Free to be you and me

di Castiel
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Military Personnel ***
Capitolo 2: *** Gunshot ***
Capitolo 3: *** Battlefield ***
Capitolo 4: *** Grave ***
Capitolo 5: *** Heiki (weapon) & Heiki (fine) ***
Capitolo 6: *** Death ***
Capitolo 7: *** Crime and punishment ***
Capitolo 8: *** Store-lined streets ***
Capitolo 9: *** Unknown past/ Before we know each other ***
Capitolo 10: *** Promise ***
Capitolo 11: *** Liar ***
Capitolo 12: *** Proof ***
Capitolo 13: *** Betrayal ***
Capitolo 14: *** Covered eyes ***
Capitolo 15: *** The scent of blood ***
Capitolo 16: *** Reaching voice & Unrechable with (a) voice ***
Capitolo 17: *** Scars ***
Capitolo 18: *** I don't want to realize ***
Capitolo 19: *** Things one cannot understand ***
Capitolo 20: *** Murderer ***
Capitolo 21: *** Repentance/Confession ***
Capitolo 22: *** God ***



Capitolo 1
*** Military Personnel ***


Disclaimer: I personaggi non mi appartengono, sono della Sensei Arakawa ed io mi limito a scriverci sopra. Nessuno di questi capitoli sarà scritto a scopo di lucro.


Et voilà, eccomi arrivata con un'immensa schifezza :D Questo momento di vita è ambientato dopo un tempo indefinito a seguito del primo anime, quindi non è spoiler per nessuno ^^ Il RoyAi qui è molto soft (come praticamente sempre da me XD) ed ho voluto analizzare un po' il rapporto tra Roy e i suoi subordinati, che non è semplicemente di lavoro ma qualcosa che io ritengo molto più profondo :)


1.     Military personnel

 

 

 

Non gli era mai piaciuto guardare le persone dall'alto in basso.
Era appagante in fatto di orgoglio, certo, ma era una superiorità talmente effimera da provocargli un netto rifiuto psicologico.
In effetti, uno potrebbe chiedersi perché Roy Mustang aspirasse a diventare Fuhrer nutrendo un tale sentimento: è noto che quella è la carica massima dell'esercito, e da lì la visuale è solamente una. E' altrettanto noto però che quando vuoi ottenere veramente una cosa, chiudi un occhio su ciò che non ti piace durante il tuo cammino e questo era esattamente ciò che aveva fatto Roy Mustang durante tutti quegli anni.
Ora che era ad un passo dal sogno di una vita, non poteva fare a meno che dedicare tutta la sua attenzione alla folla sotto di sé, intenta ad ammirarlo come se fosse una specie di divinità.
"Sciocchi" – si ritrovò a pensare – "non ho ancora fatto nulla e siete già pronti a prostrarvi ai miei piedi".
Posò gli occhi sull'interlocutore accanto a sé, intento a decantare lodi che non sapeva nemmeno di avere e si chiese se era davvero riuscito a dissipare la corruzione che impregnava l'esercito, se da quel momento sarebbe cambiato qualcosa. Tutti i loro sforzi erano stati inutili?

Si voltò, in cerca di coloro che lo avevano sostenuto fino a quel giorno così importante.
I suoi uomini erano là, schierati in prima fila, e sorridevano come non mai.
Nonostante non fossero convenientemente a proprio agio – niente enciclopedie per l'instancabile Falman, niente sigarette per il nuovo dongiovanni Havoc, niente apparecchiature radio per il piccolo Fury e niente panini per l'insaziabile Breda – Roy poteva leggere nei loro occhi ardere l'orgoglio, come quando un padre vede finalmente i progressi del figlio che aveva tanto atteso.
Chi aveva cresciuto chi, in quegli anni?
E poi, più radiosa di tutti, c'era lei.
Lei sì che era a proprio agio, con la pistola pronta al fianco e i pantaloni della divisa ancora obbligatori nel ligio codice militare. Roy le sorrise apertamente, e notò con stupore che lei sorrise di rimando.

- Comandante Supremo Mustang, vuole dire qualcosa? -

L'uomo spezzò quel gioco di sguardi e si avvicinò lentamente al leggio posto al centro del palco. Poteva avvertire centinaia di respiri trattenuti nella platea e solo in quel momento capì quanto il destino di quel popolo fosse veramente nelle sue mani.
Inspirò profondamente e cominciò a parlare, non prima però di aver guardato ancora una volta la sua squadra personale che lo incoraggiava dal basso.
Erano stati loro, il suo coraggio.

 

 Già, perché per quanto in alto tu possa arrivare, hai sempre bisogno di qualcuno che ti sorregga da dietro. E di sicuro Havoc, Fury, Breda, Falman e Riza erano stati delle ottime fondamenta.



Note finali: Ok, ammetto che forse non ha molto senso...Bah, non ne sono pienamente soddisfatta. L'idea era ben salda in testa ma non sono sicura di averla resa bene :) Alla prossima!

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Capitolo 2
*** Gunshot ***


2. Gunshot

 

- Signore, è proprio sicuro di voler provare? -
- Certo, se si chiamano armi da fuoco ci sarà un motivo, no? -
Riza sbuffò appena mentre inseguiva un frettoloso Roy Mustang verso il poligono di tiro appena dietro al Quartier Generale.

- Pensavo avesse sempre sostenuto che la sua alchimia basta e avanza in caso di emergenza, mi sbaglio? -
- Certo, il mio è solo divertimento Tenente. Voglio provare qualcosa di nuovo per una volta, la noiosa routine dell'ufficio mi ha stancato ed il poligono è l'unica cosa autorizzata in orario lavorativo -.
La ragazza lo condusse fino ad una piccola stanza circolare al centro della struttura. La scrivania, posta al lato opposto della porta, era deserta. Riza vi si avvicinò a passo sicuro e prese una cartellina rossa tra i vari documenti sparsi sul piano di lavoro.
- Ecco, qui dobbiamo segnalare i nostri nomi e l'arma che utilizzeremo durante l'esercitazione. Ha qualche preferenza particolare, Colonnello? -
Roy però non la stava ascoltando, rapito dalle cornici poste sulla parete principale. Raffiguravano vari militari intenti nei più disparati esercizi di tiro al bersaglio e poi, al centro della bacheca, c'era lei.
Una fotografia perfettamente conservata la immortalava mentre prendeva la mira contro una sagoma in lontananza, lo sguardo concentrato e le braccia tese davanti a sé. Roy la trovò bellissima in quella posa per lei così naturale.
Da quando cominciava a considerarla in questi termini? Forse cominciava ad accorgersi che era una donna – bellissima – prima che la sua più fedele subordinata?

- Non sapevo avesse uno spazio personale nella bacheca del poligono, Tenente. -
- Oh sì, al responsabile quella fotografia è piaciuta talmente tanto che ha insistito per appenderla al muro del suo ufficio, non ho potuto dire di no. -
- Beh, è...bellissima. Ehm, la foto intendo, è molto...naturale. -
- Grazie Colonnello - rispose lei, arrossendo leggermente. - Dovrebbe dirmi quale arma vuole usare per esercitarsi. - riprese, prendendo una penna dalla scrivania e cominciando a compilare i loro dati sul primo foglio.
- Beh se per lei non è un problema vorrei usare la sua. Per sentire come ci si sente nei suoi panni - rise.
Riza parve rifletterci qualche istante. Si fidava a tal punto di quell'uomo da concedergli di usare la sua preziosa Browning?
Senza neanche rispondersi, si avviò al suo armadietto personale ed estrasse la chiave. Roy nel frattempo indossò gli occhiali e le cuffie di sicurezza, accertandosi anche di averli messi correttamente. Prese la pistola che il Tenente gli porgeva e si diresse verso la prima area di tiro.

- Bene Signore adesso mi segua. Pieghi leggermente le ginocchia e prenda attentamente la mira, dovrà colpire la sagoma scura davanti a lei. - cominciò Riza mentre aiutava il suo superiore a mettersi nella posizione più consona all'esercizio.
- Così? - chiese lui, come un bambino che chiede delucidazioni alla maestra su un compito troppo difficile.
- Sì, ora tolga la sicura e carichi, in questo modo – riprese lei mostrandoglielo.
Erano talmente vicini che le loro teste erano divise solamente dagli occhiali protettori, che sfregavano leggermente l'uno contro l'altro.
- Bene, ed ora prema il grilletto. -
- Proprio ora? - chiese lui, asciugandosi una goccia di sudore sul volto contro la propria spalla.
Riza appoggiò la mano su quella del proprio superiore e premette il grilletto.
Roy, evidentemente impreparato, ebbe un sussulto che deviò la traiettoria del proiettile di qualche centimetro e cadde a terra, inciampando negli stivali della sua compagna e facendola rovinare a terra insieme a lui.
La guardò quasi fosse la prima volta e si soffermò come in contemplazione: gli occhi color ambra, il ciuffo biondo che le copriva il sopracciglio sinistro e quella fossetta leggera all'angolo della bocca che le si formava quando sorrideva.
Non l'aveva mai guardata con quegli occhi prima d'allora, ma in quel momento toglierleli di dosso gli sembrò impossibile.

- Mi scusi Signore, si è fatto male? - gli chiese, porgendogli la mano ed aiutandolo ad alzarsi.
Altro che colpo di pistola, quello era stato un colpo di fulmine.
 







Note dell'autrice: Non c'è bisogno di dirmi quanto sia un'immensa cavolata, me ne rendo conto XD Ho cercato di dare una specie di ambientazione al momento in cui Roy si accorge di provare qualcosa per Riza, ovviamente non penso sia andata esattamente così XD

Per il classico "lui che cade addosso a lei" c'è un motivo: le pistole e le armi da fuoco in generale hanno il rinculo (mi sono informata bene sul fenomeno per non dire cavolate) e Roy essendo preparato ed alquanto imbranato si lascia prendere dall'emozione e fa un disastro XD
Per il resto, ho giocato sul titolo (Gunshot: colpo di pistola) ed un altro colpo, quello di fulmine. Una cavolata, lo ripeto XD
Ringrazio le recensioni allo scorso capitolo:
MichiARy: Grazie mille, in realtà i panini Breda li aveva dietro la schiena in effetti V.v Però siccome voleva partecipare all'evento organizzato per Roy ha deciso di prendersi una pausa dal cibo, pensa te quanto tiene al suo superiore XD Scherzi a parte davvero grazie, anche io penso che senza uomini fedeli e aiuti un uomo solo, per quanto potente, non vada da nessuna parte. Roy ne è un esempio lampante ^^
Avis: Grazie mille, non cestinare la tua raccolta per l'amor del cielo che io la sto seguendo con interesse! A me piace molto, mi dà tanta speranza *_* Addirittura nei preferiti *_* Ne sono lusingatissima cara, alla prossima!
mery_wolf: Grazie per la recensione, ricordo vagamente la frase che intendi tu, dovrei andare a ricercarmela ^^ E sì, Riza e Roy si amano. Ed adesso che lui è Fuhrer addio legge antifraternizzazione e spazio all'amore *_* Alla prossima!
Emiko92: Grazie mille carissima ^^ Beh il thème richiedeva un'analisi più generale tra i nostri militari, ma se noti bene il RoyAi è proprio nel sorriso. Roy sorride solamente a Riza, gli altri sono stati importanti nella sua scalata ma ovviamente Riza lo è stata di più :) Sono contenta che la pensiamo allo stesso modo comunque ;) E grazie per la tua primissima recensione *_* Alla prossima! <3

EDIT: PS, Se a qualcuno interessa la pistola di Riza sarebbe questa :)

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Capitolo 3
*** Battlefield ***


3. Battlefield

 

Una scintilla infuocata volò attraverso la cucina, schiantandosi contro i fornelli a pochi centimetri da Riza.

- Un giorno incendierai la casa con la tua alchimia, poi non domandarmi perché chiederò il divorzio! -.

- Non ce la faresti mai, mi ami troppo – le rispose lui, cingendola alle spalle e costringendola a voltarsi.

Riza sbuffò, appoggiando la testa contro il petto di suo marito.

- Ti sbagli, quello è il motivo per cui non ti ho ancora svuotato il caricatore della mia Browning addosso – gli disse, seria, mentre si lasciava trasportare in salotto.

Roy alzò un sopracciglio, offeso.

- E' così che ripaghi il mio amore? Non sparandomi addosso?! -.

- Direi che è un giusto compromesso, non ti pare? – replicò lei, ridendo.

L'uomo si accasciò sul divano, trascinandola con sè. Lei si sedette a cavalcioni sopra le sue gambe e gli baciò la fronte. Il broncio di Roy lasciò velocemente spazio ad un sorriso. Prese la mano a Riza e posò le labbra sulla fede che portava al dito.

- Com'è andata, stamattina? Sai che non mi piace non averti con me in ufficio.-

- Lo so, ma non mi vogliono più fin quando non sarà tutto finito. L'hai detto pure tu, è per il mio bene.-

- Sì però non posso vederti! – si lagnò lui.

- Mi vedi ogni sera a casa, Roy. Tornando alla domanda di prima, sono andata a fare la spesa al mercato e poi sono tornata subito a casa. –

- Benissimo, hai comprato l'arrosto allora? Ho una fame da lupi ed ho proprio voglia di un po' di carne.-

- Sì, ma ti avevo detto che stasera avremmo mangiato leggero, perciò lo faremo un altro giorno.-

- Ma l'arrosto è leggero!- urlò come se fosse in gioco il suo orgoglio maschile.

- Tu però no e questo comincia a vedersi: gli addominali ormai giacciono seminascosti qui, dovresti fare un po' di moto – disse, pizzicandogli la pelle vicino all'ombelico.

- Stai forse insinuando che sono grasso? -

- Sto solo dicendo che non disdegno gli uomini in forma – replicò lei, alzando le spalle. Roy la guardò male, invitandola a scendere dalle sue gambe.

- Ah sì? Però posso ancora fare questo! – prese un cuscino dalla cesta accanto a sé e lo lanciò contro sua moglie, che nonostante l'impedimento fisico – non dovuto di certo al non tenersi in forma – lo schivò con grazia. Roy le si avvicinò, preoccupato.

- Scusami, dimentico sempre che non devi affaticarti...-

- Non pensarci, piuttosto...ti conviene correre! – rispose lei, centrandolo in piena faccia con il cuscino del divano.

Pochi secondi, poi fu il delirio. Le loro grida divertite svegliarono il povero Black Hayate, che uscì ancora semi-addormentato dalla camera da letto e trotterellò verso la sua padrona. Riza gli rivolse un po' d'attenzione e di coccole, ma ad un tratto si fermò.

- Cos'è questo odore? – chiese, guardandosi intorno. – Non sarà...il passato di verdure! – proseguì, correndo in cucina.

Roy raccolse i cuscini e li appoggiò al loro posto, prima di raggiungere la moglie nell'altra stanza.

- Temo che dovremo proprio mangiare l'arrosto – disse, guardando la moglie gettare nel cestino quello che un tempo furono carote e piselli.

- Noto il dispiacere trapelare dalle tue parole – replicò lei, ironica. – Per stavolta faremo come vuoi tu, ma i conti li saldiamo domattina. Anzi, direi che li farai da solo.- aggiunse, misteriosa.

Roy deglutì. Quale oscura tortura aveva in mente sua moglie per lui, non avrebbe saputo dirlo. Si sedette a tavola, chiedendosi come mai Riza si fosse arresa così facilmente, per niente rassicurato dal profumo di carne che veniva dai fornelli davanti a lui.

 

***

 

Girò l'angolo, tenendo ben saldo il guinzaglio nella mano destra. Forse allontanandosi abbastanza sarebbe riuscito ad evitare tutta quella fatica, bastava solo fingere una volta tornato a casa. Inconsapevolmente accelerò il ritmo, rispondendo a una sensazione di paura che si stava impossessando pian piano di lui. D'altronde sua moglie si chiamava Hawkeye, "vista di falco", non poteva sapere quando sarebbe stato al sicuro dal suo sguardo micidiale. Sospirò, fermandosi per permettere a Black Hayate di dissetarsi. "Jogging mattutino, puah" pensò, riprendendo a correre. Altro che arrendersi, Riza la battaglia della sera prima l'aveva vinta su tutta la linea.

 

 

Note dell'autrice: Rieccomi :) Con il thème "Battlefield" avrei potuto fare qualcosa di triste ed angoscioso, come chi mi conosce sa che amo fare, ma alla fine ha vinto questa idea. Tenera no, una piccola battaglia quotidiana della famiglia Mustang (:
Avete capito come mai Riza non va al lavoro e Roy è preoccupato per lei? Ebbene sì, carissimi, un pargoletto is coming!
Risposta alle recensioni:
Emiko92: Non gelatinizzarti troppo, hai altri 97 capitoletti da leggere! XD Non preoccuparti del fangirlamento, mi piace vedere che apprezzi ;) Grazie per la recensione!
MichiAry: Credo che dopo quell'esperienza Roy terrà il suo bel corpicino lontano dal poligono di tiro, per il suo bene ma soprattutto – dici bene tu – per quello degli altri XD Roy si sveglia un po' tardi, ma poi ci arriva per fortuna XD Grazie!
Per il primo capitolo:
Shatzy: Leggi bene, devo dire che stavolta ci sono andata molto più leggera del solito, è un RoyAi invisibile praticamente XD Però Havoc ha preso il posto di Roy, qualcosa vorrà pur dire ;) Poi Roy sorride solo a Riza, tra loro c'è un gioco di sguardi che non si trova con gli altri della truppa, insomma lascia presagire qualcosa. E poi adesso pian piano Roy potrà abolire le leggi contrarie alla loro unione e dichiararsi, finalmente. Diciamo che il mio era un punto di partenza XD Grazie mille per sorbirti la mia raccolta *_* E sì, mi propongo di farli in fila *w* Posso farcela *posa eroica*

 

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Capitolo 4
*** Grave ***


4. Grave

 

- Mi dispiace, Signor Mustang, averle arrecato il disturbo di organizzare il funerale di mio padre. -

- Non preoccuparti, come suo apprendista farei qualsiasi cosa per il mio Maestro.-

Riza si scostò la corta frangia dalla fronte. La corona di fiori appoggiata alla lapide lasciava nell'aria il tiepido profumo dei crisantemi appena colti. La foto del padre era ancora nascosta nella sua tasca: aveva deciso di tenerla con sé come ultimo ricordo, ed era sicura che in ogni caso lei sarebbe stata l'unica a far visita al padre di tanto in tanto. Il suo proverbiale caratteraccio e la sua solitudine avevano fatto sì che al funerale partecipassero poche persone e di certo la cosa non era in procinto di cambiare proprio allora.

- Non hai altri parenti a cui rivolgerti?-

- No, mia madre è morta molto tempo fa e sia lei che mio padre non mi hanno mai parlato di alcun parente. -

Roy sospirò fissando la pietra incisa davanti a sé.

- Capisco. Cosa farai d'ora in avanti? -

Riza alzò lo sguardo verso il giovane al suo fianco. Il tiepido vento autunnale gli scompigliava i capelli ed il tramonto alle sue spalle proiettava una piccola ombra che si incrociava appena con la sua. Le venne da sorridere perché, in un momento come quello, quel piccolo legame le sembrava indissolubile. Socchiuse gli occhi, riflettendo su quale risposta dovesse dargli. Infine optò per un diplomatico: - Ci penserò -.

Poi aggiunse: - Fortunatamente mio padre ha pensato alla mia educazione, per cui credo di potermela cavare con le mie sole forze -.

Roy allungò una mano verso di lei, ma la ritrasse velocemente. Sembrava così bisognosa di affetto stretta in quella giacca scura e quella gonna grigio chiaro lunga fino alle ginocchia, con le braccia stretta poggiate in grembo e quel sorriso delicato riservato - come sempre - solo a lui. Si diede mentalmente dello stupido perché stava quasi per cedere ad un gesto troppo intimo per quella che fino ad allora era stata la loro relazione. Eppure il desiderio di arrivare a comprendere un po' più a fondo Riza Hawkeye non lo abbandonava neanche un attimo, così fece l'unica cosa che avrebbe mantenuto stabile e saldo il loro rapporto: le offrì il suo aiuto.

- Qualunque cosa dovesse accadere, potrai chiedere aiuto alle autorità militari. Probabilmente sarò nell'esercito tutta la vita.-

- Tutta...la vita? -

- Esatto. -

Riza ebbe un tremito involontario, ma si riprese prima che il giovane potesse accorgersi del lampo di paura sul suo volto. Studiò il biglietto che il giovane le aveva passato, soffermandosi sulla grafia minuta ed elegante con la quale aveva scritto quei pochi recapiti che avrebbero potuto esserle utili. Finse di essere sovrappensiero, esclamando:

- La prego, non muoia.-

Roy la fissò a metà tra il terrorizzato e l'imbarazzato.

- Non dire queste cose inquietanti...In ogni caso, temo di non potertelo garantire. In questo lavoro un giorno potrei anche morire sul ciglio della strada come spazzatura. Anche se fosse, però, se potessi diventare un pilastro di questa nazione e proteggere le persone con queste mani...beh, credo sarei felice. Per questo motivo ho imparato l'alchimia, anche se alla fine non sono riuscito ad apprendere i segreti del Maestro.-

Si fermò, gettando un'occhiata alla tomba davanti a sé. Chissà dov'erano nascosti i segreti degli studi del Maestro Hawkeye, e chissà fin dove si era spinta la sua solitaria ricerca in tutti quegli anni. Gettò quel pensiero in un angolo lontano della mente mentre si rivolgeva di nuovo a Riza.

- Scusami, mi sono messo di nuovo a parlare dei miei sogni ingenui.-

-...No- lo contraddisse lei, calma. Sentirlo parlare delle sue ambizioni con quella voce piena di speranza le aveva scaldato il cuore. – Penso sia un sogno bellissimo.-

Roy si stupì del sorriso che gli rivolse poco dopo. Sembrava che quella piccola "confessione" avesse giovato ad entrambi: a Roy perché aveva potuto parlare con qualcuno delle proprie aspirazioni e a Riza perché – forse per la prima volta – si era sentita davvero degna di essere messa al corrente di qualcosa. L'unico altro grande segreto di cui era – volente o nolente – a conoscenza era inciso sulla sua schiena, ma lei non avrebbe mai voluto saperne niente. Quel gesto – si potrebbe dire – egoistico di suo padre non aveva suscitato in lei emozioni, non l'aveva fatta sentire viva come in quel momento. Perché non condividere ciò che portava con sé con quel giovane che le era stato accanto anche in un momento come quello?

- I segreti di mio padre...lui disse che erano scritti in un codice che nessun alchimista di medio livello sarebbe in grado di decifrare.-

Roy la guardò attento.

- Quindi il Maestro lasciò i suoi segreti in dei manoscritti...-

- No, non sono dei manoscritti. Disse che sarebbe stato un problema se la sua ricerca di una vita fosse andata persa o fosse caduta in mani sbagliate.-

Riza guardava a terra, rispondendo meccanicamente alle domande del ragazzo e chiudendo con mano tremante il colletto della giacca. Il vento si era alzato e il buio stava cominciando a scendere fitto, segno che la notte stava arrivando. Roy la guardava preoccupato. Era abituato all'enigmaticità di Riza, ma quel suo tono serio e schietto lo faceva rabbrividire.

- E in che forma lasciò i suoi segreti...?-

- Signor Mustang -.

Riza lo interruppe. Gli avrebbe detto tutto, gli avrebbe parlato del tatuaggio sulla sua schiena e del dolore – non solo fisico – provato, gli avrebbe mostrato i segreti del Padre e lo avrebbe aiutato a decifrarli, se avesse avuto bisogno di aiuto. Prima, però, aveva bisogno di una sola, unica, certezza.

- E' giusto credere in un futuro dove tutti possano vivere felici? -

Roy la guardò, incerto sulla risposta. Gli occhi della ragazza sembravano così determinati, così forti mentre aspettava che dalla sua bocca uscissero delle parole di conforto, qualcosa che avrebbe potuto dirle che sì, crederci è giusto, e loro avrebbero potuto cercare di creare quel mondo nuovo insieme. No, non se la sentiva di trascinarla nel suo mondo ed esporla a dei pericoli solo per degli ideali vani e utopistici. Sicuramente per ora il suo mondo era lì, lontana dalla guerra ma soprattutto lontana da lui.

- Torniamo indietro? – le chiese, non nascondendo però un velo di amarezza nella domanda.

Riza annuì, non lamentandosi del volontario cambio d'argomento. Volse le spalle alla tomba del padre, coperta dai petali di crisantemo sollevati dal vento, e raggiunse Roy che la aspettava pochi metri più in là. Fianco a fianco, accompagnati dalle prime stelle del cielo notturno, s'incamminarono verso Casa Hawkeye.

