Not On My Agenda

di SammyWritesFicSometimes
(/viewuser.php?uid=224168)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Una telefonata inaspettata ***
Capitolo 3: *** Notizie inaspettate ***
Capitolo 4: *** Di strade secondarie e gelato ***
Capitolo 5: *** Confessando tutto ***
Capitolo 6: *** Combattendo battaglie mai intraprese ***
Capitolo 7: *** Rivelazioni ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Non è esattamente facile essere il figlio gay non dichiarato del candidato conservatore alla presidenza dell’America. È per questo che Blaine Anderson cerca l’amicizia di Kurt Hummel, il figlio dichiarato-e-fiero dell’opponente di suo padre. Ma quella che comincia come un’amicizia riluttante può finire per avere un maggior impatto sulle elezioni di quello che entrambi possano immaginare. Perché innamorarsi non è mai stato parte del piano.
 
Note d’Autore Estese: Prima di tutto, questa è basata su un post di oddscarestuff che girava per tumblr, e devo tanto a Odd per avermi lasciato scrivere questa fanfiction basata sul suo post.
Secondo, sto provando a lasciare la “vera” politica fuori da questa fic. Che significa che, anche se alcuni dei personaggi vi ricordano certi candidati politici, sono tutti ipotetici e, per stare tranquilli, lo sono anche i partiti. Veramente io non sono nemmeno americana. Sono qui per scrivere fanfiction, non per discutere di politica, e non voglio che qualcuno pensi che vi stia dicendo chi dovreste o non dovreste votare.
 
Inoltre, sto facendo del mio meglio per mantenere il più possibile canon la personalità di Kurt e Blaine, ma ci sono dei cambiamenti abbastanza importanti che derivano dal cambiare il loro passato, che hanno a che fare in particolare con Blaine che ancora non si è dichiarato, e spero che capiate.
 
E ultima cosa, visto che sono io, ci saranno angst e drama e fiducia tradita e tutta questa roba. Ma una cosa vi posso promettere, non c’è infedeltà. Perché sappiamo tutti che ne abbiamo avuto abbastanza.
 
Ma spero che vi piaccia, e, se vi piace, che siate disposti a seguirmi mentre la continuo – Sammy
 

Note della traduttrice: Come avrete intuito, si tratta di una traduzione.
 
Ecco la storia originale. Qui invece la pagina autore di Sammy.
 
Ho cercato di essere pedissequa nel tradurre, anche se il presente indicativo è un incubo. Se trovate errori, segnalatemeli. I punti più “critici” li trovate nelle note alla fine, dove vi rendo partecipi dei soliti problemi da traduttore che non interessano a nessuno - Mia


---
 
 
Forse ci sono dei vantaggi occasionali nell’essere il figlio gay non dichiarato del candidato conservatore alla presidenza. Ma mentre Blaine Anderson assiste tra i suoi genitori alla fine del dibattito di stasera, sta lottando per trovarne anche solo uno.
 
“Sono qui per proteggere il nostro stile di vita e per proteggere quel che è buono e giusto per il nostro popolo.”
 
Una parte della sala erompe in applausi, quando la voce del Senatore Anderson tuona dal palco. Il resto della folla scuote semplicemente la testa in ovvia disapprovazione. Accanto al Senatore Anderson, il diciassettenne Blaine sta vicino a suo padre, ma sta desiderando ora come non mai di far parte della folla che fa resistenza, autorizzato a dar voce alle sue opinioni, invece che essere zittito dalle opinioni di suo padre.
 
È stata una lunga serata. Manca ancora un annetto buono alle Elezioni Presidenziali, ma la CNN ha voluto tenere ora un dibattito amichevole, con i candidati alla presidenza che sono appena stati scelti. Significa che Blaine ha dovuto stare lì mentre suo padre esprimeva ancora una volta il suo parere contro il matrimonio egualitario. Blaine avrebbe mentito se avesse detto che non fremeva nel vedere il Senatore Hummel, l’opponente di suo padre dell’altro partito, prevalere completamente nell’argomentazione di quel tema. Quindi forse c’era almeno un beneficio nell’essere il figlio del Senatore Anderson quella sera.
 
Okay, forse c’è anche un altro beneficio.
 
Blaine lascia vagare i suoi occhi per il palco. Accanto al Senatore Hummel c’è suo figlio Kurt. Di fianco al Senatore, con la sua stazza grossa e anche una leggera pancetta, Kurt sembra piuttosto piccolo in confronto, malgrado la sua altezza. Piccolo, ma non debole, Blaine lo sa. L’intera nazione conosce la storia di Kurt. Avere un padre in politica non aveva fatto niente per proteggere Kurt dal bullismo durante le medie per essere apertamente gay. Semmai, aveva peggiorato le cose, avere un padre che supportava tanto la parità di diritti mentre tuo figlio cresceva in una città omofoba. Ma il Senatore Hummel non si era mai smosso dalla sua posizione. Rifiuto di lasciar intimidire e manipolare la mia famiglia, aveva detto, prima di far trasferire la sua famiglia per vivere con lui a Washington.
 
E ora, appena diciottenne, Kurt cammina a testa alta, schiacciato a sandwich tra suo padre e il suo fratellastro, scuotendo la testa in segno di disapprovazione alle parole del Senatore. Blaine lo capisce. È la prima volta che Blaine vede Kurt di persona, e sente salire la temperatura delle sue guance e realizza che Kurt è tanto affascinante in carne e ossa quanto lo è in TV, se non di più. È elegante, fasciato in pantaloni attillati e camicia grigia in completo che risalta la sua figura tonica. I suoi capelli castano-dorati, con i colpi di sole, sono tirati su in un ciuffo che in qualche modo riesce a stare a posto mentre allo stesso tempo sembra così soffice che sta praticamente implorando di avere delle mani che gli corrono attraverso…

“Andiamo, Blaine.”
 
Il Senatore Anderson batte la mano sulla spalla di Blaine, scuotendo Blaine dai suoi pensieri. Le luci del palco sono affievolite e le telecamere danno loro le spalle. La trasmissione è apparentemente finita.
 
“È un peccato che tuo fratello non l’abbia potuto fare,” continua casualmente il signor Anderson.
 
Come se fosse anche solo possibile. Cooper s’era allontanato dalla parte politica della famiglia il più velocemente e il più che poteva. Non tanto perché si oppone strenuamente alle opinioni della sua famiglia, è più che altro perché semplicemente non gl’importa. Non vuole essere coinvolto in quella vita. Blaine ha l’impressione che Cooper menzioni volentieri quella parte della famiglia solo quando pensa di guadagnare punti con una ragazza su cui ha messo gli occhi.
 
“Sì,” dice distrattamente Blaine, i suoi occhi che seguono Kurt che si risiede su quello che è stato il suo posto durante il dibattito. Mentre il Senatore Hummel e sua moglie cominciano quella che sembra essere una discussione intensa, e Finn scompare dietro le quinte per rispondere a una chiamata, Kurt tira fuori dalla tasca con calma il suo iPod e si mette le cuffiette nelle orecchie. Blaine dà un’occhiata in giro per vedere che suo padre se n’è già andato, lontano dalla parte del palco mentre bisbiglia frettolosamente nel suo cellulare. Blaine torna a guardare Kurt, mordendosi le labbra. Prendendo una decisione, spinge le mani in tasca e cammina fino ad annullare la distanza tra loro.
 
“Ehi,” dice nervosamente Blaine, facendo ciao con la mano all’altezza degli occhi di Kurt.
 
Kurt sobbalza un po’ al movimento, guardando Blaine con un’espressione di pietra. Si toglie le cuffiette, irritato.
 
“Cosa?” chiede Kurt, alzando le sopracciglia con aria d’attesa.
 
“Ho-” Blaine si schiarisce la gola. “Ho pensato di venire e salutarti. Blaine Anderson.”
 
Blaine caccia fuori la mano. Kurt semplicemente la fissa.
 
“Sei venuto a dirmi anche tu che io non dovrei sposarmi?” chiede Kurt aspramente, non prendendo la mano di Blaine.
 
“Cos-” Blaine lascia cadere la mano, sentendo il morso amaro del rigetto, “no, io-”
 
“È un po’ difficile da credere dopo aver sentito un po’ della roba che prima è venuta fuori dalla bocca di tuo padre,” sputa fuori Kurt.
 
“Senti,” dice Blaine. “Ho- Ho solo immaginato di aver bisogno di qualcuno come te.”
 
“Cosa dovrebbe significare?” chiede Kurt, le sopracciglia aggrottate con sospetto.
 
Qualcuno che è gay. Qualcuno che cammina a testa alta e che sta sotto i riflettori. Qualcuno il cui padre lo supporta. Qualcuno che è riuscito a fare coming out con la sua famiglia ed essere accettato con nient’altro che amore.
 
La verità, la completa verità, è proprio sulla punta della lingua di Blaine, che implora di essere ascoltata. Ma Blaine non può dirlo. Non con suo padre. È troppo rischioso.
 
“Be’, sai, qualcuno che capisce tutta questa cosa,” è quello di cui invece si accontenta Blaine, facendo segno al palco. “So che tuo padre si è candidato a vice lo scorso mandato, ma è tutto un po’ un passo avanti per me. Nessuno di noi si sarebbe mai aspettato che papà si trovasse candidato alla presidenza.”
 
“Be’, allora, dovrei mandargli una bottiglia di vino e un mazzo di fiori per congratularmi,” lo schernisce Kurt. “Oh aspetta, forse avrà paura che ci stia provando con lui.”
 
“Senti, non ti sto chiedendo di farti piacere mio padre,” ragiona Blaine. Cavolo, a volte non piace neanche a me. “Voglio solo… Voglio che ci teniamo in contatto. Non ci sono tanti ragazzi che possono capire quello che stiamo passando. Tu puoi avere Finn, ma mio fratello è un disertore[i] per tutta la parte politica delle cose. Tutto quello che chiedo è qualcuno con cui parlare se le cose cominciano a stressarmi. Per favore?”
 
Sta supplicando, praticamente piangendo ai piedi del figlio del più grande opponente di suo padre, ma non può farne a meno. Blaine non ha nessuno. Nessuno che può capire cosa sta passando. E vuole solo disperatamente un amico.
 
Kurt stringe strette le labbra, ma sembra considerare le parole di Blaine. Blaine non può fare a meno di sentire che, nonostante Kurt appaia sulla difensiva, in fondo è molto più attento e rispettoso della maggior parte dei ragazzi che conosce. Gli occhi di Blaine sfrecciano in giro, controllando che nessuno sia nelle vicinanze, prima di fissare di nuovo gli occhi in quelli di Kurt.
 
“Prometto che non sono come mio padre,” dice sommessamente. Dà a Kurt quello che spera sia uno sguardo significativo. In effetti, non è proprio sicuro del significato che Kurt gli darà, o anche solo del significato che vuole che Kurt gli dia. Ma non vuole che Kurt pensi che è lo stesso genere d’uomo di suo padre, soprattutto quando, in realtà, è completamente diverso.
 
“Ragazzi, tutto bene qui?”
 
Sia Blaine che Kurt alzano lo sguardo mentre il Senatore Hummel, un sorriso forzato in faccia, cammina per raggiungerli. Ma prima che né Blaine né Kurt possano rispondere, un’altra voce interviene.
 
“Certo che sì,” dice il Senatore Anderson, dalla parte di Blaine. “Solo due ragazzi che vanno d’amore e d’accordo[ii], giusto?”
 
Butta un braccio attorno alla schiena di Blaine, stringendo la spalla di Blaine con un po’ più forza di quella con cui il ragazzo sia a proprio agio.
 
“Sì,” dice Blaine, tirandosi indietro quando si libera dalla presa di suo padre. Kurt alza un sopracciglio, ma Blaine ignora la critica nei suoi occhi. Invece, tira fuori dalla tasca un blocchetto e scribacchia il suo nome e numero, prima di strappare il pezzo di carta.
 
“Tieni,” dice, spingendolo nella mano di Kurt. “Sai, se hai voglia di accettare la mia offerta.”
 
Kurt guarda il pezzo di carta, impassibile, prima di spingerlo nella tasca con il suo iPod.
 
Be’, è qualcosa,pensa Blaine.
 
“Ragazzi, pronti per uscire di qui?” dice il Senatore Hummel, occhieggiando Blaine con sospetto – senza dubbio avrebbe interrogato Kurt una volta che fossero stati in privato.
 
Kurt annuisce, alzandosi.
 
“Ci vediamo in giro,” dice a Blaine, prima di seguire la famiglia dietro il palco.
 
Blaine non può evitare di fare un gran sorriso, salutando Kurt con un cenno. Ma appena gli Hudson-Hummel non sono più a portata d’orecchio, il Senatore Anderson comincia l’interrogatorio che Blaine sapeva sarebbe arrivato.
 
“A cosa si riferiva?” chiede il Senatore Anderson, in un tentativo di indifferenza, sebbene le sue sopracciglia siano aggrottate nella preoccupazione.
 
“Ho solo pensato che mi sarei fatto un po’ di amici durante la campagna mentre tu provi a farti nemici,” dice casualmente Blaine.
 
Il Senatore Anderson ride, scuotendo la testa e borbottando circa il senso dell’umorismo di Blaine. Ma il fatto è che Blaine era stato assolutamente serio, su ogni parola.
 
 


[i] Disertore: nell’originale, AWOL. Trattasi di una sigla militare che designa gli assenti ingiustificati (Absent WithOut Leave). Nell’esercito è considerato un reato grave, ma in italiano dire “assente ingiustificato” fa pensare più che altro alle assenze scolastiche, così ho preferito il verbo “disertare” che rende meglio la gravità della cosa.
[ii] Due ragazzi che vanno d’amore e d’accordo: nell’originale, “two boys getting along”. Qui c’è una chiara allusione al fatto che Burt parteggia per gli omosessuali. “Getting along” andrebbe tradotto con “che vanno d’accordo”, ma l’allusione sarebbe più sottile che nell’originale, in quanto “due ragazzi” (che in italiano può indicare anche due ragazzi di sesso opposto) non rende bene l’allusione che è implicita in “two boys” (che devono essere per forza dello stesso sesso). Quindi, per bilanciare il fatto che “due ragazzi” sia un’espressione abbastanza innocua, ho voluto aggiungere “d’amore” oltre che “d’accordo”. 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Una telefonata inaspettata ***


Note della traduttrice: dopo il feedback inaspettato per lo scorso capitolo – perché anche se le recensioni sono rare come pozze d’acqua nel deserto, io vedo quei numerini vicino a “seguita” e “preferita” – è arrivato il momento di chiarire come avverranno gli aggiornamenti.
 
