We were nothing like the rest

di Krixi19
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Settembre 1989 – Primo anno; Febbraio 1990 – Secondo anno ***
Capitolo 3: *** Dicembre 1991 – Terzo anno ***
Capitolo 4: *** Dicembre 1991 – Terzo anno (II) ***
Capitolo 5: *** Novembre 1992 – Quarto anno ***
Capitolo 6: *** Marzo 1994 – Quinto anno ***
Capitolo 7: *** Marzo 1994 – Quinto anno (II) ***
Capitolo 8: *** Aprile 1994 – Quinto anno ***
Capitolo 9: *** Settembre 1994 – Sesto anno ***
Capitolo 10: *** Dicembre 1994 – Sesto anno ***
Capitolo 11: *** Dicembre 1994 – Sesto anno (II) ***
Capitolo 12: *** Dicembre 1994 – Sesto anno (III) ***
Capitolo 13: *** Giugno 1995 – Sesto anno ***
Capitolo 14: *** Agosto 1995 – Settimo anno ***
Capitolo 15: *** Novembre 1995 – Settimo anno ***
Capitolo 16: *** Dicembre 1995 – Settimo anno ***
Capitolo 17: *** Febbraio 1996 – Settimo anno ***
Capitolo 18: *** Giugno 1996 – Settimo anno ***
Capitolo 19: *** Settembre 1996 ***
Capitolo 20: *** Gennaio 1997 ***
Capitolo 21: *** Luglio 1997 ***
Capitolo 22: *** Agosto 1997 ***
Capitolo 23: *** Maggio 1998; Epilogo ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


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We were nothing like the rest

 

 

 

 

 

And as I looked around, I began to notice that

we were nothing like the rest*

 

 

 

 

Alcune amicizie impiegano molto a maturare, hanno bisogno di costanti cure, attenzioni, chiarimenti. Altre invece, le più rare forse, nascono e crescono spontaneamente, come se non potesse essere altrimenti. L’amicizia tra Chri e i gemelli Weasley apparteneva alla seconda categoria: era nata spontaneamente, subito, naturalmente, e Chri quasi pensava che ci fosse stato lo zampino del destino, che aveva fatto sì che si sedessero nello stesso scompartimento fin dal primo viaggio sull’Espresso, destino che l’aveva fatta finire tra i Grifondoro come loro, destino che l’aveva fatta sedere di fronte a loro, nell’unico posto libero, fin dalla prima cena ad Hogwarts, posto che non aveva più abbandonato. Sì, ogni tanto quasi ci credeva.

Quasi, però, perché lei non credeva affatto nella predestinazione: credeva che ad ogni azione corrispondesse un effetto, che a sua volta provocava qualcos’altro, e così via; credeva che ci fossero eventi casuali che davano inizio a questa catena e, sì, credeva che determinati eventi fossero in realtà causa diretta di altri, ma non credeva che ci fosse un disegno superiore in tutto questo. Per questo si era sempre rifiutata di frequentare Divinazione. Non voleva che le sue scelte venissero condizionate da ipotesi totalmente campate per aria, non voleva prendere decisioni che avrebbero portato all’evento che voleva evitare, non voleva evitare un effetto che magari avrebbe invece provocato qualcosa di opposto. Non voleva sapere a cosa andava incontro: l’imprevedibilità era una delle cose che le piaceva del mondo. E forse era stata proprio l’imprevedibilità ad attrarla ai gemelli Weasley, questo non sapere mai cosa aspettarsi, questo loro saper sempre sorprenderti. Erano come il vento, liberi, naturali, spontanei e senza regole, non sapevi dove ti avrebbero portato, ma non aveva importanza: l’unica cosa che potevi fare era chiudere gli occhi e lasciarti trasportare.

E così lei aveva fatto, per tutti gli anni in cui erano stati insieme. Era stata loro amica, compagna, alleata.

Però, se qualcuno le avesse detto che le cose sarebbero andate così, se avesse frequentato Divinazione, allora forse certe decisioni non le avrebbe prese, nella speranza che avrebbero condotto ad altro. Oppure si sarebbe comportata diversamente, sfruttando meglio il tempo che aveva a disposizione, perché se c’era una cosa che la vita aveva tentato di insegnarle, era che poteva finire in un istante.

 

 

 

 

 


*strofa tratta da Mountain Sound dei Of Monsters and Men

 

Ciao, miei carissimi lettori, benvenuti in questo progetto un po' particolare che mai avrei pensato di scrivere.

Partiamo dalle cose pratiche: sarebbe una one-shot, ma data la consistenza, ho deciso di pubblicarla come long (il che fa di lei la mia prima long compiuta e non potrei esserne più felice - della cosa in sé, non della storia). Ogni capitolo sarà un aneddoto ambientato in un momento preciso; alcuni capitoli saranno più brevi di altri (ecco, il numero due è davvero brevissimo, per la cronaca), tra alcuni passerà più tempo, tra altri meno, ma saranno tutti facilmente collocabili. La storia è conclusa, quindi gli aggiornamenti saranno regolari (una volta a settimana minimo, ogni tanto anche di più).

Ora entriamo nelle vere NdA.

Dunque, What if?, ovviamente, perché c’è l’aggiunta di un nuovo personaggio, e per come la vedo io già questo può cambiare diverse cose, anche della storyline iniziale, sebbene abbia cercato di mantenermi il più possibile al canon.

Come nasce questa storia? Nasce dal contest di SeveraBartySha - che ringrazio tanto -, in un modo un po' bizzarro; non mi dilungo, dico solo che prevedeva la creazione di un OC e l'idea generale è partita dalle seguenti domande trovate nel bando: "In che Casa finirebbe? Con chi diventerebbe amica? A chi farebbe scherzi? Di chi si innamorebbe?" e prima che me ne rendessi conto, la storia si era già interamente delineata nella mia testa, tanto che è diventata - come dicevo prima - un'OS lunghissima: parte, infatti, dal primo anno di Hogwarts e termina nel post-guerra.

Christine Harvey è il pov, unico e assoluto, ma i protagonisti sono lei, Fred e George; con Chri condivido in parte il nome - e anche questa è una storia lunga che vi annoierebbe - e alcune caratteristiche, ma è tutti agli effetti un OC, con le sue esperienze, opinioni e scelte - diverse sbagliate (benedetta ragazza, mi farà impazzire).

Per ora basta, ho altre note, ma non ha senso metterle tutte qui; le metterò man mano alla fine di ogni capitolo. ^^

Spero la storia possa piacervi e, ovviamente, attendo le voste critiche.

Ringrazio immensamente ValViols per il betaggio: davvero, grazie; senza il tuo giudizio forse non avrei nemmeno pubblicato.

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Capitolo 2
*** Settembre 1989 – Primo anno; Febbraio 1990 – Secondo anno ***


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Settembre 1989 – Primo anno

 

Chri guardava fuori dal finestrino, il paesaggio sfocato che le scorreva davanti agli occhi. Le erano sempre piaciuti i viaggi lunghi, le davano la possibilità di pensare, o di immaginare, di rintanarsi in mondi che lei stessa creava, con personaggi che forse erano esistiti o forse no. Così era lì, seduta in quello scompartimento, pensando di essere fuori, nel paesaggio che vedeva, a cavalcare Byron, diretta verso un’avventura che sicuramente la lei vera non sarebbe riuscita ad affrontare; e così facendo si impediva di pensare a ciò a cui stava andando incontro: l’ignoto.

Scoprire che era una strega era stato un evento inimmaginabile. Il suo papà non le aveva mai detto nulla, né sul fatto che la mamma era una strega, né sul fatto che anche lei avrebbe potuto esserlo, visto che non aveva mai mostrato di possedere poteri – anche se Chri, invece, con quella scoperta si spiegava un sacco di cose, avvenute per lo più a scuola –, quindi aver ricevuto quella lettera via gufo era stato uno shock. Ancora di più lo era stato sentire il discorso che le aveva fatto il papà, dopo averla fatta sedere sul divano del salone di casa, mentre alle sue spalle la lady sua nonna marciava, guardandosi attorno, come a controllare che ogni cosa fosse in ordine – e ovviamente lo era: Edgar non lasciava mai nulla fuori posto.

Mentre papà le parlava e la raccontava tutta la verità sulla mamma, spiegando perché era stato così vago in passato quando Chri aveva chiesto più informazioni su di lei, l’unica cosa a cui riusciva a pensare Chri era la lady sua nonna, che camminava su e giù, dietro le spalle di papà. Le aveva sempre raccontato che il suo ruolo era già stato stabilito: avrebbe fatto il suo debutto in società, sarebbe stata corteggiata da un Lord o un Conte, che poi avrebbe sposato, avrebbe ereditato le terre e i titoli di suo padre, e avrebbe procreato affinché il titolo passasse alle generazioni successive. Chri odiava questa prospettiva, odiava che il suo futuro fosse già stabilito, ma la lady sua nonna era stata sempre chiara su questo punto, nonostante il papà più volte avesse preso Chri da parte e le avesse detto di non dar retta a sua madre, che lei era antiquata, che avrebbe voluto che anche lui sposasse una nobile, ma lui non l’aveva fatto e la mamma, così come lui, non avrebbe mai voluto che sposasse qualcuno per obbligo, ma solo per amore. A dispetto delle rassicurazioni di papà, forse per il modo di porsi della lady sua nonna, forse per il suo ricordarle che suo padre era un maschio e che per i maschi era diverso, Chri aveva sempre creduto che lei avesse ragione e che il suo destino sarebbe stato quello, immutabilmente quello. Così, mentre papà le spiegava che la magia esisteva, che sarebbe andata in una scuola nuova, che le avrebbe insegnato come usarla, Chri si era sentita sollevata. Sì, la nonna ne sarebbe stata contrariata, ma lei era libera: non era più solo la figlia di Lord Harvey, era una strega. Era stato in quel preciso istante che aveva capito di amare l’imprevedibilità della vita.

«Ma cosa c’è lì fuori di così interessante?»

Chri sobbalzò al suono di quella voce: non si era accorta che qualcuno era entrato; come sempre, quando si perdeva nei suoi pensieri, riusciva quasi a isolarsi dal mondo. Si voltò, e vide che c’erano due ragazzi, completamente identici, seduti di fronte a lei.

Chri scrollò le spalle. «Non lo so, non stavo guardando».

«Ma se avevi gli occhi puntati fuori dal finestrino!» disse uno, sorridendo divertito.

«Beh, sì, in effetti... Ma non stavo guardando» ripeté Chri.

«E che stavi facendo, allora?» chiese l’altro, quello che era seduto esattamente di fronte a lei.

«Pensavo».

«A cosa?» chiese il primo.

Immediatamente Chri pensò che la lady sua nonna avrebbe ritenuto la situazione estremamente sconveniente: lei, tutta sola con due ragazzi, senza la sorveglianza di un adulto; senza contare che avrebbe trovato tutte quelle domande altamente scortesi. Istintivamente sorrise. «Che è bello non dover sottostare alle regole».

I due ragazzi sorrisero immediatamente con due sorrisi identici.

«Io sono Fred».

«E io sono George» completò quello seduto di fronte a lei.

«Io sono Lady Christine Harvey» disse lei, allungando una mano verso i due, proprio come la nonna avrebbe voluto. Loro si limitarono a osservarla, per poi scoppiare a ridere.

«Lady, eh?»

«E che sarebbe?» chiese quello che aveva detto di chiamarsi Fred.

Chri strabuzzò gli occhi, ritirando la mano. «In che senso?» chiese, mentre loro continuavano a ridacchiare. «Non esistono Lord, Lady e Conti tra i maghi? Forte» soffiò, dopo che loro ebbero confermato la sua teoria.

«E cosa sarebbero?»

Chri sbuffò. «Solo una scocciatura. Un modo per imprigionarti in ruoli preimpostati».

«Non sembra un granché» constatò George.

«Già» confermò Chri, entusiasta dall’idea di tutta quella libertà guadagnata. «È tutto un “una lady deve fare questo, questo non è conveniente, non puoi fare quello: è inappropriato al tuo ruolo”» continuò, sentendo chissà perché che quei ragazzi avrebbero capito. «Un sacco di regole e niente divertimento».

«Bleah» commentarono i gemelli in coro.

«Beh, stai con noi e ti divertirai un sacco» disse Fred. «Te lo prometto».

Chri sorrise, raggiante. «Beh, dimostramelo» lo provocò. «Raccontatemi qualcosa di divertente».

I gemelli si lanciarono un’occhiata, poi ghignarono, come se fossero appena stati invitati a nozze. Dopo un po’, Chri dovette ammetterlo: non aveva mai riso tanto in vita sua.

«Aspettate un po’» disse, tra una risata e l’altra, avendo già inquadrato i tipi. «Come faccio a sapere che tu in realtà non sei George e tu Fred?»

Loro ghignarono, guardandosi, poi tornarono a rivolgersi a lei: «Beh, non puoi. È questo il bello, no?»

 

 

 

 

 

*

 

Febbraio 1990 – Secondo anno

 

«Ti immagini?» concluse Fred, sorridendo entusiasta, mentre il suo gemello esibiva lo stesso sorriso.

Chri parve rifletterci su. «Sì» disse infine, sorridendo. «Se c’è qualcuno che potrebbe farcela, siete voi».

«Siamo noi» la corresse George.

«È quello che ho detto, no?» disse Chri, guardandolo senza capire.

«No» disse Fred. «Noi. Io, George e te».

«Cosa?» esclamò Chri, stupita. «Ma no. È il vostro progetto. È da sempre che voi...»

George scosse la testa. «Non te ne abbiamo parlato mica così».

«Vogliamo anche te» affermò Fred.

«Ci servi» aggiunse George.

«E per cosa?»

«Per tutte quelle cose che noi non siamo in grado di fare. Tipo, sei brava ad organizzare, no?»

«E poi sei ricca» aggiunse Fred, sorridendo.

Chri li aveva guardati, valutando la questione in quest’altra ottica.

«D’accordo, allora» disse. «Ma ad una condizione».

«Quale?»

«È il vostro negozio. I Tiri Vispi Weasley. Su questo non transigo».

«Transiché?»

«Transigo. Significa non vengo a patti, non...»

«Sì, okay, okay» rispose Fred, alzando le mani in segno di resa. Poi lanciò un’occhiata a George, che annuì.

«Bene, allora. Sei dei nostri».

 







*Byron è il nome del cavallo di Chri.

Ma ciao, miei cari lettori! In primis, mi scuso per non aver ancora risposto alle recensioni: è un periodo pazzo, in cui ho pochissimo tempo, ma ve l'assicuro, lo farò. In tanto, però, un grazie generale: vi adoro.

Ora passiamo alle note vere.

Originariamente, avevo previsto di pubblicare "Febbraio 1990" come capitolo a sé stante, ma poiché è davvero corto e poiché non avevo intenzione di allungarlo inutilmente, ho preferito inserirlo qui: quindi, due capitoli al prezzo di uno, si può quasi dire così (e sono anche stata puntuale con la pubblicazione!)

Il background di Chri non è scelto così a caso, è motivato da diversi fattori che verrano fuori pian piano - il primo, profondissimo, è che mi piaceva l'idea.
In Inghilterra la nobiltà è un sacco presente, e, subendone io stessa il fascino (chi non vorrebbe sposare Lord George Percy?), mi sono sempre chiesta se esistessero maghi nobili e come i maghi si rapportassero con loro e con i babbani nobili stessi; Hermione nel sesto libro ci dice che non esistono titoli tra i maghi e su pottermore ci viene detto che molti maghi erano presenti alle corti dei nobili, ma per il resto non sappiamo altro. Quindi, spero che lo scenario che ho ideato sia credibile e non faccia storcere il naso a nessuno. A dir la verità questo è un discorso che salterà fuori nel prossimo capitolo, ma tanto vale che ne parli ora.

Sempre collegandoci a questo discorso, Chri è ricca e i gemelli no, e la verità è che mi piace questo contrasto; potrei spiegarvi il motivo in queste note, ma penso che finirei per anticipare troppo, quindi ne parlerò nelle note del prossimo capitolo.

Altra cosa: come potete vedere, prima di ogni pezzo/momento, è riportata data e anno; la cosa è importante, il modo di comportarsi, le espressioni usate, ovviamente dipendono dall'età, dunque mentre leggete considerate l'età dei protagonisti - lo so, l'avreste fatto comunque, ma va beh, ho voluto sottolinearlo.

E nulla, avete appena letto del primo incontro e di un momento significativo, su cui non penso di dover dire nulla, no?

Detto questo, alla prossima settimana! Grazie a tutti voi che avete letto fin qui.

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Capitolo 3
*** Dicembre 1991 – Terzo anno ***


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Dicembre 1991 – Terzo anno

 

Chri si diresse in Sala Grande con la testa sovrappensiero. Si sentiva stanchissima, come se non avesse chiuso occhio per tutta la notte, anche se aveva dormito profondamente; suo papà diceva che era lo stress a fare quell’effetto. Lei sapeva solo che non vedeva l’ora che arrivassero le vacanze di Natale: un po’ perché non ne poteva più delle lezioni, un po’ perché aveva voglia di rivedere papà, un po’ perché per la prima volta Fred e George avrebbero passato le vacanze di Natale da lei, alla residenza invernale, mentre i loro genitori erano in Egitto, o non sapeva bene dove, a trovare il fratello Weasley più grande. Sarebbero venute anche le sue migliore amiche, Frida e Catherine, che era anche sua compagna di dormitorio; Lee aveva già una vacanza programmata con i suoi, quindi non ci sarebbe stato. Mancava solo un giorno e sarebbero finalmente partiti. Forse sarebbe riuscita persino a convincerli a sciare – Glenshee era proprio vicina alle sue terre.

Con questa bella prospettiva, si sentì più sollevata e pronta ad affrontare l’ultimo giorno di lezioni. Entrò nella Sala Grande, e rimase meravigliata; durante la notte i professori dovevano averla addobbata, perché era tutta luccichii e decorazioni: c’erano i tradizionali alberi di Natale, le armature che intonavano carole, il vischio che galleggiava nella sala, le bacche alle finestre; la perfezione, insomma.

Con un sorriso sulle labbra, scivolò nel posto accanto a Fred, di fronte a George; era leggermente in ritardo, come tutte le mattine, quindi si affrettò a servirsi una tazza di the nero.

«C’è un motivo particolare per cui sorridi così o è la mia incredibile bellezza a metterti di buon’umore?» chiese Fred, sorridendole obliquo.

«Cavolo, Weasley, ci hai proprio preso» rispose ironica, con un sorriso sul volto. «È l’ultimo giorno di lezioni!» esclamò poi, allegra. «Non vedo l’ora di partire!»

«A chi lo dici» disse George, sorridendo. «Non ne posso più di stare chiuso qui dentro».

«Già, Hogwarts è piuttosto limitante per il nostro genio» ribadì Fred.

«E poi siamo curiosi di vedere casa tua» aggiunse George.

«No, George, che dici? Non è casa sua. È la residenza invernale» disse l’altro, canzonandola.

«Oh, è vero, mi perdoni, milady» la prese in giro George, scimmiottando un inchino.

«Sì, ridete, ridete. Poi quando incontrerete nonna, vedrete» borbottò Chri, un po’ imbarazzata. Già quando era bambina non sopportava di sentirsi trattare diversamente, solo per il suo titolo; grazie al cielo, nel mondo dei maghi i titoli non esistevano, sebbene quei bigotti che blateravano sulla purezza della magia fossero convinti che nel sangue dei babbani nobili ci fosse comunque una qualche traccia di sangue di mago, dovuto alle discendenze: un modo per spiegarsi l’importanza assunta da questi babbani, anche all’epoca in cui i maghi non vivevano nascosti da loro. Comunque, al di là di questo, nel mondo dei maghi lei era una strega come un’altra, ma quando saltava fuori il discorso titoli o il discorso patrimonio, un po’ di imbarazzo lo provava sempre. Anche se sapeva che Fred e George non si facevano problemi del genere e, anzi, trovavano la situazione divertente.

«Non vediamo l’ora di incontrarla» disse George. «Vogliamo proprio sapere che tipo è, visto che è l’unica che sembra sappia tenerti a bada».

Chri borbottò qualcosa, poi prese un pasticcino e se lo portò alla bocca, cogliendo l’occasione per non rispondere, proprio mentre Lee si sedeva accanto a loro, contribuendo a distrarre i gemelli, che iniziarono subito a parlare di quelli che loro definivano i grandi affari, e così Chri se la scampò.

«Ehi, guarda» s’interruppe Fred, mentre stava descrivendo una loro nuova invenzione, attirando la sua attenzione, «vischio» fece notare, indicando la piantina che era appena scesa a galleggiare tra di loro. «Penso proprio che dovrei baciarti».

Chri deglutì, lentamente, e poi sollevò lo sguardo su Fred. «In che senso?»

«Come “in che senso”?» chiese Fred, ridacchiando. «Quanti sensi conosci? È così che si fa quando si capita sotto il vischio».

«Beh, sì, ma non è mica obbligatorio» osservò Chri.

«No, infatti».

Chri inspirò, accorgendosi solo in quel momento che aveva trattenuto il respiro. Fred ogni tanto faceva di queste uscite totalmente spiazzanti. Baciarla, figuriamoci. Erano solo amici, loro, no? Certo, a volte diceva frasi del genere, o la stuzzicava, o la provocava, cosa che invece con George non accadeva, ma era solo perché erano due persone diverse. Anche perché...

I suoi pensieri svanirono completamente, lasciandole la testa svuotata. Spalancò gli occhi dalla sorpresa, incapace di connettere. Fred le aveva appena preso il viso tra le mani e aveva poggiato le labbra sulle sue. Così, in modo avventato e irriverente, come era lui. Così, di fronte a tutta la Sala Grande. Ma in quel momento non aveva importanza: tutta la sala era sparita, non distingueva le risatine e i commenti, riusciva solo a sentire Fred, le mani calde sul suo volto, le labbra che s’incastravano alla perfezione sulle sue. Chri chiuse gli occhi, abbandonandosi al bacio, come se fosse la cosa più naturale da fare, come se fosse l’unica cosa giusta da fare. Poté quasi sentire Fred sorridere, mentre la tirava più vicina a sé e le prendeva il labbro inferiore tra le sua labbra, lentamente, assaggiandolo, come assaporandolo. Non pensava di essere lei a sapere cosa dovesse fare, pensava che fosse Fred a rendere tutto giusto, come se baciarsi per loro fosse naturale, spontaneo.

Fred si allontanò da lei, troppo presto, un sorriso malizioso stampato sul volto, mentre i rumori all’improvviso tornarono a investirla e il volto le si colorava di rosso.

«Te l’avevo detto che ti avrei baciata» disse, il suo solito sorriso al suo posto, come se non fosse successo nulla di insolito.

«In effetti, sì. L’avevi detto» biascicò lei, ancora frastornata.

Fred ghignò. «Sono proprio estremamente bravo, se ti riduco così solo con un bacio da vischio».

Bacio da vischio. Quindi, era solo quello.

Chri si riscosse. «Non montarti la testa, Weasley. Ero solo sorpresa» disse, ostentando la stessa tranquillità che mostrava lui, sebbene invece le sue emozioni fossero stravolte.

«Continua a ripetertelo, Harvey».









Ma ri-ciao! Sì, come vedete ho aggiornato prima, ma c'è un motivo: martedì prossimo è Natale, dunque non avrei potuto aggiornare; lo stesso dicasi per lunedì, la vigilia; la domenica e il sabato sono oberata di lavoro... quindi vi beccate due aggiornamenti ravvicinati.

Passiamo alle vere NdA, su - questa volta sono un pelino lunghe, perché ho diverse cosine da dire, ma torneranno brevi, giuro.

Glenshee è un campo sciistico babbano – esiste realmente, è il più grande del Regno Unito, sebbene non ci sia proprio paragone con le piste italiane, e si trova a Glen Shee (fantasia, portami via) in Scozia. Visto che Chri è ricca di famiglia, figlia di nobili, ho pensato che avessero più residenze e possedimenti.

E qui ritorna fuori il discorso sulla ricchezza anticipato nel capitolo precedente. Non so bene perché, ma questo contrasto con la povertà di Fred e George mi piace, soprattutto per via della differenza degli atteggiamenti dei gemelli e di Ron, di Chri e di Harry: Chri prova imbarazzo, ma solo perché non vuole essere considerata superiore, cosa che non è, ma a parte questo non prova particolare disagio, mentre Harry come sappiamo prova disagio anche solo a tirare fuori i soldi di fronte a Ron e i Weasley (e secondo me non li avrebbe mai invitati in una delle sue residenze, se le avesse avute, per non metterli a disagio); Ron, poi, si vergogna della sua condizione, acuendo un po’ l’imbarazzo; i gemelli, invece, se ne fregano altamente, come si suol dire, anzi, trovano la situazione da una parte divertente, dall’altra utile, perché Chri può finanziare i loro progetti – che detta così sembra da approfittatori, ma il senso non è quello: semplicemente, Chri sarebbe stata comunque coinvolta nel negozio di scherzi, come aiutante o altro, ma in più c’è il fatto che ha denaro, ergo può aiutarli in più modi.

Di solito non creo altri personaggi, ma per questa fic ho sentito il bisogno di aggiungere Catherine e Frida - sono un po' una frana con i nomi degli OC, quindi ho usato nomi tratti dalla virtual life -, perché non mi andava di “accoppiare” – nel senso di amicizia – Chri per forza con Alicia, Angelina o Katie: Angelina per motivi che si paleseranno, Katie perché è di un anno più piccola e avevo previsto scene in dormitorio, e non mi andava di usare Alicia solo per esclusione (senza contare che è molto amica di Angelina quindi avrei dovuto inserire dinamiche che, sinceramente, non mi attiravano), quindi ho creato un’altra Grifondoro del loro anno – anche in virtù del fatto che dell’anno di Fred e George non si sa esattamente chi ci sia (Kenneth viene nominato solo una volta nel libro, per esempio). Frida è Corvonero, dunque tutti questi ragionamenti non ci sono stati per lei, ma semplicemente non mi sembrava credibile che Chri avesse solo una grande amica: non sarebbe stato nel suo carattere.

Sul rapporto Chri-Fred e Chri-George non mi esprimo: preferisco mostrare anziché parlare.

Spero di non avvervi annoiato...

Al prossimo aggiornamento!

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Capitolo 4
*** Dicembre 1991 – Terzo anno (II) ***


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 Dicembre 1991 – Terzo anno

 

Una palla di neve rischiò di colpirla, ma Chri la evitò, buttandosi a pancia in giù nella neve – il che non aveva senso, perché così facendo era stato peggio che riceverla, ma il gioco era questo.

«È passata una settimana e ancora non ci hai detto niente. Allora?» le chiese Cat, preparandone un’altra.

«Allora, cosa?» chiese Chri, rispondendo all’attacco di Frida.

«Beh, tu e Fred».

Chri si voltò, sorpresa; fu un errore fatale, perché questo permise a Frida di colpirla in pieno.

«Io e Fred cosa

«Vi siete baciati, no?» disse Cat. «Tutta la scuola lo sa».

«Ci credo, erano in Sala Grande» commentò Frida. «Quindi?» la incalzò.

«Ma di cosa state parlando? Io e Fred siamo solo amici».

«E gli amici si baciano? In quel modo?» chiese Fri, sollevando un sopracciglio. «Guarda che c’ero anche io, ho visto come...»

