Effetti collaterali

di Rosmary
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Sino a prova contraria! ***
Capitolo 2: *** Di scommesse e ricatti ***
Capitolo 3: *** Gelosia? ***
Capitolo 4: *** Fred Weasley, sei proprio un gran... ***
Capitolo 5: *** Il grammofono ***
Capitolo 6: *** Al contrario ***
Capitolo 7: *** Tornare a casa ***
Capitolo 8: *** Consapevolezze ***
Capitolo 9: *** Questo 'fidanzamento' s'ha da fare ***
Capitolo 10: *** Cosa c'entra Peter? ***
Capitolo 11: *** Ognuno per sé ***
Capitolo 12: *** Tra finzione e realtà ***
Capitolo 13: *** Tutto è bene quel che... ***
Capitolo 14: *** Tu l'hai capito, cos'è successo?! ***
Capitolo 15: *** Effetti collaterali ***



Capitolo 1
*** Sino a prova contraria! ***


I personaggi presenti in questa storia sono proprietà di J.K. Rowling; la storia è scritta senza alcuno scopo di lucro.
La long è il seguito della oneshot L
intraprendenza di Hermione.





 

Effetti collaterali


Da quando Grimmauld Place era divenuta sede dell’Ordine della Fenice, ospitando la numerosa famiglia Weasley, il baccano sembrava essere parte integrante della dimora nonostante i continui richiami della momentanea padrona di casa. Quella mattina, non diversamente da altri giorni, Molly trafficava ai fornelli con aria assorta e Harry si rigirava sveglio nel letto, mentre Ron dormiva; i chiassosi gemelli e Sirius facevano su e giù per la casa, infastidendo il ritratto della deliziosa Walburga. Unica nota diversa era il prolungato sonno di Hermione, che fece preoccupare Molly e insospettire Ginny; quest’ultima, risoluta come da un po’ a quella parte, trascurò la propria colazione e salì rapida le scale.

“Sei sveglia?” chiese, entrando nella stanza condivisa con la Granger. Ma Hermione sembrava essere in letargo: aveva il volto affondato nel cuscino e le lenzuola a coprirle persino i capelli. “Guarda che so che sei sveglia, non riesci mai a dormire così tanto,” chiarì scettica Ginny, sedendosi sul letto sfatto dell’amica.

“Dormo, invece.”

Ginny sorrise, divertita dall’insolito tono lagnoso di Hermione. “Wow! Sei davvero un genio, allora, se riesci a dormire e conversare nello stesso momento!”

L’ilarità costrinse la più grande a rigirarsi nel letto, aprire gli occhi e mettersi seduta, mostrando l’ancora più informe matassa di capelli. “Sono sveglia, d’accordo. È un reato?”

“No, non lo è,” canzonò Ginny, “ma è strano. Insomma, perché non sei giù a studiare? Tutte le mattine rischi di svegliarmi con quella stupidissima sveglia!”

“Non parlarmi della sveglia! Non parlarmi di questa mattina!” chiarì stizzita, tornando a stendersi nel letto. “Mi alzerò direttamente il primo settembre, per tornare a Hogwarts. Fino ad allora, voglio marcire a letto.”

“Okay, spara. Cos’è successo?”

“Niente.”

“Hermione?”

“Sul serio, Ginny. Non è successo niente.”

“Allora smetti di fare la bambina e alzati!”

“No! Se io resto a letto, tuo fratello resta in vita. Si tratta di una banalissima equazione!”

Una che?

“Un’equazione! Ah, lascia stare! Se studiassi Babbanologia e Aritmanzia lo sapresti,” sbottò, facendo inarcare le sopracciglia all’altra.

“Sì, certo e magari ci aggiungo anche un bel corso extra di Pozioni, perché vedere Piton solo sei o sette ore alla settimana è poco.”

“Sì, tu scherza, intanto Pozioni è un’ottima materia, concordo che Piton abbia dei metodi discutibili, ma… Dove vai?” chiese allibita, mettendosi nuovamente a sedere.

“Via! Ecco dove vado!” affermò la Weasley, già sull’uscio della stanza. “A meno che tu non la smetta di fare la maestrina e mi dica perché stai lì a mettere radici,” concluse senza il minimo tatto, dimostrando quanto fosse simile a Ron.

Hermione sbuffò, annuendo all’indirizzo della ragazza e facendole cenno di tornare a sedersi sul letto. “Tuo fratello mi ha incastrata in una situazione più che imbarazzante.”

“Oh, non preoccuparti. Le trovate di Ron sono sempre risolvibili! Non parliamo certo di Fred e George!” esclamò sicura, ma alla smorfia apparsa sul volto dell’interlocutrice fu costretta ad impallidire. “Hermione, tuo fratello alludeva a Ron, vero?”

“Fred,” scandì amara, “alludeva a Fred. Quel pazzo scalmanato! Mi ha rifilato un filtro suo e di George, che… oh, oh! Oh!”

“Hermione,” chiamò Ginny preoccupata, “ti stai ripetendo.”

“Oh! Io so che non è vero. Perché non è vero. Ma come dimostrarlo? Mi prenderanno in giro a vita! A vita! Lui e George! Non posso uscire da questa stanza, altrimenti lo ammazzo, sono sincera.”

“Posso sapere cos’hanno combinato?”

Ginny non dovette chiedere ancora, poiché Hermione, con tutte le guance arrossate e l’espressione nervosa, raccontò l’accaduto, spiegandole per sommi capi il sogno e le conseguenze.

“Oh. Wow. Cioè… wow!”

“Ora sei tu a ripeterti, Ginny.”

“Sì. Wow! Cioè…”

“Non dire di nuovo wow!”

“Sì. Wow! No, scusa,” si corresse ghignando, “quindi ti piace Fred?”

“No che non mi piace! Ma cos’avete in testa? Burrobirra scaduta?!”

“D’accordo. Scusa, scusa!” disse ancora l’altra. “È solo che le invenzioni di Fred e George difficilmente sbagliano.”

“Anche se sono sperimentali?” la sfidò fiera Hermione.

“Beh, se arrivano a testare su qualcuno che non siano loro, significa che non è più sperimentale. Cioè, se l’hanno testato su di te, vuol dire che sono abbastanza convinti del prodotto.”

“Sono convinti male! A me Fred non piace affatto! E il punto, infatti, non è questo.”

“Hai vergogna di lui, non è vero?”

“Non puoi darmi torto! Ha già finto di baciarmi! Hai idea di cos’altro possa fare?”

“In effetti… Però anche tu! Dovevi capire che c’era qualcosa sotto! Non solo era sveglio, ma era anche interessato ai tuoi sogni. Cioè, ma a Fred che gliene importa di quello che sogni?”

Hermione tacque, consapevole che la ragione patteggiasse per Ginny. “Quindi? Cosa faccio?”

“Non lo so, ma, per iniziare, ti alzi e ti comporti normalmente, così non gli dai altro materiale su cui lavorare.”

“E poi?”

“E poi,” sbuffò, “e poi vediamo,” affermò scrollando le spalle.

“Bene. E, Ginny, sul serio: a me non piace Fred!”

E il ghigno malizioso tornò sulle labbra della quattordicenne. Un’espressione, quella di Ginny, che Hermione s’impose d’ignorare, esattamente come stava cercando di ignorare, da ore ormai, l’ipotesi che quel filtro potesse averle mostrato la dura realtà.

 

****


“Voi due! Via le bacchette, ora!”

“Sì, mamma,” biascicò George, facendo cenno al gemello di squagliarsela.

“In questi giorni è più nervosa del solito, hai notato?” domandò Fred a voce bassa.

“Eccome. Papà dovrebbe portarla un po’ in giro.”

Soffocò una risata Fred, dando poi una gomitata al gemello, alla vista della camera di Hermione e Ginny. “Che dici? Sarà ancora dentro?!”

“Magari sta cercando di soffocarsi col cuscino!” s’accodò George ghignando. “Chi l’avrebbe mai detto, la Granger che fa sogni sconci su di te!”

“Questa è la prova che sono meglio di te,” affermò il ragazzo, riprendendo a camminare. “Se riesco a far breccia persino nel cuore della McGranitt in miniatura, sono proprio irresistibile!”

George ridacchiò, infilandosi nella camera condivisa col gemello. “Spiegami di nuovo come ha reagito Hermione, che quando me l’hai detto era l’alba e ho capito poco e niente.”

“Solite reazioni di ragazze cotte,” commentò vanesio e spiccio. “È arrossita, poi ha negato e mi ha tirato uno schiaffo quando ho tentato di baciarla.”

“Cosa? Non me l’avevi detto,” gracchiò George allibito.

“Ma sì, te l’ho detto. La tentazione di farla imbarazzare ancora di più è stata troppo forte!”

George annuì, sorridendo sghembo, ovviamente concorde su quanto l’occasione fosse ghiotta. “L’abbiamo in pugno!”

“Già! Un record per noi! Abbiamo in scacco un Prefetto prima che diventi Prefetto!”

“Non deve saperlo nessuno.”

“Nessuno,” confermò Fred.

“Neanche Ron, anche perché ci rimarrebbe secco!”

“Ci sono rimasto secco anch’io, in effetti,” chiarì ghignando. “Pensavo fosse più tipo da Percy,” concluse con una smorfia disgustata, mentre George, all’ipotesi, fingeva di dar di stomaco.

****


“Hermione, eccoti. Non stai bene, cara?”

“Solo un po’ di sonno, signora Weasley, nulla di preoccupante.”

“Meglio così,” affermò Molly, sorridendo all’indirizzo della ragazza.

Hermione s’allontanò rapida dalla donna, acciuffò un croissant ed evitò Sirius, dirigendosi nuovamente al piano superiore, più che intenzionata a svegliare Harry e Ron, vogliosa di sincerarsi circa l’umore del primo.

“Ehi!”

Un’esclamazione, un sorriso sghembo e Hermione stava quasi per inciampare sui propri piedi. Un bell’inizio per fingersi indifferente, non c’era dubbio.

“Ehi,” rispose vaga, obbligandosi a guardare in volto Fred o George.

“Dove vai così di corsa?”

“Da Harry e Ron,” rispose spiccia, “ti interessa altro?”

Fred mostrò i palmi in segno di resa, scherzoso. “Calmati, faccio solo conversazione,” ampliò il ghigno, “per una mia ammiratrice questo ed altro!”

Hermione arrossì, ma s’indispettì anche. “Senti, chiariamoci: io non sono una tua ammiratrice.”

“Se lo dici tu,” canzonò Fred.

“Lo dico io, sì. Perché, credimi, lo saprei se fossi interessata a te e, siccome questo è impossibile sia in questa vita che in altre cento, posso affermare certa che il tuo stupido filtro non funziona affatto.”

“Invece funziona!”

“Quando me lo dimostrerai, forse, ci crederò.” Tono di sfida, aria saccente, gli sorrise persino, aggirandolo e imboccando la stanza dei due amici.

Fred, spiazzato dal piglio della ragazza, seppe solo assumere un’aria esterrefatta che, ben presto, divenne divertita. “E sia,” sussurrò al nulla.

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Capitolo 2
*** Di scommesse e ricatti ***


“Ma perché queste dannate riunioni le fanno sempre a ora di pranzo?!”
 
“Non mi sembra proprio il caso, Ron.”
 
“No, Hermione, lascialo dire, che ha ragione. Ho una fame assurda,” biascicò George, guardando comprensivo il fratello più piccolo.
 
“È intollerabile che continuino a non darci notizie,” sputò rabbioso Harry, facendo inarcare l’eloquente sopracciglio di Fred.
 
“Amico, tu non puoi proprio lamentarti,” esordì infatti e George, carpendo il pensiero del gemello, annuì ancor prima che quest’ultimo potesse completare. “In un paio di giorni hai saputo più di tutti noi messi insieme.”
 
“E considera che noi elemosiniamo notizie da mesi,” aggiunse George.
 
“Beh, mi sembra che assieme a me c’eravate anche voi,” chiarì Harry, col tono di chi sta per perdere le staffe.
 
“È stato il minimo,” disse Fred sdegnato, “sarebbe stato assurdo parlare solo a te.”
 
“Hanno aperto,” intervenne rapido Ron, alludendo alla fine della riunione ed evitando che un nervoso Harry ribattesse ancora.
 
Ma Harry aveva voglia di proseguire, così Ginny improvvisò un attacco di tosse convulsa, catalizzando l’attenzione di tutti e, al contempo, stemperando la pesante atmosfera. Hermione indirizzò un sorriso grato alla giovane, limitandosi a raggiungere la cucina e ad accomodarsi al solito posto, era tranquilla, nonostante la pessima mattinata appena trascorsa, finché accanto a lei non s’accomodò un ragazzo di diciassette anni, dai capelli rossi scompigliati e un ghigno divertito stampato in volto. Il gemello di quel ragazzo, pestifero in egual misura, sedette di fronte Hermione, esibendo a sua volta la curiosa espressione beffarda. Nessuno notò lo strambo triangolo, poiché nessuno trovava singolare che i gemelli avessero l’aria diabolica, solo Ginny intuì, soffocando una risata nell’insalata.
 
“Come siete silenziosi,” esordì cupo Sirius, “devo dedurre che abbiate già gettato la spugna?”
 
“Sirius!”
 
“Sì, Molly?” ribatté provocatore Black, increspando le labbra in un sorriso sghembo, che, se possibile, sembrava ancora più pericoloso di quelli esibiti da Fred e George.
 
“Mangia,” impose la signora Weasley, guardando torva tutti i ragazzi al tavolo, sfidandoli tacitamente a porre una sola domanda sull’Ordine.
 
“Di cosa avete parlato?”
 
“George, mangia anche tu!”
 
“Siamo maggiorenni, ma’, io e Fred dobbiamo essere messi al corrente.”
 
“Un’altra parola e ti spezzo la bacchetta! Maggiorenni,” scandì seccata, “ragazzini, ecco cosa siete. Ragazzini!”
 
“Ma… ahi!”
 
“Cosa c’è, Fred?”
 
“Niente,” biascicò a denti stretti all’indirizzo della madre, indirizzando una torva occhiata a Hermione, che gli aveva simpaticamente pestato un piede. “Ti sembra carino, Granger?” sussurrò.
 
“Cuciti la bocca,” ribatté lei a voce bassa, versandosi l’acqua nel bicchiere. “E cucila anche a tuo fratello.”
 
“Capisco,” disse Fred con ritrovata malizia, “ti preoccupi per me. Che dolce che sei!”
 
Hermione arrossì. “Smettila.”
 
“Cos’avete da bisbigliare?”
 
“Niente,” dissero Hermione e Fred all’unisono, facendo imbronciare Ron. George, d’altro canto, dovette impedirsi di gongolare, mentre un insano pensiero si faceva strada in lui.
 

****

 
“Cosa ne pensi?”
 
“Penso sia un colpo basso,” rispose Fred.
 
“Quindi?” insistette George.
 
“Quindi, direi che mi piace parecchio!”
 

****

 
Quella sera Arthur sembrava di pessimo umore e nessuno dei figli potette comprenderne il motivo. D’altra parte, e stranamente, Molly aveva ritrovato il sorriso e la voglia d’intrattenere gli ospiti, tanto che persino Mundungus fu invitato a cena, per la gioia di Fred e George, che avevano proprio bisogno delle conoscenze del mago. Sirius e Remus, non diversamente da Arthur, erano poco inclini alla conversazione, con l’unica differenza che i due Malandrini esibivano anche una bellissima espressione imbronciata, come se avessero appena visto Severus appellare maiale James. Nessuno dei ragazzi poteva anche solo immaginare che lo scontento generale fosse causato dall’ordine di Silente di sospendere tutte le iniziative per un certo periodo, direttiva a cui Albus, come d’abitudine, non si era preoccupato di dare una spiegazione.
 
“Qualcosa non va,” commentò Hermione, arguta.
 
“Credo anch’io,” s’accodò Ron, che le era seduto accanto, nel salottino dei Black. “Harry ha cercato in tutti i modi di parlare con Sirius, ma è una tomba, pare.”
 
“Ronnie, ti vuole mamma.”
 
“Che vuole?”
 
Ma Fred si limitò a scrollare le spalle e Ron, di malavoglia, fu costretto a raggiungere la madre. Hermione osservò silenziosa la scena, chiedendosi se si fosse ritrovata, anche nei giorni passati, ogni cinque secondi con uno dei gemelli Weasley.
 
“Posso farti compagnia?”
 
“È carino che tu lo chieda,” commentò con sarcasmo, notando Fred accomodarsi ancor prima d’avere l’autorizzazione. “Chi sei?”
 
“Hermione, mia diletta! Mi spezzi il cuore con questo dire!”
 
Lei sorrise, suo malgrado. “D’accordo, Fred, dacci un taglio.”
 
“Ma se stai ridendo!”
 
“Non sto ridendo affatto!” negò, distogliendo lo sguardo da lui, che le metteva sempre più imbarazzo. Si ritrovò a chiedersi anche se le avesse sempre fatto quell'effetto. Forse, era tutta colpa della suggestione e della vergogna. Tutta colpa di quello stupidissimo filtro da testare.
 
“Senti, prima mi hai detto che avrei dovuto dimostrarti la funzionalità del filtro,” esordì tranquillamente, facendo sgranare gli occhi della ragazza. Perché mettere il dito nella piaga? Un mistero. “Siccome io e George siamo perfezionisti, non ammettiamo gentaglia che diffama le nostre invenzioni.”
 
“Mi hai appena dato della gentaglia, te ne sei reso conto?”
 
“Certo!”
 
“Lo ammetti anche? Sei un maleducato, e se pensi che io…”
 
“Zitta!” esclamò sfinito Fred, tappandole la bocca con il palmo della destra. “Sei insopportabile!” continuò scherzoso, ridacchiando alla vista delle gote arrossate di Hermione e dei suoi tratti induriti e nervosi. Se avesse potuto, l’avrebbe già incenerito con lo sguardo. “Ti libero, ma non urlare!”
 
“Come ti sei permesso?” scattò anche in piedi, con le braccia ricadenti rigide lungo il corpo e i pugni serrati. Una visione che fece ridere ancora di più Fred.
 
“Credimi, sei uno spettacolo!”
 
“E tu uno stupidissimo Troll di Montagna,” sbraitò lei, avviandosi altrove.
 
“Ehi, no, vieni qui! Devo ancora ricattarti!” disse lui giocoso, afferrando il polso della ragazza.
 
“Ricattarmi?”
 
“Esatto, genio! Io dimostrerò che il filtro funziona e…”
 
“Ah ah!” canzonò orgogliosa Hermione. “Rassegnati, Fred, a me un immaturo come te non potrebbe mai interessare.”
 
Lui avrebbe dovuto sinceramente offendersi, ma riuscì solo a ghignare, stupendosi nel trovare persino provocante quel piglio tanto sicuro e orgoglioso della strega. “Deduco che non hai paura di una scommessa, allora.”
 
“Assolutamente no.”
 
“Bill è di là e sappiamo tutti che sbava dietro alla francese,” commentò rapido Fred ed Hermione, al sentire la francese, non potette impedirsi una smorfia. “Più tardi gli somministriamo il filtro e vediamo cosa sogna!”
 
“E come intendi rifilarglielo?”
 
“Come abbiamo fatto con te! Hai presente quei bei bicchieri di tisana che la mamma ci obbliga a bere prima di andare a letto?!” Hermione, d’improvviso, parve illuminarsi, erano ore che tentava di capire come avessero fatto a utilizzarla come cavia. “Vedo che hai afferrato! Nessuno sospetta mai della tisana della mamma! E lei a quell’ora è troppo stanca per notare qualcuno che traffica con qualcosa.”
 
“Siete dei demoni.”
 
“Siamo geniali!” corresse lui.
 
“Ad ogni modo, c’è un problema. Questa mattina,” disse con la salivazione azzerata, “hai parlato di filtro per ragazze.”
 
“Sciocchezze. Il filtro è lo stesso, cambia il colore. A voi ragazze il rosa piace tanto, quindi il vostro è rosa!”
 
“Maschilisti.”
 
“Imprenditori, prego!”
 
Lei, ancora una volta, fu costretta a sorridere di quella sfrontata convinzione. “Cosa c’è in gioco, Fred? Perché tutto questo interesse?”
 
E lui, ancora una volta, fu costretto a stupirsi nel trovare interessante lei e la sua arguzia. “Hai un bel cervello, Hermione, davvero un bel cervello, che stai miseramente sprecando dietro stupidi compiti e noiose lezioni.”
 
“Vieni al dunque,” ordinò lei annoiata.
 
“Se il filtro funziona, tu aiuterai me e George in alcuni piccolissimi esperimenti, sai, per velocizzare un po’ la cosa!”
 
“Non se ne parla! Io non lo farò mai!”
 
“Se non funziona, questa storia morirà con me,” completò lui, ignorandola bellamente.
 
“Non scommetto un bel niente,” sbraitò indignata Hermione, dirigendosi a passo di marcia altrove, mentre Fred sbuffava.
 
“Ecco, ora devo anche cinque Falci a George,” si lagnò andando via. “Eppure era una scommessa così allettante!”
 

****

 
Un altro Prefetto in famiglia, la nostra reputazione rischia di crollare per sempre,” commentò aspro George, mentre intascava le Falci di Fred e guardava la madre stritolare Ron.
 
Poco lontano da lui e Fred, Bill si congratulava con Hermione, la quale, spinta dalla tremenda curiosità, riuscì a guidare la conversazione sino a sogni e affini, arrivando a farsi rivelare da Bill, del tutto in estasi, d’aver sognato Fleur.
 
“Sembra un bel sogno da come lo descrivi,” disse imbarazzata.
 
“Non puoi immaginare! Era così realistico! Oh, scusa, vado a salutare Tonks!”
 
“Sì, ciao…”
 
“Hermione, mi sembri un po’ scossa!”
 
Lei si voltò, trovandosi faccia a faccia con George. “Desideri?”
 
“Tu e Fred non avete scommesso.”
 
“No.”
 
“Sapevo che il tuo immacolato senso del dovere non sarebbe arrivato a tanto,” commentò quieto, mentre Hermione cercava Fred tra la folla, aspettandosi che, da un momento all’altro, arrivasse anche lui. “Mi spiace,” disse George malizioso, notando lo sguardo della ragazza. “Dovrai accontentarti di me!”
 
“Ora basta! Lo dico a tua madre e la facciamo finita!”
 
“Fa’ pure, ma poi non lamentarti quando a Hogwarts tutti sapranno di te e Freddie!”
 
“Ma… vi siete ammattiti o cosa?”
 
“Ascolta, ci manca un solo ingrediente per perfezionare l’effetto febbricitante di una Merendina e per la prima settimana di scuola vorremmo averla pronta, almeno per la sperimentazione. Tu puoi esserci d’aiuto. In più, in quanto Prefetto, chiuderai i tuoi begli occhietti inquisitori quando faremo qualcosa di forse illegale. Tutto chiaro?!”
 
“Mi stai ricattando?” chiese retorica, inarcando le sopracciglia.
 
Tecnicamente, sì. Moralmente, no, ti sto dando l’occasione di passare tempo assieme al tuo amato!”
 
Ma Hermione assottigliò lo sguardo, portò le braccia conserte e inclinò il viso verso l’alto, in segno d’orgoglio. “Se pensi d’avermi spaventata, ti sbagli di grosso. Anzi, questa è la prova che è tutta una farsa, il filtro, il sogno, ah, come no! Tutte sciocchezze per avere i vostri comodi!”
 
“Mi stai dicendo no?”
 
“Ti sto dicendo che, quando ho visto la spilla, ho pensato che avrei mediato con te e Fred. Ora, invece, ho deciso che sarò il vostro incubo,” concluse fintamente leziosa, raggiungendo Ron, che, intanto, rifletteva intensamente su quale regalo chiedere alla madre, mentre Harry sembrava catturato dai racconti di Remus e Sirius su James.
 

****

 
“Ragazzi, veloci, il treno sta per partire!”
 
“Non agitarti, mamma, siamo sempre in ritardo,” commentò Ginny, infastidita dall’apprensione della madre.
 
Cinque minuti più tardi, nonostante i timori di Molly, tutti i ragazzi erano sul treno: Harry e Ginny in cerca di uno scompartimento, Hermione e Ron alle prese con la prima esperienza da Prefetto e Fred e George assieme a Lee, seduti nel solito scompartimento, che sembrava appartenergli in via esclusiva, stranamente, nessuno osava occupare quei posti.
 
“Questo è quanto,” concluse Fred.
 
Lee annuì, aveva ascoltato interessato l’intero resoconto delle vacanze dei due amici, resoconto che, per esigenze di segretezza, era stato abilmente modificato dal giovane mago.
 
“Però, che tipetto. Ora capisco perché Harry e Ron scattano sull’attenti quando arriva lei!”
 
George ghignò. “Già, ma deve pagare lo scotto d’essersi messa contro di noi.”
 
Fred scosse il capo. “No, di quello mi importa poco. Ora che siamo a Hogwarts abbiamo ben altro da fare, diciamo che questa storiella ha movimentato le ultime giornate!”
 
“Però un aiuto dal cervello di Hermione non sarebbe male, per non parlare di quanto possa rompere i Boccini ora che è Prefetto,” convenne Lee.
 
“Vedremo,” disse Fred, assumendo un’aria da perfetto demone, che fece insospettire i due compagni di viaggio.
 

****

 
“Hermione, ma è vero?” squittì Padma, Prefetto Corvonero, mentre percorrevano il vagone. “Me l’ha detto Calì, ma non riesco a crederci, mi sembra così strano!”
 
“Di cosa stai parlando?
 
“Ma di Fred Weasley, ovviamente! È vero che hai una cotta per lui?”

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Capitolo 3
*** Gelosia? ***


Quel primo giorno di scuola fu per Hermione una vera e propria tortura. L’aveva trascorso tra gli incarichi di Prefetto, le prime lezioni e gli insopportabili pettegolezzi uniti agli sguardi indiscreti e schernitori. Persino Pansy Parkinson era a conoscenza del fattaccio e non aveva mancato di infastidirla dinanzi alla classe di Erbologia. In più, la giovane Grifondoro aveva anche dovuto trovare il tempo di mentire a Harry e Ron, negando l’interesse per Fred e dicendo di ignorare la fonte della diceria.
Mentre marciava verso la Sala Comune, non faceva altro che ripetersi di non avere affatto una cotta per Fred e che lui e il gemello l’avrebbero pagata, dopotutto, le avevano rovinato il primo giorno nelle vesti di Prefetto. Un reato da punire anche con la morte! Era accompagnata da questi pensieri quando, inavvertitamente, scorse due figure in un angolo del corridoio, seminascoste da una colonna. Non era una ficcanaso, ma le parve di riconoscere la risata di uno dei gemelli Weasley e, vogliosa di dirgliene quattro, s’affacciò per avere conferma delle proprie supposizioni. Non se l’aspettava, di trovare Fred o George con Angelina Johnson, non che si baciassero, ma ridacchiavano frivoli e a Hermione quella frivolezza infastidì enormemente. Senza farsi notare, si morse la lingua e proseguì ancora più svelta, più nervosa di qualche istante prima. Quando giunse alla Signora Grassa e varcò il buco del ritratto, aveva un’aria livida tatuata in viso. Gli occhi, ridotti a fessure, intercettarono immediatamente Lee e Fred o George seduti comodamente sul divanetto, parlottando con alcuni bambini del primo anno.
 
“Devo parlarti,” esordì Hermione.
 
“Sicura? Non vuoi aspettare il tuo Fred?!”
 
Le parole di George fecero ridacchiare Lee e chiunque fosse abbastanza vicino da ascoltare, ma a Hermione fecero uno stranissimo effetto: una piccola fitta allo stomaco e uno strambo formicolio alle dita delle mani s’impossessarono di lei. Non ricordava d’averla provata spesso, quella sensazione, e volle ignorare che somigliasse tanto alla gelosia.
 
“Quindi sei George,” rifletté a voce alta, mentre il suono fastidioso delle frivole risate le riempiva l’udito.
 
“Oh, non fingere di non avermi riconosciuto! Tu sai sempre quando è Fred a parlarti, no?!”
 
Altre risate, altre strane sensazioni per Hermione, la quale, spazientita, afferrò la cravatta della divisa di George e la strattonò al punto da far sgranare gli occhi al ragazzo, costringendolo ad alzarsi, tentando di divincolarsi da quella presa omicida.
 
“Mi vuoi soffocare?”
 
“Forse! Vieni fuori, subito!” ordinò Hermione, infischiandosene degli sguardi altrui, che, in quel momento, non riuscivano ad irritarla.
 
Dopo pochissimi istanti, erano entrambi fuori, mentre all’interno Lee continuava a persuadere i bambini a guadagnare qualche soldo da spendere in dolci o giochi. Hermione incrociò le braccia al petto e guardò truce George, che, dal canto suo, parve indeciso se ridere divertito o scappare terrorizzato a gambe levate, optò per un mezzo ghigno.
 
“Io ti avevo avvisata, non puoi negarlo!” disse lui tronfio.
 
“Tu e il tuo stupidissimo gemello siete due catastrofi viventi. Ma dico, cosa vi è saltato in mente? Diffondere quella stupidaggine sul mio conto è stato un gesto ignobile, persino per voi,” sputò arrabbiata Hermione, mentre la Signora Grassa, silenziosa e indiscreta, seguiva l’allettante battibecco.
 
“E no, carina, proprio no! Noi ti abbiamo fatto una proposta, tu l’hai rifiutata!”
 
“Voi mi avete ricattata, è diverso! Sfruttando, per giunta, una bugia!”
 
“Il nostro filtro non mente,” chiarì orgoglioso George e Hermione sorrise sadica.
 
“Certo, come no. Non mente! State davvero sfociando nel ridicolo! È lampante che è solo uno stratagemma per avere il mio aiuto! Merlino, è come se vedessi un gabinetto allagato con Pix accanto che dice di non essere stato lui! È improbabile, George.”
 
“Ma non impossibile. E grazie del paragone con Pix! Modestamente, ha la nostra stima!”
 
Le parole di George fecero sbuffare Hermione, stremata dall’irritazione, da frivole risate e da George stesso, che non vacillava a nessuna provocazione. Stettero ad osservarsi per un po’ e proprio quando stavano per battibeccare nuovamente, Fred e Angelina sopraggiunsero, ridacchiando ancora notò Hermione.
 
“Ehi, George! Dov’eri finito?” chiese la Johnson, baciando la guancia dell’interpellato. “Ciao, Hermione!” salutò infine, entrando in Sala Comune.
 
“È un portento di ragazza!” disse Fred ammirato, osservando l'accesso alla Sala tornare coperto dal ritratto. Hermione arrossì involontariamente, d’improvviso arrabbiata e nuovamente schiava del formicolio e della morsa. Insomma, cosa le stava succedendo? “Che ci fate qui fuori?”
 
“Hermione ce l’ha con noi, dice che siamo… Come hai detto?!” scherzò George.
 
“Lascia perdere, guarda,” rispose la ragazza a denti stretti. “Me la pagherete e cara anche!”
 
“La soluzione è semplice, Hermione,” intervenne Fred, sorridendole divertito. “Tu ci fai quei piccolissimi favori e noi smentiamo il pettegolezzo, cosa ne dici?”
 
“Dico di…”
 
“Hermione, riflettici! Pensa a quanto tempo potresti passare col mio gemello!” disse George malizioso, poggiando la destra sulla spalla di Fred, dal canto suo, un po’ titubante. “Visto com’era contenta Angelina?! Potresti essere anche tu tanto contenta!”
 
“Cosa? Ma io e Angelina…”
 
“Dico di sì.”
 
Fu Hermione a spiazzarli con quella risposta. Nessuno dei due immaginava un e neanche lei, ch’era stata guidata dall’irrazionale istinto. George, forse senza volere, aveva inferto un duro colpo a quei formicolii e a quelle fitte della ragazza. Impazzita, ecco cos’era, si ripeté lei mentre li osservava.
 
“Sul serio?” gracchiò Fred, che non aveva minimamente considerato l’ipotesi affermativa.
 
“Già,” ripeté a disagio Hermione, sempre meno spavalda, poiché la spinta irrazionale era durata un brevissimo attimo.
 

****

 
“Hermione, dovresti sistemare un po’ i capelli…”
 
“…E anche il modo di camminare…”
 
“…E quella borsa, cara, troppo vecchia…”
 
“…Anche un po’ di trucco, magari…”
 
“Ma cosa volete?” esplose Hermione dopo un po’. S’era rintanata nella propria stanza per schiarirsi le idee, non per subire anche Lavanda e Calì.
 
“Ma, tesoro,” disse leziosa Lavanda, “non piacerai mai a Fred Weasley come sei ora!”
 
“Infatti, non considerare Krum, lui è stata mera fortuna,” squittì invidiosa Calì.
 
Hermione parve indecisa tra lo schiantarle – che era sempre un’ottima alternativa – e l’ignorarle. Optò per la seconda, uscendo dalla propria camera con un sonoro sbuffo. Rapida, si ritrovò a bussare alla porta della camera di Ginny.
 
“Posso?” chiese quando la piccola Weasley le fu dinanzi.
 
Devi! Dobbiamo fare due chiacchiere!”
 
Sedute sul letto della più piccola, parlottando a voce bassa, affinché le compagne di dormitorio non origliassero, dedicarono tempo al problema di Hermione, che s’era ingigantito da un giorno all’altro.
 
“Sei gelosa!”
 
“Non dire stupidaggini.”
 
“Allora, perché hai accettato?”
 
“Per far finire questa storia!” si difese concitata Hermione.
 
“Oh, Hermione, di questo passo la storia non finirà mai!”
 
“E cosa dovrei fare?”
 
“Esattamente quello che nessuno si aspetta tu faccia!”
 
“Cioè?”
 
Conquistalo!”
 
“Wow, che soluzione,” concluse Hermione sarcastica.
 

****

 
“Bene, quindi abbiamo già otto ragazzini si cui sperimentare, se gli diamo tre Zellini a testa, sì, dovremmo starci nei conti…”
 
“Ottimo!” affermò George, segnando su una pergamena tutti i prodotti testabili e quelli ancora in sperimentazione non sicura.
 
“Con la Granger dovrebbe sveltirsi di molto la cosa, almeno credo,” commentò Lee, che giochicchiava amabilmente con Tip, il gatto di Alicia.
 
“Sì, a proposito di Hermione… George, smettila di puntare sempre su quella storia.”
 
“Sento puzza di coscienza?!”
 
“Fred, non mi dire, la Granger ti sta già plasmando?!”
 
Ghignarono George e Lee, facendo scuotere il capo a Fred. “Eresia!” scherzò. “Dico solo che non voglio forzare troppo la mano,” chiarì lui, consapevole d’aver in qualche modo mentito, poiché, stranamente, era davvero qualcosa di molto vicino alla coscienza a ritenere che si stesse esagerando con Hermione.
 

****

 
“Ehi, Granger, Weasley ti ha già schiantata per avergli rovinato la reputazione?”
 
“Sta’ zitto, Malfoy.”
 
“Oh, Potter, immagino tu sia addolorato! La Granger preferisce di nuovo un altro a te!”
 
“Draco, non essere così maligno,” s’intromise Pansy. “Potter è così un povero orfanello pazzo!”
 
“Dateci un taglio, d’accordo?” intervenne Ron arrabbiato, parandosi dinanzi Hermione e Harry, ma Pansy e Draco sogghignarono.
 
“Weasley, non mi dire, affranto perché la zannuta preferisce tuo fratello?!”
 
“Ah! Penso sarà difficile questa volta, Granger,” riprese malevola Pansy. “Mi risulta che gemello uno e due siano abbastanza svegli! Come glielo somministri, il filtro d’amore?!”
 
“Perché non me lo consigli tu, Parkinson?” rispose la diretta interessata, precedendo le bacchette di Harry e Ron. “Insomma, persino uno sfigato come Malfoy ha dovuto bere qualcosa per portare la tua faccia da carlino al Ballo!”
 
E mentre Pansy arrossiva di indignazione e Draco, suo malgrado, ingoiava una risata, Fred comparve alle spalle del gruppetto, che sostava all’esterno dell’aula di Trasfigurazione, e applaudì Hermione.
 
“Wow! Non l’avrei saputo dire meglio!”
 
“Fred! Smentisci immediatamente questa storiella,” inveì Ron, con tutte le orecchie arrossate. Non l’avrebbe mai ammesso, ma la sola idea che Hermione potesse sul serio essere interessata a qualcuno lo infastidiva come non mai. Ancora s’innervosiva se pensava al bulgaro.
 
“Sì, smentisco! Smentisco!”
 
“Bene,” replicò soddisfatto Ron, affiancandosi a Harry che, nel mentre, aveva dovuto distogliere l’attenzione dall’amica per dedicarla a Seamus, che lo guardava in cagnesco. “Non dargli soddisfazione,” sussurrò il mago al Prescelto.
 
“Non hai lezione, Fred?” chiese Hermione, cercando di non arrossire agli avidi sguardi delle compagne di corso.
 
“Sì, è iniziata dieci minuti fa!” chiarì scherzoso, infilandole una pergamena in tasca. “È il procedimento su cui vorremmo un tuo consiglio. Solo questo e basta, promesso! In fondo, mi spiace averti causato tutti questi guai,” disse alludendo al gruppetto di Serpeverde.
 
Hermione, suo malgrado, sorrise, stupita dall’ammissione del ragazzo. Le parole di Ginny sul conquistarlo le sembrarono, d’improvviso, sensatissime. Ma scacciò rapidissima quel pensiero, tornando in sé. “Non importa, Fred. Preoccupati di smentirli tutti, questi pettegoli!”
 
“Sarà fatto!”
 
“Signor Weasley, mi spieghi perché non sei alla lezione del professor Vitious?”
 
Fred sobbalzò, impallidendo, voltandosi verso la McGranitt appena giunta, che, preoccupandosi d’aprire la porta dell’aula, obbligò implicitamente la classe a sposarsi al suo interno.
 
“Dovevo andare in bagno,” improvvisò. “Ma ora vado! Buona lezione!”
 
Minerva scosse il capo, corrugando la fronte. “Non impareranno mai.”

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Capitolo 4
*** Fred Weasley, sei proprio un gran... ***


“Ma perché mi ha nominato Prefetto? Miseriaccia, Harry, tu non sai la fortuna che hai avuto,” sbraitò Ron, costretto a rivolgere l’attenzione all’ennesimo undicenne terrorizzato dalle scale che avevano l’orrido vizio di cambiare.
 
Harry, che dentro di sé covava un pizzico di rancore nei confronti della nomina dell’amico, non poté impedirsi di sorridere maligno. “Avanti, Ron, non è poi tanto male,” liquidò con sarcasmo, facendo sbuffare l’altro.
 
Avanzavano quieti, sino a quando non si ritrovarono di fronte uno spettacolo a dir poco assurdo: Hermione, quella Hermione, che parlava concitata e furtiva con Fred, quel Fred. A Ron sembrò d’essere stato catapultato in un universo parallelo, perché Hermione non stava sbraitando e Fred non stava sbuffando. La situazione era molto più pazzesca! Hermione aveva l’aria complice e Fred l’aveva assorta.
 
“Questo non è normale,” riuscì a scandire il Prescelto.
 
“EHI! VOI DUE!” urlò Ron, senza preoccuparsi d’essere nel bel mezzo del corridoio, in orario pomeridiano, e, per l’amor del cielo, in una scuola!
 
“Cosa vuoi, Ronnie?” rispose infastidito Fred, mentre Hermione assumeva la consueta espressione contrariata. “Hai la luna storta?”
 
Ronnino piccino con la luna storta, perché la fidanzatina l’ha tradito un’altra volta!
 
“Pix, sta’ zitto,” ringhiò Harry, ma tutto ciò che ottenne fu un ghigno maligno da parte del Poltergeist, che fluttuò con maggiore insistenza attorno alla testa di Ron.
 
Ronnino prefettino con la luna  storta, perché la fidanzatina l’ha tradito un’altra volta!” ripeté ancora.
 
“Perché siete insieme? Che state tramando?” chiese Ron, avvicinandosi e tentando di scacciare Pix con la mano destra.
 
Hermione inarcò le sopracciglia, guardando in modo eloquente Harry, al punto che il ragazzo fu costretto ad arrossire e a poggiare una mano sulla spalla di Ron, con l’intento di tirarlo via. “Dai, saranno affari loro,” disse Potter.
 
“Già, saranno affari nostri,” gli fece eco la ragazza e Fred si morse il labbro inferiore per non ridere.
 
“Cosa? No, sono affari anche nostri! Voglio sapere cosa diamine fai con lui!”
 
“Oh, Hermione, temo proprio che dovremmo dirglielo!” esordì Fred teatrale. Harry e Ron si guardarono straniti, mentre Pix finalmente tacque, voglioso di non perdersi una sola parola.
 
“Cosa dovremmo dirgli?”
 
“Mi spezzi il cuore, amore mio! Cosa, mi chiedi? Ma che stiamo insieme!”
 
“Eh?”
 
“Stai scherzando?”
 
“Certo che sta scherzando.”
 
Fred Weasley è rovinato, la secchiona l’ha incastrato!”
 
In ordine: Hermione, Ron, Harry e Pix. Fred parve quasi commosso da tanta partecipazione. “Grazie degli auguri, amici miei!” aggiunse, sempre più teatrale, trascinando via Hermione e ridendo come un matto.
 
“PIX, ZITTO!”
 
Ronnino prefettino è arrabbiato, perché la Granger l’ha mollato!
 
“Ho detto che devi stare zitto!”
 