Per ora aggiornerò una volta a settimana. La storia originale è ancora in corso e, anche se ho già una quindicina di capitoli su cui lavorare, Sammy aggiorna piuttosto lentamente. Quindi, a meno che io non venga sopraffatta dalle vostre richieste che m’implorano di aggiornare più spesso, ho deciso di prendere tempo finché la storia originale non sarà completa, perché non vorrei aggiornare troppo spesso e poi farvi rimanere all’asciutto in attesa che l’autrice scriva un nuovo capitolo.
 
Spero che pazienterete continuando a seguire questa fic.
 
Inoltre ho scelto un momento infausto per cominciare a pubblicare questa traduzione: domenica prossima partirò per una masterclass e ovviamente non avrò il computer con me, quindi il calendario è questo: aggiornerò di sabato invece che di domenica, poi una settimana salta e aggiornerò di nuovo il lunedì successivo – appena torno – e la domenica della stessa settimana.
 
Detto così è un po’ confusionario, ma in sostanza avrete tre aggiornamenti in tre settimane, dunque niente timore!


---
 
 
A dispetto dell’ottimismo di Blaine, una settimana passa senza contatti da parte di Kurt, e alla fine perde tutte le speranze di guadagnare l’amicizia di Kurt. Comunque era una cosa improbabile, ragiona Blaine. Specialmente quando la sua famiglia ha dato a Kurt ragioni più che sufficienti per tenersi alla larga da lui.
 
Ma una domenica pomeriggio, quando Blaine sta poltrendo sul letto cercando di finire i compiti di algebra, il suo telefono squilla. Blaine quasi non riconosce la propria suoneria – il suo amico Nick l’ha cambiata mentre non guardava in Teenage Dream di Katy Perry, un’ode all’ossessione di Blaine per la canzone nel secondo anno. Ora, Blaine controlla il cellulare, per vedere un numero sconosciuto sullo schermo. Fa subito per rifiutare la chiamata – i suoi genitori l’hanno assillato in numerose occasioni con i pericoli nel rispondere a un numero sconosciuto. Ma all’ultimo momento, Blaine si ferma. Magari non può riconoscere il numero, ma c’è un numero – non è nascosto. Certo qualcuno dei media non sarebbe così stupido?
 
La curiosità ha la meglio su lui, e accetta la chiamata, premendo il cellulare contro l’orecchio.
 
“Pronto?” Blaine saluta nervosamente il suo interlocutore, incerto su cosa, o chi, aspettarsi.
 
“Ma ciao, Anderson.”
 
Blaine fa quasi cadere il cellulare per la sorpresa. Non si può confondere quella voce, melodiosa con una sicurezza che ci sono voluti anni per ottenere.
 
“Kurt!” esclama Blaine. Probabilmente dovrebbe fingersi un po’ più distaccato, certo, ma è incapace di nascondere la sua felicità. “Hai chiamato!”
 
“Sì,” dice Kurt, e Blaine è sollevato nel sentire che non c’è sarcasmo nel suo tono. “Mi sono accorto che non hai il mio numero. Pensavo fosse solo giusto che siamo su piano equo per delle guerre di scherzi telefonici che potremmo avere in futuro.”
 
“È così?” lo stuzzica Blaine, appoggiandosi indietro sulla testiera. È pensieroso per un momento, prima di fare una domanda che non è sicuro dovrebbe fare. “Perché stai chiamando, in ogni caso? Tuo padre sembrava per così dire abbastanza arrabbiato sabato quando stavamo solo parlando.”
 
“Tecnicamente stiamo ‘solo parlando’ anche ora, sai,” puntualizza Kurt.
 
“Ma è diverso,” dice Blaine. “Voglio dire, prima di tutto, stavolta, tu hai cercato me. E devo dirlo, ne sono piuttosto sorpreso.”
 
Siamo pure solo noi stavolta, pensa Blaine. Non ci sono genitori a interrompere quando le cose sembrano essere troppo scomode. Niente telecamere che possono accendersi e puntarsi su loro in qualsiasi momento. Niente occhi indiscreti. Sono solo loro…
 
“Va bene, mi hai beccato,” concede Kurt. “Ho solo avuto un giorno un po’ turbolento e ho bisogno di qualcuno con cui parlare. Voglio dire, di solito chiamerei la mia amica Mercedes ma è fuori a un appuntamento – con un ragazzo assolutamente fantastico con cui l’ho sistemata, potrei aggiungere.”
 
“Immagino tu abbia buon gusto per gli uomini,” ride Blaine.
 
Controlla la porta aperta della sua camera e si affretta a chiuderla, pienamente conscio che sua madre sia proprio al piano di sotto a preparare la cena. Tornando a sistemarsi sul letto, sta per chiedere cosa disturba Kurt, quando Kurt riprende prima di lui.
 
“Sei diverso,” dice Kurt pensieroso.
 
“Scusa?”
 
Il panico sommerge Blaine. Merda, Kurt sa? È una cosa vera? Che se sei gay puoi percepire quando qualcun altro è gay, anche quando ci stai solo parlando?
 
“Intendo che sei diverso dal resto di quei conservatori,” dice Kurt. “Non lo so. C’è qualcosa in te che non grida ‘bigottismo’ e ‘odio’. Forse è per questo che sono abbastanza scemo da chiamarti.”
 
“Mi piacerebbe pensare che sono diverso, ma ehi,” Blaine fa cadere l’argomento che lo sta mettendo a disagio, abbassando la voce finché è tenue, rassicurante. “Vuoi parlare di quello che ti sta buttando giù?”
 
“Oh – ah,” Kurt esita, “no, va bene. Non ho bisogno di parlarne, penso. Ho solo bisogno di parlare.”
 
Ma Blaine avverte che non è tanto che Kurt non  ne vuole parlare quanto che non ne vuole parlare con Blaine. Guadagnare la fiducia di Kurt potrebbe risultare assai più difficile di quanto Blaine abbia pensato all’inizio.
 
“Oh okay,” dice Blaine, leggermente ferito. “Sei sicuro che – forse dovresti parlarne con Finn o qualcosa del genere?”
 
Vero, Blaine non ha cognizione di quanto Kurt e Finn siano realmente intimi, a parte che dalle presentazioni più-che-probabilmente distorte dei media. Blaine sa solo che, fra lui e Cooper, indipendentemente da quanto possano diventare distanti, se qualcosa andasse davvero storto, lui andrebbe dal suo fratellone.
 
“No, va bene, davvero,” lo liquida Kurt. “In ogni caso Finn e papà sono usciti a vedere una partita di basket, e non so se te ne sei accorto, ma il basket non è proprio cosa mia.”
 
“Stesso per me,” dice Blaine. “Io sono più un tipo da football.”
 
“Vedi, il football posso sul serio intraprenderlo,” ammette Kurt, “voglio dire, hanno le sciarpe.”
 
Blaine fa una risatina.
 
“Quindi fa tutto parte del piano di tuo padre allora?” domanda Kurt. Il suo tono è, per la maggior parte, giocoso, ma Blaine nota un pizzico di genuino sospetto. “Ti sta convincendo a fraternizzare col nemico, trovare qualcosa di losco in noi?”
 
“Sei sempre così scettico, vero?” dice Blaine. “Perché per te è così difficile credere che voglio solo essere tuo amico?”
 
“Perché i nostri genitori sono in corsa l’uno contro l’altro per la carica più alta, forse?” gli ricorda Kurt, come se fosse ovvio.
 
“È perché sono etero, vero?” chiede Blaine, fingendosi ferito.
 
“Scusa?” rilancia Kurt, la cordialità completamente sparita dalla sua voce.
 
“Ammettilo, Hummel,” continua Blaine, “se io fossi gay la considereresti una cosa davvero romantica, genere Romeo-e-Giulietta.”
 
“Ma non lo sei,” dice Kurt, simulando delusione, il suo tono ancora una volta amichevole. “Un tale peccato.”
 
“Comunque credimi, se lo fossi, tu saresti proprio il mio Romeo,” dice Blaine con civetteria.
 
“Scommetto che lo dici a tutti i figli gay degli opponenti alla presidenza di tuo padre,” dice Kurt, stando al gioco.
 
“Come l’hai saputo?” sussulta Blaine, finto-sorpreso.
 
Dall’altro capo della linea proviene la risatina di Kurt, il suono che strappa un immediato sorriso a Blaine.
 
“Sei proprio un cretino,” dice amabilmente Kurt. “Ehi, Blaine?”
 
“Hmm?” Blaine mormora nel ricevitore, un gran sorriso ancora scolpito sulla sua faccia.
 
Stavo sul serio pensando di non chiamare, sai.”
 
“Lo so, voglio dire, capisco,” dice Blaine con comprensione. Il suo stomaco si aggroviglia per lo sconforto, ma capisce.
 
Dà un’occhiata alla porta, controllando per essere sicuro che è ancora chiusa.
 
“Io – io ci credo, sai,” dice, la voce abbassata come misura preventiva.
 
“A cosa?” chiede Kurt curioso.
 
“Matrimonio tra persone dello stesso sesso. Parità di diritti – i tuoi diritti,” risponde Blaine. I miei diritti, pensa in un’aggiunta ai suoi pensieri.
 
C’è silenzio dall’altro capo, e la mancanza di replica rende Blaine nervoso. Forse Kurt pensa che Blaine sta mentendo, o che sta prendendo in giro Kurt? Ma, alla fine, Kurt parla.
 
“Non lasciare che loro lo sappiano,” è tutto quel che dice, un pizzico di giocosità nella sua voce.
 
Blaine si chiede chi siano ‘loro’. Kurt potrebbe intendere chiunque – la sua famiglia, il partito, i media – e avrebbe ancora senso. E Blaine lo odia – odia dover nascondere, non solo se stesso, ma le sue opinioni, a così tante persone.
 
“Non lo farò,” dice Blaine. Dà un’occhiata ai compiti incompiuti che sono sparpagliati per il suo letto. “Probabilmente dovrei andare. Ma Kurt?”
 
“Sì?”
 
“Grazie.”
 
Blaine non ha bisogno di menzionare tutto quello per cui lo ringrazia. La telefonata, un’opportunità, il trattarlo come se fosse una persona indipendente malgrado tutto quello che il partito di suo padre rappresenta. Kurt sa esattamente cosa intende.
 
“Di niente,” dice Kurt, spontaneamente, prima che la sua voce diventi seria. “Nel senso, ah, sul serio di’ niente a nessuno?[i] Almeno non ai media.”
 
“Kurt Hummel, ti vergogni di essere beccato a parlare con me?” scherza Blaine.
 
“Non fare domande di cui non vuoi conoscere la risposta,” punzecchia Kurt di rimando. “Notte, Blaine.”
 
“Buonanotte, Kurt.”
 
Quando la linea diventa silenziosa dal capo di Kurt, Blaine sa che Kurt sta solo scherzando. Ma il fatto che ci potrebbe ben essere della verità nelle sue parole fa venir male allo stomaco di Blaine.


---

 
A/N: E prima che qualcuno lo chieda, sì, scopriremo esattamente perché Kurt ha sentito la necessità di chiamare Blaine nel prossimo capitolo ;)
 


[i] “Di niente,” dice Kurt… “Nel senso, ah, sul serio di’ niente a nessuno?”: frase alquanto problematica; l’originale è: “Don't mention it," says Kurt… "As in, ah, don't actually mention it to anyone?”. Come è evidente, l’autrice ha utilizzato le stesse parole – don’t mention it – sia nella prima che nella seconda parte, ma con due significati diversi. Nella prima parte “don’t mention it” è una locuzione per dire “non c’è di che”, nella seconda invece assume il significato letterale di “non ne parlare”. In italiano la resa è impossibile, perché traducendo il significato si perde l’identità di termini – e dunque non si capisce che la seconda frase deriva direttamente dalla prima, come se Kurt attraverso le sue stesse parole ricordasse di raccomandarsi a Blaine – e traducendo l’identità di termini si perde il significato – in quanto dire già nella prima frase “non devi dirlo” o “non ne parlare” farebbe credere a un lettore italiano che Kurt stia già raccomandando a Blaine di tenere l’acqua in bocca, mentre invece si sta solo riferendo al suo “grazie”. In sostanza è un gran bel rompicapo e la mia scelta di termini sicuramente non è atta a risolverlo, ma è il massimo che ho potuto fare. Se avete consigli, li accetterò di buon grado.
 
Un’altra piccola nota della traduttrice: questo capitolo, così come lo vedete fin qui, note iniziali incluse, doveva essere pubblicato ieri. La morte di Cory me ne ha fatto passare la voglia. So che non c’entra molto, ma in un certo senso trovo ancora inopportuno pubblicarlo. Sarà che è citato anche Finn e mi fa strano farlo agire in una fanfiction sapendo che Cory non potrà più farlo agire nel telefilm. Per questa volta mi perdonerete.

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Notizie inaspettate ***


Note della traduttrice: è tanto carino vedere che state dando da mangiare a quel numerino vicino a “seguita”. Diventa grande e forte, e vi ringrazia.
 
Spero che la mia traduzione non vi stia dando perplessità di alcun genere. Come al solito io lascio le note a fine capitolo per tutte quelle espressioni che mi fanno mettere le mani nei capelli e, come al solito, vi invito a proferirmi i vostri consigli qualora trovaste soluzioni migliori delle mie.


---

 
Questo capitolo contiene l’uso di linguaggio omofobico – leggete a vostra discrezione.


