Switch - Quando l'amore cambia volto

di _BlueLady_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Destinazione Paradiso ***
Capitolo 3: *** Tra Onde e Schizzi ***
Capitolo 4: *** Seconda Opportunità ***
Capitolo 5: *** Sfidami, se hai Coraggio! ***
Capitolo 6: *** Un Desiderio di Troppo ***
Capitolo 7: *** Cambiare in... Meglio? ***
Capitolo 8: *** Punti di Vista ***
Capitolo 9: *** Il Beneficio del Dubbio ***
Capitolo 10: *** Uscita a Quattro ***
Capitolo 11: *** Conoscersi Meglio ***
Capitolo 12: *** Proposta Indecente ***
Capitolo 13: *** Cambio Prospettiva ***
Capitolo 14: *** Incontro Inaspettato ***
Capitolo 15: *** Lasciarsi Andare ***
Capitolo 16: *** Diversamente Uguali ***
Capitolo 17: *** Strana Abbastanza ***
Capitolo 18: *** Tutta un'Allucinazione ***
Capitolo 19: *** Quel Che mi Spaventa ***
Capitolo 20: *** Bellezza Nascosta ***
Capitolo 21: *** Nostalgico Notturno ***
Capitolo 22: *** Aria di Cambiamento ***
Capitolo 23: *** Niente e Nessuno ***
Capitolo 24: *** Così Come Sei ***
Capitolo 25: *** A Piccoli Passi ***
Capitolo 26: *** Il Coraggio che mi Manca ***
Capitolo 27: *** Nonostante Tutto ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


 Switch ~ Quando l’amore cambia volto

       

PROLOGO ~
 

 

Estate: il sogno proibito di ogni studente.
Tempo di sole, mare, relax, ma soprattutto…
- Vacanze!- annunciò entusiasta una delle studentesse della Wilson High School, appena uscita dall’imponente edificio – Finalmente è giunto il tanto sospirato momento! Ci aspettano giorni da favola, ragazze!-
Si voltò eccitata verso le altre compagne, sfoggiando un enorme sorriso.
Lanciò in aria la pesante cartella, togliendosi in un attimo la giacchetta dell’uniforme scolastica. I lunghi capelli turchini le ondeggiarono sinuosamente lungo i fianchi, mentre gli occhi celesti brillarono di contentezza.
- Vedi di darti una calmata, Rein – le disse a un tratto una delle ragazze appartenente al piccolo gruppetto – Non c’è bisogno di fare così tanta scena!-
Scosse leggermente la folta chioma bionda e vaporosa, lanciando un’occhiata di biasimo all’altra con i suoi occhi verde smeraldo.
- Andiamo, Altezza, non fare la guastafeste!- la rimproverò un’altra dalla lunga chioma arancione – Siamo ufficialmente in vacanza, dopotutto!- si aggiunse ancora una dai capelli castani portati in un grazioso caschetto.
La bionda scosse la testa, superiore:- Il fatto di non dover più studiare per i prossimi tre mesi non è un buon motivo per comportarsi come delle bambine!- ribadì stizzita.
- Ma il fatto che ci aspetta una fantastica vacanza sì!- esclamò l’ultima del gruppo saltando al collo dell’amica e facendo ondeggiare i suoi codini rossi al vento – Aspettami, Rein!- urlò poi in direzione della turchina, correndole incontro e unendosi al suo euforismo.
Le altre due scossero la testa sorridendo, mentre Altezza lanciò un’occhiata inviperita alla rossa, sistemandosi il colletto dell’uniforme che le aveva malamente stropicciato.
- Quelle due sono fuori di testa!- commentò sottovoce mentre finiva di sistemarsi – Mi domando come mi sia venuto in mente di portarmi dietro anche loro in vacanza quest’anno!-
 

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Altezza Ishijama era figlia di una ricca famiglia di imprenditori, proprietari di una prestigiosissima villa appartenente ad un’antica famiglia aristocratica a pochi passi di distanza dal mare.
La ragazza, diventata ormai maggiorenne, aveva chiesto ai genitori se potevano gentilmente cederle la casa, quell’estate, per poterci passare le vacanze assieme alle sue amiche.
Camelia ed Aaron, inizialmente scettici all’idea, le concessero infine il loro consenso, facendosi promettere in cambio responsabilità e giudizio. Il giorno successivo alla bella notizia la ragazza era giunta a scuola con un sorriso che andava da un orecchio all’altro, e si mostrò alquanto euforica nel raccontare tutto alle amiche.
Quelle, per tutta risposta, si mostrarono alquanto entusiaste all’idea. Il solo pensiero di poter trascorrere un’intera estate in compagnia, e senza la presenza assillante dei propri genitori, le fece esplodere in un boato di gioia.
Quella, ne erano certe, sarebbe stata l’estate migliore della loro vita.
A partire erano in cinque: un gruppetto eterogeneo e ben assortito di compagne di classe molto affiatate le une con le altre.
- Ragazze, si parte!- annunciò Altezza con un sorrisone, non appena si ritrovarono di fronte all’aeroporto. Erano tutte molto eccitate all’idea di salire sull’aereo che le avrebbe condotte nel luogo paradisiaco che avrebbe rappresentato la loro casa per i successivi novanta giorni.
- Avete preso con voi il passaporto?- domandò subito la ragazza dalla coda alta e dai capelli arancioni, arrancando dietro alle altre con la sua pesante valigia.
- Io ce l’ho!- rispose la brunetta di rimando, mostrando fiera il suo documento.
Lione Mera era la timida del gruppo: impacciata a volte, ma amica leale e sincera a cui poter sempre fare affidamento. Timida e introversa, agiva sempre con prudenza: prima di buttarsi a capofitto in qualsiasi situazione preferiva infatti ponderare bene vantaggi e rischi. Ciò, tuttavia, non le impediva certo di godersi le giornate in compagnia delle sue amiche, per le quali era sempre disposta a tutto.   
Ad affiancarla c’era Mirlo Agasawa: giudiziosa e pacata, era quella a cui rivolgersi per qualsiasi sorta di problema. Non perdeva mai la calma, neanche nelle situazioni più drammatiche. Artista sotto ogni punto di vista, la sua fantasia non le impediva mai di agire con maturità e giudizio. 
- Che domande, certo che l’ho portato!- esclamò Altezza con ovvietà.
Lei era la precisina del gruppo: amava tenere ogni cosa sotto il suo controllo, per non dover sprecare in seguito inutili energie nel dover rimediare a qualche disastro non programmato.
Le piaceva sentirsi al centro dell’attenzione, e per questo si preoccupava di essere sempre perfetta, in ogni situazione. Nonostante il suo carattere burbero e scontroso sapeva come farsi apprezzare dalle persone che le stavano intorno. Detestava con tutta sé stessa gli imprevisti: rappresentavano solamente una scocciatura e una grave perdita di tempo.
- Oh, no! L’abbiamo dimenticato!-
Infine c’erano loro: Fine e Rein.
Gemelle affiatate ed imprevedibili, avevano spesso la testa fra le nuvole, ed erano capaci di combinare centinaia di guai nel giro di cinque minuti. Rappresentavano un uragano di energia e vitalità: un vero toccasana per chiunque stesse loro intorno. Riuscivano a strappare una risata perfino al più disperato fra i disperati, come sarebbero riuscite a far disperare anche il più ottimista fra gli ottimisti: con loro, si poteva proprio dirlo, non ci si annoiava mai.
- Come sarebbe a dire che ve lo siete dimenticato?! Nemmeno ripetervelo un’infinità di volte vi è servito a ricordarlo?- esclamò Altezza in preda ad una crisi isterica.
- Scusate, ho preparato la valigia soltanto ieri sera e nella fretta di metterci dentro tutti i miei completi estivi migliori non ho proprio pensato al passaporto!- rispose Rein in tono desolato.
- Io invece pensavo di prenderlo stamattina dopo aver fatto colazione, ma mi sono attardata davanti ad una brioche al cioccolato e, nella fretta di uscire, l’ho dimenticato!- disse Fine con un sorriso di scuse.
Improvvisamente videro il volto di Altezza farsi rosso di rabbia.
- E’ da più di un mese che siete a conoscenza di questa vacanza, degli orari dell’aereo e dei documenti da portarvi dietro e siete lo stesso riuscite a ridurvi all’ultimo minuto a preparare tutto?!-
Ci vollero tutta la tempestività di Mirlo e tutto il sangue freddo di Lione per evitare che la bionda si fiondasse inviperita sulle altre due e facesse di loro nient’altro che un mucchietto d’ossa.
- Manteniamo la calma e vediamo di ragionare!- disse Mirlo, trattenendo a stento la furia dai codini biondi – Conoscendovi, i vostri genitori avranno certamente provveduto all’inconveniente e avranno inserito i passaporti in qualche scompartimento della valigia. Provate a vedere nella tasca superiore!-
Le due fecero come era stato loro chiesto, e, come volevasi dimostrare, trovarono i due documenti dove Mirlo aveva supposto che fossero.
Le cinque tirarono a turno un sospiro di sollievo, e i loro volti tornarono a distendersi in un sorriso.
- Visto Altezza? Non c’era alcun bisogno di agitarsi tanto!- la tranquillizzò Lione dandole dei colpetti leggeri sulla spalla nel tentativo di farla calmare.
- Lo so, ma sai quanto mi facciano alterare gli imprevisti come questo!- rispose l’altra tirando lunghi sospiri.
Lione ridacchiò:- Credo che senza la loro imprevedibilità, Fine e Rein non sarebbero più le stesse!-
- Beh, questo non credo rappresenterebbe una grave perdita…-
Una volta imbarcati i bagagli, arrivò il momento di partire.
Altezza si prese qualche minuto per salutare i genitori che le avevano gentilmente accompagnate fino all’aeroporto, poi con gli occhi leggermente lucidi seguì le altre per salire in aereo.
La malinconia che l’assalì in quel primo momento lasciò spazio alla più completa euforia non appena avvertì il velivolo alzarsi in volo. Le cinque esplosero in un urlo collettivo di gioia, impazienti di vivere la nuova avventura a cui stavano andando incontro.
- Villa Ishijama, stiamo arrivando!-
Camelia ed Aaron rimasero ad osservare il cielo finché l’aereo non si fu ridotto ad un minuscolo puntino nel cielo.
Lasciando da parte la malinconia si asciugarono le lacrime di commozione, e si incamminarono verso il parcheggio in cerca della loro auto.
Una volta entrati in macchina si allacciarono le cinture di sicurezza e si avviarono verso casa.
Il silenzio nostalgico che aleggiava nell’abitacolo fu improvvisamente rotto da una domanda che Camelia ebbe il coraggio di esporre al marito.
- Ho un atroce dubbio che non riesco proprio a togliermi dalla testa, caro…- disse con aria fortemente dubbiosa.
Aaron distolse per un secondo gli occhi dalla strada, lanciando un’occhiata interrogativa alla moglie.
– Secondo te le ragazze non saranno così irresponsabili da mandarci a fuoco l’intera casa, vero?-


Angolo Autrice:

...
A volte ritornano...
Ebbene sì, sono tornata come potete vedere, dopo più di un anno di assenza da Efp torno a farmi viva su questo sito.
Mi scuso con tutti i miei lettori (se ce ne fossero ancora) per l'interruzione delle varie storie lasciate incompiute (per questo fandom parlo soprattutto de "Il Collezionista di gioielli", ancora in fase di compimento), ma è stato un anno difficile, pesante, pieno di impegni tra attività varie ed università: lo sudio porta via parecchio tempo, gli esami da dare sono tanti, e qualcosa ho dovuto lasciare indietro, in questo caso, la scrittura, con mio grande rammarico.
Nonostante ciò, come vedete, ogni tanto riesco a fare ritorno, e a concedermi il privilegio di scrivere qualcosina.
Premettendo che "Il Collezionista di Gioielli" è ancora da terminare, e che per mancanza di tempo ed ispirazione non ho più postato nulla, sebbene sia ancora intenzionata a terminare quella storia come tutte le altre (odio lasciare le cose incompiute!), tempo fa mi giunse l'ispirazione per una nuova storiella simpatica e divertente che ha come protagoniste le nostre gemelle preferite: Fine e Rein.
Riuscire a trovare del tempo per scrivere i capitoli e postarli sembra quasi un miracolo, tuttavia voglio tentare lo stesso di cimentarmi nell'impresa.
Da tempo mi ronzava in testa l'idea per questa storia, e voglio a tutti i costi portarla a termine.
Non assicuro nulla per quanto riguarda la puntualità nel postare i capitoli (purtroppo, lo dico già da ora, passerà molto tempo perchè io riesca a postare con una certa frequenza i capitoli, sommersa di impegni come lo sono ora), ma ogni tanto posso assicurarvi che nel fandom spunterà un aggiornamento della storia.
Detto questo, mi scuso con chi stava seguendo le mie storie della lunga assenza, purtrtoppo cause di forza maggiore mi hanno tenuta lontana dalla scrittura per molto tempo, ed anche in futuro sarà così.
Tuttavia privarmi del piacere di scrivere è qualcosa a cui non riesco a rinunciare, pertanto eccomi di nuovo qui ;)
Spero che il prologo sia riuscito ad incuriosirvi, come vedete rispetto all'altra fiction sono tornata ad esprimermi in un linguaggio abbastanza "normale e leggibile", una lettura certamente più leggera e divertente che spero possa tenervi compagnia.
Detto questo, con la speranza di tornare presto a postare un nuovo capitolo ma non con altrettanta certezza che ciò accada in breve tempo, vi saluto.
Perdonate il lungo sproloquio, avevo le mie ragioni da spiegare xD
Un saluto a tutti, e un grazie in anticipo a chi leggerà la storia :)

_BlueLady_

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Capitolo 2
*** Destinazione Paradiso ***


 CAPITOLO 1: DESTINAZIONE PARADISO ~

 
- Accidenti!-
Un coro di esclamazioni si levò alto nella placida e tranquilla atmosfera marittima di Wonder, una deliziosa cittadina a ridosso sul mare riconosciuta come miglior luogo di villeggiatura degli ultimi tempi.
Alla vista della villa che avrebbe rappresentato la loro casa per i successivi tre mesi le cinque ragazze, ancora immobili di fronte al cancello dell’imponente edificio e con le valigie appresso, spalancarono la bocca in un’espressione di sorpresa.
Quello era il luogo più bello che avessero mai avuto l’occasione di vedere.
Uno splendido giardino anticipava l’ingresso alla villa: cespugli di rose, lavanda e rosmarino correvano lungo i viali in pietra che conducevano all’entrata. A ridosso del piccolo piazzale che precedeva un enorme portico stavano due gigantesche palme, l’una opposta all’altra, quasi fossero i guardiani a cui era stata affidata la veglia su quel luogo paradisiaco.
Il portico era attorniato da bianche colonne in pietra che sorreggevano un ampio balcone su cui si affacciavano le grandi vetrate della villa. A destra due rampe di scale: una conduceva al piano superiore, l’altra conduceva giù in cantina.
- Toglimi una curiosità, Altezza: come mai non hai ancora preso in considerazione l’idea di trasferirti a vivere qui?- chiesero le amiche alla bionda, che si affrettò a rispondere con un grugnito di indifferenza, infilando le chiavi nella serratura del grande portone perché potessero finalmente entrare ed ammirare anche gli interni di quel gigantesco edificio.
Non appena entrarono, un forte odore di chiuso penetrò loro nelle narici. Altezza si affrettò ad aprire tutte le vetrate con l’intenzione di fare entrare un po’ di ossigeno, mentre le altre quattro ragazze si presero il tempo di curiosare per bene in ogni stanza.
- Guardate quante camere da letto ci sono! Ci potrebbe vivere un’intera generazione familiare qui!- disse Lione, sbirciando alla fine di un lungo corridoio e notando che, delle tre stanze che aveva aperto, tutte e tre erano camere da letto.
- Questa qui ha un letto matrimoniale!- esclamò Rein con gli occhi luccicanti, entrando frettolosamente nell’unica stanza da letto isolata dalle altre, la quale era anche la più grande di tutte.
- Che non ti venga in mente di stabilirti lì!- la precedette la voce di Altezza all’inizio del corridoio, mentre Rein già ci si stava infilando dentro – Quella è da sempre stata la mia camera da letto, e continuerà ad esserlo anche in futuro! Le vostre sono quelle sull’altro lato del corridoio – disse con fare autoritario, senza ammettere discussioni.
Rein rinunciò di malavoglia ad entrare nella stanza dai toni principeschi, e si avventurò con le altre ad ispezionare le altre camere.
Fine aprì con titubanza una delle porte, spaventata dal cigolio inquietante che i cardini produssero non appena vennero forzati, e dall’atmosfera lugubre che sembrava celarsi all’interno.
Rein si fiondò alle sue spalle, ansiosa di vedere di quale lusso disponeva la loro camera da letto.
Una smorfia di delusione (nel caso di Fine anche di leggero sollievo) si dipinse sul volto di entrambe quando videro che al suo interno non vi erano altro che due miseri lettini spiaccicati a ridosso del muro, e un comodino dai toni decadenti a separarli.
- Questa sarebbe la nostra stanza?- domandarono scettiche.
- Deliziosa, vero?- esclamò Altezza con sincera soddisfazione – Su, sbrigatevi a sistemare la vostra roba che poi decidiamo cosa preparare per cena. Lì c’è un armadio, se ne avete bisogno – ed indicò un vecchio mobile privo di ante dal quale proveniva un terribile puzzo di marcio, e dal quale strabordavano centinaia e centinaia di ragnatele.
Le due gemelle si guardarono negli occhi sconcertate per un istante.
- Secondo te un tempo era la stanza riservata alla servitù, questa? O magari ci rinchiudevano i prigionieri di guerra?- suppose Fine, incerta.  
- Non ne ho la minima idea, ma una cosa è certa: io qui dentro non ci dormo!- esclamò Rein stizzita ed offesa, dirigendosi a grandi passi verso la camera di Altezza.
- Altezza!- strillò inviperita, bussando con forza alla porta della bionda.
- Che vuoi?- domandò l’altra da dentro la stanza.
- Si può sapere che scherzo è questo? Ci hai rifilato la stanza peggiore di tutte!- si lamentò la turchina, posando accigliata le mani sui fianchi.
La bionda fece capolino da dietro la fessura della porta, e la guardò sorpresa.
- Come sarebbe? Osi forse dire che sono una pessima padrona di casa? -
- Oso dire che la nostra stanza fa ribrezzo: è marcia, puzzolente e piena di ragni, come puoi pretendere che io e Fine riusciamo a dormirci?-
Altezza la squadrò con fare offeso:- Credi forse che io sia una sprovveduta? Ho tutto l’occorrente per rimetterla a nuovo: scopa, detersivi e lenzuola pulite. Dormirete come delle regine una volta che sarà tutto in ordine!-
Rein non partecipò al suo entusiasmo. Continuò, anzi, ad osservarla ancora più inviperita di prima.
- Mi dici perché proprio a noi è toccata la stanza più malmessa di tutte? Guarda Lione e Mirlo: sembrano due imperatrici a confronto!-
Indicò con una profonda nota di stizza la stanza di fronte, nella quale Mirlo e Lione avevano già sistemato la propria roba, e si stavano concedendo un attimo di pausa per godersi la comodità dei loro ampi letti disposti l’uno di fronte all’altro.
Altezza lanciò un’occhiata di sbieco, sbuffando poi inacidita.
- Non è colpa mia se la stanza che vi siete scelte non vi piace!- esclamò, irritata ed offesa.
- Ti sbagli: non ce la siamo scelta, tu ce l’hai assegnata e basta! Ed è orripilante! Non possiamo dormire in un porcile come quello! Piuttosto preferisco dormire sul pavimento del salotto!-
- Bene, se non vi piace la vostra sistemazione, tanto vale che ve ne cerchiate un’altra! Non vi ho portato qui per sorbirmi le vostre lamentele da schizzinose quali siete!-  
- Non siamo schizzinose, con una pulita da cima a fondo io ci dormirei anche in quel buco, è Fine il problema! È aracnofobica, ricordi? La vista di tutte quelle ragnatele l’ha traumatizzata ed ora non riesce più a mettere piede in stanza!-
- Oh, quante storie!- brontolò Altezza, non credendo per nulla alle giustificazioni di Rein.
La turchina accennò con uno sguardo in direzione della rossa, la quale era ancora immobile all’entrata della camera rigida come un palo, un’espressione scioccata dipinta in volto e gli occhi fissi nel vuoto, in trance.
- Ragnatele… ragnatele dappertutto! Dove ci sono le ragnatele ci sono i ragni… Io odio i ragni! Mi disgustano! Non ci dormo qui dentro, nossignore!- continuava a ripetere sotto choc.
- Visto?- esclamò Rein in direzione di Altezza con tono trionfante.
La bionda sbuffò esasperata.
- Sentite: non ho un’altra camera da proporvi, perciò vi dovete far bastare quella. Basterà convincere Fine che non c’è alcun ragno, e potrete dormire sonni tranquilli anche voi.-
- Forse non hai capito: Fine non ha alcuna intenzione di mettere piede in quella stanza, né ora né mai!- ribadì ancora Rein, ferma nelle sue decisioni.
Altezza si massaggiò con forza le tempie, stressata da tutte quelle storie.
- …Non c’è una stanza da letto anche al piano di sopra?- intervenne Mirlo a un tratto, prendendo in mano la situazione.
- Già, mi riesce difficile credere che, data la grandezza della casa, non disponiate di una camera da letto anche al secondo piano!- le diede manforte Lione.
Altezza osservò le due amiche con sguardo esasperato, poi sospirò.
- Ci dovrebbe essere una camera matrimoniale, ma non ho idea in che condizioni sia – biascicò.
- E non potevi proporci quella da subito, invece di rifilarci quello schifo?- esclamò Rein spazientita.
- Ti ho detto che non so se sia in condizioni migliori di questa qui!- sbraitò Altezza.
- Beh, mostracela lo stesso: qualunque cosa sarà meglio di quella topaia che hai il coraggio di chiamare camera da letto!-
Detto fatto, le cinque ragazze si avventurarono al piano di sopra. Fine venne trascinata a forza da Rein per tutto il tragitto perché continuava a sostenere che “se avesse fatto movimenti bruschi, qualche ragno le sarebbe certamente saltato addosso”. Rein le aveva risposto che “i ragni non saltano, al massimo si calano giù dal soffitto”, ma ciò non era comunque bastato a rassicurare la rossa, che continuò a muovere piccoli passi spauriti anche quando finalmente furono al piano di sopra.
Attraversato l’atrio principale, Altezza le condusse all’interno di una piccola anticamera sulla quale si affacciavano tre porte che davano su tre stanze differenti.
Quella di destra si apriva in un piccolo bagno, quella di sinistra dava ad una camera da letto singola, mentre quella centrale dava sulla stanza matrimoniale.
Non appena le gemelle vi entrarono, i loro occhi brillarono di contentezza.
La stanza era ampia, e al centro mostrava un enorme letto matrimoniale a baldacchino sul quale anche il più ostinato degli insonni sarebbe certamente riuscito a prender sonno.
Un ampio armadio gli stava di fronte, completo di ante e privo di alcuna ragnatela, a destra una vetrata si apriva su un piccolo balcone che si affacciava al retro del giardino.
- Qui di certo non ci sono ragni!- esclamò entusiasta Fine, fiondandosi sul comodo materasso, decisamente rilassata.
- Ci voleva tanto a portarci fin qui? Questa si che è una camera da letto!- esclamò Rein più che soddisfatta, guardandosi intorno estasiata.
Altezza sbuffò inacidita:- Vi avevo affibbiato l’altra stanza perché così avremmo dormito tutte insieme sullo stesso piano, ma se ci tenete tanto a fare le asociali, fate pure!- brontolò.
Rein e Fine si lanciarono un’occhiata complice e soddisfatta.
- Ci va bene così. Dopotutto si tratta di separarci soltanto per la notte, non credo ne farete un dramma così grosso!- esclamarono in coro.
Altezza osservò le due accigliata, poi voltò loro le spalle con fare superiore, passandosi una mano tra i capelli.
- D’accordo, allora. Contente voi, contenti tutti. Ora sbrigatevi a sistemare la vostra roba e a fare il letto: dobbiamo decidere cosa mangiare per cena e infine fiondarci a dormire. Non voglio perdermi neanche un raggio di sole domattina, e se conosco bene i vostri orari dubito che, se tarderemo a coricarci, riusciremo a raggiungere la spiaggia ad un orario decente!-
 

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La mattina dopo, le cinque si svegliarono accompagnate dal canto degli uccellini e sorrisero soddisfatte quando notarono il sole splendere vigoroso in cielo, preannuncio di una giornata serena.
Ci volle un po’ più del previsto a tirare giù dal letto le due gemelle, ma con qualche insistenza in più alla fine anche le due belle addormentate cedettero al richiamo della colazione e del mare che le attendeva a pochi passi da casa.
Altezza era di buonumore: tutto stava procedendo per il meglio, e se avessero continuato di quel passo sarebbero certamente giunte in spiaggia prima delle nove e mezza.
Sbagliò, tuttavia, a gioire con così largo anticipo: quando infatti lei, Mirlo e Lione erano già complete di costume, crema solare e telo da mare, pronte più che mai ad affrontare la giornata in spiaggia, Fine e Rein, come volevasi dimostrare, tardarono a degnarle della loro presenza.
- Che diamine stanno combinando, adesso?- domandò la bionda impaziente alle altre due, per poi dirigersi a grandi passi al piano superiore della villa.
- Fine, Rein!- chiamò una volta entrata – Si può sapere quanto ci state impiegando a cambiarvi? È già da dieci minuti che vi stiamo aspettando!-
Quando entrò in camera delle due gemelle per vedere a che punto fossero con i preparativi, si stupì nel vedere una Fine ancora in pigiama sdraiata beatamente a pancia in giù sul letto e circondata da decine e decine di costumi diversi, e una Rein che le sfilava davanti indossando uno dei suddetti bichini con un’esagerata nonchalance.
- Che ne pensi di questo, Fine? Dici che può andare?- domandò la turchina alla rossa, mostrandole un delizioso costume color panna.
- Secondo me dovresti indossare quello blu, risalta di più i tuoi occhi – le disse la rossa sgranocchiando alcuni dei biscotti che aveva sgraffignato dalla cucina subito dopo colazione.
- Sicura? Non rischio l’effetto monocromatico, dopo?-
- Nah, col blu vai sul sicuro, fidati –
Impossibile era descrivere l’espressione che si dipinse sul volto di Altezza in quel momento, come era impossibile definire il colore di cui si accesero le sue guance nel constatare che non solo le due se la stavano prendendo comoda, ma non erano neanche lontanamente pronte per uscire!
- Giuratemi sui tuoi costumi e sui biscotti con cui ti stai rimpinzando che non avete intenzione di venire in spiaggia con noi stamattina!- ringhiò, attirando inevitabilmente l’attenzione delle altre due, che solo allora si accorsero della sua presenza.
- Altezza, sei venuta a vedere a che punto siamo?- domandarono allegre – Tranquilla: cinque minuti e siamo subito da voi!-
Passarono all’incirca dieci secondi prima che Altezza riprendesse a parlare.
- Questo è quello che mi avete detto anche dieci minuti fa!- sbraitò, rossa in viso – Se non siete pronte entro un secondo giuro, a nome di tutti i ragni di questa casa, che vi chiudo a chiave in quella che avrebbe dovuto essere la vostra camera fin dall’inizio e vi ci lascio per tutta la durata della vacanza!-
Detto questo le lasciò, non senza lanciare un’ultima occhiata intimidatoria nella loro direzione, giusto perché capissero il concetto, e se ne tornò da Mirlo e Lione col fumo che ancora le usciva dalle orecchie.
- Quelle due mi faranno impazzire!- piagnucolò, una volta raggiunte le altre due che si precipitarono subito a consolarla.
- Avresti dovuto mettere in conto anche questo, prima di invitare anche loro per questa vacanza!- ridacchiò Mirlo divertita.
- Credi che non ci avessi già pensato? Secondo te perché inizialmente ho assegnato loro la stanza peggiore di tutta la casa? Più avrebbe fatto ribrezzo, meno tempo avrebbero sprecato rinchiuse lì dentro!- esclamò la bionda affranta.
- Però non avevi tenuto conto della testardaggine di Rein… e dell’aracnofobia di Fine - si aggiunse Lione altrettanto divertita.
- Sono stufa di aspettare: quasi quasi le abbandono al loro destino e me ne vado in spiaggia senza di loro!- asserì Altezza decisa.
- E affidare a loro il compito di chiudere a chiave la casa, col rischio che se ne dimentichino e lascino che qualche curioso vi si intrufoli?- esclamarono in coro le altre due con fare saccente.
Al solo pensiero di ritrovarsi la casa piena di individui sconosciuti dopo neanche un giorno dall’arrivo per colpa di quelle due svampite delle gemelle, la bionda si ritrovò costretta a rivedere le sue decisioni.
- Ho capito: non ci resta che armarci di tanta pazienza ed aspettare…- mugugnò tra sé e sé, lanciando un sospiro di rassegnazione.
 – E pensare che siamo soltanto al primo giorno!-


Angolo Autrice:

Eccomi qui di nuovo!
Gli esami sono finiti, per il momento, e fino a settembre non se ne parla più, dunque ho deciso di deliziarvi (sempre sperando che sia così) con questo nuovo capitoletto, giusto per cominciare ad addentrarci un pò di più nella storia.
Presto faranno la loro comparsa anche altri personaggi, ma per chi mi segue sa come sono fatta, e sa anche che mi piacciono le narrazioni lente e dettagliate, senza tirar via nulla, perciò non spazientitevi se a far compagnia alle cinque ragazze non ci saranno subito altri ;)
Finalmente siamo giunti a destinazione: il luogo paradisiaco che rappresenterà la casa delle cinque sembra davvero il posto ideale per staccare la spina dalle preoccupazioni della città, chissà se le nostre amiche riusciranno davvero a rilassarsi come si deve...
Già mi odiate, lo so.
Ma la mia volontà è ferrea, e non lascerò trapelare nulla.
Spero che questo capitolo non vi abbia delusi, altrimenti siam messi davvero male! :S
Dato che a breve partirò per le mie meritate vacanze, non mi farò viva per un pò, e, un oò perchè mi sento in colpa a non essermi fatta sentire per così tanto tempo, un pò perchè sono appena tornata e già sparisco di nuovo, un pò perchè straordinariamente il capitolo era già pronto, ho voluto aggiornare.
Ringrazio tutti coloro che hanno recensito la storia e i lettori silenziosi, con la speranza che continui a piacervi anche in futuro.
Ora vi lascio, augurando a tutti voi delle buone vacanze.
Un bacio e a presto

_BlueLady_

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Capitolo 3
*** Tra Onde e Schizzi ***


CAPITOLO 2: TRA ONDE E SCHIZZI ~
 

Nonostante il clamoroso ritardo con cui Fine e Rein si presentarono alle compagne, l’allegra comitiva riuscì a raggiungere la spiaggia entro le dieci di mattina.
L’entusiasmo di Altezza cresceva man mano che il suono melodico delle onde che si infrangevano sulla spiaggia diventava più udibile alle sue orecchie, e ciò rappresentava di certo un bene, perché all’entusiasmo della bionda era quasi sempre associato il buonumore, dunque nessuno avrebbe corso il rischio di essere vittima dei suoi frequenti attacchi isterici, Fine e Rein in particolare, dato che la maggior parte delle volte ne rappresentavano la causa, oltre che la valvola di sfogo.
Non appena il mare fu visibile ai loro occhi, un ampio sorriso si dipinse sul volto delle cinque amiche: dal momento in cui avrebbero mosso i primi passi sulla sabbia rovente si sarebbero potute ufficialmente dichiarare in vacanza.
Rein e Fine, come al solito, furono quelle che riuscirono ad esternare di più il loro entusiasmo: la pesante sacca contenente tutti i teli da mare che gravava sulle spalle della turchina e i tre ombrelloni che la rossa teneva in braccio – “la giusta punizione per averci fatto attendere così a lungo”, l’aveva definita Altezza – non impedì loro di fiondarsi a ridosso del bagnasciuga per poter godere con le dita dei piedi del freddo contatto con l’acqua salata che carezzava la terraferma con un’innaturale delicatezza.
- Dove state andando, voi due? Vi ricordo che ci sono da sistemare ancora gli ombrelloni e i teli da spiaggia che avete abbandonato qui come rifiuti da discarica!- gridò loro Altezza, ma le due erano talmente prese a gioire per conto proprio che nemmeno le fecero caso.
- Abbiamo scelto un posto tranquillo in cui sistemarci - osservò Mirlo una volta sistemato tutto l’occorrente, con già indosso gli occhiali da sole e pronta a sdraiarsi per poter dare inizio alla sua seduta di abbronzatura.
- Si, in genere fino a inizio luglio la spiaggia libera è completamente deserta, i pochi turisti che ci sono preferiscono affidarsi agli stabilimenti vicini. – spiegò Altezza – E’ da luglio in poi che la spiaggia comincia veramente a popolarsi -
- Beh, poco male: vorrà dire che per un mese intero non ci saremo nient’altro che noi, la sabbia ed il mare!- canticchiò Lione euforica, tirando fuori dalla borsa una rivista e cominciando a sfogliarla.
- Magari la vita fosse sempre così ricca di dolce far niente e così povera di problemi!- sospirò Mirlo estasiata, incrociando le braccia dietro la nuca.
Le tre si chiusero in religioso silenzio, ciascuna godendosi il meraviglioso paesaggio che le circondava: ampie distese di sabbia biancastra affiancate dall’azzurro del mare, il dolce sciabordio delle onde che le cullava nei loro pensieri.
Di tanto in tanto faceva la sua comparsa sul bagnasciuga qualche bagnante di passaggio, tutto il resto era tranquillità, quiete, silenzio.
Una pallonata si abbatté improvvisamente sul volto di Altezza, che già si era addormenta crogiolandosi sotto il calore dei raggi solari.
- Ehi!- sbraitò la bionda, mettendosi a sedere – Chi diavolo è stato?-
Davanti a lei comparvero nientedimeno che i volti sorridenti di Rein e Fine, quest’ultima reggeva una palla bianca tra le mani, che riluceva violentemente a contatto col sole.
- Piantatela di poltrire e venite a giocare con noi!- esclamò la rossa euforica.
- Vi va di fare una partita?- le diede manforte la turchina.
- Certo che siete proprio seccanti, voi due!- si lamentò Altezza senza accennare ad alzarsi – Non vedete che stiamo prendendo il sole?-
- Potete prenderlo anche mentre giocate - asserì Fine, porgendo una mano a Mirlo e Lione per aiutarle ad alzarsi.
- Mi dispiace, ma ho un programma di abbronzatura ben preciso da rispettare, e giocare a pallavolo con voi non rientra nelle mie intenzioni - affermò la bionda puntigliosa.
- Come vuoi, vecchietta. Ma non venire a lamentarti con noi se poi cominci ad annoiarti standotene qui tutta sola soletta – rispose Rein di rimando, voltandosi per raggiungere le altre che già si erano incamminate.
Nell’udire quella parola, Altezza non poté fare a meno di inacidirsi.
- Vecchietta a chi? Vi dimostrerò io chi è la vera vecchietta tra di noi!- esclamò, e si alzò per rincorrere le altre ed unirsi al gioco che già avevano iniziato.
 
L’acqua del mare così tersa e limpida era una tentazione troppo grande perché le cinque non fossero tentate di entrarvi, continuando il loro gioco tra la spuma delle onde e il sale sulla pelle.
Perfino Rein che di acqua non voleva proprio saperne non aveva resistito ad immergersi, e si era fatta promettere dalle amiche che non si sarebbero spinte più in là di un paio di metri dalla spiaggia.
La prima a tuffarsi, la palla ancora tra le mani, fu Fine. Le si poteva rimproverare di tutto, ma non che non fosse una brava nuotatrice. A detta di tutte – Altezza esclusa, perché ovviamente riteneva dovesse spettare a lei il primato su ogni cosa – era la migliore nuotatrice del gruppo, una vera e propria sirena.
La stessa cosa non si poteva certo dire della sorella: sebbene, infatti, Fine e Rein fossero simili sotto molti punti di vista, il nuoto non era certo una cosa che le accomunava.
Rein era un disastro in acqua: le bastava spingersi anche solo un centimetro più in là dalla secca per entrare nel panico più totale e gettare bracciate a destra e a manca, nell’attesa che qualche buona anima accorresse in suo aiuto.
Nessuno era mai riuscito a comprendere fino in fondo questa sua debolezza: fin da piccola aveva preso lezioni di nuoto assieme alla sorella sotto volere della madre, e se la cavava anche discretamente. Perfino Fine ignorava la ragione di tanta paura.
Quando Rein, dunque, vide la sorella gettarsi a capofitto tra le onde del mare seguita a ruota dalle altre compagne, rimase immobile a riva ad osservarle, rammaricata e delusa per non poterle raggiungere.
- Che aspetti a raggiungerci? Continuiamo la partita in acqua!- le aveva urlato Fine da lontano, incitandola con la mano.
- Sai benissimo che ho paura, tornate indietro voi!- le rispose di rimando, leggermente offesa per l’esclusione improvvisa.
- Guarda che qui si tocca, non c’è nulla di cui aver paura - ribadì Fine, desiderosa di sfruttare quella vacanza per far passare a sua sorella il timore dell’acqua a tutti i costi.
Rein prese coraggio, immergendo un piede.
Il mare la accolse riversandole addosso un’onda che arrivò a sfiorarle il ginocchio. La turchina si ritrasse spaventata sentendo le gambe irrigidirsi, il cuore che le martellava in petto e le lacrime agli occhi.
- Non ci riesco, Fine, ho troppa paura!- disse alla rossa, che in due bracciate la raggiunse a riva.
Fine lasciò che la sorella si sfogasse un attimo sulla sua spalla, poi tentò di infonderle il coraggio necessario a muovere due passi in acqua.
- Se ci addentriamo giusto il necessario perché l’acqua ci arrivi a bagnare i fianchi, ci entri in acqua con me?- le domandò, fissandola negli occhi ancora leggermente lucidi.
Rein ricambiò lo sguardo preoccupata ed indecisa.
- Dai Rein! Dovrai pur entrare, se vuoi aiutarmi a sconfiggere Altezza! Noi due siamo una squadra, ricordi?-
Rein parve non ancora del tutto convinta, ma Fine non demorse.
- Guarda che meraviglia che è quest’acqua! È talmente limpida da potercisi specchiare! Non vorrai rinunciare ad immergerti in un paradiso come questo, vero?-
Il sorriso che la rossa le rivolse non poté fare a meno di contagiare anche lei.
- Promettimi che non ci spingeremo più in là di due metri da riva – le disse, asciugandosi le ultime lacrime e riacquistando tutta la sua determinazione.
Il volto di Fine si illuminò.
Così, un passo indeciso dopo l’altro, Rein si lasciò finalmente condurre in acqua. La consapevolezza di essere riuscita almeno in parte a contrastare la sua più grande paura e il senso di soddisfazione che le provocò l’immersione in quell’acqua purissima le fecero riacquistare tutta la sua grinta e la sua determinazione. Ben presto Rein si dimenticò addirittura di trovarsi tra le onde del mare, e riuscì a concentrare tutto il suo entusiasmo solo ed esclusivamente sul gioco.
Lei e Fine formavano una squadra fortissima, non tanto perché fossero due campionesse dello sport – Rein, purtroppo, peccava anche in quello – ma perché, essendo così affiatate l’una con l’altra, riuscivano perfettamente a provvedere alle loro piccole distrazioni.
Rein mancava una palla, e Fine si trovava già dietro di lei pronta a riceverla al suo posto; Fine sbagliava un attacco, ed ecco che Rein era pronta a ricevere la palla per servirgliela di nuovo e permetterle di segnare un punto.
Il loro era quasi un rapporto simbiotico: ancor prima che una potesse sbagliare la sua mossa, l’altra era già pronta a rimediare all’errore. Insieme rappresentavano una forza della natura praticamente impossibile da sovrastare.
Altezza, Mirlo e Lione dovettero applicare tutta la loro energia e concentrazione per riuscire a contrastarle.
La bionda, desiderosa di dimostrare la sua supremazia e presa da un eccessivo entusiasmo, nel tentativo di segnare un punto tirò una schiacciata talmente forte da dirigere la palla parecchio lontano dal punto in cui si trovavano.
- Altezza, guarda dove hai mandato la palla! Così la corrente la trascinerà via e ci vorrà una vita a recuperarla!- si lamentarono le altre, osservando sconsolate la distanza che le separava dal loro obiettivo.
- Mi sono lasciata un po’ andare, capita – esclamò Altezza giustificandosi – Ora vado a riprenderla –
- Lascia, faccio io - asserì Rein, troppo presa dall’entusiasmo per poter riflettere per bene sulla situazione e rendersi conto che, là dove si trovava la palla, la secca cessava di esistere.
Ignorò perfino il disperato tentativo di Fine di avvertirla riguardo al pericolo, e continuò a sguazzare imperterrita tra le onde finché non riuscì a sfiorare la palla con le mani.
La forte corrente l’aveva spinta parecchio lontano, e solo allora Rein si rese conto di come la sabbia era venuta improvvisamente a mancarle sotto i piedi.  
Si voltò disperata in cerca di aiuto, e sbiancò nel notare che Fine e le altre erano troppo lontane perché la potessero sentire.
Come era riuscita a spingersi da sola fin lì?
Le gambe cominciarono ad irrigidirsi ed il cuore prese a batterle all’impazzata. Era sola in balia delle onde, una palla da pallavolo come unica ancora di salvezza.
Provò a lanciare un grido di aiuto prima di prendere ad agitare braccia e gambe in maniera del tutto sconnessa, incapace di trattenersi al di sopra della superficie dell’acqua.
- Aiuto! Non so nuotare!-
Nel tentativo di incamerare aria sufficiente a chiedere soccorso, non riuscì ad evitare di scivolare sott’acqua, inglobando così un’ingente quantità di liquido che le andò a finire in parte in gola, in parte nello stomaco.
Quando risalì in superficie, le lacrime agli occhi per la consapevolezza di essere sola in mezzo al nulla, udì una voce in lontananza chiamarla per nome.
Man mano che la voce si faceva più vicina, si stupì di notare, tra le onde e gli schizzi provocati dal suo continuo annaspare, una chiazza rossa che si faceva via via sempre più grande.
- Rein! Sto arrivando!- sentì gridare, e dopo aver ingabbiato un altro litro d’acqua, tornando in superficie ancora una volta, riconobbe la sagoma di Fine accanto a sé.
- Rein! Ci sono io con te, dammi la mano, avanti!- le disse la rossa, provata per la troppa fatica, ma non meno intenzionata a salvarla.
- Fine, aiutami!- strillò l’altra, annaspando nella sua direzione nel tentativo di raggiungerla.
Altre due bracciate e Fine la raggiunse, afferrandole entrambe le mani nel tentativo di sorreggerla.
- Non agitarti così tanto, altrimenti non concluderai nulla! Reggiti a me quanto basta per stare a galla e cerca di muovere le gambe una dopo l’altra per tenerti in superficie - le ordinò la rossa autoritaria, ma Rein era così spaventata che, nel tentativo di trovare un appiglio a cui aggrapparsi per non affogare, arpionò la sorella con forza, trascinando anche lei sott’acqua.
Fine, esperta nuotatrice, non si lasciò sottomettere dal panico e tornò subito a galla, tentando in tutti i modi di trascinarsi con sé Rein.
- Rein, accidenti, non tirarmi giù, altrimenti affogheremo tutte e due!- riuscì a dirle, prima di essere nuovamente trascinata sotto da un’onda che le travolse entrambe.
Quella fu l’ultima cosa che videro prima di sprofondare tra gli abissi del mare. Tutto il resto fu buio.
 

¤¤¤¤¤¤

 
Quando Rein aprì gli occhi in seguito ad un violento colpo di tosse che le fece sputar fuori litri e litri d’acqua, si stupì di ritrovarsi davanti due occhi cobalto che la fissavano straniti, affondando le iridi scure nelle sue.
Balzò subito a sedere, cercando con preoccupazione crescente la presenza della sorella che ritrovò accanto a sé, altrettanto stranita e confusa di essersi ritrovata davanti agli occhi uno sguardo cremisi che la osservava dall’alto, oscurandole la visuale.
- Allora siete vive!- esclamò uno dei due paia di occhi con tono sollevato – Temevamo di non essere arrivati in tempo!-
- Che diamine è successo?- domandarono le due rintontite, posandosi una mano sulla testa che doleva da matti, e focalizzando di fronte a loro le sagome di due ragazzi, uno biondo e uno moro, in piedi davanti a loro.
Alzarono lo sguardo in cerca dei loro volti, e sobbalzarono di sorpresa non appena riuscirono ad individuarli. Quelli che si trovavano davanti erano due ragazzi decisamente attraenti, il solo pensiero di essere state salvate da due tipi come loro le fece arrossire di imbarazzo.
A Fine non sfuggì lo sguardo magnetico del moro che le osservava tra un misto di perplessità e scetticismo. Rein, d’altra parte, rimase completamente incantata dall’espressione sorridente e premurosa che il biondo stava rivolgendo loro.
- …Che ti avevo detto, Bright? Quelle che si agitavano tanto in mare erano due ragazze, non due foche monache come avevamo supposto all’inizio – esordì all’improvviso il moro, completamente indifferente alle loro condizioni.
Fine, ancora indolenzita e dolorante, nemmeno fece caso alle sue parole, ma Rein, che nonostante il rintontimento si era già alzata in piedi piena di buone intenzioni verso i due giovani che le avevano tratte in salvo, nell’udire quella frase improvvisamente si inacidì.
- Foche monache a chi?!- ebbe la forza di urlare in direzione del moro, che non si scompose minimamente di fronte alla sua ostilità – Ti ricordo che stavamo per morire annegate, un po’ di apprensione sarebbe gradita!-
Il moro le lanciò uno sguardo sorpreso:- Ma se non ti conosco nemmeno! Non è colpa mia se avete deciso di fare il bagno quando neanche sapete nuotare!-
- Per tua informazione stavamo giocando a riva, quando la corrente ha spinto la palla a largo e ci siamo tuffate per riprenderla! –
- Ah, si? Beh, con lo stile a balenottera che ti ritrovi dubito saresti riuscita spingerti tanto lontano!-
Stile a balenottera?! Ringrazia che quando mi hai soccorso fossi svenuta e non abbia potuto rabbrividire di fronte al tuo, di stile! –
- Sai che mi importa del tuo giudizio, non sei nemmeno riuscita a recuperare la palla –
- Beh, dato che sei tanto fenomenale, potevi pensarci tu, no?-
- Infatti è quello che ho fatto: eccola, la tua stupida palla!-
- Bene.-
- Bene.-
- Bene!-
Il moro piazzò il pallone perfettamente immacolato davanti agli occhi di Rein perché lei potesse strapparglielo di mano senza neanche un ringraziamento, ed i due presero poi ad osservarsi in cagnesco lanciandosi occhiate d’odio reciproco. Il biondo, d’altro canto, dedicò la sua attenzione a Fine che era ancora seduta a terra.
- Non ditemi che ci avete salvate dall’annegamento – biascicò la rossa ancora mezza intontita, afferrando la mano che lui le offrì per alzarsi.
- Diciamo di si – rispose quello pimpante – e la vostra fortuna è stata magnanima a far si che vi notassimo in tempo, prima che veniste trascinate giù dalle onde – continuò.
Fine barcollò ancora un istante, prima di riuscire a reggersi in piedi con la sola forza delle sue gambe.
- Già, uhm, allora suppongo che dovremmo ringraziarv…-
Non fece in tempo a pronunciare la frase, che subito un trio di voci acute e stridule si materializzò alle loro spalle, facendoli sobbalzare tutti e quattro dallo spavento.
- Fine, Rein! State bene grazie al cielo! Vi abbiamo cercato dappertutto! -
- Temevamo vi fosse successo qualcosa di grave! Stavamo per mobilitare l’intera Guardia Costiera perché partissero alla vostra ricerca! -
- Si può sapere che diavolo vi è passato per quel cervello bacato che vi ritrovate?!-
Le due si voltarono nella direzione di chi le chiamava per nome, e si ritrovarono davanti i volti sollevati e rigati di lacrime di Mirlo e Lione, più il volto adirato di un’Altezza alquanto isterica.
Rimasero in silenzio, ancora piuttosto intontite, sorbendosi gli strilli della bionda che continuarono a perforar loro le tempie per più di dieci minuti.
- … Potevate morire, ve ne rendete conto?! Cosa avrei dovuto dire ai vostri genitori se solo fosse successo che… Ah, ma questa me la pagate, me la pagate sul serio!... Che non vi venga mai più in mente di fare una simile cazzata!... Cosa avrei fatto senza di voi? Siete le mie migliori amiche, come pensavate che avrei reagito alla notizia della vostra morte?!... E tu, Rein, per giunta, proprio tu che non sai nuotare dovevi precipitarti a recuperare quella stupida palla?!... Lo dicevo io che non avremmo dovuto giocare a pallavolo!-
Non appena ebbe terminato il suo acceso sproloquio, Altezza prese qualche secondo di respiro per calmarsi, poi tornò a concentrarsi sulle gemelle che ancora la osservavano con sguardo mortificato e colpevole.
- Oh beh, per fortuna state bene – esordì in un ultimo sospiro – Come avete fatto a tornare a riva?- chiese poi, guardandole con fare interrogativo.
Le due indicarono i due ragazzi alle loro spalle, che osservarono la bionda con fare sorpreso e divertito. Non appena Altezza realizzò chi aveva di fronte, sbiancò spalancando gli occhi incredula.
- E voi due cosa ci fate qui?!- esclamò, indicando i due ragazzi che scoppiarono in un’allegra risata. Rein, Fine, Lione e Mirlo li osservarono senza capire.
- Ehilà, sorellina!- salutò il biondo agitando una mano nella sua direzione – Ne è passato di tempo dall’ultima volta, eh?-
Non appena udirono la fatidica parola, le quattro si girarono in direzione di Altezza.
- Tu li conosci?- domandarono, ancora scioccate per le troppe emozioni di quella giornata.
La bionda sospirò rassegnata:- Purtroppo si: questi sono mio fratello Bright, e mio cugino Shade – disse, posandosi una mano sulla fronte avvilita.
Ancora incapaci di assimilare bene la notizia, le quattro esplosero in un grido collettivo.
- Tu hai un fratello?!- esclamarono incredule, guardandosi l’un l’altra. La bionda annuì.
- Tu hai un fratello e non ci hai mai detto niente?!- esclamò Rein, precipitandosi da lei e scrollandola per le spalle, guardando prima lei poi Bright, prima Bright poi lei.
- E’ quello che ho detto: ho un fratello!- esclamò l’altra, sciogliendosi dalla presa di Rein – Bright e Shade sono coetanei e frequentano una scuola fuori città, per questo in tutti questi anni le poche volte che vi ho ospitato a casa mia non avete avuto l’occasione di godere della loro piacevole presenza – spiegò, accentuando in tono ironico la penultima parola.
- Oh - fecero quelle, finalmente partecipi del mistero.
- Quello che vorrei sapere – continuò la bionda volgendo un’occhiata stizzita verso i due – E’ cosa ci facciate voi due qui in questo momento.-
I due si guardarono un istante negli occhi, poi sospirarono rassegnati.
- Non dovrei confessarti questa cosa, se mamma venisse a sapere che ho cantato si infurierebbe a morte con entrambi – disse Bright, abbassando lo sguardo.
- Preferisci la furia Camelia alla furia Altezza?- lo minacciò la sorella fulminandolo con gli occhi.
Bright sospirò un’ultima volta prima di cantare.
- D’accordo, come vuoi. Mamma non si fidava a lasciare cinque ragazze da sole in un paesino sperduto e così lontano da casa, a capo di una villa ancora più grande e isolata, così ha incaricato me e Shade di tenervi d’occhio -
- E a quanto pare non si sbagliava…- esordì il moro, volgendo un’occhiata eloquente a Rein che lo fulminò di rimando.
- Abbiamo affittato un appartamento qui vicino per poter intervenire in caso di emergenza, nella speranza che tu non ci scoprissi. Chi l’avrebbe mai immaginato che le due ragazze che abbiamo soccorso fossero proprio le tue amiche!- ridacchiò il biondo, piuttosto imbarazzato.
Altezza, al contrario, era furibonda.
- Mamma vi ha incaricato di spiarmi? Ha così poca fiducia in me da mandare quell’idiota di mio fratello e suo cugino a tenerci sotto stretta sorveglianza? Ma cosa pensava avremmo mai potuto combinare? Temeva le incendiassimo la casa?- chiese rabbiosa.
Bright alzò le spalle, colpevole:- Beh, in un certo senso…-
- Sono sconvolta, Bright. Sconvolta! Non credevo che mamma e papà avessero così poca fiducia in me! Se davvero temevano chissà quale catastrofe, avrebbero potuto negarmi questa vacanza!-
- Temevano di ferirti dicendoti che non si fidavano di te, Altezza…- si giustificò Bright, tentando di calmare la sorella.
- O delle tue amiche…- si aggiunse Shade, ridacchiando sotto i baffi mentre Rein gli lanciava l’ennesima occhiataccia.
- Ferirmi? Credi che mandandovi in gran segreto a spiarmi non mi abbiano ferita? Mi avete umiliata di fronte a tutte le mie amiche!- esclamò ancora scioccata, con le lacrime agli occhi.
- Suvvia, Altezza, credo che se adesso ci lasciaste venire a casa con voi la cosa si risolverebbe…-
- Lasciarvi venire con noi? Neanche per sogno! Mi avete umiliata e pretendete anche che io vi prenda in casa con me? Non avete detto che avete il vostro appartamento dove stabilirvi? Bene, allora restateci e lasciatemi in pace!- strillò l’altra, prima di dar loro le spalle e dirigersi verso casa – Andiamo, ragazze. Qui non abbiamo più nulla da fare.- disse infine, costringendo anche il resto del gruppo a seguirla.
Le cinque ragazze si incamminarono, lasciandosi alle spalle i due ragazzi che le osservarono andare via senza tentare di fermarle.
Il biondo lanciò un sospiro rammaricato: - Sapevo che questa non sarebbe stata una buona idea - mormorò a Shade abbattuto, osservando la sagoma della sorella che si allontanava sempre di più.


Angolo Autrice:

...Si, beh, ehm...come dire....
Ciao, vi ricordate di me?
Probabilmente no...
Mi sembra quasi di essere sfacciata a tornare a postare qui su Efp 
le mie storie dopo due anni di assenza... mi sento quasi estranea.
Io devo chiedere perdono a chiunque stesse seguendo le mie storie, e si sia ritrovato ad attendere un seguito per tutto questo tempo.
I motivi sono sempre gli stessi: in primis l'università mi ha prosciugato qualsiasi stralcio di tempo libero che mi era rimasto disponibile, poi si sono aggiunti casini in famiglia, impegni vari... e non ho più avuto tempo di dedicarmi ad alcuna storia, con mio grande, grandissimo, enorme rammarico.
Ma adesso è estate: ho passato l'ultimo esame di questa sessione estiva, e magicamente mi ritorna l'ispirazione e il tempo per scrivere... e, beh, scrivo!
So che devo concludere anche l'altra mia fiction "Il Collezionista di Gioielli"... ci tengo molto a portarle a termine entrambe, purtoppo i tempi di pubblicazione dei capitoli saranno molto dilatati, perchè uno mi è morto definitivamente il computer (ora sto utilizzando quello di mio padre, che però gli serve a lavoro, quindi finchè non risolverò il problema sarà molto difficile che io abbia il materiale per continuare la setsura delle fic), e due, a settembre comincerò il tirocinio che mi accompagnerà nel
mio ultimo (si spera!) anno di università, quindi il tempo a disposizione per scrivere sarà ancora meno.
Eppure torno a postare un capitolo, forse per minacciarvi ancora della mia presenza o forse no, ma volevo far sapere a voi lettori (chissà se ne è rimasto ancora qualcuno) che io ci sono, e nel bene o nel male, porterò a termine queste fiction, perchè sono testona, odio lasciare le cose a metà e soprattutto non voglio privare voi del piacere di sapere come vanno a finire le mie storie.
Lo devo a tutti quelli che mi hanno seguita fin'ora e che si sono appassionate ai miei racconti.
Perciò non temete, tornerò a farmi viva prima o poi, vi chiedo solo di avere molta pazienza...
Mi scuso ancora con tutti per la lunga assenza, riuscirò a portare a termine quello che ho iniziato.
Un enorme grazie a chi ha recensito lo scorso capitolo, e a chi ha letto la fiction.
Per Il Collezionista di Gioielli credo dovrete pazientare ancora un pò per avere un aggiornamento... la mancanza di tempo e ispirazione non giova alla stesura di quella fic, quindi, a malincuore, voglio prendermela con comodo ad aggiornarla, per non rischiare di rovinarla proprio adesso che si arriva alla soluzione del mistero.
Detto questo, ho finito davvero.
Buone vacanze a tutti!
Un bacio

_BlueLady_ (Vale)

 

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Capitolo 4
*** Seconda Opportunità ***


~ CAPITOLO 3: SECONDA OPPORTUNITA’ ~
 
La mattina successiva, con grande sorpresa di tutte, fu Altezza quella che si rifiutò di abbandonare il proprio letto per dirigersi in spiaggia.
La bionda si dimostrò insofferente a qualsiasi supplica, ostile ad ogni ordine impartitole e fortemente ferma nelle sue decisioni. Non si alzò neppure quando udì un botto sordo provenire dalla cucina, un rumore di vetri infranti seguito dalle imprecazioni di Fine e dai rimproveri di Lione riguardo una “tazza preferita” e il fatto di averla “ridotta in frantumi”.
Mirlo cercò di spronarla ad alzarsi per far loro compagnia durante la colazione, ma la bionda in risposta biascicò che “non era Fine, e non le sarebbe certo bastata la scusa di una brioche calda e appena sfornata che la attendeva accanto ad una tazza di caffè fumante per convincerla a fiondarsi fuori dal letto”.
La castana se ne tornò sconsolata in cucina, annunciando la spiacevole notizia alle altre tre non senza nascondere la sua preoccupazione per le condizioni dell’amica.
In seguito alla notizia datale dal fratello il giorno prima, Altezza era sprofondata in un’orda di depressione da cui si era rivelato impossibile farla uscire. Non faceva che parlare di complotti e fiducia tradita, di delusione e di menzogne.
Rein aveva provato a parlarle – dato che, tra le quattro, era quella più adatta a tener testa ai suoi momenti di isteria – per convincerla a dimenticarsi del fratello e dell’odioso cugino, ma nessuna parola parve funzionare. Anzi, arrivò perfino ad accusare le due gemelle di essere la causa di tutti i suoi mali, poiché “se non avessero rischiato di annegare, a quest’ora sarebbe stata ancora ignara di tutto e avrebbero potuto godersi la vacanza come era giusto che fosse.”
La turchina non reagì di fronte a quell’accusa che la rabbia verso il nucleo familiare le aveva fatto pronunciare di sproposito, ma anzi provò a suggerirle di offrire a Bright e Shade una seconda opportunità.
- Dopotutto hanno agito sotto volere di tua madre, non puoi fargliene una colpa così grossa.-
- Non mi importa se hanno agito o meno di testa loro, avrebbero comunque potuto rifiutarsi di farlo!- strillò la bionda inviperita, stingendo con forza il cuscino che aveva tra le mani.
Rein non poté fare a meno di pensare quanto fosse fortunato Bright in quel momento a non essere quel povero cuscino.
- Secondo me sbagli a comportarti così. Non è accaduto nulla di male, in fondo, hai soltanto avuto la prova di quanto la tua famiglia tenga a te e alla tua incolumità – le disse – E poi pensa che fine avremmo fatto io e Fine se tuo fratello e Shade non fossero stati qui in questo momento!- ridacchiò la turchina, ma nel profondo non poté fare a meno di rabbrividire al solo ricordo della giornata precedente.
- In effetti hai ragione – parve distendersi la bionda.
A Rein parve di stare sognando, in quanto accadeva di rado che Altezza desse ragione a qualcuno che non fosse lei stessa.
- Già!- esclamò la turchina, quasi commossa per la buona riuscita della missione.
- Ma si, in effetti deve essere così – continuò la bionda gongolando tra sé e sé – se la mamma ha mandato qui Shade e Bright non l’ha fatto certo per me, poiché sa che dispongo di maturità e giudizio. Dev’essere certamente colpa vostra. La mamma ha ragione a diffidare di due disastri come lo siete te e tua sorella –
Rein sbatté due volte le palpebre come per chiedersi se Altezza avesse veramente pronunciato quel che aveva pronunciato.
- Veramente quello che io intendevo era…- provò a difendersi, ma la bionda non l’ascoltò e si alzò dal letto con il buonumore completamente a nuovo, canticchiando allegra mentre se ne andava in cucina a godersi la sua colazione.
Nel vederla uscire dalla camera con il sorriso sulle labbra Mirlo, Lione e Fine si affacciarono alla porta con gli occhi spalancati, ed osservarono Rein che ancora era seduta sul letto con ammirazione ed incredulità.
- Come diamine hai fatto a renderla così di buonumore?- chiesero meravigliate, ascoltando il cinguettio della bionda proveniente dalla cucina.
La turchina alzò le spalle, scuotendo la testa con rassegnazione:- E’ bastato che si convincesse del fatto che niente può accadere per colpa sua – ridacchiò, mentre giungeva alle loro orecchie la voce spazientita di Altezza che domandava che fine avesse fatto la sua tazza preferita.
 
¤¤¤¤¤¤
 
A colazione terminata, le cinque ragazze decisero di dirigersi nel centro del paese a fare un po’ di spesa per i giorni successivi. Il frigo era completamente vuoto, e il solo pensiero che Fine rischiasse di rimanere a stomaco vuoto anche solo per una sera mise tutte in allarme.
Altezza, ovviamente, si era messa a capo della comitiva poiché “conosceva il centro del paese come le sue tasche, ed avrebbe certamente assicurato loro un pasto da regine comprando tutto l’occorrente nei migliori negozi.”
Dopo aver setacciato con cura ogni singolo ortaggio proposto loro dal fruttivendolo, e dopo essersi fatte consigliare i migliori tranci di carne dal macellaio, le cinque come ultima meta si diressero in panetteria.
- Il pane e i dolci migliori di tutta Wonder li trovate certamente qui – annunciò Altezza, entrando in uno dei tanti forni presenti nei paraggi da cui proveniva un profumo delizioso (secondo Fine), e che portava il simpatico nome di “Bread & Breackfast”.
Non appena entrarono l’odore del pane appena sfornato invase loro le narici, e fece venire l’acquolina in bocca perfino a Rein, che di cibo se ne interessava poco o niente.
L’interno del locale era elegante, pur mantenendo l’aspetto rustico tipico dei forni di un tempo.
Oltre al bancone sul quale spaziavano dolci, pagnotte e pasta di tutti i tipi, c’erano anche un paio di tavolini sui quali i clienti potevano sostare per godersi in tranquillità il loro succulento acquisto.
Altezza gongolò soddisfatta quando percepì l’entusiasmo delle quattro amiche, e si diresse a passi decisi verso il bancone con le idee ben chiare su cosa farsi servire.
Quando la commessa ebbe terminato di servirla e le annunciò il prezzo, la bionda tirò fuori dalla borsetta il portafogli mettendosi a contare gli spiccioli per raggiungere la somma richiesta.
- Mi mancano dieci centesimi – osservò quand’ebbe svuotato per bene il portafoglio – qualcuna di voi ha da prestarmene?-
Le altre quattro le lanciarono un’occhiata desolata, riferendole che nessuna di loro si era portata con sé altri soldi poiché avevano pensato che quelli della cassa comune sarebbero bastati.
- Accidenti, e ora come facciamo?- si lamentò Altezza lanciando un’occhiata preoccupata in direzione della commessa che la ricambiò volgendole uno sguardo spazientito.
- Serve aiuto?- le domandò una voce familiare alle sue spalle. La bionda sbuffò inacidita non appena riconobbe la sagoma del fratello e del cugino dietro di sé che le sorridevano compiaciuti.
- Bisogno, sorellina?- domandò Bright ridacchiando, e porgendole i tanto sospirati dieci centesimi davanti agli occhi.
Altezza afferrò sgarbatamente la moneta dalla mano di Bright fulminandolo con lo sguardo, poi si affrettò a pagare la commessa che aveva preso a sbuffare e a lamentarsi.
- Perché dovete seguirci dovunque andiamo?- chiese aspra non appena si ritrovarono fuori dal negozio – Non avete una vita sociale anche voi?-
- Seguirvi?- esclamarono quelli stupiti – Non vi stavamo seguendo. Eravamo soltanto venuti qui a far colazione – si giustificarono.
- Beh, vedete di sparire in fretta: sono ancora molto arrabbiata con voi due!- gli sbraitò contro la bionda, senza cessare di fulminarli con gli occhi.
- Ehm, Altezza, ricordi il discorso fatto stamattina?- si fece coraggiosamente avanti Rein in difesa dei due ragazzi.
 – Non avercela con loro soltanto perché si preoccupano per te - si aggiunse Mirlo in sostegno alla turchina.
- Dopotutto senza di loro saremmo ancora dentro a cercare di racimolare quei dannatissimi centesimi per poterci comprare il nostro tozzo di pane!- esclamò Lione.
- Dai loro una seconda possibilità - la pregò Fine.
 Altezza rifletté in silenzio per un istante, mentre sul volto dei due ragazzi comparve l’ombra di un sorriso.
- Quanto odio quando avete ragione! - sibilò a denti stretti la bionda stringendo i pugni.
Le quattro si guardarono compiaciute, volgendo poi un’occhiata complice in direzione dei due ragazzi.
- Allora, ci prendi in casa con te?- chiese Bright speranzoso, ormai certo della vittoria.
- Non correre troppo, Bright – si affrettò a rispondergli la sorella con una nota maligna nel tono di voce – Vi perdono per la faccenda dello spionaggio, ma ciò non significa che vi prendiamo in casa con noi. Non ancora, almeno. Prima vi lascerò soffrire un po’ per aver fatto comunella con mamma alle mie spalle - asserì decisa.
- Con questo vuoi dire che dobbiamo ancora dormire in quel buco di appartamento che abbiamo affittato per tenervi d’occhio?- domandò Shade annoiato, mentre Bright sospirava rassegnato.
Gli occhi di Altezza scintillarono di perfidia: - La furia di Altezza non perdona… – mormorò, ghignando soddisfatta.
- E sia – sospirarono quelli, accettando la loro punizione – possiamo almeno passare stasera per farvi un saluto?- domandarono ancora, nella speranza che concedessero loro almeno quel privilegio.
Le cinque ragazze si rivolsero un’occhiata complice.
- Vada per stasera – dissero in coro, lasciandoli per tornare a casa a sistemare gli acquisti appena fatti.
Prima di perderli di vista, le due gemelle si concessero il tempo di osservare ancora per un istante i loro salvatori.
Il volto di Rein si accese di un’espressione sognante alla vista del sorriso che apparve sul viso di Bright, mentre le gote di Fine si imporporarono un poco incontrando di sfuggita lo sguardo di Shade.
- Posso chiederti una cosa, Altezza?- domandò la turchina una volta riemersa dai suoi dolci pensieri – Dove hai tenuto nascosto tuo fratello fino ad ora?- 


Angolo Autrice:

Ehilà!
Oddio, non è passato così tanto tempo dall'ultima volta che mi sono fatta viva!
Ciò è assolutamente positivo, non credete anche voi?
Come vedete, sono qui con un nuovo capitolo... è ancora un capitolo di transizione, quindi non succede niente di che, ma è necessario per lo svolgimento della storia.
Dal prossimo le cose cominceranno a movimentarsi sempre più, e cominceremo a vedere come le due gemelle si rapportano con i due nuovi arrivati... ci saranno alcuni siparietti davvero divertenti, perciò vi consiglio di non perderveli ;)
Noto con piacere che nonostante la lunga assenza qualche recensore c'è, e la cosa mi rende immensamente felice!
Per voi che recensite e per tutti coloro che leggono continuerò a scrivere questa storia, nel bene o nel male :)
Vi chiedo solo un pò di pazienza purtroppo.... il tempo scarseggia. Ma abbiate fiducia!
Detto questo, vi saluto e ringrazio davvero di cuore tutti coloro che hanno piacere di leggere e recensire la storia. Il vostro parere conta!
Un abbraccio a tutti

_BlueLady_


 

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Capitolo 5
*** Sfidami, se hai Coraggio! ***


~ CAPITOLO 4: SFIDAMI, SE HAI CORAGGIO! ~
 
Shade e Bright raggiunsero le cinque ragazze giusto quando il sole aveva cominciato il suo lento tramontare. Altezza li accolse con benevolenza, sebbene nutrisse nei loro confronti ancora qualche leggero rancore.
I sette cenarono all’ombra del portico al piano terra che affacciava direttamente sul giardino. Le ragazze, sapendo di avere ospiti, si erano date da fare per ripulire a fondo la casa e per preparar loro un pasto che certamente avrebbero gradito.
Tutte avevano partecipato all’impresa. Sotto la supervisione di Altezza ognuna aveva dato il proprio contributo: Mirlo e Lione si erano messe ai fornelli; a Fine e Rein era toccata invece la pulizia della casa, poiché entrambe non godevano di strabilianti doti culinarie.
Bright e Shade, dunque, si erano visti trattare come due ospiti di grande rispetto nonostante la loro severa punizione, e i due erano quasi assolutamente certi che ciò fosse dovuto al fatto che Altezza si sentisse leggermente in colpa per avergli negato la permanenza nella villa.
A cena conclusa, i sette si radunarono tutti dentro la villa con l’intento di fare quattro chiacchiere e conoscersi meglio.
- Perché non ci sistemiamo fuori a godere della brezza marina, invece che rinchiuderci qui dentro a morire dal caldo?- chiese Rein perplessa al resto del gruppo, notando che stava calando una nottata così piacevole e tranquilla che sarebbe stato un vero peccato non approfittarne.
- E’ meglio se stiamo in casa per stasera, non si sa mai a che pericoli possiamo andare incontro – le rispose allarmata Altezza dopo essersi scambiata un’occhiata eloquente col fratello e col cugino.
- Che pericoli dovremmo mai affrontare stando seduti a chiacchierare sotto un portico?- domandò la turchina scettica, esponendo ad alta voce un dubbio che stava assillando anche il resto delle sue compagne.
I due ragazzi si scambiarono un’occhiata complice prima di risponderle.
- Non credo ci sia il bisogno che voi lo sappiate, non è il caso di farvi preoccupare – disse Bright, acquistando un tono serio e autoritario.
- Non si sa mai che paranoie possiate farvi una volta spiegatovi il motivo, perciò è meglio non facciate altre domande – continuò Shade, osservando le quattro con fare distaccato – qualcuna di voi potrebbe anche non reggere i dettagli del racconto, dopotutto – e lanciò un’occhiata eloquente in direzione di Rein, quasi volesse sfidarla.
Le quattro sgranarono gli occhi preoccupate, riversando i loro sguardi allarmati in direzione di Altezza.
- Fidatevi di quello che dicono, non è certo una cosa su cui scherzare, questa – asserì la bionda seria, ricambiando la loro occhiata con uno sguardo fermo e impassibile.
- E’ una cosa tanto terribile?- domandò Fine, che già si stava rannicchiando su sé stessa per la troppa paura – Eh no, ora che avete cominciato il discorso tanto vale che lo continuiate!- esclamò invece Rein per nulla intimorita, ricambiando l’occhiata di sfida di Shade con altrettanta sfacciataggine.
- Sicura che una volta che avremo terminato di raccontare non correrai a rannicchiarti sotto le coperte tremante di paura?- le chiese il moro con un sorrisetto strafottente stampato in volto.
- Non temo delle stupide leggende metropolitane: ho coraggio da vendere, io! – affermò la turchina decisa, fulminandolo con gli occhi.
- Però l’acqua la temi, a quanto mi risulta…- ribadì l’altro, ghignando ancora di più.
- Siete proprio sicure di voler sentire a tutti i costi il racconto?- balbettò Fine a un tratto, impedendo alla sorella di rispondere per le rime all’odioso cugino di Altezza – Non sono tanto convinta di voler sapere il seguito di questa storia…- continuò, osservandosi intorno guardinga ed intimorita.
- Ma si, non vale la pena di conoscere i dettagli, in fondo - esclamò Bright provando una punta di tenerezza verso le paure della rossa – Pensiamo a goderci la serata e a conoscerci meglio!-
- Se devo passare la serata a conoscere meglio persone come lui – esordì Rein, indicando Shade alle sue spalle – preferisco di gran lunga il racconto di paura -
Altezza sbuffò esasperata nel notare quanto la decisione presa dalle sue amiche fosse irremovibile.
- D’accordo allora: se davvero ci tenete tanto, renderò anche voi partecipi di questo segreto – sospirò, abbassando le luci e sedendosi sul pavimento del salotto, invitando poi gli altri a fare lo stesso.
I sei ragazzi presero posizione, sedendosi in cerchio gli uni accanto agli altri. Rein storse il naso inacidita quando si rese conto di avere seduto alla propria sinistra nient’altri che Shade. Fine invece, che tremava già di paura, si risollevò nel constatare che seduti accanto a sé aveva la sorella e Bright a cui poter fare affidamento nel caso il racconto rischiasse di diventarle insostenibile, e riuscì a nascondere abilmente una leggera punta di invidia nei confronti della gemella per il fatto che si fosse ritrovata accanto al cugino di Altezza.
- Dunque – cominciò solenne la bionda una volta che tutti si furono sistemati – quello che sto per raccontarvi non è né una leggenda metropolitana, né un racconto di paura volto a spaventare i più timorosi – Rein si sentì lo sguardo divertito di Shade puntato addosso, mentre dall’altra parte Bright lanciò un’occhiata apprensiva a Fine – Quello che sto per raccontarvi è la pura verità.- continuò Altezza, scrutando negli occhi ciascuno dei suoi attenti ascoltatori con assoluta serietà.
- Dovete sapere che fin da quando io, Bright e Shade eravamo piccoli, qui a Wonder giravano strane voci riguardanti una banda di ladri armati fino ai denti pronti a tutto pur di appropriarsi di qualcosa. Questi delinquenti si aggirano di notte, silenziosi come gatti, passando di villa in villa alla ricerca di qualche prezioso bottino da rendere di loro proprietà. Chiunque si ritrovi a sbarrargli la strada è destinato a fare un’orrenda fine, soccombendo sotto la furia delle loro armi. I proprietari delle grandi ville, che sono le prede più ambite da questa banda di delinquenti, si guardano bene dall’andare in giro soli di notte. La maggior parte delle persone preferisce chiudersi in casa come stiamo facendo noi in questo momento, nella speranza che agli ingordi ladruncoli non passi per la testa l’idea di farci visita…-
Man mano che Altezza procedeva a raccontare l’espressione sui volti delle quattro ragazze si faceva via via sempre più tesa e allarmata. La bionda aveva un’abilità innata nel raccontare storie, capace di inglobare nel racconto chiunque avesse l’occasione di mettersi ad ascoltarla.
- Le voci paiono fondate, in quanto ogni tanto sui giornali locali si menziona l’azione di questa spietata banda di ladri che non solo passano il loro tempo a far razzia di villa in villa, ma si divertono anche a compiere qualche piccolo atto di vandalismo di tanto in tanto, come dar fuoco a qualche macchina o imbrattare i muri di qualche casa. A volte si è sentito addirittura parlare di inspiegabili massacri di villeggianti che, aggirandosi da soli di notte per queste vie, hanno avuto la sfortuna di incontrarli. Ho visto con i miei stessi occhi persone che erano il ritratto della salute, piene di acciacchi e lividi ovunque da un giorno all’altro -
L’attenzione delle quattro amiche era ormai tutta in suo possesso. Poteva quasi avvertire i loro cuori battere all’impazzata al di sotto del loro petto, riempiendole di angoscia e di paura.
- La polizia è disperata: non ha idea dell’identità dei ladri, né sa quando arriverà il momento per un loro prossimo colpo. Nessun abitante è al sicuro, ma per non perdere le orde di turisti che vengono qui a villeggiare d’estate nessuna autorità si è decisa a farne parola, e questo rappresenta di certo un pericolo per gli ignari villeggianti che vengono qui con l’intento di passare una rilassante vacanza…-
Il silenzio aleggiò per la stanza, caricando di tensione l’atmosfera. Anche in questo Altezza era sorprendente: riusciva ad interrompere la narrazione al momento adatto, generando un attimo di completo silenzio prima di raggiungere il punto cruciale della storia e creare così la  suspence necessaria a rapire il suo ascoltatore fino al termine del racconto, e farlo pendere dalle sue labbra.
- Qui nel vostro quartiere si sono mai verificati degli episodi di furto o vandalismo?- osò chiedere una titubante Lione, spezzando al momento giusto quell’atmosfera di tensione che si era creata.
Altezza osservò negli occhi il cugino e il fratello, e sulle labbra dei tre comparve l’ombra di un sorriso.
- Per ora la nostra zona sembra non essere tra gli obiettivi della banda – comunicò poi Altezza, avvertendo il sollievo spaziare sui volti delle amiche – Ma in fondo chi lo sa, tutto può accadere. Potrebbe essere probabile che i ladri stiano architettando un piano per giungere qui a derubarci, proprio… ADESSO!-   
Come ebbe terminato di raccontare, dalle finestre di fuori si sentirono provenire delle grida acute, e successivamente qualcuno prese a sbattere violentemente i pugni su porte e finestre nel tentativo di raggiungere l’interno della casa.
Tra le ragazze si scatenò il panico generale: Lione e Mirlo strillarono abbracciandosi forte l’una all’altra e chiudendo gli occhi, Fine nascose il volto sulla spalla di Bright tremando di paura, e Rein gridò talmente forte aggrappandosi al petto di Shade, che Altezza si vide costretta ad accendere le luci del salotto e a rivelare la causa di tanto terrore, prima che le quattro perdessero completamente l’utilizzo della voce.
Non appena la luce tornò ad inondare la stanza, le quattro terrorizzate spalancarono gli occhi spaesate, mentre Altezza, Bright e Shade scoppiarono in una sonora risata che fece venir loro le lacrime agli occhi.
- Ci avete creduto!- esclamò la bionda tra una risata e l’altra – Ci avete creduto sul serio! E io che avevo dubbi sulla buona riuscita dello scherzo! E invece ci siete cascate con tutte le scarpe!-
Le quattro la osservarono sbalordite sgranando gli occhi senza capire, Rein si scostò con uno scatto impulsivo dal corpo del moro non appena si rese conto di essergli avvinghiata, guardandolo con ribrezzo. Fine si allontanò da Bright cambiando la direzione dello sguardo per non incrociare quello del biondo, che ancora ridacchiava divertito.
- Che storia è questa?!- gracchiò Rein inacidita, aggrottando le sopracciglia e sentendosi pervadere dalla rabbia.
Altezza, per tutta risposta, si diresse in direzione della porta d’ingresso, aprendola per far entrare due persone a loro sconosciute che le salutarono con un sorriso appena entrate.
- Ragazze, questi sono Auler e Sophie, due nostri amici di infanzia che hanno contribuito allo scherzo in maniera impeccabile.- annunciò la bionda, sciogliendosi in un’altra risata – Non vi facevo così paurose! Avreste dovuto vedere le vostre facce non appena li avete uditi bussare alle finestre! Vi prego, ditemi che qualcuno di voi ha filmato questa scena esilarante!- esclamò poi, ridacchiando sotto lo sguardo inviperito delle altre quattro amiche.
- Dimmi che non hai tentato di spaventarci architettando questo scherzo assurdo!- strillò Rein adirata, volgendo un’occhiata raggelante in direzione della bionda.
- Mi hai fatto quasi morire di paura, lo sai?- esclamò Fine posandosi una mano sul cuore, emettendo ampi respiri nel tentativo di fermare il battito accelerato.
- E voi eravate complici di tutto questo?- chiese ancora la turchina in direzione di Shade e Bright.
I due alzarono le spalle, colpevoli: – Non ho voluto tirarmi indietro: la tentazione è stata troppo forte e non ho saputo proprio dire di no ad Altezza!- esclamò Bright, ridacchiando sotto lo sguardo di una Rein sconvolta.
- Assistere alla dimostrazione della tua codardia e godere dell’espressione terrorizzata sui vostri volti è stato un piacere impagabile!- asserì Shade, osservando con fare saccente la turchina.
Rein, orgogliosa come non mai, non volle dargli la soddisfazione di aver ragione.
- Terrorizzata, io?! E’ ovvio che non hai capito assolutamente nulla: io facevo soltanto finta di essere terrorizzata, in realtà avevo compreso fin da subito il vostro stupido gioco. Sarebbe stato un vero peccato, dopo tutti i vostri sforzi, non darvi neanche un minimo di soddisfazione, dopotutto – affermò, fiera.
- Certo, come no: eri quella che strillava più di tutte!- ridacchiò Shade per nulla convinto della sua affermazione.
- Ti dico che è andata esattamente così!- strillò Rein offesa.
 – D’accordo. Provamelo, allora – la sfidò Shade ancora una volta.
Lei prese ad osservarlo confusa, senza capire dove volesse arrivare. Le labbra di Shade si distesero in un ghigno.
- Provami che sei coraggiosa quanto vuoi far credere.-
 
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- Vuoi davvero farmi credere che io devo entrare qui dentro?- esclamò Rein scettica, osservando la grande casa diroccata che si ergeva di fronte a lei con aria minacciosa.
- Esattamente – affermò Shade con la sua solita espressione strafottente stampata in volto – I termini della sfida sono questi: tu ti intrufoli dentro al giardino del vecchio Jack, afferri a caso uno dei suoi ortaggi, e lo riporti qui da noi avendo cura di non farti scoprire. –
Rein si voltò a guardarlo, come per accertarsi che non la stesse prendendo in giro.
- Tutto qui?- chiese spavalda.
- Tutto qui – le rispose Shade, ghignando.
La turchina riprese a studiare con attenzione l’immenso edificio che si stagliava al di sopra delle loro teste.
La casa del “vecchio Jack”, come l’aveva definito Shade, era una classica villa di campagna alla periferia del paese ormai vecchia e malandata, coi muri scrostati e le tegole pendenti dal tetto.
Una recinzione composta da spesse assi di legno ben conficcate nel terreno e strettamente affiancate le une alle altre, completa di filo spinato alla sommità, correva lungo tutto il perimetro dell’ampio giardino. L’unica via d’accesso a quella casa degli orrori, se così si poteva definirla, era rappresentata dal cancello principale: un immenso portone di metallo (uno di quei portoni tipici dei quartieri generali militari) impossibile da aprire per penetrare all’interno.
La casa era attorniata da ogni dove da immense distese di campi coltivati: sul retro era possibile distinguere campi di grano ormai maturo, vigneti, aranceti e frutteti di ogni tipologia, mentre a ridosso della strada era presente un ampio orto florido e ben mantenuto, anch’esso circondato dal suo recinto in filo spinato. A sorvegliare quel luogo apparentemente disabitato stavano un trattore ed un carro, entrambi abbandonati a loro stessi nel silenzio di quella placida notte.
Alla vista del filo spinato, Rein deglutì, cercando di pensare a un modo per riuscire ad attraversare la staccionata senza rischiare di contrarre il tetano.
- Forza, Rein, ce la puoi fare!- udì Fine incoraggiarla pochi passi più indietro, dove si trovava anche il resto del gruppo.
- Chi l’avrebbe mai detto che questa vacanza sarebbe stata così divertente!- esclamò Altezza elettrizzata, aspettando che l’amica si facesse avanti per affrontare la sfida del cugino.
- Non farlo, Rein, ti supplico! Sii ragionevole per una volta!- udì Lione supplicare – Dimostra a quello sbruffone cosa sai fare!- esclamò invece una Mirlo troppo presa dall’entusiasmo.
Rein volse un attimo lo sguardo su di loro, prima di tornare a concentrarsi sullo studio della villa.
- Hai forse intenzione di ripensarci?- udì Shade domandarle al suo fianco, con l’aria di chi è già certo di aver la vittoria in tasca.
- Giammai!- gli rispose decisa, sostenendo il suo sguardo con fierezza ed orgoglio.
Infine si decise ad entrare, muovendo qualche passo in avanti.
- Ah, un’ultima cosa – la avvertì Shade, prima che la sfida avesse ufficialmente inizio – è mio dovere farti presente che il vecchio Jack è molto geloso dei prodotti della sua terra, e raramente permette che qualche sconosciuto si addentri nel suo giardino per privarlo dei frutti del suo arduo lavoro. In genere, non appena ode anche il più minimo scricchiolio, ha l’abitudine di avvertire l’incauto disturbatore di stare alla larga dalla sua proprietà con due colpi ben assestati del suo fidato fucile. Ti consiglio di non farti scoprire, se non vuoi restarci secca – e, con un ultimo sorriso di incoraggiamento – A te la scelta se rischiare oppure no – disse.
Al termine di quell’ultima notizia, Rein si decise a proseguire, non senza impedire al suo cuore turbato di batterle velocemente in petto.
Aveva paura, questo non poteva di certo negarlo, ma mai l’avrebbe data vinta a quel montato di Shade. Il desiderio di dimostrargli quanto fosse coraggiosa e la voglia di rendergli pan per focaccia per ciò che aveva osato insinuare sul suo conto fino a quel momento era l’unica cosa che la spinse a compiere quel folle atto.
Dopo aver mosso neanche dieci passi, si ritrovò di fronte alla staccionata, e si fermò a pensare un modo per oltrepassarla.
Arrampicarsi era impossibile: le assi erano troppo alte e troppo levigate per potercisi aggrappare, senza contare che, se anche ci fosse riuscita, avrebbe dovuto comunque fare i conti col filo spinato alle loro sommità.
Lanciò un’occhiata al portone d’ingresso: era spesso, pesante ed arrugginito. Se anche fosse riuscita ad aprirlo, i cardini avrebbero prodotto un cigolio così assordante da rendere il vecchio Jack cosciente della sua presenza ancor prima che lei fosse riuscita ad addentrarsi nel giardino.
Si osservò intorno alla ricerca disperata di una via alternativa, quando improvvisamente si accorse che l’invalicabile staccionata non era così invalicabile come voleva far credere.
All’angolo della recinzione Rein notò un paio di assi leggermente inclinate a causa di una buca sottostante che impediva di ancorarle saldamente al terreno. Con un po’ di fatica sarebbe di certo riuscita ad ingrandire la buca per permettere alle due assi di sollevarsi quel tanto che bastava a farla passare.
Con aria trionfante e sicurezza riacquisita, si mise subito all’opera sotto lo sguardo interessato del gruppo dietro a lei.  
- Secondo voi ce la farà?- domandò una Lione ansiosa.
- Deve farcela, se non vuole che Shade le renda la vita impossibile per il resto dei suoi giorni - rispose Altezza con crescente impazienza.
Shade, poco più avanti, osservava con interesse la turchina all’opera.
La buca era ormai abbastanza profonda da permettere alle due assi di perdere affinità col terreno e riuscire a sollevarsi, creando un varco nella recinzione.
Rein si asciugò la fronte imperlata di sudore con aria pienamente soddisfatta, e lanciò un’occhiata canzonatoria in direzione di Shade prima di addentrarsi all’interno dell’immenso giardino e cominciare così la sua caccia all’ortaggio.
Fine, che non aveva distolto gli occhi da lei un attimo, sospirò agitata non appena la vide sparire dentro la villa. Bright la notò, e le rivolse un sorriso rassicurante.
- Sei in pena per tua sorella?- le chiese con apprensione.
La rossa asserì in un timido sorriso:- Penso di essere più agitata io, che sono qui ad assistere alla scena, di lei che è dispersa là dentro.-
Il biondo ridacchiò divertito:- Sono certo che Rein saprà cavarsela. Mi sembra una ragazza in gamba –
Fine sorrise:- Si, è così – disse – tra le due è lei quella più coraggiosa, io ho paura perfino di un ragnetto insignificante – mormorò, quasi vergognandosi.
- Sono certo che, sebbene tu non sa coraggiosa come dici, sei piena di altre splendide qualità – le rispose il biondo, regalandole un sorriso fiducioso che la fece arrossire dall’imbarazzo.
Rein, nel frattempo, era sgattaiolata tra i cespugli del giardino silenziosa come un gatto, e stava avvicinandosi sempre di più all’orto senza render conto a nessuno della sua presenza.
Superò il carro ricolmo di fieno alla sua destra, e mentre stava avvicinandosi al trattore come ultimo nascondiglio prima di raggiungere il suo obiettivo, notò una sagoma scura e dall’aria sospetta che si ergeva immobile sotto il portico della villa, e che pareva scrutare con attenzione il silenzio della notte.
Quello che doveva essere il vecchio Jack se ne stava comodamente accoccolato sulla sua poltrona preferita, col fucile sottobraccio e un cappello di paglia in testa, a sonnecchiare con un occhio semiaperto, sempre attento ad ogni più minimo rumore sebbene mezzo addormentato, con il tipico atteggiamento del cane da guardia.
Rein si nascose dietro ad una delle ruote dell’enorme trattore, tappandosi la bocca per non rendere udibile il suo respiro affannato: adesso che stava quasi per portare a termine la sua missione illesa, non poteva rischiare di ritrovarsi faccia a faccia col nemico.
La fievole luce proveniente dal portico della villa le permise di analizzare con cura il tragitto di fronte a sé, alla ricerca di ostacoli da evitare per non svegliare l’uomo. Accertatasi che non ve ne fossero, sgattaiolò rapida fin dentro l’orto, approfittando di un momento di massima sonnolenza del vecchio Jack per scavalcare con un agile salto la bassa recinzione di filo spinato che circondava il piccolo appezzamento di terra.
Una volta dentro, fu facile sfruttare la grandezza sorprendente delle piante di zucchine e dei cespi di cavoli e lattuga come nascondigli, ed individuata la preda da afferrare – una zucchina, appunto – la strappò con forza dal grembo della pianta madre, e sgusciò rapida dietro il trattore col bottino tra le mani.
Entrare era entrata, la zucchina da portare a Shade l’aveva, non restava che uscire.
Raggiunse senza problemi il carro ricolmo di fieno, e ormai proiettata verso la vittoria, sgattaiolò velocemente verso la staccionata senza far caso ai possibili ostacoli che avrebbe potuto ancora incontrare lungo la via.
Quello fu un grosso, imperdonabile errore.
A tradirla non fu il passo affrettato, né i suoi respiri affannati che la troppa emozione la costrinse ad emettere.
A tradirla fu un piccolo, insignificante rametto posto sulla via verso la salvezza, che scricchiolò non appena Rein vi appoggiò il piede sopra.
Il rumore, all’apparenza impercettibile, ebbe la capacità di riecheggiare nella placida atmosfera notturna, andando ad urtare anche il timpano sensibile del vecchio Jack, il quale aprì istantaneamente gli occhi, turbato nel sonno, ed ebbe il tempo di scorgere una sagoma scura che attraversava il giardino silenziosa, quasi fosse il vento a portarla.
- Chi va là?- gridò, imbracciando il fucile e azionando due spari consecutivi in quella direzione, che fecero quasi venire un infarto a Rein.
La turchina, più veloce del vento, riuscì a raggiungere la staccionata e ad infilarsi nella buca proprio mentre il vecchio Jack si alzava dalla sedia, pronto per partire al suo inseguimento, ancora incerto se quello che avesse visto fosse reale o frutto dell’immaginazione dovuto alla stanchezza.
Rein infilò le mani sotto le assi di legno per sollevarle e passarci sotto col cuore in gola e l’adrenalina che le scorreva in tutto il corpo, il vecchio Jack alle calcagna.
 – Fai in fretta, Rein, più in fretta!- si sentì incitare dal resto del gruppo che, avendo udito gli spari, era corso alla ricerca di un nascondiglio ed attendeva trepidante l’arrivo della turchina per poterla trarre in salvo.
Rein sgusciò al di sotto della staccionata, e fece per fiondarsi verso gli amici, quando sentì qualcosa tirarla per la maglietta, impedendole ogni via di fuga. Si voltò in preda al panico, constatando che il tessuto si era impigliato ad una delle assi della staccionata, e non vi era modo di liberarlo se non quello di metterci la mano.
- Muoviti, Rein! Il vecchio Jack ti ha quasi raggiunta, che stai aspettando?- si sentì domandare.
Tentò di liberarsi con l’unica mano libera che possedeva, ma non fu sufficiente.
Con un grugnito di disappunto, si ritrovò costretta a liberarsi dello zucchino per liberare anche l’altra mano, il vecchio Jack alle calcagna. In pochi secondi riuscì a sganciare il tessuto dall’asse di legno e a fiondarsi a nascondersi, proprio un attimo prima che il contadino spalancasse l’enorme portone e si mettesse ad ispezionare la strada circostante in sua ricerca.
Tutti trattennero il fiato non appena Jack passò loro di fianco senza notarli, poi il vecchio, appurato che non vi fosse nessuno, se ne tornò dentro brontolando ed inveendo contro la sua vecchiaia capace di interrompergli il sonno e causargli fastidiose allucinazioni.
Rein, Shade e il resto del gruppo uscirono dal loro nascondiglio non appena lo udirono allontanarsi, ed esplosero in un sospiro di sollievo non appena constatarono che la turchina fosse sana e salva.
- Rein, che spavento ci hai fatto prendere!- esclamò Fine saltandole al collo, imitata da Mirlo e Lione.
- Per fortuna stai bene! Ti diverti proprio tanto a farci preoccupare, eh?-  le disse un’Altezza dal cuore più leggero.
- Allora, Shade, hai ancora il coraggio di dire che la nostra Rein non ha fegato da vendere?- chiese Mirlo al ragazzo, lieta che l’amica si fosse fatta valere contro quello sbruffone.
Il moro alzò le spalle, disinvolto:- E’ vero – disse ammirato – è stata coraggiosa. Tuttavia, non ha portato a termine la sfida come le era stato richiesto – affermò, accennando alle mani di Rein, vuote come il portafogli di Altezza dopo una giornata di shopping.
Tutti gli occhi puntarono verso la turchina, constatando con amara delusione che Shade aveva ragione.
Rein, tuttavia, non si scompose, ma anzi con un’espressione vittoriosa in volto, accennò a tirar fuori qualcosa dalla tasca dei pantaloni.
- Ne sei davvero convinto?- domandò a Shade gongolante, mostrandogli lo zucchino che aveva prelevato dall’orto del vecchio Jack.
Gli occhi di Shade si spalancarono dalla sorpresa, mentre un coro di grida vittoriose esplose da parte delle amiche della turchina.
- Devo riconoscerlo: sei un tipo in gamba – ridacchiò Shade, piacevolmente sorpreso e riconoscendo la sua sconfitta.
- Oh, ne sono perfettamente consapevole, non ho di certo bisogno che sia tu a farmelo notare - ribadì Rein, crogiolandosi nella sua gloria. Poi si voltò indietro, dando le spalle a tutti, con l’intento di recarsi di nuovo dentro la villa del vecchio Jack, non ancora sazia del pericolo vissuto quel giorno.
- E adesso cos’hai intenzione di fare?- le domandò Shade, senza capire le sue intenzioni.
Lei, per tutta risposta, gli sorrise saccente.
- Vincitrice di una scommessa si, ma ladra no – rispose - Ho intenzione di riportare al vecchio Jack lo zucchino che mi hai imposto di rubargli. Se lo merita, dopo la levataccia che l’ho costretto a fare, no?- e, detto questo, fece un occhiolino a Shade prima di infilarsi di nuovo sotto la staccionata.
Fine, Bright, Shade, Altezza e tutti gli altri la osservarono sconvolti sgusciare al di sotto della staccionata con la più assoluta tranquillità dipinta in volto, nonostante il rischio che aveva appena corso.
Sul volto del moro, però, si accese anche una nota di profondo compiacimento.

