Drunk...of What?

di SC_Swami
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Vodka Lemon ***
Capitolo 2: *** Caffè nero bollente ***
Capitolo 3: *** Cosmopolitan ***
Capitolo 4: *** Vino rosso e... ***
Capitolo 5: *** ...Angelo Azzurro. ***
Capitolo 6: *** Doccia Fredda. ***
Capitolo 7: *** Ciak ***
Capitolo 8: *** Hello. ***
Capitolo 9: *** Rabbia ***
Capitolo 10: *** Sconvolgimenti ***
Capitolo 11: *** Runaway ***
Capitolo 12: *** Friends ***
Capitolo 13: *** Dreams and Memories ***
Capitolo 14: *** Elevator ***
Capitolo 15: *** Coincidenze ***



Capitolo 1
*** Vodka Lemon ***


Vodka Lemon

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Erano mesi ormai che Selene cercava di raccimulare qualche spicciolo ovunque.
Si era sottoposta ad ogni tipo di lavoro e umiliazione per guadagnare qualcosa e mantenersi a Manhattan da sola.
I suoi genitori erano povere persone di periferia. Avevano sempre vissuto in quella contrada isolata dove la ragazza era nata, coltivando il proprio terreno e trovandosi bene in un paesino in cui tutti si conoscevano l’uno con l’altro.
Per questo non avevano mai concepito la scelta della figlia di andare a vivere nella “Grande Mela”.
Troppo affollata e rumorosa per i loro gusti.
Nonostante ciò, per quanto potevano, tentavano sempre di aiutarla.
Ogni cinque mesi le spedivano un mini-assegno che le bastava al massimo per due settimane.
La ragazza però non si lamentava mai. Si mostrava sempre positiva e a volte mentiva loro per farli essere più sereni. La sua vita era lì. Non sarebbe mai tornata a vivere in quel borgo.
Nonostante tutto era sempre più difficile rimanere a New York per Selene.
Ma la ragazza non si dava per vinta.
Sapeva che il suo destino era vivere in quella magnifica città.
Quindi si rimboccava le maniche e tirava avanti tra doppi turni e straordinari pesantissimi.
In quel momento camminava a passo svelto tra la 2nd e la 4th Avenue quando abbassò gli occhi sull’orologio e si rese conto del suo assurdo ritardo.
Tutta colpa dell’autobus che aveva perso! Adesso le toccava anche correre!
Accelerò ancora un po’ il passo, trasformandolo poi in una corsa frenetica contro il tempo e la fatica. Gli anni che aveva trascorso nella squadra di atletica del College e il suo fisico minuto e slanciato la aiutarono a non collassare durante il tragitto.
Non poteva perdere il posto al Perception. Quel pub era la sua unica valvola di sfogo.
 
Amava quei colori sgargianti. Amava le persone che lo frequentavano. Amava quelle poltrone corallo in cui spesso, di nascosto, sprofondava per qualche secondo. Amava il suo capo. Per il quale impazziva nonostante non si decidesse mai a promuoverla.
Insomma amava quella sublime aria di passione che emanava ogni singolo angolo di quel luogo.
E lei li conosceva tutti. Dato che lo puliva da cima a fondo ogni giorno.
Proprio così. Selene Thikin, di giorno aspirante giornalista, laureata a Yale con il massimo dei voti, correttrice di bozze per un giornale sconosciuto, cameriera nel ristorantino vicino al suo mini appartamento. Di notte donna delle pulizie nel bar più conosciuto di Manhattan.
 
Arrivò sul retro del locale senza fiato.
Si intrufolò per la porta secondaria, prendendo e infilandosi al volo il grembiule.
Timbrò il cartellino e solo allora riuscì a fermarsi per prendere una boccata d’aria e rilasciare un rumoroso sospiro.
< Giusto in tempo Thikin. >
La ragazza si girò di scatto.
…Lui…
< Come al solito, signor Piket. >
< Quando la smetterai di chiamarmi signor Piket! Mi fa sembrare un nonnetto! Insomma ho solo 28 anni! > la riprese scherzoso il ragazzo.
< Scusi. > la ragazza arrossì visibilmente.
< Ok. Per questa volta faccio finta di non aver sentito. Ma dalla prossima…mi chiamo Luke! Non voglio sentire più signor, signore e compagnia! > Il suo volto si avvicinò maliziosamente a quello della ragazza. Si guardarono negli occhi per qualche secondo. < Chiaro…Thikin? >
< Selene. > suggerì la ragazza in un soffio.
Lui si allontanò, non senza quel suo innato tocco di classe.
< Selene. > ripetè l’altro, afferrando il suo cocktail e allontanandosi con la consapevolezza di aver fatto colpo.
 
Dio. È qualcosa di…morirò in quegli occhi celesti un giorno.
Ci morirò dentro ne sono sicura.
È così dannatamente…wow.
Ha detto il mio nomeeeeee.
 
Iniziò a saltellare e sbattere le mani. Le sue colleghe la guardavano irritate.
Ormai troppo vecchie per ricordarsi cosa fosse una cotta.
Una tremenda cotta. Una tremenda cotta…per il proprio capo!
Che guaio.
 
Selene ritorna in te. Devi lavorare.
Inspira profondamente.
 
Tirò su una quantità indefinibile di aria.
 
Ora espira. Da brava.
 
Si liberò e con un grande sorriso afferrò il secchio d’acqua e la scopa per lavare il pavimento.
Destinazione…bagni!
 
 
***
 
Quella sera il locale era particolarmente affollato.
Persone su persone continuavano a pregare i buttafuori di farli entrare.
Serata movimentata.
Pensò subito Selene, mentre sedeva al bancone dei cocktail e si godeva la sua piccola pausa assaporando un bicchiere di vodka lemon.
Quello era il momento migliore. Ogni sera nell’attesa che il locale sfollasse per poterlo riassettare alla meno peggio, lei e le sue colleghe potevano servirsi al bancone e godersi la serata.
Ovviamente senza esagerare nel bere e nell’avere approcci con i clienti.
Parole sante.
Peccato che il più delle volte erano i clienti ad avvicinarsi a lei.
Per quanto si rifiutasse di ammetterlo, era una bellissima ragazza.
Gli occhi nocciola e i capelli chiari, tendenti al biondo, quasi color sabbia erano le sue due qualità migliori, incorniciavano alla perfezione il suo viso leggero.
Il fisico magro ed esile grazie ai tanti anni di sport praticato poi la rendevano una prelibatezza che saltava sempre all’occhio di chiunque mettesse piede nel locale.
Per fortuna il suo Luke la salvava sempre.
Appena qualcuno le si avvicinava arrivava lui, con i suoi occhi azzurri e il suo fascino da “intellettuale ma sportivo” che la faceva tanto impazzire, e minacciava lo sfortunato di turno.
O la sfortunata, anche se con le donne si limitava a fingere di essere semplicemente il suo ragazzo.
Il Perception era un locale aperto a tutti. Non esisteva alcun tipo di discriminazione.
Potevano entrare un ragazzo e una ragazza, un ragazzo con un ragazzo, una ragazza con una ragazza, probabilmente anche una persona con un alieno se fosse possibile…nessuno ci avrebbe fatto caso.
Fatto sta che quando le ragazze ci provavano con lei era sempre il momento più bello, e non solo perché la sua più grande fantasia su Luke era fintamente vera per qualche minuto.
Le dava una certa soddisfazione essere così tanto ricercata.
E non le dava fastidio che qualcuna ci provasse sul serio.
Ci provava gusto. E a volte stava pure al gioco fin quando il suo fidanzato non interveniva con le sue scenate di gelosia.
Quella sera era particolarmente impensierita.
Continuava a girarsi il bicchiere tra le mani e a riflettere su come pagarsi l’affitto la settimana dopo.
L’affitto a New York era un qualcosa di impensabile. Con tre lavori continuava a far fatica a pagarlo.
Assurdo.
Una voce femminile la riscosse dai suoi pensieri.
< Prendo quello che ha preso lei. >
Lo sguardo di Selene risalì lungo il corpo della ragazza che aveva di fianco.
Era dannatamente bella.
Una modella? Ipotizzò.
Si rese conto che la stava fissando e risalì ad incontrare lo sguardo malizioso della sconosciuta, non senza arrossire.
< Posso sapere cosa ho ordinato? > le chiese quella guardando il suo bicchiere ancora mezzo pieno.
< E dovrei dirtelo io? > rispose pronta Selene, incontrando nuovamente i suoi occhi.
< Hai ragione. > Sorrise. < Io sono Emily, e se non mi sbaglio…quello è vodka lemon. >
< Lo scoprirai presto…Emily. > ribattè guardando Ted, il barista versarle la bevanda e passargliela.
La ragazza afferrò il suo drink e l’assaporo.
< Vodka lemon. > sentenziò. < Ci vai piano stasera ragazza? >
< Sai com’è…quando uno è coscienzioso… >
Rimasero per un po’ a guardarsi sottocchio e a sorseggiare vodka in silenzio.
Ma senza imbarazzo. Nessuna delle due sentiva l’esigenza di esserci.
< Non so ancora il tuo nome > riprese sorridente la mora.
< Ti sembra così facile? Mi fa tanto…Hello, I love you. Won’t you tell me your name? >
Canticchiò Selene divertita.
< Non puoi citarmi I Doors e poi rimanere una semplice sconosciuta. >
< Oh, si che posso. > riprese maliziosa.
< D’accordo sconosciuta, mi piaci. Hai un bel visino. Sei adatta. >
< Adatta? > domandò Selene colpita, continuando a girarsi il bicchiere tra le mani.
< Mi permette di farle una proposta Mylady? >
< Dipende dalla proposta > disse, girandosi sul sediolino del bar. La curiosità la faceva fremere dentro, ma al di fuori riusciva a mostrarsi totalmente impassibile e disinteressata, ma divertita.
< Una proposta…di lavoro >
< Spiacente non faccio servizi completi…almeno non a pagamento. > scherzò maliziosamente.
< Peccato… > rise l’altra < Ma comunque non era proprio il tipo di lavoro che volevo offrirti. Sono stata presa per fare una pubblicità >
Non sei una modella, ma sei una sottospecie di attrice. Il mio intuito è infallibile.
< Lavori nel mondo dello spettacolo? > chiese incuriosita, per continuare a osannare le sue doti deduttive.
< No no…assolutamente. Sono a corto di denaro…e sai com’è…quando uno è disperato… >
< Capisco la sensazione… > disse annuendo, incupendosi appena. < E dunque…cosa posso fare per te…Emily? >
< Ems. Chiamami Ems. Non mi piace essere chiamata per intero. >
< Allora? > la curiosità aumentava.
< Allora servirebbe un’altra ragazza… e non riescono a trovarne una decente a quanto pare… quindi mi chiedevo se… >
< Ci sto! > 
< Ma non sai neanche che proposta stavo per farti > ci pensò su < Meglio così, sarà una bella sorpresa > sorrise furba.
Sorpresa o non sorpresa Selene aveva bisogno di qualche spicciolo, non poteva permettersi di declinare l’offerta.
< Aspetta…hai appena ammesso che sono “decente”…Ems? > riprese maliziosamente.
La ragazza la guardò negli occhi, poi abbassò lo sguardo sul suo drink. < Non posso negarlo… ma decente non significa sempre “buono”. Diciamo più che altro che mi servi… >
< Se stai tentando di fare la ruffiana… devo dirti che non ci riesci per niente > la rimproverò scherzosa.
< Perché dovrei fare la ruffiana con una di cui non so neanche il nome… > sorrise e la guardò di nuovo.
Selene provava una sensazione strana a guardarla negli occhi. Quel verde profondo la attirava maledettamente. Per questo tentava di mantenere un continuo contatto visivo.
In quell’istante si sentì cingere da dietro.
< Hey amore, finalmente ti ho trovata…che fine avevi fatto? Mike e Jinnie ci stanno aspettando al tavolino. > Luke alzò lo sguardo dalla ormai rossa Selene e si finse sorpreso nel constatare ci fosse una ragazza al suo fianco. < Oh…scusate…vi ho disturbato? Comunque io sono Luke, il ragazzo di Selene. Molto piacere. >
Tese la mano alla sconcertata ma divertita Emily.
La ragazza gliela strinse, poi rise. < Il piacere è tutto mio Luke, io sono Ems. Una vecchia amica della tua bella SELENE. >
La bionda a sentire il suo nome sorrise con imbarazzo.
< Sel… andiamo dai… ci stanno aspettando… >
< Ems… per quella questione… > riuscì a dire mentre Luke la afferrava per un braccio.
< Questo è il biglietto dello studio…prendi appuntamento e fai il provino. Ci vediamo lì. >
< Sei così sicura che mi prenderanno? > le urlò mentre si allontanava tirata dal suo ragazzo.
< Ne sono più che certa. Fidati di me. >
Il loro sguardo si incrociò un’ultima volta poi la confusione della pista da ballo avviluppò Selene.
 
< Chi era quella? > domandò Luke.
< E’ geloso? > chiese la ragazzetta con malizia.
< No ovviamente… ma le mie regole sono chiare! Niente approcci con i clienti. >
< Quante volte devo spiegarle che non sono io che mi avvicino a loro ma..- >
< Loro che si avvicinano a te… certo certo ho capito. Quindi quella ci stava provando con te? >
< Probabile… seppure fosse? Le darebbe fastidio? >
< Hai bevuto un po’ troppa vodka stasera Thikin. > si difese ridendo.
< Sarà… > Selene la buttò lì. Adorava chiacchierare con lui. Se di quello poi…
< La pausa è finita. Se vuoi la promozione ti conviene andare a riassettare qualcosa… e smetterla di flirtare con il primo…o la prima…che ti capita davanti! > continuò sorridendo il ragazzo.
Ma quanto è bello il tuo sorriso? Mi sto sciogliendo.
Riprenditi Selene.
Non far si che ti abbia in pugno.
< Signor sì, signore. > scherzò, facendo il saluto militare.
Guardandolo si allontanò verso il retro del locale.
Che serata…
Ripensò a quella strana ragazza, ai suoi occhi verdi, ai suoi capelli mossi del color della pece.
Era dannatamente intrigante.
Aspetta… da quando penso che una “ragazza” sia intrigante?
Quella domanda insieme al viso di Emily la tormentarono tutta la serata…e la nottata… e il giorno successivo… fino a farla decidere.
Prese il telefono dalla tasca. Recuperò quel bigliettino e compose il numero.
 
< Salve sono Selene Thikin, vorrei fare il provino. >
 
 
Continua…


Angolo Autrice

Salve bella gente ^^
E’ la mia prima storia originale. Quindi abbiate pietà di me. :D
Fatemi sapere che ne pensate magari…accetto anche le critiche costruttive U.U
La storia prenderà una gran bella piega, già dal prossimo capitolo :)
Baci. Stefy

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Capitolo 2
*** Caffè nero bollente ***


Caffé Nero Bollente 

Brad Philips era il classico regista di seconda mano.
Troppo in gamba per semplici cortometraggi. Ma troppo sfigato per produzioni cinematografiche che superassero un certo budget.
Pubblicità. Il suo campo erano le pubblicità.
Non sarai un grande regista di film – si ripeteva ogni mattina mentre si recava nel suo studio – ma almeno hai il tuo studio e le tue banali pubblicità. Sei nel ‘Giusto mezzo’.
In realtà era totalmente insoddisfatto.
Aveva dedicato la vita intera a studiare per diventare un grande produttore.
Ma non era mai stato all’altezza delle sue aspettative. O semplicemente non aveva abbastanza appoggi nel mondo dello spettacolo per poter sfondare.
Sapeva accontentarsi.
L’agenzia per cui lavorava andava a gonfie vele e lui svolgeva il suo lavoro sempre al massimo delle sue possibilità, impegnandosi e concentrando tutte le sue attenzioni su quello.
< Jhon sono arrivate le nuove ragazze? > chiese al suo assistente mentre quello gli porgeva il suo solito caffè nero bollente, seguendolo nel corridoio.
< Si Mr. Philips. Stanno tutte aspettando di là per fare il provino. > rispose l’intimorito ragazzetto.
Sarebbe stata una giornata difficile. Quella pubblicità era stata la peggiore idea che il suo capo avesse mai avuto. Possibile che tra tutte le idee che lui gli aveva proposto aveva scelto proprio quella?!
Puntualmente quando le aspiranti “attrici” venivano a sapere il loro “copione” si volatilizzavano.
Nessuna voleva sfigurare in televisione.
Manco fosse una tortura! E’ un cazzo di bacio!
Un semplice inutile bacio!
Le uniche che accettavano l’incarico erano delle povere disperate troppo brutte per attirare l’attenzione, e puntualmente le doveva cacciare lui stesso.
Non era possibile una cosa del genere. Per un semplice bacio.
Poi dicono che i tempi sono cambiati…che non esistono più differenze e discriminazioni…Stronzate!
Aprì la porta della sala d’attesa e iniziò a parlare alle “aspiranti” con tono scocciato ed estremamente irritato.
< Buongiorno signorine. > le squadrò una ad una dalla testa ai piedi.
Senza pietà le catalogava nella sua mente.
Troppo grassa. Troppo alta. Troppi ricci. Decisamente troppi brufoli, sorella esiste lo Scrubs! Tu non sei niente male biondina e anche tu “bei boccoli” non sei da buttare… ma scapperete per non far “sfigurare” il vostro bel visino, ne sono certo.
< Allora, mettiamo subito in chiaro una cosa. Prima di iniziare i provini ci tengo a spiegarvi quale sarà il vostro ruolo nello spot. Sono stanco di trovarne una perfetta e poi rinunciarci. Quindi… vi dico subito che il mio adorato capo ha pensato bene che per attirare l’attenzione maschile, ci voglia un bacio lesbo. > Fece una pausa per godersi gli sguardi attoniti delle presenti.
< Detto questo…Quelle di voi che voglio ancora sostenere il provino, entrino pure in sala, le altre…la porta è da quella parte…Arrivederci. > e indicò l’uscita col pollice.
 
 *****
 
Quella mattina Selene si era svegliata particolarmente agitata.
Cavolo non era proprio da lei accettare impegni così…su due piedi.
Ma, dannazione, aveva bisogno di soldi.
E quella era la sua unica possibilità per potersi pagare l’appartamento in tempo. Un altro ritardo le sarebbe costato caro.
Tuttavia continuava a sentirsi a disagio.
Una pubblicità – si diceva – ti pare che io sia una tipa da pubblicità? Io le odio le pubblicità. Odio tutto quello che fa parte del mondo dello spettacolo!
Finì di lavarsi velocemente e dopo essersi riassettata i capelli afferrò le chiavi del motorino e scese di casa, convincendosi che quella fosse almeno un’esperienza abbastanza buona, per quanto banale, da poterci scrivere un articolo.
 
Salutò Benny, il portiere, e nell’istante in cui infilò il casco, sentì il telefono squillare.
Guardò lo schermo del suo blackberry incuriosita. NUMERO PRIVATO. Lesse velocemente.
 
< Sì. Chi è? >
< Hey sconosciuta > rispose una voce femminile all’altro cavo.
< Sconosciuta? Aspetta. Emily? Come hai avuto il mio numero? >
< Ho le mie fonti segrete. > rispose, imitando una risata diabolica, poi continuò < Piuttosto… sei pronta per la grande sorpresa? >
< Diciamo più che altro che è la disperazione che mi da la forza di andare a quel maledetto provino. >
< Siamo negli stessi panni. Solo…penso che il tuo ragazzo non ne sarà troppo contento. >
Il mio ragazzo. Che strano sentirlo dire. Wow.
< Come sarebbe scusa? > riuscì poi a chiedere sbigottita per quell’affermazione.
< Vedrai ragazzina. Ci vediamo lì. >
Non diede il tempo a Selene neanche di ribattere che attaccò.
 
Chissà cosa diavolo voleva dire… e poi quale sarà questa “sorpresa” di cui tanto parla.
Salì sul suo scooter e mise in moto.
Continuava a chiedersi come avesse fatto quella ragazza a trovare il suo numero.
Ma la domanda che più la tormentava era se stesse andando a quel provino per i soldi…o semplicemente per rivederla.
La intrigava terribilmente. Lei è quel suo modo di fare sfacciato.
Ci provava spudoratamente nonostante sapesse del suo fidanzato.
Una che non si da per vinta facilmente.
Pensò. E la cosa le piacque, malgrado non lo volesse davvero.
 
Parcheggiò il motorino negli appositi spazi e si diresse verso lo studio, ancora poco convinta.
Al 731 di Lexinghton Avenue, a Midtown Manhattan si elevava per 246 metri nel cielo la Bloomberg Tower, un moderno ed avveniristico grattacielo, occupato in parte da uffici e negozi ed in parte da lussuosi appartamenti.
Selene alzò gli occhi mentre camminava nello spiazzale a “ferro di cavallo” che caratterizzava quel luogo e si sentì incredibilmente insignificante.
Viveva già da tre anni a New York e ancora doveva abituarsi ai suoi grattacieli.
Rimaneva sempre allibita, quasi incantata a guardarli.
Alcuni dei suoi primi veri articoli erano stati proprio sui nuovi palazzi in costruzione nella ‘Grande Mela’. Ricordò quei bei tempi in cui le idee le balzavano da ogni dove agli occhi e scriveva continuamente, quasi indecisa su quale fosse la miglior cosa da riportare.
Ma quei tempi erano cambiati. Con lei. E con tutta la frenesia che porta vivere in una grande città.
Entrò nell’edificio e scorse dietro una grande colonna l’ascensore per gli uffici.
Cercò nella borsa il biglietto con l’indirizzo e il piano dell’ufficio.
< Dove diavolo l’ho messo dannazione… >
L’ascensore si aprì e senza alzare gli occhi dalla borsa vi entrò, pur non sapendo il piano.
< Serve una mano signorina? >
Una voce maschile dietro di lei richiamò così la sua attenzione.
< No, no grazie. > continuava a frugare con le mani in ogni tasca del giubbotto e taschino della borsa.
< Insisto. > continuò il ragazzo, sembrava quasi… divertito?
Selene alzò gli occhi e finalmente si rese conto del perché di tutto quell’interessamento.
< Luke? Che…Cosa diavolo ci fai qui? >
< Modera i termini Thikin! Sono sempre il tuo capo. > la canzonò l’altro.
< Ok, signor capo. Cosa ci fa LEI qui? >
< Potrei farti la stessa domanda. > sganciò uno dei suoi migliori sorrisi, che funzionò come una bomba nell’intestino di Selene.
< Oh, diamine. Sono fuori servizio…e potevi anche risparmiarmi di farti chiamare capo per poi riservarmi una risposta del genere! >
< Quanto siamo simpatiche questa mattina Thikin. Scommetto che sei in ritardo. Cosa cerchi con tanta frenesia in quella borsetta? >
< Non immagini neanche quanta voglia ho di scherzare. > rispose sarcastica. < Cerco il numero di  piano. E tu ancora non hai risposto alla mia domanda. >
< Da quando mi dai del “tu” signorina. > sorrise di nuovo.
< Dio, quanto sei pesante oggi. Seriamente, cosa ci fai qui? > rispose la ragazza ridendo.
< Che domande. Ci lavoro. >
La faccia allibita di Selene, scatenò un’altra risata.
< Che pretendi scusa? Per quanto io mi spacci per il tuo capo, e lo faccio soprattutto perché esserti superiore mi dona un fascino innato, sai benissimo che il proprietario è mio padre. A lui non interessa che io sia suo figlio, sono uno come tanti, e il locale lo devo mantenere a mie spese. Ed eccomi qui… e tu invece, non ti basta il tuo ben pagato stipendio? >
Ci volle qualche secondo prima che Selene rielaborasse quello che aveva sentito.
< Ti senti davvero così affascinante, ragazzo? > domandò con un pizzico di malizia e sarcasmo allo stesso tempo.
< Proprio così, ragazza. Lo sono talmente tanto da aver bloccato la tua frenesia, ti ricordo infatti che siamo da più di cinque minuti fermi in ascensore, e averti distratta dal tuo ‘appuntamento col destino’ >
< Merda! Sai qual è il piano per la Tropt Network? >
< Dici l’agenzia pubblicitaria? > chiese sbigottito.
< Esatto proprio quella. Dimmi il piano e non fare domande. >
< D’accordo. Ma solo se dopo vieni a bere qualcosa con me al bar della piazza, diciamo alle 12 in punto, e mi spieghi tutto. >
< Ci sto. Ma solo se mi offri un Cosmopolitan. Ho bisogno di quel rosso. Ora dammi il piano. >
< Detto fatto > sorrise soddisfatto.
Il ragazzo si girò verso i bottoni e digitò il ventisei.
L’ascensore salì quasi impercettibilmente.
Quando il campanello suonò e le porte si aprirono Selene sgusciò via senza voltarsi.
Luke la guardò correre verso l’ufficio e le urlò < Buona fortuna! > scuotendo il capo.
Possibile che la veda sempre correre?
 
***
 
La sala d’attesa di quell’irritante giallino era quasi vuota. Quattro cinque ragazzette, presumibilmente della sua stessa età, erano sedute sparse, intente a leggere i loro giornali di gossip.
Selene sbuffò, aprendo la borsetta ed estraendone un libro.
Che aspetti? Alzati  e scappa. Sei ancora in tempo Selene. Non è il tuo mondo. Va via.
< Il profumo…Suskind… Bella scelta… >
Quella voce la fece sobbalzare.
< Emily…  si… ho buoni gusti lo so. > le scoccò un’occhiata maliziosa.
< In fatto di libri…può darsi. Ma ho visto il tuo ragazzo poco fa…e non è niente di speciale. > rispose l’altra, sbeffeggiandola senza ritegno.
< Che hai da dire contro il mio ragazzo? > chiese sarcastica, quasi a voler dire - hey non vedi che è perfetto? Dannatamente perfetto? - Intanto estrasse il suo burro cacao al caramello e se lo spalmo delicatamente sulle labbra.
< Oh…nulla cara. Moro, occhi azzurri. Semplicemente mi sembra un manichino. Un Ken coi boccoli. >
< Hey! Lascia stare il mio Ken! > rispose a tono, ma tradita poi da una risata.
< Per carità nulla da dire ragazza! I gusti sono gusti… Ma sappi solo che a tutto c’è un rimedio… > un sorriso bastardo le comparve sul volto mentre si allontanava di spalle, lasciando ancora una volta Selene a bocca asciutta.
Sulla porta che conduceva al teatro si fermò un secondo.
< Hey sconosciuta. Sappi che il burro cacao lo preferisco alla ciliegia! >
< Cos…cosa? > tentò di urlare dietro l’altra, sperando in una risposta, ma non ottenendo che una crescente curiosità mischiata ad ansia.
Al diavolo, come va và.
 
****
 
 
Voglio morire.
Selene guardò il regista con la mascella spalancata.
Scorse dietro la porta una divertita e ridacchiante Emily.
Chiuse subito la bocca, mimandole tra i denti stretti un Bastarda e mangiandosi la ragazza con gli occhi.
Che stronza. Aveva programmato tutto.
Ma gliela darò io la sorpresa. Vedrà.
Si voltò e vide tre ragazze uscire dalla sala.
Guardò perfidamente Emily che ricambiava con occhi sicuri e altezzosi.
Quindi girò i tacchi e si diresse verso l’uscita, tra la delusione del regista e lo stupore mascherato, ma non troppo bene, dell’altra ragazza.
Non gliela darò vinta! E poi non voglio baciarla! Non voglio baciare una ragazza!
Anche se è quella…
Ma mi servirebbero i soldi della pubblicità… e poi…ancora non ho il suo numero.
Perchééééé! Perché voglio il suo numero dannazione. Il numero di quella… di quella  dannatissima ragazza! Meglio che vada via e la faccia sparire dalla mia vita.
I soldi li guadagnerò con l’ennesimo straordinario… e se non riesco… fa nulla… pagherò la settimana dopo a mio rischio.
Chiamò l’ascensore e girandosi un’ultima volta trovò quegli occhi verdi a fissarla sconfitti.
Emily la guardava tentando invano di mascherare la sua delusione, con le braccia incrociate sul petto e la maschera da leonessa fiera e menefreghista.
I suoi occhi la tradivano però.
E riuscirono a tradire anche le convinzioni di Selene.
 