---


 
Un mare di blazer rossi e blu scuro sciama attraverso le porte della Dalton Catholic di lunedì mattina. I ragazzi ridono e chiacchierano mentre si aggiornano a vicenda sugli eventi dei loro fine settimana. Nei corridoi, Blaine sta vicino al suo armadietto, svuotando il contenuto della sua tracolla quando è avvicinato da un ragazzo dai-capelli-scuri e un ragazzo biondo.
 
“Buongiorno futuro primo figlio,” lo canzona allegramente il ragazzo dai-capelli-scuri, i suoi caldi occhi nocciola illuminati con una felicità che è una certa rarità per questo periodo della settimana.
 
“Ehi, Nick,” dice Blaine, scoccando un sorriso al suo migliore amico da cinque anni. “Cosa ti ha reso così felice?”
 
“Ha avuto un veloce rendez-vous con Lily stamattina,” dice il ragazzo biondo, parlando della ragazza di Nick della loro scuola gemella, la Crawford Catholic Preparatory.
 
“Ah,” dice Blaine consapevolmente. Il suo sguardo si sposta su qualcosa nella mano del ragazzo biondo – una copia arrotolata del giornale mattutino. “Allora, Jeff, qualcosa in particolare che dovrei sapere riguardo stamattina?”
 
“Solo qualcosa su quegli idioti che hanno graffitato quel manifesto degli Hudson-Hummel,” dice Jeff.
 
Ma quello che non appare meritevole di novità a Jeff vince l’attenzione di Blaine, mentre si gira per guardare Jeff al completo.
 
“Scusa?”
 
“Oh,” dice Jeff, offrendo a Blaine il giornale da prendere. “Pensavo l’avessi sentito ormai – sono notizie abbastanza importanti.”
 
Blaine spiega il giornale e si dà un minuto per capire tutto a fondo. Occupante per metà la prima pagina c’è una foto di un manifesto degli Hudson-Hummel. Il Senatore Hummel e sua moglie stanno con le braccia l’uno attorno alla schiena dell’altra, sorridendo con calore. Affiancandoli da entrambi i lati ci sono Kurt e Finn, i due ragazzi che hanno le braccia incrociate sul petto. Ma scarabocchiata sugli occhi di Kurt c’è una parola che manda i brividi alla schiena di Blaine.
 
Frocio.
 
Blaine inspira bruscamente. Non manca di notare che le facce degli altri membri della famiglia rimangono prive di segni.
 
Il figlio del candidato alla presidenza Burt Hummel è stato obiettivo di quello che può essere descritto solo come un vile reato di odio. Un poster del diciottenne apertamente gay Kurt Hummel è stato vandalizzato ieri mattina presto. La polizia sospetta che dietro il fatto ci siano i sostenitori del conservatore John Anderson.
 
Mentre Blaine scorre lungo l’articolo, il suo stomaco si annoda per il crescente disgusto, finché legge finalmente l’ultima riga.
 
La famiglia Hudson-Hummel è stata informata dell’incidente ieri pomeriggio presto.
 
Ieri pomeriggio presto. Deve essere stato prima che Kurt chiamasse, pensa Blaine.
 
“Devo chiamare Kurt,” dice automaticamente Blaine, prima di avere il tempo di processare quello che sta dicendo, o di fronte a chi lo sta dicendo.
 
“Oh sì,” dice scettico Nick, “come se tu avessi Kurt Hummel tra le chiamate rapi- che stai facendo?”
 
Nick sembra completamente scioccato quando Blaine tira il cellulare fuori dalla tracolla per spulciare tra i suoi contatti.
 
“Chiamando Kurt,” risponde Blaine. Come se fosse la cosa più normale del mondo, che il figlio di un candidato alla presidenza chiami il figlio dell’altro.
 
“Ehi, stai ascoltando la segreteria telefonica di Kurt Hummel. Purtroppo, al momento non posso risponderti, ma-”
 
“Merda,” borbotta Blaine, chiudendo la chiamata e sbattendo il suo armadietto. “Devo andare da lui.”
 
“Aspetta un secondo,” dice Jeff, piazzando una mano sul petto di Blaine e fermandolo di fatto sul posto. “Da quando tu e Kurt siete così amichevoli?”
 
“Dall’ultimo dibattito quando ci siamo scambiati i numeri,” dice Blaine frettolosamente. Non ha proprio tempo per questa discussione in questo momento. “Senti, devo proprio andare per assicurarmi che sta bene.”
 
Jeff toglie la mano da Blaine e la alza a mo’ di sono-ancora-tanto-confuso-ma-fai-quello-che-devi-fare. Blaine sa che alla fine dovrà affrontare l’interrogatorio del suo amico, ma per ora si precipita lungo il corridoio in direzione delle porte, facendosi strada tra la massa di studenti diretti nel senso opposto.
 
“Scusami, Anderson!” chiama una voce improvvisamente.
 
Blaine impreca sottovoce, prima di girarsi per dare al signor Noakes un sorriso incerto.
 
“Buongiorno, signore,” dice. Dietro il signor Noakes, Nick e Jeff danno a Blaine sguardi comprensivi.
 
“Dove pensi di avviarti?” chiede il signor Noakes. “Le lezioni stanno per cominciare. Non starai pensando di prenderti un giorno libero, vero?”
 
“Certo che no, signore,” dice Blaine sommessamente. “Scusi, avevo la testa dall’altra parte[i].”
 
Fossero state circostanze diverse, Blaine avrebbe trovato divertente il doppio senso delle sue parole. Invece, torna indietro verso il suo armadietto, gemendo per la frustrazione appena è abbastanza lontano dal signor Noakes.
 
“Andiamo, dovrai solo parlargli dopo scuola,” dice Jeff con consolazione, quando tutti e tre si avviano per il corridoio.
 
“Sì, e nel frattempo, dacci il suo numero,” pretende Nick.
 
“Cosa?” dice Blaine, fissando Nick come se gli avesse appena chiesto dei Segreti di Stato. Che, ragiona Blaine, per di più potrebbe avere. “Nemmeno per sogno. Sei pazzo?”
 
“Oh andiamo,” si lagna Nick, e Blaine non può fare a meno di figurarsi in mente un bambinone troppo cresciuto. “Lily è ossessionata con Kurt!”
 
“Ehm,” dice Jeff, la sua confusione che parla sia per lui che per Blaine. “Perché, esattamente?”
 
“Non lo so,” Nick fa spallucce, “sto ancora provando a capire le ragazze, ma Lil ha questa fissa per i ragazzi gay. A dire la verità una volta mi ha detto che avrebbe voluto essere un ragazzo gay solo per poter frequentare un ragazzo gay.”
 
“Non è un po’ offensivo?” chiede Blaine, gli occhi stretti nella confusione.
 
“Probabilmente,” fa spallucce Nick. “Comunque, non c’entra con il partito di tuo padre o cose simili, Blaine. Sono sicuro che avrebbe voluto il tuo numero allo stesso modo se tu fossi stato quello gay-”
 
Buono a sapersi, pensa Blaine, sorridendo a se stesso.
 
“-so solo che mettere lei e Kurt in contatto mi farà guadagnare dei punti seri con lei, se sai a cosa mi riferisco.”
 
Nick lancia a Blaine e Jeff una suggestiva strizzata d’occhio proprio mentre raggiungono la classe di storia. Blaine semplicemente rotea gli occhi. Jeff, nel frattempo, fissa Nick a lungo e duramente prima di dire, “Non farci mai più l’occhiolino in quel modo.”
 
Blaine non può fare a meno di ridacchiare mentre lui e Jeff vanno a prendere i loro posti. Dietro di loro, Nick sta sulla porta per un momento e grida un confuso “Quello è un no, allora?” prima di seguirli dentro.
 


[i] Avevo la testa dall’altra parte: qui, anche stravolgendo il testo originale, il doppio senso nelle parole di Blaine rimane impercettibile, ma purtroppo è impossibile dargli la stessa immediatezza che ha in inglese. La frase originale, infatti, è “wasn’t thinking straight”, che andrebbe tradotta “non stavo pensando lucidamente”. “Straight”, però, in inglese significa anche etero, quindi il doppio senso sta nel fatto che la frase potrebbe essere interpretata come “non stavo pensando da etero”. In italiano non ho trovato altri modi per tradurla se non con espressioni del tipo “avevo il cervello invertito” o “ero dall’altra parte” perché – non so se da voi si usa – per dire che qualcuno è gay spesso si dice che è “invertito” o che è “dall’altra parte”, dunque ho preferito giocare, invece che sull’etero, sul gay, che nella nostra lingua ha più sinonimi fraintendibili. Ovviamente non si può dare la stessa carica del testo originale, dove “etero” rimpiazza alla perfezione “lucidamente” perché, oh, si dice uguale. 

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Di strade secondarie e gelato ***


Note della traduttrice: Chiedo perdono in ginocchio. Dopo la masterclass non sono riuscita ad aggiornare due volte. Mi dispiace avervi fatto aspettare tanto, ma, se trovo il tempo, mi rifaccio la prossima settimana aggiornando due volte, anche perché il prossimo capitolo è piuttosto corto.
 
In cambio della mia negligenza potreste lasciare qualche recensione, perché non sono mai troppo pigra per leggerle e rispondere. E poi dovete insultarmi perché non mantengo le promesse, e qual è il modo migliore per farlo se non recensendo? :)
 

AN: Spero non sia troppo ovvio con questo capitolo che in realtà non sono mai stata a Washington. Poi, probabilmente avrete notato che ho basato un po’ troppo i vestiti di Kurt sul suo guardaroba della quarta stagione perché, be’, in questa stagione è semplicemente fantastico.
 
Una cosa che devo chiarire prima che leggete, comunque. Non prendete la reazione di Kurt alla situazione come se io ammettessi, o facessi passare sotto silenzio, l’uso di insulti omofobici, ma solo come la reazione di un personaggio di finzione.
 
A posto, per ora questo è, quindi divertitevi :)
 

---


Quando la giornata scolastica giunge a termine, Blaine dà un veloce saluto a Nick e Jeff prima di uscire di corsa dalla classe. Una camminata veloce di-dieci-minuti dopo e sta giusto fuori dalle porte del McKinley Day School, dove entrambi i ragazzi Hudson-Hummel sono iscritti.
 
Blaine scruta tra la massa di studenti che stanno uscendo in fila dall’edificio scolastico principale, prima che i suoi occhi vengano a posarsi su Kurt. Vestito di un trench bianco-sporco nonostante il clima mite, sembra perso nei propri pensieri, senza compagnia mentre gli altri studenti gli camminano intorno. Blaine ne approfitta per comporre il numero di Kurt. Guarda mentre Kurt controlla lo schermo prima di spingere il cellulare sull’orecchio.
 
“Ehi?” dice Kurt interrogativamente, e Blaine guarda da lontano mentre la faccia di Kurt assume un’espressione inquisitoria.
 
“Ehi,” dice Blaine. “Guarda verso le porte.”
 
Kurt si gira per vedere direttamente dove sta Blaine, con una mano alzata per catturare l’attenzione di Kurt. Nell’individuare Blaine, l’espressione di Kurt si fa grave. Si volta immediatamente indietro e ritorna nell’edificio contro la folla.
 
“Blaine!” sibila Kurt nel cellulare. “Non dovresti essere qui!”
 
“Lo so,” dice Blaine. “So che è rischioso, mi dispiace, ma voglio parlare dell’articolo.”
 
“Vai a casa, Blaine,” ordina Kurt.
 
“Ma-”
 
“Blaine,” dice Kurt con fermezza. “Torna indietro e vai a casa. Cambiati l’uniforme, prendi un cappellino da baseball, occhiali da sole, mettiti qualcosa che non attiri l’attenzione su di te e magari per una volta dimentica anche il gel. Poi voglio che prendi la metro-”
 
“Aspetta, dammi un secondo,” interrompe Blaine.
 
Recupera carta e penna dalla tracolla e scribacchia le coordinate mentre Kurt gliele snocciola.
 
“A posto,” dice Blaine, guardando il pazzo di carta. “Allora penso di vederti tra un po’.”
 
“Sì,” dice Kurt. “Ci vediamo.”
 
Un’ora dopo, Blaine si sta facendo strada per un sobborgo in cui non è mai stato prima, nonostante abbia passato la maggior parte della sua vita vivendo a Washington. I suoi occhi sono incollati alle istruzioni che ha scritto durante la chiamata mentre gira l’angolo di un caseggiato in una strada secondaria deserta.
 
“Vedo che hai trovato la strada incolume.”
 
Blaine sussulta, staccando gli occhi dal foglio nelle sue mani fino a che il suo sguardo non si posa sulla fonte della voce. Kurt ha la gamba piegata dietro di lui, il piede poggiato sull’esterno in mattoni del complesso di appartamenti. Il suo abbigliamento è assai diverso da tutte le volte che Blaine l’ha visto sia di persona che attraverso la copertura dei media. Si è disfatto del cappotto bianco che aveva addosso prima, indossando al suo posto una non identificabile camicia grigia allentata che è allentata abbastanza per scoprire le grosse spalline della canottiera nera di sotto. I capelli non sono acconciati nel loro usuale ciuffo – di cui Blaine ricorda che Nick ha detto che Lily va particolarmente pazza – e i penetranti occhi azzurri sono fuori portata visiva dietro dei grossi, scuri occhiali da sole. Se Blaine non fosse venuto appositamente per incontrare Kurt, probabilmente non l’avrebbe riconosciuto affatto.
 
“Be’, questa è nuova,” dice Blaine, camminando verso Kurt dopo essersi ripreso dallo shock iniziale. “Esce un nuovo numero di Vogue di cui non sono a conoscenza?”
 
“Adesso non fare troppo il presuntuoso, Anderson,” dice Kurt, sollevando gli occhiali da sole. “Dovrai imparare a vestirti più informale se vuoi che continuiamo a incontrarci così.”
 
Blaine si concede un momento per sentirsi gioioso che sia Kurt quello che menziona di incontrarsi di nuovo, finché non nota gli occhi di Kurt che viaggiano su e giù per la sua figura, inquadrando i suoi jeans scuri e la sua polo col colletto.
 
“Ehi,” dice Blaine, sentendosi leggermente esposto. “Ci ho provato. Ero solo preoccupato che qualcuno potesse vedermi – ho una certa reputazione da mantenere che mi piaccia o no, sai.”
 
