Le Fiamme del Tramonto di Liberty89 (/viewuser.php?uid=56500)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo I: Ricomincia da un risveglio ***
Capitolo 2: *** Capitolo II: Nel mezzo delle difficoltà nascono le opportunità ***
Capitolo 3: *** Capitolo III: Strade diverse ***
Capitolo 4: *** Capitolo IV: Pronto a tutto ***
Capitolo 5: *** Capitolo V: Spine sulla tomba ***
Capitolo 6: *** Capitolo VI: L'unione fa la forza ***
Capitolo 7: *** Capitolo VII: Doppia congiunzione ***
Capitolo 8: *** Capitolo VIII: Passi indietro ***
Capitolo 9: *** Capitolo IX: Evoluzione ***
Capitolo 10: *** Capitolo X: Tornare in piedi ***
Capitolo 1 *** Capitolo I: Ricomincia da un risveglio ***
Buongiorno mondo! Sono
tornata abbastanza presto con il primo capitolo di questa fic che
è il seguito diretto di "Sclero di una notte di mezza
estate", una fic lunga che è durata quasi cinque anni.
Potevo postare già ieri, ma ho preferito aspettare oggi
perché senza farlo apposta, è di nuovo il 7
Luglio, lo stesso giorno in cui lo Sclero ha visto la luce e quindi
eccomi x3 In principio, doveva esserci un riassunto dello Sclero, ma
purtroppo non sono riuscita a continuarlo e sono certa che se fossi
rimasta a lavorarci, non avrei più postato questo capitolo.
Non so cos'altro dire,
quindi vi lascio. Buona lettura :3
Disclaimer: i
personaggi originali di questa fic mi appartengono, mentre gli altri e
le loro ambientazioni sono dei rispettivi proprietari. La fic non
è stata scritta a scopo di lucro.
Le Fiamme
del Tramonto
Capitolo I: Ricomincia da un
risveglio
Quella mattina, la pioggia cadeva senza pietà da un soffitto
di nuvole talmente scure da dare l’impressione di trovarsi in
una notte perenne.
In piedi sulla soglia del loro rifugio di fortuna, Sora fissava il
cielo coperto con occhi stanchi e pensierosi. Dall’ultimo
scontro con Marluxia e l’Emissario era passata
un’intera settimana, eppure non tutte le ferite erano
guarite. Con un sospiro si voltò verso l’interno
della baracca e posò le iridi celesti sul suo migliore amico
chino sulla custode del Tramonto, che da quella battaglia non aveva
ancora ripreso conoscenza.
Riku era al limite delle forze, a causa delle poche ore di sonno che si
concedeva per vegliare sulla castana e dell’esigua
quantità di cibo che mangiava, e la voce ancora non gli era
tornata del tutto, purtroppo le sue corde vocali avevano subito un
danno più grave di quello che avevano creduto. Jessie,
invece, distrutta fisicamente e priva di energie per colpa del veleno
che le era stato iniettato, nonché per l’uso del
suo ultimo attacco, per i primi due giorni aveva avuto la febbre alta e
aveva dormito un sonno agitato. Tuttavia, quando il terzo giorno
riuscirono finalmente a debellare anche l’ultima traccia
della sostanza nociva, era iniziato l’incubo.
Era cominciato con un movimento della testa, che li aveva portati a
pensare che si stesse svegliando, ma poi erano venute le frasi
sconnesse: mormorii, parole spezzate, suppliche senza senso rivolte a
chissà chi, che poi erano diventate grida di sofferenza, di
paura, richieste d’aiuto a cui non sapevano come rispondere.
Non riuscivano a darle sollievo con la magia e nemmeno Riku era in
grado di fare qualcosa di concreto con la sua vicinanza, con i poteri
di Omi, la sua fenice d’acqua, non aveva tentato
perché la creatura non era ancora in condizioni di
manifestarsi, quindi restavano lì, limitandosi a tenerla
ferma per evitare che si facesse del male e aspettavano, impotenti, che
l’attacco cessasse. La prescelta si agitava sul suo
giaciglio, stringendo i pugni e liberando lacrime di disperazione, che
ogni volta inzuppavano la candida benda che le avevano messo sugli
occhi, i quali secondo il monaco Miroku, rischiavano di restare ciechi.
Finché non si fosse svegliata, però, non
avrebbero potuto dire nulla di certo.
Dietro i due prescelti, stavano Kairi e Paperino. La prima impegnata a
sistemare la fasciatura sull’ala del mago, che stufo delle
sue condizioni, borbottava continuamente di volersi dare da fare in
qualche modo. All’ennesimo sbuffo, la principessa della Luce
ridacchiò concedendosi un momento di leggerezza emotiva che
in quella situazione non poteva far altro che bene. Avevano temuto per
il mago di corte vista la quantità di sangue che gli
inzuppava gli abiti e le bianche piume, ma fortunatamente, le ferite si
erano rivelate poco profonde e grazie all’aiuto di Kagome e
Sango erano riusciti a rimetterlo in sesto in poco tempo, fatta
eccezione per l’ala destra rotta e per la perdita, forse
irrimediabile, dello scettro magico.
Con una premura degna delle migliori amicizie, all’alba del
secondo giorno il cavaliere armato di scudo aveva preso con
sé Shippo, il demone volpe, per avere una guida ed era
tornato sul campo di battaglia per cercare tutti i pezzi
dell’arma del mago, pronunciando una semplice frase:
“Paperino ne ha bisogno, anche se dirà il
contrario, e si arrabbierà molto se non lo
troverà al suo risveglio”. Quindi era partito,
facendo ritorno nel primo pomeriggio con lo scudo tra le braccia, in
cui aveva raccolto tutti i frammenti del bastone e il cappotto della
custode del Tramonto. Alla fine, quando il loro pilota ne aveva visto
il pessimo stato, aveva mantenuto una gelida calma, che su di lui era
tutto fuorché rassicurante, e aveva annunciato di non
poterlo riparare, ma aveva aggiunto che avrebbe pensato a una soluzione.
Ora, Pippo era seduto all’angolo opposto della casupola, in
compagnia del re, Inuyasha e il suo gruppo di compagni, fermi per via
della pioggia, o almeno era quello che il mezzodemone voleva far
credere. In realtà, il prescelto del Giorno sapeva che erano
rimasti lì per loro, per aiutarli in quel momento di
difficoltà e difenderli da eventuali attacchi dei demoni che
si aggiravano in quelle zone. Xigbar, invece, aveva raccolto il corpo
senza vita dello Sfidante del Destino e se n’era andato
all’alba che aveva seguito la battaglia, dicendo che sarebbe
tornato presto. Tuttavia, il Tiratore Libero non aveva ancora fatto
ritorno. Fortunatamente, Sora era positivo ed era convinto che il
numero II sarebbe ricomparso prima o poi, magari con delle buone
notizie.
Si girò del tutto e rientrò nella baracca,
andando a sedersi accanto all’amico che più di
tutti aveva un evidente bisogno di dormire.
-Come sta?- domandò, osservandolo mentre con movimenti quasi
meccanici bagnava un pezzo di stoffa nel catino di legno per poi
posarlo di nuovo sulla fronte della ragazza, che nonostante il lieve
affanno e il pallore ormai perenne pareva dormire tranquilla.
-Sembra stabile…- mormorò l’argenteo a
fatica, schiarendosi appena la voce roca. -Dopo quello di stamane
all’alba non ha più avuto crisi…-
-È un buon segno, forse tra un po’ si
sveglierà.- replicò il castano con un sorriso
leggero. -Perché non ti riposi un paio d’ore?-
propose, riprendendo poi il discorso. -Puoi metterti qui vicino a lei,
così se capita qualcosa, puoi intervenire. E comunque, ci
siamo noi, non devi preoccuparti.-
Il custode dell’Alba non rispose subito, ma infine
annuì con un cenno del capo. Si alzò in piedi,
sotto lo sguardo vigile di Sora, e aggirò il corpo della
ragazza per andare a stendersi sul pagliericcio accanto, che confinava
con la parete della baracca. Si sdraiò sul fianco e prese
una mano della compagna, intrecciando le dita con le proprie,
dopodiché chiuse gli occhi e cercò di recuperare
un po’ del sonno perso. Tuttavia, non passarono che pochi
minuti e il ragazzo si addormentò profondamente, rilassando
le membra tese da troppi giorni.
-Finalmente si è convinto.- esordì Kagome,
avvicinatasi con passo leggero, mentre s’inginocchiava
accanto a lui.
-Già, solo il pensiero di un miglioramento nelle condizioni
di Jessie l’ha convinto, altrimenti sarebbe ancora qui.-
replicò Sora, incrociandone gli occhi scuri. -Grazie di
tutto. Senza di voi, saremmo stati persi.-
-Ci avete già ringraziati abbastanza, e non preoccupartene,
lo abbiamo fatto più che volentieri.- disse la sacerdotessa
con un sorriso incoraggiante.
-Umph.- sputò, invece, il mezzodemone, guardando fuori dalla
finestrella che aveva vicino. -Parla per te.-
-Ignoralo.- ridacchiò la mora, mentre spostava il panno
dalla fronte della prescelta per sentirne la temperatura. -Mh, la
febbre è scesa ancora, bene.- valutò, rimettendo
il pezzo di stoffa al suo posto.
-Questa è un’altra buona notizia.- convenne il
keyblader del Giorno. -Speriamo che si svegli presto.-
-A volte il riposo è la cura migliore per ogni male.-
s’intromise Miroku, sedendosi a terra e posando la schiena
vicino alla porta della casetta.
-Sono d’accordo, però…-
-Non sono troppi giorni che dorme?- domandò Kairi
concludendo la frase del compagno, e riponendo le bende sporche in un
secchio. -Non ha mangiato nulla e ha bevuto pochissima acqua. La nostra
magia non può compensare queste cose, non in misura
così grande almeno, giusto?- chiese infine, rivolgendosi al
papero, che annuì con aria grave.
-Esattamente. La magia di cura può curare le ferite e
restituire le energie perdute, ma parliamo di mancanze più
piccole, di un giorno al massimo. Non di un’intera
settimana.- spiegò Paperino. -È probabile che
esistano incantesimi che lo consentono, ma io non li conosco.-
aggiunse, alzandosi in piedi per sgranchirsi un po’. -Forse
Merlino o il Maestro Yen Sid li conoscono, ma ora non possiamo
contattarli in nessun modo.-
-Siamo isolati, è vero.- tradusse re Topolino, attirando
ogni sguardo su di sé. -Ma non per questo dobbiamo
abbatterci e poi, credo sia inutile arrovellarci il cervello su cose
come questa. Quando si sveglierà, Jessie potrà
rimettersi più in fretta, ma per ora, dobbiamo solo
pazientare.-
Dopo quella frase, l’unico suono rimasto fu quello della
pioggia che imperterrita batteva sul tetto di legno e paglia, come
tanti piedi che sbattono sul terreno con una violenza e una forza tali
da farlo tremare. Non avendo nulla da fare o da dire, cercarono tutti
di riposare e risparmiare le forze, perché potevano essere
attaccati in qualsiasi momento. Soprattutto, se pensavano al fatto che
da quella notte, non erano più comparsi Heartless o Nessuno,
e questo più che un sollievo, lo vedevano come un segnale
d’allarme. Inoltre, la serratura di quel mondo non era ancora
stata chiusa, non nel passato almeno, perché nella Terra del
presente era stata Jessie stessa a sigillarla. Anche questa era una
voce sull’elenco mentale del custode del Giorno, che da
quella battaglia, aveva impugnato le redini della situazione,
prendendosi cura dei compagni feriti e ragionando sulle mosse future
insieme al sovrano del Castello Disney.
Fu un candido bagliore seguito da una colorita imprecazione a
risvegliare tutti i presenti all’interno della casetta, che
si alzarono immediatamente pronti a reagire a qualsiasi minaccia. Si
rilassarono, però, quando al loro udito giunse una nuova
frase scocciata e colorita e riconobbero la voce del Tiratore Libero,
che pochi secondi dopo varcò la soglia del loro rifugio,
bagnato da capo a piedi come un pulcino e furente di esserlo.
-Che diavolo succede?- chiese seccato, chiudendosi l’uscio
alle spalle. -Credevo che ve ne sareste andati in un paio di giorni da
questo posto, che ci fate ancora qui?-
Il prescelto della chiave gemella gli andò incontro,
zittendo la replica furente del mago di corte. -Come puoi vedere tu
stesso, non siamo in grado di metterci in viaggio. Jessie non
s’è ancora ripresa e non possiamo muoverla
finché non si sarà svegliata.- spiegò
con calma. -La gummiship dista due giorni di cammino, troppo lontano
per le sue condizioni.-
-Ricevuto.- rispose semplicemente l’uomo. -Quindi aspettavate
il mio ritorno, scusate se ci ho messo tanto a tornare, ma sono uscite
delle novità, purtroppo non buone.-
Sora grugnì. -Speravo nel contrario. Cosa
c’è di nuovo?-
Il Ritornante si sedette con un sospiro pesante al centro della
baracca, accanto al quadrato privo di pavimentazione in cui prendeva
posto un piccolo falò appena scoppiettante. -Abbiamo
appurato che Malefica è stata eliminata
dall’Emissario.- esordì in tono grave. -Speravamo
si fosse miracolosamente salvata, rifugiandosi da qualche parte come ha
fatto praticamente ogni volta, ma no. Non ne abbiamo trovata traccia,
è una settimana che la cerchiamo in lungo e in largo.
Nemmeno il vecchio Yen Sid è riuscito a localizzarla, anzi,
ha detto che non esiste più.-
-In che senso?- indagò Topolino. -È diventata un
Nessuno o qualcosa del genere, oppure…?-
-Cancellata completamente dalla faccia dell’universo.-
rispose il numero II. -Non sentiremo mai più parlare di
Malefica. Letteralmente.-
Un freddo silenzio accompagnò le parole di Xigbar e si fece
quasi tangibile, perché Kagome e Sango rabbrividirono al
pensiero della presenza di una simile entità, capace di fare
quel che voleva della vita altrui al pari di un malevolo Dio
capriccioso che schiacciava i mortali come moscerini.
-Immagino che questa fosse la notizia meno brutta.- intervenne
Paperino, spezzando quella macabra tensione. -Il resto?-
-Bè, grazie al frammento di radice rimasto attaccato al
cuore di Luxord, siamo riusciti a capire meglio come sono morti lui e
Xaldin, e questo è il secondo motivo per cui nessuno di noi
s’è fatto vivo prima di oggi.- riprese il Tiratore
Libero.
-Cioè?- chiese Sora, temendo un peggio ignoto ma intuendo
che fosse pericoloso.
-Quando abbiamo trovato Xaldin, la sua pelle era grigiastra e Vexen ne
aveva dedotto che quell’affare aveva prosciugato ogni goccia
di luce presente nel suo corpo. Il fatto preoccupante, però,
è un altro.- espose, fermandosi un istante. -Dobbiamo
sperare che Marluxia non dia vita ad altre diavolerie simili,
perché quelle cose si nutrono di luce, qualsiasi sia la
forma. Xemnas, Vexen e Zexion hanno passato gli ultimi giorni a mettere
in sicurezza il Castello e i suoi abitanti, perché per
quanto quelle care bestiole siano creature
dell’Oscurità, potrebbero non resistere alla
tentazione di assaggiare qualcosa dal buffet di Luce più
grande che si trovi nell’universo, vi pare?-
A quelle parole, i tre abitanti di quel mondo sussultarono, mostrando
espressioni spaventate e preoccupate, specialmente il re, che strinse i
pugni e tese le braccia all’inverosimile per non far vedere
che tremavano di rabbia e sconcerto.
-State tranquilli.- asserì il Ritornante, intuendo
facilmente i loro pensieri. -Merlino è lì da
quattro giorni, cioè da quando abbiamo realizzato il
problema, e si è occupato personalmente di schermare il
cuore del Castello e gli abitanti sono pronti
all’evacuazione. Fortunatamente, i tuoi sudditi si sono
rivelati efficienti e composti e hanno aiutato come potevano,
specialmente la regina.- riferì con un sorriso, che fece
rilassare i tre.
-Sono sollevato.- disse Topolino con un sospiro. -Ero pronto a correre
al Castello, ma ora so che è in buone mani.-
-Ne siete sicuro?- chiese Pippo, affiancandolo.
L’altro annuì. -Sì, Xemnas e gli altri
sapranno cavarsela, e poi c’è Merlino con loro,
quindi un’ottima copertura magica.- spiegò. -In
caso contrario, sai bene che non avrei esitato ad andare io stesso.-
-E noi vi avremmo seguito!- esclamò il papero. -Vi avremmo
seguito e avremmo difeso la nostra casa!-
-Sarebbe stato un bel gesto, ma sarebbe stato intelligente?-
s’intromise Inuyasha, attirando l’attenzione di
tutti. -Se voi foste andati via, Sora e gli altri sarebbero rimasti
soli, ci avete pensato? Avreste lasciato i vostri amici, nelle
condizioni in cui sono?-
-Bè…- cominciò il cavaliere, guardando
i due compagni.
-Saremmo stati noi a dirgli di andare.- rispose Kairi, mostrando uno
sguardo deciso. -Noi ce la saremmo cavata lo stesso e saremmo
ripartiti, poi loro ci avrebbero raggiunti.
-No, Kairi.- borbottò Paperino, appoggiando il capo sul
pugno chiuso. -Mi dispiace ammetterlo, ma ha ragione. La nostra
missione è importante e non possiamo permetterci di
lasciarci andare alle emozioni, non in questo modo snaturato.-
Inuyasha annuì soddisfatto di quella risposta,
poiché voleva una conferma della loro determinazione che lo
convincesse a non aver buttato via il suo tempo nel fermarsi
così a lungo in quella baracca per poterli aiutare. Tutto
questo, ovviamente, non l’avrebbe ammesso nemmeno sotto
tortura.
-Ogni tanto se ne esce con queste frasi sagge e
intelligenti… mi chiedo perché non lo sia
sempre…- sussurrò Shippo al monaco, ottenendo una
scettica alzata di spalle.
-Ehi Shippo, cosa vuoi insinuare?- chiese l’interessato,
acchiappandolo dopo un breve balzo e portandoselo sotto il braccio.
-Ma nulla!- assicurò il bambino, dimenandosi per sfuggire
alla presa dell’altro. -Lasciami!-
-Siamo alle solite…- sospirò Sango, chiudendo gli
occhi, mentre Kirara le sedeva in braccio, guardando la scena con
curiosità.
Il custode del Giorno sorrise, alla vista di quella piccola scaramuccia
e notandone con sollievo l’effetto rilassante che aveva avuto
su tutti i presenti. Tuttavia, un gemito lo risvegliò,
facendolo voltare verso la keyblader che aveva cominciato a mostrare
segni d’agitazione.
-Maledizione.- imprecò, frenando ogni respiro
all’interno della casetta. -Era andata bene fino a
ora…- proseguì, chinandosi su di lei per essere
pronto a tenerla ferma se avesse iniziato a muoversi di più.
-Che sta succedendo?- chiese Xigbar, non capendo il perché
di tanta ansia.
-Crediamo che siano gli effetti di ciò che le ha fatto quel
Marluxia.- spiegò Miroku. -Debellata ogni traccia del veleno
di Naraku, la signorina Jessie ha cominciato ad avere altri problemi.
Probabilmente ha degli incubi che la portano ad agitarsi nel sonno e
spesso abbiamo dovuto trattenerla.-
-Tsk.- sputò il numero II. -Chissà che diavolo le
ha fatto quel bastardo…-
Non ottenne mai una replica a quella frase, perché
l’esplosione di un pianto disperato accompagnato da un grido
rabbioso aveva spento ogni voce e ogni pensiero. Con il respiro rapido
e affannoso, Jessie liberò un singhiozzo,
dopodiché prese a mormorare parole spezzate e suppliche poco
chiare. Ben presto, le lacrime sfuggirono da sotto la benda,
bagnandola, e scivolarono ai lati del suo viso ancora caldo a causa
della febbre rimasta.
-Quanto dura di solito?- indagò il Tiratore Libero,
deglutendo.
-Minuti.- disse solamente Kairi, osservando il risveglio del custode
dell’Alba e il suo sguardo deciso a non abbandonare la
compagna a se stessa, nonostante la stanchezza. -Minuti interi.
Speriamo sempre che duri poco, ma ogni volta sembra che duri fin
troppo.-
-Aspetta, c’è qualcosa di diverso.-
affermò Riku, guardando con attenzione il viso della
prescelta, che si era fatto duro sotto le lacrime. -Forse-
-Fammi… uscire…- ringhiò a denti
stretti, insieme a un forte singulto. -Non… non voglio!
Vattene… fammi uscire…- proseguì,
serrando i pugni, che furono immediatamente presi tra le mani dei due
ragazzi al suo fianco. -Maledetta! Fammi uscire! Fammi uscire!-
urlò, inarcando la schiena e gettando un piccolo seme di
speranza nei compagni, che iniziarono a pensare seriamente che forse
era giunto il momento del suo risveglio.
***
Night of fate - Kingdom Hearts
Piano Collections: Field and Battle
Tutt’attorno
non c’era altro che ricordi.
Tanti quadri colorati,
pieni d’immagini e suoni, profumi e olezzi persino, che le
mostravano i momenti più tristi e orribili della sua
infanzia. Gli scherzi, le prese in giro, le cattiverie, erano stati
presi uno per uno e le erano stati presentati fotogramma per
fotogramma, in un ciclo continuo e inarrestabile a cui non poteva
fuggire. Dopotutto, come si poteva fuggire dalla propria mente?
Jessie aveva provato a
scappare, a cercare un fondo in quell’abisso nero in cui era
stata rinchiusa, ma aveva sempre fallito. Aveva tentato più
volte, così tante che aveva smesso di contarle e, alla fine,
dopo quelle che per lei erano sembrate settimane, ma che in
realtà avrebbero potuto essere anche solo dieci secondi,
esausta com’era, si era arresa e si era accasciata a terra. E
lì, aveva avuto inizio il suo calvario.
Quelle finestre piene di
orrori avevano cominciato ad assillarla e lei per risposta aveva
serrato gli occhi e tappato le orecchie, ma non era servito,
perché tutto le arrivava direttamente nella testa e non
poteva evitarlo. Pianse e urlò, per sfogarsi ed evitare di
impazzire. Perché sapeva, che se si fosse tenuta tutto
dentro sarebbe caduta completamente e avrebbe perso il controllo di
sé. Gridò e maledisse l’Emissario,
perché era certa che ci fosse lei dietro quelle visioni
terribili e perché a un tratto, le era parso di sentire la
sua risata schernitrice, insieme a quella dei crudeli bambini che la
additavano dal suo passato. Infine, supplicò che tutto
avesse fine, poiché non aveva altre frecce da poter scoccare.
Dopo un tempo che non
avrebbe mai saputo calcolare, si sdraiò a terra, a braccia
spalancate, a subire quella cascata di memorie che chiunque avrebbe
voluto dimenticare. A fatica si ritagliò un cantuccio per i
suoi pensieri, in cui riprese a ragionare su un modo per scappare, per
uscire da quella scatola senza pareti che era diventata la sua mente.
Fu in quel momento che realizzò di essere posata su una
superficie solida. Aveva sempre avuto a portata di mano quel fondo che
aveva tanto cercato, eppure non ci aveva mai fatto caso.
Si sollevò e
si mise in ginocchio, scrutando con occhi larghi quel pavimento nero su
cui non era proiettato alcunché, neppure la sua ombra. Quel
piano era illeso, immacolato nel suo colore scuro, e pronto per essere
fatto a pezzi.
La sua mente,
però, le fu nuovamente nemica, perché
l’eco di quelle voci arroganti e derisorie si fece
più alta e le immagini parvero farsi più vicine,
come se volessero schiacciarla. Allora aveva urlato e dato libero sfogo
alla sua disperata frustrazione e poi, furente, aveva iniziato a
prendere a pugni il pavimento.
-Bastarda! Fammi uscire
da qui!- gridò. -Non voglio stare qui dentro un secondo di
più! O se proprio devo rimanerci, vattene tu! Esci dalla mia
testa!- proseguì dando fuoco alle sue mani, che continuarono
ad abbattersi sulla parete. -Ho detto fammi uscire! Fammi uscire!-
ordinò, impugnando la sua chiave nella dritta e
infiammandola più che poté. -Maledetta! Fammi
uscire! Fammi uscire!-
Infine, mossa solo dalla
rabbia e dall’odio, Jessie si alzò e
piantò il keyblade nel pavimento, che si crepò,
coprendosi di una ragnatela di ferite, e finalmente i suoi occhi
incontrarono la luce rossa e calda del Tramonto, che la avvolse e la
portò via con sé.
-Se speri di salvarti
con questo banale stratagemma, ti sbagli di grosso custode del
Tramonto. Eccome se ti sbagli.- ridacchiò la voce gelida
dell’Emissario, parlando tramite i bambini di quei ricordi
dolorosi, che prima di svanire, spegnendosi come uno schermo,
modificarono i loro tratti, rendendoli grotteschi e donando a ognuno di
loro un ghigno malvagio e distorto, che di umano non aveva nulla.
***
Con un ultimo urlo pieno di dolore e odio, la ragazza scattò
a sedere, cercando di liberare i pugni dalla presa che avvertiva su di
essi, ma crollò l’attimo dopo a causa della
debolezza, accasciandosi sul petto del prescelto del Giorno, che la
strinse a sé per impedirle di muoversi ancora.
-Jessie! Mi senti?- chiamò a voce alta. -Sono Sora, mi
riconosci?- domandò rapidamente.
-Sora…?- ripeté lei, tra un respiro e
l’altro.
-Sei sveglia!- esclamò il castano, sinceramente contento.
-Finalmente sei sveglia!-
-…dove siamo?- chiese impaurita, voltando il capo come in
cerca di un punto di riferimento, per poi portarsi una mano agli occhi,
che fu però intercettata da quella dell’altro.
-Perché…?-
-Siamo ancora sulla Terra, nel passato, con Kagome, Inuyasha e i loro
amici.- iniziò. -Hai gli occhi coperti e non possiamo
togliere la benda.- le spiegò con calma, sentendola tremare
subito dopo.
-È… è per quello che mi ha fatto
Marluxia?-
-Non lo sappiamo.- rispose sincero. -L’abbiamo pensato, ma
non sapendo di preciso cosa ti è successo, non potevamo
andare oltre le semplici ipotesi…-
-Lui…- esordì la ragazza, ricordando con paura
l’ultima cosa che aveva visto.
-Per adesso non pensiamoci, ok?- la frenò Sora.
-L’importante è che ti sei svegliata. Sei stata
incosciente per una settimana e stavamo iniziando a temere il peggio.
Ora, però, devi pensare solo a rimetterti in forze e quando
sarai in grado di viaggiare, andremo dal Maestro Yen Sid a chiedere
consiglio per i tuoi occhi, d’accordo?- proseguì
senza accennare ai danni che rischiava la sua vista, ottenendo un
piccolo assenso a cui rispose con un sospiro di sollievo. -Adesso ti
lascio tra le braccia di qualcuno che più di tutti attendeva
il tuo risveglio, poi continueremo a chiacchierare.- sorrise,
sporgendosi verso l’altro lato del giaciglio, dove il custode
dell’Alba accolse il corpo della compagna, portandoselo al
petto e ricevendo una debole stretta dalle sue mani.
-Riku…- pronunciò lei, godendosi ogni sentimento
legato al nome dell’altro, perché solo in quel
momento si rese conto che le era mancato tutto di lui.
-Sono così felice che tu sia sveglia…-
asserì, baciandole la fronte per poi posarvi la propria.
-Anch’io… non immagini davvero quanto…-
replicò, deglutendo. -Cos’è successo
alla tua voce?- indagò, avendola sentita roca, quasi
gracchiante, e ridotta a poco più di un sussurro.
-Nulla d’irreparabile. Mi passerà.- le
assicurò con gentilezza. -Non preoccuparti, come ha detto
Sora, devi pensare a ristabilirti.-
-A questo proposito…- s’intromise Kagome con voce
allegra. -Che ne dite di pranzare? Preparo al volo un po’ di
zuppa!- esclamò, battendo i palmi e donando un largo sorriso
a tutti, che approvarono l’idea
all’unanimità.
-Ti do una mano!- si offrirono Kairi e Sango, seguendola accanto al
fuoco su cui avrebbero messo la pentola con l’acqua.
A sentire quelle voci, quei rumori e odori che avevano il sapore della
quotidianità, la keyblader del Tramonto finalmente si
rilassò, abbandonandosi totalmente nell’abbraccio
dell’argenteo e sentendo sulla pelle una consistenza morbida.
-Cos’ho addosso?- domandò incuriosita, rompendo il
breve silenzio che si era creato.
-Una maglia di Kagome.- rispose Inuyasha, sedendosi lì
vicino a gambe e braccia incrociate, con la spada tra di esse,
appoggiata alla spalla. -La tua era a brandelli e sporca di sangue.-
-Tu non sai proprio cosa sia la delicatezza…-
commentò Shippo, scuotendo il capo, per poi fuggire dalle
grinfie del mezzodemone rifugiandosi dalle ragazze impegnate con il
pranzo.
-Piccolo marmocchio impiccione.- borbottò il ragazzo,
generando una breve ilarità in quelli che stavano assistendo
alla scena. -Comunque…- riprese, portando nuovamente le mani
nelle ampie maniche del kimono rosso. -Devo scusarmi con te.-
-Con me?- chiese Jessie, non capendo il perché di quelle
parole.
-Sì. Ero lì vicino, quando quella cosa ti ha
portata via. Potevo impedirlo, ma non sono stato abbastanza veloce,
scusami.- disse Inuyasha con tono basso e profondo, chiudendo gli occhi.
-Noi siamo colpevoli allo stesso modo.- intervenne Sora, abbassando lo
sguardo sul pavimento. -Se fossimo stati più rapidi
nell’usare la magia-
-Non dite scemenze.- lo interruppe la castana con voce stanca. -Non
è colpa di nessuno, al massimo mia… che non ho
saputo tirar fuori un piano migliore…-
-Ma noi…- tentò Riku, guadagnandosi un pugno
privo di forza sulla spalla.
-Se anche fosse veramente colpa vostra, vi avrei già
perdonati…- affermò, scorrendo il braccio del
compagno per cercarne la mano e stringerla nella sua. -Piuttosto, come
state voi?-
-A parte Riku e Paperino che sono ancora convalescenti, stiamo tutti
alla grande!- esclamò il custode della Catena Regale. -Riku
ti è rimasto accanto ogni momento, spero che ora riesca a
dedicarsi anche a se stesso.- aggiunse, ricevendo
un’occhiataccia dalle iridi acquamarina dell’amico.
-Non guardarmi così, sei cocciuto e te lo meriti.-
-Non ti ho sentito.- rivelò la ragazza in un soffio. -Non
sentivo nulla nel posto in cui ero chiusa.-
Gli astanti tacquero, nonostante le mille domande che avrebbero voluto
porle, prima fra tutte, cosa avesse visto, sentito e vissuto mentre era
priva di sensi. Tuttavia, sapevano che era meglio non domandare e
attendere che fosse Jessie a parlarne di sua iniziativa. Solo Riku e
Inuyasha, essendo a conoscenza del passato della castana, potevano
immaginare a grandi linee cosa avesse dovuto sopportare.
-Forse, se ti avessi sentito… se avessi sentito qualsiasi
cosa, sarei riuscita a fuggire prima…-
-Dove ti trovavi?- chiese Pippo, spinto da semplice
curiosità.
-Nella mia mente, l’Emissario mi ci ha chiusa dentro.- disse,
gettando inconsapevolmente un’ondata di gelo sui presenti,
che sgranarono gli occhi, ricordando e finalmente comprendendo, con un
brivido le parole con cui il nemico si era congedato.
L’Emissario avrebbe sfinito la ragazza
dall’interno, dove loro non potevano arrivare con
facilità, oppure non sarebbero mai potuti giungere,
perché vi si era già annidata quella notte. Le
avrebbe dato il tormento finché non sarebbe crollata sotto
il peso della disperazione, per cui avrebbe accettato anche il
più spietato e ingannevole dei patti pur di porvi fine.
-Non credevo di esserci rimasta per tanto tempo… a me sono
sembrate poche ore…- proseguì, ignorando la
reazione degli amici.
-Bè, ora ne sei uscita, quindi non pensarci.- fece Xigbar,
attirando il capo della castana. -Grazie, per aver eliminato quella
cosa.- aggiunse rapidamente, riferendosi a Sophia, la donna-fiore che
aveva distrutto con il suo ultimo attacco, per poi puntare
l’iride dorata sul suo viso e sul sorriso che vi nacque.
-Non c’è di che…- asserì
lei, prima di liberare un lungo sospiro pieno di stanchezza, tuttavia
si riebbe nel momento in cui Kairi annunciò a gran voce che
il pranzo era finalmente pronto.
Bastò quella notizia per ridare la carica ai membri del
gruppo, che corsero a recuperare ognuno la propria scodella per
gettarsi sul cibo con rinnovata fame. E di fronte a quello scenario,
Sora si disse che nonostante le notizie portate dal Ritornante o la
pioggia che picchiava ininterrottamente sulle loro teste, quella era
buona giornata.
Rieccoci in fondo.
Non ho molto da dire, tranne che questo capitolo è venuto da
sé, proprio come fu per il primo della fic precedente, solo
la frase conclusiva non mi soddisfa granché, ma pace.
Il titolo è stato un dilemma d'amletica natura, alla fine
grazie a un lettore affezionato sono riuscita a sbrogliarmi e a tenere
un titolo che è una sorta di tributo a KH: BBS. Ma ora la
smetto di rompere e mi eclisso xD Spero che il capitolo vi sia piaciuto
e che mi seguirete in tanti come per lo Sclero.
Alla prossima!
See ya!
Ps: quasi dimenticavo, da qui pensavo di rispondere alle recensioni
tramite il comodissimo sistema di EFP, così non dovrete
aspettare il mio aggiornamento per avere una risposta xD Ora fuggo,
ciau!
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Capitolo 2 *** Capitolo II: Nel mezzo delle difficoltà nascono le opportunità ***
Buona sera a tutti! :3
Dovevo postare ben sei giorni fa, ma per questo capitolo ho avuto
qualche difficoltà. Ho fatto di tutto per riuscire a
scrivere qualcosa di diverso, ma questo capitolo è ancora
transitorio, quindi è stato abbastanza complesso lavorarci
su. Spero che vi piaccia comunque, in caso contrario... fate di me
ciò che volete ç_ç Ma passiamo oltre.
Il titolo del capitolo è una citazione di Albert Einstein,
lo ammetto: sono stata pigra e assai priva di fantasia
<.< Perdonatemi ç_ç Detto questo,
vi lascio al capitolo! Buona lettura!
Capitolo II: Nel mezzo delle
difficoltà nascono le opportunità
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Truth
-Che… cosa…?-
La domanda incredula e piena di paura pronunciata con voce strozzata
dalla custode del Tramonto fu in grado di far vacillare i tre ragazzi
che aveva accanto e che le avevano appena rivelato perché
portasse ancora la benda sugli occhi nonostante fosse passata
più di una settimana dalla battaglia. Per un attimo,
però, si pentirono di averlo fatto.
Erano passati due giorni dal risveglio della ragazza, che aveva
iniziato a recuperare molto più velocemente le forze ed era
finalmente in grado di alzarsi in piedi e compiere qualche passo, ma
doveva essere sempre scortata da qualcuno perché priva della
vista. Stanca di quella condizione, pochi minuti prima aveva domandato
come mai la fasciatura non era stata rimossa e i tre custodi, dopo
essersi guardati in silenzio, avevano capito che non potevano mentirle
né aspettare oltre.
Ora però la castana non riusciva ad accettare la
realtà che le era stata svelata. Scuoteva la testa
lentamente, con il viso rivolto avanti a sé e le mani
strette sulla coperta che aveva addosso.
-Resterò… cieca…?-
balbettò, sconvolta e spaventata.
-Non è detto!- intervenne Kairi, prendendole una mano tra le
sue. -Non siamo stati capaci di valutare l’entità
del danno, però abbiamo fatto il possibile per
curarlo… c’è ancora una speranza! Il
Maestro Yen Sid ci aiuterà!-
-Non servirà a niente!- gridò lei, girandosi
verso la compagna e lasciando che le sue parole rimbombassero appena
nel silenzio della casetta, vuota tranne che per loro e Paperino, che
sedeva sul proprio giaciglio accostato al muro adiacente e stava
seguendo la conversazione con una piccola dose di ansia.
-Non puoi esserne certa!- replicò Sora, andando in aiuto
della rossa.
-Sì invece! Adesso… quello che mi ha detto
Marluxia… quello che mi ha fatto… ha un
senso…- concluse, mettendosi la mano libera tra i capelli.
I tre amici rimasero zitti e immobili, come folgorati. Non avevano
voluto domandarle cosa fosse successo quando era rimasta sola con il
Leggiadro Sicario, per timore di ferirla in qualche modo. E di nuovo,
forse, avevano sbagliato ad attendere che fosse lei stessa a parlarne.
-Jessie…- chiamò il custode dell’Alba,
con la voce ancora leggermente roca, sedendole accanto sul giaciglio.
-Forse, se ci racconti quello che è accaduto, possiamo
trovare un rimedio. Faremo il possibile.-
Lei, però, scosse il capo, negando con forza. -Ha detto che
dovevo sprofondare nel buio… ma non capivo… ha
richiamato l’Oscurità e mi ha messo la mano sugli
occhi… l’ultima cosa che ricordo è
l’orribile sensazione di qualcosa che entrava dentro di
me…- narrò, tremando. -Passava dagli occhi e si
disperdeva… faceva male e lui rideva…-
Strinse le ciocche castane quasi volesse strapparsele via e
serrò i denti per impedirsi di urlare, mentre la sua mente
si perdeva in interrogativi che la assillavano da sempre.
-Perché sta succedendo tutto questo? Perché?!- si
chiese ad alta voce, sussultando l’attimo seguente a causa di
una serie di immagini apparse tra i suoi pensieri.
Era quello il suo posto ormai:
seduta a terra accanto alla porta dell’aula,
perché durante l’intervallo era vietato stare in
classe. Mangiò la merenda più per riflesso che
per reale appetito e guardò i compagni che giocavano a
pallone nell’atrio, mentre altri giocavano ad acchiapparella,
scappando da una parte all’altra.
-Che cosa sono queste…?- disse, voltando il capo a destra e
sinistra per capire cosa stesse vedendo.
I tre custodi, in principio, la guardarono con perplessità,
imitati dal mago di corte e da Inuyasha, rientrato proprio in quel
momento. Quando poi la keyblader del Tramonto accostò le
dita tremanti alla guancia sinistra si fecero attenti e pronti a
intervenire.
Era tutto completamente diverso
dalla scuola in cui stava prima. Lì era vietato uscire in
corridoio durante la ricreazione, e solo con il bel tempo le maestre li
portavano in cortile, se ne stavano in aula tranquilli a chiacchierare
tra di loro, a consumare la merenda. Tutti insieme, o divisi a
gruppetti, ma comunque tutti amici. Ormai, però, non era
rimasto nulla di quei giorni, solo un bel ricordo e un ridondante
“perché” rivolto allo stato attuale
delle cose.
Si alzò,
prendendo coraggio per attraversare l’atrio e andare ai
servizi, stando bene attenta a schivare persone, pallone e gomitate che
avrebbe potuto ricevere addosso. Tuttavia, non fu abbastanza rapida e a
meno di cinque passi dalla porta del bagno, la pallina di gomma che i
ragazzi stavano usando le finì contro la guancia sinistra
con violenza. Fortunatamente, riuscì a restare in piedi,
evitando almeno la caduta. Si portò una mano al viso e con
gli occhi annebbiati dalle lacrime di rabbia e dolore, cercò
l’autore dell’incidente, ma nessuno si fece avanti
per porgere delle scuse. La sfera era rotolata al centro del salone e
il gioco era ripreso come se nulla fosse accaduto. L’unica
cosa che ottenne fu un coro di risatine da parte delle sue compagne che
la seguirono finché non si chiuse nel primo bagno
disponibile, dove sfogò la propria sofferenza fisica e
mentale.