Ok. Ma non si torna più indietro.
 
Continua…
 

Angolo Autrice.

Salve bella gente :) Ecco il secondo capitolo finalmente ^^
Se ci sono eventuali errori…bhe non fateci caso vi prego.
Non ho nessunissima voglia di rileggere <.<
E la mia personale beta ha un computer da fracassare a calci.
 
Al solito spero in una piccola piccola recensione >.<
A voi non costa nulla, ma per me significa tanto!
(Proprio così gente, sto cercando di intenerirvi…o almeno farvi pena xD)
Parlo troppo… tra le righe scoverete anche il titolo del prossimo capitolo :D
 
Enjoy it :D
 
Stefy

 

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Capitolo 3
*** Cosmopolitan ***


Cosmopolitan
 

< …. E così mi hanno presa. Registriamo tra due giorni e sarò ospite nelle suite dei piani alti.>
Concluse la sua storia con soddisfazione, portando finalmente il suo drink alla bocca.
Il ragazzo seduto al tavolino con lei, la guardava sbigottito.
< Vuoi dire quelle lussuosissime camere, sicuramente più grandi anche del tuo e del mio appartamento messi insieme? >
< Vitto e alloggio, tutto compreso. > replicò sempre più soddisfatta.
< Dalle stalle alle stelle? > disse il ragazzo ridendo.
< Anche se solo per un paio di notti…sì. >
< Un paio di giorni…poi quando i pezzi grossi vedono il tuo bel visino e ti prendono a fare qualche film a luci rosse dovrò dire addio alla mia impiegata migliore. >
< Luci rosse? Bel visino? Devo prenderli come complimenti? >
< Come preferisci… > la buttò lì.
< Bhe…non so se ringraziarti. Lasciamo perdere…magari la prossima volta. Mi spieghi piuttosto tu che fantomatico lavoro vieni a fare qui? >
< Se te lo dico ti metti a ridere. >
< Mi basta vederti tutto tirato in giacca e cravatta per ridere. Ancora mi devo abituare a vederti così. > rise piano.
< Ok…sono un contabile. >
La ragazza scoppiò in una risata fragorosa.
< Te l’avevo detto… >
< No dai…il contabile? Scherzi? >
< No…odio i numeri…odio quel lavoro…ma sono bravo. Direi ricercato in quel campo. >
< Un ragazzo pieno di risorse eh? Potrei farci un pensierino! >
< Oh cara, scommetto che l’hai già fatto. >
 
Quanto è montato. Dio. Se lo può permetter… però…insomma contieniti ragazzo!
 
< Così dovrai baciare quella ragazza… > pensò Luke ad alta voce, guardando il suo bicchiere, ancora pieno.
< Geloso? > Selene riuscì a stupirsi da sola della sua stessa malizia.
Possibile che fosse sempre stata così ?…senza mai accorgersene?
Luke rise, di una risata forzata, spavalda.
< Certo! Ti piacerebbe lo so… ma non sei di mia proprietà…ancora… >
< Ancora…? > lo guardò interrogativa e speranzosa.
< Già. > si prese una piccola pausa ad effetto. < Sono le…- guardò l’orologio – 12:30…tra…diciamo un tre quattro ore sarai di mia personale proprietà. In quanto mia impiegata e fidanzata non ufficiale nei momenti di bisogno. >
Risero entrambi, fermi occhi negli occhi.
Ci fu un brevissimo momento di silenzio, che presto Selene interruppe.
< Sai cosa…hai centrato il punto. > riflettè, seria.
< In che senso? >
< Nel senso che hai ragione…uno come te…mi serve solo a pararmi il culo. >
Un’altra risata risuonò a quel tavolino, accompagnata da altre chiacchiere inutili, sguardi maliziosi e sorsi di quel gustoso Cosmopolitan che Selene tanto amava.
 
< E’ ora di andare. > esordì ad un tratto la ragazza.
< Di già? >
< Guarda che siamo qui da un’ora! Hai deciso di prendermi in ostaggio? Ho una vita privata io, sai? > lo canzonò lei, giocosa.
< E che sarà mai un’ora… e cinque minuti! E poi non ci credo che hai una vita privata! >
< Ho sprecato fin troppo tempo con te. > le uscì una faccia solenne, che scivolò via in una risata.
< Allora scelgo l’opzione B. > insistette lui.
< Sarebbe? >
< Ti prendo in ostaggio… > sorrise, guardandola dritta negli occhi.
 
Tu e i tuoi occhi irresistibili. Come posso dirti di no? Ti prego dimmelo!
 
< …o al massimo ti riaccompagno a casa. Non si accettano ‘no’ come risposta. >
< Spiacente capo, sono con il mio magnifico scooter! >
< E io sono a piedi…perfetto no? > scagliò ancora un altro sorriso smagliante.
< Ma tu guarda…pretende di rapirmi… e scroccarmi anche la benzina… > fece finta di pensarci su, buttando giù l’ultimo sorso della bevanda.
< D’accordo. Ma solo per questa volta, e voglio il rimborso della benzina sul mio prossimo stipendio! > disse tentando di rimanere seria.
< Ci sto, Thikin! Andiamo! Ah…mi sembra ovvio…guido io. >
 
Pagarono le bevande e si avviarono all’uscita, ancora litigando su quanto le donne fossero pericolose al volante e su chi dei due dovesse guidare quella volta.   
 
***
 
Il Perception quella sera traboccava di persone. Non c’era un posto libero per sedersi neanche a volerlo pagare. La pista era piena, sembrava potesse scoppiare da un momento all’altro.
La presenza del nuovo Dj era sicuramente la causa di tutto quel casino.
Un vecchio amico di Luke a quanto pare. Davvero bravo, bisognava ammetterlo.
Ma aveva scatenato il caos più totale. La sua piccola, ma comunque esistente, percentuale di fan insieme ai clienti abituali del locale erano diventati una miscela sudata ed esplosiva che continuava a strusciarsi senza sosta al centro della pista.
 
Farò le ore piccole stanotte a quanto pare.
 
Non era una cosa rara per Selene. Ma le pesava sempre perdere ore di sonno, specialmente quando il giorno dopo avrebbe dovuto recuperare la giornata di lavoro al ristorante persa quella mattina.
Inoltre aveva sulla scrivania delle bozze urgenti da correggere e consegnare per il giorno seguente.
Cazzo! Le bozze!
Bozze di cui a quanto pare si era totalmente dimenticata.
Le dovrò fare quando torno a casa. Porca…!
 
Sfilò il camice e si andò a sedere al solito al bancone per rilassarsi prima di ricominciare.
< Ciao piccola, il solito? > le chiese Ted il barista, dandole quelle poche attenzioni che poteva riservarle in quella calca.
< Quando e se puoi… stasera c’è il delirio. > rispose sorridendo comprensiva al ragazzetto.
Non era troppo alto, sembrava molto più giovane di lei. Un ragazzino bello e buono.
Ma non aveva rivali quando gli si metteva una bottiglia in mano.
Oltre a saper preparare cocktail alla perfezione, era anche un barman fantastico.
Faceva volteggiare le bottiglie come fossero semplici palline di carta.
Sembrava non gli pesasse nulla, non gli costasse nessuno sforzo.
Quel suo fare da giocoliere esperto aveva sempre affascinato Selene.
Di fatti spesso la ragazza aveva provato a farsi insegnare qualcuno di quei trucchetti.
Ripensò a tutte le bottiglie che aveva rotto…e a tutte le risate che ne erano scaturite, accompagnate da urla di finta disperazione da parte del ragazzo e di Luke.
Ovviamente ogni bottiglia le costava un turno extra di lavoro, era pur sempre lei a dover ripulire, ma non si dava per vinta fin quando non ci riusciva almeno una volta.
 
< Hai ragione stasera c’è il delirio…ed è arrivato il tuo momento. >
Quella voce interruppe i suoi pensieri, e la riportò a quella febbrile realtà.
< Luke…che vuoi dire? >
< Volevi una promozione Thikin? Bene questo è il momento di farmi vedere di cosa sei capace. >
< Certo che vorrei la promozione. Ma…Cosa intendi? >
< Vai sul retro. In uno scatolone vicino la cella frigorifera ci sono delle magliette corallo con scritto Perception sopra…e dei gilet neri. Trovati la taglia giusta e vai ad aiutare Ted dietro il bancone. Ha bisogno di te…e anche io. >
A Selene brillarono gli occhi a quella proposta. Non avrebbe più pulito gabinetti. Finalmente.
Senza riuscire a contenere la sua soddisfazione, buttò le braccia al collo del ragazzo e si alzò sulle punte per abbracciarlo.
< Grazieee > gli urlò, mentre già correva verso lo stanzino del retro.
 
Nella stanza vuota riuscì a riprendere velocemente fiato. L’unico posto vuoto e fresco del locale.
Si scaraventò verso la scatola, aprendola al volo e prendendone la prima maglietta e il primo gilet trovati. Si sfilò la propria T-shirt e indossò la sua nuova divisa.
Ancora non l’aveva indossata che già l’amava.
Era un po’ grande la taglia, ma non le importò più di tanto.
Fece un nodo veloce per fermarla sulla pancia, prese il gilet e tornò dentro.
 
< Aspetta…io non dovevo servirti da bere? > chiese Ted, guardando stupito la sua nuova collega.
< Magari a fine serata Teddy, adesso pensiamo a servire questo branco di selvaggi. >
< Hey ragazzina, guarda che ti ho sentita! > urlò uno dei clienti, già un po’ brillo.
< Tranquillo signore, mi farò perdonare…il primo giro per lei sarà gratis… >
< Oh dolcezza…magari fosse il primo giro. > ribattè ridendo l’omone.
Ted guardò con dolcezza la ragazza già pronta e scattante per seguire le sue indicazioni.
< Finalmente qualcuno di competente ad aiutarmi. >  sorrise soddisfatto.
< Pronta a mettere in atto quello che ti ho insegnato? > continuò porgendole una bottiglia di vodka.
< E’ una frase fatta…ma ha pur sempre il suo effetto…SONO NATA PRONTA! >
Insieme fecero volare le bottiglie, facendo fare a queste un paio di giri per poi riafferrarle e versarle guardandosi compiaciuti.
 
< Non ti facevo giocoliera ragazzina! >
< Ecco un’altra che mi pedina! > esclamò Selene fingendosi infastidita.
< Perché? C’è qualche altra bella ragazza come me a pedinarti? E poi non sono qui per te stasera, ma per il Dj. > si guardò intorno divertita.
< Certo, come no. Cosa posso darti Emily? >
< Oh tesoro, tutto quello che vuoi! > rispose maliziosa.
< Ma smettila! Parlo sul serio! Che stasera non posso fermarmi a chiacchierare! > disse mentre già serviva un’altra coppietta.
< Hey, anche io parlavo sul serio! Sei sexy con la tua nuova divisa! Comunque non voglio nulla…se non un indirizzo e un orario. >
< Per cosa? >
< Che domanda stupida, dolcezza! Dobbiamo vederci…per parlare di lavoro. > finse un tono solenne accompagnandolo ad una faccia seria.
Da lontano Luke aveva adocchiato la ragazza e osservava la scena, pronto ad intervenire.
Selene se ne accorse con la coda dell’occhio.
< Ti conviene smammare, prima che Ken ti bandisca dal locale per tentato stupro al personale. >
< Non senza un appuntamento! > ribattè convinta.
< Va via! >
< Non schiodo! È inutile! > insistette.
Il ragazzo era cupo in viso. Selene non poteva rischiare di retrocedere proprio la sera in cui era stata promossa.
< W 84th street alle otto in punto, domani sera. >
< Kefi? >
< Conosci quel ristorante? > chiese Selene sorpresa.
< Certo! Ci vediamo lì, dolcezza. > buttò uno sguardo felino a Luke.
< Mi raccomando non portarti dietro Ken. In cambio…offrirò io la cena. >
Detto questo si alzò dallo sgabello e si fece spazio in pista, iniziando a ballare in quella massa incontenibile di gente.
 
 
Continua…



Angolo Autrice

Finalmente riesco a pubblicare! Scusate il ritardo, ma queste settimane sono terribili e in più ho anche altri progetti in corso.
Cosa dire di questo capitolo? Sono TOTALMENTE insoddisfatta… ma può capitare.
Il prossimo arriverà a breve :D
Spero vi stia piacendo la trama…ora che inizia a vedersi un po’ di più.
Al solito non dispiacerebbe una piccola recensione :) Significherebbe davvero tanto.
Ringrazio tutti quelli che mi seguono :)
 
Enjoy
 
Stefy

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Capitolo 4
*** Vino rosso e... ***


Vino Rosso


Emily era la persona più sicura di sé che potesse esistere.
Il suo abbigliamento la rispecchiava totalmente.
In qualsiasi occasione sembrava sempre vestita a modo, come se quegli abiti vestissero il suo carattere e non lei stessa.
Sportiva ma provocante, mai eccessiva.
Semplice in fin dei conti, senza molte pretese, in nessun caso.
Quella sera indossava una camicia bianca, aperta sulla scollatura, con una piccola cravattina nera a staccare. Un jeans terribilmente attillato a mezza gamba e All Star nere d’obbligo.
Non era un appuntamento galante, e pure se lo fosse stato probabilmente non sarebbe cambiato quello che indossava.
Le andava di mettere quello. Lo metteva. Molto semplice.
La matita nera, molto calcata, le conferiva quel tono di dissolutezza aggressiva che le donava terribilmente, e metteva in risalto il verde particolare dei suoi occhi.
 
La cosa che più aveva attirato Selene. Quel suo essere pacata e trasgressiva allo stesso tempo.
Quegli occhi guizzanti e maliziosi.
Inutile negarlo, la attirava, terribilmente e pericolosamente.
 
Erano ormai venti minuti che Emily aspettava all’angolo dell’84th street.
Iniziava a credere che Selene le avesse dato buca, e rideva di ciò, perché già architettava il modo per fargliela pagare.
Uno dei suoi giochetti amari e maliziosi. Li usava spesso per conquistare le sue prede.
Ma erano troppo facili per lei. Si era stancata di avere tutto troppo facilmente.
Selene era la preda perfetta. Predisposta sì, ma difficile da agguantare.
Tuttavia c’era qualcosa in più che la attirava di quella ragazzina.
Si ripeteva che era per la sua bellezza, ma in realtà sapeva bene che adorava la sua compagnia.
Quel continuo botta e risposta, quelle frecciatine maliziose che si scambiavano reciprocamente.
La adorava.
Sapeva però quanto lei stessa non fosse tipa da relazione fissa.
Non voleva o almeno pensava di non voler cambiare questo standard per lei.
 
A un tratto si voltò colpita da uno strano rumore. Uno schianto.
Un piccolo schianto di un motorino contro un palo.
< Hey, tutto bene? >
Da sotto quello sproporzionato casco uscì fuori quel viso conosciuto e tanto atteso.
< Oh, ma guarda chi si è degnata di farsi viva! Vedi…questa è la punizione divina cara. >
< Zitta idiota e vieni ad aiutarmi. >
Emily la guardò arrancare con i piedi a terra per trasportare il mezzo pesante.
Le faceva quasi pena, così dopo aver buttato giusto uno sguardo al vestito nero che indossava l’altra ragazza ed essersene compiaciuta, corse ad aiutarla divertita.
 
***
 
< Cosa diavolo devo mettermi! >
< Okay. È ufficiale. Questa misteriosa ragazza ti piace! >
Selene si girò e fulminò l’amico con lo sguardo.
< Ricordami di non chiamarti più quando mi serve un consiglio urgente! >
< Oh ma ti prego. Tu mi necessiti cara. >
< Io dovrei necessitare una checca isterica come te, spara sentenze e Gossip Boy? >
< Ovviamente. E non sono una checca isterica. Checca sì. Isterica forse. Ma solo in parte. Ho un po’ di ritegno. >
< Ancora… > lo canzonò lei.
< Brutta…! Non voglio imprecare, sembrerei davvero una checca isterica e te la darei vinta. >
< Dicendo questo me la stai già implicitamente dando vinta…ma lo ammetto stasera ho bisogno di te! Sono in crisi! >
< Perché lei ti piace. >
< Devo ricordarti di nuovo chi tra i due è la checca isterica? >
< Fanculo. Intanto hai un appuntamento con questa tizia che conosci a malapena. E le uniche cose che sai di lei sono che la dovrai baciare, che ci prova con te…e poi? Mi scordo qualcosa? – poggiò le dita sul mento fingendo di pensarci – ah sì. Lei è SPUDORATAMENTE LESBICA. >
< Smettila di gracchiare Richy e aiutami a scegliere qualcosa da mettere. >
 
Il ragazzo si spostò dallo stipite su cui era appoggiato in direzione della ragazza.
Guardò scettico la montagna di vestiti di ogni tipo che c’era sul suo letto a due piazze.
< Allora…inizia a provare questo…poi questo, questo, mmmh…anche questo. > Porse i panni all’amica, pensieroso.
< Bene, va bene così. Se non mi soddisfa nulla tra questi, cara mia ti tocca venire a fare shopping! >
< Nooooooo. > urlò esasperata dal bagno Selene.
Sapeva bene come sarebbe andata a finire.
 
E infatti.
 
***
 
< Allora principessa posso capire perché ti ho dovuta aspettare così tanto? >
< Perché hai così tanta voglia di vedermi e parlarmi che saresti rimasta qui ad aspettarmi anche tutta la serata probabilmente… e io ne ho approfittato. >
< L’importante è la convinzione. > la sbeffeggiò Emily, affondando per un secondo breve ma intenso i suoi occhi verdi in quelli nocciola della bionda.
< Comunque sappi che non è da me fare tardi. Solo che quando hai una checca amante dello shopping come il mio migliore amico Richy ad aiutarti e una giornata intera di lavoro sulle spalle, è difficile sopravvivere al pomeriggio. Sono seriamente stremata. >
< Oh cara hai fatto shopping e ti sei fatta bella…solo per me? Quanto sei dolce. > disse sarcastica Emily, ignorando le scuse di Selene.
< L’importante è la convinzione. > le fece il verso l’altra.
Sorrisero entrambe.
< Comunque ti sta molto bene il vestito. > le confermò Emily.
Richy glielo aveva detto milioni di volte nei camerini ma non gli credeva troppo, quasi mai, era pur sempre una checca isterica. Sorrise al pensiero e arrossì all’affermazione, scatenando le risate di Emily.
< Possibile che ancora tu non ti sia abituata ai miei complimenti? > le chiese ancora divertita, mentre finalmente parcheggiava il motorino e lo impiantava sul cavalletto.
< Veramente è il primo vero complimento che mi fai. >
< C’è differenza con quelli impliciti? >
< Per una ragazza come me, sì. >
< Ah…e per una ragazza come me? > domandò tra il comune riso.
< Non lo scopriremo mai. >
< Come mai Mylady? >
< Semplicemente perché non ti farei mai e poi mai un complimento... almeno non esplicitamente >
Selene si girò a guardare la bruna, la vide pensierosa. Poi l’altra alzò gli occhi e di nuovo questi incontrarono i suoi.
< A volte le parole non servono a nulla, e a me bastano i tuoi occhi. > sentenzio pacata.
Ci fu un breve momento di silenzio. Erano arrivate al ristorante.
< Non ti facevo poetessa. > ricominciò Selene.
< Non lo sono, …prego… > la invitò ad entrare, aprendole la porta del locale.
< Un tavolo per due. > suggerì alla cameriera, poi squadrandola.
Selene se ne accorse.
< Oh ma guarda, ti bastano anche solo i suoi occhi, oh no…forse vuoi anche le sue tette magari. >
< Non mi dispiacerebbero, ma ho l’animo nobile e non abbandonerei mai la mia accompagnatrice. Se non per un gran bel paio di tette. E quelle non sono granché. Si vede che non te ne intendi. > rise.
< Dio…sono uscita con un’intenditrice di occhi e tette, ma che gran fortuna. >
< Non immagini neanche dolcezza! Comunque più di occhi che di tette se può consolarti. > Emily adorava quei loro battibecchi. Sapeva bene che sarebbero potuti durare anche tutta la vita. Sorrise al pensiero.
< Oh, ma certo. > disse ridendo l’altra.
< Per esempio quando hai fatto il provino, sapevo che non te ne saresti andata. > aggiunse quasi seria.
< Ma sentila. Mi guardavi come un cucciolo indifeso per farmi pena, eri spaventata a morte all’idea che io me ne andassi. >
< Perché mai avrei dovuto esserlo? > chiese guardando la cameriera arrivare con un block-notes.
< Semplice… perché ti piaccio. E perché sai benissimo che altrimenti non riusciresti mai e poi mai a baciarmi, quindi ti accontenti di una finzione convincente. >
 
< Cosa posso portarvi? > la cameriera le interruppe.
Presero il menù e ordinarono tutto a base di carne, accompagnata da uno squisito vino rosso italiano.
 
< Allora? Non controbatti? > chiese dopo un po’ Selene, stranita da quel silenzio.
< Sul fatto che mi piaci o su quello che non ho possibilità? >
< Su entrambi. >
< Sul primo non proferisco parola, sul secondo…tesoro ti piaccio anche io. >
< Anche? E’ un complimento implicito? > chiese ridendo.
< Come mai ancora non arrossisci? >
< Non mi lascio sconvolgere tanto facilmente. E comunque non sono d’accordo. O almeno non ancora. >
< Non ancora…vedi avevo ragione. Io questa la chiamo possibilità. > rispose in tono pacato, ma sfoggiando poi uno dei suoi sorrisi migliori.
 
< E sentiamo…quand’è che i miei occhi ti hanno fatto capire che hai una possibilità? >
< A parte ora? >
Istintivamente Selene chiuse le palpebre. Rimproverandosi.
 
Mi sto tradendo da sola.
Aspetta…con questo lo sto ammettendo?
Mi piace? NO CAVOLO NO!
 
Li riaprì, trovando a pochi centimetri da lei il viso della mora deformato in una smorfia.
Sussultò, poi rise.
< Che diavolo! Mi vuoi far morire di infarto! Tu sei fuori come un balcone! >
< Ti piaccio anche per questo piccola. >
< Certo… dicevamo? Quand’è che i miei occhi mi avrebbero tradita, a parte ora…ovviamente. > ripeté sarcastica.
< Ieri ad esempio. Non la smettevi di fissarmi mentre ero in pista. >
< Questo vuol dire che anche tu guardavi me, cara. >
< Quindi stai ammettendo che mi fissavi. > disse avvicinandosi maliziosamente, per poi prendere la bottiglia di vino e versagliene un po’ nel bicchiere, ancora troppo vuoto per i suoi gusti.
< Guardavo la marmaglia, non te, il gruppo. E poi eri in dolce compagnia ho notato. >
< Già. > si allontanò di nuovo. < Mi sono proprio divertita con Zoey. >
< Ti stava avvinghiata. > Il tono amaro per quell’inaspettata gelosia.
< Era carina… >
< Certo. Talmente tanto che ora sei qui a chiacchierare con me e non con lei. >
< Sai com’è…quando l’esito della serata è incerto è sempre meglio trovarsi un rimedio. Odio prendere pali. >
< Chi ti dice che li prenderai? > la pizzicò Selene, alzando maliziosamente gli occhi dal bicchiere.
L’altra rise.
< Nessuno… ma è sempre meglio non rischiare di rimanere a bocca asciutta. > la rimbeccò divertita.
 
< Ecco a voi. > la cameriera servì loro le rispettive porzioni.
 
Il cibo era delizioso. Non a caso il ristorante era uno dei migliori della zona.
Decorato in modo sobrio, niente dava nell’occhio. Era un arredamento molto semplice.
Accogliente nel complesso, anche perché abbastanza piccolo.
O forse bisognerebbe dire più… intimo.
Le luci soffocate e il lento blues di sottofondo contribuivano a creare quell’atmosfera privata e rassicurante.
A Selene piaceva da morire. Le sembrava di stare a casa propria, o meglio quella dei suoi genitori. In una di quelle serate fredde da morire, in cui veniva riscaldata solo da una tazza bollente di cioccolata e dalla fievole fiamma del proprio camino, unica luce nella stanza.
Meraviglioso.
 
< Dove l’hai lasciato il bambolotto? >
Selene rimase spiazzata da quella domanda. Era persa nei propri pensieri.
< Come scusa? >
< Il bambolotto…Ken… dove l’hai lasciato? >
< Oh…vuoi dire Luke. > ritornò in sé.
< Luke…ha anche il nome da bambolotto. > rise portandosi l’ennesimo boccone alle labbra.  
< E’…è a casa… > mentì.
< Sai a volte…mi prenderai per pazza… ma penso che Ken non sia davvero il tuo ragazzo. >
< Perché mai? > chiese non senza arrossire.
Sgamata. Pensò.
< Quando lo nomino cadi dalle nuvole, se è presente lo guardi con dolcezza. Fidati non è normale guardare il proprio partner con dolcezza. Il più delle volte lo si vuole uccidere. >
< Primo. Che ne vuoi sapere tu di partner e relazioni. Secondo. Se sono innamorata ci sarà un motivo. >
< Io ne so molto più di te sui rapporti di coppia. Fidati. E poi non è normale che stai con lui ed esci con me, flirtando senza ritegno e senza un coprifuoco. Lo vedo geloso il tipetto. Possibile che non ti abbia detto – prese un tono possente per imitarlo - ‘ torna a casa per le undici o ti spezzo le gambe e uccido l’altra’ >  Fece una pausa per bere un sorso di vino. < Inoltre tu hai problemi di soldi a quanto pare…e non vivete insieme? Possibile? Dovreste come minimo convivere per rendere le cose più facili. Non ti nascondo che la faccenda mi puzza. Mi menti per caso? >
Selene non poteva che difendersi senza far trapelare una risposta certa.
Non doveva dirle la verità, ma non doveva neanche mentirle.
< Sei una acuta osservatrice. > constatò.
< Solo quando la cosa mi interessa… >
< Quindi ti interesso… >
< Sei un po’ lenta di cervello…o semplicemente stai cercando di sviarmi? >
< Decidi tu. > la rimbeccò ridendo.
< Sappi che odio le bugie. > disse l’altra seria.
< E io odio gli interrogatori. >
< Bene. Siamo pari. E… presto scoprirò la verità. >
< Vedremo. >
 
 
Rimasero a chiacchierare ancora un po’, non senza evitare scambi di battute e frecciate reciproche.
Poi Emily chiese il conto e senza esitare offrì tutto lei, bruciando i tentativi di Selene di pagare con la banale scusa – Ti ho invitata io…quindi pago io! –
 
Uscirono dal locale e si avviarono al parcheggio.
Arrivate al motorino la domanda sorse spontanea.
< Ma tu come sei arrivata scusa? > chiese curiosa Selene.
< Che domande, a piedi! >
< Abiti qui vicino? > continuò sorpresa.
< Praticamente dietro l’angolo. > passeggiava con il viso rivolto al cielo e le mani in tasca.
Sembrava totalmente appagata e tranquilla.
Poi d’un tratto tornò a guardarla e le fece la sua proposta.
< Senti ti va di andare a ballare? La notte è giovane…e non voglio sprecarla a deprimermi davanti alla TV. >
< Ballare? > Selene era abbastanza stanca. Non le sarebbe certo dispiaciuto, ma a tutto c’era un limite… e lei era a dir poco stremata da quella giornata.
< Sì, ballare. Conosco un posto fantastico. E tranquilla non è il Perception. >
< Non ci sarei mai andata! È il mio giorno libero! Amo quel posto…ma fino ad un certo punto diamine! >
< Tranquilla…fidati di me. Allora ti va di andare? >
 
Quegli occhi. Quegli occhi…o forse quel verde intenso.
Quell’aura misteriosa.
Non seppe bene decidere quale delle tante cose che la attirassero di Emily le fecero cambiare idea.
Non le importò delle pratiche che avrebbe dovuto sbrigare il giorno dopo. Non le importò del ristorante nel quale aveva il doppio turno mattutino, né del Perception la sera.
Voleva solo stare ancora un po’ con lei.
Senza un apparente motivo.
Lasciarsi totalmente andare…godersi quella serata e quella nottata che purtroppo non sarebbe durata ancora a lungo.
 