“È proprio questo il punto, Blaine. Di attirare meno l’attenzione su di te,” dice Kurt, come fosse ovvio. Sospira. “Be’, almeno hai mollato il gel.”
 
“Sei incoraggiante,” dice Blaine, roteando gli occhi. È sicuro di vedere le labbra di Kurt curvarsi leggermente all’insù in un sorriso a metà mentre guarda per terra. Ma Blaine non ha il tempo di godersi quel che l’osservazione fa al suo io, quando ricorda il motivo per cui si stanno incontrando in primo luogo. Prima che possa dire qualcosa, è Kurt a tirarlo fuori.
 
“Suppongo che tu abbia visto i giornali,” dice, un sorriso disinvolto che fa leva sulle sue labbra che Blaine non può credere di star vedendo.
 
“Sì,” afferma Blaine. “Kurt, mi dispiace tanto! Stai bene? Chiunque l’abbia fatto, è stato proprio… terribile.”
 
“Oh, Blaine,” dice Kurt, scuotendo la testa mentre calcia via il muro.
 
Fa cenno con un movimento della testa a Blaine di camminargli a fianco, e Blaine lo fa, completamente perplesso.
 
“Ci sono abituato,” continua Kurt. “La gente mi ha rotto le palle tutta la vita, sia per la mia sessualità che per i miei look o la mia voce, e la politica non ne sarà esattamente esente.”
 
Blaine fissa Kurt, ancora sorpreso di come sembri prendere con leggerezza l’intera situazione.
 
“Mi stai dicendo che sul serio non ti dà fastidio?” chiede Blaine. Se qualcosa del genere fosse capitata a lui, si sarebbe sentito completamente umiliato, probabilmente scegliendo di non uscire più in pubblico. Per non dire quanto gli avrebbe fatto male.
 
“Non tanto,” Kurt fa spallucce. “Non sto dicendo che non sia una cosa orribile da fare, ma praticamente diventa solo qualcosa con cui ho dovuto convivere. Papà era abbastanza arrabbiato quando è venuto a casa e ha sentito la notizia, comunque.”
 
“Aspetta,” dice Blaine, il suo cervello che lavora per fare due più due. “Vuoi dire, l’hai scoperto prima di lui?”
 
“Sì,” dice Kurt. “Qualcuno dal lavoro di papà ha chiamato dopo che tutti se n’erano andati per il basket. In pratica ho dovuto implorarli di non chiamare papà fino a dopo la partita. Era da tanto che non passava una serata tranquilla, sai? In ogni caso, era ancora abbastanza furioso quando è tornato a casa.”
 
Blaine guarda fisso Kurt, a bocca leggermente aperta, finché Kurt non arrossisce sotto il suo sguardo e chiede, con imbarazzo, “Cosa?”
 
“Sei così – wow,” dice Blaine, a malapena preoccupandosi del fatto che non abbia alcun senso. “Voglio dire, la maggior parte dei ragazzi che conosco si andrebbero a lamentare con i loro genitori di non essere entrati nella squadra della scuola, e qualcuno ti chiama in quel modo e tu non vuoi nemmeno che tuo padre lo sappia?”
 
Kurt sventola una mano, ma il colore sulle sue guance rimane.
 
Ora hanno percorso l’intera lunghezza della strada, la strada secondaria che finisce su una strada leggermente più affollata che è affiancata da piccoli negozi da entrambi i lati. Il marciapiede è fitto di persone. Le madri stringono le mani dei loro bimbi piccoli mentre scartabellano tra le liste della spesa, quelli più piccoli che si guardano attorno curiosi con gli occhi spalancati; le ragazze, ancora con l’innocenza della loro gioventù, camminano per la strada con gli zaini colorati, rifiutando di sciogliere le loro braccia, più che altro per l’irritazione delle strisce pedonali occupate; i negozianti richiamano i passanti per i prezzi ridotti di fine-giornata… Blaine non ha mai visto niente di simile. I suoi giri per negozi sono limitati alle outlet dei centri commerciali, le sue esperienze gastronomiche esclusivamente ai ristoranti a cinque stelle. Questo per lui è come un mondo totalmente nuovo.
 
“Ho vissuto a Washington tutta la vita e non sono nemmeno mai stato qui,” ammette Blaine, guardandosi intorno con meraviglia.
 
“Paradossalmente, questa è la differenza tra il figlio di un senatore di Washington e il figlio di un senatore dell’Ohio,” dice Kurt. “In verità la nostra famiglia non è mai stata incredibilmente benestante. Ai tempi in cui papà doveva mantenere la casa in Ohio in aggiunta a un posto qua a Washington, ha vissuto qui.”
 
“Davvero?” chiede Blaine con sorpresa, facendo sì che Kurt gli alzi un sopracciglio. “Voglio dire, è bello. Solo non avrei immaginato un senatore che vive qui, tutto qua.”
 
“Papà non ci badava tanto,” Kurt fa spallucce. “Le persone qui sono amichevoli, le cose sono poco distanti. Ma poi sono andato alle superiori e un paio di ragazzi hanno deciso che era loro missione rendere la mia vita un inferno vivente.”
 
Blaine è senza parole per come Kurt menzioni casualmente i suoi problemi passati.
 
“Papà ha suggerito di trasferirmi qui a vivere con lui – le persone qui sono più carine, ha detto, più tolleranti, e alla fine avrei lasciato l’Ohio. Così l’ho fatto, e poi Finn, l’adorabile scemo che è, ha detto che per nessuna ragione sarei andato da qualche parte senza di lui. E poi Carole ha fatto notare che per nessuna ragione avrebbe custodito una casa vuota. Così ci siamo trasferiti tutti qui. Papà deve ancora fare visita in Ohio, ovviamente, ma ora lì abbiamo solo un piccolo appartamento al posto della nostra vecchia casa. E visto che papà non deve sempre tornare a Lima per vederci, può visitare posti diversi in Ohio durante i suoi viaggi a casa, che penso piacciano.”
 
Blaine annuisce. La vita di Kurt sembra molto più complicata di quanto avesse immaginato all’inizio.
 
Kurt guarda su e giù per la strada.
 
“Ti va un gelato?” chiede.
 
“Sempre,” risponde Blaine con entusiasmo.
 
Kurt gli fa un gran sorriso prima di prendere il gomito di Blaine. Blaine guarda giù dove Kurt lo sta afferrando, chiedendosi se significhi qualcosa.
 
Non essere ridicolo, Blaine pensa tra sé e sé, lui pensa che sei etero, ricordi?
 
Kurt guida Blaine verso una piccola gelateria a pochi negozi di distanza. È piccola, con solo poche decine di centimetri per i clienti per aspettare di fronte al bancone, dietro il quale sta un uomo gioviale con il grembiule bianco.
 
“Giorno, Kurt,” dice l’uomo, “tutto a posto?”
 
“Va bene come sempre, grazie signor Clarke,” risponde allegramente Kurt. “Che fanno Peter e Emily?”
 
“Fanno ancora imbestialire la loro mamma, questo è certo,” dice il signor Clarke. “Cosa posso dare a voi du- oh.”
 
È allora che gli occhi del signor Clarke dardeggiano di sbieco per inquadrare Blaine. Ma, con gran sollievo di Blaine, è risparmiato dallo sguardo d’odio che è abituato a ricevere quando viene riconosciuto da qualcuno che ovviamente non crede in ciò per cui suo padre parteggia. Il signor Clarke dà a Blaine solamente un sorriso educato.
 
“Dica, signor Clarke,” dice Kurt con fare cospiratorio, guardando dal signor Clarke a Blaine e di nuovo indietro. “Non direbbe a nessuno del suo nuovo cliente, giusto?”
 
“Certo che no,” dice il signor Clarke, guardando di nuovo Kurt e sorridendogli ampiamente. “Ora, cosa prendete?”
 
Blaine insiste per pagare il gelato – dice che è il minimo che può fare, il che fa roteare gli occhi a Kurt, ma non discute. La gelateria non ha sedie o tavoli, così Kurt e Blaine prendono posto sul ripiano proprio lì fuori, guardando il trambusto delle strade mentre mangiano i loro gelati.
 
“Non riesco a credere che tu abbia anche avuto voglia di parlarmi dopo tutto quanto,” dice Blaine con calma, gli occhi fissati sulla sua pallina di gelato alla menta.
 
“Non l’hai fatto tu, Blaine,” dice gravemente Kurt, girandosi per guardare in faccia Blaine.
 
“Come fai a saperlo?” chiede Blaine con aria implorante. “Mi conosci a malapena.”
 
“Blaine, con me sei stato niente tranne che decente da quando ci siamo incontrati,” dice Kurt. “Non vedo perché non dovrei fidarmi di te.”
 
“Ma questo non spiega affatto perché mi hai chiamato direttamente dopo averlo scoperto,” insiste Blaine.
 
“Penso che su un certo piano avessi bisogno di sapere per certo che non eri tu,” dice Kurt. “Che non tutti nel tuo partito sono così crudeli, che alcuni di voi sanno come essere degli esseri umani decenti.”
 
“Cosa avresti fatto se non ti avessi dato quella conferma?” chiede Blaine con calma.
 
“Oh, non sarebbe successo,” dice Kurt risolutamente. “Sei venuto da me,” dice, come se fosse la cosa più semplice del mondo. “Mi hai trattato come qualcuno con cui vale la pena parlare, come qualcuno con delle opinioni che contano. Voglio dire, probabilmente è qualcosa che dai per scontato. E, non fraintendermi, anche la maggioranza delle persone mi tratta così. È solo che un sacco dei vostri amici conservatori praticamente arricciano il naso ogni volta che ci incontriamo.”
 
Blaine annuisce, incerto anche su cosa potrebbe dire a proposito. Fissa la strada, dando un paio di leccate al suo gelato, prima di parlare di nuovo.
 
“Ti- Kurt, ti posso chiedere una cosa?” dice esitante.
 
“Praticamente l’hai già fatto,” scherza Kurt, sorridendo a Blaine, “ma vai avanti.”
 
“Com’è?” chiede Blaine con calma.
 
“Com’è cosa?” Kurt batte le palpebre.
 
Blaine ha pensato la domanda piuttosto ovvia, ma comunque chiarisce per Kurt.
 
“Sai,” dice Blaine, “essere dichiarato e gay, e con tuo padre nella posizione in cui è e-”
 
“Oh mio Dio,” sussurra Kurt sottovoce, uno sguardo scandalizzato sulla faccia. “Tu davvero… non hai mai incontrato prima qualcun altro che fosse gay, vero?”
 
Blaine scuote la testa.
 
“Come fai a non essere uno stronzo omofobico? Non hai mai incontrato qualcuno gay, sei cresciuto in quel partito, tuo padre è un tale idiota – scusa se te lo dico – e sembri ancora così decente.”
 
“Nessuno ha davvero mai una scusa per non essere un essere umano decente,” dice Blaine con una scrollata di spalle.
 
“Be’, tu ne sei l’eccellente esempio,” dice Kurt, scuotendo la testa nell’incredulità.
 
“Comunque com’è?” chiede di nuovo Blaine.
 
“È… accettabile suppongo?” Kurt fa spallucce. “Non conosco niente di diverso. Sono dichiarato dall’inizio delle superiori, e anche prima di allora mio padre ha sempre tipo saputo che c’era qualcosa. Immagino che tutti sapessero. Toccava solo a me confermarlo per certo. E a volte la gente ti rompe le palle ma alla fine della giornata ti sembra solo normale, sai? Quindi non ho davvero niente con cui confrontarlo.”
 
“È difficile?” chiede Blaine con calma, guardando negli occhi di Kurt. “Quando ti rompono le palle?”
 
“Non succede troppo spesso,” Kurt fa spallucce. “Specialmente non ora che sono più grande, e che tutti gli altri attorno a me sono più grandi. Sono sicuro che ci sono un sacco di persone che pensano cose ma frenano la loro lingua. E io praticamente mi circondo di persone che mi accettano. Ma si faceva davvero sentire. E non solo per essere gay, ma per come sono gay.”
 
“Non sapevo ci fossero vari gradi,” dice Blaine, le sopracciglia aggrottate.
 
Kurt ride.
 
“Be’, come sono evidentemente gay,” dice Kurt. “Ricordo di essere tornato a casa un giorno seccato che non ero stato scelto per la parte principale in West Side Story perché pensavano che fossi ‘troppo una signorina’. A quel punto ero solo così stufo di essere un unicorno.”
 
“Un cosa?” chiede Blaine, sicuro di aver sentito male.
 
“Un unicorno,” spiega Kurt. “Qualcuno che sa di essere magico e non ha paura di dimostrarlo. È una cosa che una mia amica di scuola ha detto che ero. È un po’ un personaggio. Comunque,” Kurt scuote la testa per riprendere il filo, “quando l’ho detto a mio padre, mi ha praticamente detto che forse avevo bisogno di trovare dei ruoli che soddisfacessero meglio quel che sono. E che un unicorno senza il corno è solo un cavallo.”
 
“Wow,” dice Blaine, completamente impressionato – e completamente invidioso. “Tuo padre sembra fantastico.”
 
“Lo è davvero,” dice Kurt, e Blaine può sentire il tono affettuoso nella sua voce. “Comunque che mi dici di te?”
 
“Che ti dico di me?” chiede Blaine, sorpreso di avere il centro della conversazione spostato così improvvisamente su di lui.
 
“Deve esserci qualcosa in tutta questa situazione che ti disturba,” dice Kurt, piegando la testa. “Difficoltà a trovare una ragazza, forse?”
 
Blaine ancora una volta sente l’urgenza di dirlo a Kurt, di rivelare la sola cosa che non ha mai avuto il coraggio di dire a nessuno. Ma non può. Forse un giorno, lo farà. Ma proprio ora, è troppo presto.
 
“A… a me tipo non piace avere delle aggiunte o roba simile per la valutazione ogni volta che vengo portato via per aiutare la campagna,” dice Blaine, e non è una completa bugia. “Mi fa sentire come se avessi un trattamento speciale.”
 
C’è un momento di silenzio, prima che Kurt lasci uscire uno sbuffo di risata.
 