«Tu eri al tuo tavolo, tra gli altri Corvonero, chissà cos’hai visto. Quello non significa niente» ribatté Chri, con un gesto della mano, mentre tornava a compattare un’altra palla. «Era un bacio da vischio».

«Un bacio da vischio» scandì Cat, lanciando un’occhiata incredula a Frida.

«Cos’è sta storia del vischio?» chiese Fri.

Chri sbuffò, lanciandole una palla, che la mancò miseramente – non aveva mai avuto una gran mira.

«Nulla, ero sotto il vischio, e mi ha baciato. Tutto qui».

«Ma...»

Chri la bloccò con un gesto della mano.

«Sentite, lo sapete com’è Fred. Impulsivo, avventato, e anche diretto: se quel bacio avesse significato qualcosa, me l’avrebbe detto, no?»

«Mmm, non so, Chri» rifletté Cat. «Fred tende un po’ a negare a sé stesso certe cose, o ad ignorarle».

Chri scosse la testa, sorridendo. «Ma no, è che lui le prende così come vengono, senza stare a rifletterci».

«Appunto» disse Cat.

«E che tra voi ci sia qualcosa è evidente, altrimenti come spiegheresti il perché gli è venuta voglia di baciarti?» aggiunse Frida.

«Perché Fred è così» disse Chri, scuotendo la testa.

«E a te sta bene?» chiese lei, lanciandole un’occhiata profonda. «Questo vostro rapporto? Al limite tra amicizia e...»

«Amicizia e cosa?» disse Chri. «Sentite, a Fred non interesso in quel senso. Okay, abbiamo un rapporto particolare, ma è solo perché, boh, siamo così, spontanei, non ci poniamo domande, siamo noi stessi, e questo è il risultato. Siamo amici, migliori amici, e... basta. Stiamo benissimo così, perché le cose dovrebbero cambiare?».

«E per te? Per te non ha significato nulla?»

«Io...» cominciò Chri, cercando le parole. «Dove vuoi andare a parare?»

«Che forse qualche domanda sarebbe bene che tu te la ponessi» commentò Fri.

 «Chri» cominciò Cat, «so che detesti parlarne, ma non pensi che dovresti far luce su certe cose? Non posso entrare nella testa di Fred, sebbene scommetterei che anche da parte sua ci sia quel tipo di interesse, ma nella tua sì, e, davvero, penso che stai volutamente ignorando certe cose, convinta che sia semplice amicizia».

«Non ho mai detto che sia semplice» ribatté lei, cominciando ad alterarsi. Non capiva perché insistessero tanto su quel punto. Qual era il problema? Sì, okay, si erano baciati, e allora? Fred era stato chiaro – o no? – non aveva significato, non aveva importanza che il suo cuore avesse rallentato così tanto per la prima volta, non aveva importanza la sensazione strana che l’aveva accompagnata tutto il giorno, non aveva importanza. «E perché ne stiamo parlando così tanto? Non avete mai insistito così, su questo punto, prima d’ora» disse, perché loro, così come George e Lee, avevano sempre insinuato che Fred e lei avrebbero formato una bella coppia; ma, sistematicamente, sia lei che lui avevano liquidato la questione con una risata. Non capiva perché ora fosse così diverso.

«Non vi eravate mai baciati prima» disse Cat.

Frida sospirò, interrompendo l’eventuale risposta di Chri. «Pensa a questo: se non fosse stato Fred, ti saresti fatta baciare, così, sotto quel vischio?»

Chri rimase spiazzata, la mano ferma a mezz’aria, ancora in procinto di compattare una palla di neve che era già sciolta. «Io e Fred siamo solo amici» ribadì, di nuovo, ma forse questa volta più a sé stessa che a loro, e non era che solo una delle tante volte in cui se lo sarebbe ripetuta.






Bene, chi si aspettava che già la tenera coppia si mettesse insieme perché il bacio aveva fatto aprire loro gli occhi e sarebbero state tutte rose e fiori e si sarebbero sposati nel giro di un mese... sarà rimasto deluso. Che ci volete fare, sono due testoni! Ma, giuro, qualcosa il bacio l'ha provocato, altrimenti non saremmo qui a parlarne, no? Ma basta, non aggiungerò nient'altro: tutto può ancora accadere.

Su questo capitolo ho pochissimo da dire. Se vi chiedete dove sono Fred e George e cosa stanno facendo, beh, la verità è che sono al cospetto di Lady Elizabeth Harley (la nonna) per rispondere delle loro azioni (tradotto: sta cercando di far loro terrorismo psicologico affinché si comportino bene e non travino la sua bambina - senza contare che li sta strigliando per lo scherzo che hanno appena combinato); ora che ci penso, potrei scriverci un missing moment. *mumble*

Va beh, detto questo, per oggi le note sono finite. Ringrazio i recensori e gli adorabili lettori silenziosi: vi adoro tutti.

A presto!

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Capitolo 5
*** Novembre 1992 – Quarto anno ***


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 Novembre 1992 – Quarto anno

 

«Ehi, eccoti! Cosa ci fai qui?»

Chri sollevò gli occhi dal libro di pozioni, posando la punta della penna sulla riga a cui era arrivata. «Fred, sono in biblioteca. Vediamo... cosa potrei mai fare in una biblioteca?» rispose ironica lei.

«Mmm» disse lui, come a rifletterci su. Scostò la sedia accanto alla sua e si sedette di traverso, in modo da esserle di fronte. «Io qualche idea ce l’avrei» disse, sorridendole sghembo.

Chri scoppiò a ridere, ignorando la lieve pelle d’oca che le era venuta. «Ma smettila» esclamò, poi chiuse il libro. «Dunque, se sei venuto fin nei meandri più profondi della biblioteca, immagino che non mi libererò di te facilmente».

«Esatto» annuì, fiero, come se averle impedito di studiare fosse motivo di orgoglio, per lui.

Chri sospirò. «Mai un attimo di pace» disse, ma sorrideva divertita.

Raccolse le sue cose, mentre Fred la osservava in silenzio. Non la metteva a disagio, quello sguardo, era quasi come una carezza, dolce, delicata, ben differente da altri sguardi che le lanciava, sguardi che la facevano sciogliere e sentire quasi a disagio, come se lui potesse passarla da parte a parte.

Si stava per buttare lo zaino in spalla, ma Fred glielo sfilò dalle mani con un sorriso, e se lo caricò lui stesso.

«Come siamo galanti» sussurrò lei, sorridendo scherzosa.

«Non è così che ci si comporta con le Lady?» ribatté lui, sorridendole sghembo. Chri sbuffò e il sorriso di Fred si allargò. Lei detestava quando facevano riferimento al suo status sociale, come se fosse quello a fare davvero di una persona quello che è, come se i soldi che aveva la rendessero migliore degli altri; e Fred questo lo sapeva, per questo si divertiva a provocarla.

«Dai, andiamo, non ne posso più di stare qui dentro» disse lui, posandole la mano sulla parte bassa della schiena, come a spingerla a proseguire.

«Sarai stato qui al massimo dieci minuti» constatò lei, tentando di ignorare la traccia infuocata delle sue dita posate sul suo corpo.

«Appunto» le sorrise Fred, e Chri ebbe la percezione che sapesse esattamente cosa lei stesse pensando, o meglio, cosa lei stesse per pensare, perché, no, si rifiutava di pensarlo.

Camminarono in silenzio per il resto del tragitto, Fred con il suo zaino in spalla e la mano che si era spostata sul fianco di lei. Chri si chiese se era lei a essere particolarmente fredda o Fred particolarmente caldo; poteva sentire il calore della sua mano filtrare attraverso la camicia, come se non ci fosse stoffa a separare la pelle dalla sua.

«Beh» cominciò lei, appena furono fuori dalla biblioteca, «che succede?»

«Io e George pensavamo di organizzare qualcosa, stasera in sala comune. Lui e Lee pensano al bere in cucina, io e te facciamo un salto a Mielandia».

Chri annuì, senza fare una piega: era normale amministrazione che i gemelli la coinvolgessero nei loro piani. «Va bene, quando andiamo?»

«Adesso» disse Fred, semplicemente.

«Perché tutta questa fretta?» chiese lei, stupita.

«Che c’è, Harvey? Avevi altri impegni?» chiese, sorridendo sardonico. «Perché, se sì, temo proprio che dovrai rimandarli».

«Ma sentilo: tutto il mondo ruota intorno a Fred Weasley» commentò beffarda Chri.

«Certo, Harvey, non te n’eri mai accorta prima?» disse lui, con un’aria talmente convinta che lei non poté far altro che scoppiare a ridere.

«Veramente no. E comunque» aggiunse, «ero solo stupita. Che altri impegni dovrei avere?»

«Non so, magari dovevi uscire con Bambolo Diggory» disse lui, punzecchiandola.

«Uffa, Fred, è stata solo una cotta passeggera, e mi prendi ancora in giro?» rispose lei, sbuffando. «E tanto lo sai che Cedric non mi guarda neanche».

«Nah, non penso» ribatté lui. «A meno che non sia cieco. Il che potrebbe essere, visto il modo in cui ieri si è fatto soffiare il boccino da Harry».

Chri sorrise divertita, poi, con una smorfia, aggiunse: «Figurati».

Fred sorrise, come se sapesse qualcosa che a lei sfuggiva, qualcosa che a lui era estremamente chiaro; era uno di quei sorrisi che usava quando le spiegava la genialità di un suo piano o quando le faceva notare cosa le sua invenzioni comportassero. Non era un sorriso di supponenza, tutt’altro: era come se non vedesse l’ora di coinvolgerla. «Tu non hai una chiara visione di te stessa, vero?» disse, ma non era una domanda, lo disse come se non ne necessitasse risposta, e forse era davvero così; in un modo che nemmeno lei sapeva spiegarsi del tutto, Fred sapeva praticamente tutto di lei, la conosceva davvero. E lo stesso poteva dirsi di lei nei confronti di lui: era questo che rendeva il loro rapporto così... beh, non c’erano definizioni. «Sapessi quello che si dice in giro» aggiunse, con un sorriso enigmatico.

«Cosa si dice?» chiese lei, con curiosità.

«Per chi mi hai preso? Lo sai che non ascolto i pettegolezzi» disse Fred, ridacchiando.

«Ma sei hai appena detto...»

«Già» disse lui, «allora, vieni?»

Chri lo guardò lievemente stupita. «Certo che vengo. Altrimenti, chissà cosa porti» aggiunse prendendolo in giro.

Fred scoppiò a ridere. «Quella che ha portato due intere scatole di Scarafagni Salati sei stata tu».

«Ma perché tu mi avevi scambiato le scatole!» ribatté lei, ridendo.

«Ah, già, è vero» annuì lui. «Però, è stato divertente vederli scorrazzare per la Sala Comune».

«Sì, anche perché Alicia che saltava terrorizzata sul tavolo è stato uno spettacolo estremamente dilettevole».

Fred sghignazzò. «Dopo anni, ancora parli come tua nonna comanda».

Chri gli tirò un pugno scherzoso sul braccio, ma poiché erano arrivati al passaggio della strega orba evitò di replicare. Fred lasciò la presa dal suo fianco – la sua mano era davvero stata lì per tutto quel tempo? In modo così naturale? – e poggiò la bacchetta sulla gobba della strega; dopo che ebbe pronunciato le parole giuste, essa si aprì rivelando il passaggio che Fred, Chri e George avevano percorso così tante volte. Non appena l’odore giunse alle sua narici, subito fu investita da un ricordo, vivido, limpido, come se lo vedesse davanti agli occhi.

 

«Dai, Chri, sbrigati» la esortava George, mentre lei correva tentando di tenere il passo dei suoi amici.

«Ma dove mi state portando?»

«Lo vedrai» rispondeva Fred, e le afferrava la mano, affinché gli stesse dietro.

«Ecco» diceva George. «Siamo arrivati».

«L’abbiamo scoperto l’altro giorno con Lee» spiegava Fred.

«È una forza» continuava George.

«Ma di cosa state parlando?»

Loro le avevano mostrato il loro sorriso, quello che sfoderavano sempre quando ne stavano per combinare una delle loro, e poi le avevano fatto vedere il passaggio.

«Caspita» esclamava lei, avvicinandosi all’ingresso. «Ma... dove porta?»

«Questa è la parte migliore» diceva Fred, lasciando proseguire George: «A Mielandia».

Chri era rimasta zitta qualche istante, osservando il passaggio e dando loro le spalle.

«Allora?» chiedeva Fred, impaziente.

Lei si era voltata verso di loro, un sorriso entusiasta sul volto, gli occhi che brillavano. «Mi porterete a mangiare quei dolci di cui mi avete parlato?»

Fred e George avevano annuito, al che lei era esplosa in un grido di gioia, saltando al collo di entrambi.

«Siete dei geni!»

 

«Harvey? Vuoi stare lì immobile ancora per molto?» disse Fred, riscuotendola da quel ricordo, e, prima che lei potesse dire qualcosa, le prese la mano, trascinandosela dietro, esattamente come aveva fatto quella prima volta, e come aveva fatto molte altre volte in seguito.

«Sei agitata?» chiese poi, dopo un po’ che camminavano, i volti resi pallidi dalla luce della bacchetta di Fred, il rumore dei loro passi che rimbombava nel passaggio, una sorta di eco del cuore di lei.

«No, perché?» chiese Chri, chiedendosi come facesse Fred a intuire sempre le sue variazioni di umore, anche quando non le capiva o non sapeva spiegarsele lei stessa.

«Mah, non spiccichi parola, e di solito invece il problema è che non si riesce a farti stare zitta» rispose lui, mentre lei alzava gli occhi al cielo. «E poi hai la mano sudata» aggiunse, con un ghigno.

Chri arrossì, e fece per sfilare la mano dalla sua, ma Fred la trattenne, lanciandole uno sguardo interrogativo.

«Che vergogna» mugugnò lei, distogliendo lo sguardo.

«Vergogna? E da quando ti vergogni con me?»

Chri scrollò le spalle. «A volte le cose cambiano, no?» disse, quasi più a sé stessa che a lui.

«Beh, sarebbe un peccato. Le cose così come sono vanno benone».

Chri non seppe spiegarsi perché, anche a lei le cose così com’erano andavano benissimo e la rendevano felice, ma fu come ricevere un pugno in pieno stomaco, quasi le mancò il respiro. Ed ebbe la sensazione che, in quel momento, qualcosa fosse appena cambiato.

 

 

 






Come avevo promesso, ecco l'aggiornamento!

Dunque, su questo capitolo non ho tantissime note. Sinceramente, è uno dei miei preferiti ed è anche uno dei primi che ho scritto - subito dopo il prologo e il primo capitolo. Alla fine, se esiste questa storia è un po' grazie a questo capitolo, che dà l'idea del loro rapporto, così indefinibile e particolare. Ma forse sarebbe meglio che queste cose siate voi a dirmele ^^'' (sottotesto: siete liberi di smentirmi, nel caso non foste d'accordo!)

Piccola nota fondamentale: Diggory non s'interessa minimamente a Chri, forse sa giusto della sua esistenza, su questo ha ragione Chri e non Fred. Ci tenevo a precisarlo!

Detto questo, non penso ci sia altro da chiarire!

Al prossimo aggiornameno - che credo sarà giovedì 10.

Grazie a tutti coloro che recensiscono, preferiscono, ricordano, seguono e soprattutto ai lettori silenziosi. Grazie <3

Oh, già: buon anno a tutti voi!

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Capitolo 6
*** Marzo 1994 – Quinto anno ***


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 Marzo 1994 – Quinto anno

 

«Ma sei io rinunciassi?» disse Chri, in preda allo sconforto. Era nel bel mezzo di un pomeriggio di studio matto e disperatissimo, come diceva quel poeta babbano – Leopardi – che lei adorava, e, come spesso le accadeva, il pessimismo era alle stelle. Possibile che avessero così tante cose da studiare, sapere, memorizzare? Non era impossibile?

«Chri, smettila» disse George, ridendo, ormai abituato ai suoi eccessi d’ansia.

«No, sul serio, pensaci: a cosa ci servono i G.U.F.O? Non sono che meri titoli di studio, tutti uguali, tutti stereotipati. Come se una lettera potesse esprimere la nostra essenza. No, ecco, io mi ribello a queste metodologie valutative che sopprimono l’essere umano come individuo...».

«Chri» disse Fred, interrompendo la sua filippica, «stai solo cercando scuse per non studiare. Non che non lo apprezzi, ma ci sono scuse molto più semplici».

«Come “non ho voglia di studiare”» disse George.

«Quella non è una scusa» constatò Chri, confusa.

«Già. È che non è che mi servano proprio scuse per non studiare» replicò George, ridacchiando.

Chri sospirò, rassegnata, e poggiò la fronte sul libro di Trasfigurazione, le mani tra i capelli, sconsolata. «Non ce la farò mai».

«Ma sì, invece» disse Fred, giocherellando con una ciocca dei suoi capelli che si era posata proprio sul suo braccio.

«Beh, potrei farcela se avessi un gruppo di studio decente» disse Chri, tirando su la testa di scatto.

«Ehi, cos’hai contro me, Fred e Lee?» chiese George, fintamente risentito.

«Lee sta dormendo» affermò lei, indicandolo con un cenno della testa, seduto su uno dei divanetti della Sala Comune, piena di studenti che stavano ripassando per i M.A.G.O e i G.U.F.O. «E voi due non fate altro che distrarmi. E quando dico che voglio smettere di studiare, mi date man forte».

«Cosa dovremmo fare, scusa?» disse Fred, vagamente curioso, i suoi capelli ancora tra l’indice e il pollice.

«Istigarmi allo studio».

Fred e George la guardarono interdetti, poi scoppiarono a ridere, e lei con loro. «Sì, okay, non siete le persone adatte».

«Perché non studi con Angelina, Alicia e Cat?» chiese poi George.

«Beh, infatti, studio anche con loro».

Fred la guardò stupito. «Sei in due gruppi di studio?»

«Sì, certo. E prima che tu dica qualsiasi cosa, vi ricordo che se ogni tanto vi mettete sotto è grazie a me. Non posso certo abbandonarvi, altrimenti non prenderete nessun G.U.F.O e vostra mamma se la prenderà con me!»

«Ma se la mamma ti adora!» sbuffò George.

«Mi adora solo perché pensa che io possa riportarvi sulla retta via».

«Ah, se solo sapesse...» disse Fred, con aria teatrale.

«...che invece che portarci sulla retta via ci devia ancora di più» completò George, con la stessa aria melodrammatica.

«Povera, ingenua mamma» commentò Fred.

«Ma smettetela!» esclamò Chri, sorridendo. «Siete voi che avete traviato me, fin dal primo giorno».

«Su questo ho i miei dubbi» affermò Fred.

«Infatti, cos’è che aveva detto, Fred?» continuò George. «“Pensavo che è bello non seguir le regole”» la scimmiottò.

«Sottostare, George, sottostare» lo corresse Fred, mentre Chri lo guardava sorpresa. «Non dimenticarti che già all’epoca parlava come Percy».

George ridacchiò. «Già, è vero. Insomma, noi due, ingenui bambini, montiamo sul treno, entusiasti e desiderosi di apprendere...»

«Ma stai parlando di te e Fred?» commentò divertita Chri, mentre Fred continuava: «Due teneri ragazzi che si ritrovano nello stesso scompartimento di questa ragazzina stramba -»

«Ehy» disse lei, risentita. «Io non ero stramba».

«- che esclama: “è bello non sottostare alle regole”» concluse Fred, scuotendo tristemente la testa.

«È ovvio che dopo non siamo più stati gli stessi» affermò George.

«Non so nemmeno cosa rispondervi» disse lei, senza potersi impedire di scoppiare a ridere.

«Oh, finalmente» disse George. «Cominciavamo a temere che ti fossi dimenticata come fare».

«Che cosa?» chiese Chri, senza capire.

«A ridere, Harvey» rispose Fred, come se stesse spiegando qualcosa di estremamente ovvio a qualcuno di cocciuto. «Da quant’è che non ti svaghi un po’?»

Chri parve rifletterci un po’, poi scosse la testa. «Beh, da... C’è stato.... Beh, non ho tempo, insomma, ci sono i...»

«Sei un caso disperato» la interruppe George, alzando gli occhi al cielo.

«Non ti preoccupare, Harvey, a te ci penso io» disse Fred.

Chri inarcò un sopracciglio. «In che senso, scusa?»

«Nel senso che stasera ci divertiamo» rispose, con il suo solito sorriso sghembo, quello che, ormai Chri doveva ammetterlo, le faceva saltare un battito.

 

 


Beh, miei cari lettori, eccoci qui. Pubblico stasera perché domani non ne avrò il tempo - probabilmente non vi interessava saperlo, ma vi ho voluto rendere partecipi.

Dunque, per una volta ho davvero poco da dire in queste note; questo capitolo è importante più che altro perché ci dà davvero uno scorcio del rapporto da Chri, Fred e George, come amici, e del loro modo naturale di stare insieme, nonostante - come ormai si è intuito - Chri cominci a provare qualcosa per Fred (anzi, comincia ad ammetterlo a sé stessa, che è ancora più importante).

Basta, in effetti. Il prossimo sarà IL capitolo (anzi, UNO de I capitoli), e se non erro sarà decisamente più lungo. Ma vedrete settimana prossima.
A presto, Cri

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Capitolo 7
*** Marzo 1994 – Quinto anno (II) ***


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Marzo 1994 – Quinto anno

 

Chri parlava e parlava, parlava e sorseggiava, parlava e si sfogava, parlava e Fred l’ascoltava, commentando di tanto in tanto, per lo più con battute.

Si trovavano alla Testa di Porco, dove Fred l’aveva trascinata attraverso il passaggio della Strega Orba, per una “serata coi fiocchi”, aveva detto. Non era la prima volta che passavano una serata al pub, sebbene non è che capitasse così di frequente; Abe era disposto a chiudere un occhio ogni tanto – anche per il fatto che erano suoi ottimi clienti, visto che si rifornivano da lui per le “feste” Grifondoro – ma dubitavano l’avrebbe fatto se avessero cominciato ad andare là troppo spesso, quindi evitavano di tirare troppo la corda, limitandosi ad una capatina ogni tanto. E, a dire di Fred, quella era proprio l’occasione giusta.

Quando Chri aveva chiesto perché non ci fosse George, che non mancava mai a queste loro uscite, lui aveva sorriso enigmatico, poi aveva detto: «Ha di meglio da fare», alludendo chiaramente a Frida. Chri si doveva ancora abituare all’idea che facessero coppia fissa. Non che non stessero bene insieme, anzi, tutt’altro, ma vedere un gemello Weasley così le faceva strano. E le faceva chiedere se fosse lei, quindi, il problema. «E Lee, invece?» aveva poi chiesto, ignorando quella vocina nella testa. Ma a quella domanda Fred non aveva risposto, si era limitato a sorridere, alludendo a qualcosa che Chri non capiva, e l’aveva sospinta verso il pub.

Così ora erano lì, seduti in fondo al locale, in quello che era il tavolo che occupavano sempre, a parlare e a bere, soli, come era tanto che non capitava.

«Sono un disastro, quindi» concluse Chri, sconsolata, poggiando il bicchiere di vino elfico sul tavolo. Aveva appena finito di parlare di mille cose, di come si sentisse ansiosa, di come non potesse fare a meno di sentirsi in colpa se non passava ogni istante a studiare, di come quindi questo la portasse a essere sempre nervosa, a divertirsi di meno, a veder pochissimo Kenneth, sul quale però aveva sorvolato in fretta, indecisa se aggiungere quello che era appena successo. C’era questa sorta di tacito patto, tra lei e Fred: non parlavano delle loro relazioni, se non per accenni. A meno che non diventassero serie – o almeno, lo supponeva, visto che non era mai capitato.

«Vero» annuì Fred, seduto nel posto accanto al suo.

«Grazie, eh» ribatté lei, lievemente risentita. «Non dovresti dirmi cose, tipo, “ma no, non lo sei, figurati”?»

«Non sarebbero la verità» disse Fred, ridacchiando e rigirandosi il bicchiere tra le mani.

«Ri-grazie, Fred» biascicò lei.

«Ma sai che noia se fossi perfetta? Nah, mi piaci di più così» disse, guardandola dritto negli occhi.

Chri si portò il bicchiere alla labbra, sorseggiando lentamente, chiedendosi vagamente cos’aveva voluto dire, mentre le sua guance diventavano più rosee, e non per l’alcool.

«E poi» riprese, ignorando il commento di lui, «mi sono anche mollata con Kenneth, te l’ho detto?» Dopotutto, perché non avrebbe dovuto dirglielo?

«No» disse Fred, raddrizzandosi sulla sedia. «Perché?»

Chri scrollò le spalle, poi stette in silenzio, giochicchiando con il sotto bicchiere.

«Colpa mia?» chiese Fred.

Chri sollevò la testa di scatto. «Cosa? No, no, perché dovrebbe essere colpa tua?»

«Beh, perché gli ho mes... Non lo sai?» aggiunse, vedendo che lei lo guardava senza capire; Chri scosse la testa, allora lui sorrise. «Niente, lascia stare».

«Dicevo?» riprese Chri, dopo essersi versata dell’altro vino e averne bevuto qualche altro sorso. «Ah, già. Beh, mi ha mollata. Perché con gli esami, i G.U.F.O, eccetera, non ha tempo per una relazione. Che poi, la nostra si poteva definire relazione?» S’interruppe un attimo, come a rifletterci, bevve un altro sorso, e continuò, parlando a ruota libera, il tacito patto dimenticato: «Ma, ovviamente, questo non gli ha impedito oggi di limonare allegramente con Patricia Stimpson; il che ovviamente fa di me una persona estremamente facile da scaricare e dimenticare».

Fred l’osservò un attimo svuotare il bicchiere, ma era come se guardasse oltre. «Che coglione».

«Perché?» chiese Chri, più lenta per via dell’alcool che ormai cominciava ad offuscarle la mente.

«A farsi sfuggire una come te» disse lui, spostando lo sguardo su di lei, guardandola come solo lui poteva guardarla, come se la passasse da parte a parte, come se la vedesse realmente. Chri si spostò a disagio sulla sedia, il vino elfico che ondeggiava nel suo bicchiere. Quel suo sguardo la faceva sentire scoperta, vulnerabile. «Ho fatto bene, allora» aggiunse lui, bevendo il suo vino.

«A fare cosa?»

Fred sorrise divertito. «A mettergli polvere di Bulbadox nel pigiama».

Chri, immediatamente, scoppiò a ridere, mentre tutta la tensione si scioglieva come neve al sole. «È per questo che si era ricoperto di pustole?!»

Fred rise con lei. «Già».

«Sei terribile» commentò lei, senza smettere di ridere. «Ma perché?»

Fred inarcò un sopracciglio, poi sorrise, ma non disse nulla, finendo di bere il suo vino.

«Fa caldo» disse invece.

«È quello che capita quando ci si scola una bottiglia» disse Chri, ridacchiando e facendo ondeggiare la bottiglia ormai vuota sotto il suo naso.

«Ecco, questo spiega molte cose» disse ridacchiando lui.

«Che cosa?»

«Beh, tipo il caldo. Le orecchie che vanno a fuoco. La testa che gira» elencò lui. «E i pensieri che ho in testa».

«Che tipo di pensieri?»

