Fonendi, Camici e ... amore.

di sherry21
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Primo giorno di lavoro ... che disastro! ***
Capitolo 2: *** Sanji, marmocchi e ... voglia di shopping! ***
Capitolo 3: *** Battibecchi alla guida e pinguine invadenti! ***
Capitolo 4: *** Il perdono di Pulce. ***
Capitolo 5: *** Tutta colpa delle uova afrodisiache e di Pam! ***
Capitolo 6: *** Scottanti verità dentro gli ascensori, incontri a sorpresa e ... future rivendicazioni! ***
Capitolo 7: *** Scheletri terrificanti, corse disperate e ... la vita sentimentale di Pulce! ***
Capitolo 8: *** L'incertezza dei sentimenti di Sherry, coccole innocenti e ... cena a sorpresa! ***
Capitolo 9: *** telefonate notturne, scene imbarazzanti in reparto e ... la vera identità di Pikachu! ***
Capitolo 10: *** Il piano di Asso! ***
Capitolo 11: *** Commedie, rimpianti, chiarimenti ... ma sempre più vicini! ***
Capitolo 12: *** Tra i fumi dell'alcool e le palme sradicate ***
Capitolo 13: *** Battaglie d'ortaggi, bollori sotto la doccia e ... situazioni da rattoppare! ***



Capitolo 1
*** Primo giorno di lavoro ... che disastro! ***


FONENDI, CAMICI E AMORE:

Capitolo1:


Ultimo controllo con lo specchietto retrovisore della macchina.
Ero abbastanza presentabile per il mio primo giorno di lavoro.
Avevo raccolto i miei lunghi capelli castani con una coda a cavallo e indossavo una semplice gonna blu scuro assieme a una camicetta azzurra.
I miei occhi grigi erano segnati dalle occhiaie di una notte insonne, ma non erano esteticamente patologiche.
Feci un respiro profondo convincendomi che tutto sarebbe andato bene.
Presi l’impermeabile dal sedile posteriore e scesi dall’auto, d’ora in poi avrei camminato solo ed esclusivamente con le mie gambe e la paura non era contemplata.
Entrai nell’ospedale dei miei sogni con una certa dose di titubanza.
Avevo studiato sodo e alla fine ce l’avevo fatta, avevo vinto un concorso per infermieri proprio qui.
Girai su me stessa più volte guardandomi attorno.
Ero confusa e disorientata.
Il primario della terapia intensiva mi aveva spiegato come raggiungere il reparto … “appena entri, la prima porta a destra”. Mi voltai non appena varcai l’ingresso, ma non vidi niente di tutto ciò.
Feci ancora qualche passo in avanti, finché andai a sbattere contro il petto di qualcuno e uno strano liquido bollente bagnò la mia camicia.
-Ahi! Scotta … - mugugnai saltando, per poi alzare la testa e arrossire.
-Buongiorno … le posso essere d’aiuto, mocciosa addormentata?- ghignò l’uomo che travolsi con la mia disattenzione.
Era alto, moro, con gli occhi scuri e delle lentiggini appena accennate sul suo volto.
-Non sono una mocciosa … - risposi estraendo un fazzoletto di stoffa dalla borsa per pulirmi dal caffè.
- … lo vedo … - ribatté scolandosi quel poco di caffè che avanzava ancora nella sua tazza, senza staccare gli occhi di dosso dal mio seno.
Appena me ne accorsi, indossai l’impermeabile chiudendolo in tempo record: -È un maniaco per caso?- domandai fulminandolo.
-No … sono solo un medico che deve attaccare il turno fra … - diede uno sguardo all’orologio e si grattò il capo - … dieci minuti. Bella addormentata, che ci fai qui? Mi sembri spaesata … comunque, quell’impermeabile ti conveniva indossarlo prima di venirmi addosso. -.
“Forza Sherry, è il tuo primo giorno di lavoro … non mostrarti ostile nei confronti di nessuno.”
Non facevo altro che ripetermi queste parole, ma non funzionavano …
-Sei la nuova infermiera della terapia intensiva per caso? … - domandò lanciando la tazza di cartone nelle immondizie - … il caposala non da mai le informazioni giuste su come raggiungere il reparto … è un po’ addormentato, come il primario. - .
Sbarrai gli occhi e iniziai a balbettare qualcosa d’incomprensibile, mi si leggeva in fronte “infermiera pivella in cerca del reparto giusto” ?.
Il giovane mi guardò strano e sghignazzò: -Ti sta venendo un ictus? Non puoi aspettare almeno la prima busta paga?-
-Certo … - risposi decisa.
Continuò a fissarmi meravigliato e mi schiaffai una mano in pieno volto.
“Che cosa significava: certo? … Sherry, svegliati!”.
Mi attorniò le spalle con un suo braccio e sospirò con aria comprensiva: -Il primo giorno in cui sono arrivato in reparto … sono scivolato su una buccia di banana … - alzai la testa un po’ sconcertata.
Doveva risollevarmi il morale?
Inoltre, che ci faceva una buccia di banana sul pavimento di una terapia intensiva?
- … adesso che ci penso, la buccia era della mia banana … che cosa ci facevo in reparto con una banana? … -.
Scossi la testa, doveva stava andando a finire con quel discorso demenziale?
- … perché ti ho parlato della mia banana?-.
Stavo per scoppiare a piangere dalla disperazione, volevo solo presentarmi per bene il primo giorno … e invece eccomi qui, con la camicia sporca di caffè e un medico disorientato dal sonno mattutino: -Io non lo so … aveva fame? – domandai ingenuamente.
-Dottor Ace, la pianti di importunare tutte le ragazze che entrano in questo ospedale!- da dietro arrivò una ragazza alta, mora con i capelli ricci e occhi azzurri.
Appena ci raggiunse sganciò un poderoso pugno in testa al ragazzo.
-Ma … Sherry-chan?- domandò scrutandomi.
La guardai meglio, non potevo crederci …
-Sunny-chan? Da quanto tempo!-
Ci abbracciamo ma il medico ci divise: -Sunny … abbiamo una missione, arrivare in tempo in reparto almeno oggi, se no ci riducono la busta paga. -
-È vero … Sherry-chan! Sei tu l’infermiera che dovrò istruire i primi giorni? … che bello!-
Sorrisi, finalmente avevo un punto di riferimento.
 
-Sherry-chan … qui si prendono le divise ma ci si cambia nello spogliatoio dell’altra ala … -spiegò Sunny mostrandomi l’armadio.
Presi un capo e lo aprii per guardarne la taglia.
La divisa altro non era che un abito bianco con i bottoni laterali, con un taschino sul petto e due sulla gonna.
Per raggiungere lo spogliatoio passammo davanti a degli uffici. Uno di questi era socchiuso e mentre vi passai davanti, istintivamente gettai l’occhio per osservare com’erano fatti.
Avvampai e tornai a chinare immediatamente il capo.
C’era il dottor Ace che si stava cambiando … certo che aveva un bel fisico tonico e muscoloso.
Tornai a scuotere la testa.
Accidenti a me. Non ho neanche iniziato a lavorare e già mi distraggo per colpa di quel medico imbecille ma carino.
-Arrivati … - Sunny-chan aprì una porta ed io vi entrai in automatica senza memorizzare il percorso che avevamo fatto - … Sherry-chan, tutto bene? Sei rossa … -.
Annuii con la testa: -Va tutto bene … - risposi appoggiandomi a un paravento, per poi volare all’indietro come una povera idiota.
Sunny rimase a fissarmi stupita e scoppiò in una fragorosa risata.
-Sherry-chan, rilassati! Tutto questo succede solo perché è il tuo primo giorno di lavoro … -
-Wow … allora darò sfoggio di tutta la mia imbranataggine … - sbuffai per rimettere apposto un ciuffo della frangia mentre mi rialzavo.   
Aprii l’impermeabile e rivedendo la macchia di caffè sbuffai … potevo dire addio alla mia bella camicetta: -Quel dottore dell’ingresso … - iniziai.
-Chiamalo Ace, si arrabbia se lo chiami dottore. È l’unico che non fa l’altezzoso con noi infermiere.-
-Ace … è sempre così … così … -
-Giocherellone?-
- … sì … è così giocherellone con tutti?- domandai.
-Non con tutti … se gli stai antipatico ti ignora … perché lo chiedi?-
-Mi ha colpito … tutto qui … uffa, non ho neanche la camicia di ricambio. -.
Vidi Sunny sorridere e commentò: -Non cambierai mai Sherry-chan … cosa ti avevo detto delle camicette e del primo giorno di lavoro qualche tempo fa?-
-Che si macchiano facilmente per il sudore, visto che si è emozionati … ma questo è caffè. -.
Fece spallucce e sospirò: -Portano  male in generale … il primo giorno di lavoro. – ridacchiò.
La porta dello spogliatoio si aprì e vidi sbucare la testa di Ace: -Ehi pulce!-.
Sia io che Sunny ci voltammo e non potei fare a meno di sentirmi in soggezione, ma Sunny diede voce alle mie perplessità: -Scemo! È lo spogliatoio femminile torna nel tuo ufficio.-
-Mi serve la pulce … - rispose guardandomi.
Mi guardai attorno … -Io?- domandai indicandomi.
-Sì … la macchia marrone del caffè sulla tua maglietta mi ha fatto venire in mente quella bestiolina. –
-Wow … romantico … - ridacchiai - … cosa succede?-
Fece cenno con un dito di avvicinarmi a lui e disse: -Dammi la camicetta, te la lavo io per scusarmi. -.
Sentii le guance bollire e iniziai a ridere nervosamente: -Non serve … - mi grattai il collo.
-Insisto … - disse porgendo una mano.
Sapevo già che non me l’avrebbe data vinta e così acconsentii.
-Ok, dammi cinque minuti.-.
Lui era ancora lì, fermo a fissarmi con la mano allungata in mia direzione: -Non è difficile sbottonare una camicia, lo sai?- ribatté chinando il capo di lato.
Mi guardava come se fossi un alieno, non capivo che cosa volesse da me.
-Mi cambio e poi le do la camicia … - affilai lo sguardo per studiarlo meglio.
Lui scosse il capo dubbioso: -Perché non ti stai cambiando?-
Girai il capo in direzione di Sunny, che stava seguendo divertita il nostro scambio di battute.
-Perché lei è qui? … -.
Scoppiò a ridere: -Hai problemi nel cambiarti davanti a me? Sono un medico e tu infermiera … abbiamo visto tutto quello che dovevamo vedere, no?.-
-Non sono una sua paziente e tanto meno la SUA infermiera, non mi spoglio davanti a lei!-
-Fai così anche con il tuo ragazzo?-
-Non sono affari suoi! … - iniziai ad alzare la voce.
Sul suo volto si fece strada un sorriso malandrino e ghignò: -Mi sembra di capire che non hai un ragazzo … strano, hai uno spirito guerriero molto attraente. -.
Che cosa voleva dire?
Sunny scoppiò a ridere e si avvicinò a noi per tirare un pugno in testa a Ace: -Fila fuori di qui! È uno spogliatoio femminile … - la sua espressione solare e sorridente si tramutò in un inquietante broncio infuriato in meno di un secondo.
Vidi Ace rabbrividire per la paura e uscire senza controbattere.
Una caratteristica di Sunny era di incutere terrore a chiunque quando si arrabbiava e non era per nulla cambiata.
 
Sunny schiacciò un pulsante e la porta scorrevole si aprì.
C’erano 10 posti letto e un infermiere si prendeva in carico due pazienti a testa.
-Attenta alle bucce di banana … - disse una voce di mia conoscenza.
Non feci in tempo a voltarmi che fra le mani mi ritrovai una banana.
Guardai Ace in faccia e lo fissai perplessa.
-Dov’è la tua camicetta?- .
Aprii la borsetta e tirai fuori l’indumento porgendoglielo.
Si avvicinò a un mio orecchio e bisbigliò: -Ti sta divinamente, soprattutto bagnata.- sghignazzò.
Lo guardai torvo e domandai: -Perché mi perseguita in questo modo?-
Mi fissò con uno strano cipiglio, sembrava intenerito e meravigliato allo stesso tempo.
-Perché sei carina … -.
Mi superò per uscire di nuovo dal reparto e lo segui con lo sguardo, era un ragazzo strano.
Percorreva il lungo corridoio scuotendo la testa, si rigirò e mi fissò con il suo sorriso divertito: -Lo interpreto positivamente.- canticchiò.
-Che cosa?-
-Il fatto che tu mi stai guardando.- sorrise smagliante.
-Io non la sto fissando … - risposi.
“Sherry … sei una pessima bugiarda! Ricomponiti!” mi ripetei.
Si fermò e ammiccandomi disse: -Tratta bene la mia banana.-
-Tranquillo, finirà dritta nel mio stomaco al primo languorino.- sorrisi.
- … a dopo infermiera pulciosa, attenta a non inciampare come me. -.
-Non sono come lei dottore … -.
Feci per rientrare nel reparto, ma la porta scorrevole si chiuse incastrandomi una caviglia.
Volai per terra mentre la banana finì fra le mani di un ragazzo moro con una cicatrice sotto l’occhio sinistro.
Ci fissammo in silenzio per diversi secondi, finché il giovane non scoppiò a ridere: -Che imbranata! Mi stai simpatica … sei la nuova infermiera? – e sbucciò il frutto mangiandoselo.
Per fortuna qualcuno ebbe pietà di me, aprì la porta e mi mise in piedi … mi sentivo un’impedita.
-Grazie … ma, ancora lei?- domandai esasperata.
Era ritornato in tempo per trovare un altro argomento su cui schernirmi.
Il dottor Ace rise di cuore, mi strinse a sé e si rivolse al moro con la cicatrice: -Capo, lei è la nuova infermiera … pulce, lui è il caposala, Rufy. -.
Mammina, che figura che avevo appena fatto.
-Salve … - Sorrisi tirata mentre gli porsi una mano.
Fissò sia me che il dottore con aria seria: -Fate una bella coppietta … - e se ne andò, lasciandomi la buccia della banana nella mano offertagli.
Il “dottor imbecille ma carino” mi diede qualche pacca sulle spalle: -È così con tutti, per lui le convenzioni come stringere una mano e robe simili non esistono. Ci si vede in giro pulce … mi stai simpatica e preparati, solo per questo continuerò a torturarti. -.
Avvampai e abbassai nuovamente la testa, ma arrivò Sunny, che con una poderosa pacca in mezzo alla schiena mi risvegliò e mi fece mettere dritta.
-Domani sarà un giorno migliore Sherry-chan, ma non bisogna abbattersi … andiamo a prendere consegne.-
-Certo.- sospirai rincuorata.
 
Ace se ne stava tranquillo nello stanzino per le consegne dei medici.
Non sapendo cosa fare, prese una pallina di spugna e la fece rimbalzare sulla porta ripetutamente.
Continuò a giocherellare finché la porta non si aprì e la pallina volò fuori colpendo in testa il suo collega Marco.
Il morettino si girò di spalle sghignazzando per poi tornare serio, mentre Marco era rimasto impassibile anche dinanzi a quel gesto.
-Buongiorno anche a te, sei di buon umore oggi da quel che vedo.-
-C’è una nuova infermiera e mi diverto un mondo a torturarla … è simpatica, imbranata ma soprattutto bella. –
-A quando il matrimonio?- domandò il medico con la pettinatura da ananas.
Ace lo guardò storto: -Io non sono tipo da matrimonio, ti pare? Sono troppo bello per certe cose.-
-Sì, come no … È già arrivato Izo? Oppure deve dichiarare un decesso a cambio turno come sempre? I suoi turni sono un necrologio vivente. -.
Ace continuò a rigirarsi sulla sua sedia e mugugnò: -Non ha un ragazzo … -.
Marco storse il naso: -Certo, Izo non è dell’altra sponda … cosa farnetichi?-
-Non Izo … parlo dell’infermiera Sherry. Devo stuzzicarla ancora, è troppo … come dire … perfetta.- .
Nello stanzino cadde il silenzio e Marco iniziò a ridacchiare sotto i baffi.
Sapeva che cosa stava succedendo al ragazzo, ma non sarebbe stato lui a spiegargli tutto. Da quel che vedeva, il compagno non si era ancora accorto di niente.
Ace scattò sulla sedia: -Mio Dio, ti senti bene? Non ci posso credere, stai ridendo … -.
Marco si zittì e lo guardò storto: -Rido di te scemo … prendi in giro le altre persone ma tu di certo non sei tanto più sveglio … -
-Antipatico, che cosa ti ho fatto? … -.
Qualcuno bussò alla porta e Marco si alzò ad aprirla nella speranza di ritrovare Izo … invece …
-Buongiorno testa d’ananas, ti ho portato il pranzo …-.
 
Sunny e io prendemmo consegne e subito dopo la seguii nello stanzino medico.
Ad aprirle la porta fu un ragazzo alto con la pettinatura da ananas, Sunny gli diede il pranzo e mi mise davanti lui: -Ti presento Sherry … anche se ormai la conosci perché ti ho raccontato tutte le nostre ragazzate.- .
Sorrisi e gli strinsi la mano: -Piacere. -
-Il piacere è tutto mio … - rispose sorridendomi.
Era molto diverso da Ace, era molto più cavaliere e posato.
Con lo sguardo oltrepassai Marco, ritrovando il soggetto dei miei pensieri che sorrideva furbescamente e mugugnò: -Pulce, non ti eri presentata con me prima … mi devo offendere?-.
Scossi il capo e risposi: -No, perché lei ha iniziato a importunarmi con la buccia della sua banana. – sorrisi sfidandolo.
Marco fece una smorfia tra il confuso e il disgustato, mentre l’attenzione di Sunny fu ridestata da quell’argomento.
-Ace, dovremmo scrivere un libro sulla tua banana ormai è leggenda … non esiste un solo pivello di questa terapia intensiva che non conosca quest’aneddoto … senza offesa Sherry-chan.-
-Figurati … -.
Sentii una mano calda poggiarsi sulla mia spalla e non mi meravigliai nel scoprire che apparteneva a Ace.
-Possiamo presentarci adesso? Vorrei ricominciare tutto da capo, sono stato dispettoso con te prima.- .
Sentivo puzza d’inganno … ero più che sicura che un burlone come lui non potesse mai cambiare, ma non potevo tirarmi indietro.
“Dai Sherry, si vede lontano un miglio che è un tenerone di fondo. È un cucciolotto solo un po’ dispettoso, i suoi occhi parlano chiaro.”
Tornai a sorridere, mica poteva mangiarmi.
-Ok … sono Sherry la nuova infermiera, piacere.-
-Ace … - lo vidi avvicinarsi a me, che stava per fare?
Con un braccio mi cinse la vita e mi baciò a stampo - … il piacere è tutto mio. Scusami, ho passato un po’ di tempo in Russia e ci si saluta così da quelle parti. -.
Mi staccai da lui rossa in volto, ricordai di aver visto sia Sunny che Marco picchiare Ace per sgridarlo ma seguì il nero totale.
Udii la voce di Marco: -Lo sai che sono allergico alle banane! Ti proibisco di portarle in reparto.-
-Il problema non sono le sue banane ma la sua sfacciataggine … - disse Sunny.
Le voci si fecero ovattate, sapevo che dovevo mangiare qualcosa prima del turno ma ero troppo nervosa e ne pagai le conseguenze.
Il primo giorno di lavoro era incominciato nella maniera più inaspettata che esista.
Sperai solo che il giorno seguente sarebbe stato migliore.
 
Salve a tutti coloro che sono arrivati in fondo a questa storia ^w^
Non so come mi sia nata quest’idea … credo sia dovuta alle mie poche ore di sonno di cui dispongo X’’D
Comunque … Ace è stato un gran furbacchione U.U non chiedetemi come sia nata la storia della banana … non lo so XD inoltre io detesto quel frutto U.U”
Per fortuna che Sherry si ritrova Marco e Sunny come angeli custodi UwU
Per questa ff devo ringraziare Sunny Roronoa che mi ha concesso di usare il suo personaggio assieme a Fjorleif che mi sostiene a distanza. SIETE DEI TESORI!!! X3
Senza di loro non avrei dato il via a questo trip demenziale X’’D
Spero non ci siano troppi errori … in caso chiedo scusa anticipatamente e correggerò in futuro U.U
Che dire … Spero vi sia piaciuta e fatemi sapere che cosa ne pensate in maniera tale da capire se devo andare avanti o meno.
Alla prossima!!
Un bacione a tutti!
Sherry21 =^w^=
 

Questa storia non è stata scritta a scopro di lucro ed eccezion  fatta per i personaggi di mia invenzione, gli altri non mi appartengono e sono stati usati nel rispetto dei relativi copyright.
 

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Capitolo 2
*** Sanji, marmocchi e ... voglia di shopping! ***


CAPITOLO 2:
-Sherry … -.
Questa era la voce di Sunny, ne ero sicura.
-Si sta riprendendo … -.
Questo era Marco … perché sentivo tutto ovattato?
-Ace, la prossima volta che fai dei tiri mancini di questo genere … giuro che ti faccio volare fuori dalla finestra!- quel ringhio, inevitabilmente Sunny.
Riaprii gli occhi, ero attorniata da Sunny e Marco.
La prima era impegnata a tenermi le gambe alzate, il secondo a estendermi il capo e del dispettoso medico burlone neanche l’ombra.
Mi guardai attorno leggermente frastornata e mi sedetti, vergognandomi a morte delle figuracce che si stavano susseguendo.
Dovevo aver fatto prendere un bel colpo a Sunny-chan, i suoi occhi erano lucidi e le guance pallide come la neve.
Non smise di sorreggermi fino a quando non si accertò che stessi veramente meglio.
Marco si alzò, lasciandosi scappare un sospiro di sollievo guardando bieco Ace. Da quanto potevo vedere, era ancora furibondo per la storia della banana e della sua allergia.
-Infermiera pulciosa? La banana te l’avevo data non per farla volare in mano al caposala, bensì per fartela mangiare … le dita delle tue mani tremavano così come le gambe, non ci voleva un genio per capire che stavi andando in ipoglicemia con la cera che ti ritrovavi. -.
Voltai lo sguardo verso il mio interlocutore, alias il dottor Ace.
Era in piedi dinanzi a me, con la schiena addossata al muro e non faceva altro che fissarmi con uno strano sorrisino compiaciuto.
Touché … non avevo toccato cibo da ieri sera, ma anche questo matto aveva contribuito al mio malore con il suo “saluto”.
Che diamine gli passava per la testa?
Un bel niente.
- … ti avevo avvisato che ti avrei tormentato. Perché non ti eri insospettita della mia proposta? Per caso hai anche il cervello di una pulce?- sghignazzò.
Lo fulminai.
Se solo fosse stato possibile, lo avrei incenerito con il mio sguardo.
-Lo sa che mi sta dichiarando guerra, vero?- domandai.
Si staccò dal muro per avvicinarsi: -Ammetto che questa volta ho esagerato … ma non c’era nessuna malizia in quel gesto. Non serve che ti emozioni troppo. – continuò a compiacersi.
-Tranquillo, con quel “saluto russo” non ha trasmesso niente, se non il messaggio che lei è un idiota patentato.- sorrisi beffarda.
-Ahia … se continui di questo passo, rimarrai veramente da sola pulce … - sospirò uscendo dalla porta - … peccato, no?-.
Strinsi i pugni buttando fuori tutta l’aria che avevo nei polmoni.
“Pace interiore Sherry, cerca la tua pace interiore ... ti ricordi la vecchia tartaruga del cartone del konfu e qualcosa? … imitala … respira Sherry ... brava. ”.
Quel ragazzo mi faceva impazzire, ma non sapeva con chi aveva a che fare.
Sunny mi porse una barretta di cioccolata con il suo inseparabile sorriso, mentre Marco si sedette sulla sedia bofonchiando qualcosa di vagamente simile a “Quello lì mi vuole morto … sono allergico a quella roba …”.
-Sherry, per Ace sei solo una pivellina da torturare e prendere in giro al primo giorno di lavoro. Non badare troppo a lui, si stancherà subito.- .
Cercai di sciogliere la contrattura delle mie povere e provate spalle, irrigidite per la tensione accumulata dall’inizio della giornata e, per di più, il morettino non mi era stato d’aiuto con i suoi scherzetti.
Presi la cioccolata che mi fu offerta scartandola dal suo involucro.
-Grazie mille Sunny-chan.- sorrisi, gustandomi l’antidepressivo più gettonato dalle donne nel mondo.
Marco si girò in mia direzione, fissandomi con uno sguardo indecifrabile … era un po’ inquietante, non si riusciva a capire se fosse arrabbiato o cosa.
-Hai la mia benedizione Sherry, gliela devi far pagare … assolutamente.- .
Rimasi senza parole … che cosa potevo fare? Ero appena stata assunta e non potevo mettermi in cattiva luce già dal primo giorno.
 “Respira Sherry, il tuo io oggettivo ti sta per dare una brutta notizia … sei già in cattiva luce, il caposala ti ha etichettato imbranata da subito.”
Cercai di sottomettere la voce della mia coscienza e risposi: -Siamo in un ospedale e sono appena stata assunta, non posso mica mettermi a giocherellare come i bambini piccoli.- ridacchiai.
Sunny e Marco si guardarono in faccia, per poi scoppiare a ridere.
Mi sentii l’imbecille di turno, che cosa avevo detto di così esilarante?
-Oh Sherry-chan, scusami … tu non lo sai, ma questo reparto non è come gli altri. Tutti noi siamo un po’ stravaganti ... e per noi sarebbe normalissimo se tu ti vendicassi come puoi.- .
Ok … forse ero ancora svenuta e stavo vivendo in una dimensione parallela, ma non andiamo controcorrente già da subito.
-Ok … ci penserò … ora è meglio andare a lavorare. – proposi indicando la porta con un’occhiata fugace.
Era un argomento troppo spinoso, la cosa migliore che potessi fare era rimandare tutto e chiarirmi più tardi con il dottor burlone.
Sunny uscì dalla stanza e io la seguii poco dopo, giusto il tempo di vedere Marco aprire il suo pranzo e sorridere felice.
 
Essendo il primo giorno, passai tutto il tempo a osservare e a carpire le informazioni essenziali che il contesto mi trasmetteva.
Il morettino pestifero non si era ancora fatto vedere per mia fortuna, così iniziai ad ambientarmi senza troppi intoppi.
- Sherry-chan … ora ti mostro come cambiamo le fasce per il fissaggio del tubo oro-tracheale, però mi serve un aiuto … - la vidi guardarsi attorno, per poi storcere leggermente il naso e urlò: - Sanji! Mi serve aiuto … -.
Vidi girarsi un biondino, che sorrise smagliante in sua direzione con gli occhi a cuoricino.
-Subito, stella del mio firmamento! -.
Entrambe rabbrividimmo e non potei fare a meno di chiedere: -Per caso, tu e lui … -
-NO! Lui ha già la sua bella che lavora qui … - si guardò attorno e bisbigliò - … può sembrare rude ma è tanto tenera e umana. Comunque, lui fa solo il cascamorto con tutte, ma non ti devi preoccupare è solo vizio. – mi ammiccò.
Ok, forse veramente tutti quelli che lavoravano lì dentro erano matti.
-Va bene … e la sua “bella” non dice niente al riguardo?- domandai sbadigliando.
-La vedrai fra un po’ e avrai conferma che non devi temere quel mattacchione.- sorrise.
Il famoso Sanji arrivò trotterellando su se stesso, piazzandosi di fronte a Sunny.
-Signor paziente, ora le sostituiamo il cerotto con il quale le abbiamo fissato il tubo che la fa respirare.- esordì dando qualche pacchetta alla fronte del malato.
Rimasi basita … va bene che il paziente era incosciente ma poveretto! Con uno sveglio mica ti approcceresti in quella maniera?
Sorrisi, era un personaggio simpatico in fondo.
-Sanji, è profondamente sedato. Credi che ti senta? … - domandò Sunny - … e smettila di schiaffeggiargli la fronte. – anche a lei scappò un sorriso divertito nel riprenderlo.
-Appunto perché non lo so gli parlo … inoltre devo stimolare il paziente, non posso lasciarlo così tranquillo nel suo letto. -.
Perché lo doveva stimolare se era stato sedato apposta?
Mentre continuavo a rimuginare sulla sua logica assurda, lo vidi alzare la testa in mia direzione.
Mi fissò insistentemente negli occhi e giunse davanti a me con un balzo degno di una pantera.
Il mio istinto di fuga stava per scattare, che cosa avevo fatto?
-Angelo mio, quanto sei radiosa! I tuoi occhi sono zaffiri lucenti … -
-Sono grigi, non blu … - lo corressi indietreggiando.
Prese le mie mani e le strinse fra le sue senza smettere di guardarmi: -Non importa il colore, l’importante è che tu sappia che sono delle gemme rare, capaci d’incantare qualsiasi tesoriere e indovina un po’?  hanno ammaliato me ...-
-Ehm … grazie … - ridacchiai cercando una via di scampo.
Dal nulla comparve una cartella clinica che colpì la testa del biondino, facendogli comparire un gran bernoccolo.
Finalmente riuscii a staccarmi da lui.
Continuai a indietreggiare per andare a pararmi dietro Sunny-chan, ma qualcuno mi fermò per le spalle costringendomi a guardare quello che stava accadendo.
C’era una dottoressa alta, magra, con gli occhi verdi come lo smeraldo e dei lunghi capelli neri ondulati raccolti con una coda.
Dal suo sguardo direi che stesse fulminando Sanji come se fosse rimasta delusa da lui.
Che fosse lei la sua “bella”?
-Pam, mia dea, non è come credi … le stavo dando solo il benvenuto.- .
La donna mi squadrò, per poi sorridere maligna al ragazzo: -L’hai terrorizzata con il tuo “benvenuto”. Sanji, quando la smetterai di correre dietro a tutte? Mi sto spazientendo!- pestò un piede per terra voltandogli le spalle.
-Amore mio … no, non andare via. Tu lo sai che ti amo e che sei solo tu la mia dea … -.
Sì, era lei la sua donna e al momento era alquanto gelosa e adirata.
Tirai un sospiro di sollievo, almeno era meno matto del medico burlone.
Solo in quel momento mi ricordai che qualcuno aveva bloccato la mia fuga e aveva appena incominciato a tirarmi delle ciocche di capelli. Era un fastidio insopportabile, peggio dell’orticaria.
Scossi la testa e la grattai mugugnando: -Chi è il simpatico di turno ora? … - chiusi gli occhi e feci un respiro profondo, non serviva che me lo chiedessi.
“Sherry, pace interiore ragazza mia … tutti trovano la pace interiore, quindi la puoi trovare anche tu.”
Conoscevo già la risposta.
Sentii ghignare alle mie spalle e non ebbi difficoltà nel riconoscere il proprietario di quel verso.
Scattai in avanti voltandomi: -Che ci fa lei qui? Deve lavorare, non perdere tempo con me!- lo ripresi a bassa voce per non attirare l’attenzione di nessuno.
Imbronciò il muso, ma tornò subito sorridente: -Niente, mi sono divertito a guardare la tua espressione terrorizzata con quel pazzoide. Volevo vedere come te la saresti cavata, ma la dottoressa Pam era troppo gelosa ed è intervenuta immediatamente. Se non riesci a tenere testa a lui, come farai con me che sono tremila volte più pestifero?- .
Affilai lo sguardo e gonfiai le guance incrociando le braccia al petto: -La detesto … ritorni a lavorare, anch’io ho le mie cose da sbrigare.- sospirai.
-Uffa, sei troppo noiosa … sei tutta perfettina: “no questo”; “no quello” … ci si deve anche divertire … - da dietro arrivò Marco, che gli sbatté un prontuario farmaceutico in testa.
Doveva essere un piccolo sfogo di rabbia per la storia della banana.
-Dal rumore deduco che qualcuno è una zucca vuota.- sorrisi, schernendomi di lui e del suo sguardo indispettito.
Il morettino si massaggiò il capo e domandò: -Perché testa d’ananas? Le avevo promesso che l’avrei torturata, non posso venire meno al mio compito. -.
-Tu non sei qui per torturare lei ma per lavorare, vedi le persone nei letti? A loro non devi venire meno … uffa … avere te che bazzichi in questo reparto è come stare in un asilo. Scusalo Sherry, lui è scemo di natura.- .
Ridacchiai, quel medico con il ciuffo d’ananas mi aveva fatto ritrovare il buon umore.
Mi rigirai verso Sunny, la vidi guardare di sottecchi Marco e arrossire.
A quanto pare per qualcuno quel medico era ossigeno puro.
-Qualcuno mi da una mano per piacere?- mugugnò la ragazza peperone, ormai dimenticata dall’intero reparto.
 
-Ciao Sherry-chan, domani inizieremo alle due il turno, sii puntuale.-
-Ok … ciao. – sospirai dirigendomi verso la macchina.
Era stata una giornata veramente estenuate ma soprattutto strana.
Insolito come primo giorno di lavoro.
Non dovevo più pensarci, avevo un bel po’ di cose da sbrigare e domani di sicuro sarebbe andata meglio.
Non sapevo perché, ma ebbi la sensazione che tutto stava filando troppo liscio.
“Sherry, voltati … Sherry, sento che devi voltarti.”
Non diedi ascolto ai miei pensieri, ero troppo stanca anche per ascoltare quelli.
-Infermiera pulciosa, vai a casa?-.
Mi voltai con il mio solito sorriso.
Ora che eravamo fuori dall’ospedale, non avrebbe fatto uno dei suoi tiri  mancini … ma, aspetta un attimo … lui non dovrebbe staccare fra due ore?
-Dottor Ace, ha bisogno di un orologio nuovo per caso? Oppure qualcuno glielo deve insegnare a leggere? Sono le due e un quarto … non deve staccare il turno alle quattro?-
-Allora? Sono arrivato un’ora prima al lavoro, tutti conoscono i miei orari ormai.- fece spallucce aprendosi la portiera.
- … lasciamo stare … arrivederci dottor Ace. – salutai mettendo un piede dentro la mia macchinina.
-Aspetta un momento. –
Mi bloccai nuovamente e lo guardai sorpresa, doveva farmi un’altra delle sue battute?
-Sherry, dammi del tu. Mi fai sentire vecchio … -
-Ma dai … - risi divertita - … un burlone come lei? Non ci posso credere.- iniziai a ridere come una scema e non accennai a smettere.
Il moro si grattò il labbro superiore per trattenere qualche risatina, mentre io mi stavo contorcendo disperatamente per ritrovare un po’ di contegno.
Quello era un difettuccio che mi ritrovavo quando ero particolarmente stanca, bastava veramente poco per farmi partire a ridere e figurarsi quando bevevo un solo bicchiere di birra.
Mi dovetti sedere sul sedile per fermarmi, respirai a fondo e lo guardai in faccia.
Era stramaledettamente confuso e si stava guardando attorno nella speranza che nessuno ci stesse osservando, ma da dei piccoli tremolii sulle sue labbra capii che avrebbe riso volentieri assieme a me.
-Scusi … ma non è il tipo che si può sentire vecchio, cioè … lei è un adolescente a tutti gli effetti.- ridacchiai ancora.
Lo vidi sorridere: -Hai ragione, non sono tipo da sentirmi vecchio … però il “lei” mi fa sentire vecchio. Se non mi dai del “tu”, amplifico le mie torture. Come hai notato, io mantengo la parola data. -.
Fui io a sfidarlo quella volta, senza pensare alle conseguenze …
-Io resisto a tutto, lei non mi ha ancora conosciuto … dottore.- le ultime parole le scandii meglio che potevo.
Salii in macchina, mi allacciai la cintura e salutai il medico con un cenno di mano.
Lo vidi ghignare soddisfatto, forse dovevo accettare la sua richiesta e basta ma io non sono un tipo che cede.
A me piace lottare.
 
Prima di tornare nel mio nuovo appartamentino, mi fermai a fare la spesa.
Dopo vent’anni d’assenza, mi ero trasferita da circa una settimana in quella che era la mia città natale, Bridgeport.
Aprii la porta d’ingresso e appoggiai gli acquisti in un angolino, li avrei sistemati dopo aver indossato qualcosa di più leggero. In quel momento stavo morendo dal caldo.
M’incamminai verso l’armadio dei vestiti.
Non avevo molto con me, dovevo assolutamente andare a fare shopping.
Non che mi dispiacesse l’idea … ma parte dei miei soldi li dovevo versare sul conto dei miei e dovevo stare molto attenta a quello che mi rimaneva in tasca.
Almeno due vestiti me li dovevo comprare, considerando che avevo una camicetta in meno nel guardaroba per colpa del morettino.
Indossai un paio di leggings e una maglietta a pipistrello blu larga, che mi arrivava fin sopra il ginocchio.
Non mi ero ancora abituata al clima “ballerino” di Bridgeport, però, fortunatamente, mi avevano avvisato che nel mese di aprile il tempo faceva brutti scherzi e mi armai di quei pochi vestiti decenti che andavano dall’invernale all’estivo.
Al mattino c’era un bel clima fresco, mentre al pomeriggio esplodeva un caldo terrificante. Era tutto diverso rispetto al paesino in cui vivevo fino a poco tempo fa.
A Glacier questi sbalzi termici non esistevano.
D’inverno c’era freddo e neve, mentre d’estate regnava il fresco e la pace più totale.
Se mi avessero chiesto il periodo ideale per andare a visitare Glacier, avrei risposto ad aprile.
Il mese d’aprile era quello che mi piaceva più di tutti.
Nel tempo libero mi distendevo sull’amaca del giardinetto dietro casa a leggere libri, mentre la brezza fresca e frizzante della primavera mi cullava dolcemente, facendomi cadere fra le braccia di Morfeo.
Sentivo già la nostalgia del mio paesino di montagna, ma quando avevo accettato il posto di lavoro qui a Bridgeport sapevo a cosa andavo incontro e sapevo anche che avevo un traguardo da raggiungere.
 
Uscii dal mio appartamentino chiudendolo a chiave, lanciando un’occhiata fugace alla porta del mio vicino.
Non avevo ancora avuto il tempo di presentarmi, ci avrei pensato più tardi.
Mentre mi avvicinai alle scale, sentii una porta aprirsi e rimasi sconvolta nel vedere chi uscì.
Era il dottor Ace e in mano aveva un mazzo di chiavi.
Inghiottii un boccone amaro, quelle chiavi servivano a chiudere la porta dalla quale era appena uscito.
-Infermiera pulciosa.- salutò con un cenno di capo.
-Dottore … è venuto a trovare un amico, vero?- domandai scendendo le scale come i granchi, camminando lateralmente.
Non rispose subito. Si voltò con il suo solito ghignetto e iniziò a scendere i gradini avvicinandosi sempre più a me, che iniziai a correre pregando che tutto quello fosse solo un incubo.
Il mio vicino di casa era il mio peggior “nemico”!
-Pulce, conosci già la risposta … tu sei quella coinquilina maleducata che non si è ancora presentata, vero?-
-Forse … - risposi vivacizzando sempre più la mia camminata verso la porta d’ingresso del condominio per uscire nel giardinetto.
C’era un sole accecante e un afa terrificante per essere solo il mese di aprile.
Mi voltai a guardare il dottorino, avendo il vantaggio delle gambe lunghe riusciva a stare al mio passo senza alcun problema.
Potevo accelerare la camminata quanto volevo, ma la situazione non cambiava.
Perché ora mi stava seguendo?
Voleva torturarmi anche al di fuori dell’ospedale?
Passammo davanti a dei bambini e uno di questi mi fermò domandando: -Signorina, state giocando a lupo ghiaccio?-.
Guardai il dottor Ace, anche lui aveva uno sguardo confuso e mi fissò stranito.
-No bambino, perché?- domandai chinandomi alla sua stessa altezza.
-Lui la stava rincorrendo e lei stava scappando … per caso è l’uomo nero? Vuole che chiami la mia mammina a difenderla?-.
Risi di cuore mentre il dottorino corrucciò le labbra e mi guardò torvo, in attesa di una mia risposta.
-No, non è l’uomo cattivo. È solo un bambino grande che si diverte a farmi i dispetti, ha la vostra stessa età lo sapevate?.- risposi sorridente, nella speranza di sbolognare il bel dottorino a quei monelli.
-Un bambino grande? … - tutti i bambinetti si girarono a guardarlo con occhi luccicosi –Wow … un bambino grande! Come fai a essere così alto?- .
Salutai tutti con un cenno di mano e feci l’occhiolino al dottor Ace con tanto di bacetto, lasciandolo alle mie spalle mentre continuava a maledirmi in tutte le maniere possibili e inimmaginabili.
Mi diressi verso la macchina canticchiano allegra, il senso di onnipotenza che stavo provando in quel momento era strepitoso.
Diedi un ultimo sguardo al risultato della mia prima vendetta perpetrata nei confronti del medico.
I bambini lo stavano riempiendo di domande, a cui lui non sapeva rispondere. Era impacciato fuori misura e non potei fare a meno di ridere vittoriosa.
Primo punto per la sottoscritta.
Salii in macchina e accesi il motore guardando attentamente lo specchietto retrovisore.
Le voci dei bambini erano troppo vicine.
Mi voltai rimanendo basita da quello che stavo assistendo.
Il morettino stava scappando a gambe levate dai bambini, che lo inseguivano tutti contenti, ma lui decise di rifugiarsi nella mia macchina mettendo le sicure a tutte le portiere.
Era allucinato, affannato ma soprattutto distrutto e terrorizzato.
-Me la paghi cara, lo giuro.- riuscì a dire fra un boccheggio e l’altro.
Risi di cuore e risposi: -Le avevo detto che mi stava dichiarando guerra, ma non mi ha voluto ascoltare e ha continuato imperterrito con i suoi scherzi. Comunque, cosa ci fa sulla mia macchina?- .
La ciurmaglia di bambini che stavano cercando di assediare l’abitacolo fino a qualche secondo prima, decisero di attendere il loro eroe a qualche metro di distanza dal veicolo.
-Non so dove devi andare, ma parti! – ruggì disperato.
-Come? Lei è fuori di melone … -.
Ace guardò fuori dal finestrino e si pietrificò. Possibile che quei bambini potessero terrorizzarlo a tal punto?
-Lui … - disse fissando il bambino che mi fermò qualche minuto prima- … lui è il capo di quei teppisti. Per colpa tua mi perseguiteranno a vita, vogliono il mio segreto.-
-Quale segreto?- domandai confusa e leggermente divertita.
-Lo sapessi! … tutta colpa tua, mi ha pure minacciato quel marmocchio.-
-Che minaccia le ha fatto per terrorizzarla a tal punto?- non potei non ridacchiare per quella situazione altamente demenziale.
- … di riempirmi le scarpe di sabbia.- .
Lo fissai stranita e incominciai a ridere seriamente: -Lei ha paura della sabbia?- alzai un sopracciglio alquanto interessata dall’argomento.
-Parti! Sbrigati! … sta andando a prendere secchiello e paletta!- esclamò nascondendosi sotto il cruscotto.
-Non parto finché non mi dice perché ha paura della sabbia nelle scarpe … non è mai stato al mare?-
-Sì, ma non con delle scarpe in pelle italiana.- .
Lo guardai stupita, ma decisi di non badare.
Avevo bisogno di svagare e di distrarmi da tutto quello che avevo passato.
Voleva venire con me?
Peggio per lui, avrebbe dovuto subire una tortura letale per ogni uomo.
Misi la retromarcia e partii per la mia prossima missione … lo shopping.
 
 
Buonasera a tutti quelli che sono giunti alla fine di questo capitolo ^w^
In questo capitolo ho voluto descrivere di più Sherry, spero di averlo fatto in maniera decente U///U
La piccola infermiera ha avuto la possibilità di conoscere Sanji e la sua amata Pam, questo personaggio è nato da una mia vecchia ff … purtroppo non credo di essere riuscita a farvela inquadrare bene, ma comparirà anche più avanti ^w^
Fra Ace e Sherry non sarà solo un continuo battibecco X’’D la loro storia si evolverà pian piano UwU
Spero di non avere deluso nessuno ^w^ fatemi sapere che cosa ne pensate, in maniera tale da sapere come continuare ^w^
Prima di salutarvi, devo ringraziare tantissimo Sunny Roronoa, mi ha sostenuto tantissimo e non mi riferisco solo per la ff. GRAZIE! ^w^
Devo ringraziare anche Fjorleif, anche lei mi sostiene a distanza per la ff e mi ha aiutato nel scegliere i nomi per l’ambientazione dicendomi che c’era un programma apposta che li suggeriva ^w^. GRAZIE! ^w^
Inoltre ringrazio moltissimo coloro che hanno recensito fino ad adesso, anche voi mi avete dato la carica per continuare *^* SIETE DEI TESORI!!! X3
Credo di aver finito con i ringraziamenti …
Alla prossima cari!!! ^w^

 
 
Questa storia non è stata scritta a scopro di lucro ed eccezion  fatta per i personaggi di mia invenzione, gli altri non mi appartengono e sono stati usati nel rispetto dei relativi copyright.

 

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Capitolo 3
*** Battibecchi alla guida e pinguine invadenti! ***


CAPITOLO 3:
Avrei preferito avere i marmocchi con secchiello e paletta in macchina, anziché questo medico bizzarro.
Con la scusa di aiutarmi a leggere più velocemente la posta, aveva aperto e letto a gran voce tutte le lettere e i documenti che mi ero portata da casa, finché non si quietò, vivacizzando l’atmosfera con una rumorosa e inaspettata russata.
Inizialmente pensai che stesse scherzando.
Credevo che fosse uno dei suoi tanti modi di dirmi che ero noiosa, troppo perfetta, eccessivamente composta e solo lui sa cos’altro, ma alla ronfata seguì uno strano mugugno … che stesse dormendo veramente?
Mi voltai non potendo fare a meno di sorridere intenerita.
Era incredibile quanto potesse sembrare innocente il suo viso da addormentato.
Stavo riportando l’attenzione sulla strada, quando gli occhi si posarono sulle sue labbra schiuse baciate dal sole.
Senza conoscerne il motivo, ne ero rimasta ammaliata. Il sole le rendeva così lucenti e intriganti … chissà quanto potessero essere morbide.
“… toc-toc … permesso? … Sherry, cosa diamine ti passa per la testa?! Sarà un bell’uomo, ma ricordati che è il tuo peggior nemico! ” ululò il mio alter ego.
Arrossii.
Qualcosa non quadrava …
Perché il mio acerrimo nemico, nonché mio superiore e vicino di casa, stava schiacciando un pisolino con la testa appoggiata sul finestrino della mia macchina e  io non pensavo ad altro che alle sue “morbide” labbra?
Pensai a una risposta plausibile, ma non venni a capo di nulla: -Ahah … sono matta.- bofonchiai rigirandomi, ma la tentazione di guardarlo ancora una volta era veramente troppo forte.
Mi trattenni, finché cedetti e lo guardai nuovamente, ammirando le lentiggini appena accennate sulle sue guance.
Nonostante il suo caratterino piccante e snervante, dovevo ammettere che aveva il suo fascino e dei begli addominali da quello che ricordavo ...  
Avvampai ancor di più: -Porca paletta, non devo pensare a certe cose!- mi schiaffai una mano sulla fronte ormai bollente.
“Sherry! Ricordati che cosa ti ha fatto questa mattina! Non farti abbindolare da quel fisico degno di un dio greco. ”.
Giusto, il mio “io interiore” aveva ragione!
Cercai di non pensare a lui concentrandomi sul paesaggio urbano di Bridgeport, notando quanto fosse diverso rispetto al mio paesino montanaro.
Malinconicamente alzai lo sguardo sulle montagne innevate che ergevano dietro gli edifici della città.
Glacier era in mezzo a quei monti bianchi, non potevo negare che mi mancava tantissimo, ma l’idea di scoraggiarmi per un motivo così futile non mi solleticò nemmeno l’anticamera del cervello.
Ero andata via da casa non solo per realizzarmi nel mondo del lavoro e crescere, ma anche per far uscire la mia famiglia dalla situazione in cui si trovava.
M’imposi di sorridere, l’obiettivo che mi ero imposta prima di uscire dall’appartamento era di dedicare un pomeriggio a me stessa per dimenticare tutto. Dovevo concentrarmi solo sullo shopping e a divertirmi … medico bizzarro permettendo.
 
Stavo sfogliando delle riviste pubblicitarie, quando l’abbiocco post-prandiale ebbe il sopravvento su di lui.
Dormiva beato con la testa appoggiata sul finestrino della macchina della nuova vicina, finché una sua esclamazione non lo risvegliò.
-Ahah … sono matta!-.
Strizzò gli occhi confuso per mettere a fuoco.
Accidenti, doveva aver avuto uno dei suoi attacchi narcolettici mentre leggeva la pubblicità dei condizionatori.
Guardò Sherry di sottecchi, sembrava imbarazzata ed era arrossita … che cosa poteva essere successo di così scabroso mentre dormiva?
Inoltre, perché parlava da sola? La radio non era nemmeno accesa e non poteva parlare con nessun altro se non con lui.
Decise di lasciar stare, anche lui parlava da solo col cibo quando gli andava e sfruttò quel suo momento di distrazione per osservarla meglio.
Era proprio una bella donna.
Il sole batteva sulle sue esili braccia e sulle punte dei capelli castani, risaltandone i riflessi ramati che non aveva potuto notare in reparto a causa della scarsa illuminazione.
Quel colore, oltre a donarle, rispecchiava tantissimo il lato tenace del suo carattere, virtù ormai di pochi.
Sapeva che non lo vedeva di buon occhio a causa delle sue stupide battute, ma, da quando l’aveva incontrata, non riusciva più a trattenersi dal fare lo scemo.
Lei era l’unica che riusciva a tenergli testa e la sola che aveva avuto il coraggio di riprenderlo per le sue marachelle, cosa che nessuna aveva mai fatto prima di quel giorno.
Fino a quel momento aveva conosciuto ragazze che subivano i suoi dispetti solo per raggiungere i loro subdoli e perversi fini terreni, che non scostavano mai di molto dai suoi, ma con lei era tutta un’altra storia.
Con Sherry le cose non erano così banali e superficiali.
Non aveva un secondo fine, era semplicemente se stesso e non sapeva spiegarsene il motivo.
Era una ragazza avvolta da un alone di mistero affascinante, che fosse quello il motivo per cui gli destava tanto strano interesse?
Si accorse che si stava girando per guardarlo.
Non lo doveva assolutamente beccare mentre la osservava, quindi si rimise a “dormire”.
-Porca paletta, non devo pensare a certe cose!-.
Aveva parlato ancora una volta da sola … ma a che cosa non doveva pensare?
Con il riflesso dello specchietto laterale si accertò che non lo stesse più fissando, potendo tornare a studiarla.
Ora aveva un’insolita espressione malinconica, era chiaro come il sole che doveva avere un problema a casa che la tormentava.
Non sapeva in che genere di problemi navigasse, ma per lui era giunta l’ora di animarla … come poteva farla imbestialire ancora?
 
-Wahhhhhh!-.
Sentendo quell’urlo saltai terrorizzata, facendo sussultare assieme a me la macchina con una pericolosa serie di gincane fra i due sensi di marcia.
Ero più che certa che i miei occhi fossero balzati fuori dalle orbite.
Avevo appena visto la morte in faccia!
Gli automobilisti alle mie spalle iniziarono a strombazzare e a lampare, nonostante alzassi loro una mano in segno di scusa.
Che diamine potevo fare? Mica era colpa mia!
“Accidenti Sherry! Non potevi lasciarlo alla prima stazione di servizio che incrociavi per l’autostrada?! … è vero, non siamo in autostrada … comunque, credi che gli autisti qui dietro ti scusino perché alzi una manina? Stavi per creare un tamponamento stradale di proporzioni apocalittiche! ”.
-Cos’era quell’urlo?!- domandai affannata con il cuore a mille.
-Uno sbadiglio?- rispose stupito, come se fosse normale strillare a quel modo.
Dopo un lunghissimo istante di silenzio ci guardammo negli occhi: io allibita e lui confuso.
- … pace interiore … - iniziai a sussurrare buttando fuori l’aria con la bocca.
-Ehi … ti stai preparando a partorire? Perché respiri così?-
Basta, era ora di ripagarlo con la stessa moneta.
Sorrisi malandrina fissandolo con occhi maliziosi, scorgendo un velo di rossore sulle sue guance: -Ma come Dottor Ace … non gliel’ho ancora detto? … - sussurrai con voce sensuale, percorrendogli una gamba con il mignolo.
Potei sentire i suoi muscoli irrigidirsi al passare del mio tocco, provò a proferire qualche parola ma senza alcun risultato.
Che gli avessi bloccato la secrezione salivare con una piccola scemata come questa?
Impossibile.
Non potevo credere che una sciocchezza simile potesse scatenare quella reazione adrenergica in un uomo: -C-che cosa?- domandò dopo essersi accuratamente schiarito la gola.
Rimisi la mano sul volante e con sguardo ammiccante risposi: - Voglio un figlio da lei … -.
Si allontanò da me inorridito, spiaccicandosi con la schiena sulla portiera: -Davvero?!-
-Ma certo che no, manco la conosco!- scoppiai a ridere.
-Che scherzo di pessimo gusto … non pensi che sia stato pesante visto che “non mi conosci”? – borbottò acidamente risedendosi compostamente sul sedile.
Quella risata mi fece tornare il buon umore, sperai solo che il nostro “primo incontro” andasse bene e che non fosse la continuazione dell’incubo che avevo iniziato quella mattina.
“Incontro? Sherry questo non è un appuntamento … ricordati che ti è piombato in macchina e che questa mattina ti ha messo in ridicolo davanti a tutti” .
La voce della mia coscienza aveva ragione, ma alla fine il nostro era pur sempre un incontro poiché stavamo andando a fare compere assieme, no?
- Lei invece, non ha scherzato in maniera troppo vispa con me questa mattina? Ora sa che io adotto la politica “occhio per occhio, dente per dente”. – sospirai soddisfatta.
-Tsk … che mentalità arcaica, io stavo solo giocando.-.
 
Mancavano pochi isolati per arrivare al centro commerciale.
Nel frattempo il morettino era tornato a leggere la mia posta, nonostante le mie continue lamentale sul diritto di privacy.
All’ennesimo richiamo rispose: -Credi che esista veramente la privacy in questo mondo?Tutti sanno tutto di tutti … a partire dall’autovelox, schiacci un po’ troppo l’acceleratore Speedy pulce.-
-Speedy pulce?- domandai.
-Sì, Speedy Gonzales … ma tu sei una pulce quindi ti chiamo Speedy pulce.-
Lo guardai perplessa: -Sa una cosa? Credo che lei avrebbe bisogno di uno Speedy criceto in quella teca cranica che si ritrova. Si rende conto delle cavolate che spara?-
-Cavolate simpatiche.- sorrise trionfante.
-Cavolate e basta.-
-Cavolate simpatiche.- ribatté.
- No, cavolate e basta.-
-Ok … ritorno a leggere la tua posta, certo che per essere appena arrivata ne hai tanta.- mi pizzicò una guancia.
-Finalmente concordiamo su qualcosa.- ridacchiai, ma lui non rispose.
Di punto in bianco lanciò un fischio acuto, facendomi perdere altri vent’anni di vita per lo spavento.
-Che c’è ora?- domandai.
-Questa è la bolletta del tuo telefono? Un po’ esorbitante, non trovi? Sei una tipa chiacchierona allora … -.
-Ehm … - arrossii e risposi - … veramente è la bolletta che devo andare a pagare per conto di mia madre … comunque non sono cose che le interessano. -.
-Che figlia carina, mi fai commuovere … - si portò una mano al petto facendo gli occhi da cerbiatto intenerito - … perché non se la paga da sola?-.
-Forse non ha i soldi? Rimetta a posto per favore.- cercai di fregargli il foglio di mano, ma lo allontanò dispettosamente dalle mie sgrinfie.
-Eh no signorina! sta guidando e deve tenere gli occhi puntati sulla strada, ma chi le ha dato la patente? Se un vigile la beccasse le toglierebbe tutti i punti! – disse il simpaticone con fare saccente.
La battaglia durò ancora qualche secondo ma rinunciai subito ad averla vinta con lui, fare un incidente in macchina era l’ultimo dei miei desideri, anzi, non rientrava proprio nella lista.
C’era una cosa che proprio non riuscivo a capire di quel medico, nonostante le mie continue fulminate e sbuffate, prodromi di un’imminente esplosione, lui continuava a ridersela di gusto.
Sembrava che la mia impazienza lo divertisse e allo stesso tempo lo incitasse a torturarmi sempre di più, perché?
-Volantini pubblicitari che non parlano di elettrodomestici … wow, qualcosa d’interessante finalmente. Questa macchina ti assomiglia molto, sai?-
-Perché la macchina mi assomiglia?- sospirai.
-È noiosa … troppo perfetta e pulita, c’è bisogno di vita … inoltre nessuno direbbe che apparterrebbe a una donna.- commentò accigliato.
- … cosa intende?-
-Mancano i peluche!-.
Lo guardai di sottecchi scoppiando a ridere, mentre lui mi fissava con un’espressione sconvolta: -Guardi che non è una risposta così scontata per me … -.
-Non c’è niente da ridere, è grave la faccenda. Non è che adesso salta fuori che credi ancora nella cicogna che porta i bambini a casa?-
-Le ricordo che sono un’infermiera e che anche noi al corso di laurea studiamo ginecologia, per chi mi ha preso? … -.
“Piccola Sherry, non è questo il punto … come ha fatto a tirare fuori l’argomento della cicogna? Io non lo capirò mai questo ragazzo … “.
- … comunque, lei mi sta dicendo che sa riconoscere il sesso del proprietario di una macchina dai peluche? È un po’ matto.- continuai a ridere.
-Non ci credo, ti sto facendo ridere. Adesso sei già meno mummia di prima, lo sai? … comunque sì, i peluche sono fondamentali per distinguerne il proprietario.-
-E cosa mi dice dei dadi pelosi che alcuni uomini mettono sulle loro macchine?-
Sbarrò gli occhi terrificato, fissando ammutolito la strada.
Molto probabilmente non aveva mai vagliato quell’ipotesi, ma la cosa più preoccupante era che non rispondeva … che l’avessi mandato in tilt?
- … forse sono dell’altra sponda … mi hai colto impreparato pulce … - sbuffò guardandomi torvo.
-Lei è veramente matto … - ridacchiai.
Ero più che sicura che fosse rimasto stupito e affascinato nel vedermi rilassata.
Finalmente mi stava guardando con un sorriso sincero e non più spavaldo come quello del mattino, non volevo azzardarmi a dire troppo, ma sembrava che il suo obiettivo fosse proprio farmi ridere.
In fondo sapevo non aveva tutti i torti a dirmi che ero noiosa, ma avevo altri pensieri più importanti per la testa … chissà se vi avrei trovato una soluzione.
 
Passarono troppi secondi di silenzio.
Buttai nuovamente un occhio su di lui solo per accettarmi che fosse ancora vivo.
Guardava serioso un volantino pubblicitario che teneva stretto in una mano.
Lo aveva piazzato vicino a me e continuava a fissarmi concentrato, come se stesse giocando a “Aguzza la vista” della settimana enigmistica sulla mia pelle.
-Cosa sta facendo?- domandai, preparandomi a una delle sue solite risposte assurde.
Non avevo mai avuto a che fare con i bambini, ma ero più che sicura che non fossero così impegnativi.
-Sto cercando di immaginarti con questo intimo addosso, credo che ti starebbe bene … - sentenziò contegnoso.
Rimasi in silenzio, a rimuginare su quello che le mie povere e provate orecchie avevano appena sentito, per poi rimanerne allucinata.
Stava fantasticando con un intimo su di me?!
Spalancai gli occhi allungando una manata in direzione del medico, prendendo a colpo sicuro il pezzo di carta riciclata che teneva fra le mani.
“ … Sherry, non ho più suggerimenti da darti … o lo strozzi o respiri profondamente per riprenderti dai micro-infarti che stai subendo ripetutamente.” suggerì la mia coscienza.
Mi lasciai sfuggire un sospiro d’impazienza … era solo la pubblicità di un negozio di peluche che faceva gli sconti.
Il signorino ghignò silenziosamente al mio fianco -Non sono così pervertito, sai?- proferì trionfante.
-Buon per lei, altrimenti a quest’ora sarebbe sul ciglio della strada a fare l’autostop.- risposi riconsegnandoli tutta la cartoleria pubblicitaria in mano.
-Non credo, non saresti così cattiva … -
-Come fa a dirlo? Manco mi conosce. – sospirai, entrando con la macchina nel parcheggio del centro commerciale.
-Paghi le bollette alla tua vecchia … vuoi veramente farmi credere che tu sia così perfida?  Però vorrei sapere per … - di colpo si bloccò, rimanendo ad ammirare a bocca aperta quello che gli stava davanti.
Che avesse visto un fantasma?
Era sbiancato e continuava a fissare terrorizzato l’edificio che ergeva dinanzi a noi.
Parcheggiai la macchina, tirai il freno a mano e lo guardai negli occhi: -Anch’io le devo chiedere una cosa … -.
-Che ci facciamo qui?- m’interruppe.
Scoppiai a ridere malefica, per poi rispondere amorevolmente: -Shopping tesoro! -.
Si aggrappò al cruscotto supplicandomi: -Riportami dai bambini … ti prego.- .
 
Entrai nel negozio di vestiti girando più volte su me stessa per decidere da dove cominciare il tour.
Il mio cuore stava implodendo dalla gioia, era da secoli che non spendevo un po’ di soldi per me … ma il mio entusiasmo non sembrò sfiorare minimamente la sensibilità del Doctor presente alle mie spalle.
-Oddio, è pieno di donne qui … sono circondato da influsso negativo di estrogeni … ti prego, riportami dai bambini, non avevano nessuna sorveglianza e ci deve stare un adulto a guardarli. – piagnucolò tirandomi per la maglia.
-Se lo scordi.- risposi frantumandogli le ultime briciole di speranza che gli rimanevano, facendogli assumere un’espressione da pesce lesso.
Andammo avanti di qualche passo, era strano per me andare a fare compere con uno sconosciuto, non ci andavo neanche con mio fratello perché mi sembrava una cosa così intima.
Passammo dinanzi a un camerino vuoto e sfruttai il riflesso dello specchio che vi era all’interno per guardarlo in faccia.
Ridacchiai.
Vederlo così nervoso e impacciato mi rendeva insolitamente fiera di me stessa, non pensavo di essere così perfida.
“Ma quale perfida e perfida … semplicemente questa è la tua vendetta.” annuì sadico il mio “io interiore”.
Come potevo imbarazzarlo ancor di più?
Mi diressi verso il reparto intimo apposta per lui, chissà come avrebbe reagito in un posto simile in mezzo al famigerato “influsso negativo di estrogeni.”.
Gli vidi rallentare il passo, ma non gli concessi di rimanere indietro troppo a lungo.
Lo presi per un braccio strattonandolo al mio fianco, placando ogni cenno di divincolamento dalla mia presa.
-Sherry, non mi sento a mio agio … guarda, ci sono persino le pinguine e non mi sembrano per nulla contente di vedermi qui. -.
Allungai il collo per capire chi fossero le “pinguine” in questione: - Dottor Ace, sono delle suore … cosa vuole che le facciano?- risi.
Non potevo dargli tutti i torti riguardo al fatto che erano inquietanti, lo scrutavano come se fosse un alieno.
-Dottore, come mai tutto questo imbarazzo? Lei non aveva già visto tutto quello che doveva vedere fino ad adesso?-
-Sì, ma non è questo il problema … -
-Qual è allora? -.
Proprio non lo capivo.
-Adesso mi prenderanno per un gay! Verranno da me per convertirmi, ma non sanno che io sono già normale. -.
Sbattei le ciglia meravigliata un paio di volte: - Sa quanti mariti portano qui le proprie mogli? Non si faccia problemi dottore!-
-Ma io non sono tuo marito e neanche il tuo ragazzo! Inoltre non vedo altri uomini in giro ... vedi quelli lì, quelle persone fuori dal negozio?...- indicò quattro uomini seduti su delle panchine ad aspettare le proprie mogli con dei sacchi della spesa in mano - … un uomo normale dovrebbe fare così, aspettare fuori la propria donna da questo casotto! - soffiò con astio.
-Allora? Loro lo sanno?-
-Cosa?- domandò terrorizzato.
-Che non è mio marito … insomma si dia una regolata, certo che desta sospetti alle “pinguine” con questo atteggiamento … lei ha la sindrome dell’ansia generalizzata, non gliel’avevano mai detto?- ridacchiai.
Continuò a fulminare le sorelle, mentre sulla sua fronte iniziarono a luccicare le prime perle di sudore.
-Sherry, le pinguine … mi fissano troppo male, devo scappare.-
-Aspetti, non mi consiglia?- ghignai.
Era troppo divertente, lo stavo rosolando a fuoco lento e ormai lo avevo in pugno.
-Cosa ti dovrei consigliare? Non so neanche che diavoleria femminile tu stia guardando, sono troppo impegnato a salvaguardarmi le spalle … hanno un piano diabolico quelle matte, me lo sento! -.
Lo presi per il mento e lo guardai dritto in faccia: -Dottor Ace, Sta avendo un attacco di panico?-.
Si ricompose in meno di un secondo ribattendo: -No, figurati … ma non le trovi inquietanti quelle donne?-.
Lo spostai di poco per osservarle meglio, rimanendo stupita nel vederne una avvicinarsi a noi:-Ragazzo, non deve temere la chiesa … il signore accetta ogni genere di creatura al suo fianco, noi non siamo qui per giudicarla. Non si deve spaventare. – esordì solare.
Il giovane si girò verso la suora stampandosi un sorriso palesemente finto sulle labbra, ormai bianche per la vasocostrizione.
-Ogni genere di creatura … - ripeté a denti stretti sgranando gli occhi in mia direzione - … che cosa vuol dire?- domandò contrito.
-Non serve che menta. Anche se lei e la sua amica avete gli stessi gusti in amore, il signore l’accetterà sempre.-.
A quell’affermazione si voltò furibondo verso di me: -Ecco pulce, lo sapevo! Che cosa ti avevo detto?!-.
Il mio “io interiore” cominciò a sganasciarsi dalle risate, se solo gli avessi potuto sbaccanare in faccia di persona.
“Questa è la mia ricompensa per tutte le sue torture subite … wahahah!”
Nulla di tutto ciò sarebbe successo se il dottor Ace non avesse attirato l’attenzione di tutti con quell’atteggiamento inusuale.
A mal in cuore ammisi a me stessa che era ora di chiudere il capitolo vendetta.
Lo scherzo era stato carino e mi sentivo anche abbastanza soddisfatta dei risultati ottenuti.
Ridacchiai compostamente, scostando di poco il dottore rivolgendomi alla suora: -Guardi, c’è un malinteso … lui non è dell’altra sponda. -.
La sorella s’illuminò e Ace sembrò rilassarsi, ignaro che il peggio doveva ancora avere inizio.
-Vede giovanotto? La ragazza l’accetta anche se è diverso e la sta difendendo, questo è un segno del signore. -.
Gli vidi gonfiarsi il petto e il volto diventare bordò, la cosa non mi piacque per niente.
Stava alzando un dito in direzione della “pinguina”, ma riuscii a bloccarlo in tempo prendendolo a braccetto, incatenando la sua mano con la mia.
-Le assicuro che … - in quell’istante Ace mi strinse la mano con una forza disumana, facendomi scappare una risatina isterica per il dolore - … le assicuro che questo ragazzo è normale … -.
Rimanendo solare, gli pestai la punta del piede con il tacco facendolo sussultare al mio fianco.
-Se solo il signore ti avesse fatto nascere etero, sono sicurissima che voi due avreste fatto una bella coppia.- rise di cuore la sorella.
Il dottore aprì bocca per controbattere, ma lo strattonai lontano prima ancora che potesse emettere qualsiasi verso, congedandomi anche a nome suo.
Intanto che ci allontanammo, nel mio cervellino s’insinuò un piccolo allarme: “Cosa ci facevano delle suore in un negozio di vestiti?”.
 