 

Angolo Autrice:

 Rieccomi qui con un nuovo, scoppiettante aggiornamento!
Che dire, sono troppo contenta che ultimamente mi sia tornata l'ispirazione e che sono riuscita ad aggiornare non solo questa fiction, ma anche la mia amatissima fiction de "Il Collezionista di Gioielli", per la quale era una vita che aspettavo qualche manna dal cielo che mi aiutasse a continuarla!
E sono alttrettanto contenta di vedere che, sebbene questa storia sia più semplice e meno affascinante dell'altra, ho tante persone che recensiscono e che mi danno pareri.
Non mi stancherò mai di dirlo: i pareri esterni sono importantissimi per uno scrittore per aiutarlo a crescere (ma si, definiamoci presuntuosamente scrittori, va...). Voi, esponendomi dubbi e osservazioni, oltre che farmi i complimenti, mi aiutate a capire quali siano i punti deboli della storia, e al contempo mi aiutate davvero a migliorare.
Perciò, come sempre, un grazie speciale va a voi che mi seguite e apprezzate i miei scritti :)
Non fatevi ingannare dalla semplicità dello stile di scrittura, però, perchè è vero che per questa storia sto utilizzando un linguaggio più fresco e moderno, ma la trama non sarà altrettanto banale (almeno spero!), e proprio adesso che si avvicina il vero inizio della storia (perchè questo era soltanto un assaggio!) saprò stupirvi con tanti "effetti speciali".
Spero soprattutto di riuscire a strapparvi tante risate, perchè davvero nello scrivere alcune scene mi diverto molto, e ci tengo che il mio divertimento sia trasmesso anche a voi.
Man mano che la fiction procede per me si farà davvero dura riuscire a non combinare dei disastri: capirete al momento giusto perchè ;)
(e sicuramente vi chiederete perchè sono cosi masochista...)
Ma è ovvio! Perchè vi amo!!
Detto questo, vi lascio nella speranza che la lettura sia stata piacevole e rilassante.
Fatemi sapere se avete gradito, e se avete anche delle critiche non temete a farvi sentire: io sono molto open mind, e molto aperta al confronto. Quindi non temete!
Vi saluto, e ringrazio ancora chi mi ha letta fino a qui.
Un bacio a todosssss!

_BlueLady_ (Vale)

 

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Capitolo 6
*** Un Desiderio di Troppo ***


   
~ CAPITOLO 5: UN DESIDERIO DI TROPPO ~
 
“A partire dalla giornata di oggi fino ai successivi sette giorni, sarà possibile avvistare su tutto il cielo dell’emisfero boreale la famosa Cometa di Twin, apparsa per la prima volta nell’anno 1957, e da allora mai più incontrata”.
Fine si destò dal suo sonno profondo con quella fastidiosa tiritera nelle orecchie che le aveva perforato pian piano i timpani, fino ad andarle a rimbombare violentemente nella testa ancora appesantita dal torpore della notte passata.
Sbatté due volte le palpebre stropicciandosi leggermente gli occhi, e riuscì a distinguere accanto a sé la sagoma della sorella seduta sul letto, la schiena poggiata al cuscino, con il telecomando in mano e lo sguardo fisso sullo schermo del piccolo televisore che avevano in camera da letto.
- Rein, che diamine…- biascicò, ma la gemella la zittì con un sonoro “Ssh!”, completamente rapita da ciò che stavano trasmettendo.
“La Cometa di Twin è, come tutte le altre comete, un corpo celeste ancora in fase di studio. Avendo avuto l’occasione di osservarla soltanto nel corso della sua prima comparsa e per pochi istanti, gli scienziati attendono con trepidante impazienza il suo ritorno, nella speranza di riuscire a scoprire qualcosa di più in merito a questo affascinante fenomeno dell’Universo.” Continuava a parlare imperterrita la voce dall’apparecchio.
Fine lanciò esasperata un’occhiata alla sveglia sul comodino accanto a sé, scoprendo con orrore e fastidio che erano soltanto le otto di mattina.
Come diamine era venuto in mente a Rein di svegliarsi a quell’ora?
- Ascolta quello che sta dicendo – le disse la sorella su di giri, senza osare distogliere lo sguardo dal televisore.
Fine, che di lezioni di astronomia e di documentari ne aveva avuto già abbastanza nel corso dell’anno scolastico, in un primo momento storse il naso stizzita. Tuttavia non poté fare a meno di intenerirsi di fronte all’entusiasmo della turchina, e tutta la rabbia provata nei suoi confronti fino a poco fa per averla svegliata, le scemò pian piano in petto. Così, sacrificandosi in nome dell’affetto smisurato che provava per Rein, si concesse qualche minuto per ascoltare il programma che era stato in grado di affascinare tanto la gemella.
“Corpo celeste proveniente da regioni lontane anni luce dal Sistema Solare, la Cometa di Twin descrive intorno ad esso un’orbita pressoché ellittica, andando a ripercorrere lo stesso tratto di Universo dopo circa cinquant’anni dal suo ultimo passaggio. Il suo nucleo è fatto di composti quali carbonio, idrogeno ed elio, che in vicinanza del Sole tendono ad infiammarsi, producendo così quella scia luminosa che tutti noi conosciamo come essere la coda della cometa.”
Ancora mezza intorpidita e con le palpebre pesanti che faticavano a stare aperte, Fine non poté fare a meno di lanciare un sonoro sbadiglio, sintomo di noia e stanchezza, che le costò un’occhiataccia da parte di Rein.
Girano diverse voci riguardo la Cometa di Twin e gli effetti positivi che gli astrologi ritengono sia in grado di infondere ai terrestri al momento del suo passaggio sul nostro pianeta. Secondo alcuni, questa cometa sarebbe in grado di sconvolgere positivamente l’esistenza di coloro che hanno il privilegio di esprimere un desiderio al suo passaggio. Viene anche chiamata “La cometa dalla doppia faccia”, in quanto possiede due code che prendono origine da parti opposte della testa, quasi fossero due comete gemelle inscindibili l’una dall’altra - da cui il nome. A causa del suo aspetto bizzarro, inoltre, si pensa che questa cometa sia in grado di favorire particolarmente le relazioni amorose e di rafforzare i legami di amicizia.”
- Hai sentito che ha detto, Fine?- domandò Rein tutta eccitata alla rossa, che in risposta alzò gli occhi al cielo sbuffando.
- Andiamo, Rein, non crederai a simili dicerie, mi auguro!- esclamò la gemella stizzita.
- Perché no? Cosa c’è di sbagliato nel crederci, dopotutto?-
“Ovviamente, quello che riportiamo sono soltanto dicerie inventate per chi è capace ed ha voglia di sognare. Ammirare una cometa in tutto il suo splendore, tuttavia, è una cosa alquanto rara, riservata soltanto a pochi fortunati. Per chi ambisse a volerla vedere e, perché no, a sperimentare gli effetti benefici tanto decantati dagli astrologi che essa ha da offrirci, comunichiamo che l’orario più propizio per scorgerla è senza dubbio durante il crepuscolo: ovvero quando il cielo si schiarisce - simbolo di nascita di nuove speranze, o si imbrunisce per permetterci di dare vita ai nostri sogni più proibiti.”
Il documentario terminò con la visione di un cielo notturno tempestato di stelle, sul quale si stagliò imponente la scia luminosa di una cometa di passaggio – certamente un fotomontaggio ben riuscito.
Al termine del programma Rein spense il televisore, sospirando estasiata per ciò che le sue orecchie avevano appena udito. Le sarebbe davvero piaciuto poter ammirare un simile fenomeno dal vivo, nella speranza di poter godere di un briciolo di quella magia che le veniva detto la cometa portasse con sé.
- Non sarebbe meraviglioso se la Cometa di Twin mi aiutasse a conquistare Bright?- mormorò sognante, abbracciando il cuscino e nascondendoci parte del viso sopra.
- Rein, non dire fesserie: sai benissimo che una cosa simile non potrà mai accadere. Hai sentito cos’hanno detto, no? “Quello che riportiamo sono soltanto dicerie inventate per i sognatori”. Non c’è nulla di vero in quel documentario, eccetto le conoscenze scientifiche riguardanti l’argomento.- tentò di aprirle gli occhi Fine, conoscendo fin troppo bene la natura illusoria e sognatrice della sorella.
- Ammetti che piacerebbe anche a te che la Cometa di Twin fosse in grado di aiutarti nella conquista del tuo amato Shade – continuò Rein maliziosa, senza far caso più di tanto a ciò che le era stato detto.
Nel sentirla pronunciare quella frase, Fine avvampò.
- Come… Come sei riuscita a capire che io…- balbettò, sgranando gli occhi incredula e sentendo le guance scaldarsi.
Rein ridacchiò.
- Non è difficile notare le occhiate che gli lanci certe volte: sembra quasi tu te lo stia mangiando con gli occhi. Credevo fosse soltanto il tuo stomaco a renderti tanto affamata, sorellina! Non pensavo che soffrissi anche di fame d’amore!-
- Rein, ma che diamine vai dicendo!- esclamò Fine al colmo dell’imbarazzo, il volto in fiamme e il cuore accelerato – Ti sembrano insinuazioni da fare, queste?!-
- Sapevo di avere ragione riguardo la tua cotta per Shade!- trillò trionfante l’altra, al culmine della gioia – Per me sei come un libro aperto, Fine: non puoi nascondermi nulla!-
La rossa tentò in tutti i modi di resistere all’impulso di nascondersi sotto le coperte del letto, troppo timida per riuscire a sopportare quelle osservazioni a bruciapelo che la sorella le stava facendo notare. Diventò improvvisamente assente e taciturna. Rein se ne accorse, e fu costretta a mordersi la lingua per la troppa avventatezza con cui le si era rivolta.
- Perché ti sei ammutolita così di colpo? Non c’è nulla di male a farsi piacere un ragazzo. Anche se è un idiota come Shade – le disse premurosa.
- Anche se fosse, non sarà certo una stupida cometa ad aiutarci nella conquista dei loro cuori, Rein. Accorgitene, prima che sia troppo tardi per agire. Non lasciare tutto al caso: se è Bright che vuoi, faglielo capire.- rispose Fine, sorpresa della sua esperienza in materia.
Rein le sorrise fiduciosa:- La stessa cosa vale per te. Ma ritengo comunque che un po’ di fiducia nei confronti di una leggenda non potrà danneggiarci tanto. Anzi, magari questa piccola consapevolezza potrebbe aiutarci ad acquistare un po’ più di fiducia in noi stesse, non credi?-
Fine le sorrise premurosa:- Torna con i piedi per terra, Rein. Le leggende sono storie per bambini, e i desideri non si avverano mai.-
 
¤¤¤¤¤¤
 
- Voglio a tutti costi vedere quella cometa ed esprimere il mio desiderio, perciò è necessario rimanere in spiaggia fin oltre il tramonto, chiaro?-
Un’Altezza alquanto esaltata e con la testa piena di idee e progetti fece il suo annuncio a colazione alle quattro amiche, che la ascoltarono ancora mezze assonnate davanti alle loro tazze di cereali.
Fine cacciò un sonoro sbadiglio – il decimo della giornata, per l’esattezza – mugugnando qualcosa sul fatto di “idiozie” quali “credere che una cometa sia in grado di esaudire i desideri delle persone”.
- Hai visto anche tu il documentario, stamattina?- domandò un’altrettanto esaltata Rein alla bionda, con gli occhi che brillavano.
Altezza sorrise saccente:- Ovvio che sono informata, avvenimenti simili capitano una volta sola nella vita ed io non ho alcuna intenzione di farmi sfuggire una simile occasione. Ho giusto un paio di desideri arretrati che mi piacerebbe tanto esprimere – annunciò, tirando fuori dalla tasca del pantaloncino un foglietto tutto scribacchiato e mezzo stropicciato.
- Ci sono sempre le stelle cadenti ad Agosto…- fu il commento sarcastico di Fine, che però venne bellamente ignorato.
- Per noi va bene – asserirono in coro Lione e Mirlo – Il tramonto sul mare è meraviglioso, e se c’è anche il caso di scorgere la cometa avremo l’occasione di assistere ad uno spettacolo unico ed irripetibile che vale la pena di ricordare.-
Altezza gongolò soddisfatta nel constatare che le amiche erano d’accordo.
- Molto bene. Allora è deciso: stasera si resta a vedere il tramonto sul mare -
 
- Anche voi speranzose di vedere la cometa, eh?- fu il commento di Bright alle cinque non appena gli comunicarono la loro decisione.
- No, restiamo in spiaggia di sera perché non abbiamo altro posto dove dormire – fu la risposta sarcastica della sorella, che alzò gli occhi al cielo piccata – Ovvio che rimaniamo per la cometa! Per quale altro motivo, sennò?-
- Beh, siete fortunate: pare ci sia una festa qui in spiaggia in onore di questo evento proprio stasera. Magari potremmo fermarci a vedere il tramonto e poi cenare lì, che ve ne pare come idea?- propose Auler, da poco entrato a far parte del gruppo.
- Hanno addirittura organizzato una festa?- esclamarono le cinque sorprese.
Bright ridacchiò:- A quanto pare la notizia ha girato piuttosto in fretta…-
Un “Buongiorno” soffocato in uno sbadiglio interruppe l’allegra conversazione, costringendo il gruppo a voltarsi nella direzione di chi aveva parlato. Il volto ancora mezzo assonnato di Shade si presentò davanti ai loro occhi, e non fu difficile constatare che il moro si fosse svegliato da poco, e perciò aveva tardato a raggiungerli in spiaggia.
- Buongiorno a te, Shade! Fatto dei bei sogni?- lo prese in giro Bright, spalleggiato da Auler.
Il moro lanciò un grugnito di dissenso per l’orribile battuta fatta dal cugino.
Fine mugugnò un “Buongiorno” di risposta timido ed insicuro, abbassando il volto nel tentativo di celare le sue guance leggermente arrossate; mentre le altre ragazze ricambiarono il saluto in un sorriso – tutte tranne una.
Shade rivolse un’occhiata divertita a Rein, che nemmeno si era sprecata di rivolgergli un saluto.
- Beh, Rein? Non mi dai il buongiorno anche tu?- le domandò, chinandosi un poco verso di lei.
Rein storse il naso infastidita, evitando il suo sguardo: - Lo farei volentieri, Shade, peccato che il buongiorno fosse prima che arrivassi tu – rispose in tono malignamente sarcastico.
Il moro ridacchiò divertito, mentre la osservò unirsi al resto del gruppo.
Sembrava incredibile, ma nel giro di una settimana quella che doveva essere una comune vacanza di cinque compagne di classe si era trasformata in una vera e propria vacanza di gruppo. Non solo Shade e Bright, ma anche Auler e Sophie si erano aggiunti da poco all’allegra comitiva.
Questi ultimi erano amici d’infanzia di Altezza, Bright e Shade, fin dai tempi più remoti. I tre non ricordavano neanche più il primo giorno in cui li avevano incontrati, all’età di due anni.
Sapevano soltanto che erano amici da molto tempo.
Le due ragazze si erano conosciute, secondo quanto raccontato da Camelia, proprio su quella stessa spiaggia, in un giorno di sole: Altezza aveva da poco eretto la sua prima torre di sabbia con l’aiuto del suo fidato secchiello, ed era corsa – per quanto l’agilità di una bambina così piccola glielo permettesse – a chiamare i genitori perché ammirassero la sua opera straordinaria.
Non appena tornò sul luogo dove prima si ergeva la sua creazione, tuttavia, non vi trovò altro che una bambina dai capelli verdognoli e riccioluti che doveva avere all’incirca la sua età, comodamente seduta su quello che una volta era il suo castello di sabbia. La piccola intrusa stava sguazzando allegramente sulla riva del mare giocando ad evitare le onde che si infrangevano sul bagnasciuga, quando una corsa troppo sfrenata le fece perdere l’equilibrio, facendola cadere di sedere proprio sulla torre di Altezza. La bionda rimase talmente delusa della scoperta, che cominciò subito a singhiozzare ed inveire in un linguaggio tutto suo contro la demolitrice, che per tutta risposta ridacchiò divertita notando il faccione dell’altra farsi rosso di indignazione.
Camelia allora prese in braccio la figlia intimandole di non piangere, e le propose di ricostruire il suo castello assieme alla nuova amichetta.
- No!- fu la risposta concisa di Altezza, ancora grondante di lacrime.
- Andiamo, sono sicura che questa bambina non l’ha fatto apposta a distruggerlo. Adesso vi mettete buone qui, e lo ricostruite insieme: sono sicura che verrà ancora più bello del precedente –
- No!- strillò di nuovo Altezza, agitando in aria le manine paffute.
La disputa si protrasse finché non comparve la madre dell’altra bambina, che scoprirono chiamarsi Sophie, scusandosi del terribile misfatto e dichiarandosi pronta a rimediare al danno. Altezza si dimostrò ancora ferma nelle sue decisioni, finché Sophie non le mostrò i suoi strumenti di lavoro: paletta e formine per aggiungere un fossato e delle decorazioni alla torre.
A quella vista gli occhi della bionda si erano illuminati, e lo spiacevole incidente fu presto dimenticato. Le due si misero insieme a costruire il castello, aggiungendo pian piano un pezzo per volta, come avrebbero fatto con la loro amicizia più tardi, conoscendosi meglio.
La sorpresa di Camelia fu doppia quando venne a sapere che il figlio Bright ed il nipote Shade avevano avuto l’occasione di conoscere il fratello di Sophie, Auler, nel corso di una nuotata, proprio la stessa mattina.
Da allora il legame d’amicizia che teneva tutt’ora uniti i cinque ragazzi crebbe sempre di più, e nemmeno la distanza fu in grado di scioglierlo.
Altezza era grata di poter passare l’estate in compagnia di un’amica, e non con due maschiacci spericolati e senza un briciolo di cervello come si mostravano di essere il fratello ed il cugino; Shade e Bright, similmente, erano felicissimi di poter condividere le loro avventure con un compagno in più. Passarono l’infanzia tra giochi e risate, tra dispetti e complicità, ma tutti perfettamente in sintonia gli uni con gli altri.
Quando arrivò il momento dell’adolescenza, e con esso l’età dei primi amori, Altezza fu di nuovo grata al destino di avere un’amica a cui confidare le sue prime cotte estive. Parlarne con Bright e Shade sarebbe stato alquanto imbarazzante, oltre che terribilmente inutile, data la loro ottusità. Certo, Sophie era terribile e a volte le faceva davvero perdere la pazienza, ma rappresentava sempre un pilastro saldo a cui fare affidamento in assenza delle sue amiche di sempre. Le parlò della sua cotta per il bagnino, un aitante ventenne biondo e muscoloso a cui piaceva dar mostra di sé, ed in seguito del barista, un bel moretto sempre indaffarato che non aveva mai tempo per niente e nessuno. Sophie ascoltava e sorrideva, ed approfittava per raccontare anche le sue avventure.
I tre ragazzi, d’altro canto, passavano i pomeriggi tra partite di pallone e nuotate massacranti fino a largo. Erano ancora insensibili al richiamo dell’amore, anche se Auler aveva cominciato a riscontrare strane palpitazioni nel momento in cui Altezza gli rivolgeva la parola. Col passare degli anni, le palpitazioni divennero più frequenti: non solo quando Altezza si rivolgeva a lui, ma anche se osava pensare a lei non riusciva ad impedire al suo cuore di fremere, alle guance di arrossarsi, e alle farfalle di agitarsi per tutto lo stomaco. Ciò gli provocò una notevole ansia, poiché temeva di aver riscontrato una malattia grave, dalla quale non sarebbe mai guarito.
Con il compimento dei sedici anni, Auler capì finalmente che ciò che provava nei confronti di Altezza non era altro che una leggera infatuazione. Si tranquillizzò, credendo di poter gestire la cosa senza problemi, ma dovette ricredersi quando gli fu completamente impossibile spiccicare parola di fronte a lei, balbettando parole incomprensibili e sentendosi mancare il respiro ogni volta che incontrava i suoi occhi.
Quando raccontò il fatto a Bright e Shade, i due scoppiarono a ridere di gusto, dicendogli che avrebbe avuto un bel da fare a tenere a bada il caratterino della bionda.
Con la distanza il sentimento per lei sembrava affievolirsi, ma poi tornava a bruciargli violento in petto ogni volta che cominciava a percepire il profumo dell’estate, e sentiva che l’incontro con lei stava di nuovo avvicinandosi.
I due amici provarono a spronarlo a dichiararsi, ma all’ultimo momento Auler rinunciava sempre, troppo codardo per sopportare il peso di un rifiuto. Non sapeva che, dall’altra parte, Altezza stava confidando le sue stesse pene a Sophie.
Il loro rapporto continuò dunque su questa strada, lui timido e lei orgogliosa, fino ad arrivare all’estate dei diciott’anni.
 
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Finalmente giunse il tramonto, dopo un’intera giornata passata ad attenderlo impazienti. Le sei ragazze si sedettero su alcuni teli a ridosso del bagnasciuga, mettendosi a scrutare l’orizzonte con ansia crescente. I tre ragazzi stavano seduti dietro di loro, ora chiacchierando, ora passandosi la palla, non ancora stanchi dopo l’intensa giornata passata a cuocersi per bene sotto il sole, tra giochi e tuffi.
Bright e Shade avevano trascorso il tempo con le nuove arrivate abbastanza a lungo per capire quanto Rein e Fine fossero l’anima del gruppo, e di come fossero in grado di far imbestialire Altezza alla prima delle occasioni. Toccava poi a Mirlo e Lione porre rimedio al conflitto scatenatosi, e ripristinare la pace.
Ai due ragazzi risultò alquanto incredibile la cosa, poiché fino ad allora era Sophie l’unica in grado di far arrabbiare Altezza come non mai. Evidentemente la bionda aveva una certa tendenza a trovarsi amiche un po’ troppo esuberanti e spesso fuori luogo: Fine e Rein, da quel punto di vista, erano davvero molto simili alla loro amica di vecchia data, ma non per questo meno simpatiche.
Anzi, per quanto il loro carattere rassomigliasse molto a quello di Sophie sotto certi aspetti, Shade e Bright le trovavano comunque diverse.
Fine era timida, golosa, energica, realista e sportiva. Nessuna giocava meglio di lei a pallavolo, e non c’era persona che riuscisse a batterla in una gara di nuoto. Certo, era un po’ paurosa, ma ciò non le impediva di essere apprezzata comunque per la sua sensibilità e la sua vivacità. Bright adorava quel suo piccolo particolare, perché rappresentava quel punto di fragilità del suo carattere che la rendeva preziosa ai suoi occhi.
Rein, al contrario, era esuberante, attenta ad ogni dettaglio, pungente, sognatrice e coraggiosa. Aveva avuto già modo di provarlo quando era stata costretta ad addentrarsi nel guardino del vecchio Jack come Shade le aveva chiesto. Era una frana in tutti gli sport, ma non esitava mai a mettersi in gioco. L’unica pecca era che aveva una paura folle dell’acqua, ma questo difetto lo si poteva correggere aiutandola ad acquistare più fiducia in sé stessa. Shade si divertiva molto a stuzzicare la sua pazienza sfruttando qualsiasi pretesto per farla imbestialire: fino ad ora non aveva mai conosciuto una ragazza in grado di tenergli testa in maniera così tenace e decisa, e ciò di certo le faceva guadagnare punti a suo favore.
L’unico problema era che la turchina sembrava proprio non sopportarlo, ma ciò non sembrava preoccuparlo più di tanto. Sarebbe stato ancora più divertente convincerla del contrario.
Il cielo ormai aveva cominciato a tingersi di una tavolozza di colori tenui e dai toni caldi, le prime stelle avevano fatto la loro comparsa, mostrandosi come piccoli puntini scintillanti nei tratti di sfumature più scure di quell’immensa tela dipinta.
- Ormai dovremmo esserci…- mormorò Altezza, fremente di impazienza.
- Non è detto che riusciremo a vederla proprio oggi. Gli astronomi hanno detto che sarà possibile vederla nel corso della settimana, ma non hanno specificato quando – puntualizzò Sophie, come a volerla riportare con i piedi per terra.
- Non bruciare le nostre aspettative fin da ora! Lasciaci almeno un po’ di speranza a cui fare affidamento!- la rimproverò la bionda stizzita.
Il sole, un disco di un intenso colore arancione coronato da scintille rossastre, aveva cominciato la sua lenta discesa sul mare. Man mano che tramontava tuffandosi tra le creste delle onde del mare, portava via con sé i colori del mattino, lasciando spazio all’oscurità della notte.
Rein sospirò di fronte a quell’atmosfera terribilmente romantica, e lanciò un’occhiata di sfuggita a Bright poco distante: - E’ meraviglioso - sentenziò in un sospiro, già immaginandosi in un futuro non tanto remoto ad ammirare una meraviglia simile sola con il suo amato.
- Sembra un enorme biscotto che va ad intingersi pian piano entro un’immensa tazza di latte…- osservò Fine, reclinando leggermente la testa di lato, pensierosa.
La sua osservazione fece rimanere di stucco per un istante il resto del gruppo, che alla fine scoppiò in una fragorosa risata.
- Che razza di paragoni sono questi, Fine?- esclamò Altezza, reggendosi la pancia dal ridere – Si vede che è ora di cena, pensi già a mangiare!- si aggiunse Lione – Sei davvero incredibile!- le disse Mirlo, dandole un tenero buffetto sulla guancia.
Fine rise con loro, arrossendo imbarazzata per aver scatenato tanta ilarità.
- Devono averlo appena tolto dal forno, allora: qualcosa mi dice che quel biscotto è un tantino rovente – udì Bright dire a un certo punto. Fine si voltò nella sua direzione, osservandolo sorriderle: - Attenta a non osservarlo troppo a lungo, o rischi di ingrassare a vista d’occhio – le disse, facendole l’occhiolino.
Fine lo guardò negli occhi per un istante, scoppiando poi a ridere con lui. Il resto del gruppo li osservò, avvertendo la complicità che i due stavano pian piano intrecciando l’uno con l’altra, passo dopo passo.
Nel vederli così in sintonia anche Rein era scoppiata a ridere, più per gelosia che per altro, cercando di mostrarsi colpita da tanta arguzia. A differenza di Fine, però, non aveva capito fino in fondo il sottile umorismo che si celava dietro alle parole di Bright.
 
Il sole era ormai tramontato, e della cometa non se n’era vista nemmeno l’ombra. I ragazzi si erano radunati al bar della spiaggia – un delizioso locale completo di una meravigliosa vista sul mare – per godersi il resto della serata in compagnia.
Altezza era furibonda, e continuava a blaterare polemiche sul fatto che “alla televisione non dicessero nient’altro che un mucchio di idiozie”. Mirlo e Lione avevano provato a spiegarle che non era escluso di riuscire a vedere la cometa nei giorni successivi, ma la bionda non volle sentire ragioni, e ne approfittò per dare anche la colpa a Sophie per aver fatto “l’uccello del malaugurio”.
Di fronte a tanta ostinazione, Mirlo e Lione si limitarono ad alzare gli occhi al cielo esasperate, lasciando che un paziente Auler si prendesse il compito di sopportare la ragazza per il resto della serata.
Fine e Rein, nel frattempo, ne approfittarono per divertirsi.
La turchina girovagava per il locale estasiata dalla musica, mentre la rossa aveva preso posto ad un tavolo per gustarsi le deliziose leccornie che aveva arraffato dal tavolo del buffet. Agli occhi di chiunque risultò incredibile l’enorme quantità di cibo che quella ragazzina tanto minuta era in grado di ingurgitare in meno di un minuto.
Bright la osservava da lontano, sorpreso e intenerito da tanta voracità. Gli piaceva il modo in cui le si illuminavano gli occhi non appena il sapore di una pietanza che Fine si accingeva ad assaggiare le spaziava in bocca, inebriandola del suo gusto. La trovava adorabile.
Shade, per tutta risposta, si guardava intorno annoiato. Non amava molto le feste con tutta la loro insopportabile confusione, tuttavia non gli piaceva neanche sentirsi dare dell’eremita. Era un tipo solitario, e necessitava dei suoi spazi, ma ciò non significava che disprezzasse di stare in compagnia. Anzi, la solitudine a lungo lo annoiava più di quelle odiosissime feste.
Osservandosi intorno, incappò per caso nello sguardo di alcune ragazze sedute ad un tavolo che stavano osservando lui e Bright come se fossero il più invitante dei dolci. Shade distolse gli occhi infastidito, certo di non voler avere niente a che fare con loro. Era abituato a scegliersele le ragazze, non ad essere scelto.
Osservandosi ancora intorno alla sala gli capitò di scorgere una Rein alquanto distratta che, non prestando attenzione a dove mettesse i piedi, era inciampata nelle gambe di un cameriere, facendogli rovesciare il contenuto dei drink che portava in un vassoio proprio sulle teste delle tre ragazze che avevano guardato con occhi famelici lui e il cugino poco fa. Al moro scappò un sorriso nel vedere la rabbia delle vittime della distrazione della turchina, e la mortificazione di quest’ultima per il danno appena fatto. Quella ragazza lo incuriosiva molto, e doveva ammettere che fosse un tipo alquanto singolare.
- Che state facendo qui tutti soli soletti?- sentirono una voce domandare, che li costrinse a riscuotersi dai loro pensieri.
Shade e Bright si voltarono spaesati, trovandosi lo sguardo particolarmente interessato di Altezza addosso.
- Niente – risposero frettolosamente, con la più naturale delle espressioni.
- Chi state guardando di così interessante da distrarvi tanto?- domandò la bionda, squadrandoli da capo a piedi.
- Nessuno!- si affrettarono a rispondere, senza riuscire ad evitare alle loro guance di arrossarsi un poco.
Altezza li guardò negli occhi un istante, poi seguì la linea dei loro sguardi, fino ad incontrare le sagome di due persone a lei ben note.
- Oh, capisco!- gongolò trionfante, un’espressione furba sul viso.
- Altezza, sei completamente fuori strada – la avvertì Bright, guardandola con fare molto eloquente.
La bocca della bionda si inarcò in un sorriso: - Ho i miei dubbi, ma non mi spingerò troppo a fondo nella questione – rispose, senza togliersi quell’espressione soddisfatta dal volto - Ditemi solo: chi delle due?-
 
Rein, dopo la terribile figuraccia fatta con il cameriere e le tre ragazze alle quali aveva rovesciato il drink addosso, era fuggita in preda all’imbarazzo, nascondendosi tra il suo gruppo di amiche.
Non appena la videro arrivare così agitata e paonazza in volto, Lione e Mirlo si spaventarono.
- Rein, che hai combinato? – le domandarono, mentre quella si posizionava dietro alle loro spalle, nascondendo il viso.
- Un disastro! Sono inciampata su un cameriere facendogli rovesciare tutto quello che portava sul vassoio! Sono mortificata, non sapete che imbarazzo!- piagnucolò.
Le due ridacchiarono divertite :- Suvvia, non è la fine del mondo – dissero.
 – Consolati con un po’ di gelato! - esclamò invece Fine alzando una coppa di vetro, le guance piene e la più totale soddisfazione dipinta negli occhi.
Nel vederla ancora alle prese col cibo, Rein si indignò: - Fine, sei ancora alle prese con il cibo? Guarda che se continui di questo passo dubito riuscirai mai ad attirare la sua attenzione!- esclamò.
La rossa, per tutta risposta, ingoiò il boccone arrossendo, gli sguardi perplessi di Mirlo e Lione puntati addosso. Le due fecero per aprir bocca per domandare di cosa mai stessero parlando, quando Altezza comparve d’un tratto alle loro spalle, facendole sobbalzare dallo spavento.
- Vi ho trovate, finalmente! Ho delle scottanti novità per voi – annunciò, con espressione birichina.
Le quattro la guardarono sconcertate, inclinando la testa di lato:- Novità di che tipo?- chiesero.
Lei sorrise furbetta: - Ho delle rivelazioni scottanti e assolutamente top secret riferitemi da fonti più che certe riguardo l’interesse che Bright e Shade hanno per qualcuna di voi – rivelò infine, sogghignando.
Fine la guardò dubbiosa: - Rivelazioni scottanti?- ripeté senza capire. Rein, invece, si mostrò più euforica che mai, essendo un amante del gossip tanto quanto lo era Altezza: - Su, che aspetti a dirci tutto?- esclamò, completamente su di giri.
- Ma dovete promettermi che ciò che vi ho detto non uscirà mai dalle vostre bocche. Bright e Shade non devono sapere che ho cantato – riprese la bionda, acquistando una certa serietà.
Lione la osservo con una certa sorpresa: - Scusa, ma se non vogliono che si sappia in giro, perché allora tu lo stai raccontando a noi?- domandò con una certa perplessità.
Altezza alzò le spalle disinvolta: - Che domande: perché voi siete le mie amiche, e alle amiche si racconta tutto! E poi devo ancora terminare di far scontar loro la pena per aver cospirato alle mie spalle, dunque è giusto che voi sappiate quello che ho da dirvi – disse.
Mirlo alzò gli occhi al cielo, sospirando: - Ancora con questa storia!- ma la bionda non le fece caso.
- Non sto facendo niente di male, in fondo – si giustificò – Anzi, forse sto più che altro facendo loro un favore, quindi mi perdoneranno per quello che sto per fare.-
Le quattro si chiusero in un religioso silenzio, aspettando che Altezza cominciasse a parlare. Rein fremeva di impazienza, poiché sperava che le “rivelazioni scottanti” riguardo “l’interesse di Bright verso una di loro” fossero riferite in particolar modo a lei.
Quando Altezza prese finalmente la parola, tutte trattennero il fiato: - Dunque, da quello che ho potuto capire mio fratello e mio cugino mostrano un certo interesse per due di voi in particolare; ho avuto modo di verificarlo poco fa. Io, da brava amica quale sono, mi sono presa la libertà di riferirvelo, nel caso il sentimento sia reciproco…-
- Chi interessa a Bright?- la interruppe Rein, incapace di attendere oltre. Altezza la osservò un istante, prima di sogghignare maliziosa.
- Bright non mi ha confessato nulla, ma dal modo in cui si rivolge ad una certa persona e da come entrambi sembrano divertirsi parecchio stando insieme, ho avuto modo di confermare la mia teoria – disse, volgendo una rapida occhiata in direzione di Fine, che spalancò gli occhi incredula. Rein, Mirlo e Lione la osservarono a bocca aperta, incapaci di proferire parola.
- A… a Bright piace Fine?- riuscì a domandare infine la turchina, osservando con gelosia la sorella che già aveva abbassato lo sguardo.
Altezza annuì: - Conosco bene mio fratello, e so per certo che ha sempre avuto un debole per le ragazze timide e riservate, per questo ho aspettato fino a stasera a confermarvelo. Inizialmente avevo seri dubbi sul fatto di chi potesse preferire tra Fine, Lione e Mirlo, ma alla fine il mio straordinario intuito mi ha aiutato ancora una volta a capire…-
Mentre la bionda parlava, Fine ebbe il coraggio di posare gli occhi sulla sorella per osservare la sua reazione a quella risposta. Altezza aveva parlato di seri dubbi su chi il biondo preferisse inizialmente tra lei, Mirlo e Lione. Rein non era stata nemmeno nominata. Il biondo non l’aveva minimamente calcolata.
Fine immaginò come la turchina dovesse sentirsi alla scoperta di quella verità, perciò le volse un’occhiata comprensiva, desiderosa di darle tutto il suo appoggio.
Rein se ne stava immobile, completamente sorda alle parole di Altezza: aveva cessato di ascoltarla nel momento in cui non aveva sentito il suo nome tra le possibili scelte del biondo, entrando in uno stato di catalessi, quasi fosse in trance. Non appena avvertì lo sguardo compassionevole di Fine puntato addosso le si riempirono gli occhi di lacrime, fulminò la sorella con uno sguardo che sapeva di rabbia e di odio, scansò il resto delle amiche, e scomparve tra la folla senza dare alcuna spiegazione.
Altezza Lione e Mirlo la osservarono andarsene sconcertate, senza capire il motivo di quella scelta improvvisa.
- Ma che le è preso? Perché se n’è andata via così all’improvviso?- borbottò la bionda, alquanto indignata - Non ho nemmeno fatto in tempo a dirle che sospetto che Shade abbia un leggero interesse per lei…-
Nell’incontrare quell’occhiata gelida e carica d’odio che Rein le aveva rivolto, Fine sentì quasi come se una pugnalata l’avesse appena colpita in pieno petto. La osservò andarsene incapace di fermarla, ed infine le giunsero alle orecchie le parole di Altezza: disinvolte ed innocenti, eppure così dolorose per lei.
Non appena udì il nome di Shade e il fatto che avesse espresso una preferenza per Rein, Fine abbassò gli occhi ferita, comprendendo perfettamente i sentimenti che la gemella nutriva per lei in quello stesso momento.
- Vado a cercarla – annunciò, e si allontanò dalle amiche, sparendo in mezzo alla folla. 
 
¤¤¤¤¤¤
 
Fine riuscì a non perdere di vista la folta chioma turchina di Rein fino a un certo punto, poi non la vide più. Il numero di persone nel locale era notevolmente aumentato, e perciò le fu difficile riuscire a ritrovarla.
Immaginò che, siccome si trovava vicino alla porta del bagno delle ragazze, anche Rein dovesse esserci entrata in cerca di un po’ di tranquillità. La conosceva abbastanza bene per sapere che quando necessitava di stare sola con sé stessa niente era meglio di un posto isolato e tranquillo, e dal momento che nessuno sembrava interessarsi alla toilette in quell’istante, volle andare a verificare.
In bagno, come previsto, non c’era nessuno: c’era soltanto una fila infinita di lavandini tutti uguali fra loro, affiancati a loro volta da una serie infinita di porte che rappresentavano l’accesso ai servizi vero e proprio. Tra queste, soltanto una era chiusa. Fine immaginò di trovarvi Rein dentro, così si avvicinò per costringerla a uscire.
- Rein?- bussò – Sei lì dentro?-
Dall’altra parte silenzio, ma Fine poté quasi giurare di aver sentito qualcuno interrompere il proprio respiro per un istante.
- Rein?- chiamò ancora titubante – So che ci sei. Per favore, aprimi. Ho bisogno di parlarti -
- Vattene via!- la sentì rispondere in malo modo, ma non si lasciò scoraggiare da tanta aggressività.
- Rein, ti prego, apri la porta. Dobbiamo parlare – disse ancora.
- Non ho voglia di starti a sentire!- esclamò l’altra, soffocando l’ultima parola in un singhiozzo.
- Devi invece. Sono venuta apposta per questo –
Silenzio.
- Andiamo, Rein, non vorrai davvero star chiusa lì per tutto il resto della serata!-
Ancora silenzio.
- Riflettici: che colpa ne ho io, in fondo, se Altezza ha voluto fare un’osservazione simile?-
Dall’altra parte, nessuna risposta. Fine sospirò rassegnata, decisa a lasciar perdere tutto, quando improvvisamente udì la porta aprirsi con uno scatto, e il volto di Rein comparire dietro di essa. Sorrise alla sorella, che però ricambiò con uno sguardo freddo e impassibile.
- Che colpa ne hai tu?- le domandò, mentre si asciugava le lacrime agli occhi – Ti sbagli, Fine. La colpa ce l’hai eccome. È sempre così. E’ sempre stato così, fin da quando avevamo quattordici anni. A me piace un ragazzo, faccio di tutto per farmi notare da lui, e poi scopro che lui ha una cotta per te, e considera i miei sentimenti soltanto spazzatura. Non c’è mai stata una volta che fosse il contrario, tutti preferivano te, te e soltanto te. Come fai? Cos’hai di tanto speciale da attirare tanto tutti i ragazzi che piacciono a me?- le domandò, mentre altre lacrime avevano preso a scorrerle sulle guance.
Fine si avvicinò, nel tentativo di consolarla: - Posso capire come ti senti, Rein, essere rifiutate non è mai piacevole. Ma devi anche comprendere che ogni cosa accade per puro caso. Io non ho mai avuto intenzione di rubarti il ragazzo, e credo che questo tu lo sappia bene. Come potrei fare una cosa simile a mia sorella?- le sorrise.
Rein prese a singhiozzare più forte: - Si, ma sono anni che va avanti sempre la stessa storia, e io non ne posso davvero più! Sono stanca, stanca di tutto! Stanca di sprecare energie per farmi notare quando per tutti sono soltanto una presenza invisibile, stanca di essere costretta ad ingoiare ogni volta l’ennesimo boccone amaro per l’ennesimo rifiuto, stanca di fingere che la cosa non mi ferisca affatto, stanca di doverci riprovare per poi fallire di nuovo, stanca di dovermi sempre e comunque sentirmi paragonata a te!-
Fine la ascoltò senza dire una parola, il cuore gonfiò di dolore per ciò che le sue orecchie stavano sentendo.
- Ogni volta sono costretta a voltare pagina e rimarginare ferite che so già che si riapriranno in un secondo momento non tanto lontano dal precedente. Io temo di aver raggiunto il limite. E il fatto che a questa esasperazione mi ci abbia portato il mio sentimento di frustrazione nei confronti di mia sorella, mi fa soffrire ancora di più. Perché non sono come te, Fine? – chiese Rein tra i singhiozzi. Fine non riuscì a rispondere, troppo sconvolta per poter parlare.
- Sai, a volte mi chiedo perché mai il destino ha voluto che noi due fossimo gemelle. Non sarebbe meglio se non ci conoscessimo affatto? Magari in questo modo avrei qualche speranza di non odiare così tanto il mio aspetto, sperando un giorno di diventare come te -
Arrivata a quel punto, Fine non ce la fece più. Era stata in grado di sopportare tutto quello che la sorella le aveva detto, giustificandola per via della rabbia e del rancore che parlavano al posto suo, ma quell’ultima frase non gliela poté proprio perdonare. Presa da un’improvvisa ondata di rabbia, strinse i pugni e rivolse a Rein uno sguardo ferito ed offeso.
- Tu osi parlare in questo modo, Rein, proprio tu che non sai niente di quello che è appena successo!- le strillò contro, gli occhi che le pungevano terribilmente. Rein la guardò sconcertata, senza capire. Fine si assunse con molto piacere il compito di informarla.
- Sai cosa mi è appena accaduto? Mi sono innamorata per la prima volta di un ragazzo dopo anni che hai faticato invano per trovarne uno che soddisfacesse le mie aspettative, e sai cosa scopro? Che quell’unico ragazzo, l’unico che mi sia mai piaciuto veramente nel corso di tutta la mia vita, ha una cotta per te! Hai capito bene, Rein: a Shade piaci soltanto tu! – le sputò in faccia, con tutta l’aggressività di cui era disposta. Ora le lacrime stavano scorrendo anche sul suo viso.
- Tu dici di sentirti frustrata perché nessuno ti prende mai in considerazione, ma non pensi a me? Quante volte mi sono sentita dire che Rein è più elegante, più femminile, più bella di me? Sai quante volte ho sofferto in silenzio, fingendo che le cose mi andassero bene così come sono? Sai quante volte anche io ho desiderato di essere come te?-
Questa volta fu Rein a non proferire una parola. Si stavano dicendo di più in quei dieci minuti trascorsi in bagno che in un’intera notte di confessioni.
- Forse hai ragione tu, Rein: non avremmo mai dovuto essere gemelle. Almeno a quest’ora non ce ne staremmo chiuse in bagno a confessarci questi terribili segreti, costrette a vivere l’una nell’ombra dell’altra.-
 
¤¤¤¤¤¤
 
Per tutto il resto della serata, Rein e Fine non osarono rivolgersi la parola nemmeno per un istante. Non osavano nemmeno guardarsi in faccia.
Altezza, Lione e Mirlo le videro tornare dopo una decina di minuti, entrambe con un’espressione scura dipinta in viso e gli occhi gonfi, quasi avessero pianto. Avvertirono l’inspiegabile tensione che correva tra loro, ma non osarono proferire parola sull’argomento.
Appena tornate a casa, le due gemelle si diressero subito in camera loro, desiderose di mettere fine a quella terribile giornata il prima possibile. Si lavarono i denti, si legarono entrambe i capelli in uno chignon per comodità, si svestirono in tutta calma, ma sempre mantenendo una certa distanza l’una dall’altra, attente a non incrociare mai e per nessun motivo i loro sguardi. La tensione che aleggiava tra loro stava diventando quasi insostenibile.
Fine fu la prima a terminare e ad andare a coricarsi: datasi un’ultima occhiata allo specchio, passò dietro alle spalle di Rein nel più completo silenzio, e si infilò sotto le lenzuola senza riuscire a prendere sonno.
Rein osservò il suo riflesso uscire dal bagno e dirigersi silenzioso in camera da letto, e per un momento fu tentata di dirle qualcosa per scusare il suo terribile comportamento, ma poi si persuase subito a rinunciare, consapevole che fosse troppo presto per poter sperare nel perdono.
Appena terminato di lavarsi, raggiunse la sorella in camera da letto. Fine giaceva sul lato destro del letto, dando le spalle alla porta in modo che Rein non potesse vedere se fosse ancora sveglia o meno.
La rossa percepì la presenza della turchina coricata accanto alla sua, ma non osò far nulla per avvicinarsi a lei. Preferì restarsene immobile dov’era, osservando con la coda dell’occhio la sagoma della sorella che giaceva supina sulla parte sinistra del letto.
Rein continuava ad osservare il soffitto senza pensare, in colpa per ciò che le era uscito dalle labbra qualche ora prima. Non pensava davvero le cose che aveva detto, e mai avrebbe voluto ferire la sorella in quel modo, ma la sua frustrazione aveva preso il sopravvento, parlando al posto suo con una cattiveria tale che era riuscita a far sanguinare di dolore il suo stesso cuore.
Fine aveva incassato ogni parola senza reagire, finché il dolore non era stato troppo anche per lei, ed aveva agito di conseguenza.
Il silenzio che albergava nella stanza in quel momento era quasi assordante, il senso di colpa che divorava i cuori di entrambe le gemelle insostenibile.
Entrambe desiderarono di poter addormentarsi in quell’istante per non dover più vivere in quell’angosciante rimorso, e desiderarono con tutte loro stesse di potersi svegliare la mattina successiva dimenticando ciò che era successo.
D’un tratto, Fine udì la sorella accennare un movimento nella sua direzione. Rein si era voltata verso di lei, e sembrava fosse in procinto di dire qualcosa.
- Fine – mormorò Rein piano -… sei sveglia?-
Fine trattenne il fiato per un secondo, senza accennare alcun tipo di movimento. Non era pronta per il confronto, non in quel momento.
Rein attese in silenzio qualche minuto, osservando la sagoma immobile la sorella accanto a sé.
Quando si rese conto che probabilmente già dormiva, o più semplicemente non aveva ancora voglia di rivolgerle la parola, sospirò rassegnata, buttando fuori tutto il coraggio che l’aveva spinta a parlare, e si voltò di lato, dando le spalle alla sorella.
I muscoli di Fine si distesero non appena avvertì Rein darle le spalle.
Quella sera non ci sarebbero state altre discussioni, e ad entrambe parve meglio così. Nonostante la rassegnazione, però, le due non riuscirono per nessuna ragione a prender sonno. L’amarezza era ancora tanta per poter garantire loro un sonno tranquillo e privo di sogni.
Rein osservò il comodino di fronte a sé rammaricata, avvertendo il respiro regolare di Fine alle sue spalle.
“Che stupida - pensò - non avrei mai dovuto dire simili cattiverie di fronte a Fine. Non se lo merita, dopo tutto quello che ha fatto per me. Ho parlato solo per invidia, e me ne vergogno tanto.”
Fine, dall’altra parte, non osò distogliere lo sguardo dalle lenzuola.
“Avrei dovuto essere più comprensiva con Rein, sta attraversando un momento difficile… - si disse – Essere rifiutati per l’ennesima volta deve essere doloroso. Adesso posso comprendere anche io quanto sia difficile sopportare il peso di una simile delusione”
Rein sospirò amareggiata, non riuscendo a trattenere un piccolo singhiozzo.
“Non capisco tuttavia il motivo per cui non riesco mai a farmi piacere dai ragazzi che mi interessano. Cos’ho di sbagliato che non va? E’ forse la mia eccessiva esuberanza a spaventarli tanto?” si chiese, confusa.
Fine trattenne per un attimo il respiro, sentendosi gli occhi pungere terribilmente.
“Dovrei essere più determinata, solo così potrei sperare in una seconda occasione con Shade. Di certo la mia insicurezza non aiuta a farmi piacere da un tipo come lui.”
“Fine è timida, paurosa, e tanto sensibile. Forse sono proprio queste qualità ad attirare tanto i ragazzi.”
“Rein è esuberante, coraggiosa e sicura di sé. Chissà che non sia questo il motivo per cui Shade ha tanta ammirazione per lei.”
“Ma, in fondo, a che serve essere timide e sensibili, se poi il ragazzo che ti piace non ti calcola minimamente? Si rischia solo di risultare ancora più invisibili ai suoi occhi, oltre che sentirsi più ferite di quanto non lo si sia già”
“A che serve essere coraggiose, se non si possiede un minimo di eleganza e femminilità? Rischierei di assomigliare ancora di più a un maschiaccio, dopo…”
“Si, sono certa che se fossi Fine, Bright di certo comincerebbe a prendermi più in considerazione”
“Se fossi Rein e avessi la sua bellezza e la sua eleganza, sono certa che Shade avrebbe più interesse nel rivolgermi la parola”
Entrambe sospirarono, ricacciando dentro agli occhi lacrime capricciose che volevano uscire a tutti i costi.
“In fondo non chiedo molto. Desidero soltanto che le cose, per una volta, vadano per il verso giusto. Per una volta vorrei soltanto essere come mia sorella, e verificare se davvero la mia incapacità di conquistare il ragazzo che mi piace sia davvero dovuta al mio aspetto così inadeguato – pensarono, mentre sentivano le palpebre farsi via via sempre più pesanti – Si, ne sono convinta: se fossi mia sorella, tutto sarebbe più facile…” avvertirono i pensieri diradarsi sempre di più nella loro mente, il sonno avvolgerle nel suo confortevole abbraccio.
“Per una volta… - pensarono all’unisono, prima di chiudere definitivamente gli occhi - … vorrei soltanto… essere come lei…”
Detto questo, si addormentarono entrambe, scivolando in un sonno profondo e privo di sogni, dimenticandosi per una notte soltanto del loro dolore e della loro frustrazione.
Sopra al tetto di Villa Ishijama, la Cometa di Twin fece il suo passaggio, attraversando fulminea il cielo con la sua scia luminosa, lontano dagli occhi indiscreti delle ragazze addormentate.  



Angolo Autrice:

Rieccomi qui, dopo più di un mese di assenza!
Non avete idea di cosa sto passando, sono mesi molto intensi, la fine dell'università si avvicina ed è una tappa molto importante per me, ma ce la metto tutta per farvi contente e postare qualcosa ogni tanto.
Come vedete, c'è un colpo di scena: Rein e Fine litigano. All'apparenza può sembrare un motivo stupido, ma credetemi, io ci sono passata tante volte all'essere rifiutata dai ragazzi, e anche più volte consecutivamente, dopo un pò ci si sente davvero frustrati, non si capisce se è colpa loro o colpa tua che non "vai bene così come sei", e cominci a scaricare la tua rabbia e il tuo malumore sugli altri. Questo è quello che prova la povera Rein, e Fine, ferita dal fatto che Shade non la contraccambia e sentendosi aggredita dalla sorella senza motivo, agisce di conseguenza.
Le lasciamo così, a riflettere nella notte, mentre la cometa di Twin fa il suo passaggio silenziosa nel cielo.
Domani è un altro giorno? Le gemelle faranno pace?
Carissime lettrici, questo è il vero inizio della storia, e se fino a questo punto sono riuscita a coinvolgervi e divertirvi, adesso voglio e spero di riuscirci ancora di più.
Ringrazio davvero di cuore tutti coloro che mi fanno sentire il loro sostegno, leggendo, recensendo, e inserendo la storia tra seguite, preferite e ricordate.
Vi abbraccio tutti calorosamente!


_BlueLady_

 

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Capitolo 7
*** Cambiare in... Meglio? ***


~ CAPITOLO 6: CAMBIARE IN… MEGLIO? ~
 
La mattina successiva, non appena Rein aprì gli occhi lasciando che il dolce torpore del sonno la abbandonasse pian piano, si sentì particolarmente confusa e spaesata.
Impiegò qualche secondo prima di prendere coscienza di dove si trovasse, e si stupì di ritrovarsi dalla parte destra del letto, esattamente di fronte alla finestra che dava sul balcone. Non si era forse coricata dalla parte opposta, la notte precedente?
Scosse la testa indifferente, dando poca importanza a quel piccolo dettaglio: probabilmente il litigio con Fine avvenuto la sera scorsa l’aveva talmente scossa, da averle fatto perdere completamente l’orientamento.
Non appena le tornò in mente Fine, sentì il cuore sobbalzarle violentemente in petto, ricordando che aveva ancora una questione in sospeso da chiarire, o quantomeno, doveva ancora trovare un modo per scusarsi del suo pessimo comportamento.
Rivolse con molta fatica il volto in direzione della sorella ancora addormentata accanto a lei – il corpo sembrava proprio non voler rispondere ai suoi comandi, quel giorno – e si ritrovò a contemplare soltanto un cumulo di lenzuola bianche, dalle quali proveniva un curioso brontolio sommesso, un misto tra grugniti e gorgoglii: Fine che russava.
La rossa, completamente seppellita al di sotto delle lenzuola come era solita fare fin da quando era piccola, dormiva beatamente, ancora intrappolata nel suo pesante sonno.
Rein ritenne più giusto aspettare il suo risveglio per parlarle faccia a faccia della loro spiacevole litigata, e mettere così a tacere quel senso di colpa che la stava tormentando dalla notte precedente.
Si alzò a fatica dal letto riuscendo a riacquistare pian piano la sensibilità di tutte quante le sue membra, e si diresse in punta di piedi e con ogni centimetro del corpo che le doleva da matti in bagno.
Davvero non riusciva a capire perché la fatica avesse cominciato a pesarle improvvisamente su tutto quanto il corpo: era come se avesse compiuto in una sola notte un viaggio lungo centinaia di chilometri a piedi e senza mai fermarsi, senza tuttavia essersi mai alzata dal letto.
Chissà, magari era sonnambula: ciò avrebbe spiegato i continui dolori a gambe e braccia – neanche il suo corpo si fosse improvvisamente ristretto, impedendo alla sua anima di albergarvi comodamente all’interno come aveva sempre fatto – e il fatto che si fosse risvegliata dalla parte destra del letto, quando era sicura di essersi addormentata sul lato sinistro. 
Le pareva strano, eppure era come se il corpo in cui si ritrovava quella mattina non fosse il suo.
Credendo di essere ancora vittima della stanchezza, decise di farsi una doccia per svegliarsi un po’. Sentire l’acqua calda scivolarle sul corpo e lavarle via ogni malessere le avrebbe certamente giovato.
Difatti provò una confortante sensazione di libertà non appena uscì dalla doccia per avvolgersi nel suo morbido accappatoio: la stanchezza si era improvvisamente dissolta, la pesantezza del dolore svanita.
Qualunque cosa le fosse successo, era ormai acqua passata.
Canticchiando allegramente tra sé e sé e vestendosi per la colazione, Rein si sciolse i capelli, con già il pettine in mano.
Si stupì, tuttavia, quando non avvertì la folta chioma turchina scenderle lungo la schiena e gravare su di essa con la sua solita pesantezza, ma accarezzarle semplicemente le spalle, delicata e leggera, quasi si fosse improvvisamente accorciata.
Un’ondata di panico la invase realizzando che i suoi capelli erano più corti di quello che dovevano essere: che diamine era successo?!
Forse Fine, mossa da un crudele desiderio di vendetta, aveva voluto farle un dispetto e aveva deciso di tagliarle i capelli mentre dormiva?
Con un misto di rabbia e terrore, si voltò verso lo specchio con gli occhi spalancati, guardandosi per la prima volta quella mattina.
Quello che vide la scioccò a tal punto che le fu impossibile impedirsi di urlare.
 
Ancora avvolta dal piacevole torpore del sonno e dal dolce abbraccio delle lenzuola, Fine sonnecchiava beatamente nel letto, sognando un mondo più dolce, in cui i fiumi erano fatti di cioccolato e i fiori erano gustosi pasticcini da divorare in un sol boccone. Oltre che profumati, quindi, anche commestibili.
Stava giusto addentrandosi in una casetta fatta di marzapane e panna montata, i cui vetri erano fatti di gustoso caramello pronti per essere ferocemente divorati, quando un urlo agghiacciante sempre più acuto giunse dal nulla a rovinare quell’idilliaca atmosfera, causando il crollo improvviso della casa, l’appassimento dei fiori, e la rottura dei vetri di caramello ormai ridotti a finissime schegge, completamente in frantumi.
L’urlo che riconobbe infine come quello di Rein era talmente forte da essere riuscito a far tremare i vetri di tutta la villa (quella vera, stavolta): nell’udirla, Fine non poté fare a meno di svegliarsi di soprassalto senza nemmeno rendersi conto di dove si trovasse, per poi sobbalzare fuori dal letto come una furia alla ricerca della sorella che credeva in pericolo.
Non fece nemmeno caso da quale parte del letto era scesa: ricordandosi di essersi addormentata dalla parte destra del letto, esattamente di fronte alla finestra che dava sul balcone, si voltò istintivamente alle sue spalle per correre in aiuto di Rein, finendo per inciampare dapprima contro il letto, ed infine contro lo stipite della porta, lamentandosi con le lacrime agli occhi del male assurdo che i suoi poveri piedi erano costretti a patire.
Combattendo contro la fatica dei suoi movimenti stranamente impacciati quella mattina (perché diamine il suo corpo non rispondeva ai comandi come avrebbe dovuto fare?), e ancora dolorante per le botte ricevute dai mobili, riuscì finalmente a precipitarsi in aiuto di Rein, spalancando la porta del bagno con eccessiva violenza.
Non appena entrò, una nuvola di vapore denso le appannò la vista, e tutto ciò che riuscì a distinguere fu la sagoma della sorella avvolta nell’accappatoio che osservava impietrita lo specchio di fronte a sé, quasi avesse appena scorto l’ombra terribile di un fantasma aggirarsi lì dentro.
- Rein!- esclamò spaventata raggiungendola, non senza zoppicare un poco – che cosa è successo?-
Una volta arrivatale accanto la prese per le spalle costringendola a voltarsi verso di lei, scrollandola un poco perché si riprendesse.
Fu allora che Rein la guardò, e Fine quasi non rischiò di morire sul colpo per lo choc e la sorpresa.
Ad osservarla terrorizzati erano un paio di occhi cremisi incastonati in un simpatico viso paffuto circondato a sua volta da una folta chioma di capelli rossi.
Per un momento credette davvero di stare ancora sognando, tant’è che prese a stropicciarsi gli occhi incredula, borbottando parole incomprensibili su quanto quel sogno fosse assurdo e ridicolo.
Poi però, quando riprese a fissare la sorella e sorprese lo stesso identico viso guardarla sconvolto, non poté fare a meno di irrigidirsi di botto, profondamente inquietata.
Quella che Fine stava osservando non era altro che l’immagine di sé stessa. Era come guardarsi allo specchio, o tramite gli occhi di qualcun altro.
Un brivido di paura le scorse lungo la schiena, il cuore le mancò di un battito e la mente le si svuotò di ogni pensiero.
Automaticamente volse lo sguardo allo specchio, sorprendendosi ad osservare l’immagine di Rein, riflessa accanto alla sua, compiere i suoi stessi movimenti.
Boccheggiò un attimo sciogliendo la presa sulle spalle di Rein, mentre vedeva il riflesso della sorella fare lo stesso.
- F-Fine…- balbettò Rein nel tentativo di tranquillizzarla, ma la cosa la sconvolse ancora di più non appena vide la sua immagine, quella vera, pronunciare ciò che era appena uscito dalla bocca della turchina.
Si avvicinò allo specchio con cautela, toccandosi il volto con entrambe le mani.
- R-Rein, tu… c-cioè io…- mormorò, ma non appena vide il riflesso di Rein allo specchio compiere i suoi stessi movimenti le fu impossibile trattenersi ancora.
Indietreggiò spaventata, osservando Rein negli occhi.
Le due gemelle si squadrarono in silenzio per qualche secondo, osservandosi prima tra loro e poi le loro immagini riflesse, le loro immagini riflesse e poi loro.
Fu allora che Fine esplose in un urlo angosciato, spingendo Rein a fare lo stesso una seconda volta.
Strillarono talmente forte, la gola che doleva e le lacrime agli occhi, da far tremare i muri di tutta la casa.
- Che accidenti ci è successo?!- domandò Fine agitata alla sorella, in preda al panico più totale.
- Non ne ho idea!- esclamò Rein di rimando, più spaventata di lei.
- Perché sei nel mio corpo?!- continuò la rossa, strillando come un ossesso.
- Non ne ho idea!- esclamò la turchina, agitandosi sempre di più.
- E adesso che cosa facciamo?! – esclamò Fine ancora più forte.
- NON NE HO IDEA!!- strillò Rein, zittendola all’improvviso.
Poi si squadrarono in silenzio per circa un minuto, ispezionandosi da capo a piedi con fare molto meticoloso.
Non appena rincontrarono i loro sguardi, però, ripresero a strillare spaventate.
- Ma che accidenti ci è successo?!- esclamarono abbracciandosi e versando lacrime l’una sulle spalle dell’altra.
Fu così che le trovarono Altezza, Mirlo e Lione quando le raggiunsero sulla porta del bagno, spaventate da tutti quegli strilli e ancora rintontite dal sonno.
- Fine, Rein, perché urlate tanto?- esclamarono preoccupate, senza riuscire a nascondere uno sbadiglio assonnato.
Le due gemelle, colte di sorpresa, cessarono di piagnucolare tra loro e presero a guardarle con la bocca aperta e gli occhi spalancati, senza sapere cosa rispondere.
Se avessero detto loro la verità, probabilmente Mirlo, Lione e Altezza si sarebbero viste come vittime di uno scherzo di pessimo gusto, si sarebbero sentite prese in giro e umiliate, e avrebbero tenuto loro il muso, offese, per il resto della vacanza. E come potevano pretendere che avrebbero creduto ad una storia tanto inverosimile e insulsa come uno scambio di corpi?
Fine e Rein si guardarono negli occhi disperate, senza sapere cosa rispondere.
Che scusa inventare perché sembrasse credibile abbastanza da nascondere la verità? Come fare a fingere che fosse tutto normale, quando di normale non c’era assolutamente niente?
Sentendosi lo sguardo spazientito di Altezza addosso, Fine tentò di dar loro in fretta una risposta.
- Ecco… vedete il fatto è che…- cominciò, ma fu prontamente zittita da Rein che prese in mano la situazione di colpo, colpita da un improvviso lampo di genio.
- Un brufolo!- esclamò la turchina (ora rossa), bloccando le parole della sorella sul nascere.
Fine le rivolse un’occhiata senza capire.
- Eh?!- esclamò, guardandola negli occhi, e notando che anche il resto delle amiche aveva assunto la stessa espressione sconcertata.
Rein, per nulla scoraggiata dalle occhiate della gemella, continuò la sua messinscena.
- Si, esatto: un brufolo! Fi… Rein ha scoperto stamattina di avere un enorme brufolo sul naso, e guardandosi allo specchio né è rimasta semplicemente sconvolta – spiegò, con una spigliata disinvoltura - Non è vero Fi… volevo dire, Rein?- e si rivolse alla sorella che ancora la osservava perplessa.
Non essendo abituata a sentirsi chiamare col nome della gemella, Fine impiegò un po’ a capire che la domanda che Rein le aveva rivolto era destinata a lei.
Non appena realizzò (forse anche per merito dell’occhiataccia che la sorella le aveva rivolto) –Eh? Ah, si, è verissimo!- esclamò, tentando di proseguire come meglio poteva la messinscena che Rein aveva architettato – Un brufolo è una vera catastrofe per Rein, volevo dire, per me! E siccome io sono Rein, e non sono Fine, ne sono rimasta sconvolta!-
Poi, dopo aver detto questo, rivolse un’occhiata soddisfatta alla gemella, fiera del suo lavoro, mentre l’altra alzava gli occhi al cielo sospirando.
- Un brufolo, hai detto?- ripeterono Lione e Mirlo in coro, osservandosi negli occhi con aria alquanto perplessa.
- Fa vedere!- esclamò invece Altezza, dirigendosi a grandi passi verso quella che credeva essere Rein.
- Mh – mugugnò, dopo aver osservato per bene il naso di Fine ed avendo constatato che non vi fosse nulla di compromettente - secondo me ti fai troppe paranoie, Rein, non si vede nemmeno!- disse, con tono leggermente stizzito – Bah, vado a preparare la colazione che è meglio. Tanto siamo tutte sveglie, ormai…- e lanciò un’occhiataccia in direzione delle due gemelle, come a volerle rimproverare di aver sollevato un polverone per nulla.
Mirlo e Lione la seguirono, ancora piuttosto scettiche a ciò che era appena accaduto, ma accettando comunque il fatto proposto da Rein come giustificazione di tante urla.
Fine e Rein le osservarono tornare al piano di sotto con un finto sorriso stampato in volto, e non appena le videro sparire dalla loro vista, tirarono a turno un sospiro di sollievo.
Passarono all’incirca cinque minuti prima che Fine si decidesse a parlare, rivolgendo un’occhiata di sbieco a Rein.
- Un brufolo, eh?- esclamò con un tono misto tra l’offeso e il divertito, osservando la sorella con occhio accusatorio.
- Zitta e reggimi il gioco!- fu la semplice risposta di Rein, che uscì dal bagno rossa in viso, desiderosa di terminare di vestirsi per poter andare al piano di sotto a fare colazione e addolcire quella giornata cominciata in maniera così insolita.
 
¤¤¤¤¤¤
 
Il momento della colazione fu soltanto l’inizio della tragica situazione in cui Rein e Fine si erano trovate improvvisamente catapultate senza chiederlo e senza un perché.
Appena scese al piano di sotto le due gemelle, ancora scioccate dal trauma di ritrovarsi in un corpo che non era il loro, si diressero timidamente in sala da pranzo, dove le stavano attendendo Altezza, Mirlo e Lione.
Non appena varcarono la soglia della stanza cominciarono a guardarsi intorno spaesate, muovendosi a passi ancora leggermente scoordinati ed impacciati.
Altezza e le altre le osservarono avanzare verso di loro con discreta curiosità.
- Beh, ci avete impiegato tutto questo tempo a scendere e non vi siete nemmeno vestite? Si può sapere cosa avete combinato fino ad adesso?- domandò la bionda con il suo solito fare spazientito.
Fine e Rein si lanciarono un’occhiata d’intesa sconsolata, ripensando alle difficoltà che avevano incontrato all’inizio di quella giornata.
Come spiegare loro che, nel tentativo di scegliere quale costume indossare, Rein, intrappolata nei panni della rossa, era entrata in una sorta di crisi isterica, constatando che non avrebbe potuto indossare i suoi completi estivi migliori, perché troppo grandi ed incapaci di adattarsi al corpo che possedeva ora?
Come poter dire che Fine, notando le dimensioni del corpo della sorella in fatto di seno e fianchi, e realizzando quali completi avrebbe dovuto indossare per mostrarsi in spiaggia, era stata assalita da un’onda di vergogna ed imbarazzo fuori dal normale?
Rein, difatti, era leggermente più formosa di Fine, ed amava mettere in mostra, senza esagerare, il suo decolletè.
Non che una seconda abbondante fosse chissà quale attrattiva, ma saperla valorizzare aveva i suoi vantaggi.
Inutile dire che Fine, abituata com’era ai suoi top sportivi e alla sua prima discreta – una “tavola da surf”, a detta della sorella - rimase completamente scioccata all’idea di doversi presentare in maniera così fuori dagli schemi per lei.
E il problema dei costumi era soltanto l’inizio.
Dopo aver impiegato quel secolo e mezzo a vestirsi – “Non potrei tenere addosso una maglietta in spiaggia, giusto per sentirmi più a mio agio?” aveva domandato Fine “Non pensarci nemmeno! Non voglio che a causa della tua timidezza mi rimanga il segno della canottiera stile donna camionista!” le aveva risposto con acidità la sorella, irritata solo all’idea che Fine potesse mandarla in giro conciata in modo così ridicolo.
“Dopotutto ti ricordo che in questo momento tu sei me e io sono te, quindi se non mi vergogno io di come tu, ovvero io, vado in giro vestita, dato che alla fine tutti credono che io sia io e tu sia tu, quando in realtà io sono te e tu sei me, a maggior ragione non devi vergognarti tu di come vai in giro vestita, perché in realtà sono io che vado in giro vestita così, anche se ci sei tu nel mio corpo, quindi se per me va bene così tu non hai il diritto di obiettare! Chiaro?”

“Scusa, puoi ripetere? Mi sono persa a dopotutto…” - le due gemelle, assieme al resto del gruppo, finalmente si diressero in spiaggia. E giunte lì, a discapito della piacevole passeggiata sul lungomare che sembrava aver lievemente acquietato i loro animi agitati, tornarono le discussioni e gli isterismi che si erano lasciate alle spalle appena uscite di casa.
Per Altezza, Mirlo e Lione fu abbastanza imbarazzante assistere ad una lotta disperata tra le due, nella quale Fine (in realtà Rein) assatanata rincorreva Rein (in realtà Fine) per tutta la spiaggia strattonandole la maglietta nel tentativo disperato di levargliela di dosso.
Tra urla, strilli, rincorse, minacce, deliri incomprensibili su “donne camioniste e tavole da surf”, Fine alla fine ebbe la meglio, e riuscì, con un agilità a dir poco incredibile e una determinazione più unica che rara, a strappare l’indumento di dosso a Rein, mostrando a tutti il bel costume che portava indosso.
- Si! Rein uno, Fine zero! E adesso godiamoci questa giornata di sole come si deve!-
La soddisfazione con cui la rossa ripose la maglietta in borsa e l’urlo di esultanza che scaturì alla consapevolezza della vittoria fece pensare ad Altezza che, forse, quella
mattina aveva esagerato col mettere lo zucchero nel caffè.


Angolo Autrice:

Beh, ma cosa abbiamo qui?
Eh, si, non sognate, è proprio un nuovo capitolo!
Credo sia inutile scusarmi per l'immenso ritardo con cui pubblico (so che non è la prima volta e non sarà neanche l'ultima che ritarderò, ahimè), ma mi sembra doveroso farlo per il rispetto dei lettori.
Come ben sapete, sono al mio ultimo anno di università, e a luglio mi laureo (allelujiaaaahhh!) e in questo momento sono un sacco presa dalla mia tesi, che amo da morire e mi prende un sacco di tempo, però ovviamente mi tira via tempo per le mie scritture fanfictiose (?). Quindi si, dai, insomma, sono giustificata per il ritardo nel pubblicare, vero? VERO?
Ok, torniamo a noi.
Colpo di scena! Fine e Rein non sono più Fine e Rein!
O meglio, sono Fine e Rein, ma si sono scambiate il corpo (come sarà successo??)
Ditemi la verità: ve lo aspettavate questo colpo di scena, oppure sono riuscita a sorprendervi?
Da questo momento in poi, le nostre due gemelline si ritroveranno l'una nel corpo dell'altra, e vi assicuro che ne vedremo delle belle!
Riusciranno a tenere nascosta la verità agli altri? E come faranno con Bright e Shade, ora che sono scambiate? Saranno in grado di tornare come prima?
Se avrete pazienza, a piccole dosi scoprirete tutto ;)
Da questo momento in poi comincia il vero divertimento per voi che leggete... e comincia l'inferno per me a scrivere! Finirà che mi confonderò più io di voi! xD Mai semplificarmi la vita eh?
Spero che la storia continui ad entusiasmarvi ed ora come non mai sono troppo curiosa di sapere cosa ne pensate! Perciò, sotto con i commenti! :)
Per altre novità, Stay Tuned!

Un bacio

P.S: mi sembra doveroso ringraziare calorosamente chi mi ha seguita fin qui, e soprattutto chi mi ha recensita e fatto sapere il suo parere. I ringraziamenti sembrano banali, ma non sono mai scontati, perciò grazie di cuore a tutti!

_BlueLady_



 

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Capitolo 8
*** Punti di Vista ***


~ CAPITOLO 7: PUNTI DI VISTA ~
 
Nonostante il piccolo incidente verificatosi di prima giornata, Fine e Rein erano ben decise a non perdersi d’animo, e nel mentre che tentavano in tutti i modi di tenere nascosto al resto del gruppo cosa fosse loro successo per paura che le rinchiudessero a forza in un manicomio e buttassero via la chiave nelle più oscure profondità dell’oceano dove non potesse più essere recuperata, si erano ripromesse che avrebbero cercato insieme al più presto una soluzione al loro problema.
Il tentativo di dimostrarsi normali agli occhi degli altri, però, cominciò a rivelarsi più difficile del previsto.
Non era certo semplice per Rein, nei panni di Fine, essere costretta a rifiutare qualsiasi invito di andare a fare una veloce nuotata a largo, perché era evidente che lei non sapesse nuotare.
- Dai, Fine! Andiamo soltanto fino alla boa, e poi torniamo indietro! - le aveva detto Mirlo con la più naturale delle intenzioni, e Rein, con un sorriso forzato a trentadue denti stampato in faccia, dopo aver realizzato a che distanza da riva si trovasse la suddetta, non era riuscita ad evitarsi di pensare che “Il problema è soltanto raggiungerla, quella dannata boa. Poi dopo possono anche lasciarmi lì: mi appendo, ed è fatta. Non tornerò mai più a riva e dovrò cibarmi di alghe e meduse per il resto della vita. Se sono fortunata magari uno squalo mi divora prima e mi aiuterà a mettere fine a questa agonia”
- N-no, grazie, mi spiace… ma… ecco, non posso venire perché… perché…- aveva cominciato a farfugliare nel panico, gettando lo sguardo a destra e a manca nel disperato tentativo di trovare qualcosa che la aiutasse a tirarsi fuori da quell’impiccio – P-Perché, ecco… sono indisposta! – aveva esclamato alla fine, tornando a sorridere rigidamente a trentadue denti.
Mirlo l’aveva osservata perplessa: - Indisposta?-
Rein aveva ridacchiato imbarazzata: - Si, cioè, sai com’è quando una ha una terribile paura dell’acqua… per il ciclo, voglio dire! Si, ho il ciclo e non posso venire a fare il bagno, ecco tutto.-
Anche per Fine, d’altro canto, la situazione non era altrettanto rosea.
Quale crudele destino aveva deciso di imprigionarla nel corpo della sorella proprio in estate, con il caldo che faceva? Non poteva succedere tutto in inverno, o in autunno, con il freddo e la pioggia?
Anche la primavera le sarebbe andata bene, perché mica si sta già in costume, a primavera!
Insomma, con tre su quattro stagioni a disposizione, lui, il karma, aveva scelto proprio l’estate per metterla nei panni di Rein.
L’estate, con temperature che sfioravano i trentotto gradi e mezzo all’ombra!!!
Come poteva lei anche solo pensare di resistere alla tentazione di tuffarsi nella limpida acqua del mare e starci a mollo per tutta la giornata? E invece no! Doveva starsene in spiaggia, sul bagnasciuga, a recitare la parte di quella che ha paura dell’acqua, perché altrimenti tutti si sarebbero accorti che c’era qualcosa di strano sotto se Rein, dopo che qualche giorno prima aveva rischiato di annegare - e di far annegare anche lei, ci tenne a sottolineare- improvvisamente si metteva a nuotare meglio di una campionessa olimpionica.
Come se non bastasse, doveva stare in costume, con quel corpo, davanti a centinaia di persone senza vergognarsi.
Il problema non era tanto il completino che, a guardarlo bene, era veramente grazioso e stava d’incanto sul corpo di Rein. Il problema erano quelle! Come poteva girare indisturbata per la spiaggia sapendo di avere due cocomeri al posto del seno?!
Certo non erano esagerate, ma erano comunque troppe, almeno per lei! Lei, che era abituata alla sua tavola da surf e al suo corpicino asciutto da atleta, nel quale ora stava comodamente rintanata sua sorella!
Già aveva visto un paio di ragazzi osservarla compiaciuti e decisamente interessati non appena era passata loro di fianco, e non le era piaciuto per niente.
Lei non era abituata a tutte quelle attenzioni, e il solo pensiero la faceva morire di imbarazzo.
Continuava ad aggirarsi per la spiaggia con le braccia incrociate sul petto, nel disperato tentativo di coprirsi e di non essere notata ottenendo, ovviamente, l’effetto opposto.
Quando le parve di aver trovato un posto meno affollato e più tranquillo, vicino a un paio di cabine, si lasciò andare ad un lungo sospiro di sollievo.
“Mamma mia, che incubo terribile sto vivendo! Mi domando come se la sta passando Rein adesso, e se è traumatizzata quanto me!” pensò angosciata “Come diamine abbiamo fatto a ritrovarci in questa situazione? Quando è successo esattamente e perché? Ma soprattutto…” e qui cominciò ad ispezionare il corpo della sorella con fare analitico “Come fa Rein a non sentirsi in imbarazzo conciata così? Mi sento tutti gli occhi puntati addosso, è snervante!” e cominciò a piagnucolare cose incomprensibili tra sé e sé finché, in un momento di isteria, non si ritrovò ad esclamare, toccando note acute che mai era riuscita a raggiungere prima: - Rivoglio la mia tavola da surf! -
Al ché, udite quelle parole, un ragazzo che era appena uscito dalle cabine con una tavola da surf sottobraccio, e di cui Fine non si era minimamente accorta, le si avvicinò in un misto tra interesse ed eccitazione e le chiese con la più innocente delle intenzioni: - Tu fai surf?-
Fine si voltò verso di lui il tempo di un secondo, lo squadrò da capo a piedi, e poi, emettendo un sonoro sbuffo di esasperazione, se ne andò a passo pesante verso il suo ombrellone, lasciando il povero ragazzo con un palmo di naso, a domandarsi cosa mai potesse aver detto di tanto offensivo da spingerla ad andarsene via in quel modo.
 
¤¤¤¤¤¤
 
Quando Rein notò Fine arrivare in lontananza per sedersi accanto a lei sotto l’ombrellone, non poté evitare ad un brivido di percorrerle la schiena. Ancora non riusciva ad abituarsi a quella situazione tanto assurda, quasi paradossale.
- Come va?- la salutò la sorella, sedendosi accanto a lei con aria sfinita e rassegnata.
Rein la osservò nuovamente di sbieco, percependo nuovamente un brivido solleticarle la spina dorsale.
- Mi fai senso – mugugnò, raggomitolandosi su se stessa.
Fine le lanciò un’occhiataccia: - Grazie tante, Rein! – esclamò profondamente offesa.
- Non mi riferivo a te – si affrettò a risponderle la turchina, percependo l’astio della sorella – Mi riferivo a noi… Non ti sembra tutto così assurdo? Voglio dire, è a dir poco sconcertante il fatto che da un giorno all’altro ci ritroviamo l’una nel corpo dell’altra, non trovi? –
- Certo che lo è, ma cosa possiamo farci? Non sappiamo nemmeno come abbiamo fatto a finire in questo stato, figurati se sappiamo come uscirne – le rispose la rossa, affranta.
- Prima ti stavo osservando mentre mi venivi incontro – continuò Rein sovrappensiero – E’ strano vedere se stessi dall’esterno, pensare che quella che tutti credono essere te in realtà è un’altra persona… è strano perfino conversare con te in questo momento: ogni volta che mi dai una risposta, sentire la mia voce al posto della tua… è quasi alienante. Mi fa dubitare di tutto quello che sono stata fino ad adesso –
- Tu sei e sarai sempre Rein, dovessi cambiare aspetto altre cento volte – le rispose Fine, sorridendole – Anche io ho i tuoi stessi dubbi e provo la stessa sensazione di smarrimento ogni volta che ti sento parlare. Sembra assurdo, eppure provo una certa sensazione di solitudine ogni volta che ti guardo… - e si rabbuiò.
- Come faremo con Bright e Shade, adesso che siamo così? – le domandò Rein alzando lo sguardo verso di lei.
Fine sospirò: - Non lo so proprio, Rein… Ma credo che ora come ora i problemi da risolvere siano altri –
Un silenzio imbarazzante calò tra le due per un momento.
- Come la mettiamo con lo sport? E con la tua aracnofobia? E con il mio terrore dell’acqua? Non posso mica dire di avere il ciclo per tutta l’estate…- esclamò la turchina ad un certo punto, completamente assorta.
Fine annuì pensierosa, rabbrividendo all’idea di essere costretta a mascherare la sua terribile paura per i ragni anche a costo della vita, altrimenti sarebbe stato un gran pasticcio se qualcuno avesse anche solo intuito qualcosa.
Poi si concentrò sulle ultime parole di Rein.
- Aspetta un attimo…- disse – Tu hai detto che io ho il ciclo?-
Rein le lanciò un’occhiata di rimprovero: - Avevi un’idea migliore?- le rispose accigliata.
- Reiiin!- piagnucolò l’altra, arrossendo di vergogna.
- Dai, su, che sarà mai! Come sei suscettibile, Fine! L’ho detto a Mirlo, mica a Bright o a Shade…-
- Ci mancava solo che lo dicessi a Shade, così mi facevi fare ancora di più la figura dell’idiota!-
- Da quando in qua avere il ciclo è da idioti?-
- Da quando tua sorella lo usa come pessima scusa per evitare di farsi una nuotata in mare!-
- Si dà il caso che questa pessima scusa, che ho dovuto inventare sul momento per non farci scoprire, è l’unica che la mia mente sia stata in grado di concepire, dato il profondo stato di shock emotivo in cui mi trovo!-
Ancora un minuto di silenzio.
- Ok, hai ragione, scusa – esclamò ad un tratto Fine, dimenticando il suo imbarazzo – Vediamo di non perdere la poca lucidità che ci resta. Dobbiamo mantenere i nervi saldi se vogliamo sperare di sopravvivere a tutto questo -
In quel momento la loro conversazione fu interrotta da Altezza che le stava chiamando dalla riva del mare e le invitava ad unirsi al resto del gruppo per fare una nuotata tutte insieme.
- Non posso – le strillò Rein di rimando – Ho il ciclo!- e, ancora una volta, le si dipinse sul volto quel plastico sorriso a trentadue denti che ormai era solita fare quando la situazione cominciava a diventare troppo stressante da sostenere.
- Andiamo a fare una passeggiata, è meglio!- asserì Fine irritata e piena di imbarazzo, strattonandola per un braccio nel tentativo di farla alzare da terra.
- La sai una cosa, Fine?- esclamò Rein ad un certo punto, mentre seguiva i suoi passi.
- Cosa?- chiese l’altra di rimando senza neanche voltarsi.
- Quel completino mi sta davvero un incanto! Dovrei comprarne altri dieci così!-
-…-
-…-
-…-
- Dici che Bright l’avrà notato?-


Angolo autrice:

Rieccomi qui, a postare un nuovo capitolo per voi!
Sono stata di nuovo assente ma come detto precedentemente You Know Why. Sono riuscita a continuare un pò questa fiction e niente, domani mi laureo e sono troppo euforica per poter aspettare di postare il capitolo, quindi eccolo!
Lo so, lo so, è corto... ed è un capitolo di transizione, ma serve per capire bene come si trovano le due gemelle l'una nei panni dell'altra. Pian piano ne combineranno di tutti i colori, e già dal prossimo capitolo spero di farvi divertire come non mai.
Sono contenta che la storia riscuota un certo successo, so che è completamente diversa dallo stile adottato ne "Il Collezionista di Gioielli", ma per l'ambientazione che ho utilizzato ci stava qualcosa di più fresco e leggero.
Ora vi lascio, sperando che non rimarrete deluse da questa lettura.
Vado a prepararmi psicologicamente per domani.
Un grazie a tutti coloro che mi seguono!

