Storie dalla A alla Z (Challenge dell'alfabeto)

di sofcwrites
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** A. Amiche o Amanti? ***
Capitolo 2: *** B. Biciclette & Gelati ***



Capitolo 1
*** A. Amiche o Amanti? ***


Il sole accecante di quella giornata d’estate la colpiva direttamente negli occhi. La brezza le scompigliava i capelli, che si trasformavano in onde di seta in un oceano infinito. Gli spruzzi provenienti dalla spuma del mare agitato le bagnava i vestiti, facendola sentire a disagio. Tutto questo aveva un effetto stranamente negativo su di lei, ma c’era Sara con lei. Doveva essere una tranquilla giornata tra amiche, ma era sul punto di trasformarsi in qualcosa di burrascoso e instabile, o almeno così pensava Marta. Alle 16:43 prese Sara per un braccio e la diresse su uno scoglio dove non c’era nessuno. Tirò fuori dalla tasca del largo vestito a pois un bigliettino di carta verde chiaro e iniziò a parlare guardando dritto il bigliettino, sicura di sé, mentre Sara la guardava stranita.
“Se sto leggendo questo biglietto è perché ho preso il coraggio di parlarti. Probabilmente ti avrò trascinato su uno scoglio vuoto e silenzioso, probabilmente mentre leggo saranno le 16:45, perché, lo sai, è il mio orario fortunato. (Sara, alzò gli occhi al cielo, sorridendo, e ricordando il suo rituale giornaliero. In quel momento Marta si toccò il naso tre volte per buon auspicio, esattamente ciò che Sara stava pensando.) Devo dirti una cosa, e voglio che tu sia completamente sicera con me d’ora in avanti perché io ora sto facendo la cosa più coraggiosa che potessi fare. Sono lesbica, e tu sei la prima a saperlo. Se sei una vera amica, so che non mi abbandonerai, ma mi dirai invece ciò che pensi di questo discorso.”
Sara era sbalordita. Da una ragazza come la sua migliore amica si sarebbe potuta aspettare ogni cosa, ma non  questo. Il mondo cominciò a vorticarle sotto i piedi. Come avrebbe dovuto comportarsi? Era comunque la stessa? Come se Marta l’avesse letta nel pensiero le rispose che nulla era cambiato in lei, che lei si poteva comportare come prima. Sara si mosse d’impulso senza quasi pensarci. Non sapeva quello che le prendesse in un quel momento, ma sembrava avesse realizzato dopo tanti anni cosa provasse veramente per la sua amica. La testa si avvicinò a quella di Marta, le bocce di entrambe si schiusero, gli occhi abbassavano le tende. Neanche Marta sapeva perché la stesse assecondando. Sara aveva sempre agito d’impulso nella vita, senza pensarci troppo aveva ottenuto ciò che più le importava, quel pizzico di felicità che le rallegrava l’anima. Marta invece, aveva sempre provato a farle rimanere i piedi per terra, a farla ragionare sulle conseguenze delle sue azioni, ma baciarsi in quel momento sembrava essere la cosa giusta. Nulla più importava, finchè erano lì, insieme, in quell’esatto momento, stringendosi inconsciamente le mani, avvicinandosi piano. Al contatto delle loro bocche sembrava che l’intera umanità non esistesse più, al contatto delle loro lingue perfino l’intero universo attorno a loro cessò in un attimo di esistere. Perché in quel momento trovarsi lì, insieme, sembrava più giusto e più sbagliato di ogni altra cosa. Loro erano il tutto e il niente e questo piaceva loro un sacco.
 

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Capitolo 2
*** B. Biciclette & Gelati ***


Biciclette & Gelati

L’adrenalina che scorre nelle vene, il vento che accarezza il viso, le mani forti che danno sicurezza e tengono la traiettoria. L’ebrezza che si sente mentre il tempo scorre ritmico sembra produrre una melodia veloce, crescente, che fa salire il sangue al cervello. Il terreno ghiaioso che fa sobbalzare il veicolo, a volte anche tropo. Proprio per una buca nel terreno Nicola cadde e il suo viso ebbe un incontro frontale col suolo. Il padre, che da appena pochi secondi aveva lasciato andare la bicicletta del bambino, quando quest’ultimo gli aveva gridato tutta la sua confidenza, dicendogli che poteva cavarsela; lo seguì a ruota lungo il percorso fino a raggiungere il figlio di quattro anni, che piangeva rumorosamente, sdraiato per terra, con una mano sulla guancia destra. Le urla si estendevano per tutto il quartiere, fino a alla casa della loro famiglia in fondo alla strada. La madre del piccolo Nicola si affacciò alla finestra, stringendosi il pancione, incinta di otto mesi,  in procinto di partorire. La sua faccia preoccupata ricadde sul bambino, che ancora gridava, senza fermarsi. Marco, il padre, rassicurò sua moglie con uno sguardo e si posò sul bambino.
-Nicola, tutto a posto?-
Un’occhiata omicida si pitturò sul faccino del piccolo, che somigliava un po’ a una tartaruga quando faceva i capricci. Il padre si affrettò a prenderlo in braccio, accarezzargli la schiena e sussurrargli che andava tutto bene.  In realtà Nicola non sentiva già più il dolore, rassicurato dalle grandi braccia del padre, ma se c’era qualcosa che aveva ereditato da sua madre era la furbizia.
-Potrei dire alla mamma che è tutta colpa tua…-
Marco smise improvvisamente di accarezzare la schiena al bambino. Era proprio uguale a sua moglie.
-Cosa vuoi in cambio?-
Il bambino assunse la faccia di quando faceva finta di pensare su a qualcosa, quando in realtà aveva già in mente cosa chiedere.
-Una coppa di gelato!-
-E una coppa di gelato sia!-
Il padre fece scendere il bambino dalle sue braccia e insieme si incamminarono, per mano, verso la gelateria, mentre il sole scendeva e lasciava il posto ad una notte stellata.

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