Fred non rispose, e nonostante l’alcool, Chri si sentì arrossire sotto il sguardo, senza avere idea del perché. Poi sbuffò, e lasciò perdere. «Così, quando mi hai visto...» cominciò, cambiando argomento con un ampio gesto della mano «hai pensato fossi stramba?»

Fred rise. «In parte. E tu? Cos’hai pensato la prima volta che mi hai visto?»

«Cacchio, sono uguali» rispose immediatamente lei, sempre gesticolando; già gesticolava normalmente – e Fred e George non perdevano occasione per prenderla in giro –, quando beveva era anche peggio. «E me lo ricordo, perché non potevo dire cacchio, se no chi la sentiva mia nonna» aggiunse. «Sai com’era mia nonna. Cioè, com’è. Figurati, quella ci sopravvivrà tutti... Che detta così sembra che mi dispiaccia, ma...»

«Tutto qui?» chiese lui, interrompendola.

Chri scrollò le spalle. «Che pretendi, Fred? Avevo undici anni, mica pensavo a te in quel senso».

Lui sorrise, poi le sollevò il mento con due dita, affinché lei lo guardasse negli occhi. Chri poteva sentire il calore delle sua dita sulla sua pelle, ne aveva una percezione netta, come se potesse distinguerne ogni dettaglio. Lo guardò, e, come era già accaduto in passato, il resto del mondo sparì. C’erano solo loro due, lei e Fred, le dita di lui sul viso di lei.

«E adesso invece ci pensi?» le sussurrò.

«A volte» rispose, prima che potesse anche solo pensare ad una risposta diversa; lo vide sorridere, lo vide avvicinarsi, le lentiggini che cominciavano a distinguersi, il respiro caldo sul suo viso. «Tu?» chiese di colpo, come se quella domanda fosse dentro di lei da tanto, come se non vedesse l’ora di uscire fuori.

«Non saprei» rispose lui, semplicemente. «Ora sì», poi sorrise nel modo che faceva impazzire Chri. «Presente i pensieri di cui ti parlavo prima?»

«Quelli di cui non mi hai voluto parlare?»

«Esatto».

Prima che Chri potesse anche solo connettere, le labbra di Fred si posarono sulle sue, incastrandosi alla perfezione così come due anni prima. Ma c’era qualcosa di diverso, un bisogno di fondo che li portò subito ad approfondire il bacio, stringendosi l’un l’altro, aggrappandosi, sostenendosi, le braccia di Chri attorno al collo di Fred, le braccia di Fred attorno alla sua vita.

Ma s’interruppero, perché Abeforth era appena calato su di loro, con espressione imbronciata. «Ehi, Abe, tutto bene?» disse Fred, gioviale, mentre Chri si sentiva il viso andare a fuoco, il respiro corto.

Abe biascicò qualcosa che né Fred né Chri capirono, poi disse: «Penso dovreste cominciare ad andare».

«Okay, okay» disse Fred, capendo l’antifona. Si alzò, mentre Chri posava qualche galeone sul tavolo, biascicando numeri che sembravano essere detti a caso.

Abe la fissò, scosse la testa, poi guardò Fred: «Ce la fai a portarla al castello?»

Lui ridacchiò. «Ma certo, sta bene. Non sa contare nemmeno da sobria».

«Guarda che ti ho sentito» ribatté Chri, tirandosi in piedi. «Ciao, Abe, grazie» si costrinse a dire, rivolta all’oste.

Abe grugnì qualcosa, e se ne tornò a strofinare i bicchieri sporchi con un panno ancora più sporco.

«Tipo loquace» osservò Fred, facendola ridere, lavandole via l’imbarazzo. «Dai, andiamo» aggiunse, prendendola per mano.

Chri lo seguì, tenendosi stretta a lui, la testa che le vorticava per il movimento, non abbastanza da impedirle di camminare, ma abbastanza per rendere il suo equilibrio un pochino incerto. Nonostante questo, arrivarono all’ingresso di Mielandia senza troppi impedimenti: il proprietario si limitava ad uno degli incantesimi di allarme più semplici, che Chri sapeva disattivare senza troppi problemi – sebbene questa volta ci mise un po’ più di tempo, per colpa di Fred che continuava a farla ridere.

«Aspetta, Fred, non ti sto dietro» disse Chri, una volta che furono dentro il passaggio, mentre lui la precedeva di qualche passo.

Fred si fermò, ma a quanto pare troppo di colpo, perché Chri gli finì contro, per poi rimbalzare indietro e finire con il sedere per terra. Fred la guardò per un secondo stupito, poi scoppiò a ridere, mentre lei faceva lo stesso.

«Sei una frana» disse, allungandole la mano; lei l’afferrò, ma anziché usarla per alzarsi, lo tirò giù, facendogli perdere l’equilibrio e atterrare accanto a lei.

«Così» disse, ridendo e tentando di rialzarsi «impari a darmi della frana, Weasley».

«Ah, no» ribatté Fred, afferrandola per la vita, per ritirarla giù con lui. «Dove pensi di andare?»

Chri si dimenò, ridendo, tentando di opporre resistenza; ma alla fine si ritrovarono entrambi per terra, lei bloccata sotto di lui, che la torturava con il solletico.

«Okay, okay, mi arrendo» disse lei, tentando di riprendere fiato.

Fred sorrise, e smise di farle il solletico, ma non si mosse.

«Ora puoi lasciarmi andare» disse lei, improvvisamente consapevole di ogni centimetro del suo corpo. Il viso a poca distanza da quello di Fred, la schiena poggiata sulla terra fredda, le gambe che sfioravano, toccavano quelle di lui, parte della maglietta che le scopriva l’anca, la mano calda di Fred su quel fianco.

«Sicura che sia quello che vuoi?» mormorò lui, avvicinando troppo il viso, impendendole di pensare.

Chri non rispose subito, continuando a fissarlo; sembravano come congelati, resi immobili dai pensieri che attraversarono la mente di entrambi. E prima di rendersene conto, fu lei ad appoggiare le labbra su quelle di Fred.

Per la terza volta, le loro labbra s’incastrarono alla perfezione. Ma ormai i baci non erano più sufficienti.







*vocetta metallica* Lettori e lettori, avete appena letto un cliché.
Sì, lo so, ne sono consapevole. Ma le cose sono due: la prima è che è un cliché che mi piace leggere anche nelle storie degli altri, se trattato bene; la seconda è che è in realtà funzionale: Fred e Chri, come avete capito, sono dei testoni, e serviva un qualcosa di esterno che li spingisse l'uno tra le braccia dell'altro.

Detto questo, però, posso assicurarvi che il prossimo capitolo sarà abbastanza imprevedibile (insomma, ho usato un cliché ma ho cercato di evitare di scrivere qualcosa di scontato).

Passiamo ad altre note.

Kenneth Towler viene nominato nel quinto libro della saga, quando Fred e George fanno riferimento alle persone che hanno “perso la testa” ai loro G.U.F.O; Fred dice che a Kenneth sono venute le bolle su tutto il corpo, ma poi George gli fa notare che era perché lui gli aveva messo polvere di Bulbadox nel pigiama (il che fa supporre che fosse un Grifondoro). Ho colto la palla al balzo, aggiungendo del significato al gesto di Fred, improvvisa antipatia nei confronti di Kenneth? Gelosia per Chri?
Un piccolo dietro le quinte: Kenneth fondamentalmente molla Chri per via di Fred, non è stupido e come gli altri sa che c’è un legame speciale tra loro, e, dopo lo scherzo di Fred, si è spaventato; visto che di certo non amava Chri, così come Chri non amava lui, e la loro relazione era appena agli inizi, ha preferito lasciar perdere.

Anche Patricia Stimpson viene nominata nel quinto libro, nella stessa occasione (è la loro compagna di anno che ha un esaurimento per i G.U.F.O).

Chiudo chiedendo scusa per il ritardo nella pubblicazione, ma sono stata via.

Ringrazio come sempre lettori silenziosi e recensori; ringrazio anche la personcina adorabile anon (scusa se ti ho fatto aspettare più di una settimana) e @NosferatuAbby, per avermi reso felicissima con il suo tweet.

Alla prossima settimana!

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Capitolo 8
*** Aprile 1994 – Quinto anno ***


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Aprile 1994 – Quinto anno

 

Il giorno in cui la situazione cambiò nuovamente Chri se lo aspettava, in un certo senso, sebbene le cose andarono in maniera completamente diversa da come che aveva osato immaginare.

«Spero solo» aveva esordito Cat quella mattina, mentre ancora erano in dormitorio «che tu non abbia intenzione di evitarli anche oggi».

«Di cosa parli?» aveva chiesto lei, ostentando indifferenza.

Cat l’aveva guardata scettica, poi aveva detto, con voce ferma: «Ora mi dici cosa succede», facendole crollare tutte le sue certezze sull’essere stata un’abile svicolatrice.

«Non succede nulla» aveva risposto Chri, distogliendo lo sguardo.

«Chri» scandì Cat, «non dire stronzate. Da quant’è che non parli con i gemelli?»

«Ieri sera a cena: ho chiesto a George di passarmi il sale» rispose prontamente Chri.

«Intendo davvero» ribadì Cat, sbuffando.

«Beh, sai, Cat, i G.U.F.O...»

«Da quant’è che eviti Fred?» la interruppe lei, bloccando sul nascere quella che era la solita scusa. «Cos’è successo? Vi siete baciati ancora?» aggiunse, vedendo che lei continuava a non rispondere.

Chri sospirò, sedendosi sul suo letto. Mentire a Cat era sempre stato inutile: aveva quest’incredibile capacità di sapere sempre cosa le stesse passando per la testa. «L’abbiamo fatto».

Cat non disse niente, limitandosi ad un «Ah».

«Già».

«È un bel casino, eh? Non ti dirò ‘te l’avevo detto’ perché so che lo odi – ma, beh, te l’avevo detto –, però, dai, è successa la cosa giusta. Solo... nel modo e nel momento sbagliato. Ma, chissà, magari questo vi dà una scossa».

«Cat» aveva risposto Chri, guardandola finalmente direttamente, «non siamo mai stati così lontani».

Fino a quel giorno, era stata piuttosto brava a dissimulare la situazione, o almeno, questo era quello che aveva creduto. Aveva evitato abilmente le domande di Cat e Frida sulla serata alla Testa di Porco, aveva evitato abilmente Fred e i suoi sguardi, aveva conseguentemente evitato anche George, temendo che lui sapesse. Okay, sicuramente il suo comportamento era sospetto, ma con l’avvicinarsi dei G.U.F.O era diventata sempre più nervosa, dunque quella sua strana condotta veniva imputata a quello e al troppo studio.

Ovviamente, Fred non era riuscita ad ingannarlo: come avrebbe potuto? La verità era che Chri non sapeva nemmeno perché lo stava evitando. Imbarazzo? Pentimento? Paura? Non aveva la più pallida idea di quello che le stesse passando per la testa, non aveva nemmeno idea di quello che voleva. Sapeva solo che forse era stato un errore. Sapeva solo che era stato stupendo. Sapeva solo che, soprattutto ora che lo evitava, Fred le mancava: le mancava sentire le sue battute, sentire la sua risata, sentire su di sé il suo sguardo intenso. Inoltre, non sapeva cosa diavolo passasse per la testa a Fred, e avrebbe tanto voluto saperlo, almeno per capirci qualcosa. Ma, effettivamente, finché continuava ad evitarlo, non poteva certo scoprirlo. Forse, il vero problema era che temeva che Fred le potesse dire che, per lui, non aveva significato nulla. E questo l’avrebbe uccisa. Quindi, aveva rimandato il momento, impedendosi di sperare, immaginandosi il peggio.

Ma ormai non poteva più evitare tutto quello che stava evitando. Ma nemmeno voleva, alla fine; insomma era il primo aprile, il loro, il suo compleanno, e lei lo avrebbe festeggiato, con loro, indipendentemente da tutta quella situazione, indipendentemente dall’occlusione allo stomaco che le prendeva pensando di dover stare di nuovo con Fred, dopo... quello.

 

“Sei così bella che fai male.”

 

Anche se lei aveva fatto di tutto per evitarlo, ogni volta che si ritrovavano assieme, anche solo nella stessa stanza, ogni volta che i loro sguardi s’incrociavano, Chri si ritrovava di nuovo in quel passaggio. Poteva ancora sentire le mani di lui sulla sua pelle, i suoi sussurri all’orecchio, i gemiti di entrambi che si mischiavano, le mani strette nelle sue. Era tutto vivo, impresso a fuoco nella sua memoria.

Con la mente ancora altrove, scivolò nel posto accanto a George, tra lui e il suo gemello. «Ma auguri!» esclamò subito, con un sorriso sincero; avvinghiò George in un abbraccio, ripetendo: «Buon compleanno!», e poi fece lo stesso con Fred, mentre il suo volto si colorava di rosso sotto lo sguardo stupito di lui, mentre sussultava sentendo di nuovo le mani di lui stringerle i fianchi, quasi a volerla trattenere. Immagini nitide cominciarono subito a vorticarle in testa, quando Chri si sentì scivolare via dalle braccia di Fred troppo presto, il suo profumo ancora tra le narici. A giudicare dall’occhiata che le lanciò George – un misto tra divertita e comprensiva – però, forse l’abbraccio era durato un po’ più a lungo.

 

“Non fermarti.”

 

«Allora?» disse Chri, riprendendosi, distogliendo lo sguardo da quello magnetico di Fred. «Che programmi abbiamo per oggi? Festa grossa?»

«Qualcuno si è svegliato bene stamattina» rispose George, sorridendole.

«Era ora» commentò Fred, tuttavia sorridendo, guardandola con quello sguardo che Chri aveva tentato di evitare per tutto quel tempo, temendo che avrebbe provato esattamente quello che stava provando in quell’istante.

 

“Sicura che sia quello che vuoi?”

 

«Già» annuì George. «Se fossi melenso, direi che cominciavi a mancarmi. Ma non lo dirò».

Chri ridacchiò, ignorando l’immagine nitida che aveva in testa. «L’hai appena detto, sai?»

«Nah» disse George, con una scrollata di spalle. «I programmi per oggi» aggiunse, con aria pragmatica, ma prima che potesse continuare una lettera atterrò di fronte a Chri, facendola sussultare. Fred e George la guardarono incuriositi. Era strano che un gufo solitario consegnasse una lettera così, prima dell’arrivo di tutti gli altri gufi – che sarebbero comunque arrivati da lì a poco, ma rimaneva ugualmente un fatto bizzarro.

Chri prese la lettera, rigirandosela tra le mani. Riconobbe subito che non si trattava di pergamena, ma era una carta babbana, di alta qualità; sul retro della busta era impresso in rilievo lo stemma degli Harvey, una rondine in volo. Chiedendosi se ci fosse qualcosa che non andava, la aprì, le mani leggermente tremanti, mentre George chiedeva: «Chi la manda?»

Chri scorse la lettera, e subito il cuore le salì in gola, non appena vide la scrittura di suo padre, di solito così ordinata, caotica. Dovette rileggerla più volte, ma non riusciva a focalizzare la sua attenzione sulle frasi, sembrava che la parole vagassero per la lettera, alcune più grandi, altre più piccole. Mi dispiace... La lady tua nonna... Brutta notizia... Non poteva superarla... Mi dispiace... Nonna... Non ce l’ha fatta... Domani... Ieri... Se vuoi, ma se non puoi... Non ce l’ha fatta. Non ce l’ha fatta. Non ce l’ha fatta.

Sollevò lo sguardo, la testa vuota, ovattata, cercò quello di George o di Fred o di qualunque persona fosse lì, pronta a dirle che era uno scherzo, che quella lettera non aveva senso, che era sbagliata, che mancavano un sacco di frasi. Ma non appena sollevò lo sguardo e incrociò quello di George, che muoveva le labbra senza emettere suoni, o emettendo suoni che lei non sentiva, le parole che voleva dire le morirono sulle labbra, mentre il mondo le crollava addosso soffocandola.

«Chri. Chri, cosa succede? Chri?»

La voce di George la raggiunse, ma le sembrava lo stesso lontana anni luce. Veniva da un mondo che lei non conosceva più. Veniva da un mondo pieno di regole, regole che odiava, regole che le davano sicurezza. Ma adesso tutte quelle regole non c’erano più, e lei cos’avrebbe fatto?

Si sentì sfiorare le dita, abbassò lo sguardo, fissando tra le sue mani, il punto in cui fino a un attimo primo c’erano le sue certezze.

Sentì lontanamente Fred imprecare, vide vagamente che passava la lettera a George, avvertì le lacrime scivolarle sul viso, percepì la mano di qualcuno prendere la sua tremante, udì un «Andiamo» sussurrato, udì un «Non c’è niente da vedere» ringhiato, captò appena il rumore dei suoi passi sul pavimento. Senza rendersi conto di nulla, come galleggiando, si ritrovò all’improvviso in un’aula vuota, avvolta da braccia forti, la mano ancora stretta in quella calda che l’aveva accolta prima.

Le prime cose che riuscì a cogliere e comprendere furono: «Chri, smettila di scusarti», dette vicino al suo orecchio.

«Non ti sente, George» disse l’altra voce, più lontano.

Avrebbe voluto rispondere, ma non ricordava cosa voleva dire.

«Il vostro compleanno» articolò, dopo attimi, o forse minuti, senza allontanarsi dal petto di George.

«C’è sempre l’anno prossimo» dissero.

«Sperando di avere ancora la mia mano» aveva aggiunto Fred, facendola sorridere tra le lacrime.






Salve, lettori! Come state?

Bando alla ciance, passiamo alle note. Questo capitolo è la vita stessa, fondamentalmente. Le persone tentano di prevedere gli eventi, tentano di immaginare come potrebbero andare le cose, e poi accadono altri eventi, altre cose, anche esterni, che vanno a capovolgere tutto, o quanto meno a ribaltare la prospettiva.

All'inizio di questo capitolo, Chri immaginava che ci sarebbe stato - per forza di cose - un confronto con Fred. Ma come avete visto le cose sono andate diversamente.

Un'altra piccola nota sullo stemma degli Harvey: ho fatto qualche piccola ricerca, alla fine ho scelto la Rondine, perché mi piaceva e perché in araldica rappresenta i lunghi viaggi e l'amore per la propria terra. Magari non v'importava, ma ho voluto dirvelo. u.u

E, insomma, sperando come sempre di non avervi deluso, ci vediamo settimana prossima! Grazie a tutti ^^

 

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Capitolo 9
*** Settembre 1994 – Sesto anno ***


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 Settembre 1994 – Sesto anno

 

«Non lo perderai mai, vero?»

Chri distolse lo sguardo dal paesaggio sfocato che correva fuori dal treno e lo posò su Fred. «Che cosa?»

«Questo tuo vizio, di isolarti nei tuoi pensieri».

In effetti, era esattamente quello che stava facendo. Quell’estate era stata una delle più frenetiche per Chri e non riusciva a evitare di tornarci e ritornarci con la mente. Aveva avuto una marea di cose di cui occuparsi, visto che voleva aiutare il papà in tutti i modi possibili, quindi aveva avuto eventi da organizzare, contatti da curare, sostituti temporanei da scegliere che facessero le veci della nonna: ora che lei non c’era più, toccava a sua nipote fare determinate cose. Ma alla fine non le dispiaceva, sebbene odiasse quell’ambiente: l’aiutava a tenersi occupata, a non pensare al mondo confusionario in cui era precipitata.

Col passare dei giorni ovviamente le cose da riorganizzare erano diminuite e lei, suo malgrado, aveva comunque avuto il tempo per stare sola, a pensare e rimuginare. Aver perso la nonna l’aveva devastata: era stato come perdere il pavimento sotto i piedi. Si era sempre immaginata un futuro a contraddirla, un futuro in cui lei avrebbe scelto un uomo che sua nonna avrebbe disapprovato, un futuro in cui sua nonna avrebbe tentato di propinarle un sacco di quelli che definiva ottimi partiti... E invece si ritrovava libera. Ma, questa volta, non era una bella sensazione.

«Lo stai facendo di nuovo» disse Fred, riportandola al presente.

«Hai ragione, scusa» rispose Chri.

Stranamente, c’era una cosa positiva in tutta quella situazione: Chri si sentiva meno sola. Frida e Cat le erano state accanto come non mai, erano anche andate a stare da lei, per un periodo durante l’estate, interscambiandosi. Non solo, anche George e Fred le erano stati vicino, scrivendole – e lei sapeva quanto non fossero per niente tipi da lettere – di cose più o meno futili, per distrarla, per farla ridere; avevano addirittura imparato ad usare il telefono solo per lei, sebbene quelle conversazioni fossero per lo più un delirio. Non si era mai sentita così... amata? Era la parola giusta? Beh, comunque era proprio quello di cui aveva bisogno: dei suoi amici.

Fred scrollò le spalle e poi sorrise. «Non ho detto che sia una brutta cosa».

Chri sorrise di rimando, istintivamente, con quel sorriso e quello sguardo che solo lui sapeva tirarle fuori, ormai lo sapeva. Non s’interrogava più su cosa fossero lei e Fred; per ora erano ritornati gli amici di prima, con quel loro rapporto un po’ strano e ineffabile, come se non fossero stati assieme quella notte. E a lei andava bene così, aveva troppo per la testa per aggiungerci anche quei pensieri. In realtà, sospettava che Fred questo lo sapesse e che fosse per quello che non affrontava la questione; oppure, più semplicemente, aveva liquidato la cosa come un’avventura di una notte. E, per quanto quest’idea potesse farla stare male, il fatto di riavere di nuovo Fred la rendeva felice; questo, unito ai troppi pensieri, la portava a smettere di rimuginare sull’incertezza e, semplicemente, a vivere il loro rapporto indefinibile.

«Stramba» continuò Fred, «ma non brutta».

Chri ridacchiò, tirandogli un una manata scherzosa sul petto. «Ma smettila. Io non sono stramba!»

«Sbaglio o abbiamo già parlato delle tua stramberia?» disse, afferrandole la mano, rigirandosela tra le sue, giochicchiando con le sue dita, in un gesto naturale ripetuto altre mille volte. Fred diceva che giocare con le sue mani gli fungeva da antistress; al che di solito Chri ribatteva: “Quale stress?”.

«No, non sbagli» disse Chri, senza perdere il sorriso, mentre il ricordo le si riaffacciava alla mente, facendola arrossire. Dal modo in cui la guardava, sembrava che Fred avesse intuito i pensieri di lei; o forse erano anche i suoi?

«Lo sapete, vero, che ci siamo anche noi nello scompartimento?» disse Lee, attirando la loro attenzione e interrompendo quel loro scambio di sguardi silenziosi.

«Già, ma se volete togliamo il disturbo» aggiunse George, ridacchiando.

Chri sbuffò, mentre Fred sorrise, sicuro. «Siete solo invidiosi» commentò.

«E di cosa?»

Fred intrecciò le dita alla sue; Chri lo guardò stupita, ma lui la ignorò. «Di questo» disse, sollevando le loro mani intrecciate, come a farle vedere meglio agli altri due.

George ridacchiò. «Oh, sì, vorrei tanto anche io tener per mano la mia ragazza» commentò con espressione affranta. «Ah, no, aspetta. Già lo faccio».

«E, al contrario di te, fa anche altro» intervenne ridendo Lee.

«Dammi tempo, Lee».

«No, va bene» disse Chri, rossa in viso. «Ignorate il fatto che io sono qui, eh».

«Non lo stiamo ignorando» disse ghignando George. «Il bello è proprio questo».

«La tua presenza lo mette ancora più in imbarazzo» disse Lee, con un cenno della testa a Fred.

Chri lanciò un’occhiata obliqua a Fred, che non sembrava avere intenzione di lasciarle andare la mano. «Non mi sembra molto imbarazzato» concluse.

«Già, beh» rispose Lee, «è bravo a mascherarlo».

«Lee» disse Fred, e nonostante il sorriso sulle labbra il tono risultava minaccioso, «non vuoi vero che si sappia in giro quello che è successo lo scorso San Patrizio?»

George scoppiò a ridere, mentre Lee parve raggelarsi. «Non oseresti».

«Non ne sarei tanto sicuro» disse Fred, ghignando.

«Di cosa parlate? Cos’ha fatto Lee?» chiese Chri, curiosa.

«Niente» rispose immediatamente Lee, mentre Fred si univa alle risate di George.

«Ma voglio saperlo» disse Chri, mettendo su il broncio. «Dai, me lo dite? Tanto lo sapete che finirete per cedere e dirmelo!»

Fred ridacchiò, mentre George osservò: «Non ha tutti i torti».

«Non provateci» scandì Lee. «Altrimenti poi sarà il mio turno di spiattellare... qualcosa».

«E cosa?» chiese George.

«Sa praticamente tutto» continuò Fred, scrollando le spalle.

«Già» annuì George.

«Oh, ma che cosa dolce!» esclamò Chri, senza traccia di ironia, sorridendo calorosa a entrambi.

George sorrise di rimando, mentre Fred sbuffava. «Come se fosse una novità» commentò, ma le labbra si distesero in un sorriso e tornò a giochicchiare con le dita di Chri.



Ma salve, cari lettori! In primis, perdonate l'immenso ritardo: la mia vita è piuttosto frenetica ultimamente e il tempo che passo al pc si è estremamente ridotto - anzi, è diventato inesistente, a dirla tutta. Quindi... scusate il ritardo, e spero di essere puntuale con il prossimo capitolo.
Già che ci sono mi scuso anche per non aver ancora risposto alla recensioni! Sappiate ceh vi leggo sempre e che risponderò - oh, sì, risponderò! - al più presto.

Sul capitolo non ho molte note, direi sia piuttosto chiaro, no? Ho un po' analizzato - spero - il rapporto tra Chri e sua nonna, la sua reazione, e chiarito maggiormente l'evolversi del suo rapporto con Fred, ma, soprattutto, il suo cambio di mentalità nei confronti di tale rapporto (cambio dovuto anche al lutto stesso, in un certo senso).

E basta. Grazie a tutti coloro che stanno seguendo: vedere il numerino delle visite aumentare mi riempe di gioia <3

A presto!

 

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Capitolo 10
*** Dicembre 1994 – Sesto anno ***


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Dicembre 1994 – Sesto anno

 

«Beh, sarà meglio che ti sbrighi, ragazzo, o quelle carine saranno tutte occupate».

La voce di Fred la raggiunse attraverso la Sala Comune. Chri lanciò un’occhiata sorpresa a Cat, che era seduta di fronte a lei, poi si voltò in quella direzione.

«Hai sentito?» le disse, mentre una brutta sensazione la stava cogliendo.

«Sì» disse Cat. «Ma vedrai che non è nulla. Figurati se non invita te».

Chri spostò lo sguardo di nuovo sulla sua amica, desiderando crederle; ma la verità era che non ci credeva nemmeno lei stessa, o almeno, non del tutto. Okay, un pelino cominciava a pensare che tra lei e Fred ci fosse qualcosa, ma... i dubbi rimanevano, ovviamente.

«Figurati se invita me, invece» ribatté. «Tra tutte quelle che può scegliere, perché dovrebbe scegliere me?»

«Perché quello che ha con te non l’ha con nessuna, tipo?» disse Cat, con l’aria di chi la sa lunga. «Chri, ne abbiamo già parlato».