Baci

_BlueLady_

 

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Capitolo 9
*** Il Beneficio del Dubbio ***


~ CAPITOLO 8: IL BENEFICIO DEL DUBBIO ~
 
Gli enormi occhi smeraldo di Altezza continuavano ad osservare scioccati lo scempio che si stava consumando al loro cospetto, quel giorno a colazione.
Erano soltanto le otto, la sera prima lei e gli altri erano stati fuori fino a tardi, e nonostante il sonno e la stanchezza la spingessero a crogiolarsi ancora tra le morbide coperte del suo amato letto, proprio non era riuscita a rinunciare alla sua vecchia abitudine di andare a correre sulla spiaggia, da brava mattiniera qual era.
Poteva sembrare assurdo dato il carattere snob e altezzoso che si ostinava a mostrare agli altri e che non faceva certo pensare che una come lei potesse davvero sopportare sudore, fatica, e capelli scompigliati già di prima mattina, ma la bionda semplicemente adorava andare a correre all’alba sulla riva del mare, quando la spiaggia era ancora vuota, l’aria era fresca e non ancora satura dell’afa estiva, il mare accarezzava mansueto la sabbia sotto di lui, e qualche gabbiano dal cielo la salutava con le sue strida acute accompagnandola nel suo tragitto.
Era un piacere del quale proprio non riusciva a fare a meno: correre le serviva a scaricarsi di tutta la tensione che il giorno precedente le aveva procurato, e le forniva energia per affrontare la nuova giornata appena cominciata.
Soprattutto l’aiutava a sorridere di fronte a tutti i disastri che Fine e Rein certamente avrebbero combinato, e che talvolta le facevano saltare leggermente i nervi.
Tra tutte le stranezze che aveva visto loro fare, però, quella di quella mattina era decisamente singolare: già dal giorno prima aveva notato che qualcosa non andava in loro, ma essendo consapevole che le due erano da sempre state completamente fuori di testa, non si era preoccupata più di tanto.
Vedere, però, le due gemelle impazzire da un giorno all’altro era decisamente triste: si era sempre aspettata che la cosa sarebbe accaduta gradualmente, non tutto in un colpo solo.
Tanto per cominciare, appena tornata dalla sua corsa rigenerante, si era ritrovata Fine e Rein in piedi in cucina che si preparavano la colazione. Già il fatto che osassero avvicinarsi ai fornelli era sconcertante, ma che fossero sveglie addirittura prima di Lione e di Mirlo, beh, quello era a dir poco un miracolo.
Ed erano appena le otto di mattina!!
In un primo momento aveva pensato che volessero farle uno scherzo, forse per ripicca di quella famosa sera in cui aveva voluto spaventarle a morte, ma quando realizzò che le due gemelle stavano facendo sul serio, rimase letteralmente di stucco.
E la cosa si stava facendo via via più inquietante man mano che andava avanti.
Era quasi spaventoso realizzare un tale cambiamento: non poteva fare a meno di starsene seduta a tavola di fronte a loro, la bocca spalancata e il cucchiaio a penzoloni, ad osservarle mangiare.
Rein pareva non toccasse cibo da trent’anni a quella parte: qualsiasi cosa fosse a portata del suo raggio di azione veniva afferrata e brutalmente divorata nel giro di un secondo. E con che voracità masticava tutto quello che riusciva ad ingurgitare! Pareva avesse riscoperto solo in quel momento la gioia ed il piacere di mangiare, il che era alquanto strano, considerato che l’unica e vera amante del cibo che avesse mai conosciuto era nient’altri che Fine.
La stessa Fine che se ne stava seduta in un angolino del tavolo a sbocconcellare svogliatamente una brioche al cioccolato che nemmeno riuscì a terminare. Posata ed educata, osservava con rimprovero la sorella che continuava ad ingozzarsi barbaramente, sorseggiando con estrema eleganza e delicatezza il suo caffelatte, e non la solita tazzona di latte e cioccolato alla quale mai, da quando la conosceva, avrebbe rinunciato. Ogni singolo atteggiamento della rossa le ricordava una persona soltanto: Rein.
Sapeva che ciò che le era passato per la testa era assolutamente ridicolo, quasi si vergognò a pensarlo, eppure pareva proprio che le due gemelle si fossero improvvisamente invertite i ruoli: come se Rein in realtà fosse Fine, e Fine fosse improvvisamente diventata Rein.
Si ritrovò a ridere da sola a quell’idea tanto sciocca che le era balenata in testa.
L’atteggiamento delle due amiche le stava già facendo saltare i nervi: loro due erano fuori di testa, e su quello non c’era alcun dubbio, ma che volessero trascinare anche lei sull’orlo della pazzia non poteva proprio accettarlo.
Non si sarebbe lasciata contagiare: privare la società di una mente tanto arguta e brillante come la sua era un’idea alquanto egoistica, nonché catastrofica.
Perciò, prima che qualche altro influsso negativo proveniente dalla mente bacata delle due gemelle mandasse in fumo i suoi preziosi neuroni, decise di mettere fine a quella delirante scenetta rompendo il silenzio con una domanda.
- Cosa state combinando, voi due? –
Come risvegliatesi improvvisamente da un sogno (nel caso di Altezza un incubo indubbiamente) le due gemelle si bloccarono di colpo, pietrificate da quelle parole, e volsero rigidamente lo sguardo verso di lei con gli occhi velati di puro terrore.
- Che domande fai, Altezza? – domandò Rein esplodendo in una risata isterica – Facciamo colazione, non vedi? –
La bionda aggrottò le sopracciglia, severa: - Questo lo vedo, Fine, ma sento che voi due state cercando di nascondermi qualcosa – insinuò – e voglio sapere cosa -
Le due gemelle si scrutarono negli occhi un secondo, rivolgendosi un’eloquente occhiata d’intesa.
- P-perché mai dovremmo nasconderti qualcosa, Altezza?- esclamò Fine con voce tremante – Non c’è assolutamente niente che non vada, nulla di strano, inspiegabile, oscuro, misterioso, assurdo e…- ma fu interrotta da un’occhiataccia raggelante di Rein che la stava avvertendo di non parlare più del dovuto.
La bionda schioccò la lingua, dubbiosa: - Davvero, Rein? Eppure c’è qualcosa di sospetto in voi: vi comportate in modo diverso dal solito, e voglio capirne il motivo -
Con sguardo di sfida le scrutò negli occhi, e la sua mente prese ad analizzare ogni singolo dettaglio che l’atteggiamento delle due amiche le aveva fornito: la sorprendente voracità di Rein, la mancanza di appetito di Fine… tutto era riconducibile ad un’unica e sola causa.
Le due gemelle sudarono freddo non appena incrociarono le pupille analitiche ed accusatorie dell’amica, e cominciarono a pregare con tutte loro stesse che Altezza non capisse.
- Ci sono! – esclamò la bionda in un’esplosione di euforia che quasi fece venire un infarto a Fine.
- Ci sei… cosa?- balbettò Rein in preda ad un tic nervoso.
Altezza ghignò soddisfatta: - Ho scoperto il vostro segreto –
Fine e Rein deglutirono all’unisono: - S-segreto?-
La bionda annuì: - Era così ovvio! Rein che si ingozza fino a scoppiare, mentre Fine non tocca quasi cibo, quando è da sempre stato il contrario –
- Altezza…- provò ad interromperla Rein, ma la bionda non le diede peso e continuò imperterrita la risoluzione del caso: - Il vostro inspiegabile e reciproco cambio di comportamento, nello stesso identico momento –
- Altezza – tentò di nuovo Fine, ma senza successo - Come ho fatto a non capire prima che i vostri atteggiamenti erano riconducibili solo ad un unico motivo? – esclamò la bionda, euforica - Certo, è così palesemente evidente! – di nuovo il sudore freddo prese a scorrere sulle loro tempie.
Tipregotiprego non dirlo.
– Voi due – il cuore delle gemelle batteva all’impazzata, andando ad esplodere loro nelle orecchie, un brivido guizzò veloce lungo le spine dorsali.
Tipregotiprego non dirlo.
 – Siete – chiusero gli occhi in attesa del colpo finale, Fine che, al limite della sopportazione, faticava a non parlare e rivelare tutto quanto prima che lo facesse l’amica al posto loro, mentre Rein le stringeva la mano incitandola a non cedere.
Tipregotiprego non dirlo!
 – Innamorate!- esplose infine Altezza in un urlo di gioia, gli occhi che brillavano di felicità.
Ci fu un secondo di silenzio che seguì quella sconcertante rivelazione.
- Eh? - mugugnò infine Rein, mentre al suo fianco Fine non riuscì più a trattenersi: - Si, lo confessiamo! – strillò tra le lacrime – E’ esattamente come hai detto tu! Non sappiamo come sia successa la cosa, né di preciso quando, sappiamo solo che dopo la sera in cui abbiamo deciso di vedere la cometa tutti insieme, senza un come né un perché, il mattino dopo ci siamo risvegliate completamente cambiate, e adesso siamo intrappolate in questa situazione senza via di uscita e non sappiamo che fareeee! –
- Oh, dunque è stata l’atmosfera romantica creata dalla cometa che vi ha spinte tra le braccia di Bright e Shade!- gongolò soddisfatta Altezza, nell’apprendere quella esilarante confessione.
- Eh?!- biascicò Fine confusa, asciugandosi gli occhi, e volgendo uno sguardo interrogativo alla sorella che la stava maledicendo silenziosamente.
- Ma si! – continuò la bionda con un sorriso – ho sempre pensato che le leggende nascondono sempre un che di romantico…-
- Romantico? – domandò ancora la rossa (nei panni della turchina) sempre più confusa – Ma noi non siamo…- stava per ribattere, volendo spiegare ad Altezza che si era trattato tutto di un malinteso, quando un’improvvisa gomitata in mezzo alle costole le bloccò le parole in gola.
- … più le stesse da quando abbiamo conosciuto Bright e Shade!- continuò Rein, che a differenza della sorella aveva appreso che Altezza non aveva capito nulla di ciò che era realmente successo - Sei sorprendente, Altezza! Un vero genio! - esclamò fintamente sorpresa, e in tono adulatorio – Ebbene sì: ci hai smascherate. Lo confessiamo: siamo cotte di Shade e Bright! –
La bionda gongolò nuovamente, crogiolandosi nella sua piccola vittoria: - Lo sapevo! – esultò – Del resto niente sfugge al mio geniale intuito! Tranquille: non ne farò parola con nessuno, men che meno con Shade e Bright. Avere però quest’informazione mi sarà davvero utile per aiutarvi a conquistare le vostre prede – al suono di quell’ultima parola, Rein e Fine aggottarono le sopracciglia perplesse – Che ne dite se, a questo punto, date le cose, io facessi in modo di organizzarvi un’uscita a quattro, giusto per stare un po’ da sole con loro, e conoscervi meglio senza rompiscatole che vi ronzano intorno?-
Fine, che soltanto dopo quell’ultima frase comprese che Altezza aveva travisato tutto, e perciò il segreto tra lei e sua sorella era ancora lontano dall’essere scoperto, nel sentire quell’ultima proposta, non poté fare a meno di esporre un atroce dubbio.
- Cosa?!- esclamò angosciata – Ma non possiamo presentarci a loro così!- disse, alludendo alla spiacevole nonché imbarazzante situazione dello scambiò di personalità.
Altezza aggrottò le sopracciglia confusa: - Così… come?- domandò.
Rein si affrettò nuovamente a rispondere prima che potesse farlo la sorella, nel tentativo di salvare quella situazione altamente delicata, e decise che la soluzione migliore fosse quella di tapparle la bocca con un’altra affettuosa gomitata tra le costole: - Lasciala perdere, ci saremo! A quando questa uscita? –
Altezza schioccò la lingua soddisfatta nell’udire quella risposta così positiva: - Perché non oggi stesso? – domandò elettrizzata.
 
¤¤¤¤¤¤
 
Una volta sole in camera, Fine non poté fare a meno di esporre i suoi atroci dubbi alla sorella che sospirava estasiata e ringraziava silenziosamente il karma per aver fatto sì che le cose avessero preso, dopo una prima e sgradita sorpresa, quella piega così giusta.
- Sei uscita completamente di senno, Rein?- le domandò Fine altamente preoccupata – Non ti ricordi che Bright ha un interesse per me, e Shade per te? Come la mettiamo adesso?-
- Infatti è perfetto!- squittì l’altra saltellando allegramente per tutta la stanza – Le cose non potevano andarci meglio di così, sorellina!-
Fine la osservò dubbiosa e confusa canticchiare e ballare attorno al letto: - Che stai dicendo? Che ti è saltato in mente? Ti rendi conto che così facendo non sarai tu ad uscire con Bright, ma io?-
- Appunto!- le rispose l’altra di rimando.
Fine la osservò senza capire – Ma non capisci, Fine?- esordì Rein eccitata – Se io sono nel tuo corpo e tu nel mio, tu, con il tuo carattere timido e dolce, potrai aiutarmi a conquistare Bright, e io nel frattempo farò innamorare Shade di te, come volevamo fin dall’inizio! –
La rossa finalmente capì, e sorrise nel vedere la gemella così eccitata all’idea di avere finalmente un’opportunità con il ragazzo del suo cuore, come del resto lo era lei all’idea di avere un’occasione con Shade.
Rein, d’altro canto, esplose nell’ennesimo grido di gioia: - Questa faccenda dello scambio non è così male come sembra, dopotutto! -
 
- Questa faccenda dello scambio è una pessima idea!- esclamò Rein disperata nel vedere la sorella uscire dal bagno conciata in quel modo.
– Sei un disastro, Fine! Guarda come mi hai ridotta!- piagnucolò, inorridendo alla vista del suo amato corpo intrappolato in un tristissimo paio di shorts in jeans abbinati ad un semplice top sportivo. I lunghi capelli turchini erano legati in due codini alti che facevano tanto Pippi Calzelunghe, e ai piedi, ad adornare il tutto, un misero paio di scarpe da ginnastica color panna.
Fine, davanti allo specchio, proprio non riusciva a capire cosa c’era che non andava in quel look nel quale lei si sentiva così a suo agio: - Perché? Sto così male? – aveva domandato alla sorella sgranando gli occhioni azzurri.
Rein si schiaffò una mano sulla fronte, sbuffando esasperata: - Non te l’hanno mai detto che i codini sono passati di moda da un pezzo?-
- Ma io mi ci trovo tanto bene…- mugugnò l’altra aggiustandosi i suddetti – Tu, piuttosto guarda come mi hai conciata: sembro la brutta copia di “Barbie va in vacanza”!- si difese, alludendo all’outfit che Rein aveva scelto per lei.
La sorella, difatti, aveva deciso che per quella romantica uscita con Bright lei – o per meglio dire lei se non si fosse trovata nel corpo di Fine – avrebbe indossato un adorabile vestitino rosso lungo fino a metà coscia, con una deliziosa gonna a ruota che andava ad alleggerire il look e a renderlo né troppo formale, né troppo informale. In una parola: giusto. Ai piedi un paio di ballerine nere accompagnate dalla rispettiva borsetta, e i capelli rigorosamente sciolti che andavano ad accarezzarle le spalle arricciandosi in deliziosi boccoli.
- Ma che dici, guarda qui come ti ho reso carina! Dovresti portare le gonne più spesso: ti risaltano le gambe!- asserì l’altra fiera e soddisfatta.
- Sarà, ma io preferisco la comodità all’eleganza – affermò Fine decisa.
- Lascia stare e sbrighiamoci, piuttosto: abbiamo già fatto attendere troppo in nostri due cavalieri!- e così dicendo, Rein afferrò la sorella per un braccio, ed insieme, emozionate, si avviarono al loro romantico appuntamento.

 

Angolo Autrice:

E finalmente riesco ad aggiornare anche qui! Mamma mia, non mi sembra vero!
Purtroppo gli impegni sono veramente tanti, e non trovo mai un pò ti tempo per scrivere... però le idee sono tutte in testa, aspettano solo di essere portate alla luce... con calma...
Dunque, dunque, dunque, cosa abbiamo qui?
Le cose si fanno ineressanti, non credete? O meglio, incasinate, vista la situazione...
Un'uscita a quattro con Bright e Shade proprio quando le due gemelle sono scambiate di corpo... secondo voi cosa potrà mai succedere?
Io lo so, ovviamente, e spero che quando arriverà il momento di svelarvelo di farvi cadere dalla sedia dal ridere!
Un grazie a chi ancora mi segue, nonostante i clamorosi ritardi.
Grazie davvero per tutte le belle recensioni, vedervi così entusiaste mi scalda il cuore!
Vi do appuntamento al prossimo capitolo, nella speranza di aggiornare con meno ritardo stavolta!!
Baci

_BlueLady_


 

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Capitolo 10
*** Uscita a Quattro ***


~ CAPITOLO 9: USCITA A QUATTRO ~
 
 
Appena uscite di casa, le due gemelle si diressero verso il centro della piccola cittadina, nella via dove Altezza aveva detto loro trovarsi l’appartamento che il fratello e il cugino avevano preso in affitto.
La villa era ancora off limits per i due ragazzi, e ancora non era concesso loro di entrare all’interno dei confini se non dopo aver ottenuto un’autorizzazione speciale da parte della bionda, la quale era ancora ben lontana dal consentirla. Infatti, serbando ancora un lieve rancore nei confronti dei suoi due “parenti serpenti”, come aveva preso a chiamarli da quando era venuta a conoscenza del loro tradimento, e temendo che, se Mirlo e Lione avessero visto Rein e Fine agghindate di tutto punto avviarsi assieme a Bright e Shade fuori per un appuntamento, il suo piano della romantica uscita a quattro sarebbe fallito miseramente, Altezza aveva proposto alle due gemelle di passare a prendere loro i due ragazzi sotto casa, e non il contrario.
Le due avevano accettato di buon grado l’offerta: in primo luogo perché ciò toglieva un po’ di formalità all’appuntamento e con essa se ne andava anche l’imbarazzo, ed oltretutto Altezza era riuscita a rendersi così tanto amabile agli occhi delle gemelle con la sua proposta tanto altruista, che se la bionda avesse chiesto loro qualsiasi cosa in cambio di quel favore, le due l’avrebbero fatta senza protestare.
Arrivarono di corsa alla palazzina, troppo impazienti per poter attendere un minuto di più, e subito suonarono al citofono dell’appartamento dei due ragazzi per annunciare il loro arrivo, ed intimargli di scendere.
Mentre aspettavano emozionate che Shade e Bright sbucassero dal portone d’ingresso, Fine non riuscì a nascondere il suo nervosismo all’idea di quello che stava per succedere.
- Rein, siamo davvero sicure di quello che stiamo facendo?- domandò alla sorella attorcigliando le dita delle mani le une con le altre dall’agitazione.
- Di che ti preoccupi, Fine? – esordì l’altra all’apice dell’entusiasmo – Stiamo per uscire con i ragazzi dei nostri sogni: dov’è il problema?-
- Beh, direi che un problema bello grosso lo abbiamo…- asserì la rossa (non più rossa) titubante.
- Te l’ho già detto: non ti devi preoccupare. Andrà tutto bene, vedrai: sfrutteremo questa cosa a nostro vantaggio. Io farò in modo che Shade si innamori di te, mentre tu farai lo stesso per me con Bright. Sarà un gioco da ragazzi! E quando finalmente torneremo nei nostri rispettivi corpi, potremo goderci il tempo con i nostri due futuri fidanzati come e quando vorremo! –
- Ma è proprio questo il punto, Rein! Quando torneremo ad essere noi stesse, alla normalità? Te lo sei chiesta questo?- le domandò Fine con sincera preoccupazione.
La turchina ci pensò su un attimo, concentrata.
- A quello penseremo in un secondo momento – esordì infine sbrigativa, troppo eccitata al pensiero di uscire con Bright per poter pensare ad altro - Piuttosto quando pensano di scendere, quei due? Se aspetto un altro po’ divento vecchia! E poi dicono che siamo noi donne a farci desiderare…-
- Buongiorno!- le salutò all’improvviso una voce calda ed energica alle loro spalle, che le fece trasalire.
Come si voltarono, Bright le accolse con il più dolce tra i suoi sorrisi, e Rein per poco non ci rimase secca. “Brutto amorevole infame” pensò, sentendosi andare a fuoco dalla testa ai piedi “vuoi che mi sciolga sul pavimento ancor prima che inizi l’appuntamento?”
- Ciao Bright!- lo salutò Fine con naturalezza – Come state tu e Shade oggi?-
- Buooongiorrrrnoooo!!- salutò invece Rein con un sorriso che andava da un orecchio all’altro, e gli occhi a cuoricino – Siamo pronti per andare, sìììì?- e si precipitò al fianco di Bright, prendendolo amorevolmente sottobraccio.
- Come siete di buonumore stamattina!- ridacchiò il biondo, per nulla dispiaciuto nel vedere la rossa azzardare un simile contatto con lui.
Fine, che sapeva bene quanto la sorella perdesse completamente il senno della ragione quando si trovava di fronte al ragazzo che le piaceva, fu costretta a richiamare Rein con un colpo di tosse ben assestato ed un’occhiataccia in direzione della sua mano intrecciata a quella del biondo per farle riacquistare la lucidità e ricordarle che, in quel momento e in quella situazione, non poteva comportarsi secondo tutto quello che le suggeriva l’istinto, ma doveva conservare un certo contegno.
La turchina, realizzato il fatto e ricordatasi che al momento lei non era realmente lei, sciolse subito imbarazzata la presa da quella di Bright, e tentò di distogliere l’attenzione da quel gesto ponendo una domanda lecita: - Dov’è Shade?-
Come pronunciò quel fatidico nome, un sonoro sbadiglio si materializzò alle loro spalle, seguito da una folta chioma di capelli mori ed un paio di occhi scuri come la notte.
- Buongiorno – bofonchiò svogliatamente il moro, con una certa indifferenza.
- Alla buon’ora come al solito, eh Shade! – lo canzonò amichevolmente Bright, mentre Rein lo osservava di sottecchi imbronciata, per nulla intenzionata a mascherare la profonda antipatia che provava nei suoi confronti.
Fine, al contrario, come incrociò il suo sguardo penetrante e magnetico, ammutolì di colpo, ed abbassò la testa timidamente arrossendo: - B-buongiorno Shade – pigolò.
Shade, che già sapeva quanto la turchina nutrisse un certo odio nei suoi confronti, si insospettì quando vide quella reazione così sottomessa da parte di lei, ma non volle darlo a vedere.
- Il buongiorno era prima che arrivassi tu!- bofonchiò invece Rein tra i denti, non riuscendo proprio ad evitare di mostrare al moro quanto la irritasse la sua presenza.
Nell’udire quella risposta, sconcertante quanto il mutismo della turchina, provenire dalle labbra della rossa, Shade, che fino ad allora non l’aveva nemmeno presa in considerazione, si voltò nella sua direzione sospettoso, e cominciò a squadrarla con attenzione.
Nel sentirsi quello sguardo cupo e freddo addosso, Rein non poté fare a meno di inacidirsi ancora di più.
- Che c’è?- domandò accigliata.
Shade si concesse ancora qualche istante per analizzarla, prima di rispondere: - Fino a ieri, era di tua sorella l’esclusiva di questa battuta. Cos’è, vi siete scambiate il copione, per caso?- insinuò, piantando le sue pupille in quelle cremisi di Rein – E non solo quello, a quanto vedo…- mugugnò poi, squadrando le due gemelle dall’alto in basso nel realizzare come si fossero vestite in occasione di quell’uscita. Era come se Rein si fosse improvvisamente impossessata del corpo di Fine, e viceversa.
Tuttavia, non volle entrare troppo nel dettaglio: venire a conoscenza di come le donne hanno l’abitudine di prepararsi prima di un appuntamento non rientrava nei suoi principali interessi, anzi, la cosa lo faceva leggermente rabbrividire. Doveva ammettere, però, che quelle due erano le tipe più strambe con cui aveva mai avuto l’occasione di uscire.
Rein sostenne lo sguardo del moro con fierezza, per nulla intenzionata a dargliela vinta.
Fine, d’altro canto, nell’udire quell’ultima domanda, non poté fare a meno di esprimere la sua osservazione: - Beh, diciamo che non si tratta proprio di uno scambio di copione…- disse tra sé e sé, ma abbastanza forte perché tutti potessero udirla.
Shade si voltò di nuovo verso di lei, incuriosito: - Come?- domandò.
Nel comprendere che, ancora una volta a causa della loro scarsa capacità di gestire le situazioni stressanti, rischiavano di farsi scoprire, Rein si affrettò a cambiare velocemente discorso, nel tentativo di alleggerire quell’atmosfera che cominciava a farsi un po’ troppo pesante: - Lasciala stare, ha messo troppo zucchero nel caffè stamattina!- ridacchiò – Allora, vogliamo andare?-
 
 
¤¤¤¤¤¤
 
L’appuntamento era andato relativamente bene fino a quel momento, se non fosse che Rein e Fine più di una volta avevano rischiato di tradirsi con qualche parola di troppo, e agli occhi di Shade e Bright probabilmente erano apparse più come una coppia di gemelle bipolari, che le donne ideali con cui uscire. Era anche vero, però, che l’esperienza di frequentare due ragazze così singolari e di divertirsi tanto con loro, i due cugini non l’avevano ancora mai vissuta, e se da una parte l’isteria delle due faceva venir loro voglia di fuggire a gambe levate in un posto lontano e sicuro dove non potessero trovarli, dall’altra i loro inspiegabili controsensi li sorprendevano e impressionavano a tal punto che desiderare di passare ancora del tempo con loro per imparare a conoscerle meglio era inevitabile.
Fu così che, dopo una breve passeggiata alla scoperta del centro della città per illustrare loro i posti che conoscevano fin dall’infanzia, decisero di portarle in una tavola calda per gustare qualcosa e rilassarsi chiacchierando di fronte ad una rigenerante bibita ghiacciata.
Le due gemelle accettarono di buon grado, liete che l’appuntamento stesse procedendo con successo, nonostante qualche piccolo intoppo.
Trovato il tavolo in cui accomodarsi, i quattro si sedettero e presero subito in mano i menù, Fine di fronte a Bright, e Rein di fronte a Shade.
Appena si ritrovò di fronte la faccia presuntuosa e saccente del moro, Rein fu presa dall’impulso di prenderlo a schiaffi, ma riuscì a trattenersi, conscia del fatto che non poteva rischiare di mettere Fine in cattiva luce di fronte a lui: non glielo avrebbe mai perdonato.
- Allora, cosa volete ordinare?- domandò Bright su di giri.
Le due gemelle sfogliarono il menù dubbiose.
- Non saprei – asserì Rein pensierosa – c’è così tanta scelta…-
- Io credo che prenderò un hamburger e una pizza per cominciare, poi passerò ad un piatto di tagliolini al ragù seguito da una tempura calda e croccante, e per finire voglio gustarmi un’enorme coppa di gelato al cioccolato!- annunciò Fine affamata ed estasiata da tutte quelle goloserie che quel locale le offriva.
Gli altri tre la osservarono sconcertati per un istante.
- Ehm Fine, volevo dire Rein, non ti sembra di esagerare così? Devi mantenerti in forma per la prova costume, dopotutto – esclamò Rein ad un tratto, preoccupata che le schifezze che la sorella aveva intenzione di ingurgitare finissero tutte sui suoi amati fianchi.
- Ma che dici, Re… Fine! Mi sto anche tenendo leggera! È giusto per placare il leggero languorino che ho allo stomaco - le rispose l’altra con un enorme sorriso.
- Immagino se fosse stata una fame da lupi allora…- mormorò la turchina tra sé e sé, affranta.
- Il gelato lo prendi con o senza panna montata, Rein?- udì Bright domandare alla sorella, sinceramente interessato.
Fine gli restituì l’enorme sorriso che aveva riservato alla gemella poco prima: - Con, ovvio!- ridacchiò, e nella sua risata trascinò anche il biondo che mai avrebbe creduto la turchina così simpatica ed interessante fino a quel momento.
La vera Rein, nel frattempo, sospirò rassegnata: se non altro, Bright sembrava interessato a quella che credeva essere lei.
- Non eri tu quella amante del cibo, Fine?- sentì ad un tratto domandare Shade. Rein impiegò qualche secondo prima di realizzare che la domanda era riferita proprio a lei.
- Eh? Ah, sì, giusto! – si riscosse improvvisamente dai suoi pensieri – S-solo che oggi non mi sento molto bene e…- ma fu interrotta dal cameriere, che era venuto per prendere le ordinazioni.
Dopo aver annunciato la sua ordinazione, Shade non osò addentrarsi oltre nel discorso che lasciò morire lì, non senza cessare di osservarla di sottecchi.
“Meno male” pensò la turchina, sciogliendo la tensione che aveva accumulato “non so per quanto potrò andare avanti inventandomi scuse senza farmi scoprire…”
Le ordinazioni arrivarono abbastanza velocemente, e tra una chiacchiera e l’altra i quattro presero a mangiare con gusto le pietanze che avevano nei rispettivi piatti.
Soltanto Fine, immersa nell’euforia che solamente il cibo sapeva provocarle, più che mangiare divorava ciò che aveva sul piatto, mandandolo giù senza neanche masticare.
Shade e Bright si fermarono un istante ad osservare sconcertati quell’orribile scena, mentre Rein moriva di imbarazzo per la pessima figura che la sorella le stava facendo fare.
Provò ad ignorarla una, due, tre, cinque volte cercando di concentrarsi su ciò che aveva nel suo piatto, ma il continuo masticare delle mascelle di Fine, accompagnato dalle sue esclamazioni quasi orgasmiche che seguivano ogni boccone, per non parlare del pensiero di quanto zotica e ridicola stesse apparendo in quel momento agli occhi di Bright, oltre che maleducata ed inelegante – “e per di più, tutta quella roba finirà sul mio sedere e sui miei fianchi!” si ritrovò a pensare terrorizzata – la fecero esplodere come una bomba ad orologeria.
Incamerata tutta l’aria possibile all’interno dei polmoni, sbottò, rossa di rabbia e di imbarazzo, in faccia alla sorella e di fronte ai due ragazzi, picchiando forte entrambe le mani sul tavolo e balzando in piedi come una furia.
- Smettila di ingozzarti così, o mi rovinerai la linea facendomi ingrassare di almeno quattro chili! Lo sai quanta fatica impiego per mantenere la mia forma quasi perfetta?! Il mio corpo non è abituato come il tuo a certe schifezze! Vedi di darti un contegno!!-
Una volta scesa la rabbia e riacquistata la ragione, si rese conto che un improvviso silenzio carico di imbarazzo era calato tra i tre al tavolo con lei, che la osservavano scioccati senza proferire parola, Fine con la bocca sporca di sugo che inghiottiva lentamente l’ultimo boccone che aveva in bocca prima di mettersi seduta composta a braccia conserte, fissando il tavolo colpevole.
Rein sentì la gola seccarsi nel realizzare la figuraccia che aveva fatto, e lentamente si ricompose, senza avere il coraggio di guardare in faccia né Bright, né Shade.
- Volevo dire – tentò di rimediare, ormai conscia che serviva a ben poco – smettila di ingozzarti, altrimenti starai male –
Ci fu silenzio ancora per un istante, prima che Bright saltasse fuori dal nulla con una risatina alquanto divertita: - Perché la rimproveri tanto, Fine? A me piacciono le ragazze golose, le trovo adorabili!- esclamò.
Nell’udire quelle parole, il volto di Rein si illuminò di una nuova luce.
- Davvero?- sospirò sgranando gli occhioni cremisi sognanti.
- Certo! – rispose l’altro – Quando osservano il cibo con quello sguardo tenero ed infantile, così puro ed innocente, le trovo semplicemente irresistibili!-
Al suono di quelle parole, la mente di Rein andò completamente in tilt, e tutta la ragione che aveva riacquistato poco prima se ne andò altrettanto improvvisamente come era apparsa.
Mossa soltanto dal desiderio di voler piacere a Bright a tutti i costi, senza pensare che in quel momento agli occhi di tutti lei appariva come Fine e non come Rein, e che probabilmente già la stessa Fine con il suo amore spropositato per il cibo e la sua reazione spontanea aveva pensato a catturare l’interesse del biondo, si mise ad afferrare qualsiasi cosa di commestibile le capitasse a tiro, e a mandarla giù a forza, nonostante già quello che aveva ordinato prima fosse stato sufficiente a saziarla.
Questa volta fu Fine ad osservarla scioccata eseguire quello strano rituale di corteggiamento, non senza provare un leggero imbarazzo per come la sorella si stava comportando, e a come sarebbe potuta apparire la sua reazione agli occhi dei due ragazzi.
Shade e Bright, ancora una volta, non poterono fare a meno di osservare a bocca aperta la rossa ingozzarsi fino a scoppiare, incapaci di proferire anche solo una parola.
Quando Rein ebbe terminato di divorare qualsiasi cosa di commestibile fosse presente sul tavolo, inclusi i rimasugli rimasti nei piatti dei due ragazzi, si accasciò sulla sedia sfinita e distrutta, rivolgendo un sorriso stanco e provato a Bright, i denti impiastricciati di alimenti non ben identificati incastrati tra uno spazio e l’altro.
- Certo che voi due avete seri problemi con il cibo – osservò ad un tratto Shade, un misto tra lo schifato e lo spaventato mentre osservava la rossa riprendere lentamente coscienza, e portarsi una mano alla bocca tempestivamente, alzandosi di scatto dalla sedia allarmata.
- Credo di aver esagerato - mugugnò Rein nauseata, trattenendo a stento i conati di vomito e correndo come una furia in bagno a rimettere tutto quello che aveva appena ingurgitato.
Toccò agli altri tre pagare il conto al posto suo.
 
¤¤¤¤¤¤
 
Appoggiato alla porta del bagno delle donne, le braccia conserte e gli occhi che roteavano da una parte all’altra, Shade non poteva fare a meno di sospirare rassegnato ogni volta che al di là della porta udiva un lamento accompagnato da conati di vomito, seguiti dal rumore dello sciacquone che veniva tirato per l’ennesima volta – la quinta, per l’esattezza.
Era ormai chiusa in bagno da più di mezz’ora, e la cosa stava cominciando a farsi preoccupante, oltre che snervante.
Se non fosse stato per il tragico modo in cui era andato a finire quel ridicolo siparietto offertogli poco prima a tavola, Shade, ripensandoci in un secondo momento, ci avrebbe volentieri riso su: se fino ad allora aveva pensato che ad essere fuori di testa fosse Rein, si era sicuramente sbagliato.
Entrambe le gemelle erano pazze da legare, ma indubbiamente tra le due, Fine si aggiudicava la medaglia d’oro. Era curioso, perché fino ad allora gli era sembrata, nella sua originalità, così pacata e tranquilla… Una ragazza certamente squisita e alla mano, ma non il genere di ragazza che potesse interessargli seriamente. Invece quella mattina a pranzo era riuscita davvero a sorprenderlo.
Percependo che, dall’altra parte, la rossa aveva aperto l’acqua del rubinetto per lavarsi la faccia e che di lì a poco sarebbe uscita, si scostò di qualche passo dalla porta, pronto ad accogliere il viso sfatto e smunto di Rein che non tardò a comparire.
Aveva proprio una brutta cera: il volto pallido e scarno, le occhiaie violacee a solcarle il contorno degli occhi… non era proprio il ritratto della salute.
- Tutto a posto?- le domandò, anche se sapeva benissimo che quella era una semplice domanda da rituale, e che la rossa non era a posto per niente.
- Forse sto per morire!- mugugnò Rein accasciandosi sullo stipite della porta, debole e affranta – Dove sono mia sorella e Bright?- domandò poi al moro, riacquistando un minimo di lucidità.
- Sono andati a pagare il conto e poi sono andati a fare un giro qui nei dintorni in attesa che ti riprendessi: Rein sarebbe stata volentieri qui a soccorrerti, ma dato che non volevo che anche l’appuntamento di Bright si riducesse ad un completo disastro, li ho convinti perché proseguissero l’uscita loro due insieme, al massimo li raggiungiamo appena ti sei ripresa – disse, tutto d’un colpo – Almeno uno di noi riuscirà a divertirsi - affermò poi sarcastico.
- Ah, capisco. Beh, non hanno tutti i torti, dopotutto – asserì la turchina, troppo sfinita per poter anche solo pensare a qualsiasi cosa da controbattere alla provocazione appena ricevuta.
- Seriamente, che problemi avete voi due?- domandò Shade, piuttosto perplesso – Sei incredibile! Prima rimproveri tua sorella di non ingozzarsi, e poi tu fai lo stesso riducendoti peggio di uno straccio!- non riuscì a trattenere una risatina sommessa – Sei proprio strana –
Anche se ancora in stato comatoso e poco energica per reagire, Rein, al limite della sopportazione, colse l’ennesima nota di sadico divertimento che si nascondeva tra le parole del moro, e non riuscì più a trattenersi. Se in un primo momento era stata disposta a sotterrare l’ascia di guerra con lui perché era stato così clemente da attenderla fuori dal bagno per accertarsi della sua salute, tutti i suoi buoni propositi di tentare di essere carina e gentile nei suoi confronti svanirono nel comprendere che si stava letteralmente prendendo gioco di lei.
Inacidita e offesa dal suo sarcasmo decisamente inopportuno, gli sputò in faccia quelle ultime parole con tutto l’astio di cui era disposta.
- Strana io?! Strana IO?! Ma ti sei visto tu, con quel broncio da iena depressa che ti porti sempre dietro?! Credi di essere tanto normale?!-
E detto questo, se ne andò a grandi passi verso l’uscita del ristorante, senza neanche aspettarlo.
Shade, che era rimasto ad osservarla andarsene offesa e altezzosa, non poté fare a meno di ridacchiare divertito al pensiero delle ultime parole proferite da Rein.
- Iena depressa?- ripeté tra sé e sé.
Con l’ombra di un sorriso velato sulle labbra, seguì i passi della rossa fuori dal locale.


Angolo Autrice:

Dopo un mese di silenzio, torno a farmi risentire con un capitolo di questa fiction.
Che dire, capitolo ricco di azione, ci ho messo tutta me stessa a scriverlo. Sono riuscita ad immaginarmi la scena in ogni minimo particolare, e nello scriverla ridevo da sola. 
Spero che in casa non mi abbiano scambiata per pazza. E soprattutto spero di aver divertito anche voi. 
Le due gemelle sono ancora l'una nel corpo dell'altra, devono ancora realizzare tante cose, tipo come hanno fatto a scambiarsi di corpo, e come faranno a ritornare alla normalità... diamo tempo al tempo. Lo so che Fine nel corpo di Rein e Rein nel corpo di Fine vis combussola le idee (pensate a me!), ma la storia si basa proprio su questo, perciò non temete: abbiate fiducia nell'autrice, godetevi la lettura e non pensate al resto. Anche con le gemelle in questa situazione, le cose si risolveranno... prima o poi.
Ho in mente tanti altri siparietti comici! Non avete idea di come mi diverto a pensare alle situazioni imbarazzanti che potrebbero creare le gemelle ora che sono scambiate... più ci penso, più rido. Spero riuscirò a strappare un sorriso anche a voi.
Intanto vi lascio, dandovi appuntamento al prossimo aggiornamento che, impegni permettendo, spero non sia tanto lontano.
Grazie a chi legge, commenta, segue e apprezza la fiction! 
Baci

_BlueLady_

 

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Capitolo 11
*** Conoscersi Meglio ***


~ CAPITOLO 10: CONOSCERSI MEGLIO ~
 
- Non ci credo!- ridacchiò Bright divertito non appena udì le ultime parole di Fine.
- Ti giuro che è così!- asserì lei ridendo a sua volta, mentre gli camminava a fianco giocando a fare l’equilibrista sul muretto di un’aiuola.
- Quindi vuoi farmi credere che quando tu e tua sorella avevate sei anni e cominciavate ad imparare a stare in equilibro sulla bicicletta, la prima volta che tua madre ha mollato la bici per farti andare da sola, hai perso l’equilibrio e sei finita dritta dritta dentro un’aiuola di rose?- esclamò il biondo incredulo, con le lacrime agli occhi.
- Non dentro un’aiuola, ma dentro l’aiuola!- lo corresse prontamente Fine - Camelot, la nostra tata che è da sempre vissuta in casa con noi, le aveva appena trapiantate “per rendere più bello e accogliente il giardino” diceva, ed io mi ci sono tuffata dentro con tutte le scarpe, bici compresa! - continuò tra le risate – Avresti dovuto vedere la sua faccia quando sono corsa da lei tutta sanguinante, piangendo come una fontana!-
- Immagino – osservò l’altro con un sorriso – Sarà stata preoccupatissima -
- Ma mica per quello che pensi tu!- lo zittì lei ancora euforica – Credi che gliene importasse qualcosa del fatto che mi fossi graffiata da tutte le parti e avessi una spina conficcata nell’alluce del piede destro? No! È uscita di corsa con le mani tra i capelli strillando: “LE MIE ROSE! LE MIE SPLENDIDE ROSE! COSA HAI COMBINATO, RAZZA DI DISGRAZIATA!”- e a quelle parole accennò una buffa ed esagerata imitazione della povera tata dal pollice verde in preda ad una crisi isterica.
Bright scoppiò nuovamente a ridere nel vedere la turchina cimentarsi nella rappresentazione di quella scena così buffa: - Vi voleva proprio un gran bene – osservò poi, realizzando che alla tata stessero più a cuore le sue rose che le sue figliocce.
- Non farti ingannare dalle apparenze – si affrettò a rispondergli Fine – Camelot è severa e polemica, ma ci vuole un gran bene. Vive con noi ancora oggi, nonostante tutte le pene che le abbiamo fatto passare in questi anni – sorrise - Sai chi è stata a togliermi la spina dal piede, quella volta, dopo che mamma aveva finito di medicarmi tutte le ferite?- domandò, dopo un attimo di silenzio.
- Camelot?- azzardò Bright incerto.
Fine annuì: - Mi ha presa in braccio, mi ha fatta sedere sulla poltrona del salotto, e dopo aver disinfettato un ago da cucito sulla fiamma del fornello, ha cominciato pazientemente a scalzare la spina dall’alluce – si addolcì, rivivendo nella mente quel ricordo lontano – Io strillavo e scalciavo come una furia nel sentire l’ago pizzicarmi la pelle, ma lei nonostante tutto ha continuato imperterrita il suo lavoro, fino a quando non è riuscita a togliermi la spina dal piede–
Alzò lo sguardo verso il biondo, e trasalì nell’incontrare i suoi occhi.
- Le vuoi davvero un gran bene, si vede da come ne parli – disse lui, guardandola con dolce ammirazione.
Fine, presa alla sprovvista ed imbarazzata, arrossì di colpo nell’incontrare quelle pupille sature di sincero interesse per lei, e non poté evitare al suo cuore di perdere un battito.
- C-comunque anche Rein una volta è caduta dalla bici!- esclamò ad un certo punto senza pensare, sentendosi in colpa per essersi messa in luce di fronte a Bright al posto della sorella – Stavamo facendo una gara a chi scendeva più veloce dalla discesa che c’è nel giardino sul retro di casa nostra, e lei ha preso talmente tanta velocità che ha perso improvvisamente il controllo della bici, non ha frenato in tempo, ed è andata a schiantarsi in pieno su uno dei vasi di Camelot, rompendolo in mille pezzi!- esclamò divertita – Anche quella volta Camelot diede di matto, e Rein si ritrovò con un bel bernoccolo sulla fronte, oltre che con un taglio sul braccio così profondo che fummo costretti a portarla al pronto soccorso per farglielo ricucire. Avresti dovuto sentire che strilli che provenivano dall’ambulatorio medico, sembrava quasi un cavallo impazzito!- concluse, scoppiando nuovamente a ridere, ma bloccandosi di colpo quando non udì Bright unirsi assieme a lei alla risata.
Perplessa e confusa voltò la testa in direzione del biondo, che la stava osservando con un’aria ancora più sconcertata e confusa della sua.
Schiarendosi la voce imbarazzata e avvicinandosi un poco a lui - Ho detto forse qualcosa che non va?- domandò, sinceramente preoccupata.
Bright, per tutta risposta, si limitò ad inclinare la testa leggermente di lato: - Di che stai parlando?- le domandò squadrandola con fare interrogativo – Non sei forse tu Rein?- chiese poi.
Fine, allarmata e presa dal panico, deglutì un boccone di saliva amaro ed avvampò di colpo: - C-come dici?- balbettò.
Bright la squadrò nuovamente da capo a piedi, prima di rispondere: - Non sei tu che sei caduta dalla bici tagliandoti il braccio? Perché ne parli in terza persona, come se ti riferissi a tua sorella Fine anziché a te stessa?- affermò, accennando con uno sguardo alla cicatrice che spaziava sul suo avambraccio, prova lampante della verità delle sue parole.
Fine portò istintivamente una mano sulla cicatrice, desiderando con tutta se stessa che la terra la inghiottisse in quel preciso istante: - Oh – esclamò imbarazzata – G-già, che stupida – asserì poi, cercando di mascherare l’enorme gaffe come meglio poteva – E’ che… quell’incidente mi fa sentire talmente a disagio da spingermi a parlarne come se fosse successo ad un’altra persona, e non a me!- disse, cercando di convincersene anche lei.
Il volto di Bright si sciolse in un tenero sorriso, non appena apprese il suo sincero imbarazzo.
- Ah, ma non devi vergognartene!- la tranquillizzò premuroso – A tutti capitano incidenti imbarazzanti!- e rise, permettendo a Fine di sciogliersi in un sospiro di sollievo.
- Del tipo?- gli domandò, stuzzicandolo con lo sguardo.
Bright si ammutolì di colpo.
- No – sghignazzò poi, stuzzicato dalla curiosità della turchina – Se vuoi saperne di più, ti toccherà aspettare un altro giorno – affermò giocoso, dandole un buffetto sulla spalla.
- Sei davvero un infame! Io ti confido i miei segreti più oscuri e tu mi tradisci così!- scherzò Fine a sua volta, fingendosi arrabbiata – Devo pur avere qualcosa con cui ricattarti, se vuoi costringermi a mettermi così a nudo di fronte a te!- ribadì l’altro, stando al gioco – Vuoi dire che hai intenzione di ridicolizzarmi di fronte a tutti i miei amici?!- esclamò lei di rimando con finto terrore – Non sono pronta per questo! Rendermi ridicola di fronte a loro da sola è un conto, ma che ci pensi qualcun altro proprio non so se riuscirò a sopportarlo!-
I due scoppiarono a ridere divertiti, trovando l’uno nell’altra una piacevole compagnia con cui trascorrere il tempo.
Poi un lieve imbarazzo calò tra loro, e ad esso si accodò un istante di silenzio, rotto soltanto dal chiocciare della folla in sottofondo.
- Sai una cosa, Rein?- sentì domandare Bright ad un tratto, dopo una breve pausa di riflessione – Non immaginavo potessi essere così tanto spontanea e alla mano – affermò sincero, gli occhi vivaci che si posavano sui suoi – Ti credevo molto più sostenuta e costruita di quanto non fossi in realtà: il tuo carattere così esuberante ed esplosivo è ciò che mi ha indotto a pensare questo di te – il cuore di Fine prese a scalpitare come una furia in petto temendo di sentire la restante parte del discorso.
“Se con Bright ho combinato un disastro, Rein non me lo perdonerà mai” pensò.
Il biondo continuò, ignaro di ciò che passava nella testa della ragazza in quel momento: - Presa singolarmente, e avendo avuto l’opportunità di conoscerti un po’ meglio invece, trovo che tu sia molto simpatica e autoironica: in questo assomigli molto a tua sorella Fine. Mi hai sorpreso, dico davvero. Non avrei mai immaginato di passare un così piacevole pomeriggio in tua compagnia – e detto questo, si sciolse nell’ennesimo sorriso, invitando Fine a proseguire la loro passeggiata fino a villa Ishsijama, dove si sarebbe concluso il loro appuntamento.
La turchina (rossa, in realtà), accettò di buon grado di essere scortata fino a casa, nascondendo abilmente il profondo sollievo che aveva provato nell’apprendere che con Bright era riuscita a svolgere un ottimo lavoro per conto della sorella, almeno per il momento.
Lo seguì, lasciando che una curiosa sensazione di tepore nata in seguito alle ultime parole che il biondo aveva espresso le scaldassero debolmente il petto, all’altezza del cuore.
Probabilmente era soltanto la soddisfazione di essere riuscita ad attirare l’attenzione di Bright su Rein, come le aveva promesso.
 
¤¤¤¤¤¤
 
Soddisfazione, era sicuramente quello ciò che spingeva Shade a sorridere sommessamente così di gusto da quando avevano lasciato insieme il locale per dirigersi in cerca di sua sorella e di Bright.
Probabilmente in quel presuntuoso del cugino di Altezza si nascondeva talmente tanto sadismo, da spingerlo a ridere senza ritegno sotto i baffi della sventura capitatale poco fa.
Come poteva biasimarlo, dopotutto? Aveva fatto una figuraccia non da poco, e davanti a Bright, per giunta. Era certa di essersi giocata con quel numero anche la più minima briciola di rispetto e di interesse che il biondo avrebbe mai potuto nutrire nei suoi confronti. Ma del resto, al momento quello era un problema che non la riguardava, visto che Bright attualmente già era convinto di stare uscendo con lei, e non con sua sorella Fine. Avrebbe dovuto affidarsi al carattere dolce e affabile della gemella per poter sperare di far colpo sul suo bel principe azzurro.
Quanto a lei, per quanto le riuscisse difficile anche solo sopportare la vista di quello spocchioso di Shade, non poteva deludere Fine mandando completamente a rotoli il suo appuntamento. Dopotutto avevano fatto un patto, e finché non avrebbero capito come riuscire a tornare nei loro rispettivi corpi, fare buon viso a cattivo gioco con Shade era l’unica possibilità rimasta da sfruttare, se Fine voleva avere anche solo una minima speranza di far breccia nel cuore del bel tenebroso – che poi a lei sembrava più un eremita che uno di quei bad boy da telefilm da far girare la testa, ma il suo era semplicemente un punto di vista diverso.
Più approfondiva la conoscenza con Shade, più si domandava come avesse fatto Fine ad interessarsi a un tipo come lui: lei era docile, dolce, affabile, sensibile, una ragazza d’oro che meritava un ragazzo altrettanto dolce e premuroso pronto a prendersi cura di lei. Lui era… beh, se doveva affidarsi soltanto sul suo parere, non è che restasse poi molto da salvare.
Poteva concedergli il fatto di essere carino, diciamo di bella presenza, se si lasciava correre sul carattere e su tutto il resto.
- Posso farti una domanda, Fine?- lo udì chiederle a un tratto, riportandola coi piedi per terra.
- Eh? Ma sì, certo, dimmi – biascicò, riscuotendosi dai suoi pensieri.
- Il vestito che hai indosso… è stata tua sorella Rein a costringerti a metterlo, oppure l’hai scelto di tua spontanea volontà?- le domandò Shade, squadrandola da capo a piedi.
Rein deglutì a fatica un boccone di saliva amaro, prima di trovare le parole per rispondergli: - Ehm… n-no, l’ho scelto da sola. Perché mi fai questa domanda?- chiese, preoccupata della risposta che avrebbe ricevuto di lì a poco.
Il moro alzò le spalle, disinteressato: - Bah, così… ritengo semplicemente che sia uno stile che si addice di più a tua sorella Rein, che non a te. Tutto qui –
- Stai dicendo che non ti piace?- esordì Rein angosciata, preoccupata di aver fatto un enorme buco nell’acqua. Già il suo appuntamento non era iniziato granché bene, ci mancava soltanto la caduta di stile in fatto di abbigliamento e avrebbe potuto dire addio a sua sorella Fine: sicuramente, se si fosse ripresentata a casa dicendole che Shade non aveva più intenzione di uscire con lei, le avrebbe tenuto il muso per il resto della vita. Il fragile cuoricino di Fine non era pronto per ricevere una simile batosta, non quel giorno.
Shade ridacchiò divertito nel notare la sua agitazione: - Niente affatto – rispose – sto soltanto dicendo che è uno stile più adatto a tua sorella, che non a te. Di solito è lei ad indossare vestitini frou frou e scarpe da bambolina. Si addice di più alla sua personalità da perfettina ed esibizionista che non alla tua più docile e timida. Tu sei più una da jeans, maglietta e scarpe da ginnastica, non so se mi spiego. Sei sportiva, alla mano. Sei una ragazza tutta d’un pezzo, più interessata ad essere che ad apparire. Ti fa onore – asserì convinto, tornando a riportare la sua attenzione all’ambiente circostante.
Rein ascoltò ogni singola parola senza battere ciglio, prima di esplodere nell’ennesima esclamazione di stizza, profondamente offesa dalle parole di Shade.
- Punto uno – asserì acida, piazzandosi di fronte al moro in atteggiamento di sfida – questo vestito non è assolutamente da bambolina o frou frou come dici tu, ma è uno dei capi di ultima tendenza di quest’anno, del resto cosa vuoi capirne tu, maschio e ignorante. Punto due – e gli si avvicinò con fare minaccioso, come a fargli intendere che non era disposta a farsi prendere in giro per il resto della vacanza soltanto perché aveva deciso di prenderla di mira – Io, volevo dire, Rein non è affatto un’esibizionista, è soltanto un po’ più esuberante rispetto ad altre ragazze: ama curarsi, ma non teme di andare controcorrente o di essere giudicata dagli altri, anche se negativamente. Ma forse a te si addicono di più quei tipi di ragazze impeccabili e obbedienti, pronte a fare di tutto per sottostare al tuo volere e compiacerti in ogni minima cosa, in quel caso, mi spiace, ma hai sbagliato categoria, ti conviene non perdere altro tempo con lei. Punto tre – e qui andò completamente in escandescenze, perché si parlava di sua sorella, a dir poco intoccabile - solo perché una ragazza è atletica e “alla mano” come dici tu, non significa che ogni tanto non si possa mettere in ghingheri e curarsi un po’ di più in occasione di un appuntamento con un ragazzo. Se pensi che Fine, cioè che io, soltanto perché sono atletica e più simile ad un maschiaccio, sia una ragazza sciatta e poco curata, non hai capito proprio un bel niente di lei, volevo dire di me. Ha un grande cuore ed è una bellissima persona, al di là del suo modo di apparire, ma forse tu non sei in grado di guardare più in là della punta del tuo naso. In quel caso mi complimento con te per la superficialità con cui giudichi le persone –
- Punto quattro – la zittì Shade, continuando al posto suo quell’elenco infinito – qui qualcuno non conosce l’ironia, e non riesce a riconoscere quando si scherza da quando si dice ciò che si pensa davvero –
Rein ammutolì di colpo, mordendosi il labbro inferiore rossa di vergogna.
- Lo vedi come siete voi ragazze? Siete troppo suscettibili, vi scaldate per niente, vi preoccupate troppo del giudizio degli altri, quando dovreste piacervi prima di tutto per quello che siete, e non per quello che pensano le persone di voi – la rimproverò Shade, guardandola negli occhi – senza contare il fatto che parli di te stessa come se si trattasse di tua sorella, e parli di tua sorella come se ti riferissi a te stessa -
Rein lo ascoltò a volto basso per qualche secondo, piena di imbarazzo per la gaffe appena fatta, prima di alzare lo sguardo su di lui, che ancora la osservava serio e composto, privo di malizia o di intenzioni provocatorie.
- Sc-scusa, non avevo colto il sarcasmo nelle tue parole – mormorò, sinceramente dispiaciuta per il malinteso che aveva creato.
- E’ facile giudicare una persona dalle apparenze e farsi un’idea completamente sbagliata di lei. Ho come l’impressione che tu e tua sorella vi siate fatte un’idea di me completamente diversa. Forse è anche colpa del mio atteggiamento, che lascia spesso fraintendere – asserì il moro con un’alzata di spalle.
- Certo la maggior parte delle volte ti rendi davvero difficile da sopportare – si lasciò sfuggire Rein dalle labbra, quasi a rimproverarlo del colpo basso che le aveva tirato poco fa.
Shade ridacchiò sommessamente, accusando il colpo.
- Certo la maggior parte delle volte le tue risposte mi lasciano completamente spiazzato. Sei strana, Fine… molto. Per certi versi, mi ricordi parecchio tua sorella Rein. Per quanto poco la conosca, di lei ho senz’altro capito che è una ragazza che non si lascia sopraffare da niente e nessuno, a cui piace sempre avere l’ultima parola. Non pensavo che anche tu potessi essere così – asserì il moro, regalandole un sorriso saccente e carico di consapevolezza, quasi a farle intendere di aver capito qualcosa che a lei ancora sfuggiva.
Procedettero ancora di qualche passo senza proferire parola, Rein che rifletteva a mente fredda su ciò che si erano detti, e che ogni tanto volgeva lo sguardo verso Shade, scoprendolo sotto una nuova luce.
Forse aveva sbagliato a giudicarlo così tempestivamente, e davvero anche quel ragazzo, sebbene le riusciva ancora difficile crederlo, sotto quell’infinita massa di provocazione e sicurezza di sé nascondeva un cuore.
Se era così, non poteva che essere contenta per Fine: almeno era certa di stare lavorando per procurare a sua sorella un fidanzato umano, e non un essere freddo e privo di sentimenti come temeva che fosse all’inizio.
Doveva ammetterlo: le parole di Shade l’avevano stupita. Nascondevano anche un fondo di verità.
Forse quel ragazzo non era così insensibile come voleva farle credere, dopotutto.
Giunsero insieme camminando in silenzio fino al cancello della villa, dove Shade la salutò per tornarsene al suo appartamento assieme al cugino Bright, che probabilmente già aveva riportato sua sorella a casa.
- Grazie per avermi accompagnata – gli disse, un velo di imbarazzo che ancora aleggiava nell’aria.
- Di niente – le rispose lui, riacquistando il suo atteggiamento superiore e distaccato.
Si voltarono le spalle senza ulteriori convenevoli, Rein che estraeva le chiavi dalla borsetta per entrare, e Shade diretto verso casa.
- Fine?- si sentì chiamare a un tratto, prima di chiudersi il cancello alle spalle.
- Sì?-
Lo vide sorridere provocatorio, quasi a volerle fare un piccolo dispetto.
- Comunque il vestito ti sta benissimo -


Angolo Autrice:

Da quanto non mi faccio sentire con questa fiction? Sarà più di un mese, ormai...
Ebbene, ho deciso di farvi un'enorme regalo postando un nuovo aggiornamento! Siete felici, eeeh? *la guardano male*
Comunque, come vedete qui potete vedere come è andato a finire il primo appuntamento delle gemelle. Le coppie si sono scambiate, o meglio, sì, insomma, è complicato... avete capito.
I due ragazzi, per quanto trovino strambe le adorabili fanciulle, ne sono anche molto incuriositi. Ora vi chiederete: come procederà il tutto?? Vedrete, carissimi, vedrete! 
Spero di avere soddisfatto un pò la vostra curiosità, e di avervi strappato un sorriso. Il mio obiettivo è quello di rendere i prossimi capitoli ancora più esilaranti.
So che posto a rilento, ma oltre a questa fiction ne ho altre due in ballo, più impegni nella vita quotidiana, quindi mi scuso dei ritardi nel postare, per quanto riguarda tutte le mie storie. Spero che almeno la lettura valga l'attesa. Ormai direi che sono in procinto di aggiornare anche "Il Collezionista di Gioielli" e "Seduzione"... spero...
Ah, un ultimo appunto: i fatti che racconta Fine a Bright si ispirano a storie realmente accadute. Provate a indovinare un pò a chi?? *true story*
Quando si dice che ciò che accade nelle favole è pura e semplice fantasia... non è sempre così!
Bene, ora la smetto di blaterare e vi saluto. Spero di rivedere qualcuno di voi nei prossimi capitoli. Intanto vi ringrazio nel profondo per tutto il sostegno che mi date!
Baci

_BlueLady_


 

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Capitolo 12
*** Proposta Indecente ***


~ CAPITOLO 11: PROPOSTA INDECENTE ~
 
- E allooora? Com’è andata?- le accolse Altezza con un sorriso a trentadue denti non appena le vide rientrare in casa dopo la loro romantica uscita.
Rein e Fine si scambiarono un’occhiata di intesa, senza sapere cosa raccontare alla bionda, visto e considerato che essendosi appena ricongiunte sul vialetto di casa dopo essersi separate, non avevano nemmeno avuto il tempo di scambiarsi tra loro un’opinione sui rispettivi appuntamenti.
Fu Rein a parlare per entrambe, tentando di trovare il modo più rapido ed indolore per togliersi la curiosità della bionda di dosso: - E’ andata… uhm… relativamente bene, direi –
- Cosa significa relativamente? – domandò la bionda, alzando un sopracciglio.
- Beh, diciamo che Re… Fine si è lasciata un po’ troppo andare in fatto di cibo, e…- cominciò l’altra, incapace di mentire -… come al solito ho dato spettacolo a tavola – continuò Rein al posto della sorella, rivolgendole un’occhiata fulminante.
- Niente di nuovo, quindi – asserì la bionda, ormai per niente stupita del comportamento delle due gemelle – e ditemi, è successo qualcosa di piccante? Un bacio? Una dichiarazione? Un secondo appuntamento?- domandò maliziosa, con la curiosità a mille.
- Quante domande, era soltanto un’uscita a quattro in fondo! – esclamarono le due, cercando di sviare l’argomento il più possibile – Mai sentita la parola “scaramanzia”, prima d’ora? -
- Avanti, non fatevi pregare! Non potete lasciarmi a bocca asciutta dopo che ho duramente lavorato per voi per procurarvi questo appuntamento! – piagnucolò la bionda stizzita.
- Stanno arrivando Mirlo e Lione – tagliarono corto quelle, accennando ad Altezza di voltarsi per accogliere l’arrivo delle altre due amiche.
- Ma che…?!- fece la bionda, non appena si rese conto che alle sue spalle non c’era anima viva.
Quando si voltò nuovamente in direzione di Fine e Rein, notò con profonda disapprovazione che le due avevano approfittato della sua distrazione per svignarsela a gambe levate.
L’avevano fregata.
- Che ingrate – bofonchiò inacidita, dirigendosi in cucina – tanto prima o poi saranno costrette a dirmi tutto, non possono sfuggirmi in eterno. Oppure… – afferrò un pacchetto di cracker dalla credenza, cominciando a sgranocchiarne svogliatamente qualcuno - … potrei chiedere direttamente informazioni da altre fonti attendibili – sorrise birichina, ridacchiando tra sé e sé.
 
- Sei perfettamente consapevole del fatto che Altezza non si accontenterà di questa fuga improvvisata e tornerà alla carica più determinata che mai, vero? – domandò Fine alla sorella non appena rientrarono nelle loro camere.
- Cos’altro dovevo dirle? Tanto verrà comunque a sapere tutto da Bright e Shade, che differenza credi che faccia? – le rispose Rein accigliata, maledicendosi per aver regalato al moro un’occasione perfetta per prenderla in giro per il resto della sua esistenza.
Nell’ultima mezz’ora l’aveva dimenticato, ma ora che ci ripensava a mente fredda si rese conto di avere fatto davvero una pessima figuraccia di fronte ai due ragazzi, alla tavola calda.
Il solo ricordare Bright osservarla scioccato mentre si ingozzava neanche fosse una donna delle caverne appena risorta nella civiltà la fece arrossire di imbarazzo.
Come poteva essere stata così stupida? Si disse, constatando che quell’uscita era stata sicuramente tra le più imbarazzanti della sua vita.
“Peggio dell’uscita con Toma” pensò tra sé e sé, riportando alla mente ricordi decisamente imbarazzanti.
Erano appena alla prima uscita, ma non stava andando relativamente bene. Toma era sicuramente un ragazzo affascinante, diligente, popolare, ma una volta uscitaci insieme si era accorta di quanto non fosse esattamente il tipo adatto a lei.
Conoscendolo meglio, si era resa improvvisamente conto di quanto la sua perfezione le risultasse noiosa. Assecondava ogni sua richiesta, era poco propositivo, direzionava il discorso su argomenti superficiali e di scarso interesse.
A Rein non piacevano i tipi così: lei aveva bisogno di qualcuno che le tenesse testa, intraprendente, qualcuno con cui instaurare una conversazione che andasse oltre al “cosa hai fatto oggi a scuola”. Toma era decisamente più apparenza che sostanza, e lei se n’era resa conto solo in quel momento.
Mentre erano seduti ad un tavolino intenti a gustare una coppa di gelato, intraprendendo un interessantissimo discorso sulla condizione metereologica di quel giorno, le era arrivato sul cellulare un messaggio di Fine, desiderosa di sapere come stesse andando l’appuntamento.
Presa dall’esasperazione, e contenta finalmente di poter fare una conversazione degna di definirsi tale, aveva scritto in fretta e furia, inviando il messaggio senza neanche rileggerlo “Appuntamento disastroso. Con un sasso avrei sicuramente una conversazione più interessante. Non penso lo rivedrò”, ma non aveva più ricevuto risposta.
L’appuntamento si era concluso una volta terminata la coppa di gelato, e Toma si era prontamente offerto di accompagnarla a casa.
Il suo cellulare squillò appena si misero in cammino: Toma non fece in tempo a dirle che si era trovato bene in sua compagnia, che lesse il messaggio che aveva appena ricevuto.
Il suo volto si incupì improvvisamente, e subito le lanciò un’occhiata torva non appena alzò lo sguardo dal display del cellulare.
- Io abito da questa parte – esclamò, indicando la direzione esattamente opposta alla casa di Rein.
- Ah, io abito esattamente dall’altra part…-
- Lo so dove abiti. Penso che tu sia perfettamente in grado di tornare a casa da sola-
Quella risposta così acida l’aveva lasciata completamente spiazzata. Toma le aveva dato le spalle e si era diretto verso casa, senza neanche salutarla.
- Ma… aspetta! Non volevi farmi compagnia?- l’aveva chiamato lei, senza capire quello strano comportamento.
- Perché invece non chiedi ad un sasso? Sono sicuro ne incontrerai parecchi lungo la strada –
L’aveva lasciata così, incredula, sola, con l’amaro di quella frecciatina in bocca.
Una volta tornata a casa, Fine l’aveva assalita eccitata ed emozionata, pregandola di raccontarle ogni minimo dettaglio, dato che non aveva più avuto sue notizie dal messaggio che le aveva inviato.
- Deduco che sia andata bene, visto e considerato che non hai nemmeno degnato di uno sguardo il cellulare per rispondermi!- aveva esclamato la rossa con un sorriso che andava da un orecchio all’altro.
- Fine ma che diavolo stai dicendo? Non hai letto il messaggio che ti ho inviato poco fa?- le aveva domandato confusa.
Fu allora che un feroce dubbio le era balenato in testa, come un fulmine a ciel sereno. Guardò con foga il cellulare, per controllare a chi mai poteva aver inviato il messaggio destinato alla sorella. Quando realizzò di avere inviato la sua risposta nientedimeno che a Toma stesso, avrebbe voluto morire in quel preciso istante. Finalmente si spiegava il suo comportamento poco educato, e la risposta acida che ne era conseguita.
Da quel giorno, Toma non la degnò più neanche di uno sguardo.
Un’orda di depressione la invase nello sfiorare quel terribile ricordo.
Decisamente i primi appuntamenti non erano il suo forte.
- Rein, ma mi stai ascoltando?- si sentì chiamare a un tratto dalla sorella, riscuotendosi dai suoi pensieri.
- Che hai detto?-
- Dicevo che nonostante il tuo spiacevole incidente, l’appuntamento con Bright è andato piuttosto bene – disse Fine, sorridendole soddisfatta.
- Non me ne parlare, avrei voluto sotterrarmi – piagnucolò Rein con un nodo allo stomaco ripercorrendo la scena avvenuta qualche ora prima – Scusami per averti messa in imbarazzo di fronte a Shade. È stato più forte di me – disse alla sorella, sinceramente dispiaciuta.
- Ah, non preoccuparti, ho visto di peggio – rispose Fine con un’alzata di spalle.
- Nonostante ti abbia completamente rovinato la reputazione con Shade, tu non mi odi?- le domandò incredula, quasi commossa dal gran cuore che dimostrava avere la sorella nei suoi confronti.
- Non ti sei allontanata troppo da come mi comporto in realtà – ridacchiò Fine sedendosi sul letto – La differenza è che io, per quanto possa ingozzarmi, non vomito mai. Devi fare più esercizio, sorellina –
- Fineeee!- la travolse Rein in un abbraccio, scoppiando in un pianto di gratitudine.
- E poi, vedendoti in quello stato, Shade si è seriamente preoccupato per te. Ha insistito tanto perché anche l’appuntamento mio e di Bright non sfumasse come il vostro, che ho preferito lasciarti alle sue cure – continuò la rossa nei panni della turchina, sorridendo soddisfatta – In un qualche modo sei riuscita ad attirare la sua attenzione su di te. Io non ci sarei mai riuscita –
- È stato terribilmente imbarazzante – confessò la turchina nei panni della rossa, ormai rassegnata all’evidenza.
- Più imbarazzante di quando inviasti quel messaggio a Toma?-
- Ti prego di non ricordarmelo. Comincio a pensare di non essere fatta per i primi appuntamenti –
- Beh, sorridi sorellina: ormai il primo è andato. Da qui in poi non potrai che migliorare – esclamò la rossa allegramente.
- Di positivo c’è che grazie al mio innato senso dello stile, hai fatto colpo – le disse Rein sorridendole entusiasta – Shade ha detto che questo vestito ti sta benissimo! – le gote della sorella si imporporarono un poco, sinceramente soddisfatta – Te l’ho sempre detto che le gonne ti risaltano le gambe! –
- Grazie Rein, dico davvero. Beh, Shade com’è?- le domandò la gemella su di giri.
- Potrebbe essere meglio – E non guardarmi così, sai che non lo sopporto! – Voglio dire, è senza ombra di dubbio un bel ragazzo, ma deve imparare a rapportarsi meglio con le persone. Comunque – confessò – è più sensibile di quel che credevo. È un ragazzo che sa usare la testa, non come la maggior parte dei nostri coetanei per i quali dieci cervelli funzionano come uno solo. Ha una sua sensibilità, mi ha stupito
- Sono contenta di sentirtelo dire – asserì Fine in un sorriso – Lo stesso vale per me. Non avrei mai pensato di dirlo con un tipo come lui, ma lo approvo. Il fatto di sapere che sto lavorando per procurarti un ragazzo quantomeno umano mi fa sospirare di sollievo. Non avrei mai potuto buttarti tra le braccia di un idiota – esclamò risoluta Rein, ma profondamente coerente con quello che era il suo pensiero.
Fine la ringraziò ancora una volta silenziosamente con un sorriso affettuoso.
- E di Bright che mi dici? – saltò su la turchina eccitata, ansiosa di sapere come era andato l’appuntamento della sorella nei suoi panni.
- Ti dirò – affermò la rossa con convinzione – è meno snob di quello che credevo. All’inizio pensavo fosse un tipo un po’ costruito, troppo buono e gentile per i miei gusti. Doveva esserci qualcosa sotto. Poi parlandoci mi sono resa conto che in realtà Bright è quello che è, ovvero un ragazzo estremamente buono e socievole. Andrete sicuramente d’accordo, voi due –
- Lo sapevo!- cinguettò l’altra entusiasta, balzando in piedi sul letto – Bright è perfetto in tutto e per tutto! –
- Però…- si rabbuiò Fine improvvisamente, trascinando la gemella nella preoccupazione - … non hai la netta sensazione di imbrogliare? –
Rein piombò di nuovo accanto la sorella, abbandonandosi come un fantoccio sul morbido materasso del letto.
- Ovvio, mi piacerebbe poter uscire con Bright nei miei panni, e non dovermi spacciare per te con Shade, ma cosa possiamo fare? Messe come siamo messe, non vedo altra alternativa se non quella di cercare di comportarci normalmente finché non troviamo una soluzione al nostro problema – ammise la turchina pensierosa.
- Rein, ammettiamolo, il nostro comportamento non può certo definirsi normale – asserì Fine, ripensando alla maniera disastrosa con cui entrambe avevano tentato di rimediare inutilmente ai pasticci creati da quella situazione paradossale.
- Hai ragione – ridacchiò Rein sommessamente – non mi stupirebbe se gli altri avessero già cominciato a sospettare qualcosa –
- Cosa possiamo fare per tornare normali? – domandò la rossa, sinceramente preoccupata.
- La prima cosa da fare è cercare di capire come siamo finite in questa situazione bizzarra. Una volta trovata la chiave del mistero, cercheremo una soluzione. Prima scopriamo che ci è successo, prima ne usciamo fuori –
 
¤¤¤¤¤¤
 
La mattina seguente l’allegra comitiva si diresse in spiaggia come suo solito, pimpante ed energica per la nuova giornata di mare che l’attendeva.
Rein e Fine si erano alzate tardi, come loro solito, entrambe con l’ombra di due occhiaie violacee in viso: avevano passato fino a tarda notte ad arrovellarsi il cervello in cerca di una soluzione al loro scambio di corpi; avevano guardato documentari, letto libri, cercato in internet tramite il cellulare, ma non erano riuscite a trovare nulla che potesse venire in aiuto al loro problema.
Niente, nemmeno un indizio su come aveva potuto scatenarsi quel curioso fenomeno.
- Che sia dovuto ad un allineamento particolare di qualche pianeta con la Terra?- aveva domandato Fine a Rein dubbiosa.
- Non lo so, ma dobbiamo capire cosa c’è sotto – rispondeva l’altra in preda al nervosismo, constatando che anche l’ultimo sito internet che aveva visitato non le era stato per niente utile.
- E se dicessimo agli altri che cosa ci è successo e chiedessimo aiuto a loro?-
- E passare per due pazze da rinchiudere in manicomio? Andiamo, Fine, chi vuoi che possa credere ad uno scambio di corpi? –
Se già l’agitazione aveva contribuito a rendere difficoltoso il sonno, l’ultima risposta che ricevettero da internet tolse loro completamente qualsiasi voglia di dormire.
Fine, difatti, digitando su Google testuali parole “Come uscire da uno scambio di corpi”, si era improvvisamente ritrovata a navigare su un sito di coppie di scambisti, dove un certo “Stallone01” aveva inviato loro una richiesta di video chat per rimediare un incontro piccante assieme alla moglie.
Fine aveva accidentalmente pigiato il bottone di avvio della chat anziché rifiutare, e le due gemelle si erano improvvisamente ritrovate davanti allo schermo un uomo tutto muscoli affiancato dalla moglie dalle labbra rifatte simili ad un canotto da spiaggia, che subito spalancarono gli occhi sorpresi quando le videro, così giovani eppure così desiderose di sperimentare.
- Ah, ma siete due donne!- aveva esclamato l’uomo, avvicinandosi allo schermo per scrutarle meglio – Beh, poco male, sarà un’esperienza nuova per te, amore mio!- aveva detto entusiasta alla moglie, la quale era esplosa in una risata accondiscendente – Poi però posso partecipare??-
- Fine, che diamine hai fatto!! Esci subito da qui! – aveva esclamato Rein nel panico, mentre la sorella chiudeva frettolosamente la chat, più agitata di lei, strillandole mille scuse mortificata.
- Quando imparerai ad usare quel dannato cellulare come si deve? – biascicò Rein cascando dal sonno alla sorella, mentre passeggiavano in stile zombie poco distanti dalle amiche – Per colpa tua stanotte ho avuto gli incubi –
- Mi dispiace, come potevo immaginare che internet interpretasse le parole “uscire” e “scambio di corpi” con qualcosa di sessualmente discutibile! – si giustificò Fine, traumatizzata quanto la sorella, se non di più.
Arrivate in spiaggia l’allegra comitiva si ricongiunse con la restante parte di amici: Auler e Sophie erano lì già da un’oretta prima di loro, mentre straordinariamente Bright e Shade erano puntuali.
- Fatto le ore piccole stanotte?- domandò il moro a Fine, notando i riflessi violacei delle occhiaie spaziare sul volto delle due gemelle – Da cosa lo deduci? – mugugnò lei assonnata, senza neanche realizzare che era proprio il moro a rivolgerle la parola.
- Basta guardarvi per capire che non avete proprio una bella cera – asserì lui di rimando, notando l’atteggiamento stranamente pacato che gli riservava la turchina da un po’ di tempo a quella parte.
- Lasciamo stare – si sentì rispondere dalla rossa, altrettanto mogia e distrutta.
- Non dirmi che sei stata tutta la notte sveglia a ripensare alla pessima figura che hai fatto ieri alla tavola calda – gli sussurrò lui maligno all’orecchio, sapendo di cogliere la rossa su uno dei suoi punti deboli, e testando la sua reazione.
Non appena udì quelle parole, Rein sentì una fitta trafiggerle l’orgoglio, e si limitò ad osservare in cagnesco il moro, maledicendolo a vita per la sua malalingua.
- Chissà che non sia stato proprio tu a provocarmi i conati di vomito – sibilò arcigna, sperando in una rivincita.
Shade scosse la testa divertito, constatando che le sue supposizioni sulla rossa non erano affatto sbagliate: - Qualcosa mi dice che è stata la tua abbuffata selvaggia a scatenare tutto – e Rein, amaramente, non riuscì a trovare qualcosa con cui controbattere.
Fine si limitò ad osservarli in silenzio, senza avere neanche la forza di rimproverare la sorella per il comportamento che stava tenendo nei confronti del ragazzo che le piaceva.
Shade, d’altra parte, si ripromise di ritestare in futuro il caratterino della rossa, così simile a quello della sorella che in quel momento invece si mostrava così passiva di fronte a lui.
- Fa un gran caldo oggi – constatò Bright su di giri, puntando con lo sguardo verso il mare che sembrava invitare tutti a rinfrescarsi col richiamo delle sue onde – Che ne dite di farci tutti assieme una nuotata? – propose, soffermandosi ad osservare Rein come per ricevere un appoggio morale.
Lei, per tutta risposta, si irrigidì di botto, prima di tutto perché Bright l’aveva appena guardata negli occhi sorridendole, e poi perché era perfettamente consapevole di non poter fornire al biondo l’appoggio morale che tanto sperava di ottenere.
Quindi mentre tutti gli altri, Fine compresa, troppo presa dall’entusiasmo per pensare, esplodevano in un coro di assenso, lei si limitò a pronunciare il suo – Magnifica idea – sottovoce, quasi non volesse farsi sentire, maledicendosi intimamente per la sua folle fobia dell’acqua che avrebbe sicuramente smascherato lei e la sorella.
Come spiegare, infatti, che la campionessa di nuoto del gruppo, quella che vinceva tutte le gare nuotando fino alla boa e oltre, improvvisamente non era nemmeno in grado di pucciare un piede nell’acqua?
Non poteva utilizzare ancora la scusa del ciclo, erano passati dieci giorni ormai!
Doveva pensare ad una scusa, e in fretta.
Parte del gruppo si era già avviata a riva, e Rein poté scorgere da lontano la sorella che, persa nel suo mondo, era già pronta a tuffarsi in acqua.
Rein la raggiunse tendando di non dare nell’occhio, e la strattonò per un braccio per richiamare la sua attenzione.
- Rein, vieni anche tu con noi? – le domandò la finta turchina non appena la vide, come se ciò che le stava chiedendo fosse la cosa più naturale del mondo.
- Fine, dimmi che non ci hai pensato davvero – sibilò lei tra i denti, lanciandole un’occhiata mista tra panico e rimprovero.
- A cosa?- fece l’altra, cascando completamente dalle nuvole, ma fu sufficiente un’altra fulminata della gemella per renderla partecipe del problema – Oh – fece – è vero. Me ne stavo quasi dimenticando –
- Dici?- le domandò la finta rossa sarcastica – E ora come facciamo? Sapevo che prima o poi il problema sarebbe venuto a galla, ma non pensavo si sarebbe presentato così presto –
- È buffo che proprio tu mi parli di problemi che vengono a galla – la interruppe l’altra, piacevolmente divertita.
- Fine, concentrati! – tentò di richiamarne l’attenzione Rein – Il problema qui si fa serio, e dobbiamo trovare una soluzione alla svelta! –
- Smettetela di confabulare, voi due! Fine, che aspetti a buttarti? – le richiamò Altezza che già era entrata in acqua.
- S-sì! A-arrivo!- le strillò Rein in risposta, simulando un sorriso – Pensa, Fine, PENSA! – cominciò ad incitare la sorella, scrollandola per le spalle completamente nel panico.
- Sto pensando! – rispose quella rintontita – Potresti utilizzare la scusa di rimanere con me a riva per farmi compagnia – propose Fine nella sua originalità.
- L’abbiamo già utilizzata altre volte questa scusa, cominceranno a pensare che ho bisogno di una babysitter! – asserì l’altra agitata – Spesso anche se sei rimasta con me a riva sei comunque andata a fare una nuotata a largo con gli altri, non ci hai mai rinunciato! Sarebbe strano se rifiutassi ancora! Come diavolo faccio?!-
- Rein, Fine, qualche problema?- una voce alle loro spalle attirò la loro attenzione, costringendole a voltarsi nella direzione di chi le aveva chiamate. I volti perplessi e preoccupati di Bright e Shade le accolsero nel loro completo stato di agitazione. A Rein si seccò la lingua non appena si rese conto di trovarsi con le spalle al muro, e a Fine si aprì la bocca dello stomaco dallo spavento.
Shade osservò la reazione delle due scrutandole di sottecchi, quasi stesse facendo loro una radiografia.
- Bright, uhm – balbettò Rein tentando di riacquistare la calma – N-nessun problema, s-solo che, ecco… Rein rimarrebbe da sola se andassimo tutti a largo a nuotare, e-e quindi…-
- Beh, che problema c’è? Le faccio compagnia io – asserì il biondo in un sorriso, con un’alzata di spalle – Tu e Shade andate a fare una nuotata a largo, e poi ci diamo il cambio –
- Sì, già, la cosa potrebbe quasi funzionare – biascicò la finta rossa consapevole che il problema era un altro, e ben più grosso – Ma mi scoccia crearti questo tipo di problema, cioè, costringerti a stare con me quando hai tutto il diritto di divertirti…- continuò imbarazzata, scocciata di apparire come una bambina viziata e bisognosa di attenzioni agli occhi di Bright per colpa della sua stupida fobia dell’acqua. Nemmeno si era accorta di avere incominciato a parlare in prima persona.
- Non mi crei affatto un problema, anzi. Comunque mi pare di aver capito che è con tua sorella che devo stare, a meno che non voglia farle compagnia Shade mentre noi ci andiamo a fare una nuotata a largo – la interruppe il biondo, più che disponibile.
- Ecco…- provò ancora a difendersi Rein, cercando complicità dalla sorella che però al suono delle parole “compagnia” e “Shade” aveva cominciato a sentirsi mancare il respiro sentendosi le gote infiammare, rendendosi impossibilitata a rispondere.
- Sto io con Fine, sempre se a Rein non dispiace, il tempo di fare un giro di boa e torniamo da voi – intervenne Shade risoluto, con un tono che non lasciava spazio ad alternative.
Al suono di quelle parole, Fine per poco non svenne dall’emozione nell’udire che proprio Shade aveva espresso la preferenza di stare con lei, anche se tecnicamente sarebbe stata la sorella a godere di quel privilegio, mentre Rein per poco non svenne nel realizzare cosa il moro si aspettasse da lei.
- U-un giro di boa? – balbettò, puntando lo sguardo al mare e realizzando quanto lontano fosse – Ma…-
- Perfetto, allora! – concluse il biondo, entusiasta – Rein, andiamo a fare una passeggiata? –
- Eh? Ah, sì!- gli rispose Fine, riscuotendosi dai suoi pensieri.
- Fine, non lasciarmi così!- la pregò Rein disperata sottovoce, ma la sorella le lanciò in risposa un’occhiata di scuse senza sapere cosa dire, prima di essere trascinata via dal biondo sul bagnasciuga.
- Allora, vogliamo andare?- le propose il moro, facendola sobbalzare dallo spavento.
- S-sì – balbettò Rein, seguendolo titubante verso riva.
Osservò il moro tuffarsi tra le onde, mentre lei si limitò a pucciare l’alluce del piede nell’acqua, trattenendosi a forza dall’impulso di fuggire spaventata sotto l’ombrellone.
Il cuore prese a batterle ferocemente in petto, le gambe si irrigidirono. Le tornò in mente il giorno in cui aveva rischiato di annegare assieme alla sorella, e un vuoto allo stomaco si impadronì di lei.
“N-non ce la faccio…” pensò spaventata, deglutendo a fatica un bolo di saliva che le si era bloccato in gola.
- Beh, non vieni?- si sentì chiamare, e quando alzò lo sguardo incontrò gli occhi di Shade che la osservavano perplessi, come a tentare di leggerle dentro.
Nell’incrociare le sue pupille scure, Rein trasalì: - S-sì, c-cioè… N-no è che… Sto meglio qui dove sono – asserì tutto d’un fiato, con le gambe rigide e il respiro mozzato.
Shade alzò un sopracciglio, sospettoso: - Non avrai paura dell’acqua, spero…- suppose, e il cuore le mancò di un battito non appena lei l’udì – N-no, ma che dici! – cercò di difendersi prontamente lei, sentendosi avvampare in viso – E allora perché te ne stai rannicchiata a riva come se temessi di essere divorata dalle onde da un momento all’altro?- le domandò lui, con un tono che lasciava intuire fosse impossibile negare l’evidenza.
Rein abbassò lo sguardo colpevole, incapace di nascondere la verità.
Shade le si avvicinò di qualche passo, tentando di decifrare il suo atteggiamento.
- Fine, hai davvero paura dell’acqua? –
Nessuna risposta.
- Ma non era tua sorella l’idrofobica? – esclamò lui, interpretando il suo silenzio come un’affermazione – Certo che voi due siete proprio strane, non vi fa bene stare insieme. Vi influenzate troppo a vicenda – affermò ancora, tentando di provocare in lei una reazione, ma Rein ancora non riusciva neanche a guardarlo negli occhi, troppo delusa da se stessa per poter cedere a qualsiasi tipo di provocazione.
- Va bene, ho capito: che succede? – le chiese Shade in un sospiro, piazzandosi davanti a lei e costringendola a creare un contatto visivo.
- N-niente!- esclamò lei agitata, arrossendo di fronte al suo sguardo indagatore.
- Quella non è una faccia da “niente”- asserì lui paziente – Avanti, sputa il rospo –
Rein lo guardò ancora un istante negli occhi, sospirò amareggiata, prese un bel respiro, e parlò.
- Ho paura dell’acqua – confessò.
- Questo l’avevo notato. Perché? – chiese lui.
- Perché…- balbettò lei, cercando una risposta – Perché dopo l’incidente in acqua con F… Rein, il giorno in cui ci avete soccorse, ho avuto talmente paura da dimenticarmi come si fa a nuotare – pronunciò tutto d’un colpo, rifilandogli una scusa che in parte corrispondeva al vero, e nemmeno così banale.
- Pare che a tua sorella abbia fatto bene, invece – osservò Shade, accennando con lo sguardo a Fine e Bright che, lontani ma non troppo da non essere visti, passeggiavano allegri a riva con l’acqua che arrivava ala pancia, ridendo con complicità.
- Non tutti vivono i traumi allo stesso modo – provò a rispondere lei, chiedendosi che scusa avesse mai utilizzato con Bright per giustificare la sua presenza in acqua – Non ti scoccia startene in disparte mentre tutti gli altri sono a divertirsi? – le domandò lui, concentrando nuovamente l’attenzione su di lei.
- Certo che mi scoccia, ma che ci posso fare? È più forte di me…- esclamò lei dispiaciuta, quasi con rassegnazione.
Shade la osservò farsi piccola piccola nella sua paura, e comprese subito quale fosse la decisione da prendere.
- Ho capito – disse – E se ti dessi delle lezioni di nuoto? –
- Cosa? M-ma perché? Sei matto?! No! Mi vergogno troppo! E poi cosa penseranno gli altri quando ci vedranno insieme in acqua?! Cominceranno a fare domande, a farsi strane idee e…- - E tu lasciagli pensare quello che vogliono. Davvero ti importa così tanto? –
Rein non rispose, ragionando sull’offerta di Shade a dir poco imbarazzante.
- Dunque, accetti la mia offerta, o no?- incalzò lui asciutto.
- Perché lo fai?- gli domandò lei, testando le sue intenzioni.
- Ti scoccia essere esclusa dai tuoi amici soltanto perché non sai fare una cosa che tutti gli altri sanno fare?-
- Questo cosa c’entra?-
- Rispondi alla domanda, Fine –
Abbassò lo sguardo, sconfitta.
- Sì – confessò di malavoglia.
- E allora lasciati aiutare a uscire dal tuo blocco psicologico. Non permettere alle tue paure di impedirti di goderti la tua vita – disse quello risoluto, consapevole delle sue parole.
Rein ci pensò su un istante, riflettendo sulle parole del moro.
- D’accordo – asserì alla fine in un sospiro – Ma non ti sognare di andare a dirlo in giro. Nessuno deve sapere –
- Figurati se mi preme di far sapere che do delle lezioni proprio a te – le rispose Shade.
- A quando la prima lezione?- chiese lei, ignorando l’ennesima provocazione.
- Domattina alle sette –
- Alle sette!?- esclamò Rein scocciata – Nemmeno per andare a scuola devo alzarmi così presto! – si lamentò.
- Vuoi che resti un segreto sì o no?- le disse il moro alzando un sopracciglio.
- Ma sono pur sempre in vacanza!! – esclamò lei di rimando, pensando alle occhiaie che le sarebbero venute alzandosi a quell’ora ogni mattina.
Shade rimase impassibile: - Allora? – le domandò, fermo nelle sue decisioni.
Rein sospirò.
- Va bene alle sette – gliela diede vinta.
Lui annuì: - Ti aspetto fuori dal cancello di casa vostra. Vedi di essere puntuale –
Rein sostenne il suo sguardo, annuendo a sua volta: - Ci sarò -


Angolo Autrice:

Ma che fatica aggiornare tutte queste storie! E ho pure il coraggio di lamentarmi!
Ciao a tutti, sono tornata con un nuovo aggiornamento di Switch. So che la storia procede a rilento, ma i passaggi, sebbene non sembri, sono complicati, e di certo non si può risolvere tutto nel giro di pochi capitoli.
Rein e Fine hanno ancora da imparare molto sul loro scambio. Difatti, dal prossimo capitolo, pian piano cominceranno a prendere coscienza di ciò che sta accadendo loro. Un poco per volta. A me piace così. Non sopporto le cose fatte di fretta, penso non ci sia gusto a leggerle. Dunque prendiamoci insieme tutto il tempo necessario per scoprire cosa accadrà alle due gemelle, perchè la loro stramba avventura è soltanto all'inizio.
Lo so che non vedete l'ora di rivederle normali, ma prima che questo accada devono succedere ancora molte cose. Di più non dico.
Come vedete, in questo capitolo di transizione succede comunque qualcosina di interessante: Shade si propone come insegnante di nuoto a Rein. Cosa potrà mai capitare adesso? Il rapporto tra i due continuerà a degenerare, oppure troveranno un modo per sotterrare l'ascia di guerra? E Fine e Bright?
Voi pensate che le due gemelle riusciranno nell'impresa di far innamorare i rispettivi ragazzi della sorella opposta?
Lo vedrete ;)
desidero ringraziare di cuore tutti coloro che leggono la fiction, la commentano, hanno anche solo un minuto per prenderla in considerazione. Spero di continuare ad allietarvi con questa scrittura leggera e senza pretese.
E spero di rivedervi nel prossimo capitolo!
Baci

_BlueLady_

 

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Capitolo 13
*** Cambio Prospettiva ***


~ CAPITOLO 12: CAMBIO PROSPETTIVA ~
 
Come volevasi dimostrare, certo come il sorgere del sole ogni mattina, Fine era in ritardo.
Shade la stava aspettando davanti al cancello, irritato ed impaziente, da più di un quarto d’ora. Era certo di non poter contare sulla sua parola d’onore, la conosceva abbastanza per non fidarsi. Tuttavia sperava che la paura di farsi vedere coinvolta in un’uscita compromettente assieme a lui sarebbe bastato a farla essere puntuale, almeno una volta della sua vita.
Invece doveva ricredersi: Fine, come Rein, era estremamente distratta, priva di qualsiasi misura temporale, con la testa tra le nuvole, una bambina troppo cresciuta. Certe volte si domandava come facessero le due gemelle a stare al mondo, a sperare di sopravvivere alle sfide della vita, distratte com’erano.
Osservò ancora una volta l’orologio al polso, constatando nervosamente che i minuti passavano inesorabili: se avesse aspettato ancora, si sarebbero inevitabilmente imbattuti in Altezza di ritorno dalla sua corsa mattutina, e allora col cavolo che Fine poteva sperare che il loro accordo potesse ancora restare un segreto.
Conosceva bene la cugina, e sapeva che per nulla al mondo si sarebbe risparmiata di far sapere al resto del gruppo che lui e quella ragazzina dai capelli rossi si “intrattenevano segretamente in una relazione clandestina”. O, se era disposta a collaborare, sapeva benissimo che non l’avrebbero convinta a tenere le bocca chiusa senza prometterle nulla in cambio. E Altezza era un’ottima ricattatrice, quando si impegnava. Soprattutto se c’era di mezzo lui.
Il solo pensiero bastò a raggelargli il sangue nelle vene: che Fine si fosse sentita in imbarazzo poco gli importava, del resto se li avessero scoperti sarebbe stata unicamente colpa sua, ed era giusto pagasse per la sua mancanza di serietà, ma che trascinasse con sé anche lui nel suo complotto, proprio non gli andava giù.
Certo, avevano trascorso un piacevole pomeriggio assieme durante la loro prima uscita, e doveva ammettere che quella strana ragazzina dai capelli rossi era sempre in grado di stupirlo abbandonandosi a scenate isteriche degne della migliore Crudelia de Mon, ma dall’essere inevitabilmente incuriosito da lei a farsela piacere ne passava parecchio.
C’erano aspetti del suo carattere che ancora non gli erano del tutto chiari. Non riusciva a spiegarsi perché improvvisamente Rein avesse cominciato a comportarsi come un docile cagnolino ammaestrato in sua presenza, mentre la sorella si era improvvisamente trasformata in una belva pronta a divorarlo al minimo sgarro. Fino ad allora non l’aveva minimamente calcolata, eppure dalla loro uscita sentiva che qualcosa era inevitabilmente cambiato nelle gemelle. Lo vedeva, eppure non riusciva a capire cosa ci fosse sotto.
Era certo che anche Bright avesse notato qualcosa di insolito nel comportamento delle due, ma non aveva ancora osato farne parola con lui. Poteva anche essere che le loro fossero soltanto delle semplici sensazioni, del resto quelle due erano delle pazze scatenate, e quella era l’unica, inconfutabile certezza.
- Accidenti a te, Fine, se aspetto un altro po’ divento vecchio – maledisse la rossa tra sé e sé.
Cosa diamine ci voleva per una volta nella vita ad essere puntuale?
Aveva appena terminato la frase, quand’ecco che scorse da lontano, nei pressi del portico della villa, una chiazza rossa uscire frettolosa di casa, coi capelli sparati in aria ed una buffa espressione isterica dipinta in viso.
- Alla buon’ora!- la salutò accigliato, mentre il cancello si abbandonava ad uno stridente cigolio nel venire aperto – Sei in ritardo. Se tardavi di un altro minuto non mi avresti più trovato – la rimproverò, squadrandola da capo a piedi, le braccia incrociate ed un’espressione irritata in volto.
- Scusami – lo salutò Rein col fiatone, piegandosi in due per la corsa fatta per raggiungerlo in tempo – La sveglia non ha suonato e, beh, vista l’ora in cui siamo andati a letto ieri, le sette sono un orario assolutamente improponibile per svegliarsi – si giustificò.
- L’appuntamento era alle sette qui davanti, quindi la sveglia dovevi puntarla almeno mezz’ora prima – asserì lui, sbuffando.
- Ancora peggio! Ti rendi conto della levataccia che mi hai costretta a fare? Ho dovuto prepararmi in meno di due minuti per essere puntuale! Non ho nemmeno fatto colazione! – esclamò lei accigliata, come a volergli fare intendere che se era lì quella mattina, era per fargli un immenso favore.
- Non sei stata puntuale comunque, anche perché se davvero ti fossi svegliata alle sette e avessi impiegato soltanto due minuti a vestirti, senza nemmeno fare colazione, a quest’ora, ovvero le sette e mezza del mattino, non saremmo ancora davanti al cancello di casa a discutere del tuo ritardo! – le rispose lui a tono.
- Infatti non mi sono svegliata alle sette, ma alle sette e venti! Ti ho detto che la sveglia non ha suonato! – gli fece eco lei, sostenendo fieramente il suo sguardo.
- E allora non dire che le sette sono un orario improponibile per svegliarsi, quando nemmeno ti sei alzata a quell’ora! –
- Perché ti sembrano proponibili le sei e mezza del mattino, invece, visto e considerato che siamo in vacanza?!-
Shade stava per aprire bocca e ribattere nuovamente, quando realizzò il motivo per il quale stavano discutendo. Scosse la testa rassegnato, constatando quanto quella ragazzina fosse talmente sciocca e immatura, da trascinare anche lui in discorsi futili ed infantili. Come diavolo si era ridotto? Cosa gli era passato per la testa il giorno in cui le aveva proposto un simile accordo? Davvero valeva la pena sprecarsi tanto per una tipa insopportabile come quella? Nemmeno si piacevano, dunque era pressoché inutile perdere tempo a provare a costruire un rapporto.
Una promessa, tuttavia, era una promessa, e sebbene quella sciocca ragazzina non era abbastanza matura per farsi carico delle proprie responsabilità, lui non era altrettanto sprovveduto.
Le aveva promesso di reinsegnarle a nuotare, e così avrebbe fatto. Anche se questo avrebbe significato sopportarsi ogni mattina per il resto dell’estate.
- Andiamo, siamo già abbastanza in ritardo. Dobbiamo muoverci se non vogliamo che Altezza ci veda – le intimò, avviandosi verso la spiaggia.
- Solo lei può svegliarsi ad un orario simile per andare a correre. Siete proprio parenti, voi due – sibilò Rein, ancora imbronciata per lo spiacevole risveglio avuto quella mattina, e per come lui l’aveva trattata.
Shade accusò il colpo, trattenendosi a fatica dal rispondere alla sua provocazione.
Quella ragazzina era capace di smuovergli internamente l’intero sistema nervoso, dovette mordersi la lingua con i denti per non avviare un’altra discussione con lei al limite dell’inverosimile. Discutere con lei era come tornare bambini, quando ogni pretesto era buono per litigare, e ci si rinfacciava i dispetti a vicenda tenendosi il muso finché uno dei due non offriva all’altro una caramella in segno di pace. E tutto improvvisamente veniva dimenticato. Fino alla lite successiva.
Doveva ammettere, però, che in fondo in fondo quel gioco lo divertiva.
- Fine? – la chiamò, voltandosi indietro verso la figura che lo seguiva.
- Sì?- alzò lo sguardo lei.
- Buongiorno anche a te – la prese in giro, alludendo alla lite di poco prima, tirando le labbra in un sorriso impercettibile.
Lei gli sorrise fiera, orgogliosa, birichina.
- Il buongiorno era prima che arrivassi tu – recitò, ed entrambi scoppiarono inevitabilmente a ridere, constatando che, anche quella volta, a modo loro, pace era stata fatta.
 