Risi sotto i baffi per tutto il tempo.
Qualsiasi vestito guardassi e ne chiedessi un suo parere, lui rispondeva sempre con uno strano grugnito o a monosillabi: “No”; “Brutto”; “T’ingrassa”; “Ti abbassa”; “Nonna” …
Incredibile, non riuscivo più a riconoscerlo. Non era più il medico spavaldo e tracotante che avevo conosciuto quella mattina, anzi, sembrava essere diventato un uomo maturo e quieto.
Forse Sunny aveva ragione, la novità del mio arrivo era passata e ora si stava annoiando … o per lo meno era quello che credevo.
I giochi erano finiti da un po’ e col passare dei minuti potei comprendere che il bel dottorino non aveva ancora smaltito l’arrabbiatura con le suore.
Nel giro di pochi attimi, i suoi monosillabi si tramutarono in battute ciniche e pesanti:
 “-No, sembri Mary Poppins con quel tubino … -“;
“-Quel tipo di tessuto ti fa sembrare più tappa e larga. –“;
“-Mia nonna aveva una maglia ammuffita simile che usava come strofinaccio … -“…
Elencarle tutte sarebbe troppo lungo, ma ce ne fu una in particolare che non perdonai.
Uscii dal camerino con un semplice paio di blue-jeans, che a mio parere calzavano a pennello, ma pur di contraddirmi commentò:- Se fossi un marinaio sul ponte di una nave intento a guardare l’orizzonte con il binocolo, non noterei alcuna differenza fra una balena e il tuo fondoschiena.- .
Mi morsi un labbro per placare i formicolii di collera che stavano pervadendo le mie braccia.
Gli andai incontro mantenendo lo sguardo e il petto alto, ripromettendomi che non avrei mai e poi mai ceduto a scatti d’ira con lui: -Dottore, lei cosa mi suggerirebbe? Sembra che niente le vada bene.- commentai sarcastica, ridestando in tal maniera la sua attenzione.
Alzò un sopracciglio meravigliato sorridendo furbescamente: -Veramente vuoi un mio consiglio? Oppure stai cercando di mettermi a mio agio … - si abbassò di poco su di me ghignando - … tesoruccio?-.
Osava pure sfidarmi dopo la sua battutina orribile?
Benissimo, non gliela avrei data vinta questa volta.
Non ci conoscevamo da molto, ma sapeva già come farmi uscire dai gangheri.
Mi alzai di poco sulla punta dei piedi, arrivando alla stessa altezza di Ace nonostante i nostri quindici centimetri di differenza.
Sul suo volto potei tornare a leggere la spavalderia che lo aveva caratterizzato per tutta la mattina in reparto, il suo spirito “bambinesco” si era riattivato.
-Dato che ha insistito a venire con me per nascondersi dai mocciosi, deve rendersi pur utile a qualcosa. Le pare?- domandai.
Sospirò studiandomi dalla testa ai piedi, soffermandosi insistentemente sulle gambe: -Hai ragione pure tu ... – commentò.
Mi fece chinare urgentemente la testa per capire che cosa non andasse in me, ma appena la rialzai, ritrovai un bel tubino zebrato davanti agli occhi.
Il contrasto di colori bianco e nero mi piaceva da morire, inoltre la fascia nera brillantinata appena sotto il petto gli dava quel tocco di eleganza che non guastava, l’unica cosa che non mi convinceva erano le spalline, ma sarebbe bastato mettere uno scialle per nascondere lo scollo eccessivo sulla schiena … era bellissimo.
Lo presi fra le mani scrutandolo in ogni minimo dettaglio, facendo godere i miei polpastrelli al tatto di quel tessuto morbido e leggero.
Era molto elegante e non c’era niente da dire al riguardo, ma quando lo avrei potuto indossare? Mentre facevo le pulizie di casa?
Inoltre chissà quanto potesse costare!
-Bello, vero? Credo che la 42 ti basti. -.
Era tanto bello quanto caro, pensai non appena voltai l’etichetta per leggerne il prezzo.
La cifra era abbastanza alta per le mie misere tasche.
Deglutii e scossi la testa: -Bello, ma devo stringere la cinghia. -
-Perdona la mia sincerità, però non sembri tanto scheletrica. – sentenziò studiandomi i fianchi.
Non capii con quale strano collegamento sinaptico avesse frainteso la mia osservazione di carattere puramente economico, ma anche quell’affermazione non me la feci scivolare addosso.
Io mi stavo riferendo al portafogli e non alla mia silhouette, ma si stava impegnando seriamente per mandarmi su tutte le furie?
-Non ti pesto ... questa volta … però sappi che questi “complimenti” non si fanno a una donna! – quella battuta mi aveva completamente spiazzata.
-Quanto sei permalosa, il mio era un complimento! Sei magra al punto giusto ... a meno che tu non sia una falsa magra … - ribatté alzando un sopracciglio pensieroso, scrutandomi meglio.
Arrossii per l’ennesima volta:-Dottor Ace … -
-Smettila di chiamarmi così, è odioso.- sbadigliò grattandosi la nuca.
-Non conosco il suo cognome e la smetta di sbadigliare come il leone della Warner Bros in mia presenza!- sbottai attirando l’attenzione di un bambino, che non appena mi vide scoppiò a piangere dentro il suo passeggino, facendomi guadagnare un’occhiataccia della madre.
Alla fine avevo ceduto all’ira, ma come dovevo fare con lui?
-Portgas.- ridacchiò soddisfatto il suo cognome con gli occhi ancora lucidi per lo sbadiglio.
-Dottor Portgas, per cinghia mi riferivo al portafogli e non alla mia costituzione.- sbuffai per la milionesima volta.
Le mie sfuriate gli avevano fatto riacquistare il buon umore da quello che potevo vedere.
Mise il vestitino fra le mie mani guidandomi dolcemente dentro lo spogliatoio.
-Provatelo, almeno togliti il gusto di averlo indossato.-
-Prima possiamo vedere qualcosa che mi sia economicamente più accessibile?-.
Mi mise fra le mani una maglia bianca, ma quando aveva avuto il tempo di prenderla?
-Prima questa e poi il vestito, comunque i jeans ti stanno benissimo. Li puoi comprare se vuoi.- sorrise richiudendo la tendina.
Iniziai a cambiarmi, però mi bloccai voltandomi incredula a guardare il paravento.
Era riuscito a farmi provare la maglietta e il vestito solo con un sorriso?
“Sherry … questo sarà un altro duro colpo per la tua autostima, per lo meno per quella che ne rimane, lo hai assecondato come un cagnolino!”.
-Pulce, ci vuole così tanto per una maglia?- domandò.

 
 
Salve cari lettori, chiedo venia per la lunga attesa ma è un periodo stra-incasinato e lo sarà per molto tempo ancora U.U
Ho dovuto tagliare il capitolo dello shopping in due “episodi”, tutta colpa dei battibecchi in macchina di Sherry e Ace, più ne scrivevo e più idee mi saltavano in mente XD
Non so voi, però l’idea di descrivere come Sherry vedeva Ace in quel momento e viceversa l’ho trovata carina, ma a voi il giudizio.
Non posso assicurarvi la data precisa del prossimo aggiornamento, mi rincresce molto ma ho veramente poco tempo a disposizione, infatti spero di aver non disseminato orrori e di essere stata chiara  XS … in caso chiedo venia e sistemerò il più presto possibile.
Che ve ne pare del capitolo?
Che problemi potrebbe avere Sherry a casa e Ace si preoccupa o meno a vostro parere?

Che volevano le “pinguine” da Ace?
Ok, la smetto di fare domande XD

Fatemi sapere che ci siete ancora dopo questa lunga attesa ;3 sapere che c'è qualcuno dall'altra parte mi stimola ad andare avanti se no sarebbe un guaio UwU
Le recensioni che mi avete lasciato mi hanno reso felicissima, inoltre le visite aumentano di  giorno in giorno il che mi fa un grande piacere TwT
Ringrazio tantissimo chi ha recensito fino ad adesso in ordine dell’ultimo recensore: Ikky, Yellow Canadair, MissyKawaii, Fiorleif, Dianna Scarlet, DeiiHsy Deathly, SunnyRoronoa, Foco_Foco_Girl e Aliaaara.
Grazie mille anche a chi ha messo la storia tra le seguite, le preferite e le ricordate.
Un bacione con abbraccio.
Sherry21 =^w^=

 
Questa storia non è stata scritta a scopro di lucro ed eccezion  fatta per i personaggi di mia invenzione, gli altri non mi appartengono e sono stati usati nel rispetto dei relativi copyright.
I personaggi di One piece, Speedy Gonzales e il leone della Warner Bros sono stati utilizzati nel rispetto dei relativi copyright.

 

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Capitolo 4
*** Il perdono di Pulce. ***


CAPITOLO 4:
Uscii dal camerino con il nuovo capo addosso, avvicinandomi con passo incerto al primo specchio che trovai davanti a me.
Quella maglietta non era esattamente il mio genere. Amavo tantissimo i lupetti, le maglie larghee le camicette, ma non ero per nulla abituata a degli indumenti con dei décolleté così aperti.
La maglia era semplice e fine, non aveva fronzoli eccessivi. Il suo scollo a “v” metteva in risalto il mio collo fine, mentre il resto del tessuto ricadeva delicatamente sui fianchi, evidenziando la mia vita sottile e il seno prosperoso.
Per essere una persona che tendeva a nascondersi in abiti larghi e “anonimi”, mi sentivo scoperta e vulnerabile, ma, infondo, dovevo ammettere che quel tipo di indumento non mi dispiaceva per niente.
-Pulce, complimenti! Non sapevo avessi questo fisico, ti copri troppo per i miei gusti … - alzai lo sguardo, vedendo sbucare il mio miglior nemico da dietro una fila di vestiti per portarsi dinanzi a me.
-Non cercare di addolcirmi … - sorrisi timidamente.
“Incredibile … ti ha fatto un complimento, vedrai che pioveranno cani e gatti dal cielo appena usciremo da qui!”.
-Ma chi ti vuole addolcire? Neanche James Bond riuscirebbe in questa impresa impossibile! … forse il diabete, ma il discorso varrebbe solo per il tuo sangue … - asserì grattandosi il mento, sghignazzando trionfante per il suo umorismo da quattro soldi.
Affilai meglio che potei il mio sguardo glaciale, facendolo divertire ancor di più: - Ah … ah … esilarante dottor Portgas.- sbuffai gonfiando le guance.
Non ne seppi il motivo, ma ad un tratto sembrò intenerirsi e mi pizzicò una guancia con fare abbastanza dolce e affettuoso.
“Sherry, attiva il tuo sistema simpatico … sono sicura che stia per attaccare!” urlò impanicato il mio alter ego alzando le braccia in aria.
-Pulce … permetti?- domandò avvicinandosi.
Memore del suo saluto russo, indietreggiai guardandolo perplessa: -Non mi vorrà di nuovo salutare come i russi, spero … -.
Portgas scoppiò a ridere di gran carriera scuotendo la testa: - Tranquilla pulce … volevo solo sistemarti la maglietta … -
-Che?!- arrossii, ma lui aveva già messo mano sul tessuto tirandolo verso il basso,  per poi  risistemarmi le spalle e le maniche.
Mi sentii un’impedita, non riuscivo a muovere un solo dito per l’imbarazzo.
Non ero abituata a ricevere consigli, pareri e aiuti in questo campo, ma, soprattutto, non ero abituata a sentir scorrere le mani di un uomo sul mio corpo …
-Come ho detto prima, ti copri troppo e questa maglia non è fatta per nascondere le tue curve.- quella frase arrivò come uno schiaffo che mi riportò alla realtà.
-Ma chi nasconde cosa … per caso nella sua vita precedente era uno stilista? Da come parla direi  di sì. -.
Sorrise flebilmente: -No, però ti posso dire una cosa con certezza … - affermò con voce seria e roca, attirando subito la mia attenzione.
-Cosa?- domandai curiosa studiandolo in volto.
-Il signore vi ha fatto nascere con il davanzale perché è la vostra arma d’attacco per eccellenza, quindi vuole che voi lo valorizziate. – sghignazzò come un povero idiota.
Solo a lui potevano balenare in mente certe battute squallide.
Rimasi impietrita … e pensare che io mi aspettavo un discorso importante e con un filo logico per una volta!
-Dottor Portgas lei è un PERVERTITO! Un’altra battuta sul mio davanzale e giuro che la vado a querelare.- voltai la testa per non guardare la sua espressione sciocca e divertita.
Quando faceva così mi irritava in una maniera incredibile.
-Sei una tipa veramente difficile Pulce, ti ho fatto un complimento. Che cosa deve fare un uomo per corteggiarti se ti da fastidio qualunque cosa uno ti dica?… sempre ammesso che tu riesca ad adescare qualcuno con questo caratterino.- ghignò.
-Guardi che io sono così peperina solo con lei.- ringhiai gonfiando ancor di più le guance.
-Quale onore Pulce. – ridacchiò soddisfatto portandosi dietro di me.
“Che cosa vuole fare ora? … Sherry, perché non lo fermi? Ci sta gironzolando troppo attorno! ”.
Con estrema delicatezza spostò la mia lunga chioma di capelli su una spalla, scoprendo l’incavo dell’altra, con l’unico scopo di sistemare l’etichetta che aveva fatto uscire dalla maglia con la mossa di qualche istante prima.
Rimase a fissarmi in silenzio per svariati secondi, mettendomi in ansia e soggezione.
-Hai un bel collo, perché lo nascondi?- domandò percorrendolo con un dito.
Non c’era malizia o voglia di scherzare in quel gesto e in quella domanda, bensì pura e semplice curiosità.
-Non … non lo nascondo, sono a-abituata a mettere altri generi di capi. – balbettai, sentendo le guance e le orecchie diventare sempre più calde.
Il mio respiro si fece sempre più superficiale e irregolare, mentre lui continuava con le sue dita quella docile tortura, era come se si fosse incantato.
-È ora di cambiare, ti pare? Hai una bella pelle … - constatò quasi ammaliato.
“Cucù … Sherry? Perché ti stai abbindolando? ”.
Il mio io interiore aveva ragione, che diamine stavo facendo?
-Cambierò … - rabbrividii allontanandomi da lui sorridendo: - … prendo questi jeans, questa maglietta e poi filiamo a casa. - corsi nel camerino a corto di fiato.
Non mi era mai successo niente di simile prima d’ora, neanche con il mio ultimo ragazzo m’incantavo così per una cosa da niente.
“Cala,cala Sherry! Non paragonare Portgas a quell’altro morettino tenebroso … non ho ancora capito perché tu lo abbia lasciato … antipatica, non mi ascolti mai! ”.
-Infermiera pulciosa, voglio vederti anche con quell’altro vestito.- rammentò Ace non appena chiusi la tendina alle mie spalle.
 
Per un misero istante pensai che quel pomeriggio lo potessi trascorrere come una ragazza normale, una donna qualunque … ma perché speravo in una cosa simile?
Diamine, quel mattino avevo conosciuto Portgas D. Ace e dal nostro primo scontro sapevo che niente sarebbe andato per il meglio con lui nelle vicinanze! … infatti … -Signor Portgas D. Ace, la dichiaro in arresto per aver molestato delle suore in luogo pubblico.- disse un agente ammanettandolo.
 
Ero furibonda oltre ogni dire.
Quel fanfarone ne aveva combinata un’altra delle sue e me l’avrebbe pagata cara al più presto possibile.
Finalmente uscii dalla questura seguita da Portgas, ma non da soli, bensì scortati da suo nonno acquisito, che mi aveva fatto impazzire con la deposizione fino a pochi minuti prima.
Ace era stato fregato da una banda di ladre note a livello internazionale, le famigerate “Sister Thieves”, appellativo simpatico fornito da un noto freelancer locale.
In tutta quella storia, oltre ad essere adirata per il guaio in cui Asso si era cacciato, mi sentivo totalmente annientata.
Come poteva andare avanti la giustizia in questo mondo se c’erano degli incompetenti come suo nonno dietro a quei distintivi?!
Inoltre, da quando avevo incontrato quel ragazzo, niente stava andando per il verso giusto.
La mia vita e la mia dignità erano state messe a repentaglio diverse volte e continuare a mantenere i nervi saldi stava iniziando a costare tanta fatica.
-Figlioli, avvisatemi quando vi sposerete, verrò molto volentieri al vostro matrimonio!- esultò Garp spingendoci fuori dall’edificio, regalandoci due pacche possenti e “affettuose” alla schiena.
In seguito a quei colpi mi sentii mancare l’equilibrio e mi ritrovai a ondeggiare in avanti e indietro sulla punta dei miei piedi, finché non mi sporsi quasi completamente in avanti.
Chiusi gli occhi preparandomi a ruzzolare per tutta la scalinata di marmo della questura, quando due grandi mani calde e forti mi presero per i fianchi bloccandomi.
Sospesa in aria e ammutolita dalla paura, rimasi a guardare l’enorme gradinata che avevo di fronte.
Se Portgas non avesse avuto quei riflessi così pronti, molto probabilmente avrei potuto dire addio al mio povero naso e all’osso del collo.
“Che razza di saluto era? Quello era tentato omicidio! … Sherry, non è Ace il problema di tutto. Pensa al caposala, a Sanji e a Garp … forse la fonte dei problemi è l’aria di questa città … ci deve essere un gas tossico che assale il cervello degli uomini molto probabilmente …”.
-Pulce … tutto ok? Non offenderti, però non sei tanto leggera. – affermò Asso strizzandomi un fianco - … sarai magra, ma pesi un po’. -.
“ … in effetti, ultimamente hai mangiato solo pizza a causa del trasloco …” asserì il mio alter ego impiccione … ma da che parte stava?
Mi rimisi in piedi facendogli una pernacchia: -Certo che è proprio antipatico! Ho sopportato suo nonno, l’ho liberata da quella gatta buia piena di tipi balordi e puzzolenti con cui solo lei poteva mettersi a giocare a carte e a parlare del più e del meno, le ho pagato la cauzione e l’unica cosa che mi viene a dire è che secondo lei peso troppo? Non le viene in mente altro di più carino e cordiale?-.
Gli vidi fare una smorfia strana, non riuscii a capire se fosse di dolore o di comprensione … che diamine gli stava passando per la testa adesso?
-Scusami … ti ho beccato in un periodo “ormonalmente” instabile, è per questo che sei tanto nevrotica, vero? – annuì con fare apprensivo strofinandomi una spalla.
Sbuffai alzando gli occhi al cielo: -Le conviene correre in macchina se non vuole tornare a casa a piedi.- lo minacciai scendendo a passo spedito quegli stupidi scalini in marmo.
-Agli ordini capo … - rispose tirandomi uno zigomo - … sai, le tue guance mi sono mancate in prigione, sono un ottimo antistress. –
-Zitto e cammini!- ringhiai.
 
Per tutto il tragitto del ritorno, nell’auto regnò il silenzio.
-Pulce … sei tanto arrabbiata con me?- domandò Asso con un velo di tristezza e di timore, rompendo la tensione che aleggiava nell’aria.
-Sì. - risposi esausta, entrando con la macchina nel parcheggio del condominio.
- … allora, perché sei così calma e non stai sbraitando?-
-Aspetti che scendiamo dall’auto, sto guidando adesso.- risposi pacatamente.
Appena misi piede fuori dall’abitacolo, aspettai che il mio peggior nemico ne uscisse zittendolo solo con uno sguardo.
-Ho speso un po’ di soldi per me, ma anche un bel po’ per lei … meglio, ho speso più soldi per lei che per me, lo sa?-.
Si limitò ad annuire con il capo, mentre io m’incamminai verso il condominio a testa bassa.
Mi sentivo abbandonata.
Avevo bisogno di un abbraccio affettuoso e che una persona mi dicesse che tutto sarebbe andato per il meglio ma, invece, mi ritrovavo sola nella mia città natale senza aver qualcuno con cui parlare … che amarezza.
Sentii i suoi passi corrermi dietro: -Sherry … - mi voltò afferrandomi per un braccio, facendomi sbattere contro i suoi pettorali.
Lo guardai dritto nei suoi occhi scuri, se non fosse stato che ero tanto arrabbiata con il mondo intero e con me stessa, li avrei potuti considerare pure magnetici, attraenti ma soprattutto sinceri e buoni.
Quel medico aveva la straordinaria capacità di farsi attrarre e respingere contemporaneamente, ma, per il momento, sovrastava la seconda possibilità.
Per un attimo pregai che fosse lui stesso a dirmi che tutto sarebbe andando per il meglio e che l’indomani sarebbe stato un altro giorno, invece dovetti scontrarmi di nuovo con la triste e amara verità del momento.
- … i soldi te li restituisco non appena cambio la carta di credito. -.
Mi aveva fermato solo per parlarmi di soldi?
Presi la borsetta e gliela sbattei ripetutamente sul braccio, mordendomi il labbro inferiore dalla rabbia che stavo provando in quel momento: -Scemo, non è solo questione di soldi … - digrignai continuandolo a pestare.
Perché mi credeva così superficiale?
“Sherry, l’ennesimo problema della giornata non è questo … perché ti preoccupi che lui pensi che tu sia superficiale?” domandò giustamente il mio io interiore.
Prima non credeva che lo avrei aiutato e ora pensava solo ai soldi, per chi mi aveva preso?
Inoltre, da quando eravamo usciti dalla questura, stavo aspettando un semplice e misero “grazie”, non la venuta di Gesù in terra!
Mi bloccò nuovamente per le braccia senza fiatare, come se avesse deciso di sua spontanea volontà di farmi sfogare a quella maniera su di lui e mi fissò insistentemente negli occhi.
Quanto avrei voluto che mi avesse abbracciato con la stessa intensità di quella presa, anche se non lo conoscevo e mi faceva dannare come non mai. Almeno per un momento o anche per un solo misero istante volevo che qualcuno, non per forza lui, mi facesse sentire amata e protetta.
Sarebbe bastato un solo minuto di quel sogno idilliaco a rendermi di nuovo sicura di me stessa.
Avevo voglia di piangere e di singhiozzare come una bambina, ma ormai avevo imparato benissimo a reprimere tutte le mie emozioni e non sarebbe stato un piccolo desiderio irrealizzabile ad abbattermi.
-Sherry, lo so che avevi bisogno di quei soldi. Te li restituirò. -.
“Wow, sembra comprensivo e sincero … comunque non ha ancora detto quello che volevi. Che farai ora?”
-Lei è un’idiota Portgas … - sussurrai - … ho solo voglia di andare a dormire ora … – mi liberai dalla sua presa aprendo la porta del condominio con uno strano nodo in gola.
Mi tolsi le scarpe per non far echeggiare nella tromba delle scale il rimbombo dei miei passi sul marmo, raggiungendo in pochi secondi la porta del mio appartamento.
-Ehi … Sherry, fermati … se sei così arrabbiata con me, perché hai pagato la cauzione?- bisbigliò.
-Scemo, lei è uno scemo e glielo ripeterò finché non capirà che cosa sto aspettando che esca dalla sua bocca … arrivederci Portgas! – gli sbattei la porta in faccia.
“ … Sherry, non è da te arrabbiarti per un grazie non detto, inoltre non è neanche colpa sua e tu lo sai meglio di me … non dovresti sfogarti con lui per tutto quello che ti sta capitando.”.
Per una volta il mio io interiore aveva ragione, ma non sapevo dove sbattere la testa per la disperazione.
“ … ehi! Come sarebbe a dire che per una volta ho ragione?!”.
 
Rimase fermo davanti alla porta dell’appartamento di Sherry per due minuti abbondanti, cercando di capire che cosa avesse sbagliato con lei.
Si portò una mano fra i capelli ribelli scompigliandoseli ancor di più.
Alla fine non era riuscito a vederla con quel tubino zebrato addosso e non aveva scusanti per quello che le aveva fatto passare, anche se era lui che aveva tutte le ragioni di questo mondo per arrabbiarsi.
Mentre si incamminava verso l'appartamento, ripensò alla frase che Sherry gli aveva detto poco prima di chiudergli la porta sul naso e s’illuminò d’immenso.
Finalmente aveva capito a che cosa si riferisse la piccola Pulce … voleva che le chiedesse scusa e che la ringraziasse, era una cosa così banale cui non ci aveva proprio pensato.
Stava per bussarle, ma si bloccò. Di sicuro non gli avrebbe più riaperto la porta, era tanto furibonda con lui e, da quel che sapeva, quella reazione poteva celare anche altri problemi.
Si voltò mettendo le mani in tasca per prendere le chiavi di casa, senza trovarle.
Alzò gli occhi al soffitto e li chiuse facendo un respiro profondo: -Miseriaccia … - sbuffò esausto, le suore avevano rubato anche quelle.
-Sono uno scemo … - sorrise sedendosi davanti alla porta di casa, sbattendo flebilmente la testa su di essa.
 
Erano le due di pomeriggio, dovevo correre entro mezz’ora a prendere consegne al cambio turno in reparto e stavo rischiando di fare tardi.
Essendomi svegliata da poco meno di un’ora, avevo dovuto fare tutto di corsa: doccia, colazione, pettinare i capelli, lavare i denti e sistemare le cose in lavastoviglie.
Presi la borsetta al volo assieme all’impermeabile, correndo come una disperata verso l’ingresso finendo col sbattere il naso contro la porta, per la terza volta nell’arco di una settimana.
Mi ero completamente scordata di aprirla.
“Sherry, svegliati che è primavera … Sherry, è ora di andare a scuola …” cantò il mio io interiore in segno di sfregio “ … Sherry, scusati con Portgas … Sherry, muori dai sensi di colpa”.
Stupido io interiore, mi dava fastidio ammetterlo ma aveva ragione.
Ieri sera era Ace che aveva tutti i diritti di arrabbiarsi con il mondo intero, ma come diamine faceva a prendere la vita con così tanta filosofia?
Appena uscii, gli occhi ricolmi di lacrime per l’impatto subito pochi istanti prima caddero su una figura raggomitolata per terra davanti alla porta di … Asso?
-Dottor Ace? – domandai abbastanza forte da svegliarlo.
Lui mugugnò, girandosi goffamente verso il muro, tenendosi ben stretta la giacca al petto –Rufy, ancora cinque minuti … -.
“Rufy a chi?! La mia voce ti sembra quella di un uomo?!”.
Presi il giornale che il custode del condominio mi aveva portato sullo zerbino di casa e glielo lanciai in testa.
-Ahia! … stron … - finalmente aprì gli occhi e mi fissò esterrefatto –Sherry? Ma che cavolo … - si guardò attorno e sbuffò - … giusto, sono rimasto chiuso fuori. –
-La morosa non le ha permesso di entrare ieri sera? … – sghignazzai maligna - ... puzzava troppo di galeotto?-.
-Ma quale morosa e morosa, sono uno scapolo fiero di me stesso … comunque le pinguine mi avevano rubato anche le chiavi dell’appartamento. -
-Non ha un paio di scorta?-
-No. – sbadigliò con le lacrime agli occhi per il sonno.
Iniziai a sentirmi sempre più in colpa, ero certa che non mi avesse chiesto aiuto solo per paura di disturbare.
-Perché non mi ha chiesto aiuto?- sbuffai, guardandolo di sottecchi dispiaciuta.
- … avevo paura di non risvegliarmi più se ti avessi suonato il campanello per chiedere ospitalità per una sola notte.- si alzò da terra indossando la giacca.
-È uno scemo, lo sa? … deduco che non ha nemmeno le chiavi della macchina per andare al lavoro, vero?-
-Giusto … sono dentro casa. - annuì scrocchiandosi il collo con una piccola smorfia di dolore.
Sospirai: -Venga, la accompagno io … -
-Non serve Pulce ... -
-Ho detto che la accompagno io. – lo minacciai fulminandolo con gli occhi spiritati.
-O … Ok … grazie Pulce. – balbettò sforzandosi di ridere.
-Aspetti prima di dirmi grazie Asso, devo ancora vendicarmi … - sorrisi birichina - … a proposito, mi scuso per la reazione esagerata di ieri sera. Ero un po’ stanca. -.
Lo sentii tirare un sospiro di sollievo e rispondere: -Lo immaginavo, Pulce. -.
 
Arrivammo in reparto e, esattamente come il giorno precedente, Asso ed io ci mettemmo a discutere.
-Lei ha il turno di otto ore, la aspetto e poi torniamo a casa. – lo fulminai puntandogli un dito davanti agli occhi.
Lui abbassò la mia mano storcendo il naso, come per dire “ma cosa mi punti in questa maniera, Pulce insolente!”: -Ehi, sei l’ultima arrivata e ti devi abituare alla routine del reparto. Io faccio i turni di sette ore e basta Pulce.- ribatté con tono fermo e scocciato.
-La smetta di chiamarmi “Pulce”.-
-E tu smettila di chiamarmi “Asso” … inoltre, perché questo soprannome?-
-Perché solo un Asso come lei si fa fregare da un gruppo di suore ricercate a livello internazionale … e poi è la traduzione del suo nome. – sorrisi fiera di me stessa.
-Piccola pulce pulciosa … - esclamò accentuando le iniziali di ogni parola, per poi pizzicarmi una guancia e scoppiare a ridere come un matto - ... ne hai di fegato se vuoi, eh? … Lo sai che hai delle guanciotte veramente morbide ed elastiche? Sono un ottimo antistress.- concluse tirando sempre più forte la povera carne della mia guancia.
-Scemo di un Asso … – gli feci una linguaccia, ma lui per vendicarsi mi tirò anche l’altra - … ahia!-.
-Ahahah … Pulce, così sembri un gatto con la lingua di fuori. -.
In compenso io gli presi il naso, ma fummo interrotti da uno strano verso gutturale.
Entrambi ci voltammo, rimanendo pietrificati nel vedere chi avevamo davanti.
Di fronte a noi c’era un medico dai capelli verdi menomato di un occhio, con il camice bianco e la divisa blu come tutti gli altri dottori, ma sul suo cartellino identificativo avevo letto qualcosa che mi aveva completamente raggelato il sangue nelle vene.
“ Dott. Roronoa Zoro. Primario terapia intensiva.”.
Ero talmente spaventata da non comprendere che dovevo togliermi immediatamente dalla faccia quella stupida espressione che il moro mi stava obbligando a mantenere.
“Bella presentazione Sherry, con la lingua di fuori … ahahah, sei proprio sfortunata ultimamente, fai solo figuracce.”
-Mi scusi dottor Ace, si può sapere che cosa sta facendo?- gli domandò.
Finalmente Asso mi lasciò andare, permettendomi di tirare qualche sospiro di liberazione mentre mi massaggiavo il viso.
“Ieri hai fatto una pessima figura con il caposala e oggi un disastro con il primario … ritenta e sarai più fortunata … forse … ahahah!”… quello stupido io interiore, non ero mai riuscita a capire se stesse dalla mia parte o meno.
-Buongiorno capo … veramente la nuova arrivata mi ha chiesto di valutare la qualità del collagene dei suoi zigomi, stava pensando di ricorre al botox, ma io gli sto dicendo che il suo collagene è di ottima qualità e che non serve. Provi a toccare!-.
-Ma lei è completamente pazzo! – soffiai fulminandolo.
-Dice sul serio?- domandò il primario incuriosito, ignorandomi come mai nessuno aveva fatto prima.
-Certo, le ho mai mentito?- lo assecondò.
Iniziai a indietreggiare terrorizzata, andando a sbattere con la schiena contro il carrello delle emergenze … ormai non avevo più vie di scampo.
Il dottor Roronoa stava studiando i miei zigomi con un grado d’interesse alquanto preoccupante, difatti, in meno di un secondo, allungò le sue mani per tirarmene uno, mentre sull’altro si avventò il dottor Ace.
Fulminai entrambi, ma che cosa potevo fare per contrastare il primario?
“Niente cara, devi subire in silenzio …” sbuffò il mio io interiore, sbattendo ripetutamente la testa contro un muro immaginario “ … perché non hai fatto la wedding planner o la gelataia?”.
-Allora, cosa ne dice capo?- domandò Ace smagliante.
-Il collagene è di ottima qualità, non c’è che dire … un ottimo antistress … - guardò bieco Ace, come se ci tenesse a sottolineare che aveva spiato tutta la nostra conversazione - … a parte questo, se dovete fare i piccioncini fatelo da un’altra parte … - sbadigliò senza alcun ritegno - … non sono nato ieri dottor Portgas. -.
Nella mia testolina iniziò a echeggiare l’ultima frase pronunciata dal primario e, quando realizzai cosa stesse insinuando, mi frizzarono le dita dei piedi dal nervoso: -Piccioncini a chi?! – sbottai senza rendermi conto di quello che avevo appena fatto, suscitando l’ilarità di Asso.
Roronoa mi guardò con aria da sufficienza, mentre mi portai le mani davanti alla bocca: -Scusi … - sussurrai.
Vidi le spalle di Asso alzarsi e abbassarsi a ritmo delle sue sghignazzate: -Capo, lei è Sherry, la nuova infermiera. -.
-Ah … va bhè … io vado nel mio ufficio, mandatemi Perona quando la vedete. Dobbiamo parlare di una cosa. - si allontanò sbadigliando.
Quando il dottor Zoro non rientrò più nel mio campo visivo, incenerii Asso con il mio sguardo: -Si ricordi che non l’ho ancora perdonata. – bisbigliai.
- Ok … tanto mi farò perdonare più tardi, vado a prendere le mie consegne Pulce pulciosa. – mi guardò dall’alto in basso facendo una pernacchia di scherno.
-Io sarò una pulce pulciosa, ma lei è un ottimo Asso di picche.- ribattei andando in cerca di Sunny.
-Touché, però in fondo ti diverti con me ... mentire non serve a niente. – mi stuzzicò.
 
 
Ace entrò nello stanzino medico per le consegne e si stravaccò su una morbida poltroncina blu, usata dai colleghi nei turni di guardia notturna.
Sbuffando iniziò a massaggiarsi il collo, nel vano tentativo di trovare una posizione comoda per la sua povera schiena, provata dalla notte trascorsa contro il muro scomodo e gelido della sua palazzina.
Suo padre gli aveva sempre detto che la comodità e la salute non avevano prezzo, ma la gioia di veder ammontare sempre più il suo conto in banca sovrastava la voglia di comprarsi una bella villetta calda e accogliente.
Reclinò il capo all’indietro chiudendo gli occhi.
Gli dispiaceva davvero tanto di non aver potuto vedere Sherry con quel meraviglioso tubino zebrato l’altro pomeriggio.
Ripensò alla collana di perle che aveva immaginato danzare al collo fine della sua Pulce, alle Chanel che i suoi piedi avrebbero incalzato e al tessuto morbido che avrebbe abbracciato dolcemente le curve del suo corpo.
Senza volerlo, si rilassò talmente tanto che in meno di un secondo iniziò a russare e a sognare …
Era disteso prono sul lettino di un centro benessere con un piccolo asciugamano legato attorno alla vita, mentre una nube di calore proveniente da una vasca colma di acqua termale invadeva l’intera stanza.
Non c’era anima viva nei paraggi, doveva essere l’unico cliente della serata, pensò.
Non sapeva chi lo avrebbe massaggiato, ma sapeva di certo che gli faceva un male incredibile il collo e la regione lombare della schiena, e che qualcuno doveva sbrigarsi ad andare da lui a sistemarlo.

Era passato troppo tempo da quando si era disteso e nessuno si era ancora fatto vivo.
Appoggiò tutto il peso del suo corpo sui gomiti per alzarsi, ma due manine piccole e delicate lo presero per le spalle invitandolo a sdraiarsi di nuovo.
-Non abbiamo ancora iniziato il trattamento … - sussurrò una voce sensuale a un suo orecchio.
Era certo di conoscere la donna che gli aveva appena parlato.
Fece un movimento di torsione con il torace per guardare in volto il suo interlocutore, rimanendo senza fiato: -She … Sherry?- sussurrò deglutendo rumorosamente, osservando i suoi capelli arrotolati in uno chignon, che mettevano in risalto il collo fine di cui era rimasto ammaliato al negozio.
La ragazza non gli rispose, si limitò a sorridergli maliziosamente poggiandogli un indice sulle labbra.
-Dovresti rilassarti … invece sei diventato tutto rigido appena mi hai visto … così ci impiegherò molto più tempo a lavorare. – fece la finta dispiaciuta.
Le sue piccole labbra erano colorate di un rossetto rosso acceso, che sul volto di qualsiasi altra donna poteva apparire volgare, ma non su di lei, mentre quei occhi truccati di grigio metallico rendevano giustizia alle sue belle iridi cineree.
La guardò meglio. Indossava il tubino nero zebrato con la collana di perle che aveva immaginato al negozio, e di conseguenza si catapultò a osservare anche i suoi piedi, i quali incalzavano delle Chanel.
-Perché non ti rilassi un po’?- gli sussurrò in un orecchio facendolo distendere supino, con sguardo sempre più complice e affettuoso.
-Non dovresti essere al lavoro?- le domandò cercando di sedersi, ma Sherry lo ributtò giù soffiandogli a fior di labbra: - E tu … Dottor Asso? Dove dovresti essere ora?- ribatté, facendo scorrere una mano lungo tutto il suo petto, per poi giocherellare con il bordo dell’asciugamano che lo copriva.
-Sherry … - sussurrò imbarazzato e inerme, sentendosi abbrustolire le guance come se fossero state messe a rosolare su una griglia rovente.
Vide le labbra della ragazza avvicinarsi vogliose alle sue, mentre lui continuava a sussurrare il suo nome come per accertarsi che fosse realmente la sua Pulce: -Sherry … - ma lei non rispondeva, gli continuava a sorridere e basta, giocando birichina con i lembi del suo asciugamano, finché non glielo slegò, come lui fece con i suoi capelli.

Si svegliò di soprassalto accaldato, molto accaldato.
Non gli era mai successo di sognare qualcosa di simile fino a prima, o per lo meno di così emozionante tanto da farlo impazzire e sobbalzare nel bel mezzo di un sogno.
Si sedette compostamente sulla poltrona buttando fuori tutta l’aria che aveva nei polmoni dalla bocca, e prese una rivista dal tavolino accanto a lui per sventolarsela in faccia, con l’unico scopo di ritornare in normotermia il più presto possibile.
Il cuore gli batteva come un matto ed era anche a corto di fiato, sembrava che avesse appena corso la maratona di New York.
“Perché non faccio altro che pensare a lei?” si domandò.
Non appena sentì Marco e Izou sghignazzare alle sue spalle, s’irrigidì.
Quando era entrato in quella stanza non c’era nessuno.
Pregò di non aver detto nulla di sconveniente mentre dormiva, e con nonchalance, e un sorriso poco convincente, si voltò a guardare i suoi colleghi seduti comodamente sul divanetto del loro ufficio.
-Sherry ti perseguita pure nei sogni? Meglio, perseguiti Sherry anche nel mondo dei sogni?- domandò maliziosamente Marco, battendo il cinque con Izou.
-Ehi, andateci piano voi due … com’è che sei di buon umore questa mattina testa da frutto esotico?- domandò Ace, guardando torvo entrambi.
Con espressione serena e rilassata, Marco tornò a leggere il giornale che aveva in mano, aperto sulla pagina del necrologio: -Allora eri ancora tu in turno quando è morta questa vecchietta?- domandò a Izou.
-Sì … però c’è una cosa che non capisco, perché tutti devono morire nei miei turni? Eppure quando me l’hai affidata, mi aveva chiesto se poteva bere un bicchiere di spumante.-
-E tu hai detto di sì, vero?- domandò Marco continuando a sfogliare il quotidiano.
-Ma certo che no … lo concedo solo a chi è in punto di morte, o per lo meno che sembri più in là che qua … a volte mi sembra di essere un angelo porta iella. - mugugnò facendo spallucce.
-Izou, è morta e tu non gli hai fatto bere uno spumantino come suo ultimo desiderio?! … vergognati!- ridacchiò testa d’ananas.
Portgas era già terribilmente irritato per aver dormito poco, ma essere deriso e ignorato dai suoi compagni senza alcun motivo di "primo mattino" lo faceva innervosire ancor di più.
Che cosa stava succedendo a quei due?
-La smettete di ignorarmi?! Che cosa vi prende?! Perché vi state trattenendo dal ridermi in faccia?! Inoltre qualcuno mi spiega perché Marco è così felice oggi?! È alquanto inquietante vederlo così sereno e rilassato! - alzò la voce sentendo persino le mani frizzare dall’agitazione.
-Quando i tuoi bollenti spiriti si saranno freddati, potrai andare nella saletta delle infermiere a visionare una certa cassetta … chiedila a Pam.- ridacchiò Izou assieme al collega.
Che cos’era tutto quel mistero?
Ace sbuffò: -Cosa intendi dire con bollenti spiriti? Siete tutti strani qui dentro ... -.
Izou sorrise sornione: -Marco, come hai detto che si chiama la nuova infermiera?-
-Sherry.- rispose l’amico guardando divertito Ace di sottecchi, per poi sistemarsi il giornale davanti agli occhi.
-Ecco Ace … non facevi altro che mugugnare il suo nome, ti contorcevi nel sogno ed eri completamente bordò. Probabilmente stavi sognando qualcosa di indecente. -.
Asso non rispose e si sistemò meglio sulla sedia cercando di velare il rossore che dipingeva le sue povere guance imbarazzate: -Bene, lasciami qualche consegna e poi torno in reparto a vedere quella maledetta cassetta … - bofonchiò leggermente offeso - … quando voi due state assieme, spettegolate peggio delle donne. – ringhiò, suscitando altrettante risate da parte dei due colleghi.
 
Nel bel mezzo della diluizione dell’amoxicillina più acido clavulanico, mi sentii picchiettare su una spalla.
Quel tocco era indistinguibile: affettuoso ma soprattutto scherzoso … era Ace, ne ero certa.
Alzai la testa ritrovandomi la sua mano che sorreggeva un foglietto su cui c’era scritto “Grazie per avermi aiutato ieri.”.
- Prego.- risposi leggermente confusa, per poi leggerne un altro.
“Scusa se ti ho rovinato il pomeriggio di shopping.”.
-Non importa. – iniziai a sorridere intenerita, per poi scrutare attentamente un altro bigliettino.
“MI PERDONI … VERO?!”.
Ridacchiando presi il pezzo di carta, scrivendoci “al 90%” e lo riconsegnai ad Asso senza voltarmi a guardarlo in faccia.
Da quel poco che avevo compreso di lui, bisognava fare i preziosi per avere un minimo di rispetto.
-Che diamine vuol dire “al 90%” ?!- domandò tra confuso e leggermente adirato.
Probabilmente le poche ore di sonno di cui aveva potuto usufruire sul pianerottolo di casa non avevano fatto bene ai suoi poveri nervi, colpa sua che non mi aveva chiesto aiuto.
-Non sia troppo esigente Asso, le assicuro che molto presto arriverà il suo fatidico 10% - sorrisi maligna.
Con grande sorpresa mi sentii abbracciare energicamente da dietro le spalle, provando un insolito motto di sorpresa e piacere.
Non mi sarei mai e poi mai aspettata un abbraccio da lui e, se proprio dovevo essere sincera fino in fondo, non mi aspettavo neanche le sue scuse.
Che cosa gli stava succedendo? E perché sentivo il mio cuore fare dei salti anormali?
-Grazie pulce … almeno c’è qualcuno che oggi mi da una buona notizia. - strusciò il suo viso contro una mia guancia, facendomi sfuggire qualche risata per lo sfrusciare dei suoi capelli mori sulla mia pelle.
Erano così morbidi e profumati, che per un attimo ebbi la tentazione di accarezzarli, ma lui era Portgas D. Ace il mio superiore, vicino di casa nonché acerrimo nemico, non lo dovevo dimenticare.
Inoltre, come potevano venirmi in mente certe idee strane?
-Asso … - ridacchiai stringendogli le braccia fra le mie, abbandonando sul tavolo di fronte a me l’antibiotico che stavo sciogliendo.
“Che cavolo gli prende ora? … ” domandò il mio io interiore ancora mezzo addormentato “ … Wah! Perché ti sta così appiccicato?! Perché ti sta abbracciando?! Perché non ti liberi da questa presa con una mossa di arti marziali?! Nel tuo tempo libero sprechi tutta la giornata a guardare Naruto, Detective Conan e qualche volta i film delle tartarughe ninja … avrai imparato qualche mossa, NO?!”.
Sarà stato che il giorno precedente avevo avuto il bisogno di un abbraccio consolatorio, ma quella morsa dolce, calorosa e sincera non mi dispiaceva per niente … anche se era l’inguaribile guerrafondaio del mio superiore a stringermi fra le sue braccia forti, calde e muscolose.
Sentii appoggiare il suo mento sulla mia spalla sinistra sospirando soddisfatto, per poi domandare sognante: -Soffri il solletico?-.
Presi un respiro profondo per assumere un tono il più possibile sincero e libero da qualsiasi nota di bugia mal celata, con l’unico scopo di apparire convincente ai suoi occhi di volpe: - No. - risposi … ma ovviamente non fui creduta.
Non ebbi nemmeno il tempo di tentare una fuga, che iniziò subito a stuzzicarmi i fianchi con i suoi grattini insistenti, facendomi piegare in due dalle risate: -La smetta! Non respiro più … stiamo lavorando!-
-Lasciati andare per una volta, devi seguire solo due pazienti.- rise divertito abbracciandomi sempre più forte.
-Ace!- lo richiamò all’ordine Sunny, rimandando la mia morte prematura per asfissia.
Il moro finalmente allentò la presa e mi allontanai, osservandolo guardare con espressione terrorizzata Sunny, che lo fissava a braccia conserte e con occhi carichi di rabbia.
-Ciao Sunny, filo subito a lavorare … - rispose con voce fioca e tremolante. Lo sguardo intimidatorio di Sunny non aveva rivali, spiazzava chiunque: - … Pulce, come ottengo il mio 10%?- domandò con occhi da cucciolo.
“Oh santo cielo … che occhi teneri! Non mi guardare così che mi vien voglia di strizzarti di abbracci … puccioso!  … ehm-ehm … non ho ancora preso il caffè, chiedo venia.” … il mio io interiore aveva qualche problema d’identità da quello che potevo capire.
Arrossii leggermente sorridendo imbarazzata, risvegliando nei suoi occhi color petrolio una strana scintilla d’interesse.
Dopo quanto era successo, non riuscivo più a provare rancore nei suoi confronti, soprattutto dopo il discorso di Pam.
-Nel suo ufficio troverà la risposta. – risposi guardando il pavimento.
Vidi Sunny voltare le spalle per ridacchiare in silenzio, mentre Asso si congedò da noi con espressione notevolmente sollevata: -Vado subito allora. A dopo Pulce! - corse con un sorriso smagliante fuori dalla stanza di degenza.
-È tutto matto quello.- sospirai con uno strano sorriso rilassato, riprendendo in mano i farmaci che avevo abbandonato.
I suoi dispetti mi distraevano dai problemi vecchi e nuovi che stavo affrontando, per questo iniziai a sentirmi leggermente grata nei suoi confronti … per non parlare del filmato che Pam mi aveva fatto vedere.
Al sol ricordo, stranamente sentii le guance accaldarsi e il cuore perdere qualche battito … cosa mi stava succedendo?
Manco a farlo apposta, in quell’istante la dottoressa Pam arrivò furtivamente da dietro, farfugliando: -Che due babbei che siete, chi vi capisce è bravo … e io sono una di quelli … – ridacchiò dandomi una pacca in mezzo alla schiena - … ragazze, io ho un impegno con Sanji … in teoria oggi ero di riposo quindi finisco prima, iniziamo il giro fra un quarto d’ora, ok? Per il resto ci pensa Dottor focoso … - mi ammiccò infilandosi le mani nelle tasche del camice - … vado a prendermi una brioche che ho fame. – e con questa frase enigmatica si allontanò pure lei, lasciandomi nuovamente sconcertata.
“Sembrava che ci stesse lanciando un sms fra le righe … pure lei è strana forte, che caspita … in questa città deve esserci stata una grande fuga di cervelli, e quelli che sono rimasti sono tutti strampalati.”  fu la conclusione del mio alter ego.
Comunque, ammiravo lo stesso il carattere grintoso di quella donna, quanto avrei voluto essere come lei.
Appena Sunny ed io rimanemmo da sole, lei mi guardò con occhi furbi ed esordì: -Sherry-chan, devi considerarti speciale … - e appoggiò sul bancone altri flaconi da diluire.
-Perché mai?- domandai del tutto disinteressata.
-Ace non cerca mai il perdono di nessuno, ma sembra che del tuo non ne possa fare a meno. – ridacchiò malandrina, come se fosse a conoscenza di qualcosa sul nostro conto di cui noi stessi non sapevamo ancora niente.
 
Arrivò davanti al suo ufficio ansioso di ricevere il 10% di perdono che gli spettava dalla Pulce.
Non era tipo da rincorrere tutti per chiedere scusa, ma con Sherry era un altro paio di maniche … se non lo avesse perdonato, lui non avrebbe più potuto farle i dispetti.
Insolitamente trovò la porta del suo studio socchiusa.
Ebbe un attimo di esitazione, ma si convinse a entrare lo stesso pensando che Sherry avesse dimenticato di chiuderla non appena ne era uscita.
Fece una piccola pressione sul battente, e non appena lo aprì, il dottor Asso fu inondato da un secchio pieno di gelatina puzzolente.
Erano uova andate a male, ma come avevano fatto ad arrivare fin lì?
-Quella Pulce pestifera … se la becco. – farfugliò con ancora il secchio in testa, per poi toglierselo e scuotere il capo come solo i cani sapevano fare per asciugarsi.
Si guardò in che condizioni versava, e con un angolo pulito del suo camice cercò di liberarsi dal lerciume che gli impiastricciava il volto, sorridendo divertito per lo spirito battagliero che la ragazza stava dimostrando di avere.
Sospirò guardandosi dalla testa ai piedi, sembrava che un pollaio pieno di galline inferocite lo avesse appena bombardato con le loro uniche armi a disposizione.
-Ahahah Asso! Vede cosa succede a fare il gallo cedrone! Questo scherzo vale anche per il caffè di ieri. -.
Non si era neanche accorto di essere stato spiato dalla sua Pulce preferita, ma con sommo piacere notò che la piccola Sherry non sembrava più tanto imbronciata e triste come il giorno precedente, anzi, finalmente la stava vedendo ridere.
Quel sorriso le donava moltissimo e sarebbe rimasto fermo a guardarla per ore e ore …
All’improvviso Portgas sbarrò gli occhi “Ace, a cosa stai pensando? … queste schifezze sdolcinate non ti si addicono, tu sei il playboy di Bridgeport, ricordatelo. Sei lo scapolo più felice e gettonato di questa terra e non devi prendere scorciatoie!”.
Da quando in qua litigava con se stesso? Non gli era mai successo prima.
Comunque fosse, ignorò il suo nuovo alter ego e ritornò su Sherry.
Era una ragazza del tutto sincera e lo aveva capito dal fatto che di bugie non ne sapeva dirne una, e poteva capire quello che pensava grazie alle sue mimiche facciali, purtroppo per lei, era un libro aperto.
Si stava per togliere il camice, quando un’idea perfida assalì i suoi pensieri.
Ora che la sua preda prelibata era arrivata, non gliela avrebbe fatta passare liscia.
Non si perse in nuovi sentimentalismi e, quatto, quatto, si avvicinò a lei sorridendo sadicamente.
-Ride bene chi ride ultimo, Pulce dei miei stivali. – ridacchiò.
La ragazza era talmente impegnata a ridere, che non si accorse in tempo dell’imminente abbraccio traditore di Portgas.
Mentre la poveretta stava riprendendo fiato, Ace la avvolse con le sue braccia viscide, scoppiando a ridere quando la sentì esclamare: -Ehi … ma che schifo … mi molli! Ahahah … la pianti di farmi il solletico! -.
Non appena la aveva incatenata fra le sue braccia, incominciò a torturarle i fianchi come aveva fatto in reparto: -Adesso sei tu che mi devi chiedere scusa, altrimenti non ti lascio più andare via, inoltre, devi chiamarmi per nome. Queste sono le condizioni per la tua libertà. -
-Scemo di un Asso … - rise Sherry stringendo le sue mani con quelle di lui per bloccarlo, invano.
Le labbra di Portgas si portarono vicino a un suo orecchio, respirando a fondo il suo profumo all’iris che si distingueva dall’odore di marcio delle uova e sussurrò: -Grazie di avermi perdonato Pulce, non sarei riuscito a vivere con una vicina di casa zitella e inacidita. – e, senza averlo minimante pensato, le annusò il collo. Il profumo che aveva era delizioso, paradisiaco.
Nuovamente spalancò gli occhi, aveva ceduto nuovamente a un altro gesto tenero e romantico con lei, doveva fare attenzione, altrimenti quella donna lo avrebbe allontanato dalla sua “retta via”.
“Che sto facendo?” si domandò lasciandola andare, turbato dalle palpitazioni che sentiva nel suo petto.
Sherry invece rimase immobile con le guance bordò e si voltò incredula verso di lui: -Portgas, mi stava annusando il collo? - ridacchiò.
-Ma che scemenze vai dicendo, ti ho solo sfiorato con la punta del mio naso sporco di questa schifezza puzzolente. Ti monti la testa troppo facilmente Pulce. – ribatté alzando gli occhi al soffitto.
Se la avesse guardata in faccia, era certo che non sarebbe riuscito a mentire bene come al suo solito, l’aveva combinata grossa.
La piccola infermiera sorrise e punzecchiandogli il petto con un indice lo ricattò: -Se non lo ammetti, torni a casa a  piedi. –.
-Credi di essere tanto furba? Chiedo un passaggio a Marco.- si grattò imbarazzato una guancia, senza degnare Sherry di uno sguardo.
-Marco e Sunny sono impegnati e la dottoressa Pam  va via presto perché ha un impegno … non ti rimane molta scel … - la ragazza voltò il capo verso la fine del corridoio e in automatica si zittì.
La sua attenzione era stata catturata da un vociare di due persone.
-Ehi, il gatto ti ha mangiato la lingua?- domandò Ace guardando nella sua stessa direzione, intravedendo Zoro che parlava con il primario della chirurgia, Trafalgar Law.
Non ebbe nemmeno il tempo di chiedere altre spiegazioni, che Sherry lo spinse dentro l’ufficio chiudendo la porta dietro di sé leggermente affannata.
Era sorpresa, spiacevolmente sorpresa, quasi delusa e spaventata, forse imbarazzata … inutile, non avrebbe mai capito le emozioni contrastanti che potevano caratterizzare il mondo interiore delle donne. Che specie strana.
-Cosa succede?- le domandò con espressione accigliata e confusa.
-Niente … ah ah ah … mi può mostrare il suo ufficio?- gli domandò con voce imbarazzata, strusciandosi le gambe dal nervoso.
 
Buonasera cari lettori ^w^
Devo ammettere che è stato difficile “gestire” Ace … ora mi spiego meglio.
Rispetto a Sherry, Ace sta iniziando a provare un affetto particolare po’ per lei, non si parla ancora di amore, ma di un forte senso di protezione nei suoi confronti, anche se nutre un’attrazione fisica non indifferente. Ci tenevo a spiegarlo UwU
Questa breve spiegazione si potrà comprendere nel prossimo capitolo;3 … quindi, che cosa ne pensate di loro due? Ci tengo tantissimo a saperlo ^^
Il capitolo “originale” contava quasi di trenta pagine e ho cercato di sfoltire e alleggerire il più possibile eliminando le parti “superflue”. Rimanendo in tema di parti “tagliate” e facendomi un po’ di “pubblicità” XD, sappiate che le pubblico nella raccolta: “Dietro i paraventi”.
Che ne dite di Roronoa come primario? X’D e di Pam? (Non ha occupato molto spazio lo so, ma se riesco pubblicherò qualcosa anche su di lei visto che siete in tante ad avermelo chiesto).
Spero di non aver scritto strafalcioni e che il tutto sia stato chiaro e piacevole da leggere, ho letto un miliardo di volte questo capitolo e ormai l’ho imparato quasi a memoria e non riesco a beccare più eventuali dissonanze U.U”. Mi raccomando, fatemi sapere che cosa ne pensate, è essenziale per aggiustare il tiro ;3
Ora devo scappare, ma prima di tutto ringrazio: Aliaaara, Foco_Foco_Girl, Yellow canadair per avermi spiegato con estrema chiarezza e precisione come si crea una serie (sono molto negata con il pc, lo ammetto XD), Ikki e Kiko90. Grazie mille per le vostra fedeltà e puntualità con le vostre recensioni :3
Un bacione a tutti voi lettori e a presto!
Sherry =^w^=
P.S. Rammento che il personaggio di Sunny non è di mia invenzione, ma l’ho chiesto in prestito Sunny Roronoa, che è stata così gentile ad acconsentire. Grazie! ^^

Questa storia non è stata scritta a scopro di lucro ed eccezion  fatta per i personaggi di mia invenzione, gli altri non mi appartengono e sono stati usati nel rispetto dei relativi copyright.


 

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Capitolo 5
*** Tutta colpa delle uova afrodisiache e di Pam! ***


CAPITOLO 5:
Che diamine di richiesta era quella?
Alzò un sopracciglio confuso e le rispose: -Non c’è un granché da mostrare … dietro quella porta c’è il bagno, per il resto lo vedi da sola … inoltre ci hai già messo piede qui. -.
Da bravo casanova adorava tutte le donne, ma le uniche che sopportava a mala pena erano quelle stupide o che facevano domande idiote.
Sherry non era una donna stupida e non le aveva mai sentito dire idiozie prima di allora, quindi, che cosa stava cercando di nascondere?
La guardava ammaliato mentre si mordeva le sue piccole labbra rosee dalla soggezione, e l’avidità con la quale i denti le torturavano lo attraeva come non mai, così tanto che avvertì l’irrefrenabile impulso di morderle per lei e succhiare via quel leggero strato di lucidalabbra che le ricopriva, pregustandosi il sapore di quel trucco femminile che gli faceva girare la testa con pensieri poco puri.
Ripensò al sogno che aveva fatto cinquantanove minuti e trentatré secondi prima. In quelle circostanze poco caste, le labbra della piccola Pulce erano tinte di rosso e aveva avuto l’onore di assaporarle facendole sue … perché non lo poteva fare anche adesso?
Avrebbero saputo di fragola o di ciliegia?
Lentamente si avvicinò a lei facendo attenzione a non scivolare sulla gelatina delle uova, e poggiò i palmi aperti delle mani sulla porta che le stava dietro, continuandola a guardare nei suoi occhi lucidi e grigi.
No, non le poteva giocare un altro tiro mancino del genere, altrimenti avrebbe minato per sempre la sua amicizia.
Lei era una ragazza sincera, semplice ed equilibrata, e non voleva mancarle di rispetto ancora una volta a quel modo. L’unica maniera per distrarsi da quei pensieri carnali era continuare a stuzzicarla come solo lui sapeva fare.
Essere il padrone della situazione e delle sue emozioni gli facevano andare il sangue alla testa, e non solo lì.
-Pulce, che cosa nascondeva la domanda di poco fa?- domandò malizioso.
Non sapeva perché provava quell’irrefrenabile attrazione fisica nei suoi confronti, ma l’unica cosa di cui era certo era che scherzare e fare lo scemo con lei lo aiutava a non saltarle addosso.
Possibile che un misero sogno lo potesse sconvolgere così tanto?
La vide arrossire violentemente, tanto da farla vacillare per svariati secondi.
Il moro sghignazzò, molto probabilmente Sherry non aveva minimante pensato che quella domanda potesse essere interpretata con un’altra chiave di lettura da parte sua, ed era proprio carina con quelle guance rosse per la vergogna.
-Idiota, non nascondeva niente … - sbuffò l’infermiera guardandolo un po’ intimorita.
Quella stretta vicinanza a lei, il suo profumo, e il suo rendersi più piccola di fronte a situazioni come quella, gli fecero capire perché i due agenti immobiliari della settimana precedente se la stessero divorando con gli occhi davanti alla porta di casa sua, dopo averle mostrato l’intera palazzina.
Ebbene sì, l’aveva notata da molto tempo prima nel suo condominio, e non si sarebbe mai aspettato di ridursi in quello stato solo per lei in così poco tempo.
Ghignò sotto i baffi maledicendo il sogno che aveva fatto.
Ora non riusciva più a guardare Sherry normalmente, ma in lei vedeva una figura femminile con una carica di sensualità pericolosamente elevata.
Aveva la netta sensazione che stesse giocando con il fuoco, e che molto presto ne sarebbe rimasto brutalmente scottato.
“Ace, datti una regolata! Un sogno è un sogno, la realtà è la realtà! Non la potrai mai avere!”.
Solo allora si accorse di quanto si era avvicinato alla sua rima labiale, del suo cuore che galoppava come un cavallo impazzito e di come gli si fosse ridotta la secrezione salivare per l’eccitazione.
Almeno cinque centimetri li dividevano, e se avesse continuato a fissarle quelle labbra lucide e invitanti, avrebbe ceduto a un’altra debolezza.
“Ace! Tu sei il casanova più ricercato di Bridgeport! Dimenticala! Lei è una donna di alta classe non la potrai mai conquistare con i tuoi soliti trucchetti!” gridò il suo nuovo alter ego tirandosi i capelli dalla disperazione “ … diventerai calvo se continuerai a torturarti così!” .
Lui non la voleva conquistare, che cosa stava farneticando il suo io interiore?
Abbassò lo sguardo sui suoi piedi, notando che neanche le sue scarpe da ginnastica erano state risparmiate dall’inaspettata pioggia di uova puzzolenti.
-Che cosa c’è che non va con Law o con Roronoa?- le domandò serio tornandola a guardare negli occhi, recuperando parte del suo contegno.
Vide il suo petto prosperoso alzarsi per prendere la dose di fiato necessaria a rispondere, sfiorando il suo, piatto e muscoloso.
Si morse il labbro trattenendo un gemito di impazienza, che cosa stava succedendo in quella stanza?
Solo allora si rese conto di averle sbarrato ogni via di fuga, costringendosi ad arretrare da lei di almeno un passo senza allontanarsi troppo.
Anche Pulce stava iniziando a cedere davanti al suo sguardo penetrante, ma quel suo fugace momento di debolezza fu interrotto non appena la porta alla quale erano appoggiati fu spalancata.
La piccola infermiera gli volò fra le braccia, e d’istinto si aggrapparono l’uno all’altra.
-Asso … stai attento … - disse con voce tremante Pulce.
-Ci sto provando … - rispose lui in preda al panico, tenendosela stretta.
I due coraggiosi litiganti furono costretti a ballare sui tuorli e gli albumi delle uova andate a male, ma l’epilogo con un bello schianto al suolo non fu evitato.
Non ricordò bene la dinamica, ma Ace si ritrovò disteso per terra con Sherry accomodata sopra il suo bacino.
Lui si sedette e la guardò nei suoi occhi cinerei, quella posizione non gli dispiaceva per nulla, e se l’intrepida Sherry non si fosse tolta subito da lì, l’avrebbe potuta scandalizzare.
Teneva ancora le mani sui suoi fianchi, erano morbidi e avevano la giusta quantità di carne sulle sue ossa fini.
Pulce non aveva rotoli di ciccia, ma non era neanche eccessivamente magra, era giusta; una donna con le curve giuste al posto giusto, e a lui non sarebbe affatto dispiaciuto esserne il proprietario … chissà, magari se avesse giocato i suoi numeri di seno, vita e fianchi al superenalotto avrebbe potuto vincere il monte premi.
“Questo è il casanova che conosco! Vai così Ace!” urlò il suo nuovo io interiore.
Lui non sopportava le tipe troppo magre che mangiavano verdura o che facevano la famosa dieta del “non mangio niente, grazie … sono apposto così”, erano semplicemente ridicole e dopo bisognava sopportarle perché diventavano irritabili dalla fame.
Chissà qual era il suo piatto preferito … inoltre, era la classica donna che mangiava dolci davanti a un film romantico, oppure del salato davanti a uno d’azione?
Continuava a lambirle il ventre con i suoi pollici, mentre lei tratteneva il respiro per la paura di essere stati colti in flagrante in quella posizione ambigua.
Ora lo avrebbe detestato di più, ne era certo. Rialzò lo sguardo su di lei e le vide uno strano cipiglio sul volto, che increspava la sua pelle bianca e semplicemente perfetta.
Perché lo stava fissando a quella maniera?
Sembrava sconcertata e confusa … poteva sapere che cosa le aveva fatto?
-Tu sei strano … - gli disse scuotendo la testa.
-E tu sei seduta sopra il mio migliore amico ... - le sussurrò smaliziato a un orecchio, con tanto di occhi e sorrisino birbanti.
-Sei un porco!- gli fece una pernacchia tentando di rialzarsi, ma scivolò nuovamente sulle uova, ritrovandosi faccia a faccia con lui.
Si divertiva come un ragazzino nel vederla contorcesi disgustata nel lerciume che aveva combinato con le sue stesse mani, ben le stava.
-Potresti almeno aiutarmi?- gli domandò bordò in volto.
-Perché mai? io mi sto divertendo … scusa, ma non era trappola destinata a me? - sghignazzò.
-Che razza di … -
-Ehm-ehm! - quel verso gutturale familiare …
Entrambi si girarono verso la porta, ricordandosi di aver completamente ignorato l’ospite che li stava osservando, alias Roronoa Zoro.
-Credete di lavorare in quegli ospedali che fanno vedere nelle fiction americane?! Qui non si poltrisce, si lavora seriamente e non si fanno certe cose. – li riprese violaceo in volto.
Asso vide Sherry sbiancare dal terrore, per poi girarsi a guardarlo boccheggiante. Gli stava chiedendo aiuto, come poteva dirle di no dopo la giornata di ieri?
Se non fosse stato che aveva appena ricevuto il suo perdono, si sarebbe divertito a gonfiare la storia, ma in quel momento non se lo poteva permettere.
-Capo, non è come crede … perché non prova a mettere un piede dentro questa stanza? Così capirà che cosa è successo realmente. - sospirò leggermente dispiaciuto.
Stare da solo con la sua Pulce lo divertiva da matti, anche se continuava a chiedersi che fine avessero fatto i loro battibecchi qualche istante prima, dato che la loro comunicazione si era ridotta a un puro linguaggio non verbale senza precedenti.
-Come? Io non entro in questo porcile! Che cosa avete combinato?! Avete giocato con le sacche delle nutrizioni parenterali? … sentite qua che puzza! Vergognatevi!-.
Ace tornò a guardare la sua Pulce facendo spallucce: -Io ci ho provato … stava a lui crederci … -.
La guardò nei suoi occhi lucidi e gli pareva impossibile che quella ragazza prima lo detestasse tanto, mentre ora gli stava sorridendo imbarazzata.
Le donne erano il suo enigma preferito e studiarle gli piaceva da matti, ma Pulce stava diventando la sua cavia per eccellenza.
- … ehi, voi due? La smettete di flirtare con gli occhi? Volete decidervi a uscire e a mettervi a lavorare?!-.
 
Potevo ammettere senza problemi che quella situazione mi stava facendo divertire da matti.
Da quando avevo incontrato Ace, sapevo che tutta la mia routine sarebbe stata più movimentata e in un certo qual modo gliene ero grata.
Stavo imparando a non vedere più la mia vita divisa in compartimenti stagni, bensì cercavo di cogliere le parti divertenti che ogni situazione mi offriva.
Conoscevo Asso da poco, ma il suo sorriso felice e spensierato pian piano mi stava iniziando a contagiare.
Stava giocando a fare il dottorino malizioso e libertino con me?
Benissimo. Adesso che lo avevo capito avrei cercato di raggirarlo per uscirne vittoriosa, anche se la strada si prospettava lunga e tortuosa.
Gli presi le mani avvicinando la punta del mio naso al suo sfiorandolo, e lo guardai intensamente negli occhi continuando a sorridere birbante, mimando la scena di quando lui mi aveva messo con le spalle alla porta.
Chinò la testa di lato incuriosito, chissà se avesse capito che stavo facendo il suo stesso gioco.
In quel preciso istante le sue labbra si incurvarono in un sorriso che sembrava provenire dal cuore senza alcuna ombra di malizia, anzi, pareva timido e incredulo.
Che lo stessi meravigliando con il mio nuovo tipo d’approccio?
Le emozioni umane per me sarebbero rimaste sempre un segreto, non riuscivo mai a capire quando le persone fossero sincere e quando mi prendessero in giro, proprio come lui ora.
Se per gli uomini le donne erano un mistero, per me Asso era un enigma.
I suoi atteggiamenti erano altalenanti, prima sembrava che fosse attratto da me solo fisicamente e non perdeva una sola occasione per mettermi in imbarazzo, mentre ora mi mostrava affetto e comprensione, riparandomi dalla figuraccia che avevamo appena fatto.
Ero io che gli stavo lanciando segnali sbagliati facendogli capire che provavo qualcosa per lui?
No, anzi, gli avevo fatto comprendere esplicitamente che gradivo la classica distanza professionale: Medico e infermiera.
Ma che cosa dovevo fare se non giocare la sua stessa moneta per non soccombergli?
Ace intrecciò le dita delle sue mani con le mie e mi avvicinò sempre più a lui … era proprio un Don Giovanni incallito!
Risi scuotendo il capo, stava giocando anche lui e io ci ero cascata in pieno … forse mi stavo facendo troppe paranoie per niente, dovevo solo imparare a divertirmi in sua compagnia e basta.
-Hai visto che anch’io posso recitare la parte del ragazzo timido se voglio?- mi sussurrò in un orecchio.
-Sì, e per un attimo c’ero cascata  Asso. - gli bisbigliai.
“Sherry, questo gioco è troppo pericoloso e non mi piace per niente … allontanati dal suo bel faccino, ehm-ehm … volevo dire, dal suo brutto muso!”.
Sospirai rilassata, era da secoli che non mi sentivo così sollevata.
Gli alzai le braccia, per poi far leva su di esse e pattinare lontano dalla scia delle uova. Lo stavo sfruttando come un’ancora di salvataggio e a lui non sembrava dispiacere, anzi, scuoteva la testa divertito … chissà a che cosa stesse pensando ...
-Dottor Ace, si lavi e poi raggiunga velocemente la dottoressa Pam. Sembrava urgente.- squittì Roronoa tenendosi tappato il naso con il camice e, poco prima di sbattere la porta alle sue spalle, ribadì: -Fatevi una doccia che siete pietosi, tutti e due! -.
Avvampai guardando Asso di sottecchi, che continuava a fissarmi con uno sguardo così intenso che ricordavo di aver visto solo sugli occhi di una persona che non gradivo ricordare.
Era come se mi stesse spogliando con gli occhi e la cosa mi stava mettendo in soggezione.
Ripensai a qualche minuto prima, quando mi aveva intrappolata contro la porta del suo ufficio. Ero sicura che mi stesse per baciare, ma qualcosa, fortunatamente, lo aveva fermato.
In quel modo mi aveva messo in crisi e il mio corpo si era come paralizzato. Non ero riuscita più ad articolare dei pensieri logici e razionali per contrastarlo, anzi, il mio corpo sembrava volerlo assecondare mentre la mia mente faceva di tutto per riportarmi con i piedi per terra.
“Ti dico io qual è il tuo problema, ti manca un uomo nella tua vita … a buon intenditore, poche parole.” Ringhiò acida il mio io interiore, però dovevo ammettere che anche a lei ne serviva uno, era sempre così scontrosa “Ehi Sherry, non metterti contro di me! Sai già che vincerei io, vero?”.
Sentii Portgas sospirare e il mio cuore iniziò a correre veloce, tanto che mi parve anche di sentirlo con le mie stesse orecchie senza l’aiuto di un fonendo.
Trattenni il fiato, e mi voltai definitivamente a guardarlo cercando di togliermi dalla testa quell’insieme di pensieri incasinati.
Ace mi allungò un braccio con i suoi occhi da cucciolo, e con un falso sorriso timido domandò: -Mi aiuteresti, per favore?-.
Il cuore dal petto schizzò in gola e mi ritrovai a boccheggiare senza emettere alcun verso: -C- certo.- bisbigliai porgendogli la mano, che fu afferrata con stretta ferrea e decisa.
-Grazie.- sorrise birichino alzandosi, per poi legarmi con un braccio a lui … che cavolo stava facendo?!
Doveva essere quest’ufficio a rendere questo baldanzoso medico così intraprendente.
-Scusami, stavo scivolando di nuovo … - ridacchiò grattandosi la nuca visibilmente agitato.
-F- figurati … - sospirai guardando il pavimento ai miei piedi.
Accidenti, credevo che stesse tornando alla carica con i suoi giochi, ma forse questa volta era stato sincero, era così nervoso quando si era scusato ...
 “Sherry, perché non te lo scrolli di dosso?” domandò scettica il mio io interiore.
La risposta fu spontanea e immediata, non ci riuscivo.
-Ehi, tutto ok?- domandò serio, scostandomi la frangia dagli occhi per guardarmi bene in volto.
-Sì … - sorrisi titubante.
“Come no, hai le gambe che tremano come delle foglie al vento e ti stanno passando strani pensieri per la testa … non puoi mentirmi perché la tua mente è casa mia, vedo e sento tutto!” mi ammonì il mio io interiore.
-Sicura di non essere arrabbiata di nuovo con me?- domandò con un velo di preoccupazione.
-No … - sussurrai con il cuore a mille e le mani sudate.
Non mi stava facendo niente, ma perché ero così intontita?
Inoltre, perché ci teneva tanto a sapere se fossi arrabbiata con lui?
 “Oh mio dio, Sherry! Quanti anni sono passati dall’ultima volta che un uomo ti ha abbracciato?!” saltò terrorizzata il mio io interiore, facendomi sobbalzare a mia volta.
Oddio quanto casino che c’era nella mia testa!
Perché non riuscivo a pensare a una cosa sola e basta?
Arrossii ancor di più e mi portai una mano sulla fronte sospirando, dovevo solo calmarmi.
-Ehi, stai bene? Mi stai preoccupando … sei diventata bordò di colpo. -.
Lo guardai negli occhi e dei brividi mi percorsero la schiena, non riuscivo più a respirare e lui era seriamente preoccupato per me, ed era così vicino: -Tutto ok … - annuii cercando di svincolarmi dalla sua stretta, ma lui continuava a fissarmi serioso e non accennò ad allentare la presa dai miei fianchi.
Scosse il capo negativamente più volte e mi scrutò riducendo gli occhi a una piccola fessura, come se pensasse che gli stessi mentendo.
“In fondo è così … “ annuì il mio alter ego “se non ti conoscessi abbastanza, direi che sei attratta da lui … ma entrambe lo detestiamo e per questo mi sono messa il cuore in pace.” Sbadigliò felice il mio alter ego, sgranocchiandosi dei biscotti.
-Ace, sto bene … - risi di nuovo, nervosa.
-Tu non sai mentire, è inutile che continui se no mi costringi a usare le maniere forti.- ringhiò.
Sbarrai gli occhi, che cosa intendeva con maniere forti?
Iniziò a ridere divertito: -Era solo per intimidirti, rilassati, stavo scherzando … a che cosa stavi pensando di bello?- domandò spensierato e interessato.
I miei muscoli si rilassarono e lo guardai truce, non poteva evitare di fare lo scemo per una sola volta nella sua vita?
-Non pensavo a niente … e non faccia il prepotente con me, chiaro?- lo ravvisai.
-Ok, bellezza pulciosa … - ammiccò stringendomi il fianco sempre più forte, troppa confidenza per i miei gusti.
All’improvviso mi scostò la frangia con le sue dita lunghe e fini per appoggiare le sue labbra sulla mia fronte, facendo scivolare la sua mano dal mio viso sulla spalla.
Mi stavo sciogliendo, era da una vita che non provavo queste emozioni con un uomo.
La mano con la quale mi stringeva per la schiena, iniziò a spostarsi dalla zona lombare sempre più in alto con fare lento, dolce e sensuale, per poi risalire il collo e intrufolarsi fra i capelli, tenendomi ben salda la testa.
Mi morsi il labbro lasciandomi andare in un sospiro di piacere, accidenti, per quanto tempo mi ero negata delle carezze simili?
Respirai a fondo, nel vano tanto quanto disperato tentativo di rilassarmi.
Che cosa mi stava facendo quell’uomo?
Spostai solamente il peso del corpo da un piede all’altro, ma lui mi strinse sempre più forte, come se temesse che lo abbandonassi.
Prestai più attenzione al suo respiro che era impercettibile se non assente, proprio come il mio ... perché?
Volevo staccarmi da lui e chiedergli dove volesse andare a parare con queste uscite, ricordandogli che lui era il mio superiore e che non gradivo contatti così intimi, ma il mio corpo mi stava tradendo e quelle parole sarebbero state vane.
Se ieri sera mi avesse toccato allo stesso modo di adesso, come sarebbe andato a finire tutto?
Possibile che non avessi più il coraggio di allontanarlo solo per colpa di quelle quattro parole che aveva detto nel video?
L’altra mano che aveva appoggiato sulla mia spalla scese lungo il mio fianco destro per stringermi ancor più forte a lui, facendomi nuovamente rabbrividire e sospirare.
Una parte di me voleva abbracciarlo, ma un’altra respingeva quest’idea malsana ma allettante … a che gioco stavamo giocando adesso?
Non lo sapevo, ma io stavo diventando sua complice.
Sentii gli occhi accaldarsi sempre più, e li chiusi concentrandomi sul tatto delle sue labbra morbide e calde, era così rassicurante.
La sua bocca non era più solo appoggiata sulla mia fronte, ero certa che la stesse baciando piano e dolcemente, come se fossi un petalo di fiore fragile e delicato.
Riaprii gli occhi riportandomi con i piedi per terra, io non giocavo mai con i sentimenti delle persone e sarei sempre stata al mio posto con il mio superiore, nonché miglior nemico.
“La carne è debole, ma noi siamo dotati anche di ragione. Non puoi illudere un uomo” mi ripetevo.
Con le mie mani mi limitai a stringergli i fianchi sospirando confusa, dovevamo piantarla subito se non volevo ferire nessuno. 
Non appena mi allontanai da lui facendo un passo all’indietro, si irrigidì e si staccò da me.
Insolitamente sulle sue labbra vidi stampato un sorriso meraviglioso, rilassato, sereno ma soprattutto carico di affetto: -Mi hai chiamato solo per nome, finalmente … comunque non hai la febbre. -.
Adesso sì che era timido, e non per finta … che diamine stava succedendo? Tutto era così illogico e irrazionale …
Non riuscivo più a capire quest’uomo, mi stava confondendo, soprattutto dopo che avevo visto il filmato di Pam … che cosa stava cercando da me?
 Stava per accarezzarmi il volto ma mi staccai da lui raggiungendo velocemente la porta, girai la maniglia e scappai senza salutarlo, sopportare quell’atmosfera carica di eccitazione non faceva per me e lui lo aveva capito.
Dovevo lavarmi e correre in reparto da Sunny, che, sfortunatamente, incontrai nel corridoio … ohi, ohi … che le dovevo dire?
-Oh santo iddio! Che cavolo hai combinato?! Puzzi peggio di un topo morto!- si tappò il naso guardandomi storto.
-Ecco … è successo un imprevisto che non avevo minimante previsto, per questo si chiama imprevisto, no? … - risi nervosa grattandomi la nuca, proprio nel punto i cui lui aveva passato la sua mano bollente - … scusami, corro a farmi una doccia e torno in reparto … - non appena pronunciai il termine “doccia”, mi venne in mente l’ultimo sguardo di Ace.
Da quando lo avevo tirato fuori dalla gattabuia di suo nonno, ero sicura che avesse iniziato a guardarmi con occhi diversi, azzarderei dire “affettuosi”, ma era un affettuoso strano, oppure ero io che mi stavo inventando tutto per via del filmato di Pam?
Le mie guance tornarono a rosolare a fuoco lento. Per la prima volta nella mia vita avevo provato emozioni simili e non mi sentivo per nulla bene.
Avevo lo stomaco in subbuglio e la testa non faceva altro che pensare a lui, era un pensiero così fisso e martellante che stava per farmi venire l’emicrania.
Che cosa mi stava succedendo?
Mi sentivo leggera e non percepivo più le gambe.
“stupida, stupida e ancora stupida! Non hai tempo da perdere con i casanova! Hai tuo fratello e tua madre a cui pensare adesso!”.
Accidenti, stando in compagnia di quel dottorino mi ero quasi dimenticata che dovevo trovare un aiuto per mio fratello.
Anche questa disgrazia non serviva a me e a mia madre, sfortunatamente, ne avevamo già abbastanza a cui pensare.
-Sherry, che cosa ti ha fatto quell’uomo? Sembri diversa … - mugugnò Sunny correndomi dietro preoccupata.
 