Era vero, ne avevano già parlato, sebbene Chri avesse più volte liquidato la questione in fretta. Già le ci era voluto un certo sforzo per ammettere, finalmente, che provava qualcosa nei confronti di Fred – cioè, qualcosa che andava oltre la mera amicizia –, ma oltre questo non era andata: non era certo tipa da discorsi cuoricineggianti sul  ragazzo che le piaceva, mentre, invece, Cat e Frida amavano parlare di quanto, a loro dire, lei e Fred fossero perfetti insieme, fatti l’uno per l’altra, di quanto si vedesse che anche lui provava qualcosa per lei, e tutte quelle cavolate lì. Chri, invece, evitava il più possibile di farsi illusioni. E se fossero stati solo suoi film mentali? Meglio rimanere con i piedi per terra, no? Senza contare che continuava a temere che una possibile loro relazione potesse rovinare l’amicizia tra lei e lui, e non se lo sarebbe mai perdonato, se fosse accaduto. Quindi si era limitata ad accettare questi suoi sentimenti, senza effettivamente fare qualcosa, evitando anche di parlarne, appunto. Il Ballo del Ceppo aveva però cambiato le carte in tavola. Un’odiosa speranza le si era infiltrata nell’animo, così aveva cominciato a desiderare, sperare, illudersi che Fred l’avrebbe invitata al ballo, e questo anche a causa di Cat e Frida che davano la cosa come assolutamente certa.

«Vedrai, inviterà Angelina: sarà per questo che negli ultimi giorni è stato strano. E poi... hai visto come si guardano?».

«Lo dici perché non vedi come vi guardate voi due» rispose Cat, con semplicità. «C’è elettricità, tra voi. E quando vi guardate così, sembra che tutto intorno a voi scompaia».

Chri avrebbe voluto ribattere che non era vero, che non c’era nulla di strano nel modo in cui lei e Fred si guardavano, ma non poteva; la verità era che quando guardava Fred, il resto del mondo spariva.

«Potresti invitarlo tu» aggiunse Cat, tornando posare lo sguardo sul libro di Pozioni.

«Certo» disse Chri, alzando gli occhi al cielo. «Così sarei costretta ad ammettere con lui che mi piace...»

«Cosa che forse già sa, visto che George l’ha capito – da un bel po’, tra l’altro. Anche se, se lui è come te, avrà sicuramente negato o si sarà rifiutato di vedere la verità o...»

Chri sbuffò, alzando gli occhi al cielo, e continuò, ignorandola: «Al che lui sarebbe costretto ad ammettere di non ricambiare, e così ciao, bellissima amicizia» snocciolò, mentre Cat emetteva l’ennesimo sospiro.

«Sei cocciuta».

«Sì» ammise Chri: inutile negarlo. «E poi» aggiunse, «lo sai che non sono una tradizionalista, però... insomma, è il ballo. Gradirei essere invitata e non invitare, ecco».

«Beh, un invito l’hai già ricevuto, no?»

«Uh, sì, da parte del mio ex. Romantico» disse, ironica.

Cat rise. «Così alla fine si scopre che Chri è esattamente come tutte, e sogna lui che la prende da parte, si inginocchia, e le chiede con fare formale: “vorresti essere la mia dama per il ballo?”».

Chri ridacchiò. «Un po’ esagerato. E poi non sarebbe da Fred. Al massimo lui direbbe “ehi, ci vieni al ballo?”, magari urlandolo in mezzo...»

«Ehi! Angelina!» La voce di Fred risuonò di nuovo per tutta la Sala Comune, bloccando Chri. «Vuoi venire al ballo con me?»

Chri fissò Cat, mentre si sentiva raggelare. Nonostante i suoi sforzi, alla fine si era illusa.







Ciao, miei amati lettori! Sì, sono in ritardo; sì, sono pessima; scusate, ma sono stata veramente impegnatissima e - più che altro - sono stata per lo più fuori casa, ergo niente computer né tempo per pubblicare (i capitoli che sono già pronti, lo ricordo).

Detto questo, non ho molte note e molte cose da dire; mi limiterò ad un "Ah, l'amour!", che fondamentalmente riassume un po' tutto, no? Ricordo di prestare attenzione all'età dei personaggi (a questo punto hanno sedici anni), che è fondamentale per capire certi comportamenti.

Detto questo... qualche chiarimento arriverà nel prossimo capitolo.

Arrivederci, miei cari, il prossimo aggiornamento sarà puntuale: lo giuro.

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Capitolo 11
*** Dicembre 1994 – Sesto anno (II) ***


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Dicembre 1994 – Sesto anno

 

«Io dico che c’è qualcosa che non torna» affermò Fri, non appena Cat ebbe finito di raccontarle gli eventi a cui lei e Chri avevano assistito la sera prima. A Chri andava bene che fosse Cat a parlare, lei aveva già rivissuto la scena troppe volte nella sua testa.

«È quello che ho detto anche io» annuì Cat.

Chri sbuffò, posando la penna sul libro di Trasfigurazione. «Sentite, c’è poco da fare. Ha invitato lei e non me, evidentemente gli piace lei, evidentemente io non gli piaccio in quel senso, evidentemente tra noi non c’è quel qualcosa che pensavo... penso... che dite ci sia. È tutto okay».

Frida la guardò scettica.

«Okay, no, sto da culo, ma dovevo aspettarmelo, no? Era ovvio».

Cat sospirò. «Davvero, la tua insicurezza è incredibile».

«Fin ora i fatti è a me che hanno dato ragione» commentò, come se con quello la discussione fosse chiusa, e tornando a concentrarsi sugli studi.

«Davvero, secondo me qualcosa non torna» ripeté Frida. «Dai, è così ovvio che...»

«Ma non eravamo qui per studiare?» la interruppe Chri, spazientendosi. «E se continuiamo così Madama Pince ci caccia davvero» aggiunse, senza sollevare gli occhi dal libro.

Fri e Cat non replicarono, anche se Chri era sicura che si fossero appena lanciate un’occhiata; ma, dopotutto, sapevano com’era fatta: c’erano momenti in cui aveva bisogno di parlare e c’erano momenti, la maggior parte a dire il vero, in cui non ne era in vena o non se la sentiva di farlo, e in quei momenti aveva solo bisogno di essere lasciata in pace e di pensare ad altro.

Ma chiaramente il destino non aveva voglia di far cadere la questione tanto facilmente, perché proprio in quel momento fecero il loro ingresso i due gemelli, che con passo baldanzoso si diressero al loro tavolo.

«Allora, ragazze?» disse George, scivolando nel posto accanto a Frida, salutandola poi con un bacio.

«Che si dice?» disse il suo gemello, sedendosi accanto a lui.

«Niente di particolare» disse Frida, con un sorriso, mentre Chri tornava a concentrarsi su Trasfigurazione, evitando accuratamente lo sguardo di Fred, mentre provava una strana fitta di rabbia, nel vederlo così allegro e sereno.

«Cercavamo di saltarci fuori con Trasfigurazione» aggiunse Cat.

«Che noia» commentò Fred. «Noi invece stavamo organizzando un giro di scommesse per la prossima prova».

«Già, il che ci porta al motivo per cui siamo qui» disse George.

«Chri?» chiamò Fred, aspettando che lei sollevasse lo sguardo prima di proseguire: «Ci dai una mano? Invece che fare come per la prima, avevamo pensato di...»

«No, non penso» lo interruppe lei, atona, tornando a sottolineare quella frase che aveva ormai riletto venti volte.

«Perché?» chiese George, e Chri poté sentire lo stupore nella sua voce.

«Sono indietro nello studio» rispose, scrollando le spalle.

«La seconda prova è a febbraio. Sarai indietro fino a febbraio?» ribatté Fred.

Chri alzò lo sguardo di nuovo e lo piantò su di lui. «Potrebbe essere, no? Sai, succede quando si hanno più di tre materie da seguire».

Fred la guardò stupito. «Come siamo acidi».

«Allora» disse George, cercando di stemperare la tensione palpabile. «Cariche per il ballo?»

Chri fece una smorfia: tra tutti gli argomenti che poteva tirare fuori, proprio quello?

«Un sacco» risposero in coro Cat e Frida, mentre Chri commentava a mezza voce: «Oh, sì, non vedo l’ora».

«Perché così tanto entusiasmo?» chiese Fred, ironico, rivolgendosi a lei: il suo commento non gli era sfuggito. A volte malediva questa attenzione che Fred aveva per le sue reazioni.

«Beh, capirai se non faccio i salti dalla gioia» rispose lei, acre. Okay, forse era ingiusta, dopotutto Fred non le doveva niente, però... Era amareggiata, probabilmente più con sé stessa che con lui.

«Cos’hai?» chiese lui, scrutandola. «Sei strana».

«Capita quando il ragazzo che avresti voluto ti invitasse invita un’altra» le scappò detto, con lo stesso tono di prima. La situazione le stava davvero sfuggendo dalle mani.

«Eh?»

«Nulla» disse immediatamente. Sentiva che stava perdendo il controllo, non voleva dire cose di cui poi si sarebbe pentita, quindi fece l’unica cosa sensata che poteva fare in quel momento: biascicò una scusa sull’andare in bagno, si alzò e si allontanò, il più velocemente possibile, mentre Fred l’osservava, stupito.

«Chri» si sentì chiamare, e allora rallentò l’incidere, aspettando che uno dei due gemelli la raggiungesse e sperando vivamente fosse George. Ma, ovviamente, non era così.

«Cos’è? Sei arrabbiata con me?» chiese Fred, serio, non appena la raggiunse.

«No, perché dovrei essere arrabbiata con te?» rispose lei, mentendo solo in parte.

«Sei strana. E più lunatica del solito» osservò lui. «Da ieri sera».

Chri non rispose, continuando a camminare, guardando dritto davanti a sé. Fred teneva il suo passo senza problemi, le mani in tasca, lo sguardo sul volto di lei.

«È per quello?»

«Dici la scenetta a cui abbiamo tutti assistito ieri sera?» replicò Chri, fredda. «No. Non sono affari miei chi ti porti al ballo».

«E allora perché hai capito subito a cosa mi stavo riferendo?» disse lui, e Chri non ebbe bisogno di vederlo per sapere che sorriso aveva sulle labbra.

«Sono perspicace» commentò lei.

«Certo» disse lui, ironico. «E allora perché sei arrabbiata con me, se non per quello?»

«Non è con te che sono arrabbiata!» sbottò lei.

«E con chi allora? Chri, fermati, ti sto parlando» disse, afferrandola per un polso e arrestando il passo, cosicché lei fu costretta a fermarsi.

«Non abbiamo niente di cui parlare, Fred» disse, guardandolo finalmente in viso.

«No, infatti» disse Fred, sarcastico e innervosito. «Ha perfettamente senso. Sei arrabbiata con me perché ci vado con Angelina, ma va bene che tu ci vada con Kenneth Towler. Certo, ha senso, perché parlare del fatto che, beh, non ne ha?».

«Non sono arrabbiata!» negò ancora. «Cioè, adesso sì, ma prima no! E poi, io non ci vado con Ken! Me l’ha chiesto e io gli ho detto di no: semplice» rispose, riscaldandosi. «Non pensi che l’avrei detto, a te e a George, se avessi accettato un qualche invito?»

Fred aveva un’espressione stupefatta, che Chri non sapeva spiegarsi. Che cosa c’entrava ora il discorso di Kenneth?

«Senti, devo andare» tagliò corto lei, sentendosi sul punto di scoppiare. «Ci vediamo... in giro, okay?» disse, prima di andarsene in tutta fretta, percependo su di sé ancora lo sguardo stupefatto di Fred.

 

 


Una scimmietta particolarmente insistente mi ha ricordato che oggi è martedì e dunque giorno di pubblicazione - anche se non sono del tutto sicura che pubblicassi il martedì, io, ma diamole ragione <3

Ecco a voi questo capitolo, più prettamente "adolescenziale", in cui finalmente qualcosa sembra cominciare a sbloccarsi... Ma ne sapremo di più nel prossimo!

Scusate le noti brevi, ma sinceramente penso parlino da sé, no? E non mi va di esplicitare troppo: temo di spoilerare!

Grazie a tutti coloro che stanno seguendo - perdonate la mia lentezza nelle risposte alle recensioni.

Al prossimo aggiornamento

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Capitolo 12
*** Dicembre 1994 – Sesto anno (III) ***


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 Dicembre 1994 – Sesto anno

 

Chri si asciugò le lacrime dal viso con un gesto secco. Si sentiva una stupida. Che cosa credeva? Perché si era presentata a quel dannato ballo, avrebbe dovuto saperlo che sarebbe finita così.

Si accasciò su una panchina a caso del parco, odiosamente addobbato in modo romantico. Scalciò via i tacchi e si strinse a sé, cercando di aumentare un po’ il calore corporeo. Si gelava, ma non aveva voglia di tornare dentro a prendere la giacca o di tornare dentro e andare in Sala Comune, o di tornare dentro e andare in Sala Grande, cioè, non aveva voglia di tornare dentro e basta.

«Chri».

Quella voce la fece sussultare, visto che non si era accorta che qualcuno le si era seduto accanto. Sollevò lo sguardo su George, ma non disse niente: non aveva bisogno di parlare. Lui sospirò, poi con un braccio le circondò le spalle, mentre lei poggiava la testa al suo petto.

«Che schifo» commentò lei.

«Già, mi starai impiastricciando la giacca, poco ma sicuro» disse lui, e Chri poté sentire il sorriso nella sua voce.

«Non intendevo quello» disse lei, mentre un debole sorriso le incurvava le labbra.

«Lo so» disse George.

«Frida mi starà odiando, ti ho sottratto a lei».

George ridacchiò. «Nah, la notte è ancora giovane. E magari ti convincerò anche a rientrare, così non mi muori assiderata».

«Puoi provarci, sì» disse lei, lasciandosi cullare dall’abbraccio di George.

«O potrò morire nel tentativo» disse lui, divertito.

«Grazie» mormorò Chri. Lo sentì scrollare le spalle.

«Ti ho intravista scappare a gambe levate, e ho pensato fosse meglio seguirti» rispose lui, semplicemente.

«Cos’è? Mi stavi tenendo d’occhio?» provò a scherzare lei.

«A dire il vero, sì» disse, serio, poi il tono si fece più scherzoso. «Se non ti stessi dietro io, chissà cosa combineresti».

«Ah, sì» disse lei, alzando gli occhi al cielo. «Però... Grazie. Per esserci sempre, dico. Anche nei giorni scorsi, mi...»

George la zittì con un gesto della mano. «Ma smettila, è scontato, no? Dovresti smetterla di farti tutti questi scrupoli».

«Già, dovrei».

«Mio fratello sta venendo qui» disse George, all’improvviso, dopo qualche attimo di silenzio, in cui si era limitato a stringerla tra le braccia.

Chri alzò le testa di scattò, pronta a scappare a gambe levate, ma George non lasciò la presa sulle sue spalle. «George» lo implorò. «Lasciami andare, okay?»

«Sarebbe meglio parlaste, sai?» disse, sorridendole con l’aria di chi la sa lunga.

Chri sbuffò. «E di cosa dovremmo parlare?»

«Del fatto che vi piacete ma siete troppo cocciuti per vederlo o ammetterlo?» rispose lui. «È solo un’idea, eh» aggiunse, ironico.

Chri sbuffò di nuovo, ma non disse nulla, perché Fred arrivò proprio in quel momento.

«Fratellino» disse George, alzandosi con un gesto della serie “è tutta tua”. «Vedi di non farla piangere ancora» aggiunse, dandogli una pacca sulla spalla, prima di allontanarsi.

Nessuno dei due disse nulla; Fred si sedette accanto a lei, distante solo qualche centimetro, ma pareva lontano anni luce.

«Allora, Adrian Pucey, eh?» esordì lui.

«Già».

«Colpo basso».

Chri scrollò le spalle, grattandosi un polso, ma non rispose. Dopo qualche attimo di silenzio, sentì qualcosa poggiarsi sopra la sua schiena: la giacca di Fred. Sollevò lo sguardo, perplessa, incrociando il suo.

«Qui fuori si gela» disse, a mo’ di spiegazione.

«Non ci ho fatto caso» replicò lei.

«Chri, che succede? Sono giorni che sei strana e adesso questo» disse, indicando con due dita il mascara colato. «Cosa c’è?»

«Nulla» replicò lei, atona.

Fred sospirò. «Sei ancora arrabbiata con me?»

Chri scosse la testa. «Non ero arrabbiata con te, te l’ho già detto».

«Certo» disse lui, alzando gli occhi al cielo. «Se non eri arrabbiata, allora cosa?»

«Non è con te che sono arrabbiata, Fred, più che altro sono arrabbiata con me».

«Perché?»

«Perché sono stata stupida a pensare che tu... Mi sono illusa che tu... Lascia stare».

«Che io, cosa?»

«Lascia stare, Fred» disse, distogliendo lo sguardo.

«No» affermò, sollevandole il viso affinché lo guadasse. «Non lascio stare. Che io, cosa?»

Bastò quello, quel gesto, quella domanda, quello sguardo, e le barriere di lei crollarono.

«Mi sono illusa che tu m’invitassi, okay?» ammise. «Speravo che tu m’invitassi. E sono stata stupida, perché invece poi tu hai preferito lei. E ora la baci anche, e...»

«Aspetta» la interruppe lui. «Stai piangendo e sei scappata perché ci hai visti baciarci?»

«E per cosa, se no?» ribatté lei.

E Fred, inspiegabilmente, sorrise. «Sai, se fossi rimasta un secondo di più» mormorò, «avresti visto che l’ho respinta».

Chri lo guardò, stupita. «E perché l’avresti fatto?»

«Perché sei tu quella che voglio».

Passò qualche istante prima che Chri ritrovasse le parole per rispondere. «Ma sì, ha senso. Infatti sei venuto qui con lei e non con me. Sensato» ribatté lei.

«Questo perché pensavo che tu andassi con Towler».

«Ma perché sarei dovuta andare con lui? Io e Ken ci siamo mollati» affermò. «E tu dovresti ricordartelo, visto quello che... visto quello, ma forse l’hai rimosso».

«Secondo te l’ho rimosso? Tu sei fuori» disse lui, scuotendo la testa. «Non ho pensato ad altro per non so quanto».

Chri lo guardò, confusa, senza sapere cosa pensare, il polso ormai arrossato. Fred posò le mani sulle sue, impendendole di continuare a grattarsi, gesto che detestava e che lei non poteva fare a meno di compiere quando era nervosa. «Tu mi hai evitato» affermò Fred, «e chi lo sapeva cosa ti passava per la testa? Poi c’è stata la cosa di tua nonna», scrollò le spalle, «pensavo avessi bisogno di tempo e spazio».

«Carino da parte tua» commentò lei, ancora confusa.

«Vero? Ogni tanto stupisco anche me stesso» affermò, sorridendo divertito. «Bene, visto che questo punto è chiarito, possiamo passare al prossimo punto».

«E sarebbe?»

Fred sorrise, sornione.

«Il bacio».

 

 


Ciao, cari lettori! Puntualissimo - sono stata brava, eh? - ecco l'aggiornamento.

Capitolo prettamente romantico; ebbene sì, anche io, in fondo, ho una vena di romanticismo che salta fuori quando meno te lo aspetti.

Ricordo - perché ogni tanto mi paice essere ridondante - che questa non è la storia di Chri e Fred, ma di Fred, George e Chri, ecco perché in questo capitolo c'è così tanto George (personalmente, preferisco quasi la parte con George che quella con Fred).

Poi, basta, non ho altre note. Ci sentiamo settimana prossima!

Grazie a tutti <3

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Capitolo 13
*** Giugno 1995 – Sesto anno ***


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 Giugno 1995 – Sesto anno

 

«Ehi, dove ti eri cacciata?» disse Fred, non appena Chri entrò nello scompartimento. Si trovavano sull’Espresso per Hogwarts, il loro sesto anno finalmente terminato. Tra il torneo Tremaghi, la messa appunto delle nuove invenzioni dei gemelli, l’avviamento dell’attività per corrispondenza, i mesi di incertezza, il periodo di tensioni e, infine, l’inizio della sua relazione con Fred, era stato davvero un anno intenso. Senza contare che bisognava aggiungerci quel piccolo dettaglio del ritorno di Voldemort. Insomma, sinceramente aveva proprio bisogno di tornare a casa, di staccare, dell’estate; anche perché era già d’accordo con i gemelli che l’avrebbero passata assieme, per lo più, probabilmente alla Tana.

«Mi sono persa in chiacchiere» rispose sorridendogli lei e prendendo posto accanto a lui.

«Non indovinerai mai cos’è successo» disse entusiasta George.

«Cos’è successo?»

«Harry ha chiesto di non dirlo...» cominciò George.

«Allora non ditemelo» la interruppe lei, divertita.

«Era nel senso “quindi non dirlo in giro”» replicò George, alzando gli occhi al cielo.

«Come se fosse seria, George, e veramente ti stesse dicendo di non dirle niente» disse Fred, ghignando. «Lei, la curiosità fatta a persona».

«Infatti» annuì Chri. «Di che si tratta? Allora?» aggiunse, vedendoli scambiarsi un’occhiata. «Me lo dite?»

«Ora sì che ti riconosco» disse Fred, chinandosi verso di lei e dandole un bacio. Come sempre, ogni volta che Fred la baciava, lei aveva l’impressione che il resto del mondo sparisse e non poteva fare a meno di lasciarsi trasportare, da lui, dal bacio, da tutte le emozioni che provocava; il che non era sempre un bene visto che spesso avevano pubblico.

«Sì, okay, non è il momento» disse George, sbuffando, continuando però a sorridere entusiasta.

«Ogni tanto sei un guastafeste, sai?» disse Fred, allontanandosi riluttante dalle labbra di Chri.

«George ha ragione, voglio sapere!»

I gemelli ridacchiarono.

«Harry ci ha dato i soldi del Torneo Tremaghi» svelò infine Fred, mentre Chri assumeva un’espressione stupefatta.

«Scherzi?» disse, spostando lo sguardo da lui a George, e poi di nuovo a lui. «Ma... perché?»

Fred scrollò le spalle. «Non li voleva, ha detto che non sono suoi, e che a noi servivano di più».

«Ho provato a dirgli che non li volevamo...» disse George.

«Ma ha minacciato di buttarli» concluse Fred, come se questo ponesse fine agli eventuali dilemmi morali. «Sai cosa significa, vero?»

Chri era troppo sbalordita per replicare, ma George continuò lo stesso: «Possiamo permetterci i locali!»

«Beh? Non dici niente?» disse Fred, vedendo che ancora lei non spiccicava parola.

«Ehm, sì» disse, con la sensazione che le parole le uscissero a fatica. «Cioè, wow, è fantastico».

«Vero?» disse esaltato Fred. «Pensavamo di fare un salto a Diagon Alley già la prossima settimana, per cominciare a farci un’idea».

«Così possiamo prenderlo in affitto. Anzi, magari riusciamo persino a comprarlo, vero, Fred?»

«Direi di sì» annuì l’altro, riflettendo. «Insomma, sono mille galeoni».

«Dici che ci conviene prenderlo solo in affitto, all’inizio? Così vediamo il giro che c’è...»

«...e poi decidiamo, sì».

«Quindi» disse Chri, le parole ancora incastrate in gola. «Immagino che... insomma, il mio aiuto non vi serva più».

Entrambi la guardarono sorpresi, si scambiarono un’occhiata, poi tornarono a posare lo sguardo su di lei.

«Ma di cosa stai parlando?» chiese Fred.

«Beh, ora che avete i soldi, immagino che...»

«Ma tu» la bloccò George, serio e incredulo assieme «pensi che ti abbiamo coinvolto solo per via dei tuoi soldi?»

«Beh, insomma, non solo, ma...»

«Hai proprio un’alta opinione di noi, eh» la interruppe Fred, mentre George annuiva.

Chri sospirò. «Okay, scusate» disse, abbassando lo sguardo, «non volevo offendervi, mi sono espressa male. Ma pensavo che questo... beh, cambiasse le cose».

«E cosa dovrebbe cambiare?» disse Fred, sollevandole il mento con due dita, affinché li guardasse.

George sorrise, scuotendo la testa con fare melodrammatico. «Cosa dobbiamo fare con lei, Fred?»

«Non lo so» disse Fred, con la stessa espressione. «A quanto pare tutti questi anni di attività non le hanno insegnato nulla».

«Forse dovremmo estrometterla davvero» disse George, pensoso.

«Già, non so se voglio una socia che pensa di valere solo per i soldi...»

«...e non per le idee che ci dà...»

«...o per come ci aiuta ad attuare le nostre...»

«...o per l’incoraggiamento e la fiducia che...»

«Stai diventando melenso» lo interruppe Fred.

«Vero, scusa, mi stava scappando».

Chri scoppiò a ridere. «Okay, ho capito l’antifona, meno pippe mentali e più lavoro?»

«Magari» disse Fred, ghignando.

«E, Chri, se non fosse stato chiaro quattro anni fa...» riprese George.

«Vogliamo anche te» concluse Fred, ripentendo le stesse parole usate anni prima. «Hai capito?»

«Abbiamo bisogno di te» ribadì George, scrollando le spalle.

Chri annuì, sorridendo, felice e serena. Probabilmente era un’insicura cronica, e per questo aveva a volte bisogno di conferme, ma una volta fugati i dubbi del momento si ricordava, si ricordava che loro tre erano speciali, si ricordava che avevano un rapporto speciale, quasi indescrivibile, a volte incomprensibile, che non c’era nulla al mondo come loro, e si ricordava di quanto questo la rendesse felice, la facesse sentire bene.

«Però adesso non piangere, eh» dissero insieme, con lo stesso sorriso.

 

 


Okay, okay, okay, devo cominciare con le scuse. Ho aggiornato in ritardo: perdonatemi ç__ç E' davvero un periodo folle, questo, e non ho nemmeno il tempo di accendere il pc e dedicarmici in santa pace! Scusate ç_ç

Detto questo... Beh, in questo capitolo salta fuori una delle caratteristiche di Chri che già compariva precedentemente e che non è altro quello che le incasina la vita: l'insicurezza. E' una persona che ha bisogno di conferme, perché per lei è un attimo dubitare di sé stessa o dell'affetto che gli altri provano per lei. Ah, sì, l'insicurezza è odiosa e incasina tutto. Ma crescerà e le passerà... spero.

E nulla, in questo capitolo ho voluto soffermarmi su questo aspetto e, nuovamente, sul rapporto Fred/George/Chri (beh, sì, è il tema della fic...).

Spero vi sia piaciuto!

(se riesco, visto il ritardo, pubblicherò il prossimo in anticipo ^^)

A presto!

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Capitolo 14
*** Agosto 1995 – Settimo anno ***


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Agosto 1995 – Settimo anno

 

«Sì, okay, poi mi spiegherete» li bloccò Chri, con un gesto della mano, «prima ho una cosa più importante da dirvi» disse, sedendosi accanto a George sul letto di quella stanzetta umida.

«Ovvero?» chiese Fred, sdraiato sul letto di fronte, che giocherellava con un qualcosa che sembrava un filo di carne. Chri lo osservò con curiosità, ma decise di rimandare a dopo le domande.

«Sono stata a Diagon Alley» disse, catalizzando subito l’attenzione dei due, «a guardare se c’è un locale che faceva per noi».

«Bene!» esclamò Fred. «Noi eravamo bloccati qui» aggiunse con una smorfia.

«Cos’hai trovato?» chiese curioso George.