- Se vuoi imparare a nuotare, devi come minimo entrare in acqua – esclamò Shade già a tre metri dalla riva, con l’acqua che gli arrivava alle costole.
- Ci sto provando, non vedi? – piagnucolò Rein dal bagnasciuga, con le gambe rigide e le lacrime agli occhi.
- Andiamo, non mi dirai che non sei nemmeno in grado di pucciare un piede dentro l’acqua? – sbuffò lui, realizzando improvvisamente in cosa si era andato a cacciare – Come fai a lavarti quando sei a casa? Non dirmi che non osi nemmeno entrare nella doccia. Devo per caso cominciare a dubitare della tua igiene quotidiana? -
- Quello che faccio io nella mia intimità non deve interessarti. E per la cronaca sono una persona pulitissima! Ho soltanto un leggero problema con il mare, tutto qui – ribatté lei stizzita.
- Più che leggero, lo definirei un grosso problema. Muoviti, non abbiamo tutto il giorno – le intimò, sperando di convincerla a fare il primo passo in acqua.
- Che razza di insegnante sei, tu? Vuoi aiutarmi, oppure ti sei offerto soltanto per prenderti gioco di me? – abbaiò Rein di rimando, constatando quanto il moro si stesse divertendo alle sue spalle.
- Vederti abboccare alle mie provocazioni è piuttosto divertente, lo ammetto, ma se prima non sei convinta tu non posso costringerti a buttarti in acqua. Devi avere un po’ di coraggio, Fine, cosa vuoi mai che ti capiti?-
Shade nemmeno ebbe il tempo di finire la frase, che un’onda improvvisa si abbatté su di lui, andandogli a scompigliare il ciuffo ed infradiciandolo completamente.
- Ecco, è esattamente questo che mi preoccupa! – asserì Rein, osservando il moro riemergere da sott’acqua – Le onde mi spaventano. Non potevamo cominciare le prime lezioni in una piscina per bambini? –
- Fine, davvero se ti avessi portato in una piscina per bambini mi avresti ancora rivolto la parola?- le domandò Shade, squadrandola di sottecchi – Ti conosco abbastanza da essere certo che un affronto simile non me lo avresti mai perdonato –
Rein abbassò lo sguardo, sconfitta.
- Ho paura di aver sbagliato ad accettare il tuo aiuto, Shade. È solo una perdita di tempo. Lasciamo perdere, e torniamo a casa. È inutile tentare di insegnarmi qualcosa che non imparerò mai – mormorò cupa, completamente sfiduciata in se stessa.
Shade la osservò accartocciarsi a poco a poco su se stessa, facendosi piccola piccola in preda alle sue incertezze.
- Ho capito, c’è bisogno di mezzi drastici – asserì, avanzando a grandi passi verso di lei, ed emergendo dall’acqua.
- Shade, cosa hai intenzione di fare? Shade, mettimi giù! Non osare portarmi in acqua! Non osare allontanarti da riva! Non osare buttarmi in acqua! SHADE!-
Un sonoro tonfo, accompagnato da schizzi e bollicine qui e là, pose fine alle proteste di Rein, che subito riemerse dall’acqua con un gran sospiro, e si aggrappò con forza al petto del moro, che rideva divertito del suo piccolo trionfo.
- Hai improvvisamente deciso di uccidermi?- abbaiò acida lei, fissandolo accigliata negli occhi – Per poco non morivo annegata!-
- Quante storie per un piccolo bagnetto! Lo sanno tutti che un bel tuffo in acqua è l’ideale per abituarsi da subito alla temperatura – alzò le spalle lui, mentre lei si arpionava come una cozza al suo bacino.
- Iiihh! Ho visto un pesce! – strillò Rein, agganciandosi con gambe e braccia al corpo del ragazzo – Siamo in mare, è piuttosto normale ci siano pesci. E smettila di aggrapparti a me come un cucciolo di koala, non sembra ma mi fai male – le disse lui spazientito, disarcionandosi dalla sua presa.
Una volta riuscito a liberarla e convinta Rein che non vi fossero pericoli – erano ben lungi dall’essere in mare aperto, l’acqua andava a sfiorare le cosce di Rein quasi all’altezza del costume – cominciarono finalmente la loro lezione, o almeno, ci provarono.
- D-dunque, adesso che si fa?- gli domandò Rein, rigida come un palo, incapace di muovere un muscolo.
- Per prima cosa ti rilassi, poi mi dici in cosa hai bisogno di aiuto – le rispose Shade, notando la sua agitazione – Vuoi che ci spingiamo in là a nuoto, giusto per riacquistare un po’ di pratica?-
Rein deglutì, avvampando dalla testa ai piedi.
Abbassò lo sguardo, rigirandosi i pollici. Ciò che doveva dire le creava parecchio imbarazzo.
- Ecco, come dire, i-io… non si tratta di riacquistare la pratica. Devo proprio ricominciare da zero – pigolò.
- Come da zero? Sai almeno stare a galla?- le domandò lui basito.
Rein scosse piano la testa, con gli occhi che pungevano di vergogna.
- Non ci posso credere…- sospirò Shade tra sé e sé, constatando che la situazione era più grave del previsto – E tu dovresti essere la migliore nuotatrice della tua scuola? Mi prendi in giro?-
- Ti ricordo che sei in presenza di una ragazza alquanto traumatizzata, qui!- fece leva Rein sull’argomento, sperando che quello bastasse a convincerlo della situazione.
Shade sospirò rassegnato, conscio che non aveva altra scelta.
- D’accordo, cominciamo dalle basi. Lezione numero uno: come stare a galla in acqua-
 
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A villa Ishijama, mentre Mirlo e Lione dormivano ancora un dolce sonno ristoratore, Fine, al piano di sopra, aprì gli occhi rintontita, realizzando con sorpresa che erano solo le otto del mattino.
Quella storia dello scambio, constatò, le aveva fatto decisamente un brutto effetto, visto e considerato che per svegliarla a quell’ora nemmeno le cannonate di solito bastavano. Quando a casa doveva svegliarsi presto per andare a scuola, ci pensava in primis sua madre con le buone e, quando quelle non erano sufficienti – la maggior parte delle volte – ci pensava Camelot con le cattive a tirare giù dal letto lei e sua sorella. Su una cosa lei e Rein decisamente si assomigliavano, e cioè la pigrizia.
Si voltò dal lato del letto in cui pensava stesse ancora riposando la gemella, mugugnando versi incomprensibili ancora stanca e assonnata, ma come constatò che, là dove era convinta di trovare sua sorella, non c’era nessuno, trasalì di colpo, balzando a sedere con gli occhi spalancati.
In un primo momento pensò l’avessero rapita gli alieni – era l’unica giustificazione plausibile al fatto che Rein fosse già in piedi di prima mattina – poi però la sua attenzione cadde su un biglietto che faceva capolino dal suo comodino, esattamente sotto al cellulare.
Lo prese in mano, e riconobbe l’inconfondibile calligrafia di Rein.
Il biglietto diceva “Tutto ok, non spaventarti. Gli alieni non mi hanno ancora rapita. Sto lavorando per te. Reggimi il gioco con le altre finché non torno, se dovessero domandarti di me. Poi ti spiego. A dopo”
Rimase qualche istante a fissare il pezzo di carta interdetta, provando a capire cosa intendesse la sorella con quel “Sto lavorando per te”. Possibile potesse c’entrare un appuntamento con Shade?
Il solo pensiero la fece arrossire di botto, e decise di prepararsi in fretta e furia con il cuore a mille, per uscire a fare una passeggiata. Ormai il sonno era svanito, e lo stomaco reclamava insistentemente di essere riempito.
Scese dal letto, si rinfrescò in bagno, aprì l’armadio in cerca di un abbigliamento comodo da indossare. Optò per un paio di pantaloncini di jeans e la solita canottierina sportiva – sapeva già che Rein avrebbe avuto da ridire, ma lei si sentiva comoda così. Infine legò i lunghi capelli turchini nel solito paio di codini.
Dopo aver fatto un’abbondante colazione – la fame non le mancava mai – si preparò ad uscire. Stare sola in casa in attesa che le amiche si svegliassero la deprimeva, era pervasa da un’improvvisa voglia di scoprire il mondo. Si fiondò verso il cancello della villa, correndo allegramente.
Quando fu in strada, non fece in tempo a girare l’angolo che subito andò a sbattere contro qualcuno, cadendo a terra di sedere con un sonoro tonfo.
- Rein! Scusami, non ti avevo vista! – si scusò una voce alquanto familiare, mentre una mano l’aiutava ad alzarsi.
Non appena alzò lo sguardo, incontrò un inconfondibile paio di occhi color cremisi ormai ben conosciuti.
- Ciao Bright, scusami, ero di fretta e proprio non ti ho visto – lo salutò con una risatina imbarazzata.
- Lo vedo. Dove vai così di corsa? Hai un appuntamento? – le domandò lui allegro.
Al suono di quella parola, Fine non riuscì ad evitarsi di arrossire, mentre il suo cuore fece una piccola capriola nel petto.
- C-come? No, no, assolutamente! Stavo semplicemente facendo una passeggiata, tutto qui. Tu invece?-
Bright alzò le spalle, disinvolto: - Non riuscivo più a dormire, così ho pensato di fare quattro passi. So che mia sorella a quest’ora è in giro, quindi speravo di incontrarla. Shade non c’è, non ho idea di dove sia andato. Stare da solo in casa mi deprimeva –
Nel sentire che Shade era uscito, ancora una volta non poté fare a meno di avvampare di imbarazzo. Possibile che lui e Rein si fossero dati appuntamento da qualche parte? Se così fosse stato, allora…
- Oh, beh, poco male, ho incontrato te. Vorrà dire che ci faremo compagnia a vicenda. Sempre se vuoi, ovvio – asserì il biondo, sorridendole sincero.
- Eh? Ah, sì, ma certo che mi va! – si ridestò dai suoi ragionamenti, pensando che se Rein fosse venuta a sapere che Bright le aveva chiesto di passare del tempo insieme, e lei lo avesse accidentalmente rifiutato, non gliel’avrebbe mai perdonato.
- Hai già fatto colazione?- le domandò lui, avviandosi verso il centro della cittadina.
- A dir la verità sì, ma c’è sempre spazio per uno spuntino – ridacchiò lei, illuminandosi non appena l’udì parlare di cibo.
Bright ridacchiò divertito, profondamente intenerito dalla sua spontaneità.
- Andiamo a farne una seconda, allora –
 
- Non riesco a credere che tu sia stata in grado di divorarti tutta quella roba, Rein. Sei quasi peggio di tua sorella Fine. Non pensavo che una come te fosse dotata di un simile appetito! Hai sicuramente un secondo stomaco, nascosto da qualche parte!-
Fine non l’avrebbe mai immaginato, ma passare del tempo in compagnia di Bright non le dispiaceva. Più lo conosceva, più la sua idea su di lui cambiava.
- Diciamo che non sono una che si fa problemi a tavola – scherzò, mentre si incamminavano assieme sul lungomare.
- Meglio così, vuol dire che sei una che dà soddisfazione quando ti si invita fuori a cena!- esclamò lui, ridacchiando di gusto.
Al suono di quelle parole, ancora una volta, la rossa (non più rossa) avvampò, deglutendo a fatica un boccone di saliva che le si era bloccato in gola.
Non seppe spiegarsi il perché, ma il cuore aveva preso a batterle ferocemente in petto, quasi fosse in procinto di esplodere.
Bright aveva parlato di un appuntamento. Un invito fuori a cena. Con lei.
Beh, tecnicamente non si trattava proprio di un invito diretto a lei, considerata la situazione paradossale in cui si trovava, ma comunque era un’allusione ad un’uscita.
Deglutì a fatica un altro boccone di saliva, mentre la sagoma del biondo di fronte a lei le faceva strada verso il mare.
Cosa avrebbe dovuto fare? Ignorare quell’ultima frase? Rispondere? E se le avesse chiesto esplicitamente di uscire cosa avrebbe dovuto dirgli?
Si ritrovò a pensare che la sorella, nell’udire una simile proposta, sicuramente sarebbe andata su di giri, e non ci avrebbe pensato due volte a dire di sì al biondo. Anche se, però, in quel momento lei vestiva i panni di Rein, nel profondo restava pur sempre Fine, una timida ragazzina impacciata, decisamente poco esperta sull’amore. Non che sua sorella Rein fosse tanto migliore, ma aveva di sicuro affrontato più appuntamenti di lei, su questo non c’era alcun dubbio.
Non sapendo cosa rispondere, si limitò ad esternare una risata imbarazzata, mentre il battito del suo cuore riprese a stabilizzarsi.
- A quest’ora del mattino i negozi sono ancora tutti chiusi, e in giro non c’è quasi nessuno – cambiò discorso Bright, una volta che se la ritrovò camminare a fianco – Si respira un’aria leggera, pulita, che profuma di libertà. Ci si sente liberi dalle responsabilità della giornata. È come se tutto fosse immortalato all’interno di un istante: i tenui colori rosati del cielo che pian piano si scuriscono, il sole che fa capolino pigramente dall’orizzonte, il mare che accarezza delicatamente la spiaggia ancora deserta. Ci si sente soli, ma in pace con se stessi –
Fine l’osservò scrutare il mare da lontano, per poi chiudere gli occhi e respirare l’aria salmastra che penetrava a fondo nei polmoni, dandogli nuova vita.
- Comincio a capire cosa ci trova Altezza di così affascinante nell’alzarsi presto le mattine d’estate – mormorò ancora, e Fine sorrise, chiudendo gli occhi assieme a lui, lasciandosi accarezzare dalla brezza marina, il chiocciare dei gabbiani tutt’intorno a rompere la quiete di quell’atmosfera incantata.
A Rein sarebbero piaciute tanto quelle parole, pensò. L’avrebbero accesa ancora più di ammirazione verso quel ragazzo dallo spirito romantico.
Doveva ammettere che, nel sentirlo parlare, anche lei si era abbandonata ad una sincera ammirazione per Bright.
Una curiosa sensazione di tepore mai provata prima le si accese nel petto, all’altezza del cuore.
Restarono così ancora un istante, finché da lontano non udirono farsi sempre più vicino un suono curioso, insistente, impertinente.
- Che cos’è?- domandò Fine riaprendo gli occhi di scatto.
- Sembra l’abbaiare di un cane – asserì Bright sull’attenti.
Non passarono neanche due minuti, che subito si mostrò ai loro occhi la ragione di tutta quella confusione: un cucciolo di Golden, avrà avuto all’incirca un anno d’età, che si avvicinò a loro con fare giocoso ed amichevole.
- Oddio, ma è una meraviglia!- esclamò Fine, che per gli animali aveva un vero e proprio debole – Ciao cucciolone, come stai? Sei solo? Dov’è il tuo padrone? – mormorò, accovacciandosi di fronte a lui e grattandogli il mento e la zona posteriore delle orecchie. Il cane si mise seduto, godendosi le coccole gratuite.
- Bright, è un amore, dovresti accarezzarlo anche tu! – esclamò Fine entusiasta, voltandosi verso il biondo che si era lasciata alle spalle.
Quando lo vide, notò Bright in preda ad un’insolita agitazione. Il biondo se ne stava fermo immobile, con gli occhi spalancati ed il respiro mozzato, rigido come un palo, a fissare la figura del cane di fronte a lui come se avesse appena visto un fantasma.
- Bright, che ti prende?- gli domandò Fine, leggermente preoccupata.
- N-niente, è solo che… io ho paura dei cani – ammise lui tutto d’un colpo, pronunciando a fatica quelle parole.
- Sta scherzando, spero! Ma guardalo! Come si fa ad avere paura di un cucciolone simile?- esclamò Fine di rimando, tempestando di coccole il cagnolone che si era sdraiato a pancia in su come a chiederne una razione doppia.
- Lo so, sembra ridicolo, ma… non ci riesco, è più forte di me. Quando vedo un cane mi irrigidisco, il panico si impossessa di me e non riesco più a muovere un muscolo – asserì il biondo col fiato corto, in un profondo stato di shock.
Fine l’osservò in preda alla sua paura, e comprese le sue emozioni. Erano le stesse che avvertiva lei quando si trovava in presenza di un ragno. La paura era tanta, da non essere nemmeno in grado di scappare.
I ragni facevano decisamente più schifo dei cani, pensò, ma non per questo Bright era da biasimare.
- Capisco cosa provi, è la stessa cosa che provo io di fronte ai ragni – rabbrividì – Tuttavia, se almeno provassi ad accarezzarlo ti accorgeresti che non è spaventoso come credi che sia – lo incoraggiò.
- Non era tua sorella l’aracnofobica? – riuscì a domandarle Bright in un barlume di lucidità.
Fine si morse un labbro, maledicendosi per la sua lingua lunga.
- Sì, hai ragione, volevo dire che è la stessa cosa che prova Fine di fronte ai ragni – si corresse – Coraggio, almeno prova ad accarezzarlo. È un cucciolo, non è aggressivo –
Bright tentennò un istante, poi tentò di allungare una mano verso il muso dell’animale, ma la ritrasse immediatamente quando il cane rizzò le orecchie attento di fronte a quel gesto impacciato.
- Non così – lo rimproverò Fine, afferrandolo per un braccio e portandolo vicino al cucciolo – Non devi mai avvicinarti ad un cane che non conosci alzando la mano sopra la sua testa, penserà che vuoi picchiarlo. Devi avvicinarti così, con il palmo della mano rivolto verso l’alto, in direzione del suo muso. Devi lasciare che ti annusi, perché prenda confidenza con te. Poi potrai accarezzarlo –
Bright fece come gli era stato detto, trattenendosi a forza dall’impulso di scappare a gambe levate quando il cane si alzò nella sua direzione per annusarlo.
L’animale impiegò qualche secondo ad analizzare la mano del biondo tesa in atteggiamento amichevole – secondi in cui a Bright per poco non venne un infarto – poi gliela leccò, infradiciandogliela tutta.
Il biondo ritrasse la mano umidiccia con un’esclamazione di disgusto, e l’animale approfittò del suo momento di distrazione per saltargli addosso ed infradiciarlo con la sua saliva dalla testa ai piedi.
- D’accordo, d’accordo, ho capito! Siamo amici!- biascicò il biondo levandoselo di dosso a fatica, con il ciuffo dei capelli umidiccio e completamente tirato all’indietro, quasi l’avesse appena leccato una mucca.
- Direi che gli sei piaciuto – ridacchiò Fine divertita, osservandolo intenerita alzarsi in piedi e scrollarsi di dosso i litri di bava del cane dalle mani.
- Diciamo che come primo incontro, dopo anni che non accadeva, è stato piuttosto ravvicinato. Ma non mi è dispiaciuto – fece eco lui con una risata, mentre da lontano s’udì il richiamo di un fischio, a cui il cane rispose subito fiondandosi a tutta velocità nella direzione da cui proveniva.
Bright e Fine videro da lontano la sagoma di una giovane ragazza dai capelli rosa, lunghi fino a toccare quasi terra, chinarsi verso il cucciolo ed agganciargli il guinzaglio al collare.
Era tornato a casa.
I due sorrisero nel vederlo allontanarsi allegramente in compagnia della sua padrona.
A Fine parve strano, ma le sembrò quasi che quella strana ragazza prima di allontanarsi le avesse sorriso, come se l’avesse riconosciuta e fosse a conoscenza del suo piccolo segreto.
Fu la sensazione di un istante, poi svanì.
- Sarà meglio riavviarsi verso casa – la riscosse Bright dai suoi pensieri, dirigendosi nella direzione opposta al mare.
Fine lo seguì, cercando ancora con lo sguardo la sagoma della ragazza che sembrava quasi essere improvvisamente svanita nel nulla.
- A proposito – catturò la sua attenzione Bright, accanto a lei – Grazie. Mi hai fatto rivivere un ricordo dimenticato da tempo – le sorrise riconoscente, e lei arrossì.
- Ma figurati, è stata la cosa più naturale del mondo, per me – gli rispose, mentre il cuore tornava a scalpitarle feroce in petto.
- Proprio per questo ho apprezzato. Sei speciale, Rein. Mi piace molto stare in tua compagnia –
Fine trasalì, lasciando che la sensazione di calore nel petto si espandesse, fino a bruciarle le guance e gli occhi.
Avrebbe voluto chiedere a Bright la ragione del suo terrore per i cani, ma capì che quello non era il momento più adatto per fare domande. Ci sarebbe stata sicuramente un’altra occasione.
Lo sperava con tutta se stessa.
 
¤¤¤¤¤¤
 
- Per essere una che si dichiara completamente incapace, non stai andando poi così male – osservò Shade sorpreso, mentre Rein al suo fianco galleggiava facendo il morto ancora tesa e titubante – Dici?- domandò lei, senza parlare più del necessario temendo ancora di affogare.
- Sono riuscito ad insegnarti a stare a galla e a spingerti qualche metro più in là dalla riva in una sola mattinata. È un grosso traguardo, considerato come eravamo partiti. Se tutte le volte però ci devi mettere un tempo così lungo ad entrare in acqua, comincio a considerare l’idea di farmi pagare le ore di lezione – ridacchiò lui.
- E io che credevo che sotto sotto nascondessi un animo nobile e generoso! Sei un subdolo approfittatore invece!- biascicò lei, ancora concentrata a non annegare per potersi dedicare completamente a lui.
- Se preferisci, stellina, possiamo trovare un altro metodo di pagamento – la provocò lui maligno.
- Stellina?- ribadì lei interdetta sentendosi appioppare quel nomignolo ridicolo.
- Messa così, con quel costumino color corallo e i capelli rossi, sembri proprio una piccola stella marina. Dovresti trovare uno scoglio a cui appiccicarti sopra –
- Vuoi vedere come mi appiccico a te invece per strapparti tutti i capelli che hai in testa?- esclamò lei, interrompendo la sua meditazione a galla, e dirigendosi a grandi passi verso di lui con fare minaccioso. Si erano spinti lontano quanto bastasse ad immergersi completamente, lasciando scoperte soltanto le spalle e la testa.
- Attenta con chi ti scontri, soprattutto in acqua. Sei in netto svantaggio, ricordalo – la avvertì lui, con quel sorriso sghembo stampato sul viso che le fece venir voglia di prenderlo a schiaffi.
- Sei solo un pallone gonfiato!- gli si avventò addosso, ma nel farlo inciampò in un sasso sott’acqua, che le fece perdere l’equilibrio ed inghiottire una valanga d’acqua.
- Fine!- esclamò Shade, fiondandosi su di lei e recuperandola appena in tempo prima di vederla affondare definitivamente sott’acqua – Aggrappati a me – le intimò non appena l’ebbe raggiunta, costringendola ad avvolgere le braccia attorno al suo collo perché avesse un saldo appiglio a cui sorreggersi.
- G-grazie…-
Per un istante si osservarono negli occhi, e Rein trasalì nell’incontrare quello sguardo magnetico, sinceramente preoccupato per lei.
Non l’aveva mai notato, prima di allora, ma doveva ammettere che gli occhi di Shade erano davvero belli… due baratri bui in cui perdercisi dentro, rischiando di non uscirne più.
Istintivamente arrossì, quando si rese conto di aver formulato un simile pensiero nei confronti di quel ragazzo alquanto detestabile.
Shade ridacchiò, quasi avesse percepito quali fossero i pensieri che le avevano attraversato la mente in quell’istante.
- Sei diventata rossa, stellina…- le sussurrò, ed un brivido gelido le corse lungo la schiena, le gote accese di sentito imbarazzo.
- Direi che per oggi può bastare. Sei stanca, non è necessario strafare il primo giorno – cambiò discorso lui senza darle il tempo di replicare, riavviandosi pian piano a riva con Rein in braccio.
- Domani riprendiamo da dove siamo rimasti. Puntuali – sottolineò, come a voler far intendere che non le avrebbe concesso ulteriori ritardi.
Rein annuì piano con la testa, lasciando che la sensazione di calore in petto provata poco prima si affievolisse.
“Sarà stata la stanchezza” si disse “quell’odioso mi obbliga ad alzarmi ad orari assurdi” e lo fulminò con lo sguardo, osservandolo rivestirsi dopo che si era cambiato il costume infradiciato.
Ripensando a com’era andata quella mattinata, e constatando fin dove si era spinta grazie al suo aiuto, si ritrovò istintivamente a sorridere ricolma di gratitudine di fronte a quel ragazzo insopportabile che ora la stava osservando leggermente perplesso.
Lui non lo sapeva, ma l’aveva aiutata a compiere un grande passo in avanti lontano da un passato pieno di ricordi dolorosi.
Si convinse che la decisione di lasciarsi reinsegnare a nuotare non era stata poi così fallimentare. Anche se si trattava di avere come insegnante un tipo come Shade.
- Ehi, stellina, tutto a posto?- la chiamò lui, riscuotendola dai suoi pensieri – Vogliamo andare, prima che Altezza ritorni a casa e ci scopra? -
- Sì, certo – lo seguì lei, afferrando asciugamano e borsa da spiaggia, ed avviandosi lungo le dune di sabbia assieme a Shade.
L’osservò camminare poco distante da lei, il fisico scolpito e la carnagione ambrata baciata dai raggi solari.
- Shade?- lo chiamò a un tratto.
- Sì?-
- Guai a te se osi chiamarmi ancora stellina –
Lui sorrise provocatorio.
- D’accordo, stellina -


Angolo Autrice:

E finalmente aggiorno anche qui! 
Da quanto non riprendevo in mano questa storia? Giusto un pò... ogni tanto mi piace riprenderla in mano e lasciare correre la mente verso pensieri leggeri e positivi.
Sebbene anche questo appare come un capitolo di transizione, cominciano ad accadere delle cose, e da ora in avanti ne accadranno sempre di più. Spero di avervi messo addosso giusto quel pizzico di curiosità che vi spingerà a proseguire la lettura.
Mi scuso dei ritardi, ma ben sapete che ho poco tempo da dedicare alla scrittura. Mi auguro solo che la lettura almeno ripaghi la lunga attesa.
Come potranno svolgersi ora le cose? Si risolveranno, o si complicheranno ancora di più?
Grazie a tutti coloro che seguono i miei deliri mentali. E grazie ancora di più a chi li apprezza.
Vi lascio, con la speranza che continuerete a seguirmi fino alla fine.
Baci sparsi

_BlueLady_

 

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Capitolo 14
*** Incontro Inaspettato ***


~ CAPITOLO 13: INCONTRO INASPETTATO ~
 
In pochi giorni, Rein, grazie a Shade, imparò completamente a stare a galla in acqua da sola. Addentrarsi in mare a più di due metri da riva non le provocava più quelle forti crisi di panico che l’assalivano all’inizio, quando l’idea di imparare a nuotare non le passava nemmeno per l’anticamera del cervello.
Doveva ammettere che l’aiuto di Shade le era stato davvero utile. Aveva imparato ad apprezzarlo, nonostante i loro continui battibecchi che animavano irrimediabilmente ogni lezione.
Quando Fine apprese da Rein la notizia, inevitabilmente si sentì pervasa dall’imbarazzo, al pensiero che Shade aveva preso così a cuore l’obiettivo di insegnare a lei, ovvero a sua sorella, a nuotare. La trovò una cosa alquanto dolce, e non poté fare a meno di sperare, nel profondo, di piacere a Shade quel tanto che bastasse a far scaturire in lui in minimo di interesse nei suoi confronti.
Rein, d’altro canto, era rimasta teneramente colpita dalla notizia che anche Bright avesse un lato debole nascosto.
- Ha paura dei cani! Non è la cosa più dolce del mondo?- aveva esclamato non appena Fine glielo raccontò, e la sorella alzò gli occhi al cielo sospirando rassegnata.
- Le cose stanno procedendo bene, sembra – asserì Fine analizzando gli ultimi eventi accaduti – Bright ha esplicitamente espresso che gli piace la tua compagnia, e sei riuscita a catturare l’attenzione di Shade su di me. Però…- e si rabbuiò, conscia che c’era un ostacolo gigantesco da oltrepassare - … come possiamo fare per tornare nei nostri corpi, Rein? Sono stanca di fingere che sia tutto normale. Di prenderla come un gioco. Voglio tornare ed essere me stessa –
Rein si fece seria, concentrandosi su una possibile soluzione.
- Abbiamo già cercato soluzioni su internet e sui libri, ma non abbiamo trovato niente che possa aiutarci. Comincio a temere di dover essere te per tutta la vita – sospirò.
- Ma ci dev’essere una ragione se siamo finite così! Non può essere capitato per caso! – asserì l’altra, ormai al limite dell’esasperazione.
- Ragioniamo: quando ci siamo ritrovate improvvisamente scambiate di corpo?- provò a mantenere i nervi saldi Rein.
- La mattina dopo la sera in cui abbiamo litigato – ricordò Fine.
- Ma certo! Ci eravamo rinfacciate di essere invidiose l’una dell’altra! Dev’essere per questo che si è verificato lo scambio!-
- Quindi, ora che abbiamo capito come è avvenuto tutto…- azzardò Fine - … dobbiamo solo desiderare di ritornare nei rispettivi corpi! – esclamò Rein su di giri, convinta di aver trovato la soluzione del mistero.
Si chiusero entrambe in un istante di raccoglimento, prima di esprimere il desiderio che erano convinte le avrebbe riportate alla normalità.
- Desidero tornare nel mio corpo!- esclamarono entrambe, e rimasero in silenzio in attesa che qualcosa accadesse, ma non accadde nulla.
- Non funziona, Rein, e adesso che facciamo?- esclamò Fine agitata, con gli occhi lucidi sul procinto di piangere.
- Proprio non lo so, Fine – asserì l’altra scoraggiata.
Proprio non lo so.
 
¤¤¤¤¤¤
 
Quella mattina pioveva sulla cittadina di Wonder, e le strade erano quasi completamente deserte. I residenti, scoraggiati dalla pioggia e dalla temperatura che si era improvvisamente abbassata, preferivano quasi tutti starsene in casa ad oziare, piuttosto che uscire per infradiciarsi.
Altezza era particolarmente irritata dal maltempo, poiché quell’imprevisto non giovava per niente sul suo “programma abbronzatura perfetta”, e rallentava parecchio il suo progressivo imbrunirsi sotto i raggi solari. Era partita per quella vacanza con il preciso obiettivo di tornarsene a scuola con un colorito che avrebbe fatto schiattare d’invidia tutte le compagne di classe, nessuna esclusa.
Sarebbe stata la sua piccola vendetta per tutte coloro che gonfiavano il petto orgogliose scuotendo i capelli al vento annunciando di aver trascorso due settimane da sogno alle Maldive, mentre lei aveva semplicemente passato l’estate nella sua minuscola località marittima estiva, con i soliti amici e il solito mare. Voleva dimostrare che ci si poteva godere l’estate anche in un piccolo paesino come quello di Wonder che, sebbene poco conosciuto, vantava comunque tranquillità, pace, ed un mare cristallino tale da far invidia perfino al Mar dei Caraibi.
Le altre quattro amiche se ne stavano pigramente sedute ad un tavolo in salotto, giocando a carte più per noia che per divertimento.
Lione e Mirlo osservavano concentrate il mazzo di carte che avevano in mano, escogitando la strategia successiva per arrivare alla vittoria, mentre Fine e Rein se ne stavano accasciate sul tavolo, la testa appoggiata ad un gomito e l’altro braccio a penzoloni, pregando perché accadesse qualcosa che le tirasse fuori da quella situazione di impasse.
- Cosa possiamo fare con un tempo del genere? È praticamente impossibile organizzare qualsiasi cosa con questa pioggia!- brontolò Altezza con gli occhi che scrutavano oltre le vetrate della villa.
- Il meteo ha detto che nel pomeriggio dovrebbe rischiararsi un poco – asserì Mirlo, scartando un cinque di fori dalla sua mano, e passando il turno a Fine.
- Sì ma sono solo le dieci di mattina! Ci vorrebbe un miracolo per non morire di noia da qui al pomeriggio!- brontolò ancora la bionda stizzita.
Improvvisamente, come se qualcuno dall’alto avesse udito le loro preghiere, s’udì suonare al campanello, e quando Altezza si precipitò ad aprire si ritrovò davanti nientedimeno che i volti del fratello e del cugino, accompagnati da quelli di Auler e Sophie poco dietro di loro.
- Ragazzi! Cosa ci fate qui con questo tempaccio?- domandò, facendoli entrare.
- Con questo tempo stare chiusi in quel buco che Bright ha il coraggio di definire appartamento è da suicidio, così abbiamo pensato di venire a prendere una boccata d’aria qui da voi. C’è decisamente più spazio – asserì Shade col suo fare annoiato, abbandonandosi sul morbido divano del salotto.
- Pensavamo sarebbe stato più divertente trascorrere il tempo insieme, invece che deprimerci da soli chiusi in casa – affermò Bright sorridente.
- Ultimamente venite spesso a farci visita – osservò la bionda, mentre il resto delle amiche si animava di un nuovo entusiasmo all’ingresso dei nuovi arrivati – Devo dedurre che c’entri qualche motivo in particolare? O forse, più che qualcosa, qualcuno… – alluse maliziosa, lanciando occhiate fugaci dapprima ai due ragazzi, poi a Fine e Rein, da Fine e Rein ai due ragazzi.
- Cosa?! N-No, ma che ti salta in mente!- si affrettò a rispondere Bright colto alla sprovvista e dall’imbarazzo, maledicendo la sorella per la sua lingua lunga.
Dall’altra parte, Fine e Rein fecero lo stesso, avvampando di colpo e sentendo il cuore sobbalzare loro in petto.
Detestarono Altezza con tutte loro stesse, consce che quella era la sua piccola vendetta per non aver voluto renderla partecipe del loro appuntamento avvenuto pochi giorni prima. Probabilmente anche Shade e Bright non avevano voluto sbottonarsi troppo sull’argomento, e la bionda se l’era presa piuttosto a male. Pensava che quello fosse un piccolo avvertimento per renderli partecipi del fatto che le redini del gioco era lei a tenerle.
- Non più di quanto venga a farvi visita Auler, mi sembra di constatare. Per quanto mi sembra di capire, questa casa per lui acquista sempre un certo interesse quando qualcuno torna qui ogni estate per passarci le vacanze – le rispose Shade pacato, sapendo di cogliere la cugina su un punto debole che le stava particolarmente a cuore.
Difatti, la bionda subito avvampò dalla vergogna, e voltò stizzita le spalle al cugino, altezzosa e superiore, quasi non volesse dare a vedere di essere stata colta in flagrante.
Auler, d’altra parte, maledisse il moro per averlo voluto indirettamente coinvolgere nelle loro faide familiari: - Shade! Ma che diavolo dici!- esclamò, arrossendo fino alla punta delle orecchie.
- Auler, sei arrossito completamente di botto – osservò Sophie allegramente, meno ingenua di quel che voleva sembrare – C’entra forse quel qualcuno di cui parla Shade? – domandò furbetta, e nel farlo lanciò un occhiolino ad Altezza che non passò per niente inosservato al resto del gruppo, e che mandò in escandescenze la bionda più di quanto non fosse già.
- Sophie, cuciti quella dannata bocca! – sibilò Altezza inviperita, lanciandole occhiate di fuoco profondamente imbarazzata.
Shade e Bright si scambiarono uno sguardo complice, sogghignando vittoriosi, mentre dall’altra parte della stanza Mirlo, Lione e le due gemelle fecero lo stesso. Tutti avevano notato che tra Auler ed Altezza ci fosse del tenero, gli unici a non volerlo ancora ammettere erano i due diretti interessati.
Non ebbero il coraggio di guardarsi negli occhi per buona parte del pomeriggio. Non si rivolsero nemmeno la parola, troppo impacciati ed imbarazzati nel tentativo di nascondere la cotta reciproca, per poter fingere che non fosse evidente quanto l’uno pendesse dalle labbra dell’altra.
- Dunque, visto che siamo tutti qui, potremmo organizzare qualcosa da fare per non rischiare di morire di noia in attesa che torni il bel tempo – si affrettò a cambiare discorso Altezza, riacquistando il suo fare deciso e sicuro di sé.
- Cosa possiamo fare a parte giocare a carte o guardare la televisione?- domandò Lione annoiata e rassegnata, gettando il plico di carte che aveva in mano sul tavolo.
Altezza sogghignò entusiasta: - Io un’idea ce l’avrei – disse, e subito l’attenzione di tutti i presenti piombò su di lei.
- Che hai in mente?- chiese Rein incuriosita.
Altezza schioccò la lingua soddisfatta: - Dato che siamo in un numero sufficiente di persone, potremmo giocare a Lupus in Fabula. Lo conoscete? –
- Lupus in che?- domandò Fine titubante, già temendo che la parola “lupo” implicasse qualcosa di horror o simili.
- Lupus in Fabula – ripeté Altezza - È una sorta di gioco di ruolo in cui una persona esterna al gioco, un mediatore, assegna il ruolo di lupo ad un determinato numero di giocatori. Il compito dei lupi è di uccidere i non-lupi, ovvero i contadini, senza farsi scoprire. I lupi vincono se uccidono tutti i contadini, viceversa i contadini vincono se riescono ad uccidere tutti i lupi. Poi esistono anche altri personaggi, ma ve li spiegherò man mano che giochiamo. Allora, vi interessa?-
- Altezza, a Lupus ci giocavamo quando avevamo dieci anni, non ti pare di essere un po’ cresciuta per queste cose? - sbuffò Shade con il suo solito entusiasmo.
- Perché no? Sarà un bel modo per ricordare i vecchi tempi!- esclamò Sophie entusiasta, appoggiata da Lione e Mirlo che sembravano davvero interessate all’idea.
- I-io non so se ho voglia di partecipare. Sembra un gioco spietato e violento…- asserì Fine, nascondendosi a poco a poco su se stessa.
- Da quando in qua sei più paurosa di tua sorella, Rein? Credevo saresti stata la prima a darmi il tuo appoggio!- asserì Altezza sorpresa, scrutandola sospettosa dall’alto in basso.
- Facciamolo!- esclamò Rein su di giri, desiderosa di mettersi in gioco il prima possibile.
Shade osservò il comportamento delle due gemelle, alzando piano un sopracciglio con fare sospettoso. Bright, d’altro canto, osservò quella che credeva essere Rein profondamente incuriosito, trattenendosi dall’istinto di avvicinarsi a lei per confortarla dalle sue paure. L’ombra di un sorriso gli si accese sulle labbra, mosso da un’inspiegabile moto di tenerezza nei confronti di quella ragazza all’apparenza così timida e indifesa, ma che gli aveva dato prova giusto la mattina precedente della sua forza nascosta.
- Dunque, il gioco prevede la presenza di un mediatore esterno, ovvero io, che deciderà il ruolo degli altri giocatori. È ambientato in due momenti: la notte, nella quale avrete tutti gli occhi chiusi e soltanto i lupi ed altri personaggi, che verranno chiamati a turno, avranno il privilegio di aprire gli occhi, e il giorno, nel quale avrete tutti gli occhi aperti e potrete discutere su chi secondo voi è il lupo, e condannarlo a morte. Ogni notte i lupi, di comune accordo, uccideranno una persona. Il compito dei contadini è quello di scovare i lupi e ucciderli prima che lo facciano loro. I lupi saranno rispettivamente due, e saranno i primi che chiamerò ogni notte per decidere chi uccidere. Poi ci saranno un veggente, che aprirà gli occhi subito dopo i lupi e potrà domandarmi a caso se uno dei giocatori è o meno un lupo, e il medium, che invece parlerà con chi è stato appena ucciso di giorno per sapere se è un lupo o meno. Durante la notte è assolutamente vietato parlare, ci si può esprimere al massimo a gesti, ed è vietato aprire gli occhi a meno che non si risponda ad uno dei personaggi di ruolo che chiamerò. Di giorno, invece, potrete discutere tra di voi su chi condannare. Io semplicemente vi comunicherò chi è la vittima prescelta dai lupi ad ogni turno. Non siete obbligati a svelare il vostro personaggio, come non è vietato fingersi un altro personaggio. Un lupo può benissimo fingersi veggente per depistare gli altri giocatori, quindi state attenti a prendere per oro colato tutto quello che esce dalla bocca degli avversari. Ci sono alleati, e nemici. Fate la vostra strategia. Comunicherò io quando il gioco avrà termine, e chi avrà vinto. Tutto chiaro? – terminò Altezza, scrutando il gruppo di amici che già si era messo in cerchio attorno a lei, ascoltandola come un predicatore che incanta il popolo – Ah, i morti sono morti, quindi una volta uccisi sono fuori dal gioco, non possono parlare fino al termine della partita e possono tenere gli occhi aperti anche di notte. Di notte vi chiederò, oltre che di tenere gli occhi chiusi, anche di fare il più confusione possibile, in modo da evitare di udire movimenti o bisbigli che possano tradire i lupi e gli altri giocatori. Di giorno per le votazioni su chi uccidere vince la maggioranza –
- Sembra divertente! Cominciamo!- esclamò Rein eccitata.
- Allora vi comunico che è notte. Chiudete tutti gli occhi! – intimò Altezza prendendosi fin troppo sul serio, e tutti fecero come era stato loro chiesto.
Altezza selezionò i due lupi, il veggente ed il medium, comunicando dapprima i ruoli ad alta voce e sfiorando sulla nuca il prescelto o la prescelta che a turno annuì per far intendere di avere capito il ruolo che gli era stato assegnato.
- Chi non ho toccato sappia che è un semplice contadino. Ora chiedo ai due lupi di aprire gli occhi, di riconoscersi, e di scegliere chi uccidere – i due prescelti si guardarono, si riconobbero, e di comune accordo scelsero la loro vittima.
A turno seguì poi il veggente che, selezionato un giocatore casuale, ottenne da Altezza la risposta negativa circa il fatto che fosse un lupo.
- Dunque, si è fatto giorno, potete aprire gli occhi. Vi comunico che i lupi stanotte hanno colpito, e hanno deciso di uccidere la povera Mirlo, che non è più tra noi – comunicò Altezza, e subito tra i presenti si levò un coro di disapprovazione.
- Certo che è una vera scocciatura essere uccisi per primi! – osservò Rein, lieta di essere stata risparmiata almeno per quel giro.
- Stai attenta, perché secondo me la prossima sarai tu – le soffiò Shade accanto, sogghignando provocatorio.
- Io penso di avere un’idea su chi sia il lupo – comunicò Rein al gruppo, in seguito a quella confessione fattale da Shade – Uno dei lupi è indubbiamente il signore qui presente – asserì, indicando il moro accanto a sé.
- Da cosa lo deduci? – domandò Auler poco convinto.
- Ha appena dichiarato apertamente che vuole uccidermi! – esclamò Rein stizzita.
- Come sei suscettibile. Sei ben lontana dalla verità, piccola detective in erba – la canzonò Shade.
- Hai un atteggiamento troppo sospetto. Se Altezza avesse dovuto scegliere un lupo, saresti stato indubbiamente tu – continuò lei acida e sospettosa.
- E chi mi dice che non lo sia tu, invece? Sai benissimo che la scelta sarebbe stata troppo ovvia se Altezza avesse optato per farmi lupo –
- Dunque ammetti di essere un tipo poco affidabile!-
- Ammetto che Altezza sia abbastanza furba da non far finire il gioco dopo soli due secondi facendomi uccidere al primo turno di gioco. Potrei risultarvi molto utile, invece –
- Il mio parere su di te comunque non cambia. Ti tengo d’occhio – gli soffiò Rein sospettosa a pochi centimetri dal volto, assottigliando lo sguardo.
- Vedremo chi dei due avrà la meglio, stellina – gli rispose lui di rimando, ghignando divertito.
- Dunque, avete deciso chi condannare a morte per questo giorno?- domandò Altezza, riportando la quiete tra gli animi in fermento.
- Shade – affermò Rein senza neanche pensarci.
- Fine – comunicò Auler risoluto. Rein l’osservò come a domandargli il perché di quella scelta – Fai decisamente troppo chiasso, e comunichi sentenze senza basi concrete. Facendoti notare così, o sei sicura di non poter essere uccisa per ovvi motivi, o sei semplicemente poco strategica –
- Gli altri?- domandò Altezza stringendo i tempi.
Lione optò per Shade, mentre Sophie puntò su Auler. Bright nominò Auler, mentre Fine nominò Lione.
Quando fu il turno di Shade – Bright – disse soltanto – Ehi, cugino, hai forse qualche problema? – gli domandò il biondo, fintamente offeso.
- So per certo che sei la persona meno probabile ad essere un lupo. Perciò sei il primo ad essere sospettato – sorrise il moro saccente.
- Dunque, siamo a due voti per Auler e due per Shade. La maggioranza decida chi condannare – comunicò Altezza.
Lione e Rein votarono per Shade. Bright e Sophie votarono per Auler. L’ago della bilancia era rappresentato da Fine.
- Rein? Hai deciso chi votare?- domandò Altezza alla finta turchina.
Fine osservò i due condannati, abbassando lo sguardo arrossendo d’imbarazzo non appena incrociò lo sguardo di Shade. Non aveva cuore di votarlo, anche se non poteva dar torto alle parole di Rein circa i suoi sospetti sul fatto che il moro fosse effettivamente un lupo.
- Scelgo Auler – pigolò alla fine, e così pose fine al primo dibattito.
La partita continuò, e successivamente vennero uccise un turno dopo l’altro Sophie e Lione.
- Siete rimasti in quattro, e la partita continua. Ciò significa che i due lupi sono ancora in vita. Prendete bene la vostra decisione, contadini, perché da quest’ultimo dibattito dipende la vostra vittoria – comunicò Altezza con fare solenne.
- Sei ancora convinta che io possa essere un lupo? – domandò Shade a Rein in un orecchio.
- È la sola ragione per cui sei ancora in vita, secondo me – gli soffiò acida di rimando lei.
Il moro schioccò la lingua con atteggiamento di dissenso: - Sei fin troppo ingenua, cappuccetto rosso. Se vogliamo vincere devi aprire gli occhi, e cominciare a svegliarti –
- Dici così soltanto per confondermi – asserì lei sospettosa.
- Per niente. Dico semplicemente la verità –
- Finora non mi hai uccisa per non destare sospetti. Sono stata la prima ad accusarti, e se fossi stata uccisa, tutti ti avrebbero scoperto –
- Oppure, semplicemente non ti ho uccisa perché non sono io il lupo – sorrise lui – Non riesci a prendere in considerazione questa possibilità?-
Rein osservò Bright e Fine di fronte a lei scambiarsi un’occhiata complice e parole incomprensibili sottovoce. Sentì un velo di gelosia roderle la bocca dello stomaco.
- Fidati di me, stellina. Bright e Rein sono i lupi. Basta vedere come si comportano, per capire che ho ragione. Rein dall’inizio della partita non ha fatto altro che sviare lo sguardo, incapace di nascondere la verità. Bright lo conosco bene, ha quell’atteggiamento fintamente pacato e rilassato soltanto quando gioca il ruolo di lupo. Anni e anni passati insieme sono serviti a conoscere bene ogni suo più piccolo gesto capace di trarlo in inganno –
Rein li osservò ancora un istante, mentre Altezza intimava loro di prendere una decisione alla svelta, che non avevano tutto il giorno da perdere.
- Come fai ad essere sicuro che il lupo non sia io?- gli domandò interessata, squadrandolo di sottecchi.
- Semplice – sorrise lui – quando menti, perdi completamente la tua spontaneità. Ti irrigidisci, cominci a balbettare, e tiri le labbra in un sorriso forzato ed innaturale, che proprio non ti si addice. Invece stai facendo tanto rumore per nulla, esponi sentenze a caso, fai ragionamenti campati per aria senza una logica, solo per il gusto di dire qualcosa. Non ti allontani molto da come sei in realtà. Ormai ho imparato a conoscerti – le rispose, ed in quell’ultima frase a Rein parve che il moro volesse farle intendere molto di più di ciò che voleva dirle in realtà.
L’osservò sbigottita per un istante, quasi temendo che avesse scoperto il piccolo segreto che lei e Fine tenevano nascosto. Shade ricambiò lo sguardo impassibile, un muro impenetrabile a sbarrarle l’accesso nelle sue iridi.
- Ci tieni ad essere convincente – balbettò imbarazzata, sviando lo sguardo – Sono semplicemente un buon osservatore – sorrise quello beffardo – Aggiungi anche che sono il veggente e che so per certo che Bright è un lupo, ed il cerchio si chiude alla perfezione -
- Allora, avete preso una decisione? Stiamo diventando vecchi ad aspettare i vostri tempi – asserì Altezza inacidita.
- Il problema ora è questo: dobbiamo decidere chi nominare. Loro sicuramente daranno due voti ad uno di noi per vincere. Se votiamo due persone differenti, perdiamo. Con due persone a pari merito, invece, la partita si conclude in parità. Non è vincere, ma non è nemmeno perdere –
Rein ragionò sulle sue parole, ancora incerta se credergli o meno.
- Non so ancora se fidarmi ciecamente di te. Potresti fingere di essere il veggente per depistarmi – disse titubante.
- Stai attenta alle votazioni, e poi saprai se fidarti o meno –
Bright e Fine, nell’esprimere il proprio voto, puntarono entrambi su Shade.
La scelta dipendeva unicamente da Rein. Se lo nominava ed era un lupo, avrebbe vinto. Viceversa, se avesse nominato Bright schierandosi dalla parte di Shade, c’erano alte possibilità che potesse perdere. Se Shade non fosse stato un lupo, invece, e lo avesse accidentalmente nominato – Dio solo sapeva quanto avrebbe voluto farlo soltanto per zittirlo un istante – avrebbe perso comunque.
Aveva un cinquanta percento di probabilità di sbagliare, e la cosa la metteva piuttosto in agitazione.
Osservò Shade per un’ultima volta, che le sorrise malizioso, sicuro di sé. La sua strategia era infallibile. Poi osservò Bright, dal lato opposto della stanza, che l’osservò sgranando gli occhi cremisi, ingenuo, innocuo, puro, innocente. Si morse il labbro sudando freddo, la bocca secca ed impastata.
Sospirò infine amareggiata, conscia di quello che stava per dire.
- Voto Bright – annunciò, incredula lei stessa del nome che le era appena uscito dalle labbra.
Per un istante un silenzio lugubre e funereo aleggiò nella stanza, e Rein quasi non si sentì morire dall’angoscia.
- Signore e signori, vi comunico che la partita si conclude in parità!- esclamò Altezza, sollevata dal suo incarico – Avete giocato bene, ma sicuramente se avessi partecipato anche io avrei sicuramente giocato meglio – gongolò.
- Ottimo lavoro, Rein! Per essere la tua prima volta da lupo te la sei cavata alla grande!- asserì Bright rivolto a Fine, dandole un tenero buffetto sulla guancia – Siamo una grande squadra!- Fine, presa alla sprovvista e dall’imbarazzo, istintivamente arrossì, dimentica di essere osservata da tutti, e ridacchiando soddisfatta della sua piccola impresa.
Quando cercò lo sguardo della sorella, la vide impegnata a scambiarsi un’occhiata complice con il moro, che le fece un occhiolino di rimando, profondamente compiaciuto.
- Allora ti fidi di me – asserì quello rivolto a Rein, nella voce un’impercettibile tono di soddisfazione.
Rein alzò le spalle disinvolta, come a simulare una divertita rassegnazione: - Ti affido la mia vita ogni volta che entro in acqua, un minimo mi devo fidare – confessò, più seriamente di quello che voleva far credere.
Non l’avrebbe mai ammesso neanche sotto tortura, ma Shade ogni tanto ispirava fiducia. Più di qualche volta, in realtà.
- Devo confessartelo, mi hai stupito. Temevo che la tua cocciutaggine ci avrebbe portato alla sconfitta. Invece noto con sorpresa che un minimo quella testolina bacata la sai usare – ridacchiò lui di rimando, ricevendo in cambio un’occhiata fulminante dalla rossa, che subito contraccambiò quel “complimento” sbraitandogli addosso lamentele stizzite ed offese.
Fine li osservò da lontano, una fitta impercettibile al petto che le si accese all’altezza del cuore.
Pensò con tutta se stessa, che al posto della sorella avrebbe voluto esserci lei. Poi la voce di Bright richiamò la sua attenzione, scacciando via i cattivi pensieri.
- Qualcosa non va, Rein? Sembri triste –
- Eh? Oh, no, no, solo che mi dispiace non aver vinto. Probabilmente il ruolo del lupo non mi si addice molto – ridacchiò, tentando di nascondere il suo improvviso malumore.
- Non dire così. Sei stata molto abile, e ci siamo tutti divertiti. Da tanto non facevo una partita così avvincente a Lupus. È anche grazie a te – le sorrise, avvicinandosi al suo orecchio, per sussurrarle una confessione proibita – Non pensare mai di non essere all’altezza, Rein. Tu sei in grado di fare qualsiasi cosa –
Osservò il biondo sorriderle sincero mentre si ricomponeva, ed il cuore in petto le si ingigantì sotto il peso di quelle parole confortanti, rimarginandosi dalla ferita apertasi poco prima. Il biondo aveva sempre un effetto terapeutico su di lei.
- Guardate! È uscito il sole! –
Si lasciò condurre da Bright in giardino, per prendere un boccata d’aria assieme al resto del gruppo, dopo aver passato un’intera mattinata chiusi tra le mura di casa, con un sorriso che correva da un orecchio all’altro ad illuminarle il viso.
Improvvisamente, i cattivi pensieri svanirono.
 
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A metà pomeriggio, come Mirlo aveva previsto, il tempo si rasserenò, e benché il cielo fosse ancora pallido e coperto di nuvole, e fuori la temperatura rasentasse ancora il polo nord per essere un placido giorno d’estate, il gruppo di amici decise lo stesso di uscire di casa per fare una passeggiata per il piccolo centro del paese, girovagando per negozi.
Altezza, euforica, trascinava gli amici per le strade della cittadina, mostrando ogni angolo nascosto.
Fine e Rein seguivano il gruppo, titubanti e distratte, scambiandosi occhiate complici ma imbarazzate, quasi si vergognassero l’un l’altra della gelosia provata nei confronti della sorella poco tempo prima, tra le mura di casa.
Fingevano spensieratezza, ma nel loro cuore albergava lo sconforto e la paura dell’ignoto. Fine non aveva battuto ciglio nemmeno di fronte alla “migliore creperia della zona”, il che la diceva lunga sul suo stato d’animo. Rein, d’altro canto, non mostrò la minima reazione di fronte alla sfilza di negozi d’abbigliamento che Altezza li costrinse a perlustrare, su di giri.
Le due gemelle ripensavano ininterrottamente al loro problema delicato, constatando con sconforto che non pareva esserci alcuna soluzione o, se c’era, erano ben lungi dal trovarla.
- Venite, ragazze, facciamo una passeggiata sul lungomare!- chiamò Altezza da lontano, e di nuovo il gruppo si mise in marcia, con Fine e Rein al seguito, mogie e spente, perse nelle loro riflessioni.
Camminarono fianco a fianco silenziose, con passo lento e scostante rispetto al resto della compagnia, che presto le distaccò.
Rein alzò lo sguardo sulla sorella, domandandosi cosa mai la rattristasse.
- Fine, va tutto bene?- le domandò.
La gemella si riscosse dai suoi pensieri, impacciata e titubante.
- Eh? S-sì, sì… tutto a posto – biascicò, ma dentro di sé sentiva il cuore roderle di curiosità mista a gelosia – Pare che tu e Shade cominciate ad andare d’accordo – asserì poi, con finto disinteresse.
Rein alzò un sopracciglio, sospettosa.
- Lo stesso si può dire di te e Bright – rispose, alludendo allo scambio di sguardi a cui si era abbandonata la sorella con il biondo poco prima, quando erano ancora tutti sotto lo stesso tetto.
Fine sospirò, malinconica.
- Le cose sembrano andare per il meglio, ma…- balbettò incerta.
- Ma?- incalzò Rein, alzando un sopracciglio.
Fine si morse il labbro, nervosa.
- Rein, non è che Shade comincia a piacerti? – domandò schietta e diretta, avvampando dalla testa ai piedi per quella domanda inopportuna.
- Cosa?!- esclamò la sorella presa alla sprovvista – Ma che ti salta in mente?! Credi davvero possa interessarmi un tipo rozzo ed immaturo come lui?-
Fine abbassò lo sguardo, passiva.
Rein si maledisse per quell’offesa uscitale così frettolosamente di bocca – Quello che intendevo dire – si corresse prontamente – è che se sono diventata più tollerante nei confronti di Shade, è perché so quanto sia importante per te. Non hai idea della fatica che mi costa cercare di essere gentile con lui – confessò poi ridacchiando, e strappando un lieve sorriso alla sorella.
- Il fatto è che… vorrei solo potergli mostrare come sono realmente. Vorrei piacergli così come sono – pigolò con un filo di voce, rassegnata – Ma questa faccenda dello scambio sta complicando tutto –
- Oh, ma tu piaci per quello che sei, Fine – le disse la sorella, stringendola in un abbraccio – Se non fosse così non credo che Bright sprecherebbe tempo a parlarti –
Fine alzò lo sguardo interrogativa su di lei, e Rein alzò le spalle, consapevole - Se non fosse per te, Bright nemmeno mi avrebbe presa in considerazione – affermò in un sorriso, ma una fitta impercettibile al petto la punse tra le costole.
Fine ricambiò il sorriso, lasciando che il cuore le si ingigantisse un poco al pensiero di ciò che le aveva detto Bright poco prima. Senza che lei lo volesse, le gote le si imporporarono un poco di imbarazzo.
- Sei arrossita – ridacchiò Rein, dandole un buffetto sulla guancia – Non dirmi che anche tu ti stai prendendo una sbandata per Bright – scherzò, ma la rossa non poté fare a meno di trasalire a quelle parole pronunciate con ingenuità, come non le sfuggì un particolare di quella frase che non le tornava con il resto.
- Che vuoi dire con “anche tu”?- domandò alla sorella senza capire, ma Rein non fece a tempo a rispondere, sebbene il rossore che le si era acceso sulle gote parlasse chiaro al posto suo, distratta dalla sensazione di qualcosa di soffice che le si attorcigliava sulle gambe.
Quando entrambe volsero lo sguardo in basso, si sciolsero in un sorriso che illuminò loro gli occhi quando riconobbero ai loro piedi la figura di un gatto bianco, soffice e morbido, che si strusciava insistentemente sulle loro gambe.
- E tu da dove salti fuori?- asserì Rein, chinandosi in basso per accarezzarlo mentre quello faceva le fusa insistentemente – Pensi che sia randagio?- domandò Fine, accovacciandosi accanto alla sorella.
Il gatto miagolò, strusciando il muso contro le loro mani tese ad accarezzarlo.
- Deve essere affamato – osservò Rein, addolcita – Oppure è semplicemente un coccolone – asserì Fine carezzandogli la pancia soffice e pelosa.
Improvvisamente, s’udì un fischio lontano, e subito il gatto balzò in piedi, correndo nella direzione dalla quale proveniva.
- Ehi, ma dove vai?- lo chiamò Rein vedendoselo scivolare via dalle mani, mentre Fine alzò la testa di scatto, riconoscendo in quel richiamo una sensazione familiare. Quel fischio già lo aveva sentito da qualche parte.
Il gatto miagolò nella loro direzione, balzando sulle loro spalle prima di lanciarsi alla fuga.
- Credo che voglia che lo seguiamo – asserì Rein rivolta alla sorella – Aspetta!- lo chiamò poi lanciandosi all’inseguimento, ma Fine la bloccò per un braccio, allarmata.
Il fischio riecheggiò nuovamente nell’aria, riempiendo ogni particella delle sue vibrazioni.
- Rein, aspetta un momento – la bloccò Fine, sull’attenti – Io questo suono l’ho già sentito una volta – e cominciò a guardarsi attorno, con il sentore di un pericolo a pervaderle le membra.
- Ne sei sicura? – le domandò Rein spaesata, e subito il gatto tornò da loro miagolando insistentemente, catturando nuovamente la loro attenzione.
- Cosa pensi che voglia dire tutto questo?- domandò Fine spaventata all’altra.
Rein osservò il gruppo di amici distante, realizzando come non si fossero accorti di nulla.
- Non lo so, ma sicuramente c’è qualcosa di molto strano – asserì, e non appena ebbe terminato di parlare, il gatto le balzò addosso, correndole su per la schiena, quasi a volere attirare l’attenzione su di sé.
Tra le due gemelle si creò lo scompiglio generale.
- Fine, toglimelo di dosso!-
- Ci sto provando!-
Fine tentò di afferrare l’animale, ma quello fu più veloce e dalle spalle di Rein balzò sulla sua testa, impertinente.
- IIh, ora è su di me!-
- Stai ferma, provo a cacciarlo via!-
E di nuovo il gatto balzò dalla testa di Fine a quella di Rein, per poi correre lungo la schiena della turchina ed afferrare con la bocca l’elastico che le teneva intrecciati i capelli, e slanciarsi in una corsa sfrenata lontano dalle gemelle.
- Ehi! Ridammelo! Quello è mio!- strillò Rein inviperita lanciandosi al suo inseguimento, seguita a ruota da Fine che tentava in tutti i modi di fermarla.
Il gatto corse, agile e scaltro, per le vie della cittadina, attraversando il centro storico, sgusciando tra i cunicoli, con le gemelle alle calcagna lanciate al suo inseguimento.
Rein e Fine lo persero di vista all’imbocco di un vicolo stretto e deserto, ormai lontane dal gruppo di amici, e con il fiatone e la bocca secca per la corsa appena fatta.
- Accidenti, l’ho perso!- piagnucolò Rein in preda allo sconforto.
- Rein, era proprio necessario darsi pena così per uno stupido elastico?- la rimproverò Fine, appoggiandosi sfinita sulle sue spalle, con il fiato corto ed il cuore che esplodeva.
- Certo che sì! Quello era il mio lega capelli preferito!- sbottò l’altra inviperita – Maledetto gattaccio! È così che si ripagano un po’ di coccole e di attenzioni?-
Una risatina leggera e divertita alle loro spalle le fece sobbalzare, costringendole a voltarsi nella direzione da cui erano provenute.
Seduta al lato del vicolo, piccola e ricurva, nascosta nel suo foulard color fiore di ciliegio, distinsero una piccola vecchietta dall’aria piuttosto divertita. Fine e Rein si osservarono un istante negli occhi, spaesate: quando erano arrivate lì, non era parso loro ci fosse nessuno.
- Perché percepisco due anime profondamente in conflitto tra loro? – domandò ad un tratto la vecchia, con tono dolce e materno, rivolta al vuoto di fronte a lei.
Rein e Fine si osservarono negli occhi perplesse.
- Dice a noi? – domandarono titubanti, non distinguendo nessun altro a parte loro come destinatario di quella stramba conversazione nei paraggi.
La donna annuì, convinta.
- Percepisco tanto dolore, una profonda delusione e il forte desiderio di cambiare – continuò, sempre lasciando che il sorriso le illuminasse il volto coperto di rughe.
Rein mosse un passo sospettosa, squadrandola da capo a piedi, Fine alle sue spalle che si faceva scudo, impaurita.
- Lei chi è? – domandò la turchina, e subito quella scoppiò in un’altra risatina divertita, come se avesse appena pronunciato la barzelletta più divertente del mondo.
- Oh, sono soltanto una vecchia cieca annoiata dalla vita – asserì di rimando, e quando alzò il volto su di loro le due gemelle notarono i suoi occhi vitrei ricambiare uno sguardo spento ed inespressivo - Potrei chiedere chi siete voi, invece -
Si scrutarono in silenzio, incerte se fidarsi o meno.
- Siete Fine e Rein, giusto?- continuò quella, con la più naturale delle intenzioni.
Nell’udire i loro nomi, entrambe trasalirono.
- Come conosce i nostri nomi? – domandò Fine balbettante, e subito la vecchia alzò le spalle disinvolta - Oh, questo ha poca importanza. La cosa più importante invece, è se sapete chi siete voi -
La squadrarono nuovamente in silenzio, senza proferire una parola. La donna ricambiò lo sguardo con occhio spento, eppure alle due parve stesse loro leggendo negli occhi, nonostante la cecità. Fine per un attimo ebbe la sensazione di averla già incontrata, anche se non sapeva ricollegare dove mai avesse potuto averla vista. Fu la sensazione di un istante, poi svanì, ma le lasciò in petto un curioso presentimento.
Rein sbuffò, spazientita da quella situazione paradossale - Senta, se ha attirato la nostra attenzione solo per proporci strani giochi da cartomante, mi spiace, ma noi… - tentò di congedarsi bruscamente, ma subito le parole le morirono in gola nell’udire la risposta che seguì le sue parole.
- Come vi trovate l’una nel corpo dell’altra? –
Quella domanda a bruciapelo le spiazzò completamente. Boccheggiarono un istante prive di parole, prima di riuscire nuovamente a parlare.
- Lei come fa a sapere che siamo…-
- Lo so e basta – tagliò corto la vecchina - Qualcosa mi dice tuttavia che qualcuno qui non è per niente contento di come è adesso. Come?! Dopo che avete espressamente desiderato di essere l’una la copia dell’altra! Avete un bel coraggio, sapete? – le rimproverò, quasi si trovasse davanti le sue nipoti a cui fare una bella lavata di capo.
Fine sospirò demoralizzata, alzando le braccia - Ovvio che non siamo contente di come siamo! Siamo scambiate di corpo, ci guardi! –
In seguito a quell’esclamazione, ci fu un istante di silenzioso imbarazzo, rotto da un’affettuosa gomitata di Rein, che l’osservò accigliata, accennando con il capo in direzione della vecchia, come a volerle far notare l’indelicatezza di quell’osservazione pronunciata così di getto. Fine si morse un labbro mortificata, completamente dimentica di stare parlando con una cieca – Oh, beh, chiedo scusa – asserì impacciata – dicevo così per dire -
- Non mi riferivo a questo – si affrettò a rispondere la vecchina, per nulla offesa della mancanza di tatto della rossa.
- E a cosa si riferiva, allora? – domandò Rein sempre sulla difensiva, desiderosa di scoprire quanto quella vecchina sapesse su di loro, e perché, ma decisa a darle meno confidenza possibile.
La vecchia scosse la testa, rassegnata.
- Come faccio a saperlo, se non lo sapete neanche voi? –
Fine e Rein si guardarono perplesse, constatando che quella donna fosse completamente pazza.
- Ricordate questo: non basta desiderare di essere diversi, serve volerlo. Ma prima bisogna aver imparato a conoscersi a fondo, per poter sperare in un cambiamento -
- Quindi, in poche parole…- tentennò Fine, ma la donna bloccò la sua frase sul nascere.
- Smettetela di darvi pena ogni giorno cercando una soluzione al vostro problema. Quando avrete imparato ad accettare il problema, allora la soluzione si compirà da sé – sorrise, come se stesse insegnando ad un bambino come usare la fantasia.
- Per come la vedo io, quando ci si trova di fronte ad un problema, bisogna affrontarlo – asserì Rein asciutta, in completo disaccordo con lei.
La vecchia annuì - Vero. Ma esiste una grossa differenza tra l’affrontarlo in maniera giusta, e l’affrontarlo in maniera sbagliata -
- Quindi sbagliamo a volere a tutti i costi tornare normali?- domandò Fine, più confusa di prima.
La vecchia sospirò, tirando le labbra in un sorriso spensierato.
- Quando sono triste, mi invitano tutti a vedere il lato positivo delle cose. Ma come faccio, dico io, a vedere un lato positivo, se sono cieca dalla nascita? – e scoppiò in una fragorosa risata, profondamente divertita dalle sue parole.
Rein avvicinò Fine all’orecchio, constatando con quell’ultima uscita quanto a quella donna mancasse qualche rotella.
- Andiamo via, Fine, questa qui è tutta matta – sussurrò, strattonandola delicatamente nella direzione opposta, mentre una sensazione di disagio ed inquietudine si impadroniva di lei.
La rossa annuì, non senza volgere un’ultima occhiata compassionevole in direzione della vecchietta, ancora in preda alle risa. Tentò di ricordare dove potesse averla vista, ma non ci riuscì.
- Non abbiate fretta! – strillò dietro loro la donna – E cercate il lato positivo!-
- Che tipo – bofonchiò Rein tra sé e sé – L’incontro più strano che abbia mai fatto. Mi ha messo i brividi –
- Già…- mugugnò Fine, ancora tentando di ricordare.
- Sarà meglio tornare dagli altri, ci avranno dato per disperse – osservò Rein, cercando di orientarsi tra i vicoli per tornare a casa – Come se non bastasse, ho persino perso il mio elastico preferito -


Angolo Autrice:

Basta, aggiorno anche qui perchè questa storia è ferma da ormai troppo tempo.
Non so se c'è ancora qualcuno che la segue, e se vi ricordate come sono andate le cose fino ad adesso, ma per chi mi conosce bene, sapete benissimo che odio lasciare le cose incompiute, dunque anche se molto a rilento, comincio a proseguire anche questa storia.
In questo capitolo accadono un sacco di cose interessanti. A parte il trafletto su Lupus in Fabula - non so se qualcuno di voi ci ha mai giocato, ma vi giuro che è un gioco stupendo soprattutto quando si è in tanti e ci sono un sacco di personaggi ad animare la scena - shade comincia a capire qualcosa di più sulle gemelle, mentre Fine entra sempre più in sintonia con Bright.
Infine, compare un nuovo personaggio, che sarà fondamentale da ora in poi nello svolgersi degli eventi, capirete più avanti perhè e come.
Intanto vi chiedo: secondo voi chi mai potrà essere questa vecchina misteriosa? E come mai pare conoscere alla perfezione la storia delle due gemelle?
Spero di avervi messo un pizzico di curiosità in più, e di non avervi deluso, dopo la lunga attesa.
Grazie a tutti coloro che mi seguono, ai fedelissimi e non, a chi spreca due minuti del proprio tempo per recensirmi.
Ci vediamo al prossimo aggiornamento.
Baci sparsi

_BlueLady_

 

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Capitolo 15
*** Lasciarsi Andare ***


~ CAPITOLO 14: LASCIARSI ANDARE ~
 
- DOVE DIAVOLO ERAVATE FINITE?!-
Fu quella l’accoglienza che Fine e Rein ricevettero non appena tornate a casa, dopo aver passato più di un’ora ad orientarsi per i vicoli della città alla ricerca della strada verso Villa Ishijama.
Non appena il gruppo si era accorto di averle perse di vista, Altezza aveva tentato in tutti i modi di contattarle al cellulare, senza riuscire a rintracciarle. I telefoni non erano raggiungibili, e nessuno sapeva dove potessero essersi cacciate. Al pensiero che fossero sole, sperdute in una città che non conoscevano, con il pessimo senso dell’orientamento che si ritrovavano, la bionda aveva cominciato ad andare in iperventilazione.
- Possibile che bisogna farvi sempre da babysitter?! Ma dove avete la testa?-
Non appena se le era viste comparire sulla soglia di casa, pallide e stralunate, senza minimamente immaginare cosa le due avessero appena passato, si era gettata loro al collo, quasi volesse stritolarle, ed era esplosa in una serie di insulti e rimproveri inaciditi senza il minimo contegno.
Fine e Rein subirono la ramanzina senza battere ciglio, accusando ogni parola. Non osarono contraddire Altezza, né tentarono di calmarla: per quanto la bionda apparisse isterica e arcigna, entrambe sapevano che quello era il suo modo di dimostrare il suo affetto nei loro confronti.
- Si può sapere come diamine avete fatto a perdervi? Eravamo davanti a voi, a pochi metri di distanza!-
- Scusaci, Altezza, ci siamo attardate un secondo ad osservare la spiaggia, e quando ci siamo voltate non c’eravate più – tentò di giustificarsi Rein – Abbiamo provato a cercarvi, ma abbiamo finito col perderci –
Altezza sospirò rassegnata, conscia che come al solito non valeva la pena prendersela con quelle due svampite che si era scelta come amiche. Per quanto avesse potuto sbraitare loro contro, sapeva benissimo che le sue parole sarebbero servite a poco e niente. Fine e Rein erano così: con la testa tra le nuvole, ed irrimediabilmente incorreggibili.
- Dovevo immaginarlo sareste state capaci di perdervi anche questa volta, visto il vostro pessimo senso dell’orientamento – sospirò, finalmente acquietandosi, e lasciandole finalmente rientrare in casa.
La serata passò piuttosto tranquilla, tra chiacchiere e confessioni segrete. Le cinque avevano deciso, almeno per quella sera, di prendersi una serata tutta per loro per abbandonarsi a confidenze tra amiche come non facevano da un po’.
Quando la stanchezza prese il sopravvento, erano ormai le quattro di notte.
Fine si era addormentata sul bracciolo del divano circa un’ora prima, e fu svegliata improvvisamente da un’assonnata Rein che le intimava di andarsene a letto insieme.
Quando furono sotto le coperte, dopo una bella doccia rigenerante, nonostante la stanchezza a premere loro sugli occhi e le membra doloranti, entrambe fecero fatica a prendere sonno.
Se ne stavano supine, ognuna dalla propria parte del letto, a fissare il soffitto con occhi sbarrati.
Fu Fine a rompere il silenzio, desiderosa di togliersi un peso che gravava enorme sulla sua coscienza.
- Rein?- chiamò la sorella ricercandola a tentoni nel buio – Mh?- fece quella voltandosi nella sua direzione – Ripensavo all’incontro di oggi pomeriggio… non ti è sembrato strano che quella vecchietta sapesse chi fossimo, e cosa ci fosse successo? –
- Certo che mi è sembrato strano, ma c’è da dire che ultimamente ci sono capitate tante situazioni fuori dal comune – asserì l’altra, voltandosi su un fianco ed infilando un braccio sotto al suo cuscino – Non capisco se si tratti di coincidenze o meno -
Fine sospirò, rigirandosi anche lei su un fianco per parlare faccia a faccia con Rein.
- Sai, Rein… - cominciò poi - … la vecchia signora di oggi… ecco, io ho come l’impressione di averla già incontrata da qualche parte – confessò poi, dando finalmente sfogo al suo dubbio.
- Dici davvero? E dove?- esclamò la turchina con accesa curiosità.
Fine sospirò malinconica – Non lo so. È difficile da spiegare. È come se sapessi di averla già conosciuta, pur non avendola mai vista. Un po’ come quando una persona ti è familiare, ma in realtà è la prima volta che la incontri in vita tua –
- Forse semplicemente ti ricorda qualcuno di familiare – suppose l’altra dubbiosa.
Fine rifletté un istante in silenzio, ripensando alle parole di Rein.
Ripensò alla vecchia, e al suo foulard color fiori di ciliegio a coprirle la testa.
Ripensò a Bright, e alla loro mattinata trascorsa sul lungomare, proprio nel punto in cui lei e Rein avevano incontrato quel gatto dal pelo bianco e morbido il giorno dopo. Ripensò agli incontri bizzarri di quell’estate, registrandoli nella memoria ad uno ad uno.
Istintivamente, un flash le attraversò la mente come un fulmine a ciel sereno, quasi avesse avuto un’improvvisa illuminazione.
Rivide lei e Bright sul lungomare accarezzare il cucciolo di Golden che era spuntato fuori dal nulla così all’improvviso.
Risuonò nella sua mente lo squillo di un fischio lontano, lo stesso che aveva udito nell’istante in cui la padrona aveva richiamato a sé il cane, e che aveva scatenato quella strana reazione nel gatto.
Rivide una ragazza dai capelli lunghi, color fiore di ciliegio, sorriderle da lontano, mentre riagganciava il guinzaglio al collare del cane.
- Rein…- mormorò infine, in trance - … ricordi quando ti ho detto che il fischio che abbiamo udito oggi l’avevo già sentito da qualche parte?-
- Sì, perché?-
- È lo stesso che ha utilizzato la padrona del Golden per chiamarlo, la mattina in cui io e Bright abbiamo passeggiato sul lungomare –
- Credi possa esserci una connessione?- le domandò Rein, rovistando all’interno della sua mente in cerca di una possibile risposta.
Fine scosse la testa, dubbiosa: - Non lo so, ma quel che è certo è che non può trattarsi di una coincidenza –
- Forse la vecchia signora di oggi e la ragazza del cane sono collegate l’una all’altra – ipotizzò Rein, sempre più coinvolta da quella curiosa vicenda.
A quelle parole, un brivido di paura percorse la schiena della rossa, facendole rabbrividire ogni centimetro di pelle. Le vicende paradossali senza spiegazioni plausibili non le erano mai piaciute, neanche nei film.
- Fine, dobbiamo scoprire cosa c’è sotto – asserì Rein decisa, stimolata da quel curioso intreccio di eventi che aveva messo a soqquadro la loro esistenza di punto in bianco.
- Sei veramente convinta di volerlo fare? – mormorò l’altra impaurita, pervasa dall’inquietudine.
- Non fare la bambina. Potrebbe essere la chiave per risolvere il problema dello scambio di corpi! –
- Come fai ad esserne così sicura? L’idea che ci sia qualcosa di losco sotto mi terrorizza –
- L’unico modo per sapere se stiamo remando verso la giusta direzione, è quella di fare almeno un tentativo -
 