-Perché
è successo? Perché mi hanno portata qui?-
-Già, custode
del Tramonto.- s’intromise la voce subdola e maligna
dell’Emissario. -Perché ti ho portata qui?-
Istintivamente, Jessie serrò la presa sulla mano di Kairi,
come se fosse un appiglio che le impediva di cadere in un vuoto baratro
dall’incredibile forza di gravità, che tirava e
tirava per catturarla.
-Com’è possibile? Sono uscita da lì e
allora perché continui a farmi vedere tutto questo?!-
sbottò, furente, sentendo l’aria mancarle, mentre
la scena che aveva davanti agli occhi chiusi svaniva come il fumo di
una sigaretta, per poi ricomporsi in una spirale di taglienti
coriandoli e ricominciare da capo.
Di nuovo, la castana vide la versione bambina di se stessa,
rannicchiata a ridosso del muro dell’aula. Sola come sempre.
E di nuovo, quella particella dell’Emissario le
scivolò accanto, leggera come un alito di vento, composta
unicamente dal suono della sua voce, che s’insinuò
nel suo orecchio.
-Perché
fuggire dalla tua mente è impossibile, l’avevi
già capito da sola.- rispose, ridacchiando appena. -Ma vuoi
sapere perché ti ho portata qui? E come, soprattutto?-
aggiunse in un gelido sussurro, cingendole le spalle con braccia
invisibili, che la strinsero come le catene di una prigione.
-Perché ti trascinerò sull’orlo della
pazzia. Lentamente, forse, ma alla fine ti affaccerai al bordo di quel
pozzo di pensieri sconnessi e pregherai, molto più di
ora…- rivelò, saggiando con un piacere
incalcolabile, il brivido d’orrore che era corso per la mente
della giovane, come un coniglio impaurito che fugge dal cacciatore. -In
quanto al come… ormai sono qui, non puoi cacciarmi via. Le
mie radici hanno trovato terreno fertile e cresceranno sempre
più velocemente. La tua mente e poi il tuo cuore, presto,
saranno miei.-
Rantolando in cerca d’aria da mandare ai polmoni, la castana
portò rapidamente le dita sulle bende, con tutta
l’intenzione di strapparle via. Il custode
dell’Alba si mosse immediatamente, catturandole i polsi e
allontanandoli dalla fasciatura.
-Jessie fermati! Che succede?!- pronunciò con la voce
più alta che poté, guadagnandosi una sorta di
ringhio sofferente.
-Devi levarle! Io devo vedere! Devo tenere gli occhi aperti!-
urlò la keyblader come impazzita, cercando di liberarsi
dalla presa del compagno.
-Non possiamo!- intervenne la principessa della Luce. -La tua vista
potrebbe-
-È nella mia testa!- singhiozzò lei,
interrompendola. -Devo… devo aprire gli occhi…
devo togliermi questo nero da davanti! Altrimenti…- si
bloccò, avvertendo un tocco agghiacciante sopra la spalla
destra.
-Eh già,
custode del Tramonto. Finché i tuoi occhi saranno chiusi e
la tua mente sarà affacciata su questo profondo nero, io
potrò mostrarti ciò che voglio.- disse con voce
civettuola, scorrendo con le mani sulle sue braccia e posandole un
bacio leggero alla base della nuca. -Ora ti lascio, ma non
preoccuparti. Non sentirai la mia mancanza.- avvertì
divertita. -La prossima volta arriverà presto.
Può essere stasera, domani, o tra cinque minuti, chi lo sa?-
concluse, ridacchiando e allontanandosi come un’onda che si
ritira dalla battigia.
-Vi prego…- mormorò Jessie, posando la fronte sul
petto dell’argenteo.
-Non possiamo.- ripeté Sora, mettendole una mano sulla
spalla. -Più tempo tieni gli occhi chiusi, più
possibilità ci sono che tu non abbia danni permanenti. Lo
capisci?- proseguì con tono duro e severo, che non si
sarebbe permesso di usare prima di allora.
Adesso, però, era costretto a farlo, poiché
seriamente convinto nel voler prendere le redini del gruppo e
perché aveva capito che la custode del Tramonto non aveva
bisogno di parole leggere. Al contrario, la ragazza necessitava della
realtà nuda e cruda a cui non poteva opporsi in nessun modo.
Avevano sbagliato, ma da quel momento in avanti le cose sarebbero
cambiate.
Inaspettatamente, la castana annuì. Lieve, ma quello era pur
sempre un cenno d’assenso.
-Bene. Ora dobbiamo solo aspettare che il re e Pippo ritornino con la
gummiship. E magari sperare che Xigbar torni da noi, così da
velocizzare le cose.- riprese, sollevando lo sguardo per incrociare le
iridi acquamarina dell’amico, che nel frattempo aveva
abbracciato la compagna.
Riku gli restituì un’occhiata limpida, piena di
gratitudine e consenso, trovandosi d’accordo con il suo modo
d’agire, perché lui, forse, non ci sarebbe
riuscito. Avvertiva come proprio il battito cardiaco della ragazza, che
correva come un cavallo al galoppo, quasi fosse in fuga dal demonio
stesso. La strinse maggiormente a sé, sperando che
percepisse la calma del suo cuore e placasse il proprio.
Lentamente, la castana si quietò nella mente e
nell’animo, permettendo al suo corpo di fare altrettanto. Si
appoggiò totalmente al suo compagno, rilassandosi e cercando
di recuperare la lucidità che dall’ultima
battaglia sembrava andata in pezzi, forse troppo piccoli e dispersi per
essere rimessi insieme. Tra il dire e il fare, poi, c’era
sempre di mezzo il mare.
Kairi strinse i pugni posati sulle gambe, dopodiché
sollevò le iridi blu puntandole sull’amica. Le era
balzata in mente un’idea per aiutarla, una sola. Rischiosa,
forse utile, ma che molto probabilmente le avrebbe fatto guadagnare un
attacco di rabbia da parte dell’altra. Si morse il labbro
inferiore, chiedendosi se fosse la mossa giusta da fare in quel
momento. Il suo tormento, visibile sul suo viso, attirò gli
sguardi dubbiosi dei due ragazzi, ma li ignorò e decise che
doveva almeno tentare.
-Jessie… vuoi parlarci di ciò che hai visto poco
fa? Di quello che ti ha fatto vedere l’Emissario?-
domandò gentilmente, facendo sgranare gli occhi a tutti i
presenti, tranne la diretta interessata, che rimase immobile e priva
d’espressione. -Forse così, riuscirai ad
affrontarla finché avrai la benda.-
***
Entrò nell’immensa sala con passi leggeri ma
veloci, per non disturbare il lavoro dell’unico presente.
Nonostante fossero passati altri giorni, Merlino era ancora
all’opera con la sua magia. Con le braccia levate in alto e
le mani che tracciavano complicati e incomprensibili ghirigori
nell’aria, rilasciando polvere dorata e azzurra,
l’incantatore era completamente immerso in uno stato di
elevata concentrazione per non commettere errori e non lasciare falle
nelle protezioni che stava allestendo.
La Prima Pietra della Luce brillava come una piccola stella ed emanava
un piacevole tepore che avrebbe invitato chiunque ad avvicinarsi per
ammirarla e bearsi della bella sensazione di sicurezza e pace che
donava, ma ora non poteva permettersi quei pensieri. Scosse la testa,
facendo ondeggiare i lunghi capelli d’argento e si
avvicinò all’anziano mago.
-Merlino, scusa se ti disturbo, ma abbiamo un problema.-
esordì Xemnas, attendendo pazientemente che
l’altro si fermasse per rispondergli.
-Problema?- ripeté l’incantatore, abbassando le
braccia e passandosi un polso sulla fronte. -Che problema
c’è ancora?- aggiunse, girandosi e facendo
comparire un bicchiere d’acqua per poi berlo con
avidità.
-Sembra che Paperino abbia perduto lo scettro magico.- rispose con voce
grave. -Xigbar ha detto che è andato in pezzi durante
l’ultimo scontro e pare che sia irrecuperabile.-
Dopo il primo attimo di sconcerto, Merlino s’era portato una
mano alla lunga barba, prendendo a lisciarla mentre rifletteva su
quanto aveva appena appreso.
-Non ha ancora trovato una soluzione? È vero che
può usare gli incantesimi anche senza lo scettro, ma la
potenza ne risentirebbe parecchio.-
Il Superiore però scosse la testa in segno negativo. -Non ci
risulta. Per ora Xigbar non può tornare dai custodi, quindi
non sappiamo cosa abbia deciso di fare Paperino… Tu sai come
potrebbe risolvere il problema?-
Il mago sospirò. -Purtroppo, l’unica cosa che mi
viene in mente è forgiarne uno nuovo, ma non è
così semplice…-
-Perché?-
-Uno scettro magico non è solamente un oggetto, è
molto di più. Fisicamente parlando è come un
prolungamento del braccio, che funge da catalizzatore e potenzia gli
incantesimi, e per questo viene forgiato su misura per il mago che
dovrà usarlo. Mentre dal punto di vista magico si
può dire che sia intrecciato all’energia del suo
padre.- spiegò Merlino, cominciando a camminare avanti e
indietro. -Infatti immagino che Paperino non abbia potuto usare la
magia negli ultimi giorni, perché oltre alle ferite
riportate, la sua energia magica ha dovuto riequilibrarsi per sopperire
alla mancanza dello scettro.-
-E quale sarebbe la difficoltà? Non capisco…-
-Il fabbro che si occupa della forgiatura di oggetti magici potrebbe
rifiutarsi.- rivelò con un sospiro. -Certo, dalla nostra
c’è un motivo valido, ma quella persona
è particolarmente capricciosa…-
continuò, fermando la sua camminata. -Ma è anche
vero che pure Paperino non è uno che si arrende e scommetto
che in questo momento sta pensando la stessa cosa… Ne sono
certo!-
Il Ritornante rimase in silenzio per un istante, assimilando tutte le
informazioni che il mago gli stava fornendo con quello che era divenuto
un monologo. Quando vide che le parole si erano ridotte a dei borbottii
incomprensibili, attirò l’attenzione
dell’uomo schiarendosi la gola.
-C’è qualcosa che possiamo fare per aiutare
Paperino?- chiese con calma.
-Oh sì che c’è!- esclamò
l’altro, improvvisamente allegro, prima di voltarsi di nuovo
e riprendere il lavoro da dove l’aveva interrotto. -Lasciami
finire gli ultimi incantesimi, poi mi metterò alla ricerca
dei materiali per lo scettro… ah, manda Xigbar ad avvisare
Paperino! Sia mai che faccia qualcosa di avventato come andare da
quella persona senza materiali… è una testa calda
dopotutto.-
-D’accordo. Se avrai bisogno di una mano non devi far altro
che chiedere.- concluse il numero I.
Final Fantasy VIII - Rose and
wine
-Sapete? C’è riuscita.- mormorò il
Tiratore Libero, fissando le due lapidi che aveva di fronte e rompendo
il silenzio che aleggiava tutt’attorno.
Avevano seppellito i due Ritornanti in un angolo remoto
dell’ala sud del giardino, accanto a una grande quercia, su
insistenza della regina stessa. Quella ormai era anche la loro casa e i
due caduti meritavano di riposarvi. Era una zona tranquilla, il vento
soffiava di tanto in tanto con gentilezza e nessuno dei rumori del
castello o della cittadella giungevano fin lì. Era un
perfetto angolo di pace, il luogo ideale per un sonno come il loro.
Il numero II ghignò, cacciandosi le mani nelle tasche. -La
ragazzina ha distrutto lo sgorbio che ti ha fatto fuori, Xaldin. Quando
ci rivedremo ti prenderò lo stesso a calci in culo, anche da
parte sua, sappilo.- disse ancora, osservando distrattamente i fiori
leggermente appassiti che facevano capolino dai due vasetti di pietra.
-La mia partita invece è ancora aperta, ma la
chiuderò presto. Eliminerò Marluxia e la
bestiaccia che ti ha fregato, stanne certo Luxord.-
-Oh, Xigbar, buongiorno.- asserì una voce limpida e dolce,
che lo fece voltare.
-Vostra Maestà.- salutò lui con un sorriso e un
cenno del capo. -Paperina.- aggiunse poi, facendo il medesimo gesto
alla dama di compagnia della regina, che ricambiò con un
lieve inchino.
-Siamo venute a cambiare i fiori, ti abbiamo disturbato?- chiese la
sovrana, chinandosi sulla coppia di tombe, posando accanto a
sé i due involucri di carta, mentre la sua compagna la
seguiva posando in terra un innaffiatoio.
-No, nessun disturbo. Stavo andando via, il dovere chiama!-
affermò, mandando un ultimo saluto mentale agli amici
caduti. -Signore, vi auguro una buona giornata!- esclamò,
prima di svanire in un varco luminoso.
-Non ha neanche aspettato la risposta… guarda
te…- borbottò Paperina, tornando ad aiutare la
regina, che ridacchiò.
-Suvvia Paperina, ormai dovresti aver capito com’è
fatto.-
-Avete ragione.- rise l’altra, versando l’acqua nei
vasi prima di rivolgere una preghiera alle anime dei Ritornanti,
affinché vegliassero su tutti loro.
Minnie si unì a lei poco dopo, unendo le mani davanti al
viso e pregando Kingdom Hearts di proteggere i custodi e i loro
compagni.
-Andiamo Paperina.- asserì la regina, alzandosi in piedi
dopo qualche istante. -Ci sono ancora molte cose da sistemare al
castello.-
-Vi seguo Maestà.- disse la dama di compagnia, tornando in
piedi e raccogliendo l’innaffiatoio vuoto per poi avviarsi al
fianco della sua sovrana, dando entrambe le spalle alle lapidi di marmo
chiaro.
S’alzò una folata di vento che spazzò
quel quieto angolo di giardino, agitando i fiori che erano appena stati
posati e un ospite inatteso che non era stato notato. Nessuno dei tre
visitatori, infatti, aveva fatto caso al gambo spinoso con il
rispettivo bocciolo che era cresciuto alle spalle della lapide dello
Sfidante del Destino.
***
Il silenzio calò come una pesante scure
sull’intera casetta, mentre l’aria
sembrò farsi di ghiaccio tangibile e tagliente come una
lama. Sora guardò la rossa con ansia, deglutendo
leggermente. Era pur vero che non aveva avuto tutti i torti a proporre
il dialogo, però temeva la reazione della custode del
Tramonto. Per quello che potevano sapere, solamente Riku era a
conoscenza del suo passato, ma come n’era venuto a conoscenza
restava un mistero.
Alle sue spalle, Inuyasha s’era infine seduto a gambe
incrociate e osservava il quartetto con interesse, ma tenendosi pronto
a intervenire in caso di pericolo. Sospettava, infatti, che la castana
avrebbe potuto rispondere sia in modo positivo che negativo, e
quest’ultimo, forse incontrollabile. Perciò, con
Tessaiga a portata di mano, seguì lo svolgersi degli eventi,
restando in disparte.
Il fatto che l’interpellata restasse in silenzio, tuttavia,
non presagiva una conversazione facile, se mai ne fosse iniziata una.
Persino il prescelto dell’Alba era in allarme,
poiché dalla compagna non avvertiva alcuna emozione.
Semplicemente il vuoto, ma percepì la stessa, terrificante,
sensazione che gli avrebbe dato un enorme, profondo e immobile lago
nero, che celava i peggiori orrori tra i suoi bui flutti. Perso
com’era nelle sue riflessioni, sobbalzò per la
sorpresa quando Jessie si mosse per scostarsi da lui e non
osò trattenerla, perché sentì qualcosa
muoversi e con gli occhi del cuore vide quel lago incresparsi sempre di
più.
La ragazza si liberò della coperta e tastò
attorno a sé, fino a trovare il bordo dal giaciglio su cui
sedeva, poi si mosse per alzarsi. Istintivamente, Kairi si
spostò per darle spazio e non provò nemmeno ad
allungare una mano per aiutarla. Sempre grazie all’istinto,
aveva compreso che era meglio non osare più di quanto avesse
già fatto. Incerta sulle gambe e aiutandosi con le braccia a
mantenere l’equilibrio, la castana si tirò in
piedi e rimase immobile qualche secondo per capire da che parte andare,
sfruttando al massimo gli altri sensi.
-Alla tua destra.- intervenne il mezzodemone. -Stai attenta, la porta
è una semplice stuoia appesa.- avvertì, ottenendo
un cenno in risposta e restando a osservare la giovane che si avviava
verso l’uscita con passi cauti.
Portò le mani avanti e sussultò appena quando
trovò la consistenza ruvida della famosa stuoia con la
mancina, mentre la destra si appoggiava alla parete di legno.
-Se anche te ne parlassi…- esordì con voce stanca
ma dura. -Non capiresti.-
-Dammi una possibilità! Anzi, dalla a tutti noi!-
replicò la rossa, alzandosi. -Puoi fidarti di noi, lo sai!-
-Non è una questione di fiducia, Kairi.- disse Jessie con
fredda calma. -Parlarne non mi aiuterebbe come credi tu, al contrario.
Per parlarti di quello che ho visto poco fa, dovrei riportarlo alla
mente di nuovo e, sinceramente, non mi va.- proseguì,
spostando la stuoia. -L’unica cosa che vorrei ora
è dimenticare, ma non posso.-
-Ma Jessie… Noi…-
-Voi cosa?- ripeté. -Se vi raccontassi, cosa fareste dopo?
Cosa potreste fare per impedire che accada di nuovo?-
continuò velocemente. -Sono priva della vista, non stupida.
I vostri sguardi addosso li sentirei comunque.- concluse, uscendo senza
chiedere il sostegno di nessuno.
-Mi dispiace…- mormorò la custode del Flower Key
con gli occhi bassi, rivolgendosi non solo all’amica, ma
anche al resto dei suoi compagni.
Una mano sulla spalla la invitò a rialzare lo sguardo e
incontrò quello azzurro del prescelto del Giorno.
-Non prendertela, Kairi.- esordì Sora. -Ci hai provato e
provare non è mai sbagliato. Forse questo non è
il momento adatto, ma…-
-Ma niente.- s’intromise Inuyasha a palpebre serrate. -Potete
chiederle quando volete di parlarvi, ma il “momento
adatto” non arriverà mai, perché
comunque non capireste.-
-E tu cosa ne sai?- domandò Paperino, guardandolo storto.
-Tsé! Non sono affari che ti riguardano.-
-Tu… ci hai sentiti, non è vero?- chiese invece
Riku, attirando su di sé le iridi d’ambra del
mezzodemone, che annuì.
-Ho l’udito molto più sviluppato degli umani. Non
eravate così lontani ma rilassati, non dirò a
nessuno ciò che ho sentito.- rispose l’altro. -So
bene cosa significa…- proseguì vago, lasciando
confusi gli altri tre ascoltatori.
-Riku, ma di che state parlando?- intervenne Sora, guardando
l’amico, che sospirò.
-Ricordate il giorno che Jessie si è sentita male? Quando
siamo rimasti soli mi ha raccontato qualcosa…-
spiegò, sorprendendo i tre compagni. -Non è scesa
nello specifico, però so quello che vede per colpa
dell’Emissario.- si fermò, liberando un nuovo
sospiro stanco per poi avviarsi verso l’esterno. -Kairi, come
ha detto Sora, non hai sbagliato, però… forse,
davvero, non capiremmo.-
La rossa annuì, un po’ abbattuta nel vedere che il
muro che la separava dalla keyblader del Tramonto era più
alto e difficile da scalare di quanto pensasse. Tuttavia, non si
sarebbe arresa. Sapeva che prima o poi, in qualche modo,
l’avrebbe superato.
-Non hai paura che ti mandi via?- chiese Inuyasha, guardando Riku con
la coda dell’occhio, quando fu vicino alla porta.
-So cosa vuole fare e so come convincerla a farmi restare.- rispose
semplicemente per poi uscire e trovare esattamente ciò che
credeva.
Jessie si era spinta a qualche metro di distanza dal loro rifugio e con
la Via del Tramonto stretta nella mano destra, tentava di sferrare
attacchi a un nemico immaginario, ma i colpi erano lenti e tutto tranne
che precisi. Il suo corpo tremava nello sforzo di mantenere
l’equilibrio e sorreggere l’arma, ancora troppo
pesante a causa delle poche energie recuperate. Infine, la ragazza mise
un piede in fallo e cadde, ritrovandosi stesa sul fianco, mentre la
chiave svaniva in una scia di luci.
-Maledizione…- ringhiò, posando le mani
sull’erba fresca per rialzarsi.
-Tutto bene?- le chiese Riku, prendendole le mani e tirandola in piedi
come se non pesasse niente.
-Ah, una meraviglia, davvero.-
-Lo sai cosa intendevo.- ribatté lui con voce neutra,
ottenendo uno sbuffo.
-Sì… non mi sono fatta male cadendo, tranquillo.-
disse la castana, stringendo la presa sulle mani
dell’argenteo che ancora non l’aveva lasciata
andare. -Alla fine sono diventata un peso…-
mormorò, con un sorriso amaro. -Guarda che macello, fatico a
tenere il keyblade in mano da ferma, figuriamoci in uno
scontro… l’Emissario poi, non mi darà
pace, lo so.-
-Non pensarci.- affermò il prescelto dell’Alba.
-Ti ho già detto che non sei un peso e mai lo sarai.
È solo un momento di difficoltà e lo supereremo,
insieme.- proseguì, convinto.
-…come?- soffiò, mordendosi il labbro inferiore.
-Per un po’ mi è capitato di dover combattere con
gli occhi bendati, posso spiegarti come fare e aiutarti.- rispose il
ragazzo. -Non ho avuto il tuo problema, ma la condizione era la stessa.
Sarà faticoso e pesante, ma sono certo che potrai riuscirci.-
La ragazza rimase in silenzio per qualche secondo, dopodiché
emise un sospiro misto a uno sbuffo. -D’accordo, sono nelle
tue mani.-
-Cominciamo allora.- replicò l’argenteo. -Per
prima cosa, dobbiamo riuscire a farti stare in piedi senza rischiare
che tu cada al primo passo…-
Dalla soglia della baracca, Kairi e Sora osservarono lo scambio di
battute tra i due custodi e il ragazzo sorrise quando li vide mettersi
al lavoro, quindi rientrò, portandosi dietro la sua compagna.
-Va tutto bene?- s’informò il mago di corte,
sistemando la fascia che gli teneva l’ala al collo.
Il prescelto del Giorno annuì. -Tutto benissimo, Riku si
occuperà di Jessie. Tu, invece? Hai trovato un modo per
riparare lo scettro?-
Il pilota scosse il capo. -No, è impossibile ripararlo.
Ormai è privo di magia, le cose sono due: combattere senza,
ma i miei incantesimi saranno molto più deboli del solito,
oppure farne forgiare uno nuovo…- spiegò con voce
quasi seccata.
Sora inarcò un sopracciglio, incrociando le braccia al
petto. -Dal tono che hai usato sembra quasi che entrambe le opzioni
facciano acqua da tutte le parti. Andiamo a farne forgiare uno nuovo,
qual è il problema? Ci basta andare a Radiant Garden e-
-Non è così facile.- lo interruppe il mago,
sbuffando e appoggiandosi con la schiena alla parete. -Esiste una sola
persona in grado di eseguire un simile lavoro e non mi risulta che
negli ultimi anni abbia preso apprendisti.-
-Bè andiamoci! Una volta lasciato questo mondo
sarà più semplice, chiediamo a un Ritornante di
accompagnarci.-
-Fammi finire!- sbraitò il papero, facendo sussultare la
principessa della Luce e il mezzodemone, mentre il castano abituato
alle sue sfuriate restava impassibile. -Sei sempre il solito, taci e
ascolta!- aggiunse, ottenendo un assenso di compiacenza che gli piacque
poco, ma che fece finta di non aver notato. -Quella persona non mi
sopporta, ma la cosa è reciproca, eh!-
-Io non me ne vanterei…-
-Tsk! Comunque, già è difficile che accetti di
forgiare un secondo scettro in condizioni normali, se poi vede che sono
io a chiederlo, potrebbe anche buttarmi fuori a calci e sbattermi la
porta in faccia.- rivelò Paperino, sbuffando seccato.
-Ma chi è?- chiese Kairi, sedendosi accanto al mago.
-La ferraia di oggetti magici, la strega Ashirae.-
Da che ero bloccata, ho
scritto il doppio di quello che volevo. Oh yeah.
Dato che nel primo
capitolo non avevo buttato abbastanza carne sul fuoco, qui ne ho
aggiunta altra! Spero che vi abbia fatto piacere
ù.ù
Ora passiamo ai
ringraziamenti!
Ringrazio chi
preferisce: darkroxas92 e LaHire.
Ringrazio chi segue: darkroxas92, GoldenEFP e Lizzie Sora.
E ovviamente ringrazio
anche chi legge soltanto :3
Ci vediamo al prossimo
aggiornamento!
See ya!
|
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Capitolo 3 *** Capitolo III: Strade diverse ***
Buona sera a tutti! :3
Eccomi qua con l'aggiornamento! ù.ù Avremo un
altro capitolo transitorio, purtroppo per non fare le cose troppo
velocemente ho dovuto allungare qui e spostare un po' di cose alla
prossima volta, altrimenti invece di cinque pagine ne venivano
trentordici. Spero che il capitolo vi piaccia comunque :3 Buona lettura!
Capitolo III: Strade diverse
Kingdom Hearts Original
Soundtrack - End of the world
La risata dell’Emissario riecheggiò tra le pareti
di cristallo nero, spingendosi fin nei suoi angoli più bui e
dimenticati, raggiungendo anche le orecchie del Ritornante oscuro che
rabbrividì, persino il suo cuore nero tremò di
fronte a quel suono freddo. Marluxia distolse lo sguardo dalla finestra
priva di vetro che si affacciava su ciò che restava del
centro dell’antico Regno della Luce, una cupa landa desolata
che si estendeva a perdita d’occhio, e lo puntò
sulla porta della stanza che aveva scelto di abitare in quel vecchio e
silenzioso maniero. Le vibrazioni di quell’ilarità
gli penetrarono sotto la pelle, scavandosi la strada tra i fasci
muscolari per giungere alle ossa e attaccarvisi con subdola tenacia.
-Creare scompiglio nella mente della custode la diverte proprio
tanto…- costatò con un pensiero, per poi tornare
a guardare fuori con aria annoiata.
Dei meravigliosi e luminosi giardini che un tempo avevano allietato gli
occhi di chi viveva su quel mondo, non rimaneva altro che una distesa
arida, morta e polverosa, che di tanto in tanto veniva spazzata da una
folata di vento pungente e secco, come se quell’anziano
angolo di creato stesse esalando un respiro stanco e faticoso. Forse,
uno degli ultimi. Del viale alberato che portava alla Sacra Reggia,
sopravvivevano solamente legnosi scheletri anneriti, che facevano la
guardia a un sentiero diroccato, dalle piastrelle di coccio infrante o
mancanti. E su quel tetro quadro, l’argentea luce della luna
a forma di cuore si stendeva come un fitto velo sul viso di una sposa
che vuole celare la propria identità.
Il Leggiadro Sicario s’incantò a guardare Kingdom
Hearts, studiandone il profilo circondato da una soffusa corona
azzurrina, che lo separava dal perenne blu scuro del cielo notturno.
Quella visione meravigliosa non aveva nulla da spartire con
quell’imbarazzante copia che l’Organizzazione XIII
era riuscita a mettere insieme anni prima. Come avevano potuto anche
solo pensare di poter riprodurre una simile magnificenza?
Il ritmico rumore di un passo conosciuto lo distrasse ancora una volta
e lo fece girare verso l’uscio che pochi istanti dopo fu
varcato dalla giovane figura dell’Emissario, sorridente come
una bimba che ha appena ricevuto in regalo la bambola che
più desiderava.
Lo studiò per qualche attimo con le ferine iridi buie,
portandosi una mano sotto il mento per riflettere. -Mh, temo che tu ti
stia proprio annoiando.-
Un sopracciglio rosato si sollevò di riflesso. -Tu dici?-
chiese, per poi sospirare. -Neanche tanto in realtà. I miei
semi sono giunti dove volevo, ma ora non posso fare niente.-
La donna gli riservò un’occhiata incuriosita e
interessata e gli si avvicinò con le mani intrecciate dietro
la schiena. -Semi?-
-Esatto, sono riuscito a giungere dove persino tu non puoi
addentrarti.- spiegò con un mefistofelico ghigno,
riempiendosi di soddisfazione. -Quando se ne accorgeranno,
sarà tardi. Il mio unico rammarico è il non poter
assistere alla distruzione di tutte quelle luci…-
Il sorriso compiaciuto che ricevette come risposta gli
riempì l’animo d’orgoglio e di gioia,
una felicità deviata che abbracciava la macabra visione di
quel candido mondo sull’orlo del collasso, che cadeva
inesorabilmente tra gli artigli dell’Oscurità.
-Sei riuscito a stupirmi, i miei complimenti.- pronunciò
lei, carezzandogli la guancia sfigurata con la gelida mano lattea.
-Quando potremo godere degli effetti di questo tuo piano?-
Marluxia scostò il viso, celando il proprio fastidio.
-Purtroppo è un’operazione che richiede tempo,
esattamente come la tua.-
L’Emissario sghignazzò. -La cosa non
può farmi altro che piacere. Assistere agli effetti di
qualcosa che si è sviluppato lentamente e con la massima
cura, ne rende la visione ancora più dolce…-
disse, portandosi i palmi alle guance. -E io non vedo l’ora
che arrivi quel giorno…- mormorò, perdendosi in
una visione dei suoi desideri più reconditi.
-C’è qualcosa che non mi hai detto?-
domandò, ottenendo una risatina timida e imbarazzata.
-Qualcosa che non deve sfuggire dalle mie labbra. Tutto a suo tempo.-
cinguettò la ragazza, dandogli le spalle e incamminandosi
per poi svanire in una nube di polvere scura.
Riapparve davanti alla porta rossa con l’incisione delle due
leggendarie armi incrociate e vi posò entrambi i palmi,
accarezzandola come un oggetto caro e delicato, che minaccia
d’infrangersi se sfiorato da uno sguardo troppo intenso.
Quell’ingresso però era più resistente
di qualunque altro e non era stato intaccato dallo scorrere del tempo
in nessuna delle sue intime schegge. Fece correre le dita
finché non raggiunsero la maniglia, che cedette alla
pressione e permise l’apertura dell’uscio.
Al suo ingresso nella stanza, le pareti di cristallo nero vibrarono in
silenzio, per non disturbare il visitatore che le aveva scosse con la
sua sola presenza. Tutto era perfettamente in ordine, come se qualcuno
si fosse prodigato ogni giorno di pulire e cancellare i possibili segni
dell’usura e dell’invecchiamento. Dallo scrittoio
su cui ancora giacevano alcuni libri, al letto dalle lenzuola purpuree,
sembrava che nessun giorno fosse trascorso da quella grande battaglia
che aveva visto la fine della prima guerra tra Luce e
Oscurità.
L’Emissario si avvicinò al letto, ma non si
azzardò a sdraiarvisi per non sgualcire le lenzuola leggere,
che apparivano ancora fresche di bucato.
S’inginocchiò e posò il capo sul ciglio
del materasso, affondando il viso nella coperta rossa e inspirando a
pieni polmoni il profumo colmo di ricordi che la impregnava.
Ricordi non suoi, ma della prima custode del Tramonto. Momenti che
aveva vissuto lontano dalla sua vera compagna, da quella parte che
l’avrebbe completata realmente in ogni senso. Vide
chiaramente scene di vita quotidiana trascorse con gli altri prescelti,
soprattutto il keyblader dell’Alba, che aveva avuto il potere
di strappare la figlia del buio dalla sua casa.
Le cose sarebbero cambiate presto. La pecorella smarrita avrebbe fatto
ritorno all’ovile e tutto sarebbe tornato a posto.
L’ordine originale delle cose sarebbe stato ristabilito e la
ragazza dai lunghi capelli blu promise a se stessa e al proprio cuore,
che si sarebbe impegnata costantemente per non sbagliare e non perdere
quell’occasione, che forse si sarebbe ripetuta dopo molti
secoli.
Avrebbe riavuto la sua metà, a qualsiasi costo.
Ridacchiò contenta. -Sì sorellina, presto saremo
di nuovo unite…-
***
Mantenne la calma e un respiro regolare, quindi si concentrò
al massimo per l’ennesima volta. Mosse il capo come per
guardarsi attorno, sforzandosi per sentire qualsiasi cosa: un fruscio,
un sospiro, un profumo, un qualunque indizio che potesse indicargli il
punto in cui si era fermato il suo compagno.
Avvertendo il proprio corpo ondeggiare, Jessie sistemò la
posizione del piede destro poi tornò alla sua ricerca.
Essere incapace di vedere inizialmente l’aveva resa nervosa e
rabbiosa, e il pensiero di poter ricevere in ogni momento un
“attacco” interno da parte dell’Emissario
la spaventava. A quel punto era intervenuto Riku, che con
tranquillità e pazienza le aveva offerto il suo aiuto,
spiegandole come stare in piedi e camminare e come percepire il mondo
che la circondava. Doveva fare affidamento sugli altri sensi e su
quella specie di sesto senso che era nato in lei da quando era divenuta
una custode. Era però più facile a dirsi che a
farsi, visto che lei era abituata a vedere anche nel buio
più fitto la faccenda diventava ancora più
difficile.
Girò su se stessa di centottanta gradi quando
percepì qualcosa. Era un luccichio caldo che sembrava
fissarla da una certa distanza. Da quando aveva iniziato
quell’allenamento era la prima volta che avvertiva una cosa
simile. Sentì un fruscio pesante, ben diverso da quello che
avrebbe provocato il vento e nella sua mente si materializzò
un puntino azzurro che appariva lontanissimo. Incuriosita, si mosse per
cercare di raggiungerlo, con cautela per evitare di perdere
l’equilibrio, ma quello restava dov’era senza dar
segno di avvicinarsi. Fatti dieci passi si fermò e
allungò il braccio destro.
-Riku?-
Il ragazzo sorrise, prendendole la mano. -Mi hai trovato e molto
più velocemente rispetto a prima.-
La castana annuì. -Ho iniziato a capire come funziona, e
credo di aver percepito qualcosa di diverso…- disse, alzando
anche l’altro braccio per trovare il sostegno del compagno.
-Ma non so spiegarlo…-
-Quando ne sarai in grado ti ascolterò.-
L’argenteo non le negò l’appoggio e la
portò più vicina, capendo che era ormai giunta al
limite delle sue poche forze. La osservò con orgoglio,
soddisfatto dei risultati ottenuti in una sola giornata. Quindi la
prese a braccetto e s’incamminò lentamente verso
il loro rifugio, seguito docilmente dalla ragazza.
-Direi che per oggi abbiamo fatto abbastanza, e tra breve dovrebbe
essere pronta la cena.- riprese lui, guardando a ovest, dove
l’orizzonte bruciava come un grande rogo, tingendo di mille
sfumature rosse, rosa e viola i fitti nuvoloni che fino al giorno prima
si erano sfogati su di loro senza pietà con rumorosi
borbottii.
-Com’è il tramonto oggi?- chiese lei, voltandosi
istintivamente nella stessa direzione.
-Stupendo come sempre.- rispose, prima di cercare di descriverle
ciò che stava vedendo.
Kingdom Hearts Piano
Collections: Field and Battle - Musique pour la tristesse de Xion
La mattina seguente giunse lentamente e accompagnata dai cinguettii di
alcuni uccelli in volo. Simbolo di un quadro solo in apparenza
idilliaco e pacifico. Per i guerrieri della Luce, quell’alba
aveva un’importanza e un significato specifici e per ognuno
di loro ne aveva altri ancora.
Il custode della chiave gemella e il suo cavaliere, secondo i loro
calcoli, avrebbero dovuto raggiungere la radura in cui avevano lasciato
la gummiship entro mezzogiorno, quindi li avrebbero rivisti al
più tardi quel pomeriggio e il loro viaggio sarebbe ripreso
dopo la chiusura della serratura.
Paperino fremeva, perché era stanco di avere l’ala
appesa al collo. Purtroppo nessuno dei presenti aveva
un’energia magica forte abbastanza da rinsaldare
correttamente le fratture, tranne lui stesso e la fenice
d’acqua. Né l’uno né
l’altra, però, potevano intervenire. La seconda
perché in fase di recupero dall’ultimo scontro in
cui aveva prosciugato ogni goccia di potere, la magia del primo invece
non si era ancora stabilizzata dopo la perdita dello scettro. Kairi
tentava in tutti i modi di tenere tranquillo il loro pilota
-impedendogli di compiere sciocchezze come levarsi la fasciatura-,
insieme al keyblader del Giorno che entrato completamente nel ruolo di
leader, cercava di andare incontro ai bisogni e ai problemi di ogni
compagno, sostenendoli e aiutandoli come poteva. In particolare, la sua
attenzione era focalizzata sull’altra coppia di prescelti,
che se ne stava in disparte a riposare, erano seduti sul pagliericcio
del ragazzo, in quel momento appoggiato alla parete con la castana tra
le braccia.
Quella che era partita come una notte serena, si era rivelata ostile e
incredibilmente lunga e i due custodi avevano trovato il sollievo del
sonno solo poco prima del sorgere del sole. La mezzanotte era prossima,
quando all’improvviso Jessie era scattata a sedere con un
colpo di tosse seguito da altri sempre più violenti,
attirando le orecchie del mezzodemone di guardia. Riku si era svegliato
con il resto dei presenti grazie alla voce dura e preoccupata di
Inuyasha, che raccolta la ragazza l’aveva portata fuori,
assistendo al suo malore. Le ore di buio erano quindi trascorse con
ansia e grande difficoltà per i due ragazzi, che non erano
più riusciti ad assopirsi.
Sora emise un sospiro, quindi si alzò. Stanco forse, ma mai
sfiduciato. Era convinto che avrebbero risolto ogni cosa in qualche
modo, perciò riacquistò il sorriso e
avvertì la rossa che stava uscendo. Lei annuì,
rispondendo al suo sorriso, ma si stupì quando il mago di
corte scattò in piedi per seguirlo.
-Paperino dove vai?- chiese incuriosita, attirando gli sguardi di
Kagome e Sango.
-Tranquilla Kairi, non ho intenzione di picchiarlo. Non oggi.- rispose
con falsa serietà il papero. -Lo rivedrai come
l’hai visto uscire.-
-Ma non era quello che…- la frase le morì in
gola, poiché ormai il suo interlocutore non la poteva
più sentire.
Il custode della Catena Regale si fermò dopo una ventina di
passi, stirando le braccia in alto e rivolgendo lo sguardo al cielo
finalmente limpido, in cui il sole sostava pigramente. Quando
udì il frusciare dell’erba dietro di
sé, però, si voltò e sorrise
all’amico che si era fermato a un passo da lui.
-Come mai qui?-
Il mago roteò gli occhi. -Come se non lo sapessi.
È da ieri che sembri sul punto di chiedermi qualcosa, ma non
l’hai fatto.-
Sora sghignazzò. -Mi hai beccato. In realtà non
sapevo bene come farti le domande, quindi ci stavo pensando.-
Questa volta Paperino si dimostrò sorpreso.
-C’è più di una domanda?-
-Eh già.- affermò, sedendosi a gambe incrociate
con un movimento fluido.