 

 




Note dell'autrice: Ehm...Salve a tutti (: E' da un po' che non aggiorno, eh? Beh, ero in Sardegna in vacanza, me l'accettate come scusa? XD
Allora, vediamo...Comincio dicendo che ciò che mi è uscito non mi piace particolarmente. Questo è il thème che mi piace di meno finora mi sa. In ogni caso i dialoghi provengono dal capitolo 60 (come spero avrete capito) ma sono stati tradotti ed all'evenienza modificati dalla sottoscritta (: Mi sono sentita libera di tradurre e tagliuzzare la scena, senza stravolgerla però XD Quindi un po' meno comicità e un po' più di riflessione in questo thème ^^
PS: Notate come mi stia tenendo lontana dall'angst giusto per farvi contente! (Ed essere un po' positiva ogni tanto XD) A lungo andare però si rischia che poi faccia una cosa che vi farà piangere per settimane XD No scherzo, non è colpa vostra, sono io che vengo ispirata da cose allegre ogni tanto ;D
EDIT: Il thème gioca tra il contrasto del significato della parola: "Grave" come "tomba" e "Grave" come "grave, serio". Ci tenevo a specificarlo (:

Passiamo alle recensioni:

MichiAry: Grazie mille per i complimenti, Roy qui da parte a me si dice contrario all'insalatina da te consigliata ma Riza in cambio ti fa un applauso XD Ormai al jogging ci è costretto, così porta pure fuori il povero Hayate e prende due piccioni con una fava V.v Alla prossima!
mery_wolf: Mi sento in colpa ora, poi hai mangiato l'arrosto? XD Se sì dopo jogging mattutino con Roy, eh! ;) Comunque non preoccuparti che te lo concedo il termine, Riza è una grande V.v Adoro il modo in cui mette in riga Roy, se non ci fosse lei chissà dove sarebbe lui adesso! Grazie ancora e a presto! (:
Shatzy: Eh sì, Hayate si salva dalla pazzia generale per fortuna XD Il tasto degli addominali dev'essere stato un duro colpo per Roy, si sa che Riza quando vuole è proprio schietta, ma per fortuna Roy ha un'autostima di ferro, un po' di jogging e tutto tornerà come prima dai XD Soprattutto perché il pargoletto sicuramente lo farà trottare a destra e a manca ^^ A presto!
Emiko92: è bello vedere che tutte qui stimate Riza XD *me pure* Sono contenta che sia stato un capitolo gelatinizzante, un po' di sano RoyAi casalingo ci sta ogni tanto, no? ;) Sono felice che mi accompagnerai nella raccolta con i tuoi commenti, a presto! <3
Avis:
Ti ho fatto una sorpresa con Battlefield, eh? (: Ebbene sì, sono imprevedibile io XD Sono contenta che ti siano piaciuti questi due ultimi capitoli, e sono contenta di rivederti nei commenti ;) A presto!

Recensioni capitolo 2:

Shatzy: Non preoccuparti se commenti tardi, io non vado da nessuna parte e posso sempre leggere poi XD A presto! Sarà stata una scusa quella di Roy? Bah, chi lo sa XD In ogni caso lui con in mano una pistola non ce lo vedo proprio XD

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Capitolo 5
*** Heiki (weapon) & Heiki (fine) ***


5. Heiki (weapon) & Heiki (fine)

 

Nell'ufficio del Colonnello Mustang un'altra settimana era cominciata e badare a tutta la burocrazia sembrava essere diventato un compito sovrumano.
Autorizzazioni, richieste d'intervento, documenti da leggere e vidimare per tenersi informato: cartaccia, ai suoi occhi. L'unica cosa che lo teneva saldo alla sua scrivania era il sogno di diventare Fuhrer ed un giorno guidare la nazione verso un'unica, pacifica meta...
O almeno, questo era ciò che diceva in giro.
In verità l'unica cosa che distoglieva il Colonnello dall'alzare il fondoschiena più ammirato della capitale dalla sedia era la sua bionda collaboratrice, Riza Hawkeye.

- Colonnello, ha finito di firmare tutte le pratiche? –

Roy posò lo sguardo sul suo Tenente, rispondendo allo splendido sorriso che gli stava rivolgendo, così in contrasto con la Browning puntata contro la sua persona...
Rabbrividì: Riza non si era mai fatta problemi a sparare dei colpi d'avvertimento, sarebbe stato meglio assecondarla subito per evitare uno spiacevole incontro. Si grattò la testa a mo di scusa.

- Mi mancano pochi fogli Tenente, può attendere qualche minuto? –

Riza annuì soddisfatta, scivolando fluidamente verso la sua scrivania.

- Mi chiami quando ha terminato.- disse, riponendo una delle due armi a sua disposizione.

A quel meraviglioso sorriso, Roy non sapeva proprio resistere.

 

Note autrice: 200 parole esatte! Mi sento un genio *O* Poi riguardo il thème e sto zitta XD Alors, direi che qui alcune spiegazioni non ci stanno male (: Da quello che dice il titolo, "Heiki" significa sia "arma" che "bello, splendido" (eventualmente anche buono e/o fine, aggraziato, ma il dizionario indica come primo significato "meraviglioso"). Qui ad essere splendida è Riza, e soprattutto il suo sorriso, che sarebbe poi la seconda arma a sua disposizione (: Io credo che Riza sia un forte incentivo per Roy, più che la pistola in realtà ^^

Recensioni:
CaskaLangley: Ohoh, buonasera, è bello vederti qui (: Quel "si potrebbe dire" sarebbe come un "si dice eccome" in realtà XD Era provocatorio, sottolineava l'egoismo del Maestro Hawkeye e quanto Riza ha dovuto subire contro la sua volontà. Grazie per i complimenti e spero a presto ^^
Avis:
Eh beh i titoli ingannano XD Grazie per i complimenti, sono curiosa di sapere se questo "pasticcetto" ti è piaciuto ;) Alla prossima!
Emiko92:
Sono contenta che ti sia piaciuta la mia interpretazione, siccome quello è un punto cardine del RoyAi mi sarei trovata contro moltre RoyAiers arrabbiate se avessi rovinato la scena ;)
Shatzy:
Grazie per i complimenti (: Non temere che non prendo la tua recensione come una critica XD C'è un motivo per cui ho concluso così, adesso ti spiego. Riza esprime la sua voglia di condividere con quel ragazzo che le è stato così vicino – l'unico che conti davvero qualcosa – quel segreto così grande, ed ha bisogno di una certezza. Alla domanda Roy al momento non sa cosa risponderle, ma la mia fic non toglie che possa dirglielo in un secondo momento, anche per strada mentre tornano magari XD Io sottolineavo il sentimento di Riza, che si fida a tal punto che pensa che potrebbe rivelargli tutto. Diciamo che ho messo "in pausa", non volevo trattare la risposta di Roy (ovviamente "sì", anche secondo me ^^) e trattarla superficialmente, e gli ho fatto "guadagnare tempo" diciamo. Sai, quando tronchi un discorso perché non te la senti di parlarne ma poi dopo poco ci torni su perché sai che devi dire qualcosa? Ecco, più o meno è quello XD E Riza non si lamenta perché in cuor suo sa che quando Roy sarà pronto si aprirà ancora con lei, come ha appena fatto. Potrebbe essere anche 10 minuti dopo XD Io mi immaginavo una cosa tipo "loro camminano, lui la ferma e le fa un discorso sul perché è giusto crederci, e via con altri discorsi di un certo spessore". Spero di aver chiarito un po' il perché della mia scelta XD Al prossimo thème cara (:

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Capitolo 6
*** Death ***


[Leggermente !Angst]

 

6. Death

 

Conoscete il detto "Partire è un po' come morire"?

Non sempre colui che se ne va è quello che sta peggio.

 

 

- Colonnello Mustang, ha qualcosa da dire in sua difesa? –

"Vostro Onore, il Comandante Supremo che tutti amavate non era umano, bensì un homunculus che progettava di impossessarsi della nazione a discapito delle vostre vite."

Di certo, quello suonava più come un biglietto di sola andata verso un manicomio che come un efficace argomento a sostegno della sua innocenza.

- Non ho nulla da dichiarare, Vostro Onore. –

- Lei afferma di avere ideato il Colpo di Stato da solo, e di aver obbligato successivamente i suoi collaboratori a farne parte. -

Roy si trattenne dal voltarsi verso il fondo dell'aula, certo che se l'avesse fatto la sua testimonianza non avrebbe retto. I suoi cinque fedeli sottoposti erano là, appoggiati al muro, in attesa di una sentenza che era già stata praticamente scritta. Aver ucciso il Fuhrer non voleva di certo dire aver eliminato la corruzione del Governo, e quella sentenza ne era la prova lampante.
Il giudice, un noto braccio destro dell'ormai defunto Bradley, nascondeva il suo verdetto già sentenziato dietro due occhi fintamente interessati. Il suo tamburellare le dita alternativamente contro il martelletto e contro il Codice di leggi aperto dinanzi a sé però tradiva una certa impazienza nella sua pacatezza.

- Allora, Colonnello Mustang? –

"E' arrivato il momento."

- Sottoscrivo la versione dei fatti, Vostro Onore. Ho corrotto cinque soldati dell'esercito ai miei ordini per la mia scalata al successo. Loro sono solo vittime del mio arrivismo.-

- Però dichiara di non aver ucciso il Comandante Supremo.-

Non vi era motivo di accollarsi anche quella colpa, il corpo era bruciato ed insieme ad esso tutte le prove. Il suo sacrificio sarebbe valso a salvare lei. Il titolo di traditore e la vita che ne sarebbe da esso derivata era più che sufficiente come punizione.

- No, Vostro Onore, quando sono arrivato la casa era già in fiamme e le operazioni di recupero impraticabili.-

Un mormorio sommesso si diffuse tra gli alto-graduati dell'esercito. Il giudice picchiò il martelletto per riportare la calma. Si ritirò con la giuria nella stanza accanto, da cui uscì dopo appena pochi minuti.

- I fatti parlano chiaro, lei si è macchiato di un grave reato. E' colpevole di alto tradimento, il verdetto sarà inflessibile e non potrà venire richiesto un ricorso in appello.-

Il giudice fece una pausa, quasi a voler rendere l'attesa ancora più interminabile. Roy si sentiva gli occhi di tutti puntati addosso, ma erano soprattutto cinque paia quelli che gli interessavano. Due in particolare, del colore dell'ambra, lo perforavano come un proiettile all'altezza del cuore. Lo capiva, lei, che stava facendo tutto questo per salvarla?
Tutta l'aula rimase col fiato sospeso e dedicò la sua attenzione all'uomo al centro della sala, che parve voler guardare tutti i presenti uno ad uno prima di ricominciare a parlare.

- Non è possibile accertare il suo alibi sull'assassinio del Fuhrer, per cui senza prove non è imputabile e quindi non verrà giustiziato. Colonnello Roy Mustang, la sua condanna prevede la retrocessione a soldato semplice a partire fin da subito. Inoltre, verrà mandato al Nord, in una piccola baita a pochi chilometri da Briggs. Una volta lì farà da guardia ed offrirà il suo supporto agli abitanti del paese accanto. Questo è tutto.-

Tre colpi.
L'inizio del declino.
Tutti si guardarono perplessi, non capendo la magnanimità del giudice nei confronti del presunto assassino di Bradley. Anche se non vi era alcuna certezza, era pur sempre il sospettato numero uno. Roy, dal canto suo, capiva bene dove avesse voluto andare a parare quell'uomo con quella condanna all'apparenza leggera. La retrocessione a soldato semplice l'avrebbe obbligato a rimanere libero, additato da tutti come un uomo dalle mani sporche del sangue del leader del Paese. Rinchiuderlo in un carcere? Sarebbe stato troppo semplice. L'umiliazione pubblica e la vita infernale erano una pena molto più difficile da scontare.
Roy venne subito avvicinato da due soldati di grossa taglia, che lo strattonarono fino all'entrata. Abbassò lo sguardo, temendo di leggere delusione negli occhi dei suoi uomini. Non poteva affrontarli, non in quel momento. Aumentò il passo, costringendo i sue energumeni a camminare più velocemente. Si bloccò sulla porta, udendo un singhiozzo sommesso alle sue spalle. Strinse i pugni convulsamente, tentando di nascondere una lacrima solitaria tornando ad accelerare l'andatura.

 

Riza si sentì mancare, ma venne presa in tempo da Havoc e Breda, che prontamente la sorressero.

- Tenente, vuole essere accompagnata a casa? – le chiese il rosso, in tono gentile.

Riza ebbe un moto di gratitudine verso di lui ed annuì lentamente. Non c'era stato bisogno di alcuna spiegazione, per fortuna. Forse perché la situazione era chiara a tutti già da un po'.
Alzò la testa, accorgendosi che Roy stava venendo da quella parte.
Lo fissò immobile per qualche attimo, incapace di muoversi o proferir parola. Tentò di chiamarlo, ma dalla sua gola non uscì alcun verso se non un singhiozzo strozzato che era stato bloccato troppo a lungo. Lo vide bloccarsi sull'uscio per un istante, per poi riprendere il suo cammino accompagnato da due marescialli dall'aria aggressiva.
Chiuse gli occhi e trasse un respiro profondo, prima di rivolgersi ai suoi colleghi.

- Andiamo. –

 

 

Tre giorni dopo

 

Il treno sbuffò, gettando parecchio fumo nell'aria. La partenza era imminente ma Roy non era ancora salito, cercando di respirare il più possibile l'aria di Central per quei pochi ultimi minuti prima dell'addio.
Dal giorno della sentenza non era più tornato al Quartier Generale ed aveva evitato ogni possibile contatto con i suoi – ormai ex – uomini, per non rendere la partenza ancora più complicata.
Guardò l'orologio, costringendosi a salire sul primo gradino del vagone.

- Non credevo se ne sarebbe andato senza salutare.-

Riconobbe subito la voce, e per un attimo fu indeciso se voltarsi.

- Tenente Hawkeye.- pronunciò ad alta voce, eseguendo un perfetto saluto militare. Riza lo guardò con frustrazione, redarguendolo subito.

- Non mi tratti come un suo superiore, le ho sempre detto che sarei stata la sua ombra e le avrei coperto le spalle, quindi lei è ancora davanti a me.-

Roy la guardò, sorridendo amaramente.

- Beh, ancora per poco. Tra poco questo treno partirà.-

Lei incrociò le braccia al petto, quasi cercando di proteggersi da un nemico invisibile. Il freddo? O forse il dolore?

- Non avrebbe dovuto fare questo per noi. Non doveva fare questo per me. Gli altri erano già stati assolti, rimanevamo solamente noi due. Avrebbero dovuto giudicarci insieme, darci la stessa pena! – esclamò, mordicchiandosi lievemente il labbro inferiore. Negli anni, Roy aveva imparato a classificare quel gesto come un movimento involontario dettato dal nervosismo ed una forte volontà di non mostrarsi debole davanti a nessuno.

Il treno fischiò ed un controllore all'estremità della banchina urlò che mancava solo un minuto alla partenza. Sarebbe bastato per sistemare le cose?

- Io non potevo permetterlo. Ti hanno trovata con una pistola, avevano dei forti sospetti anche su di te. Io dovevo salvarti.-

- Ma adesso lei partirà! Non avrebbero mai trovato alcuna prova contro di noi, ed io avrei potuto continuare a coprirle le spalle! –

Roy la guardò, compiendo un passo all'indietro verso il secondo gradino della scaletta.

- La nostra vita non sarebbe mai stata come ce l'aspettavamo tanti anni fa. Non avremmo realizzato tutti i nostri sogni.-

Riza mosse un passo verso il vagone, che lentamente cominciava a scorrere sui binari arrugginiti della vecchia stazione di Central.

- Ma il mondo è bello perché è imperfetto, no? Me l'ha detto lei, ha già smesso di crederci? Non ha più sogni che vuole vedere realizzarsi? – disse, sull'orlo delle lacrime.

- Il mio sogno è già stato realizzato – rispose lui, aumentando il tono di voce per permettere alla donna di sentirlo. – Tu sei viva.-

Riza cadde a terra in ginocchio, guardando il profilo dell'uomo allontanarsi verso l'inverno perenne di Briggs, lontano da Central, lontano da lei.
Come avrebbe potuto andare avanti?
Il suo cuore si era fermato esattamente quando Roy aveva smesso di parlarle ed era entrato all'interno del treno, e così la sua voglia di andare avanti.
I giorni passarono, mentre Riza trascinava stanca la sua vita vivendo giorno per giorno senza mettere passione nelle sue giornate. Era diventata se possibile ancora più chiusa in sé stessa, tanto che ormai si limitava a parlare agli altri solo per salutare o impartire ordini.
Sedette sulla scrivania, portandosi le mani alla tempia.
Un flashback, nitido, chiaro, intenso.

- Il mio sogno è già stato realizzato. Tu sei viva. –

Vedendola, nemmeno Roy Mustang ci avrebbe messo la mano sul fuoco.

 

 

This is the end you know

Lady, the plans we had went all wrong

We ain't nothing but fight and shout and tears

[Fairytale Gone Bad – Sunrise Avenue]

 

[Questa è la fine sai
Lady, i piani che avevamo sono andati tutti male
Ci rimangono solo lotte, grida e lacrime]

 

 

Note dell'autrice: Che ansia 'sto thème. Mi spiace, l'avevo detto che sarebbe arrivato. Era inevitabile, avevo le mani legate! Anche se ammetto che avevo pensato ad una variante peggiore, quindi ritenetevi fortunate XD
Che dire, la morte non è solo fisica. Ed io questo la reputo mooolto peggio, questa è una sofferenza continua, una tortura quasi. Credo sia terribile.
Questo capitolo è ambientato dopo il primo anime, se non si è capito. Anche se non riconosco il film (film? C'è un film? >.<) volevo mettere un missing moment sul perché Roy ad un certo punto ce lo becchiamo là tutto soletto al gelo. Io ho deciso che è per questo, e che si è praticamente addossato tutte le colpe per salvare gli altri ma soprattutto Riza. Se poi nel film esiste un'altra spiegazione veritiera ed io non me la ricordo...Beh, vorrà dire che ho voluto mettere un mio punto di vista modificando un po' la storia XD

Recensioni:

Avis: Sono contenta che ti sia piaciuta la frase, ridevo anche io mentre la scrivevo XD Eh le donne hanno molte armi per far cadere ai propri piedi gli uomini, dovremmo dominare il mondo V.v XD
MichiAry: Passiamo dall'allegria alla tristezza qui, mi spiace! Ah ma hai una foto di Roy vicino al letto? E Riza non è gelosa? Poi riduce ad un colabrodo pure te XD Grazie per i complimenti ^^
HimeChan XD: Ohhh sai che per me è un onore vederti qui, vero? Grazie per i complimenti e spero di continuare a non deluderti! ;)
mery_wolf: Non preoccuparti per i commenti XD Sono contenta che ti sbudini *_* Anche io mi sbudino sempre, quando ci vuole ci vuole V.v Poi sono talmente belli insieme che non si può proprio resistere. Eh sì, per le persone che ama lui farebbe di tutto e dà il meglio di sé. Anche se vuol dire firmare miliardi di documenti, povero XD
Shatzy: Ma certo che Roy ha la coda di paglia XD Beh, lui non avrebbe mai pensato che avrebbe sparato a Black Hayate, però per insegnargli la disciplina l'ha fatto...diciamo che non vuole fare la stessa fine del cagnolino ^^ Comunque prego per la spiegazione, ci mancherebbe, la mia mente contorta ragiona in modo strano XD

Recensioni capitolo 4:

MichiAry: Nessun problema, anzi, mi fa piacere! Anche a me la scena è piaciuta molto, sono due giovani cresciuti molto in fretta a causa di quello che han dovuto vedere: la morte dei genitori lei, la guerra lui e poi successivamente lei...E poi si vede lontano un miglio che vorrebbero avere un rapporto più intimo, che permettesse loro almeno di darsi del tu...Sono molto legati e sono "la roccia" l'uno dell'altra ^^

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Capitolo 7
*** Crime and punishment ***


7. Crime and punishment

 

It's the wrong kind of place

To be thinking of you

It's a small crime

And I've got no excuse

(Damien Rice feat.Lisa – 9 Crimes)

 

[E' il posto sbagliato

Per pensarti

E' un piccolo crimine

Ed io non ho scuse]

 

Roy Mustang era un uomo afflitto da una situazione ingiusta.
Già, perché ognuno dovrebbe essere libero di amare chiunque voglia, senza preoccuparsi del giudizio degli altri o della loro approvazione. Soprattutto, il ruolo ricoperto dell'esercito non avrebbe dovuto influire in alcun modo su una possibile relazione tra lui e la donna che amava.
I suoi precedenti superiori però non erano stati dello stesso avviso quando pubblicarono la legge antifraternizzazione, e questo causò non pochi problemi al giovane Colonnello.

 

I suoi propositi di conquista dovettero essere abbandonati ancora prima di essere messi in atto.
Conosceva bene la fedeltà alle regole della sua bionda collaboratrice e sapeva che qualunque azione non ritenuta pertinente al loro lavoro sarebbe stata da lei scartata immediatamente.
L'essersi innamorato di lei, del Tenente Riza Hawkeye, era una cosa che Roy ancora non riusciva bene a comprendere. Insomma, lui era un dongiovanni, un uomo attraente e affascinante che non aveva mai avuto problemi con le donne. Nemmeno con quelle degli altri, come aveva capito ben presto il povero Havoc.
Ecco, forse aveva capito: Riza Hawkeye era la giusta punizione per aver fatto soffrire tutta quella gente. Una donna bellissima neanche minimamente attratta da lui, con cui doveva passare la maggior parte del suo tempo e a cui non era concesso nemmeno dargli del "tu". Una tentazione ambulante, un'ossessione che non poteva essere saziata insomma.
Certo che la giustizia "divina" sa essere veramente sadica quando ci si mette.
E così Roy sospirava, guardando di nascosto il suo bel Tenente, consolandosi pensando che vederla era pur sempre molto meglio di non aver niente a che fare con lei.

Un giorno però, anche questa sua fortuna venne meno.
Il Comandante Supremo in persona, King Bradley, aveva richiesto al suo fianco Riza Hawkeye, ben sapendo l'effetto che avrebbe provocato nel Colonnello. La notizia era ormai definitiva e Roy camminava nervosamente su e giù per il suo ufficio, cercando di trovare una soluzione a quella terribile situazione.
Alla fine, per sfinimento, si sedette alla scrivania, senza smettere di riflettere.

Un leggero colpo alla porta lo costrinse ad alzare il viso pallido e provato.

- Avanti.-

Riza Hawkeye entrò svelta e silenziosa, si mise al centro della stanza e si aprì in un impeccabile saluto militare. Roy sorrise, scuotendo la mano.

- Riposo, Tenente.-

- Sono venuta a raccogliere le mie cose, Colonnello.-

Roy annuì, voltandole le spalle. Non aveva la forza di guardarla andare via, quell'addio – seppur temporaneo – era davvero doloroso.
Fuori il tempo sembrava seguire l'umore dell'uomo, che ingrigiva ogni secondo di più.

- Mi portano via la mia guardia del corpo migliore...- una frase detta un po' per alleggerire la tensione nella stanza, un po' per alleviargli il dolore.
Riza arrossì nascosta dalla pila di libri che stava spostando.
All'improvviso si fermò, poggiando le ultime cose rimaste sulla sua scrivania.
Senza voltarsi, si rivolse al suo superiore: - Signore, la prego di non farsi uccidere.-

Roy inclinò la testa, quasi non avesse sentito bene. Quelle parole di circostanza erano state dette in un modo così dolce che rimase colpito.

- Non lo farò, Tenente. Questo è...un arrivederci –

- Sì Signore, un arrivederci –

La porta si chiuse alle spalle della donna con un tonfo sonoro.
Il silenzio calato nella stanza era talmente insopportabile che Roy non poteva pensare di restarci un attimo di più.
Doveva parlare a Riza dei suoi sentimenti, prima che fosse stato troppo tardi.

 

La rincorse su per le scale e la raggiunse due piani più in là.

- Tenente Hawkeye.-

- Signore, è successo qualcosa? -

Roy trasse un profondo respiro, prima di afferrarle un polso e portarla con sé in un angolo buio. Riza lo guardava a metà tra il perplesso e lo spaventato, ed attendeva spiegazioni.

- Senti Riza, devo parlarti. So bene che questo mio sentimento è considerato quasi un crimine dai piani alti dell'Esercito, ma non posso più tacere. Io voglio stare con te Riza, e non mi importa se sei una mia sottoposta e se lavoriamo entrambi qui, io voglio solamente poter esprimere liberamente ciò che provo. Io...-

-...No.-

- N-no? – Roy arretrò di qualche passo, confuso. Si era aspettato un possibile rifiuto, ma con quella freddezza...

 

 

Roy cadde dalla poltrona, sbattendo la testa contro la scrivania. Si rialzò dolorante, chiedendosi cosa fosse successo. Bastarono pochi secondi per rendersi conto di essersi addormentato pochi minuti dopo la partenza di Riza. Sbatté un pugno contro il tavolo, al limite della frustrazione. Doveva sbrigarsi a riprendersi i suoi sottoposti, o sarebbe uscito di testa. Quello non era il momento per il loro amore, l'incubo gliela aveva fatto capire bene. Tutto ciò che poteva fare era aspettare. Una punizione pesante per un piccolo crimine come il suo.

 

 

Is that alright with you?

No...

(Damien Rice feat. Lisa – 9 Crimes)

 

[Va tutto bene?

No...]

 

Note dell'autrice: Non era finito il periodo della tristezza? Ehm...Teoricamente, sì XD Avevo in mente un'altra idea di Crimine&Punizione, molto più leggera, ma poi mi è venuto fuori questo.
Lo so, tema trattato e ritrattato più volte, da molte autrici e già trattato pure da me, a dirla tutta. Però boh, volevo rileggerlo con questa chiave, mi ispirava ^^ Anche se poi non è venuto un granché XD
Mi scuso immensamente per il ritardo nell'aggiornare ma sono stata impegnata con il compleanno di un'amica, le ho scritto una piccola fic – in francese – e non ho avuto tempo di aggiornare la raccolta, spero che mi perdonerete.

