche sincero affetto. Che tesoro. Dovevo saperlo da tempo, ormai: Orlando è un angelo, i suoi amici non sono da meno. Annuisco, sentendo le lacrime premere agli angoli degli occhi.
"Grazie."
Mi prende la mano e me la stringe forte, poi lascia ch'io finisca il cioccolato intanto che lui appoggia la testa al muro, sospirando. Restiamo così, in perfetto silenzio, molto a lungo. Io non seguo i miei pensieri nè mi concentro sui miei sentimenti. Soprattutto, mi impongo di non ricordare alcunché. Ma ad ogni respiro una frase, un tono di voce mi trafiggono, uscendo dalla mia memoria assieme alla luce calda dei suoi occhi scuri.
"E... la Stampa?" sussurro piano.
Dom non risponde. Forse non ha capito, e gli lancio un'occhiata nel riformulare la frase. Ma mi blocco. Si è addormentato. Il suo petto si alza e si abbassa regolarmente, le palpebre sono serrate. Sposto gli occhi dal suo viso all'orologio che tiene al polso e leggo l'ora: mezzanotte meno cinque. Alzo di nuovo lo sguardo e lo osservo. Povero ragazzo, è distrutto. Mi tolgo la giacca e gliela poso delicatamente sulle gambe: non si muove neppure. Io sto bene così, a livello fisico. L'interno dell'ospedale è caldo, posso fare a meno del cappotto. E' questo gelo interno, che non riesco a sconfiggere. Respiro profondamente e il fiato mi si spezza, quando vedo aprirsi le porte di una sala; due infermieri spingono una barella dietro la quale sopraggiunge il dottore che conosciamo. Lui viene verso di me mentre loro si dirigono all'ascensore. Mi alzo di scatto in piedi, un leggero formicolio alle gambe, e seguo con lo sguardo la figura distesa nel letto mobile. Sento incrinarsi l'anima e gelare il cuore. Dom con un sussulto si risveglia, e cogliendo l'immagine si alza immediatamente, affiancandomi e passando un braccio dietro la mia schiena nel vedermi impallidire violentemente. Le porte dell'ascensore si chiudono, e torno a guardare il medico.
"Come... che... ci sono novità?" domando flebilmente. Lui scuote il capo:
"No, Miss, mi dispiace. Abbiamo deciso di spostarlo in terapia intensiva, in una stanza allestita appositamente per la cura. Potete stare con lui, naturalmente, invece che qui in corridoio... ammesso che non abbiate cambiato idea, sul fatto di restare?" domanda appena, ma dalle nostre espressioni si capisce chiaramente che siamo irremovibili. Sospira mortificato e ci posa una mano sulle spalle.
"Vi avverto in tutta onestà... che potrebbe volerci tempo. Molto tempo. Mi dispiace di non poter fare nulla per voi."
"Dottore... è già tanto che ci abbia permesso di stare qui senza orario... sa, per le visite... anzi non so come... come ringraziarla" balbetto io, e lui stringe appena la presa sul mio braccio, annuendo bonariamente.
"Si figuri, Miss. Io farei la stessa identica cosa" esclama sorridendomi dolcemente, ed io ricambio, anche se non sono certa di riuscirci appieno.
"Posso far aggiungere un letto alla stanza, se crede, ma non so quanto sia possibile..." aggiunge, ma scuoto il capo.
"No, non si preoccupi, mi basta una sedia, io... grazie. Grazie, per la sua disponibilità. Le sono davvero grata."
Lui annuisce appena e guarda Dom con occhio critico:
"Dovreste riposare entrambi. Ma se volete potete vederlo, prima."
Inutile dire che nè io nè Dom diamo segno di volercene andare. Il dottore china lo sguardo, impotente, e ci dà indicazioni su dove trovarlo.

Entro nella stanza e mi sembra di camminare verso la sedia elettrica. Ogni passo dieci anni in più mi gravano addosso. Ognuno senza di lui. L'infermiera gli sta sistemando dei tubi che neppure voglio guardare, e cerco di non fare caso agli aghi delle flebo e ai vari strumenti. Ho occhi soltanto per il suo viso addormentato, i suoi capelli sparsi sul cuscino, le palpebre premute contro le guance lievemente pallide. Sentendoci arrivare, l'infermiera si volta e mi sorride appena, dolcemente.
"Le ho portato la poltrona accanto al letto: il dottor Lewis mi ha detto che poteva servirle, Miss."
"Oh. Io... grazie, signora..." mormoro, incerta, ma a lei sta bene così, perchè mi sorride. Neppure avevo fatto caso al nome del medico, con tutto quel che è successo. La poltrona è in pratica una sedia dallo schienale alto, con cuscino e braccioli morbidi, bianca, di materiale soffice. E' leggermente piegata all'indietro anche, così potrò stendermi e fingere di dormire. Perchè di farlo davvero non se ne parla.
Devo vegliarlo. Devo trasmettergli ogni energia. Torno a guardare il suo volto. Il bip delle macchine che gli misurano i battiti del cuore mi stordisce. Dom mi prende per mano, tenendola stretta. Lo guardo, ed i suoi occhi lucidi non mi aiutano.
"Stia pure tutto il tempo che vuole, Miss. Il dottore ha proibito a chicchessia di allontanarla. Signore, lì c'è un'altra sedia, se vuole."
Guardo l'infermiera a bocca aperta. Questo dottore è un santo. O ha capito che dovrebbero portarmi fuori con la forza, e continuerei a gironzolare intorno all'ospedale comunque, perciò tanto vale che stia al caldo. Mi esce un "Grazie" appena sussurrato, e mi appoggio alla poltrona. L'infermiera ci lascia soli, e noi affondiamo nel silenzio.
Bip. Bip.
"Cristo, OB..." mormora Dom, ma la frase si spezza in pianto. Gli lascio la mano buttandogli le braccia al collo e stringendolo forte contro di me, e liscio piano la sua schiena con affetto, a piccole carezze. Lui posa il viso sulla mia spalla e lasciando cadere a terra le giacche ricambia l'abbraccio, singhiozzando senza tregua, aggrappandosi in cerca di un sostegno che, nonostante io lo desideri con tutta l'anima, non so dargli. Restiamo così diverso tempo, due amici stretti in un conforto introvabile, la quiete scandita dai continui suoni degli apparecchi. Poi lentamente Dom mi lascia andare, ed io allento la mia stretta. Non lo guardo, per evitargli un disagio, e abbasso il capo. Lui si china, asciugandosi il viso e raccogliendo le giacche da terra; mi tende la mia mormorando:
"Scusa, non volevo farla cadere. E grazie. Per... avermela prestata, prima."
Io scuoto il capo in risposta, tentando un sorriso, poi appendo il cappotto al sostegno sul muro.
"Vai a riposare, Dom." Lo dico col tono più delicato che trovo.
"No, sto bene. Davvero. E' passata" risponde, insinuando tra le parole una gratitudine che non merito affatto.
Annuisco, rinunciando a convincerlo e sedendomi sulla poltrona, mentre lui recupera l'altra sedia e la accosta al letto, dal lato opposto. Non capisco che cosa costringa entrambi i nostri occhi a fissare il suo viso, se la speranza di vederlo muoversi o la preghiera perchè accada, ma da questo momento nessuno dei due riesce a distogliere lo sguardo dal volto di Orlando. E quando il cielo fuori dalla finestra comincia a schiarirsi, mi rendo conto che ancora non mi sono mossa. Faccio violenza su di me per posare gli occhi altrove; Dom, non so quando nel corso della nottata, ha incrociato le braccia sul letto e ci ha posato sopra la testa, addormentandosi. Mi alzo senza fare il minimo rumore, e dalla spalliera della mia poltrona prendo la prima giacca che mi capita e gliela poso sulle spalle, poi torno a sedermi e ad accarezzare la mano del mio angelo. E' l'unica cosa che sono conscia d'aver fatto per tutte queste ore. Tenergli la mano, e sfiorarla.

Dom si sveglia gemendo e mi volto preoccupata verso di lui. Si allunga stirandosi la schiena con espressione sofferente.
"Dom, stai bene?" domando in fretta. Lui apre gli occhi e mi guarda incerto, poi passa dalla confusione alla dolorosa cosapevolezza. Annuisce.
"Sì... mi ero dimenticato di dove siamo, e stavo chiedendomi perchè ho la schiena a pezzi."
Lancia un'occhiata a Orlando ed il suo viso si contorce in una smorfia amara.
"Vorrei davvero fosse stato un incubo. Accetterei di farne così tutte le notti, pur di rendere questo uno scherzo."
"Lo so" sussurro. Mi alzo con lentezza perchè la testa mi gira, ma dopotutto non ho mai dormito; lui se ne accorge:
"Sembri un fantasma, Luna. Dove vai?"
"A prendere qualcosa per fare colazione. Ieri sera non hai mangiato niente, avrai fame. Cappuccino e brioche?" domando, tentando un sorriso e una grinta che non sento. Lui sorride appena, assumendo un'ombra della consueta espressione scanzonata, riuscendo a rallegrarmi.
"Non fare la superiore, ragazzina: neanche tu hai cenato, e sei stata sveglia tutta la notte. L'ho capito sai, non mi freghi. Ma sì, cappuccino e brioche dovrebbero andare bene" aggiunse sorridendo. Io ricambio in pieno, finalmente capace di farlo, ed esco dalla stanza infilandomi il giaccone. Passando accanto al banco delle informazioni al piano terra, l'infermiera della notte prima mi sorride ed io la imito, ora che ci riesco, poi mi dirigo verso il bar accanto all'ospedale e faccio una vera e propria spesa, affrettandomi il più possibile. Al mio ritorno mi accorgo d'avere il cervello in stand-by. Non sto ancora pensando a niente. Nè sto provando qualcosa.
Sento solo vuoto.
"... quella ragazza là, guardi."
L'ultima frase dell'infermiera mi riscuote e mi volto in tempo per vedere Billy correre verso di me, l'espressione tesa e angosciata.
"Luna!" chiama, prima di abbracciarmi forte e lasciarmi il tempo di procedere al rallentatore ed elaborare la sua presenza.
"Billy..." sussurro, ricambiando la stretta e avvertendo incrinarsi quella effimera capacità di sorridere che avevo riacquistato. Anche io stavo dimenticandomi di dove sono. Del perchè soprattutto. Si stacca e mi fissa in volto con aria ansiosa.
"Dio, Luna, non sembri più tu..." sussurra. Gli si inumidiscono gli occhi e di nuovo mi stringe con forza, cullandomi quasi. Poso il mento sulla sua spalla e respiro piano, perchè se tentassi di farlo profondamente mi spezzerei in singhiozzi.
"Come sta?" domanda appena. Io scuoto il capo.
"Sta solo... lì. Non si sveglia. Non si sveglia, Billy" ripeto, mordendomi le labbra. Lui mi accarezza la schiena.
"Andrà tutto bene, piccola. Andrà tutto bene."
Annuisco appena, e mi separo, cercando di ricordarmi come si fa a sorridere. Lui fa lo stesso e mi segue su per le scale.
"Allora Dom è qui?" chiede.
"Come lo sai?" faccio io vagamente sorpresa, e lui indica il giaccone che indosso. E' di Dom. Ho dato a lui il mio la notte scorsa. Annuisco nuovamente.
"E' con Orlando. Io sono andata a prendere qualcosa da mangiare. Vieni" aggiungo, entrando nella stanza. Sussulto senza prevviso quando lo rivedo steso nel letto, incosciente. Ma mi riprendo abbastanza in fretta da non preoccupare nè Billy nè Dom, che si è alzato per salutare l'amico. Poso sul tavolino vicino al letto la busta di plastica con il cibo, e torno a sedermi.
"Dom, mangia qualcosa e vai a dormire, sei a pezzi. Luna, anche tu, resto io qui..."
Scuoto il capo seccamente, e Dom fa lo stesso.
"Lascia perdere, non lo farà."
Billy annuisce sospirando appena e si siede sulla sedia lasciata libera da Dom, che si appoggia al davanzale della finestra. Mangiamo in silenzio, finchè Billy non esclama:
"Metà mondo già lo sa, e l'altra metà lo saprà stamattina."
Lo guardiamo perplessi, poi attoniti. Lui annuisce, cupo:
"Sono le otto e mezza di mattina, e già da ieri notte la notizia circolava. Le edicole saranno prese d'assalto. Mentre ero in macchina, mi hanno chiamato Viggo ed Elij: lo avevano già saputo. D'altronde per loro è successo di primo pomeriggio, non di sera. Mi sono messo in contatto con l'agente di OB, ha detto che ci avrebbe provato lei ad evitare... ma purtroppo le foto sono foto."
"Che bastardi. Non aspettano che l'occasione di vendere, se ne fregano di tutto e tutti!" esclama rabbioso Dom, stringendo i pugni. Io taccio. Mi riesce difficile ingoiare il boccone. Billy mi guarda preoccupato.
"Sei così pallida, piccola."
"Sto bene."
Che bugiarda. Abbasso il sandwich e torno a guardare Orlando. Dom borbotta:
"Almeno, non sanno dove è stato portato. Anzi... vado a dire ai capisala di tacere, sarà meglio."
Si stira scrollando le spalle e massaggiandosi la fronte: "Non mi reggerò in piedi ancora a lungo."
Io sussurro: "Dom, vai a dormire. Sto bene. Ho da mangiare e da bere. Vai da Sam, così ti dà le chiavi di riserva e puoi andare a casa quando vuoi, invece che in ostello. Orlando sarebbe d'accordo, lo sai. Se c'è qualcosa ti chiamo, promesso."
Mi guarda desolato: "Non mi va di lasciarti sola."
Billy sorride appena: "E io chi sono, uno spettro?".
Dom sorride e mi si avvicina baciandomi sulla testa con delicatezza, poi fa un cenno a Billy ed esce. Silenzio. Bip.
"Mi dispiace che tu abbia..." comincio, ma Billy mi ferma alzando una mano.
"Non pensarci. Cerca di rimetterti in sesto, invece. Più tardi farò il possibile per contattare tutti gli addetti stampa con cui abbiamo buoni rapporti, in modo da limitare questa cosa."
"Grazie. Scommetto che te ne sarà grato."
Mi guarda confuso ed io aggiungo: "Orlando. Quando si sveglierà."
Mi lancia un'occhiata indefinibile, ma annuisce, seriamente.
"Sì. Sì, hai ragione. Si sveglierà."

Trascorrono le ore, una dietro l'altra. Billy, Dom, Sam, Sonia, i loro volti prendono a vorticare intorno a me, unico punto fisso di questo strano universo lugubre.
Quando arrivano e quando se ne vanno, le due donne mi abbracciano; gli uomini invece mi sfiorano le guance o i capelli con un bacio, e si avvicinano o si allontanano, a turno. Io non mi muovo. Io resto qui. Sam mi ha portato una borsa in cui ha raccolto alcuni miei indumenti ed il necessario per cambiarmi e lavarmi. L'ho guardata così intensamente quando me l'ha data, che lei mi ha stretto forte la mano, sorridendo attraverso gli occhi lucidi. Nella stanza c'è un bagno, anche se piccolo. Mi allontano solo per cambiarmi e rinfrescarmi, e poi riprendo posto nella poltrona. In un certo momento, vedendomi tamponare i capelli umidi con un asciugamano, Sonia me lo ha chiesto:
"Tesoro, perchè non vai a casa? Ti riposi un paio d'ore, ti distrai... Puoi prendere la macchina, così non ti riconosce nessuno."
Le foto hanno fatto il giro del web. Ma francamente non mi tange. Io sono chiusa in una bolla di sapone molto fragile.
Ho scosso il capo, declinando la gentile offerta.
"No, signora, ma la ringrazio dell'offerta. Però non posso. Gliel'ho promesso."
Mi ha guardata senza capire, ed io ho aggiunto:
"Gli avevo promesso che sarei rimasta al suo fianco. Che mi sarei presa cura di lui. Non posso fare altro, adesso, che stare qui."
Sam mi ha guardata mordendosi il labbro e stringendomi le spalle, Sonia si è asciugata gli occhi tentando un sorriso, annuendo.
Le ore si trascinano senza ostacoli. Mattino, giorno, sera, notte. Alba, tramonto, stelle. Ma non c'è la luna. Si è nascosta a piangere, anche lei.
Solo l'imbrunire e lo schiarirsi del cielo alla finestra mi fa capire quanto tempo effettivamente passi. Un giorno. Due giorni. Nessun cambiamento. Nessuna novità.
Linda mi manda messaggi su messaggi per sapere come sto, allarmata dal mio stato quasi catatonico quando rispondo alle chiamate che lei e i miei mi fanno. A poco a poco vedo crollare la speranza sui volti di chi mi circonda. Medici, infermiere, amici, famigliari. Solo io mantengo il guizzo che mi fa alzare gli occhi in attesa trepidante, quando si avvicinano al letto per leggere le analisi. Ma la mia fiducia comincia a vacillare, quando scuotono il capo impotenti. In due giorni ho dormito su una poltrona per forse tre ore a notte. E solo a intervalli. Ho paura di perdermi un suo sospiro. Un suo cenno. Di non rispondere, se mi chiama. E di non dargli abbastanza energia e forza vitale.

"Dov'è la stanza di Orlando Bloom?"
"Lei è una famigliare di qualche paziente, Miss?"
"Sono un'amica, una collega... mi dica dov'è, per favore. Lo so che è ricoverato qui, siete l'unico ospedale cui non l'ho chiesto!"
"Spiacente, Miss, non mi è permesso divulgare notizie vere o false su..."
Ho riconosciuto la voce, che ha penetrato il mio stand-by. L'avevo riconosciuta prima ancora che chiedesse della stanza in cui vivo da tre giorni interi. Alzo la testa e mi avvicino.
"Lasci, Mrs Hill. La signorina è un'amica."
L'infermiera anziana con cui ormai sono in confidenza mi sorride comprensiva e annuisce. Io ricambio appena e mi volto a fissare la ragazza dai lunghi capelli bruni e gli occhi castani, che mi rivolge un'occhiata preoccupata. Sposto la busta di plastica dalla destra alla sinistra e le tendo la mano:
"Ciao, Keira. Io mi chiamo Luna."
Strano come in certi frangenti tutto sembri naturale. Chiamare per nome qualcuno che non credevi neppure di poter mai incontrare. Niente battiti, niente entusiasmo. Solo due persone che senza saperlo si conoscono e condividono lo stesso pensiero, la stessa ansia.
Keira infatti mi riconosce, lo vedo dal suo sguardo, e subito mi stringe la mano con calore, l'aria tesa e nervosa:
"Tu sei...?"
"Sì. Vieni. E' al secondo piano."
Non sonono proprio le parole che credevo di poterle rivolgere, un giorno. Ma tutto l'ultimo atto della mia vita non ha niente di verosimile.
Ci avviamo verso l'ascensore e sento dei passi risuonare dietro di noi. Mi volto e noto un ragazzo alto e dalla carnagione chiara, gli occhi blu ed i capelli scuri, che ricambia il mio sguardo, con espressione gentile. Keira esclama, intimidita:
"Perdonami, lui è Rupert. Mi ha accompagnata qui."
"Oh. Sì, è vero: Rupert. Scusami. Sono Luna" faccio io, tendendogli la mano, che lui stringe amichevolmente, trattenendola un poco. Un'amante di Jane Austen che si ritrova davanti Elizabeth Bennet e Mr Wickham. E non riesco a provare niente. Sono uno zombie.
"Non preoccuparti affatto, Luna. Perdonami tu, piuttosto. Vorrei dirti che è un piacere, ma..." diventa serio, chinando lo sguardo. Gli sorrido appena:
"Grazie. Anche per me, comunque sia."
Lui ricambia il mio tentativo con un sorriso dolce, e poi guarda Keira:
"Ti aspetto qui, così evitiamo di dare nell'occhio."
Lei annuisce ed entriamo nell'ascensore. Premo il bottone e prima che le porte si chiudano faccio in tempo a salutare Rupert con la mano, e lui ricambia. Keira mi guarda, avvilita:
"Ti ho riconosciuta dalle foto. Mi dispiace conoscerti così... non starò molto, non voglio infastidirti..."
"No, stai scherzando? Mi fa piacere, invece. Resta quanto vuoi. E sono contenta di vederti. Sono una tua ammiratrice, tra l'altro."
Sorride rasserenandosi, ma l'espressione torna subito tormentata.
"Come sta?"
Mi sforzo di rispondere, ma a lei basta un'occhiata al mio viso. China il suo, impotente:
"E' stato un vero colpo, quando... Non ci credevo. Oh, Dio, io... Mi dispiace, non... tu stai vivendo la situazione con un rapporto ben diverso, ed io qui invado solo un dolore privato."
La guardo e mi sblocco, uscendo dalla catatonia per la prima volta in tre giorni. Questa ragazza non è stata obbligata da nessuno a venire qui. Orlando è suo amico. Lo ha fatto perchè è preoccupata quanto noi.
"Keira... lasciami ricominciare, ti prego, perchè devo chiederti scusa."
Mi guarda confusa, interrogativamente. Io riprendo, frenando il groppo che ho in gola.
"Io conosco il tuo nome, com'è ovvio che sia per una che adora Pride and Prejudice e Atonement. Ho visto ogni tuo singolo film, al cinema o in dvd. Ma non ti ho neppure chiesto se ti va bene farti chiamare con confidenza da una che neanche conosci. E tu invece hai cercato in ogni ospedale di Londra di trovare Orlando e sapere come sta."
Ricaccio indietro lacrime e singhiozzi, non ce la faccio a fissarla perchè temo di scoppiare a piangere.
"Perciò, per favore, fai finta di ignorare la mia maleducazione e le mie frasi sconnesse. La verità è che sono a malapena cosciente di quello che mi accade, ma ho ancora abbastanza lucidità per dirti che no, non devi scusarti di niente, che sì, devi restare finchè vuoi. E no, non invadi nulla di privato, perchè se gli vuoi bene, questo posto è aperto per te quanto per me. E se sei passata da un ospedale all'altro solo per vederlo, vuol dire che gliene vuoi. E a me personalmente non occorre altro."
Le sorrido, tormentando i muscoli del mio viso per farlo:
"Sono davvero, davvero contenta che tu sia venuta. E' solo... che non riesco a dimostrarlo."
Keira mi guarda con gli occhi lucidissimi, e annuisce sorridendomi tristemente, mentre con un braccio mi cinge la schiena e posa l'altra mano sulla mia spalla, con affetto e premura, che posso quasi toccare. Restiamo in silenzio finchè le porte non si aprono; mi avvio verso la stanza seguita dalla ragazza che non smette di sostenermi con il braccio. Devo seriamente avere un'aria spettrale e fragile.
"E' qui" mormoro piano, entrando. Keira si morde il labbro inferiore facendo capolino nella stanza e avanzando di qualche passo. La temperatura è calda, mi tolgo il giaccone e lo poso accanto a quello di Dom, mettendo la busta sul tavolino. Mi volto verso Keira, che con aria smarrita e affranta fissa Orlando dormire. Mi lancia un'occhiata implorante, come se potessi fare qualcosa solo schioccando le dita.
"Siediti pure" le indico la poltrona. In quel momento Dom esce dal bagno asciugandosi il viso. Ha gli occhi rossi e gonfi di stanchezza e lacrime trattenute. Mi sorride tuttavia coraggiosamente, vedendomi, e notando una terza presenza, la scruta prima di riconoscerla, sorpreso.
"Keira, Dominic. Dom, lei è Keira."
I due si stringono la mano sorridendo appena, cordialmente, ed io mi perdo nuovamente nei miei pensieri. Stacco la mente come ho imparato a fare da tre lugubri giorni. Stand-by completo. Ogni tanto qualche frase mi raggiunge, mentre fisso il volto del mio angelo.
"... Sì, la notizia è corsa ovunque. Geoffrey non ci voleva credere. Gli si è affezionato sul set di Ned Kelly, tanto da proporlo lui stesso a Gore per Will Turner..."
"... Anche Viggo e Elij chiamano appena possono, io e Billy fortunatamente siamo qui, ma gli altri non..."
Mi rifugio in un ricordo assolato e fragrante d'ottobre, nel suono del vento tra le foglie, il latrato d'un cane, una voce angelica che mi chiedeva se stavo bene. La sua mano attorno alla mia, i suoi occhi fissi nei miei, quello splendido colore caldo e dolce che di notte ardeva d'amore e passione nell'avermi, sua. Io, totalmente sua...
"... Preoccupati e tremendamente in ansia. Ma i medici, che cosa sanno dire a proposito?"
"Niente. Solo che c'è da sperare che si svegli presto da solo. Più tempo passa, meno... meno..." a Dom si spezza la voce. Il volto di Keira si pietrifica.
"Vorrei poter fare qualcosa. Qualsiasi cosa" sussurra turbata.
Dom annuisce. Io respiro appena: tornare da un viaggio nei ricordi così fiabeschi in un presente così raccapricciante mi ha spezzata. Keira mi si avvicina tendendomi un biglietto rettangolare su cui a mano sono stati scritti dei numeri.
"Luna, questo... questo numero lo hanno solo poche persone, ma vorrei che lo avessi tu. Per... per avvertirmi, sai... se dovessero esserci novità..."
Mormora appena, come se stesse scusandosi di questo gesto che invece è così gentile. Mi guarda con dolcezza e amarezza assieme:
"Se posso fare qualche cosa, esserti di aiuto in ogni modo, per favore, ci tengo a saperlo... perciò ecco, chiamami, anche a qualsiasi ora, va bene? Davvero."
Io prendo il biglietto e le sorrido con tutta la gratitudine che riesco a racimolare, e di nuovo sento un groppo in gola più raschiante, più crudele dell'altro.
"Io... grazie, Keira. Grazie davvero. E da parte mia, ringrazia anche Rupert. Appena si sveglia, dirò a Orlando che sei passata a trovarlo: sarà contento di saperlo."
Dom si volta verso la finestra appoggiando le braccia tese al davanzale, e abbassando il capo per nascondere il viso. Le sue spalle sussultano. Keira mi fissa negli occhi, finchè le lacrime che li colmano non cominciano a rigarle il viso chiaro. Mi abbraccia forte, più forte, e mi tiene stretta a lungo, singhiozzando silenziosamente.
E in quel momento mi ricordo che anche lei è una ragazza come me. Semplice, tranquilla, non è diversa da Leah e Cynthia.
Che proprio come me è innamorata. E che soffre anche per me, oltre che per il suo amico, disteso incosciente su quel letto, perchè comprende fino in fondo il mio abisso di dolore. Mi lascio andare poco a poco, e sento gocce calde scivolarmi lungo il viso freddo. Tre giorni. Sono trascorsi tre giorni. 72 ore di silenzio. Ed ogni ora che passa trascina il mio amore via con sè. E con esso, la mia vita, a frammenti e schegge infrante.







Eccomi qui.
Sì, praticamente posto i capitoli peggiori tutti di fila, così fanno meno male.
Non è vero. Mi sbranerei per ciò che ho scritto.
Mi detesto. Perchè stavolta vi ho colpite in modo diverso, e mi dispiace tantissimo.
Ma abbiate fede...
< scorre la listona >
Cecy: bentornataaaa!!! Che gioia sentirti su msn, finalmente!!! E che bello rileggerti!!! Non vedevo l'ora, giuro. Carissima bimba. Ti sei letta 16 capitoli di fila impiegando sette ore preziose del tuo tempo. Penso che non potrei mai ringraziarti abbastanza. No, penso che neppure potrei anche solo provare a credere di farlo. E' semplicemente troppo. Io... grazie. Grazie di cuore.
Mihi: tu hai un sacco di talento, gioia mia. Ma tanto proprio. Non ne hai un'idea. Solo che non ne sei convinta. Ma in assoluto non penso proprio di poterti insegnare qualcosa. E grazie, grazie, mille volte grazie dei complimenti, di essere sempre pronta a leggere e elogiare la mia storia. ç.ç Sono commossa, ma già lo sai. T'attendo a Londra, ma anche questo già lo sai. Prenotiamo un bus tutto per noi XD Grazie, grazie davvero. Mi ripeto, sono noiossima XD
Sarè: conta che mi sono sentita in colpa due ore di fila sapendolo. Per questo corro a postare, così avvicino la fine e tu ti rassereni. Piccola fantastica Sarè. Sempre pronta a sostenermi e incoraggiarmi, sempre lì, sempre attenta. Oh, fammi sapere se ti serve Sidi, domani. O se ti servo io: sono una bestia molto più cattiva XD
Lety: *.* *.* sono... commossa... all'infinito. No, di più. Carissima. Tu mi apri il cuore con queste parole. Certo, certo che puoi farlo... anzi, io sono onoratissima del pensiero, ma davvero, non so esprimermi... sono completamente muta. Grazie. Grazie di cuore, tesoro. Di tutto quanto.
Chiara: ehilà bimba!!! L'avevo promesso, perdonami se è giunto tardi! Problemi al pc <.< Farò il possibile per l'happy ending, I swear. Grazie di ogni singola cosa, a partire dalle mail per finire alle chattate su msn! Grazie!!!
Stelly: Oddio, ma ho causato una strage con questi due capitoli ç.ç Non posso far piangere le mie bimbe così. Mi sento un ammasso di perfidia. Carissima, scusami per le lacrime, e grazie, grazie infinite di tutto quanto, soprattutto di avercele versate. Ogni lacrima vale una gemma, tesoro. Grazie di avermela donata.
Bebe: faccio il possibile cara!!! Ma anche la fanfic attraversa la convalescenza. Però oggi son stata brava, dopotutto, tre capitoli in 24 ore vanno bene, no? No? Di più? Ok: domattina ne posto un altro. Più bello. Più buono. Promesso. Grazie, cara, grazie sul serio.
Elena: accetto la stecca di cioccolata alla faccia dei chili!!! Lancia lancia, la afferro! Grazie, grazie cara! *.*
Claudia: tesoro, ma grazie a te di essertela scorsa tutta così! O.o Grazie, grazie davvero, è importante per me, non sai quanto! Giuro! Sono felicissima che ti piaccia, seriamente, sono contenta e onorata ed esultante!!! Grazie infinite!!! *.* Me commossa!
Krisma: ricambio abbraccio e bacio, mandandotene a sacchi pieni, e ringrazio infinitamente di tutti i complimenti, carissima! Sono veramente colpita e contenta, nonché euforica, per il fatto che ti piaccia! *.* Grazie!!!!!!!!!
Jenny: Ci sono i fotografi, ci sono, sono sempre in giro a fotografare invece di aiutare la gente, paparazzi infami XD Grazie del commento! ^.^

La verità è che senza di voi non esisterebbe niente di quello che scrivo, come ho detto a Cecy oggi.
Francamente se vi do qualcosa è perchè voi mi restituite il triplo senza nemmeno saperlo.
Avessi una sacrosanta bacchetta magica...
Un bacione assonnatissimo e onorato all'ennesima potenza, tesori miei.
GRAZIE.