L’altro lo imitò, mettendosi di fronte a lui.
-Bene allora, comincia. Falle come ti vengono, non vorrei che ti
spremessi troppo.-
-Divertente…- commentò il castano. -La prima
domanda è questa: se venissimo attaccati…-
-Che porta iella che sei…-
-Se ci fosse la necessità di combattere, ad esempio
ora…- riprese il ragazzo, calcando sulle parole e ignorando
l’interruzione. -Tu cosa saresti in grado di fare?-
Il papero si fece pensieroso e abbassò lo sguardo, come se
stesse consultando una lista che solo lui poteva vedere. La scorse con
attenzione, leggendone ogni riga, valutando ogni combinazione e tutte
le risorse che gli presentava. Quel silenzioso esame non fu interrotto
per alcun motivo dal giovane custode, che attese con pazienza,
finché le pupille scure dell’amico non tornarono a
incrociarsi con i suoi occhi.
-Potrei riuscire a lanciare le magie di primo livello e qualcuna di
secondo.- annunciò con voce terribilmente seria.
-Definisci “qualcuna”.-
-Cinque al massimo… credo.- sospirò Paperino,
grattandosi la nuca.
-Mh, ok, ho capito.- disse il prescelto, dopo essersi perso per qualche
attimo tra i suoi pensieri.
-Mi lascerai nelle retrovie se dovesse capitarci di subire un attacco
ora?-
-Credo proprio di sì.- ammise. -Non offenderti, ma in prima
linea saresti d’intralcio…-
-Nessuna offesa.- replicò il mago. -Anch’io avrei
agito come te. Spara, cos’altro vuoi chiedermi?-
-Spiegami meglio cosa dovrai fare una volta che ce ne saremo andati da
qui.- rispose Sora, facendosi serio come non mai e indurendo lo
sguardo. -Voglio capire dove devi andare, per quanto ci resterai e
tutto ciò di cui, secondo te, posso essere messo a
conoscenza.-
Il mago ghignò, piacevolmente stupito da
quell’atteggiamento. -Sembra incredibile che quello davanti a
me sia lo stesso ragazzino imbranato che quattro anni fa correva a
destra e sinistra, cercando i suoi amici…- pensò
per poi concentrarsi sulla risposta. -Devo andare in un luogo
conosciuto solamente dai maghi. Normalmente andrei da solo, ma nelle
condizioni in cui mi trovo credo che avrò bisogno di essere
accompagnato. Come hai detto ieri, chiederò a un Ritornante.-
-Non possiamo andarci con la gummiship?-
Paperino negò. -È un mondo protetto dalla magia e
non è raggiungibile con mezzi convenzionali, dovrei aprire
un portale apposito, ma il varco dei Ritornanti dovrebbe sostituirlo
alla perfezione.-
-Ho capito. E quanto tempo ci vorrà per forgiare un nuovo
scettro?-
-Questo non so dirtelo.- confessò con tono amaro. -Non so
nemmeno se quella strega acconsentirà a forgiare un secondo
scettro per me, non conosco le tempistiche del processo.
L’altra volta ci aveva messo due giorni.-
-Così tanto?!- esclamò scandalizzato il ragazzo.
-Ed ero ancora un mago alle prime armi… Ora sono decisamente
più potente di allora e ho un’esperienza che a
quei tempi potevo solo sognarmi. Sicuramente ci vorranno più
di due giorni, ma non so quanti…-
-Questo è un bel problema…- rifletté
il custode a voce alta, illuminandosi l’attimo dopo. -Forse
però possiamo approfittarne!-
Il papero lo guardò stralunato. -Come?-
-Se quando saremo vicini alle coordinate da raggiungere non sarai
ancora tornato, ti aspetteremo.- rispose Sora. -Approfitteremo del
tempo a disposizione mettendo insieme un piano d’azione e
riposando. L’idea di separarci per un periodo così
lungo non mi piace molto, però non abbiamo scelta. Inoltre,
sono certo che Jessie avrà bisogno di altri giorni per
riprendersi del tutto…- sospirò. -Ti confesso,
però, che ho un brutto presentimento… Sono
convinto che supererà, anzi che tutti supereremo la
situazione, ma qualcos’altro mi dice che ci vorrà
del tempo.-
-Beh, abbiamo subito una sconfitta in piena regola e ne stiamo pagando
le conseguenze, chi più chi meno, ma è anche vero
che ci stiamo rialzando. Ognuno con il proprio tempo, ma torneremo
tutti in piedi.- convenne il mago, alzandosi per tornare nella casetta.
-Finché tu per primo sarai positivo, credo che non avremo
difficoltà. Stai facendo un buon lavoro, Sora.- aggiunse con
un leggero sorriso, dopodiché si avviò senza
voltarsi indietro.
Il ragazzo sbatté le palpebre un paio di volte, realizzando
con qualche secondo di troppo ciò che aveva detto
l’amico. -Ehi! Quello era un complimento! Ripetilo!-
esclamò, scattando in posizione eretta e inseguendo il
papero.
-Eh? Io che faccio complimenti a te? Tu sogni.-
-Dai! Ripeti!-
-Tu sogni. Contento?-
-Ma no! La frase di prima!-
La giornata passò stranamente quieta, senza attacchi o
scontri di alcun tipo. Persino l’Emissario sembrava aver
deciso di concedere alla sua vittima un po’ di riposo. Quel
pomeriggio, come da previsione, la gummiship comparve
all’orizzonte, nascosta nell’oro del crepuscolo per
poi atterrare poco lontano dalla casetta in cui sostavano i ragazzi.
Nel rivedere i due compagni, Sora non trattenne un sospiro di sollievo,
sensazione che non si fece turbare dal fatto che la Serratura di quel
mondo non si era ancora mostrata.
Quando il sole scomparve del tutto, lasciando il posto unicamente al
luccichio delle stelle, il rifugio di fortuna si riempì di
chiacchiere allegre e del profumo di un buon pasto caldo, che invitava
a pensare al futuro in maniera positiva e incoraggiante. I presenti si
riunirono attorno al fuoco spalla contro spalla, considerandosi al pari
di una grande famiglia di individui sperduti, che si erano trovati
insieme per puro caso.
Il silenzio che calò durante la cena di quella notte senza
luna fu inizialmente raggelante, dopodiché sfociò
nella sorpresa e nella confusione per i guerrieri della Luce, in un
mormorio di risatine da parte degli amici di Inuyasha, mentre
quest’ultimo cadde in un profondo imbarazzo, che lo fece
arrossire.
-…perché state tutti zitti?- domandò
Jessie dopo un minuto abbondante, alzando il viso dalla propria
scodella. -Cos’è successo?-
-Ma che cosa…?- cercò di chiedere il prescelto
del Giorno, con lo sguardo fisso sul mezzodemone.
-Allora? Si può sapere che vi prende? Chi è che
ride?- incalzò la custode del Tramonto.
-Inuyasha è…- esordì Kairi, cercando
di trovare le parole per descrivere quanto aveva di fronte.
-Beh… ecco…-
-Gli è forse cresciuto un orecchio in più
all’improvviso? O gli sono cadute le sue?-
-Direi che ci hai preso!- esclamò Pippo, trattenendosi dal
ridere, mentre al contrario, i compagni di Inuyasha si lasciarono
andare a un attacco d’ilarità strappalacrime.
-Piantatela di ridere!- sbottò l’interessato,
voltandosi verso la parete. -Tsk! Lo sapevo che sarei dovuto andare
nella foresta! Accidenti a voi!-
-Io continuo a non capire…- intervenne nuovamente la
castana, indirizzando il capo verso il proprio compagno, che
ridacchiava come gli altri.
-Non è nulla di così grave, signorina Jessie.-
proferì Miroku, placando le risate. -Durante la prima notte
priva di luna, Inuyasha perde tutto ciò che ha di demoniaco
e diventa un comune umano.-
-Ah… quindi davvero non ha più le orecchie da
cane?-
-Già.- sputò il mezzodemone, girandosi di scatto
verso di lei e facendo ondeggiare i lunghi capelli ora tinti di nero.
-Non ho nemmeno la mia forza e Tessaiga è inutilizzabile! E
tu dannato monaco smettila di raccontare i fatti miei!-
-Mi sono limitato a rispondere a una domanda, non mi pare di aver fatto
niente di così sbagliato.- ribatté
l’uomo con fare serafico, riprendendo la sua cena.
-Ha ragione.- intervennero all’unisono Sango e Shippo.
-Io vi distruggo!-
-A cuccia!- esclamò Kagome all’improvviso,
provocando lo schianto quasi istantaneo del compagno sul pavimento
della casetta. -Ora stai esagerando Inuyasha.-
-D-Dannazione… Kagome…-
-Per quanto resterà così?- chiese Topolino,
incuriosito da quel cambiamento improvviso.
-Fino all’alba, poi tornerà normale.-
spiegò la sacerdotessa, tornando a mangiare, imitata poco
dopo dal resto della compagnia.
-Capisco, quindi non è- oh!- s’interruppe il
sovrano a causa della comparsa del proprio keyblade.
Senza esitare, posò la scodella e impugnò
l’arma leggendaria per poi correre fuori.
-Che succede adesso?- domandò il cucciolo di volpe,
incuriosito da quel comportamento.
-Sembra che il nostro compito in questo mondo sia finito.-
spiegò semplicemente Sora, quando vide il Re puntare la
chiave verso il cielo sgombro di nubi, dove al posto della luna era
comparsa una brillante serratura. -È ora di partire.-
Dalla Catena Nobile scaturì un raggio luminoso che corse
nell’aria come una freccia e colpì il proprio
bersaglio. Con un sonoro scatto, la Serratura risplendette e
svanì com’era apparsa, in silenzio, riaprendo la
strada ai guerrieri della Luce.
Terminato il pasto, i custodi, il mago e il cavaliere avevano raccolto
le loro poche cose e dopo un breve ma sentito saluto -persino Inuyasha
si era lasciato andare, augurando loro buona fortuna- e avevano ripreso
il loro viaggio. Esattamente come all’andata, la barriera
spazio-temporale che proteggeva la Terra del passato oppose una tenace
resistenza, ma il sovrano del Castello Disney si mostrò
abile quanto il loro consueto pilota e riuscì a condurli tra
le stelle in pochi attimi.
Tirarono tutti un sospiro, un misto tra stanchezza e sollievo, e
slacciarono le cinture di sicurezza per potersi alzare e andare a
riposare nelle loro cabine. Tuttavia, un varco di luce candida
fermò l’intero equipaggio, che restò in
trepidante attesa di vedere chi stesse arrivando.
-Ehilà ragazzi! Quanto tem- ma che diavolo avete
combinato…?- esordì Axel, lasciando che il
passaggio si chiudesse alle sue spalle e guardando gli amici uno alla
volta.
Rimase spiazzato dalle loro condizioni e dall’aria sfinita
che non ricordava di avergli mai visto in viso. Aveva sentito il
rapporto del Tiratore Libero sulla battaglia che avevano affrontato e
delle conseguenze di quella sconfitta, ma evidentemente aveva tenuto
per sé molti dettagli, come l’ala rotta di
Paperino e la continua presenza della benda sugli occhi della keyblader
del Tramonto.
-Ciao Axel!- esclamò il prescelto del Giorno, andandogli
incontro con un sorriso luminoso. -Come va?-
-A me? Voi piuttosto!- sbottò il rosso. -Xigbar ha
raccontato quello che è successo però non
è sceso nei particolari… non mi aspettavo
di…- s’interruppe a causa della mano che si
posò sulla sua spalla.
-Stiamo bene.- sentenziò Sora. -Forse non in perfetta forma,
ma stiamo bene.-
-Se lo dici tu…- si arrese, portandosi un palmo alla nuca.
-Com’è la situazione al Castello?-
s’intromise Paperino.
-Tutto sotto controllo. Proprio ieri Merlino ha terminato di erigere le
difese magiche e si era messo all’opera per aiutare te.-
rispose Axel, puntando gli occhi verdi in quelli nerissimi del papero.
-Me?- ripeté confuso.
L’altro annuì. -Xemnas gli ha parlato della
perdita del tuo scettro magico, così ha pensato che ti
sarebbero stati utili i materiali per la forgiatura.-
spiegò. -Non ho capito molto, ma borbottava qualcosa sul
fatto che tu e la persona che si occupa di queste cose non andate
proprio d’accordo.-
-Tsk, puoi dirlo forte.- confermò il mago. -Quindi i
materiali sono già pronti?-
-Sono al Castello che ti aspettano. Sono venuto qui proprio per te.-
asserì, riaprendo il varco con un rapido pensiero. -Quando
vuoi.-
-D’accordo.- pronunciò il papero, sistemandosi il
berretto con l’arto sano per poi rivolgersi agli amici.
-Sarò di ritorno il prima possibile.-
-Non pensare a noi, fai quello che devi. Ti aspetteremo.-
replicò Sora, sfoggiando uno sguardo determinato e sicuro.
-Buona fortuna amico mio.- disse Topolino, posandogli una mano sulla
spalla.
-Grazie Maestà.- rispose lui, chinando il capo. -Ehi Pippo!-
chiamò poi, gettando un’ondata di
curiosità nei presenti.
Il cavaliere si fece avanti con un gran sorriso e un fagotto tra le
braccia. -Ecco qui Paperino.-
-Ci sono tutte?- chiese con tono indagatore, prendendo
l’involto contenente i frammenti del suo scettro.
-Ho raccolto ogni scheggia.-
-Benissimo. Ti affido il Re, vedi di non fare disastri come al solito,
spilungone.- asserì serio, voltandosi in direzione del varco.
Pippo ridacchiò. -Non preoccuparti! Tu però
comportati bene con la signora Ashirae! E non arrabbiarti, fa male alla
salute!-
-Sì, sì…-
-Paperino?- intervenne Jessie, avvicinandosi con passi incerti,
sorretta da Riku. -Buona fortuna.-
-Grazie, anche a te. E tu ne hai sicuramente più
bisogno…- sorrise il mago. -Allora vado!- esclamò
poi, incamminandosi a testa alta e svanendo nella luce bianca del
passaggio.
-Speriamo bene…- sospirò Sora, grattandosi la
nuca. -Quando si tratta di Paperino, non sono mai completamente
tranquillo. Se fosse meno irascibile…- concluse con un nuovo
sospiro, scatenando il riso dei compagni.
-Andiamo anche noi?- esordì Riku dopo qualche istante.
-Dove volete andare?- domandò il Ritornante confuso.
-Dal maestro Yen Sid.- rispose Kairi. -Speriamo che possa guarire gli
occhi di Jessie con la sua magia.-
-Capisco… vi accompagno io! Fatemi solo avvertire il capo
che non tornerò per un po’!- disse Axel e senza
attendere risposta, corse nel varco che si richiuse subito dopo.
-Beh, non ho nemmeno dovuto chiedere…- fece il castano.
-Appena torna Axel, andremo dal maestro. Siete pronti?- chiese poi agli
amici, che annuirono con decisione.
Ecco qua
ù.ù Il finale non mi convince molto, soprattutto
la scena di chiusura del mondo di Inuyasha. Boh, io ho provato a
scriverla e riscriverla per due giorni... abbiate pietà di
me.
Siamo alla prima svolta
della fic: il gruppo si divide. Paperino dalla sua "amica" Ashirae,
mentre Jessie e compagni da Yen Sid. Cosa succederà?
ù.ù Lo scoprirete nelle prossime puntate!
Ora passiamo ai
ringraziamenti! Ringrazio Ciccio85, claudiob, Frenz93, Gattina9, Sirius1996 e thedarksora91 che hanno inserito la fic tra
le preferite; ringrazio JLuna_Diviner, Sirius1996 e thedarksora91 per averla messa tra le
seguite; e ovviamente ringrazio anche chi legge soltanto, siete sempre
tantissimi! Io vi adoro tutti quanti <3
Detto questo chiudo!
Alla prossima!
See ya!
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Capitolo 4 *** Capitolo IV: Pronto a tutto ***
Buona sera a tutti :3
Tra una cosa e l'altra (le feste, i parenti, i pranzi con i suddetti
parenti, l'influenza e dulcis in fundo lo studio <.<)
sono riuscita a finire anche questo capitolo, di cui una buona fetta
era già stata scritta molti mesi fa. È venuto un
pelo più lungo del solito e quasi m'è dispiaciuto
interromperlo lì dove l'ho fermato, la voglia di continuare
è veramente tantissima, ma ahimé ho mille altre
cose da fare in questo periodo ç_ç Ma basta
cincischiare ù.ù Vi auguro buona lettura :3
Capitolo IV: Pronto a tutto
.: L’inaspettato fato
:.
L’infelice
destino della luce morente
Incrocerà lo
sguardo con uno inverso al proprio.
La fiera Alba
getterà il suo luminoso seme,
Che
illuminerà il futuro del triste Tramonto.
Un fato inatteso e
silente
Si tramuterà
in scudo,
Lasciando comunque
immutata
L’ultima
scelta.
Adrian Von Ziegler - Awake in a
dream
Si guardò attorno per studiare l’ambiente
circostante, ma tutto era esattamente come ricordava: al contempo
caotico e in equilibrio, assopito e desto. Ogni cosa in quel mondo era
intrisa di magia. Una magia neonata così pura e forte che si
sfogava come meglio riusciva, dando vita a un ambiente che non si
sarebbe mai potuto trovare altrove e che nessuno sarebbe mai riuscito a
immaginare.
Paperino osservò con meraviglia celata il bosco fitto in cui
era approdato dopo aver oltrepassato il varco. Gli alberi
dall’alto e sottile fusto celeste si muovevano dolcemente,
come canne di bambù, sotto la spinta di un vento leggero e
profumato, che fischiava una vivace melodia, giocando con le foglie
rosse e viola. Sul terreno marroncino, tra i ciuffi d’erba
blu spuntavano fiori dalle tinte e le forme più disparate,
che si agitavano come campanelle al suo passaggio lesto ma non
invadente. Infine, alzò le iridi scure al cielo che brillava
dei soffusi colori dell’arcobaleno, grazie alla perenne
aurora che lo attraversava da un estremo all’altro, e in cui
facevano capolino le stelle, come bianche conchiglie sparse sul fondale
marino.
-Aspettami Paperino!- chiamò il Notturno Melodico in un
sussurro, avvicinandosi con passi cauti al compagno di viaggio.
-Ci sei? Guarda che non possiamo perdere tempo!- brontolò il
mago, riprendendo il cammino.
-Lo so, scusa…- disse il biondo, chinando il capo.
-È solo che questo mondo… mi fa sentire strano.-
Il papero sbuffò appena. -È la magia,
è per questo che avevo detto a Merlino che potevo venire da
solo…-
-Ma Merlino s’è tanto raccomandato, non potevo
dirgli di no! Inoltre, può servirti un aiuto per convincere
questa… ehm signora a forgiare un nuovo scettro per te.-
replicò il Ritornante con un sorriso accennato, sollevando
la borsa che teneva con la mano sinistra, come a ricordargli che stava
trasportando i materiali per la lavorazione.
Paperino roteò gli occhi e fece un cenno al ragazzo di
seguirlo, dopodiché s’avviarono lungo il sentiero
di sassi gialli e verdi, che s’illuminavano appena sotto il
loro peso. Ad accompagnarli in quel viaggio, riempiendo il loro
silenzio, c’era il sordo mormorio di un corso
d’acqua poco distante e il cinguettio allegro di qualche
uccello nascosto nelle profondità del bosco, che non osavano
mostrarsi allo sguardo dei visitatori.
Demyx osservava tutto con gli occhi sgranati e attenti, sentendosi
strano a causa della natura magica di quel mondo, esattamente come gli
aveva spiegato l’amico, ma anche in armonia con
ciò che aveva intorno. Avvertiva una sensazione nuova e
nostalgica insieme ed era certo che in quel luogo non si sarebbe mai
sentito fuori posto, ma come se fosse a casa. Passo dopo passo, il
musicista comprese di essere stato a dir poco fortunato,
perché probabilmente non avrebbe avuto altre occasioni per
assistere a un simile miracolo di vita.
-Scusa Paperino…- mormorò, sporgendosi verso la
sua guida.
-Che c’è adesso?- replicò il mago con
calma, senza rallentare e continuando a guardare dritto avanti a
sé.
-È lontano il posto in cui stiamo andando?- chiese,
più curioso che altro.
-Non saprei.- rispose l’altro con sufficienza, lasciandolo
interdetto.
-… scusa, ma… tu sai dove andare, vero?-
-Ovvio che lo so! Bisogna seguire il sentiero, tutto qui.-
-Ehm… e per quanto tempo?-
-Chi può dirlo? Come vedi questo mondo è intriso
di magia e l’ambiente muta secondo il suo volere. Per fortuna
quella strega non si sposta mai e mantiene il sentiero al suo posto, ma
il percorso può allungarsi o accorciarsi più
volte in pochi giorni.- spiegò tranquillo, sistemando il
fagotto che teneva sulle spalle. -Magari sta cambiando anche adesso e
non lo sappiamo.-
Istintivamente, il Ritornante abbassò l’attenzione
sulla strada, trattenendosi dal fermarsi per vedere se effettivamente
stava cambiando qualcosa o meno. Deglutì e si
avvicinò ulteriormente al mago, intimorito da quel luogo che
pareva riservare sorprese di ogni genere anche nel più
piccolo filo d’erba. Tornò poi a guardare
l’amico, che procedeva spedito e sereno, come se stessero
andando da un conoscente per una tazza di tè, e lo
invidiò profondamente per i suoi nervi saldi.
In realtà, il fedele vassallo di Re Topolino era tutto
fuorché tranquillo. I suoi pensieri correvano come cavalli
al galoppo, insieme al suo cuore, che rabbrividiva al solo pensiero
dell’incontro con la ferraia. Quando il cavaliere gli aveva
mostrato il ventre del proprio scudo ricolmo di schegge di legno,
Paperino si era sentito morire, ma gli ci era voluto poco per
riprendersi e mettersi in moto per trovare una soluzione. Tuttavia,
aveva compreso fin da subito che quel problema lo avrebbe condotto da
Ashirae, anche se la sua mente aveva continuato per giorni a cercare un
altro rimedio. Ricordava bene la sua precedente visita presso la dimora
della strega, risalente a più di dieci anni prima, quando
era ancora un giovane incantatore apprendista. La donna era stata
reticente e ostile, ma alla fine gli aveva forgiato uno scettro e in
cambio, lei aveva ottenuto una promessa solenne. Promessa che era
andata in frantumi insieme al suo bastone magico e sapeva bene quale
accoglienza avrebbe ricevuto non appena si sarebbero trovati
l’uno di fronte all’altra.
Risvegliò la propria mente con un sospiro pesante e infine
si fermò. L’attimo dopo, il Ritornante fece
altrettanto, donando un’occhiata incuriosita a ciò
che si trovava sul fondo dello spiazzo che avevano appena raggiunto: vi
era un’ampia parete rocciosa, ricoperta di muschio rosato e
rampicanti arancioni dalle foglie quadrate, che si spingeva alta verso
il cielo e da quel punto era praticamente impossibile scorgerne la
cima. Infine, proprio di fronte a loro c’era
l’ingresso buio di una grotta, coperta da una cascata di rami
con i fiori blu come le acque degli oceani più profondi.
-La persona che cerchiamo vive lì?- chiese Demyx, puntando
l’indice verso l’apertura dell’antro.
Sobbalzò quando udì un rumore forte, secco e
stridente, a cui seguì un altro e un terzo, e molti ancora
secondo un ritmo perfettamente scandito.
-Esatto.- replicò il papero, scuotendo nervosamente la coda.
-Ashirae vive là dentro e pare che sia piuttosto presa da un
lavoro… cominciamo molto male.-
***
Akiko Shikata - Melpomene
Entrati nello studio del mago, tutti udirono il respiro
pesante e nervoso della ragazza con gli occhi bendati, ma lo ignorarono
per concentrarsi sullo scranno che stava dall'altro lato della stanza.
Yen Sid sedeva dietro la sua scrivania con un'espressione grave dipinta
sul viso, appena celato dalle mani giunte.
-Benvenuti.- li accolse, lisciandosi la barba grigia. -Venite avanti.-
Attaccata al braccio del compagno, Jessie riprese a camminare cercando
di seguire il ritmo dei suoi passi, basandosi sull'udito e sulle
percezioni che aveva sviluppato da quando era diventata custode.
Trovò semplice orientarsi in quella stanza, molto di
più rispetto al muoversi all'interno della gummiship per un
motivo preciso e altrettanto sconosciuto: nonostante avesse gli occhi
chiusi e coperti dalle bende, poteva chiaramente vedere l'aura del
Maestro, che le appariva come una finestra aperta sull'universo, un
calmo e silenzioso angolo d'infinito trapunto di stelle e nebulose
purpuree, luminoso come un faro che funge da guida ai natanti nelle ore
di buio. Esattamente com’era accaduto con Riku durante il
loro breve allenamento, anche se in misura più lieve.
-Maestro, siamo qui per chiederle di poter visitare Jessie, forse lei
può guarire i suoi occhi. Marluxia l'ha ferita usando un
potente veleno che fortunatamente siamo riusciti a fermare, ma pare che
abbia usato anche la propria oscurità…-
spiegò Sora, che fu fermato da una mano dell'uomo, prima che
potesse aggiungere altro.
-Farò il possibile.- dichiarò, alzandosi e
facendo comparire una sedia tra la scrivania e i suoi ospiti con un
rapido e silente movimento della mancina. -Vieni a sederti Jessie, ti
vedo provata. C'è una sedia proprio davanti a te.-
La castana alzò il pallido viso in direzione del mago.
-Grazie Maestro.- disse, lasciando il braccio che le faceva da appiglio
per raggiungere da sola il punto in cui avrebbe potuto riposarsi.
Sotto gli sguardi colmi d'ansia degli amici, porse le mani avanti e
dopo qualche tentennamento, raggiunse lo schienale. Percepì
il legno, liscio, forte e resistente, e disegnò nella sua
mente la figura dell’intero oggetto, quindi vi
girò attorno e infine, vi si sedette piano e con movimenti
studiati, per evitare di cadere. Sospirò e si
abbandonò al sostegno del mobile, sfiancata dallo sforzo di
sfruttare al meglio gli altri sensi per compensare la vista e da quella
strana stanchezza dovuta al malessere che l'aveva colta quando erano
ancora sulla Terra del passato.
Persa nei suoi pensieri, sussultò quando avvertì
le dita di Yen Sid ai lati della testa, in movimento per rimuovere la
benda che l’aveva protetta fino a quel momento. Attese
pazientemente, ma quando fu libera non osò sollevare le
palpebre. La paura di provare altro dolore, il terrore di vedere male o
di scrutare solo un piatto nero senza fine, la divoravano come le sue
fiamme facevano con gli Heartless durante una battaglia. Si rese conto
di tremare solo quando l'incantatore le posò la mano destra
sugli occhi.
-Stai tranquilla Jessie e fidati di me, va bene?- asserì
l’uomo, con un'inaspettata dolcezza.
Annuendo con un cenno del capo, strinse i pugni e trattenne il fiato
per riflesso. Nel frattempo, Yen Sid concentrò il proprio
potere e il suo palmo s'illuminò di una luce dorata, che man
mano sbiadì nell'argento e poi in un accecante bianco.
La ragazza percepì il calore e al contempo la freschezza di
quella magia e ne comprese lo scopo: cancellare l'oscurità
che Marluxia aveva iniettato nel suo corpo col veleno di Naraku.
Tuttavia, dopo i primi attimi di beneficio, non sentì altro
che dolore. Un dolore sordo e fitto, che aumentava sempre di
più. Gemette, strinse i denti e si morse le labbra.
-… basta…- mormorò, cedendo. -Per
favore… basta…- le lacrime corsero rapidamente
sulle sue guance, cadendo dal viso sui pugni serrati sulle gambe.
-Basta!- urlò poi con rabbia, incapace di sopportare oltre e
sollevando le mani, per metterle a difesa degli occhi.
-Basta…- implorò.
Alle sue spalle, Riku si mosse per andarle accanto, ma l'amico dalla
chioma infuocata lo trattenne per indicargli le iridi scure
dell’anziano, trovandole colme di qualcosa che non furono in
grado di comprendere. Preoccupazione o immenso timore per qualcosa di
irreparabile? Oppure altro ancora, forse più terribile?
In quei pochi momenti, il Maestro aveva tentato di purificare
quell'oscurità con la sua luce, ma durante l'operazione
aveva percepito qualcos'altro. Non era il potere della custode,
né il fuoco che le scorreva nelle vene, tutt'altro.
Yen Sid richiamò la sua magia e si fece indietro, con
evidente rammarico. -Mi dispiace Jessie, non era mia
intenzione…-
-Lo so.- buttò, prendendo ampi respiri e asciugandosi il
viso. -Lei non ha colpa…-
-Jessie, prova ad aprire gli occhi.- invitò
l’incantatore e la keyblader parve pietrificarsi. -Prova,
coraggio.- insisté, abbassando l'intensità della
luce delle candele presenti nello studio, tramite un rapido pensiero.
Agguantando un'ultima dose d'aria, la castana strizzò appena
le palpebre prima di sollevarle lentamente e sbatterle un paio di volte.
L'intera stanza parve cadere nel profondo ghiaccio degli Inferi quando
parlò. -Niente.- sputò. -Non vedo assolutamente
niente! È tutto nero!- urlò, incapace di
trattenersi, mentre gettava le dita tra i capelli, stringendoli con
forza. -Niente!-
La presa quieta e forte sulle sue spalle la fece trasalire. -Calmati
Jessie.- impose Yen Sid. -Calmati e ascolta attentamente quello che
voglio chiederti.- aggiunse, passando la mancina sulla sua schiena per
massaggiarla e aiutarla a placare il respiro pericolosamente veloce.
-Ascoltami, quando sei entrata, tu mi hai visto, non è
così?-
-Come… come fa a saperlo?- domandò incredula la
giovane, sgranando gli occhi e rivelando le iridi e le pupille
sbiadite, come un vetro appannato.
-Perché ho visto che mi fissavi, ma non stavi guardando il
mio corpo fisico, bensì quello spirituale. Devi aver visto
qualcosa legato alle stelle e all'universo, giusto?- disse con un
sorriso.
-S-Sì, ma questo cosa significa?- chiese lei, non capendo
dove l'altro volesse andare a parare.
-Vedi Jessie, Marluxia ha colpito i tuoi occhi con due armi potenti: il
veleno che li ha debilitati, insieme al tuo fisico, e
l'oscurità che ha offuscato la loro luce. A questo punto, tu
non avresti dovuto scorgere nemmeno ciò che hai visto.-
spiegò. -Però, qualcosa ha impedito
all'oscurità di penetrare fino in fondo.-
-Che cosa?- domandò impaurita.
-Prima di risponderti, vuoi che i tuoi compagni di viaggio sentano
quanto sto per dirti? In ogni caso non temere, oltre a noi, nessuno
può sentire o vedere ciò che avviene all'interno
della mia torre.-
La prescelta, confortata da quelle parole, si voltò appena
alla ricerca dei compagni che l'avevano scortata fin lì. Non
vide altro che fiochi bagliori indefiniti, nulla di nitido e preciso
come invece era stato poco prima con Yen Sid. Si sforzò un
istante e le sembrò di riconoscere Axel in quello scintillio
scarlatto, vicino alla sfera azzurrina di Riku, e accanto a lui, Sora e
Kairi, due chiare luci in perfetta sintonia.
-Mi dica Maestro, è qualcosa di male?- chiese, lasciando
intendere che preferiva averli con sé in quel momento per
lei difficile.
L'incantatore sorrise. -Non credo che lo sia. Non hai avvertito
qualcosa di diverso in te ultimamente?-
Il cuore della ragazza tremò. -In… che senso?-
-Hai avuto degli strani malesseri, prima di rimanere ferita?-
domandò, ottenendo immediatamente un assenso. -E davvero non
immagini a cosa possono essere dovuti?-
Jessie trattenne nuovamente il respiro, come se le avessero tirato uno
schiaffo inaspettato. Non si oppose quando il mago le prese gentilmente
una mano per posarla sul suo ventre, e non seppe se fosse dovuto alle
capacità dell'uomo, ma lo sentì: il calore di una
nuova vita.
-C'è una nuova luce che brilla dentro di te. Nonostante sia
appena nata, ha in sé una forza straordinaria che
è stata in grado di proteggerti dall'onda di pura
oscurità che Marluxia ti ha lanciato contro.-
Dietro di lei, non un suono osava farsi largo tra i presenti, che dopo
aver spalancato gli occhi per la notizia, si erano lentamente voltati
verso il ragazzo dai capelli argentei. Il custode dell'Alba,
pericolosamente più pallido del suo consueto colorito,
teneva lo sguardo indecifrabile fisso sulla compagna.
Dei piccoli singhiozzi ruppero il silenzio, risvegliando gli astanti.
-Io…- sussurrò Jessie tra le lacrime.
-Io… non… Io sono solo in grado… di
distruggere… invece sono… riuscita…-
balbettò, abbracciandosi la pancia e piegandosi su di essa.
-Maestro… la prego… la supplico! Mi dica
che… il bambino… che la mia…-
-Non temere, questa creatura è luminosa e pura come il cuore
delle sette principesse, ed è forte come suo padre e sua
madre.- rispose Yen Sid, intuendo i pensieri di quell'anima distrutta.
-Non ci sono rischi? Non rischia di diventare…-
-Nessuno.- affermò. -La sua luce ti ha protetta dalle
tenebre, le rigetta, quindi non devi temere alcunché.-
-Grazie.- sorrise la castana, mentre si riappoggiava allo schienale
della sedia e riprendeva a piangere, stavolta di sollievo.
Al sentire quelle parole, il suo cervello s'era come spento, ma nella
sua testa continuava a rimbombare la loro eco.
-Un… bambino…- pensò, sgranando gli
occhi, mentre il suo cuore prendeva a battere incontrollato, man mano
che assimilava la notizia e i suoi risvolti.
Seguendo l'istinto, Riku si mosse con cautela verso la compagna e le
posò una mano sulla spalla, facendole sollevare il viso. Per
un momento, uno soltanto, il ragazzo si spaventò nel vedere
in che misura la nebbia della cecità aveva stinto i suoi
occhi color nocciola, ma passò immediatamente, quando
sentì un singhiozzo più forte degli altri, che lo
spinse ad abbracciarla.
Jessie prese a chiamarlo in continuazione, incapace di mettere insieme
una frase di senso compiuto, completamente stravolta dallo sviluppo
inatteso degli eventi. Si strinse al custode più che
poté, come se si stesse aggrappando al ramo di una solida
sequoia per non cadere nel baratro che aveva spalancato le fauci per
inghiottirla.
-Maestro…- intervenne Sora, attirando l’attenzione
dell’incantatore che con un cenno lo invitò a
proseguire. -In realtà, abbiamo un altro grave problema che
non sappiamo come risolvere.-
-Cosa?!- esclamò il Ritornante, stupito.
Yen Sid prese un lungo respiro, dopodiché fece comparire una
tazza nella propria mano e la porse al prescelto dell’Alba.
-Falle bere questa tisana, la aiuterà a calmarsi.- ottenuto
un muto assenso, l’anziano tornò a rivolgersi al
castano. -Di cosa si tratta?-
-Beh…- il ragazzo tentennò, dando
un’occhiata alla schiena tremante della keyblader del
Tramonto. -Con l’attacco di Marluxia, sembra che
l’Emissario si sia…- si fermò,
perplesso sul termine da usare. -… annidato nella
mente di Jessie…-
L’incantatore sgranò gli occhi scuri,
completamente colto alla sprovvista dall’informazione, poi si
voltò preoccupato verso la ragazza, che tuttavia sembrava
non aver udito le parole dell’amico.
-Vieni con me, Sora.- disse solamente, dirigendosi nella stanza
adiacente. -Anche voi, Axel e Kairi.-
Nonostante l’ampio grado d’ansia che
l’aveva assalito, il numero VIII si trattenne dal fare
ulteriori domande e seguì i due amici, che senza perdere
tempo si erano incamminati dietro il Maestro.
Chiusi i battenti dell’alta sala occupata da tre specchi
coperti e un basso tavolo rotondo, Yen Sid si voltò verso i
giovani con un’espressione dura in viso.
-Ora che siamo lontani dalle orecchie della vostra compagna, spiegati
meglio.- esordì, fissando le iridi celesti del prescelto del
Giorno. -Comincia dall’inizio.-
-Dopo la battaglia, Jessie è rimasta priva di sensi per una
settimana e solo al suo risveglio abbiamo scoperto che era stata, per
così dire, trattenuta dall’Emissario, ma pensavamo
che si fosse risolto tutto.- narrò. -Invece, un paio di
giorni dopo, Jessie è stata attaccata da un’ondata
di ricordi e da quanto ci ha detto, è stato
l’Emissario.-
-Jessie voleva togliersi le bende quel giorno.- intervenne Kairi.
-Perché finché avesse tenuto gli occhi chiusi,
l’Emissario avrebbe potuto ricomparire in qualsiasi momento.-
-Quindi Marluxia mirava a renderla cieca per questo motivo…-
rifletté Axel, stringendo i pugni.
Sora annuì. -Ora che Jessie non può vedere,
sarà costantemente in pericolo, e noi non sappiamo come
aiutarla… Maestro, lei forse può fare qualcosa?-
L’incantatore rimase in un profondo silenzio per qualche
istante, infine abbassò le palpebre e scosse il capo in
segno negativo. -Mi rincresce, ma non posso intervenire in alcun modo.
Visto il tempo passato, la presenza dell’Emissario
dev’essersi infiltrata molto in profondità e
solamente Jessie potrebbe essere in grado di estirparla.-
spiegò. -Tuttavia, comprenderete da soli che la vostra
compagna non è in grado di affrontare un simile scontro,
poiché ora la sua stessa mente le è nemica.-
-… non c’è proprio niente che possiamo
fare?- domandò la principessa dopo qualche attimo.
-Starle vicino e aiutarla a concentrarsi sul presente.-
suggerì Yen Sid, lisciandosi la barba. -Inoltre, posso
supporre che la luce del bambino la proteggerà in minima
parte. Siamo fortunati che l’ondata di oscurità
mista al veleno non l’abbia contaminato né ucciso.-
-Non c’è il rischio che l’Emissario
tenti di attaccarlo?- chiese Sora.
-Mmh… lo escluderei.- rispose il mago. -È una
luce intensa, a cui persino Jessie fatica ad abituarsi, infatti
potrebbe avere dei malesseri per molti altri giorni.-
-Quindi non ci resta che sconfiggere l’Emissario.- riassunse
il castano, incrociando le braccia al petto. -Molto bene. Non
abbandoneremo Jessie, le staremo accanto e saremo lì quando
avrà bisogno di noi.-
L’uomo concordò con un cenno. -Ora vi consiglio di
tornare sulla vostra nave, avete tutti bisogno di riposo.-
-Grazie di tutto Maestro.- dissero i tre all’unisono,
inchinandosi leggermente.
-Mi dispiace non aver potuto fare di più… Mi
raccomando, fate attenzione.-
-Non si preoccupi, finché saremo insieme, nulla ci
fermerà.- assicurò il custode della Catena
Regale, dopodiché si avviò, dando le spalle al
saggio mago.
***
Adrian Von Ziegler - World Music
- Guardians of the Lost Tribe
Con un lungo sospiro, in cui aveva cercato di raccogliere tutta la sua
dose di coraggio e quella di pazzia, Paperino si era mosso in direzione
della grotta, in cui il rumore tipico di una forgiatura in corso non
s’era ancora arrestato. Il Notturno Melodico lo
seguì in religioso silenzio, scostando qualche ramo in
più per poter entrare a sua volta nella dimora di Ashirae.