“Davvero?” dice, chiaramente divertito. “Questa è la tua più grande preoccupazione? Wow, dev’essere davvero grandioso essere benestante ed etero.”
 
“Sì,” dice Blaine distante. “Dev’esserlo.”
 

Altre note della traduttrice: in questo capitolo tradotto di fretta e furia e, grazie al cielo, privo di giochi di parole o altre cose strane, mi mancava un po’ lo spazietto delle “pene da traduttrice” qui sotto. Così ho deciso di farvi un paio d’appunti pressappoco inutili per dimostrarvi quanto mi impegno nella resa stilistica (pffff).
 
Il primo riguarda il nome Washington, che io ho riportato, riporto e continuerò a riportare sempre come tale, mentre nell’originale l’autrice fa spesso uso del nome DC. In italiano mi pare cacofonico scrivere frasi come “Ho sempre vissuto in DC”, quindi Washington sia, e scusate se vi informo solo ora di questa scelta.
 
Il secondo appunto riguarda i sistemi di misura. In questo capitolo mi sono imbattuta per la prima volta nei piedi come misura di lunghezza e più avanti nella fic si troveranno ancora piedi e pollici sparsi qua e là. Mi sembra opportuno convertire tutto nel Sistema Internazionale di Misura – d’altronde lo fanno anche i traduttori di professione. Dunque non temete: continuerete ad avere i vostri metri e centimetri.
 
Ora andate alla pagina recensioni e fate il vostro dovere!  
 
 
 
 
 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Confessando tutto ***


Quando arriva a casa, non appena Blaine oltrepassa la soglia, una voce chiama dal soggiorno.
 
“Carino da parte tua tornare finalmente a casa,” dice severamente il Senatore Anderson.
 
Blaine gela nel mezzo di togliersi le scarpe coi piedi. Naturalmente, ha provato a prepararsi per questo momento durante tutto il tragitto verso casa, ma questo non l’ha reso completamente privo di paura. Prende qualche secondo per ricomporsi, prima di camminare per il soggiorno. Suo padre siede in una poltrona beige, sfogliando un giornale, ancora vestito della camicia e i pantaloni del lavoro della giornata.
 
“Ehi, papà,” lo saluta Blaine, tentando l’indifferenza. “Come è andata la giornata?”
 
“Bene,” dice con piattezza il Senatore Anderson, gli occhi incollati al suo giornale, “finché non sono venuto a casa per scoprire che mio figlio non era ancora a casa.” Guarda Blaine, gli occhi che corrono su e giù per la sua figura. “E non hai l’uniforme. Non mi dire che hai completamente saltato la scuola.”
 
“Sono venuto a casa e mi sono cambiato, veramente,” dice Blaine, piuttosto sulla difensiva.
 
“Blaine, non è bene se non so dove sei,” dice il Senatore Anderson, mettendo da parte il giornale. “Solo ieri hanno scoperto del vandalismo riguardo il ragazzo degli Hummel e pensano che fosse uno dei nostri sostenitori.”
 
“Sai che non avrei mai fatto qualcosa del genere, papà,” dice Blaine, quasi supplicante.
 
“Lo so, Blaine, ti ho cresciuto bene,” dice il Senatore Anderson, e Blaine resiste all’impulso di roteare gli occhi. “Non è necessariamente ciò che penseranno i media, comunque.” Nel vedere che Blaine ne sembra imperturbato, il Senatore Anderson dà un sospiro di rassegnazione. “Dov’eri, in ogni caso?”
 
“Mi-” Blaine esita. Per un attimo, contempla di mentire. Ma ha già abbastanza da nascondere, e non c’è modo che possa sopportare di nascondere dei segreti in più. Oltretutto, è inevitabile che suo padre scopra di lui e Kurt prima o poi. “Mi stavo vedendo con Kurt.”
 
“Kurt?” ripete il Senatore Anderson, gli occhi che si spalancano per la sorpresa. “Intendi il ragazzo degli Hummel?”
 
“Sì,” dice Blaine. “Ho- abbiamo solo parlato un po’.” Incespica sulle parole, a dispetto del fatto che non ha niente da nascondere. “Ho pensato che sarei dovuto andare a vederlo, dopo quello che è successo col manifesto; vedere se sta bene.”
 
Il Senatore Anderson fissa Blaine con aria pensierosa. Il lungo silenzio comincia a mettere Blaine a disagio, e si sta proprio chiedendo se dovrebbe spiegarsi meglio quando suo padre parla.
 
“Va bene.”
 
Blaine batte le palpebre. Per la seconda volta quel giorno, è sicuro di aver sentito male completamente.
 
“È perfetto, in realtà,” riflette ad alta voce il Senatore Anderson e sì, Blaine ha sentito correttamente. “Hanno provato a limitare il danno tutto il giorno, e quale modo migliore di riparare tutto questo casino che avere mio figlio che è amico del figlio gay di Hummel?”
 
“Kurt e io avevamo un profilo abbastanza basso durante tutta la cosa, comunque,” dice Blaine. “E chiunque ci abbia riconosciuti non lo direbbe proprio a nessuno.”
 
“Hmm, speriamo che qualcuno divulghi una notizia,” dice il Senatore Anderson. “I media prenderanno per buono qualsiasi cosa di politico in questi giorni. Per non dire che potrebbe fare meraviglie per l’accordo bipartisan dopo lungo la pista.”
 
“Giusto,” dice Blaine con incertezza, ora sentendosi a disagio data la sua promessa a Kurt di mantenere silenziosa la loro amicizia. “Ehm, comunque, ho un sacco di compiti che devo mettermi a fare, papà.”
 
“Certo,” dice il Senatore Anderson, e Blaine può assicurare che sia di umore assai migliore dal modo in cui non coglie nemmeno l’opportunità di rimproverare Blaine ancora una volta. “Tua madre fa l’adobo per cena, tra parentesi, quindi accertati di essere pronto per mangiare tra un’ora o giù di lì.”
 
“Sicuro,” rinvia Blaine.
 
Appena si è rifugiato nella sua stanza, il cellulare di Blaine gli vibra in tasca. Lo recupera per trovare un messaggio da Kurt.
 
Kurt; 18:45: Non ti ho mai propriamente ringraziato per oggi. Non avevo realizzato quanto ne avessi bisogno. Mercedes è stata così impegnata di recente, e Finn è sempre occupato col football, era bello avere qualcuno con cui parlare.
 
Blaine sorride a se stesso, prima di digitare una risposta.
 
Blaine; 18:47: Non c’è di che. Se mai avrai bisogno di qualcuno con cui parlare, sono qui. Anche se segretamente potrei starti spiando :P
 
Kurt; 18:50: Ahah grazie. E, ah, mi dispiace se ho fatto sembrare che stessi ignorando i tuoi problemi oggi. Anch’io voglio essere lì per te. Potresti non avere persone che ti odiano per chi sei, ma non significa che non ti sentirai solo.
 
Blaine; 18:53: No, va bene! Per di più, ti è appena successa tutta quella cosa del manifesto, sono abbastanza sicuro che sarebbe stato egoista da parte mia concentrarmi sui miei problemi.
 
Kurt; 18:56: Oh, grazie. Ehm, a proposito, ho tipo detto a papà che ci siamo visti. Spero che ti vada bene. Lui veramente pensa che se viene fuori non sarebbe così male. Probabilmente buono per l’accordo bipartisan, ha detto.
 
Blaine; 19:01: Già degno che se ne parli ai tuoi genitori, sono :P Ma no, va bene. In realtà anche tu sei praticamente spuntato fuori nella conversazione oggi, e papà è d’accordo. Era ancora piuttosto seccato che sono tornato a casa tardi. Giuro che in questi giorni non gli piace che io vada da qualche parte.
 
Kurt; 19:04: Uh, a chi lo dici! E so pure che ora sarà anche più difficile uscire visto l’incidente col manifesto. Papà sta già provando a rafforzare la sicurezza.
 
Blaine; 19:05: Che rottura. Immagino significhi che non ti vedrò per un po’, ehi?
 
Kurt; 19:07: Hai immaginato bene. Il che è seccante :( E ho una pila di compiti che probabilmente dovrei mettermi a fare, quindi probabilmente dovrei andare. Notte Blaine!
 
Blaine; 19:08: Uguale. Notte Kurt :)
 
Blaine fissa il cellulare, rileggendo la conversazione tra lui e Kurt come… be’, come un adolescente innamorato. Non lo è, comunque, certo che no. Ma non negherà che la faccina triste di Kurt al non potersi vedere regolarmente gli dà speranza. Ma gli si chieda per cosa gli dà speranza, e lui non saprebbe cosa dire…


---

 
Note della traduttrice: Anche qui, in assenza delle note classiche di fine capitolo, vorrei fare un appunto. Trattasi di un altro rompicapo che mi ha rallentata nel lavoro facendomi perdere almeno un quarto d’ora, ma non lo inserisco nelle note classiche – quelle con i numerini di riferimento che fanno molto “professionista”, per intenderci – perché sono riservate alle espressioni che presentano delle vere e proprie discrepanze con l’originale, tanto per cause di forza maggiore che per una mia scelta stilistica tesa a rendere meglio il significato del testo inglese.

Qui invece mi volevo soffermare sul “Già degno che se ne parli ai tuoi genitori, sono” di Blaine, che nell’originale è pressoché identico, ma visto che sono perfezionista faccio le mie puntualizzazioni inutili. Il fatto è che questa frase in italiano è davvero orribile, ma dovevo fare la mia scelta tra il tenere la struttura della frase originale e il tradurre in modo più carino e comprensibile. Ovviamente ho scelto di tenere la struttura per non cedere all’arbitrarietà. In ogni caso, una parte di me avrebbe voluto scrivere “Merito già che si parli di me ai tuoi genitori”.

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Combattendo battaglie mai intraprese ***


Note della traduttrice: Mi hanno costretta a feste forzate. Non è assolutamente colpa mia.
 
Comunque, alla fine è arrivato. Vi aspetto domenica per il prossimo. E, ancora, se avete domande o consigli sulla traduzione, io sono qui.


---

 
AN: Avvertenza per linguaggio omofobico e descrizioni di violenza e risse.


--

 
Il venerdì venturo segna l’inizio della stagione di football, e Blaine, Nick e Jeff decidono, come diplomandi, di andarci per aiutare ad accrescere un poco l’orgoglio della Dalton alla partita d’apertura contro il St Mark’s High.
 
“Stasera viene Lily,” dice con eccitazione Nick mentre si fanno strada verso gli spalti.
 
“Certo che viene,” dice Jeff.
 
I ragazzi sono vestiti con i pantaloni e la cravatta della loro scuola, i blazer abbandonati nella macchina di Jeff dopo un salto pomeridiano per il gelato. Blaine ha fatto presto a dire che non era neanche lontanamente buono come il posto in cui l’ha portato Kurt lunedì pomeriggio, promettendo di portarci Nick e Jeff un giorno prima di diplomarsi.
 
Gli occhi di Jeff perlustrano la folla traboccante. Lascia uscire un fischio basso.
 
“Grande folla,” commenta. “Mi piacerebbe vedere la metà di queste cifre a una partita di calcio.”
 
“O un dibattito interscolastico,” aggiunge Nick.
 
“O un’esibizione corale,” aggiunge Blaine.
 
Blaine, Jeff e Nick si scambiano sguardi di comprensione. Non è che siano impopolari, tutt’altro. Ma tutti e tre trovano solo antipatico, a volte, fare qualcosa così bene e non essere apprezzati per quello semplicemente perché non è qualcosa che chiunque altro ama.
 
“Saremmo dovuti diventare giocatori di football,” dice Jeff, alquanto amaramente. “Avremmo potuto avere tutte le ragazze, anche.”
 
“Parla per voi,” dice Nick con orgoglio, individuando Lily nella folla e salutandola con la mano.
 
Blaine e Jeff si scambiano un’occhiata prima di roteare gli occhi. Sono felici per Nick, certo che lo sono – è il loro migliore amico, dopotutto. Solo che non vedono come avere una ragazza in diciotto anni di vita lo renda il grande stallone che sembra pensare di essere.
 
“Ehi, dai un’occhiata,” dice Nick, colpendo Blaine sul petto e vincendo di fatto la sua attenzione.
 
Blaine guarda nella direzione verso la quale Nick sta accennando con la testa. In piedi a fianco a Lily sta una ragazza alta, coi capelli biondi – la migliore amica di Lily, Jenna. Quando il suo sguardo incontra quello di Blaine, fa un gran sorriso, facendo cenno al posto vuoto vicino a lei.
 
“Le piaci da sempre, amico,” dice Jeff. I suoi occhi sono incollati a Jenna, squadrandola complessivamente prima di guardare finalmente Blaine. “Perché non le chiedi ancora di uscire?”
 
“Sì,” concorda Nick. “Voglio dire, è attraente. Niente in confronto a Lil o altro, ma ancora, abbastanza buona per te.”
 
“Grazie,” dice Blaine piattamente.
 
“Sai cosa intendo,” dice Nick, prima di spingerlo con una leggera gomitata. “Dai, chiedile di uscire! Dammi una buona ragione per cui non dovresti.”
 
Vediamo, pensa fra sé Blaine, è una ragazza, probabilmente le piaccio solo per mio padre, è una bigotta omofobica che si è disgustata quella volta che abbiamo visto due ragazze baciarsi al centro commerciale, ed è una ragazza.
 
“Solo che, non è il mio tipo,” dice Blaine con una scrollata di spalle.
 
“Oh davvero?” chiede Nick con un sorrisetto. “Allora chi è il tuo tipo? Kurt?”
 
Nick comincia a fare il suono dei baci, protendendo le labbra sgradevolmente vicino alla faccia di Blaine. Blaine lo scaccia via, roteando gli occhi.
 
“Fanculo, ragazzi.”
 
“Nah, io comunque capisco perché non vorresti frequentarla,” dice Jeff, guardando Jenna con fare valutativo. “Voglio dire, ti farebbe sembrare anche più un hobbit del solito.”
 
“Grazie,” dice Blaine.
 