< Che stiamo aspettando? > scese dalle nuvole e rispose dopo quel breve silenzio in cui Emily stava per perdere la speranza.
< Davvero? > chiese incredula.
< Certo! Basta che non mi porti in un covo di lesbiche! >
< …Ops… > disse solo la ragazza serrando le labbra.
Guardò le chiavi che Selene aveva in mano, gliele rubò di soppiatto e dopo esserci salita al volo mise in moto il mezzo.
< Prendere o lasciare. > esclamò aspettando che l’altra salisse.
Selene la guardò sconcertata e leggermente irritata.
< Oh…fanculo! > le urlò l’altra sedendosi dietro di lei, e afferrandole i fianchi.
A quel contatto la mora si girò a guardarla.
Un fugace sguardo.
Tirò giù l’acceleratore e partirono improvvisamente.
Lo spavento fece aggrappare ancora di più Selene al suo corpo.
Oh sì…aveva raggiunto il suo scopo.
 
Il locale non era molto lontano, ma la ragazza che guidava non si fece troppi problemi ad allungare il più possibile la strada, per prolungare quel semplice contatto.
E poi le trasmetteva serenità andare in giro in quel modo.
 
Dopo una decina di minuti finalmente arrivarono a destinazione.
 
< Lolà? > Selene si fermò a guardare l’insegna.
< Lolà. > confermò Emily.
Prese la mano della bionda e la tirò nel locale.
 
La loro notte era appena cominciata.
 
 
Continua…
 

Angolo Autrice

Bella gente :D Buonsalve a tutti :)

Finalmente ho partorito questo quarto capitolo…anche se l’ho dovuto dividere a metà perché troppo lungo. Penso sia chiaro che Emily mi ispira terribilmente. Il continuo tenterò di postarlo prima di venerdì.

Altrimenti… mi dispiace ma vi toccherà aspettare settembre.
Sono la prima (e probabilmente anche l’unica) ad essere disperata per questa brutta, bruttissima faccenda.

Mentre scrivevo comunque…mi sono chiesta…chissà come gli altri immaginano i miei personaggi.
E mi sono resa conto che neanche io li figuravo ancora bene.
Così ho provato a dar loro un volto :D e credo di essere abbastanza soddisfatta.
Emily è ASSOLUTAMENTE Sophia Bush. *-*
Luke dovrebbe essere una specie di Kevin Zegers meno bello.
E qui andiamo nel difficile. Selene… io la vedo un po’ come Anne Hathaway…però più somigliante a Keira Knightley…bho.
E voi come avete immaginato le mie creaturine? ( Dio sembro una con problemi se dico ste cose...aspetta...forse lo sono davvero o.o)

Fatemi sapere comunque u.u che sono curiosa…:D
 
Enjoy.
 
Stefy   

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Capitolo 5
*** ...Angelo Azzurro. ***


 Angelo Azzurro



Il Lolà era un normalissimo disco pub di Manatthan.
Di certo si distingueva per come si presentava.
Molto psichedelico grazie alle diverse luci e decorazioni di colori eccentrici e tutti rigorosamente diversi l’uno dall’altro.
Si sapeva distinguere insomma dagli altri locali.
Nonostante l’accozzaglia di colori, il tutto dava un’idea di equilibrio e completezza.
Ogni colore, ogni oggetto, lampada o poltrona che fosse, era pensato e posizionato proprio nel punto esatto dove doveva trovarsi.
 
Selene non poté che pensare a quale eccentrica persona si nascondesse dietro quella strana pazzia.
Tuttavia le piacque molto. L’ambiente anni ’80 e l’atmosfera Hippy che si respirava le dava alla testa. Adorava quel periodo storico e ci si trovava a meraviglia.
Guardò Emily, già ambientata alla perfezione, e rise notando il nastrino blu e nero che le bloccava il capo a cerchio.
< Davvero molto carina. > le disse subito.
< Pensi che non toccherà anche a te? > la guardò l’altra divertita.
< Oh ti prego no…non voglio indossare nulla del genere! > protestò con non troppa convinzione.
< Aspetta di parlare con Dido e poi decidiamo. >
< Dido? >
 
Un omone alto e non troppo robusto si girò di colpo. Il movimento violento gli fece ondeggiare i lunghi capelli sciolti, tenuti a bada solo da – appunto- un cerchietto uguale a quello di Emily.
< Chi mi chiama? >
< Diiiidoooo. > urlò felice la bruna, iniziando a corrergli incontro.
< Oh…ma guarda un po’ chi si vede! La mia figlioccia preferita! >
I due si abbracciarono forte. Scambiandosi domande convenzionali come – Come stai? A casa tutto bene? Era da un po’ che non ci si vedeva. - Ad un tratto si ricordarono anche della presenza di Selene.
< Lei? E’ la tua ragazza? > chiese lui curioso, squadrando la povera imbarazzatissima Selene.
Emily si fermò un secondo a guardarla, facendola preoccupare.
< Non ancora… > sentenziò poi. Ignorando i tentativi di negare della ragazza.
< Lo sai però che per entrare nel mio locale, la coroncina è d’obbligo? > la informò l’uomo divertito dalla situazione.
< Ora sì. > rispose, dando un leggero pizzico alla mora.
< Ahia! Ho capito ho capito! Dido noi andiamo…la piccoletta qui vuole ballare! >
< Piccoletta lo dici a tua sorella cara. > la rimbeccò naturalmente lei.
< Oh. Un tipetto aggressivo vedo > constatò lui ridendo.
< Andate dai…non voglio trattenervi…ma tu… - > si fermò ricordando di non sapere il suo nome e aspettando che glielo dicessero. < Selene > suggerì la bionda.
< Selene…bel nome…greco giusto? > la ragazza annuì.
< Comunque… non scordarti la coroncina! > le ricordò indicandole la testa.
< Guarda Dido, rimediamo subito. > Emily, detto questo, si liberò dei suoi nastrini e li legò al capo di Selene.
< Ecco a voi principessa! > rise.
< Perfetta…perfetta! > constatò l’uomo. < Ma tu Emily come farai ora? >
< Stai tranquillo D. sai benissimo che non ho problemi a procurarmene. >
Il proprietario del locale carpì il tono malizioso, ma fece finta di nulla. Si limitò a ricordare i bei vecchi tempi in cui la sua prediletta le convertiva tutto il locale, una ragazza alla volta, con la scusa della coroncina.
< Già… Vi lascio ragazze. Divertitevi! >
Detto ciò se ne andò canticchiando il nome Selene, soddisfatto.
 
< Un tipetto eccentrico non trovi? >
A Selene sembrò che la ragazza le avesse letto nella mente.
< Proprio simpatico… > rispose pensierosa.
< Allora? Ci buttiamo nella mischia? >
Si guardarono un istante.
< Che domanda stupida…! > Selene le afferrò la mano e la tirò al centro della sala.
 
C’erano molte persone, ma ormai la bionda praticamente vivendo nel Perception era abituata a tutt’altro casino. Non c’erano paragoni.
Addirittura le sembravano pochi, quelli che ballavano.
Ma non lo erano affatto.
 
In un secondo i loro corpi si erano attratti vicendevolmente, annullando ogni distanza.
Ballavano strette, spalmate praticamente l’una sull’altra.
Emily bramava quel contatto da tutta la serata, e quasi non le sembrava vero ora poter toccare quel corpo morbido. Non avrebbe mai sognato di esserle così vicina. Era sicuramente lei a comandare il gioco. Ma a fare la prima mossa, ad avvicinarsi così pericolosamente era stata Selene.
Contro ogni sua aspettativa. Aveva quelle labbra a pochi centimetri dalle sue, e quel continuo sfiorarle, senza mai però toccarle davvero le donava brividi freschi lungo tutto il corpo.
Sensazione mai provata.
Tutte le ragazze che voleva, senza mai pensarci due volte, le aggrediva letteralmente con i suoi baci.
Così che non avessero modo di riprendersi dall’impatto forte e dalle scosse adrenaliniche che sapeva di donare loro, ma l’assecondassero invece nel suo gioco.
Ma con Selene era diverso. La voleva. Però in una maniera più profonda.
Voleva farla sua. Realmente. E non per una semplice avventura di una notte.
La voleva davvero.
 
La voleva davvero?
Stop.
Doveva fermarsi e controllare le sue sensazioni.
Stavano prendendo il sopravvento.
Le emozioni dovevano rimanere a bada.
Niente relazioni.
Assolutamenteniente relazioni!
 
 
Selene era in preda all’estasi. Quella vicinanza le dava alla testa.
Uno strato leggero di foschia avvolgeva i suoi pensieri.
Una confusione controllata e appannata da quei movimenti e dalla musica alta.
Le piaceva una ragazza?
Da quando si era data all’altra sponda?
Ripensò a tutte le volte che da piccola le era saltata in testa questa cosa. Di poter essere…diversa.
Tutte le volte che era arrivata a pensare di essere infatuata di una propria amica, o conoscente.
E anche tutte le volte che si era detta che non poteva essere possibile.
Non poteva accadere, non a lei.
E ora si trovava in preda alle convulsioni del proprio cuore.
Quella dea che le ballava vicino la teneva stretta a sé in quel delirante e febbrile contatto.
Sentiva il suo corpo, troppo, troppo vicino.
Ma non le dispiaceva per nulla. Anzi.
 
Altra confusione.
 
Le stava accadendo davvero dunque?
Perché quella ragazza le doveva sconvolgere la vita. Perché.
Con tutte le persone che poteva trovare. Proprio lei.
Proprio Selene Thikin doveva scegliere.
Non poteva trovarsene una migliore.
Lei che aveva già una vita così incasinata.
E poi proprio adesso che le cose stavano andando meglio…
Economicamente, ma anche con Luke.
 
Ma forse le cose andavano meglio proprio per la presenza di quella strana ragazza nella sua vita.
Era la cosa giusta? O meglio…era la persona giusta…per lei?
 
Un’altra donna?
 
 
Emily tentava di distrarsi. Non voleva guardare quegli occhi nocciola.
Guardava altrove, evitava il suo sguardo in un vano tentativo di sfuggire alla trappola.
Non era più la cacciatrice. Si sentiva la preda.
Catturata da quelle maledette movenze e da quel corpo dannatamente perfetto.
Come poter sfuggire?
Le mancò l’aria. Aveva bisogno di respirare.
 
< Ti va qualcosa da bere? > urlò a Selene, sperando riuscisse a sentirla.
La vide annuire.
 
Si spostarono verso il bancone.
< Zick, per me un angelo azzurro. Per te? > chiese rivolta a Selene.
< Anche per me. >
< Bene allora due. >
Il ragazzo annuì e iniziò a preparare i cocktail.
Quando glieli servì Emily prese il suo e sbalorditivamente lo buttò giù tutto in un sorso.
Selene la guardava con gli occhi sbarrati.
< Ok. Questo è abbastanza strano. >
< Forse è meglio se torniamo a casa… > soffiò la ragazza docilmente.
Sembrava abbattuta.
< Dobbiamo entrambe lavorare domattina ed è già molto tardi… > continuò pensierosa.
Si guardarono ancora.
< Hai ragione. Meglio andare. > rispose Selene, non senza una punta d’amarezza.
 
Non si capiva. Voleva stare con lei…eppure aveva paura.
Ma paura di cosa?
Era così difficile, specialmente pensarci in una discoteca, dopo aver bevuto decisamente troppo tra vino e superalcolici, e a quell’ora della notte.
Meglio dormirci sopra.
Decisamente.
 
 
Pagarono e uscirono dal locale. Si avvicinarono al fedele scooter di Selene.
< Dove abiti? > chiese Emily dopo aver messo in moto.
< Cosa? Aspetta… che significa scusa? >
< Dimmi dove abiti! Semplicemente. > ripeté tranquilla.
< Ma perché scusa…ti accompagno a casa e poi vado via io. >
< Non esiste. >
< Scusa? > era a dir poco senza parole.
Sapeva che la volesse ma non pensava arrivasse ad autoinvitarsi a casa sua.
< Non esiste… non esiste che ti lascio circolare da sola a quest’ora di notte in un posto pericoloso come Manatthan. >
Selene si addolcì nel viso. Ma non poté che ridere.
< Dai non fare la stupida… ti accompagno e poi me ne torno a casa non ci sono problemi. >
Vide l’altra pensarci.
< Tranquilla non mi fermo a parlare con il lupo cattivo. > continuò divertita.
< Diamine ho un’età! Saprò badare a me stessa non credi? >
Emily la guardò ancora una volta. Seria.
< Direi di no . Quindi ti accompagno a casa e me ne torno a piedi. >
< Ma io abito lontano dal Kefi! >
< E quindi? > non capì.
< Hai detto che abitavi dietro l’angolo mentre eravamo lì. >
< Il mondo è dietro l’angolo. Quindi anche casa mia. > spiegò sorridendo.
< Fanculo! Non ti faccio tornare a casa a piedi! >
< Dai al massimo mi presti il motorino… > la buttò lì.
< Ah sì? E come ci vado a lavoro domani? > chiese cantilenando sarcasticamente.
< Ti vengo a prendere e ti ci porto io. Così almeno ho la scusa per vederti ancora… nel caso tu ti fossi accorta dopo questa serata che sono una pazza incosciente e sadica e non volessi più vedermi. Cosa probabile… > rise ancora.
< Saresti disposta a svegliarti molto, molto, ma molto presto? >
< Se sarà necessario…perché no . >
 
Praticamente Selene fu costretta ad accettare. La sua parola non aveva peso contro la volontà ferrea di Emily.
Le disse l’indirizzo e si avviarono lentamente.
Avevano comunque bevuto parecchio e non conveniva andare troppo veloce.
Emily sembrava totalmente concentrata sulla guida.
La bionda un po’ si dispiacque che l’altra non facesse più caso alle sue mani che la stringevano in vita, ma si disse che era giusto così e non ci fece neanche lei più caso.
 
Arrivate a casa Selene salutò amorevolmente il suo scooter.
Quindi si soffermò a guardare la mora.
Era seduta per metà sul sellino del suo bolide, a fissarla di rimando.
< Allora a domani. > esordì dopo qualche istante di silenzio.
< A domani dolcezza… >
La bionda si toccò i capelli assonnata e si voltò di spalle, rimanendo però col volto girato.
 
Emily la guardò allontanarsi, immobile e impassibile, totalmente persa in quella bellezza e in quei pensieri che quasi non le facevano più paura.
Una relazione… sarebbe stata sopportabile.
Prima o poi si sarebbe dovuta impegnare di nuovo.
Nonostante quella vecchia ferita facesse ancora male.
Lei le sembrava quella giusta per ricominciare.
Per provarci di nuovo, a star bene, e non più ad accontentarsi.
Ma correva troppo. Sapeva che Selene aveva bisogno di molto tempo.
Tuttavia sarebbe stata disposta ad aspettare.
Lo sentiva.
 
Selene aveva già richiuso il portoncino del palazzo, dopo l’ennesimo ‘ciao’.
Si poggiò ad esso con la schiena e lentamente scivolo a terra.
Aspettava di udire il rumore del motore nell’accensione.
Ma ancora non lo sentiva.
Che diavolo stava combinando… o aspettando quella lì fuori?
Era in preda al panico. Trasportata da emozioni diverse e contrastanti.
Un impeto inaspettato la fece rialzare.
Aprì la porta di scatto.
Se ci avesse pensato ancora, non l’avrebbe mai più fatto.
Voleva vivere quel momento.
Si avvicinò veloce ad Emily, che intanto si era seduta completamente sul sediolino e aveva poggiato i gomiti sul manubrio per tenersi la testa sui pugni.
La tirò per il cravattino e le posò un leggero bacio sulle labbra.
 
< Se proprio devo baciare una donna, se proprio devo baciare TE, almeno voglio che il bacio sia un po’ più vero... > si giustificò, per poi tornare di nuovo verso il portone.
 
< Ehi… > si sentì chiamare.
Emily sembrava totalmente appagata. Aveva una faccia rilassata, dolce, quasi… apprensiva.
< Non sei fidanzata con Ken. > constatò, come se non lo sapesse già.
 
Selene sorrise, e senza dare una risposta rientrò in casa.
 

Continua…



Angolo autrice.

N
on posso crederci *-* Sono riuscita a pubblicare!
Il capitolo fa cagare…è seriamente impossibile pensare in discoteca xD
Inverosimile. Però in qualche modo dovevo dare l’idea.
Anche il bacio è scontato. Ma serve per la trama.
Insomma non sono per nulla soddisfatta…però almeno sono riuscita a scrivere il quinto prima di partire.
*Ringrazia ogni Santo*

Mi dispiace dirlo… ma tornerò a scocciarvi solo a settembre. =(
Divertitevi senza di me! Buone vacanze a tutti!

Grazie ^^
 

Stefy

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Capitolo 6
*** Doccia Fredda. ***


Doccia Fredda
 

Jeff Staley era un normalissimo uomo di mezza età.
La prosperità economica donatagli dal locale di sua proprietà, il “Location”, ristorantino che diversi anni prima gli era stato ceduto dal padre di sua moglie, gli aveva permesso di avere un ottimo stile di vita.
Con sua moglie, Barbra, aveva avuto due splendidi gemelli, Jeff Junior e Stacy, che frequentavano da sempre le migliori scuole di NYC.
Tutto, tutto era dovuto a quella perla della 50esima strada.
“Location”. Non gli era mai piaciuto il nome.
Ma la procedura per cambiarlo era troppo costosa e l’uomo non si poteva affatto considerare uno spendaccione, anzi.
Se si poteva risparmiare, era sempre il primo a farlo.
La casa grande, i mobili antichi, la villa al mare e l’istruzione dei figli erano sempre stati un’imposizione della moglie.
Quando quella donna apriva bocca dettava legge, e lui non poteva disubbidirle.
Poche volte aveva osato farlo, e la furia l’aveva travolto tra urla, pianti disperati e minacce intollerabili.
Un mostro. Questo era ai suoi occhi.
Una lucertolona succhia soldi, buona solo a preparargli da mangiare.
Se solo avesse potuto lasciarla, l’avrebbe fatto già da tempo.
Ma il locale le apparteneva, e Jeff non poteva permettersi di perderlo.
 
Quel giorno faceva molto caldo per essere una semplice giornata di primavera.
Jeff indossava una camicia bianca a mezze maniche, sbottonata sul petto fino a farne spuntare al di sotto l’inizio della canottiera.
Continuava a tormentarsi il baffo grigio con la punta delle dita, mentre con l’altra mano si faceva aria con una stupida bolletta da pagare.
Era abbastanza presto, ma il locale era già sovraffollato.
Molte persone usavano farci colazione.
Le crostate preparate dalla sua cuoca migliore erano conosciute in tutta Manahttan per la loro bontà.
Lui usava chiamarle “bambine”.
Sapeva che gran parte del suo successo dipendeva da quelle.
La prima sfornata stava per finire e un’altra serie di tortini era già a buona cottura.
Le cuoche lavoravano senza sosta. Il personale era al completo.
L’unica che ancora, al solito, non si vedeva era la cameriera, Selene.
Spesso Jeff si chiedeva perché l’avesse assunta.
Di certo era una brava ragazza, diligente e competente.
Ma i suoi continui e constanti ritardi lo irritavano da morire.
Poi di solito la vedeva arrivare, col suo buon umore e il suo sorriso smagliante e si diceva che un bel paio di gambe come quelle erano impagabili.
 
Mise le mani nel taschino della camicia e ne estrasse un orologio da polso.
Lo teneva sempre lì. < Questo è il mio personale metodo antitaccheggio. > diceva a chi gli chiedeva il perché di quello strano collocamento.
In realtà c’era ben poco da taccheggiare per un orologio comprato a pochi dollari in Chine Town.
Vide l’ora e constatò i venticinque minuti di ritardo di quella mattina.
Guardò le vetrate e finalmente scorse la figura dello scooter della sua dipendente.
< Si è portata l’amichetto. > disse fra se e sé, non senza un pizzico di gelosia.
Continuò a guardare la scena fuori.
Il motorino si era avvicinato e fermato nei pressi dell’entrata.
Selene aveva sfilato il casco e nel mentre continuava a ridere e parlottare con il suo accompagnatore.
Le piacciono i tipetti pelle e ossa.
Quando anche l’altro tolse il casco, ne uscirono una valanga di boccoli neri intrecciati tra loro.
La bocca del titolare iniziò ad aprirsi.
Come aveva fatto a scambiare un simile bocconcino per un uomo?
Si concentrò per comprendere il labiale delle due ragazze.
-Sono in ritardo. – qualcosa di indecifrabile – ti chiamo dopo.-
 Riuscì a capire da Selene.
L’altra misteriosa ragazza intanto aveva posato il casco nel cruscotto e vi si era poggiata, restituendo le chiavi alla proprietaria del veicolo.
 
Fu un attimo.
Un solo attimo che però disarmò totalmente il pover uomo.
Selene si era pericolosamente avvicinata alle labbra dell’altra ragazza.
A pochissimi centimetri da esse si era allontanata, riaprendo gli occhi, poi di nuovo velocemente riavvicinata e ancora una volta allontanata scuotendo la testa.
Jeff era a bocca asciutta. Con la mascella a penzoloni.
Si erano quasi baciate.
Due volte.
 
***
 
< Il ‘Location’? Davvero lavori al Location? > chiese curiosa Emily, togliendosi il casco.
< Proprio così. > sorrise l’altra.
< Wow… non è che mi offri qualche vostra deliziosa crostata una di queste mattine? > suggerì.
< Ma smettila scema. Già è tanto che quel tirchio mi paghi, figuriamoci a offrire le cose ai clienti! >
< Anche se i clienti sono speciali come me? >
Selene guardò male, ma sorridendo sotto sotto, l’altra.
< Devo andare > disse poi. < Sono in ritardo, e quel tirchio pedofilo del mio capo ci sta guardando male. Ti chiamo dopo. >
< D’accordo. > assentì mentre posava il casco e si sedeva nuovamente sul sellino.
 
Non si aspettava nulla, sapeva bene che la loro non era una relazione.
Non si poteva definire neanche una ‘storia’.
Non ancora.
E sapeva, o almeno immaginava, anche quanto Selene fosse terrorizzata solo all’idea di quel rapporto.
Tese la mano con le chiavi all’altra ragazza con tutta la pacatezza del mondo.
Le loro mani si sfiorarono appena. Sentì la bionda tremare al suo tocco.
 
Selene non poteva staccare gli occhi da quelle labbra, le stesse labbra che la sera prima l’avevano catturata in quella trappola.
Sentiva di volerle ancora. Il desiderio anche solo di sfiorarle la invadeva totalmente.
Ma c’era anche la paura in lei a compromettere tutto.
Una paura cupa e ispida che come rovi di rose le graffiava la gola.
Intensa quasi come fosse dolore.
L’amaro suscitato dalla consapevolezza di essere bugiarda con se stessa saliva come se avesse ingoiato veleno.
Si odiava per la sua codardia.
Non le permetteva di fare ciò che in quel preciso istante voleva più di ogni altra cosa.
Per un impeto di rabbia, forse nei propri confronti, forse nei confronti di quella maledetta bruna che aveva davanti, scattò.
 
Emily la vide avvicinarsi improvvisamente.
Ne rimase stupita, ma di sicuro non si sarebbe mai sognata di fermarla. Per nessuna ragione.
Si ritrovò però velocemente a pensare che sarebbe stato uno sbaglio, avrebbe fatto confondere ancor di più quell’adorabile biondina, ma non aveva abbastanza forza per fermarla.
Chiuse gli occhi in attesa, arresa alle sue sensazioni.
 
Selene riaprì gli occhi. Un tuffo al cuore le era preso solo a sentire più vicino il calore di quelle labbra.
Cosa diavolo stava facendo? Stava per baciare una donna? In pubblico?
No, non poteva. Non doveva.
Non era una cosa normale.
Doveva dimenticarsi di quella brutta faccenda.
Guardò l’altra cercarla ad occhi chiusi e di nuovo non poté resisterle.
 
La bruna sentì l’altra allontanarsi con un po’ di delusione.
Tenne ancora gli occhi chiusi, come a far finta di non essersene accorta, nella speranza che ci riprovasse.
E fu così. Quelle labbra si avvicinarono ancora.
Questa volta a pochi millimetri dalle sue. Arrivarono a così poca distanza dal paradiso.
Poi si fermarono lì, e soffiarono sulle sue qualcosa.
Qualcosa che la mente di Emily non riuscì a captare, presa com’era dal momento.
 
< Devo andare. >
< Cos… cosa? >
< Devo andare… > ripeté Selene con voce tremante.
Senza avere il coraggio di guardare l’altra negli occhi, si allontanò.
Tremendamente delusa da se stessa.
Tremendamente spaventata da quello che era quasi successo.
E dannatamente consapevole di essere innamorata di quella donna.
 
***
 
< Signor Staley? >
Erano passate le due del pomeriggio e l’omone se ne stava comodamente sdraiato sulla sua poltrona ad accarezzarsi la pancia. Dopo pranzo gli veniva sempre una certa sonnolenza e non perdeva mai occasione per mettersi lì a sonnecchiare nella più totale pace e appagatezza di spirito.
Quella domanda, quel viso e quella voce erano gli intrusi entrati a disturbare nel suo paradiso, sicuramente portatori di sciagure.
< Mmm… > mugugnò poco convinto.
< Signor Staley, avrei bisogno di chiederle un favore. >
La bionda si fece spazio in quello stanzino buio del retro bottega che il suo capo si ostinava a chiamare ‘studio’.
< Cosa c’è, Thikin? > chiese scocciato.
Aveva osservato i mutamenti d’umore e le espressioni, oltre che il culo e le gambe, di quella ragazzina per tutto il giorno. L’aveva vista cambiare comportamento continuamente.
Trasformarsi da premurosa cameriera a strega di Biancaneve, poi di nuovo in fatina dei denti e ancora una volta cambiare in Miss Godzilla.
Era addirittura arrivato a pensare che fosse in fase premestruale. Anzi probabilmente ci avrebbe scommesso su.
Fatto sta che il troppo osservarla gli aveva dato la nausea.
Era pur sempre una donna, e in quanto tale poteva considerarsi un essere immondo e stravagante, utile solo a fornirgli piacere.
Non vedeva l’ora di togliersela dai piedi.
< Mi servirebbero due giorni di ferie. > buttò fuori.
< COSA? E perché sentiamo? > chiese tra lo sbigottimento e l’irritazione.
< Sono stata presa per uno spot televisivo, non che mi interessi più di tanto, ma mi serve per pagarmi l’affitto, non posso rinunciarvi. La prego, ne ho bisogno… sono solo due giorni… > La ragazza parlava a raffica temendo una risposta negativa.
< Non ti bastano i soldi che ti do io? >
Selene avrebbe voluto rispondergli. Per tutti gli straordinari che lei faceva , riceveva una vera miseria.
Non proferì parola. Rimase in silenzio, in attesa.
< E sia. >concesse infine l’uomo guardandola.
Aveva bisogno di togliersela un po’ davanti ai piedi, e in più quel quasi bacio che aveva dato all’altra bella ragazza gli aveva scombussolato tutti i piani di conquista nei suoi confronti.
< Grazie, grazie, grazie! > sorrise felice la bionda.
Avrebbe finalmente avuto una meritata pausa.
Non le rimaneva che avvertire Luke e fare le valigie.
Fu tremendamente sollevata all’idea.
Un po’ di sano relax le avrebbe sicuramente schiarito le idee.
C’era solo un piccolo, insignificante problema: sarebbe stata tutto il tempo con quella dannata ragazza.
 