L’acqua calda scorreva sul mio corpo, "cullandomi" in una dimensione parallela a quella che stavo vivendo …
Ero nel camerino del negozio quando il cellulare aveva iniziato a squillare per segnalarmi un messaggio che non avevo letto.
Era mia madre a scrivermi e, conoscendo la sua predisposizione alle chiamate a causa della sua scarsa conoscenza del fatidico T9, immaginai che a casa qualcosa fosse andato storto …
Prima di aprirlo pregai di non trovarmi altri dei suoi debiti da dover saldare, ma dovetti tenermi all’appendino che c’era nello spogliatoio per non cadere “Hanno ricoverato tuo fratello d’urgenza, è grave, appena puoi chiamami”.
“Ti richiamo fra un’oretta.” le risposi. Non volevo far sapere a Ace quanto fosse incasinata la mia vita, così come non volevo sentir dire dalle persone che conoscevo il classico “Mi dispiace” di circostanza.

Mi risvegliai dal mio sogno ad occhi aperti, scuotendo ripetutamente il capo: -Miseriaccia … - sussurrai con il cuore a mille.
-Sherry … uno: non mi hai ancora detto che cosa è successo tra te e Asso; due: hanno telefonato dal 118 per una rianimazione. Il Dottor Ace è stato messo a disposizione nelle emergenze e dovrei accompagnarlo io, ma in questo momento non posso … puoi andarci tu? -.
Chiusi l’acqua e mi avvolsi nell’asciugamano che mi ero portata da casa: -Non è un po’ presto per sguinzagliarmi a rianimare? Sono qua dentro a lavorare solo da ieri … -
-Ace ti spiegherà tutto, è un insegnante bravissimo … fidati, scusami ma devo proprio andare.- sentii la sua voce ovattata allontanarsi sempre più, mentre il gelo dell’angoscia mi stava portando via il tepore lasciato dall’acqua calda, facendo nuovamente spazio a freddo, brividi di paura e incertezza.
Avevo la netta sensazione che qualcosa sarebbe andato storto, ma decisi di soppiantare il mio sesto senso con il dovere che mi chiamava … che cosa sarebbe potuto succedere di così terribile in ospedale?
 
Si era fatto velocemente una doccia ed era volato in reparto a cercare la collega Pam, ma la dovette aspettare nello stanzino che usavano per le riunioni tra medici e infermieri.
Mentre la attendeva, la sua attenzione ritornò su un dettaglio che aveva catturato la sua attenzione il giorno precedente nel negozio di vestiti prima di essere arrestato ...
Era fermo davanti al camerino mentre lei si stava cambiando per provare il tubino zebrato.
Erano passati diversi minuti da quando si era rinchiusa dietro quella tendina, e non aveva avvertito alcun rumore che segnalasse la sua presenza nei paraggi.
Quando si era voltato per domandarle se fosse ancora viva, un piccolo spiraglio fra la stoffa arancione della tenda e il legno del piccolo spogliatoio, gli permisero di vedere l’espressione seria che imbruttiva il volto di Pulce … che cosa le poteva essere successo di così brutto?
Stava maneggiando con il cellulare … chi poteva essere? E che notizia le potevano aver dato?

-Portgas … sei stato veloce ad arrivare, e dal profumo di uomo che sento nella stanza, deduco che tu ti sia appena fatto anche una bella doccia. -.
Sobbalzò dalla sorpresa sulla sedia, riaprendo gli occhi per mettere a fuoco la figura magra e slanciata di Pam.
-Perché, prima puzzavo?- ridacchiò.
-Non in maniera eclatante … - mugugnò lei versandosi del caffè in una scodella.
-Alle donne piacciono gli uomini che puzzano di maschio vero.- le rispose orgoglioso.
“Come no, sopportavi a malapena te stesso … ” sbuffò saccente il suo alter ego.
-Credo che Sherry non sia del tuo stesso parere.- rispose con un velo di sarcasmo, sorridendogli malandrina.
-Che centra lei?- sapeva che non era una risposta buttata lì a caso, perché quella donna doveva sempre fare l’enigmatica?
- … non so, era per dire … - fece spallucce disinvolta - … pronto?- gli domandò.
-Per cosa?- a volte la sopportava a malapena … sarà perché non era mai riuscito ad avere un appuntamento con lei prima che si mettesse con Sanji?
-Per questo.- sorrise trionfate la dottoressa dagli occhi color smeraldo, pigiando un bottone sul telecomando del videoregistratore …
… -No … - sussurrò incredulo, dopo aver visionato il filmato per trentatré volte.  
Non poteva credere ai suoi occhi e alle sue orecchie.
Pam gli aveva mostrato il video di quando lo caricavano sulla macchina della polizia, e lui, sì, proprio lui, aveva urlato: “-Pulce, non credere a loro, mi hanno incastrato quelle maledettissime pinguine! Non andare via! Ti voglio bene Pulce!-“.
Aveva gli occhi sbarrati, non poteva essere vero quello che stava sentendo.
-Torna indietro per favore … - sussurrò stordito, aggrappandosi con le mani ai braccioli della sedia.
-Ace, dai! L’hai visto trenta volte come minimo … - sbuffò Pam facendogli rivedere il piccolo filmato.
-L’ha visto pure pulce?- domandò con la gola secca.
-Certo.- sorrise la dottoressa.
-Posso chiederti che cosa ha detto?- stava iniziando a sudare freddo, soprattutto per quello che era successo poco prima nel suo ufficio, e ancora non capiva come potesse aver perso il controllo con lei proprio all’ultimo … che le uova marce fossero diventate afrodisiache?
Le aveva baciato la fronte più volte e l’aveva tenuta stretta a sé come se fosse stata un oggetto di sua appartenenza.
L’elemento che lo lasciava ancor più basito, era l’assenza di resistenze da parte di quella ragazzina. Infatti, Pulce non gli aveva detto niente, anzi, sembrava che le fosse piaciuto crogiolarsi in quel circolo di attenzioni e coccole … oppure era talmente imbarazzata da non sapere come reagire?
Era rimasta ferma e rigida come un palo per tutto il tempo, ma quello che gli dava da pensare era il sospiro di soddisfazione e i brividi che l’avevano percorsa mentre la accarezzava.
… e se non gli avesse più rivolto parola da quel giorno in poi?
Alla fine era scappata non appena le stava per accarezzare la guancia, doveva essere molto arrabbiata con lui.
-Ace … terra chiama Ace … - disse Pam sventolandogli una mano davanti agli occhi.
Lui saltò sul posto e la guardò smarrito.
-Ti devo fare la Glasgow coma scale? … - gli domandò puntandogli una lucettina negli occhi - … le pupille sono normoreagenti e isocoriche nel caso in cui tu lo volessi sapere. – lo punzecchiò beffarda.
-Ah ah … simpatica, molto simpatica … - ruggì facendole segno di allontanarsi da lui - … che cosa ha detto Pulce?-.
-Ha detto che sembrava grassa con quella maglia larga a pipistrello, e che dai validi consigli per lo shopping.- ridacchiò.
Tutto qui?
Possibile che non avesse detto niente riguardo al suo “ti voglio bene Pulce”?
Quello che lo lasciava perplesso e impanicato, era che lui non si era minimante reso conto di aver pronunciato quelle parole e, per giunta, da quel momento le infermiere avevano nuovi argomenti su cui sparlare alle sue spalle … come se non ne avessero già abbastanza grazie alle sue bastardate perpetrate da emerito playboy che era.
Pam spense il televisore, si voltò verso di lui e gli sorrise con fare materno.
-Vuoi che ti parli da donna?-.
Ace scosse il capo confuso e lei si spiegò meglio: -Vuoi che ti dica quello che ho visto nei suoi occhi?-
-Puoi?- domandò titubante.
-La domanda non è se posso, ma se sei con le orecchie aperte o meno.- ridacchiò spensierata.
-Penso di sì … - balbettò nervoso.
“Perché sei così nervoso scapolo di Bridgeport? Dimenticala, ti porterà solo guai quella donna!”.
-Era affascinata e, non vorrei spingere troppo, ma quando ha sentito le tue parole si stava commuovendo.-
- … Commuovendo?- domandò disorientato.
- … Ace, non dirmi che non lo hai notato. Quella ragazza è sola, molto sola. -.
Una fitta al petto gli smorzò il respiro, che cavolo gli stava succedendo in così poco tempo?
Lui non si legava sentimentalmente a nessuna, ma con lei qualcosa stava andando storto.
“Ace! Miseriaccia … cosa devo fare con te?! Se proprio vuoi, togliti lo sfizio con lei, ma poi dimenticala!” quella stupida vocina gli stava dando fastidio, forse doveva iniziare ad assumere qualche antipsicotico, pensò scuotendo la testa.
Pam lo prese violentemente per il colletto del camice e lo guardò furiosa negli occhi: -Se solo osi farla star male, sappi che te la vedrai con me e non sarò affatto buona. Lei è sola qui e non ha nessuno con cui confidarsi o andare a farsi consolare se ne avesse bisogno, chiaro?!- lo minacciò.
Ace sapeva che Pam era una femminista sfegatata, ma in quelle parole avvertiva sofferenza … che ci fosse passata pure lei per quella strada?
-Che cavolo hai? Sembra che tu ne abbia fatta una questione personale … - pian piano Asso incominciò a rimpicciolirsi dalla paura davanti ai suoi occhi, per la prima volta era stato comandato da una donna.
“Che razza di uomo sei?! … sei un caso perso!”.
-Certo che la prendo sul personale, anch’io ero come te, quindi ti conosco come le mie tasche … -.
-Che cosa?!-.
Ace rimase scandalizzato da quella confessione … cosa voleva dire che lei era come lui?
Si alzò dalla sedia, superò Pam e riaccese la tv mandando indietro il nastro … ora tutto si stava chiarendo …
“-Ti voglio bene Pulce!-“ riascoltò nuovamente quelle parole.
-Prometto che non la farò star male … - sussurrò, incredulo per quello che stava per confessare a se stesso.
-Come?- domandò Pam rubandogli il telecomando e riprendendosi la cassetta con atteggiamento molto stizzito.
Sentì dei piccoli passi varcare la soglia, erano incerti, e nell’aria c’era quel delizioso profumo all’iris.
Si voltò, e sulle sue labbra tornò a farsi largo quel sorriso spavaldo che lo aveva accompagnato da sempre: -Pulce, qual buon vento. -.
La ragazza avvampò bruscamente: -Dottor Portgas, hanno chiamato dal pronto soccorso per una rianimazione … Sunny dice che devo venire con lei. –
-Perché non mi chiami più per nome, ragazzina?- le domandò stuzzicandola.
-Per quale motivo dovrei chiamarla per nome? Se non mi sbaglio lei è il mio superiore.- gli rispose con tono di sfida.
Non demordeva facilmente la peste, per questo gli piaceva da matti.
Ghignò divertito scuotendo il capo, Sherry era uno spasso e il suo profumo era buonissimo.
Nella sua mente continuavano a scorrere le immagini dei suoi sorrisi imbarazzati e delle piccole effusioni che si era fatto sfuggire con quella ragazza deliziosa. Ogni volta che la incontrava, si ricordava perché non riusciva quasi mai a stare al suo posto.
Diversamente da quello che si ero aspettato, quelle carezze erano state caste e, forse, solo a causa della cassetta la piccola Pulce non era scappata via.
“Idiota, le avevamo braccato la strada … mettiamola ancora un po’ più in soggezione, non è divertente?” sghignazzò malefico il suo alter ego, tamburellando le sue dita alla Montgomery Burns.
-Anche poco fa ero il tuo superiore, mentre eravamo chiusi nel mio ufficio?- domandò malizioso.
Sapeva che quella domanda era un colpo basso, infatti attirò subito l’attenzione di Pam, che sputò il caffè che stava bevendo per terra, guardando allibita sia lui che lei.
La piccola infermiera ridusse gli occhi a una piccola fessura, e si morse il labbro inferiore fino a farlo diventare viola.
Ok, doveva ammettere che stava di nuovo esagerando: -Dai, non dirmi che a un tuo superiore gli rovesci addosso le uova marce tutti giorni.- rise allietato nel vederle sciogliere quell’espressione contrita, sviando i sospetti di Pam, che poté sospirare rassicurata.
-I bastardi non li considero miei superiori, ma bisogna salvare le apparenze, non le pare?- sorrise acida.
Per un attimo ebbe l’istinto di saltarle addosso, altro che coccole caste e dolci, quella donna gli scatenava un fuoco di emozione nel basso ventre.
-Mi stai dando del bastardo?- le domandò divertito.
-Non rispondo a domande stupide … - ribatté lei incrociando le braccia al petto, piegando la testa di lato con un sorrisino furbo.
-Oh piccola Sherry, quando imparerai a tenere a freno la tua lingua tagliente? - le domandò ammirato e sprezzante.
-Quando la smetterà di fare l’idiota.- le sorrise birichina.
-Bene.- rispose lui infilandosi le mani nelle tasche.
-Perfetto.- rispose piccante la piccola Pulce stringendo ancor di più le braccia al petto.
 
Calò il silenzio.
Io continuavo a guardare Asso con aria di sfida, mentre lui non aveva alcun problema nel fissarmi dritto in faccia con i suoi occhi scuri, profondi ma allo stesso tempo focosi.
Senza accorgercene, il paziente da rianimare era passato in secondo piano, lasciando spazio alla nostra battaglia personale.
“Oddio Sherry, come hai potuto farti abbracciare da lui prima? Guardalo com’è arrogante e pieno di sé! Cribbio, che nervoso … come avevamo potuto cedere?! … se non fosse stato tutto così dannatamente eccitante, accidenti.” Il mio io interiore non dava cenno di riprendersi dal quello che era successo prima, ma se dovevo essere sincera, neanche io sapevo darne una spiegazione logica alla mancanza di resistenze che avevo dimostrato.
Come riusciva a essere così buono e accattivante allo stesso tempo?
Solo Dio sapeva quanto avrei pagato per avere un abbraccio così caloroso e protettivo ieri sera.
Vidi la sua mandibola irrigidirsi e il suo sguardo farsi sempre più penetrante, chissà che idea si ero fatto su di me nel suo ufficio.
-Ragazzi! … - urlò Pam - … correte che cosa ci fate ancora qui a raccontarvela?! Non esisterebbe l’ospedale se le persone fossero immortali!- anche se cercava di fare la dura, si vedeva lontano un miglio che se la stava spassando a fare la spettatrice di quelle battutine taglienti e ambigue.
Aspettai che uscisse prima Asso, che non mi risparmiò un poderoso pizzicotto alla guancia: -Stammi attaccata, ci si perde facilmente per i sotterranei. –
-Allora converrà portarsi un GPS, le sue abilità di orientamento sono narrate persino negli annuali dell’ospedale, lo sa?- lo stuzzicai.
Non riuscivo più a trattenermi, stavo diventando l’incarnazione del mio io interiore e la cosa non mi piaceva per nulla.
“Ehi! Bada a quello che dici, io sono la divinità alla quale devi aspirare!” protestò offesa.
-Ma davvero, Pulce? Non ti dispiacerà raccontarmele tutte durante il nostro lungo tragitto, vero?- domandò con una piccola nota di astio.
-Certo che non mi dispiace, Do.tto.re.- gli soffiai in faccia alzandomi in punta di piedi.
Mi strizzò energicamente entrambe le guance, le tirò il più possibile e me le lasciò di colpo, facendomi salire i lacrimoni agli occhi: -Pulce, ti conviene non istigarmi oggi … sono piuttosto impulsivo.- rispose con una strana luce nelle sue iridi scure come il petrolio.
“Ecco, lo sapevamo! Non si può essere amici con questo energumeno, ma si può solo litigare e fare la guerra” concluse il mio io interiore.
Mi massaggiai le guance e gli feci una pernacchia, facendolo sghignazzare trionfante per l’ennesima volta.
“Che il signore ce ne scampi, lo abbiamo pure come vicino di casa!” iniziò a piangere a fontana il mio alter ego.
Presi il carrello delle emergenze con il necessario, e mi affiancai a lui senza degnarlo di uno sguardo. Avevo le guance che bruciavano ancora per i suoi pizzicotti, me l’avrebbe pagata molto, ma molto cara.
-Pulce, sei troppo bella quando ti inviperisci, per questo non riesco a fare a meno di torturarti. –
-Buono a sapersi … invece lei si imbruttisce. – mentii spudoratamente deviando l’attenzione da lui.
“Non stai mentendo, non stai mentendo …” cercò di autoconvincermi il mio io interiore.
Asso chiamò l’ascensore, e mentre lo aspettavamo si appoggiò con la schiena al muro guardandomi dalla testa ai piedi.
Le mie guance iniziarono a bollire, distolsi gli occhi dai suoi e mi nascosi dietro il carrello, facendomi da barriera con il defibrillatore e l’ambu che vi erano sopra.
-Hai mai rianimato in tirocinio?- domandò scrutandomi attentamente negli occhi.
-Tre volte … - deglutii imbarazzata.
-Sei proprio agli esordi … stammi vicino che ti spiegherò tutto.- sorrise gentile.
Quando era così premuroso mi piaceva, perché non lo era sempre?
Annuii mostrandogli un sorriso timido e poco dopo le porte dell’ascensore si aprirono.
Asso mi fece segno di accomodarmi per prima con tanto di occhiolino, ed io non potei fare a meno di sorridergli di nuovo scuotendo la testa imbarazzata, per poi precederlo.
-Posso pure essere gentiluomo quando voglio Pulce.- ridacchiò ammiccandomi per la seconda volta, schiacciando il tasto zero sul riquadro del trabiccolo metallico.
Non volevo sembrare schizzinosa, ma l’interno di questa cabina da trasporto mi sembrava alquanto mal tenuta, ci avrebbe mai portato a destinazione sani e salvi?
-Asso, siamo sicuri che funzioni questo coso? È un po’ … squallido … - ammisi disgustata.
-Tranquilla Pulce, non ha mai dato problemi a nessuno.- rispose mimando con una mano “è tutto ok”, ma subito dopo l’ascensore si bloccò, senza mostrare alcun segno di vita se non una flebile luce d’emergenza accesa.
“Oh mio Dio, è successo quello temevo da sempre? … sì, è successo quello che temevo da sempre!” realizzò il mio io interiore.
Entrambi ci guardammo in faccia, e Ace tornò a pigiare il bottone impacciato e imbarazzato: - Ok, come non detto, siamo bloccati Pulce. – sussurrò incredulo.
Sbarrai gli occhi terrorizzata: -Come?- domandai con voce stridula dal panico.
Uno dei miei peggiori incubi si era realizzato, e iniziavo a temere che questo fosse solo l’inizio di una lunga serie se avessi continuato a frequentare Portgas.
“Ecco, lo sapevo, lo sapevo e lo sapevo! Perché con questo matto le cose non vanno mai per il verso giusto?!” sbatté i piedi il mio io interiore, e questa volta le detti ragione.
Da quanto potevo capire, la coppia “Sherry & Ace” portava sventura in qualunque contesto, lavorativo o meno.
-Siamo bloccati … - ripeté sorridendomi tirato per la magra figura che aveva appena fatto - … dobbiamo avvisare il reparto di mandare Testa D’ananas e Sunny a rianimare. – sospirò componendo il numero con il suo cellulare.
“Sherry, calma … tutto si sistemerà. ” mi ripeteva il mio io interiore, più impanicato di me “ … wahahah, ha chiamato il suo collega testa d’ananas! Che spudorato, mi piace tantissimo! … cioè, non lui, ma la sua battuta, la sua sfrontatezza.” … ecco, come suo solito, mi aveva appena smentito.
Mentre Asso parlava al telefono, lo guardai in faccia facendomi sempre più piccola.
Iniziai a sentirmi indifesa e impaurita, non potevo fare niente di utile per me, per Portgas e per il poveretto che doveva essere rianimato.
La mia mente iniziò a correre con la fantasia, incutendomi sempre più timore … e se le corde di sospensione di questo trabiccolo metallico si rompessero? Schiacciandoci al suolo come delle sardine?
Oddio che roba arrenda!
Sbarrai gli occhi e mi strinsi le braccia al petto per ripararmi dalla mia stessa paura.
“Sherry, non hai neanche scritto un testamento! …” sbraitò il mio io interiore “ … anche se non servirebbe dato che hai solo debiti da pagare … ma non hai provato l’ebbrezza di amare un uomo in maniera psico-fisica! Non sei mai andata su una moto d’acqua come ti è sempre piaciuto, non sei mai andata in vacanza in montagna nel periodo natalizio a sciare, non hai mai fatto bungee jumping … oh mio Dio! Che vita noiosa che hai condotto fino ad adesso!” sentenziò scandalizzata.
Sentii qualcosa di caldo appoggiarsi sulle mie spalle, e pian piano presi coscienza che mi stavo isolando con le mie fobie assurde.
- … Sherry, Sherry ci sei? … - domandò Asso scuotendomi per una spalla, appoggiandomi il suo largo camice riscaldato dalla sua stessa temperatura corporea, facendomi sentire coccolata e protetta.
-Sì, dimmi tutto. –
-Ti eri incantata … mandano i tecnici per sistemare tutto, ti va di parlare un po’? possono metterci delle ore. -.
Sbarrai gli occhi, che cosa voleva dire con il termine “ore”?
Rise, non per prendermi in giro, ma perché sapeva perfettamente quanto questa situazione fosse deprimente, oltre al fatto che mi leggeva in faccia il terrore.
-Bene … di che cosa vuoi parlare?- domandai nervosa.
Di che cosa si poteva parlare con lui?
Si litigava e basta.
-Ti va di sederci prima di tutto? … - domandò - … c’è spazio per un letto qui dentro per fortuna. -.
Ci sedemmo l’uno difronte all’altra, e iniziammo a scambiarci degli sguardi carichi di tensione.
Sarà stata la situazione in cui ci trovavamo ora, saranno state le paure che la mia mente contorta creava, oppure la presenza di Asso con me in uno spazio così ristretto, ma io non riuscivo a rilassarmi e potevo vedere che anche per lui era la stessa identica cosa.
Forse era così per via di quello che era successo nel suo ufficio poco tempo prima, ma non sembrava che gliene importasse più di tanto, altrimenti me ne avrebbe parlato … credo.
Presi un respiro profondo e gli sorrisi gentile, si stava preoccupando per me e stranamente la cosa mi dava piacere: -Che cosa vorrebbe sapere sul mio conto?- domandai.
Anche se non lo davo a vedere, ero felice che Asso si interessasse a me e alla mia vita. In questi ultimi anni mi ero buttata a capofitto nello studio per laurearmi in tempo, e avevo tagliato i ponti con tutte le amiche che avevo, ritrovandomi sola, senza aver qualcuno con cui confidarmi o che mi chiedesse come stessi.
Lo vidi titubante e, per quello che la luce flebile dell’ascensore mi consentiva di vedere, mi parve che le guance di Ace si stessero colorando di un leggero rossore.
A conferma delle mie supposizioni, si grattò la nuca come era solito fare quando si sentiva in soggezione, e domandò: -L’altro giorno nel negozio stavi rispondendo a un messaggio di non so chi, e sembravi molto preoccupata … ti andrebbe di parlarmene?-.
Rimasi sconcertata da quella richiesta, perché si stava prendendo a cuore i miei stati d’animo?
-Scusami, ma perché ti interressi delle mie preoccupazioni?- domandai portandomi le gambe al petto, come se stessi cercando di ripararmi dai suoi occhi indagatori.
-Non lo so, ma alla tua faccia non si addicono quelle espressioni serie … e anche se non può sembrare, vorrei vederti sempre con un sorriso sulle labbra. – ribatté imbarazzato.
-Asso, hai un cuore anche tu?- domandai scherzando.
-Ah … ah … simpaticona, sono così tanto bastardo con te?-.
Sorrisi timidamente nascondendomi dietro le ginocchia facendo cenno di “no” con la testa, paragonandomi a una piccola e titubante bambina dell’asilo che aveva paura di fare amicizia con gli estranei. Alla fine era quello che stavo facendo in questo momento, stavo facendo amicizia con una persona che non conoscevo, ma con la quale avevo vissuto delle avventure assurde.
-Per fortuna. – sospirò strizzando un occhio.
Mi rimisi dritta con la schiena ben adesa alla parete, e alzai gli occhi al cielo per ricordare il momento a cui Asso si stesse riferendo, rimanendone raggelata.
“Ehi! Eravamo in camerino in quel momento!” squittì allarmata il mio alter ego, assumendo il colore della vergogna.
Riportai gli occhi su di lui e lo guardai bieco, stringendo le labbra in una linea sottile e dura.
Per tutta risposta lo vidi schiacciarsi con la schiena contro la parete fredda dell’ascensore, aveva tutte le ragioni di questa terra per spaventarsi: -Asso! Mi hai spiato?!- soffia veramente indispettita.
-No, non erano le mie intenzioni … - scosse la testa mettendo subito le mani in avanti - … quando eri entrata per provare il tubino, avevo notato che ci stavi impiegando troppo tempo e mi ero solo girato per chiederti a che punto eri, ma poi ho visto uno spiraglio e tu eri così disperata … -.
Lo fulminai: -Hai visto solo quello?- ringhiai.
- … ehm, ecco, poi ti stavi togliendo la maglia e ho visto la tua pancia, solo quella, e dopo mi sono girato per colpa delle pinguine … - si allontanò leggermente da me - … però devo ammettere che hai dei bei fianchi.- azzardò, coprendosi la testa per difendersi da un’eventuale scarpata che non arrivò.
Iniziai a ridere divertita e rincuorata.
Non sapevo che Asso mi temesse fino a questo punto.
Alzò la testa titubante, rimanendo scombussolato, perplesso e stupito dalla mia reazione: -Non mi pesti?- domandò.
-No, sei troppo divertente … hai paura di me?- risposi asciugandomi le lacrime.
-No, perché io sono un uomo … - mentì spudoratamente, cercando di riacquistare parte del suo contegno - … comunque, non hai risposto alla mia domanda.- mi guardò torvo, come se stesse insinuando che volessi deviare il discorso.
“Marrano che non sei altro! alla fine sei riuscito a sbirciare, eh?! Ma chi mi ha fatto fare di farti uscire da quel tugurio di prigione? Alla fine avevi creato la tua combriccola … “soffiò il mio io interiore.
Ripensai a ieri, alla notizia che mia madre mi aveva dato e a come mi ero sentita.
Parte delle fondamenta che costituivano il mio mondo erano crollate, avevo sentito il bisogno di parlare e sfogarmi con qualcuno, un amico, se solo lo avessi avuto, ma non so per quale santa concessione, l’occasione mi si stava proponendo proprio adesso.
Sentii i muscoli mimici attorno ai miei occhi e alla bocca addolcirsi, lasciandomi andare in sospiro di sconfitta.
“Non piangere Sherry, solo le persone deboli e vulnerabili piangono davanti alle persone …” ripeteva il mio io interiore.
-Asso, puoi concedermi un attimo solo che riorganizzo le idee? - la voce uscì dalla gola strozzata, contro la mia volontà.
Diffidente, lo guardai. Lui era lì, davanti a me, serio, concentrato e si limitò ad annuirmi rammaricato.
Presi un altro respiro profondo e aprii bocca senza far uscire alcun sibilo. Non ero affatto abituata a condividere la mia vita con qualcuno, ma sapevo che trattenere tutte le mie emozioni negative non mi facevano per nulla bene: -Stavo scrivendo a mia madre … - riuscii a confessare con un fastidiosissimo nodo in gola - … e non mi ha dato una … bella … notizia … - mentre parlavo, continuavo a deglutire e a prendere dei respiri profondi per non piangere. Stavo per esplodere come se fossi stata una pentola a pressione e la sensazione che provavo era orrenda.
Dopo svariati secondi, ripresi il controllo delle mie emozioni e continuai a raccontargli la mia storia: -Mio fratello ha avuto delle assenze ricorrenti in questo mese, e ieri ha avuto delle convulsioni sul posto di lavoro che sono continuate per tutta la giornata … -.
Non me ne accorsi, ma Asso si era portato al mio fianco e mi scrutava con estrema attenzione, nel tentativo di cogliere ogni minimo cenno e battito di ciglia che segnasse il mio disagio - … il neurologo che lo seguiva gli ha fatto eseguire una TAC per escludere qualche neoformazione, ma hanno ritrovato un aneurisma, non so altro … -.
-È un aneurisma freddo?- domandò con tono professionale, anche se la sua vicinanza non lo era.
Si stava sporgendo sempre più in avanti, facendosi vicino, investendomi con il profumo del suo dopobarba del bagnoschiuma con il quale si era appena lavato.
La sua essenza mi stava mandando in confusione, anche il suo camice aveva lo stesso profumo ed ero alquanto tentata di stringerlo fra le mani per annusarlo all’infinito.
“Sarà un gran cattivone questo medico, ma c’è da dire che ha un profumo delizioso …” anche il mio io interiore andava in brodo di giuggiole mentre lo annusava.
-Da quello che ho capito sì, ma l’hanno dovuto sedare per evitare dei danni anossici a causa delle crisi … -.
Ace prese una mia mano dal mio grembo, e la strinse forte, in segno di solidarietà, ma in quel gesto avvertivo anche qualcos’altro che mi sfuggiva.
-Scusami … - sussurrò dispiaciuto - … ho fatto lo scemo con te e non ne avevi per nulla bisogno – mi strinse impercettibilmente sempre di più la mano, senza farmi male, anzi, era dolce e confortante, per una volta non mi sentivo più tanto sola.
Scossi il capo e lo guardai con gli occhi lucidi dalle lacrime: -No, è strano che io lo stia per dire, ma tu mi hai pensare ad altro facendomi svagare con le tue performance straordinarie e al di fuori del normale vivere quotidiano … - ridacchiai in sua compagnia - … quindi, apri le orecchie per una buona volta, perché non lo ripeterò più … grazie. –
-Mi stai dando il consenso a continuare a fare lo scemo?- domandò con il suo inseparabile sorriso birichino.
-In un certo qual modo … - mugugnai preoccupata, avevo appena firmato la mia condanna a morte.
“Sherry! Ti sei bevuta il cervello!” il mio io interiore imitò l’urlo di Munch sbiancando dal terrore.
-Perfetto, sono felice di sentirtelo dire … - allungò una mano sul carrello e prese il pulsossimetro che vi avevo riposto - … anche perché ho avuto una gran bella idea per passare il tempo, il gioco della verità ... – sghignazzò - ... preparati a domande di varia natura, Pulce pulciosa. -.
“Non si smentisce mai.” sospirò rassegnata il mio alter ego.
 
Salve a tutti!!! ^^
Scusate per la mia prolungata assenza, ma non è affatto una passeggiata trovare un lavoro al tempo d’oggi T.T ho girato un bel po’ per la mia regione e spero in un responso positivo da qualche anima pia U.U … inoltre ho avuto il fatidico blocco dello scrittore, spero di non aver fatto disastri ^^””
Allora, che dire di questo capitolo … mmh … la prima cosa che mi viene in mente, è che ho dovuto dividerlo in due parti, avevo scritto più di quaranta pagine e non volevo annoiarvi ^^”
In questo giro mi sono voluta concentrare sugli scombussolamenti interiori dei protagonisti, ma ho cercato di non far venire meno le loro battutine taglienti, e spero che il capitolo sia stato soddisfacente e di vostro gusto. ^^
Asso sta iniziando a scoprire che la cara Sherry non è solo una collega o una vicina di casa piena di charme, e sembra che la cosa lo stia preoccupando assai  U.U … Che cosa ne pensate voi? ^^
La piccola Pulce sta iniziando ad adattarsi al medico bizzarro, che sia tutto merito del filmato di Pam?
Lascio a voi i commenti ^^ fatemi sapere se vi è piaciuto, per me è importantissimo U.U
Ringrazio di cuore tutti coloro che hanno messo la storia tra le preferite, le ricordate e le seguite, in particolar modo (in ordine alfabetico ;3): Aliaaara; Foco_Foco_Girl; Ikki; Kiko90; Lunetta 12; Monkey_D_Alyce;  Okami D Anima; Titty89; Trafalgar Revy; Yellow Canadair.
Le vostre recensioni sono bellissime e mi danno lo sprint giusto per andare avanti UwU
Ringrazio anche i lettori silenziosi ^^ non mi dimentico di voi.
A presto!
Un bacione con abbraccio!
Sherry=^w^=
P.S.: nel prossimo capitolo ci sarà un incontro interessante, oltre al fatidico gioco della verità di Ace UwU.
P.P.S: Ribadisco che il personaggio di Sunny non è di mia proprietà ma di Sunny Roronoa. ^^
P.P.P.S: … piccolo dizionario medico … Glasgow Coma Scale: con questa scala si valuta il quadro neurologico di una persona, attribuendo un punteggio sulla base della risposta verbale, motoria e dell’apertura degli occhi di una persona.
 Pupille isocoriche: pupille che hanno la stessa ampiezza.
Pulsossimetro: è un ditale che si mette al dito per rilevare la frequenza cardiaca di una persona e la sua saturazione.
Spero di essere stata chiara ^^” potete chiedermi chiarimenti in caso U.U
Bye bye ^^

Questa storia non è stata scritta a scopri di lucro ed eccezion  fatta per i personaggi di mia invenzione (Sherry e Pam), gli altri non mi appartengono e sono stati usati nel rispetto dei relativi copyright.

 

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Capitolo 6
*** Scottanti verità dentro gli ascensori, incontri a sorpresa e ... future rivendicazioni! ***


Capitolo 6:
 
Lo guardava come se fosse stato un povero scemo a proporle quel gioco, ma lui sapeva che quel volto esterrefatto serviva a celare la preoccupazione che provava, infatti, la conferma arrivò poco dopo con una sua domanda: -Asso, mi devo preoccupare?-
-Non lo so, tu cosa credi? Alla fine sono io a porti le domande … - sorrise diabolico.
La vide girarsi davanti a sé piegando compostamente le gambe ad angolo nella stessa direzione: -Visto che sarai tu a interrogarmi, suppongo proprio di sì. – sospirò porgendogli una mano.
Con delicatezza le afferrò un dito per metterle il ditale guardandola attentamente negli occhi, anche se lei cercava di sfuggirgli per l’imbarazzo.
Più la guardava, più si rendeva conto di quanto fosse bella e che il suo carattere impacciato e timido non faceva altro che renderla più irresistibile.
Se l’avesse incontrata in uno dei pub che frequentava, non l’avrebbe mai abbordata.
Lei non era una donna con cui passare solo una notte per dar sfogo al suo calderone di impulsi repressi, lo si vedeva lontano mille miglia che lei era una con cui condividere un letto matrimoniale per fare l’amore, era una donna a cui regalare un anello dorato da far indossare all’anulare sinistro promettendole eterna fedeltà, assicurandole che sarebbero stati sempre e solo “tu ed io”.
Lui sapeva che non poteva donarle niente di tutto quello e la cosa lo faceva star male, perché?
Lui non era un tipo da storie fisse, tanto meno da matrimonio, e da sempre si era definito troppo bello e sprecato per quelle cose così mielose … ma perché ora aveva tutti quei pensieri strani?
Doveva smetterla di girarle troppo attorno, si stava affezionando a lei e le emozioni nuove che iniziava a provare lo facevano sentire strano, spaventandolo a morte … ma come avrebbe potuto vincere quell’attrazione letale?
“Ehi Ace … sveglia! … perché non la torturiamo ancora un po’? Non è divertente vederla così tirata? Piantala di fare lo Shakespeare della situazione … che cosa vuol dire che lei è una donna da letto matrimoniale e per sempre tu e io? Bleah … neanche via col vento era così romantico … forza, all’attacco!” .
Ignorò nuovamente quella vocina dispettosa nata da quando Sherry aveva messo piede nella sua vita, tornando a regalare all’infermiera pulciosa l’attenzione dei suoi occhi scuri e malinconici, che osservavano la lucentezza e la lunghezza dei suoi capelli castani asciugati di fretta.
Era divertente notare come una ragazza perfettina come lei se ne andasse in giro con  delle ciocche di capelli ribelli, quando, invece, era solita averli lisci e perfetti come la seta.
“Accidenti, con questa luce soffusa non si vedono i suoi riflessi ramati … cioè, volevo dire, meno male, ahahah, altrimenti ti perderesti a guardare quel colore che ti piace tanto, ahahah …”.
Piegò la testa di lato studiandola meglio, ora che gli aveva parlato di suo fratello la vedeva più rilassata e sembrava anche aver riacquistato del colorito.
Le strinse la mano facendole delle piccole carezze circolari sul dorso, deliziandosi nel vederla impazzire al suo tatto mentre si mordeva il labbro inferiore ansiosa.
Era evidente che la piccola Pulce stava combattendo una lotta interiore per non cedere, ma perché insisteva a non lasciarsi guidare dal suo istinto una volta ogni tanto?
-Hai una pelle morbidissima, è bella da accarezzare e credo che lo sia anche da massaggiare e da baciare, sbaglio?- le domandò con occhi languidi.
-Non lo so … - si schiarì la voce - … non l’ho mai fatto testare.- ridacchiò nervosa.
Ace accese il pulsossimetro senza toglierle gli occhi di dosso, fino a quando non senti la frequenza cardiaca accelerata rivelata dalla macchinetta: 98 battiti al minuto.
-Ehi! Rilassati, nessuno è mai morto nessuno per questo gioco così insulso e infantile … - scoppiò a ridere, cercando di celare i ragionamenti di natura medica che il suo cervellino aveva appena innescato.
-Veramente di solito ho queste frequenze … - asserì Pulce intimorita.
-È alta questa frequenza per essere a riposo, sei anemica?-
-No.-
-Problemi di tiroide?-
-Forse … molto probabilmente ho avuto una tiroidite ma non ho mai indagato. Diciamo che sono tendenzialmente ipertiroidea. – fece spallucce totalmente disinvolta.
-Il medico non ti ha fatto fare dei prelievi o un’ecografia?-
-No, ho fatto gli esami ma non ho mai trovato il tempo per farglieli visionare. Avevo il TSH a 0,89 e il T3 al limite massimo.- aveva la netta sensazione che quella risposta fosse una bugia, perché?
Perché era convinto che non avesse portato apposta a far visionare gli esiti al medico?
Era più che sicuro che avesse mentito spudoratamente al suo curante di famiglia dicendogli che erano tutti a posto.
“Ace, piantala con questi deliri e torturiamola un po’ … non vedo l’ora!” si sfregò le mani il suo io interiore.
-E perché ti ha fatto fare dei prelievi così specifici? Avevi solo problemi di tachicardia?- voleva capire che cosa stesse nascondendo Pulce, il problema di salute di suo fratello era sopraggiunto a uno ancora più grande, ne era certo, che anche lei non stesse bene?
No, altrimenti non la avrebbero presa a lavorare con loro … che cosa stava nascondendo quella ragazza tanto timida e ansiosa?
-Asso, il gioco è già iniziato senza che io me ne sia accorta? Oppure gradisci visitarmi? … - con quella frase Sherry alimentò le risatine maliziose del suo peggior nemico - … no, no e no, sei tu che sei pervertito, io non intendevo alludere a niente di quello che pensi tu … oddio ma che devo fare con te? Sei un caso perso. - si batté una mano sulla fronte dalla vergogna, calandola sugli occhi.
Stava sorridendo per la situazione che la piccola Pulce impacciata aveva appena creato e sfatto con le sue stesse mani, ed era proprio in momenti come quelli che lui la voleva baciare.
Sherry splendeva di una luce diversa quando era così sciolta, rilassata e spontanea, ma perché non cercava di esserlo sempre?
-120 di frequenza cardiaca, che sia la mia vicinanza a renderti così nervosa? Questa è la prima domanda del gioco.-
-No, non sei tu a rendermi nervosa.- rispose rigida, mentre i battiti della macchinetta si alzavano a 125.
-Risposta sbagliata Pulce, io ti rendo nervosa. Ti ricordo che stiamo giocando al gioco della verità.- ghignò speranzoso.
“Ace, gran bel punto! Non le siamo proprio indifferenti, eh? … cioè, volevo dire … lasciala stare che non fa per te!” agitò una mano il suo alter ego.
-È colpa di questo aggeggio elettronico, non funziona.- ribatté Pulce, adirandosi ancor di più nel sentir salire la sua frequenza cardiaca a 130.
Asso le tolse il ditale sghignazzando fiero di se stesso e del suo operato: -Tocca a te Piccola Pulce Pulciosa.- asserì marcando le “P” mentre le porgeva la pinza infernale.
La ragazza si portò un indice al mento cercando una domanda da fargli, e appena aprì bocca lui la anticipò: -Sì, ho voglia di visitarti. -.
Rimase deliziato dal color porpora che le povere e provate gote di Pulce assunsero, non riuscendo a trattenersi dal ridere: -Scherzavo infermiera pulciosa. – le scompigliò i capelli.
“Ma davvero? A me sembravi così sincero …” lo punzecchiò serio e accigliato il suo alter ego.
Lei in tutta risposta lo fulminò con tanto di pernacchia, e il suo volto si illuminò d’immenso mentre lo connetteva alla macchinetta: -Questa sarà la mia domanda per te, hai scherzato veramente adesso?-
Poteva chiedergli di tutto, sarebbe stato disposto a dirle anche il colore dei boxer che portava, ovvero viola, ma non doveva fargli quella domanda!
Ogni volta che la vedeva o si accennava a lei in un discorso, gli veniva in mente il gioco del “dottore e dell’infermiera”, per non parlare dei sogni che aveva iniziato a fare.
Dovette ingoiare un boccone amaro, ma quello era pur sempre il gioco della verità e lui non aveva mai barato: -No, non scherzavo.- e il pulsossimetro rimase invariato sulla sua frequenza di 60 battiti al minuto.
Eccola, era rimasta di nuovo scandalizzata dalla sua perfomance.
Lo stava guardando incuriosita come se fosse stato un alieno interessante da studiare, stava per fargli un’altra domanda ma lui la bloccò staccandosi la macchinetta per rimetterla a lei, mantenendo la sua espressione composta.
Con quel gioco voleva chiarirle sin da subito una cosa, lui non era un bugiardo e non era nel suo stile raccontare menzogne: -Sconvolta Pulce?- le domandò sorridendo colpevole.
-No, direi confusa … non riesco a capire che cosa sono per te. - le rispose con voce fioca.
-Vorresti dire “chi sei per me”, non sei un oggetto ma una persona … forse ti ho veramente stravolto. – ridacchiò.
-No, te lo assicuro … dagli uomini mi aspetto delle battutine del genere.- sorrise timida.
-Grazie, che bella considerazione.- fece il finto offeso, divertendosi nel vedere la piccola Pulce stringersi nelle sue spalle mentre se la rideva di gusto.
-Allora Pulce … hai mai avuto un ragazzo?-
-Sì, solo uno.- rispose sollevata, forse si aspettava una domanda più piccante, ma quelle sarebbero arrivate dopo.
L’infermiera ramata gli pinzò nuovamente il dito, senza lasciargli il tempo di chiedere chiarimenti o approfondimenti, proprio come aveva fatto lui qualche istante prima.
“Allora era vero che adottava la politica “occhio per occhio e dente per dente” ”.
-Per te rappresento qualcosa di importante? -.
La guardò accigliato, dove voleva arrivare?
-Prima di tutto userei il termine “qualcuno”, ma non saprei risponderti alla domanda … lo devo ancora capire … - si fissarono intensamente negli occhi, ma lei distolse subito lo sguardo lasciandolo rammaricato dal quel comportamento freddino, che si aspettasse qualcosina di più?
- … di sicuro non posso considerarti solo una collega o una semplice vicina di casa zitella, mi hai tirato fuori dal carcere. – aggiunse velocemente, nella speranza di poter riavere su di sé quegli occhi grigi meravigliosi.
Lo poteva vedere, le sue labbra si erano incurvate in un piccolo sorriso, allora le stava anche simpatico.
“ … non montarti troppo la testa …”.
Le vide appoggiare la fronte sulla sua spalla, nascondendo quello splendido rossore che la caratterizzava dal loro primo incontro.
Perché solo in quei momenti di estrema intimità diventava così confidenziale?
-Tocca a te, scapolo zitellone. – gli porse la mano guardandolo intenerita.
Alla fine le piaceva essere coccolata anche con le parole, ma perché rifiutava quasi sempre quelle piccole effusioni?
Era come se stesse cercando di difendersi da qualcosa, ma da che cosa?
Vederla così e sentire il suo calore sulla sua spalla gli fecero dimenticare quello che le voleva chiedere, ma per non fare la figura dell’uomo che andava subito in brodo di giuggiole per niente, le rigirò la domanda: -Io per te sono importante?-
- … ti stai rivelando un valido amico, l’unico che io abbia mai avuto. Ma non montarti la testa, sei anche il mio peggior nemico. – il pulsossimetro rivelò che aveva detto il vero.
“Amico? Credevo che mi considerasse solo come il suo peggior nemico … ci dobbiamo mettere d’impegno! Ehi, detersivo ambulante, la prossima domanda deve essere più piccantina, ok?”.
-Asso, anche con le altre donne ti comporti come fai con me?- domandò a sua volta.
-No, solo con te mi viene voglia di farti tanti dispetti. – gli pizzicò una guancia mentre lei gli faceva una pernacchia, ed entrambi scoppiarono a ridere per il gioco demenziale e triste che stavano facendo.
Ma da dove gli era nata quell’idea malsana del gioco della verità?
“Ehi, com’è che non vi state scannando?” lo ridestò il suo alter ego.
Ace le rubò la macchinetta infernale di mano, riscaldandosi nel vedere disteso sulle labbra dell’infermiera Sherry quel sorriso così radioso e spensierato che mai gli aveva visto prima: -Attenta, questa domanda è vivace … -.
La vide sussultare e indietreggiare, ma lui la prese per un polso tirandosela al suo fianco: -Tranquilla, è solo un gioco e si parla di cose normali, quotidiane, fisiologiche … - cercò di rassicurarla evidenziando la normalità dell’argomento che stavano per trattare.
-Oh no Asso, con me è meglio non affrontare certi argomenti fisiologici … mi metti a disagio, cioè, non sei tu che mi metti a disagio, meglio, sì, tu mi metti a disagio, ma quegli argomenti … - non le lasciò finire la frase che le domandò: -L’età della tua prima volta e il luogo. -.
Seguì un lungo attimo di silenzio in cui lei boccheggiò più volte, cercando di trovare il coraggio per rispondere.
-Pulce, mi risponderai prima che ci tirino fuori da qui?- ridacchiò.
Le vide stringere in un pugno la mano libera che aveva in grembo: -Mai. – sussurrò strizzando gli occhi mentre si mordeva le labbra.
Entrambi rimasero ammutoliti a lungo.
Lui non poteva credere a quello che le sue orecchie avevano sentito, e la frequenza della macchinetta era rimasta invariata, segnale che quella risposta era vera.
-Mai nel senso “mai mai” oppure mai nel senso “ non te lo dirò mai”?- non aveva bisogno di chiederlo, ma, semplicemente, era rimasto tanto sbalordito da quello che aveva appena udito.
Sherry riaprì gli occhi e lo fulminò: -Che hai da fare quella faccia da idiota?! Quel ragazzo non era assolutamente il tipo giusto per me. Punto, stop, fine.- gli soffiò indiavolata incrociando le braccia al petto.
-Pulce … - le sorrise dolce - … lo sai che mi fai tanta tenerezza?-
-Ma vai a … a … quel paese … mi hai fatto arrabbiare. Io non dico mai le parolacce e tu ci sei quasi riuscito. La prossima volta cosa succederà? Mi ritroverò a fumare della cannabis nel tuo salotto?- gonfiò le guance indispettita, non degnandolo più di uno sguardo.
-Io non fumo … - ridacchiò tirandole la carne di uno zigomo - … lo sai che mi fai veramente tanta tenerezza? Sei la classica ragazzina che aspetta il suo principe azzurro. -.
Lei gli tirò il naso, facendolo gemere dal dolore mentre cercava di staccarsi la sua mano tanto piccola e graziosa quanto bestiale di dosso: -Pirata prego, il mio tipo ideale è un pirata, non un principe tutto pieno di fronzoli e boccoli biondi che potrebbe essere dell’altra sponda … io ho bisogno di vivere allegra e spensierata, non ho bisogno del thè delle cinque assieme alla regina di non so quale paese!- sospirò dispiaciuta.
-In poche parole … hai bisogno di un tipo come me. - le sussurrò malizioso a un orecchio, seguendo con lo sguardo i lineamenti del suo naso, della sua bocca, per poi guardarla insistentemente negli occhi, osservando le sue pupille dilatarsi per chissà quale emozione.
“Baciala, baciala, baciala!” il suo cuore gridava questo messaggio, mentre il suo alter ego non faceva altro che tentare di fermarlo “Basta, non guardarla più in quel modo!”.
La piccola pulce si tolse il ditale pinzandolo al dito di Asso, nel vano tentativo di alleggerire la tensione fisica che si stava di nuovo ricreando: -Ti sei mai innamorato?- domandò a bruciapelo.
Continuò a fissarla con un sorriso dolce e occhi infuocati, rispondendole: -Non lo so, forse mi sono innamorato di qualcuna, ma me ne sto accorgendo un po’ alla volta.-
-La conosco pure io?- domandò senza guardarlo, con tono quasi deluso.
-Sì, direi benissimo, abita pure nella mia palazzina e si è appena trasferita.-
-Ci sono pure donne giovani dove abitiamo? Credevo che ci fossero solo vecchi.- rispose curiosa, quasi gelosa.
-Diciamo che è una donna che non trova mai del tempo per sé, e che quando lo fa si sente in colpa perché non ha pensato prima alla sua famiglia … - ribatté il morettino stuzzicandola - … si è appena trasferita, non ti dice niente?- domandò meravigliandosi di quanto fosse ingenua l’infermiera che aveva davanti a sé, perché non riusciva a capire che si stava riferendo proprio a lei?
Era così lampante! ... ma anche questa caratteristica di Pulce lo faceva intenerire ancor di più.
-Hai intenzioni serie con lei?- domandò rammaricata.
-Non lo so, dipende se inizierà a notarmi o meno, e se inizierà a considerarmi non solo come un amico di confidenza o come un bambino pestifero … sei sicura di non aver capito a chi mi stia riferendo?-.
“Ehi! Ace! Cosa stai facendo? Datti una regolata, non puoi ignorarmi così, non puoi reprimere i tuoi impulsi per colpa sua! Certo che è proprio addormentata questa qui, possibile che tu non ti possa invaghire di una più sveglia di lei?!” ormai Asso non dava più ascolto a quella voce fastidiosa, si era spostata in secondo piano visto che al primo c’era lei, solo lei.
-Pulce, mi hai fatto quattro domande … te ne aspettano altrettante.- le sorrise nuovamente.
Sherry lo guardò negli occhi titubante, limitandosi ad annuirgli.
Appena le attaccò la macchinetta la guardò più attentamente, notando quanto fosse bella nella sua chiusura a riccio … che fosse solo suggestione per quello che gli aveva appena confessato sulla sua vita tra le lenzuola?
-Tu ti sei mai innamorata?- domandò garbatamente.
-No. -.
Portgas rimase leggermente dispiaciuto nel vedere che aveva detto la verità: -Risposta corretta, Miss Sterling.- le ammiccò con un sorriso.
-Nel mio ufficio, ti era piaciuto restare in mia compagnia?-.
-Credo di sì … - sussurrò arrossendo.
-Avresti voluto coccolarmi come io avevo fatto con te?-.
I battiti della piccola Pulce iniziarono ad accelerare, e lo guardò annuendogli con la testa: -Ace, sono colpi bassi questi … - si morse il labbro inferiore.
-Ma è il gioco della verità … e sono felice di giocarci con te. – ridacchiò avvicinandosi sempre più al suo dolce visino.
-Perché?-
-Perché ho scoperto di non esserti indifferente … avresti voluto baciarmi?-
-No … – rispose indignata, e la macchina segnò che aveva detto il vero - … avrei voluto abbracciarti ma non baciarti, non ti conosco ancora così bene … -.
La schiena di Asso sudò freddo dalla delusione, perché lo voleva solo abbracciare?
Qualsiasi altra donna avrebbe pagato oro per baciarlo!
-Ah … sono un leggermente dispiaciuto. – ammise sbalordito, cercando di mascherare il suo profondo rammarico … quella donna era davvero strana da comprendere.
Sherry iniziò a ridacchiare e a scuotere la testa guardandolo con occhi lucidi: -Avresti voluto baciarmi?- gli riattaccò la pinza al dito.
-No … - farfugliò, mentre i battiti accelerarono - … questo arnese è rotto. -.
-Non direi, sei tu che sei rimasto male perché non ti ho detto “sì” prima … – rise imbarazzata - ... dopo il mio “no”, vorresti baciarmi anche adesso?- domandò spensierata, dando per scontato la risposta che le avrebbe dato.
Lui deglutì, sentendosi stringere la gola dal nervoso. Poteva mentire, ma lei lo avrebbe scoperto lo stesso …: -Sì. - rispose secco, leggendo lo stupore e la meraviglia nei suoi occhi.
Che avesse finalmente capito che era proprio lei la ragazza a cui si stava affezionando sempre più?
Le prese la mano riattaccandole il pulsossimetro, scrutandola come se dovesse arrivare fino ai meandri più nascosti del suo animo: -Ora, vorresti baciarmi dopo il mio “sì”?- domandò avvicinandosi alle sue labbra.
La macchinetta iniziò a suonare dei ritmi sempre più veloci e incalzanti, mentre la povera Pulce cercava di indietreggiare senza successo.
L’aveva afferrata saldamente per un polso, e lei non riusciva a trovare la forza per liberarsi da quella presa forte ma per nulla dolorosa.
-Io dico che ci sono le telecamere e che le infermiere hanno già di che spettegolare con il filmato di Pam … -
-E io dico che non me ne importa niente.- si sporse sempre più su di lei, in maniera tale che l’uno poteva sentire il respiro dell’altra, inebriandosi a vicenda del loro profumo.
La fece distendere senza staccare gli occhi dalle sue labbra schiuse, in una ricerca disperata di ossigeno. Adesso lo voleva baciare, ne era certo, e la mancanza di risposta alla sua domanda non poteva far altro che avvalorare la sua supposizione.
Le accarezzò le guance con i pollici, facendo scorrere dolcemente le sue mani lungo quel collo piccolo e grazioso, perdendosi nell’osservare il petto formoso che si alzava e abbassava sotto di lui.
Era bella così intontita, quel momento non avrebbe dovuto finire mai.
Percorse i contorni delle sue labbra con l’indice, divertendosi nel vederle schiudersi sempre di più sotto il suo tocco.
Sapeva che Sherry stava cercando un appiglio per fermarlo, ma per lui quello non era altro che un invito a zittirla con un bacio.
Il suo indice si fermò sul labbro inferiore, rosso per i continui morsi di ansia e di rabbia che la piccola Pulce gli faceva subire. Lo stava guardando ammaliato e goloso, non potendo fare a meno di invidiarlo, anche lui desiderava sentire i denti della piccola infermiera insolente mordergli le labbra, proprio come nel suo sogno.
Sherry lo fissava silenziosa e immobile con le pupille dilatate, finalmente la piccoletta si stava lasciando andare.
Serio, si avvicinò sempre più a lei, osservandola mentre chiudeva dolcemente le palpebre “Sei sicuro di quello che fai?!”.
Il giovane medico sorrise furbescamente, certo, moriva dalla voglia di assecondare i suoi voleri e quelli di Pulce, ma non voleva rovinare il rapporto di fiducia che stava riuscendo a costruire giorno dopo giorno assieme a lei.
Intenerito da quel volto angelico le baciò la fronte come aveva fatto in ufficio: -Speravi in qualcosa di più questa volta, vero?- la stuzzicò sussurrandole in un orecchio.
Sherry riaprì gli occhi e lo guardò confusa.
Sì, era più che ovvio che si aspettasse quel bacio, cozzando contro la risposta che gli aveva dato qualche istante prima: “non ti conosco così bene”.
“Ben fatto Ace, cosa risponderà adesso?”.
Asso sapeva giocare proprio bene le se carte.
 
Boccheggiai come un pesce fuori dall’acqua.
Lui se ne stava a gattoni sopra di me, con il suo splendido sorriso birbante a meno di cinque centimetri dalle mie labbra.
Certo che mi aspettavo qualcosa di più, solo che non capivo che diamine mi stesse succedendo, per una piccola frazione di secondo avevo provato l’ardente desiderio di baciarlo.
Poco fa gli avevo detto che non lo conoscevo abbastanza per baciarlo, mentre ora il mio corpo mi stava tradendo.
Perché con lui doveva finire tutto così?!
Non ero più padrona né dei miei pensieri, né del mio corpo.
Che io stessi negando a me stessa la verità?
Che in fondo lui mi piacesse?
No, era fuori discussione.
Lui non era il tipo per me, era il classico ragazzo che rincorreva le donne per volere quella cosa e poi le lasciava.
“Sherry! Miseriaccia mi stai rompendo le … mmh, non lo posso neanche dire perché sono solo il tuo alter ego e per giunta femmina! Non farti strane idee su di lui e pensa solo a scrollartelo di dosso! Come puoi minimamente pensare di poter baciare codesto troglodita?! Togliti da sotto di lui! E fa in modo che tenga le mani giù dal tuo viso … anche se ti piacciono le sue carezze morbide e calde …” … lo stupido io interiore bipolare era tornato a farmi visita, mentre Asso era tornato alla carica con le sue mani dolci e focose.
Poggiò la fronte sulla mia guardandomi malinconicamente negli occhi.
Perché non mi diceva a che cosa stesse pensando?
Perché non mi rendeva partecipe di quello che gli suscitavo?
Eppure aveva ammesso più volte che avrebbe voluto baciarmi e non aveva avuto alcun problema a confessarlo.
Scosse il capo come se stesse ammettendo che tutto quello era sbagliato, mentre io non avevo avuto il coraggio di ribaltare le nostre posizioni e di liberarmi dalla sua presa.
-Possibile che tu sia così ingenua?- sospirò dispiaciuto, con un mesto sorrisino sulle labbra.
-C-come? Non capisco.- sbattei più volte le palpebre risvegliandomi dal torpore generatomi dalle sue mani bollenti su di me.
Non parlava, continuava a fissarmi negli occhi come se avessi avuto il dono di poter leggere nella mente altrui.
“Io dico … parlami accidenti, non farmi sentire un’emerita idiota! ”.
Mi fece rimettere seduta cingendomi la vita con un braccio, per poi stringermi sempre più a sé.
Sussultai sul posto non appena mi resi conto di quel contatto tanto intimo che non avevo concesso a nessun uomo, se non al mio precedente ragazzo.
-Ti sei accorta che in momenti come questi mi dai del tu?- domandò continuando a guardarmi le labbra, come se loro fossero il mio nuovo paio di occhi.
-Scusi, non volevo. – ecco perché non gli davo mai del “tu”, perché poi, come tutti i medici, si offendeva.
“Accidenti, non me ne ero accorta neppure io di questo fatto … mi scrivo in agenda di essere più sveglia quando parlo con lui.” sbuffò il mio alter ego esterrefatta, ma come poteva scrivere un appunto così stupido in agenda?
-Non scusarti, non hai fatto niente che non vada ... - si allungò su di me spegnendo il pulsossimetro.
Rimanemmo per un lungo attimo in silenzio, finché non trovai il coraggio di romperlo con una domanda che mi aveva perseguitato per tutto il giorno: -Posso chiederle … - mi interruppe pinzandomi le labbra con il pollice e l’indice, scuotendo negativamente la testa.
Mi guardava serio e supplicante, che cosa avevo sbagliato adesso?
-Dammi del tu, se no non ti rispondo. - ridacchiò.
“Capito il ragazzo? Detta pure legge … sta zitta Sherry, non dirgli niente!”.
-Ok, posso chiederTI perché hai paura delle suore? Più che paura, direi fobia … -.
Mentre gli parlavo, prese la mia mano libera e se la portò sulla gamba girando il palmo verso l’alto accarezzandolo, soffermandosi soprattutto sui polpastrelli. Si divertiva a pizzicarli mentre un insolito ghignetto si faceva largo sul suo volto infantile, era dolce e sincero, proprio come quello di un bambino innocente.
All’improvviso si inumidì il labbro inferiore, e non potei fare a meno di pensare che lui avrebbe voluto posare quelle sue labbra morbide, umide e bollenti sulle mie.
La gola si inaridì e per una piccola frazione di secondo provai un’irrefrenabile attrazione fisica nei suoi confronti, non potendo far altro che provare ad immaginare come sarebbe stato afferrarlo per il colletto della divisa e baciarlo appassionatamente ...
Qualcosa mi diceva che sarebbe stata un’esperienza unica e imperdibile … che fosse il suo lato da bastardo ad attirarmi in questo preciso momento?
“Ehi! Ti ha ignorata! Riproponi la domanda bella addormentata … qui dentro non c’è solo un troglodita ma ben due!”.
Era così bello vederlo giocherellare con i miei polpastrelli che non lo volevo disturbare, ma come eravamo arrivati a questo punto?
Noi che non facevamo altro che scannarci a vicenda stavamo coesistendo tranquilli in questo buco di ascensore … secondo quale strana logica scientifica tutto questo era possibile?
“Logica scientifica? Tsk, sei messa male Sherry, non c’è niente di scientifico nella testa bacata di quello … e questo discorso vale anche per te! Ehi, ma aspetta un attimo mi sto dando della stupida da sola!” questa volta ignorai spudoratamente il mio alter ego per il suo eccesso di stupidità “Ehi!”.
-Ace? Mi hai sentito?- sussurrai ignorando il mio io interiore.
-Scusami, ma le tue mani mi distraggono, sono così piccole e morbide … volevi sapere di?- si ridestò schiarendosi la voce.
Non osai nemmeno immaginare a quanto avrei potuto pagare per sapere a che cosa stesse pensando, era più che ovvio che i suoi pensieri erano molto più importanti e allettanti della mia domanda sulle suore.
-Le suore, perché hai così tanta paura di loro? -
Asso si pietrificò, fissando terreo la parete metallica che aveva davanti: -Ho fatto una cosa bruttissima quando ero piccolo, e ne ho pagate le conseguenze … -
-Che cosa avresti fatto?-
-Quando andavo a catechismo … -
“ Stop prego e facciamo il rewind della scena, credo di essermi persa qualcosa … lui andava a catechismo?” domandò seria il mio io interiore.
Sorrisi come mai avevo fatto prima, non riuscivo a vederlo piccolo e inginocchiato in mezzo a un gruppo di bambini per pregare.
Si fermò guardandomi di sottecchi, mentre mi mordevo il labbro inferiore per non scoppiare a ridergli in faccia - … ho fatto una battuta per caso?- domandò.
Non ce la feci più e mi piegai in due dalle risate tenendomi una mano sullo stomaco: -Scusami, ma mi fa strano vederti a catechismo. Scommetto che non eri uno scolaretto modello. -.
Sorrise birbante, ma allo stesso tempo sarcastico, come sempre d’altronde, e scosse nuovamente il capo come usava fare un genitore che non riusciva più a far ragionare suo figlio su un problema di matematica: -Ridi, ridi … anch’io andavo a catechismo, cosa credi?-
-Scusami, ma sei un tale pestifero che il tutto mi sembra poco credibile … ok, torno seria.- cercai di ricompormi, ma dei piccoli sussulti alle spalle mi tradirono, guadagnandomi finte occhiatacce di rabbia e di disappunto da parte di Ace.
-Sai che non ti riconosco più? Sei più bella quando ridi … - arrossii di nuovo e mi feci più piccina, forse stavo osando troppo a divertirmi con il mio superiore in questo momento, comunque fosse, con quella frase aveva trovato il modo per zittirmi.
“Divertirti con il tuo superiore?! Santi numi, ti rendi conto di che cosa stai pensando?! Ti ricordi che soffri di claustrofobia? Te lo ricordo io, ok? … aspetta, forse non ero io ma lo era la mamma … oddio, che crisi identitaria …” … come cavolo faceva il mio alter ego a confondersi con la personalità di mia madre? Bella domanda, sta di fatto che aveva appena appeso il cartello “out off service per crisi esistenziale”, e si era ritirata in non so quale meandro della mia mente a meditare sul suo essere, Asso aveva un’influenza negativa su di lei.
-Vedi … io avevo una pinguina come catechista ed era grassissima, grassa come un elefante, anzi due elefanti … - scoppiai di nuovo a ridere per come aveva enfatizzato la descrizione, spalancando gli occhi e mimando a gesti la larghezza della suora, mantenendo sempre stretta la mia mano nella sua.
Era felice di vedermi così spensierata, glielo potevo leggere in faccia ogni volta che mi guardava ridere.
Non pensavo che Asso fosse una persona così emotiva ed empatica, e il detto “l’apparenza inganna” era proprio azzeccato per lui.
Inoltre, era da secoli che non conoscevo il significato del verbo “ridere” e Asso mi stava aiutando a riscoprirlo secondo dopo secondo, ora dopo ora: - … un giorno avevo sentito dire da questa vecchia baldracca che aveva appeso dei salami nella cantina della canonica. Parlava di salumi al cinghiale, al barolo, al tartufo e tanti altri. Ghiotto come sono me ne ero ingolosito, e con la scusa di andare a fare le pulizie nella canonica per redimermi dai peccati mi ero intrufolato nella sua cantina … - mentre raccontava la sua storia, io pendevo dalle sue labbra, aveva una parlantina ipnotica e lui sembrò accorgersene, infatti, più volte mi sorrise dolce e amorevole per accertarsi che la mia mente fosse ancora fra noi - … ebbene, avevo rubato tutti i salami che erano appesi ed ero corso sul tetto della canonica per mangiarmeli … -
-Ma ti hanno beccato … - ridacchiai argentina, poggiando la testa sul muro dell’ascensore.
- … già, così mi misero in punizione. Avevo dovuto ripulire tutta la chiesa in ginocchio, e avevo dovuto lavare anche i calzini, le divise e la biancheria intima della vecchia baldracca! … oddio, che ricordi orribili i mutandoni bianchi e a pizzo della mia catechista, saranno stati una XXXXXXXXXXXL. Non sai che immagini orribili mi erano passate davanti agli occhi ogni volta che li appendevo ad asciugare.- era visibilmente scioccato a quel pensiero, poveretto, adesso lo capivo.
Divertita dal suo racconto, appoggiai la guancia sinistra sulle ginocchia, continuandolo a guardarlo negli occhi: -Esagerato … non poteva essere così grassa e non mi sembra per niente carino chiamare una suora “vecchia baldracca”.- sorrisi distrutta, stava iniziando a mancare l’aria dentro a questa gabbia.
-Ti do ragione per il soprannome, ma ti farò vedere una sua foto, entrava dalla porta sempre di lato e un giorno si era pure incastrata. Avevamo dovuto chiamare i pompieri per liberarla e con questa sua grassa uscita, o per lo meno tentata, aveva impedito a me e ai miei compagni di andare a casa a vedere Batman.-
-Non ci credo, è una scena tratta da un film comico questa … - risi di cuore.
-Credimi che è vero … chissà che non ci sia in rete il servizio del suo salvataggio, siamo finiti tutti sul Tg quella sera. -.
La luce ritornò e le porte dell’ascensore si aprirono al piano del nostro reparto.
Fuori dalla cabina di trasporto c’erano due operai che si limitarono a salutarci e a scusarsi per l’attesa, accertandosi che stessimo bene prima di correre via, lasciandoci di nuovo soli.
Non appena misi piede fuori dall’ascensore per respirare un po’ di aria fresca, Asso mi acchiappò per i fianchi facendo aderire la mia schiena al suo petto.
Cosa voleva ancora?
Non era stufo di rimanere chiuso lì dentro?
-Peccato che sia tutto finito e che tu non lo abbia mai fatto … - quella frase mi fece sussultare dalla sorpresa, non si stava riferendo a quello che io pensavo, vero?
-Che?!- esclamai cercando di divincolarmi dalla sua presa, non riuscendo a capire bene le sue intenzioni.
- … la domanda successiva alla tua prima volta era: qual è la tua posizione preferita? – sghignazzò trionfante, adesso che era entrato nuovamente in modalità pestifera e qualcosa mi diceva che sarebbe stato difficile trattarlo.
Mi voltai dandogli un piccolo pugnetto al petto, facendolo sorridere mentre mi stringeva in un abbraccio forte e caloroso: -Ti voglio bene Pulce, veramente, nel filmato non scherzavo … - mi sussurrò in orecchio, facendomi perdere diversi battiti.
 Mi irrigidii, e lo guardai con occhi spalancati e lucidi da lacrime che a stento se ne volevano stare al loro posto: -Ace, a che gioco stiamo giocando? Sono confusa.- sussurrai leggermente spaventata. Per me era un periodo pesante e non dovevo prendere alcuna sbandata, avevo un compito da portare a termine e questo richiedeva lucidità e concentrazione, qualità che venivano meno in sua presenza.
-A nessuno … - sorrise riprendendosi il camice che mi aveva gentilmente appoggiato sulle spalle all’inizio della nostra disavventura - … ti ho solo detto che ti voglio bene, alla fine mi consideri anche tuo amico e credo che sia normale dirtelo, no? – rispose dandomi un buffetto scherzoso a una guancia.
Gli sorrisi: -Grazie, nessuno me lo aveva mai detto.-
-Neanche il tuo vecchio ragazzo?- domandò stranito, infilandosi il camice.
-No, per questo l’ho mollato … - ridacchiai - … è un po’ imbarazzante quella storia, meglio lasciarla stare. -.
Mi scrutò attentamente e aprì la bocca per dirmi qualcosa, ma un’infermiera dai lunghi capelli ramati ondulati e gli occhi color cioccolata ci riprese: -Ehi, ti ho colto con le mani nel sacco mentre amoreggi con un’altra, eh?! –.
Entrambi saltammo, e Asso mi lasciò subito andare arrossendo come un pollo allo spiedo.
-Eh eh, scherzavo. State bene? Siete stati chiusi lì dentro per un’oretta e mezza abbondante, gli altri sono già andati a casa, sono le dieci meno un quarto. -.
Guardai fuori dalla finestra notando il cielo scuro, mentre una grande malinconia mi stringeva il cuore … avevo perso il tramonto accidenti.
-Sherry, questa pazza dai capelli color fuoco è Nami, Nami lei è Sherry, la piccola Pulce.- sbuffò Asso con le guance ancora bordò, e potei notare anche un insolito tremolio alle mani mentre ci presentava, sinonimo di grande nervosismo … perché?
-Lo so che lei è Pulce … - ridacchiò - … Pam ha messo su facebook il vostro filmato e siete alquanto carini. Sherry, quella maglia blu a pipistrello mi piaceva da matti.- mi ammiccò.
“Puah … mi faceva grassa a mio parere …” protestò il mio alter ego limandosi le unghie.
-Grazie.- sussurrai grattandomi il collo.
-Bene, volate via che è tardi. – disse spingendoci fuori dal reparto.
“Ehi, ehi tu rossa! Fa piano, visto che ci sei perché non ci prendi a calci il deretano per buttarci fuori di qui?” protestò il mio alter ego puntando le mani sui fianchi, mentre io e Asso venivamo buttati fuori.
 