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- Puoi almeno tentare di fingere che ti stia simpatico?-
- Lo farei, se tu non scoppiassi a ridere ogni volta che tento di mettermi a nuotare! –
Quella mattina, tra loro, era iniziata così. Rein più irritata del solito, con la mente ancora piena delle parole della strana vecchina incontrata due giorni prima, e perciò con un livello di tolleranza al di sotto della soglia normalmente consentita, e Shade molesto come sempre, o forse un pochino più del dovuto, constatando quanto la rossa quel giorno fosse più sensibile del solito alle sue provocazioni, e cogliendo l’occasione per divertirsi un po’.
- Come faccio a non ridere con lo stile a balenottera che ti ritrovi? Rein nuoterebbe meglio di te –
La finta rossa si morse un labbro a fatica, mentre le gote le divenivano incandescenti, faticando a non rispondergli per le rime, e tentando di concentrarsi sull’esercizio propostogli quel giorno dal suo insegnante senza cuore.
Avrebbe voluto dirgli che Rein non avrebbe di certo potuto nuotare meglio di così, in quanto già si stava impegnando al massimo con scarsi risultati, ma si limitò a grugnire di disappunto, svolgendo imperterrita il suo esercizio, non potendo certo rivelargli la verità sul suo piccolo segreto.
Shade l’osservò agitarsi nell’acqua alta sì e no un metro, muovendo braccia e gambe in maniera del tutto casuale, completamente scoordinata.
- No, no, no! Così sprechi soltanto energie, ma non te ne accorgi? – sospirò, alzando gli occhi al cielo, mentre Rein si riposizionava in piedi con il fiatone e gli arti che le dolevano da matti.
- Dammi qualche dritta per migliorare! – lo pregò esausta, con l’acqua che le gocciolava dai capelli e dal costume.
Shade la squadrò da capo a piedi, tenendo a freno un sorrisetto maligno che sentiva nascere tra le labbra. Non gliel’avrebbe mai confessato, ma conciata così, con i capelli scompigliati e intrisi di sale e quell’espressione da cucciolo bastonato in volto, pareva proprio un tenero cagnolino spelacchiato, traumatizzato dopo l’ora del bagno – e tutti sanno quanto i cani odino farsi lavare dai propri padroni.
Lasciò che Rein si tranquillizzasse un poco e riprendesse fiato, prima di riprendere la loro lezione.
- Innanzitutto, devi stare a galla. Su, avanti, rimettiti giù – le ordinò, mentre Rein, sbuffando di imbarazzo fece come le era stato chiesto, galleggiando a pancia in giù nell’acqua.
Shade le si avvicinò camminando, e si posizionò di fianco a lei, osservandola dall’alto.
- Allunga braccia e gambe, così – le disse, correggendole la posizione mentre lei eseguiva – Lascia che le onde ti cullino. Non devi avere paura, Fine. Per tua informazione il nostro corpo ha una densità minore dell’acqua, il che significa che siamo fatti per galleggiare, come un pezzo di legno. È più semplice di quello che credi –
Rein letteralmente cominciava a sentirsi davvero un pezzo di legno, e non perché riuscisse a starsene tranquillamente sdraiata sulla superficie dell’acqua, senza affogare.
Sentire Shade così vicino al suo corpo, avere il suo sguardo su di lei, le mise una curiosa agitazione addosso. Avvertì il cuore batterle ferocemente in petto, quasi volesse uscire dalla gabbia toracica, ed il rimbombo le parve quasi si amplificasse nell’acqua, un cupo brusio confuso, che andava a batterle forte sulle tempie e nelle orecchie. Temette quasi che anche Shade potesse accorgersene da un momento all’altro.
Continuò a starsene ferma a galla, pregando che il moro non percepisse il suo stato d’animo, quando avvertì improvvisamente qualcosa sfiorarle la pancia, da sott’acqua.
Istintivamente si irrigidì, mentre avvertiva le gote e le tempie andare a fuoco, ed il mormorio del cuore riempirle la testa, la bocca, e gli occhi dei suoi battiti frenetici.
- Non irrigidirti, ma lasciati andare – si sentì soffiare all’orecchio, a pochi centimetri di distanza – se ti irrigidisci non potrai che andare a fondo come una pallina di piombo –
Rein deglutì un bolo di saliva simile ad un macigno, desiderando sprofondare per l’imbarazzo.
Fu allora che realizzò veramente cosa stesse succedendo in quel momento: Shade l’aveva raggiunta, infilando delicatamente le braccia sott’acqua, reggendole la pancia per aiutarla a stare a galla, e nel farlo premeva forte il proprio corpo contro il suo, il respiro a pochi centimetri di distanza, e gli occhi che le leggevano dentro ogni emozione.
Percepire la propria pelle a contatto con quella del ragazzo, le sue mani stringerla forte a sé quasi temessero di lasciarla andare, il pensiero per la prima volta reale e concreto che fossero soltanto loro due, soli, in acqua su una spiaggia deserta, coperti soltanto da un costume da bagno, alle sei e mezzo del mattino, la fecero andare completamente in tilt.
Per un istante soltanto, Rein non riuscì a pensare ad altro che al fatto di essere così vicina a Shade da potersi avvinghiare a lui e strappargli un bacio, se solo avesse voluto. Se solo lo avesse voluto anche lui.
Poi ritornò in sé, e realizzò quanto quel desiderio fosse sbagliato ed egoista, sebbene tutto ciò che stava facendo, lo stava facendo solo ed unicamente per Fine.
Nonostante ciò, però, si domandò da un angolo della mente se anche Shade avesse provato le sue stesse sensazioni in quell’istante, o se era capitato soltanto a lei quell’attimo di debolezza.
Si voltò ad osservarlo, e lo scoprì placido e tranquillo, come se stesse facendo la cosa più naturale del mondo, a guardarla con occhio divertito irrigidirsi sotto il suo tocco inaspettato.
- D’accordo, stellina. Adesso cerca di muovere le braccia una dopo l’altra come se stessi accarezzando l’acqua sotto di te, e di sbattere i piedi come se volessi procedere in avanti. Il segreto del saper nuotare sta tutto qui – le disse, sorridendole malizioso e provocatorio, aspettando di vederla all’opera.
Rein riacquistò la lucidità perduta, e fece come le era stato chiesto, sebbene la sensazione del corpo di Shade premuto contro il suo le bruciasse ancora il fianco e la pancia, dove lui aveva ancora le mani.
Alzò timidamente un braccio, impacciata, poi un altro. Mosse prima un piede e poi l’altro.
Uno, due, uno due.
Poi sempre di più, sempre più veloce.
Non si sentiva avanzare né retrocedere, si limitava semplicemente ad eseguire gli ordini di Shade meccanicamente, le braccia ancora rigide dall’imbarazzo ed i piedi che fendevano l’acqua schizzando ovunque, mentre le mani del moro bruciavano ancora sotto il suo ventre.
Cercò di non pensare ad altro che al movimento che doveva eseguire: più veloce, più veloce, più veloce.
- Ok, così è decisamente troppo veloce. Sei ancora troppo rigida – Ti ho detto di accarezzarla, l’acqua, non di prenderla a schiaffi - Stai schizzando dappertutto, rallenta - Dannazione, Fine, fermati, mi stai completamente infradiciando! –
Al suono di quelle parole spazientite, Rein si fermò di botto, voltandosi di scatto verso Shade, domandandosi cosa ci fosse che non andava nel suo esercizio.
Quando però volse lo sguardo su di lui, non riuscì proprio a trattenere le risa.
- Ppppfffttt… AHAHAHAHAH! Guardati come sei conciato! – esclamò con le lacrime agli occhi, mentre uno Shade spelacchiato, il ciuffo moscio a coprirgli gli occhi, e profondamente ferito nell’orgoglio, malediceva se stesso e Rein interiormente ancora una volta per la sua stupida idea di volerle insegnare a nuotare – Sembri un gatto persiano a cui hanno appena gettato addosso un’intera secchiata d’acqua! – continuò a ridere Rein, reggendosi la pancia che doleva da matti, non riuscendo a smettere.
Shade, da sotto il ciuffo le lanciò un’occhiata maligna, prima di contrattaccare a quella provocazione così sfacciata.
- Aaah! Che stai facendo! Mettimi giù! – esplose Rein in uno strillo, mentre il moro la prendeva di peso per poi lasciarla andare come aveva chiesto, vedendola sprofondare in acqua e riemergere in un profondo respiro, completamente fradicia e con i capelli appiccicati alla fronte.
- Ecco, adesso siamo pari – ghignò lui maligno, perfettamente conscio di aver appena scatenato la fine del mondo.
- Shade, quante volte ti ho detto che non mi devi fare questi scherzi! Ti ricordo che non so nuotare! Dove vai?! È maleducazione andarsene mentre una persona ti sta parlando! Torna subito qui!-
Rein lo seguì nell’acqua, sbraitando e lanciandogli maledizioni, finché non lo raggiunse per strappargli tutti i capelli dalla testa. Doveva pagare per la sua insolenza.
- Ti ho preso finalmente! Adesso una bella vendetta non te la leva nessuno!- esclamò, afferrandogli una spalla.
Shade ghignò, perfido e maligno, soffiandole all’orecchio la sua risposta.
- Guarda un po’ dove siamo finiti, stellina – le sussurrò, mentre Rein voltava la testa indietro, e spalancava la bocca terrorizzata nel realizzare quanto fossero distanti da riva, e di come i suoi piedi non toccassero più il fondo dell’oceano.
- IIIH! Come ci siamo finiti qui?!- strillò, prima di sprofondare in acqua, inglobando un litro d’acqua prima che Shade si affrettasse a recuperarla.
- Ci sei arrivata da sola, con le tue gambe – le rispose il moro, non appena si fu accertato che fosse al sicuro, avvinghiata ancora una volta alle sue spalle.
Rein deglutì a fatica la saliva rimastale bloccata in gola, mentre si stringeva forte al petto di Shade, completamente incapace di muoversi.
- Comincio a pensare che non è vero che tu non sai nuotare, Fine. Il tuo è semplicemente un blocco psicologico. Quando sei distratta nemmeno ti accorgi di quello che sei in grado di fare. È ora che cominci a rendertene conto – le disse lui, portandola fuori dall’acqua, decidendo che anche per quella volta era sufficiente ciò che avevano fatto.
Rein abbassò lo sguardo imbarazzata, mentre afferrava un asciugamano per asciugarsi. Nemmeno lei riusciva a credere a ciò che era appena successo, e al fatto che, ancora una volta, se solo avesse potuto, il pensiero di baciare Shade sulla punta delle labbra le aveva attraversato la mente come un fulmine a ciel sereno.
Tutta quella vicinanza a lui, si disse, la stava condizionando. Doveva riacquistare le distanze.
Osservò Shade, poco distante, passarsi l’asciugamano tra i capelli indifferente.
- Dobbiamo capire insieme come farti uscire dal tuo blocco psicologico – annunciò poi lui, deciso e determinato a continuare ad aiutarla, ora che erano così vicini a dei risultati.
Rein sospirò, sedendosi sul bagnasciuga, ed osservando il mare ancora placido e tranquillo.
- Già…- mormorò, mentre mille pensieri e mille ricordi le affollavano la mente, confusi. Ripensò a Fine, e a come avrebbe preso il fatto che c’era stato un contatto così stretto – finora il più intimo che avesse avuto – con Shade. Ripensò allo scambio di corpi, e a come quella vecchina sembrasse sapere tutto di loro. Ripensò a se stessa, e a cosa ci fosse di sbagliato in lei che non le piaceva. Ripensò al passato, con tutto ciò che di bello e di brutto aveva vissuto.
Shade si sedette accanto a lei, poco distante, e si mise ad osservare l’orizzonte, altrettanto pensieroso.
- Dimmi una cosa, Fine – le disse, portandola a spostare il suo interesse su di lui – Perché hai così tanta paura dell’acqua? – Rein lo osservò con fare interrogativo – Voglio dire – si corresse lui in fretta – Ok, il trauma che hai vissuto con tua sorella quando vi abbiamo soccorse io e Bright, ma… sei proprio sicura che non ci sia dell’altro? – le domandò, ed agganciò le iridi alle sue, scavandole dentro per leggerle ogni cosa, ogni più recondita emozione.
Rein si sentì completamente priva di difese, quasi Shade fosse stato in grado con la semplice forza di uno sguardo di abbattere il muro fra di loro.
Sapeva che se gli avesse risposto di sì, lui non le avrebbe creduto, e l’avrebbe spinta a confessargli tutto quanto, che lei lo avesse voluto o meno. Deglutì, indecisa se compiere o meno quel passo importante di fronte a lui, con lui. Se si fosse aperta ad una confessione, davvero Shade non avrebbe smesso di guardarla con gli stessi occhi di sempre?
Detestava ammetterlo, ma anche se pieno di alti e bassi e burrascoso, il suo rapporto con lui le piaceva. Le piaceva come riuscivano a prendersi sul serio un istante prima, per poi prendersi gioco l’uno dell’altra un istante dopo. Aveva bisogno di un rapporto così.
Sospirò, tornando ad osservare il mare, decisa ormai a lasciarsi andare.
- Un po’ di tempo fa, all’incirca un anno e mezzo o poco più, avevo un fidanzato. Si chiamava Fango, e ne ero completamente innamorata. Eravamo felici insieme, più di quanto potessi immaginare. Molte ragazze a scuola mi invidiavano, perché Fango era un ragazzo molto ambito. C’era chi si limitava a sospirare osservandolo da lontano, e chi tentava di approcciarsi a lui impacciatamente, consapevole di non avere speranze – si bloccò un istante, sospirando malinconica, mentre i ricordi le riaffioravano nella mente, reali, concreti – Tra tutte le ragazze della scuola, c’era una in particolare che non riusciva a sopportare il rapporto tra me e Fango. Si chiamava Eliza, ed era, anzi, è tutt’ora la ragazza più popolare della scuola. Alta, fisico da paura, capelli neri, occhi glaciali, capaci di incenerirti con un solo sguardo… tutti i ragazzi pendevano completamente dalle sue labbra. Tutti tranne uno –
Shade l’ascoltava impassibile, senza distogliere lo sguardo sulla figura di Rein che si rimpiccioliva via via su se stessa man mano che raccontava.
- Eliza non poteva sopportare che, tra tutti i ragazzi della scuola, proprio il più gettonato avesse attenzioni per me, e non per lei. Io ero goffa, impacciata, chiassosa, poco elegante… non riusciva a capacitarsi di come Fango avesse potuto perdere la testa per una come me. Così cominciò a rendermi la vita impossibile, nella speranza di indurmi a desistere dallo stare insieme a lui. Dapprima furono semplici dispetti come prendermi contro mentre ci incrociavamo per i corridoi per farmi cadere tutti i libri di mano, poi divenne una vera e propria persecuzione, come manomettere gli attrezzi sportivi quando era il mio turno per usarli perché rimanessi vittima di qualche piccolo incidente – sospirò, tirando a forza le labbra in un sorriso – Non erano certo quelle piccole azioni di gelosia a convincermi a lasciare Fango –
- Cosa c’entra tutto questo con la tua paura dell’acqua? – domandò Shade, desideroso di capire.
Rein deglutì, mentre gli occhi cominciavano a pungerle di rabbia e sconforto.
- Un giorno, io e Fango stavamo insieme all’incirca da un anno, l’insegnante di educazione fisica ci portò in piscina per due ore di nuoto. Allora per me non era un problema mettermi il costume da bagno e nuotare, ero anche discretamente brava a farlo – si lasciò sfuggire una risata sommessa – Il professore ci sottopose ad una serie di esercizi per prepararci alla competizione sportiva, che si sarebbe tenuta due mesi più tardi. Cronometrava i nostri tempi, facevamo gare di apnea sott’acqua ed esercizi di tuffi, anche sincronizzati, per selezionare i migliori della classe che avrebbero partecipato all’evento. Lo ricordo come se fosse ieri…-
Rein si bloccò un’istante, e Shade continuò ad osservarla con il fiato sospeso.
- Sebbene non sia mai stata un asso negli sport, nuotare mi piaceva tantissimo. Ero più brava nelle gare di resistenza che di velocità, mentre nelle gare di apnea ero una vera frana. Eliza lo sapeva, conosceva i miei punti deboli – deglutì – Fu così che, quando fu il mio turno di immergermi in acqua, casualmente assieme a lei poiché era finita nel mio stesso giro di prova, una volta che Eliza ritornò in superficie perché aveva terminato il fiato, fece in modo di tenermi ancora sott’acqua spingendomi a forza la testa con un piede, nonostante anche io avessi ormai dato fondo a tutta la mia riserva di ossigeno. Fu terribile – rabbrividì, stringendosi nelle spalle, e Shade desiderò con tutto se stesso avvicinarsi a lei per stringerla a sé, confortandola dai suoi traumi, ma restò immobile.
- Il professore si accorse che stavo morendo annegata, soltanto quando ormai Eliza non aveva più necessità di spingermi giù con il piede. Dapprima ciò che vedevo era soltanto la sagoma del corpo di Eliza che incombeva su di me, mentre tentavo a forza di ribellarmi, poi la vista si appannò, finché non divenne tutto completamente buio. Quando riaprii gli occhi, mi ritrovai in infermeria, la voce di Fango poco distante da me che mormorava qualcosa ad un interlocutore che non riuscii a distinguere subito – il labbro le tremò, mentre una lacrima sfuggì al suo controllo, percorrendole il viso e morendole sulle labbra – L’unica cosa che riuscii ad udire di quel discorso, fu qualcosa del tipo “C’era bisogno di arrivare a tanto per una semplice notte passata insieme? Lo sai che sono impegnato con Rein”-
Shade deglutì a fatica, mentre ascoltava parola per parola il discorso di Rein, accogliendo ogni emozione come un pugno nello stomaco. Improvvisamente, la bocca gli si seccò.
- Fango ti aveva tradita con Eliza? – riuscì a sussurrare soltanto, incredulo.
Rein si asciugò in fretta le guance, avendo cura di non farsi vedere da lui.
- Il giorno dopo, ho mollato Fango senza alcuna spiegazione. Per scuola cominciò a diffondersi la voce che ero stata crudele ed ingiusta con lui, un autentico cuore di pietra, ma a me poco importava. Per quello che mi riguardava, la mia dignità era stata già calpestata fin troppe volte. Eliza ovviamente la fece franca con la storia dell’incidente. L’unica a portare le cicatrici di tutta quella vicenda, fui solo ed unicamente io – concluse Rein freddamente, quasi con rassegnazione, consapevole che il passato non si poteva cambiare.
Shade rimase per qualche istante in silenzio ad osservarla, incapace di reagire. Non immaginava che in quella ragazzina all’apparenza così spensierata e vivace potesse nascondersi una simile tristezza.
- Tua sorella le sa queste cose? – riuscì a domandarle poi, dopo un intero minuto passato ad osservarla senza dire nulla.
Rein scosse la testa – Nessuno – rispose – A che servirebbe confessarlo? Ormai tutti a scuola credono che la verità sia solo ed unicamente una. E anche se mia sorella e le mie amiche si schiererebbero indubbiamente dalla mia parte, non ho voglia di riportare a galla un dolore che ho faticato tanto a dimenticare, e che a volte faccio ancora fatica ad accettare. Non so nemmeno perché lo sto dicendo a te ora – lo guardò negli occhi, completamente persa in se stessa, con la voglia di piangere a premerle sulla gola.
Shade abbassò lo sguardo, il petto bruciante di rabbia nel venire a conoscenza di quell’amara verità. Non sapeva neanche lui perché Rein avesse deciso di confidarsi così di punto in bianco. Forse era dettato dall’intimità del momento, forse dal bisogno di conforto, ma poco gli importava. Ciò che più contava in quel momento, era che quella ragazza stava soffrendo, e doveva fare qualcosa per aiutarla.
- Perché ti ostini a tenere tutto dentro? Le delusioni e le sofferenze pesano meno, se si è in due a portarle sulle spalle – le disse, riagganciando gli occhi nei suoi.
Rein alzò le spalle, fintamente disinvolta.
- Non penso che Eliza lo abbia fatto davvero con l’intenzione di farmi del male. Ma da allora, ogni volta che provo ad immergermi in acqua, mi torna in mente la paura di quel giorno. Mi sento come in gabbia, una prigione dalla quale non riesco ad uscire. E comincio a boccheggiare, mentre il cuore accelera il battito, e i miei occhi non vedono altro che la sagoma di Eliza che mi spinge a forza sott’acqua, senza darmi il tempo di respirare. Comincio ad avere freddo. La mente mi si appanna… e non sono più in grado di muovere un muscolo. Mi riesce tutto tremendamente difficile –
Ancora una volta, si strinse nelle spalle, e Shade si trattenne a forza dall’avvicinarsi e premere il proprio corpo caldo contro il suo. Roteò gli occhi attorno a lui, in cerca del suo asciugamano, e non appena lo trovò, glielo porse. Rein se lo avvolse sulle spalle, ringraziandolo silenziosamente con un sorriso.
- Posso capire come ti senti, ma devi cercare di uscirne. Quando non ci pensi, nemmeno ti rendi conto di cosa sei capace di fare. È arrivato il momento di uscire dalla gabbia – le disse, deciso e determinato – Quanto a Fango, è un emerito cretino se si è lasciato scappare così stupidamente una come te – si lasciò sfuggire infine, quasi senza accorgersene, strappando a Rein un sorriso sincero.
Si osservarono negli occhi un istante, lo sciabordio delle onde a coprire il loro silenzio. Poi distolsero lo sguardo, entrambi imbarazzati, non riconoscendosi per niente in quello che erano soliti essere quando erano insieme. Che fine aveva fatto il loro odio reciproco tutto a d’un tratto?
- Chissà cosa penserai di me, adesso che ti ho confessato questa stupidaggine – asserì timidamente Rein ad un tratto, appoggiando il mento sulle ginocchia.
Shade sorrise – Davvero ti importa? – le disse, strappando nuovamente un sorriso anche a lei.
Rein sospirò.
- Lo so che spesso posso apparire acida, esuberante, presuntuosa, lunatica, ma lo faccio per infondermi sicurezza. Per ricordarmi di essere forte. Anche se a volte la cicatrice torna ad aprirsi e a fare male. Ma cerco di non darci peso. Devo andare avanti, e so che devo farlo da sola – mormorò convinta, perdendo gli occhi all’orizzonte.
Shade l’osservo, fiera e coraggiosa nonostante le delusioni ricevute, infondersi nuova forza e spirito combattivo con le sue sole capacità. Per la prima volta, da quando la conosceva davvero, si ritrovò ad ammirarla come non aveva mai ammirato nessuno prima d’ora. La riscoprì sotto una nuova luce. La vide coraggiosa, matura, determinata, decisa a non lasciarsi abbattere da alcun ostacolo, ed istintivamente sorrise, mentre avvertiva il cuore gonfiarglisi il petto.
Non seppe come né perché, ma non appena posò lo sguardo sul viso di quella che credeva essere Fine, e la vide portarsi con timidezza un ciuffo di capelli dietro le orecchie mentre dava sfogo alle sue parole, scoprendo in lei una determinazione che aveva già avuto modo di conoscere in un’altra persona, istintivamente l’immagine della gemella turchina si sovrappose a quella della rossa, e a Shade parve per un istante soltanto di avere la concreta sensazione di percepire che colei con cui stava parlando, non si trattava di Fine.
“C’era bisogno di arrivare a tanto per una semplice notte passata insieme? Lo sai che sono impegnato con Rein”
Fu l’impressione di un istante, subdola come un serpente che sgusciava tra i suoi pensieri, ma fu sufficiente ad insinuargli il dubbio sulla punta della lingua.
Desiderò con tutto se stesso verificare i suoi sospetti.
- Rein? – la chiamò piano, mentre lei era ancora persa nei suoi pensieri ad osservare il mare.
- Sì? – rispose Rein assorta, senza accorgersi di come lui l’aveva chiamata.
Shade sorrise, scuotendo piano la testa.
- No, nulla-  rispose, e lasciò morire la conversazione in quel punto, senza più tornarvi sopra – Si è fatto tardi, sarà meglio rientrare – disse poi, alzandosi da terra e togliendosi la sabbia dal costume.
Rein l’osservò radunare le sue cose, preparandosi a seguirlo sulla via di casa.
L’osservò infilarsi la maglia, con una profonda sensazione di vergogna a gravarle sul petto.
- Scusami se mi sono lasciata andare più del dovuto. Avrei dovuto tenere il mio passato per me – gli disse, profondamente dispiaciuta, senza ancora capacitarsi del perché avesse voluto confessargli una cosa così intima proprio lì, proprio in quel momento.
Shade sorrise – Tranquilla – le disse pacato – Ne avevi bisogno. Ne avevamo bisogno entrambi. Adesso so come aiutarti –
Rein ricambiò il sorriso, profondamente grata di sentirlo così vicino, nonostante si sopportassero a malapena.
- Grazie – gli disse solo, ed era un grazie sincero, pulito, alleggerito dal peso della tristezza che l’aveva colta così di punto in bianco. Le sembrò quasi di poter finalmente tornare a respirare.
- Sappi che comunque questo non cambierà le cose tra di noi – le rispose lui malizioso, facendole l’occhiolino.
Rein gli sorrise di nuovo, complice – Era quello che speravo, infatti – gli rispose, e si preparò finalmente a seguirlo per la strada verso casa, tra le dune di sabbia.
Si incamminarono fianco a fianco, dandosi ogni tanto qualche spintarella giocosa, incespicando sulla sabbia secca e friabile sotto i loro piedi.
Da lontano, sulla vetta delle dune, una ragazza dai lunghi capelli rosa ciliegio con un cane al guinzaglio aveva osservato la scena dall’inizio, e sorrideva sorniona, pienamente soddisfatta del piccolo progresso compiuto da Rein in quella placida mattina d’estate.



Angolo Autrice:

Basta, aggiorno anche qui perchè sì.
Era tempo di movimentare un pò le cose. Non che sia successo chissà che, ma qualcosa è successo.
Conosciamo finalmente la ragione della paura dell'acqua di Rein. Più che giustificata, direi. Ho voluto creare un ambiente molto intimo per Rein e Shade, per farli avvicinare un pò di più. Da questo capitolo in poi, le cose inizieranno a cambiare. Spero che ciò non stoni con il resto, e di avervi insitllato un pizzico di curiosità.
Non aggiungo altro, se non un enorme grazie a chi mi segue.
Baci

_BlueLady_

 
 

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Capitolo 16
*** Diversamente Uguali ***


~ CAPITOLO 15: DIVERSAMENTE UGUALI ~
 
- Rein, stai bene?-
Fu quello il modo in cui l’accolse Fine non appena la vide tornare a casa. La gemella riconobbe sul suo viso l’impronta di una preoccupazione, l’evidente segno che qualcosa la turbasse, sebbene Rein tentasse con tutta se stessa di non darlo a vedere.
Aveva il viso pallido, scavato, gli occhi persi su un punto fisso, mentre nella mente le rimbombava continuamente il ricordo del suo trauma vissuto in passato, la cicatrice nel cuore a bruciarle insistentemente.
Rein non riusciva ancora a spiegarsi il perché avesse voluto confessare a Shade un segreto tanto delicato. Non che se ne fosse pentita, ma intimamente continuava a domandarsi perché avesse scelto di confidarsi proprio con lui.
Il suo era stato un gesto istintivo, mal pensato. L’aveva osservato negli occhi un istante, e non era riuscita a trattenere ancora dentro di sé tutto il suo dolore. Probabilmente il motivo principale era dettato dalla situazione del momento, così intima e rassicurante.
Rein non sapeva dirlo con certezza, ma guardando Shade negli occhi aveva percepito che di lui poteva fidarsi. Nonostante i loro litigi. Nonostante tutto. Shade le aveva infuso la sicurezza necessaria a condividere i suoi fantasmi del passato. Non esisteva un perché o un come. Era così e basta. E sebbene da una parte continuasse a rimproverarsi del suo irrimediabile errore, dall’altra si sentiva inspiegabilmente sollevata. Come se raccontargli tutto le avesse appena tolto un peso opprimente dal petto.
- Rein? Tutto a posto?-
Si riscosse improvvisamente dai suoi pensieri, riconoscendo nella sagoma che le stava di fronte il volto della gemella che l’osservava con aria preoccupata.
Fine aveva percepito che qualcosa non andava in lei quella mattina.
Per un istante fu tentata di confessarle tutto, il desiderio di dar sfogo a tutto ciò che le passava per la testa a premerle forte sulla lingua. Poi però un groppo in gola grosso quanto una pallina da tennis le mozzò il fiato.
Ripensò all’immagine di lei e Shade soli nell’acqua, e all’inspiegabile desiderio che l’aveva assalita d’un tratto di baciarlo. Anche in quel caso, non sapeva darsi una spiegazione.
Avrebbe voluto raccontare tutto a Fine, per cercare in lei l’impronta di un conforto, ma ripensando alle emozioni inspiegabili che aveva provato quella mattina, si sentì improvvisamente subdola e meschina, ad aver anche soltanto immaginato di tradire la fiducia della sorella in quel modo.
Certo, tecnicamente non sarebbe stato un danno irreparabile visto e considerato che in quel preciso istante, lei era sua sorella, e con Fine aveva stretto un accordo, ovvero quello di far innamorare Shade di sé. Nel profondo, tuttavia, sentiva la coscienza gridarle a gran voce che il suo impulso, all’apparenza coerente con la promessa che aveva fatto, era sporco ed egoista.
Non c’era spazio per innamorarsi di Shade, nel suo cuore. E del resto, come mai avrebbe potuto, visto e considerato quanto lo odiasse in realtà?
Per quanto quella strana situazione di prendere lezione di nuoto da lui li avesse inspiegabilmente avvicinati, ciò non era sufficiente a gettare le basi di un innamoramento precoce tra loro. E restava comunque il fatto che, per quanto si sforzasse con tutta se stessa di piacergli, Shade avrebbe sempre e comunque pensato che lei fosse Fine.
Quella consapevolezza le aprì una voragine in petto che parve inghiottirle il cuore all’istante.  
Scosse la testa, confusa, mentre dava sfogo ad un profondo sospiro, come se fosse appena riemersa dall’acqua dopo essere stata minuti interi in apnea.
Cosa diamine le stava succedendo?
- Rein, insomma, cominci a preoccuparmi davvero. È successo qualcosa tra te e Shade stamattina durante la vostra lezione che ti ha turbata? Ti ha costretta a spingerti troppo a largo spaventandoti a morte? Coraggio, a me puoi dirlo se non ti va più di continuare questa cosa con lui! Capisco la tua paura dell’acqua, non devi sentirti costretta a farlo solo per far felice me! Ci saranno altri modi per farmi notare da lui! – esclamò Fine ad un tratto, comprendendo che c’era davvero qualcosa che turbava Rein quel giorno.
La gemella alzò le spalle, scuotendo la testa con un sorriso. Per un istante fu di nuovo lì per lì per raccontarle tutto.
- Figurati, Fine, non è successo nulla di cui preoccuparti. Per quanto sia un bravo insegnante, Shade resta comunque il ragazzo più insopportabile che abbia mai conosciuto. Tollerarlo mi costa una certa fatica, sarà per questo che mi vedi così spenta e giù di morale! Niente che una colazione abbondante non possa rimediare! – esclamò vivace, riacquistando tutto il suo carattere.
Non ebbe cuore di confessarle ciò che era successo tra lei e Shade quella mattina. Ciò che sarebbe potuto succedere.
Improvvisamente, avvertì la coscienza appesantirsi.
Fine la osservò di sbieco, ancora non completamente convinta: - Sicura che non ti crei problemi fare questo per me? Lo sai che non devi sentirti obbligata – le disse, sinceramente preoccupata per lei.
Rein le diede un buffetto sulla guancia, energica: - Una promessa è una promessa! – asserì decisa, e poi scoppiò in una risata che contagiò anche Fine, e finalmente le due avvertirono la tensione tra loro acquietarsi.
- Grazie, Rein – esclamò ad un certo punto Fine – Non ti ringrazierò mai abbastanza per tutto quello che stai facendo per me –
Rein le sorrise sincera, complice.
- Non è niente in confronto a quello che hai fatto tu per me finora – le rispose abbracciandola – Qualunque cosa succeda, l’importante è che siamo insieme – asserì, col cuore che si ingigantiva, inspiegabilmente sentimentale e bisognosa di rendere evidente quella piccola, immutabile certezza.
- Sono d’accordo – sorrise Fine di rimando – La certezza che ci siamo sempre l’una per l’altra è la nostra grande forza –
Si abbracciarono nuovamente, quasi sull’orlo della commozione, sentendosi vicine come non mai.
Poi il volto di Rein si rabbuiò, facendosi pensieroso.
- Sai, Fine – cominciò – devo confessarti una cosa –
- Dimmi – disse l’altra, sgranando gli occhioni turchini.
- Stamattina, finita la lezione con Shade, io… - deglutì - … ho avuto la netta sensazione di essere osservata –
Fine sussultò in un misto tra stupore e inquietudine.
- Pensi che Altezza possa avervi scoperti?-
Rein scosse la testa, convinta.
- No. Sono sicura che non fosse lei a spiarci. È difficile da spiegare – si portò le mani alle tempie, sforzandosi di concentrarsi – è come avere la certezza di essere osservati, sebbene concretamente non abbia scorto nessuno a spiarci. Eppure so che qualcuno c’era, Fine. Non saprei dire chi, onestamente, ma sono certa non si trattasse di nessuno dei nostri amici, e nemmeno di un passante qualunque. È come avere un nome che ti sfugge costantemente sulla punta della lingua. Essere certi di conoscere qualcuno, sebbene non vi siate mai incontrati prima. Semplici sensazioni che ti turbano l’anima. Capisci? –
Fine annuì, guardandola negli occhi perfettamente consapevole di cosa stesse parlando la sorella.
- La stessa sensazione che ho provato io di fronte a quella strana vecchina di qualche giorno fa – disse.
Sospirarono all’unisono, smarrite e confuse.
- Fine, che cosa ci sta succedendo? Perché la nostra vita sembra essersi capovolta così all’improvviso? –
- Non lo so proprio Rein – rispose l’altra desolata, fissando un punto vuoto di fronte a lei – Ma quel che è certo è che non si tratta più di semplici coincidenze. Questo è poco ma sicuro –
 
¤¤¤¤¤¤
 
Quando Shade rientrò a casa, ancora con la mente in subbuglio e mille pensieri che gli vorticavano per la testa in seguito alla sua lezione con quella che credeva essere Fine, trovò Bright ad accoglierlo in cucina, con l’aria di chi la sapeva lunga, di fronte ad una tazza di latte e cereali.
- Bentornato! – lo salutò il biondo con un sorriso sornione – Hai fatto una levataccia anche stamattina? – gli domandò, perfettamente consapevole che ci fosse sotto qualcosa nel suo strano atteggiamento degli ultimi giorni.
Shade alzò le spalle disinvolto, tentando di non destare nel cugino alcun tipo di sospetto.
- Non riuscivo a dormire – si giustificò, senza sforzarsi troppo per trovare una scusa plausibile.
- Immagino – biascicò Bright sgranocchiando una cucchiaiata di cereali.
Il biondo osservò il cugino dirigersi verso la credenza della cucina, ed estrarre da uno degli sportelli un pacco di biscotti ed una ciotola ancora vuota.
Shade si versò una tazza di latte come se niente fosse, sentendosi lo sguardo del cugino puntato addosso.
Non riusciva ancora a scrollarsi di dosso il profumo di Fine sulla sua pelle, baciata dall’acqua salata, e lo strano presentimento che lo portava a pensare che la rossa fosse in realtà Rein, finita non si sa come nel corpo della gemella. Era un pensiero stupido e senza una logica, lo sapeva bene, eppure ciò non bastava a cancellargli dal petto quella sensazione di familiarità che provava con Fine da un po’ di tempo a quella parte, come se avesse la certezza che il suo intuito non poteva essersi sbagliato, poco prima, ad insinuargli quel sospetto sulla punta della lingua.
Era sicuro di aver visto il volto di Rein, al posto di quello di Fine, in spiaggia, quando era inspiegabilmente entrato così in intimità con lei. La sua non era stata un’allucinazione, ne era quasi certo.
Quasi, sì, perché il fatto che Rein fosse improvvisamente diventata Fine avrebbe spiegato lo strano comportamento delle gemelle da un po’ di tempo a quella parte. Per quanto risultasse impossibile e assurda quell’ipotesi, sapeva di non essere tanto lontano dalla verità. Eppure ammettere quella piccola consapevolezza a voce alta gli faceva paura. Avrebbe significato ammettere a sé stesso che era fuori di testa tanto quanto quelle due svitate che erano piombate nella sua vita senza chiedere il permesso da un giorno all’altro.
L’unica cosa certa, era che con Fine, ultimamente, si trovava incredibilmente in sintonia. Per quanto non facesse che litigare con lei dalla mattina alla sera.
- Posso chiederti una cosa, Shade? – asserì d’un tratto il biondo, riscuotendolo dai suoi pensieri.
Il moro alzò lo sguardo su di lui, sbocconcellando un biscotto di malavoglia, con la mente ancora piena di dubbi.
Non proferì parola per dare il consenso o meno a Bright circa la sua indiscreta curiosità, ma sapeva benissimo che il cugino, anche se gli avesse risposto di no, non si sarebbe fermato di fronte a quel primo ostacolo per cavargli di bocca ciò che voleva sapere.
Difatti, Bright non lasciò passare neanche due secondi dalla domanda, che subito lo anticipò con una seconda richiesta.
- Dov’è che vai così di frequente ultimamente, tanto da spingerti ad alzarti ogni giorno alle sei di mattina per poi non farti vivo fino alle otto e mezza?-
Shade non sbuffò in seguito a quella domanda: già si era psicologicamente preparato all’idea di dover rendere conto a Bright dei suoi incontri clandestini, prima o poi. Ciò, tuttavia, non gli impedì lo stesso di evitarsi di soffocarsi con un boccone di biscotto andatogli accidentalmente di traverso.
Tossì animatamente, quasi volesse distogliere l’attenzione del cugino dal suo obiettivo, e non poté fare a meno di pensare a Fine, e alla piccola confessione che si era decisa a fargli così di punto in bianco, senza un valido motivo. La sua storia ancora lo lasciava perplesso, sconfortato, con l’amaro in bocca e la sfiducia nel genere umano ad avvelenargli l’anima.
Provò istintivamente una profonda tenerezza per quella ragazzina pura ed ingenua, così abbattuta dalle delusioni della vita troppo prematuramente.
Improvvisamente, fu tentato di scoprire se anche in Bright si fosse insinuato lo stesso dubbio che aveva preso a tormentare lui dalla loro uscita con le gemelle.
Scrutò il biondo di fronte a lui con sospetto, ricevendo in cambio un’occhiata altrettanto acuta ed indagatrice.
- Ma sì, a te posso confessarlo, in fondo. So che sei un tipo affidabile – asserì con un’alzata di spalle, ben sapendo a ciò a cui andava incontro – Ma devi promettermi che non ne farai assolutamente parola con Altezza. Ne va della mia vita –
Bright ridacchiò sommessamente, facendogli un occhiolino d’intesa.
- Ti ho dato mai motivo di dubitare di me? – chiese consapevole, ricevendo in cambio un cenno di assenso.
- Proprio per questo – continuò Shade – so che posso fidarmi –
Inspirò profondamente un istante, incamerando una notevole quantità d’aria, prima di dar voce alle sue parole.
- Sto re-insegnando a Fine come si fa a nuotare – pronunciò tutto d’un fiato, quasi sentendosi uno stupido per ciò che gli stava uscendo di bocca.
Bright alzò un sopracciglio, dubbioso.
- Fine? – biascicò scettico, con il cucchiaio colmo di cereali a mezz’aria - Ma non era Rein ad avere paura dell’acqua? –
Shade alzò le spalle, senza sapere cosa dire.
- A quanto pare dopo l’incidente avvenuto quando le abbiamo soccorse, anche Fine è stata contagiata dall’idrofobia – rispose, constatando quanto quelle parole fossero prive di senso e di logica. A ripensarci adesso, si rese improvvisamente conto di quanto quella giustificazione paresse campata per aria. C’era qualcosa che indubbiamente cozzava contro la realtà del fatti.
Bright annuì pensieroso, sgranocchiando l’ultima cucchiaiata di cereali nella ciotola.
- Adesso mi spiego il perché quella mattina Fine ha impiegato così tanto a lasciarsi convincere a tuffarsi. Sono parecchio suscettibili, quelle due, se riescono ad influenzarsi a vicenda così profondamente - osservò, per niente convinto dalle giustificazioni che Shade gli aveva fornito come prova di quella stranezza.
- Hai notato anche tu qualcosa di strano? – gli domandò Shade a bruciapelo, appigliandosi a quel piccolo dubbio del cugino per verificare i suoi sospetti.
Bright alzò le spalle, disinvolto.
- Diciamo che Fine ultimamente si mostra molto più intollerante nei tuoi confronti di quanto non faccia Rein – asserì, osservandolo negli occhi con miliardi di pensieri a vorticargli in testa – Per non parlare di come Rein non ha più la stessa vivacità e spensieratezza di prima. Sembra tesa, costantemente in ansia di sbagliare –
- Quello stesso giorno Fine mi ha confessato di aver completamente disimparato a nuotare – aggiunse Shade, accomunando i suoi sospetti a quelli del cugino – Le ho letto negli occhi la stessa sensazione di panico ed impotenza che si accende negli occhi di Rein quando si avvicina a riva. Possibile si tratti solo di coincidenze? –
Bright sospirò, scuotendo piano la testa in preda a mille dubbi.
- Non so – rispose atono – Ma sono contento di non essere soltanto io ad avere dei sospetti – disse, osservando il cugino negli occhi.
Stettero un istante in silenzio a rimuginare su tutta quella strana vicenda.
- Beh, dalle vostre lezioni di nuoto assieme avrai pure intuito qualcosa in più su Fine, no? - domandò ad un tratto Bright a Shade, che subito trasalì incrociando il suo sguardo indagatore scrutarlo diritto nelle pupille.
Deglutì a fatica, incerto se confessargli o meno la strana sensazione che aveva percepito quella mattina quando Fine, o chiunque fosse, aveva deciso di confidarsi con lui circa i fantasmi del suo passato.
Schioccò la lingua risoluto: non poteva tradire la fiducia di lei in quel modo. Dopotutto le aveva promesso che l’avrebbe aiutata, pur mantenendo il segreto.
- Niente di particolare – rispose disinteressato, dissimulando il suo turbamento interiore – Le solite sensazioni, ma nulla di concreto –
- Capisco – asserì Bright, pacato – eppure da un po’ di tempo a questa parte sembri aver acquistato un certo interesse nei confronti di Fine – gli disse a bruciapelo, scrutandolo poi con la coda dell’occhio per osservare la sua reazione.
Shade non batté ciglio, ma anzi contrattaccò con un colpo da maestro.
- Lo stesso si può dire di te nei confronti di Rein – azzardò.
Bright trasalì, mentre le gote gli si imporporavano un poco.
- Non sono io quello che dà lezioni di nuoto in gran segreto per non farsi scoprire – asserì inacidito.
- Le sto soltanto insegnando a nuotare – si difese prontamente Shade, infastidito da quelle insinuazioni.
Osservò Bright negli occhi, scorgendo una leggera punta di curiosità mista a fastidio ad accendergli le pupille. Shade quasi non allibì quando comprese che l’animo del cugino sembrava essere animato da una lieve punta di gelosia.
- Ti dispiace? – gli domandò, alzando un sopracciglio.
Bright alzò le spalle, sciogliendo la tensione accumulata poco prima.
- No – rispose sorridendo sornione – Non più, almeno –
- Che intendi dire? – gli domandò Shade, disorientato dal suo atteggiamento strambo.
Il biondo ridacchiò, abbandonando tutto l’astio provato poco prima nei suoi confronti.
-Intendo dire che se in un primo momento il fatto di saperti solo assieme a Fine mi avrebbe dato un certo fastidio, lo ammetto, ora come ora mi è del tutto indifferente –
Shade lo squadrò dall’alto in basso, senza capire fino in fondo.
- Mi stai dicendo che…-
- Ho riscoperto Rein da un altro punto di vista, sì. E devo dire che non mi dispiace affatto. Ha un lato dolce e vulnerabile che non conoscevo. Sicuramente è ciò che più apprezzo di lei. Oltre al fatto che è una bella ragazza, e questo è evidente –
Shade sospirò, annuendo piano con la testa.
- Già…- rispose soltanto, senza lasciare che il dubbio accesosi in lui si affievolisse.
Pensò a Rein per un istante, scorgendo una punta di gelosia accenderglisi in petto in seguito alle parole di Bright. Poi ripensò a come ultimamente la turchina si dimostrasse passiva nei suoi confronti, così insipida ed anonima, e si domandò se davvero ne valesse la pena.
Scosse la testa, risoluto. Senza la sua esuberanza, Rein non era altri che un semplice involucro.
Un involucro indubbiamente attraente, ma pur sempre un involucro. Era come un pacco regalo senza sorpresa dentro. Vuoto, e decisamente deludente.
Niente a che vedere con ciò che aveva scoperto in Fine ultimamente, sempre se si trattasse davvero di lei. Ora che il dubbio si era insinuato così concretamente nei suoi pensieri, era difficile scacciarlo via.
Sentiva fermamente che alle gemelle fosse successo qualcosa che avevano voluto tenergli segretamente nascosto. Non poteva sbagliarsi, del resto anche Bright aveva confermato i suoi sospetti.
Il punto era: cosa?
- E tu? – si sentì domandare ad un tratto dal cugino, riscuotendosi improvvisamente dai suoi pensieri.
Scorse Bright osservarlo con una punta di malizia nello sguardo. Anche se particolarmente discreto, sapeva di non riuscire a nascondere al cugino le sue emozioni così facilmente.
- Fine ha sicuramente saputo sorprendermi – disse solo, incrociando entrambe le braccia dietro alla nuca.
Bright alzò un sopracciglio, non soddisfatto.
- Nient’altro?- gli domandò.
Shade l’osservò un istante negli occhi, prima di arrendersi.
- C’è qualcosa di lei che mi sfugge. Qualcosa che fatico a focalizzare. È come se non riuscissi a cogliere ciò che in realtà è così evidente –
Bright ridacchiò: - Fine e Rein sono indubbiamente due ragazze fuori dal comune. Con loro e da loro non sai mai cosa aspettarti. Sono una continua incognita. Penso sia questo il loro punto di forza –
- Eppure qualcosa di loro non mi convince affatto. Il loro improvviso cambiamento… in un primo momento, quella che riusciva a spiazzarmi di più era Rein – confessò il moro, disorientato dal suo uragano di emozioni.
Bright sospirò: - Già – disse solo.
- Cosa è cambiato? – domandò Shade, cercando di dare un nome alla soluzione che premeva forte sulla punta della lingua, ma faticava ad uscire.
Il biondo alzò le spalle, scuotendo la testa.
- Non ne ho idea – rispose – Forse è cambiata lei, o forse è cambiato il tuo modo di vederla –
- La sua incoerenza mi destabilizza – confessò Shade a denti stretti - Come mi destabilizza l’atteggiamento di Fine ultimamente –
- Se devo essere sincero, ho l’impressione di conoscere Rein da molto tempo prima di riscoprirla sotto una nuova luce. Come se in realtà sapessi già tutto di lei, ancora prima di avvicinarmi. È questa la cosa che mi sorprende più di tutte – asserì Bright, con gli occhi che brillavano di ammirazione.
Shade l’osservò di sbieco, dubbioso.
- Non hai l’impressione che siano diverse, ultimamente? –
Bright sospirò:- Sono diverse, sì, ma uguali. Come due facce della stessa medaglia –
Il biondo dopo aver pronunciato quelle parole gli sorrise, lasciandogli intuire che anche lui aveva compreso molto di più di ciò che non voleva far credere.
Shade, nel realizzare di non essere completamente uscito di senno, si sentì improvvisamente in pace con il mondo.
Rigirò la frase di Bright nella mente, analizzandola da ogni angolatura.
- Diversamente uguali…- mormorò pensieroso, e sorrise.
Restarono un istante a contemplare le ciotole della colazione ormai vuote di fronte a loro.
- In ogni caso sono strane – affermò Bright divertito.
- Decisamente – asserì Shade.
- Senza ombra di dubbio –
- Ma..?- incalzò Shade, sapendo che c’era dell’altro.
- Ma continuano ad essere le ragazze più straordinarie con cui io abbia mai avuto a che fare – asserì Bright in un sorriso, raccattando ciotola e confezione di cereali per sgomberare il tavolo di cucina.
- Deduco che persisterai nel volerle conoscere – gli fece eco Shade, ancora seduto di fronte alla confezione di biscotti.
Bright ridacchiò: - Perché, tu ti dai per vinto? Non è da te – lo provocò.
- No, infatti – sorrise Shade.
- Siamo sulla stessa lunghezza d’onda, allora –
- A quanto pare –
Bright cominciò a sciacquare le tazze sotto il getto dell’acqua, insaponandole per bene, mentre Shade riponeva con cura la confezione di cereali e di biscotti nella credenza. Ad animare il silenzio creatosi tra loro era soltanto il cozzare delle stoviglie le une sulle altre.
- Comunque non sono geloso – asserì Bright ad un tratto, asciugandosi le mani dopo aver terminato i suoi lavoretti da casalinga.
- Che intendi dire?- chiese Shade bloccandosi sulla soglia della cucina.
Bright gli sorrise malizioso, lanciandogli un occhiolino complice.
- Intendo dire che puoi continuare a dare a Fine tutte le lezioni di nuoto che preferisci -


Angolo Autrice:

E' da un pò che non mi faccio viva sul fandom, lo ammetto, ma indovinate? Gli impegni quotidiani hanno preso il sopravvento, sì.
La novità di quest'anno è che ho vinto un concorso per una Laurea Specialistica in ospedale, dunque il tempo lo occupo tra tirocinio e lezioni. E per scrivere resta quel che resta *sigh*
In ogni caso, come vedete, ogni tanto torno! yuppy!
Spero che, nonostante la lunga assenza, il capitolo sia gradito (se mai qualcuno lo leggerà ancora D:)
Come potete vedere in questo capitolo comincia a venir fuori qualcosina sui nostri amati personaggi... intrecci, antipatie, simpatie, chi più ne ha più ne metta.
Cosa mai potrà accadere adesso?
Ringrazio chi ancora mi segue e si lascia appassionare da questa storia senza pretese. Spero che, nonstante il periodo di assenza, sia sempre piacevole trovare un mio aggiornamento ogni tanto.
Baci a tutti, ci si rivede al prossimo capitolo

_BlueLady_




 

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Capitolo 17
*** Strana Abbastanza ***


~ CAPITOLO 16: STRANA ABBASTANZA ~
 
Quel pomeriggio, Fine era sola a casa.
Rein ed Altezza erano uscite assieme a fare un po’ di shopping e di spesa in vista della settimana, mentre Mirlo e Lione avevano deciso di recarsi in spiaggia prima del previsto nonostante il forte vento che tirava quel giorno, per godersi la vista nostalgica e melodrammatica del mare in tempesta passeggiando sul bagnasciuga violentato dalle onde che si abbattevano con foga sulla sabbia.
Fine non era in vena di compagnia, troppo turbata dai suoi pensieri per potersi concedere la spensieratezza di una giornata in spiaggia o di shopping. Necessitava di un momento tutto suo, per stare sola con se stessa a riflettere.
Ripensava a lei, a sua sorella, al loro curioso scambio di corpi, ed inevitabilmente le scappò un amaro sorriso nel constatare di come aveva davvero finito per diventare sua sorella, dopo tanto tempo passato ad immaginarlo. Neanche riusciva a ricordare quante volte avesse passato a sperare che quel suo piccolo desiderio potesse divenire realtà: lo desiderava a scuola, quando risultava invisibile di fronte alla maggior parte dei ragazzi perché “troppo simile ad un maschiaccio”, lo desiderava quando uscivano con le amiche, sentendosi sempre inadeguata perché “mai all’altezza della loro eleganza”, lo voleva quando erano loro due da sole in camera, e Rein pettinava i suoi lunghi capelli allo specchio, così inconsapevolmente ricca di fascino e portamento, quello che lei non avrebbe mai avuto.
Nonostante i mille difetti della sorella, nonostante non le dispiacesse poi così tanto neanche essere se stessa – quando le sovvenivano alla mente certi pensieri, finiva col domandarsi poi come avrebbe mai potuto sopravvivere tutta la vita senza il suo amore per l’acqua e per lo sport, senza la comodità di un abbigliamento comodo, senza la sua aracnofobia, senza la libertà di godersi un buon dolce o qualche altra goloseria con il rischio di incappare nell’ossessione per la dieta – Fine ammirava Rein. La ammirava a tal punto, da desiderare di somigliarle. Nonostante l’esuberanza di Rein le facesse paura, lei che nella sua timidezza ci sguazzava; nonostante di moda gliene importasse meno di niente.
Inevitabilmente aveva provato ad immaginarsi nei panni della sorella, domandandosi come ci si potesse mai sentire ad essere ammirati da tutti, ad essere ammirate da Shade.
Lo aveva pensato così forte, che aveva finito per diventare Rein per davvero.
Com’era ironica quella piccola, straordinaria coincidenza: ora che era lei, la vecchia se stessa cominciava a mancarle. Le mancavano i suoi codini, così pratici e sbarazzini, le mancava il suo fisico asciutto, le mancavano i suoi vestiti, le sue abitudini, la sua spensieratezza, i suoi occhi, il suo sguardo, persino la sua aracnofobia.
Ora che era Rein, desiderava con tutta se stessa ritornare ad essere Fine. E non c’era modo di rimettere le cose a posto, per il momento, o almeno, non lo conosceva ancora.
“Non basta desiderare di tornare normali, serve volerlo” le aveva detto la strana vecchina dal foulard color ciliegio.
Cosa poteva fare ancora, a parte sentire terribilmente la nostalgia di se stessa, e compiangere le sue sembianze da lontano?
Avrebbe voluto dimostrare a Rein che sapeva cavarsela da sola per conquistare Shade. Avrebbe voluto dimostrare a lui di non essere così timida ed impacciata come sembrava in realtà. Avrebbe voluto dirgli “mi piaci, credo di essermi innamorata di te” con parole sue, con la sua bocca, mentre lo guardava con i suoi occhi, fuoco contro ghiaccio, luce e buio.
Avrebbe voluto smettere di mentire a Bright, troppo buono e sincero per meritarsi le sue bugie. Nemmeno lei riusciva a contare le volte che era stata sul punto di confessargli tutto.
Lui, che più volte aveva dimostrato di saperle leggere dentro più di quanto ci riuscisse lei stessa. Lui, così dolce e premuroso nel suo starle vicino. Anche quando non erano assieme, percepiva i suoi occhi osservarla da lontano, accarezzandola con lo sguardo. Bastava quella consapevolezza ad accenderle in petto una debole certezza: la certezza di non essere una qualunque, dispersa nella massa. Bright aveva il potere di farla sentire davvero qualcuno. Mai nessuno era riuscito a farla sentire così, e la cosa, per quanto le riempisse il petto di un debole tepore che non riusciva ancora a definire, la destabilizzava alquanto.
A che pro continuare a fingere?
Fu con questi pensieri, con mille dubbi che le vorticavano in testa, che Bright la trovò non appena solcò la soglia del cancello. La vide da lontano crogiolarsi profondamente nel suo vortice di emozioni contrastanti, le gambe ciondoloni ed il viso schiacciato sul palmo della mano, ed inevitabilmente sorrise, trovandola a dir poco deliziosa nel suo arrovellarsi.
Era venuto lì apposta per lei: cominciava a sentire la necessità di un loro momento di intimità insieme, quasi le fosse mancata da troppo tempo.
Si avvicinò cauto, temendo di spaventarla, e la salutò timidamente, come solo un cuore imbarazzato sa salutare.
- Ciao – le disse con voce roca e tremula.
- Oh, ciao Bright – lo salutò lei, riscuotendosi dai suoi pensieri, trattenendo il fiato per un istante quasi temesse lui potesse leggerle dentro, sorpresa e allo stesso tempo felice che lui fosse lì – Sei qui di passaggio? Se cerchi Altezza è a fare compere con mia sorella, penso ne avrà ancora per un paio d’ore –
Bright si schiarì la voce, improvvisamente impacciato e goffo.
- Oh, no, non sono venuto qui per Altezza. Cioè… sì, immaginavo di trovarla in casa e fare quattro chiacchiere con lei nel caso, ma in realtà non sono venuto per questo – esclamò, logorroico come solo l’imbarazzo sa rendere qualcuno - Shade è a fare quattro passi con Auler, ed io ero da solo in casa… mi stavo annoiando, così ho pensato “chissà cosa sta facendo Rein in questo momento”… non che voglia farmi i fatti tuoi, sia chiaro, ma mi chiedevo se fossi assieme alle tue amiche, oppure da sola, e mi sono detto “perché non passare a salutarla?” sempre che ti faccia piacere, ovvio, altrimenti posso anche tornarmene a casa a leggere un libro, o a guardare la televisione, o magari fare un giro in spiaggia… sì, ora che ci penso, un giro in spiaggia potrei farlo davvero -
Fine lo osservò di sbieco, alzando un sopracciglio perplessa, senza capire quale fosse il punto della situazione.
- Mirlo e Lione sono andate a fare una passeggiata sul lungomare, se hai voglia di raggiungerle – rispose ingenuamente, senza intuire l’obiettivo di tutto quel farfugliare del biondo.
- Grande! – esclamò Bright, improvvisamente su di giri – Magari più tardi le raggiungo, o forse no… Diciamo che apprezzerei di più un altro tipo di compagnia, non che la loro mi dispiaccia, ovvio, ma in realtà speravo di andare sul lungomare con qualcun altro, tipo qualcuno che non ha niente da fare in questo momento, o magari ha da fare e sono io a non saperlo, e se in tal caso fosse così provvederò a non disturbarlo ulteriormente e a levarmi dai piedi il prima possibile, ma se non fosse così, ecco, mi piacerebbe molto poter approfittare della sua compagnia, sempre che a lui non dispiaccia, ecco…-
- Perché non provi a mandare un messaggio al tuo amico e a chiedergli di uscire, allora? – lo bloccò Fine, lasciandolo a bocca aperta per un istante.
- Eh?- fece Bright senza capire.
Fine gli regalò uno dei suoi più bei sorrisi.
- Non hai appena detto che non sai se il tuo amico è impegnato o meno? Chiamalo, e chiedigli se ha voglia di uscire con te – rispose lei, in tutta la sua genuinità.
- Quale amico? – domandò Bright spaesato, senza capire come erano arrivati a parlare di una persona inesistente – Io non ho nessun amico – si affrettò a rispondere per correggere il malinteso.
Fine inclinò la testa di lato, confusa.
- Non avevi detto che volevi uscire con qualcuno che non avesse niente da fare? E non sapevi se a lui dispiacesse o meno? –
Bright si ammutolì un istante, scoppiando poi a ridere sonoramente di tutta quella situazione bizzarra e paradossale in cui aveva finito per infilarcisi da solo.
- Ma io non intendevo…- cominciò poi, prima di soffocarsi con le sue stesse risa – Oh, beh, lasciamo stare – concluse poi, scuotendo la testa rassegnatamente divertito.
Fine sgranò gli occhioni azzurri, temendo di aver detto qualcosa di sbagliato.
- Facciamo così: Rein, hai da fare adesso, o vuoi farmi compagnia per una passeggiata? – le domandò Bright, osservandola negli occhi con una luce di speranza.
In quel momento Fine parve capire a cosa voleva condurre tutta quella bizzarra conversazione. E senza pensarci due volte, arrossendo un poco e con gli occhi che brillavano, rispose: - Sì, perché no? Mi stavo giusto annoiando a stare qui da sola a deprimermi –
Il volto di Bright si accese in un sorriso radioso, quasi Fine avesse appena accettato un invito ufficiale per un appuntamento galante, e con passo allegro e leggero si avviarono entrambi verso l’uscita della villa.
- Un po’ però mi dispiace, sai – esordì ad un tratto Fine, non appena furono lontani dal cancello di qualche metro.
Bright sollevò un sopracciglio senza capire.
- Per il tuo amico, intendo – si affrettò a concludere la frase la rossa – spero non si creino dei malintesi, è sempre brutto quando succede –
- Rein – la interruppe Bright, quasi imbarazzato nel farglielo notare – guarda che hai frainteso tutto: non avevo in programma di uscire con un amico oggi pomeriggio. O almeno, non con l’amico che pensavi tu –
- Oh – fece lei, abbassando lo sguardo dispiaciuta – scusami allora, non avevo capito – disse, e gli sorrise, riacquistando la tua spensieratezza.
Bright l’osservò raggiante, incredulo che ancora una volta lei avesse accettato di buon grado un suo invito ad uscire. Cominciava a sperare di interessarle davvero, mentre la piccola certezza di cominciare a piacerle almeno un poco si faceva timidamente largo tra i suoi pensieri, divenendo sempre più concreta mano a mano che andava a solleticargli la mente.
Riusciva quasi ad immaginarlo, il giorno in cui avrebbe potuto dirle con chiarezza ciò che pensava di lei. Che era divertente, sorprendente, straordinaria, imprevedibile, un vulcano in continua eruzione, una continua sorpresa, che desiderava continuare a conoscerla e che adorava stare in sua compagnia.
- Aspetta un attimo! Ho capito! – si accese improvvisamente una luce negli occhi di lei.
- Cosa?-
- Il tuo discorso senza senso… non era altro che un pretesto, vero? –
Bright si bloccò di botto, deglutendo a fatica un boccone di saliva amaro quasi temendo di essere stato colto in flagrante. Tentò con tutto se stesso di non incrociare i suoi occhi per non svelare la realtà dei fatti: - Beh, ecco… posso spiegare, non è come sembra…- farfugliò impacciato, con la gola secca.
- Non aggiungere altro. Ho capito benissimo – asserì lei vivacemente – e non posso che esserne sorpresa! Non avrei mai immaginato potesse accadere ad uno come te! –
Bright di nuovo l’osservò spaesato, senza capire.
Fine sorrise compassionevole, comprensiva, complice.
- Avanti, Bright, a me puoi dirlo: come si chiama la ragazza che ti ha dato buca oggi? –
Bright l’osservò un istante ammutolito, senza sapere cosa dire. Osservò Fine negli occhi, quasi tentando di capire se lei lo stesse prendendo in giro, o fosse seria, ma dall’occhiata spaesata che ricevette in cambio capì che la rossa davvero non aveva capito che tutto il suo farfugliare impacciato di poco fa, altro non era che per chiederle di uscire.
Ci pensò una volta, poi due. Ci pensò talmente tanto da darsi mentalmente dello stupido da solo.
E alla fine rise. Scoppiò a ridere talmente forte, la pancia dolente e le lacrime agli occhi, che quasi si dimenticò di prendere fiato.
Fine l’osservò imbarazzata, senza capire in che modo avesse potuto rendersi così ridicola di fronte a lui, da spingerlo a ridere di lei in quel modo.
E Bright continuava a ridere, ferito nell’orgoglio, ma pur sempre affascinato da quella ragazza così acqua e sapone, talmente semplice da risultare sorprendente; divertito, impressionato, incredulo, imbarazzato, folle. Folle d’ammirazione per quella ragazza che gli aveva fatto capire tutto, non capendo niente.
 
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Il giorno successivo, il maltempo era passato.
Il vento aveva cessato di soffiare con quella violenza capace di scacciare via le nuvole, ed il cielo riempiva del suo azzurro accecante quella magnifica giornata.
Altezza ed il suo gruppo di amiche si alzò presto quella mattina, per andare in spiaggia e godersi fin dalle prime ore il tepore dei raggi solari sulla pelle.
Il tempo di quella giornata pareva gridare a squarciagola, in tutte le lingue del mondo: “sono qui, approfittane adesso”.
Arrivate in spiaggia, furono presto raggiunte dai ragazzi, inclusa Sophie, desiderosi come loro di godersi la bellezza di quella mattinata perfetta, troppo bella per essere sprecata a letto a dormire.
Non appena Fine e Rein videro da lontano avvicinarsi Shade e Bright, avvertirono i loro cuori sobbalzare loro in petto, combattute tra emozioni contrastanti. La stranezza degli ultimi eventi aveva lasciato i loro animi in subbuglio, e con le idee confuse: entrambe per un istante non furono in grado di capire cosa volessero realmente, se l’affetto di Shade, o quello di Bright.
Rein tentò con tutta se stessa di cancellare dalla mente l’immagine di lei e Shade avvinghiati nell’acqua, e il desiderio impressole sulla pelle di sapere che sapore mai avessero le sue labbra. A stargli troppo vicino, aveva finito per avvelenarla del suo fascino, lei, che credeva di esserne immune.
Cominciò ad odiarlo profondamente, osservandolo da lontano mentre quello ricambiava con espressione strafottente il suo sguardo di stizza. Nulla era cambiato tra loro, provava a convincersi, nemmeno ciò che si erano detti nel silenzio della spiaggia deserta alle sei del mattino. Shade restava sempre e comunque un insopportabile idiota, e ne avrebbe avuto la prova a breve.
Fine, d’altro canto, tentava in tutti i modi di reprimere il sorriso che sentiva accendersi in volto non appena le tornava alla mente il pomeriggio precedente passato in compagnia di Bright. Nonostante un primo momento di imbarazzo dovuto alla sua crisi di nervi improvvisa – ancora doveva capire cosa l’avesse spinto a ridere fino allo sfinimento – il loro pomeriggio era proceduto nel migliore dei modi: gelato, spiaggia, passeggiata fino alla Torre Est, a circa dieci bagni di distanza dalla spiaggia libera, chiacchierata sugli scogli, ritorno, altro gelato – almeno per lei – e rotta verso casa. Il tutto era stato terribilmente, dannatamente perfetto: le pareva quasi di essere ad un primo appuntamento e, si ritrovò a pensare in fondo in fondo non senza vergogna nei confronti di Rein, quando era tornata a casa ed era sola nel letto a riflettere, un po’ aveva sperato che lo fosse stato anche per lui.
Si continuava a ripetere che ciò che la faceva sentire così terribilmente in sintonia con Bright, fosse l’inspiegabile sentimento di amicizia che la univa a lui, e che a poco a poco cominciava a prendere forma tra di loro. Avrebbe potuto essere così. Doveva essere così, perché il solo pensare che potesse esserci qualcosa di più che cominciava ad evolversi in lei, le metteva una gran paura.
Fine e Rein percepivano in se stesse cambiamenti fortemente contrastanti, ma ancora non osavano confessarli l’uno all’altra, troppo incerte, troppo spaventate, troppo accecate dai loro problemi per condividerli. Ognuna di loro riteneva di dover combattere la propria battaglia da sola.
Il gruppo decise che quella mattina avrebbero passato il tempo ad intrattenersi in una partita di pallavolo, per la gioia di Fine ed il terrore di Rein. Il tempo era ideale per accaldarsi quel tanto che bastava con un po’ di sano movimento, prima di buttarsi a capofitto nel mare gelido e cristallino.
- Questa volta però giochiamo sulla spiaggia – asserì Altezza, lanciando un’occhiata fulminante in direzione delle gemelle, come a rimproverarle dell’ultima volta in cui avevano preso in mano una palla, rischiando quasi di morire affogate. Nessuno ebbe nulla da obiettare.
Le squadre furono così composte: da un lato del campo stavano Bright, Rein, Altezza ed Auler, dall’altro lato del campo stavano Shade, Fine, Mirlo e Sophie. Lione arbitrava.
Rein, consapevole della sua scarsa dimestichezza con gli sport, si era spontaneamente offerta di arbitrare, ma Altezza aveva insistito dicendo che “la giocatrice migliore tra tutti non poteva di certo starsene in panchina a guardare”.
Le due gemelle erano state divise contro la loro volontà: tutti ormai erano a conoscenza del fatto che da sole la loro forza era dimezzata, avrebbero giocato tutti ad armi pari.
- Perché proprio a noi è toccata la schiappa? Non potevate prendervela voi? – mugugnò Shade in direzione di Fine, la quale si limitò ad osservarlo senza capire.
- Schiappa a chi?! Fine, volevo dire, Rein è più forte di quello che credi, sbruffone!- strillò Rein dall’altro lato del campo, inviperita con il moro. Istintivamente, provò un velo di sollievo nel constatare quanto l’indelicata osservazione di Shade circa il fatto di essere una schiappa avesse riacceso in lei tutta l’antipatia che provava per lui. Le cose stavano tornando alla normalità, si disse.
“Evito di seppellirlo vivo in questo mare di sabbia solo perché altrimenti Fine mi disconosce come sorella” pensò adirata la turchina, mentre osservava il ragazzo ridacchiare di lei, divertito dal suo continuo abboccare alle sue provocazioni.
C’era qualcosa di diverso nelle gemelle, Shade se lo sentiva.
- La prossima partita cambiamo squadre – asserì Altezza risoluta – Sì, intanto questa la vincete voi – mugugnò il moro di rimando.
- Non ne sarei così sicura, se fossi in voi…- mormorò Fine tra sé e sé, osservando preoccupata la sorella alla postazione di battuta maneggiare la palla con estrema imbranataggine.
“Coraggio Rein, puoi farcela. Deve soltanto superare la rete” si ripeteva la turchina tra sé e sé, rigirandosi la palla tra le mani quasi fosse un oggetto volante non identificato.
- Non c’è niente di meglio che cominciare il torneo con una bella vittoria – mormorò Altezza elettrizzata sottovoce al fratello, consapevole di avere fatto la scelta più furba dell’anno – Dacci dentro, Fine!- aveva strillato poi, in attesa che la rossa battesse.
- Non metterle tutta questa pressione, la deconcentri – la rimproverò Bright, leggermente seccato della competitività della sorella.
Rein, da fondo campo, rivolse ai due fratelli un sorriso tirato a trentadue denti tipico di quando si sentiva sotto pressione.
“Forza sorellina, reggi il gioco finché puoi” la incoraggiò mentalmente Fine dall’altro lato della rete, fiduciosa nelle capacità della gemella.
- Che la partita inizi!- esclamò Lione, dando il via all’incubo peggiore nel quale le due gemelle si erano mai ritrovate.
La prima battuta di Rein andò completamente a vuoto. Alla turchina tremavano le mani, e proprio non riusciva a reggere il peso delle emozioni.
- Fine, che razza di servizio era? Non ne hai mai sbagliata una di battuta!- soffiò Altezza indispettita – Scusate!- esclamò la rossa di rimando, mettendosi in posizione per ricevere la palla proveniente dal campo opposto.
“Sempre se riesco a prenderla…” si disse la turchina con il sudore che già le colava dalle tempie.
- Hai visto, l’hai messa sotto pressione e adesso è più tesa di una corda di violino – rimproverò Bright la sorella, la quale alzò gli occhi al cielo seccata.
Dall’altra parte, Mirlo attuò un servizio impeccabile, che subito Altezza si preparò a ricevere – Bright!- strillò al fratello, che con prontezza palleggiò la palla in direzione di Rein, creandole l’occasione per una schiacciata perfetta: - Coraggio, Fine, fammi sognare!- le disse il biondo energico, e Rein, determinata ma rigida come un palo, un po’ per il panico generale un po’ per l’emozione di aver ricevuto un incoraggiamento così esplicito da Bright, pur saltando al massimo delle sue capacità, si ritrovò a sfiorare la palla con la punta delle dita, producendo un tiro alquanto scarso che comunque riuscì a sorpassare la rete.
- E la chiami schiacciata quella, Fine? Ma che ti prende oggi?- brontolò Altezza, delusa dei risultati che la sua campionessa le riservava quel giorno – Oh, beh, almeno è punto sicuro – affermò tranquilla, notando che a ricevere dall’altro lato del campo non v’era altri che Rein.
La stessa Rein che, con una prontezza di riflessi a dir poco stupefacente, almeno per ciò che ci si aspettava da lei, ricevette la palla con una precisione tale da fornire a Shade l’occasione perfetta per contrattaccare.
- Shade, tua!- strillò in direzione del moro, che subito approfittò del servizio per incassare un punto da maestro che Auler non riuscì a salvare.
- Allora sai giocare anche tu! Niente male, Rein- disse il moro divertito a Fine, che subito arrossì per il complimento, tornando poi a concentrarsi sulla partita.
- Punto!- strillò Lione da bordo campo - Palla a Mirlo!-
Il primo set fu un susseguirsi di salvataggi deludenti e di inciampi sui suoi stessi piedi per Rein, mentre Fine si sforzava con tutta se stessa di non giocare al massimo delle sue possibilità per non destare sospetti tra gli amici. Entrambe le gemelle si sentivano messe a dura prova. Erano più concentrate a non tradire loro stesse, che sulla partita.
In un momento di pausa, nel quale Altezza se n’era anta a sbraitare in un angolo per conto suo sopportata dal povero Auler, le due gemelle si riunirono, entrambe sfinite, ansimando per la fatica.
- Impegnati a giocare male, Fine, cominciano a insospettirsi – la pregò Rein col fiatone, completamente imbrattata di sabbia.
- La fai facile tu, i miei riflessi rispondono da soli: mi sto già impegnando al massimo per sembrare una giocatrice discreta!- brontolò la rossa, stanca e sudata – Tu, piuttosto, cerca di impegnarti un minimo se non vuoi che Altezza mi seppellisca viva! Ci terrei a riavere indietro il mio corpo integro!–
- Credi che non lo stia già facendo? Sono completamente fradicia di sudore da quanto impegno ci metto! – ansimò la sorella in preda a una crisi respiratoria – Non pensavo che essere te potesse risultare così impegnativo! –
- Rein, Fine, volete un sorso d’acqua prima di riprendere a giocare?- si avvicinò loro Bright premuroso – Complimenti, Rein, giochi davvero bene! Non sembrava, dall’ultima volta… invece sei una vera bomba! -
Fine, nel ricevere quel complimento, arrossì leggermente, profondamente compiaciuta. A Rein per poco non venne un infarto nel realizzare che il biondo l’aveva appena definita una bomba.
Beh, tecnicamente parlando, il complimento era rivolto alla sorella, ma siccome lui credeva di stare parlando con lei, era come riceverlo di persona.
- G-grazie…- mormorò imbarazzata Fine, abbassando lo sguardo – Dove ti eri nascosta fino ad adesso? – esclamò il biondo, facendole l’occhiolino.
- Probabilmente nel mio vero corpo – si lasciò sfuggire Fine dalle labbra, ridacchiando impacciatamente, completamente in tilt per le troppe attenzioni.
- Come hai detto?- domandò il biondo sconcertato al suono di quelle ultime parole – Aehm, Fi… Rein voleva dire che in questi ultimi giorni si è allenata duramente per sorprenderti, Bright! – intervenne Rein ancora una volta rimediando alle gaffe della sorella.
- Che pensiero carino – sorrise Bright, mandando completamente su di giri la finta rossa – Beh, anche tu, Fine sei… aehm… eri… insomma, non sei male – disse poi, rivolto a Rein, la quale esplose in una risata carica di imbarazzo.
- Diciamo che oggi non è proprio la mia giornata fortunata…-
L’attenzione dei tre fu catturata dal resto del gruppo, che li richiamava a giocare assieme.
- A quanto pare la pacchia è finita. Si torna avversari – esclamò Bright allegramente, rivolto a Fine – Buona fortuna per il secondo set – e le rivolse un occhiolino che alla finta turchina fece perdere un battito di cuore.
Come volevasi dimostrare, le due gemelle che già erano sfinite, si rivelarono ancora più impacciate di prima.
Rein, ormai su una crisi di identità, era entrata in confusione totale: ad ogni “Rein, tua!” si voltava d’istinto verso il campo avversario, ricordandosi solo in un secondo istante di non rispondere più a quel nome temporaneamente, e nel tempo che impiegava a realizzarlo già la sua squadra la richiamava all’azione con un “Fine, a te!”, e lei prontamente sbagliava mancando di un soffio la palla e regalando punti su punti.
Fine, dall’altra parte, non era messa meglio in fatto di nomi, ma la sua concentrazione l’aiutava a non perdere di vista la palla, che tentava con tutta se stessa di mancare, nonostante il suo istinto le dicesse continuamente il contrario, per simulare al meglio l’imbranataggine sul campo della sorella.
Per quanto comico risultasse il tutto, tutti si erano accorti che qualcosa nelle gemelle non andava quel giorno.
- Fine, cazzo, questa proprio non la potevi sbagliare! – si alzò a gran voce l’ennesimo rimprovero di Altezza in direzione della finta rossa, ormai stremata.
- Scusami Altezza, non ce la faccio più! – asserì quella mortificata, piena di sabbia ovunque, perfino nelle mutande del costume, desiderosa solo che quell’incubo finisse al più presto.
A quanto pare, qualcuno dall’alto doveva volerle davvero molto bene – o molto male, dipendeva dai punti di vista – perché non appena pronunciate quelle parole, dall’altra parte del campo, Fine si preparò a schiacciare un servizio che proprio non riuscì a dosare di forza, e appena lanciata la palla Rein non fece nemmeno in tempo ad accorgersi della chiamata di battuta – un sonoro “Palla!” pronunciato dalla gemella – che si ritrovò distesa a terra tramortita, la faccia completamente indolenzita, mezza incosciente, la vista annebbiata e le orecchie che fischiavano, senza capire che diavolo fosse successo.
- Oh, santo cielo, Fine! – strillarono le amiche in coro precipitandosi da lei – Stai bene?-
- Mmmhhh…- fece quella ancora in trance, la palla poco distante dal suo volto colpevole di quel misfatto.
- Accidenti, Rein, ma quanta forza ci hai messo in quella battuta?!- esclamò Sophie sinceramente preoccupata, mentre Lione e Mirlo tentavano di fare rinvenire la gemella a suon di scossoni.
- Sc-scusate! Non volevo! – strillò quella sentendosi terribilmente in colpa, le lacrime agli occhi e la voce rotta dai singhiozzi – Reeiiinnn!- la chiamava, sperando che la sorella la sentisse. Nessuno fece caso al nome con cui la rossa venne nominata, troppo impegnati a soccorrerla per pensare ad altro
- Eeeehh?- fece quella, dando un minimo cenno di vita.
- Se non altro almeno questa l’ha presa – asserì Altezza in un sospiro – Portatemi una bottiglia d’acqua, vediamo se così rinviene. Se è necessario la buttiamo nell’oceano –
- Poverina, che botta! – esclamò Bright sinceramente dispiaciuto – Devi imparare a dosare la forza, Rein! – disse poi rivolto a Fine – Lo sooooo!- pianse quella su di lui, desiderandosi sotterrare tra la sabbia – Forse ti sei allenata decisamente troppo – rigirò ancora il coltello nella piaga il biondo.
- Accidenti, Fine, possibile che non ti riprendi??- esclamò stizzita la bionda, cominciando a colpirla con leggeri schiaffetti sul viso.
- Non statele addosso e lasciatela respirare, ha bisogno di spazio e di ombra. Portate qui qualche asciugamani per farle aria. Auler, tu sollevale leggermente le gambe in modo che il sangue fluisca alla testa. Non picchiarla così, Altezza, le fai male. Spostati, ci penso io a farla rinvenire – intervenne Shade a un tratto, perfettamente padrone della situazione.
Gli amici si allontanarono dalla rossa stesa a terra, lasciando che il moro si sedesse accanto a lei, poggiandole la testa sulle sue ginocchia. Dopodiché afferrò una bottiglia d’acqua, e le tamponò leggermente la fronte, massaggiandole le tempie, chiamandola a bassa voce.
Fine rimase al fianco di Bright poco distante, ancora stretta a lui che le carezzava premuroso la testa, mentre si asciugava le ultime lacrime dagli occhi. Nonostante il contatto così intimo, non provò alcun imbarazzo a stargli così vicino.
- Fine? Fine mi senti?- la chiamò il moro.
- Mmmhh…- mugugnò la ragazza a terra, riaprendo piano piano gli occhi.
- Si sta riprendendo!- esclamò Mirlo sollevata – Per fortuna! – le fece coro Lione – Chissà se la botta che ha preso le ha provocato danni permanenti al cervello – si domandò Altezza curiosa, ricevendo dalle due un’occhiata severa di rimprovero.
- Cosa… cosa è successo?- domandò infine Rein, riprendendo coscienza e ritrovandosi il volto del moro osservarla dall’alto con il suo paio di occhi bui come la notte.
Non appena incontrò il suo sguardo penetrante accompagnato dal suo sorriso sghembo, la ragazza trasalì.
- Shade…- mugugnò – Fine…- disse lui, sorridendole sinceramente per la prima volta.
- Ti sei ripresa, finalmente!- esclamarono tutti in coro sollevati – Sorellina!- pianse Fine, sinceramente felice che sua sorella stesse bene. Shade fece cenno agli amici di lasciarle ancora spazio per respirare, mentre Auler le ri-posava le gambe a terra, allontanandosi di pochi passi.
- Tutto a posto?- le chiese, mentre lei si rimetteva pian piano a sedere, massaggiandosi la testa.
- S-sì, credo…- biascicò Rein ancora leggermente rintontita – Ma che diamine è successo? –
- Tua sorella ha pensato bene di tirarti una pallonata in faccia – asserì Altezza con una nota di severità nella voce.
- Ah si?- domandò confusa – Scusamiiiii!- strillò Fine ancora in lacrime, mentre Bright tentava di calmarla nuovamente.
- Dev’essere per questo motivo che mi gira la testa e mi pulsano terribilmente la fronte e le guance – esclamò Rein, massaggiandosi delicatamente la faccia e tentando di rialzarsi in piedi.
- Aspetta, ti aiuto – la prese sottobraccio Shade, aiutandola a reggersi in piedi.
- Come stai?- domandarono Lione, Mirlo e Sophie sgranando gli occhi preoccupate.
- Bene, direi – rispose quella, riprendendo finalmente coscienza di sé – Grazie…- mormorò poi in risposta al moro, che subito distolse lo sguardo disinteressato.
- Posso farti una confessione, Fine?- le chiese poi, tornando a puntare i suoi occhi blu notte su di lei.
– Dimmi –
Shade deglutì, con espressione seria, quasi stesse per rivelarle qualcosa di estremamente personale: - Ecco, quando ti ho vista distesa a terra, completamente priva di sensi, mi sono preso davvero un gran spavento, e ho subito temuto ti fossi fatta veramente male. Poi ti ho osservata da lontano, immersa nella sabbia, e soltanto un pensiero ha attraversato la mia mente –
- Ah, si? Quale?- gli domandò lei, col cuore che rimbombava in petto, sorpresa di averci messo così poco a catturare l’interesse di Shade sulla sorella. Un tempo da record, si ritrovò a pensare, davvero bastava una pallonata in faccia per spingere un ragazzo a confessare il proprio amore?
Il moro deglutì ancora, con fare quasi funereo.
- Ho pensato…- mormorò tetro -… che così distesa sulla sabbia, completamente immobile, tu…-
- Io…?-
Il cuore perse un altro battito, mentre i suoi occhi si perdevano completamente in quelli di Shade. Non si sentiva pronta per una dichiarazione così improvvisa, necessitava ancora di tempo per prepararsi psicologicamente a reagire nel modo giusto.
Ma, tutto sommato, cosa le importava, dato che tecnicamente parlando, Shade stava per fare la sua confessione a Fine?
Il cuore le si strinse impercettibilmente, sotto il peso di una sottilissima fitta di gelosia. Gelosia?  Perché poi?
Shade, impassibile, non cessava di guardarla negli occhi, completamente ignaro dell’uragano di emozioni che le si stava scatenando nel petto. Poi finalmente parlò.
- Tu – disse - assomigliassi sorprendentemente ad una stella marina essiccata al sole
-…-
-…-
- RAZZA DI IDIOTA! – esplose in uno strillo inviperito lei, mentre quello correva per la spiaggia ridendo come un matto, troppo divertito di vederla rispondere alle sue provocazioni per rinunciare a stuzzicarla – SE TI PRENDO SEI UN UOMO MORTO!-
La sensazione idilliaca di poco prima lasciò spazio ad una profonda indignazione ed un’accesa stizza nei confronti di quel maleducato che sfruttava ogni occasione buona per tormentarla con i suoi giochetti poco divertenti. Non aveva cuore, constatò Rein, a provocarla così dopo che aveva seriamente rischiato di morire – le pallonate di Fine erano micidiali.
Si slanciò al suo inseguimento, mossa da un’inspiegabile istinto omicida nei confronti del moro. Se solo l’avesse agguantato, Dio solo sapeva cosa gli avrebbe fatto.
Vedendo Shade sorriderle di rimando, tuttavia, con quell’odiosissimo ghigno sghembo e provocatorio al quale ormai si era abituata e quegli occhi scuri e profondi che sembravano parlarle e volerle a tutti i costi dire qualcosa, in cuor suo Rein si sentì profondamente sollevata dal fatto che il moro non si fosse abbandonato in quell’istante ad una confessione nei confronti della sorella che non era preparata a ricevere. Non in quel momento.
- Shade, ti pare il caso di farla agitare tanto dopo la botta che ha preso? E tu Fine ancora gli dai retta? – cominciò a rimproverarli Altezza da lontano, mentre quelli ancora si inseguivano per la spiaggia sotto lo sguardo divertito di tuti i presenti – Oh, beh, se non altro abbiamo verificato che sta bene – concluse la bionda con un’alzata di spalle, constatando che Rein aveva raggiunto Shade avvinghiandosi alla sua schiena per tirargli i capelli con fare vendicativo.
- Curioso come quei due si siano improvvisamente trovati, vero? – asserì Bright divertito, osservando la coppia da lontano che ancora non la smetteva di litigare – Fino a qualche settimana fa, eri tu quella con cui Shade aveva da ridire. Invece, da un po’ di tempo a questa parte, Shade sembra aver acquisito un particolare interesse nei confronti di tua sorella. Si vede che trova in tua sorella un’avversaria più tosta di te – disse rivolto alla turchina che si era appena sciolta dalla sua presa sospirando sollevata nel constatare che sua sorella era decisamente in forma.
- Più tosta, dici?- mormorò sgranando gli occhioni, rigirandosi quella parola nella mente. Una fitta impercettibile al cuore la fece sobbalzare interiormente, mentre i suoi pensieri correvano ad analizzare veloci le parole di Bright, facendola sentire inspiegabilmente inadeguata.
Fine si perse un attimo nelle iridi del biondo che le stava restituendo un sorriso sincero e comprensivo, senza accorgersi che qualcosa di estremamente piccolo ed innocuo le stava leggermente salendo sul piede.
Quando volse lo sguardo in basso, attirata da un curioso formicolio, e vide cosa se ne stava appollaiato tranquillamente sul suo piede prendendosi gioco di lei, quasi non le venne un infarto.
- R…-
Tentò con tutta se stessa di trattenersi da urlare e mantenere la calma, ma la sua tremenda fobia ebbe la meglio ancora una volta su di lei.
Fu così che, non appena l’esserino accennò a un altro movimento sistemandosi più comodamente su di lei, si lasciò sfuggire un urlo di terrore.
- R… RAGNOOOOOO! – strillò con quanto fiato aveva in gola, saltando in braccio a Bright ed avvinghiandosi strettamente a lui con entrambe le braccia, stringendogli il petto fino a farlo quasi soffocare.
Lo strillo fu talmente acuto, che inevitabilmente attirò tutta l’attenzione su di sé.
Il gruppo di amici, Rein e Shade compresi tornati ormai distrutti dalla loro battaglia, osservarono i due basiti per un istante, senza capire il motivo dell’isteria di Fine.
Quando Bright volse lo sguardo in basso per comprendere la ragione del panico della turchina, scoppiò a ridere sinceramente di gusto, realizzando che quello che la ragazza aveva scambiato per un ragno altri non era che un minuscolissimo granchietto, leggermente tramortito per essere stato scrollato via in maniera così brusca e indelicata.
- Rein, non mi dirai che hai paura dei ragni anche tu come Fine, vero?- esclamò il biondo, ancora ridendo – Come hai fatto a scambiare un innocuo granchietto per un ragno?- disse, poggiandola delicatamente a terra mentre Fine, rossa come un peperone, voleva semplicemente sprofondare negli abissi dell’oceano e non riemergere più.
- S-sì, c-cioè n-no, io… - balbettò quella in cerca di una scusa plausibile – Ho detto granchio, s-solo c-che, i-io… io, ecco… sono… sono crostaceofobica, ecco – affermò infine, ancora irrigidita per l’imbarazzo e la presenza della bestiola a pochi centimetri da lei.
- Crostaceofobica… – biascicò Rein, schiaffandosi una mano in fronte disperata per la cazzata che la gemella aveva appena detto.
Bright, d’altro canto, osservò Fine negli occhi con una serietà mai vista prima, ripensando attentamente a ciò che la finta turchina gli aveva appena detto.
- Crostaceofobica?- ripeté poi dopo un minuto di riflessione, scoppiando poi in una risata che sapeva di puro divertimento.
La risata fu talmente contagiosa, che perfino Fine, consapevole dell’idiozia che le era appena uscita dalle labbra, scoppiò a ridere di gusto assieme a lui, regalando ai presenti un tenero quadretto che lasciò tutti di stucco, Rein compresa.
Possibile che Bright avesse preso in simpatia quell’uscita, invece di giudicarla una perfetta idiozia?
- Ah, Rein – esclamò il biondo in un sospiro quando ebbe finito di ridere, completamente senza fiato – Sei strana, sai? –
- Strana?- ripeté Fine allarmata, temendo di avere appena combinato un danno irreparabile.
Il biondo annuì, sorridendole mentre gli occhi gli brillavano: - Sei abbastanza strana da interessarmi – le confessò sottovoce, facendola rabbrividire.