Emily.
 
 
Continua…


 


Angolo Autrice.

Buonsalve a tutti bella gente :D Finalmente sono tornata! Il capitolo non è lunghissimo, è di trasizione prima di quello lungo nell'Hotel. 
Il capitolo successivo è inoltre già pronto U.U Aspetta solo di essere ricopiato!
Spero che interessi a qualcuno. 
Fatemi sapere! Per ogni recensione, tanto tanto Ammmore.

Buon rientro a tutti!

Love. 
Stefy




 

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Capitolo 7
*** Ciak ***


Ciak


Aprì gli occhi e una sgradevole sensazione la invase totalmente.
Portò una mano tra i capelli biondi e li tastò lentamente. Erano bagnati?
Iniziò a riprendere coscienza del suo corpo ancora intorpidito e si rese conto che i capelli non erano l’unica cosa ad essere bagnata.
La canotta con cui usava dormire era fradicia. Si poteva strizzare a mano, grondava di sudore.
Si guardò intorno disorientata e capì di essersi addormentata sul divano.
Non era stato un bel risveglio per Selene.
Era angosciata e tremendamente… stanca?
Dopo che la sera prima aveva trovato il piccolo assegno da parte dei suoi genitori, il morale le era caduto a picco. Non voleva deluderli.
Era la loro unica figlia. Per questo era sempre stata diligente in tutto quello che faceva, per renderli felici, fieri.
Loro l’amavano talmente tanto che l’avevano lasciata andare a New York da sola, nonostante tutto.
Lei li aveva ripagati solo in abbracci e sorrisi. Tutti i loro sforzi e le loro preoccupazioni, per che cosa? Un suo capriccio? Non era giusto.
Ormai però quella era la sua vita, con i suoi ritmi e le sue frenesie.
Si chiese come avrebbe fatto senza il Perception, senza gli occhi mare di Luke, senza… Emily?
Perché quella dannata ragazza era sempre nei suoi pensieri?!
Più lei la respingeva, più quella si imponeva con forza nella sua mente.
Doveva dimenticarla.
Cosa avrebbero detto i suoi genitori? Probabilmente nulla… l’amavano troppo.
E se invece non l’avessero accettata?
Ricordò la loro faccia sconvolta quando vennero a sapere che Richy, il chierichetto bravo e simpatico che da sempre era cresciuto a casa sua insieme a lei, era gay.
C’era voluto un po’ prima che suo padre tornasse a guardarlo negli occhi e sua madre ad invitarlo a rimanere per la cena.
Vecchie maledette mentalità di paese.
 
La biondina, accasciata ancora sul divano, era presa da un’agitazione immane.
Lei non era gay.
Non lo era mai stata, e tanto meno sarebbe cambiata ora.
Per… quella! Non esisteva.
Non avrebbe più avuto il coraggio di guardare i propri genitori.
 
Cercando invano una via di fuga dai suoi pensieri, preparò velocemente la valigia e uscì in direzione dello studio pubblicitario.
 
Quella ragazza. Quelle labbra.
Sarebbero state per l’ultima volta sue.
Doveva cancellarla, cancellare tutto.
Doveva farlo. Aveva deciso.
 
***
 
 < Buongiorno, raggio di sole. Nottatina movimentata? Hai una faccia da far spavento! > Richy si abbassò a darle un piccolo bacio sulla guancia.
< Ciao Richy, puoi gentilmente ricordarmi perché ti ho permesso di accompagnarmi allo studio? > disse piano, sbadigliando, Selene.
< Non me lo hai permesso, tesoro. L’ho deciso io. Così quelli magari fanno un provino anche a me! >
< Che brutta checca che sei… > continuò assonnata.
< Ha parlato! Lo so che tra te e la misteriosa ragazza è successo qualcosa! Non puoi negarlo diavolo! Quando la nomino sgrani sempre gli occhi, esatto proprio così… > indicò col dito il volto della ragazza. < Aspetta! Lo stai facendo ancora! Avanti sputa il rospo! >
Erano seduti allo stesso bar dove qualche tempo prima era stata con Luke. Facevano una breve colazione prima di andare all’appuntamento.
< Non è successo niente ti dico… >
< Okay, okay, ho capito. Non me lo vuoi dire. Fa nulla, lo capisco. È la tua vita… > finse disinteressamento, poi guardò perplesso l’amica sbadigliare ancora una volta.
Si impensierì appena, portandosi il cappuccino caldo alle labbra.
Qualcosa mi nasconde… e io in un modo o nell’altro dovrò capire cos’è.
Tornò in sé.
< Ma quindi quel bel bambolotto del tuo capo, lavora qui? Non mi dispiacerebbe vederlo. >>
< Che palle, anche tu! Non è un bambolotto! Né tanto meno Ken, che oltre ad essere il fidanzato frocio di Barbie (se ancora non lo sapessi sta con lei solo per farsi mantenere, comprare i vestiti firmati e le scarpe italiane!) è anche un montato cronico! > sbottò dal nulla, irritata.
Il ragazzo rimase sbigottito a quella reazione.
< Calmati tigre! >
< Non chiamarmi tigre! >
< Okay, calma! Chi diavolo è che ti chiama tigre e chiama lui Ken?!? Aspetta, aspetta… è quella ragazza vero? Cavolo lo sapevo! Ti piace! Ti piace, ti piace, ti piace! >
 
< Chi le piace? > li interruppe una voce a Selene fin troppo familiare.
< Non sono di certo affari tuoi! Comunque la domanda esatta non è ‘Chi’... bensì ‘Che cosa’. >
< Oh… allora che cosa ti piace, tesoro? >
< Mi piace… mi piace questo cornetto! Sì, è davvero squisito hai ragione. > Riuscì a giustificarsi Selene, un po’ imbarazzata.
< E’ vero. Vengo quasi sempre qui a fare colazione per questo. > sorrise leggera. < Oppure vado al Location, ma lì non vado per le crostate... > si fece sfuggire in tono malizioso.
Si creò un piccolo imbarazzante silenzio, interrotto dal volontario schiarirsi la voce di Richy.
< Ehm, scusate > si fece avanti dunque la bionda.
< Richy, lei è Emily, Emily lui è… - >
< Richy! Il famoso Richy che ti ha scelto il vestitino nero! Complimenti ragazzo, hai davvero gusto in fatto di vestiti! >
Richy sorrise spavaldo, poi si abbassò verso Selene portandosi fintamente una mano davanti alla bocca, come se non volesse farsi sentire.
< Questa ragazza mi piace! > sentenziò.
Scoppiarono tutti e tre in una risata non troppo rumorosa.
< Ehi tigre, sei pronta alla sfida? Non hai una bella cera! >
Il ragazzo, alla parola ‘tigre’, scoppiò in una risata, lasciando Emily stranita e Selene imbarazzata. Entrambe lo guardarono.
< Oh, non fateci caso. Attacchi da checca isterica. > si giustificò.
Le ragazze tornarono a guardarsi l’un l’altra.
< Comunque… > riprese subito la bionda. < Ti ringrazio pei il complimento, è tutto quello che una ragazza vuole sentirsi dire al Buongiorno, grazie, davvero. >
< Scusa se mi preoccupo per la tua salute! >
< Quindi stai ammettendo che ti preoccupi per me? > riprese furba.
< Ovviamente no, solo che… sai… dato che devo baciarti… non vorrei che tu mi mischiassi un raffreddore! >
< Già, io invece ho paura che tu mi mischi la tua stupidità. > ribatté cinica.

Richy le guardava estremamente divertito.
Trovava i loro piccoli battibecchi esilaranti, oltre che teneri.
Dopo un po’ però decise di intervenire.
< Ehi gattine, a cuccia! Vi ricordo che entrambe avete un appuntamento… tra diciamo – guardò l’orologio – cinque minuti. Quindi… io vi accompagnerò all’ascensore per fare in modo che non vi scanniate almeno fin lì. Poi da quel momento in poi, Dio solo sa che vi combinerete… >
Fece una breve pausa ad effetto. < … Ma io avrò la coscienza pulita! >
Le due non poterono che acconsentire alla proposta.

Arrivate, salutarono il ragazzetto che sorridente uscì dall’edificio. Si scambiarono uno sguardo di sfida ed entrarono nell’ascensore.
Il viaggio non fu troppo lungo, ma a Selene sembrò infinito.
Le farfalle le svolazzavano incessantemente nello stomaco a stare chiusa in un luogo così piccolo con Emily.
Emily che al contrario sembrava tranquillissima.
Troppo tranquilla.
A due piani dall’arrivo questa si voltò velocemente verso la bionda e le piazzò un fugace bacio che disarmò l'altra totalmente.
Alla campanella del loro piano le porte si aprirono. Uscendo di spalle e guardando l’altra negli occhi mormorò sicura:
< Adesso mi sono presa la mia rivincita. >
E scomparve nel corridoio.
 
***
 
< Allora signorine, ci siamo! Finalmente riusciremo a toglierci questo enorme peso dallo stomaco! > Il produttore fece trapelare non poca soddisfazione in quelle parole.
< Quelle di oggi sono solamente prove generali e prime riprese – continuò – il vero lavoro sarà svolto l’indomani. Per quanto riguarda questa notte, Emily, tu alloggerai nella suite 972, lei signorina Thikin, nella 974. >
Le ragazze si scambiarono un veloce sguardo.
< Detto questo, le prove di oggi inizieranno tra dieci minuti. Le truccatrici vi stanno già aspettando nella saletta infondo al corridoio, passate da loro e velocemente poi riportatevi nello studio con la scenografia. Tutto quello che dovrete fare sarà baciarvi con amore, baciarvi… approfonditamente. E tra un bacio e l’altro scambiarvi qualche parola sottovoce. Al resto penseremo noi. >
Si fermò un secondo a guardare l’ora.
< Perfetto. Ora andate, andate! >
L’uomo si girò di spalle e si allontanò rapido.
 
< Tu l’hai capito dove sono le truccatrici? > chiese Emily perplessa.
< Ehm, cerchiamole? >
< Dai sbrighiamoci! >
< Non vedi l’ora di baciarmi eh? > fece Selene maliziosa.
< Ti sbagli. Quello potrei farlo in qualunque momento… >
Si prese un’occhiataccia dalla biondina, poi insieme iniziarono a guardarsi intorno.
Emily scorse qualcosa dentro uno stanzino e subito ne approfittò.
< Credo sia lì. > suggerì, afferrando poi la mano di Selene, tirandola con sé.
< Trovate! >
 
***
 
< Okay signori, al ciak prova chiamerò in sequenza le varie parti. Cominciano le ragazze. Buon lavoro! >
 
CIAK 1
 
< Ragazze, cominciate a baciarvi. Mi raccomando deve sembrare vero! Ricordatevi di parlottare di tanto in tanto. >
 
Le due si avvicinarono lentamente.
I battiti di Selene aumentavano sempre più.
Si fermarono a guardarsi un solo interminabile istante.
Poi le loro bocche si unirono a creare un legame talvolta magico, che ad entrambe apparve quasi come la perfezione.
 
Non fecero caso allo sketch che si svolgeva intorno. Né tanto meno alla voce del principale che richiamava attori e tecnici uno per volta.
 
< Quello che sento è sapore di ciliegia? >
Le parole di Emily riportarono entrambe alla realtà.
< Mmmh, mmmh > mugugnò Selene, posandole un altro lieve bacio.
< Vuoi per caso compiacermi, sconosciuta? >
< Pensi davvero che abbia cambiato gusto del burro cacao solo per te? > Sorrise serena.
< Proprio così. > Sottolineo maligna l’altra.
Si avvicinarono ancora.
< E se ti dicessi che è il gusto preferito anche di Luke? > chiese maliziosa la biondina.
< E’ impossibile. >
Ancora un bacio.
< E perché mai? >
< Perché io e quel bambolotto non avremmo mai niente in comune. >
A parte il mio amore… pensò Selene.
 
STOP!
 
< Ragazze, perfetto! Ottimo lavoro! Voialtri… una schifezza! Rifacciamola! >
 
CIAK 2
 
< Sai mi sa tanto che di greco non hai solo il nome, Selene. >
La biondina ci penso su. Restituì all’altra il bacio che poco prima le aveva dato.
< Alludi a qualcosa in particolare? >
Chiese poi curiosa.
< Ovviamente. > Pronunciò piano Emily, sorridendo sulle labbra dell’altra.
< Per esempio a cosa? >
< Alla mia poetessa preferita, ovviamente. >
Rispose scandendo particolarmente l’ultima parola.
< Saffo? Wow, sei molto originale devo dire. >
< Quella donna sapeva cosa fosse realmente l’essenza dell’amore. > le brillarono gli occhi.
< Non ti nascondo – continuò – che ho sempre desiderato di poter tornare indietro ed essere una delle sue amanti… > sorrise sognante. Selene fece lo stesso.
< Bene. Ma cosa c’entra Saffo con me? >
Si avvicinarono ancora.
< Per come baci, potresti discendere dalla sua stirpe… >
Chiuse il bacio, poi sussurrò sulle labbra della bionda:
< Come me… >
 
STOP!
 
< Andava meglio. Jackie, impara meglio le battute, diavolo ti paghiamo solo per quello! >
Guardò male l’attore, poi si rivolse alle ragazze.
< Voi due… va molto bene… per le prove. Ne faremo un altro paio oggi e va bene così. Ma domani il bacio dovrà essere più… approfondito… bagnato… >
Un leggero rossore gli avvolse il viso.
< Ci dobbiamo baciare con la lingua, abbiamo capito. > disse schietta Emily, sotto gli occhi colpiti del produttore. Selene arrossì a sua volta. Adorava quei suoi modi di fare.
 
Durante la mattinata fecero un altro paio di prove, per testare meglio le luci migliori e adattarle alle scenografie. Ormai era  passata da un pezzo l’ora di pranzo e tutti non vedevano l’ora di andar via.
 
< Coraggio signori, grinta! È l’ultima prova! > urlò il regista. Quindi si accomodò sulla sua bella sedia e addentò il suo panino, sotto lo sguardo schifato di tutti i presenti.
 
CIAK! ULTIMA.
 
< Ancora non ti sei stancata di baciarmi? > chiese maliziosa Selene, vedendo la rapidità con cui le si era avvicinata l’altra.
< Non mi stanco mai di baciare una donna. Tu sei semplicemente la fortunata di turno… > ammiccò.
< Ma sentitela! > la schernì la biondina.
< Ti va di vederci stasera? > esordì dal nulla Emily. < Ci vediamo un film, beviamo una birra, e magari se ti va proviamo ancora… > rise divertita.
< Basta prove! > sbuffò. < Ma per la birra e il film ci sto! Vieni verso le nove in camera mia >
< Perfetto. >
Un ultimo bacio.
 
STOP!
 
Le ragazze si salutarono con un semplice cenno. Il resto lo fecero i loro occhi, intenti a cercarsi continuamente. Senza sosta quel contatto invisibile le legava per i corridoi e gli uffici dello studio.
Fin quando…
 
Driiin!
 
< Pronto? >
< Selene? Sono Luke! Volevo sapere dov’eri e soprattutto se hai da fare questo pomeriggio! >
 
 
 
Continua…
 

Angolo Autrice

Buonsalve bella gente! Spero che questa prima parte di capitolo vi sia piaciuta.

Ho deciso all'ultimo secondo di tagliare il tutto in due parti perché insieme mi sembrava troppo lungo.
Quindi vi toccherà aspettare un altro pochino pochino per sapere come andrà a finire questa famigerata notte in Hotel. 

Vi dico anche che finalmente ho trovato la perfetta Selene *-* Piper Perabo!
Magnifica *-*

Un'ultima cosa dato che chiacchiero troppo (sarà che mi sento sola staseta T.T bha..) Penso vi siate accorti che la 'Doccia Fredda' non è un coaktail nè tantomeno esiste il 'Ciak' a fragola xD
Il titolo della storia era (ed è tuttora) una bozza.
E' capitato che il primo titolo fosse un drink e quindi la cosa mi ha esaltata xD
Ma dopo un po' mi sono scocciata quindi... penso che i titoli ritorneranno normali!

Concludo con un grazie speciale a tutti quelli che seguono, commentano e mettono tra le preferite questa storia!
Vi amo dal profondo!

Love to Everyone!
Stefy
 


 

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Capitolo 8
*** Hello. ***


Hello


Perché diavolo ci sto andando?
Perché sono una cretina è ovvio.
Non sono già abbastanza confusa?
NO! Devo continuare a peggiorare la situazione!
 
Selene era sulla 5th Avenue in sella al suo inseparabile scooter a maledirsi per aver accettato l’appuntamento con Luke.
 
Central park…vorrà fare il romantico?
Lo trovo abbastanza banale.
Da quando sono qui la maggior parte dei ragazzi con cui sono uscita mi ha portata lì.
All’inizio è anche bello ma dopo un po’ diventa scontato.
Sarà che l’importante è la persona con cui stai e non il luogo…però…
 
Svoltò nella 66th Street Transverse Road e proseguì verso l’entrata del parco.
Parcheggiò velocemente il mezzo ed entrò.
Era in anticipo di una decina di minuti. Voleva darsi ancora un po’ di tempo per decidere se rimanere o tornare in albergo. Si sedette su una panchina ed estrasse il libro dalla borsa nervosamente. Forse era meglio non pensarci.
Si guardò un secondo intorno e scorse una figura familiare di spalle, era girata verso il parco giochi.
Luke? A quanto pare non era l’unica ad essere arrivata in anticipo.
Ma perché guardava in direzione del parco giochi?
 
D’un tratto una bambina biondissima iniziò a correre nella sua direzione.
No. Non può essere…
La piccola raggiunse il ragazzo e gli saltò in braccio felice.
Lui le fece fare una piccola giravolta e nel farlo scorse Selene che lo scrutava da lontano.
Con un rapido movimento si portò la bambina sulle spalle, porgendole il suo coniglietto di peluche, e si avvicinò alla ragazza.
< Ehi! Sei in anticipo! > le disse appena fu più vicino.
< Anche tu vedo. > sorrise lei.
< Ciao. > la bambina la salutò dall’alto delle spalle di Luke incuriosita.
< Ciao. > rispose serena, ma solo in apparenza, Selene.
< Oh, ma che sgarbato che sono… > si risvegliò Luke, facendo scendere la bambina e abbassandosi poi alla sua altezza. < Piccola, lei è Selene, una mia collega… Selene lei è la mia birbante nipotina, Quinn. >
< E lui è Poppy > intervenne la bambina indicando il proprio pupazzo.
< Giusto, lui è Poppy. > sorrise il ragazzo.
< Oh, ma che bel nome Quinn! Sentiamo quanti anni hai piccina? >
< Io non sono piccola! Ho cinque anni. > Disse mentre con la mano ne segnava tre.
< Scusami, non pensavo fossi così grande! Te li porti davvero bene! > rise Selene, accompagnata anche da Luke.
< Non farti ingannare da questo diavoletto! È tutta colpa sua se siamo qui a Central Park! Voleva venire a giocare con le paperotte… ho provato a dirle di no… ma come potevo resistere a questi due occhietti brillanti! > Il ragazzo ne pareva innamorato.
< Dittatrice! > Si rivolse alla piccola, imitandone la linguaccia.
La bambina dagli immensi occhi verdi si sistemò con le manine il vestitino azzurro che indossava, poi arricciando il naso si sporse verso Selene.
< Sei la fidanzata di zio Luke? >
Le guance di Selene si infuocarono a quella ingenua domanda.
< No, piccola. Non lo è… ancora. > rispose al suo posto il ragazzo, notato il suo imbarazzo.
 
Dove l’ho già sentita questa?Pensò sarcasticamente la ragazza.
Cavolo, basta! Devo smetterla di avere sempre quella nella testa!
 
< Allora, mie dolci donzelle, a chi è che va un buonissimo gelato? > chiese giocoso Luke.
La bambina iniziò a saltellare con la mano alzata.
< A me! A me! Però lo voglio a tre palline! > ordinò.
< Tre? Ne sei sicura? > La piccola annuì sicura. < E ne vuole uno anche Poppy! > aggiunse poi.
< D’accordo… ma solo perché oggi è un giorno speciale… E a lei signorina? Resisterà a ben tre palline di gelato? > ripropose la domanda alla più grande.
< Scherzi? Ho un record come ‘velocista in mangiata di gelati ’. >
< Scommetto che non mi batteresti mai. >
< La devo prendere come una sfida? > Socchiuse gli occhi, divertita.
< Ovviamente. > Il ragazzo la imitò.
< Ci sto allora! Andiamo! >
< Siiiiii! > trillò la piccola felice, facendo scoppiare entrambi a ridere.
Luke la afferrò e dopo averle fatto fare un piccolo salto se la riportò sulle spalle.
< Si parte allora! Destinazione… > si guardò intorno. < Quel tizio in bianco che (molto probabilmente) vende gelati! > sentenziò.
Selene scoppiò per l’ennesima volta a ridere.
 
 
Poco tempo dopo si erano trovati, come previsto, davanti lo stagno delle paperelle.
Selene aveva trionfato nella sfida dei gelati. La competizione era stata ardua, ma lei fin da piccola aveva sempre ingoiato il gelato come fosse acqua. Luke invece stava per collassare con il cervello congelato, tra le risate generali.
Quinn si era completamente sporcata il visetto. Il naso era ricoperto di crema, e le guanciotte paffute di cioccolato. Impiegarono cinque minuti per ripulirla bene, anche perché la bambina trepidava dalla voglia di giocare e continuava a scappare divertita, mentre gli altri due la rincorrevano invano.
Una volta riusciti nell’impresa i due ragazzi la lasciarono andare in riva allo stagno. Quindi si sedettero su una panchina a riposare, mentre guardavano quella piccola peste da lontano.
 
< E’ davvero sveglia. > esordì Selene, leggermente imbarazzata dal silenzio che si era creato.
< Già… > asserì lui, sognante. < Adoro quel piccolo diavoletto come poche altre cose. Se te lo stai chiedendo… è la figlia di mia sorella Marise. Mi ha chiamato un’oretta fa… aveva un importante impegno di lavoro, mi ha chiesto di tenerla nel pomeriggio e io… - >
< Tranquillo. È una bimba bellissima, è un piacere essere qui con voi. >
< Ne ero sicuro. Solo che non era proprio così che mi ero immaginato questo appuntamento. >
La biondina arrossì vistosamente.
< Sono sicura… che così sia ancora meglio… >
Il ragazzo dapprima sorrise, poi si girò fintamente infastidito.
< Stai dubitando delle mie doti di accompagnatore? >
Selene rise. < Non lo farei mai. >
Si guardarono per un instante, entrambi si incantarono occhi negli occhi.
 
< Hey, ma stamattina avevi le prove dello spot giusto? Allora… com’è andata? >
< Benissimo… > la ragazza si perse un po’ in quella parola. L’altro se ne accorse, ma fece finta di nulla. < Dai fammi un po’ di spoiler! Che succede nella scenetta? >
< Oh… > ci pensò su, ma davvero non le veniva in mente. < Non lo saprai fin quando non sarò famosa! > sparò la prima cosa le venisse in mente.
< Ma dai! Poi diventi famosa, ti monti la testa, lasci il lavoro e cosa rimarrà a me? Non ho nemmeno un tuo autografo! >
< Spiacente, se avessi carta e penna te lo farei forse… ma non ce l’ho… quindi… >
< Allora dovrai baciarmi! > affermò divertito.
Selene arrossì ancora.
< Baciarti! Io… a te? Al primo, e forse anche ultimo, appuntamento? >
< Ma se prima hai detto che ti sta piacendo. >
< Era solo per farti piacere… >
< Questo vuol dire che un po’ ci tieni a me… >
< Certo… Continua a sognare! >
< Un bacio me lo devi comunque… ti ho offerto un super gelato a tre palline! >
< Un mio bacio vale almeno dieci di quei cosetti! >
< Ma senti che montata che è diventata! >
 
Impegnati com’erano a battibeccare si accorsero troppo tardi della bambina che si sporgeva troppo sul laghetto per afferrare una papera.
Un rumoroso splash fece sobbalzare entrambi.
A tempo record raggiunsero il bordo dello stagno. Preoccupatissimo Luke si infilò con tutti i pantaloni nell’acqua e recuperò la bambina.
< Selene, Selene, guarda ho fatto un tuffo! > disse scherzando la piccola.
Il ragazzo, cupo in viso, si abbassò sul ginocchio e la guardò negli occhi serio.
< Quinnie non farlo mai più hai capito! Non devi mai sporgerti! Te lo dico sempre dannazione! > guardò quei due occhietti gonfiarsi di lacrime e si addolcì. < Mi hai fatto preoccupare tantissimo! Adesso vieni qui e abbracciami che per colpa tua mi sono rovinato i pantaloni nuovi! > disse facendole poi una linguaccia.
La bambina lo abbracciò forte. < Scusa zio Luke, non lo faccio più, promesso. >
< Scuse accettate piccola, ma adesso recuperiamo Poppy e andiamo di corsa a casa a cambiarci. >
 
***
 
Luke aveva un piccolo appartamento che affacciava sulla strada. Il fatto che non fosse molto grande stupì Selene. Allora era vero che si doveva mantenere da solo, pensò.
Entrati, la prima cosa che notò la ragazza fu la totale mancanza di colore. Era quasi tutto bianco e nero, il massimo di colore era il grigio dell’acciaio. Totalmente freddo come posto in cui vivere.
Si chiese chi mai avesse arredato il Perception allora.
Tutto era squadrato, ogni cosa era al suo posto. Un fastidioso senso dell’ordine la invase.
Che sensazione orribile. Era l’esatto opposto del suo appartamento.
 
< Fortunatamente ho sempre qualche vestitino di riserva nell’armadio, nel caso la bimba voglia rimanere a dormire qui con me. Lo vado a prendere. Fai come fossi a casa tua. >
Selene portò la bambina in bagno e iniziò a svestirla. Tremava dal freddo.
Decise di non badare a scuse, aprì senza chiedere il permesso il rubinetto della vasca da bagno e quando l’acqua fu abbastanza alta e calda ci infilò dentro la bambina.
Luke tornò con in mano un graziosissimo pigiama verde. Entrato nel bagno rimase stupito e addolcito dalla scena che gli si parava davanti.
Selene insaponava divertita la bambina mentre parlottavano e scherzavano fra di loro.
Quando la ragazza si accorse della sua presenza, prese nuovamente colore.
Lo guardò un secondo, poi ritornò alla sua piacevole chiacchierata con la bimba.
Con la coda dell’occhio lo vide avvicinarsi, intento a rimboccarsi le maniche.
Si inginocchiò vicino a lei e prese a giocare con la bambina come se fosse la cosa più naturale del mondo. Sembravano un’allegra famigliola felice.
 
