Sangue...
Le mie mani, piene di sangue...
e i miei capelli, i miei vestiti, il mio viso...
le mie lacrime....
e la mia bocca, zuppa di quel sapore amaro
ma allo stesso tempo tanto allettante...
-Ricordi quand'eri umana
tu adoravi la cioccolata fondente,
e ne portavi una barretta sempre con te, ne eri totalmente dipendente...
Non trovi che il sangue abbia un sapore incredibilmente simile?
Io lo trovo affascinante: che sia questo il motivo per cui agli uomini
piaccia tanto la cioccolata?
Perchè, anche se inconsciamente, ricorda loro il sapore del sangue?-
Julian comparve dinanzi a me dal nulla, e io mi ritrassi piena di vergogna
nel mostrarmi a lui in quello stato.
Mi strinzi in me stessa, lo sguardo fisso verso quel cadavere:
-Cosa...cos'ho fatto?-
-Pensaci bene... so che ricordi tutto..adesso...- sbuffò lui, con tono
annoiato.
Ricordare...
mi impegnai a cercare di ricordare
mentre ancora tremavo dalla paura
e cospicue lacrime mi solcavano il viso.
Ricordare...
mi concentraii più che poteii
sotto l'incitazione di Julian,
e il tempo si ripiegò su se stesso
comprimento il mio essere
e annebbiando i miei sensi....
-Matt...-
sussurrai il suo nome, gettandomi per l'ennesima volta l'acqua fresca del
lavandino in faccia
ma non riuscivo a fermarmi dal piangere
-Matt...Matt...MATT!- urlai in fine
accasciandomi a terra, la testa china appoggiata al muro
-Melanie... torna in te!- la voce della mamma che ignoravo
-Matt.. perchè...perchè...- che senso aveva la vita senza di lui? Non potevo
neanche immaginare un mondo senza di lui...
-..dicono che non ricordi nulla...-
-..poverina, deve essere stato un trauma insostebile.... mi hanno detto che
li hanno trovati in un lago di sangue, e che lei sia sopravvisuta per
miracolo...-
-...si si, l'ho sentito anch'io... dicono che sia stato un pazzo, un serial
killer... -
quelle voci sussuravvano frasi di questo tipo continuamente intorno a me,
convinti che io non potessi sentirli,
erano un incubo. Non faceva altro che evocare scene d'orrore nella mia
mente,
di Matt in un lago di sangue.... e io ero lì accanto a lui incapace di
aiutarlo,
incapace anche di morire insieme a lui...
e poi incapace di ricordare il volto di quell'essere per avere vendetta:
era un incubo, vivere con quell'angoscia, quel senso di colpa:
un terribile, insopportabile incubo.
-Matt...- continuavo a piangere,
nel letto di quello squallido ospedale,
invocando, invano, il suo nome
sperando invano di ritrovarmelo accanto
col suo solito sorriso,
quel sorriso tanto bello e confortante...
...mai...
non l'avrei rivisto mai più:
quanto può essere crudele la parola MAI,
era un qualcosa di cui non me n'ero mai resa conto.
Fino a quel giorno la mia vita era sempre stata tranquilla, relativamente
serena, non avevo mai affrontato la vera sofferenza
quella che ti si materializza di fronte accompagnata a braccetto con la
Morte.
Tornare alla vita voleva dire tornare anche a frequentare l'università,
fu qualcosa di difficilissimo ma mi impegnai a fondo per riuscirci,
perchè sapevo che era ciò che Matt avrebbe voluto:
il nostro sogno,
il Giappone,
almeno uno di noi avrebbe dovuto riuscirci.
Eppure camminare per quei luoghi, quei palazzi, quelle aule,
dove un tempo eravamo sempre insieme
era davvero ciò che di più triste potesse esserci....
-Non ce la faccio! Non ce la faccio!- ripetevo sottovoce, sbattendo i pugni
contro il muro del bagno
mentre copiose lacrime mi rigavano il viso assieme al nero della matita ormai
sciolta in esse.