“Dai,” dice Nick, sorridendo di nuovo a Lily. “Andiamo a raggiungerle prima che si riempiano tutti i posti.”
 
Ma non arrivano mai agli spalti. Perché, secondi dopo, qualcuno sta picchiettando sulla spalla di Blaine. Blaine si gira finché non è di fronte a una ragazzo sulla sua età, vestito dell’uniforme di football del St Mark, e che guarda Blaine in cagnesco con uno sguardo così sanguinario che il ragazzo della Dalton potrebbe benissimo aver ucciso la madre dell’altro ragazzo.
 
“Ehi,” dice Blaine, provando a essere amichevole mentre inquadra quanto il ragazzo del St Mark sia grosso. Perché è grosso. Una buona testa più alto di Blaine che, bisogna ammettere, non è così alto, ma la larghezza delle sue spalle dev’essere come minimo il doppio di quelle di Blaine.
 
“Tu sei il ragazzo degli Anderson, vero?” chiede il ragazzo del St Mark con gli occhi socchiusi.
 
“Proprio così,” dice Blaine cautamente, occhieggiando le mani del ragazzo dove le sue dita si stanno incurvando attorno alle nocche.
 
“Quindi a quanto pare la tua famiglia è la ragione per cui i miei papà non possono sposarsi.”
 
La bocca di Blaine si spalanca. Questo non se l’aspettava. Specialmente non a una partita di football. Cosa può mai dire? Scusa mio padre ha dei valori abbastanza preistorici ma ti prego non prendertela con me perché in realtà sono d’accordo con te? Sì, come se verrebbe apprezzato.
 
Ma a quanto pare neanche il silenzio è proprio la strada giusta.
 
“Cosa cazzo,-” domanda il ragazzo, la sua voce che diventa più alta mentre muove dei passi lenti verso Blaine, “ti fa credere che puoi andare in giro a dire chi può e non può sposarsi, eh?”
 
“Fratello, rilassati,” dice Nick, facendosi avanti per piazzare una mano sul petto del ragazzo del St Mark. Ma il ragazzo la sbatte via con l’avambraccio. Gli occhi di Nick si allargano, mentre prende con cautela un passo indietro.
 
Con la coda dell’occhio, Blaine può vedere una folla di studenti curiosi che si riunisce attorno a loro.
 
“Senti, io non voglio guai,” dice Blaine con calma, alzando entrambe le mani in un segno di resa.
 
“Sì, non è colpa di Blaine se i tuoi papà sono froci!”
 
Blaine scatta alle parole. Con gli occhi spalancati, individua Jenna qualche metro dietro di lui, le braccia incrociate sul petto e che guarda truce il ragazzo del St Mark come fosse feccia.
 
“Jenna, non farlo,” ringhia Blaine. Non è sicuro se è il fatto che stia rendendo peggiori le cose, o il fatto che abbia appena gridato la parola che solo giorni fa è stata graffitata sulla faccia di Kurt, ma qualcosa dentro di Blaine scatta e lui non è più disposto nemmeno a provare a nascondere i suoi sentimenti per lei.
 
“Oh no, tu non farlo!” grida rabbiosamente il ragazzo del St Mark, e Blaine si volta per guardarlo di fronte, solo per scoprire che è anche più vicino di prima. “Non fare che qui giochi all’eroe. So chi sei. Conosco la tua famiglia.”
 
“Non conosci la prima cosa di me,” dice Blaine con rabbia, le sue parole lente ma ferme mentre gli tiene testa.
 
“Conosco abbastanza,” freme di rabbia il ragazzo.
 
I loro corpi sono così vicini che potrebbero anche toccarsi. Blaine prende qualche respiro profondo per calmarsi prima di fare qualcosa di cui si pentirà.
 
“Senti, non lo farò qui,” dice, arretrando.
 
Blaine si gira e fa per andarsene, Nick e Jeff che si precipitano per avviarsi con lui.
 
Col cazzo che te ne vai via da me![i]
 
Blaine si gira per guardare in faccia il ragazzo ancora una volta, per dirgli un’ultima volta che questa è la fine della discussione. Non tira mai fuori le parole, comunque, dato che un pugno si schianta sulla sua faccia. È per terra all’istante, un corpo pesante che lo spinge nell’erba.
 
Dapprima, i suoi sensi sono amplificati. Sente il dolore di ogni colpo, sente le grida che risuonano per l’aria, sente il movimento del corpo sopra di lui mentre ci sono degli strattoni e infuriato ordina di ‘togliersi dal cazzo’.
 
Ma gradualmente, tutto si affievolisce.
 
A un certo punto, Blaine sviene completamente.


---
 
 
Quando Blaine riprende conoscenza, all’inizio tutto ciò che vede è bianco. C’è un momento in cui pensa che forse quest’è tutto. Magari il ragazzo del St Mark l’ha ucciso, ucciso veramente. Così è, finché sente sua madre sospirare di sollievo.
 
“Oh, Blaine!”
 
Blaine batte le palpebre più volte, fino a quando può vedere più che solo colori. È in un ospedale, infilato sotto delle lenzuola bianche. La prima persona che gli compare alla vista è sua madre, che sta a lato del letto, un fazzolettino stretto tra le dita mentre lo guarda con gli occhi segnati dalle lacrime. Il sollievo le inonda il viso. Accanto a lei, la faccia del Senatore Anderson mostra molta meno emozione, ma anche lui non può nascondere un certo barlume di sollievo.
 
“Cos’è successo?” chiede Blaine, scattando per mettersi seduto. Quando mette pressione sul gomito, sussulta al dolore acuto che gli provoca.
 
“Starai bene, figliolo,” dice il Senatore Anderson. “Sei svenuto abbastanza facilmente, a quanto pare. Ti sei solo contuso in parecchi punti. Ma stai benone.”
 
“Benone?” trasalisce la signora Anderson, guardando suo marito. È una donna piccola, poco al di sopra del metro e cinquanta, ma gli uomini Anderson sanno molto bene che quando s’infiamma per qualcosa, non si scherza. “È stato pestato a una partita di football da un certo quarterback. Non penso che si qualifichi come ‘benone’.”
 
“E noi di conseguenza lo denunceremo,” dice il Senatore Anderson placante. “Quando i media ce l’avranno per le mani ci sarà uno scandalo. Dimostrerà ai liberali che non possono andare in giro a fare quello che vogliono, questo è certo.”
 
“John!” esclama la signora Anderson, scioccata. “Abbi un po’ di riguardo per tuo figlio prima di prendere e cominciare i tuoi intrighi.”
 
“Cecilia, tesoro, ti ho detto che sto già provvedendo alla denuncia,” dice il Senatore Anderson con un sospiro stanco. Solo che Blaine può dire che non è davvero stanco. È semplicemente il sospiro che fa quando non vuole discutere ulteriormente un argomento.
 
“Forse dovremmo farti ritirare da scuola,” dice d’impeto la signora Anderson ansiosamente, girandosi di nuovo verso Blaine.
 
“Mamma!” guaisce Blaine. In genere proverebbe con un po’ di sforzo in più a non suonare come un esigente bambinetto appena nato ma questo, lo sente, ne vale la discussione.
 
“Tesoro, se questi ragazzi ti attaccheranno per il lavoro di tuo padre, forse per te non è più sicuro stare a scuola,” dice la signora Anderson.
 
O forse è il lavoro di papà che è il problema.
 
“È assurdo, mamma,” spiega Blaine. “Cosa, mi terrai nascosto per tutta la campagna? Se papà ha causato questo alla nostra famiglia allora dovremo solo affrontarne le conseguenze.”
 
“Ehi ora, non è colpa mia se queste persone non sanno come risolvere i loro problemi con le parole e non i pugni,” dice il Senatore Anderson sulla difensiva.
 
“Tecnicamente è sempre colpa tua se sono arrabbiati in primo luogo,” ragiona Blaine. “E forse è perché per loro le parole non funzionano più.”
 
“Oh tesoro, non li difendere,” dice la signora Anderson con compassione.
 
Il Senatore Anderson, intanto, non condivide le sue indulgenze.
 
“Che stai cercando di dire?” chiede, aggrottando pericolosamente le sopracciglia.
 
Blaine se ne ricorda in quel momento. Dio, che sta mai facendo? Ha sempre sentito che suo padre aveva torto, sempre pensato che il matrimonio egualitario sembrasse come un diritto basilare – anche prima di aver realizzato che fosse gay. Ma non ne discute mai così. No, lo tiene dentro. Per il bene della famiglia. Per il bene del partito.
 
Che è il motivo per cui lascia morire la sua obiezione. Dice a se stesso di calmarsi e farla cadere prima che comincino davvero a discuterne.
 
“Niente,” dice sommessamente Blaine.
 
L’imbarazzo che cala su loro è presto interrotto da un bussare alla porta.
 
“Permesso?”
 
Tutti gli Anderson si girano per guardare verso la soglia. Là, sta Kurt con un mazzo di rose rosse e gialle, vestito con un gilè e pantaloni in completo, un’espressione comprensiva sulla faccia.
 
“Spero non vi dispiaccia,” dice, rivolgendosi direttamente al signore e la signora Anderson. “Ho sentito la notizia. Sono venuto a vedere se Blaine sta bene.”
 
“Ah, allora è già venuto fuori,” dice il Senatore Anderson, stringendo insieme le mani. “Bene. Be’, Cecilia, penso che dovremmo lasciar parlare questi due ragazzi.”
 
La signora Anderson rotea gli occhi, prima di piegarsi per dare a Blaine un bacio sulla guancia.
 
“Ti rimetterai, tesoro?” chiede.
 
“Starò bene, mamma,” la rassicura Blaine con un sorriso.
 
Lo guarda, lo sguardo che tremola tra entrambi gli occhi di lui, prima di fare un cenno col capo e seguire fuori suo marito. Kurt si fa da parte per lasciarli passare, prima di chiudere la porta dietro di loro.
 
“Vedo che oggi non sei vestito informale,” osserva Blaine, mentre Kurt mette i fiori sul comodino.
 
“Ho immaginato che ci sarebbero stati troppi giornalisti attorno perché valesse anche solo la pena di provare a nascondersi,” dice Kurt, voltandosi per guardare Blaine. “E, sai ‘ho una reputazione a cui fare onore che mi piaccia o no’.”
 
Blaine sorride mentre le sue stesse parole gli vengono beffardamente ripetute a pappagallo.
 
“Ti sta bene, vero?” chiede Kurt, improvvisamente preoccupato. “Voglio dire, so che l’ultima volta che abbiamo parlato abbiamo detto che ai nostri genitori stava bene che le persone lo scoprissero, ma a te non ho mai davvero chiesto se ti dispiace o meno.”
 
“No, va bene,” lo rassicura Blaine. “Non m’importa chi lo sa. Ma onestamente, sono un po’ sorpreso che tuo padre ti faccia venire.”
 
“Ah, dietro potrebbe avere dei secondi fini,” ammette timidamente Kurt. “Non solo tutti sanno già che sei stato pestato, sanno già perché. E papà è sempre stato severo nel sottolineare la nonviolenza. Scusa, so che probabilmente ti fa sentire usato, ma ho pensato di venire e dirtelo francamente. E se t’aiuta, è lo stesso veramente preoccupato per te; è solo che, sai, deve pure limitare il danno.”
 
“Va bene,” Blaine fa spallucce, e per qualche motivo non ha dubitato che il Senatore Hummel se ne sia veramente importato di lui – a differenza di suo padre con Kurt un po’ meno di una settimana fa. “È politica, lo capisco. Solo a patto che tu sia venuto solo per me.”
 
“Qualsiasi cosa ti aiuti ad alleviare il dolore,” rilancia Kurt, dondolando le braccia in avanti finché i suoi palmi si appoggiano alle barre del letto. “Quanto fa male?”
 
Kurt guarda Blaine con così tanta preoccupazione che Blaine per un momento ne è davvero sopraffatto. Avere tua madre che ti guarda in quel modo è una cosa, ma avere qualcuno che hai conosciuto solo poche settimane fa che ti guarda in quel modo è qualcosa del tutto diverso.
 
“Fa un po’ male,” ammette Blaine. “Sono solo un po’ di lividi, comunque.”
 
“Sembra molto peggio che solo un po’ di lividi,” dice Kurt con comprensione. “Sono così contento che stai bene. Dio, la politica a volte è così incasinata.”
 
“Non è davvero niente,” dice Blaine, proprio mentre si sposta nel letto per scoprire, dal dolore che causa il movimento, che il suo torso a quanto pare è contuso. Combatte l’impulso di rabbrividire. “E sono sicuro che hai di meglio da fare che trattenerti qui rattristandoti per me di venerdì sera.”
 
“Non fare lo scemo,” dice Kurt.
 
Ma come se provasse a dimostrargli che è in errore, il cellulare di Kurt trilla in quello stesso momento. Scoccando a Blaine uno sguardo pieno di scuse, Kurt lo recupera dalla tasca.
 
“Messaggio da qualcuno speciale?” punzecchia Blaine, quando le labbra di Kurt si contraggono per un attimo in un sorriso batti-gli-occhi-e-te-lo-perdi.
 
“No, nessuno,” dice Kurt, ma Blaine non può fare a meno di notare quanto sembri agitato Kurt mentre mette in tasca il cellulare.
 
“Quindi il tuo cellulare messaggia da solo allora?” chiede Blaine con un sorrisetto.
 
Kurt si morde il labbro, come sul punto di confessare qualcosa, quando-
 
“Ehi Blaine! Tuo padre ha detto che eri sveglio e – oh!”
 
Jeff e Nick si fermano di colpo, i loro occhi spalancati fissati su Kurt. Kurt dà loro un sorriso leggermente imbarazzato, le labbra che si curvano verso l'interno come se fosse incerto della reazione dei nuovi ragazzi. Fortunatamente per lui, Nick non è mai uno che dimentica le sue maniere, facendosi avanti e allungando un braccio. Blaine sa che è stupido, ma aspetta col fiato sospeso. Perché questo è il momento in cui i suoi due migliori amici incontrano qualcuno che spera diventerà per lui un amico molto importante.
 
“Nick Duval,” dice Nick.
 