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Capitolo 34
*** ... And you were just... there. ***


Nel mio silenzio resterò
E finchè respiro non avrò
Ti aspetterò io sarò qui se tornerai
E poi sarai
Davanti a tutto tu
Combatterò per dirti che io credo in noi
Perchè per me lo sai sei musica nell'anima
E insieme a te non cadrò non cadrò
E'per te che non mi stanco un attimo di vivere
Comunque andrà dentro di me tu vivrai
E suonerai
[Paolo Meneguzzi - Musica]



Quando Billy entra nella stanza ed io alzo lo sguardo su di lui, resta atterrito.
"Luna... Luna, Dio mio..."
Mi raggiunge prendendomi le mani e stringendole forte. Il mio corpo reagisce come se fosse di pezza.
"Santo cielo, sei gelida! Luna, Luna, per favore, fallo per me, vai a casa. Non restare qui, ti sta uccidendo. Ti accompagno io, o se preferisci lo farà Dom, ma ti prego, torna a casa."
Non si può. Se mi accompagna Billy, Orlando resta solo. Dom è distrutto, starà dormendo con Sam e Sonia, povero ragazzo. Ed io non ho una casa dove tornare. Quasi tutti gli inglesi hanno un quadretto sul portico che recita: "Home is where the heart is".
Il mio è qui. Come il mio amore, colui per cui batte. Lo osservo, obbligando le mie palpebre a non chiudersi e a restare fermamente aperte. Bruciano: non m'interessa.
Pallido, con i capelli sparsi sul cuscino ed il respiro appena accennato che gli fa muovere il petto, eccolo, il mio amore. Quegli occhi chiusi che mi pugnalano lentamente, affondando nella mia carne sanguinante. Quelle labbra serrate. Ed il bip costante, cinico e indifferente delle macchine. Rivolgo a Billy uno sguardo vacuo. Lui mi fissa preoccupato. No, di più. Spaventato.
"Dom, dille qualcosa, guardala!" esclama rivolgendosi all'amico. Dom resta in silenzio scuotendo appena il capo, la mano sugli occhi.
"Che cosa posso dirle?" domanda piano.
Oh. Credevo dormisse. Ero convinta fosse andato a casa. Non importa, comunque. Torno a guardare Orlando e a perdermi nei ricordi del mio compleanno.
"Qualsiasi cosa, dannazione!"
La libreria, la festa, il suo "Ti amo" sussurrato alle spalle... il mio desiderio esaudito... le sue braccia attorno al mio corpo, il suo profumo.
"Neppure si è accorta che sono arrivato mezz'ora fa."
Da quanto non sento il suo cuore battere contro il mio? Da quanto non mi guarda con le sue stupende iridi color cioccolato?
"Luna, da quanto non ti vedi allo specchio?" mi interrompe la voce di Billy, cercando di suonare ragionevole. Non distolgo lo sguardo, ma i pensieri si sono dispersi. Perchè si ostinano a fermarli, a bloccarmi, quando mi ci immergo?
"Ho fatto il bagno stamattina nella doccia" afferma una voce atona e spenta, che suppongo sia la mia, ma che non riconosco affatto. Lui sospira affranto:
"Sì, ma ti sei vista nello specchio?" insiste. Ottiene di farmi alzare gli occhi e fissarli nei suoi. La bocca che si muove è la mia, ne sono vagamente consapevole.
"Non capisco. Che devo rispondere?"
Billy sussulta alla domanda. Dom abbassa la mano e guarda entrambi con espressione assieme accorata e stanca.
"... Luna..."
Billy mormora il mio nome come se non ci credesse, poi afferra dal tavolino lo specchietto da viaggio che Sam mi aveva messo in borsa, e me lo porge davanti al viso. Ci lancio un'occhiata e per la prima volta provo qualcosa di diverso dal nulla. Infatti rabbrividisco: una ragazza, pallida molto più della neve fresca, il viso segnato da chissà quale tremendo trauma e sofferenza, con occhiaie profonde e nere sotto gli occhi arrossati e lucidi, ricambia il mio sguardo con espressione totalmente priva di emozioni. Questa creatura è un involucro: non c'è un'anima, al suo interno. Non è possibile che ce l'abbia, presumo guardandola. Le sue labbra biancastre tremano appena nel muoversi come le mie. Ma io non posso occuparmi di lei. Mi dispiace, ma devo pensare al mio angelo.
"Non puoi pensare a lui se non curi te stessa, Luna."
Ruoto gli occhi su Billy, confusa: mi ha letto nella mente, o senza saperlo ho pronunciato ad alta voce i miei pensieri? Da qualche parte mi ricordo di una cosa vaga, effimera... che cos'è...?
"Tu non hai solo il mio cuore. Tu sei di fatto la mia vita, amore mio."
"Allora devo avere molta cura di me se voglio averne di te, piccola Luna."
Sento irrigidirsi i miei nervi. Qualunque cosa io abbia dentro di me, si muta in pietra.
"Non mi serve."
"Che cosa?" chiede Billy, senza capire. Articolare una frase mi è difficile. La gola sembra graffiarsi e la voce è marmorea.
"Non mi serve preoccuparmi per me se lui è qui. Sono già come lui."
I due mi guardano con aria completamente smarrita, sconvolti. Possibile che non capiscano?
"Voleva prendersi cura di me. Doveva farlo curando se stesso. Invece E'. In. Coma."
Le tre parole mi escono a scatti. Qualcuno mi sta straziando l'anima con zanne fameliche. Eppure è così semplice il concetto. Avere cura della propria vita per proteggere la mia. La sua vita è appesa ad un filo. Di conseguenza, come sperano che io mi salvi, se lui cade? Il mio corpo torna mummificato, così come i miei sensi. Solo gli occhi si muovono seguendo il profilo di quel volto che non dà segno di vivacità. Ritorno nella mia fragile bolla di sapone, ignorando il mondo.


"... devo andare, Luna."
Annuisco appena, a malapena cosciente di chi abbia pronunciato la frase, e sento due labbra tiepide posarsi sulla mia fronte.
"Ciao Billy."
Billy mi accarezza i capelli, affranto ed esce accompagnato da Dom. Ormai nessuno più, nè Sam, nè Dom, nè Billy, tanto meno le infermiere, osano dire "Se ci sono novità...". Mi allungo appena dalla poltrona verso il letto. Quando è passata Keira? Una settimana fa? Ieri? E Linda, ha chiamato stamani o il mese scorso? Dove sono tutti? Dove sono io? Dei passi risuonano alle mie spalle.
"Luna, non dovrebbe far preoccupare i suoi amici così."
Oh, il dottore. Mi volto appena e lo vedo chiaramente contrarre il volto. Mi si avvicina in fretta e mi prende una delle due mani di pezza che ho abbandonate sui braccioli.
"Sta rischiando un collasso, lo sa?" domanda severamente. La mia testa va giù e su, perciò credo di assentire, anche se le sue parole non mi toccano affatto. Annuisco a comando, di recente. Mi guarda allarmato.
"Dovrei farla portare via a forza, in queste condizioni."
La mia mano libera si aggrappa con spasmo al bracciolo della poltrona, ma il resto del mio corpo non si muove, i miei occhi restano fissi sul viso del dottore. Che assume un'espressione sconsolata, sospirando profondamente, e si siede sulla sedia accanto a me.
"Non abbia paura, la lascio qui. Almeno dà ancora segno di capire cosa le viene detto. Talvolta potremmo confonderla con il resto della mobilia."
Se è una critica non mi tange, dottore.
"Sa che si trova qui da cinque giorni interi?"
Ah. No. Non ho tenuto il conto... cinque giorni? Che data è?
"E che quasi non chiude occhio da quattro, lo sa?"
Cinque giorni... non ho sonno, tutto qui... cinque giorni... cosa c'è che mi sfugge...
"Sta rischiando un crollo molto serio, Luna. Rischia di essere ricoverata anche lei se non si concede una pausa."
Cinque giorni... nove, dieci, undici, dodici, tredici... Tredici.
"Sa bene che non serve a niente."
L'impatto delle due nozioni mi travolge come una valanga di pietre. Lo guardo sgomenta. Lui annuisce.
"Che lei si riduca a un fantoccio privo di vitalità, non è utile a nessuno. Meno che mai al suo fidanzato."
"Oggi è il Tredici, dottore?" domando.
Mi guarda sbigottito, privato di una connessione logica. Non provo neanche a combattere contro le lacrime che cominciano a solcarmi il viso bruciandolo, mentre fisso i suoi occhi azzurri ed il petto mi si squarcia in singhiozzi. Il Tredici gennaio. Mille mani demoniache mi graffiano il cuore cercando di attirarlo giù, nell'abisso nero da cui provengono. Il medico annuisce, confuso.
"Sì, Luna. E' il tredici. Domenica tredici genn... Che cosa ha? Si sente male?", esclama allarmato, e afferra nuovamente il mio polso; mi posa una mano sul viso all'altezza del collo. Scuoto il capo, tremando da capo a piedi, i nervi tesi che fanno male, i battiti del mio cuore che si rincorrono senza sosta.
"E'... è... è..." dannazione, non riesco a dirlo senza sussultare e mordermi le labbra. Mi ferma tenendomi per le spalle.
"Che cosa, Luna?" scandisce scrutandomi.
"... il suo compleanno."
Nascondo il viso tra le mani e libero quel maledetto groppo che ho in gola, sciogliendolo in pianto. Il dottore continua a tenermi le mani sulle spalle, con dolcezza. Dall'esterno vedo la scena di un bambino che dopo aver rotto a metà un vaso cerca di ricompattarlo facendo combaciare i due lati. Ma per i vasi esistono colle speciali. Io non ho alcun adesivo capace di mantenere congiunti i miei frammenti.
"Non so che cosa fare... non so come svegliarlo, dottore... che cosa faccio... che cosa posso fare..." ripeto tra singulti e lacrime feroci. Lui mi cinge le spalle paterno, cullandomi appena.
"Dipende tutto da lui, Luna. Non si distrugga così. Deve farsi forza."
Un'energia nuova mi divampa nelle vene, ed il mio sangue di botto ricomincia a fluire con furia: un sentimento rabbioso. Collera. Ira cieca e incontrollata.
"Sono cinque giorni che non si muove, che non mi parla... lei non ha un'idea di quello che mi attraversa, dottore. Non resisto più. A volte vorrei scrollarlo e gridargli che è un egoista a farmi questo, a me, ai suoi cari, a tutti quelli che lo amano tanto... vorrei urlargli contro e costringerlo ad alzarsi, ma lui non sentirebbe niente. Non sente niente."
Avverto un minimo sollievo dopo questa confessione, ma questa frustrazione non mi lascia, anzi mi si aggrappa con cattiveria al corpo e alla mente. Il dottore mi batte la mano sulla schiena, piano, a intervalli.
"Non è così, Luna. Io sono convinto che senta benissimo."
La serietà con cui pronuncia questa frase ferma temporaneamente il corso delle mie lacrime. Alzo il capo e lo guardo. Lui annuisce.
"Sa che tante persone, quando si svegliano, ricordano ogni cosa di quel che è accaduto mentre dormivano? Non lo sappiamo per certo, ma secondo me, se lei gli parlasse, lui la ascolterebbe. E almeno, lei ascolterebbe se stessa. Perchè mi perdoni se oso dirlo, ma credo che in questi giorni lei non abbia fatto altro che annullarsi, ferendosi da sola. Deve reagire, se tiene a riportarlo qui. Deve trovare il tempo di cercarsi e riunirsi a sè, prima di aiutare chiunque altro. Mi creda."
C'è una logica in tutto questo, una ragione disarmante che mi cambia prospettiva. Billy ha ragione? Se guarisco io, guarisce anche lui? Se non fosse solo lui ad avere la mia vita, ma io, ad avere la sua?
"Ma... non voglio lasciarlo solo."
Il dottore sorride appena, osservandomi come se fossi una bambina. Mi sento una bambina.
"Non ho detto che deve. Ma potrebbe uscire dall'ospedale e respirare un pò d'aria fresca. Concentrarsi su cosa deve fare, e poi tornare qui. E parlargli. Come se lo vedesse per la prima volta dall'incidente. Prima però deve scrollarsi di dosso l'aria tetra della clinica. E le assicuro che nel frattempo resto io qui. Bastano cinque minuti. Va bene?"
Annuisco. Non mi alzo con facilità. Ci sto mettendo diversi secondi. La testa mi gira vorticosamente, le gambe non fanno il loro dovere. Il dottore mi sostiene aiutandomi.
"Ce la faccio. Davvero."
Annuisce scettico ma mi lascia andare. Arrivo fino alla porta e riesco a camminare quasi normalmente. Mi volto un'ultima volta e lui mi fa un cenno di incoraggiamento, un sorriso affettuoso da padre. Lo ricambio appena e mi incammino lungo il corridoio bianco e lustro. L'infermiera giovane che passa spesso a controllare sia me che Orlando, quella che aveva portato la poltroncina il primo giorno, vedendomi passare mi lancia un'occhiata appena, per non dare l'impressione di studiarmi. Ma la sento seguirmi, con circospezione. Altre mi guardano passare, seguendo i miei movimenti fino all'ascensore. Tutti conoscono la storia della ragazza fantasma della stanza al secondo piano. Le porte dell'ascensore si chiudono dietro le mie spalle. Mi appoggio alla parete liscia, singhiozzando. Sono trascorsi forse trenta secondi e già vorrei tornare indietro. Ma non solo nella camera dove riposa lui. Voglio tornare indietro nel tempo, indietro alla mia vita. Alla sua. Alla vita che condividevamo insieme, quando la mattina mi ritrovavo tra le sue braccia, nel suo profumo, e lui aprendo gli occhi mi cercava prima ancora di svegliarsi del tutto.
Come posso vivere senza di lui? Come posso solo respirare, se se ne va? Come potrò mai, mai sopravvivere? Mi copro il viso con le mani, trafitta dalle più lugubri delle domande. Mi sento toccare la spalla da una mano gentile. Abbasso le braccia e vedo tra le lacrime Mrs Hill, che mi sorride appena, prendendomi per mano e portandomi fuori dall'ascensore, fino alla porta.
"Prendi un pò d'aria, cara. C'è un bel cielo, si vedono già le stelle, anche se il tramonto è appena passato."
"C'è stato... c'è stato il raggio verde?" domando con una speranza infantile. Lei mi guarda confusa, non capendo. La interpreto come una risposta negativa.
Nessun ritorno dall'Aldilà? Ha vinto Davy Jones, Will non torna più? Sauron ha sconfitto Legolas? Mi sono persa lungo la 60 B e non ho un cellulare con cui chiamare aiuto? Non c'è nessuno che combatta una crociata per me? Esco e l'aria gelida mi avvolge in maniera quasi delicata, come a darmi il bentornata. L'aspiro profondamente, lasciando congelare le gocce sul mio viso, ed alzo gli occhi al cielo. E' ancora vagamente colorato di rosso, ma il nero avanza. E qui e là, qualche stella brilla timidamente. Perchè non ha preso fuoco l'universo assieme alla mia anima? Perchè le cose scorrono come se nulla fosse accaduto? Susan Sarandon s'intrufola nella mia testa e scandisce una risposta:
"The car, the bank, the insurance man, the world, nobody truly cared. Not like us."
Mi piego su me stessa, cercando una lucidità esterna che non trovo. Non c'è niente da guardare dal di fuori. E' tutto dentro, che si comprime ed esplode, causando maelstrom e terremoti. Il mio corpo solo non ce la fa a trattenere queste catastrofi. Vorrei strapparmi il cuore. Ma nessun pirata lo proteggerebbe per me, chiuso in un forziere. Il mio forziere mi è stato rubato.


Torno nel corridoio e di nuovo percepisco occhiate sulla mia figura. Ignoro lo spettro che mi passa accanto quando supero uno specchio intero, e mi dirigo direttamente alla stanza centro del mio mondo. Il dottore si affaccia sulla soglia e mi scruta attentamente. Non faccio niente per nascondere la mia disperazione. Immagino si legga in ogni centimetro di pelle. Mi posa una mano sulla spalla uscendo, e accosta piano, senza rumore, la porta, lasciandomi sola con me stessa. Me e Orlando. Nient'altro.


Mi avvicino lentamente al suo letto, e avverto ogni mio passo rimbombarmi nel cuore, cavo, vuoto come una grotta, un bunker senza abitanti. Le mura mi si chiudono addosso; confronto il suo pallore con quel poco colore che mi è rimasto sul viso, il minimo indispensabile giusto per far capire a chi ci vede assieme che quella ancora cosciente sono io, e non lui, questo stupendo ragazzo che giace addormentato, in attesa di un bacio che lo risvegli. Un bacio che io non ho il potere di dargli, perchè non sortisce alcun effetto su questo sonno lugubre e aggressivo, che me lo porta via, poco a poco.

"Ciao, amore mio."

Un singhiozzo mi soffoca le parole, ma lo combatto, e mi siedo accanto al letto, gli prendo piano la mano e l'accarezzo con timore di fargli del male. Come se potesse accorgersene, invece di ignorare tutto quel che accade...

"Il dottore dice che devo parlarti, perchè puoi sentirmi. Dice... che devo tentare, dovrei anche se non fosse vero. Pensa che standoti vicina tu possa capire che ci sono, ed io lo so, lo so che lo capiresti... tu, che sei sempre così bravo a comprendere ogni mio pensiero..."

Una fitta lancinante al cuore mi spezza il respiro e le parole, e i singhiozzi mi lacerano, ma non intendo fermarmi.

"Scusami, non volevo piangere. Devo essere sicura, che tu mi senta, perciò non posso piangere, sai, perchè potresti confondere le mie parole..."

Mi blocco nuovamente. Non ci riesco. Fa troppo male. Ho troppa poca forza.
Fisso il suo petto che si alza e si abbassa piano, gli occhi ermeticamente chiusi, la maschera dell'ossigeno che si appanna appena, le mani abbandonate lungo i fianchi, senza forza, senza energia. Lui. Il fuoco della mia esistenza. L'uomo che amo. Debole e totalmente privo di impulsi.
Non è vero. Mi rifiuto. Non può essere. Non è lui, non esiste che un ragazzo così brioso, energico... Steso lì, davanti a me... Il bip delle macchine che potrebbe... interrompersi... in ogni istante. Il pensiero mi trapassa.
Potrebbe morire anche ora.
Un'esplosione di dolore, rabbia, disperazione e collera mi acceca, divampando nel mio cuore, inondandomi l'animo e le vene. Senza rendermene conto sto letteralmente ringhiando, mordendo ogni parola e le mie labbra per fermare il corso delle lacrime e dei singhiozzi, e di questa realtà, che non accetto, che odio, assassina e crudele.

"Dannazione, Orlando! Non ti azzardare ad andartene! Non puoi, mi capisci, non puoi! E' il tuo compleanno, mi senti, hai trentun anni oggi! Non ti permettere... non ti permettere... di lasciarci, amore mio, ti prego, ti supplico, resta qui... resta qui..."

Mi accascio sul letto stringendogli la mano, distrutta, affranta in ogni fibra del mio essere. Il suo compleanno. Nessuno mai dovrebbe trascorrere il compleanno in ospedale. Nessun Dio dovrebbe permettere a lui di passare questo giorno, o qualsiasi altro, in coma.

"Non lasciare me... per favore... Amore, tu non lo sai, tu non sai che cosa significa vivere con te... che cosa credevo fosse la vita e come mi sbagliavo, perchè me ne hai mostrata un'altra, una che adesso è la mia luce, il motivo per cui respiro... e se tu mi abbandoni, Orlando, a che mi serve, a che cosa serve vivere se non ci sei... tu... a spartire questa vita con me?"

Il flusso del pianto mi brucia gli occhi. Me li asciugo velocemente, e riprendo:

"So anche che mi diresti che sono una stupida. No, non lo faresti così: diresti che sbaglio, ecco. Che sbaglio perchè esattamente come vivevo prima potrei vivere adesso, o un domani, ma non è così... tu me lo diresti perchè sei un angelo, un angelo davvero, e hai più bontà tu, nel tuo cuore, di quanto ne abbia qualunque creatura. Tu vorresti farmi andare avanti, io lo so, ma non ci riuscirei, non senza di te. Ti prego, Orlando, ti supplico, lascia che sia egoista, per una volta, fammi essere cattiva e opportunista. Vivi. Devi farlo per me. Perchè se te ne vai, io non ci metterò molto a seguirti, a poco a poco, forse, senza avere la forza, perchè sono tanto codarda, di farlo da sola, ma mi uccideresti con la tua mancanza, e quindi morirei comunque. E io non posso pensare di morire ora che amo così tanto la vita. Quella vita che mi hai dato tu, e di cui non potrei mai, mai fare a meno... quella che mi rende ciò che sono, quella per cui sono venuta al mondo. Oh, lo so, se ci fossimo lasciati, sarebbe stato lo stesso dolore, ma è diverso, perchè se non mi vuoi io vado via, lo giuro, e muoio comunque, dentro di me, ma almeno so che sei vivo, che sei da qualche parte in questo mondo, che siamo sotto lo stesso cielo. E che potrei rivederti, un giorno... Ma se tu... mi lasci completamente... non è solo il mio spirito che uccidi, non soltanto la mia anima... tu mi strappi il cuore. Mi ami abbastanza da non farlo, amore mio, io lo so, perciò ti supplico, ti imploro... lotta..."

Taccio, sopraffatta dalla pena indicibile di un silenzio grave e cupo. Solo la mia voce risuona in questa stanza, ed il bip continuo delle macchine, che mi logora.

"Ho deciso di raccontarti una cosa, Orlando. Una cosa che già sai, perchè la condividi, ma voglio raccontartela da parte mia, dal mio punto di vista. Il 18 Ottobre arrivai qui, in Inghilterra, perchè volevo scappare da casa mia. Perchè amo la mia famiglia, ma non resistevo più. E così ho fatto: ho lasciato i miei genitori, mia sorella, in un momento particolare della sua vita, perchè ha gli esami, ed è una donna ormai, ed io non sono con lei... ma che sono stata cattiva, lo so. E Ramses non c'era più. Il mio adorato compagno di metà della mia vita, non c'era più. Non sopportavo la casa vuota al mattino, e me ne sono andata. Ho avuto un colloquio come assistente di volo, e l'ho superato bene, sai. Mi hanno accettata. Ma il corso doveva essere fatto qui, ed i miei non volevano sostenere la spesa, non potevano, scusami, mi sono sbagliata... dopo tanto tempo a Londra, mi sbaglio proprio adesso nell' usare i verbi. O forse voglio proteggere il fatto che avrebbero preferito avermi a casa a studiare, invece che qui. Scusami, sono maligna, ma ho deciso di raccontarti le cose come stanno, come le sento io, ed io ci ho pensato, a questa possibilità.
Quindi dovevo tornare a casa, il 23, sai, e allora decisi di vivere i giorni che mi restavano della permanenza qui come una vacanza. E il 21 Ottobre ho deciso di visitare i Kensington Gardens, perchè tu non lo sai, ma uno dei miei film preferiti è "Finding Neverland", sai, c'è Johnny che recita la parte di JM Barrie..."

Mi mordo le labbra a sangue. Chissà se Johnny sa di Orlando. Chissà se il mondo lo capisce. Se al mondo davvero non importa quanto a me, quanto a noi che lo amiamo così tanto, che lo sentiamo così vicino. Lui, che per noi è vitale. Che è vitale per me. Per la mia sussistenza. Per i miei polmoni, che si rifiutano di respirare, se soltanto lo guardo, steso in questo letto bianco e impietoso.

"E so che era stato scritto lì... in effetti, i giardini sono così splendidi, lo sai, lo credo che sia stato ispirato... io sono certa che le fate esistano, sai, perchè tu che sei un angelo sei reale, e allora, perchè dovrebbero mancare loro?"

Sorrido appena, persa nel ragionamento infantile e cancellando un'altra lacrima dal mento.

"Comunque, io ero lì, e cercavo quella statua, la statua del fanciullo eterno, ed ero arrabbiata anche, ma solo appena, perchè non la trovavo. Poi ho sentito un latrato e mi sono ritrovata a terra, abbrancata da un cane nero, grande e grosso, come il gatto di Sepùlveda, sai, Zorba... lo hai mai letto, quel libro? Te lo leggerò io se vuoi, così hai un motivo in più per svegliarti... ma ascoltami, adesso. Quando mi hai aiutata e ti ho riconosciuto ho creduto di impazzire, perchè io sapevo, sapevo chi eri, perchè amo Tolkien, e tu eri l'Elfo delle mie fantasie di quando ero più giovane, tu eri... il pirata indomito che accetta di passare dieci anni lontano da chi ama pur di avere l'opportunità di trascorrerci assieme un solo giorno... e lo so, che è un personaggio, ma tu sei così, lo so, lo faresti davvero, ne sono sicura... Ed invece in quel momento eri solo un ragazzo gentile e preoccupato a cui ho chiesto se avevo gli occhi cerchiati di rimmel, Dio mio, che figuraccia."

Sbuffo appena, incapace di ridere davvero, ma il ricordo mi incoraggia, mi sprona.

"Non ho ancora imparato come si dice quando hai gli occhi a panda, sai, ma non importa. Quando mi hai fissata negli occhi avvicinandoti mi son sentita morire, tu stavi solo notando che erano bicolore, io stavo già dandoti l'anima, senza che tu me la chiedessi. Poi... poi siamo stati insieme, ed io dopo me ne sono andata. Ero così felice e imbarazzata, d'averti visto, d'averti potuto sfiorare... non lo so come mai, ma forse perchè in quella mezz'ora avevi confermato di avere quell'anima che già mi piaceva tanto, e ho pensato che comunque ero stata fortunata, a due giorni dalla partenza, incontrarti così... Invece ho trovato questo annuncio di lavoro alla libreria, e ho deciso di provare, e ce l'ho fatta, e la sera aspettavo la chiamata, nel parco, ed ero così contenta che ho sorriso a quei tipi soprappensiero, e loro mi hanno inseguita, e stavo per farmi molto, molto male, ma tu mi hai salvato la vita.
Tu mi hai salvato la vita, Orlando, in così tanti modi, a partire da quella sera. Sei venuto da me, per aiutarmi a cercare una casa, e poi abbiamo cenato insieme, e mi hai baciata sulla guancia, e ancora arrossisco a pensarci, perchè ogni tuo gesto premuroso nei miei confronti non è scontato, è anzi una cosa per cui ti sono così grata...
Ti ho rivisto solo dopo una settimana, più o meno, e ti sei fermato a pranzare con me. E' stato un punto di svolta, perchè finalmente ho visto che eri un uomo, un ragazzo che amava, che soffriva, come ho sempre creduto, ma che quella patina dorata che la fama ti crea attorno non ti permette di vedere. Non sai perchè in metro io sono cambiata, non te ne sei accorto neppure, ma è stato così, un terremoto mi ha travolta. Mi avevi presa per mano, perchè non mi perdessi. Mi hai stretta a te quando dei ragazzi mi hanno spinta, e mi hai fermata prima che cadessi. Lo so che lo hai fatto di istinto, ma per me, che sono stata tradita, dilaniata più volte, quel semplice supporto è valso tantissimo. Ho avuto il coraggio di sfiorarti la guancia con le mie labbra, al teatro, in un semplice augurio, e tu invece hai capito quanto valeva, e hai voluto rivedermi, e quel pomeriggio mi sei entrato così profondamente, senza freni, nell'anima, attraverso i miei occhi, che ti ho fermato io, perchè ho avuto paura che tu me la strappassi, ed invece, sciocca ragazzina, non avevo capito che era lei a volersi strappare dalla gabbia fisica per raggiungerti. Orlando, è trascorso così tanto tempo, o così poco, agli occhi di chi ci ignora, che non so come raccontarti tutto. Avevo deciso di non vederti più, perchè il mio cuore non desiderava altro, e vivevo nel terrore di amare un sogno impossibile, un principe che non mi voleva. Ma quel giorno, di nuovo ai Kensington, sono stata io a volermi immolare. Valeva la pensa di distruggere una speranza così incredibile e superba pur di rivederti. E invece, tu mi hai attirata a te, sentendo i battiti del mio cuore, hai capito che eri tu che aspettavo, e non c'era la tua fama o la tua vita nel mezzo, ma solo me e il mio amore per te... e mi hai baciata."

Di nuovo crollo, e resto in silenzio ad asciugarmi le lacrime e a singhiozzare, placando poco a poco il rumore martellante del mio petto.

"Sono quasi morta quando te ne sei andato, e quando ho creduto che volessi lasciarmi, quella sera, a casa tua. Sono stata più felice che mai nel sapere che avevi deciso di presentarmi a Dom, uno dei tuoi migliori amici, un onore così grande, non capisci quanto. E sono rinata quando sei tornato, quando all'aeroporto ti ho visto guardarmi e aprire le braccia, perchè volevi che io ti stringessi a me. E' stato un momento stupendo, come tutti quelli che ho da allora passato con te. So che l'ho detto in modo confuso, ma voglio farti capire che cosa mi hai dato, che cosa mi hai fatto provare, in tutti i campi, a prescindere dalle date e dall'ordine cronologico. Sono precisa, sai, per questo lavoravo alla libreria.
La libreria... credevo di aver perso un mio mondo conquistato, quando è bruciata, ed invece ne stavo guadagnando uno nuovo, più bello, più elevato, assieme a te. Ad ogni modo... tornando indietro... quella prima notte, trascorsa insieme. Te la ricordi? Io avevo il pigiama di tua sorella... Orlando, anche Sam ti aspetta, devi tornare, perchè io parlo solo di me, ma ci sono Dom e Billy che sono disperati, e tua madre che mi ha lasciata stare qui e mi ha abbracciata come se mi conoscesse da sempre, e ci sono anche tantissime persone nel mondo che hanno bisogno di te... Viggo ha chiamato un sacco di volte e lo stesso Elij da quando lo hanno saputo da Dom, e c'è Geoffrey che è in pensiero come non mai, e Keira, tu non sai, è venuta qui con Rupert, neppure lo avevo riconosciuto, e mi ha stretta forte piangendo quando le ho detto che una volta sveglio l'avresti ringraziata... Devi tornare, Orlando... come io tornai da te quella prima sera, ed entrai in camera tua per darti la buonanotte. E tu invece mi facesti posto, invitandomi a sdraiarmi al tuo fianco, senza nessuna intenzione che non fosse quella di avermi vicina, dopo tanti giorni separati. Ed io lo capii, e accettai, e fui tua prima ancora di esserlo completamente, fisicamente, come poi è accaduto."

Non riesco a crederlo, ma sto arrossendo. O forse il dolore mi infuoca le guance senza colorarle.

"Non ci sarà mai nessuno capace di descrivere la notte del mio compleanno. Ho fatto l'amore per la prima volta con te, quella sera, ed è stato come farlo per la prima volta davvero. Tu mi volevi come ti volevo io, ma mi proteggevi nell'avermi, nel farmi tua del tutto, nonostante la passione ci divorasse. Solo io e te, pelle contro pelle, cuore contro cuore. E' stato magia, è stato una fiaba, ed è sempre stato così fin da allora. Non vedi, amore mio, quanto sei essenziale, per me? Quanto la mia vita sia stata inesorabilmente cambiata allo scoccare di quel momento in cui ti fissai negli occhi per la prima volta, e mi sciolsi, riconoscendoti?
Se solo potessi raccontarti frammento per frammento della mia vita con te, di ogni cosa che abbiamo vissuto contemporaneamente, di ogni tua frase perfetta, di ogni battito simultaneo, di ogni sguardo dolce e profondo, di tutto quello che sto perdendo da quando ho visto la luce abbandonare il tuo sguardo poco prima che i tuoi occhi si chiudessero..."