Appena mi cambiai raggiunsi l’ufficio di Asso e lo aspettai con la schiena appoggiata al muro, ripensando a quando lo avevo sbirciato nel suo camerino il giorno prima e a come fosse perfetto il suo fisico, degno di un dio greco.
Le guance si accaldarono di colpo e mi ritrovai a battere flebilmente la nuca sulla parete con aria rassegnata. Dovevo ammettere che fisicamente quel medico non era affatto male e che la mia testolina malata ci stava facendo diversi pensierini, contro il volere del mio alter ego ovviamente.
Chiusi gli occhi e feci un respiro profondo.
Cosa mi stava capitando nelle ultime 48 ore?
Questo strano medico da prima lo stavo detestando da morire, mentre ora stavo imparando a sopportarlo e a volergli bene, ma il problema era un altro … come dovevo fare quando mi rivolgevo a lui?
Gli dovevo dare del “lei” o del “tu”?
Sbuffai, ma un dito si poggiò sulle mie labbra facendomi riaprire gli occhi dalla sorpresa, mentre i miei sensi furono inondati da un profumo di uomo alquanto familiare.
Il sistema simpatico si riattivò non appena riconobbi la figura di Asso in piedi davanti a me, intento a fissarmi negli occhi dal suo metro e ottantacinque di altezza, centimetro più, centimetro meno.
Sulle sue labbra c’era sempre quel suo solito sorrisetto sghembo che lo accompagnava, e dovevo ammettere che sprigionava un fascino bestiale e non indifferente assieme al suo completo in borghese …
“Ehi! Riprenditi! Allontanalo, scaccialo … FAI QUALCOSA!” sbraitò il mio alter ego, mentre io mi scioglievo sotto le sue mani bollenti.
Dai miei occhi scese a scrutare le labbra, schiudendo le sue per sussurrarmi in un orecchio: -Hai le pupille dilatate e la tua frequenza respiratoria è aumentata, inutile rilevare la frequenza cardiaca, vero? -.
Lo spintonai per le spalle sorridendo spavalda: -Che vuoi Portgas?- ridacchiai, rimpadronendomi del mio corpo e delle mie emozioni il più velocemente possibile, con Portgas non bisognava mai farsi cogliere vulnerabili.
-Niente, voglio solo stuzzicarti, te lo avevo promesso Pulce … - sghignazzò solare - … ho notato che questa è la tattica migliore per metterti in soggezione. Comunque, grazie mille del passaggio, speriamo che Franky abbia combinato con il cambio della serratura … sempre ammesso che quelli della Water Seven’s Home non abbiano protestato … - brontolò tra sé e sé scuotendo il capo pensieroso.
-Speriamo … Asso, io avrei preso una decisione riguardo al darti del “tu”. Se non ti dispiace vorrei darti del “lei” solo in reparto.- quella mi sembrava una valida soluzione, ma lui storse ugualmente il naso.
-Non so se mi vada tanto a genio questa tua decisione … anzi, te lo dico chiaro e tondo, non mi piace per niente.- mi guardò torvo.
-Asso, ma sei il mio superiore, non è la fine del mondo. – feci un sorriso di circostanza, chissà perché insisteva tanto per il “tu”.
Giungemmo davanti all’ascensore aperto al pubblico e guardai il mio compagno di disavventure con diffidenza mentre pigiava il pulsante per chiamarlo: -Scherzi, vero?- domandai.
- Hai voglia di fare cinque piani a piedi? Io no, sono stanco e spero di avere un posto comodo dove dormire questa notte, sono distrutto. -.
Non appena le porte dell’ascensore si aprirono, Asso mi spinse gentilmente dentro la cabina da trasporto con il suo inseparabile sorriso.
-E se si bloccasse anche questo?- domandai preoccupata cercando di sgattaiolare fuori, ma Asso mi braccò la strada mettendosi davanti.
Si abbassò alla stessa altezza dei miei occhi e sussurrò: -Bhè, allora sappi che questa volta ti bacerò sul serio.- rise come scemo, mentre io gli pizzicavo di nuovo il naso.
-Ahio, perché mi tiri sempre il naso?- domandò massaggiandoselo.
Lo guardai dalla testa ai piedi, non aveva un briciolo di ciccia addosso, per dove lo dovevo tirare?
“I capelli, i capelli, i capelliiiii!” urlò il mio alter ego battendo i piedi per terra disperata.
-Hai un bel fisco magro e non trovo nessun maniglione antipanico per cui tirarti, quindi punto sul naso. - gli feci una pernacchia.
-Ooooh allora avevo visto bene, ieri tu mi hai spiato mentre mi cambiavo. Sbaglio?- sghignazzò mettendosi le mani in tasca.
Le guance tornarono ad accaldarsi e dovetti voltarmi dalla parte opposta di Asso per non vedere il suo volto compiaciuto: - … mi era semplicemente caduto l’occhio. – sbuffai sempre più bollente.
-Sicura? Perché io non ho trovato nessun occhio di vetro sul pavimento.- ridacchiò per la sua battutina da quattro soldi.
-Asso!- ruggii, e l’ascensore si fermò.
“Oh mio Dio, ma stiamo scherzando!” tornai a guardare il mio peggior nemico vedendogli alzare una mano in segno di scuse: -Per sbaglio ho schiacciato con il gomito lo “stop”.- e fece ripartire il trabiccolo.
Lo fulminai tornando a dargli le spalle, credeva di essere il solo a essere stanco?
Mi abbracciò da dietro, strusciando la sua guancia contro la mia. –Scusami, non volevo spaventarti.-
-Non so se ti perdono questa volta … - ridacchiai senza ricambiare la sua piccola effusione.
-Davvero? Ne sei sicura?- domandò iniziando a farmi il solletico.
Scoppiai a ridere dimenandomi in tutte le maniere possibili per liberarmi da lui, ma era attaccato a me peggio di una ventosa con tanto di attack, non riuscivo proprio a scrollarmelo di dosso: -Asso, non respiro.- riuscii a sospirare tra una risata e l’altra.
-Tranquilla, sono un medico e ti rianimo più che volentieri, e ringrazia che non ci sia Izou .- mi sussurrò deliziato in un orecchio.
Le porte dell’ascensore si aprirono, ed io non vidi l’ora di buttarmi fuori: -Adesso piantala!- risi ancor più forte, ma lui non si fermò finché non andai a sbattere contro la schiena di qualcuno: -Ops, mi scusi … oh merda!- esclamai portandomi una mano davanti alla bocca.
-Pulce!- mi riprese sbalordito Asso guardandomi con gli occhi sbarrati.
L’uomo che ebbi investito si voltò: -Le parolacce non sono utili per chiedere scusa … - ma non appena mi vide in faccia, sgranò gli occhi, e sulle sue labbra potei scorgere il sorriso malefico che lo aveva sempre caratterizzato: - … oh, signorina Sherry Sterling, anch’io sono felice di rivederti, ma non avrei mai pensato di ritrovarti qui e se fossi stato io al tuo posto, avrei trovato esclamazione più carina per darti il benvenuto. -.
Deglutii rumorosamente: -Dottor Law … - tornai al fianco di Asso stringendolo per un braccio.
-Hai fatto crescere i capelli dall’ultima volta che ci siamo visti, ti preferivo con i capelli corti.- sorrise accarezzandone una ciocca.
-Tu invece non sei affatto cambiato, comunque preferisco questo taglio. – per un attimo temetti di aver bloccato la circolazione dell’arto superiore di Asso, ma quando lui mi strinse a sé per infondermi coraggio il mio timore sparì.
-Cosa ci fai qui?- domandò avvicinandosi a me sempre più.
-Lavoro … - sussurrai imbarazzata.
-Ah, allora non avevo avuto le allucinazioni questo pomeriggio. Ti avevo visto nel corridoio della terapia intensiva, perché non mi hai salutato?- mi prese il mento sollevandolo con l’indice.
-L’ho fatto poco fa … - sussurrai togliendomi la sua mano di dosso con molto garbo.
-Davvero? Da quando in qua ci si saluta dando del letame a una persona?- sogghignò.
Sentii il corpo di Asso irrigidirsi, emettendo no strano verso basso gutturale impercettibile all’udito umano, vagamente somigliante a una soave ringhiata.
-Non dirmi che riesco ancora a metterti in soggezione. Eppure siamo stati assieme solo per otto mesi … -.
Asso sbarrò gli occhi a quell’affermazione, per poi guardarmi meravigliato quando lo misi fra me e lui.
Il chirurgo si stava avvicinando troppo per i miei gusti e dovevo bloccare la sua avanzata in qualche modo: -Lui è il mio ragazzo. Vi conoscete?- domandai ridacchiando.
Asso mi guardò bieco e confuso ma, non appena lo pregai con gli occhi da cerbiatto, lui mi ammiccò stando al gioco, anche se potevo leggergli in faccia che non riusciva minimante a capire che cosa stesse succedendo: -Law, è da un bel po’ che non ci si vede … l’ultima volta che ci siamo visti abbiamo litigato davanti alla macchinetta dei tramezzini per prendere l’ultimo che era rimasto con i gamberetti in salsa rosa, poi per fortuna è arrivato Marco a prenderselo. -.
“Ahia … carissimi telespettatori, sento aria di rissa in campo …” commentò il mio alter ego come un cronista di calcio.
Santo cielo, presentare Asso come il mio ragazzo era stata una scelta di pessima qualità … ora quei due si stavano scannando con gli occhi.
Li scrutai meglio, e potei notare che le labbra di entrambi i medici erano tirati una linea sottile e dura, così, “saggiamente”, decisi di mettermi nuovamente in mezzo.
-Ragazzi?- li richiamai, senza successo.
-Voi due non potete stare assieme.- asserì serio Law avanzando minaccioso verso Asso.
-Eccome se lo siamo. – ruggì Ace incavolato andandogli incontro.
Passarono altri secondi di silenzio, nei quali a parlare furono i loro occhi intimidatori carichi di tensione.
-Bene, dammi prova che state assieme.-.
Guardai Asso terrorizzata, forse ora dovevo intervenire sul serio. Lo afferrai per mano guardandolo con apprensione, non volevo che finissero a prendersi a cazzotti per colpa mia, ma lui ricambiò la mia stretta sorridendo: -Le piace essere coccolata, le piacciono le coccole semplici che non contengano malizia. Al mattino mangia qualsiasi cosa che le capita a tiro e che si sposi a meraviglia con la nutella, infatti al lavoro viene con l’angolo destro della bocca sporca di crema al cacao e nocciola. Sta con me perché non le piacciono i classici principi azzurri della Walt Disney, biondi con il cavallo bianco, al tempo d’oggi possono essere una fregatura. Sta con me perché sono il pirata che la fa ridere e divertire, ma che le offre anche una spalla su cui piangere e aggrapparsi.
-Le sta a cuore la famiglia, e quando lavora pensa solo a loro e non vuole essere disturbata, infatti ci ho messo un bel po’ di tempo per farmi notare … -.
Accidenti, le parole che diceva erano così vere che per un attimo crebbi veramente di stare assieme a lui.
“Sherry! Non ti vergogni ad andare in giro sporca di nutella?! Che figura, chissà cosa penseranno di me!” si tirò i capelli il mio povero io interiore, di questo gliene dovevo dare atto, era una grande vergogna andare al lavoro sporchi di nutella!
- … Vuoi un’altra dimostrazione?- gli domandò.
Law sghignazzò, e guardandomi malandrino domandò: -Ma tu credi che io ci caschi nella vostra recita? Lui non può essere il tuo tipo, conosci la sua fama per Bridgeport, vero? –
-Certo che la conosco, ma lui non è più così … - “se, come no …” - … perché non dovrei stare assieme a lui?!- domandai irritata, senza conoscerne il motivo.
-Non ti ci vedo, se non hai voluto stare con me, non puoi neanche stare con lui visto che ha una certa fama fra voi infermiere, il nostro carissimo “dottor focoso”. - sghignazzò.
-Sempre meglio di “chirurgo della morte”, sbaglio Law? Non è da tutti far morire sotto i ferri un arcivescovo … - ridacchiò malandrino Ace.
“Wahahah … chissà cosa gli dirà San Pietro ai cancelli del paradiso quando ci arriverà! Wahahah!” si sganasciò dalle risate il mio alter ego, e come dargli torto?
Trafalgar lo fulminò, ma poi tornò a me: -Vieni a prendere un caffè domani pomeriggio in onore dei vecchi tempi? Non ti sto chiedendo di rimetterti con me. –
-Ecco, io non so se sia il caso … - e guardai supplichevole Asso, che non faceva altro che fissare storto Law, che scrutava me per convincermi.
-Law, cosa vuoi sentirti dire? Che ha un neo displastico in mezzo alla schiena e che porta la 5^ coppa C di reggiseno? Vuoi sapere anche la sua posizione preferita visto che ci siamo? – si intromise Ace lasciandomi basita.
“È un’ossessione per lui la posizione preferita o sbaglio?” domandò il mio alter ego intimidita dall’argomento.
Guardai Asso con occhi spalancati dallo stupore e dalla vergogna: -Perché hai spiattellato tutto?!- mi infervorai.
“Eccezion fatta per la posizione, ha azzeccato tutto …” rimase a bocca aperta il mio alter ego “ … ma come fa a sapere certi dati così confidenziali? Sono file top secret per un estraneo come lui!” disse il mio io interiore segnando una “x” con le braccia.
Law rimase visibilmente sconvolto, e sembrò essersi arreso dinanzi alle parole di Asso: -Bhè, contenta tu Sherry. Vi auguro buona notte, sono sicuro che ci incontreremo di nuovo.- mi sorrise rammaricato.
Ricambiai la sua espressione triste e lo osservai mentre si allontanava, era vestito con i suoi jeans bianchi preferiti e indossava il giubbotto di pelle nera che gli avevo regalato per il nostro terzo mese, ma anche quello che aveva indossato al nostro ultimo incontro.
Mi si strinse il cuore nel vederlo andare via, mi dispiaceva non essere stata un po’ più aperta e amichevole con lui, ma sapevo anche che se l’avessi fatto sarei ricaduta facilmente nella sua ragnatela dorata.
-Pulce, da quando sono il tuo ragazzo?- sghignazzò Asso quando iniziammo ad avviarci verso l’uscita.
Poggiai la fronte sul suo braccio sospirando: -Non montarti la testa … - e non appena notai le nostre mani che si tenevano strette, rimasi senza parole. Non lo volevo lasciar andare, anzi, in quel momento volevo che mi stringesse a sé come se fossimo stati una vera coppietta, ma non osavo chiederglielo.
“Toc, toc … stella cara, non voglio disturbarti … ma non potresti chiedere informazioni riguardo al neo e a quell’altra cosa?”.
Mentre le porte dell’ingresso dell’ospedale si aprirono, alzai la testa in direzione di Ace e balbettai: -Asso, quelle cose riservate che hai detto a Law … - sentii le guance abbrustolirsi come se le avessi messe a cucinare sulla griglia rovente.
Lui chinò lo sguardo su di me e ridacchiò: -Il neo l’ho visto al negozio di vestiti, mentre per la taglia ho tirato a indovinare … a quanto pare l’ho azzeccata, vero?- rise come un ragazzino scanzonato.
-Non ti do la soddisfazione di dirti la mia taglia. - mi strinsi a lui ridacchiando in sua compagnia, non vedevo l’ora di poggiare la testa sul cuscino e di dormire.
 
“Ok Sherry … toglimi una curiosità … Come ti è venuto in mente di invitare Asso a dormire qui da noi?!” mi riprese il mio alter ego mentre tiravo fuori dall’armadio delle lenzuola pulite per lui.
Non sapevo come, ma quando Franky alla reception aveva detto che gli uomini della “Water Seven’s Home” non erano riusciti a venire, la mia bocca aveva parlato prima che io pensassi a cosa dire.
Se ripensavo a come Asso aveva spalancato gli occhi dalla stupore, le guance tornavano ad arrostire in automatica
-Fratello, ho una notizia poco suuuper per te oggi!- appena entrammo, il custode ci fermò sull’uscio mostrandoci una strana danza del ventre, o un suo surrogato supponevo.
“Non può mettersi un paio di pantaloni quel matto?! … oh santo iddio!” si scandalizzò il mio alter ego diventando color peperone parandosi gli occhi con una mano.
Ridacchiai, come faceva a essere tanto brioso questo matto anche alle dieci e mezza di sera?
-No, no, no Franky. Non voglio passare un’altra notte sul pianerottolo davanti a casa mia.- sbuffò Ace grattandosi la nuca imbronciato.
-Mi dispiace fratello ma ti toccherà fare così … dormire fuori casa io lo trovo suuuper! Pauli non è riuscito a passare ed io non ho gli attrezzi giusti per operare, serve uno specialista dello scassinamento sssuuuper!- fece un altro strano movimento con il bacino.
Guardai Asso di sottecchi e gli vidi una strana espressione sconcertata in volto, sembrava spaventato dai continui balli bizzarri del nostro custode, ma stranamente a me piacevano tantissimo, erano così vivaci che infondevano il buon umore.
-Ti offro il mio divano questa notte.- quelle parole mi uscirono spontanee e Asso non si trattenne dal scrutarmi meravigliato.
-Davvero? Credevo che non mi conoscessi così bene per farmi dormire a casa tua.- ridacchiò cingendomi le spalle con un braccio.
-Non farti strane idee, ho detto divano non letto.- gli feci una pernacchia, ma lui mi pizzicò una guancia continuando a ridere come un emerito imbecille.
-Chissà, magari un futuro … - ammiccò facendomi arrossire al sol pensiero di una possibile condivisione di materasso con lui ...
“SHERRYYYYY!” sbraitò il mio alter ego sbracciandosi.
-Idiota. – gli feci un’altra pernacchia

-Pulce, sei una cuoca eccezionale! Il tuo pasticcio mi è piaciuto da morire, non è ho mai mangiati di così buoni!- sospirò di gusto lanciandosi sul mio letto.
-Grazie.- sorrisi.
-La tua casa mi piace moltissimo … è minimale, non incasinata come la mia. -.
In effetti il mio appartamentino era piccolino: il breve e unico corridoio che collegava le stanze era fatto in marmo color rosa antico, così come la cucina e il bagno, mentre le camere e il soggiorno avevano il parchè in legno scuro. Per quanto riguardava l’arredamento, c’era il minimo essenziale in legno di ciliegio (mobili ereditati da mia nonna).
-Chissà perché non mi stupisco che la tua casa sia incasinata … - ridacchiai.
-Ah, è così?-
-Così com … - non finii la frase che mi ritrovai distesa sul letto con Asso sopra di me che mi faceva il solletico, bloccando ogni mia mossa difensiva con tutto il suo peso.
Ridevo come una matta e cercavo di divincolarmi invano.
Il solletico era la peggior tortura del mondo, ma eseguita da una persona che conosci può anche avere il significato di affetto, quello che stavo provando in questo momento.
Come poteva aver fatto un mascalzone come lui a farsi volere bene da una come me?
Avevo la netta sensazione che questo mistero non sarebbe mai stato svelato.
-Basta, ti prego … non ce la faccio più … - iniziai ad ansimare.
Si fermò non appena udì le mie parole, e si distese al mio fianco puntandosi sui gomiti … adesso che lo guardavo, avevo notato che era vestito diversamente da come era partito per iniziare il turno in reparto.
-Ti sei cambiato? … - domandai notando la sua camicia color grigio perla.
-Certo, in ufficio ho un paio di vestiti e biancheria di ricambio per fortuna … il completo di prima non aveva un buon odore dopo che avevo passato un pomeriggio in gattabuia e la notte sul pianerottolo.-
-Sentiamo un po’ se profumi adesso? … - domandai sarcastica annusandogli il collo - … sai di lasagna! Ne hai mangiate così tante che sei impregnato del loro profumo!- risi di gusto.
Mi strinse a sé annusandomi i capelli: -Tu invece profumi sempre di buono … iris, sbaglio?-
-No, è una crema per il corpo che uso da quando avevo quindici anni … - poggiai la testa sul suo petto perdendomi ad ascoltare il battito del suo cuore … ehi, aspetta un attimo … ma cosa stavamo facendo avvinghiati così sul mio letto?!
“Alla buon ora! Ti ho chiamato almeno mille volte ma non mi ascoltavi …” piangeva ininterrottamente il mio alter ego perché l’avevo ignorata.
-Che ne dici Asso … ti preparo il letto per questa notte?- mi rimisi seduta schiarendo la voce, portando sulle mie ginocchia le lenzuola e il cuscino per lui.
-Ok Pulce … - si alzò dal letto prendendo il grumo di coperte che tenevo fra le mani.
-Che fai?- domandai.
-Mi preparo il letto … -
-Idiota non scherzare, sei mio ospite e te lo preparo io. – brontolai.
Gli vidi alzare gli occhi al cielo: -Mmh … guardare Pulce mentre prepara il mio “letto” … questo è un programma da non perdere in seconda serata.- sghignazzò tirandomi una guancia.
Sorrisi: -Andiamo Asso bislacco. – camminai davanti a lui.
-Non ti scandalizzi se dormo in mutande e canottiera, vero? Non voglio rovinare il completo ... -.
Mi voltai per rispondergli che era meglio se io non lo vedessi in quei panni, ma era già troppo tardi.
Sotto la sua canottiera bianca intravedevo il suo petto muscoloso e rimasi leggermente scioccata dai suoi boxer viola.
Avvampai, costringendomi a guardarlo negli occhi.
Stava ridendo per la mia faccia scandalizzata il disgraziato!
-Tu come reagiresti se io dormissi solo con la biancheria? Non ti darebbe fastidio?-
“Non puoi dire che ti dia fastidio vederlo così, sii sincera!” il mio alter ego era partito.
-Assolutamente no, anzi, sarebbe un sogno che si realizza … comunque dal tuo visetto capisco perfettamente che non ti dispiace per niente.- sorrise pizzicandomi una guancia.
“Cosa risponderai adesso?” incrociò le braccia il mio io interiore.
- … andiamo a preparare il tuo letto, è meglio … - continuai a camminare con la testa bassa.
“Oh, che situazione imbarazzante … ” sghignazzò il mio io interiore. 
 
Erano le tre di notte e sentii il cellulare vibrare sul mio comodino.
Chi era che chiamava a quell’ora assurda?
Accesi la luce e il mio primo pensiero andò a Ben.
-Pronto?!-
-Sherry, buongiorno dormigliona!- esplose una signora dall’altra parte della cornetta.
-Mamma … - tornai a guardare l’orologio per sicurezza, erano proprio le tre - … sei diventata pazza a chiamare a quest’ora? Ho preso un colpo, pensavo che fosse successo qualcosa a Ben!-
-No cara, tranquilla … i medici lo stanno tenendo sotto stretto controllo. Ti è arrivata la bolletta del telefono?- domandò arzilla.
-Sì … - sbuffai - … perché mi chiami a quest’ora?-
- Sono le sette del mattino cara, di solito sei sveglia a quest’ora … -
-Mamma … non dirmi che stai facendo affidamento all’orologio del bagno, è fermo da due anni sulle sette.- grugnii coprendomi la testa con le lenzuola.
-Oh cara, perdonami … mi sono alzata per andare in bagno e ci sono rimasta chiusa. Ho chiamato il vicino tramite la finestra e dovrebbe arrivare a momenti ad aiutarmi, così ho pensato di avvisarti.-
-Se avevi il cellulare perché non lo hai chiamato con quello?- sbuffai tornando a spegnare la luce.
- … -
-Mamma?-
-Cosa mi racconti di bello cara?!- gioì.
Era inutile chiederle perché avesse cambiato argomento, sveglia com’è non doveva averci minimante pensato …
“È più addormentata di te quella donna … riattacca il cellulare e sopprimilo che dobbiamo dormire!” grugnì il mio io interiore calandosi una visiera sugli occhi, tornando ad attorcigliarsi sotto le coperte.
-Ho sonno e torno a dormire, buonanotte.- sbuffai nervosa.
-Scusami stella … non succederà più. Buona notte.- civettò.
-Notte … - riattaccai il telefono tornando a girarmi fra le lenzuola, ma ormai avevo perso il sonno.
 
Dei piccoli scricchiolii lo svegliarono.
Chi era che disturbava il suo sonno?
Aprì gli occhi e vide la luce della cucina accesa, mentre una flebile coltre di fumo ne stava uscendo.
Si alzò dal divano raggiungendo la sua momentanea coinquilina, scioccandosi nel vederle in bocca una sigaretta.
La luce soffusa dei faretti illuminava delle carte che sembravano essere bollette sul tavolo, e la povera Sherry si stava scervellando con i conti pestando ripetutamente i tasti della calcolatrice … solo le donne potevano avere un’idea così bizzarra, fare i conti alle quattro del mattino.
-Pulce, ma tu fumi?- si strusciò gli occhi per mettere a fuoco la vista.
La ragazza saltò in piedi con espressione colpevole, l’aveva colta con le mani nel sacco.
-Scusa, ti ho svegliato … questa non badarla, il pacchetto l’ho comprato due anni fa. Le fumo solo quando sono nervosa.- ridacchiò.
Che storia era mai quella?
Sospirò, e svogliatamente le disse: -Gettala … - gliela rubò dalle mani spegnendola in un bicchiere d’acqua. La guardò attentamente in volto e con il pollice le asciugò una piccola lacrima che giaceva all’angolo del suo occhio destro, aveva pianto, perché?
-Quello è il mio unico modo per stare sopra le righe quando ne ho bisogno.- ridacchiò con poca convinzione mentre si massaggiava una tempia.
Non sapeva che cosa non andasse nella sua vita, e non glielo avrebbe neanche chiesto per non fare l’invadente, ma l’unico modo per mostrarle che le stava vicino era aiutarla come poteva.
-Suppongo che queste siano le bollette che devi pagare per tua madre … luce, telefono, gas, acqua … e il mutuo?- la guardò accigliato, quello significava approfittarsi di lei.
-No, di quello devo solo pagare un terzo, che sarebbe la mia parte … delle altre solo metà, ma è sempre troppo per le mie tasche … - ridacchiò, ma i suoi occhi tornarono a luccicare.
Voleva chiederle che lavoro facesse suo padre e dov’era visto che non pensava minimamente ad aiutarla, ma lasciò cadere l’argomento prima ancora di affrontarlo.
-Bene Pulce, vediamo di far quadrare i conti … sono un asso in economia domestica.- si sgranchì le falangi delle dita.
-Non serve che tu ti disturba per me … -
-Lascia fare al sottoscritto … -.
Ci mise un po’ per trovare una soluzione, ma l’importante era che ci fosse giunto.
-Pulce … paga subito quello che puoi e temporeggia fino a quando puoi aspettare il tuo stipendio, fai un mix di queste nozioni e il gioco è fatto … - lei lo guardò confusa e non aveva tutti i torti, neanche lui aveva capito quello che aveva appena detto a causa del sonno, e, per il medesimo motivo, solo allora si accorse del “pigiama” di Pulce.
Indossava una semplice vestaglia in raso blu scuro che le arrivava fino a metà coscia, con le spalline fini e con una scollatura a “v” poco profonda, era veramente bella da vedere.
Il sangue iniziò a pulsargli come un matto in tutte le arterie, ma cercò di sorvolare sopra a quella visione celestiale concentrandosi sulle sigarette.
-Così, quando sei nervosa, fumi delle sigarette vecchie di due anni … non me lo aspettavo da te. - ne prese una dal pacchetto e se la accese sotto gli occhi sbigottiti della sua Pulce, la aspirò per bene e gliela soffiò in volto, facendola tossire.
-Cosa fai?- brontolò.
-Da fastidio, vero? Le ragazze che puzzano di sigaretta non sono attraenti, per non parlare dei danni del fumo … -
-Cosa ti interressa? È solo una stupida sigaretta, l’ultima l’ho fumata un anno e mezzo fa. –
-Quando hai rotto con Law?- domandò sarcastico.
“Lasciatelo dire, questo è un colpo da grandi bastardi … sembri geloso.” Protestò il suo io interiore assonnato.
-Che vuoi Portgas? Il sarcasmo pungente non è nel tuo stile … - lo fulminò.
-Vorrei solo che tu rimanessi il più a lungo possibile al mio fianco … non fumare per favore … - la prese per il mento alzandole il viso - … inoltre non mi piace baciare le ragazze che sanno di fumo, mi sembra una cosa sporca … -.
Lui fissava ardentemente le sue labbra e lei faceva lo stesso con le sue, le aveva schiuse, finalmente si stava di nuovo lasciando trasportare dall’emozione del momento.
Si compiacque nell’osservare come la aveva ipnotizzata, per giunta non avvertiva più neanche il suo respiro.
Stava per poggiare le sue labbra sulle sue, certo che niente e nessuno li avrebbe disturbati per una buona volta, ma lei indietreggiò: - A … anch’io penso che sia una cosa sporca … grazie mille per avermi aiutato Asso … - balbettò bordeaux in volto mentre si alzava dalla sedia per dirigersi in camera.
“ … certo che questa ragazza è veramente difficile, non sei abituato a ricevere delle picche detersivo ambulante, vero?” si grattò la testa il suo alter ego, stufo per l’insistenza del suo proprietario nel tentare di conquistare quella Pulce ramata.
Rimase a rimuginare su quello che Sherry aveva detto “Anch’io penso che sia una cosa sporca”, era più che ovvio che si stesse riferendo a quello che stava per fare, ma perché?
-Chi la capisce è bravo … - spense la sigaretta nel bicchiere d’acqua che la piccola Pulce aveva messo in mezzo al tavolo, continuando a pensare che un giorno o l’altro l’avrebbe conquistata.
 
Mi alzai assieme ad Asso alle due e mezza passate del pomeriggio.
Non sapevo com’era potuto succedere, ma me lo ero ritrovato a dormire sui piedi con l’espressione di un bell’angioletto addosso.
Decisi di sorvolare su quel dettaglio, mi faceva troppa tenerezza, gli avrei chiesto spiegazioni durante il turno di notte, non avevo voglio di parlare in quel momento.
Gli operai della “Water Seven’s Home” arrivarono ad aprire l’appartamento di Asso alle cinque del pomeriggio, e fu allora che mi ritrovai di nuovo sola nel mio appartamento.
Era strano non vedere il divano occupato da quella testolina mora ribelle, come era strano non vedere Asso frugare nel mio frigorifero in cerca di cibo da me preparato.
Ridacchiai da sola, eccezion fatta per la mia famiglia non avevo mai cucinato per qualcun altro, e vedere che la mia cucina veniva più che apprezzata mi riempiva il cuore di gioia.
Alle sette e mezza di sera mi misi a cucinare due braciole di maiale, la carne era il mio piatto preferito e non ne potevo fare a meno.
Nel momento in cui spensi il gas, qualcuno suonò alla porta e rimasi sorpresa nel ritrovare lui.
-Asso, non sei stufo di vedermi ogni giorno?- risi facendolo accomodare.
-Ecco … io volevo solo chiederti se volevi un passaggio per il turno di questa notte … sei stata così gentile a sopportarmi dopo tutto quello che ti ho fatto passare … -.
Non riusciva a guardarmi negli occhi e non faceva altro che grattarsi la nuca nervoso, sbagliavo a pensare che fossi io a metterlo in soggezione?
“ … No, impossibile … andiamo a mangiare le braciole che si freddano!” mi pregò il mio alter ego affamato.
-Volentieri Asso … - appena finii di rispondere, sentii il suo stomaco brontolare e non potei fare a meno di sorridere nel vederlo arrossire.
-Ti unisci a me per la cena? Ho preparato due braciole di maiale … -
- Sento il profumino infatti … - sorrise guardando la porta della cucina, e il suo stomaco ricominciò a ululare.
Lo afferrai per mano trascinandolo al tavolo come se fosse stato un bambino piccolo, e lo feci accomodare: -Mi fa piacere se resti, inoltre così ci sbrighiamo in fretta ad andare in reparto.-
-Mi stai viziando troppo, rischi di trovarmi sempre a casa tua in cerca di cibo se non la smetti di essere così gentile.- sorrise beffardo.
-Correrò il rischio.- risposi ammiccandogli.
“ … grr … questa storia non mi piace affatto …” protestò il mio io interiore tamburellando le dita su un tavolo.
 
Seduto sulla sua morbida poltroncina blu, stava ammirando il soffitto del suo ufficio.
Pensava a lei, ormai non ne poteva fare a meno e per lui non era una novità avere la sua immagine perennemente stampata davanti agli occhi.
Sentiva ancora il profumo dell’alloro che Pulce aveva utilizzato per cucinare la braciola … perché lui non aveva mai pensato di usarlo per insaporire la carne?
Sentì bussare alla porta e con voce distratta rispose: -Avanti … -.
Avvertì lo scricchiolio del battente che si apriva, assieme a uno strano rumore di una macchinetta telecomandata, infatti, non appena abbassò lo sguardo, se ne ritrovò una nera con sopra un vassoio e diverse tazzine ripiene di caffè.
-Grazie Pam, ma questa volta salto … - non voleva togliersi il profumo della cucina della sua Pulce di bocca.
-Ehi, cosa vuol dire che salti? Io e te siamo i più grandi caffeinomani del reparto, stai poco bene?-.
La collega entrò nel suo ufficio visibilmente preoccupata e gli si sedette difronte.
Pigramente, Ace girò la testa nella sua direzione e domandò: -Perché non uso l’alloro quando cucino la carne?-
-Che? Sei ammattito di colpo? ...- sgranò gli occhi Pam - .. e io che ne so! -.
-Tu usi l’alloro quando cucini la carne?- domandò.
-Ehm … veramente è Sanji quello che si occupa della cucina, non io … comunque, in quelle rare occasioni che mi metto ai fornelli, non lo utilizzo sempre, perché?-
-Nelle braciole di maiale?-
-Qualche volta, quando c’è in casa … ti senti bene?-
-Pulce lo usa sempre, gliel’ho chiesto … - sospirò portandosi le braccia sotto la nuca.
Pam lo scrutò attentamente e sorrise, non potendo fare a meno di scuotere il capo con fare saccente: -Ho capito, ti ho perso … servono tramezzini e bevande frizzanti per la cena delle tre di notte, vuoi andare tu a prendere il tutto?-
-Ok, cambiare aria non può farmi altro che bene … - si alzò dalla poltroncina sgranchendosi le ossa - … vieni tu con me?-
-No grazie, oggi sono un po’ indisposta … ti mando qualcuno, aspetta pure davanti agli ascensori.- rispose chiudendo gli occhi in una piccola fessura.
-Va bene … - guardò attentamente la macchinetta telecomandata e sorrise diabolico - … questa macchinetta è fatta a posta per portare cibi, bevande e altro con questo vassoio incorporato sopra, giusto?-
-Sì, perché? Oggi mi stai facendo preoccupare, e vorrei aggiungere non poco … sembri un robot … - lo squadrò diffidente.
- … questa la prendo in prestito, grazie. Potresti mandarmi Pulce per andare a prendere il cibo alle macchinette del piano terra, per piacere?-
-Certo … che cosa ti sta passando per quella testa pazzerella?-
-Niente di che … - sorrise diabolico - … diciamo che ho un piccolo conto in sospeso con lei, le uova crude non mi piacciono molto e lei lo deve sapere. -.
“Yehhh! Ace alla riscossa! Sììììììììì! È questo il padroncino che conosco!”.

 
Buongiorno miei cari lettori ^^
Spero tanto che questo capitolo sia stato di vostro gradimento, così come spero di averlo scritto bene e di non aver disseminato orrori in giro per il testo ^^” in caso chiedo venia e correrò subito ai ripari correggendolo ;3
Che ne dite del capitolo? Vi è piaciuto? Sono stata chiara nelle descrizioni? Cosa mi dite dell’incontro con Law e del gioco della verità? Cosa vi è piaciuto di più? Che cosa vi ho fatto suscitare? … ok, la smetto con le domande xD
Siete veramente in tanti che leggete questa ff e non sapete quanto mi rendiate felice, e sono contentissima di vedere che siete in tantissimi a seguirla e ad averla messa nelle preferite … quindi … grazie TwT
Ringrazio anche i lettori silenziosi UwU e spero che qualcuno si faccia avanti, sono proprio curiosa di sapere se sto soddisfacendo le vostre aspettative di tutti voi ;3
Un mega grazie va anche a: Lunetta12; michiru93;kiko90; Yellow Canadair; Okami D Anima; Titty89; Foco_Foco_Girl; Aliaaara; cristie13; Ikki; Monkey_D_Alyce.
Alla prossima!
Un bacione con abbraccio!
Sherry=^w^=

Questa storia non è stata scritta a scopri di lucro ed eccezion  fatta per i personaggi di mia invenzione (Sherry e Pam), gli altri non mi appartengono e sono stati usati nel rispetto dei relativi copyright

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Capitolo 7
*** Scheletri terrificanti, corse disperate e ... la vita sentimentale di Pulce! ***


CAPITOLO 7:
 
Non sapevo che cosa le fosse successo, ma neanche questa sera avevo intravisto Sunny.
L’altro giorno era scappata dal luogo di lavoro senza dire niente a nessuno e stavo iniziando a preoccuparmi seriamente per lei.
Una mano gentile si poggiò su una mia spalla richiamando la mia attenzione, e appena mi voltai incontrai gli occhi gentili di Sanji: -Ciao Sherry, questa sera ti affiancherò io, spero non ti dispiaccia ... soprattutto dopo il mio benvenuto un po’ eccentrico … - ridacchiò stringendosi nelle spalle.
Scossi la testa sorridendo, anche se dentro di me si era attivato un piccolo allarme in seguito a quello che era successo nel nostro precedente incontro - … vorrei chiederti scusa per il comportamento poco convenevole della scorsa volta … sono stato un po’ troppo vivace.-
-Figurati, non ci sono problemi … - risposi, Pam doveva avergliene dette di tutti i colori - … sai qualcosa di Sunny, lei doveva affiancarmi nel primo mese e mezzo di servizio se non sbaglio.-
-Mi dispiace ma non lavora più qui, l’hanno trasferita ed io l’ho saputo poco fa. Sei affiancata a me per il momento. –.
Quella notizia mi aveva totalmente spiazzata, se lo avessi saputo prima avrei cercato di salutarla, ma ormai il gioco era fatto.
“Ehi! Non è che dobbiamo armarci di spray al peperoncino con questo qui al nostro fianco?” fece qualche mossa di karate il mio alter ego, pazzerello come sempre.
Una tenaglia carica di malinconia mi strinse lo stomaco, comprendendo che sarei rimasta veramente sola in questo paesino nuovo se non avessi avuto Asso come mio vicino di casa.
-Grazie mille Sanji.- abbozzai l’ombra di sorriso.
-Figurati … ora iniziamo con il giro dei parametri, prima simpatizzi con questi macchinari casinisti, meglio sarà per le orecchie di tutti noi.- fece l’occhiolino.
Sentii la porta scorrevole del reparto aprirsi, permettendo a Pam di entrare con un’espressione alquanto preoccupata in volto.
“Ahia … perché sento aria di guerra?” si riparò dietro a uno scudo il mio alter ego.
Appena aveva varcato la soglia della terapia intensiva, la giovane dottoressa Modella aveva iniziato a guardarsi attorno spazientita, finendo col puntare le sue iridi color smeraldo nella mia direzione … perché era così accigliata?
Con pochi passi felpati arrivò dinanzi a me, e iniziò ad annusarmi la testa come un segugio … era impazzita per caso?
Quella vicinanza stretta iniziò a infastidirmi, che problemi aveva adesso?
Eppure mi sembrava che avessimo chiarito tutto a suo tempo.
-Sanji, fila via … - gli ordinò mal celando un sorriso soddisfatto.
-Veramente noi … -
-Ho detto, fila via.- lo intimò fulminandolo di traverso.
-Certo mia Dea! Ma quanto sei bella arrabbiata!- saltellò lontano il biondino in un tornado di cuoricini.
Deglutii rumorosamente a causa della gola secca, Pam era tornata a studiarmi con lo stesso sguardo del mio primo giorno di lavoro … che cosa avevo fatto?
-Ace profuma di te e tu addosso hai il suo stesso odore … - confabulò accusatoria grattandosi il labbro superiore, come se stesse cercando di nascondere un piccolo tremolio, vagamente somigliante a un sorriso.
 “Quindi?” si mangiò le unghie il mio io interiore, quella donna mi terrorizzava da morire.
-Quindi?-
-Come quindi?- sorrise elettrizzata trattenendosi dal saltellare dalla gioia.
-Non ti capisco … - odiavo quelle situazioni di stallo, perché non arrivava subito al dunque?
-Vi frequentate?- notai un’insolita nota di speranza in quella domanda, accompagnata da un sorriso che andava da una parte all’altra delle orecchie, per poco non si metteva a saltellare sul posto dalla contentezza.
“Che sorriso da modella della pubblicità della Mentadent white, che invidia …”.
Pam non aveva solo il sorriso da modella, era alta un metro e settantotto ed era magra come un grissino. Di sicuro faceva voltare la testa di ogni uomo solo al suo passaggio e potevo scommettere che tante donne morivano di invidia nei suoi confronti, era semplicemente perfetta.
“Ed io invidio anche la sua scarsezza di petto, uffa, siamo sempre con il mal di schiena io e te …” si stiracchiò il mio alter ego, e anche di questo io ero concorde con lei.
-No che non ci frequentiamo … - abbassai la voce nella speranza che nessuno ci stesse sentendo.
-Come?! È impossibile che non vi frequentiate, lui è in una brodaglia di giuggiole e ha solo il tuo profumo addosso! … oddio, non dirmi che tu sei una delle sue mille tacche sulla cintura, una botta e via ... – abbassò la voce indignata, e sulla sua fronte vidi farsi strada una strana ruga che non prometteva nulla di buono.
-Ma no!- urlai portarmi una mano davanti alla bocca, attirando l’attenzione di un’infermiera che stava smontando dal turno pomeridiano - … ha dormito da me perché è rimasto chiuso fuori casa, poi ha cenato e mi ha chiesto se volevo un passaggio per questa sera. Siamo solo amici, o per lo meno ci stiamo conoscendo … -.
La dottoressa Modella sorrise affettuosamente, come se fossi una bambina piccola e ingenua che andava in giro a raccontare una delle sue tante fantasticherie infantili … perché ci teneva tanto a sapere di me e Asso?
-Ieri pomeriggio eravate solo rivali, e questa sera tornate qui dentro dicendo che siete amici … io dico che siete ciechi. Il tuo Asso ti sta aspettando davanti agli ascensori per il banchetto delle tre di notte, ti giustifico io a Sanji adesso che vai … - fece l’occhiolino prendendosi la cartella del paziente che stavamo controllando.
Chi la capiva era bravo …
 
Andai davanti agli ascensori come Pam mi aveva ordinato, ritrovandovi il mio caro vicino di casa ad attendermi con il fiatone.
-Tutto bene?- domandai.
-Se, se … - ansimò piegandosi sulle ginocchia - … vieni vicino per piacere. -.
“Sono tutti matti questi qua …” mi piegai in avanti per guardarlo in faccia, era bordò, sembrava che avesse appena corso come un disperato ... che cosa gli era saltato in testa a questo rincretinito?
Mi afferrò per un braccio continuando ad annaspare in cerca di ossigeno, e richiamò l’ascensore dando una manata al pulsante sul muro … che situazione imbarazzante.
-Hai corso?- trovai il coraggio di domandare.
- Sì … - farfugliò - … ho voluto battere il record di testa d’ananas … ho fatto tutti e cinque i piani di corsa … andata  e ritorno … in due minuti … gradino per gradino … -.
-Sei folgorato o cosa?! Hai rischiato di ammazzarti!- lo ripresi circondandomi con il  suo braccio il collo, in maniera tale da poterlo sostenere.
Appoggiò la testa sulla mia spalla, approfittandone per abbracciarmi e prendere in mano la coda di capelli e annusarli.
Inizialmente rimasi spiazzata, non sapevo cosa fare o cosa dire, ma quello che mi metteva ancor più a disagio era uno strano arrovellamento che partiva da un punto indefinito del mio ventre, rendendomi preda facile dell’ansia e dell’insicurezza.
Che cosa significava quell’abbraccio?
“Risvegliati Sherry!” pianse il mio io interiore disperato.
-Asso … - lo chiamai sbuffando - … non te ne devi approfittare ogni volta che prendiamo un ascensore … - finalmente ripresi possesso del mio corpo, chissà che cosa mi era capitato in quel piccolo frangente di distrazione.
-Lo hai detto tu, ho rischiato grosso e di conseguenza ho anche rischiato di non vederti mai più. Ti sto mostrando la mia riconoscenza per avermi aiutato, e anche il mio affetto. – sussurrò in orecchio facendomi rabbrividire, il calore del suo respiro sulla mia pelle era piacevole, molto piacevole.
“Questo qui è un Casanova indomato … mi ricorda tanto il protagonista di quel libro ambientato nel 1753 a Venezia che hai appena letto … come si chiamava?”.
Risi di cuore, come faceva a cogliere al volo tutte queste piccole occasioni per tentare di addolcirmi?
-Asso, sei incorreggibile.-
-Come Lupin?- sghignazzò divertito.
-Come Lupin … - sorrisi, continuando a bearmi del suo respiro caldo sul mio collo … lo stava facendo apposta?
Era il reparto a renderlo così audace?
Le porte dell’ascensore si aprirono e Asso mi risucchiò dentro assieme a lui, senza mai staccarsi da me.
-Potresti restituirmi i fianchi?- domandai un po’ confusa.
- … aspetta un attimo … è bello sentire la tua voce, il tuo respiro, il tuo battito, ma soprattutto la tua risata argentina restandoti così vicino … per non parlare del tuo profumo, veramente divino. –.
Doveva essersi accorto che quello stretto contatto a lui mi rendeva debole, infatti aveva appena iniziato a soffiarmi sull’incavo del collo, rendendomi nuovamente preda di quelle morse che poco prima mi avevano quasi atterrito.
“Uffa, ce l’hanno tutti fissa con la storia del profumo oggi …” protesto il mio io interiore riportandomi con i piedi per terra.
-Il mio profumo? – domandai stordita, poco mancava che iniziassi anch’io ad ansimare.
-È buono, non posso farne a meno … - sospirò staccandosi da me, poggiando la fronte sulla mia.
Sentii il cuore perdere alcuni battiti di fila, come una sorta di sbuffo, e avrei scommesso tutto l’oro del mondo che ero arrossita come un pollo allo spiedo, come dovevo comportarmi con lui?
Osservai le sue labbra sorridenti vicino alle mie, ma le feci allontanare domandando: -Chi era il tuo personaggio preferito di Lupin?-.
Rimase spiazzato, non si aspettava questo cambio di discorso, naturalmente, com’era ovvio che io non sarei mai e poi mai caduta in una delle sue mille seduzioni da Casanova.
-Me lo stai chiedendo veramente?- domandò stralunato.
-Secondo te? Ti ho appena posto la domanda … - sorrisi birbante.
-Non riuscirò mai a baciarti con questi approcci, vero?-
-Rispondi … - lo intimai cercando di fare la seria, ma non ci riuscii, era più forte di me.
-Direi proprio Lupin … il tuo?-
-Jigen … è stato il mio mito quando ero ragazzina.-
-Lo sai che questo dice molto di te?- sorrise furbacchione.
-Lo stesso discorso vale anche per te e Lupin.- ghignai.
“Che cosa cavolo dice Jigen di me? … vallo a sapere …”.
- Quanto vuoi scommettere che riuscirò a baciarti prima o poi?- mi accarezzò una guancia con il suo pollice.
-Asso perdona la domanda … - abbassai il capo, e facendo la gnorri domandai - … la donna di cui ti stai innamorando che fine ha fatto?-.
Non rispose, si limitò solo a sorridere spavaldo mettendosi le mani nelle tasche del camice: - … lo dovresti capire guardandomi negli occhi. -.
Le porte dell’ascensore si aprirono, ed io rimasi a fissarlo in religioso silenzio per due lunghissimi e interminabili secondi: -Vorrei solo sentirtelo dire esplicitamente … - sussurrai abbassando la testa, forse avevo parlato con tono troppo basso affinché mi sentisse.
-Puoi ripetere?- domandò.
-Niente, sbrighiamoci, è meglio. -.
 
“Allora Sherry, parlami. Provi qualcosa sì o no per Asso?” era questa la domanda che mi assillava da quando Pam aveva chiesto se io e lui ci stessimo frequentando.
Era ovvio che non provavo niente di più che amicizia, ed era normale che con i suoi abbracci focosi io mi sciogliessi come burro … ma perché non mi mettevo mai l’anima in pace per una buona volta?
-Stai pensando a me, vero?- domandò Ace sgranocchiandosi delle patatine.
Saltai e arrossi colpevole fulminandolo, mi leggeva anche nel pensiero?
-Scherzavo, ahahah, non prendertela così … - ingoiò un’altra manciata di patatine - … conosci il mito dei sotterranei che stiamo percorrendo?-
-No, non sapevo che ne esistesse uno … - ripresi a respirare liberandomi dall’angoscia dello spavento.
-Bhè, una sera come questa, un’infermiera stava portando delle provette di sangue urgenti in laboratorio a cavallo di una bicicletta, ma un malintenzionato drogato la assalì perché credeva che stesse trasportando morfina … lo sai perché cercava la morfina, vero Pulce?-
-Certo, dall’elaborazione della morfina si ottiene l’eroina … - continuai a guardarlo avida di notizie.
- … ottimo Pulce, tornando a noi … il malintenzionato fece cadere l’infermiera dalla bicicletta per rubarla, ma la poveretta cadendo batté malamente la testa e morì per un’emorragia cerebrale … - lasciò la frase in sospeso guardando con un occhio il fondo del pacco di patatine.
Aspettai che riprendesse la storia, ma lui sembrò divertirsi a guardare il sacchetto vuoto mentre io mi stavo rodendo il fegato dalla curiosità.
-Quindi?- domandai impaziente.
- … prima che continui, sei una persona impressionabile?-.
“Digli di sì, digli di sì, digli di sì!” urlò disperata il mio alter ego con le mani giunte e i lacrimoni agli occhi.
-No.- risposi decisa.
Lo vidi sghignazzare, e con espressione malefica aggiunse: - … si dice che giovani infermiere portando in laboratorio le provette degli esami urgenti di notte, non siano mai più tornate indietro, però solo una si salvò, ma la dovettero rinchiudere in una casa di cura … -
Deglutii rumorosamente, cercando di nascondere la paura … perché le infermiere sparivano?
-Perché l’hanno dovuta rinchiudere? Che cosa era successo alle altre infermiere?-.
Asso non rispose subito, e continuò a circumnavigare l’argomento dilungandosi: -Sei davvero sicura di volerlo sapere?-
-Certo!- sbottai nervosa.
-L’infermiera disse di aver visto uno scheletro dai neri capelli afro e un camice bianco aggirarsi nei sotterranei, emettendo dei strani lamenti di sofferenza mentre la seguiva .. tutto perché cercava le provette rubate che doveva portare urgentemente in laboratorio … ebbene sì Pulce, l’infermiera che aveva perso la vita quella notte aveva i capelli afro e un camice bianco per ripararsi dal freddo, il suo spirito cerca ancora vendetta. -.
Mi ghiacciai dalla paura, e per il freddo mi strofinai le spalle tenendo ben salda la busta con le provviste per la serata.
-L’infermiera che è riuscita a scappare dalla sua vendetta, dice che poco prima della sua apparizione aveva avvertito un soffio gelido sul collo, così … - Asso mi spostò la coda a cavallo su una spalla per soffiarmi sulla nuca, emettendo al contempo uno strano sibilo.
La pelle si accapponò, e mi voltai a guardarlo titubante con le lacrime agli occhi.
-Paura Pulce? Sei tu che hai insistito … - ridacchiò sereno.
-No che io non ho paura … - mentii spudoratamente.
-Bene, anche perché è solo un mito ahahah … ti lascio un attimo, vado a buttare il pacchetto nelle immondizie, torno subito. - mi diede una pacchetta affettuosa in mezzo alla schiena, lasciandomi sola, come una povera bea, in mezzo al corridoio.
Sentii un soffio gelido sul collo e di scatto mi voltai a guardare se fosse stato qualcuno alle mie spalle a farmi un brutto scherzo, ma non intravidi nessuno, tutto taceva.
“È solo suggestione … wahahah …” ripeté il mio alter ego cercando di confortarmi.
Continuai a guardarmi in giro mentre aspettavo Asso, notando che proprio al mio fianco c’era un cestino … perché Portgas era andato così lontano? E perché non stava più tornando indietro?
In fondo al corridoio sentii dei strani lamenti e dei cigolii sinistri farsi sempre più vicini, mentre una fila di luci si spense lasciando in penombra l’ultima parte della corsia in cui mi trovavo.
Le lacrime non persero tempo a bussare agli occhi, mentre uno strano nodo alla gola non mi fece più respirare.
-È solo suggestione … - iniziai a borbottare da sola - … è solo suggestione … - e i miei piedi si gelarono.
Proprio nel punto in cui le luci erano saltate, vidi la porta che conduceva alle celle mortuarie aprirsi, per poi far uscire un lungo camice bianco a illuminare l’oscurità.
L’indossatore della divisa non era altro che uno scheletro dalla pettinatura afro.
Stavo sognando, non poteva essere vero.
-Suggestione, suggestione … - ripetei piangendo.
-Sherryyy … - mugugnò lo scheletro iniziando ad avanzare con le “mani” protese in avanti.
Iniziai a correre, per essere solo uno scheletro andava moderatamente veloce.
-Wahh provette … wahh … - continuava a lamentarsi lo spirito dell’infermiera dai capelli afro.
Avvertii la presenza di un’altra persona al mio fianco, mi voltai convinta che fosse Ace, e invece ritrovai un portantino con il naso lungo e i capelli afro che cercava di darsela a gambe come me.
-Chi sei tu?!- urlai disperata.
-Usopp, piacere. Tu?!-
-Sherry. – piansi.
-Sherry, corri troppo piano!- gridò Usopp.
-Non è colpa mia!- tirai su con il naso “È colpa del davanzale! Fa male che credi?!” pianse disperata il mio alter ego cercando di tenerlo fermo - … perché non gli dici di fermarsi?- proposi.
-Perché dovrebbe darmi ascolto?!- sbraitò con i denti a squalo.
-Perché anche tu hai i capelli afro. -.
Calò il silenzio, con quella battuta non avevamo neanche più gusto a urlare per la paura “ … brr che freddura …” disse il mio io interiore schizzinosa.
-Sherry, Usopp … provette, datemi le provette … wahh.-.
In preda al nervoso e alla paura, iniziai a lanciare le provviste che avevo appena comprato con Ace contro lo scheletro, da prima le lattine, poi vari tramezzini e cibarie.
Colpii un suo braccio facendolo cadere lungo il corpo, forse gli avevo mandato una spalla fuori asse, ma era pur sempre qualcosa!
-Per di qua!- urlò Usopp trascinandomi in un ripostiglio.
Mi acquattai con lui dietro alla porta, armandoci di spazzoloni e secchi pieni di detersivo per far scivolare lo scheletro qualora avesse varcato la soglia.
Il battente si aprì con uno strano cigolio, segnalando la nostra fine imminente.
La paura sovrastò sia me che Usopp, non avevamo più vie di scampo.
-Sherry,Usopp … - continuò a lamentarsi, sembrava quasi che stesse ridendo.
“Ehi! Non vede l’ora di farci fuori, per questo ride!”.
Non vidi più dalla tensione che si stava creando, alzai lo spazzolone e glielo detti in testa, con il risultato di veder cadere ai miei piedi il povero Ace.
 
-Asso, Asso … accidenti, Asso. - continuava a guardare Sherry confuso e stralunato, il colpo in testa che gli aveva dato lo stava facendo sentire ubriaco.
Le piccole manine di Pulce gli accarezzavano le guance, mentre lei lo richiamava disperata … forse questa volta aveva esagerato un pochino con gli scherzi.
-Sto bene Pulce, sono vivo e vegeto … - si rimise seduto, venendo travolto da un abbraccio poderoso della sua infermiera preferita.
-Scusami, scusami, scusami … ti voglio bene non l’ho fatto apposta.-
-Ma no, per telegramma … - ridacchiò tenendosi una mano nella regione occipitale del capo - … Pulce, non sono neanche svenuto, stai tranquilla … - ridacchiò abbracciandola.
Non credeva minimante che Sherry fosse capace di esternazioni così affettuose, forse aveva la sindrome della crocerossina e per questo faceva l’infermiera.
-Se per ogni marachella che faccio mi abbracci così, vorrà dire che ne farò più spesso. -.
La piccola Pulce sciolse l’abbraccio per dargli un piccolo schiaffo, e poi lo riabbracciò sospirando: -Scusami … -.
“ … non è a posto con la testa questa qua, eh? … anche se forse siamo stati un po’ troppo cattivi e lo meritiamo …”.
-Pulce, mi vien voglia di baciarti quando sei triste … - ammise flebilmente.
-Sta zitto, per poco non ti uccidevo … -
-Ma no! Andiamocene dai … - rise intenerito, ma il suo sguardo cadde al suo fianco.
Usopp giaceva a terra con la schiuma alla bocca, il solito fifone.
-Forse Usopp ha bisogno del nostro aiuto … -
-È vivo, è solo svenuto per la paura … - mugugnò l’infermiera ramata senza staccarsi da lui.
-Hai già fatto la tua valutazione e affidato un codice colore per la gravità? – non poteva fare a meno di sorridere, quanto era tenera Pulce?
- Attacco di panico e il codice è marrone. -.
Ace la lasciò guardandola in faccia, che cavolo stava dicendo?
Esistevano quattro tipi di codice colore: bianco; verde; giallo e rosso.
… da dove sbucava il marrone?
-Non è che anche tu hai preso una botta in testa? Non esiste il codice marrone … - poi ripensò alla frase “attacco di panico”, e osservando in contemporanea il povero portantino comprese il gioco di parole dell’infermiera pulciosa: - … ah, quel codice marrone … anche tu hai senso dell’umorismo allora. - rise regalandole un bacio sulla guancia.
L’aveva fatta tornare a ridere, era quella l’espressione che voleva vederle sempre addosso: -Questa è la Sherry che voglio … - sussurrò spostandole una ciocca di capelli dietro l’orecchio, vedendole spuntare un piccolo sorriso timido in volto.
-Sveglio Usopp, Asso Casanova.- ridacchiò rincuorata.
-Fai pure. -.
 Asso non perse tempo ad ammirare Pulce di spalle, era un’infermiera piccola e fragile nonostante volesse apparire sempre forte e imperturbabile, era semplicemente stupenda.
Con la coda dell’occhio vide lo scheletro che era poggiato sulla macchinetta porta-caffè muoversi.
Lui non aveva più il telecomando fra le mani e neanche Pulce.
-Pulce … hai toccato tu lo scheletro, vero?- domandò con un fil di voce, spezzata dalla paura.
-No, non scherzare … Usopp si è svegliato!- squittì felice l’ingenua ragazzina.
Appena il portantino si alzò, lo scheletro si girò di scatto verso i tre compagni di disavventure.
Asso e Sherry urlarono terrorizzati, mentre Usopp tornò a fare il morto, nella speranza di non essere notato … o forse aveva tirato veramente le cuoia?
Sherry afferrò il nuovo conoscente per il naso, e scappò a gambe lavate con il medico che la teneva per mano.
-Sherry, sei una polenta! Muovi di più quelle gambe graziose che ti ritrovi!- le urlò.
-Non è colpa mia!- gli sbraitò Pulce sbattendo il povero Usopp sulla prima barella libera che aveva trovato in corridoio, alleggerendosi dal carico.
-Hai troppe tette è questo il tuo problema.- urlò imitandole mentre rimbalzavano.
-Ma davvero è un problema? Eppure non ti fai alcuno scrupolo ad ammirarle e a farci le battutine, sopratutto quando indosso una maglietta scollata oppure bagnata!-.
-In questo momento sì che sono un problema, ma nel tempo libero certo che mi perdo a guardarle, ad apprezzarle e a fantasticarci!- commentò serio.
-Cosa vuol dire “a fantasticarci”?!- sbraitò indignata.
-Vuol dire quello che ho detto, comunque è un complimento se non te ne sei accorta!-
-Piantala subito!-
-Sei tu che mi provochi!- gli urlò il medico infervorato.
-Bugiardo!- gli gridò Pulce.
-Hai ragione sai? Ora che ci penso è il tuo davanzale che mi provoca!-
-Portgas, sappia che non la passerà liscia!-
-Sentiamo Pulce, dovrei tremare di paura solo perché mi dai del lei?-
-Razza di troglodita, stia zitto e mi dica dove dobbiamo andare.-
-Ah, adesso mi neghi il tu?-
-Asso, la pianti!-
In quel momento alle loro spalle sentirono un frastuono, lo scheletro si era inceppato nella barella in cui giaceva il povero Usopp, cadendogli sopra.
I due giovani si fermarono e Ace sospirò: -Uff, scampata per un pelo … chissà come reagirà Usopp quando si risveglierà … ahahah non me la voglio perdere! – ghignò entusiasta preparandosi allo spettacolo.
-E se si ricomponesse da solo?- domandò con voce tremante la piccola Sherry.
-Ma no, impossibile. Siamo razionali, deve essere stato qualcuno che ci sta facendo un brutto scherzo. Io telecomandavo lo scheletro con una macchinina elettrica porta-caffè, e la voce la trasmettevo con questa radiolina che lo scheletro teneva nella tasca del camice.- disse mostrandole la ricetrasmittente.
- … però ti sei spaventato anche tu questa volta, che uomo coraggioso che sei … - si burlò di lui la ragazza.
-Oh, sei ritornata a darmi del tu. Quanto sei tenera mi hai già perdonato?- sorrise birbante.
Pulce arrossì: -Guardi che … - ma fu interrotta dal rumore del braccio dello scheletro che cadeva, ed entrambi i ragazzi tornarono a darsela a gambe temendo un ulteriore attacco del nemico.
-Pulce polentosa, vieni qui!- le ordinò.
-Che vuole?! … wah, che fa?!- urlò imbarazzata.
Il ragazzo se la caricò in spalla e corse dritto al primo ascensore aperto, schiacciando il bottone che portava al quinto piano, ovvero il loro reparto.
-Portgas, mi metta giù!- si dimenò l’infermiera ramata.
-Ti consiglio di ritornare alla modalità “ti do del tu” se non vuoi rimanere qui a penzoloni. – la minacciò birbante.
-Si chiamano molestie le sue, lo sa? Per non parlare del ricatto … - la piccola Pulce iniziò a dargli degli schiaffi sulla schiena, cercando di trattenersi dal dargli delle ginocchiate in pieno petto, non era poi così sleale, anche perché sarebbe capitombolata per terra da sola.
-Stai buona … - le assestò una manata sul fondoschiena.
-Ehi! Come si permette?!-
-Dammi del tu … - gli diede un’altra pacca violenta.
-Non tollero ulteriori maltrattamenti … - e fu così che la ragazza si difese mordendo una chiappa di Asso, il quale sbarrò gli occhi e serrò la mandibola per non urlare, anche se non riuscì a trattenersi dall’emettere un grugnito di disapprovazione.
-Pulce! … - ringhiò tra i denti - … stai buona. -.
Le porte dell’ascensore si aprirono, e ad attenderli c’era Pam con le braccia conserte.
Ace rimase in silenzio a guardare la collega, che lo fissava impaziente cercando di capire perché portasse Sherry in spalla come un sacco di patate.
L’infermiera ramata inarcò la schiena facendo leva con le braccia su di Ace, e ricominciò a dimenarsi: -Pam, aiutami ti prego. È un folle! Mi ha terrorizzata nei sotterranei!-.
La dottoressa Modella scoccò uno sguardo di fuoco al collega, il quale, in religioso silenzio, tornò a premere il pulsante che portava ai sotterranei, sorridendole spaventato mentre le porte si chiudevano davanti a loro.
 