Non appena la tenda naturale s’era chiusa dietro di lui,
cominciò a sentire un caldo quasi soffocante, insieme a un
forte odore di zolfo e metallo fuso che gli colpì
l’olfatto, stordendolo per qualche istante. Le pareti di
pietra grigia riverberavano di rosso e arancio più o meno
intensamente, seguendo la danza vacillante di un grande fuoco acceso
lì nelle vicinanze. Il passaggio, ampio e alto abbastanza da
contenere più persone tutte insieme, proseguiva dritto nel
ventre della montagna per alcuni metri, poi svoltava a destra, dove la
luce si faceva ancora più luminosa.
Il papero proseguì con passi cauti, quasi impercettibili nel
frastuono prodotto dai materiali che cozzavano l’uno contro
l’altro. Quando giunsero nelle vicinanze della curva,
scorsero una lunga ombra sul muro: la figura era china in avanti e il
braccio destro si sollevava per poi abbassarsi con incredibile forza,
battendo un grosso martello. Infine, girarono l’angolo e
Demyx si ritrovò a trattenere il respiro.
Piegata su un’incudine nera al centro della
“stanza”, c’era una donna alta e
slanciata, dai lunghi capelli trattenuti da una fascia, lisci e
probabilmente biondi, a giudicare dai riflessi provocati dalla grande
fornace che bruciava e ruggiva sul fondo di quell’insenatura.
Vestiva con un abito leggero, che le lasciava scoperte le gambe grazie
allo spacco che partiva dall’attaccatura dell’anca
e che le sfiorava i piedi, fin troppo simili alle zampe dei leoni. Lo
stesso valeva per la coda che si muoveva insieme al resto del corpo e
al viso, che era identico in tutto e per tutto al muso di un felino,
poiché largo e dotato di spessi baffi bianchi e di una
coppia di orecchie triangolari e morbide ai lati della testa.
Il martello batté ancora una volta prima di essere posato
accanto all’incudine, poi le mani dalle dita ricoperte da una
sottile peluria si chiusero quasi con dolcezza attorno
all’elsa della spada su cui stavano lavorando con tanta
violenza, per immergerla in una vasca d’acqua, che
liberò una nube di vapore.
-Posso sapere cosa sei venuto a fare? Sai benissimo che non amo le
inutili visite di cortesia.- sentenziò la ferraia, dando le
spalle ai due ospiti.
-Anch’io non sono contento di rivederti Ashirae.-
replicò il mago, incrociando le braccia al petto. -Se sono
venuto qui è perché mi trovo in una situazione
estrema.-
-Di estremo qui c’è solo la tua sfacciataggine!-
ruggì lei, girandosi di colpo, facendo ondeggiare
l’abito e i capelli poggiati sulle spalle, e anche la
montagna stessa sembrò tremare. -Non solo mi interrompi
mentre sto lavorando, hai anche la faccia tosta di presentarti con una
mia creazione ridotta in pezzi!- urlò furente, avvicinandosi
pericolosamente all’incantatore piumato, facendo scintillare
le iridi color rubino. -L’unico motivo che può
aver portato di nuovo qui la tua semovente carcassa è la
frattura irreparabile dello scettro che forgiai dieci anni fa! Tsk!
Perle ai porci, l’avevo detto anni fa e ora me ne hai portato
la prova!- sputò poi. -Lo sapevo che le tue promesse
valevano meno di un fuoco spento, ma non credevo che avresti avuto il
coraggio di ripresentarti davanti a me, Paolino Paperino!-
Se era impaurito o quantomeno toccato dalle parole che gli erano state
gridate addosso, il mago di corte non lo diede assolutamente a vedere.
Rimase in silenzio per un istante, dopodiché si
sfilò il fagotto che portava sulla schiena e lo porse ad
Ashirae, senza mai distogliere lo sguardo dal suo.
-Ti avevo promesso che sarei diventato un grande mago grazie allo
scettro che ti chiesi di forgiare per me, promisi che ti avrei
dimostrato di esserne degno, e se sono tornato qui è anche
per tenere fede alla parola data.- disse serio, mentre la ferraia
agguantava tra gli artigli l’involto per posarlo su un tavolo
da lavoro posto lungo tutta la parete sinistra della grotta.
Quando il nodo fu sciolto, la coda della donna si mosse con un guizzo
agitato. -Come hai fatto… no, come hai potuto permettere che
fosse ridotto così?- chiese in un sibilo.
-Non mi inventerò scuse o altro, ti dirò come
sono andati i fatti: la battaglia è stata dura e nel
tentativo di soccorrere un amico, mi sono distratto. La creatura che
stavo affrontando mi ha strappato via lo scettro e poi mi ha
colpito… ho perso i sensi e quando mi sono svegliato, ho
ricevuto i frammenti dello scettro.- spiegò. -Lo so che
anche se ci sono tutti è irrecuperabile,
però…-
-No.- sentenziò la strega grave, tenendo a freno la rabbia.
-Sai bene che io creo solamente uno strumento per ognuno,
perché sarà l’unico compagno per questa
vita.-
-Per favore Ashirae!- esclamò il papero, facendo un passo in
avanti. -Non posso affrontare l’Oscurità e le sue
creature senza uno scettro!-
-La risposta è ancora no, Paperino.- replicò lei
con voce calma. -Sai perché il compagno può
essere soltanto uno?- domandò voltandosi, ma non attese
risposta e proseguì. -Perché lo strumento cresce
con il suo padrone, si fortifica e accumula esperienza insieme a lui,
in una perfetta simbiosi. Se ora creassi un nuovo scettro, sarebbe come
gettare un neonato nel ventre di un uragano, sarebbe un abominio e una
crudeltà.-
-È per questo che ti ho portato i frammenti del mio scettro,
la sua esperienza colmerà il vuoto di quello che forgerai, e
con i materiali che Merlino mi ha dato, avrà una struttura
più salda, sarà più forte e non ne
verrà sopraffatto.- disse Paperino, gettando
un’occhiata al Notturno Melodico, che annuì e
affiancò l’amico.
-Signora Ashirae, per piacere, non può fare almeno un
tentativo?- si permise di chiedere, mostrandole la borsa che teneva in
mano.
La ferraia però scosse il capo, irremovibile. -Anche
così mancherebbe la tua, di esperienza.-
Il mago indurì lo sguardo. -Dimmi di cos’hai
bisogno e te lo darò.-
-Tu non sai quello che dici…- sospirò lei,
scuotendo il capo.
-Dimmelo e lo saprò!-
-Quando dico no, è no! Vattene da casa mia!-
ruggì, mostrando le zanne. -Non costringermi a buttarti
fuori a calci.-
-Pfui! L’hai già fatto, ricordi? E io sono
tornato, non mi sono arreso e ho insistito, ho aspettato per tre giorni
seduto qui, finché non mi hai dato retta!-
ribatté lui con testardaggine, indicando il pavimento con un
dito.
-Tsk! Potrai stare lì anche per cento anni, la mia risposta
non cambia!-
-Non li ho cento anni e non avrei nemmeno il tempo che sto usando per
convincerti! I miei compagni hanno bisogno di me e della mia magia al
suo massimo, come l’universo intero che rischia di cadere
nell’Oscurità!- sentenziò Paperino, ma
vedendo che nemmeno con quelle parole aveva ottenuto un cambiamento,
decise di giocarsi il tutto per tutto.
Era disposto a compiere qualsiasi cosa pur di non deludere i suoi
amici, che attendevano il suo ritorno e che necessitavano della sua
presenza ora più che mai, perciò giunse alla
conclusione che il suo orgoglio poteva essere messo da parte per far
largo all’umiltà. Nulla era più
importante della missione che doveva portare a termine né
del destino dei mondi.
-Cosa stai facendo?- domandò la strega, guardando con occhi
stralunati il suo ospite che s’inginocchiava davanti a lei.
-Io non sono il tuo Re, alzati!-
-Non lo farei se non fosse una questione di vita o di morte, ma questa
lo è. Ti scongiuro Ashirae, forgia un nuovo scettro per me.-
supplicò, posando anche la fronte sul terreno caldo e nero.
Nell’antro cadde un silenzio quasi solenne, simile a uno
spesso velo, che ricoprì gli astanti e quasi li
schiacciò col proprio peso. Persino il grande fuoco della
fucina sembrava essersi quietato e indebolito per non recare disturbo
alla sua padrona.
Demyx deglutì, ma non osò muoversi né
produrre un suono, sentendosi di troppo in quella specie di duello che
stava combattendo il suo compagno di viaggio. Forse avrebbe dovuto
dargli retta e restare al Castello, oppure raggiungere il resto del
gruppo sulla gummiship, visto che la sua presenza non stava sortendo
l’effetto sperato, anzi, la ferraia non l'aveva guardato per
più di una manciata di secondi.
Il Ritornante non seppe dire per quanto tempo la donna rimase immobile
con lo sguardo fisso sull’incantatore, come se ne stesse
scrutando la mente e l’anima per scorgere la
sincerità delle sue parole, poiché la
determinazione era più che evidente, alla fine,
però, ella emise un sospiro più simile a uno
sbuffo scocciato.
-Alzati, sciocco, altrimenti quando uscirai di qui sarai diventato nero
come la fuliggine.- asserì, girandosi per raggiungere il
fondo del tavolo da lavoro dove erano riposti i suoi strumenti.
Prelevò un martello dalla testa rotonda, grande quanto due
pugni, che appese alla cintura, e un pugnale dalla sottile lama
serpeggiante, lunga almeno venti centimetri, l’elsa di lucido
metallo era lavorata a forma di scarabeo con le ali spalancate simili a
quelle di un uccello, mentre l’impugnatura,
anch’essa di metallo, era decorata con un’intricata
trama geometrica.
-Grazie Ashirae.- disse il papero una volta tornato in piedi.
-Aspetta a ringraziarmi.- replicò lei, tornandogli vicino
dopo aver recuperato una scodella di legno. -Tu, ragazzo, dammi quella
borsa.-
Dopo un breve sussulto, Demyx annuì e affidò il
proprio bagaglio con il suo contenuto alla ferraia, che ci
guardò dentro e ghignò soddisfatta. -Almeno i
materiali sono di ottima qualità. Ora, ascoltami bene: come
ti ho già detto, bisogna rimediare alla mancanza della tua
esperienza, perché quella del vecchio scettro non
è sufficiente.-
-Cosa devo fare?- chiese Paperino, puntando le iridi scure in quelle
rosse della strega.
-Devi donare il tuo sangue come materiale di forgiatura, lo
userò per temprare l’anima del nuovo scettro, ma
è rischioso, la quantità che dovrò
usare sarà molta.- spiegò seria, porgendo il
pugnale e la scodella all’ospite. -Sei ancora convinto?-
Per un istante, il mago parve vacillare mentre osservava la sinuosa
lama dell’arma, su cui si riflettevano i colori del fuoco,
che aveva ripreso a danzare vivace come sempre. Quel momento
però passò immediatamente e strinse le candide
piume sull’impugnatura.
-Ti darò tutto quello che serve.- confermò
sicuro, prima di accomodarsi su uno sgabello indicatogli dalla strega,
che nel frattempo era tornata al tavolo da lavoro, prendendo dalla
borsa un bastone di legno bianco, che avrebbe fatto da base.
-Lo faccio solo perché da questo dipende la salvezza
dell'universo, che ti sia chiaro.- dichiarò con fermezza
Ashirae. -E ti avverto, se muori non mi prendo alcuna
responsabilità.-
-Non te l’ho mai chiesto.- ribatté il papero con
tono divertito.
La ferraia scosse il capo. -Quanto sei presuntuoso.-
-Da che pulpito…-
Dopo quell’ultimo scambio di battute, il martello dalla testa
rotonda fu sollevato e stessa sorte toccò al pugnale,
dopodiché calarono entrambi sui rispettivi bersagli.
Rieccoci in fondo.
Partiamo col rendere a
Cesare quel che è di Cesare, come sempre.
Per il personaggio di
Ashirae mi sono ispirata alla Dea egizia Sekhmet, divinità dalla
testa leonina a cui sono giunta cercando ispirazione per lo scettro di
Paperino.
Per il pugnale che
dovrà usare Paperino mi sono ispirata al Pugnale
di Cleopatra
di cui ho modificato la forma dell'impugnatura. Ho invece mantenuto lo scarabeo sull'elsa perché
legato alla rinascita intesa come trasformarsi.
Santa Wikipedia non
delude mai~
Infine, amate insieme a
me gli autori delle musiche che avete trovato come sottofondi per la
lettura. Per me è stato veramente difficile scegliere una
melodia adatta alla prima scena del capitolo, perché ne
trovavo sempre una più bella, più adatta,
più... più. Alla fine, per fortuna, sono riuscita
a decidermi. Ci ho messo tipo tre giorni, ma ce l'ho fatta.
Ora veniamo al contenuto
ù.ù
Paperino si è
recato dalla strega Ashirae, che alla fine, mettendo da parte gli
screzi e l'antipatia che provava per il nostro paperotto, ha deciso di
aiutarlo e forgerà un nuovo scettro per lui. Allo studio di
Yen Sid, Jessie ha scoperto che resterà cieca e che ta-dan!
aspetta un bimbo ù.ù Anche su questo punto, mi
sono trovata spesso indecisa, ma non vi dico a cosa nello specifico, se
no mi linciate e già ha provveduto la mia beta a farlo con
tanto ammmore~
Nel prossimo capitolo
assisterete alla forgiatura dello scettro e a un bel flash-back su
Paperino e Ashirae, che non ho inserito qui per motivi logistici e
poi... basta, non vi dico altro, se no sapete tutto in anticipo e non
mi diverto più ù.ù
Alla prossima dunque!
See ya!
Prima di andarmene, come
sempre, mi dedico ai ringraziamenti. Credevate che mi fossi
dimenticata, eh? ù.ù
Ringrazio
tantissimerrimo chi legge e commenta, ma anche chi legge soltanto. Vi
adoVo tutti <3
Ora mi eclisso per
davvero ù.ù
Vi auguro un buon
proseguimento di feste e un buon Anno Nuovo! Ci rivediamo nel 2014!
See ya!
|
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Capitolo 5 *** Capitolo V: Spine sulla tomba ***
Buongiorno (?) cari
figliuoli! Sono sopravvissuta al buco nero della sessione d'esami e
sono anche riuscita a finire il capitolo nuovo
ù.ù Che dire? È un capitolo... lungo
-ma nemmeno tanto, però a me sembra immenso, boh- e
pienotto. Nella scena iniziale ci saranno le strofe in greco della
canzone di sottofondo, ma non temete, in fondo troverete la traduzione
in inglese :3 Non so cos'altro raccontarvi a questo punto, quindi ci
rivediamo giù ù.ù Buona lettura!!!
Capitolo V: Spine sulla tomba
Akiko Shikata - Terpsichora
Quando il martello si abbatté sul bastone ebbe inizio la
forgiatura. Sotto gli occhi preoccupati e al contempo incuriositi di
Demyx prese il via un miracolo intriso di magia.
Tutt’attorno alla figura della ferraia spruzzarono scintille
multicolori, che rimbalzarono sul terreno annerito come perle cadute da
un barattolo, per poi spegnersi senza lasciare traccia del loro
passaggio. La donna teneva gli occhi fissi sul suo lavoro, la mancina
serrata sul manico dello strumento che cadeva a un ritmo costante e
sempre con la stessa forza, e la mano destra stretta attorno al legno
bianco, che aveva iniziato a brillare di luce propria, quasi fosse vivo
e stesse rispondendo ai colpi ricevuti. A un tratto, Ashirae si
fermò, posò il martello e frugò alla
cieca nella borsa che conteneva i materiali, pescando con sicurezza una
liscia pietra blu striata di scarlatto e la frantumò nel
proprio pugno, lasciando che i pezzi si sparpagliassero sul tavolo.
Riprese il proprio attrezzo e ricominciò a bersagliare il
bastone, mentre mormorava quella che sembrava una filastrocca in una
lingua sconosciuta alle orecchie del Ritornante.
Παίξε
όμορφους
ήχους με
τη λύρα.
Εξύμνησε
τον χορό
της
φλόγας.
Τον
ρυθμό
της
ψυχής.
Τραγούδα
για τα
παθιασμένα
αισθήματα.
Τις
μυστικές
ευχές.
Ύφανε
τον ήχο,
την
επαναλαμβανόμενη
προσευχή.
Τραγούδι,
γίνε ένα
μεγάλο
κύμα.
Κοίτα
προς
τον
ουρανό,
με
ευλύγιοτα
χέρια,
πάρτα όλα
οτον
κόσμο.
Τα
πόδια
που
πατάνε
το χώμα
είναι
γεμάτα
ζωή.
Ω,
φανταχτερά
ρουχα,
που
χορεύουν
τρελά
πιο
όμορφα
από
πεταλούδες.*
All’ennesimo colpo ricevuto, il futuro scettro emise una
vibrazione, simile a quella di una campanella, come se volesse
rispondere alla voce della strega, e lo stesso capitò al
fuoco della fucina, che s’ingrossò e
crepitò con maggiore intensità, illuminando
ancora di più l’interno di quell’antro,
come se volesse cantare con la sua padrona. La filastrocca pronunciata
quasi con dolcezza dalla voce della donna divenne una persistente
litania, una strana ninnananna che invece di far addormentare aveva lo
scopo di svegliare, accompagnata dal suono prodotto dal bastone, che
dopo il decimo contatto con la testa del martello, vibrò con
più vigore e chiamò letteralmente a sé
i frammenti della pietra che era stata rotta poco prima. Come se
fossero pezzi di metallo in prossimità di una calamita, le
parti di quel misterioso materiale si mossero strisciando in direzione
del legno, che li assorbì uno a uno, fino
all’ultima briciola. Il bianco divenne blu e su tutta la
superficie del bastone si aprì una frastagliata spirale
rossa, come una lunga cicatrice.
Senza frenare mai il canto, la strega posò ancora il suo
strumento e la sua mano si mosse, cercando il fagotto contenente i
frammenti dello scettro andato distrutto. Prese una manciata di
schegge, come un ciuffo di fili d’erba, e li
lasciò cadere sull’oggetto in via di forgiatura.
Non appena entrarono in contatto, le parti blu del bastone generarono
delle increspature, come quelle che scuotono uno stagno al cadere delle
foglie in autunno, dopodiché inghiottirono quei frammenti
lignei, nutrendosi della loro essenza. Toccò poi alla cima
del vecchio scettro, rimasta miracolosamente integra a parte per
qualche banale graffio. Ashirae la accolse tra le mani chiuse a coppa,
quasi avesse a che fare con un delicato pulcino, e vi soffiò
sopra, mentre ancora pronunciava le parole di quella mistica canzone.
La forma del cappello da mago brillò di un liquido viola e
si lasciò schiacciare dalla stretta di quelle dita leonine,
che la modellarono finché non fu abbastanza morbida da poter
essere letteralmente spremuta. Un denso liquido violaceo
colò dalla fessura buia che stava tra i palmi della ferraia
e impattò col bastone, spargendosi in modo omogeneo su di
esso, abbracciandolo e coprendolo fino all’ultimo centimetro
della sua superficie. Senza perdere tempo, Ashirae riprese il martello
dalla punta rotonda e diede due colpi in rapida successione,
dopodiché ruotò il futuro scettro e
ripeté il gesto, compiendo il medesimo processo altre tre
volte, continuando a girarlo finché non riebbe davanti la
prima zona su cui aveva lavorato. L’area in blu
brillò ancora per qualche secondo, poi si spense
leggermente, come se si fosse assopita, e fu il turno della spirale
rossa di risplendere come una fiamma viva che non vede l’ora
di essere saziata.
A quel punto, la donna si fermò di nuovo e si
girò verso il mago che le aveva commissionato quel folle
lavoro. Solo in quel momento il Notturno Melodico si rese conto di
essersi completamente dimenticato dell’amico e del pugnale
che aveva tra le dita. Quando si voltò verso di lui emise un
suono strozzato di paura e si portò una mano al cuore.
Mentre Ashirae sferrava il primo colpo di martello, Paperino aveva
rivolto la lama ondulata verso il proprio polso sinistro e con fredda
sicurezza si era provocato una ferita lunga, sottile e profonda. Le
candide piume dell’incantatore si erano macchiate di rosso e
qualcuna era caduta nella scodella insieme al sangue, di cui nessuna
goccia era andata persa, nemmeno la prima.
Il mago aveva chiuso gli occhi per concentrarsi sul proprio respiro e
il battito del cuore, per mantenerli lenti e costanti. Nulla doveva
distrarlo, perciò si era chiuso in se stesso ed era sceso
così in profondità nel proprio essere da non
sentire nemmeno i forti colpi del martello dalla testa rotonda, ma
udì benissimo le parole recitate dalla ferraia. Erano parole
magiche, colme del potere della vita e della rinascita e non poteva non
ascoltarle.
La strega lo guardò con indifferenza apparente
perché in realtà era impressionata.
Già una volta, quando si era presentato per la forgiatura
del primo scettro, quel papero si era dimostrato determinato e
terribilmente testardo, ma anche incredibilmente orgoglioso.
-Ti ho detto di no! Non
forgerò mai uno scettro per te!- urlò esasperata
la ferraia.
-Ma ti ho portato i
materiali, che altro vuoi?!- sbraitò Paperino, indicando la
borsa posata accanto ai suoi piedi.
-Non forgerò
uno scettro per vederti agitarlo inutilmente al vento, ne farai a
meno!- replicò la donna, girandosi per rientrare nella sua
caverna, poiché per lei il discorso era chiuso lì.
-Non posso farne a meno!
Se voglio diventare un vero mago ho bisogno di uno scettro!-
insisté l’apprendista, che
s’infuriò quando vide che l’altra non lo
stava più a sentire. -Ehi! Mi stai ascoltando brutta
racchia?!-
Ashirae si
fermò sulla soglia della propria dimora, le orecchie tese e
la coda guizzante, poi si voltò e i suoi occhi rossi
sembrarono brillare.
-Come osi rivolgerti a
me con quel tono, piccolo impudente?!- ruggì, tornandogli
vicino con uno scatto e chinandosi su di lui con le zanne sguainate.
-Potresti diventare il mio pranzo in pochi secondi, stupido papero. Ti
conviene andartene finché hai ancora le zampe per farlo.-
sibilò, prima di prenderlo per la collottola e sollevarlo,
come se non pesasse niente, poi gli diede un calcio dritto nel
didietro, buttandolo definitivamente fuori da casa sua. -Vattene e non
farti più rivedere!-
Paperino
atterrò malamente sul prato antistante la montagna e ci mise
qualche minuto a mettersi seduto. Si massaggiò il
fondoschiena dolorante e puntò le ardenti iridi scure
sull’entrata della grotta.
-Eh no! Dannata strega,
io non mi arrendo!- esclamò, tirandosi in piedi e
raccogliendo i materiali e il berretto, per poi cacciarselo in testa.
-Ho detto al mio maestro che sarei tornato con uno scettro e non me ne
vado da qui a mani vuote!- aggiunse, dirigendosi a passo di marcia
verso l’antro della ferraia.
Non si
preoccupò di muoversi silenziosamente, poiché il
suo intento era l’esatto contrario, e fece in modo che il suo
arrivo risuonasse forte e chiaro sulle pareti di pietra. Giunse
nuovamente nell’area della fucina e trovò la donna
impegnata con un’ascia bipenne.
-Mi sembrava di averti
detto di andartene.- esordì algida.
-Io non me ne vado.-
dichiarò, sedendosi per terra e incrociando le ali al petto.
-Non mi muoverò da qui finché non ti deciderai a
forgiarmi lo scettro che mi permetterà di diventare un
grande mago.-
-Per me puoi stare
lì finché non diventi una mummia, non
forgerò nulla per un papero stupido e indisponente come te.-
affermò ancora Ashirae, riprendendo il lavoro
sull’ascia. -Hai portato all’esasperazione anche il
tuo maestro per farti prendere come allievo?-
L’apprendista
s’indispettì. -No, il maestro mi ha preso con
sé perché ha visto il mio talento.-
-Tsk, arrogante.-
-Befana.-
-Vedi di stancarti di
star seduto lì perché comincio a non
sopportarti.- lo avvertì senza guardarlo.
-La cosa è
assolutamente reciproca. Comunque io da qui non mi muovo.-
E così fu.
Paperino rimase seduto nell’antro della strega Ashirae per
tre giorni, senza chiedere nulla alla padrona di casa.
Razionò le proprie scorte per farle durare una settimana e
non si arrese per nessuna ragione al mondo. Osservò con
attenzione e curiosità la forgiatura di diversi oggetti,
magici e non, che passavano dalla più pesante delle spade al
più piccolo e leggero dei gioielli.
Infine, al sorgere della
luna del terzo giorno, la donna puntò gli occhi scarlatti
sul mago apprendista, trovandolo beatamente assopito.
-Tsk, ma guarda
te…- mormorò, avvicinandosi e scuotendolo con un
piede fino a buttarlo per terra. -Ehi, svegliati. Ho detto di
svegliarti stupido papero, non farmi perdere altro tempo.-
Paperino
borbottò qualcosa sul fatto che ci fosse modo e modo di
rivolgersi alle persone, ma si mise in piedi e affrontò la
ferraia senza mai vacillare.
-Quindi vuoi uno scettro
per diventare un grande mago.- riassunse. -Vedi di mantenere questa
promessa e di sparire per sempre dalla mia vista, chiaro?-
-Stai tranquilla, ti
dimostrerò di essere degno dello scettro che mi darai e non
sarò tanto pazzo da tornare qui. Se lo farò,
vorrà dire che sarò disperato o in punto di
morte.-
-Allora vedi di morire
altrove, così mi risparmierai di ritrovarmi di nuovo il tuo
becco in casa mia.- asserì lei, prendendo i materiali e
tornando al tavolo dove teneva gli strumenti. -Vediamo un po’
cosa esce fuori e vedi di non lamentarti se il risultato non ti piace.-
-Non devi
preoccupartene, questa possibilità non esiste.-
-Molto bene.- concluse
Ashirae per poi concentrarsi sul suo lavoro.
Dopo essersi pulita rapidamente le mani con un canovaccio, la ferraia
aprì un largo cassetto posto sotto il tavolo e
recuperò una lunga striscia di bende candide,
dopodiché si avvicinò al mago, levandogli il
pugnale dalle dita e premendo la striscia di stoffa sulla ferita.
-Basta così stupido papero, o finisce che mi muori per
davvero. E sai bene che non sopporto le seccature.-
borbottò, prima di rivolgersi a Demyx. -Ragazzo, vieni qui
muoviti.-
Il biondo scattò immediatamente, quasi l’avessero
fulminato, pronto a eseguire gli ordini della donna.
-Tieni premuto forte e fai una fasciatura stretta, senza bloccargli la
circolazione mi raccomando.- istruì, raccogliendo la ciotola
dal grembo del pilota semicosciente e allontanandosi per tornare al
lavoro.
Sollevò il pugnale e lo portò
all’altezza dei propri occhi, scarlatti come le gocce che ne
macchiavano la lama ondulata. Ne annusò l’odore,
poi le leccò via, inebriandosi con il sapore ferroso e dolce
del sangue, giudicandolo un buon ingrediente, e concludendo che tutta
quella fatica non si era rivelata uno spreco di tempo.
-Quando hai finito, prendilo e attraversa il passaggio che
c’è accanto al fuoco.- disse, indicando uno
stretto varco nella roccia che gli occhi del Ritornante non avevano
notato al loro arrivo. -Dagli da bere e da mangiare, se ne ha voglia, e
poi lascialo riposare.- terminò, e senza aspettare una
risposta, riprese a mormorare quella magica filastrocca.
Posata l’arma rituale, Ashirae tornò davanti al
bastone e lo sfiorò appena con i polpastrelli, per poi
rovesciarci sopra l’intero contenuto della scodella.
Come se fosse guidato da dita invisibili, il sangue tracciò
un percorso tortuoso nell’aria e solo dopo si decise a cadere
sullo scettro, riversandosi nella spirale rossa, evitando accuratamente
di uscirne. Quando anche l’ultima goccia svanì nel
bastone, questo s’illuminò di una cupa luce
cremisi che si diffuse per l’intero antro, sovrastando
persino il riverbero del fuoco della fucina, come una fitta nube
temporalesca che copre il cielo, mutando il giorno in notte.
Il Ritornante osservò quel magico fenomeno con occhi grandi
e intimoriti, mentre prendeva l’amico tra le braccia per fare
come gli era stato detto. Si riebbe solo quando udì il
picchiare del martello dalla testa rotonda, che a ogni suo colpo
provocava un lampo in tutto quel rosso. Deglutì e si mosse
piano, stando attento a non fare rumore, per paura di disturbare la
strega e il suo lavoro. Con pochi e rapidi passi svanì oltre
lo stretto varco nella roccia e si disse che non sarebbe tornato
indietro finché Ashirae non fosse andata a chiamarlo.
***
Adrian
Von Ziegler - Relaxing Fantasy Music - Remembrance
Finalmente l'aveva trovata. In
mezzo a tutto quel buio, aveva trovato una luce. In mezzo a tutta
quella solitudine, quella fredda solitudine che sembrava corroderla
come acido, aveva trovato un'amica.
Fu strano per lei,
vederla avvicinarsi e parlarle normalmente. Non erano neanche compagne
di classe, cosa poteva averla portata fino a lei? Non volle farsi
troppe domande, perché le piaceva. Era una bella sensazione,
chiacchierare con qualcuno senza che la schernisse o giudicasse. Era da
tanto tempo che non accadeva e si sentì impacciata e
inadeguata, ma mai l'amica le fece pesare quel dettaglio, anzi. Le
donò sorrisi, tanti, tantissimi sorrisi.
Jessie, però,
comprese di essersi rilassata troppo, perché in un attimo,
una mattina come tante altre, era stata spinta via. Qualcuno ben
più grosso e forte di lei l'aveva buttata a terra, sulle
foglie secche e polverose, allontanandola da quella piccola luce e
portandosela via.
-No!- urlò la
ragazzina, tentando di alzarsi. -Perché?! Cosa ti ho fatto?!-
-E lo chiedi pure?-
replicò la ragazza altissima che l'aveva fatta cadere,
riservandole un ghigno terribile. -Perché Andrea dovrebbe
perdere tempo con una come te?- rise e se ne andò,
trascinando con sé quella luce appena trovata.
-No!- ripeté
Jessie, tornando in piedi e correndo dietro alle due. -Andrea! No!-
-Je…-
pigolò lei, incapace di sciogliere la stretta di quella mano
sul proprio polso, prima di essere nascosta da altre ragazze della sua
classe.
Metteva sempre un piedi
avanti all'altro, andando più veloce che poté e
abbandonando la cartella pesante, per cercare di raggiungerle e
riprendersi ciò che le era stato strappato via, ma non ci
arrivò. Inciampò e cadde, ritrovandosi di nuovo
su quelle foglie morte, guardando un'altra volta la stessa scena. E
fece male.
Con gli occhi ciechi sgranati e pieni di orrore e le mani ai lati del
capo, Jessie guardava dritto davanti a sé, fallendo
miseramente nel tentativo di cacciare quel ricordo dalla sua mente.
Accanto a lei, il custode dell’Alba stava dando in ogni modo
il proprio sostegno, cercando di tenere la compagna concentrata sul
presente.
-Non se ne va… Non smette. Smettila!- urlò lei,
serrando gli occhi e piegandosi su se stessa.
-Jessie ascolta la mia voce, concentrati sulla mia voce, ok?- disse
lui, abbracciandola.
-Non ci riesco, Riku! Non ci riesco!- replicò lei, ansante,
scuotendo la testa per tentare di dissipare quella fitta nebbia di
immagini e suoni, che continuava a ripetersi ancora e ancora nella sua
mente.
-Invece puoi- esordì il ragazzo, interrompendosi quando vide
la porta della cabina aprirsi e Axel fermo sulla soglia, che guardava
la scena interdetto.
-Cosa succede…?- chiese, avanzando di un passo.
-È un attacco dell’Emissario.- spiegò
brevemente l’argenteo, per poi tornare a dedicarsi alla
compagna. -Avanti Jessie, puoi farcela, concentrati.-
Preso un tremante respiro, la castana annuì e
immaginò se stessa davanti al muro dei ricordi, armata di
entrambi i keyblade, pronta per farlo a pezzi, per liberarsi proprio
come aveva fatto la prima volta. Tuttavia, la risata gelida e
schernitrice della ragazza con i capelli blu la distrasse e
quell’attimo bastò per schiacciarla a terra sul
pavimento nero, e per permettere alla scena di circondarla e chiuderla
in un cilindro che scorreva lentamente, mostrandole più e
più volte quel triste frammento di memoria.
La ragazza singhiozzò, distrutta. -Non smette, non ce la
faccio… Mi fa male…-
-Non arrenderti, prova ancora!- insistette Riku, ottenendo
però un ampio cenno negativo.
-Je!- chiamò all’improvviso una voce femminile.
-…Andrea?- chiese la keyblader, titubante.
-Sì Je! Sono io!- esclamò lei mentre lasciava a
terra la borsa che teneva appesa alla spalla e scostava il rosso dalla
porta per correre al fianco dell’amica. -Che succede? Axel
non ha voluto dirmi niente, che ti è- si bloccò e
trattenne il respiro, agghiacciata, quando vide gli occhi sbiaditi
dell’altra. -Je…-
Compreso di non stare affrontando un’illusione né
uno scherzo di pessimo gusto dell’Emissario, la custode
finalmente riuscì a scorgere la luce pallida e calda della
ragazza che aveva davanti e vi si aggrappò sia mentalmente
che fisicamente, portando le mani avanti per cercare di raggiungerla.
-Andrea…- mormorò lei, sussultando quando
avvertì una stretta sulle proprie dita. -Ti
prego… Non lasciarmi sola…-
-No, no che non ti lascio, Je. Come puoi pensarlo?- chiese in un
sussurro senza ottenere risposta, perché la prescelta le si
era stretta contro con forza, come se avesse il terrore di vederla
sparire.
-Non lasciami sola…- ripeté Jessie tra le
lacrime, affondando il viso nella sua spalla. -Non voglio
più restare sola, ti prego… Non andare
via…-
-Stai tranquilla Je, sono qui.- replicò Andrea, abbracciando
l’amica e cullandola in un lento movimento.
Quando avevano sentito la voce della terrestre, Sora e Kairi si erano
precipitati alla cabina della compagna per capire cosa stesse
accadendo. Osservarono tutta la scena con occhi larghi, dapprima
confusi dalle parole pronunciate dalla castana, ma poi capirono.
Iniziarono a capire, almeno in parte, le parole di Inuyasha e la
conferma di Riku, che ora guardava la custode con sguardo malinconico e
impotente.
Il Ritornante invece era più che mai stordito da
ciò che aveva visto, quindi si voltò in direzione
del prescelto del Giorno, sorprendendosi nel trovarlo tanto calmo
nonostante la situazione e la tensione che aleggiava nella stanza.
Sora emise un lungo sospiro. -È stato
l’Emissario?- chiese all’argenteo che
annuì, mentre la principessa si faceva avanti,
inginocchiandosi al fianco della compagna.
-L’Emissario…?- ripeté Andrea non
capendo di chi o cosa stessero parlando.
-Qui ci pensiamo noi.- disse Kairi, puntando le iridi blu in quelle
acquamarina dell’amico. -Il Re dice che il prossimo mondo
è vicino. Voi ragazzi andate di là, io
spiegherò ad Andrea cos’è successo di
recente…-
-D’accordo…- sospirò Riku a malincuore,
lasciando un’ultima carezza sulla nuca di Jessie prima di
alzarsi e raggiungere i compagni, dopodiché uscirono
chiudendosi la porta alle spalle.
-Avrò fatto bene a portare Andrea qui?- sospirò
il numero VIII, passandosi una mano tra le ciocche rosse.
-Sono convinto che sia stata una mossa saggia.- rispose il custode
dell’Alba, incamminandosi lungo il corridoio. -Lei
è la sola a sapere con certezza ciò che Jessie
è costretta a vedere, forse sarà in grado di
aiutarla meglio di noi.-
-E forse sarà capace di convincerla a confidarsi con noi.-
intervenne Sora, riflettendo.
-Speriamo bene…- sospirò Axel, seguendo gli amici
fino alla sala comandi.
-Allora Je… va meglio adesso?-
La keyblader annuì, allontanando il viso dalla spalla
dell’amica, ma tenendolo basso per non mostrarle gli occhi.
-Scusa…-
-Per cosa?-
-L’ultima cosa che volevo era farmi vedere in queste
condizioni… Purtroppo però-
-Non pensarci.- la zittì Andrea. -Non è di certo
colpa tua se è successo… Beh…-
incerta, la ragazza si voltò verso la principessa della
Luce. -Cos’è successo di preciso…?-
chiese imbarazzata, causando una risatina della coetanea. -Non ridere!
Axel è venuto da me un paio di volte in questi giorni, ma
non ha voluto dirmi che cosa stavate combinando né dove
eravate, s’è limitato a dirmi che non poteva
raggiungervi. Poi s’è presentato poco fa dicendo
che avevi bisogno di un cambio di vestiti, arrivo qui e trovo il
caos…- sbuffò. -Kairi, per favore, spiegami tu
cosa sta succedendo o rischio di impazzire.-
La rossa ridacchiò un istante per poi farsi seria e
raccontare del mondo in cui erano stati nelle ultime due settimane.
Narrò del loro primo incontro con Inuyasha e i suoi amici,
della notizia della perdita di Xaldin, dello scontro con gli Heartless
a forma di ragno e l’arrivo di Marluxia in compagnia di
Naraku, e delle conseguenze: la morte di Luxord e, infine, la
cecità di Jessie. Parlò con calma, e
cercò di non tralasciare nulla tranne un dettaglio. Una sola
fu l’informazione che Kairi tenne per sé, come
richiesto da Jessie stessa: nessuno ad eccezione di chi era presente
nello studio del Maestro Yen Sid, doveva sapere del bambino che la
custode portava in grembo. Era stata una decisione che aveva preso in
contropiede tutti loro e per un momento avevano pensato che la ragazza
volesse chiudersi ancora di più, poi però,
avevano ascoltato con pazienza le sue ragioni e le avevano accettate,
giurando di non rivelare mai il segreto se non in caso di
necessità o reale emergenza. Non voleva essere un peso per i
compagni né dare loro motivo di ulteriore preoccupazione,
poiché già la perdita della vista le avrebbe dato
molti problemi durante una lotta. Se avesse detto loro della
gravidanza, probabilmente avrebbero insistito per tenerla al sicuro,
impedendole di compiere il suo dovere di custode e questa era
l’ultima cosa che voleva. Inoltre, Jessie sapeva che
l’Emissario presto o tardi si sarebbe accorto della sua
presenza -sempre che non ne fosse a conoscenza da ancora prima che lo
scoprisse lei stessa- e voleva evitare di concentrare
l’attenzione sul bambino per proteggerlo.
-Quindi… prima cosa stavi vedendo?- domandò
Andrea, rivolgendosi all’amica.
-Un… un giorno di quando eravamo alle medie… Sai
bene che per me sono stati giorni difficili…- rispose
Jessie, facendo attenzione a non riportare alla mente il ricordo che
era appena stato scacciato.
L’altra annuì, rammentando solo con un attimo di
ritardo che la keyblader non poteva vederla. -Sì,
però, ora non pensiamoci!- esclamò subito dopo,
battendo i palmi davanti a sé. -Sono venuta qui con uno
scopo ben preciso e non intendo mancarlo!- aggiunse prima di scattare
in piedi e andare a recuperare la borsa che s’era portata da
casa. -Avete un bagno qui dentro?-
-Sì, certo, di là.- si affrettò a
rispondere la rossa, sorpresa dall’entusiasmo improvviso
della ragazza, mentre indicava la porta accanto a quella per entrare
nella cabina.