“Kurt Hummel,” dice Kurt, prendendo la mano di Nick nella sua senza mancare un colpo. Blaine si permette di respirare di nuovo quando Jeff, pure, si presenta.
 
“Quindi voi due siete amici di Blaine o…?” chiede Kurt, riappoggiando un braccio sulla barra del letto di Blaine.
 
“Già,” dice Nick con disinvoltura. “Noi siamo quelli che faranno uso dell’enorme schermo piatto nella Casa Bianca l’anno venturo.”
 
Kurt ride. Il suo cellulare trilla di nuovo, e lui per riflesso lo controlla, il contenuto del messaggio che gli strappa un sorriso immediato.
 
“Sai, mica tutti noi dobbiamo passare i nostri venerdì sera in ospedale,” dice Blaine.
 
“Sì, possiamo subentrare a fare da babysitter a Blainers se vuoi,” dice allegramente Nick.
 
Kurt arriccia le labbra in meditazione. Blaine può vedere che per quanto Kurt sente che dovrebbe restare, in verità vuole essere da qualche altra parte.
 
“Sto bene,” dice Blaine in risposta alla domanda inespressa di Kurt. “In più, ho sentito che mi stanno preparando a essere dimesso in ogni caso.”
 
La bugia viene fuori abbastanza facilmente. Blaine è più che abituato a mentire per rendere la vita di chiunque altro più facile. E in più, non è che stia morendo o roba simile, pensa Blaine, ricordando come suo padre abbia liquidato le sue lesioni con tanta naturalezza.
 
Kurt si morde il labbro.
 
“Sei sicuro che non fa troppo male?” chiede, la preoccupazione che ritorna ai suoi occhi.
 
“Sì,” dice Blaine, “e anche se lo facesse, non è che potresti farlo passare a forza di baci o roba simile. Vai e basta.”
 
Kurt dà a Blaine un piccolo, quasi compassionevole, sorriso.
 
“Grazie, Blaine,” dice con sincerità Kurt. “Ancora, mi dispiace tanto per quello che è successo.”
 
“Ehi, non sei stato tu,” dice Blaine con fermezza.
 
Kurt annuisce.
 
“Spero che presto ti senti meglio,” dice. “Ciao Nick, Jeff.”
 
Nick e Jeff salutano Kurt con la mano, prima che Nick si giri verso Blaine.
 
“Per cos’era così eccitato?” domanda.
 
“Chi lo sa?” fa spallucce Blaine, ma non può fare a meno di provare un crescente senso di gelosia.
 
“A me è sembrato che avesse un appuntamento,” propone Jeff, aggiungendo i propri sospetti a quelli di Blaine.
 
“Può essere,” dice Blaine. Ma ora che Kurt è fuori dalla stanza, Blaine può guardare Nick e Jeff per bene, e nota un grande livido viola sull’avambraccio di Jeff, scoperto solo perché le maniche sono state arrotolate ai gomiti. “Jeff!”
 
“Cosa?” chiede Jeff, saltando leggermente per la sorpresa.
 
“Il tuo braccio,” boccheggia Blaine. I suoi occhi baluginano anche su Nick, e trova un livido scuro sulle nocche di Nick. “E Nick, anche tu? Cos’è successo?”
 
“Che, pensi che avremmo lasciato che ti rompesse il culo?” chiede Jeff. “Non se ne parla, amico.”
 
“Ragazzi, non dovreste farvi controllare o cose simili?” chiede Blaine nella preoccupazione.
 
“Eh, ci hanno fatto un esame rapido,” dice Nick sbrigativamente. “Ma dai un’occhiata qua!”
 
Nick si gira così che Blaine possa vedere il dietro della sua camicia. L’intera schiena è coperta di macchie d’erba e fango, qualcosa che potrebbe essere provenuto solo da un parapiglia sul terreno.
 
“Nick,” dice Blaine con fare comprensivo.
 
“Non guardarmi così; Lil praticamente lo adora,” dice con orgoglio Nick. “E i coach sono venuti a metter fine alla rissa prima che ci potessimo fare troppo male. Ma tu sei completamente svenuto. Non ho mai visto tuo padre così preoccupato.”
 
“Aspetta, era davvero tanto preoccupato?” chiede Blaine. Appena prima ha visto suo padre sollevato, certo, ma non ha mai dato alcun segno di quanto fosse stato preoccupato.
 
“Ovvio che lo era,” dice Jeff. “Eri svenuto da una vita, amico. Ti tengono sotto osservazione per una notte.”
 
Per una notte. Oh, non c’è modo che Kurt non lo venga a sapere.
 
“Ma voi, ragazzi, state bene?” chiede Blaine, non permettendosi di pensarci.
 
“Blaine, rilassati,” dice Jeff. “Non saremmo neanche all’ospedale se non ci avessero trascinati con te.”
 
“Ragazzi, comunque non posso credere che l’avete fatto per me,” dice Blaine, la voce piena di ammirazione. “Io- io posso contare su voi due per qualsiasi cosa, vero?”
 
“Certo,” dice Nick, appoggiandosi in avanti con gli avambracci sulle barre del letto dell’ospedale. “Non ho neanche detto a Lil di te che conosci Kurt, e tu sai quanto dev’essere stato difficile, giusto?”
 
“Lo so,” dice Blaine, per una volta comprensivo riguardo l’amore di Nick per la sua ragazza.
 
E in quel momento, sebbene siano tutti malconci e acciaccati, Blaine è più grato a Nick e Jeff di quanto sia mai stato in tutti i loro anni di amicizia.
 


[i] Col cazzo che te ne vai via da me: nell’originale, “Don’t you fucking walk away from me”. E sì, sono una traduttrice orribile perché mi sono scervellata un’ora e mezza – di orologio – su questa frase per poi lasciarla come l’avevo pensata fin dal principio. È una resa orrenda, lo so, ma il termine “fucking” anteposto a un verbo lascia molto spazio alla libertà interpretativa. Tanto scommetto che sapete tutti cosa significa la frase in inglese, dunque risolvo tutto citandovela qui in nota.
 
Piccolo appunto: Non sono affatto soddisfatta della traduzione complessiva di questo capitolo. Penso di averci speso il doppio del tempo – in proporzione anche alla lunghezza – per ottenere risultati piuttosto deludenti. Quindi vi chiedo scusa e spero di rifarmi con il prossimo. 

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Rivelazioni ***


Note della traduttrice: D’ora in poi non prometto più niente, perché a quanto pare in questo periodo non ho facoltà di rispettare le scadenze che mi impongo. Spero di riuscire ad aggiornare sempre una volta alla settimana.
 
Ah, e prima che me ne dimentichi, ragazze, devo dirvi una cosa.
 
Vi amo. <3
 
Sì, lo so, non vi ringrazio mai – tranne che nelle recensioni – e sono acida e insensibile. Ma non mi sarei mai aspettata che così tante amabili persone avrebbero seguito la mia traduzione. Quindi oggi faccio uno strappo al mio voto di casta alterigia e vi amo tutte.



 
 
Image and video hosting by TinyPic  

 

 
Blaine viene finalmente dimesso di domenica mattina, una permanenza anche più lunga di quanto s’era aspettato che sarebbe stata procurata dall’insistenza di suo padre. Kurt aveva ragione, comunque: Blaine ha una pessima cera. Esibisce un livido nero-violaceo sul suo occhio destro, e ancora sussulta a certi movimenti.
 
Tuttavia quando torna a casa, manda semplicemente giù gli antidolorifici dalla credenza e si ritira in camera, silenzioso mentre la signora Anderson guarda le sue spalle in ritirata da sopra la propria tazza di caffè. Blaine si appresta subito a caricare il cellulare, che l’ha abbandonato la prima notte all’ospedale. Appena ha riacquistato abbastanza batteria da vibrare alla vita, lo avverte delle cinque chiamate perse e delle dozzine di messaggi che ha ad aspettarlo.
 
Prevedibilmente, la maggior parte è da Kurt.
 
Kurt: Blaine! Ho appena letto i giornali e tu NON sei uscito ieri sera. Mi aspetto una spiegazione, se non ti dispiace.
 
Kurt: Non posso credere che mi hai lasciato andare via così, Blaine! Sai cosa ti sarebbe potuto succedere?
 
Kurt: Almeno posso tornare e vederti?
 
Kurt: Oddio, a meno che non hai mentito perché non mi vuoi lì.
 
Kurt: Merda, mi dispiace! Avrei dovuto parlartene prima di venire, vero?
 
Kurt: Se non mi vuoi più attorno, ti capisco. Solo, dimmelo la prossima volta, okay? Non me la prenderò o cose simili.
 
Kurt: Va bene, probabilmente dovrei finirla di messaggiare – probabilmente hai bisogno di riposo. Ma spero che smetta presto di fare male, Blaine.
 
Per quanto il suo spirito possa essere fuori luogo, Blaine non può fare a meno di ridere alla progressione dei messaggi. Kurt suona, be’, suona adorabile. Blaine richiude la porta della sua camera e si piazza sul letto, ragionando tra sé che Kurt evidentemente è stato preoccupato per lui e sarebbe solo la cosa più appropriata chiamarlo subito. Dimenticando il fatto che la madre di Blaine lo ucciderebbe se scoprisse che sta portando i germi dell’ospedale su tutto il suo letto, Blaine scorre comunque attraverso i suoi contatti finché non trova il numero di Kurt.
 
Blaine!” esclama Kurt con preoccupazione, rispondendo dopo un solo squillo.
 
“Ehi, Kurt,” dice Blaine con naturalezza. “Ho appena caricato il cellulare e letto i tuoi messaggi. Di sicuro mi hanno rallegrato la mattinata.”
 
“Perché stai – oh mio Dio, li hai trovati comici, non è vero?” dice Kurt con indignazione. “Blaine, hai la minima idea di quanto fossi terrorizzato?”
 
“Cosa, per la mia salute o per la possibilità che ce l’avessi con te?” chiede Blaine, mettendosi comodo contro la testiera.
 
“Tutt’e due!” dice Kurt. “È venuto fuori che sei solo un deficiente che mi ha mentito.”
 
“Ehi!” dice Blaine, ferito. “Stavo bene, davvero. Kurt, non è che stavo morendo o roba si-”
 
“E se fosse stato così?” sfida Kurt. “Se stavi morendo e io ti lasciavo in quel modo così potevo godermi la serata e-”
 
“Hai ragione,” dice Blaine, “avrei potuto morire. Quindi puoi compensare per aver lasciato un uomo morente raccontandogli giusto dov’eri venerdì sera?”
 
“Davvero, Blaine?” chiede piattamente Kurt. “Mi stai facendo sentire in colpa per raccontarti i gossip?”
 
Il tono di Kurt è lontano dallo scanzonato che di solito è quando Blaine lo stuzzica, facendo realizzare a Blaine che Kurt la sta prendendo molto più seriamente di quanto avesse pensato all’inizio.
 
“Kurt, non è tanto grave,” ragiona Blaine. “Se qualcosa andava davvero male, non ti avrei mentito in quel modo. Garantisco. I miei genitori mi hanno solo tenuto lì molto più a lungo del necessario perché danno di matto quando succedono cose del genere. Ricordo che una volta Cooper aveva un problema alla vista e l’hanno portato a vedere tre specialisti diversi ‘tanto per stare sicuri’.”
 
“D’accordo,” dice Kurt, suonando più calmo. “Ero solo – solo non mentirmi la prossima volta, d’accordo? Non ho bisogno che mi nascondi le cose per proteggermi. Ora come ora ne ho abbastanza da parte della mia famiglia. Be’, almeno provano a – è un po’ difficile quando le persone che ti prendono a parole si aggiudicano le testate nazionali.”
 
“Va bene,” dice sinceramente Blaine. “Giuro, onestà totale d’ora in avanti. Ma puoi per piacere darmi almeno un piccolo accenno di quello che stavi facendo venerdì sera?”
 
Blaine sa che è un rischio menzionare di nuovo l’argomento. Si aspetta in pieno di farsi ricordare difensivamente del diritto alla privacy di Kurt, o forse dare un’irata lavata di capo. Non si aspetta affatto le prossime parole di Kurt:
 
“Non posso.”
 
La timidezza, persino paura, con cui le parole vengono pronunciate ha preoccupato Blaine.
 
“È tutto a posto?” chiede, piegandosi in avanti per appoggiare le braccia sulle ginocchia.
 
“Io sto bene,” lo rassicura Kurt. “È solo che, quando scopri perché me ne sono andato, penserai che sono l’essere umano più superficiale del pianeta.”
 
“Mettimi alla prova,” dice Blaine, sebbene ci sia qualcosa in lui che lo rende timoroso delle prossime parole di Kurt.
 
“Sono andato al cinema con Mercedes.”
 
“Com’è che è tanto grave?” chiede Blaine, provando a ignorare la magnitudine del sollievo che sente. “L’hai detto tu stesso che ultimamente è stata tanto impegnata col suo ragazzo. Dev’esserti piaciuto passare finalmente un po’ di tempo da solo con lei.”
 
“C’era anche lui,” dice Kurt.
 
“Be’, questo difficilmente lo rende un crimine,” ragiona Blaine. “Gli amici stretti passano il tempo con i ragazzi e le ragazze dei loro amici. Non hai idea di quante volte Nick-”
 
“Si è portato dietro il suo amico,” interrompe velocemente Kurt, come se si stesse precipitando per far uscire le parole prima di tirarsi indietro.
 
“Oh,” dice Blaine. È tutto ciò che può dire, perché dal modo in cui Kurt sta parlando, Blaine può vedere che non è solo l’amico del ragazzo della sua migliore amica.
 
“Il suo dichiarato, gay, amico maschio che è anche estremamente attraente,” continua Kurt. “E in cinque minuti che l’ho conosciuto mi sono completamente scordato di te sdraiato solo e dolorante in un letto d’ospedale.”
 
“Kurt, basta!” scatta Blaine, sorpreso dalla durezza delle proprie parole. “Ti ho detto di uscire così potevi divertirti. E sembra che tu l’abbia fatto. Il punto stava tutto lì.”
 
“Quindi, non sei arrabbiato?” chiede Kurt, mezzo-sorpreso, mezzo-esitante.
 