Recensioni:

HimeChan XD: Delle volte i capitoli tristi ci vogliono, ma due di fila? Non avrò esagerato? ^^ Grazie per seguirmi (:

MichiAry: Sono contenta di vederti d'accordo con la visione di Roy in quel coso che hanno il coraggio di chiamare film. Grazie per i complimenti, io invece te ne faccio per l'arredamento della tua stanza, fai bene a tenere i sue piccioncini sulla mensola ù_ù Alla prossima, e grazie mille!

mery_wolf: Tranquilla, nessun problema ^^ Io ne ho discusso pure con un'amica, e a noi è sembrata normale una reazione del genere. Riza per quanto forte possa essere è una donna, e a volte le donne scoppiano. In questo caso, per esempio. Stessa cosa per Roy, che pover'uomo, è umano pure lui XD Ha pianto anche per la morte di Maes, se vogliamo guardare. Inoltre stiamo parlando di un addio, una cosa definitiva, lui deve lasciare la donna che ama che soffre come un cane. Sentirla star male dev'essere terribile, tanto che lo fa stare talmente da male da farsi scappare una lacrima. Una sola, non un pianto a dirotto XD I maschioni non se ne sono di certo accorti, e lui scappa in avanti apposta per non farsi vedere ^^ Però sei libera di trovare questa mia spiegazione stupida, non c'è problema XD Grazie per le recensioni! ^^

Swwtcicia: Grazie mille Agna, mi farai sapere per gli altri capitoli ^^

Shatzy: Grazie per i complimenti ^^ Sì Roy è un cretino, come al solito ù_ù Ogni tanto non si rende conto di ciò che fa, povera Riza. Però alla fine l'happy ending arriverà anche per loro *_* E sì, Riza avrà tutto il tempo per fargliela pagare XD

Avis: Lo speravo anche io, e invece guarda un po' che cosa è uscito fuori XD Speriamo nel prossimo a questo punto :D Grazie per il commento!

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Capitolo 8
*** Store-lined streets ***


Qui ammetto la mia profonda ignoranza – nonostante studi lingue. Non avevo mai sentito questa parola prima d'ora e non sapevo come tradurre il thème, ma poi ho guardato la traduzione di Stray e mi sono attenuta alla sua, perciò la ringrazio ^^

"Strade di mercato", tutto per voi :)

 

8. Store-lined streets

 

- Tenente, ha portato con sé la pistola?! –

La donna si guardò intornò circospetta prima di rivolgere al proprio superiore un'occhiataccia.

- Buonasera anche a lei, Colonnello.- commentò, sarcastica. – Nessuno deve pensare che sia un appuntamento, quindi mi sono attrezzata. Se devo essere sincera per un attimo ho pensato pure di indossare la divisa.-

Roy sgranò gli occhi, ringraziando mentalmente che Riza avesse scartato quell'opzione. Certo non si aspettava nulla da quella specie di appuntamento, ma ci era voluto così tanto tempo per riuscire a strapparglielo che voleva che tutto andasse bene quella sera.
Volse lo sguardo oltre le spalle della sua accompagnatrice, facendo vagare gli occhi sulle bancarelle luminose poste ai lati della strada. Riza per quella "uscita tra amici" aveva deciso di visitare il mercatino serale di Cheryville, cosa che non aveva trovato il pieno appoggio di Roy. Ne per la denominazione dell'appuntamento ne per il luogo. Era abituato a cose più raffinate di quattro banchi e decine di persone che urlavano e si spintonavano per vedere qualche cianfrusaglia in vendita, ma per accontentarla aveva dovuto bypassare le sue abitudini ed aveva accettato la proposta del venerdì precedente con un sorriso tirato.

- Vogliamo andare? – propose lei, notando che Roy era perso nei suoi pensieri e non accennava ad alcun movimento. L'uomo si ridestò dai suoi pensieri e le porse il braccio.

- Volentieri.-

Lei fissò dubbiosa il Colonnello, ma poi fece passare delicatamente la mano sotto al gomito dell'uomo e strinse piano il suo avambraccio.
Roy, con un largo sorriso, si incamminò verso il mercatino, cercando di trovare qualcosa di intelligente da dire. La prima a rompere il silenzio però fu Riza, che gli indicò un punto non ben preciso davanti a loro.

- Sembra ci sia qualcosa di interessante accanto a quegli automail, controlliamo!- disse, guidandolo al banco.
Subito il proprietario della merce, un uomo sulla cinquantina con uno stuzzicadenti in bocca ed uno straccio sporco in mano, si avvicinò alla coppia.

- Buonasera signora, è interessata a qualcosa in particolare? – chiese l'uomo vedendo Riza che guardava con attenzione la parte sinistra del tavolo.
Piccole statue, cornici intarsiate e portachiavi cuciti a mano erano gli oggetti principali, ma c'erano anche bicchieri e sculture soffiati col vetro e fermagli colorati.
La donna guardava tutto questo lavoro di artigianato con stupore e meraviglia. Vedere cosa si poteva creare con le proprie mani la smosse dentro, e si chiese se le sue invece sapessero solamente sparare. Le sue mani potevano solo creare morti?

Roy la chiamò dolcemente, risvegliandola da quei brutti pensieri.

- Ti piace qualcosa di particolare? – le chiese sorridendo.

Riza prese un piccolo vaso di terracotta decorato e lo porse al venditore.

- Prendo questo.-

- Sua moglie ha molto gusto, Signore. E lei ha molto gusto per le mogli.- disse, lanciando un'occhiata eloquente al Tenente.
Immediatamente il pollice e l'indice della mano di Roy si unirono, ma lei lo fermò appena in tempo, facendogli cenno di lasciar stare. Pagarono e continuarono la passeggiata, fermandosi ogni tanto ai diversi banchi.
Dopo la piccola incomprensione con il venditore precedente, Roy stette per un po' sulle sue. La sua compagna non sapeva come ripristinare il buon umore iniziale, ma dovette ammettere che la gelosia dell'uomo le aveva fatto in qualche modo piacere.
Pian piano Roy tornò calmo e la conversazione diventò fluida e – pensò Riza arrossendo – molto piacevole.

Erano fermi davanti ad un piccola bancarella di orologi quando Roy si sentì picchiettare sulla spalla.
Un piccoletto gli sbandierò in faccia un mazzo di fiori, dicendo: - Signore, la vuole una bella rosa per sua moglie? –

- Veramente non siamo sposati – precisò subito Riza, meravigliandosi per il fatto che tutti li credessero una coppia.

- Già, però me ne dia un paio lo stesso – aggiunse Roy, aprendo il portafoglio.

- N-no, non ce n'è bisogno Colonnello e poi...-

- Si rilassi Tenente, le sto solo comprando una rosa.- rispose, facendole l'occhiolino.
Lei provò ancora a borbottare qualcosa in contrario, ma ormai Roy aveva pagato e l'ometto si era già dileguato in cerca del prossimo cliente.

- Ora manca solo una cosa...-

Riza lo osservò avvicinarsi ad una vecchietta poco lontana e tornare da lei con un sacchetto in mano. Roy ne estrasse una piccola molletta, staccò il gambo e le spine alla rosa e gliela legò elegantemente attorno, per poi fissargliela nei capelli.

- Ecco, ora è bellissima.- le disse in modo sincero.

Riza rimase in silenzio qualche secondo in cerca di un modo per ringraziarlo, ma lui le evitò il difficile compito invitandola a proseguire il cammino.

Il resto della serata passò in fretta e senza avvenimenti particolari.
Entrambi, anche lo scettico Colonnello, avevano fatto alcuni acquisti ed ora si accingevano a tornare alle proprie case.

- Beh, buonanotte Tenente. A lunedì-

- Buonanotte Colonnello. E grazie per la serata, è stata molto piacevole.-

Lui fece spallucce, sorridendo.

- Non deve ringraziarmi, è stato più che un piacere per me.- le rispose, volgendole le spalle e dirigendosi alla propria vettura.

Riza lo guardò qualche secondo allontanarsi, poi salì e mise in moto la propria macchina, decisa ad ignorare il battito accelerato del suo cuore. Sfilò la molletta dai capelli e annusò il profumo del fiore. Il Colonnello era stato davvero gentile a farle quel regalo inaspettato.
Chissà, forse avrebbe potuto concedergli un'altra "uscita tra amici"...

 

 

Note autrice: Ehh lo so, ci sto mettendo un po' ad aggiornare. Mi spiace ma sarà così per un po', gli impegni con la scuola imminente si fanno sentire e i capitoli non sono pronti. Spero che vogliate perdonarmi :) Anche per questa schifezzuola. Ultimamente non sono mai contenta, che strazio XD

Recensioni:

mery_wolf: Ci hai contato? XD Qua non c'è tristezza, ma tanta dolcezza, non trovi? Oddio, forse non è una cosa "felice", ma a me ispira tanta tenerezza, è l'incerto inizio di un grande amore, lo trovo molto romantico *w* Ok, vaneggio, lasciami perdere.
Comunque concordo con te, è bello vedere i diversi pareri su una stessa scena e capire come gli altri lo interpretano. Che poi sia una cosa che condividi o meno non importa, una cosa può piacere lo stesso no? :)

MichiAry:  Studi e cuci le divise di Roy e Riza?! Ma io ti stimo *w* Se per caso pubblichi il lavoro da qualche parte sarei curiosa di vederlo ^^ E ti capisco per lo spazio, anche in camera mia non ci sta più nulla, anche se io non ho Roy e Riza ma...Tigro. Lo so, è patetico, ma mi piace il pupazzo e ne ho in giro un po' sparsi. Non nei poster per fortuna, sono ad un livello ancora accettabile di sanità mentale XD
Grazie per i bellissimi complimenti, e grazie per seguirmi sempre :)

MusaTalia: Benvenuta quaggiù :) Grazie per i complimenti.
Beh il "no" secco del Tenente è questione di salvaguardia di Roy, sappiamo che lui è spesso istintivo e quindi solo una risposta decisa avrebbe potuto smuoverlo dal fare cose azzardate. Sappiamo però che quando tutto sarà finito ci sarà un bel sì tra loro due ù_ù Magari anche davanti ad un signore che farà firmare a dei testimoni un bel foglio di carta e con un bell'anello al dito ù_ù XD
Sono felice che ti ispira l'idea di cimentarti in questi thèmes, io oltre alle mie idee ho altri thèmes ancora, quindi ne ho circa per...15 anni XD Ma se ci lavori pure tu vengo a leggere, promesso :)

Shatzy: Un thème più allegro è arrivato XD Eh sì, dopo quella scena il RoyAi sembrava altamente in pericolo, ormai i nostri eroi erano separati ;_; Però sapevamo che presto Roy si sarebbe ripreso la sua regina, e quindi poi i cuori di noi povere RoyAiers hanno ripreso a battere e a sperare XD Grazie ed alla prossima! :)

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Capitolo 9
*** Unknown past/ Before we know each other ***


Un aggiornamento puntuale! *Tutti si guardano intorno esterrefatti* Tranquilli, non è un capitolo-bomba e non si autodistruggerà tra pochi secondi XD Buona lettura!

 

 

9. Unknown past// Before we know each other

 

«All'età di cinque anni, la mia matrigna mi comprò un orsacchiotto di stoffa.
Ad otto una macchina rossa, che presto misi da parte per il regalo dei miei dieci anni: una scatola di soldatini di plastica, con la divisa scura ed i gradi splendenti.
Dietro mia richiesta, il calzolaio all'angolo della strada si improvvisò pittore e diede ad alcuni di essi dei vestiti nuovi, degli abiti "normali". Erano vestiti proprio come me ed i miei amici. Spesso giocavo a farli scontrare: c'era chi sparava con il fucile, chi guidava il carro armato e chi lottava a mani nude per difendersi - eravamo "noi" e perdevamo sempre, nonostante tutti gli sforzi.
Queste battaglie mi erano state ispirate dai racconti di mio nonno, che era stato in guerra molti anni prima: da semplice vittima era diventato soldato, per poi tornare ad essere un civile. Mi aveva raccontato dei soprusi, delle violenze, delle ingiustizie, del dolore dei suoi tempi e di quanto i suoi amici avessero sofferto per la presenza militare nel paese, corrotta e prepotente. Proprio come noi, che soffrivamo a causa dei soldatini di plastica.
Per questo motivo, un giorno, decisi di trovare qualcuno che avrebbe potuto proteggerci tutti, qualcuno che avrebbe potuto sconfiggere le armi.
Inventai, in un soldatino rovinato, un nuovo potere: dalle mani, le stesse mani nude dei civili che voleva salvare, egli poteva emanare scintille di fuoco.
Perché il fuoco? Non saprei dirlo con esattezza. Forse perché in inverno amavo stare davanti al camino, oppure perché credevo che battere le armi da fuoco con il fuoco stesso sarebbe stato il modo migliore per distruggere quegli infernali strumenti di morte.
Col senno di poi, rimpiango quei tempi. Non so perché alla fine sono passato dall'altra parte, avrei preferito rimanere il Roy con quei propositi di giustizia e altruismo. Purtroppo invece ho ceduto anche io all'esercito. Forse perché mi illudevo che l'avrei potuto cambiare dall'interno.
Qualche anno dopo, con gran dispiacere della mia matrigna, sentii parlare del Maestro Hawkeye.
Il mio sogno sembrava aver trovato una possibile realizzazione concreta, un faro nel buio completamente inaspettato.
La notizia dei suoi studi – estremamente riservati ovviamente – sull'alchimia del fuoco mi convinse a partire per diventare suo allievo. Non mi importava di ricevere un rifiuto – il carattere scontroso e solitario dell'uomo era famoso quanto il suo genio -, ero sicuro che con perseveranza l'avrei convinto ad accettarmi con sé. L'avrei preso per sfinimento, se avessi dovuto.
Quando arrivai, poco mancò che mi chiudesse la porta in faccia.
Non voleva saperne di me, ero un estraneo con pretese assurde.
Restai sui gradini della sua dimora per tutto il giorno, fin quando una ragazzina con una cesta di panni in mano uscì dalla porta e quasi mi rovinò addosso.
Ignoravo completamente la sua presenza nella casa, come lei ignorava la mia lì, davanti all'ingresso.
Si ritrasse istintivamente, sempre stringendo i vestiti.
Le spiegai chi ero ed il motivo per cui mi trovavo lì, non ottenendo da lei nemmeno una reazione. Poco dopo rientrò in casa senza parlare.
Rimasi allibito da quel gesto, ma prima di poter anche solo pensare alcunché, la porta si riaprì davanti ai miei occhi. Il Maestro Hawkeye mi fece cenno di entrare limitandosi a dire che per il momento sarei stato in prova.
Felice lo ringraziai, ma mi bloccai quando vidi la ragazzina in corridoio che mi fissava con lo stesso sguardo di qualche minuto prima. O forse stavolta c'era l'ombra di un leggero sorriso sul suo volto, la distanza non mi permetteva di esserne sicuro.
Ancora non sapevo che col tempo avrei imparato a leggere ogni sua espressione, senza nemmeno il bisogno di guardarla.»

 

 

«Mia madre era una persona da ammirare. Sapeva esprimere i suoi pensieri, le sue emozioni e le sue opinioni senza risultare mai banale o patetica.
Piangeva spesso di commozione, si emozionava come ogni altra donna per le minime cose, non sapeva tutto e non si vergognava ad ammetterlo.
Era consapevole dei suoi limiti, ed era felice di ciò che aveva.
Ecco perché l'ho sempre considerata un esempio da seguire: le invidiavo questa sua incredibile forza d'animo, forza che avrei voluto tanto ereditare.
Prima di morire mi scrisse una lettera, in cui mi diceva che un giorno avrei imparato anche io ad esternare i miei sentimenti.
A nove anni, quando la lessi, non riuscii a capirla appieno, ma ora è una delle cose più care che ho e mi serve da stimolo ogni giorno. Ancora non capisco come abbia potuto prevedere questa mia paura: ciò la rende ai miei occhi ancora più saggia.
Il ricordo più caro che ho di lei risale al quarantacinquesimo compleanno di mio padre, quando per la prima – ed ultima – volta capii l'amore dei miei genitori.
Mia madre rimase sveglia tutta la notte a cucinare il pranzo per la festa in famiglia che si sarebbe tenuta il giorno dopo e non chiuse occhio nemmeno per un minuto.
La mattina seguente io mi alzai presto.
All'epoca avevo sei anni.
Aprii la finestra per far filtrare un po' di luce e notai per caso un piccolo uccellino sul davanzale della casa.
Lo feci entrare e chiusi i vetri per studiare meglio l'animale, ma ovviamente quest'ultimo non era dello stesso avviso, e prese a volare spaventato per tutta la cucina. Finì nel sugo, rovesciò piatti e pentole, ruppe bicchieri: insomma, rovinò completamente tutto il lavoro di mia madre.
Non ebbi nemmeno il tempo di provare a sistemare il disastro perché lei entrò subito nella stanza, attirata dal rumore infernale.
Non ci sono parole per descrivere la sua reazione.
Prese l'uccellino e lo invitò delicatamente ad uscire, spalancando la finestra, poi senza guardarmi uscì dalla porta. Poco dopo la sentii singhiozzare in corridoio, ed il cuore mi si strinse.
Non sapevo come rimediare e non avevo il coraggio per andarle a parlare.
Mi incamminai verso di lei ma mi bloccai accanto alla soglia, vedendo una scena che mai avrei più rivisto: mio padre abbracciava teneramente mia madre, cercando di consolarla. Le disse che non gli importava del pranzo, che lei era la sola cosa che contava davvero. Fu la prima ed ultima cosa carina che lo sentii pronunciare, ma mi fece comprendere il suo amore per lei. Era sincero con lei, tra loro c'era davvero un legame affettivo.
Sono sempre più convinta che era lei ciò che rendeva mio padre "umano".
E quando lei se ne andò, portò irrimediabilmente con sé anche lui.
Due anni dopo arrivò qualcuno a rompere quella fastidiosa situazione di silenzi e incomprensioni che aleggiava in casa. Non si presentò nel migliore dei modi: me lo trovai sulla porta e rischiai di inciamparvi.
Mi spiegò chi fosse, perché fosse lì e cosa era successo poco prima con mio padre. Aspettai che terminasse il discorso e rientrai in casa, silenziosa, lasciandolo ammutolito alle mie spalle. Probabilmente avrà pensato che fossi alquanto maleducata.
Vidi mio padre in cucina e gli dissi del ragazzo fuori dalla porta in modo neutro, invitandolo ad andare a parlarci. Almeno con lui uno sforzo poteva farlo – pensai.
Lui mi fissò per qualche istante come se mi vedesse solo allora, poi come folgorato da un'illuminazione si diresse all'ingresso.
Lo vidi rientrare poco dopo con il ragazzo di prima al seguito.
Non capii la sua decisione, ma sorrisi impercettibilmente al nuovo arrivato. Lui che un giorno mi avrebbe pregato per vedermi sorridere ancora, quando ancora non capivo che più mi trattenevo dal lasciarmi andare e più mi innamoravo di lui.»

 

Note dell'autrice: Direi che non c'è quasi nulla da dire qui. Sono due "estratti di ricordi" di Roy e Riza, quando ancora non si conoscevano. Si raccontano in prima persona, si svelano un po' diciamo. Che poi l'uno parli con l'altra e viceversa, oppure con uno psicologo, Black Hayate o un panino di Breda non è importante, no? Libera interpretazione :) Se qualcosa non corrisponde alla realtà...beh, l'ho inventato io ù_ù Non stupitevene XD
Sarò stata troppo cattiva con Papà Hawkeye? Bah, io lo trovo proprio cattivo, perciò descriverlo meglio sarebbe stato un complimento che non mi sentivo di fargli >.<

Recensioni:
MusaTalia:
Eh già, chissà perché lo credono tutti XD Ovviamente sono tutti  RoyAier ù_ù No scherzo, ma ce li vedo molto ad essere scambiati per una coppia, mi piace immaginarli imbarazzati, sono ancora più teneri :) Complimenti ancora anche per la tua raccolta, socia ^^ Alla prossima!
Avis:
Ma che ritardo, non preoccuparti che tanto da qua io non scappo XD Sono contenta che ti siano piaciuti entrambi i capitoli, ed anche che tu abbia trovato Roy realistico, mi piace mantenere l'IC dei personaggi. Alla prossima! ^^/

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Capitolo 10
*** Promise ***


10. Promise

 

 

La guarda da lontano, mentre affretta il passo per raggiungere l'archivio prima che la segretaria chiuda la porta. Ha sempre ammirato i suoi movimenti aggraziati, la sua delicata agilità, e la ammira ancora mentre con una giravolta entra nella stanza senza far cadere nemmeno un foglio dalla pesante pila che tiene fra le braccia. Lui quelle pratiche non le avrebbe mai mantenute in equilibrio stabile per più di due scalini, ma come al solito non se ne stupisce: ci sono ben poche cose che sa fare meglio di Riza.
Quando vede la maniglia della porta che si abbassa, si nasconde nel corridoio, smettendo di respirare: si trova sul piano sbagliato al momento sbagliato. Corre per le scale abbandonando quasi il suo solito contegno per rientrare in ufficio prima che la sua collaboratrice torni. Lei si aspetta che lui stia firmando quei documenti in quel preciso istante, quindi non ha tempo da perdere. Trafelato si tuffa sulla poltrona della scrivania, mentre tira un sospiro di sollievo per averla fatta franca ancora una volta. Cinque, quattro, tre, due, uno.

- Colonnello, ha finito di vidimare quel fascicolo? –

Riza non nota, o finge di non farlo, quel rivolo di sudore sulla tempia dell'uomo. O forse lo reputa una conseguenza del lavoro ininterrotto. No, lei non è così ingenua, lei sa molte cose ma non lo ammette. E' misteriosa, e per questo Roy vorrebbe saper leggere nel pensiero. Vorrebbe poter scoprire cosa si cela dietro quel ciuffo biondo, quella maschera di impassibilità che è propria della donna da sempre. Appoggia il viso sulle mani, fissandola per qualche istante.

- Sa, Tenente, potremmo fare un accordo. –

Lei lo guarda interrogativa, invitandolo con lo sguardo a spiegarsi meglio.

Lui coglie l'occasione al volo. Lei vuole davvero che lui lavori così tanto? Beh, forse può ricavarne una ricompensa.

- Qual è il piano della giornata? –

Riza indica un foglio alla sinistra dell'uomo, ma non si arrende.

- Eccolo, ma non mi ha spiegato l'accordo.-

- E' semplice. Io mi metto diligentemente a lavorare per tutto il giorno, senza il bisogno che lei mi richiami all'ordine nemmeno una volta. Sarò un agnellino. In cambio però voglio una ricompensa.-

Il suo sorriso scompare quando vede che la donna ha travisato le sue parole.

- Una ricompensa in senso metaforico, ovviamente. Dovrà solamente sciogliersi i capelli.- conclude, rapido.

- Non vedo perché io debba fare un accordo su una cosa che lei sarà tenuto comunque a fare.- replica lei. Mustang sente le sue certezze crollare, la sua idea sembra non aver trovato nemmeno terreno per la partenza.

- In ogni caso, una giornata senza doverla rincorrere per il Quartier Generale è una proposta davvero allettante, penso che accetterò.-

Gli occhi dell'uomo brillano.

- Starà ai patti, Tenente? Me lo promette? –

La donna si concentra sull'armadio delle pratiche alla destra della scrivania. Non sopporta la sensazione di calore sulle sue guance, la trova terribilmente seccante. Non capisce dove voglia arrivare il suo superiore, e nemmeno come possa essere così rilevante il fatto di togliersi quel fermaglio dai capelli, ma ormai ha accettato.

- Sì, glielo prometto.-

 

Roy incrocia le braccia dietro alla testa aspettando di ricevere il meritato premio. Riza rientra e si avvicina alla scrivania del Colonnello.

- Sembra che abbia rispettato l'accordo.-

L'uomo annuisce, alzandosi e raggiungendola dall'altra parte del tavolo.

- Posso? – le chiede, alzando la mano e tendendola verso la sua nuca. Lei si irrigidisce, ma rimane immobile. Socchiude gli occhi, mentre sente la mano di lui che le sfiora la guancia. Un secondo ed una manciata di capelli le si riversa sulla schiena. Alza la testa e, notando l'espressione soddisfatta di Mustang, ha un attimo di confusione.

- Grazie Tenente, una giornata conclusa nel migliore dei modi direi.- le sussurra, porgendole il fermaglio intarsiato che ancora stringe tra le mani. – Dovrei farle promettere questo genere di cose più spesso.- aggiunge, mentre afferra il cappotto e si congeda dalla donna con un saluto sorridente.

Riza rimane ancora qualche secondo nella stessa posizione, poi inizia a sistemare l'ufficio per il giorno seguente. Non avrebbe mai detto che un così semplice gesto potesse significare tanto per il Colonnello. Deve ammetterlo, si sente molto lusingata. Si concede addirittura di cantare un motivetto, mentre riordina il banco di lavoro dell'uomo a cui quel giorno di tanti anni prima ha giurato fedeltà eterna.

 

 

Le viene da sorridere, perché quando sua figlia le ha chiesto cosa fosse una promessa ha pensato subito a questo. E dire che avrebbe potuto pensare a molte altre cose: al giuramento del matrimonio, per esempio. O a quel "tornerò" sussurrato a mezz'aria nel giardino di Casa Hawkeye, quando ancora tutto doveva iniziare. Eppure non si stupisce di quella scelta involontaria, e trattiene una risata. Colui che sarebbe un giorno diventato suo marito aveva davvero uno strano modo di dimostrare interesse. Si appunta mentalmente di chiedergli se ricorda quel giorno, una volta arrivato, e si dirige in cucina allacciandosi il grembiule dietro la schiena.

Le ha promesso che sarebbe tornato a casa presto, quel giorno.

E a Riza le promesse piacciono, per lei hanno sempre avuto un sapore particolare. Forse non come il sapore che avrà quell'arrosto se non lo toglie subito dal forno: il tour dei ricordi glielo ha fatto scordare.

Beh, lei non ha mai promesso di imparare a cucinare, no?