-Perfetto! Forza Je, è ora di darsi una ripulita e di
levarti ‘sta felpa rosa di dosso.- annunciò,
prendendo le mani della custode per farla alzare dal letto.
-Ah! Aspetta un attimo!- disse lei quando si ritrovò in
piedi, cercando di mantenere l’equilibrio.
-Kairi vieni anche tu, se trovo qualcosa di strano avrò
bisogno di una mano per capire come funziona.- asserì
Andrea, ignorando quasi del tutto la richiesta della coetanea.
-Ehm, ok…-
-Andrea, aspetta un attimo ho detto! Non ci vedo!- urlò poi,
alzando il viso per puntarlo in avanti, dove supponeva si trovasse
quello dell’altra.
-Oh, era ora che mi guardassi in faccia.- affermò, fissando
le iridi sbiadite, che si allargarono per lo stupore. -Di che ti
vergogni?-
-Non lo so…- ammise. -Avevo paura che…-
-Di cosa? Che me ne andassi? Je, ti ho già detto che non ti
lascio e che non vado da nessuna parte. Fidati di me, ok? Come hai
sempre fatto.-
-…che mi guardassi in modo diverso.- mormorò la
custode, abbassando lo sguardo.
-Ti sembra che lo stia facendo?- domandò la terrestre.
-Eh? No, però-
-Però niente.- ribatté. -Non potrei mai fare una
cosa del genere. Ti fidi di me?- chiese ancora, ottenendo un assenso.
-Perfetto allora! Forza, non abbiamo tempo da perdere.- concluse,
tirando l’amica verso di sé per condurla verso il
bagno.
La principessa della Luce ridacchiò, portandosi una mano
alla bocca, dopodiché guardò le due ragazze con
dolcezza e un pizzico di invidia. In pochi secondi, Andrea era riuscita
dove tutti loro, persino Riku, stavano continuando a fallire da giorni
e l’aveva fatto con una naturalezza che aveva
dell’incredibile, ma probabilmente, si disse, era dovuta
all’amicizia che le legava così strettamente da
tanto tempo.
-Kairi!- chiamò Andrea. -Devo venire a recuperare anche te?!-
-No, no! Arrivo!- rispose immediatamente la rossa, avviandosi. -Forse
la sua presenza qui, aiuterà Jessie e fidarsi di
più…- pensò poi.
***
Kingdom Hearts Birth By Sleep -
Keyblade Graveyard Horizon
Era stato un grido proveniente dall’ala sud giardino del
castello a rompere la quiete di quel pomeriggio soleggiato. Solo una
persona, però, l’aveva udito. Xemnas
abbandonò il colonnato grazie a un varco e riapparve
all’esterno, ritrovandosi di fronte alle lapidi dei compagni
caduti, alle spalle della Regina e della sua dama di compagnia.
-Che succede?- chiese immediatamente, ma gli bastò alzare lo
sguardo per capire.
La tomba di Luxord era completamente avvolta da lunghi rami color
smeraldo irti di spine scure, che si stavano inesorabilmente spingendo
verso quella accanto.
-Dannazione…- pensò il Superiore, chinandosi
sulle donne. -Siete ferite?-
-No, ma c’è mancato poco.- rispose la Regina. -Per
fortuna ce ne siamo accorte in tempo e ci siamo fermate.-
Il Ritornante annuì, rialzandosi e facendosi indietro.
-Venite, allontaniamoci. Non voglio rischiare di aprire un varco
accanto a quella cosa.-
Con passi cauti ma veloci, il trio indietreggiò verso il
castello senza mai dare le spalle a quel groviglio di viticci spinosi,
che abbracciavano con lascivia le due lapidi, quasi ne fossero gelose e
volessero impedire loro di andar via. Una volta raggiunta la parete del
bianco maniero, il numero I aprì rapidamente un varco per
dirigersi alla sala in cui era custodita la Prima Pietra.
Trovò il Burattinaio Mascherato impegnato in una
conversazione con Merlino, ma entrambi si zittirono quando videro
l’espressione del suo viso, ma soprattutto quella che
albergava sui volti delle due donne al suo fianco.
-Cos’è successo?- domandò Zexion con
voce neutra, fiutando la paura che sgorgava dal cuore di Paperina come
un fiume in piena, ben diversa dal timore calmo della Regina.
-Una pianta di Marluxia è qui.- riferì calmo.
-Questo è impossibile!- esplose il mago. -Con tutte le
protezioni che-
-Purtroppo è la verità.- lo interruppe la sovrana
del Castello Disney. -Io stessa ho assistito al duro lavoro che avete
compiuto negli ultimi giorni, ma a quanto pare le creature
dell’Oscurità erano un passo avanti a noi fin dal
principio.- disse con solennità, prima di prendere un
profondo respiro e comunicare la propria decisione. -Dobbiamo evacuare
il castello.-
Poco più di un’ora dopo, l’intero
maniero era stato svuotato di tutti i suoi abitanti, che grazie ai
varchi dell’Organizzazione, si erano velocemente spostati
nella cittadella oltre le mura insieme a Merlino, pronto in ogni
momento ad aprire una via di fuga verso un altro mondo, nel caso in cui
la Prima Pietra fosse stata intaccata. Gli unici rimasti erano i
Ritornanti, e dopo aver chiuso gli alti battenti della Sala delle
Udienze, si diressero in giardino. Alla vista di ciò che era
accaduto in quel relativamente breve lasso di tempo, Xemnas
inorridì e anche i suoi compagni, chi più chi
meno, liberò il proprio orrore e la propria sorpresa. La
coppia di lapidi quasi non si scorgeva più a causa della
fitta rete di rovi che l’aveva circondata e che continuava a
ingrandirsi a vista d’occhio, spingendosi verso la cinta
muraria e il castello.
Di fronte a quella scena, Xigbar deglutì, non osando
minimamente pensare a quanti altri metri di rami irti di spine potevano
nascondersi nel terreno, tuttavia, non permise alle emozioni di avere
la meglio sul suo cuore e indurì il viso. Avanzò
con passi pesanti, per far sì che si sentissero forte e
chiaro anche nelle profondità del suolo, liberando
l’occhio destro dalla benda, che subito bruciò
d’arancio. Infine, superò il proprio leader e
puntò l’unica pistola rimastagli contro il nemico
che avrebbero affrontato a breve.
-Allora bestiaccia vuoi uscire o no?- domandò algido,
fissando il cumulo di rami e spine, che poco dopo si fermò.
I rovi scricchiolarono e frusciarono quando ripresero a muoversi
lentamente attorno alla tomba dello Sfidante del Destino, coprendo il
morbido rumore della terra che veniva smossa alle spalle della lastra
di marmo. Infine, una mano dalle dita lunghe e sottili e la pelle rosea
si posò sul bordo della lapide, subito seguita dalla
gemella, che ne afferrò il bordo destro, e poi
l’intero busto della pianta umana si mostrò ai
Ritornanti. La donna racchiusa in una preziosa corona di enormi petali
di rosa rossa aveva i capelli lunghi e lisci, a loro volta scarlatti
come anche i piccoli petali che le coprivano il petto, celando il seno.
Il suo viso era attraversato da un enigmatico sorriso, impossibile da
decifrare proprio come i suoi seducenti occhi socchiusi, che erano di
un azzurro incredibilmente chiaro, identici a quelli di Luxord.
Il Tiratore Libero indurì lo sguardo e lo puntò
in quello della terza creatura partorita dalla mente contorta del
Leggiadro Sicario. -Finalmente ti fai vedere.-
Sorprendendo tutti e nove i rappresentati della Luce, la donna si
appoggiò con le braccia al freddo marmo e posò
con grazia il viso sul palmo sinistro. -Mi hai chiamata e io mi sono
mostrata, anche se non m’è piaciuto molto come
l’hai fatto. Un nome io ce l’ho: Scarlet.-
replicò lei con un sorriso affabile e voce altrettanto
gentile, che parevano avere l’unico scopo di prendere in giro
il numero II. -Ma non importa. Come ho detto, sono uscita
perché mi hai chiamata.-
Ed eccoci giù.
Il finale è
stroncato, lo so, ma non ho trovato un'alternativa migliore. Spostare
tutta la scena al capitolo seguente avrebbe accorciato questo,
continuarla me l'avrebbe fatto allungare di altre due pagine (non
scherzo, senza accorgermi sono andata avanti a scrivere e ho scritto
una pagina e mezza), quindi ho dovuto fare un taglio drastico. Spero
che non vi abbia dato fastidio o altro.
Facciamo il punto della
situazione: Ashirae sta forgiando lo scettro al nostro paperotto,
Jessie e compagni si preparano a scendere sul prossimo mondo e
chissà quale sarà ù.ù, e
dalla tomba di Luxord è uscita l'ultima trovata di Marluxia:
la femme fatale Scarlet, che si sta dimostrando fin da subito molto
diversa dalle sue sorelline. Mi auguro che vi sia piaciuta come il
resto del capitolo.
Detto questo mi congedo.
Ci vediamo al prossimo
aggiornamento! See ya!
*Traduzione in inglese della canzone "Terpsichora" di Akiko Shikata
Pluck the strings of your lyre and play a beautiful melody.
Praise the dance of flame. The rhythm of soul.
Sing the passionate feelings. The hidden wishes.
Interweaving sound, continuous prayers. Oh song, turn into a great wave.
Gaze up to the sky, with your gentle arms, embrace everything this
world has to offer.
Keep treading on the vast land with those feets filled with strength.
Oh, in those shining clothes, you are dancing as a butterfly, with
beauty and madness alike.
|
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Capitolo 6 *** Capitolo VI: L'unione fa la forza ***
*si fa avanti piccola
piccola* Salve~
eh già, alla fine dopo trentordici (?) mesi sono tornata. Mi
spiace averci messo così tanto, purtroppo però ho
avuto
il mio bel da fare come studentessa, come prof (sì,
quest'anno
ho anche insegnato ù.ù) e poi come studentessa a
pezzi in
vacanza con una gamba fasciata, quindi ho messo da parte per un po' le
fan fiction perché ero a corto di tutto: ispirazione,
energie e
la voglia, ma non le idee per le millanta altre cose che ho scritto nel
frattempo, già... Recentemente mi sono rimessa al lavoro su
questa fic e meno male che mi sono fermata per recuperare gli
ingredienti sopracitati! Sapete perché? Beh quando ormai ero
quasi alla fine del capitolo (mi mancava qualcosa come dieci righe) mi
sono accorta di aver fatto un enorme
disastro
e ho dovuto riscriverne poco meno della metà. Per tutti
questi
motivi il capitolo che andrete a leggere non mi soddisfa molto, potevo
sicuramente fare di meglio e mi impegnerò perché
col
prossimo capitolo sia così.
Detto questo, vi auguro
una buona lettura!
Capitolo VI: L'unione fa la forza
Fairy Tail - Demon Deliora
Xigbar sbatté le palpebre un paio di volte per poi
indietreggiare istintivamente di un paio di passi, si fece guardingo e
attento ancor più di prima. La creatura che aveva davanti
era capace di parlare, chi poteva sapere cos’altro era in
grado di fare a differenza di quelle che l’avevano preceduta?
-Tsk, anche le altre due avevano risposto al richiamo di Marluxia come
dei bravi cagnolini.- disse, riprendendosi da quell’attimo di
smarrimento. -Tu non sei diversa.-
-Ti prego di non paragonarmi alle mie sorelle, sono solamente delle
bestie che seguono l’istinto. Se fossi stata come loro, avrei
potuto prendere esempio da Illvilja, che ha attaccato alle spalle il
vostro amico.- replicò, donando una carezza lasciva
all’incisione sulla lapide.
-Togli le tue zampacce da lì, schifoso abominio.-
-Temo che sia troppo tardi. Non ti sei ancora chiesto come ho fatto ad
arrivare qui?- domandò Scarlet con una nota divertita nella
voce. -Quando ha attaccato il vostro amico, Illvilja ha lasciato un
seme nel suo corpo. Un seme piccolo e impossibile da notare, che si
è nutrito poco per volta con la luce di questo mondo, al
sicuro in una culla di terreno incredibilmente fertile.-
spiegò, portandosi una ciocca di capelli dietro
l’orecchio.
-Tu e il tuo padrone la pagherete per questo.- sibilò
Xigbar. -Sei pronta bestiaccia? Il conto da saldare è molto
salato.-
La donna ridacchiò. -Sei così sicuro di te, ma se
ti dicessi che ho voglia del dessert? Qui, dopotutto,
c’è davvero un’ampia scelta.- concluse,
scorrendo con lo sguardo tutti gli avversari. -Da chi potrei
cominciare…?-
-Che ne dici di morire senza fare storie?- ribatté il
Tiratore Libero, sparando una raffica di colpi.
Nessuno dei suoi dardi, però, raggiunse il bersaglio,
poiché la rosa era rapidamente fuggita nel sottosuolo,
lasciando all’esterno le sue appendici, che ripresero a
muoversi frenetiche per poi attaccare i Ritornanti.
-Indietro!- ordinò Xemnas, schivando e tagliando con le
spade i viticci e le loro spine, tuttavia, gli sembrava che per quanti
ne recidesse altrettanti ne spuntassero per prenderne il posto.
I suoi compagni si sparpagliarono in direzioni differenti, ponendo
ognuno la propria arma in difesa del corpo. Solo Lexaeus rimase accanto
al numero VI, per poterlo proteggere grazie al suo Tomahawk. Nel
frattempo, il Burattinaio Mascherato impugnò il proprio
libro e con l’ausilio di una penna d’oca intrisa
d’inchiostro disegnò scudi su scudi,
indirizzandoli a chiunque ne avesse bisogno. Tuttavia, ben presto si
trovò schiena contro schiena con l’Eroe del
Silenzio e perse di vista il resto del gruppo e non poté
più prestare aiuto.
Con il suo potere, il numero IV aveva creato una spada di ghiaccio,
formando un’ottima coppia con il suo scudo bianco e blu, e
come il suo capo menava fendenti tutt’intorno a
sé, tagliando rami e spine ma senza ottenere grandi
risultati. Non appena ebbe un secondo di pausa, si guardò
velocemente intorno e ciò che vide lo turbò
profondamente: tutta quell’area di giardino sembrava essersi
tramutata in una foresta di rovi che sicuramente si stava espandendo
sempre di più.
-Maledizione, quando serve quel fiammifero ambulante non
c’è mai!- pensò irritato, congelando i
viticci che aveva intorno, per poi distruggerli con un colpo di scudo,
ruotando su se stesso.
Per un attimo tutto parve fermarsi, ma con un tremito, i rami parvero
risvegliarsi e si rigenerarono quasi in un batter d’occhio.
Vexen li congelò di nuovo e li falciò via con la
spada, prendendo poi ad avanzare seguendo sempre lo stesso schema.
Percorsi un paio di metri si ritrovò fuori dalla cupola
vegetale e vide con orrore che i suoi compagni erano rimasti confinati
in angoli diversi del giardino.
-Oh, un bocconcino è riuscito a fuggire.-
commentò la voce di Scarlet, facendogli abbassare lo sguardo
verso il terreno.
Il Ritornante guardò con irritazione le proprie caviglie
avvolte tra i rovi, ma soprattutto la destra, che era stretta tra le
dita affusolate della donna. Sollevò la lama di ghiaccio per
calarla sul polso sottile, ma con orrore si accorse di non riuscire ad
abbassare il braccio, che gli mandò una scarica di dolore.
Deglutì e si girò: le spine delle appendici di
Scarlet erano conficcate nella sua pelle fino al gomito. La sua arma fu
presto spezzata, e il biondo si voltò di nuovo verso il
suolo, dove udì chiara e irritante, la risata divertita
della rosa rossa.
-Tsk! Se pensi di farmi fuori così facilmente ti sbagli di
grosso!- esclamò, per poi abbandonare lo scudo e scatenare
il suo potere.
La mano del gelo scaturì dal suo corpo e si spinse in ogni
direzione, persino nel sottosuolo, congelando ogni cosa. La pianta
soffiò come un gatto quando sentì
l’arto gelarsi, quindi lo ritirò
immediatamente e fuggì in cerca di un’altra preda.
Il numero IV osservò a occhi schiusi il risultato della sua
controffensiva: una lucida superficie biancastra, sfumata
d’azzurro, si estendeva davanti a lui per un paio di metri, e
sicuramente alle sue spalle aveva ottenuto il medesimo risultato. I
viticci di Scarlet ora apparivano come delle spesse e rigide corde
bluastre ancora avvolte attorno alla loro preda. Con un leggero
sospiro, che si mostrò con una piccola nube di vapore,
gettò un debole sguardo al proprio corpo,
anch’esso era completamente ricoperto da uno spesso strato di
ghiaccio, che -di sicuro- non si sarebbe sciolto tanto facilmente.
Cercò di concentrarsi per farlo ritirare, ma non vi
riuscì, nemmeno con la punta di un dito. Stanco, Vexen
chiuse del tutto gli occhi e iniziò a recuperare le forze
per potersi liberare.
Final Fantasy Crisis Core -
Soldier Battle
Strette le dita su un ventaglio di cinque carte, il numero II
scagliò i propri dardi avanti a sé, che poco dopo
esplosero in una vampata di fiamme che bruciarono i rami colpiti,
riducendoli in cenere. Osservò attentamente
tutt’intorno a sé, cercando di scorgere in mezzo a
quel groviglio di rovi anche una minima traccia del corpo di carne di
Scarlet. L’iride destra bruciava nella sua fiamma color
arancio, scrutando ovunque come l’occhio di
un’aquila.
Seccato, Xigbar richiamò altre carte, quasi un mazzo intero,
e le lanciò in ogni direzione. Come affilate cesoie, le
carte da gioco tranciarono di netto i viticci che incrociarono sulla
loro traiettoria, quindi il Ritornante scattò in avanti,
aprendosi la strada già segnata con l’aiuto della
propria pistola. Si chiese come potevano essere stati così
poco attenti, ciechi, e sciocchi da non rendersi conto che sotto i loro
piedi stava crescendo quella sottospecie di foresta di spine. Erano
stati così impegnati a difendere il cuore del mondo e la
Prima Pietra da possibili invasioni esterne, ed erano stati
così sicuri delle loro capacità, da non aver
minimamente pensato alla possibilità di ricevere un attacco
dall’interno. Certo, il Castello Disney era il mondo della
Luce per antonomasia e questo li aveva fatti sentire tranquilli, ma si
erano adagiati troppo sugli allori e adesso dovevano vedersela con
l’ennesima diavoleria del Leggiadro Sicario.
-Tsk, che tu possa morire fra atroci tormenti, fottuto bastardo.-
pensò infastidito il Tiratore Libero, uscendo
all’aria aperta.
Notò che ormai le appendici di Scarlet si erano spinte
dappertutto, fino alle mura del candido maniero, risalendole come
voraci rami d’edera. Cercò immediatamente i suoi
compagni e strinse i denti quando scorse Vexen, chiuso nel suo stesso
ghiaccio, ma libero dalle grinfie della rosa. Sparse qua e
là c’erano diverse zone più
“corpose” e dedusse che dovevano trattarsi dei
diversi campi di battaglia in cui erano impegnati gli altri membri
dell’Organizzazione. Materializzò cinque dadi
nella mano libera e li lanciò dietro di sé,
facendo saltare per aria alcuni rami che avevano tentato di aggredirlo
alle spalle, quindi corse in direzione del bozzolo più
vicino per aiutare chiunque vi fosse rinchiuso.
Le luminose lame rosse che comparvero all’improvviso,
sferzando l’aria e gettando ovunque frammenti di rovi,
però, lo fecero ghignare e fermare. Ci voleva più
di qualche ramicello per mettere in scacco il fondatore
dell’Organizzazione XIII, pensò, ma dovette
ricredersi almeno in parte, quando lo vide uscire dalla foresta in
miniatura.
Il Superiore emerse zoppicando dall’area in cui era stato
imprigionato fino a poco prima, liberò una mano, congedando
una delle sue armi, e la portò su una ferita aperta sulla
coscia sinistra, che buttava sangue a ogni suo passo. In un attimo,
Xigbar gli fu accanto e si strappò svelto una manica della
candida maglia che indossava per farne una fasciatura provvisoria.
-Grazie Xigbar…- mormorò, prendendo un lungo
respiro e appoggiandosi per un momento alla spalla che il compagno gli
stava offrendo. -Dove sono gli altri?-
-Vexen è laggiù.- rispose, indicando dietro di
sé con un pollice. -È rimasto fregato dalla sua
stessa tecnica, ma almeno per ora è al sicuro. Scarlet non
può perforare quel ghiaccio se nemmeno lui è
riuscito a liberarsene.- spiegò. -Gli altri non so, devono
essere rinchiusi in questa specie di bozzoli. Quella bestiaccia
è riuscita a isolarci per bene.-
-E a quanto pare, ci vuole attaccare uno alla volta. È
riuscita a ferirmi uscendo dal terreno, ma non mi sono accorto di lei
fino all’ultimo perché c’erano rami
ovunque… li avevo persino sotto i piedi.- narrò,
tornando in posizione eretta. -Dobbiamo andare ad aiutare gli altri, ma
per farlo dobbiamo-
-Nah, hai capito male capo.- lo zittì il Tiratore Libero,
impugnando di nuovo la pistola e battendosela sulla spalla. -Non ci
separeremo.- aggiunse, anticipandolo. -Dobbiamo restare uniti contro
quest’erbaccia. Gli altri dovranno arrangiarsi fino al nostro
arrivo… Comunque, qualcosa mi dice che Zexion e il gigantone
sono insieme.-
Xemnas strinse i denti e abbassò lo sguardo, per poi
rialzarlo, determinato a seguire il piano del numero II.
-Sbrighiamoci.- dichiarò, infine, correndo dietro al
velocissimo compagno in direzione delle mura del castello.
Kingdom Hearts Re: Chain of
Memories - Night of Fate
Le iridi verdi scattarono da una parte all’altra con
nervosismo. I rami, dimostratisi particolarmente resistenti ai suoi
fulmini, l’avevano ormai circondata, ma non
l’attaccavano, limitandosi ad avanzare lentamente, come se la
stessero studiando. Indietreggiò di un altro passo,
tenendosi il braccio sinistro con la mano opposta per cercare di
fermare in qualche modo la perdita di sangue. Aveva schivato appena in
tempo il subdolo attacco che aveva tentato di prenderla alla schiena,
per un soffio non ci aveva rimesso l’intero arto.
-Merda.- commentò Larxene, quando la sua schiena
sbatté contro la parete del castello.
Vi gettò una rapida occhiata e quando tornò a
guardare avanti a sé sussultò: i celesti occhi di
Scarlet erano puntati su di lei e il suo sorriso, freddo e derisorio,
non presagiva nulla di buono.
-Ciao carina.- salutò la pianta, puntando poi lo sguardo sul
braccio della Ninfa Selvaggia. -Non mi sembri messa bene.-
Larxene rise. -Senti chi parla.- sputò, notando il suo arto
destro congelato. -Quel vecchio brontolone alla fine
s’è reso utile.-
-Già, una vera seccatura.- concordò la rosa. -Ma
tu sei messa peggio di me, sai?- proseguì. -Se anche mi
tagliassi il braccio, mi ricrescerebbe, ma non credo che per te valga
la stessa cosa.-
-E perché dovrei tagliarmi il braccio?-
La pianta ridacchiò, sinceramente divertita. -Mai detto che
l’avresti fatto tu.- asserì serafica, ascoltando
con piacere il grido di dolore della donna.
Distratta dalla presenza del corpo di carne dell’avversaria,
la numero XII non si era accorta dei rami che lentamente erano giunti
sino a lei lateralmente e che, alla fine, avevano portato a termine
ciò che era rimasto incompiuto poco prima. Il suo braccio
sinistro cadde a terra con un tonfo sordo, seguito da una rapida
cascata di sangue scarlatto e da altre grida sconnesse della
Ritornante. Larxene si accasciò sulle proprie ginocchia,
stringendosi il moncone sanguinante, che bruciava come se fosse stata
marchiata a fuoco sulla carne viva.
Scarlet si passò la mano sulla guancia, pulendola da uno
schizzo rosso che era giunto fino a lei e lo leccò via.
-Delizioso.- commentò senza mai distogliere lo sguardo dalla
sua preda. -Non vedo l’ora di mangiarti.-
-Tu…- sussurrò la bionda, risollevando gli occhi
febbricitanti, lucidi per le lacrime che le bagnavano il viso.
-Tu… non…-
-Io cosa, tesoro?- domandò la rossa, sollevando un largo
viticcio.
-Tu… maledetta puttana!- urlò rabbiosa la Ninfa
Selvaggia, scatenando un attacco elettrico con tutta la propria potenza.
Il fulmine scattò e raggiunse il suo obiettivo,
concentrandosi soprattutto sull’arto congelato di Scarlet,
che fece da conduttore e amplificò ulteriormente la scossa.
La rosa gridò di dolore a sua volta, gettando il capo
all’indietro e fuggendo tra i rovi, che la nascosero alla
vista ormai offuscata della numero XII. Larxene si arricciò
su se stessa, poggiando la fronte al terreno e aumentando la stretta
sul moncone, che continuava a mandarle scosse di dolore.
Serrò i denti, trattenendo le proprie urla, ma non
impedì l’uscita di un ringhio quando qualcuno le
toccò la spalla sana per attirare la sua attenzione.
-Larxene? Mi senti?- chiamò ancora Xemnas. -Lasciami dare
un’occhiata.-
-Non… non c’è…-
balbettò la bionda, alzando il viso pallido. -Non
c’è… niente da vedere. Quella
puttana… mi ha strappato il braccio! Fa un male
d’inferno!- urlò poi, permettendo al compagno di
esaminare il danno.
Poco dopo, Xemnas si tolse rapidamente la maglia e la usò
per avvolgervi il moncone, sperando di contenere la perdita di sangue
che già era stata fin troppa.
-Quella bestiaccia è scappata di nuovo sottoterra.-
sputò il Tiratore Libero, avvicinandosi ai due. -Lei come
sta?- domandò poi, dando uno sguardo rapido
all’arto reciso abbandonato sul terreno.
-Dobbiamo chiudere questa faccenda in fretta, Larxene ha bisogno di
cure urgenti.- disse serio il Superiore, alzandosi con la compagna tra
le braccia. -E non possiamo lasciarla qui da sola, Scarlet potrebbe
tornare.-
-…vi sarei d’impiccio.- mormorò la
Ritornante.
-Non se ne parla, bionda.- ribatté il numero II,
assottigliando lo sguardo. -Abbiamo già perso troppa gente.-
proseguì, per poi fissare gli occhi d’ambra
dell’altro uomo. -Coraggio capo, ho trovato gli altri.-
Kingdom Hearts 358/2 Days
Original Soundtrack - Critical Drive
Letale e imperiosa, la Claymore calava su ogni ostacolo, liberando la
strada al proprio padrone. Rafforzata la presa
sull’impugnatura della propria arma, Saix procedette
nell’intrico di rovi che a ogni secondo passato accorciava le
distanze, serrando la sua morsa su di lui.
Si maledisse profondamente per aver permesso a quell’ammasso
di rami di allontanarlo così tanto dai suoi compagni e in
particolare dal numero I. Era stato colto alla sprovvista dalla
moltitudine di radici che la pianta era riuscita a generare in poco
tempo e per non farsi travolgere aveva dovuto indietreggiare parecchio.
Probabilmente, pensò, era il più lontano di tutti
dal centro di quella battaglia e a dare ulteriore conferma della sua
teoria c’erano quegli stessi viticci perché erano
incredibilmente sottili e cedevano come erbacce sotto le sferzate della
sua alabarda, però dalla loro parte avevano il numero. Erano
così tanti da confondersi l’uno con
l’altro senza difficoltà, era praticamente
impossibile dire dove iniziasse uno e dove un altro. Tuttavia, il
numero VII non si lasciò sopraffare e continuò la
sua avanzata, cercando di seguire la direzione da cui era arrivato
quando si era separato dagli altri Ritornanti.
Quando finalmente riuscì a scorgere di nuovo il cielo
limpido di quel mondo, il suo sguardo dorato fu subito attratto dal
bozzolo di rovi più vicino. Era decisamente più
grande di quello in cui era stato chiuso lui e sembrava ingrandirsi a
vista d’occhio. Senza aspettare oltre, congedò
momentaneamente la Claymore e corse verso quell’immensa
cupola di rami spinosi.
Non appena vi fu accanto percepì due presenze
all’interno, ma una in particolare lo preoccupò.
Nonostante emanasse un’energia costante, Saix si accorse che
pian piano essa stava diminuendo d’intensità, come
una candela che si consuma lentamente. L’attimo successivo,
il Ritornante dai capelli azzurri riprese in mano la propria arma ed
entrò nello status Berserk: venne circondato da una tenue
aura rossastra, leggera come la foschia del primo mattino, il suo cuore
accelerò i battiti, pompando più velocemente
sangue al suo intero corpo, infine, delle piccole scariche elettriche
presero a correre lungo i suoi arti, schioccando nell’aria
come tante fruste. Quando il primo fendente della Claymore si
abbatté sul muro di rovi, l’intera cupola parve
tremare e i rami si sbriciolarono sotto la sua potenza, come la terra
arsa dal sole.
***
Kingdom Hearts HD 1.5 Remix
Soundtrack - Kairi II
Era strano. Era davvero strano camminare in mezzo a tanta gente e
riuscire a scorgerla solo tramite l’udito e la sfocata
visione delle loro luci. Era strano e quella situazione un
po’ la spaventava, nonostante ci fosse Riku accanto a lei a
guidarla in ogni timido passo, tenendola a braccetto. Aveva timore a
posare i piedi sulla strada lastricata di pietre, che tramite le suole
aveva percepito un po’ quadrate e un po’
rettangolari, perché più di una volta era
inciampata in qualcuna che sporgeva rispetto alle compagne e anche con
la prima scalinata che avevano incontrato sul percorso non era andata
nel migliore dei modi: c’era mancato poco che cadesse e
sbattesse il viso a terra. Fortunatamente, era stata presa al volo.
Jessie camminava piano, con il capo leggermente abbassato e gli occhi
schiusi, perché non riusciva a tenerli serrati né
aperti del tutto; non aveva voluto rimettere la benda per coprirli e
ora quasi ne era pentita. Senza il suo cappuccio a proteggerla dagli
sguardi altrui si sentiva esposta come non le accadeva da tempo,
purtroppo però il cappotto aveva dovuto lasciarlo da Yen
Sid, per permettere alle fate buone di ripararlo e rinforzarlo in vista
delle battaglie future. I suoi amici però avevano compreso
il suo stato d’animo e si erano disposti attorno a lei per
farla passare inosservata.
Kairi e Sora erano in testa al gruppetto, mano nella mano e con
un’espressione tranquilla dipinta in volto, mentre ammiravano
le costruzioni della ridente cittadina che li aveva accolti al loro
arrivo su quel mondo. Il custode dell’Alba era alla sua
destra, camminando lungo il ciglio di uno dei canali che attraversavano
l’intera città, e alla sua sinistra stava Axel,
che con le mani cacciate nelle tasche dei pantaloni bianchi, si
guardava attorno e da qualche minuto aveva cominciato a canticchiare un
motivetto a labbra chiuse. Non sapeva cosa fosse, ma la stava aiutando
a rilassarsi.
Da quando Andrea se n’era andata qualche ora prima
-portandole via ciò che restava dei suoi vestiti ormai
logori e facendole indossare un altro paio di jeans scuri e una canotta
rossa dal taglio all’americana- alcune cose stavano iniziando
a cambiare. Tutti loro avevano assistito allo sfogo della keyblader del
Tramonto, avevano sentito forte e chiaro la sua supplica
all’amica di non essere lasciata sola, e avevano ammesso che
Inuyasha aveva ragione: provando anche solo a immaginare quali fossero
le paure e i tormenti della loro compagna, probabilmente non avrebbero
compreso fino in fondo.
-Questo mondo è veramente tranquillo…-
osservò la principessa a voce bassa. -Siamo sicuri che ci
sia bisogno di noi?-
-In effetti nemmeno io percepisco qualcosa.- rifletté Riku.
-Però non dobbiamo abbassare la guardia.- aggiunse subito
dopo, prima di voltarsi verso la compagna. -Jessie te la senti di
andare avanti ancora un po’, o preferisci riposare qualche
minuto?-
-Proseguiamo, non sono- Ah!- esclamò, piegandosi in avanti
quando qualcosa le sbatté contro le gambe.
Si aggrappò all’argenteo con tutte le sue forze
pur di restare in piedi e per poco non caddero entrambi.
-Cos’è stato?- chiese poi, voltandosi
istintivamente.
Avvertì qualcosa correrle accanto e una coppia di scuse non
troppo attente, che s’allontanavano rapidamente insieme a due
brillanti luci candide.
-Marmocchi.- disse il Ritornante con un sospiro. -Allora? Andiamo
avanti?-
-Sì, andiamo.- confermò la castana, cercando
nuovamente il braccio del compagno.
Così, i guerrieri della Luce ripresero a percorrere la
strada lastricata. Giunsero fino a una piazza poco affollata con una
grande fontana posta proprio al centro, lasciandosela alle spalle dopo
alcuni minuti di sosta e di nuovo si trovarono accanto a un canale
dalle acque profonde, solcate di tanto in tanto da piccole imbarcazioni
biposto.
-C’è qualcosa di strano.- sussurrò a un
tratto Jessie, dopo circa un’altra ora di cammino, attirando
tutti gli sguardi su di sé e causando l’arresto
dell’intero gruppo.
-Che cosa?- domandò Sora, facendosi subito attento.
-Sopra di noi, molto in alto, ci sono delle luci.- rispose, alzando
leggermente il viso in direzione dell’amico. -Non me ne sono
accorta finché non sono diventate tante…-
-Stai dicendo che…?- intervenne Kairi, sgranando gli occhi
blu.
-Credo che ci stiano tenendo d’occhio.- annuì la
keyblader del Tramonto.
-Devono essersi appostati sui tetti.- osservò Axel, senza
distogliere lo sguardo dal volto della compagna.
-Continuiamo a camminare.- suggerì l’argenteo.
-Non possiamo restare fermi troppo a lungo.-
-Riku ha ragione.- dichiarò il custode della Catena Regale.
-Che ne dite se attraversiamo il ponte e andiamo dall’altro
lato?- propose poi, indicando il passaggio che si trovava pochi metri
più avanti. -Ci conviene tornare indietro. Non mi piace
questa storia, ma dobbiamo muoverci senza destare sospetti in chi ci
sta guardando.-
-Mi sembra un buon piano.- assentì il rosso, stirando le
braccia verso l’alto per poi incrociare le mani sulla nuca.
-Axel, credo che tu dovresti precederci.- riprese immediatamente Sora.
L’interessato inarcò un sopracciglio.
-Perché?-
-Se le cose dovessero andare storte, il Re saprebbe
cos’è successo, anche se non nel dettaglio.-
spiegò. -Se entro notte non avrete notizie, allora potrete
muovervi.-
-Non mi piace.- grugnì il numero VIII. -Però non
hai tutti i torti.- sospirò poi. -Ok,
m’infilerò nel primo vicolo e aprirò un
varco.-
-Bene.- concluse il castano, muovendosi per raggiungere il ponte.
-Siamo d’accordo?- chiese, ottenendo un unico consenso.
-Perfetto, andiamo.-
-Voi non andate proprio da nessuna parte.- annunciò una voce
maschile seria e grave, costringendoli a voltarsi.
Un ragazzo alto, dai corti capelli scuri tirati indietro e vestito con
abiti militari, stava puntando un fucile mitragliatore contro tutti
loro. Alle sue spalle e da tutte le direzioni disponibili -persino dai
tetti degli edifici- giunse un gruppo di soldati, tutti armati e pronti
a fare fuoco. In breve li circondarono, scatenando il panico nelle
persone che stavano transitando nella zona, ma la calma fu ristabilita
in pochi minuti grazie all’intervento tempestivo di altri
uomini, che avevano fatto sgomberare l’area.
-Cosa volete?- domandò Riku, stringendosi la compagna al
fianco. -Non abbiamo fatto nulla.-
-Mi è stato ordinato di condurvi alla base, quindi seguiteci
senza opporre resistenza.- affermò il moro, puntando meglio
l’arma.
-E chi vi dà l’autorità per fare una
cosa simile?!- sputò il Ritornante. -Noi non-
-Tu non ci servi.- lo zittì con tono perentorio. -Le
istruzioni che ho ricevuto riguardano solo loro quattro. Non ho
l’abitudine di portarmi dietro pesi inutili né di
andare oltre gli ordini che mi sono stati dati.- spiegò
algido. -Adesso muovetevi!-
-Te lo puoi anche-
-Axel vai. Noi ce la caveremo.- ordinò sottovoce il
prescelto del Giorno, mettendosi davanti al rosso.
-Sei pazzo?!- ringhiò l’altro. -Non vi mollo
così!-
-Ce la caveremo, vai!- ripeté, donando una rapida occhiata
agli altri due amici, che annuirono e si misero attorno al compagno,
formando una specie di semicerchio. -Se ti seguissimo, verrebbero pure
loro e non possiamo correre questo rischio.- osservò. -Segui
il piano che abbiamo messo insieme prima. Fidati di me, di noi.
Andrà tutto bene.- assicurò mostrando un sorriso
deciso.
-Non temere Axel, non ci accadrà nulla.- intervenne Jessie,
voltandosi appena verso di lui con espressione incoraggiante.
-…e va bene.- si arrese infine, aprendo un varco sottile
alle proprie spalle, che causò un’ondata di
confusione tra gli uomini che avevano attorno.
-State calmi!- ordinò il ragazzo a capo della spedizione.
-Mantenete la posizione!-
-Vedete di non fare casino e di non cacciarvi in guai troppo grossi.-
aggiunse Axel, indietreggiando di qualche passo e svanendo nella bianca
luce del passaggio, che si chiuse l’istante dopo senza
lasciare alcuna traccia, come se non fosse mai esistito.
***
Kingdom Hearts Re: Chain of
Memories - Scythe of Petals
L’Eroe del Silenzio sferzò l’aria con la
sua possente arma, trascinando nel movimento un’ampia fascia
dei rovi che circondavano lui e il suo compagno. Aveva provato a
sfruttare il proprio potere per controllare la terra che avevano sotto
i piedi, ma per quanto s’imponesse, la sua volontà
non riusciva a prevalere su quella della rosa scarlatta, che si era
spinta in profondità nel sottosuolo. Girò
leggermente il viso e scrutò il Burattinaio Mascherato. Il
numero VI era concentrato al massimo sul proprio libro e su
ciò che accadeva attorno a loro, infatti, quando un viticcio
spinoso minacciò di colpirlo alle spalle, la piuma corse
rapida su una pagina e l’attimo dopo uno scudo azzurrino
s’alzò per proteggerlo.
-A che punto sei?- domandò Lexaeus, roteando il Tomahawk
sopra la testa e liberandosi di altri rami.
-Non ci sono ancora.- rispose Zexion, guardando di sfuggita la larga
schiena dell’amico, per poi tornare a fissare il Lexicon.
-Queste dovrebbero aiutarti a prendere altro tempo.- disse poi, creando
rapidamente due asce bipenne, che galleggiarono fino ai fianchi del
numero V.
-Non stai gestendo un po’ troppe cose?- chiese il castano,
notando il sudore sulla fronte leggermente pallida dell’altro.
-Non preoccuparti.- replicò lui, sbattendo le palpebre. -Gli
altri dovrebbero arrivare a breve da quello che- Indietro! Adesso!-
avvertì, scagliando le due asce contro la spessa appendice
che mirava al torace del possente Ritornante.