«Ce ne sono un paio che non sono male, sia per posizione sia per aspetto, ma a dirla tutta non mi convincono un granché; non sono nemmeno abbastanza grandi, credo. Comunque, lì avete delle foto, per farvi un’idea» aggiunse, accennando alla busta che aveva posato prima sul letto dove si trovava Fred. Lui si alzò, prese la busta e la capovolse, facendone uscire le foto.

«Quindi ancora niente?» chiese George, mentre raggiungeva Fred per dare un’occhiata alle immagini.

«Aspetta, fammi finire» disse lei, riprendendo il discorso. «Dunque, stavo per rassegnarmi all’ex-Flowers – la prima foto che avete visto – quando... l’ho visto. Ragazzi, è perfetto».

«Dov’è? Com’è?» chiesero insieme, sollevando all’unisono gli occhi dalle foto e posandoli su di lei.

«È l’amore, ecco cos’è. È all’angolo tra Main Street e una di quelle vie di cui non ricordo mai il nome, è al numero 19, e sinceramente non ricordo cosa ci fosse prima. Il punto è che è enorme. Okay, bisogna darci una sistemata, ma ho già visualizzato come potremmo mettere le mensole, gli scaffali e, davvero, diverrebbe la perfezione. C’è anche abbastanza spazio per creare le sezioni, sapete, tipo per tipologia. E la cosa fighissima è che compreso nello stabile c’è un immenso magazzino: potremmo tenerci le scorte, i prototipi, e quelle cose lì. E la cosa ancora più fighissima è che sopra c’è un appartamento, quindi potreste andare a vivere lì, e...»

«Okay, okay» la interruppe George, ridacchiando. «Ci hai convinti».

«L’hai preso, quindi?» chiese Fred, sorridendo divertito.

«Beh, no».

«Ma come?!» esclamarono i due insieme.

«Lo sai che i posti a Diagon Alley vanno via in un attimo» disse George, mentre Fred continuava: «Anche l’altro ce l’hanno soffiato, e...»

«Tranquilli, l’ho fermato» li tranquillizzò subito lei. «Gli ho dato il doppio della caparra, sapete, per sicurezza, e così sono già compresi un paio di mesi. Ma non potevo prenderlo, prima lo dovete vedere e approvare».

«Ma va, se dici che è perfetto, lo è» disse George, mentre Fred annuiva.

Chri scrollò le spalle. «Non potevo prenderlo senza il vostro okay. E, beh, questo costa un pelino di più rispetto agli altri che abbiamo, e che ho, visto...» disse gesticolando.

«Quanto di più?» chiese George; Fred le lanciò un’occhiata e aggiunse: «Perché, sai, i tuoi metri di misura lasciano un po’ a desiderare».

«Non tantissimo. Ma posso permettermelo, tranquilli» aggiunse vedendo le loro facce. «Il punto è se a voi va bene che io metta più di quello che avevamo stabilito; insomma, se vi dà da fare, o vi dà fastidio che tipo la mia quota sia più alta, o che ci metta di più... insomma, per me il negozio rimane vostro, e io...»

Fred la interruppe ridacchiando. «Ti fai troppi scrupoli».

«E apprezziamo il pensiero...» disse George.

«...ma se va bene a te, noi non abbiamo problemi» concluse Fred.

«L’imprenditrice sei tu» aggiunse George, sorridendo divertito.

«Tanto ti torneranno indietro in fretta».

Chri sorrise, sollevata. Avevano stabilito tempo addietro che lei avrebbe messo il grosso del capitale per il negozio, ben prima che Harry regalasse loro i soldi del Torneo, ne avevano parlato più volte; ma non voleva comunque essere invadente o altro. I gemelli accettavano il sostegno economico di buon grado, ma questo non significava che non si facessero degli scrupoli: era stata Chri infatti a suggerire che avrebbe potuto mettere lei il capitale per lo start-up e ci aveva messo un po’ a convincerli, perché non volevano che lei si sentisse sfruttata, né volevano sfruttarla. Ma la verità era che erano tre soci, con ruoli diversi, ovvio, ma pur sempre soci, dunque, visto che Chri ne aveva la possibilità, era naturale per lei usare i suoi fondi per quel progetto, in cui credeva un sacco – insomma, i gemelli al suo posto avrebbero fatto esattamente lo stesso. Tutti e tre avevano convenuto che era la soluzione migliore, e quindi avevano fissato delle cifre, per evitare eccessive sproporzioni.

«Quindi» disse Chri «quando andiamo a vederlo?»

I due si lanciarono uno sguardo e fecero la stessa smorfia.

«La vedo grigia» disse George.

«Perché?» chiese Chri, perplessa.

«Non ci fanno uscire» disse Fred, con un’altra smorfia.

«Ma siamo maggiorenni!» obiettò Chri.

«Già, quello che diciamo anche noi» disse George.

«Non è che possono tenerci chiusi qui dentro! A proposito» aggiunse, «dove siamo?»

«Grimmauld Place, numero 12» disse Fred.

«Già, l’avevo capito quando me l’ha detto Silente. E so anche» aggiunse in fretta, prima che potessero dire altro «che è il quartiere generale dell’Ordine della Fenice». Silente non aveva abbondato in spiegazioni, quando l’aveva portata lì. Si era recato alla residenza di Londra, per conferire con suo padre: essendo membro della Camera dei Lord ed essendo a conoscenza della questione-magia, come la chiamava lui, Silente aveva ritenuto saggio informarlo degli eventi che stavano avvenendo; il preside, poi, sembrava essere informato delle intenzioni di Chri di passare parte dell’estate con i Weasley, per questo motivo l’aveva avvertita prima, dicendole che, se avesse acconsentito, l’avrebbe portata lui al Quartier Generale dell’Ordine della Fenice – qualunque cosa significasse. «Ma, ecco, cos’è? Perché siamo qui?»

«È un’organizzazione segreta che lotta contro Tu-sai-chi» le spiegò George.

«E siamo qui perché i nostri fanno parte dell’Ordine» aggiunse Fred.

«E per precauzione, sai, ora che Tu-sai-chi è tornato» continuò George, mentre Chri annuiva, collegando le varie informazioni.

«Ma in realtà è tutta una scusa per farci lavorare come elfi domestici» commentò Fred. «Anche se è produttivo, abbiamo trovato un sacco di cose utili, tipo il veleno dei Doxy».

«Già, a proposito, e quelle?» chiese Chri, indicando i fili di carne nella mani di Fred.

«Orecchie Oblunghe» rispose lui, lanciandogliene una.

«E, modestamente, sono fantastiche» disse George, subito prima di spiegarle il funzionamento. Nonostante ormai Chri avrebbe dovuto essere abituata al loro genio, non poté che rimanerne colpita, come tutte le volte.

«Siete dei geni» commentò, rigirandosi l’Orecchio tra le mani.

«Vero» disse Fred. «Ma un po’ di merito è tuo: sei tu che ci hai dato l’idea».

«Sai quando hai detto: “oh, vorrei tanto sapere cosa si stanno dicendo!”?» disse George, rispondendo alla sua occhiata interrogativa. «Da lì le abbiamo ideate».

«Oh» commentò lei e, pur non essendo affatto convinta fosse anche merito suo, disse: «Allora sono un po’ un genio anche io».

«Certo, ne dubitavi?» disse Fred, sorridendole divertito.

«Come sempre» rispose lei, con lo stesso sorriso.

George spostò lo sguardo dall’uno all’altra, poi si alzò con un sorriso. «Va bene, piccioncini, vi lascio un po’ da soli» disse, dando una pacca sulla spalla di Fred.

«Tu sì che sei un fratello perspicace» commentò l’altro, mentre il gemello lasciava la stanza dicendo: «Ovvio, sono il migliore».

«Sai» disse Chri, mentre Fred si alzava e le si avvicinava, «non so chi dei due abbia più ego».

«Io, sicuramente» disse lui, sorridendo beffardo, poi si sedette ai piedi del letto, accanto lei.

«Penso anche io» disse Chri divertita.

Fred le prese una mano, rigirandosela tra le sue; dopo aver passato qualche attimo a tentare di far combaciare le dita di lei con le sue, alzò lo sguardo e lo posò su di lei, poi disse: «Quant’è che ti sono mancato da uno a dieci?»

Chri parve rifletterci un attimo. «Direi un undici» ammise infine sorridendo, voltandosi verso di lui.

«Solo?» disse lui, fintamente deluso.

«È già fuori scala».

«Tu mi sei mancata almeno mille» disse diretto, facendola arrossire. «E sai cos’altro mi è mancato?» aggiunse, mostrando il sorriso sghembo che la faceva impazzire.

Lei scosse la testa, registrando la sua vicinanza.

«Questo» disse, prima di prenderle il viso tra le mani e poggiare le labbra sulle sue.

«È mancato anche a me» sussurrò lei, interrompendo il bacio. Fred sorrise, e riprese da dove si erano interrotti.

 

 


Dunque, quando dissi che avrei pubblicato prima di far trascorrere la solita settimana, in realtà intendevo un po' più che un solo giorno prima... Ma va beh xD Accontentatevi, dai!
Questo capitolo avrei potuto pubblicarlo insieme al precedente, visto che richiama all'incirca gli stessi temi - o meglio, pone l'accento sul tipo di rapporto Fred, Chri, George, Negozio - ma visto che avevo già precedentemente stabilito che avrei pubblicato ogni momento singolarmente... è andata così, ecco.

Dunque, ho giustificato la presenza di Chri a Grimmauld Place nel modo narrato - spero sia chiaro e non forzato; volevo che la motivazione non fosse semplicemente "è amica dei gemelli, quindi va con loro" (sebbene questa sia fondamentalmente il motivo per cui Hermione si trova a Grimmauld Place, ovvero la sua amicizia con Harry e Ron), dunque ho pensato a un motivo che avrebbe potuto portare Silente da lei: nel quinto libro viene detto che è sempre impegnatissimo, in giro di qua e di là, il padre di Chri è un Lord, e ho semplicemente sommato le cose.

Il finale tende al fluff, talmente tanto che ha stupito persino me mentre lo rileggevo! Tranquilli, però, la storia non diventerà fluff e non vi verranno le carie.

Ah, già: scusate se non ho risposto ancora alle recensioni, ma è un periodo veramente folle; lo farò appena avrò tempo (sì, lo so: sto periodo folle pare non finire mai!).

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Capitolo 15
*** Novembre 1995 – Settimo anno ***


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 Novembre 1995 – Settimo anno

 

Chri si trovava a bordo campo: era arrivata in ritardo alla partita e non avendo voluto perdersela tutta cercando un posto sugli spalti, aveva deciso di guardarla da lì. Adorava il Quidditch, ma ancora di più adorava vedere Fred e George giocare: erano fuoriclasse e ogni volta che li vedeva, il suo cuore si riempiva d’orgoglio. Quello che amava di più, però, era vedere l’espressione indescrivibile che compariva sui loro visi durante il gioco. Erano l’entusiasmo, la gioia, la passione. E quello che la faceva impazzire erano gli sguardi che le lanciava Fred, come ad assicurarsi che lei non si perdesse niente, come se giocasse per lei.

Una volta si era persa una loro partita, per un motivo che ora non ricordava nemmeno. Ci aveva messo un sacco a farsi perdonare, da entrambi, dicevano che se avevano perso era stato anche a causa sua, perché se lei non era lì, non era la stessa cosa. Ma quella fu la prima e unica volta che accadde, per il resto lei c’era sempre stata, a condividere con loro gioie e dolori.

Harry afferrò il boccino, facendo vincere i Grifondoro. Chri esultò, e subito Fred atterrò accanto a lei, scese al volo e la tirò su, abbracciandola, facendola vorticare, mentre lei scoppiava a ridere per la sua irruenza.

«Ma dov’eri?» disse entusiasta George, atterrando accanto a loro. «Hai visto quando ho colpito Montague?!»

«Certo che l’ho visto!» disse Chri, abbracciandolo di slancio. «Siete stati formidabili. Come sempre, del resto».

Fred e George sorrisero, poi si voltarono per esultare con i loro compagni di squadra, Chri che li seguiva, la mano stretta in quella di Fred, che sembrava non volersene separare.

«Ma non abbiamo trovato delle rime per grassa e brutta...» sentì dire Chri da Draco Malfoy, con quel suo solito tono arrogante e sprezzante. «Volevamo anche omaggiare sua madre, e...» Chri lanciò un’occhiata ai gemelli, troppo impegnati a congratularsi con Katie e Alicia per sentire. «Non siamo nemmeno riusciti a inserire povero fallito... Sai, suo padre...» continuava Malfoy, e questa volta i gemelli lo udirono; Chri sentì la mano di Fred irrigidirsi nella sua, e vide George mutare espressione. Entrambi si voltarono verso di lui.

«Lasciatelo perdere» intervenne subito Chri, tirando indietro Fred. «È un povero cretino».

Ma Malfoy non la smetteva «...ma a te piacciono i Weasley, vero, Potter? Ci passi le vacanze e tutto il resto... Non capisco come fai a sopportare la puzza, ma immagino che quando uno è stato allevato da Babbani anche la baracca dei Weasley vada bene...»

Chri aumentò la presa su Fred, trattenendolo, aiutata da Angelina e Alicia, mentre sentiva la rabbia montare dentro di sé. Quel piccolo pezzo di merda. Avrebbe voluto tirare fuori la bacchetta, ma se avesse lasciato andare Fred, lui gli sarebbe saltato addosso sicuramente. Malfoy se lo sarebbe anche meritato, ma Fred si sarebbe messo nei guai. Lanciò un’occhiata preoccupata a George, che veniva trattenuto da Harry.

«O forse» incalzò Malfoy, ridendo sguaiatamente, «ti ricordi di quanto puzzava la casa di tua madre, e il porcile dei Weasley te la fa tornare in mente...»

«George, no!» urlò Chri, trattenendo con tutte le sue forze Fred. George e Harry si erano appena lanciati contro Malfoy e gliene stavano dando di santa ragione. «George!» urlò ancora. «Fred, calmati!» aggiunse rivolta a Fred, strattonandolo per un braccio, facendolo voltare verso di lei. «Guardami. Fred, guardami». Lui la guardò, poi parve metterla finalmente a fuoco, ansante, ancora trattenuto a forza da lei, Angelina e Alicia; Chri non l’aveva mai visto così fuori di sé. «Adesso calmati» disse, mentre con la coda dell’occhio vide atterrare Madama Bumb e gesticolare animatamente con Harry e George. La voce di Chri sembrò far breccia in lui, che finalmente smise di tentare di opporsi. Lentamente, Angelina e Alicia lo lasciarono andare, mentre lei disse semplicemente «Andiamo», intrecciando le dita alle sue, e incamminandosi verso la Sala Comune.

Fred era troppo arrabbiato per parlare e Chri lo capiva: anche lei era incazzata nera. Spesso si chiedeva perché le persone come Malfoy dovessero esistere.

«Aspetta» disse Fred, a metà strada, la voce che tremava ancora di rabbia, così come le mani. Chri si fermò, lo osservò un istante, e poi si avvicinò a lui e lo abbracciò, stringendolo a sé. Fred era ancora rigido, ma rispose all’abbraccio, sprofondando il viso tra i suoi capelli.

«È un idiota bastardo» commentò Chri.

«Già» disse Fred.

Stettero in silenzio un po’, abbracciati così, senza dire niente; non servivano parole, tra loro due.

«Grazie» mormorò poi lui, così piano che Chri quasi credette di averlo immaginato. Sorrise e si allontanò leggermente, fissò gli occhi un attimo nei suoi, e lo baciò. Fred si avventò sulle sue labbra, quasi con rabbia, facendola indietreggiare di un paio di passi, così che lei si ritrovò con la schiena poggiata contro il muro freddo. Chri poteva sentire tutta la sua frustrazione. Si strinse a lui, mentre lui faceva aderire il suo corpo a quello di lei.

«Aspetta» lo interruppe lei, scostandosi leggermente. Erano entrambi ansanti e a corto di fiato, e lei aveva sentito dei passi. Ma a Fred sembrava non importare, e riprese a baciarla con foga. Chri chiuse gli occhi e si lasciò andare, ma i passi si avvicinarono sempre di più.

Fred sbuffò. «Chi è che rompe?» chiese, e si guardò attorno per vedere chi fosse. Dopo qualche istante, George svoltò l’angolo, seguito da Harry, quest’ultimo con una faccia da funerale, mentre quella di George sembrava più che altro sconvolta.

«George?» chiese preoccupata Chri, mentre Fred faceva un passo indietro, fissando il gemello senza dire una parola. «Cos’ha detto la McGranitt?»

«La Umbridge, semmai» la corresse George, imprimendo nel nome tutto il suo astio. Chri lo guardò ancora più preoccupata.

«Squalificati. A vita» mormorò Harry, poi si allontanò biascicando qualcosa che Chri non comprese, troppo presa a guardare George: «Come sarebbe a dire?»

«Quello che ha detto» disse George, atono. «Anche tu, Fred» aggiunse, guardando il suo gemello, che stava assumendo la stessa faccia sconvolta.

«Stai scherzando?» chiese Chri. «Ma... non può farlo! E poi Fred non ha nemmeno fatto niente!»

«Non per scelta» precisò Fred. «Avrei reso quell’idiota irriconoscibile».

Ci furono poche volte in cui Chri non seppe come prendere i gemelli, come consolarli o che parole usare. Di solito con loro non aveva bisogno di pensare e ripensare a cosa dire, nel timore di dirla nel modo sbagliato; con loro diceva quello che pensava, come lo pensava, certa che loro avrebbero sempre capito. Quella volta però non aveva la più pallida idea di che cosa dire. Cosa si dice quando ti tolgono una delle, se non la più grande passione che hai?

«Non può» ribadì lei, la voce piena di sconforto. Lanciò uno sguardo a Fred, che sembrava paralizzato, poi si avvicinò a George e l’abbracciò, mormorando: «Mi dispiace un sacco».

George rispose all’abbraccio. «Non è una tragedia» disse, riuscendo persino a sorridere, il che era assurdo: adesso era lui che consolava lei?

Chri sciolse l’abbraccio. «Bene» affermò decisa, «stasera Testa di Porco. Alla faccia della megera».

I due gemelli si lanciarono un’occhiata, e si sciolsero in un sorriso divertito. «Ci piace come ragioni» dissero.

«Lo so» disse convinta lei, «altrimenti non potrei essere vostra socia, no? Forza» li esortò, sospingendoli entrambi verso la Sala Comune, «andiamo a chiamare Lee. E anche Frida, magari, la Sala Comune di Corvonero è qui vicino».

Fred lanciò velocemente un’occhiata a George, occhiata che a Chri non sfuggì. «Cosa significa?» chiese subito, e vedendo che nessuno dei due rispondeva, continuò: «George, cos’è? Non vuoi che venga?»

«Non so se sia una grande idea» disse lui, lasciandola di stucco.

«Ma... di cosa parli?»

«Abbiamo deciso di rallentare un po’» ammise dopo un po’, le mani in tasca, lo sguardo che evitava il suo.

«Abbiamo

George sbuffò, mentre Fred guardava accuratamente i quadri alle pareti, come se avesse sviluppato un improvviso interesse per l’arte. «Okay, ho» ammise. «È che stava diventando un po’... troppo seria, capisci?»

Chri lo guardò interdetta. «Un po’ seria, George? State insieme da un bel po’, è ovvio che sia seria».

«Non è quello che intendevo».

«Allora cosa?» chiese lei, continuando a non capire. Sembrava che tra loro andasse tutto bene, questo era un po’ un fulmine a ciel sereno. Okay, in realtà aveva notato che George ultimamente era un pelino strano, e l’aveva notato anche Frida, ma Chri aveva pensato che fosse semplicemente per via della Umbridge, della situazione ad Hogwarts, del fatto che lui e Fred non volevano starci qui, non pensava ci fosse qualcosa del genere sotto.

«È che... non so, potrebbe funzionare davvero» disse lui, confondendola ancora di più.

«E quindi?»

«E quindi un conto è vivere così, giorno per giorno, un conto è quando vedi che tutto sembra portarti inevitabilmente verso un futuro che, beh, non sai se vuoi».

«Ma mica vi dovete sposare domani» disse lei, cominciando ad intuire quale fosse il vero problema.

«Già, ma se continua così...», scrollò le spalle, «Non sono pronto per una cosa così grossa».

«Sì, ma, George, se la ami...»

«L’hai detto tu» la interruppe lui, «sono anni che stiamo insieme».

«E ti sei stancato?»

«No. Cioè, non so, ma non è quello il punto. Sembra quasi che stiamo insieme perché sì, perché stavamo insieme anche ieri» disse lui.

Chri sospirò. «Secondo me sei confuso. Il punto è che sei stato investito dalla realtà della situazione, e forse dalla serietà della cosa» disse, conosceva così bene George da poter leggere tra le righe, «e capisco che forse vedere le cose da un’altra prospettiva potrebbe aiutarti a capire cosa vuoi».

George la guardò stupito, poi sorrise: «Pensavo mi avresti strigliato a dovere».

«Già, dovrei» annuì lei. «Ma hai avuto una giornata pessima e, comunque, è inutile che ti dica che stai facendo la cosa sbagliata – perché secondo me siete fatti l’uno per l’altra – lo devi capire tu, lo devi sentire tu. Anche perché... se hai tutti questi dubbi, non puoi fare finta di niente. Non è giusto per Frida. E a proposito di questo» aggiunse assumendo un cipiglio più severo, «sarà meglio che tu le parli, George. Guai a te se, tipo, cominci a evitarla o ignorarla o qualsiasi cosa senza darle spiegazioni. Lì sì che ti striglio a dovere».

«Agli ordini» disse George. «E, mmm, grazie» mormorò.

«Non devi ringraziarmi» replicò lei, scrollando le spalle. «Sei il mio migliore amico, no? È normale».

«Dai, su, che qualcuno ci ha promesso una serata coi fiocchi» intervenne allegro Fred, cambiando argomento «e la strada per la Testa di Porco è lunga».

 

 


Sì, sì, sono in ritardo, lo so! Ormai dovreste averlo capito: sono un pelino inaffidabile nel fare previsioni. Ricordo che, nonostante i ritardi negli aggiornamenti, la storia è scritta, quindi avrete sicuramente una conclusione.

Ma veniamo a questo capitolo.

Non potevo non trattare della litigata con Malfoy, né dell'espulsione dei gemelli dal Quidditch (tornerà anche in seguito come tema, se non ricordo male): sono due avvenimenti troppo importanti perché fossero tralasciati. Detto questo,spero che quest'angolazione vi sia piaciuta - visto che nel libro la vicenda è totalmente vista dal punto di vista di Harry.

L'ultima parte del capitolo si è quasi scritta da sola e sinceramente non so nemmeno cosa dire a riguardo! Credo che rispetti l'IC di George e, anzi, credo che sia saltata fuori proprio per non forzare il carattere del personaggio. In realtà, c'è anche un qualcosina di autobiografico, ma questa è un'altra storia e dubito vi interessi.

Al prossimo aggiornamento: tenterò in tutti i modi di postare puntale, questo posso promettervelo!

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Capitolo 16
*** Dicembre 1995 – Settimo anno ***


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 Dicembre 1995 – Settimo anno

 

Era notte inoltrata quando Chri rientrò in Sala Comune, la mano stretta al petto nel tentativo di soffocare il dolore; veniva da ore – non sapeva esattamente quante – di punizione con la Umbridge. Non che fosse una novità: già di suo aveva il problema di non saper tenere a freno la lingua, figurarsi con la vecchia rospa; le dispiaceva solo che anche Frida fosse stata punita con lei, per aver riso alla sua battuta. Si lasciò cadere con un sospiro sul divanetto di fronte al caminetto, poi armeggiò con la borsa alla ricerca dell’essenza di Purvincolo che era ormai diventata essenziale, riflettendo sul fatto che, se Fred e George non l’avevano aspettata, doveva essere davvero tardi. Se ne versò qualche goccia sulla mano, poi poggiò la mano sul suo petto, la testa al divano e chiuse gli occhi, in attesa che la familiare sensazione di sollievo la cogliesse.

Si ridestò di soprassalto, svegliata da voci e rumore di passi concitati.

«Che succede?» biascicò, mentre qualcun altro faceva la stessa domanda, solo con voce piena e preoccupata. Sentire la voce di uno dei gemelli così la svegliò del tutto. Spalancò gli occhi e si guardò intorno, mentre la McGranitt diceva: «Aspettatemi qui, vado a chiamare vostra sorella», lasciando i due gemelli perplessi ai piedi delle scale per i dormitori maschili.

«Che succede?» ripeté preoccupata Chri, avvicinandosi a loro, che la guardarono perplessi, come se non capissero da dove fosse spuntata fuori, come se non riuscissero a capire cosa stesse succedendo.

«Non lo sappiamo» disse poi George, atono.

«C’entra qualcosa papà» disse Fred.

Chri non disse niente, fermandosi ad aspettare lì con loro qualunque cosa stessero aspettando.

«Andiamo» disse la McGranitt, scesa in quel momento dai dormitori femminili con Ginny al seguito, che guardava smarrita a destra e a sinistra. «Signorina Harvey, cosa ci fa qui a quest’ora? Fili a dormire».

«Io... vengo da una punizione, professoressa» spiegò in fretta Chri.

«Viene con noi» disse Fred, guardando la McGranitt serio.

«Signor Weasley, le...»

«È una di famiglia» disse George, fermo.

Chri era sicura che la McGranitt non avrebbe mai accettato, ma la situazione doveva essere davvero urgente, visto che annuì con un cenno del capo secco, per poi ricominciare a camminare a passo spedito. Tutti loro la seguirono, Fred davanti, rigido, George dietro, seguito da Ginny, che Chri vide afferrare la mano di George, talmente forte che le dita di lei sbiancarono, e infine lei, impacciata, non sapendo cosa fare, senza capire cosa stesse succedendo.

«Harry, che succede?» chiese Ginny appena entrarono nell’ufficio di Silente, dove si trovavano già Harry – perché si trovava lì? – e Ron, che aveva un’espressione cinerea. «La McGranitt dice che papà è ferito...»

Chri ebbe un sussulto. Ecco cos’era successo. Lanciò un’occhiata ai gemelli, e la preoccupazione aumentò ancora di più: non li aveva mai visti così.

In quel momento, successero cose che Chri non capì, nemmeno a ripensarci tempo dopo, sempre come se le mancassero dei passaggi: Silente disse cose incomprensibili, usò un aggeggio che lei non aveva mai visto in vita sua, parlava con i quadri del suo ufficio in maniera frenetica, e Chri non riusciva a cogliere nulla.

«Dovete andare» disse Silente, non appena Fanny comparve nella stanza con una fiammata. “Andare dove?” si chiese Chri, sempre con la sensazione di essersi persa dei pezzi per strada. «Minerva, trattieni la Umbridge».

La McGranitt annuì ed uscì di corsa, mentre Silente prese un cappello, mormorò un incantesimo e lo mise al centro della sua scrivania.

«Avete già preso una Passaporta?» chiese.

Chri li vede tutti annuire, e non ebbe cuore che dire che no, lei non l’aveva mai presa; “ma quanto può essere difficile?” si disse, tentando di infondersi coraggio. Vide sia Fred sia George lanciarle un’occhiata, ma lei distolse lo sguardo, guardando dritto davanti a sé: non poteva creare altri problemi per una misera Passaporta, questo era escluso. Mentre Silente fece cenno loro di avvicinarsi e di toccare il cappello, Chri si sentì prendere per mano; non ebbe bisogno di guardare per sapere che si trattava di Fred: avrebbe riconosciuto la sua mano e il suo tocco ovunque. Allungò l’altra mano per afferrare la Passaporta, e immediatamente si sentì strattonare per l’ombelico, tutto il mondo prese a vorticare intorno a lei, i colori si confusero, la gravità stessa si confuse, finché non si ritrovò in Grimmauld Place, scombussolata e con un forte senso di nausea. Non appena la nausea passò e si fu drizzata, Fred le mollò la mano.