-Non voglio... da sola... non ha più senso...-
mi asciugai il viso con la carta igienica
-...non ho neanche uno specchietto...-sussurrai rammaricata, ignorando le
condizioni in cui il mio viso versava uscendo dal bagno.
Con gran stupore mi imbatteri nel mio prof di giapponese,
faccia a faccia,
e subito arrossii per la figuraccia
"cosa penserà di me.. vedendomi così?"
-Mel stai bene?-
Lui era sempre gentile con me, anche se non parlavo mai a lezione
e mi nascondevo sempre dietro Matt,
Nobu-sensei mi interrogava spesso lodandomi sempre,
e mi chiamava Mel esattamente come facevano Matt e i miei genitori:
insomma, potevo quasi considerarlo come un amico anche se io non avevo
amici,
a parte Matt avevo sempre avuto problemi a socializzare.
-Mel stai bene?-
ripetè lui.
No, era ovvio, aveva appena finito di piangere e per quando avessi potuto
pulirmi
con un misero pezzetto di carta igienica,
il rossore degli occhi era comunque una prova più che sufficiente.
Scossi la testa, non riuscivo a rispondere perchè avevo nuovamente il bisogno
di piangere.
Lui mi abbracciò, consapevole del dolore che mi lacerava dentro:
-è bene che ti sfoghi con qualcuno, non sentirsi soli in situazioni come
queste è importantissimo...-
-Grazie... sensei...- sussurrai tra i singhiozzi -..ma...c'è una cosa molto
importante che... non riesco più a tenermi dentro... è un peso troppo
grande...-
-Capisco..- annuì lui -...senti io ora sto tornando a casa, ti va di venire
con me? Posso cucinare qualcosa di buono da mangiare insieme mentre mi spieghi
tutto...-
Così, andammo a casa sua.
Viveva in una villa in periferiva, un posto abbastanza solitario
quasi inquietante: sembrava una casa delle streghe.
Mi fece accomodare in salotto, luogo in cui regnava la penombra:
l'unica luce era quella soffusa del sole che penetrava dagli spiragli delle
grandi finstre aperte solo di pochi centimetri.
Lo stile era quello classico occidentale, cosa che mi parve abbastanza strana
per un orientale.
Mi portò del the verde nell'attesa che finisse di riscaldare il ramen.
-Allora... cosa dovevi dirmi?-
-Io...- iniziai, gli occhi fissi sulla mia scodella di ramen: dalla morte di
Matt facevo una gran fatica a mangiare, e mi chiedevo se davvero avessi voglia
di quel cibo che un tempo tanto adoravo.
-...io credo....di aver ucciso Matt...-
Nobu sgranò gli occhi.
Nella mia mente tornarono quelle immagini che per tanto tempo avevano
ossessionato i miei sogni: i miei denti conficcati nel suo collo,
il suo sangue nella mia bocca.
Mi venne la nausea.
-Allora davvero non ricordi più nulla...- sussurrò il prof, poggiandomi una
mano sulla spalla.
I miei occhi pieni di lascrime si voltarono verso di lui, pieni di
stupore:
-Cosa?-
-Tu e Matt vi eravate lasciati...e lui ha tentato di ucciderti... tu ti sei
solo difesa...- diceva lui, accarezzandomi il viso.
Sgranai gli occhi: era vero, l'avevo ucciso io.. quale essere immondo ero,
come avevo potuto? Io avrei preferito venire uccisa da lui anzicchè
ucciderlo...
-..perchè?...- scuotevo la testa, sotto shock, per me era troppo assurdo
tutto ciò: Matt non mi avremme mai fatto del male.
-Tu l'avevi lasciato... perchè non l'amavi più...ma davvero non ricordi?-
continuava lui, con tono preoccupato.