“Misogino, maleducato, maschilista, imbecille, troglodita, idiota, testa di scimmia … non ho più altri insulti! Come ha osato prendermi in spalla a quella maniera?! Che cosa sono?! Un fenomeno da baraccone?! Spero che gli esca il livido del mio morso sulla sua chiappa muscolosa … Grrr e pensare che l’ho pure aiutato quando ne aveva bisogno e mi sono crogiolata fra le sue braccia quando cercava di baciarmi … stupida, stupida e ancora stupida! Come ho fatto a non bloccarti prima?! …” il mio alter ego mi stava facendo una bella ramanzina, mentre raccoglievo assieme a Asso e a Usopp le cibarie che avevamo comprato e gettato contro lo scheletro del terrore.
Ero alquanto furibonda con Asso, ma non potevo farci niente, la nostra relazione era fatta così.
“Cosa vuol dire la nostra relazione?! Stai cercando di farmi diventare matta?!”.
Cercai di distrarmi pensando al nuovo incontro che avevamo fatto nei sotterranei …
Appena eravamo scesi a questo piano, ad attenderci c’era un anatomopatologo con lo scheletro del terrore in mano, e aveva fatto una bella lavata di capo a Ace per aver maltrattato il suo scheletro originale.
Finita la strigliata, si era voltato in mia direzione presentandosi: -Buonasera mia adorata … mi chiamo Brook e sono l’anatomopatologo di questo ospedale … - si chinò togliendo dal capo il suo capello a cilindro nero.
Era più alto e più magro di Ace, inoltre portava degli occhiali neri rotondi nonostante fosse notte, ed era vestito in maniera alquanto singolare sotto il suo camice bianco … sembrava uscito da una quadro rinascimentale con quella camicia arancione il bavaglio azzurro fru-fru.
- … mia adorata, potrei avere l’onore di vedere le sue mutandine?- rimasi immobile a fissarlo, non poteva essere vero quello avevo appena udito.
Ace sghignazzò: -Auguri. -.
“Invece sì … DEMOLISCILO!” sbraitò incazzato il mio alte ego, e per una volta le diedi retta.
Gli sganciai un sonoro cazzotto in faccia, facendolo volteggiare su stesso mandandolo a schiantare contro il muro.
Asso al mio fianco rise come un matto, come se avesse saputo fin dall’inizio l’esito dello scontro, e cingendomi la vita con un braccio proseguì: -Ciao Brook, perdonami per lo scheletro.-
-Figurati … - mugugnò con la faccia ancora spalmata sul muro …

Risi di nuovo al pensiero di quel povero uomo, aveva l’aria di un’artista, forse per questo motivo era talmente matto da fare quel mestiere.
“Bleah … le autopsie saranno interessanti da vedere, ed è bello guardare le facce schifate e terrorizzate degli studenti di medicina mentre assistono, wahahah, ma sono sicura che dopo un po’ mi verrebbe la nausea. ”.
Arricciai il naso al sol pensiero di dover stare sempre chiusa in un bunker a tenere compagnia ai morti, era un’immagine veramente raccapricciante e orrenda.
-A cosa pensi?- domandò Asso inarcando le sopraciglia confuso.
-Pensavo a quanto fosse orrendo fare l’anatomopatologo … prima o poi tutti dobbiamo morire e credo che sarebbe meglio passare il proprio tempo in mezzo ai vivi finché si può. -.
Asso rimase in silenzio e mi guardò strano, veramente strano … che cosa avevo detto di male?
-Ok Pulce … io non ci penso mai a queste cose, finché sarò in vita penserò solo a quello che devo fare qui.- sbuffò sorridendo.
-Tu non pensi mai che prima o poi dovremmo morire?- domandai seria.
Lui si fermò un attimo e mi guardò negli occhi leggermente preoccupato, mentre di sottofondo sentivo Usopp che finiva di raccogliere le bustine dei tramezzini: -Sì che ci penso, ma ora l’unico pensiero che mi martella il cervello è che devo trovare un modo per farti divertire … - sentii un tuffo al cuore e le guance diventare sempre più calde, lui pensava veramente a me? Ma quel momento magico fu interrotto da un’altra delle sue battute - … inoltre c’è un altro pensiero che mi sta massacrando la testa, devo trovare un pretesto per baciarti. – sghignazzò, ed io gli diedi un piccolo pugno affettuoso su una spalla.
-Lo sai che sei un’idiota per eccellenza?- risi.
-Addirittura? Grazie, mi fai commuovere. – fece gli occhioni da cucciolo.
“Che carinooo! … ehm, ehm … finite di raccogliere tutto il più in fretta possibile! ” esordì l’alter ego indicando con un movimento circolare dell’indice il disastro che ci circondava.
-Ti voglio così … - disse facendomi bloccare di colpo.
Mi voltai a guardarlo, aveva un sorriso tenero e gli occhi socchiusi, trasmettevano calore.
Stranamente mi sentii in soggezione e mi ritrovai a guardare il pavimento con il volto bordò: -In che senso?- uscì la voce strozzata.
-Ti voglio così spensierata, non triste come prima … sei giovane Sherry, ti prego, vivi serena. -.
“Oddio, no, no, no, no! Sherry non commuoverti, ascolta la mia voce, non farti trascinare dal sentimento. ”.
Sentii una tenaglia al collo e gli occhi sembravano voler scoppiare dalle lacrime che stavo trattenendo a stento.
-Scusami, non mi sento molto bene … c’è un bagno?- domandai con voce tremula, anche le mani tradivano la mia finta calma tremando.
-No, qui non ci sono … è tanto urgente?- domandò serio.
-Ho solo bisogno di una boccata d’aria, qui c’è troppo caldo, ma non importa … - gli diedi le spalle.
- … Sherry, ho detto qualcosa che non va?-
-No, no, stai tranquillo. Soffro molto il caldo, tutto qui.- risposi senza guardarlo.
-Sherry- mi richiamò con voce calma e paziente, ma Usopp lo interruppe porgendogli il sacchetto con tutti i viveri.
-Ragazzi, vi saluto. Dovevo portare dei referti in neurologia ed erano anche urgenti.- mugugnò partendo alla velocità della luce.
-She ..-
-Che ne dici? Andiamo?- mi ricomposi saltando in piedi, interrompendo il povero Asso in apprensione.
-C … certo, tutto bene? Hai bisogno di acqua o qualcos’altro? -.
L’unica cosa di cui avevo bisogno in quel momento era una spalla su cui piangere, ma non volevo farlo stare in pena per me.
-Tutto bene! – esclamai con fin troppo entusiasmo, e quando feci per girarmi mi strinse forte per una spalla guardandomi negli occhi.
-No, che non è bene … cosa ti succede Sherry? -.
Mi sentii un pesce lesso fuor d’acqua, continuavo a boccheggiare senza emettere suoni.
-Sto … -
-Male … – finì la frase lasciandomi di stucco - ... non parlo di male fisico, ma emotivo … cosa ti succede? Sono qui, parlami che ti ascolto. -.
Diventai color peperone, o forse addirittura color melanzana, cosa dovevo dirgli?
“Caro Asso, mi hai commosso per quelle parole vere e sincere ma irrealizzabili per me”? oppure “Caro Asso, sono scappata di casa per lavorare e aiutare la famiglia ma vedo che non ce la posso fare”?
-Oddio Ace … - sospirai grattandomi la fronte, facendo un piccolo sorriso forzato - … non è niente, credimi. C’è solo tanto caldo qua sotto, inoltre mi hai fatto correre come una matta. Credimi, sto bene. -.
Premette la fronte contro la mia: -Davvero?-.
Quel suo contatto … -Sì.- risposi esasperata.
-Me lo giuri?- sapeva che ero molto seria su queste cose, ed io non potevo giurarlo.
Abbassai gli occhi, buttando fuori tutta l’aria che avevo bloccata nei polmoni dal naso.
-Sai che ti sono vicino, e puoi parlarmi quando vuoi … - sorrise deluso, baciandomi teneramente la fronte.
Delle lacrimucce scesero incontrollate, e mi ritrovai ad asciugarle con le dita tremanti: -Sei tu che mi commuovi, non tornare a interrogarmi. – ridacchiai, e lui mi strinse a sé, tenendomi la testa ferma sul suo petto.
Il suo calore, il suo respiro, le sua braccia forti e affettuose, infine il suo battito.
Il suo cuore batteva un ritmo lento e rilassato, se continuava così, avrei finito con la addormentarmi addosso a lui.
-Grazie.- sussurrai stringendolo per i fianchi.
Da quanto tempo non ricambiavo un abbraccio?
Probabilmente da troppo.
-Non lo dire neanche per scherzo. - rispose.
 
Tornati in reparto, Asso dovette subire una bella ramanzina di capo anche da parte di Pam, con me lì presente in un angolino per non so quale motivo.
-Non sono scherzi da fare! E se qualcuno ci rimetteva veramente qualcosa? Se tu fossi caduto all’indietro quando avevi Sherry in spalla?! – gli tirò un orecchio facendogli male, ed io mi buttai su Ace a difenderlo.
-Pam, ha capito non trattarlo così … poi è stato Brook a farci dannare.- massaggiai l’orecchio del povero Asso, che fulminava Pam come non mai.
La dottoressa Modella sorrise maligna, e mettendosi le mani nelle tasche del camice rispose: -Bene, anche lui avrà la sua bella strigliata … Ace, ti lascio alle cure amorevoli di Sherry, guai a te se scherzi ancora una volta così. – lo ammonì incenerendolo con lo sguardo.
Portgas corrucciò le labbra incrociando le braccia al petto, e gonfiò le guance come un bambino piccolo, a quel punto non riuscii a trattenermi dal ridere e risposi per suo conto: -Credo che questo sia una sottospecie di “no”. –
-Perfetto, allora ci divertiremo Sherry.- aggiunse la mora mantenendo il suo sorriso diabolico, e uscì dalla stanza.
-Quella donna è la reincarnazione delle peste bubbonica … - mugugnò Asso, continuando a guardare torvo la porta dalla quale era uscita.
Risi di cuore domandando con voce infantile: -Ti è passata la bua?-
-No, mi fa ancora male l’orecchio signorina infermiera. – piagnucolò strusciandosi contro la mia spalla come un gatto.
-Sta fermo un attimo … - sorrisi, baciandogli la punta dell’orecchio - … passato?-
-Sì, ma ho un dolorino anche qui … - indicò le labbra.
-Davvero? – gli accarezzai dolcemente i capelli.
-Davvero. – sorrise sornione guardandomi negli occhi.
-Bhè, allora … chiudi gli occhi. – bisbigliai sensuale, e lui obbedì.
Tirai fuori dalla tasca della divisa un burrocacao e glielo spalmai: -Bene, ora possiamo tornare al lavoro. – risi alzandomi da terra.
-Tutto qui?- domandò allibito.
-Certo, cosa ti aspettavi?- continuai a ridere, indietreggiando verso la porta come un gambero.
Sorrise malizioso e scattò dalla sedia raggiungendomi con poche falcate, ma io presi fra le mani la maniglia continuandolo a guardare negli occhi.
-Se vuoi posso mostrarti che cosa mi aspettavo … - fece il misterioso mettendo le mani sui miei fianchi.
-L’idea mi alletta molto, ma devo andare. - ridacchiai sgattaiolando fuori dalla cucina.
-Pulce, hai appena aperto una crepa nel mio cuoricino … - piagnucolò facendo gli occhioni da cucciolo.
“Accidenti ha scoperto il nostro punto debole … ma che puccioso che è!” squittì entusiasta il mio io interiore.
-Asso, per conquistarmi non devi fare solo il playboy … - sorrisi alzando gli occhi al soffitto.
-Che cosa dovrei fare allora?- domandò curioso.
- … credo che i misteri rendano le donne molto più affascinanti, non credi? Scoprilo da solo.- gli feci l’occhiolino voltandomi, raggiungendo il povero Sanji che avevo abbandonato.
 
Erano in macchina, e non appena Pulce aveva poggiato la testa sul suo sedile era partita a dormire.
Asso guidava la sua Ferrari in mezzo al traffico, non riuscendo a non guardare Pulce che sonnecchiava.
Era pallidissima, persino le sue labbra rosee avevano perso colorito, doveva ancora abituarsi a quei turni strazianti.
Voleva sorriderle ma non poteva, a momenti, il suo piccolo volto faceva delle strane smorfie, proprio come la notte precedente ma questa volta stava bofonchiando anche qualcosa di strano.
-Non ho i soldi … - ripeteva rannicchiandosi su se stessa - … Pikachu vai via … -.
“Sta solo sognando i Pokémon questa qui, lasciala stare … ma Pikachu è un personaggio buono però, perché vorrebbe avere dei soldi? … che sia il soprannome che ha affibbiato a qualcuno?” si scervellò il suo alter ego.
Giunse al vialetto di casa, parcheggiò la sua auto sotto la tettoia e spense il motore.
Con un dito provò a muovere la spalla di Pulce chiamandola una sola volta, ma lei non rispose, anzi, si girò verso il finestrino accoccolandosi meglio che poteva sul sedile.
“ … è identica a un gatto … frrr frrr frrr frrr” iniziò a fare le fusa il suo io interiore.
In quel momento sorrise ripensando alle sue ciabatte che avevano le sembianze di un gatto, era proprio tenera.
Scese dall’auto e si portò alla portiera di lei aprendola, slacciò lentamente la cintura e la prese in braccio, constatando che non era proprio leggera come una piuma.
Sherry gli cinse il collo con le braccia e poggiò la testa nell’incavo del suo collo: -Profumo di Asso … - borbottò sorridendo.
Anche lui rise chiudendo la macchina, era divertente Pulce quando dormiva, sembrava un’altra persona.
-Dormigliona, siamo arrivati. – sussurrò facendola sussultare leggermente fra le sue braccia.
-Asso … devi dimostrarmi … - continuò a mugugnare.
Rise ancora una volta: -Che cosa?- provò a domandare, sperando di non svegliarla del tutto.
- … di volermi bene … -.
 
Arrivato davanti alla porta del condominio, si fece aprire da Franky e volò immediatamente al suo appartamento.
Prese le chiavi dalla tasca del suo giubbotto, ed entrò in casa andando subito a poggiare Pulce sul suo letto.
Non la voleva svegliare, era bella così, anche se non sembrava per nulla rilassata.
Le tolse le scarpe e la coprì con le lenzuola, lui non avrebbe dormito con lei, avrebbe usufruito del divano, anche se voleva continuare a sentirla parlare nel sonno, forse quella era l’unica maniera per giungere al fulcro dei suoi problemi.
 
Ero pervasa dal profumo di Asso, oddio che sensazione meravigliosa.
Mi rigirai tra le lenzuola con un sorrisino ebete ma soddisfatto, abbracciai il cuscino e respirai a pieni polmoni quel ben di Dio, era il mio paradiso.
“ … che cosa stai facendo?” domandò il mio alter ego già sveglio.
Aprii gli occhi e scoprii di non essere più in macchina di Ace, inoltre mi trovavo in una casa a me sconosciuta.
“Se le lenzuola profumano di Asso, vuol dire che siamo in camera sua … ti pare?”.
Scesi dal letto e ispezionai velocemente la casa, non era affatto disordinata come diceva, inoltre la mobilia era ultra moderna, mi piaceva tantissimo, l’unica differenza con il mio appartamento era che c’erano tanti soprammobili ed era molto luminoso.
Continuando ad andare dritta mi ritrovai in salotto, dove sul divano in camoscio bianco c’era Ace che dormiva con una coperta.
Erano le due del pomeriggio, forse era il caso di svegliarlo.
Mi sedetti vicino a lui guardando attentamente il suo volto, era proprio un bel ragazzo.
Gli accarezzai i capelli, per poi scendere sulla guancia e infine seguire il contorno delle sue labbra.
Avrei voluto baciarle in quel momento, infatti mi ritrovai a un palmo da loro ma Asso si svegliò.
-Ciao. – sbadigliò.
-Ciao … - scattai imbarazzata.
 Tirò un braccio fuori da sotto le coperte e mi strinse a lui: -Non dormi più?- domandò.
-Di solito mi sveglio a mezzogiorno e mezzo dopo che ho fatto un turno notturno. – ridacchiai, sentendomi in soggezione.
Quanto era bello Asso con i suoi occhioni lucidi per il sonno?
-Stavi per baciarmi?- domandò con un sorriso enorme.
-Io? Ma no! Ti stavo solo studiando da vicino.- mentii cercando di allontanarmi da lui.
-Davvero? Che peccato … - mise il broncio appoggiando la testa su una mia spalla.
“Oddio!” si imbarazzò il mio alter ego.
In mente mi tornò l’immagine di lui ai piedi del mio letto, e domandai: -Posso chiederti perché ieri mattina ti ho trovato sul mio letto a dormire?- dovevo pur sapere la verità, ma quello era anche un tentativo per ingannare il mio imbarazzo.
- … mmh, ti lamentavi nel sonno, ma quando sono arrivato a vedere se c’era qualcosa che non andava ho scoperto che stavi dormendo … così ho cercato di capire che cosa sognavi, ma mi sono addormentato ai piedi del tuo letto … tutto qui. -.
“Wow … molto intrigante l’avventura” lo prese in giro l’io interiore.
-Ah, ok … mistero risolto.- bofonchiai.
-Tocca a me ora … mi racconti della tua storia con Law? Non riesco a capacitarmi di come vuoi due siate stati assieme. -.
Caspiterina, bella domanda … da dove iniziavo?
-È una storia lunga … - cercai di temporeggiare.
-Ti ascolto … abbiamo due giorni davanti.- si alzò guardandomi negli occhi.
-Oh bhè … -.
“Non abbiamo più via di scampo, devi raccontare …”.
♥♥♥
 
Era il novembre del 2009.
L’autobus era pieno di persone ed io faticavo a respirare, sapevo che dovevo mangiare qualcosa prima di uscire di casa, ma al mattino non riuscivo a digerire bene.
Alzai la testa per guardare la fermata, la prossima sarebbe stata la mia.
“Sherry, mangia una barretta di cioccolata, ti supplico … sto per scomparire, mi servono zuccheri visto che abito nella tua testolina.” Supplicò il mio alter ego.
Appena le porte dell’automezzo si aprirono, una ventata d’aria fresca mi fece riaprire i polmoni e poi fu tutto nero.
- … medico, sono un medico, fatemi passare … -.
Le voci erano ovattate e avevo la testa veramente confusa.
-Ragazzina, mi senti?- la persona che mi stava parlando mi diede un signor pizzicotto al trapezio, facendomi saltare seduta sul posto.
-Ahio! Ma che metodi barbari … - sbuffai.
Con una mano tremante mi tenni il collo e con l’altra il capo, che girava peggio di una trottola.
-Ragazzina, come ti senti?- domandò burbero.
Buongiorno anche lui, un po’ di delicatezza non è gradita, vero?
“Come si permette di chiamarmi ragazzina?!” lo riprese l’alter ego.
Alzai lo sguardo severa, ma incrociai gli occhi di un bel moro con le mani tutte tatuate, erano molto fascinose.
“ … può chiamarmi ragazzina quanto vuole …” sospirò sognate l’io interiore.
-Che … - mi guardai attorno.
Ero circondata da vecchietti che mi guardavano preoccupati, e delle ragazzine sghignazzavano alle mie spalle, purtroppo erano anche mie compagne di scuola.
La mano del giovane moro mi prese per una guancia e mi guardò attentamente negli occhi: -Stai bene?ti gira la testa?-.
-Non sono nelle migliori condizioni … - bofonchiai tenendo gli occhi bassi.
Senza preavviso poggiò tre dita sul mio giugulo e storse un po’ il naso: -Viaggiamo sui centoventi, hai qualche patologia di base?-
-Non che io sappia … - risposi alquanto allarmata.
-Bene ragazzina, sei fortunata. Questa sarà la tua fermata, quella la infondo è la mia macchina e io devo andare al pronto soccorso a lavorare … tu, adesso, vieni con me! -.
Era pazzo, io dovevo andare a scuola!
Avrei avuto gli esami di maturità quell’anno.
-No, devo andare a scu … ehi!- quel medico non mi diede ascolto e mi trascinò prendendomi in braccio.
-Chi mi dice che le non sia un pervertito?- gli battei i pugni sul petto.
-Ti sto salvando, perché dovrei essere un maniaco?- sogghignò divertito.
-Perché ci sono troppe coincidenze! Lei arriva, mi salva e mi dice che è un medico del 118 o quel che sia, quindi lei è pazzo! Di conseguenza lei è un maniaco! – continuai a pestarlo.
Tutti ci stavano guardando, ed io iniziai a vergognarmi come una matta.
Mi coprii gli occhi per conservare quel poco di dignità che mi era rimasta,
mentre lo scellerato continuava a sogghignare malefico … che cosa voleva da me?
Mi gettò brutalmente sul sedile del passeggero legandomi accuratamente la cintura di sicurezza, lo poteva anche far da sola mica ero impedita?
-So come si allaccia una cintura … -protestai facendolo ridere ancor di più.
-Prendi la pillola?- domandò con nonchalance.
“Oddio! È pazzo! Che intenzioni ha?!”
-Perché lo chiede?!- ringhiai cercando di slacciare quell’arnese che mi teneva legata in quella macchina infernale.
-Hai il respiro affannoso e sei tachicardica, devo escludere un’embolia. Così riesco anche a capire quanto posso schiacciare l’acceleratore. -.
Lo guardai di traverso e risposi: -Il respiro è affannoso perché mi sto preoccupando, lei sembra pazzo, molto, molto pazzo! –.
Le sue labbra si incurvarono sempre di più in un sorriso perfido: -Lo prendo per un no. Sappi che l’autista è sceso dall’autobus gridando aiuto ed io sono corso senza sapere chi fosse il malcapitato. Sì, sono medico, no, non sono un maniaco. -.
Rimasi a bocca aperta, non potevo più controbattere.
-Comunque sì, sei una bella ragazza e questo non esclude il fatto che dopo che ti avrò visitata potrei chiederti di uscire. -.
Richiuse la portiera lasciandomi esterrefatta, viva la sincerità.

 
-Stop, ferma un attimo.- disse Ace alzando una mano.
-Che c’è?-
-Quanti anni di differenza avete tu e Law?-
-Se non mi sbaglio abbiamo dodici anni di differenza … - risposi pensierosa.
Ace si trattenne dal sbarrare gli occhi e domandò: -Scusa, ma quanti anni avevi all’epoca? -.
Sorrisi tirata: -Dovevo ancora farne diciannove, compio gli anni il 28 dicembre. -.
Asso mi strinse a sé ghignando: -Wow, un altro capricorno … due testardi uguali.- strusciò la fronte contro la mia, facendomi ridere per il solletico.
-Posso continuare?- domandai.
-Certo . –
 
-Gli esiti sono arrivati, devi solo tenerti controllata la tiroide … i valori non mi piacciono tantissimo, anche se sono nei limiti il TSH lo trovo un po’ bassetto. -
-Ok, posso andare?- domandai alzandomi dal lettino.
Il medico si girò verso di me con lo stesso ghigno malefico che lo aveva accompagnato tutta la mattina: -Solo se accetti di venire con me alle macchinette per un caffè e una bella barretta al cioccolato, avevi la glicemia un po’ bassa. -.
Rimasi a bocca aperta tanto ero rimasta incredula, mi aveva chiesto veramente di “uscire” con lui.
Andare alle macchinette, lo dovevo considerare un vero appuntamento?
-Ecco, io dovrei andare a scuola … - sorrisi forzatamente - … non si può fare un’altra … -
-No. - mi interruppe subito.
“Sherry, è un figo assurdo … dì di sì!” pregò il mio alter ego.
-Non mi rimane altra scelta. – sospirai sconfitta.
 
Davanti alle macchinette scoprii che era uno specializzando e che gli mancava poco per finire gli studi.
- … scusa, ma non mi hai detto ancora come ti chiami. – dissi sorseggiando la mia cioccolata.
-Trafalgar Law. – nascose le mani nel suo camice con fare molto fascinoso.
-Bel nome, molto fine … -.

 
-Stop, fermati ancora.- alzò nuovamente la mano Ace.
-Cosa c’è ora?-
- … non mi hai detto che il mio nome era bello e fine, mi ritengo offeso.- mise il broncio.
-Asso! … - sospirai - … hai un bel nome pestifero e il tuo cognome è divino, racchiude in sé qualcosa di malinconico ma allo stesso tempo è molto nobile. Contento?- lo guardai sfinita, ma allo stesso tempo felice.
-Molto … - mi baciò la punta del naso - … continua. -.
 
Ci guardammo negli occhi un po’ troppo a lungo, così distolsi subito lo sguardo, ma lui mi afferrò per la nuca e mi baciò intensamente.
La sua lingua era passionale, sapeva giocare molto bene con la mia e …

 
-Stop, stop, stop!- urlò Asso nervoso scansandosi da me.
-Cosa c’è, cosa c’è, cosa c’è?!- risposi di conseguenza.
-Sei sicura di non essere andata a letto con lui? Insomma, stai emanando ormoni femminili da tutti i pori parlando solo dei suoi baci! -.
Lo guardai sconvolta: -Asso, lo sai che mi sembri geloso in questo momento? Non puoi incolpare una persona solo perché bacia da dio. -.
Mi guardò di traverso sempre imbronciato: -Quando sarò io a baciarti vedremo se la penserai ancora così … continua … - sbuffò.
-Va bene, va bene … convinto tu … - sorrisi.
 
Tutto stava andando per il meglio, ci vedevamo e ci divertivamo, fino a quando non arrivò il giorno in cui dovevamo festeggiare il nostro quarto mese …
 

Ciao a tutti ^w^
Ho aggiornato molto prima del previsto e scommetto che molti staranno dicendo “No, non è possibile!” xD
Sono stata un po’ cattiva, vi lascia con fiato sospeso in questo giro, ma la suspense fa parte della storia, non trovate? UwU
Adesso stiamo svelando il criptico rapporto che legava Sherry e Trafalgar, qualcuno vuole avanzare la sua idea su cosa sia successo fra di loro? ^^”
Che cosa ne pensate?
Non abbiate paura che non mangio nessuno xD
Spero che il capitolo sia parso scorrevole e che sia stato di vostro gradimento UwU nel prossimo, oltre a svelare il rapporto di Law e Sherry, si inizierà a far luce sui problemi reali di Pulce ^^ prima di renderli noti ho fatto conoscere bene i due protagonisti ^^””
Per quanto riguarda lo scherzo di Ace, lo so che la scena è un po’ troppo surreale, ma quando si scrive si usa la fantasia e io ne usa tanta ^^” inoltre essendo la sottoscritta una sorella che fa e subisce continui dispetti dai fratelli, è normale che partorisca idee così bizzarre x’D
Un ringraziamento speciale a tutti i lettori.
Grazie mille a: Titty89; kiko90; Yellow Canadair; Okami D Anima; cristie13; Monkey D Alyce; Elelali_chan; michiru93; Lucyvanplet93; Foco_Foco_Girl; Aliaaara per aver recensito ^^
Spero di sentire anche pareri nuovi, sentire i vostri pareri mi invogliano a pubblicare e posso aggiustare meglio i miei colpi ^^
A presto!
Un bacione con abbraccio!
Sherry=^w^=
P.s.:ricordo che il personaggio di Sunny non è di mia invenzione, ma di SunnyRoronoa che me lo ha imprestato.


Questa storia non è stata scritta a scopro di lucro ed eccezion fatta per i personaggi di mia invenzione (Sherry e Pam ©), gli altri non mi appartengono e sono stati usati nel rispetto dei relativi copyright, ma la trama nel quale agiscono è di mia invenzione ©.

 

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Capitolo 8
*** L'incertezza dei sentimenti di Sherry, coccole innocenti e ... cena a sorpresa! ***


 
CAPITOLO 8
 
Per festeggiare il quarto mesiversario, Law mi invitò a casa sua e mangiammo insieme dei tranci di pizza di  diversi gusti a lume di candela.
Sapeva che veneravo la pizza e la praticità nel fare qualsiasi cosa, quindi non aveva dovuto minimante faticare per farmi sentire a mio agio, e lui era contentissimo di non aver dovuto spendere un capitale per organizzare la nostra festicciola.
Ero felice, tra me e lui c’era sintonia e finalmente mi ero convinta di aver trovato l’anima gemella, ma presto scoprii di essermi sbagliata.
Dopo aver cenato, ci sedemmo sul divano a guardare “Royal pains”.
Tutti i nostri fine settimana liberi li passavamo assieme guardando telefilm americani per tv, per entrambi quella era la maniera migliore di staccare la spina, e non ci serviva niente di più per stare bene.
Mentre mangiavo una manciata di popcorn, sentii il suo respiro caldo sul collo e la sua lingua bollente giocare sulla mia pelle.
Quella che provavo era una sensazione incredibile, non sapevo proprio come definirla, ma l’unica cosa che capivo era che non volevo che si fermasse.
Chinai la testa di lato per dargli maggior accesso, mentre lui poggiò per terra la ciotola di cibo che tenevo in mano tirandomi a sé.
Mi piaceva da morire il modo in cui la sua lingua percorreva il mio collo, era una cosa sensazionale che mai avevo provato prima. Era come se il fuoco mi stesse divorando le viscere da dentro e non avrei mai voluto spegnerlo, anzi, speravo solo che quella sensazione si acuisse sempre di più per farmi conoscere un mondo diverso.
Iniziai ad ansimare e ad attrarlo a me chiamandolo flebilmente.
Più lo richiamavo, più lui diventava vorace e impaziente, eccitandomi.
All’improvviso, senza sapere come, mi ritrovai a cavalcioni sopra di lui e lo baciavo sempre più con trasporto mentre le sue mani si insinuavano avide sotto la mia maglietta, per poi sfilarla con un unico gesto, senza lasciarmi il tempo di alzare le braccia e prendere fiato prima di tornare a baciarmi.
Quando si staccò da me, potei finalmente guardarlo negli occhi e per un attimo ebbi la terribile impressione di non conoscerlo. Quello che scorreva nelle sue iridi non era dolcezza o amore, ma solo “fame”.
 

-Mph … - Asso ridacchiò, e sospesi la narrazione per guardarlo curiosa.
-C’è qualcosa che ti fa ridere?- domandai leggermente irritata.
-Sì, il termine “fame”. – sorrise malandrino.
-Avresti usato un termine migliore? È il primo che mi sia saltato in mente.- sbuffai.
- … - mi guardò dolcemente negli occhi e scosse il capo - … no, “fame” va benissimo. -.
Sorrisi a mia volta, chi capiva Asso era bravo.
 
Quello che scorreva nelle sue iridi non era dolcezza o amore, ma solo voglia di possedermi.
 

-Contento ora?-
-Molto. – sghignazzò stropicciandosi gli occhi.
Narrare una storia del genere dopo aver fatto un turno notturno, non poteva che conciliare il sonno, ma era lui che me lo aveva chiesto.
 
Provai paura.
Avevo cercato di scacciare quei pensieri tornandolo a baciare, tentai di convincermi che era il panico della novità, ma la mia inquietudine sembrava non volersi placare in alcuna maniera.
Sentivo che stavo sbagliando qualcosa, ma cosa?
Mi adagiò abbastanza bruscamente sul divano liberandomi con molta maestria del reggiseno in pizzo nero che portavo, il tutto senza guardarmi una sola volta negli occhi.
-L … Law? – cercai di richiamare la sua attenzione, ma lui non mi ascoltava, era solo concentrato sulle mie “grazie”.
Impaziente si fiondò a succhiarmi il seno, e per un secondo temetti che fosse possibile morire per l’angoscia.
Gli presi la faccia tra le mie mani e lo costrinsi a guardarmi negli occhi.
Era irritato solo perché lo avevo fermato, e secondo i miei piani non avrebbe dovuto reagire a quella maniera per quello che avevo appena fatto.
Se solo avesse provato un briciolo dell’affetto che io nutrivo per lui, sarebbe stato calmo e paziente, mi avrebbe compreso.
Avrei voluto piangere, la mia prima volta non doveva essere quella, o per lo meno non doveva andare così.
-Devo sapere qualcosa?- sospirò indispettito.
Deglutii: -I … io, insomma … per … per me è la prima volta … - ero imbarazzatissima, quello che avevo davanti era uno sconosciuto e per giunta ero metà svestita sotto di lui.
-Non ti preoccupare … - ghignò - … farà un po’ male all’inizio, poi passa … - tornò a baciarmi strofinando la sua erezione sempre più dura fra le mie gambe.
Ero seminuda sotto il peso del suo corpo, e a lui non sembrava fregargliene niente di quello che gli avevo appena confessato e se mi sentissi pronta o meno per quel passo importante.
Ero immobile e rigida come un pezzo di marmo, no che non ero pronta.
Aveva appena iniziato a sbottonarsi i pantaloni, ma io lo fermai afferrandolo per una mano.
-Law … no, non sono pronta … - sussurrai con un groppo in gola.
Mi guardava come se fossi stata un’aliena: -Sherry, sono passati quattro mesi … - mi stava sgridando, non con le parole, ma con lo sguardo.
Il linguaggio non verbale faceva male, era e rimarrà l’unica fonte della verità per l’uomo.
Era come se mi stesse frustando ripetutamente: - … sei proprio una di quelle difficili, eh?- ringhiò contrariato.
-Non ti arrabbiare, è una scelta che si prende assieme … - mi coprii con un braccio mentre cercavo a tentoni la maglietta sul pavimento.
- … ok … ma non sarai mica una di quelle che fanno astinenza prima del matrimonio spero, se no … - lasciò la frase in sospeso come se stesse dicendo qualcosa di troppo, ma se ne accorse troppo tardi.
-Se no cosa, Law?- domandai affilando lo sguardo glaciale nei suoi confronti.
Per la prima volta in quattro mesi che eravamo insieme, gli stavo ringhiando contro.
-Niente, niente … aspettiamo ancora, allora. – sbuffò lanciandosi sul divano, infischiandosene altamente di me e delle mie emozioni.

 
-Sherry, sono un po’ perplesso, stoppa un attimo … - mi fermò Ace sistemandosi meglio sul divano.
-Dimmi … - contrariamente a quello che immaginavo, non mi sentivo per nulla in imbarazzo a parlare di me e Law con lui, era la seconda persona al mondo con cui mi ero confidata al riguardo, e mi sentivo accolta … forse avevo malgiudicato Asso sin dall’inizio.
-Perché non lo hai lasciato subito? Era palese che stesse pensando solo al sesso. -.
Arrossii per la schiettezza con la quale Ace mi aveva schiaffato in faccia la realtà dei fatti: - Asso, avevo una ragione per provare a insistere con lui. Avevo pensato tanto se era il caso di lasciarlo, ma la situazione che c’era a casa era critica, avevo bisogno di soldi e … - mi sentii una sanguisuga per quello che avevo ammesso - … anche se ti potrà sembrare strano, gli volevo bene, molto bene … -.
Rimanemmo in silenzio a lungo, scambiandoci solo qualche sguardo imbarazzato: - … speravi di farlo innamorare di te e di sposarlo?- ansimò deluso.
Non risposi, chinai la testa sospirando: - … non sono proprio una bella persona, vero?- sorrisi tirata, guardandomi le mani.
 
Quella sera rincasai presto rispetto al solito.
Dopo avergli dato quella bidonata, Law era diventato scontroso e non si riusciva a stargli vicino.
Appena aprii la porta d’ingresso, trovai mia madre e mio padre abbracciati a guardare la tv, proprio come me e Law nei nostri fine settimana … quelli sì che erano bei tempi.
Mi salirono le lacrime agli occhi, mi sentivo sporca, anche se non ne avevo motivo.
-Sherry, è successo qualcosa? – domandò mia madre guardando l’orologio.
-No, tutto ok … non mi sentivo bene e così sono venuta a casa prima del solito. Sai, la fortuna di avere un medico come fidanzato è che si cura soprattutto della tua salute … – ridacchiai.
“Tsk, bugiarda …”.
-Oh, che peccato … quindi non avete festeggiato?- quella domanda semplice alle mie orecchie parve carica di malizia.
“ … considerando che è tua madre ad avertelo chiesto, direi che i tuoi timori potrebbero essere più che fondati …” commentò saggiamente il mio alter ego.
-Roselin! – la riprese mio padre, forse il mio io interiore aveva ragione nel sospettarla - … lascia stare la mia bambina, non impicciarti nella sua vita privata. -.
-Howard, suvvia, è grande Sherry, mi permetterai di scambiare quattro chiacchiere tra donne, no? -.
Arrossii, mia madre non aveva mai avuto peli sulla lingua e la cosa poteva diventare alquanto imbarazzante in certi momenti.
-Non con me vicino, grazie. Ti sembro forse una donna? Voglio vedere la mia bambina ancora piccola se permetti. -
-Tsk, il solito bigotto … - sbuffò mia madre facendogli la pernacchia - … se Sherry sposasse quel gran pezzo di chirurgo, avremmo risolto tutti i nostri problemi economici, lo sai?-.
In quel momento mi resi conto che mia madre aveva ragione, dovevo stare assieme a Law per farlo innamorare di me, sposarlo, aiutare la mia famiglia e crearne una mia.
“ … perché non mi sembri convinta di questo piano stupidamente assurdo? Sono convinta che non reggerai neanche un giorno, non sei una tipa fredda, calcolatrice ma soprattutto furba come me … per non parlare del fatto che non crediamo che Law voglia mettere su famiglia … ”.
 
Arrivai in camera e mi buttai sul letto sospirando pesantemente, ero una stupida a convincermi che Law potesse cambiare per me, e solo io potevo invaghirmi di un uomo che non mi ricambiava.
“Il tuo amore è a senso unico … proprio come i segnali stradali.” Infierì il mio io interiore studiando il libro di scuola guida.
Come avevamo fatto ad andare avanti per tutto quel tempo con quella farsa?
Se avevamo retto per tanto tempo, forse nutriva qualcosina per me … vero?
-All’arrembaggio!- in quel momento Ben si fiondò sul letto per farmi il solletico.
Iniziai a ridere sguaiatamente dimenandomi: -Non si attacca mai il nemico alle spalle!- lo ripresi.
-Con i fratelli tutto è lecito! … oh mio Dio! Ti manca la parte sopra della biancheria! Se il papà lo saprebbe … - quell’idiota aveva allungato un po’ troppo le mani, per sbaglio ovviamente, e non aveva ancora imparato a declinare i congiuntivi.
Con un colpo di reni buttai mio fratello giù dal letto: -“Se lo venisse a sapere il papà”, ignorante! – lo corressi come mio solito.
Si mise seduto per terra a gambe incrociate, e prendendo i miei piedi sotto il suo bracciò iniziò a far finta di suonare la chitarra.
-Idiota, finiscila!- risi cercando di liberarmi.
- Cos’hai fatto con Law? Confessa, se no continuo!- mi minacciò.
-Niente che ti riguardi.- mi rattristai nuovamente, non chiedevano mai di lui dopo i nostri appuntamenti, ma quella sera tutti avevano deciso di tartassarmi.
Ben sapeva sempre riconoscere i momenti degli scherzi da quelli seri, infatti smise subito di giocare e si sedette vicino a me per ascoltarmi.
Non ero scesa nei particolari con lui, mi vergognavo troppo essendo mio fratello, ma dopo avergli spiegato tutto, disse: -Lascialo, appena avrà ottenuto da te ciò che voleva, ti mollerà. Se ti vorrebbe bene non avrebbe reagito così. –
-Ben, il congiuntivo … “volesse”, non vorrebbe … - alzai gli occhi al soffitto sbuffando – Comunque lo so … però quello che la mamma ha detto … -
-Sherry!- mi interruppe - La mamma vuole solo il tuo bene, sai che è una tipa tutto peperoncino a cui piace scherzare!-.
Sospirai: -Lo so, ma la sua idea è a dir poco eccezionale … lasciami tentare almeno.- lo supplicai.
Mi guardò con un cipiglio molto grave, e scuotendo il capo rispose: -Se ti vedo tornare a casa piangendo una sola volta, questo Law dovrà andare all’anagrafe per modificare la dichiarazione del suo stato di sesso. -.
Risi di cuore e abbracciai forte mio fratello, era il solito orso bonaccione: -Grazie. -.
Lui non era mai stato tipo da abbracci, quindi si limitò a darmi qualche pacca affettuosa sulla testa senza aggiungere nulla.
 
Dopo un mese Law partì all’estero per seguire il suo piano di studi, e ci rimase otto settimane.
In quel periodo mi rilassai e rinacqui.
Il tempo che avevo trascorso assieme a lui nelle ultime quattro settimane l’avevo vissuto in piena tensione, cercavo di non fargli mai mancare niente ma i miei sforzi sembravano vani, mi rivolgeva sempre e solo sorrisi forzati.
Ce la misi tutta per mostrarmi sempre più affettuosa, ma col tempo iniziai a sentirmi un’emerita imbecille.
“Ti stai trasformando in quello che non sei e non mi piaci!” persino il mio io interiore mi stava voltando le spalle.
Passati i due mesi, Law tornò, e decise che era il caso di festeggiare il suo arrivo invitandomi nuovamente a casa sua per dirmi che gli ero mancata, ma ero certissima che il suo intento fosse un altro.
Ogni giorno non facevo altro che ripetermi quanto ero stata idiota a decidere di mandare avanti quella commedia, così mi imposi che quella sera avremmo chiarito tutto ...
-Sei più bella oggi … - cercò di addolcirmi.

 
-Stop … che cosa indossavi?- domandò Asso incuriosito, nascondendo un piccolo sorriso felino.
-Indossavo una gonna a pieghe azzurra con una maglietta a maniche corte bianca … perché? -.
Ridacchiò scuotendo il capo: -Niente … una donna ricorda sempre questi particolari inutili, e non riesco a capirne il motivo. -.
Sorrisi: -È un problema?-
-No, però sono sicuro che Law si ricorderà di certo la data in cui lo hai mollato, non come eri vestita. - osservò serio.
-Dici? - ridacchiai.
-Dico, dico … - mi guardava sognante, chissà a che cosa stesse pensando.
-Prima che io vada avanti … - sospirai titubante - … posso chiederti a che cosa pensi? -.
Sospirò intrecciando le braccia dietro la nuca, e guardando il soffitto rispose: -Era il quattro aprile la prima volta che ti ho visto … - sorrideva nostalgico, manco fosse passata un’eternità - … ore tre meno un quarto del pomeriggio, indossavi una gonna nera attillata che ti arrivava fino al ginocchio … devi metterla più spesso, evidenzia le curve graziose dei tuoi fianchi … - confabulò facendomi sorridere, però dovevo ammettere che dava ottimi consigli in fatto di vestiti e lo avrei ascoltato. Le sue labbra si incresparono all’insù guardandomi: - … sopra indossavi una bella camicetta bianca in lino, e devo ammettere che non rendeva giustizia al tuo bel seno … era un po’ troppo larga e lo nascondeva.- storse il naso.
“Era quello lo scopo … comunque, ce l’ha fissa con il mio seno, non riesce a guardare altro … chiedigli delle scarpe, così dopo lo riprendi perché guarda sempre in posti poco opportuni.” il mio alter ego aveva ragione.
-Che scarpe indossavo?- domandai birbante.
-Vediamo … erano dei decolté neri, tacco otto centimetri a rocchetto e plateau di due. Punta arrotondata e il materiale era in pelle. Erano dell’Unisa se non sbaglio. – tornò a guardarmi, come se fosse normale per un uomo riconoscere la marca di un paio di scarpe da donna.
-Ecco io … non so che dire … - balbettai, la teoria del mio io interiore era stata smontata, e questo era un evento inaspettato.
-Ritieniti fortuna piccola Pulce, sei la prima donna di cui mi ricordo questi inutili dettagli.- sorrideva nella mia direzione con gli occhi da cucciolo intimorito, forse temeva di aver detto qualcosa di troppo.
Lo guardavo ammaliata e affettuosa, Law non aveva mai fatto delle osservazioni così acute in tutto quel tempo che avevamo trascorso assieme, e sembrava non avermi mai compreso così bene come Asso.
-Devo dare ragione a Law questa volta … - sospirò contrariato, chiudendo gli occhi per diversi secondi - … dovevi essere bellissima quella sera, e Law è stato proprio uno stupido a farti scappare. - sbadigliò.
Arrossii come non mai, e cercai di sviare quelle attenzioni eccessive continuando a raccontare.
 
Quando stavo per andarmene, Law mi afferrò per il polso e mi fece voltare sorprendendomi con un bacio passionale inaspettato.
Mi vergognavo ad ammetterlo, ma una piccola parte di me stava cedendo sotto le sue mani esperte, ma prima di continuare dovevo sapere una cosa importante da lui, non riuscivo più a tacere.
Stavo per parlargli, quando lui mi afferrò per le cosce e mi mise con le spalle al muro premendomi contro il suo membro eretto durissimo.
-Sherry, non ce la faccio più … mi stai torturando … - affermò tra un bacio e l’altro.
“Sherry, lasciati andare … ti prego … neanch’io ce la faccio più” disse il mio alter ego tentatore, saltellando a destra e a sinistra dall’impazienza.
-Law … - più che un invito ad ascoltarmi, il mio sembrava un’esortazione a continuare.
Con la sua bocca si avventò sul mio collo, e mi dovetti aggrappare forte a lui quando sentii una sua mano massaggiarmi gli slip.
Mi vergognavo di me stessa, stavo ansimando sotto il suo tocco e godevo come non mai invece di parlargli.
Tutto quello che faceva mi procurava un piacere incredibile, ma lo dovetti fermare.
- … devo chiederti … una cosa … - mugugnai con voce tremendamente imbarazzante, sembrava che stessero strozzando un’anatra.
-Chiedimi tutto quello che vuoi, ma in fretta … - abbandonò a malincuore il mio collo baciandomi il mento.
Lo guardai negli occhi prendendogli delicatamente le guance fra le mani: -Dimmi che mi ami, ma dillo sinceramente e poi sarò tua per sempre. -.
Sembrava scioccato, manco avessi detto un’eresia.
-Sherry, io … - non riusciva a parlare tanto era spiazzato, e lo supplicai un’ultima volta.
-Law, devi essere sincero. – avvertii un’insopportabile nodo alla gola, ma per me era importante sapere la verità.
- … non posso darti quello che vuoi … - sbuffò spazientito rimettendomi con i piedi per terra - … immaginavo che fossi difficile, ma non così. – ridacchiò incredulo.
Con le lacrime agli occhi domandai: -Quindi, immagino che sia finita. - dissi con voce tremante.
-Se tu cerchi amore, allora è finita. Io non so amare. - concluse mettendosi le mani in tasca.
Gli accarezzai una guancia, e sorridendo amareggiata lo corressi: -Tu non vuoi amare, c’è una bella differenza. -.
Era rimasto a bocca aperta, gli si leggeva in faccia lo stupore della mia affermazione, ma non mi soffermai oltre.
Non appena appoggiai la mano sulla maniglia in ottone del suo appartamento, disse una frase che mi neutralizzò del tutto: -Grazie di avermi amato, e … perdonami se ti ho illuso. –.
Inspirai profondamente per non scoppiare a piangere, ma anche per trovare il coraggio di voltarmi a guardarlo un’ultima volta: - … addio Law, riguardati. – quello fu l’ultimo sorriso che gli rivolsi.
♥♥♥
 
 
Silenzio.
Quel racconto doveva aver fatto ricredere Asso sul mio conto, ecco perché non mi stava neanche più guardando.
Forse non era il caso che continuassi a rimanere con lui sotto la coperta, così decisi di alzarmi.
-Dove vai?- domandò prendendomi per un lembo del cardigan bianco che indossavo.
-Pensavo che fossi arrabbiato … - risposi confusa.
-Certo che lo sono … ma non con te. – mi fece ricadere fra le sue braccia, guardandomi dolcemente negli occhi.
- … non ti da fastidio il fatto che io abbia tentato di far innamorare Law di me per aiutare la mia famiglia?- domandai.
Scosse la testa sorridendo mesto: -Da quello che ho capito, tu amavi Law ma non eri ricambiata. Hai pensato di lasciarlo quando lo hai scoperto, ma prima hai voluto lottare e hai riconosciuto la sconfitta. Non ti sei approfittata di nessuno e hai fatto una scelta corretta secondo me, ti avrei rimproverato se tu non ti fossi fermata … perdonami se te lo dico, ma per me il tuo era il classico tentativo disperato di una ragazza innamorata di conquistare il suo uomo, forse quello di aiutare la tua famiglia era un pretesto per continuare a frequentarlo. -.
Non sapevo se guardarlo negli occhi o meno. Forse era vero, avevo lottato più per me stessa che per la mia famiglia e lui aveva ragione.
- … quindi, se ho capito bene, tu non riesci a fronteggiare Law per questi strani e ingarbugliati sentimenti di colpa? Anche se non hai estorto niente a nessuno ed eri veramente innamorata di lui? -.
- … - sospirai - … io non riesco a guardarlo perché non è nella mia natura tentare di approfittarmi delle persone, e forse mi sento in colpa di averlo solo pensato ... non capisco più niente Asso, forse hai ragione tu oppure no, so solo che c’è un grande disordine di sentimenti nella mia testa … -.
Mi sembrava di essere andata dallo psicologo in quel momento.
Ace sembrava aver compreso al volo il mio problema, mentre io dovevo ancora capirlo: - … non so se ho lottato per me o per la mia famiglia, ma so solo che quando lo vedo mi viene una grande confusione e non voglio più ricadere fra le sue braccia, ho sofferto molto per lui e mi sento ancora una stupida nell’aver tentato di conquistarlo … tutto qui. -
-È acqua passata, non ci pensare più … - Asso mi stava guardando con uno strano sorrisino compiaciuto, perché?
-Perché mi fissi così?- chiesi.
Il suo sguardo era dolce e malinconico: -Ti andrebbe di giocare a uno? Però con una condizione, chi perde paga una penitenza. -.
Sorrisi maligna: -Per esempio … se vincessi io, tu mi spolvereresti la casa? -.
Corrucciò il naso infastidito: -Non essere così severa … - brontolò, per poi tornare a essere sereno.
-Ci sto!- risi sedendomi di fronte a lui.
Asso si alzò per andare a prendere le carte non so dove, e i miei occhi si rifecero osservandolo nei suoi pantaloni ginnici blu e nella sua canottiera a maniche corte bianca.
“ … cavolo, che addominali, e che sederino … ehm-ehm ricomponiamoci … non mi riconosco più!” si massaggiò le tempie il mio alter ego.
Mi dovevo ricomporre veramente, aveva ragione il mio io interiore … ma come fare?
Ultimamente Asso non mi era del tutto indifferente, probabilmente era colpa dei suoi giochetti da casanova … accidenti a me, ci stavo cascando.
“ … ben ritornati cari lettori del pensiero al nostro appuntamento quotidiano con TgSherry …”.
… Ce n’era mai stato uno?
“ … Sherry è palesemente cotta di Asso, ma tutt’ora si mostra restia a confessarlo. A carico della nostra supposizione, troviamo i dati raccolti ed esaminati dal suo alter ego, ovvero me …”.
Santo paradiso, il mio alter ego stava delirando seriamente in questo giro …
“ … in queste immagini possiamo osservare la piccola Pulce che guarda di nascosto Asso, e che non fa altro che crogiolarsi fra le sue braccia … quando si deciderà a confessare il tutto?” … ma che diamine …
-Tutto bene?- domandò Asso sedendosi difronte a me.
Non me ne ero neanche accorta che fosse tornato.
-Certo … - sorrisi - … perché? -
-Mi sembravi pensierosa, tutto qui. - mi scrutò attentamente.
-No, tranquillo … -.
Appoggiai il mento sulla testiera del divano, e studiai meglio il suo arredamento.
-Non è incasinato il tuo appartamento, invece è molto bello, più luminoso del mio, e i mobili nuovi ringiovanisco l’aspetto datato della palazzina … mi piace. -.
-Sono contento che la pensi così … - ci guardammo, ed io fui costretta ad abbassare lo sguardo per la soggezione … forse mi ero veramente presa una cotta per Asso, ma non volevo ammetterlo.
-Pulce, se vinco io, tu mi pulirai la casa per una settimana, ci stai?-
-Ok, ma se vincessi io, tu ballerai la caramelldansen, concludiamo l’accordo? – gli porsi la mano.
-Terminiamolo. - ci stringemmo la mano.
 
-Uno, cambio colore in blu.- ghignai implodendo della gioia.
Immaginare Asso che ballava la caramelldansen mi rendeva euforica, anche perché il momento propizio si stava avvicinando.
“Ti immagini il suo viso corrucciato? Bello!” saltellò felice il mio alter ego.
In mano Ace aveva dieci carte, e a giudicare dal suo volto nessuna sembrava poter ribaltare la situazione.
Sospirò, e unendo in un unico mazzetto i cartoncini colorati, sbuffò: -Passo … -.
Finalmente gettai la carta vincente esultando: -Vinto!- saltellai alzando le braccia in aria - … Asso, avanti. Questo è il filmato, balla!- squittii mostrandogli il cellulare.
Il povero Ace sbiancò, e mugugnò: -Ma per chi mi hai preso? È da gay! -.
-Balla, una promessa è una promessa. – risi avvolgendomi nella sua coperta.
Il povero Asso prese postazione con il volto nero dalla rabbia, portò due pugni sopra la testa e iniziò a piegarsi sulle ginocchia sentendo la musica.
-No, sei troppo rigido. Muovi di più i fianchi … - suggerii portandomi alle sue spalle.
-Che cosa fai?- si irrigidì non appena poggiai le mie mani sulle sue anche, e vidi le sue orecchie diventare color rosso peperone.
-Asso, ti imbarazzi per così poco? Ti voglio solo insegnare come si fa. – sorrisi.
-Ah … bhè … ok … e poi non sono imbarazzato, è solo che hai le mani fredde … - si schiarì la voce.
-Colpa del turno … piega così le ginocchia e ancheggia. – lo guidai portandomi davanti a lui per accertarmi dei suoi movimenti e per fargli da istruttore.
Quando ci guardammo in faccia, ridemmo, era ridicolo quello che stavamo facendo ma almeno ci metteva di buon umore.
-Ok, puoi continuare da solo … non mi godo niente se ballo con te. - mi ributtai sul divano.
-Ah, la metti così? Vedrai che al prossimo giro tocca a te. – ghignò.
-Vedremo … – risi mentre continuavo a guardarlo - … mancano solo i pop-corn. - sospirai.
 
Nel round successivo fui io a essere sconfitta, e Asso non perse tempo a prendermi in giro dicendo che assomigliavo a un gatto e a dirmi che “mancavano solo i pop-corn” … quanta fantasia.
All’inizio della terza partita guardai Ace negli occhi e dissi: -Se vinco io, tu mi pulisci la macchina due volte al mese per tre anni. –
-Accetto, ma se vincessi io, ci baciamo. – mi guardò di sottecchi mentre mescolava le carte.
-Baciare, baciare? – deglutii rumorosamente per via della gola secca.
-Baciare, baciare … - rise scuotendo la testa - … ma un bacio vero, non come il saluto dei russi, a stampo. – specificò.
-Io … -
-Non ho rifiutato quando mi hai imposto la caramelldansen, ricordi? -.
Aveva ragione, poi non era detto che vincesse per forza lui.
-D’accordo … - sospirai.
“Oh … oh … puzza di guai in arrivo!”.
 
Persi come una povera deficiente, persino la bandiera giapponese aveva più colori delle carte che tenevo in mano … erano tutte verdi!
-Pulce, una promessa è una promessa … non ti dice niente questa frase? -.
Le mani iniziarono a sudare freddo, mentre Asso si alzava e mi porgeva una mano. La presi, e mi misi in piedi davanti a lui con la testa bassa per la vergogna.
Quando Ace si stava avvicinando a me per baciarmi, scoppiai a ridere, era assurda quella situazione e lui sembrava molto sconcertato dal mio comportamento, il che mi fece piegare ancor di più dalle risate.
-Qualche problema? … - domandò confuso - ... mi puzza l’alito? – si annusò.
Battei flebilmente la testa sul suo petto, e risposi: -Manca l’atmosfera, mi sembra una cosa insensata senza l’atmosfera giusta … comunque è il sonno che mi fa ridere così … - cercai di scusarmi.
Ridacchiò anche lui, non perché fossi io ad averlo contagiato, quanto per l’incredulità di quello che avevo appena fatto e detto.
Prese il telecomando dello stereo, schiacciò un pulsante e partì una musica Jazz meravigliosa di sottofondo.
Chi avrebbe mai detto che Asso avesse questi gusti?
Pensavo che fosse più tipo da musica metal e rockettara … invece … lo guardai divertita e lui rispose subito al  mio quesito: -Marco dice che bisogna accontentare anche i gusti delle donne quando si portano a casa … me l’ha messo lui il cd. – fece spallucce.
-Ahhh, ora ho capito tutto … - sogghignai.
-Si sente a suo agio, madame. – mi porse nuovamente una mano facendo un lieve inchino - … oppure non balla con un uomo vestito in tuta? -.
Risi di nuovo accettando la sua offerta: -Enchanté par ses manières, monsieur. Ballo volentieri con lei. – mi chinai a mia volta.
-Mi stupisci sempre più, parli anche il francese ?-
-Qualcosina, niente di che … anzi, spero di aver detto qualcosa di sensato, sono un po’ arrugginita … -
- «Incantata per le sue maniere », questo volevi dire ?- mi cinse la vita.
Mi limitai ad annuire avvicinandomi a lui.
Iniziammo a ondeggiare lentamente e poggiai la testa sotto il suo collo, tenendomi stretta a lui per le spalle.
Non sapevo se stavo ballando a suon di musica o a ritmo dei suoi battiti, stava di fatto che lentamente alzai la testa, guardai le sue labbra e infine puntai ai suoi occhi.
Chinò la testa strusciando il naso contro il mio, e socchiuse la rima boccale inspirando a fondo, sembrava nervoso.
Sentivo ancora il profumo che si era spruzzato la sera precedente, era così avvolgente, ma soprattutto familiare …
-Sherry … - sussurrò, il mio nome era solo una domanda implicita.
-Asso, mi piacciono gli uomini decisi. Se vuoi baciarmi, baciami. – come potevano quelle parole essere uscite dalla mia bocca senza alcun controllo?
All’improvviso sentii la bocca calda e umida di Ace torturarmi il labbro inferiore.
Delle scosse di piacere mi pervasero tutto il corpo, concentrandosi soprattutto nel basso ventre facendolo contrarre.
I suoi morsi dolci erano travolgenti, non credevo che i suoi denti potessero farmi quell’effetto.
Presi la sua faccia fra le mie mani e lo baciai a mia volta con veemenza.
Quel bacio era una sorta di sfogo, mi sentivo leggera e appagata, come se non avessi fatto altro che aspettare quel momento da tutta una vita.
- … qualcuno sembra avere fretta. – mugugnò ridendo.
-Zitto e bacia. – ordinai stringendolo a me, era da qualche tempo che non mi sentivo così coccolata e volevo crogiolarmi il più possibile in quel circolo di attenzioni.
Le sue braccia mi avvolsero per le spalle, mentre dolcemente le nostre lingue danzavano procurandoci diversi sospiri d’apprezzamento l’uno per l’altro.
La stanza non era silenziosa come avevo immaginato, ma gli scocchi delle nostre lingue e dei nostri respiri rapidi e affannati con la musica di sottofondo la riempivano dandole vita.
Non sapevo da quanti minuti eravamo rimasti bloccati in quella “penitenza”, ma non mi sarei mai staccata da lui facilmente, e lui sembrava non volersi staccare da me.
Essendo rimasta in punta di piedi a lungo non riuscii a resistere oltre, e come se Asso mi avesse letto nel pensiero, mi prese in braccio in maniera tale che io potessi circondargli la vita con le gambe.
Impossibile ma vero, ci stavamo baciando ed io non riuscivo ancora a rendermene conto, soprattutto per la delicatezza che ci stava mettendo.
Il suo tocco era passionale, ma non credevo che potesse avere allo stesso tempo anche un tatto tanto dolce, era paragonabile a quello che cercavo di donare a Law a suo tempo, ma questa volta era Asso che lo regalava a me.
Ci fermammo a prendere fiato, fronte contro fronte, naso contro naso, sorriso contro sorriso … e capimmo che presto ne sarebbero seguiti altri.
Gli baciai delicatamente le labbra, e lui sorrise ancor di più: -Ti voglio bene Pulce pulciosa. – sussurrò stringendomi più forte.
-Anch’io. – ridacchiai avvolgendomi a lui, gli volevo veramente bene e me ne accorgevo sempre più standogli vicino.
Mi baciò nuovamente, e mi deliziai nel sentir scorrere la sua lingua sulla mia, sul mio palato, fra i miei denti, e non potei fare a meno di assecondarlo … Asso e la sua lingua erano diventati la mi droga.
“Non è che ti sta contando i denti per caso?” soffiò acida il mio io interiore, come da copione.
Asso fece scorrere le sue mani sulle mie coste e sentii i miei seni inturgidirsi, anche se in quel gesto non vi era alcuna malizia. Il bel Dottorino Focoso se ne accorse, infatti abbassò subito la testa per sbirciare la mia scollatura, ma io gli alzai il mento per guardarlo in faccia e mi sorrise birbante.
“Ecco perché non dovresti comprare più i reggiseni in semplice stoffa, fanno vedere tutto! Basta solo che sia accesa l’aria condizionata come in reparto. ”.
Aveva capito che mi piaceva quello che stava facendo, come io avevo capito che anche lui voleva che io continuassi a coccolarlo accarezzandogli i capelli come stavo facendo in quel momento.
Mi baciò a stampo prima di scendere a torturarmi il collo con la sua lingua e con le sue labbra bollenti.
“Adesso la dolcezza è andata da San Pietro …” mugugnò il mio alter ego facendosi aria con un ventaglio.
-Asso … - mugugnai stringendomi più forte a lui - … questo non è solo un bacio ... –
- … mph … te ne sei accorta solo adesso che stiamo pomiciando?- stava ghignando, sentivo le sue labbra sorridere sulla mia pelle mentre mi accarezzava i fianchi con le sue mani focose, facendomi scappare diversi ansimi.
“Dottor focoso, niente di più azzeccato.” sospirò il mio alter ego.
Strusciò la sua guancia contro la mia e in un orecchio sussurrò: - … però voglio qualcosa di più … -.
“Oh no, anche lui!” piagnucolò il mio io interiore.
-Asso, forse … -
-Voglio conoscerti. – mi interruppe.
Mi pietrificai incredula.
Veramente voleva conoscermi?
Ricominciò a baciarmi come se non avesse detto niente di importante, invece per me quella frase voleva dire molto.
“ … che coccolo … non posso continuare a fargli il muso lungo per molto …”.
Gli schiocchi ripresero ad animare la stanza, forse mi dovevo lasciare andare e provare a essere meno rigida, ma un verso gutturale richiamò la nostra attenzione.
Ci fermammo, e grondanti di sudori freddi girammo la testa verso l’ingresso.
Franky stava piangendo come una fontana: -Weeh, sapevo che sarebbe finita così fra voi due … weeh, che commovente, sono felice per voi … siete così teneri … - e dietro di lui c’era un uomo alto con due enormi baffi bianchi, la cui stazza riempiva l’ingresso e incuteva non poco timore.
Era vestito con dei pantaloni color crema e una camicia nera sbottonata sul colletto.
“ … se la deve essere fatta fare su misura … non credo che vendano camice con taglie così grandi. ”.
-Ciao … papà. – squittì Ace.
“ … Oh mio Dio! Scendi subito da suo figlio!”.
Arrossii come un peperone, e guardai Ace con occhi lucidi dalla vergogna.
-Mi lasci scendere? È alquanto imbarazzante questa situazione … - mi nascosi nell’incavo del suo collo, sentendo ancora le mie labbra pulsare per i nostri baci.
-Certo, scusami … -.
Mi misi alle spalle si Asso e guardai il pavimento atterrita.
“Ora penserà che tu sia la sua sciacquetta o chissà che cosa!”.
-Ace, non mi presenti questa bella donzella? Siete molto intimi da quello che vedo. -.
Guardai Asso che si dimenava con le mani come mai gli avevo visto fare prima: -No, no, no, hai frainteso papà … lei è solo una scommessa, cioè, non lei ma il bacio era solo una scommessa, non era niente di così importante come credi. -.
Ci rimasi male.
Ok, suo padre ci aveva sorpreso assieme in atteggiamenti inequivocabilmente intimi, ma non poteva fermarsi alla seconda parola “scommessa”?!
Non serviva dire che non era importante dopo la frase che mi aveva detto!
-Sono Sherry, la fatidica scommessa, piacere. – risposi lanciando ad Asso uno sguardo piccato, del quale non sembrava capirne il motivo, e strinsi la manona del padre.
-Edward Newgate, piacere … Figliolo, perché non la fai rimanere a cena con noi?- domandò il signore.
“C … cena, con lui? … oh mamma” per poco il mio povero alter ego non si strozzò.
-Non serve che si disturbi, scommetto che abbiate tantissime cose da dirvi … - poi guardai Franky e mi accorsi che non era in più in mutande, indossava un completo grigio elegante assieme ai suoi occhiali da sole.
“ … ok, forse ho una soluzione … stai sognando ... ” Si diede un pizzicotto il mio alter ego “... accidenti, è tutto vero!”.
Un braccio caldo mi avvolse la vita, e voltandomi incontrai lo sguardo supplicante di Asso: -Resta, per piacere. – sembrava che stesse chiedendo aiuto.
Avvampai, perché sfoggiava il suo sguardo da cucciolotto indifeso?
Chinai la testa e balbettai una specie di “sì”.
“Tsk, debole …” commentò il mio io interiore, come se non si fosse sciolta anche lei con quel bel faccino che aveva fatto Ace.
-Oh, sono proprio contento! Oggi si festeggia con la famiglia! – gridò Edward stringendoci a lui.
“Bene, bene, bene … cosa combinerai di bello, scommessina di Asso?”.
 
-Pulce, perdonami. Ti prego non fare così … - mi implorò Asso entrando in cucina vestito con un paio di Jeans scuri e una camicia bianca sbottonata sul collo.
Avevo il pollo fra le mani e lo stavo passando sopra il fuoco del fornello per bruciargli i residui di piume che aveva.
-Mi chiedi scusa perché sono solo una scommessa oppure perché mi hai fatto passare per un passatempo? – sorrisi malefica e scherzosa allo stesso tempo - ... se fossi arrabbiata, non starei qui a prepararti le patate e il pollo per la cena. – scossi la testa non capendo la sua preoccupazione.
Ero irritata perché avevo accettato la scommessa di baciarlo e suo padre ci aveva beccato, ma non ero arrabbiata e lui aveva dato per scontato che lo fossi … perché mai?
“Forse, per i vostri precedenti? Non è abituato a non litigare con te … e sinceramente neanch’io … uffa! ”.
Presi dell’olio e ne spalmai un po’ sui due polli che avevo accuratamente lavato e adagiato nella pirofila in cui avrei tagliato delle patate, adornando il tutto con del rosmarino, della salvia, dell’alloro, un pizzico di sale, un po’ di pepe, uno spicco d’aglio e una fettina di limone per ciascun pollo con lo scopo di insaporirli.
-Se non ti dispiace ci metto anche del burro nella pentola oltre all’olio, è la ricetta della nonna. –
-Burro con il pollo e le patate?-
-Sì, è buono. Se vuoi lo metto ... non ne taglio tanto.- aspettai una sua risposta.
- … e vada per il burro … - osservò curioso la pentola - … accidenti, profuma già così … il burro quindi non lo metti dentro il pollo o sulle patate? Lo metti di già sul fondo della pentola? … -.
Ridacchiai: -Qualcuno sta cercando di dirmi che ha bisogno di ripetizioni in cucina?- lo guardai di sottecchi divertita.
Si grattò una guancia bordò in volto, allontanandosi da me: -Diciamo pure che cucinare non sia il mio passatempo migliore … prendo sempre del cibo pronto … -
-E come mai c’erano dei polli nel frigo?-.
Sgranò gli occhi: -Non posso offrire a mio padre del cibo cinese dentro il cartoncino!- alzò le braccia al cielo, come se la risposta fosse tanto ovvia, il che mi ricordò il suo discorso sui peluche in macchina.
-Ok … - sorrisi scuotendo il capo.
Ci fu silenzio, ma quello era un mutismo particolare.
Mi voltai e vidi che Asso mi stava guardando con uno strano cipiglio, sembrava a disagio.
-Sherry, dobbiamo parlare, meglio, io ti vorrei parlare, poi non lo so se anche tu vuoi dirmi qualcosa … insomma … - sbuffò grattandosi la testa agitato.
-Va tutto bene? – sapevo a che cosa si stesse riferendo, e lo volevo fare anch’io.
Mi asciugai le mani in un canovaccio avvicinandomi a lui.
-Non proprio, tu sei la prima persona con cui cerco di fare questo discorso serio, la prima donna a cui mi apro … non ridere perché non sono portato per queste cose!- asserì serioso alzandomi contro l’indice della mano destra.
Sogghignai abbassandogli il dito: -Se mi dici di non ridere, rido. Il cervello non percepisce le negazioni. -.
“Vero, lo posso confermare …” annuì il mio alter ego.
Ace poggiò la fronte contro la mia e sospirò: -Lo sai di che cosa voglio parlare, vero?-.
Abbassai lo sguardo, e annuii.
Le sue mani calde mi presero per le guance facendo incrociare i nostri occhi, e non potei non sorridere intenerita.
-Mi piaci Pulce, sei la prima donna a cui lo dico. Voglio conoscerti meglio. -.
Scossi la testa e domandai: -Asso, prima che io ti dica di sì, sei convinto che io non sia solo un capriccio per te? Cioè, io non cerco storie passeggere e credo che tu lo abbia capito dopo la storia che ti ho raccontato … non voglio più soffrire … -.
Non me ne ero accorta, ma stavo tremando al sol pensiero di rimanere nuovamente delusa.
Sentii le sue braccia avvolgermi per le spalle tirandomi verso di lui, e ci stavamo di nuovo baciando.
In quel momento ero al sicuro, provavo questo in sua compagnia.
Mi lasciò andare sorridendo: -Pensaci, non ti devi sentire obbligata. -.
Sorrisi con gli occhi colmi di lacrime per la gioia, sentivo che qualcosa sarebbe cambiato, mi fidavo di lui e forse dovevo concedergli una chance.
-Voglio conoscerti anch’io Asso, ma a una condizione … - specificai.
-Quale?- inarcò le sopracciglia curioso.
-Niente baci finché il tutto non sarà ufficiale, togli il fascino e il gusto dell’attesa. Prima di diventare qualcosa in più, bisogna essere migliori amici. – mi imbronciai scherzosa.
-Uffa, e va bene ... – sbuffò – … diventeremo migliori amici, prima. -.
 