Lexaeus indietreggiò fino a ritrovarsi a un passo dal
compagno e puntò in avanti gli occhi celesti, giusto in
tempo per assistere alla violenta distruzione delle due armi. Il ramo
che l’aveva attaccato era molto più grosso di
quelli che ancora li imprigionavano e comprese che doveva essere una
delle propaggini principali della loro avversaria, che quindi non
doveva essere lontana.
-Dunque Scarlet, perché non esci?- chiese infatti il ragazzo
col ciuffo, voltandosi e posando la propria schiena contro quella ampia
dell’Eroe del Silenzio.
-Voi, piccoli esseri, cominciate davvero a seccarmi.-
pronunciò algida la voce della rosa, che emerse dai rovi,
comparendo esattamente di fronte a Zexion.
La donna rivelò il proprio viso e rapidamente anche il resto
del suo corpo di carne, che mostrava segni di ustioni a partire dal
braccio destro, fino al collo e parte del torace. Con gli occhi ridotti
a fessure, Scarlet fissò il Ritornante davanti a
sé, che le restituì uno sguardo sorpreso a causa
delle sue condizioni. Digrignò i denti e aprì le
braccia, spalancando le dita.
-Pagherete per le mie ferite.- sibilò, dando
un’occhiata di fuoco al numero V, che si era voltato senza
però muoversi da dov’era, poiché
conscio che non dovevano in alcun modo dare le spalle
all’intricato groviglio vegetale che avevano intorno.
La pianta incrociò le braccia davanti a sé,
celando per un attimo il proprio viso, dopodiché le
riaprì di colpo con un grido battagliero e
scagliò una pioggia di petali rossi verso i due avversari e
al contempo li attaccò dal basso con i suoi rami
più sottili. Il Burattinaio Mascherato serrò le
labbra e compreso che era ormai tardi per creare uno scudo che li
proteggesse entrambi, decise di rischiare con ciò che stava
preparando fino a un attimo prima. Nel momento stesso in cui un
viticcio si legò alla sua caviglia, la piuma che stava
sospesa sopra il Lexicon si mosse veloce come il vento, apportando una
firma sulla pagina esposta, confermando il termine del lavoro e
l’inizio del contrattacco.
Rapidi come un battito di ciglia, dal terreno emersero nuovi e robusti
rami spinosi, perfettamente identici a quelli della rosa scarlatta, ma
di origine completamente differente. Essi si posero a difesa dei due
Ritornanti e si lanciarono attorno alle loro controparti,
allontanandole e strozzandole nelle loro spire.
-Questo è impossibile!- sputò Scarlet per poi
stringere i denti, sentendo chiaramente la stretta sui suoi numerosi
arti.
-Invece è possibile.- replicò calmo Zexion,
fissandola da dietro il lungo ciuffo. -Le mie illusioni sono molto
più potenti di un tempo, ora posso renderle reali.-
spiegò, incrociando le braccia sul petto per mascherarne il
movimento e stringendo la stoffa della maglia tra le dita.
-…ma davvero?- fece la rosa, esibendosi in un piccolo
ghigno. -E per quanto resisterai?- chiese divertita, poiché
per quanto il Burattinaio Mascherato tentasse di nascondersi, non le
erano sfuggiti né il tremore delle sue mani né il
rapido ritmo del suo respiro. -Sembra che ti stia costando parecchio
rendere reali le tue illusioni.-
-Non dovrà farlo per molto.- intervenne Lexaeus, con voce
atona, prima di ruotare il Tomahawk per spazzare via tutti rami che
incrociava al suo passaggio.
-Tu da solo pensi di riuscire a fermare il mio attacco? Illuso!-
gridò la rossa, scagliando un’altra pioggia di
petali in direzione del numero VI.
All’improvviso, però, dal terreno emerse
un’enorme carta da gioco, che incassò
l’attacco al posto del Ritornante dai capelli grigio-azzurri,
svanendo subito dopo. Allo stesso tempo, si aprirono con violenza due
varchi tra le mura di rovi, uno di fronte all’altro, ai lati
dei tre presenti.
-Lui da solo magari no, ma…- esordì il Tiratore
Libero, picchiandosi la spalla con la propria pistola.
-…che ne dici se ci proviamo in tre?- concluse Saix con voce
roca, perfettamente lucido nonostante si trovasse ancora nello status
Berserk.
La rosa assottigliò lo sguardo, passandolo da un avversario
all’altro, ed emise un basso ringhio quando vide comparire il
Superiore alle spalle di Xigbar.
-Facciamo in quattro.- sentenziò Xemnas, puntando gli occhi
d’ambra in quelli azzurri della pianta. -Direi che è
venuto il momento di estirparti come la gramigna che sei.- aggiunse,
avanzando e impugnando la coppia di spade dalla lama rossa per poi
unirle tramite l’elsa cilindrica, finalmente pronto
all’ultimo round.
E questo è
quanto!
Non è ancora
chiaro quale sia
il mondo in cui sono finiti i nostri eroi e temo che sarà
sconosciuto alla maggior parte di voi. Comunque, al prossimo
aggiornamento sarà tutto spiegato nei minimi dettagli!
Nel frattempo, al
Castello Disney la
battaglia con Scarlet comincia e prosegue e qui vorrei spendere due
parole sui Ritornanti e in particolare su Zexion e il potere che gli ho
dato. Tramite il web (perché io non ho mai giocato a 358/2
Days)
ho scoperto con mia somma scioccata sorpresa che Zexion, il famoso
Burattinaio Mascherato, originariamente usava il Lexicon come arma
impropria, quindi ho deciso di fargli fare un power up che ho
già testato in parte con l'altra long-fic che sto scrivendo
su
KH: disegnando sul suo libro, Zexion è in grado di creare
delle
illusioni per confondere l'avversario, in più qui
è
capace di renderle reali anche se con un grande dispendio di energia.
Per quanto riguarda gli
altri
Ritornanti ho dovuto fare dei tagli strategici: Larxene e Vexen sono
fuori gioco; Xigbar ha già ampiamente mostrato i suoi poteri
negli ultimi capitoli dello Sclero; Lexaeus si farà valere
molto
presto; Saix avrà un maggiore controllo sullo
status
Berserk e Xemnas per ora ha fatto vedere di poter unire le sue spade
per farne una sola molto più faiga.
Spero che nonostante
tutto il capitolo vi sia piaciuto e che non vi abbia annoiati. Passiamo
al prossimo punto.
Innanzitutto, ringrazio Kree_39 per aver messo la fic in tutto
l'inseribile! Grazie mille per questo tripudio di apprezzamento *^*
Ringrazio EternalSunrise (ciao vanny
ù.ù), jessy87 e Kaigi per aver messo la fic tra le
preferite; poi ringrazio claudiob, Destyno e Kaigi per averla messa tra le
seguite. Ovviamente un grazie grande grande va anche a chi legge
soltanto :3
Ora, non mi resta che
salutarvi. Ci vediamo al prossimo aggiornamento!
See ya!
|
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Capitolo 7 *** Capitolo VII: Doppia congiunzione ***
Salve a tutti! ...da
quant'è che non aggiorno? Agosto dell'anno scorso! Eh...
eh... *crolla in ginocchio* Vi prego non uccidetemi
çWç Purtroppo sono caduta nel solito tranello
dell'ispirazione che va e viene quando e dove vuole... Infatti, come
avrete notato, anziché aggiornare qui ho scritto tantissime
altre cose. E l'università non ha aiutato. Decisamente no.
Sono una brutta persona, lo so çWç
Quindi... scusatemi. Non
vi faccio promesse che potrei non mantenere, quindi non vi prometto che
il prossimo capitolo arriverà presto, anche
perché ho altre fic su cui lavorare. Tuttavia, mi
impegnerò a continuare, quello sicuramente perché
le mie storie non restano incomplete. Giammai.
Ringraziamenti vari li
rimando a fondo pagina per oggi insieme ad altre cose
ù.ù Tranne uno, che va per forza qui: grazie a Frenzi perché sì x3
Detto questo, vi auguro
una buona lettura!
Capitolo VII: Doppia congiunzione
Tutto si erano aspettati tranne una traversata in traghetto. Nonostante
l’incontro turbolento, quella specie di soldati avevano agito
sì con fermezza, ma anche con calma, guidandoli tra le
strade della cittadina fino al molo dove si erano imbarcati. Li avevano
fatti salire in fila indiana e poi fatti disporre in quattro punti
diversi e ben distanti l’uno dall’altro, quindi
erano partiti.
Fu dopo pochi minuti che Jessie iniziò a risentire del
leggero rollio del battello, che la costrinse a piegarsi in avanti con
le mani premute sullo stomaco. Normalmente un viaggio simile non
l’avrebbe disturbata, ma nel buio di quella cecità
a cui ancora doveva abituarsi, le sembrava di trovarsi in balia del
mare in tempesta su un guscio di noce pronto a ribaltarsi. Tutto
questo, unito alla presenza del bambino, le provocò una
forte ondata di nausea, che minacciava di farla rimettere da un momento
all’altro.
A nessuno dei suoi compagni fu concesso di avvicinarsi per tentare di
aiutarla in qualche modo, solo Riku osò alzarsi in piedi,
fissando con rabbia il soldato che gli stava di fronte e che lo teneva
continuamente sotto tiro. A nulla valsero le sue parole, grida e
suppliche, l’unica risposta che ricevette fu di avere
pazienza, perché presto sarebbero sbarcati. La custode del
Tramonto non poté fare altro che sopportare in silenzio il
proprio malessere e pregare che almeno l’Emissario non la
disturbasse con la visione di un ricordo doloroso. Si chiuse ancora di
più su se stessa, sottraendosi alla mano che le si era
posata sulla spalla e senza rispondere allo sconosciuto che voleva
darle qualcosa da bere.
Adrian
Von Ziegler - World Music - Bone Temple
Quando finalmente rimise i piedi sulla terraferma Jessie
crollò sulle proprie ginocchia, sorda al resto del mondo,
con il fiato corto e le braccia tremanti, che le reggevano a malapena
il busto. Passarono cinque lunghi minuti, infine il suo respiro
tornò normale e l’agitarsi del suo stomaco si
placò, concedendole un sospiro di sollievo. Si mosse per
tornare in piedi, ma due uomini la precedettero, prendendola dalle
braccia e sollevandola con attenzione, quindi la guidarono verso la
prossima tappa, tenendola stretta per evitare che cadesse. Non si
oppose a quel trattamento, anzi ne approfittò per studiare i
dintorni con l’udito. Davanti a lei si stagliavano le luci
dei suoi amici e quelle dei loro accompagnatori, muovendosi in sincrono
con i loro passi, che sembravano rimbombare sulle pareti
dell’ambiente circostante. Sembrava tutto tranquillo, non
sentì rumori strani o qualcosa che indicasse la presenza di
altre persone, solo dopo aver preso un rapido ascensore
cominciò ad avvertire e “vedere” gli
altri abitanti di quel luogo. Scorse tantissime luci, alcune grandi e
altre più piccole, di colori e intensità diverse,
ma capì immediatamente che dovevano appartenere a soggetti
speciali, simili ai custodi del keyblade. Erano sparse un po’
dappertutto, la maggior parte lontane dal percorso che stavano
seguendo, mentre un gruppo, in cui spiccava un trio luci ancora
più particolare delle altre, pareva essere proprio la loro
meta.
Gli altri tre custodi, invece, osservarono con stupore misto a
curiosità quell’enorme struttura di cemento grigio
incredibilmente alta, su cui risaltava quella che doveva trattarsi di
una rampa di lancio, attorniata da cerchi di energia azzurra, e di cui
notarono subito l’imponente muro crollato per più
di metà, che un tempo sembrava servire a dividerla in due.
Tutto questo, però, passò in secondo piano,
quando si videro ammanettare gli avambracci.
-Ehi!- protestò Sora, sollevando i polsi per esaminare i
lunghi bracciali neri. -Che significa questo?!-
-Anche se è stato il Comandante a ordinarmi di portarvi qui
alla base, preferisco prendere delle precauzioni.- spiegò
con gelida calma il capo della truppa. -Di voi non mi fido. Ora
andiamo.- ordinò, per poi farli incamminare in fila indiana
con un soldato a separarli l’uno dall’altro.
Riku ebbe l’ennesimo déjà vu di quando
erano stati ad Amestris, ma accettò
quell’imposizione, sollevato che alla sua compagna non fosse
toccato lo stesso trattamento. Ben presto si ritrovarono a percorrere
gli ampi corridoi di quell’edificio, che a ogni stanza in cui
gli capitava di gettare uno sguardo gli sembrava sempre di
più una scuola. Ne vide i banchi sistemati a scaloni, ma non
gli studenti che avrebbero dovuto occuparli. Si chiese se quella non
fosse un’accademia militare, ma non si azzardò a
fare domande al loro severo sequestratore, che gli stava proprio
davanti.
La principessa della Luce continuava, invece, a guardare alle proprie
spalle, preoccupata per le condizioni dell’amica, che
lentamente stava riprendendo colore in viso. A un tratto, la vide farsi
attenta e scrutare tutt’attorno con gli occhi schiusi, come
se fosse attratta da qualcosa, ma non poteva chiederle nulla. In
più, non avrebbe avuto senso poiché erano giunti
di fronte a una porta di metallo, che attutiva leggermente un brusio di
voci.
Con un sottile fruscio, le ante scorsero lateralmente, aprendosi ai
nuovi arrivati, che avanzarono sotto gli sguardi incuriositi dei
presenti all’interno di quella che aveva tutta
l’aria di essere una sala di comando.
Il custode del Giorno fece scorrere gli occhi azzurri su tutte le
persone che aveva davanti, ragazzi per la maggior parte, forse suoi
coetanei o poco più giovani di lui, distribuiti tra maschie
e femmine, ognuno a una diversa postazione di controllo, ma a
differenza di ciò che pensava, queste si trovavano
più in basso rispetto a loro e sostenute da colonne lunghe
decine di metri, che svanivano nel fondo buio della stanza. Di fronte a
lui e ai suoi compagni e alla loro scorta, infatti, si trovava la
postazione centrale occupata da quattro persone. Le prime due, ai lati
della struttura, erano un uomo e una donna: il primo, vestito come un
soldato, esattamente come il ragazzo che li aveva portati fin
laggiù, con in aggiunta un berretto nero sui corti capelli
castani, li stava fissando con occhi gelidi, come se li stesse
studiando per capire come distruggerli in caso di bisogno ma fu
soprattutto la sua mascella squadrata a catturare
l’attenzione dei tre keybladers, perché sembrava
fatta di metallo; la seconda, invece, vestita con una lunga camicia
bianca e giacca e gonna blu, dalla forma simile alla coda di una
sirena, e le mani congiunte sul petto, li guardava con timore da dietro
le lenti tonde degli occhiali. Tuttavia, i due personaggi nel mezzo
erano forse ancora più curiosi. La prima, alla loro destra,
sembrava una ragazzina: elegantemente vestita, li osservava dalla
poltrona su cui era seduta, con espressione neutra e le braccia
incrociate, che non le impedivano di giocherellare con una ciocca dei
suoi lunghissimi capelli color lillà su cui era posato un
cappellino nero. Al suo fianco, c’era un uomo alto e
slanciato, con una benda nera sull’occhio destro,
attraversato da una cicatrice che dalla fronte si portava fin sotto la
guancia, e i capelli castano scuro che si posavano sulle spalline della
lunga giacca viola, bordata con un motivo dorato e stretta da una corda
verde in vita. Lo sguardo del suo unico occhio visibile, seppur celato
da alcune ciocche della frangia, ebbe il potere di far mettere in
guardia i tre ragazzi, perché era talmente intenso da farli
sentire deboli e indifesi come poveri cuccioli spauriti.
-Cayenne, quelle manette non sono necessarie.- disse con
autorità la ragazzina, alzandosi in piedi. -Gli ordini
dicevano solo di condurli qui, non di trattarli da prigionieri.-
Il ragazzo armato di fucile mitragliatore scattò
sull’attenti, facendo ondeggiare la giacca che teneva sulle
spalle. -Le mie scuse Presidentessa, ma ho preferito non correre rischi
dopo che il loro compagno è fuggito attraverso una specie di
varco dimensionale.-
Lei inarcò un sopracciglio, mostrando una lieve
curiosità, poi rivolse un’occhiata veloce
all’uomo che aveva accanto senza però ottenere
risposte o indicazioni. -Non c’è pericolo,
Cayenne, quindi rimuovi le manette.-
In breve, i tre stranieri furono liberati dai loro vincoli e poterono
ricongiungersi con la loro silenziosa compagna, che nemmeno per un
momento aveva smesso di puntare le iridi opache sull’uomo con
la giacca viola.
-Possiamo sapere dove ci troviamo e perché?-
domandò Sora, fissando gli occhi rossi della ragazzina che
pareva essere al comando.
-Vi chiedo scusa per il trattamento che avete ricevuto, come ho
già detto, dovevate solo essere condotti qui alla Neo-DEAVA,
ma come al solito, Cayenne è sempre molto zelante quando si
tratta di eseguire gli ordini.- spiegò lei. -Io sono la
Presidentessa Crea Dorosera, mentre l’uomo al mio fianco
è il Comandante Zen Fudo, lui mi ha detto di trovarvi.-
proseguì, indicando con un cenno della mano la persona al
suo fianco.
-E così, voi siete i nuovi custodi del keyblade,
l’arma leggendaria, la più potente di tutte.-
esordì l’uomo, mostrando un sorriso
inaspettatamente soddisfatto di fronte allo smarrimento dei loro
ospiti. -Benvenuti.-
***
NieR Soundtrack - The Dark
Colossus Destroys All
La rosa fissò con puro odio i tre nuovi arrivati, mentre
tentava di liberare i propri rami da quelli fasulli creati dal
Burattinaio Mascherato, che subdolamente si era infiltrato tra le sue
spire. Puntò su di lui gli occhi celesti, continuando a
forzare la presa sulle sue illusioni e con difficoltà
riuscì a trattenere la sua soddisfazione nel sentire che il
Ritornante non era riuscito a intrappolarla completamente. Lei ormai
era penetrata in tutto il giardino, le sue radici più
sottili e lontane erano libere. Le richiamò in fretta a
sé, giocando alla stessa maniera del suo avversario,
imitando i movimenti che aveva compiuto lui, però aveva
bisogno di tempo e i suoi quattro avversari non sembravano intenzionati
a dargliene.
-Potete provarci anche tutti insieme, ma prima dovrete prendermi.-
ghignò, scavando velocemente nel terreno sotto di
sé, poi, sforzandosi, mosse i suoi rami più
grossi, ponendoli a difesa del suo corpo di carne.
-Tu non vai da nessuna parte!- sentenziò Xigbar, lanciando
cinque dadi verso la pianta per poi spararle con la propria pistola.
L’esplosione dei dadi generò una potente onda
d’urto che costrinse il Numero VI a indietreggiare di un paio
di passi, mentre la pianta gridava la sua sofferenza per la perdita di
alcune ampie compagini e per i danni subiti da altre. Nonostante questo
continuò il lavoro per aprirsi una via di fuga senza perdere
un istante. Quando però un’incandescente lama
rossa le passò accanto, tagliandole via la mano destra,
precedentemente ustionata, urlò di dolore e rabbia.
-Mi spiace, ma come ha detto il mio compagno, tu non vai da nessuna
parte.- dichiarò Xemnas, roteando la spada doppia davanti a
sé per liberarsi la strada dalla vegetazione.
Furente, Scarlet ringhiò e contro ogni aspettativa
tornò a spingersi in avanti, agguantando la maglia bianca
del Ritornante con l’unica mano rimastale per tirarlo verso
di sé e piantare i denti nella sottile pelle scura del
collo. Colto di sorpresa, Xemnas si lasciò sfuggire un grido
di dolore, ma non cedette e sollevò la propria arma per
affondarla nel grosso ramo che aveva accanto. La rosa sgranò
gli occhi chiari e indietreggiò con un urlo, inorridendo
l’attimo dopo: la Claymore di Saix si abbatté su
di lei, strappandole ciò che restava dell’arto
destro. Il dolore che le attraversò l’intero corpo
la fece fremere e la lasciò senza fiato, ma non indifesa. I
suoi rami più sottili le avevano risposto e si erano
arrampicati lungo le gambe dei suoi due avversari: rapidi come serpenti
avvolsero le loro spire attorno ai loro arti, preparandosi a cibarsi
della luce che pulsava sotto la loro pelle.
A quel punto, Xigbar corse in avanti, lanciando quattro carte con la
mano libera e sparando con la propria pistola, mentre gridava ai
compagni di spostarsi. Il numero VII indietreggiò
immediatamente, strappandosi di dosso i viticci rimasti, mentre il
Superiore faceva lo stesso con la sua spada rossa, per poi alzarla
ancora una volta sopra la testa della rosa per infliggerle il colpo
finale.
All’improvviso, però, Zexion crollò in
ginocchio, reggendosi al terreno con una mano, mentre
l’altra, tremante, era aperta sopra il Lexicon, per non
interromperne l’operato. Ansante, il numero VI non distolse
mai lo sguardo dal combattimento, sforzandosi di mantenere la
concentrazione che stava scivolando via, come sabbia al vento. I rami
illusori che aveva attorno, infatti, si accasciarono insieme a lui e
scomparvero un poco alla volta, esattamente come molti altri che invece
si trovavano nel sottosuolo.
-L-Lexaeus…- chiamò, attirando su di
sé lo sguardo dell’alto compagno. -Prova adesso,
sbrigati…-
Il castano annuì, posando il Tomahawk sul suolo e chiudendo
gli occhi per richiamare il proprio potere e prendere il controllo
sull’elemento, che la rosa rossa gli aveva proibito.
-No!- urlò Scarlet, liberandosi sempre più
facilmente dalla presa che il Burattinaio Mascherato aveva sui suoi
arti vegetali. -Non vi permetterò di fermarmi!- aggiunse,
celandosi fra i suoi rami spinosi per poi farsi sollevare,
così da guardare dall’alto i suoi cinque avversari.
Nel frattempo, un gruppo di quattro viticci si era accalcato sul
moncherino che le era rimasto al lato destro del corpo, coprendolo al
meglio per fermare l’emorragia. Emise un sibilo acuto per poi
gridare quando la punta di un suo ramo le penetrò nella
carne lacerata per tirare fuori subito dopo un braccio nuovo e sano.
Aprì e chiuse le dita della sua nuova mano destra, quindi
Scarlet puntò gli occhi chiari in basso, fulminando i suoi
avversari, che ricambiarono l’occhiata senza remore.
Ignorando il proprio affanno, per quanto lieve, la rosa rossa
spalancò gli arti superiori per poi abbassarli in direzione
del terreno e scatenando il proprio inferno. I rami più
sottili schizzarono in superficie dal sottosuolo e dal cielo piovvero
petali scarlatti, affilati come lame. E alla vista dei Ritornanti che
scattavano da una parte all’altra come topolini impazziti
chiusi in una scatola, la donna-fiore rise sguaiatamente.
Quando, però, un proiettile le attraversò la
schiena, uscendo dal centro esatto del petto, la rosa si
ritrovò ancora una volta priva del respiro e con gli occhi
sgranati, pieni di incredulità. Tossendo, si girò
per trovarsi faccia a faccia con il Tiratore Libero, che sospeso a
testa in giù e con la metà inferiore del corpo
nascosta in un varco luminoso, le rivolgeva un ghigno sfacciato.
-Credo che tu abbia sbagliato a fare i conti, fiorellino.- disse
Xigbar, sparando un altro dardo.
Con un ringhio soffocato, Scarlet fece per muoversi e schivare
l’attacco, ma si scoprì incapace di farlo. Il
proiettile rosso le trapassò la spalla appena rigenerata e
nello stesso momento, si rese conto di non avere più il
controllo della maggior parte delle sue appendici. Il silenzioso
possessore del Tomahawk aveva ripreso il comando su gran parte del
giardino, dove si annidavano i suoi viticci più piccoli.
-Maledetti!- sputò, gli occhi larghi e la pupilla ridotta a
un puntino nero in mezzo all’iride. -Male- Ah!-
gridò poi, interrompendosi e guardando in basso dove Saix e
Lexaeus stavano distruggendo i suoi rami, ora incapaci di rispondere
agli attacchi, uno dopo l’altro.
-È finita.- dichiarò una voce calma alle sue
spalle, che la fece voltare di nuovo.
Il capo dei Ritornanti era lì davanti a lei, immobile,
sospeso in aria da un intricato gruppo di saette bianche, che svanivano
e ricomparivano in pochi secondi. L’attimo dopo,
però, il Superiore era scomparso e quelle candide strali si
erano allungate per percorrere la distanza che le separava dal numero
II. E fu proprio lì che l’uomo dagli occhi color
ambra si palesò, con la mano stretta sull’elsa
metallica delle due spade rosse, ancora unite.
Scarlet, con il fiato corto e i lunghi capelli scarmigliati,
fissò Xemnas e ciò che lo circondava con
bramosia. Luce. Ce n’era talmente tanta che avrebbe potuto
riprendere il controllo di ogni parte del suo corpo, e sentiva che
doveva essere così pura che probabilmente non ne sarebbe mai
stata sazia. Deglutì a vuoto. La desiderava ardentemente,
tutta per sé.
Un nuovo attacco del Tiratore Libero però la distrasse e la
costrinse a proteggersi con i rami più grossi e resistenti.
L’esplosione dei dadi produsse una fitta nube di fumo scuro e
il numero I con le sue saette bianche scomparvero dalla sua vista.
Messa alle strette, la donna-fiore non aveva trovato altra soluzione se
non nutrirsi. Si guardò attorno e si girò, mentre
avvertiva la propria forza scemare sempre di più. Un fruscio
alle sue spalle richiamò la sua attenzione, ma fu troppo
lenta. L’unica cosa che vide fu la lama rossa di Xemnas che
le passava diagonalmente davanti agli occhi chiari per aprirle una
ferita profonda dalla spalla sinistra al fianco opposto. Allo stesso
tempo, Xigbar le sparò alla schiena, lasciandola senza fiato
ancora una volta.
Scarlet tossì, sporcandosi il mento di sangue, che
andò a mescolarsi con quello versato dalla lama rossa e dal
foro lasciato dal proiettile che le aveva trapassato il petto poco
prima. Un sorriso amaro le incurvò le labbra sottili, ma
ancora non si dichiarava sconfitta.
Con i pensieri che si spegnevano uno dietro l’altro, come
petali che cadevano dalla corolla di un fiore appassito, Scarlet
reagì puramente d’istinto, comportandosi come sua
sorella Sophia, che aveva tentato di vendicarsi della persona che le
stava strappando la vita. E Scarlet ci riuscì,
perché poco prima che la sua mente si spegnesse del tutto,
uno dei suoi rami si era arrampicato su una bianca saetta come un
infido serpente e si era nutrito della sua luce, fino ad arrivare al
corpo di Xemnas.
***
A quelle parole, i quattro custodi gelarono sul posto, sgranando gli
occhi. Tutt’intorno a loro, invece, il resto dei presenti
s’incuriosì e si fece più attento al
discorso portato avanti dal loro Comandante.
-Come fai a sapere dei keyblade?- domandò Riku, puntando le
iridi acquamarina nell’unica visibile di Fudo.
-Quella dei custodi è una storia molto antica, come quella
dei mondi stessi, che è stata dimenticata, ma non da tutti.-
rispose lui, compiendo qualche passo senza che nessuno dei keybladers
lo perdesse di vista.
Nemmeno Jessie riuscì a staccargli gli occhi ciechi di
dosso, perché la sua luce era diversa da tutte le altre.
Proprio come era accaduto con Yen Sid, la ragazza scorse qualcosa di
totalmente inatteso: una nube luminosa e calda come i raggi del sole,
che vorticava lentamente su se stessa, espandendosi qua e
là. Oltre all’aspetto, curiose erano anche le
sensazioni che provocava, le parve di essere in presenza di
un’entità saggia e antica, forse quanto
l’universo stesso, che la fece sentire piccola e
insignificante, come se fosse al cospetto di un enorme gigante. Fu
quella strana vista a spingerla a muoversi verso il loro leader per
comunicargli le sue impressioni. Allungò un braccio in
direzione della luce di Sora, attirando la sua attenzione con un tocco
delle dita sulla schiena.
Il ragazzo reagì immediatamente, indietreggiando
finché non sentì l’intero palmo
dell’amica tra le scapole, senza mai voltarsi indietro.
-Dimmi tutto.- bisbigliò, muovendo al minimo le labbra.
-Non sembra avere cattive intenzioni, però è
meglio stare attenti.- mormorò Jessie, abbassando lo
sguardo. -La sua luce… è diversa dalle altre,
somiglia molto a ciò che ho visto dal Maestro, ma non mi
convince.-
Il castano assentì a labbra chiuse, avanzando di nuovo.
-Ripeto la mia domanda: perché ci troviamo qui?-
Zen Fudo si fermò a pochi passi dai quattro giovani e li
osservò tutti con un’espressione indecifrabile.
-Perché questo sarà il vostro ultimo baluardo
luminoso prima della battaglia conclusiva, ma vedo che manca un custode
all’appello: ci sono cinque chiavi e quattro prescelti. La
sesta chiave non è con voi?-
-Il nostro compagno è al sicuro.- ribatté Jessie
dopo qualche istante di silenzio, puntando di nuovo gli occhi ciechi
sul Comandante. -Come fai a sapere che ci sono cinque keyblade?-
L’uomo si limitò a sollevare il braccio destro e a
ruotarne la mano, in cui comparve la carta dell’asso di
picche. -Perché l’oscurità del tuo
braccio sinistro è chiaramente visibile, esattamente come la
luce fiammeggiante del destro.- spiegò, facendo comparire
anche l’asso di cuori. -Perché sei tu
l’erede delle chiavi oscure.-
Di fronte a quell’affermazione, decisa e imperativa, che non
poteva in alcun modo essere controbattuta, i guerrieri della Luce si
fecero ancora più all’erta. Kairi
osservò con attenzione i ragazzi presenti, notando con
facilità le loro occhiate dubbiose e intimorite, tra cui
quelle della donna vestita di blu e del soldato, che si scambiarono uno
sguardo preoccupato, per poi rivolgersi alla Presidentessa, che al
contrario, non aveva fatto una piega.
Anche Sora non mancò di osservare le reazioni della platea e
fece di nuovo un passo indietro, ponendosi di fronte alla custode del
Tramonto, mentre Riku faceva lo stesso al suo fianco. -Continuo a non
comprendere il motivo della nostra presenza qui.- riprese, distogliendo
l’attenzione dall’amica. -Noi ci troviamo qui
perché abbiamo rilevato la presenza
dell’Oscurità, se così non fosse stato,
avremmo proseguito verso la nostra meta finale. Che cosa volete da
noi?- domandò infine.
Fudo fece sparire le carte esattamente com’erano apparse, ma
quando riaprì la mano comparve una pallina blu tenuta tra
l’indice e il medio. -Il compito dei custodi del keyblade
è quello di sigillare la Serratura che conduce al cuore del
mondo. Nel nostro caso, però, i mondi sono due.- disse,
chiudendo la mano a pugno per poi riaprirla e mostrare una pallina
rossa tra il medio e l’anulare. -Quindi le Serrature sono
due. Voi siete qui, perché solo grazie a noi potete sperare
di raggiungere la seconda Serratura.-
-Spiegati meglio.- intervenne Riku, guadagnandosi
un’occhiataccia da Cayenne e dall’altro soldato.
-In che rapporti siete con questo secondo mondo?-
-Il nostro mondo è in guerra con Altair, vicino ma
irraggiungibile, perché situato in una dimensione diversa da
quella in cui ci troviamo.- spiegò la Presidentessa. -Il
nostro nemico è in grado di raggiungerci tramite dei varchi
dimensionali, che noi non siamo in grado di aprire, e quando giungono
qui rapiscono le persone sfruttando delle creature chiamate Bestie
Mietitrici. La Neo-DEAVA si oppone a questa invasione.-
-Un’altra guerra…- mormorò Jessie.
-Questo però non vi riguarda.- sentenziò Fudo.
-Ma Comandante!- esclamò il soldato con impeto, avanzando di
un passo. -Se sono davvero in possesso di un’arma
così potente, non dovremmo-
-Donar.- chiamò Crea con voce ferma, fissandolo con gli
occhi rossi. -Loro non possono aiutarci nella nostra battaglia.-
-Come sarebbe a dire?- replicò l’uomo, interdetto.
-I prescelti del keyblade devono vigilare sull’ordine dei
mondi, impedendo che l’equilibrio tra Luce e
Oscurità venga spezzato, ma non devono in alcun modo
interferire con la loro storia.- rispose Zen Fudo. -Loro sono dei
guardiani che vanno e vengono, normalmente nessuno è a
conoscenza del loro passaggio.-
-Tu invece lo sapevi molto bene.- s’intromise Jessie. -Come
facevi a saperlo? Non abbiamo ancora usato i keyblade, da quando siamo
arrivati.-
Il Comandante sorrise, mostrando una nuova carta nella propria mano: un
jolly nero. -Vi ho notati, come ho notato la presenza e la natura delle
cinque chiavi. Anche tu hai visto qualcosa d’interessante
entrando qui, o mi sbaglio, custode del Tramonto?- chiese, allargando
appena le dita per rivelare la presenza di un jolly rosso dietro il
primo.
All’improvviso, un allarme cominciò a suonare
all’impazzata e l’intera sala parve risvegliarsi da
quella sorta di stasi in cui era caduta a causa della tensione portata
dalla discussione.
-Siamo sotto attacco!- urlò una ragazza con gli occhiali e
una lunga treccia bionda. -Rivelata la presenza di entità
sconosciute nel territorio della Neo-DEAVA!- aggiunse, muovendo
rapidamente le dita sulla tastiera che aveva davanti. -Ecco le immagini
del- Oh mio…- si zittì, quando vide le creature
che avevano invaso il cortile interno della base.
-Cosa diavolo sono quelle cose?- domandò un ragazzo,
sistemandosi il berretto che aveva in testa.
-Heartless.- rispose Sora, guardando il grande monitor alla sua
sinistra, che stava mostrando l’ampio giardino da cui erano
passati al loro arrivo ora pullulante di Heartless di tipo Neo Shadow,
Soldato e Soldato Aereo. -Quanti sono?-
-Rilevo cento unità… ma continuano ad aumentare!-
rispose la stessa ragazza di prima. -Comandante! I Vector possono-
-No.- la interruppe Riku. -Voi non potete combattere gli Heartless, ce
ne occuperemo noi.-
Alle sue spalle, Cayenne quasi ringhiò. -Come ti permetti,
tu-
-Ma sono troppi! Come pensate- protestò allo stesso tempo la
bionda.
-MIX, Cayenne, calmatevi.- intervenne la Presidentessa, rivolgendosi ai
due ragazzi. -Ha ragione, solo loro possono combattere queste
creature.- disse con tono neutro. -Seguite il corridoio da cui siete
arrivati e raggiungerete il cortile. Noi ci occuperemo di richiamare in
questa zona della base tutti gli Element.-
Senza perdere tempo a scoprire cosa fossero Vector ed Element, Sora
annuì per poi guardare i suoi tre compagni, concentrandosi
su uno in particolare. -Jessie, io credo che tu debba restare qui.-
La castana concordò con un sospiro. -Temo che tu abbia
ragione… L’idea di restare indietro mi secca,
terribilmente, ma mi rendo conto di non essere ancora
pronta…- commentò, stringendo la mano destra
lungo il fianco. -Vi sarei solamente d’impiccio.-
-Non preoccuparti, tu resta qui e aspettaci.- disse Kairi.
-Torneremo prima di quanto pensi.- aggiunse l’argenteo,
lasciandole un bacio sulla guancia. -Possiamo fidarci a lasciarla nelle
vostre mani?- chiese con tono grave, fissando duramente le persone che
aveva di fronte.
-Non devi temere nulla, la vostra compagna sarà al sicuro
qui con noi. Non le accadrà nulla di male.-
assicurò la Presidentessa.
-State attenti…- mormorò Jessie, seguendo il
rumore dei loro passi che svaniva oltre la porta insieme alla luce dei
loro cuori, che si allontanò sempre di più fino a
sparire nel buio della sua cecità.
Eccoci qua di nuovo.
Capitolo forse un po' più corto degli altri, ma spero che vi
sia piaciuto ugualmente :3
Parliamo prima della questione più veloce: la fine dello
scontro con Scarlet. La rosa è stata finalmente sconfitta,
ma non tutti i Ritornanti ne sono usciti indenni. Inaspettatamente,
questa è stata la parte più difficile da
scrivere. Il resto del capitolo è venuto abbastanza
velocemente, mentre con il combattimento ho avuto davvero molte
difficoltà, non so nemmeno io perché e proprio
per questo non mi convince fino alla fine. A voi lettori il giudizio
finale, come sempre.
Poi, il mondo in cui sono atterrati i nostri eroi è preso
dall'anime Aquarion
EVOL (per i dettagli sulla trama e sui personaggi vi rimando
a Santa Wikipedia, che sempre veglia su di noi) , che forse pochi di
voi conosceranno, ma forse qualcuno in più ha almeno sentito
parlare della serie precedente a questa: Sousei no
Aquarion (Santa Wikipedia vi guiderà verso la
conoscenza).
Ho scelto questo mondo per un motivo che ancora non posso svelarvi, ma
presto (?) sarà tutto più chiaro
ù.ù Spero comunque che la scelta vi sia piaciuta.
Inizialmente c'erano altri due anime in lista: Katekyo Hitman Reborn e
Fairy Tail, ma non li ho scelti per i seguenti motivi. Il primo
perché sarebbe stato ambientato ancora una volta su un'altra
versione della Terra, i personaggi importanti da tirare in ballo
sarebbero stati eccessivi e poi ci sarebbe stato un problema di
organizzazione e gestione delle descrizioni (chi conosce questo anime
sa che Gokudera Hayato ha occhi verdi e capelli argentei e non
è un personaggio che si può lasciare in disparte
xD e si sarebbe confuso con Riku, o comunque sarei caduta nel baratro
delle ripetizioni); il secondo invece mi intrigava molto,
però non andava bene con i progetti che ho in mente e poi
sarebbe stato un casino colossale xD
Ora, i ringraziamenti! Ringrazio aleex_ilmagnifico96,
Fireslot, Hikaru_Tsuki e pagos per aver messo
la storia tra le preferite; poi ringrazio Hikaru_Tsuki, milky98 e pagos per averla
inserita tra le seguite. Ovviamente ringrazio sempre e comunque anche
chi legge e commenta (qui e in altra sede) e anche chi legge soltanto.
Vi adoVo tutti quanti *3*
Al prossimo capitolo!
See ya!
|
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Capitolo 8 *** Capitolo VIII: Passi indietro ***
...un anno senza
aggiornare questa fic. Chiedo umilmente perdono strisciando al vostro
cospetto e non mi dilungo oltre ç^ç Ci vediamo
giù ç^ç
Buona lettura!
Capitolo VIII: Passi indietro
Kingdom Hearts Re: Chain of
Memories - Castle Oblivion
Stringendo al petto il libro dalla grigia copertina, la Regina tenne
gli occhi scuri puntati sul castello che aveva lasciato poche ore
prima. Dalla sicurezza della cittadella e dall’alto del suo
campanile, osservò ogni minuto di quella battaglia che
doveva essere terribile. Celando il proprio orrore e la propria paura
dietro un’espressione ferrea, vide il candore delle mura
ricoprirsi di verdi rami, grossi e piccoli, che da quella distanza le
parvero come i tentacoli di una gigantesca piovra.
All’iniziale silenzio, durato per lunghi minuti, erano
seguiti violenti rumori di deflagrazioni sparse qui e là per
l’ala sud del giardino, dove il seme di quel silenzioso
nemico aveva messo radici. Per tutto il tempo, Minnie pregò
Kingdom Hearts per la sorte dei Ritornanti, augurandosi che uscissero
sani e salvi dallo scontro.