«Ciao, ragazzi» disse Sirius, con un sorriso tirato in faccia.

«Cosa succede?» chiese subito Ginny, e Chri vide che non aveva ancora lasciato la mano di George.

«Già, vorremmo saperlo anche noi» disse George, tetro.

Harry sospirò, poi cominciò a raccontare tutta la sua visione. Chri ascoltò orripilata: l’idea che Arthur potesse... No, non ci voleva pensare. Un silenzio assordante scese tra di loro dopo le parole di Harry, ma durò solo qualche istante.

«Andiamo al San Mungo» disse Fred, risoluto.

Ginny si guardò, e parve realizzare che tutti loro erano ancora in pigiama. «Ehi, Sirius, non avresti mica dei mantelli da prestarci, così da...»

«No, voi non andate da nessuna parte» rispose Sirius.

«Certo che ci andiamo se vogliamo! È nostro padre!» gridò George, facendoli tutti sussultare.

«Non potete andare al San Mungo prima che loro avvertano vostra madre! Altrimenti come spiegherete il fatto che voi sappiate già tutto?! Come pensi che reagiranno?»

«Non ha importanza!» urlò Fred.

«Noi ci andiamo lo stesso!» ribadì George.

Sirius sospirò. «L’ultima cosa di cui abbiamo bisogno è che si sappia che Harry ha queste visioni». A queste parole, Harry si guardò le scarpe. «Non capite quanto ci sguazzerebbe il ministero? Senza contare che compromettereste l’Ordine».

«Chi se ne frega dell’Ordine!» insisté Fred, praticamente urlando.

«È nostro padre che sta morendo!» esclamò George, fuori di sé.

Chri poté sentire gli occhi molto più umidi del normale, e deglutì, ricacciando indietro le lacrime. Non sapeva se le facesse più male sapere del pericolo in cui si trovava Arthur o vedere i gemelli così.

«Vostro padre sapeva i rischi che correva e l’ultima cosa che vorrebbe è che voi roviniate i piani dell’Ordine».

«È facile dirlo, per te, chiuso qui dentro!» urlò Fred. «Non mi pare che stai rischiando il collo!»

Chri gli lanciò un’occhiata obliqua, pensando che avesse esagerato, ma non disse niente: dopotutto, ne aveva il diritto. Ginny pose fine in un certo senso alla questione, sprofondando sul divano rassegnata, dopo aver finalmente lasciato la mano di George. I gemelli avevano ancora un’aria ribelle, ma nessuno disse più niente, così sprofondarono di nuovo in un silenzio assordante.

In quell’istante, arrivò una lettera di Molly portata da Fanny, comparendo con una fiammata.

 

Sto andando al San Mungo. Vostro padre è ancora vivo. Non muovetevi di lì, vi farò avere notizie.

Molly

 

«Ancora vivo... Ma se dice così...» disse George, lasciando cadere la frase.

«Coraggio, sediamoci e aspettiamo» disse Sirius stancamente, richiamando con la bacchetta delle Burrobirre. Chri si sedette accanto a Ginny, ma non provò nemmeno a bere la sua, il senso di nausea ancora troppo forte, lo stomaco completamente chiuso, e non solo per la Passaporta. Si guardò attorno, tentando di affogare i brutti pensieri. Ron, il volto cinereo, non aveva detto ancora una parola. Harry era veramente abbattuto, i gemelli guardavano torvo Sirius. Vide Ginny far scomparire con la mano libera una lacrima sfuggitale dalle ciglia.

Chri sospirò e si alzò in piedi, prendendo Ginny per mano e facendole segno di seguirla. Tutti le guardarono: erano i primi momenti dopo parecchi minuti di immobilità totale; ma nessuno disse niente. Ginny seguì Chri mogia fin nel bagno al primo piano.

«Okay, Ginny» disse Chri, appena si fu richiusa la porta alle spalle. «Adesso puoi».

Lei cominciò subito a piangere, scossa dai singhiozzi. Chri l’abbracciò, l’impaccio sparito per la necessità. Si sedettero per terra, la schiena appoggiata contro la parete, il viso di Ginny contro il suo petto, la maglietta di Chri zuppa, ma non le importava. Lei e Ginny forse non erano amiche nel senso lato del termine, ma erano come sorelle con qualche anno di differenza. Una volta, quando Ginny era al primo anno, le aveva detto che era contenta che lei fosse così amica di Fred e George, perché era un po’ come avere una sorella più grande su cui contare, e in effetti Chri l’aveva sempre considerata come una sorellina minore, l’aveva sempre tenuta d’occhio, pronta ad intervenire se avesse mai avuto bisogno di lei, e più volte si era ritrovata ad ascoltare i suoi sfoghi o a rispondere alle sue domande o semplicemente a ridere e scherzare.

«Andrà tutto bene» le sussurrò contro i capelli, cullandola dolcemente. «Andrà tutto bene, vedrai» ripeté. «Tuo padre è in gamba, se la caverà senz’altro».

Chri non seppe quanto tempo passarono così, Ginny tra le sue braccia a piangere, ma non le importava, ci sarebbe stata anche tutta la notte.

«Grazie» mormorò Ginny dopo un po’, quando i singhiozzi cominciarono a diminuire, quando ormai Chri aveva smesso di sentirsi le gambe – non che le importasse.

«Non devi...» cominciò Chri, ma Ginny la interruppe.

«Per avermi portata qui» aggiunse, «E per...»

«Ginny, sono qui apposta» rispose Chri, semplicemente, ed era la verità.

In quel momento, sentirono bussare leggermente alla porta.

«Avanti» disse Chri, quasi sussurrando; Ginny non si mosse.

La porta si aprì, lasciando entrare Fred e George, i volti tesi e preoccupati. Gettarono un’occhiata a loro due, lì, sedute per terra contro la parete.

«Volevamo...» cominciò George, ma non sapeva bene nemmeno lui come proseguire.

«Tutto bene?» chiese Fred.

Chri annuì. «Ha solo bisogno di sfogarsi» sussurrò.

Loro annuirono, rimanendo fermi sulla soglia, come indecisi sul da farsi. Chri sorrise, facendo loro cenno di avvicinarsi, così si sedettero, George alla sinistra di Chri, Fred alla destra di Ginny, a cui prese la mano.

Stettero così, in silenzio per qualche istante, quando i singhiozzi di Ginny ripresero all’improvviso.

«E se...» biascicò lei, mentre Chri notò che subito i gemelli sbiancarono.

«No» rispose risoluta. «Andrà tutto bene» disse, accarezzandole la testa.

«Come lo sai?» chiese lei, un misto tra speranza e disperazione.

Chri scrollò le spalle. «Lo so e basta. Non può essere altrimenti».

La sentì annuire contro il suo petto, mentre George afferrò la mano sinistra di Chri, rigirandosela tra le mani, in un modo che a lei ricordava quello di Fred, sebbene il tocco fosse differente. Incurvò leggermente le labbra in un sorriso: se le sue mani fungevano da antistress a entrambi i gemelli, tanto meglio.

Rimasero così: Ginny tra le braccia di Chri, la mano di lei in quella di George, la testa di George poggiata sulla sua spalla, la mano di Ginny in quella di Fred, che teneva gli occhi chiusi, le testa appoggiata all’indietro contro il muro. Rimasero così ad aspettare. E aspettarono, aspettarono pieni di paure e di speranze, aspettarono senza osare pensare, o pensando tanto da non riuscire a districare i pensieri.

Finché la Signora Weasley entrò, con un sorriso stanco, ma pur sempre un sorriso; Fred si tirò su di scatto, guardandola in attesa.

«Guarirà» disse subito. «Sta dormendo. Più tardi possiamo andare a trovarlo».

Fred si lasciò scivolare di nuovo a terra, il volto tra le mani, mentre George e Ginny si precipitarono ad abbracciare la madre, e Chri sospirò, sollevata, emettendo una sorta di risolino nervoso, che parve spazzare via la tensione che alleggiava fino a qualche istante prima.

La voce di Sirius provenne dalla cucina sottostante: «Colazione per tutti!», e la Signora Weasley e Ginny si affrettarono a scendere. George lanciò un’occhiata a Fred, ancora con il viso tra le mani, poi lui e Chri si guardarono un istante, e entrambi tornarono a posare gli occhi su Fred.

«Fred» esordì George, la mano sulla porta, ma lui lo interruppe sul nascere: «Niente. Ora arrivo».

George lanciò un’altra occhiata a Chri, poi uscì chiudendosi la porta alle spalle, senza dire nulla.

«Fred» sussurrò Chri, inginocchiandosi accanto a lui. Posò le mani sulle sue e gliele allontanò dal volto, fissando gli occhi nei suoi. «Va tutto bene, tuo papà guarirà».

«Lo so» rispose Fred, laconico.

Chri aspettò che continuasse, senza dire nulla.

«Siamo in guerra, eh?» constatò amaramente lui.

«Già» disse Chri, annuendo. «Lo sapevamo. Per questo volevamo... vogliamo far parte dell’Ordine. Per dare una mano».

Fred annuì, ma non aggiunse altro.

«A cosa pensi, Fred?» disse lei, passandogli una mano tra i capelli, con quel gesto che lui adorava, e istintivamente lui mosse la testa, assecondando il movimento, come a voler aumentare il contatto.

«Pensavo...» cominciò infine, dopo che Chri gli ebbe accarezzato i capelli un paio di volte, mentre ancora lo faceva. «La prossima volta potrebbe non andare bene».

«Non...» iniziò lei, ma Fred non la fece finire e continuò: «La prossima volta potrebbe capitare a te o a George. Se vi succedesse qualcosa...», lasciò cadere la frase.

Calò il silenzio tra loro, rotto solo dal rumore del braccialetto di Chri che tintinnava mentre faceva passare le dite tra i ciuffi ribelli di lui.

«Lo permetteresti?» disse infine; Fred la guardò stupito, e lei riprese senza attendere risposta: «Io non permetterò che ti accada qualcosa. Né permetterò che accada qualcosa a George. E so che lui farà lo stesso con noi. E so anche che tu farai lo stesso con me e lui. Finché staremo insieme, non ci accadrà nulla».

Fred parve assorbire l’impatto di quelle parole, poi finalmente sorrise, rasserenato.

«Ecco» disse Chri, sorridendogli, «finalmente riconosco il mio ragazzo».

«Il mio ragazzo» ripeté lui, come assaporandone il sapore, accarezzandole una guancia con il dorso della mano. «Lo sai, mi piace come suona sulle tue labbra» disse, poi avvicinò lentamente il viso al suo, fino a che le loro labbra non si sfiorarono in un bacio dolce e intenso allo stesso tempo.

«Sono un po’ stanca» mormorò lei sulle sua labbra. «Andiamo a letto?»

«Solo se dormi con me».

Chri lo guardò stupita, poi annuì; non c’era malizia in quella frase, solo voglia di stare assieme. Si alzò e lo stesso fece Fred.

«Vieni» le disse, prendendole una mano, per poi guidarla fino alla camera sua e di George. Lui era già a letto, ma non dormiva: il respiro non era né profondo né regolare.

«Ehilà» esordì George, la voce che proveniva da un punto non ben identificato della stanza.

«Tutto bene, George?» disse Fred, mentre faceva strada a Chri sino al suo letto; s’infilò sotto le coperte, facendole poi posto. Chri lo seguì, accoccolandosi tra le sue braccia.

«Sì, Freddie» ribatté George. «Tu?»

Fred strinse Chri tra le sue braccia, poggiando il petto alla sua schiena, i corpi che combaciavano. «Adesso sì» disse, parando contro la spalla di Chri, su cui depose un bacio.

Chri poté percepire il sorriso nella voce di George quando rispose qualcosa che non riuscì bene a distinguere. I suoni erano ovattati, la voce di Fred la cullava e stava già sprofondando nel mondo dei sogni; forse s’immaginò soltanto la voce di Fred che ripeteva le sue parole: «Finché staremo insieme, non ci accadrà nulla».

 

 


Salve, lettori! Per una volta sono puntuale, avete visto?

Ma bando alle ciance, mi addentro subito nelle note.

Dunque, tengo molto a questo capitolo: quella qui descritta è stata una delle prime scene a cui ho pensato in assoluto e cronologicamente parlando l'ho scritta anche abbastanza presto. Mi piace molto perché avvengono diverse cose importanti.
In primis, ci addentriamo finalmente nella storia, in questo clima di guerra che, come sapete, caratterizza tutti gli ultimi libri della Rowling.Mi piaceva far vedere come questo clima colpisca anche gli altri personaggi del romanzo, non solo il golden trio.
Inoltre, questo capitolo è una svolta per quanto riguarda il personaggio di Fred stesso (e di George, sebbene in misura minore; Chri un po' meno, ma poi vedremo il perché): qui si scontra per la prima volta con la realtà della guerra. Come si evince dal dialogo, avevano già parlato della guerra e avevano già preso la decisione di far parte dell'Ordine, per dare una mano, per fare qualcosa- particolare che si nota anche dai libri stessi -, ma, penso, che sia in questo momento che i gemelli si accorgono di cosa vuol dire esattamente la cosa. Si scontrano con la guerra, per così dire. E questo non li fa tirare indietro, comunque, ma li rende più consapevoli, come li conosciamo nei libri successivi, infatti (su questo aspetto).
E' anche un capitolo importante per Chri stessa, viene fuori un lato del suo carattere che precedentemente non era stato messo in luce e, inoltre, penso che la sua relazione con Fred si porti su un altro piano, in un certo senso.

Spero che il capitolo vi sia piaciuto! Al prossimo aggiornamento

Cri

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Capitolo 17
*** Febbraio 1996 – Settimo anno ***


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 Febbraio 1996 – Settimo anno

 

Quando Chri si recò al campo di Quidditch, quel sabato, per vedere la partita, non era certo speranzosa; Fred e George avevano assistito ad alcuni allenamenti e avevano detto che, senza di loro, la squadra faceva schifo, e Chri non ne dubitava. Tuttavia, non si aspettava che sarebbe andata così male: in quel momento, i Tassorosso erano in vantaggio di centoottanta punti e Kirke era appena caduto dalla scopa strillando.

«Non voglio guardare» disse, con una smorfia, «ma non riesco a distogliere lo sguardo».

«È una tortura» confermò Fred, e poi gli uscì un suono strozzato quando Ron mancò miseramente un altro tiro.

«Mettete fine a questo supplizio» pregò George, mentre Sloper mancava un bolide, centrando Angelina sui denti. Ginny parve ascoltarlo perché in quel momento afferrò il boccino, dopo soli ventidue minuti di tortura, e Grifondoro perse di soli dieci punti, duecentoquaranta a duencentotrenta.

«Grazie al cielo» commentò Chri, alzandosi subito in piedi, per uscire dallo stadio il più in fretta possibile, seguita a ruota da Fred e George.

«Uno schifo» disse George, quando finalmente entrarono in Sala Comune, dopo che ebbero bighellonato un po’, rimandando il momento.

«Non ho nemmeno il coraggio di prenderlo in giro» disse Fred accennando alla figura ingobbita di Ron, dall’altra parte della sala. «Certo che... quando ha mancato il quattordicesimo...» ed emise un gemito.

«Magari la teniamo per le feste, eh?» disse George, sprofondando nella poltrona accanto al camino, subito imitato da Fred e Chri.

«Non siate crudeli, però. Ha solo un problema di insicurezza» lo difese Chri.

«Solo un problema di insicurezza?» ripeté Fred, incredulo.

«Chri, l’hai visto?» aggiunse George.

«Certo che l’ho visto» sospirò lei. «Ma tutta la squadra è stata un disastro».

«Già» convenne abbattuto George.

«Il Quidditch era quasi l’unica cosa per cui valesse la pena stare in questo posto» commentò Fred, dopo qualche attimo di silenzio.

Chri lo guardò, in parte stupita, in parte per niente. «Questo non è vero. C’è altro, oltre il Quidditch».

«Ho detto quasi, infatti. C’erano le ricerche di mercato, ma le abbiamo completate. Ci sei tu, ma non ti manca molto, no, a finire e diplomarti. Non staremmo molto tempo lontani».

«Aspettate» intervenne lei, gli occhi spalancati, leggendo tra le righe. «State pensando di lasciare Hogwarts?»

Li vide lanciarsi uno sguardo veloce, allora ripeté: «È così?»

Sapeva che erano stati tentati di non tornare a Hogwarts, sapeva anche che per lo più la consideravano una perdita di tempo, ma da questo a pensare veramente di lasciare credeva ce ne passasse.

«Chri» esordì George, cercando le parole. Lei lo interruppe: «Tra poco ci sono gli esami».

«Sì, beh, lo sai che non ce ne frega tanto dei M.A.G.O.» replicò Fred. «Le Merendine Marinare sono pronte a decollare, lo stesso vale per i Cappelli Decapitanti...»

«E manca poco per la finta Metro Polvere, lo so» lo interruppe Chri, «e a proposito sarebbe meglio studiarne un nome. Però, ragazzi, Hogwarts...»

«Lo sai che ci stiamo stretti, Chri» intervenne George. «Non è una novità di adesso».

«E quando pensavate di dirmelo?» disse, cambiando tono.

«Non c’è niente di deciso» ribatté Fred. «Ci stiamo solo pensando, okay? E tu lo sai».

«E poi» aggiunse George, «abbiamo ancora delle cose da sistemare, e c’è l’ES, che non è male».

«E cosa pensate di fare? Decidere il giorno prima, andarvene così, lasciandomi qui? Io non posso stare qui, senza di voi».

«Sì che puoi, e lo farai» disse Fred, lasciandola di stucco. «Senti» continuò, «lo sappiamo che tu ai M.A.G.O. ci tieni...»

«...e non possiamo lasciare che tu li getti al vento, per poi pentirtene» completò George, scuotendo la testa. «Non sarebbe giusto».

Chri non rispose, e allora George continuò: «Se vuoi, puoi venire, lo sai. L’appartamento aspetta tutti e tre. Ma sai anche che non è quello che vuoi».

Chri sospirò. «Perché devi dire cose così sensate?»

Fred e George ridacchiarono.

«Quindi...» la esortò Fred, facendole segno di continuare.

«Quindi non faccio i salti di gioia e mi devo abituare all’idea, ma in fondo lo sapevo già. È che... mi mancherete, un sacco» aggiunse.

«Dai, in fondo non sappiamo né quando né se andiamo via» sottolineò George, sorridendole.

«Già, ma l’idea... Insomma, cambierà tutto».

«Questo è vero: senza di noi Hogwarts non è la stessa cosa» disse Fred, sorridendo sornione, poi fece una smorfia. «Scommetto che Towler farà i salti di gioia non appena metterò piede fuori Hogwarts».

«Penso anche io» disse George, dandogli corda, mentre Chri sbuffava.

«Sarà meglio che prima di andare gli dica due paroline» aggiunse Fred.

«Del tipo?» disse Chri, alzando gli occhi al cielo.

«Del tipo, “ti conviene girare al largo dalla mia donna”».

«Dalla tua donna?» ripeté Chri, ridacchiando. «Siamo tornati nel Medioevo?» lo schernì, sentendosi tuttavia lusingata. «E comunque» aggiunse subito, impedendo a George di fare la battuta che gli era appena affiorata sulle labbra, «se andate via, mi verrete a trovare, vero?»

«Questo era scontato» dissero in coro i gemelli.

 

 


Su questo capitolo non ho molte note; semplicemente, volevo soffermarmi su questo episodio, che nel libro viene visto solo dagli occhi di Harry, e volevo parlare un po' della decisione dei gemelli di lasciare la scuola - argomento che verrà ripreso anche più avanti. E' un momento significativo, secondo me.

Piccola parentesi: mi sento molto orgogliosa di me, in quanto ultimamente sto aggiornando puntualissima.

Alla prossima settimana! ^^

 

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Capitolo 18
*** Giugno 1996 – Settimo anno ***


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Giugno 1996 – Settimo anno

 

Chri aprì gli occhi, e un dolore lancinante le trafisse immediatamente la testa. Emise un gemito e cercò di mettere a fuoco tutto quel bianco che aleggiava intorno a lei, mentre delle voci le graffiarono le orecchie.

«Ehi, guarda, è sveglia».

«Era ora!»

Dopo qualche istante, finalmente distinse le due teste rosse che vedeva sopra di sé. Riuscì a riconoscere Fred e George, seduti ai lati del letto su cui si trovava lei; riuscì anche a riconoscere le orribili tende dell’infermeria; tuttavia, non capiva perché si trovasse lì lei, né come mai loro non fossero a Diagon Alley.

«Beh?» biascicò, passandosi una mano sulla fronte, umida di sudore. «Che ci fate qui?»

«Che ci fate qui» ripeté Fred. «Carino».

«E noi che siamo rimasti qui tutto il tempo» proseguì George, con fare melodrammatico.

«Mmm?» disse sagacemente lei.

George le posò una mano sulla fronte, come a sentirne la temperatura, e a Chri sembrò gelata; strano, non aveva mai le mani fredde lui. «Come ti senti?» chiese poi George, molto più serio.

«Bene... credo» rispose Chri, tirandosi a sedere lentamente, massaggiandosi la testa ai lati con pollice e indice, mentre alcune immagini ricominciavano a riaffiorare: il Ministero, l’Ufficio Misteri, le profezie, la battaglia, gli incantesimi che volavano ovunque, le maledizioni di Dolohov che la sfioravano, la maledizione di Rookwood che la colpiva in pieno petto, lasciandola senza respiro, e poi il nulla. Aveva l’impressione di aver dormito per giorni e giorni.

«Bene» disse Fred. «E non appena ti sarai ripresa del tutto, vedrai».

Chri lo guardò interrogativamente, mentre George continuava: «Già, parleremo della tua idea geniale: andare dritta incontro a Tu-sai-chi».

«Eh? E cos’avrei dovuto fare?»

«Smaterializzarti e venire a chiamare noi, per esempio» disse Fred con una smorfia.

«E lasciare i ragazzi andare da soli?» chiese lei, incredula. «Non avrei mai potuto farlo. Lo sai benissimo».

«Beh, perché invece la tua idea si è rivelata migliore» disse lui, ironico. «Quanto sei stata ridotta così? Tre giorni? Ottimo piano».

Chri lo guardò stupita, dimenticando ciò che stava per ribattere. «Tre giorni?» ripeté.

George annuì. «Sì, tre. Tu e Hermione eravate quelle messe peggio, ma lei si è ripresa da un po’. Invece tu, beh, no».

«Lo sai che in realtà sei vecchia dentro e non hai il fisico» continuò Fred. «Non...»

«Senti» lo interruppe Chri, mentre le forze cominciavano a tornare in lei. «Sto bene, no? Non è successo niente».

«Sentito, George? Sta bene, lei» disse Fred con sarcasmo.

«Già, e noi che ci siamo preoccupati. Mi chiedo perché ci siamo precipitati qui».

«Me lo chiedo anche io. Ah, no, aspetta, lo so: perché hai rischiato di morire» ribadì Fred, rivolgendosi di nuovo a lei.

«Una cosa da niente, insomma» aggiunse George.

Chri sospirò, sentendosi nuovamente debole. «Mi dispiace avervi fatto preoccupare» disse, andando dritta al punto.

«Non ci hai fatto preoccupare» dissero velocemente entrambi.

Chri inarcò un sopracciglio, sorridendo per la prima volta da quando si era svegliata.

«Okay, forse un pochino» ammise George, sorridendo divertito.

Il sorriso di Chri si allargò. «Ecco. Beh, insomma, scusate, okay?»

Fred e George sorrisero. «Scuse accettate».

«Ma non farlo mai più» aggiunse George.

«Va bene, mamma» ridacchiò lei, poi tornò seria: «Davvero, mi dispiace. Ma non avevo scelta».

«Lo sappiamo» disse George.

«Lo sapete?»

«Già» disse Fred, giochicchiando con noncuranza con le sue dita.

«Continuo a pensare che saresti dovuta venire da noi» continuò George, «ma lo sappiamo».

«Noi avremmo fatto lo stesso» aggiunse Fred.

«Non stento a crederlo» disse Chri, ridacchiando. «Allora» disse poi cambiando argomento, «da quando siete qui?»

Li colse lanciarsi un’occhiata veloce, prima che Fred rispondesse vagamente: «Un po’».

«Un po’ quanto?» insisté curiosa lei.

«Beh, diciamo, all’incirca... tutto il tempo» ammise George.

Chri li guardò, ancora lenta a connettere informazioni e pensieri. «E il negozio?»

Fred scrollò le spalle, mentre George rispose: «Chiuso».

«Come chiuso?»

«L’abbiamo chiuso» ribadì Fred.

«Temporaneamente» aggiunse George. «Il tempo in cui tu ti fossi ripresa».

«Ma...» obiettò Chri. «Non dovevate, non c’era bisogno».

Fred e George sbuffarono.

«Ma, dico, la senti?» disse Fred.

George annuì. «Deve aver proprio dato una botta forte».

«Secondo te» riprese Fred, «dove avremmo dovuto essere, se non qui?»

Chri sorrise senza rispondere: non c’era nulla da dire, avevano già detto tutto loro. Si lasciò scivolare nel letto, sdraiandosi, la mano di Fred ancora stretta nella sua; allungò l’altra mano verso quella di George, poggiata accanto a lei, e la strinse.

«Sapete» esordì, guardando il soffitto bianco; le era sempre difficile esternare i suoi sentimenti, se non nei suoi “sprazzi emotivi” – come li chiamavano i gemelli – che tuttavia spesso la imbarazzavano lo stesso, «mi siete mancati».

Chri non ebbe bisogno di guardarli per sapere che stavano sorridendo.

«Vorremmo ben vedere» rispose George.

«Tu e Lee avevate due musi tanto lunghi!» aggiunse Fred, ridacchiando; si riferiva a quando, il mese prima, lei e Lee erano sgattaiolati ad Hogsmeade attraverso il passaggio della strega orba per incontrarsi con loro.

Chri spostò lo sguardo dal ragno che zampettava sul soffitto agli occhi di Fred. «Beh, certo, senza di voi ci si annoia parecchio» tentò di minimizzare lei.

La verità era che da quando Fred e George erano partiti, le giornate si erano trascinate lente, il tempo pareva non passare mai. Lei e Lee si erano fatti compagnia, tirandosi su a vicenda, ma la tetraggine nell’aria era stata dissipata solo a tratti.

Fred sorrise sghembo. «Sicura che fosse solo per la noia?» la provocò.

Chri sbuffò, distogliendo lo sguardo. «Ovvio che non fosse solo per la noia. Te l’ho detto anche prima».

«Che cosa?» chiese George, con tono innocente, ma Chri sapeva che aveva stampato in faccia lo stesso ghigno del fratello.

Chri sbuffò nuovamente. «Che mi siete mancanti».

«Ma quanto, esattamente?» insisté George, infierendo.