< Ho chiamato la mamma, Quinnie. Le ho chiesto se potevi rimanere a dormire qui. Ti va bene? Tanto hai già mangiato… >
Alla bambina brillarono gli occhi. < Siiii! Mi piacerebbe tanto zio Luke! > squillò.
< Però voglio dormire io dal lato della finestra! >
< Vedi… sei sempre la solita dittatrice! > scherzò il ragazzo.
Selene li guardava divertita, poi l’orologio sulla parete attirò la sua attenzione.
< Oh mer… - guardò la bimba -  mamma! Oh mamma! Si è fatto davvero tardi! Questo pomeriggio è volato! >
< Devi fare qualcosa di importante? > chiese deluso il ragazzo.
< Sì… sì… c’era… c’è… una riunione con quelli dello staff alle nove. >
< Allora abbiamo ancora un po’ di tempo. > sorrise, sicuramente più contento di poco prima.
< Mettiamo la bimba a letto e poi vai via. > propose, prendendo la piccola dalla vasca e cominciando ad asciugarla con delicatezza.
< Io non voglio andare già a letto zietto! > Si lamentò la bimba, stropicciandosi però un occhietto.
Chiaramente si vedeva quanto fosse stanca.
< Su dai non fare storie. Metti il pigiamino. Così. > Le infilò con amore prima una manica, poi l’altra. Quindi la prese in braccio e la portò sul letto.
 
< Adesso la nostra Selene ti racconterà una storia. > esordì subendo un’occhiataccia dalla ragazza.
La bimba però ormai ci sperava e la biondina non poté che accettare la proposta.
Iniziò a raccontare la storia di Pollicino, ma dopo pochi minuti la piccola era già immersa nel mondo dei sogni.
Luke si alzò, le rimboccò le coperte amorevolmente e le posò un piccolo bacio sulla fronte.
 
Entrambi i ragazzi si fermarono a guardarla dalla porta, era bellissima.
< Devo andare… >
< Lo so… >
Rimasero qualche secondo occhi negli occhi.
Quindi Luke afferrò la mano della ragazza e la accompagnò sulla porta.
Mentre quella tentava di aprirla però le si parò davanti per bloccarla.
< Aspetta… non puoi andartene… mi devi ancora qualcosa… > si stava avvicinando piano al suo viso.
< Cos… cosa? > Le guance le presero nuovamente colore.
< Un bacio… >
 
Le loro labbra si poggiarono appena le une sulle altre.
Fu magico.
Ma Selene sentiva che mancava qualcosa in quel bacio.
Mancava quel sapore… quel dannatissimo sapore che le era entrato nelle membra. Quel sapore di cui si era inebriata per tutta la mattina.
 
Salutò frettolosamente il ragazzo e uscì di corsa dalla casa.
Aveva bisogno di schiarirsi le idee e di prendere una decisione.
Così non poteva più continuare.
Aveva un’ora per farlo.
Un’ora per decidere.
 
Un’ora.
 
 
Continua…
 

 Angolo Autrice

Salve a tutti! Ecco la seconda parte di capitolo :D
L'ho nuovamente diviso U.U Ma questa volta semplicemente per tenervi sulle spine. (sono moooolto cattiva sìsì U.U)
Tutto perché dev'essere chiaro il concetto dell'ora. L'ora più lunga della vita di Selene.
 Detto questo spero tanto in vostri commenti :) Fatemi sapere cosa ne pensate! 
A presto per il prossimo scoppiettante capitolo :D

Love, 
Stefy
 

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Capitolo 9
*** Rabbia ***


Rabbia



Pitt Gordon lavorava da meno di un mese nella hall di uno degli alberghi più importanti di Manhatann, e già era sul punto di un esaurimento nervoso.
< No signora, non abbiamo più la zona relax. È momentaneamente fuori uso a causa di lavori di ristrutturazione. >
< Ma sulla locandina c’è scritto che è presente una zona relax! > trillò la donna, indicando il foglietto di carta.
< Infatti, come le ho già detto c’è. Ma al momento non è utilizzabile. > confermò calmo.
< Io sono una cliente. Ho pagato anche per questo. >
< Lo so bene signora. Ma se stiamo facendo dei lavori di ristrutturazione è solo per garantire a voi clienti una maggiore sicurezza. > continuò.
< Vuole dire che questo posto non è sicuro? > si guardò intorno schifata.
Il ragazzo trattenne un urlo a forza.
< Stia tranquilla. Qui tutto è al massimo della sicurezza e del lusso. >
< C’è scritto anche questo sulla mia locandina. Ma non sono menzionati lavori di ristrutturazione. >
< Purtroppo sono cose di routine. Mi dispiace solo che sia capitato proprio a lei. Vi porgo le scuse da parte anche dei miei superiori. > fece un breve inchino, sperando invano di poter scacciare così quella riccona viziata dalla sua vista.
< Proprio a me? Cosa sta insinuando? > Si indispettì.
< Assolutamente nulla signora, sto solo dicendo…  - >
< A me non interessa cosa lei ha da dire. Semplicemente voglio la mia sala relax. La sala relax che ho pagato onestamente. >
< Signora non posso accont… - >
Il telefono della hall squillò proprio in quel momento.
Salvo.Pensò furtivo il ragazzo.
Si guardò intorno in cerca di qualche sfortunato collega.
Nulla.
< Mi perdoni un secondo signora. I miei colleghi sono in pausa. Solo alcuni istanti. >
Alzò un dito per segnalarle di aspettare.
 
< Centro hall. Come posso aiutarla? >
< Pitt? >
< La signorina Emily? >
< Proprio io! Ti prego chiamami Emily e basta. >
< D’accordo. Come posso aiutarla? > Chiese.
Quel pomeriggio si erano conosciuti. Dato che era il novellino faceva sempre doppi turni. Anche all’ora di pranzo era in servizio e la splendida ragazza era passata per ‘avere un contatto sicuro con la hall’, così aveva detto. Da subito gli era stata simpatica e aveva accettato volentieri quell’importantissimo ingaggio.
< Chiamo per il servizio in camera. Vorrei portaste una bella cenetta nella camera 974. >
Il ragazzo controllò sul display.
< Sa vero che non è il numero della sua camera? >
< Certamente. Ed è ovvio anche che la cena deve essere per due. > disse ridacchiando felice.
< Ogni suo desiderio è un ordine per me. > scherzò.
Da lontano la riccona continuava a fargli gesti di richiamo che lui prontamente schivava nella speranza arrivasse qualche suo collega a salvarlo.
< Per che ora devo mandare il cameriere? >
< Dopo le nove e mezza. >
< Perfetto. Buona serata signorina Emily. >
< Emily! >
< Emily… >
< Buona serata anche a lei Pitt! >
 
Il ragazzo attaccò con un mezzo sorrisetto stampato in volto. Sorriso che subito scomparve alla vista dell’isterica che lo aspettava al bancone.
< Mi scusi signora. Dicevo… >
 
 
***
 
Emily attaccò felice la cornetta.
Era appena uscita dalla doccia. Un asciugamano la avvolgeva completamente, chiusa sopra il seno, i capelli bagnati le scendevano lungo il collo e un’aria divertita stampata sul viso.
Sarebbe stata una bella serata.
Ogni volta che doveva passare un po’ di tempo con Selene diventava euforica.
Il difficile di solito era resisterle. La bionda era tremendamente invitante.
Quelle labbra. A volte si sentiva letteralmente chiamare da loro, tanto da incantarsi a guardarle.
Guardarle e basta.
Aveva amato quella mattina baciarle, ma sentiva che non erano stati baci veri, e la magia era di gran lunga diminuita.
Quel suo volto poi… dannatamente delicato.
Desiderava ogni singola molecola di quella ragazza. Anche se non l’avrebbe mai ammesso.
Le piaceva. Ma doveva resisterle, per il bene del loro strano rapporto.
Dove darle tempo. Tanto tempo. Tutto il tempo che desiderava, pur di averla.
 
Entrò nuovamente in bagno e si guardò allo specchio per prepararsi.
 
Ce la posso fare.
 
***
 
 
 
Ce la posso fare.
 
Selene camminava aventi e indietro lungo il corridoio dell’albergo.
Scorreva leggera tra la camera 972 e la sua 974.
Indecisa sul da farsi, sapeva solo continuare a combattere in un dialogo con se stessa.
 
Ce la posso fare.
 
Si ripeteva ormai come un disco rotto.
L’aveva detto talmente tante volte che ormai aveva perso senso.
Come quando pensi intensamente ad una parola, o ad un oggetto, e ti perdi totalmente in esso, al punto che ad un tratto ti fermi a chiederti se sia reale o solo frutto della tua immaginazione.
 
Ce la posso fare.
 
Che significa? Posso fare cosa?
Posso continuare a mentire a me stessa?
Posso mentire a quegli occhi?
 
Sì, ce la posso fare.
 
E poi perché? Perché farlo?
Mentire?
È una cosa orribile.
È orribile quando menti agli altri, figuriamoci quando menti a te stessa.
Con quale scusa potrò tenere a bada il mio inconscio?
 
Le tempie le battevano forte.
La decisione, per quanto fosse stato difficile, l’aveva presa.
E allora perché quella paura?
Perché continuava a sudare, pur avendo freddo?
Perché sentiva di non poter sottostare alla sua stessa volontà?
Doveva sbrigarsi a bussare a quella maledetta porta prima che si aprisse da sola.
Mancavano venti minuti all’appuntamento con Emily.
L’unico modo per impedirle di andare nella sua suite era precederla.
Ne avrebbe avuto il coraggio?
 
La bionda si poggiò con le spalle al muro e scivolò piano sul pavimento.
 
BOOM
 

***
 

Emily era ormai pronta. Aveva indossato una maglietta a mezze maniche rossa e un jeans a mezza gamba attillato, insomma la prima cosa trovata nell’armadio.
Quando semplicità è il tuo secondo nome…Si disse.
Guardava soddisfatta la sua immagine allo specchio, intenta a mettersi il solito filo di matita nera sotto gli occhi.
Adorava il contrasto che questa provocava con il verde forte delle sue pupille.
Mise il tappo alla matita e dopo aver riavvivato ancora una volta i capelli uscì dal bagno.
Sorrise guardando l’orologio.
Mancavano solo venti minuti e l’avrebbe rivista.
Avrebbe guardato dritto in quegli occhi nocciola e avrebbe passato una magnifica serata con quella bellissima ragazza.
Quel pensiero la scombussolò.
Lei non si stava… no… non era possibile.
 
Sono sempre la stessa donnaiola.
Mi piace. La voglio. Fine della storia. Tentò di convincersi.
 
Però ha quegli occhi… e quelle labbra… e… e…
Basta. Sto delirando. Io non mi sto… no…
Lei mi piace è certo. Ma questo non c’entra nulla.
Mi piacevano anche le mie vecchie conquiste.
Piacevano…e basta.
Perché dovrebbe essere diversa? Proprio lei.
Lei…
 
Forse non è così terribile.
Forse potrei davvero…
 
No. Non esiste.
Una dovrebbe imparare no?
L’amore fa male.
 
E se lei fosse diversa?
Lo spero… perché questi stupidi pensieri non fanno altro che confermarlo.
 
Mi sto innam…
 
 
BOOM.
 
 
Un rumore improvviso dal corridoio la destò dai suoi pensieri.
 
 
 
***
 
 
Un rumore forte fece sobbalzare Selene.
MERDA!
Con la spalla aveva urtato un estintore, facendolo cadere a terra con un sonoro tonfo.
Immediatamente si aprì la porta di Emily.
Erano le uniche due su quel piano.
 
La bruna guardò l’altra a terra spaventata.
< Sel, stai bene? Ti sei fatta male? >
Subito le si avvicinò per aiutarla ad alzarsi dal pavimento.
< Tranquilla, sto benissimo. Semplicemente ho urtato contro questo stupido coso. >
Insieme alzarono l’estintore e lo rimisero al suo posto.
Emily guardò leggermente confusa l’altra.
< Scusa, stavi andando da qualche parte? >
< Io? No… cioè sì. Stavo venendo da te… >
< Non so, forse hai un pessimo senso dell’orientamento… perché la mia camera è lì e la tua in quella direzione. > indicò col dito il corridoio nel senso opposto a quello in cui si trovavano.
< Ops. Che sbadata… l’avevo superata… >
Si guardarono un secondo.
< Allora… beh entra pure. > la invitò Emily ancora stranita. < Mi dovevi dire qualcosa? Stavo per venire io da te. >
< Sì. In realtà devo dirti una cosa importante. > Esordì.
< Sono tutta orecchie. > sorrise, nascondendo la propria preoccupazione.
< Vedi… > Cercò invano parole più calibrate, ma alla fine decise di dire semplicemente la verità.
 
Perché quella era la verità, giusto?
 
< Sono stata con Luke oggi pomeriggio. > Gli occhi di Emily si sgranarono. < Siamo stati insieme. Siamo stati insieme ed è stato… magico. Ero felice… con così poco. Una stupida passeggiata a Central Park, pensa c’era anche sua nipote. Una bimba adorabile… >
< Ma che ruffiano, si è portato la nipote per far vedere quanto è dolce e amorevole… che schifo. > commentò acida.
< Smettila, non dire così. >
< Certo. Ma evitami i particolari e salta al punto, non sono la tua amica del cuore. > Era delusa. Tremendamente delusa.
< Il punto è che quella è la tranquillità che cerco. Lui è un ragazzo speciale. >
Emily sbuffò.
< Non fare così. Lui è speciale, ma soprattutto io sto benissimo quando sto con lui. >
< E quando stai con me no giusto? Quando stai con me non ti diverti, non sei felice… Mi hai baciata Sel. TU hai baciato ME. Io non ti ho mai obbligato a fare nulla! >
< Lo so… quei baci erano veri. >
< Certo. Certo che lo erano. Ma tu stai tanto bene con Luke…> sottolineò.
< E’ la verità! >
< La verità? La verità è che non hai le palle di ammettere di provare qualcosa per me. Sei solo una codarda… e io che ti credevo… lasciamo perdere. > Girò la faccia per non guardare la bionda, arrabbiata.
< Mi credevi? > Selene a stento tratteneva le lacrime.
< Ti credevo speciale. Vedi? Vedi come le persone ‘speciali’ possono deluderti? > La guardò negli occhi con fermezza. Fu un’autentica sfida. Cedette Selene per prima.
< Io… non puoi giudicarmi. Non te lo puoi permettere. Non mi conosci affatto. >
< Non ti conosci neanche tu a quanto vedo. E invece di cercare di capire chi sei davvero, scappi. Complimenti. Bella mossa tigre. >
< Smettila di giudicarmi! Sono mie decisioni. >
< Hai ragione. Adesso puoi anche uscire da questa stanza. Buonanotte. >
A spintoni la cacciò dalla porta.
< Non sapevo neanche cosa stessimo facendo. Non sapevo come prendere questa nostra… storia. Se si poteva definire tale. Avevo solo tanta paura… mi… mi dispiace. > disse sull’uscio.
< Dispiace anche a me. Pensavo tu avessi più stima di te. E più coraggio. Coraggio di essere quello che veramente sei. Di non mentire a te stessa. Ma non ce l’hai. >
 
Chiuse la porta.
 
Selene rimase immobile. Quelle parole erano vere. L’avevano colpita come uno schiaffo in pieno volto. Erano tutte bugie quelle che si raccontava.
Voleva Emily. Voleva quel sapore. Ancora. E ancora e ancora e ancora.
Quel sapore che a lui mancava.
Quell’intensità in ogni semplice contatto. In ogni sguardo.
Bussò.
 
< So che sei ancora lì dietro. Aprimi. > fece silenzio, in attesa di una risposta.
< Aprimi Ems. > bussò ancora, mentre stringeva forte le nocche dell’altra mano.
< Rimarrò qui anche tutta la notte ad aspettare. Ho bisogno… ho bisogno di… >
 
Uno scatto secco. La serratura si aprì, così come anche la porta.
Emily colma di rabbia afferrò Selene per i fianchi.
Avvicinò il suo corpo al proprio con forza e si fiondò sulle sue labbra.
Senza chiedere il permesso infilò la lingua nella bocca della biondina che rispose con altrettanta foga a quell’inaspettato e bramato contatto. 
Selene sentiva di non aver provato mai nulla di così intenso.
Portò le mani dietro la schiena della bruna e la attirò ancora di più a sé.
Dopo poco Emily si ricordò di essere nel corridoio dell’albergo.
Indietreggiò di qualche passo in cerca della propria camera, ma trovò malauguratamente la porta chiusa.
Le chiavi erano dentro.
Non si tirò indietro. Iniziò con le mani piano a scendere lungo il busto di Selene che fremeva ad ogni minimo contatto. Le tastò le tasche davanti del pantalone.
Nulla.
Le portò poi sulle tasche di dietro dell’altra, che a sentire quelle mani esplorarla rise appena, tra un bacio e l’altro.
 
Bingo.
 
Spinse con tutta la violenza possibile Selene contro la porta della stanza 974, immobilizzandola e lasciandola spiazzata per qualche istante.
Mentre col corpo la sovrastava, le mani cercavano l’apertura della suite.
Con un incredibile sforzo riuscì ad infilare le chiavi nella toppa e a girare la maniglia.
 
Entrarono, e in un attimo si trovò lei stessa ad essere bloccata spalle alla porta.
Selene non smetteva mai di sorprenderla. Per quanto in quel momento riuscisse ad odiarla e a volerla con tutte le sue forze.
La bruna si lasciò sovrastare per qualche minuto, poi mise nuovamente le mani sul sedere di Selene.
Con forza lo tirò su, costringendo la ragazza a chiuderle le gambe intorno alla vita.
Continuarono a baciarsi in quella posizione fin quando non arrivarono al divano, sul quale Emily sbatté la biondina sconvolta.
Rimase a guardarla dall’alto per qualche secondo, compiaciuta e arrabbiata allo stesso tempo.
Quindi le scivolò addosso, osservando l’incresparsi di quella pelle candida a contatto con la sua carnagione scura.
Cavalcioni su di lei riuscì a sfilarle la maglia con facilità.
Si chinò su quel caldo corpo e iniziò piano ad assaporarlo, alternando piccoli baci sulle labbra a morsetti vicino alle orecchie, passandole la lingua sul collo e tremando ad ogni piccolo gemito emesso dall’altra ragazza.
 
 
Toc Toc.
 
 
***
 
 
 
< Buonasera. >
< Salve, come posso aiutarla? > Pitt sedeva nella sua postazione, sfinito.
< Sto cercando una persona, è possibile sapere il numero della stanza? >
< Certamente. Qual è il nome? > Chiese, avvicinandosi al computer per verificare.
< Selene Thikin. >
< Un attimo solo. > Iniziò a battere velocemente le dita sulla tastiera.
Selene Thikin… Selene Thikin… dove sei? Pensava tra se e se.
Selene Thik… Trovata! Vediamo un po’… camera 974.
974?
< Cavolo! > si lasciò sfuggire.
< Qualcosa non va? >
Pitt alzò gli occhi. < Assolutamente no. Ho… ho sbattuto il piede al tavolino, mi scusi. >
E’ la suite in cui avrei dovuto mandare il servizio in camera. Dannazione è tutta colpa di quella schizzata! Me ne sono completamente dimenticato.
Che faccio glielo dico il numero? Non glielo dico?
< Allora? È riuscito a trovarla? >
< Sì… sì credo sia lei. Non penso ci siano molte ‘Selene’ in giro. > Disse ridacchiando istericamente.
< Bene. Qual è il numero? >
 
 
 
 
***
 
 
 
Toc Toc.
 
Selene scattò in avanti. Chi poteva mai essere?
< Non andare è il servizio in camera. > suggerì Emily continuando nel suo intento.
< Servizio in camera? Io non ho chiamato nessun servizio in camera. >
 
Toc Toc.
 
< L’ho chiamato io. Non pensavo le cose degenerassero così presto. > rise.
Selene al contrario era preoccupata.
< E se è qualcuno dello staff? Magari devono dirci qualcosa di importante… >
Recuperò la maglietta dal pavimento e guardò la bruna.
< Ti prego vai ad aprire tu... io sono impresentabile. >
< Cosa? Pure? Dai lasciamo perdere… > insistette Emily, ma ormai il momento era già passato.
< Fallo per me… > supplicò Selene.
< Non ti meriti nulla. > Si alzò scocciata.
Riassettò velocemente i capelli, e andò ad aprire, delusa e ancora arrabbiata.
 
Toc Toc.
 
 
 
***
 
< Ho portato champagne e… un pacco di patatine. Dobbiamo brindare al tuo futuro successo. > alzò gli occhi. < Oh… forse… forse ho sbagliato camera, scusami. Alla hall hanno detto la 974. >
Emily completamente sconcertata spalancò la porta per permettergli di vedere Selene.
< Non hai sbagliato nulla. >
Selene si alzò dal divano.
< Luke… Luke che ci fai qui? >
< Pensavo che avessi fame dopo la riunione con lo staff… >
< E hai portato delle patatine? > intervenne scontrosa la bruna.
< Io… io vado via… >
< Ma… aspetta… stavamo per metterci a vedere un film… > Selene incrociò e ignorò lo sguardo fulminante di Emily.
< Le tue patatine farebbero comodo… > concluse sorridendo finta.
< Dici davvero? Vuoi che resti? > chiese, indicando la bruna con disprezzo.
< Tranquillo se hai da fare nessuno ti trattiene. > sputò Emily, incrociando le braccia sul petto.
I due si scambiarono uno sguardo carico d’odio reciproco.
< No grazie. Non ho nient’altro da fare. Penso proprio che rimarrò qui. >
Continuavano ad uccidersi con gli occhi.
< Beeene. > esclamò isterica Selene, spingendoli verso il divano.
 
Si assicurò di farli sedere il più possibile lontani l’uno dall’altra.
< Vado a cercare una scodella per le patatine. > disse allontanandosi.
Qui finisce male.Pensò.
 
Si ritrovarono così a guardare uno stupido film tutti e tre insieme.
Emily aveva preso possesso delle patatine e aveva cominciato a mangiarle istericamente, senza badare agli sguardi cattivi di Luke e quelli incomprensibili di Selene.
La bruna era su di giri. Riusciva solo ad immaginare interminabili modi con cui uccidere entrambi gli individui che aveva accanto.
 
Come ho fatto ad essere così scema? Lei, diversa? Certo! Come no!
Sono solo un’illusa. Ma giuro che questa è l’ultima volta che mi vede.
Non me ne vado ora solo perché non sopporterei domani di sentire il sapore delle labbra di quel bamboccio sulle sue.
Almeno il ricordo. Almeno l’ultimo ricordo di quel sapore deve essere intatto.
 
Poi scomparirò.
E non crederò mai più nell’amore.
 
 
 
 
Continua…



Angolo Autrice

Buonsalve a tutti :D Finalmente chiudiamo questa serata! Male... ma la chiudiamo. U.U
Spero che il contenuto sia chiaro. E' stata una vera battaglia scrivere questo capitolo.
Non trattatemi troppo male... sono la prima ad essere in pena per Ems. T.T
Povera piccola.

Aspetto commenti... (sono sempre mooolto speranzosa a riguardo) :D

Un grazie speciale alle due ragazze che commentano sempre, Asterope e Shellyng (Vi adoro dal profondo <3 ) e a tutti quelli che mettono la storia tra le seguite/preferite. 
Tanto ammmore a tutti!

Stefy


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Capitolo 10
*** Sconvolgimenti ***


Sconvolgimenti

 
 
< Dove credi di andare signorina!? > L’uomo fermo sul pianerottolo trattenne Emily forte per un braccio.
< A casa. > rispose lei dura.
< Nella mia casa vorrai dire. > Lo sguardo severo su quel volto. La bruna ne rimase spaventata ma non si lasciò intimorire.
< Ufficialmente… > ironizzò.
< Ufficialmente… sono tre settimane che aspetto che tu mi paghi l’affitto e tu trovi sempre qualche scusa per rimandare. Allora? Dove sono i miei soldi? >
< I suoi soldi arriveranno presto. Per pagare la vostra somma devo racimolare minimo due stipendi mensili. Il locale dove lavoro sta andando a rotoli e fanno ritardo nel pagare anche me. Mi dispiace ma le toccherà aspettare un altro po’. > Spiegò ferma.
< Oh no, non aspetterò più. Dammi quello che hai, sgombera la stanza e vattene. >
A Emily crollò il mondo sotto i piedi.
< Sta scherzando spero. >
< Niente affatto. Voglio che liberi l’appartamento entro due giorni e vai via. Sei una pessima inquilina. Paghi costantemente in ritardo..- >
< Sì ma pago! > sbottò irritata.
< Fai sempre tardi la sera. E ti porti continuamente persone diverse, anzi ragazze diverse a casa! Ne cambi una ogni due giorni! >
< Come si permette di intromettersi nella mia vita privata! Quello che faccio e chi mi porto a letto non le deve interessare minimamente! >
< Invece mi interessa eccome. La casa è mia. Gliela affitto io. La deve sgomberare. La discussione è finita. > concluse, sbattendole la porta in faccia.  
  
Merda. Pensò subito la ragazza.
E adesso come la mettiamo?
 
Si ricompose come poteva e iniziò a salire le scale.
Infilò le chiavi nella porta ed aprì.
Un delizioso profumo di curry la avvolse totalmente.
Si era completamente dimenticata di quali fossero i buoni profumi e la buona cucina.
Non che non sapesse cucinare, anzi. Semplicemente però odiava farlo per se stessa. Stando costantemente fuori casa poi era più propensa ad andare avanti a merende. Da sola non si divertiva. Se doveva cucinare, lo faceva per qualcuno. La cucina è amore, e lei ne usufruiva per fare colpo solo sulle persone a cui teneva davvero.
Tra queste di sicuro non c’era se stessa.
 
Cominciò piano a seguire il mitico profumo. Non fu difficile capirne la provenienza.
Quello che il proprietario si ostinava a chiamare ‘appartamento’ in realtà era un bugigattolo orribile e puzzolente, di dimensioni minime.
Pensandoci non era un’idea così malvagia quella di cambiare aria, ma questo solo se avesse avuto il tempo necessario per trovare un altro posto dove vivere.
Per la fretta di andare via si sarebbe sicuramente trovata in un bugigattolo peggiore. Ne era certa.
 
Una testolina bionda si affacciò dal piano cottura e la salutò calorosamente.
Emily le sorrise leggermente di rimando.
< Sentito che profumino? > Chiese la ragazzina, armeggiando con destrezza sui fornelli.
< Davvero ottimo. > rispose secca, domandandosi intanto cosa ci facesse quella ancora lì.
L’altra se ne accorse subito.
< Qualcosa non va Ems? >
< Tutto liscio… solita schifezza di vita… dolcezza. >
 
Qual era il suo nome?!?!?
 
< Immagino… senti volevo proporti una cosa… so che ci siamo conosciute da poco… ma provo qualcosa di serio per te… >
Emily sbiancò. Le brutte notizie non vengono mai da sole eh? Si portano sempre la coda.
< Dato che mia madre non trova normale la mia natura, pensavo di venire a star qui da te per un po’… >
< Mi dispiace deluderti piccola, ma sono appena stata sfrattata. >
La bionda rimase attonita.
< Sfrattata? >
< Proprio così. Il proprietario ha deciso bene di cacciarmi. >
< Oh beh ci arrangeremo dai… troveremo qualche altra cosa… > disse speranzosa.
< Non sono il tipo da relazione fissa. Non sono il tipo da… amore. > pronunciò quella parola con disprezzo tale da far rabbrividire la biondina.
< Ma… ma… >
< Niente ma… mi dispiace. >
La ragazza già in lacrime afferrò velocemente la giacca e si affrettò all’uscita.
< Stronza. > mormorò prima di uscire, sbattendo la porta.
 