“Ci penso io, Ron,” intervenne Harry, le cui labbra s’incresparono in un ghigno, mentre gli occhi assunsero un’espressione strana, malandrina quasi. “Pix, quasi dimenticavo di avvisarti. Il Barone sta venendo da queste parti, pare voglia fare una chiacchierata col ritratto di Sir Paul.”
 
Poche parole e Pix, seppur non del tutto convinto, ma spaventato all’idea di rischiare, se ne andò canticchiando Ronnino prefettino, che venne ben presto sostituito da Fred Weasley è rovinato, così che tutta Hogwarts potesse godere della novità. Harry non poteva saperlo, né poteva vedersi, ma quella fu una delle occasioni in cui la somiglianza con James Potter risultò piuttosto evidente. Il Prescelto dovette poi impegnarsi nel trascinare via Ron da quella porzione di corridoio e lo fece al momento più opportuno, poiché gli occhi attenti di Mrs. Purr avevano già identificato i disturbatori e la gatta, come il più sadico dei felini, aveva già iniziato a miagolare, richiamando l’attenzione di Gazza.
 
“Fred, ora puoi lasciarmi.”
 
“Giusto!”
 
“Smettila di ridere,” rimproverò Hermione, seppure lei stessa dovesse trattenersi dal ridacchiare.
 
“Va bene!” acconsentì lui, estraendo dalla tasca una pergamena appallottolata. “Ricapitolando, questo è il procedimento alternativo a quello elaborato da me e George…”
 
“Esatto, ti ho spiegato i passaggi. Con questo dovreste impiegare la metà del tempo per i Torroni,” disse. “Ora però devo andare, Fred, avevo solo mezz’ora di spacco.”
 
“Perché così poco?”
 
“Seguo qualche corso in più degli altri,” ammise con un mezzo sorriso. “Ah, smentisci anche Pix! Era nei patti, Weasley!”
 
“Come desidera, Miss Prefetto!” scherzò lui, osservando la chioma bruna sparire. Non lo notò Fred, il sorriso sghembo apparso sul viso di Hermione.

 
****

 
“Eccola, guardala, non sembra assurdo?”
 
“Secondo me, Pix questa volta non è attendibile…”
 
“Volete stare zitte? Siete due vecchie pettegole,” rimproverò Padma a voce bassa, conquistandosi le occhiatacce della propria gemella e di Lavanda.
 
Hermione finse di non aver ascoltato nulla, ma salutò con falsa cortesia Lavanda e Calì, chiedendosi per l’ennesima volta per quale motivo frequentassero Rune Antiche. Era trascorsa una settimana dalla discussione pubblica con la Parkinson e le voci, come Fred aveva promesso, si erano sedate sul serio. Ma ora, a quanto sembrava, complici un gesto avventato del ragazzo e la bocca larga di Pix, era tornata a essere oggetto di comune interesse.
 
“Finirà anche questo,” sussurrò a se stessa, prendendo posto accanto a Ernie, come solitamente accadeva durante quelle lezioni.

 
****

 
“Mi dici cosa ti prende?”
 
“A me? Niente.”
 
“Sì, vallo a dire a chi non ti subisce tutto il giorno,” s’intromise Dean, sedendosi accanto a Ron e Seamus.
 
“Ragazzi, seriamente, non ho niente!”
 
“Oh, andiamo, Ron, stai facendo i compiti…”
 
“In pieno pomeriggio,” precisò Seamus. “Non è normale.”
 
“L’ultima volta che sei diventato studioso, Harry stava per essere divorato da un drago…”
 
“…No,” corresse Seamus. “L’ultima è quando Hermione si vedeva con Krum!” concluse con aria saputa e maliziosa. Ah, dall’alto dei suoi quindici anni, Finnigan aveva davvero intuito!
 
Ron arrossì in modo imbarazzante e Harry giunse in quell’esatto istante, fissando Seamus e chiedendogli implicitamente se fosse possibile respirare la stessa aria per più di cinque secondi senza litigare. Il fatto che l’irlandese annuisse in modo quasi impercettibile fu un assenso per il Prescelto.
 
“Sei ancora nervoso? Sai che Pix passa le sue giornate così.”
 
“Che ha fatto Pix?” domandò curioso Dean.
 
“Dice che Hermione e Fred stanno insieme e che Ron è depresso,” intervenne spiccio Neville, impegnato a impedire a Oscar di saltare sulla testa di Harry, quel groviglio nero e scompigliato sembrava attirare in modo esasperante il rospo di Paciock. “Sono sempre più convinto che Oscar veda uno stagno e non i tuoi capelli, Harry,” disse infatti, con aria a metà tra l’imbarazzato e lo sconcertato. Dean e Ron a stento si trattennero dal ridere.
 
“Quindi è di nuovo Hermione, eh?! Ci avevo visto giusto!”
 
“Non è Hermione, Seamus. A me di lei non importa niente,” si difese Ron, facendo inarcare le sopracciglia dei compagni. “Ma lei non sa scegliere, non capisce che…”
 
“Ronnino prefettino! Che bello vederti! Mi è giunta voce che il tuo cuore è a pezzi!”
 
“Oh, George, lascialo stare. Ci vuole rispetto per i cuori infranti!”
 
“Lee, non ti ci mettere anche tu,” sbraitò Ron.
 
“Già, Lee, sei proprio un insensibile!” scherzò Fred, entrato in Sala Comune assieme al gemello e all’amico. “Sono qui per comunicarti che ho scherzato, tra me e Hermione non c’è niente e te lo dico perché le devo un favore,” chiarì.
 
“Ah,” esordirono in coro i cinque quindicenni.
 
“Che favore?” chiese Harry.
 
“Ci ha gentilmente offerto il suo aiuto per perfezionare una nostra invenzione,” spiegò George, sorridendo alle espressioni esterrefatte dei ragazzi.
 
“Hermione non lo farebbe mai.”
 
“Invece l’ha fatto, Ron, guarda qui!” affermò Lee, mostrando la pergamena.
 
“Già, Ron, l’ho fatto. In fondo, alcuni ritrovati dei gemelli possono dirsi persino geniali,” scandì con strano tono lezioso Hermione, che aveva in volto un’espressione ambigua, mentre Ginny, al suo fianco, ghignava apertamente.
 
“Sei ubriaca?” chiese Dean, il quale, per una frazione di istanti, si ritrovò a pensare che la sorellina di Ron non fosse poi tanto male.
 
“No, assolutamente. C’è solo un particolare che non ho avuto tempo di dirti prima, Fred.”
 
“E quale?” chiese il diretto interessato, la cui espressione sembrò tradire una certa preoccupazione. Quell’atteggiamento puzzava in modo esagerato, peggio della cacca di Troll.
 
“Vedi, gli ingredienti di questo procedimento sono ottimi, sul serio, ma per trovarli dovresti avere a disposizione il tempo necessario per recarti nella Foresta Amazzonica, unico luogo dove crescono, conoscenze adeguate per estirparli dal terreno senza alterarne le proprietà e una certa disponibilità economica, sai, per il viaggio e per pagare un esperto erborista, che ti indichi quali siano le parti realmente utilizzabili.”
 
“Alla faccia del risparmiare tempo,” affermò George d’istinto.
 
“Beh, voi mi avevate chiesto un procedimento più rapido del vostro e quello lo è. Non avete mai fatto cenno agli ingredienti.”
 
Quando Ginny decise che fosse ora di salire in dormitorio per lei e Hermione, quest’ultima non poté impedirsi di lanciare uno sguardo di sfida ai gemelli, come a dirgli credevate sul serio di farla franca?!
 
“Ci ha fregati,” fu il solo commento di Fred, il quale, stranamente, non esibiva un’aria risentita o offesa, ma del tutto ammirata e, in certo senso, stimolata.
 

 
****

 
“Ho finalmente messo fine a questa storia…”
 
“Oh, le loro facce! Perché Canon non è in giro quando serve?”
 
“…Era diventata assolutamente snervante…”
 
“Insomma, sembravano dei pesci lessi! E anche Ron! Bello, divertente, da rifare!”
 
“…Ma credevano fossi una sciocca ragazzina?...”
 
“Dobbiamo pensarne un’altra! Ecco, magari potremmo rifilare la Crostatina Canarina a Lee! Sai che spettacolo!”
 
“…Sono loro gli sciocchi ad aver pensato che accondiscendessi ad aiutarli nei loro traffici illegali…”
 
“Cosa ne pensi, eh? Lo facciamo?”
 
“…Credi abbiano imparato la lezione?”
 
“Eh?”
 
“Come hai detto?”
 
Scoppiarono a ridere assieme, consapevoli che nessuna avesse ascoltato l’altra.
 
“Dicevo che è da rifare,” riuscì a scandire Ginny tra le risate.
 
“Io, invece, dicevo che ho finalmente messo un punto a questa storia,” chiarì risoluta Hermione.
 
Ma Ginny ghignò con aria maliziosa. “Hai messo fine a una parte della storia, amica mia! Manca quella più interessante: Fred!”
 

 
****

 
“Ehi… ma…”
 
Non ci fu modo per Hermione di dire altro, qualcuno l’aveva appena rapita, proprio mentre stava per andare a cena. Un rapimento in piena regola: cappuccio sulla testa, mano all’altezza della bocca e altra mano a tenere stretti i polsi, incatenati all’altezza lombare della ragazza. Per quanto scalpitasse e per quanto lanciasse maledizioni con il solo ausilio della mente, la strega non riusciva a liberarsi. Quando tornò a respirare regolarmente era ormai in una piccolissima stanza tutta buia; libera fisicamente la sedicenne, ma privata della bacchetta.
 
“Chi sei?” chiese, sforzandosi d’apparire tranquilla.
 
Nessuno rispose. Hermione poteva soltanto udire il suono di un altro respiro oltre al suo, il che le dava almeno la certezza d’avere dinanzi un solo individuo e non di più. Titubante, mosse un passo in avanti, divaricando le braccia e poi portandole in avanti, avanzando a tentoni.
 
“Guarda che non è divertente. Sono un Prefetto e farò rapporto! E se anche non facessi rapporto, saresti comunque spacciato o spacciata! Ti assicuro che una punizione è nulla in confronto alla mia bacchetta,” minacciò, appuntandosi mentalmente che il mostrarsi sicuri, nelle varie situazioni vissute con Harry, fosse spesso risultato la sola arma a disposizione.
 
“Sciocchezze,” sibilò una voce, irriconoscibile all’udito di Hermione, poiché artefatta.
 
“Mostrati, vigliacco! Se è uno scherzo, non è divertente. Se non è uno scherzo, dimmi cosa vuoi e facciamola finita.”
 
Nel dirlo, Hermione riuscì finalmente a tastare qualcosa di molto simile ad un corpo umano, maschile a giudicare dallo sterno piatto. Risalì rapidamente con le mani, giungendo alle spalle, piuttosto larghe, da Battitore, e poi al capo, dove, ignorando i lineamenti, s’avventò direttamente sui capelli, strattonandoli con forza.
 
“Ahi!” si lamentò quel qualcuno, bloccando con forza le mani di Hermione.
 
“Dimmi chi sei e cosa vuoi o faccio di peggio,” tuonò lei, seppure iniziasse a immaginare chi aveva dinanzi. Un po’ la corporatura, un po’ l’altezza, un po’ quell’ahi sfuggito al controllo e dal tono, dunque, tanto familiare iniziavano a comporre il puzzle.
 
“Sta’ ferma e ti dico chi sono.”
 
“Anche cosa vuoi. E accendi la luce!” impose la Granger. Il ragazzo ghignò nel buio.
 
“La luce l’accendi tu, dopo e il cosa voglio te lo mostro.”
 
“Fred, smettila,” affermò risoluta.
 
“Sicura che sia Fred? Chi è Fred?!”
 
“Non fare l’idiota, riconoscerei le tue battutine insipide tra mille e poi hai dimenticato di lavare le mani.”
 
“Le mani?”
 
“Già, le mani, Fred, puzzano ancora di pus, quel pus con cui trafficavi questo pomeriggio, quando ti ho dato il procedimento,” spiegò con lentezza, come se lo credesse troppo stupido per recepire più di un concetto alla volta.
 
“Ah, sei davvero brillante, Hermione!”
 
“Cosa vuoi?”
 
In risposta, il mago premette le proprie labbra contro quelle della ragazza. Lei, come ritrovandosi nuovamente in quel sogno tanto ardimentoso, si sentì sopraffatta da una sensazione che non sapeva catalogare. L’unica cosa certa era che lì, con Fred che la baciava, non riusciva a trovare la forza di allontanarsi. Neanche la tanto beneamata razionalità riuscì ad aiutarla. Fu così che ricambiò, con incertezza, con timore, ma anche con ingenuo trasporto.
 
“Lo sapevo,” sussurrò Fred un attimo dopo, interrompendo il bacio. I sensi di Hermione avvertirono immediatamente il tanfo del pericolo, tanto che la giovane non ebbe il coraggio di chiedergli cosa sapesse. “I nostri filtri non sbagliano mai,” aggiunse lui. “Davvero pensavi che l’avresti passata liscia?! Uno scherzetto del genere ai gemelli Weasley si paga, Granger! Ora io e te sappiamo cos’è successo qua dentro.”
 
“Quindi?” osò chiedere Hermione.
 
“Quindi, mia cara, ho io il coltello dalla parte del manico.”
 
“Mi stai ricattando di nuovo,” affermò lei disgustata, allontanandosi da lui e ringraziando tacitamente il buio, perché avvertiva delle lacrime pizzicarle gli occhi.
 
“Non direi, io sto solo ricambiando la tua mossa. Ci si vede, Hermione!” salutò sarcastico, fuggendo letteralmente dallo sgabuzzino, che smise d’essere buio.
 
“Che gran bastardo.” Fu il solo commento di Hermione, che, a quanto sembrava, era stata colta in fragrante ad avere davvero una cotta per quel gran bastardo di Fred Weasley.












Angolo autrice:
Salve :) Chiedo scusa per il ritardo con cui aggiorno la storia, il motivo è molto semplice: ho ormai poca ispirazione quando la long riguarda Fred e Hermione. Ogni idea mi sembra d'averla già scritta, di ripetermi e di risultare quindi monotona. Ho riscritto questo capitolo più di una volta, questa è la versione che più mi ha soddisfatta. Come in ogni mia storia, mi impegnerò a portarla a termine, ma con i tempi necessari, perché non voglio pubblicare nulla che risulti a me in primis scadente.
Colgo l'occasione per ringraziare coloro che recensiscono, chi preferisce/ricorda/segue e chi legge semplicemente, spero che questo capitolo, giunto dopo tanto tempo, vi sia piaciuto almeno un po'.
Alla prossima :)

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Capitolo 5
*** Il grammofono ***


“Hermione, che fretta hai?”
 
“Defo sfudiafe…” rispose la diretta interessata, ingurgitando velocissima qualche foglia di insalata e due o tre pezzetti di carne. “A dopo,” salutò, abbandonando la Sala Grande in tutta fretta.
 
“E siamo a quota tre giorni,” commentò triste Ron.
 
“Già,” concordò Harry, rigirando la forchetta nel piatto. “Va bene che abbiamo i G.U.F.O, ma se continua così sviene davanti agli esaminatori…”
 
“Ben detto, Harry,” s’intromise Dean, tagliuzzando con devozione la propria bistecca. “Anch’io sono attento alla media, ma non possiamo stressarci al punto da non mangiare, altrimenti, non ci reggiamo in piedi,” spiegò saggiamente, dedicandosi poi alle vivande. Seamus, al suo fianco, ingoiò il proprio disappunto ed evitò di scagliarsi contro Dean, colpevole d’aver rivolto la parola a Harry.
 
“Beh, domani, o mangia o la ritroviamo da Madama Chips,” concluse Ron, mettendo, a suo modo, fine alla spinosa faccenda.
 
Poco lontano dal gruppetto di quindicenni, due ragazzi identici avevano osservato la scena, in fondo, quei due studenti potevano perfettamente immaginare il reale motivo per cui Hermione, d’un tratto, evitasse colazione, pranzo e cena.
 
“Evita te,” affermò difatti George.
 
“Non credo proprio,” negò nervoso Fred.
 
“Tu continua a ripeterlo, così te ne convinci sul serio!” scherzò l’altro.
 
“Vedi il lato positivo, Fred,” intervenne Lee, “se lei sviene o muore, noi potremmo trafficare liberamente!”
 
“Non è divertente,” rispose il diciassettenne, la cui espressione seriosa fece scoppiare George e Lee in risate poco decorose.
 

****

 
“Signorina Granger, ti sembra il caso?”
 
“Devo finire un tema, Madama Pince, mi occorrono alcuni libri per degli approfondimenti.”
 
La bibliotecaria scrutò sospettosa Hermione, carezzando amorevolmente la copertina del grosso tomo poggiato sul proprio banco. Guardò spazientita l’orario, scuotendo il capo con aria rassegnata. Personalmente, adorava la diligenza di quella studentessa, come anche il rispetto che sempre portava ai vari libri della biblioteca, ma non poteva certo consentirle l’uso del luogo ventiquattro ore su ventiquattro.
 
“Sai benissimo che dopo le ventuno è sconsigliabile attardarsi qui,” obiettò. “Ti concedo tempo sino alle ventidue, signorina Granger, ma, da domani, o avrai un permesso o sarò costretta a spedirti in dormitorio.”
 
Hermione s’aprì in un sorriso di gratitudine, assicurando all’anziana donna che si sarebbe procurata il permesso. Senza perdere altro tempo, la sedicenne s’accomodò al solito banco, sparpagliò su di esso i vari tomi e, per la terza sera consecutiva, obbligò se stessa alla concentrazione.
Non aveva reale bisogno di attardarsi in compagnia dei libri, possedeva un’organizzazione piuttosto buona, che le assicurava persino ore di relax, ma in quegli ultimi giorni aveva soltanto voglia di isolarsi da tutto e tutti. Non le importava più dei pettegolezzi e delle occhiatacce al veleno, aveva ben altro di cui preoccuparsi. Il bacio di Fred, l’infido bacio di Fred, l’aveva completamente scombussolata e non per qualche frivola ragione, ma perché aveva dovuto ammettere, almeno a se stessa, d’essere realmente interessata a quello scapestrato di prima categoria. Come se poi fosse una cosa normale! Non lo era, non lo era per niente! Nessuna ragazza per bene e con la testa sulle spalle avrebbe mai dovuto o potuto interessarsi a un simile esemplare maschile. E più rifletteva sulla sconcertante consapevolezza, più le sembrava assurdo, anche perché non riusciva a ricordare neanche quando quella… cotta – o come Merlino voleva chiamarla – si fosse impossessata di lei. Come se non bastasse, il bellimbusto s’era anche preso gioco di lei, umiliandola in uno sgabuzzino. Ah! Ogni volta che ripensava a quei maledettissimi minuti riusciva a spezzare qualsiasi cosa avesse in mano, proprio come ora, che, senza rendersene conto, aveva fatto a metà la bella piuma intinta di inchiostro, macchiando la pergamena, parte del ripiano in legno e impiastricciandosi anche le mani.
 
“Perfetto,” mormorò irata, ripulendo con un colpo di bacchetta il banco e le mani.
 
Gettò via la pergamena e la piuma e, solo in quell’istante, s’accorse di una figura conosciuta che stava letteralmente litigando con Madama Pince. Avrebbe volentieri guadagnato l’uscita di soppiatto, ma la curiosità di capire perché lui fosse lì e quali epiteti gli stesse rivolgendo la bibliotecaria fu più forte. Così, in religioso silenzio, s’avvicinò alle due figure battibeccanti.
 
“Questa non è mica la sua biblioteca. Mi faccia entrare o le scateno contro Pix,” stava dicendo lui.
 
“Screanzato che non sei altro! Discuterò personalmente con la professoressa McGranitt la punizione d’assegnarti. Nessuno manca di rispetto a me e alla mia biblioteca,” inveiva la bibliotecaria.
 
“Ma parli con chi vuole e aggiunga che se non ho studiato è colpa sua!”
 
“Mia? Ma come… Come osi?”
 
“Beh, se io non entro in biblioteca, non prendo i libri che mi servono e non studio,” concluse tranquillamente il ragazzo, sorridendo beffardo verso la donna, che aveva ormai guance paonazze e sguardo allucinato.
 
Hermione, alla sfacciataggine di lui, commise l’imperdonabile errore di gemere affranta, dando modo agli altri due d’accorgersi di lei.
 
“Signorina, hai finito? Fuori! Tutti e due! La biblioteca è chiusa! E anche tu!” sbraitò fuori di sé Madama Pince, rivolgendosi anche a un coetaneo della Granger, che stava seguendo stranito il battibecco. “Fuori! Tutti! Signor Steeval, anche per te: da domani, o permesso o niente!”
 
“Ma quanto la fa lunga!” sbottò Fred.
 
“Sei ancora qui?”
 
“Che ci vuol fare, mi sono affezionato! Comunque, tolgo il disturbo per sempre, ero solo venuto a recuperare il mio amato Prefetto!” concluse sarcastico Fred, trascinando via Hermione, che s’era, nel frattanto, precipitata a raccogliere i propri effetti, infilandoli frettolosamente nella tracolla.
 
“Ma cosa ti è saltato in mente?”
 
La domanda di Hermione, contemporanea al ritrarre la mano destra dalla presa del ragazzo, giunse con tono acido, quando erano abbastanza distanti dall’ingresso della biblioteca. Senza pensarci, incrociò le braccia al petto, mimando una chiusura, e voltò il capo, dedicando il profilo a quello che, lo sapeva bene, doveva essere certamente Fred. Riusciva a infastidirla e a scioccarla persino l’idea d’averlo riconosciuto immediatamente, che poi, neanche riusciva a capire come l’avesse distinto dal fratello, consciamente li trovava ancora identici e indistinguibili. Lui l’osservò per qualche istante, imprimendosi un sorrisino ilare sul volto.
 
“Avevo voglia di vederti,” rispose sarcastico. “Non mi credi?”
 
“No.”
 
S’allentò il cravattino della divisa lui, ricordandosi solo ora d’aver lasciato toga e giacca chi sa dove. Doveva avere un’aria davvero trasandata, ecco perché la bibliotecaria aveva inveito prima ancora che aprisse bocca.
 
“Sono tre giorni che non mangi, inizio a sentirmi in colpa, sai?!”
 
Hermione sbottò in una risatina che, al pari del tono di voce, risultò del tutto acida. “Bisogna avere una coscienza o cuore o cervello, come vuoi chiamarlo, per sentirsi in colpa. Non è il tuo caso.”
 
“Ma come siamo aggressive! Sai, Granger, questo tuo lato oscuro potrebbe affascinarmi!”
 
“Dacci un taglio, Fred, d’accordo? Non ti è bastato il giochetto dello sgabuzzino? Vuoi divertiti un altro po’? Beh, sono magnanima, ti do una notizia: non sono il tuo passatempo, quindi cerca di fare una bella figura e non mi rivolgere più la parola.”
 
Gliele aveva letteralmente vomitate contro, quelle parole. S’era persino voltata verso di lui, seppure continuasse a ostentare un contegno degno di una regina. Tacquero entrambi, lei vogliosa di vederlo sparire, lui stupito da tanto astio. Dopotutto, per il mago, quell’insieme di vicende aveva rappresentato uno scherzo, un gioco, qualcosa di allettante o divertente per ammazzare il tempo. Non era abituato a considerare le conseguenze delle proprie azioni, né lui, né George, né Lee.
 
“Mi dispiace,” esordì. “Ti conosco da anni, figurati se volevo causarti tutti questi problemi. Si faceva per scherzare.”
 
“Lo so benissimo, Fred, che hai solo scherzato.”
 
La punta d’amarezza che accompagnò il dire di Hermione fu del tutto involontaria e colta dal mago quando lei s’era già incamminata lungo il corridoio. Possibile che l’avesse ferita? Che fosse davvero interessata a lui? Perché, assurdo ma vero, Fred Weasley non aveva avuto la decenza di fermarsi un solo attimo a riflettere sul dato più rilevante della questione: quella ragazza aveva una cotta per lui. Aveva considerato tutto nell’insieme, come se anche l’infatuazione facesse parte di uno scherzo più grande, un dettaglio insignificante tra i tanti da sfruttare e con cui divertirsi. Un po’ lo stesso errore che aveva compiuto, l’anno prima, con Angelina; anche in quell’occasione, infatti, non aveva avuto la decenza di capire che l’averla baciata e l’essere stato ricambiato, forse, agli occhi della ragazza aveva significato qualcosa. Per settimane, infatti, s’era chiesto perché Angelina, d’un tratto, si rifiutasse persino di sedersi accanto a lui, fu Lee a illuminarlo: ‘potrebbe essersela un pelino presa, sai, prima la baci e poi fai l’amico’.
 
“Stupido ragazzo, ma cosa fai lì impalato?”
 
Fred sobbalzò, guardandosi intorno veloce, senza però scorgere nessuno. “Chi ha parlato?”
 
“Qui! Sono qui!” sbottò spazientito il ritratto d’un anziano mago, dal girovita abbondante e due baffetti grigi da tricheco. “Perché sei ancora fermo?”
 
“Ma tu chi sei?” chiese il ragazzo, avvicinandosi e scrutando divertito l’immagine sulla tela.
 
Un uomo, uno come si deve! Come non ne nascono più, a quanto vedo,” spiegò arrogante, guardando con estremo disappunto Fred e la sua divisa scomposta. “Non la segui?”
 
“Chi?”
 
“Ma come chi? La ragazza, pezzo di manzo avariato! Quando una bella signorina fa a quel modo, si aspetta d’essere seguita!”
 
“Io non ne sono tanto sicuro,” affermò pensieroso Fred.
 
“Questo perché sei un imbecille come i tuoi coetanei! Va’, pezzo di manzo avariato, va’, che Sir Jorge Noel Keats1 sa quel che dice.”
 

****

 
“Ti ha seguita?”
 
“No.”
 
Ginny si strinse nelle spalle, sistemando i capelli crespi di Hermione in una treccia bene ordinata, come voleva la Granger. Erano entrambe in Sala Comune, immerse in quel caos che le proteggeva dalle orecchie indiscrete. D’altronde, era nelle situazioni più caotiche che potevano essere detti i segreti più importanti, poiché la confusione era, in quei casi, così tanta che nessuno aveva voglia di impegnare l’udito nei discorsi altrui.
 
“Avrebbe dovuto seguirti, almeno per scusarsi,” commentò la Weasley.
 
“Non importa. Se mi sta alla larga è già tanto. Ah, Ginny… non dirlo a Harry e Ron, sai…”
 
“Non preoccuparti,” chiarì la Grifondoro. “Ecco qui! Andiamo?”
 
“Non mi risulta che tu abbia la ronda,” le fece notare Hermione.
 
“Infatti, tu farai la ronda, mentre io vedrò Michael.”
 
“Ginny, non posso far finta di non vederti. Il regolamento parla chiaro, a quest’ora…”
 
“Alt! Io faccio un favore a te e tu uno a me! È gentilezza.”
 
“Sei tutta Fred e George,” commentò Hermione, facendosi sfuggire, suo malgrado, un sorriso divertito.
 
Fu uscendo dalla Sala Comune, avvisando Ron di non presentarsi in ritardo alla ronda, che incontrò di nuovo Fred, questa volta in compagnia di George, Lee, Alicia e Angelina. Non si degnarono neanche di un cenno del capo, ma Hermione potette quasi giurare d’aver visto Lee rifilare una gomitata al ragazzo tanto discusso.

 

****

 
“Lo sapete che sono in punizione, di nuovo.”
 
“Possiamo restare qui, ti facciamo compagnia.”
 
Ron guardò allucinato Hermione. “Compagnia a chi? Deve stare tutto il pomeriggio nello studio di quella faccia da rospo!”
 
Harry annuì nervosamente. “Infatti. E poi, Hermione, ti ringrazio, ma preferisco non vedere nessuno.”
 
In quei giorni, tra la strega che mangiava poco o niente, Ron perennemente scocciato dagli impegni della Prefettura e Harry nervoso e ossessionato dall’indifferenza mostratagli dal Preside, l’atmosfera all’interno del trio era a dir poco turbolenta.
A Hogsmeade, com’era prevedibile, andarono soltanto Ron e Hermione, con la conseguenza che stettero assieme ai Tre Manici di Scopa, per poi dividersi quando Ron incontrò Dean, Seamus e Neville che, come lui, volevano fare un giro da Zonko. La ragazza preferì non unirsi al gruppetto, obiettando d’avere bisogno di piume, inchiostro e pergamene nuovi; si recò dunque all’emporio del piccolo paese, constatando che fosse del tutto sprovvisto di clienti, a quell’ora.
 
“Io prenderei quello rosso, fa più Grifondoro,” esordì, d’improvvisò, qualcuno verso Hermione.
 
“Fred!” esclamò lei sobbalzando.
 
“Ma allora mi riconosci sul serio!”
 
Deglutì lei, imbarazzata e indispettita dall’osservazione. “George non mi perseguita, basta questo a riconoscerti.”
 
“Giusta osservazione,” concesse lui. “Prendi il rosso?”
 
“No,” sbottò, agguantando la boccetta d’incontro rigorosamente nero. “Non pasticcio i compiti e gli appunti io.” Lo guardò scettica, sollevando le sopracciglia. “Cosa vuoi?”
 
“Niente, a dire il vero. Mi aspettano alla staccionata qui fuori, George e Lee sono andati a prendere le Burrobirre. Mi serviva un blocco di pergamene.”
 
“Per fare cosa?”
 
Rise Fred, scuotendo il capo. “Forse non te ne sei accorta, ma frequento anch’io la scuola!”
 
Non gli rispose, strinse al petto ciò che aveva intenzione di acquistare e si diresse alla cassa. A frenare la sua fuga fu un aggeggio del tutto singolare, che occupava un intero scaffale. Era una sorta di grammofono, ma aveva un qualcosa di particolare, che lasciava intuire quanto quell’oggetto non servisse a produrre musica.
 
“Cos’è?” chiese a Fred, accorgendosi d’averlo accanto.
 
“Sembra un grammofono, ma è strano,” ammise lui, allungando la mano verso l’oggetto.
 
“FERMO!” impose il proprietario dell’emporio. “Quello non è in vendita e non si tocca!”
 
“Va bene…” disse Hermione titubante, ammonendo con lo sguardo il giovane Weasley, che, più incuriosito che mai, ritrasse la mano.
 
“Perché ce l’ha qui, se non si vende e non si tocca?”
 
“Questi non sono affari tuoi, vero, ragazzo?” ribatté sgarbato il proprietario.
 
“Fred, lascia stare,” sussurrò Hermione a denti stretti, ma lui la ignorò. La curiosità vinceva sempre.
 
“Beh, sono un cliente, certo che sono affari miei!”
 
“Quell’aggeggio porta guai!”
 
“Di che si tratta?”
 
“Guai seri, ragazzo, non chiedere altro e vattene.”
 
“Fred… basta…”
 
Peccato che Fred avesse, ormai, un luccichio di puro interesse nello sguardo. Portava guai, ossia, era tremendamente interessante. Magari, avrebbe potuto fornire qualche spunto per i Tiri Vispi. “Andiamo, signor Gaston,” esordì Fred persuasivo, leggendo il nome dell’uomo sull’etichetta incisa sulla cassa. “Sono un cliente discreto, solo qualche dettaglio!”
 
L’uomo sembrò soppesare l’interesse di Fred, s’allontanò difatti dal bancone, a cui i due studenti s’erano avvicinati, e si recò al tanto discusso scaffale. Hermione aveva completamente dimenticato inchiostro e affini; seppure fosse in disaccordo con l’insistenza del compagno, non poteva negare d’essere incuriosita dal mistero.
 
“Tua madre ci ha raccomandato di stare lontani dai guai,” tentò di ricordare a se stessa e a Fred.
 
“Mia madre è la stessa che ha ridotto Sirius come un Elfo Domestico,” ribatté lui.
 
“Sirius fa quel che deve fare!”
 
“Lui non ne è tanto contento.”
 
“Solo perché è un tantino incosciente.”
 
Fred ridacchiò al finto tatto della ragazza. “Tantino, eh? Io lo capisco e non è un incosciente. È geniale!”
 
“Ah, beh, che parlo a fare con te. Cosa credi di essere, una sorta di erede?!”
 
“Molto di più! Se fossimo stati coetanei, avrebbe avuto pane per i suoi denti!”
 
“Sei proprio un imbecille!”
 
“Ehi, ma vi siete messi d’accordo?” chiese irritato, ricordando quello strazio di ritratto.
 
Hermione gli parlava, lo guardava e, nel contempo, si chiedeva quale logica esistesse alle base della situazione. Lei non aveva voglia di parlargli, era ancora offesa, ancora confusa, eppure lui aveva, per certi versi, preteso un contatto e l’aveva ottenuto. Fu mentre discutevano di Sirius e di quanto fosse più o meno scapestrato che non s’avvidero di un ghigno maligno apparso sul volto di Gaston, il quale, come richiesto, fece scattare il grammofono, che, anziché produrre musica, produsse una sorta di polverina grigiastra, che ricoprì interamente i corpi di Hermione e Fred, consumandoli poco a poco. I due ragazzi non ebbero percezione di nulla, se non dello sparire e riapparire in un altro luogo, come se si fossero Smaterializzati.
 
“Cos’è successo?”
 
“Dove siamo?”
 
Domande che arrivarono in sincronia. Quando si guardarono intorno, accigliati, s’accorsero d’essere nell’atrio del castello di Hogwarts, che l’orologio annunciava mezzogiorno e che avevano indosso le divise.
 
“Questo non è normale,” gracchiò Hermione.
 
Fred deglutì, ripercorrendo rapidamente gli eventi di qualche secondo prima. “Il grammofono...”
 
“È una Passaporta?”
 
“Ma erano le quattro del pomeriggio, ora è mezzogiorno,” osservò stranito Fred.
 
“Siamo tornati indietro?”
 
“Quindi, è una Giratempo!” concluse vittorioso e allegro il ragazzo.
 
Hermione inarcò un sopracciglio, portò le braccia conserte ed esibì un'espressione contrariata e saccente. “Ma l’hai mai vista, una Giratempo?”
 
“No.”
 
“Appunto.”






1 È un personaggio di mia invenzione. Il cognome "Keats" è un ovvio riferimento al poeta.

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Capitolo 6
*** Al contrario ***


“Ti dico che è una Giratempo!”

“E io ti dico che è fuori discussione che lo sia!”

“Come fai a esserne certa? Ne hai mai vista una?” Lei impallidì, distogliendo lo sguardo nervosa e lui sgranò gli occhi, invidioso e allibito. “Quando? Dove? Perché?”

Hermione boccheggiò. “Smettila! Non è affar tuo.”

“Certo che lo è,” tentò, ma all’indignazione di lei si corresse immediatamente. “D’accordo, non è affar mio… Ma dai! Tu hai visto una Giratempo e io no! Scommetto che l’hai vista su un libro!” la sfidò fiero, ma Hermione non aveva voglia alcuna di battibeccare con Fred.

“L’ho usata. Contento? L’ho avuta in dotazione dalla scuola per seguire tutti i dodici corsi, al terzo anno. Immagino che anche tuo fratello Percy abbia avuto lo stesso privilegio,” spiegò rapidamente. “Ora possiamo concentrarci sul problema?”

Fred dedicò alla ragazza un’espressione astiosa e, di nuovo, invidiosa. Tacque per qualche istante, criticando mentalmente l’aver definito privilegio il frequentare ben dodici lezioni, con dodici esami annessi. Ah, ma cos’aveva in testa quella strega? Escrementi di topo?

“Sei una pazza e come te quello zuccone traditore di Percy,” esordì finalmente, facendo svanire la tensione dal volto di Hermione, che sorrise divertita, immaginando quali potessero essere i pensieri che impegnavano il diciassettenne.

“Sei solo invidioso di me, perché io ho utilizzato una Giratempo e tu no,” disse infatti, ghignando apertamente.

“E c’è chi dice che tu sia una santa!” sbottò lui ridacchiando, colpito dalla perspicacia e dal sarcasmo della ragazza. L’astio era ormai accantonato, l’invidia… su quella si doveva lavorare.

“Forse, si è solo rotto l’orologio…”

Quel dire incerto di Hermione, com’era prevedibile, disegnò una smorfia contrariata sul volto di Fred, il quale, stremato dalle troppe chiacchiere, fece cenno alla ragazza di seguirlo e, allentando quello stupido cravattino della divisa, si diresse alla Sala Grande. Hermione, preoccupata e con un cattivo presentimento, stava bene attenta a tenere il passo del mago, il che la costringeva ad avanzare a un ritmo piuttosto veloce, dato che le gambe di Fred, più lunghe, compivano passi più ampi rispetto a quelli della Granger.
Camminando, entrambi i ragazzi si guardavano attorno perplessi: tutto appariva identico e diverso, allo stesso tempo. I ritratti avevano un qualcosa di differente, eppure erano sempre gli stessi; uguale discorso poteva farsi per i fantasmi fluttuanti e per gli stessi studenti, che, come di norma, affollavano i corridoi e la familiare Sala.

“Qui è tutto uguale, forse, hai ragione tu…” buttò lì Fred.

“Sì, ci stiamo preoccupando inut…”

“Come?”

“…”

“Hermione?”

“…”

“Oh, ma che hai visto? Tu-Sai-Chi?”

Peggio,” gracchiò lei, pallida e atterrita.

Fred, d’istinto, le circondò le spalle con il braccio destro, come a volerla avvicinare a sé, tenerla al sicuro. Non sapeva bene come comportarsi, sembrava terrorizzata e lui non riusciva a identificare nulla o nessuno di tanto terrificante.

“Cosa hai visto, Hermione?”

“Que… quel…” tacque, deglutendo a fatica e stringendosi involontariamente contro il petto di Fred. “Quello non ti sembra…? Eh? Non ti sembra…?” biascicò, implorando implicitamente il ragazzo di capire, perché lei non riusciva a essere più chiara, non ci riusciva proprio.

Fred non insisté oltre con lei, cercò anzi tra la folla il quello indicatogli e lo trovò. Oh, se lo trovò! E la stessa sensazione che aveva inebetito la ragazza s’impossessò anche di lui. Ma il fato con il giovane Weasley fu, a un tempo, più crudele e più indulgente, perché non gli diede tempo di parlare, chiedere o supporre, dato che la tanto discussa figura, allegra e pimpante, s’avvicinò ai due ragazzi proprio in quell’istante.

“Ma dov’eri finita?!” chiese il quello. “Weasley, tu mi sei tanto simpatico, ma non è consigliabile stringere a quel modo la ragazza di quel cane di Black!” aggiunse tra il serio e il faceto, quando notò la posa in cui erano Hermione e Fred.

“La COSA?”

James Potter, con tutto il suo charme, si scompigliò i capelli infastidito dal bizzarro atteggiamento dei due, che, strano ma vero, sembrava conoscere a meraviglia. “Oh, ma che vi prende, oggi?” chiese irritato, distraendosi due secondi dopo, all’ingresso in Sala di Lily Evans.

“Ho bisogno d’aria,” decretò Hermione, scappando letteralmente via.

Corse la strega, corse come non credeva di poter correre, non accorgendosi che altri passi seguivano i suoi. Fred non aveva potuto fare a meno di rincorrerla, infatti; per assicurarsi che lei stesse bene e, soprattutto, per fuggire a sua volta dai fantasmi. Non era abituato allo sconcerto e alla paura, ma alla vista di un sedicenne James Potter, anche lui, l’irreverente e spensierato burlone di Hogwarts, aveva dovuto cedere il passo a quelle insopportabili sensazioni.
Quando smisero di correre, s’accorsero d’essere nuovamente nell’atrio del castello con l’orologio ticchettante dinanzi, che segnava ormai le dodici e trenta, ben mezz’ora era trascorsa dall’inizio di quella follia, che tanto somigliava a un bizzarro incubo di cui è difficile sbarazzarsi.
Hermione, portando le mani sui fianchi, incurvò le spalle verso il basso, ansimando e accorgendosi solo in quell’istante d’essere madida di sudore e, per tal motivo, d’avere il volto in fiamme, immaginò d’essere paonazza, e a ben ragione! D’altro canto, Fred, che ne imitò i gesti, non aveva un’aria tanto diversa, anche lui aveva il fiato corto e il viso tinto di rosso. Quando tornarono ad avere i busti eretti, non poterono evitare di guardarsi con aria allucinata; ognuno dei due sperava che l’altro scoppiasse a ridere, rivelando d’aver messo in scena uno scherzo spassoso e ben riuscito.

“Non è un tuo scherzo?” chiese timidamente Hermione.

“No,” rispose lui, scuotendo anche il capo.

“Sei serio? Dimmelo ora, per favore.”

“Non è uno scherzo, Hermione. Non mio, almeno,” confermò lui spaesato. “Quando ha detto Black, parlava di Sirius, secondo te?”

Lei annuì, disorientata. “È come se fossimo in una realtà parallela alla nostra.”

“Sì, deve essere così…” gracchiò. “Dobbiamo stare al gioco, mentre cerchiamo il modo di tornare a casa,” impose con ritrovata fermezza e lei, riconoscente, poiché le aveva evitato il fastidioso compito di ingegnarsi in soluzioni, annuì ancora una volta, ma con convinzione. “Bene, vieni, cerchiamo di capire cosa diamine succede qui!”