Angolo Autrice:

Chi non muore si rivede eh?
Lo so, lo so, sono stata assente troppo a lungo, e non è una novità. Purtroppo questo non è stato un bel periodo per me, tante difficoltà, e ancora una volta ho dovuto lasciare da parte la scrittura, con mio grande malincuore. Ritrovare l'ispirazione mi sembrava impossibile.
Non so nemmeno se ci sia ancora qualcuno che segue la storia, ma nel dubbio pubblico lo stesso finché ho ancora idee, sia mai che me le lasci scappare.
Ho voluto creare un capitolo divertente, ma in parte rivelatore e... beh... non so se ci sono riuscita. Ancora tante altre cose devono succedere, spero abbiate la pazienza di scoprirle pian piano.
Non mi resta che ringraziare chi c'è stato, chi c'è e chi ci sarà, con la speranza che la storia continui a piacervi e che i miei aggiornamenti si facciano più frequenti.

Baci sparsi

_BlueLady_

 

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Capitolo 18
*** Tutta un'Allucinazione ***


~ CAPITOLO 17: TUTTA UN’ALLUCINAZIONE ~
 
“Sei abbastanza strana da interessarmi”.
Così le aveva detto Bright il giorno precedente, e ancora quelle parole dal sapore di zucchero prendevano a vorticarle in testa, escludendola dalla realtà circostante.
Cosa aveva voluto dire con quell’affermazione? Qual era il suo significato?
Doveva prenderla come una confessione, un rimprovero, un’osservazione casuale?
Avrebbe dovuto parlarne con Rein? Dirle che forse stava riuscendo nell’intento che si era ripromessa di fare accadere?
Così si tormentava Fine quella mattina, ancora intrappolata nelle lenzuola del letto, Rein ancora addormentata al suo fianco. Era domenica, e Shade almeno per una mattina aveva risparmiato alla turchina la sveglia presto per la loro solita lezione, concedendole un giorno di riposo dallo stress dei suoi rimproveri.
Quella che non riusciva a dormire, invece, era Fine.
Ogni volta che tentava di chiudere gli occhi, mille pensieri prendevano a vorticarle in testa, e l’immagine di Bright che le sussurrava dolcemente all’orecchio cominciava a spaziarle davanti agli occhi, riempiendo ogni singola cellula di lui. Il cuore prendeva a scalpitarle in petto, accendendole un curioso formicolio in gola.
Fu costretta a riaprire gli occhi, troppo agitata anche solo per tentare di riprendere sonno.
Provò a richiuderli, e ad immaginarsi la stessa identica scena vissuta il giorno prima con Shade a sussurrarle all’orecchio, ma anche senza volerlo il volto del biondo continuava a sovrapporsi insistentemente a quello del moro.
Perché, perché, perché, perché?
Osservò Rein riposare placida e tranquilla al suo fianco, ignara dell’uragano di emozioni che le implodeva dentro, ed improvvisamente si sentì meschina. Terribilmente falsa e sporca dentro.
Con che coraggio avrebbe potuto confessarle tutto quanto?
Avvertì un improvviso bisogno d’aria.
Le parve quasi che le pareti della camera si stessero improvvisamente stringendo attorno a lei, non lasciandole più spazio per respirare.
Si vestì frettolosamente, ed uscì di corsa lasciando che la brezza refrigerante del mattino le schiarisse le idee. Più perdeva tempo a riflettere, più le sembrava di sprofondare in un baratro senza via d’uscita.
Non aveva nemmeno fatto colazione.
Appena giunta sul lungomare, le parve improvvisamente di essere uscita dall’apnea.
La brezza marina le solleticava le orecchie e le narici, facendola quasi starnutire.
Si sedette su uno degli scogli che dava sul mare, con un croissant in una mano e una ciambella nell’altra – alla fine non aveva resistito, e aveva ceduto alla golosità. In cuor suo, non ne era affatto pentita: significava che le stava tornando il buonumore. Aveva sempre appetito, ma quando era in grado di fare una colazione doppia, significava che stava bene con se stessa.
Se ne restò seduta sullo scoglio, ad addentare il suo croissant osservando il mare. Un confortante senso di pace interiore la pervase.
“Se si potesse sempre vivere così…” pensò.
All’improvviso, senza che se ne fosse accorta prima, avvertì con la coda dell’occhio la presenza di una sagoma accanto a lei, ed un respiro umido e pesante solleticarle l’orecchio.
Quando si voltò, colta alla sprovvista, quasi non le venne un infarto nel riconoscere accanto a lei la sagoma di un cane, che già aveva addentato metà della sua ciambella rubandogliela dalle mani, e se la stava divorando con gusto al posto suo.
Fine si lasciò sfuggire uno strillo di sorpresa misto a spavento.
- IIh! E tu che ci fai qui?!- esclamò con un sobbalzo al cuore, inacidendosi non appena si rese conto della misera fine che aveva fatto la sua colazione – Ehi! Quella era mia! Se ne volevi un pezzo bastava chiedere! – disse piccata, osservando il cane che divorava gli ultimi resti della povera ciambella.
Il cane, per tutta risposta, lanciò un latrato di approvazione, saltandole poi sulle ginocchia con l’intento di chiederle ancora del cibo scodinzolando.
- È inutile che cerchi di corrompermi: quello che ti sei mangiato era tutto ciò che avevo. Come se non bastasse, sono ancora più affamata di prima! – gli disse risoluta, spingendolo giù dalle ginocchia nel tentativo di allontanarlo, ma senza successo.
Il cane le dimostrò il suo affetto, riempiendole le mani di baci e di bava.
- Sei un vero e proprio ruffiano – ridacchiò Fine, riempiendolo di grattini dietro alle orecchie – A guardarti meglio, hai un’aria familiare… - disse, e non appena pronunciò quelle parole, un fischio ormai familiare ed inconfondibile, seguito dalla voce di una ragazza che chiamava da lontano, le perforò i timpani come lo stridio di un gesso sulla lavagna.
- Poomo! Vieni subito qui! – chiamò il cane la padrona, e Fine non poté fare a meno di sgranare gli occhi incredula, riconoscendo nei due che le stavano di fronte le figure del cucciolo di Golden e la padrona dai lunghi capelli rosa che aveva incontrato la settimana precedente sul lungomare, in compagnia di Bright. Le parve tutta una curiosa coincidenza. Cercò di scacciare dalla mente il pensiero che voleva suggerirle la coscienza, che non si trattasse affatto di un incontro casuale.
- Devi scusarmi. Questa peste appena può corre in giro a fare delle birichinate. Non è vero, stupidone che non sei altro? – le disse la ragazza in un sorriso, riagganciando il guinzaglio al collare del cane che scodinzolava soddisfatto.
Fine restò ad osservarla per un minuto buono, in trance, senza proferire parola.
- Ci conosciamo?- riuscì a chiederle infine, mentre la sensazione di averla già conosciuta tornava a pizzicarle forte la gola.
Perché quella ragazza aveva un’aria così familiare?
Lei le sorrise, quasi sapesse già di ricevere una simile domanda.
- Non di persona. Sono Grace, piacere – le rispose, tendendole una mano in segno di amicizia – E questo birbante è Poomo – accennò in direzione del cane.
Fine strinse la mano della giovane titubante, cercando di ricollegare i pezzi nella sua testa, ma senza riuscirci. Una nube confusa e sfocata le anneriva i pensieri.
- Eri tu l’altra volta sul molo, vero? Perché ho l’impressione di averti già conosciuto?- le chiese spaesata, senza capire.
- A volte certe persone emanano una sensazione di familiarità. Un po’ come un’anziana signora che non hai mai visto prima, ma il cui modo di fare ricorda inevitabilmente quello materno di una nonna – le rispose l’altra pacatamente, senza schiodare gli occhi dai suoi.
A Fine non sfuggì il riferimento all’incontro con la vecchina dal foulard color ciliegio fatto insieme a Rein quel pomeriggio lontano, nei vicoli del paese. Era come se Grace volesse suggerirle una strada da percorrere, una deduzione a cui doveva arrivare da sola.
A pensarci bene, Grace e la vecchia signora un po’ si assomigliavano. Avrebbero quasi potuto essere nonna e nipote.
Avrebbe voluto dirle tante cose, ma ciò che riuscì a fare fu soltanto aprire bocca e richiuderla senza emettere alcun suono.
Troppe cose voleva chiederle, tante altre voleva domandarle.
Grace, ancora una volta, sorrise.
- Fine – come diavolo faceva a conoscere il suo nome? A riconoscerla anche quando non era se stessa? – Non avere paura. Sono un’amica. Di me puoi fidarti –
- Come… come…- balbettò lei, in cerca delle parole.
- Come va con Bright? – la precedette Grace di punto in bianco, senza darle il tempo di ragionare.
Quella domanda a bruciapelo la colpì come un fulmine a ciel sereno.
- Conosci Bright? – riuscì finalmente a domandarle.
Grace sorrise – No – le disse – ma conosco te -
 
¤¤¤¤¤¤
 
- Fine?-
Rein quella mattina si svegliò con il nome di sua sorella sulla punta delle labbra, e l’imminente sensazione che a Fine fosse capitato qualcosa a pesarle nel petto.
Si rigirò frettolosamente nelle lenzuola, sgranando gli occhi spaventata quando realizzò che accanto a lei, nel letto, non c’era nessuno.
Fine era uscita. Doveva essere sicuramente successo qualcosa. Non era da lei alzarsi così presto al mattino, ed andarsene in giro tutta sola.
Rein sapeva bene che sua sorella detestava la solitudine. Era un carattere troppo affabile per poter anche solo desiderare di starsene in solitaria.
Aveva notato il suo atteggiamento taciturno ultimamente, e la sua tendenza a chiudersi in se stessa senza sbottonarsi più di tanto, né con lei né con nessun altro. All’inizio aveva deciso di non darci peso, dandole il tempo per riordinare le sue emozioni prima di assillarla con milioni di domande finché non si fosse decisa a confessarle tutto. Fine era come un piccolo cerbiatto: bisognava avvicinarsi a lei con pazienza e cautela, senza fretta, per non spaventarla facendola scappare a gambe levate.
Un po’ glielo invidiava, quel suo lato del carattere. La rendeva dolce e amabile agli occhi di tutti, per niente debole o scontata. Rein sospirò. Lei, a volte, con la sua eccessiva esuberanza e forza di carattere, spaventava le persone. Si poneva in modo troppo esplosivo e frettoloso, non lasciando il tempo all’altro di metabolizzare chi avesse di fronte per reagire di conseguenza. Lo testimoniava il suo rapporto con Shade, altalenante e burrascoso fin dall’inizio.
Fine era diversa.
Fine era fragile, delicata, pura, preziosa. Bastava un suo sorriso per riassestare il mondo, ed era in grado di stabilire una così profonda empatia con le persone, che i pochi fortunati che avevano la fortuna di conoscerla fino in fondo restavano poi legati a lei per la vita. Rein la trovava straordinaria, sorprendente questa sua innata dote. La ammirava, e gliela invidiava anche un po’.
Era quella a suscitare così tanto fascino nei ragazzi della scuola. Fine non se ne rendeva neanche conto, ma la sua semplicità, unita alla sua dolcezza, era ciò che le persone apprezzavano in lei, più di ogni altra cosa. La rendevano bella, oltre ogni misura. A volte le dispiaceva che lei si ostinasse a non rendersene conto.
Forse era per quel motivo, per la sua capacità di attrarre così forte a sé le persone, che Rein, nel profondo, desiderava in tutto e per tutto assomigliarle.
Anche a lei sarebbe piaciuto legarsi alle persone in maniera indissolubile, profonda, vera. E invece non era nemmeno stata in grado di far innamorare di sé il suo ragazzo. Se fosse stata come Fine, forse Fango non l’avrebbe tradita?
Un po’ le mancava essere se stessa. Per quanto volesse bene a Fine. Per quanto essere lei, conoscendola ancora più a fondo di quello che avrebbe mai potuto fare standole accanto, gliela facesse ammirare ancora più di prima. Le mancavano le sue abitudini, la sua vita.
Alzarsi la mattina e pettinare i suoi lunghi capelli allo specchio. Litigare con Altezza, e poi fare pace. Vestirsi alla moda, crogiolarsi in spiaggia senza il peso di dover dimostrare a tutti di saper nuotare, riportando a galla vecchi e dolorosi ricordi.
Starsene seduta in silenzio, e piangere per Fango quando non era vista da nessuno. Battibeccare con Shade, sognare Bright. Le mancava tutto, di sé. E più lo desiderava, più tornare indietro le sembrava impossibile.
A volte, se ci pensava, le veniva quasi da piangere per la paura. Perché anche se in quel terribile casino ci era finita assieme alla sorella, e insieme ne sarebbero uscite, sentiva che inevitabilmente le cose stavano cambiando. Loro due stavano cambiando, non sapeva dire se in meglio o in peggio, ma la cosa un po’ la spaventava. Forse più di un po’.
A volte, quando era da sola in acqua con Shade, sentiva premerle sulla gola il desiderio di lasciarsi andare, e confessargli finalmente tutto quanto. Perché anche se lo detestava, sentiva di starlo prendendo in giro, e se ne vergognava alquanto. Dopo che finalmente avevano trovato un loro equilibrio. Dopo che era finalmente riuscita ad esorcizzare un minimo i suoi demoni interiori, confessandoli apertamente per la prima volta ad una persona alla quale mai si sarebbe immaginata di confidare una simile realtà. Eppure Shade, in quel momento, le era sembrato la persona più giusta con cui lasciarsi andare. Inspiegabilmente.
Certe volte non è necessario ricercare sempre un perché nelle cose. Accadono e basta. E Rein si era aperta con lui, per la semplice voglia di farlo. Perché lui era stato l’unico a rispondere alla sua muta richiesta d’aiuto. E lei ci si era aggrappata con tutta la forza possibile.
Si vestì in fretta e furia, fiondandosi fuori dalla villa senza neanche fare colazione alla ricerca della sorella, senza la minima idea di dove andare a cercarla.
Non aveva un piano ben preciso, sentiva solo di doverla trovare il prima possibile. Era come se sentisse una mancanza premerle forte sul petto. Si sentiva incompleta, a metà. E l’idea che a Fine fosse successo qualcosa continuava a tormentarle la coscienza.
Si infilò in ogni caffetteria, in ogni pasticceria, in ogni panetteria della cittadina, sperando di trovarla seduta ad un tavolo ad ingozzarsi di cibo. Tentò anche sul lungomare, ma senza successo.
“Fine, ma dove diavolo ti sei cacciata? Perché non rispondi al telefono?” pensò, constatando che, all’ennesima telefonata, il cellulare risultava ancora staccato, irraggiungibile.
Cominciò davvero a preoccuparsi.
La cercò ancora per i vicoli della città, perdendosi a sua volta. Il senso dell’orientamento non era mai stato il suo forte. Si maledisse per la sua impulsività, che l’aveva spinta a correre in lungo ed in largo, senza registrare alcun punto di riferimento per poter tornare indietro.
Adesso a tornare a casa le ci sarebbe voluto il doppio del tempo.
Si sedette sconsolata su una panchina che fronteggiava un piccolo parchetto ancora deserto, sospirando amareggiata della sua sfortuna.
La brezza soffiava leggera scompigliandole i capelli, imprigionandola in una realtà ovattata.
Improvvisamente, un fischio simile ad un miagolio le attraversò i timpani, stridente come le ruote di un treno che frenano sulle rotaie.
Si voltò di lato, e sorprese una figura esile ed elegante osservarla sorniona.
- Tu! – esclamò poi, riconoscendo nella sagoma di fronte a lei quella del gatto che le aveva rubato l’elastico, qualche giorno prima.
Il gatto miagolò, quasi facendosi beffe di lei, e strusciandosi amabilmente sulle sue gambe.
Rein gonfiò le guance inacidita.
- È inutile che cerchi di corrompermi. Mi devi ancora un elastico per i capelli – gli disse, prendendolo i braccio e guardandolo negli occhi severa.
Il gatto miagolò, quasi volesse risponderle, e facendo le fusa.
- Sei proprio uno stupido gatto – rise lei, senza poi resistere alla tentazione di coccolarlo – Sei sempre più morbido. Ce l’avrai un nome? –
- Credo che tu gli piaccia molto – la sorprese una voce alle spalle, accompagnata da una risatina familiare già sentita prima.
- La vecchia pazza del vicolo!- si lasciò sfuggire Rein istintivamente, mordendosi poi la lingua per essersi lasciata sfuggire parole che non era proprio opportuno esplicitare di fronte alla diretta interessata. La vecchia parve non farci caso. Aveva ancora il suo foulard attorcigliato attorno alla testa.
Si sedette accanto a Rein, richiamando il gatto sulle sue ginocchia.
- Che fa? Mi sta seguendo forse? – azzardò Rein sulla difensiva, scostandosi un poco dalla figura della donna sedutale accanto.
La vecchia rise, come suo solito.
- Cerchi qualcosa, cara?- le domandò, accarezzando il gatto che ora faceva le fusa beato sulle ginocchia della padrona.
- Le interessa? – rispose Rein, sempre guardinga ed in allerta, quasi si aspettasse una catastrofe da un momento all’altro. Quella donna non metteva paura, ma uno strano senso di inquietudine addosso, e ciò bastava a Rein per tenere al massimo le distanze, almeno finché non avesse capito qualcosa di più su quella strana signora cieca.
La vecchina alzò le spalle, disinteressata.
- Se non interessa a te, perché credi che dovrebbe interessarmi? –
- Sto cercando mia sorella – si affrettò a rispondere Rein, per tagliare corto il discorso il prima possibile.
La vecchia sorrise.
- Fine? Oh, non devi preoccuparti per lei, è in ottime mani. Tu, piuttosto. Perché tanta tristezza? – le domandò a bruciapelo, senza darle il tempo di pensare.
- Cos..? Si sbaglia. Non sono affatto triste, ma preoccupata –
La vecchina schioccò la lingua con disappunto.
- Il tuo cuore sta gridando aiuto a squarciagola, lo sento – Rein boccheggiò un istante, senza sapere cosa controbattere – Ti ripeto la domanda: perché tanta tristezza?-
Per un istante soltanto, Rein fu sul punto di piangere. Poi si ricompose, trovando la forza necessaria a non lasciarsi abbattere. Quella vecchia cieca aveva modi di fare simili ad una nonna, persuasivi e confortanti, ma non per quel motivo significava che poteva fidarsi di lei.
- Le ripeto che non sono triste, ma preoccupata – rispose secca, quasi volendosi dimostrare più forte di quello che era in realtà – Non ho notizie di mia sorella da più di un’ora, sto perdendo tempo a parlare con una vecchia pazza invece che andarla a cercare, dispersa chissà dove, mi sono persa a mia volta, sono intrappolata in un corpo che non è il mio e dal quale non saprò mai se riuscire a liberarmi, sto mentendo a tutti i miei amici, Bright compreso, e come se non bastasse comincia a starmi simpatico perfino quel pezzo di idiota di Shade. A cosa crede sia dovuta la mia tristezza?- trattenne a stento un singhiozzo, conscia che non era né il luogo né il momento adatto per abbandonarsi a capricci da bambina.
La vecchia le sorrise, materna.
- Molte cose ci sembrano difficili, quasi impossibili all’inizio, degli ostacoli insormontabili da superare. È proprio questo che deve spingerci ad andare avanti con tutte le nostre forze. Ci sarà sempre un lato positivo –
- Davvero? Beh io in questa situazione proprio non riesco a vederlo – asserì Rein, con gli occhi che pungevano di rabbia e sconforto. Desiderava solo ritrovare Fine, e tornarsene a casa.
- Eppure l’altra mattina, in spiaggia, assieme a Shade, non mi sembrava che le cose andassero così tragicamente come vuoi farmi credere – asserì l’anziana donna, continuando ad accarezzare imperterrita il suo amato gatto.
Rein per poco non si sentì mancare.
- Lei come fa a sapere…- disse, per poi aggiungere – Allora era lei! Era lei a spiarmi sulla collina, quel giorno! Sapevo di non essere completamente uscita fuori di testa! –
La vecchia alzò le spalle, disinvolta.
- Ero io, ma non ero io. So molte cose. È nella mia natura saperle. Conosco te e tua sorella molto più di quanto voi due conosciate voi stesse. Sono qui per questo, del resto –
Rein ne aveva piene le tasche di tutto quel mistero, del suo parlare per vie enigmatiche ed incomprensibili. Necessitava di risposte chiare e concise, e le voleva all’istante.
- Adesso basta. Mi dica definitivamente chi è lei, cosa vuole da me e mia sorella e perché continua a tormentarci. Sono stufa di questi continui giochi di parole –
La vecchia, di nuovo, sorrise, per nulla turbata dall’atteggiamento aggressivo della turchina nei suoi confronti.
- Il mio nome è Grace, e questo è il mio gatto Poomo. Ora che mi conosci ti senti più rassicurata? –
- Cosa vuole da me e mia sorella? – ripeté Rein, scandendo a modo ogni sillaba perché capisse che era inutile indugiare ancora.
La vecchia tirò le labbra in un sorriso sapiente, consapevole.
- Io? Io non voglio niente da te e tua sorella. Siete voi ad avermi chiamata, io ho soltanto risposto alla vostra richiesta. Sono qui per aiutarvi – le disse, e Rein socchiuse gli occhi, tentando di sforzarsi di capire con tutta se stessa – Sono stata io ad esaudire il vostro desiderio, pensando di rendervi finalmente felici. Sono stata io, a scambiarvi di corpo. Io sono Saggezza, Coraggio, Esperienza. Sono la cometa di Twin –
 
¤¤¤¤¤¤
 
- Curiosità, Fiducia e Sentimento?- ripeté Fine, rigirandosi nella mente quelle parole, senza capirne davvero il significato.
La giovane Grace annuì: - Questa è la mia essenza, la parte più recente di me, la superficie, la scia luminosa che si accende di notte quando prendo contatto con l’atmosfera terrestre. Mia sorella Grace, invece –
- La vecchia signora cieca? –
- Proprio lei. Lei è la parte ancestrale, il nucleo, il cuore della cometa, la struttura portante. Senza di lei, io nemmeno esisterei. Siamo complementari, indivisibili, inscindibili. Siamo due facce della stessa medaglia –
- Capisco – mugugnò Fine pensosa – Eppure, pur essendo sorelle gemelle, non vi assomigliate granché. Forse una leggera similitudine, ma come potete essere gemelle, e avere così tanti anni di differenza? –
- Non serve assomigliarsi, per essere sorelle – sorrise Grace, premurosa – Ci sono fratelli di sangue che nemmeno si rivolgono la parola, ed amici talmente uniti nel cuore e nell’anima da sentirsi parte di una famiglia –
- Ma se tu sei la cometa di Twin, e ci hai scambiate di corpo, allora puoi anche invertire il processo, no?- la interruppe Fine, speranzosa e su di giri per aver finalmente trovato la soluzione al problema che tanto affliggeva lei e Rein.
Grace scosse la testa, risoluta: - Non è così semplice – disse.
 
- Come sarebbe a dire che non è così semplice?- esclamò Rein inacidita, stufa che ci fossero ancora ostacoli ad interporsi tra lei ed il suo desiderio di tornare alla normalità – Mi stai dicendo che ci hai fatto una fattura, e non sai come disfarla? – dopo che Grace le aveva rivelato chi fosse, aveva preso a darle del tu.
- La mia non è una fattura, non sono mica una strega. Io esaudisco soltanto i desideri delle persone – spiegò la vecchia cieca.
 
- E non basta desiderare di tornare normali perché io e Rein possiamo rientrare nei nostri rispettivi corpi? – domandò Fine, più confusa di prima.
- Non ricordi cosa vi ha detto mia sorella, poco tempo fa? Non serve desiderarlo, ma serve volerlo – le disse Grace, accarezzando Poomo accucciato ai suoi piedi.
 
- Dunque non basta una semplice formula magica perché tutto ritorni come prima. D’accordo. Cosa dobbiamo fare, allora? – chiese Rein, pregando che ci fosse una via d’uscita.
Grace frugò nelle tasche del vestito in cerca di qualcosa, e quando lo trovò lo porse alla turchina con fare enigmatico e senza proferire parola.
A Rein quasi non venne un tuffo al cuore nel riconoscere la sagoma del suo elastico preferito intrappolata tra le dita consumate e raggrinzite della vecchia che le stava di fronte.
Si domandò cosa mai avrebbe potuto fare un misero elastico di fronte al loro immenso problema.
- Questo cosa dovrebbe significare? – domandò incerta, quasi sul dubbio che Grace la stesse prendendo in giro o no.
- Se ti dicessi che questo elastico hai il potere di farti tornare normale, tu cosa faresti? – le domandò, penetrandola con uno sguardo severo che mai le aveva visto prima dipingersi in volto.
Rein restò qualche istante ferma a contemplare l’elastico, e a rimuginare attentamente sulla domanda che le era appena stata posta.
In un primo istante, pensò si trattasse di una presa in giro. Era impossibile che la chiave dell’enigma fosse racchiusa in un misero oggetto consunto dal tempo. Quantomeno, si aspettava qualcosa di più mistico, di più simbolico, come veniva raccontato nei film. Non poteva essere che fosse proprio il suo insignificante elastico, a donarle la libertà.
Poi però, in un secondo momento, forse presa dalla disperazione o forse presa da un’incrollabile fiducia, cominciò a crederci davvero. Magari Poomo glielo aveva rubato con l’intenzione di darlo a Grace perché lei ci eseguisse sopra uno strano artificio. La teoria poteva anche funzionare, in fondo.
- Come può un misero elastico riportarci alla normalità?- chiese perplessa, osservando Grace di sbieco.
La vecchia schioccò la lingua risoluta, sospirando: - Se non ci credi tu, che sei quella che tanto desidera rimettere le cose a posto, perché dovrei crederci io? – le disse.
Rein sbuffò: ancora enigmi da risolvere.
Afferrò l’elastico non senza esitazione, e se lo mise in testa, legandosi i capelli in una coda alta.
- Non succede niente – disse sconfortata. Per un attimo ci aveva creduto davvero.
Grace scosse la testa sorridendo.
- Non serve desiderarlo, serve volerlo – ripeté, quasi stesse recitando un mantra antico secoli – Non importa cosa vi farà tornare normali, ma come agirete per ottenerlo. Il segreto è tutto qui – le disse, e si alzò dalla panchina sulla quale era seduta, per dirigersi verso una meta sconosciuta.
- Ehi, aspetta un attimo! Cosa intendi dire? – le gridò dietro Rein disperata, nella piena confusione del non sapere che fare.
Non lasciarmi anche tu, sola in mezzo a tutto questo frastuono.
Poomo miagolò forte verso di lei, e le sfilò di nuovo l’elastico dai capelli per riportarlo alla padrona.
- Questo lo terrò io per un po’. Te lo restituirò quando sarai pronta – asserì Grace, facendole un occhiolino in segno di saluto – Se avrai bisogno, saprò dove trovarti –
- Pronta per cosa? Possibile che debba essere tutto così poco chiaro e confuso? Aspetta! Dammi almeno un’indicazione!- le strillò ancora Rein dietro, percependo un vuoto angosciante impadronirsi di lei.
Grace, ancora una volta, sorrise.
- La soluzione ce l’hai proprio davanti agli occhi, eppure neanche te ne accorgi. E dire che la cieca, tra le due, sono io – e finalmente scomparve, lasciando dietro di sé soltanto il suono allegro e ridondante della sua risata a spandersi nell’aria.
La brezza riprese a soffiare, sempre più forte, riempiendo gli occhi, la bocca, le orecchie di Rein. Era talmente forte da risultare quasi insopportabile.
Chiuse gli occhi un solo istante, e quando li riaprì si stupì nel ritrovarsi in piedi di fronte al cancello della villa, quasi non fosse mai uscita di casa quella mattina, Fine al suo fianco poco distante da lei con la stessa espressione stralunata a solcarle il volto.
- Fine! – esclamò Rein dopo un secondo di smarrimento, saltandole al collo sollevata – Ti ho trovata, finalmente! Dove ti eri cacciata? – le chiese.
- Non lo so – rispose l’altra titubante – O almeno, credevo di saperlo, ma forse è stata tutta un’allucinazione –


Angolo Autrice:

Torno prima del previsto!
Bello riaggiornare in tempi decenti ogni tanto!
Che dire, questo è un altro capitolo di transizione, ma molto importante, perchè si scopre una piccola verità. Che ve ne pare del ruolo che ho voluto dare a Grace? In realtà l'ho sdoppiata, non chiedetemi da dove mi sia venuta questa idea malsana, ma mi piaceva così, e l'ho lasciata. 
Dunque ora le nostre Twins sanno chi le ha scambiate di corpo, ma non sanno ancora come tornare normali. Voi un'idea ce l'avete? Ce la faranno mai?
Con questi dubbi, vi saluto e vi do appuntamento al prossimo capitolo.
Un grazie a chi è sempre presente e mi sprona con le sue belle parole a proseguire questa storia.
Baci sparsi.

_BlueLady_

 

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Capitolo 19
*** Quel Che mi Spaventa ***


~ CAPITOLO 18: QUEL CHE MI SPAVENTA ~
 
- Ho le allucinazioni, oppure stamattina ti vedo per la prima volta entrare in acqua con le tue gambe? –
Il commento sarcastico di Shade accompagnò l’entrata in acqua trionfale di Rein, quella mattina – la prima senza che fosse lui a prenderla di peso e portarcela di forza – che subito arricciò il naso piccata, per niente divertita dalle sue parole.
Shade ghignò, osservandola camminare verso di lui con le gambe rigide ed i pugni chiusi, quasi trattenendo il respiro dalla paura, e pensò a quale stratagemma inventarsi quella volta per farla nuovamente sciogliere e liberarla dalle costrizioni che la sua mente le imponeva.
- Risparmiati le frecciatine, Shade. Stamattina non sono in vena –
- Esattamente, quando sei in vena, Fine? –
Lei lo fulminò con gli occhi, continuando imperterrita ad avanzare.
Sorrise: probabilmente lo odiava ogni giorno di più.
- Alzarsi presto ti rende nervosa. Fatto le ore piccole anche stanotte, stellina? Vergognati: lo sai che dormire poco non fa bene alla pelle. Fa venire le rughe –
- Anche avere un broncio da iena depressa tutto il tempo fa invecchiare a vista d’occhio – gli sibilò lei in risposta, contrattaccando con un colpo da maestro.
Shade ghignò, divertito dal suo broncio permaloso.
Odioso, era semplicemente odioso. Perché si divertiva tanto a renderle la vita impossibile? Come se tutta la situazione paradossale che stava vivendo in quel momento non fosse già abbastanza. Rein detestava tutto quello scompiglio, così come detestava Shade quando prendeva a punzecchiarla in quel modo. Stupida lei che continuava a dargli corda. Perché si ostinava sempre ad abbassarsi al suo livello?
Quella mattina erano andati al limite della secca, fino a toccare il fondale marino solamente con la punta dei piedi, ed il moro le aveva espressamente ordinato di sdraiarsi a pancia in su e provare a tentare qualche bracciata verso il largo a dorso, per poi tornare a nuoto fino a riva.
- Scordatelo – gli aveva risposto Rein risoluta – Più in là di così non vado -
- Non ti sto chiedendo se vuoi farlo, ti sto dicendo che devi farlo. Chi è l’insegnante di nuoto tra i due? –
- Lo sai che vado nel panico in mare aperto! Come puoi chiedermi di spingermi a largo come se niente fosse? – gli disse lei, il cuore a mille.
- Fine, tu sai nuotare, devi solo essere in grado di liberarti dal tuo blocco psicologico. Ti sto dicendo di avere fiducia in te stessa – le aveva risposto lui secco – Libera la mente e lasciati andare. Il tuo corpo sa come si fa -
Rein deglutì un boccone di saliva amaro, volgendo una rapida occhiata all’orizzonte, così vasto da toglierle il respiro. Pensò che non ce l’avrebbe mai fatta a spingersi più in là di dove era in quel momento: a malapena sapeva muovere qualche bracciata di stile, figuriamoci nuotare a dorso, senza neanche guardare dove fosse diretta mentre guizzava nell’acqua. L’idea di non avere il controllo della situazione la mandava letteralmente nel pallone.
Osservò Shade negli occhi, pregandolo di aiutarla ad uscire da quella situazione di impasse. Lui le restituì uno sguardo determinato, deciso.
- D’accordo, ho capito. Mettiti a pancia in su con la testa rivolta verso di me – le disse in un sospiro, capendo che non era ancora il momento per chiederle un simile salto nel vuoto.
- Ma…- protestò ancora lei, più cocciuta di un mulo, ma Shade fu irremovibile. In pochi secondi Rein si ritrovò pancia all’aria, con la testa appoggiata al petto del moro, e le spalle a premergli sugli addominali.
Istintivamente, il suo cuore fece un sobbalzo nel petto.
Shade le ordinò di muovere le gambe una dopo l’altra, mentre con la punta delle dita le sfiorava le braccia, guidandola nei movimenti un passo alla volta. Ogni volta che si sentiva sfiorare, una scossa elettrica simile ad una scarica di adrenalina le accendeva i sensi, andandole ad ingigantire il cuore.
Uno, due, uno, due.
- Brava, così – sentì Shade sussurrarle all’orecchio, con voce calda e malleabile – Concentrati soltanto su ciò che senti -
Rein chiuse gli occhi, mentre il cuore continuava a bruciarle in petto, andandole ad infiammare la gola e la bocca. Se soltanto avesse potuto, avrebbe chiesto a Shade se una simile sensazione la stesse provando anche lui in quel momento. Possibile che nuotare con lui le facesse sempre quell’effetto?
Ancora uno, due, uno, due.
La voglia di baciare Shade sulla punta delle labbra tornò a roderle prepotentemente la bocca dello stomaco. Perché quell’istinto così primitivo tornava a tormentarla? Perché proprio in quel momento?
Se stava in silenzio, poteva udire il mormorio sommesso dell’acqua nelle orecchie, lo scoppio degli schizzi provocati dalle sue braccia, il respiro pesante del moro su di lei, ed i loro cuori battere all’unisono.
Uno, due, uno, due.
Le sembrò quasi di stare nuotando da sola.
- Ce l’hai fatta, Rein!-
Per un istante soltanto, le parve che Shade la stesse chiamando con il suo nome.
Fu la sensazione di un attimo, ma quando riaprì gli occhi, spaesata e disorientata da tutto quel frastuono di emozioni, vide soltanto un paio di occhi bui come la notte scrutarla impassibili, affondando le iridi nelle sue, agganciandosi al cuore.
Istintivamente arrossì, trattenendo il fiato. Nonostante l’imbarazzo del momento, si sentiva inspiegabilmente a casa. La distanza tra le loro bocche era pari a quella di un respiro.
Shade sorrise malizioso, provocatorio.
- Non mi sembra ti dispiaccia poi tanto – le sussurrò, beffardo.
- Cosa? – chiese lei, senza capire.
Lui, ancora una volta, sorrise.
- Il mio broncio da iena depressa – continuò, e subito Rein avvertì una punta di spillo pizzicarle la coscienza, e la ragione impadronirsi di lei.
Nonostante il suo sguardo truce, il rossore sulle sue gote parlava da sé.
Shade si abbandonò ad una risatina che sapeva di consapevolezza e vittoria.
- Toh, è comparsa un’altra ruga – disse, e non fece in tempo ad aggiungere altro, perché già Rein aveva preso ad insultarlo, rompendo in un istante la curiosa sintonia che si era creata tra loro in un battito di ciglia.
 
¤¤¤¤¤¤
 
- Bright, che cosa ci fai qui?-
Con quelle parole Fine lo accolse quella mattina, sorpresa ed imbarazzata, non appena se lo vide spuntare sotto la soglia di casa con un sorriso raggiante ed un pacchettino tra le mani.
Il biondo sorrise, trattenendo a stento l’entusiasmo di vederla.
- Sono venuto a portarti la colazione! – esclamò euforico, mostrandole il contenuto del pacchetto – Brioche al cioccolato e ciambella. So che sono i tuoi preferiti – e le fece un occhiolino complice, sapendo di averla letteralmente presa per la gola.
A Fine si illuminarono gli occhi, mentre sentiva già pervadersi dall’acquolina in bocca.
- Che meraviglia! – esclamò sognante, ed i cattivi pensieri svanirono.
Come poteva deprimersi di fronte ad una brioche al cioccolato?
Aveva già fatto colazione con un’abbondante tazza di latte e biscotti, ma non sapeva proprio dire di no alle prelibatezze che le spaziavano seducenti davanti agli occhi, soprattutto perché a portarle era stato Bright. Lo stesso Bright che le aveva appena proposto di condividere la colazione sugli scogli, in riva al mare.
Fine arrossì: quell’invito aveva tutta l’aria di una specie di appuntamento, ma non volle dirlo ad alta voce per paura di rovinare tutto, e distruggere la magia di quel momento.
Sorrise nell’osservare la figura del biondo accanto a sé, così gentile e premuroso nei suoi confronti, tanto da farle ingigantire il cuore.
Quel gesto che per molti poteva risultare quasi banale, scontato, sdolcinato, per Fine rappresentava qualcosa di più.
Pensò, non senza una nota di preoccupazione, che Rein si sarebbe infuriata a morte nel venire a sapere che, ancora una volta, lei riempiva il suo amato corpo di schifezze cioccolatose e zuccherate, ma l’avrebbe certamente perdonata non appena le avrebbe raccontato con chi aveva avuto la fortuna di condividere quelle prelibatezze, e sotto invito esplicito, per giunta.
Sospirò. Bright aveva qualcosa di inspiegabile, di intangibile, e quel lato tanto dolce e premuroso che inevitabilmente la attraeva a lui, facendole acquistare sicurezza in se stessa. Non sapeva spiegarsi neanche lei perché, ma quando era in sua compagnia, la punta di gelosia che le si accendeva nel petto nel pensare a sua sorella e Shade soli in acqua, svaniva completamente. Si sentiva altrettanto fortunata, a condividersi con una persona straordinaria come lui. Ed il cuore le si faceva sempre più gonfio in petto.
Per un istante, le parve quasi che anche il problema dello scambio di corpi passasse in secondo piano. Esistevano soltanto lei, lui, il mare, ed un paio di brioches condivise.
Vide Bright osservare una coppia di ragazzini giocare con il proprio cane nella spiaggia sottostante, e lo sentì sospirare malinconico.
- Cinofobia – sussurrò lui, perso tra i ricordi.
- Eh? – fece lei, senza capire.
Bright le sorrise.
- Credo si chiami così -  disse – la mia paura dei cani –
Fine annuì, abbassando la testa pensierosa.
Il fragore delle onde che si infrangevano sugli scogli riempiva il silenzio che si era improvvisamente interposto tra loro.
- Dimmi una cosa, Bright – prese coraggio lei ad un tratto, catturando la sua attenzione – Perché hai tanta paura dei cani? Voglio dire, se posso saperlo, è ovvio – si affrettò a correggersi non appena lo vide incupirsi, e subito gli strappò un altro sorriso che le fece perdere un battito di cuore.
- Quando eravamo piccoli, io e mia sorella avevamo un cane. Si chiamava Sparkle, ed era come un fratello per noi – cominciò a spiegarle, perdendosi tra i ricordi – Non c’era giorno che non passassimo a giocarci insieme, a coccolarlo. Dormiva persino con noi nel letto di notte, era parte integrante della famiglia. Gli volevo un bene dell’anima, ed il solo pensiero che potesse succedergli qualcosa di brutto mi spaventava a morte. Mi uccideva –
Fine l’osservò di sottecchi, con gli occhi persi all’orizzonte, ed inevitabilmente si ritrovò a pensare a quanto la sua dolcezza lo rendesse fragile, ed allo stesso tempo così amabile ai suoi occhi.
- Un giorno, proprio qui a Wonder, io e Altezza eravamo usciti con Sparkle al guinzaglio per fare la nostra solita passeggiata sul lungomare. Mamma e papà ci lasciavano sempre una mezz’ora di tempo per stare soli con lui, anche se mia sorella aveva quattro anni ed io sette. Sapevano che per noi era importante – sorrise, addolcendosi – Passammo proprio nelle zone della casa del vecchio Jack, dove allora era ancora tutta campagna, e le poche case che c’erano erano protette da recinti malconci, sgangherati, ed era perciò facile per qualsiasi tipo di persona o animale scavalcarli e ritrovarsi in strada – deglutì, sentendo la gola farsi secca – Avevo lasciato ad Altezza il compito di tenere Sparkle al guinzaglio, senza rendermi conto che una delle case vicine aveva il cancello aperto, ed un cane di grossa taglia e dall’atteggiamento aggressivo aveva cominciato a correrci incontro abbaiando come un forsennato. Probabilmente gli stavamo invadendo il territorio, ed avvertiva noi e Sparkle come una minaccia –
Fine trattenne il fiato, già temendo di sentire la conclusione di quel racconto.
Il labbro di Bright cominciò a tremare.
- Istintivamente, urlai ad Altezza di tornare indietro, mentre Sparkle già si parava in atteggiamento difensivo davanti a mia sorella, con l’intenzione di proteggerla. Accadde tutto in un attimo, e non riuscii a fare nient’altro se non osservare la scena, pietrificato dalla paura. Il cane si scagliò su mia sorella, che subito si raggomitolò su se stessa nel tentativo di proteggersi, e la sfiorò con i denti alla testa, ferendola. Poi subito arrivò Sparkle, che cominciò una vera e propria lotta contro il cane, con il tentativo di impedirgli di aggredire anche me. Io provai ad inserirmi per cercare di fermarli, e portare via con me sia Aletzza che Sparkle, ma più provavo ad avvicinarmi più la lotta tra i due si faceva violenta. Non avevo modo di salvare il mio cagnolino dalle grinfie del suo aggressore – si bloccò un istante, trattenendo a stento le lacrime – Vedevo schizzi di sangue ovunque, sia nel punto in cui i due cani lottavano, sia dalla testa di mia sorella, che continuava a sanguinare copiosa mentre lei strillava tra le lacrime. Provai a chiamare aiuto, ma sembravamo esserci solo noi in mezzo alla campagna. Così dovetti fare una scelta. Caricai mia sorella sulle spalle, con il tentativo di riportarla a casa il prima possibile, ed intimai a Sparkle di venire con me. Lui fece per seguirmi, ma il cane si fiondò su di lui, non ancora soddisfatto, ed il mio cagnolino fu costretto a trattenerlo, per difendere noi. Corsi a casa il più in fretta possibile, con l’intenzione di tornare a recuperare Sparkle non appena avessi lasciato mia sorella alle cure di mia madre. Nel tornare indietro, a metà strada, con il cuore in gola ed il petto che scoppiava dalla paura e dalla fatica, vidi Sparkle dirigersi zoppicando e rantolante verso di me, una gamba completamente maciullata e pieno di sangue e morsi ovunque. Lo portammo dal veterinario d’urgenza, nella speranza di riuscire a curarlo, ma ci dissero che era tutto inutile, ormai. Sparkle aveva riportato ferite e lesioni ad organi vitali troppo profonde, e non aveva speranza di salvarsi –
Piombò un silenzio lugubre, cupo, quasi assordante, e Fine vide gli occhi di Bright inumidirsi, mentre avvertiva le lacrime bruciare gli occhi anche a lei.
Non era sicura di essere abbastanza forte da riuscire a reggere tutto quel dolore.
- Quel giorno, persi il mio cagnolino. E non volli avere più animali domestici per il resto della vita – concluse Bright, dopo un istante di apnea. Quei ricordi gli avevano appesantito l’anima, bloccandogli il fiato nei polmoni.
Fine deglutì un boccone di saliva amaro, avvertendo una lacrima sfuggirle dagli occhi.
- Come mai Altezza non mi ha mai detto niente su questa storia?- riuscì solo a dire.
- Altezza era troppo piccola perché potesse ricordare, sebbene anche per lei il trauma sia stato difficile da affrontare. Non so nemmeno se si ricordi di Sparkle, ma non ho voglia di parlargliene. Fa ancora male, dopo tutto questo tempo – le disse Bright, sorridendole malinconico, distrutto, in procinto di piangere.
- Del cane che vi ha aggrediti che ne è stato? – domandò ancora Fine, tentando di digerire ciò che le era appena stato raccontato.
- Siamo venuti a sapere successivamente, che quel cane era da sempre stato tenuto legato al guinzaglio e maltrattato. È stata semplicemente sfortuna che quel giorno fosse stato lasciato libero – sospirò – Non detesto gli animali, ma chi dà loro una cattiva educazione e li maltratta. Se i padroni di quel cane non fossero stati così crudeli con lui, probabilmente tutto questo non sarebbe successo. Un cane non è aggressivo di natura, dipende da come lo educhi. E loro, se non lo avessero adottato, probabilmente avrebbero compiuto un’azione migliore. È andata così, semplicemente – disse secco.
Fine l’osservò riportare lo sguardo all’orizzonte, cercando una distrazione tra le onde nel mare. Lo vide deglutire a fatica, quasi si stesse trattenendo con tutto se stesso dal piangere.
Istintivamente, gli posò una mano sulle sue. Mai aveva azzardato un simile contatto di sua spontanea volontà con lui, fino a quel momento. Era un gesto che le era venuto dal cuore.
Bright portò lo sguardo nella sua direzione, ancora malinconico, ancora spaesato.
- Scusami – gli disse lei, sinceramente dispiaciuta – Non avrei dovuto farti una simile domanda –
Lui le sorrise dolcemente, il cuore pieno.
- Hai fatto bene, invece. Mi sono liberato di un peso che mi opprimeva da tempo – le rispose, profondamente riconoscente.
Fine lo osservò un istante negli occhi, e subito lo fece.
Si avvinghiò a lui, soffocandolo in un abbraccio che sapeva di condivisione e conforto. Non seppe spiegarselo nemmeno lei, ma era come se sapesse che Bright, al momento, non avesse bisogno di nient’altro che quello.
- Puoi piangere, se vuoi – gli sussurrò, nascosta nel suo petto – Non devi vergognarti davanti a me -
Il biondo sgranò gli occhi incredulo di fronte a quel gesto così spontaneo ed inaspettato, e subito rispose all’abbraccio, affondando il viso tra i capelli di lei. Profumavano di dolce.
Chiuse gli occhi, ancora senza lasciarla andare, sentendo la cicatrice nel cuore rimarginarsi pian piano. Fine aveva il potere di aggiustare le persone. Per questo l’ammirava tanto.
E pianse.
Non fu un pianto sguaiato, strillato, disperato, ma un pianto silenzioso, discreto, fatto di lacrime che inumidivano le guance ed i capelli, senza fare rumore.
- Grazie – le sussurrò impercettibilmente.
Si sciolsero dall’abbraccio, un po’ impacciati ed irrigiditi per l’imbarazzo, con le gote in fiamme.
Fine tornò a raggomitolarsi su se stessa mentre Bright si asciugava gli occhi, chiedendosi cosa mai le fosse preso così di punto in bianco. Per poco non le era passato per la testa di baciarlo sulle guance ancora umide, fino ad arrivare alle labbra.
Lo osservò ancora una volta tornare sereno, la brezza a scompigliargli i capelli.
Lo trovò incredibilmente bello, nella sua nostalgia. Rein aveva ragione ad innamorarsi di uno come lui.
Arrossì, ripensando nuovamente alle parole che le aveva sussurrato all’orecchio, pochi giorni prima.
“Davvero ti interesso, Bright?”
Quella domanda si fece prepotentemente spazio tra i suoi pensieri, e per poco non se la lasciò sfuggire dalle labbra.
Si morse la lingua, conscia che era opportuno tenersi quel dubbio per sé.
- E tu, Rein? – le chiese Bright ad un tratto a bruciapelo, tornando a sorriderle – Di cosa hai paura? Oltre che dell’acqua e dei crostacei –
Fine sgranò gli occhi, colta alla sprovvista, scavando dentro se stessa per cercare le parole.
Nulla poteva nascondere a quello sguardo docile e comprensivo, capace di abbattere qualsiasi muro.
Deglutì a fatica, sentendosi pungere gli occhi di sconforto, e ricacciando a forza le lacrime in gola.
- Ho paura di perdermi – rispose soltanto, con un filo di voce.
 

Angolo Autrice:

Non riesco a crederci, ogni tanto aggiorno anche in tempi decenti.
Ebbene sì, ogni tanto torno a farmi viva con qualche aggiornamento, ed oggi è toccato a Switch. In questo capitolo ho voluto dedicarmi al rapporto di Rein con Shade, ma soprattutto di Fine con Bright. Come ho detto sin dall'inizio, la mia intenzione era quella di rendere, nei limiti del possibile, entrambe le gemelle protagoniste di questa storia, e devo ammettere che la difficoltà raddoppia, perchè non solo sono scambiate di corpo, e quindi per far accadere determinate cose devo aspettare che tutti i personaggi siano "psicologicamente pronti" a farle, ma pensare ogni volta a scene pseudo fluffose per l'una e per l'altra gemella, senza essere ripetitiva e cercando di essere anche un minimo originale, mi costa davvero parecchia fatica.
Però ammetto che tutto questo mi diverte, e nonostante tutto spero diverta anche voi.
So che chi mi legge è in attesa di momenti più "scottanti", io posso solo dirvi che arriveranno, ma prima le due gemelle devono essere veramente pronte e, perchè no, anche Bright e Shade :)
Io ringrazio infinitamente chi mi ha seguita fin qui.
Baci

_BlueLady_

 

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Capitolo 20
*** Bellezza Nascosta ***


~ CAPITOLO 19: BELLEZZA NASCOSTA ~
 
Era passato ormai un mese da quando le cinque amiche erano giunte a Wonder per la vacanza più eccitante del secolo.
Le giornate trascorrevano veloci come solo i bei momenti liberi da ogni preoccupazione sanno fare, e per festeggiare la loro indipendenza e l’amicizia con il resto del gruppo, divenuti ormai inseparabili, Altezza aveva deciso di coinvolgere tutti in un’eccitante festa sulla spiaggia quella sera stessa.
- Sarà una figata, ve l’assicuro – aveva esclamato, tutta elettrizzata, non contenendosi dall’emozione – Ci saranno musica, cocktails, un bel falò sulla spiaggia, e potremo far tardi e stare fuori tutta la notte senza che nessuno ci faccia delle storie –
Le amiche avevano accolto l’idea con entusiasmo, appoggiate dai ragazzi che non vedevano l’ora di passare una notte fuori dal quel buco di appartamento che avevano affittato come residenza estiva.
- Sarà una grande serata!- aveva esclamato Rein, con gli occhi che brillavano – Indosserò senz’altro il mio completo migliore!-
- Sento l’adrenalina scorrere nelle vene! È tutto così eccitante!- aveva esclamato Sophie, quasi strillando nelle orecchie di Altezza che già aveva preso a maledirla silenziosamente.
- Bisogna per forza vestirsi eleganti? – aveva domandato Fine titubante, quasi sul punto di rifiutare.
- Rein, da te questa domanda proprio non me l’aspettavo! – la rimproverò Altezza, quasi sconvolta di ciò che aveva appena sentito uscirle dalle labbra – Speravo che, tra tutte, tu saresti stata proprio quella più entusiasta all’idea di poter finalmente sfoggiare il tuo look migliore!- e le si avvicinò all’orecchio con fare circospetto, con un’espressione birichina dipinta in volto – è l’occasione giusta per far colpo su qualcuno… - le sussurrò poi, accennando con un’occhiata al fratello che chiacchierava allegramente con Auler e Mirlo poco distante.
A quelle parole, il cuore della finta turchina fece una piccola capriola nel petto.
- Ecco… come dire, sì, devo… devo pensare bene a cosa mettermi…- cominciò a biascicare imbarazzata, nella più totale confusione.
- Ah, Fine, cercavo giusto te! – esclamò la bionda ad un tratto, afferrando Rein per un braccio mentre stava dando sfogo a tutto il suo entusiasmo al grido di “Yeah! Rock’n Roll!” – Per incentivarti ulteriormente, anche se mi sembri già abbastanza carica di tuo, ti comunico che ci sarà anche un enorme buffet ad accompagnare la serata, colmo di qualsiasi prelibatezza tu sia in grado anche solo di immaginare –
- Un buffet?!- aveva esclamato Fine su di giri, riacquistando tutta la sua carica, con gli occhi che le brillavano e l’acquolina in bocca. Aveva ascoltato accidentalmente il discorso che Altezza aveva fatto alla sorella, che al contrario delle aspettative della bionda, non dimostrò il minimo interesse per la notizia appena comunicatale. L’amante del cibo, del resto, non era lei.
- Cosa aspettiamo a buttarci nella mischia? Yeah, Rock’n Rooolll!- aveva strillato Fine euforica, facendo eco alla sorella, e Altezza non aveva potuto fare a meno di osservare le due amiche stranita, pensando che l’amore, a volte, era davvero in grado di cambiare le persone fino al midollo, rendendole quasi irriconoscibili.
Osservò ancora le due amiche cimentarsi in un curioso balletto di esultanza, rendendosi ridicole di fronte a chiunque ed incespicando sui loro stessi piedi, e sbuffò inacidita.
- Volete piantarla adesso? Siete peggio di due bambine di cinque anni! Ci guardano tutti!- strillò rossa in viso, mentre quelle realizzavano improvvisamente l’accaduto, e avevano preso ad agitarsi, colte dall’imbarazzo, attirando ancora di più l’attenzione su di sé.
Altezza scosse la testa rassegnata, e sorrise.
C’erano cose, tuttavia, che neanche l’amore sarebbe riuscito a cambiare fino in fondo.
 
¤¤¤¤¤¤
 
- Fine, Rein, siete… - irriconoscibili, avrebbe voluto esclamare Bright non appena se le vide comparire davanti, ma capì che quello non era l’aggettivo più adatto per iniziare la serata, se non voleva partire subito con il piede sbagliato -… diverse - si limitò a dire, osservando sconcertato le due che gli stavano di fronte, affiancato da un altrettanto sconcertato Shade, che aveva preso a scrutarle di sottecchi alzando un sopracciglio.
Le due gemelle abbassarono lo sguardo imbarazzate, quasi sentendosi completamente nude ai loro occhi.
- D-dici che siamo troppo inadeguate? – balbettò Fine titubante, maledicendo la sorella per essersi lasciata convincere a vestirsi in quel modo – e per vestirsi non intendeva certo lei nei panni di Rein, ma di come la gemella aveva conciato il suo adorato corpo, rendendolo una sorta di abat-jour ambulante con tanto di lampadario annesso alle orecchie.
- Non ti piace, forse?- esclamò Rein preoccupata, maledicendo la sorella a sua volta per non avere voluto darle la soddisfazione di vedere se stessa abbigliata di tutto punto, magari con un vestito carino ed elegante al posto dei soliti noiosissimi shorts, almeno quella sera. Quella notte avrebbe potuto rappresentare finalmente una svolta nei loro rapporti con i rispettivi ragazzi, e Fine aveva sciupato da subito tutto così.
Che destino crudele, si ritrovò a pensare affranta, ma poi si consolò un minimo pensando che, se non altro, era almeno riuscita a convincere Fine a desistere dal pettinarsi con il solito infantilissimo paio di codini, optando per due trecce lunghe ed eleganti che aveva fatto lei stessa – non senza strilli e urla da parte della sorella insofferente – e che le correvano sinuose lungo le spalle ed il corpo.
- I capelli lunghi sono una vera tortura, non sai che sofferenza doverseli pettinare tutte le mattine! Ma come fai a convivere con questo inferno? – aveva piagnucolato Fine coi lacrimoni agli occhi, mentre Rein le scioglieva i nodi imperterrita, insensibile ai suoi lamenti.
- Se tu imparassi a tenerli decentemente, invece che farmi sembrare la brutta copia di Tarzan e Jane nella giungla, non temeresti alcun nodo!- le aveva risposto risoluta – Guarda qui: da quando non li pettino più nei tuoi soliti codini i tuoi capelli hanno acquistato una morbidezza ed una lucentezza unici –
- I capelli lunghi sono uno strazio. Si impigliano dappertutto, non si asciugano mai e fanno caldo. Per questo li tengo legati: altrimenti muoio!-
- Sì, ma ogni tanto potresti optare per una pettinatura differente. Che so, una coda di cavallo, uno chignon, delle trecce… sì! Ti farò delle trecce! Bright le adorerà sicuramente!-
- Sicura?-
- Fidati di me! Conosco il mio intuito!-
E invece a Bright non erano piaciute per niente.
Dannata, dannatissima sfortuna.
- Curioso come, per farsi disperatamente notare da qualcuno, si è disposti a cambiare così radicalmente, eh? – era intervenuta Altezza di sottecchi, con sguardo birichino ed un sorriso malizioso in volto.
- Dev’essere per questo motivo, allora che stasera hai deciso di indossare addirittura un paio di scarpe col tacco. Non dici sempre che “i tacchi sono uno strumento infernale fatto apposta per far soffrire voi donne”?- contrattaccò Shade, altrettanto subdolo e maligno – Del resto, lo hai sempre saputo: Auler va matto per le ragazze col tacco – e le fece un occhiolino di intesa mentre quella diveniva rossa come un pomodoro, sotto lo sguardo e le risa divertite e soffocate di tutti i presenti.
- Shade, sei insopportabile! – asserì la bionda piccata, offesa e sdegnata.
- Confermo – le fece eco Rein, lasciandosi sfuggire quella frecciatina dalle labbra prima che potesse trattenerla.
Shade le sorrise malizioso, accogliendo la sua provocazione con un’alzata di spalle.
- Ehi, ci siete già tutti! Mancavamo giusto noi, Auler!- salutò il gruppo Sophie, seguita a ruota dal fratello, che subito avvampò non appena la figura di Altezza, splendida nel suo abitino bianco ed il suo paio di tacchi, gli si presentò davanti agli occhi.
Non appena lo vide, la bionda ammutolì di colpo, abbassando lo sguardo imbarazzata nel sentirsi così profondamente osservata da lui.
- Auler…- balbettò.
- Altezza!- esclamò lui, estasiato – sei…- cominciò, senza poi trovare le parole per descrivere tutta quella meraviglia.
- Irriconoscibile?- gli suggerì Shade maligno, guadagnandosi un’occhiata stizzita della bionda in cambio della sua provocazione – Curioso come, per farsi disperatamente notare da qualcuno, si è disposti a cambiare così radicalmente – asserì poi il moro, recitando alla perfezione le parole della cugina – Non trovi anche tu, Auler?-
- Altezza, sei un vero incanto stasera! Gli occhi di tutti i ragazzi saranno su di te!- asserì Sophie euforica, ignara della silenziosa battaglia che si stava compiendo sotto ai suoi occhi – Hai indossato perfino un paio di tacchi! Ma ci riesci a camminare su quei trampoli?-
- Cosa? Ma certo che ci riesco! – esclamò l’altra offesa – Su andiamo, invece di perdere tempo in chiacchiere. La serata è già cominciata – e mosse un primo passo decisa sotto lo sguardo di tutti i presenti, rischiando quasi di slogarsi una caviglia e di morire rotolando giù dalla rampa di scale non appena poggiò il piede a terra. Le scarpe erano nuove, e decisamente troppo alte per lei.
- Più che per comodità, li indossi per fare scena, eh?- asserì Sophie divertita, osservando l’amica procedere a passo di lumaca con le gambe rigide come pali, appesa alla ringhiera della rampa – Sta zitta, Sophie, e aiutami a scendere questi dannatissimi gradini!- biascicò lei in risposta, con il fiatone e pregando con tutta se stessa di non cadere facendo una figuraccia immane davanti a tutti.
- Dovresti prendere delle lezioni – continuò Sophie, ignara di essere completamente fuori luogo, ed esprimendo qualsiasi parere ad alta voce, di modo che tutti potessero sentirlo – A proposito, lo sai che Auler va matto per le ragazze coi tacchi? Oh, ma questo mi pareva di avertelo già detto una volta…-
- SOPHIE!-
 
- Rein, ti va se andiamo a prendere qualcosa da bere io e te?-
- Eh?!-
Fine osservò Shade di sbieco, quasi le avesse appena proposto di trasferirsi sulla luna insieme.
Non le aveva mai rivolto la parola così direttamente, da quando si erano conosciuti. O meglio, lo aveva fatto quando Rein era ancora se stessa, ma da quando le cose erano cambiate Shade aveva sembrato perdere qualsiasi interesse nei suoi confronti. Per quel motivo quella richiesta risultò alquanto strana alle sue orecchie, e non soltanto alle sue.
Rein, nell’udire quella proposta bizzarra, non poté fare a meno di osservare Shade di sottecchi, come si osserva un pazzo che si aggira in mutande per strada. Le due gemelle si scambiarono un’occhiata perplessa, come a non sapere che fare.
- D-dici a me?- domandò Fine, indicandosi. La domanda più stupida che potesse fare.
- Quante altre Rein conosci?- le domandò Shade, osservandola sospettoso, squadrandola da capo a piedi.
Fine si voltò disperata verso la sorella in cerca di aiuto, come a chiederle approvazione. Rein le fece un cenno con la testa, come a dirle “Accetta. Che vuoi mai che sia?”.
Shade osservò entrambe alzando un sopracciglio. Quell’inaspettata crisi di panico che aveva scatenato la sua proposta pareva averle messe in seria difficoltà.
- Ho detto forse qualcosa di strano?- domandò.
- N-no, a-assolutamente!- si affrettò a rispondere Fine, nel più completo imbarazzo – Andiamo!- esclamò, e nel farlo, lanciò un’occhiata stranita alla sorella, che ricambiò lo sguardo con aria confusa e pensierosa.
Rein osservò Shade allontanarsi a fianco della sorella, senza rivolgerle neanche uno sguardo.
Non se lo aspettava, eppure quella proposta a bruciapelo l’aveva spiazzata più di quanto si sarebbe immaginata.
Osservare lui e sua sorella insieme, sebbene al momento Fine stesse recitando la sua parte, le provocò un curioso formicolio all’altezza del petto, pungente, fastidioso, insopportabile.
Era un sentimento nuovo, strano, mai provato prima. Non nei confronti di Shade, almeno.
Sentirsi così messa da parte, senza neanche un cenno, una spiegazione, un’occhiata di conforto da parte del moro, la destabilizzò. Più di quanto pensasse.
Osservò di nuovo Shade, seduto ad un tavolo assieme alla sorella a sorseggiare allegramente i loro drink, e di nuovo il formicolio si fece più persistente, insistente, subdolo.
Era strano. Molto.
Pareva qualcosa di egoista, qualcosa di infimo. Qualcosa di irrazionale, istintivo, così simile alla… gelosia?
- Coraggio, Fine. Che ne dici di sbirciare cosa c’è nel buffet?- la voce di Bright, placida e tranquilla, la riportò alla realtà.
Annuì di rimando, pur restando turbata e pensierosa.
- Andiamo – disse atona.
 
¤¤¤¤¤¤
 
Fine continuava a sorseggiare il suo drink tenendo lo sguardo basso, senza avere il coraggio di puntare gli occhi su di lui.
Era strano, pensò. Da tempo si immaginava come sarebbe stato stare da sola con Shade, ma non avrebbe mai pensato si sarebbe potuta sentire così.
Il suo sguardo indagatore la metteva in soggezione.
Si sentiva persa, osservata, in tensione, messa alla prova.
Niente a che vedere con quello che provava stando con Bright. Con lui si sentiva a proprio agio, rilassata, serena. Sapeva di poter essere se stessa, senza sentirsi giudicare.
Con Shade, beh… non riusciva a spicciare una parola. Più pensava a cosa dirgli, più le parole le venivano meno.
Era quello l’effetto che faceva l’amore?
- Qualcosa non va?– esordì ad un tratto il moro, facendola sobbalzare dalla sedia.
Fine boccheggiò un istante, non sapendo che dire. Sudava freddo.
Non pensava che essere innamorati potesse far stare così male.
- N-no, per niente – rispose – Ti sembra che qualcosa non vada?-
- Sei strana – le rispose secco lui – Sei… diversa
Fine si morse il labbro, senza sapere cosa rispondere.
- A-ah sì?-
Lui bevve un sorso dal suo drink, senza staccarle gli occhi di dosso.
La squadrò da capo a piedi. Quella non gli sembrava Rein. Non la Rein che aveva conosciuto, almeno. Il sandalo basso, gli shorts in jeans, la magliettina sbracciata color pesca che lasciava leggermente intravedere le forme del corpo sottostante… non avrebbe mai pensato che Rein, in un’occasione simile, avrebbe potuto vestirsi così.
Non che stesse male, ovvio – quei pantaloncini, anche se semplici, rendevano giustizia alle sue forme senza essere volgari, dopotutto Rein restava pur sempre una bella ragazza – ma gli pareva un aspetto completamente contrastante con la sua personalità.
Rein era esuberante, attenta, elegante, impeccabile… fin troppo impeccabile. A guardarla in quel momento, gli sembrava quasi di parlare con un’estranea.
E quella costante paura di sbagliare che le leggeva dipinta in viso… cosa nascondeva, in realtà?
- A quanto pare, hai deciso di cambiare, oggi – cominciò poi ad alta voce, facendola sobbalzare di nuovo dalla sedia. Fine sgranò gli occhi, smarrita – Le tue trecce…- asserì lui, con un cenno del capo alla sua acconciatura.
Fine le sfiorò con la punta delle dita, con un tuffo al cuore – N-non ti piacciono?- gli chiese titubante.
Hai visto, Rein? Ti avevo detto che i codini erano meglio delle tue acconciature elaborate.
- Non ho detto questo – le rispose, atono – Dico solo che oggi hai deciso di cambiare –
È un test, questo? Un esame, una prova, cosa? Si chiese Fine, con la gola secca.
- Cambiare ogni tanto fa bene, no? –
- Hai ragione – le sorrise Shade – Così stai bene. I codini sono roba per bambine –
Stette in silenzio ad aspettare un’occhiataccia, una risposta, una sfuriata alla sua provocazione, ma non accadde nulla.
Niente, se non l’ombra di una punta di delusione sul volto della turchina, che subito abbassò lo sguardo rimettendosi a tirare su con la cannuccia il ghiaccio mezzo sciolto del suo drink ormai terminato.
Onestamente, Fine pensò che quelle parole le avrebbero fatto più male.
A rimanere di stucco, quella volta, fu lui.
Se ci fosse stata lei al suo posto, si ritrovò a pensare, probabilmente gliel’avrebbe fatta pagare a suon di insulti e occhiate raggelanti, facendogli passare la voglia di scherzare per almeno una settimana. Il punto è che non ci sarebbe mai riuscita.
Sorrise. Improvvisamente, lo aveva assalito la nostalgia.
- Vado a prendere qualcosa al buffet. Torno subito – le annunciò, alzandosi dal tavolo mentre lei alzava gli occhi su di lui.
Fine sospirò. Avrebbe voluto dirgli qualcosa, ma non ci riuscì.
Fu lui a parlare di nuovo al posto suo.
- Sai Rein – le disse - Ultimamente, mi ricordi molto tua sorella Fine. Ma forse sono soltanto le trecce ad ingannarmi -
 
¤¤¤¤¤¤
 
Rein sospirò, accasciata sul bancone del bar, affranta e con le speranze in frantumi.
La sua chiacchierata con Bright era stata un completo disastro. Non aveva fatto altro che ridere per ogni cosa che diceva, senza spiccicare una parola. Una bambina di cinque anni avrebbe saputo fare di meglio.
Perché le riusciva così difficile comportarsi normalmente di fronte a lui?
Certo, messa come era messa, non sarebbe stato un problema grosso far perdere interesse a Bright di lei, cioè di Fine, dato che quegli erano gli accordi, ma era ben lungi da lei rendere ridicola la sorella agli occhi del biondo.
Rein sapeva che Bright, almeno dal punto di vista fisico, apprezzava Fine. Forse molto più di quanto apprezzasse lei.
L’aveva vista, prima, l’occhiata che le aveva rivolto nel vederla elegante ed impeccabile nel suo vestitino porpora. Per un istante, aveva scorto i suoi occhi brillare, e si era quasi illusa di piacergli. Poi Fine aveva parlato, e non c’era abitino che reggesse il confronto con la dolcezza della sorella.
Rein sospirò amareggiata.
Era bello piacere a qualcuno. Dà la certezza di poter fare grandi cose. Soprattutto se quel qualcuno ricambia.
Osservò la pista da ballo di fronte a sé, dove il moro e sua sorella ballavano vicini, assieme agli altri, senza mai toccarsi.
Era strano vedersi dall’esterno, tentare un così impacciato approccio proprio con Shade.
Sorrise: se fosse stato per lei, a quell’ora nemmeno ci sarebbero arrivati, ad un ballo insieme. Probabilmente avrebbero finito per litigare, accusandosi a vicenda di non sapere ballare, quando ad essere una completa imbranata sulla pista da ballo era solo e soltanto lei, ma per orgoglio non l’avrebbe mai ammesso di fronte a lui, neanche sotto tortura.
Pensare a sua sorella e Bright insieme le provocò una fitta impercettibile al cuore, ma non era niente di paragonabile a quello che stava provando in quel momento, osservando la sorella nei suoi panni accanto al ragazzo che odiava di più sulla faccia della terra.
Niente bruciava più della delusione di essere stata messa da parte. Di nuovo.
Senza pensarci, desiderò con tutta se stessa tornare normale. Ma a quanto pare di desideri si avveravano soltanto quelli sbagliati.
Sospirò.
Visti così, pensò, potremmo anche sembrare una bella coppia.
- Ma che cavolo sto dicendo?- esclamò poi ad alta voce, riscuotendosi dai suoi pensieri.
- So che ci stai pensando - si sentì sussurrare ad un tratto alle spalle.
Voltò la testa di scatto, e quasi non le venne un colpo nel ritrovarsi un volto rugoso e sorridente scrutarla a pochi centimetri dal suo.
- Grace!- strillò colta di sorpresa, con un tuffo al cuore – Hai deciso di farmi morire di infarto?-
La vecchina ridacchiò da dietro al bancone, tutta indaffarata nelle sue faccende.
- Cosa stai facendo? Da quanto tempo sei lì? - le domandò poi, osservandola di sbieco maneggiare alcune bottiglie di liquore e due bicchieri.
- Non lo vedi? Preparo un cocktail – le rispose quella, come se fosse la cosa più ovvia del mondo – Sono in servizio -
- Lavori qui?- chiese Rein perplessa, domandandosi come facesse una signora così anziana e per giunta cieca a vivere una simile vita.
- Al momento sì. Ma solo perché ci sei tu – sorrise lei di rimando.
- Mi vuoi dire che mi stai seguendo? Ma cosa sei, una stalker per caso?- esclamò Rein, scostandosi dal banco con fare piccato.
- Te l’ho detto, no? Se hai bisogno so dove cercarti. Infatti eccoti qui. Lo preferisci dolce o secco?-
- Cosa?-
- Il cocktail. Cosa sennò?-
Rein la squadrò da capo a piedi per un istante, domandandosi se fosse soltanto lei ad essere pazza e vedere quella strana vecchina armeggiare con centinaia di superalcolici, o se per il resto del mondo tutto ciò fosse normale.
- Mi stai prendendo in giro?- le domandò.
- Ho capito, faccio io – sbuffò la vecchia, e in quattro e quattr’otto le preparo un’invitante bevanda color verde menta, adornata da un’elegante decorazione esotica.
Rein osservò il bicchiere stupita, domandandosi come riuscisse una vecchia cieca a fare tutto ciò che faceva lei. Ormai doveva smetterla di farsi domande a cui non sapeva rispondere. Di cose strane, a quel punto, ne aveva viste parecchie. Non aveva neanche più senso chiedersi perché.
- Assaggia- le disse Grace, allungandole il bicchiere.
Rein, dapprima titubante, alla fine decise di fidarsi, e tirò su un sorso con la cannuccia.
- È dolce – disse solo.
Grace sorrise – Come piace a te –
Rein abbassò lo sguardo, sorseggiando il suo drink. Avrebbe voluto domandarle come diamine facesse a conoscere i suoi gusti, ma si rese conto che sarebbe stato inutile chiederlo. Ormai l’aveva capito che quella vecchina non era qualcosa che si potesse definire normale, o meglio, umana.
Grace attese qualche secondo perché lei finisse di gustare l’ennesimo sorso, e non appena Rein appoggiò il bicchiere sul banco pensierosa, parlò.
- Qualcosa ti preoccupa – osservò arguta, scrutandola con i suoi occhi vitrei.
Rein non rispose, continuando a tirare su con la cannuccia, mentre osservava da lontano Shade, la sorella, Bright e tutti gli altri divertirsi insieme. Volse uno sguardo fugace in direzione dei due ragazzi, soffermandosi sulla figura del moro, apparentemente sereno e tranquillo, pur non essendosi considerati dall’inizio della serata.
Sospirò. Shade, quella sera, era più bello del solito. Non l’aveva mai notato prima, ma il suo modo di fare aveva un che di accattivante, che lo rendeva affascinante. Era proprio quello a mancarle più di tutto, quella sera.
Eppure lui sembrava trovarsi così bene senza di lei a rompergli le scatole ogni istante.
Improvvisamente si sentì quasi mancare il respiro, e le venne quasi da pensare che, là dove stavano i suoi amici, non c’era spazio per lei. Accanto a Shade, non c’era spazio per lei.
Abbassò lo sguardo, punta nella coscienza. Faceva più male di quanto pensasse.
- È carino, vero?- le domandò a un tratto Grace alle spalle, cogliendola di nuovo alla sprovvista.
- Chi?- domandò Rein, quasi fosse stata colta in flagrante, trattenendo il respiro.
- Shade. Chi sennò?- esclamò Grace, scoppiando in una risatina sommessa.
Rein riprese ad osservare il ragazzo, soffermandosi sui particolari. I capelli, il volto, gli occhi, la bocca. Ricordò quando era stata colta dall’improvvisa voglia di baciargliela. Ripensò alle sue lezioni di nuoto assieme a lui, ed alla sensazione che aveva provato sulla pelle la prima volta che l’aveva toccata. Tornò a bruciarle proprio in quel punto, finché il pizzicore non le corse su per la schiena, fin nelle corde vocali, per poi rintanarsi nel petto, all’altezza del cuore.
Istintivamente arrossì. Poi sorrise.
- Sì…- mormorò piano, un sussurro impercettibile.
- Anzi, è proprio un bel ragazzo – rincarò la dose Grace, sempre più convinta.
- Aspetta un attimo – asserì Rein, riprendendo coscienza di sé, quasi avesse appena scoperto un imbroglio – Come fai a vederlo, se sei completamente cieca?-
Grace sorrise fiera, premurosa, materna.
- Non servono gli occhi, per vedere la bellezza che ognuno nasconde dentro di sé – rispose.


Angolo Autrice:

Decisamente era ora di aggiornare.
Bene, bene, bene, cosa abbiamo qui? Un capitoletto finalmente un pò spumeggiante, dopo aver passato un pò di tempo a lasciare che i nostri personaggi si scoprissero l'un l'altro. E, credetemi, siamo solo all'inizio. Sì, perchè da qui in poi le cose si complicano ulteriormente.
Avevo proprio voglia di arrivare a questo punto. A dire la verità, non vedevo l'ora. Sia perchè, col prossimo capitolo, ho intenzione di smuovere un pò le acque, sia perchè mi sono divertita a scriverlo, soprattutto la parte tra Rein e Grace.
Che ve ne pare? Vi piace il carattere di questa vecchina dalle mille risorse? Io lo adoro, lo ammetto.
Come potete vedere, le sorprese non finiscono mai, e ne ho in serbo ancora tante. Per ora posso solo anticiparvi che, se questo capitolo mi è piaciuto scriverlo, il prossimo semplicemente lo adoro. Ma intanto, vi lascio col dubbio.
Grazie a chi mi segue e mi sostiene. Ci si vede al prossimo aggiornamento!
Baci sparsi

_BlueLady_

 

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Capitolo 21
*** Nostalgico Notturno ***


~ CAPITOLO 20: NOSTALGICO NOTTURNO ~
 
- I tacchi sono uno strumento infernale fatto apposta per far soffrire noi donne!-
Finalmente era arrivata, la frase della serata che tutti quanti stavano aspettando, e con un leggero ritardo rispetto a quanto tutti si sarebbero immaginati.
La bionda stramazzò a sedere, con i piedi pulsanti e doloranti, maledicendo tra sé e sé quei trampoli infernali che aveva deciso di indossare per lui.
- Per essere belli bisogna soffrire, un corno!- sbottò – Ma come diamine fa mia madre a portarli tutti i giorni, perfino per andare a lavoro? –
- Cosa non si fa per amore, vero?- tentò di consolarla Sophie, ottenendo come unico risultato quello di fare inacidire ancora di più la bionda.
- Al diavolo! Non mi ha considerata per tutta la serata quel demente! Scema io che sto ancora a perderci tempo!- sibilò Altezza inviperita con il mondo, sputando veleno da tutti i pori al pensiero di come Auler, poco prima, si fosse fatto completamente imbambolare da due ragazze belle, alte, coi tacchi, finendo per ignorarla completamente e lasciarla sola al suo destino.
Questo, almeno, era quello che credeva lei.
Il povero Auler, infatti, non aveva colpe, bensì era stato preso di mira, e nonostante tentasse in tutti i modi di congedarsi gentilmente dalle due donzelle per dedicarsi all’unica che gli interessasse veramente in tutta la sala, non c’era stato verso di convincerle.
Ci volle l’intervento di Shade e Bright perché finalmente riuscisse a liberarsi dalle loro grinfie.
Non appena i due ragazzi accorsero in suo aiuto – Quelli sono i tuoi amici?- avevano esclamato le due estasiate, con gli occhi che brillavano, ed il povero Auler finì presto nel dimenticatoio. Un amore intenso, ma breve.
Le due ragazze, però, non erano state altrettanto fortunate, in quanto Bright e Shade erano attratti da ben altri interessi che lo stare a socializzare con loro, dunque rimasero sole, sul divanetto dove prima era stato trascinato anche Auler, con un palmo di naso.
- Altezza, tutto bene?- riuscì finalmente ad avvicinarla il ragazzo, sedendosi accanto a lei mentre Sophie, Lione e Mirlo si dileguavano pian piano senza dare nell’occhio, e la bionda lo accolse con un’occhiata di stizza, profondamente offesa dal suo comportamento.
- Niente che possa interessarti – gli rispose, con i piedi che parevano scoppiarle nelle scarpe.
Auler, anche sotto consiglio dei due amici che conoscevano la bionda da quando erano nati, non si diede per vinto. Con Altezza ci voleva pazienza, e lui ne aveva più del necessario.
Senza chiederle il permesso le sollevò entrambe le gambe, poggiandole sulle sue, e le tolse quella sottospecie di trampoli dai piedi.
- Che fai?!- esclamò la bionda avvampando, presa in contropiede.
I piedi di Altezza celavano un paio di vesciche, di cui una sanguinante in corrispondenza del tallone sinistro, ed un solco profondo come il Grand Canyon in corrispondenza dell’apertura delle scarpe.
La bionda desiderò sprofondare sottoterra in quello stesso istante. Una ragazza perfetta come lei non poteva permettersi di avere vesciche, non davanti al ragazzo che le piaceva.
Auler sorrise, mentre afferrava un cubetto di ghiaccio da una ciotola vicina, e glielo passava sui piedi doloranti.
Un brivido guizzò lungo la schiena della bionda, ma non seppe dire se fosse per il contatto con il freddo, o per l’emozione del momento.
- Sai Altezza – le confessò ad un certo punto Auler, senza cessare il suo operato meticoloso – A me piaci anche senza tacchi –
 
¤¤¤¤¤¤
 
- Eccoti, finalmente. Dove diavolo ti eri cacciata?-
Quelle furono le parole con cui la accolse Shade non appena la intravide, seduta al bancone, a sorseggiare un cocktail in solitudine.
Grace se n’era andata. Le aveva dato le spalle un istante soltanto, e quando si era voltata non c’era più. Sparita, dissolta.
- Cos’è, fai la preziosa stasera? Hai bisogno dei tuoi spazi?- le chiese con un sorriso sghembo stampato sulle labbra, e subito Rein arricciò il naso, accigliata.
- Quella che si fa desiderare non sono certo io – gli rispose acida, voltando la testa di scatto in un’espressione corrucciata.
Shade ridacchiò tra sé e sé.
Quello era ciò che disperatamente cercava, e che mancava a Rein. O almeno, alla Rein con cui aveva avuto occasione di parlare poco prima.
- Ti riferisci a tua sorella?- le domandò provocatorio – Ma come? Non ti lamenti sempre del fatto che sono insopportabile e che ti do sempre il tormento? Pensavo che l’avermi tutto per te a lezione ti fosse sufficiente. Cos’è, sei gelosa per caso?-
- Cos..? Gelosa io? Ma figurati!- si affrettò a rispondere lei, celando come poteva il suo imbarazzo – Non sei ancora così importante da riuscire a rovinarmi un’intera serata, Shade – gli rispose a tono, riacquistando la sua sicurezza.
- Peccato, stellina. Le tue guance rosse sembrano dimostrare il contrario – le soffiò lui maligno, scrutandola negli occhi.
Il cuore di Rein sobbalzò in petto.
- Cosa vuoi, Shade?- gli domandò acida, tentando di ricomporsi.
Il moro alzò le spalle, disinvolto.
- Ero venuto a prendere da bere. E ho trovato te – disse.
Rein l’osservò di sbieco sedersi sullo sgabello accanto al suo.
- Sophie e le altre le ho perse di vista. E Bright e Rein sembravano voler stare da soli –
Chissà perché, quella notizia non le provocò la crisi di gelosia che si sarebbe aspettata.
- Ormai Altezza dovrebbe aver raggiunto il limite di sopportazione – biascicò Rein pensierosa, osservandolo portarsi la cannuccia alla bocca.
Il moro sorrise.
- Esattamente cinque minuti fa – le rispose – A lei ci sta pensando Auler – ed accennò ad un divanetto appartato, sul quale i due se ne stavano comodamente seduti a chiacchierare del più e del meno, in un mondo a parte, i piedi di Altezza ancora sulle gambe di Auler.
Rein sorrise a sua volta.
- Quei due sono incredibili. Quando ammetteranno che tra di loro c’è del tenero?- rise.
Shade l’osservò sciogliersi in quella risata contenuta, e si domandò davvero chi fosse quella che aveva di fronte.
La scrutò, bella ed elegante nel suo vestitino porpora, gli orecchini che sfavillavano a contatto con la luce, e si chiese se davvero quella con cui stava parlando fosse Rein, come pareva suggerirgli la coscienza. Da quando aveva incrociato lei e Fine sul suo cammino, non era più certo di nulla.
Non l’avrebbe mai ammesso neanche sotto tortura, ma quella sera le era mancata davvero la sua compagnia.
Anche se a volte era esasperante, in fondo in fondo gli piaceva quel suo lato del carattere così esplosivo e senza freni, una vera e propria bomba ad orologeria pronta a saltare in qualsiasi momento. Era ciò che l’aveva attirato di più in quella buffa ragazzina. Ancora non riusciva a spiegarsi perché in una come lei era riuscito a trovare una sensazione così calda, così familiare. Per quel motivo stuzzicarla gli riusciva così facile.
Rein era unica, Rein era diversa. Pur lasciando trasparire ogni cosa di sé, per niente capace di tenergliele nascoste, riusciva sempre a cogliere una sfumatura sfuggente, un particolare inafferrabile, la sensazione che ci fosse sempre qualcos’altro di straordinario da scoprire in lei, mai scontata, mai noiosa.
Eppure qualcosa di lei continuava sempre a sfuggirgli.
Rein incastrò lo sguardo nel suo, ridacchiando imbarazzata, messa in soggezione da quegli occhi cupi fissi su di lei.
- Qualcosa non va?- gli chiese.
- Perché ho l’impressione di non conoscere affatto la vera Fine?- le domandò lui a bruciapelo, interrompendo la sua risata a mezz’aria.
Rein lo osservò di sbieco, senza capire.
- In che senso?- gli domandò allarmata.
Shade scrollò le spalle disinvolto, la punta di un sospetto ad infiammargli di nuovo la lingua.
- Sei completamente diversa da come mi immaginavo che tu fossi. Ti pensavo più introversa, più trattenuta. Invece scopro che sei un vulcano di energie, come tua sorella Rein. Ma sei davvero così, oppure quella che porti non è nient’altro che una maschera? – le chiese a bruciapelo, facendola sussultare.
Rein per poco non si sentì morire, sentendosi messa così a nudo di fronte a lui.
Boccheggiò un istante incredula, spaesata, senza sapere cosa dire.
- Non ti piace quello che vedi?- riuscì a domandargli, non avendo trovato di meglio da rispondergli.
Lui sospirò, beffardo.
- Assolutamente. Non ti sopporto, dovresti saperlo – le disse.
Si sorrisero.
Shade terminò in un sorso ciò che restava nel suo bicchiere.
- Su, andiamo – incalzò.
- Andiamo dove?- domandò lei spaesata, presa alla sprovvista.
Lui le rivolse un sorriso sghembo, di quelli maledettamente convincenti ai quali era impossibile dire di no.
- A ballare – le disse, prima di trascinarla in pista con sé.
Maledetto. Me l’hai fatta di nuovo, pensò Rein, lasciandosi convincere.
 