-No...- scossi la testa -...è troppo assurdo...-
Nobu mi accarezzò le labbra, ero pietrificata: -..davvero non ricordi? Tu mi
amavi... ed è per questo che hai lasciato Matt, e per questo che Matt ha tentato
di ucciderti...-
dicendo ciò, iniziò a baciarmi sul collo, mentre la sua mano destra percorse
la mia schiena dolcemente, per poi giungere sul mio seno, accarezzandolo
e io rimanevo lì, immobile, con le lacrime agli occhi -..no... tu...tu stai
mentendo...- ma lui si impose su di me, facendomi sdraiare sul divano:
-è la verità.. noi ci amavamo tantissimo e Matt era impazzito dalla
gelosia...- disse, baciandomi sulle labbra ripetutamente per poi insinuare la
sua lingua nella mia bocca.
E fu in quell'istante che lo rividi....
Matt...
Matt, con le lacrime agli occhi...
-Lasciami!!! Ti prego NO!!- urlavo, mentre Nobu mi stringeva a sè così forte
che non riuscivo a liberarmi:
-Ma io ti amo.... ti amo da morire, perchè non lo capisci?-
-Ti prego...lasciami...- lo imploravo io, piangendo.
-Se non vuoi capirlo...allora ti ucciderò...-
-Lasciala stare!- urlò una voce alle spalle di Nobu
Una voce tanto familiare e rassicurante: era Matt...
Matt con le lacrime agli occhi, puntando una pistola dietro la testa del
nostro professore..
-Matt...- sussurrai, mentre Nobu mi lascia andare e io cadevo a terra.
-Tu... cosa vuoi fare tu?! Bastardo!!- urlò il professore, girandosi di
scatto contro Matt rifilandogli un pugno.
Matt indietreggiò di qualche passo, barcollando. Fu così che il prof estrasse
un pugnale dalla tasca destre del suo giubbotto e si avventò contro di lui,
ma io mi lanciai a proteggere Matt, finendo per essere colpita al petto.
Un dolore profondo, lacerante, insopportabile: la vista mi si offuscò e caddi
a terra, in un lago di sangue.
Svenuta? Morta?
Mi aveva infilzato il cuore, certamente ero morta...o stato morendo...
Eppure riuscivo a vederli ancora:
Matt che urlò, un grido disperato, nel vedermi in quello stato
e corse a prendermi tra le sue braccia: il mio caro Matt, piangeva
stringendomi a sè.
Era strano, assurdo: in quel momento tutto ciò che pensavo
era che l'amavo tanto e che avrei voluto trovare le forze e la voce per
poterlo ringraziare del suo amore:
sapendo di essere stata amata tanto in vita, sapevo di poter morire in
pace....
Ma accadde qualcosa.
-è morta... per colpa tua!!!- urlò disperato il prof, accasciandosi a
terra.
-Mel... ti prego....- balbettava Matt, terrorizzato -Mel non
lasciarmi...-
e io volevo urlare per fermarlo, perchè non lo facesse, perchè lo sentivo,
perchè sapevo...
Matt prese la sua pistola, puntandosela in testa, mentre il professore
correva via spaventato da qualcos'altro:
occhi rossi splendendi che lo minacciavano nell'ombra.
Matt NO! NO! NO! avrei voluto urlare, ma non potevo, paralizzata nella
morte.
E Matt premette il grilletto.
-NOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOO!- urla, sentii la mia anima che esplodeva nelle mie
corde vocali mentre si spezzavano
e i miei occhi spalancarsi lasciando cadere fiumi di sangue,
ma Matt giaceva su di me, il sangue che colava dalla testa.
Lo strinsi a me, piangendo ancora sangue e cullandolo versando tetri
lamenti.
Ma di nuovo quegli occhi rossi comparvero ad illuminare le ombre intorno a
noi, e pian piano di fecero più grandi
avvicinandosi,
e dall'ombra comparve una ragazzina, dai lunghi boccoli neri
e la pelle candida quanto la ceramica.
Stava tremando, e camminava barcollando ripentendo, sibilando:
-...ss..ssanguue...saan...sannguee....-
Nonstante i suoi occhi brillassero nel buio, era certamente cieca
e lo dimostrava il fatto che inciampasse ovunque.