Così dicendo, s’affrettarono a ritornare in Sala Grande, mano nella mano in quell’occasione, entrambi vogliosi d’avere un appiglio in caso di bisogno. Al ripercorrere per una seconda volta il tragitto, capirono anche il motivo per cui s’erano sentiti estranei in un luogo tanto familiare: gli studenti che attraversavano i corridoi erano sì tanti come sempre, ma avevano visi a loro sconosciuti; i ritratti, invece, avevano, a volte, collocazioni differenti e pigli diversi; quanto ai fantasmi, avrebbero potuto giurare d’aver visto qualche sagoma fluttuante mancante. In ultimo, ma non meno importante, i professori non erano esattamente quelli a cui erano abituati, alcuni non li conoscevano affatto, altri, come nel caso della McGranitt, avevano i lineamenti più giovani, ancora non solcati eccessivamente dalle rughe. Sì, c’erano tanti elementi diversi, a ben guardare.

“Pronta?” chiese Fred, quand’erano a un passo dalla Sala Grande.

“Pronta,” confermò Hermione, traendo un bel respiro.

Entrarono con minore incertezza e maggiore determinazione. Non si sarebbero fatti spaventare ancora, s’erano difatti convinti che tutto quello a cui avrebbero assistito non fosse reale. Ciononostante, quando, di nuovo, James Potter li avvicinò, non poterono impedirsi di rabbrividire. Faceva un certo effetto parlare con un morto che, in quell’istante, non era morto affatto.

“Mi spieghi che ti è preso? Sirius ti sta cercando ovunque, e non gli ho detto che eri con questo qui,” sbottò indignato James, rivolgendosi a Hermione, la quale, però, sembrava pietrificata, tutto ciò a cui riusciva a pensare era il senso di colpa nei confronti di Harry, perché, sogno o realtà, lei stava parlando sul serio con Potter senior.

“Senti, Potter, non mi sembra il caso di farne un dramma. Nessuno gliela tocca a Sirius, la ragazza,” intervenne spiccio Fred, disciplinando la propria voglia di ricordare a quel ragazzo che no, lei non era la fidanzata di Sirius e che sì, tu sei morto, amico. Senza un perché, provava un’antipatia a pelle per quel Malandrino di cui aveva tanto sentito parlare.

James, evidentemente colpito dal dire dell’altro, puntò gli occhi scuri su Fred, esibendo un’espressione sprezzante e spavalda. “Di’ un po’, Weasley, cerchi rogne, oggi? Torna ad ammuffire tra i tuoi amati libri, che qui nessuno ha chiesto il tuo parere.”

“Ammuffire?” Fred, sdegnato.

“Amati libri?” Hermione, atterrita.

“State giocando ai pappagalli?!” chiese ironica una quarta voce, che s’esibì poi in una risata simile a un latrato.

“Sirius!” esclamarono in coro i due venuti dal futuro.

“In persona,” rispose lui scherzoso, facendo ridacchiare James. “Dov’eri? Ti ho cercata persino nel bagno di Mirtilla,” affermò risentito verso Hermione, strappandola letteralmente dalla morsa di Fred e posandole un fugace bacio sulle labbra, che fece impallidire il Weasley e arrossire indecentemente la Granger. “Ti faccio ancora quest’effetto? Mi lusinghi,” disse Sirius a voce bassa, alludendo al rossore comparso sulle gote della propria ragazza.

La giornata trascorse molto lentamente per Fred e Hermione, che dovettero assistere a tante scene, l’una più sconcertante dell’altra. Avevano appreso che anche in quell’universo improbabile fosse domenica e che le visite a Hogsmeade fossero state annullate a inizio anno – già, perché in quella realtà era già iniziato dicembre – a causa degli attacchi sempre più efferati di Voldemort. Avevano ben presto fatto la conoscenza di un giovane e meno sciupato Remus Lupin e di un viscido ma pur sempre giovane Peter Minus, a cui Hermione aveva indirizzato talmente tante occhiatacce che Sirius, titubante, le aveva chiesto se avesse avuto da ridire con il compagno di Casa.
Ad ogni modo, la più sconvolgente rivelazione di quella matta giornata fu che, assurdità delle assurdità, Fred Weasley era conosciuto per il suo più che ottimo rendimento scolastico, per il suo inguaribile senso del dovere e per l’eccellente condotta, doti che non gli avevano valso la spilla da Prefetto – e per fortuna aveva esclamato atterrito Fred – solo per la presenza del mite, laborioso e utile – considerata l’amicizia con James e Sirius – Remus Lupin, l’unico Malandrino, a quanto sembrava, con cui il Fred di quella dimensione avesse una sottospecie di rapporto. D’altro canto, Hermione era invece una autoironica e socievole studentessa, dalle spiccate doti e dal misero impegno, abituata a distribuire il suo tempo tra amiche, Sirius e l’indispensabile per la promozione, senza contare la passione per il Quidditch, che la rendeva tra le più scatenate sostenitrici della squadra Grifondoro, passione che Fred, avevano appreso, non aveva affatto, considerando il Quidditch come un inutile spreco di tempo ed energie.

“Voglio andarmene prima di subito,” sbottò indignato Fred, quando furono finalmente soli.

Hermione, non meno scioccata di lui, dovette impedirsi di urlargli ch’era tutta colpa sua se si ritrovavano in quel guaio. Insomma, era stato o non era stato lui a insistere col proprietario dell’emporio per avere dettagli sul grammofono?

“Tutto questo è impossibile e offensivo! Sì, mi offendono, mi sento offeso! Sono praticamente un secchione zuccone come Percy, qui!”

La ragazza titubò sull’intervenire o meno, notò che fosse realmente fuori di sé. Erano nella Guferia, circondati da civette e gufi che svolazzavano, emettendo suoni a volte acuti e a volte profondi, senza contare un principio di cattivo odore dovuto agli escrementi freschi. Il contesto non aiutava il buon umore, ma le falcate con cui Fred faceva avanti e indietro in quella piccola circonferenza erano più snervanti di quei volatili che, di tanto in tanto, cercavano di artigliare le divise e qualche ciocca di capelli.

“Non dici niente? Ma certo! Tu hai Sirius, menomale che avevi una cotta per me! Due volte ti sei fatta baciare! Due!” sbraitò, irritato come se Hermione l’avesse in qualche modo tradito.

“Sei stato tu a dire che dovevamo stare al gioco,” si difese lei. “E smettila di fare il bambino piagnucolone! Se siamo in questo guaio è tutta colpa tua!” inveì, non riuscendo più a trattenersi.

“Mia? Sei stata tu a notare il grammofono!”

“Ma tu hai insistito con quello dell’emporio!”

Si fissarono con astio per qualche istante, fortuna che un’improvvisa risata di Fred spezzasse la tensione. “Stiamo litigando sul serio per un grammofono?!” riuscì a dire tra le risate, che, ben presto, contagiarono anche la strega. Fu così che si ritrovarono seduti su quel sozzo pavimento in pietra, rilassati e con ritrovato buon umore. Hermione, in un gesto che le sembrò tanto naturale, poggiò la testa contro il braccio di Fred, il quale non seppe spiegarsi perché quel banale movimento gli provocasse tanto piacere.

“Siamo due idioti,” commentò lei. “Litighiamo tra di noi e non pensiamo a come tornare alla realtà.”

“È un universo al contrario,” decretò Fred, ignorando la riflessione di Hermione.

“Al contrario?”

“Già. Pensaci, anche se qui siamo tutti e due al sesto anno, esattamente come Remus e gli altri, il me stesso di questo mondo ha le tue caratteristiche: odia il Quidditch, studia come un matto e crede alle regole della scuola come se fossero leggi divine.”

“Non seguo le regole per questo, ma perché sono…”

“Mentre tu, qui…” proseguì lui, ignorandola ancora una volta, “…sei me! Spiritosa, geniale, amante del Quidditch. Senza contare che stai anche con Black.”

“Sirius, vorrai dire,” corresse la strega.

Fred esibì una smorfia di disappunto. “Black va più che bene,” insistette astioso. “Lui e Potter sono due palloni gonfiati. Hai visto come hanno osato trattarmi? E poi quello ti sta sempre appiccicato, sempre a ripetere ‘è la mia ragazza’…”

Arrossendo più per un’improvvisa gioia che per imbarazzo, Hermione si raddrizzò, fissando un punto indistinto della Guferia. “Sai, se non ti conoscessi, ti definirei geloso.”

“Appunto, se non mi conoscessi!” liquidò lui con sarcasmo, alzandosi e aiutando lei a fare altrettanto. Non seppe dire Fred se fosse stato un caso o un proprio gesto involontario, ma Hermione si ritrovò sbilanciata una volta in piedi e ciò la costrinse ad artigliarsi alla camicia del ragazzo, che la strinse a sé, impedendole di barcollare. “Non perdi mai occasione per saltarmi addosso, Granger!” scherzò malizioso.

“E tu non perdi mai occasione per fare il cretino, Weasley,” ribatté lei, imbarazzata e memore d’avere una cotta per quell’irriverente e intrigante ragazzo.

Ghignò lui, senza ancora lasciarla. “Dico solo la verità! A quanto pare, nonostante Black, preferisci ancora me!”

“Torni a infilare il dito nella piaga? Mi sembrava che avessimo chiuso quella faccenda,” sbottò stizzita e sulla difensiva. La consapevolezza che lui avesse maledettamente ragione la mandava in tilt e la indispettiva allo stesso tempo.

Chiuso? Ragazzina, avevamo appena iniziato!”

“Disturbo?” chiese retorico qualcuno con tono basso e gelido.

Quando i due si voltarono, poterono accorgersi dell’altera e innegabilmente affascinante figura di Sirius Black, in piedi sull’uscio della Guferia, che esibiva un’espressione tra il semplice infastidito e la bellicosa rabbia, intenta a scrutarli.

“Sirius!” squittì Hermione, districandosi dalla morsa di Fred e sistemando goffamente la divisa, che, tra l’altro, era in perfetto ordine. Fred, al contrario, infilò semplicemente le mani in tasca, sussurrò un ‘a domani’ verso Hermione e, con studiata nonchalance, indirizzò un cenno del capo a Sirius, guadagnando l’uscita dalla torre.

“Mi spieghi cosa ti prende oggi? Fino a ieri lo salutavi a stento e oggi ti ci appiccichi come la Piovra,” sbottò Black, una volta rimasto solo con Hermione.

“È simpatico,” sussurrò lei, maledicendo mentalmente il simpatico, che l’aveva lasciata sola con Sirius, il quale s’avvicinava sempre più. Quando la baciò di nuovo, venne invasa da una tale vergogna, perché quello era il padrino di Harry, quello era un adulto!, che riuscì soltanto a stare impalata prima e a fuggirgli poi, obiettando d’aver tanto, ma proprio tanto, sonno. Fu mentre si dirigeva al dormitorio che un pensiero malsano l’attraversò: il Sirius Black sedicenne era forse il ragazzo più bello che avesse mai visto.


 
****

 

“George, ma tuo fratello sta comprando tutto l’emporio?!”

“Non ne ho idea, aspettiamo un altro po’, poi vediamo che fine ha fatto.”

Lee sembrò poco convinto. “Sarà, ma dieci minuti per comprare due pergamene mi sembrano troppi. Là dentro non c’è nessuno.”

“Bevi la tua Burrobirra, Lee,” ribatté tranquillamente George, che evidentemente non riteneva sospetti quei dieci minuti. Perché lì, dove l’ordine cronologico era quello reale e tutto procedeva in modo corretto, non era affatto trascorso un giorno intero, ma soltanto dieci miseri e innocui minuti.


 
****

 

“Qualcuno ci verrà a cercare, l’ho pensato questa notte.”

“L’ho pensato anch’io, ormai, siamo spariti da quasi ventiquattro ore.”

Hermione annuì, versandosi dell’acqua nel bicchiere, aveva lo stomaco talmente chiuso che aveva deciso di bere solo acqua, per evitare di morire disidratata. Fred, al contrario, mangiava anche più del solito, come se il nervosismo gli avesse portato un insolito appetito.

“Oggi andremo nella tua biblioteca in cerca di qualcosa, se non troviamo nulla, andiamo da Silente.”

Hermione boccheggiò, non l’aveva mai visto tanto severo. “Fai sul serio?”

Le rifilò un’occhiata divertita. “Purtroppo, sì! Non voglio restare qui, senza George, per giunta. Non mi trovo da solo.”

L’aveva detto con apparente noncuranza, ma a Hermione bastò per non indagare oltre sulla serietà di Fred. Non l’avrebbe mai capito appieno, il loro rapporto, ma era certa di una cosa: separare quei due equivaleva a torturarli e a rinchiuderli in una cella di isolamento; in poche parole, era un abominio sotto mentite spoglie.


 
****

 

“Felpato, ho visto la tua ragazza uscire con quel Weasley, questa mattina,” sibilò malizioso Peter, avanzando verso la Sala Grande assieme ai tre amici.

“Quindi? Fred è molto simpatico, se ne sarà accorta anche Hermione,” intervenne immediatamente Remus, voglioso di stemperare l’umore già pessimo di Sirius, il quale, ad ogni modo, ostentava un dignitoso e furente mutismo.

“Quel Fred farà la fine di Mocciosus, se non le sta alla larga!” decretò James, dando una pacca sulla spalla a Black, mostrandosi in tal modo solidale e sempre pronto ad agire in favore degli amici.

“Non farà nessuna fine,” esordì il forse tradito, degnandosi finalmente di parlare. “Perché nessuna preferirebbe un altro a me.”

“Ben detto!” esclamarono in coro James e Peter, mentre Remus inarcava con eloquenza le sopracciglia. Ma quanto erano presuntuosi i suoi migliori amici?!

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Capitolo 7
*** Tornare a casa ***


“Io scappo.”
 
L’aveva detto terrorizzata, senza neanche dare il tempo a Fred di ribattere ed era realmente scappata via dalla Sala Grande, fuggendo al saluto – sicuramente intimo – di Sirius e alla disgustosa compagnia di Peter. Fred, per evitare di peggiorare una situazione già compromessa, era rimasto al tavolo Grifondoro, imburrandosi tranquillamente il pane tostato e fingendo indifferenza alle piuttosto evidenti provocazioni di James.
Avevano parlato a lungo lui e Hermione e avevano concordato che la soluzione migliore, al momento, fosse l’accondiscendere ai voleri di quella stramba dimensione. Ecco perché l’allegro e svogliato Fred Weasley esibiva un’espressione severa e pensosa, una divisa tanto impeccabile da fare invidia alla vera Hermione Granger e una tracolla ricolma di libri abilmente selezionati dalla strega, poiché Fred, inorridito, s’era rifiutato persino di toccarli, quegli oscuri volumi, che avevano la sola colpa d’essere oggetto di studio.
 
“Sei di nuovo di poche parole, Weasley?” chiese James diretto. “Ieri ti si era sciolta la lingua!”
 
“Avrà capito che è bene tenerla a freno,” commentò sarcastico Sirius, ghignando assieme all’amico.
 
Fred diede un morso al pane tostato, osservando con finto interesse un gruppetto di ragazze Tassorosso; se l’era imposto, l’autocontrollo, non poteva tradirsi, non prima di capire se il tradirsi avesse potuto compromettere un ritorno alla realtà. Peter, d’altra parte, osservava con quegli occhietti piccoli prima James, poi Sirius e infine Fred, sperando che quest’ultimo reagisse e desse adito ai due Malandrini di dar spettacolo.
 
“L’ha capito, eccome” ammise tronfio James.
 
“Sì, ma… ma sta sempre intorno a Hermione!” squittì con finta apprensione Minus, evidentemente deluso dall’atteggiamento di Fred.
 
“Sciocchezze,” liquidò Sirius alzandosi. “È solo uno sfigato,” affermò, alzando volutamente il tono di voce.
 
Fred, che aveva terminato la colazione, s’alzò assieme a loro, limitandosi a rivolgere un’occhiata del tutto bellicosa a Sirius. Nulla disse, comunque, accontentandosi di accartocciare il tovagliolo di carta e di caricarsi con sin troppo furore la tracolla in spalla.
 
“Mi dispiace,” esordì Remus all’indirizzo del Weasley, quando gli altri tre erano abbastanza lontani.
 
“Ti dispiace?” chiese stranito Fred.
 
“Beh, sì…” riprese Lupin, grattandosi il capo, imbarazzato. “Non sono cattivi, sono solo un po’…”
 
“Palloni gonfiati,” anticipò Fred, sorridendo alla vista dell’espressione divertita del Mannaro.
 
“Lo sembrano, è vero, ma sono bravi ragazzi e Sirius è solo geloso, anche se non lo ammetterebbe mai!”
 
Fred ampliò il suo sincero sorriso verso Remus, dandogli un’amichevole pacca sulla spalla. “Fa bene a esserlo, amico! Fa veramente bene!”
 
Andò via, congedandosi con un irriverente occhiolino, lasciando Lupin di stucco, incapace di credere alle parole appena udite. Ah, ci aveva provato Fred, ci aveva provato sul serio a reprimere il suo modo d’essere, ma quando è troppo, è troppo! Fu mentre s’avviava alla soporifera lezione di Pozioni che la sua mente elaborò un acuto pensiero: Sirius Black e James Potter avrebbero avuto pane per i loro denti; il guaio sarebbe stato dirlo a Hermione.
 

 
****
 

“Buongiorno,” salutò una ragazza appena giunta all’esterno dell’aula di Pozioni.
 
Hermione, persa nei propri pensieri, riuscì solo a indirizzarle un distratto cenno del capo; fu dopo qualche istante che si rese conto d’aver dinanzi lei. Scioccamente, strizzò più volte gli occhi, osservando incredule quella Grifondoro dai capelli rosso scuro e gli occhi verdi. Gli occhi di Harry.
 
“Ho qualcosa sulla faccia? Mi sono sporcata col dentifricio?” chiese preoccupata la Evans, notando lo sguardo dell’altra.
 
“Oh, no… Niente, stai bene,” ribatté in evidente difficoltà Hermione. “È solo che…”
 
“Che?”
 
Che hai lo sguardo del mio migliore amico, che sei sua madre, che ne saresti orgogliosa avrebbe voluto risponderle. “Che pensavo di tingere i capelli di rosso, un rosso come il tuo,” rispose invece, preoccupandosi di sembrare abbastanza convincente.
 
Lily inarcò con eloquenza un sopracciglio, portando le braccia conserte. “Granger, non ti avrà mandata Potter, vero?”
 
“Potter?!”
 
“Non fare la finta tonta! Non è la prima volta che l’amico del tuo ragazzo ti manda da me con qualche scusa improbabile!” chiarì seccata. “Beh, digli che può mandarmi anche il professor Silente, per quanto mi riguarda, io non uscirò mai con lui! Non ci credo a quella sottospecie di cambiamento che stanno notando i professori! James Potter è e resterà un pallone gonfiato!”
 
“Evans, sono commosso! Sono sempre nei tuoi pensieri!”
 
“Infatti, non poteva descriverti meglio, Potter!” disse sarcastico Fred, a cui Lily rivolse un sorriso smagliante.
 
“Lo dicevo io, che avevi solo seppellito l’umorismo!” aggiunse la Evans, salutando Fred con un bacio sulla guancia, facendo sbiancare le nocche di James.
 
Hermione, che aveva assistito sgomenta all’intera scena, provando persino un moto d’antipatia per Lily quando aveva baciato la guancia del Weasley, riuscì solo a far notare ai presenti l’arrivo di un più giovane Lumacorno, che si preoccupò di aprire l’aula e salutare calorosamente pochi, ma ben scelti, studenti. Durante la lezione, Hermione osservava, a intervalli regolari, prima James e poi Lily, scioccata all’idea che avessero personalità completamente differenti rispetto a Harry; non che i figli dovessero essere l’esatta copia dei genitori, rifletteva Hermione, ma neanche avere caratteri opposti rispetto alla prole. In più, proprio non riusciva a capire come quei due fossero finiti insieme e da dove fosse sbucato il timido, dolce e riservato Harry. Fisicamente, il suo migliore amico era la copia del padre e, quanto agli occhi, aveva effettivamente gli occhi della madre… Questi ragionamenti avrebbero potuto farla impazzire! Non era normale, non lo era per niente! E non era neanche normale continuare a provare un’odiosa antipatia per Lily, che aveva preso posto – come se fosse abitudine – accanto a Fred.
 
“Ti scoccia stare seduta vicino a me?”
 
“Come?” sussurrò la Granger.
 
Sirius sbuffò, continuando a disegnare circonferenze sulla propria pergamena. “Ti ho chiesto se ti scoccia stare seduta vicino a me.”
 
“No,” azzardò lei, che pensava fosse la prassi per lei e Sirius sedersi l’uno accanto all’altra. “Certo che no, è bello.”
 
Sirius sorrise, evidentemente soddisfatto della risposta. “Oggi va così, ho già detto a James che deve fare a meno di me alle lezioni… Ma solo per oggi,” tenne a precisare.
 
Hermione indurì involontariamente i lineamenti, quel solo per oggi, non l’aveva trovato molto lusinghiero e sarebbe stato motivo di lite, se Black fosse stato davvero il suo ragazzo, ovviamente. “Perché ‘oggi va così’?” chiese curiosa, mal celando una punta d’acidità.
 
“Perché oggi mi manchi!” improvvisò il sedicenne, circondandole le spalle con il braccio destro e indirizzando un’astiosa occhiata alla nuca di Fred. Hermione, intercettando il gesto, portò gli occhi al cielo e scosse il capo, imponendosi di seguire la lezione di Lumacorno, che, per altro, stava spiegando una pozione davvero interessante, di cui lei aveva letto durante l’estate, nonostante non rientrasse nel programma del quinto anno.
 
“Allora, miei cari! Sono davvero felice di vedervi tutti attenti!” cianciò il professore, fingendo di ignorare i borbottii di James e Sirius. “Anche quest’oggi ho in serbo per voi una sorpresa!” Parole che riuscirono a catalizzare anche l’attenzione dei due Malandrini. Fred e Hermione, invece, erano del tutto sorpresi dei metodi d’insegnamento di quel professore panciuto e con baffetti da tricheco, che, al contrario di Piton, insegnava in un’atmosfera più mite e rilassata. “Una bella E, ecco cosa vi propongo!” riprese tronfio. Hermione, al sentire E, non poté impedirsi di raddrizzarsi sulla sedia.
 
“Lo so, è sempre convinto che siamo tutti pronti a scodinzolare per qualche voto buono,” sussurrò Sirius all’indirizzo della ragazza, fraintendendo il motivo per cui s’era messa dritta. “Come se mi servissero i suoi stupidi giochetti per prendere una E,” concluse, scostandosi con eleganza un ricciolo bruno dalla fronte. Hermione l’osservò in quel gesto e arrossì, perché di nuovo aveva pensato che quello al suo fianco fosse davvero il più bel ragazzo che avesse mai visto.
 
“Chi mi sa dire cosa c’è in questo calderone?” chiese allegro l’insegnate. “Lily, Severus, voi non partecipate a questo giochino e neanche tu, Fred! Voi avete già tutte le E che si possano desiderare!” aggiunse Lumacorno, guardando i tre ragazzi nominati come succulenti bignè alla crema.
 
Fu in quel momento che Fred e Hermione s’accorsero della presenza di Severus Piton. Fred, allucinato, gli indirizzava occhiate curiose. Hermione, più attenta, notò quanto il volto del futuro insegnante di Pozioni fosse già eccessivamente segnato a soli sedici anni.
 
“Ma nessuno risponde?” chiese Hermione a Sirius dopo un minuto di completo silenzio.
 
“Remus è troppo timido per parlare, io e James ce ne freghiamo degli indovinelli di questo tricheco e gli altri… Beh, cosa vuoi che ne sappiano?!” spiegò con una punta di arroganza, senza che Hermione potesse capire per quale motivo disprezzasse così tanto Horace, che, in fin dei conti, le sembrava un buon insegnante.
 
“Ragazzi, forza! Nessuno lo sa? Black, su! Tuo fratello mi dà molte soddisfazioni, mi aspetto altrettanto da te!” farneticò l’uomo, indicando a Sirius il calderone.
 
“Cosa vuol farci, professore, ci chiamiamo Black, ma l’unica vera pecora nera della famiglia sono io,” scandì con eleganza e sdegno, facendo scoppiare James in una sonora risata.
 
“Oh, tu non andrai molto lontano, ragazzo,” rimproverò Lumacorno.
 
“È la Pozione Polisucco,” intervenne Hermione, impedendo a Sirius di ribattere nuovamente.
 
“Come, cara?”
 
“Pozione Polisucco,” ripeté con minore convinzione, rendendosi conto d’avere su di sé gli sguardi sgomenti della classe e quello contrariato di Fred.
 
“Molto brava, Graller!”
 
“Si chiama Granger,” precisarono in coro Fred e Sirius, che non poterono fare a meno di guardarsi in cagnesco.
 

 
****
 
 
Aveva dovuto far violenza su se stesso per recarsi e, come se non bastasse, al suo ingresso quella sottospecie di donna, che era Madama Pince, l’aveva anche salutato calorosamente. Era davvero caduto in basso! Aveva sparpagliato la sua roba sul banco più isolato, cosicché non lo vedessero proprio tutti, e s’era poi diretto verso quegli scaffali che riteneva potessero essere utili alla situazione sua e di Hermione. Aveva impiegato quasi un’ora per trovare un solo volume utile, non aveva il minimo senso dell’orientamento all’interno della biblioteca: le etichette lo confondevano, gli scaffali gli sembravano tutti uguali e l’annoiava il dover agguantare libri che stessero troppo in alto o troppo in basso, perché trovava faticoso alzare la testa o abbassarsi sulle ginocchia; la conseguenza fu che il banco designato esibiva un numero oltremodo osceno di tomi, dato che Fred, appena notava anche la sola lettera G di Giratempo o la T di tempo, appellava il libro in questione e lo ammassava sugli altri.
Tra i denti, a tono basso, biascicava ingiurie ai danni di Hermione, che l’aveva lasciato solo in quella giungla. Avevano preso precisi accordi: pranzare ognuno per conto proprio e vedersi in biblioteca alle tre del pomeriggio. Peccato che il solo a rispettare le direttive fosse stato lui, della ragazza, infatti, non v’era traccia alcuna.
Di cattivo umore e anche un po’ svilito, il giovane Weasley dovette arrendersi all’idea di sedersi a quel demoniaco banco e consultare i tomi scelti, sperando in una risposta a quella snervante follia. Non ne poteva più. Gli mancavano gli amici, George… Piton adulto, sì, gli mancava persino la Umbridge, gli mancava ogni singolo dettaglio del suo tempo, ma, più d’ogni altra cosa, gli mancava poter essere se stesso. Era snervante essere trattato come un imbecille da ragazzi che, lo sapeva bene, avrebbero potuto essere i suoi più cari amici, se solo l’avessero conosciuto per com’era realmente. In più, c’era quel fastidiosissimo formicolio che si manifestava ogni volta che Sirius s’avvicinava a Hermione e ogni volta che Hermione nominava o guardava Sirius.
 
“Mi sto ammalando,” affermò, mentre apriva il primo libro.
 
“Dovresti riposare, allora!”
 
“Ciao.”
 
“Quanto entusiasmo!” esclamò scherzosa Lily, sedendosi di fronte a Fred e guardando stranita tutti quei volumi. “Hai intenzione di passare i M.A.G.O. già quest’anno?!” chiese incredule.
 
Fred, che ancora non s’era abituato alla presenza di quell’ennesimo fantasma, improvvisò un mezzo sorriso, ignorando l’ignobile battuta della mamma di Harry. “Tu non studi?”
 
“Certo,” affermò mesta. “Cosa ti prende in questi ultimi giorni?”
 
“Non so di cosa parli,” ribatté lui nervoso, mettendo via i volumi sui viaggi nel tempo e aprendo veloce il manuale di Incantesimi.
 
“Non sono sciocca, Fred. Sei più sicuro, più spavaldo. Tieni testa a James e Black senza problemi,” spiegò a voce bassa. Fred, che l’osservava, evitò di farle notare che avesse chiamato Potter col nome di battesimo. Senza volerlo ripensò a Hermione e ai suoi modi insopportabili, forse le ragazze camuffavano davvero le infatuazioni con insulti e occhiatacce. “Non dici niente?” incalzò lei.
 
“Sei molto bella, Lily,” affermò con naturalezza, ghignando quando notò la perplessità apparsa sul volto della ragazza. “Non te l’hanno mai detto? Non ci credo!”
 
“Stai cercando di cambiare argomento,” disse lei dopo un po’.
 
“Già!” confermò lui, senza tuttavia ritrattare quanto aveva detto. Lily era davvero molto bella, per certi versi, quel piglio sicuro e quella chioma folta e rossa gli ricordavano Ginny, un elemento che, da solo, consacrò la simpatia di Fred per la Grifondoro.
 
“Non vuoi proprio rispondermi,” riprese lei e lui si limitò a un’alzata di spalle. Fu quando Lily stava per parlare ancora, che Hermione sopraggiunse.
 
“Buon pomeriggio,” esordì educata, preoccupandosi, come gli altri due, di tenere il tono di voce basso. “Scusa per il ritardo, Fred, ma sono stata trattenuta.”
 
Il modo in cui lo disse, stanco e a tratti snervato, convinse Fred a non inveirle contro, ma a ridacchiare insolente mentre le faceva spazio. Lily, a quella visione, strabuzzò gli occhi verdi e boccheggiò con aria sciocca. Per lei, era assolutamente assurdo vedere Fred Weasley e Hermione Granger studiare insieme, ma, in particolar modo, era assurdo che la Granger avesse messo piede in biblioteca.
 
“Tu… Cosa ci fai qui?”
 
“Io?” chiese Hermione.
 
“Lei è qui per studiare,” intervenne Fred, le cui parole peggiorarono la situazione.
 
Hermione impallidì; da quanto raccontavano i veri Remus e Sirius, Lily era una delle ragazze più brillanti che avessero mai conosciuto, di conseguenza non doveva essere improbabile l’ipotesi che la Evans s’accorgesse del pasticcio. “La McGranitt mi ha chiaramente minacciata,” esordì, enfatizzando il dire e tentando d’apparire sdegnata. “Mi ha detto che se non prendo almeno una O al prossimo compito, non ho nessuna speranza d’evitare una T a fine anno. Sarebbe uno smacco troppo grande.” Lo disse mentre sbottonava la giaccia della divisa e, celando la riluttanza, la toglieva, gettandola con poco garbo su una sedia libera. Come avrebbe fatto Fred. “Sai, ho scommesso che avrei preso almeno A in tutte le materie che frequento.”
 
“E hai chiesto a Fred di aiutarti,” anticipò Lily, che sembrava convinta.
 
“Esatto! Con Sirius non avrei studiato, sai com’è…” squittì maliziosa, lasciando volutamente la frase in sospeso.
 
Lily, giudicando quell’atteggiamento più che normale, annuì e si congedò, ripromettendosi di fare due – o anche più – chiacchiere con Fred; iniziava a capire perché fosse d’improvviso tanto diverso, era così ovvio! S’era preso una bella cotta per la ragazza di Black!
Quando rimasero soli, seguì un minuto di silenzio in onore della sfacciataggine di Hermione e nel rispetto della sua vergogna ormai palese. Fred, ammirato e stupito, aveva nascosto il viso tra le mani, peccato che sollevasse le spalle come se avesse il singhiozzo, elemento che fece storcere il naso a Hermione.
 
“Scemo! Smettila di ridere sulle mie disgrazie!” disse infatti, tirandogli uno schiaffo.
 
“Ma come faccio a non ridere! ‘Con Sirius non studiavo, mi capisci’! Da dove ti è uscita?!”
 
“Non ho detto così!”
 
“Quello che è,” tagliò corto Fred, tornando finalmente a guardarla. “Mi hai lasciato solo con i libri, Granger, per fare nonvogliosaperecosa con Black! Sono indignato!” affermò, imitando con quel ‘sono indignato’ i pomposi modi di Percy, cosa che fece ridacchiare Hermione, al punto che Madama Pince indirizzò a entrambi un burbero ammonimento.
 
“Ero con delle oche invidiose, che dovrebbero essere mie amiche. In realtà, mi frequentano solo perché conosco i ‘famosi’ Sirius e James. La me di questa dimensione è circondata da ipocriti,” sbottò.
 
“Vediamo di tornare a casa.”
 
“Sì.”
 
Durante le tre ore successive, senza interruzioni, consultarono una quindicina di libri, sotto la guida precisa e attenta di Hermione, che s’era curata di fare un ulteriore giro per gli scaffali, gesto che aveva fruttato altri sei tomi interessanti. Nonostante gli sforzi, nessun elemento nuovo emergeva. Non c’era traccia di grammofoni in grado di far viaggiare nel tempo o alterare la realtà in qualche modo. Quanto agli altri sistemi, erano annoverati numerosi filtri che alteravano la percezione delle vittime, facendole cadere in un profondo sonno che dava adito a sogni su realtà alternative. Ma neanche questi filtri potevano, in qualche modo, essere ricollegati a quanto accaduto.
 
“E se non fosse stato ancora inventato, in questa epoca?”
 
Fred la guardò preoccupato. Quell’ipotesi, l’aveva già presa in considerazione, ma non aveva avuto il coraggio di esternarla. “Un modo per tornare alla realtà ci deve essere per forza.”
 
Continuarono, continuarono ancora, sino a quando Hermione, avvilita, chiuse con violenza un volume piuttosto antico e grosso. Aveva gli occhi umidi lei e la paura tatuata in viso. Fred, non meno timoroso, s’impose di non lasciarsi andare a sua volta; con inaspettata delicatezza, la fece voltare verso di sé, tenendole il viso tra le mani.
 
“Ce ne andremo di qui, hai capito?”
 
“E se…”
 
“No. Ce ne andremo e basta.”
 
“Se tutto questo fosse reale? Eh, Fred? Se lo fosse?” chiese titubante.
 
“Non può essere reale. Questo non è il nostro tempo.”
 
“Ma se lo fosse? Forse… Forse, c’è una ragione per cui siamo qui… Forse, possiamo impedire che i genitori di Harry… Hai capito…”
 
Fred si stupì di quanto Hermione fosse determinata e spaventata a un tempo. Nonostante la paura, riusciva a preoccuparsi dei problemi altrui, essendo in un certo senso lucida.
 
“Non possiamo cambiare niente,” affermò lui dopo un po’, avvicinando il proprio volto a quello di lei. “Lo capisci? Niente. L’hai detto tu, che i maghi non possono immischiarsi col tempo.”
 
“Ma le regole qui sono diverse!” ribatté lei, rinfrancata all’idea che quella pazzia avesse un senso. “Noi siamo già immischiati! Noi qui esistiamo! Forse… Sì… si potrebbe fare!” blaterò alzandosi in piedi. “Poi riusciremo a tornare a casa, sì, la chiave deve essere questa,” proseguì, premendo la fronte contro il vetro della finestra chiusa.
 
Fred, che le era ormai alle spalle, poggiò le mani sui suoi fianchi, obbligandola a voltarsi. “Non riusciremo a cambiare le cose. Stai sbagliando, Hermione. Quel grammofono deve essere una trovata alla Zonko, magari per uscire bisogna farlo scattare di nuovo… Questo mondo non è reale.”
 
Una parte di lei, la più razionale, l’aveva ascoltato e aveva concordato, ma l’improvvisa possibilità di restituire la famiglia a Harry e, forse, il timore che quel mondo fosse sinonimo di nulla, furono più forti. “Proviamoci, almeno. Siamo comunque bloccati qui.”
 
“Va bene,” acconsentì Fred, accorgendosi solo in quel momento d’essere a un palmo dal naso di lei. Ghignò, facendola accigliare, mentre le mani tornarono a cingerle il viso. “Pensa, se mi avvicinassi un altro po’, bacerei la ragazza di Sirius Black!”
 
“Allora,” sussurrò lei in evidente difficoltà, “faresti bene ad allontanarti.”
 
Lui ampliò ancora di più il ghigno, sentendosi bene nel vederla così in soggezione per lui; non capì se si trattasse di una neonata attrazione o di una ripicca nei confronti del ‘pallone gonfiato’, ma le posò un fugace bacio sulle labbra, allontanandosi prima che lei potesse sbraitare o schiantarlo direttamente.
Hermione, intontita, riuscì solo a deglutire piuttosto rumorosamente prima e a arrabbiarsi poi; ancora una volta s’era preso gioco di lei, ne era più che sicura.
 

 
****
 
 
“Glielo ripeto: dove sono mio fratello e la mia amica,” sbraitò George.
 
“Te l’ho detto, ragazzo, non ricordo neanche che faccia avesse.”
 
“La mia!” sbottò per l’ennesima volta. “Siamo gemelli, non ci vuole tanto a vedere me e ricordare lui.”
 
Il proprietario dell’emporio, con espressione crucciata, indicò a Lee e George l’uscita. “Fuori!”
 
“Senta, forse non ha capito,” intervenne gelido Lee, anticipando l’amico. “I nostri amici sono entrati qui mezz’ora fa, questo stanzino non ha un’uscita secondaria, da quella principale non sono usciti, quindi, o sono qui oppure li ha fatti finire da qualche parte.”
 
“Si saranno Smaterializzati,” tentò l’uomo, che non aveva intenzione d’accennare al grammofono.
 
“D’accordo,” esordì George, che aveva soppesato l’ipotesi. “Diciamo che torno a scuola e che aspetto anche fino a domani mattina, ma se mio fratello non si fa vivo lei si troverà a sperare che a farle visita sia Tu-Sai-Chi e non io.”
 
“Vecchio idiota. Gliela incenerisco, questa baracca,” biascicò infuriato Lee quando furono fuori dall’emporio.
 
“Torniamo a Hogwarts e andiamo dalla McGranitt,” decretò George, che aveva, proprio come Lee, un pessimo presentimento: non era da Fred sparire senza avvisare loro due.


 

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Capitolo 8
*** Consapevolezze ***


Quella mattina, Hermione scese in punta di piedi in Sala Comune, non aveva voglia di far colazione, ma in compenso esibiva invidiabili occhiaie, deliziosi capelli crespi e amabile espressione confusa. Fred – lo stupido, stupido Fred – aveva saputo spedirla nuovamente nel caos totale, facendole quasi dimenticare d’essere intrappolata in una realtà parallela e di avere esattamente zero possibilità di ritornare a casa. Si gettò con ben poca eleganza su una delle poltrone e vi si abbandonò, chiudendo gli occhi e fingendo che nulla intorno a lei esistesse. Peccato che ‘lo stato di grazia’ venisse bruscamente interrotto dall’esigente bacio di un Grifondoro dal ghigno facile e i modi attraenti.
 
“Sirius,” gracchiò Hermione, ritraendosi goffamente.
 
“Buongiorno anche a te!” ribatté lui con sarcasmo, ciondolando alle spalle della poltrona. “Cos’hai combinato?”
 
“Perché?”
 
“Hai un’aria orrenda,” rispose.
 
“Oh, grazie,” affermò con ovvia ironia Hermione, facendo ridacchiare Sirius, che si congedò con pochi convenevoli.
 
“Però! Che gentiluomo il tuo ragazzo!”
 
Non ebbe bisogno di distogliere lo sguardo dal buco del ritratto che aveva appena inghiottito Sirius, Hermione sapeva benissimo a chi appartenesse quella voce ghignante e il saperlo provocò in lei un miscuglio di sensazioni, che andavano dalla banale eccitazione al maldestro disagio e dal maldestro disagio alla disastrosa collera.
 
“Buongiorno anche a te!” esclamò ancora Fred, facendo il verso a Sirius e sedendosi sul divanetto accanto alla Grifondoro. “Cosa c’è? I baci di Black ti ammutoliscono?”
 
“Rintraccio fastidio, Fred?” chiese orgogliosa Hermione, degnandosi finalmente di guardarlo in volto.
 
Lui sorrise sghembo, rilassandosi contro il guanciale. “Scommetto che ti piacerebbe!”
 
Hermione portò gli occhi al cielo, costringendosi a non inveire. “Possiamo parlare di cose serie?” chiese con marcato tono stanco.
 
“Hai trovato un modo per tornare a casa?”
 
“Forse.”

 
****
 

“Già sveglio?”
 
“Hermione è strana, non la capisco più.”
 
Corrugò la fronte Remus, perplesso. “Perché strana?”
 
“È un pezzo di ghiaccio tutte le volte che stiamo insieme,” specificò Sirius, acciuffando il croissant a cioccolata prima di un bambino del secondo anno. “Ci sono o non ci sono per lei fa lo stesso.”
 
“Si sarà accorta che sei un idiota!” scherzò l’amico, mordendo la fetta di pane tostato.
 
Sirius si strinse nelle spalle, evidentemente contrariato e, buttato giù il croissant, sbuffò sonoramente. “È tutta colpa di quel Weasley,” decise infine.
 
“Cagnaccio, ti sei innamorato del rosso? È sempre nei tuoi pensieri!”
 
“Fa’ poco il deficiente, Ramoso, e mettiti a sedere, che dobbiamo escogitare una vendetta coi fiocchi!” ribatté Sirius. “Ai danni di Weasley, ovviamente!”
 
Fu il turno di Remus di sbuffare, non lo divertivano quegli scherzi. Al contrario, Peter sembrava più che eccitato all’idea di vedere James e Sirius all’opera, era da molto che non si esibivano in qualche diabolico giochetto. Da quando James aveva deciso di ignorare Severus per conquistare Lily, tutto era divenuto molto più monotono.

 
****

 
“Ricordate di pulire le mani con acqua corrente e il disinfettante che vi ho dato, il liquido prodotto da queste radici può provocare lievi ustioni.”
 
Le parole della docente di Erbologia congedarono la classe del sesto anno. Hermione aveva pazientemente atteso Fred all’esterno della serra, poiché il suo orario non comprendeva la materia della professoressa Sprite.
 