¤¤¤¤¤¤
 
Bright l’osservò sorridente portarsi un pasticcino alla bocca – il trentesimo, per l’esattezza – e masticarlo con gusto.
Gli piaceva osservarla, con quell’aria allegra e spensierata sempre dipinta in viso, come se tutto il mondo fosse bello, semplice, meraviglioso, visto con gli occhi di un bambino.
Accanto a lei, svanivano la malinconia e i cattivi pensieri.
Fine si accorse dei suoi occhi puntati su di lei, e mandò giù di fretta un boccone arrossendo.
- Va tutto bene? – gli domandò, riscuotendolo dai suoi pensieri.
Bright batté due volte le palpebre, poi annuì sereno.
- Ti stanno bene – disse. Fine inclinò la testa di lato senza capire. Lui fece un cenno con la testa nella sua direzione – Le trecce – asserì poi.
- Oh – fece lei, abbassando lo sguardo imbarazzata – Grazie. Avevo voglia di cambiare – rispose.
- Perché?- chiese lui, perplesso.
Fine sospirò, rabbuiandosi un poco.
- I codini sono roba per bambine – sussurrò piano, cercando di trovare una delusione che non la sfiorò minimamente. Nulla.
Bright schioccò la lingua con disappunto, portandola ad alzare lo sguardo su di lui.
- Chi ti ha detto una cosa simile?- le chiese, quasi infastidito.
Fine esitò un istante, prima di rispondere.
- Qualcuno – rispose solo. Non sapeva neanche più lei come definirlo.
- Beh, quel qualcuno deve conoscerti davvero poco allora, perché non sa apprezzare la tua unicità – le rispose il biondo, regalandole un sorriso che le fece perdere un battito – Non cambiare, Rein. Mai -
 
- Qualcuno mi aveva detto che non eri particolarmente portata per il ballo, ma non che fossi un così completo disastro. Oltre che di nuoto, devo cominciare a darti anche lezione di danza, stellina?-
- Non è esattamente questo il modo di rivolgersi alla ragazza che hai appena invitato a ballare, muso lungo – gli rispose lei accigliata, accennando qualche impacciato movimento sulla pista da ballo.
- Ringrazia che sia stato io e non qualcun altro a farlo, perché altrimenti per stasera potevi sognarti di fare conquiste. Ora capisco perché te ne stavi in disparte seduta al bar. Sei completamente negata!- rise.
- Cosa?! Ma se sono aggraziata come un cigno!- replicò lei piccata.
Shade ridacchiò, storcendo il naso.
- Come un brutto anatroccolo vorrai dire. Che razza di passo era quello?-
- Ha parlato Roberto Bolle! Almeno io sono giustificata perché porto i tacchi. Tu che scusa hai, invece?-
Shade scosse la testa rassegnato.
- Sgraziata nel nuoto, sgraziata nel ballo. È matematico – mormorò.
- Come hai detto?- gli chiese lei, voltandosi di scatto verso di lui con aria minacciosa.
Shade alzò le spalle, divertito - Ho detto che è simpatico il modo in cui te la prendi per ogni cosa che dico -
Rein gli lanciò un’occhiata di stizza, tornando a concentrarsi sulla musica che ora stava cambiando ritmo, diventando più contenuto.
Shade l’osservò imbronciarsi, tutta concentrata sui suoi passi, non potendo fare a meno di lasciarsi sfuggire un sorriso.
Buffa. Era l’aggettivo che più le si addiceva in quel momento.
Adorabilmente buffa.
Poteva quasi prendere in considerazione l’idea di farsela piacere per davvero.
La musica cambiò gradualmente, fino a sfociare nelle note di un lento.
Shade vide Rein perdersi, osservandosi intorno smarrita, mentre tutti si adeguavano al ritmo della musica e lei ancora si agitava sulle note della canzone precedente.
Scosse la testa, alzando gli occhi al cielo.
- Che stai facendo?!- esclamò quella allarmata, sentendosi afferrare per un polso e stringersi in vita.
- Ti sto salvando la reputazione – le sussurrò lui all’orecchio, con tono pacato e malleabile.
Restarono un minuto intero così, impacciati e stretti l’uno all’altra, evitandosi con lo sguardo.
- Seguimi – le sussurrò lui ad un tratto.
- Eh?!- domandò lei, con un tuffo al cuore.
- Prova a fare quello che faccio io – le disse guardandola negli occhi, e si mise a guidarla sulle note della musica, come quando erano loro due in acqua da soli, alle sei di mattina, dispersi in mezzo al mare.
Rein concentrò tutta se stessa per seguire al meglio il ritmo del suo insegnante.
Dapprima rigida ed impacciata, piano piano si sciolse, e la tensione che le infiammava le membra fece spazio ad un’inspiegabile fiducia.
Si sentiva al sicuro, come quando si affidava a lui nell’acqua alta del mare, senza mai dubitare che le sarebbe venuto in soccorso, qualora ne avesse avuto bisogno.
Alzò leggermente lo sguardo, e di nuovo si ritrovò ad ammirarne i lineamenti così perfetti, mentre nel petto il cuore pian piano si ingigantiva.
Shade guardava altrove, apparentemente distaccato, perso nei suoi pensieri.
Se soltanto si fosse alzata sulla punta dei piedi, avrebbe potuto baciarlo.
Quel pensiero le parve sciocco, privo di senso, eppure non abbandonò i suoi pensieri nemmeno quando lui voltò lo sguardo su di lei per parlarle.
- Sei ancora rigida – le disse in un soffio – Sembra quasi che tu non ti fidi ancora di me –
Quelle parole la colpirono, aprendole una voragine nel petto che andò ad inghiottirle il cuore.
Shade sorrise malizioso.
- Non dirmi che è il primo lento che balli in tutta la tua vita -
- Certo che no – gli rispose lei, sulla difensiva. Il primo della sua vita era stato con Fango, lo ricordava ancora.
Shade ridacchiò.
- Allora perché hai ancora paura?- le chiese.
Rein boccheggiò un istante, senza sapere cosa rispondere. Non lo sapeva neanche lei, in realtà. Forse era colpa di tutte quelle emozioni contrastanti vissute quella sera, se ancora faticava a lasciarsi andare.
Avrebbe voluto confessarglielo, ma sapeva che non era il caso. C’erano cose che era meglio tenere per sé.
Restarono ancora così, a schivarsi con lo sguardo, percependo l’uno il battito del cuore dell’altra ingigantirsi sotto il peso della gabbia toracica.
Fu così che li trovò Altezza: apparentemente distanti, ma con il petto che implodeva.
- Fine, Shade, vi ho trovati finalmente!- esclamò, prendendoli per mano e sciogliendo la presa l’uno sull’altra – Su, andiamo. È ora – disse eccitata.
- Ora per cosa? Dov’è che andiamo? – le domandò Rein, spaesata e confusa.
Altezza rise.
- Come per cosa, Fine? Il bagno di mezzanotte!- disse quella, trascinandoli con sé fuori dalla pista, fino alla spiaggia.
Nel sentire quelle parole, Rein fermò subito il passo, con un tuffo al cuore.
- Bagno?! Ma se non ho nemmeno il costume!- asserì, con la gola che cominciava a seccarsi.
Altezza ridacchiò di nuovo, mentre già distingueva le sagome del resto del gruppo da lontano, sul bagnasciuga, e faceva loro cenno di avviarsi.
- E questo ti sembra il problema?- le disse euforica, mentre già si sfilava il vestito, e correva verso la riva dove tutti gli altri amici erano già pronti a tuffarsi – Su, coraggio, venite! Si vive una volta sola!- li incitò, prima di tuffarsi ed unirsi agli schiamazzi di Lione, Mirlo, Sophie e tutti gli altri.
C’erano anche Fine e Bright, sulla riva, ad osservarli divertirsi, mentre pucciavano cautamente i piedi tra le onde, lasciando che l’acqua gli andasse a lambire le cosce.
Rein osservò la sorella dispiaciuta, sentendosi in colpa per non permetterle di divertirsi come avrebbe veramente voluto. Doveva pur sempre recitare la sua parte. Quanto a lei, se già le riusciva difficile tuffarsi in mare di giorno, con il fondale ben visibile sotto ai suoi piedi, figuriamoci cosa poteva rappresentare fare un bagno di notte, al buio.
- Un bel problema, eh?- si sentì domandare alle spalle, mentre già il panico si impossessava di lei.
Si voltò verso Shade con aria affranta.
- Non credo di esserne in grado – gli confessò preoccupata.
Shade ridacchiò.
- Anche a ballare, prima, sembrava non ne fossi in grado, poi quando ti sei sciolta eri addirittura guardabile – le disse.
Rein lo osservò con aria di stizza.
- Vedi di non approfittare troppo della situazione, Shade – lo avvertì – Tu vai pure, se hai voglia. Capisco che non posso costringerti a stare qui con una rompiscatole come me –
Il moro la osservò negli occhi, facendosi improvvisamente serio.
- Senza di te non vado – le disse risoluto.
- Cosa?- fece lei – Ma così ti perderai tutto il divertimento!-
- Non è divertente, se non posso un minimo prenderti in giro per il tuo stile a balenottera. Andiamo insieme – propose.
- No – fece lei.
- Coraggio, Fine!-
- Te lo scordi –
- Che vuoi che sia? È come di giorno, ma più divertente –
- Più terrificante, vuoi dire! E se in acqua c’è uno squalo pronto a divorarmi? –
- Sono sicuro che preferirebbe una preda ben più allettante e saporita di te – le disse lui, ridendo della sua immaginazione.
- Ehi, stai dicendo che io non sono abbastanza attraente?!- esclamò lei piccata, con sguardo truce ed offeso.
- Sto dicendo che devi smetterla di lasciare che le tue paure abbiano sempre la meglio su di te – rispose lui, zittendola di colpo. Le porse una mano, come ad incoraggiarla – Coraggio. Non puoi sempre rinunciare a tutto. Ci sono io –
Rein osservò la mano protesa del moro verso di lei, ancora incerta.
- N-non sono sicura di farcela…- balbettò.
- L’unico modo per saperlo, è tentare – sorrise lui – Prendila come una lezione extra. Ti fidi? –
Rein si lasciò condurre per mano fino a riva, con un macigno piantato in gola.
Shade la osservò, notando il suo turbamento.
Le onde si abbattevano sulla riva, trascinandosi via la sabbia sottostante. Le parvero giganti come non mai
- Fine – la chiamò Shade al suo fianco. Si voltò verso di lui, agganciandosi al suo sguardo – Dimmi la verità. Che cosa non sei riuscita a superare esattamente? La tua paura dell’acqua… o la paura di essere tradita? -
Quelle parole per poco non le tolsero il respiro.
Trattenne a stento il fiato e le lacrime, sforzandosi di apparire forte.
Se soltanto avesse potuto, si sarebbe avvinghiata a lui con tutte le sue forze in quel momento, e sarebbe scoppiata a piangergli sul petto.
Si sentì improvvisamente sola.
Tutto ciò che desiderava non era altro che qualcuno che la stringesse forte, e le sussurrasse che tutto sarebbe andato per il meglio. Che lei e Fine sarebbero tornate normali. Che ce l’avrebbe fatta, prima o poi, a superare le sue paure.
Rein, in quel momento, desiderò con tutta se stessa un abbraccio di Shade, eppure non mosse un muscolo per afferrarlo.
Restò immobile dov’era, ad inghiottire l’orgoglio, ricacciando a forza le lacrime negli occhi.
- Anche tu hai qualcosa che ti spaventa, Shade?- riuscì a domandargli, con la voce arrochita dallo sforzo di non piangere.
Il moro sgranò gli occhi impreparato a quella domanda, poi abbassò lo sguardo, impassibile.
- Tutti hanno qualcosa di cui aver paura – le rispose, incupendosi all’improvviso.
I ricordi avevano cominciato a bruciare gli occhi anche a lui.
Rein sorrise amaramente, intrecciando la mano nella sua. Shade nell’avvertire quel tocco delicato, si irrigidì, ma non sciolse la presa.
Per un istante soltanto, restarono in silenzio a contemplare il mare davanti a loro.
- Quindi? – disse Rein, ad un tratto.
Shade la guardò senza capire.
- Cosa?-
Rein tirò su con il naso, sbattendo due o tre volte le palpebre per asciugare le lacrime che pungevano.
- Non puoi uscirtene con una frase da figo così, e lasciare morire lì il discorso. Non hai ancora abbastanza charme per potertelo permettere – gli disse lei, sorridendogli complice.
Shade contraccambiò, accusando il colpo con maestria.
Poi scoppiarono a ridere. Senza un motivo, senza freno.
Risero insieme, forte, di gusto.
Rein terminò soltanto quando il suo sguardo si perse all’orizzonte, tormentata dai ricordi. Un tempo, anche lei e Fango avrebbero riso così insieme. Quando era ancora capace di innamorarsi. Quando non era ancora disillusa dalla vita. Perché sebbene per Bright provasse qualcosa, sapeva benissimo che non era amore. Non ancora, almeno.
Le riusciva difficile persino immaginarsi qualcuno al suo fianco. Eppure qualcuno al suo fianco lì, in quel momento, c’era, e la stava aiutando a compiere un passo che da sola le sarebbe riuscito impossibile affrontare.
Shade l’osservò farsi malinconica, e subito si fece serio.
- Ce l’ho qualcosa che mi spaventa – le disse.
- E cos’è?- gli chiese lei, premurosa.
Lui sospirò.
- La solitudine – rispose, ed istintivamente la presa sulla mano di Rein si fece più forte, quasi a non volerla lasciarla andare.
Rein sorrise, capendo che per il momento lui le aveva detto anche troppo. Per quella sera andava bene così.
- Hai mai fatto il bagno di notte, Fine?- si sentì domandare.
Scosse la testa.
- Mai –
Lui rise.
- Lo vedi? – le disse – C’è sempre una prima volta per tutto –
Mosse un passo verso le onde, trascinandosela dietro.
Quando udì il contatto con l’acqua gelida del mare, Rein trasalì, avvertendo le gambe irrigidirsi, ma si impose di non cedere, quella volta. Si fidava di lui abbastanza da sapere che non l’avrebbe spinta fino al punto di perdere il controllo, di sentirsi in pericolo. Dopotutto, era il suo insegnante.
Si impose di seguirlo, per non lasciarlo solo in balia delle onde. Lo avrebbe fatto per lui, e lo avrebbe fatto per se stessa.
Bastava soltanto immergere un piede nell’acqua, in fondo.
Shade le strinse la mano, come ad incoraggiarla ed accertarsi che lei lo volesse davvero.
- Sei pronta? – le chiese.
Deglutì.
- Credo di sì –
Percepirono la distanza fra loro accorciarsi, fino a sentirsi terribilmente vicini l’uno all’altra.
Si guardarono negli occhi.
Rein sospirò. Shade deglutì.
Si divertirono, quella sera. Più di quello che si sarebbe mai aspettata.
Shade non era ancora così importante da rovinarle un’intera serata, ma sicuramente era sufficiente a cambiargliela in meglio.

Angolo Autrice:

Finalmenteee! Non avete idea della voglia che avevo di arrivare a questo punto! Ce ne ho messo, ma alla fine ce l'ho fatta! E devo ammettere che sono anche piuttosto soddisfatta.
Che dire, avevo proprio voglia di una bella scenetta BlueMoon (anche se in questo caso non si può parlare proprio di SheRein al cento per cento, ma vabbè, dai, alla fine sono sempre loro <3), e ammetto che in questa storia mi ci sono voluti ben 21 capitoli prima di arrivare ad un inizio di qualcosa tra i due o__O mi stupisco davvero di me stessa, di solito cedo molto prima!
In ogni caso, come potte vedere in qualche modo i due sembrano essere molto in sintonia, e Shade soprattutto si dimostra per Rein una spalla su cui contare, una sorta di certezza per spingerla ad affrontare le sue paure.
Da qui in poi le cose cambieranno... e spero di essere in grado di appassionarvi come ho fatto fino ad adesso.
Non mi resta che ringraziare di cuore chi mi segue, e darvi appuntamento al prossimo capitolo!
Baci

_BlueLady_

 

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Capitolo 22
*** Aria di Cambiamento ***


~ CAPITOLO 21: ARIA DI CAMBIAMENTO ~
 
I deboli raggi solari dell’alba appena sorta le solleticarono le palpebre, facendogliele dischiudere appena un poco prima di ripararsi gli occhi dalla luce del mattino.
Il tenue sciabordio delle onde del mare, accompagnato dai respiri pesanti degli amici che le dormivano intorno, la cullarono dolcemente sino al completo risveglio, quando finalmente prese pienamente coscienza di dove si trovasse, e i ricordi della notte precedente si susseguirono in testa, uno dopo l’altro, come fotogrammi di una serata troppo bella per non essere soltanto il frutto di un sogno.
Quella notte, dopo il bagno di mezzanotte, avevano dormito in spiaggia. Lo avevano deciso una volta usciti tutti dall’acqua, o meglio, era stato tutto frutto del susseguirsi di eventi: l’euforia del divertimento, l’alcol, la voglia di libertà, il desiderio di trasgressione tipico dell’adolescenza.
Si erano seduti tutti vicini sui teli da spiaggia distesi sulla sabbia, e chi osservando le stelle, chi l’orizzonte, raccontandosi disavventure passate ed aneddoti divertenti, erano pian piano scivolati tutti nel sonno, con l’ombra di un sorriso a velar loro le labbra.
Fine si alzò pigramente a sedere, allargando la bocca in un sonoro sbadiglio, osservandosi intorno per distinguere la sagoma della sorella e delle amiche che giacevano ancora addormentate l’una accanto all’altra, in un intreccio di gambe e di braccia impolverate da granelli di sabbia.
Poco più in là, non meno accatastati delle amiche, stavano i ragazzi.
Fine sorrise: a guardarli così, parevano teneri cuccioli addormentati l’uno sull’altro. Osservare qualcuno dormire l’aveva sempre affascinata: spariva qualsiasi malizia. Nel sonno, chiunque appare docile come un bambino intrappolato in un mondo di zucchero.
Il tenue sciabordio delle onde del mare attirò la sua attenzione sulla riva.
Si alzò placidamente, sfilando con attenzione le gambe da sotto la schiena della sorella che ancora dormiva beata, e raggiunse barcollante il bagnasciuga, stiracchiandosi la schiena indolenzita.
Il contatto con l’acqua gelida sulla punta dei piedi produsse un brivido che guizzò veloce lungo la schiena, accendendole la coscienza di un desiderio inespresso.
Il sole mostrava timido la sua cresta infuocata all’orizzonte, svelandosi sempre di più minuto dopo minuto.
Il tenue colore rosato del cielo pareva un enorme nuvola di zucchero filato venuta da lontano per darle il buongiorno.
Fine adorava l’alba, anche se di rado osava alzarsi presto la mattina. In estate però, dopo una serata con gli amici, quel silenzioso momento di raccoglimento interiore prima di lasciarsi andare all’euforia della giornata la affascinava ancora di più.
Il mare non cessava di attirarla a sé con il suo liquido richiamo.
Quanto le mancava nuotare fino a largo. Aveva passato così tanto tempo a fingere di essere Rein, che quasi le sembrava davvero di aver dimenticato come si facesse a nuotare.
Osservò l’alba: le restava ancora un’ora
Volse lo sguardo al gruppo di amici ancora addormentato alle sue spalle, poi volse lo sguardo a sinistra, verso la Torre Est. Era a quindici bagni di distanza.
La voglia cominciava a diventare soffocante.
Si mise a correre.
 
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Quando raggiunse la sua meta, il fiatone e le guance accaldate per la corsa appena fatta, la spiaggia era ancora deserta.
La Torre Est si stagliava maestosa sopra un promontorio a strapiombo sul mare, mezza diroccata e circondata da piante e arbusti di ogni tipo. Il mare aveva scavato la roccia sottostante, creando uno squarcio simile ad una galleria che lasciava intravedere la spiaggia al di là della parete rocciosa. L’unico modo per oltrepassare quel limite, era buttarsi in acqua e nuotare per qualche metro.
Fine sgranò gli occhi eccitata di fronte a quello spettacolo: l’aria salmastra le penetrava nei polmoni, e gli schizzi delle onde che si abbattevano sugli scogli le provocavano un piacevole formicolio alle narici, che per poco non la fece starnutire.
Il sole continuava il suo lento cammino verso la vetta del cielo, che si stava sempre più tinteggiando d’azzurro.
Tutto preannunciava l’inizio di una splendida giornata.
La non più rossa si arrampicò su una manciata di scogli, sedendosi in punta sopra uno di essi – il più prorompente verso il mare – inspirando a pieni polmoni quell’odore pungente ed accattivante che portava con sé il mare.
La spiaggia attorno era ancora deserta. Dovevano essere all’incirca le sei del mattino.
Fine socchiuse gli occhi lasciandosi cullare da quella tenue melodia marittima che cantavano le onde. Qualcheduna, più dispettosa delle altre, ogni tanto le carezzava una gamba come a volerla invitare a tuffarsi.
D’istinto aprì gli occhi, quasi pronta a cedere alla tentazione, ma si trattenne.
- Non posso – disse alle onde più che a se stessa, con una nota di amarezza nella voce.
Qualcuno, chiunque, avrebbe potuto vederla. Non poteva permettersi di mandare tutto all’aria per uno sciocco capriccio come quello. Anche se la tentazione era forte, e la voglia incontenibile.
Istintivamente, provò a concentrarsi sulle emozioni della sera precedente, quasi a cercare una distrazione.
Ripensò a Shade, e alla sua improvvisa voglia di passare del tempo con lei. Le era parsa così strana quella richiesta, così fuori luogo. L’aveva colta talmente alla sprovvista, che nemmeno aveva avuto il tempo di gioire interiormente nel ricevere un invito diretto proprio da lui.
Le era parso tutto così inverosimile, forzato, costruito. Anche la loro breve conversazione aveva toni sospetti.
Aveva come la sensazione che Shade stesse sondando il terreno, come a volersi accertare di persona di qualcosa, a voler dissipare un dubbio.
Sorprendentemente, quella consapevolezza le fece meno male del previsto.
Scavò ancora più a fondo tra i suoi sentimenti per cercare il sentore di una delusione, ma non lo trovò.
Ultimamente si sentiva diversa.
Si sentiva apatica, solitaria, taciturna, riflessiva, ed un istante dopo aveva voglia di urlare, piangere, ridere fino allo stremo delle forze. Quasi non si riconosceva più.
Forse, passando così tanto tempo a fingere di essere Rein, alla fine un po’ lo era diventata per davvero. Non che sua sorella fosse una psicopatica, ma era meno capace di trattenere le emozioni, chiuderle in un cassetto remoto della gabbia toracica, e fingere che tutto le scivolasse addosso. Soprattutto se c’era di mezzo l’amore.
Sospirò.
Già, l’amore…
Ultimamente non era neanche più sicura di provare davvero qualcosa per Shade.
Si sentiva disorientata. Ad insinuarle il dubbio era stato proprio l’episodio della sera precedente, quando si era improvvisamente resa conto che le parole di Shade, la sua freddezza, non l’avevano minimamente scalfita. A ferirla, invece, era stato il disinteresse che inspiegabilmente le avevano suscitato. Si sarebbe aspettata di rimanerci male, molto, e invece ciò che aveva provato era stato soltanto un semplice, immenso vuoto. Nessun rancore, nessuna emozione.
Nulla.
Si sentiva confusa, disorientata, persa.
Poi un nuovo pensiero, più subdolo e prepotente del primo, le pizzicò la coscienza.
Rein, Bright ha detto che gli interesso.
Più volte, negli ultimi giorni, quelle parole le avevano grattato prepotentemente la gola, impazienti di sgusciare veloci dalle sue labbra sbattendo in faccia alla gemella quella piccola verità, ma lei le aveva sempre trattenute con forza, quasi per timore, per paura di rovinare tutto quello che stava creando assieme a Rein.
Ferirla era l’ultima cosa che voleva. Anche se tecnicamente parlando il biondo aveva espresso il suo interesse per la turchina, e non per lei.
Non sapeva neanche se esserne felice o meno, eppure ogni volta che le parole di Bright tornavano a solleticarle i pensieri, il suo cuore scalpitava più veloce in petto, e la mente le si annebbiava all’istante.
Ancora una volta, sospirò.
Com’è essere innamorati? Si chiese sinceramente per la prima volta, e non seppe darsi una risposta.
Ripensare a Bright le chiudeva la bocca dello stomaco, e le velava le labbra di un timido sorriso. La faceva sentire bene e male allo stesso tempo.
- Urge chiarirsi le idee al più presto, prima che ti sopraggiunga un bel mal di testa. Forse una nuotata ti può aiutare – le suggerì ad un tratto una voce sorniona alle sue spalle, che la fece sobbalzare e per poco non la fece cadere in acqua.
Voltandosi di soprassalto in risposta a quell’osservazione così inaspettata, si stupì di ritrovarsi ad accoglierla il volto sorridente della giovane Grace, gli occhi materni saturi di conforto, quasi fossero già pronti a consolarla.
- Grace – sussurrò la finta turchina, placando la sua tempesta interiore – Da quanto sei qui?-
La giovane, per tutta risposta, sorrise.
- Abbastanza – asserì placida – Mattinata pensierosa?- chiese poi, spostando lo sguardo verso l’orizzonte.
Fine sospirò:- Avevo voglia di passare un po’ di tempo da sola – disse, rannicchiandosi su se stessa ed appoggiando il mento sulle ginocchia.
- Ultimamente ti capita spesso – disse l’altra, ri-direzionando lo sguardo su di lei.
Fine l’osservò spaesata.
- Come fai a saperlo?-
Grace ridacchiò – Se hai bisogno, so dove cercarti – disse solo.
Improvvisamente cominciò a spirare una lieve brezza che andò a scompigliare loro i capelli.
- Poomo dov’è?- domandò Fine, osservandosi intorno in cerca del cucciolo che era solito accompagnare la padrona.
- Ogni tanto gli piace stare per conto suo – rispose la giovane dai capelli ciliegio alzando le spalle disinvolta – Come te –
Fine lasciò che si sedesse assieme a lei sugli scogli.
Il richiamo del mare tornò prepotente a solleticarle la coscienza.
- Uno spettacolo mozzafiato, non trovi?- asserì Grace, inspirando a pieni polmoni la brezza frizzante del mattino.
Fine annuì, rapita - Quanto vorrei tuffarmi…- sussurrò.
- E allora tuffati – le disse Grace con naturalezza.
La finta turchina scosse la testa sospirando.
- Non posso – mormorò.
- Perché no?-
- Rein non lo farebbe mai –
- Ma tu non sei Rein. Sbaglio?-
Quell’osservazione ovvia e pungente allo stesso tempo la portarono ad indirizzare uno sguardo misto tra il sorpreso e l’indagatore verso di lei.
- No, ma…- biascicò.
- Sei venuta qui per questo, no?-  asserì Grace consapevole.
- Ma se qualcuno mi vedesse…-
- Fine. Non aver paura di essere quello che sei. Chi ti vuole bene ti conosce, e lo sa –
Fine osservò dapprima la giovane che le sorrideva incoraggiante, poi il mare che ancora la chiamava a sé instancabile.
Deglutì, la gola secca e assetata di avventura. Se soltanto avesse potuto, giurò a se stessa, poi non avrebbe osato più finché le cose non si sarebbero aggiustate. Le sarebbe bastato quell’unica volta, e mai più finché lei e Rein non sarebbero tornate normali.
Sarebbe stato un segreto che apparteneva soltanto a lei e alle onde.
Sospirò.
Tuttavia…
- Non c’è nessuno… - si disse tra sé e sé, guardandosi intorno guardinga, quasi a volersi convincere.
Istintivamente ricercò la sagoma familiare di Grace accanto a sé come a chiedere aiuto ed una buona dose di coraggio, ma subito allibì nell’apprendere che la giovane, come le era comparsa alle spalle inspiegabilmente, altrettanto misteriosamente si era dissolta nel nulla.
In un primo momento, si domandò se non fosse stato tutto frutto della sua immaginazione. Eppure le parole di Grace continuavano a pungerle la coscienza, accendendole il cuore di determinazione.
Tu non sei Rein. Sbaglio?
“Al diavolo!” pensò dopo un altro istante di indecisione, scrollandosi di dosso i cattivi pensieri, e subito lo fece.
Si gettò in mare dalla punta dello scoglio, tuffandosi negli abissi sottostanti con il sapore di libertà sulla punta della lingua. Quando riemerse dal fondo in un lungo sospiro, inarcò la testa all’indietro, lasciando che i lunghi capelli turchini seguissero l’impulso di quel colpo di frusta, trascinando con sé schizzi di acqua salata che caddero a pioggia dietro di lei.
Fine si sentì terribilmente in pace con se stessa nell’aver finalmente ceduto a quel suo piccolo capriccio. Se soltanto Rein l’avesse vista, avrebbe dato di matto rimproverandola di “quanto non fosse opportuno attirare così stupidamente altri sospetti su di loro”, ma in quel momento poco le importava.
Esistevano soltanto lei, il mare, la gioia di quella piccola follia, e la libertà di sentirsi nuovamente se stessa, senza più costrizioni.
Istintivamente si abbandonò ad una risata che teneva ancorata alla pancia da tempo.
Nuotò per diversi chilometri lontano da riva, lasciandosi cullare dalle onde, e percependo innumerevoli banchi di pesci guizzare veloci sotto di lei. Affondò la testa nell’acqua per ammirare da vicino le piccole meraviglie celate da quel manto liquido.
Si sentiva a casa. Lei e il mare erano da sempre una cosa sola.
Non seppe calcolare quanto tempo aveva passato a crogiolarsi nell’acqua. La cosa di cui era certa, era che nel profondo non le sarebbe mai bastato.
Tuttavia, tutte le cose belle avevano una fine, e Fine, dopo diverse bracciate dirette a largo, si rese conto che era ormai tempo di tornare indietro.
L’alba era ormai trascorsa, e forse il gruppo aveva cominciato a destarsi dal sonno, domandandosi che fine mai avesse fatto.
Non senza una punta di rammarico, deviò il suo tragitto verso riva, diretta agli scogli.
Se qualcuno, una volta tornata, le avesse domandato perché mai fosse fradicia dalla testa ai piedi, avrebbe risposto che un’onda anomala si era impadronita di lei, facendole perdere diversi anni di vita dallo spavento. Era una scusa migliore di tante altre, e sarebbero tutti stati liberi di crederci oppure no.
Con questi pensieri e mille altri per la testa, nuotava velocemente verso riva, uno stile aggraziato ed elegante, degno di una campionessa olimpionica.
Non cessò di nuotare nemmeno quando era conscia di poter toccare il fondo con la punta dei piedi.
Proseguì imperterrita il suo percorso, prolungando il più a lungo possibile il suo contatto con l’acqua, e già immaginando la faccia che avrebbe fatto Rein quando si sarebbe abbandonata con lei alla confessione di quella innocente marachella.
Istintivamente, scoppiò a ridere tra sé e sé mentre ormai riemergeva dall’acqua ed accennava gli ultimi passi stanchi e pesanti verso riva, ostacolati dalle onde che parevano volerla ancorare al fondale, senza accorgersi che poco distante, proprio di fronte a lei, una figura ben nota e attonita la stava osservando a bocca spalancata, incredula di tutto quello che aveva visto.
Fine ancora ridacchiava, quando alzò per la prima volta lo sguardo da terra, ed il sorriso le si incrinò di stupore nell’incontrare un paio di iridi cremisi a lei ben note, che ancora l’osservavano sgomente.
Davanti a lei, incredulo e attonito per la sorpresa - ed era pienamente sicura non si trattasse di un miraggio – stava Bright.
Lo stesso Bright che l’aveva vista di sottecchi darsi alla sua fuga silenziosa verso la Torre Est mentre tutti gli altri ancora riposavano, e che dopo un istante di indecisione, aveva deciso di seguirla.
Il cuore di Fine si aprì in una voragine che temette potesse quasi inghiottirla, mentre un nodo alla gola sempre più prepotente le impedì quasi di respirare nel realizzare come il suo egoismo e la sua sconsideratezza avevano contribuito a realizzare la sua paura più grande.
Bright era lì per davvero.
Si paralizzò.
Cosa aveva visto?
Deglutì a fatica, mentre scavava a fondo nei pensieri in cerca di una scusa plausibile a giustificare tutto quello.
Indubbiamente aveva visto abbastanza.
Fine restò ferma ad osservarlo, l’acqua che le lambiva le cosce, senza sapere cosa dire.
- Bright, io…- tentennò, non trovando le parole e ricevendo in cambio soltanto un’occhiata smarrita del biondo, che ancora l’osservava attonito, scioccato quanto lei, senza riuscire a trovare le parole adatte per cominciare un discorso.
Poi finalmente un barlume di lucidità parve accendergli le iridi di un’intuizione, che subito prese vita dalle sue labbra prepotente come uno schiaffo in pieno viso.
- Fine… sei tu?-
La finta turchina boccheggiò un istante, senza riuscire a sganciare gli occhi dai suoi. Si sentiva spacciata, finita, un topo ormai in trappola, completamente messa a nudo di fronte a lui.
Aprì la bocca una volta per dar vita a parole che non vollero uscire, e la richiuse, per poi aprirla una seconda volta senza produrre alcun suono.
Bright era sempre lì, a scrutarla di sottecchi, forse più confuso di lei.
Fu allora che, presa dalla disperazione o forse dal panico, completamente priva di qualsiasi difensiva, azzardò la prima cosa che, a parer suo, le parve la più logica da fare in una situazione come quella.
Sotto lo sguardo sgomento di Bright, che ancora cercava una risposta sensata a ciò che aveva appena visto, Fine si risolse col risolvere tutto con la mossa più intelligente che le era balzato in testa di fare sul momento.
Dopo un’ora intera passata in acqua a nuotare meglio di una sirena.
Finse di annegare. Nell’acqua alta un metro.
 
¤¤¤¤¤¤
 
- Fine, ti prego, dimmi che è uno scherzo –
- Ti ho detto di no Rein, quante altre volte devo ripetertelo?-
Tre, due, uno…
- Quanto sei stata incosciente! Possibile che tu debba sempre combinare qualche pasticcio? Non era sufficiente far credere a Bright l’idiozia del crostaceofobica, adesso penserà pure che sono una bugiarda, o nel migliore dei casi una completa idiota! Cosa ti è saltato in testa di fare?-
Rein era furibonda, non c’era alcun dubbio. Non poteva certo darle torto dopo il pasticcio che aveva combinato poche ore prima. Cosa diamine le era passato per la testa?
- Ti ho già detto che mi dispiace, non l’ho fatto apposta. Se ti può consolare, Bright era più scioccato di me, non penso abbia avuto il tempo di pensare ad altro – tentò di giustificarsi, profondamente mortificata.
- Non è questo il punto, Fine!- sbottò Rein, completamente in preda al panico – Così facendo hai esposto entrambe! Se perdiamo di coerenza è la fine! – le disse, senza cessare di percorrere nervosamente avanti ed indietro il perimetro della camera da letto.
Fine osservava la sorella pensierosa, quasi le sue ultime parole le avessero acceso in testa un dubbio.
- Io credo che qualcuno già sospetti qualcosa – asserì poi con fare pensieroso.
Rein direzionò lo sguardo su di lei, indagatoria.
- Shade - mormorò Fine, senza darle il tempo di domandarle altro – ho come l’impressione che stia sondando il terreno – ammise, togliendosi finalmente di dosso quell’enorme peso che andava ad opprimerle la coscienza.
- Non hai idea della fatica che faccio a non tradirmi di fronte a lui – le disse la finta rossa, ben consapevole dei sospetti della sorella – Forse è anche colpa mia, che proprio non riesco a nascondere quanto lo trovi insopportabile – ammise, placando finalmente il suo nervosismo.
- Come attrici non siamo proprio il massimo… – sospirò la rossa, constatando quell’amara verità.
- No – la corresse Rein – come attrici facciamo decisamente pena –
Si guardarono un istante negli occhi, prima di scoppiare a ridere entrambe.
- E dimmi, Bright ti ha chiesto qualcosa? – le chiese poi Rein, interrompendo quel momento di ilarità per tornare seria.
Fine deglutì, mentre il cuore le perse di un battito.
“Fine… sei tu?”
- Ecco, lui…- cominciò a dire, ma fu subito interrotta da un’euforica Altezza che irruppe sconsideratamente nella stanza, senza chiedere il permesso.
- E allora, che mi raccontate della vostra serata di ieri, dolci fanciulle?- cinguettò, agganciando l’una e l’altra per le spalle con sguardo birichino – Vi siete date parecchio da fare, eh?-
- Altezza – sibilò Rein contrariata della sua irruenza – potresti almeno annunciarti prima di entrare, invece di comparire così all’improvviso? Stavamo parlando di cose private –
- Non c’è niente di così tanto privato da non poter essere confessato ad un’amica – fu la risposta pronta della bionda, ubriaca di gossip e buonumore – Avanti, che mi dite di ieri sera? Avete fatto scintille! La qui presente Altezza ha osservato ogni cosa a debita distanza – asserì, facendo l’occhiolino ad entrambe, quasi avesse appena scoperto il gossip più cool dell’estate.
- Che vuoi mai che ci sia da dire? – biascicò Fine imbarazzata, sciogliendosi dalla presa soffocante della bionda.
Altezza schioccò la lingua, saccente – Non cercare di sminuire così la faccenda, Rein. Ho visto tu e Bright come tubavate indisturbati, lontani da occhi indiscreti. Formate proprio una bella coppia, sai?-
- Non tubavano meno di quanto facessi tu con Auler, o sbaglio?- la pungolò Rein di rimando, tentando di creare quel tanto di imbarazzo che bastava per far cadere il discorso, ma Altezza quella volta non cedette.
- È inutile che tenti di deviarmi, Fine. Oggi sono più agguerrita che mai – cinguettò la bionda su di giri – Proprio tu mi vieni a fare la predica, che te ne stavi abbracciata a Shade in mezzo alla pista da ballo. Se non fossi arrivata io a separarvi, sono certa ci sarebbe scappato perfino un bacio – asserì maliziosa, scoppiando in una risatina sommessa di chi ci ha visto lungo.
Nell’udire quelle parole, le gote di Rein si accesero di vergogna, mentre il cuore le mancò di un battito in petto.
- M-ma che diamine vai dicendo! – balbettò imbarazzata, sentendosi gli occhi indagatori di Fine addosso – Stavamo solo ballando, niente di più!- si giustificò come a voler dissipare ogni dubbio.
Altezza schioccò nuovamente la lingua risoluta – Non me la dai a bere. Ho visto come l’hai osservato per tutta la sera. Sei innamorata persa, anche se non vuoi ammetterlo – asserì birichina, squittendo di entusiasmo – Forse tu non te ne sei resa conto, ma io sì. Eri tutta proiettata verso di lui, in punta di piedi. Pareva quasi stessi aspettando il momento giusto, o stessi sperando nella sua prima mossa –
Ogni parola di Altezza era come un macigno che andava secondo dopo secondo ad appesantirle la coscienza.
Rein abbassò lo sguardo, incapace di incontrare le iridi della sorella, che sentiva ancorate su di lei.
Tentò con tutta se stessa di scacciare dalla mente quella malsana voglia che l’aveva colta un paio di volte, di sapere che sapore mai avessero le labbra di Shade. Faceva tutto parte del gioco, niente di più. Non si stava innamorando di lui. Non poteva permetterselo.
- Oh beh – sospirò la bionda in uno sbuffo annoiato – a quanto pare fate le antipatiche e non avete voglia di condividere. Va bene così, per il momento – asserì, balzando giù dal letto, e soffermandosi sullo stipite della porta – Ma ricordatevi che io osservo… e non mi sfugge nulla – sentenziò, accompagnando la sua uscita di scena con un occhiolino che faceva intendere che aveva capito tutto, forse più di loro.
La due gemelle restarono in silenzio qualche istante, senza il coraggio di guardarsi negli occhi.
- Non dare peso alle parole di Altezza – mormorò Rein dopo un lieve momento di imbarazzo, rivolta alla sorella – sai quanto io e Shade siamo incompatibili – ammise in un sorriso forzato che voleva essere convincente.
Fine annuì di sbieco - Lo so – rispose solo, pensierosa.
- Non ci sarai rimasta male, vero? Non è successo niente – tentò di spiegarle la sorella avvicinandosi a lei un poco con fare apprensivo. Era sinceramente preoccupata che l’indelicatezza di Altezza avesse ferito Fine più del dovuto.
Fine scavò ancora più a fondo nelle sue emozioni, cercando disperatamente quella punta di gelosia che era logico le suscitassero le parole di Altezza, spaventandosi nuovamente dell’enorme vuoto che trovò ad accoglierla.
Rein, avrebbe voluto dirle ancora una volta, Bright ha detto che gli interesso.
- No – sussurrò invece, piena di dubbi e di sensi di colpa – Non ho sentito nulla
-


Angolo Autrice:

*Fa timidamenta capolino da un angolo della pagina*
Beh, ehm.... che dire... 
Benritrovati?
Lo so, lo so... come al solito ho abbandonato una fic lasciandola marcire nel fandom troppo a lungo. Sorry not sorry. Come sempre le ragioni sono ben intuibili, dunque non starò qui a tediarvi sul perchè e sul percome mi sono piantata nella narrazione. Diciamo che la vita quotidiana prevale sempre sulla scrittura, un pò come il bene alla fine vince sempre sul male (magari fosse vero!)
Ma torniamo alla storia, che sicuramente è più interessante delle mie vicissitudini. Dopo eoni di silenzio, eccomi ricomparire con un nuovo capitolo. Vi ricordate dove eravamo rimasti?
Shade, Rein, la festa sulla spiaggia, pensieri e confessioni non dette... Ecco, ci ritroviamo esattamente alla mattina seguente, e ritroviamo una Fine in balia di tutti i sentimenti che, per motivi registici, ho omesso in questi due ultimi capitoli (nah, la verità è che avevo voglia di sano BlueMoon, se così lo si può chiamare in questa fiction).
Ma non mi sono dimenticata di lei e Bright! E nemmeno dello strano quadrangolo amoroso che ho creato, e dal quale tutti faticano a saltarci fuori. Posso solo dirvi che anche questo capitolo è il preludio di una serie di cambiamenti, soprattutto nelle nostre amate gemelle (lo suggerisce anche il titolo!)
Perciò, se siete un minimo curiosi, armatevi di sana pazienza, perchè nel prossimo capitolo capiterà un evento che ribalterà la situazione. Finalmente la storia comincia a prendere la giusta piega ;)
Io mi scuso ancora dei continui ritardi, ma ringrazio chi c'è sempre a seguire la storia, e chi recensisce. Siete davvero in tanti, soprattutto lettori silenziosi e chi mi segue, e non posso che essere veramente contenta e grata del vostro supporto. Principalmente per questo non voglio lasciare niente incompiuto, ma concedetemi un pò di tempo per riordinare le idee. 
Prometto che prima o poi ci salterò fuori. Del resto per terminare "Il Collezionista di Gioielli" mi ci sono voluti (quanti?) cinque anni?
...
Non disperate, suvvia!
... E si vede che era da un pò che non entravo nel fandom. Ormai faccio le note d'autore più lunghe dell'intero capitolo.
Grazie a chi c'è stato, a chi c'è e a chi ci sarà. 
Spero di rivedervi a breve sintonizzati su questo canale!
Baci sparsi

_BlueLady_



 

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Capitolo 23
*** Niente e Nessuno ***


~ CAPITOLO 22: NIENTE E NESSUNO ~
 
- Dimmi la verità, Shade: tu non vuoi aiutarmi. Tu in realtà stai pianificando di uccidermi -
Quelle furono le prime parole che si sentì rivolgere il moro quella mattina, giusto per cominciare bene la giornata.
La cosa, tuttavia, non lo turbò affatto.
- Qual è il problema? Abbiamo constatato che a galla ci sai stare, e quando vuoi riesci anche a nuotare da sola. Hai fatto perfino il bagno di notte. Non mi verrai a dire che questo lo trovi difficile – asserì il ragazzo saccente, quasi in tono provocatorio.
Rein arricciò il naso in un’espressione permalosa, squadrandolo di sottecchi quasi a voler capire se la sua fosse una presa in giro, o soltanto un altro tentativo di far scoppiare una lite.
Quella mattina, Shade aveva optato per un fuori programma, come se avesse improvvisamente deciso di promuoverla dallo stato principiante a quello intermedio.
Era passato a prenderla come tutti i giorni – Rein era anche migliorata in fatto di puntualità, sebbene ogni tanto si concedesse ancora il lusso di un lieve ritardo, soltanto per il puro piacere di dargli fastidio - e si erano avviati assieme verso la spiaggia.
Quando però era stato il momento di dirigersi verso la spiaggia libera come loro solito, Rein, ormai addestrata al percorso da seguire, si bloccò di colpo nel vedere Shade deviare verso sinistra, anziché verso destra.
Il moro si era voltato verso di lei impassibile, come se tutto rasentasse la più completa normalità.
- Beh, che fai? Non vieni?- le aveva detto incitandola, quasi sorridendo del suo iniziale sgomento.
Rein l’aveva osservato di sbieco, già odorando il sentore di un imbroglio.
- N-non andiamo in spiaggia?- gli aveva domandato titubante, quasi impaurita di ciò che poteva essergli passato per la testa.
Shade aveva distolto lo sguardo, superiore.
- Oggi cambiamo posto. Voglio farti provare qualcosa di nuovo –
Neanche a dirlo, Rein sapeva di doversi sempre fidare del suo sesto senso, e invece ogni volta metteva a tacere la sua vocina interiore soffocandola sotto una montagna di “che sarà mai”, per poi maledirsi interiormente per il resto della vita per non averle dato retta neanche in quell’occasione.
L’immagine imponente e maestosa e allo stesso tempo terrificante della Torre Est si stagliava prepotente dinnanzi a loro. Tirava un forte vento quella mattina, che agitava il mare più del solito.
Rein poteva vedere le onde abbattersi violentemente sugli scogli, disintegrandosi in nuvole di vapore salmastro.
Deglutì.
- Dimmi che è uno scherzo – sussurrò già in preda al panico, immaginandosi stecchita e rinsecchita su uno degli scogli, circondata da stormi di gabbiani venuti ad ammirare ciò che sarebbe rimasto di lei.
Shade, per tutta risposta, si avviò giù dalla scogliera, imboccando un sentiero scosceso, con un’agilità impressionante.
- Che cosa ti passa per la testa?- gli strillò dietro Rein, con tono allarmato.
- È tempo di alzare un po’ il livello di difficoltà! – le disse lui di rimando, sorridendole sicuro di sé – Coraggio, vieni giù! – la chiamò poi, facendole cenno di seguirlo.
- Sei pazzo se pensi che io sia disposta a seguirti!- gli rispose lei di rimando, con le gambe che già si irrigidivano.
Shade sospirò alzando gli occhi al cielo – Non mi dirai che hai paura!- esclamò fintamente incredulo, solamente per il puro piacere di provocarla.
- A te cosa sembra?- asserì Rein accigliata, aggrappandosi con forza ad una delle rocce vicine per non rischiare di rotolare giù per la scogliera ed ammazzarsi per davvero.
- L’apparenza spesso inganna. Fidati di me – tentò di rassicurarla Shade con fare incoraggiante – O preferisci restare tutto il giorno appiccicata a quello scoglio come farebbe una vera stella marina?- la provocò poi, sapendo di pungerla là dove le avrebbe dato più fastidio.
Rein gonfiò le guance di indignazione, desiderando di buttarlo giù dallo strapiombo per vedere quanto avrebbe riso ancora.
- Sei fortunato che sono impossibilitata a muovermi, altrimenti ti avrei già fatto passare la voglia di scherzare!- gli rispose piccata, accennando qualche piccolo passo con cautela nel tentativo di non scivolare.
Shade le sorrise beffardo, osservandola divertito scendere a piccoli passi impacciati la scogliera.
- Ci hai messo un po’, stellina – la canzonò provocatorio, non appena se la vide arrivare accanto.
- Shade, ti ho detto mille volte di smetterla di chiamarmi con quel ridicolo appellativo. Mi dà sui nervi – lo avvertì lei – Si può sapere dove diavolo mi stai portando?- chiese poi, constatando che là dov’erano, erano ben lungi dal raggiungere qualcosa che si potesse definire spiaggia o terraferma.
- Te l’ho detto, no? Oggi alziamo il livello di difficoltà – le rispose lui, quasi annoiato del doversi ripetere.
- E si può sapere in cosa consiste questo upgrade? Se pensi che sia disposta a tuffarmi da così in alto, hai capito proprio male –
- Non era nel programma, ma se vuoi provare…-
- Scordatelo. Non ho intenzione di morire per oggi -
- Fine, ti ho mai dato motivo di dubitare di me?-
La sincerità con cui glielo chiese quasi le fece spavento. Lo guardò negli occhi, senza sapere cosa rispondere – Su, andiamo – la incitò lui nuovamente, riprendendo a percorrere il sentiero scosceso che li avrebbe condotti ad una meta per lei ancora sconosciuta.
Rein l’osservò, agile ed atletico procedere sui suoi passi, e con un sospiro di rassegnazione prese a seguirlo, non meno impacciatamente di quanto aveva fatto fino ad allora.
- Attenta, si scivola – la avvisò lui.
- Se avessi saputo che oggi avremmo fatto del trekking, mi sarei attrezzata con un paio di scarpe più comode – mugugnò lei tra sé e sé, e non fece nemmeno in tempo a concludere la frase che subito l’infradito perse attrito con la ghiaia sottostante, facendola ruzzolare giù per la scarpinata senza alcun freno.
Nemmeno ebbe il tempo di gridare, tanta fu la sorpresa dell’imprevisto.
Senza nemmeno accorgersene, Rein precipitava senza un appiglio a cui aggrapparsi, il respiro mozzato ed il cuore in gola.
Shade con la coda dell’occhio la vide quando ormai era a un passo dallo strapiombo.
- Attenta!- le gridò, prima di tuffarsi ad afferrarla con decisione per la vita, bloccandola ormai sul ciglio del burrone.
Rein inspirò profondamente, trattenendo il fiato e gli occhi chiusi, finché non fu certa di non stare precipitando nel vuoto, il respiro di Shade a pochi centimetri di distanza dalla sua bocca.
Sussultò quando realizzò di trovarsi così vicina al suo viso, il petto premuto contro il suo, ed una voragine a squarciarle lo stomaco.
Aveva il fiatone anche lui.
Si osservarono negli occhi un istante, quasi intrappolati nella magia di un mondo ovattato, i cuori che scalpitavano in petto feroci, non sapeva dire se per lo spavento, o per qualcos’altro.
Poi Shade sorrise malizioso, il battito del suo cuore che si faceva via via più regolare sotto il peso della gabbia toracica.
- Non so se tu sia peggio come scalatrice, o come ballerina – le sussurrò impercettibilmente, ancora stringendola a sé.
Rein per la sorpresa di quell’osservazione pungente, per imbarazzo o forse per rabbia, arrossì violentemente.
- Colpa delle scarpe. Non sono adatte – si giustificò, sciogliendosi da quell’abbraccio improvvisato.
- Lo dicevi anche l’altra sera del tuo paio di tacchi. Comincio a pensare, però, che non sia un problema di calzature, ma più che altro della modella – la pizzicò lui nella coscienza, e di nuovo Rein avvampò, distogliendo lo sguardo stizzita.
Nemmeno sembrava turbato del fatto che, se fosse morta per davvero, sarebbe stata colpa sua.
Shade rise tra sé e sé, mentre in cuor suo pensò che quella ragazza aveva davvero fegato da vendere. Non aveva mostrato alcun cenno di cedimento di fronte allo spavento di un tuffo nel vuoto.
Rein, si disse, aveva il coraggio di un leone. Non la spaventava niente, eccetto l’acqua. Inspiegabilmente.
O forse, più che l’acqua, temeva di più qualcos’altro. E lui si era intestardito nel volerla aiutare a superarla.
- Ancora qualche metro, e ci siamo – le annunciò, soffermandosi di fianco ad un’alta parete rocciosa che celava il paesaggio sottostante.
Rein, d’altra parte, dopo un primo momento di stizza, scosse la testa rassegnata sorridendo, in petto ancora un tepore che non accennava ad affievolirsi.
Nonostante lo spavento, in cuor suo sapeva che Shade non avrebbe mai permesso le capitasse qualcosa di male. Aveva imparato a conoscerlo, ormai. Ed inspiegabilmente accanto a lui si sentiva al sicuro.
Impiegò qualche istante a raggiungerlo, cogliendo nel suo sguardo una scintilla di eccitazione, come se al di là di quel promontorio si celasse un piccolo tesoro nascosto.
Il vento soffiava forte nelle orecchie, pizzicando fastidiosamente gli occhi.
- Siamo arrivati – le annunciò lui in un soffio aiutandola a scendere l’ultimo tratto, e Rein non poté fare a meno di spalancare gli occhi meravigliata di fronte a quello che si trovò davanti.
Al di là di quella terrificante scogliera, custodita gelosamente da quel tratto di natura selvaggia come una perla nel guscio di un’ostrica, stava una piccola caletta nascosta, un inesplorato paradiso terreste in miniatura.
Il mare si insinuava dolcemente in quell’insenatura, andando ad accarezzare languidamente la sabbia sottostante.
Le alte scogliere rocciose erigevano come un’enorme barriera attorno a quel piccolo gioiello, quasi creando una bolla all’interno della quale il vento non osava spingersi. L’acqua era tersa, limpida. Rein poteva quasi specchiarcisi dentro.
Poco più in là, dove terminava la parete rocciosa, il vento agitava il mare più che mai.
Chi l’avrebbe mai immaginato che la Torre Est nascondesse quel piccolo paradiso tra le rocce.
Nel vederla attonita ed allo stesso tempo meravigliata dinnanzi a quello spettacolo, Shade si sciolse in un sorriso intenerito – il primo di quella giornata soleggiata e all’apparenza tempestosa.
- Piaciuta la sorpresa? – le sussurrò, sicuro di avere la vittoria in tasca.
- Shade è…- si fermò un istante a riflettere Rein, senta trovare le parole adatte a descrivere tanta meraviglia – stupendo. Dico davvero. E io che già tremavo all’idea di vedermi costretta a cavalcare terrificanti onde anomale, o cercare di uscire viva da un mulinello d’acqua. Qui un tuffo potrei farlo per davvero -
Il moro ridacchiò.
- Ti avevo avvisato che l’apparenza spesso inganna – le sussurrò di rimando, sfiorandole l’orecchio con le labbra, e facendola rabbrividire.
Rein avvertì il cuore vibrarle in petto.
- Sorpresa a parte, qual è il programma di oggi? – domandò impacciata, tentando di scrollarsi di dosso quella sensazione annebbiante.
Lui sorrise beffardo.
- Comincia a scaldarti – le rispose.
 
¤¤¤¤¤¤
 
Era da più di mezz’ora che osservava il campanello senza osare avvicinare il dito per premerlo.
Fine restava lì, immobile, di fronte al citofono, con il cuore in gola e l’inquietudine addosso, senza sapere minimamente cosa fare. Aveva deciso di recarsi a trovare Bright così d’impulso, di getto, d’istinto.
Si era svegliata trovando l’altra metà del letto vuota come quasi tutte le mattine, e la sua decisione era stata immediata. Nemmeno sapeva se Bright fosse in casa o no.
Una volta arrivata lì, però, una strana agitazione aveva cominciato ad impossessarsi di lei, e tutta la determinazione che l’aveva animata fino ad un secondo prima era scemata improvvisamente.
Di cosa aveva paura?
Certo, sarebbe stato difficile trovare le parole adatte con cui spiegarsi, e ora che ci pensava nemmeno aveva pensato con che scusa giustificarsi per ciò che lui le aveva visto fare due giorni prima. Bright era Bright, dopotutto, e sebbene non potesse dire di conoscerlo da una vita intera, sicuramente lo conosceva abbastanza per poter dire di lui che era un ragazzo dolce e sensibile, buono, privo di qualsiasi pregiudizio.
E comunque, anche se l’avesse “smascherata”, il problema quale sarebbe stato? Anzi, le avrebbe risparmiato la fatica di doversi spiegare ulteriormente. A quel punto si sarebbe finalmente tolta di dosso il peso di dovergli mentire, e non sarebbe più stata costretta a fingere di essere Rein.
Un improvviso tuffo al cuore le tolse il respiro per un istante.
Già, Rein…
E se, una volta scoperto chi fosse in realtà, lui avesse completamente cambiato il punto di vista nei suoi confronti?
Se una volta scoperto che non era Rein, si fosse improvvisamente disinteressato a lei?
Quella paura prepotente che andò a bruciarle la punta della lingua la spiazzò più di tutto il resto. Pareva suggerirle una verità che lei ancora si ostinava a negare con tutte le forze a se stessa, e cioè che teneva a Bright e al suo affetto più di quanto si sarebbe mai potuta immaginare.
Scosse la testa risoluta, come a tentare di scacciare via quegli inutili fantasmi che le annebbiavano la mente di paura.
Se a Bright non fosse piaciuto ciò che realmente lei era in realtà, si disse, allora non meritava neanche un briciolo della sua considerazione.
Eppure quel timore non la abbandonò nemmeno quando si decise a premere quel dannato campanello, aspettando col cuore in gola che qualcuno dall’altro capo rispondesse.
Le parve infinito l’istante che susseguì il trillo del citofono, per un attimo attese trepidante, col fiato sospeso, decidendosi infine ad andarsene quando constatò che, dall’appartamento, nessuno osava rispondere, non senza una punta di amarezza e delusione a pizzicarle la coscienza.
Forse Bright era uscito, o più semplicemente, non aveva voglia di vederla. Era comprensibile, dopotutto.
Stava ormai per tornare indietro sui suoi passi, affranta, quando una voce gracchiante e familiare, resa quasi metallica dal microfono del citofono, rispose.
- Sì, chi è?-
Fine si voltò di scatto, di nuovo col cuore in gola, e si avvicinò con impeto all’apparecchio.
- Aehm, sono io, Fi… volevo dire, Rein. Bright, sei tu?- domandò titubante, il cuore che dalla gola era passato a tuonarle nelle orecchie.
Quello che pareva proprio essere Bright dall’altro capo, rispose piuttosto perplesso – Rein? Che ci fai qui? -
Fine deglutì, la gola secca.
- E-ero v-venuta per fare quattro chiacchiere, e magari per una colazione assieme…- asserì titubante, non sapendo nemmeno lei come togliersi da quell’impiccio in cui ci si era cacciata di sua spontanea volontà.
Passò qualche secondo prima di avvertire lo scrocco del cancellino, accompagnato dal portone che già si stava aprendo in fessura per farla entrare.
- Sali – la invitò Bright ancora dal citofono, e lei ormai seppe che il danno era fatto, e che non aveva più vie di fuga.
Mentre percorreva le scale per salire, avvertiva il cuore in petto farsi via via più pesante ad ogni passo.
Quando fu sulla porta dell’appartamento, bussò timidamente prima di decidersi ad entrare.
- È… è permesso?- balbettò, ritrovandosi il volto sorridente e ancora mezzo assonnato di Bright ad attenderla.
- Buongiorno – la salutò raggiante, e per un attimo ogni cattivo pensiero svanì – perdona le condizioni in cui ti accolgo, ma non aspettavo visite stamattina – le sorrise – Vado due secondi a cambiarmi e sono da te –
Fine annuì quasi in trance mentre Bright spariva dietro la porta del bagno, e non poté fare a meno di arrossire imbarazzata nel rendersi conto di quello che aveva appena fatto, e di quanto fosse stato sconsiderato il suo gesto avventato.
Se avesse potuto tornare indietro e cancellare tutto, probabilmente avrebbe scelto un modo ed un momento diverso per presentarsi a lui e dargli delle spiegazioni, o forse, sapendo ciò che era successo, avrebbe perfino evitato di alzarsi presto quella famosa mattina alla Torre Est, evitando qualsiasi contatto con l’acqua come avrebbe fatto un gatto.
Tuttavia, il danno ormai era fatto. Non c’era possibilità di tornare indietro. Se solo avesse potuto, nemmeno si sarebbe lasciata sfuggire il desiderio di sapere cosa mai volesse significare essere sua sorella Rein.
Bright uscì poco dopo dal bagno, con aria rigenerata ed uno dei suoi sorrisi più belli ad augurarle il buongiorno.
- Allora, vogliamo andare?- le disse, invitandola ufficialmente ad uscire – Non ho molto in casa, e conoscendo il tuo amore spassionato per le brioches al cioccolato di prima mattina, suppongo che tu non sia venuta fin qui con l’intenzione di fare colazione con una semplice tazza di latte e biscotti – si giustificò, sorridendole affettuoso.
Fine arrossì di imbarazzo, quasi fosse stata colta in flagrante. A dire la verità, le sarebbe andato bene qualsiasi cosa visto e considerato che l’agitazione le aveva chiuso completamente la bocca dello stomaco quella mattina, ma l’idea di gustare una brioches al cioccolato in sua compagnia, e vederlo così di buonumore, le fecero improvvisamente tornare voglia di sfruttare al massimo il tempo da sola con lui.
- C-certo, a-andiamo – asserì titubante, e subito lui le fece strada, chiudendosi la porta alle spalle non appena Fine l’ebbe seguito sul pianerottolo per uscire.
 
 
¤¤¤¤¤¤
 
- Attenta a non sottovalutare questo posto, Fine. Nonostante sia riparato, quando tira un vento così forte le correnti in questo tratto di mare si fanno più forti che mai, e rischi di venire trascinata via senza neanche accorgertene –
- Avvisami quando ormai mi sono già schiantata contro uno scoglio. Grazie del tempismo –
Si erano ormai spinti al limite del confine segnato dalle rocce che circondavano la caletta, a un passo di distanza dal mare aperto, con l’acqua che sfiorava loro le spalle.
Oltre quel limite, il vento soffiava impetuoso agitando le onde più che mai.
- Se ti avessi avvisata prima di entrare in acqua, dubito avresti osato anche solo avvicinarti a riva – le rispose Shade di rimando, con un sorriso birichino ad accendergli lo sguardo.
Rein l’osservò piccata senza osare controbattere, troppo concentrata a restare a galla per azzardare qualsiasi contro risposta.
- Sei un traditore – gli sibilò solo, e quello per tutta risposta le disse con un ghigno beffardo – So giocare bene le mie carte –
Ci aveva impiegato un po’, ma finalmente Shade le aveva svelato in cosa avrebbe consistito la lezione di quella mattina. Visto il forte vento che agitava il mare quel giorno, buttarsi in acqua in una qualsiasi spiaggia in mare aperto era decisamente rischioso: le correnti erano talmente forti da trascinare chiunque via in un istante, e le onde erano imponenti, si abbattevano con un’incredibile forza sulla spiaggia, e per una persona inesperta come Rein venire trascinati sott’acqua dalla forza del mare, rischiando anche di annegare, era assai plausibile e pericoloso.
Così Shade si era arrovellato quella mattina, dopo essersi svegliato e presa coscienza del tempo, in cerca di una soluzione perché la loro lezione non saltasse.
Rein dopotutto sapeva nuotare, doveva soltanto prenderne coscienza, e comunque non avrebbero sempre potuto sperare nel bel tempo e nel mare calmo. Era necessario che lei imparasse a nuotare anche in situazioni sfavorevoli, gestendo al meglio la paura che sicuramente l’avrebbe colta una volta entrata in acqua.
Così a Shade era apparsa un’illuminazione, e aveva deciso di condurla in quella piccola caletta nascosta, raggiungibile soltanto dalla scogliera o dal mare, per insegnarle a nuotare anche in mezzo alle correnti forti.
Quel luogo era abbastanza protetto e sicuro, non c’era rischio che Rein venisse trascinata in mare aperto senza che lui potesse fare niente per soccorrerla. Anche se il vento soffiava forte, la scogliera limitava la forza con cui esso s’abbatteva su quel tratto di mare, rendendo anche le onde, seppur agitate, più docili e mansuete.
Shade sapeva di dover ancora procedere a piccoli passi, e sapeva benissimo che era ancora troppo presto per chiederle più di quello che già stava facendo: riprendere a nuotare in mare aperto, anche di notte, senza mostrare il minimo segno di cedimento era già un grande passo avanti, e Shade era convinto che con qualche sforzo un più Rein sarebbe presto riuscita a liberarsi dei fantasmi che la tenevano ancorata al suo passato. Prima o poi anche il suo aiuto non sarebbe stato più necessario.
Era un lavoro di pazienza e di costanza. Bisognava essere cauti, inocularle minime dosi di fiducia a poco a poco, un passo alla volta.
Già era consapevole di averle chiesto tanto, quella mattina. Ma voleva spingersi ancora un po’ oltre il limite. Voleva osare, testare le sue capacità. Perché Shade era profondamente convinto che prima o poi Rein ce l’avrebbe fatta. La parte più difficile, era farlo capire anche a lei.
Passarono più di un’ora ad esercitarsi nel nuoto controcorrente, sempre in un punto dove Rein, qualora venisse presa da un improvviso attacco di panico, potesse rassicurarsi nell’avvertire, se solo avesse voluto farlo, il tocco del fondale ruvido e sabbioso sotto ai suoi piedi.
Shade le aveva perfino mostrato come si facesse a cavalcare qualche onda, lasciandosi trascinare a riva dalla forza del mare o, quando l’onda era più alta e terrificante del previsto, a buttarcisi dentro, o a bypassarla sott’acqua, per evitare di essere trascinati giù.
Rein, con un po’ di paura nelle ossa che la impacciava ancora nei movimenti, sembrava rispondere bene all’allenamento. La difficoltà pareva stimolarla a voler sempre dimostrare qualcosa in più, a superare i propri limiti.
Dal sorriso che le velava ogni tanto le labbra, Shade osò pensare che si stesse addirittura divertendo, e ciò lo portò istintivamente a sorridere a sua volta.
Vederla felice lo rasserenava. Come se, eradicando con cautela la paura di Rein dalla sua coscienza, anche la propria perdesse a poco a poco presa su di lui.
- Stai andando bene – si complimentò ad un tratto, vedendola serena e a proprio agio per la prima volta da quando avevano cominciato quella bizzarra avventura.
- Non ci crederai, ma mi sto perfino divertendo – lo prese in giro lei, quasi dimentica del suo terrore per l’acqua che fino ad allora le aveva paralizzato la vita.
Shade sorrise – Questo è perché hai un valido istruttore di nuoto – le disse malizioso – anche se il tuo stile a balenottera ha ancora parecchie lacune -
- Forse non sei in grado di trasmettere tutta la tua sapienza, saggio istruttore. Spesso da insegnanti mediocri nascono allievi mediocri – incalzò lei con un colpo da maestro.
- Alquanto mediocre, allora, la tua scelta di affidarti a me per imparare –
- Avevo alternative?-
Il moro schioccò la lingua divertito, indeciso sul contrattacco.
- Accade però che ogni tanto l’allievo superi il maestro, specie se mediocre. Tu come mai ancora non ci sei riuscita? – asserì.
Rein sorrise birichina.
- È solo questione di tempo – gli rispose di rimando, più agguerrita che mai.
Shade ridacchiò soddisfatto dal loro scambio di battute. Leggerle in viso così tanta determinazione gli dava la netta sensazione di stare percorrendo la strada giusta.
- D’accordo, allora. Proviamo. Alziamo ancora un po’ l’asticella – la sfidò.
Rein alzò un sopracciglio, perplessa.
- Cioè?-
Shade sorrise.
- Vediamo se un’allieva prodigio come te riesce a tenere il passo di un insegnante mediocre come me – la sfidò, e non le diede nemmeno il tempo di controbattere, che già si era fiondato a capofitto tra le onde, nuotando controcorrente con una resistenza degna di un campione olimpionico.
- E-ehi! Non vale!- gli strillò dietro Rein senza neanche avere il tempo di pensare, e subito gli si fiondò dietro, desiderosa di non essere da meno.
Shade nuotava qualche bracciata più avanti, buttando di tanto in tanto l’occhio dietro per vedere se Rein riuscisse a tenergli testa. Se soltanto avesse voluto, l’avrebbe seminata in un battito di ciglia senza il minimo sforzo. Il suo obiettivo quel giorno, tuttavia, non era vincere, ma testare il limite di Rein e, se davvero ci fosse riuscito, superarlo. La vedeva piuttosto recettiva, quel giorno. Non sapeva se dare il merito alla follia di quel bagno notturno, o alle mezze confessioni che si erano confidati l’un l’altra, e che aveva avvicinato i loro cuori impercettibilmente.
Rein, poco distante, ansimava in preda alla fatica, decisa a non mollare. Sebbene la paura fosse sempre pronta a sorprenderla dietro l’angolo, sapeva che nella sfida di Shade si nascondeva una prova, ed era un esame che lei era decisa a superare.
Soltanto dopo aver percorso una decina di metri a nuoto, Shade decise di fermarsi e di aspettarla vicino agli scogli, là dove si apriva l’insenatura nella roccia sul promontorio su cui si ergeva la Torre Est da cui si intravedeva il resto della spiaggia dove erano soliti trascorrere le loro giornate col loro gruppo di amici, e dove solo due mattine prima Fine aveva azzardato il suo tuffo in mare.
L’osservò venirgli incontro a grandi bracciate, non senza la punta di un sorriso a velargli le labbra, ormai a pochi metri da traguardo, quand’ecco che un’improvvisa folata di vento, più decisa delle altre, agitò il mare più del dovuto, destabilizzando ancora di più le correnti che correvano veloci sotto quel manto liquido.
Fu la sensazione di un attimo, ma a Shade bastò per volgere uno sguardo poco oltre la scogliera, quasi gli si fosse acceso un campanello d’allarme in testa, giusto in tempo per notare un’onda più alta delle altre dirigersi minacciosa contro di Rein.
Improvvisamente, la bocca gli si seccò.
Merda.
Nonostante i progressi fatti quel giorno, Rein non sarebbe mai stata in grado di superarla. L’onda si sarebbe abbattuta con violenza su di lei, trascinandola sott’acqua senza che neanche riuscisse ad opporre resistenza. Il rischio peggiore era che, sebbene in quel punto ancora si toccasse, davvero una delle correnti la potesse trascinare via, e a quel punto gli sarebbe stato impossibile recuperarla, oppure che la forza del mare la facesse schiantare contro uno degli scogli poco distanti.
Una rabbia cieca contro se stesso gli annebbiò i pensieri per un istante, realizzando solo in quell’istante quanto fosse stato incosciente trascinarla in quella follia, soltanto per uno sciocco capriccio di voler bruciare le tappe prima del tempo. Aveva sottovalutato anche lui ciò da cui l’aveva appena messa in guardia.
Provò ad intimarle di fermarsi, ma Rein era troppo concentrata sul suo percorso, il rombo del mare nelle orecchie, perché potesse anche solo minimamente accorgersi del pericolo.
- Fine, attenta!- le gridò lui tuffandosi per recuperarla, ma non fece nemmeno in tempo a dirlo che l’onda travolse Rein come una furia, trascinandola con sé nella ferocia del suo tragitto.
A Shade quasi mancò il respiro quando non la vide riemergere in superficie, e cominciò ad osservarsi intorno spaesato, cercando disperatamente una traccia di lei tra gli schizzi di acqua salmastra che esplodevano tutt’intorno.
Merda, merda, merda, merda – pensò in preda al panico, un nodo alla gola.
Poi d’improvviso con la coda dell’occhio, notò una chiazza rosso fiamma riemergere poco distante da lui.
- Fine! – gridò, raggiungendola in due bracciate, il cuore che riprendeva a battere in petto.
Rein tossì violentemente, segno che stava bene e che era cosciente.
- Shade…- riuscì a dire in un attimo di lucidità, tra le lacrime, stremata dalla fatica e disorientata da quel cambiamento improvviso – Torniamo indietro, ti prego –
- È quello che sto cercando di fare, Fine, ma ho bisogno che tu collabori. Da solo con questa corrente non ce la faccio. Ci sei?- le disse lui, stringendosela al petto. Anche se in quel punto riusciva ancora a sentire la sabbia sotto i piedi, la sua presa sul fondale era instabile. La risacca cominciava a farsi sentire, e scavava nella sabbia buche simili a sabbie mobili dalle quali era difficile liberarsi. Per un tratto almeno era necessario procedere a nuoto.
Rein l’osservò, gli occhi tersi di terrore.
- Shade, riportami a riva, ti scongiuro. Non ce la faccio – singhiozzò ancora lei, la mente completamente annebbiata dal panico, rigida, cieca, completamente incapace di reagire.
La corrente si era fatta improvvisamente più forte. Shade strinse i denti. Tornare a riva sarebbe stato più complicato del previsto.
Intimamente si maledisse ancora per il suo gesto sconsiderato. Fino a poco tempo prima era sicuro di avere la situazione sotto controllo, e un istante successivo tutto gli era scivolato dalle mani per colpa della sua stupida presunzione.
- Ce la fai, Fine, devi solo mettere in pratica quello che hai imparato fino ad adesso senza lasciarti vincere dalla paura – le disse in tono fermo, cercando di mantenersi lucido di fronte al pericolo.
Rein, stremata, angosciata, le forze che ormai le venivano meno, si agitava inutilmente sentendosi mancare il respiro, le gambe irrigidirsi, il cuore fermarsi, e a poco a poco nella mente cominciò a prendere di nuovo forma l’immagine di Eliza che incombeva su di lei, spingendola a forza sott’acqua fino a farle scoppiare i polmoni. Percepire la sabbia molle che le si sgretolava sotto ai piedi le annebbiò completamente i pensieri.
- Non ce la faccio – continuava a dire, quasi in trance.
- Sì che ce la fai, devi solo fidarti di me – le rispose Shade, stringendosela al petto e cercando un contatto visivo con lei.
- Non ci riesco! – ripeté lei, con occhi vitrei.
- Fine, guardami – le intimò lui, cercando di calmarla.
- Ho troppa, paura! Non ce la faccio! – strillò lei tra i singhiozzi.
- Guardami! – le intimò ancora lui, riuscendo finalmente ad incrociare i suoi occhi - Immagina che io sia Fango – le disse, e Rein in un istante si paralizzò.
- C-come? – balbettò, il volto che pian piano riacquistava colore.
- Immagina che io sia lui. Come vorresti che ti vedesse adesso, qui, in questo istante? Cosa vorresti che lui capisse di te? – le domandò lui, sperando di vedere accendersi una scintilla nei suoi occhi.
Rein in un primo momento boccheggiò, senza sapere cosa rispondere, il cuore che le si incrinò sotto il peso della gabbia toracica. Sentiva ancora il fiato pesante di Eliza pronta a soffocarla sul collo.
Provò a trattenersi finché l’orgoglio glielo impose, ma una volta riagganciato lo sguardo a quello di Shade, le fu impossibile resistere ancora.
- Vorrei fargli vedere come il suo tradimento non mi abbia abbattuta. Vorrei sentirmi forte. Vorrei poterlo guardare negli occhi, e potergli dire: adesso sono finalmente felice. Ti perdono per avermi tradito, per avermi fatto del male. Non ho più bisogno di vivere nel fantasma del tuo ricordo. Grazie, mi hai dato un’importante lezione. Ora esci per sempre dalla mia vita, con la consapevolezza che mi hai resa più forte!- singhiozzò a pieni polmoni, stringendosi al petto di Shade, il corpo percosso da violenti spasmi che celavano tutto il suo dolore e la sua fiducia tradita.
Shade la lasciò sfogare, mentre riacquistava man mano il controllo della situazione, il cuore in petto che gli si incrinò nel vederla dare sfogo a tutta la sua tristezza. Per un attimo il panico aveva accecato anche lui.
Una volta calmatasi, e riacquistata la lucidità necessaria per pensare al da farsi, non ebbe più alcun dubbio.
- Allora fallo. Dimostramelo – le sussurrò.
Rein sgranò gli occhi ancora lucidi di lacrime, senza capire.
- Cosa? –domandò confusa.
Lui affondò le iridi nelle sue serio, deciso, determinato.
- Dimostrami che non hai più paura di niente, che sei diventata forte nell’anima e nel corpo. Dimostrami che niente e nessuno ti può più abbattere -



Angolo Autrice:

Ok, questo giro non perderò tempo a scusarmi dell'immenso ritardo, la storia la sapete già.
Sappiate però che sono molto contenta di aggiornare questa fiction, ogni tanto mi deprimo perchè sommersa di impegni come sono non riesco a portare avanti una storia a cui tengo molto regalare un finale, ma "chi va piano va sano e va lontano", e difatti a poco a poco, moooolto lentamente, ci sto riuscendo. Il segreto è non mollare!
Che dire di questo capitolo? Ve lo aspettavate? Ci speravate?
Io sì, perchè segnerà dei cambiamenti profondi nelle gemelle e sui loro sentimenti, e spero proprio che questa cosa vi entusiasmi quanto me.
Nel prossimo soprattutto assisteremo ad cambiamento anche nei due ragazzi, e non vedo l'ora di farvi leggere!
Intanto grazie a chi mi segue ancora. Siete preziosi come sempre.

Baci sparsi

_BlueLady_

 

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Capitolo 24
*** Così Come Sei ***


~ CAPITOLO 23: COSI’ COME SEI ~
 
Era da più di mezz’ora che osservava il suo gelato al cioccolato con lo sguardo perso nel vuoto, senza attentarsi minimamente ad addentarlo.
Seduti su una panchina sul lungomare, in un angolo appartato poco distante dalla gelateria nella quale avevano acquistato la loro colazione, lei e Bright continuavano ad osservarsi di sottecchi di tanto in tanto, immersi in un assordante quanto imbarazzante silenzio.
Fine aveva provato più volte a scavare nella sua testa alla ricerca di qualcosa da dirgli, ma la paura era più forte di lei. Ogni volta che provava ad alzare gli occhi su di lui, le tornava alla mente la mattina di due giorni prima, quando Bright l’aveva scorta riemergere dall’acqua nel segreto di un’alba condivisa.
Fine… sei tu?
Quelle tre parole avevano la capacità di annodarle lo stomaco, chiuderle la gola e farle perdere ogni briciolo di lucidità.
Sentiva il cuore scalpitarle feroce in petto, rimbombando nella testa e nelle orecchie, mentre Bright alla sua sinistra continuava a gustarsi il suo gelato alla menta con lo sguardo perso all’orizzonte, sospirando.
Provò a cercare le parole con cui iniziare un discorso, ma subito si irrigidì non appena il biondo spostò lo sguardo dall’orizzonte verso di lei, e le sorrise intenerito quando la scorse osservarlo con quegli occhioni da cucciolo spaurito sgranati, e il gelato mezzo sciolto ad appiccicarle le mani.
- Prima o poi dovresti mangiarlo – le disse con dolcezza.
Fine, colta alla sprovvista, arrossì.
- C-come dici?- balbettò, col cuore in gola.
- Il tuo gelato – asserì lui, alludendo con un cenno della testa al suo cono mezzo sciolto.
- Oh!- esclamò lei ancora più imbarazzata, passando velocemente il cono da una mano all’altra leccandolo tutto intorno, per poi pulirsi la mano appiccicaticcia.
La preoccupazione le faceva davvero un brutto effetto, si disse tra sé e sé, se quello era il risultato.
Nel giro di due minuti cercò di rimediare come meglio poteva al danno, sotto lo sguardo divertito di Bright che proprio non riusciva a toglierle gli occhi di dosso.
- Se non avevi voglia di gelato bastava dirlo. Ci sono tante altre buone cose da assaggiare – asserì lui ridacchiando.
- S-sì… c-cioè, n-no, no! Il gelato va benissimo!- si affrettò a rimediare lei, con le labbra sporche di cioccolato. Neanche a cinque anni si sarebbe sporcata così.
Stupida, si disse tra sé e sé maledicendosi di avere ordinato quel cono, guarda che figura stai facendo di fronte a lui.
Bright, finito di ridersela sotto i baffi, sospirò e si fece subito serio. Fine lo notò e subito reclinò la testa di lato. Non era l’unica ad essere turbata, quella mattina.
Non trascorse neanche un minuto di silenzio, che subito il biondo parlò.
- Rein, io… devo chiederti scusa – disse asciutto, ricollocando gli occhi verso l’orizzonte.
A Fine per poco non andò di traverso il gelato.
- C-come?- riuscì ad esclamare tra un colpo di tosse e l’altro.
Aveva capito bene? Le stava chiedendo scusa?
- Perché?- domandò, più a se stessa che a lui.
Bright sospirò di nuovo.
- È da due giorni che non faccio che pensarci… non avrei dovuto seguirti di nascosto l’atro ieri in spiaggia. Mi rendo conto solo ora che il mio comportamento è stato sconsiderato ed invadente, e l’idea di averti messa a disagio mi fa sentire un vero idiota. Non avrei dovuto essere così indiscreto –
Fine sbatté due volte le palpebre, incredula per ciò che aveva appena sentito pronunciargli.
Il biondo deglutì.
- So di avere invaso il tuo spazio personale, di aver violato la tua privacy. Non faccio che darmi continuamente dello stupido. Riconosco il mio errore, e non ti biasimo se tu adesso non riesci più a lasciarti andare con me, a fidarti. Se potessi tornare indietro, non lo rifarei –
- Bright, non c’è alcun bisogno che ti scusi. Non è successo niente di grave – a parte il fatto che mi hai vista tuffarmi in acqua e nuotare meglio di una sirena quando sto dicendo a tutti il contrario per reggere il gioco a mia sorella, aggiunse mentalmente, ed istintivamente si morse il labbro a pensarlo – Non pensare che io ce l’abbia con te –
Era così difficile dovergli dare una spiegazione.
- Il fatto è – intervenne lui, senza darle il tempo di articolare alcuna giustificazione – che non so nemmeno perché io abbia deciso di seguirti. Ero mezzo assonnato, e ti ho intravista sul bagnasciuga allontanarti di corsa senza dire nulla. Ho pensato “rimettiti a dormire, non sono affari tuoi”. Ho richiuso gli occhi. Mi sono imposto di riaddormentarmi. E senza che me ne accorgessi, ero già in piedi a seguire le tue orme sulla sabbia. Sembravi così spensierata, così felice. Avevo voglia di condividere con te quel tuo piccolo momento di gioia-
La schiettezza con cui le confessò quelle parole, quasi la pietrificarono. Non poteva credere che Bright le stesse davvero confessando quelle cose. Sembrava tutto così assurdo.
Sei abbastanza strana da interessarmi.
Istintivamente, arrossì.
Provo ad aprire la bocca per pronunciare qualcosa, ma ancora una volta non ci riuscì. Con che coraggio avrebbe potuto rispondergli?
Lui sbuffò, mettendosi le mani nei capelli e scompigliandoseli.
- Sono un vero idiota – si disse – Voglio farti delle scuse con un minimo di logica, e invece mi ritrovo a farfugliare idiozie –
Non sono affatto idiozie! Avrebbe voluto urlargli in faccia. Tutto ciò che dici è dannatamente adorabile, e io mi sento una vera ipocrita ad ingannarti così!
- Rein – riprese lui, affondando improvvisamente le iridi nelle sue, e facendole perdere un battito di cuore – potrai prendermi per pazzo, o semplicemente per un maleducato. Hai tutto il diritto di pensare di me ciò che vuoi. Ma per quanto io possa cercare di inventarmi una scusa credibile che possa giustificare il mio pessimo comportamento, non sarà mai in grado di nascondere la verità, e cioè che io…- e qui si bloccò un attimo per ritrovare il coraggio che aveva preso a vacillare – i-io…- balbettò incerto, il cuore della finta turchina che pareva esploderle in petto.
Bright deglutì. Fine fece altrettanto. Poi pronunciò quella sua piccola confessione tutto d’un fiato, come a volersi togliere un fastidioso sassolino dalla scarpa.
- Io non posso fare a meno di interessarmi a te
Trascorsero qualche istante in silenzio, con il peso di quella confessione a soffocare l’aria circostante.
Fine accolse quelle parole impreparata, con la mente vorticante di pensieri ed il cuore martellante in petto.
In un primo momento temette di esserselo solo immaginato.
Ma il rossore che si accese su entrambe le loro gote non lasciava spazio a qualsiasi dubbio.
Passò ancora qualche istante di silenzio, prima che lei si rendesse conto che lui si aspettava una risposta. Un cenno, uno schiaffo, un sorriso, qualcosa.
Il gelato continuava a colare miseramente sulle sue mani e sul marciapiede ormai da dieci minuti.
Poi Fine parve ridestarsi dalla trance.
- Bright – riuscì a dire finalmente, dopo aver contato interiormente tre volte prima di iniziare a parlare. Era il momento di uscire allo scoperto. Sentiva che era la cosa giusta da fare. Rein avrebbe sicuramente capito, e l’avrebbe perdonata. Di fronte ad una tale sincerità, le riusciva impossibile nascondergli oltre la verità.
- Non devi assolutamente colpevolizzarti di nulla. Non hai fatto niente di male. E quello che mi hai appena confessato non fa che confermare quanto tu sia una persona corretta e senza alcuna malizia. Ti apprezzo molto per questo –
Il biondo le sorrise.
Lei deglutì.
- I-il fatto è che anche io devo confessarti una cosa. Mi sono presentata stamattina sotto casa tua proprio per dirtelo. Bright… come faccio a spiegartelo… io…- chiuse forte gli occhi e radunò ogni pensiero per trovare le parole giuste con cui confessargli la verità.
Sospirò.
- Io… ecco, vedi… non sono Re…- e nel mentre che era in procinto di aprirgli il suo cuore, notò un’insolita macchiolina nera offuscarle leggermente la vista. Era curioso, si disse. Dondolava a penzoloni da un occhio all’altro, come se fosse attaccata ad un filo invisibile.
Impiegò qualche minuto a capire. Si ammutolì, mise a fuoco, realizzò.
E quando ebbe realizzato cosa quella macchiolina nera fosse in realtà, per poco non le venne un mezzo infarto.
- R…- cominciò a balbettare, paralizzata dalla paura.
Bright l’osservò di sbieco, senza capire.
Lei si sforzò di mantenere la calma ed un minimo di dignità personale imponendosi di non fuggire a gambe levate strillando per tutto il lungomare come una pazza furiosa.
- R-ra…R-ra, ra…- balbettò ancora, mentre la macchiolina nera prendeva sempre più la forma di un innocente ragnetto che le si era impigliato tra i capelli.
Solo al secondo accenno di panico Bright fu in grado di capire cosa stesse turbando la quiete della finta turchina.
Le intimò di rilassarsi, sorridendole premuroso.
- Aspetta…- le sussurrò, avvicinandosi un poco per cercare di afferrare l’animaletto senza fargli male, ed allontanarlo da lei.
- Toglilo! Toglilo! – prese a supplicarlo Fine ormai in iperventilazione, agitando la mano che ancora reggeva il cono gelato ormai in poltiglia a mò di arma.
Soltanto quando Bright riuscì ad afferrarle il polso per impedirle di inondare entrambi con una pioggia di cioccolato lei si paralizzò all’istante, attendendo col fiato sospeso che lui le togliesse di dosso il piccolo aracnide che l’aveva scambiata per una comoda dimora. Per qualche strana ragione i ragni l’adoravano.
Avvertì il suo fiato caldo sul collo, occhi negli occhi, le bocche a pochi centimetri di distanza.
- Ecco fatto – le sorrise lui, dopo un istante che le parve un secolo passato ad osservarsi nelle pupille.
Fine sospirò, non senza un minimo di vergogna. Aveva fatto la figura della bambina, e per un ragnetto delle dimensioni più piccole di un’unghia. Si era coperta completamente di ridicolo. Ora le riusciva difficile perfino continuare il suo discorso.
- Scusami – mormorò avvilita, abbassando lo sguardo.
Lui sorrise. Avvertiva ancora il suo respiro a pochi centimetri di distanza.
- Non devi scusarti – le disse.
Lei sospirò.
- Sono proprio una sciocca. Avere paura di un misero ragnetto come quello. Sono proprio patetica. Eppure per quanto mi sforzi, proprio non riesco a superare questa mia debolezza – confessò.
Fu sul punto di riprendere il discorso di prima, ma la sua determinazione vacillò.
Si bloccò un istante a pensare. Poi proseguì: - Per questo ho deciso di provarci, quella mattina. Sono stanca di lasciarmi sempre ostacolare dalle mie paure. Così ho deciso di buttarmi. Di affrontare di petto la mia paura dell’acqua. Non so dirti cosa mi sia preso né come ci sia riuscita. So solo che all’improvviso ha funzionato. Abbastanza bene, direi – mentre le parole le uscivano di bocca come un fiume in piena, non poté fare a meno di sentirsi più meschina che mai. Bright ascoltava in silenzio, assimilando ogni sillaba.
- Non so dirti se sarei in grado di rifarlo. So che il mio è più un blocco psicologico che fisico. So solo che vedere mia sorella che ce la sta mettendo tutta a superare i suoi limiti, mi ha fatto venire voglia di provare anche a me. Anche se è facile tornare indietro sui propri passi – sospirò, osservando il ragnetto ormai distante scegliere un albero su cui costruire la propria tela.
Fine deglutì, la gola secca. Non aveva ancora il coraggio di alzare lo sguardo da terra.
Bright l’osservò un istante, poi sorrise afferrandole il mento con due dita e portandola a puntare gli occhi nei suoi.
- Ci sono paure che vanno superate, e altre che ti rendono semplicemente quella che sei. Non devi vergognarti di ciò che ti rende una persona vera. Tu sei così. Con la tua dolcezza, e la tua voglia di dolci – le sorrise – Tu sei questa, Rein. E io ti trovo adorabile. Con la tua paura per tutto ciò che ha otto zampe, granchi compresi, e la tua spropositata voglia di essere diversa, quando non ti accorgi che sei bella così come sei -
Si osservarono negli occhi. Si sorrisero. Arrossirono.
Fine sentì pervadersi da un profondo calore che andò ad inebriarle il cuore mentre quest’ultimo rimbombava precipitosamente sotto la gabbia toracica.
Poi vide Bright farsi sempre più vicino.
- B-Bright…- tentò di fermarlo impanicata, e non poté fare a meno di chiudere forte gli occhi non appena lo vide avvicinarsi all’improvviso.
Fu la sensazione di un attimo. Le gote ancora calde, il cuore e la testa che scoppiavano, e la sensazione di due labbra morbide premute sulla punta del naso che le lasciavano l’impronta umida di una confessione a metà.
Riaprì gli occhi di scatto, e lo vide sorridere ancora, a pochi centimetri dal suo volto.
- Eri sporca di cioccolato – si giustificò lui, riacquistando a poco a poco la distanza tra loro.
Fine non seppe dire se quello che successe dopo fosse per il caldo delle temperature estive, per il caldo che sentiva divamparle da ogni poro della pelle, o più semplicemente perché in tutto quel tempo ancora non aveva finito di consumare quel famigerato gelato ormai decomposto.
Fatto sta che accadde. E non ci sarebbe stato niente che lei avrebbe potuto fare per evitarlo.
Dopo la pessima figura che aveva fatto di fronte a lui quella mattina in spiaggia. Dopo essere stata salvata da un ragno grande meno di un’unghia.
Successe. E Fine non poté che rassegnarsi a collezionare anche quella tra le memorie di tutte le figuracce fatte in presenza di Bright.
Se non si mangia in fretta, si sa, il gelato si scioglie. E il suo aveva resistito fin troppo.
Difatti colò. Una dignitosa dipartita.
Colò. Tutto sui pantaloni di Bright.
E a lei non restò che scusarsi per l’ennesima volta, piena di vergogna e con i resti di un cono vuoto tra le mani.
 