< Non sai quanto… > sbuffò Emily.
 
 
************
 
 
 
< A più tardi amore. > Luke scoccò un bacio alla sua bionda, che lo guardò soddisfatta.
< A più tardi. >
Scese dall’auto del ragazzo e si avviò verso il Location.
 
Jeff Staley era sempre lì in piedi sulla porta, come ogni mattina, ad aspettarla e a constatarle il ritardo giornaliero.
< Oggi sono venti minuti signorina. >
< Mi scusi signor Staley, abbiamo trovato molto traffico. >
< Prima o poi prenderò provvedimenti! > urlò l’omone con foga, guardandola allontanarsi.
Selene indossò il camice e si mise al suo posto, dietro il bancone.
Trovò seduto ad aspettarla un sorridente Richy.
 
< Il tuo ragazzo è adorabile. > esordì scambiando con la ragazza un’occhiata furtiva.
< Già. Adorabile. > asserì.
< Davvero adorabile. > ripeté lui.
< Tanto… troppo adorabile. > disse sconfitta.
< Cosa stai dicendo Sel! State da due mesi insieme e già ti sei scocciata? > investigò, alzando smisuratamente un sopracciglio.
< Non dire stronzate! Dico solo che è adorabile… all’estremo. Ma è anche pieno di sé… un egocentrico allo stato puro e… - >
< Ecco adesso inizi a giustificarti dando a lui dei difetti, forse veri forse inventati, solo perché… - >
< Shh! > lo zittì. < Smettila di dire queste stupidaggini! Anzi smetti di parlarmi, il capo sta iniziando a guardarmi seriamente male. >
La ragazza prese nervosamente una crostata, la divise a metà e ne porse un pezzo al ragazzo.
 
< Ti manca vero? > chiese dopo poco, serio.
La ragazza si bloccò.  Gli diceva sempre che non doveva nominarla. Che non doveva ricordargliela. Mai.
E invece lui lo faceva, puntualmente.
< Devi finirla con questa storia. > lo guardò negli occhi.
< No. Non la finisco. Le cose sono andate a rotoli da quel giorno. Dal giorno in cui avete finito di girare e non l’hai più vista. Non ti riconosco più Sel. Ti perdi nei tuoi pensieri, ti assenti totalmente. Stai con Luke, ma pensi ancora a lei. >
< Cosa ne vuoi sapere tu? Cosa? Spiegamelo. Non sai nulla. Va via! > sbottò, tentando di non urlare.
< So molto più di quanto tu non pensi di sapere. Me ne vado tranquilla. Ho la coscienza pulita. >
 
 
 
**************
 
 
 
Chi crede di essere quella? Sono io il capo. Sono io quello che decide. Lei è solo una stupida impiegata. Una mia sottomessa. Dovrebbe stare ai miei ordini, rispettare le mie regole, e magari darmela anche di tanto in tanto. E invece arriva costantemente tardi, si porta dietro da un mese a questa parte quel bamboccione boccoluto da quattro soldi e pretende anche di essere sempre perdonata.
Almeno prima c’era quella ragazza misteriosa ad accompagnarla… quella si che era un bel bocconcino. Erano adorabili ed estremamente eccitanti da vedere. Invece adesso c’è quello.
Femmine… chi le capisce.
 
< Oggi sono venti minuti signorina. > gli disse digrignando i denti.
< Mi scusi signor Staley, abbiamo trovato molto traffico. >
 
Molto traffico eh? Stronzate! Prima o poi ti butto fuori!
 
< Prima o poi prenderò provvedimenti! > gli urlò dietro.
Osservò i suoi movimenti sicuri e non poté che esserne dannatamente infastidito.
 
Oh ma guarda, adesso si mette anche a litigare con la clientela.
Chi diavolo è quella checca poi? Che schifo.
Adesso basta! Mi ha scocciato! Ha superato ogni limite!
 
< Thikin. Nel mio ufficio. Subito. >
 
 
***************
 
 
< Thikin. Nel mio ufficio. Subito. >
 
 
< Vattene! > Richy la guardò inorridito.
< Che aspetti? Muovi il culo e vedi che vuole quel pervertito. >
La ragazza lo guardò omicida, poi si mosse velocemente verso il retro del locale.
Si girò solo un secondo verso l’amico che con la bocca gli mimò quello che sembrava un ‘non farti licenziare ’.
Le prese il panico al solo pensiero.
Non doveva succedere.
Entrò nell’ufficio di Jeff ancora con un cipiglio arrabbiato per la discussione appena conclusa con Richy.
La cosa non fu molto gradita dal suo capo.
 
< Mi scusi Mylady se ho osato disturbarla. > disse sarcasticamente questo.
< Cosa c’è signor Staley. >  chiese con non molta cortesia.
L’omone sgranò gli occhi, scioccato.
< C’è… che sei licenziata. >
< Cos… cosa? Non può licenziarmi… >
< Si che posso mia cara Thikin. Hai infranto una moltitudini di regole, è arrivato il momento di pagarne le conseguenze. >
< Ma… ma… >
< Nessun ma. Togliti quel camice e non farti più vedere, se non per portare e non rubare soldi. >
La ragazza si sbottonò il camice e glielo sbatté in faccia.
< Sa… colgo l’occasione per dirle che lei è una persona orribile, un fallito. Io non le ho rubato proprio niente! Mi sono ammazzata di straordinari perché il suo stipendio è una vera miseria! Si vergogni! >
 
Sbatté violentemente la porta alle sue spalle. Poi tornò indietro.
 
< Un'altra cosa! Lei è un depravato! Ringrazi che non l’abbia denunciato per tutte le volte che ho dovuto subire i suoi sguardi da pervertito! Spero di non vederla mai più! >
 
Uscì soddisfatta. Un peso se l’era tolto dal cuore, ma inevitabilmente ne erano ricaduti altri mille sulle sue spalle.
Guardò priva di alcuna nostalgia il bancone.
Solo dopo pochi secondi si rese conto.
Il bancone. Il bancone era vuoto. Non c’era nessuno ad aspettarla.
Richy.
Aveva litigato con Richy.
L’aveva cacciato di malo modo solo perché quello gli aveva detto… gli aveva detto la verità.
Quando l’avrebbe finita di cacciare le persone dalla propria vita solo perché più sincere di quanto lei non fosse con se stessa?
 
Basta.
 
Crollò, iniziando a piangere e correndo fuori dal locale.
 
E ora?
 
 
 
Continua…
  
 

Angolo Autrice
 

Bene bene bene. Ce l'abbiamo fatta! Scusate il terribile ritardo con cui sto pubblicando... ma sono una povera piccola liceale indifesa in balia di creature mitiche chiamate comunemente 'professori'. 
Il capitolo non è molto lungo, ma segna due concrete svolte. (Povere le mie cucciole T.T)
Sul fronte sentimentale va moooolto male... ma miglioreranno le cose ;)
Mille grazie per i lettori che continuano a seguirmi e per le recensioni ricevute. (Per voi sempre tanto tanto ammmore!)

Fatemi sapere la vostra! ( E permettetemi un grandissimo Forza Napoli! Mai inadeguato.)

Love to anyone!
Stefy.




 
 
 
 
 

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Capitolo 11
*** Runaway ***


 

Correre

 
 
 
Correre.
La prima cosa, e anche l’unica, che Selene riusciva a fare quando tutto sembrava andare storto era correre. Normalmente le persone usano portare con sé i loro I-pod, con la loro musica, il loro ritmo, battuto sulle loro note preferite. Lei no.
Correva e basta. Correva per sentirsi correre. Per sentire il ritmo dei propri passi sul terreno, per il respiro affannato, il battito del cuore accelerato. Correva per sentire scorrere i pensieri dalla mente, sentirli filtrare sotto la pelle, come il sangue nelle vene. Per liberarsene nel modo più puro possibile. Scandagliandoli, dissenzionandoli, approfondendoli, uno per uno, tutti.
Correva per sentirsi e sentire di esistere.
Sensazioni, emozioni, rimbombanti nella testa al passo col cuore.
La rabbia la spingeva a correre sempre più veloce, la paura faceva altrettanto. Con la tristezza rallentava, e su quel poco di gioia rimasta metteva i fondamenti.
Correva. Correva… o scappava?

C’era ancora il terreno sotto i suoi piedi. C’era ancora. Non doveva perdere la speranza.
 
Il ritmo era frenetico, così come lo scandirsi dei suoi pensieri. Stava sudando tremendamente.
 
Chi sono?
 
Emily.
 
Luke.
 
Richy.
 
La verità.
 
 
Stop.
 
Aveva bisogno di una pausa.
Si ricordò di quella volta che cadde da cavallo. Hope. La sua cavalla preferita. Aveva circa sei anni e la rovinosa caduta le aveva fatto sbucciare entrambe le ginocchia. Ricordò il pianto spaventato con cui si sfogò, tra mille singhiozzi. E sua nonna. Sua nonna l’aveva tirata su dicendole: < Non devi mai farti troppo trasportare dalle emozioni. Prenderebbero il sopravvento e ti farebbero cadere... o cedere. Esattamente come ora. >  
Quelle parole, quella saggezza e quella serenità le erano rimaste impresse nella memoria, indelebili.
Riprese a correre.
 
Testa sulle spalle. Tranquillità. Si va avanti.
 
Era quasi sollevata dall’aver perso il lavoro al Location. Non ne poteva più di quel posto.
Di quell’insopportabile odore di crostate. All’inizio lo amava, ma con l’andare del tempo iniziava a darle il voltastomaco. Insopportabile. Così come il suo maledettissimo capo.
 
Al Perception le cose andavano discretamente, ma Luke le stava continuamente addosso.
Non le si staccava un attimo da quando lavorava al bancone.
La gelosia è una brutta bestia. Ma anche lui sa diventarlo.
Aveva perso già almeno una ventina di clienti per le sue sfuriate.
< Dettagli. > diceva lui. Selene non era tanto d’accordo.
 
La pubblicità aveva fatto abbastanza clamore, dopo due settimane l’avevano censurata, cancellandola dalla televisione nazionale.
Che idiozia. Censurata. Per uno stupido bacio. Dicono che i tempi sono cambiati. Certo.
 
Aumentò il passo.
 
Con i soldi che aveva guadagnato per lo sport era riuscita a pagarsi tre mesi di affitto. Per ora non ci sarebbero stati problemi, ma alla scadenza come avrebbe fatto? Con la paga del Location e quella del Perception insieme non riusciva normalmente a pagare, figuriamoci adesso che aveva perso anche il lavoro. Avrebbe dovuto inventarsi una soluzione.
Magari poteva chiedere a Richy…
 
Richy.
 
Come aveva potuto trattarlo così? Voleva solo aiutarla.
Aveva ragione. Richy aveva sempre ragione quando si trattava di lei.
La conosceva a memoria. Sicuramente meglio di quanto non si conoscesse da sola.
Da sempre le era stato accanto, e l’aveva sempre appoggiata in ogni sua decisione. Sia essa fatta da bambini, come quella di costruire una casetta sull’albero, o da grandi, come l’averla seguita a New York. Un momento le balzò in testa.
< Rimarremo amici per sempre. > Le aveva detto, proprio in quella casetta. Pensò a quanto fosse checca già allora e per un attimo riuscì a sorridere.
< Non ti abbandonerò mai. Te lo prometto. > Quelle parole le rimbombarono in testa per diversi minuti. Cosa aveva fatto lei per meritare una persona del genere?
La bambina capricciosa. La stupida sportiva del liceo, e dell’università.
L’aveva protetto. Questo non le si poteva togliere.
L’aveva sempre protetto e difeso dalle persone spregevoli che lo trattavano male.
 
La paladina della giustizia. Che idiota che ero e che sono.
La divertiva pensarsi tale. Ma molti anni prima. In quel momento riusciva solo ad odiarsi.
Lui le era sempre rimasto accanto. In ogni situazione, bella o brutta che sia.
Lui aveva mantenuto la sua promessa.
E lei?
Lei l’aveva cacciato via, per aver detto la semplice e pura verità.
 
Iniziava ad odiarla. Quella stupida, maledetta, verità.
Perché diavolo era così sfacciata? Lei la evitava accuratamente, e quella puntualmente le sbatteva in faccia tutta la sua casta purezza.
Non la voleva quella verità.
La verità che Luke era davvero un Ken in dimensioni reali. Che per quanto potesse essere carino e dolce, dopo un po’ diventava stressante stargli vicino.
Era fin troppo dolce. Dolce all’inverosimile. E poi tutto quell’egocentrismo. Che cosa odiosa.
Ma poteva mai criticarlo? Proprio lei?
 
Faccio schifo.
Una persona ipocrita, opportunista e falsa come se stessa non l’aveva mai conosciuta.
Era una pessima amica, una pessima amante, una pessima persona.
E perché? Perché non voleva ammettere la stupidissima verità.
 
Diventerò pazza di questo passo.
 
Ricordò le parole di Richy.
< Ti manca vero? >
Che domanda stupida.
Sicuramente lui già sapeva la risposta, e allora perché l’ha fatta?
La odiava. No. Forse le voleva fin troppo bene.
 
Le mancava. Per quanto non volesse ammetterlo, le mancava terribilmente.
Aveva ancora impresso il suo profumo nella memoria. Il suo sapore, indelebile.
Quegli occhi verdi che la scrutavano, e quelle mani avide che le percorrevano il corpo.
 
Ci aveva provato, con tutte le forze. Aveva provato a cercare le stesse sensazioni anche con Luke. Aveva tentato in tutti i modi di dimenticare. Sforzi inutili.
Lei era unica. Lo sarebbe sempre stata.
 
Le gambe le si fecero pesanti, le mani tremavano. Sentiva il cuore scandire il tempo lentamente.
Un senso di vuoto, ma allo stesso tempo di pesantezza.
Si asciugò il sudore sulla fronte.
Aveva bisogno di lei. Del suo respiro, del suo sapore.
Non poteva più semplicemente ricordarlo. Ne aveva l’esigenza.
Era amore quello che sentiva? Quello che le scorreva nelle vene? Quel flusso che respingeva, che circolava a fatica, era amore?
 
L’amore può avere una consistenza?
 
Era lì. Come un virus iniettato direttamente nelle vene.
Ma l’antidoto? Qual era il suo antidoto? 
 
Incapace di fermarlo, e incapace di rimuoverlo.
Esiste una via di scampo?
 
Senza accorgersene si ritrovò a terra. Tutto attorno era appannato. La sensazione di vuoto era più forte, le sue sicurezze erano svanite. Vide un uomo avvicinarsi, aveva un’aria preoccupata.
Stava dicendo qualcosa? Ad un tratto faceva così freddo.
Chiuse gli occhi.
 
 
 
Continua…




Angolo Autrice.

Facciamo crescere un po' questa Selene? Che ne dite? E' arrivato il momento di aprire gli occhi anche per lei U.U Ovviamente non è finita qui... Ma un minimo di riflessione doveva farla questa povera ciccina mia.
Gli altri personaggi non sono presenti, se non nei suoi pensieri in questo capitolo... ma mi farò perdonare nel prossimo mettendoli tutti... o quasi U.U
Grazie a tutti <3
Fatemi sapere la vostra ;)

Soooo much Love!!
Stefy

 

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Capitolo 12
*** Friends ***


Friends

 
 
Era quasi mezz’ora ormai che Emily continuava a camminare a passo svelto. Odiava i mezzi pubblici e l’unico modo per muoversi liberamente era quello di camminare. Non che le dispiacesse, anzi, solo che la strada per il Lolà era lunga e con sé portava i suoi dannati bagagli a mano.
Proprio così. L’avevano sfrattata. E perché?
Perché era una donnaiola. Ma cosa ci poteva fare? Era la sua natura, giusto?
 
Sì. È la mia natura. Non posso certo cambiarmi per uno stupido pulcioso buco di appartamento. Ho le mie abitudini. Sono selvaggia. È la mia natura.
 
Non lo era affatto. Sapeva benissimo, per quanto non volesse ammetterlo, di avere una natura pacata e amorevole. Una natura che le era stata strappata brutalmente.
Lei voleva innamorarsi. Amava l’amore. L’amava… prima di conoscerlo sul serio.
Il primo amore non si scorda mai. Specialmente se così struggente. Così doloroso.
Lascia il solco nel cuore, la cicatrice indelebile.
È un disco rotto il discorso dell’amore perduto. Ma non ne si capisce la consistenza fin quando non lo si vive sul proprio corpo, fin quando le ferite non sono reali.
Emily ci aveva creduto. L’aveva vissuto col pieno della sua anima. L’aveva scritto, percorso, voluto con tutto il suo corpo. E poi era stata lasciata da sola con quella passione, con quel sentimento.
Quel sentimento inutile se non reciproco, se non condiviso.
Aveva dimenticato allora cosa significasse. Aveva nascosto e proibito a se stessa i propri sentimenti, chiudendoli a chiave in un luogo oscuro.
Non ne voleva più sapere di quella tortura chiamata amore.
E invece era arrivata quella bambina.
Una bambina. Una bambina viziata e stupida.
Era caduta di nuovo nella trappola.
Ci aveva creduto. Ci aveva creduto davvero in lei.
Ma ancora una volta era rimasta delusa.
Si era imposta di cercare solo il piacere dai suoi rapporti.
Si era imposta di lasciar perdere quella ragazzina.
Di dimenticarla. Di sigillare di nuovo lo scrigno.
 
E allora perché erano tre settimane che andava a letto solo con biondine dagli occhi nocciola?
 
Appena mise piede nel locale fu inondata da un profumo di incenso.
Le candele aromatiche erano la passione più grande di Dido, dopo la psichedelia e il kamasutra.
Con grande sforzo trascinò la valigia enorme per gli scalini a chiocciola che conducevano allo studio dell’amico. Sorrise a sentirlo parlare con i suoi vasetti.
< Bella di papà, cresci, cresci. Fatti grande e buona. >
Un’irrimediabile hippy. Pensò sentendolo poi canticchiare.
< Sia fatta santa la mariaaa! Sia fatta santa la mariaa! >
< Non vorrei sbagliarmi ma è già santa una Maria. > Entrò senza presentazioni, facendo sobbalzare il proprietario.
< Non è quella giusta. > rise, per poi andare ad abbracciare la sua figlioccia.
< Prima o poi ti farai beccare… > disse preoccupata Emily.
< Tranquilla, se mi beccano gliene offro un po’ e mi salvo. La mia maria è presidenziale… come l’erba di Obama. > rise ancora.
< Che ci fai qui piccola ninfomane? E poi quelle? > chiese indicando le valigie e staccandosi dall’abbraccio.
< Mi hanno sfrattato… Non è che puoi ospitarmi un paio di giorni mentre non trovo una nuova sistemazione? Ti pago tutto tranquillo. >
Dido ci pensò, perdendosi con lo sguardo nel vuoto.
< D’accordo. Ma un paio di giorni… lo sai come la penso a riguardo. Non mi interessa sei stai male o hai problemi, devi imparare a cavartela da sola… perché..- >
< Perché in questo mondo di guerra e violenza anche i fiori piangono… e noi continuiamo a credere che sia rugiada… > imitò una voce e un’espressione autorevole, ma inevitabilmente scoppiò a ridere.
< Esatto. > sorrise l’altro alla ragazza, dolce.
< Non ti stancherai mai di questo detto? > ricambiò lei il sorriso.
< E’ un aforisma, non un detto. Cosa ben diversa. Ed è bellissimo…mi ricorda tanto i miei figli dei fiori… bei tempi quelli. >
< Sono tempi ancora giovani e vivi in questo locale… loro… >
< Già… aspetta! Non mi stai mica dando implicitamente del vecchio?!?! >
< Assolutamente no, nonnino caro. > rise, incassando uno spintone.
Si guardarono teneramente. Lui sembrò poi illuminarsi.
< Ehi, come va con quella ragazza? Quella col nome greco…. Selene! >
A sentire quel nome Emily sgranò gli occhi. Non voleva rispondere. Non voleva dire la verità.
Non voleva dire di quanto l’avesse delusa. Di quanto abbia sofferto a lasciarla nelle mani di un fantoccio. Non voleva. Fu quindi evasiva.
< Non l’ho più vista. > sputò con disgusto.
< Come al solito… > rise l’altro, ignorando la perplessità del suo sguardo.
Ci fu un momento di silenzio.
< Sai… per come la guardavi per un attimo ho pensato che tu facessi sul serio con lei, che ti piacesse… > rise. < E invece sei sempre la solita felina a caccia. Non cambierai mai… >
La bruna lo guardò vuota. Lei non era quello. Non voleva esserlo.
Aveva sempre desiderato una storia seria, nel profondo. Ma non riusciva ad ammetterlo.
Selene l’aveva cambiata. Cambiata in peggio. Aveva chiuso con l’amore. Se prima c’era una possibilità per questo, dopo quell’esperienza, per quanto breve fosse stata, era svanita.
Si rabbuio totalmente.
Lo sguardo volò alle valigie. Si avvicinò alla più grande e dalla tasca laterale estrasse un pacchetto di sigarette. Non fumava quasi mai. Era raro. Ma non si proibiva di farlo. Quando le andava lo faceva, e se stava male o era nervosa una sigaretta non gliela toglieva nessuno.
La cosa importante era non esserne dipendenti.
“Non bisogna mai dipendere da nulla, se non dall’aria.”
Glielo diceva sempre suo nonno, accanito fumatore e giocatore d’azzardo.
Parole sante.
Portò la sigaretta alla bocca e la accese, spostando lo sguardo fuori dalla finestra.
< Mi prenderai anche a lavorare? > chiese, incupita.
< Con il rischio che tu ti faccia tutte le mie clienti? Ancora? > sorrise scuotendo la testa.
< Assolutamente no. Devi cavartela da sola piccola pera marcia. >
< Che tenerezza… > finse ironicamente, facendo l’ennesimo tiro.
 
< Il fumo fa male. >
La ragazza si fermò a guardarlo sbigottita. Stava scherzando?
< Guarda chi mi fa la predica! L’hippy fattone con le piantine di marijuana nascoste nell’ufficio. > rise.
< La maria è una divinità. Le sigarette sono distruttive invece. Chissà cosa diavolo ci mettono dentro. Che schifo. > la guardò truce e disgustato.
< Chi se ne frega! >
< Il fumo fa male! >
La ragazza portò la sigaretta alla bocca, fece un profondo tiro. Si girò a guardare l’altro negli occhi.
Dido non vi aveva mai visto quell’intensità.
 
 
< L’amore di più. >
 
 
 
***************
 
 
Una voce rimbombò nella stanza.
< Sono il dott… > Era troppo forte il suo volume. Tese l’orecchio a sentire, era ancora intorpidita. <…è il fidanzato? > Non percepì la risposta. Ma sperò fosse un no.
< Probabilmente ha avuto un calo di zucch… > mise a fuoco. < …iversi testimoni dicono di averla vista correre per un’oretta piena. >
Una figura familiare di spalle, probabilmente quella di Luke, stava parlando con un ragazzo dal camice bianco. Il dottore, giusto.
Era… svenuta? In realtà non ricordava molto, tranne il suo ultimo pensiero. Lei.
Chiuse gli occhi prima che la figura si girasse. Non aveva nessuna voglia di parlare con Luke, era già abbastanza stanca di suo, lui avrebbe solo finito di stressarla. Rimase ad ascoltare però il suo discorso col medico di turno, incuriosita.
< Si riprenderà presto vero, vero? > sembrava terrorizzato.
< Non si preoccupi, davvero, non è successo nulla. > Il ragazzo si avvicinò al suo lettino e le prese una mano. Un brivido freddo percorse Selene. Quella di lui era congelata.
Pregò che la lasciasse andare il prima possibile, ma dovette arrendersi a quel contatto.
< Adesso la lasci riposare tranquilla. > continuò il medico. < Passerà la notte qui in ospedale in modo tale da permetterci di fare gli ultimi controlli…> Il medico aveva notato la perplessità del ragazzo così aveva tentato di giustificarsi. < Sa, ha sbattuto la testa nel cadere, dobbiamo pur sempre fare qualche test… ma domani la dimetteremo in perfetta forma. > sorrise distaccato.
Il ragazzo lo guardò impaurito, poi tornò a stringerla.
Non voleva parlargli. Selene non voleva parlargli per nulla al mondo.
Continuò a tenere gli occhi chiusi e a poco a poco la stanchezza la sopraffece.
 
Il giorno dopo si sveglio totalmente riposata. Un leggero torpore mattutino la invadeva. Qualcuno le teneva la mano stretta. Sicuramente era Luke. Per come era protettivo nei suoi confronti probabilmente aveva passato tutta la notte lì al suo fianco.
Era così dolce. Non meritava affatto tutti i dubbi e i difetti che Selene gli affibbiava. 
Aprì lentamente gli occhi, avvolta dal pensiero di quella presenza nella sua vita.
Mise a fuoco.
 
 
 
< R… Richy… >
 
 
********
 
< Possibile che i cereali senza carboidrati che tanto adoro finiscano sempre così in fretta? >
In piedi nel reparto colazione Richy parlava agli scaffali con tutta la nonchalance di chi è un cliente assiduo. < Devo ricordarmi di venire puntuale ogni terzo venerdì del mese. > Ci pensò un attimo su.
< Adesso me lo segno sull’agenda > sorrise soddisfatto.
Estrasse il cellulare dalla tasca frettolosamente, sbloccò la tastiera e si bloccò lui, come ormai accadeva continuamente da due giorni, ogni qual volta vedesse lo sfondo.
Una foto dell’ultimo carnevale. Lui era vestito da pompiere sexy.
Si era innamorato di quel costume a prima vista. L’aveva visto nella vetrina di un negozio per adulti e pur vergognandosi non era riuscito ad imporsi di non comprarlo. In più gli stava una meraviglia, metteva in risalto il suo fisico asciutto e tirato. Gli altri gli avevano detto che era troppo gracilino e non era credibile come pompiere, ma lui era totalmente compiaciuto della sua figura in quella tutina rossa da potersene vergognare.
E accanto, nella foto, c’era lei. Bella come sempre nel suo completo da cheerleader.
Odiava guardare le ragazze. Odiava guardare tutte le ragazze tranne lei.
La sua unica donna. La stessa donna che lo aveva cacciato senza ritegno.
Gli mancava.
Gli mancava come l’aria. Ma non si sarebbe tirato indietro per nulla al mondo.
L’orgoglio era più forte della mancanza. Non sapeva se anche lei sentisse la sua.
Ma era certo che questa volta non sarebbe stato lui a tornare indietro.
Pretendeva le scuse di Selene. Le pretendeva, perché se le meritava tutte.
 
Mise via il cellulare e spinse il carrello in avanti.
 
Poteva capire che lei fosse confusa… turbata… ma non doveva comportarsi in quel modo.
Lo faceva per lei. Lui faceva sempre tutto per lei. Era fin troppo buono nei suoi confronti.
Era l’affetto più grande che aveva.
Selene.
Selene l’aveva sempre protetto e ascoltato. L’aveva accettato. Anzi no, non lo aveva ‘accettato’, perché per lei non c’era mai stato nulla di strano o innaturale da ‘accettare’.
Certo era che lo prendeva in giro, ma c’era quello sfondo di dolcezza nelle sue battutine a cui lui non poteva fare a meno di intenerirsi. Non aveva mai voluto bene a nessun altro come lo voleva a lei. Il suo amore mancato. Se non avesse avuto determinati istinti nei confronti degli uomini, si sarebbe sicuramente innamorato di lei. La sua bambina.
Si chiamò rammollito mentalmente.
Ma forse ‘checca isterica ’ era il termine più appropriato.
Rise.
 