Al suo fianco, con le mani giunte all’altezza del cuore,
Paperina osservava a sua volta, senza però riuscire a celare
il terrore e l’ansia per ciò che stava accadendo e
per le conseguenze che avrebbero potuto verificarsi. Cosa sarebbe
successo se uno di quei rami avesse scavalcato la cinta muraria e si
fosse allungato verso le case dei pacifici abitanti della
Città Disney? Se anche uno solo di quei rami spinosi fosse
sopravvissuto alla lotta, riuscendo poi a riformare le proprie radici,
quale catastrofe avrebbe colpito il loro mondo? Tutto questo la gettava
nel panico e pensare che il suo amato compagno era in viaggio ad
affrontare simili orrori non faceva altro che rendere ancora
più nefasti i suoi pensieri, che cominciarono ad affacciarsi
sui peggiori scenari possibili.
A un tratto, avvertirono un vociare concitato dai pochi abitanti del
castello che le avevano seguite fin lassù e quando si
voltarono, le due dame sgranarono gli occhi e trattennero il fiato. Un
luminoso varco s’era aperto sull’ampio terrazzo del
campanile dal tetto rosso, e ne uscì Larxene, quasi
ciondolante sulle gambe malferme e tremanti, il volto pallido schizzato
dello stesso sangue che ora inzuppava tutto il lato sinistro del suo
corpo, soprattutto la parte alta del braccio che non c’era
più. Nell’esatto momento in cui la donna
crollò, Merlino era già al suo fianco a
sorreggerla e aiutarla nell’appoggiarsi al pavimento, mentre
già gridava istruzioni per avere nel minor tempo possibile
ciò che gli serviva per prestare soccorso alla Ritornante.
Quando le palpebre calarono sui vitrei occhi della Ninfa Selvaggia,
segnalando il suo abbandono all’incoscienza, Minnie
avvertì una sensazione di calore crescente irradiare dal
libro che teneva tra le braccia. Sotto gli occhi confusi della sua
fedele dama di compagnia, la Regina si rigirò il volume tra
le mani e ne aprì la copertina. Prima che lei potesse
sfogliarne le pagine, però, esse presero a voltarsi da sole,
come spinte da un forte vento.
-M-Maestà cosa…?- balbettò Paperina,
fissando dapprima il libro per poi passare alla sovrana.
-Non ne ho idea, ma- la Regina s’interruppe quando finalmente
quel folle sfogliar di pagine si frenò, mostrandone una
vuota, che però lo fu per poco.
Rapidamente, lettere e parole d’inchiostro nero comparvero
nel centro del foglio.
.: La Caduta :.
L’ultima luce
infine cadrà
Schiacciata dal peso
dell’ombra alle sue spalle
E lo specchio ne
rifletterà il nero bagliore.
Il potere perduto
risorgerà
Guidato
dall’oscura mano della Notte.
Alba e Tramonto saranno
lontani,
Separati dai desideri
della Notte.
Il Fuoco
diverrà guardiano
E il fato silente si
eclisserà.
L’ultima
scelta sarà presto compiuta.
La Regina del Castello Disney lesse con attenzione quelle poche e
criptiche righe, mentre il libro delle profezie tornava freddo e
inanimato tra le sue mani inguantate di bianco. Analizzò
rapidamente ogni parola, ma per lei quelle strofe restavano enigmi per
lo più irrisolvibili. Forse i Ritornanti, o ancora meglio il
suo consorte e gli altri custodi, avrebbero potuto interpretarle e dar
loro un senso. Comprese, però, che quell’inattesa
rivelazione del futuro non era foriera di sviluppi sereni.
Rialzando lo sguardo scuro dal libro, Paperina lo puntò sul
viso della sua amata Regina. -Maestà, cosa può
significare tutto questo?-
La sovrana emise un breve sospiro, tornando a volgere lo sguardo sulla
Ninfa Selvaggia e il sangue che aveva imbrattato il pavimento e la
cerulea veste di Merlino, ora profondamente concentrato nella pronuncia
di un incantesimo di guarigione. Poi, una nuova serie di esplosioni
provenienti dal castello richiamò la sua attenzione.
-Credo che questo sia l’annuncio di qualcosa di
nefasto… E temo che questo sia solo il principio.-
mormorò, chinando il viso e tornando a pregare.
***
Kingdom Hearts Re: Chain of
Memories - Scent of Silence
Non appena aveva intuito ciò a cui puntava il ramo di
Scarlet, il Tiratore Libero svanì nel varco in cui era mezzo
celato per riapparire in un batter d’occhio alle spalle del
Superiore. Quando allungò le braccia per trascinare
l’altro Ritornante con sé, se lo vide spingere
contro da una presenza inattesa, che subì
l’attacco al posto della vittima designata.
Xemnas aveva capito immediatamente che per quanto veloce fosse, non
sarebbe mai riuscito a evitare di essere colpito, quindi si era mosso
per subire meno danni possibili, qualcun altro però, era
intervenuto prima che potesse muoversi. Osservò a occhi
sgranati una copia perfetta di se stesso che si frappose fra lui e
l’appendice della rosa rossa, per poi allontanarlo con una
forte spinta, facendogli perdere il controllo sulle bianche saette che
tanto avevano fatto gola alla loro avversaria. Stordito e privo di
equilibrio, lasciò la presa sull’elsa che univa le
sue spade e cominciò a cadere nel vuoto, finché
il respiro non lo abbandonò quando la sua schiena
impattò con forza contro il petto del numero II, comparso
dietro di lui.
Nel momento stesso in cui venne raggiunta all’addome dal ramo
spinoso, l’illusione di Zexion sbarrò gli occhi
d’ambra e spalancò la bocca in un urlo muto per
poi svanire gradualmente come un miraggio in pieno deserto, con essa si
spensero le saette del numero I e ciò che restava della
creatura di Marluxia collassò su se stessa, spargendo rami e
petali tutt’intorno a sé.
Xigbar tirò un lungo sospiro di sollievo, prima di
indietreggiare nel passaggio bianco e tornare con i piedi per terra.
-C’è mancato poco, vero capo?- disse, portando un
braccio dell’argenteo sulle proprie spalle per sorreggerlo.
Egli annuì, stanco. -Dov’è Zexion?-
-Laggiù.- rispose il Tiratore Libero, indicando con un cenno
alla propria sinistra e incamminandosi verso i compagni rimasti.
L’Eroe del Silenzio era in ginocchio accanto al collega,
sostenendolo per le spalle mentre con le dita della mano libera ne
cercava le pulsazioni sul collo. Il Burattinaio Mascherato era
incosciente, pallido e sudato, il respiro ridotto a un soffio
affaticato. Il Lexicon abbandonato accanto al suo padrone, su
ciò che restava del manto erboso, era aperto sulla pagina
che ospitava un disegno abbozzato di Xemnas e poche, brevi frasi
annotate accanto.
-Lexaeus…- esordì il Superiore, attirando gli
occhi azzurri dell’altro su di sé. -Portalo da
Merlino, spiega la situazione alla Regina e dille che per ora il
castello rimane inaccessibile. Occupati anche di Larxene e Vexen, non
appena si sarà ripreso, li affido a te.-
Il castano annuì e si eresse in tutta la propria altezza con
il compagno stretto al petto e il libro nero tenuto sotto il braccio
libero. Un passo e svanì in un varco luminoso che aveva
aperto con un semplice pensiero.
-Saix, ho un compito anche per te.- riprese il numero I e il Ritornante
con i capelli azzurri si fece avanti in un attimo, incurante della
stanchezza e delle ferite.
***
Final Fantasy VIII - Liberi
Fatali
Amata Sora sbatté le palpebre sugli occhi color magenta,
incredulo e intimorito non riusciva a spostare lo sguardo dallo schermo
della sala di comando, che mostrava ciò che stava accadendo
all'esterno. Il cortile interno della base dove aveva conosciuto Andy
ed era capitato quell'imbarazzante incidente con Mikono, ora brulicava
di strane e inquietanti creature nere, Heartless li aveva chiamati il
ragazzo castano. Essi infestavano il manto erboso come un branco di
formiche impazzite che non sapevano bene da dove cominciare la loro
opera di distruzione. Sembravano incerti se dirigersi verso l'interno
dell'edificio o restare fuori, ma quando comparvero i tre giovani che
il Comandante aveva chiamato custodi, le creature nere rivolsero loro
tutta l'attenzione di cui erano capaci. Drizzarono le antenne,
spalancarono le fauci e arcuarono le grinfie, esponendo gli artigli
affilati come coltelli. Gli occhi gialli che brillavano sui volti neri
come inquietanti stelle in un cielo buio e vuoto.
I ragazzi non arretrarono mai di un passo. Avanzarono dapprima
lentamente, parlando piano fra loro -cosa stessero dicendo Amata non lo
capì perché l'audio dello schermo era
disattivato- poi allungarono un braccio e tra le dita della mano si
materializzò l'arma leggendaria di cui il Comandante Fudo
aveva parlato prima: il keyblade. Infine, apparentemente privi di
paura, i tre corsero verso i loro avversari, ingaggiando una battaglia
violenta e senza esclusione di colpi, che fece rabbrividire lui e molti
dei suoi compagni Element. Quei ragazzi sembravano combattere senza
protezioni di qualche tipo, schivando con agili movimenti gli attacchi
nemici e difendendosi a vicenda dove possibile. A volte dalle loro armi
dalla curiosa forma a chiave, partivano sfere infuocate, fulmini e
raggi bluastri, sferrando attacchi a distanza di cui Amata non sapeva
spiegarsi l'origine. Se, invece, venivano colpiti da un artiglio o
altro, quei ragazzi incassavano, ignorando il sangue e il dolore e
continuavano a lottare.
Era così preso dalla battaglia che non sentì la
quarta custode chiedere se fosse possibile sentire quanto stava
succedendo fuori e sobbalzò all'udire la voce della
Presidentessa che chiedeva a MIX di attivare l'audio dello schermo; in
un attimo la sala di comando si colmò di rumori: ringhi e
borbottii misti allo scoppio di alcune deflagrazioni e alle grida dei
ragazzi, ormai divisi l'uno dall'altro. A quel punto, Amata si
voltò verso la loro ospite, seduta accanto alla
Presidentessa, e si stupì nel trovarla a capo chino con le
braccia dritte e le mani celate dalla postazione di comando,
probabilmente erano strette sulle sue gambe. Si chiese come mai non
stesse guardando la battaglia come loro -inoltre, doveva avere
sicuramente un impedimento di qualche tipo visto che i suoi stessi
compagni le avevano detto di restare lì e non unirsi allo
scontro. All’improvviso, però, gli Element
esplosero in un’esclamazione di viva sorpresa e stupore, che
lo costrinse a voltarsi di nuovo verso lo schermo, e anche lui rimase a
occhi sgranati. Accanto al custode dai capelli argentei ora
c’era una creatura interamente composta d’acqua e
dalle fattezze di volatile, che con un’incredibile apertura
alare indirizzava violenti onde contro gli avversari. Amata rimase
affascinato da quell’essere misterioso ed elegante e per
l’ennesima volta si fece domande sulla natura di questi
custodi del keyblade.
Al sentire il quieto verso di Omi, Jessie si rilassò e
tirò un inaspettato sospiro di sollievo. Non sapeva di
essere così tesa e preoccupata, finché non aveva
liberato il fiato e non aveva sentito il cuore farsi più
leggero. Non credeva che non poter osservare la battaglia dei suoi
compagni potesse gettarla in un simile stato di ansia.
Una mano inguantata e piccola si posò con gentilezza sul suo
pugno destro per richiamare la sua attenzione, quindi alzò
il viso e si girò per riflesso, gli occhi ciechi puntati
nella direzione da cui era giunto il gesto.
-Sta andando tutto bene.- mormorò Crea Dorosera, vedendo
l’espressione della giovane farsi più distesa. -I
tuoi compagni stanno bene.-
La castana annuì. -Ci sono ancora tanti Heartless?-
-Non molti credo.- rispose la Presidentessa. -MIX, quante
unità nemiche rilevi?-
La ragazza con gli occhiali sussultò alla domanda
improvvisa, ma si riprese in un attimo e scrutò lo schermo
che aveva davanti a sé. -Poco più di settanta
unità. A un certo punto hanno smesso di aumentare.-
-Ma che diavoleria è quella specie di uccello? È
fatto d’acqua?- chiese Andy, sistemandosi il berretto sulla
testa.
-Quella è Omi, la fenice d’acqua.- disse
semplicemente Jessie, attirando alcuni sguardi su di sé. -Se
va tutto bene ma Riku ha deciso di richiamarla, significa che vuole
chiudere lo scontro in fretta.-
-D’accordo, ma da dov’è uscita?!-
esclamò il ragazzo col berretto.
-Questo non è importante.- intervenne Fudo, fermo accanto
alla custode del Tramonto, con le braccia conserte. -Osservate!-
ordinò poi a gran voce, puntando l'indice destro verso lo
schermo. -Osservate il sentimento che unisce questi ragazzi! Osservate
l’unione del potere di tre singole frecce!-
A quelle parole, come se l’avessero udito, i guerrieri della
Luce impegnati a combattere si fermarono e alzarono le armi verso il
cielo, scagliando all’unisono un potente Thundaga che
liberò il cortile dalla maggior parte dei nemici e ne
stordì i rimanenti.
Gli Element parlottavano tra loro, commentando questa o
quell’altra azione compiuta dai custodi del keyblade nella
lotta finita poco prima. Dopo lo scatenarsi della magia del fulmine
erano bastati pochi minuti per portare lo scontro a una rapida
conclusione. L’allarme aveva smesso di suonare non appena
l’ultima presenza ostile era svanita dai sensori.
A un tratto, l’ultima keyblader rimasta si voltò
in direzione dell’ingresso della sala di comando e si
alzò in piedi, reggendosi con una mano alla postazione dopo
averla cercata a tentoni. I ragazzi si zittirono un po’ alla
volta, per poi girarsi a guardarla incuriositi, mentre avanzava con
passi incerti e traballanti fino a perdere il sostegno di solido
metallo, che la costrinse a procedere con le braccia in avanti appena
allargate per mantenere l’equilibrio. Solo in quel momento
gli Element, la donna vestita di blu e il soldato col berretto verde si
resero conto della sua cecità, ma ciò che li
stupì maggiormente fu il gesto successivo del Comandante
Fudo: l’uomo infatti si era accostato alla giovane e con
gentilezza le aveva preso la mano sinistra per guidarne il cammino
esitante.
Jessie sussultò quando il palmo inguantato strinse il suo,
ma non lo scostò, perché nonostante il mistero
che avvolgeva quella figura e la sua strana luce, la faceva sentire
sicura in qualche modo. Ricambiò la stretta e riprese a
camminare, lo sguardo opaco rivolto alle luci dei suoi compagni, sempre
più vicini. Poi udì i pannelli della porta
aprirsi e i passi degli amici risuonarono come i sordi rintocchi di un
orologio nel silenzio attonito della sala. Cercò di avanzare
più rapidamente che poté per raggiungerli,
finché Fudo non lasciò la sua mano
perché venisse raccolta insieme all’altra da due
palmi piccoli e gentili.
-Kairi.- riconobbe la castana, socchiudendo le palpebre. -Come state?
Siete feriti?-
La principessa della Luce scosse il capo, sorridendo
all’amica. -No, solo pochi graffi. Nulla di preoccupante.-
-Sei sicura? Posso curarvi lo stesso…- replicò
lei.
-Non è necessario.- intervenne Riku, portandole una ciocca
di capelli dietro l’orecchio. -Come ha detto Kairi, si tratta
solo di qualche graffio e un po’ di polvere sui vestiti.
Domani mattina saremo come nuovi.-
-D’accordo.- si arrese Jessie, rilassando le spalle tese
prima di lasciare la presa di Kairi e cercare la mano del compagno, che
intrecciò le loro dita. -Scusatemi, restare qui e non
potervi nemmeno vedere è stato… angosciante.-
-Posso immaginare.- asserì l’argenteo.
-Axel non c’è?- esordì Sora
all’improvviso, guardandosi in giro per un attimo. -Pensavo
che ormai ci avesse raggiunti a causa degli Heartless.-
-Non pensiamo subito al peggio.- disse Kairi. -Forse lui e gli altri
hanno preferito restare sulla nave?-
-Mmh…- mormorò il castano, incrociando le
braccia. -La cosa non mi convince…- sospirò, un
attimo prima che gli allarmi della sala di comando ricominciassero a
suonare come impazziti.
-Cosa? Un’altra volta?!- esclamò Andy, guardando
lo schermo olografico davanti a sé. -M-Ma questo-
s’interruppe voltandosi verso i suoi superiori. -Comandante!
Sta per aprirsi un varco dimensionale proprio qui dentro!-
Alla notizia, Fudo non mosse un muscolo e la Presidentessa si concesse
un breve e rapido movimento del sopracciglio, mentre la donna vestita
di blu e il soldato cadevano nel panico più totale,
interrogando le alte cariche sul da farsi e insistendo sul fatto di
dover evacuare la base.
-Non c’è alcun pericolo.- affermò il
Comandante Fudo, indicando un punto alle spalle dei custodi. -Fate bene
attenzione a ciò che vi accade intorno!- avvertì,
mentre un varco luminoso si apriva esattamente dove puntava il suo dito.
-Oh! Sarà Axel!- sorrise Sora, tirando un sospiro di
sollievo.
-No, quello non è Axel.- dichiarò Jessie,
scrutando la luce in arrivo.
Infatti, non fu il Soffio di Fiamme Danzanti a ricambiare i loro
sguardi, bensì il numero VII, che non si scompose
minimamente al trambusto e alla confusione, provocati dal suo ingresso
improvviso, che si agitavano tutt’intorno a lui. Quando si
girò, lo sguardo d’oro scrutò i quattro
custodi e si assottigliò appena.
-Devo parlarvi.- annunciò il Ritornante, avvicinandosi ai
ragazzi.
-Saix, ma…- replicò Sora incerto, osservando con
timore gli abiti dell’altro, macchiati di terra e sangue, e
il suo viso graffiato. -…cosa ti è successo?-
Il numero VII si limitò a fermarglisi davanti con le braccia
incrociate. -Mi manda Lord Xemnas.- rispose con voce neutra. -Il
castello è stato attaccato.-
Fullmetal Alchemist Brotherhood
OST 2 - Desolation
Lo shock che aveva scosso i cuori dei prescelti del keyblade era stato
così forte da impedire loro di reagire subito alle parole di
Saix. L’attacco al Castello Disney era qualcosa che avevano
pensato potesse accadere, ma il nemico aveva dimostrato di essere
ancora una volta un passo avanti a loro, rendendo vane tutte le
contromisure che Merlino e i Ritornanti avevano apportato per evitare
una simile eventualità.
A destarli da quella stasi di stupore e turbamento, intervenne la
Presidentessa Dorosera che offrì loro il proprio ufficio per
discutere in tutta tranquillità con il Ritornante dai
capelli azzurri. Ora, i quattro si trovavano seduti su una coppia di
comodi divani, in attesa che l’uomo rimasto in piedi
riprendesse il suo discorso.
-Cos’è successo?- domandò alla fine
Sora, puntando gli occhi celesti su di lui. Studiò di nuovo
il suo aspetto e comprese che la battaglia doveva essersi conclusa da
poco, perché oltre agli abiti logori e sporchi, il viso
pallido di Saix mostrava tutta la sua stanchezza, per quanto neutra
fosse la sua espressione.
-La creatura che ha ucciso Luxord ha lasciato un seme nel suo corpo.-
rispose Saix, atono. -Il seme si è nutrito della Luce del
mondo stesso ed è cresciuto in poco tempo, ma quando ci
siamo accorti dell’erbaccia, ormai aveva invaso quasi del
tutto il cortile interno.- raccontò, mentre le immagini di
quello stravolgimento scorrevano nei suoi pensieri.
-Com’è andata? State tutti bene?- chiese Kairi,
apprensiva.
-Larxene è rimasta senza un braccio…- a quelle
parole la principessa sgranò gli occhi e trattenne il fiato,
mentre i suoi compagni serrarono le mascelle, indurendo la loro
espressione. -…il suo caso è il più
grave, ma non è in pericolo di vita.- spiegò,
abbassando lo sguardo sul pavimento. Aveva visto la collega per pochi
istanti prima di congedarsi, il vecchio Merlino li aveva rassicurati
tutti sulle sue condizioni, ma una parte di lui non riusciva a
rilassarsi. -Zexion e Vexen saranno fuori gioco per un po’,
noi altri stiamo bene.-
La ragazza tirò un sospiro di sollievo, ma strinse
ugualmente la mano del custode del Giorno seduto accanto a lei, che
tornò a rilassarsi con un profondo respiro.
-Hai già avvertito Topolino?- domandò invece
Riku, attirando l’attenzione del Ritornante, che
annuì.
-Axel l’ha accompagnato al castello su ordine di Lord Xemnas.
C’era bisogno di lui per eliminare ogni traccia delle radici
di quella creatura disgustosa, per evitare altre sorprese in futuro.
Credo che per un po’ dovrete fare a meno di loro.-
L’argenteo assentì con un cenno. -Possiamo
cavarcela da soli, qui la situazione è sotto controllo.
C’è solo un’anomalia riguardo alla
Serratura di questo mondo, ma possiamo gestirla.-
-Già.- riprese il castano. -Pare che la Serratura sia
doppia, perché questo mondo è collegato a un
altro che si trova in un’altra dimensione, solo stando qui
possiamo raggiungerle entrambe. Almeno, così dice il
Comandante di questo posto.-
-Ho capito.- replicò Saix, allungando una mano accanto a
sé per aprire un varco luminoso. -Riferirò al Re
la situazione. Se dovesse accadere qualcosa, Pippo ci
avvertirà dalla vostra nave. A presto.-
Detto questo, salutò con un cenno del capo e
sparì oltre il passaggio, che si richiuse alle sue spalle
con uno scintillio.
***
Quando tornò in sé, si portò una mano
al capo e facendo attenzione si mise a sedere. Si sentiva come in preda
ai postumi di una sbronza, non una qualunque, bensì la
signora di tutte le sbronze. Avvertiva la testa pesante come un macigno
e pulsava così tanto che gli sembrava di avvertire come dei
colpi di martello direttamente nel cervello.
-Paperino sei sveglio!- esclamò il Notturno Melodico,
comparendo nel campo visivo del mago, che si portò le mani
alle orecchie.
-Demyx… un favore.- gemette, ottenendo un assenso immediato.
-Non. Urlare.-
-Ops, scusa.- replicò il ragazzo a voce più
bassa. -Hai dormito quasi un giorno intero, iniziavo a preoccuparmi.
Come ti senti?-
-…come se fossi finito sotto una mandria di elefanti.-
rispose sincero il papero, continuando a tenersi il capo con una mano e
studiando la stanza rudimentale in cui si trovavano. -Che diavolo
è successo? Dove siamo?-
Il Ritornante inclinò la testa da un lato, perplesso. -Non
ricordi? Siamo dalla signora Ashirae per il tuo scettro.-
-Eh?- replicò, inarcando un sopracciglio, mentre i ricordi
delle sue ultime ore da sveglio riaffioravano nella sua mente e si
ricollegavano agli avvenimenti precedenti. -Ah, sì.-
concluse poi, riconoscendo che quelli che sentiva erano realmente dei
colpi di martello. -Quanto tempo è passato?-
Demyx sospirò. -Poco più di mezza giornata, se
non ho sbagliato a tenere il conto delle ore trascorse. In questa
caverna è difficile seguire lo scorrere del tempo.-
-Anche da fuori sarebbe praticamente impossibile. In questo mondo il
tempo scorre in modo diverso rispetto agli altri, e il giorno e la
notte non hanno una distinzione precisa.-
-In che senso?- domandò il biondo.
-Qui è passato quasi un giorno, ma per i nostri amici,
ovunque siano, potrebbe essere già passato da molto, oppure
potrebbero esserne passati molti di più.
-Alla mia prima visita, trascorsi qui cinque giorni, ma quando tornai
al Castello Disney mi dissero che era passata un’intera
settimana.-
-Accidenti!- esclamò il Ritornante, sinceramente stupito.
-Sarà davvero un bene che noi passiamo così tanto
tempo qui?-
Il Mago di Corte annuì. -È necessario, te
l’ho già spiegato. E poi, mi fido dei nostri
amici, sapranno far fronte alle difficoltà se dovessero
presentarsi.-
Demyx mostrò un largo sorriso, mentre i colpi di martello
scandivano lo scorrere del tempo come le lancette di un orologio. -Hai
ragione.-
Rieccoci. Innanzitutto,
mi scuso di nuovo per il ritardo e spero che il capitolo vi sia
piaciuto.
Xemnas si è
salvato, era mia intenzione fin dall'inizio tenerlo vivo, ma volevo
tenere voi sulle spine (?). Saix porta nuove notizie e a proposito, ho
deciso di modificare leggermente il suo modo di riferirsi a Xemnas,
aggiungendo quel "Lord" davanti che non avevo mai messo. Visto che
è comparso poco, credo che per voi non cambi
granché, ma preferisco sempre avvisare quando faccio questi
cambiamenti x3
Per il titolo, alla fine
l'ho tirato fuori rileggendo per l'ennesima volta le varie parti mentre
sceglievo i sottofondi musicali (anche lì, spero che siano
di vostro gradimento).
Questo è
quanto! Spero di non metterci un'altra vita e mezza ad aggiornare, ma
con l'università che mi fiata sul collo e la tesi da
scrivere potrei avere difficoltà a dedicarmi alle fan
fiction.
Prima di lasciarvi, come sempre mi prendo un paio di righe per i
ringraziamenti :3 Ringrazio Keeth
per aver messo la fic tra le preferite; e ringrazio aleex_ilmagnifico96,
Nitori, Siobhan96 e TheLightning per
averla messa tra le seguite! Ovviamente c'è sempre il grazie
grande grande a chi legge e commenta e a chi legge soltanto :3
Alla
prossima!
See ya!
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Capitolo 9 *** Capitolo IX: Evoluzione ***
*toglie le ragnatele*
Salve a tutti!
È passato più di un anno dall'ultimo aggiornamento e mi sento
una bruttissima persona, specialmente a tornare con un capitolo di
transizione così corto. Chiedo perdono per la
brevità, ma piuttosto che fare un mattone di dieci pagine ho
preferito tagliare qui che lo stacco ci stava. Spero comunque che vi
piaccia :3 Buona lettura!
Capitolo IX: Evoluzione
Con un sospiro stanco, Axel si passò un braccio sulla fronte
sudata per poi guardarsi intorno. Il tramonto era ormai al termine, i
suoi raggi rossi e gialli avevano nascosto almeno un po’
l’ardente luce delle fiamme del Ritornante, che finalmente
aveva distrutto anche l’ultima traccia delle radici della
donna-fiore. Al mattino avrebbe fatto un ulteriore controllo per ogni
evenienza, perché purtroppo con l’arrivo della
sera non si poteva fare più di così.
Il ragazzo proseguì nella sua osservazione e una smorfia gli
piegò le labbra sottili: del verde giardino del Castello
Disney non era rimasto altro che terra divelta e bruciata, un nero e
fumante tappeto che dava al candido maniero un aspetto tetro e
disturbante alla luce sanguigna del crepuscolo. E l’avanzare
della notte non aiutava affatto a rendere almeno un po’ meno
sgradevole la visione di quel macabro scenario.
-Ehi Lex.- esordì il rosso quando l’Eroe del
Silenzio comparve al suo fianco tramite un varco. -Hai richiuso tutte
le buche e le gallerie scavate da quella cosa?-
Lexaeus chiuse gli occhi e scosse il capo. -No, ho esaurito le energie.
Sono riuscito a malapena a controllare l’area opposta a
questa e sistemarla un poco. Domani alla luce del giorno
potrò riprendere anche con un altro spirito.-
Il numero VIII annuì, incrociando le braccia. -Certo, posso
capire.-
Xemnas sapeva che l’ex fondatore era stanco esattamente come
lui, ma l’aveva mandato comunque perché lo
aiutasse a eliminare le membra rimaste di Scarlet e a fare un controllo
dei danni subiti dal luogo che custodiva la Prima Pietra della Luce.
Lexaeus non si era opposto in alcun modo all’ordine e
l’aveva eseguito dando fondo a quel poco di forza rimastagli
in corpo e che ora gli concedeva il solo lusso di mantenersi in piedi.
Axel rabbrividì al suono ruvido e inquietante della terra
che da qualche parte cedette al proprio peso, chiudendo una delle tante
ferite che la rosa aveva aperto da un capo all’altro del
cortile, quindi spostò lo sguardo smeraldino sul compagno,
scrutandone gli occhi azzurri mezzi chiusi e colmi di stanchezza.
-Andiamo gigantone.- mormorò Axel, aprendo un passaggio
luminoso accanto all’amico. -Una notte di sonno
farà bene a entrambi.-
Il castano assentì con un cenno muto e attraversò
il varco in silenzio. Axel sospirò a labbra chiuse e
guardò un’ultima volta il sole, augurandosi che
gli amici che aveva lasciato nel nuovo mondo raggiunto non fossero
finiti in guai troppo grossi.
***
Terminato l’incontro con Saix, il Ritornante si era congedato
con poche parole e un cenno, quindi aveva attraversato un varco per
tornare al Castello Disney e fare rapporto al Re e Xemnas. Ancora
seduto sul divanetto dell’ufficio di Crea Dorosera, Sora
incrociò le braccia sul petto e liberò un lungo
sospiro, volgendo lo sguardo fuori dall’ampia finestra. La
sera avanzava lenta e in poche ore era successo anche troppo.
-D’accordo.- esordì a un tratto, attirando
l’attenzione dei tre amici. -Xemnas e gli altri sapranno
cavarsela, noi dobbiamo concentrarci sulla nostra missione qui, che
sarà tutt’altro che semplice.-
Riku annuì, appoggiando i gomiti sulle ginocchia e il viso
sulle mani intrecciate. -Ci penso da prima. Non avevo mai sentito di
una serratura doppia, spero che non ci sia bisogno di spostarsi sul
secondo mondo per poterle chiudere entrambe.-
-Questo potrebbe rivelarsi un bel problema.- riprese il castano,
girandosi verso la porta. -Queste persone non hanno idea di come
arrivarci, solo chi viene da lì sembra saperlo.-
-Voi ragazzi come al solito vi preoccupate troppo.-
s’intromise Jessie, attirando gli occhi dei compagni su di
sé. -Questo mondo, anzi, questi mondi hanno bisogno di noi.
Quando sarà il momento, troveremo una soluzione.
È inutile pensarci ora che sappiamo a malapena come
funzionano le cose qui.-
-Quindi…- intervenne Kairi. -…suggerisci di
aspettare finché non succede qualcosa?-
-Non mi sembra che abbiamo molte alternative.-
Un curioso e rumoroso brontolio replicò a viva voce
quell’affermazione, e Kairi e Riku si voltarono a guardare il
custode della Catena Regale, che si teneva una mano contro lo stomaco.
-…che ne dite se andiamo a chiedere a che ora viene servita
la cena?-
Consumato un rapido ma abbondante pasto in quello stesso ufficio in
compagnia della Presidentessa e del Comandante, i custodi erano venuti
a conoscenza dei dettagli della guerra che la Neo-DEAVA stava
affrontando. La Presidentessa Dorosera spiegò loro che gli
allievi di quell’Accademia -vecchia di dodicimila anni-
possedevano ognuno una capacità diversa che li identificava
come Element, ossia individui prescelti per pilotare delle macchine
chiamate Vector. I loro nemici usavano qualcosa di simile per
combatterli, mentre le Bestie Mietitrici si occupavano della raccolta
di persone comuni per scopi a loro ancora ignoti.
-Con che frequenza venite attaccati?- domandò Jessie,
volgendo il viso in direzione della Presidentessa.
-Se le azioni del nemico fossero prevedibili come le mosse di una
partita a scacchi, basterebbe trovare una strategia che ti porti alla
vittoria in meno mosse possibili.- intervenne il Comandante Fudo. -Ma a
noi è preclusa la vista della seconda scacchiera, chi
può dire quando il nemico esaurirà i pedoni e
deciderà di schierare il suo alfiere?-
-…un modo molto originale per dirci che non avete idea di
quando avverrà il prossimo attacco.- dedusse Sora. -E dove
si concentrano gli attacchi di solito?-
-Solitamente in città.- rispose Crea, dopo aver preso un
sorso di tè da una tazzina finemente decorata. -Per voi
è importante essere presenti?-
-Non saprei.- ammise il ragazzo, incrociando le braccia. -È
la prima volta che ci capita una situazione del genere. La nostra
priorità è chiudere le Serrature dei due mondi,
ma non abbiamo idea di come si presenteranno.-
-Possiamo supporre che avremo bisogno di recarci sul secondo mondo.-
disse Riku. -Come farlo al momento non lo sappiamo.-
-D’accordo.- disse Crea Dorosera, alzandosi dalla poltrona
posta dietro la scrivania. -Per questa notte sarete nostri ospiti, non
mi sembra il caso di farvi tornare in città col buio. Domani
pomeriggio, se vorrete, vi organizzeremo una traversata per tornare
indietro.-
-Separati?- ripeté Sora, sbattendo le palpebre incredulo.
-State dicendo che io e Riku saremo in una stanza molto lontana da
Kairi e Jessie?-
-Sì.- confermò Andy W. Hole, sistemandosi il
berretto sui capelli. -Purtroppo queste sono le regole della base, non
avete idea di quanto mi faccia soffrire questa situazione.-
spiegò con un sospiro afflitto, portandosi una mano al
petto. -Costretti a restare separati da tanto ben di dio solo
perché è stato stabilito che l’amore
è proibito!-
Il custode si ritrovò più confuso di prima.
-… Eh?-
Amata sospirò. -Dopo la caduta del Berlin, il muro interno
che prima divideva in due la base rendendo di fatto impossibili le
interazioni tra ragazzi e ragazze, il Comandante Fudo ha deciso di
lasciarlo così com’è, però
ha introdotto una nuova regola: l’amore è
proibito. Quindi Element maschi ed Element femmine ora sono liberi di
attraversare il Berlin, ma i dormitori sono separati.-
-E meno male!- esclamò Mix, portandosi le mani sui fianchi.
-Noi ragazze non ci faremo infettare da voi ragazzi!
-Jessie-san, Kairi-san, venite con me. Vi mostrerò la vostra
stanza.- detto ciò si voltò e
s’incamminò con passi imperiosi sotto lo sguardo
perplesso dei custodi e le espressioni imbarazzate di Amata e Andy.
-Mh… Non mi piace l’idea di separarci
così, ma queste sono le regole qui e dobbiamo rispettarle.-
disse Sora ai tre compagni. -Ci vediamo domani mattina a colazione.-
aggiunse poi rivolto alle ragazze.
-D’accordo.- rispose Kairi con un sorriso.
La custode del Tramonto rimase in silenzio, poco convinta della piega
presa dagli eventi. Separarsi dai compagni non le dava buone
sensazioni, la presenza di Riku in special modo la aiutava a restare
concentrata e negli ultimi tempi era riuscita a riposare senza avere
troppo timore di possibili incursioni dell’Emissario.
Trattenne un sospiro, purtroppo non poteva farci niente.
Riconobbe immediatamente le mani che strinsero le sue un momento dopo.
-Sei preoccupata?- chiese Riku, scrutando il suo viso. -Non negarlo.-
-Un po’, lo ammetto.-
-Non esserlo. Sono certo che andrà tutto bene.
C’è Kairi con te e io non sarò
lontano.- replicò lui, carezzandole una guancia e baciandole
la fronte.
Jessie sorrise, di nuovo tranquilla. -Hai ragione.-
FullMetal Alchemist Brotherhood
- Happiness ~ Requiem from "The Blind Alchemist"
Attorno a lei c'era un quieto silenzio, interrotto solamente dai
respiri delle ragazze placidamente addormentate che occupavano la
stanza. Jessie, però, non dormiva né riposava.
Con le ginocchia strette al petto e il viso posato su di esse, teneva
gli occhi schiusi e fissi nel nero vuoto che aveva sostituito la sua
vista. Sospirò stancamente. Sapeva che sarebbe andata in
quel modo: non appena aveva cercato di assopirsi, la sua mente era
stata trascinata in un vortice nebuloso di ricordi confusi e di paure
legate all’ultimo attacco di Marluxia, mentre in sottofondo
la risata graffiante dell’Emissario le lasciava
l’orribile sensazione di subire tante piccole ferite su ogni
parte del corpo.
Era certa che se ci fosse stato il suo compagno accanto a lei sarebbe
quantomeno riuscita a riposare fino al sorgere del sole, ma non le era
stato concesso. In quella strana base militare mista ad accademia per
l'addestramento dei giovani dotati di poteri Element, uomini e donne
dovevano dormire separati, in due ale ben distinte dell'immenso
edificio che ospitava la Neo-DEAVA, e lei ora era costretta a restare
vigile per non cadere vittima della subdola rete allestita dal loro
nemico, che ormai si era ben infiltrato tra i suoi ricordi, come un
appassionato lettore tra gli scaffali di una vasta biblioteca che non
sa mai da quale volume cominciare.
Alzò il viso e lo girò alla propria sinistra, gli
occhi completamente aperti: un numero incalcolabile luci più
o meno fioche riempì il nero del suo mondo, ma subito fra
tutte individuò i cuori di Sora e Riku, uno accanto
all’altro, legati come fratelli di sangue. Così
lontani da lei, eppure così vicini allo stesso tempo.
-Che razza di regola…- pensò, per poi lasciarsi
andare a un sussulto di consapevolezza quando ricordò le
parole del prescelto dell’Alba.
La custode del Tramonto sorrise, dopodiché scese dal letto,
facendo attenzione a non sbattere la testa contro il telaio del letto
soprastante. Infilate le scarpe si alzò in volo e
cercò a tentoni il corpo della principessa della Luce per
scuoterla appena su una spalla.
-Kairi? Kairi svegliati.- chiamò a bassa voce, per non
rischiare di disturbare l’altra ragazza che dormiva nella
stanza. -Kairi!-
La rossa mugugnò un istante, prima di sollevarsi sui gomiti.
-Mh? Jessie…? Che succede?- bofonchiò. -Non
riesci a dormire?-
La castana confermò con un lieve mormorio. -Vado a cercare
Riku, volevo solo avvertirti. Ci vediamo domani mattina a colazione.-
spiegò per poi allontanarsi dal letto a castello e volare in
direzione della porta, che ricordava essere alla sua sinistra.
-Cos- Aspetta!- esclamò la principessa a bassa voce.
-Aspetta Jessie, come pensi di arrivare fino ai dormitori maschili?!-
-Posso seguire la luce di Riku, la vedo chiaramente.- spiegò
l'altra, posando le mani sulla porta automatica, che si aprì
scorrendo sui propri binari.
-Ferma, ferma!- ordinò Kairi mentre scendeva dal letto,
facendo attenzione a non inciampare nella camicia da notte presa in
prestito. -Ti accompagno!-
-Ma posso- tentò di obiettare Jessie, restando comunque
sospesa a pochi centimetri dal pavimento.
-No, non puoi.- sospirò la custode del Flower Key,
prendendola per mano quando le fu vicina. -Andiamo, se ti accompagno
farai prima, no?-
La castana sorrise, ricambiando la stretta. -Grazie.-
S'incamminarono prive di timori lungo i corridoi illuminati dalla luce
della luna che passava dalle ampie finestre e dalle luci soffuse accese
sul soffitto. Non avevano percorso molta strada, quando a un tratto la
prescelta del Tramonto si fermò, voltandosi indietro.
-Che succede?- chiese Kairi, guardando l'amica in viso.