“Ma come fai a seguire certe lezioni?”
 
“Ciao, Fred!” salutò ironica Hermione, ridacchiando dell’espressione annoiata del ragazzo. “Vieni, prima che mi veda Sirius.”
 
Senz’altro aggiungere, si avviarono ai bagni per permettere a Fred di pulire via il liquido dalle mani. Durante il tragitto, entrambi erano persi nei propri pensieri: erano trascorse anche più di quarantotto ore dall’inizio della follia e nessuno li aveva cercati e nessun ‘piano’ per far ritorno al presente sembrava funzionare. Quel pomeriggio, mentre tutti sarebbero stati a pranzo, loro avrebbero giocato l’ultima – e forse vincente – carta; l’idea di recarsi da Silente era stata ritenuta da entrambi la spiaggia dopo l’ultima spiaggia, perché nessuno dei due aveva idea di come spiegare l’accaduto al Preside. La nuova idea era venuta a Hermione, che intontita dal bacio di Fred, s’era obbligata a concentrarsi su altro e, come d’incanto, la soluzione più banale s’era mostrata.
 
“Non so come abbiamo fatto a non pensarci prima,” ripeté la Grifondoro per l’ennesima volta.
 
“Già è tanto che riusciamo a pensare,” ammise Fred, appena uscito dal bagno. “Tra un’ora saranno tutti in Sala Grande, andrai tu in camera di Potter, io mi occuperò di tenerli lontani.”
 
“Perché io? Sarebbe meglio se ci andassi tu, è il dormitorio maschile,” protestò lei.
 
Fred, esibendo un’espressione maliziosa, le cinse le spalle con un braccio. “Granger, se beccano te, potrai dire d’essere in cerca del tuo Sirius. Se beccano me, tenteranno di infilarmi la testa nel gabinetto e io sarò costretto a prenderli a pugni. Chiaro?!”
 
Hermione annuì, sconcertata dalla logicità del ragionamento del ragazzo. “Ma come farai a tenerli lontani?”
 
“Sarà un vero tocco di classe! Vedrai!”
 
Così dicendo, Fred andò via, diretto a mettere a punto il vero tocco di classe. Hermione, nuovamente sola, si ritrovò a riflettere sull’astruso piano che avevano in mente: se fosse fallito, avrebbero addirittura rischiato l’espulsione. Così, con finta tranquillità, la Grifondoro prese la strada più lunga per far ritorno alla Sala Comune, con ormai la consapevolezza che quell’avventura stesse capovolgendo molte delle sue certezze. Era strano essersi abituata alla presenza dei giovani Potter e Black e Lupin e… Minus. Quest’ultimo riusciva a risvegliare l’indole più aggressiva e cinica della strega, che più di una volta si era ritrova a pensare che uccidere Peter non sarebbe stato un reato, non morale almeno, poiché sarebbe stato un semplice atto di giustizia – o vendetta sussurrava la sua coscienza. Dopotutto, era davvero tanto sbagliato provare odio per un assassino? Poteva sul serio considerarsi una persona orribile se avesse ucciso la causa dell’infelicità di Harry? Ah, una situazione simile avrebbe condotto alla pazzia anche la più ragionevole delle menti. A tratti, Hermione credeva d’essere stata sottoposta, a sua insaputa, a una prova. A complicare la faccenda c’era poi l’infatuazione per Fred, che sembrava intensificarsi giorno dopo giorno; quella vicinanza e quelle malsane e incomprensibili attenzioni di lui erano un mix pericoloso, di quelli che generavano dipendenza.
Fred, d’altro canto, era sottoposto a prove diverse, ma pur sempre impegnative. Nonostante continuasse a ostentare il suo sorriso e la sua leggerezza, covava in sé il terrore di restare incastrato in quella realtà, il terrore d’essere condannato alla solitudine, condannato a un’esistenza senza George. Non erano mai stati lontani così a lungo, senza neanche la possibilità di scriversi, ed era una sensazione opprimente, che sapeva spaventarlo. Passava gran parte della giornata a rimuginare in silenzio, chiedendosi cosa stesse facendo il gemello, cosa stesse pensando, per quale ragione non fosse ancora venuto a ‘salvarlo’. Era Hermione l’unica ancora al presente e questo l’aveva costretto a cercarla, frequentarla, cercare di capirla, e più tempo trascorreva con lei, più un interesse diverso si nutriva di lui.
Era un’esperienza paradossale quella che stavano vivendo: immersi nella finzione, erano obbligati a denudarsi.
 
“Parola d’ordine?”
 
Hermione sobbalzò, neanche si era resa conto d’essere giunta dinanzi al ritratto della Signora Grassa. Pronunciò la parola e s’infilò in quello stretto cunicolo, sbucando nella Sala, che, a quell’ora ormai prossima al pranzo, era semideserta. Fingendo indifferenza, salì rapida le scale del dormitorio e, lanciando sguardi a destra e a sinistra, imboccò il corridoio del reparto maschile. Si stupì nel constatare che quei pochi ragazzi che aveva incrociato non apparissero stupiti dal vederla lì, il motivo che poteva celarsi dietro la mancata sorpresa riuscì a farla arrossire e irritare a un tempo. L’Hermione Granger di quella dimensione era proprio una pessima studentessa, sotto ogni aspetto!
Quando arrivò alla camera dei Malandrini, aprì la porta senza indugiare e trasse un sospiro di sollievo nel notare che nessuno dei cinque ragazzi fosse in camera. A quanto sembrava, il vero tocco di classe aveva prodotto i suoi frutti.

 
****

 
“Regulus, ehi, Regulus!”
 
“Che vuoi?”
 
“Guarda un po’ al tavolo Grifondoro! L’hanno conciato per le feste, tuo fratello!”
 
“Accidenti,” gracchiò Regulus, osservando allucinato Sirius, mentre Barty Crouch junior, seduto accanto al secondogenito dei Black, si sbellicava dalle risate assieme a mezza Sala Grande.
 
L’aspetto di Sirius, invero, era a dir poco esilarante. Aveva addentato qualcosa e un attimo più tardi delle piume avevano iniziato a spuntargli su ogni lembo di pelle, nel giro di qualche minuto, Sirius Black s’era tramutato in un grosso canarino.
 
“Black, Potter, cos’è questa storia?” chiese spazientita la McGranitt, costretta a interrompere il proprio pranzo.
 
“Non è colpa nostra!” affermò seccato James, guardando impotente l’amico.
 
“È vero, professoressa, non è colpa di James e Sirius,” s’accodò Remus, preoccupato per le condizioni di Black.
 
La McGranitt li guardò a turno, arricciando le labbra quando notò Peter zitto e rannicchiato al proprio posto, timoroso d’essere chiamato in causa. “Vai in infermeria, Black, e tu, Lupin, accompagnalo.”
 
“Ma, professoressa!” riprese James, indignato oltre ogni limite. “Io accompagno Sirius! Vado io con lui!”
 
“Sì… fascia scenise Sciames,” insistette Sirius, infastidito nel parlare da quelle piume che gli avevano coperto tutto il viso.
 
“No, il signor Lupin, che è anche Prefetto, ti accompagnerà,” ribadì la McGranitt, non incline ad accontentare i due studenti. “Andate, su. E, voi tutti, tornare al vostro pranzo.”
 
Quando Sirius e Remus abbandonarono la Sala, un chiacchiericcio eccitato si diffuse tra le varie tavolate. Non era mai successo che qualcuno riuscisse a prendersi gioco di uno della cricca di Potter. Mai. James, rimasto con Peter, era schiumante dalla rabbia e, anziché mangiare, divorava con foga interi pezzi di carne, triturandoli tra i denti. In più, si preoccupava anche di indirizzare sguardi minatori a chiunque osasse ridere ancora.
 
“Qualcuno pagherà,” decretò.
 
“Sì, ma… James… cosa diamine era quella roba che ha mangiato?” chiese Peter, indicando all’amico la tartina che aveva tramutato Sirius in un pulcino. James l’agguantò e, in quell’esatto istante, Fred, che aveva assistito silenzioso e soddisfatto, s’alzò, indirizzando un eloquente occhiolino a James.
 
“Weasley!” chiamò James.
 
Ma Fred finse di non ascoltarlo affatto e uscì indisturbato dalla Sala Grande. Soltanto lo sguardo severo della McGranitt potette impedire a James di seguire Fred e inchiodarlo con le spalle al muro.
 

 
****

 
“L’appuntamento era dieci minuti fa, Fred.”
 
“Non fare tante storie. Hai preso tutto?”
 
“La Mappa non c’era.”
 
“L’idiota deve averla con sé. Non c’è problema, possiamo fare senza.”
 
“Cosa ti sei inventato per tenerli impegnati? Ho sentito alcuni fantasmi parlare di pulcini.”
 
“Lumacorno ha una grande simpatia per me, non è stato difficile rubare qualcosa dalle scorte e preparare una Crostatina Canarina!”
 
“Fred!”
 
“Calma! Lo so che ci sono Tiri Vispi migliori, ma la Crostatina è l’unico che si realizzi in un’ora!” spiegò lui tutto allegro. “Andiamo?”
 
“Sì, ma sei un mostro,” affermò sorridendo Hermione. “Stammi vicino, altrimenti non ci entriamo.”
 
“Parli troppo, Granger, datti una mossa e basta!”
 
Hermione, biascicando qualche altra lamentela, ricoprì se stessa e Fred con il Mantello dell’Invisibilità di James Potter, che era stato alquanto facile da trovare per la strega, poiché padre e figlio, l’uno all’insaputa dell’altro, lo conservavano nello stesso posto: il fondo del baule.
Divenuti invisibili, uscirono da quell’angolino nascosto dalla colonna e percorsero rapidi il corridoio, sino ad arrivare a uno dei passaggi segreti conosciuti da Fred, senza perder tempo, vi si infilarono e sbucarono in uno dei negozietti di Hogsmeade.
 
“Mi raccomando, segui me e non fare storie.”
 
“Non trattarmi come una bambina.”
 
“Ma tu sei una bambina!” esclamò scherzoso Fred e Hermione, per contraccolpo, gli pestò un piede. “Infantile,” etichettò lui.
 
Stringendole la mano, Fred guidò entrambi fuori dal negozio, stando bene attento a non urtare nulla e nessuno. Quando furono in strada, il problema della neve e dunque delle impronte si palesò a loro in tutto il suo splendore.
 
“Tu fa’ attenzione a chi scontriamo, io cancellerò le impronte.”
 
“E come fai?”
 
“Io studio, Weasley, e questo mi permette di conoscere l’incantesimo per cancellare un po’ d’impronte,” chiarì saccente Hermione, facendo sbuffare il compagno d’avventura, che, suo malgrado, si ritrovò a pensare quanto quella strega fosse brillante.
 
La collaborazione li condusse alla meta: l’emporio del grammofono. Entrati e constatato che nessuno, oltre al proprietario, fosse nel negozio, Fred sfilò il mantello e si palesò all’ignaro Gaston, che vedendo comparire due ragazzi dal nulla afferrò rapido la bacchetta.
 
“Giù la bacchetta, razza di idiota, o mi dimentico d’essere un mago per bene.”
 
“Fred! Ma sei impazzito? Cosa fai?” gracchiò Hermione, spaventata dall’azzardata mossa di Fred.
 
“Siete ladri? Vi manda Tu-Sai-Chi? Cosa volete?”
 
“Voglio il grammofono. Dove l’hai messo?”
 
“Non so di cosa parli, ragazzo!”
 
“Bada, amico, io pazienza non ne ho.”
 
“Fred,” intervenne Hermione, “qui non c’è. Non c’è!”
 
Gli attimi che seguirono all’affermazione concitata di Hermione potrebbero riassumersi in disastro. Gaston, profittando della distrazione dei due aggressori, tentò d’attaccare Fred alle spalle, gesto che costrinse Hermione a intervenire, disarmando il proprietario dell’emporio. Fu a quel punto che Fred decise di schiantare, legare e infilare nello sgabuzzino Gaston, incurante delle lamentele della ragazza e delle eventuali conseguenze.
 
“Questo bastardo è quello che ci ha spedito qui, l’ho anche trattato bene. Quando torniamo, gli aspetta di peggio, credimi.”
 
Hermione fu basita da tanta aggressività, che i gemelli fossero alquanto vendicativi era noto, ma non aveva mai visto uno dei due all’opera. Strabiliante, ad ogni modo, fu che una prepotente parte di lei patteggiasse per la vendetta attuata dal ragazzo.
 
“L’aggressività non risolve nulla.”
 
“Certo, parla quella che qualche mese fa ha intrappolato una giornalista in un barattolo!”
 
“Ma Rita era davvero insopportabile!”
 
“Anche lui!” commentò il ragazzo, accorgendosi solo in quel momento che Hermione stringeva un piccolo libro tra le dita. “Cos’è?”
 
“L’ho trovato al posto del grammofono, sembra una sorta di guida…”
 
“Va bene, parliamone davanti a una cioccolata, eh?”
 
Lasciandola perplessa, scomparve portando con sé il Mantello di James, riapparendo qualche istante dopo e esibendo due bicchieri in carta ricolmi di cioccolata calda.
 
“L’hai rubata?”
 
“Ho lasciato una Falce!”
 
Hermione, stremata dalla personalità di quel Grifondoro, sorrise stancamente. Era seduta a terra, ai piedi di uno scaffale, con il libricino tra le mani. Fred non perse tempo a raggiungerla e si lasciò cadere accanto a lei, porgendole la bevanda.
 
“Hai chiuso la porta del negozio?”
 
“Certo,” sbottò con ovvietà e lui ridacchiò. “Ho letto le istruzioni…”
 
“Cosa dice? Indizi su come tornare?”
 
“Sì, ma è complicato,” affermò con tono quasi rassegnato, bevendo un sorso di cioccolata. “Dice che siamo qui per risolvere qualcosa, per modificare un evento andato storto e che si torna indietro solo dopo averlo risolto…”
 
“Credi si riferisca a Minus?”
 
“Hai altre idee?”
 
“No,” convenne lui. “Cosa dice sulle personalità e tutto il resto?”
 
“Solo che il grammofono crea i presupposti per la realizzazione del fine a cui gli ardimentosi protagonisti son stati destinati,” citò testualmente.
 
“Significa che dobbiamo stare al gioco.”
 
“Esatto. Quindi devi smetterla di essere te.”
 
“No, eh! Questo non puoi proprio rimproverarmelo! Non sono proprio me, anzi. Sto facendo il secchione zuccone come si deve e ti assicuro che è dura.”
 
Hermione inarcò le sopracciglia. “Dura. Magari, è la volta buona che impari qualcosa!”
 
“Magari, è la volta buona che tu impari qualcosa, impari a vivere, ad esempio!” ribatté lui, con evidente voglia di punzecchiarla.
 
“Certo, perché essere una scansafatiche è vivere!”
 
“Come mi giudichi male, Hermione!” improvvisò lui teatralmente, facendola ridere. “Sono solo questo per te? Uno scansafatiche?!”
 
Si ritrovarono a osservarsi, curiosi e sempre più vicini. Hermione deglutì più di una volta, non imbarazza come altre volte, ma elettrizzata. Quel ragazzo aveva una stranissima influenza su di lei. L’atmosfera sembrò improvvisamente colma d’aspettativa, come se qualcosa dovesse accadere.
 
“Stiamo sul serio diventando amici?” chiese lei retorica, consapevole d’avere la salivazione quasi azzerata.
 
“Non credo, Granger. Io opterei per qualcosa in più.”
 
L’affermò con malizia Fred e la baciò una terza volta. Una terza volta che aveva il sapore di una prima vera volta, perché provocazioni, giochi e dubbi erano assenti in massa. Quella volta, quel contatto, l’avevano voluto entrambi.

 
****

 
“Signor Black, devi stare fermo, mi hai capito?”
 
“Ma io voglio uscire, mi sono scocciato! Posso aspettare fuori che queste piume cadano!”
 
“Ho detto no,” ripeté dura l’infermiera. “Se insisti ancora, non permetterò ai tuoi amici di entrare.”
 
Quella minaccia sortì buoni effetti, perché Sirius, imbronciato e nervoso, ingoiò insulti e lamentele e, qualche attimo più tardi, vide entrare James, Peter e Remus, che, colpevole d’aver urtato uno dei letti, era stato cacciato via da Madama Chips.
 
“Come stai?”
 
“Secondo te?”
 
“Però il giallo ti dona!” ribatté scherzoso James, spezzando con quella battuta la pesante atmosfera. Fu qualche risata e qualche scherzo dopo che James tornò sull’argomento più scottante. “So chi è stato,” esordì infatti. “Weasley, Fred Weasley,” specificò allo sguardo allucinato dei tre amici.
 
“Sei sicuro?” chiese Remus.
 
“Più che sicuro.”
 
“Deve pagarla,” fomentò Peter.
 
“E la pagherà,” confermò Sirius. “Dov’è Hermione?”
 
“Non si è vista a pranzo,” informò Peter e James annuì.
 
“Beh, a dire il vero, anche Fred è sparito durante il pranzo…”
 
Sirius batté una mano piumata sul comodino, facendo sobbalzare un po’ tutti. Iniziava ad averne abbastanza di quella storia. “Stasera le parlo: o mi spiega o la mollo.”

 

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Capitolo 9
*** Questo 'fidanzamento' s'ha da fare ***


Forse, erano trascorsi secoli o anni oppure interi giorni e tantissime ore, ma non una manciata male assortita di minuti da quando tutto intorno a loro due era svanito, risucchiato da sensazioni nuove eppur bellissime. Fu Hermione a ritrovare la lucidità e lo fece schiudendo le palpebre, divenendo incerta prima e rigida poi, allontanandosi da lui, che, colto alla sprovvista, seppe solo mostrarle un’espressione spaesata.
 
“Stiamo perdendo tempo,” esordì lei rauca, tutta rossa in volto.
 
“Cosa?”
 
“Non è il momento adatto.”
 
“…”
 
“Abbiamo cose più importanti a cui pensare.”
 
“Stai farneticando.”
 
“No.”
 
Si osservarono per qualche istante e, man mano, il contesto che li circondava sembrò materializzarsi nuovamente: il bancone vacante del negozio, i vari scaffali colmi di pergamene, taccuini e piume, la porta sigillata e le tazze abbandonate ancora colme di cioccolata ormai tiepida. Erano seduti a terra, così vicini e così incastrati da sembrare un corpo solo. Hermione calò lo sguardo e Fred fu ancora più perplesso. Non voleva lasciarla andare, sentiva che stare lì con lei fosse giusto e inevitabile.
 
“Dobbiamo tornare a casa,” riprese lei, alzandosi in piedi.
 
“Lo voglio più di te, credimi,” ribatté lui, tirandosi su.
 
Si ritrovarono di nuovo a poca distanza l’uno dall’altra, con Hermione che s’ostinava a tenere il capo dritto, sfruttando i centimetri di differenza tra loro per non doverlo guardare in volto. Fred ghignò nel notare quell’atteggiamento, sollevandole impertinente il mento.
 
“Non mi sfuggi, Granger,” scherzò.
 
“Smettila. Io sono la ragazza di Sirius, qui.”
 
Qui non è reale,” specificò lui.
 
“Invece lo è.”
 
“Non dire idiozie, Hermione!”
 
“Non sto dicendo idiozie, Fred, ma come fai a non capire?” Fece su e giù tra gli scaffali, con le mani alle tempie. “Se possiamo cambiare le cose, se quella guida non mente, noi siamo nel passato… Noi siamo parte del passato! Tutto questo è reale!”
 
“Aspetta, fammi capire… Quando noi torneremo a casa, saremo vecchi, secondo te?!”
 
“Non lo so!”
 
“Ma cosa vai blaterando?! Ascolta, questa deve essere una sorta di dimensione parallela, ma non è il passato, perché in questo tempo noi non siamo mai esistiti… Noi non esistiamo!”
 
“Sei tu a blaterare, ora.”
 
“Può darsi,” concesse lui. “E se uccidessimo Minus?”
 
La proposta di Fred fu tanto seria da riuscire a far impallidire Hermione. “Sei impazzito?” gracchiò infatti.
 
“Cosa ci sarebbe di sbagliato? È colpa sua se i Potter sono morti e se Tu-Sai-Chi è tornato in vita. Se lo uccidessimo, il futuro sarebbe migliore per tutti.”
 
“Ma noi non siamo degli assassini, non siamo come lui. Ecco cosa ci sarebbe di sbagliato.”
 
“Leale e onesta fino alla morte,” commentò lui ammirato.
 
“E anche oltre la morte,” aggiunse la strega.
 
Fred sorrise, inchinandosi scherzosamente. “Lei, Miss, è il vanto della Casa Grifondoro!”
 
Hermione esibì una smorfia buffa; era ormai conscia d’aver distrutto quella speciale atmosfera che, solo qualche attimo prima, li aveva visti uniti. Non volle chiederselo la strega, cosa provasse Fred per lei. Sapeva solo d’essersi sentita felice, molto felice… stupidamente felice… così felice da averne paura e da respingerla, l’appena decantata felicità.
 
“Sai usare gli incantesimi di memoria?”
 
“Non ho mai provato…”
 
“Allora, provo io,” disse risoluto Fred, deciso a confonderla quantomeno, la memoria del proprietario dell’emporio, per evitare una denuncia ai loro danni. Dopotutto, se quel libricino diceva la verità, era vitale restare a Hogwarts.
 
“E se non funzionasse?”
 
“Ci inventeremo qualcos’altro. Ma non preoccuparti, ragazzina, è con Fred Weasley che sei!”
 
Hermione sbuffò e incrociò le braccia al petto, fingendosi annoiata dell’egocentrismo del ragazzo; in realtà, iniziava a capire per quale motivo si fosse scoperta innamorata di quel matto: possedeva la risolutezza e la sicurezza che lo rendevano indipendente in qualsiasi circostanza, lui non aveva bisogno di supporto e di suggerimenti, lui aveva la sua determinazione e la sua personalità, che vincevano su tutto. Forse, si ritrovò con sgomento a pensare, l’aveva prima ammirato e solo dopo se n’era infatuata.

 
****
 

 “George, ehi!”
 
“Oh, che vuoi?”
 
“Hai visto Hermione?” chiese Ron, raggiungendo il fratello più grande e Lee.
 
“No, perché?”
 
“Non la troviamo più,” spiegò Dean, che era accanto a Ron.
 
“Neanche Fred si trova più,” disse Lee, scambiando uno sguardo perplesso con George.
 
“Come non si trova più?” domandò d’impeto Ron. “Perché non è con te?”
 
“Era con me,” scandì nervoso George. “Poi è entrato all’emporio e non l’abbiamo più visto.”
 
“Anche Hermione doveva andare all’emporio,” affermò stranito Seamus. “Forse, sono andati via insieme?”
 
“No, è successo qualcosa,” affermò risoluto Jordan. “Forza, di nuovo in marcia, torniamo a scuola.”

 
****

 
Era stato dimesso quand’era ormai sera. ‘Vieni a cena’ gli avevano detto i suoi amici, ma lui non aveva affatto fame, al contrario, avrebbe avuto tanta voglia di tramutarsi in cane per ringhiare contro sconosciuti e azzannare un idiota in particolare. Come un prigioniero, se ne stava in Sala Comune facendo avanti e indietro nervosamente, sotto lo sguardo terrorizzato di qualche compagno. Ormai, nessuno più osava schernire Black e le sue – ormai cadute – piume.
 
“Bentornata.”
 
La voce inquisitoria di Sirius fece sobbalzare Hermione, che era appena entrata in Sala.  “Sei nervoso?”
 
“Dove sei stata?”
 
“In giro.”
 
Sirius ghignò con amarezza, avvicinandosi celermente alla ragazza. “In giro? Con Weasley, magari?”
 
Hermione, suo malgrado, arrossì. “Posso spiegarti…” tentò.
 
“Non voglio nessuna spiegazione. Tieniti il tuo rosso e levati di torno.”
 
Lei non ebbe modo di ribattere, poiché Sirius si dileguò senz’altro aggiungere e senza minacciare ritorsione alcuna. Il primogenito dei Black, a quanto sembrava, sapeva mostrarsi stoico ed elegante anche in una situazione come quella. La dignità prima e il resto poi.
 
“Wow! Che scoop!”
 
“Come? EHI!” urlò Hermione, senza riuscire a fermare un ragazzo del quinto anno intenzionato a diffondere lo scoop in tutta la scuola. “Perfetto.”
 
Com’era prevedibile, nel giro di appena quindici minuti, complice l’intera scuola riunita in Sala Grande per la cena, tutti erano a conoscenza della succulenta notizia. Tutti, nessuno escluso. Pix, che venerava Sirius, aveva ideato diversi cori contro Hermione, etichettandola come una donna di malaffare. Tutti bisbigliavano, ridacchiavano e lanciavano avidi sguardi alla bella figura del Black e al posto vacante della Granger. L’unico, fatta eccezione per i Malandrini, che non aveva voglia di infierire era un silenzioso ragazzo al tavolo Serpeverde, che si limitava a lanciare occhiate di sbieco al fratello Grifondoro.
 
“Non brindi, Black? Tuo fratello ha finalmente rotto con la Sanguesporco!” esclamò maligno un coetaneo di Regulus.
 
“Sai dove devi ficcarti quelle carote, Parkinson?” intervenne Barty con tono tutt’altro che amichevole.
 
“Nessun problema,” affermò pacato Regulus all’indirizzo di Crouch, che, all’istante, si disinteressò del destino di Parkinson e delle sue carote.
 
I fratelli Black avevano veramente molto in comune: la capacità di tramutarsi in graziosi pezzi di ghiaccio pur di acconsentire ai bisogni dell’orgoglio, ad esempio. Non fu strano, dunque, che, all’altra tavolata, James iniziasse a scherzare sul Quidditch e Sirius l’accordasse come se tutti quei pettegolezzi non riguardassero lui.
 
“Possiamo andare in bagno?” chiese d’improvviso Remus, interrompendo l’allegra disquisizione sulla pesantezza dei Bolidi.
 
“Non puoi andarci da solo?” domandò giustamente Peter.
 
“No,” ribatté con sinistra eloquenza Remus. “Devo avere compagnia.”
 
“Andiamo,” affermò James, cogliendo finalmente il motivo della richiesta d Remus.
 

 
****

 
“Cosa ci fai qui?”
 
“Non riusciremo mai a tornare a casa.”
 
“Cos’è successo?”
 
“Mi ha lasciata.”
 
L’abbracciò Fred, silenzioso e rispettoso di quel momento che, lo intuiva, stava mettendo a dura prova la stabilità di Hermione, che, a ben guardare, era sempre stata in bilico tra la lucidità e la paura nei momenti complessi. Un po’ come, al primo anno, aveva del tutto dimenticato di poter utilizzare la magia per liberare Harry e Ron dal Tranello del Diavolo.
Si lasciò andare al pianto, che aveva il gusto della frustrazione e della stanchezza e di tanti timori celati e di tanta confusione. Aveva un gusto orribile e indefinito, un gusto incerto. Goffamente, poiché non era abituato a gesti affettuosi, Fred le carezzò i capelli crespi, fissando con astio gli scaffali colmi di libri della biblioteca. Quando s’erano divisi, al ritorno da Hogsmeade, avevano concordato che lei avrebbe cercato Sirius e lui si sarebbe rintanato da Madama Pince, ripristinando la normalità di quel mondo al contrario. Ma Hermione era la prova tangibile che avevano compiuto uno, o forse più, passi falsi.
 
“Smettila, Hermione.”
 
“Sì… S-scusa… Sono una sciocca,” biascicò lei, sciogliendo l’abbraccio e asciugando con la manica della divisa le lacrime.
 
“Devi tornare con lui,” affermò Fred con tono roco, come se le parole faticassero a essere pronunciate.
 
Hermione sgranò incredule gli occhi. “E come faccio? Non sono brava in queste cose.”
 
“Black è innamorato di te, tu dimostragli d’essere innamorata di lui e tutto si sistemerà.”
 
“Non è così facile, lui crede che io… insomma… io e te,” sputò controvoglia e imbarazzata, dandogli le spalle.
 
“Convincilo del contrario, non abbiamo molte alternative. Ora va’, io farò una capatina da Silente.”
 
“Non fare sciocchezze!” rimproverò lei, ritrovando la mania di bacchettare un po’ tutti, particolare che fece sogghignare Fred.
 
“Fidati, Granger, voglio solo capire se il vecchiaccio sa qualcosa!”
 
Hermione non obiettò altro, ma asciugò ancor meglio le lacrime e andò via, consapevole d’avere gli occhi gonfi e arrossati. Fred sedette stanco sulla sedia, massaggiandosi le tempie pulsanti, stremato da quell’assurda avventura che avrebbe avuto un sapore diverso se accanto a lui ci fosse stato George. George. Si rialzò in piedi di scatto, con ritrovata risolutezza: lui doveva tornare agli anni novanta. Peccato che a frapporsi tra lo studente e il preside fosse l’affascinante figura di Lily Evans, che lo fissava con espressione preoccupata e triste.
 
“Che c’è?” chiese infastidito Fred.
 
“Stai bene?” ribatté Lily. “Ho saputo di Sirius e Hermione, ho visto lei andare via da qui. Ma è vero? Fred, è vero? Stai con lei? Oh, lo sai che è una pessima idea! A lei piacciono i tipi come Sirius! Tu, tu… Tu sei troppo buono per lei!”
 
Trattenne a stento una risata il mago, si grattò la nuca e le sorrise mesto. “Lily, non c’è niente tra me e Hermione, era qui per chiedermi se avessi messo io la voce in giro. Era distrutta.”
 
“Quindi, non è vero nulla?”
 
Lui si strinse nelle spalle, iniziando a raccogliere i propri libri. “Credo sia vero che Black l’ha lasciata, ma io non c’entro niente.”
 
“Ti piace, vero?” domandò Lily d’istinto, sorridendogli con dolcezza. “Vedo come la guardi,” tentò. “Un po’ come Potter guarda me,” aggiunse sottovoce, come lusingata o felice a quell’idea. Fred, che ben conosceva gli sviluppi tra i due Grifondoro, tacque. “Allora?”
 
“Può darsi, ma non ha importanza,” concesse, voglioso di zittirla.
 
“Non capisco cosa ti piaccia di lei, è così diversa da te…”
 
“Anche tu sei diversa da Potter!” buttò lì Fred, incapace di trattenersi una seconda volta; ghignò nel vederla arrossire indispettita.
 
“A me quello non interessa, infatti.”
 
“Se lo dici tu…”
 
“Sì! Lo dico io! Ed è di te che stavamo parlando. Ti piace? Bene. Conquistala!”
 

 
****

 
La riunione di gabinetto non era stata rilassante, anzi, aveva indispettito ancor di più Sirius, che ora vagava per i corridoi alla ricerca di Fred. Era una delle rarissime volte in cui aveva chiesto a James di lasciarlo solo e l’amico aveva acconsentito, seppur contrariato. Avevano parlato a lungo i quattro Malandrini: dell’umore di Sirius, dei pettegolezzi, delle piume e tutto, tutto, aveva condotto a quell’unica figura che era Fred.
 
“Weasley!” tuonò Sirius, incurante d’essere a pochi minuti dal coprifuoco e nel bel mezzo del corridoio.
 
“Black,” ribatté annoiato Fred, che tra Lily e Sirius non riusciva a raggiungere l’ufficio di Silente. “Posso esserti utile?” chiese sarcastico.
 
“Più che utile!”
 
Fu un sibilo appena quello di Sirius, seguito da un gesto che colse Fred alla sprovvista, costringendolo a massaggiarsi la guancia colpita dal pugno dell’altro Grifondoro. Istintivamente, il giovane Weasley avrebbe reagito con una buona dose d’aggressività, ma la voglia di tornare a casa lo trattenne con furore e l’obbligò a rifilare una semplice occhiata risentita all’avversario.
 
“Sei impazzito?”
 
“Oh, non io, Weasley, non io. Tu sei impazzito quando hai deciso di metterti contro di me. Io te l’avevo detto, che l’avresti pagata.”
 
Portò gli occhi al cielo Fred, dimentico del dolore al viso. “Hermione, giusto? Beh, sta’ tranquillo, Black. La tua ragazza non mi vuole, me l’ha detto chiaro e tondo,” mentì.
 
Sirius assunse un’espressione chiaramente sorpresa a quelle parole, a tutto era preparato, ma non a una ‘resa’ del genere. Suo malgrado, sorrise vanesio e inclinò il viso verso l’alto, tronfio. Fred, che aveva visto abbastanza, volendo evitare di prenderlo a testate, l’aggirò e proseguì l’interrotto cammino.
 

 
****

 
“Sapevo di trovarti qui.”
 
“Non ci vuole un genio, è la nostra Sala Comune.”
 
Ghignò lui, avvicinandosi alla Grifondoro. “Ho parlato con Weasley, me l’ha detto, che è stato lui a provarci.”
 
Hermione incrociò lo sguardo di Sirius a quelle parole. Non se l’aspettava, che Fred le facilitasse così tanto la riconciliazione. “Hai dubitato di me, questo resta.”
 
“Mi dispiace! Ma lo sai, mi conosci. Io perdo la testa se qualcuno invade i miei spazi.”
 
Hermione sorrise, sinceramente divertita dall’onestà dell’ammissione. “Sei soltanto geloso, Sirius.”
 
“Sono un Black, siamo una razza piena di difetti,” affermò con sarcasmo.
 
La Sala Comune era quasi del tutto vacante e quel divanetto a Hermione non era mai parso tanto stretto e scomodo. Si sentiva imbarazzata, sfacciata e in colpa mentre si lasciava baciare da Sirius, mentre ricambiava il suo bacio, mentre fingeva che al posto di Black vi fosse un altro ragazzo, dai modi simili e le fattezze diverse. Non era stato complicato far cambiare idea al ragazzo, dopotutto, lui e Potter condividevano una singolare caratteristica: estremamente presuntuosi e convinti che niente e nessuno fosse alla loro altezza. Di conseguenza, era stato impossibile per Sirius dubitare delle parole di Fred: era più che normale che Hermione l'avesse rifiutato!
 

 
****

 
“È stato molto coscienzioso da parte sua, signor Weasley, rivolgersi a me. Ma temo di non poterle essere di vero aiuto se ignoro la reale dinamica dell’accaduto.”
 
Fred tentennò alle parole del preside. Non poteva raccontargli tutta la verità, non avrebbe saputo come spiegargliela. “Gliel’ho già spiegato, professore, non è accaduto niente, ho solo letto di questi aggeggi, come trombe, taccuini, grammofoni, che alterano il corso degli eventi, o almeno credo.”
 
Silente scrutò il ragazzo con attenzione, carezzandosi pensoso la lunga barba. “La magia va compresa, signor Weasley. Compresa e guidata o, laddove sia impossibile guidarla, assecondata.”
 

 
****

 
‘Guarda, hanno fatto pace!’ sentì dire Fred entrando in Sala Grande, l’indomani. Non seppe catalogare per bene il miscuglio di sensazioni che lo invasero quando notò, al tavolo Grifondoro, Hermione e Sirius affiatati e sorridenti, con James, Remus e Peter intorno a chiacchierare sereni. A scuoterlo fu una mano che gli si poggiò sulla spalla, stringendo la stoffa della divisa.
 
“Sì, sei proprio innamorato!” commentò Lily, andando poi a sedersi accanto a Mary.
 
Fred neanche pensò di risponderle, semmai si diede una mossa quando s’accorse dello sguardo sospettoso di Remus puntato verso di lui. Non erano concessi altri passi falsi: lui se ne sarebbe stato buono e Hermione avrebbe mostrato a Sirius e compagnia che razza di viscido fosse Minus. Facile, no?
 
 

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Capitolo 10
*** Cosa c'entra Peter? ***


Lei non aveva mai corso lungo i corridoi, non per motivi così sciocchi! Correre in una scuola era sbagliato, immorale, vergognoso: un vero abominio. Sbuffò contrariata Hermione, giungendo finalmente al portone di ingresso e, correndo ancora, lo superò, dirigendosi al campo di Quidditch. Quella era una delle giornate peggiori che avesse mai vissuto: Sirius e la colazione da fidanzatini felici prima, il rimprovero della McGranitt poi – perché Allison, la stupidissima compagna di banco che le era toccata in sorte, ciarlava frivola su quanto era affascinante Regulus Black –, e ora, come se non bastasse, Hermione doveva anche sedersi su quegli stupidi spalti e assistere a uno stupidissimo allenamento, poiché Sirius avrebbe eccezionalmente giocato come Cacciatore, visto che Paul qualcosa – non avrebbe mai ricordato quell’assurdo cognome! – era stato morso alle mani da due Doxy.
 
“Non posso neanche leggere,” biascicò tra i denti, incrociando le braccia al petto e sorridendo stizzita verso un Sirius già in volo.
 
“Non credevo ti piacesse leggere!”
 
“Come?”
 
Lily sorrise con dolcezza, prendendo posto accanto a lei. “Niente. Sei qui per Sirius?”
 
“Sì, ha insistito tanto. E tu?”
 
“Così. Compiti da fare non ne ho e mi annoiavo in Sala Comune.”
 
Hermione inarcò saputa le sopracciglia quando notò lo sguardo della compagna posato sul Capitano Potter. “Carino James, vero?!” chiese ironica.
 
“Non sono qui per Potter,” precisò lei, distogliendo lo sguardo da James.
 
“Non ho detto questo, infatti,” continuò Hermione, che avrebbe voluto vederli già insieme, i futuri signori Potter.
 
“Mi stai provocando, giusto?” chiese Lily sorridendo e l’altra annuì. “Sei la degna signora Black! Futura, ovviamente!”
 
“Che esagerazione, Lily!” disse. “Siamo talmente giovani.”
 
Lily dovette notare una certa amarezza nel tono di Hermione, perché s’incupì e fissò lo sguardo sui giocatori che si allenavano. “Non siamo mai state grandi amiche, ma ti vedo diversa in questo periodo. Non sembri neanche tu: in altri tempi, non ti saresti fermata a parlare con me, che sono la stupida secchiona che dice no al grande James Potter.”
 
“Non ho mai pensato questo di te!” si difese istintivamente Hermione e Lily abbozzò un sorriso spento.
 
“Non ti preoccupare, ognuno ha le sue idee. Anch’io avevo una cattiva opinione di te, invece…” se piaci a Fred, non sarai tanto male pensò, “se non sei assieme alle tue amiche, non sei tanto male,” disse.
 
“Sono felice che ti sia ricreduta, allora,” esordì la Granger dopo qualche attimo di incertezza. In realtà, non aveva idea del perché Lily avesse così voglia di parlarle, ma pensò bene di sfruttare a proprio vantaggio quella situazione. “Alle volte, le persone sono molto diverse da come le abbiamo immaginate.”
 
“Parli di Sirius?”
 
“Parlo di Peter.”
 
S’accigliò Lily, evidentemente stranita: nessuno riservava mai al timido e impacciato Peter Minus giudizi negativi, dopotutto, lui era soltanto l’amico meno brillante di Sirius, James e Remus, niente di più e niente di meno. Le persone, in genere, ignoravano semplicemente Peter Minus, a tratti dimenticandosi persino della sua esistenza, era lo scotto che si pagava ad avere amici molto in gamba, forse.
Entrambe le ragazze non dissero altro per i seguenti dieci minuti, dedicandosi all’allenamento che proseguiva ignaro di quella conversazione. Era un argomento strambo quello che stavano affrontando ed era ancor più strambo che si rapportassero l’un l’altra come vecchie amiche. Hermione covava in sé la paura d’aver osato troppo: magari, non era Lily la persona adatta con cui iniziare quella crociata contro Minus, forse, aveva osato troppo, stava osando troppo. E Lily a sua volta non aveva pensieri poi così diversi: fidarsi o non fidarsi di Hermione? Ascoltarla, parlarle o ignorarla? Perché la famosa fidanzata di Sirius Black aveva quasi sparlato di un membro del quartetto? In quel periodo, la mente brillante e acuta della Evans aveva registrato più di un evento paradossale e più i giorni passavano, più la puzza di bruciato diveniva insopportabile.
 
“Quindi, cosa c’entra Peter? Perché ne parli così?”
 
Hermione sussultò, pur avendo sperato in una domanda così diretta, aveva comunque paura di non essere all’altezza della messinscena. “Non ha fatto nulla in particolare. È questo il punto: lui non fa mai niente.”
 
“È timido,” azzardò Lily.
 
“Lo pensavo anch’io, ma più lo conosco, più passo del tempo con lui e più mi convinco che la sua non sia affatto timidezza, ma…”
 
“Buonasera, belle signorine!”
 
“Potter! Torna all’allenamento!” rimproverò Lily, che fu la prima a destarsi dall’interruzione. Hermione era troppo impegnata a maledire James in tutte le lingue del mondo, vive o morte che fossero.
 
“Evans, sono contento anch’io di vederti!” esclamò ghignando, facendo arrossire le guance di Lily dall’indignazione. “Sei sempre più bella, Lily, e io sono sempre più pazzo di te.”
 
“Sparisci,” sbraitò lei, portando le braccia conserte.
 
“Esci con me?”
 
“No.”
 
“Si accettano solo e oggi un te lo strappo!”
 
“Ne sei così sicuro?”
 
“Lo vedi, il Boccino?”
 
“Tu sei un Cacciatore.”
 
“Lo prendo in meno di mezz’ora, per te, e tu esci con me.”
 
“Non ci riuscirai,” affermò lei sicura.
 
“Ci stai?” ribatté lui ostinato.
 