 

 

Note dell'autrice: *Arriva con occhiaie evidenti ed un sorriso triste* Sono veramente mortificata. I tempi di aggiornamento purtroppo saranno questi più o meno, dato che i miei impegni si sono circa centuplicati. Passando alle cose "serie", ovvero al capitolo, vorrei fare una piccola "precisazione". Forse ho già detto del mio desiderio di essere "alternativa", insomma di non proporre sempre le stesse cose trite e ritrite...di spaziare un po' con la fantasia insomma. E' per questo che non ho fatto la solita promessa strappalacrime o mielosa stile "ti amerò per tutta la vita forever and ever". Non è esattamente il mio stile ^^ Certo, avrei potuto farla angst...*pensieri perversi le passano in mente* No, meglio di no XD In ogni caso questa cosina priva di senso logico è il mio thème, mi spiace per voi XD

Recensioni:

Avis: Grazie mille, tu sei sempre fin troppo gentile *-* Sì, il Maestro Hawkeye è proprio un simpaticone -.- Credo che lui abbia inciso molto (com'è ovvio), per questo la parte di Riza è un po' più malinconica. Volevo analizzare dietro le solite cose, dare una mia possibile interpretazione del suo passato insomma :) Grazie per la recensione e per il sostegno!

Ellyxyz93: Scusa per il ritardo con cui aggiorno. Sono contenta che tu abbia apprezzato il capitolo e che tu non abbia trovato il Maestro Hawkeye esagerato. Anzi, a quanto pare ho avuto pure la mano leggera XD Alla prossima!

MusaTalia: Sono andata a vedere le due poesie che mi hai citato (ahimé, mia ignoranza, non conoscevo, anche se credo che le studieremo quest'anno) e devo dire che hai ragione, ho trovato qualcosa della mia storia in ciò che scrive Blake. Sono contenta che ti sia piaciuto il particolare dei soldatini, mi sembrava una cosa molto "da Roy" ed allo stesso tempo molto fanciullesca, si sa che Roy è sempre stato un grande sognatore e ce lo vedevo bene con questa ambizione. Grazie per il sostegno che sempre mi dimostri ;)

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Capitolo 11
*** Liar ***


[Leggermente !Angst]

 

11. Liar

 

She sits in her corner
Singing herself to sleep
Wrapped in all of the promises
That no one seems to keep
She no longer cries to herself
No tears left to wash away
Just diaries of empty pages
Feelings gone astray
But she will sing...
Til everything burns

(Everything burns – Anastacia feat. Ben Moody)

 

Lasciò diffondere l'odore forte del suo thé alla cannella per tutta la cucina e sedette al tavolo pensierosa. Rigorosamente al suo posto preferito, l'angolo del tavolo opposto al fornello, in modo da poter controllare bene la porta di casa.
Non la infastidiva quell'estremità appuntita dritta nello stomaco, anzi, quasi la faceva sentire meglio: in quel modo non abbassava mai la guardia, proprio come nel suo lavoro.
Lei non poteva lasciarsi andare in nessun modo ed in nessuna situazione, o almeno non come avrebbe voluto. Col tempo ci si era abituata, almeno fino a quell'ultimo periodo.
Il clamore per la morte di King Bradley si era lentamente assopito e la gente aveva ripreso a vivere come se niente fosse, avendo già trovato il capro espiatorio a cui attribuire quella "terribile tragedia".
Una falsa verità che aveva il potere di far sentire meglio tutti, tranne lei.
Non poteva sopportare che il suo superiore fosse stato accusato di tradimento e relegato in qualche paesino del nord come soldato semplice: lui si era sacrificato per la nazione.
Ma la gente non poteva capire, ed era meglio così: «Se tutti scoprissero cos'è successo in questi anni ci sarebbe un attacco di panico generale.» - le disse lui prima di partire.
Per questo motivo Riza passava ogni giorno a rimuginare sugli errori commessi in quella missione ad alto rischio, dichiarandosi colpevole per quella triste fine che aveva subito Mustang per proteggere lei e gli altri. A volte rimpiangeva addirittura di non essere bruciata insieme alla casa dell'ex Fuhrer, per evitare i sensi di colpa e quel terribile senso di vuoto che la pervadeva quando pensava al viso dell'uomo che aveva protetto per tutti quegli anni.
Mescolò l'infuso a ritmo sostenuto, fermandosi poi ad analizzare il piccolo vortice creato dal cucchiaino.
Incredibile come certe piccole cose riescano a farti comprendere gli avvenimenti intorno a te: il cucchiaino, ovvero la morte di Bradley, aveva generato un vortice di paura e stupore nell'animo delle persone proprio come quello creato nel thé da lei stessa e che ora si stava lentamente stabilizzando.
Si coprì gli occhi con le mani, quasi quel gesto potesse impedirle di piangere, ed appoggiò la testa sul tavolo, non curandosi della sua posizione.
Lo spigolo all'altezza del cuore al momento era l'ultimo dei suoi pensieri.
Aveva mentito a se stessa tutto quel tempo, non ammettendo mai di essersi innamorata di lui, ed ora lui era lontano, forse non sarebbe tornato mai più.
Le bugie che aveva imparato ad odiare durante la convivenza col padre in realtà facevano parte di lei più di quanto potesse accorgersene.
Il suo disinteressamento per il suo superiore era una menzogna, la maschera di impassibilità che indossava ogni giorno era solo una montatura.
Era una bugiarda, e quella era la sua punizione.

Quando finalmente alzò la testa, la fioca luce proveniente dalla finestra era del tutto sparita.
Il suo viso era completamente asciutto, perché Riza non aveva più lacrime. Aveva pianto già abbastanza, ed era davvero stanca di tutto ciò che la circondava: bugie, violenza, e quella corruzione che ancora permaneva nell'esercito con cui aveva imparato a convivere solo grazie a Roy.
Prese la tazza ancora piena e la svuotò nel lavandino, con un gesto rapido. Attraversò il soggiorno senza curarsi di accendere la luce e si diresse verso la camera da letto, dove un Black Hayate scodinzolante la attendeva festoso: gli rivolse qualche attenzione distratta mentre si infilava il pigiama e si stese sotto le coperte, spegnendo la luce per potersi addormentare.
Dopo pochi minuti la riaccese, completamente sveglia.
Prendere sonno le risultava davvero difficile, con tutti quei pensieri in testa. Intonò una vecchia canzone di sua madre, per tranquillizzarsi.
Alla terza strofa, lentamente si assopì.

 

Walking through life unnoticed
Knowing that no one cares
Too consumed in their masquerade
No one sees her there
And still she sings...

(Everything burns – Anastacia feat. Ben Moody)

 

****

Burning their lies
Burning my dreams
All of this hate
And all of this pain
I`ll burn it all down
As my anger reigns
'Til everything burns

(Everything burns – Anastacia feat. Ben Moody)

 

Si chiuse l'uscio alle spalle, scrollandosi di dosso un po' di neve e lasciandola cadere sullo zerbino rattoppato.
Fece un cenno ad un uomo accanto a lui e si sedette sulla brandina della stanza, raggomitolandosi per recuperare un po' del suo calore corporeo. Con una scintilla avrebbe potuto scaldarsi velocemente, ma da quando aveva lasciato Central e tutta la sua squadra non era più riuscito ad usare la sua alchimia: troppi ricordi gli assalivano la mente.
Erano passati mesi da quando tutto era cambiato ed il suo trasferimento sembrava essere diventato terribilmente definitivo.
Lo sconforto aumentava quando realizzava che forse non sarebbe più riuscito a tornare indietro. Quando capiva che avrebbe potuto non rivederla mai più.
Si allungò verso la sacca da viaggio e ne estrasse una vecchia foto ingiallita.
Il tempo in cui la teneva ben conservata sulla scrivania del suo ufficio sembravano davvero remoti, ma il ricordo nel suo cuore era vivido come se fosse appena accaduto.
A quei tempi, l'idea di una fotografia che immortalasse l'intera squadra gli era sembrata quanto mai stupida ed inutile, ma ora si rimangiava tutto.
Era l'unico oggetto personale che era riuscito a portare con sé di nascosto, ed era diventato ciò che di più prezioso gli rimanesse.
Osservò con sguardo spento la sua immagine riflessa sulla carta: ecco il sorriso che aveva affascinato tutte le donne di Central. Tutte, tranne lei.
Non sapeva dire con esattezza quando aveva capito di amarla, ma avrebbe saputo enumerare con precisione tutte le volte in cui aveva mentito a se stesso per convincersi di non farlo, stupidamente.
Accarezzò lentamente la figura bionda accanto a lui, e ne studiò ogni minimo particolare.
Aveva insistito perché Riza sciogliesse i capelli per la foto, ma non era riuscito nel suo intento, anzi, aveva legato i capelli nel suo fermaglio ancora più saldamente del solito. Sorrise alla determinazione del suo Tenente, lei sì che non gliene faceva vincere nemmeno una.
Dire che gli mancava sarebbe stato un eufemismo: non poteva descrivere il suo stato d'animo senza lei.
Il rancore per ciò che era accaduto gli lacerava l'anima ogni giorno, ed al solo pensiero di quegli avvenimenti i suoi pugni si chiudevano per la rabbia.

No, non poteva sopportare quella lontananza forzata. Sarebbe tornato, un giorno, ed avrebbe sistemato tutto: avrebbe riportato la giustizia nel Paese e avrebbe ristabilito l'ordine tra i popoli, sarebbe corso da Riza e non le avrebbe più permesso di separarsi da lui, avrebbe davvero realizzato quei desideri che da piccolo l'avevano spinto a partire da Casa Hawkeye per arruolarsi.
Non si sarebbe fatto fermare da niente, avrebbe bruciato tutto se necessario.
E finalmente avrebbe potuto sentirsi completo, con lei al suo fianco...
I suoi pensieri vennero interrotti da uno scalpiccio di passi sulla porta: era di nuovo il suo turno.
Nascose la fotografia nella tasca della divisa, e si immerse nel freddo di Briggs sistemandosi il cappuccio sulla testa.
Quel luogo disperso ed ostile non poteva togliergli la certezza che gli stava nascendo nel cuore: un giorno, avrebbe rivisto la donna che amava.

 

 

Note dell'autrice: Direi che scusarmi per i lunghi di tempi di aggiornamento ormai è diventata una routine, sorry :( Beh, che dire, non c'è molto da spiegare: qua i bugiardi sono entrambi, e sanno pienamente di esserlo. Mi è venuta fuori una cosa tristerrima, mi spiace, ma spero che sia piaciuta lo stesso. Non so perché, non sono di molte parole stasera, forse perché sono davvero troppo impegnata, sono quasi al limite. Passiamo alle recensioni:

MusaTalia: Mi fa davvero piacere che tu abbia capito il significato che volevo dare al mio theme, vuol dire che forse sono riuscito a renderlo abbastanza bene ^^ E sì, la ricerca dell'originalità e il tempo di stesura sono davvero miei nemici, ma per fortuna ce l'ho fatta anche stavolta ;D Alla prossima!

Avis: Grazie per tutti i complimenti, mi spiace che stavolta sia uscita una cosa angst :( Cercherò di farmi perdonare con altri themes, promesso ;) Sono contenta che ti piaccia la raccolta, è una faticaccia ma ci sono davvero affezionata ;D A presto!

mery_wolf: Scusa anche a te, mi è uscita angst :( Non preoccuparti se non ci sei stata, passa pure quando riesci e solo se ti va ovviamente ;D Non sei mica obbligata XD Grazie per i complimenti, alla prossima!

CaskaLangley: Grazie mille, davvero! ^^

 

Recensioni capitolo 9:

CaskaLangley: Grazie anche qui, sono felice che ti siano piaciute le due versioni. Non preoccuparti per le recensioni, anche un pensiero così corto è graditissimo! ;)

 

Colgo l'occasione per ringraziare chiunque legga ed anche chi ha messo la raccolta tra le seguite/preferite/da ricordare. Grazie mille, davvero!

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Capitolo 12
*** Proof ***


12. Proof

 

So I waited for you
What wouldn't I do?
And I'm covered it's true
I'm covered in you

[Proof – Coldplay]

 

Quando si svegliò, in quel letto gelido d'ospedale, non trovò affatto strano vederla accanto a lui. Si appoggiò a fatica contro la spalliera dietro sé e la osservò per qualche secondo, rimanendo in attesa.
Quando lei finalmente parlò, il tono colpevole della sua voce lo ferì peggio di quanto aveva fatto il suo stesso fuoco.

« Se avessi adempiuto al mio dovere in modo corretto, come mi era stato ordinato, ora lei non si troverebbe qui.»

Più che un'affermazione, era una condanna personale. Come se avesse pronunciato il suo pensiero ad alta voce, senza rendersi davvero conto di ciò che stava esternando.
La frustrazione e la delusione per le conseguenze del loro piano sembravano incise negli occhi della donna, che continuava imperterrita a tenere lo sguardo sul frutto rosso che stava finemente tagliando.
Roy si sistemò meglio la benda sull'occhio e si sforzò di sorridere, celando il dolore delle ferite.

«Non deve pensarla in questo modo, Tenente. Non è stata colpa sua, lo sa bene.»

Si morse la lingua, adirato con sé stesso per non aver trovato niente di più intelligente e meno scontato da dire.
Riza stava lì, con lo sguardo basso ed i capelli davanti al volto, continuando a sbucciare il frutto nelle sue mani.
Non riusciva a guardarla negli occhi ma scorgeva bene le sue labbra serrate in una morsa ferrea, quasi la donna stesse imponendo loro di non proferire verbo.

« Il piano era semplicemente perfetto. Se solo fossi arrivata in tempo...» disse, abbassando la voce.
Roy non riuscì a sentire la fine della frase, ma non faticò a capire cosa Riza volesse intendere.
Automaticamente portò il braccio all'esterno del corpo e lo tese verso la donna, lentamente. Vedere i suoi capelli lisci ricadere dolcemente su quella camicetta bianca appena sbottonata e su quell'elegante gonna rosa antico era una visione celestiale per i suoi occhi, ma al momento aveva qualcosa di più importante di cui preoccuparsi.
Il suo braccio destro, il suo Tenente, il suo uomo più fidato...ma no, cosa diceva.
Era ora di finirla con questi appellativi maschili, Riza era molto più che un soldato, era una donna: la donna di cui si era innamorato.
Riza era la sua alleata più fedele, la sua sottoposta più fidata, la sua guardia del corpo.
Ma con lei non condivideva solo il lavoro, portavano avanti insieme degli ideali, delle speranze, delle emozioni...
Averla accanto per lui era sufficiente, non aveva bisogno di alcuna prova, nemmeno di poterla vedere per amarla.
Non gli importava dell'occhio, delle ferite sul corpo, dei problemi fisici derivati dal conflitto: saperla lì, sempre pronta accanto a lui, valeva molto più che una salute impeccabile.

«Il mondo è imperfetto...è per questo che è così bello.»


Le sfiorò i capelli, sorridendole sincero.
Non sapeva il perché di quella frase, era stato tutto talmente spontaneo che quasi non aveva riflettuto sul significato delle sue parole.
Riza arrossì impercettibilmente, tornando a concentrarsi sulla mela ormai perfettamente liscia, ma cambiò ben presto soggetto vedendo il suo assistito tentare di avvicinarsi a lei.
Nemmeno lei necessitava di una qualsiasi dimostrazione, perché dentro di lei già sapeva cosa l'altro avrebbe voluto dirle.
Con un gesto fluido ed elegante piazzò nella bocca del suo superiore uno spicchio giallo e lo guardò, sorridendogli grata.
In quel breve momento lei cercò i suoi occhi per comunicargli quello che non era ancora in grado di dire e come li trovò, capì che l'uomo le aveva letto dentro come un libro aperto.
Roy, assaporando piano il frutto che la donna aveva preparato per lui, decise silenziosamente che non c'era nessuna fretta e che avrebbe aspettato tutto il tempo necessario.
Con lei, nemmeno quello gli faceva più paura.

 

Note dell'autrice:

Chiedo umilmente venia.
Prima di tutto, per l'indicibile thème di oggi, e poi per il tempo che impiego sempre per postare. Il mio tempo è poco e le cose da fare tante, quindi faccio fatica perché voglio che siano thèmes "di qualità". Anche se quest'ultimo non mi piace molto, mi ci sono impegnata mentre ero in Cina, davvero.
Come sempre mi baso sul primo anime, non voglio fare spoiler se qualcuno non ha ancora finito il manga e quindi tendo a basarmi sulla prima serie. Qui se non si è capito è la famosa scena dell'ospedale e della mela. Banalizzata e rovinata, povera scena RoyAi ;_; Ma almeno ho provato a lavorarci su qualcosa di RoyAioso. I risultati spesso sono peggio di quello che vorremmo purtroppo.
Prima di passare alle risposte individuali, ringrazio tantissimo MusaTalia ed Avis, che non mi abbandonano mai. Le vostre recensioni mi tirano su di morale, davvero. Il prossimo thème, "Betrayal", lo dedico a voi. Ovviamente non per il significato letterale, ma perché spero che voi non "tradirete" mai la mia raccolta e perché spero che vorrete continuare questo lungo viaggio con me (:

MusaTalia: Sono felice che trovi adatta la psicologia dei personaggi ed anche che apprezzi determinate frasi! Ci lavoro un sacco quindi sentirselo dire fa proprio piacere, vuol dire che c'è qualcuno che si accorge del tempo e della fatica che ci metto nelle mie cose. E' una sensazione magnifica. E meno male che anche tu sei del parere che fare tutto mieloso è una palla, anche perché con me i théme troppo mielosi sono proprio mooolto rari...Anzi, oserei dire che questo per i miei livelli standard è già molto molto zuccherato. Immaginati di solito XD Grazie ed alla prossima!

Avis: Sono felice che ti sia piaciuta la canzone! Io ne sono praticamente innamorata, ed ascoltandola così per caso l'ho trovata perfetta alla situazione. Mi prendo volentieri il 30 e lode e pure il bacio accademico, ma grazie! *-* Io non amo molto l'OOC, quindi se mi dici così mi fai gelatinizzare *-* E grazie anche a te per la comprensione dei tempi, direi che noi tre ci facciamo una bella compagnia :D Alla prossima!

Ringrazio anche tutti i lettori "silenziosi", chi segue la storia, chi l'ha nelle preferite o in quelle da ricordare: grazie, davvero!

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Capitolo 13
*** Betrayal ***


13. Betrayal

 

"Il ricordo è un traditore che ferisce alle spalle."

Sören Kierkegaard

Sangue e cadaveri.

Urla che lacerano la strada, impedendo perfino di sentire i propri pensieri.

E poi...quegli occhi rossi.

 

Tremò per qualche istante, scossa dalla nitidezza di quel ricordo. Chiuse il libro che teneva fra le mani e lo appoggiò sul comodino accanto a sé, asciugandosi lentamente il sudore dalla fronte. Alla sua destra, il rumore delle lenzuola la avvisò che il suo compagno aveva cambiato posizione ed ora la stava guardando con un'espressione preoccupata.

«Riza, ti senti bene?» chiese, issandosi a sedere senza toglierle lo sguardo di dosso.

«E' solo stanchezza, con una buona dormita mi passerà» rispose lei, sforzandosi di sorridere e terminare così la conversazione. Fu poco convincente, perché Roy poco dopo aggiunse:

«Ci conosciamo da molto tempo, lo sai. Ho imparato a leggere i tuoi stati d'animo e le tue azioni: per quanto tu menta, i tuoi occhi ti tradiscono»

Per tutta risposta lei sospirò, lasciandosi cadere sul guanciale dietro di lei.

«Avrei dovuto ricordare che al Comandante Supremo Roy Mustang non sfugge nulla» disse, modulando la voce in tono buffo. Lui allungò le braccia e la strinse a sé, arruffandole teneramente i capelli.

«Non tentare di cambiare discorso, Riza. Ti ho sentita poco fa, eri piuttosto spaventata».

Lei alzò la testa per guardare negli occhi suo marito, stupita del fatto che potesse essersene accorto dallo stato di dormiveglia in cui giaceva. Scosse la testa, sorridendo piano: Roy sapeva sorprenderla ogni volta.

«E'...sempre il solito, Roy. Quelle immagini terribili che compaiono all'improvviso e mi ricordano che brutta persona sono.»

«Non devi nemmeno pensare una cosa del genere. E' stata colpa mia, ti sei arruolata per seguire me ed i miei sogni di gloria e ti ho portato in mezzo ad una guerra. Il vero mostro tra i due sono io».

Intrecciò le dita a quelle di Roy, fermandosi per un attimo ad ammirare quel semplice gesto quotidiano su cui non aveva mai riflettuto. Il loro legame era proprio così, un intreccio di mani: un'azione da bambini che partono per scoprire il mondo, un segno per dire all'altro "sì, sono con te", un legame che unisce due corpi e li fa sentire forti e vivi. D'altronde era partito tutto da quello: un gioco da bambini a Casa Hawkeye, un incoraggiamento in battaglia e poi, alla fine di tutto, una dichiarazione. Il loro amore era stato svelato tramite quelle mani, alzate quasi in trionfo davanti alla squadra Mustang ed al mondo, quel mondo che prima sembrava loro tanto ostile e che loro erano riusciti a cambiare, almeno in parte. Le mani di Roy Mustang non portavano solo distruzione e terrore, non erano solo artefici di quel fuoco maledetto, erano anche mani che la tranquillizzavano quando aveva bisogno di conforto, proprio come in quel momento.

«E' stata una mia scelta. Avevo deciso di rimanere fedele a te e ai tuoi ideali, ed ancora oggi ne sono convinta».

Si lasciò cullare da quelle braccia rassicuranti, fissando i suoi occhi ambrati al cielo stellato che si intravedeva dalle tende della finestra.

«Grazie, sai quanto lo apprezzi» le disse, grato. Poi, per sdrammatizzare la tensione, aggiunse:

«Anche io comunque ti sono stato sempre fedele. Ricordo ancora il nostro primo appuntamento: eri stupenda con quel tailleur verde scuro».

«Roy, io non ho mai avuto un tailleur verde scuro»

Un imbarazzante silenzio calò nella stanza, interrotto poco dopo dalla stessa Riza.

«Beh, non stavo parlando di quella fedeltà, ma ora che hai tirato fuori questo aneddoto forse dovrei preoccuparmi di un altro tipo di tradimento, non solo quello metaforico.» disse, ironicamente.

Roy la guardò male e si finse offeso.

«Non potrei mai! Dev'essere stato un brutto tiro della benda, sai che non mi permette di vedere bene».

«Questa è la spiegazione ufficiale o è quella che dovrò dare a nostro figlio quando mi chiederà dove sia finito il padre?»

Roy corrugò la fronte, e Riza fece altrettanto. Poi, delle sonore risate riempirono l'aria.

«Sappi che non ti permetterò di allontanarmi dal mio frugoletto così facilmente» disse teneramente, accarezzando dolcemente la pancia della moglie.

Lei replicò baciandolo lievemente sulla guancia.

«Sono felice di sentirtelo dire» sussurrò, accoccolandosi meglio sotto le coperte.

 

***

 

5 minuti dopo...

«Eppure a me pareva proprio un tailleur verde scuro..»

«Forse perché lo era»

«E-Ehi..!»

Riza sorrise, scivolando lentamente nel sonno.

Roy sapeva sempre come farle accantonare le sue angosce più remote e nere. Quei ricordi sarebbero riaffiorati ancora, i sensi di colpa sarebbero tornati a tormentarla, e lei avrebbe dovuto espiare le sue colpe per il resto della sua vita. Ma lei non era sola. Con Roy al suo fianco, sentiva di potercela fare.

 

Note dell'autrice: Ok, rieccomi cari lettori :) Sono tornata con un thème riflessivo ma scherzoso, profondo ma speranzoso: un mix tra questi sentimenti che voleva creare un capitolo non troppo pesante da dedicare a due fantastiche persone. Ebbene sì, MusaTalia e Avis, questo è proprio per voi! Apprezzo moltissimo il supporto delle vostre recensioni, che finora sono state più presenti delle altre. Ovviamente sono importantissimi anche i pareri delle altre persone, ma la vostra costante presenza mi fa davvero sentire come se avessimo intrapreso un cammino insieme, e questa lunga strada tortuosa verso i 100 thèmes sembra un po' meno dura con voi al mio fianco :) E' per questo che vi dedico questo piccolo quadretto, sperando che vi piaccia anche se non è un capolavoro: ho cercato di metterci dentro davvero tanto, per farvi capire la mia gratitudine.

Il "tradimento" qui trattato è più di uno: quello del ricordo che arriva all'improvviso, quello degli occhi di Riza che non riesce a nascondere – quasi – niente a Roy (perché con lo scherzo si è fatto abbindolare XD), quello fisico insinuato per gioco dai due coniugi. Insomma, l'interpretazione è molto varia, si presta al gusto personale ^^

Per le recensioni ormai rispondo con il nuovo metodo. Ringrazio ancora chi segue questa raccolta, chi l'ha messa nelle seguite o preferite ed anche chi solo dedica qualche minuto a leggerla. Thank you!

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Capitolo 14
*** Covered eyes ***


14. Covered eyes

 

Entrò in soggiorno, reggendo con una mano la tazza di caffè ancora fumante e con l'altra il giornale acquistato quella mattina. Sedette sul divano e cercò di rilassarsi ma la sua tranquillità durò ben poco. Un rumore di vaso infranto interruppe il silenzio nella casa, rimbombando nel salotto per qualche istante. Immediatamente Roy si alzò e corse verso la colpevole del misfatto, sua figlia Renie, di 5 anni.

«Renie, che è successo? Stai bene?» chiese, vedendo l'insistenza con la quale la bambina si teneva nascosto con la mano l'occhio sinistro.

«Fammi vedere, Renie! Ti sei ferita?»

La bambina restava impassibile, non piangeva nemmeno. Restava immobile e zitta, come in ogni altra occasione in cui sapeva di averla fatta grossa.

Roy intanto, spaventato, corse a prendere il telefono ed iniziò a comporre il numero dell'ospedale di Central.

«Papà?»

Ora la ragazza stava sulla soglia della stanza, con gli occhi fissi sul pavimento ed entrambe le mani dietro la schiena. L'uomo lasciò perdere la chiamata e si avvicinò alla figlia, chinandosi per poterla guardare negli occhi.