Ma più si avvicinava a noi, più sembrava un cane che avidamte annusava l'aria
in cerca di cibo,
anzi, aveva certamente trovato ciò che desiderava e i suoi sibili diventavano
sempre più frequenti e affannati:
iniziò a correre verso di noi, incapade di tenere una postura eretta, si mise
a quattro zampe.
Appariva così grottesca, nonostante il suo viso fosse di una belleza inumana,
quasi divina.
Si scaraventò su di me e iniziò a leccarmi il viso rigato dalle lacrime di
sangue
e io la lasciavo fare, continuando a piangere e stringendo forte la mano
destra di Matt nella mia.
-Piangi?- si fermò lei, all'improvviso, mostrando di non essere solo una
bestia ma di esser capace anche di parlare.
-Matt...- fu l'unica cosa che riuscii a dire, tremando.
Lei si voltò, come se avesse capito, osservando il cadavere di Matt. Prese il
volto di lui tra le sue mani e sospirò rammaricata.
Poi si voltò verso di me: -Per ringraziarti del sangue che mi hai fatto
dono... ti vendicherò...- e così dicendo mi baciò, dolcemente, sulle labbra
e sentii un profondo senso di pace accanto alla di lei immensa
malinconia.
E fu il vuoto....
Tornai alla realtà.
La mano di Nobu, dal mio seno, percorse la mia pancia, per poi insinuarsi nei
miei pantaloni, nelle mie mutande. Fui presa dall'ira, strinsi forte le sua
braccia tra le mie mani, così tanto da conficcargli le unghi nella pelle, e mi
allungai verso il suo collo. Urlò di dolore nell'avvertire il mio morso,
violento, pieno d'odio: succhiai avidamente il suo sangue ma non lo bevvi,
troppo era il ribrezzo che provavo verso quell'essere.
Prima che perdesse i sensi mi staccai da lui per sputarglielo in faccia, e
lui piangeva terrorizzato.
-Abbietto! Abbietto! Sei solo un essere abbietto!- urlai e una alla volta gli
morsi i polsi con tanta violenza da strapparglieli via: fu così che cadde
svenuto in una pozza di sangue, il suo sangue. E fu così che compresi con orrore
che sarebbe presto morto dissanguato. Avevo ucciso, per la prima volta, avevo
ucciso... ed ero totalmente terrorizzata.
-Ambrosia... torna in te!- urlò Julian, mentre tremando contemplavo il sangue
che ricopriva le mie mani.
-Quel corpo non ti appartiene, e lo sai... è ora di tornare in te!-
-...i ricordi di Mel...- sussurrai a Julian tra le lacrime
lui annuì: -Il tuo primo pasto...e mi combini tutto questo casino?!- si
sedette in ginocchio sulla gamba destra per avvicinarsi a me, che giacevo a
terra accanto al cadavere di Nobu.
Allungò una mano per accarezzarmi il viso sporco di sangue, mentre sorrideva
malizioso e beffardo: un sorriso che mi irritò alla follia e d'istinto provai a
modergli quella maledetta mano che sembrava prendersi gioco di me. Ma lui, di
tutta risposta, scoppiò a ridere.
Maledetto... mi aveva lasciata sola dopo avermi resa una vampira, sola a
vagare nel buio della notte alla disperata ricerca di sangue, eppur ancora
incapace di uccidere: non ne avevo il coraggio!
Sarei presto morta di sete se non avessi trovato Mel sul mio cammino: Mel che
era già morta eppure incapace di abbandonare il suo corpo. Mi nutrii del suo
sangue, senza paura, e in cambio entrai nel suo corpo per portare a termine la
vendetta che la imprigionava ancora su questo mondo.
-Sei davvero maldestra!- ripetè ridendo Julian, per poi porgermi nuovamente
la sua mano destra: -Sù, vieni Ambrosia, esci da quel corpo e andiamo via da
'sto casino che hai creato!- disse, facendomi l'occhiolino.
E feci come mi disse, in fondo non potevo obbiettare: non sapevo cos'altro
fare....