Pulce era scappata a farsi una doccia mentre aveva messo i polli a cucinare nel forno, diceva che serviva un’oretta abbondante prima che finissero di cuocere, e lei ne avrebbe approfittato per sistemarsi.
Nel frattempo, Ace e suo padre erano comodamente seduti a tavola.
Si fissavano negli occhi in silenzio, l’anziano sorrideva mentre il giovane lo guardava imbronciato.
-Non. Dire. Niente.- scandì il moro.
- … Bella gnocca figliolo! Sembra anche promettere bene come futura mogliettina, sa cucinare il pollo. Gurararara. – scoppiò a ridere il vecchio.
-Uffa, lo sapevo. – soffiò il ragazzo voltando il capo da tutt’altra parte.
-Da quanto vi frequentate? Hai già pensato a come farle la proposta? Hai già avvisato Marco di tenersi libero per il giorno del vostro matrimonio? Avete in mente dei nomi per i vostri futuri figlioli? A chi farai fare da padrino? Hai già conosciuto i suoi genitori? Me li farai incontrare? È la ragazza che ti ha fatto scagionare dal caso delle “Sister thieves”? Marco vi ha presentati?  Se lui non vi ha fatto conoscere, come vi siete incontrati? Come vi siete dichiarati? Hai già comprato l’anello? Hai lo smoking giusto? Avete prenotato il ristorante? Avete già assaggiato le torte? Sei andato in banca rotta nei preparativi? Ti serve un prestito per caso?… bene, credo di averti fatto abbastanza domande, meglio, quelle essenziali … Gurararara … -.
Ace stava guardando suo padre attonito, con tanto di mandibola slogata fino al pavimento.
Era rimasto meravigliato dalla miriade di domande che il suo Babbo gli aveva propinato in meno di un minuto, non lo credeva così avido di pettegolezzi.
-Babbo!- squittì senza fiato - … l’ho appena conosciuta, secondo te vado subito a chiederle di sposarmi? Accidenti, nessuno doveva sapere niente e tu ci hai beccato, assieme al custode per giunta … - poggiò il mento sulla tavola che aveva appena apparecchiato.
-Gurarara … figliolo, perché ti vergogni tanto? Non c’è niente di male nell’essere attratti da una bella donna e sposarsela. –
-Disse lo scapolo più anziano della città … a proposito, perché Franky era vestito oggi? Qualche occasione importante? -
-No, la sua ragazza gli ha detto che non voleva più vederlo in giro in quelle condizioni e gli ha regalato un bel guardaroba … dovresti già conoscerla se non erro, è un’ortopedica … non mi viene in mente il nome, però è una bella donna mora alta con gli occhi azzurri … -.
Ace provò a pensare a chi potesse essere, ma il campanello suonò, costringendolo ad alzarsi.
-Papà, non dire niente di sconveniente … ci stiamo solo conoscendo.-
-Oh figliolo, non sia mai … - incrociò le braccia Edward - ... lasciami dire però che avete bruciato molto velocemente le tappe … Gurarara … -.
 
Asso corse ad aprire la porta, trovandosi davanti una Sherry avvolta in un bell’abito rosso che accarezzava dolcemente le sue curve fin sopra il ginocchio, il cui colletto a ciambella cadeva delicatamente sul petto, mentre del pizzo rosso sbucava dall’orlo inferiore dell’abito. Ai piedi indossava dei semplici stivali in camoscio beige che avvolgevano le sue gambe fini, evidenziando la piccola circonferenza della caviglia.
In seguito osservò i capelli.
Dei boccoli pendevano dolcemente sulle spalle ed erano di un bel castano lucente, non vedeva l’ora di osservare i suoi riflessi ramati sotto la luce ...
-Asso, posso entrare oppure non mi vuoi dire che hai bruciato i polli e che la cena è saltata?- ridacchiò argentina la ragazza.
-Oh santa bistecca, tu mi rendi il compito veramente difficile Pulce ... – batté le palpebre più volte per concentrarsi sul da fare - … accomodati. – si spostò il moro facendola passare.
Appena Pulce mise piede in casa, Edward la abbracciò energicamente alzandola da terra: -Benvenuta Sherry, vieni a sederti vicino a me che parliamo un po’ … Ace prepara dei gingerini, almeno siamo sicuri che quelli non vengano bruciati. –
-Ah … ah … esilarante Babbo. – soffiò il moro guardando Pulce che ridacchiava sotto i baffi.
“ … buongiorno … mi sono appena svegliato … perché Sherry è seduta in salotto con tuo padre?” l’alter ego si mise in contatto tramite chiavetta USB con il cervelletto di Ace, per ottenere tutte le informazioni che gli servivano e comprendere finalmente la situazione “Tu e lei vi siete baciati e volete rimanere migliori amici per il momento?! … ma ti eri lavato i denti quando l’hai baciata per caso?”.
Asso prese tre bicchieri e vi versò le bibite offrendo il tutto su un vassoio in argento.
Andò in salotto, poggiò le bevande sul tavolino di legno e si sedette su una sedia dinanzi a suo padre e a Pulce.
-Sherry, raccontami un po’ della tua famiglia … cosa fanno i tuoi genitori? -.
La piccola Pulce fece un sorriso tirato e rispose: -Mio fratello è un poliziotto, mentre mia madre faceva la bidella ed è una di quelle poche fortunate che è riuscita ad andare in pensione a cinquantasette anni, quindi adesso è in pensione … - gli occhi si erano inumiditi, ma continuava a sorridere.
-Tuo padre invece? – domandò il Babbo.
Ace nel frattempo sorseggiava il suo aperitivo studiandola, Sherry non aveva mai accennato a suo padre prima del racconto su lei e Law, e voleva proprio sapere che cosa combinasse di tanto interessante quell’uomo, poiché, da quello che aveva capito, non li aiutava per niente in casa.
La ragazza prese un respiro profondo, e sistemandosi una piccola ciocca di capelli dietro l’orecchio rispose: -Non è più tra noi … -.
Nella stanza era calato il gelo, ma la piccola Pulce cercò di rimediare poggiando le sue candide manine su quelle enormi di Edward sorridendo: -Non volevo rovinare l’atmosfera, e non si senta in colpa per me signor Newgate. -.
Asso abbassò la testa guardando il suo bicchiere mezzo pieno e sorrise malinconicamente.
Pulce aveva ragione, prima di incominciare una relazione dovevano conoscersi, lui non sapeva niente di lei e aveva dato tutto per scontato.
Scosse la testa sospirando, ma la piccola Sherry lo richiamò: -Asso, andiamo a vedere del pollo? Vorrei controllare la cottura se non ti dispiace. -.
 
Dopo aver levato il pollo dal forno e aver chiarito con Ace che non doveva abbattersi per quello che avevo detto, ci riunimmo in sala da pranzo per degustare la pietanza che avevo preparato con il contorno di patate.
Non avevamo fatto altro che ridere, e Newgate non finiva più di raccontare gli aneddoti dei suoi due inseparabili figlioli: Ace e Marco.
-Sherry, pensa che una volta nella nostra villa era saltata la corrente di sera. Marco e Ace avranno avuto diciassette anni all’epoca, quindi non erano neanche troppo piccoli, ma sta di fatto che hanno pensato bene di illuminare la casa accendendo la coda del gatto persiano che avevamo per fare da torcia. Il poveretto è ancora vivo, ma non si può dire altrettanto del pelo della sua coda. Gurarara. -.
Mi piegai dalle risate, quei due ne combinavano di cotte e di crude assieme, solo che Marco era cresciuto, mentre Ace no.
-Asso che ti passava per la testa?- mi asciugai le lacrime che scendevano sulle guance per le grasse risate.
-Sai com’è, la fantasia non mi è mai mancata … inoltre Marco ed io pensavamo che il gatto sarebbe stato contento di avere meno pelo, visto che era estate e faceva un caldo pazzesco. – ridacchiò.
-Anche se non sono fratelli di sangue, lo sono di spirito. – sorrise soddisfatto il buon uomo.
Con quell’affermazione mi voltai a guardare Asso perplessa, e lui si irrigidì sulla sedia: -Papà, ti ho detto tante volte che non devi più fare questa battuta. – era arrabbiato e spaventato allo stesso tempo ... perché?
Al vecchio non sfuggì l’espressione sbigottita nella quale il mio volto si era contrito, e si schiarì subito la gola: -Ehm, ho parlato troppo? – poveretto si sentiva in colpa.
Asso serrò energicamente la mandibola prima di rispondere, ma io lo fermai afferrandolo per una mano, e sorrisi: -No, Ace mi ha raccontato tutto. Non si deve preoccupare, fa sempre così quando si tocca l’argomento. È solo un po’ suscettibile, sa com’è … - ridacchiai a mia volta.
La notizia della morte di mio padre aveva già messo a repentaglio l’umore della cena, ora non volevo peggiorare la situazione chiedendo delle spiegazioni.
Era Asso che si doveva sentire pronto a parlarmene, non gli avrei mai cavato niente dalla bocca con la forza.
Sorrise amareggiato e ricambiò energicamente la mia stretta: -Andiamo a preparare il dolce?- domandò.
-Certamente … - ricambiai il suo sorriso grato.
“Questa serata non sembra voler finire bene …”.
 
Ciao a Tutti ^w^”
… ecco … non so che cosa dire se non che mi sento alquanto imbarazzata per la digressione di Sherry sulla storia fra lei e Law ^^” spero di non aver scandalizzato nessuno ^^”” … che cosa ne pensate? Spero di essere riuscita a trasmettere la confusione che attanaglia la piccola Sherry.
Oggi avrei dovuto svelare l’identità del famigerato Pikachu, ma mi sono fermata prima altrimenti diventava troppo pesante il capitolo U.U … qualcuno vuole proporre la sua idea? ^^
Sono strafelice nel vedere che la mia storia è seguita da molti lettori, vi ringrazio *w* ringrazio mille coloro che l’hanno messa tra le preferite, ricordate e seguite :3 e un ringraziamento speciale va alle mie fedelissime recensitrici: cristie13; Yellow Canadair; Lucyvanplet93; Elelali_chan; Aliaaara; Okami D Anima; Monkey_D_Alyce; kiko90; michiru93.  Mi fate capire se sto sviluppando bene la storia e mi spronate ad andare avanti con un mega sorriso felice ^w^
Grazie mille, alla prossima!
Un bacione con abbraccio!
Sherry=^w^=
P.S.: nella raccolta di one-shot “Dietro i paraventi” ho segnalato che è conclusa, ma questo non esclude che potrei riaprirla per pubblicare delle eventuali parti tagliate di questa ff ^^.
P.P.S. : inoltre, appena sarà terminata questa storia, di cui non escludo un seguito con un rating diverso, ne pubblicherò un’altra con gli stessi personaggi nel mondo di OP, volevo avvisarvi ^w^
P.P.P.S.: … credo di aver detto tutto ^^”
Ciao!

 
Questa storia non è stata scritta a scopro di lucro ed eccezion fatta per i personaggi di mia invenzione (Sherry e Pam ©), gli altri non mi appartengono e sono stati usati nel rispetto dei relativi copyright, ma la trama nella quale agiscono è di mia invenzione ©.

 

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Capitolo 9
*** telefonate notturne, scene imbarazzanti in reparto e ... la vera identità di Pikachu! ***


Capitolo 9
 
-No mamma, va tutto bene puoi stare tranquilla. – sospirai prendendo il foglio dei turni appeso con il calendario della cucina, poggiandolo vicino ai fornelli.
Avevo tredici giorni per preparare le valige e andare a trovare mio fratello a Glacier, ma mi ritrovavo ancora tante faccende domestiche da fare: cambiare il vecchio turno e stirare un mucchio, un ammasso, una montagna, una valanga, una caterva, ancor meglio, un’infinità di vestiti.
Nel momento più propizio della serata, ovvero l’accensione del ferro da stiro alle undici e mezza di sera, mia madre telefonò per aggiornarmi sulle condizioni di Ben. L’avevano tirato fuori dalla terapia intensiva per trasferirlo in un reparto di medicina, sembrava che potessimo tirare qualche sospiro di sollievo per il momento.
 “-Cara, ma ti sento così spensierata e questo non è da te, sicura di star bene?-” continuò a preoccuparsi.
-Mamma, fino a due minuti fa stavo cenando in compagnia del mio vicino di casa e di suo padre. Sono solo felice, mi sono divertita tantissimo. – sorrisi, ripensando soprattutto all’antipasto personalizzato da Portgas nel soggiorno di casa sua.
“- …-” c’era troppo silenzio dall’altro capo della linea, perché?
-Mamma?- la richiamai prendendo un pacco di patatine dal mobiletto di fianco al frigo, di sera avevo sempre gola di salato.
“-Per caso, non è che tu mi stia dicendo una piccola, ma piccolissima bugia?-”.
Aggrottai la fronte, e aprendo la busta domandai: -Che bugia dovrei aver detto?-
“-Non è che eravate solo tu e il tuo vicino di casa a cenare?-” domandò maliziosa.
Il sacchetto delle patatine cadde a terra, spargendo briciole ovunque.
- … perché ho la netta sensazione che il verbo “cenare” tu l’abbia messo tra virgolette?  … Molte virgolette?- la accusai piegandomi a raccogliere il casotto che avevo appena combinato, tenendo il cordless incastrato tra la spalla e l’orecchio.
“-Suvvia Sherry, sei mia figlia e stiamo parlando fra donne mature. Allora? Come se la cava? Dalla voce direi che ci sa fare, e anche molto bene. -” ridacchiò.
Sbarrai gli occhi e alzai la testa di scatto sbattendola contro lo spigolo del tavolo: -Ahia, ahia, ahia … male, male, male … - strinsi i denti sfregandomi nevroticamente il capo con una mano.
“-Male, davvero? Non lo avrei mai detto.-” sembrò delusa, ma seriamente pensava che con lei avrei parlato di certe cose?
-Ma no, che hai capito … - mugugnai strizzando gli occhi dal dolore.
“-Ah, ecco. Sapevo che mi stavi prendendo in giro … -” continuò a ridere.
- … Insomma, mamma sei pazza?! Lo conosco da quasi una settimana! Per chi cavolo mi hai preso?! Non ho fatto un bel niente con lui!-
“-Ooh, sentila. Non dirmi che non ti sei presa una cottarella almeno! Se solo sentissi com’è dolce e spensierata la tua voce … non sei più il solito chihuahua nervoso! -” .
Il bernoccolo mi faceva un male cane: “Giusto per rimanere in tema con il Chihuahua … wahahah!”, ma, nonostante, tutto mi piegai nuovamente a raccogliere le patatine sparse ringhiando contro mia madre: -Insomma, posso sapere perché con te non riesco mai a fare un discorso serio? Non ho il ragazzo, ok?-
“-E perché no?-”
-Perché non ne ho il tempo! … - sbottai, cozzando nuovamente la testa contro lo spigolo del tavolo mentre mi rialzavo da terra, facendo cadere di nuovo il pacco di patatine - … e che c****!- pestai un piede a terra infastidita.
“-Sherry! Ma dove le hai imparate certe parole?!-” si scandalizzò mia madre.
Alzai gli occhi al soffitto e risposi: -Vuoi che inizi in ordine cronologico partendo dall’infanzia, oppure in ordine alfabetico? Ci sono tanti posti dove ho sentito e tutt’ora sento queste paroline d’amore. – risposi acida.
La testa mi faceva un male assurdo, il bernoccolo aveva iniziato a pulsare e mia madre non perdeva mai l’occasione di fare uscite civettuole ... uffa, perché andava sempre a finire così?
“-Come non detto, non puoi aver trovato un uomo con il carattere che ti ritrovi! Se neanche con tua madre riesci a essere buona … ti passo tuo fratello, sei testarda come tuo padre!-” concluse lasciandomi in sospeso.
Risi pensando ai battibecchi che una volta scoppiavano a tavola fra me, mio fratello e i miei genitori. La mamma, quando non sapeva controbattere alle mie affermazioni, diceva sempre quella frase … mi mancavano tantissimo quei tempi.
“-Ehi Saturn queen, come va?-” domandò Ben sprizzante di gioia come sempre, mi sembrava impossibile che lo avessero appena trasferito, e sentirlo così pieno di vita mi faceva commuovere.
-Scemo, smettila di chiamarmi a quel modo, siamo cresciuti. – sogghignai.
“-Sicura? Buttare le uova marce in testa al tuo superiore vuol dire essere cresciuti?-”.
Rimasi spiazzata, come sapeva la storia delle uova?
Non ne avevo parlato con nessuno.
-Ma tu come … va bhè … qui tutto bene, e tu? Non sei abituato a dover obbedire, scommetto che le infermiere ti fanno arrabbiare. – ridacchiai.
“-Non mi lamento, sono così avvenenti … secondo me in tutti gli ospedali fanno un concorso di bellezza per assumerle, sono così femminili e aggraziate, quindi ho dedotto che a Bridgeport dovessero essere veramente disperati se ti hanno assunto subito. Eheheh. -”.
Gonfiai il petto dalla rabbia: -Brutto mascalzone! Non sono brutta!-.
“Almeno lo speriamo.” Confabulò il mio alter ego leggendo un libro.
“-L’importante è crederci … wahahah!-” scoppiò a ridere Ben.
-Oh, quando verrò a trovarti giuro che non la passerai liscia! – sbuffai furibonda, ma per scherzo.
“-Va bene. Cosa mi dici della cena con il tuo vicino? Ha trovato il modo per addolcirti mi pare di capire.-”.
In quel momento arrossii, mia madre aveva fatto quelle insinuazioni con Ben accanto? … che vergogna!
-È carino … - mugugnai tirandomi il lobo dell’orecchio.
“-Allora deve essere un modello se ti costringe a minimizzare … per caso lo chiami Asso?-”.
Mi spaventai: -Ben, come fai sapere queste cose? –
“- … quando ho avuto le convulsioni, ho visto diverse cose … -”.
Era diventato mogio, perché?
-Che cosa hai visto Ben?- domandai, pensando subito male.
“-Non ti devi preoccupare … quando mi verrai a trovare?-” cambiò totalmente discorso, ma il suo umore si era atterrito, lo si avvertiva chiaramente.
Lacrime amare salirono agli occhi, ma cercai in tutti i modi di non far trapelare alcuna emozione dalla mia voce: -Parto fra due settimane, prima non mi è stato possibile … vedrò di combinare qualcosa. –
“-Sherry, non essere triste per me. Devi andare avanti, stai lavorando nel reparto dei tuoi sogni, non sei felice?-”
-Certo, tranquillo che sto bene. – risposi tirando su con il naso.
“- … cosa mi dici di Asso? Ti fa ancora impazzire? -” cercò di sembrare allegro, ma sapevo che stava mentendo.
- … -
Qualche persona mi aveva raccontato che quando era entrata in contatto con la morte aveva visto il futuro e altro … che fosse il caso di Ben?
- … diciamo che ci stuzzichiamo a vicenda. – ridacchiai nervosa.

 
♣♣♣
 
Asso ed io iniziammo a frequentarci soprattutto nei nostri turni di riposo.
Stavamo diventando sempre più confidenziali e non ci facevamo mancare le nostre solite frecciatine e litigatine, insomma, tutto sembrava procedere per il meglio.
Mancavano due giorni prima della mia partenza, e Asso cercava di convincermi in tutte le maniere possibili di farmi uscire con lui a pranzo.
Erano le undici del mattino e stavo ritornando in reparto dopo aver consegnato in laboratorio delle provette urgenti per la troponina, quando il cellulare vibrò.
“Se ti offrissi un bel panino con la cotoletta e un contorno di patatine fritte come piace a te, accetteresti di pranzare assieme?;3 incredibile, non aveva proprio alcun freno inibitore!
Neanche adesso che aveva una riunione con il primario stava attento, pensava solo a me e al cibo.
“Segui la riunione, se ti chiedessero un’opinione, io non potrò coprirti le spalle come al solito! :Pridacchiai provando a immaginare il suo volto corrucciato.
“Quella linguaccia … mi mangio quella per pranzo se non accetti! *^* ”.
Arrossii, perché doveva farmi sentire così in soggezione anche per via sms?
Tornai a pensare al nostro bacio e lo associai subito al pranzo … mmh, diventare il pranzetto di Ace, la cosa mi allettava un pochino …
“Oh mio dio! Ma ti senti a che cosa pensi?!” mi riprese il mio alter ego scandalizzato, ma non ci potevo fare nulla, quel dottorino aveva suscitato in me qualcosa di strano che non avevo provato neanche con Law.
Non facevo che pensare a lui, mi sentivo leggera ma al contempo anche lo stomaco pieno e pesante.
Quando lo incontravo per i corridoi, il cuore perdeva sempre dei battiti e mi sentivo in costante imbarazzo in sua presenza, per non parlare di quando facevamo il giro medico assieme.
Sorrisi raggiante pensando alle sue carezze sui miei fianchi, e a come trovava dei pretesti per giocherellare con le mie dita quando il primario e il caposala ci aggiornavano su qualche direttiva sanitaria nella loro saletta per le riunioni.
Presi la coda e me la lisciai sorridendo come una povera ebete mentre camminavo, ero cambiata, ero diventata un’altra persona stando vicino a lui.
“Sigh, ti ho perso … ” pianse il mio alter ego.
Digitai sulla porta automatica della terapia intensiva il codice d’accesso, ma prima che potessi finire di comporlo, quella si aprì, facendomi scontrare con Trafalgar Law.
-Buongiorno. – disse sorridente.
-Giorno … - mi incupii abbassando la testa.
Volevo cercare di apparire più amichevole possibile con lui, ma ogni volta che lo guardavo, provavo un profondo sentimento di disagio.
-Infermiera Sherry, il Dottor Portgas ti ha proibito di sorridermi e di salutarmi? – ghignò malefico, costringendomi a voltarmi per guardarlo.
-No, no assolutamente … - saltai preoccupata.
-Perfetto, altrimenti sarebbe alquanto complicato collaborare se non potessimo discutere insieme sui nostri pazienti, non trovi?-.
Abbassai la testa colpevole e annuii.
-Allora alla prossima. – si allontanò sorridendo, ma quello era un sorriso strano, particolare, era come se avesse architettato un piano e lo stesse realizzando alla perfezione.
“Sei solo la solita paranoica … non ti ricordi come se ne era andato via a testa bassa qualche settimana fa dopo il confronto con Portgas?” forse il mio alter ego aveva ragione, ma non sapevo proprio mettermi il cuore in pace.
 
Alla fine dovetti accettare l’invito a pranzo di Asso, e mangiammo assieme nel bar dell’ospedale con la divisa ancora addosso.
Infatti, nel pomeriggio il caposala e il primario avevano deciso di informarci dei tagli previsti per la sanità, ricordandoci di non sprecare il materiale a disposizione e di agire con buon senso.
La loro raccomandazione durò tre ore abbondanti, nelle quali mi crogiolai con i grattini deliziosi di Asso. Aveva preso il mio braccio sinistro mettendoselo sulle gambe, e lo stava torturando in una maniera piacevole con le sue dita, tanto che temetti di potermi addormentare sul posto da un momento all’altro.
-Che ne dici di andare in discoteca questa sera? – bisbigliò offrendomi delle patatine.
-Devo preparare la borsa … così non mi prende l’ansia il giorno prima … - misi la mano destra dentro il pacchetto.
-Dai Pulce … è da tempo che te lo chiedo. – piagnucolò.
Ridacchiai: -Me lo stai chiedendo solo da questa mattina … -
-Pulce pulciosa … - fece gli occhi dolci.
-Asso, non è il posto e neanche il momento giusto per fare gli occhi da cerbiatto indifeso. – cercai di trattenermi dal sorridere mordendomi un labbro.
Strusciò la punta del naso contro il mio collo, bisbigliando: -Eddài pulce, sono il tuo cerbiatto preferito non puoi dirmi di no … - iniziò a baciarmi dolcemente la pelle procurandomi dei brividi freddi dietro la schiena, e arrossii dalla vergogna.
-Asso … - lo richiamai guardandomi attorno, ma lui non si fermava.
-Ehm ehm, Asso? Forse non è il caso … ci stanno guardando … - avvampai cercando di nascondere la mia faccia con la frangia, impresa alquanto difficile.
Il dottor Ace alzò la testa di scatto, trovandosi gli occhi di tutti i presenti addosso.
-Oh mamma … - sospirai battendomi una mano sulla fronte.
-Dottor Portgas, vuole dirci qualcosa? – domandò Roronoa.
Per la seconda volta nella mia vita, vidi Ace bastonato e mi fece alquanto pena: -Ehm ecco … ha un buon profumo e non potevo resisterle. Consiglio il profumo dell’infermiera Sherry a tutte le ragazze che vogliono stendere il loro innamorato. -.
Tutti i nostri colleghi sghignazzarono, tranne me, che volevo piantare la testa nel pavimento come uno struzzo: “Lo struzzo pianta la testa nella sabbia, deficiente …” … poco importava il materiale del terreno, volevo solo nascondermi.
-Perfetto, grazie mille per la sua sincerità … signorina Sterling, potrebbe dire il nome del profumo al suo vicino? Così si potrà comprare una scorta di boccette per sollazzarsi da solo, e non interromperà più l’attenzione di tutti i presenti la prossima volta? – domandò il verde.
-Lo farò … - squittii abbassando la testa, avvertendo dei ghigni maliziosi alle mie spalle.
-Ehi, fratellone? Di che cosa sa? … – domandò il caposala con aria infantile - … posso assaggiare anch’io? -.
Saltai terrorizzata sul posto e fulminai Asso, che si parò davanti a me con fare protettivo: -No, non serve … non si tocca più il collo di Sherry. – sudò freddo.
Al mio fianco era seduta Pam, che con un sorrisetto perfido affermò: -Portgas ti ha marchiato con il fuoco, eh? … -.
Girai la testa verso di lei confusa: -Che cosa scusa?-
-Sei caduta preda del suo fascino, dì la verità. Se tu fossi ancora la Sherry che ho conosciuto al tuo primo giorno di lavoro, l’avresti fatto volare dalla finestra da un bel pezzo. – ridacchiò.
Osservai Asso che si prodigava a difendermi da un Rufy curioso e testardo … ero veramente tanto scontrosa con lui all’inizio?
 
-Pulcina pulciosina, dimmi che verrai con me in discoteca. -.
Erano le sei e mezza quando eravamo usciti dall’ospedale, e Asso si era ben ancorato ai miei fianchi torturandomi per tutto il tragitto fino alla macchina.
-Asso, dai … - risi facendo cadere le chiavi.
Non dovetti nemmeno sforzarmi di pensare a raccogliere il mazzo da terra, che Portgas mi aveva già preceduta.
-La solita imbranata con le mani di pastafrolla … - mi prese in giro, ma ero troppo assorta a guardare il parabrezza della mia macchina per ringraziarlo.
-Pulce, ma che cavolo è successo?- anche lui ci aveva messo un bel po’ per comprendere quello che era accaduto.
“Ci hanno trovate …” si rabbuiò il mio alter ego.
-Ace, io non credo di poter accettare il tuo invito … - sussurrai.
-Che cosa succede Sherry? – domandò avvilito.
Qualcuno aveva deciso di fracassare tutti i finestrini della macchina, e di ammaccarne il tettuccio e il cofano.
- … è una storia molta lunga, forse è meglio che mi metta a cercare un altro mezzo per raggiungere Glacier prima di fare le valige. -.
 
La guardava con aria interrogativa leggendole il terrore negli occhi.
Le aveva recuperato tutti gli effetti personali dalla macchina prima di chiamare un carro attrezzi, e ora la stava riportando a casa.
-Hai qualche sospetto su chi possa essere stato?- le domandò.
-Forse … ma non ne voglio parlare, non vorrei coinvolgere anche te. – sospirò nervosa.
Sapeva che quel respiro brusco non era rivolto a lui, ma cosa poteva fare per aiutarla?
-Quando vuoi sai dove trovarmi … - cercò di confortarla.
-Asso, lo sai che ti voglio bene, vero?- la sua voce era leggermente incrinata, forse stava per piangere, ma avendo il volto girato verso il finestrino non lo poteva vedere.
-Certo … perché me lo chiedi?-
-Perché te lo devi ricordare, qualunque cosa ci accada. – era diventata tetra, e la cosa gli piaceva per niente.
-Sherry, mi stai spaventando … -
- … per me sei molto importante, ricordatelo e basta. – ribatté inespressiva.
Aveva la netta sensazione che da lì a qualche minuto gli avrebbe proibito di frequentarla, non voleva che una cosa del genere potesse succedergli, doveva correre il più presto possibile ai ripari. Lei era sua e non riusciva a pensare di non poterla più avere al suo fianco.
-Ricordati … se tu volessi tenermi alla larga da te, sappi che non ci riuscirai tanto facilmente, a costo di ammanettarmi ai tuoi piedi e di passare per uno stalker, sarò la tua ombra anche quando dovrai andare al gabinetto … - lo stava guardando allibita, non se lo sarebbe mai aspettata un discorso del genere da lui - … inoltre, sono sicuro di aver creato una piccola breccia nel tuo cuore, e non voglio perderla. – detto questo, parcheggiò l’auto nel suo condominio, e si fermò a guardarla negli occhi aspettando una sua risposta positiva.
-Asso, lasciando stare la tua affermazione sul gabinetto, giuro che in questo momento sto lottando contro me stessa per non baciarti. Rischierei di non lasciarti più andare. – stava sorridendo radiosa, eccola di nuovo la sua Sherry.
-Perché non lo fai? Non mi sentirei per nulla offeso … - la stuzzicò slacciando la cintura a entrambi - … non c’è nessuno nei paraggi. – le sorrise malizioso.
-Non mi tentare, mi hai già stuzzicato questa mattina con il tuo messaggino sul pranzo … - alluse alla sua battutina provocatoria.
-Ma và, non credevo che fossi così sensibile. – le soffiò a fior di labbra.
Lo prese per le guance e lo iniziò a baciare con foga tirandolo a sé: -No, vieni tu da me … - la afferrò per le cosce mettendola a cavalcioni sopra di lui.
Erano già senza fiato, e si guardarono negli occhi chiedendosi se dovessero continuare o meno dopo quello che era successo.
Lui la riprese a baciare cancellandole qualsiasi ombra di dubbio avesse, voleva insegnarle che doveva cogliere al volo le occasioni che le si presentavano, non doveva abbattersi facilmente per un sasso che gli aveva frantumato il parabrezza.
Guardò attentamente i bordi inferiori della sua maglietta mentre lei gli coccolava dolcemente il collo con le sue labbra, la tentazione di sfilargliela era enorme, ma si doveva trattenere, per lei era ancora troppo presto.
Lentamente infilò le mani sotto la stoffa bianca della sua maglia, e le accarezzò sensualmente il ventre.
Gli piaceva sentire i brividi che le provocava grazie alle sue mani esperte, per non parlare dei piccoli ansimi che le faceva sfuggire vicino al suo orecchio: -Asso … - sussurrava affannata il suo nome.
La tornò a baciare e a stringerla a sé, godendo nel sentir il suo petto florido e soffice schiacciarsi su di lui.
Finalmente poteva dire di essere riuscito a conquistarla, anche se l’impresa era stata non poco ardua, e solo a quel pensiero non riuscì più a tenere a bada il suo migliore amico, ormai frustrato da quando l’aveva conosciuta.
Sentì Sherry irrigidirsi sopra di lui a quel contatto così intimo, e lo guardò titubante negli occhi.
Lui non disse niente e non la forzò a rimanere, anzi, continuava a guardare i lineamenti del suo volto baciato da dei fiochi raggi solari, spostandole una ciocca di capelli dietro l’orecchio: -Sei bellissima … - le disse con un sorriso sincero, alleviando ogni sua paura.
Pulce ricambiò il suo sorriso prima di baciarlo dolcemente sulle labbra: -E tu sei un gran figo. – ridacchiò.
 
Mi ero meravigliata di me stessa, non credevo di possedere una vena così passionale.
Mentre con la mia lingua esploravo tutti gli angoli della bocca di Asso, lui fece reclinare all’indietro il sedile, e in tal maniera i nostri corpi aderirono meglio l’uno sull’altro.
Per un attimo temetti che si potesse ripetere la stessa storia di Law, ma la differenza con Ace stava nel fatto che io sentivo di potermi fidare di lui.
Avvertivo che tentennava nel continuare a far salire le sue mani sul mio busto, e lo incoraggiai: -Non mi dispiacerebbe affatto se le tue dita continuassero a salire … - gli soffiai sulle labbra.
Lo vidi sorridere, e strusciò la fronte sulla mia: -Sei così delicata che ho paura di spaventarti. – sorrise intenerito.
-Tu non mi spaventi, io mi fido di te … - risposi con le guance in fiamme.
-Non potevo sperare in una risposta migliore … - rise ribaltando le posizioni.
Tornammo a baciarci con più passione, e mentre io lo stringevo a me per le spalle e gli circondavo la vita con le gambe, lui non faceva altro che accarezzarmi e farmi ridere con qualcuna delle sue battutine squallide nei momenti più carichi di suspense.
-È bello stare sopra di te e sentirti ridere … sei contagiosa. – rise a sua volta.
Lo guardai negli occhi, senza sapere bene che cosa dire: - … ecco, a me piace questa posizione. -.
“ … ho sentito bene?” domandò esterrefatta il mio alter ego.
- … ho sentito bene? – domandò Asso, ridendo dei miei vani e disperati tentativi di riconciliazione per la mia magra uscita … che si fosse messo d’accordo con il mio alter ego per quella domanda?
- No, non è quello che intendi tu … intendo dire che è bello sentirti così … - e rise ancor più forte per la mia goffaggine - … cioè, insomma … mi piacciono le tue carezze, le tue coccole … non c’era malizia in quello che avevo detto. – abbassai gli occhi sui bottoni della sua camicia, iniziando a giocherellarci con le dita.
-Se vuoi … puoi sbottonarla. – sghignazzò affettuoso.
-Ecco, io non so se sia il caso … siamo sempre nel parcheggio del condominio e qualcuno ci può vedere … - deglutii per via della gola secca.
Sentii i suoi pollici passare sotto le coppe del reggiseno e iniziare a torturarmi: -Ne sei sicura?- domandò determinato, godendo nel vedermi contorcere sotto il suo tocco e alzare il bacino contro il suo.
Mi infischiai del parcheggio, del condominio e di coloro che ci abitavano, presi un punto indefinito della sua camicia e la aprii selvaggiamente, venendo invasa dalla sfilza di bottoni che avevo fatto saltare in aria: -Scusa, te li cucir … - non mi lasciò finire la frase, che con le sue labbra era già su di me.
Dovetti concentrarmi su nostri baci come non mai per non rischiare di gemere più forte: lui premeva il cavallo teso sei suoi pantaloni fra le mie gambe torturandomi con le sue mani bollenti, mentre io lo stringevo sempre più forte a me per non farlo scappare via, beandomi del suo profumo e del suo respiro rovente sulla mia pelle … come facevamo a essere qui dopo tutti i nostri battibecchi?
Passai le mani sui suoi addominali scolpiti, e mentre cercavo di togliergli del tutto la camicia per osservare e abbracciare quelle sue braccia forti e muscolose, qualcuno bussò sul finestrino.
-Asso … - era talmente concentrato a riempirmi di baci seguendo lo scollo della mia maglia, che non sentì nulla - … Asso, credo che il nostro tempo sia finito. – sospirai dispiaciuta.
Alzò lo sguardo per guardare fuori dal finestrino, e vide una signora grassottella che ci stava fulminando.
-Mi sa che dobbiamo uscire … - sussurrai.
Ace le annuì con la testa, e lei indicò di guardarci attorno.
Mentre ci stavamo tirando su, potemmo scorgere l’intera mandria di bambini del vicinato che ci stavano osservando curiosi.
-Merda … - dicemmo in contemporanea.
-Allacciati quella camicia e scendi da me! – gli pestai un braccio dal nervoso.
-Mi sbaglio o ti piaceva quella posizione perché mi sentivi meglio?!- domandò inacidito.
Lo guardai inorridita, e tornai a pestargli lo stesso arto: -Sei proprio cattivo quando ti ci metti! Non intendevo niente di quello che interpreti tu con le tue orecchie malate!- gli sbraitai contro fulminandolo.
-Io non intendevo niente di malizioso Pulce, mi riferivo solo alle mie carezze ... – fece lo smorfioso indifeso - … la malizia sta nelle orecchie di chi ascolta, non lo sapevi?- aggiunse.
-Portgas, sappia che questo me lo lego al dito. – dissi risistemandomi le coppe da sopra la maglia.
-Giusto a puro titolo informativo … non posso abbottonarmi la camicia per colpa tua e del tuo dannato istinto felino. – mi ribeccò.
-Istinto felino? – domandai arrossendo.
-Certo, spero che nessuno mi debba guardare la schiena perché l’hai graffita per bene. – sogghignò soddisfatto.

ci guardammo negli occhi in silenzio, e lui, alzando le spalle, disse: -Bhé?-
-Porca miseria Ace, siamo venuti meno alla nostra promessa. – mi portai una mano alla bocca spaventata.
- … ti dispiace? – domandò leggermente deluso.
- … no, però … - balbettai mentre le mie guance si stavano grigliando per bene.
-Però?- mi incalzò.
- … non vorrei che tu pensassi male di me, tutto qui … – abbassai lo sguardo - … una donna non viene mai vista bene se si lascia andare a quella maniera. -.
Ridacchiò sommessamente scuotendo il capo: -Sherry, sei ancora una ragazza pura, nessuno può pensare male di te … – mi baciò una guancia - … non fai così con tutti e questo lo so, puoi stare tranquilla. – mi ammiccò.
Lo baciai a stampo sulle labbra e poggiai la fronte sulla sua sorridendo.
-Forse dovremmo smettere di essere solo migliori amici. – disse speranzoso.
-Forse. – risposi frusciando la punta del naso contro il suo.
 
Appena uscimmo dall’abitacolo, dovemmo affrontare la baraonda di bambini curiosi che ci chiedevano che cosa stessimo facendo.
-Ragazzi, non avete capito niente, la stavo aiutando a tirare fuori una caramella andata di traverso. – giustificò pacatamente Ace grattandosi la nuca.
-Per quello tenevi le tue mani sulle sue poppe? – domandò il ragazzino più perspicace del gruppo.
-Sterno, si chiama sterno l’osso che sta qui sotto … - rispose Asso poggiandomi una mano in mezzo al petto, ma io la schiaffai via il più velocemente possibile guardandolo torvo.
-Le mani in tasca prego… - soffiai provata dalla vergogna.
- … ma tu non sei il bambino grande?- disse una vocina pestifera familiare.
La folla di bambini si divise in due come le grandi acque, rivelando a noi quel bambinetto che aveva perseguitato Asso a suo tempo.
-No … - rispose Portgas guardandolo intimorito, e mezzo schifato domandò - … ma tu non ti asciughi mai quel moccio? -.
Ci fu un lungo attimo di silenzio, nei quali i due si guardarono negli occhi sfidandosi, e il tappetto lo indicò urlando: -Riempiamogli le scarpe di sabbia! -.
Asso mi trascinò via, ma non riuscendo a sostenere il suo passo mi prese in braccio.
-Ricordami che ti devo portare a fare footing con me al mattino. – salì l’enorme discesa che conduceva alla tettoia dei parcheggi con una velocità supersonica.
-Quando mi comprerò un reggiseno sportivo si potrà fare. – mi aggrappai più forte che potei alle sue spalle, approfittando della sua vicinanza per respirare a fondo il suo profumo.
 
-Vuoi stare da me questa notte?- domandò Asso notando il mio nervosismo.
-No, va tutto bene … vai tranquillo.-
-Dico sul serio, io dormo sul divano. – si premurò.
-Asso, dormi tranquillo, veramente … – gli baciai una guancia - … buona notte. – sussurrai.
-Notte. – non sembrò convinto di quello che mi stava lasciando fare, ma decise di non insistere.
Aprii la porta di casa e aspettai che Asso chiudesse la sua prima di entrare, guardarlo anche di schiena mi aiutava a tranquillizzarmi … forse avrei dovuto accettare la sua proposta …
Appena misi piede in casa, la paura regnò sovrana in ogni mia cellula, c’era qualcosa che non mi tornava …
-Buona sera, piccola Sherry … - quella voce mi era familiare.
Il sangue mi si raggelò nelle vene, e con passo robotico giunsi sulla soglia del soggiorno: - Pikachu? – domandai, scorgendo con la luce flebile del tramonto il suo profilo.
-Sei cresciuta Sherry, potresti anche chiamarmi come si deve, per esempio, Kizaru. -.
 
Pikachu, ovvero Kizaru, mi fece cenno di sedermi vicino a lui.
Naturalmente mi sedetti il più lontano possibile da quell’uomo e iniziai a tremare.
-No piccola, perché devi avere paura? Tanto mi conosci, no?- mi cinse con un braccio le spalle.
-C …  che … v … vuoi? – balbettai.
-Vengo subito al sodo … tu lo sai che non mi avete ancora pagato il debito di vostro padre? Tuo fratello ha cercato di anticiparmi sempre qualcosa, ma ora si è dovuto congedare per quello che gli hanno trovato … tu sei l’unica che possa aiutare la tua famiglia. – chiarì senza troppi giri di parole.
-Non ho soldi per il momento, ho sempre sostenuto le spese di mia madre … - dissi con voce stridula.
-Questo non è affare mio … - mi scrutò attentamente con i suoi occhi, e prendendomi per il mento aggiunse – … Certo che sei diventata una bella donna … hai il ragazzo?-
-No … - gli occhi mi si colmarono di lacrime.
-E chi è il tuo vicino? Ci passi così tanto tempo assieme. –
Dovetti sforzarmi di non singhiozzare, avevo paura: -È solo un mio collega … -.
“Forse avresti fatto meglio a non innamorati di lui Sherry, non siamo destinate a essere felici noi due … ricordi?” Si rannicchiò spaventata il mio alter ego in un angolino.
-Solo? Perché non ci credo?-
-Me lo dovresti dire tu, non ho la tua stessa testa bacata … - cercai di sfidarlo, nella speranza che mi lasciasse andare la mandibola.
-Perché ho visto il Tg e il vostro servizio? … tu non sei solo una collega per lui, sbaglio?-.
Rimasi senza parole.
- … visto che non hai il ragazzo, non ti dispiacerebbe se ti baciassi, vero? Sei così bella. -.
- … sta alla larga da me, stronzo. – gli sputai in faccia.
Kizaru rimase composto come suo solito, e si asciugò il viso con un fazzolettino: -Mossa azzardata … - schioccò le dita, e in un batter d’occhio mi ritrovai per terra con un labbro spaccato.
Un uomo alto, vestito di rosso e con una camicia Hawaiana, mi aveva appena sferrato un rovescio, facendomi cadere sul tavolino di legno sfondandolo.
Grazie alla scarica adrenergica del momento non sentii subito dolore, e mi rialzai in piedi tremante. Non mi ero accorta della presenza di quell’estraneo alle mie spalle, e ora stava avanzando in mia direzione mettendomi con le spalle al muro.
-Sai che gli interessi sono aumentati di brutto? In totale mi devi 950.000 berry.- mi guardò furioso.
-Tu sei pazzo, io non riuscirò mai a pagarti una cifra del genere. Scordatelo che mi pieghi davanti a te! – gli soffiai.
-Risposta sbagliata … - schioccò nuovamente le dita, e mi ritrovai appesa al muro con una mano che mi stritolava la gola.
-Akainu vacci piano, la voglio solo spaventare, non farti prendere la mano come sempre. -
-Non mi inchinerò mai a te … - sibilai con un filo di voce dimenandomi, sentendo venir meno l’ossigeno e il sangue al mio cervello.
La forza alle braccia iniziò a venire meno, e non riuscii più a tirare calci e sberle all’uomo che mi stava aggredendo, finché non vidi una sedia spaccarsi sulla testa del mio aggressore.
Caddi a terra quasi esamine, ma qualcuno mi afferrò prontamente per i capelli rialzandomi, ero così frastornata che non riuscii neanche a riconoscere subito chi stesse lottando contro Akainu.
Kizaru sorrideva beffardo mentre mi parlava, ma non capii una sola parola di quello che mi diceva, era tutto ovattato e sfocato.
Mi diede un piccolo schiaffo risvegliandomi: - … sarebbe solo un collega? – domandò.
-Vai a farti fottere … - gli diedi una sberla flaccida in faccia - … una donna non si tocca neanche con un fiore. – digrignai fra i denti.
-Hai ragione piccola, infatti, c’è qualcun altro con noi in questo momento su cui potremmo accanirci, e non è una donna. - .
Alzai la testa e intravidi Asso lottare contro Akainu.
Perché lo stava facendo?
Perché rischiava così tanto per me?
Gli stava colando del sangue da una tempia e sembrava essere in netta difficoltà, anche se era muscoloso, era troppo mingherlino rispetto al colosso che aveva difronte.
-Ace … - urlai buttandomi sul suo avversario.
-Pulce, scappa! – mi intimò affannato.
-Scordatelo … - e morsi il collo dell’omone che gli stava dando addosso.
-Cosa credete di farmi, moscerini? – domandò liberandosi di me con una sola spallata - … visto che la ragazza è importante per il capo, posso concentrarmi solo su di te, teppistello insolente. -.
Ero sfinita, e avevo la spalla destra fuori asse.
Cosa dovevo fare?
Che cosa potevo inventarmi per porre fine a tutto questo macello?
 … perché quello che stavo vivendo adesso non ero solo un incubo?
Mi morsi un labbro mentre tentavo di rialzarmi da terra, sentivo solo ronzii e non avevo più fiato in corpo per lottare.
Trovai le energie per inginocchiarmi un po’ alla volta facendo affidamento sul braccio buono, sfortunatamente quello sinistro, e alzai la guardia contro quell’omone in rosso che stava riempiendo Asso di cazzotti.
Neanche lui riusciva più a difendersi, e quel mostro sembrava avere un’infinità di energie in corpo e pareva non avere un punto debole.
-Questo sarà il tuo colpo di grazia. – digrignò tra i denti carico di collera.
-Scemo … non si mette … anf, anf  … fuori gioco … il sottoscritto … anf,anf … così facilmente … - gli rispose canzonandolo.
“Ma come fa a trovare le energie di prendersi gioco di tutti anche in momenti come questi?” si domandò atterrita il mio alter ego.
Non potevo permettergli di portarmi via Asso, lui era l’unica persona che mi aveva riportato il sorriso nonostante i nostri continui litigi …
Sentii del liquido caldo scorrermi copiosamente sulle guance, e senza neanche essermi soffermata a pensare qualche secondo in più, mi ero già buttata a capofitto davanti a Asso per incassare il suo colpo.
Ricordai solo un dolore lancinante allo stomaco, e poi tutto si offuscò … come poteva una persona possedere una forza così brutale?
Come poteva trovare il coraggio di colpire così duramente?
Non caddi a terra come mi aspettavo, fui presa al volo e adagiata su un caldo petto muscoloso e rassicurante.
Aprii gli occhi, vedendo Asso chino sopra di me che parlava, ma io non sentivo niente, ero troppo intontita, e a malapena avvertivo le sue carezze sulle mie guance.
Del sangue gli colava dal naso e da sopra una tempia, mentre un piccolo rivolo gli si era seccato in un angolo della bocca.
- … non piangere, ci sono io … - riuscii a comprendere solo quelle poche parole di tutte quelle che mi aveva detto. Era serio, preoccupato, tremante e stava per piangere anche lui … ero messa così male?
Dei singhiozzi insulsi iniziarono a scuotere tutto il mio corpo mentre lo guardavo … stavo morendo?
Non riuscivo a respirare e neanche ad articolare una sola parola.
Kizaru si erse sopra di noi scuotendo il capo, e sbuffando disse qualcosa: - … aspetterò che tuo fratello si sistemi, per il momento congelerò il tuo debito alla cifra che ti ho detto e poi non ci saranno più santi che tengano … -.
Stava facendo la carità quel bastardo?
- … in caso, visto che tua madre è sola, sarebbe felice di avere un nuovo compagno, ti pare? Soprattutto perché non dovrebbe più pensare ai suoi debiti … uh uh uh. – sghignazzò.
Quel verme …
Forse avevo respirato troppo veloce e l’iperventilazione mi aveva dato alla testa.
Tutto si fece nero, e potei sentire solo Asso che mi scuoteva mentre continuava a chiamarmi.
Avevo un fastidioso sapore metallico in bocca, che quel pugno mi avesse spappolato lo stomaco?
“Non dire fesserie … non devi mollare, ti prego. Pensa a Asso …” piagnucolava il mio io interiore, forse era una delle mie solite pare mentali.
Delle sirene della polizia e forse anche dell’ambulanza si stavano avvicinando … non ce la facevo più a lottare, era troppo difficile riaprire gli occhi e prendere in mano la situazione, avevo tanto, tanto sonno.
Stavo morendo?
Meglio per me, non sentivo neanche più dolore.
Stavo solo svenendo?
Peggio per me, al risveglio avrei sofferto più di prima.
 
Ciao a tutti ^^
… credo che questo sia un capitolo molto triste, a voi il giudizio U.U
Confesso che sono stata molto titubante mentre scrivevo, non so se per caso sono venuta incontro alle vostre aspettative o se ho banalizzato qualche passaggio, quindi sappiatemi dire che cosa ne pensate ^^”
Che ve ne pare della madre di Sherry? x”D a me quella donna fa morire UwU e anche suo fratello pestifero UwU
In teoria non doveva esserci quella serie di baci focosi tra Asso e Pulce in macchina, ma io mi sono chiesta: “Se Ace mi dicesse che vorrebbe stare sempre al mio fianco, io come reagirei?” e così ho seguito il mio istinto xD … U.U””” … spero di non aver fatto un buco nell’acqua ^w^”””
Ringrazio di cuore coloro che recensiscono sempre, e chi ha messo la storia fra le seguite, le ricordate e le preferite. Fatemi sapere che cosa ne pensate, ci tengo tantissimo, ho bisogno dei vostri incoraggiamenti ^^
Un bacione con abbraccio!
Sherry=^w^=

P.S.: A chiunque possa interessare, ho scritto una piccolissima one-shot su Traffy, lo ritrae nel momento in cui viene scaricato da Sherry , così si ha una piccola idea di quello che pensava sul loro rapporto e su se stesso … anche se lo si era già capito qui x’D
Alla prossima! ^^


Questa storia non è stata scritta a scopro di lucro ed eccezion fatta per i personaggi di mia invenzione (Sherry e Pam ©), gli altri non mi appartengono e sono stati usati nel rispetto dei relativi copyright, ma la trama nella quale agiscono è di mia invenzione ©.
 

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Capitolo 10
*** Il piano di Asso! ***


Capitolo 10
 
Ero tutta un fascio di dolori.
La pelle del viso mi bruciava, era come se mi avessero trascinato la faccia sull’asfalto bollente in piena estate, ma quello era niente in confronto al resto.
Un mal di stomaco lancinante mi stava attorcigliando le viscere, per non parlare della cefalea che non mi permetteva neanche di aprire gli occhi.
Infine non potevo dimenticare la mia spalla fuori asse, non sapevo neanche se riuscivo a muoverla.
… che cavolo mi stava succedendo?
Perché ero ridotta così male?
“… stiamo riprendendo i sensi credo … ma serviva per forza fare l’elenco della spesa dei mali mentre ti svegliavi? Adesso mi hai fatto accorgere di che cosa non andasse … uffa …”.
Aprii gli occhi vedendo sfocato, ma pian piano i lineamenti dei volti a me vicini si fecero sempre più nitidi e ricordai tutto l’accaduto: il mio volo sul tavolino del salotto, quando mi avevano appeso al muro stringendomi per il collo, la tirata di capelli da parte di Pikachu … ed Ace.
Tornai in iperventilazione e mi fu subito tolto dalla faccia qualcosa che odorava di plastica, osservandola bene compresi che era una semplice mascherina dell’ossigeno: -Sherry, concentrati sul respiro, non impanicarti … - Asso si era sporto su di me guardandomi negli occhi, pallido ed emotivamente distrutto.
Oddio, come lo avevano ridotto?
Aveva un occhio nero, il naso sanguinante e ai lati della bocca vi erano dei residui di sangue secco.
Chiusi le palpebre per non vederlo, mi faceva troppo male. Se non volevo coinvolgerlo nei miei casini, dovevo stargli alla larga, anche se per me sarebbe significato soffrire ancor di più.
-Dottor Portgas, dovremmo bloccarle l’epistassi, ha perso troppo sangue. – disse un’altra voce maschile.
-Non dovete pensare a me … Sherry è messa peggio! Andate a vedere anche del portinaio, è strano che abbia fatto salire degli estranei, e quando siamo entrati lui non c’era.- gli urlò.
-Lui è salvo, era stato narcotizzato, ma data la sua stazza ha smaltito subito il farmaco e ha chiamato i soccorsi.- ribatté stizzito l’uomo, indispettito dal fatto che Ace gli avesse impartito degli ordini precisi su come doveva operare.
Dovevo allontanare Asso da me, ma non ci riuscivo.
Iniziai a tremare spaventata, ma più cercavo di stare ferma, più sussultavo.
-Sherry … - mi accarezzò una guancia.
- Sto bene, non fare la scena del classico idiota apprensivo. – gli ringhiai contro tirando su con il  naso.
-Ok … - sorrise sconfitto - … è meglio se le date qualcosa per calmarla, mi occuperò io di lei non serve portarla in ospedale, le ho già messo in asse la spalla e ho tutto il necessario per bloccargliela ... -.
Che idiota, la doveva smettere di preoccuparsi di me … non si era guardato come lo avevano conciato?
All’improvviso fui assalita dal sonno, e tutto tornò a farsi buio.
“E no! Adesso basta non voglio dormire! Ehi, ehi, ehi rimani sveglia!” il mio io interiore lottava contro l’azione del farmaco dandosi dei piccoli schiaffi, mentre il mio organismo decise che era meglio assecondare quella sostanza che mi avevano iniettato, mettendosi finalmente in stand-by.
 
Ero di nuovo al sicuro, al calduccio e c’era profumo di Asso intorno a me.
Riaprii gli occhi trovandomi per la seconda volta nella mia vita nella stanza da letto di Ace.
Il cuore balzò dalla sorpresa, ma appena feci la mossa per scattare seduta qualcuno mi bloccò per la spalla sinistra, e solo in quel momento mi accorsi di avere un braccio legato come un salame al torace.
-Ma che diamine … - farfugliai indispettita.
-Stai tranquilla, sei nel mio appartamento. – disse atono leggendo un libro, sembrava pensieroso.
-Ma sei pazzo?! – un moto di rabbia mi pervase il petto, facendomi digrignare i denti dalla paura - … se vedono che stiamo assieme prenderebbero di mira anche te! Non sarai più al sicuro, ti cercheranno, ti perseguiteranno, ti minacceranno … e hai visto che non si fanno scrupoli a far fuori le persone?! -.
Mi battei il dorso della mano sinistra sulla fronte ed espirai forzatamente dalla bocca … in che guaio mi ero cacciata?
Perché mi ero lasciata andare con lui?
E come potevo fargli capire che non dovevamo più frequentarci?
- … i migliori amici si aiutano tra di loro, perché ti preoccupi tanto? Mica siamo una coppia, sbaglio?-.
Appena gli sentii dire quella frase, lo guardai sconcertata, cercando di capire a che cosa si stesse riferendo.
Mi scrutò con occhi malinconici, distendendo forzatamente un piccolo sorriso sulle sue labbra perfette, che non erano state create per imbronciarsi sul quel viso stupendo che aveva … cosa doveva dirmi?
-Sai, ho capito perché insistevi per rimanere solo amici, e ho anche accettato il fatto che dovremmo rimanere tali … - strinse brutalmente il libro fra le mani.
- … puoi essere più chiaro?- domandai con un fil di voce.
- … se tu ti fossi fidata di me come ho sempre cercato di farti capire, mi avresti parlato di questo tuo problema. Credimi, ti avrei aiutato volentieri e forse saremmo potuti stare assieme senza alcun fastidio … - quelle parole non erano spontanee, bensì studiate. Allora perché me le stava dicendo?
“Comunque sia, studiate o meno, mi sa che questa volta sei tu nel torto marcio Sherry … quello che sta dicendo è tutto vero … ” commentò consapevole il mio io interiore.
- … invece non lo hai fatto … hai pensato che la cosa migliore da fare fosse crogiolarti nel tuo dolore, fare la wonder woman di turno e magari anche morire per un debito che non riesci a pagare, senza pensare minimante a me e alla tua famiglia … - ridusse gli occhi a una piccola fessura contraendo la mandibola, questo Ace mi faceva leggermente paura, ma sapevo che aveva perfettamente ragione - … sei stata una stupida egoista. – soffiò scuotendo il capo.
- … non volevo coinvol … -
-Sherry, ma ci arrivi o no?! Sono coinvolte tutte le persone che conosci! Dai tuoi vicini di casa ai tuoi colleghi di lavoro, che siano a conoscenza o meno del tuo problema di soldi! – sbottò infastidito.
Volevo scappare, non riuscivo a reggere quel clima ma Asso mi anticipò mettendo le gambe fuori dal letto per sedersi, dandomi la schiena.
Si portò una mano fra i suoi stupendi e morbidi capelli corvini, sospirando: -Ho temuto di averti persa, e credevo di morire … - si lasciò andare in un sospiro disperato, mentre il mio cuore perse qualche battito al suono di quelle parole, solo in quel momento capii quanto affetto provava Asso nei miei confronti - … la prima volta che ti ho visto qui fuori mentre acquistavi l’appartamento, volevo solo portati a letto, avevo pensato che avevi delle belle gambe e delle belle tette … - arrossii per la sua schiettezza, abbassando lo sguardo sulla mano che stringeva spasmodicamente le lenzuola dalla strizza - … ma poi guardandoti da lontano, ma anche standoti vicino, ho capito che dietro a quelle forme aggraziate si celava una bella donna e ho voluto conoscerti veramente … - scosse il capo sbuffando - … non dovevo affezionarmi a te … -.
-Asso, io … -
-Sai che cosa mi tiene ancora fermo qui con te? Il fatto che neanch’io sono stato leale nei tuoi confronti … -.
Decisi che era meglio non intromettermi, rimanendo ferma in quel letto ad ascoltarlo: -Quella sera che il Babbo è venuto a cena e ti ha invitato, ti ho messa in imbarazzo non raccontandoti del mio padre biologico, ma tu sei stata lo stesso al mio fianco e hai retto il gioco … mi hai fatto sentire amato per la prima volta, anche se solo ora capisco perché hai agito così, per compassione. –
- Io credo che non sia giusto sforzare le persone … - mugugnai mordendomi subito la lingua, sperando che non avesse sentito quello che avevo appena tentato di dire.
Girò la testa guardandomi bieco: -Credo che rimanere amici sia la cosa migliore per entrambi per il momento, abbiamo troppi scheletri nell’armadio da rivelare ancora … se hai bisogno di qualcosa sono a dormire in salotto. – ringhiò infastidito, tutto perché non avevo saputo tenere a bada la mia linguaccia.
Mi sentii morire dentro appena lo vidi andare via, ero come svuotata e la testa iniziò a farneticare da sola con strani ronzii.
Afferrai saldamente il lenzuolo e mi coprii fin sopra i capelli, accorgendomi con mio sommo imbarazzo che ero senza pantaloni.
- Ma ?! … -
-Se cerchi i pantaloni, sappi che li ho messi sulla sedia che ti sta di fianco! … - urlò dall’altra stanza - … vedi di dormire, domani devi preparare le valige. – aggiunse scorbutico.
Sbuffai mettendomi sotto le coperte, consapevole che avevo sbagliato e che Asso aveva ragione … alla fine dei conti non meritavo di avere un uomo meraviglioso come lui al mio fianco, per me era troppo.
“Sherry … mi sento sola …” ammise il mio alter ego legando le braccia attorno alle gambe, ed io la imitai poco dopo, addormentandomi con difficoltà fra sensi di colpa e rimorsi.
 
Delle orribili luci soffuse illuminavano il pianerottolo dell’appartamento di Sherry e di Ace.
Appena lui era rientrato a casa, uno strano e inquietante presentimento lo aveva colto, tanto da farlo precipitare fuori dall’appartamento per correre dalla sua Pulce, ma la porta non si apriva.
All’improvviso sentì i lamenti e le urla della sua piccola infermiera pulciosa, seguite dalle risate malefiche degli aguzzini che la stavano ricattando e maltrattando.
In quel momento, mentre uno dei suo incubi peggiori si stava avverando, lui era fermo, impotente e inerme dentro il suo appartamento buio e freddo.
Saltò addosso alla porta con tutto il suo peso svariate volte.
Picchiò quel legno duro e massiccio con pugni e ginocchiate, ma tutto pareva vano e inutile … quella porta continuava a rimanere chiusa.

Si sedette di scatto sul divano in un bagno di sudore e con il fiatone.
Non aveva mai avuto paura in vita sua, e solo quel giorno aveva compreso cosa significasse averne.
Con Sherry aveva fatto il duro poco prima, mostrandosi offeso e arrabbiato, ma in realtà era solo infastidito. Le voleva un gran bene e non gli era costato poco scaricarla.
Quando si era seduto accanto a lei aspettando che l’effetto delle benzodiazepine che le avevano iniettato sparisse, l’aveva sentita più volte farfugliare nel sonno qualcosa sul fatto che lo doveva lasciare, e che lo avrebbe fatto solo per il suo bene.
Alla fine, lui stesso aveva deciso di prendere quell’iniziativa al posto di Pulce, cercando di non farla soffrire troppo.
Sapeva che Sherry non avrebbe mai trovato il coraggio di farlo da sola e che si sarebbe rosa il fegato dai sensi di colpa se non l’avesse fatto, ma la cosa strana era che più spiegava i motivi della sua scelta a Pulce, più si rispecchiava in loro, spaventandolo.
Lentamente scivolò fuori dalla coperta e raggiunse la soglia di camera sua per spiarla.
La luna creava dei piccoli spiragli di luce attraverso la tenda della sua finestra, illuminando debolmente i lineamenti del suo viso addormentato e rilassato.
Con la grazia di un felino si distese al suo fianco.
Sapeva che Pulce aveva il sonno pesante e non si era minimante preoccupato di poterla svegliare con quella sua piccola intrusione.
Le accarezzò i capelli morbidi, prendendone una piccola ciocca fra le dita per respirarne nostalgico il profumo.
Gli sarebbe mancato tantissimo quel gesto.
La sentì ridacchiare nel sonno e non poté non sorridere per quello strano riflesso incondizionato.
Continuò ad arricciarsi i suoi capelli fra le dita, beandosi nel sentirla sogghignare, era divertente ma così avrebbe rischiato veramente di svegliarla.
Le baciò una guancia coprendola meglio che poteva con le coperte, tornando alla sua postazione notturna con una strana angoscia alla bocca dello stomaco.
Sarebbe riuscito a rimanere serio e impassibile con lei ancora per un po’?
“Non credo proprio … caro mio, è da un po’ che non ti capisco, cosa ti sta passando per la testa contorta che ti ritrovi?”.
 
Qualcuno iniziò a picchiettare fastidiosamente e ritmicamente sul mio naso.
Girai di continuo la testa a destra e a sinistra per evitarlo, ma non mi davano tregua.
-Ehi, Carognetta, devi fare colazione e prendere il tuo antidolorifico … -.
Quel disgraziato non aveva un briciolo di tatto, dove trovava il coraggio di svegliarmi a quella maniera?
- … buongiorno anche a te, Idiota. – sbuffai mettendomi seduta.
Sorrise accattivante, indicandomi con un cenno di capo dei vestiti che aveva posato sul letto: -Il tuo appartamento per il  momento è sotto sequestro, mi sono preso la briga di portare quei quattro vestiti che avevi da me … però ti consiglio di cambiare il tipo di biancheria, la trovo un po’ infantile. - sghignazzò.
Gli lanciai un cuscino addosso, mordendomi un labbro per il dolore che quel gesto avventato aveva innescato.
Il tipo di nome Akainu mi aveva proprio demolita.
-Tutto bene? – domandò piegandosi a raccogliere il guanciale.
-Mai stata meglio. – gli feci una pernacchia.
-Bene, vestiti e vieni in cucina a mangiare … - sorrise divertito, avevo la netta sensazione di essere tornata indietro nel tempo, a quando Asso ed io ci soffiavamo a vicenda aspramente.
Prima di uscire dal letto aspettai che Asso sloggiasse dalla camera, e alzandomi potei osservare la mia immagine riflessa allo specchio che avevo davanti, comprendendo subito la sua battuta sulla biancheria.
“Sherry! Cosa ti è saltato in mettere di mettere su gli slip fucsia con il gatto persiano bianco che dorme con un gomitolo sotto la zampa?” arrossii per la vergogna.
-Maledizione … - mugugnai prendendo i pantaloni di una tuta, ma in un secondo momento compresi che avevo un piccolo problemino nel cambiare la maglia.
Mi riguardai attentamente allo specchio per verificare le condizioni in cui versavo, e rabbrividii: sul collo avevo il segno della presa di quell’aguzzino vestito di rosso, mentre lo zigomo sinistro era di un bel colore rosso violaceo.
“Ti cambierai dopo la maglia, vai a mangiare e a prendere l’antidolorifico, non voglio che i dolori peggiorino.”.
 
-Finalmente sei arrivata, neanche il suono di un corno inglese potrebbe disturbare il tuo reale sonno … sbaglio? – ghignò rigirandosi fra le mani un quotidiano.
Non ero in vena di scherzare o di litigare, mi limitai solamente a fulminarlo e a sedermi a tavola per addentare la mia brioches al cioccolato: -Che fine ha fatto Pikachu e l’altro tizio vestito di rosso? -.
Poggiò il giornale sul tavolo, iniziando a sorseggiare il caffè da una tazza di cartone da trasporto … era impedito nel prepararsi da solo anche quello?
“ … è un caso perso …” scosse negativamente il capo il mio alter ego.
-Il famoso Pikachu è riuscito a scappare, ma prima di farlo ha messo KO Akainu … a quanto pare temeva che ti avesse fatto fuori e l’ha voluto punire, quindi uno dei tuoi cattivi sta marcendo in galera in questo momento. –
- … dunque la polizia è arrivata troppo tardi … - osservai attentamente la mia immagine riflessa all’interno della tazza del thè.
La superficie limpida di quell’acqua colorata rispecchiava la realtà che la circondava sempre con un velo di malinconia, ma in quel momento sembrava che fosse l’unica cosa a essere vivace in quella stanza.
Almeno in quell’immagine di me riflessa non vedevo i lividi del combattimento del pomeriggio precedente, e tutto era di un bel colore arancione.
-Già ... – guardò l’orologio – … muoviti per favore, non abbiamo tempo da perdere. Dobbiamo andare dal medico del lavoro per farci mettere in malattia. – sbuffò scompigliandosi i capelli mentre leggeva i risultati delle partite di calcio.
A quel punto sbottai, proprio non ce la feci più: -Ma per quale cavolo di motivo mi tieni da te se non mi sopporti?! Non mi degni neanche di un briciolo di attenzione quando ti parlo! –.
Mi fulminò adirato, tanto che tergiversai su quello che dovevo fare o dire … da quando in qua era capace di zittirmi?
-Non perdere tempo e sbrigati … - soffiò poco convinto.
Sembrava che gli pesasse essere così scontroso nei miei confronti, ma perché lo faceva allora?
Perché non ha lasciato che mi portassero in ospedale?
Magari avrei chiesto a Pam di farmi dormire sul divano non appena mi avessero dimessa.
Non riuscivo a credere di stargli tanto sulle scatole, e pensare che il pomeriggio precedente avevamo pomiciato così bene!
- … hai la maglia sporca, perché non te la sei cambiata? – domandò distratto, solo per sviare l’argomento.
Non credevo di potercela fare, mi stava esasperando.
Perché continuava a parlarmi in modo così staccato, freddo e stizzito?
Si vedeva lontano tremila chilometri che lo stava facendo apposta e controvoglia, mi faceva solo del male e non se ne stava accorgendo.
Neanche quando c’eravamo conosciuti era così antipatico, fortuna che dovevamo essere solo amici.
Rivolevo indietro il mio Asso, mi sentivo persa e brancolavo nel panico più totale senza il vero lui, e l’ultima cosa di cui avevo bisogno era stare vicino a qualcuno che non mi voleva, o per lo meno faceva finta.
Perché recitava quella parte da cattivo che non gli si addiceva?
-Oddio, mi sembra di sentire mia madre! Ma mi hai guardato con attenzione solo un secondo o mi odi così tanto?! Sono legata peggio di un salame ungherese! … - ero sul punto di piangere, ma non mi dovevo dimostrare debole per alcun motivo. Non volevo farmi compatire, invece dovevo fargli capire che sapevo cavarmela da sola - … cosa mi avevi detto ieri sera? Che dovevamo rimanere solo amici? Ma ti prego! Preferisco dormire sotto un ponte e prostituirmi invece di rimanere qui con te a subire le tue stupide frecciatine!-.
Gli vidi sgranare gli occhi come mai aveva fatto prima, e il caffè stava sorseggiando volò nell’aria della cucina compiendo un’arcata perfetta, depositandosi in parte sul quotidiano e sul tavolo.
Quando si riprese, ridacchiò e scosse la testa: -Scusami, non volevo essere così duro. –.
… ma aveva problemi identitari per caso?
Che cosa gli stava succedendo?
-Però lo sei stato … ed io non ti riconosco più. – sussurrai abbassando la testa con voce tremula per la rabbia e la delusione.
- … non ti odio Sherry … è solo che ho avuto paura e sono certo che se mi avessi raccontato tutto fin dall’inizio non saremmo arrivati a questo punto. Speravo che tu avessi capito che potevi fidarti di me, alla fine dei conti, mi hai svelato pure quello che era successo tra te e Law ed era una storia anche personale, intima e non poco imbarazzante … - pareva essere arrossito, sbagliavo?
-Ma serviva essere così stronzi con me? – chiesi.
- … no, no che non serviva. Ma starti vicino e sapere che non posso guardarti come prima mi innervosisce. -
Sorrisi: -Sei solo un Idiota … -
- Un’idiota che non può non volerti bene. – sospirò distrutto, picchiettando con l’indice della mano destra dello zucchero caduto sul tavolo, convogliandolo tutto in un unico centro.
Rimanemmo in silenzio, l’uno seduto di fronte all’altra con il tavolo in mezzo a noi a divederci.
Non ci eravamo neanche guardati negli occhi, ma ero sicura che se l’avessimo fatto qualcuno dei due sarebbe crollato.
-Hai bisogno di aiuto per la maglietta? – domandò con il groppo in gola, era evidente il suo disagio in quella domanda, tanto quanto la mia risposta.
- … se non ti dispiace, almeno per questa volta … -.
 
Dopo aver mangiato la mia brioches al cioccolato e aver preso l’antidolorifico, Asso andò in camera ed io lo seguii a ruota come un piccolo cagnolino bastonato.
In quel breve tragitto studiai attentamente i suoi passi: camminava come un robot bisognoso di olio nelle giunture, ed ero certa che quella non fosse la sua andatura normale … ma non era stato proprio lui a dirmi che era un medico e che aveva visto tutto quello che doveva vedere nella sua vita?
-Ecco … - si grattò la nuca - … dobbiamo iniziare dalla fasciatura … - schiarì la voce.
Lo guardai titubante: -Sei sicuro di volermi aiutare? Sei … strano. – borbottai con le guance accaldate.
Spalancò gli occhi annuendo a dir poco eccessivamente con la testa, sembrava che stesse imitando le movenze di un cavallo che mangiava del fieno.
Slegò l’imbragatura che mi teneva saldo il braccio al corpo, e la poggiò sul letto.
-Adesso … ti spiego … come dovrai fare … - e ancora una volta si schiarì la gola con dei strani versi gutturali.
Alzai un sopraciglio sconcertata, e dalla bocca mi uscì una battuta poco fine: -Asso, hai infilato le tue favolose dita sotto il mio reggiseno per giocare, hai paura di sfilarmi la maglia? Mi sembra un paradosso. – risi.
“Ohi, ohi … dovevi rimanere zitta …”.
Il volto di Ace era diventato di color peperone tostato alla griglia per quello che avevo appena detto.
-Credo di non ricordarmi più come si respira … - sussurrò asciugandosi la fronte.
-Ma qual è il problema? È come se fossi in costume, non ti devi vergognare. – risi.
-Tu non capisci … - mi puntò un indice al naso.
-Cosa non capisco? – non stavo facendo la gnorri, veramente non sapevo a che cosa si riferisse Asso.
-Sherry, io … meglio se ti cambi subito e poi ce ne andiamo, ok?-.
-Ok … - tenni la testa bassa, iniziando a provare soggezione davanti a quel Ace imbarazzato.
 