Scoppio a piangere, lacerata, strappata come carta straccia, stropicciata, graffiata, squartata da questo cupo male nero e opprimente che non mi lascia, non se ne va, non mi libera, non lo fa tornare da me.

"E alla fine di questo racconto distorto... tra tutti questi miei ricordi..." un singhiozzo mi blocca le parole, ma rifiuto di fermarmi e continuo, combattendo il dolore, "... tra tutte le memorie che ho di te, la prima, la più luminosa, quella che è stata il principio e che ha cambiato la mia vita per sempre... è il sole dei Kensington Gardens di quel giorno, mentre io, che ancora non ti conoscevo nè ti amavo, stavo cercando la statua di un bambino immortale, e tu eri lì..." stringo più forte la sua mano bagnandola di lacrime "... you were just... there."

Lo guardo, gli occhi chiusi immobili, il suono regolare delle macchine che misurano i suoi battiti, che io non posso sentire sotto le dita come potevo fare una volta... e tutta la disperazione del mondo mi crolla addosso come una cascata di sofferenza micidiale, in cui, travolta, annego.





Mi avete privata delle parole, bellissime, stupende comete del mio cielo.
Vi ho portato questo capitolo al più presto, spero vi piaccia.
E con esso vi regalo il mio cuore.
Siete il mio forziere.
Vi Voglio Bene.
Giulia

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Capitolo 35
*** Come promesso ***


There were nights when the wind was so cold
That my body froze in bed
If I just listened to it
Right outside the window
There were days when the sun was so cruel
That all the tears turned to dust
And I just knew my eyes were
Drying up forever
...
But when you touch me like this
And you hold me like that
I just have to admit
That it's all coming back to me
When I touch you like this
And I hold you like that
It's so hard to believe but
It's all coming back to me

[Celine Dion - It's all coming back to me]


La porta si apre con un lievissimo cigolìo. Sento dei passi dietro di me, ma non sollevo il viso dalla coperta, nè divido le mie dita dalle sue. Due mani si posano gentilmente sulle mie spalle.
"Luna...".
Non chiedermelo, non lo farò.
"Dovresti riposare davvero."
"Riposerò quando si sveglia."
Resta in silenzio per qualche secondo. Poi lo dice.
"Potrebbe volerci tempo. Diverso tempo ancora."
Si è arreso. Io voglio resistere.
"Allora significa soltanto che dormirò più tardi."
"Luna..."
"Per favore, Dom" sussurro, torturata. Lui tace, poi sospira appena. Mi bacia i capelli delicatamente.
"Va bene. Ma ti prego, Luna, mangia qualcosa. Tieni."
Mi lascia accanto alla poltrona, ai piedi del letto, una busta di carta trasparente.
"Devi essere in forze se vuoi donarne a lui."
Amico mio. Mio vero amico. Capisci tutto senza che te lo spieghi. Grazie.
Non riesco a dirlo perchè se apro bocca affondo nel pianto, ma lo guardo e lui annuisce, dedicandomi un leggero e affettuoso sorriso. Poi si allontana. Quando l'eco dei suoi passi scompare, mi volto nuovamente e poso piano anche l'altra mano su quella di Orlando. La circondo con le mie, e prego. Prego tutti gli Dèi in cui credo di lasciarlo vivere. Imploro che qualsiasi forza celeste ci sia, mi permetta di vedergli aprire gli occhi e sorridere ancora. Prometto la rinuncia al mio amore in cambio della sua vita. Senza, non avrebbe motivo di esistere. Io non avrei motivo di esistere. L'eventualità di un'amnesia non mi tange più. Prego, e basta.
"Che si dimentichi pure di me, di quello che è stato tra di noi, ma per favore, vi supplico... lasciatelo tornare qui, riportatemelo, e gli dirò addio per sempre, se dovrò, lo giuro, solo... solo fate che viva."
Gli occhi mi scivolano sul bracciale che indosso al polso. Mi lascio soccombere alla forza del dolore, e scivolo nell'incoscienza più oscura.

E' buio. Non vedo nulla. Non so dove mi trovo. Da qualche parte giungono dei suoni che non afferro.
Vagamente m'accorgo e apprezzo di trovarmi sul morbido. C'è del tepore. E' una tenebra accogliente. Profuma. Sa di lui.
Una morsa gelida al cuore. Lui. Che non risponde. Che giace nel letto. Dove è adesso? Dove sono io?
E vengo risucchiata via. La tenebra si allontana ed io scivolo lungo un tubo più chiaro.
No. Non voglio. Per favore. Voglio restare nel buio che me lo ricorda. Nel calore di prima.
"Luna..."
Non richiamarmi alla realtà, chiunque tu sia. Non la sopporto. Sto bene qui. Le brutte notizie non mi raggiungono, qui.
Le mie dita vengono toccate. Piano, delicatamente.
Con debolezza. Eppure decisione.
C'è luce adesso. Sono tornata. Non sento il mio cuore in petto. Non respiro. Ma devo svegliarmi per forza.
Apro appena gli occhi e alzo piano il viso. Mi sono addormentata sulle coperte. Lo sguardo lo cerca prima che possa fermarlo.
Trovo il suo viso. Calmo, sereno. Le labbra leggermente dischiuse. Le palpebre premute contro le guance.
Boccheggio intimamente, ma non muovo un muscolo. Avevo sperato di nuovo. Chiudo ancora gli occhi. Ridatemi il mio buio.
"Luna...". Chi è che me lo impedisce? Che me lo porta via?
Un altro tocco.
Le sue dita.
Spalanco gli occhi.
Le sue dita sfiorano le mie. Appena. Alzo lo sguardo tremando di terrore e speranza. Le sue labbra si muovono impercettibilmente.
"Luna...".
Lo fisso per secondi interminabili. Poi non riesco ad alzarmi. Sono scossa da brividi convulsi. Ma tengo abbastanza fermo il braccio allungandolo finchè le dita non gli accarezzano la guancia.
"I'm here."
L'ho appena esalato. Ma le sue palpebre vibrano leggermente, per poi alzarsi.
Mi ritrovo a guardare i suoi occhi. Gli occhi che temevo di non vedere più aperti. Scuri. Profondi. Vivi.
Il suo sguardo scopre il mio e ci si intreccia. Le mie labbra si piegano. Ricordano come sorridere. E allora sorrido, tra fiumi di lacrime che non si asciugano mai. Le lacrime più radiose che abbia mai versato.
"I'm here, my love. Waiting for you. As I promised. Remember?"
Nonostante i tubi e la stanchezza, la debolezza che gli ha afferrato le membra così a lungo, lo vedo distendere il viso. E ricambiare, impercettibilmente, il sorriso.
"... Sì."
Riesco ad alzarmi. Mi tengo al materasso per non cadere. Mi avvicino al suo viso chinandomi, e lo bacio sulla fronte.
"It's alright. Everything's alright. You're home, my angel. Hush now, and sleep. I won't let you go away. I promise."
Lui sorride, tenendomi appena la mano. Poi chiude gli occhi e riposa, come gli ho detto.
Rimango a guardarlo per un tempo infinito. Poi lentamente gli lascio le dita ed esco, chiudendomi la porta alle spalle. Mi nascondo il viso tra le mani, la schiena contro il muro, e scivolo giù fino a terra, senza forze.
"Luna!"
Dom. Abbasso di scatto le mani, inciampo per alzarmi e gli corro incontro, buttandomi contro le sue braccia aperte, e lo stringo forte, con rabbia, dolore, gioia, esultanza, e piango e rido e singhiozzo e sorrido, squassata.
Mi tiene ferma la testa contro la sua spalla: "What? What? What is it? What happened?"
"... He's just woken up."

Mi stacca da sè trattenendomi con le mani sulle mie guance e mi fissa, sconvolto di speranza e commozione.
"E' vero? E' sveglio? E' salvo? Ce l'ha fatta?! Ce l'ha fatta! Ce l'ha fatta!"
Gridiamo, ridiamo, ci abbracciamo tanto forte da farci male. Un'infermiera si avvicina e ci chiede di fare piano. Dom la guarda senza nemmeno averla sentita:
"Si è svegliato! E' salvo! Il mio amico è salvo!"
L'infermiera sorride confusa, sicuramente lieta del fatto che sia una bella notizia per noi, ma non riesce a chiederci nuovamente di abbassare il tono perchè abbracciamo anche lei intrecciandola nella stretta. Arrossisce, mentre questi due perfetti sconosciuti impazziti di gioia la lasciano andare, per tornare a stringersi tra loro, sfogando ore cupe e giorni interi tetri di dolore intenso e silenzioso.

Il dottor Lewis ha un sorriso bellissimo. Me ne accorgo d'improvviso, come se lo vedessi per la prima volta. Tutto di lui mi piace. Soprattutto le parole che pronuncia. Niente complicazioni aggiunte. Convalescenza di almeno un altro paio di settimane, e forse molto più, ma sì, il paziente è fuori pericolo. Quando si risveglia, ma con calma e senza affaticarlo, possiamo anche vederlo. Forse, se le condizioni sono buone, parlargli.
Mi tende la mano dopo aver stretto quella di Dom, in lacrime da quando gli ho dato la notizia, ma io la ignoro e lo abbraccio forte. Con tutta me stessa.
"Thank you. You saved my life by saving his" gli sussurro. Lui sorride e mi batte una mano sulla spalla.
"Non per sminuire la sua stima nei miei confronti, Luna, ma io ho fatto relativamente molto poco. Il suo fidanzato ha una forza eccezionale. E senza dubbio, quella che gli mancava l'ha tratta da lei."
Sorrido tra le lacrime mentre mi scruta con i suoi occhi chiari e gentili, e mi stringe forte la mano, aggiungendo:
"Ora pensi a se stessa. Si rimetta presto: prima lo fa, prima può stare con lui."
Annuisco raggiante e lui mi dà un buffetto sulla guancia, che adesso è tornata sensibile, come il resto del mio corpo. Infatti avverto un dolore tremendo alle giunture, ai muscoli e in ogni fibra, ma non me ne curo affatto.
Ci lascia soli. Io e Dom ci guardiamo con espressioni strane, nuove, esultanti e incredule, raggianti e stanche.
"Andiamo da Orlando?" domando piano, tendendogli la mano. Lui annuisce e me la stringe, ed usciamo fuori dalla stanza dei famigliari, superando i pochi metri che ci separano dalla sua. Portare avanti una gamba dopo l'altra è lancinante ma non mi importa, mentre mi guardo attorno. Il corridoio è limpido. Le finestre si tingono di oro e celeste. L'alba è giunta e ha portato la luce. L'anello è stato distrutto, la crociata vinta, la strada ritrovata. Il vascello è tornato al porto. Mi affaccio al vetro che mi separa da lui. C'è il sole, oltre le tende chiare. Appoggio la fronte contro la fredda lastra e respiro. Finalmente, respiro.

Uno squillo. Due squilli. Tre squilli.
"L-Luna?" la voce mi arriva insonnolita. Ma subito ha un guizzo:
"Oddio che c'è? Come sta?"
"E' sveglio, Linda. E' vivo" sussurro roca.
Dall'altro capo della cornetta il silenzio. Poi un singhiozzo. Un altro. Linda che piange è il crollo del mondo.
"Al-al-allora sei tornata anche tu?" domanda sussultando.
Pugnalata con precisione. Mia sorella. Che mi legge come un libro aperto. Dannazione: solo ora mi rendo conto di quanto ho fatto preoccupare tutti. Che schifosa egoista.
"Scusami, piccola."
"Fanculo, dimmi solo che è vero!"
"E' vero! E' vero, vero, vero!" esclamo, e mi sento pervadere da una felicità estrema. Linda grida nella cornetta entusiasta, contentissima, pazza com'è sempre stata. Riesco a vederla saltellare, il cellulare all'orecchio e una mano in aria, trionfante. E' così. Abbiamo trionfato.

Mrs Hill entra nella stanza e mi abbraccia piano, battendomi le mani sulle spalle.
"Forza, cara. Hai visto? Va tutto bene."
Annuisco persa nei singhiozzi. Certo che sì. Mano nella mano con me, il respiro regolare e sereno, a pochi centimetri dal mio corpo, c'è il mio angelo che riposa. Ma che ora si può svegliare, se lo vuole. Certo che va tutto bene. Va tutto benissimo.

Uno squillo. Due squilli.
"Pronto? Luna? Sei tu?"
"Sì, io, sì, ciao, Keira, sono... Si è svegliato."
Silenzio.
Un grido di gioia risuona all'altro capo del telefono.
"Sì! Sì! Lo sapevo! Sì!"
Sento la voce di Rupert, intontita ma lieta: "Sta bene?"
Keira risponde entusiasta: "Sì! Dio, che sollievo... Luna? Luna, che cos'hai?" si fa preoccupata. Rispondo controllando il battito dei denti.
"No, no, sto bene, è che... E' sveglio. Capisci, Keira? E' sveglio."

Dom mi raggiunge chiudendo il cellulare e mi guarda, sorridente, di nuovo simile a se stesso.
"Billy è ruzzolato giù dal letto quando l'ho chiamato. Sam e Sonia ovviamente stanno già venendo qui."
"Gli agenti...?"
"Ci penseremo poi. Hai chiamato i tuoi?"
"Sì. Anche Keira. E Viggo e Elij, e...?"
"Tutti. C'è tempo per il resto."
Mi guarda e di slancio gli getto le braccia al collo, e lui apre le sue pronto ad accogliermi. Sorridenti, emozionati, commossi. Felici.

Torno nella stanza e di nuovo mi siedo, appoggiando la testa allo schienale della poltrona. Potete prendere la mia vita, Dèi del cielo. Ho di nuovo la sua. Grazie. Lo guardo, posando amorevolmente gli occhi su ogni centimetro del suo viso, che riacquista colore mano a mano che il tempo passa. Sulle labbra chiare, che vorrei baciare fino a morirne. Sulle palpebre che vibrano nel sonno, segno che sta sognando. Sogna pure, angelo mio. Ci penso io a scacciare i tuoi incubi. Vorrei cantarti qualcosa, per cullarti, ma non ho voce. Però ti stringo la mano, perchè tu sappia che sono qui. Le tue dita si intrecciano alle mie nell'incoscienza. Sì, lo sai. Lo sai, che ci sono. Lo hai sempre saputo.
"Ti amo, amore mio."
Forse questo non puoi sentirlo. Ma la mia anima l'ha udito lo stesso. E così la tua.

Sonia mi vede con la fronte appoggiata al vetro della stanza e mi corre incontro. Mi abbraccia forte, trattenendo le lacrime. Sam si unisce subito dopo, appena sua madre mi lascia andare e si precipita dal dottore per sapere. Sam si allontana e mi prende il viso tra le mani, sul volto un'aria di gioia incontenibile.
"Grazie."
"Di che?"
"... Di tutto."
Mi asciuga col pollice un'altra lacrima. Tutte quelle che non ho versato finora. La testa mi gira violentemente. Il dolore ed il sollievo mi hanno travolta contemporaneamente, senza tregua, prima l'uno poi l'altro. Mi rendo conto di aver chiesto troppo al mio fisico. Sam mi sostiene, e il sorriso si spegne sul suo viso. "Ora puoi andare a casa, Luna. Ho rifatto il letto in camera di Orlando. Riposati. Per tutti e due, va bene?"
Annuisco chiudendo gli occhi e cercando stabilità. La raggiungo, ma temo non durerà molto.

Torno a casa accompagnata da Dom. E' giusto lasciare che in ospedale restino i membri stretti della famiglia. Non sono d'accordo. E' una regola crudele. Gli altri che lo amano ma non sono consanguinei non soffrono di meno, dopotutto. Dom però non sente scuse, e da qualche parte dentro la mia testa so che lo fa perchè possa riposare. Non credo di riuscirci, comunque. Troppe e troppo violente emozioni si sono susseguite. E c'è il sole nel cielo, come se nulla fosse cambiato. Dopo cinque giorni rivedo Londra. E' stupenda. E' veramente meravigliosa. E mi mancava. No, non posso dormire. Sono troppo eccitata. Dom parcheggia e apre la portiera; io lo imito e faccio per dirgli qualcosa che mi passa per la mente. Scendo di macchina e comincio:
"Dom, hai..."
Crollo al suolo di schianto. Una coltre nera mi si stende addosso impedendomi la vista e togliendomi la luce del giorno. Non riesco a dibattermi, non mi funzionano le braccia nè le gambe. Boccheggio, distesa sopra un pavimento freddo che si allontana da me, e mi ritrovo a galleggiare da qualche parte. Dom non c'è più al mio fianco. Lo sento chiamare il mio nome, mi sento sollevare e di nuovo affondare, ma non riesco a tenere gli occhi aperti, c'è qualcosa che pesa e me li chiude. Vedo alcune ombre vaghe e sento un uggiolio. Un rumore di chiavi, una porta che si apre. Vengo sdraiata su un suolo più morbido, più chiaro, che si adatta a me accogliendomi volentieri.
"Thank you, thank you very much" sento dire. A chi? Da parte di chi? La porta si chiude. Conosco il profumo di questo strato soffice dove sono stata distesa, lo collego a qualcosa di bello, di amato, di protettivo.
L'ultima cosa che sento è qualcuno che mi posa una coperta sul corpo, rimboccandola bene ai lati. Poi perdo completamente conoscenza.

Un bisbiglio continuo, un rumore di sottofondo. C'è qualcosa che suona, da qualche parte. No, non suona: parla. Una televisione. Non capisco niente, la lingua è diversa dalla mia. No, aspetta. E' inglese. C'è una televisione che parla in inglese. Mi rigiro sul fianco e mi manca la terra su cui poggiavo. Cado sul pavimento spalancando gli occhi di colpo.
"Luna!"
Dom mi raggiunge in fretta da qualche parte dietro di me. Lo guardo confusa dal basso, rovesciata.
"Stai bene? Ti sei fatta male?"
No. No, sono solo stordita: che ci faccio sul pavimento? Mi tiro su aiutandomi con le sue braccia, tese a sostenermi. Ahi. Le giunture mi fanno malissimo. Ho i muscoli atrofizzati. Mi hanno torturata? Piego le gambe e le braccia e mi rimetto in piedi. Dom mi tiene ancora le mani, squadrandomi impensierito.
"Sei caduta? Ti sei fatta male?" domanda lentamente. Scuoto il capo vigorosamente. In realtà devo ancora pensarci, e la testa mi gira, ma la mia bocca va per conto suo.
"Sto bene. Dove... che... perchè?"
"Deliri?" mi guarda preoccupato.
Fisso lo sguardo attorno alla stanza. Sono a casa mia. A casa nostra.
"Siamo... qui?"
Mi lancia un'occhiata molto allarmata.
"Siediti, ti prendo un bicchiere d'acqua. No, meglio un bel the forte. L'ho appena fatto, aspetta."
Sparisce in cucina e torna subito con una tazza fumante. Me la porge, bevo a piccoli sorsi. E' caldo, mi aiuta. Torno a guardare Dom, che nel frattempo spegne la tivù, fissandomi inquieto.
"Meglio?"
Annuisco. Mi osserva sospettoso, poi riprende:
"Bene, se sei calma, ti racconto tutto."
Tutto che?
Tu-tump.
Milioni di immagini mi si rovesciano addosso strangolandomi e annientando di nuovo la mia percezione delle cose.
"Come sta Orlando?" sputo fuori a bruciapelo. La mano mi trema, lui riprende la tazza prima che si rovesci.
"Stai calma. Piano, tranquilla. Va tutto bene. Sei svenuta, semplicemente. Dopo quattro giorni di continuo sforzo per restare vigile, era prevedibile, direi. Hai retto anche troppo. Cocciuta che non sei altro." Sorride, però.
Mi appoggio allo schienale e mi passo le mani sul viso. Oddio. Mi sento vetro pestato nelle ossa.
"Sei sicura di non voler tornare a riposare un pò, ancora?"
Che domande. Conosci la risposta.
"Da quanto sto... per quanto ho dormito?"
"Sono quasi diciassette ore, tutte di fila. Non hai mosso un muscolo fino ad ora."
Diciassette ore. Diciassette? Ma è un quasi un giorno intero! Scatto in piedi:
"Devo andare all'ospedale!"
Mi cedono le ginocchia e cado per terra. Stavolta mi faccio male. Dom mi aiuta subito e mi rimette seduta sul divano, poi mi ferma per le spalle.
"Sei impazzita? Dove pensi di andare, in questo stato? Non provare nemmeno ad alzarti o ti rinchiudo qui dentro. Chiaro?"
Sto per ribattere ma la voce che credevo taciuta per sempre mi precede:
*Dai retta, Luna.*
Lascio cadere le braccia e mi riaccoccolo sul divano. Dom mi guarda serio, poi si siede accanto a me.
"Dovresti davvero tornare a riposare. Sei distrutta."
Scuoto il capo, ma smetto subito perchè mi dà mal di testa.
"Prometto che starò buona. Giuro. Però non tenermi in sospeso. Ti prego."
Mi guarda ancora severamente, poi sospira.
"Va bene. Però poi riposi ancora un pò. E' troppo presto per le visite, e comunque non si è svegliato ancora." Prende fiato e chiede: "Che vuoi sapere?"
"Orlando..."
"Sta bene. Un miglioramento rapido del genere ha stupito i dottori. Quel pazzo se l'è cavata anche stavolta, è incredibile."
Sorride cercando di sdrammatizzare, ma ha gli occhi lucidi. Gli prendo la mano e lui me la stringe.
"Cosa è successo da quando sono svenuta?"
"Beh, io sono rimasto qui a controllarti quasi sempre. Sono andato a farmi una doccia e a cambiarmi i vestiti al piano di sopra, poi mi sono precipitato nuovamente qui. Ma tu non ti eri mossa. Neppure di un dito."
"Non hai mangiato?"
"Certo. Ho pasticciato un pò in cucina, in verità, ma ti assicuro che ho rimesso a posto." Sorride. Lo imito.
"Sta bene davvero?". Lo guardo attentamente. Lui ricambia la serietà della domanda rispondendomi:
"Sì. E' completamente fuori pericolo. L'hai sentito il dottore, no?"
"Chi c'è con lui?"
"La madre e Samantha. Resteranno fino a domani... o meglio, a stasera. Sono le quattro del mattino quasi. Poi devono tornare a casa. Sì, ti ci porto" aggiunge, prevedendo la mia richiesta.
"Grazie."
"Figurati, voglio andare anche io. Ma non è il caso che veda troppa gente, e così, fino a domattina, tu stai qui e ti rilassi un pò. Sono solo poche ore, dopotutto, e ne hai bisogno. Fai paura. Sei bianca come un panno lavato nella candeggina. Hai i nervi a pezzi."
"Non fare il coraggioso, anche tu sei stanco morto, si vede."
"Sì, ma io in quattro giorni ho dormito in un letto, anche se poco. Tu li hai passati sveglia e seduta davanti ad un letto d'ospedale."
Restiamo in silenzio per un pò. Rifletto sulla fortuna che, ora che sono lucida posso ragionarci, abbiamo avuto. Se l'è cavata. L'uomo che amo è vivo e tra poco potrò vederlo. E' tornato da me.
"Piccola, ti senti male?" mi chiede ansioso Dom, posandomi una mano sulla guancia. Sto piangendo senza accorgermene.
"Io. No. Bene. Solo. Un. Attimo. Passa."
Si fa avanti e mi stringe forte, raccogliendo ogni mio singhiozzo lacerante, di gioia e sollievo, e ripete, piano, accarezzandomi la testa:
"Va tutto bene. Va tutto bene, piccola Luna, va tutto bene."
E sentendogli pronunciare quelle parole, ci credo. Ci credo davvero.






A Heath, prima di tutto.
Oggi, il 23 Febbraio. Un mese e un giorno.
Avrei voluto, tanta gente avrebbe voluto, che tu ti svegliassi dal tuo sonno.
Perciò mi permetto di dedicartelo, un risveglio. Scritto, non vero, non reale, ma sinceramente, senza speranza desiderato.

A ogni singola creatura stupenda che legge queste parole.
Non ho termini in abbondanza per tutte.
Lety: di che ti scusi? Di essere una ragazza tenerissima e tanto, tanto buona? Ti perdono volentieri di questo, anzi, ti ringrazio semmai ^.^
Questo 'capolavoro', non è che opera vostra, perciò sì, ne custodite tutte un pezzo grande, ed è a te, come a tutte, che va la mia più sincera gratitudine. Grazie, tesoro. Grazie davvero.
Mihi: favolosa, dolcissima, adorata bimba mia (sì, sono etero convinta pure io ma ti amo uguale XD), sono stata dieci minuti a rileggere le tue parole, con i lucciconi. Ricambio tutto, tutto in pieno. Con tantissimo, sincero affetto, sul serio. Non credevo di darti così tanto. Potevo sperarlo, sì, ma questo... questo è molto, molto di più. Sei un Forziere prezioso. Grazie, grazie di cuore.
Bebe: oddio, spero l'avvocato non abbia fatto storie O.o Grazie, grazie di essere sempre pronta a recensire e di lasciarmi così tanti complimenti *.* E spero tu sia contenta del fatto che sì, il 34 sia stato l'ultimo capitolo triste. Un abbraccio grande.
Stelly: ci voleva, il monologo XD Sono proprio una grandissima perfida eh? XD Ma spero tuttavia che ti sia piaciuto comunque. No, scusa, che scema. Se fosse stato il contrario me lo avresti detto, sincera come sei. Perciò, grazie, grazie, grazie-grazie!
Elena: eh, lo so, ma questo capitolo nacque con la creazione del primo, da cui il titolo... tranquilla, alla fine vedrai scritto Completa: sì e ci sarà una premessa ^.^ Nel frattempo, ho esaudito il desiderio, di Luna in primis, poi di tutte voi: l'Omo è sveglio, poco pimpante ma sveglio XD Un bacione!
Cecy: pppffff... huahuahuahuahuahuahuahuahuahuahuahua... oddio non ce la faccio, ogni volta che lo rileggo mi ci piego!!!!
Tesoro mio splendido, quello che dovevo dirti te l'ho detto su msn, e non sai che gioia sia, per me, sapere che per te questa fanfic vale davvero la pena di fare nottata per finirla. Ti sono più che grata, ti abbraccio a distanza, ti mando infinite coccole e baciottoni. E non ho niente da inseg(n)arti. Tu sei favolosa. Solo che non ci credi. Mi toccherà catturare Tinkerbell e fartelo dire da lei ^.^
Chiara: nein, tu sei un tesoro! E grazie, grazie all'infinito, all'infinità dell'infinito. Un abbraccio stragrande, stramega, straaffettuoso. Per tutto.
Claudia: *.* commossa, ma è naturale *.* Grazie. Luna è guarita, Orlando s'è svegliato, Dom s'è ristabilito. Spero tutto questo ti abbia fatto piacere, cara.
A tutte quelle che mi contattano o scrivono per mail: siete sempre nel mio cuore. Chiara, Ki, tutte. :***

Stelle, siete gioielli inestimabili. Se non ci foste già, farei il pirata solo per rubarvi XD

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Capitolo 36
*** Coming back to you ***


Like a star that guides a ship across the ocean
That's how your love will take me home back to you
And if I wish upon that star - someday I'll be where you are
I know that day is coming soon
I'm coming back to you.
[Bryan Adams - Coming back to you]



Mi sveglio raccogliendo i cocci dei miei sogni. Nessuno più bello della realtà. Vivo. Con me. Ancora insieme. Alzo la testa e vedo Sidi accucciato ai piedi del divano; lui solleva il muso guardandomi, poi si sdraia nuovamente. Lo accarezzo a lungo, con le lacrime agli occhi:
"Tornerà, Sidi, tornerà presto a casa."
Mi alzo stiracchiandomi, intontita, ma capace di stare in piedi. Non vedo Dom nella stanza, e mi viene in mente che possa essere andato a dormire. Io sono crollata di nuovo, tra le sue braccia, poche ore prima. Forse è salito in camera. Lancio un'occhiata alla sala e i miei occhi si fissano sul mio regalo: il calendario che ritrae Orlando e Sidi sotto il sole d'ottobre, a Hyde Park. Il cuore perde mille battiti e mi rifiuto di soffermarmi sui vari pensieri che mi vengono in mente. L'orologio segna le otto. Com'è tardi! Ho un appuntamento cui non posso mancare. Sorrido euforica nel rifletterci, e salgo le scale velocemente; filo in camera mia, spogliandomi in fretta, indifferente alle proteste del mio corpo, che vorrebbe più rispetto dopo i maltrattamenti cui l'ho sottoposto. Mi infilo nella vasca immergendomi nell'acqua calda, rassicurante. Mi è mancato anche questo. Se il mio fisico avesse voce in capitolo, mi maledirebbe quando, dopo troppo poco perchè si possa sciogliere e risanare, mi alzo e mi avvolgo nell'accappatoio, ma non mi importa. Velocemente tampono i capelli con un asciugamano e intanto mi vesto. Devo tornare com'ero, oppure Orlando non mi riconoscerà, se mi presento come il fantasma di me stessa. Lascio i capelli sciolti sulle spalle, ancora un pò umidi, e mi guardo allo specchio. Faccio fatica a collegare il mio solito aspetto con quel riflesso smunto e pallido. Ma il sorriso felice e la luce negli occhi bicolore sono vividi e raggianti, e lo illuminano di una gioia soffusa che lo colora un poco. Piano, a passi leggeri, raggiungo la stanza di Dom, e mi affaccio. Avevo ragione: sta dormendo. Ha un'espressione davvero stanca. Mi mordo le labbra accostando la porta e scendendo le scale. Come sono stata perfida, finora. Ho fatto preoccupare tutti anche per me, io che invece mi preoccupavo solo di lui. Raggiungo la cucina e preparo la colazione, soprappensiero. Poi metto tutto su un vassoio e salgo nuovamente le scale. Spingo piano la porta di camera ed entro, in silenzio. Dom respira più profondamente e mugolando si rigira, aprendo gli occhi. Mi vede accanto al letto e lentamente sorride.
"Good morning" borbotta, tirandosi a sedere. Ricambio il sorriso.
"Buon giorno a te. Non volevo svegliarti, mi dispiace."
"Non sei stata tu, stavo facendo un incubo."
Posso immaginare. Ne abbiamo ben donde. Si stropiccia gli occhi e lancia un'occhiata al vassoio.
"Sei una santa, grazie!" esclama, allungando la mano a prendere la brioche calda. Io scuoto il capo.
"E' il minimo. Mi hai sopportata per cinque giorni, e ti sei preso cura di me. Chiunque altro mi avrebbe mandata al diavolo."
"Ma io l'ho fatto, solo che eri così persa nel tuo mondo che non mi hai sentito" ribatte lui ridendo. Eccolo qua, Merry. E' proprio lui. Sorrido colpevole.
"Mi dispiace tanto."
"Non dirlo neppure, e passami il caffè invece" ordina, ed io obbedisco subito. Lui ridacchia.
"Accidenti, mi hai dato retta subito" esclama divertito. Io sorrido, e lui mi scruta attentamente.
"Che cosa c'è?" chiedo.
"Niente" sorride lui, bevendo un sorso di caffè, "stavo solo considerando il fatto che sei tornata. Sono contento di rivederti. Ti eri smarrita, per un pò."
Annuisco, mordendomi il labbro. Mi prende la mano e mi guarda.
"Niente brutti pensieri. Va tutto bene."
Lentamente sorrido e annuisco, rasserenata. Lui ricambia e aggiunge:
"Vai a fare colazione anche tu, io intanto mi preparo."
"Se sei stanco, posso..."
"Ah-ah, che ho detto? Pensa a mangiare. Rimetti su qualche chilo, da brava. Non ti piace più la cioccolata?" domanda solennemente. Scoppio a ridere, e lui mi imita.
"Oh, questo si che mi mancava. Vediamo se poco a poco riesco anche a farti arrossire come una volta."
"Magari quanto a questo sono guarita" ribatto punzecchiandolo.
"O forse hai solo bisogno di una trasfusione. Beh, lascerò fare a OB: lui dovrebbe essere esperto sul riuscire a toccare i tuoi punti sensibili..."
Un calore dolcissimo, assente da molto tempo, mi invade le guance. Dom scoppia a ridere, affogandosi quasi col caffè.
"Evvai! Sono un mago!"
Per la prima volta nella mia vita, sono estremamente orgogliosa di avvampare.