«Mi dici cos'hai combinato? Sai che papà non ti sgrida, è la mamma quella severa qui.» disse, scompigliandole i capelli.

«Non è vero, la mamma è la più buona del mondo!» replicò lei, imbronciandosi e voltandogli le spalle.

Roy deglutì, spaventato dall'intelligenza e dalla devozione della bambina per la madre. Qualche volta si dimenticava che Renie aveva solo 5 anni ed era ancora facilmente suggestionabile. Pregò mentalmente che la figlia si dimenticasse della sua frase e non la riferisse alla signora Mustang in un altro momento.

«Io volevo solo... » riprese lei, ad un tratto «Volevo solo capire come ti sentivi tu.».

Roy la fissò per un attimo interdetto.

«Che intendi dire tesoro? Io non... »

«Tu hai un solo occhio. Quella benda ti ha sempre coperto, non ti ho mai visto senza. Volevo essere come te.» disse in tono lacrimoso.

Anche Roy trattenne una lacrima, commosso.

«Renie, non devi fare queste cose. Papà è stato ferito sul lavoro tanti anni fa e ha un solo occhio, ma tu per fortuna hai la vista di tua madre, non rovinarla. Sei fortunata sai? Non devi preoccuparti per me, io sto bene.»

«Posso...vedere sotto la benda? Per favore»

Roy sorrise prendendole la mano e posandola sul suo viso. Poi scostò la benda di modo che sua figlia potesse vedere la sua cicatrice.

«La vedi questa? Questa è la ferita che il papà si è fatto ancora prima che tu nascessi.»

«Ti fa tanto male?»

«Ora non più, tesoro, ma la mamma farà tanto male al papà se ora non puliamo subito il pavimento. Forza, corri a prendere la scopa!» le disse, spingendole leggermente la schiena.

Quando Riza rientrò a casa, un'ora più tardi, trovò tutto al posto giusto. Tutto, tranne il suo vecchio vaso di fiori. Entrò nella stanza della figlia a passo di marcia e trovò la sua famiglia impegnata a leggere un libro.

«Si può sapere cosa è successo al mio vaso in soggiorno?».

I due alzarono in contemporanea il mignolo, segno che si erano fatti promessa di non parlarne. In casa Mustang funzionava così, Roy e Renie avevano questo codice segreto per non ammettere i disastri da loro combinati alla madre. Non per questo però Riza lasciava correre. Li fissò per qualche istante, divertita.

«Sapete cosa significa vero? Avrete entrambi una punizione.» comunicò, dirigendosi verso la cucina. A volte era proprio vero che aveva a che fare con due bambini e non uno.

Roy fissò sbalordito il punto in cui la moglie era scomparsa.

«Come...?! Riza, non è che per stavolta potresti chiudere un occhio? Riza... ? Riza... !»

 

 

Note dell'autrice: 600 parole esatte!
Perdonate il ritardo spaventoso ma ho avuto un periodo veramente terribile a scuola. Sono stanchissima, ma sono riuscita a finire e pubblicare il capitolo per fortuna. Non è venuto un granché, ma si fa quel che si può insomma! Per ricambiare la pubblicità – che vi ho fatto anche su facebook nella pagina RoyAi ^^- consiglio a tutti di leggere le fic delle meravigliose MusaTalia e Avis (non so creare i collegamenti, scusate XD). Colgo l'occasione per salutarvi, care ^^ E ci tengo a ringraziare Kiri Dellenger II, che mi ha recensito tutti i capitoli *-* Grazie, davvero!
Ah, chiedo scusa per il nome assurdo della figlia, vi assicuro che è l'unico decente che ho trovato ç_ç

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Capitolo 15
*** The scent of blood ***


Dedicato ad Ananke :)

Anche se in ritardo, questo è per il tuo compleanno.

Avrei voluto qualcosa di meglio per te, scusami.

Auguri ancora ^*^

 

15. The scent of blood

 

Rallentò la corsa in pochi secondi, vedendo il suo superiore accasciato a terra privo di sensi.
Con le gambe tremanti ed il respiro affannoso, raggiunse Mustang e si inginocchiò al suo fianco, distrutta dalla visione che si trovava davanti.
Il Colonnello giaceva disteso in un lago di sangue – il suo, pensò Riza con una fitta al cuore notando le numerose ferite sparse sul suo corpo – ed il suo respiro era talmente leggero che non riusciva a coglierlo.
Una persona qualunque avrebbe sentenziato che Roy Mustang potesse essere morto, ma non lei. Riza sapeva che quell'uomo non poteva morire così, lei aveva sempre lottato perché ciò non avvenisse.
In quel momento però una vocina nella sua mente le bisbigliava che lei non era stata al suo fianco, l'aveva abbandonato nella battaglia più dura e pericolosa, e – quell'idea si stava pian piano allargando nella sua mente – ormai era troppo tardi.
Toccò il braccio di Roy, piangendo e chiamandolo a gran voce per urlargli di riprendersi, di alzarsi e continuare insieme il cammino che avevano intrapreso anni prima, che era ora di realizzare quei sogni per cui lui e tutti gli altri – Hughes, Havoc, Breda, Falman, Fury – avevano sognato. Ripeté il suo nome per quelle che le parvero ore infinite, cercando di trasmettere il calore del suo corpo a quello emaciato di Mustang, noncurante della ferita al braccio che le dava fitte di dolore.

Quando i medici arrivarono e fu trasportato all'ospedale, Riza insistette per accompagnarlo e rimanergli accanto finché non si fossero avute notizie.
Rifiutò di venire medicata perché la ferita bruciava ma grazie al tessuto della giacca che aveva agito da tampone aveva smesso di sanguinare. Quello sulle sue mani, sui suoi capelli e sui suoi vestiti era il sangue dell'uomo a cui aveva dedicato interamente la sua esistenza, quello che ora lottava tra la vita e la morte per colpa sua.

Il corridoio dove si sedette ad attendere informazioni era stretto e poco illuminato.
Si avvicinò una mano al volto, cercando di nascondere il dolore che la stava deteriorando, dimenticando che quella stessa mano aveva cercato poco prima di risvegliare il suo superiore.
L'odore del suo sangue le entrò dritto nelle narici, causandole un giramento di testa. Sembrava non l'avesse mai sentito tanto nitidamente, nemmeno nella guerra di Ishval. Era forte, pungente, sapeva di lacrime e di cenere che Riza non seppe se attribuire all'incendio o alla sua alchimia.
Un dottore sulla cinquantina uscì da una sala poco più avanti e le si avvicinò, cauto:

«Signorina Hawkeye?»

«Sì, sono io. Come sta il Colonnello Mustang?» chiese, scattando in piedi talmente velocemente che dovette appoggiarsi alla parete a causa della debolezza.

«Non è più in pericolo di vita ma è ancora molto debole e dormirà per molte ore. Vada a casa e si riposi anche lei, potrà fargli visita tra un paio di giorni.»

Questa volta Riza ubbidì senza discutere.
Si fece portare a casa da un soldato di scorta e si gettò subito nella doccia, svestendosi in pochi attimi.
Il sangue di Roy ora scivolava lentamente via dal suo corpo, in una sottile venatura che spariva nello scarico.
Guardò l'acqua rossastra che scorreva lungo le sue gambe e si allargava intorno ai suoi piedi riflettendo sui suoi errori.
Avrebbe dovuto scusarsi a fondo con il suo superiore: egli aveva affidato la sua vita nelle sue mani e lei l'aveva deluso fallendo il piano che tanto avevano preparato.
Si sentì di nuovo il giovane cecchino della guerra di Ishval, che poteva colpire un corpo da centinaia di metri di distanza. In quel caso non aveva mai avuto contatto con i caduti, ma il loro odore impregnava ogni angolo della città e dell'accampamento. Lì invece il sangue era passato sulle sue mani anche se non aveva assassinato nessuno, e quasi si sentiva peggio.
Si rese conto di quanto egoistico fosse paragonare la vita di centinaia di persone ad una sola, e si impose di non pensarci per non peggiorare il giudizio che aveva di se stessa.
Lavò ogni centimetro di pelle e si asciugò in modo attento per non lasciare alcuna traccia del sangue di Mustang. Controllò parecchie volte, dubbiosa, prima di arrendersi sfinita sopra il suo letto.
Quell'odore acre non voleva saperne di andarsene.

Quando si risvegliò, i giorni suggeriti dal dottore erano già passati. Si vestì con abiti civili – la divisa in quel momento le rievocava brutti ricordi – e corse in ospedale per accertarsi delle condizioni del suo superiore.

Appena entrò nel corridoio il Dottore le comunicò che Mustang era in gran forma per essere un uomo ferito una dozzina di volte, anzi, era sveglio da poco e la stava aspettando.

Spinse piano la porta e venne inondata dal sole di mezzogiorno che faceva capolino dalla finestra.
Al vederla Roy sorrise e le fece segno di accomodarsi accanto a lui, sul piccolo sgabello che aveva fatto portare poco prima da un'infermiera.

Passarono i primi minuti a scambiarsi convenevoli sullo stato di salute, come se avessero avuto una leggera influenza e non uno scontro armato contro i più potenti nemici che avessero mai incontrato.
Riza notò che il volto pallido che aveva visto qualche giorno prima era migliorato, nonostante la grande benda nera che gli copriva l'occhio sinistro. Ironia della sorte, come al suo peggior nemico, King Bradley.
Spezzò il silenzio chiedendogli se avesse già mangiato e, constatato che non toccava cibo da giorni si fece portare dall'infermiera un piatto ed un coltello. Prese il cestino di mele che aveva portato Breda poche ore prima e iniziò lentamente a sbucciare il frutto, distogliendo gli occhi da quelli di lui che la fissavano come in attesa di qualcosa.

«Dai, smettila di fare quella faccia.»

Riza alzò lo sguardo e rimase interdetta qualche istante, riflettendo su quale fosse la risposta migliore da dargli.
Fingere ed affermare di star bene? La sua domanda implicitamente confermava che egli aveva già capito come lei si sentisse.
Decise di dire la verità, come sempre era avvenuto fra loro:

«Il piano era semplicemente perfetto. E' stata colpa mia, che non ho fatto in tempo a...»

«No.» la interruppe lui, calmo. «Non c'è niente di perfetto. Questo mondo è imperfetto. Ma è per questo che è anche così bello» aggiunse serio, passandole una mano tra i capelli.
Lei sorrise, grata di quelle parole.
L'aver sentito che Mustang non la reputava colpevole per quello che era accaduto leniva il suo senso di colpa e lavava il suo sangue dalle sue mani. L'odore che l'aveva tanto colpita e che le sembrava di sentire ancora si attenuava, lasciando spazio alle fragranze primaverili dei fiori sul tavolo.
Interruppe il contatto fisico tra loro porgendogli la mela, che lui accettò dapprima stupito e poi con un sorriso.
Roy si rese conto di non aver mai apprezzato tanto quel frutto rosso che ora sembrava così dolce e speciale.
Dopo quel giorno, Riza venne a trovarlo sempre all'ora di pranzo e, dopo la zuppa dell'ospedale, gli sbucciava una mela e gliela faceva mangiare, convinta che la frutta potesse farlo ristabilire più in fretta.
Curioso quanto credessero che ciò che aiutava Mustang a ristabilirsi fosse proprio quel frutto.
O forse, era più facile pensarlo che ammettere quanto crescesse - di mela in mela - ciò che provavano l'uno per l'altro.

 

Note dell'autrice: *si accascia al suolo*
Che fatica ç_ç Volevo scrivere qualcosa di speciale ed invece è venuto fuori questo pastrugno improponibile >.< E per di più in ritardo! Ho superato me stessa.
Il theme e le vicende sono basate sulla fine del primo anime. I dialoghi sono presi pari pari da lì, non ho inventato sull'ultima parte. Spero di non averla addirittura rovinata.
Ananke, spero che tu apprezzi lo sforzo! Mi scuso se ci sono state imprecisioni su qualcosa e frasi banali, ed anche per quella prima parte terribilmente angst all'inizio. Non si addice proprio ad un compleanno, ma avevo le mani legate con un titolo del genere.
Ringrazio come sempre MusaTalia ed Avis che sopportano la mia altalenante raccolta ed anche Silvery Lugia che ha gentilmente commentato il capitolo precedente. Grazie!

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Capitolo 16
*** Reaching voice & Unrechable with (a) voice ***


16. Reaching voice & Unreachable with (a) voice

 

La voce umana non potrà mai raggiungere la distanza coperta dalla sottile voce della coscienza. (Mahatma Ghandi)

 

Chiuse piano la porta alle sue spalle, lanciando con un gesto preciso il soprabito sull'attaccapanni alla parete.
Era di ottimo umore quel giorno: nonostante avesse piovuto tutta la mattina e si fosse dimenticato a casa l'ombrello, Roy aveva avuto una giornata particolarmente gratificante. Il lavoro – anche senza lei – era trascorso più velocemente del solito ed Havoc e gli altri erano riusciti a strappargli parecchi sorrisi durante la pausa pranzo.
Nonostante le sue responsabilità verso il Paese fossero oltremodo aumentate, Roy continuava a ritagliare dello spazio per i suoi amici e per lei. Anzi, ultimamente lo aveva addirittura aumentato, perché tra poco in casa Mustang sarebbero stati in tre.
Scorse il profilo dolce di sua moglie che spuntava dal divano in salotto, e badando a non fare troppo rumore, le si avvicinò di soppiatto e le baciò la testa.

- Ciao Tesoro. Come va oggi? –

Riza voltò la testa e sorrise stancamente, facendo perno sul gomito per cambiare posizione e guardare il marito in faccia.

- Sono un po' stanca. Il tuo lavoro? Hai fatto disperare Havoc e gli altri anche oggi? –

Roy si accoccolò accanto a lei con un viso imbronciato.

- Sono loro che fanno disperare me, senza di me quell'ufficio sarebbe perduto! – poi, vedendo l'espressione scettica di Riza, aggiunse: - Cambiando argomento, come sta il nostro futuro Roy jr.? –

Le sopracciglia di Riza – se possibile – fecero un tuffo ancora più in alto.

- Roy jr.?! – chiese, trattenendo a stento un'espressione schifata. Poi, addolcendosi: - In ogni caso sta bene, anche se oggi calcia più del solito. E' come se fosse irrequieto.-

- Irrequieto? Non starà mica male, vero? – chiese subito lui preoccupato.

- No, no, io credo... Credo sia colpa mia. Come se il mio stato d'animo si riflettesse sul bambino.-

L'uomo l'attirò a sé delicatamente, riflettendo sulle parole della compagna. Poi, in un sussurro, domandò:

- Che intendi dire? –

Riza sospirò, abbandonando la testa sulla spalla di Roy.

- Io... Stavo riflettendo oggi. Su questa situazione, sul fatto che tra poco io sarò madre e tu padre. Sai, io vorrei che fossimo due bravi genitori per questo bambino. Vorrei che si sentisse... amato da noi.-

Roy strinse un poco l'abbraccio.

- Lo saremo, Riza. Ce la metteremo tutta, perché insieme nulla ci può fermare. Quel bambino avrà tutto l'amore che saremo in grado di dargli.-

Riza annuì, silenziosa. Il suo respiro era regolare ma Roy sentiva che in quel rumore continuo c'era qualcosa di insolito, qualcosa che la turbava internamente di cui ancora non aveva parlato. Le accarezzò la testa piano, aspettando che lei se la sentisse di continuare.

- ... Forse ho solo paura.- fece lei, dopo un po'.

Il fuoco nel camino illuminava fiocamente il suo volto, rendendola – secondo Roy – ancora più bella. Le prese la mano e la baciò, chiedendole:

- Di cosa? –

Riza chiuse gli occhi e inspirò un paio di volte, come per rilassarsi.
Parlare di certe cose era molto difficile per lei, non era abituata ad esternare le sue emozioni e non voleva far pesare i suoi problemi su Roy. Questa situazione era diversa però, sentiva che con lui in quel momento poteva sfogarsi liberamente, senza essere giudicata.
Si sedette all'altro capo del divano, in modo da poter vedere il marito in faccia.

- Non voglio che il nostro bambino abbia un'infanzia come la mia. Non voglio per lui quel senso di vuoto che mi dava mio padre quando lo guardavo negli occhi. Ho provato a parlargli, a chiedergli il perché di quella sua freddezza, ma lui non mi rispose mai. Credo che le mie parole non lo toccassero, che lui fosse quasi irraggiungibile per me. Come se vivessimo nella stessa casa ma all'interno di due mondi diversi. Lui con la morte di mia madre è entrato nel suo mondo, chiudendo la porta a chiave, e lasciandomi inesorabilmente chiusa fuori. Roy, devi promettermi che se io dovessi mor-

- Shhh questo non lo devi neanche pensare.- la bloccò lui, posandole un indice sulle labbra. – Noi due siamo diversi, e la nostra famiglia sarà una delle più felici che sia mai esistita. Posso assicurartelo, ok? – aggiunse, sorridendo.

Riza gli sorrise, grata, e mosse la testa in cenno d'assenso. Roy si allungò verso di lei e posò un orecchio sul ventre di Riza, delicatamente.

- Senti, Riza? Mi pare si sia tranquillizzato.- le disse, guardandola dal sotto in su con un sorriso sbieco.

- Già, ora non tira più calci come prima. Si vede che il papà l'ha tranquillizzato – rispose, in tono dolce.

Roy si mise in ascolto attentamente, chiudendo gli occhi. D'un tratto, sussultò ed esclamò a gran voce:

- Mi ha parlato! Riza, il nostro bambino mi ha parlato!-

Lei si trattenne pochi secondi, poi scoppiò a ridere per l'espressione seria e convinta del marito.

- Roy, i bambini non parlano dalla pancia della madre.-

- Chi te lo dice? E poi lui è un Mustang, ha sicuramente del talento ed è superiore a qualsiasi altro bambino di 7 mesi!- disse, con una punta d'orgoglio.

- Beh, sicuramente se prenderà dal padre verrà fuori un gran chiacchierone.-

- Ah sì? Mi preferisci silenzioso? Ho in mente qualcosa che mi farà star zitto per un po', ma devi darmi una mano... - le disse, prendendola in braccio e portandola verso la camera da letto, sorridendo alla risata cristallina di Riza.

E mentre i loro corpi si univano ancora una volta tra quelle lenzuola, i loro cuori battevano l'uno sopra l'altro e parevano sussurrarsi, come in un eco lontano, tutto ciò che i due non potevano esprimere a voce.

 

Note dell'autrice:
Arghhh non ho davvero parole per scusarmi ç_ç
Come qualcuno già sa sono davvero sommersa di cose da studiare e scrivere è diventato davvero difficile :( Siccome voglio curare i miei themes e renderli sempre al meglio, preferisco aspettare e pubblicare qualcosa di completo piuttosto che un lavoro fatto a metà, spero che apprezzerete almeno questo.
Per quanto riguarda il theme in sé, vorrei spiegare un paio di cose. Innanzitutto, ammetto che l'aver letto il theme di MusaTalia con guest star il Maestro Hawkeye mi ha ispirata per rivoluzionare la storia e far riferire Riza a lui nelle sue riflessioni. Quindi grazie per avermi dato l'idea, involontariamente :)
Per il resto, è tutto giocato sulle voci che si raggiungono/ scappano/ sembrano essere lì ma non ci sono, etc. Riza non riusciva a raggiungere il padre (e da qui il "a" tra parentesi nel titolo, perché il Maestro Hawkeye è irraggiungibile di suo, che sia la voce della figlia o qualunque altra voce), poi la "voce del bimbo" che raggiunge Mustang, la voce dei due cuori che battono all'unisono e chi più ne ha più ne metta. E' un labirinto di suoni e sensazioni, se così vogliamo dire.
Anche la frase iniziale può essere legata a più cose, anche se io avevo pensato alla voce umana e alla voce della coscienza di Riza per la parte della riflessione. Ma l'interpretazione è libera, quindi siete liberi di pensare ciò che volete :D
Dopo le scuse, ci stanno i ringraziamenti: un grosso grazie a Avis, MusaTalia, Silvery Lugia e Kiri Dellenger II. Spero che vogliate lo stesso continuare a seguire questa "discontinua" raccolta.
Ed anche a voi, lettori silenziosi: siete importanti quanto gli altri :)

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Capitolo 17
*** Scars ***


17. Scars

 

Ma nel cuore
Nessuna croce manca
E’ il mio cuore
Il paese più straziato

[San Martino del Carso – Giuseppe Ungaretti]

 

Quando il campanello suonò, lasciò passare qualche secondo prima di alzarsi e dirigersi verso la porta.
Era un tardo pomeriggio di una fredda domenica d'ottobre e Roy stava studiando un libro d'alchimia polveroso appoggiato al vecchio tavolo del salotto, quando il rumore improvviso che annunciava l'arrivo di un ospite inatteso l'aveva distolto da alcune formule particolarmente complicate.
Aveva smesso di essere l'allievo del Maestro Hawkeye ma non aveva rinunciato al sogno di poter padroneggiare un giorno l'alchimia del fuoco, per cui continuava individualmente i suoi studi nella speranza di essere abbastanza talentuoso da poter portare a termine le ricerche anche senza l'aiuto del suo mentore. Finora l'impresa si stava rivelando piuttosto ardua e infruttuosa, ma Roy non si dava per vinto e continuava imperterrito ad approfondire le sue letture ed i suoi esperimenti, convinto che prima o poi avrebbe ottenuto anche un minimo risultato.
Dalla finestra, il giovane poteva sentire il vento che aumentava d'intensità e delle grosse nuvole nere addensarsi nel cielo, segno che un bel temporale si stava avvicinando.
Corse all'entrata, deciso ad accogliere l'ospite prima che si bagnasse a causa delle intemperie.
Girò la chiave nella serratura ed aprì con un gesto secco la porta, senza curarsi di controllare chi vi fosse dietro. Forse, se l'avesse fatto, si sarebbe risparmiato qualche secondo di stupore in cui rimase a guardare la sagoma che si stagliava contro la luce esterna come se avesse appena visto un fantasma.
In effetti, la carnagione chiara della donna e la luce tenue della lampada esterna davano al suo viso quasi un pallore innaturale. O forse, semplicemente, quella che aveva davanti era semplicemente una ragazza che stava ancora soffrendo per la morte del padre.
Si scostò leggermente e lasciò entrare nel suo appartamento Riza Hawkeye, la figlia del suo maestro d'alchimia deceduto solo qualche mese prima.

«Riza, quanto tempo. E' un piacere vederti. Sei in gran forma.»

Subito Roy si pentì di aver detto quella bugia. Riza era ben lontana dall'essere in gran forma e sicuramente ne era consapevole, ma abbozzò lo stesso un sorriso per rispondere educatamente al saluto.
Inclinò la testa di lato, facendo scorrere una mano lungo i corti capelli biondi appena sotto la nuca, e rispose con un tono di voce basso ma fermo:

«Anche per me è un piacere, Signor Mustang. Spero di non disturbare.»

Roy sorrise e scosse con vigore la testa per negare ciò che Riza gli aveva appena detto, ma le sue labbra tornarono subito serie guardando più a fondo il viso della ragazza sotto la luce intensa del salotto.
Gli occhi ambrati erano opachi, scostanti, e nonostante il tono di voce deciso e l'atteggiamento composto tradivano una certa irrequietezza. Le occhiaie pronunciate davano al suo aspetto una debolezza che mai Roy le aveva visto in casa propria, nemmeno al funerale del padre.
Sicuramente Riza Hawkeye non doveva aver passato un bel periodo e questo lo rattristava, ma continuava a non capire il perché di quella visita inaspettata. Non potevano esattamente definirsi amici, ed in quei mesi si erano persi di vista.
Attese che lei arrivasse al dunque, rispettando i suoi tempi.
Sapeva che Riza non era una ragazza impulsiva, e sicuramente c'era un motivo più che valido per quella visita.

Dopo aver preparato il tè, Roy si accomodò in una poltrona di fronte a Riza, cercando di metterla a suo agio.

«Mi han detto che hai trovato un lavoro in città. Ti piace?»

«Il sig. Grabson è stato molto gentile a darmi questa possibilità, non posso che essergliene grata.» rispose lei, portando la tazza alla bocca e sorseggiando la bevanda in modo educato.
La conversazione proseguì fino alla fine della seconda tazza di tè, poi il silenzio calò nella stanza e Roy capì che stava per scoprire perché la figlia del suo ex maestro si trovasse nel suo appartamento.

Riza si alzò con un movimento fluido e raggiunse con passo aggraziato il tavolo, dove il vecchio libro di alchimia era ancora aperto con una penna nel centro.
Roy si stupì della leggerezza del passo della ragazza. Nonostante quel tacco appena accennato ed il vecchio pavimento in legno, Riza non aveva fatto il minimo rumore ed aveva raggiunto il tavolo nel modo più silenzioso e veloce possibile. Se non l'avesse vista con i suoi occhi avrebbe giurato che non si fosse mossa dalla poltrona.

«Questi libri sono la continuazione degli studi che stava effettuando con mio padre, vero?» domandò, chinandosi leggermente verso le pagine ingiallite del tomo.

Roy si alzò e la raggiunse al tavolo, prendendo in mano il volume consunto.

«Sì, sto cercando di proseguire, ma senza tuo padre non è la stessa cosa. Era un grande alchimista, ho imparato molto da lui.» rispose, sfogliando nervoso alcune pagine. «Temo di non essere ancora pronto però, non sto ricavando molto da questi libri e non posso padroneggiare l'alchimia del fuoco.» aggiunse, passandosi velocemente una mano nei folti capelli neri.
Riza lo guardò per qualche secondo, silenziosa.
Poi fece la domanda che da tempo le stava a cuore:

«Perché è così desideroso di imparare i segreti del fuoco?».