Una vibrazione lo distolse dai suoi pensieri. Un numero sconosciuto. Rispose.
< Con chi parlo? >
< Richy? Richy Lokk? > una voce preoccupata all’altro cavo.
< Sono io, con chi parlo? > chiese ancora.
< Sono Luke, il ragazzo di Selene. Mi hanno chiamato dall’ospedale… l’hanno ricoverata. >
Gli si gelò il sangue nelle vene. < Ri…Ricoverata? > la voce tremante.
< Tranquillo, nulla di grave. È solo svenuta. >
< Solo svenuta? Nulla di grave? Selene è in ospedale e mi dici di stare tranquillo!? > sbottò spaventato.
< Ti prego, ascoltami bene. Non posso lasciare il locale, c’è il pienone e qui va tutto a rotoli se mi allontano anche solo cinque minuti. Selene non c’è e devo sostituirla io al bancone. Puoi andare a dare tu un’occhiata all’ospedale, te ne prego? >
Lo sconcerto di Richy arrivò alle stelle.
< La tua ragazza è in ospedale! Come fai a stare così tranquillo?!?! È più importante uno stupido locale?!?! >
< Non dire sciocchezze! Sai bene quanto tengo a Selene, solo che è una serata particolarmente movimentata. Quelli dell’ospedale mi hanno assicurato che non è nulla di grave. >
< Dov’è? >
< Se sei impegn… >
< Dimmi dov’è! >
< Al Roosevelt. >
Chiuse la telefonata senza preoccuparsi di salutare. Abbandonò il carrello al centro della reparto e iniziò a correre verso l’ospedale. Fortunatamente non era troppo lontano.
 
In dieci minuti era arrivato, sudato, con la preoccupazione alle stelle ed estremamente deluso dal comportamento di Luke.
Chiese ad un’infermiera dove cercare Selene Thikin ancora col fiatone.
Quella lo squadrò da capo a piedi schifata prima di iniziare a digitare sul suo computer il nome.
< Quarto piano. Stanza 325. > Scandì.
 
Richy ricominciò a correre.
Passò davanti l’ascensore, ignorandola. Ci sarebbe voluto troppo tempo per aspettarla.
Arrivato al quarto piano, localizzò la camera e vi entrò senza chiedere il permesso.
Lei dormiva.
Apparentemente stava bene, tranne un leggero livido sulla tempia le condizioni erano normali.
Incrociò lo sguardo di un medico nel corridoio e lo costrinse a dargli spiegazioni.
 
Quando ebbe finito si avvicinò al letto e le afferrò la mano premurosamente.
Il suo essere accaldato per la corsa in contrasto col freddo dell’ospedale lo stava facendo per contrasto raffreddare velocemente. Sentiva la netta differenza fra le sue mani fredde e quelle calde della ragazza. Sperò che lei non se ne rendesse conto.
Continuò a guardarla per molto tempo dormire.
Quando aveva saputo che non stava bene era andato totalmente in crisi.
Non avrebbe saputo cosa fare senza di lei.
Le voleva un bene infinito. Con tutte le forze lottò contro la stanchezza per poter vegliare sull’amica e solo a notte fonda prese finalmente sonno, pur non volendo.
 
 
*********
 
< R… Richy? >
Sentendosi chiamare il ragazzo aprì gli occhi di scatto.
< Buongiorno testona. > disse calmo.
Selene sentì salire una profonda angoscia.
Una lacrima le scivolò piano sul viso.
< Aspetta, aspetta che stai facendo! Non sono stato qui tutta la notte per vederti piangere al risveglio! > Le due profonde occhiaie che aveva confermavano la sua versione dei fatti e Selene non poté che sentirsi ancora peggio.
< Ti prego vieni qui e abbracciami… > gli sussurrò piano.
Lui si avvicinò e la strinse forte.
< Riuscirai mai a perdonarmi? Sono stata una cretina. Ti prego. Ho bisogno di te. Io… io… mi sei mancato così tanto… mi… mi dispiace. > disse tra un singhiozzo e l’altro.
< Ehi, shh! Shh! Smettila. Sei perdonata. Adesso smettila di piangere, che poi lo faccio anche io. Lo sai che sono suscettibile! Dai su. Fai la ragazza forte! >
Selene rise, tirando su con il naso.
< Mi hai fatto preoccupare tanto… > confessò lui.
< Mi dispiace… >
Si strinsero ancora la mano, presa che mai una volta avevano lasciato dalla sera prima.
< Per un attimo ho pensato che tu fossi Luke… > sbuffò Selene.
< Luke! Dobbiamo andare a prenderlo a calci nel sedere! Solo svenuta! Ma per favore! > sbottò tutto irritato, facendo ridere la ragazza.
< Che c’è!? Che ridi?! Merita di scivolare su una buccia di banana! >
La ragazza continuava nella sua risata. E lui… lui amava sentirla ridere.
< Lasciamo perdere quello scimmione và. Lo prenderò a calci più tardi. > l’ennesima sghignazzata lo interruppe, ma lui la ignorò di tutto punto, indispettito. < Piuttosto… posso capire cosa ti è successo signorina? > ritornò giocoso ad investigare, suo solito.
< Sono svenuta? Non lo so con certezza… ricordo che stavo correndo… che ero molto confusa… e poi il buio. >
< Sei andata a correre… vuol dire che c’è un problema. >
< Lo sai bene qual è il mio problema. > lo guardò seria per la prima volta.
< Stai ammettendo di aver un problema dai capelli neri e grandi tette? > scherzò lui per sdrammatizzare.
< Già… > rise piano, poi ritornò a guardarlo.
< Mi aiuterai a risolverlo? >
 
< Che domanda stupida… > sorrise.
 
 
 
 
Continua…


Angolo Autrice

Perdonatemi T.T Perdonatemi vi prego... non mi sono scordata di voi, lo giuro! E' che la settimana scorsa sono stata fuori (Jesolo <3 ) e non ho avuto la possibilità di aggiornare. Al ritorno.. tra la scuola, i compiti da recuperare..  ho avuto pochissimo tempo. Per lo stesso motivo non ho potuto rispondere alle recensioni, ma lo faro prestissimo, promesso.
Detto questo... sono piuttosto felice di questo capitolo. E' uscito molto meglio di quanto avessi immaginato. 
Sono soddisfatta per una volta :D 
Come avrete capito è tutto incentrato sulle amicizie <3 Che cosa tenera e carina <3
Amo tanto tanto Richy <3 La mia checca <3 
Vi lascio :D Fatemi sapere la vostra.. lo sapete quanto ci tengo *fa due occhi da cerbiattina*

Love u!
Stefy

    

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Capitolo 13
*** Dreams and Memories ***


 

Dreams and Memories

 
< Signorina Ramirez… il suo caffé. >
L’ispanica squadrò il suo assistente con disgusto. Odiava essere disturbata mentre scriveva.
Avrebbe dovuto già averlo capito quella sottospecie di nano da giardino che si ritrovava per segretario. Malvolentieri gli fece un cenno con la mano, ordinandogli così di entrare, e senza mai degnarlo di uno sguardo, si fece lasciare la bevanda sulla scrivania.
Il ragazzo, spaventato, sgattaiolò subito fuori dalla stanza salutando cordialmente il suo capo.
 
La donna alzò gli occhi sulla propria scrivania.
Miss. Ramirez, citava la targhetta su di essa poggiata. Un’ondata di orgoglio la invase.
Era tutto suo. Tutto quell’ufficio, tutti quei titoli, tutte quelle scartoffie.
Se l’era guadagnati. Dopo anni passati a scrivere articoli da quattro soldi, per giornali da quattro soldi, aveva avuto il suo grande scoop. Lo stesso scoop che aveva incorniciato in bella mostra sulla parete principale del suo studio.
 
Trascinò piano il cartone del proprio caffé a sé e ne prese un sorso.
Gli occhi si fecero di fuoco, così come l’animo.
Premette un pulsante sul telefono fisso, era collegato direttamente alla cabina-ufficio del suo assistente.
< Josh. La prossima volta che ti scordi di macchiarmi il caffé, giuro che ti licenzio. >
 
Adorava terribilmente torturare i propri sottomessi. Lei era il capo, tutto le era dovuto. E in più aveva una sorta di spietato cinismo interiore che non poteva che venir fuori in circostanze come quella.
 
Compiaciuta tornò a lavorare al suo articolo. La prima pagina non poteva aspettare, no?
 
Nel momento in cui ritornò al suo lavoro, di nuovo qualcuno bussò alla porta.
< Chi diavolo è ora?!? > sbottò bruscamente.
< Mi scusi il disturbo signorina Ramirez… > Una bellissima ragazza bionda entrò dalla porta, chiudendola subito alle sue spalle.
Il suo capo le donò uno sguardo eloquente… era sempre difficile tenere a bada gli ormoni di fronte a quel bocconcino.
< Eleonor… dimmi tutto… > soffiò mentre l’altra si avvicinava alla sua scrivania sorridendo.
< Volevo solo sapere se le mie bozze per quell’articolo su Petronis sono state corrette… sa… sono passati tre giorni. >
< Perché chiedi a me… sai bene che non me ne occupo io. >
< Lo so signorina… ma non saprei a chi altro chiedere… >
L’ispanica ci pensò un secondo.
Le bozze… le bozze… chi diavolo è che corregge le bozze?
< Thikin! Me le doveva consegnare ieri! > sbottò irritata. < Tranquilla Eleonor… entro domani le troverai sulla tua scrivania. >
< La ringrazio signorina Ramirez. > disse congedandosi ed uscendo dall’ufficio.
 
Il capo la squadrò mentre usciva. Di gambe così ce n’erano poche in giro, pensò furtivamente. Quella biondina le faceva uno strano effetto. Le ricordava i tempi passati… quelli del liceo. Quelli del suo primo amore. Il periodo più sofferto della sua vita, e allo stesso tempo il più bello. Pur non accettandolo mai, aveva imparato a convivere con quel suo istinto verso le donne.
Non poteva far nulla a riguardo, se non tentare inesorabilmente di evitarlo e di nasconderlo.
Il passato era passato, e gli istinti andavano repressi, così come la sua natura.
Si stava per sposare ormai, con un magnifico uomo. Il ragazzo più dolce del mondo. Il suo esatto opposto. Già. Perché tutto quello che lei sapeva essere era una falsa, bugiarda e codarda che si nascondeva dietro un bastardo cinismo.
 
Ma doveva bastarle. La felicità la si trova nei compromessi, no?
E lei sapeva accontentarsi.
 
Tristemente tornò alla realtà, tentando di riprendersi da quei pensieri cupi.
E quale modo migliore di farlo se non quello di strigliare un suo povero dipendente?
 
 
 **********
 
 
‘La camera era semibuia, una sola sottile striscia di luce filtrava dalle tapparelle chiuse. Lilian odiava svegliarsi a causa del sole e lei si limitava ad accontentarla.
Era notte, e la luce che osava entrare era quella del lampione al di fuori della finestra.
Le due si guardavano negli occhi ormai da tempo, né l’una né l’altra sapeva da quanto stessero lì. Eppure nessuna aveva la voglia e la forza di tagliare quel filo, e quell’unico contatto, che le legava.
< Grande idea quella di piazzare un lampione fuori da una finestra… > sussurrò piano.
Emily accennò appena un sorriso. < Grandissima… > ironizzò.
Era inverno pieno e il freddo non tardava a farsi sentire in quella stanza priva di riscaldamento.
 
Un semplice appartamento. Un semplice e meraviglioso appartamento. Non che fosse bello, anzi. Era tutto di un grigio smorto, la maggior parte dei parati iniziavano a cedere e a strapparsi, e nella sua totalità comprendeva una camera da letto con annessa cucina e un bagno dalle tubature mezze arrugginite. Era tutto quello che Emily si poteva permettere infondo. Dopo essere scappata di casa, aveva racimolato il possibile con tutte le sue forze. E solo in seguito ad infinite ricerche era riuscita a trovare quell’adorabile bugigattolo che teneva come fosse una reggia.
Questo solo perché era il loro personale nascondiglio.
Di tanto in tanto Lili passava dei giorni lì con lei e insieme riempivano quel posto freddo di amore. Sentivano di non doversi separare. La loro unione le avrebbe salvate dalla crudeltà del mondo esterno a quelle mura. La famiglia di Emily non aveva mai accettato quello che lei era, né tanto meno quell’affetto così profondo per Lili… quella relazione.
 
Ma non era quello l’importante. Non più.
 
L’importante erano loro due.
Loro due e il loro amore, capace di riscaldarle come nessun termosifone o impianto elettrico sarebbe stato mai capace di fare.
 
Emily sentì la mano della sua ragazza muoversi e andarsi a poggiare sulla sua.
Il piumone si era appena smosso a quel movimento ma già un’ondata di quel profumo dolce, il profumo del suo corpo, l’aveva investita.
< Ti amo Lilian… come non ho mai amato… >
< E’ troppo facile così… sei giovane.. chi ti dice che non amerai più? >
< Nessuno… ma sarebbe difficile anche solo pensarlo… > ammise incupendosi.
 
< Ti amo anche io. >
 
Emily sorrise. Era il momento più bello della sua vita, lo sapeva.
Quella convinzione la assalì dal profondo e d’istinto la portò ad avvicinarsi alla compagna.
Per la prima volta chiuse gli occhi, nel buio cercò le labbra dell’altra e, trovate,vi posò un lieve, soffice bacio.
 
Ma il profumo era cambiato.
Il tocco, il tocco non era lo stesso… quella mano era diventata fredda.
Il terrore la invase. Quella sensazione di vuoto.
Il dolore del distacco.
Riaprì gli occhi terrorizzata.
 
Perché li aveva chiusi? Perché aveva osato perdersi quei pochi attimi in cui tutto era cambiato?
 
I capelli non erano più di quel bel corvino, ma erano biondo sabbia.
Gli occhi non erano più di quel magnifico marrone scuro, ma nocciola.
I lineamenti non erano più marcati dalla stanchezza, il volto era leggero e delicato come quello di una bambina.
Indietreggiò sul letto, spingendosi oltre il bordo e cadendo nel disperato tentativo di urlare.’
 
< SELENE! >
 
*************
 
< SELENE! >
La ragazza si voltò spaventata dalla sua scrivania.
< Vieni subito nel mio ufficio! >.
< Certo capo, arrivo subito. > Scattò in piedi dalla sedia girevole e corse in direzione della stanza.
La porta si era già violentemente richiusa. Lanciò uno sguardo implorante a Josh, con cui poco prima aveva parlato. E menomale che era di buon umore. Sembrò dirgli con gli occhi.
Bussò velocemente alla porta e si fece avanti senza chiedere permesso.
 
< Mi dica signorina Ramirez. >
L’ispanica le scagliò contro uno sguardo di fuoco.
 
< Mi sai dire il tuo cognome? > chiese sarcastica.
< Thikin, signorina… > La bionda era rimasta stranita da quella domanda. Se c’era una cosa che quella strega odiava era chiamare i suoi dipendenti per cognome.
 
< Oh. Che fortuna! Pensavo che avessi dimenticato anche quello. > Un ghigno cattivo le comparve sul volto. < Sai anche… così per caso… dirmi che giorno è oggi? >
< E’… è il 12 Aprile signorina… > deglutì.
< E questo vuol dire che… >
< Sono in ritardo nel consegnare le bozze. > ammise impaurita.
 
< Meraviglioso! Sai fare anche un ragionamento così complicato! M.e.r.a.v.i.g.l.i.o.s.o! > scandì.
< Quando pensavi di portarmele, sentiamo. >
 
< Ovviamente oggi signorina… le ho nella mia cabina. Devo solo dar loro una rilettura. >
< Una rilettura? Avresti dovuto portarmele ieri! Devi ancora dar loro una rilettura?!?!? > le urlò contro. Fece quindi un respiro profondo e tornò calma.
 
< D’accordo Selene. Voglio darti un’altra possibilità. Portami queste bozze, corrette ovviamente. Se saranno minimamente accettabili, lascerò correre e ti licenzierò la prossima volta. >
 
La bionda, terrorizzata da quella furia, ringraziò e corse nella sua cabina a recuperare gli articoli.
Tornata, trovò il suo capo con gli occhiali in una mano e l’altra a stropicciarsi gli occhi stancamente. Sembrava più calma.
Gli porse i lavori e si sedette di fronte alla scrivania in silenzio.
 
< Allora… vediamo un po’… > alzò per un secondo gli occhi.
< Nessuno ti ha dato il permesso di sederti. >
Selene scattò in piedi.
< Scherzavo tesoro, siediti. > rise. < Quanto adoro il mio lavoro... > borbottò tra sé e sé.
La bruna diede una veloce occhiata alle varie bozze.
< Sembrano accettabili. Complimenti. >
< Per… per cosa? >
< Per non aver perso il posto… ancora. > sorrise beffarda per un istante. Quindi tornò seria.
< Fuori di qui. > e con un gesto della mano scacciò la ragazza dalla sua vista.
 
 
*************
 
 
Emily spalancò gli occhi e tornò lentamente alla dura realtà.
Era nell’ufficio di Dido, dormiva su una sottospecie di divanetto e la sua unica compagnia erano le adorate piantine del patrigno.
Si passò una mano tra i capelli, affannando ancora, e si rese conto di essere un bagno di sudore.
Subito sfilò la canotta umida e, a petto nudo, cercò nella valigia un ricambio veloce.
Sembrava notte, colpa delle serrande chiuse. In realtà però era mattina presto, e la ragazza se ne rese conto per la luce forte che filtrava dalle imposte.
Quella scena le riportò alla mente il suo sogno.
Il suo incubo… ultimamente fin troppo ricorrente.
 
< Scommetto che ti piacerebbe ora sapere che non sono riuscita più ad amare… > commentò dura, ricordando il caratteraccio del suo primo amore.
 
Lilian.
Ragazza bella come poche altre. Ma non sempre amata da tutti.
Un caratteraccio come il suo era difficile da sopportare, figuriamoci da amare. Emily probabilmente invece l’amava proprio per quello. Per quel suo terribile cinismo, per il sadico modo con cui usava parlare alle persone a cui non voleva bene. Sapeva che a lei era riservato un trattamento particolare e questo non poteva che farla sentire speciale, ogni giorno.
Fin da subito, fin dal primo momento che erano diventate amiche si era comportata in maniera differente nei suoi confronti. Sicuramente ci aveva messo un po’ per farla sciogliere completamente, rimaneva pur sempre la regina di ghiaccio, ma ce l’aveva fatta. Era quello l’importante. E oltre a farla sciogliere, la fece anche innamorare… cosa ben più difficile e complessa.
Mai era riuscita però a farglielo ammettere davvero.
E quell’unico ‘ Ti Amo ’ che aveva sentito uscire dalle sue labbra, le rimbombava ancora ogni notte nella testa, come fosse una cicatrice invisibile e indelebile nella sua memoria.
 
Emily alzò lo sguardo dal pavimento. Qualcuno aveva bussato alla porta.
< Avanti… > biascicò passandosi una mano tra i capelli umidi.
 
< Sei ancora conciata così? > Dido fece il suo ingresso trionfale nell’ufficio. < Nessuno vorrà mai una coinquilina barra dipendente con questo aspetto indecente, sai? Devi darti una ripulita! >
< Non dirmi che sei venuto fin qui a svegliarmi per questo!?!? > rispose seccata la ragazza.
< Sì! Okay no… In realtà mi serviva un po’ d’erba… sai ho finito la scorta… e passando di qui mi sono detto ‘perché non darle una dolce spintarella a prendersi le sue responsabilità?’. Quindi… >
Emily lo guardò contrariata dal basso verso l’alto. Odiava quando le persone si intromettevano nella sua vita e odiava il modo esagerato in cui gesticolava Dido mentre parlava. Ma gli doveva un bel po’ di cose, specialmente in quella situazione, e con uno sbuffò si tirò in piedi e andò verso il bagno.
 
< Brava la mia bambina > la prese in giro lui.
< Zitto! Prima che la bocca te la chiuda io! > disse con fare minaccioso.
< Calma tigre! > La ragazza si bloccò a quelle parole. < Vado giù… quando mi vuoi sai dove trovarmi. > L’uomo uscì dalla stanza ed Emily si riaccasciò sul divano.
 
Come aveva fatto a dimenticarsi la parte più brutta del suo incubo?
Come aveva fatto a dimenticarsi della reale causa della sua sofferenza?
Lilian era uscita dalla sua vita ormai da parecchi anni, e in quel sogno l’ombra lontana che rappresentava, quel lontano ricordo…che bruciava ancora forte nella memoria, era secondario.
Il vero problema non era lei.
 
Ma Selene.
 
 
***********
 
 
Il telefono squillò e il trillo della suoneria riempì la cabina immediatamente.
< Con chi parlo? > Rispose.
< Selene Thikin? > Una voce maschile dall’altro cavo.
< Sì sono io. Mi dica. >
< E’ richiesta al secondo piano. Il prima possibile salga. > Ordinò il vocione.
< Arrivo subito. > Attaccò.
 
Selene sbuffò. Non le piaceva affatto la cosa. Piano superiore? Piano superiore significava consegna di altre stupide bozze da correggere. Quando avrebbe avuto il suo momento? Mai! Mai di questo passo. Aveva scelto quella professione per scrivere articoli… non per correggerli.
Ci fosse stato da correggere qualcosa poi! Erano sempre buoni! E questo la faceva sentire solo ancora più inutile.
 
Si alzò dalla scrivania e si avviò verso l’ascensore.
Scoraggiata la chiamò e vi entrò.
Nel momento in cui le porte si stavano per chiudere un piede le bloccò e le costrinse a riaprirsi.
Un’affascinante capoufficio fece il suo trionfale ingresso nell’abitacolo, intenta a stirarsi con le mani il vestito. < Oh. Selene. Oggi è destino che debba vederti. > La biondina rispose con un cenno.
< Secondo piano, Signorina Ramirez? > chiese poi.
< Certo. >
 
Pochi istanti dopo che l’ascensore ebbe cominciato a muoversi si sentì un rumore a dir poco spaventoso e le luci si spensero. Immediatamente la lucina di emergenza si accese.
Il panico salì forte nell’abitacolo ma subito fu smorzato dall’ispanica.
 
< Bene! Mi sa tanto che è mancata la corrente. Ti toccherà stare ancora con me mia cara Selene. >
 
Risero entrambe.
 
< E a lei toccherà stare con me, signorina. Chi resisterà di più? >
  
 
 
  
Continua…



Angolo Autrice.

Sono da ammazzare di botte. Lo so. E sto sempre a scusarmi... Voi mi perdonate sempre vero? 
Giuro che ce la metto tutta per pubblicare prima possibile ma tra i mille impegni mi riesce tanto difficile.
Detto questo... Occhio ai nuovi personaggi! La signorina Ramirez è il mio sogno erotico per eccellenza ( *Arrossisce e muore per averlo ammesso davvero*).  E' liberamente ispirata ad una certa 'Santana Lopez' di cui alcune di voi avranno sentito parlare u.u Con la differenza fondamentale però di essere mia... almeno lei...
Emily inizia a ripensare al passato. E' il momento di affrontare l'ombra di Lilian e i suoi problemi con l'amore.

Spero sia stato un capitolo di vostro gradimento :D
Fatemi sapere ;)

Stefy

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Capitolo 14
*** Elevator ***


Elevator

 
 
< Penso proprio che moriremo qui. > L’ispanica pronunciò quella fatale sentenza appoggiandosi con la schiena ad una parete e scivolando a sedersi per terra.
La cabina era semibuia, solo una piccola luce d’emergenza brillava in un angolo, permettendo di distinguere i contorni delle cose.
Erano ormai quattro, cinque minuti che le due ragazze erano chiuse nell’ascensore. Fortunatamente l’ambiente non era molto piccolo, e nessuna delle due soffriva di claustrofobia, quindi la tensione non era esagerata.
< Dice che si sono scordati di noi? >
Dal basso la capoufficio squadrò con cattiveria Selene.
< Forse di te che sei insignificante si possono anche scordare. Ma io sono il capo, ragazzina. >
< Piuttosto… ti funziona il cellulare? > continuò.
< Non prende qui dentro… a lei? >
< No! E smettila di darmi del lei! Mi fai sentire vecchia. >
< Mi ha appena chiamata ragazzina… implicitamente se l’è detto da sola. >
L’ispanica spalancò la bocca.
< Fai attenzione alle cose... È una dote ottima. >
< Mi sta facendo un complimento? >
< Scordatelo, ragazzina! Io non faccio complimenti a nessuno! >
< Come vuole… > la buttò lì la bionda, scivolando a sedersi al fianco dell’altra.
 
< Smettila di parlarmi in questo modo. Dammi del tu! Cavolo non lo chiedo mai a nessuno… e quando lo chiedo non lo fanno. Poi si permettono anche di chiamarmi ‘strega’… ! > La Ramirez continuava a lamentarsi, irritata, suscitando le risate della sua dipendente.
< Smettila di ridere! Non c’è nulla da ridere! Vorrei vedere te! >
< Oh… non vorrei mai essere nei tuoi panni! > rise ancora.
< Che vuoi dire con ciò? Scommetto che mi fate mille sortilegi contro, voi luride cavie da laboratorio. >
< Osi biasimarci? > Sorrise, girandosi a guardarla negli occhi.
Era davvero bella.
< Hai ragione… > Abbassò il capo e piegò le gambe, divaricandole quanto bastava da potervi poggiare sopra le braccia. < …Ma è più forte di me. Insultarvi è la cosa che mi riesce meglio, dopo l’essere un capo eccezionale ovviamente. > Sorrise.
< Ed essere di una assoluta modestia. > Aggiunse Selene, divertita.
Non era poi tanto acida quanto pensava. Sapeva essere accettabile come persona, quando e se voleva.
 
< Coraggio… parlami un po’ di te… che ci fai in questo manicomio? Fidanzata, non fidanzata? Dilungati pure… abbiamo parecchio tempo e a me piace ascoltare. > Esordì dopo un po’ la Ramirez.
Ascoltare le piaceva davvero, peccato che la sua acidità a volte faceva capolinea con commenti inappropriati. Pur impegnandosi, non riusciva a trattenersi mai del tutto dal farli, ma ci stava lavorando.
Selene la guardò spiazzata. Tutto si poteva aspettare, fuorché quella richiesta.
Cosa avrebbe potuto mai dirle? La verità? Forse sì. Forse sarebbe stato bello ammetterlo per una volta. E infondo non le costava nulla, non aveva niente da perdere.
Quindi…
 
< D’accordo… > disse in un sospiro. < Ma si risparmi commenti su di me. > Aggiunse.
< E perché mai? >
< Non le conviene farlo sa? Ho una bambolina voodoo a casa che le assomiglia molto… e non ho paura ad usarla. > La guardò con occhi di sfida, poi sciolti in una risata.
< Ci proverò. Ma tu smettila di darmi del lei! >
< Ci sto provando! > rise. < Allora… in questo manicomio mi ci ritrovo perché fin da bambina ho avuto la passione per lo scrivere. > Assunse un aria sognante a ripensare al suo passato. < I miei genitori mi dicevano che era un lavoro improduttivo, che non ci avrei mai guadagnato nulla. Mi dicevano di rimanere lì a casa a mantenere l’attività di famiglia… ma io non volevo. Ero stanca della vita di campagna… e così… sono venuta nella grande mela in cerca di fortuna… e lavoro. > Alzò gli occhi. < E ho trovato lei! > rise, per poi tornare subito seria. < Nulla contro questo posto, anzi, lo adoro. Ma… > sospirò. < Penso che di questo passo non avrò mai la mia occasione… e continuerò a correggere stupide bozze per sempre… >
 
La capoufficio la guardò con tenerezza celata. Quelle parole le ricordavano un po’ quello che anche lei era stata fino a poco tempo prima.
< Ovvio che non la avrai mai! Se continui a portare sempre quelle poche bozze che ti danno in ritardo al tuo capo. > rise, seguita dall’altra.
< Non smettere di crederci ragazzina, vedrai che quando meno te lo aspetti avrai la tua occasione. >
Selene sorrise, ma in quel sorriso la Ramirez notò un cipiglio triste. Decise pertanto di sviare subito il discorso.
< Allora? Hai il ragazzo? >
Quella domanda colse di sorpresa Selene.
Lo aveva. Lo aveva il ragazzo. Ma non voleva lui. No. Voleva una ragazza. Voleva la ragazza.
< Sì… sì ce l’ho… > esitò. Sentiva gli occhi dell’altra addosso. Si era accorta della sua esitazione nel dirlo, probabilmente.
< Cosa c’è? Non lo ami più? Ti ha tradita? Non è normale che ti faccia intristire così pensare al tuo ragazzo! >
< Credo… credo di non averlo mai amato. > sputò la bionda. Stupita lei per prima delle sue parole.
Era così presa da Luke… totalmente cotta… ma poi era arrivata lei ed aveva sconvolto tutto.
 