“Ci sto. Ma se non ci riesci, dovrai lasciarmi in pace.”
 
James annuì ghignando e tornò all’allenamento, annunciando alla squadra il cambio di programma. Hermione, che era stata in silenzio e in imbarazzo durante l’intero scambio tra i due, poté intercettare l’espressione soddisfatta di Sirius alle parole di James. Ci avrebbe giurato la Granger: quella doveva essere stata un’idea del suo fidanzato. Peter non fu più argomento di conversazione tra le due Grifondoro quel pomeriggio, l’irruzione di James aveva catapultato Lily in uno stato di trance, come se la ragazza fosse seriamente in lotta con se stessa, al punto che, quando James catturò il boccino in meno di trenta minuti, Hermione la vide sorridere prima e sbuffare contrariata un attimo dopo. A quanto sembrava, Hermione non era l’unica ‘sentimentalmente confusa’ in quella scuola e questa consapevolezza aumentò la simpatia nei confronti della futura signora Potter.
Quando l’allenamento terminò, Hermione attese pazientemente Sirius all’esterno del campo. Era di pessimo umore la ragazza e arrabbiata – tanto per cambiare – con Mister Fred Weasley, che con il suo brillante piano aveva lasciato a lei la patata bollente. Lui se ne sarebbe stato in disparte, evitando di far spuntare piume e roba strana ai Malandrini e lei avrebbe dovuto fare tutto il resto. Quella non era affatto un’equa collaborazione, proprio per niente!
 
“Ti ha appena investito un Ippogrifo?”
 
“Come?”
 
Sirius sorrise, circondandole le spalle con il braccio. “Niente, hai solo un’aria assassina!”
 
“Oh, no, è che mi stavo annoiando, non uscivi più da quello spogliatoio,” improvvisò Hermione.
 
“Sciocchezze,” liquidò Sirius e, senz’altro aggiungere, l’avvicino a sé e la baciò con irruenza.
 
Lui era sempre così, aveva notato la ragazza: irruento e impaziente, sembrava sempre avere poco tempo a disposizione, come se tutto potesse scivolargli via dalle mani, perché viveva ogni esperienza come se un domani non ci fosse; un modo d’essere che Hermione, suo malgrado, trovava coinvolgete, bello, giusto. In effetti, Sirius Black aveva davvero tutte le carte in regola per far perdere la testa a una ragazza.
 
“Sirius, torniamo dentro,” sussurrò lei, riuscendo a sottrarsi al bacio. Era tutta rossa e si vergognava da matti.
 
“Perché?”
 
“Perché tra poco si cena.”
 
“E allora?”
 
“Sirius!”
 
“Hermione! Ma cosa diamine ti prende?”
 
Ecco, l’aveva irritato. Sbarrò gli occhi spaventata la ragazza quando lui s’allontanò da lei, infilando le mani in tasca e dirigendosi irritato al Castello. “Mi lasci qui?” tentò Hermione.
 
“Non volevi tornare dentro? Beh, ci stiamo andando. Datti una mossa.”
 
Il tono non era affatto conciliante e lei iniziava seriamente a sentirsi inadatta alle relazioni ‘serie’. “Potresti anche smettere di fare il bambino e chiedermi perché sono di quest’umore!” esordì raggiungendolo, optando per l’aggressione. Insomma, lei doveva tornare agli anni novanta e Black osava innervosirsi!
 
“Anche tu potresti smettere di fare la ritrosa e dirmelo direttamente, perché stai così,” ribatté lui cocciuto, fermandosi e voltandosi verso la ragazza. “Allora, cosa succede? Ancora Weasley?”
 
“Cosa? No! È Peter!”
 
Lo spettacolo che si consumò a quelle parole avrebbe meritato un pubblico: Sirius Black sbiancò e non retoricamente, ma fisicamente, poiché il suo volto perse sul serio colorito, assumendo una sinistra tonalità di bianco che faceva sembrare il ragazzo alquanto malaticcio; in più, sgranò anche gli occhi, incredulo, e boccheggiò più di una volta, assumendo strane espressioni, come se avesse perduto l’uso della parola.
 
“Ti… ti piace Peter?”
 
“Eh?”
 
Fu il turno di Hermione di strabuzzare gli occhi, ma lei, anziché impallidire, scoppiò in una sonora risata, ridendo così forte, così di gusto, che fu costretta a piegarsi su se stessa, sorreggendosi appena in piedi.
 
“Cos’hai da ridere?” sbottò Sirius.
 
“Cos? Oh! Oh! Ma… ti senti? Peter… piace!”
 
Sirius, cogliendo il perché dell’ilarità, si lasciò andare a sua volta a una risata divertita e liberatoria, avvicinandosi dopo un po’ a lei, stringendola a sé. Hermione agì d’istinto quando gli posò un bacio sulle labbra, a cui seguirono altri baci pretesi da lui, che dopo un bel po’ di tempo si sentiva di nuovo in sintonia con la Grifondoro.
 
“Cosa c’entra Peter?” riuscì a chiedere lui dopo un po’, poggiando la propria fronte contro quella di lei.
 
Hermione, stordita da quello che era appena accaduto, tentò di racimolare parte della razionalità e mettere in fila qualche parola ben scelta. “Non mi fido di lui, più lo osservo e più mi sembra viscido.”
 
“Peter?”
 
“Peter.”
 
“Ma Peter è solo un po’… un po’ meno…”
 
“Meno?”
 
“Ma sì, un po’ meno sveglio di me e degli altri, ha qualche problema di autostima, ma nulla di che.”
 
“No, è un vile, sta sempre a nascondersi dietro di voi e se succede qualcosa…”
 
“Hermione, basta! Peter è amico mio, se poi ne parli così perché ti ha fatto qualcosa, dimmi cos’è successo e falla finita.”
 
“Non mi ha fatto niente.”
 
“Perfetto, fine della questione!”
 
****

Giornate così inutili, noiose e snervanti non avevano mai fatto parte del quotidiano caotico di Fred Weasley. Per l’ennesima volta, aveva presenziato a tutte le lezioni, finto d’ascoltare, liquidando con un ‘scusi, professore, ho un po’ di mal di testa’ i docenti che gli ponevano domande a cui lui non sapeva rispondere. Fortuna che l’ottima reputazione del se stesso di quella dimensione desse credito a quelle evidenti scuse dell’ultimo minuto.
 
“Lezione noiosa, oggi,” esordì Remus al termine della lezione di Aritmanzia.
 
Fred abbozzò un sorriso. “Puoi dirlo forte.”
 
“Mi dispiace per Sirius, mi ha detto del pugno…”
 
“Lo fai sempre?” chiese Fred a quelle parole. “Giustificare i tuoi amici, dico,” precisò quando s’accorse dello sguardo stranito del Prefetto.
 
Remus si lasciò sfuggire una risatina divertita. “Più o meno! Mi sono sempre sentito in dovere di farlo, forse perché loro ce la mettono tutta per apparire…”
 
“Palloni gonfiati!”
 
“Una definizione che ti piace,” fece notare Remus.
 
“Beh, gli si addice,” chiarì Fred, dirigendosi col ragazzo alla Sala Comune. “Spiace anche me, comunque, che Black si sia sentito minacciato.”
 
“Tra te e Hermione c’è qualcosa, vero?”
 
“Cosa te lo fa dire?”
 
“È piuttosto evidente.”
 
“Il tuo amico se l’è bevuta.”
 
“Lui è troppo pieno di sé per accorgersi di certi dettagli,” ammise in difficoltà Remus.
 
“Vuoi saperlo, perché Hermione si è quasi allontanata da Sirius?” sbottò d’improvviso Fred, catturando tutta l’attenzione del compagno.
 
“Perché dovresti dirlo a me?” chiese sospettoso Lupin.
 
“Per lo stesso motivo per cui sei qui a parlarmi d’amico,” rispose Fred. “Peter,” completò.
 
“Cosa c’entra Peter?”
 
Fred ghignò, non riuscì a impedirselo e guardò Remus con l’aria di chi la sa lunga. “Già! Cosa c’entra Peter? Peter non c’entra mai, giusto, Remus? Cosa può aver fatto Peter? Peter, che non fa mai niente! Ma te lo sei mai chiesto, che ci sta a fare con te e gli altri?”
 
“Lui è nostro amico,” difese Remus, che iniziava a sentirsi offeso dal tono ovvio di Fred e non capiva in che modo Minus avesse allontanato Hermione da Sirius.
 
“Sì, vostro amico. Un amico fidato, non è vero? Uno di quelli che mette una buona parola, che dà consigli, che dice la propria. Uno di quelli che vi difende tutti se ci sono problemi. Sì, proprio un buon amico!”
 
Remus boccheggiò stupidamente, reagendo alle insinuazioni come prima di lui avevano fatto sia Lily che Sirius, ossia con estremo stupore. Perché nessuno si soffermava mai sulla figura di Peter. Peter era lì, con loro, lo era sempre stato e stava bene lì, con loro, dove era sempre stato. Nessuno vedeva in Peter un punto di riferimento forse, ma neanche un individuo da cui guardarsi, perché il punto era sempre lo stesso: cosa poteva mai fare Peter Minus? Insomma, era solo Peter Minus.
 
“Non siamo tutti dei cuor di leone,” sbottò infine Remus, non del tutto convinto, in verità, delle proprie parole.
 
“Detto da chi si farebbe uccidere per gli amici è quasi divertente.”
 
Si congedò così Fred, lasciando Remus nel dubbio, un Remus che si precipitò in Sala Comune alla ricerca degli amici e trovò James assieme a Peter, il primo impegnato a raccontare qualcosa di straordinario, il secondo impegnato ad ascoltarlo con interesse.
 
“Ehi, Lunastorta! Finite le lezioni?”
 
“Sì. Perché non eri ad Aritmanzia?”
 
“Allenamento, l’hai scordato?”
 
“Ah, già… E tu, Peter, dov’eri?”
 
“Qui, vi aspettavo, ho provato a fare il tema di Incantesimi, ma non riesco a mettere due parole in fila, menomale che James mi fa vedere il suo!”
 
Remus esibì un sorriso tirato, che venne intercettato da James. “Tutto bene?” chiese infatti Potter.
 
“Sì, sì. Sono solo un po’ stanco…”
 
“La luna è vicina!” squittì Peter.
 
“Non è una bella cosa, non per me. Potresti almeno fingere di non essere eccitato,” sbottò istintivo Remus, incapace di frenare la lingua. “Scusate, salgo su,” disse poi, accorgendosi degli sguardi straniti degli amici.
 
“Ma che gli è preso? Io… io non volevo… Tu… lo sai, James? Vero che lo sai? Io non volevo dire…”
 
“Calma, Codaliscia. Remus è solo un po’ spossato, c’è da capirlo.”
 
Peter sorrise rincuorato, annuendo con convinzione alle parole di James, il quale, però, non sembrava del tutto convinto e continuava a guardare con aria assorta le scale a chiocciola che portavano al dormitorio. Quell’atteggiamento non era da Remus.
 
****

 
 
“Scusami, non volevo far tardi. Ma quell’oca giuliva di Allison mi ha trattenuta per più di un’ora, ancora con la storia di Regulus Black,” esordì stancamente Hermione, poggiando la schiena contro la parete grezza e fredda di quel piccolo passaggio.
 
“Non c’è problema,” ribatté Fred, che le era di fronte. “Ti ha visto qualcuno venire qui?”
 
“No.”
 
“Bene, perché questo è l’unico buco di cui Black e compagnia non sono a conoscenza. L’abbiamo trovato io e George per caso, fuggendo da Gazza.”
 
“Cos’avevate fatto?”
 
“Niente di irreparabile,” concesse lui sorridendo. “Novità?”
 
“Ho provato a parlare sia con Lily, che con Sirius. Ma è andata male… James ha interrotto me e Lily e Sirius non mi ha creduta, ha liquidato tutto dicendo che Peter è suo amico.”
 
“C’era d’aspettarselo.”
 
“E ora che facciamo? Potresti fare qualcosa anche tu, però!”
 
“Io ho fatto qualcosa, ragazzina! Ho parlato con Remus.”
 
“Quando?”
 
“Dopo una lezione. Ho solo seminato un po’ di sana zizzania, vediamo se attecchisce.”
 
“Sai, inizi a somigliare al Fred di questa dimensione! Sei così maturo,” scherzò Hermione.
 
“Ah ah, Granger, tu sì che mi fai sbellicare,” controbatté lui. “Io sto per impazzire, voglio tornare a casa.”
 
“Ci riusciremo.”
 
“Certo che ci riusciremo! Senti un po’, come va col fidanzatino?” Hermione arrossì e Fred ghignò divertito. “Remus è convinto che tra noi c’è qualcosa e io gliel’ho lasciato credere.”
 
“Ma sei impazzito? Non era questo il piano!”
 
“Questi piani mi hanno abbastanza scocciato, Miss Prefetto. Da oggi in poi si fa a modo mio.”
 
“Sarebbe?”
 
“S’improvvisa!”
 
Non diede tempo a Hermione di protestare, perché le ammiccò beffardo, le rubò un bacio a fior di labbra e uscì da quel rifugio che si erano creati e lei rimase lì, intontita, consapevole d’avere lo stomaco in subbuglio a causa di uno stupidissimo contatto e di essere molto, ma veramente molto, preoccupata. Cosa le era saltato in mente di dirgli che sembrava somigliare al Fred di quella dimensione?! Aveva aizzato il pazzo, ora!

 
****
 
“Qual è la parola d’ordine?”
 
“E che ne so, chi ci viene mai qui.”
 
“Proviamo a chiedere a qualcuno?”
 
“Ecco, bravo, Ronnie, chiedi un po’ a tutta la scuola se sa come entrare nell’ufficio di Silente,” sbottò contrariato George.
 
“Ragazzi, facciamo così: voi due state qui, casomai il vecchio esce o entra, e io vado a cercare la McGranitt.”
 
“E noi?” chiesero in coro Dean e Seamus.
 
“Voi andate a cercare Harry, magari sa qualcosa di Hermione,” disse Ron.
 
I ragazzi annuirono e si dispersero nei corridoi, mentre George e Ron, con espressioni preoccupate, restarono dinanzi all’ingresso dell’ufficio del preside.





 

Nota:
Nel capitolo ho scritto che James Potter è 'Cacciatore' della squadra di Quidditch perché ho dato credito al 'lexicon di Harry Potter' che è una delle fonti più accreditate, in più, mi sembra di ricordare che la Rowling in una intervista parli di James come Cacciatore. Lo specifico perché c'è sempre un po' di ambiguità sul ruolo di James, alcuni dicono 'Cercatore' e altri 'Cacciatore'.

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Capitolo 11
*** Ognuno per sé ***


“È a me che non interessa e sono io che posso fare a meno di te!”
 
“Ma che brava! Fa’ come diamine vuoi, a me non importa un accidente!”
 
Si guardarono in cagnesco, l’uno di fronte all’altra erano, come pronti ad azzuffarsi. Tacquero per irrisori istanti e poi, orgogliosi, posero fine a quel litigio con un ‘che m’importa’ e uno scenico calcio di Fred che spalancò la porta dell’aula in cui s’erano rintanati, andando via con più di un diavolo per capello. Hermione l’osservò scomparire dalla propria visuale e solo quando lui fu abbastanza lontano portò le mani alle tempie e s’accasciò sconfitta su un banco. Ora sì che iniziavano i veri guai.

 
Due ore prima, Sala Grande
 

“Lunastorta, hai beccato la Gelatina a cacca di Troll o cosa?” chiese un Sirius Black del tutto spazientito.
 
“Mi hai tolto le parole di bocca,” s’accodò un altrettanto scocciato James Potter.
 
“Dateci un taglio, ragazzi,” disse aspro Remus, mordendo rabbioso la coscia di pollo.
 
Al tavolo Grifondoro non erano abituati a scene di quel tipo, in genere, a essere di pessimo umore erano Sirius, quando qualcuno gli faceva notare la straordinaria somiglianza col fratello minore, oppure James in seguito al quotidiano no della Evans. L’astiosità di Remus era una novità, novità che aveva fatto scattare l’allarme nel tarchiato Peter, intento a far vagare quegli occhietti acquosi da un Malandrino all’altro, sperando che nessuno dei tre vedesse in lui la causa del malumore di Lupin; per un motivo inspiegabile allo stesso Minus, si sentiva responsabile e coinvolto in quel qualcosa che aveva destabilizzato il più pacato del gruppo.
Non molto lontani dal fantomatico gruppetto, Fred e Lily consumavano la cena accompagnati da una sottile tensione, mentre Hermione era stata costretta ad accomodarsi assieme alle oche, che si vantavano d’esserle amiche.
 
“Cos’hai?” chiese Fred.
 
“Proprio niente,” rispose Lily, distogliendo lo sguardo da lui.
 
“Non sembrerebbe, non hai ancora spiccicato una parola e non è proprio da te!” incalzò Fred, sperando che il silenzio di Lily fosse collegato alla chiacchierata con Hermione.
 
“Dovrò uscire con Potter,” disse invece la ragazza, distruggendo le aspettative del Weasley. “E sarà uno strazio! Le brave ragazze non escono con gli scapestrati!”
 
“Eh?”
 
Eh cosa?” chiese Lily stranita.
 
“La cosa sulle brave ragazze, com’è che hai detto?”
 
“Che le brave ragazze come me non escono con gli scapestrati come Potter,” precisò sempre meno convinta e un ghigno si impossessò delle labbra di Fred. “Perché quella faccia?” chiese la ragazza, evidentemente turbata dalla strana espressione dell’interlocutore.
 
“Nulla, nulla, è che inizio a capire, sai, cos’è che vi frulla per la testa, a voi ragazze dico!” chiarì Fred, indirizzando lo sguardo a Hermione, che annoiata fingeva di seguire la discussione su quanto ingiusto fosse stato il Settimanale delle Streghe nel non pubblicare l’accorata lettera di Scarlett.
 
“E tu quand’è che ti dai una mossa?” domandò d’improvviso Lily, alludendo a Hermione. “Tanto è evidente che ti piace!”
 
Ma Fred si limitò ad ampliare il ghigno e a non dire nulla, non aveva voglia di spiegare e, a dirla tutta, iniziava anche a infastidirlo quell’amicizia con la mamma di Harry: quella ragazza era sin troppo chiacchierona e impicciona per i suoi gusti, e poi aveva l’insopportabile vizio di voler risolvere i problemi di chiunque, come se lui avesse bisogno dell’aiuto di una ragazzina ficcanaso per conquistare una ragazza, che offesa! Ciononostante, lo sguardo scuro di Fred non accennava a schiodarsi dalla figura di Hermione, figura che sentendosi osservata si voltò proprio in direzione dell’indiscreto ‘ammiratore’, lui le sorrise e lei assunse un’espressione stranita, allora lui tramutò quel sorriso pacifico in un ghigno malizioso e a lei sfuggì una risatina imbarazzata, perché quando lui faceva a quel modo Hermione provava lo smodato desidero d’essere intraprendente quanto la se stessa del celebre sogno. Peccato che a intercettare questo scambio ben poco innocente di sguardi fosse una delle oche accanto a Hermione.
 
“Hermione, ma perché ammicchi a Weasley?” chiese Anne, che con quel semplice interrogativo fece scoppiare in anticipo la terza guerra magica.
 
“Che ha detto quella?” domandò infatti James, mentre Sirius era già scattato in piedi.
 
Hermione ammonì con uno sguardo feroce Anne e s’alzò a sua volta, con l’intento di raggiungere il fidanzato e placarne le ire, ma Sirius non aveva intenzione alcuna d’andare da lei; Sirius s’era fermato dinanzi a Fred e quando sopraggiunse la ragazza si limitò ad afferrararla e a stringerla a sé in una muta dichiarazione di possesso.
 
“Problemi, Black?” chiese sfacciato Fred, accennando persino un’espressione divertita.
 
“Sta’ a cuccia, Weasley, che tra poco farai poco lo spiritoso,” disse Sirius tra i denti, stando bene attento a non attirare l’attenzione dei docenti.
 
“E come credi di fare, eh, Black?” incalzò Fred sempre più divertito, ignorando gli sguardi ammonitori e supplichevoli di Hermione.
 
Sirius ghignò. “Sono ancora indeciso: trasformarti in una pulce oppure infilarti con la testa nel gabinetto? Tu che dici?”
 
“Sirius…”
 
“Opterei per il gabinetto,” intervenne rapido Fred, ignorando quel gemito di Hermione. “Ha molto più stile!”
 
“Fred…”
 
“Non potrei essere più d’accordo, Weasley.”
 
“Quindi?”
 
“Quindi cosa, Weasley?”
 
“Quindi, ora cosa vuoi, Black? Sloggia, ho una cena da finire.”
 
“Sta’ alla larga dalla mia ragazza,” chiarì Sirius, serrando maggiormente la presa su Hermione, la quale aveva ormai il volto in fiamme… ma per la rabbia.
 
“Quella non è la tua ragazza.”
 
“Weasley, dacci un taglio, seriamente,” intervenne James, che non aveva potuto fare a meno di spalleggiare l’amico.
 
Seriamente,” fece il verso Fred, “quella non è la sua ragazza,” disse a James, alzandosi anche lui. “È la mia.”
 
“Ma cosa stai dicendo?” esplose Hermione.
 
“Quello che è, ecco cosa dico, ne ho abbastanza di vederti tra le braccia di questo qui.”
 
Quello che seguì nessuno avrebbe potuto prevederlo: non Sirius, non James, non Peter, ma Remus si scagliò fisicamente contro Fred, attirando gli sguardi dei professori e costringendo diversi ragazzi, persino Lily, a cercare di fermarlo. Fred e Hermione, invece, restarono del tutto impalati, scioccati dall’aggressività del Malandrino.
 
“Remus, Remus, ma che ti prende?” chiese James a fatica, afferrando le braccia dell’amico.
 
“Sei la peggior razza, Fred, e io che ti ero anche amico, che avevo addirittura dato peso alle tue parole, e invece Peter era solo la scusa per poter soffiare la ragazza a Sirius,” chiarì rabbioso Remus, che si sentiva terribilmente in colpa per aver anche solo pensato di dubitare di un membro del quartetto.
 
Quando la McGranitt furiosa sopraggiunse e ordinò che andassero tutti a letto, preoccupandosi d’assegnare punizioni e detrarre punti, Hermione aveva ancora le mani spiaccicate sul viso e l’espressione arrabbiata, e tutto ciò che fece fu ignorare bellamente Sirius, che pretendeva una spiegazione, e trascinarsi per i corridoi del Castello, alla ricerca di un pozzo in cui affogarsi o di una fossa in cui seppellirsi, insomma, alla ricerca di fine. L’idea avuta – e messa in pratica – da Fred di seguirla, afferrarle il polso e farla voltare verso di sé fu veramente, ma veramente, pessima.
 
“Sparisci.”
 
“Non credi che dovremmo parlare?”
 
Il sopracciglio di Hermione scattò imperioso verso l’alto. “Io dovrei parlare con te? Ma ti rendi conto di cosa hai combinato?” Non gli diede tempo di aggiungere qualcosa a propria discolpa, poiché, facendo su e giù lungo quel corridoio deserto, iniziò una lunga serie di epiteti dedicati a lui, che la condussero poi al fulcro della questione. “Dico, sei completamente ammattito! Ora come facciamo a tornare a casa? Me lo dici? Avevamo fatto un passo avanti con Remus e ora siamo rovinati, perché nessuno più crederà a me o a te! Sirius non mi rivolgerà più la parola e di conseguenza neanche James o Remus, e Lily! Lily neanche sarà più disposta a crederci. Sai qual è la verità, Fred? La verità è che resteremo intrappolati qui a vita, perché se quelle istruzioni dicono il vero, mi dici come facciamo adesso ad allontanare Peter dagli altri? Dimmelo! Perché io non ho proprio idee, visto che siamo io l’adultera e tu il bugiardo che ha portato via la ragazza a Sirius!” sbottò senza neanche riprendere fiato, facendosi tutta rossa per la rabbia e lo sforzo. Incrociò le braccia al petto e puntò gli occhi su Fred con l’aria di chi aspetta – e pretende – un’esauriente spiegazione.
 
“Bel monologo,” esordì Fred. “Veramente, proprio bello.” Ma lei non accennò a cedere a quella provocazione e fu il turno di Fred di arrossire dalla rabbia e indurire i bei lineamenti. “Sai cos’è che mi fa incavolare? La tua aria da saputella matura, come se fossi l’unica tra noi a volersene tornare a casa. Beh, Granger, ti do una notizia: io, in questo schifo, non voglio rimanerci.”
 
“Ma perché quella scenata, allora?”
 
“Perché ne ho abbastanza!” esclamò lui con voce sin troppo alta, facendo borbottare infastiditi i vari ritratti, particolare che costrinse i due litiganti a spostarsi all’interno di una piccola aula vuota, chiudendosi la porta alle spalle.
 
“Di cosa ne avresti abbastanza? Di stare qui? Perché io invece mi diverto un mondo,” cantilenò lei.
 
“Ma guarda, ogni giorno sei sempre più simpatica, questo mondo al contrario ti fa bene,” celiò lui. “E sì, ne ho abbastanza di stare qui, con quei quattro deficienti che mi ricordano ogni minuto che sono giorni, no, dico giorni, che non vedo George, e mi mandano in bestia tutti e quattro! Per non parlare del fatto che sono costretto a passare ore in biblioteca, tra secchioni e puzza di muffa, ovviamente devo studiare, perché sai, non vale sempre la scusa del mal di testa, perché in questa dimensione nessuno ha inventato nulla che somigli vagamente alle Merendine Marinare, sono un ammasso di idioti, qui! E poi, in tutto questo, ho il privilegio di passare del tempo con quell’impicciona di Lily e di guardare te e Black fare i fidanzatini felici. Ecco, sì, credo che questo sia abbastanza per dire basta alla messinscena, perché io da ora sarò me stesso e con Minus si fa a modo mio: niente parole e più fatti, lo metto con le spalle al muro e vediamo se per salvarsi la coda di topo che si ritrova si vende o meno gli amichetti.”
 
Quando concluse, aveva il viso ancor più chiazzato di rosso poiché anche lui, come Hermione, aveva respirato a malapena nel vomitare tutte quelle parole al sapore di astio e frustrazione. S’osservarono in silenzio i due ragazzi, entrambi sconvolti da quelle verità che pesavano più di un macigno e dall’inevitabile timore di restare sul serio intrappolati in quell’epoca che non gli apparteneva.
 
“Sei un egoista,” esordì Hermione dopo alcuni minuti, senza distogliere lo sguardo da lui. “Un egoista. In tutto questo bel ragionamento non hai incluso quanto sia difficile anche per me la situazione. Oh, no! Non ti sei preoccupato del fatto che io potessi non essere d’accordo con questo approccio così devastante. No, tu hai agito e basta e mi hai anche trattata come un oggetto.”
 
“Un oggetto?” chiese lui sgomento.
 
“Un oggetto,” ribatté lei sicura. “Un oggetto, Fred, un oggetto per dare il via alla tua rivoluzione. Bella scenetta quella dell’amante, sul serio. Ma dovrei saperlo, dopotutto, che pretendere un minimo di rispetto e sensibilità da te è come chiedere a un Elfo Domestico di picchiare il suo padrone, è inutile.”
 
“Quindi è questo il problema? Il problema è che ora Black non ti vuole più?”
 
“Fingerò di non aver sentito,” sbottò lei esausta e poco incline alle provocazioni, ma Fred l’afferrò impetuoso e l’avvicinò a sé.
 
“Lascia perdere le finzioni e rispondimi. È questo il problema? Lui ti piace?”
 
Hermione assottigliò lo sguardo e tentò invano di divincolarsi da quella presa. Non aveva senso discutere di lei e dei suoi presunti sentimenti, non aveva proprio senso! “Ti rendi conto che non è importante? Ti rendi conto che dobbiamo pensare a come tornare a casa? Ti rendi conto che sei geloso di uno che potrebbe essermi padre?”
 
“Io non sono geloso.”
 
“Infatti, sei solo annoiato, perché quando torneremo a casa io sarò l’ultimo dei tuoi pensieri, Fred, quindi smettila, falla finita, non sei il mio ragazzo e ti pregherei di tenere le tue manacce lontane da me.”
 
L’aveva detto con tono fermo e sguardo pentito, dopotutto non voleva affatto che lui si allontanasse da lei, ma non poteva neanche ammettere che, , Sirius Black le piaceva e forse anche tanto, ma per un motivo ben preciso, ch'era semplice e spaventoso al contempo: molte sfumature di Sirius le ricordavano quel pazzo che ora le era dinanzi... Ma lei doveva difendersi da Fred, perché lo sapeva, che quando sarebbero tornati alla realtà lui non avrebbe più fatto parte della sua vita.
 
“Sei una stupida,” disse lui dopo altri istanti di silenzio, lasciandola e dandole le spalle. “Sei veramente una stupida.”
 
“Hai ragione, se non lo fossi stata, non sarei in questa situazione.”
 
Lui rise mesto, amaro; la verità era che ragazze e ragazzi s’avvalevano di linguaggi diversi per esprimere pensieri e sentimenti e ciò creava incomprensione, confusione e, come in quel caso, rottura. Lei l’osservava tradita, ferita, pentita e in cuor suo sperava che lui le urlasse quanto si stesse sbagliando, che le assicurasse che tutto ciò che avevano condiviso non fosse frutto della reclusione in un mondo parallelo, ma frutto di un interessere vero, che avrebbe trovato spazio anche nella realtà. Lui, diversamente, pensava che lei fosse una bugiarda, che s’era appellata a quella squallida scusa – perché, per Fred, era evidente che l’interesse di Hermione fosse ormai ricambiato – per non ammettere d’essersi infatuata di un altro, di Black, e questa convinzione faceva nascere nel ragazzo la sinistra idea che lei non volesse realmente tornare agli anni novanta, preferendo rimanere lì, col suo ‘fidanzato’. Era decisamente un problema che ragazzi e ragazze avessero codici diversi, perché quei due pazzi erano riusciti solo a fraintendersi.
 
“Se tu vuoi rimanere qui, fai pure, ma io me ne torno a casa,” esordì il genio.
 
“Mi prendi in giro? Rimanere qui? Io voglio tornare a casa! Dai miei amici e dalla mia famiglia! Neanche a me fa piacere passare le giornate con il padrino di Harry, il professore di Difesa, uno squallido traditore e due morti! Lo sai? Per non parlare del professor Piton che segue le lezioni con noi! Di quella Natalie, che è morta anche lei, di Regulus, altro morto! Ah, e mettiamoci anche Barty Crouch, che fino all’anno scorso si è finto Moody e ha fatto risorgere Tu-Sai-Chi! Sai, Fred, non è proprio un bel soggiorno!” sputò lei rabbiosa, riuscendo nell’intento di far affiorare un piccolo senso di colpa in Fred. “Comunque, fa’ come vuoi, francamente non mi interessa più cosa progetti e cosa fai, io tornerò a casa con o senza di te!”
 
“Ecco, ognuno per la sua strada. Francamente, è a me che non interessa cosa fai e con chi stai, senza un ragazzina tra i piedi farò anche prima, posso farcela benissimo da solo.”
 
Hermione sgranò gli occhi sbalordita, aveva sperato che lui facesse un passo indietro, invece no, era stato orgoglioso sino alla fine e lei lo sarebbe stata altrettanto. “È a me che non interessa e sono io che posso fare a meno di te!”
 
“Ma che brava! Fa’ come diamine vuoi, a me non importa un accidente!”
 
Da quando lui era andato via, piangeva china su quel banco e non avrebbe saputo dire se il pianto fosse figlio della rabbia, della paura o di altro, forse era figlio di un insieme sgraziato di sensazioni. Quando una mano gentile le si posò sulla schiena, ebbe l’illusione d’essere tornata di colpo a casa e che accanto a lei ci fosse Harry, un’illusione che l’ingannò anche nel momento in cui alzò lo sguardo e incontrò quello di Lily, perché le parve di rivedere la fisionomia del bambino sopravvissuto. Guidata dalla nostalgia, abbracciò senza riflettere la futura madre del suo migliore amico, che ricambiò inspiegabilmente l’abbraccio.
 
“Lo so da un pezzo, credo, che tu e il ragazzo non siete i nostri Hermione e Fred,” disse Lily a voce bassa.
 
Hermione s’irrigidì e d’istinto si sottrasse all’amichevole morsa. “Cosa stai dicendo, Lily?”
 
“Ho sentito tutto. Mi dispiace tanto, non volevo origliare, ma ero preoccupata per Fred, e anche per te, così vi sono venuta a cercare e… beh… anche con la porta chiusa le vostre voci si sentivano… Io, davvero, credo di saperlo da un pezzo, eravate troppo strani, troppo diversi dalle due persone a cui eravamo abituati. Tu così a modo, così poco ‘Hermione’, e lui così sicuro, così sfacciato, così poco ‘Fred’… E poi non ti piace il Quidditch, l’ho notato, sai!”
 
“Sirius non l’ha notato, non ha mai notato niente…”
 
“I ragazzi sanno essere molto distratti,” commentò Lily. “Voglio aiutarvi, Hermione, ma vorrei qualcosa in cambio,” pigolò imbarazzata. Hermione, sconcertata, riuscì solo ad annuire debolmente. “Vorrei dettagli… dettagli sul futuro… cosa c’entra Peter? Perché Peter?”
 
“P-Peter?”
 
“Sì, Peter, c’entra qualcosa con i morti?”
 
“Perché non sei sconvolta?”
 
“Ora ho bisogno di sapere, non ho tempo per essere sconvolta. C’è una guerra fuori, anche se non ne parla quasi mai nessuno, tutti sappiamo che è lì e ci aspetta e tu… voi siete a conoscenza di dettagli che potrebbero essere utili a tanti.”
 
“Cose terribili accadono ai maghi che si intromettono nel tempo, io non posso, non posso dirti niente, non dovresti sapere nemmeno questo!” esclamò terrorizzata Hermione, improvvisamente conscia del danno.
 
“Vi siete già intromessi, Hermione.”
 
****
 
Nervoso, ecco com’era. Nervoso. Quella ragazzina sapeva essere davvero insopportabile, per non parlare di quella morsa che l’aveva attanagliato al pensiero che lei potesse essere sul serio invaghita di Black. Insomma, possibile che lui, proprio lui, fosse geloso? La Granger gli piaceva così tanto? E quando, quando, aveva iniziato a esserne tanto attratto?
 
“Ti cercavo.”
 
Fred s’impalò a pochi metri dal ritratto della Signora Grassa: ci mancava solo lui. “Cosa c’è, Potter?”
 
“Chiamami James.”
 
Il ragazzo s’accigliò, possibile che lo sfogo in Sala Grande avesse accresciuto la simpatia del padre di Harry nei propri confronti? Oh, di questo passo sarebbe impazzito, troppe domande per il suo affaticato cervello!
 
“Cosa c’è, James?” disse allora, sperando che il Grifondoro si levasse dai piedi alla velocità del Boccino d’Oro.
 
“Voglio solo parlarti. Ho discusso a lungo con Sirius e l’ho convinto a lasciar perdere per un po’ Hermione, ma non è questo il punto. Il punto sono Remus e Peter, pare che anche Hermione abbia fatto un discorso strano a Sirius, sempre su Peter…”
 
“Cosa vuoi sapere?”
 
Perché, ecco cosa voglio sapere. Perché quest’accanimento su Peter? Cosa vi ha fatto?”
 
“A noi niente, la domanda è cosa potrebbe fare a te e ai tuoi amici, James.”
 
Fu il turno di James d’accigliarsi: per lui dubitare degli amici era immorale e oltraggioso, ma aveva bisogno di capire e di dare un assetto razionale a tutta quella faccenda. Non era uno stupido e aveva deciso che fosse giunto il momento di prestare attenzione a quella opprimente puzza di bruciato.
 
“Ti va una tazza di latte, Fred? A quest’ora ne ho sempre voglia!”
 
“Ovviamente, fai strada tu o lo faccio io?”
 
“Sai dove sono le cucine?” chiese sgomento James.
 
“So più di quel che credi!” vantò ironico Fred, rallegrato all’idea di poter essere se stesso infrangendo una manciata di regole.
 
****
 
“Scrivi a mamma e papà?! Che tenero!”
 
L’interpellato ghignò, lasciando andare il gufo. “Ci ho aggiunto un caro abbraccio da parte tua, sta’ tranquillo.”
 
“Se l’abbraccio è al veleno, hai fatto benissimo.”
 
“A casa nostra il veleno non manca mai,” affermò con amara ironia Regulus. “Bella scenetta a cena,” aggiunse.
 
“Ah, lascia perdere.”
 
“Certo. Buonanotte, Sirius.”
 
“Ci si becca, Regulus,” salutò a voce bassa Sirius, osservando il fratello lasciare la Guferia. Senza che potesse farne a meno, una strana malinconia lo assaliva ogni volta che Regulus si dirigeva altrove, lontano da lui.


 
****

Erano dovuti trascorrere appena dieci minuti prima che Silente e la professoressa McGranitt prestassero attenzione al problema di Ron e George. Riuniti nell’ufficio del preside, quest’ultimo ascoltava con attenzione il minuzioso racconto di George.
 
“Credo di avere elementi a sufficienza per risolvere questa incresciosa situazione, stia tranquillo signor Weasley, e anche lei,” esordì Silente pacato, rivolgendo un sorriso conciliante ai due fratelli Weasley.
 
“Crede che dovremmo avvertire i genitori dei due ragazzi?” chiese la McGranitt al preside.
 
“Credo sia saggio temporeggiare e non creare inutili preoccupazioni. Sarò io stesso a recarmi all’emporio e confido nella piena collaborazione del proprietario della bottega.”
 
George non poté impedirsi di esibire una smorfia, ricordando perfettamente quanto ‘disponibile’ fosse il proprietario dell’emporio, ma, rifletté immediatamente, a Silente non poteva certo riservare un trattamento tanto sgarbato.
Una manciata di minuti dopo, si ritrovarono di nuovo tutti nel corridoio, con la McGranitt che raccomandava la discrezione e Silente già diretto a Hogsmeade.
 
“Li troverà! Quel pazzo dell’emporio dovrà dire tutto a Silente,” affermò sicuro Lee, facendo annuire Dean e Seamus.
 
“Speriamo,” sussurrò Harry preoccupato, che, per ovvie ragioni, temeva che dietro la scomparsa di Hermione e Fred vi fosse Voldemort in persona.
 







 
Angolo Autrice:
Salve! Come avrete notato, non è mia abitudine ritagliarmi un angolo a fine capitolo, ma in questo caso voglio scusarmi con tutti i lettori per il ritardo dell'aggiornamento, in questi giorni ho dovuto completare un'altra storia, di conseguenza, sono stata costretta a ritardare la stesura dell'undicesimo capitolo.
Detto questo, colgo l'occasione per ringraziare tutti voi che seguite/preferite/ricordate, recensite e leggete semplicemente. Spero che il racconto vi coinvolga sempre più!
Un abbraccio e alla prossima :)

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Capitolo 12
*** Tra finzione e realtà ***


La situazione non avrebbe potuto essere più bizzarra: Fred Weasley e James Potter erano nello stesso luogo, parlavano civilmente e addirittura scherzavano tra loro. Il più sorpreso tra i due era indubbiamente il popolare Capitano di Quidditch, che sino ad allora aveva ignorato del tutto l’esistenza di quel lato anarchico e divertente del ‘secchione’ di Grifondoro. Fred, d’altro canto, avvertiva una piacevolissima sensazione di rinascita ad ogni battuta pronunciata e ad ogni ghigno impertinente esibito. Quanto gli era mancato se stesso! Come avesse potuto vivere quelle sventurate settimane senza il gemello e senza neanche se stesso era per lui un oscuro mistero. Seduto a terra con la tazza di latte fumante tra le mani, parlottando con James, sentiva di star bene, anche il litigio con Hermione sembrava ormai appartenere a un passato troppo lontano per essere importante, tanto che aveva quasi dimenticato il motivo per cui quel ragazzo – che aveva smesso di assomigliare a un ‘pallone gonfiato’ – aveva voluto appartarsi con lui; ma fu James a ricordare a entrambi dov’erano e perché fossero lì e lo fece svuotando la propria tazza di latte e attenuando il sorriso allegro.
 
“Dobbiamo parlare, Fred,” esordì infatti. “Cos’è successo con Peter? Cosa c’entrate tu e Hermione? Perché sei così?”
 
Fred s’accigliò, l’ultimo interrogativo l’aveva senza dubbio confuso: cosa poteva significare ‘perché sei così’? Che alludesse ai suoi capelli rossi o al suo fascino indubbiamente irresistibile? Temeva forse che dopo Hermione avrebbe puntato la Evans? Storse il naso al solo pensiero Fred, poiché poteva tenersela James, la Evans impicciona.
 
“Calma, James. Non sono proprio il tipo a cui piacciono i discorsi seri, quindi sarò spiccio, vedi di seguirmi,” iniziò già annoiato.
 
“Ti ascolto.”
 
“Peter è un farabutto… No, non mi interrompere, se ci tieni a sentire tutta la storia,” ammonì Fred, frenando la nascente protesta dell’altro. “Io e Hermione l’abbiamo visto parlare in più di un’occasione con tipi poco raccomandabili… gente che sta tra i Serpeverde,” spiegò improvvisando Fred, ricordando d’aver sentito Sirius e Remus – quelli adulti – dire in più di un’occasione che diversi Mangiamorte avevano frequentato la scuola ai loro tempi; a giudicare dall’espressione preoccupata apparsa sul volto di James, i due Malandrini non avevano mentito. “Mi dispiace, James,” disse con sincerità, “io non sapevo come dirtelo, ho anche provato a parlare con Remus, ma non ho avuto il coraggio di essere così schietto, speravo di insospettirvi e farvelo scoprire da soli, cosa stesse combinando il vostro amico.”
 