Apriamo le portiere prima ancora che la macchina si fermi, e corriamo dentro l'ospedale. Mrs Hill ci saluta sgranando un sorrisone, le infermiere del secondo piano ci fanno dei cenni allegri. Raggiungiamo la porta e mi sento le gambe pesanti, tanto da fermarmi. Non capisco cosa ci sia che non va. Non so muovermi. Dom mi prende per la mano e mi fissa intensamente negli occhi. Ricambio, confusa, senza capire perchè il mio corpo rifiuti di proseguire. Ma Dom intreccia il mio sguardo al suo e mi investe con gentile determinazione, capendolo.
"Non avere paura. Lo so che ti mette a disagio, come fosse la prima volta. Ma va tutto bene. Su, vai."
Annuisco a quest'ordine e mi incammino di nuovo, piano, un passo dietro l'altro, fino a raggiungere la soglia. Mi volto un'ultima volta verso Dom, che è rimasto indietro: lo guardo interrogativamente.
"Non vieni?"
Lui scuote il capo, sussurrando:
"Dopo di te, bimba."
Mi sorride scanzonato come al solito, incoraggiante e dolce ad un tempo. Vedo alle sue spalle il dottor Lewis che lo raggiunge. Dom mi fa un cenno col capo, una spinta ulteriore, e lanciandogli un'ultimo sorriso, grato e commosso, varco la soglia.

Il sole entra dalla finestra, attraverso le tende chiare. Alcuni strumenti sono spariti, ma il bip delle macchine persiste. Però adesso è così allegro. Ogni suono è un coro esultante. Mi avvicino al letto. Il suo viso è rivolto alla finestra, gli occhi chiusi, il respiro tranquillo. Mi aggrappo allo schienale della poltrona chiedendomi se non sia stato un sogno, quello di vederlo svegliarsi. E lui apre gli occhi. Piano, battendo le palpebre, incerto. La luce gli dà fastidio, e volta il viso dalla mia parte con cautela. I suoi occhi mi trovano. Il suo sguardo intercetta il mio e ci si intreccia, incatenandomi. Un attimo perfetto. Tutto svanisce. Paure, dolore, incubi.
Mi chino a baciargli la fronte e gli accarezzo il viso con la mano sinistra, il bracciale che tintinna appena, e cerco la sua con la destra.
"Ciao, amor mio."
Lo vedo sorridere, lentamente, con la dolcezza di sempre, che tanto mi è mancata. Mi siedo al suo fianco, beandomi della sua espressione angelica.
"Piccola Luna."
Rischio di scoppiare a piangere per questo sussurro. La sua voce. La sua voce per me.
"Sono qui."
Mi guarda teneramente, stringendo appena la mia mano con la sua. Non ci riesco. Sento cadere una lacrima, che subito asciugo. Lo guardo e sorrido, felice.
"Come ti senti?" mormoro. Lui chiude gli occhi respirando profondamente, poi li riapre.
"Stanco. Ma sei qui."
Annuisco più volte, cancellando un'altra lacrima ribelle.
"Non vado da nessuna parte."
Sorride, chiudendo di nuovo gli occhi.
"Vuoi che chiuda le tende, ti dà fastidio il sole?" domando piano. Scuote impercettibilmente il capo, sussurrando.
"Cosa è successo?"
Respiro profondamente. Niente schock. Lo so. Conosco gli avvertimenti del caso. Opto per una verità molto vaga.
"Niente di grave, sei... sei stato investito, ma non preoccuparti, non hai nessuna frattura, stavolta."
Cerco di sorridere, e lo vedo fare lo stesso.
"Ho dormito tutta la notte?"
Annuisco di nuovo, mentendo.
"Come un angelo, amor mio."
"Sei rimasta qui tutto il tempo?"
Ho due possibilità. O gli dico di no per non farlo preoccupare, ma potrebbe restarci male, o gli dico di si, e potrebbe preoccuparsi comunque. Scelgo la terza opzione: far finta di nulla rispondendo con una domanda fuorviante.
"Ho un aspetto così tremendo?" chiedo piano, sorridendo. Lui apre gli occhi e mi guarda con ardore.
"Sei bellissima, piccola Luna."
Queste lacrime no, non riesco a ricacciarle indietro. Sorrido tra il pianto per non farlo allarmare, e lui mi stringe la mano.
"No... Va tutto bene, piccola Luna. Non piangere..."
Ancora annuisco convinta, trattenendo i singhiozzi. Calmo la mia anima e lo guardo, serenamente:
"Perdonami. Sono stata in pensiero, ma non volevo preoccuparti."
"Mi dispiace tanto, amore mio."
Scuoto il capo.
"Non devi. Va tutto bene. Hai ragione tu."
Gli sorrido teneramente, e lui ricambia, mormorando con rimpianto:
"Vorrei poterti abbracciare."
Da qualche parte il mio cuore è rinato; il mio amore che si rammarica per non avere la forza di stringermi. Dopo che ho rischiato di perderlo per sempre. Sbatto le palpebre un paio di volte e mi alzo dalla sedia, sedendomi sul letto accanto a lui. Piano, con delicatezza, poso la testa sul suo petto; gli prendo gentilmente le mani e le poso sulle mie spalle, a cingermi piano, per non affaticarlo, poi adagio le mie mani sulle sue spalle e resto così, immobile, leggera, appena sollevata per non pesargli.
Mi sorride dolcemente, in un muto ringraziamento per aver esaudito il suo desiderio, e questo mi rende impossibile trattenere altre lacrime.
Respiro il suo profumo con avidità, chiudendo gli occhi. E ascolto, finalmente, il battito del suo cuore, proprio contro il mio.

Non so quanto dopo, Dom entra nella stanza seguito dal dottore, e mi trova seduta al fianco di Orlando, la sua mano nella mia, le mie dita tra i suoi capelli, sul suo viso addormentato. Alzo lo sguardo verso di loro e rivolgo ad entrambi un sorriso che nasce direttamente dal cuore. Dom si avvicina ricambiandolo con uno sguardo commosso, e prende posto sulla sedia. Il dottore sorride gentilmente e ci raggiunge.
"Si è svegliato?"
Annuisco, sussurrando:
"Abbiamo parlato un pò. Sono stata attenta, non gli ho detto nulla, temevo si alterasse."
"Ha fatto benissimo, Luna. E' stata molto responsabile."
"Che ti ha detto?" chiede Dom, in attesa trepidante.
"Mi ha chiesto cos'era successo, gli ho detto vagamente dell'incidente. Non sa di aver dormito cinque giorni interi."
"Ci vorrà un pò per raccontargli tutto, ma non ciò non gli causerà troppi problemi, credo. E' una persona forte. Fate in modo comunque che non affronti tutto insieme... Magari, ecco, gli dispiacerà aver perduto il compleanno."
Dom si porta una mano alla fronte, preso in contropiede:
"Già, che idiota, era il suo compleanno, ieri... Accidenti, l'ha trascorso in ospedale..."
"E non importa affatto. Invece del contrario, è stato lui a farci il regalo più bello, svegliandosi. Non penso che potrei mai trovarne uno migliore per lui" rispondo piano, guardandolo dormire. Alzo lo sguardo sui due uomini e li vedo fissarmi con aria profondamente toccata. Dom annuisce, gli occhi lucidi, il dottor Lewis china lo sguardo; dopo un poco, si schiarisce la voce.
"Ho il piacere di notare che sta meglio, Luna. Ne sono davvero lieto."
Gli sorrido grata, e lui ricambia bonariamente, poi aggiunge:
"Però si riguardi ancora. Naturalmente potete stare finchè volete, l'orario delle visite non ha valore in questo caso. Chiamatemi per qualsiasi cosa."
Mentre si allontana, domando:
"Dottore... si era svegliato di nuovo, mentre non c'ero?"
Sono nervosa per questo dubbio, lo si vede lontano un miglio. Lui si volta e mi sorride, una scintilla briosa nello sguardo celeste.
"No, Luna. A quanto pare, aspettava solo lei."
La serie infinita di emozioni che mi travolge non mi lascia parlare, ma credo che lui la possa comprendere bene dal mio volto, perchè sorride serenamente, ed esce.
Dom respira profondamente, sedendosi. Lancia un'occhiata a me e poi all'amico addormentato, e sbotta, sbuffando:
"Appena si rimette in piedi lo ammazzo io. Passi il cellulare, ma farsi investire lui proprio no."
Mi ci vuole un attimo a ricordare. Scoppio a ridere, trattenendomi per non disturbare il suo sonno. Dom mi guarda perplesso.
"Luna? Stai bene? Forse dovresti riposare un altro pò. Ma come, prima piangi e l'attimo dopo ridi?"
"Scusami, io, è che, scusa... Sono felice. Sono immensamente felice."
"No, sei strana! Ma d'altronde che mi potevo aspettare? Stai con uno che ha paura dei maiali."
E a questo punto nessuno dei due riesce a trattenere la ridarella nervosa. So che sembra assurdo e insensibile. Ma ne abbiamo bisogno davvero.

Quando Orlando riapre gli occhi siamo lì. Io con la testa posata sulle braccia, sopra il materasso, Dom con un sandwich in mano, seduto sulla sedia. Una mano dal tocco gentile mi sfiora i capelli ed alzo il viso di colpo, trovando il suo sguardo color cioccolata che mi cerca. Gli restituisco il sorriso dolcissimo che mi regala, e mi alzo per baciarlo sulla fronte.
"Ben svegliato, tesoro."
"Ti amo."
Resto senza fiato a queste parole sussurrate, ma basta il mio sguardo fisso nel suo per rispondere, mostrando tutto quello che sento dentro.
"Anche io, mio angelo."
Mi sorride teneramente, sfiorandomi la mano con la sua.
Dom scatta in piedi e si avvicina al letto con gli occhi lucidi. Orlando gli sorride, stanco ma allegro:
"Ehi, che ci fai qui?"
"Aspettavo che tu ti svegliassi, bell'addormentato. Ci hai fatto prendere un colpo."
"Addirittura... è stata una cosa così brutta?" chiede Orlando, un sorriso obliquo. Dom scrolla il capo sbuffando.
"Sei te, che sei tremendo. Proprio non riesci a rimanere sano, eh?" domanda scanzonato, e Orlando ride appena, piano.
"Ti sei preso cura della mia piccola, mentre dormivo?" lo interroga, il tono premuroso, prendendomi la mano, e Dom ridacchia.
"Figurati. Come no. Diglielo, Luna. Non ha avuto un attimo di tregua, c'ero sempre io intorno."
Annuisco divertita, scambiandoci un'occhiata profonda.
"Sì, è stato davvero un tesoro."
Orlando sorride. Entra il dottor Lewis, che si avvicina al nostro gruppetto.
"Bentrovato, Mr Bloom. Io sono il dottor Lewis. Come si sente?"
"Bene. Stanco, ma bene" afferma Orlando. Dom sbuffa di nuovo:
"Eh, certo, deve per forza fare il figo, lui."
Ridacchiamo tutti e quattro, mentre il medico lo visita. Dom esce sussurrandomi:
"Vado a cercare Sam e Sonia, così se Billy arriva lo avverto."
Annuisco e lo guardo uscire, poi torno a fissare Orlando e il dottore, che sentenzia:
"Lei mi stupisce, caro ragazzo. Ha superato le fasi più critiche."
"Fino a che punto sono stato male, dottore?" chiede Orlando seriamente. Il medico mi lancia un'occhiata che ricambio. Faccio per alzarmi, ma Orlando mi trattiene per la mano, con sguardo così accorato che non ho cuore di muovermi. E' una richiesta tanto struggente, tanto implorante che non mi è possibile pensare di negargliela.
"Non temere, angelo mio, non me ne vado. Resto qui. Lo sai."
L'espressione preoccupata non si distende finché non mi siedo nuovamente accanto a lui. Mi cinge il fianco con un braccio, atto che deve costargli un certo sforzo, ma pur di tenermi vicina lo compie ugualmente. Questo non fa che aumentare l'amore che ho per lui, se possibile.
Il dottor Lewis sospira.
"Ha subito un trauma cranico, che come conseguenza ha avuto uno stato di coma reversibile da cui è brillantemente uscito ieri notte. Dico brillantemente perchè, nonostante la medicina non si accordi coi prodigi, non c'è stato alcun danno fisico, nè a livello neurologico. Lei è nato sotto una vera buona stella, ragazzo mio."
Orlando impallidisce appena, guardandoci a turno.
"Ma allora... quanto ho...?"
Io e il dottore ci guardiamo e subito distogliamo lo sguardo. Chino il mio, nervosa.
"Cinque giorni. Ha ripreso conoscenza solo ieri."
Orlando tace, sbigottito. Io ho paura che si impressioni troppo, ma mi fido del dottore; sento solo la mano sul mio fianco perdere un poco della sua stretta, e la prendo io dolcemente tra le mie, sussurrando.
"Va tutto bene, amor mio. Sei qui. Non pensarci, non pensare a niente, avrai tempo dopo."
Il dottor Lewis annuisce sorridendomi soddisfatto:
"La sua fidanzata ha ragione, se mi permette. L'importante è che si sia ripreso, e che si rimetta completamente. Il resto può aspettare, non crede?"
Orlando annuisce appena, l'aria completamente smarrita e lo sguardo basso, confuso. Tenendo ancora tra le mie la sua mano calda, ascolto il medico, che continua a rassicurarlo e a dirgli una serie di cose precise riguardo il suo stato fisico. Ne ascolto la metà, più preoccupata per quello morale, che non so come curare. Ma questo non può dirmelo nessuno, neppure la scienza. Sono anche vagamente imbarazzata per il termine usato ormai da tutto il reparto. Orlando non lo sa, che sono stata presentata come fidanzata.
*Un problema alla volta, per favore.*
Infine il medico conclude con:
"Naturalmente dovrà restare in clinica ancora un pò, per gli accertamenti, ma presto potrà tornare alla sua vita."
Orlando annuisce nuovamente, come se stesse pensando ad altro, e sussurra un: "Grazie."
Il dottore sorride scuotendo il capo e si alza, posandomi una mano sulla spalla per poi eclissarsi. Restiamo noi due in perfetto silenzio, ed io gli lancio un'occhiata, impensierita.
"Sam e tua madre saranno qui tra poco."
E' l'unica cosa che mi è venuta da dire. Ma ho ottenuto di vederlo alzare il viso e cercare il mio sguardo. Non so cosa stia pensando, anche se posso immaginarlo.
"Sam è stata un angelo, sai. E anche tua madre... mi ha trattata come una di famiglia, davvero. E poi sono venuti a trovarti anche Billy e Keira, sai? Erano così... e anche Viggo ed Elij chiamavano spesso per avere... comunque sia, è finita."
Nel mio sproloquio per evitare di fargli pesare quelle ore infinite di incoscienza, non mi rendo conto di centrare gli unici argomenti che non voglio toccare. Ma lui resta in completo silenzio.
"Ti prego, qualsiasi cosa ti stia passando per la mente, dimmela" lo scongiuro. Mi fissa, angosciato e confuso. Darei l'anima per rasserenarlo, dannazione.
"Cinque giorni..." bisbiglia.
"Potevano essere di più. Molti di più" rispondo in un sussurro, sentendomi frantumare al solo pensiero, e la mia mano stringe di più la sua, per non lasciarlo andare via. Non so come affrontare questa cosa. E glielo confesso candidamente.
"Orlando, io non... non ho idea di come... di cosa dirti. Non posso capire cosa provi, e tento, davvero, ma devi dirmelo tu, perchè ho paura di non riuscirci, e mi sento così... così impotente. Ti prego."
Tace, ed io lo imito, sulle spine. Si appoggia al cuscino, socchiudendo gli occhi. Gli lascio lentamente andare la mano e mi alzo.
"Forse dovrei allontanarmi qualche minuto, per... così puoi riordinare un pò le idee."
Mi lancia un'occhiata indefinibile che però mi trapassa. Non muovo un muscolo.
"Vuoi che vada?" domando, le labbra tremanti.
"No, resta" sussurra flebilmente.
Non me lo faccio ripetere e subito mi siedo nuovamente sul letto accanto a lui, che si tira piano a sedere e posa la testa sul mio petto. Gli accarezzo il viso, i capelli, mordendomi le labbra, in silenzio, mentre ascolta il mio cuore.
"Sei stata qui... cinque giorni interi?" domanda piano. Mi mordo la lingua e annuisco.
"Non ti volevo lasciare... come facevo? Te lo avevo promesso... e non sarei riuscita a starti lontana... lo avresti fatto anche tu per me."
Torna a stringermi il fianco, chiudendo gli occhi. Dopo un poco domanda:
"Mi sembra tutto così strano."
"Lo so, amore mio."
"Ma allora tu... non hai mai lasciato l'ospedale fino a ieri? Dove hai dormito?" chiede stupito.
"Non ha dormito. E' semplicemente rimasta qui. Non c'è stato verso di portarla via."
Dom entra con aria guardinga, rispondendo per me, e mi si ferma accanto.
"Spiacente, amico, ti sei trovato una ragazza testarda quanto te."
Orlando mi guarda intensamente, ed io chino lo sguardo.
"Dom... per favore..."
"E' vero? Non hai chiuso occhio in cinque giorni?" chiede in fretta Orlando guardandomi, alzando la testa dal mio seno. Il cuore mi batte velocemente.
"Non sono stati cinque. E comunque sì che ho dormito, mi ha portata Dom stesso a casa, ieri. E ogni tanto mi assopivo anche qui, perciò non ti preoccupare, va bene?" domando innervosita e tesa. Nonostante io tenga ancora il capo chino, mi sento scrutata da entrambi, e scrollo le spalle, avvilita.
"Mi dispiace. Lo so che ho sbagliato, che non avresti voluto e che ho causato problemi... ma lo rifarei subito" mormoro colpevole.
Silenzio.
"Senti... è stato così e basta. Non l'ho fatto per farti sentire colpevole o per potermene vantare, quindi per favore, dì qualcosa, qualsiasi" imploro piano.
"Tranquilla, Luna: non può proprio arrabbiarsi con te. Avrebbe fatto esattamente la stessa cosa. Forse si sarebbe portato una brandina, magari" aggiunge Dom, un sorriso appena accennato, ma non mi sfugge il tono a sfida con cui pronuncia questa frase, gli occhi su Orlando. Che sospira profondamente, appoggiandosi nuovamente al cuscino e chiudendo gli occhi. Lancio un'occhiata allarmata a Dom, che scuote appena il capo e aggiunge:
"Sonia e Sam sono qui fuori. Ce la fai?"
Orlando annuisce appena. Dom si dirige verso la porta, ed io, incerta e completamente affranta, lo seguo.
"Dove vai?" mi richiama un mormorio, ed io mi volto, sollevata.
"Il dottore ha detto che è bene che tu eviti di stancarti troppo. E Sam e tua madre erano davvero preoccupate... ora che sei sveglio, vorranno stare con te. Non vado via, resto solo un pò qui fuori, così potete parlare. Va bene?"
"Torni?"
Mi si allarga il cuore, che smette di correre. Vuole che stia con lui, non è arrabbiato. Mi avvicino al letto e lo bacio sulla fronte.
"Certo che torno. Non devi neanche chiedermelo, amor mio. Sarò a meno di cinquanta passi."
Sorride dolcemente e mano a mano che mi fissa si fa cupo.
"Guarda come sei pallida... mi dispiace così tanto, piccola mia" sussurra. Io scuoto il capo:
"Sto benissimo, e non dirlo neppure. Ci pensa Dom semmai a farmi arrossire, se è il colore che mi manca. Tu piuttosto ti senti bene, hai bisogno di qualcosa?"
"Solo di te."
Gli occhi mi si fanno lucidi.
"Mi hai già. Lo sai, vero?" chiedo con trepidazione. Mi accarezza la guancia sorridendomi teneramente, annuendo. Sorrido anche io.
"Allora va tutto bene. Riposati e stai sereno, fallo per me. Io sono qui, chiama e correrò."
Il suo volto si distende in un'espressione appena divertita.
"Va bene."
Lo bacio un'ultima volta sulla fronte ed esco, seguendo Dom. Sonia e Sam ci individuano subito e ci corrono incontro. Io sgrano un sorriso allegro che non condivido ma che riesce a convincerle e loro, dopo avermi abbracciata frettolosamente in saluto, entrano. In corridoio restiamo io e Dom, che mi guarda sospettoso.
"Non ti preoccupare. Deve solo riprendere possesso di cinque giorni perduti."
Alzo lo sguardo e lo vedo sorridermi. Piano piano sorrido anche io.
"Dom... ma lo sai che sembri mia sorella?"
"Scusa?" domanda allibito. Trattengo una risata:
"Intendo, per come riesci sempre a leggermi nel pensiero. E' davvero piacevole non dover spiegare eppure essere capiti."
"Ah, chissà che pensavo... beh, ma è perchè io personalmente sono una persona eccezionale, che credi?" domanda pavoneggiandosi, e ridacchiamo insieme.
"Vieni, donna ostinata, andiamo a prendere un pò d'aria" afferma, posandomi un braccio sulle spalle e trascinandomi via, diretti verso la terrazza.

"Tornerà tutto come prima?" domando a bruciapelo, guardando il cielo chiaro, d'un grigio polveroso.
Dom spegne la sigaretta premendola contro la ringhiera e soffia fuori il fumo.
"Cosa ti spaventa, Luna?" domanda schiettamente. Mi appoggio al parapetto con le braccia e lascio vagare lo sguardo sulla città in movimento.
"Devo ancora farmene un'idea. Vorrei solo che non cambiasse niente."
"Un coma di cinque giorni non è un'esperienza leggera. Nè per chi la vive, nè per chi la subisce."
Arrossisco appena.
"Ti prego, non prendermi per... superficiale, o per..."
"Luna. Stai parlando con me, non con un analista. Non esamino ogni tua parola."
Sorrido appena, rilassandomi, e Dom si appoggia di schiena alla ringhiera, guardandomi.
"Se temi che possa avere una reazione diversa dalla pura gratitudine per essergli rimasta accanto, accantona la preoccupazione. Se credi che l'incidente abbia influenzato in male i suoi sentimenti per te... non è nemmeno da prendere in considerazione."
"Odio sentirmi così."
"Così come?"
"Come una che invece di essere felice, continua a chiedersi che cosa avrebbe fatto se colui che ama fosse morto."
Chiudo gli occhi, spaventata dalla mia confessione. Mi sto insultando da sola. Invece un tocco gentile mi si posa sulla spalla. Arrischio un'occhiata e Dom mi sorride, stringendomi appena il braccio con la mano.
"Piccola, ma ti sei resa conto di quanto hai sopportato, là dentro? Che ogni minuto che passavi chiusa in quella stanza era solo uno stillicidio continuo? Sei solo tremendamente stanca, mentalmente e moralmente. Sono state troppe, troppe cose tutte assieme. Devi ancora elaborarle."
"E' questo... come aiuto lui, se non ce la faccio neppure ad aiutare me?"
"Ma quanti problemi vi fate, voi donne?" domanda allegramente, "Intanto pensa che è vivo, sta bene, tra qualche tempo uscirà di qui e tornerete a casa insieme."
"Oddio, devo anche trovare lavoro..." esclamo, portandomi una mano alla fronte. Dom mi guarda sbalordito e afferma:
"No, non ci credo: ma quante cose sei capace di pensare in un minuto solo?!"
Scoppio a ridere: ha una faccia troppo buffa.
"Dom, sei meglio di qualunque esercizio di yoga, sai?" chiedo divertita, e lui ammica ghignando:
"E non hai ancora provato la cura rilassante Monaghan per eccellenza."
"Sarebbe?" domando incuriosita. Lui mi lancia un'occhiata maliziosa. Molto maliziosa. Comincio vagamente a capire dove voglia andare a parare, e assumo una sfumatura bordeaux che non speravo di poter sfoggiare ancora.
"Ora sì, ci sei. Ciao Luna, è un piacere rivederti. Vieni dentro, sennò OB si sente perso" ridacchia scanzonato.
"A proposito: perchè glielo hai detto subito, di me? Non volevo che si sentisse responsabile... sai che cosa dirà, vero?" chiedo bruscamente, nel tentativo di tornare pallida, o almeno, rosata. Lui si fa serio e risponde:
"Certo, l'ho fatto apposta, non hai sentito?"
"Ma... perchè?" domando confusa.
"Perchè non glielo avrebbe nascosto nessuno, Luna. Tranne tu."
"Volevo solo... evitargli altri pensieri" rispondo, chinando lo sguardo.
"Non era una critica. Ma non credi che ci sarebbe rimasto peggio venendolo a sapere da sua madre, invece che da te? Ho risolto io il problema: semplice, no?"
Non riesco a trattenere un sorriso, e lui aggiunge, strafottente:
"Vedi, gli uomini pensano così, in perfetta retta lineare... siete voi a essere tortuose!"
Ridendo torniamo nell'ospedale, dal suo migliore amico, dal mio unico amore.







213 recensioni *_*
Vi adoro bimbe *_*

Sono distrutta e stanca morta ma ve l'avevo promesso, e per le mie fan questo e mille altre cose ancora!
< crolla assonnata sulla tastiera, si risveglia di colpo e riprende > Sorry, sono a un livello da paura... dannata Uni del piffero >.<
Allora!

Linnie: ma stai scherzando? Sarei imperdonabile io ad averti delusa, visto che sei stata un giorno intero a leggere la mia storia! Ti ringrazio infinitamente, sia per questo che per i complimenti, graditissimi (soprattutto a Linda che sta pavoneggiandosi per la stanza XD) Un caloroso abbraccio anche a te!
Bgirl: grazie cara! Le frasi sono prese un pò qua un pò là... in genere da Amleto (quella del "Sweet Prince"), le altre da sonetti e madrigali vari ^.^ Grazie, grazie di aver letto e recensito, sono proprio contenta che ti piaccia la FF! Un abbraccio!
Krisma: *_* Ma cara... che dolce! Grazie!!! Ricambio gli auguri con tutto il cuore, e ti ringrazio anzi di essere pronta a recensire quando puoi... è veramente tanto per me! Grazie, grazie davvero!
Sarè: tu resti la mia stellina, e già lo sai, e che mi commuovi sempre con una parola e basta, pure questo già l'ho detto... ma addirittura il tappeto rosso *_* *_* Uhhhhhh... *ci pensa* mamma... *pensa ai bei Fihi che incontrerebbe* Ok, mi riprendo. Tesoro, siete VOI i miei angeli, sempre presenti, sempre adorati. Vi voglio bene, ma tanto eh!!! Un calorosissimo abbraccione con tutto l'affetto possibile!
Kiss: ma carissima, tranquilla, anzi, grazie, grazie grazie grazie! Io son contenta di sapere che ti piace, poi che tu possa recensire una volta ogni tanto va benissimo comunque, a me fa piacere solo sapere che la FF è apprezzata anche da te! E fidati, la recensione non era orrenda affatto! Un bacione!
pon06: sono troppo commossa per queste parole, cara. Grazie a te, che ti emozioni, e saltelli ridendo e piangendo e esultando, per ciò che scrivo. Questa è la cosa più bella, per me: sapere che riesco a coinvolgervi, a farvi sentire un pò Luna, tutte quante. A me basta così. Grazie cara, davvero!!!
Lety: ç_ç ç_ç ç_ç mi riprendo, un attimo... ç_ç ç_ç ç_ç Ma come fai a scrivere sempre recensioni così toccanti? ç_ç Grazie, tesoro, grazie mille, grazie infinite. Sono veramente commossa. E anche se dubito fortemente che si innamorerebbe di me, grazie di aver proposto la lettura di questa storia al Fiho XD Scommetto che me la tirerebbe dietro, in realtà XD Però la prima opzione mi piace di più... *.* Grazie infinite cucciola! Un abbraccio stragrande!
Stelly: caraaaaaa, grazieeeeee!!!! Sempre: chi la dura la vince, si dice ^.^ E l'amore, diceva Ewan McGregor, ci fa essere eroi.
Tatiachan: carissima, grazie a te invece! Io ti ho dato una bella giornata, tu con questo commento mi hai rischiarato la serata ^.^ Heath... è stato un colpo per tutti. Soprattutto sapere che non era una cosa voluta. Caspio. Avrei tanto voluto che fosse andata diversamente. Grazie, carissima, grazie davvero. Un abbraccio forte forte!
Cecy: amorinaaaaaaa!!!!!!!!!! E di nuovo l'adsl bastardo ti impedisce! Che stress! Ma sei sicura che invece della mannaia tu non voglia usare il mio bazooka? Guarda che fa bene eh! Un bel colpo e via! Grazie della recensione carissima, e grazie delle chiacchierate su msn che mi fan sempre piacere! E per quanto riguarda la stima... ma pupa, non mi toccherà davvero chiamare il Capo? Te lo chiamo? Ok...
"Hello?"
"Hi Fiho, listen, there's a girl who isn't actually self-confident, would you please help her?"
"... But WHO are you????"
"I'm the IM"
"IM??"
"InterMediator!"
"... Click"

XD XD XD Ok, si, sono pazza <.< non ditelo a nessuno XD Un affettuosissimo abbraccione tesoro mio!
Mihi: tesoro miooo!!!!!! Grazie *.* A me la qualifica Angelo onora quanto quella dell'IM!!! Ma vista la telefonata di sopra (huahuahuahuahua) sono fallita in entrambi i casi XD XD Gioia, non sai che piacere sapere che nonostante i super esamoni che ti stressano, sei sempre lì a leggere, come Cecy e Sarè, nonostante tutti gli impegni vari... siete le mie angiolette per davvero. Vi voglio proprio bene, ma sul serio. E grazie della duecentesima recensione!!!! *_* *_*
Chiarina: !!!!! cara!!!! prego, anzi, è stato un piacere!!! Dopotutto è Orly, mica spippolini!!! <--- pisanismo XD Un grandissimo baciottone anche a te tesoro, e grazie, grazie di tutto!!!!
Elena: certo che l'amicizia etero c'è!! Io ho più amici maschi che amiche femmine, in effetti <.< e riusciamo a dormire assieme senza fare guai, a parte tirarci le pedate nel sonno XD Grazie della recensione e dei complimenti tesoro, un abbraccione grande grande!!!!
Bebe: Sì, non mi offendo affatto, anzi!!! Grazie tesoro, grazie di essere sempre pronta a recensire, e di supportarmi e supportare la loro relazione! Sono contenta che tu sia riuscita ad immedesimarti!!! Davvero, è importante. Un abbraccio carissima!!!