 … il disgraziato rideva ancora sotto i baffi.
-Non. Ridere!- gli ordinai guardandolo torvo.
-È difficile stare buoni con te … vai matta per i gatti, sbaglio? Mi è piaciuto tanto anche il tuo reggiseno con i micetti, quello destro che beve il latte e quello sinistro che gioca a prendere una farfalla, veramente adorabili … wahahah!-
-Pensa a guidare, stupido Idiota.- farfugliai arrossendo.
-Va bene, va bene … anche Law li ha visti?- domandò sghignazzando.
A quel punto non vidi più dal nervoso e gli diedi uno scappellotto facendolo ridere ancor più forte, così gli tirai un orecchio.
“Vediamo se adesso ride ancora lo Scemo …”.
-D’accordo, d’accordo … la smetto … - mugugnò con le lacrime agli occhi, scalando la marcia.
-Bravo il mio Idiota. – sorrisi.
-Non sono più il tuo Asso? – mugugnò dispiaciuto.
-Sei anche quello, ma quando fai queste uscite sei solo un’Idiota. – sogghignai.
-Allora io ti chiamerò Carognetta. – ribatté.
-Non è giusto, è più bello Pulce … - protestai.
-Tu torna a chiamarmi Asso, io ti chiamerò di nuovo Pulce. –
-Va bene … Asso. –
-Perfetto … Pulce carognosa. -.
Lo fulminai e lui, come suo solito, tornò a sghignazzare: -Scherzavo … -.
“Questo è il mio Asso che conosco!” annuì saccente il mio alter ego “ … non pensare cose strane con quell’aggettivo possessivo, non sto dicendo che Ace sia di mia proprietà …” sorrisi divertita per il stupido monologo del mio alter ego, a chi la voleva dare a bere?
“ Non sto scherzando! Asso non è di mia proprietà … almeno non del tutto …”.
 
-Lo sa che per rimettere in asse una spalla bisognerebbe effettuare una radiografia prima e dopo la manovra? Adesso lei mi dica per quale motivo non la devo denunciare o fare altro … la sua compagna doveva essere ospedalizzata e doveva eseguire degli accertamenti, chi crede di essere, MacGyver per caso?-
-Non siamo compagni noi … -
-Risponda alla mia domanda, credeva di essere in uno di quei programmi di "Wild oltre natura"?-.
La dottoressa Ramoz stava facendo una bella lavata di capo a Ace, e sembrava non essere intenzionata ad abbassare i toni.
-Io veramente … - il povero Asso stava continuando a farfugliare frasi insensate, mentre io non potevo fare a meno di non sentirmi in colpa.
-Sa che cosa penso? Che potrebbe essere stato proprio lei a picchiare la sua compagna. -.
A quel punto scoppiai a ridere, quell’affermazione mi rimandò indietro a qualche oretta prima, quando Asso stava cercando di insegnarmi a gestire il braccio mentre mi cambiavo la maglia. A malapena mi toccava la spalla per paura di provocarmi del dolore.
-Mi creda, lui non alzerebbe mai un dito contro di me. Inoltre mi tratta sempre da regina e ieri pomeriggio mi ha difeso con estremo coraggio … possiamo dire che sia un impavido pirata. – volsi la mia attenzione a Ace, che mi rispose con uno splendido sorriso.
- … vi concedo una settimana di malattia, e le vostre ferie non verranno toccate. – sbuffò la vecchia Ramoz alzando gli occhi al cielo.
Entrambi la osservammo girare attorno alla scrivania mentre si accingeva a sedersi sulla sua splendida e comoda poltroncina in pelle nera.
Tramite le spesse lenti dei suoi occhiali, ci scrutò con i suoi occhi color ghiaccio, e sistemandosi qualche ciocca brizzolata dei suoi capelli corti a caschetto domandò: -Siete sicuri di non stare assieme? –
-Magari in futuro … - rispose Asso tagliando corto, guardandomi malinconico.
La signora Ramoz continuò a scrutarci e non poté fare a meno di insistere a indagare sulla nostra situazione: -Scusate, ma da quello che mi avete raccontato, state sempre assieme e lui l’ha pure aiutata a cambiare la maglia, mi volete far credere che non ci sia niente fra di voi? –
-Non c’è niente, glielo assicuro. – risposi guardandomi i piedi.
- … ma perché da parte di lui avverto una strana tensione psico-fisica nei suoi confronti allora? – volse lo sguardo attento e scrupoloso su Asso.
Lui guardò me e poi la dottoressa: -Perché sono io quello che deve guidare con questa belva permalosa accanto?- rispose ridendo.
Lo fulminai mentre lui se la spassava: -Non sei simpatico. – gli feci la linguaccia.
-Sono solo sincero, sei stramaledettamente permalosa. – continuò a stuzzicarmi.
Gli pizzicai un braccio e ribattei: -Sei solo un povero Idiota. –
-E tu una Carognetta. – mi pizzicò una guancia.
Continuammo a discutere dimenticandoci della dottoressa Ramoz che ci stava fissando increduli: -Quando la smetterete con questa farsa?- intervenne con gran classe.
Entrambi la guardammo increduli, e all’unisono dicemmo: -Farsa?-.
-Sì, farsa. Siete attratti l’uno dall’altra, non leggete il linguaggio del vostro corpo?-
-Oh santo cielo! … - borbottò Asso - … è già difficile leggere i messaggi tra le righe che le donne ti lanciano dopo aver fatto uno dei loro intricati ragionamenti, se poi devo decifrare pure il linguaggio del loro corpo divento pazzo. -.
La Dottoressa Ramoz ed io lo guardammo sinistro: -Intricati ragionamenti? – domandammo.
-Cioè, io … - tamburellò nervoso le dita sulla scrivania della dottoressa, cambiando subito discorso - … una settimana di malattia dunque … ottimo. Mi stia bene carissima dottoressa, i miei più sinceri ossequi. -.
Detto ciò, Asso mi prese dolcemente per il braccio buono e mi fece uscire di corsa dallo studio sbattendo frettoloso la porta alle nostre spalle, senza farmi salutare.
-Ora ti faccio vedere io quale belva permalosa siederà al tuo fianco mentre guidi. – lo guardai torvo.
- … lo temevo. – deglutì amaro.
 
Appena arrivammo al parcheggio del nostro condominio, Asso scappò dalla macchina senza aspettarmi.
-Hai parcheggiato storto, Idiota!- lo ripresi per la decimillesima volta  ridendo.
-Basta, non ne posso più! Per tutto il tragitto non hai fatto altro che parlare: “attento alla vecchia; attento al cane; il limite è di cinquanta, non di sessanta … bla-bla-bla!” – rispose stralunato.
-Non sai guidare, è questa la dura realtà … accettala! - ribattei pacata, chiudendo con calma snervante la portiera.
-Vuoi chiudere quella dannata porta e basta?! Mi stai facendo impazzire con questa tua finta calma!- si grattò il capo.
Dopo quella frase, riaprii lo sportello e lo chiusi in malo modo, divertendomi nel vedere gli occhi di Asso uscire fuori dalle orbite: -La. Mia. Ferrari! – allungò le braccia verso il suo gioiello, correndo a controllare la portiera.
-Vuoi che gli prenda la pressione e che gli faccia anche un ECG visto che ci siamo?- chiesi sarcastica.
Tornò ad alzarsi guardandomi dritta negli occhi: -Tu. – mi puntò con un dito.
-Io cosa?- domandai birichina.
Mi mise con la schiena alla macchina, ergendo sopra di me con la sua figura possente e muscolosa: -Nessuno può toccare la mia Baby, siamo chiari?-
-E nessuno mette la sottoscritta in un angolo, ci siamo capiti?- sostenni il suo sguardo.
Sorridemmo accattivanti entrambi, e i miei occhi non poterono fare a meno di soffermarsi sulle sua labbra perfette.
Nelle ultime notti avevo fatto tanti di quei sogni con loro …
-Che cosa stai guardando?- rise.
-Niente … -
-Sicura?-
Appena aprii bocca per rispondergli, dall’alto delle nostre teste udimmo una voce infantile: -Adesso è il momento in cui le togli la caramella che le va di traverso?-.
Alzammo gli sguardi, e vedemmo sul terrazzo della palazzina di fianco alla nostra il bambino che torturava di continuo Ace.
Se ne stava seduto su una piccola seggiola in legno a sorseggiare un succo di frutta mentre ci guardava della sua abitazione.
-Pensa ad asciugarti il moccio, moccioso!- gli urlò Asso infastidito.
-No, prima tu mi devi dire come fai a essere un bambino grande. –lo ricattò.
Ridacchiai, e spintonai Asso verso l’ingresso della nostra palazzina con nonchalance: -Non competere con un bambino piccolo. - sospirai.
-Sei tu che hai fatto iniziare questa storia del bambino grande, è solo colpa tua … - sbuffò.
-Touché … ora andiamo a casa. –.
Entrambi ci guardammo negli occhi, e ci scambiammo uno strano sguardo interrogativo.
Lui sorrise poco dopo, e mi abbracciò a sé con una strana euforia. Era contento come un bambino che aveva appena risolto il più difficile dei problemi di geometria: -Andiamo a casa. – ripeté.
Quella frase era stata pronunciata in maniera strana, tanto da provocarmi dei brividi piacevoli lungo la schiena, che cosa voleva insinuare con quell’affermazione?
“ … pensare che questa mattina era nevrotico come una donna in pre-menopausa … vai a capire gli uomini …” sorseggiò una tazza di thè il mio io interiore.
 
Appena entrammo in casa, osservai scrupolosamente il volto Asso.
Era vittorioso e non ne sapevo il motivo, il che mi inquietò leggermente, soprattutto per il cambio di umore repentino che aveva avuto dalla sera precedente fino a quel pomeriggio.
-Sherry, ho un piano per te. Spero che ti piaccia, io lo trovo geniale e puoi porre subito fine ai tuoi problemi, anche se mi sembra troppo avventato e dovremmo trovare una giustificazione plausibile. – disse facendomi accomodare dolcemente sul suo divano.
 
La sera stessa telefonai a mia madre per avvisarla che sarei arrivata da loro tre giorni più tardi del dovuto, e la scusa “ho avuto un incidente” la fece quasi stramazzare al suolo.
Quella notizia shock doveva aver fatto cadere il cellulare da qualche parte, e sentii tutto ovattato.
-Mamma? – domandai preoccupata.
-Oddio, mi sento male … oddio, oddio … mi manca l’aria. – sentii Ben che cercava di tranquillizzarla, e chiedeva aiuto a qualche infermiera del reparto, dopodiché riprese in mano la cornetta sprizzando da tutti i pori la sua solita allegria.
-Sherry, che è successo? La mamma sembra che voglia occupare il letto vuoto che mi sta affianco. – scherzò per tirarle su il morale.
-Ben … - non sapevo se dirgli o meno la verità, quindi addolcii la pillola - … ho avuto un piccolo incidente, ma niente di grave, fra tre giorni sarò da voi. Giusto il tempo di sistemare le mie cose nel nuovo appartamento … -.
Guardai Asso che sedeva tranquillo sulla poltrona della sua camera mentre sfogliava un quotidiano, come potevo giustificare quello che stavo per dire?
- … cosa vuol dire quello che hai appena detto? E che collegamento c’è tra il tuo nuovo appartamento e l’incidente?- domandò freddo e severo.
“Si vede che è un poliziotto, e ci sa fare con gli interrogatori … avanti pazzoide che non sei altro, spiegagli che cosa vuol dire quello che hai appena detto … non vedo l’ora di sentire che cosa ha da dire tuo fratello.”
-Ecco … non so come dirtelo … - sperai vivamente che Asso intervenisse, che dicesse lui a Ben quello che stava succedendo, ma non lo avrebbe mai fatto, ne ero certa.
-Sherry, devo mandare una pattuglia a casa tua?-
-No, no … è una cosa piuttosto carina quella che sto per dire … -.
Ace abbassò il giornale imprecando: -Accidenti ha perso di nuovo la mia squadra!-.
Lo guardai torvo e lui alzò un sopracciglio come a chiedere che cosa avessi che non andava.
-Chi c’è lì con te? – mio fratello si stava arrabbiando, ed era meglio per me confessare subito la verità.
-Nessuno, sono solo in camera con mio marito. – rimirai l’anello che indossavo all’anulare sinistro.
 
Buonasera miei carissimi lettori ^w^
Spero tantissimo che questo capitolo vi sia piaciuto e che vi abbia lasciato di stucco xD
Se qualcuno si sta chiedendo se io sia impazzita mentre scrivevo la parte finale del capitolo, non mi meraviglio, ma come dice il titolo di questo aggiornamento, questo è il piano di Ace UwU
Spero di aver reso bene le situazioni e di non essere caduta nel banale, ammetto che mi sono bloccata diverse volte mentre scrivevo e che temevo di dover pubblicare molto più tardi ^^” la parte in cui Asso cercava di fare l’indifferente e l’apatico solo per sollevare Sherry dall’incarico di scaricarlo per difenderlo da Kizaru, non è stata molto facile da gestire ^^”
Ringrazio le  mie fedeli recensitrici in ordine dall’ultimo che mi aveva scritto: Lucyvanplet93; michiru93; kiko90; Okami D Anima; Yellow Canadair; sasuxsaku; Ikki; martychanfantasy; Monkey_D_Alyce; Aliaaara; Elelali_chan; cristie13.
Spero di sentire presto i vostri pareri e di non avervi deluso … il bello deve ancora iniziare ;3
Un bacione con abbraccio!
Sherry=^w^=

Questa storia non è stata scritta a scopro di lucro ed eccezion fatta per i personaggi di mia invenzione (Sherry e Pam ©), gli altri non mi appartengono e sono stati usati nel rispetto dei relativi copyright, ma la trama nella quale agiscono è di mia invenzione ©.

 

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Capitolo 11
*** Commedie, rimpianti, chiarimenti ... ma sempre più vicini! ***


Capitolo 11:
“- … è uno scherzo, giusto?-” domandò con una piccola risata nervosa il mio carissimo fratellone.
-No. – risposi con un tono di voce basso e secco.
Ci fu un silenzio interminabile dall’altra parte della cornetta.
Il cuore mi martellava nel petto come un disgraziato e non vedevo l’ora che tutta quella storia finisse.
“-Sei a Bridgeport da un mese e ti sei trovata il marito senza dirci niente?!-” alzò leggermente la voce, molto probabilmente si stava contenendo per via delle infermiere.
-Ben … -.
“Regola numero uno: Mai far arrabbiare Ben Sterling … l’avevi dimenticato?”.
“-Saturn queen … congratulazioni! Allora sono l’unico zitello di casa che rimane a piede libero, me lo farai conoscere questo tuo marito quando verrai giù da noi, vero?-”.
Miseriaccia, non ci avevo pensato! E per giunta non mi era passata inosservata quella piccola velatura di sarcasmo sul termine “marito”.
Guardai Asso, notando che stava scrutando divertito le mie diverse mimiche facciali.
-Penso di sì … - risposi alzando un sopracciglio sconcertata.
Di sottofondo sentii la voce di mia madre: “-Marito!-”.
“Scommetto una pizza con wurstel e patatine che tua madre sviene.”.
-Oddio, chi lo spiega a mamma? … - sospirai distrutta.
“-Ero sicura che ci sapesse fare a letto quello lì, bastava sentire la sua voce! Non gracchiava più come un corvo! …-” squittì “- … passamela Ben!-”.
“Oddio che famiglia di PAZZI!” si strappò i capelli il mio alter ego “ … e chi mi paga il parrucchino adesso?!”.
“-Mamma! Certe cose non si dicono a voce alta! … soprattutto se ci sono degli estranei nei dintorni … -“ sentii di sottofondo Ben e qualche altra voce femminile ridere di gusto, mentre il telefono fu ceduto alla scellerata di mia madre.
“-Dico solo quel che penso tesoro. Che bello, non dovremmo più sentirti nervosa. Mi dici almeno come si chiama? Me lo descrivi un po’? Avete fatto qualche foto del vostro matrimonio? … aspetta un attimo … perché ti sei sposata senza invitarci?-”
-Bella domanda, perché non vi ho invitati al matrimonio? – guardai Asso supplichevole e lui mi rubò la cornetta di mano.
-Buonasera signora Sterling, sono Ace, il marito di sua figlia. -.
Nella testa continuò a ronzare quel vocabolo: “Marito”.
Oddio, quindi io ero sua “Moglie”!
Il mio alter ego, vestito di tutto punto e con un parrucchino bianco pieno di boccoli, si mise a dirigere un’orchestra fantasma suonando un movimento della quinta sinfonia di Beethoven: “Tatatataaaa Tatatataaa! Buonasera Sherry cara, forse solo adesso hai smaltito le benzodiazepine che ti avevano iniettato e ti sei svegliata.”.
Sarei mai riuscita a sostenere quella farsa?
Perché avevo la netta sensazione che fosse più grande di me?
“Perché lo è?” domandò piccata il mio alter ego sventolandomi la bacchetta dell’orchestra davanti al naso.
Battei flebilmente la testa sul suo petto di mio marito, ricevendo un forte abbraccio confortante.
Cosa stavo facendo?
Alla fine ero riuscita a coinvolgere Asso.
Mentre parlava al telefono, sentii la sua mano poggiarsi sulla fronte e mi guardò interrogativo.
-Sì, ci siamo sposati questa mattina in comune e non abbiamo ancora detto nulla a nessuno … volevamo essere molto discreti. -.
Chissà cosa gli stava dicendo mia madre, non volevo neanche saperlo.
-Certo, verrò anch’io a trovarvi assieme a Sherry. Ora la saluto, sua figlia ha bisogno di aiuto in cucina. Arrivederci. – appena riattaccò il telefono, mi strinse delicatamente a sé appoggiando le labbra sulla mia fronte.
-Hai deciso di farti venire la febbre alla fine, ti sei strapazzata troppo?- mi coccolò fra le sue braccia.
-Forse … - mi crogiolai nel suo abbraccio.
- … vuoi che ti prepari un brodino?-
-Lo sai fare?- risi.
- … posso tentare. Mogliettina, posso avere l’onore di farti diventare una cavia da cucina, meglio, della mia cucina?-.
Risi flebilmente contro i suoi pettorali annuendo con la testa: - … anche se vorrei stare con te ferma in questa posizione ancora per un po’. -.
-Devi prendere l’antidolorifico fra poco, devi avere qualcosa sullo stomaco cara la mia infermiera. –
-Se dormo non sentirò il dolore, l’hai detto pure tu, non mi sveglia nemmeno il suono del corno inglese. -.
Sospirò accarezzandomi i capelli: -Mettiti sotto le coperte, guarda un po’ di tv ma non addormentarti, ok?-.
Sbuffai alzando gli occhi al cielo, e gattonai sotto le coperte: -Ricevuto Doc. -.
Scosse il capo sorridendo, e dal cassetto del suo comodino tirò fuori un termometro: -Se hai la febbre alta mi fermo a dormire sulla poltrona questa notte, non si sa mai che possa servirti qualcosa. -.
Si mise al mio fianco facendo cenno con la testa di alzare il braccio.
Solo in quel momento potei immaginare che cosa provassero i pazienti nel non riuscire a fare un banalissimo gesto quotidiano da soli.
Mi sentivo un giocattolo rotto.
-Tutto bene? All’improvviso sei diventata mogia. – corrucciò le labbra in maniera strana, facendomi sorridere.
-È l’influenza che mi rende pensierosa, mi fa sentire vicino alla fine del mondo, ma sto bene. – abbozzai un sorriso malinconica.
-Filosofa dei miei stivali, riposa mentre ti lascio e non pensare alla fine del mondo per il momento. Arriverà per tutti ma non oggi. – mi sculacciò.
-Ehi!- lo ripresi fulminandolo.
-Sei mia moglie, quindi tecnicamente sei di mia proprietà … - ghignò malizioso - … e viceversa. – ammiccò.
-Non è proprio così la storia … - mugugnai.
-Pensala come vuoi, ma abbiamo firmato quel documento quindi è come se fossimo d’accordo. Solo la mancanza della firma del sindaco di Bridgeport non ci riconosce come tali. -.
Gli feci una linguaccia e coricandomi sul fianco sinistro lo congedai: -Maritino caro, vedi di non far saltare in aria la cucina. Mi raccomando. –
- … a proposito, come si fa un brodino con il dado?-.
“Oh my god! … è un caso perso!”.
 
-Sherry, ho pensato molto a come poterti aiutare … se io trasferissi tutta quella cifra sul tuo conto e poi tu la spostassi in un altro, di sicuro attireremmo l’attenzione di qualcuno … - Asso era così felice del suo piano che per un momento temetti che stesse per dire qualcosa si estremamente intelligente.
Continuavo a guardarlo negli occhi e ad annuirgli, senza sapere dove volesse andare a parare: - … se invece tu ed io ci sposassimo e pagassimo il tuo debito a rate … -.
“Stop! Cosa vuol dire –sposassimo-!”.
Andai in tilt.
Iniziai a scuotere il capo e a ridere nervosa: -Tu ed io cosa dovremmo fare? Wahahah ma se non facciamo altro che combinare danni quando siamo assieme. Ahahah figurati abitare sotto lo stesso tetto. – gli risposi.
Mi afferrò saldamente la mano buona, costringendomi a guardarlo negli occhi: -Hai un’idea migliore? Oppure gradisci veramente andare a vivere sotto un ponte e fare quello che mi hai detto questa mattina? – ringhiò serio.
-Asso, ma addirittura sposarmi? Come potrai continuare a vivere normalmente? Un matrimonio con me ti frenerebbe nel vivere come facevi prima, ti obbligherebbe a non essere te stesso e non voglio renderti infelice … Asso … inoltre come potrei ripagarti il debito? – sbuffai.
Tutta quella storia era un vero e proprio casino.
-Devi dire sì, staremmo un anno assieme e mi ripagherai preparandomi da mangiare e pulendomi la casa. – rise da bravo imbecille che era.
-Asso, è quasi un milione di Berry … ne sei sicuro?-
-Sì, io mi ci posso soffiare il naso con tutti quei soldi … - sgranai gli occhi stupita, ci si poteva soffiare il naso? Quanto era ricco? - … ma il nostro non sarà un vero matrimonio. –
-In che senso? - chiesi.

 
Sentii appoggiare qualcosa sul letto, ma non volevo girarmi a guardare che cosa fosse, avevo troppo sonno.
-Sherry … - mi accarezzò il viso, ed io mugugnai - … alza il braccio che vedo quanta febbre hai? -.
-Sono sicura di non avercela, lasciami dormire … - brontolai.
-Pulce … - la sua voce si fece grave, così mi costrinsi ad aprire gli occhi e a mettermi seduta.
Miseria, mi ero addormentata sul fianco della spalla malata ed ero piena di dolori.
Storse leggermente le labbra: - Trentotto e mezzo, rimango qui. Forza mangia. -.
Lo guardai un po’ ubriaca cercando di sedermi meglio che potevo: -Grazie … - e i dolori alla spalla partirono di nuovo come delle stilettate.
Ecco, mi rodeva ammetterlo, ma Asso aveva ragione sulla copertura antidolorifica.
-Testona testarda! Che cosa ti avevo detto che non dovevi saltare l’antidolorifico? Per darti corda ti ho lasciato dormire un po’ e adesso guardati … – iniziò a mugugnare alterato.
-Sto bene e non alzare la voce … - soffiai poco convinta.
-Ti sei seduta comoda? –
-Sì, passami pure il vassoio … - avevo tutta la bocca impastata e detestavo da morire quella situazione.
Osservai attentamente il piatto e ne annusai il profumo: - … mi sa che sei appena diventato il “re delle minestrine”- ridacchiai.
-Bene, allora domani te ne preparerò un’altra. – ghignò felice.
Lo guardai commossa, e sorridendogli lo richiamai: -Ace … -
-Che c’è?- si sedette sulla poltrona al mio fianco.
-Grazie mille. – gli dissi.
 
Il campanello suonò e Asso corse ad aprire.
-Ciao Ace, sono corsa il più velocemente possibile. Dov’è la donna che devi sposare? Non vedo l’ora di conoscerla.- fremette dall’impazienza.
-Ecco, non è che noi due ci vogliamo per forza sposare … come ti ho detto per telefono è una storia complicata … - si grattò la nuca.
Sbucai da dietro un angolino osservandola per bene.
Era una bella ragazza dai lunghi capelli azzurri ondulati, sembrava essere una persona dolce.
-Salve … – accennai un sorriso porgendole la mano non rotta - … Sherry Sterling. – mi presentai.
Le vidi gli occhi illuminarsi, e mi strinse la mano con una presa mostruosa: -Ace ma è bellissima! Sono felicissima che vi sposiate! Perdonami, io sono Bibi. -.
Ridacchiai per la sua energia travolgente e guardai Asso di sottecchi, avevo i miei seri dubbi che avesse compreso la situazione.
-Bibi, noi ci dobbiamo sposare per finta … - le spiegò pacatamente il mio futuro “maritino”.
La ragazza guardò entrambi sospettosa: -Per finta?-.
Tutti e due annuimmo.
-Bando alle ciance e spiegatemi tutto. – entrò in casa dirigendosi a passo sicuro e deciso verso la cucina.
Fulminai il mio “futuro marito”, guadagnandomi un’occhiata interrogativa:-Che c’è?-
-Conosce bene casa tua da quel che vedo. C’è stata altre volte?- lo guardai torvo.
-Una ... forse due ma non di più. - sudò freddo.
Gli diedi un poderoso pizzicotto al braccio facendolo saltare: -Ahia, perché fai la gelosa?-
-Hai chiesto aiuto a una tua ex!- soffiai.
-Non è una ex, è stata solo un’avventura di una notte o forse due, ma era solo divertimento. Sherry, sei tu che non riesci a vedere il se … -
-Ehi! Voi due vi muovete? Sto aspettando!- urlò Bibi dalla cucina.
Asso affilò lo sguardo nei miei confronti: -Sei stata salvata da Bibi, stavo per dirti una cosa veramente imbarazzante. –
-Abbiamo tutto il tempo che vuoi per discutere … Maritino!- risposi piccata.

 
Finii di mangiare la mia minestrina, ingurgitando come dessert il mio antidolorifico.
Disgustata dal sapore della medicina, feci diverse smorfie: -Asso, che cosa stavi per dirmi prima che Bibi ci interrompesse? Mi hai incuriosito … - sospirai con lo stomaco pieno.
Arrossì leggermente e con molta disinvoltura alzò le spalle, continuando a cercare sul televideo un film interessante da poter guardare assieme: -Niente di cui tu ti debba preoccupare. -.
-Se non confessi subito inizierò a torturarti. Vediamo di farla breve. – giunsi al punto.
Mi guardò un po’ rammaricato, probabilmente si stava chiedendo se vuotare il sacco fosse una decisione saggia, ma io non mi facevo intimorire da nessuno.
Poggiò i gomiti sulle ginocchia e giungendo le mani fra loro chiese: -Sicura? Non credo che ti piaccia parlare di certe cose. –
-Asso, se riesco a sopportare te, il resto non sarà altro che una bazzecola. – ridacchiai.
-Pulce, stai già meglio mi sembra di capire. – mi pizzicò una guancia sorridendo.
-Dai, sputa il rospo … - feci spallucce.
-Vedi … - si grattò la nuca - … quello che stavo cercando di dirti in merito a quello che avevo fatto con Bibi, è che … - e si bloccò.
-Che?- lo incitai.
-Non guardarmi così. – grugnì imbarazzato.
-Così come?-
-Così da ragazza innocente … non posso parlare se tieni quel muso. – sospirò.
Rimasi basita, stava impazzendo per caso?
Io ero normale, come sempre.
-Asso, inizio a credere che sia tu quello a cui non piace parlare di certi argomenti … anche se non so quali siano quelli che devi trattare. – ridacchiai.
-Oddio … - scosse il capo distrutto - … Sherry, come ti ho detto io e Bibi ci siamo divertiti. Giusto?-
-Giusto. – annuii, iniziando a comprendere il tema della conversazione.
-Perfetto … la questione è che io vedo il se … - mi guardò negli occhi facendo una faccia da pesce lesso, al che scossi la testa curiosa - … no Sherry, non mi guardare così ti supplico!- si mise le mani fra i capelli scompigliandoli.
-Hai qualche problema per caso?- domandai disperata.
-Ok, facciamola breve … io vedo il sesso come un divertimento … - ma guardandomi ancora una volta negli occhi si corresse, anche se io non avevo fatto alcuna piega davanti al suo discorso, sapevo che lui la pensava così: - … meglio, lo vedo anche come un divertimento e non me ne pento per niente. Io con Bibi, e così come con tante altre ragazze, mi sono solo divertito. -.
Per un attimo rimasi in silenzio, senza parole: - … E quindi io che cosa c’entro con te?-.
“Forse la tua scenata di gelosia quando hai visto andare Bibi in cucina come se nulla fosse?” domandò il mio alter ego guardandosi le unghie, mi dava fastidio ammetterlo, ma quella piccola peste che alloggiava in una zona recondita del mio cervelletto aveva ragione.
-Da quando mi hai conosciuto, mi hai fissato sempre come un alieno per  … - agitò le mani per trovare il termine giusto, senza riuscirci - … questo!- batté le mani sulle ginocchia.
-Non ti ho mai fissato come un alieno, sapevo che la pensavi così e credevo che starti lontano fosse un’assicurazione per non soffrire. A me non piace vivere il momento se non c’è sentimento.- chiarii, creando per puro sbaglio una rima orrenda.
Ace afferrò la mia mano sana stringendola fra le sue: - … Sherry, tu aspetti l’uomo della tua vita per poterti cedere, ma non esiste il principe azzurro. Devi stare assieme e fare le cose che ti rendono felice con chi stai bene, non so se mi sono spiegato … -
-Non ti seguo … -.
Qualcosa nel basso ventre si era risvegliato, e dovetti concentrarmi per ignorare quelle sensazioni. Un difetto bellissimo di Asso era di essere magnetico, e ogni volta che parlava così, raramente riuscivo a rimanere con i piedi per terra.
-Non c’era nessun sentimento con loro … e tu sei l’unica donna che frequento ogni giorno della mia vita con cui non sia mai andato a letto, e faccio tante cose che mi fanno star bene in tua compagnia, e tu non sai quanto mi piaci ... inizi a comprendere? –.
Ignorai spudoratamente la sua domanda, convincendomi che non stava cercando di dichiararsi: -Ok … perché me ne stai parlando? Mi sembra che tu stia andando fuori tema … - avvampai.
Rimase senza parole davanti alla risposta mancata, anzi, sembrava amareggiato.
-Perché mi guardi come un alieno per come vedo il sesso? -.
Scossi la testa: -Ok, premetto che ho avuto un piccolissimo scatto di gelosia nei confronti di Bibi … - mugugnai con un nodo in gola.
-Gelosia, eh? La faccenda si sta facendo interessante … - chiuse una mano a pugno  portandosela davanti alla bocca, stava nascondendo uno dei suoi sorrisi vittoriosi.
Ignorai spudoratamente il suo entusiasmo e continuai con il mio discorso: - … tu hai considerato il sesso solo come un divertimento, ma le donne che sono state con te la pensavano allo stesso modo?-
-La maggior parte sì. – rispose.
-E la piccola parte rimanente?- chiesi.
-Io … credo di non averci pensato. -.
Annuii poco convinta: -È questa la questione Asso, io credo che sia giusto cedermi a chi mi rispetti e che non mi veda solo come un divertimento momentaneo … -.
Mi guardò negli occhi senza proferire parola, e a quel punto mi sentii veramente in imbarazzo: -Oh santo cielo, tu mi stavi chiedendo di … -
-No, no, no! Non ti sto chiedendo quello … - mise subito le mani in avanti - … Ti sto solo chiedendo di non escludermi dalla tua vita, e di non considerarmi solo come un amico. -
-Asso, sei tu che hai iniziato ieri sera … -
-La mia era solo una recita per te e il tuo dannato senso di colpa per avermi coinvolto … ma tu mi hai escluso dal principio, non te ne sei accorta?-.
 
-Perfetto, possiamo fare così … voi due firmate il contratto, io lo andrò a depositare nell’archivio, e quando vi separerete lo tireremo fuori dicendo: “Ops, il sindaco non aveva firmato quindi non serve procedere con il divorzio”, e tutto tornerà magicamente come prima … affare fatto? – squittì Bibi entusiasta, prendendo in mano le carte da noi firmate.
-Affare fatto.- sorrise Ace stringendomi a sé.
Non ero molto felice della loro idea, mi sentivo una sanguisuga.
-Tutto bene Sherry? Sei pallida. – domandò la segretaria del sindaco.
-Sì, mi sento solo stanca. – sorrisi debole.
-Oggi è stata una giornata molto pesante. – cercò di spiegare Asso, dandomi un pizzicotto alla coscia.
-Ahio … - sussultai, e lui mi fece segno di sorridere.
-Ragazzi, io vi lascio e prometto che appena uscirò da qui metterò via il documento, in maniera tale che non venga firmato da mio padre. Ovviamente la vostra registrazione come marito e moglie non risulterà più valida quando deciderete di “separarvi”, quindi non preoccupatevi, ok? Ci penso io a tutto, tanto mio padre rimarrà fuori per tre giorni. – ridacchiò.
-Grazie. – dicemmo all’unisono.
-Ciao ragazzi. - e così come era entrata, uscì, lasciando me e Asso da soli in cucina.
-Sherry … - Ace prese dolcemente la mia mano - … lo so che oggi ne hai passate tante, così come io ne ho passate assieme a te, ma sono sicuro che tutto si risolverà. –
-Lo spero ... – risposi poco fiduciosa.

 
Rimuginai sulle parole di Asso.
Lo avevo veramente escluso dalla mia vita dal principio?
-Scusa, ma ci siamo pure frequentati in questi giorni … non capisco. – ammisi poco convinta.
La verità era che sapevo che aveva ragione, ma non volevo ammetterlo.
C’era una cosa che non capivo nel nostro rapporto: volevo evitare di soffrire per mano sua? Oppure volevo evitare di farlo soffrire per colpa mia?
Molto probabilmente entrambi i motivi mi rendevano restia dal buttarmi in una relazione con lui, ma dovevo crescere.
Essere così titubante e remissiva non era giusto nei miei confronti, ma soprattutto in quelli di Asso.
-Sherry, ti blocchi quando stiamo assieme, ti trattieni il più delle volte e non riesci a fidarti completamente di me, e quello che è successo ieri sera ne è stata la conferma. Non vuol dire che mi hai escluso per caso? –.
“Sherry, ha ragione. Non fare la difficile dove non serve.” suggerì il mio alter ego.
-Asso … se l’ho fatto, era perché non volevo coinvolgerti nei miei casini, non perché non ti voglia bene o non ti desideri. –.
“ ah-ah …” mi indicò il mio io interiore “ … l’hai ammesso che lo desideri, eh?”.
-Io voglio che tu mi coinvolga in qualsiasi tipo di casino tu ti vada a cacciare, ti voglio bene, e voglio proteggerti. – baciò dolcemente le nocche della mia mano.
Certo che aveva ragione.
Ero io la testarda che non voleva mai essere aiutata per paura di apparire troppo debole ai suoi occhi ed essere rifiutata.
Da quando mio padre era morto, le occasioni in cui mi ero sentita protetta e rassicurata erano veramente poche, oppure non ce ne erano mai state.
Sorrisi commossa per le parole di Asso.
Era il primo uomo che mi aveva compreso fino in fondo, meglio di mia madre e di più di mio fratello.
Aveva ragione. Dovevo sciogliermi e abbassare la muraglia che mi ero costruita intorno per non soffrire, anzi, aveva sortito l’effetto contrario, rischiando di farmi allontanare dalla persona più cara che mi fosse mai capitata.
Ace non era come Law, lui era sincero e, da quando mi aveva incontrato, aveva iniziato a rigare dritto, anche se io non volevo ammetterlo.
Dovevo far entrare Asso nella mia vita.
In quel momento, come non mai, ero certa che non mi avrebbe mai lasciato da sola alla prima difficoltà.
-Posso abbracciarti? … per quel che mi è concesso almeno. – lo supplicai con lo sguardo.
-Puoi strapazzarmi quanto vuoi mogliettina. – rise.
Mi abbracciò dolcemente, e rimanemmo così avvinghiati per tanto tempo e …
-Così mi desideri Pulce, eh? – sghignazzò glorioso, rovinando quel momento idilliaco.
-Asso … - lo ripresi.
-D’accordo, sto zitto. -.
 
Mi svegliai sul comodo sedile di Asso.
Avrei tanto voluto stiracchiarmi, ma la spalla non me lo concedeva.
-Ehi dormigliona, ti sei svegliata in tempo vedo. – ridacchiò.
-Siamo già arrivati? – sbadigliai.
-Già … ma forse ho sbagliato a segnare l’indirizzo sul navigatore, siamo difronte a una villa stupenda … anzi, siamo in mezzo a un bordello di ville stupende. -.
Risi: -No, è giusta … questa villa era un regalo della mia bisnonna a mia madre per quando si era sposata. Quelli sì che erano bei tempi per la mia famiglia, poi siamo caduti in rovina. –
-Perdona la mia impertinenza, ma non avete pensato di venderla? Potevate risolvere tutti i vostri problemi.– chinò la testa sul volante annuendo estasiato nei confronti della villa, come se stesse dicendo “Che signora villa, complimenti!”.
-Sì, ma a mia madre dispiaceva. Quindi io e Ben ci siamo dati da fare lavorando un po’ in giro. Io e lui ci siamo incaricati il compito di dividerci le spese, non lei. – spiegai.
-Bhè … i vostri genitori sono stati fortunati ad avervi. –
-Già … ora ti faccio aprire. – gli sorrisi.
Suonai il citofono, e mia madre aprì immediatamente il cancello senza chiedere chi fosse.
Non risalii in macchina, ma guidai Asso verso la rimessa delle auto, niente di meno di una tettoia verde adornata di piante rampicanti cresciute negli anni, assieme a dei boccioli bianchi profumatissimi.
Mi avvicinai a uno di quei fiori per respirarne il profumo, non era passato molto tempo dal mio trasloco, ma sentivo già la mancanza dell’aria di campagna.
-Pulce, sono io a sentirmi fuori luogo in questo momento. – esordì Asso scendendo dall’auto.
Lo presi a braccetto dirigendomi con lui verso l’ingresso: -Non dire cavolate, pochi secondi fa hai parcheggiato una meravigliosa Ferrari in una villa, perché dovresti? -.
Appena arrivammo sotto il porticato di casa, la porta si spalancò e mia madre ci accolse a braccia aperte: -Eccolo qui il mio figlio acquisito! – gridò, facendo saltellare i suoi lunghi capelli biondi e vaporosi in ogni direzione.
Asso rimase a bocca aperta: -È tua madre? –
-Sì … è un personaggio un po’ particolare, ma non ti devi spaventare. -.
Mia madre corse ad abbracciarlo, e senza perdere tempo iniziò a tastargli le braccia: -Però, sei ben piazzato con i muscoli. Sapevo che mia figlia mi avrebbe sorpreso portandomi a casa un pezzo da novanta. -.
“Ma se ha sempre detto che sarei rimasta zitella! Faccia di bronzo!” scalpitò il mio alter ego, mentre io facevo buon viso a cattivo gioco.
-Signora, si lasci fare dei complimenti, io invece capisco da chi ha preso tutto l’armamentario sua figlia. – le guardò ammaliato il seno.
Sgranai gli occhi dandogli uno scappellotto dietro la nuca.
-Ahio … ricambiavo solo il complimento. – si giustificò con il tono di un povero bambino indifeso tratto in inganno.
-Sherry, tratta bene tuo marito! – mi riprese a sua volta mia madre.
Tirai Asso al mio fianco, e ridendo dissi: -Lo tratto bene, ed essendo di mia proprietà non mi faccio tanti problemi a pestarlo quando serve. –
-Non si preoccupi signora, quando faccio arrabbiare Sherry so sempre farmi perdonare. – mi baciò dolcemente la testa.
Mia madre con un sorriso provocante ribatté: -Non ho dubbi al riguardo … - mi ammiccò - … comunque, a puro titolo informativo, Sherry porta una taglia in più della mia. – bisbigliò malandrina.
Lo aveva detto solo perché avevo preso Ace a scappellotti davanti a lei, altrimenti non avrebbe mai fatto un’uscita del genere quell’oca giuliva di mia madre.
-Ma davvero? – domandò Asso compiaciuto studiando attentamente la mia scollatura, guadagnandosi la mia milionesima fulminata.
-Venite cari, vi mostro la stanza. Ace, chiamami pure per Roselin, mi fai sentire vecchia se continui a chiamarmi “signora”. –
-Non esageri, avrà al massimo quarantatré anni. – rispose sicuro di se stesso.
-Oh ma che gentile … - ridacchiò civettuola mia madre - … mi hai alleggerito di quindici anni. -.
Conoscendo l’eccessiva sincerità di Asso, gli tappai subito la bocca con una caramella: -Ecco qui tesoro, la caramella che mi hai chiesto poco fa … - e avvicinandomi a un suo orecchio bisbigliai - … non osare dire niente sulla sua vera età. –.
Lui annuì ancora atterrito: -Non ha neanche una ruga o un capello bianco. – sussurrò atterrito.
-Credo che sia questione di genetica, collagene e tinta … - risposi dandogli quattro pacche sulla spalla.
-Andiamo tesori? Avete tutto il tempo che volete in camera per le vostre smancerie.-.
 
-Questa è la vostra stanza … - mia madre aprì la porta di una camera per gli ospiti sprizzando euforia da ogni singola cellula del suo corpo.
Lo stomaco si attorcigliò su se stesso non appena guardai l’interno.
Asso ed io avremmo dovuto condividere per forza il materasso.
Il letto era in ferro battuto a due piazze, semplice ma soprattutto fine.
Vicino alla porta del balcone si intravedeva una piccola panca in legno di ciliegio, coperta dalle lunghe tende bianche che svolazzavano all’interno della stanza per la solita brezza estiva, fresca e frizzante di Glacier.
Le pareti erano tinteggiate di un bellissimo color giallo dorato, ed eravamo dotati anche di un bagno.
-Bene neosposini, ora potete rilassarvi … la cena verrà servita per le otto, avete più di due ore di tempo per rinfrescarvi. Ciao. – sgusciò fuori dalla camera come una saetta.
Per due minuti abbondanti rimanemmo in silenzio a fissare il letto, fino a quando non decisi di aprire bocca: -Asso, adesso non hai scuse. Devi dormire nel letto con me e non accetto che tu ti metta sul pavimento. –
-Non ho il pigiama, e anche volendo non dormirei mai per terra visto che la villa è fatta tutta in marmo. -.
… Non aveva il pigiama …
Lui aveva appena detto che non aveva il pigiama …
Oddio! Non aveva il pigiama!
“Oh, i suoi caldi addominali contro la mia schiena!” squittì il mio alter ego saltellando, per poi correggersi “volevo dire, che roba indegna … ehm-ehm”.
Adesso che faceva caldo dormiva solo con i boxer, e immaginarlo disteso vicino a me in tutta la sua reale muscolosità, mi fece arrovellare il basso ventre oltre che sgranare gli occhi dalla sorpresa.
-Stai scherzando … devi avere un pigiama … - risi nervosa.
-Mi hai visto le altre mattine, non ricordi? Mi hai pure lanciato in piena faccia un pezzo di pane con burro e marmellata perché ti facevo sentire in soggezione in tutta la mia bellezza greca. – gonfiò il petto orgoglioso.
-Non ho mai detto una cosa del genere! – arrossii.
“Invece sì, ti era scappata questa frase nel bel mezzo del tuo imbarazzo …” annuì il mio alter ego.
-Eccome se l’hai detta, ma eri troppo impegnata a lanciarmi addosso qualsiasi cosa ti capitasse a tiro … nonostante tu non possa muovere un braccio … - sghignazzò.
-Deficiente non ridere!- gli diedi le spalle per non mostrargli il mio rossore.
Mi afferrò dolcemente per i fianchi, sussurrandomi in un orecchio: -Dì la verità, ti emoziona sapere che io questa notte, e per quelle a venire, mi distenderò accanto a te con il mio fisico greco e solo i boxer addosso … sbaglio? -.
Deglutii rumorosamente, deliziandomi nel sentire il suo fiato bollente sul mio collo.
Continuò quel gioco poco innocente passando una mano lungo tutto il mio fianco destro, sapendo che non lo potevo fermare con il braccio.
Allo stesso tempo non riuscii neanche a trovare la forza di tirarmi indietro, mi piaceva troppo il mondo in cui mi toccava.
Chiusi gli occhi non appena le sue labbra sfiorarono il mio collo. Forse quello era stato un gesto involontario, ma il mio corpo lo aveva registrato come uno strano e contorto messaggio erotico, tanto che mi lasciai andare a un sospiro.
- … stai già cedendo, allora è vero che mi desideri … - mi buttò sul letto distendendosi sopra - … non mi dovevo far perdonare? – sussurrò sensuale continuando a soffiare sul collo.
Boccheggiai più volte, e lui aggiunse: - … non eri stata tu a dire poco fa che ti appartenevo? Puoi approfittarne se vuoi. -.
Da quando in qua si permetteva di farmi delle avance del genere?
Lo guardai basita, cosa dovevo rispondergli?
-Ecco … io … -.
Poggiò la fronte sulla mia iniziando a ridere sommessamente, e a quel punto non mi trattenni più dall’ira: -Deficiente, levati … - gli picchiai un braccio con il volto in fiamme.
Afferrò il mio polso portandolo sopra la testa, continuando a sghignazzare: -Oddio, sei troppo forte … - mi guardò dolcemente negli occhi.
Mi rilassai sotto il suo sguardo tenero e scrupoloso, tanto da non accorgermi che mi stava accarezzando una guancia con la sua mano libera, mentre le sue labbra si avvicinavano alle mie.
Ero pronta a scommettere che l’uno stava supplicando l’altro di non reagire nonostante la promessa reciproca che c’eravamo fatti: nessuna relazione fino a quando non fossimo stati totalmente sinceri.
Stavamo per rompere quel patto, quando una strana ringhiata attirò l’attenzione da sopra le nostre teste.
Entrambi guardammo in alto, scovando un ammasso di pelo lungo e bianco a quattro zampe, con una folta coda e le orecchie triangolari: Rambo.
-Ciao Rambo. – sorrisi al mio micione, ma non sembrava tanto contento di rivedermi.
-Non mi sembra molto affettuoso … - sentenziò Asso.
In effetti aveva uno strano sguardo minaccioso …
- … forse non ha gradito la mia assenza prolungata. – azzardai.
-O forse è geloso che io ti tocchi … -.
Sbarrai gli occhi non appena Rambo balzò nella nostra direzione: -Via! – urlai.
Saltammo in piedi a osservare terrorizzati il felino, che ci soffiava da sopra il letto con fare aggressivo e possessivo.
Rambo era tutto bianco, tranne le sue zampette, la coda e le orecchie che erano totalmente nere.
Inoltre, da quando io e mio fratello avevamo visto “Rambo” per tv, avevamo deciso di far indossare al nostro carissimo micetto una bandana rossa attorno al collo … era così dolce!
-Ok, come agiamo? – domandò Asso.
Mi avvicinai al felide per accarezzarlo, ma mi fece arretrare con una sola zampata: -Ehi! … – brontolai, dandogli uno scappellotto sulla testa - … ma sei diventato deficiente? –
-Ti ha colpito? –
-No … prova a toccarlo tu, magari sarai più fortunato … - feci una pernacchia a quella bestiaccia pelosa che aveva appena invaso il nostro letto.
“ nostro letto … non ho più parole, certi pensieri ti vengono talmente spontanei che non so neanche più che cosa dirti, se non: ricordati che è solo una farsa!”.
Lasciai perdere il mio alter ego.
Non capivo che problemi avesse con Asso, o forse ero io quella da ricovero e che sentivo le voci?
-Ma perché è così affettuoso con me? – mi ridestò Ace dai miei ragionamenti.
Rimasi senza parole.
Asso sedeva tranquillamente sul nostro letto con quel piccolo leone mancato sulle sue ginocchia.
Faceva pure le fusa il traditore!
-Giuda!- dissi al mio gatto facendogli una linguaccia, e lui in tutta risposta soffiò minaccioso con tanto di zampata.
-Rambo, è meglio che tu vada al tuo posto … - Ace lo rimise sul letto raggiungendomi con uno strano sorrisetto dolce ma allo stesso tempo imbarazzato - … mi mostri la cucina prima di tutto?- supplicò con le mani giunte.
Avvampai senza alcun motivo, e gli feci cenno con la testa di seguirmi.
 
-Sherry, mi fai un altro panino con il burro di arachidi?-
-Hai finito quasi tutto il pane!-
-Eddài, non ti senti in colpa a far morire il tuo povero maritino di fame?- tornò alle mie spalle cingendomi per la vita, strusciando la sua guancia contro la mia.
-Ti prego … - lisciò le sue mani intorno alla mia vita generandomi dei brividi lungo tutta la schiena.
-È l’ultimo, d’accordo? – presi un altro pezzo di pane per spalmarci sopra il burro di arachidi.
-Sei una mogliettina senza rivali. – mi schioccò un bacio sulla guancia.
-Ci credo, ci vuole una santa a sopportare il tuo stomaco. – ridacchiai.
Le sue labbra raggiunsero il mio orecchio, sussurrando: - … anche questa notte al mio fianco ci dovrà stare una santa per resistere al mio fisico degno di un dio greco, non trovi?-.
Deglutii con la gola secca.
Come faceva a trovare subito quelle risposte pronte?
Nel panino gli misi velocemente la lattuga, il bacon e un … würstel ...
“… oh, il würstel …” annuì imbarazzata il mio alter ego “ … ma a che cavolo mi fai pensare depravata?! Non pensare a lui in boxer!” mi riprese.
-Buon appetito. – squittii cercando di svignarmela dalla sua morsa, ma lui mi tenne ancora stretta a sé.
-Non mi hai riscaldato il würstel. – brontolò.
Mi morsi un labbro cercando di non  pensare a lui in boxer disteso vicino a me.
“Non pensare male, non pensare male, non pensare male …” continuò a ripetere il mio alter ego serrando i pugni e pestando i piedi per terra.
Arrossii brutalmente, tanto che anche Asso se ne accorse.
“Troppo tardi …” batté un palmo sulla fronte il mio io interiore.
-Tutto bene?- alzò un sopracciglio preoccupato.
-Divinamente! Tutto bene … - annuii nervosa pensando alle sue braccia muscolose che mi avrebbero cercato nel letto.
“Se, se … sogna finché puoi bella, ti ripeto che è solo una farsa!”.
Asso fece spallucce, ignaro dei miei pensieri pochi fini.
-Sarà … come va il braccio? Vedo che apri e chiudi spesso la mano. – finalmente aveva cambiato discorso.
-È solo un po’ gonfio, ma non è niente di che … -
-Mmmh … - poggiò il sandwich su un piattino portandoselo appresso - … vieni, hai bisogno di fargli cambiare posizione per drenare i liquidi. -.

Girammo per tutta la casa svariate volte, e quando realizzai che ne ero io la padrona, trovai il coraggio di domandare: -Dove dovremmo andare? –
-In camera, oppure in salotto … dove siamo più vicini?-.
Rimasi a bocca aperta, e con la testa gli feci notare il soggiorno sulla nostra destra.
-Ops … mi ero perso di nuovo.- si grattò la nuca.
- … -.
Non avevo parole.
“E chi ne avrebbe?” Sospirò infastidito il mio alter ego.
 
Un momento dopo mi ritrovai distesa sul divano con il braccio cullato da tutti i cuscini di cui disponevo, finalmente libera dall’imbragatura che portavo da giorni.
-Va meglio? – domandò massaggiandomi con una delicatezza e un tatto eccezionale l’avambraccio.
-Decisamente … - chiusi gli occhi beandomi del suo profumo e della sua voce bassa e sensuale.
“Che cos’ha di sensuale la sua voce in questo momento?” domandò piccata il mio alter ego.
Non sapevo darle neanch’io una risposta precisa, ma era il suo timbro basso, caldo, roco e sicuro di sé a renderlo sensuale.
-Sei bellissima … - sussurrò, avvertendo il calore del suo volto sul mio.
Non aprii gli occhi, non volevo rovinare quel momento, anche se non potevo non pensare che per più di una volta avevamo rischiato di rompere il nostro patto.
-Siete già qui?- sentimmo la voce di mia madre provenire dalle scale che portavano al piano superiore.
L’istinto di alzarmi di scatto fu frenato dalla mano di Portgas che mi tenne incollata al divano:-Avevo un certo languorino e Sherry mi ha preparato un bel panino farcito di tutte le porcherie che avevate nei ripiani della cucina. -.
Mia madre scoppiò a ridere e poi si accorse di me: -Che cosa ci fai qui così?- ci raggiunse scrutandomi.
-Ecco, mi sta facendo fare degli esercizi per il braccio. -.
-Ok … questa notte vado a fare compagnia a Ben, se vuoi, puoi andare questo pomeriggio a trovarlo con il tuo maritino. – gongolò civettuola, ma visibilmente felice per me.
Annuii sentendomi leggermente in colpa: -D’accordo … - non sapeva che la nostra era solo una sceneggiata … come ci sarebbe rimasta quando avrebbe saputo che era tutta una finzione?
-Vi lascio, vado a fare la spesa … - ci guardò con un sorriso malandrino, dirigendosi verso l’ingresso - … dopo rimettere tutto in ordine, non sono più così giovane da poter passare dietro alle vostre briciole con l’aspirapolvere ogni volta che sporcate. -.
Ridacchiai, e guardando Asso ribattei: -La prossima volta, limitati a mangiare solo in cucina, mia madre odia l’aspirapolvere. –
-Perché mai?-
-Allora: la fa sudare, le fa venire il mal di schiena, le spettina i capelli e le alza sempre la gonna del vestito … credo che siano questi i motivi principali del suo astio. –
-D’accordo … - aspettò che mia madre uscisse, e riabbassandomi su di me domandò - … dove eravamo rimasti?-
-Non sei tu il medico?- chiesi ridendo.
-Il medico si era distratto … - guardò bramoso le mie labbra.
Mi avvicinai a lui guardandogli attentamente la bocca, posandogli una mano sulla guancia: -E il nostro accordo?-
-Che cosa vuoi che sia un bacio?-.
“Giusto, che cosa vuoi che sia? … solo la rovina del vostro piano perfetto!” sbraitò il mio io interiore, come sempre d’altronde.
Chiusi gli occhi e aprii di poco la bocca per accoglierlo, ma l’ennesima ringhiata del mio gatto ci scosse dal nostro momento di intimità.
Rambo si era appollaiato sul tavolino del salotto e mi stava fulminando.
-Che vuole? – Asso si scostò da me per salvaguardarsi la schiena.
-Credo che sia geloso di me … - azzardai guardando bieco il felino.
Ace lo richiamò alzandosi in piedi, e Rambo saltò dal tavolino per strusciarsi fra le sue gambe facendo le fusa … forse iniziavo a capire la situazione: -Asso, credo che Rambo abbia un’infatuazione per te. -.
Portgas spalancò gli occhi, e con pedata ben calcolata fece volare Rambo sulla tenda del salotto con un’arcata perfetta.
-Ma sei deficiente? Povera stella gli avrai fatto male!-
-Come può un gatto essere gay?!-
-Poveretto che vuoi che ne sappia lui, prima aveva occhi solo per me! Spera che sia ancora vivo e che non abbia niente di rotto, se no lo stesso trattamento spetta anche a te!- gli urlai.
-Sta meglio di noi due messi assieme, l’ho solo accompagnato in volo! Non l’ho calciato come un pallone … – si imbronciò.
-Accompagnato o no in volo, non tollero questa aggressività nei confronti di un gatto! Poveretti sono indifesi!-.
Sbarrò la bocca indignato: -Quel gatto può sbranarci di notte senza alcun problema! Non è indifeso!-
-Aiutalo a scendere! - lo intimai.
Mio marito ubbidì sbuffando e scuotendo la testa: -Donne … chi vi capisce è bravo … - brontolò.
“Sbaglio, oppure è la prima volta che gli sento dire una battuta maschilista?”.
Appena il bel Rambo gli giunse fra le braccia, iniziò a leccargli il viso grato per il salvataggio, e lui si arrese.
sorrisi vittoriosa mentre Ace sbuffava: -Ecco perché sempre meno giovani si sposano … se voi donne la dovete sempre avere vinta … - protestò.
Ridacchiai divertita dalla scena, non riuscivo a rimanere seria davanti a quel quadretto tenero.
-ah … ah … divertente … - si imbronciò posando le zampette del felino per terra.
-Asso?-
-Che c’è?- domandò svogliato.
-Ti voglio bene. -.
Lo feci sorridere di cuore con quelle poche parole che esprimevano il mio affetto per lui, ma all’improvviso il telefono di casa suonò, riportandoci con i piedi per terra. Portai il braccio al torace, e lo sistemai come meglio potevo con la fascia per andare a rispondere.
Mentre mi accingevo al telefono, Asso giunse da dietro per sistemarmi l’imbragatura: -Grazie. – gli mimai con le labbra.
-Prego. – sorrise baciandomi teneramente una guancia.
Dopo aver visto quella piccola effusione, Rambo si fiondò geloso ai miei piedi per mordermi, guadagnandosi il secondo “accompagnamento in volo” della giornata, facendo canestro nel portaombrelli di rame situato di fianco alla porta del bagno.
Fulminai Asso in cagnesco, e lui alzando gli occhi al cielo lo andò a recuperare.
-Pronto?-
“-Sherry … ti ricordi di me?-” domandò una voce mal camuffata.
-Cheryl? – domandai speranzosa.
“-Indovinato! … -” urlò felice “- … mi hanno riferito che stai vivendo i piaceri dolci e piccanti del matrimonio … -” scherzò assumendo una voce bassa e roca.
Annuii alzando gli occhi al cielo, e dando uno sguardo fugace ad Ace che scappava spaventato dal mio gatto gay, risposi: -Sì, qualcosa del genere … - e Rambo ricette il terzo “accompagnamento in volo” che gli fece percorrere tutto il corridoio in un nano secondo.
A quel gatto sarebbero spuntate le ali un giorno o l’altro.
“-Arrivo subito al dunque Sher, questa sera si recupera il tuo addio al nubilato che non abbiamo festeggiato, con noi ci sarà anche April. Non si accettano “no”, mettiti qualcosa di giovanile e provocante che ci si divertirà questa notte!-”
-Cheryl ho un braccio fuori uso al momento. – cercai di svignarmela.
“-Lo so, ma poco storie bellezza. Questa sera il tuo egregio deretano sculetterà e ci divertiremo a ritmo di musica! Sarai costretta a ballare e a bere qualche alcolico tesoro. Alle otto e mezza saremo da te. Un bacione e preparati!-”
-Cheryl … - aveva già riattaccato.
Uffa, non era affatto cambiata! Quella ragazza era sempre stata un uragano.
Un urlo disperato di Ace mi fece drizzare le orecchie e lo raggiunsi in cucina, trovando lui sopra il tavolo, e il gatto per terra che zampettava seguendo ogni suo passo.
-Il tuo gatto gay ha tentato di stuprarmi!- urlò schifato.
- … Rambo ha tentato di far che cosa? – mi trattenni dal ridere.
-Di stuprarmi! Ha iniziato a strusciarsi sempre più fra le mie gambe, poi si è alzato in piedi per appoggiarsi sulle mie ginocchia e mi ha fatto anche delle avance! -.
Non ce la feci più e mi piegai in due dalle risate: -Ti stava solo chiedendo cibo. E i gatti non sanno fare le avance. – scossi la testa prendendo dal frigo la sua bustina di carne.
-Il tuo gatto gay invece sì. -.
Puntai l’unica mano disponibile sul fianco difendendo l’onore del mio micio: -Asso, il mio gatto non è gay, ma solo opportunista. In te vede un potenziale fornitore di cibo e di coccole, ecco spiegato tutto … vieni a dargli del cibo e vedrai come reagisce. -.
Con estrema diffidenza, Asso scese del tavolo per riempire la ciotola di cibo, seguito a ruota da Rambo, che finalmente poté sfamarsi.
-Visto? Non voleva stuprarti … - continuai a ridere alzando gli occhi al cielo, ma da dove sbucava Ace?
 
Sherry lo rassicurava su suo fratello, ma lui continuava a temere che Rambo fosse solo l’inizio dei suoi incubi peggiori.
-Qualcosa mi dice che non gli piacerò. – confabulò agitato.
Gli sembrava di andare a chiedere realmente la mano di Sherry, e la morsa che gli attanagliava lo stomaco non gli era certo d’aiuto.
Pulce aprì la porta, e rimase a guardare commossa suo fratello sulla soglia per diversi secondi: -Ben ... – le labbra gli tremarono dalla gioia, e lui aprì le braccia per accoglierla.
-Saturn Queen! Il matrimonio ti ha fatto mettere su un po’ di chiletti. – le ammiccò.
L’infermiera ramata si rifugiò fra le sue braccia, poggiando la testa sul suo petto: -Tu sei dimagrito e vedi gli altri più grassi. – ridacchiò.
-Strano, avrei giurato che la vecchia Sherry si sarebbe buttata a capofitto per picchiarmi. – la cullò.
-Non oggi. - si sedette sul letto vicino a lui.
… e infine, Ben posò finalmente gli occhi su di lui.
Da quello che Portgas poteva vedere, il fratello di Sherry era un uomo alto e palestrato. I capelli castano chiari li aveva ereditati dalla madre, così come gli occhi verdi.
-Portgas D. Ace, piacere. – gli porse la mano leggermente impacciato.
Ben gli diede una stretta poderosa: -Perdonami per quello che sto per fare … -.
Asso alzò un sopracciglio curioso, ma Ben lo aveva già strattonato a sé per studiarlo.
Osservò attentamente le sue unghie, una per una.
Gli pizzicò la pelle sul dorso della mano diverse volte annuendo soddisfatto e studiò le sue scarpe apprezzandole: -Belle, devono essere comode. –
-Sono delle semplici scarpe da ginnastica. – rispose il giovane medico, per poi essere strattonato per i capelli.
-Ben!- lo richiamò Sherry.
-Zitta un attimo, sto solo svolgendo il mio lavoro … - gli aprì la bocca per scrutare i denti, e infine osservò attentamente entrambi gli avambracci - … perfetto, Sherry non devi chiedere il divorzio ... – sentenziò felice - … Ace, benvenuto in famiglia. Mi chiamo Ben. – gli diede delle pacche portentose e amichevoli sulla spalla, come se si conoscessero da diversi anni.
Asso sorrise tirato e guardò storto Sherry, aveva ragione ad aver paura di lui.
-Ben, chiedigli scusa. Ti temeva da quando ti ha sentito parlare per telefono. –
-Io non temo nessuno! – brontolò Ace sistemandosi la camicia.
Ben lo scrutò ancora per qualche secondo e sentenziò: -Invece sì che tu mi temi, e credo che tu voglia nascondermi il fatto che eri un Don Giovanni incallito prima di conoscere mia sorella. -.
La piccola Pulce ridacchiò, ricomponendosi in un nano secondo per non farsi beccare da Asso, che ormai aveva assunto una faccia corrucciata.
-Saturn queen, come va il lavoro? Ti trovi bene? –
-Sì, non mi lamento … - lanciò un’occhiata ad Ace, che disperatamente stava cercando di recuperare il suo autocontrollo.
Ben guardò Asso sorridendo: -Oh, lo credo bene … hai scelto un ottimo body guard, quando finirà la vostra messa in scena?-.
Entrambi rimasero in silenzio e si guardarono negli occhi, domandando in coro: -Messa in scena? -.
Ben annuì, portandosi entrambe le mani dietro la nuca: -Non l’ho detto a nessuno, ma sono certo che sia una messa in scena. Quando ti hanno aggredita Sher?- domandò assottigliando gli occhi.
-Aggredita? – Pulce cercò di sembrare meravigliata, senza riuscire a convincere il poliziotto che aveva davanti.
-Tu detesti portare indumenti con il collo alto, e perché mai dovresti mettere un foulard stile anni cinquanta? Per il freddo di Glacier? Lo dubito visto che giri in canottiera. Inoltre quando te lo sei allacciato non dovevi esserti pulita bene le mani dal fondotinta, i bordi sono tutti imbrattati dalle tue dita, ti consiglio di rivalutare la tonalità del prodotto data la tua carnagione chiara, si vede lontano un miglio che lo hai applicato sul collo … almeno per un occhio esperto ed allenato come il mio. Fammi vedere il livido per piacere … -.
Ace rimase atterrito, e restò ancor più meravigliato nel vedere l’espressione sbigottita e meravigliata di Sherry mentre si rialzava in piedi.
-Per quanto riguarda te Ace, anche un cieco noterebbe quanto tu le voglia bene e come ti stia trattenendo dal saltarle addosso. Mi stai simpatico, e ti ringrazio per quello che stai facendo. So che per te è difficile starle vicino e rispettarla come un semplice amico. Grazie. –
-Prego … - mugugnò il moro grattandosi la nuca.
Asso osservò le dita tremanti di Pulce mentre lavoravano sul foulard, fino a quando lo slacciarono; odiava vedere quel livido, gli faceva crescere un’insolita rabbia ogni volta che lo guardava.
-È un livido fresco, direi che ti hanno aggredito massimo quattro giorni fa … cosa ti hanno detto?-.
Pulce lo guardò storto, e sbuffando ribatté: -Che devi riposare, ora ci penso io. –
-Sherry, non fare la voce grossa con me. – si alterò, attirando l’attenzione di un’inserviente che doveva entrare a pulire la stanza, ma appena la donna osservò l’espressione dura del paziente, decise che era meglio proseguire con le pulizie delle altre camere.
-Ben, non insistere. Non mi scucirai una parola di più. Pensa a riposarti e a rimetterti in sesto.- .
Nel momento in cui Ben stava per risponderle, Ace decise di intromettersi per difendere la compagna stringendola a sé: -Ben, lascia fare a noi, risolveremo questa questione una volta per tutte. -.
I ragazzi si guardarono negli occhi per un lungo minuto, mentre la piccola Sherry tremava tra le braccia del suo protettore.
-Mi sembri un uomo di parola … posso fidarmi?-
-Se non dovessi riuscire a proteggere Pulce, volevo dire, Sherry, sparirò dalle vostre vite, promesso. -.
Ben gli porse la mano, e Ace la strinse: -Affare fatto, mi fido di te. -.
Pulce fece spallucce e cambiò totalmente discorso: -Come fai a sapere delle nostre avventure in reparto?-.
Asso la guardò curioso, per poi osservare Ben che sorrideva beffardo: -Quella peste di Atena … anche se mi ha fregato per bene una volta, siamo rimasti ottimi amici. -.
Ace cominciò a ridere: -Hai avuto l’onore di conoscerla nei suoi tempi migliori, eh? –
-Anche tu?- domandò speranzoso.
-No, mi ha sempre rifiutato. – rise stringendo più forte Sherry, resa sempre più confusa dai loro scambi di battute.
-Peccato, mi avrebbe fatto piacere avere in famiglia qualcuno con cui condividere la medesima delusione. -.
Sherry osservò i due uomini ridere come degli scemi, ignara delle loro allusioni: -Scusate, ma chi è Atena?-.
 
Alle otto e mezza ero pronta davanti alla porta di casa ad aspettare Cheryl e April, ma sapevo perfettamente che non sarebbero mai arrivate in tempo.
Mi sedetti su una sedia in ferro battuto che adornava il giardino, e alzai la testa per rimirare le stelle.
Quella scia di minuscole luci brillanti e la brezza di Glacier mi rilassarono. Sentii i muscoli sciogliersi e per un attimo mi dimenticai della farsa con Asso e del mio debito con Pikachu … era come se fossi tornata a essere la Sherry studentessa delle superiori.
-Ti dona quell’abito viola, stai benissimo con quel colore e si intona perfettamente al grigio dei tuoi occhi. -.
Voltai la testa in direzione di mio marito: -Grazie. – sorrisi.
-Dovere di marito. – ammiccò baciandomi la fronte.
Si sedette difronte a me con una bottiglia di birra in mano: -Posso aspettarti qui fuori? Quando sono dentro casa, sento gli occhi del tuo gatto puntati sulla mia schiena e non mi alletta l’idea di dargli le spalle. – trangugiò un lungo sorso della sua bevanda ambrata.
-Non ti farà niente … - sorrisi iniziando a lisciarmi i capelli raccolti in una lunga coda a cavallo.
-Sicura? Gli animali non sanno trattenere i loro istinti primordiali.-
-Perché, tu li sai trattenere con me? – domandai, ridendo della sua espressione esterrefatta.
-Un punto per te, Miss Sterling. – alzò la bottiglietta.
-Mrs Portgas. – lo corressi con un piccolo sorriso timido.
-Hai ragione, Mrs. Portgas. –.
Stava studiando le mie gambe illuminate dai raggi lunari, e i suoi occhi continuarono a percorrerle arrivando all’orlo del vestito, per poi non spostarsi più da lì.
Mi risistemai la veste per la soggezione e lui deglutì a fatica, fissandomi infine negli occhi: -Non farti avvicinare da nessuno, sei troppo bella così. Soprattutto con quei tacchi a spillo, saresti il sogno erotico di qualsiasi uomo questa sera. -.
Mi alzai per andare a sedermi sulle sue gambe, e appoggiando la testa nell’incavo del suo collo ribattei: -Ma per fortuna io sono sempre nei tuoi sogni da quando mi hai incontrata, sbaglio?- risi.
Cercò di deglutire di nuovo, senza riuscirci: -Pam mi ha raccontato di quando ti eri addormentato nel tuo ufficio, e mi ha anche raccontato delle frasi sconnesse che hai pronunciato su di me. Rideva ricordando le scenette che Izou e Marco avevano fatto per imitarti ... -.
-Wow … - rise imbarazzato - … non hai più peli sulla lingua ultimamente. -.
-Credo che sia normale. Condividiamo lo stesso tetto da quattro giorni e non vedo altri che te. – gli baciai una guancia.
-Sherry … - sospirò serio.
-Sì?- alzai la testa per guardarlo meglio.
-Vedi, mio padre … -.
Mi stava per confessare qualcosa, quando il suono di un clacson ci ridestò.
Per la sorpresa saltai in piedi con Asso concitata dallo spavento, come se fossi stata colta in flagrante nel bel mezzo di una marachella: -Deve essere Cheryl, mi tocca andare … divertiti senza di me. – gli ammiccai.
-Sarà un po’ dura, data la presenza del tuo gatto gay in casa. – rise.
-Ciao. – gli diedi un bacio a stampo sulle labbra, e lui rimase immobile con una mano nei jeans e l’altra occupata a reggere la bottiglia, sorrideva divertito e sorpreso.
-A dopo Pulce. -.
 