«Io so che posso fare grandi cose, mettermi a disposizione degli altri combattendo una giusta causa, perché la gente viva in libertà e giustizia. Io... »

Mentre ascoltava Roy parlare dei suoi sogni, Riza notò che i suoi occhi erano lucidi, quasi come se la determinazione l'avesse acceso, proprio come un fuoco.
Bastò un attimo per decidere di rivelare i segreti dell'alchimia del padre a qualcuno che le sembrava tanto meritevole.
Si voltò e lasciò cadere la giacca e la camicetta sul pavimento del salotto, coprendosi pudicamente i seni e rabbrividendo leggermente per il freddo.
Roy, dapprima spiazzato da quel gesto, appena vide il tatuaggio sulla sua schiena capì ciò che stava facendo e le lanciò un'occhiata silenziosa piena di riconoscimento.
Poi, si immerse definitivamente nel mondo dell'alchimia.

 

 

Era sembrata davvero una buona idea, all'inizio.
Si fidava del giovane allievo del padre, sentiva in cuor suo che era una persona di nobile cuore ed aveva deciso di condividere con lui ciò che suo padre aveva creato ed egoisticamente impresso sulla schiena delicata della figlia come unico testamento del suo lavoro.
Il dolore fisico era stato nullo paragonato al dolore che Riza provava ogni volta che pensava quanto suo padre tenesse di più all'alchimia che a lei stessa. Se l'avesse amata davvero, non l'avrebbe costretta a portare quel terribile fardello sulle spalle. E sulla schiena, dove quel tatuaggio testimoniava le ricerche e gli sforzi compiuti dal padre per padroneggiare la terribile alchimia del fuoco.
Quando aveva permesso a Roy di visionare le ricerche del suo maestro, aveva pensato che lui avrebbe potuto solo fare del bene con quel potere di cui ora era in possesso.
Ma poi c'era stato Ishbar.
E gli orrori che aveva visto lì non sarebbero mai più stati dimenticati.
Ogni giorno pensava agli occhi spenti che cadevano sotto i colpi inesorabili della sua arma, ai corpi dilaniati dalle fiamme, alle urla che non si fermavano mai, né sul campo di combattimento né nella sua testa. Aveva visto la potenza distruttrice di un'arma e quanto la sua mira pressoché infallibile potesse essere la fonte di tanta crudeltà, ed aveva visto quanto l'alchimia del fuoco potesse essere distruttrice e devastatrice.
Non attribuiva la colpa a Roy: entrambi stavano eseguendo gli ordini di un governo spietato, e leggeva nei suoi occhi quanto fosse contrario a ciò che era costretto ad eseguire ogni giorno.
Tuttavia quel potere era troppo potente, troppo pericoloso, e se fosse caduto nelle mani sbagliate sarebbe stato un disastro.
Si sentiva colpevole per quelle morti, come se per ogni caduto per mano del fuoco lei avesse una cicatrice nel petto.
Non poteva permettere che qualcun altro venisse a conoscenza degli studi di suo padre, delle formule e delle ricerche di una vita che avevano portato a quella fonte di potere mortale che era l'alchimia del fuoco. Doveva distruggere tutte le prove del terribile lavoro di una vita, doveva porre fine nuovamente a suo padre cancellando le tracce di una ricerca a cui aveva dedicato la sua intera esistenza.
Per la seconda volta nella sua vita, si ritrovò a suonare il campanello della casa di Mustang.

La prima volta che glielo chiese, lui si rifiutò energicamente. L'aveva previsto, ma non era sua intenzione rinunciare tanto facilmente.

«La prego. E' necessario adottare questa soluzione, non c'è altra via d'uscita.»

«Riza, non posso fare una cosa del genere!».

«Lei vuole lottare per il suo Paese, non è forse così? Questa è una delle più grandi minacce che esista, e lei ha il compito di debellarla.»

«No. Non in questo modo. Riza, non posso bruciare il tatuaggio sulla schiena. Non riesco ancora a controllare completamente questa alchimia, ed oltre a provocarti delle ustioni gravi corro anche il rischio di ucciderti. Non puoi chiedermi questo.»

Riza scosse la testa in modo energico.

«Non si tratta di me o di lei, qui. Si tratta di un potere che se cadesse nelle mani sbagliate provocherebbe più disastri che cose buone. E' troppo pericoloso, nessun altro deve mai sapere delle ricerche di mio padre, il segreto dell'alchimia del fuoco dovrà morire con me e lei dovrà essere l'ultimo ad esserne in possesso.»

La conversazione durò diverse ore, in cui entrambi rimasero attaccati fortemente alle proprie opinioni.
Quando Riza riuscì infine a convincere Mustang a bruciare via dalla sua schiena il tatuaggio del padre, si lasciò sfuggire un piccolo sospiro di sollievo.
Se avesse potuto, gli avrebbe chiesto di bruciare via anche i suoi peccati. Peccato che nessun fuoco poteva cancellare ciò che aveva fatto.
Si sentiva talmente ferita, nel suo cuore, che quando Mustang schioccò le dita e la fiamma la raggiunse, pensò che quel dolore non fosse minimamente paragonabile a ciò che avevano subito le vittime di Ishbar.
Tentò di soffocare le urla, mordendo un fazzoletto estratto dalla tasca.
Roy, cercando di limitare la pericolosità e la temperatura delle fiamme, riuscì ad evitare delle ustioni pericolose e quando terminò, la schiena di Riza era solcata da numerose cicatrici dove la pelle abrasa risultava ancora più bianca della solita carnagione.
Il tatuaggio era cancellato solo parzialmente, ma era sufficiente perché nessun altro venisse mai più a sapere dei segreti del fuoco.

Roy si avvicinò lentamente a Riza, ancora rivolta verso la finestra ansimante di dolore.
Le passò un panno bagnato sulla schiena e la vide rabbrividire per il contatto inaspettato ma al tempo stesso piacevole.

«Era davvero necessario, tutto questo? Queste cicatrici ti rimarranno per tutta la vita. » chiese, lasciando scivolare delicatamente la mano su una lunga cicatrice proprio al centro della schiena.

«Non sono quelle, che mi preoccupano. Le cicatrici che fanno più male sono qui-» rispose, portandosi la mano al petto, «e quelle hanno fatto molto più male di queste provocate dalle ustioni. Ce n'è una per ogni cuore che ho sentito spegnersi, per ogni vita che ho visto finire, per ogni urlo che ho visto morire in gola in quella terribile guerra senza senso. Io non voglio più combattere senza motivo.» disse, girandosi a guardare negli occhi il ragazzo davanti a sé.
Si teneva il petto stretto tra le braccia per coprire le sue nudità da giovane donna ma il suo sguardo era forte, era lo sguardo di una guerriera che sa ciò che vuole e che combatte per ottenerlo.

Roy dissolse in un attimo la breve distanza che li separava e l'abbracciò, rassicurandola: «Insieme cambieremo le cose.».

Quella frase era ciò che lei voleva sentirsi dire. Appoggiò la testa sul petto di Roy, sospirando. Le sembrava che le sue ferite si stessero già rimarginando.

 

Note finali dell'autrice: Che parto questo capitolo, ragazzi! Mi scuso davvero per la mia assenza ingiustificabile.
Ora che guardo, il mio ultimo capitolo risale a febbraio... Che vergogna.
Ero davvero, davvero, impegnata con la scuola. E direi che i miei sforzi sono stati ripagati, visto che mi sono diplomata con 100/100. Una grande soddisfazione. Anche se ho dovuto sacrificare il mio tempo libero – e per questo anche la raccolta – sono davvero soddisfatta.
Ora dovrei riuscire ad essere più attiva, anche se non posso promettere niente.
Beh, che dire, il theme non è proprio la parte principale della storia ma è volutamente lasciato nel retroscena e preso in modo deciso solo nella parte finale, che è volutamente più incentrata su Riza. Volevo concentrarmi sul racconto del tatuaggio e mi sono inventata ampiamente molti dettagli, spero che nessuno di questi abbia intaccato la storia originale. Non sono sicura che possano esistere ustioni delicate per ciò che ha in mente lei, ovvero l'eliminazione del tatuaggio, ma concedetemelo :)
Il riferimento a San Martino del Carso paragonato al cuore pieno di cicatrici di Riza mi è venuto di getto, ma sapevo che avevo già visto questa poesia anche da qualche altra parte oltre che nel programma d'italiano di quest'anno e perciò sono andata a controllare... Scusami MusaTalia, non volevo plagiare la citazione dal capitolo 4 della tua raccolta, spero mi perdonerai.
Ringrazio chi avrà ancora voglia di leggere dopo questo ritardo pauroso e chi ha letto finora, mi fa davvero piacere sapere che qualcuno mi sostiene!

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Capitolo 18
*** I don't want to realize ***


18. I don't want to realize

 

"Oltrepassiamo i nostri ponti dopo esserci arrivati e ce li bruciamo alle spalle,

 e niente mostra il cammino percorso, tranne il ricordo dell'odore del fumo

 e la sensazione che una volta i nostri occhi hanno lacrimato."

[Tom Stoppard]

 

Quel giorno d'ottobre, qualcosa dentro di lui si spezzò.

 

Quando due mesi prima era partito, il suo cuore rigonfio di speranze e amor di patria era davvero convinto che quella guerra avrebbe cambiato il destino della nazione. Forte di determinazione e senso della giustizia, Roy si era arruolato per combattere la causa del suo paese sognando un giorno di vedere nel mondo un posto migliore per lui e per gli altri. Si era allenato duramente ogni giorno dopo aver lasciato il maestro Hawkeye, e quando finalmente il giorno della partenza era arrivato - si sentiva stupido, ora, a pensare a quanto l'avesse atteso -, aveva intrapreso il suo viaggio credendo che sarebbe un giorno rientrato in patria come un eroe valoroso.
Quei sogni gli sembravano così lontani...

Quel soldato non avrebbe dovuto trovarsi lì, non in quel momento.

Roy era giovane e promettente ed i suoi superiori non impiegarono molto tempo ad accorgersi delle sue strabilianti potenzialità.
Le prime settimane aveva agito piuttosto anonimamente, non distinguendosi per particolari azioni in campo. Era stato messo in coppia con un altro soldato alla prima esperienza, Maes Hughes, con cui aveva il compito di pattugliare nelle ore notturne le zone di battaglia della giornata, assicurandosi di lasciarsi alle spalle solo macerie senza superstiti dagli occhi rossi.
Il quadrante che era stato assegnato alla loro squadra era un territorio piuttosto tranquillo e i suoi compagni d'esercito non erano certo famosi per la loro magnanimità in battaglia, quindi le loro ispezioni notturne non erano mai state disturbate da nessun ospite sgradito.
Un giorno però lui e Hughes furono inviati insieme al gruppo principale in sostituzione di due giovani feriti, e questo segnò un'inevitabile svolta per entrambi.
Hughes si fece notare in poco tempo per una spiccata abilità nel corpo a corpo e nell'uso di armi da taglio, diventando ben presto indispensabile durante i combattimenti. Anche per Roy arrivò la fama quando salvò la vita al Colonnello Giderby con una sferzata di fuoco che distrasse il cecchino ishvaliano dal suo obiettivo – pericolosamente vicino al punto in cui le sopracciglia dell'Ufficiale superiore si congiungevano -, e ciò significò per lui una promozione sul campo in pianta stabile tra le file della prima linea.
Finalmente lui e Maes potevano darsi da fare sul serio, e dimostrare di essere dei soldati meritevoli.

Se potessero tornare indietro nel tempo, entrambi non entrerebbero più nella tenda del Generale Nolt per la comunicazione dei nuovi ruoli operativi.

 Dal giorno del salvataggio, il Colonnello Giderby prese Roy sotto la sua ala, e lo volle con sé durante le sue spedizioni contro gli abitanti indifesi di Ishval. Insieme ad altri tre soldati, l'Ufficiale metteva la città in ginocchio uccidendo senza pietà chiunque osasse sbarrar loro il passaggio.
Il potere del fuoco del giovane Mustang veniva utilizzato per intimidire i nemici e far crollare gli edifici in cerca di sopravvissuti che il Colonnello ed i suoi non mancavano di freddare non appena questi si fiondavano fuori dalle abitazioni in fiamme.
A Roy il suo modo di fare non piaceva, ma egli era pur sempre un suo superiore, e l'entusiasmo dell'essere passato all'azione vera e propria in parte leniva i dubbi che cominciavano ad affacciarsi nella sua mente.

Fino a quel giorno.

Ricordava ancora la baionetta tremolante puntata al suo petto e gli occhi rossi di quel ragazzino che lo guardavano con odio misto a terrore.
Non era stato difficile per Maverick disarmarlo con un colpo preciso di pistola alla spalla destra, che fece cadere l'arma al giovane ishbaliano e lo costrinse ad indietreggiare di vari passi gemendo. La forza di volontà del loro nemico, pronto a perdere la vita per difendere i suoi amici e la sua famiglia – che giacevano intorno a lui in un lago di sangue e lacrime – colpì Mustang, che guardava impietrito il coraggio con cui il ragazzo inveiva contro il Colonnello, che lo teneva sotto tiro ridendo ad ogni suo tentativo di impaurirlo.

«Ammirevole, ragazzino, davvero. Ma non angustiarti troppo, presto raggiungerai la tua amorevole mammina.».

Inconsapevolmente, Roy strinse i pugni con rabbia contro le parole del proprio superiore, che stava mostrando la sua natura malvagia. Giderby però fraintese il gesto del suo nuovo protetto, tanto che disse:

«Vedo in te lo stesso disprezzo che provo io per questa sottospecie di essere... Ti permetto di finirlo al mio posto. Forza, Mustang, dimostra la tua realtà alla nostra nazione.».

Nel suo sguardo, Roy lesse l'ordine preciso di uccidere quel ragazzo immediatamente.
Si voltò verso l'ishbaliano lentamente, avanzando fino a trovarsi ad una ventina di passi da lui. Non voleva sottostare alle direttive di quel mostro, egli non perseguiva una guerra giusta. Non tentava di convincere i nemici alla resa, non cercava di parlare con loro o trovare un accordo: lui viveva per uccidere con brutalità quelle persone, che non considerava degne di trovarsi sul suo stesso suolo.
Si trovava però con le mani legate: non poteva disobbedire al suo superiore, avendo giurato fedeltà come soldato di Amestris.
Si sistemò meglio il guanto sulla mano destra, mentre il ragazzino restava stoicamente fermo, in piedi davanti a lui.
Guardò il Colonnello, aspettando di essere fermato; per tutta risposta, l'Ufficiale fece segno agli altri soldati di puntare le armi contro proprio Mustang, intimandolo ad uccidere in fretta il soldato di Ishval.

«Una vita per una vita, Mustang.»

Roy chiuse gli occhi e schioccò le dita. Quando li riaprì, tutto era diverso.

Di fronte a lui, la sagoma del suo rivale non si stagliava più tra le macerie della città. Poteva vedere i volti degli altri soldati e del Colonnello deformati da ghigni malvagi, ma non riusciva a sentire le risate sguaiate che venivano dalle loro bocche.
Non sentiva più niente e non gli importava più niente.
Mentre le uniformi blu dei suoi compagni – li sentiva vicini meno che mai – si allontanavano per tornare all'accampamento, Roy si inginocchiò a terra.
Non trovava la forza per avvicinarsi alla figura scura poco più in là, non voleva credere a ciò che era successo.
Gli era bastato meno di un attimo per togliere la vita a quel ragazzino.
Perché aveva obbedito al Colonnello? In cosa stava riponendo la sua fiducia? Tutto ciò che fino a poco tempo prima gli sembrava giusto, ora sembra svanire in fumo.
Lo stesso fumo che saliva lentamente dal corpo del ragazzino dagli occhi vacui – la sua fiamma aveva rubato il colore di quegli occhi -.
Si coprì il volto con le mani, mentre una lacrima salata bagnava i guanti alchemici.
Aveva sempre saputo che in guerra avrebbe dovuto uccidere qualcuno, ma ora che era successo non riusciva ad accettarlo. Era come se il suo corpo si rifiutasse di muoversi, e così facendo rendesse ciò che era accaduto meno reale.
Ma quella vita si era spezzata davvero, qualunque cosa egli dicesse a se stesso per stare meglio.

Non si accorse dei passi leggeri alle sue spalle fino a che non si fermarono dietro la sua schiena ed una mano gli si posò sul braccio.

«Si sente bene Signore?»

Roy conosceva bene quella voce, anche se poco tempo prima non avrebbe mai pensato di poterla risentire tanto presto.
Sapeva che Riza si era arruolata poco tempo dopo di lui, e quando durante un'ispezione notturna con Maes l'aveva vista ritornare all'accampamento, non poteva credere ai suoi occhi. Nonostante credesse in quello che stava facendo – almeno fino a quel momento – non avrebbe mai voluto per Riza un futuro nell'esercito ed in questa guerra sanguinosa e violenta, ma averla lì in quel momento gli faceva davvero piacere.
Sin da quando si era conosciuti avevano stretto un rapporto particolare, e benché Riza fosse una ragazza piuttosto taciturna, Roy aveva imparato a capire anche i suoi silenzi ed apprezzava i suoi – piuttosto rari – interventi, che dimostravano sempre un'acuta intelligenza ed una forza d'animo nascosta da quel viso candido ed innocente.

Roy abbassò ancora di più lo sguardo, fissando le sue mani stringere convulsamente le sue ginocchia.

«Me l'hanno ordinato. I-io non... »

«Lo so.» lo interruppe Riza, dolcemente.
Aveva sentito quel tono solo un'altra volta nella sua vita – o meglio, gli era sembrato di sentirlo -, quando si dissero addio sulla porta di casa Hawkeye qualche tempo prima. Un sorriso tirato sul viso di lui, un paio di occhi tristi su quello di lei.
Ed ora di nuovo, Roy aveva la sensazione che Riza volesse davvero cercare di aiutarlo e per questo gli era davvero grato, ma ciò non cambiava ciò che aveva fatto.
Scosse la testa e ruppe il silenzio intorno a loro, quasi urlando:

«Perché l'ho fatto?! Perché non mi sono fermato? Io non riesco a credere di aver ucciso quel ragazzino!».

«Erano ordini a cui non poteva disobbedire, Signore» rispose Riza, a bassa voce.

Per la prima volta, Mustang alzò gli occhi per guardarla in faccia.

«Tu che avresti fatto al mio posto?» chiese, guardando il viso stanco della ragazza di fronte a lui solcato da rughe troppo profonde per una della sua età.

«Io obbedisco alle autorità senza fare domande, Signore, sono solo un soldato semplice. Non posso far altro che ciò che mi dicono.».

«Hai mai ricevuto ordini del genere?»

Fu il turno di Riza di abbassare lo sguardo.

«Io... Ne ho ricevuti troppi.»

Roy le prese le spalle, scuotendola appena.

«Un giorno non dovremo più seguire questi ordini folli, Riza, te lo prometto!».

Riza non pensò nemmeno un minuto che quella fosse una promessa fatta senza una sincera intenzione in un momento di sconforto, anzi, da quel momento in poi rafforzò la sua fiducia in quell'uomo grazie a quelle semplici parole.
Gli porse la mano per aiutarlo a rialzarsi, sorridendo quando lui gliela strinse forte per sfruttare il suo aiuto e sancire la promessa al tempo stesso.

Quella sera, tornarono silenziosamente all'accampamento insieme, Riza un passo dietro a Mustang come a coprirgli le spalle. Fu in quel momento che la ragazza decise che proteggerlo sarebbe stato il compito della sua vita, e mentre la luna illuminava i loro visi pallidi e stanchi, anche Riza fece la sua promessa a Roy.

 

Note dell'autrice: Ormai i tempi di pubblicazione sono molto discontinui, ma spero che troverete ancora il tempo e la voglia di passare quando aggiornerò questa fic. (:
Questo theme è stato davvero una spina nel fianco. Trovare un argomento originale era davvero difficile, e alla fine leggerlo in questa particolare chiave dolorosa di guerra e morte mi è sembrata una sfida da portare a termine. E' una fic triste in cui il RoyAi emerge solo alla fine, ma mi sembrava doveroso introdurre la prima parte con Roy ed i suoi sentimenti.
Il titolo, "I don't want to realize" (= "Non voglio rendermi conto", in un certo senso anche "Non voglio capire"), è riferito alle convinzioni di Mustang che vacillano. Io sono convinta che lui sia partito pieno di speranze che sono state poi infrante da ciò che ha passato, e credo che la prima persona che ha ucciso l'abbia segnato molto, come segnerebbe chiunque in battaglia – ovviamente molti dettagli non sono stati mai rivelati, quindi mi sono presa la libertà di inventarmeli ;).

Ringrazio chi segue e recensisce i capitoli ed anche coloro che silenziosamente leggono i miei lavori (:

Alla prossima!

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Capitolo 19
*** Things one cannot understand ***


019. Things one cannot understand

 

Aveva sempre amato sostare sotto il ciliegio del QG di East City. La sua fioritura primaverile gli ricordava la casa estiva in cui passava le vacanze con la madre e la sorella Francine, giù a Grant Falls.
Sentiva il fruscio del vento tra le foglie, la sensazione dell’erba tra le dita e il legno duro contro la sua nuca, come quando sdraiarsi sotto quell’albero significava solo godersi il sole caldo sulle guance ed un po’ di meritato silenzio dopo l’ennesima litigata con la sorella. Ah, la nostalgia… Se gliel’avessero chiesto non l’avrebbe mai ammesso, ma era ancora quel bambino testardo che si nascondeva e non chiedeva mai scusa per primo, quello che si sentiva escluso perché era l’unico maschio della famiglia ma allo stesso tempo si sentiva importante perché doveva proteggere le sue donne.
Si scompigliò il ciuffo con due dita e puntò lo sguardo verso il primo piano dell’edificio davanti, dove la finestra del suo ufficio era rimasta aperta per rinfrescare un po’ l’ambiente. Sperò ardentemente che qualcuno avesse sistemato un fermacarte sui documenti su cui stava lavorando prima della consueta pausa mattutina, altrimenti al suo ritorno sarebbe stata una vera impresa rimettere tutto a posto: 230 pagine arrivate fresche fresche dal Comandante Supremo da firmare entro le 18 di quella sera e da rinviare immediatamente la mattina successiva – possibilmente in ordine.
Sbuffò, annoiato. Le scartoffie non gli erano mai piaciute, lui era nato per stare sul campo.
Non che non gli piacesse la pace – anzi, dati gli ultimi avvenimenti, era davvero un miracolo che tutto fosse ritornato alla normalità in tempi relativamente brevi – ma si sa, gli uomini d’azione come lui hanno bisogno di un po’ di pepe nella vita… O almeno così amava ripetersi come un mantra mentre aspirava dall’ – ennesima – ultima sigaretta della sua vita.
Forse era ora di trovarsi una donna.

Fece vagabondare lo sguardo per il cortile, in cerca di qualcosa d’interessante su cui focalizzare l’attenzione.
Sugli scalini di fronte all’entrata, non molto distanti dal suo rifugio, ecco i suoi colleghi: sorridenti, rilassati, senza turbamenti.
Breda fece un cenno al suo indirizzo, cui lui rispose indicando la sigaretta accesa tra le sue dita: la sua squadra non amava il fumo, e non voleva rischiare di peggiorare l’asma di Falman.
Vicino al cancello secondario del QG, dall’altra parte del cortile, Roy Mustang e Riza Hawkeye stavano discutendo. O meglio, il biondo Tenente stava discutendo con uno svogliatissimo Colonnello che probabilmente si stava rifiutando di tornare al suo ufficio e continuare a lavorare.
Havoc non poteva sentire le loro voci, ma era come se fosse lì a due passi.
E poi bastava notare il linguaggio del corpo: Mustang, sdraiato sull’erba a braccia incrociate dietro la nuca e la Hawkeye, una mano sul fianco e l’altra ad indicare ripetutamente l’edificio dietro di sé, dove probabilmente c’era una pila di documenti che aspettava solamente di essere firmata.
Sorrise, pensando a quanto dovesse essere difficile per la Hawkeye mantenere la calma con uno come Mustang: sempre in ritardo, pigro e con una spiccata inclinazione per la distrazione.
In pratica, l’esatto opposto della donna.
Eppure, nonostante le evidenti diversità, Havoc mai aveva visto coppia più affiatata. Sul lavoro, s'intende – una relazione tra loro era fuori discussione.
C'era una forte intesa, certo, ma come persone erano assolutamente incompatibili. Lo stile di vita di Mustang spensierato e alla giornata non era certo adatto alla composta e precisa Hawkeye.
E poi si sarebbero giocati il posto, e lui sapeva bene quanto entrambi ci tenessero alla carriera militare.

Inizialmente il militare aveva avuto una cotta per il bel Tenente biondo, ma era stata subito smorzata dalla realtà dei fatti: lei non aveva occhi che per Mustang.
Aveva sposato completamente la causa del giovane e brillante Alchimista di Fuoco e viveva per essa senza dubitare mai un momento che quella fosse la cosa giusta.
Un esempio di fermezza, ecco quello che rappresentava Riza Hawkeye.
E anche se a volte il Colonnello sembrava non accorgersene, Havoc era sicuro che apprezzasse la sua collaboratrice e vedesse quanto lei gli fosse fedele.
Certo, la maggior parte delle volte era troppo impegnato a frequentare qualche gentile donzella su cui lui per primo aveva puntato gli occhi – maledetto Roy Mustang, pareva facesse apposta – ma sotto la facciata del dongiovanni, il Colonnello era una persona degna di fiducia. Ma una relazione, tra loro?
"No, assolutamente impossibile.", costatò spegnendo la sigaretta con il tacco dello stivale e avviandosi verso l'entrata per raggiungere i suoi colleghi che già stavano rientrando ordinatamente nell'edificio.


«Puoi smettere ora, sono rientrati.»

Riza annuì e rilassò il viso in un'espressione più dolce.