Naturalmente, o mie stelle, vi adoro. Vo a nanna e prima di crollare vi mando a tutte un carico di affetto!!!
Giulia

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Capitolo 37
*** Tutto ciò che ho quasi perduto ***


My precious one, my darling one, don't let your lashes weep.
My cherished one, my weary one, it's time to go to sleep.
Just bow your head and give your cares to me.
Just close your eyes and fall into the sweetest dream...
Cause in my loving arms
You're safe as you will ever be,
so hush my dear and sleep.
[Celine Dion - My precious one]



Rientrando dalla terrazza, urto qualcuno che viene dal senso opposto e finisco tra le braccia di Dom, che regge l'impatto impedendomi di cadere.
"Mi scusi, sono mortificata..." mormoro rossa, alzando lo sguardo sulla mia vittima, di cui colgo appena gli occhi azzurri brillare allegri, prima che mi stringa forte, lasciandomi interdetta.
Dom esclama, ironicamente divertito:
"Guarda che OB è sveglio, amico, e non è il caso di ingelosirlo!" e la 'vittima' ridacchia, allontanandomi appena da sè e fissandomi con un sorriso entusiasta.
"Oh, Billy! Non ti avevo... che bello vederti!" affermo io, abbracciandolo di nuovo. Lui fa altrettanto e sussurra:
"Non sai che piacere sia vedere te in piedi e reattiva, Luna." Mi stacca gentilmente e aggiunge, scrutandomi:
"Stai meglio?"
Annuisco vigorosamente, con aria amareggiata:
"Mi dispiace tantissimo di avervi fatto preoccupare, Billy. Sono davvero..."
Dom mi tappa la bocca con la mano, alzando gli occhi al cielo, e Billy sorride dolcemente.
"Non dirlo neppure."
Dom mi guarda minacciosamente, e da bravo attore quale è riesce anche a impressionarmi.
"Se io tolgo la mano, prometti di non aggiungere assolutamente nulla a proposito?"
Io annuisco convinta, con gli occhi spalancati, e Billy ridacchia per la scenetta da film giallo. Dom toglie la mano dalle mie labbra e io sgrano un sorrisone innocente.
Lui scoppia a ridere:
"Te l'ho trovato io, il lavoro: fai l'attrice. Ti verrà facilissimo, basterà darti un copione inverso."
"Eh?" domando confusa.
"Abbiamo appurato che non ti riesce fingere, perciò sarà sufficiente dirti che in una scena devi fare l'esatto contrario di quel che prevede il copione."
Mi sento arrossire, e naturalmente Dom scoppia a ridere, mentre Billy mi posa le mani sulle spalle, protettivo.
"E dai, lasciala stare... una delle poche ragazze amabilmente semplici che ci capita di incontrare, e tu la rovini!"
"Ma figurati: sto solo cercando di farle tornare un pò di colore, sennò OB se la prende con tutti e due perchè non l'abbiamo trascinata via dal suo capezzale!"
sghignazza Dom. Io e Billy ci sorridiamo a vicenda, poi io sussurro:
"Andiamo?"
I due annuiscono, tranquilli, e mi seguono fino alla camera di Orlando. Sam ne esce nel momento in cui arriviamo noi e mi viene incontro, preoccupata:
"Luna, mi dispiace, non sono riuscita a fermare mia madre... è di là che si spertica in lodi sulla tua determinazione a restare qui tutto il tempo."
Impallidisco, anche se in realtà la notizia dovrebbe farmi piacere, e lancio un'occhiata a Dom, che scrolla le spalle:
"Visto?" mi fa, mentre Sam e Billy si salutano, poi la ragazza torna a guardare me.
"Entriamo, magari la freni tu..."
Mi lascia passare restando sulla soglia, e appena entrata gli occhi scuri di Orlando catturano subito i miei, trascinanti e dolcissimi. Come tutte le volte, mi si ferma il respiro, e riesco solo a sorridere, persa in quello sguardo. Lui ricambia teneramente il sorriso, e Sonia si alza dalla poltroncina:
"Cara, eccoti" sussurra, accogliendomi con affetto, poi si volta nuovamente verso il figlio e fa:
"Avevi ragione, sai, tesoro? Devo tornare a casa adesso, ma ti lascio in più che ottime mani" aggiunge guardandomi nuovamente. Io torno ad arrossire appena, e lei si china a baciare il figlio, poi mi viene incontro:
"Mi raccomando cara, abbine cura tu, anche se so che lo farai comunque" chiede gentilmente.
Prima che possa farfugliare qualcosa in più di un 'Certo, signora', Sonia mi bacia sulle guance ed esce. Sam sospira appena e mi lancia un sorriso affettuoso, poi si avvicina al letto del fratello e lo bacia sulla fronte.
"Riposati tesoro, va bene? A mamma penso io. Torneremo più tardi."
"Va bene, tranquilla" risponde lui in un sussurro, e lei sorride, poi mi lascia una carezza sul viso passandomi accanto e segue la madre, sparendo dalla vista. Io mi avvicino a Orlando, che tende la mano a cui subito intreccio la mia, sedendomi al suo fianco.
"Come stai, amore?" domando piano, accarezzandogli il viso. Lui mi sorride:
"Ancora un pò stanco, ma resisto."
"Non affaticarti, Orlando, per favore. Tua madre altrimenti mi uccide" aggiungo, sorridendo appena, e lui ricambia.
"Impossibile, ti ritiene adorabile. Mi ha raccontato tutto di questi giorni."
"Avrà sicuramente esagerato, non ci pensare" esclamo frettolosamente io, lanciando un'occhiata implorante ai due ragazzi sulla porta, che subito entrano. Orlando riconosce Billy e sorride allegramente, anche se debole:
"Billy! Anche tu qui?"
"Dove dovrei essere, furbastro?" sorride lui, accostandosi al letto e prendendo posto sulla sedia. Mi accorgo che ce n'è una in più, forse portata dall'infermiera chissà quando. I tre si mettono a chiacchierare, ma la mia mente torna a staccarsi dalla realtà, ed entro poco mi accorgo di essere nuovamente in stand-by. Appoggio le braccia sul letto posandovi il capo, seguendo con lo sguardo i tre amici a turno, a seconda di chi parla, fingendo di seguire i discorsi.
Mi riscuoto quando mi accorgo che c'è completo silenzio. Oddio: mi hanno fatto una domanda a cui non ho risposto? No, ci sono dei bisbigli in sottofondo. Faccio violenza su me stessa per tradurli tutti, ma richiede uno sforzo che non mi sembra reale: da quando ho dei problemi con l'inglese? Devo essere proprio stanca.
"... adesso, dovevi vedere due giorni fa."
"Dom..."
"E' la verità. Lei non ne parlerebbe mai, ma tanto lui vorrebbe saperlo comunque, no, OB?"
Silenzio. Dita gentili mi lisciano i capelli in una carezza amorevole. Mi accorgo di avere gli occhi chiusi e di non riuscire ad aprirli. Scivolo di nuovo nel buio della ragione, fino ad un sussurro più forte.
"... molto peggio invece. Stavolta c'eri, eri lì disteso, non chissà dove ma vivo e vegeto. Nessuno sapeva cosa poteva accadere."
"Parla piano, Dom..."
"Scusa Billy, hai ragione. Comunque, che ti aspettavi? Questa piccola ostinata ti ha atteso quindici giorni senza avere tue notizie e neppure stavate insieme, figurati se avrebbe mai permesso a se stessa di lasciare la tua stanza adesso..."
Ho un nuovo crollo improvviso, ma resisto e mi impongo di fermare la conversazione. Solo che la mia bocca non si muove.
Sento Dom riprendere piano, accennando una lieve risatina sollevata:
"Il medico l'ha minacciata promettendole di ricoverarla, un paio di volte, ma lei in perfetta trance ha fatto "Va bene, basta che stia in questa camera"... adesso mi viene da ridere, ma a ripensarci... è stato agghiacciante. Neanche lo ricorda, se glielo chiedi."
Ma che... non è vero, non è mai successo. Non è possibile, lo rammenterei. Cerco di nuovo di scrollarmi ma la pesantezza non mi lascia. Sembra una coperta invernale. Il mio corpo mi fa presente che è ancora arrabbiato con me per il maltrattamento. Gli prometto mentalmente un bagno termale, ma non vuole saperne di scuotersi dal torpore.
"... Keira, sì, è stata l'unica... forse perchè una ragazza, non lo so..."
"... comunque anche con lei, solo appena...non potevamo, OB, mi dispiace davvero, ti giuro che ci abbiamo provato, ma a malapena si accorgeva di chi entrava e chi usciva..."
Mi arrivano pezzi sparsi di conversazioni che non riesco a tradurre completamente, nè a collegare tra loro.
"... crollata completamente, non s'è mossa di un millimetro... deve ancora prendersi del tempo, piccola testona, sembrava un fantasma, anche le infermiere erano non ti dico spaventate, ma quasi... una sembrava sul punto di piangere tutte le volte che la vedeva, te l'ho detto, era semplicemente agghiacciante..."
"... come, non ha capito dov'era?"
"... ed è subito scattata in piedi per tornare qui, ma giustamente il fisico non ha retto..."
*Enough.*
"Sto bene" esclamo, con la voce impastata. Silenzio. Mi impongo di bloccare la scena, accidenti. Alzo appena il capo dalle braccia ordinando alle mie palpebre di fare il loro dovere restando aperte, e guardo Dom e Billy, sorpresi, seduti davanti a me oltre il letto, poi risalgo lungo il viso di Orlando, che mi fissa con espressione profonda e indefinibile. Annuisco appena, stremata ma cocciuta.
"Sto bene. Benissimo. Ho solo sonno. Non ci pensare."
Le sue dita scivolano lungo le ciocche dei miei capelli attorcigliandoli, ma la stanchezza prende nuovamente possesso di me. Prima di crollare faccio in tempo a borbottare, in quello che dovrebbe essere un tono minaccioso:
"E con Dom faccio i conti dopo..."
Lo sento ridere e rispondermi:
"Luna, ti stimo tantissimo e lo sai, ma non riesci proprio a spaventarmi se me lo dici così!" e gli altri due ridacchiano appena, mentre io, il sorriso sulle labbra, mi addormento di nuovo, accarezzata amorevolmente dal mio angelo.

Mi sveglio e subito cerco la sua mano, che non mi ha mai lasciata. Lo so, perchè è esattamente dov'era prima. Accarezzo piano quelle dita intrecciate alle mie e alzo la testa, con cautela, socchiudendo gli occhi.
"Ciao, principessa."
Sorrido respirando profondamente, destandomi del tutto. Il suo sguardo mi inonda di tenerezza. Il mio annega nel suo, riflettendola.
"Ciao amore mio."
Mi guardo attorno: la stanza è vuota, dalle finestre si vede il buio scendere.
"E' tardi? Che ore sono?"
"Più o meno le sei e mezza. Billy e Dom sono andati a casa nostra. Billy si tratterrà un paio di giorni, poi dovrà tornare a casa dalla sua famiglia, giustamente. Dom invece resterà un pò di più. Come scusa ha detto che altrimenti a Sidi non ci pensa nessuno" sbuffa appena "Pensa te che cosa è andato a cercare..."
Ops. E' vero! Sidi! E quando mai ci ho ragionato su, se non raramente, in cinque giorni? Mi porto la mano alla fronte.
"Povero cucciolone, accidenti... è vero, non sono mai stata... ma ho pensato che, con Sam e tua madre a casa, potesse..."
"Luna, piccola, non stavo accusandoti" sorride divertito, scrollandomi appena per la mano. Sorrido intontita.
"Beh, comunque avresti ragione a farlo..."
"Non ti preoccupare. Sam è stata più che felice di prendersene cura. Hanno fatto amicizia, dice. Il che mi fa supporre che non le abbia sbranato i mocassini, stavolta."
Ridacchio appena, scuotendo il capo, e torno a guardarlo, beandomi del suo viso, dei suoi occhi. Ricambia lo sguardo, facendosi serio.
"Anche tu dovresti andare a casa, piccola."
"Bella battuta. Provane un'altra, dai" esclamo io, stiracchiandomi. Lui mi lancia un'occhiataccia.
"Dico sul serio."
"Anche io. Non intendo andare via, a meno... vuoi che vada via davvero?" domando, sgomenta, fulminata da questo orrendo pensiero. Orlando mi guarda attentamente, indeciso, e capisco che sta cercando di trovare una risposta che mi permetta di recuperare un pò, ma allo stesso tempo l'idea di non vedermi gli procura lo stesso piacere che procura a me. Sospira profondamente, ed io non mi muovo.
"Resto qui. Punto."
Scuote il capo, stancamente:
"Luna, sei distrutta, guardati. Il tuo corpo non si merita queste violenze, non voglio che tu stia male. Mi pare tu abbia sofferto abbastanza, no?"
"Non ascoltare quello che dicono gli altri, Orlando, io sto bene. Sono solo crollata per un pò, tutto qui."
"Per favore, Luna. Non prendermi in giro."
Taccio. Non devo farlo arrabbiare. Deve riposare. Chino lo sguardo, e lui sospira appena, riprendendo a bassa voce.
"Me lo hanno detto, cosa credi? Stare qui tutto il tempo, compromettendo anche la tua salute... Perchè volevi tenermelo nascosto?"
Lo guardo, e il solo fissarlo negli occhi, quegli occhi così belli, caldi, dolci e profondi, mi scioglie, rubandomi la risposta. Senza pensarci, confesso la verità assoluta.
"Ho avuto terrore di perderti."
Mi stringe un poco la mano, senza distogliere lo sguardo, che si fa cupo, pur invitandomi a continuare.
"Non c'è stato un solo secondo in cui non abbia tremato. Solo guardarti dormire, e pensare... che non ti saresti svegliato, mi uccideva. Veramente. Credi che avrei mai potuto davvero, se pure lo avessi voluto, lasciarti qui, senza di me? Ti avevo promesso di prendermi cura di te. Era l'unica cosa che potevo fare. Stare qui, e sorvegliare il tuo sonno. Non puoi chiedermi di pentirmene. Puoi arrabbiarti perchè l'ho fatto rischiando la mia salute, come continuate a ripetermi, ma fosse stata anche l'ultima cosa rimastami, l'avrei sacrificata volentieri. La sola cosa che mi dispiace è che gli altri si siano preoccupati anche per me, che non avevo altro pensiero tranne te, in mente. E puoi dirmi che sì, sono stata sciocca, e che era perfettamente inutile, perchè poi ti sei svegliato da solo, senza ch'io abbia fatto alcunché... ma Orlando... ti prego... cerca di capire... il solo guardarti negli occhi di nuovo, mi fa respirare ancora."
Lacrime traditrici mi scivolano lungo la guancia.
"Quando quella macchina ti ha colpito, sono morta io. E avevo l'illusione... che stando qui, con te, senza lasciarti... avrei forse recuperato un pò di quella vita che avevo perduto, per poterla dare te. Ho deciso... che ti avrei trasmesso ogni mia singola energia, pur di rivederti aprire gli occhi. L'idea che ti dimenticassi di me non mi spaventava affatto, finchè fossi stata certa che ti saresti svegliato. Te lo dissi già una volta: potrei anche accettare di perderti, pur di sapere che stai bene e sei felice... pur di sapere che ho avuto la possibilità, l'infinito piacere... di amarti."
Chino il capo, lasciandomi nascondere il viso rigato di lacrime dai capelli, trattenendo i singhiozzi. Dio, quanto mi odio. Non voglio piangere, ma non mi riesce farne a meno. Sento la sua mano lasciare la mia, e desidero tramutarmi in pietra per non sentire il mio cuore spaccarsi.
"Luna. Luna, amor mio, vieni qui."
La sua voce, intensamente bassa e struggente, mi cattura. Alzo lo sguardo confusa, e lo vedo aiutarsi con le braccia a spostarsi, facendomi posto nel letto accanto a sè. Questo mi impedisce di trattenere oltre il pianto, ma sorrido anche, mentre nuove gocce salate si mescolano alle precedenti, e in fretta mi alzo, sedendomi al suo fianco, per poi quasi sdraiarmi, semidistesa. Mi cinge il ventre con un braccio e posa la testa sul mio seno, trattenendomi contro di sè, ascoltando il mio cuore.
"Amore mio... dolcissima, preziosa piccola Luna... non hai idea di quanto ti stia sbagliando..."
Lo guardo, e notare i suoi splendidi occhi farsi lucidi e sentire la sua voce tremare aumenta i miei battiti. Anche per lui, mi rendo conto in un attimo, è difficile cercare di spiegarsi, ma capisco, e la mia anima si libera dalle catene del dubbio, che è per amore, non per dispiacere, che anche lui sta trattenendo le lacrime.
"Io lo sapevo, che c'eri."
Spalanco gli occhi, mentre lui chiude i suoi, frenando quelle piccole gemme sulle sue ciglia.
"Ti ho cercata prima ancora di svegliarmi. Lo sentivo, ero sicuro che tu fossi lì. Sono convinto, oltre ogni modo, che sia stata tu a riportarmi qui. Anche io ti avevo promesso di prendermi cura di te. Non potevo lasciare che soffrissi ancora, piccola, dolcissima guerriera. Anche mentre dormivo, sapevo di voler tornare.
Dovevo tornare. Dovevo tornare da te."
Non nascondo nè soffoco i miei singhiozzi, sono troppo prepotenti per poterlo fare. Gli passo il braccio dietro le spalle aiutandolo a stringersi a me, e lo abbraccio con tutto l'amore che provo, accarezzandogli il viso, baciandogli la fronte e le guance, gli occhi chiusi, il leggero sapore del sale sulle mie labbra.
"Ti amo, Luna."
"Ti amo anche io... Ti amo da morire, Orlando."
Le sue labbra cercano le mie e le trovano, in un bacio perfetto, nuovo e conosciuto assieme, dolce e salato, delicato e passionale, silenzioso, unico. Due anime divise che si ritrovano.
"Non sai da quanto volevo farlo ancora" sussurra, allontanandosi appena.
"Fallo ancora, amor mio, sono qui" mormoro in risposta, lasciandomi catturare nuovamente.
Poi mi ricordo che deve riposare. Con dolce rimpianto mi separo da lui e gli accarezzo la guancia fissandolo, cancellando le mie e le sue lacrime, sorridendo d'amore completo.
"Domando troppo, se ti chiedo di restare qui, stanotte?" bisbiglio piano. Stavolta è una richiesta, non una pretesa. Mi guarda intensamente, sfiorandomi il viso.
"Pretendo troppo, se sono io a chiedertelo?" risponde in un sussurro. Il mio cuore si allarga di gioia e commozione.
"No... no, affatto" mormoro, e lo lascio riposare sul mio seno, stringendolo a me, proteggendolo dal mondo e dalle ombre, sentendomi forte ed invincibile, pronta a fronteggiare ogni nemico, superare qualsiasi sfida.

Entra il dottore, vengono le infermiere, per le regolari visite. Io ceno con il cibo lasciatomi, mentre dormivo, da Dom, intanto che loro controllano i valori e lo stato del mio angelo, sotto i miei occhi vigili. Il dottor Lewis mi sorride senza speranza:
"Non ha alcuna intenzione di andare via neanche stasera, vero, Luna?"
Scuoto il capo solennemente.
"No dottore. Ho deciso di infestarle l'ospedale."
Scoppia a ridere bonariamente e afferma:
"Fossero tutti così, i fantasmi... Non si strapazzi troppo però, va bene, signorinella?"
"Sissignore" annuisco ubbidiente, e lui mi sorride dandomi un buffetto sulla guancia. Le infermiere mi sorridono amichevolmente uscendo.
"Hai fatto amicizia anche qui?" domanda piano Orlando. Io rispondo:
"Non lo so. Non ho mai parlato con nessuno, in realtà."
Il dottor Lewis interloquisce:
"Miss Luna è stata un esempio di dedizione silenziosa di quelli che non si dimenticano. Non ha mai disturbato, non ha mai chiesto altro se non di rimanere. Le ragazze del reparto non riuscivano a passare da questo corridoio senza sentirsi stringere il cuore, a vederla sempre qui. Non ha mai parlato con nessuno, è vero, ma non c'era una sola infermiera che non le avrebbe espresso tutto il suo supporto."
Lo guardo allibita:
"Sul... serio?"
Il medico annuisce:
"Certamente. Non volevano disturbarla, per questo la lasciavano stare. Ma sa, sono tutte fidanzate, o sposate, per questo la capivano benissimo. Quando lei si è svegliato, signor Bloom, e hanno visto la sua fidanzata così felice, si sono commosse anche loro. A dirle la verità, Luna, avevano una mezza idea di festeggiare assieme a lei, ma le ho convinte ad aspettare che si riprendesse. E avrebbe dovuto vedere con che ferocia attaccavano qualsiasi giornalista osasse arrivare!" scoppia a ridere, divertito.
Orlando mi allunga la mano che subito prendo, e mi guarda teneramente.
"Lo vedi, che sei un angelo? Finisci per conquistare tutti."
"Glielo garantisco, è così. Si è guadagnata la stima, se non l'affetto, dell'intero reparto. Lei ha una fidanzata invidiabile, ragazzo mio. Ma sarà bene che smetta di parlarne, perchè vedo che oltre ad essere molto innamorata, è anche alquanto imbarazzata."
Però, che astuto, il dottore: come se non si notasse lontano un miglio quanto sono rossa in faccia. Il medico esce ridacchiando appena, raccomandandoci di riposare e stare tranquilli, ed io e Orlando restiamo nuovamente soli. Mi schiarisco la voce e balbetto:
"Ahm... la cosa della... fidanzata, l'ha inventata Dom. Sai, per farmi dire come... come stavi. Le informazioni si possono dare solo ai famigliari, ed io non... insomma, ecco qua. Glielo dovrò dire, prima o poi, povero dottor Lewis. E' stato anche fin troppo buono con me, un minimo di onestà se la merita."
"Ti dà fastidio?" chiede in un dolce sussurro.
"Cosa, il dottor Lewis?" domando stupita.
Orlando mi guarda sorridendo serenamente. Arrossisco di nuovo, violentemente.
"La... ehm, cosa della fidanzata?"
"Mhm-mh."
Faccio la vaga, cosa che non mi riesce minimamente, ma ci provo lo stesso.
"Ehu... no, affatto, però... C-cioè, dunque, 'ragazza' è un conto, 'fidanzata' presuppone una serie di cose varie e molto più... ecco, ufficiali... un fidanzamento, innanzitutto. Perchè, insomma... un dottore preferisce esporre la diagnosi ad una futura moglie, piuttosto che a una probabile e per chissà quanto compagna, no?"
concludo, chinandomi a far finta di sistemarmi la scarpa sinistra, solo per nascondere il viso finchè non torna normale.
"Però nessuno dei miei ha contestato l'affermazione di Dom, mi sbaglio?" domanda, vago, reprimendo uno sbadiglio.
Io, sempre piegata, scuoto il capo.
"No, anzi, e ricordami di ringraziare per questo tua madre... che tra l'altro è stata gentilissima."
"Credo che ti sia già abbastanza affezionata da non curarsene affatto."
Cerco una risposta che vada oltre l'argomento, in modo da tralasciarlo e pensare ad altro. Dormire, per esempio.
"E' una carissima persona, davvero. Non tutte le madri mi avrebbero permesso quello che lei ha permesso a me. E anche Sam... sono stati tutti buoni, molto, troppo buoni con me."
Sorride appoggiandosi al cuscino, l'espressione stanca ma rilassata, e mi fa cenno di raggiungerlo.
"Perchè, come dice il dottor Lewis, ho una fidanzata eccezionale."
Di nuovo cambio colore e gli lancio un'occhiata implorante, che non può captare perchè sta chiudendo gli occhi. Ne approfitto e mormoro, sdraiandomi al suo fianco.
"Dammi tregua, ti prego. So che ti piace vedermi arrossire, ma non posso permettermi di cambiare temperatura ogni cinque secondi, non ancora."
Annuisce appena, allungando le gambe e facendomi posto, posando poi la testa sul mio petto e cingendomi il ventre con il braccio destro.
"Va bene" sussurra, respirando profondamente. Io mi tranquillizzo e mi appoggio al cuscino, stringendolo delicatamente a me col braccio. Chiudo gli occhi, lasciandomi andare, ma lo sento mormorare piano.
"A quando potrai farlo, allora."
"Eh?" domando interdetta. Lui non apre gli occhi, già scivolando nel sonno.
"Cambiare temperatura. Così potrò parlarne."
TU-TUMP.
Lo guardo sorridere appena, teneramente, assonnato, e resto in silenzio abbastanza a lungo da farlo addormentare nel frattempo, prima di potermi riprendere. E a quel punto non me la sento proprio di svegliarlo e ricominciare da dove abbiamo concluso. Da dove ha concluso. Oddio.
*Luna, sii concreta.*
Ripercorro le ultime frasi. No, la voce ha ragione. Non c'è niente su cui farsi problemi. E' una cosa normale, scherzarci su. Lo fa chiunque, specie nelle occasioni in cui uno dei due ha quasi perso la vita. Non c'è motivo davvero perchè il mio cuore perda battiti. Infatti si tranquillizza subito.
La verità è che sono così stanca che non connetto più. Mi immagino le cose, ma questa non è una novità. L'ha detto anche Dom: ho troppi pensieri, e tutti insieme. Non è proprio il caso di aggiungerne uno che neppure ho compreso fino in fondo. No, lasciamo stare. Non sono Elizabeth Bennet. Mi rifiuto di fantasticare troppo. Sono già abbastanza stremata. E mentre mi addormento, glielo concedo:
"Va bene..." sussurro.
E non importa se ha sentito o no. Io sono già fin troppo felice di poter stare così, senza chiedere altro.

"Mi dispiace."
"Per che cosa'"
"Per la nostra vacanza."
Già. Me l'ero dimenticata. Scuoto il capo, serena.
"Come se importasse, adesso. Stai bene, tra poco potrai lasciare l'ospedale, c'è tempo per fare tutto."
"Sì."
Sono trascorsi dei giorni veloci e leggeri. Non so quanti, ma siamo ormai quasi a fine mese, e va tutto bene. Dom e Billy sono tornati a casa loro, anche se Dom spesso arriva a dare un'occhiata, come dice lui, a sorpresa. E' tornata Keira, che mi ha abbracciata per due minuti interi, e 120 secondi non sono affatto pochi, soprattutto quando torni a pensarci su e rifletti che colei che ti sta tenendo stretta è una tra le tue attrici preferite, qualcuno che non ti conosce ma che ha tremato come te e anche per te. Ho pranzato assieme a lei, Rupert e Orlando, tranquillamente, come fossimo tutti vecchi amici che si ritrovano durante la convalescenza di uno di loro, ed è stato facile, esattamente come con Dom e Billy. Ho trascorso anche diverse ore con Sonia e Sam, e nonostante fossi nervosa, pur avendo Orlando lì con me, in camera, mi sono resa conto che più che sondarmi, volevano solo conoscermi meglio. E quello che hanno potuto vedere di me deve essergli piaciuto, perchè i nostri rapporti sono piuttosto buoni. Linda ed i miei genitori sono immensamente sollevati, anche se la mia sorellina ha dovuto nascondere i vari giornaletti con la notizia dell'incidente. Mi chiedo quanto possa contare, adesso, che loro sappiano o meno con quale attore effettivamente sto. Che ci vivo assieme, anzitutto. Ma dopo quella prova, posso superarle tutte. Non hanno valore alcuno.
"A me semmai dispiace per il tuo compleanno. Non lo hai festeggiato. Però..."
"Però?"
"E' stato uno dei giorni più belli della mia vita."
Mi guarda inarcando un sopracciglio, incuriosito.
"Sei tornato da me."
Mi sorride dolcemente, la luce vivida nei suoi occhi.
"Mi aspettavi. Dovevo."
Lo bacio sulle labbra leggermente, sorridendo gioiosa.
"Ci rifaremo quando uscirò di qui. Non vedo l'ora di tornare a casa."
"Manca poco, amor mio."
"Lo so. E' che ho voglia di riprendere in mano la mia vita."
Annuisco, seria. Lo capisco benissimo.
"Ed io dovrò cominciare a riconsiderare la mia, direi."
"Che intendi?" chiede, guardandomi.
"Beh, lo dovrò trovare un lavoro, un appartamento, prima o poi, no? Non posso mica restare in ospedale per davvero" sorrido divertita.
Lui ricambia, ma mi prende le mani, stringendole.
"Aspetta ancora un poco, piccola mia, ti prego. Vorrei tornare a casa e poter stare con te, come prima. Intendi andartene subito, Luna?" mi domanda, con un tono così accorato che non oso pensarci due volte.
"No, che non me ne vado. Resto finchè vuoi. Lo sai. Chiedimelo e basta."
Un dolcissimo sorriso si dipinge sul suo volto sereno.
"Vuoi restare da me, amor mio? Almeno fino a che mi sopporti?"
Ridacchio divertita e annuisco:
"Ci metterò anni per andarmene, allora."
"Non chiedo di meglio, Luna."
Mi guarda, sorridendo, ma con sguardo serio. Avverto i battiti del mio cuore farsi più affrettati, più prepotenti.
"Mi stai chiedendo di... trasferirmi a tempo indeterminato?" boccheggio, fissandolo incredula.
Mi accarezza le dita intrecciate alle sue, annuendo.
"Vorresti, Luna? Vuoi restare con me? Sappiamo tutti e due che insieme stiamo molto, molto più che meravigliosamente... perchè non continuare? Ma sii sincera: se preferisci sul serio tornare in uno spazio tutto tuo, lo capisco, veramente. Dimmi solo... cosa ne pensi."
*Respira, Luna.*
"Sì. No. Sì che voglio. No che non preferisco. Davvero? Mi vuoi con te, davvero?" domando, con gli occhi lucidi ed un groppo in gola. Lui annuisce sorridendo, dolce, tenero come solo lui sa essere.
"Certo che ti voglio, piccola, dolcissima Luna."
Mi stringe forte a sè per non lasciarmi andare, cosa che non intendo fare nella maniera più assoluta. Asciugo velocemente le lacrime che mi si sono fermate sulle ciglia e sorrido, guardandolo. Lui ricambia, accarezzandomi i capelli ed il viso, mormorando piano:
"Dio, se penso che ho rischiato di perderti..."
"Sssshh... sono qui, amor mio. Non vado da nessuna parte. E non ti lascio andare. Non ti lascio andare via da me."
Mi bacia, abbracciandomi con forza, passione, amore, disperazione, tutto ciò che mi è mancato, tutto ciò che ho quasi smarrito... e che invece ho qui, nel mio cuore, nella mia anima. Solo mio, solo per me.