Chri alzò gli occhi al cielo. «Non potete accontentarvi?» disse, spostando lo sguardo su George, poi proseguì, consapevole che si stavano divertendo un mondo, quindi tanto valeva accontentarli e farla finita: «Mi siete mancanti un sacco. Senza di voi non è lo stesso».

«Ci voleva tanto ad ammetterlo?» disse Fred, ghignando.

Chri alzò gli occhi al cielo, poi disse, cambiando intenzionalmente argomento: «A proposito di questo, George, hai visto Frida?»

«Lei e Cat erano qui fino a qualche momento fa» disse lui, «ma immagino non sia questo quello che vuoi sapere».

Chri scosse la testa, sorridendo, consapevole che questa volta era il suo turno di fare domande e farlo sbottonare; sapeva da Frida che si erano tenuti in contatto via gufo, il che, conoscendo George, voleva senz’altro dire qualcosa. Ma Madama Chips decise di interrompere i suoi piani diabolici, con grande soddisfazione di George, e disse ai gemelli di andarsene e lasciarla riposare. Chri oppose resistenza, dicendo che non era affatto stanca, ma il fatto che lo disse sbadigliando non convinse affatto Madama Chips a desistere; intimò loro altri due minuti e se ne tornò nel suo ufficio.

«Ci vediamo presto, okay?» le disse Fred, rassicurandola, come se sapesse esattamente quello che Chri stava pensando – e forse era così.

«Pochi giorni» aggiunse George, sorridendole, poi si sollevò dalla sedia e le sfiorò la fronte con le labbra; Chri gli mormorò un saluto triste, e lui uscì dall’infermeria lanciandole un ultimo sorriso, lasciandosi Fred alle spalle.

«Allora, ti veniamo a prendere in stazione, okay?» le disse, passandole una mano tra i capelli, e lei annuì; Fred sorrise, poi si chinò su di lei e depose un bacio sulle sue labbra. Chri gli passò una mano dietro la nuca, come a trattenerlo, tirandolo a sé; adesso che l’aveva rivisto, non sopportava di lasciarlo andare. Lo sentì sorridere sulle sue labbra, prima che approfondisse il bacio, saggiandola e assaporandola, come se fosse aria.

«Ripensandoci» le soffiò Fred sulle labbra, «penso ci incontreremo prima, a Hogsmeade».

Chri sorrise, poi lo tirò di nuovo a sé, finché Madama Chips non tornò fuori a rimproverarlo e ad allontanarlo.

 

 


Scusate, scusate: sono di nuovo in ritardo. E' che evidentemente non posso avere un attimo di pace. Ma veniamo subito a noi e alle note sul capitolo.

Ho preferito evitare di descrivere nuovamente la battaglia al Ministero: è descritta perfettamente dalla Rowling nel quinto libro e, in questo caso, l'aggiunta di un personaggio non avrebbe cambiato di molto le vicende, dunque ho evitato di essere ridondante, limitandomi al post-battaglia. Anche perché, e sarà importante per il seguito, volevo sottolineare come ancora la pericolosità della guerra non abbia ancora fatto breccia del tutto nella mente di Chri, liitandosi ad essere ancora un concetto quasi astratto, che viene comunque affrontato con coraggio - non sarebbe Grifondoro, altrimenti; ecco perché, ironicamente, sono più preoccupati i gemelli: dopotutto sono loro che l'hanno vista stare male per tutto quel tempo.

Altra cosa: dal momento in cui Fred e George lasciano Hogwarts fino alla fine dell’anno non ci sono uscite ufficiali a Hogsmeade, quindi, quando dico che s’incontrano, è ovvio che lo facciano illegalmente, attraverso il passaggio della Strega Orba.

E direi di aver detto tutto: al prossimo aggiornamento, sperando di essere puntuale.

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Capitolo 19
*** Settembre 1996 ***


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 Settembre 1996

 

«George» lo chiamò Chri, affacciandosi sul retro, «c’è un ragazzo laggiù, di fianco ai Sogni Svegli Brevettati, che ha bisogno di una mano. Penso che abbia riscontrato un qualche problema».

George sollevò un attimo gli occhi dallo scatolone di merce che stava sistemando nel retro e la guardò perplesso, la bacchetta sospesa a mezz’aria. «Perché non puoi aiutarlo tu?»

«Beh» disse Chri, avvicinandosi, «penso che abbia bisogno di un parere più maschile». Chri afferrò il barattolo che lievitava a mezz’aria per sistemarlo lei stessa sullo scaffale. «Sembrava piuttosto imbarazzato».

George la guardò perplesso ancora per qualche attimo, poi Chri vide un lampo di consapevolezza passargli negli occhi, e subito dopo lui scoppiò a ridere.

«George!» lo rimproverò lei, senza tuttavia riuscire a trattenere un risolino divertito. «Sfogati adesso, perché ti vieto di ridere di fronte a lui».

«Che c’è di così divertente?» disse Fred, giunto in quel momento attirato dalle risate.

«Niente» tagliò corto Chri, mentre George invece spiattellava tutto, facendo scoppiare a ridere anche Fred. «Oh, sentite voi due! Non sapete nemmeno di che si tratta».

«Sì, è vero, George. Dopotutto, ho in mente un paio di cose di cui potrebbe trattarsi» disse lui, facendo ridere ancora di più il gemello.

Chri sbuffò, poi intimò loro di essere professionali, come si confaceva ai due proprietari del negozio, spedendo George dal ragazzo in questione.

«A proposito di professionalità» disse Fred, ancora ridacchiando, «c’è il signor Thompson, dì là: te ne occuperesti tu?»

Chri fece una smorfia; il signor Thompson era un loro ottimo cliente – spendeva fior fiori di galeoni nei loro prodotti – ma era un rompiscatole della peggior specie: scorbutico e maleducato, ti trattava come se tu vivessi nella costante ambizione di fregarlo; Fred e George l’avrebbero anche fatto, solo per levarselo di torno una volta che lui l’avesse scoperto, ma Chri gliel’aveva sempre impedito.

«Me ne sono già occupata l’altro ieri. Chiedi a George».

«Già fatto, ma dice che se n’è occupato la settimana scorsa».

«Allora pensaci tu».

Fred sbuffò. «Ci ho provato, ma mi sta facendo perdere la pazienza... e tu non vuoi che gli risponda male, vero?»

«Fred...»

«Dai, tu sei la più brava di noi a trattarlo, sei la più brava di noi con i clienti in assoluto».

«Ruffiano» commentò lei.

«Perfetto» disse lui, sorridendole, e facendo per andarsene.

«Aspetta, non ho detto sì!» lo trattenne lei, afferrandolo per un braccio.

«Ma lo stai per fare, no?» disse, mostrandole quel sorriso sicuro che l’aveva attratta fin dal primo momento.

Chri alzò gli occhi al cielo. Adorava che Fred la conoscesse così bene, ma certe volte le si ritorceva contro. «Va bene» cedette, «ma mi devi un favore».

«Stasera ti preparo una cena con i fiocchi» acconsentì lui, sorridendo sghembo e scoccandole un bacio sulle labbra.

Quando finalmente il signor Thopson decise di andarsene, alleggerito di un sacco di galeoni spesi per i regali ai suoi nipoti – Chri si chiedeva vagamente quanti nipoti avesse, viste tutte le cose che comprava da loro – era orario di chiusura; Fred era già al piano di sopra, e un profumino invitante cominciava a solleticare l’appetito suo e di George, che stava sistemando il negozio a colpi di bacchetta.

«Ti sto per fare una proposta da pessima socia» esordì Chri, chiudendo a doppia mandata la porta del negozio.

«Già mi piace» ribatté George, incuriosito.

«E se noi procrastinassimo a domani mattina e andassimo su a rilassarci?»

«Non vedevo l’ora tu lo proponessi» disse George, mandando al suo posto l’ultima scatola di Pasticche Vomitose. Poi si mise la bacchetta in tasca, con soddisfazione, e imboccò le scale per il piano di sopra. Chri lo seguì.

L’appartamento era situato proprio sopra al negozio, e lo si poteva raggiungere sia da quelle scale interne, che sboccavano nel retro, sia da delle scale esterne. Non era grandissimo, ma per loro, Fred e George, e Chri quando si fermava, era sufficiente: aveva due stanze, abbastanza ampie, una cucina, un piccolo e accogliente soggiorno, un bel bagno e anche uno sgabuzzino, in cui Fred e George accumulavano di tutto – evidentemente il retro enorme non era sufficiente per loro – e dove sboccavano le scale che portavano al negozio. Quell’appartamento era casa, e anche se Chri non ci viveva ufficialmente, ci si era davvero affezionata.

«Muoio di fame» esternò Chri, sfilando la sedia da sotto il tavolo della cucina, sedendosi.

«Porta pazienza» disse George, sedendosi accanto a lei. «Sai che Fred è lento a cucinare» aggiunse, prendendo in giro il fratello, che in tutta risposta gli tirò addosso lo strofinaccio che aveva sulla spalla.

«Lo sai che quando sono stanca non ho pazienza. E se penso che poi devo pure prendere la Metropolvere per tornare a casa...»

«Ma devi fare delle cose, a casa? Altrimenti perché non ti fermi qui?» chiese George.

Chri parve rifletterci. «Beh, sì, in effetti potrei... Ho ancora qualche vestito nell’armadio di Fred, quindi...»

«Perché non ti trasferisci qui?» la interruppe Fred, concentrato sul sugo che stava facendo mescolare con la bacchetta, quindi senza guardarla, come se avesse fatto una constatazione generica.

Chri lo guardò stupita, le parole che le morirono in bocca.

«In effetti, mi chiedevo perché tu non l’avessi già fatto» disse George, prima di dare un morso ad un crostino di pane.

«Beh...» cominciò lei, senza sapere da dove cominciare. «Ma tu, George....»

«L’appartamento è abbastanza grande per tutti e tre» rispose subito lui.

Chri guardò George. «Ma non ti scoccia?» chiese infine.

«Certo che no» rispose lui, sorridendo. «Lo sai che mi farebbe solo piacere».

«E tanto ti fermi sempre qui, non è che cambierebbe molto» aggiunse Fred, sempre continuando a mescolare quel maledetto sugo.

Chri spostò lo sguardo su di lui, ancora confusa. «Quindi me lo stai chiedendo per praticità?»

Fred sbuffò, poi tolse lentamente la pentola dal fuoco, e infine si voltò verso di lei. Chri poté vedere nei suoi occhi la stessa luce che aveva quando la guardava, solo più luminosa; un po’ come quando l’aveva baciata al Ballo del Ceppo, un po’ come quando le aveva detto per la prima volta che l’amava, un po’ come quando avevano fatto per la prima volta l’amore.

«No, te lo sto chiedendo perché voglio che tu venga a stare qui, definitivamente» disse, come se fossero soli nella stanza, ed effettivamente a Chri appariva così. «Mi piace l’idea di andare a dormire con te tutte le sere e svegliarmi accanto a te tutte le mattine», scrollò le spalle, «a te no?»

«Sì» ammise lei, l’imbarazzo dimenticato, «da impazzire».

Fred sorrise soddisfatto. «Bene, allora è deciso».

«Perfetto» commentò sorridendo George, palesando la sua presenza, «ma adesso mangiamo, che sto morendo di fame».

 

 


Ancora una volta sono in ritardo con l'aggiornamento. Scusatemi davvero: sono pessima.

Sul capitolo non ho tantissimo da dire; ho voluto mostrare com'è la situazione qualche mese dopo la fine di Hogwarts, mostrando uno spaccato di quotidiano, per così dire; e c'è anche un bel momento Chred - ogni tanto un po' di fluff ci sta (ma non troppo: stiamo sempre parlando di Fred Weasley, ovviamente u.u)

E nulla: spero che il capitolo vi sia piaciuto; scusate ancora l'attesa! :)

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Capitolo 20
*** Gennaio 1997 ***


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 Gennaio 1997

 

Chri si strinse nel cappotto, facendo sprofondare le mani dentro le tasche, cercando un riparo dal freddo pungente. Il vapore formava strane nuvolette di fronte al suo viso, nuvolette a cui lei istintivamente cercava di attribuire una forma, come di solito si fa con le nuvole del cielo.

«Sembrava un coniglio» sussurrò, quasi più a sé stessa, che alla persona che camminava accanto a lei.

Fred le sorrise, poi infilò la sua mano – calda – nella tasca di lei.

«Ti ricordi la prima volta che facemmo questo gioco?»

«Certo che sì» rispose lei, intrecciando le dita alle sue, nell’oscurità della sua tasca. «Me lo hai insegnato tu».

«Già» rispose lui, guardando in alto, mentre il suo sguardo pareva perdersi nella volta stellata. «Quella notte pensavo che mi saresti morta per il freddo».

«Un po’ come stasera» commentò lei, mentre con la mente tornava a quella notte di tanti anni prima. Erano ancora due ragazzini al secondo anno, ma già erano – insieme a George – dei veri combina guai; erano sgattaiolati a Mielandia per prendere dei dolci e portarli in Sala Comune, ma la botola sul pavimento, che non veniva smossa da molto, si era incastrata, bloccandoli. Così erano rimasti lì, seduti al freddo, producendo nuvolette di vapore in cui ricercavano figure note; erano rimasti lì, stretti l’una all’altro, finché George non era venuto a recuperarli.

«Un po’ come stasera» ripeté lui. «Mi serviva un modo per distrarti».

«Dubito che stasera ci riusciresti».

«Ne dubito anche io».

Quella fu l’ultima cosa che si dissero per un po’, le preoccupazioni che li avevano momentaneamente abbandonati tornarono a bussare alla loro mente; proprio come allora, aspettarono stretti l’uno all’altra l’arrivo di George, facendo nuvolette di vapore, ignorando però la forma che assumevano.

«Non capisco perché non siamo potuti andare con lui» disse stizzita Chri, forse per la milionesima volta.

«Ordine di Malocchio» era sempre la risposta di Fred; ormai risultava atona, come una risposta imparata a memoria, la risposta che si sa che bisogna dire, anche se non ci si crede minimamente. «È solo una consegna, niente di cui preoccuparsi» aggiunse, cambiando tono.

«Se è così» obiettò Chri, «perché servono due pali?»

Fred scrollò le spalle. «Precauzione»; poi cambiò argomento: «Domani a che ora arrivi in negozio?»

Chri parve rifletterci sopra un momento. «Devo fare rapporto a Malocchio, poi arrivo».

«Quindi, dici che per le nove arrivi?»

«Dipende...» e lasciò cadere la frase, perché non aveva voglia di pensare da che cosa dipendesse.

Fred annuì e Chri poté sentire la stretta della sua mano farsi più forte, e di nuovo calò il silenzio, rotto solo dai loro respiri sincronizzati.

«Domani sera cominciamo l’inventario» disse lei, pur sapendo che Fred ne era perfettamente consapevole, ma non sopportava più quel silenzio carico di tensioni, e aveva bisogno di sentire la sua voce. «Non dovremmo metterci molto a far le verifiche» continuò, vedendo che lui non rispondeva, «abbiamo i corrispettivi, abbiamo i moduli di entrata merci e i moduli di uscita, senza contare gli arrivi dei fornitori; insomma, è tutto catalogato, dobbiamo solo verificare che i dati corrispondano».

«Fortuna che sei nostra socia» disse Fred, ridacchiando. «Io e George probabilmente ci saremmo limitati a vendere e ordinare gli ingredienti una volta finiti».

Chri sorrise divertita. «Già, lo so, mi ci è voluta una vita a convincervi che bisogna tenere traccia di tutto».

«Sei troppo...» cominciò, ma s’interruppe, tendendo le orecchie; in quel momento, l’aria vibrò e due figure si Materializzarono accanto a loro.

«Tutto a posto!» esordì George, un sorriso stampato in faccia, mentre Chri tirava un sospiro di sollievo, e percepiva tutta la tensione di Fred, sapientemente celata, evaporare.

«Scusate il ritardo» aggiunse Frida, con aria affranta, «ma George...»

«Ehi» intervenne subito lui, «è il nuovo anno da qualche ora: dovevo passare a prendere lo Champagne» e tirò fuori una bottiglia di Champagne Dom Pérignon.

Chri lo guardò perplessa, poi scoppiò a ridere, mentre Fred, con lo stesso sorriso entusiasta del fratello, faceva apparire quattro bicchieri a calice, distribuendoli poi con un colpo di bacchetta.

«Allora» disse George, stappando la bottiglia, per poi cominciare versare il vino, «a cosa si brinda?»

«Beh, al nuovo anno, no?» disse Frida, mentre Chri annuiva afferrando il suo bicchiere.

«Come siete banali» disse Fred. «No, dunque, vediamo... Beh, prima di tutto brindiamo al negozio».

George annuì, e continuò: «Che è magnifico. Poi brindiamo al nuovo lavoro di Frida».

«A Lee» disse Fri, «che sicuramente ci starà odiando perché dobbiamo ancora raggiungerlo».

«E a Cat» aggiunse Chri, «che sarà chissà dove a spassarsela».

«Brindiamo a noi» disse Fred, «che continueremo a spassarcela ancora a lungo».

«Il meglio deve ancora venire» aggiunse George, sorridendo. Poi tutti alzarono i loro calici, li fecero incontrare con un tintinnio di buon auspicio, e bevvero a tutte le loro speranze e promesse.

Si Smaterializzarono ridendo, dimentichi della tensione di qualche istante prima, alla volta di una serata di divertimenti e baldorie, di cui avevano decisamente bisogno.

 

 


Eccomi qua! Dai, stavolta il ritardo non è eccessivo, no? ;)

Dunque, questo capitolo è uno dei miei preferiti, e non so del tutto nemmeno perché. Ho voluto parlare del ruolo dei gemelli, di Chri e anche di Frida nell'Ordine della Fenice, di cui sappiamo dai libri entrano a far parte ufficialmente, ma ho preferito concentrarmi sulle sensazioni, le paure, più che sui compiti e i ruoli che svolgono effettivamente nell'Ordine - questa parte è lasciata volutamente vaga, spero solo che non sia eccessivamente vaga, ecco.

Colgo l'occasione per ringraziare tutti coloro che stanno leggendo e i recensori: grazie, davvero! Ho letto con gioia le vostre recensioni, scusate se non ho ancora risposto, ma è un periodo folle e ho giusto giusto il tempo per pubblicare (e nemmeno quello, visti i ritardi), ma le risposte arriveranno senz'altro! Nel frattempo vi faccio un ringraziamento generale :)

A presto,

Cri

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Capitolo 21
*** Luglio 1997 ***


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 Luglio 1997

 

Se c’era una cosa che Chri detestava era aspettare. Era una cosa più forte di lei, l’aveva sempre caratterizzata; anche quando doveva aspettare un misero minuto, le sembrava di aspettare un’eternità.

Questo, in condizioni normali. Quella notte però le circostanze non erano normali, e il problema non era la noia o l’impazienza. Il problema era l’ansia che le attanagliava le viscere, impedendole di pensare, impedendole di respirare.

In quel momento detestava Malocchio Moody con tutto il cuore. Lo detestava perché le aveva impedito di prendere parte alla missione, confinandola al misero ruolo di “guardiana” o sentinella o come cavolo l’aveva definitiva, ruolo che in realtà consisteva nel mettere a disposizione la sua casa di Londra – cosa che aveva fatto volentieri, comunque – e aspettare lì, inerme, l’arrivo di una delle coppie che facevano da scorta. Chri si era opposta, si era arrabbiata, aveva cercato di fargli cambiare idea, ma non era servito a nulla: la scorta era al completo, sarebbe stata più utile in altro modo. L’unica cosa che era riuscita ad ottenere era che almeno uno dei gemelli si recasse alla sua casa sicura; era stato scelto George.

Non sapere cosa stesse succedendo, non sapere se ci fossero dei problemi o se stesse andando tutto bene, la stava uccidendo. Erano in ritardo, e poteva dire tutto o niente.

Finalmente, qualcosa si mosse e il campo di forza attorno alla sua casa fu perturbato. Chri corse alla porta, la spalancò, e si bloccò. Immobile. Pietrificata.

«Christine, dammi una mano».

La voce di Remus pareva lontana anni luce, ma così non era per la sua figura, che camminava lentamente verso di lei, zoppicando, sotto il peso di George. George, che non era mai stato così pallido. George, che aveva un’espressione sofferente. George, che era ricoperto del suo stesso sangue.

Sangue. Fu quel pensiero a farla scattare, a farla correre incontro a Remus, a farle prendere l’altro braccio di George, sobbarcandosi il suo peso; lo trascinarono in soggiorno, dove lo stesero sul divano. Una chiazza di sangue cominciò ad allargarsi su di esso, rosso contro bianco. Chri poteva sentire Remus pronunciare degli incantesimi, mentre la realtà della situazione le precipitava addosso. George era ferito. George poteva morire. La guerra era arrivata davvero: non era un concetto astratto, era vivo, vero, limpido, tangibile. George stava morendo.

«Christine, ascolta» cominciò Remus, parlando a fatica, riportandola alla realtà, «devi...»

«Vengo con voi» disse Chri, alzandosi di scatto e trascinando lì il libro che era la loro Passaporta.

«No» ripose Remus. «Devi...»

«Vengo con voi» ribatté lei, a denti stretti, risoluta. «Non me ne starò qui con le mani in mano mentre... Non rimarrò qui».

Remus la guardò un istante, poi sospirò rassegnato. Aspettarono lo scattare dell’ora stabilita in un silenzio rotto solo dai respiri irregolari di George.

«Gli altri...» mormorò Chri, lasciando in sospeso la domanda; non riusciva a distogliere lo sguardo dal viso di George, incapace di credere che quello che i suoi occhi le stavano facendo vedere era reale.

«Non so niente» disse Remus, e Chri non aggiunse altro; quelle furono le ultime parole che lei disse.

Finalmente, il libro si illuminò d’azzurro, e Chri e Remus lo afferrarono al volo, tenendo entrambi saldamente George; furono strattonati, e un istante dopo rovinarono a terra, nel giardino della Tana. Chri si rialzò, fece per riprendere George, ma qualcuno la spinse di lato. Perplessa, si guardò attorno; notò Remus e Harry portare dentro George, notò Ginny, notò la Signora Weasley, notò Hagrid, e notò la mancanza di Fred. Un nodo le salì alla gola; sapeva che avrebbe dovuto già essere tornato.

Da quel momento, in seguito, Chri non ricordò molto. Galleggiò fin nel salotto, si sedette per terra accanto al divano, strinse la mano di George nella sua, e aspettò. Intorno a lei accaddero delle cose, ma ne comprese solo squarci. La signora Weasley e Ginny sembravano muoversi a velocità supersonica, mentre lei aveva la sensazione di essere diluita in un tempo troppo denso, i pensieri – quei pochi che riusciva a comprendere e formulare – andavano a rallentatore.

«Ti dimostrerò chi sono, Kingsley, solo dopo aver visto mio figlio! Adesso fatti indietro, se ci tieni alla pelle!»

Il baccano prodotto dal signor Weasley, la riscosse leggermente; riuscì finalmente ad allontanare lo sguardo dal viso insanguinato di George, per spostarlo sull’ingresso del salotto, dove erano appena comparsi Arthur e Fred. Fred. Era pallido, preoccupato, ma illeso.

«Come sta?» chiese il signor Weasley, scivolando accanto a lei, mentre Fred continuava a spostare lo sguardo da George a Chri, come se non stesse credendo ai suoi occhi; Chri non l’aveva mai visto così, e questo la spaventò ancora di più, se era possibile.

Forse ridestato dal rumore, George si mosse. Chri spostò lo sguardo su di lui, accorgendosi solo in quel momento che aveva fissato Fred per tutto il tempo, forse come lui aveva fissato lei, come in cerca di una spiegazione, come aspettandosi che da un momento all’altro lui – o lei, nel caso di Fred – esclamasse che era uno scherzo.

«Come ti senti, Georgie?» disse la signora Weasley, sussurrando.

Le dita di George sfiorarono il lato della sua testa, toccando il sangue raggrumato.

«Intelligente» mormorò.

«Che cos’ha che non va?» disse Fred, mentre il suo tono terrorizzato la colpiva come uno schiaffo. «Ha subito un danno al cervello?»

«Intelligente» ripeté George, aprendo gli occhi e guardando il fratello. «Sai, con tutta quest’aria che mi arriva direttamente al cervello... Capito, Fred?»

La signora Weasley singhiozzò più forte che mai, un rossore tinse il volto pallido di Fred, e un’ondata di sollievo parve diffondersi per la stanza; Chri aspettò che lambisse anche lei, e in effetti accadde, ma non come aveva sperato.

«Patetico» disse Fred a George. «Patetico! Con un mondo di battute che avresti potuto fare sulle orecchie o sui fori o sull’aria, scegli quella

«Ah, be’» ribatté George, sorridendo alla madre bagnata di lacrime. «Adesso almeno riuscirai a distinguerci, mamma».

Chri si costrinse a sorridere, ma percepì che più che un sorriso aveva mostrato una smorfia. Poteva sentire che le mani, anche quella stretta in quella di George, cominciarono a tremarle, mentre l’adrenalina scemava e la paura prendeva il sopravvento.

“Poteva andare peggio,” si disse tentando di calmarsi, ma il problema era proprio quello. Che razza di mondo era quello in cui bisogna essere contenti se il tuo migliore amico aveva perso un orecchio, solo un orecchio? Come poteva andare bene una cosa del genere?

Chri detestava piangere, soprattutto di fronte ad altri, ma sentiva che la tensione stava raggiungendo il suo apice e sentiva che non avrebbe retto ancora per molto. Si alzò in piedi, mormorando qualcosa sul bagno, ma non era nemmeno sicura di averlo fatto; lasciò con riluttanza la mano di George, e si diresse verso le scale, sentendo su di sé lo sguardo di entrambi i gemelli. Fece le scale lentamente, quasi uno scalino per volta, come se muoversi troppo in fretta avrebbe potuto farla cadere a pezzi, gli stessi pezzi che tentava di lasciare uniti. Senza accorgersene, entrò nella stanza dei gemelli, l’ambiente che più le era familiare alla Tana, l’ambiente dove si sentiva più al sicuro, l’ambiente dove conservava ricordi che subito l’assalirono. Cominciò a singhiozzare, accorgendosi vagamente che il viso era già bagnato dalle lacrime – quand’è che avevano cominciato a scendere? Ma il pianto non era più silenzioso, i singhiozzi erano forti, tentava di fare respiri profondi per calmarsi e, dopo qualche attimo in cui sembrava esserci riuscita, ricominciavano più forti di prima. Camminava su e giù per la stanza, torcendosi le mani ancora impregnate del sangue secco di George, mentre le immagini di lui sofferente, del suo divano bianco chiazzato di rosso, del foro che ora si apriva nel cranio di George si alternavano velocemente nella sua mente.

Sentì la porta aprirsi alle sue spalle, sentì dei passi percorrere la distanza che li separava, sentì due braccia circondarla, sentì il suo respiro scuoterle i capelli; in quel momento, stretta tra le braccia di Fred, appoggiata al suo petto, il pensiero che anche lui sarebbe potuto morire la colpì come un pugno allo stomaco, e i singhiozzi ripresero a scuoterla.

«Ehi» le sussurrò lui, stringendola a sé, come cullandola. «Va tutto bene. È tutto passato».

«Tu... Tu... George...» biascicò lei, costretta a interrompere ogni frase, senza sapere come continuarla.