“Sei sicuro di quello che dici?” chiese James dopo una lunga e pesante pausa, alzandosi anche in piedi e facendo su e giù nervosamente.
 
“Sì.”
 
“Io…” esordì impacciato, passandosi freneticamente la mano tra i capelli. “Tu, tu mi sembri sincero, sul serio, io… oh, mamma…” farneticò combattuto e quella mano passò dai capelli al viso. “Io lo so, lo so, che Peter è debole, l’ho sempre saputo e lo sa Sirius e lo sa Remus e lo sa anche lui… Noi… noi non ci siamo mai aspettati che ci spalleggiasse nelle discussioni o che risolvesse i problemi, ma siamo sempre stati convinti di poterci fidare di lui e tu… tu ora… oh, mamma!” ripeté confuso e avvilito.
 
“James, ascolta…”
 
“No, ascoltami tu! Sei sicuro di quello che hai visto? Hai sentito cosa dicevano? Perché magari tu e Hermione avete frainteso tutto e Peter stava solo dicendo a quei parassiti di levarsi di torno,” spiegò non troppo convinto.
 
“Mi dispiace,” disse di nuovo Fred, ora anche lui in piedi, con l’espressione veramente preoccupata, perché fallire ora avrebbe significato fallire sempre. Era il momento giusto. “Noi abbiamo anche sentito qualcosa. James, loro facevano allusioni su Tu-Sai-Chi, sul fatto che tutti quelli che gli vanno contro stanno morendo… allusioni sulla ‘parte giusta’, James,” affermò con enfasi, virgolando con le dita parte giusta, in un chiaro riferimento alla schiera dei Mangiamorte. “Peter balbettava, diceva cose strane, cose ambigue, James, molto ambigue…”
 
“Tipo?” chiese scioccato Potter.
 
“Tipo che è giusto difendere la magia dai Babbani o che gli Auror sono i primi a uccidere e Tu-Sai-Chi si difende soltanto…”
 
“Non è possibile.”
 
“Se non credi a me, chiedi a Hermione.”
 
James guardava Fred senza vederlo affatto, aveva dinanzi a sé le immagini di se stesso alle prese con Peter e tutti i momenti trascorsi con lui. Gli appariva così paradossale quella situazione, così inverosimile, eppure conosceva un po’ Fred e conosceva molto Hermione e non trovava nessun motivo che avesse potuto spingere i due Grifondoro a mentirgli, dopotutto, non c’era mai stato astio tra loro e Peter, salvo in quell’ultimo periodo. Strinse i pugni con forza e le nocche sbiancarono, tacque per altri minuti e Fred rispettò quel conflitto interiore tacendo e osservando ogni mutamento d’espressione nell’occhialuto ragazzo che tanto somigliava a Harry. A interrompere quel momento di evidente tensione fu la figura altolocata e turbata di Sirius Black, che stringeva tra le mani la Mappa del Malandrino.
 
“Cosa succede qui, James?” esordì Sirius, ignorando bellamente Fred.
 
“Sirius,” chiamò James, che sembrò non aver neanche sentito l’interrogativo dell’amico. “È da pazzi… è da pazzi…”
 
“Cosa? Che stai farneticando?”
 
Sirius, notò Fred, mutò immediatamente espressione alla vista dell’amico sconvolto: da turbato e infastidito a preoccupato, molto preoccupato. Gli sembrò di vedere se stesso quando accadeva qualcosa a George. Con discrezione, il giovane Weasley si fece da parte e ingannò il tempo riprendendo a bere quel latte ormai freddo; poco lontano da lui, James spiegava concitato tutto ciò che aveva appena appreso a Sirius. Quando i due ragazzi si voltarono in sua direzione, Fred capì che il discorso era concluso.
 
“Con chi l’avresti visto?” chiese Sirius.
 
“Non conosco i loro nomi.”
 
“Non c’era mio fratello?”
 
La domanda di Sirius colpì Fred come uno schiaffo. Il fratello di Sirius a quindici anni era già una cattiva compagnia? “Tuo fratello?” domandò infatti esterrefatto.
 
Sirius sorrise amaro. “Tranquillo, Weasley, lo sanno tutti di che pasta è la mia famiglia, se c’era anche lui, non farti problemi, tanto lo so bene, che aspetta solo di unirsi al farabutto,” sputò quelle parole con tanto astio e tanto veleno che a Fred parve impossibile che parlasse del fratello. “Allora? C’era o non c’era?”
 
“No, mi sembra di no.”
 
Nonostante tentasse d’ostentare indifferenza, fu evidente il sollievo che attraversò il volto di Sirius alla risposta di Fred.
 
“E Piton? Lui c’era?”
 
“Lascia perdere, James, se Mocciosus c’era o meno ha poca importanza, dobbiamo capire cosa ci faceva Peter con quelli, magari lo hanno minacciato, che ne puoi sapere? Forse, hanno scoperto Remus…”
 
“Sirius!” ammonì James, facendo un cenno del capo a Fred.
 
Ma Fred finse indifferenza, non voleva certo complicare le cose, né mettere Remus in difficoltà, e poi era ancora troppo concentrato su quel ‘e Piton?’. Nonostante sapesse dai racconti dei genitori della controversa vicenda di Piton, gli metteva comunque i brividi l’idea che il professore fosse un sostenitore di Voldemort e lo turbava persino la leggerezza e la sicurezza con cui James e Sirius ne avevano parlato: ne parlavano come di un Mangiamorte.
 
“Cosa intendete fare?” riuscì a chiedere Fred dopo un po’.
 
“Lo metteremo alla prova e vedremo come reagisce,” rispose con sicurezza James.
 
“James, puoi aspettarci un attimo fuori?” domandò Sirius. L’interpellato acconsentì, sfilando la Mappa dalle mani dell’amico e lasciandoli soli. “Non è per niente il momento, hai lanciato un Bombarda esagerato, ma devo chiedertelo lo stesso o darò di matto. Cosa c’è tra te e Hermione?”
 
Se l’era aspettata Fred, quella domanda, e decise stranamente di optare per la verità. “Non lo so, la storia di Peter ci ha avvicinati... c’è stato qualche bacio…” ammise e notò i tratti dell’altro indurirsi feriti, “ma lei è confusa e in certi momenti lo sono anch’io, prima abbiamo litigato e lei mi ha detto di starle alla larga…” concluse così, anche perché non sapeva cos’altro dirgli, era così sconvolto Sirius, che a Fred fece quasi pena. “Vuoi prendermi di nuovo a pugni?” chiese sarcastico, sperando di ottenere una qualsiasi reazione.
 
“No,” rispose con semplicità e quel monosillabo fu insieme risposta, saluto e congedo.
 
Fred seguì con lo sguardo la figura di Sirius sparire e sospirò perché consapevole di dover trovare Hermione, nonostante il litigio e quello che s’erano detti, non aveva alcuna intenzione di agire per sé, doveva anzi spiegarle tutto cosicché confermasse la versione dei fatti data ai due ragazzi, dopodiché sarebbero forse tornati a casa e tutta quella storia sarebbe finita per sempre – non prima di aver fatto a pezzi il proprietario dell’Emporio, s’intende.
Uscendo dalle cucine, decise di tornare all’aula dove avevano discusso, sperando che lei fosse ancora lì a rimuginare sull’accaduto, e quando in effetti la vide seduta su un banco, dondolando le gambe come una bambina con l’aria assorta, non poté impedirsi di sorridere tronfio del proprio intuito. Entrò silenzioso e s’annunciò chiudendo la porta in un piccolo tonfo, che in quel silenzio sembrò avere la forza di un’esplosione poco contenuta.
 
“Ma ti sei ammattito?” chiese retorica Hermione, con ancora il corpo scosso dal sussulto che l’aveva riportata alla realtà. “Cosa vuoi?”
 
C’era astio nella sua voce e Fred poteva percepirlo molto chiaramente, un astio che non faticò molto a impossessarsi anche del ragazzo, poiché il ricordo della discussione di poche ore prima affiorò prepotente in entrambi, rendendoli ancora più nervosi: quella notte s’ostinava a non finire.
Hermione non si smosse dal banco, ma si prese la libertà d’osservare con attenzione Fred, notando quanto quella divisa, dapprima impeccabile, fosse stata devastata dal ragazzo, che aveva allentato la cravatta, sbottonato la giacca e messo la camicia fuori dai pantaloni; una trasandatezza insopportabile, che però riusciva ad attrarla ogni secondo di più, perché a lui quell’aria da ribelle scansafatiche stava odiosamente bene. Infastidita dalle sue stesse riflessioni, puntò lo sguardo sul pavimento, seguendo con il solo udito i movimenti di Fred, che aveva avvicinato un banco a caso a quello dov’era lei e s’era seduto a sua volta.
 
“Non sono qui per far pace, se è questo che temi, quindi apri bene le orecchie e ascolta: tornando alla Sala Comune, ho incontrato James, che voleva parlarmi. Siamo andati nelle cucine e lì mi ha chiesto cosa stesse succedendo tra me, te e Peter, così gli ho raccontato che l’avevamo visto parlare con alcuni Serpeverde sostenitori di Tu-Sai-Chi… ricordo d’aver sentito Sirius e Remus quest’estate dire che ai tempi loro c’era brutta gente a scuola, così mi sono giocato la carta e ho fatto bene… James è sconvolto, ma mi ha creduto, poi è arrivato Sirius e sembra aver abboccato anche lui. Vogliono tendere una sorta di trappola a Peter, per vedere cosa fa… È il meglio che possiamo ottenere, credo.” Terminò così, parlando con voce ferma e senza smettere di fissarla, ma Hermione ancora non ribatteva. “Poi il tuo Sirius ha voluto sapere cosa c’è tra noi e gli ho detto che non lo so, che ci siamo baciati, che ci siamo avvicinati per la storia di Peter… ah, e naturalmente gli ho detto che questa sera mi hai gentilmente detto di starti alla larga,” aggiunse nel tentativo di ottenere una reazione da lei, ma i secondi continuavano a scorrere e la strega non parlava. “Hermione, ma mi hai sentito?”
 
“Hai insonorizzato l’aula?”
 
“Cosa?”
 
“Hai insonorizzato l’aula?” ripeté.
 
“Io… sì, prima… non preoccuparti.”
 
“Ma quando abbiamo discusso non l’abbiamo insonorizzata,” riprese lei, guardandolo con occhi che, notò Fred, erano arrossati dal pianto. “Lily ha sentito tutto quello che ci siamo detti, è entrata appena sei uscito tu. Ha capito che siamo altri Fred e Hermione, che veniamo dal futuro e che se abbiamo attaccato Peter è per un fatto non ancora accaduto in questo tempo…”
 
Fred sbiancò. “Ci siamo intromessi? Cosa le hai detto?”
 
“Niente. Non le ho detto niente, nonostante lei abbia insistito, e ti assicuro che ha insistito tantissimo, non le ho rivelato nulla, le ho solo detto di tenere il segreto e di non fidarsi mai, per nessuna ragione al mondo, di Peter.”
 
“Hai fatto bene, ma dov’è il problema, allora?”
 
“Il problema è che non torneremo mai a casa, questo mondo non è reale, Fred, non c’è nessuna missione da compiere,” spiegò Hermione, ricominciando a piangere. Fred taceva, assimilando quella notizia, ancora confuso sul perché lei fosse tanto sfiduciata. “Sai cos’è che non mi ha chiesto? Lo sai? E io ci ho provato, a portarla lì, a farmelo chiedere, ma lei niente!” Somigliava a un’isterica e più parlava, più piangeva. “Allora, immagini cos’è che non mi ha chiesto?” chiese ancora.
 
“No.”
 
“Dove sono quelli veri!”
 
“Chi?”
 
“Noi! Cioè, loro, i veri! Lei ha capito che io e te veniamo dal futuro e non le è venuto in mente di chiedermi dove fossero i Fred e Hermione di questo tempo! Capisci? Non è normale. Già non era chissà quanto sconvolta, eppure parliamo di un viaggio nel tempo! Ma poi… non me l’ha chiesto! Non è normale, Fred, non lo è! Era la prima cosa che avrebbe dovuto chiedermi! Nella vita reale, sarebbe stata la prima domanda! Se voi siete qui, i nostri Fred e Hermione dove sono? Questo avrebbe dovuto chiedermi e non l’ha fatto.”
 
Vomitò quelle parole con nervosismo, frustrazione e tante lacrime, perché forse lo sapeva da un pezzo, che quello non era il passato, che nulla poteva essere cambiato, ma l’indifferenza di Lily e il suo stranissimo atteggiamento l’avevano convinta di trovarsi davvero in una qualche realtà parallela da cui fosse impossibile uscire.
Fred la guardava con occhi assenti, poiché aveva ben compreso il punto di vista della ragazza e non riusciva ancora a trovare la forza di darle torto, era dopotutto impossibile non etichettare come ‘anormale’ il comportamento avuto da Lily. Hermione aveva ragione: quella domanda avrebbe dovuto essere la prima.
Così com’era arrivato, il ricordo del litigio sfumò in favore di questioni molto più importanti e Fred scese dal banco e mosse quei due o tre passi che lo separavano da lei, poggiò le mani ai lati della ragazza, e si calò all’altezza del suo viso, pretendendo quello sguardo afflitto.
 
“Smettila di piangere,” le sussurrò, ma lei riuscì solo a tirare su col naso goffamente, fuggendo lo sguardo di Fred. “Hermione, guardami,” disse ancora e attese che la giovane trovasse il coraggio di sollevarli di nuovo, gli occhi, e incrociare quelli di lui. “Che fosse una realtà parallela e non il passato, l’avevamo già capito, perché io e te non eravamo neanche nati quando Lily e gli altri erano a scuola, ma questo non significa che non torneremo a casa, mi ha capito?”
 
“Ma come facciamo?”
 
“Seguendo le istruzioni del Grammofono. È un gioco? Una trappola? Non lo so, non mi interessa nemmeno, ma il modo per uscire c’è, lo conosciamo e stiamo anche per concretizzarlo, perché tra qualche giorno James e Sirius incastreranno Peter e io e te torneremo alla realtà… Forse, i genitori di Harry saranno sempre morti e tutto sarà come prima, ma noi saremo a casa… Usciremo di qui, Hermione, mi hai capito? Usciremo di qui…”
 
“Ne sei sicuro?”
 
“Sì.”
 
Hermione annuì timidamente e s’asciugò col dorso della mano destra le lacrime. “Ti sembrerò una sciocca, ma è stato orribile sentir parlare Lily, mi sono sentita persa, perché lei non me lo chiedeva e il mio cervello continuava a ripetere ‘lo dovrebbe chiedere, dovrebbe chiederti dove sono finiti i suoi amici, quelli del suo tempo’, ma la domanda non arrivava e mi sentivo persa… noi due avevamo anche litigato… io… sono molto nervosa, non ne posso più, e lo so che è difficile anche per te, ma io con te non so come comportarmi… se solo ci fossero Harry e Ron… io so come gestirli, so cosa fare con loro…”
 
Una fitta di pura gelosia attraversò Fred a quell’ultima ammissione, era sempre più disarmante quanto si stesse legando a lei. “Neanche io so come comportarmi con te, se questo può consolarti!” scherzò.
 
Hermione abbozzò un sorriso incerto. “È che tu sei così istintivo, io sono abituata a pianificare, a studiare la situazione, e Harry e Ron sanno che io sono così, con loro alla fine è sempre andato tutto liscio…”
 
“Anche questa volta andrà tutto liscio.”
 
“Ma tu non lo sai! Non sai quanto possano complicarsi situazioni così, tu non c’eri gli anni passati, io ho visto come una situazione degenera nel giro di qualche minuto, ma qui c’è di mezzo il tempo… qui è più pericoloso,” affermò nuovamente concitata, tremando al solo ricordo di lei e Harry alle prese con la Giratempo, all’epoca si trattava solo di qualche ora e rischiarono comunque la fine.
 
“Non capisco, ce l’hai con me perché non ho rischiato l’osso del collo con te, Harry e mio fratello in questi quattro anni?” domandò con tono che, se ne rese conto, fu più brusco di quanto volesse essere in partenza.
 
“No, non te ne faccio una colpa!” ribatté immediatamente lei. “Dico solo che non c’eri e non puoi sapere e potresti non saperle gestire, certe situazioni.”
 
“Ah, perché tu le sai gestire, invece? Se non fosse stato per me, saremmo ancora al punto di partenza. E poi non è mica colpa mia se ogni anno avete voluto fare i piccoli eroi senza macchia e senza paura!”
 
“Cosa stai insinuando?”
 
“Che se per una dannata volta avreste chiesto aiuto, magari non vi sareste ritrovati a fare da soli. Inutile fare la povera vittima, se non vi è mai venuto in mente di chiedere aiuto a maghi adulti o a compagni di scuola più esperti di voi!”
 
“Mi stai accusando di protagonismo? Stai dicendo che ci siamo infilati in situazioni mortali di proposito?”
 
“No. Ti sto dicendo che avete scelto di fare da soli e non puoi incolpare me di questo. Anche ora, abbiamo la Umbridge contro, il Ministero contro, eppure continuate a isolarvi, a non chiedere aiuto… C’è tanta gente dalla parte di Harry e di Silente anche tra gli studenti, basterebbe chiedere…”
 
I toni s’erano incupiti di nuovo e proprio come alcune ore prima erano sul punto di litigare. Entrambi avevano accumulato troppa tensione in quei giorni, tensione abilmente camuffata da sorrisi, battute e qualche discorso semiserio, tensione che ormai non riusciva più a essere contenuta: aveva bisogno di esplodere. E stava esplodendo, insinuandosi in ogni frase lasciata a metà, in ogni espressione ambigua, ormai ogni accenno sembrava un pretesto per discutere, per sfogarsi.
Avevano entrambi l’aria allucinata e nervosa e ancora una volta si osservavano in cagnesco; quella volta, però, Fred aveva deciso di ritirarsi, stanco e confuso, non aveva intenzione alcuna di litigare di nuovo, razionalmente sapeva di non essere stato catalogato da lei come un vigliacco inetto; così sbuffò, biascicò un ‘fatti una dormita’ e tentò d’allontanarsi. Tentò perché a frapporsi fra lui e l’uscita fu la mano di Hermione, che inaspettatamente si serrò attorno alla cravatta di lui, strattonandola con forza e costringendo il ragazzo a voltarsi di nuovo verso di lei, ad avvicinarsi, a poggiare la sua mano su quella di Hermione, nel tentativo di liberare la cravatta o di capire semplicemente cosa stesse succedendo. Trovò la risposta quando avvertì le labbra della ragazza sulle proprie. Non trascorsero troppi istanti prima che Fred, rispondendo al gesto, divenisse padrone della situazione, abbracciandola, attirandola a sé, curvandosi su di lei, avvicinandosi sempre più, pretendendo un bacio sempre più intimo, sempre più totalizzante, che a tratti somigliava a una lotta tra due creature ferite. Lei acconsentì, preda di un istinto che faticava a catalogare, e più si stringeva a lui, più affondava le dita nei suoi capelli scompigliati, più le sembrava giusto essere tra le sue braccia.
Solo quando la lancetta dei minuti ebbe compiuto diversi giri, i due ragazzi s’allontanarono l’una dall’altro con sguardi lucidi e labbra arrossate e respiri affannosi. Deglutirono assieme, osservandosi sgomenti e forse spaventati. Hermione, scossa da quanto appena accaduto e dalla propria intraprendenza – sembrava proprio la se stessa del sogno! – scese goffamente dal banco e uscì dall’aula veloce, in cerca d’aria e di spiegazioni. Lui, scosso quanto lei, la lasciò andare. Una domanda era comune ai due: quello cosa aveva significato?

 

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Capitolo 13
*** Tutto è bene quel che... ***


“Oh, su cos’era il tema di Lumacorno?”
 
“Boh, chiedi a Weasley, lui è sempre attento…”
 
Fred storse le labbra in una smorfia di disappunto, ne aveva abbastanza di ragazzini sconosciuti e di un mondo sbagliato, fu per quello che li oltrepassò ignorandoli bellamente, guadagnando in pochi secondi l’uscita dalla Sala Comune. Non aveva nessuna intenzione di recarsi né a lezione, né in Sala Grande per la colazione, avrebbe passato l’intera giornata girovagando per i corridoi freddi della scuola, schiantando chiunque avesse tentato di frapporsi fra lui e le sue ore di meritata solitudine. Era di pessimo umore e dovevano lasciarlo in pace.
Dalla fatidica serata erano trascorsi appena tre giorni, tre giorni di nulla, poiché Sirius, James e Remus non avevano neanche tentato di smascherare Peter com’era stato annunciato, limitandosi a tentativi che, nella loro assoluta banalità, non potevano essere altro che sciocce farse messe in piedi per non affrontare la realtà. Nonostante tutto, quella sera le cose sarebbero quasi sicuramente andate nella giusta direzione: su insistenza di Hermione – che era riuscita a riavvicinarsi a Sirius, e Fred non volle chiedersi come – i tre Malandrini avevano finalmente architettato un piano degno di nome e l’avrebbero messo in pratica appena dopo cena. Era solo questione di ore e forse sarebbe tornato a casa e una volta a casa avrebbe potuto accantonare quella folle esperienza e, magari, avrebbe anche potuto far luce su quel qualcosa che lo spingeva sempre più verso Hermione; il bacio aveva paradossalmente messo in pausa il loro rapporto, perché non s’erano più avvicinati o parlati o cercati, fatta eccezione per le ‘comunicazioni di servizio’ sul come uscire dalla trappola. Erano entrambi confusi e poco inclini a illuminare la confusione, non c’era tempo per i sentimenti e non c’era tempo per viversi. In più, Hermione veniva assalita dall’imbarazzo ogni volta che incrociava Fred e Fred veniva assalito dalla preoccupazione ogni volta che pensava a lei come alla propria ragazza, insomma, non era da Fred Weasley anche solo pensare distrattamente di impegnarsi seriamente in una relazione. Era tutto così assurdo…
 
“Cosa ci fai qui?”
 
Quell’interrogativo brusco provocò in Fred non poco fastidio, tanto che inarcò con eloquenza le sopracciglia e rivolse uno sguardo sprezzante alla persona che gli aveva posto il quesito. S’osservarono in silenzio per una manciata di secondi: lei imbarazzata e infastidita altrettanto, lui scocciato e vicino alla reale irritazione; anche in quell’occasione Fred avrebbe optato per una tacita uscita di scena, ma nuovamente Hermione si frappose con prepotenza fra lui e le sue intenzioni, perché lo chiamò, lo chiamò ben tre volte, prima in un sussurro e poi quasi gridandolo, il suo nome. Tornò a voltarsi verso di lei con espressione evidentemente interrogativa, s’avvicinò di qualche passo e senz’attendere invito alcuno si sedette accanto a lei, cozzando col fondoschiena contro il freddo pavimento in pietra della Guferia. Singolare che proprio quel postaccio fatto di gufi striduli e scalpitanti e di ovvi escrementi dall’insopportabile odore fosse divenuto una sorta di ritrovo per loro due. Un postaccio quello, ma un postaccio in cui sembrava più facile disciplinare le sensazioni incoerenti e mettersi a nudo.
 
“Non parli più?” le chiese.
 
“Cosa dovrei dirti?”
 
“Se non lo sai tu…”
 
Hermione gli rivolse un’occhiataccia, poiché lui sapeva quanto fosse in imbarazzo e in difficoltà, eppure non provava a facilitare le cose in nessun modo, semmai le complicava, ergendo un muro fatto di parole non dette.
Erano stati tre giorni orrendi per lei, orrendi… Tra il terrore di non riuscire a tornare a casa, la preoccupazione che qualcosa a casa fosse cambiato o stesse per cambiare e quello stupidissimo diciassettenne, non aveva trovato pace. Troppi problemi affollavano la sua mente, troppe preoccupazioni, troppi timori; alle volte, aveva la sensazione che di lì a poco sarebbe scoppiata, altre volte, invece, si ritrovava a sperare di scoppiare, così da potersi disfare in un unico grande boom di ogni problema. Ma era una soluzione che la nauseava, un desiderio che il suo cuore rimproverava e scartava immediatamente: non era certo una vile lei, né una ragazzina indifesa. No, lei non era nulla di tutto quello, era Hermione Granger, per Merlino! Era Hermione Granger! E l’essere Hermione Granger era sempre stato motivo d’orgoglio, non poteva gettare la spugna proprio in un momento tanto importante, non alla svolta!
Fu grazie a quei ragionamenti che si voltò verso Fred con ritrovata risolutezza, il cipiglio severo e saccente era tornato ad abitare i suoi tratti da giovane donna e lo sguardo scuro, finalmente, sembrava aver ritrovato una vitalità perduta. Fred si ritrovò a osservarle tutte, quelle novità, e si ritrovò a invidiargliele prima e ad ammirarle poi.
 
“Io e te dobbiamo parlare.”
 
“Ti ascolto.”
 
Hermione annuì e s’impose di guardarlo dritto negli occhi, il tempo delle esitazioni era morto, non restava che seppellirlo e recitare per lui una preghiera: a mai più rivederti si sarebbe intitolata. “Il tuo stupidissimo filtro aveva ragione, Fred: sono innamorata di te. Inutile che lo nasconda, ho una mia dignità e preferisco la sincerità a tante bugie che, peraltro, non convincono più nessuno. Ma non è questo l’importante, ora. Ciò che conta al momento è tornare a casa, sono stata io a suggerire a Sirius tutto ciò che succederà tra qualche ora, è bastato rifletterci un po’ e l’idea è saltata fuori, assolutamente perfetta nella sua banalità. È stata una bella sensazione trovare la soluzione, proporla e, tra un po’, sarà bello vederla in azione… sì, una bella sensazione, perché ne ho abbastanza, Fred, di fare la ragazzina invaghita del ragazzo di turno e ne ho abbastanza di sentirmi in imbarazzo ogni volta che ci incrociamo. Quindi ti annuncio cosa accadrà quando saremo a casa: tu tornerai alla tua vita e io alla mia. Perché lo sappiamo entrambi, che una volta fuori di qui non c’è spazio per noi e non ci sarebbe mai stato, una sottospecie di noi, se non fosse stato per questa collaborazione forzata. Quindi, finisce qui. Se hai qualcosa da dirmi, di’ pure, altrimenti, buon ritorno alla tua vita, Fred.”
 
Fred la guardò costernato, si sarebbe aspettato di tutto, ma di certo non un arrivederci e tante care cose. Cos’era quello? Un tentativo di farlo arrabbiare di nuovo? Voleva che si ingelosisse? Che la strattonasse con forza e la baciasse di nuovo? Cos’era quello? Cosa? Non riusciva a capirlo il ragazzo, perché non riusciva a capire lei, che gli sembrava improvvisamente un’estranea. Tutta quella freddezza e quella mostruosa razionalità lo destabilizzavano e riuscivano effettivamente a farlo arrabbiare e ingelosire e c’era davvero la voglia di strattonarla e farle capire che non poteva esserci un arrivederci e tante care cose, perché qualcosa tra loro c’era stata e ancora c’era, ma dirle questo avrebbe significato ammettere di provare qualcosa per lei, di esserne a sua volta innamorato… e lui ne era innamorato? La conosceva sin troppo bene, la risposta: non era uno sciocco e riusciva a distinguere un sentimento da una semplice infatuazione. Ma non era pronto, o almeno non sentiva d’esserlo. Assurdo, ma vero, Fred Weasley – proprio il sicuro, egocentrico e allegro Fred Weasley – era spaventato; spaventato da ciò che sembrava essere grande, adulto, un sentimento che aveva un volto serio, importante; no, non si sentiva affatto pronto, non a quello, non in quella circostanza. In più, era oltremodo irritato dal discorso della ragazza, non riusciva a comprenderne la freddezza, non capiva perché lo stesse respingendo, sapeva solo di sentirsi infuriato con lei, perché col suo bel discorsetto scaricava su di lui la responsabilità di una storia mai iniziata. L’aveva capito, cosa celasse quel sei hai da dirmi qualcosa: un modo elegante e non compromettente di chiedere mi vuoi nella tua vita?, e lui la voleva nella sua vita, la voleva eccome, così come lei voleva lui.
Boccheggiò più di una volta Fred, senza smettere di guardarla, di cercarne lo sguardo, e lei non smetteva di concedergli attenzione, scrutando le rughe d’espressione e i movimenti delle labbra e le espressioni mute degli occhi, osservava tutto Hermione, nel tentativo di capire cosa pensasse lui, nella speranza che frantumasse i dubbi e le urlasse che si era sbagliata su tutto, che l’interesse per lei non era solo frutto di quella stramba reclusione, ma che avrebbe trovato posto anche nel mondo reale, tra i vivi, e più i minuti scorrevano, più il silenzio si prolungava, più il cuore di Hermione perdeva a poco a poco battiti e ritmo. Lo sapeva, che doveva avere un’espressione disperata quand’ormai erano passati troppi istanti dal termine del discorso; un discorso che le era costato tanta fatica e tanto autocontrollo e tanto coraggio… gli aveva detto d’essere innamorata di lui e gli aveva anche detto addio, vogliosa di proteggersi da lame non ancora estratte, ma gli aveva anche detto contraddicimi, dimmi che mi sbaglio, e ora, mentre altri secondi scorrevano, avrebbe voluto urlargli di parlare, di insultarla anche, ma di parlare. Tutto era preferibile a quell’assordante silenzio, che aveva i suoni molesti di tanti ragionamenti contrastanti: tante vocine nella testa di Hermione, tra cui quelle che le suggerivano di alzarsi e andare via e altre che le davano della sciocca e le suggerivano di baciarlo come aveva fatto solo tre sere prima.
Forse, contarono entrambi ogni singolo centimetro che li separava, così da bloccare l’avanzata dei volti in tempo, perché nonostante le remore si ritrovarono viso a viso, naso contro naso, con gli sguardi incrociati e le labbra schiuse per dir qualcosa o solo per cercarsi e trovarsi. I respiri erano divenuti più pesanti, più irregolari ed era impossibile definire quale respiro appartenesse a Fred e quale a Hermione, era tutto confuso e la tensione era palpabile. In poco, la sinistra di Fred si trovò a sfiorare i capelli di lei e poi il suo viso, sino ad afferrarle con delicatezza il mento e carezzare anche quello. Forse, sarebbe bastato calare le palpebre e percorrere un'altra manciata di centimetri, ma nessuno dei due lo fece, né lui, né lei… Il freddo avvolse entrambi quando Fred, vinto dall’orgoglio e dalla paura, s’allontanò bruscamente, abbassò lo sguardo e s’alzò in piedi. Non ebbe il coraggio di dirle nulla, neanche un arrivederci e tante care cose, poiché dentro di lui infuriava una vera e propria guerra e, al momento, entrambi gli schieramenti erano a pezzi. Lasciò la Guferia e con essa lasciò anche Hermione, che rimase immobile su quel pavimento in compagnia delle lacrime, uniche testimoni delle speranze ormai in frantumi. Qualsiasi cosa ci fosse stata tra loro era appena finita. Stancamente, asciugandosi malamente le lacrime, la giovane si tirò su e s’impose autocontrollo e contegno, aveva tutta la giornata per elaborare quanto appena successo, smaltirlo ed essere pronta al ritorno a casa… In quella dimensione ogni sensazione era amplificata, non era un concetto spiegabile a parole, ma semplicemente ogni stato d’animo provato sembrava impossibile da contenersi e disciplinare. In altre circostanze, lei non si sarebbe mai esposta tanto, così come Fred non sarebbe stato sopraffatto dalla paura di imboccare l’ardua strada delle relazioni serie, perché non ci avrebbe pensato affatto, avrebbe agito e basta come suo solito. Ma lì era tutto diverso, era tutto immenso, anche la più insignificante questione aderiva a tutti i sette strati di pelle e li penetrava, i sette strati, e s’impossessava dei tessuti e degli organi e delle ossa e diveniva parte di un corpo in movimento e lo condizionava, e né Hermione, né Fred potevano sottrarsi a quella sorta di aggressione, potendo solo convivere con essa e subirne le conseguenze. Paradossalmente, più il tempo passava, più tutto si ingigantiva, forse era tutta colpa dello stress, tutta colpa della pressione… Sì, riflettevano entrambi, la colpa era della stressante situazione, non c’era altro motivo.
 
“Hermione, noi siamo pronti,” disse Sirius.
 
“Non commettete errori, mi raccomando,” ammonì lei e lui annuì ghignando.
 
Fortunatamente per entrambi i ragazzi ‘del futuro’, la giornata era trascorsa piuttosto rapidamente, merito anche dei tre Malandrini e di Lily, che li avevano cercati a più riprese per assicurarsi che tutto fosse perfetto per quella sera. A Hermione era parsa molto strana la collaborazione di James Potter, ricordava perfettamente le parole di Remus e Sirius – quelli veri, s’intende – volte a porre l’accento su quanto il caro vecchio James reputasse importante l’amicizia e dunque indegno dubitare dei propri amici; il vero James, concluse Hermione, non avrebbe mai lasciato che s’architettasse una trappola ai danni di Peter, semplicemente perché non avrebbe mai creduto al tradimento di Minus, avrebbe anzi schiantato lei e Fred per aver anche solo ipotizzato una cosa tanto ignobile. Ma quella non era la realtà e la Granger aveva smesso di porsi domande, iniziando a sperare, a pregare, che tutto andasse come previsto, così da risvegliarsi l’indomani nel proprio letto e negli anni novanta.
Appena usciti dalla Sala Grande, Remus s’intrattenne, come da copione, con Peter, parlando del più e del meno, mentre Hermione e Fred erano costretti sotto il Mantello dell’Invisibilità di James, al fine di seguire tutta la sceneggiata e assicurarsi che nessun errore venisse commesso.
 
“Stiamo per tornare a casa,” disse Fred a voce bassa, spezzando quell’imbarazzante silenzio causato dall’altrettanto imbarazzante vicinanza.
 
Hermione annuì assorta, rifiutandosi di guardarlo e d’accorgersi d’avere il suo volto a pochi centimetri dal proprio. “Speriamo.”
 
“Eccoli,” annunciò lui, scorgendo due figure un tantino diverse da James e Sirius.
 
Si zittirono entrambi e osservarono da bravi spettatori la scena: Lily era sbucata da un corridoio e aveva rimproverato Remus per essersi attardato con Peter anziché raggiungerla per la ronda e Remus, com’era previsto, sbuffò alle spalle della bella Evans e si congedò da un Peter ridacchiante con un occhiolino complice. Era tutto perfetto! Peter non sospettava nulla e non gli restava che raggiungere Sirius e James che credeva essere già in Sala Comune, a bloccare la sua iniziativa furono però proprio i due amici, che avevano le losche sembianze di Avery e Mulciber, due studenti del sesto anno Serpeverde, amici di Piton e aperti sostenitori di Voldemort, nonché, com’era noto a Fred e Hermione, futuri Mangiamorte.
 
“Che volete?” chiese aspro Peter, che nascose abilmente una punta di preoccupazione.
 
“Che brutto atteggiamento, Minus, iniziamo male,” esordì ambiguo Sirius, che aveva l’aspetto di Avery.
 
Peter, a quella non tanto velata minaccia, iniziò a guardarsi intorno, in cerca degli amici o di chiunque potesse salvarlo da quella incresciosa situazione. Maledisse mentalmente i tre Malandrini per non essere nei paragi e se stesso per essersi attardato solo come un allocco, ma ancora riuscì a controllarsi e, seppure un certo timore era ora visibile sul suo volto, nulla denunciava la reale ansia che l’aveva assalito. Quelli cosa volevano da lui? “Cosa vuoi, Avery?” chiese ancora, mentre gli occhietti acquosi continuavano a cercare aiuto.
 
Fu la volta di James di intervenire e lo fece ghignando, mostrando i dentoni di Mulciber. “Abbiamo già parlato altre volte, Minus,” disse, e Fred e Hermione tirarono un sospiro di sollievo quando Peter non lo contraddisse: a quanto sembrava, il giovane Minus aveva davvero già rapporti con i futuri Mangiamorte. A quella reazione, le mascelle di Sirius e James si contrassero all’unisono, la puzza di tradimento iniziava a insozzargli le narici. “I tuoi amichetti non sanno parlare, dicono cose pericolose, che potrebbero arrivare alle orecchie sbagliate…”
 
“Loro… noi… noi non parliamo di niente,” biascicò Peter, il cui contegno andava man mano a scemare.
 
“Non dire baggianate, Minus, lo sanno tutti, che tu e i tuoi amichetti volete schierarvi contro il…” si morse la lingua Sirius, non riusciva a dire signore oscuro, insomma, quello era un assassino, ma quante cerimonie! Fortuna che un compromesso lo trovò, “contro di lui,” disse, sorridendo alla propria soluzione e anche ‘Mulciber’ sorrise, mostrando d’aver gradito il lui anziché signore oscuro. “In più, state sempre con quei Sanguesporco… sempre circondati dalla feccia…”
 
“Cosa volete da me?” chiese allora Peter, che evidentemente non riusciva a sopportare quella pressione, ormai l’ansia e la paura gli avevano deformato i lineamenti, contratti in strane smorfie.
 
Un luccichio attraversò gli occhi di James. “Informazioni. Quando sarà il momento, a lui potrebbero occorrere informazioni su coloro che si rifiutano di seguirlo, sui traditori e tu sei la persona perfetta.”
 
“Perché io?” domandò quasi piagnucolando.
 
“Perché si vede che sei diverso da loro,” intervenne Sirius protettivo, sapendo che James non fosse in grado di proseguire: Ramoso poteva sopportare quasi ogni cosa, ad eccezione del tradimento.
 
“Quali… quali informazioni gli servono?” fu l’implicito assenso di Peter alla richiesta dei due Serpeverde.
 
“Te li stai vendendo,” commentò d’istinto ‘Mulciber’, “te li stai vendendo, i tuoi amici, non ti fai schifo?”
 
“Ma io… ma io non ho scelta!”
 
“Mi fai schifo!”
 
Quello che seguì all’affermazione di James fu una vera e propria tragedia: la pozione Polisucco, suggerita da Hermione e ottenuta da Lily con qualche cerimonia da Lumacorno, stava perdendo il suo effetto e Peter iniziò a notare che i tratti sconosciuti di Avery e Mulciber svanivano in favore dei conosciuti lineamenti di James e Sirius, che non attesero di tornare nei propri panni per inveire contro l’ormai ex-amico, per di più, a sbucare a quel punto furono anche Remus e Lily, il primo scioccato, nauseato e infuriato, e la seconda allibita e disgustata. Nessun chiarimento fu abbastanza e nonostante Peter continuasse a scusarsi, a dare la colpa alla paura – a un certo punto, s’inventò anche d’aver scherzato poiché aveva capito immediatamente che quelli davanti a lui fossero James e Sirius – nessuno dei tre Malandrini fu disposto a credergli o a perdonarlo.
 
“Avrei potuto accettare tutto, Peter, ti avrei perdonato persino il portarmi via lei,” disse James indicando Lily che, a quel paragone, rimase a dir poco sconcertata, era davvero così importante per lui? La risposta la scioccò. “Ma non questo! Non venderci a Tu-Sai-Chi! Questo è troppo! Sei la persona più schifosa che io abbia mai conosciuto e fortuna che me ne sono accorto in tempo, altrimenti cos’avresti fatto? Eh? Avresti mandato Tu-Sai-Chi a casa mia per uccidere me e la mia famiglia?”
 
Una lacrima sfuggì al controllo di Hermione a quella domanda retorica, perché James senza averne consapevolezza aveva appena annunciato il proprio ingiusto destino, perché sì, proprio quell’amico di sempre avrebbe mandato la Morte a bussare alla porta della famiglia Potter.
Quando sopraggiunse Gazza – che era straordinariamente già Custode in quella scuola – i traditi architetti di quel piano si dispersero, vogliosi di rintanarsi nei propri letti e dimenticare tutto. Soltanto Fred e Hermione rimasero impalati nel corridoio, abilmente nascosti dal Mantello dell’Invisibilità; nessuno s’era ricordato di loro due: tanto presi dalla triste scoperta, da dimenticare la presenza di due spettatori non paganti.
 
“Siamo ancora qui,” biascicò Hermione.
 
“Forse, dobbiamo dormirci su e domani… domani ci sveglieremo a casa...”
 
Così dicendo, sfilarono il Mantello e in silenzio giunsero ai rispettivi dormitori. Nessuno dei due aveva la forza di dire qualcosa, di chiarirsi o di commentare quanto appena visto, c’era in loro soltanto la cocente delusione di essere ancora nella dimensione sbagliata, nonostante il piano fosse perfettamente riuscito, senza contare quanto l’aspettativa avesse prosciugato le energie. Quando s’infilarono nei loro letti, tutta l’amarezza e la paura e lo sconcerto e un insieme scomposto di altre sensazioni esplose in loro come una bomba. Non era spiegabile quel male che aveva attanagliato ogni più piccolo lembo di pelle di Hermione e di Fred, non era spiegabile: era male e basta.
 
****
 
Quella mattina, Hermione schiuse gli occhi con involontaria cautela. Aveva pianto di frustrazione per gran parte della nottata, ripromettendosi di trovare una soluzione prima che un’altra giornata fosse trascorsa. Ad ogni modo, con suo stupore, dovette notare che qualcosa di diverso in quel letto e in quella stanza c’era. Si voltò sul fianco e notò sul comodino un libro che non ricordava d’aver letto, l’agguantò con cautela e quando lesse teoria di Incantesimi, volume quinto il suo cuore perse un battito, sì, ma per la gioia! Volume quinto ossia quinto anno: era di nuovo al quinto anno, era a casa!
 