< continua a ripetersi di restare sveglia >
L'ho promesso, l'ho promesso... yaaaawwwnnn... ci sono, ci sono... zzzzzzz...zzzzz...zzz... Eh? Ah! Si! Eccomi!
Sorry ^.^
Bimbe, siamo agli sgoccioli. Mi piange il cuore. Mi piange l'anima davvero. Oddio, se ci penso non finisco di scriverla più, 'sta fanfic.
Mi mancherà troppo. Mi mancherete voi.
Ma confido di ritrovarvi nel seguito *_*
Vero? Così posso bearmi ancora un pò della vostra presenza... ci sarete? *_*
Passiamo ai ringraziamenti, una lista stralunga e stra-adorata!

Anzitutto a Mihi, Bebe e Lety, che non potendo lasciare un commento ieri notte mi han scritto una mail *.*
Dirmi commossa è restrittivo, perciò... ecco... ç_ç <--- rende l'idea.

Lety: spiegare quello che ho provato leggendo la tua recensione è impossibile. Mi dispiace, ho tentato, ma è un'impresa che va ben oltre le mie forze. Non ce la faccio, semplicemente. Sei dolcissima. Sei un amore. Sei fin troppo generosa e gentile, con me, che merito la metà della metà della metà di simili complimenti, tutti graditissimi, dal primo all'ultimo, e che se potessi anche solo ripagare in qualche modo ne sarei orgogliosa. Non sai che gioia, che piacere, che tenerezza mi hai lasciato, con le tue parole. Penso che non saprò spiegarlo mai. Ma tu sei speciale, perciò lo potrai capire, anche se questa incapace ragazzina non riesce a farlo presente a modo. Non come te. Grazie, tesoro. Grazie di cuore.

Linnie: niente insulti, niente maledizioni! E' anche una delle mie preferite, e credo che avrebbe fatto esattamente ciò che fa qui: andare a trovare un amico, più che un collega, e informarsi sulla sua salute, sapere come sta. Niente fossa perciò XD E grazie, grazie millissime dei complimenti, grazie grazie grazie!!! E certo che puoi chiamarmi Giulia! Devi, anzi! Un abbraccio cara!!!

Stelly: carissima bimba, ma ve lo dovevo, scusa ^.^ In fondo è per voi che scrivo, mi sembra il minimo fare nottata pur di postare!!! E poi sono appena le due, che vuoi che sia... < crolla e si riprende > Ah-hem! Dicevo! XD Grazie stella, grazie davvero, grazie infinite.

Mihi: amorina mia... quello che ti dovevo dire te l'ho detto via mail, ma non basta mai, perchè sono io ad essere incapace di esprimermi... e sono ripetitiva, e banale, e scontata, e non ho che un "Grazie" da offrire, ma te lo offro col cuore, come sempre. Non sai che bene ti voglio, che voglia ho di incontrarvi tutte e 4, e di andare a caccia in London. Ma prima di tutto, di abbracciarti forte forte, per tutto quel che mi dai. Con tantissimo affetto, milioni di baciotti gioia mia. Grazie. Grazie.

Sarè: idem come sopra. Inutile cercare di esprimermi correttamente o in maniera eloquente. Sono un'incapace. Ma il seguito, come sai, è già sul piano di lavoro. E la notte è fatta anche per questo. Scrivere per voi, per te, è la cosa più bella che mi sia capitata nell'ultimo anno, non scherzo. Perciò che pubblichino o meno, ch'io diventi una star da tappeto rosso o una sconosciuta qualunque, avrò comunque avuto l'onore di creare qualcosa che ti ha strappato un sorriso, sollevato il morale, rallegrato la giornata. E questo, sorellina mia, vale più di tutto. Grazie ç.ç

Kiki: cucciolina splendida, grazie a te invece! Grazie di leggere, di commentare, di avere il mal di testa eppure non staccarti dal pc... ma te l'ho detto cheper me vale una cifra?? E che la cifra raggiunge e supera gli undici zeri l'ho detto? Che quindi è importantissimo all'ennesima potenza tutto ciò, sono riuscita a spiegarlo? Grazie, grazie, mille volte mille grazie, per mille ciascuna.

Krisma: nossignora, ho dormito pochissimo, dormirò poco pure stanotte, e ne sono fiera! Per voi, anche una settimana intera! Poi finisco come Samara, chiamate Gore Verbinski... <.< Scherzi a parte, sto una favola. Per forza, ci siete voi a commentare, a recensire ogni parola, con così tanto entusiasmo ed affetto che sono sommersa di gloria e onore! Grazie tesoro, grazie sul serio. Ma tanto!!!

Bimbe mie, siete le stelle delle mie notti... per cui posso pure passarle in bianco: splendete voi per me, rischiarandomi.
Stasera mio padre mi ha detto una cosa stupenda:
"Ho letto alcune recensioni... devi essere davvero portata, se tante persone si sono mosse per lasciarti commenti così sentiti."
Voi non conoscete mio padre, ma queste in bocca sua sono parole di platino puro. E lo devo tutto a voi.
TUTTO.
GRAZIE

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Capitolo 38
*** However it may be ***


Prima di iniziare il capitolo devo postare una premessa...
Carissime, dolcissime, meravigliose, splendide, favolose, fiabesche, incredibili, fantastiche, ineffabili, inconcepibili, incommensurabili, amatissime, adorabili, superbe, stupende principesse... Bimbe mie predilette...
Eccoci qui, dunque. Al penultimo capitolo.
Giunti ad una fine che speravo, ma sapevo di sbagliarmi - per forza, l'ho scritta io 'sta storia XD - non arrivasse mai.
Perchè grazie a questa FF ho conosciuto voi.
Voi, tante brillanti stelle dilette.
Che avete seguito in silenzio o commentato finora, che avete inserito questa Fanfic tra le preferite, e così via...
Che mi avete fatta crescere, mi avete rallegrata, mi avere incoraggiata, mi avete fatta commuovere, e piangere, ed essere orgogliosa di me. Mi avete dato la sicurezza per poter guardare negli occhi la gente scettica e affermare "Io valgo", di sorridere arrogante agli ostacoli del mondo, di camminare con un sostegno sempre presente, tutto questo perchè me lo dicevate voi.
Mi spronavate a credere in me e l'ho fatto, ho anche varcato i limiti del possibile.
Eravate tutte lì a tifare per me.
E non esiste niente, niente, che valga quanto questo.
Non c'è se, non c'è ma.
C'eravamo solo io e voi.
E ci siamo ancora, fino a queste ultime righe.
Permettetemi di provare, tentare con tutte le mie forze di ringraziarvi nel più genuino, sincero dei modi, e nel più incapace, perchè non ci riesco, e mi sento impotente, ma voglio lasciare che siano le mie emozioni a parlare per me, anche se verrà fuori un incastro strano di scritte senza senso... che però portano tutte a un "Grazie" dal profondo dell'anima.
Se avervi avute fin qui, fino ad ora, fosse stata l'unica cosa per cui valesse la pena di scrivere questa storia, l'avrei fatto, assolutamente.
E invece non solo ci siete state, ma ci siete state con entusiasmo, partecipazione, interesse, coinvolgimento.
Non posso che sentirmi onorata e fiera di tutto questo.
Grazie. Grazie, grazie, grazie, grazie, grazie, grazie, grazie, grazie.
Per aver creduto, per aver capito, per avermi permesso d'aprire il mio cuore, per aver apprezzato cosa c'era dentro, per avermi dato un'opportunità.
Per aver letto anche me, oltre alla storia. Semplicemente.
Per le notti in bianco che vi siete fatte e i pomeriggi incollate davanti allo schermo, per i sospiri che ci avete speso, per le risate che vi hanno scosso, per le lacrime che ci avete versato, ognuna una gemma dal valore inestimabile.
Vi voglio bene, piccoli gioielli miei.
Siete delle persone speciali, degli angeli, e se volete fare un favore a questa ragazzina commossa e gratissima, non lasciate che mai nessuno vi possa dire l'inverso o convincere del contrario.
Se pensate che io valga davvero come persona, allora permettetemi di affermarlo, che siete insostituibili, e che chiunque possa avere il coraggio, la cecità, la demenza di dire di no, neppure dovete considerarlo senziente.
Fatelo per me, che voi avete reso tanto felice.
E vorrei tanto, tanto proteggervi da qualsiasi male vi stia ossessionando al momento, e abbracciarvi, e difendervi, e spaccare il naso a chi non vi lascia stare, ai guai che vi danno la caccia...
Spero di poterlo fare, un giorno, o di averlo fatto attraverso questa storia. Non ce n'è una, tra di voi, che non meriterebbe il Fiho, anzi, l'Hute, perchè bisogna inglesizzare pure il toscano XD
E non ce n'è una tra di voi che non sia un pò Luna.
Pertanto, vivete la vostra vita come se la stessi scrivendo io. Ed io amo i miei personaggi, e li tutelo. Ma visto che da qui non posso farlo, tutelatevi voi da parte mia.
E se non ci riuscite, chiamatemi, che ci penso io <.< So anche fare l'assassina, oltre che la cantastorie.
Migliaia, milioni, miliardi (che, come dice Drew, sono un sacco di milioni XD) di auguri affettuosissimi, di abbracci, di baci e di ringraziamenti.
Vostra sempre
Giulia





And I need you now tonight
And I need you more than ever
And if you'll only hold me tight
We'll be holding on forever
And we'll only be making it right
Cause we'll never be wrong together
We can take it to the end of the line
Your love is like a shadow on me all of the time
I don't know what to do and I'm always in the dark
We're living in a powder keg and giving off sparks
I really need you tonight
Forever's gonna start tonight
Forever's gonna start tonight
[Westlife - Total Eclipse of the heart]



Il sole di Gennaio gli bacia il viso mentre usciamo dall'ospedale, mano nella mano, sorridenti ad ogni occhiata che ci lanciamo.

///////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////FlashBack///////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////

"Cari ragazzi, abbiate cura di voi, e non strapazzatevi troppo: non voglio più vedervi qui dentro, a meno che non sia per qualche lieta occasione."
Il dottor Lewis scoppia a ridere dicendo queste parole, e so perchè: le mie guance si sono infuocate, in maniera violenta quanto mai.
Lieta occasione. Ma ditemi voi.
Lancio un'occhiata allo specchio davanti a me. Mio Dio, come sono bordeaux. Orlando sorride allo stesso modo, teneramente, e mi stringe a sè con dolce malizia. "Ne stia certo, dottore. La ringrazio, di tutto quanto" afferma, tornando serio, e avverto bene tutto ciò che c'è dietro quel semplice 'Grazie'. Il medico sorride e gli batte la mano sulla spalla, annuendo appena, l'espressione di un padre.
"Non lo dica neppure. Abbia cura di sè, e basta."
Orlando annuisce, il bel viso teso in un'espressione di cordiale serietà; io mi faccio avanti, ancora rossa, e abbraccio il medico, quest'uomo che mi ha trattata come una di famiglia, impedendo a chicchessia di disturbarmi, per giorni interi.
"Grazie, grazie infinite" sussurro, un groppo in gola.
Lui ricambia lievemente la stretta e bonariamente mi dà un buffetto sulla guancia, sorridendomi indulgente e gentile.
"Stia bene, Luna."
Io annuisco e ricambio il sorriso, intrecciando la mano con quella del mio angelo, ed avviandoci lungo il corridoio. Le infermiere si avvicinano facendoci cenni amichevoli di saluto e affetto, alcune sfiorandomi il braccio, altre solo sorridendomi, per tutto il tragitto, fino all'uscita, dove si raggruppano con Mrs Hill che mi fa, stringendomi delicata le braccia:
"Cara, mi raccomando."
Annuisco appena, le lacrime agli occhi, e mi volto verso Orlando, che ricambia lo sguardo, regalandomi il suo sorriso stupendo, che mi mozza il fiato.
"Pronta?" sussurra piano, teneramente. Guardo i raggi chiari che illuminano il mattino inoltrato, e annuisco convinta.
"Sì. Andiamo a casa."
Mi stringe più forte la mano, ed insieme percorriamo i pochi metri che ci separano dall'aria aperta, dalla libertà... dalla vita.

///////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////FineFlashBack///////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////

"Lasciami portare la borsa, Luna."
"Nossignore: è leggera e ce la faccio, e poi hai già la tua."
Sorride divertito.
"Ostinata."
"Iperprotettivo."
"Permalosa."
"Io? Mai e poi mai!"
"Oh, sì, eccome invece!"
Sembriamo due ragazzini. Ridacchiamo anche, come due adolescenti, sereni e spensierati.
"Ti garantisco che non c'è una persona meno permalosa di me."
"Va bene... suscettibile, allora?"
"Uffa!"
"Visto? Avevo ragione!"
"Ti amo."
Ah-ha! L'ho bloccato.
"Anch'io, piccola mia."
Affondo nelle sue iridi dolcissime, vinta dalla forza del suo sguardo. Uno pari. Mi ferma portandomi davanti a sè, sotto la luce del sole invernale, e di nuovo mi sento sciogliere, come il primo giorno, come la prima volta, quando i suoi occhi si fissano nei miei, intensi e teneri.
"Luna..." mormora, lasciandomi la mano per alzarmi il viso ed accarezzarlo, delicatamente, e avverto le lacrime premere contro la mia resistenza, mentre ricambio lo sguardo. Il mio angelo, la mia vita, la ragione per cui respiro. Mi afferra una consapevolezza già avvertita, taciuta in quella stanza d'ospedale, e che pretende adesso di essere manifestata.
"Non ci credo."
Mi guarda, appena stupito:
"A che cosa?"
"... Vivo di te."
Tre parole, semplici, un universo dietro. E lui lo sa, perchè spalanca gli occhi, fissandomi. Io, annullata nuovamente, e stavolta molto più profondamente, dall'amore per qualcuno. Che però, stavolta, lo merita davvero. Qualcuno che mi ama altrettanto, e lo so, lo sento, riesco a percepirlo. I suoi occhi scuri si fanno lucidi, splendenti.
"Dio, Luna... se avessi la certezza di poter essere perfetto, per te, come meriti..." mormora ardentemente, fermando la sua mano sulla mia guancia.
Come se non lo fosse già. Come se dovesse fare altro per confermarlo.
"Non devi cambiare niente, Orlando. Non cambiare in niente."
Alzo la mano a sfiorargli il viso e vederlo così toccato mi scatena un'istinto di protezione, di difesa, di amore incondizionato invincibile. Si avvicina ed io faccio altrettanto, e le borse cadono a terra ma non ce ne curiamo, perchè già siamo persi, naufragati oltre quel bacio romantico, dolce, passionale, siamo all'inizio e a metà e di nuovo alla fine, e siamo noi, solo noi.
"Ti amo, Luna, ti amo, ti amo non sai quanto..." sussurra tra le labbra, staccandosi appena e riprendendo a baciarmi, insaziabile, assetato di me quanto io lo sono di lui.
"Orlando... amore mio, mio angelo..." mormoro appena, e avverto scendermi quelle lacrime che cercavo di trattenere, ed assieme a quelle piccoli singhiozzi che mi impediscono di respirare. Mi prende il viso tra le mani e lo accarezza piano, guardandomi, a pochi centimetri dalle mie labbra.
"Principessa, non avere paura, sono qui, sono qui con te."
Eccolo, il punto. Tutto il terrore di perderlo, tutto l'orrore di cinque giorni di silenzio e attesa, mi fanno paura. Ho ancora paura. E lui, da quell'angelo perfetto che è, lo ha capito benissimo.
Scoppio a piangere e mi lascio stringere forte tra quelle braccia così amate, così desiderate, protettive, sicure, forti, un porto per la mia nave alla deriva. Ho di nuovo il mio Forziere.
"Non lasciarmi più, ti supplico..." bisbiglio trattenendolo contro di me, cuore contro cuore. Lui mi accarezza i capelli rafforzando la stretta e respira affannosamente:
"No, mai, piccola Luna, mai."
E quel 'mai' mi appare un tempo ragionevolmente lungo da poterlo accettare.

Al nostro arrivo, la casa sembra quasi sorriderci, baciata dai raggi del sole, ed io tiro fuori le chiavi dalla tasca del giacchetto. Da dietro la porta sento grattare una ben nota zampa, e un uggiolio accompagna il suono. Orlando sorride entusiasta e si avvicina alla porta chiamando:
"Sidi! Sidi, bello, sono qua!"
Un latrato risponde, e lui scoppia a ridere. Mi affretto ad aprire la porta e a farlo entrare, prendendogli la borsa di mano per posarla nella sala, e Sidi, che si era tirato indietro, subito gli salta addosso, festoso, esuberante, euforico. Sorrido intenerita da quel quadro perfetto, mentre i due vecchi amici si abbracciano a modo loro, felici di rivedersi dopo tanto tempo. Decido di lasciare a entrambi un pò di privacy, anche se sembra un pensiero sciocco, e sistemo i nostri effetti sulla poltrona vicino all'ingresso, posando anche la giacca, ed entrando nella stanza ampia e luminosa. Orlando mi raggiunge, con Sidi al seguito, ed un'espressione così commossa che mi stringe il cuore.
"Bentornato a casa, amor mio."
Mi sorride tentando di apparire tranquillo, ma l'espressione si frantuma in mille emozioni diverse, repentine. Lo raggiungo e gli getto le braccia al collo, e lui affonda il viso tra i miei capelli, nell'incavo del mio collo, stringendomi forte, più forte, come temesse di spezzarsi.
"Va tutto bene, amore mio, va tutto bene... è passato, è tutto passato, va tutto bene ora..."
Lo sento annuire ma il tremito delle sue spalle non diminuisce, e le sue mani si tengono alla mia schiena, trattenendomi contro di sè.
Avverto distintamente ogni suo singolo pensiero, perchè sono tutti quelli attraverso cui sto passando anche io. Gli accarezzo la testa, i capelli, le spalle, i fianchi, sussurrando appena parole di conforto, come piccole ninnananne.
"Resteresti qui?" domanda piano, anche se già conosce la risposta, ma abbiamo entrambi bisogno di certezze sottolineate più e più volte, dopo aver quasi perso ciò che credevamo sicuro.
"Anche per tutta la vita, amor mio. Te lo prometto. Mi senti? Te lo prometto."
"Non voglio perderti di vista neppure un minuto."
"Non te ne darò l'occasione. Lo giuro."
Mi bacia nuovamente, quasi con rabbia all'inizio, a sfidare il destino maligno che ci ha sottoposti a questa prova massacrante, e poi con dolce, passionale tenerezza, ardente avidità, e mi sento fare altrettanto, mentre la lucidità viene sempre meno, ingoiata da altre emozioni. Mi separo appena in tempo.
"Dovresti riposare, Orlando. Sai che cosa ha detto..."
"Ho riposato anche troppo. Non sono stanco. Ti prego, Luna, non chiedermelo... non fermarmi."
Se anche questa supplica non avesse fatto breccia nel mio cuore come un dardo rovente, ci avrebbe pensato lo sguardo di implorante desiderio e rivincita che gli illumina gli occhi castani. Non trovo alcun argomento per costringere la ragione a tornare da me, mentre indietreggio fino al divano, senza staccarmi da lui, che mi segue e appena accenna un sorriso di dolce malizia.
"Sei sicuro...?" domando piano, e lui mi fissa annuendo, intensamente, serio. Alzo la mano a sbottonare la camicetta che indosso, ma lui me la ferma con la sua. Lo guardo timidamente incuriosita.
"Voglio farlo io."
Questo sussurro roco mi vince completamente. Abbasso le braccia e lascio che siano le sue dita a giocare con i bottoni dell'indumento, che non oppone resistenza, ma si lascia sfilare lentamente, e lui abbassa il capo a sfiorare il mio collo con le labbra, regalandomi brividi e battiti accelerati. Porto le mie mani sul suo petto scivolando sotto il dolcevita scuro che indossa, che tiro su piano piano, facendo molta attenzione quando glielo passo oltre la testa, e resto a guardarlo, rapita. Gli sfioro il torace ed i pettorali come incantata, quasi non credendo che sia vero poterli toccare di nuovo. Alzo lo sguardo sul suo viso e lo intreccio al suo, ardente. Si fa avanti e mi bacia, piegandomi all'indietro, sui morbidi cuscini che mi accolgono, ed io incrocio le braccia dietro la sua schiena, cingendogli i fianchi, trattenendolo contro il mio corpo, riscaldato e allo stesso tempo percorso da brividi. Si tira indietro, slacciando i bottoni dei miei jeans e facendoli sgusciare lungo le mie gambe, che bacia con ardore, quasi strappandosi di dosso i suoi quando la chiusura mostra resistenza, e poi tornando su di me, che lo accolgo con l'abbandono di una schiava e la fierezza passionale di una regina.
"Ti amo, Luna."
"Ti amo anche io."
Si ferma appena, guardandomi negli occhi, in cui annego, estasiata. E lo ripeto, totalmente annebbiata dalla forza del sentimento.
"Ti amo anche io..."
Mi bacia sulle labbra, scendendo lungo il collo, una mano dietro la mia schiena a slacciarmi il reggiseno, l'altra ad alzarmi il capo per raggiungere meglio la mia gola, su cui lascia vaghi morsi leggeri. Soffoco un gemito trattenendomi, affondando le dita nella sua pelle, finchè non si tira nuovamente indietro per potermi denudare completamente. Vorrei arrossire, ma il mio sangue è metallo fuso, rovente, e non scorre a mio piacimento. Di nuovo mi raggiunge, baciandomi il ventre, il seno, le spalle, il collo, le labbra, prendendomi con passionale, struggente dolcezza. Mi avvinghio al suo corpo intrecciando le mie gambe dietro le sue, inarcando la schiena per accoglierlo contro e dentro di me, il morbido sorriso d'amore che gli ondeggia sul viso quando di nuovo mi bacia, avido. Un pensiero mi raggiunge, subitaneo, quasi privo di importanza quando lo esprimo in un sussurro.
"Non hai..."
"No" risponde piano, la voce roca, stringendomi a sè. Sorrido appena, avvolta dal piacere. E vorrei chiedergli se realmente intende rischiare, se sul serio pensa di poter affrontare l'eventualità, che però mi sembra semplicemente bellissima, al momento, e rimando ogni singolo dubbio al futuro, capace soltanto di pensare a me e lui, adesso, insieme, dolcemente annegati nel più sublime, più puro degli atti d'amore.
"Luna..." lo sento chiamare il mio nome e rispondo invocando il suo, senza malizia, senza pudore, due corpi frementi di piacere uniti nell'estasi delicata di quando due anime si sfiorano, intrecciandosi, per poi combaciare perfettamente.
Gocce salate mi scivolano lungo le guance arrossate, per l'intensità della disperazione con cui lo amo e con cui mi sento amata, il mio spirito attraversato da mille, estenuanti, deliziose carezze. Sussulto dominata dalla passione, e mi avvinghio più strettamente al suo corpo quando lo sento percorrere da brividi sempre più veloci e violenti, finchè, vinto, non si abbandona su di me, sul mio petto, ansimante ed esausto.
Gli accarezzo i capelli lasciandolo affondare il viso tra i miei, la guancia posata sul mio collo, le mani sul mio seno, i battiti folli di una corsa già vittoriosa che lentamente tornano regolari. Gli bacio la fronte ed il viso, facendo scorrere le mie dita sulla sua schiena, ed asciugo le mie lacrime innamorate, finalmente rasserenata. Non c'è niente, non esiste più nulla, di cui aver paura.
Rabbrividisce appena, gli occhi chiusi contro la mia pelle. Faccio per muovermi ma mi stringe trattenendomi, schiudendoli:
"Non andare."
"Prendi freddo, amor mio. Lasciami cercare una coperta."
Scuote piano il capo, posandolo di nuovo contro la mia spalla, gli occhi chiusi.
"Resta qui con me."
Rilasso i muscoli e mi abbandono al calore del suo corpo, soggiogata. Ma quando un altro brivido lo scuote mi impongo di essere decisa.
"Aspettami, torno subito."
Sguscio via dalle sue braccia che tentano di fermarmi e gli sorrido dolcemente.
"Non mi perdi. Promesso."
Mi sorride teneramente, uno sguardo disarmante, ed io corro al guardaroba del sottoscala, tirando fuori il plaid morbido e termico ripiegato, per poi tornare in fretta sul divano, accolta tra le sue braccia. Stendo la coperta sui nostri corpi e mi sdraio nuovamente, riprendendo entrambi la posizione di prima. Orlando posa l'orecchio sopra il mio cuore, e lo ascolta battere i suoi ritmi innamorati, intanto ch'io gli accarezzo il viso, lasciando vagare lo sguardo lungo la stanza.
"Mi sei mancata così tanto."
Chiudo gli occhi a questo sussurro accorato, e rispondo, sentendo tremare la mia voce:
"Mi sei mancato anche tu, amor mio."
Restiamo in silenzio, l'uno tra le braccia dell'altra, dolcemente appagati, sereni, sicuri. Poi quel pensiero mi torna in mente. Mormoro appena, esausta.
"Ci siamo esposti ad un rischio."
Tace, accarezzandomi il fianco, senza fare cenno di voler parlare. Respiro profondamente il suo profumo, scivolando in una sorta di caldo dormiveglia, finchè la sua voce non mi riscuote.
"Se avessi azzardato troppo... che cosa...?"
"Non lo so" rispondo sincera. L'eventualità però non mi pare così tremenda. Stare con lui è ciò che mi preme più di tutto.
"Vuoi pensarci adesso?" domanda, un poco serio. Scuoto il capo.
"No. Mi basta sapere... vuoi tenermi con te?" chiedo, raggomitolandomi sotto la coperta. Orlando mi bacia sulle labbra, dolcemente passionale, e sussurra:
"Sì che voglio, e che lo vorrò. Sia quel che sia. Non potrei desiderare nessun'altra nella mia vita tranne te, Luna."
Mi stringe a sè fasciandomi con il braccio e abbracciandomi, protettivo, mentre il mio cuore viene inondato d'amore.
Mi sorride, teneramente, fissandomi.
"Non l'avrei mai fatto, altrimenti. Ma con te... è con te che voglio stare. Posso affrontare questa possibilità, se è con te. Ma tu...?"
"Sì. Sì, sì che posso. Siamo noi. Non cambia niente."
Mi scruta fino in fondo al cuore, che gli apro totalmente, e mi sorride, sciogliendomi, posando un bacio leggero sulle mie labbra.
E cullati dal tepore dei nostri corpi stanchi, placati i nostri sensi, restiamo a cullarci in un dolce torpore, finchè la luce del giorno non si allontana cedendo il posto al pomeriggio invernale.

Quando mi tiro a sedere stiracchiandomi appena Orlando sorride teneramente, con aria assonnata.
"Sei bellissima."
Arrossisco di piacere e imbarazzo, coprendomi il seno con il plaid, e sorrido anch'io, vergognosa.
"Sono un disastro, vuoi dire."
"Sei splendida. Vieni qui."
Non me lo faccio ripetere e torno tra le sue braccia, posandogli le mani sul petto, e lui mi bacia la fronte, il viso, scostando le ciocche di capelli dai miei occhi e fissandoli attentamente, con sguardo profondo ed un lieve sorriso sulle labbra.
"Ti amo davvero, Luna, lo sai?"
Arrossisco di nuovo, violentemente. E' strano: lo so, me lo ha detto più volte, ma questa volta è diverso, come fosse la prima, come fosse più speciale. Sorride nel vedermi imbarazzata e scivola con la mano lungo il mio collo, il mio fianco destro, delicato e tenero.
"Se... se restassimo così... per tutta la vita, ti dispiacerebbe?" domando in un sussurro, chinando lo sguardo. Lui sorride divertito, e dolcemente mormora.
"No. No, affatto."
Mi tira a sè cingendomi la schiena col braccio ed io poso la testa sul suo petto, respirando il suo odore.
"Come ti senti?" gli chiedo, un pò preoccupata. Il suo cuore batte regolarmente, ma sembra fare dei balzi, ogni tanto.
"Molto più che bene", risponde sospirando e chiudendo gli occhi, "Molto, molto più che bene."
"Vuoi che ti prepari un bagno caldo?"
"Non si era detto di restare qui?" sorride divertito, ed io sorrido nello stesso modo.
"Qui o nella vasca, l'importante è che sia al caldo e che ci sia tu."
"Questa potrebbe essere una buona idea. La vasca del bagno grande è abbastanza comoda per entrambi, no?"
Annuisco. Effettivamente quella è enorme, più che spaziosa.
"Ok, al tre?" domando, e lui mi lancia un'occhiata maliziosa.
"Se cominciamo a contare, finisce che nessuno si muove. Dovremo chiedere a Sidi di scacciarci."
Scoppio a ridere, alzandomi.
"Vado avanti io?"
"No" si alza subito, cingendomi le spalle con metà coperta, "O insieme o niente. Non intendo allontanarmi da te, finchè mi è possibile."
Lo abbraccio da sotto la coperta mentre me la sistema sulle spalle, di slancio, e lui si ferma, stringendomi forte, intrecciando le dita ai miei capelli.
"Ti amo, angelo mio."
"Sei tu il mio angelo, piccola Luna."
Sorridiamo lasciandoci andare, e cingendo l'uno i fianchi dell'altra, saliamo le scale fino al piano superiore.

"Finirai per scottarti, piccola ostinata."
Mi volto e gli sorrido divertita.
"Tranquillo: entro prima io, così sento se davvero brucia quanto affermi tu."
"E' questo che mi preoccupa: andrai in giro come un'aragosta, se ho ragione."
Scoppiamo a ridere insieme, poi mi faccio coraggio e immergo il piede nella vasca fumante. Una piacevolissima sensazione di calore si espande per tutto il mio corpo, sciogliendolo, e senza esitare mi immergo completamente. Lascio andare la testa all'indietro bagnando i capelli, poi mi volto verso Orlando.
"E' favoloso, vuoi provare?" lo sfido scherzosa, e lui annuisce, sorridendo e lasciando cadere il plaid. Distolgo lo sguardo, dandomi mentalmente della stupida per questi improvvisi eccessi di pudore che mi prendono, e mi sposto in avanti. Lo sento immergersi nell'acqua calda e sospirare, e mi volto, guardandolo. Sembra un dio greco, le labbra dischiuse, l'espressione rilassata, il petto accarezzato dall'acqua chiara e spumosa, profumata di bagnoschiuma. Mi sorride accorgendosi del mio sguardo.
"A che cosa pensi?" domanda, serafico. Afferro un batuffolo di soffice schiuma bianca, arrossendo.
"Al fatto che sei dannatamente attraente."
Lo vedo sorridere imbarazzato, e aggiungo, sfumando nel bordeaux:
"E anche che è la prima volta che facciamo il bagno insieme. E francamente, lo avrei provato anche prima, questo piacere."
*Wow, Luna! Hai di nuovo rotto il freno a mano!*
Sorride maliziosamente impacciato.
"Se cerchi di mettermi in difficoltà coi complimenti, sappi che ci stai riuscendo benissimo, piccola seduttrice."
Ridacchiamo serenamente, rilassando ogni muscolo. E' una sensazione di benessere perfetta, che non provavo da tempo. Nella mente mi si frappongono d'improvviso immagini strazianti. La macchina, l'incidente, l'ospedale, i suoi occhi chiusi... Mi copro il viso con le mani, riscaldandolo e imponendomi di dimenticare. Orlando si accorge del mio turbamento e mi prende le mani stringendole, preoccupato.
"Va tutto bene, Luna?"
Alzo lo sguardo e fisso ammirata la perfetta visione che ho davanti. Come rispondere altrimenti?
"Sì. Sì, sto bene. Non sono mai stata meglio."
Mi sorride tirandomi a sè, facendomi appoggiare la schiena al suo petto, e stringendomi con le braccia, protettivo. Sospiro profondamente e poso la testa sulla sua spalla, libera da ogni inquietudine.