-Qualcuno ci segue.- disse. -Fatti vedere.-
-Jessie-san, Kairi-san, sono io.- rispose una voce piccola e gentile,
che costrinse la rossa a girarsi a sua volta per trovare il pupazzo di
una rana verde sospeso a mezz'aria.
-Yunoha?- chiamò, ottenendo un assenso mentre la ragazza
tornava visibile. -Cosa fai qui?-
-Ecco… Vi ho sentite uscire e vi ho seguite… Mi
dispiace.- si scusò la ragazzina, abbassando lo sguardo
intimidita e svanendo nuovamente grazie al suo potere Element.
-Non scusarti.- intervenne la castana. -Credo che tu abbia fatto bene a
seguirci, almeno dopo potrai riaccompagnare Kairi in camera senza il
rischio che si perda. Giusto?- chiese, stringendo la mano dell'amica.
-Giusto.- concordò la principessa. -Forza, proseguiamo.-
-Kairi-san, ma dove state andando?- domandò Yunoha,
incamminandosi con loro. -Vi ho sentite uscire, ma non ho capito
perché…-
-Stiamo andando ai dormitori maschili.- rispose Jessie. -Trovo molto
seccante l'averci costretto a dormire lontane dai nostri compagni.-
-Ma… Jessie-san, per noi ragazze è vietato
recarci al dormitorio maschile!- replicò la ragazzina.
-Non ha importanza.- disse l’altra, seguendo lentamente lo
spostarsi della principessa quando svoltò un angolo.
-Yunoha, io ho bisogno di stare vicina a Riku… È
dura ammetterlo, ma sto combattendo una battaglia che da sola non posso
vincere e lui… lui mi dà la forza di resistere.-
L’Element rimase interdetta di fronte a simili parole e
quando Jessie si voltò nella sua direzione, incrociare il
suo sguardo cieco la lasciò senza fiato. Come potevano
essere così tristi due occhi spenti e quasi privi di colore?
Non l’avrebbe mai creduto possibile, eppure la custode era
lì che la guardava
come se potesse leggerle dentro e allo stesso tempo tentasse di
comunicarle l’urgenza del suo bisogno e la
difficoltà nell’ammettere una debolezza. Poi,
così com’era cominciata quella conversazione
silenziosa terminò e Jessie tornò a guardare
avanti, sicura che Yunoha avesse capito.
Proseguirono in religioso silenzio, la custode del Tramonto che teneva
gli occhi ciechi fissi sulla luce del cuore del suo compagno, mentre
Kairi accanto a lei seguiva le indicazioni di Yunoha, l’unica
in grado di avvisarle se stavano sbagliando direzione.
Man mano che avanzavano lungo i corridoi, senza accorgersene Jessie
accelerò di poco il passo. Sapeva di essere sempre
più vicina e questo la rendeva impaziente. Kairi sorrideva,
sentendo la presa della mano della compagna ben salda sulla propria.
Era lieta che l’amica l’avesse avvertita dei suoi
movimenti, era un segno dell’intimo cambiamento che Jessie
stava attraversando. Perché era certa che se si fossero
trovati in questa situazione giorni prima molto probabilmente la
castana sarebbe scivolata fuori dalla stanza senza dire nulla a
nessuno, convinta di poter fare tutto da sola, contando solo sulle
proprie forze.
Si ridestò dalle proprie riflessioni quando
avvertì la ragazza accanto a lei fermarsi di colpo. -Jessie?
Che succede?-
-Riku.- rispose lei, gli occhi ciechi puntati con sicurezza avanti a
sé.
La principessa si voltò a guardare e con stupore vide
l’amico dai capelli argentei uscire da una stanza in fondo al
corridoio. Persa nei propri pensieri non si era resa conto della strada
che avevano percorso né di essere arrivate a destinazione.
-Hai resistito più del previsto.- esordì il
ragazzo con tono di falsa ammirazione, prendendo le mani della compagna
nelle sue. -Dovrò rivalutarti.-
-Mi sottovaluti sempre. Sei pessimo.- replicò lei falsamente
offesa. Le sue labbra però si distesero in un sorriso quando
Riku le toccò con le proprie in un bacio leggero.
Bacio che fece arrossire Yunoha fino all’attaccatura dei
capelli e che la fece svanire con uno squittio imbarazzato, lasciando
visibile solo la rana verde.
-Ops, stiamo dando spettacolo.- mormorò
l’argenteo, scusandosi con la ragazza Element, che pian piano
tornò a farsi vedere. -Vi ringrazio per aver accompagnato
Jessie.-
-Non c’è di che.- rispose la rossa, alzando una
mano per salutarli. -Ci vediamo a colazione. Buona notte!-
-Kairi, aspetta.- disse Jessie all’improvviso, tornando in
direzione dell’amica per abbracciarla. -Grazie.-
L’altra custode sorrise e ricambiò la stretta.
-Prego.-
Spogliata di pantaloni e canotta -si era rifiutata categoricamente di
mettersi addosso una camicia da notte tutta fronzoli- Jessie si
ritrovò vestita con la lunga maglietta a maniche corte che
Riku aveva avuto in prestito per dormire. Nessuno degli altri presenti
nella stanza si era accorto dei movimenti dell’argenteo
né della presenza di un nuovo ospite nel suo letto.
Rannicchiata contro il petto del suo compagno, la custode del Tramonto
si concesse un sospiro sollevato, che le fece chiudere gli occhi priva
di timori. Il cuore di Riku batteva tranquillo sotto il suo orecchio e
il suo ritmo costante la accompagnò nel sonno come la
più dolce ninnananna faceva con un bimbo che sa di essere al
sicuro.
***
Kingdom Hearts Birth By Sleep -
Destiny’s Union
Riconobbe
quel luogo senza alcuna difficoltà.
Le faceva strano vedere qualcosa con i propri occhi a causa della sua
cecità, ma all’interno di se stessa tutto era
possibile, soprattutto all’interno del suo cuore.
Osservò il mosaico della grande vetrata su cui posava i
piedi e per un attimo Jessie tremò. Il fuoco del sole al
tramonto era ancora rosso e arancio, ancora saldamente legato al blu
della notte che ospitava la luna piena, ma quelle che un tempo erano
due esatte metà ora apparivano come due aree quasi in
conflitto: il lato che ospitava il candido astro notturno prevaleva su
quello in cui albergava il sole al crepuscolo, occupando quasi tre
quarti della vetrata. I colori però erano meno nitidi, quasi
nebulosi.
Si portò una mano al petto, inquieta e preoccupata nel
vedere in che misura il suo cuore aveva già ceduto il passo
alle tenebre. La presenza dell’Emissario nella sua mente
doveva aver accelerato quel processo e questo non fece altro che
impensierirla ancora di più.
-Le cose sono cambiate così tanto…-
mormorò, muovendo qualche passo sul mosaico.
-Molto è cambiato figlia della Luce e ancora molto
dovrà cambiare.- esordì una voce incolore,
proveniente da una direzione imprecisata. -Vieni avanti e non aver
timore.-
Jessie avanzò fino al centro del mosaico e la Via del
Tramonto apparve davanti a lei, restando sospeso a mezz’aria
in posizione verticale. Ora più che mai la custode si
sentì inadatta per impugnarla. La cecità
l’aveva indebolita al punto tale di non essere più
in grado di brandire l’arma di cui era la prescelta: il
fardello della chiave era troppo pesante per il suo corpo e per il suo
cuore ormai ridotto in quello stato.
-Non sono più degna di impugnare il keyblade.-
affermò colpevole.
-Non disperare custode del Tramonto. Molto deve ancora cambiare e la
chiave che ti sta di fronte non è altro che uno specchio del
tuo cuore.- replicò la voce. -Anch’essa si
evolverà per poter svolgere il suo compito.-
-E dopo sarò in grado di combattere?-
-Le tue capacità non sono mai venute meno.-
assicurò la voce. -Temi il cambiamento custode del Tramonto?-
Jessie rifletté sulla domanda senza mai distogliere lo
sguardo dal suo keyblade. In che modo sarebbe cambiato? Forse lei non
sarebbe mai stata in grado di notare la differenza
dall’esterno, ma un cambiamento esteriore non aveva
importanza, era quello interiore a risvegliare in lei una certa dose di
ansia. Si disse però, che se era necessario un cambiamento
perché potesse tornare a lottare al fianco dei suoi compagni
allora lo avrebbe accettato e non l’avrebbe temuto.
-No. Cambiamento sia.-
Il keyblade s’illuminò di una luce rosata e bianca
e svanì nel nulla, poi tutto venne avvolto dalla luce rossa
e calda del fuoco che scorreva nel suo corpo e Jessie cadde in un sonno
senza sogni.
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Capitolo 10 *** Capitolo X: Tornare in piedi ***
*toglie ragnatele*
*spolvera*
I'm back! E spero di essere tornata con tempi di aggiornamento
migliori. Mi scuso profondamente con tutti quelli che hanno atteso
questo capitolo per tanto, troppo tempo. Negli ultimi tre anni la mia
vita è cambiata sotto tanti aspetti, mi sono laureata e ho
iniziato a lavorare. Faccio un lavoro che adoro, che amo, ma che mi
tiene fuori casa da mattina a sera e spesso sei giorni su sette, quindi
diciamo che il tempo e le energie mentali per scrivere si riducono al
minimo. Avevo quasi perso le speranze di tornare a scrivere su questa
storia, invece eccomi qua! Qualcosa di buono da questa quarantena
è uscito. Beh, che altro dire? Spero che il capitolo vi
piaccia. Buona lettura!
Capitolo X: Tornare in piedi
Un urletto di sorpresa mista a terrore disturbò la sua
quiete e con lentezza cominciò a destarsi. Si accorse
però, di non avere affatto voglia di alzarsi dal posto in
cui si trovava, quindi si accomodò meglio contro il corpo
caldo accanto al suo e inspirò a fondo il profumo della sua
compagna, stringendola a sé e facendo aderire il proprio
petto contro la sua schiena. Fregandosene altamente del mondo e di chi
aveva intorno, Riku tornò a dormire.
Chi lo stava guardando non era dello stesso parere. Con gli occhi
sgranati e increduli e la bocca spalancata fin quasi a rompersi, Andy
W. Hol fissava la coppia di custodi beatamente addormentata nella parte
bassa del letto a castello che aveva di fronte. La sera prima era
sicuro di aver visto solo il ragazzo con i capelli argentei sdraiarsi
sul materasso con addosso un suo pantalone e una sua maglietta di una
taglia più grande che teneva di scorta, ora invece oltre a
Riku c’era anche una ragazza. Una ragazza con addosso solo la
sua maglietta, le gambe nude -ben visibili- intrecciate a quelle del
compagno, nella sua stanza che si trovava nel dormitorio maschile.
-Per tutte le sacre buche…- mormorò con lo
sguardo fisso sulla coppia e sulle loro mani, una sopra
l’altra, posate sul grembo di Jessie.
-Andy…- farfugliò Amata dal letto sotto il suo
mentre girava la testa sul cuscino. -È presto…
torna a dormire…-
-No fratello, non capisci!- esclamò l’altro,
balzando sul pavimento per scuotere l’amico.
-C’è una ragazza! Una ragazza ha addosso la mia
maglietta!-
Il ragazzo dai capelli rossi sembrò pensarci su, ma alla
fine sospirò stanco. -Andy, hai sicuramente
sognato… torna a dormire…-
-Se ti girassi e guardassi dall’altra parte della stanza la
vedresti anche tu!- insistette lui, prendendo l’amico per la
maglia del pigiama e costringendolo a sedersi.
Amata Sora si strofinò gli occhi ancora pieni di sonno e
sbadigliò, per poi guardare il letto di fronte al proprio.
Perplesso, sbatté le palpebre e si passò le dita
sugli occhi chiusi ancora una volta. Poi semplicemente esplose.
-C’è una ragazza!- urlò indicando la
coppia. -Andy! C’è una ragazza nella nostra
stanza!-
-È quello che ti sto dicendo da un pezzo!-
-Ma si può sapere che cosa avete da urlare tanto?-
borbottò il custode della Catena Regale, tirando fuori la
testa da sotto il cuscino.
-C’è la tua amica nel letto sotto il tuo! Ecco
cosa!-
-Eh?- fece il castano per poi sporgersi e guardare giù. Riku
si stava passando una mano tra i capelli, evidentemente seccato per la
brusca sveglia e Jessie accanto a lui faceva altrettanto mentre si
sedeva. -E allora?- disse prima di concedersi uno sbadiglio enorme.
-E allora?! Dormivano insieme!- replicò Andy.
-Come se fosse la prima volta…- commentò lui con
sufficienza, scioccando gli altri due.
Riku si mise a sedere accanto alla compagna con un sospiro, e ignorando
completamente le facce sconvolte dei due Element, si voltò a
guardarla: la trovò adorabile con i capelli scarmigliati,
l’espressione assonnata e vestita solo con una maglietta
troppo grande che le pendeva da una spalla.
Sorrise e la baciò sulla guancia. -Buongiorno.-
In risposta, Jessie borbottò qualcosa di poco chiaro poi si
girò e cercandolo con l’aiuto delle mani gli
salì a cavalcioni e gli circondò il collo con le
braccia. Il ragazzo rise e dopo aver preso i vestiti di entrambi, si
alzò in piedi.
-Povero me, continuo a pensare che tu sia un tipo mattiniero.- disse
divertito, accorgendosi solo in quel momento degli sguardi dei due
padroni di casa. -Buongiorno, vi dispiace se usiamo il bagno per primi?-
-P-prego… Ci mancherebbe…- balbettò
Amata, guardandoli sparire oltre la soglia della toilette.
Come se l’Accademia della Neo-DEAVA fosse una scuola
qualunque, neanche due ore dopo il risveglio generale, nella mensa non
si parlava nient’altro che della coppia di custodi vista
uscire insieme dalla stanza di Andy e Amata. All’apparenza
incuranti degli sguardi curiosi degli Element, i quattro si erano
seduti a un tavolo lontano dall’ingresso della sala e i due
ragazzi si erano assunti l’onere di procurare la colazione
per tutti.
Seduta di fronte alla compagna, Kairi incrociò le braccia e
si guardò attorno di sfuggita. Non appena i suoi occhi blu
incrociavano quelli altrui, questi dirigevano l’attenzione
altrove, ma sapeva che sarebbero tornati su di loro non appena si fosse
voltata. Sospirò a labbra chiuse. Gli sguardi dei ragazzi
erano opprimenti quanto le loro chiacchiere sussurrate ed erano davvero
difficili da ignorare del tutto. E quando tornò a guardare
Jessie, comprese che per lei doveva essere un’impresa ancora
più ardua.
Jessie strinse ancora di più la presa sulle braccia
incrociate sotto il seno, mentre lo stomaco sembrava volersi
accartocciare su se stesso per non farci entrare alcunché.
Le avvertiva quelle occhiate curiose, pronte a giudicare, se le sentiva
addosso come dita puntate e alle sue orecchie giungeva forte e chiaro
il brusio dei sussurri. Intanto, nel buio della sua mente
l’Emissario rideva di lei, accentuando le sensazioni negative
che tutto l’insieme le provocava: inadeguatezza, rabbia,
disgusto. Verso di loro, verso se stessa. Non voleva fare altro che
alzarsi e andarsene da quella stanza, ma non poteva a causa della
cecità.
Prese un profondo, tremante respiro e provò a concentrarsi
sul battito del proprio cuore, poi si spinse a cercare la luce di
quello di Riku, in movimento insieme a quello di Sora. Girò
il capo e aprì un poco di più gli occhi ciechi,
come se volesse guardare lontano. Con il passare dei giorni, la sua
percezione delle luci altrui si affinava e acquisiva il senso della
distanza: ora sapeva distinguere se fossero vicine o lontane e poteva
dire con maggior precisione in quale direzione si stessero muovendo. Il
sospiro di sollievo che stava per uscirle dalle labbra nel notare i due
amici tornare al loro tavolo, le morì in gola a causa di un
altro cuore in repentino avvicinamento dalla sua sinistra. Si
voltò e riconobbe con un istante di troppo la proprietaria
di quella luce giallo pallido.
-Mix.- esordì Jessie quando la sentì posare con
poco garbo le mani sul tavolo. -Possiamo fare qualcosa per te?-
-Potreste smetterla di fare certe cose! Dovresti vergognarti!-
sbraitò la giovane Element, sistemandosi gli occhiali sul
naso. -Sgattaiolare nel dormitorio maschile e dormire con un ragazzo!
Come ti è saltato in mente?!-
-Non credo siano affari tuoi e poi non è la prima volta che
io e Riku dormiamo insieme.- rispose mentre allungava la mano destra
sul tavolo alla ricerca di quella del suo compagno, finalmente seduto
accanto a lei.
La ragazza impallidì di orrore a quelle parole. -Q-questo
non ti giustifica!-
-E perché mai io dovrei giustificarmi con te?-
Alla replica, Mix si zittì. Aprì la bocca un paio
di volte per dire qualcosa, ma si ritrovò a boccheggiare,
priva di argomenti con cui contestare le azioni dei due ospiti della
Neo-DEAVA.
-Credo sia meglio se torni al tuo tavolo, Mix.- intervenne Riku,
puntando lo sguardo in quello della ragazza. -Se il nostro
comportamento avesse causato problemi seri, credo che il tuo Comandante
sarebbe venuto subito da noi per farcelo notare, ma così non
è stato.-
L’Element trattenne il fiato per un secondo e
sembrò quasi sul punto di esplodere, ma alla fine strinse i
pugni lungo i fianchi e si girò per raggiungere le compagne,
sbattendo per bene i piedi sul pavimento lucido. I tre custodi la
guardarono mentre si allontanava con la sua indignazione e quando
tornarono a voltarsi lo fecero anche tutte le facce curiose che non
avevano trovato di meglio da fare.
-Mamma mia… questo posto è quasi peggio di
Amestris, e lì siamo stati arrestati.- commentò
Sora.
Jessie liberò un sospiro stanco e si appoggiò
allo schienale della sedia. -Si sta avvicinando qualcun altro?-
domandò poi a bassa voce, scrutando i cuori presenti nella
stanza.
-No, nessuno.- rispose Riku, guardandosi in giro.
-Bene, devo dirvi una cosa.-
Ritto in piedi con le braccia incrociate sul petto, Riku osservava con
attenzione la sua compagna, che seduta poco distante a gambe incrociate
e occhi chiusi, era immersa in una profonda concentrazione. Quando poco
meno di un’ora prima Jessie aveva raccontato del suo sogno e
del possibile cambiamento del suo keyblade, si era scoperto
preoccupato. Per cosa non ne era del tutto certo, ma riflettendoci,
comprese che quanto stava accadendo aveva senso: in seguito a tutti gli
eventi successi nell’ultimo periodo, Jessie era cambiata -non
in senso propriamente negativo, ma molti elementi del suo carattere e
della sua personalità erano mutati per adattarsi alla sua
nuova condizione. Era più cauta, insicura alle volte, e
anche intimorita, ma come darle torto? Il suo corpo era cambiato -stava
ancora cambiando, dei, un bambino!- e con esso la sua percezione del
mondo. Da quella prima volta in cui aveva tentato di impugnare la Via
del Tramonto nella Terra del passato, non aveva più evocato
il suo keyblade e probabilmente era stata la paura a frenarla: la paura
di non essere più degna di impugnarlo oppure che non avesse
la forza né fisica né mentale per usarlo al
meglio. Quell’arma che era divenuta ormai
un’estensione del suo stesso braccio, una parte del suo
stesso corpo, necessitava di un cambiamento esattamente come tutto il
resto.
Da quel giorno avevano lavorato insieme per aiutarla a rimettersi in
piedi e riguadagnare un minimo di indipendenza negli spostamenti. La
sua visione mentale dei cuori delle persone migliorava di giorno in
giorno e anche la sua sicurezza pian piano si stava fortificando.
Sospirò leggermente, augurandosi che questo cambiamento
fosse portatore di ulteriori passi avanti e non di perdita di terreno.
Lì seduta, con gli occhi chiusi e il viso disteso, a Riku
sembrò più tranquilla e serena che mai e il nodo
d’ansia che gli era cresciuto nel petto si allentò
un poco, lasciandogli la forza di essere un po’
più positivo.
-Cosa sta succedendo di preciso?- domandò in un sussurro
Amata Sora, quasi temesse di disturbare i due custodi nonostante
fossero a una distanza tale da non poter sentire le loro parole.
Si trovavano nel cortile interno, a ridosso del Berlin, solitamente era
un luogo tranquillo dove gli studenti dell’Accademia
passavano il tempo libero, facendosi ognuno i fatti propri. La presenza
dei custodi, però, aveva destato la curiosità di
chiunque e numerose e lunghe erano le occhiate dirette ai due guerrieri
della Luce, concentrati sulla loro attività silenziosa.
Qualcuno si era persino seduto a osservarli, curioso di vedere cosa
sarebbe successo.
-Possiamo dire che si tratta di un allenamento.- rispose Kairi,
spostando lo sguardo su di lui. -Un allenamento del cuore, se possiamo
definirlo così. Non è detto che accada qualcosa
oggi, ma vale la pena provare.-
-Non credo di capire…-
-Non è nemmeno semplice da spiegare.- intervenne Sora, senza
distogliere l’attenzione dai due amici. -Jessie è
rimasta profondamente ferita, non solo fisicamente. Il suo cuore ha
subito danni che non possiamo nemmeno immaginare e ha bisogno di tempo
per riprendersi del tutto; quello che sta tentando di fare potrebbe
essere ancora troppo per entrambi.-
La sua voce dura turbò Amata che guardò
l’amico Andy in cerca di un qualche tipo di sostegno, ma
questo si limitò a scuotere il capo e ad alzare le spalle,
confuso tanto quanto lui.
-Non essere così severo con te stesso.- riprese la ragazza,
attirando su di sé lo sguardo del compagno. -Abbiamo
già detto che quanto accaduto non è colpa di
nessuno di noi, soprattutto non tua. Ora dobbiamo solo avere fiducia in
lei, d’accordo?-
Kairi sorrise e Sora non poté fare a meno di ricambiare,
mentre il suo petto si faceva più leggero e un lungo sospiro
gli sfuggiva dalle labbra socchiuse. Le prese la mano e se la
portò alle labbra per baciarla sulle nocche, ignorando gli
squittii imbarazzati dei due Element lì accanto.
-Grazie Kairi. Non so che farei senza di te.-
-Osservate con attenzione.- esordì all’improvviso
il Comandante Fudo, comparso come dal nulla accanto ai due Element che
squittirono un’altra volta, stavolta per lo spavento. -Il
potere dato dall’unione di tre frecce è grande e
può rivelarsi inarrestabile…- continuò
indicando poi la custode seduta sull’erba all’ombra
del Berlin. -Ma anche una freccia solitaria può compiere
grandi cose, che forse non credeva di poter realizzare.-
Sotto gli sguardi eccitati di Sora e Kairi e quelli incuriositi di
Amata e Andy e degli altri occupanti del giardino, Jessie si
alzò in piedi e il suo braccio destro, ora disteso, venne
avvolto dalle fiamme.
Sousei
no Aquarion - Pride ~ Nageki no Tabi
Anche questo era strano.
Ultimamente c’erano tante cose che le apparivano strane,
bizzarre, ma comprese che tutto era dovuto alla sua nuova percezione
del mondo e di se stessa. Era difficile concentrarsi solo su di
sé e i propri pensieri quando si era in mezzo a
così tante luci incredibilmente luminose, che ci mettevano
un attimo a distrarla dal suo compito.
Si era ormai abituata alla presenza dei suoi compagni, quindi ci aveva
messo poco a lasciarli sullo sfondo delle sue percezioni -il solo
saperli nelle vicinanze fonte di nuova forza per lei-, ma tutte le
altre luci erano rumorose. Erano
come un chiacchiericcio costante, che aumentava di volume
all’improvviso senza dare avvertimenti di alcun genere. La
custode prese un respiro lungo e profondo e tornò a
concentrarsi sul proprio cuore.
Inizialmente aveva cercato di ritrovare le sensazioni che
l’avevano colpita la prima volta che aveva impugnato il
keyblade tanti anni addietro quando tutto era cominciato, ma ben presto
aveva capito di dover cambiare strategia. Aveva quattordici anni quando
la Via del Tramonto era comparsa nella sua mano e in quei quasi cinque
anni le cose erano cambiate. Lei non era più la stessa
ragazza di allora e non era più la stessa persona che aveva
intrapreso quella terribile battaglia nella Terra del passato contro
Marluxia. No, doveva cercare qualcos’altro. Doveva scendere
in profondità nel proprio cuore e cercare quella luce e quel
calore che aveva percepito durante il suo sogno della notte appena
passata.
Voleva riuscire nel suo tentativo. Anche a costo di restare seduta
lì tutto il giorno e diventare parte integrante
dell’ambiente circostante. Voleva riuscire a impugnare il suo
keyblade. La notte precedente la Via del Tramonto aveva abbandonato la
sua solita forma per plasmare quella nuova e lei non vedeva
l’ora di poterla brandire. Voleva tornare al fianco dei suoi
compagni, voleva combattere insieme a loro e vincere quella guerra che
li stava trascinando qui e là nel cosmo. Voleva sconfiggere
le sue paure. Non sarebbe mai tornata a essere quella di prima, erano
mutate troppe cose, ma era stanca di restare indietro, impotente e
impaurita. Era ora di rialzarsi e andare avanti.
E infine lo sentì. Il fuoco del Tramonto, quello che le
scorreva nelle vene da quando Anike aveva risvegliato il potere
perduto. Il fuoco che aveva aperto l’ala sulla
sommità della sua chiave e che ora bussava alle porte del
suo cuore per ridestarlo. Ed eccolo lì. Acciuffò
il calore del fuoco e lo strinse per impedire che le sfuggisse, ma esso
sembrò rispondere al suo desiderio, al suo bisogno, e non si
fece pregare, anzi. Ricambiò la stretta, la
abbracciò come un vecchio amico di ritorno da un lungo
viaggio.
Jessie appoggiò la mano sinistra sull’erba e si
alzò in piedi, senza vacillare nemmeno per un istante,
prendendo un ampio respiro mentre allargava il braccio destro verso
l’esterno. Fu un istante e il suo arto disteso
sparì in un vortice di fiamme rosse e gialle. La sua mano si
chiuse su un’elsa sottile e un sorriso le allungò
le labbra. Diede una sferzata verso il basso e il fuoco si spense.
Non poteva vederlo, ma Jessie era certa che il keyblade fosse
bellissimo. Schiuse gli occhi e lo sollevò davanti al viso
per poi cercarne il pendente con la mano sinistra: un sole dai raggi
ondulati attraversato da una linea a zig-zag che sembrava dividerlo in
due metà. Fece scorrere le dita sulla guardia
dell’elsa e poi sulla lama. Era diverso dalla vecchia Via del
Tramonto, ma sulla cima l’ala di drago aperta era ancora
lì, pronta a volare sul campo di battaglia.
Quando le fiamme avvolsero il braccio di Jessie, molti presenti nel
giardino urlarono per lo spavento, ma Riku non aveva occhi che per lei
e non indietreggiò di un solo passo, sapeva che era andato
tutto bene e che ogni cosa era tornata al suo giusto posto. Pochi
istanti e finalmente poté ammirare la nuova forma della Via
del Tramonto: la lama era composta da due sottili assi parallele che in
cima si univano ricomponendo l’ala di drago ben spalancata,
mentre in basso s’intrecciavano e ispessivano leggermente per
dare forma al cuore della guardia con un’elsa rossa al
centro, ora rivolto nel senso opposto, da cui pendeva un sole spezzato
per metà rosso fuoco e per metà nero. Fu il
colore del keyblade ad attirare l’attenzione di Riku,
però: il rosso dell’elsa man mano sfumava in un
rosso più scuro che poi diventava porpora e infine nero sui
“denti” della chiave, ma il tutto era sfocato,
sbiadito. Esattamente come gli occhi di Jessie, opachi e spenti a causa
della cecità.
Osservò poi con attenzione la sua compagna e la postura che
aveva assunto: era perfettamente eretta, i piedi ben piantati a terra e
il braccio sinistro rilassato, non in cerca dell’equilibrio
come faceva di solito, mentre la mano studiava i dettagli del nuovo
keyblade. Poteva dirlo con certezza: Jessie aveva ritrovato il suo
equilibrio, interiore ed esteriore, ed era come se fosse tornata in
possesso di un suo pezzo mancante.
-Allora Riku?- disse lei all’improvviso, puntando lo sguardo
vacuo su di lui. -Come ti sembra?-
Il custode dell’Alba sorrise, fiero. -Mi sembra perfetto. E
tu cosa ne pensi?-
-Hai ragione. È perfetto.- concordò la ragazza,
sfiorando di nuovo l’arma con la punta delle dita.
-Che ne dici di metterlo alla prova?- propose Riku, impugnando il
proprio keyblade.
-Perché no?- Jessie si mise in posizione di battaglia, con
la Via del Tramonto orizzontale davanti a sé, poi prese un
respiro profondo e liberatorio, come se fosse stata in apnea fino a
quel momento.
Fudo guardò tutta la scena senza battere ciglio, a braccia
conserte. Era incredibile quanto potesse realizzare un cuore umano se
spinto dalla giusta determinazione, ma sapeva anche che un cuore da
solo non poteva andare lontano. Un sorriso gli arricciò
l’angolo delle labbra nel vedere i due guerrieri
lì accanto stretti in un abbraccio di pura gioia per la
riuscita dell’impresa della loro compagna. I suoi ragazzi
invece guardavano tutto con occhi increduli e confusi, che crebbero
soltanto quando videro i custodi di Alba e Tramonto incrociare le loro
lame in movimenti studiati per un allenamento atto a risvegliare la
memoria muscolare della giovane.
Lentamente, tutta quella zona del giardino si fermò a
guardarli, mentre man mano aumentavano la velocità e la
complessità del loro esercizio. A un tratto, tutti
trattennero il fiato nel momento in cui Jessie menò un colpo
dal basso verso l’alto a piena potenza che venne intercettato
dalla chiave avversaria. L’impatto tra i due keyblade
generò una calda onda d’aria che spazzò
l’erba del giardino fino ai loro piedi.
-Jessie è tornata.- annunciò Sora, respirando
quel calore a pieni polmoni.
-Ma… ma come fa?- domandò Andy incredulo.
-È cieca!-
-Istinto.- rispose Sora. -Istinto e memoria. Dopo cinque anni di lotte
continue, non puoi dimenticare certe cose neanche volendo. E poi, noi
tutti siamo nati per questo.-
L’Element rimase senza parole. Tornò a guardare i
due custodi, soffermandosi sulla ragazza e restandone affascinato: si
muoveva con agilità, schivando più che parando i
colpi, attaccando e arretrando, come il guizzo sfuggente della fiamma
di un falò.
Poi una luce brillò nel cielo sopra le loro teste
all’improvviso e un varco dimensionale si disegnò
nell’aria, aprendo la via verso Altair.
Gli allarmi presero a suonare a tutto volume, dal varco uscirono due
creature di metallo a forma di ragno, insieme a una terza di fattezza
umanoide, tinta di rosso e nero e dotata di una sorta di ali sulla
schiena, nel frattempo gli allievi della Neo-DEAVA corsero
all’interno dell’edificio per svolgere ognuno il
proprio compito con rapidità ed efficienza. Invece, Fudo
restò accanto ai due custodi insieme ad Amata e Andy, in
attesa che gli altri due ragazzi li raggiungessero. Riku aveva preso la
mano di Jessie nella propria ed era corso via, in direzione del
gruppetto rimasto ad aspettarli.
-Che cosa vedi?- disse il Comandante Fudo quando li ebbe davanti.
E Jessie comprese subito che la domanda era rivolta a lei. Riku non le
aveva detto cosa stesse accadendo sopra le loro teste e lei non aveva
avuto il tempo di chiedere i dettagli. Si girò col viso
rivolto verso il cielo, gli occhi ciechi che saettavano da destra a
sinistra, come se stessero seguendo la traccia di qualcosa.
-Un cuore forte, rosso scuro. È a bordo di qualcosa? Si
sposta a una velocità assurda, faccio fatica a
seguirlo… E quello… quello che diavolo
è?- rispose Jessie, facendo un passo indietro e puntando
l’indice nel cielo, dritto verso il portale.
-Cosa?- intervenne Sora. -Jessie, cosa vedi?-
-Un cuore enorme… È così grande che
non lo vedo per intero, ma c’è qualcosa che non
va… La sua luce è debole, sembra sul punto di
spegnersi.-
-Dall’altra parte del portale dimensionale
c’è Altair, il mondo da cui provengono i nostri
nemici.- spiegò Fudo. -Ciò che vedi è
il suo cuore.-
-Comandante.- intervenne Amata. -Io e Andy dobbiamo tornare dentro, le
Bestie Mietitrici-
Fudo annuì e i due corsero all’interno
dell’Accademia.
-Cosa facciamo?- domandò Jessie. -Non possiamo andare
là senza la sicurezza di un ritorno sicuro.-
-Aspettiamo.- replicò Sora. -Contatteremo il castello dalla
gummiship e chiederemo al Re di mandare uno dei Ritornanti. In questo
modo possiamo andare e venire da Altair in tutta sicurezza.-
Senza dire una parola, il Comandante Fudo li condusse
all’interno dell’Accademia, fino alla sala di
comando dove Crea Dorosera impartiva ordini con fermezza. Quando
arrivarono, i custodi notarono che Amata, Cayenne e Andy mancavano dai
rispettivi punti di controllo, ma i loro volti si trovavano in tre
rispettive caselle di collegamento sullo schermo, che mostrava immagini
chiare e nitide del combattimento che si stava svolgendo
all’esterno. Amata annunciò che le Bestie
Mietitrici erano state neutralizzate, ma il giubilo durò
poco perché lui e i compagni si ritrovarono coinvolti in uno
scontro violento con il robot umanoide: il robot bianco e rosso,
l’Aquarion, su cui si trovavano i tre Element subì
un attacco alle spalle, che sì li colse impreparati, ma non
fu sufficiente per abbatterli.
I custodi osservarono quella battaglia con occhi curiosi, ma anche con
un pizzico di timore per le vite dei tre ragazzi. Jessie soprattutto
che poteva affidarsi solamente all’udito, faticò a
mantenere il sangue freddo. Non sentiva altro che esplosioni, urla di
dolore e rabbia, Andy che veniva sostituito da Yunoha -come non ne
aveva idea, ma in quel mondo la tecnologia era evoluta in modo strano,
quindi pensò a una specie di teletrasporto. Sentì
una gran confusione, qualcuno che chiamava un medico per
l’Element appena rientrato e un trio di voci esibirsi in un
terribile grido di guerra. E Jessie era certa che se fossero stati
davanti a lei, avrebbe visto quei tre cuori pulsare e brillare come uno
solo.
Terminato lo scontro e assicurata la possibilità di un viaggio verso la
città, Sora e Kairi furono accompagnati da Cayenne in
elicottero dove avevano lasciato Pippo e la loro nave.
L’Element fece ritorno, mentre i due custodi si presero il
tempo di parlare con l’amico e contattare il Castello Disney.
L’astronave rossa e gialla atterrò placida nello
spazioso cortile interno dell’Accademia dove trovarono i due
keyblader rimasti ad attenderli con impazienza.
-Yuk! Riku, Jessie! È bello rivedervi!- esclamò
Pippo una volta sceso dalla gummiship, posando le mani sulle loro
spalle in un abbraccio contenuto.
-Ciao Pippo, ti sarai annoiato tutto solo.- disse Jessie con un leggero
dispiacere nella voce.
-No affatto! Ho fatto un po’ di pulizie e mi sono tenuto in
contatto con il Re.-
-Come vanno le cose là?- chiese Riku, incrociando le braccia.
-Sua Maestà ha detto che ci raggiungerà domani,
non so chi porterà con sé.- rispose Sora. -Stanno
ancora rimettendo in sesto il castello e il Re non se la sente di
lasciare da sola la Regina. I feriti recuperano e Merlino è
positivo sulla loro guarigione.-
-Meno male.- soffiò la Custode del Tramonto. -Comunque,
aspetteremo. Penso che in ogni caso ci serva che uno di quei portali
dimensionali sia aperto per poter passare, giusto? Non credo che
Ritornanti possano aprire un passaggio per Altair se non sanno nemmeno
dove si trovi.-
Sora annuì. -Ho parlato con Xemnas a riguardo e ha detto la
stessa cosa, quindi non possiamo far altro che attendere.-
-Di Paperino si ha qualche notizia?- domandò poi Jessie.
-Purtroppo no, ma per queste cose ci vuole tempo. Non preoccupatevi, il
nostro amico tornerà presto da noi.- assicurò il
cavaliere.
Un seccato colpo di tosse richiamò l’attenzione
dei viaggiatori, che trovarono Donar a braccia conserte e con
un’espressione impettita a tendergli il viso. -La
Presidentessa mi ha mandato a prendervi. Seguitemi.-
L’ingresso di Pippo in sala di comando, che con il suo
aspetto andava probabilmente oltre la normalità di quel
mondo, suscitò parecchio scalpore tra tutti i membri dello
staff, ad esclusione di Fudo -Sora si era domandato più
volte in quel poco tempo come facesse ad avere sempre
l’espressività di un muro di mattoni, ma nessuno
si era preso il disturbo di rispondergli l’unica volta che
aveva espresso il pensiero a voce alta. Più avvezzo
all’etichetta di quanto potesse apparire, non appena
raggiunsero il tavolo delle autorità, Pippo si mise
sull’attenti e si presentò alla platea con il suo
titolo completo, ringraziando per l’ospitalità dei
compagni e scusandosi per il disturbo procurato dal loro arrivo.
Crea Dorosera cadde in un momento di perplessità, ma si
riebbe e sorrise con dolcezza di fronte ai modi del cavaliere per poi
presentare a sua volta se stessa e lo staff dell’Accademia
lì presente.
-Quando pensa di raggiungervi la sesta chiave?- chiese il Comandante
Fudo.
-Al più tardi domani.- rispose Sora. -Poi attenderemo che si
apra un nuovo portale dimensionale e staremo a vedere…-
-In che senso?- chiese Donar.
-È il mondo stesso a decidere chi tra noi ha il compito di
chiudere la sua serratura, vedremo cosa succederà nel
momento in cui verrete attaccati di nuovo.- spiegò Riku.
-Non intralceremo il vostro lavoro, di questo non dovete preoccuparvi.-
-Ma…- esordì Zessica. -… non avrete
intenzione di andare su Altair da soli?! Non sapete cosa vi aspetta
laggiù!-
-E allora?- replicò Jessie. -Nemmeno quando siamo atterrati
fuori città sapevamo cosa avremmo trovato, eppure eccoci
qui.-
-Non importa quanto sia ardua la strada da percorrere, i custodi del
keyblade devono portare a termine il loro compito.- intervenne il
Comandante Fudo, mostrando a tutti la carta dell’asso di
cuori, per poi girarla e mostrare un jolly. -Non importa quali insidie
li attendano oltre il varco, se un mondo chiama, loro devono
rispondere.-
-Già.- confermò ancora Sora. -Quindi dobbiamo
sperare che le due serrature si facciano vedere con il prossimo attacco
dei vostri nemici, altrimenti ci toccherà restare qui
finché le cose non si sbloccheranno.-
Il custode del Giorno chiuse gli occhi e prese un profondo respiro. Era
dal giorno prima che stava vagliando tutti i possibili scenari che
avrebbero potuto manifestarsi con la comparsa delle serrature, tuttavia
non aveva senso fasciarsi troppo la testa. Avrebbe atteso che Re
Topolino li raggiungesse insieme a chi avrebbe ritenuto opportuno e
solo allora avrebbe esposto ad alta voce i suoi dubbi più
bui.
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