“Sono a casa! Sono a casa! Sono a casa!”
 
“Granger, ma cos’hai da urlare?” chiese una voce femminile stizzita. “Sono appena le sette.”
 
I sensi di Hermione si allarmarono: lei non la conosceva, quella voce. Nuovamente incerta, lasciò il libro sul letto e si mise in piedi e fu rabbrividendo dall’orrore che si rese conto d’essere, certo, nel dormitorio del quinto anno, ma della Casa di Serpeverde.
 
“No, non può essere… Questo è un incubo!”
 
“Non ancora, Granger, ma lo sarà se non tieni la bocca chiusa,” disse sprezzante la compagna di stanza.
 
Hermione neanche si vestì, ma, infilando il primo maglione che trovò, uscì in pantofole e pigiama dal dormitorio prima e dalla Sala Comune poi, dirigendosi come una forsennata alla Sala Comune Grifondoro e lì fuori, pallido come un lenzuolo, trovò Fred, anche lui in pigiama e pantofole. Dimentichi d’avere tante – troppe – questioni in sospeso, s’abbracciarono disperati, come alla ricerca di un briciolo di sicurezza.
 
“Mi sono svegliato in un altro letto… sempre sesto anno, ma nella camera di James e gli altri. Peter non c’è! Sul mio baldacchino sta scritto ‘Mordente’, come se fossi io il quarto Malandrino! È da pazzi! Da dove sbuchi? Dove stavi?”
 
“Serpeverde…”
 
“COSA?”
 
“Mi sono svegliata nel dormitorio Serpeverde, sono al quinto anno… Fred, ti prego, dimmi che è uno scherzo, non è possibile… è iniziato tutto da capo!”
 
Non era avvilita o piagnucolante la voce di Hermione, ma arrabbiata, furiosa, stanca. Ciò che furono costretti a vedere alla colazione di quella mattina – a cui non si preoccuparono d’arrivare vestiti di tutto punto, preferendo restare svogliatamente in pigiama e pantofole – fu più folle della follia: Peter non esisteva più, o, più correttamente, non esisteva nella vita dei Malandrini, essendo un ragazzetto anonimo e silenzioso del sesto anno Grifondoro, e Fred era effettivamente il quarto Malandrino, ragazzo popolare e di spirito, conosciuto in tutta la scuola per le malefatte e l’abitudine di cambiare una fidanzata ogni sette giorni. Quanto a Hermione, era una studentessa modello del quinto anno Serpeverde, disprezzata un po’ da tutti i compagni di Casa per il suo ‘sangue sporco’, fatta eccezione per il giovane Barty Crouch, con cui aveva legato sin dal principio, e il secondogenito dei Black, che era segretamente amico della ragazza, segretamente perché a Walburga sarebbe venuto un prematuro infarto se anche il piccolo Regulus avesse iniziato a frequentare figli di Babbani.
 
“Mi spieghi cosa t’è saltato in mente? Dov’è la tua divisa?” inveì senza cerimonie Barty.
 
“Fatti gli affari tuoi,” scandì in trance Hermione, facendo sghignazzare Regulus sotto i baffi.
 
Fu proprio mentre Barty stava per aprir di nuovo bocca, intenzionato a prodursi in una filippica ai danni del comportamento dell’amica, che l’amica in questione scomparve nel nulla. Dall’altra parte della Sala, a Fred toccò il medesimo destino.

 

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Capitolo 14
*** Tu l'hai capito, cos'è successo?! ***


La prima sensazione che Fred ebbe una volta sveglio fu un fastidioso capogiro, mentre la prima impressione visiva che ebbe fu un altrettanto fastidioso bianco, troppo luminoso per i sensi affaticati del ragazzo. Schiuse le palpebre lentamente, strizzando più volte gli occhi, e fu solo a quel punto che riuscì a distinguere delle sagome in tutto quel biancore; in particolare, la sagoma a Fred più prossima aveva corti capelli rossi, tante efelidi, lineamenti maschili e espressione inquieta: era George.
 
“George?” chiese in un sussurro, dubitando della propria lucidità.
 
“Ben svegliato, Freddie,” ribatté immediatamente George, aprendosi in un sorriso rincuorato. “Come ti senti?”
 
“Come uno che ha preso un Bolide in testa,” biascicò. “Sono in Infermeria?”
 
“Sì, ma non sforzarti, Madama Chips ha detto che ti ci vorrà un po’, per rimetterti in sesto, ma sta’ tranquillo, è tutto sotto controllo.”
 
Il tono di George, Fred lo notò senza troppa difficoltà, era serio e preoccupato, fu per quello che si sforzò di sorridere al gemello, nonostante non avesse né la forza, né la voglia di compiere il banale gesto. Ancora intontito, non provò neanche a mettersi seduto, ma fissò con ingiustificato astio il soffitto – ovviamente bianco – dell’Infermeria, tentando di ricostruire i pezzi di quel puzzle in frantumi: come era arrivato lì? perché doveva ‘rimettersi in sesto’? da cosa avrebbe dovuto rimettersi? dove diamine si trovava? in quale epoca? Possibile che… Strabuzzò gli occhi, il pensiero che l’aveva attraversato seppe mandarlo dritto, dritto tra le braccia di signora Adrenalina, neosposa del signor Felicità, insomma, era davvero possibile?
 
“Sono… sono a casa? Georgie, sono a casa?”
 
“Certo che sei a casa,” rispose prontamente George, che aveva seguito in silenzio e in compagnia dell’ansia le varie espressioni apparse sul volto del fratello. “Sei a casa, Fred, è tutto finito.”
 
“Lei dov’è?”
 
“A qualche letto di distanza, si è svegliata dieci minuti fa, la stanno visitando, Ginny è con lei. Ron è andato a dire alla Chips che sei sveglio anche tu e Harry è andato ad avvisare gli altri che siete svegli tutti e due,” spiegò rinfrancato George, osservando il gemello con sguardo quasi adorante, come se faticasse ancora a credere d’averlo di nuovo lì, tutto intero.
 
Fred ricambiò lo sguardo, metabolizzando tutte le informazioni. Erano a casa. “Ma come è successo? Come ci avete trovati?”
 
“Fred, calmati! Sei a casa, e… e ti sei svegliato! Ti sei svegliato!” ripeteva George come in trance, sfogando a suo modo tutta l’inquietudine di quelle ultime ore. Fred, dal canto suo, era talmente voglioso di capire come e perché da non riuscire a essere del tutto felice e sereno: per quanto avesse agognato quel momento notte e giorno, ora non riusciva a goderne, il bisogno di capire cosa fosse accaduto era più forte d’ogni altra sensazione.
 
“Ah, signor Weasley, bentornato tra noi!” esordì col solito tono burbero Madama Chips, facendo sobbalzare i due gemelli e interrompendo inconsapevolmente i ragionamenti penosi di Fred. “Vediamo come stai, giovanotto,” continuò, avvicinandosi al ragazzo allettato. George, per farle spazio, s’alzò in piedi.
 
“Fred!” salutarono Ginny e Ron, giunti assieme all’imperiosa infermiera. “Come ti senti?” continuò Ron, ignorando bellamente le occhiatacce della donna.
 
“Bene, ma Hermione come sta?”
 
“La signorina Granger sta benissimo, e tu, signorina, va’ dalla tua amica oppure esci di qui, devo visitarlo!” rimproverò la donna a Ginny. “E anche voi!” aggiunse a Ron e George.
 
“Ma è nostro fratello!” protestò la ragazza.
 
“E io devo visitarlo! Solo una persona può restare mentre visito, dopo entrerete tutti… beh, non più di sei, s’intende.”
 
“Andiamo noi da Hermione,” disse immediatamente Ron, e Ginny acconsentì in silenzio.
 
E mentre George ringraziava entrambi con un cenno del capo e Fred osservava perplesso il succedersi degli eventi, Hermione accoglieva Ron e Ginny seduta al centro del letto, con le gambe incrociate e l’espressione confusa.
 
“Come sta?” chiese ansiosa.
 
“Credo bene, lo sta visitando ora, ma tu torna a stenderti, hai sentito Madama Chips, devi riposarti!”
 
Hermione indirizzò un’occhiataccia a Ginny, ne aveva abbastanza di persone, oggetti e roba strana che le dicevano cosa fare: pretendeva spiegazioni lei, e le pretendeva immediatamente. A distrarre l’agguerrita strega fu soltanto il ritorno di Harry, che non perse tempo a stringerla in un fraterno abbraccio.
 
“Come ti senti?”
 
“Non lo so, Harry,” rispose sinceramente Hermione. “Ma cos’è successo? Come sono arrivata qui?”
 
“Non lo sappiamo,” intervenne cupo Ron, “non sappiamo niente. Silente vi ha riportati svenuti e ci ha detto di non chiedervi nulla e di non chiedergli nulla… Dice che tutto si chiarirà quando parlerete con lui…”
 
Hermione tacque, riassorbita nuovamente dall’insieme di interrogativi che l’aveva attanagliata appena sveglia. Anche lei, esattamente come Fred, non aveva saputo gioire realmente dell’avere di fronte Ginny e Ron, perché non capiva come poteva essere lì con loro. A tratti, aveva anche l’ignobile sensazione d’essere stata catapultata in un’altra dimensione ancora, che insomma quella situazione non fosse reale, che lei e Fred fossero ancora prigionieri di qualcosa o di qualcuno. Così guardava con ostilità tutti, anche Harry che l’abbracciava, perché si chiedeva se quello – non riusciva a chiamarlo in altro modo – fosse davvero il suo Harry, così come se quell’altro fosse davvero il suo Ron e se quella fosse davvero la sua amica Ginny. Chi le garantiva d’essere in presenza della realtà? Irrequieta, ecco cos’era, e l’unica persona di cui si fidava era a qualche letto di distanza, circondata non più dalla Chips e da George, ma da George e Lee e Alicia e Angelina… e… sgranò gli occhi Hermione: c’erano tutti, tutti gli amici di Fred, così come attorno a lei c’erano i suoi più cari amici che la guardavano preoccupati, forse chiedendosi se quell’aria allucinata fosse stata causata da una qualche lesione al cervello. Senza averlo realmente cercato, la giovane si trovò a incrociare lo sguardo egualmente allucinato di Fred, che sembrava volerle dire qualcosa e Hermione in quel qualcosa rintracciò un ‘fuggiamo?’, così, senza dar cenno di preavviso, s’alzò dal letto, accantonò il capogiro, ignorò i dolori muscolari, e corse scalza in direzione del letto di Fred, che a sua volta si liberò dalla morsa di George, scese dal letto e afferrò veloce la mano tesa di Hermione, trascinandola via dall’Infermeria.
 
“Fred! Hermione! Dove andate?” chiamò George.
 
“Sciocchi ragazzini! Tornate immediatamente qui!” inveì fuori di sé Madama Chips, che ordinò a una sgomenta Alicia di avvertire immediatamente la professoressa McGranitt della fuga.
 
Fred e Hermione, nonostante i richiami, i fratelli di lui e Harry che li rincorrevano e ignari studenti che li additavano ridacchiando, continuavano a correre, diretti all’ufficio di Silente o in qualsiasi altro luogo che potesse dimostrargli d’essere effettivamente a casa. Forse era assurdo, ma dopo tutto quanto accaduto, non riuscivano a credere d’essere realmente tornati alla realtà; d’altra parte, l’ultimo ricordo che avevano era la Sala Grande al tempo di James Potter, con Fred seduto tra i Malandrini e Hermione seduta tra i Serpeverde, c’era poi stata una sparizione, una sensazione simile alla Smaterializzazione, e poi nulla, poi il buio… poi c’era soltanto il risveglio nell’Infermeria e un apparente ‘ritorno al presente’. Ma quanto poteva essere vero il presente? Avevano bisogno di conferme.
 
“Molto incauto da parte vostra lasciare l’Infermeria scalzi, potreste prendere una brutta influenza.”
 
Le parole pacate di Silente bloccarono letteralmente la corsa dei due ‘evasi’, che fissarono gli occhi sul preside intento a sorridergli bonario. Con poche parole, l’uomo invitò entrambi a seguirlo e fu in un paio di minuti che si ritrovarono seduti alla scrivania di Silente, con lui accomodato dalla parte opposta, che ancora li guardava attraverso le lenti a mezzaluna e ancora esibiva la bonaria espressione.
 
“Signor preside, cosa sta succedendo? Dove siamo?” riuscì a chiedere Hermione, che aveva l’aria intontita di chi veniva bruscamente svegliato in seguito a una sbronza. In altre parole, non capiva più nulla! Fred, al suo fianco, non aveva un aspetto più dignitoso, anzi, guardava addirittura con sospetto l’anziano mago.
 
“Siete a casa, signorina Granger, a casa.”
 
“Provalo,” intervenne brusco Fred, infischiandosene di dare del lei a quello lì.
 
Silente non si scompose, ma assunse un’espressione comprensiva e anche sottilmente divertita. “Ha già rivisto i suoi fratelli e i suoi amici, signor Weasley, in che altro modo posso convincerla che questa è la realtà? Vuole forse un calendario?” scherzò, facendo indispettire il diciassettenne.
 
“Non so come può provarlo,” parlò ancora Fred, tornando al lei e accantonando il tu. “Ma lo provi.”
 
“Se solo… se solo potesse convincerci in qualche modo… ecco… noi siamo molto confusi, signor preside, e spaventanti anche,” disse Hermione, non preoccupandosi di mascherare l’ansia e l’incertezza.
 
Silente li osservò paziente: comprendeva perfettamente lo stato d’animo dei due, forse, il se stesso diciassettenne avrebbe reagito anche in modo peggiore se fosse stato al posto di quei due studenti. “I vostri dubbi sono leciti ed è giusto che li esponiate, ma, ahimè, non sono certamente in grado di fugarli, è in voi e solo in voi stessi che dovete cercare le conferme di cui avete bisogno. A me è concessa la mera spiegazione dei fatti, non di più. Come vi è già stato detto, siete tornati a casa, e tutto ciò che sta accadendo ora è reale.”
 
“Siamo a casa sul serio?”
 
“Sì, signor Weasley.” Fred si aprì in un sorriso rincuorato e guardò Hermione, che sorrideva a sua volta, e mai come in quel momento si pentì d’aver seguito il proprio istinto, perché avrebbe voluto essere ancora in Infermeria, circondato dai familiari e dagli amici. “Oh, ci sarà tempo, signor Weasley, ci sarà tempo,” affermò Silente, leggendo con facilità i pensieri del ragazzo. Fred, inevitabilmente, deglutì intimorito: possibile che Silente sapesse sempre tutto?
 
“Cosa è successo? Come è riuscito a trovarci? Noi… noi eravamo nel passato…”
 
“Mi permetta d’interromperla, signorina Granger,” intervenne risoluto il preside, “ma è necessario andare con ordine affinché tutto vi sia chiarito. Per prima cosa, è bene che sappiate che non siete mai stati nel passato. Il vostro, sia beninteso, non è stato un viaggio nel tempo. Ora, prima che vi spieghi il curioso, nonché ingegnoso, funzionamento del grammofono, ho bisogno di sapere cosa avete vissuto nella dimensione che avete definito passato.”
 
I due ragazzi si scambiarono uno sguardo complice, e Fred seppe che spettava a lui raccontare, tra i due era sicuramente il più sintetico e il meno impegnato a capire, prima che il preside spiegasse, cosa diamine fosse successo. Così, il ragazzo snocciolò in poche parole ciò che avevano vissuto in quelli che, si rese conto solo in quel momento, erano stati solo sette giorni. “A me sono sembrati molti di più,” commentò in tal proposito e Hermione annuì scioccata, poiché per qualche sinistra ragione neanche lei aveva avuto la sensazione d’aver vissuto soltanto sette miseri giorni in quella realtà. “Questo è quanto. Era iniziato tutto da capo, almeno così abbiamo creduto, ma la situazione era cambiata: io ero uno del gruppo di Potter e Hermione era una Serpeverde… poi siamo scomparsi! Non ricordiamo più nulla da quel momento in poi… cioè, ricordiamo d’esserci svegliati in Infermeria, ma c’è un buco grosso come il Platano Picchiatore tra la colazione e l’Infermeria…”
 
“Interessante similitudine, signor Weasley,” concesse Silente in riferimento al Platano, e Fred ghignò. “Molto bene. Vi chiedo ora la cortesia di prestare massima attenzione alle mie parole, cercherò d’essere breve. L’oggetto con cui siete entrati in contatto, vale a dire il grammofono, non è un qualsiasi oggetto magico, bensì un oggetto plasmato dalla magia oscura, che, se azionato, intrappola nella propria illusione tutti coloro che sono a esso prossimi. È un oggetto invero molto affascinante, e anche molto potente. L’illusione che genera è strettamente legata alle vittime, iniziate a comprenderne il funzionamento?” chiese interessato.
 
“Vuol dire che se diversa è la vittima, diversa è la dimensione in cui è intrappolata?”
 
“È esatto, signorina Granger.”
 
“Quindi, se io e Fred siamo in due ed eravamo nella stessa dimensione, il grammofono ha dovuto in qualche modo unirci? Creare una situazione affine a entrambi?” proseguì Hermione, stimolata dal ragionamento.
 
“Ottima intuizione,” le concesse il preside. “Il grammofono sfrutta tutto ciò che la vittima è: il suo passato, le sue ambizioni, i suoi sogni, le sue paure, i suoi sentimenti, i suoi legami e tutto ciò che rende tale quella persona. Essendo voi in due, l’oggetto ha dovuto generare una realtà illusoria che s’adattasse in egual misura a entrambi, ecco perché la vostra dimensione era l’Hogwarts ai tempi di James Potter, perché Hogwarts vi accomuna e così l’affetto per Harry Potter e dunque il desiderio di saperlo sereno con la sua famiglia.”
 
“Ma perché lei era la ragazza di Sirius?” chiese d’istinto Fred, maledicendosi per l’avventato quesito solo quando notò il sorriso sghembo di Hermione. ‘Geloso, mister Weasley?’ avrebbe voluto chiedergli la ragazza.
 
“Il signor Black, da quanto mi avete detto, ha interpretato un ruolo ben preciso: era, in qualche modo, la barriera tra voi due, era l’elemento che vi costringeva a stare lontano l’uno dall’altra, era l’elemento che la magia del grammofono aveva scelto per separarvi e rendervi ancora più vulnerabili. Ipotizzo che il ruolo in questione sia spettato a Sirius Black perché entrambi vedete in lui la figura più vicina a un ideale padre per Harry.”
 
“Ma, allora, la storia di Minus? E stamattina, che ci siamo svegliati in una dimensione ancora diversa? E poi che giorno è oggi? Sono passati sul serio sette giorni? Perché a noi sembravano di più?” domandò ancora Fred.
 
“Abbia pazienza, signor Weasley,” rimproverò gentilmente Albus, “andiamo con ordine: il grammofono è un oggetto di magia oscura, il suo fine non è permettere alla vittima di risolvere una questione in sospeso, ma imprigionare la vittima in una dimensione fittizia. Tutto ciò che vi è accaduto non è reale, ma frutto di una magia che ha accontentato i vostri desideri, così da inghiottirvi nella dimensione fittizia. A lungo andare, avreste dimenticato del tutto la realtà.”
 
“Il nostro unico desiderio era andare via…”
 
“Vero, ma solo in parte, signorina Granger. L’idea di poter in qualche modo cancellare il passato doloroso di un vostro caro amico ha certamente influito sul vostro desiderio di andare via. L’idea di poter cambiare realmente il corso degli eventi è stata sicuramente desiderabile ai vostri occhi. Il grammofono sa chi siete e in cosa credete, ed ecco che allestisce una farsa dove il vostro compito è cambiare un evento del passato che vi avrebbe permesso di salvare non una, ma molte vite, e questo vi spiega con chiarezza perché il tramite scelto è stato Peter Minus.”
 
“Ma perché non siamo usciti dopo Minus? Perché ci siamo svegliati in un’altra dimensione ancora?”
 
“Perché, come detto, il fine del grammofono è intrappolare la vittima. Voi avreste risolto situazioni e mutato dimensione per l’eternità se qualcuno non avesse fatto scattare nuovamente il grammofono, liberandovi dalla sua magia. La seconda dimensione in cui siete stati catapultati ancora una volta accontentava le vostre personalità: lei, signor Weasley, che aveva nostalgia del rapporto col suo gemello, è stato proiettato in una realtà dove era parte di un gruppo i cui componenti sono onestamente molto simili, per attitudini, a lei e a suo fratello; diversamente, la signorina Granger, che da sempre combatte apertamente Lord Voldemort, si è ritrovata tra i Serpeverde, con amici come il giovane Crouch e Regulus Black, amici che la signorina avrebbe sicuramente dovuto salvare dal loro stesso destino.”
 
“Ma, così facendo, saremmo arrivati a scontrarci con Lei-Sa-Chi…” ipotizzò Hermione.
 
“Difatti,” confermò Silente, “e probabilmente l’avreste anche sconfitto.”
 
“Ma sarebbe stata solo fantasia…”
 
“Solo fantasia. Tornando ai dubbi del signor Weasley, sappiate che non è affatto trascorsa una settimana, ma soltanto un’ora e poco più. Il tempo scorre in maniera diversa nella dimensione del grammofono, lì scorre molto più rapidamente: dieci minuti reali equivalgono a un giorno intero nel mondo fittizio, e questo vi chiarisce anche perché avete avuto la sensazione di vivere molto più di soli sette giorni, lì.”
 
“Le sensazioni sono intensificate?” chiese Hermione, come colta da una folgorazione. “Io… io ricordo che era tutto più forte lì, più incontrollabile.”
 
“Incontrollabile è il termine corretto. Il grammofono amplia ogni sensazione, ingigantisce emozioni, percezioni, ogni cosa, in modo tale da costringere la vittima a dimenticare, per certi versi, chi è e da dove viene, poiché troppo impegnata a vivere tutto ciò che accade nel falso mondo. Questo è il motivo per cui i minuti vi sono apparsi più lunghi e i vostri umori vi sono sembrati meno gestibili: il grammofono intensifica tutto. È una trappola dei sensi, a cui sono sufficienti solo dodici ore reali per ingabbiare anima e corpo della vittima per l’eternità.”
 
“Ci… ci sta dicendo… ci sta dicendo che…” farfugliò terrorizzato Fred.
 
“Sì,” ammise con tono quasi affranto il preside. “Se avessimo trovato il grammofono dopo dodici ore, o solo dopo dodici ore fosse stata denunciata la vostra scomparsa, il processo sarebbe stato irreversibile.”
 
“Saremmo morti?” chiese esterrefatta Hermione.
 
“No, molto peggio, signorina Granger: sareste stati condannati in eterno a vivere dimensioni fittizie, non sareste cresciuti, invecchiati, morti. Non avreste vissuto, non sareste stati né vivi, né morti, ma condannati in eterno a subire i voleri della magia del grammofono.”
 
Tacquero tutti e tre per una manciata di minuti. Silente concesse ai due ragazzi il tempo necessario per metabolizzare una simile notizia, e Fred e Hermione non poterono fare altro che comprendere d’essere stati molto fortunati e, allo stesso tempo, molto ingenui, perché neanche la più fervida fantasia aveva mai ipotizzato un rischio così elevato. Si guardarono ancora e intrecciarono le dita delle mani, vogliosi di farsi forza a vicenda. Fu Fred il primo che tornò a rivolgersi al preside e lo sguardo che gli indirizzò era un chiaro invito a proseguire, dopotutto, sia il ragazzo, che Hermione avevano bisogno di ancora più dettagli.
 
“Nessuno avrebbe potuto immaginare che un oggetto di simile potenza fosse non solo in circolazione, ma anche nelle incaute mani di un commerciante.”
 
“Che ne è stato di lui? Voglio riempirlo di botte!”
 
“Fred!”
 
“Oh, lasci stare, signorina Granger, il suo amico ha perfettamente ragione,” accordò sorridendo Albus, facendo ghignare soddisfatto Fred, “ma devo egualmente deluderlo. Il signor Gaston è ad Azkaban ora, in attesa di un processo che temo lo condannerà a uno o due anni di prigionia, per aver volontariamente attentato alla vita di due studenti.”
 
Solo uno o due anni?” protestò Fred.
 
“Sono indignato quanto lei, mi creda, ma poiché il proprietario dell’emporio ignorava quale potente oggetto avesse tra le mani, è improbabile che il Ministero opti per una pena più severa,” spiegò, e i due ragazzi poterono notare una certa nota polemica, neanche troppo velata, verso il Ministero della Magia. “Ma torniamo a noi! Ora, il grammofono è, l’avete ben compreso, progettato per distruggere la vittima, dunque, nel difficile caso in cui la vittima fosse liberata, come è accaduto a voi, si ritroverebbe viva, certo, ma debilitata, privata delle energie, che sono state abilmente assorbite dalla dimensione fittizia.”
 
“Per questo ci siamo svegliati direttamente in Infermeria…”
 
“I vostri fisici sono crollati non appena tornati alla realtà, dopo settanta minuti era piuttosto prevedibile che vi fosse la perdita dei sensi, com’era prevedibile che vi sareste svegliati dopo poche ore e che, oltre a un po’ di spossatezza e dolenzia, non vi fossero altri danni.”
 
“Perché accade questo?” chiese curiosa Hermione.
 
“Per permettere all’avversario, che ha precedentemente intrappolato la vittima, di ucciderla nonostante l’essersi liberata. Lo stato fisico della vittima concede un vantaggio non indifferente al nemico, che non trova particolari ostacoli in un corpo privo di sensi.”
 
“Ma… ma chi? È stato…? Insomma, a inventarlo… è stato…?”
 
“Lord Voldemort, vuole dire?” Fred annuì rabbrividendo e Silente scosse impercettibilmente il capo. “Non è lui il creatore di quest’arma distruttiva, che richiede nella sua ideazione e creazione un ingegno e una pazienza che Lord Voldemort non ha mai posseduto. No, è una mente molto più fredda e calcolatrice quella che ha ideato il grammofono: Gellert Grindelwald,” scandì quel nome con lentezza, un po’ come ad assaporarlo e un po’ come a dargli spessore. Fred e Hermione deglutirono a vuoto: sapere d’essere stati vittime di un marchingegno di uno dei più potenti maghi oscuri di tutti i tempi non era esattamente una bella sensazione. “Fu una delle sue prime creazioni, una delle più fantasiose tra quelle note, e francamente credevo che fosse andata distrutta.” C’era traccia di rimprovero verso se stesso in quelle parole, come anche una sottilissima ammirazione per l’ingegno di Gellert, ma i due ragazzi non fecero caso a nessuno dei dettagli, poiché ancora sgomenti per quanto appena appreso.
 
“Ora cosa succede?”
 
“Nulla che possa preoccuparvi. Siete liberi, non resterà traccia in voi di quanto accaduto. Quanto al grammofono, è al momento in mio possesso e mi occuperò personalmente della sua distruzione. Le vostre famiglie sono state ovviamente avvisate di quanto accaduto, ma non ho ritenuto, consultandomi anche con la professoressa McGranitt, di convocarle qui a scuola, considerato che siete entrambi in perfetta salute. Ora, devo chiedervi di tornare da Madama Chips, scusandovi della fuga e prestando maggiore attenzione alle sue direttive.”
 
Annuirono, ricordandosi finalmente di provare vergogna per essere fuggiti come ladri con indosso dei pigiami bianchi e senza neanche le scarpe. “Cosa dobbiamo raccontare agli altri?” domandò Hermione.
 
“Ritengo saggio apportare alcune piccole modifiche al vostro racconto. Non è necessario che il signor Potter conosca ogni dettaglio.”
 
“Perché?”
 
Silente mosse lo sguardo su Fred. “Poniamo il caso che sia lei il signor Potter e che un giorno qualcuno le racconti di un oggetto che, seppur oscuro e pericoloso, gli ha permesso di vivere in un mondo dove ha potuto trascorrere le giornate con James Potter e Lily Evans. Lei, che abbiamo ipotizzato essere il signor Potter, cosa penserebbe a tal proposito?” Fred ammutolì, e Hermione anche, poiché entrambi sapevano che, al posto di Harry, avrebbero fatto di tutto per finirci, in quella dimensione. “Esattamente,” concluse Silente, che aveva ben interpretato quei silenzi.
 
“Quindi, inventiamo? Inventiamo qualsiasi cosa?”
 
“Suggerisco, signorina Granger, di lasciare al signor Weasley il compito di modificare la storia, dopotutto, a giudicare da quei curiosi dolcetti che simulano influenze e malanni, lui e il suo gemello sono dotati di una fervida fantasia!” affermò allegro Silente, facendo arrossire Hermione e sbiancare Fred: il vecchio sapeva anche quello!
 
“Ho ancora un dubbio, posso?” chiese timidamente Hermione, e Silente annuì, invitandola a proseguire. “Se tutto ciò che abbiamo vissuto è stato frutto della magia, allora anche le personalità di Sirius, Remus e di tutti gli altri erano alterate? È per questo che James ha subito dubitato di Peter? Che Lily non ha trovato assurdo il ‘viaggio nel tempo’? Io… sono molto confusa…”
 
“Sì e no.” La risposta di Silente dipinse un dubbio ancora più ‘dubbioso’ sul volto di Hermione, mentre fece inarcare le sopracciglia a Fred, che iniziò a credere che al preside mancasse davvero qualche rotella. Che razza di risposta era ‘sì e no’? “Vi vedo confusi,” scherzò Albus, “cercherò di chiarirvi la cosa, prestate attenzione! La situazione prospettata dal grammofono è realistica, ma non reale, ciò significa che rispecchia superficialmente la realtà, dunque sì, le personalità di James e degli altri erano sicuramente simili a quelle originali, ma non identiche. Le differenze erano in quei dettagli che permettevano a voi due di andare avanti nella storia, di ‘risolvere’ l’enigma proposto dal grammofono. Allora, a voi sarebbe servita la collaborazione di Lily, e il grammofono crea una Lily molto legata a Fred, una Lily che al momento giusto non porrà domande, ma vi aiuterà a risolvere la questione. Allo stesso tempo, la relazione tra Sirius e Hermione vi ha permesso di essere già parte del gruppo, ma ha anche permesso al grammofono di separarvi. Quanto a James e alla risoluzione del problema, il grammofono ha semplicemente accontentato i vostri desideri: era vostro desiderio smascherare Peter e il grammofono non vi ha posto ostacoli, non sarebbe stato funzionale. Accondiscendere ai desideri della vittima rende quest’ultima soddisfatta e la stimola a essere sempre più parte della dimensione fittizia.”
 
“Quindi, il grammofono ci ha aiutati?”
 
“No. I passi in avanti deve farli la vittima e nessun altro. Mi avete detto che è stata la signorina Granger a escogitare l’inganno per smascherare Peter Minus, vi siete chiesti il perché?”
 
“Perché Potter e gli altri non volevano sul serio smascherare il loro amico, non volevano le prove del suo tradimento,” rispose prontamente Fred.
 
Silente scosse il capo. “Non è esatto. L’inganno, affinché funzionasse, doveva essere frutto di uno di voi due, semplicemente perché il grammofono non avrebbe mai risolto la questione al vostro posto. È la vittima a doversi impegnare, non gli attori della farsa. Questo chiarisce anche perché tutto si sia risolto molto rapidamente, in modo quasi banale oserei dire.”
 
“Sì… Peter ha subito ceduto… è stato facile smascherarlo, forse anche troppo…” rifletté Hermione.
 
“Perché la questione era ormai esaurita! Il grammofono necessitava di una situazione nuova, in cui avrebbe potuto assorbirvi ancora di più.”
 
“Ma noi non avevamo dimenticato affatto la realtà, volevamo solo tornare a casa. Quello stupido aggeggio ha fallito con noi!”
 
Silente rivolse uno sguardo paterno a Fred, quasi intenerito dall’ingenuità del ragazzo. “Oh, no, signor Weasley, certi aggeggi non falliscono mai. In voi era ancora forte il desiderio di tornare a casa, così come i ricordi legati alla vostra vita, quella vera, questo è indubbio, ma non può negare che qualcosa stesse già cambiando. Avete raccontato d’esservi svegliati in una dimensione ancora diversa, e come avete reagito? Siete scappati? Siete tornati immediatamente all’emporio? Avete aggredito qualcuno?” domande retoriche quelle di Silente, che fecero sgranare gli occhi ai due ragazzi. “No. Vi siete limitati a cercarvi, a mostrare un po’ di stupore, ma tutto sommato vi siete adeguati immediatamente, prendendo posto laddove era stato deciso. Non ve ne rendevate conto, com’è normale che sia, ma stavate già divenendo parte dell’illusione. Il vostro inconscio aveva iniziato ad accettarla.”
 
Non c’era più nulla da dirsi, seppure i due ragazzi avrebbero volentieri pregato Silente di rispiegare tutto dal principio, perché quella storia continuava ad apparire inverosimile e assurda. Ma Silente non concesse altro tempo, invitando entrambi a tornare da Madama Chips, così da poter restare solo nello studio. Solo quando i due studenti si chiusero la porta alle spalle si udì tossire, al fine di richiamare l’attenzione, uno dei ritratti dei defunti presidi di Hogwarts.
 
“Non ti aveva detto d’averlo distrutto?” disse l’ex-preside in questione, insinuante. “E tu cosa farai, Albus? Distruggerai l’invenzione del tuo vecchio amico?”
 
Silente non rispose a quelle retoriche domande, limitandosi ad alzarsi in piedi e a dirigersi verso un armadio chiuso a chiave: il grammofono era lì. Lo sapeva l’anziano mago, che la cosa giusta fosse distruggerlo.

 
****
 

“Eccovi, finalmente... State bene?”
 
La domanda di Harry fu soffocata da un abbraccio di Hermione, che non perse tempo a sussurrargli quanto le fosse mancato. A poca distanza, Fred era stretto nella morsa dei fratelli. Li avevano attesi all’esterno dell’ufficio del preside i ragazzi, in compagnia della McGranitt. Qualche decina di minuti più tardi, i due ‘evasi’ tornarono in Infermeria, dove soltanto la paziente spiegazione di Minerva poté placare le ire di Madama Chips. Fu lì che, rimasti in compagnia di George, Ron, Ginny, Harry e Lee, Hermione e Fred raccontarono l’accaduto, anzi, Fred raccontò l’accaduto – come consigliato da Silente. Raccontò tutto ciò che era successo, eliminando dalla storia i vari James, Lily, Remus e affini, sostituendoli con ragazzi dai volti e i nomi anonimi.
 
“Cosa dovevate fare?” chiese incuriosita Ginny.
 
“Scovare il traditore, quello che aveva rubato la ragazza al tizio di cui vi ho detto prima, nemmeno ricordo come si chiamava…”
 
George osservava allucinato il gemello, ancora terrorizzato da quanto appena appreso: aveva davvero rischiato di perderlo per sempre ed era una consapevolezza che riusciva a farlo rabbrividire. A interrompere ‘l’allegra’ rimpatriata fu però Madama Chips, che impose ai visitatori di tornare alla loro Sala Comune.
 
“Ma li abbiamo appena rivisti!” protestò offeso Ron.
 
“Sono stati via solo un’ora,” sbottò annoiata la Chips, “e potete certamente sopravvivere un altro paio d’ore senza di loro. Su, via tutti, l’orario delle visite è finito.”
 
“Faccia rimanere qualcuno,” azzardò Fred.
 
“Poche storie, domani mattina sarai già in piedi, quindi prendi il ricostituente e mettiti a dormire.”
 
Inutile dire che ogni forma di protesta fu assolutamente inutile dinanzi all’inflessibilità di Madama Chips, infastidita sia dal trambusto causato da così tanti studenti, che dall’aver visto fuggire due pazienti sotto al proprio naso. Fu quando s’allontanò per recarsi da un altro povero studente, che Fred scese dal suo letto e si sedette, pur non essendo stato invitato, su quello di Hermione, che, seduta a sua volta, rifletteva sull’intera faccenda.
 
“Ciao,” disse lui.
 
“Ciao,” rispose lei.
 
“Non troppo entusiasta, eh,” scherzò Fred. “Siamo fuori…”
 
“Così sembra,” ribatté Hermione, degnandosi di guardarlo in volto. “Come stai?”
 
“Male, a dire il vero, credo di non aver capito ancora cosa è successo. Tu?”
 
“Male, a dire il vero,” gli fece scherzosa il verso. “Abbiamo rischiato parecchio, però almeno avevamo capito che si trattava di una finta realtà.”
 
“Quello sì, a quello eravamo arrivati.”
 
“Era tutto finto, quindi,” affermò la strega con tono così ambiguo che non fu chiaro neanche a lei se stesse parlando ancora del ‘falso passato’ o di qualcos’altro.
 
Fred, che evidentemente optò per il qualcos’altro, scosse il capo, incastrando nuovamente le proprie dita in quelle di lei. “Non tutto, non per me.”
 
“Signor Weasley, fila immediatamente nel tuo letto!”
 
Fred imprecò, facendo arrossire di rabbia la Chips: lui detestava quella donna. E mentre il ragazzo tornava costretto al suo letto, Hermione si lasciò sfuggire un sorriso molto, molto ebete.  








 
Angolo Autrice:
Salve! In questo capitolo la spinosa questione del 'grammofono' è stata chiarita (o almeno spero!). Ovviamente, nella saga originale non esiste nessun grammofono inventato da Grindelwald
, è tutto frutto della mia contorta fantasia! Spero d'essere riuscita a spiegare il funzionamento dell'oggetto in modo chiaro, nella mia mente è sempre stata molto semplice la spiegazione, ma ammetto che dovendo metterla su carta ho incontrato qualche difficoltà! Spero che questa 'risoluzione' vi sia piaciuta e, chissà, magari qualcuno di voi aveva anche immaginato qualcosa del genere! Per maggiore chiarezza, preciso che le dodici ore reali, necessarie a intrappolare la vittima nell'illusione per l'eternità, corrispondono a due mesi e mezzo circa nella dimensione parallela. Fred e Hermione, precisamente, sono stati intrappolati per circa settanta ore, quindi hanno trascorso circa sette giorni (era appena iniziato l'ottavo!) nella realtà creata dal grammofono.
Detto questo, colgo l'occasione per ringraziare tutti coloro che preferiscono/ricordano/seguono e tutti coloro che recensiscono! Grazie infinite!
Al prossimo capitolo!

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Capitolo 15
*** Effetti collaterali ***


Quando Hermione schiuse gli occhi, venne travolta da una sensazione a dir poco meravigliosa, perché era a casa e consapevole d’esserlo. Persino il biancore dell’Infermeria e il tanfo di medicinale sembravano particolari stupendi e fu col sorriso sulle labbra che si volse in direzione del letto di Fred.
 
“Buongiorno,” esordì lui, che era sveglio da un bel po’ ormai.
 
“Credi che possiamo tornare nelle nostre stanze?” chiese titubante Hermione, cercando di non badare allo stomaco improvvisamente in subbuglio.
 
“Possiamo provare a chiedere!”
 
Un cucchiaio di ricostituente a testa, un paio di raccomandazioni e dieci minuti dopo, i due ragazzi erano effettivamente autorizzati a tornare nei loro dormitori. Indossando semplicemente il mantello della divisa, uscirono silenziosi dall’Infermeria. Non avevano bisogno di dirsi nulla in quel momento; al contrario, c’era in entrambi la voglia di godersi il rumore dei propri passi e dei propri respiri e il borbottio indisciplinato di qualche ritratto e quell’aria speciale che si respirava lì, a Hogwarts, a casa.
Il giorno precedente niente era sembrato così bello e così familiare, era anzi tutto confuso e imbruttito dai mille e più dubbi che impedivano a quei due adolescenti di ridere rincuorati. Quando giunsero dinanzi al ritratto, dovettero impegnarsi per svegliare la Signora Grassa e convincerla ad aprirgli il varco. Fred lasciò che fosse Hermione a entrare per prima e solo quando entrambi furono dentro degli applausi festosi giunsero alle loro orecchie.
 
“Siete riusciti a liberarvi della vecchia megera!” commentò allegro Lee, abbracciando prima Fred e poi Hermione, che si irrigidì dinanzi a tanto affetto. “Oh, Granger, non fare quella faccia! In fondo, ho sul serio temuto d’aver perso il Prefetto più rompi-bolidi della storia di Hogwarts!” scherzò ancora il mago, facendo ridacchiare un po’ tutti.
 
I tutti in questione si riducevano ai fratelli – e sorella, naturalmente – di Fred, Harry, Lee e Angelina, che non perse tempo a stritolare Fred in un abbraccio, sussurrandogli d’aver saputo quanto accaduto e d’essere indignata all’idea che il colpevole non sarebbe stato condannato neanche a una decina d’anni di reclusione. Il diciassettenne rise dell’aria imbronciata del Capitano di Quidditch e ricambiò la stretta, sussurrandole quanto fosse ‘deliziosa’ a preoccuparsi per lui. Hermione, a poca distanza dai due, non riuscì a soffermarsi sull’evidente sarcasmo di cui era impregnata la parola ‘deliziosa’, ma seppe solo incupirsi prima e fingere indifferenza poi: ‘deliziosa’ aveva scatenato nuovamente tutti i dubbi e le paure della strega, che ricordò d’aver messo fine al logorante rapporto con Fred già nella dimensione parallela. Distrattamente, ripeté per l’ennesima volta a Harry di stare bene e che né la Umbridge, né Voldemort fossero in qualche modo responsabili del grammofono.
 