Bibi correva per le scale del municipio con il fiatone e la sua ventiquattro ore in pura pelle italiana in mano, non aveva mantenuto una promessa.
La sera che era uscita dall’appartamento di Ace non era andata a depositare  il falso certificato di matrimonio nell’archivio come promesso, ma aveva pensato bene di uscire a divertirsi con Kosa, rimandando il tutto al mattino seguente.
-Sono in ritardo come il Bianconiglio … - sussurrò affannata in cima a una scalinata, piegandosi sulle ginocchia per riprendere fiato.
Pochi secondi dopo, un signore uscì di corsa da un ufficio e la urtò, facendo volare la sua valigetta per le scale.
-Le chiedo scusa signorina … -
-Non si preoccupi, non è successo niente … - osservò rammaricata tutti i fogli che volavano per le scale, ma la sua espressione si indurì non appena vide una figura alta e muscolosa comparire ai piedi delle scale: -Ma tu che ci fai qui?!- urlò impanicata.
-Buongiorno anche a te Bibi, anch’io sono felice di rivederti figlia mia … - esordì Cobra guardando la pioggia di fogli depositarsi ai suoi piedi - … lascia che ti aiuti … - si inginocchiò il sindaco.
La schiena di Bibì iniziò a sudare freddo.
Sapeva che qualcosa di brutto e inaspettato stava per accadere, e ripensò subito ad Ace.
-Non serve papà … -
-Oh, guarda un po’ te … una coppia ha deciso di sposarsi mentre ero via … stavi per mettermi il documento sulla scrivania? –
- … ecco, io … -
-Sì o no? – chiese Cobra recuperando una penna dalla tasca della sua giacca.
-Sì … sì, avevo chiesto loro se potevano aspettare il tuo rientro, ma non sono riusciti … - rispose con le lacrime agli occhi, mentre assisteva all’ufficializzazione del matrimonio di Ace e Sherry dal vivo.
-Perfetto, appena posso li andrò a trovare per congratularmi con loro. -.

Buonasera ^w^
è da secoli che non aggiorno, ne sono consapevole e chiedo scusa a tutti coloro che attendevano il mio imminente aggiornamento *^* purtroppo sono stata molto impegnata e il tempo di mettermi davanti al computer era veramente poco, spero che in futuro le cose migliorino ^^"
Che cosa ve ne pare del capitolo?
L'ho letto e strariletto, e ormai ripetevo tutto come una cantilena XD spero di non aver disseminato troppi orrori nel corso d'opera in caso sappiate che mi correggerò nei prossimi giorni ;3
Che cosa ve ne pare del rapporto che si sta creando tra Sherry e Ace?
Ace sembra essere di sicuro di quello che prova nei confronti di Sherry, mentre Pulce sembra aver paura ad ammettere quello che prova per lui. Voi che dite? ^^
Che ne pensate di Bibi, Ben e Roselin? xD
Ok, la smetto U.U
Spero che il capitolo vi sia piaciuto.
Un bacione e a presto con "Atena".
Un bacionissimo con abbraccio!
Sherry=^w^=

Questa storia non è stata scritta a scopro di lucro ed eccezion fatta per i personaggi di mia invenzione (Sherry e Pam ©), gli altri non mi appartengono e sono stati usati nel rispetto dei relativi copyright, ma la trama nella quale agiscono è di mia invenzione ©
 

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Capitolo 12
*** Tra i fumi dell'alcool e le palme sradicate ***


Capitolo12
Tornai a casa dalla festa, ed ero distrutta.
La testa mi girava e c’erano stati dei momenti in cui avevo seriamente temuto di non essere stata me stessa.
Traballante mi avvicinai alla porta d’ingresso, mi voltai a salutare April e l’altra amica di cui non mi ricordavo il nome, ma caddi rovinosamente all’indietro.
Scoppiai a ridere senza alcun ritegno e alcun controllo, non riuscivo più a fermarmi.
Appena riaprii gli occhi dopo essermi asciugata le lacrime, trovai Marco ad attendermi sulla porta.
-Marco?- domandai esausta, ma lui non rispose, rimase a fissarmi negli occhi con il suo solito cipiglio serio.
Mi alzai in piedi a fatica, tanto che dovetti fare leva sui polsi per portarmi davanti a lui … me lo ricordavo più alto …
-Vieni dentro … hic … Ace sarà felice di rivederti … - ghignai, ma lui rimase sempre impassibile.
Sembrava un pezzo di marmo, e avevo anche l’impressione che non stesse respirando.
-Fa come vuoi … - gli sventolai una mano in faccia, e mi posi una domanda: gli astronauti erano in grado di vederci dalla luna?
Perché davamo per scontato che non ci vedessero?
Mi rivolsi alla luna ridendo, meglio, piegandomi letteralmente in due dalle risate e salutai tutti gli astronauti a gran voce: -Ciao! … ciao!- ma non tornò alcuna risposta indietro, che maleducati.
Tirai le chiavi di casa fuori dalla borsa e le vidi volare sui miei piedi: -Miseriaccia … - mi piegai a raccoglierle, ma scontrai la mia fronte contro la porta e colsi anche quell’occasione per ridere a crepapelle.
Guardai nuovamente Marco, ma lui continuava a rimanere serio davanti a me.
Io sarei scoppiata a ridere nel vedere una scena del genere, ma a quanto pareva non avevamo gli stessi gusti: -Ma non ridi mai?- borbottai.
Dopo svariati e alquanto disastrosi tentativi, riuscii a girare la chiave nella toppa della serratura ed entrai in casa, portando con me Marco naturalmente, Ace sarebbe stato felice di rivederlo.
Mentre ero ancora sul tappeto d’ingresso, lanciai le scarpe in giro e una strana soffiata furiosa mi fece saltellare sul posto … che ci fosse un leone in casa?
Feci spallucce e incominciai di nuovo a ridere, tutti noi dovevamo morire per qualcosa, giusto?
-Che diamine succede qui dentro?! -.
Mi voltai ed ebbi una visione divina: Ace stava scendendo le scale con solo i boxer addosso.
-Buonasera, cowboy … - risi senza ritegno, rischiando di cappottarmi in avanti.
-Che ci fai qui con quel coso in mano?- domandò preoccupato.
-Come sarebbe a dire “coso”? … - e le risate presero di nuovo il sopravvento - … lui è Marco, non lo riconosci?-.
Fece una faccia sconcertata: -Sei ubriaca?-
-Ma sentilo … - risi per l’ennesima volta - … non riconosci Marco?-.
Era senza parole il bel fustacchione del mio Asso, e indicando Marco al mio fianco rispose: -Riconosco solo che quella cosa lì è una palma d’appartamento … sicura che vada tutto bene?-.
Mi buttai fra le sue braccia: -Certo che va tutto bene … ci sei tu, ci sono io e ti amo. Cosa non dovrebbe andare?-
Era arrossito: -Credo che tu non stia bene … guardati le unghie, hai sradicato la pianta per portarla in casa e stai dicendo cose che non hanno alcun senso … -.
Lo zittii baciandolo: -Ti amo, non mi hai sentito?-
Stava boccheggiando imbarazzato: -Sei ubriaca … - balbettò.
-Anche tu mi ami, lo so … - gli rialzai la testa con l’indice per poterlo guardare negli occhi.
-È meglio riaffrontare questo discorso da sobri … - pendeva dalle mie labbra nel vero senso della parola, non faceva altro che fissarle.
-Sei tu quello strano … vedi di trovare un posto per Marco, non vorrai lasciarlo lì in piedi per tutta la notte … - mi staccai da lui per mettermi sul divano, ma mi sedetti su qualcosa di morbido e caldo che iniziò a soffiare senza alcun ritegno.
-Che cos’è questa roba a quattro zampe pelosa e aggressiva? – presi l’oggetto del mio interesse per la collottola, tenendolo distante da me mentre cercava di linciarmi la faccia.
Di sicuro era un alieno che voleva svaligiare le case di noi umani perché disturbati dai nostri astronauti sulla luna … vendicativi i marziani, vero?
Lo lanciai dietro di me come se fosse stato un calzino, ma Asso lo prese al volo … ne ero certa perché non avevo udito alcun rumore strano alle mie spalle, o forse il marziano si era dematerializzato in chissà quale dimensione ... mah …
-Sherry, è Rambo!- urlò Asso sventolandomi quella palla pelosa davanti al volto.
-Mi ricorda qualcosa questo nome … ma non so che cosa di preciso … - iniziai a rimuginare, invano.
-Il tuo gatto gay!- urlò furioso lanciandolo da qualche parte.
Il gatto in volo miagolò, e dopo aver udito qualcosa di vetro rompersi seguì una lunga e potente soffiata.
Ace si portò davanti a me con uno sguardo minaccioso, sembrava incazzato: -Dove hai messo la fascia per la tua spalla?-
Alzai gli occhi al cielo: - … non so … questa sera sento di essere stata un po’ diversa dal solito … mi sono sentita più libera e viva … - spiegai.
Il sonno stava per iniziare a bussare ai miei occhi, questo discorso era tremendamente serio e poco divertente.
-Ma ti senti come puzzi di alcol? – domandò indignato.
-Ma ti senti che sembri mio padre quando parli? – scoppiai a ridere grugnendo, non mi era mai successo prima, e così risi e grugnii ancor più forte.
-Sherry, va a farti una doccia e fila a dormire. – m’intimò prendendo in braccio il gatto soffiante ... fra i due c’era uno strano rapporto di odio e amore.
Mi rialzai in piedi traballante: -Non sei mio padre … - lo guardai glaciale, stava iniziando a starmi sulle scatole il signorino.
Da quando aveva deciso di iniziare a fare il bravo ragazzo?
-Sherry, sei sotto la mia custodia adesso … -
-Ma chiudi il becco … - gli sventolai una mano davanti al viso, cercando di ricordami dove fosse il bagno - … sai dove si trova il bagno in questo castello?- domandai ribaltandomi sul tappeto.
Appena mi rialzai, mi strattonò per un braccio lungo una rampa di scale portandomi in camera: -Il bagno è dietro quella porta … ma Sherry! Dio santo quello è l’armadio! Mi riferivo alla porta accanto!-.
Non riuscivo a capire se stesse ringhiando o se si stesse trattenendo dal ridere.
-Scusa, scusa … non serve arrabbiarsi … - andai a sbattere contro una parete del muro, accidenti.
-È la prima volta che ti sbronzi? – domandò guidandomi in bagno.
-Cosa? La prima volta che mi abbronzo? – lo guardai scettica, e lui sorrise.
-Sì Sherry, e temo anche che ti sia entrato un raggio di sole in testa da come ti stai comportando. -.
-Oh santo cielo, è grave? – domandai preoccupata portandomi una mano alla bocca.
Scoppiò a ridere di gusto: -Sì Sherry, hai due mesi di vita. –
-Oh no … - stavo per scoppiare a piangere, ma Asso mi spettinò i capelli.
-Scherzavo ciliegia ubriaca. Lavati adesso, ti aspetto a letto. -.
 
-Sherry, Sherry svegliati. Ti congelerai se non vieni fuori dalla vasca … -
-Shh … sto dormendo così bene qui, l’acqua è calda … -
-Sì, era calda un’ora fa … alzati Sherry, non voglio tirarti fuori a forza, so perfettamente che dopo mi picchieresti. -.
Riaprii gli occhi per un momento e poi li richiusi: -Deficiente, sono senza vestiti … -
-Appunto, dammi una mano per favore. Se no domani mattina penserai male di me. -.
Gli cinsi il collo con le braccia e qualcosa di caldo e morbido mi avvolse il corpo: -Non sto guardando … - disse con voce tremante.
Lo guardai in faccia e vidi che aveva gli occhi perfettamente chiusi mentre mi copriva con un asciugamano grande.
-Tutto bene? Ti gira la testa? – domandò fissandomi negli occhi.
-Bhè … quella gira sempre quando ti vedo. – risposi, e poi analizzai quello che avevo appena detto - … oh merda, scusami. – mi colpii la fronte con il palmo di una mano.
-Non importa … - sorrise - … in vino veritas. -.
Le braccia di Asso passarono delicatamente dietro le mie ginocchia e mi prese in braccio: -Oh, come due sposini … - sorrisi poggiando la testa nell’incavo del suo collo.
Cavolo, avevo di nuovo parlato a sproposito.
Mi adagiò delicatamente sul letto e mi porse un bicchiere contenente qualcosa di effervescente.
-Aspirina. – disse sedendosi al mio fianco - … sei divertente da ubriaca. – mi circondò le spalle con un suo braccio per riscaldarmi.
-Fanculo. – risposi ingoiando l’ultimo sorso di quella medicina amara porgendogli il bicchiere vuoto.
-Molto fine … - annuì leggermente scioccato - … finché sarai sotto l’effetto dell’alcol sei protetta dalla ramanzina che ti devo fare. –
-Che cosa devo ramazzare? Certo che parli strano questa sera … -
-Sherry, sono le quattro del mattino ed io non ho ancora chiuso occhio a differenza tua.- ribatté leggermente inacidito.
-Hai dato una sistemazione a Marco?- chiesi.
-Sì, l’ho rimesso in giardino. E se devo essere più preciso, l’ho risistemato nel buco da cui lo avevi dissotterrato. –
-Ma quale dissotterrare e dissotterrare … lui è ancora vivo … - misi la testa sul suo petto.
-Lo spero … ti sei divertita ieri sera?-
-E chi se lo ricorda … - sbuffai accoccolandomi meglio al suo fianco.
-Ottimo inizio … che fine ha fatto l’arnese che ti bloccava la spalla? –
- … se non sbaglio, l’ho usato come lenza da pesca in un fiumiciattolo qui vicino, c’era un’enorme trota che mi stava facendo la ramanzina per come mi ero comportata, ed io la volevo pescare per mangiarla … -
-Una trota che ti voleva fare la ramanzina … - ripeté atono.
-Già, ma alla fine era solo April, e solo quando ho lanciato la mia lenza in acqua mi sono resa conto di aver lanciato la mia fascia. -.
Il petto di Asso iniziò a sussultare, e quando alzai la testa lo vidi ridere: -Mi dispiace che tu non sia riuscita a mangiare la tua trota … -
-Anche a me … Asso, posso farti una domanda su tuo padre?-.
Si irrigidì, e con tono infelice rispose: -Sì. -.
-Tuo padre, è Gold D. Roger?- domandai del tutto disinvolta.
Sarà stato l’alcol, oppure il fatto che studiavo il suo volto quando osservava quel politico in tv, ma sul suo viso potevo scorgere i caratteri dominanti di quel Roger.
-Come hai fatto a scoprirlo? È stato Ben?- sospirò infastidito.
-Ma quale Ben d’Egitto … quando mandano in onda quel parlamentare per tv, ho studiato attentamente il tuo volto e il suo, avete gli stessi caratteri dominanti e il tuo corpo parla da solo. -.
Asso accarezzò i miei capelli stringendomi forte: -Sei uno Sherlock Holmes al femminile, non ti credevo così perspicace. –
-Deficiente. – risposi leggermente irritata - … mi racconti che cosa è successo?-
- … non so bene nemmeno io che cosa sia successo … ma da quello che ho capito, mio padre aveva una storia clandestina con mia madre e per evitare scandali ci ha abbandonati. Così sta continuando la sua carriera politica. –
-E tua madre come sta adesso?-
- … Sherry, Newgate mi ha adottato … lei è morta di parto. -.
Non dissi nulla, mi limitai solo a stringerlo più forte e ad accoccolarmi meglio su di lui: -Mi dispiace … - sospirai chiudendo gli occhi.
Mi accarezzò i capelli come se fossero il manto morbido di Rambo, e sospirò: -Capita … ti va di raccontarmi qualcosa di tuo padre? -.
Arricciai le labbra pensando a come gli avrei dovuto spiegare il tutto: -È morto l’antivigilia del Natale di quattro anni fa … ha avuto un infarto. –
-Che lavoro faceva? –
-Era un cuoco, un tempo gli affari andavano a gonfie vele … lo stress del debito che doveva pagare mensilmente a Kizaru ha contribuito alla sua morte. –
-Perché si era rivolto a Kizaru? Non eravate una famiglia benestante?-
-Sì, ma mio nonno non ha mai accettato il fatto che mia madre avesse sposato un uomo qualsiasi, eccezion fatta per mia nonna. Quando c’era ancora lei in vita, mio nonno era presente nelle nostre vite e cercava di trattare mio padre alla pari… -
-E poi?-.
Strinsi Asso respirando il suo profumo: - … alla morte di mia nonna ha diseredato mia madre, mio padre è andato in rovina per un ristorante che era stato aperto difronte a lui ed eccoci qui. Io devo sanare il debito e mia madre non sa niente di tutta questa storia. –.
Asso si tirò su sui gomiti, ed io alzai la testa per guardarlo negli occhi: -Tua madre non sa di Kizaru e del debito?-
-No, sa solo che non abbiamo soldi … questa è la mia storia Asso. -.
Ace si distese su un fianco prendendomi sotto la sua ala: -Pulce … perché ci abbiamo messo così tanto tempo a confidarci?-
-Perché non avevo ancora alzato il gomito? – risi.
Asso mi alzò il mento e cominciò a baciarmi: -Ti ricordi quelle due parole che mi hai detto sulla porta d’ingresso quando sei entrata? -.
Provai a spremermi le meningi per ricordare, ma nulla: -No, scusa … -
-Non importa … ora possiamo rompere il patto che avevamo fatto sul non metterci assieme?-.
Annui entusiasta e incominciai a baciarlo.
Tutto questo mi era mancato tantissimo.
 
Mi svegliai con un gran mal di testa, e tenendomi stretta l’asciugamano sgusciai dal letto per vestirmi e andare a fare colazione.
Quando scesi le scale, trovai Asso che correva per tutta la casa tenendo il cellulare in alto.
-Buongiorno Pulce. – ammiccò continuando a correre.
-Giorno … - massaggiai il capo dirigendomi in cucina, avrei pensato dopo a lui, non sapevo neanche fare due più due in quelle condizioni.
-Cefalea, nausea … qualcosa mi dice che ieri sera ti eri sbronzata, anzi, abbronzata per bene, sbaglio?- rise felice.
-Ma che simpaticone, che cosa stai facendo? – sussurrai sedendomi su una sedia.
Giungendo da dietro mi baciò una guancia: -Sto cercando di ascoltare la segreteria telefonica, a quanto pare c’è un messaggio ma non riesco ad ascoltarlo … -
-Vai in terrazza … - con una mano indicai una direzione, ma Asso mi corresse.
-Sherry, stai indicando l’angolo delle ciotole di Rambo … -
-Scusami, intendevo dall’altra parte. – agitai la mano in aria.
Asso rise e mi scompigliò i capelli con una mano, come se non fossero già imbrigliati di loro, e andò sulla veranda.
Nel frattempo mi rialzai e riempii una tazza di caffè, molto caffè, ne avevo davvero bisogno.
-Che strano … - esordì Asso rientrando - … Bibi mi ha lasciato un messaggio urgente, e mentre spiegava il tutto ha riattaccato in fretta la cornetta … non ci ho capito un bel niente. –.
Feci spallucce massaggiandomi la fronte: -Basta che non ci siano problemi con il tuo perfido piano … - ridacchiai, solo a lui poteva venire in mente un’idea del genere: sposarci per finta.
-Quanto hai bevuto ieri sera? – domandò.
- … mmh … due Midori sicuri, tre Mojito, tre Bloody Mary e poi non ricordo … credo di non aver mai bevuto così tanto in vita mia. – sbuffai disgustata.
-Così hai deciso di recuperare tutto ieri sera? – rise abbracciandomi.
-Forse … - poggiai la tazza vicino ai fornelli e accarezzai il viso di Asso.
-Non ti ricordi proprio niente di quello che mi avevi detto appena sei entrata in casa?-
-No, mi ricordo solo da quando mi hai tirata fuori dalla vasca in poi … era una cosa orribile? – chiesi con grande timore.
Lui scosse il capo ammirando le mie labbra: -No. -.
Il mio povero cuoricino aveva iniziato a correre come un matto, mi era mancata questa vicinanza a lui.
-Baciami. – gli ordinai.
Lui non disse niente.
Mi prese in braccio ed io gli legai le gambe intorno ai fianchi, continuando a guardarlo negli occhi.
Le sue iridi scure erano magnetiche, ci si perdeva subito in loro.
Nel momento in cui avvicinai il mio volto al suo, iniziai a tremare. Era come se stessi per dargli il mio primo bacio, ma solo quando le nostre labbra si congiunsero mi quietai.
-Hai paura di me? – chiese Ace ridendo.
-No, non di te … - risi di rimando mentre gli accarezzavo i capelli.
-E di che cosa allora?-
- … del mio affetto per te. – sussurrai titubante.
Sulle sue labbra si distese un sorriso dolce: -Non sei l’unica a trovarsi in quella situazione. –
-Davvero? – domandai curiosa.
Annuì guardandomi con venerazione.
-Se la metti anche tu così … che ne dici di provare una terapia d’urto? – domandai arrossendo come una ladra.
-Pulce, credo di avere una brutta influenza su di te … - ridacchiò Ace baciandomi il collo.
-Ti dispiace per caso? – domandai sarcastica.
-Assolutamente no. -.
Cinsi più forte le gambe attorno a lui, e le nostre lingue incominciarono una danza frenetica.
Nel giro di pochi secondi la cucina si riempì di piccoli gemiti per le nostre docili torture, ed io pregai il cielo che non finissero più.
Asso mi spinse con la schiena contro il frigorifero sbottonandomi la camicetta, mentre le sue mani focose iniziarono a lambirmi tutto il corpo.
Il modo e il tatto con il quale faceva scorrere le sue dita sulle mie coste e sul mio ventre mi mandavano in visibilio.
Un suo sospiro di impazienza attirò la mia attenzione: - … questo arnese si apre anche sul davanti? – .
Ero talmente fusa che non ricordavo più il tipo di biancheria che indossavo.
Mentre le sue labbra continuavano a lavorare sul mio collo, diedi un’occhiata al tipo reggiseno e risposi con un “sì” molto secco.
Lui incominciò subito ad armeggiare con le mani, invano: -Miseria, non si apre questo coso … - brontolò.
-Se vuoi ci penso io. – scoppiai a ridere, era divertente vedere come si stava scervellando per liberarmi da quel tessuto pieno di merletti.
Da quando Asso aveva brontolato sul tipo di biancheria che usavo, avevo deciso di fare piazza pulita di tutto e ora ne stava pagando le conseguenze.
-No, non te lo permetto … - mi ammonì riappropriandosi delle mie labbra.
Quell’uomo stava diventando una droga vitale, non riuscivo più a pensare di poter passare una sola giornata senza averlo al mio fianco.
Presi i lembi inferiori della sua t-shirt grigia e gliela levai in un solo gesto.
Mi soffermai a guardare i suoi pettorali, e feci scorrere le mani su di loro godendo di quel contatto caldo.
Ace non disse nulla, si stava limitando a sistemarmi i capelli e a baciarmi la fronte.
-Ti ho pietrificato con la mia bellezza? – domandò canzonatorio.
-No, sono io che ti ho pietrificato con la mia. – ribattei con un piccolo sorriso.
Rimase a fissarmi negli occhi, e accarezzandomi il volto con una mano annuì: -Devo ammettere che hai ragione. Fino ad ora nessuna donna mi aveva mai stregato, ma tu ci sei riuscita. -.
Riflettei attentamente sul significato di quelle parole. Anche se stavamo scherzando, la mia battuta su di lui era veritiera.
Avevo conosciuto Ace che era un Don Giovanni incallito, ma da quando avevamo iniziato a pizzicarci a vicenda, lui non aveva più condotto la vita da donnaiolo di prima, era sempre rimasto al mio fianco.
Guardai attentamente le sue labbra increspate in un sorriso birbante, e tornammo a baciarci con foga.
Ormai la ragione l’avevamo persa e volevamo solo assecondare il piacere della carne, fino a quando non udimmo la porta di ingresso aprirsi.
Entrambi stavamo ansimando in preda all’eccitazione, ma c’era un piccolo dettaglio di cui non avevamo tenuto conto: Roselin.
La porta si richiuse con un gran eco, e Asso decise che era il caso di riabbottonarmi la camicia e di ricomporsi il più velocemente possibile: -Forse, dovresti scendere da me … - ridacchiò strusciando la fronte contro la mia.
-Già, ma non ne avrei voglia … - sbuffai eseguendo gli ordini.
Anche lui stava trattenendo il fiatone a fatica come me, ma non si perse d’animo.
Riprese la maglietta da terra e se la infilò in un batter d’occhio.
-Sherry, sei sveglia?- domandò mia madre dall’ingresso.
-Sono in cucina … - mi riappropriai della tazza di caffè cercando di apparire il più possibile normale.
Roselin varcò la soglia della stanza con una strana espressione in volto: -Qualcuno mi può spiegare che cosa è successo al mio giardino?-.
Sgranai gli occhi concentrandomi sul mio amatissimo caffè mattutino.
-C’è qualcosa di diverso rispetto al solito? – domandò Asso facendo il finto sorpreso.
-Certo … lasciando stare le diverse palme da appartamento sradicate, Sherry … - mia madre mi studiò con un volto molto preoccupato - … perché hai gettato il tuo bel vestitino viola e la tua biancheria fuori dalla finestra? -.
Fui io ad assumere un’espressione sconvolta: -Come? –
-Vai fuori a vedere … - mi indicò la finestra che dava sul giardino dietro casa nostra.
Mi precipitai con Asso a guardare il disastro che avevo combinato nel pieno della mia sbronza, e rimasi a bocca aperta.
Non avevo sradicato una sola palma da appartamento, bensì cinque!
La cosa più inquietante era che le avevo allineate sulla porta di servizio … perché lo avevo fatto?
Inoltre il mio povero vestito giaceva assieme alla mia biancheria nel bel mezzo del giardino.
Asso rideva come un dannato alle mie spalle: -Guarda un po’, nel tuo cassetto tieni pure delle lingerie forti … però, io prediligo quella con i micetti … -.
Gli diedi una piccola gomitata sullo stomaco, ma lui non fece una piega, anzi, mi aveva circondato i fianchi con le sue braccia muscolose e mi stava baciando teneramente la testa.
-Volevi far entrare i cloni di “Marco” dal retro?- chiese ridendo.
-Non lo so … - risposi confusa.
-I vestiti? Che cosa ti avevano fatto?-
-Credo di aver confuso la finestra per l’armadio … -.
Asso rise e aggiunse: -Penso che tu abbia ragione … all’inizio avevi confuso l’armadio per il bagno. -.
Chiusi gli occhi e inspirai a fondo.
Mi stavo chiedendo se avessi commesso altre cose bizzarre come questa.
-Sherry, ho una bella notizia da darti … - disse mia madre sorridendo - … manderanno Ben a casa domani … - …
… mia madre era una pessima bugiarda, le si leggeva negli occhi che c’era dell’altro.
-che problemi ci sono? – chiesi titubante.
Asso comprese che non era più il momento di scherzare, e chinando la testa sussurrò: -Forse è meglio che io vi lasci da sole. -.
Roselin non disse niente, probabilmente neanche lei sapeva come iniziare il discorso, ma io non me la sentivo di rimanere da sola.
Afferrai saldamente Asso per una mano e lo trascinai al mio fianco, in fin dei conti era mio marito, giusto?
Mia madre fissò le nostre mani, e sorrise intenerita con le lacrime agli occhi: -Sherry, non so come dirtelo … -.
Le labbra le tremavano e gli occhi si erano fatti lucidi, se mia madre stava per piangere voleva dire che la situazione era molto grave.
-Nessun chirurgo vuole operare Ben … tutti dicono che è rischioso, e che è una bomba a orologeria … -.

Che cosa sentivo?
Nulla.
Guardavo le labbra di mia madre muoversi, ma non sentivo niente.
Non sentivo neanche più la mano di Asso stringere la mia.
Ero anestetizzata dal mondo esterno.
Non sapevo se dovevo piangere o se avessi dovuto abbracciare mia madre, il mio cervello era andato in black-out.
L’unico pensiero che emerse dal silenzio della mia mente erano le palme d’appartamento.
Come un automa lasciai la cucina e raggiunsi le palme dietro casa mia, iniziando a collocarle nei buchi che avevo scavato la notte prima.
Mi armai di paletta e incominciai a ricoprire le loro radici con la terra, solo Dio sapeva che cosa mi era passato per la testa l’altra sera.
-Sherry … - Asso mi stava chiamando, ma io non sapevo neanche come si rispondeva.
Sentivo tutto il corpo intorpidito.
Lo guardai, e lui si inginocchiò al mio fianco con un sorrisino malinconico aiutandomi a nascondere per bene le radici delle piante nel terreno.
Solo a quel punto iniziai a piangere silenziosamente, e poggiai la testa sul suo petto in cerca di riparo.
Lui mi strinse a se baciandomi la testa, e dopo aver fatto un respiro profondo parlò: -Credo che non siano stati interpellati tutti i chirurghi … -
Alzai la testa stordita e speranzosa, sapevo a chi si stava riferendo.
-Stai pensando a … -.
Lasciai la frase in sospeso, aspettando che fosse lui a confermare i miei dubbi.
-Sto pensando a quello stupido narcisista e altezzoso di un chirurgo che cerca di rubarmi la moglie … - corrugò le labbra in segno di rabbia e di disdegno.
-Traffy dice sempre che nulla è impossibile per lui … - sorrisi speranzosa.
Asso diventò geloso per come avevo chiamato il mio ex, e mi strinse a sé sussurrando: -Sbagli Pulce … si deve rassegnare al fatto che tu adesso sei solo mia. -.
Guardai le labbra di Asso, e non potei trattenermi dal fiondarmi su di loro per abbandonarmi in un bacio pieno di desiderio.
Ace era sempre stato schietto e sincero con me, non aveva mai cercato di nascondere i suoi veri pensieri o sentimenti con me. Ed era per questa sua trasparenza che giorno dopo giorno mi ero innamorata di lui …
- … Sherry, una domanda … perché adesso hai chiamato Law “Traffy”?-.
 
Ciao a tutti ^^
Non sono stata rapita dagli alieni e sono ancora viva, quindi la storia continua ;3 Purtroppo ho avuto tantissimi impegni e solo adesso sono riuscita ad andare avanti con la storia.
Come vi è sembrato questo capitolo?
Vi diverte Sherry da ubriaca?
Io mi sono divertita tantissimo a descrivere Sherry nel pieno della sua "abbronzatura" xD , anche se questo capitolo sembra non avere senso ^^” ma lo scopo era divertire voi lettori e spero di esserci riuscita :3
Spero di non aver disseminato errori di distrazione, mi sfugge sempre qualcosina purtroppo ^^"
Ringrazio tantissimo coloro che hanno recensito lo scorso capitolo: Ilaria D Piece; Okami D Anima;Kiko90; Yellow Canadair; Michiru93; Stayounganinvincible; Monkey D Alyce; Martychan Fantasy; Aliaaara.
Grazie mille a coloro che mi seguono da sempre e a coloro che mi seguono in silenzio, vi adoro! ^^ spero di sentirvi presto! ^w^
Un bacione con abbraccio e alla prossima!
Sherry=^w^=

 Questa storia non è stata scritta a scopro di lucro ed eccezion fatta per i personaggi di mia invenzione (Sherry e Pam ©), gli altri non mi appartengono e sono stati usati nel rispetto dei relativi copyright, ma la trama nella quale agiscono è di mia invenzione ©.

 

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Capitolo 13
*** Battaglie d'ortaggi, bollori sotto la doccia e ... situazioni da rattoppare! ***


Capitolo 13
-Sherry, perché hai chiamato Law “Traffy”? -.
Mentre Asso mi aiutava a sistemare i cloni di Marco nelle rispettive buche, non faceva altro che assillarmi con la storia di “Traffy”.
-Non c’è un motivo, mi sono solo fatta prendere dall’euforia del momento … - feci spallucce.
Appena mi aveva ricordato che poteva esserci ancora una piccola speranza per Ben, mi ero rianimata da sola e il nomignolo per Law era uscito spontaneo.
Asso continuava a guardarmi con diffidenza ed io sospirai esausta: -Law odia farsi chiamare “Traffy”, quindi non può esserci niente di tenero nel chiamarlo così … sei più tranquillo ora? -.
Continuava a mantenere il broncio e a non guardarmi negli occhi: -Hai la faccia sporca … -.
Mi stavo allarmando, era grave il fatto che Ace non stesse sorridendo e giocando con me.
Passai una mano sulla guancia destra: -Qui? – domandai.
-No … - rispose annaffiando la pianta.
-Dall’altra parte? – chiesi.
-No … - ribatté svogliato.
-E dove allora?! – mi stavo innervosendo, mi sentivo un’emerita pirla.
- … QUI! – iniziò a spruzzarmi l’acqua in piena faccia.
Per la potenza del getto e la sorpresa, rimasi a bocca spalancata e senza fiato.
-Adesso sei pulita … - sghignazzò felice e soddisfatto.
Il deficiente mi stava solo prendendo in giro!
Appena mi avvicinai a lui per rubargli la gomma dell’acqua di mano, incominciò a lavarmi dalla testa ai piedi.
-Wah … Ace! - urlai.
-Ma Pulce … sei peggio dei bambini! Non si gioca con l’acqua alla tua età. – fece il vocione grave scuotendo la testa.
-Adesso mi vendico … -
-No, questa è la mia vendetta per il nomignolo di Law! – riaffermò deciso e fiero di se stesso.
- … mmh … ti faccio vedere io come ci si vendica! - presi la rincorsa e lo atterrai.
Lottammo e rotolammo nella fanghiglia ripetutamente, ma io ne uscii vincitrice.
Mi trovavo a cavalcioni su di lui mentre gli puntavo lo spruzzino dell’acqua in piena faccia: -Dimmi che non ti sei arrabbiato e avrai salva la faccia. – lo minacciai.
-Mi faresti solo che un piacere, è tutta sporca di terra grazie alla tua “femminilità” nel vendicarti. – fece spallucce sputacchiando un filo d’erba.
-Allora i capelli … - spostai la mira.
-Ma se sono pieni di foglie! – rise.
-Allora la maglia! – ringhiai.
-È piena di terra anche quella! – rise senza alcun ritegno.
Alzai le spalle esprimendo la mia indifferenza, e azionai l’acqua. Era divertente vedere Ace dimenarsi a quel modo mentre rideva.
-Pulce, te la faccio pagare cara! – borbottò coprendo il beccuccio della pistola con una mano, invano.
-Interessante, ma sono io quella che sta sopra e ti sovrasta in questo momento! Wahahahah … - iniziai a ridere come un personaggio malvagio dei cartoni animati. Anche se quello che stavo facendo era una cosa ridicola e stupida, per un piccolo frangente mi ero sentita la regina del mondo.
-Chi ti dice che io non te la stia dando vinta e basta?- borbottò ribaltandomi con estrema facilità.
Mi bloccò le mani sopra la testa, mentre lo spruzzino continuava ad agitarsi da solo nell’aria annaffiando tutto il giardino.
Le gocce d’acqua provenienti dai suoi capelli corvini picchiettavano sul mio viso, mentre i miei seni non facevano altro che alzarsi e abbassarsi a ritmo frenetico sotto il peso dei suoi pettorali scolpiti.
Asso posò un bacio casto e delicato sulle mie labbra strusciando la fronte contro la mia, senza distogliere i suoi occhi profondi e penetranti dai miei.
Per quei pochi movimenti limitati che mi erano concessi, m’inarcai sotto di lui per strappargli un altro bacio, che si protrasse più a lungo del dovuto.
La gomma dell’acqua si dimenava ancora sopra le nostre teste per la potenza del getto, mentre noi ci agitavamo sotto di essa per la prepotenza di un’altra forza.
Il cavalo teso dei pantaloni di Asso premeva e si strusciava fra le mie gambe, mentre la sua bocca rovente torturava abilmente il mio collo, facendosi sfuggire diversi ansimi.
Avevo la testa girata di lato per dargli maggior accesso, e dalla mia bocca uscivano dei gemiti incontrollati come i suoi, se non più acuti.
Più m’imponevo di stare zitta per non farmi sentire, più aumentava il piacere che provavo per le torture proibite che subivo.
-Rischiamo di farci beccare se non ti controlli … - rise contro il mio collo, sbottonandomi il pantalone.
-Anche tu ti fai scappare qualche verso strano … - ghignai affannata, sentendo la sua mano indugiare sul mio ventre - ... comunque, è difficile non notarci in mezzo al giardino … -.
Ace mi fissò a lungo negli occhi, e percorrendomi il viso con una mano sussurrò: -Ti voglio Pulce … -.
Non risposi, o per lo meno verbalmente, ma mi fiondai avida sulle sue labbra: -Meno chiacchiere e più fatti Asso … -.
Ero brava a parole, ma ero pronta veramente?
Sentii i suoi addominali sussultare sul mio corpo: -Dov’è finita la mia piccola Pulce timida e titubante? – ridacchiò.
-In certe circostanze non serve la timidezza … - mi morsi il labbro inferiore, tradendo per un istante la mia finta sicurezza - ... o la titubanza … -.
Ace si sedette per terra con me sopra le sue ginocchia, l’uno avvinghiato all’altra come i koala: -Perché non mi delucidi sulle circostanze? – le sue mani scesero sul mio sedere, facendomi balzare in avanti.
Sorrisi timidamente nell’avvertire di nuovo quel contatto intimo fra le mie gambe, ma quando stavo per baciarlo, mi arrivò una patata in testa che mi fece volare all’indietro.
-Pulce? – domandò Asso preoccupato, e mentre io mi rialzavo da terra massaggiandomi la fronte, a lui piombò un cetriolo sul collo.
-Svergognati! – mia madre cominciò a sbraitare dalla finestra della cucina lanciandoci ortaggi e frutta di vario genere.
Aveva sempre avuto una mira infallibile quella strega: - … siete visibili agli occhi di tutto il vicinato! Pure gli alieni staranno facendo gossip su di voi! -.
Un pomodoro rosso si sfracellò sulla mia faccia, e a quel punto non mi trattenni più: -Fatti gli affari tuoi, vecchia! … - gridai rilanciandole indietro l’ortaggio da frutto, seguita dalla patata che la colpì in piena fronte.
Roselin cadde al suolo, e i sudori freddi presero il sopravvento.
-Bella mira Pulce … - constatò Ace ammirato, sgranocchiandosi alla Bugs Bunny il cetriolo.
-Grazie … ma, ma che stiamo dicendo?! Potrebbe avere un’emorragia sub-aracnoidea per colpa mia! –
-Lo dubito ... – rispose facendo spallucce.
Coi boccoli sparati ancor di più in aria, mia madre si riaffacciò alla finestra: -L’avete voluta voi! … - gli ortaggi e la frutta furono sostituiti da delle palline da golf, lanciate a una potenza pericolosa.
Io mi nascosi in tempo dietro a un pino, mentre Ace correva come un disperato per tutto il giardino ridendo a crepa pelle: -Che diamine stai facendo? Corri qui!- gli ordinai.
-Mi ha colpito una chiappa, e fa un male cane! – scoppiò a ridere ancor più forte.
“Oddio, siete tutti matti!” il mio alter ego si era risvegliato dopo un lungo periodo di letargo per colpa della sbornia e … “ invece di spiegare i motivi della mia assenza, vedi di uscirne viva dalla “guerra delle palline di golf”! Roselin ha migliorato la mira grazie a tutte le ciabatte che ha lanciato contro Ben e noi in passato … non è un nemico da sottovalutare!”.
Un urlo disumano di mia madre ci fece voltare allarmati. Lo spruzzino dell’acqua, che non avevamo ancora chiuso, aveva preso di mira la sua faccia e stava inondando anche tutta la cucina.
Io e Asso scoppiammo a ridere in contemporanea, mentre Roselin supplicava la resa: -La smetto, risparmiatemi. -.
 
Roselin ci stava squadrando dalla testa ai piedi sul ciglio della porta.
Non era affatto una bella scena.
I capelli bagnati la facevano assomigliare a un gatto caduto in piscina per sbaglio, e la cosa non sembrava renderla molto contenta, mentre Asso ed io eravamo stati costretti a metterci in biancheria sulla porta d’ingresso, tenendo la testa bassa come due bravi soldatini.
Mia madre ci aveva categoricamente proibito di rientrare in casa infangati, obbligandoci a togliere i vestiti sull’uscio … mi sembrava di essere tornata bambina …
-Pensavo che foste delle persone mature, invece mi sembrate dei ragazzi in preda a una terrificante tempesta ormonale … lavatevi, e dopo uscite che devo pulire la casa. – ci rimproverò con i pugni puntati sui fianchi.
Tante persone, vedendo mia madre sempre allegra e frizzante, non mi credevano quando dicevo che Roselin mi aveva impartito una ferrea disciplina, e anche Asso c’era rimasto male nel vedere come ci stava tirando le orecchie.
-Ora rientrate, e vedete di non farvi riconoscere dal vicinato per favore. – sbuffò massaggiandosi il bernoccolo che aveva in fronte.
Stavo per ridere, ma conoscendo le sue punizioni riuscii a mordermi le labbra in tempo.
-Hai qualcosa da ridire Sherry? – doveva aver notato una smorfia anomala sul mio volto.
-Possiamo rientrare e basta? Abbiamo capito l’antifona: nessun atto osceno in luogo pubblico … anche se il giardino è proprietà privata … - bofonchiai intimorita.
-Oh che bravi, entrate … - tornò a sorridere radiosa facendoci accomodare.
Asso si chinò all’altezza di un mio orecchio, sussurrando a denti stretti: -Crisi identitaria? –
- … no, peggio … menopausa. – sbuffai.
Annuì dispiaciuto come se avessi annunciato una diagnosi di morte: -Mi dispiace Pulce … -
-Anche a me ... in lei vedo lo specchio del mio futuro. – sbuffai.
-Ragazzi, non perdete tempo … andate a sistemarvi … - ci sollecitò Roselin saltellando in salotto.
 
Quando rientrammo in camera, fui pervasa da un senso di disagio.
Ero in biancheria tra le braccia di Asso e lui mi stava baciando divinamente: -Pulce, vuoi fare prima tu la doccia?-
Scossi la testa: -Vai tu per prima … - gli accarezzai i capelli.
Corrucciò le labbra come un cagnolino offeso, e alzando gli occhi al cielo esordì: -Ho un’idea migliore ... -.
“Ho capito le sue intenzioni sin dall’inizio mia cara … dovresti prendere un po’ di pane e volpe al mattino …” annuì il mio io interiore “ … e per volpe, non mi riferisco a quella con le nove code di Naruto!” quest’ultima battuta se la poteva risparmiare.
Sorridendo birbante, Ace afferrò le mie mani e mi condusse in bagno chiudendo la porta a chiave alle nostre spalle.
Il cuore mi stava pompando nel petto come un matto, mentre tutto il mio corpo stava iniziando a emanare un insolito calore.
“ … io lo chiamo imbarazzo … poi vedi tu …” disse il mio alter ego limandosi le unghie.
Mi guardai attorno e iniziai a torturarmi i capelli visibilmente agitata.
-In giardino non mi sembravi così nervosa … - mi abbracciò baciandomi la testa, slacciando il reggiseno con cura.
Le sue dita accarezzavano la mia schiena con una dolcezza e un tatto che mi fecero venire la pelle d’oca, smorzandomi il respiro: - … ecco … in giardino sembrava tutto così “spontaneo” e “normale”. - risi nervosa, sentendo gli uncinetti della mia biancheria sganciarsi uno alla volta.
-Facciamo solo una doccia Pulce, poi andiamo a trovare tuo fratello … - stava aspettando che io mi staccassi da lui per poterlo sfilare, e la sua mancanza di fretta mi rassicurò.
Questo piccolo dettaglio mi fece pensare a Law. Lui era un uomo da “Tutto e subito”, mentre Asso rispettava e assecondava i miei tempi.
Gli diedi un’ultima stretta forte e sciolsi l’abbraccio.
Mentre mi sfilava le spalline del reggiseno, le sue mani accarezzarono la pelle delle mie braccia come se fossero fatte di velluto, lasciandomi in slip.
Rimase a guardarmi incantato, serrando più forte che poteva la mandibola.
-Puoi toccarmi … non ti mordo, promesso. - ridacchiai nervosa.
-Lo so, ma ho paura che sia solo un sogno … - sorrise.
-Un sogno? – chiesi afferrandogli le mani per portarle ai miei fianchi.
-Non sai quanti sogni del genere ho fatto con te … di solito mi sveglio di soprassalto sul più bello. – sorrise portandosi più vicino.
- Anch’io ti ho sognato diverse volte … - ammisi abbassando la testa colpevole - … e ogni volta speravo di risvegliarmi con te accanto … - le sue mani percorsero il mio costato giungendo ai miei seni, accarezzandoli e palpandoli. Mi morsi il labbro inferiore dal piacere sentendo quelle grandi mani calde adoprare sulle mie zone erogene.
-Ti risvegliavi contenta? – sussurrò sensuale all’orecchio pizzicandomi delicatamente i capezzoli.
-No … perché non mi accontentavi mai. – ansimai reclinando leggermente la testa all’indietro, avvertendo le gambe farsi sempre più molli per il piacere che stavo accumulando fra esse.
-Tranquilla, rimedieremo subito … - succhiò il lobo mordicchiandolo.
Si inginocchiò davanti a me e finalmente sfilò gli slip.
Ero completamente nuda davanti a Asso, ma non provavo vergogna.
Appoggiò la fronte sul mio ventre ed io gli accarezzai i capelli: -Ti hanno mai detto che hai un buon profumo?- inspirò a fondo.
-No, tu sei il primo. –.
Baciò delicatamente la mia intimità, facendo percuotere il mio corpo dalla brama del piacere.
Rialzò la testa per guardarmi negli occhi, e con un sorriso romantico rispose: -Mi sarei offeso se mi avessi risposto diversamente. -.
Risi, e rimanemmo fermi in quella posizione a contemplarci ancora per qualche istante. Quando lui si alzò, fui io a liberarlo della sua biancheria ormai tesa e stretta.
Dovevo essere sincera, il mio alter ego ed io rimanemmo leggermente scandalizzate nel vedere quello che stavamo vedendo “ wow, che originalità nel comporre le frasi … nel vedere quello che stavamo vedendo … comunque sei fortunata ad essertelo sposato …” sospirò entusiasta il mio io interiore, rimanendo composta come sempre mentre lo applaudiva.
-Ehi, lo so che siamo irresistibili, ma che ne dici di iniziare a lavarci? Abbiamo perso già troppo tempo ad ammirarci a vicenda- rise guidandomi dentro la vasca, aprendo al massimo il getto d’acqua calda sopra le nostre teste.
Paonazza in volto, tirai la tendina e mi accoccolai al suo petto auscultandone il battito del cuore.
Anche lui era un po’ tachicardico, ma a differenza mia il suo respiro era regolare e rassicurante.
Alzai la testa incrociando il suo sguardo, pensando subito di aver fatto gli occhi da cucciolotto indifeso. Mi stava guardando con un sorriso che non gli avevo mai visto prima, sembrava intenerito.
-Tutto bene?- domandò.
Annuii.
Io non sapevo da dove iniziare e come, per questo ero più agitata di lui, che a differenza mia aveva avuto diverse esperienze. Anche Ace sarà stato emozionato, ma almeno sapeva come rompere il ghiaccio.
-Pulce, prendi la pillola?-
-No … - quella domanda mi ricordò il primo incontro con Law, ma subito scacciai quel pensiero ripetendomi che quello era il nostro momento.
Mi baciò la fronte con tenerezza: -Non importa, anche perché non voglio che la tua prima volta sia sotto la doccia … -.
Lo guardai perplessa, e lui sghignazzò: -Sono certo che scivoleresti su una saponetta e non me lo perdonerei mai. -.
Anche se sorridevo, feci finta di essermi offesa: -Grazie mille, hai il coraggio di prendermi in giro anche in circostanze romantiche come questa … - gli feci una pernacchia, ma lui mi colse alla sprovvista baciandomi.
Mentalmente chiusi il caso “saponetta” in un cassetto, e mi concentrai solo su quello che stava succedendo.
Gli cinsi il collo con le braccia mettendomi in punta di piedi, e lui mi alzò da terra legandomi le gambe attorno al suo corpo.
Ci scambiammo coccole innocenti e prive di malizia, ma il bel clima che si era creato sparì con una seconda battutina sulle saponette. A quanto potevo capire la mia inesperienza suscitava l’ilarità del mio compagno.
-Dottor Portgas, mi sta facendo sentire inadeguata con queste uscite. – lo fulminai cercando una via di fuga, ma lui m’incatenò con la schiena al muro gelido della doccia, guardandomi serio in volto.
Ne ero certa, stavo per avere un arresto cardiaco.
La pressione che esercitava con il suo corpo muscoloso, sodo e potente contro il mio gracile e mingherlino, mi scatenava delle fantasie molto impure.
Le guance andarono a fuoco non solo per colpa dell’attrito dei nostri corpi, ma soprattutto perché non vedevo l’ora di esplorare mondi a me finora sconosciuti: -Scusami, non volevo beffarmi di te e dei tuoi ipotetici voli per terra … - sorrise affettuoso, lambendomi il viso con una mano.
- A me sembrava il contrario … - chiusi gli occhi strusciando la guancia contro il suo palmo.
-Non pensi che sia nervoso anch’io?-.
Non avevo mai pensato che Ace potesse rientrare nella categoria di persone che sparavano baggianate quando si sentivano in soggezione.
-Tu sei la mia Pulce, non una donna che ho scelto a caso in discoteca per soddisfare i miei istinti più bassi. –
Boccheggiai imbarazzata ma compiaciuta, non sapevo come ribattere a quella dichiarazione.
Ridacchiò malandrino, lasciando sulla mia pelle una scia di baci che andavano dal mento fino al mio seno.
La sua bocca e la sua lingua erano come ferro rovente sulla mia pelle, e il mio corpo reagiva alle loro attenzioni in maniera vergognosa. Ansimavo e gemevo il suo nome desiderando un contatto molto più intimo e profondo, ma lui me lo negava.
La tortura diventò insopportabile quando sentii le sue mani affondare nei miei fianchi, premendo sempre più forte il suo membro duro ed eretto contro di me, come se non mi avesse spiaccicato abbastanza contro il muro “Gli piacciono le donne sardine per caso? Non respiro!” soffocò il mio alter ego.
-Asso … - lo richiamai supplichevole staccandomi per un attimo dalle sue labbra, conficcandogli le unghie nella schiena - ... ti prego … - lo supplicai, ero al limite.
Stavo provando delle emozioni e dei piaceri così intensi che temevo di scoppiare, e per fortuna se ne accorse.
Mi guardò negli occhi con il suo solito sorriso birbante, e mordendomi un lobo dell’orecchio ridacchiò: -Afferra il palo della doccia, prometto di non deluderti … -.
Non feci domande, ubbidii e basta.
Con un gesto rapido portò le mie gambe attorno al suo collo, assecondando la mia richiesta.
Tremavo, e stringevo spasmodicamente il palo della doccia dalla goduria.
Nella mia mente stavano scorrendo le immagini del nostro primo incontro, il mio shopping rovinato dalle pinguine con i suoi bigliettini di scusa, il nostro primo vero bacio e infine questo momento idilliaco.
Urlai selvaggiamente dal piacere sentendomi stanca e senza forze, ma soddisfatta.
Con delicatezza Ace mi rimise con i piedi per terra e mi strinse energicamente al suo petto.
Tenevo gli occhi chiusi mentre mi accoccolavo serena fra le sue braccia.
C’era un silenzio meraviglioso attorno a noi, e un’atmosfera di intimità che non vi era mai stata prima.
-Lo sai che ho rischiato di rimanere con quel pezzo di ferro in mano? – la voce mi uscì fioca ma appagata. Mi sentivo svuotata, e in pace con me stessa.
-Devo dedurre che non ho deluso le tue aspettative, vero? – baciò la mia testa con dolcezza.
-Conosci già la risposta … però adesso tocca a me. – m’inginocchiai dinanzi a lui.
 
Era disteso sul letto con solo i jeans addosso.
Ripensava ai momenti che aveva appena trascorso con Pulce sotto la doccia, ed era rimasto piacevolmente contento delle abilità della sua compagna.
“Detersivo ambulante, è da un po’ di tempo che mi hai chiuso fuori dalla tua testa …” intervenne il suo alter ego “… lo sai che ti sei inguaiato sposando, anche se per finta, Pulce? Volevo dire Sherry? Vi state comportando come se foste veramente sposati!”.
Ignorò nuovamente il suo alter ego, focalizzando i suoi pensieri sul corpo sfavillante di Pulce sotto il getto d’acqua calda della doccia.
La sua pelle emanava un profumo buonissimo, ormai lo chiamava “Profumo di Pulce”.
“Profumo di quale parassita strano?” interloquì nuovamente il suo io interiore, straziato dai pensieri sdolcinati del padrone.
Aveva gioito nell’aver baciato una quinta vera, e i gemiti di piacere della sua Pulce lo avevano estasiato come mai gli era successo prima, soprattutto quando gli aveva stretto la testa fra le sue cosce.
“Lo sai che il nostro pancreas ha appena fatto le valige per scappare in Australia?”.
Buon per lui …
“ … ci ha impiantato una causa per mobbing! Sei diventato troppo smielato e non riusciva più a produrre insulina!”.
Se aveva i soldi per pagarsi l’avvocato …
“Lasciamo stare … però devo darti ragione su un fatto, Pulce non è brava solo a baciare.”.
Ace sorrise, sapeva che il suo alter ego adorava Pulce più di quanto non volesse ammettere.
“Quale parassita dovrei adorare?!”.
 
 
Asso giaceva con solo i pantaloni addosso sul letto mentre mi asciugavo i capelli.
Aveva uno sguardo perso, assente, sembrava scandalizzato.
Spensi il phon e lo scrutai attentamente.
-Ti senti bene?- iniziai a preoccuparmi.
Non mi aveva sentito, continuava ad ammirare il soffitto.
Mi distesi al suo fianco e gli baciai il petto: -Ehi? Tutto bene?-.
Mi guardò come se fossi un’aliena: -Mi sei sembrata una professionista in quel bagno. -.
Era rimasto piacevolmente spiazzato, adesso capivo.
Scoppiai a ridere e lo strinsi forte a me: -Ho i miei segreti … - risposi vaga.
-Siamo sposati, non devono esistere segreti fra di noi ... - sorrise birbante facendo scivolare una mano lungo una mia gamba - … lo sai che hai una pelle liscia e morbidissima? – iniziò a pizzicarmi una coscia facendomi il solletico.
-Me lo hai fatto notare con diversi commenti sotto la doccia … - ridacchiai abbracciandolo.
Rimanemmo avvinghiati in quella posa per diversi secondi: -Ace … come intendi procedere con l’incubo di Kizaru? Non ci stiamo rilassando troppo?- lo guardai turbata negli occhi.
Sorrise mesto: -Io penso che le tue attenzioni e preoccupazioni si debbano concentrare su Ben in questo momento, poi vedremo. Avrai capito che per me i soldi non sono problema. -.
Scossi la testa arrossendo come una matta, guadagnandomi un suo sguardo truce: -Io ho capito che non possiamo stare lontani l’uno dall’altra … - ridacchiai - … non mi riferisco solo alla nostra attrazione fisica e al nostro legame sentimentale. –
-Cioè? – si girò meglio sul fianco tirandomi sotto di lui.
-Da quando sono arrivata a Bridgeport, noi due abbiamo vissuto assieme delle situazioni assurde … - risi di gusto.
-Ad esempio? – si chinò a baciarmi il collo, tornando a guardarmi in faccia con il suo sorriso stupendo.
-Lasciando stare il nostro primo incontro … -.
I suoi occhi brillarono di una strana luce, e tirandomi la canottiera ribatté: -Mi fai venire voglia di bere un caffè. -.
Risi alzando gli occhi al cielo: -Stavo dicendo … pensa al nostro primo shopping, rovinato dalle tue pinguine, e a quando sono venuta a liberarti dalla prigione di tuo nonno … -.
Sospirò poco entusiasta: -Ma stai proprio cercando di deprimermi … come puoi parlarmi delle pinguine e di mio nonno dopo quello che abbiamo appena fatto nella tua doccia? -.
“Questa volta non posso dargli torto … parlare di suore dopo lo splendido momento che avete vissuto assieme? E di suo nonno … che freddo!” tremò il mio povero io interiore.
-Vogliamo parlare delle uova che ti ho fatto cadere in testa? – risi.
Tornò a sorridere: -Poi?-
-Del tuo maledetto fantasma dei sotterranei?-
Il suo sorriso si allargò ancor di più: -E della scommessa sul nostro primo bacio?- aggiunse.
-Anche quella … - mentre si avvicinava per baciarmi, guardai l’orologio e sbuffando balzai giù dal letto: - … siamo tardi. Dobbiamo andare da Ben, muoviti!- risi dandogli una piccola pacca sulla coscia destra, sapevo che se avessimo incominciato a baciarci non ci saremmo più mossi dal letto.
-Uffa, volevo un po’ di coccole … - brontolò rialzandosi.
Mi portai davanti allo specchio per spalmarmi il fondotinta sul collo. I lividi erano quasi del tutto spariti, ma non me la sentivo ancora di girare senza foulard.
Aprii il cassetto del comò estraendo una stoffa azzurra delicata, in padane con la mia gonna.
-Esci con solo quella canotta addosso? – domandò Asso infilandosi una t-shirt bianca.
-Sì, non ti piace? -.
Fece una smorfia molto eloquente: -Sei troppo scoperta per i miei gusti … -.
Alzai gli occhi al cielo e dall’armadio presi una camicetta a maniche corte bianca.
“Che cos’è tutto questo bianco oggi?!” brontolò come suo solito il mio io interiore, ne aveva sempre una da dire.
La indossai senza ribattere, e prendendo Asso per mano sgusciai fuori dalla camera.
-Pulce, sei più pimpante di una cavalletta da quando abbiamo fatto la doccia assieme … - mi fece rigirare su me stessa, dandomi un bacio fugace prima di iniziare a scendere la rampa: - … e sembri anche un personaggio uscito dal film “Grease”. –
“Tu invece mi ricordi Fonzie con quei Jeans neri e la maglietta bianca” sbavò il mio io interiore, come darle torto? Mancava solo il giubbotto in pelle.
-È un complimento? – domandai cingendogli il collo con le braccia.
-Vedi tu, mi piaci da morire così … - soffiò sulle mie labbra, ma quando lo stavo per baciare …
-Sherry?! … - urlò mia madre dal piano di sotto - … la prossima volta che vedete un film d’azione in camera potete tenere basso il volume?! -.
Arrossii per l’ennesima volta, mentre Asso se la sghignazzava di brutto alle mie spalle.
Mi affacciai al corrimano e con un sorriso di circostanza risposi: -Sì, scusaci! –
-Meno male, Rambo ha preso mezzo infarto a un certo punto … gli stava andando di traverso un bocconcino dopo che c’è stato un urlo disumano! -.
Mi vergognavo come una ladra, mi ero scordata che mia madre era in casa.
“Oddio, mi ricorda la madre di Howard Wolowitz di Big bang theory! Perché deve urlare così?!”.
Appena mi girai verso Ace rimasi scandalizzata.
Era piegato in due e rideva come un matto senza emettere versi per la mancanza di fiato nei polmoni, aveva tutto il volto bordeaux.
-Deficiente, ricomponiti … - mi schiaffai una mano in faccia, che cosa dovevo fare?
-Ti prego, possiamo fare la replica di quello che abbiamo fatto in cucina?- continuò a ridere.
-Ma sei folgorato?! – soffiai imbarazzata.
-No … voglio solo vedere Rambo che si soffoca con un bocconcino … - tornò a piegarsi dalle risate.
“ … vuole proprio la morte del nostro gatto, sbaglio?”.
 
- … ok, che cosa avete combinato? – Ben ci stava scrutando dalla testa ai piedi, ma soprattutto si soffermò a fulminare la mano che Ace aveva poggiato con estrema disinvoltura al mio fianco sinistro.
-Niente … - risi nervosa, scambiandomi un’occhiata colpevole con Asso.
Rimasi meravigliata nel vedere com’era arrossito, ma non era il solo …
-Voi due non me la raccontate giusta … o per lo meno tu, Sherry … vuota il sacco! – soffiò facendosi sempre più minaccioso.
“Se Ben non ti chiama Saturn queen, qui si mette male …” si armò il mio alter ego per difendersi.
Mi addossai con la schiena a mio marito: -Non ho niente da vuotare … tu Asso? Devi confessare qualcosa? – lo guardai supplichevole - … Asso? – lo richiamai a denti stretti.
Era pietrificato. Guardava con occhi sbarrati Ben, che lo fulminava alla stessa maniera che aveva fatto con me prima, se non peggio.
-Saturn queen, voglio un caffè … - esordì mio fratello, come se io non avessi minimante capito le sue reali intenzioni: Rimanere da solo con Ace per fargli una ramanzina.
-Non puoi bere il caffè. – mi portai dinanzi a mio marito per difenderlo.
-Allora un thé … - sbuffò rabbioso.
-Ce l’hai sul comodino … - sospirai.
Ben guardò attentamente il bicchiere e scosse il capo: -Fammi fare il mio compito da fratello maggiore! Ti ha deflorata in casa mia! Quando io non c’ero! -.
Al suono di quelle parole, l’infermiera che stava prendendo la pressione al vecchio compare di stanza strabuzzò gli occhi, e corse subito fuori tutta paonazza in volto: -Torno più tardi … -.
“ … che figura di …” censurai subito il mio io interiore guardando torvo mio fratello.
-Giovanotto … - ridacchiò divertito il coinquilino di stanza, mettendosi seduto sul letto - … non hai proprio mezzi termini. Eh? … credo che tua sorella sia abbastanza grande per decidere che cosa fare. – il vecchietto arzillo aveva la cupola di San Francesco in testa, e sul naso portava un paio di occhiali enormi che ingrandivano le sue iridi scure.
Ricordava l’avvocato della padrona degli Aristogatti, per lo meno in versione un po’ più large.
-Al, non sono affari che ti riguardano … e tu! – indicò Ace con l’indice della mano destra.
-Non l’ho ancora deflorata! Abbiamo fatto la doccia assieme e non siamo rimasti con le mani in mano a guardarci nelle palle degli occhi ovviamente. Mi dispiace che non ci fossi anche tu, perché è stato un momento memorabile. Sappi che tua sorella sa fare dei ... – Ace mi scansò nel pieno discorso della sua apologia, ma io gli tappai subito la bocca con una mano per non fargli uscire ulteriori volgarità.
Il mio alter ego, bordeaux dalla vergogna, si aprì un ventaglio e iniziò a trangugiare avidamente una bevanda ghiacciata “Accidenti, Asso ama rischiare la vita …” reclinò la testa all’indietro distrutta dall’ansia.
Lasciai andare Asso solo quando lo sentii rilassarsi: -Scusami se ho detto la verità, e comunque io sono d’accordo con Al. – e i due si mostrarono a vicenda un pollice girato all’insù, ammiccandosi.
-ACE! … - lo rimproverai dandogli uno scappellotto.
-Che ho fatto adesso? – protestò corrucciando le labbra come un povero bambino indifeso.
Sorrisi e arrossii contemporaneamente, era proprio incorreggibile.
Ci scambiammo degli sguardi molto eloquenti, dimenticandoci che mio fratello stava proprio difronte a noi: -Ma io ti faccio fuori! – Ben balzò giù dal letto per avventarsi contro Asso, ma io lo atterrai sul materasso in tempo.
La camera di Ben e di Al non era grandissima, c’era giusto lo spazio per due letti, un armadio e piccolo bagno di servizio, infatti il tonfo di mio fratello sul letto non aveva rimbombato come mi ero aspetta.
-Non puoi subire traumi o incazzarti, sta calmo! … - urlai imponendo la mia forza sulle sue braccia, urtando con un gomito il suo comodino.
-Bastardo … nessuno deve alzare un solo dito su Saturn Queen … - continuò a opporre resistenza.
-Se vuoi diventare zio, un giorno o l’altro me lo devi concedere … - ribatté sereno Asso, calando le mani nelle tasche dei jeans sfoggiando uno dei suoi meravigliosi sorrisi spavaldi.
Arrossii di brutto, e per poco non ebbi un’emorragia nasale nel realizzare a che cosa stesse alludendo.
-Ma io ti strangolo … - riesplose Ben paonazzo di rabbia.
-Ben!- lo sgridai come si usava fare ai bambini, ma lui continuò a brontolare e a dimenarsi per svariati minuti.
 
Dopo esser convenuto di aver insultato più che a sufficienza Ace, Ben si quietò: -Oh, se la mamma lo saprebbe … - si risedette composto sul letto.
-SAPESSE! Ignorante! – lo ripresi dandogli un sberla piccolissima dietro il collo.
-Ehi! Hai detto niente traumi! – protestò massaggiandosi la nuca.
-Infatti non mi sembri sanguinante … - lo incenerii con una sola fulminata.
Ace guardava incuriosito fuori dalla porta, chissà che cosa aveva attirato la sua attenzione: -Ben, aspettavi visite? – domandò.
-Ehm, non so … - rispose vago, ma le sue guance lo tradirono.
- … - capii subito che c’era una donna di mezzo - … Come si chiama la ragazza che frequenti? –.
Oltre alla violenza, mio fratello ed io avevamo un’altra dote particolare l’uno nei confronti dell’altro: la schiettezza!
-Sherry, non sono proprio uno zitellone … - si gonfiò il petto con falso orgoglio.
Se mio fratello iniziava a girare con le parole per arrivare al nocciolo della questione, di sicuro lo faceva perché temeva la mia reazione.
-Quale delle mie amiche ti stavi portando a letto? in casa mia? Per giunta quando non c’ero? – ringhiai le sue stesse parole.
Asso s’intromise, puntualizzando: -Il termine preciso è “deflorato”-.
Annuii: -Giusto, deflorato? -.
Sulla porta della camera si presentò una ragazza di altezza media con i capelli a caschetto neri e delle meches verdi brillanti.
Portava dei sandali neri sotto a dei leggings dello stesso colore, accompagnati da una maglietta a maniche corte lunga fino a metà coscia con delle fantasie verdi.
-April? – rimasi basita.
-Colpevole … - squittì con un sorriso tirato.
Il vecchio Al scoppiò a ridere: -Oh ragazzi, mi sento più arzillo di un giovane cardellino. Wahahah … da quanto tempo non ridevo di gusto. – e allacciandosi in vita una vestaglia rossa, sgualcita e rattoppata, si alzò dal letto per andare a frugare nell’armadio, tirandone fuori un sacchetto di pop-corn per degustarli.
-Al, non fa bene al tuo colesterolo, rischi un’altra crisi ipertensiva … - lo riprese mio fratello.
- Disse l’uomo super-iper-incazzato con una bomba a orologeria in testa … - ridacchiò il buon vecchietto.
-Uno a zero per te … - sospirò Ben.
April si avvicinò a me torturandosi le dita: -Sherry, la scorsa sera te ne avevo parlato … -.
-Dopo il quinto giro di bevute? – domandai piccata.
Io avevo sempre avuto fiducia in April e non mi sarei di certo arrabbiata con lei perché frequentava mio fratello, ma pensavo che si potesse confidare con me senza problemi al riguardo.
-Ti sei ubriacata?! – sbraitò mio fratello rizzandosi sul letto.
-Tranquillo, io mi sono preso cura di lei. – quella risposta risuonò alquanto equivoca, e non ero del tutto sicura che Asso non l’avesse studiata apposta.
-Adesso ti ammazzo sul serio! – Ben scattò in piedi sul materasso per lanciarsi su di lui, ma riuscii a placcarlo in tempo.
-Pulce, mi spaventi … - indietreggiò Ace.
-E fai bene, perché dopo tocca a te. – lo minacciai.
-Te ne sei approfittato con lei da ubriaca?! Sei un vile! – sbraitò.
-BEN! – gli tirai un orecchio per quietarlo - … stai zitto! Ci sono orecchie indiscrete. – soffiai.
-Sherry … - s’intromise timidamente April - … io so tutto … - squittì nuovamente facendosi sempre più piccola.
-Tutto? – chiesi in contemporanea con Ben.
- … l’altra sera, quando volevi pescarmi con la tua fascia per la spalla, mi hai confessato tutto … -.
Avvampai dalla vergogna: -Io non ricordo nulla … -.
“l’altra sera non serviva il Tiopental sodico per farti vuotare il sacco.” si schiaffò una mano in fronte il mio alter ego.
April fece un’espressione molto eloquente, e compresi subito che cavolo di errore avevo fatto.
Un aspetto di lei che ammiravo era la sua discrezione nel parlare, forse ne aveva fin troppa - … Cheryl, anche lei ha sentito tutto? –
-No, lei si era addormentata in macchina. -.
Ben respirò a fondo: - … Sherry, visto che ci sei, vuoi che ti organizzi una conferenza stampa per spiattellare i nostri problemi con il pizzo a tutto il mondo? –
-Io non ho sentito niente … - Al scappò dalla stanza lasciando per terra una scia di pop-corn, suscitando l’ilarità del mio alter ego e Asso.
“Wahahah … voi essere umani siete stupendi quando avete paura!” … e lei credeva di esistere grazie a chi? Comunque …
Ricomponendosi subito, Ace cercò di rattoppare la situazione alla meglio che poteva, proprio come la vestaglia di Al: -Che ne dite di una bella cena rappacificatrice domani sera?- si strofinò le mani.
 
Buonasera ^w^
Scrivere questo capitolo non è stato molto facile, lo ammetto U//U ovviamente mi sto riferendo alla parte in cui Asso e Sherry fanno la doccia assieme (ho dovuto tagliare diverse descrizioni U///U”), ho temuto di aver sforato dal rating diverse volte, ma non essendo scesa troppo nei dettagli penso e spero di rientrarci *^*
I due protagonisti hanno una bella gatta pelare … la gelosia di Ben e la doppia identità di Roselin xD
Cosa ve ne pare?
Vi ha divertito la scenetta del giardino? Con Roselin in versione lanciatrice di ortaggi?
La visita di cortesia a Ben con le diverse rivelazioni cosa vi ha suscitato?
April aveva paura che Sherry la linciasse per la sua relazione con Ben?
Ammetto da sola che ho adorato tantissimo Al *^*
L’incontro/scontro fra Sherry è Garp l’avevo pubblicato nel terzo capitolo di “dietro i paraventi”, essendo una parte troppo lunga l’avevo tagliata per questa ff ^^”
Ringrazio di cuore coloro che mi recensiscono sempre: Ilaria D Piece; Okami D Anima;Kiko90; Yellow Canadair; Michiru93; Cristie13; Monkey D Alyce; Martychan Fantasy; Aliaaara. vi adoro ;* spero anche di sentire altri pareri, sono una grande fonte di ispirazione UwU e ringrazio anche i lettori silenziosi x3
A presto!
Un bacione con abbraccio!
Sherry=^w^=
P.s. ho in serbo una one-shot rossa per Ace e Sherry in futuro, è già in fase di stesura U///U

Questa storia non è stata scritta a scopro di lucro ed eccezion fatta per i personaggi di mia invenzione (Sherry e Pam ©), gli altri non mi appartengono e sono stati usati nel rispetto dei relativi copyright, ma la trama nella quale agiscono è di mia invenzione ©.

 

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