«Stiamo bene». Fred la fece voltare verso di sé, senza tuttavia smettere di tenerla tra le braccia. «Guardami» le disse, «non vedi? Sono qui, di fronte a te, sto bene. Chri» la chiamò, sollevandole con il pollice il mento, «sto bene».

«George...»

«George sta benissimo» disse Fred risoluto. «Figurati, pensa al successo che avrà con le donne con la storia dell’orecchio mancante» aggiunse sorridendo divertito.

Chri sorrise tra le lacrime. «Hai ragione: conquisterà tutte» disse, sentendo che anche Fred aveva bisogno di essere rassicurato. «Già lo vedo al matrimonio, con le cugine di Fleur».

«Già» disse Fred, con una smorfia, «me le soffierà tutte».

«Ehi» obiettò Chri, dandogli una leggera spinta sul petto.

«Scherzo, scherzo» rispose lui ridendo. «Figurati se me le soffia».

Chri fece una smorfia, ma non replicò, anzi, si strinse di più a lui, poggiando il capo contro il suo petto. Sentì Fred irrigidirsi leggermente dallo stupore, poi sentì la mano di lui passare tra i suoi capelli; rassicurante, calda, sicura, come era Fred.

«Mi dispiace» mormorò lei, la voce soffocata dal corpo di lui.

«Per che cosa?»

«È il tuo gemello. Avrei dovuto... essere forte per te. No? Dimostrarti che...»

«No» la interruppe lui. «Non devi dimostrare niente». Le posò un bacio sul capo. «Tu ci sei, e questo basta».

Chri si sollevò sulle punte, avvicinando le labbra a quelle di lui, in un bacio di quelli che dicevano molto più di quanto le parole avrebbero potuto fare; era un bacio che faceva sentire quanto entrambi ci fossero per l’altro, che faceva sentire il reciproco bisogno che avevano.

Fred la guidò al suo letto, senza mai interrompere il bacio, e la fece sdraiare con delicatezza, come se temesse di romperla. Chri si aggrappò a Fred e Fred si aggrappò a Chri, mentre si esploravano con la familiarità con cui si conosce il sentiero che porta a casa, senza per questo provare meno emozioni; come quando si legge il proprio libro preferito ancora una volta, senza poter fare a meno di emozionarsi come se fosse la prima, tuttavia notando dettagli e particolari in più, che non fanno che aumentarne l’amore. Così fecero loro due quella notte: fecero l’amore lentamente, senza fretta, come esplorandosi di nuovo per la prima volta. Avevano tante cose da dirsi, tante cose da comunicarsi, tante cose da trasmettersi; ogni bacio, ogni tocco, ogni contatto era un tassello che andava ad incastrarsi perfettamente in un disegno più ampio.

Avevano bisogno l’uno dell’altro, avevano bisogno di sentirsi vicini, uniti, avevano bisogno di sentirsi vivi, avevano bisogno di sentirsi bene, avevano bisogno di essere felici, e potevano farlo solo stando insieme.

 

 


Come sempre, perdonate il ritardo: ormai ci avrete fatto l'abitudine. Ma bando alle ciance, mi fionde nelle note.

Come avrete capito, questo capitolo è ambientato la notte in cui Harry viene trasferito dalla casa dei Dursley alla Tana. E' uno dei capitoli, nei libri della Rowling, che più mi è piaciuto, ma che soprattutto più mi abbia fatto chiedere cosa stesse succedendo agli altri personaggi. Ne approfitato quindi per dare una visione da un altro punto di vista, di chi attende senza sapere cosa sta succedendo.
Inoltre, come aavevo detto precedentemente, è qui che Chri si scontra finalmente con la realtà della guerra; non che prima ne fosse incosapevole, tutt'altro, ma la differenza sostanziale è che qui, per la prima volta in assoluto, capisce quanto effettivamente stiano rischiando la pelle, si scontra davvero con la morte, in un certo senso. Ho voluto creare una sorta di parallelismo con la scena precedente, quella in cui viene ferito Arthur - spero di esserci riuscita

E poi c'è la parte finale, sul rapporto Chri/Fred, che non è più un amore adolescenziale, ma è un qualcosa di più complesso, di più profondo, e finalmente vediamo - spero - in che modo.

ah, altra cosa: detesto la battuta romano del libro, perché non la trovo divertente, e sono consapevole dell'intraducibilità di quella inglese, quindi ne ho inventata un'altra; sono consapevole che non faccia morire dal ridere, spero solo sia meglio del foro romano! Almeno ci ho provato xD

Spero che il capitolo vi sia piaciuto! Grazie a tutti coloro che leggono, seguono, preferiscono, ricordano e recensiscono, vi amo tutti <3

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Capitolo 22
*** Agosto 1997 ***


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We were nothing like the rest

 

 

 

 

 Agosto 1997

 

«Fra quanto dovrebbero arrivare?» chiese Chri, guardandosi attorno. Lei, Harry, Ron, Fred e George si trovavano nell’orto fuori dall’enorme padiglione bianco, armati di piantine con la disposizione dei tavoli, in attesa degli invitati che avrebbero dovuto accompagnare ai loro posti.

«A breve» disse George, strattonandosi il colletto del vestito. «Almeno, lo spero. Sto soffocando dentro questo coso».

«Al nostro matrimonio» dichiarò Fred quasi con noncuranza, facendo sussultare Chri, che lo guardò stupita, «non voglio nessuna di queste assurdità. Potete mettervi quello che volete, e infliggerò alla mamma un bell’Incantesimo Petrificus finché non sarà tutto finito».

«Non è andata così male stamattina, tutto sommato» osservò George. «Ha pianto un po’ per l’assenza di Percy, ma chi lo voleva?»

«George» lo rimproverò Chri, tentando di ignorare quella sensazione strana che si era impossessata di lei. «È pur sempre vostro fratello».

«È un idiota» dichiararono entrambi. Chri sospirò, ma non ebbe modo di replicare, perché in quel momento gli invitati cominciarono ad arrivare. Le sembrò quasi di galleggiare per tutto il tempo, mentre scortava ognuno al posto corretto, facendo avanti indietro tra l’orto e il tendone. In quello che le parve essere un attimo, tutti erano sistemati, e si ritrovò accanto a Ron, Harry e Hermione, che si stava lamentando di zia Muriel.

«State parlando di Zia Muriel?» s’inserì George, riemerso dal tendone con Fred. «A me ha appena detto che ho le orecchie asimmetriche. Vecchia megera».

«Già, non prendertela» disse Ron. «È maleducata con tutti».

«Sì, beh, a parte con Chri» osservò Fred. «A quanto pare, “approva nella maniera più assoluta la nostra relazione”» disse, imitandola.

«Ma ne ha avute anche per me. Ha detto che il mio abito è eccessivamente scollato» ribatté Chri.

«Io lo trovo perfetto» le sussurrò Fred, avvicinando le labbra al suo orecchio; un brivido la percorse per tutto il corpo. «Andiamo a prender posto?» aggiunse sorridendo, posandole una mano sulla schiena che il vestito le lasciava scoperta – la scollatura vertiginosa a cui si riferiva Zia Muriel – provocandole un altro brivido, di desiderio.

Chri annuì, e si lasciò guidare. Fu una bella cerimonia, ma lei non riuscì a prestarvi troppa attenzione, le parole di Fred che le vorticavano in testa. A un certo punto, durante la funzione, Fred le posò una mano sul ginocchio, pelle contro pelle, strinse leggermente, come ad attirare la sua attenzione, poi si chinò verso di lei. «Mi sono accorto che non ti ho detto una cosa» le sussurrò all’orecchio.

«Che cosa?» mormorò lei, senza distogliere lo sguardo dai due sposi, certa di essere più rossa in viso, la mano di Fred che saliva leggermente, lentamente.

«Che sei stupenda» sussurrò lui, le labbra che le sfioravano l’orecchio. «E che questo tuo vestito mi sta facendo impazzire».

Chri arrossì, poi intrecciò la mano alla sua, che rimase ferma sulla sua coscia. «Anche tu mi stai facendo impazzire» confessò, facendolo sorridere malizioso.

«Potremmo sempre defilarci» propose.

Chri sorrise, divertita. «È il matrimonio di tuo fratello. Stai buono».

Lui sbuffò, e spostò lo sguardo di nuovo sui due; così le parole pronunciate prima da Fred ricominciarono ad ossessionarla. Matrimonio. Lei non ci aveva mai nemmeno pensato, e figurarsi se avrebbe mai immaginato che Fred potesse pensare a una cosa simile. Insomma, vivevano alla giornata, erano giovani, era troppo presto, no? Forse però l’idea non le dispiaceva, e sembrava nemmeno a lui. Ma probabilmente si stava facendo troppi viaggi mentali, come al solito. Non avevano mai parlato di matrimonio, dopotutto. Il fatto che lui l’avesse buttata lì, dandola quasi per scontata, però... beh, era bello.

«Mi concederesti questo ballo?»

Chri si riscosse dai suoi pensieri. Fred era in piedi di fronte a lei, la mano tesa, e Bill e Fleur avevano già aperto le danze. Lei sorrise e annuì, afferrandola. Fred la guidò al centro della pista, dove l’avvolse tra le sue braccia, e cominciarono a dondolarsi a tempo del lento che la banda stava suonando.

«Allora» esordì Chri, senza riuscire a trattenersi, «al nostro matrimonio, eh?»

«Già» rispose Fred, con una scrollata di spalle, il solito sorriso stampato in viso. «Che c’è? Non vuoi sposarmi?»

«Non ci ho mai pensato» ammise lei. «Tu sì?»

Fred la guardò dritta negli occhi, sorridendo sicuro. «È fin da quella prima volta in cui ti ho sentito ridere che sapevo che ti avrei sposata, prima o poi. Insomma, ho pensato: “con una risata così, deve essere speciale per forza. E sicuramente sa cosa vuol dire divertirsi”. E non mi sono sbagliato, vedi? Già sapevo che avrei voluto ascoltarla tutti i giorni».

Chri non rispose, la testa svuotata; si limitò a continuare ad ondeggiare, facendosi guidare da Fred. Come sempre, sembrava fosse lui ad avere il controllo della situazione, a sapere cosa fare.

«Allora?» disse lui.

«Allora cosa?» chiese lei, senza capire.

«Mi vuoi sposare, Harvey?»

Chri lo guardò ancora più stupefatta. «Me lo stai chiedendo davvero?» disse, con la sensazione di essersi persa qualche passaggio. «O, cioè, è per saperlo, per un ipotetico futuro, o...»

Fred sbuffò, interrompendola. «Ogni tanto sei lenta, sai?» osservò, poi tolse la mano dal suo fianco, la infilò in tasca e ne tirò fuori una scatolina. Chri lo guardava, senza poter credere ai suoi occhi. «L’altro giorno l’ho visto, ti ho subito visualizzata, e ho pensato “perché no?”. Non pensavo te l’avrei dato oggi, pensavo più che altro che ti avrei portato fuori a cena e, sai, le solite cose, ma perché aspettare?» disse, sotto lo sguardo incredulo di lei. Aprì la scatola, rivelandone il contenuto. «Allora, Harvey? Vuoi sposarmi?»

Lei non disse niente, non riusciva a formulare un pensiero concreto, aveva solo parole, immagini, del passato, del futuro, emozioni che le vorticavano in testa.

«Devo mettermi in ginocchio per farti capire che sono serio? Perché, sai, se proprio...»

Ma Chri non lo lasciò finire, gettandogli le braccia al collo e baciandolo, con passione, con trasporto, comunicandogli tutto il suo amore; perché solo Fred avrebbe potuto improvvisarle una proposta così ed era solo una delle mille cose che amava di lui; perché solo da lui poteva lasciarsi trasportare così; perché solo lui la faceva sentire così al sicuro; perché solo al suo fianco si sentiva pronta ad affrontarle tutte; perché lui era la sua spontaneità, lei la sua razionalità; perché era lui, sempre e solo lui. Chi se ne frega se non ci avevano mai pensato, riflettuto, se non ne avevano mai parlato, non aveva importanza; la vita era imprevedibile, poteva finire in un istante, e lei voleva viverla al massimo, con Fred.

Sentì Fred sorridere sulle sua labbra, stringerla a sé, e rispondere: «Sarebbe un sì?»

«Sì. Sì, mille volte sì» disse lei, la voce rotta dall’emozione.

Il sorriso di Fred si allargò, poi la strinse ancora di più a sé, sollevandola e facendo un paio di giri sul posto, mentre lei scoppiava a ridere, aggrappandosi al suo collo.

«Dobbiamo dirlo a George» dissero contemporaneamente, mentre lui la posava di fronte a sé. Sorrisero, lo stesso sorriso felice, sereno, entusiasta, e si guardarono negli occhi.

«Magari non adesso» disse Fred, spostandole una ciocca dietro l’orecchio. «Sai, la mia proposta sul defilarsi è ancora valida» disse, sorridendo sornione.

Chri intrecciò le dita alle sue, poi avvicinò le labbra al suo orecchio, sollevandosi leggermente sulle punte dei piedi. «Penso proprio l’accetterò» mormorò, e questa volta fu Fred che venne scosso da un brivido.




Eccomi qui, semipuntuale con quello che è il penultimo capitolo (ebbene sì: il prossimo sarà l'ultimo e comprenderà un capitolo vero e proprio e l'epilogo). Prepariamoci psicologicamente.

Non credo di avere molte note su questo capitolo: è incentrato per lo più su Chri e Fred, che ancora una volta fanno progressi nella loro relazione, in questo modo spontaneo e naturale - che un po' invidio. (Fra l'altro, questa richiesta di matrimonio ha sopreso anche me, ha fatto tutto Fred, non ho avuto voce in capitolo lol).

Insomma, capitolo ottimista che precede quello che tratterà della battaglia di Hogwarts (io non ho detto nulla, sto solo constatando u.u C'è il what if, quindi potrebbe accadere qualcosa di imprevedibile - o forse no. Sì, sono cattivissima xD).

Come sempre chiudo ringraziandovi immensamente, cari lettori <3

A presto

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Capitolo 23
*** Maggio 1998; Epilogo ***


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We were nothing like the rest

 

 

 

 

 Maggio 1998

 

Quel giorno non ci furono segni. Non ci furono avvisi, non ci furono sintomi, nulla. Cominciò come una giornata normale, addirittura allegra; nessuno avrebbe potuto prevedere in cosa si sarebbe trasformata.

Chri stava sistemando la stanza che Zia Muriel aveva non troppo facilmente concesso loro di usare come ufficio, Fred stava contando l’incasso, George stava finendo la relazione di fine mese, quando il galeone dell’ES di tutti loro si era riscaldato. Avevano preso l’abitudine di portarselo sempre dietro, di tenerlo sempre in tasca, visto che la situazione ad Hogwarts stava decisamente peggiorando; si aspettavano quindi qualcosa di diverso – una richiesta di aiuto da Neville, per esempio –, non si aspettavano certo di leggere “Harry è tornato, si combatte”.

«Bisogna avvertire gli altri dell’ES, magari anche qualcuno che non ne faceva parte» disse subito Fred, pratico, cominciando ad evocare Patronus, imitato da George, che aggiunse: «Anche quelli dell’Ordine».

Anche Chri sfoderò la bacchetta, mandando un paio di Patroni alle persone giuste.

«Fatto» disse Fred, passandosi una mano sulla fronte. In quel momento Ginny scese le scale di corsa, entrando trafelata nella camera – da quando non era tornata a Hogwarts, aveva trovato rifugio a casa di Zia Muriel, così come loro, una volta costretti a chiudere il negozio.

«Avete letto?» disse col fiatone.

«Sì» disse Chri, annuendo. «Andiamo?» aggiunse, senza star a perdere tempo; non le piaceva l’idea che Ginny venisse, ma la conosceva abbastanza da sapere che avrebbero discusso anche per ore, e che se anche l’avessero lasciata lì, avrebbe trovato il modo di venire lo stesso – magari un modo pericoloso.

Gli altri annuirono, Fred prese per mano Ginny, poi tutti loro si Smaterializzarono alla Testa di Porco, dove un Abe molto seccato li accolse grugnendo loro qualche cosa e indicando il passaggio; lo imboccarono, e finalmente raggiunsero la Stanza delle Necessità, dove ormai un gruppetto di persone si era raccolto.

«Abe è un filino seccato» annunciò Fred, alzando la mano in risposta a tutti coloro che li stavano salutando. «Vorrebbe andare a dormire e il suo pub è diventato una stazione ferroviaria».

«Ah, è questo che ha detto» commentò Chri, spostandosi dal passaggio, per dar modo a tutti coloro che erano dietro di entrare.

«Allora, qual è il piano, Harry?» domandò George, mentre Chri cominciava a percepire la tensione dell’imminente battaglia.

«Non c’è un piano» rispose Harry, che sembrava essere piuttosto disorientato.

«Improvvisiamo, allora? È il mio piano preferito» dichiarò Fred, e Chri non poté far a meno di ridacchiare, per la veridicità della cosa.

Dopo che Harry si era finalmente deciso ad accettare il loro aiuto ed era andato alla Torre di Corvonero, a vedere com’era fatto il diadema di cui avevano parlato, loro si erano ritrovati lì, ad aspettare il suo ritorno, mentre a mano a mano i membri dell’Ordine li raggiungevano. Chri detestava aspettare: più aspettava, più la tensione saliva. Fred e George erano piuttosto bravi a stemperare la tensione, ma, davvero, l’attesa la stava torturando.

Finalmente Harry fece ritorno, e George gridò subito: «Che si fa, Harry? Cosa succede?»

«Stiamo facendo evacuare i ragazzi più piccoli, l’appuntamento è in Sala Grande per organizzarsi» rispose Harry. «Si combatte».

Con un boato, mentre la tensione accumulata si trasformava in adrenalina, un’ondata di persone si lanciò fuori dalla Stanza, tutti con le bacchette sfoderate, pronti a combattere.

Ginny stava per seguirle, ma la signora Weasley la trattenne, furiosa.

«Sei minorenne! Non lo permetterò!» urlava. «I ragazzi sì, ma tu, tu devi tornare a casa!»

«No!» ribatté Ginny, tentando di svincolarsi dalla presa. «Sono nell’Esercito di Silente!»

«Un branco di ragazzini» ruggì la signora Weasley.

«Un branco di ragazzini che sta per sfidarlo, cosa che nessun altro ha osato fare» intervenne Fred.

«Ha sedici anni! Non è abbastanza grande! Cosa v’è saltato in mente a voi due, di portarvela dietro...»

Fred e George si scambiarono uno sguardo colpevole, e anche Chri si vergognò un po’ per aver ceduto a priori.

Ginny stava ribattendo qualcosa, ma fu interrotta: qualcuno era appena uscito dal tunnel ed era inciampato, cadendo con un gran tonfo.

«Sono in ritardo?» disse Percy, rialzandosi trafelato. «È già cominciato? L’ho saputo solo ora e...»

Tacque, mentre un silenzio attonito accoglieva le sue parole e il suo ingresso; Fleur e Lupin tentarono di stemperare la tensione in un misero tentativo di conversazione, mentre Chri guardava prima Percy, poi i gemelli, che parevano pietrificati, come il resto della loro famiglia.

«Sono stato uno scemo!» ruggì Percy, rompendo il silenzio. «Un idiota, un imbecille tronfio, sono stato un... un...»

«Un deficiente schiavo del Ministero, rinnegato e avido di potere» concluse Fred.

Percy deglutì. «Sì» ammise.

«Beh, non potevi dirlo meglio di così» disse Fred, e gli strinse la mano; Chri tirò un sospiro di sollievo, mentre la signora Weasley spingeva da parte Fred, per stritolare Percy in un abbraccio.

«Cos’è che ti ha fatto tornare in te, Perce?» chiese George, mentre Chri distoglieva accuratamente lo sguardo.

«Era un po’ che ci stavo pensando» disse Percy, «ma venire via dal Ministero adesso è difficile: sbattono i “traditori” ad Azkaban in un attimo. Però mi sono tenuto in contatto con Chri» aggiunse, accennando a lei, mentre i gemelli la guardavano stupiti «e mi ha fatto sapere che Hogwarts stava per dare battaglia, e così... eccomi».

«Strano che ci sia il tuo zampino» commentò Fred, sorridendo.

«Non ho fatto nulla, mi sono limitata ad informarlo» disse Chri, scrollando le spalle. «Ha deciso tutto da solo».

«Ci aspettiamo che i nostri prefetti prendano il comando in simili circostanze» declamò George, in un’imitazione dei modi pomposi di Percy. «Adesso andiamo a combattere, o ci perderemo tutti i Mangiamorte migliori».

 

Qualche ora dopo l’allegria provata nella Stanza delle Necessità a Chri pareva solo un ricordo lontano. I Mangiamorte erano riusciti ad entrare, le maledizioni volavano ovunque, e si combatteva, senza sosta. Aveva sempre pensato che, al momento cruciale, avrebbe combattuto per gli ideali in cui credeva, avrebbe combattuto per porre fine a quella guerra ingiusta, avrebbe combattuto per riportare la pace; in realtà, combatteva solo per la sopravvivenza delle persone a lei care, l’unica cosa a cui riusciva a pensare. Tra un duello e l’altro, e anche durante, Schiantava i Mangiamorte che vedeva che stavano per lanciare maledizioni contro uno dei suoi, erigeva scudi proteggendoli, lanciava Controincantesimi.

«Smettila di proteggermi» le gridò George, pochi passi indietro a lei, quando lei aveva Ostacolato il Mangiamorte con cui lui stava combattendo, «pensa a te».

«Ho visto un’occasione!» urlò di rimando lei, parando il colpo che il suo Mangiamorte le aveva lanciato e scagliandogli tre Schiantesimi consecutivi, mandandolo a cozzare contro il muro.

«Bel colpo» le disse Fred, al suo fianco, sorridendo allegro, prima di Trasfigurare il Mangiamorte contro cui lui stava combattendo.

«Grazie» disse lei, sfinita, togliendosi la fuliggine dagli occhi; cominciava ad accusare la stanchezza, mentre già un altro Mangiamorte stava prendendo il posto di quello precedente. Fred formò uno scudo davanti a lei, deviando l’Avada Kedavra che quello le aveva lanciato.

«Grazie» disse di nuovo lei, mentre faceva uscire fiamme vive dalla sua bacchetta e mandandole poi contro il nemico. «Vedi, George, è così che...»

Ma non ebbe modo di aggiungere altro: l’aria tremò e un raggio verde la colpì in pieno petto.

Mentre cadeva, ebbe l’impressione di sentire le urla di Fred e George graffiarle le orecchie. Ma fu un attimo. Quando toccò il pavimento, già Christine Harvey non esisteva più.

 

 

 

*

 

Epilogo

 

«Fred, adesso basta».

La voce di Ron era alterata, e Fred non si stupì del fatto che non gliene importasse nulla. Erano poche le cose di cui gli importava. George, seduto accanto a lui, forse era l’unica.

«Ron, lascialo in pace» disse George, con rabbia, il tono che aveva sempre, tranne che con lui; Fred si chiese vagamente se anche a lui accadeva la stessa cosa, ma, in fondo, non gli importava nemmeno di quello.

«No, George, non va bene. Deve riprendersi. Dovete riprendervi».

Dalla voce di Ron adesso traspariva l’affetto nei suoi, nei loro confronti, ma di nuovo Fred non si stupì del fatto che non gliene importasse.

«Cosa pensi che penserebbe Chri, eh, se vedesse che hai, che avete abbandonato così...»

Accadde in un secondo: Fred si alzò di scatto e afferrò Ron per il bavero della maglia, il pugno destro tirato indietro; George scattò in piedi, frapponendosi tra i due; Ron guardò Fred stupito, e forse ferito, le mani alzate in segno di resa.

«Non nominarla mai più» disse Fred a denti stretti, lasciando andare il bavero della maglietta di Ron sotto la pressione della mano di George.

«Ron» disse George, guardandolo serio, «vattene. Adesso».

Ron fece un passo indietro, troppo basito per dire alcunché, e Fred finalmente stese il braccio lungo il fianco, la mano ancora stretta a pugno. Stava tremando.

«Così non va bene» disse Ron, prima di andarsene, senza che nessuno dei due lo salutasse.

Appena Ron si chiuse la porta alle spalle, Fred si lasciò sul cadere sul divano, emettendo un gemito di rabbia. George si lasciò scivolare accanto a lui, prendendosi poi la testa tra le mani, con aria sconfitta.

«Forse dovremmo chiudere il negozio» disse infine.

«Forse dovremmo» convenne Fred, atono.

«Ma lei non avrebbe voluto» constatò George, il dolore tangibile nella sua voce.

«Lei non c’è più» sputò Fred, «è impossibile che gliene freghi qualcosa».

George sospirò, poi tra di loro calò il silenzio, fatto di cose non dette, cose non espresse, ma di cui entrambi erano a conoscenza.

«Mi chiedo che senso abbia tutto questo, senza di lei» ruppe il silenzio Fred, la rabbia evaporata, sostituita dallo stesso dolore di George.

«Me lo chiedo anche io» rispose lui.

«A quest’ora, avremmo dovuto aver aperto la filiale di Hogsmeade, ci saremmo espansi a Birmingham, avremmo dovuto esser sposati. E invece... niente».

E di nuovo calò quel silenzio strano, che caratterizzava le loro giornate, che si trascinavano lente e dense.

«Non se ne andrà mai, vero?»

«Cosa?» chiese George, anche se Fred sapeva che conosceva la risposta.

«Il dolore».

«No» rispose. «Forse, se saremo fortunati, riusciremo a conviverci».

«E come potrei? La mia anima ce l’ha ancora lei».

 

 

 

 

And as I looked around, I began to notice that

 we were nothing like the rest*

 

 


*citazione tratta da Mountain Sound dei Of Monsters and Men


Lo so che ora mi odiate, lo so. Ma c'era il what if, ricordate? Il What if consiste nell'inserimento di un nuovo personaggio ed io sono convinta che questo basti a cambiare il corso di alcuni eventi (se è vero che il mondo è una grossa catena di causa ed effetto e che il battito di una farfalla può provocare un uragano all'altro capo del mondo).

Detto questo, finale super pessimista, in effetti. Ma neanche tanto. Non so, credo che insieme Fred e George ce la possano fare a superare questo trauma o comunque a trovare la forza l'uno nell'altro (mentre sono profondamente convinta che George non si sia mai ripreso dalla morte di Fred, nell'universo Rowlingiano). E, insomma, non potevo uccidere Fred. Semplicemente non potevo. ç_ç

Mi è stato suggerito in passato di distinguere i generi della storia in "pre-finale" e in "post-finale", perché rileggerla con la consapevolezza di questo finale, mi dicono, rende ciò che era magari fluff angst. Detto questo...

Spero che la storia vi sia piaciuta, grazie per avermi accompagnato lungo tutto il percorso. Grazie davvero. Inoltre, sono veramente contenta ed emozionata per essere arrivata alla fine della pubblicazione di questa immensa one-shot, così i nuovi lettori potranno leggerla interamente, come è giusto che venga letta - o almeno, come era nelle intenzioni ^^
Qualche tempo fa, avevo in mente di fare un qualche missing moment - che verrà, nel caso, pubblicato a parte - ma poi la mia ispirazione è evaporata, quindi non prometto nulla. Sappiate solo che c'è un documento word intitolato "We were n - missing moments", qualsiasi cosa voglia dire.

Grazie ancora, ai lettori silenziosi e non: vi amo tutti.

A presto (spero)

Cri

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