«Stiamo giocando col fuoco, Colonnello Mustang.»

«Sembra proprio pane per i miei denti» rispose con un ghigno, che spense subito notando l'espressione seria della compagna.

«Non lo scopriranno mai, Riza, sappiamo entrambi prendere le dovute precauzioni.»

«Come può esserne così sicuro? Ha una squadra composta da uomini tra i migliori – è nel loro compito osservare e valutare rapporti e situazioni, sono sicura che non impiegherebbero poi molto a scoprire di noi... Sempre che non l'abbiano già fatto.»

Roy tese la mano verso la donna per essere aiutato a rimettersi in piedi.

«E’ tardi, dovremmo rientrare in ufficio. Ne parliamo stasera.» disse, picchiettando con un dito sul palmo della collega per segnalarle in codice orario e luogo dell’incontro.
Lei sospirò impercettibilmente, poi riassunse un’espressione seria e concentrata, cercando di lasciare da parte le sue preoccupazioni. Mentre seguiva il Colonnello su per le scale del QG, l’unica cosa che riuscì a chiedersi fu come potesse essere stata così sciocca da innamorarsi del suo superiore.

 

Il resto della giornata trascorse lentamente ed all’insegna della monotonia.
La squadra Mustang si occupò di sistemare cartelle e documenti tutto il pomeriggio e l’unica cosa degna di nota fu la telefonata della madre di Fury poco prima dell’orario di uscita che lo informò di avergli organizzato un appuntamento con la bellissima, gentile ed educata figlia dei vicini.
Il giovane soldato tentò in tutti i modi di dissuaderla dall’interessarsi della sua vita sentimentale, ma la signora Fury fu irremovibile e confermò al figlio che la cena sarebbe stata alle 20 in punto e che se fosse mancato la sua preoccupazione principale sarebbe stata trovare una casa dove vivere dal giorno dopo. Non era una donna con cui scherzare, lei.
Il soldato passò i restanti 40 minuti dell’orario di lavoro torturato dai consigli e dagli scherzi di Breda, Havoc e Falman.
Alle 18.30 i militari indossarono i cappotti, pronti per rientrare finalmente alle loro case. Il Colonnello Mustang invitò il Tenente Hawkeye a varcare la porta per prima con una leggere pressione sulla spalla destra, cosa che irrigidì immediatamente la donna: il loro accordo era di evitare qualsiasi contatto fisico durante il lavoro, persino un gesto innocente come quello.
Havoc e Breda pensarono che Mustang volesse farsi scudo con la donna per evitare di incontrare Lily, la segretaria che lavorava su quel piano che Mustang non aveva più richiamato.
La scenata che il Colonnello aveva tentato di placare quella mattina era ancora troppo vivida per pensare che l’uomo si fosse già dimenticato del pasticcio che aveva combinato.
Fury, che provava un sentimento di forte adorazione per il suo capo, elogiò mentalmente quel gentiluomo di Colonnello che apriva le porte alle signore, sperando che nel giro di poco tempo potesse essere anche lui così.
E Falman… Beh Falman proprio in quel momento starnutì e non si accorse di nulla, troppo impegnato a cercare un fazzoletto nelle strettissime tasche della divisa.

Riza però pensò subito al peggio. Quel gesto così intimo e naturale avrebbe potuto rivelare la loro relazione a tutti, ma cosa gli era saltato in mente al Colonnello?!
Si appuntò mentalmente di dargli una strigliata quella sera stessa e fargli passare la voglia di provare a farlo di nuovo.
E no, quello non era stato un gesto romantico!

 

Quella sera Mustang sarebbe entrato dal passaggio laterale vicino alla cantina, per cui Riza lasciò una candela accesa vicino all’entrata.
Ancora faticava ad abituarsi agli incontri clandestini con il suo superiore, mai aveva pensato che si sarebbe potuta innamorare dell’arrogante allievo del padre, e che egli addirittura sarebbe diventato il suo capo.
Scosse la testa, scacciando quei pensieri dalla mente e si sdraiò sul divano nel soggiorno illuminato, ingannando l’attesa con un romanzo.
Poco più tardi, Mustang arrivò. Era stato talmente silenzioso che quasi la stessa Riza non l’aveva sentito arrivare.

«Buonasera» le sussurrò suadente, stringendola in un abbraccio per svariati secondi.

«Buonasera a te, Roy. Sei in perfetto orario… Se tu agissi così anche al lavoro mi risparmierei molte ramanzine.»

«Se tu mi promettessi un bacio per ogni documento firmato, potrei farci un pensierino.» rispose, baciandole la tempia. Riza sorrise, divertita, ma ben presto si ricordò che Roy Mustang doveva essere ripreso, ed al più presto.

«Roy, il gesto di oggi, prima di lasciare l’ufficio… E’ troppo intimo, è stato pericoloso! Qualcuno avrebbe potuto pensare che ci fosse qualcosa di più di una semplice gentilezza!» sbottò, lasciando l’abbraccio e sedendosi sul divano a braccia conserte. Roy la fissò per un istante, perplesso, prima di sedersi accanto a lei e cingerle la vita con la mano, attirandola a sé.

«Non possiamo annullare completamente i contatti, risulteremmo freddi e saremmo sospetti. A volte comportarsi in modo naturale è la cosa migliore da fare, conoscendomi nessuno si sarà stranito vedendomi aprire la porta ad una bella donna.»

«Quella “bella donna” però è il tuo Tenente, con cui sei tenuto ad avere una relazione puramente lavorativa!». Riprese fiato, prima di aggiungere: «Non vorrei stessimo facendo la cosa sbagliata. Io voglio quanto te che tu possa raggiungere gli obiettivi che ti sei prefissato, forse dovremmo aspettare, dovremmo reprimere i sentimenti e concentrarci solo sul lavoro…».

Roy le prese il mento e la fece voltare, piano, guardandola intensamente negli occhi. «Io non posso più reprimere ciò che sento. E sono sicuro che possiamo farcela… Riza, noi possiamo portare avanti questa relazione. Non ti mentirò, sarà frustrante dover misurare ogni passo ed ogni parola, ma quando potremo finalmente essere liberi, giuro che urlerò al mondo quanto ti amo! E sai, siamo al sicuro, perché nessuno può capire il legame unico che c’è tra noi. Non abbiamo bisogno di parole per capirci, e siamo talmente affiatati sul lavoro che nessuno penserà che ci sia altro, perché noi saremo così bravi da ingannare tutti fino al giorno in cui potremo smettere di fingere!» terminò, alzandosi dal divano e puntando lo sguardo verso l’alto.

Riza inarcò un sopracciglio, perplessa.

«Troppa enfasi?»

«Decisamente.» commentò laconica, prima di scoppiare in una risata cristallina.
Roy piegò le labbra in una smorfia imbronciata, che lasciò spazio poco dopo ad un sorriso quando si ritrovò a cavalcioni sulla donna intento a farle il solletico.

«Ah è così?! Io mi impegno e tiro fuori il miglior discorso che abbia mai fatto ad una donna e tu mi ripaghi ridendomi in faccia?». Riza rispose con una risata ancora più forte, mentre cercava di divincolarsi dalle braccia del compagno.
Roy smise di tormentarle i fianchi e si avvicinò al suo viso. «Sei più tranquilla, ora?» le chiese, dolce.
Lei smise di ridere ed annuì, appoggiando la fronte contro quella di lui. «Grazie» rispose semplicemente, scorrendo le sue mani sulle guance del compagno e facendo congiungere le loro labbra in un tenero bacio.

«Mh… Io direi di sfruttare il tempo che abbiamo a disposizione lontano da occhi indiscreti» mormorò Roy, staccando appena le labbra dal contatto.

 «E cosa suggerisce di fare, Colonnello?»

«Ho messo a punto una nuova tecnica di combattimento, Tenente. Prevede una perfetta sincronia di movimenti ed un grande affiatamento, ma questo non credo sia affatto un problema per noi. L’ho chiamata…» disse lui, prendendola in braccio diretto verso il corridoio che portava alle stanze da letto e terminando la frase nell’orecchio della donna, facendola vistosamente arrossire ed ottenendo come risposta uno schiaffetto sul braccio.

«Roy!!!»

 

 

Il giorno dopo, durante la pausa mattutina.

 

«Non sembra anche a voi che oggi la Hawkeye sia più severa del solito con il Colonnello?» chiese Breda, esprimendo ad alta voce il pensiero dei suoi colleghi, intenti ad osservare il solito siparietto tra il Tenente ed il Colonnello.

«Sarà, ma non sembra che Mustang ne sia particolarmente turbato: è tutta mattina che non smette di sorridere ed è di buon umore con tutti, pensate che mi ha pure concesso una pausa extra per fumare una sigaretta prima di pranzo…» fece Havoc, alzando le spalle.

«A me ha offerto di uscire 15 minuti prima di mezzogiorno per andare a comprare i fiori per Kalea – sapete, l’appuntamento è andato benissimo ieri! – e quando ho chiesto se Falman poteva accompagnarmi ha detto che era un’ottima idea e ci ha firmato subito il permesso di uscita!» aggiunse Fury, contento.

«Io ho il permesso di uscire prima per saltare la fila alla mensa, si sa che il tempismo lì è tutto…» terminò Breda.

Si guardarono tutti e quattro, illuminati da un’identica rivelazione: «Deve vedere una donna!»

«Beh in effetti Lily stamattina era di ottimo umore, probabilmente ha ricevuto la tanta sperata telefonata» ipotizzò Havoc, trovando immediatamente il consenso dei suoi colleghi. E poi, mai dire no a dei permessi autorizzati!

 

Intanto, dall’altra parte del cortile…

«Che cosa ha fatto?!»

«Ma niente…» rispose innocentemente l’uomo, guardandola furbescamente «Potrei aver accidentalmente autorizzato la mia squadra ad uscire 15 minuti prima del pranzo oggi, e ciò potrebbe significare che c’è la possibilità di rimanere in ufficio da soli…»

Riza lo fulminò con lo sguardo.

«Stavo pensando che potremmo…»

«Non si azzardi a finire la frase, Colonnello Mustang.»

Roy alzò le mani in segno di resa.

«Come vuole Tenente Hawkeye, ho afferrato il concetto» le rispose, passandole accanto e sfiorandole la schiena con una leggera carezza, prima di dirigersi verso le scale dell’edificio per tornare al lavoro. Riza fissò la schiena del suo superiore per qualche istante, prima di raggiungerlo appena prima della porta di ingresso.
“Che irresponsabile” pensò, lasciandosi però andare ad un mezzo sorriso.
Nessuno, guardandoli camminare insieme nell’atrio semideserto del QG, avrebbe potuto capire cosa c’era tra loro.
Nessuno avrebbe potuto leggere negli occhi di Riza qualcosa di più della semplice devozione all’uomo che si era promessa di proteggere e nessuno nei passi attenti e studiati del  Colonnello Mustang avrebbe potuto scorgere la sicurezza che la presenza del Tenente alle sue spalle gli offriva, come quotidiano incentivo a dare ogni giorno il massimo.
Continuavano ad amarsi, lasciandosi piano piano ogni preoccupazione alle spalle, consapevoli del fatto che nessuno, mai, avrebbe potuto capire.

 

Note dell’autrice: Aiuto, che trauma. Scrivere questo capitolo è stato davvero difficile – lo so che lo dico spesso, ma stavolta lo è stato ancora di più credetemi!.
Da un lato sono soddisfatta perché non ho scritto qualcosa di triste – era ora! – ma dall’altra non so, non sono sicura dell’aggiunta della scena RoyAi in mezzo perché all’inizio pensavo di lasciare solamente l’Havoc POV (ho volutamente nascosto il personaggio per le prime righe), ma poi ho pensato che era da un po’ che non scrivevo della sana vita di coppia di questi due e mi è uscita fuori quella serata clandestina. Non so, ditemi voi se l’avete apprezzata ;)
Comunque, volevo specificare che qui è un RoyAi sbocciato da poco, ancora insicuro ed incerto. Ho immaginato che ci fosse un po’ di paura all’inizio della relazione, timore di essere scoperti, e ci ho aggiunto il fatto che – almeno inizialmente, poi è libera interpretazione – dovessero nascondersi da tutti, compresi gli altri della squadra Mustang. Diciamo che si conoscono molto bene sul piano lavorativo, ma sul lato personale c'è ancora molta strada da fare.
Per quanto riguarda la prima parte, mi sono spudoratamente inventata un passato per Havoc, in quanto POV principale mi spiaceva lasciarlo senza spiegare qualcosina su di lui!
E poi che dire, mi sembra di aver detto tutto!
Ringrazio come sempre chi legge e recensisce, un grazie di cuore.
Alla prossima!

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Capitolo 20
*** Murderer ***


20. ‘Murderer’

“Oh, no. It costs a lot more than your life. To murder innocent people?" says Peeta. "It costs everything you are.”
Mockingjay - Suzanne Collins




Il Colonnello Blanchard sbatté violentemente il pugno sul tavolo. Poi, riacquistando un atteggiamento composto, disse: «Ti conviene parlare».

L’uomo davanti a lui piantò per la prima volta gli occhi in quelli del militare e chiese, con rabbia: «Altrimenti?».
«Lo scoprirai presto».

Roy Mustang fissava la scena davanti ai suoi occhi col fiato sospeso. Se gli avessero chiesto di scommettere sul vincitore di quella sfida decisamente impari, avrebbe puntato tutto sul suo compagno.
C’era però qualcosa, in quegli occhi rossi dall’altro lato del tavolo: sembravano celare una forza che attendeva solo il momento giusto per scatenarsi.

Quello non era un semplice interrogatorio di routine, era diverso: quella mattina avevano finalmente catturato il capo dei ribelli del villaggio di Mihakar, alla periferia occidentale della regione ishvaliana.
Era un pesce piccolo, certo, ma era sicuramente a conoscenza d’informazioni utili per far cadere la resistenza del popolo dagli occhi rossi, e Blanchard era deciso a spremerlo fino all’ultimo per ottenere il suo scopo.

Mustang assisteva al dialogo tra i due uomini in disparte, in silenzio. Avrebbe dovuto sentirsi lusingato delle attenzioni che il Colonnello Blanchard gli aveva riservato: sin dall’inizio l’aveva preso sotto la sua ala e gli aveva affidato incarichi a cui un qualsiasi altro Maggiore non avrebbe potuto nemmeno assistere. Questo gli aveva assicurato una rapida scalata della piramide gerarchica militare, ma al tempo stesso lo obbligava a eseguire fedelmente qualsiasi ordine dell’uomo.
Più volte Blanchard lo aveva costretto ad azioni riprovevoli, non ultime le torture durante gli interrogatori.
Il suo superiore era rimasto affascinato dalla sua potente alchimia e godeva di un piacere perverso nel vederla utilizzare. Mustang, al contrario, cercava in ogni modo di sollevarsi da quell’incarico così spiacevole, purtroppo senza mai riuscirci.

L’uomo in divisa compì il giro del tavolo e si fermò alle spalle del prigioniero.

«Non mi lasci altra scelta, ishvaliano».

L’uomo in tutta risposta ruotò la testa alla sua sinistra e sputò per terra, poco distante dai piedi del militare.
«Non ho paura di quello che puoi farmi tu o quel cane assassino che ti porti dietro».

Assassino.

Roy pensò che non esistesse espressione che meglio potesse definire quello che era, e quella costatazione gli fece venire voglia di vomitare.
«Non sei tu quello che deve avere paura adesso» disse il militare, facendo un cenno a Mustang. Il giovane avanzò di un passo e portò la mano destra al capo: «Comandi, Signore».

«Credo sia arrivato il momento di portare qui una vecchia conoscenza del nostro ospite».

Roy non poté ignorare il lampo di paura che attraverso gli occhi del ribelle, che tuttavia continuava a tenere la mascella contratta in una smorfia di rabbia e i denti digrignati. Si congedò dal militare e uscì nel corridoio, facendo attenzione a chiudere bene la porta dietro di sé. Poi, con passi lenti, si avvicinò al soldato a guardia dell’uscita.

«Soldato Hawkeye».

«Maggiore Mustang».

I loro occhi s’incrociarono per un breve istante.

«Il Colonnello Blanchard vuole che il prigioniero incontri la vittima. Prelevala e portala nella sala interrogatori».

«Sì, Signore».

Del piano di Blanchard, Mustang sapeva poco. L’unica cosa di cui era stato messo al corrente è che aveva un asso nella manica nelle prigioni del villaggio, e che sarebbe entrato in gioco a tempo debito.
Ora il momento era arrivato ed il giovane alchimista non sapeva cosa aspettarsi. Aveva ripreso la sua posizione nell’angolo della stanza e attendeva il ritorno di Hawkeye, inquieto.
Il soldato Hawkeye – o forse avrebbe dovuto dire
la soldatessa – era la figlia del suo Maestro, colui al quale egli doveva le sue conoscenze. Aveva vissuto insieme a lei e a suo padre per tre anni ed ora rivederla al fronte con la divisa blu scuro ed il fucile in mano gli faceva ripensare con malinconia al passato, quando il Maestro era ancora in vita e Riza – quello era il suo nome, lo stesso della madre – non aveva preso la decisione di arruolarsi.
Molte cose erano cambiate da allora, e il più grande rimpianto di Roy era di non aver potuto mantenere la promessa fatta al suo mentore moribondo di tenere la figlia lontana dal mondo corrotto in cui egli aveva deciso di entrare.

«Sei la sola persona di cui si fida, Roy».

«Non sono sicuro di capire cosa mi sta chiedendo di fare, Signore».

«Dalle qualcosa in cui credere».

Nella sala interrogatori, l’atmosfera era come congelata.
Blanchard rimaneva in silenzio alle spalle dell’ishvaliano, il quale sembrava fissare la porta trattenendo il respiro in attesa.
Anche Mustang restava irrigidito con gli occhi rivolti all’entrata, nella speranza silenziosa che nei piani di Blanchard per costringere il ribelle a parlare lui non fosse coinvolto. Che non dovesse interpretare ancora una volta la parte del cane assassino.

I colpi alla porta rimbombarono all’interno della stanza in una debole eco.

«Avanti», disse Blanchard.

Hawkeye e un soldato mingherlino con dei grossi occhiali entrarono nella stanza tenendo per un braccio una giovane donna priva di sensi.
Mustang non poteva vederla in viso perché i capelli le coprivano il volto, ma bastava guardare il resto del corpo per vedere in che condizioni fosse: sporca, deperita, con dei grossi tagli sulle gambe e sulle braccia. Indossava un vestito di cotone leggero, grigio, strappato in più punti; alla caviglia sinistra una benda, macchiata di sangue, e una catenella color bronzo con un ciondolo. Singhiozzava in tono sommesso, tenendo lo sguardo fisso al pavimento, ma quando sentì la voce dell’uomo di fronte a sé, alzò la testa di scatto.

«Vilhea!»

La donna si dimenò dalle braccia dei due soldati.

«Aktar!»

«Bene, bene, bene» disse Blanchard, frapponendosi tra i due ishvaliani. «E’ il caso di dire che chi non muore si rivede».

«Bastardo!» urlò il ribelle, contorcendosi e finendo a terra trascinando con sé la sedia. «Lasciatela andare! Lasciatela andare!».

Blanchard si diresse verso l’uomo e lo afferrò, riportandolo dietro il tavolo di legno.

«Non avere fretta, ishvaliano. Abbiamo appena cominciato».

Invitò Mustang ad avvicinarsi con un gesto della mano.
L’alchimista raggiunse svelto il fianco del militare.
«Comandi, Signore».

«La signorina qui di fronte mi sembra infreddolita; forse è il caso di riscaldarla, Maggiore Mustang».

Roy deglutì piano, poi disse: «Signore, temo non sia indicato accendere fuoco all’interno di questa stanza, potrebbero esserci conseguenze negat-».

«Ti stai forse rifiutando di eseguire l’ordine, Maggiore Mustang?» lo interruppe Blanchard, portando la mano al fodero della spada. Il gesto non sfuggì al ragazzo, che infatti replicò: «No, Signore».

«Come immaginavo. Forza, ora».

«No!» cominciò a gridare Aktar, intuendo le intenzioni del militare. «No! No!»

«Non preoccuparti, ce ne sarà presto anche per te» urlò Blanchard, sovrastando i lamenti disperati del ribelle.

Assassino. Questa parola gli rimbombava nelle orecchie.

Mustang guardò la giovane donna al suolo di fronte a sé; i soldati l’avevano legata nell’angolo e si erano ritirati ai propri posti pochi minuti prima, per cui il loro era uno scontro privato.
Alle sue spalle, l’assoluta impassibilità di Blanchard si contrapponeva alla disperazione di Aktar che, piangendo, lo implorava di prenderlo al posto della donna.

Vilhea, nonostante la paura, fissava negli occhi Mustang che, al contrario tentava di fuggire al suo sguardo. La fierezza con cui quella ragazza andava incontro alla tortura era per Roy fonte di vero stupore.
Chiuse gli occhi, scappando codardamente dalla crudeltà del gesto che stava per compiere, e schioccò le dita.
Un attimo dopo, il mondo pareva capovolgersi davanti a lui.

Aktar si era liberato dalla sedia e si era scagliato contro Blanchard a mani nude, il quale, estratta la spada, tentava di colpirlo senza ferirlo letalmente. Le loro urla intanto avevano attirato l’attenzione di Hawkeye e dell’altro soldato, che entrati erano subito corsi in soccorso del Colonnello, liberandolo dal prigioniero.
La divisa macchiata del sangue del nemico, l’uomo attraversò la stanza e raggiunse Mustang, che continuava a fissare la scena immobile.

«Che diavolo ti salta in mente?!» urlò Blanchard, inferocito, sbattendo Roy contro il muro. «Potrei accusarti d’insubordinazione seduta stante e farti fucilare!».

Quella sarebbe la giusta pena per un assassino.

Riza subito s’intromise, dicendo: «Il Maggiore Mustang non voleva colpirla; se fosse intervenuto, avrebbe rischiato di ferirla».
Il Colonnello lasciò la presa e si allontanò, massaggiandosi il polso.
«Ti conviene non fare altri scherzi, Mustang. E ora, ishvaliano» riprese, tornando a rivolgersi al prigioniero «Se vuoi salvare la tua dolce amica, dovrai parlare».


L’aria all’interno della stanza era diventata irrespirabile.
Il sole batteva attraverso la finestra sulla macchia di sangue ormai secco al centro del tavolo, e un odore di pelle bruciata ristagnava nella sala interrogatori ormai vuota. Mustang se ne stava sulla soglia, immobile, guardando con occhi spenti l’angolo di pavimento dove fino a poco prima giacevano i corpi ormai irriconoscibili di Aktar e Vilhea.

Sentì dei passi leggeri alle proprie spalle; non gli serviva voltarsi per capire che si trattava di Riza.

«Maggiore Mustang» lo chiamò, con voce ferma.

Roy chiuse la porta e si rivolse alla soldatessa, con tono freddo: «Stiamo ripartendo?»

«Sì, Signore».

Roy annuì, incamminandosi verso l’uscita dell’edificio.

«Maggiore Mustang».

L’alchimista si fermò al centro del corridoio.

«Non aveva alternative».

Una risata amara uscì dalle labbra dell’uomo.

«Immagino che sia la frase che si dice in questi casi».

Riza si avvicinò fino a restare a un solo passo di distanza dal suo superiore.

«Non è stato lei ad ordinare la morte di quei due ishvaliani»

«Ma ho contribuito ad essa!» urlò, guardando per la prima volta la donna negli occhi.
«Io ho obbedito a quegli ordini crudeli! Io ho bruciato vivi quei giovani che fino all’ultimo hanno tentato di salvare il proprio paese!» Si appoggiò al muro dietro di sé, proseguendo: «Cosa mi aspettavo prima di partire per la guerra? Di salire in cima al potere in pochi mesi? Di non sporcarmi le mani?» Fece una breve pausa, abbassando gli occhi. «Di poter davvero cambiare il mondo?».
«Il Roy Mustang che conoscevo non si sarebbe arreso così in fretta».

«Il Roy Mustang che conoscevi non esiste più».

«Se è così, non ha più senso per me restare a combattere. Se ciò è vero, non ho più nulla in cui credere».

Roy alzò il viso, stupito.

«Dalle qualcosa in cui credere».

«Sei entrata nell’esercito per seguire i miei folli ideali, ma tutto ciò che ho rivelato di essere è solo uno sporco assassino».
«E chi in guerra non lo è diventato? Siamo tutti colpevoli della morte di qualcuno».

«Perciò è tutto qui? Siamo solo dei soldati senza onore che combattono per il capriccio di qualcuno assetato di potere?»

«Lei può cambiare le cose»

Roy mise le mani sulle spalle della donna, scuotendola.

«Io non so come fare! Non sono l’uomo coraggioso che tu credi».

Riza indietreggiò, lasciando che le mani dell’uomo scorressero sulle sue braccia.

«Se lei è il primo a non crederlo, non possiamo sperare in un futuro migliore. Mio padre l’ha scelta tra decine di candidati che si sono presentati alla sua porta implorandolo di dedicargli anche solo un minuto del suo tempo. A lei sono stati concessi tre anni. Il Maestro Hawkeye aveva molti difetti, ma sapeva giudicare bene le persone. Si fidava di lei, così come mi fido io»

«Sei disposta ad affiancarmi in questo cammino? Potremmo fallire l’impresa»

«Ma non potremo dire di non averci tentato».

Roy non poté fare a meno di sorridere, guardando la determinazione sul volto della donna. E dire che aveva sempre pensato di sapere chi fosse il più caparbio degli Hawkeye.

Entrambi i soldati uscirono dall’edificio e si diressero alle tende, poco distante. Blanchard e gli altri soldati erano ripartiti alla volta dell’accampamento madre, e loro li avrebbero raggiunti l’indomani.