Tutto quello che credeva sicuro era di colpo svanito a causa sua. Tutto.
 
< Bene! Perché è ancora il tuo ragazzo allora? >
Selene alzò gli occhi in quelli dell’altra ragazza.
Si meravigliò di quanto fossero profondi ed espressivi.
< E’… è una cosa difficile. >  
< Oh dai! Non ci vuole molto a dire ‘Senti non ti amo più. Tra noi è finita. Puoi anche buttarti da un ponte, perché a me non interesserebbe minimamente ’. Dico sul serio. Non ci vuole tanto a dirlo! >
Risero entrambe.
< Hai ragione… ma… >
< Avanti qual è il problema ragazzina! Non farmi impazzire, sputa il rospo! >
< Credo… credo di essere innamorata… >
< Ohhh!!!! Benissimo! Appena usciamo di qui corri da questo ragazzo e gli dici che lo ami. >
< E’ impossibile. >
< Perché? L’unica cosa insuperabile è la morte. Aspetta… mica è morto? > L’ispanica sbiancò tutta di un colpo. Selene rise, ma una lacrima le scese veloce sul viso.
< Non è morto. >
< Per fortuna! Allora cosa ti impedisce di correre da lui? >
 
< Non è un lui… > buttò fuori Selene, poi dal pavimento alzò gli occhi in lacrime a cercare la profondità di quelli dell’altra. < E’ una ragazza… > singhiozzò. < Una bellissima ragazza che io ho allontanato da me… e per cosa? Per paura? Paura… ma paura di cosa? Di stupidi pregiudizi? Alla gente non frega nulla di chi tu sia o non sia… Non la vedo da un mese, e mi manca da morire. Mi mancano le sue labbra, il suo sorriso… quel modo strano di comportarsi… quell’aura di mistero che la circonda. >
 
Presa dal suo pianto Selene non si accorse nemmeno che intanto l’altra era bruscamente sbiancata. Con la bocca aperta e gli occhi sbarrati continuava a guardarla, ma in realtà non la guardava affatto. I suoi occhi erano trascinati in un brusco viaggio a ritroso nei ricordi. Sembravano tutti così vivi, come fosse passato solo un giorno, solo un’ora. Solo un’ora da quando… da quando aveva lasciato il suo più grande amore. Per quella stessa fottuta paura.
 
Istintivamente prese la mano di Selene tra la sua e la strinse forte.
Nessuna delle due sapeva con esattezza cosa stava facendo o chi stesse consolando chi.
Ma non interessava minimamente loro. Erano lì perché il destino ce le aveva rinchiuse.
Ognuna persa nei propri pensieri, riconoscevano però entrambe il loro unico appiglio al mondo reale in quella stretta di mano.
 
Ci vollero parecchi minuti prima che le due ragazze tornassero in loro.
Fu la capoufficio a parlare per prima.
< Se la ami. Se la ami davvero. Cercala e falla tua. >
Rivolse il proprio sguardo agli occhi umidi della biondina.
< Non rischiare di vivere un’intera vita… - prese aria - nel rimpianto... per delle stupide paure. > Soffiò tutto fuori in un lungo sospiro.
< Sarebbe il peggiore errore che tu potessi mai commettere… >
Selene tirò su col naso e si asciugò le ultime lacrime.
< D’accordo… >
< Ora… non ti aspettare abbracci o cose del genere! Non è nel mio stile! >
Entrambe risero.
 
Un forte rumore risuonò nell’abitacolo.
In un istante l’ascensore riprese vita e ricominciò la sua lenta ascesa.
< Perfetto! > L’ispanica fu sollevata dal tempismo di quel movimento.
Non voleva assolutamente che una propria dipendente la vedesse piangere.
Era stato difficile trattenersi fino a quel momento, ma ce l’aveva fatta. La volontà però cominciava a cedere, e le lacrime premevano. Quelle stesse lacrime troppe volte respinte e nascoste.
Erano ancora lì. Pronte ad uscire per l’ennesima volta. Quasi fossero interminabili.
Non si potevano consumare. Per quante volte fossero tornate a rigare quel viso dalla carnagione scura, non sarebbero mai finite davvero.
 
La porta dell’abitacolo si aprì, accompagnata da un Ding della campanella, e l’ispanica tentò di farsi spazio tra la calca fuori dall’ascensore. Una mano però le aveva afferrato il braccio bruscamente e l’aveva trattenuta dal suo intento di scappare.
 
< Grazie signorina Ramirez… > sussurrò triste Selene.
 
La bruna la guardò negli occhi.
 
< Chiamami Lilian. > sorrise, e scappò via.
 
 
Continua…
 
 

Angolo Autrice.

Salve bella gente :D Torno... questa volta con non TROPPO ritardo. Lo so che mi comporto male a lasciarvi sempre il finale in sospeso e che dovrei pubblicare più spesso...ma non dipende da me! E' colpa delle mani per il finale e di alcune adorabili puffe che mi impegnano il tempo libero >.< Date la colpa a loro!
Il capitolo è completamente dedicato alla scena dell'ascensore. Selene riesce finalmente a sfogarsi con qualcuno e quel qualcuno ci svela un  piccolo dettaglio di ENORME importanza... non trovate? >.<  è un capitolo di transizione comunque... il prossimo arriverà prima possibile :D

Fatemi sapere se vi è piaciuto :D

Ps. Il verde del titolo spicca non trovate? u.u
Piccola dedica ad una piccola puffa.. sperando che torni a parlarmi presto >.<

Baci. Stefy!
 
 
 

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Capitolo 15
*** Coincidenze ***


Coincidenze




< Dido, che diavolo è successo? Ero sotto la doccia e si è spento tutto! Ora non paghi più neanche le bollette della luce? Non pensavo fossi caduto così in basso! >
 
< Ti zittisci per favore? Mi sto concentrando. > l’uomo era su di un tappetino intento a stirarsi con una posizione yoga.
< E’ possibile avere spiegazioni? >
< C’è stato un blackout zuccherino… nulla di più. > rispose tranquillo.
< Un blackout? Wow… non poteva scegliere momento migliore… mi sono ritrovata al freddo e al buio. >
< Possibile che stai sempre a lamentarti? Perché invece non ti asciughi i capelli e non vai a fare le tue commissioni? >
La ragazza rimase un po’ basita a quelle parole. Dido era di spalle, non si era girato mai a guardarla, come diavolo sapeva che avesse i capelli bagnati?
< Ho sentito le gocce cadere sul mio adorato tappetino per lo yoga! > spiegò, quasi a leggerle nella mente.
Emily sbuffò rumorosamente. < Vado a prepararmi. >
< Perfetto! >
 
< Dio… quanto sei petulante Dido! > gridò, già nell’altra stanza.
L’altro si perse in una affettuosa risata.
 
 
******
 
Lilian era in piedi di fronte allo specchio. La testa china sul lavandino e le mani poggiate ad esso per non andare giù.
Era preda delle emozioni. La paura di guardarsi piangere. Piangere, ancora una volta, per lo stesso rimpianto. Il rimpianto di aver buttato via tutto ciò che aveva di più bello.
Il suo amore, la sua felicità… la sua stessa vita, per paura di accettarsi.
 
Accettarsi.
 
Nei loro tanti litigi, mille volte lei le aveva detto che non era la parola giusta.
 
< Non c’è niente da accettare, Lilian! Niente! Ci siamo solo io e te. Io, te e il nostro amore… la nostra natura! Cosa c’è da accettare? >
< No, no, no. Non è una cosa naturale! Non è una cosa normale! >
< Ah, no? E cosa siamo allora? Uno strano scherzo della natura? Cosa sono io, Lilian? Un mostro? >
< No… ma non capisco come diavolo fai a farla tanto facile!
< Perché ti amo cazzo! Ti amo! E non mi importa nulla degli altri! Possono andare tutti a farsi fottere! Se vogliono giudicare… lo facciano pure! A me basta avere te! Saperti mia! Perché non lo puoi capire?! >
 
Le lacrime uscirono più dolorose dai suoi occhi, bruciavano a contatto con la pelle calda delle guance.
Perché non le aveva dato ascolto? Perché aveva ascoltato la voce della paura e non quella del proprio cuore?
Si era sempre spacciata per la persona più sicura e forte del pianeta.
E invece? E invece si trovava per l’ennesima volta a morire di dolore, in una vita che non le apparteneva. Quella vita che si era costruita con estremo sforzo, e che non era sua. La viveva tollerandola, o forse in realtà non la viveva affatto.
Fingeva. Fingeva con tutti. Con suo marito, con la sua famiglia, con i suoi dipendenti, con se stessa.
Quella ragazzina le aveva riaperto quella ferita mai guarita. Quella ferita ancora sanguinante.
Perché? Perché con tante persone sulla faccia della terra si era confidata proprio con lei? Era una punizione divina quella? Non bastava il dolore che già di per sé provava?
E Selene… non aveva un amico con cui parlarne? O un familiare? Un cucciolo di cane, un alieno? Qualunque altra cosa!?
 
Ricordò per un attimo se stessa. Ricordò quanto fosse sola.
Anche lei non sapeva con chi parlarne, con chi confidarsi. Portava quel segreto dentro da anni ormai. Non una volta aveva ammesso ad alta voce i propri sentimenti, così come i propri dubbi, con nessuno. Tranne che con lei.
 
Quegli occhi verdi le tornarono di colpo davanti. Quegli occhi che tante volte avevano pregato, in silenzio, che lei dicesse qualcosa, o facesse qualcosa. Quegli occhi che aveva deluso innumerevoli volte, e che poi aveva perso… facendoli uscire a forza dalla sua vita, ma non dalla sua mente.
 
Le gambe le tremarono. Per riuscire a tenersi in piedi stringeva il lavandino con forza tale da far diventare le dita bianche.
Fu in quel momento che qualcuno bussò alla porta e lei non poté fare altro che irrigidirsi.
 
 
*******
 
 
All’uscita dall’ascensore Selene trovò il caos più totale.
Da ogni postazione provenivano urla di dolore e dispiacere. Sembrava fosse passato l’angelo della morte e avesse seminato il caos ovunque.
Si avvicinò a Josh ancora un po’ provata da tutto quello che era successo in ascensore.
< Ehi J che diavolo è successo? >
< C’è stato un blackout! Dio, è un guaio! >
< Perché… dai è solo un blackout! Che vi è preso a tutti? > domandò indicando con la mano gli altri colleghi.
< I computer si sono spenti all’improvviso, ovviamente, quando è mancata la corrente e tutti hanno perso tutto. Tutti i lavori che stavano scrivendo. Tutti i documenti aperti, i nomi, le date, tutto! >
< Oh porca! >
< E’ un guaio! Un guaio! Quando lo saprà la strega poi! Che Dio ci aiuti tutti! > Il povero ragazzo si guardò intorno istericamente. Selene lo squadrò lentamente.
 
La strega.
Non era poi così strega come voleva far credere.
L’aveva ascoltata. Le aveva dato a modo suo sostegno e consigli.
Perché una persona tanto buona nel profondo doveva mostrarsi così orribile agli altri?
Perché mentiva a se stessa così spudoratamente?
Sicuramente, si disse, Lilian ci provava gusto.
 
< A proposito! So che sei rimasta chiusa con lei in ascensore! Mi sorprende che tu sia ancora qui, viva e vegeta! > Il ragazzo tornò a rivolgersi a lei.
< Eh? > persa un attimo tra le sue considerazioni, Selene ci mise un momento in più a ricollegarsi.
< Sì… sì. Sono stata con lei… > rispose.
< Poveretta. Ti vedo infatti un tantinello stordita… che strega che è quella. >
< Sai… sai per caso dov’è andata? > chiese dopo un po’ la biondina, sempre svegliandosi dal nulla.
< Perché? >
Selene sbarrò gli occhi. Perché? Perché avrebbe dovuto cercarla? Era un domanda lecita…
Improvvisò.
< Ho dimenticato di darle un articolo… voglio farlo il prima possibile. Conosci l’ira funesta… > si finse spaventata. Josh la guardò apprensivo.
< Hai ragione! Meglio non fargliene accorgere da sola… non so precisamente dove sia… - si guardò intorno – l’ultima volta che l’ho vista andava verso i bagni… puoi provare a cercarla lì… magari è nell’ufficio sport che è lì vicino. >
< Ti ringrazio tanto! > sorrise felice Selene e con un cenno si congedò da lui.
 
 
*******
 
Primo obbiettivo: trovare un lavoro.
Secondo obbiettivo: trovare una casa.
Certo… ce la posso fare in un giorno… come no!
 
Emily era appena uscita dal Lolà, indecisa già su che direzione prendere.
Cosa stava cercando?
Sarebbe stato carino almeno sapere quello.
Ma non ne aveva idea. Non ne aveva nessuna idea.
Cominciò a camminare senza una meta precisa. Avrebbe dovuto cercare un’agenzia?
Forse. O forse sarebbe dovuta andare in giro a chiedere, magari questo era il modo più diretto per agire in velocità. Fidarsi di sé e delle proprie capacità.
Avrebbe fatto così.
La prima volta aveva funzionato. Il locale in cui tutt’ora lavorava se l’era scelto da sola, purtroppo.
Purtroppo… perché era stato proprio un suo guaio. Poteva trovarsene uno migliore! E invece no..
Era sfruttata, sottopagata e lo stipendio arrivava sempre e costantemente in ritardo.
E lei odiava i ritardatari.
La direzione era inesistente… tutto andava a rotoli lì dentro.
 
La bruna diede un calcio ad una malcapitata scatoletta di cartone sul marciapiede, stizzita.
 
Abbassò gli occhi e fu attirata da qualcosa di colorato sul pavimento. Focalizzò meglio lo sguardo, incuriosita. Era un disegno di un arcobaleno. Sicuramente improvvisato da un bambino.
Molto tenero. Pensò.
Tornò a guardare la strada davanti a sé, e un’idea le balzò in mente.
 
< Cavolo! Perché non c’ho pensato prima! >
 
 
*******
 
Richy camminava tranquillo per le vie del quartiere gay.
Il circolo LGBT era sempre stato il suo posto preferito. Ogni volta che aveva un problema serio e non riusciva a venirne a capo era sempre stato aiutato da tutti in quel luogo. Nessuno mai aveva esitato a porgere una mano o un braccio intero in suo aiuto, se ne aveva bisogno.
Nei primi periodi di vita nella grande mela Richy aveva scoperto, grazie ad un suo ‘amico’, quel circolo, e da quel momento non era più riuscito a separarsene. Adorava ogni angolo dell’edificio. Adorava ogni bandiera con l’arcobaleno al contrario appesa. Adorava ogni persona vi ci entrasse.
In quel luogo si sentiva protetto e al sicuro da ogni sopruso.
Cosa che non accadeva ancora all’esterno.
 
Di tanto in tanto doveva ancora affrontare spiacevoli incontri. Gli omofobi c’erano e ci sarebbero sempre stati purtroppo. Ma almeno quando succedeva qualcosa il biondino sapeva a chi rivolgersi.
 
 
Era appena uscito dal palazzo in questione, dopo una riunione importante tenutasi per l’argomento ‘Pride’ che iniziava a premere e a passare di bocca in bocca alla velocità della luce, come ogni anno, già di quei tempi. Tutti al circolo aspettavano solo quello.
Era un’occasione per essere liberi totalmente di vivere la propria natura senza alcun timore.
Un’occasione che capitava solo una volta all’anno purtroppo.
 
Una testa riccia gli passò davanti e lo distolse dai suoi pensieri.
Non ne era totalmente certo ma aveva il presentimento di conoscere quella sagoma, almeno vagamente. Guardò con più attenzione, convinto che fosse qualcuno del circolo, ma quei due occhi verdi lo folgorarono. Li riconobbe al primo sguardo. Erano rimasti sempre bassi fino a quel momento e al momento in cui si incrociarono coi suoi, non ebbe più dubbi.
La ragazza bruna non lo riconobbe probabilmente, ma gli rivolse un cortese sorriso e continuò, con le mani nelle tasche, a camminare.
 
Aspettò che quella svoltasse l’angolo per iniziare a seguirla.
La vide entrare in un locale e senza esitare prese il cellulare dalla tasca e chiamò.
 
 
*******
 
 
Selene si avvicinò alla porta dei bagni e tentò invano di aprirla.
Era chiusa a chiave.
Con le nocche bussò piano, incerta sul da farsi.
< C’è qualcuno? Lilian? >
Un movimento avventato tradì la ragazza all’interno, e Selene non ebbe più dubbi.
< Lilian aprimi. Sono Selene, aprimi. >
Ancora nessuna risposta.
< Rimarrò seduta qui fuori fin quando non aprirai. Sappi solo questo. >
Con fare calmo scivolò a terra, spalle alla porta, e si mise in attesa.
 
 
*******
 
< Salve. Cerco Jill… sono una sua vecchia amica. >
La ragazza al bancone la squadrò da capo a piedi.
< Chi la cerca? >
< Emily. Emily Winterson. >
< Vado a chiamarla… >
 
La bruna la guardò allontanarsi con pacatezza. Di sicuro non era una delle nuove dipendenti, aveva l’aria troppo sicura per esserlo. Si riavviò un po’ i capelli, guardandosi allo specchio.
Non vedeva Jill da mesi ormai, e un po’ quasi le mancava quella pazza scalmanata della sua amica.
Da quando, col suo aiuto, aveva aperto quel locale, la ragazza era costretta a trascorrere la maggior parte del tempo lì dentro. Non che a lei dispiacesse, ma aveva di gran lunga ridotto la sua possibilità di crearsi una vita sociale. D’altro canto però non poteva neanche lamentarsi, essere lesbica ed avere un locale per sole donne, in un quartiere gay, non era un vantaggio da poco.
Non c’era bella ragazza che Jill non avesse visto almeno una volta passare nel suo locale, uno tra i più alla moda di Manatthan.
 
< Ma guarda un po’ chi si è decisa a farsi rivedere! La mia cara socia! > La ragazza dai capelli rossi si avvicinò velocemente all’amica e la avvolse in un sincero abbraccio.
< Lo so, lo so… sono imperdonabile. Non mi faccio mai vedere in giro… ma sono una donna piuttosto impegnata, e lo sai. > Emily si aggiusto il colletto vestendosi di un’aria importante.
< E così la donna impegnata si dimentica delle vecchie amiche… > Sorrise la rossa. < Allora ‘donna impegnata ’… cosa ti porta da queste parti? Qualche ‘importante’ commissione? > La schernì l’altra, virgolettando le parole.
< In realtà… > si grattò la testa impacciata. < Mi servirebbe un favore… >
< Oh… Ogni tuo desiderio è un ordine per me… Se non ci fossi stata tu, di sicuro questo posto non sarebbe mio… Quindi spara pure! > Sorrise.
< Ecco vedi, sono stata sfrattata da casa qualche giorno fa… e al lavoro la paga tarda ad arrivare… quindi… >
< Quindi sei venuta a prelevare ciò che è tuo di diritto… ho capito… > La rossa si finse dispiaciuta ed Emily ci cascò in pieno, abbassando lo sguardo imbarazzata. < Ma è ovvio che avrai la tua parte scema di una socia! > sbottò urlando Jill.
< Cos… cosa? Sei impazzita o cosa? >
< Tesoro sono sempre stata una pazza! E mi stupisco che tu te ne sia dimenticata! Cavolo sarà meraviglioso tornare a lavorare insieme! >
Emily la guardava con gli occhi spalancati.
< Mi ci voleva una socia come te che diamine! Sono ammazzata di lavoro già da troppo tempo! Cercavo disperatamente una persona di cui potermi fidare e mi rispunti tu dal nulla! Il locale va alla grande, ma io sono fin troppo strapazzata. E tu… - la puntò con l’indice -  Tu sei perfetta! >
< Oh… Bene! Ottimo. Mi hai fatto sentire malissimo brutta idiota! > Ammise la bruna ridendo.
< Coraggio socia… Vieni dentro, fatti offrire un caffé, che poi ti porto a fare un giro del locale. Ho recentemente rinnovato… Non sai che bello è dentro ora. >
< Ti seguo tesoro! Ah… Jill… - abbassò il tono di voce - Non… non dovremmo coinvolgere la tua amica lì? > Sussurrò quasi per non farsi sentire.
L’altra le si avvicino serena. < Tranquilla è una dipendente… ed è davvero poco affabile… Meglio lasciar perdere per ora, o potresti fare una brutta fine. >
Emily sbarrò gli occhi spaventata.
< Ma quanto ti fai prendere in giro facilmente tu? > Rise di lei la rossa. < Monica, facci due caffé! >
E dicendolo tirò la nuova socia all’interno del locale.
 
 
 
********
 
 
< Avanti apri Lilian, è un’ora che sto qui fuori, tra poco anche gli altri inizieranno a cercarti e sarà di certo un bello spettacolo per loro trovare la temibile strega spaventata e chiusa in bagno. >
Bussò lievemente.
< Lilian… >
La serratura scattò. < Ma che testarda sei! Non schioderesti nemmeno se ti pagassi vero? >
< Lilian! Cavolo finalmente! Iniziavo a pensare che tu ti fossi suicidata! >
< Da quando ti preoccupi per la tua strega preferita? >
< Da quando quella strega della mia capoufficio è scappata via dopo avermi dato il miglior consiglio di sempre… - Sbuffò – ti devo un favore… >
< Stamattina non ti ho licenziata… Direi che me ne devi due! > Abbozzò un sorriso triste, poi si spostò di lato per farle spazio e permetterle di entrare.
< Perché diavolo sei chiusa qui dentro da un’ora? >
< Beh.. Se ti dicessi che la troppa vicinanza a te e alla tua incompetenza mi ha debilitata… smetteresti di fare domande? >
Selene alzò il sopracciglio sinistro tanto che l’ispanica per un attimo pensò che potesse uscirle dalla faccia e cadere sul pavimento. < Direi di no. > Si sentì rispondere.
< Avanti parla Lilian… la tua reazione non è stata per niente normale! Hai gli occhi rossi come la mutanda di Superman, a meno che tu non abbia fumato ganja, e dubito tu l’abbia fatto, hai pianto. > Alzò un braccio ad indicarla. < Tu hai fatto parlare me… ora ti passo il testimone. >
L’ispanica alzò le mani in difesa a quel fiume di parole.
< Wo, wo, wo. Calmati ragazzina! >
< Insisterò finché non parli, e penso sia chiaro che da qui non schiodo. > e dicendolo serrò le braccia, incrociandole sotto il petto.
< Non hai nient’altro di meglio da fare? >
< No! Cavolo cosa può essere più interessante di braccare il proprio capo?! >
< Già… > Lilian fece poi per sedersi a terra, ma venne fermata.
< Ehm… Non ti fa tipo schifo sederti per terra in bagno? >
< No… sono iperpuliti questi bagni. Due anni fa l’ispettore sanitario ci trovò scartafacci e scarichi intasati, all’azienda fu fatta una multa tanto salata che il capo decise di togliere soldi dai salari dei dipendenti pur di far pulire il bagno ogni ora. >
Selene ad occhi spalancati allargò le braccia.
< E’ questo il motivo dei quattro spiccioli che prendo di stipendio!?!?!? Cavolo lo pulisco io il bagno a patto di un aumento! >
L’altra sorrise di una finta ilarità e infine si sedette, seguita dalla bionda, riprendendo con lei la posizione assunta nell’ascensore precedentemente.
 
< Dunque? > Spezzò il silenzio la più piccola.
Lilian poggiò la testa all’indietro contro il muro.
< Questa non è la mia vita… > cominciò.
< Cos… cosa? Che significa? >
< Ho smesso di vivere anni fa… >
< Perché? >
< Per paura… > Sposto la testa e abbassò lo sguardo sul pavimento. < Vedi io… amavo una persona… > Sospirò.  < Amavo una ragazza… Più della mia stessa vita… e l’ho lasciata andare. > Strinse le mani. < Da allora ho iniziato a sopravvivere senz’aria, in una vita che non mi appartiene. Sto per sposarmi con un uomo fantastico, che mi tratta come fossi una regina nonostante il mio pessimo carattere. Ma che non amo. > Sorrise del sorriso più amaro del mondo. < E probabilmente è questo il motivo per cui sono tanto stronza… Perché sono infelice. >
Si girò a guardare Selene che intanto l’ascoltava in silenzio.
< Nascondo sempre tutto, lo faccio da sempre. Indosso una perpetua maschera da anni… e lo faccio così bene diavolo! Poi arrivi tu e come fosse nulla riapri tutte le ferite. >
< Mi dispiace… > sputò triste la bionda.
< No… tranquilla… Lotto con me stessa da una vita, non è un problema questo. Ma vedi il fatto è… > Prese una pausa leggera. < Il fatto è che tu, Selene, non devi fare i miei stessi errori. Cercala. Anche in capo al mondo. E fa in modo che torni con te. >
Selene scattò verso di lei e l’abbracciò.
 
In quel momento squillò il cellulare.
 
 
****
 
< Sel? Dove sei? >
< Richy che succede, calmo! >
< Sel sono nel quartiere gay, camminavo tranquillamente e poi ad un tratto l’ho incontrata! L’ho incontrata Sel! Poi l’ho pedinata! Sì, l’ho pedinata con vera classe! E ora le sto facendo la posta! >
< Richy di chi stai parlando? Calmati! >
< Devi correre Sel, corri! >
< Chi hai incontrato dannazione! >
< Lei Sel! Emily! > 




Angolo Autrice.

Sono passati quasi due anni O.O Sono da ammazzare. Non ho giustificanti.. ma chiedo lo stesso perdono. 
Non aprivo efp da più di un anno, ma più di una volta ho avuto la voglia di riprendere in mano la storia.
Questo capitolo è pronto dal Natale di due anni fa!! L'avevo archiviato con l'intenzione di scriverne altri e pubblicare poi più velocemente.. (l'intenzione era buona >.<) Ma tante cose sono cambiate, compresa me! Il mio modo di scrivere soprattutto..e quasi non mi riconosco più in questa storia.. ma voglio portarla a termine. 
Per chi ha ancora intenzione di seguirla dopo così tanto, un grazie speciale.

Ps. Mi è stato proposto di fare di questa storia una 'web series'.. mi piacerebbe un vostro parere a riguardo :) 

Baci!

Stef.

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