"Fammi parlare con il sant'uomo, per cortesia, da brava."
"Linda, non lo stressare, deve riposarsi."
"See, con te costì e casa libera, voglio vedere quanto si riposa, và! Mica sono scema!"
Ma perchè nessuno la zittisce mai, questa bambina? Arrossisco furiosamente.
"Avanti, voglio solo complimentarmi per essere riuscito a farsi quasi ammazzare pur avendo la ragione dalla sua. Era sulle strisce, no?"
"Non è divertente" borbotto, incupita. Linda sospira.
"Luna, eddai, respira, che diamine. Puoi abbassare la guardia, adesso. E' passata. E ancora non ho capito perchè non hai lasciato che venissi da te."
"Lo sai, perchè. Saresti dovuta stare in casa, perchè io dall'ospedale non mi muovevo. Perciò era inutile farti venire qui per non fare niente. Però lo so che c'eri, col pensiero. Grazie. Sul serio. E perdonami ancora, non volevo farvi spaventare."
"Ti perdono se me lo passi" ribatte subito. Sorrido divertita, concedendole questa vittoria.
"Te lo passo se fai la brava."
"Sì, mamma!" esclama, sbuffando. Scoppio a ridere e posando la mano sulla cornetta mi rivolgo a Orlando.
"Linda vuole salutarti. Le dico che dormi?" chiedo piano. Lui si tira a sedere, immerso nel piumone, e scuote il capo sorridendo.
"No, anzi, mi fa piacere!" esclama, ed io gli tendo la cornetta.
"Salut Linda! Comment ça va, aujourd'hui?" domanda serenamente.
Mi siedo sul bordo del letto controllando la conversazione pur fingendo indifferenza.
"Carissimo cognato, non ci puoi far prendere questi infarti! Se mi fai morire la sorella, poi io come faccio ad avere la scusa di andare a trovarla a Londra e togliermi di casa?" la sento ribattere allegramente. Cognato. Mi porto una mano alla fronte, sbuffando. Dovevo aspettarmelo. Orlando ride divertito e risponde:
"Chiedo perdono, cara cognata, prometto che non lo farò più."
Lo guardo allibita: due bambini, ecco chi ho davanti. No, anzi: in realtà sono Orlando e Dom sotto mentite spoglie.
"Ecco, bravo, e riguardati, che sennò senza te come si fa! Ripassami Luna adesso, sennò dice che ti stanco... Take care, buddy!" esclama tutta contenta. Deve essersi guardata qualche film americano su sky di recente. Orlando ridacchiando mi allunga il telefono ed io sottolineo:
"Take care buddy? Cos'è, Armageddon?"
"Acci, che memoria che hai, Luna! Sì, è quando schianta Max..."
"Linda!"
"Con rispetto parlando per l'eroismo dietro il massacro, s'intende. Viva gli asteroidi!"
Scoppio a ridere pur volendo trattenermi, scuotendo il capo. Non c'è speranza.
"Sai che se non fosse troppo grande e fidanzato ti proporrei a Dom?"
"Sai che mi proporrei anche io? L'età non conta in amore, e quanto alla fidanzata, mica son gelosa!"
"Linda!"
"Va bene, va bene... we, stacco, torno a studiare, io, mica come voi due pucci-pucci nel lettone..."
"Ciao Linda..."
"Col sano, sacro e tantrico..."
"LINDA!"
"... divertimento buddhista. Ciao pupa!!!" esclama, attaccando. Sospiro profondamente, disperata. Non cambierà mai. Orlando ridacchia guardandomi.
"Cognato?" domanda, maliziosamente. Io alzo le mani:
"Non guardare me, lo sai che è strana."
"Non è male come idea, però."
"Che...?" comincio bloccandomi, violacea. Lui trattiene una risata, lanciandomi un'occhiata divertita.
"Sei da incorniciare, sai?"
"Uffa... ma che ci sarà di divertente nel prendermi in giro..." domando, fingendomi affranta, e lui mi cinge con le braccia stringendomi a sè.
"Adoro quando arrossisci, lo sai. Ma stavolta intendevo l'idea di starmene buono e al sicuro per un pò, così non rischio di perderti."
Annuisco abbracciandolo, posando il capo sulla sua spalla.
"Effettivamente Linda ha ragione su diversi punti... primo tra tutti, questo: che cosa farei, senza di te?" sussurro, abbandonando subito il pensiero: fa troppo male.
"Non chiedertelo, amor mio, non voglio darti la possibilità di considerarlo."
Sorrido rasserenata, baciandolo sulle labbra. Lui mi stringe più forte, ricambiando, quand'ecco che il mio cellulare suona di nuovo. Orlando si separa da me afferrandolo e porgendomelo; io lo ringrazio con un bacio a fior di labbra sul naso e rispondo, vedendo il numero criptato, mentre lui sorride sorpreso.
"Pronto?" rispondo, con innocenza.
"Naturalmente, da brava attrice, tu non stai parlando con me" afferma Dom a bassa voce.
"Sì, sono io, chi parla?" chiedo, sgranando gli occhi con aria ingenua. Orlando mi guarda interrogativamente ed io scrollo le spalle, falsamente ignara.
"Bravissima! Wow, Billy, vieni a sentire: Luna riesce a mentire in faccia a OB!"
Trattengo una risata e mantengo l'espressione seria.
"Sappia che così non mi aiuta, signora. Chi parla?" Orlando aggrotta le sopracciglia e torna a sdraiarsi sotto il piumone.
"Signora? Pure sesso mi cambi? Povero me..." mormora Dom con aria afflitta, rendendomi difficile il compito di recitare.
Sento un rumore di cornetta strappata da mani varie e poi un'altra voce conosciuta.
"Luna, sono Billy, continua pure... con Dom finiresti per ridere."
"E' perchè io sono un gran simpaticone!" lo sento urlare, e sorrido.
"La ringrazio, signora, ma credo abbia sbagliato numero..." affermo, calcando sul fatto che una telefonata sbagliata non può durare a lungo, in genere. Billy afferra al volo:
"Giusto, mi sbrigo: è tutto pronto, ogni cosa al suo posto. Domani sera, alle otto e mezza al massimo, ci siamo tutti. Gli agenti sono stati fantastici. Ma devi portarlo fuori per tutto il giorno, perchè dobbiamo prendere delle cose da casa, sai, i vestiti per voi, perciò... hai un'idea di dove potete andare?"
"Come dice? L'osservatorio di Greenwich? E' libero il pomeriggio, credo, organizzano anche visite speciali..." rispondo io, vagamente passeggiando per la stanza. Billy ride ammirato:
"Sei un genio, piccola! Ok, ti faccio sapere io per messaggio, tu fai finta di niente mi raccomando!"
"Assolutamente, signora, si figuri, e buona giornata."
"A domani Luna, sei stata fenomenale!" afferma Billy, e chiude la conversazione.
"Chi era?" domanda incuriosito Orlando, stirandosi. Io scrollo le spalle ostentando beata ignoranza.
"Una signora anziana che voleva sapere dell'osservatorio di Greenwich, ma ha sbagliato numero. Ehi, senti, ti piacerebbe andarci? Questa telefonata me l'ha fatto tornare in mente. L'ultima volta che ci sono stata avevo 14 anni... che ne dici? Dopotutto sono due giorni che sei chiuso in casa, se domani ti va, potremmo uscire e fare un giro da quelle parti, magari. No?" domando innocentemente.
Orlando ci pensa un pò su: "E' un'ottima idea, sai? Io neppure ricordo quando ci son stato l'ultima volta, e mi farebbe piacere davvero, a pensarci bene. Inoltre, hai ragione, sono stato rinchiuso troppo a lungo, tra casa e ospedale. Va bene! Domani a Greewich, allora."
"Perfetto! Che bello!" esclamo, battendo le mani entusiasta. Lui mi sorride divertito.
"Accidenti, che esultanza... mi nascondi qualcosa? C'è un motivo particolare per cui vuoi andare là?"
"No, perchè? E' solo che amo le stelle, lo sai..." rispondo, vaga.
Lui annuisce, sorridendo:
"E' vero, lo avevo dimenticato. Sono contento di ricominciare a uscire."
"Sì, anche io lo sono" sorrido, tuffandomi nelle sue braccia, e rallegrandomi mentalmente per la mia recentemente ritrovata capacità recitativa.
Se tutto va bene, grazie ad essa, domani ci riappropriamo di un compleanno perduto.
"Luna? Perchè sorridi così divertita?" mi chiede Orlando perplesso. Io lo guardo negli occhi e stavolta non recito affatto.
"Sono solo felice di averti. Tutto qui."
Mi sorride con intensa dolcezza, abbracciandomi forte.
"Dov'eravamo rimasti?" sussurra piano, maliziosamente, ed io ricambio, lisciandogli la schiena.
"Mi sembra fossimo arrivati qui..." mormoro, prima di baciarlo con passione, e sentirmi ricambiare in egual modo.




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Capitolo 39
*** Il mio cuore, la mia anima... la mia mano. ***


E dunque, mie fulgide gemme, ci siamo.
Piango anche io.
Vi ringrazio quassù, perchè una volta posto l'ultimo punto alla fine dell'ultima parola dell'ultima frase, non sarò capace di aggiungere altro. Melodrammatica? Può darsi. Ma la verità è che ci ho messo troppo di me, e voi ci avere riversato così tanto di voi, da rendermi impossibile, per un pò, scrivere altro. Almeno finchè non recupero il mio cuore. Ma non tremate, sostenitrici della coppia Luna/Orlando! Il seguito è già ideato e composto, teoricamente. Uno o due capitoli già scritti.
Ma questa... questa è stata la mia prima volta. La prima volta con una long fic, molto long, la prima volta in cui narro di me, tanto di me, la prima volta in cui adopero luoghi, personaggi ed eventi reali... insomma... è stata una gran Prima Volta. E vederla accogliere così clamorosamente da voi, com'è stato, mi ha squassata di gioia e onore, oltre che orgoglio. Perciò, meravigliose creature, grazie. Di cuore. Di tutto.
Da parte mia e come scrittrice, per il sostegno, l'affetto, la stima e la simpatia. Da parte di Linda, per averla apprezzata così tanto nella fic come nella vita - giacchè l'unica cosa di diverso che hanno le due sono i tre anni di differenza. Da parte mia nuovamente, ma come persona stavolta, di aver amato tanto Luna, e attraverso lei, anche me.
E se posso permettermi, da parte di Orlando. Che no, non lo saprà mai, e non leggerà mai niente di tutto ciò, e un domani mi mangerò le mani per non avergli dato - per non aver avuto io - la possibilità di farlo. Però sono certissima che lo apprezzerebbe, tutto il vostro stupendo supporto. Quindi sì, mi prendo il diritto di ringraziarvi anche a nome suo.
Grazie a tutte coloro che c'erano fin dall'inizio - le mie tre primissime Fan: Cecy, Mihi e Sara. Possa la vita regalarvi doni infinitamente più luminosi dei sorrisi che mi avete portato con le vostre recensioni, la vostra presenza incorporea, il vostro tutto. Londra è lì, dannazione. Aspetta anche noi. E lui... lui ci sarà. Un giorno o l'altro, ci sarà.
Grazie a coloro che hanno seguito da un punto in poi e sono sempre state fedeli - Chiara, Miriam, Lety, Elena, Kla, Stelly, Ki, Linnie, Krisma, Bgirl, Tatiachan, Lady of Lorien, e tutte coloro che al momento dimentico, aggiungerò i vostri nomi se me lo fate sapere, giuro... Avervi ha significato molto, tanto, troppo. Così troppo e così indefinibilmente, che per citare Barbalbero, non esistono parole in Entese, Elfico, Umano, Nanico, Inglese, Francese, Tedesco, Spagnolo, Olandese, Norvegese, Eschimese, Cinese... non ci sono, non ci sono e basta, per dirlo.
Grazie alle 22 persone che hanno aggiunto questa fanfic ai Preferiti, persone che magari non hanno mai commentato, ma hanno letto e hanno speso del tempo a farlo, e questo per me vale, vale, vale all'infinito. Grazie, grazie di cuore.
Grazie a chi ha letto solo un capitolo e a chi ne ha letto 20 di fila, grazie a chi si è accontentato della breve sinossi e a chi ha spulciato ogni parola, grazie a te che anche ora leggi, e quindi sei speciale, perchè nessuno ti obbliga a farlo, però mi dedichi comunque il tuo tempo.
Grazie a Ramses, che è sempre qui; grazie a mia nonna, che era con me; grazie ai miei cavalli, che tornerò a montare, e al mio palcoscenico, di cui forse calcherò nuovamente le tavole in legno.
Grazie a Londra, che già sa quanto la amo, perchè gliel'ho urlato in faccia appena scesa dall'aereo.
Grazie a Peter Pan, perchè senza di lui questa Wendy sarebbe sperduta, ma non in un'Isola bella e serena.
Grazie al mio computer (ha un nome, si chiama Francisco Domingo Galdeano, ero in vena di nomi spagnoli per pc portatili tre anni fa XD) che ha sopportato tutto ciò, alle canzoni che mi hanno ispirata, alle giornate di sole e a quelle di pioggia, al piumone caldo e grazie, grazie all'amore vero, puro, quello che si prova quando la tua anima è congiunta perfettamente a quella dell'altro, e senza saperlo vi riversate addosso tutto di voi senza trattenere niente.
Grazie ai sogni e alle notti in bianco dipinte di stelle e luna, e grazie anche a te, giovane uomo di trentun anni dagli occhi color cioccolata, che dopo tutti questi capitoli ormai considero alla stregua di un amico, come Dom, come Keira, come Billy, perchè senza di te, di fatto, questa storia non sarebbe mai nata.
Grazie al tuo Sidi, grazie di aver sorriso in un modo piuttosto che in un altro, grazie di respirare, da qualche parte, la stessa brezza che accarezza le mie guance, e grazie di alzare lo sguardo al mio stesso cielo. Siamo così vicini che non ci tocchiamo neppure. Grazie perchè non lo saprai mai, grazie perchè lo saprò io, e mi basta.
Vi lascio con mille, milioni, miliardi di auguri, bimbe mie. Per ogni singola cosa.
Vostra sempre, ma sempre sul serio, sempre qui, sempre in queste righe,
Giulia.




From this moment life has begun
From this moment you are the one
Right beside you is where I belong
From this moment on
From this moment I have been blessed
I live only for your happiness
And for your love I'd give my last breath
From this moment on
[Shania Twain - From This Moment On]



Qualcosa vibra dentro il cassetto, e mi sveglio di scatto, ricordando un dettaglio urgente; afferro il cellulare, voltandomi per vedere se Orlando lo ha sentito e si è destato. Ma Orlando non c'è. Il letto è vuoto. Un colpo in pieno stomaco. Premo il pulsante verde intanto che schizzo in piedi:
"Hello?"
"Pupa! Ciao! Sono arrivata! Tutto bene?"
"Linda?... Che voce hai?" domando, interdetta. Devono essere già le dieci, se è arrivata. E soprattutto, deve essere successo qualcosa, per suonare più esaltata del solito.
"Deh, mi metti in macchina con Dominic e Viggo, dico, DOMINIC e VIGGO! Il mio cuoricino non regge, Dio mio... dovevi vedermi all'aeroporto quando me li son trovati davanti! E sono troppo favolosi, mi trattano come fossimo amiconi, e poi con Viggo sto parlando metà in francese metà in spagnolo, non sai che scene, e Dom è Merry sputato!"
Sento i due ridere, captando nella parlantina spedita di mia sorella i loro nomi ed associandoli alla sua esuberanza. Io invece ridacchio appena, preoccupata, cercando nelle varie stanze. Di Orlando neanche l'ombra.
"Non me li fare impazzire... Viggo poi devo ancora conoscerlo, non distruggerlo prima di stasera..."
"Ma no, assolutamente! Vero, Viggo?" comincia a chiacchierare in francese "Sono una brava ragazza, eh?"
"Certo che sì... E' tua sorella, al telefono? La famosa Luna?" sento chiedere la voce di Aragorn, ridacchiante. Se non fossi così ansiosa per Orlando, che non è neppure in bagno, di certo sarei emozionata.
"Sì, è la mia sorellona, che Dom qui già conosce. Ehi, Luna, sai che mi hanno detto che li posso chiamare per nome? Anzi! Posso chiamare Dominic Dom, non è favoloso? Io! Non ci credo! Finirò per diventare scema! Ah, ma prima di stasera chiederò un autografo a tutti! Oddio, oddio, io in macchina con Viggo e Dom! Ma è da favola!" continua a blaterare in francese, e Viggo traduce per Dom, sghignazzando allegramente.
"Sì... salutami Dom e anche Viggo... ringrazialo per tutto il viaggio che s'è fatto... e dato che li vedi prima di me, ringrazia pure gli altri..." faccio vaga, scendendo le scale. Niente. Il Nulla completo.
"Luna, ohè, ma ci sei?"
"Linda, non trovo Orlando" sbotto, respirando affannosamente.
"Come no?"
"No, non c'è in casa! Oddio, se è uscito e si sente male, se ha una ricaduta? Come faccio?" comincio a domandare velocemente, angosciata, neppure so in che lingua.
"Luna, Luna, relax. Take a deep breath and repeat: what's the matter?" Dom interloquisce. Rimango un pò confusa:
"Linda, avevi il vivavoce?"
"Eccerto, sennò come si fa a sentirti? Oltretutto parli a raffica in tre lingue differenti, non capiamo una mazza qui!". Alzo gli occhi al cielo e riformulo.
"Ok... the problem is, Dom, I don't know where Orlando is. I've just woken up and he's not here, and he left no notes..."
"Hey, hey, this shouldn't bother you at all, you know..." lo sento rispondere maliziosamente, e ciò invece di incuriosirmi mi frustra.
"Linda, te ne sai niente?" chiedo bruscamente in italiano. Dom ridacchia, perfido, e così fa Viggo. Quasi li vedo scambiarsi un'occhiatina d'intesa.
"Chi, moi? Not at all, chérie!" risponde lei, ridacchiando, e di nuovo un'altra voce.
"Hola, Luna! I'm so pleased to meet you. It's Viggo, here."
Arrossisco, nonostante l'ansia:
"Ahm, I'm happy to meet you too, Viggo, really, it's my pleasure. And I thank you so much for coming..."
"Never mind, Luna, really, it's actually..."
"You two, stop chatting! Luna, relax and get dressed, and..."
"Dom, che mi nascondi?"
"Chi, io?"
"DOM!" ruggisco, quasi. Lui scoppia a ridere:
"No, Luna, ascolta, già mi devo riprendere dallo shock di te che picchi qualcuno, ma sentirti arrabbiata è davvero comico!"
"Ok, una sola e semplice domanda, e ti prego rispondi, oppure ordino a mia sorella di cantarti tutte le canzoni in tedesco che non conosce, così ad ogni storpiatura subisci un infarto..."
"Non sia mai! Chiedi, chiedi!" fa lui, suonando quasi davvero preoccupato da questa prospettiva. Sbuffo appena.
"Sai dov'è andato Orlando?"
"Luna, dovunque sia, secondo me ti agiti troppo. Starà bene, avrà visto il bel tempo e non ti ha voluto svegliare mentre usciva a fare due passi... Ti fidi di me?"
Mi prende in contropiede con tanta serietà. Mi fido di lui? Che domanda è? La risposta è scontata.
"Certo che sì."
"Fai male!" esclama Viggo ridendo, e sento Linda sghignazzare. Dom fa un versaccio ai due e riprende, compiaciuto:
"Grazie, è una bella cosa da sentirsi dire, sul serio. Comunque, se davvero ti fidi, stai tranquilla. Si sarà fatto un giretto attorno alla casa per saggiare un pò di libertà. Ora, parliamo di cose serie: stasera, otto e mezza, Altitude. Viene l'auto direttamente a prendervi a Greenwich, e vi porta i vestiti. Lasciali nell'armadio con una nota, così Linda li riconosce e ci pensa lei. E lascia la copia delle chiavi da qualche parte dove non la possa trovare nessuno tranne noi che sapremo dove l'hai messa, così ci cambiamo pure noi e prepariamo tutto per stasera."
"Venite qui subito?"
"No: intanto porto Linda e Viggo da Keira, nell'appartamento qua vicino, così si rilassano e magari mangiano qualcosa. Poi dopo pranzo andiamo tutti all'Altitude e cominciamo a decorare e a preparare tutto. Dopodichè io e Linda passiamo da casa vostra e recuperiamo i vestiti, mentre o Keira o Billy si occupano di prendere gli altri, e poi il resto lo sai. Va bene?"
"Sì... Dom, trattami bene Linda, eh? E soprattutto fatti trattare bene da lei."
"Ma tranquilla, abbiamo solo qualche problema di comunicazione, però ce la caviamo, sai?"
"Luna, mi sta pigliando in giro?" domanda Linda in italiano fingendosi offesa, e Dom chiede, in inglese, ostentando grande sorpresa:
"Oh, questa l'ha capita?"
"Guarda che non sono scema, parlo solo un'altra lingua, antipatico d'un Hobbit!" esclama lei in inglese toscanizzato, e sento risate e sogghigni a non finire.
Raccomandazione inutile: sono troppo uguali per non andare d'accordo subito o odiarsi a vita. A quanto pare ha vinto il primo caso.
"Ma tu non eri quella che non sapeva l'inglese?" domando.
"Mi sono messa di buonissima lena a studiarlo, sai com'è, tu stai con OB, magari un domani finalmente conosco qualcuno anch'io..."
"Ah, ecco. Capisco" sorrido divertita "A stasera bella, e salutami tantissimo Keira, ok?"
"Certamente! Uuuuh, la Keira e Rupert, non vedo l'ora! Oggi muoio, lo so: è troppa roba tutta insieme!"
Attacco ancora ridendo ma torna subito la preoccupazione. In quella la porta di casa si apre e mi precipito nell'ingresso, gettando letteralmente il cellulare sul divano. Orlando mi si para davanti sorpreso di trovarmi lì, e poi la sua espressione stupita si colora di allegro imbarazzo:
"Se hai intenzione di accogliermi così ogni volta che torno a casa, non potrò mai portare qualcuno con me."
Lo guardo confusa e abbasso lo sguardo sul pigiama. Che non c'è. Sono effettivamente in mutandine e sottoveste di raso verde smeraldo, trasparente. Praticamente, seminuda. Sento andare in fiamme viso, collo e decoltè. Dio, che vergogna.
"Io... io... non ti trovavo... avevo paura, mi sono messa a cercarti... e non mi sono ricordata di indossare la vestaglia" balbetto, incrociando le braccia sul petto e nascondendomi il viso con le mani. Che figuraccia!
Mi viene incontro ridendo piano e circondandomi con le braccia.
"Piccola, adorabile principessa, guarda che è un'accoglienza più che gradita. A me sta benissimo tornare a casa e trovarti così!" ridacchia, ed io pur ancora molto molto rossa lo imito.
"Vorrà dire che se incontro qualche amico per la strada, magari ti do un colpo di telefono per avvertirti..." aggiunge, malizioso. Aumentano i gradi centigradi.
"Sì, certo, sai che shock entrare e vedermi in questo stato."
"Non è questo che mi preoccupa: non vorrei dover litigare con un amico perchè ha deciso di portarsi via la mia splendida ragazza."
Questo col colorito non aiuta, ma va bene lo stesso. Sorrido con le palpitazioni a mille, e mi alzo in punta di piedi a baciarlo, cosa che non manca di ricambiare. Poi mi viene in mente la domanda:
"Dov'eri?" chiedo di colpo. Lui scrolla le spalle, assumendo un'aria serena.
"C'è il sole, ero sveglio ma non mi andava di disturbarti... sei talmente bella, quando dormi. Allora ho deciso di farti una sorpresa... e voilà!" esclama sorridendo, mostrando un sacchetto di carta rosa scuro con il nome di una pasticceria sopra. Non nego che sospiro profondamente sollevata.
"Grazie, amor mio, sei davvero un tesoro."
"Ah, ma ti pare... vieni, facciamo colazione, così poi possiamo prepararci per stasera."
La saliva mi rimane a gola e lo guardo stralunata: cosa? Come lo sa? Lui mi guarda allarmato:
"Stai bene, Luna?"
"Che... che c'è stasera?" domando, mezza soffocata.
"Ma... non avevamo deciso di andare a Greenwich?" chiede lui, confuso.
*Sei scema. Sappilo, è un dato di fatto ormai.*
Mentalmente mi do della cretina anch'io, e sgrano un sorrisone.
"Scusa, scusami, sì, la mattina non... mangiamo?" domando serafica, e lui sempre più stranito annuisce.
"Sei sicura che vada tuitto bene?"
Annuisco vigorosamente.
"Certo! Lo sai che la mattina sono un pò svagata."
"A me è sempre sembrato tutto tranne questo..." bisbiglia maliziosamente. Troppo maliziosamente, per restare del mio colorito naturale. E lui scoppia a ridere, cingendomi nuovamente la schiena con le braccia e baciandomi la fronte. E stavolta scoppio a ridere anche io, serena come non mai.

"Ci sei piccola?"
"Sissignore!" affermo, appuntando il post-it alle borse da abito in cui stanno i nostri vestiti, sistemati lì mentre stava facendosi una doccia. Linda li troverà senza problemi. Per le chiavi semmai è un problema, dove le metto? Mi vedrà certamente se le lascio in giardino, perchè usciremo insieme dalla porta... non ho idee, accidenti. A meno che... Massì!
Scendo le scale di corsa e lo raggiungo in sala. Lui sorride vedendomi: ci siamo entrambi vestiti in maniera sportiva e casual. Solo che lui sta da dio come sempre, io invece sembro una...
"Stai benissimo" afferma. Autostima risalita di mille punti. Sorrido contenta.
"Grazie. Stavo per dire la stessa cosa di te, in realtà."
Ostenta un'aria superba girando su se stesso per farsi ammirare, come nelle sfilate. Ed io sento il cuore battere molto, molto prepotentemente. Sarà bene uscire di qui alla svelta. Le chiavi, Luna, le chiavi...
"Do da mangiare a Sidi e ti raggiungo, tu aspettami pure fuori" affermo, e lui annuisce, avviandosi nell'ingresso. Schizzo in cucina e apro appena la finestra, legando le chiavi con un nastro sottile alla grondaia che corre lungo la parete, dalla parte rivolta verso il muro, in modo che da fuori non si vedano assolutamente. Poi riempio le ciotole di Sidi, che emette un grugnito compiaciuto, e chiudo la finestra, raggiungendolo in giardino. Lui mi accoglie con un sorriso dolcissimo:
"Pronta?"
Annuisco ricambiando il sorriso ed entriamo in macchina. Dal finestrino getto un'occhiata alla grondaia. Non si vede proprio nulla. Orlando ha ragione: potrei fare qualsiasi lavoro. Anche la spia. Da quando frequento lui e gli altri poi riesco pure a recitare alla perfezione. Scrivo un messaggio veloce a mia sorella:
"DIETRO GRONDAIA ACCANTO FINESTRA CUCINA" e lo spedisco, riponendo il cellulare quando Orlando entra in macchina. Faccio finta di niente.
"Chi era?" domanda. Capperi, se n'è accorto. Mezza verità.
"Linda. Voleva sapere come stai, e mi ha detto che le piacerebbe venire a trovarti."
"Perchè no? Mi farebbe piacere davvero. Può stare a casa nostra, se non si sconvolge del fatto che dormiamo assieme" esclama malizioso.
"Sì, Linda? Figurati. Anzi, conoscendola comincerà a fare una serie di battute sul fatto che non dormiamo affatto, insieme..."
Scoppia a ridere e scuote il capo.
"E' proprio come Dom. Mi chiedo se andrebbero d'accordo."
"Anch'io" mento. La verità è che hanno fatto comunella in neanche trenta secondi. Spero che Linda non esageri, con la sua esuberanza. Poi mi rimprovero da sola: è grande, ormai. Andrà tutto bene. E l'occhiata che lancio all'angelo accanto a me conferma in pieno questa sensazione.

La fila è piuttosto lunga, ma io non me ne curo affatto, e mi avvio spedita direttamente alla direzione. Orlando mi segue confuso, e la gente ci guarda perplessa, ma io ho un asso nella manica grande quando l'Antartide. Merito di Billy, in realtà. Il ragazzo al di là del bancone di legno lavorato mi guarda con aria interrogativa:
"Mi dica, signorina, posso aiutarla?"
"Sì, ecco, mi chiedevo se non fosse possibile fare una specie di tour a parte..." rispondo io con aria innocente, ma scostando appena il risvolto della giacca perchè legga il cartoncino ritagliato con scritto sopra, a pennarello rosso, il mio nome. Spero di aver azzeccato tutte le istruzioni di Billy. Orlando mi sta alle spalle e non può vedere, ma io tengo il mio sguardo fisso in quello del ragazzo. Questi sgrana gli occhi e mi sorride complice, annuendo:
"Oh! Oh... oh, sì, certo, ehm..." lancia un'occhiata a Orlando ed io spalanco gli occhi in avvertimento. Lui si riprende in tempo:
"Sì, dunque, in realtà c'è questa possibilità, vediamo... però solo per due, va bene lo stesso?" chiede esaminando varie scartoffie, ed io annuisco convinta.
"Certamente, anzi, grazie infinite!". Due attori da Oscar. O almeno da Golden Globe.
Lui sorride nuovamente e invita il collega a sostituirlo qualche minuto, poi gira oltre il bancone e mi fa strada. Prendo per mano Orlando che mi sussurra, sospettoso:
"Che hai combinato, Luna?"
"Surprise, my love" esclamo io, fieramente. Lui mi guarda e scioglie l'aria confusa in un sorriso sereno e divertito, stringendomi a sè. La nostra guida ci porta all'esterno dell'immenso edificio e ci fa entrare in una sala completamente oscura.
"Prego, il tour riservato comincia da qui. Potete naturalmente impiegare tutto il tempo che desiderate, e se volete fare una pausa, c'è la zona ricreativa, poco distante. Seguite le direzioni... buon divertimento!" ci augura, uscendo e chiudendo la porta dietro di sè e lasciandoci nel buio completo.
"Come hai fatto, piccola astuta cospiratrice?" sussurra Orlando tenendomi per mano nell'oscurità. Meno male non mi vede sorridere.
"Evidentemente ho una faccia simpatica. D'altronde, me lo hai detto tu che riesco a conquistare tutti. Volevo mettermi alla prova, e a questo punto posso affermare che avevi ragione."
"Tu mi nascondi..." comincia, ma si ferma, quando dalle ombre nere cominciano fiocamente a illuminarsi vari puntolini argentati e dorati, rischiarando poco a poco la stanza, e facendoci sprofondare nell'Universo. Trattengo il fiato, estasiata: tutte le costellazioni, tutte le galassie si colorano davanti ai nostri occhi, dandoci l'impressione di camminare in mezzo alle stelle, o meglio, di galleggiare nello Spazio. E' bellissimo. Di più, è stupefacente.
"Che... meraviglia!" esclamo, colpita, guardandomi attorno. Porto gli occhi su Orlando e lo vedo stupito quanto me, mentre sposta lo sguardo da una costellazione vivida all'altra. Incrocia il mio e mi guarda, semplicemente senza parole.
"E' stupendo... non l'avevo mai visto!" afferma, ed un sorriso allegro gli illumina il viso, assieme alla luce delle stelle. Una stretta al cuore mi ricorda che avrei potuto perderlo per sempre, questo sorriso, ma mi rifiuto di badarci e lo stringo forte a me, posando la mano all'altezza del suo cuore, che batte velocemente.
"Ti piace?" domando, quasi sia opera mia, e lui annuisce, convinto.
"E' splendido. Ho quasi l'impressione di cadere, a muovermi così, tra le stelle."
"E' vero... sembra di nuotare in cielo..." bisbiglio, allungando la mano ad attraversare una massa gassosa, che da verde si colora di rosa al mio tocco e sprizza varie luci a mò di fuochi d'artificio. Sorrido estasiata.
"E' favoloso! Vieni, guardiamoci in giro... tanto ci siamo solo noi."
"Non voglio sapere come hai fatto, ma tu devi essere davvero una fata... o una strega di Avalon..." mi sussurra guardandomi ammirato.
Gli sorrido maliziosamente:
"Magari sono un incrocio... chiamatemi Morgana" rispondo, e lui scoppia a ridere, prendendomi per mano.
"Ti amo, Morgana, Ginevra, o chiunque tu sia."
"Il sentimento è reciproco, Lancillotto" mormoro, prima di baciarlo. Tra le stelle, nell'Universo buio, tra le galassie illuminate e multicolore, mi sento eterna, immutabile, perfetta. Siamo i padroni del mondo intero. E anche di tutto il resto. Uniti, le nostre dita intrecciate, ci avventuriamo ad esplorare il nostro regno.