“Cosa sono, un fidanzato geloso?” chiede Blaine. “Certo che non sono arrabbiato. Ora dimmi, com’è andata?”
 
“Oh, be’ se sei sicuro-”
 
Kurt.”
 
“È stato meraviglioso.”
 
Il sorriso di Kurt è percepibile nella sua voce ora che è libero dal senso di colpa, e Blaine non può fare a meno di sentirsi momentaneamente felice per il suo amico.
 
“Lui era così tanto più carino della maggior parte dei ragazzi che conosco,” enfatizza Kurt. “Continuava ad aprirmi le porte e offrirmi il suo cappotto quando faceva freddo-”
 
Io posso aprirti le porte e offrirti i cappotti, pensa Blaine, mentre mormora un verso d’approvazione nel microfono.
 
“-e quando è arrivata la fine del film, e Mercedes e Sam avevano già chiuso la serata, Harry – si chiama così, proprio come il principe solo che lui è tanto più garbato – mi ha chiesto se poteva baciarmi. E così mi ha dato il mio primo bacio e abbiamo fatto progetti di andare a vedere il Rocky Horror giù al piccolo teatro vicino…”
 
Blaine è improvvisamente più vigile, i suoi pensieri che lavorano più velocemente di quanto vorrebbe.
 
Com’è che Kurt non è stato baciato fino ad ora? dice una voce nella sua testa.
 
Quello potevo essere io, grugnisce un’altra.
 
Gli occhi di Blaine si spalancano. Quello da dov’è mai venuto? Certo, lui poteva essere il primo bacio di Kurt, e Kurt poteva essere il suo, ma altrettanto potevano molti altri ragazzi di Washington. Quindi com’è che, quando non dovrebbe provare altro che felicità per il suo nuovo amico, questa è sfregiata dall’inequivocabile senso di gelosia che gli brucia dentro?
 
Merda. Non può star succedendo.
 
Qualsiasi insolito sentimento Blaine abbia provato fino ad ora, lui l’ha attribuito semplicemente all’incontrare e conoscere Kurt. Era il primo ragazzo a cui poteva, in teoria, piacere di rimando. È semplicemente una nuova esperienza, si è detto, era tutto lì. E qualsiasi gelosia Blaine abbia provato prima lui l’ha attribuita al suo esser geloso[i] di Kurt – del suo bendisposto padre e della sua sicurezza di sé e del fatto che frequentare qualcuno fosse anche solo una possibilità per lui. Ma solo da quanto lo stomaco di Blaine si sta annodando alla prospettiva di Kurt che va a un secondo appuntamento, Blaine sa che non è a Kurt che è diretta la maggior parte della sua gelosia – per lo più è estremamente geloso di Harry.
 
Sì, per quanto suoni cliché, Blaine Anderson ha una cotta per Kurt Hummel. E questo sicuramente non è mai stato parte del piano.
 
“Blaine?”
 
“Mh?” dice Blaine, scuotendosi dai suoi pensieri.
 
“Ora sei stato muto per venti secondi buoni,” dice Kurt. “Stai bene? Ti ho terrorizzato parlando così tanto di un ragazzo, vero? Dovrei tenere i miei resoconti solo per Mercedes-”
 
“No, no!” interrompe Blaine. “Ero solo… momentaneamente distratto. Devono essere gli effetti collaterali del trauma o cose così. Sono davvero felice per te. Voglio dire, dev’essere difficile, trovare qualcuno che è di fatto gay e che per di più ti piace veramente e a cui piaci di rimando. Sono contento che hai trovato qualcuno, Kurt.”
 
È un totale vomito di parole, avverte Blaine, ma evidentemente è più bravo di quanto pensa a mantenere una facciata di sicurezza di sé, perché Kurt dà semplicemente un verso riconoscente in risposta.
 
“Lo fai sembrare come se avessi fatto l’impossibile,” dice Kurt. “Ma grazie. Solo – non dirlo a nessuno, d’accordo? Tutti sanno già che sono gay e tutto il resto, ma preferirei non sapessero chi sto e non sto frequentando.”
 
“Certo,” dice Blaine. “Promesso.”
 
E mentre ascolta Kurt andare avanti su come è eccitato per il venerdì venturo, Blaine sa che deve essere almeno un po’ felice per lui, anche se il sentimento è sepolto sotto una tonnellata di altre emozioni che si sta sforzando di comprendere.
 

---
 
 
Blaine ancora non ha processato completamente i suoi sentimenti per quando è seduto a Storia di lunedì mattina, ma a quanto risulta non ci vuole tanto prima che abbia un altro problema sul piatto.
 
“La tua faccia diventa ogni giorno più brutta, Anderson.”
 
Blaine guarda su per vedere un Nick sorridente avvicinarsi a lui, Jeff che resta indietro con il suo caratteristico giornale mattutino in mano.
 
“La stampa ha avuto una giornata campale,” dice Jeff, piazzando il giornale sul banco di Blaine, “ma immagino che persino tu potevi averlo calcolato.”
 
Blaine ha fatto un’abitudine d’evitare le notizie ovunque possibile – ha trovato che fosse una buona tattica se voleva tenere a bada i suoi sentimenti circa la politica di suo padre. Ma ora, quando Blaine sa che sicuramente non riguarda suo padre, raccoglie rapidamente il giornale ed esamina la prima pagina, mentre Nick e Jeff si appollaiano sui banchi a entrambi i suoi lati.
 
Fraternizzando col Nemico: Amicizia inaspettata cova nel mezzo della corsa alla Casa Bianca.
 
Mentre i loro genitori vanno in testa-a-testa per la carica più alta, i figli dei candidati alla presidenza Senatore Hummel e Senatore Anderson sembrano star formando un’amicizia stretta.
 
Kurt Hummel è stato avvistato dirigersi nella Clinica Privata St Vincent nel centro di Washington venerdì sera tardi. Mentre il personale ospedaliero rifiuta di commentare la visita, si crede che stesse visitando Blaine Anderson, che ci era stato portato prima nel pomeriggio.
 
Oltretutto, si crede che Anderson sia stato ricoverato in seguito a una zuffa nel cortile della scuola riguardo il matrimonio egualitario. Il Senatore Anderson è stato piuttosto esplicitamente contrario a qualsiasi cambiamento nelle leggi federali sul matrimonio, mentre Kurt Hummel è apertamente gay, con il pieno e spesso esplicito supporto del Senatore Hummel. È un’amicizia improbabile, a dir poco. È possibile che Blaine sia solamente una vittima innocente in questa situazione, con vedute sull’argomento completamente diverse da quelle di suo padre?
 
Continua a Pagina 5
 
“Abbiamo pensato che poteva succedere,” dice Blaine, restituendo il giornale a Jeff. “Onestamente, comunque, a noi non dà troppo fastidio, e a tutt’e due i nostri papà sta bene.”
 
“Da quando c’era un ‘noi’?” dice Jeff, ripiegando il giornale prima di infilarlo nella borsa. “Voi due state cominciando seriamente a suonare come una coppia, sai.”
 
“Zitto un po’, Jeff, stai dimenticando il meglio,” scatta Nick, prima di rivolgere la sua attenzione a Blaine. “Visto che voi ragazzi avete parlato, ci puoi dire esattamente dov’era venerdì sera.”
 
“Mi dispiace, no,” dice semplicemente Blaine. “Ho giurato segretezza.”
 
“Che cazzata,” dice Jeff, a dispetto del fatto che stanno discutendo un argomento che è ben al di fuori dei suoi interessi. “Noi ci raccontiamo tutto.”
 
“Mi dispiace, ragazzi,” ripete Blaine, incapace di offrire qualunque altra consolazione che una scrollata di spalle. “Non sta a me raccontarlo.”
 
Nick la prende come l’occasione per saltare alle proprie conclusioni.
 
“Lo sapevo che era un appuntamento,” dice con soddisfazione.
 
Blaine rotea gli occhi, ignorando la fitta di gelosia che arriva col promemoria, e cambia soggetto alla svelta. “Quel lavoro di gruppo di storia, tra le altre cose – voi volete cominciare a farlo questo pomeriggio?”
 
“Mi pare buono,” dice Jeff. “Nick, dovremmo farlo a casa tu-oh.”
 
Jeff si blocca, gli occhi che si spalancano nella realizzazione mentre guarda verso Nick che, nota Blaine, scocca di rimando un’occhiataccia tagliente.
 
“Che succede?” chiede Blaine, gli occhi che rimbalzano tra i suoi due amici.
 
“Niente,” dice velocemente Jeff. “Stavo solo pensando che invece potremmo farlo a casa mia visto che siamo sempre da Nick.”
 
“Jeff, non voglio fare il difficile o roba simile, ma casa tua è fino all’altra parte della città,” dice delicatamente Blaine. “Se non lo possiamo fare da Nick, voi due potete venire da me.”
 
Jeff e Nick si scambiano sguardi significativi.
 
“Ragazzi,” dice Blaine. “Sul serio, che succede?”
 
“Niente.”
 
“Tanti saluti a noi che ci raccontiamo tutto allora,” dice amaramente Blaine.
 
Nick si mordicchia il labbro inferiore, prima di assecondarlo.
 
“D’accordo, bene,” dice. “Non prenderla male o cose così, ma mia madre non vuole proprio più che giro con te.”
 
Blaine guarda Nick a bocca aperta, esterrefatto.
 
“Mi dispiace,” dice Blaine quando finalmente trova le parole, la rabbia che gli sale nel petto. “Come presumi che io non la prenda male?”
 
“Perché non si tratta di te, davvero,” dice Nick. “Senti, tu lo sai che mio zio è gay, giusto? Immagino che l’‘agenda’ di tuo padre o quello che è stia cominciando ad arrivare a mamma. Senza offesa.”
 
“Nessun problema,” dice automaticamente Blaine, perché è abituato alla critica della linea politica di suo padre e non ha mai provato una volta a difenderla, che è il motivo per cui va avanti a dire, “ma Nick, dai, lo sai che non sono io.”
 
“Lo so, ma penso che la rissa l’altro giorno l’ha portata al limite,” dice Nick con una scrollata di spalle. “Mi spiace, Blaine.”
 
“Allora, cosa, non andrai più in giro con me e basta?” dice tristemente Blaine.
 
“Certo che no,” dice Nick. “È solo che i miei genitori non possono scoprirlo, tutto qui.”
 
“Grande,” dice Blaine con un sospiro. “Quindi adesso sono il tuo piccolo sporco segreto?”
 
“Ti fai sembrare come una zoccola che vedo di nascosto,” dice Nick.
 
“Sì, be’, in pratica mi sento così,” rilancia Blaine.
 
“Dai, Blaine,” dice Nick. “Non ti perderò per delle stupide elezioni. Voglio dire, almeno sono ancora qui in primo luogo, giusto?”
 
“Cosa dovrebbe significare?” chiede Blaine a occhi stretti, proprio mentre la signorina Harper entra in classe.
 
“Niente,” sussurra Nick alla svelta, scivolando nel suo posto mentre Jeff fa lo stesso, entrambi i ragazzi scoccando alla signorina Harper sorrisi di scuse.
 
Ma Blaine scopre abbastanza presto di cosa sta parlando Nick. Ora che ci fa caso, non è difficile notare cos’è cambiato. Sono piccole cose, come il modo in cui il suo compagno di Chimica non gli dà il solito sorriso di saluto, e i mormorii sommessi che si spengono quando lui s’avvicina, e persino quando nessuno a parte Nick e Jeff si siede vicino a lui alle prove del coro. Anche in una scuola come la Dalton, che dà una così forte importanza alla religione e ai valori tradizionali, c’è ancora una bella quota di sostenitori del matrimonio egualitario. Di norma, Blaine sarebbe contento per il promemoria che non tutti usano la religione come una scusa per il bigottismo, ma ora come ora non può nemmeno esserne grato. Non quando tutta la situazione lo sta facendo sentire più solo di quanto abbia fatto in anni.  
 
[i] Geloso: in inglese “jealous” traduce sia “geloso” che “invidioso”. In questo caso, da come si evince, trattasi d’invidia nei confronti di Kurt e gelosia nei confronti di Harry, ma, dal momento che gli anglofoni non fanno distinzione tra i due sentimenti, ho dovuto scegliere tra i due termini e ho optato per un esemplificativo “geloso”. A dire il vero, ho pensato a lungo di tradurre tutto in chiave d’invidia (che non starebbe male, perché il senso della frase ne trae giovamento), ma alla fine ho voluto favorire il contesto: la gelosia sta meglio, lì dove Blaine deve capire di avere una cotta, mentre l’invidia può far pensare a tutto tranne che a un nascente amore. Io sono molto fiscale sulla questione della distinzione tra i due sentimenti, ma ho deciso di chiudere un occhio solo perché sono assolutamente certa che ci siano anche molti italiani a utilizzare il termine “geloso” in questo senso. Addirittura nella puntata La nostra canzone (Original song) il doppiaggio italiano ha tradotto il dialogo iniziale tra Kurt e Blaine piazzando e ripetendo un bel “gelosia” dove doveva chiaramente starci “invidia”. Dunque, se nessun gleek italiano se l’è presa col tizio che traduce i dialoghi, suppongo che passerete anche su questo.
 
Altra piccola inutile nota: Sto cominciando a prendere dimestichezza con la traduzione di questa fic, quindi comincio anche a divertirmi traducendo le cose più a senso che alla lettera – ma sono rimasta la perfezionista che ero, che sono e che sempre sarò finché non prenderò le manie della Pillsbury e mi manderanno in riabilitazione. Volevo solo avvertirvi che nei dialoghi, per rendere tutto più fluido e da-diciassettenni-come-si-conviene-per-la-tenera-età-dei-personaggi, potrebbero esserci alcune sottili divergenze con l’originale. Trattasi di espressioni che potrebbero essere tradotte poco poco più formalmente ma che scelgo di rendere più easy, oppure di espressioni gergali che non si possono tradurre alla lettera e quindi, yo, traduco nel gergo dei giovani pischelli italiani. D’ora in poi aspettatevi qualche libertà da parte mia, ma vi prometto che le saprò celare bene.

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=1976148