«Buonanotte, Maggiore Mustang».
Roy guardò la schiena della donna sparire dietro il velo della tenda.
Guardò le sue mani e strinse i pugni, come se una nuova forza lo attraversasse.
Era davvero un assassino, ma ora sapeva cosa doveva fare.
Combattere per i propri ideali sembrava più semplice, con lei accanto, e quel fardello un po’ meno pesante.

Sarebbero stati l’una la forza dell’altro.

«Buonanotte, Riza».




Note dell’autrice
: Innanzitutto buon anno a tutti i lettori! “Livello 6: a volte ritornano”, giusto per citare il buon Max Pezzali.

Bene, ecco un capitoletto pesante (d’altronde con “Murderer” c’era ben poco altro da fare), ma che spero abbiate apprezzato.
La citazione è tratta dall'ultimo libro del ciclo Hunger Games, che adoro *_*
L’ambientazione è ovviamente la guerra di Ishval, agli esordi se così vogliamo dire, dove troviamo ancora un inesperto Roy e una Riza invece molto determinata e saggia – lei sì che è una donna!

Di Ishval sappiamo poco, ed io ho voluto immaginare una scena in cui Roy si rende conto della realtà che lo circonda e si trova spaesato, deluso, amareggiato; ma per fortuna Riza è pronta a dargli la forza di andare avanti.

Ringrazio come sempre chi segue la storia e i suoi difficili aggiornamenti ed anche i lettori silenziosi.
Vi auguro un 2013 spettacolare!

Castiel

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Capitolo 21
*** Repentance/Confession ***


21. Repentance/Confession

 

Black Hayate balzò sul letto prendendo la rincorsa e fece due giri su se stesso prima di accucciarsi ai piedi del suo nuovo padrone.
Riza per un momento pensò di allontanarlo con una leggera pressione del piede, ma decise di lasciar perdere realizzando che muoversi avrebbe significato uscire dalle confortevoli braccia del suo uomo. E poi, pensandoci bene, le piaceva il tepore che emanava Black Hayate quando si accoccolava accanto a lei.
Gli aveva insegnato a ubbidire diligentemente e a restare nei propri spazi, ma era bastato l’arrivo di un terzo ospite – dapprima saltuario, poi definitivo - per sconvolgere fin da subito l’equilibrio di quella casa.

Da quando Roy Mustang e Riza Hawkeye abitavano insieme la loro relazione andava a gonfie vele.
Si frequentavano ufficialmente ormai da circa un anno, da quando l'Alchimista di Fuoco era diventato Comandante Supremo.
Una volta raggiunto quel traguardo cui Roy ambiva da tanto tempo, i due avevano deciso che era arrivato il momento di uscire allo scoperto.
La squadra Mustang era stata la prima a essere informata: tutti avevano finto incredulità di fronte a quella sconvolgente notizia, ma a un esame più attento dei loro volti chiunque avrebbe potuto notare il sorriso sornione che li illuminava.
Vennero poi Edward, Winry e Alphonse, che si trovavano a Central City per una breve visita a un negozio di automail per la nuova attività della ragazza.
L’alchimista d’acciaio aveva ascoltato quasi annoiato il racconto dei due militari, ma poi si era dimostrato davvero contento per entrambi: addirittura era riuscito ad ignorare le continue provocazioni di Mustang sul suo “non essere cresciuto di un centimetro”.
Winry, dal canto suo, aveva passato l'intero pomeriggio a volgere lo sguardo dall’uno all’altra in modo estasiato, avida di particolari su quella che le sembrava “la storia d’amore più romantica di tutti i tempi”, mentre un sempre pacato Al aveva cercato di contenere l’entusiasmo della ragazza con i suoi modi gentili ma un po’ goffi.
Erano passati mesi ormai da quando quei ragazzi avevano ricominciato la loro vita lontani dall’Esercito e da Central City, ma quando Roy e Riza li avevano incontrati quel giorno sembrava non fosse passato un solo istante.
Dopo essersi fatta promettere un invito per le future nozze – che aveva causato un vistoso arrossamento delle guance di Riza – Winry e i fratelli di Resembool si erano congedati.
La ragazza continuava tuttora a mantenersi in contatto con delle lettere in cui li aggiornava sullo stato di tutti e tre, alleggerendo cosìla loro lontananza.
Anche Maes era stato messo al corrente della novità.

⃰    ⃰    ⃰

Roy si sedette di fronte alla sua lapide, ricoperta dalle foglie d’autunno e da una piccola ghirlanda di fiori un po’ sformata – opera di Elicia, senza dubbio – e rimase a lungo a fissare le grigie lettere incise sulla pietra. Maes era stato il primo ad accorgersi del legame speciale che c’era tra lui e Riza e a incoraggiarlo a farsi avanti con lei senza curarsi delle regole dell’esercito: sarebbe stato sicuramente contento di quella notizia.
«Non mi parli, vecchio mio? Proprio oggi che hai una bella notizia.»
Roy sorrise alla voce nella sua testa.
«Non ti sfugge proprio niente, eh?»
«Sai che sono sempre stato un tipo sveglio».
Roy fissò la fotografia al centro della pietra e disse: «Noto con piacere che non hai perso la tua modestia». La voce nella sua testa non rispose, perciò Roy aggiunse, con un velo di malinconia: «Maes, ce l’ho fatta. Sono diventato Comandante Supremo e posso finalmente vivere la mia relazione con Riza senza continuare a nasconderla. Ho tutto ciò che ho sempre desiderato».
Il neo-Generale di Brigata ridacchiò.
«Non ho mai avuto dubbi su te, Roy. E poi lo sai, io ho continuato a sostenerti dal basso, proprio come ti dissi quella volta! Certo, non era proprio questo ciò che intendevo, ma in fondo ha funzionato lo stesso».
Roy strinse i pugni e sferrò un colpo alla lapide, frustrato, facendo cadere a terra la corona di fiori. «Se solo avessi saputo…»
«Ti prego Roy, smettila di tormentarti con colpe che non hai. E raccogli la ghirlanda di Elicia, l’ha portata giusto stamattina. A proposito, hai visto quanto è graziosa? Diventa ogni giorno più bella».
«Io la proteggerò, Maes. Te lo prometto.»
A Roy sembrò che il volto dell’amico annuisse impercettibilmente dietro il vetro di fronte a lui.
«Lo so.»
«Sai, io e Riza andiamo a vivere insieme. Mi sono trasferito nel suo appartamento ora, è un po’ stretto ma per il momento può andare bene. Poi chissà, se un giorno dovessimo avere bisogno di altro spazio potremmo sempre traslocare in una casa più grande…»
«Altro spazio? Hai per caso in mente di creare un piccolo Mustang?».
Roy si grattò la testa, imbarazzato. «Beh è presto per dirlo, diciamo che non mi dispiacerebbe.»
La risata di Hughes riecheggiò forte nelle orecchie di Roy.
«Sono molto contento per te, amico. Buona fortuna, allora.»
Roy si alzò in piedi e si scrollò la terra dalla divisa militare.
«Ah, Roy?»
L’Alchimista di Fuoco volse un’ultima volta lo sguardo al sorriso senza tempo del suo migliore amico.
«Non dimenticarti di portarmi molte foto di tuo figlio una volta che sarà nato».
L’uomo s’incamminò e alzò il braccio in segno di saluto alla tomba alle sue spalle.
«Lo farò.»

 

⃰    ⃰    ⃰

Riza raggiunse nuovamente Roy sotto le coperte.
«Qualcosa non va?» chiese, notando l’espressione dell’alchimista.
La stanchezza si dissolse in un lampo dal suo sguardo, e un sorriso tornò a illuminargli il viso. «No, nulla. Piuttosto, ti ricordi il nostro primo appuntamento? Ti portai al parco a notte fonda per timore che ci scoprissero, era talmente buio che non riuscivamo neppure a guardarci negli occhi.»
Riza sorrise a quel ricordo. «E come potrei dimenticare? Per fortuna avevamo con noi un eccellente Alchimista di Fuoco che ha risolto la situazione semplicemente schioccando le dita.»
Roy prese il viso di Riza tra le mani e la baciò teneramente.
«Quello fu il primo appuntamento più romantico della storia».
La donna rise, infilandosi maggiormente sotto le coperte.
«Vuoi dire nella lunga storia dei tuoi appuntamenti? Dovrei chiedere conferma a metà delle donne di Central.»
Nonostante il tono divertito, Roy si rabbuiò a quell’affermazione.
«Nessuna è mai stata importante quanto lo sei tu. Non mi ero mai innamorato prima, le altre donne sono state solo… Un rimpiazzo. Prima per cercare di colmare il vuoto dentro al petto, poi per spegnere i sospetti che avrebbero potuto diffondersi e metterci nei guai.»
«E’ un discorso che abbiamo già avuto in passato, Roy. Non te ne ho mai fatto una colpa, entrambi cercavamo solamente di vivere le nostre vite come meglio potevamo. Per quanto non ne abbia mai dubitato, non potevamo avere la certezza che sarebbe arrivato il momento in cui avremmo potuto vivere liberamente la nostra storia.»
Roy annuì, pensieroso. «Con il senno di poi, non rifarei la stessa scelta. Ho continuato a lungo a uscire con altre donne anche dopo aver compreso i miei sentimenti per te. Avrei dovuto rischiare tutto già da allora.»
«… E ora probabilmente non saremmo qui a parlarne e ci troveremmo a lavorare in quartieri generali distanti chilometri.», disse Riza, accarezzando dolcemente i capelli del militare.
Roy sospirò incrociando le braccia dietro alla nuca. Sapeva che la donna aveva ragione, ma per qualche motivo il peso che gli tormentava lo stomaco non voleva saperne di andarsene. Anche Riza lo notò, perciò aggiunse: «Possiamo ricavare qualcosa di positivo da tutto questo: se non fossi uscito con Claudine probabilmente Havoc non l’avrebbe mai incontrata ed ora si ritroverebbe ancora single ed in cerca dell’ennesimo appuntamento per trovare “l’amore della sua vita”».
«”L’amore della sua vita”?» ripeté Roy incredulo.
«Breda mi ha raccontato che Jean usava sempre questa espressione per definire le ragazze con cui usciva. Il mattino seguente l’appuntamento in ufficio raccontava i dettagli della serata agli altri, ho assistito anch’io a qualcuno dei suoi resoconti, la maggior parte dei quali purtroppo disastrosi. Mi fa piacere che abbia finalmente trovato una ragazza dolce, si merita un po’ di felicità dopo l’incidente e tutto ciò che ha passato.»
«Già» annuì Roy. «Ma sono sicuro che il loro primo appuntamento non sia nemmeno paragonabile al nostro.»
Riza scosse la testa sorridendo. «Non capisco questo tuo spirito di competizione con Havoc: in fatto di conquiste hai sempre vinto tu. Anche se non sottovaluterei Jean, dopotutto se la cava abbastanza bene con le donne; dietro il suo aspetto timido e un po’ impacciato si nasconde un vero galantuomo».
«E tu come lo sai?»
«L’ho visto con i miei occhi. Una sera, a cena, al ristorante francese in centro.»
L’alchimista sgranò gli occhi incredulo. «Tu e Havoc? A cena insieme?!».
Riza si scostò leggermente dalle braccia del compagno.
«Non crederai davvero di essere l’unico ad aver visto altre persone, vero? Anch’io ho avuto un paio di appuntamenti con altri uomini, nella mia vita.»
«Certo, ma… Con Havoc? Non l’avrei mai detto. Quando è successo?»
«Durante il periodo in cui siamo stati assegnati ad uffici diversi. Io e gli altri ci siamo tenuti in contatto, pronti a entrare in azione al tuo fianco da un momento all’altro. Un giorno dopo una riunione Jean mi ha chiesto un appuntamento ed io ho accettato.»
Roy cercò di fingere un tono disinteressato. «E? Com’è andata?»
«E’ stata una serata molto piacevole, mi sono divertita».
Roy fremeva per avere altri dettagli che Riza non sembrava volergli cedere facilmente, perciò a malincuore fece cadere il discorso.
«Dato che siamo in vena di confessioni, anche io ho qualcosa da dire. Ho pensato a lungo, e vorrei destinare una parte del mio stipendio al finanziamento del nuovo ospedale militare vicino alla base. Stamattina mi hanno confermato di aver accettato il mio suggerimento, lo chiameranno “Maes Hughes Memorial Hospital”. So che stiamo entrando in una nuova fase della nostra vita, ci saranno grossi cambiamenti e stiamo per sostenere delle spese ingenti ma credo che ce la possiamo fare, insomma, guadagno piuttosto bene ultimamente.»
Riza prese la mano dell’uomo nella sua e la strinse leggermente. «Ho capito fin da subito quanto questo progetto fosse importante per te e voglio che tu lo possa seguire, basterà fare qualche calcolo».
Roy fece scorrere un braccio sino a raggiungere il fianco di Riza e la abbracciò, poggiando le labbra sopra il suo ciuffo ribelle.
«Sono il Comandante Supremo più fortunato del mondo».
Riza sorrise, ma non riuscì a trattenere uno sbadiglio. «Il Comandante Supremo dovrebbe dormire ora, ed anche la sua guardia del corpo. Buonanotte, Roy» disse, inclinando la testa per raggiungere le sue labbra.
L’uomo si sporse e ricambiò teneramente il bacio, spostando leggermente il braccio per permettere alla compagna di porsi sul fianco per trovare la posizione più comoda per dormire.
La guardò per qualche secondo sistemare il cuscino sotto il proprio orecchio, poi si coricò dietro di lei, cingendola con il braccio intorno alla vita.
«Buonanotte» sussurrò, mentre scivolava lentamente nel sonno.
«A entrambi.»

 

Note dell’autrice: Saaalve lettori vecchi e nuovi, rieccomi con un nuovo capitolo!
Temevate un racconto triste ed angoscioso? Spero di avervi stupito con la piega dolce e carica di speranza del finale (Sì, Riza è incinta!)
Come al solito, mi piace lasciare un po’ di ambiguità intorno ai riferimenti specifici al theme, quindi abbiamo “Pentimento” e “Confessione” in più punti: il primo soprattutto in Roy, nella scena della visita a Hughes e nel ripensare al passato da playboy; la seconda da parte di Riza, che ammette di aver frequentato altri uomini (all’inizio ero dubbiosa, in quanto tengo molto a mantenere l’IC dei personaggi; poi però ho pensato che Riza E’ umana e non è giusto che sia sempre Roy a girovagare con le donzelle. Trovo molto più credibile che anche Riza abbia fatto un paio di tentativi, per quanto ligia soprattutto al lavoro e assolutamente innamorata di Roy!) e da parte di Roy, che vuole partire con il nuovo progetto dell’ospedale militare. Oltre alla confessione iniziale nel flashback in cui i nostri adorati militari rivelano finalmente di amarsi.
Insomma, un bel mix di entrambi per questo piccolo capitolo senza pretese che finalmente sono riuscita a finire.
Sperando che vi abbia soddisfatti, vi lascio con l’augurio di una buona serata.
Un bacione!

Castiel

 

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Capitolo 22
*** God ***


(basato sull’anime del 2003)

 

22. God

 

Il rapporto di Edward Elric sulla spedizione a Reole era in cima alla pila di documenti sulla scrivania del Colonnello Mustang. L’Alchimista d’Acciaio glielo aveva consegnato quella stessa mattina, con l’espressione del viso contrita in una smorfia che non lasciava spazio a fraintendimenti: un ennesimo buco nell’acqua.
Anche Roy aveva riposto una buona dose di speranza in quest’ultimo viaggio dei fratelli Elric, davvero convinto che avrebbe potuto portare alla luce interessanti dettagli sulla pietra filosofale. Sbuffò, dando un’occhiata al documento: non avrebbe trovato lì dentro niente che già non sapesse. Quei resoconti puntuali redatti al termine di ogni missione non erano nient’altro che mere scartoffie burocratiche prive di un'effettiva utilità, certamente Edward non vi avrebbe scritto niente che potesse davvero indirizzare l’esercito verso la pietra.
Mustang al suo posto avrebbe fatto lo stesso. Conosceva la determinazione di Acciaio verso il suo obiettivo e sapeva che non si sarebbe fatto mettere i bastoni tra le ruote da nessuno, soprattutto dall’esercito.
E in fondo, anche lui era un militare: poteva davvero essere sicuro che quel ragazzino si fidasse di lui?
I suoi pensieri vennero interrotti dal cigolio della porta dell’ufficio, dietro la quale comparvero il Tenente Hawkeye e il Sottotenente Havoc.
«Abbiamo sorvegliato quell’uomo tutta la notte, Signore. Nessuna traccia di attività sospette» annunciò Havoc, schiarendosi la voce.
«Breda e Fury si trovano già sul posto per il secondo turno» aggiunse Riza.
Roy liquidò la rigida postura militare con un gesto secco della mano.
«Riposo, Tenente. Sottotenente» disse, con un tono misto tra l’irritato e l’annoiato. «Ah, Sottotenente. Hanno richiesto la tua presenza all’Ufficio Sequestri, su al terzo piano.»
«Comandi, Signore» e con un ulteriore cenno di saluto verso il superiore, il biondo militare sparì nuovamente dietro la porta.
Riza si avvicinò alla scrivania, controllando la mole di lavoro della giornata. Oltre al rapporto di Edward vi erano sparse sul tavolo numerose carte: richieste di permessi lavorativi, relazioni settimanali, copie dei documenti dal reparto investigativo, autorizzazioni di missioni da controllare minuziosamente e poi siglare.
“Burocrazia”, o come l’avrebbe chiamata Mustang, “Noia Mortale”.
«Da dove vuole cominciare, Colonnello?» chiese, mentre divideva ordinatamente sul tavolo i documenti in base al loro contenuto.
«Dal rapporto di Acciaio su Reole. Voglio essere sicuro che non ci sia davvero nulla che ci possa interessare.»
Riza asserì con un cenno del capo. Aprì delicatamente il fascicolo ed estrasse il primo foglio, appoggiando il resto del documento di fronte a Mustang.
Capitava spesso che Riza leggesse ad alta voce i documenti per il Colonnello. Inizialmente le sembrava strano e scorretto, poiché temeva che il vero intento dell’Alchimista fosse fingere di ascoltare e dormire a occhi aperti, ma ben presto aveva riscontrato nell’uomo una più convinta propensione al lavoro nelle giornate in cui s’improvvisava oratrice per quel minimo pubblico che era il suo superiore, perciò aveva deciso di farla diventare un’abitudine.
Roy, dal canto suo, trovava parecchio piacevole quella nuova consuetudine. La voce di Riza – sebbene autoritaria e sempre rigidamente composta – aveva su di lui un effetto calmante e rassicurante, come una medicina per distendere i suoi nervi sempre più spesso pronti a scattare.

La donna leggeva il documento con fluidità.
Le frasi di Edward erano lineari, semplici, mai troppo ricche di dettagli. Il Colonnello la ascoltava con attenzione, lasciando che la sua testa poggiasse sui palmi delle mani nude.
I guanti alchemici, alla sua sinistra, erano stati ripiegati con cura poche ore prima. A volte erano troppo pesanti da sopportare per Roy. Erano il tramite per l’alchimia del fuoco – strumento di morte.
All’improvviso qualcosa nelle parole lette da Riza gli fece distogliere l’attenzione dalla scrivania.

 

«…dalle fontane sgorgava vino rosso, e il vicario nella Piazza del Popolo fissava bonariamente la gente accorsa ad assistere ai suoi cosiddetti “miracoli”… sembravano tutti credere che quell’uomo fosse stato mandato da un certo Leto a salvarli, e che a questo dio potesse effettivamente importare qualcosa di loro.»

 

Anche Riza si fermò a riflettere su ciò che aveva appena letto.
«Edward ha usato parole piuttosto forti.»
«Non è certo il primo ragazzino a non credere nell’esistenza di un dio. Non credo che l’Esercito farà storie, non siamo mai stati grandi fan del “potere celeste”» rispose Roy, pensieroso.
«Non era ciò che intendevo, Colonnello. Stavo pensando a…» e nel dirlo si avvicinò alla finestra, ben attenta a dare le spalle al suo interlocutore «… A quanto siano cresciuti in fretta, lui e Alphonse. Sono diventati adulti prima del tempo.»
Roy si alzò dalla scrivania e si affiancò alla collega.
«I due Elric sono forti, se la caveranno. Hanno già cominciato a capire come funzionano le cose qui: nessun dio, nessun aiuto, nessuna pietà. La realtà è che questo vale anche per la vita quotidiana, non solo per la guerra».
Sentì Riza rabbrividire leggermente, ma continuò: «Noi più di tutti dovremmo capire la sua ribellione e la sua sfiducia nei confronti del resto del mondo; dopotutto, eravamo esattamente come lui non molti anni fa».
«Sono cambiate molte cose dalla guerra di Ishbar» rispose Riza, in tono duro. Poi, ammorbidendosi: «Forse ha solo bisogno di qualcosa in cui credere, qualcosa per cui sentire che vale la pena lottare».
«Ha Alphonse. E quella ragazzina, Winry. Acciaio farebbe di tutto per proteggerli. E lei, Tenente, lei ha qualcosa per cui sente che vale la pena combattere?»
Gli occhi di Riza incontrarono finalmente quelli di Roy.
«Ce l’ho, Signore» rispose, con un lampo d’ardore negli occhi.
Roy sorrise, tornando a sedersi.
«Cosa ne pensa di questo villaggio, Reole? La situazione descritta da Edward sembra piuttosto intensa.»
«A cosa sta pensando? Pedine manovrate con la promessa di un falso dio e di salvezza eterna?»
«Forse, » ammise Roy, giocherellando con una penna su un foglio di carta davanti a sé, «la situazione potrebbe essere più grave di quello che si crede.»
Riza riprese il proprio posto di fronte alla scrivania di mogano.
«Un villaggio nel deserto, poche risorse e troppe persone che vi abitano. E’ facile convincere un gruppo disperato a credere qualsiasi cosa, se l’offerta sul piatto è il miglioramento delle condizioni di vita. »
Roy la fissò qualche istante, in silenzio. Riza, oltre a essere estremamente intelligente, aveva il raro pregio di capire sempre cosa gli passasse per la mente. Non avrebbe potuto chiedere compagna migliore per il viaggio che stava per intraprendere: la scalata al potere sarebbe stata faticosa, senza il suo valido aiuto. Memorizzò di ringraziarla un giorno o l’altro, per il suo supporto.

In quel momento, qualcuno bussò alla porta.
«Ah, Maggiore Armstrong! Entri, si accomodi» esclamò Roy, cordiale.
Il militare eseguì elegantemente un perfetto saluto militare seguito da un inchino. Per un uomo della sua stazza – Roy dovette ammetterlo – era particolarmente aggraziato nei movimenti.
Si voltò verso Riza, che in quello stesso istante disse, portando la mano al capo: «Con il suo permesso, mi dirigerei al poligono di tiro, Colonnello. Maggiore.»
Roy annuì, sorridendo: «Vada pure, Tenente».
Fissò la schiena della sua bionda collaboratrice sparire dietro la porta. Aveva imparato a conoscerla bene ormai: il poligono era il luogo in cui Riza andava a schiarirsi le idee quando qualcosa la turbava.
Si ripromise di parlarle più tardi, una volta rimasti soli: magari stavolta avrebbe acconsentito a prendere quel famoso caffè dopo il lavoro…

 

 

«Maggiore Armstrong, cosa posso fare per lei?».
Armstrong sorrise sinistramente, avvicinandosi «Ricorda il ballo annuale, alla residenza di famiglia? Non mi ha ancora detto chi sarà la sua accompagnatrice.»
Già, il ballo degli Armstrong. Che seccatura.
«Se non ha ancora preso impegni» continuò il Maggiore, ignorando l’espressione annoiata dell’Alchimista di Fuoco, «posso permettermi di suggerirgliene una? Vede, mia sorella Katherine è molto timida e…» aggiunse, sbrodolandosi su come lui e sua sorella fossero praticamente due gocce d’acqua.
Un’inquietante immagine di Armstrong in gonnella balenò nella sua mente e avvertì un brivido lungo la schiena. Doveva assolutamente cavarsi d’impaccio da quella situazione.
«Sono spiacente, Maggiore, ma ho già un’accompagnatrice. Il Tenente Hawkeye verrà con me.» Poi aggiunse, per chiudere definitivamente la questione: «Sono sicuro che qualsiasi altro militare sarebbe più che onorato di portare sua sorella al ballo. Anzi, perché non chiede al Sottotenente Havoc? Sono sicuro che sia ancora libero.»
Il volto dell’Alchimista Nerboruto tornò a illuminarsi. «Splendida idea! Credo abbiano anche la stessa età» disse, salutando il Colonnello e uscendo di corsa per cercarlo.
Roy sbuffò: a Riza quella situazione non sarebbe piaciuta affatto.
Incrociò le dita, pregando un dio qualsiasi – allora sì, che gli avrebbe fatto comodo! – che Riza non tornasse in ufficio con la pistola carica.

 

 

Note dell’autrice: Aggiornamento incredibilmente veloce, visti i miei ultimi tempi! Spero apprezziate.
“God” era un tema davvero ostico per me; insomma, come riuscire a renderlo non troppo pesante? Diciamo che me la sono cavata così, con un discorso serio all’inizio e una scenetta leggera finale.
Come ho scritto sopra, è basato sull’anime del 2003. Ricordate la sorella di Armstrong e l’uscita forzata di Havoc nell’episodio 37? Ecco, diciamo che mi sono inventata che quella non era l’unica volta in cui hanno cercato di accoppiarli.
Spero che tutto sommato il capitolo vi sia piaciuto.
Ringrazio i lettori che trovano il tempo per recensire (siete degli angeli!) e tutti quei lettori silenziosi che seguono la raccolta, la mettono nelle storie preferite o semplicemente danno un’occhiata al mio lavoro.
A presto!

Castiel

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