La sera è arrivata portando il freddo e la brezza gelida, ma non mi curo dei brividi: tra poco potrò cambiarmi.
"Arrivederci, e grazie" esclama il ragazzo all'uscita, ammiccando. Io ricambio cenno e sorriso:
"Grazie a voi!" e Orlando mi guarda, sereno. Ha capito che tanto non gli direi niente, almeno per un altro pò. Ma quando il vento si alza appena e mi congela le mani, mi scruta preoccupato:
"Forse dovevamo portarci qualcosa di più pesante, sei gelida."
"Oh, no, tranquillo, sto bene..." esclamo, battendo i denti. Do una veloce occhiata all'orologio del cellulare. Le sette. La macchina è in ritardo. Neanche so dove attenderla, in realtà. E non posso fermarmi, oppure Orlando vorrà sapere perchè...
"Miss? Miss?" mi sento chiamare, e mi volto. Il ragazzo della direzione si avvicina in fretta a noi due, trafelato, con un sorriso:
"Miss, mi perdoni, ma l'Osservatorio Reale di Greenwich vorrebbe premiarvi come centunesimi clienti che hanno visitato il tour speciale allestito da poco. Se volete seguirmi, una limousine vi guiderà al ristorante di prim'ordine scelto per regalarvi una cena omaggio, tutto a nostre spese naturalmente, come offerta della Struttura e con tanti ringraziamenti per averci onorato della vostra presenza quest'oggi."
Io resto basita. Questo ragazzo è un genio del teatro improvvisato. Guardo Orlando con espressione di genuino stupore, che lui ricambia in pieno.
"Non è male come offerta, no?" esclamo, e lui annuisce, confuso.
"No, no affatto, anzi... ma... non è strano? Troppo strano?"
"Sì, beh, in effetti... ma in ogni caso, come facciamo ad andare in un ristorante di lusso con... insomma, non siamo proprio eleganti" mormoro, fingendomi imbarazzata. Il ragazzo sgrana un sorriso:
"Non si preoccupi di questo, Miss... Prego, seguitemi."
Io alzo le spalle ostentando stupore e lancio un'occhiata a Orlando, che annuisce seguendomi, sempre più basito. Il ragazzo ci riporta indietro e ci indica una porta con la scritta 'Riservato', spiegando:
"Troverete l'occorrente all'interno dei camerini e la macchina all'ingresso. Buona serata, e ancora grazie per la partecipazione!" esclama, filando via. Io e Orlando, lui sinceramente sorpreso ed io fintamente stupita, nonostante la trovata sia una novità anche per me, entriamo e ci dirigiamo nelle due stanze:
"Le cose sono due: o siamo su Candid Camera, oppure tu sai esattamente cosa sta succedendo e non me lo vuoi dire. E sappi che nel secondo caso ti faccio i miei più sinceri complimenti per la recitazione" mormora sorridendo. Io rispondo serafica:
"Terza opzione: entriamo, ci cambiamo, e prendiamo quel che viene. Che ne dici?"
Lui scoppia a ridere:
"Sei tremenda. Va bene, sia come vuoi: voglio scoprire che hai combinato, piccola strega fatata."
Io rispondo con un sorrisone ed entro nella prima stanza che trovo, chiudendomi la porta alle spalle. Fortunatamente è quella giusta: c'è una borsa da abito con un cartellino che reca il mio nome scritto sopra, però è diversa da quella che avevo lasciato a casa. Corrugo la fronte aprendo la cerniera e tiro fuori un vestito semplicemente stupendo, in stile semi vintage, con corsetto senza spalle finemente ricamato color rosso scuro, quasi bordeaux, come lo scialle finissimo che lo accompagna, i guanti panna e la lunga gonna con lo strascico laterale. Dio mio, toglie il fiato. Ma non è il mio: non l'ho mai avuto, questo. Nella borsa c'è un foglio piccolo, rigido, stile biglietto da visita, scritto a pennarello. La calligrafia è di Linda.

"Sorpresa!!! Che shock, eh??
Ci servivano i vostri vestiti per la taglia, ma stasera dovete essere lustri e nuovi nuovi!
A Orli ha pensato Dom con Viggo e Rupert, invece questa meraviglia di abito è un'idea di Keira,
che ho subito approvato: non vedo l'ora di vedertelo addosso! Scommetto che stai una favola!
Ha detto lei che appena l'ha visto se l'è immaginato su di te.
D'altronde glieli inviano gratis, è bastata una telefonata e la parola "party" che subito Dior ci ha rifornite!
E gli accessori sono un suo omaggio personale. Non è una ragazza favolosa?
Ti aspettiamo pupa, io e Keira siamo emozionate come due bimbe al pensiero!
P.S. Non sono ancora morta ma ci manca poco!
P.P.S. Ho sbavato dieci minuti sui sandali..."


Dior. Ma sono matte, quelle due! Linda ha già traviato i miei beniamini! O l'inverso? Getto un'occhiata alla scatola da scarpe ai piedi dell'armadio cui era appeso il vestito e la apro. Il mio cuore dà un balzo esuberante: un paio di splendidi sandali finemente elaborati e lucenti, neri, fa mostra di un tacco non troppo sottile ma alto, femminile, seducente. Accanto alla scatola, una trousse per il trucco superdotata di ogni singola cosa, e dall'altro lato, una pochette in tinta con lo stile dell'abito, nera. Mi riscopro donna per la prima volta, con queste meraviglie improvvise. Non ho un minuto da perdere: neppure io sto nella pelle, adesso, al pensiero di ciò che mi aspetta.

Esco dal camerino ed il ragazzo improvvisamente riapparso mi guarda a bocca aperta.
"Sta divinamente, Miss. Oh, mi scusi, non volevo..."
Sorrido divertita, arrossendo:
"Niente, anzi, grazie. Ehm, gli abiti devo..."
"Li lasci a me, li porto subito in macchina... il suo fidanzato la aspetta, venga."
Lo seguo camminando disinvolta sui sandali, per fortuna, e anche lo strascico non mi crea alcun problema. Fuori, sotto il manto della sera, le stelle brillano e la luna è alta e sgargiante. Orlando mi dà le spalle, voltato verso la lussuosissima limousine nera, ma sentendomi arrivare si gira. Trattengo il respiro, il cuore furioso galoppa: è la seduzione fatta persona. Un dio greco, una statua di Canova, è l'eroe delle leggende, è semplicemente sublime. Arrossisco violentemente quando rivedo lo sguardo del ragazzo nei suoi occhi accentuato di parecchio mentre mi si avvicina. Mi prendo il tempo di ammirarlo con calma, ma è impossibile, è troppo bello per non fare male al solo osservarlo. Il dio greco parla, sussurrando senza fiato:
"Luna... Dio mio, Luna, sei... sei magnifica. Sei quasi irreale."
Non so che cosa fare, non so che cosa dire, sono semplicemente strabiliata. Gli sorrido, innamorata persa.
"Sembri Adone in persona."
"E tu sei la mia Venere, allora. Guardati, sei più che perfetta. Non c'è un termine."
Morirei di gioia se potessi, ma ricordo d'averlo già fatto. Però accade nuovamente. Naufrago in quegli occhi lucenti color cioccolato e mi perdo, beata, in un mare di dolce felicità. Mi prende per mano senza staccare lo sguardo dal mio, e sussurra, teneramente:
"Sei vera, amore mio? Non sei solo un sogno?"
"Orlando..." mormoro, trafitta da troppe meravigliose emozioni, e lo bacio con tutto l'amore che provo, a lungo, ricambiata, sicura e protetta, amata. Finchè l'autista - un signore dai baffi bianchi, anziano e gentile, gli occhi azzurri brillanti di commozione - non si schiarisce la voce.
"Sono tremendamente desolato, signore e signorina, ma dovremmo andare."
Io e Orlando sorridiamo complici, annuendo, e prendiamo posto nella limousine nera e lucida che il nostro accompagnatore provvede ad aprirci. Quindi si siede al posto di guida, e accendendo il motore, partiamo. Mano nella mano, i nostri corpi accanto che si sfiorano ad ogni curva, io ed il mio pricnipe andiamo al nostro personale castello incantato.

Il palazzo bianco e splendente rifulge nella notte come un faro. Tranne l'ultimo piano, totalmente buio. Scendiamo dalla macchina e l'autista ci augura una bellissima serata. Lo ringraziamo, sereni, allegri, entusiasti, e ci avventuriamo all'interno della hall. Io mi dirigo in fretta all'ascensore libero e Orlando mi segue.
"Adesso puoi dirmelo: che cosa sta succedendo?" domanda mentre saliamo velocemente verso l'ultimo piano. Io sorrido maliziosa.
"Un pò di pazienza, per favore... non siamo forse qui come omaggio dell'Osservatorio Reale?"
Lui ridacchia scuotendo il capo. E' bellissimo.
"Se non lo fossi già, mi innamorerei all'istante di te. Ma sono ben oltre l'amore da molto tempo."
Mi guarda con tanta passione da travolgermi:
"Luna..." sussurra, portando le mani calde sul mio collo e risalendo sulle guance, mentre i suoi occhi si riflettono nei miei, lucenti. Mormora piano:
"Se solo sapessi quanto ti amo."
"Lo so, amore mio. Lo so già."
"No, non puoi. E' un sentimento troppo grande, troppo sconfinato, perchè possa concepirlo. Neppure io che lo provo me ne rendo conto."
Distintamente sento la mia anima librarsi nel cielo in un fulgore trionfante. Potrei perdere conoscenza, potrei perdonare ogni male, potrei ridisegnare l' Universo e renderlo eccelso per sempre. Tutto, adesso, in questo istante.
L'ascensore si ferma e le porte si aprono illuminando un metro di pavimento appena, mentre il resto è completamente avvolto nel buio. Faccio un passo avanti e lui mi segue, guardandosi attorno, perplesso. L'ascensore si chiude e l'oscurità ci inonda.
"... Non doveva esserci un ristorante, qui?"
"Ahm... forse abbiamo sbagliato piano?" tento io, trattenendo un sorriso emozionato e incerto assieme, tenendomi accanto a lui per non fare danni. Le finestre spaziose mostrano le luci della città ed il riflesso del Tamigi sotto di noi che si colora della luce lunare, chiara e soffusa. Nel buio, un suono distorto, soffocato. Sento Orlando tendere i muscoli del braccio.
"Ho sentito un rumore" sussurra.
"Che rumore?" chiedo io, mentalmente grata al buio che nasconde la mia espressione.
"Una specie di... ecco, senti? Sembra un bisbiglio."
La sua voce si fa improvvisamente più nitida, confusa:
"Luna, dove mi hai...?"
Mi fermo, cercando nell'ombra le sue mani, che stringo forte, e sussurro, alzando il capo e sfiorandogli le labbra.
"Buon compleanno, mio unico amore."
Nell'oscurità della sala fiocamente si fa strada la luce d'una candela. Che viene seguita da un'altra, un'altra, e un'altra ancora, finchè una serie infinita di fiammelle rosse e gialle illuminano il suo sguardo stupito.
Un perfetto, modulato, affettuosamente tenero coro di voci amiche si alza nell'aria, i volti dei cantanti rischiarati da quelle piccole torce. Ed io vedo gli occhi del mio angelo comprendere finalmente ogni cosa, e farsi lucidi.
"Happy Birthday to you... Happy Birthday to you... Happy Birthday, Orlando... Happy Birthday to you!"
Le luci in sala lentamente si accendono, partendo proprio da quell'angolo appena illuminato dalle candele, e l'applauso, i fischi, le grida entusiaste si propagano per il salone immenso, mostrando i presenti. Linda, Dom, Eve, Billy, Ali, Sam, Sonia, Colin, Keira, Rupert, Viggo, Elij, Sean Astin, Ian McKellen, John Rhys-Davies, Cate Blanchett, Geoffrey Rush, Johnny Depp, Kirsten Dunst, tutte quelle persone che hanno avuto un pò di lui nel loro cuore. Praticamente metà Hollywood, ma ai miei occhi non sono che amici, che ancora non conosco, certo... ma sono qui per lui, e a me basta.
"Auguri! Cento di questi giorni! Buon compleanno!" esclamano, gridando e ridendo. I tavoli sono colmi di bevande e varie tipologie di cibo, allineati lungo la parete a muro, ed il gruppo nutrito di ospiti comincia a scemare nella nostra direzione. Orlando torna a fissarmi.
"Hai fatto tutto tu?" domanda senza fiato, incredulo, guardandosi attorno: la sala è piena di festoni colorati, e coriandoli, un tripudio di colori e luci allegre. Scuoto il capo sorridendo entusiasta:
"Io, Dom, Billy, Linda, che ha portato una valigia di soli festoni e addobbi, Keira... tutti. Ci siamo dati un pò da fare. Ma devi ringraziare anche gli agenti, senza di loro quest'idea non sarebbe stata realizzabile. Ti ha fatto piacere?" domando in fretta, vedendo i suoi occhi farsi intensamente profondi. Non riesce a parlare, mi stringe solo le mani con forza, fissandomi, profondamente colpito.
"Luna..." sussurra, piano, e gli amici lo raggiungono. Lasciamo le nostre mani contemporaneamente quando Linda e Dom si gettano su di noi, Linda abbracciandomi euforica, Dom facendo lo stesso con l'amico.
"Felici 31 anni, OB, e scusa il ritardo!"
"Luna! Oh, la mia sorellona, vieni qui, fatti strizzare! Keira, Keira, guarda, non è una visione? Avevi ragione!" esclama rivolgendosi a Keira, che mi raggiunge e mi getta le braccia al collo.
"Luna, sei bellissima, lo sapevo! Tua sorella è una forza, sai? Ci siamo così divertite! Che bello rivederti! Oh, Orlando! Auguri, mille auguri!" aggiunge poi, lasciando andare me e stringendo lui, mentre Rupert mi si avvicina baciandomi sulle guance e sorridendo raggiante, come Dom e Billy quando mi stringono in un abbraccio a tre:
"Luna, sei favolosa, sei stata grandissima! E sei un bocconcino stasera, guardati!"
"Dom, così la travolgi! Sei stupenda Luna, meravigliosa sul serio..."
"Non ti posso lasciare solo un attimo! Brutto traditore..." esclama Eve ridendo avvicinandosi a Dom e fingendosi gelosa, baciando poi me con affetto sulle guance.
"Luna! Oh, che piacere!" esclama Ali sopraggiungendo, mentre Dom e Billy ridono, tornando su Orlando, che al momento sta abbracciando Kirsten e Jack Davenport contemporaneamente. Keira mi prende per mano e mi trascina con sè:
"Vieni, Viggo ed Elij vogliono assolutamente vederti... Oh, Geoff! Eccola, questa è Luna. Luna, ti presento Geoffrey Rush."
C'è da qualche parte nel mio petto un cuore che rischia l'infarto, ma chi se ne cura? Stringo la mano dell'uomo che ammiro da sempre, mentre mi sorride cordiale:
"Luna, ho sentito parlare di te, è un piacere conoscerti."
"Ahm, io, grazie, veramente è il contrario, signore..." balbetto, assumendo la stessa tonalità del vestito. Geoffrey scoppia a ridere e fa:
"Va bene Geoff, non farmi sentire troppo vecchio... Oh, Cate, eccoti. Luna, conosci Cate, vero?" mi domanda, mentre fisso gli occhi in quelli di Galadriel, di Elisabetta I, comunque una regina. Annuisco sorridendo, imbarazzata, ma lei mi stringe la mano amichevolmente, ridendo:
"Lieta di conoscerti, cara. E' stata un'idea stupenda, quella della festa, complimenti davvero."
"Grazie, ma il merito è di tutti..." mormoro io, e Geoff si allontana andando a salutare Orlando. Cate mi sorride gentilmente e aggiunge:
"Sono stata in pensiero, quando ho sentito dell'incidente... non sai che sollievo vederlo stare bene. Oh, guarda, ecco due persone che ti cercavano..." afferma, indicando Viggo ed Elij che si avvicinano con Linda al seguito.
"Eccola qua, la mia stella. Luna, naturalmente non te li presento, tanto già sai chi siano..." esclama Linda in inglese. Viggo mi stringe una mano posando l'altra sul braccio e attirandomi a sè per baciarmi sulle guance.
"E' davvero un piacere conoscerti di persona, Luna. Dom mi ha parlato molto di te, sono contento di poterti incontrare."
"Grazie, grazie infinite, Viggo, ma sono io ad essere lieta di conoscerti..." ribatto trattenendo il rossore. Lui sorride presentandomi Elij, che mi stringe con amichevole cordialità la mano baciandomi sulla guancia. Tra me e me calcolo che metà cast del Signore degli Anelli e dei Pirati dei Caraibi si trova in quella stanza, quando Keira, sparita chissà dove, mi trascina nuovamente via, puntando verso Johnny Depp, il quale sta tranquillamente chiacchierando con Orlando e Geoffrey. Ora si che rischio l'infarto miocardico.
"Johnny, ti posso presentare Luna?" chiede Keira, spingendomi in avanti. Johnny si volta puntando i profondi occhi neri su di me e intrecciando il mio sguardo al suo, un sorriso gentile sulle labbra:
"Hey, certo che puoi. Ciao, Luna, piacere di conoscerti."
Apro la bocca e la richiudo. Come dirgli che dall'età di sette anni è stato il mio eroe dalle mani di forbice?
"Il piacere è tutto mio... e se devo essere sincera, adoro le canzoni di Vanessa. Scusi l'impudenza."
Scoppia a ridere portando il bicchiere di spumante dalla mano destra alla sinistra e stringendo la mia mano con la sua, divertito e rassicurante:
"Buono a sapersi. Glielo dirò, sicuramente le farà piacere."
Mi sento stringere la mano sinistra dal tocco conosciuto delle dita di Orlando. Alzo lo sguardo e incrocio il suo, intenso, insondabile, ardente. Mi sciolgo in un sorriso che ricambia, cingendomi la vita con il braccio e baciandomi i capelli.
"Ti amo, Luna. Grazie" mi sussurra all'orecchio. Chiudo gli occhi un secondo, lieta come mai.
"Tu hai reso indimenticabile il mio compleanno e mi hai fatto un regalo impareggiabile per il tuo, mentre invece sarebbe toccato a me. Dovevo almeno ricambiare." "Quale dono ti ho fatto?" chiede guardandomi.
"Sei tornato. Sei tornato da me."
Mi guarda con occhi lucenti e lo sguardo vibrante di chi sta per lanciarsi da un piano molto alto, se non dalla sommità del cielo stesso. Intreccia la mano sulla mia avvolgendomi il polso, e sussurra trepidante:
"Vieni con me."
Lo seguo, vinta dal suo sguardo e dalla sua stretta, lasciandomi dietro tutti quei conoscenti sconosciuti, ed usciamo all'aria notturna, che subito mi fa venire i brividi, ma che apprezzo moltissimo quando fa scivolare un pò del suo profumo verso di me. Si ferma sotto la splendida luna piena, nivea come le nuvole rade che colorano il cielo, e lo guardo, scaldata dal calore dei suoi occhi. Che fissano i miei, fino a scrutare ogni lembo della mia anima, ogni corda del mio cuore. Entrambi già suoi. Schiude le labbra, ma resta in silenzio. Io attendo, beandomi semplicemente della sua presenza. Mi posa una mano sul collo e chinatosi mi bacia, con passione, con dolcezza, con dolce desiderio. Ricambio, trasportata dal vento e dal freddo, che invece di frenarmi mi incitano, complici. Si allontana appena, fissandomi intensamente.
"Io ti amo, Luna."
"Ti amo anche io, Orlando" sussurro, serena.
"Vuoi restare con me?"
"Certo che lo voglio."
I suoi occhi tremano nei miei.
"Luna... vuoi essere mia, mia soltanto?"
"Amore mio, sono già tua, solo tua. Non potrei, non vorrei mai essere di nessun altro."
"Credi che potrebbe cambiare il nostro rapporto... cambiare te, se oltre ai nostri cari, lo sapesse il mondo intero?"
"Non m'interessa il mondo, quando ho te. Sai che non fa differenza che lo sappiamo solo noi o meno."
"Pensi... pensi di essere in grado, mia piccola, preziosa, dolcissima Luna, di resistere ad un cambio fulmineo di temperatura, adesso?"
Lo guardo confusa, mentre un frammento di memoria mi trapassa lasciandomi senza fiato.
Tu-tump. Tu-tump-Tu-tump.
Lo fisso e mi sento arrossire, impallidire, e ancora infuocare. Mi scruta attentamente, in attesa trepidante, con amore, desiderio, speranza.
Questo è l'uomo che amo.
L'uomo che è la mia vita.
L'uomo con cui desidero trascorrerla.
"Sì."
Sulle sue labbra chiare nasce un dolce sorriso nello stringermi la mano sinistra, rilasciando l'altra. Che scivola lungo il mio fianco, leggera, galleggiante. Il bracciale d'oro rosso brilla quando mi alza il polso e mi accarezza le dita, mostrando un anello bianco e lucente, sormontato da una pietra verde, uno smeraldo che cattura perfettamente i riflessi bicolore dei miei occhi. Provo di tutto: paura, ansia, gioia, tumulto, felicità, vergogna, imbarazzo, coraggio, fierezza, ma soprattutto incondizionato, illimitato amore. Trattiene il piccolo cerchio sulla punta del mio anulare, come se attendesse un permesso, o un rifiuto.
Che non arriva.
Perchè il mio dito si tende accogliendo il gioiello, che scorre lungo la pelle fino a cingerla completamente, in un'unione perfetta, come la nostra.
"Non ti farò fretta, non ti obbligherò mai a prendere una decisione precisa in merito, non finché non vorremo entrambi. Ma anche solo per adesso, ti chiedo, Luna, mia bellissima, splendida, preziosissima Luna, di farmi l'onore di considerarti la mia fidanzata ufficialmente. Puoi concedermelo? Posso sperare di non pretendere troppo nel chiedere, assieme al tuo cuore... anche la tua mano?"
Mi sento rigare il viso da lacrime mai cadute prima, mai mostrate finora. Nuove, lucenti gemme di felicità estrema.
"Sì che posso. Si che puoi."
Mi fissa intensamente, trattenendo il respiro, scrutandomi con trepidazione.
"Vuoi sposarmi? Non importa dove, e non importa quando, solo... vuoi sposarmi?"
Lo guardo negli occhi, impallidisco ed arrossisco, più volte, contemporaneamente, e sento indefiniti sguardi posarsi su di me, mentre il mondo si ferma, oscillando appena, come su quella capsula, in alto, sul London Eye, il giorno del nostro primo bacio, il giorno in cui gli dissi di sì senza che ancora mi avesse chiesto nulla, e torno qui, al presente, e guardo l'uomo che amo, il principe che mi desidera al suo fianco e che aspetta solo una mia risposta per rendermi una principessa per sempre, e farmi vivere una fiaba... per tutta la vita. Dilaniata dalla troppa gioia, dal troppo amore, i miei occhi sorridenti e piangenti allo stesso tempo, trovo la voce, che trema di incontenibile emozione:
"Sì, lo voglio."

Mi attira a sè baciandomi come se dovesse lasciarmi per anni interi, stringendomi con tanta dolce passione da impedirmi di respirare, e mi sta bene, voglio annegare così, voglio poter godere di quest'attimo irripetibile fino a bruciare la mia vita e il mio corpo, perchè tanto la mia anima gli appartiene, e finchè mi amerà, io potrò vivere davvero.
Lentamente torno a prendere coscienza del mio fisico e della mia posizione quando le grida festose degli invitati si mescolano ad un applauso infinito. Ci allontaniamo di centimetro in centimetro sorridendo con intima gioia esultante, per posare lo sguardo sul nostro pubblico. Linda chiudendo il cellulare si asciuga le lacrime, con le spalle cinte da Keira che fa altrettanto, i sorrisi allegri che illuminano i loro volti; Dom, Billy e Viggo che applaudono ridendo e alzando i bicchieri di spumante; Sam e Sonia che si stringono a vicenda, raggianti, guardandomi con affetto e annuendo appena. Un pensiero mi attraversa: la mia nuova famiglia. Linda mi corre incontro abbracciandomi forte e singhiozzando, radiosa:
"Ho mandato il video a mamma! Ci resteranno secchi... oh, Luna, Luna, che favola, sono tanto, tanto felice per te!" e poi getta le braccia al collo di Orlando esclamando:
"Grazie, grazie, sei il cognato perfetto, non potevo sperare di meglio, grazie!"
Orlando sorride ricambiando l'abbraccio mentre Sonia e Sam stringono me con affetto e gioia, entrambe contente davvero, e Dom si fa largo tra la gente esclamando:
"Signori, io propongo un brindisi, che ne dite? A Luna e Orlando, con i più veri, sinceri e affettuosi auguri!"
"A Luna e Orlando!" ripetono gli altri alzando i bicchieri, festosamente.
La mia mano sinistra sembra essere stata plasmata solo per poter indossare quella fede. Orlando mi stringe forte a sè mentre famigliari, amici e colleghi ci dedicano un brindisi da sogno, e noi due, sorridenti, ci guardiamo negli occhi, riversando nell'uno l'anima dell'altra, forzieri eterni dei nostri sentimenti, persi di un amore che nessuno mai, nè poeta, nè aedo, ha mai potuto rendere reale. Non quanto noi.



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Capitolo 40
*** Epilogue ***


Never knew I could feel like this
Like I've never seen the sky before
I want to vanish inside your kiss
Every day I'm loving you more and more
Listen to my heart, can you hear it sings
Telling me to give you everything
Seasons may change, winter to spring
But I love you until the end of time
Come what may
Come what may
I will love you until my dying day
[Moulin Rouge OST]



"Hai paura?" chiesi, guardandolo con un sorriso. Lui mi lanciò un'occhiata a metà tra il divertito e l'affranto.
"Un pò, sì."
"Vuoi che ti tenga la mano?" domandai maliziosa. Lui sospirò appena, rassegnato.
"So che come scusa suona patetica, ma pur di sfiorarti, vale la pena anche volare."
"Avanti, non te ne accorgerai neppure."
"Sarà..." sussurrò, guardando in basso dal finestrino, mentre gli sportelloni si chiudevano.
"Quando saremo là ti prometto che verrò con te a fare surf. Ok? Così mi insegni."
Mi guardò perplesso, poi annuì sorridendo: "Ci sto. Ma nel frattempo, ti dispiace distogliermi dal pensiero del volo?"
"Mhm, hai detto niente, come posso fare..." mormorai, pensierosa. In quella la hostess cominciò a dare il benvenuto ed elencare le varie vie di fuga e di salvezza.
Orlando posò la testa contro il sedile respirando profondamente, a occhi chiusi.
"Ti amo" sussurrai. Lui mi guardò, sereno, sorridendo.
"Anch'io, piccola Luna."
Alzò la mia mano per baciarla e l'anello luccicò di varie sfumature verdi, in armonia con il bracciale dai riflessi rossi. Restò a fissarmi finchè nel corridoio non tornò il silenzio. Poi l'aereo si mise in moto.
"Vuoi che ti racconti qualcosa per distrarti?"
"Dovrà essere un racconto lungo, viste le ore che ci metteremo da qui a Los Angeles."
"Che problema c'è? Ho una storia perfetta per l'occasione. Ti piacerà sicuramente, senza contare che potrai intervenire, avendola vissuta in prima persona."
Mi guardò confuso: "Che storia è?"
"Beh, dunque, inizia tanto tempo fa, con una ragazza che era arrivata dall'Italia per cercare lavoro a Londra, città che amava molto... un giorno, passeggiando nei Kensington Gardens, la giovane fu atterrata da un cane nero, che cominciò a leccarle il viso. Il padrone del cane la aiutò a rialzarsi, e lei lo riconobbe come l'attore di vari film che aveva particolarmente amato..."
"Non mi è nuova, come storia..." esclamò lui malizioso, ma il sorriso si trasformò in un'espressione teneramente struggente quando mi guardò negli occhi.
"Però sentirla raccontare da te è meraviglioso, Luna."
"Già l'ho fatto una volta, sai? Ma tu dormivi, non puoi ricordare... ti ho parlato di tutto. Di me, di noi, del mio amore, della mia vita con te... e del primissimo, stupendo ricordo che ho di entrambi. La sensazione precisa di appagamento che provai."
"Quale ricordo, tra tutti?"
"Il sole dei Kensington Gardens, la statua di Peter Pan, e tu al mio fianco, dove spero di averti sempre."
Mi sfiorò il viso con le dita, delicatamente, senza neppure accorgersi che l'aereo stava decollando.
"Spero di potertelo promettere con tutto il cuore, amore mio."
Gli baciai piano le labbra, ricambiata, e tornai a sorridergli. Lui fece lo stesso, domandandomi sereno:
"E come mai ti sentivi appagata, quel giorno?"
Sorrisi, accarezzandogli i capelli e le guance.
"Quel giorno avevo tre motivi per essere felice. Ero a Londra. C'era il sole. E tu eri lì. Semplicemente, lì."


*Fine*

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