“Te l’ho detto, è stato Grindelwald a crearlo.”
 
“Sì, me l’hai detto,” concesse Harry, “ma Voldemort o la Umbridge avrebbero potuto metterlo nelle mani di quel tizio!”
 
“Dai, Harry, ti pare che Tu-Sai-Chi perde tempo con un grammofono? E Faccia da Rospo è troppo affezionata a Caramell per mettere in giro un coso che fa passare per idiota il Ministero… al massimo, lo metteva nella scuola, così a passare per idiota era Silente,” disse Ron, che col suo solito modo di fare spiccio pose fine alla questione sollevata dall’amico di sempre.
 
“Sarà…” concluse poco convinto Harry, facendo affiorare un tenero sorriso sul volto di Hermione.
 
****
 
“Bisogna solo riempirli di botte,  a infami come quello lì.”
 
Quelle parole erano state pronunciate dal ‘saggio’ Seamus durante il pranzo, che fu quello di bentornato per Fred e Hermione; invero, l’irlandese aveva riassunto un po’ il pensiero di tutti: bisogna solo riempirli di botte aveva molti più consensi di verrà processato; il signor Gaston non aveva mai goduto di tanto astio come in quel periodo! Fred, in particolare, aveva scalpitato per tutta la settimana successiva, cercando di convincere il gemello a fuggire dalla scuola, recarsi con i manici di scopa ad Azkaban, ridurre in brandelli tutti i Dissennatori e le eventuali guardie che si sarebbero frapposti tra loro due e la cella di Gaston, liberare il suddetto Gaston dalla cella e riempirlo di botte. George aveva dovuto fare appello a tutto il proprio autocontrollo per non cedere alla tentazione di zittire con un incantesimo il fratello: insomma, andava bene tutto, ma quel piano era troppo anche per loro. Hermione, diversamente dall’impulsivo e offeso Fred, aveva deciso di accantonare la brutta storia, sperare nella giustizia del Ministero e impegnarsi nello studio: in sostanza, nulla di nuovo.
Quella mattina, a distanza di ben otto giorni dal ritorno alla realtà, Fred si degnò di alzarsi dal letto un’oretta prima delle lezioni – in genere, si tirava su una quindicina di minuti prima –, così da recarsi in Sala Grande quando questa, fatta eccezione per pochi diligenti o insonni studenti, era decisamente vacante.
 
“Chi sa perché non sono sorpreso di vederti già qui!” scherzò Fred una volta arrivato al tavolo Grifondoro.
 
Hermione sollevò gli occhi dal libro di Rune e ingoiò veloce il boccone. “Spiacente di non poter dire lo stesso,” controbatté a tono, dando un altro morso al croissant.
 
“Che ci vuoi fare, c’è gente che dorme a questo mondo!” Così dicendo, sedette anche lui, prendendo posto accanto alla strega. “Come va?” domandò con finta noncuranza, scegliendo per la colazione del Succo di Zucca, un croissant alla crema e un sorta di ciambellina a cioccolata.
 
“Bene,” rispose Hermione con altrettanta finta noncuranza. “A te?”
 
Fred buttò giù il Succo di Zucca in un unico sorso e le rispose che andava tutto bene, certo. Andarono avanti così, con domande generiche, che si tenevano ben distanti da ciò che avrebbero voluto realmente dirsi e chiedersi. A nulla valse che il ragazzo si fosse alzato prima del solito proprio per avvicinarla, parlarle, capire perché continuasse a sfuggirgli ogni volta che si ritrovavano soli, cosa che, tra l’altro, succedeva sempre più di rado: tra lezioni, punizioni di lui e impegni di lei, amici, conoscenti e qualsiasi altra cosa o persona, erano ben otto giorni che non riuscivano a ritagliarsi un momento. Ed era strano, era molto strano: s’erano così abituati in quella dimensione fittizia a condividere le giornate, che era stato difficile ritornare alle proprie vite e ricordare che non esistevano loro due insieme.
 
“Arrivo io e va via lui, di cosa parlavate?” chiese d’istinto Harry, che, appena giunto in Sala Grande, non poté evitare di notare la fuga di Fred.
 
“Niente di che,” rispose ansiosa Hermione, che evitò lo sguardo dell’amico. “Perché?”
 
“Siete un po’ strani da quando siete tornati,” affermò cauto.
 
“Siamo solo un po’ confusi, Harry, niente di più.”
 
“Mah… però, io ho notato che lui ti gua…”
 
“Come va con Silente? Continua a evitarti?”
 
L’interruzione brusca di Hermione, com’era prevedibile, causò malumore nel Prescelto, che, ripensando alla spinosa faccenda di Silente, dimenticò la questione dell’amica, s’immusonì e consumò in silenzio il suo Succo. In Hermione s’affacciò un timido senso di colpa, non era certamente cattiva, ma non poteva permettere a Harry di entrare in quel campo minato che era il suo rapporto con Fred; lei, cercava di convincersi, non aveva un rapporto con Fred. Trascorsero il resto della colazione in silenzio, solo l’arrivo di Ron stemperò la tensione e Hermione ne profittò per sgattaiolare via dalla Sala Grande, inseguendo il filo dei propri pensieri: erano stati giorni così diversi, quasi spaventosi! Alle volte, aveva persino sentito la mancanza di quel mondo fittizio e sperato che il Sirius sedicenne sbucasse da un angolo e l’abbracciasse, facendo ingelosire Fred. Altre volte, invece, aveva guardato Harry e aveva rivisto in lui lo sguardo di Lily e i capelli ribelli di James e di nuovo un particolare di Lily e di nuovo un particolare di James. Per quanto fosse tornata alla realtà, la sensazione di poter impazzire da un momento all’altro le era rimasta appiccicata addosso.
 
“Ehi!”
 
“Ginny, buongiorno!” salutò stranita Hermione.
 
“Dove vai?”
 
“Pozioni,” spiegò con una smorfia.
 
“Ti accompagno, ho un’ora buca.”
 
“Come mai?”
 
“Sembra che la Sprite sia stata morsa da una delle sue strane piante…”
 
“Ma è orribile!”
 
Ginny si strinse nelle spalle, sogghignando. “Poco male, almeno non ho lezione! Ma lascia perdere la Sprite, come va con Fred?”
 
Come sempre accadeva, Hermione s’incupiva e ripeteva che ‘non poteva andare, perché non c’era niente tra loro’, affermazione a cui seguiva lo sbuffo spazientito di Ginny, che contrariamente al resto del mondo, fatta eccezione per George, era a conoscenza di cosa fosse realmente accaduto nell’universo del grammofono. Hermione aveva lottato con se stessa per ben quattro giorni prima di rivelarle tutto, non voleva venire meno all’ammonimento di Silente, ma il bisogno di sfogarsi era stato più forte e la scelta era ricaduta su Ginny; d’altronde, a Harry non poteva assolutamente raccontare nulla e lo stesso valeva per Ron, che non sarebbe stato in grado di tenere la bocca chiusa con l’amico.
 
“Dovresti fare qualcosa!” insistette Ginny, accalorandosi.
 
“Non devo fare niente, invece, non insistere!”
 
Sbuffò ancora la piccola di casa Weasley, sempre più contrariata. “Ma perché? Gli piaci, credimi, gli piaci! E poi non vedi come ti cerca? Ti guarda, tenta di parlarti… si vede che gli interessi, perché ti ostini a tenerlo lontano?”
 
Hermione deglutì, fissando un punto indistinto del Sotterraneo. “Perché a lui piaccio, ma io sono…”
 
“Sei?”
 
Scosse il capo, rifiutandosi di ripetere quell’innamorata a cui, tempo prima, era seguito solo il silenzio di Fred. “Io sono troppo coinvolta, la cosa migliore è stargli lontano.”
 
Così detto, Hermione si rifugiò nell’aula di Pozioni, constatando con sollievo d’essere ancora l’unica presente. Piton era l’ennesimo effetto collaterale dello stupido grammofono! Avvertiva un terribile imbarazzo in sua presenza, perché lo ricordava sedicenne e solo e ricordava anche d’aver sentito più volte Sirius e James chiamarlo ‘Mocciosus’, momenti in cui s’era sentita addirittura dispiaciuta per l’unticcio professore. Ad ogni modo, guardarlo in volto e non arrossire o ridacchiare – pensando a tutto ciò che le aveva raccontato Sirius – era diventato decisamente difficile.
Diligente come al solito, e soprattutto vogliosa di non pensare ai drammi sentimentali, sfilò il libro dalla borsa e lo poggiò sul banco, con delicatezza sfogliò le pagine sino al capitolo che Piton aveva assegnato e iniziò a rileggerlo dal principio… Iniziò, certo, perché qualcuno entrò nell’aula e le afferrò il braccio.
 
“Poche storie, ragazzina,” disse il qualcuno, “vieni con me.”
 
Hermione si voltò e, come s’era aspettata, si ritrovò Fred a un palmo di naso. “Questa non è la tua aula, Fred.”
 
Fred ghignò con evidente soddisfazione e non accennò ad allentare la presa. “Ormai, non fingi nemmeno di confondermi con George, ne sono lusingato!”
 
“Idiota,” l’apostrofò imbarazzata Hermione. “Dopo quello che abbiamo passato, è il minimo che ti riconosca,” ammise con un certo fastidio, consapevole d’aver appena nutrito l’orgoglio di quel Grifondoro da strapazzo. D’altronde, realmente non faticava più a distinguerlo dal gemello, si chiedeva anzi come avesse potuto confonderli in passato, erano così diversi! Ad esempio, la voce di Fred era perennemente corrotta dal sarcasmo e dalla provocazione, così come le sue labbra erano sempre increspate in sorrisetti maliziosi, George, diversamente, aveva l’abitudine di parlare con tono ingannevolmente amichevole, esibendo sorrisi che camuffavano il ghigno; anche nella postura erano diversi: Fred aveva quasi sempre le mani in tasca, mentre George aveva il vizio di grattarsi la nuca, scompigliarsi i capelli o accompagnare le parole con eloquenti gesti. Erano diversi e a lei ora sembrava assurdo che nessuno lo notasse.
 
“Ti sei incantata?!” chiese con sarcasmo Fred, strappandola al flusso di pensieri. “Dai, sbrighiamoci, prima che arrivino gli altri.”
 
Non le permise d’obiettare ancora, perché la trascinò via, impedendole anche di raccattare borsa e libro; Hermione puntò i piedi a terra, sbraitò contrariata, ma nulla servì contro la determinazione di Fred, che, giunti nel tratto meno popolato del Sotterraneo, la costrinse con la schiena a una colonna e si fermò davanti a lei, tenendole i polsi con le proprie mani. Braccata, ecco com’era Hermione, e lo sapeva lei, che avrebbe dovuto infuriarsi e rifilargli ogni epiteto di cui era a conoscenza, ma tutto ciò che riuscì a fare fu zittirsi e rendersi conto che la vicinanza di quel pazzo le era mancata terribilmente. Ciononostante, orgogliosa come e più di sempre, si limitò a fissare lo sguardo sul volto del ragazzo, sforzandosi d’apparire infastidita oltre ogni misura dall’atteggiamento prepotente. Fred, che era notoriamente uno spericolato, non badò affatto all’espressione irritata di lei, ma s’avvicinò sempre più, così che i loro corpi potessero sfiorarsi, e gli sembrava di sentirli, i muscoli tendersi elettrizzati all’incontro con il corpo di lei. Per un breve istante, lo spavaldo Weasley ebbe la salivazione azzerata e il timore di non poter articolare parola alcuna fu assurdamente reale.
 
“Vuoi tenermi qui tutto il giorno?” esordì sprezzante Hermione, disciplinando la strana eccitazione che s’era impossessata di lei. “Cosa vuoi?” chiese ancora, come se parlare potesse disintegrare le nuove sensazioni.
 
“Ti sembrerà strano, ma voglio capire,” rispose Fred, sforzandosi a sua volta d’apparire pacato e con pieno controllo di sé.
 
“Capire?” gli fece eco stranita. “E cosa?”
 
Te.”
 
“Me?”
 
Fred chiuse gli occhi, strinse i pugni intorno ai polsi di lei, provocandole una leggera dolenzia, e sbuffò. “Ne ho davvero abbastanza,” esordì d’un tratto, mandando al creatore la pacatezza e lo stentato autocontrollo. “È da quando siamo tornati che mi eviti, Hermione, da quanto siamo tornati! Io mi avvicino e tu sparisci, io ti parlo e tu non ascolti. Cosa diamine ti prende?”
 
Il tono s’era alzato più del dovuto e il volto di Fred, senza che la ragione potesse impedirlo, s’era avvicinato oltre ogni buon proposito a quello di lei, quasi come se volesse aggredirla e poi baciarla e di nuovo aggredirla e ancora baciarla. Hermione deglutì a vuoto, scossa dalle parole, dalla vicinanza, dal calore, da... No, non poteva permettergli di soggiogarla di nuovo.
 
“Cosa ti aspettavi, Fred?” chiese dura, come se lui non avesse alcuno effetto su di lei. “Io ti ho detto una cosa quando eravamo in quella dimensione e tu sei rimasto zitto e sei andato via… Cosa ti aspettavi?” ripeté con voce flebile. “Cosa ti aspetti?” domandò ancora, ponendo enfasi sul tempo presente del verbo. Inevitabilmente, il ricordo della Guferia non tardò ad aggredirla, e lei arrossì e maledisse se stessa per essersi esposta tanto. Ma cosa le era saltato in mente? Dirgli addirittura sono innamorata di te! Troppo, gli aveva detto troppo.
 
Fred tacque. Per la prima volta, Fred Weasley non sapeva veramente cosa dire e la tensione che si dipinse sul suo volto espresse con chiarezza quanto le parole di Hermione lo avessero turbato. Nonostante non fosse esattamente nella sua indole, più volte i pensieri del ragazzo erano tornati a quella Guferia e a ciò che era accaduto, e lo ricordava molto bene, quanto l’avesse destabilizzato la schiettezza di lei: sono innamorata di te era sincero, era inequivocabile, era reale, ma era anche impegnativo, a tratti terrificante: innamorata era una parola grossa. Quella fu l’ennesima volta in cui Fred si ritrovò a chiedersi se lui fosse innamorato di lei così come lei era innamorata di lui. Deglutì. Non ci riusciva, non sapeva cosa dire e neanche come dire! Gli sembrava d’essersi tramutato in uno stupidissimo Troll e solo un dettaglio gli era evidente: era emozionato come mai prima d’allora. Neanche avrebbe saputo catalogarla, quell’adrenalina che gli infuocava pelle e muscoli e ossa… Non avrebbe proprio saputo catalogarla, ma non gli importò affatto il catalogare, gli importò esclusivamente di lasciarle i polsi, così da poter incastrare le proprie dita in quelle di lei e gli importò ancora ed esclusivamente di inclinare il viso e avvicinarlo al punto da disintegrare l’aria che si frapponeva tra le loro labbra e solo a quel punto gli importò anche di indirizzarle uno sguardo che chiedeva una sorta di goffa autorizzazione a procedere, e lei si limitò a schiuderle, le proprie labbra, e a calare le palpebre, cercando nel corpo di Fred il calore e sulla sua bocca una risposta. E se i secondi scorrevano rapidamente, era la lentezza estenuante che accompagnava quei due ragazzi nel consumarsi a vicenda; senza avvedersene, si ritrovarono l’uno schiacciato contro l’altra, le mani dell’una sulle spalle dell’altro e le mani dell’altro sulla schiena dell’una, così vicini, cosi insieme, che sembravano far parte sul serio di una realtà parallela, ma una realtà che apparteneva soltanto a loro due e che in loro due nasceva. D’improvviso, come se si fosse udito lo squillo di un campanello d’allarme, Hermione si irrigidì tra le braccia di Fred, al punto da smettere di baciarlo e da costringere lui ad allontanarsi confuso, scosso e inappagato.
 
“Cos’hai?” sussurrò a fatica, col respiro che mancava.
 
“È solo questo che vuoi?”
 
“Di cosa stai parlando?”
 
“È solo questo che vuoi?” ripeté lei, che aveva il respiro mozzato esattamente come lui. “Fred, rispondimi.”
 
“Non capisco.”
 
Un sorriso amaro corruppe l’espressione di Hermione, che spinse via Fred con i palmi delle mani e si liberò dalla sua morsa, accorgendosi solo in quel momento d’avere poca stabilità sulle gambe, uno strano tremore e molto freddo. Scioccamente, chiese a se stessa se fosse lui a renderla così debole e vulnerabile o fosse la sua assenza. “A me non basta.”
 
“Ma cosa?” chiese alterandosi. Era esasperato.
 
Questo,” dichiarò con ovvietà, indicandosi e indicando lui. “Non mi basta piacerti, Fred, non mi basta rintanarmi in un angolo quando ne hai voglia… Non mi basta.”
 
“E cosa ti basta?”
 
Hermione lo guardò con eloquenza e lui ricambiò con fierezza quell’espressione. Era chiaro cosa intendesse lei, com’era chiaro che lui potesse darle quello che le sarebbe ‘bastato’, perché era ormai evidente che fosse innamorato di lei così come lei era innamorata di lui, ma tra il saperlo e l’ammetterlo c’era di mezzo, non il mare, ma l’intera galassia, almeno per Fred Weasley.
 
“Se ti organizzo un appuntamento?” azzardò lui con tono a metà tra il serio e il sarcastico. Hermione neanche rispose, si limitò ad andare via, cercando di concentrarsi sul sicuro rimprovero – con annessa punizione e detrazione di punti – di Piton, quando sarebbe entrata in aula in ritardo. Fred la osservò allontanarsi e non la fermò, di nuovo. Dopotutto, avrebbe dovuto saperlo lui, che prima o poi la saggia Wendy avrebbe ritenuto che l’addio all’intrigante Peter Pan fosse l’unica soluzione possibile e soprattutto logica.
 
 
26 dicembre 1995 – Grimmauld Place
 
 
“Ehi, George, guarda un po’ cos’ha Ron, non è forse una foto della Umbridge?!”
 
“Smettetela! Non è mia!”
 
“Sì, come no! Ma non devi vergognarti con noi, ognuno ha i suoi gusti, anche se i tuoi fanno un po’ schifo!” esclamò pungente George, che spalleggiava allegro il gemello.
 
“Siete due idioti! Neanche per scherzo dovete dire che a me piace questa qui!” sbottò Ron, continuando ad apparecchiare.
 
Fred ghignò. “Hai ragione, fratellino, lei è troppo anche per te! Allora, te la fai con la Chips? Sembra un tipo focoso!”
 
“Ma non avete di meglio da fare?” sbraitò ancora il più piccolo, facendo ridacchiare gli altri due.
 
In realtà, i due gemelli avrebbero avuto tanto altro da fare, ma la tentazione di far innervosire Ron al punto da fargli combinare qualche disastro con i piatti e le posate era più grande: vedere Molly Weasley infuriarsi con un figlio che non fosse uno di loro due era uno spettacolo assolutamente impagabile e, dopo di loro, nessuno riusciva a far arrabbiare Molly come Ron. Dall’altro lato del salone, Ginny e Hermione ascoltavano la radio assieme a Sirius, che decantava la bravura di una band in voga quando lui era a scuola.
In quei giorni, come per magia, l’atmosfera natalizia e l’essere riuniti sotto lo stesso tetto avevano smussato i toni tetri del difficile periodo e, in alcuni momenti, si riusciva a strappare una risata persino a Harry, che quella sera era in soffitta con Fierobecco e Bill.
 
“Questa non è musica che si balla! Assolutamente no!” stava dicendo Hermione a Sirius, e Ginny annuiva concorde.
 
“Bimba, non sai di cosa parli! Ai miei tempi, ballare questa canzone era la strategia perfetta per conquistare le ragazze!” ribatté sicuro Black.
 
Hermione dovette mordersi le labbra per evitare di svelare a Sirius una grande verità: bello com’era da ragazzo – almeno da sedicenne! – non aveva certo bisogno di una canzone e di un ballo per conquistare una ragazza. “Sciocchezze,” disse infine, stemperando il proprio imbarazzo. Sirius ghignò apertamente e d’impulso afferrò la ribelle strega in vita e l’avvicinò a sé. Hermione avvampò in modo indecente. “Sirius, lasciami, che fai!” biascicò, tentando d’allontanarlo.
 
“Ti dimostro quello che dico! Alla fine del ballo, dovrò chiuderti a chiave in bagno per tenerti lontana da me!”
 
Così dicendo, Sirius la costrinse realmente a ballare, seguendo la musica che imponeva un ritmo lento e intimo. Naturalmente, sul volto dell’adulto Black non v’era traccia alcuna di malizia, ma solo di infantile sfida, che fece sogghignare Ginny, ridacchiare Ron e George e scricchiolare la mascella di Fred. Quest’ultimo, difatti, sembrava essersi ‘incantato’, disinteressandosi completamente dei fratelli, aveva occhi soltanto per Hermione, la sua Hermione, e le braccia del pallone gonfiato che la stringevano. Era di nuovo nel grammofono o cosa?
Non l’aveva calcolato Fred, ma lo fece: strappò letteralmente la ragazza dalle braccia di Sirius, gli rifilò uno o due epiteti, che se fossero giunti alle orecchie di Molly gli avrebbero procurato punizioni e batoste per un anno intero, e lo fronteggiò anche, il ‘rivale’, osservandolo con crescente rabbia.
 
“Ma sei impazzito?” urlò Ron, che capiva ben poco, essendo all’oscuro dei trascorsi tra il fratello, Hermione e il ‘finto’ Sirius.
 
“Ben detto, Ron. Sei impazzito?” s’accodò perplesso Felpato.
 
“Devi starle alla larga,” ribadì Fred, “e non sono impazzito!”
 
 
“Non sono impazzita, Fred!”
 
“Io dico di sì, perché, sai, non mi risulta che vai in giro a detrarre punti ai Grifondoro.”
 
“Angelina era fuori dalla sua stanza oltre l’orario,” specificò saccente lei, senza sollevare lo sguardo dagli appunti. “Le regole non le ho fatte io.”
 
“Le regole dicono che un poveraccio non può stare nella sua Sala Comune oltre l’orario?” domandò lui spazientito.
 
“Esatto.”
 
“Ma fammi il piacere! Lo conosco bene, il regolamento, altrimenti non saprei cosa posso e cosa non posso fare per non essere sbattuto fuori,” precisò. “Ce l’hai con Angelina?”
 
“Neanche la conosco,” commentò lei distrattamente. “Lei è amica tua, non mia,” aggiunse gelida, marcando particolarmente la parola ‘amica’, così da darle enfasi e caricarla di ‘significati nascosti’.
 
Fred le sollevò il mento con poco garbo, costringendo Hermione a guardarlo. “Hai detto bene: amica. Se non mi credi, chiedi a Lee, visto che è la sua ragazza. Ora chi è l’infantile?”
 
 
“Ora chi è l’infantile?” sbottò Hermione, impedendo a Sirius di ottenere una spiegazione plausibile.
 
Fred infilò le mani in tasca, sollevò le sopracciglia e tacque per un breve istante, concedendosi il lusso di osservare una Hermione inviperita, che aveva le braccia conserte, il cipiglio severo e tutta la treccia in disordine. “Non devi ballare con lui.”
 
“Questa è bella!” concesse sarcastica Hermione, infischiandosene di star dando spettacolo. “Questa è davvero bella! Tu che dici a me cosa fare.”
 
“Ecco, brava, hai capito il concetto.”
 
Neanche s’accorsero i due litiganti che George e Ginny s’erano impegnati al fine di lasciarli soli nel salotto, convincendo Ron e Sirius – ovviamente, in cambio di ‘notizie’ – ad uscire senza sbraitare troppo.
Erano stati molto, molto lunghi i mesi che avevano visto Hermione e Fred distanti; in seguito alla discussione nei Sotterranei, avevano dignitosamente smesso di cercarsi, preferendo ignorarsi e fingendo che nulla fosse accaduto. Così, almeno in apparenza, lei aveva ripreso la sua vita e lui la sua; a distruggere il precario equilibrio erano stati tanti piccoli episodi, che avevano portato i due ragazzi a scontrarsi più volte, lasciando sempre qualcosa di irrisolto tra loro, qualcosa che li obbligava a cercarsi nonostante si ignorassero e a discutere nonostante non volessero. Non in pochi a scuola s’erano accorti che il rapporto tra lo scherzoso Weasley e la studiosa Granger era cambiato, peccato che i due interessati si rifiutassero d’affrontarlo, il cambiamento.
 
“Nessuno mi dice cosa devo fare, mettitelo in testa, Weasley.”
 
“No, Granger, sei tu che devi metterti in testa che non voglio vedere deficienti ronzarti intorno.”
 
 
“Mi spieghi cosa ti è saltato in mente? Aggredire un membro dell’ES è troppo anche per te!” rimproverò Hermione.
 
“Non è un membro dell’ES, è un deficiente che ti ronza intorno.”
 
“Ernie non è un deficiente,” precisò offesa lei, “e non mi ronza intorno.”
 
“Beh, nel dubbio, digli che non voglio vedere deficienti ronzarti intorno.”
 
“Non sei il mio ragazzo.”
 
 
“Non sei il mio ragazzo.”
 
“E se lo fossi?”
 
“Oh, eccovi qui, ma perché ci siete solo voi? La tavola! Ron, perché non hai finito di apparecchiare?”
 
L’intrusione della signora Weasley spezzò sia la tensione, che quella stranissima atmosfera instauratasi tra i due ragazzi. Hermione aveva perso contatto con la realtà, i suoi pensieri erano tutti proiettati sull’ultima frase di Fred: e se lo fossi? era una domanda che aspettava da mesi.
In poco più di qualche minuto, l’intero salotto fu riempito da tutti gli ospiti della dimora Black. Sirius, a cui Ginny aveva spiegato molto sommariamente la situazione – ‘devi scusarlo, è solo geloso di Hermione, loro stavano insieme’ – non proferì parola sull’accaduto, ma si comportò come se nulla fosse. Ai lati opposti del tavolo, invece, Fred e Hermione mangiavano in modo tale da non doversi guardare neanche per sbaglio, ma avevano entrambi una strana espressione in viso, che somigliava tanto a consapevolezza.
 
*
 
Era notte inoltrata e Fred non aveva affatto sonno, se ne stava lì, in cucina, a rigirarsi un cappello di lana tra le mani; quando l’orologio rintoccò per l’ennesima volta, ricordandogli che erano ormai le due, s’alzò, gettò sul tavolo il cappello, e salì controvoglia le scale, infastidito dal troppo silenzio. Cauto, aprì la porta della piccola stanza che condivideva col gemello, ma gli fu presto chiaro che qualcosa non andava: il letto di George era perfettamente in ordine e, particolare più importante, era vuoto. S’accigliò Fred, era sicuro che George fosse a letto come era sicuro di non aver visto nessuno per casa mentre raggiungeva la stanza. Con sua sorpresa, s’accorse finalmente che il suo letto, contrariamente a quello del fratello, ospitava qualcuno che sembrava dormire tranquillamente. Scosse il capo sorridendo e s’avvicinò al proprio materasso e senza tatto alcuno tirò via le coperte.
 
“Hai sbagliato tana, fratello!” esclamò allegro, ma il sorriso si smorzò in gola, perché la persona nel letto non somigliava per niente a George.
 
“Ma che modi…” affermò stizzita la persona, stropicciandosi gli occhi e tirandosi su con aria imbronciata. “Che ora è?” chiese sbadigliando.
 
“Ehm… le due… sì, le due… ma… ma cosa…?”
 
“Cosa ci faccio qui?” lo precedette, e Fred annuì sgomento. “Quello che non fai tu, ecco cosa faccio! Dobbiamo risolvere questa situazione, Fred, e ora mettiti seduto,” disse spiccia Hermione, e il ragazzo, che era ancora in trance, obbedì. “Volevo aspettarti sveglia, ma non salivi più e mi sono addormentata. George è stato molto gentile ad accettare di dormire con Ginny,” spiegò lei, che sembrava improvvisamente imbarazzata, particolare che risvegliò Fred.
 
“Hai avuto proprio una bella idea, Prefetto,” la canzonò ghignando. “Sei consapevole che mi stai provocando apertamente?” chiese retorico, facendo illuminare di timida malizia il volto della ragazza. “Sei in pigiama nel mio letto e in piena notte, se smetto di fare il bravo ragazzo è solo colpa tua.”
 
Quelle parole, Fred le sussurrò contro labbra di lei. Soggiogato dall’attrazione, la teneva così stretta che fuggire sarebbe stata un’impresa più che impossibile; ma Hermione non aveva nessuna intenzione di andare via: rispose ai sussurri di Fred con una risata gioiosa e s’avventò famelica su di lui, baciandolo con irruenza. La reazione del mago non si fece attendere, nel giro di pochi istanti, infatti, era chino su Hermione, che a sua volta si stese sul letto, fingendo che quel ragazzo che sembrava volerla divorare fosse una coperta.
 
*
 
“Fred! Fred! Fred, diamine, Fred!”
 
“No… aspetta… perché fai così…” biascicò con voce impastata Fred, rigirandosi nel letto.
 
George portò gli occhi al cielo e, stanco delle buone maniere, privò il gemello di coperta e cuscino in un solo colpo. Fred, colpito con violenza dal gelo di dicembre, spalancò gli occhi e li fissò con un misto di ansia e furia sul fratello colpevole. Aprì la bocca come a voler parlare, ma la richiuse un istante dopo, guardandosi intorno stranito e di colpo l’ansia e la furia lasciarono posto all’amara delusione. Era solo un sogno. Tastò scioccamente il materasso, quasi come se sperasse di trovarci Hermione.
 
“Ti dimenavi, per questo ti ho svegliato,” spiegò George, che sembrava alquanto preoccupato circa la salute mentale del fratello.
 
“Ho sognato lei, stava qui,” rivelò Fred, indicando il letto.
 
“Beh, almeno il Fred dei sogni si dà una mossa, non come la sua controparte sveglia!” scherzò malizioso George, tornando a stendersi sul proprio letto. “Però…” riprese con tono di rimprovero, “certe cose evita di farle in presenza mia, anche se è un sogno!” Fred rise complice, alzandosi e dirigendosi alla porta. “E adesso dove vai?”
 
“A farmi una doccia,” biascicò deluso, spalmandosi la mano sul viso. Un sogno, solo un sogno, che razza di idiota che era!
 
Una volta fuori, si diresse alla volta del bagno, ma non fece più di due o tre falcate che un rumore di passi attirò la sua attenzione. Guardò l’orologio del corridoio e notò che la mezzanotte era passata da un pezzo; era strano che ci fosse qualcuno in giro, sua madre non permetteva a nessuno di trattenersi oltre le ventiquattro. Incuriosito e desideroso di dimenticare il sadico sogno, scese le scale e seguì il suono dei passi e, ironia della sorte, si ritrovò proprio in cucina, davanti a una Hermione in pigiama, che beveva qualcosa di caldo in una tazza e faceva su e giù lungo il perimetro dell’ambiente.
 
“Ciao…” biascicò roco lui.
 
Hermione si destò dai suoi pensieri e, con una strana espressione compiaciuta, guardò Fred. “Ciao, Fred. Non dormi?”
 
“Ho fatto un sogno,” spiegò lui, impalato sull’uscio. Non aveva nessuna intenzione di avvicinarsi a lei, perché non le avrebbe resistito. Tutte le immagini del sogno, infatti, scorrevano impertinenti dinanzi ai suoi occhi, tormentando lui e il desiderio che aveva di lei.
 
“Un sogno compromettente?” chiese ambigua Hermione, abbandonando la tazza su un mobiletto. Si avvicinò poi con braccia conserte e aria soddisfatta a Fred. “Oppure, assurdo e improbabile?”
 
Quelle domande furono per Fred uno schiaffo in pieno volto – erano troppo familiari –, sgranò gli occhi allibito e boccheggiò più di una volta: non era possibile, gliel’aveva rifilato! A lui! Aveva rifilato lo stupido filtro a lui! Lo sguardo allibito divenne per un frazione di istanti offeso, ma presto anche l’offesa sfumò, lasciando spazio alla soddisfazione e al divertimento. “Tu! Tu!”
 
“Sì, io!” lo canzonò lei, sorridendo apertamente. I ruoli sembravano essersi invertiti, era la realtà, ma loro due erano paradossalmente al contrario. “Allora, signor re degli scherzi, chi hai sognato? La tua bella Angelina? O magari l’affascinante Cho?” chiese retorica.
 
Anche Fred portò le braccia conserte e fece un passo verso di lei. “Può darsi, però posso dirti che la ragazza del sogno era molto passionale!”
 
“Buon per te, allora, sarà stato un sogno appagante,” ribatté lei, che non era affatto intenzionata a farsi mettere in difficoltà. Aveva il suo obiettivo da raggiungere ed era giunto il momento di agguantarlo, a ogni costo.
 
“Sì, ma un sogno è sempre un sogno, se fosse reale…” affermò con tono allusivo, avvicinandosi ancora di più a lei, divertendosi nel vederla indietreggiare: un passo avanti di lui, un passo indietro di lei, e fu così che Hermione si ritrovò a cozzare contro il tavolo. “Non hai più vie di fuga,” disse lui a quel punto.
 
“Potrei sempre salire sul tavolo!”
 
Un’affermazione capace di scatenare l’irriverenza di Fred, che con aria di sfida le cinse la vita e la sollevò quanto era sufficiente per farla sedere sul tavolo. Hermione assistette divertita all’esibizione di lui e lo lasciò fare, inarcando poi le sopracciglia.
 
“Ecco, ora non hai neanche il tavolo come via di fuga,” completò il mago, che non accennava a scostare le proprie mani dai fianchi di lei.
 
“Non sono io a scappare, Fred.”
 
“Dici? Strano. Io ricordo che sei stata tu a mettere fine a quello che c’era tra noi,” ribatté serio, sfidandola a contraddirlo, perché una parte di lui non l’aveva mai capita davvero, la decisione di Hermione. Non capiva perché avesse tanta importanza che lui fosse o meno innamorato, era attratto sicuramente, questo non era sufficiente?
 
“No, Fred, non io. Io sono stata sincera.”
 
Calò un silenzio imbarazzato e turbato. Dopo mesi, era giunto il momento della resa dei conti, quella notte avrebbe messo fine alle incertezze: o insieme o ognuno per la propria strada, il tempo dei se e dei ma era scaduto.
Hermione aveva un insopportabile tremolio alle mani e alle gambe e alle braccia e in tutto ciò che poteva definirsi ‘corpo’, e il tremolio s’accompagnava a brividi che, nonostante la bassa temperatura, non erano causati dal freddo, ma da un misto di eccitazione, vergogna e paura; da settimane rifletteva sulla possibilità di ‘incastrare’ Fred in un confronto a cui non sarebbe potuto fuggire, ma aveva paura, paura che non sognasse lei, e aveva vergogna, vergogna di reinventarsi tanto intraprendente, e si sentiva disonesta, disonesta perché lo stupido filtro era un inganno, una trappola. Ma a vincere era stato il suo cuore quella volta, un cuore che, pressante, le suggeriva d’agire e di rischiare e di pretendere che l’insostenibile situazione si risolvesse in un modo o nell’altro. E ora, che tutto stava andando come aveva sperato, non riusciva a dirgli né più, né meno del necessario, a tratti non riusciva neanche a sostenerne lo sguardo.
 
“Ho sognato te,” affermò lui dopo un lungo intervallo. “Ho sognato te,” ripeté, poggiando la propria fronte contro quella di lei. “Mi hai rifilato il filtro davvero?” chiese, curvando le labbra nell’immancabile sorriso sghembo.
 
“Sì,” rispose lei, deglutendo a vuoto più di una volta, mentre i brividi e il tremolio aumentavano.
 
“Molto brava, Granger,” si complimentò ironico, “hai fregato persino me! Sei proprio la mia degna ragazza!”
 
Alzò lo sguardo a quelle ultime parole, accorgendosi d’avere gli occhi di Fred su di sé, vicinissimi. “Lo sai, questo cosa significa. Voglio sentirtelo dire,” insistette lei, seppure l’espressione tesa andava dissolvendosi in favore di un sorriso.
 
“Perché? Vuoi compromettermi come ti sei compromessa tu?! Non è colpa mia se sei innamorata di me!”
 
“Sei proprio un gran…”
 
“Bastardo. Sì, lo so!” completò lui con finta noia, e Hermione finse d’imbronciarsi. “Non me lo sentirai dire, ragazzina.”
 
“Allora, trovati un’altra ragazza,” disse con evidente sarcasmo.
 
“Non posso.”
 
“Perché?”
 
“Non lo sai? Il filtro ha degli effetti collaterali,” affermò. “Si impazzisce, se la realtà non imita il sogno!” aggiunse immediatamente, prima che Hermione potesse allarmarsi.
 
“Mi stai dicendo che sei il mio effetto collaterale?!”
 
“Sto dicendo che tu sei il mio.”
 
“Bella teo…”
 
Dovette zittirsi, perché l’indice di Fred s’era posato sulle sue labbra. “Zitta un po’, Granger, che ho altro in mente! Se permetti, sono mesi che aspetto…”
 
Non le diede tempo di registrare quanto appena detto, perché, imitando l’Hermione del suo sogno, s’avventò sulle labbra della ragazza, insinuando l’indice e le altre dita della sinistra tra i capelli di lei. Hermione, nonostante la sorpresa, non gli rifiutò quel bacio e anzi si abbandonò completamente a lui. Lo sapeva lei, che ‘sono innamorato di te’ non gliel’avrebbe mai detto, e per questo aveva preteso che uno stupido sogno frutto di uno stupido filtro parlasse per lui. A quel pensiero, rise contro le labbra di Fred, e lui dovette intuire il motivo della risata, perché la strinse ancora di più, infischiandosene di essere sul serio in una cucina dove chiunque avrebbe potuto entrare.
 
 
Qualche mese dopo – Hogwarts
 
 
“Fred… dai… Fred, devo andare in biblioteca…” si lagnò Hermione, allontanando il ragazzo che la stringeva nel bel mezzo del corridoio.
 
“Vacci dopo,” ribatté lui, avvicinandola di nuovo a sé.
 
“Non posso, perché dopo mi dirai di nuovo vacci dopo!”
 
“E va bene,” disse contrariato lui, lasciandola andare con un ultimo bacio.
 
Hermione agguantò la borsa con i libri lasciata a terra, sistemò una ciocca sfuggita alla treccia dietro l’orecchio e salutò con un sorriso di scuse Fred. La scena si ripeteva ormai da mesi: ogni giorno, Fred insisteva perché lei trascurasse gli studi per lui e Hermione insisteva perché fosse lui a trascurare i suoi ‘commerci’ per lei, un circolo senza fine, ma che faceva parte del loro equilibrio, fatto di giorni in cui era lui a sottrarre un po’ di tempo a George e Lee, e giorni in cui era lei a rinunciare a qualche ora di studio.
 
“Cosa fai ancora lì impalato?”
 
Fred sobbalzò prima e gemette affranto poi, quando s’accorse che la voce proveniva dall’insopportabile ritratto di quel sir qualcosa Keats. “Ma non hai mai niente da fare?” sbottò infastidito: quello lo insultava sempre.
 
“Certo che ho da fare!” ribatté offeso il ritratto. “Ma non posso fingere indifferenza dinanzi a tanta stupidità! Sei proprio un pezzo di manzo avariato!”
 
“Sentiamo, cosa dovrei fare questa volta?!”
 
“Seguirla, stoccafisso, seguirla!”
 
“Deve studiare,” precisò Fred, “non l’hai sentita?”
 
“Ah, meglio una dignitosa e onesta Maledizione, che tanta idiozia! Quando una signorina fa a quel modo, vuole essere seguita!”
 
Fred tentennò: ogni volta che il sir qualcosa Keats – come l’aveva ribattezzato lui – diceva qualcosa, si rivelava essere vera. “Dici che oggi la spunto io?!”
 
L’uomo del ritratto arricciò il naso e, così facendo, smosse i baffetti. “Certo che dico! Va’, stoccafisso, va’, che la signorina, per una ragione che mi è ancora sconosciuta, preferisce te alla biblioteca!”
 
 


 
Fine.












 
Angolo Autrice:
Salve! Questa volta, la storia è finita veramente. Avevo tanti finali tra cui scegliere, ma ho preferito non toccare la morte di Fred, ed ecco questo finale, in cui torna Keats e tornano tanti elementi dei capitoli precedenti, è un po' un 'tornare alle origini, andando avanti'.
Le parti scritte interamente in corsivo sono dei flashback, che rimandano a situazioni vissute nei mesi precedenti a Natale da Fred e Hermione. La parte racchiusa tra asterischi singoli è il sogno di Fred (so che sono precisazioni piuttosto inutili, ma reputo comunque doveroso farle).
Sino alla fine, sono stata indecisa tra il pubblicare il capitolo finale oppure dividerlo in due capitoli; ho preferito la prima soluzione perché dei due capitoli uno sarebbe stato di transizione, a suo modo anche scialbo; non posso che augurarmi d'aver fatto la scelta giusta e che il finale vi sia piaciuto!
Mi ha molto divertita scrivere questa storia e spero che vi siate divertiti anche voi nel leggerla, che vi abbia regalato qualche istante di svago. Concludo come mio solito, ossia ringraziando tutti coloro che mi hanno accompagnata con le recensioni, coloro che hanno preferito/ricordato/seguito e tutti coloro che hanno letto in silenzio. Grazie infinite! Alla prossima!

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