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Quando giunsero a riva, stanchi e stremati per la fatica, con il cuore che scoppiava ed il fiato corto, Rein non poté fare a meno di accasciarsi inerme sulla spiaggia, distrutta.
Shade l’aveva accompagnata per tutto l’ultimo tratto, quando ormai si trattava solo di uscire a piedi dall’acqua, sorreggendola per la vita mentre lei gli era agganciata con un braccio alle spalle. Era talmente stremata e scioccata, che le gambe le cedevano da sole.
Si accovacciò sul bagnasciuga, ansante e con gli occhi sbarrati dallo spavento, le mani che arpionavano le ginocchia, riacquistando man mano lucidità.
Shade la squadrò un attimo per capire se stesse bene, poi si allontanò da lei di qualche passo, turbato.
Dietro di loro il mare si gonfiava imperterrito sotto il soffiare del vento, alzando la sabbia sottostante che vorticava feroce intorbidendo le acque. Nel giro di poco tempo le condizioni meteorologiche erano peggiorate in maniera imprevedibile, rendendo anche quel posto, all’apparenza protetto e sicuro, una Fossa delle Marianne.
Rein d’istinto sospirò, quasi avesse ripreso a respirare solo in quel momento. Aveva il cuore che rimbombava in gola e nelle orecchie, e il sangue che fluiva veloce nelle tempie. Tremava.
Non sapeva nemmeno lei come diavolo aveva fatto ad uscire dal suo impasse. Sapeva soltanto che le parole di Shade erano state come una scarica di adrenalina – un’overdose, visto lo spavento che si era presa – a cui lei ci si era aggrappata con tutta la forza possibile.
E nella nebbia della sua paura, nel buio del suo annichilimento, era riuscita a trovare la forza per nuotare almeno per quel tratto necessario a farli raggiungere un punto più sicuro. Da lì, poi, avevano proseguito a piedi senza dirsi una parola.
Una volta riacquistato un minimo di lucidità, provò a roteare lo sguardo intorno in cerca del moro.
Lo trovò poco distante, in piedi davanti a lei, di spalle, la mascella serrata e i pugni stretti fino a farsi quasi sanguinare i palmi delle mani.
Percepì qualcosa implodergli dentro.
- Shade…- provò a chiamarlo con voce arrochita mentre a quello montava in petto una rabbia incontenibile.
- Maledizione! – sbottò ad un tratto, tirando un pugno contro uno scoglio vicino, facendosi sanguinare le nocche delle mani.
Rein di fronte a quella reazione improvvisa, sussultò.
L’osservò massaggiarsi le nocche sanguinanti, senza che mostrasse il minimo cenno di dolore in volto. Non un’incrinatura, non un cedimento. Soltanto un immenso, profondo rammarico.
- Shade – provò di nuovo a chiamarlo, titubante – è tutto a posto?-
Si alzò in piedi barcollante, procedendo a passi incerti verso di lui, che per tutta risposta ancora non osava guardarla in faccia.
- Per niente! – esclamò, adirato contro se stesso per il pericolo a cui l’aveva appena esposta così sconsideratamente – Sono un idiota! Un completo idiota!- e ancora accennò a prendere a pugni lo scoglio con rabbia, quasi non gli importasse affatto di potersi rompere tutte le ossa della mano, ma lei glielo impedì.
Gli fu accanto in un attimo, nonostante la debolezza, fermandogli il braccio prima che lui potesse dargli l’impulso di colpire di nuovo, quasi gli avesse letto nei pensieri.
Gli arpionò l’avambraccio con tocco delicato, una carezza impercettibile che per un attimo sembrò destabilizzare la sua furia, i tendini ed i muscoli dapprima rigidi e in tensione che si scioglievano sotto il suo tocco malleabile.
- Va tutto bene – mormorò cauta, lui che ancora non osava guardarla negli occhi.
- Come puoi dirlo?! – abbaiò lui, nero di rabbia - Potevi annegare! Saresti potuta annegare e io non avrei potuto fare niente per… per…- cominciò a balbettare, sentendosi bruciare gli occhi di impotenza e frustrazione. Non trovò il coraggio di finire la frase.
Rein, per tutta risposta cercò un contatto con i suoi occhi.
- Guardami – gli disse solo.
Lui non osò accennare alcun movimento, ancora in collera, ancora a denti stretti. Allora lei si morse il labbro inferiore, prima di piazzarglisi davanti, prendergli la testa tra le mani, e costringerlo ad incastrare le iridi nelle sue.
- Shade, guardami – gli ripeté, più docile e malleabile avvicinando la fronte alla sua, e placando il suo respiro con il ritmo regolare del suo – Sono qui – gli disse – e sto bene –
Shade si morse il labbro con forza, ricacciando in gola la rabbia e le lacrime che premevano furiose per uscirgli dagli occhi. Le afferrò entrambi i polsi con le mani, costringendola ad intensificare la pressione di quel contatto sulle tempie. In quel momento desiderò che quel tocco fosse capace di incenerirgli il cervello.
- Scusami – riuscì a dirle in un soffio, riacquistando pian piano lucidità e calma, il respiro che si faceva via via più regolare – Non so cosa mi abbia preso. Io volevo solo… volevo solo…- cominciò a balbettare, prima di sentirsi nuovamente bruciare l’orgoglio di vergogna.
Rein gli sorrise comprensiva. Avevano entrambi gli occhi lucidi.
- Non devi scusarti – disse – è colpa mia. Mi sono lasciata prendere dal panico, e non sono più stata capace di reagire –
- Ti sei spinta più in là di quello che avrei mai potuto immaginare. La colpa è mia, che ho voluto costringerti a fare qualcosa ancora al di sopra delle tue capacità. Avrei dovuto capire che non eri ancora pronta. Invece mi sono lasciato prendere la mano, e ho finito per rovinare tutto quanto – asserì lui con amarezza e rammarico, una scintilla di rabbia che di nuovo gli si accese in petto, pronta a dare fuoco a tutto quanto se solo lui glielo avesse permesso.
Proprio ora che era così vicino ad un risultato. Era riuscito a mandare tutto in fumo.
Rein scosse la testa, ricacciando a forza alcune lacrime che cominciavano a pizzicarle gli occhi.
- Invece ti sbagli – gli disse sincera – Mi hai aiutata più di quanto immagini – ed era vero, poiché le parole che aveva pronunciato in acqua erano state per lei come un’illuminazione, un’iniezione di verità e di consapevolezza. Perché Rein sapeva benissimo che nonostante la paura, Shade era riuscito a trovare la forza per entrambi per spingerli ad andare avanti.
Il modo in cui le si era rivolto, con fermezza e determinazione, d’istinto, era stata per lei la dose di coraggio che le serviva per sbloccarsi, per uscire finalmente dalla gabbia.
Non sapeva bene neanche lei spiegarselo con certezza, sapeva solo che nell’istante preciso in cui lui le aveva chiesto di immaginare che fosse Fango, una scarica di adrenalina, un pizzicore che le era partito dal cuore andando ad infiammarle la colonna vertebrale, le aveva aperto gli occhi, rendendola conscia di una verità che dapprima si ostinava a negare, o più semplicemente che non riusciva a vedere. Perché nella richiesta del moro di essere visto solo per un momento come il suo più grande amore e dolore, e guardandolo in quegli occhi magnetici così simili a quelli del suo ex che le aveva sbriciolato il cuore, Rein non aveva visto altri che Shade, e aveva sentito in petto montarle un desiderio ancora più forte di quello di voler dimostrare a Fango che era cambiata, e che non aveva più bisogno di lui. Era stato immediato ed illuminante quasi come un istinto di sopravvivenza.
Non aveva avuto bisogno di immaginarsi il volto del castano sovrapporsi a quello del moro, perché improvvisamente in petto le si era accesa una determinazione ancora più forte, ossia quella di voler dimostrare non a Fango, ma a Shade, lo stesso Shade che era accorso in suo aiuto in balia delle onde e l’aveva vista piangere, e l’aveva vista arrabbiarsi, ridere, impaurirsi, soffrire, tremare, sbraitare, smentirsi, fare figuracce, che niente e nessuno avrebbe più potuto abbatterla.
Ed era stato allora, e solo allora, con quella consapevolezza ad infiammarle la lingua, che le sue gambe avevano incominciato a muoversi sotto l’impulso di una nuova volontà, e aveva cominciato a nuotare, concentrata sull’obiettivo.
Era stato come un barlume di lucidità in mezzo al caos, un lampo sonoro in una buia notte di temporale.
Rein ci aveva finalmente creduto con tutta se stessa, che a nuotare fosse capace anche lei. Che non era solamente lei ad avere bisogno di aiuto. Che la vita di entrambi dipendeva soprattutto da lei, e dalla sua capacità di reagire al pericolo.
E l’aveva fatto, seppur stremata, l’aveva fatto, seppur terrorizzata. Un passo alla volta lei e Shade si erano condotti a riva l’un l’altra.
Era incredibile quanto poco bastasse ad avvicinare, fino quasi a sfiorarsi, due cuori all’apparenza così distanti. Perché avrebbe potuto negarlo fino allo sfinimento, se avesse voluto, ma dentro di sé sapeva con certezza di aver percepito il proprio cuore aprirsi per lasciare un piccolo spiraglio attraverso cui quello di Shade potesse penetrare per mettervi radici.
La cosa, non poteva negarlo, le aveva fatto paura. Molto. Perché ammetterlo significava ammettere una verità ancora più grande e spaventosa, e cioè dare a Fine un enorme dispiacere, una pugnalata diretta intenzionalmente al cuore.
Pensarlo le provocò un mancamento d’aria. Non appena le capitò di rincrociare gli occhi di Shade, a separarli ancora la distanza di un respiro, si scostò da lui bruscamente, spaventata, irrigidita, quasi avesse appena accostato la pelle ad una fiamma, finendo inevitabilmente per bruciarsi.
Shade l’osservò ritrarsi di scatto perplesso, ignaro delle emozioni che le implodevano dentro.
Non appena i loro sguardi si incastrarono nuovamente, Rein accennò un timido sorriso, quasi si fosse accorta soltanto in quel momento di aver osato troppo, di essersi spinta oltre.
Shade si schiarì la gola, mentre in petto il battito cardiaco riprese a stabilizzarsi. L’incendio si era ormai dissolto.
- Direi che per oggi quello che abbiamo fatto è stato fin troppo – asserì, osservando il mare agitarsi davanti agli occhi, con una punta di amarezza nella voce e il senso di colpa che non accennava ad affievolirsi.
Rein annuì passiva, a sguardo basso, seguendo il percorso delle sue impronte sulla sabbia. Shade terminò di raccattare i teli, caricandoseli in spalla.
Pareva aver riacquistato lucidità. Quel momento di intimità così forte tra loro sembrava già essere stato cancellato. Avrebbe voluto possedere la stessa fermezza di Shade, in quel momento, che nemmeno pareva essere stato sfiorato dal fatto che i loro respiri, ancora una volta, se solo avessero voluto entrambi, avrebbero potuto fondersi insieme nel sapore di un bacio
Rein deglutì.
Inevitabilmente, qualcosa stava cambiando, e la stava cambiando. Non seppe dire, però, se anche per Shade fosse lo stesso.

Angolo Autrice:

Ohilà, quanto tempo che non bazzico per questo fandom!
Sarò sincera: non so se ci sia ancora qualcuno interessato a questa storia, ma chi mi conosce lo sa bene. Quando inizio una cosa, io voglio portarla a termine, dovessi metterci cent'anni (il che è un pò quello che sto attualmente facendo, vista la data dell'ultimo aggiornamento... ehm ehm...)
Comunque.
Mi piange il cuore avere poco tempo e poca ispirazione. Dico sul serio. Perché il finale della storia ce l'ho, deve solo essere scritto. è tutto il "durante" che manca di alcuni pezzi fondamentali che non so come rendere al meglio, almeno per ora. Questo mi manda in crisi. Perchè purtroppo il tempo per scrivere è sempre poco, e io vorrei invece soltanto vedere il mio lavoro compiuto a dovere. 
A tutti voi, se ancora ci siete, dico di non demordere. Di avere pazienza. Perchè come vedete, torno sempre ogni tanto a fare capolino.
Grazie a chi c'è, e a chi ancora legge. Spero di continuare, anche dopo tanto tempo, a regalarvi una piccola emozione.
Per quanto riguarda il capitolo, diciamo che arriviamo ad una degna conclusione di come avevo lasciato in sospeso quell'altro. Come preannunciato, le cose per le due gemelle stanno cambiando, e tra i due ragazzi Bright sembra abbastanza convinto della sua scelta... cosa succederà?
Portate pazienza (tanta), ma vi prometto che prima o poi lo scoprirete!

Baci sparsi a tutti

_BlueLady_

 

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Capitolo 25
*** A Piccoli Passi ***


~ CAPITOLO 24: A PICCOLI PASSI ~
 
- E così mi sono ritrovata a rifilare a Bright una scusa che risultasse più o meno credibile, prima di impiastricciargli completamente i pantaloni di cioccolato –
Rein ascoltava il racconto impacciato ed imbarazzato della sorella senza battere ciglio, con sguardo vacuo ed assente.
La sua mente era divisa in due: da una parte provò a disperarsi, ma non troppo, per l’ennesima figura che Fine le aveva fatto fare in presenza di Bright, e dall’altra le sovveniva ancora tra i pensieri, come dei flash, la terribile mattinata trascorsa in balia delle onde insieme a Shade, compreso tutto ciò che si erano detti, e quanto si erano avvicinati l’uno all’altra, anche se per un istante soltanto.
Deglutì. Non sapeva come raccontare a Fine quello che era successo.
Non poteva certo uscirsene con un: ehi, Fine, lo sai? Stamattina mentre tu flirtavi con Bright, io e Shade abbiamo quasi rischiato di morire annegati.
A dire la verità, non seppe dirsi se ci sarebbe stato mai un modo giusto per confessarle una cosa del genere.
Un brivido gelido le corse lungo la schiena. A ripensarci, ancora si domandò come aveva fatto ad affrontare la sua paura più grande con una tale determinazione. Aveva un che di incredibile, di inspiegabile.
O forse, ammise a se stessa ma subito volle nascondere quel pensiero, l’unica ragione che l’aveva spinta a non cedere aveva un nome, e corrispondeva a quello di Shade.
Sospirò, un sospiro carico di ansia, mentre la sorella, finito il suo racconto, attese a sguardo chino un rimproverò che non arrivò.
Fine aprì di seguito un occhio, poi un altro, riscoprendo la sorella più turbata del solito. Qualcosa la preoccupava, e non poco. Pensò potesse subito trattarsi della loro situazione attuale.
- Rein, va tutto bene? Sei piuttosto silenziosa, stamattina –
La finta rossa posò lo sguardo sulla sorella, con un vuoto allo stomaco. Cercò le parole per confessarle tutto quanto, ma non le trovò.
- Fine – le disse infine, in un sospiro di rassegnazione – oggi è successa una cosa molto brutta – cominciò, e raccontò a Fine tutto quanto, per filo e per segno. Dalla scalata sulla scogliera, al mezzo annegamento tra le onde del mare. Era la seconda volta in una sola estate che le capitava una cosa del genere. Ma doveva ammettere che la causa era anche perché, quella volta, aveva deciso di mettersi in gioco per davvero, e non restare in disparte a guardare.
Fine ascoltò tutto senza battere ciglio, con un groppo in gola. Si ritrovò a pensare come quella folle situazione le facesse brancolare entrambe completamente nel buio, e compiere gesti folli. In una situazione normale, pensò, una cosa simile non sarebbe mai successa. Fino a che punto avrebbero ancora potuto rischiare?
Una volta che Rein ebbe terminato il suo racconto, Fine le si gettò al collo stritolandola in una morsa letale. La finta rossa sgranò lo sguardo, stupita dal gesto così impulsivo della sorella.
- E-ehi, che ti prende?- le chiese, spingendola a guardarla negli occhi. Si accorse solo in quel momento che Fine stava piangendo.
- Rein – le disse quella, tirando su con il naso lacrimoni carichi di angoscia e sconforto – non voglio più che tu continui questa cosa con Shade. Sta diventando troppo pericoloso, e io non voglio che tu ti metta in pericolo per soddisfare un mio capriccio –
Nell’udire quelle parole, a Rein mancò un battito. La dolcezza di Fine era spiazzante e disarmante al tempo stesso. Si pentì amaramente di averle dato un simile dispiacere. Forse sarebbe stato meglio tenerle nascosto quel piccolo incidente di percorso.
- Non devi preoccuparti di nulla, Fine. Ora sto bene. Si è trattato solo di un imprevisto. Può capitare –
L’altra scosse la testa, risoluta.
- Non esiste il “può capitare”. Hai rischiato seriamente la vita. E per cosa? Per piacere ad un ragazzo che nemmeno ti interessa? Non sono disposta a sacrificare mia sorella per così poco – asserì, ferma nelle sue decisioni.
Rein provò ad aprire bocca per ribattere, ma subito un tuffo al cuore la colse non appena le parole di Fine le piovvero in faccia come una secchiata di acqua gelata.
Per piacere ad un ragazzo che nemmeno ti interessa.
Quelle parole, inconsciamente, le fecero più male di tutto il resto.
Aveva raccontato tutto, a Fine. Del mare infuriato, delle onde, di lei, di Shade, di come l’aveva spronata a reagire. Tutto.
Ma aveva omesso un piccolo particolare. Già era difficile darle una simile preoccupazione, non occorreva che le raccontasse anche di quello che era successo dopo che lei e il moro erano rientrati sul bagnasciuga. Delle emozioni che aveva provato, così forti da essere quasi incontrollabili. Dei dubbi che l’avevano colta, se fare tutto quello fosse giusto o meno.
Di come, per un attimo fugace, le era balenato per la testa di potersi ingenuamente innamorare di Shade.
Inspirò. Fine non era pronta per una simile confessione. E nemmeno lei.
E poi, in fondo, nemmeno era sicura che i sentimenti scaturiti da quell’imprevisto fossero in realtà reali. A dire la verità, era da molto tempo che continuava a mettersi in discussione. Se stessa, Fine, il loro teatrino che faceva acqua da tutte le parti, perfino il suo rapporto con Shade.
Perché per quanto si ostinasse a dire che non lo sopportava, era consapevole che qualcosa, ormai, la teneva legata a lui, e in cuor suo aveva paura di perderlo. Che fosse amore, o più semplicemente una profonda amicizia, ancora non seppe dirlo con certezza. Ma qualcosa c’era. E lei, dopo tutto quel tempo passato a nasconderlo, ora che veniva messa di fronte ad una scelta, non seppe se rinunciarvi sarebbe stata una cosa di cui sarebbe stata capace.
- Non devi preoccuparti di nulla, Fine. Sapevo a cosa andavo incontro quando ho iniziato questo percorso. Avevo messo in conto qualche piccolo intoppo. Ma ora come ora, conscia del percorso che ho intrapreso, non so se sono davvero disposta a farla finita – riuscì a confessarle.
La finta turchina sgranò gli occhi, interrogativa.
- Stai dicendo che vuoi ancora andare avanti?- le domandò, confusa.
Lei sospirò.
- Non fraintendermi. Non lo faccio per avere a tutti i costi le attenzioni di Bright su di me, o per altro. All’inizio poteva anche essere quello l’obiettivo principale. E, credimi, mi sento meschina quanto te a nascondere la verità a Bright e Shade, e ingannarli così. Non credere che non ci abbia mai pensato. Anche io ho i tuoi stessi dubbi a riguardo. Tuttavia – e qui si prese una pausa, conscia che quello che stava per dire le costava parecchio coraggio – sento che, ora come ora, questo percorso non posso lasciare che si concluda. Lo faccio per me, certo, ma parlo anche nei confronti di Shade. C’è qualcosa che mi ha stupita, in seguito a questo incidente. Nei suoi occhi, quando è successo tutto, ho letto una paura inspiegabile. Di morire, certo, e di vedermi morire. Ma c’era anche dell’altro. Ho avuto la netta sensazione che in quell’istante, Shade si sia sentito terribilmente solo –
Ce l’ho qualcosa che mi spaventa.
E cos’è?
La solitudine.
- Non so spiegarti come, né perché. Ma nel profondo, sento che questa follia in qualche modo ci stia aiutando a crescere, e stia allo stesso tempo aiutando anche lui. Mi prenderai per pazza, lo so – ridacchiò imbarazzata, non pretendendo che la sorella capisse.
Fine abbassò lo sguardo, pensierosa. Le parole di Rein le risultarono più familiari di quello che la sorella immaginasse.
Quando parlava di cambiamento, sapeva che era qualcosa che riguardava anche lei e Bright. Non seppe darsi una motivazione, ma era come se tutta quella situazione paradossale cominciata con un desiderio espresso troppo ad alta voce, le stesse aiutando a crescere e ad affrontare se stesse, e non solo.
- D’accordo, Rein – sospirò infine, rassegnata – continuiamo su questa strada. Ma voglio essere sincera, con te: se dovesse ricapitare, a me o a te, di rischiare un grosso pericolo, allora la recita finisce qui –
Le due si abbracciarono, risollevate. Per Rein togliersi quel peso dal petto fu come tornare a respirare. Anche se tante altre cose continuavano a tenersi nascoste l’un l’altra, per paura di ferirsi a vicenda.
Anche Fine sospirò sollevata, centellinando a poco a poco con sempre più coraggio la verità alla sorella. Prima o poi avrebbe avuto il coraggio di dirle come stavano davvero le cose tra lei e Bright. Per il momento si decise a lasciarle metabolizzare lo spavento. Non osò neanche immaginare quanto Rein potesse essersi angosciata in seguito a quell’incidente in mare.
Eppure, si ritrovò a pensare, non poté fare a meno di notare quanto la sorella fosse cresciuta nell’affrontare quella paura ai suoi occhi così irrazionale. Un tempo si sarebbe chiusa in se stessa, fingendo che nulla fosse successo. Come quando si era lasciata inspiegabilmente con Fango, ed era rimasta in camera a piangere per settimane senza confessarle nulla di quanto fosse realmente accaduto tra loro.
Guardandola in quel momento, invece, la trovò più consapevole. Più matura.
Si ritrovò a pensare quanto le sue parole fossero veritiere in proposito. Non seppe dirsi se fosse giusto o meno, ma quello strano rapporto con Shade sembrava essere terapeutico per lei. Perciò non faticò a comprendere quello che Rein aveva voluto dirle.
Sospirò, chiedendosi se anche lei, stando con Bright, era riuscita a cambiare un poco in meglio. Ammetterlo le costava fatica e la impauriva non poco, ma con lui sentiva di poter avere un po’ più di fiducia anche in se stessa.
- Mi dispiace averti fatto preoccupare. Prometto che in futuro non ti darò più motivo di stare in pensiero – le disse Rein, colma di affetto.
Fine le sorrise.
- Ti voglio bene – le sussurrò.
- Anche io – le disse quella, abbracciandola fin quasi a stritolarla.
Percepirono i loro cuori completarsi, come mai prima di allora. Nonostante tutte le cose taciute e non dette, entrambe erano consapevoli che, come stavano cambiando interiormente, anche il loro rapporto era destinato ad essere plasmato.
Anche se le cose da dirsi erano ancora tante. Ma per quello avrebbero avuto tempo in futuro, per trovare a piccoli passi il coraggio che in quel momento pareva mancare.
 
¤¤¤¤¤¤
 
- Accidenti – sentenziò Altezza infastidita, riemergendo dalla dispensa della cucina – ragazze, occorre urgentemente fare la spesa! Siamo completamente a secco di qualsiasi provvista! –
Le quattro amiche fecero capolino dalla porta.
- Come? Ma non l’avevamo fatta tre giorni fa? Non possiamo già essere a secco – esclamò Rein perplessa, constatando quanto il tempo paresse volare quando si è in vacanza.
La bionda sbuffò, con un’alzata di spalle.
- Giudica tu. Sono rimasti soltanto un paio di sacchi di pasta, dei cereali, e due mele -
Le altre quattro si osservarono perplesse. In frigo c’erano ancora due bottiglie di latte piene, un po’ di verdura, carne, uova, e qualche altra cosa da sgranocchiare. Sarebbero riuscite a tirare avanti ancora per un po’.
- A me risulta che qualche cosa lo abbiamo ancora – sentenziò Mirlo, ispezionando il frigorifero e le dispense – possiamo andarci con calma anche domattina, prima di andare in spiaggia –
- Sì, ma – asserì Altezza, cocciuta – mancano molte cose di base. Caffè, zucchero… Ah, e sono finiti i biscotti! Come facciamo domani a fare colazione?-
- Dì la verità, Altezza – la interruppe Rein, capendo il suo gioco – Hai finito prima del previsto i tuoi biscotti al miele, non è così?-
Lei, per tutta risposta, arrossì imbarazzata.
- Cos…? Non è assolutamente come pensi! Io sono una perfezionista, so perfettamente calcolare i miei fabbisogni per una settimana intera, non sgarro mai –
- Ah-ha – annuì la finta rossa, senza darle troppa corda – e com’è che, tra tutti, i tuoi biscotti sono gli unici ad essere finiti? – le domandò, con occhio inquisitorio.
La bionda finse un profondo stupore.
- Come sarebbe a dire finiti? Impossibile! Qualcuno deve esserseli mangiati al posto mio! Avanti, Fine, sputa il rospo! Sei stata tu?- e si avvicinò con aria minacciosa verso Rein, la quale alzò gli occhi al cielo, esasperata.
- E-ehi! Io non c’entro niente! – asserì la vera Fine sentendosi presa in causa, quasi ridestandosi dai suoi pensieri.
- Infatti non dicevo a te, Rein, ma a tua sorella. Sappiamo tutti chi ha la fama di essere un pozzo senza fondo, qui – continuò la bionda, senza staccare gli occhi da quelli della finta rossa.
- Per tua informazione, io odio il miele. E poi non mi permetterei mai di appropriarmi dei tuoi biscotti senza permesso, dopo la filippica che ci hai fatto sul rispetto della proprietà privata e delle cose altrui – si difese quella, incrociando le braccia al petto.
- Altezza – intervenne Lione timidamente, sciogliendo la tensione tra le due – non è che, per puro caso, ieri pomeriggio tu ti sei finita la tua confezione di biscotti in seguito alla piccola discussione avuta con Auler? –
La bionda, improvvisamente, avvampò.
- Era un problema molto serio, il mio – asserì asciutta, con aria di superiorità – e poi non devo rendere conto a voi di come utilizzo le mie scorte personali –
Le quattro amiche si guardarono negli occhi, alzandoli poi al cielo e sospirando.
Il pomeriggio precedente, dopo la loro solita nuotata a largo, era successo che, mentre l’intero gruppo di amici stava uscendo dall’acqua ridendo e scherzando, una coppia di ragazze aveva avvicinato Auler per chiedergli se poteva scattare loro una foto.
Il ragazzo, complice una gentilezza senza pari, aveva accettato senza troppi complimenti.
Gliene aveva scattata una, poi un’altra ancora. E poi una in riva al mare, di spalle al bagnasciuga. E poi un’altra, bagnate dalle onde.
Ne aveva scattate, finché le foto non erano diventate almeno una ventina. E il poverino, arrivato alla trentina di foto, avrebbe davvero voluto levarsi il più educatamente possibile da quell’impiccio che cominciava a diventare un po’ troppo ingombrante – data la sua incapacità a dire di no, le due se ne stavano approfittando fin troppo – ma non sapeva come uscirne.
Altezza era rimasta a guardarlo seduta sul suo telo da spiaggia, verde di rabbia e di gelosia. Sarebbe stato impossibile non notare il suo malumore a riguardo.
Quando finalmente Auler riuscì a liberarsi dalle due, che non mancarono di ringraziarlo saltandogli al collo e regalandogli a testa un bacio su entrambe le guance, per tornare a ricongiungersi al resto del gruppo di amici, la pazienza di Altezza era andata già ben oltre il suo limite di sopportazione.
Lui era ritornato scusandosi del ritardo e lamentandosi di quanto le due fossero state insistenti, e l’unica cosa che aveva ricevuto in cambio era stata una rispostaccia alterata della bionda, che presa dall’euforia del momento aveva raccattato telo e borsa e se n’era tornata a casa a piedi senza neanche salutarlo, seguita da Sophie.
Una volta rientrata nella villa, si era seduta sul comodo divano del salone col suo pacchetto di biscotti tra le gambe, e aveva pianto tutte le sue lacrime lamentandosi con l’amica della stupidità ed ingenuità di suo fratello.
Soltanto alla sera, dopo una cena passata in compagnia, i due parevano essersi chiariti, e Altezza aveva riacquistato tutto il suo buonumore. Ma aveva involontariamente finito i biscotti.
Gli stessi biscotti che ora accusava Rein di avere divorato.
- Insomma, per domani io non ho la colazione, e avevo pensato di approfittare dell’occasione per fare un po’ di scorta. Così non dobbiamo ritornarci tra altri due giorni. Ho già pronta una lista – si giustificò infine, ammettendo la sua colpevolezza.
- Bene. Allora vai. Noi aspetteremo che ritorni per andare in spiaggia tutte assieme – la incitò Rein, non cadendo nella sua trappola.
La bionda sbuffò.
- Il problema è che io ho un sacco di cose da fare qui in casa. Non posso mettermi anche ad andare a far spese –
- Altezza, se questo è un modo per dirci che non ne hai voglia, noi…- continuò Rein, conoscendo bene i tentativi dell’amica di corrompere gli altri quando voleva che una cosa fosse fatta al posto suo. Era una ragazza dal cuore grande, ma sotto certi aspetti molto pigra. E sì che se si fosse trattato di andare a fare shopping, sarebbe stata la prima ad offrirsi di uscire.
- Vado io – asserì ad un tratto Fine, interrompendo una nuova discussione sul nascere.
Le altre quattro la guardarono sbalordite.
- Tu? – esclamò Altezza, incredula.
La finta turchina annuì.
- Sì. Perché, è un problema? – domandò lei, ricambiando l’occhiata perplessa delle amiche con un sorriso.
- Sei sicura di voler andare da sola? L’ultima volta ti sei dimenticata di comprare almeno la metà delle cose – asserì la bionda, diffidente.
- Se hai paura possa dimenticarsi qualcosa anche stavolta, l’accompagno – si offrì Rein.
Altezza scosse la testa, risoluta.
- Non ci pensare neanche, Fine. L’ultima volta che ti ci abbiamo mandato sei finita col mangiarti metà della roba mentre tornavi indietro. Sei inaffidabile –
Rein sospirò mordendosi la lingua, perché avrebbe tanto voluto risponderle che anche in quell’occasione probabilmente sarebbe finita allo stesso modo, essendoci proprio sua sorella nel suo corpo.
- Ma non ci sono problemi. Posso andare da sola. Anzi, ora che ci penso, avevo proprio voglia di fare quattro passi – esordì la finta turchina, strappando la lista dalle mani di Altezza.
- Sicura? – chiese quella, allarmata di non avere più la situazione sotto controllo come aveva previsto all’inizio.
L’altra, per tutta risposta, ridacchiò.
- Ma sì, che ci vuole? Basta seguire la lista! – e fece per uscire.
- Ma, a-aspetta Rein! Non dimenticare che il sapone per il bucato lo voglio al profumo di lavanda! E la frutta non sceglierla troppo matura. Mi raccomando, non perdere tempo davanti alle vetrine. Ricordati che alle quattro dobbiamo essere in spiaggia. Ah! E non dimenticarti i miei biscotti al miele!- le strillò dietro la bionda, ma ormai Fine era già bella che andata.
- Qualcuna di voi può fare lo sforzo di seguirla? Non oso immaginare con che cosa tornerà a casa…- domandò, voltandosi verso le altre tre.
Rein ridacchiò, posandole una mano sulla spalla.
- Dai, Altezza, dalle un po’ di fiducia. È stata così gentile a farsi carico di una responsabilità al posto tuo – asserì, osservando la sagoma della sorella che si allontanava a poco a poco.
Sospirò. C’era qualcosa che turbava Fine, quel giorno. L’aveva trovata più volte ad osservare il vuoto con sguardo perso e pensoso. Sperava soltanto non stesse ancora rimuginando sull’incidente del giorno prima.
Per un attimo fu tentata di seguirla, per capire se le stesse tenendo nascosto qualcosa. Poi però si disse che se Fine aveva deciso di offrirsi volontaria così spontaneamente per quella missione impossibile, era perché voleva stare da sola.
Sorrise. Com’era cambiata la sua dolce sorellina, da un mese a quella parte. Pareva essersi fatta più forte, più intraprendente. Un tempo nemmeno si sarebbe sognata di offrirsi volontaria per fare la spesa al posto di Altezza.
Forse stare con Bright aveva contribuito a darle più fiducia in se stessa. Di questo, pensò, non sarebbe mai stata tanto grata al biondo e a tutta quella situazione paradossale come in quel momento.
Deglutì.
Sperava soltanto sarebbe ritornata a casa con tutte le provviste intatte, e soprattutto ricordandosi i famigerati biscotti al miele di Altezza.
Altrimenti chi l’avrebbe più sentita la bionda, crudelmente privata della sua colazione preferita?
 
¤¤¤¤¤¤
 
- Dunque, vediamo…- asserì Fine studiando la lista che aveva in mano, mentre sgranocchiava un pacchetto di patatine croccanti appena acquistate – Detersivo, c’è. Frutta pure. Pesce, carne, verdura, pane, riso ci sono. Caffè c’è, zucchero anche… oh, cavolo! I biscotti!- fece per rientrare di volata dentro il piccolo supermarket, quando un curioso sbuffo alle sue spalle la costrinse a voltarsi.
Ad osservarla con occhioni grandi da cucciolo, stava un meraviglioso Golden candido come la neve.
- Oh, ma tu sei…- disse, non appena lo riconobbe. Il cagnone abbaiò euforico nella sua direzione, riconoscendola. Lei ridacchiò.
- Poomo! Possibile che tu compaia sempre da me quando ho qualcosa da mangiare tra le mani?- il cucciolo le saltò addosso, facendola cadere per terra con tutte le borse.
Prese a leccarle la faccia, mentre lei scoppiava in una risata divertita.
- D’accordo, d’accordo. Forse per te qualcosa mi è rimasto – disse, tirando fuori dal sacchetto del pane un pezzo di grissino ancora fumante di forno – Ma soltanto uno! Altrimenti poi chi la sente Altezza?-
Il cucciolo addentò con foga il pezzo di grissino, mettendosi poi da parte a sgranocchiarlo.
Fine sorrise. Si alzò in piedi, e si sistemò su una panchina lì vicina. Era da un po’ che non le capitava di incontrarlo, e rivederlo sicuramente le faceva piacere. L’ultima volta che aveva avuto l’occasione di incontrare Grace, Poomo non c’era.
- Ora che ci penso…- asserì dubbiosa, guardandosi intorno – Grace non è da qualche parte qui intorno?-
Prese a cercarla con lo sguardo, sperando di scorgere in qualche angolo della piazza una chiazza color rosa ciliegio. Nulla.
Poomo brontolò, sedendosi accanto a lei. Fine prese ad accarezzarlo sulla testa, mentre quello socchiudeva gli occhi, contento.
- Forse sarebbe il caso che io ti riportassi a casa – gli disse, pensosa – già, ma dove? – asserì sospirando, scuotendo la testa dubbiosa.
La prima volta che lo aveva incontrato, era in compagnia di Bright. Ricordava ogni particolare di quel giorno fuori dal comune. Ricordava come il biondo, a testa alta, aveva provato ad affrontare faccia a faccia la sua paura.
Fine non seppe spiegarselo, eppure era proprio grazie a quel curioso episodio se lei e Bright avevano cominciato ad avvicinarsi sempre di più l’un l’altra, condividendosi, fino a spingersi a confessioni che mai si sarebbe immaginata di poter sentire, almeno, non rivolte così esplicitamente a lei.
Le costò fatica ammetterlo, eppure in un piccolo angolo del suo cuore, tutto quello che Bright le aveva confessato di provare la spingeva inevitabilmente a sorridere. Era una sensazione calda, capace di riempirle la bocca e pizzicarle il cuore.
Si ritrovò a desiderare che quelle attenzioni fossero realmente indirizzate a lei, e non alla sorella come il biondo credeva di stare facendo.
Sospirò.
Se Rein avesse saputo anche solo la metà di quello che stava succedendo tra loro, probabilmente avrebbe fatto i salti di gioia. Il loro piano maldestro stava incredibilmente funzionando alla fine, eppure…
Una volta tornate normali, sarebbe mai riuscita ad accettare fino in fondo la vista del biondo e sua sorella insieme?
Deglutì.
Lo stava facendo per Rein, dopotutto. Almeno, era quello che continuava a raccontarsi per cercare di convincersi.
Ma la verità era un’altra.
Lei non voleva che tutto quello finisse. O meglio, desiderava soltanto che Bright potesse vederla ed innamorarsi di lei per quello che era in realtà.
Per Shade non seppe neanche cosa avesse provato, la prima volta che lo aveva conosciuto. Si domandò addirittura se ne fosse mai stata davvero innamorata.
Sospirò sconsolata. Tutta quella confusione la mandava letteralmente in crisi.
Come avrebbe dovuto comportarsi con Rein, ora che era consapevole di quella piccola, spaventosa verità?
- Che situazione difficile…- mormorò tra sé e sé, le borse della spesa che sfrigolavano tra le sue dita nervose.
Per un momento solo, desiderò avere Bright al suo fianco per sentirlo stringerla in un abbraccio dedicato soltanto a lei. Era un pensiero alquanto egoistico, lo sapeva bene. Ma arrivata a quel punto, non sapeva nemmeno lei come né perché, sentirsi costretta a dover rinunciare all’affetto di Bright la mandava completamente in crisi.
Come percependo il suo desiderio nascosto, Poomo al suo fianco drizzò le orecchie, in allerta. Fine lo notò.
- Ehi, bello, che ti prende? Hai sentito qualcosa?- gli domandò.
Il cane annusò un paio di volte l’aria, mettendosi sull’attenti, poi sfrecciò via di corsa, disperdendosi tra la folla.
- A- aspetta! – tentò di chiamarlo lei, drizzandosi faticosamente a sedere con tutto il suo armamentario, e lanciandosi al suo inseguimento – Poomo! – lo chiamò – Torna qui! Devo riportarti da Grace! –
Corse il più in fretta possibile con le borse della spesa che le creavano un peso enorme da sopportare. Il cane era a qualche metro di distanza da lei, e non accennava a volersi fermare. Pareva sordo a qualsiasi richiamo. Non sapeva neanche dove la stesse conducendo.
Improvvisamente, Poomo svoltò in una stradina laterale che si discostava dalla via principale, e portava direttamente alla spiaggia libera. Fine lo seguì.
Si era allontanata parecchio dalla strada di casa, ma l’idea di perderlo proprio in quell’istante le sembrava più terrificante che rientrare a casa in ritardo rispetto all’orario pattuito da Altezza.
- Chissà dove diavolo sta andando…- mormorò tra sé e sé, prima che quello si fermasse di botto, e lei andasse a sbattere contro la schiena di qualcuno cadendo a terra con un sonoro tonfo.
- Ahi! – si lamentò, massaggiandosi testa e sedere, le buste della spesa completamente sparpagliate al suolo.
- Ti sei fatta male?- la accolse una voce dall’alto, che subito faticò a riconoscere – Rein? Sei proprio tu? Possibile che io e te siamo sempre destinati a scontrarci in questo modo? –
- B-Bright?- balbettò lei non appena alzò lo sguardo e si ritrovò ad accoglierla gli occhi sorridenti del biondo che le tendeva una mano per aiutarla ad alzarsi.
Le parve incredibile, eppure dovette ricredersi.
Afferrò titubante la mano del biondo, arrossendo un poco, mentre si rimetteva in piedi.
Poomo, poco distante, li osservava da seduto scodinzolando soddisfatto.
- In persona! – esclamò il ragazzo euforico, sorpreso ed allo stesso tempo felice di averla incontrata – Cosa ci fai da queste parti? Casa nostra è dall’altra parte del paese – disse, poi l’occhio gli cadde sulle infinite borse che la finta turchina aveva lasciato cadere a terra in seguito al loro scontro.
- Oh, capisco – schioccò la lingua, consapevole – sei vittima anche tu di una delle crisi post-lite-con-Auler di mia sorella, vero?- ridacchiò – Altezza non cambierà mai…-
Fine, che era rimasta a fissarlo per cinque minuti buoni senza riuscire a spiccicare parola, subito si riprese dallo shock.
- Ah, uh, s-si infatti! Altezza aveva terminato i suoi biscotti preferiti, così io…- cominciò a farfugliare, raccattando in fretta e furia i sacchetti da terra, e recuperando ciò che ne era fuoriuscito. Fortunatamente non c’era nulla di fragile.
Bright sorrise, aiutandola a riordinare il tutto.
- Non mi dire, è rimasta senza biscotti al miele? Non è da lei… Auler deve ritenersi molto fortunato ad essere responsabile di un simile evento. Significa che ci tiene parecchio a lui. E lui che si ostina sempre ad affermare il contrario! – ridacchiò.
Fine sorrise. Poi tornò seria.
- E tu che ci fai da queste parti? – gli chiese.
Bright alzò le spalle, disinvolto.
- Vengo sempre a fare quattro passi sulla spiaggia libera nel primo pomeriggio, quando non c’è troppo caldo. È un’abitudine che ho fin da bambino. Mi piace passeggiare con sottofondo il rumore delle onde del mare, quando non c’è quasi nessuno. Si fanno grandi scoperte. Una volta mi è capitato di scorgere nell’acqua una stella marina grande quasi quanto la mia faccia. Un ricordo bellissimo –
Fine sorrise, lasciando che le gote le si imporporassero un poco.
- E tu, invece? Hai bisogno di aiuto per portare tutte quelle borse verso casa?- si offrì lui volontario, e lei stava giusto per rispondergli, quando uno sbuffo alle loro spalle non li costrinse a volgere la loro attenzione altrove.
Bright sorrise: - Oh, ma abbiamo un ospite – asserì, riconoscendo nella sagoma del cane il Golden con cui aveva avuto a che fare qualche settimana prima – Poomo, giusto?- domandò a Fine per cercare conferma, e lei annuì di rimando.
- L’ho incontrato fuori dal supermarket – spiegò – Gli ho dato qualcosa da sgranocchiare perché mi sembrava affamato. Abbiamo passato qualche minuto in compagnia, poi improvvisamente è sfrecciato via prima che potessi fermarlo, e si è messo a correre come una furia tra la gente. Ho provato ad inseguirlo temendo che potesse perdersi. Volevo riportarlo alla sua proprietaria. Poi ha svoltato per questa direzione, io l’ho seguito, ed ho incontrato te – spiegò.
Bright osservò ancora con un briciolo di diffidenza la sagoma del cagnone che gli stava seduto a pochi metri, docile e mansueto. Per quanto fosse un cane buono, la sua paura era ancora nitida nei suoi ricordi.
- Hai detto che conosci la sua padrona?- domandò a Fine.
Lei alzò le spalle.
- In un certo senso…-
- E ci tieni a riportarglielo indietro –
- Sì…-
- Allora ti accompagno. Dimmi dove abita, che provo a farti strada – si offrì Bright, caricandosi metà delle buste in spalla.
Fine tossì imbarazzata.
- I-il punto è che non ho idea di dove possa essere…- pigolò.
Bright alzò un sopracciglio, senza capire.
- Non conosci dove abita?- le domandò. Lei annuì, affranta.
- Ci siamo incontrate un paio di volte, in piazza e sulla spiaggia. Ma non ho mai avuto modo di sapere dove si trovasse…-
Il biondo l’osservò confuso per un istante. Lei non poté fare a meno di arrossire.
Prima che uno dei due potesse aggiungere qualcosa, Poomo si drizzò in piedi con uno sbuffo, dirigendosi verso la spiaggia.
- Dove va ora?- domandò Fine, preoccupata. Il biondo alzò le spalle.
- Magari conosce la strada di casa…- ipotizzò.
Il cane mosse qualche passo. Poi si voltò a guardarli, come a chiedere loro di seguirlo.
- Sembra che voglia che lo seguiamo - osservò Bright, con una punta di diffidenza.
Fine annuì.
- Già…-
Il biondo le sorrise.
- Le hai mai viste le dune di sabbia?- le domandò.
Lei scosse la testa. Lui la afferrò per una mano. Il cuore di Fine fece una piccola capriola in petto.
- Allora ti ci porto – le disse lui, prima di dirigersi insieme dietro ai passi del cane.
 
Le dune erano un’enorme distesa di sabbia che si ergeva imponente a ridosso sul mare. Un piccolo deserto del Sahara a pochi passi dal paesino di Wonder. Si diceva che ad un orario relativamente presto del mattino, quando ancora nessun bagnante turbava la quiete della natura, si potesse addirittura scorgere un branco di cavalli selvatici, situato lì da decenni, correre alzando polveroni di sabbia.
- E tu sei mai riuscito a vederli?- domandò Fine a Bright, seguendo l’impronta delle sue orme nella sabbia.
Il biondo scosse la testa.
- Devi essere piuttosto fortunato. Sono molto timidi, e non si fidano dell’uomo – le spiegò.
Poomo, davanti a loro, non accennava a volersi fermare.
- Chissà dove vuole condurci – meditò Bright, le borse della spesa in spalla – di questo passo comincerò a pensare che la tua amica Grace, anziché umana, sia più qualcosa di ultraterreno – ridacchiò, e a Fine per poco non venne un mezzo infarto quando l’udì.
La non più rossa si unì alla sua risata, imbarazzata e preoccupata.
- Già…- disse solo, prima che lui potesse aggiungere – Magari una sirena?-
Fine deglutì, tirando la bocca in un finto sorriso quando incrociò il suo sguardo. Si ritrovò a pensare che, forse, avrebbe preferito altre mille volte che Grace fosse una sirena come aveva insinuato Bright, piuttosto che la personificazione di una cometa capace di scombinarle la vita.
Procedettero ancora per qualche metro. Poi, quando furono all’incirca a ridosso della spiaggia, Poomo si accucciò.
Fine crollò in ginocchio al suo fianco, esausta.
- Che fatica…- si ritrovò a mormorare tra un sospiro e l’altro, accaldata dal peso delle borse e dal sole del primo pomeriggio.
Bright si sedette accanto a lei, posando le pesanti buste a terra.
- Confesso di essere un po’ deluso – disse, con finto rammarico – speravo che il tuo amico ci avrebbe condotti in un luogo magico, o soprannaturale, o qualcosa di simile – e di nuovo rise.
Fine, ancora una volta, partecipò alla risata per finta. Si ritrovò presto la gola secca di agitazione, mentre in petto il cuore cominciava a scalpitarle ferocemente.
Cercò di trovare mille buone ragioni del perché essere lì sola in quel momento con Bright fosse, a suo parere, sbagliatissimo.
Primo: Altezza l’avrebbe sicuramente uccisa perché sarebbe indubbiamente rientrata tardi a casa, scombinandole inevitabilmente tutti i suoi programmi.
Secondo: Rein non sapeva, e forse probabilmente non avrebbe mai saputo niente di tutto ciò.
Terzo: non sapeva darsene una motivazione, eppure quel piccolo scherzo del destino la rendeva inevitabilmente, inesorabilmente, dannatamente felice. Forse troppo.
Eppure, nonostante fosse conscia di tutto quello che in quel momento non andava, per un momento volle provare a dimenticarsi di tutto e di tutti, e di pensare soltanto a lei. A lei e a Bright. A Loro due, soli su una spiaggia deserta ad osservare il mare. Fianco a fianco.
Un brivido di paura le corse lungo la schiena. Sentì Bright inspirare al suo fianco l’aria salmastra a pieni polmoni, e non ebbe il coraggio di alzare lo sguardo su di lui. Aveva le mani rigide, e le labbra secche.
Poomo, percependo il suo disagio, appoggiò il suo docile testone sulle sue gambe. Lei, colta impreparata da quel gesto, sorrise e si sciolse un poco, prendendo ad accarezzarlo sulla testa.
Bright lo notò. Sorrise.
- Ti invidio, sai – le confessò, malinconico – anche io adoravo quando Sparkle mi si sedeva sulle ginocchia in cerca di coccole. Era il momento della giornata che preferivo. Ora, però, non credo sarei in grado di riuscire a stare tranquillo con venti chili di testa di cane sulle gambe –
Fine lo guardò negli occhi. Parevano velati di nostalgia.
Deglutì, mordendosi un labbro. Poi allungò senza pensare la mano su quella di Bright.
Il biondo spalancò gli occhi arrossendo un poco non appena avvertì quel tocco delicato guidarlo diretto sulla testa di Poomo. Istintivamente si irrigidì, ma si impose di non ritrarre la mano.
Fine lo guidò cauta sul testone del cane. Il cuore di Bright batteva a mille dalla paura.
Fu un momento impercettibile. Poi la sensazione del pelo caldo e morbido di Poomo tra le dita gli sciolsero il cuore di tenerezza.
Il cucciolo socchiuse gli occhi, in estasi.
- Così fa meno paura, vero? – gli sorrise Fine premurosa, e lui ricambiò lasciando che qualche lacrima gli pizzicasse la cornea.
Si avvicinò cauto al cane che si godeva beato quella calda coccola. Fine era da una parte, lui da quell’altra. Continuarono ad accarezzarlo, rapiti dalla confortante sensazione che quel semplice gesto pareva loro donargli.
- Non so da quanto tempo è che non faccio più una cosa simile – sorrise lui, commosso.
Fine alzò lo sguardo, lasciando che le guance le si imporporassero un poco di fronte a tutta quella dolcezza. Bright era davvero un ragazzo speciale, dal cuore grande. Si meritava ogni felicità.
Era contenta essere riuscita a regalargli, almeno per una volta, un piacevole ricordo.
Improvvisamente, nella distrazione di un attimo, le loro mani senza volerlo si sfiorarono. Fu un tocco quasi impercettibile, distratto. Ma bastò loro per accendergli i sensi.
Entrambi sussultarono, guardandosi negli occhi ed arrossendo un poco, trattenendo il respiro. Fine fece per ritrarre la mano, imbarazzata, ma quella volta fu lui a trattenerla delicatamente intrecciando le dita alle sue.
Lei si bloccò, guardandolo negli occhi. Il cuore cessò per un istante di battere.
Non ebbe il coraggio di dirgli nulla. Si limitò a spalancare gli enormi occhi azzurri, lasciando che la calda sensazione che aveva preso ad incendiarle il petto andasse ad avvamparle le gote.
Bright le sorrise rassicurante, poi cominciò ad osservare quasi rapito le dita sottili di lei. Parevano così fragili, ed allo stesso tempo così forti. Erano le dita di una persona che ancora non ha piena consapevolezza di quanto vale in realtà.
Poomo, ancora una volta, sbuffò alzandosi in piedi e dirigendosi verso il bagnasciuga, incuriosito da un’onda. Abbandonò i due ragazzi sulla sabbia, a guardarsi intensamente negli occhi, le mani ancora intrecciate.
Poi Bright appoggiò delicatamente il palmo della mano contro quello di Fine, alzandole leggermente in aria. Osservò la mano della ragazza scomparire completamente dietro la sua.
- Com’è piccola, la tua, rispetto alla mia – sussurrò, e le sorrise.
Il cuore di Fine sobbalzò in petto di fronte a quel gesto inaspettato. Restarono a guardarsi ancora intensamente negli occhi, le mani alzate, le guance in fiamme, il sangue che ribolliva loro nelle tempie, appannandogli i pensieri.
Senza che nessuno dei due ne prendesse realmente coscienza, i loro visi si fecero sempre più vicini. Fine, in un secondo momento, avrebbe voluto raccontare a se stessa che aveva cercato di opporre resistenza, ma in cuor suo sapeva che si sarebbe soltanto detta una bugia.
Si avvicinarono ancora, socchiudendo gli occhi. Il cuore rimbombava nel petto e nello stomaco, annullando tutto il resto. Persino il fragore del mare.
Le loro bocche erano a pochi centimetri di distanza l’una dall’altra. Percepivano l’uno il fiato caldo dell’altra inebriargli le narici.
Stava per succedere. E Fine avrebbe realizzato con orrore soltanto qualche momento più tardi quanto la sua fosse stata un’azione subdola ed incosciente, ai limiti della sconsideratezza.
Stava per succedere. E forse se ne sarebbe pentita per il resto della vita. O forse no.
Questo non lo seppe mai.
Perché proprio nel momento in cui le sue labbra stavano per essere catturate da quelle di Bright, una pioggia di acqua gelida li aveva improvvisamente travolti, riportandoli alla realtà, e quel magico momento di sintonia creatosi quasi per caso si era dissolto in fumo nel giro di un istante.
Fine e Bright sussultarono, colti di sorpresa, allontanandosi bruscamente l’uno dall’altra e rizzandosi in piedi a sedere completamente fradici di acqua salata e sabbia bagnata.
Successivamente, ne avrebbero riso insieme. Ma non in quel momento.
- Poomo! – rimproverò severa il tenero cucciolone la finta turchina, scrollandosi di dosso i litri di mare e bava che il cane aveva riversato su di loro.
Il cucciolo abbaiò contento, rotolandosi poi nella sabbia per asciugarsi il pelo fradicio dalle zampe, fino alla punta delle orecchie.
Prendere nota: nel mezzo di un momento romantico, mai lasciare che un cane si avvicini all’acqua quel tanto che serve da tuffarcisi dentro.
Una lavata post-scrollatura risulta inevitabile, poi.

Angolo Autrice:

Hi everybody, e buon anno a todos!
Già, sono tornata con l'anno nuovo con un regalo fresco fresco per voi. Questa fiction mi sta dando parecchio filo da torcere, ma ogni volta che torno a scriverla, mi viene spontaneo sorridere. Forse perchè almeno un pò mi ci sono affezionata.
Comunque.
Come è stato il vostro Capodanno? Per me, devo dire, il 2019 è stato un anno pieno di alti e bassi (bassi soprattutto). Un anno pieno di sfide, su ogni punto di vista: lavoro, sentimentale, familiare, salute...
Ma... sono ancora qui, non mi arrendo! Anche perchè, oltre alle brutte notizie, ce ne sono anche di belle, che riguardano il campo della scrittura! 
A Maggio avrò grandi novità... e non vedo l'ora!
Per questo intendo cominciare l'anno nuovo con la giusta carica. E voglio regalarne un pò anche a voi con questo bel capitoletto che spero vi piacerà.
Come vedete le cose tra Bright e Fine hanno preso una piega piuttosto nitida, e soprattutto le idee del biondo appaiono chiare. Ed anche quelle di Fine...
Come pensate si sbroglierà la situazione, adesso? E Rein e Shade?
Avrete modo di scoprirlo nel prossimo capitolo ;)
Sono contenta di vedere che la storia ancora appassiona tante persone... grazie davvero per l'affetto che mi dimostrate. Non mollerò, nonostante le difficoltà!
Baci sparsi

_BlueLady_ 


 

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Capitolo 26
*** Il Coraggio che mi Manca ***


~ CAPITOLO 25: IL CORAGGIO CHE MI MANCA ~
 
Rein si svegliò miracolosamente presto per la seconda mattinata di fila, senza bisogno che la sveglia suonasse per lei. Ormai ci aveva quasi preso l’abitudine, ad essere mattiniera. Se fosse colpa o merito di Shade e delle sue lezioni di nuoto, questo non seppe dirlo con certezza.
Lasciandosi come al solito la sagoma della sorella avvolta tra le lenzuola alle sue spalle, raccattò in fretta e furia un costume dal cassetto, per poi dirigersi in bagno a darsi una rinfrescata con il cuore in gola, ed una strana agitazione addosso.
Erano passati due giorni dal suo incidente in mare con Shade, e ancora ne portava le cicatrici addosso.
Non per la paura. Non solo, almeno.
Sicuramente entrare in acqua da sola, dopo aver nuovamente rischiato di morire affogata, le creava non pochi problemi. Ma la vera preoccupazione era un’altra.
Corse in fretta e furia giù per le scale, constatando che Altezza come al solito era uscita prima di lei per la sua solita corsa mattiniera, e si diresse con furia verso il cancello della villa.
Mentre si avvicinava, avvertì il groppo in gola strozzarle sempre di più le corde vocali, ed il cuore scalpitarle feroce in petto.
Si appigliò con forza alle sbarre del cancello, e lo aprì. Si fiondò in strada con un sentore di speranza a pizzicarle la coscienza, ma subito quello si spense quando constatò con amarezza che nemmeno quella mattina, lui si era presentato all’appuntamento.
L’ombra del sorriso che le aveva velato le labbra un minuto prima, si spense del tutto sotto il peso di un’amara delusione.
Ormai era da due mattine consecutive che Shade non si faceva vivo. Dopo l’incidente, non avevano più avuto occasione di parlarne faccia a faccia.
Temeva di avere fatto qualcosa che poteva averlo ferito. Poi si disse che forse, più che averlo ferito, probabilmente lo aveva deluso.
Sospirò, sconsolata.
Mai avrebbe pensato, dopo tanto tempo passato a desiderare di toglierselo definitivamente dai piedi, che la sua assenza avrebbe potuto farle così male.
Si avviò mogia verso la spiaggia. Ormai aveva imparato la strada.
Si disse che, con o senza l’aiuto di Shade, lei sarebbe andata avanti fino in fondo. Non poteva fermarsi proprio ora che le sembrava quasi di poter tornare a respirare.
Per quanto riuscirci da sola fosse sicuramente più rischioso e difficile, sia da un punto di vista pratico che da un punto di vista motivazionale, lei non si sarebbe data per vinta. Lo avrebbe fatto per se stessa, prima di tutto, perché ora che era sulla strada del cambiamento era ancora più disposta a mettersi in gioco per riuscirci, e anche un po’ per Shade. Lo avrebbe fatto per dimostrargli il suo coraggio nel non lasciarsi abbattere dalle difficoltà che avrebbe incontrato lungo il percorso, e un po’ per ripicca nei suoi confronti per averla abbandonata così di punto in bianco da un giorno all’altro, senza una valida motivazione.
Sospirò. Più ci pensava, più non riusciva a darsi una spiegazione. Non era da lui sparire in quel modo. O almeno, non nell’immaginario che si era creata a suo riguardo.
Per quanto fastidioso ed insopportabile fosse nei suoi confronti, lo aveva sempre ritenuto una persona affidabile, e soprattutto leale. Uno che non si arrende. Uno che persegue l’obiettivo, anche a costo di fallire cento volte.
Se non l’avrebbe fatto con lui, si disse, lo avrebbe fatto lei. Da sola.
Con queste motivazioni tornava ad alzarsi presto ogni mattina, sempre più determinata. Anche se la sua mancanza la faceva morire dentro.
Raggiunse la spiaggia in meno di un quarto d’ora, e subito si preparò per tuffarsi in acqua ed eseguire gli esercizi di riscaldamento che Shade le aveva insegnato tempo addietro.
Coraggio, Rein – si disse, osservando le onde con aria di sfida – puoi farcela.
Accennava sempre due passi in direzione del mare. Poi istintivamente si paralizzava ad osservare le onde di fronte a sé, ancora distanti, sentendo il groppo in gola ingigantirsi sempre di più.
Allora scuoteva la testa, risoluta.
Non fare la stupida. È solo acqua.
E tentava un altro passo, ma il respiro le si mozzava in gola.
Le tornavano alla mente le immagini di Eliza che la spingeva a forza sott’acqua. Più sfocate, meno nitide, ma sempre presenti nei meandri della sua memoria.
Scrollava le spalle, stizzita.
A quell’ora, Shade l’avrebbe già rimproverata di metterci troppo a tuffarsi.
Avanti, stupida. Vai, buttati! Cosa ci vuole? Sei proprio un’incapace.
E imponeva alle gambe di muoversi senza che quelle le dessero retta, mentre le lacrime cominciavano ad appannarle la vista.
Se solo lui fosse qui… pensò. Ma lui non c’era.
Non aveva mai percepito la mancanza di una persona così forte come in quel momento. Perché, perché era sparito così all’improvviso, lasciandola sola in balia di se stessa? Dove aveva sbagliato?
- Hai intenzione di entrare, o pensi di restare a contemplare l’orizzonte per tutto il resto del giorno?-
Una voce sarcastica alle sue spalle la colse di sorpresa, facendola sussultare di spavento.
Quando indirizzò lo sguardo nella sua direzione, trovò il conforto di un paio di occhi scuri ad accoglierla in un abbraccio che non le sembrò mai così caldo.
- Shade – mormorò, sciogliendosi in un sorriso che non voleva dare a vedere quanto fosse felice di trovarselo nuovamente accanto. Se solo si fosse lasciata andare, le sarebbe corsa incontro per abbracciarlo.
Lo guardò negli occhi, trattenendo in gola mille domande.
Lui ricambiò, domandandole scusa del suo comportamento scostante con lo sguardo.
Bastò un istante, per far pace con la tempesta che implodeva dentro di loro.
Il moro sospirò, sgranchendosi le spalle.
- Scusa se ci ho messo tanto – le disse, affiancandola poi sul bagnasciuga prima di incominciare la loro sessione mattutina – ma direi che, dopo tutte le mattine passate ad aspettare i tuoi infiniti ritardi, un piccolo sgarro puoi anche concedermelo, no? – e le fece un occhiolino, sorridendo malizioso.
Rein sospirò, sentendo il cuore farsi più leggero. Avrebbe voluto confessargli che le era mancato, ma non lo fece.
- Che razza di insegnante si presenta in ritardo a lezione?- lo canzonò. Improvvisamente le parve di essere tornata a respirare.
Lui alzò le spalle, beffardo.
- Vedila così: se fossi io l’allievo, e tu la maestra, direi che sono sulla buona strada per fare enormi progressi in poco tempo –
Si sorrisero, una sensazione di calore confortante a pervadere loro il petto.
Rein avrebbe voluto domandargli molte cose, a cominciare del perché di quel lungo silenzio tra loro. Poi si disse che alla fine, quello che importava per davvero, era che lui alla fine fosse tornato da lei. Per tutto il resto ci sarebbe stato tempo. Ma quell’istante insieme non sarebbe tornato mai più, come tutti quelli già vissuti.
- Allora: dove eravamo rimasti?-
 
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Il tenue caldo di giugno lasciò presto spazio al tepore più saturo e deciso di luglio.
A circa un mese dalla loro stretta convivenza, le cinque ragazze avevano ormai imparato a starsene in gruppo, tra alti e bassi dovuti soprattutto agli sbalzi di umore di Altezza, e nonostante qualche piccolo litigio di tanto in tanto, la loro vacanza assieme stava procedendo nel migliore dei modi.
Fine e Rein, nonostante la loro ormai consolidata crisi di identità, avevano imparato a tenere sotto controllo le emozioni per non tradirsi più così spesso come all’inizio. Ogni tanto qualche piccolo errore capitava, soprattutto quando c’erano di mezzo Shade e Bright, ma nel complesso il loro modo di affrontare il problema era migliorato.
Se da una parte le due cominciavano ormai ad abituarsi alla stranezza di quella situazione paradossale, dall’altra però desideravano ancora con tutte se stesse riappropriarsi della loro vita.
Il problema era uno soltanto: non sapevano ancora come. Grace non si era più palesata davanti a loro da quel giorno dopo la festa in spiaggia, e tutto taceva nel più inquietante silenzio. Il loro unico indizio per sbrogliare quella matassa intricata si era dissolto nel nulla, e le due cominciavano a temere di restare intrappolate nei corpi della rispettiva sorella per sempre.
C’erano giorni in cui la cosa non sembrava dar loro troppe preoccupazioni. Vivevano alla giornata, fiduciose che prima o poi una soluzione si sarebbe trovata. Altri giorni, invece, il pessimismo si impadroniva di ogni loro pensiero, e le due per poco non finivano per essere insofferenti perfino con Lione, la più buona e paziente del gruppo, tanto era il loro malumore.
C’era stato un giorno in cui insieme si erano accordate per fare un giro per tutto il paese, alla ricerca di un segno della presenza di Grace. Avevano perlustrato ogni angolo della città: dal parco, alla spiaggia, dai vicoli più stretti e nascosti, alla Torre Est.
La cercavano con la coda nell’occhio nella sagoma di un gatto bianco spanciato al sole, o in un cucciolo di cane addormentato nella propria cuccia.
Grace si sarebbe palesata a loro soltanto quando lo avrebbe voluto lei.
Se hai bisogno, so dove cercarti.
Loro avevano bisogno, eccome. Eppure la loro unica speranza di tornare normali pareva averle abbandonate a loro stesse.
Tra dubbi esistenziali e crisi sentimentali dovute al rapporto con i rispettivi ragazzi, giunse finalmente una calda mattinata di inizio luglio.
Le cinque amiche erano appena arrivate in spiaggia complete di tutto il loro armamentario di ombrelli, teli, palle da gioco e riviste, e presto anche Shade, Bright, Auler e Sophie le raggiunsero per trascorrere la mattinata tutti insieme.
Altezza, dopo mezz’ora passata al sole ad abbronzarsi, sbuffò irritata.
- Oggi fa un caldo terribile – sentenziò, cercando con la coda dell’occhio un angolo di ombra dove appoggiarsi per rinfrescarsi un po’.
Lo trovò, casualmente, proprio accanto ad Auler. Fece sembrare il tutto come una pura coincidenza.
Il ragazzo stava giocando una partita di carte decisamente noiosa in compagnia di Shade, che lo stava letteralmente stracciando.
Mirlo e Lione erano a riva a godersi la carezza delle onde sulle dita dei piedi, mentre Fine e Rein se ne stavano in disparte, concentrate sulla risoluzione di un cruciverba a dir poco impossibile. Anche Bright, vedendole così coinvolte, si avvicinò a loro per partecipare.
Nel ritrovarsi la bionda accanto, praticamente ad un centimetro di pelle, Auler arrossì.
- A cosa state giocando?- domandò la bionda fintamente interessata, allungando un poco il collo per sbirciare le carte del ragazzo.
- Pinnacolo – balbettò Auler, arrendendosi di fronte all’ennesima vittoria del moro.
Altezza annuì, passiva.
- Vi state divertendo? – domandò, come se non ci credesse neanche lei.
I due alzarono le spalle.
- Hai alternative migliori?- le domandò il moro, e subito si pentì di averle fatto quella domanda. Altezza sogghignò. Lei aveva da sempre le idee migliori di tutti. Aspettava soltanto che qualcuno glielo chiedesse.
- Pensavo - cominciò lei, con fare quasi vago – che oggi il mare è più calmo del solito. Non c’è un’onda. La giornata è piuttosto bella: non c’è una nuvola in cielo. E fa un gran caldo. Starsene a riva a nuotare non rinfrescherebbe a dovere –
I due si guardarono negli occhi, capendo già dove volesse andare a parare. Nel frattempo anche Mirlo e Lione li avevano raggiunti sotto l’ombrellone, e Bright e le gemelle dal telo di fianco avevano drizzato l’orecchio nella sua direzione.
La bionda schioccò la lingua, soddisfatta. Le piaceva creare la giusta suspence, prima di enunciare una delle idee migliori che le fossero mai venute in mente fino a quel momento – non che ne avesse mai proposte di indecenti. Le sue proposte non venivano mai rifiutate, era un dato di fatto.
- Che avevi in mente, sorellina?- la incitò Bright, sempre pronto a darle man forte.
La bionda sogghignò, impettendosi un poco.
- Perché non facciamo tutti una gita in pedalò?- sentenziò poi, osservando gli amici uno per uno negli occhi in attesa di una loro reazione. Amava l’istante di indecisione che precedeva il momento della conferma. Era proprio in quelle occasioni che adorava crogiolarsi negli elogi che indubbiamente sarebbero susseguiti alla sua proposta a dir poco geniale. Modestia a parte, era l’anima del gruppo, colei che dava sempre inizio alle danze.
Se da un lato la sua proposta fu accolta con entusiasmo da Mirlo, Lione, Auler, Sophie, Bright e Fine, dall’altro Shade e Rein sussultarono scettici, lanciandosi un’occhiata di intesa prima di dare il loro consenso.
Mentre parte del gruppo si avviò a riva per affittare una coppia di pedalò, i due rimasero in disparte, confabulando tra loro con fare sospetto.
- Altezza ne ha trovata un’altra delle sue. Te la senti di spingerti così a largo?- chiese il moro alla finta rossa, quasi con fare premuroso. Dal giorno dell’incidente, pareva farsi più scrupoli del dovuto nei suoi riguardi. Non che le dispiacesse. Ma indubbiamente lo trovava strano, dopo tanto tempo passato a battibeccare con lui.
Rein alzò le spalle, disinvolta. Ne aveva passate tante, una in più non avrebbe fatto la differenza.
- Basta reggersi forte ed evitare di cadere in acqua – gli rispose, convincendo anche se stessa che la cosa poteva funzionare.
- Lo sai che ci spingeremo ben oltre la secca, vero? Sei sicura di esserne in grado? O a metà strada mi costringi a riportarti di peso a riva? – le chiese ancora lui, con un piccolo tono di provocazione nella voce.
Lei lo guardò negli occhi, orgogliosa.
- Voglio provarci – gli disse – non voglio essere un peso per niente e nessuno - e si avviò a grandi passi a riva per sistemarsi sull’imbarcazione dai toni sgargianti, che già era stata presa in possesso dal gruppo.
Shade l’osservò procedere fiera, con l’ombra di un sorriso a velargli le labbra.
Solo una settimana prima, al suono di parole come “pedalò” e “giro al largo” nella stessa frase, Rein si sarebbe abbandonata a vere proprie crisi di iperventilazione, e ci sarebbero voluti giorni per convincerla a muovere anche un solo passo verso riva.
Adesso, invece, era diversa. Più consapevole e sicura di sé.
Non seppe dire a cosa dare il merito di quel cambiamento. Ma non doverla più vedere piangersi addosso, intrappolata in una paura alimentata da un dolore del passato, lo fece sospirare di sollievo.
Forse Rein stava finalmente imparando ad accettare vecchi errori, e ad accettarsi.
Sospirò, rabbuiandosi un poco.
Avrebbe voluto sentirsi responsabile almeno in parte di quel cambiamento, ma percepì di non meritarsi un simile riconoscimento. Non dopo quello che l’aveva spinta a fare in maniera così dannatamente sconsiderata. Ancora non ci dormiva la notte, al pensiero di averla buttata in un pericolo così grande.
Shade non faceva che pensarci. A come avrebbe potuto concludersi la triste vicenda nel golfo della Torre Est. Alla paura di avere rischiato di perdere Rein per sempre. E la colpa di tutto quello, era solo e soltanto sua.
Si domandò se davvero era la persona indicata a starle accanto, in un momento così delicato della sua vita. Se davvero sarebbe stato in grado di guarirla dai suoi demoni interiori.
Prendersi cura delle persone, anche se nessuno lo avrebbe mai detto sul suo conto, faceva parte di lui. Era una responsabilità che si era sempre sentito pesare sulle spalle, fin da quanto era un bambino.
Si era sempre sentito in dovere di prendersi cura della madre e della sorella più piccola, senza la minima esitazione. Era da sempre stato lui, l’uomo di casa. Certe responsabilità, all’epoca, gli sembravano più giganti di lui. Perché anche se la madre non aveva mai voluto che il peso dell’assenza del padre incombesse su di lui, Shade non era mai riuscito a fare finta di niente.
La vedeva, sola, lottare contro le difficoltà della vita, e l’aveva ammirata come non aveva mai ammirato nessun altro. Era il suo esempio, il suo modello da seguire.
Poi però le difficoltà avevano finito per inghiottire anche lei, fino a giungere ad un punto di non ritorno. Ed era lì, che si era definitivamente imposto di imparare ad essere indipendente, e saper contare soltanto su se stesso per far fronte alle esigenze della famiglia, il prima possibile.
Nella sua vita era andato incontro a numerosi sacrifici. Ma non aveva mai rimpianto la sua scelta.
Più volte si era imposto di non dover sbagliare. Di non poter fallire. C’erano persone che contavano su di lui, e il tempo per gli errori non doveva esistere.
Anche con Rein, per quanto l’assurda proposta di insegnarle a nuotare fosse cominciata più come un gioco, sentiva di non potersi concedere il lusso di uno sbaglio. Non era abituato a deludere le poche persone che credevano in lui. E per quanto lei all’inizio si dimostrasse diffidente nei suoi confronti, si era aggrappata alla sua proposta di aiuto con tutte le sue forze, e quello era bastato per spingerlo a dedicarsi a lei anima e corpo. Quando prendeva un impegno, era abituato a mantenerlo fino in fondo.
Quello che all’inizio era cominciato come un passatempo, per lui, si era a poco a poco trasformato in un vero e proprio obiettivo da perseguire. Perché vedere Rein soffrire sotto il peso di un fantasma del passato che le aveva lasciato fin troppe cicatrici addosso, impedendole di vivere la sua vita nella piena libertà che le spettava di diritto, lo faceva imbestialire.
Nessuno aveva il diritto di portarle via la possibilità di essere felice. Nemmeno l’amore della sua vita, se Fango veramente lo era stato.
E così si era buttato a capofitto in una missione di recupero che aveva finito per coinvolgerlo più del dovuto, e in maniera del tutto inaspettata. Perché per quanto lui e Rein fossero incompatibili, da un certo punto di vista, si era ritrovato da un giorno all’altro con la consapevolezza di non poter più fare a meno di lei.
Per questo averla esposta così inconsciamente ad un pericolo, lo aveva profondamente ferito nell’orgoglio. Si sentiva come di aver tradito la sua fiducia. Improvvisamente ritenne di non essere degno di ricoprire il ruolo di guida che aveva deciso di occupare per lei.
Voleva essere il suo punto di riferimento, la sua certezza. E invece aveva quasi rischiato di lasciarsela sfuggire dalle mani per sempre, con una paura di perderla che non aveva mai sentito così forte in tutta la sua vita. Gli riempiva il petto e lo stomaco, non lasciandolo dormire la notte.
Così si era allontanato da lei, percependo l’ombra del fallimento incombere su di sé. Rein, si convinse, sarebbe stata sicuramente meglio senza di lui.
Si svegliava la mattina con la consapevolezza di saperla fuori dal cancello di Villa Ishijiama ad aspettarlo, ma non riusciva a muovere un muscolo per alzarsi e correre da lei.
A poco a poco si era chiuso in se stesso, senza una ragione, senza darle una spiegazione. Si sentiva vuoto, incosciente, inutile. Ritenne di non meritare perfino il suo affetto, se quello tra loro si poteva considerare tale.
Per un istante, si era lasciato convincere da se stesso che le cose andavano bene così. Il tempo avrebbe aggiustato quell’assordante silenzio tra loro, consolidando il muro che si era imposto di frapporre fra lui e Rein.
Ma saperla ogni mattina davanti a quello stupido cancello, attendendo trepidante il suo arrivo, faceva nascere in lui il sentore di un senso di colpa, misto a qualcos’altro a cui ancora non sapeva dare un nome.
Così l’aveva seguita, quella mattina, dopo che le aveva visto spegnersi il sorriso in volto in seguito alla sua assenza ingiustificata sentendo una stretta lancinante al cuore che mai avrebbe pensato potesse fargli così male, e aveva sorriso commosso ed ammirato non appena l’aveva vista dirigersi in spiaggia con il peso della sua assenza a gravarle sulle spalle, per continuare come tutte le mattine le sue sedute di lezioni di nuoto anche senza di lui.
L’aveva vista avvicinarsi all’acqua, impacciata e titubante, con un nodo in gola ad aggrovigliargli le corde vocali.
L’aveva osservata irrigidirsi spaventata di fronte a delle onde che immaginava le sembrassero giganti. Aveva percepito le lacrime inumidirle gli occhi, ed il cuore farsi piccolo, inaridito di un coraggio che faticava a fuoriuscire.
Se avesse davvero ceduto al suo istinto come in un primo momento di mancanza di lucidità aveva pensato di fare, si sarebbe fiondato da lei di corsa, per soffocarla in un abbraccio che voleva dire più di quanto sarebbe mai riuscito a dimostrarle a fatti e a parole. Ma la razionalità aveva preso presto il sopravvento.
Con il cuore che si era sciolto, facendosi piccolo piccolo dalla vergogna di se stesso per averla abbandonata senza un come né un perché – una vergogna più grande di quella che aveva provato quando l’aveva esposta al pericolo – si era avvicinato in punta di piedi, quasi trattenendo il respiro, per poi sciogliersi nella bellezza del suo sorriso velato di lacrime che voleva celare un sollievo ed una felicità più grande di ritrovarselo finalmente accanto.
In quel momento aveva fatto pace con se stesso e con il mondo, e pensò che non v’era altro luogo in cui volesse stare, se non accanto a Rein.
E vederla, fiera ed orgogliosa, accettare una sfida che andava oltre il suo controllo, gli fecero capire quanto la sua scelta di accollarsi la sua paura, e farla sua per poi guarirla del tutto, era stata la migliore che avesse mai preso in tutta la sua vita.
 
Il gruppo di amici solcò presto il largo a cavallo di un paio di pedalò dai colori rosso e giallo, desiderosi di tuffi e divertimento.
Fine e Rein erano salite a bordo in compagnia di Shade e Bright, i quali, da bravi cavalieri quali erano, si erano offerti da subito di pedalare per il turno all’andata, facendosi promettere dalle due gemelle che avrebbero dato loro il cambio al ritorno.
Le due accettarono di buon grado il compromesso, ben consapevoli che nell’altro pedalò c’era chi sicuramente sarebbe stato più sfortunato di loro.
Altezza, difatti, si era comodamente appollaiata sul retro dell’imbarcazione con atteggiamento da diva, senza offrire la sua disponibilità nel pedalare in nessuno dei due turni. Il primo giro era toccato ad Auler e Sophie.
- Facciamo una gara! – aveva proposto Sophie su di giri, già sentendo l’eccitazione della competizione infiammarle le vene.
- Ok, ma non andate troppo veloci. Mi si scompiglieranno i capelli – aveva sentenziato Altezza, occupando mezza porzione della barca per non perdere l’occasione di abbronzarsi nemmeno in quel frangente.
- A chi arriva primo oltre la boa?- avevano domandato i due ragazzi dall’altra parte.
- Andata! – esclamarono i due fratelli, mettendosi a pedalare a più non posso con il forte desiderio di vincere.
Mirlo, Lione, Rein e Fine incitavano la propria squadra da una parte e dall’altra per dar loro la giusta carica ai timonieri che li stavano trainando veloci tra le onde del mare.
Altezza sonnecchiava placida in attesa di giungere a destinazione, indifferente a quei giochi da bambini troppo cresciuti.
- Bah, che gioco idiota – borbottava tra sé e sé, cercando la giusta angolazione per catturare al meglio il massimo della radiazione dei raggi solari, e goderne appieno.
I due pedalò si scontrarono in un testa a testa fin quasi al traguardo. Poi la coppia dei due fratelli, con l’adrenalina a mille, scattò con uno slancio fulmineo poco prima dell’arrivo per tentare il sorpasso.
Da entrambe le parti si udivano grida e schiamazzi di incitamento.
- Dai, forza! Il traguardo è vicino! –
La stessa Altezza, odorando il sentore di una vittoria, aveva improvvisamente lasciato perdere la sua seduta di arrostimento per dare manforte al tifo di Lione e Mirlo.
- Avanti, coraggio! Facciamogliela vedere a quella coppia di parenti infami! – strillava euforica, lanciando occhiate di sfida alla coppia fratello-cugino poco distante da loro.
Shade e Bright accolsero la provocazione, mettendosi a pedalare più forte.
Dietro di loro, Fine e Rein strillavano eccitate.
Nonostante la paura di un tuffo improvviso in acqua, la finta rossa si reggeva saldamente al bordo dell’imbarcazione con entrambe le mani, lasciando che il vento le scompigliasse i capelli. Non permise alle onde e al vuoto che percepiva ingigantirsi nello stomaco di impedirle di godere di quel piccolo divertimento.
In poco tempo, Shade e Bright furono alle calcagna dell’altro pedalò.
- Metteteci più forza, più forza! Non vedete che ci stanno raggiungendo?- strillava Altezza assatanata, ormai in preda al fuoco della competizione.
La grinta che ci misero i due ragazzi per raggiungere l’altra imbarcazione li fece leggermente sbandare contro il pedalò della squadra avversaria.
Rein per un attimo sentì balzarle il cuore in gola in seguito alla sorpresa di quel contraccolpo imprevisto.
- Ehi! Non vale!- brontolò Altezza con decisione, mentre il cugino ed il fratello tagliavano il traguardo poco prima di loro, gridando alla vittoria.
- Game over! – esclamarono, euforici – Chi perde paga pegno!-
L’altro pedalò si affiancò al loro, portando su di sé il peso della delusione dei suoi passeggeri sconfitti.
- Game over? Neanche per sogno! Avete palesemente barato! Tocca a voi pagare pegno!- sentenziò Altezza stizzita per la sconfitta, incapace di perdere.
Quello che ne susseguì fu una discussione su chi dovesse far penitenza e come, che si concluse con un tuffo in acqua non voluto da parte della bionda – qualcuno l’aveva urtata inavvertitamente e l’aveva fatta cadere. Un incidente o, almeno, così sembrava – ed un susseguirsi di risate, schiamazzi, trascinamenti in acqua e tuffi contornati dalla spensieratezza tipica del divertimento.
Shade e Bright furono da subito costretti a gettarsi nella mischia, essendo stati trascinati in acqua a forza da una vendicativa Altezza ed un Auler su di giri.
Fine e Rein, invece, si ritrovarono ad osservare quella scena dall’alto dell’imbarcazione, sedute ai posti di guida.
Fine osservava divertita il gruppo di amici, con la voglia prepotente di tuffarsi anche lei a grattarle la gola.
Rein buttava l’occhio prima sul gruppo, poi sulla sorella, con l’ombra di un sorriso a velarle le labbra ed il sentore di un senso di colpa nel petto.
Era principalmente colpa sua se entrambe erano costrette a rinunciare a tutto quello spasso, in quel momento. Si sentì terribilmente in colpa nel costringere Fine ad un simile sacrificio per lei.
Come il viso prese a rabbuiarsi, Fine gettò l’occhio furtivo su di lei, accorgendosene.
Allungò delicatamente una mano verso di lei col tentativo di distrarla dai suoi pensieri. La gemella sussultò.
- Rein, tutto bene?- le chiese, premurosa. L’altra annuì, senza guardarla negli occhi.
- Mi dispiace – disse solo, sincera – non era questa l’estate che speravo per te – concluse, rivolgendole un sorriso amaro che pareva volerle chiedere scusa per tutto.  Dal loro primo litigio che era stato origine del loro scambio, a quell’ennesimo bagno mancato in seguito ad una paura ingiustificata.
Fine le sorrise, intenerita.
- Non devi preoccuparti – le disse in risposta, docile – alla fine l’importante è stare insieme, no?-
Rein annuì, malinconica.
- Sì, hai ragione – rispose, ma il senso di colpa non accennava ad abbandonarla.
Avrebbe voluto trovare in se stessa quel poco di coraggio che le bastava per immergersi in compagnia della sorella. Ma per quanto la sua determinazione fosse salda ed incrollabile, e il mare calmo, sapeva perfettamente che tentare un’immersione così distante da riva, senza che né Shade né Fine avessero pieno controllo della situazione qualora fosse capitato un imprevisto, significava abbandonarsi ad un desiderio sconsiderato e profondamente egoistico che la facevano vergognare di se stessa.
Aveva già costretto gli altri ad adattarsi alla sua paura, non poteva anche chiedere loro di accollarsi la responsabilità della sua incolumità. Se doveva tentare quel passo, voleva farlo nel pieno controllo delle sue capacità. Rischiare in quel momento, con lo spavento dell’incidente a soffiarle ancora nell’incavo del collo, era da pazzi sconsiderati.
Se ne sarebbe stata seduta, invisibile, a maledirsi per il resto della giornata della sua inutilità.
Fine l’osservò farsi piccola piccola travolta da pensieri cupi, e subito si rabbuiò.
Non le importava niente di rinunciare a quel bagno a largo, in compagnia degli amici. Avrebbe voluto tuffarsi, eccome. Ma divertirsi alle spalle di Rein sarebbe stato peggio che starsene seduta osservando gli altri farlo al posto suo.
Rein sospirò, avvicinandosi le ginocchia al petto. Per un momento desiderò non essere mai salita su quel pedalò.
- Come ci si sente – domandò ad un tratto alla sorella, pensierosa – a sentirsi liberi?-
Fine, nell’udire quella domanda, si irrigidì.
Le tornò alla mente il pomeriggio passato in spiaggia assieme a Bright, e tutto ciò che aveva taciuto alla sorella convinta che fosse meglio per lei non sapere. Arrossì involontariamente, sentendosi terribilmente meschina e traditrice nei suoi confronti.
Perché aveva così paura a dirle la verità?
Aveva rimuginato spesso su quel bacio mancato, e le sensazioni che le aveva suscitato. Forse era tempo di ammettere perfino a se stessa che per Bright provava di più di una semplice amicizia.
Ma se ammetterlo a se stessa le faceva così male, doverlo confessare alla sorella la terrorizzava ancora di più. Sbatterle in faccia l’evidenza che i suoi sforzi non erano serviti a nulla, nella sua impresa di indirizzare l’interesse di Bright verso Rein, come le aveva chiesto di fare… non era sicura sarebbe mai riuscita a sopportare di doverle dare una simile delusione.
Non dopo quello che si erano dette nel silenzio di quella notte decisiva.
Provò ad aprire la bocca per risponderle, ma non riuscì a produrre alcun suono.
Rein, ancora una volta sospirò. Questa volta guardandola negli occhi.
- Sai Fine – mormorò, malinconica – a volte penso di mentire perfino a me stessa – e sorrise, un sorriso inumidito di lacrime.
Fine trasalì, sentendosi punta nella coscienza. Doveva dirglielo, era deciso.
Se avesse aspettato oltre, sarebbe esplosa.
Prese il coraggio a due mani, inspirando forte prima di parlare.
- Rein – riuscì a dire infine, la voce arrochita dalla tensione – devo confessarti una cosa…- e proprio mentre stava per riversare su di lei il peso di ogni verità, il gruppo di amici in acqua richiamò la loro attenzione, incitando proprio Rein, nei panni di Fine, a tuffarsi.
- Che stai aspettando? Non ti butti?- le domandavano, increduli.
Rein fece spallucce, simulando un sorriso forzato.
- Preferisco far compagnia a mia sorella – si giustificò, senza sforzarsi più di tanto di trovare una scusa credibile. Era così stanca di mentire a tutto e tutti.
Gli amici si levarono in un coro di polemica e indignazione.
- Ma che ti prende ultimamente, Fine? Non tocchi un’onda da settimane – osservò Altezza inacidita, facendo sentire entrambe le gemelle terribilmente inadeguate alla situazione, l’una per la cattiva immagine che stava gettando sulla gemella, l’altra per il senso di colpa che sapeva albergare in lei, accentuato dalle parole inconsapevoli della bionda.
Il tempo dei rimproveri durò poco, poiché presto si fece l’ora di tornare a riva per restituire le due imbarcazioni al legittimo proprietario. Il tempo a loro disposizione era terminato.
Tutti tornarono sui rispettivi pedalò, fradici e stanchi per la nuotata.
- Sicura che non vuoi fare neanche un tentativo?- sussurrò Shade a Rein, percependo il suo turbamento. Si domandò se davvero permetterle di scegliere di unirsi a loro senza farla ragionare sulle conseguenze fosse stata davvero la scelta giusta da fare.
La finta rossa scosse la testa, risoluta.
- È già un traguardo essere salita qui sopra senza lasciarmi vincere da una crisi di panico. Per oggi va bene così – asserì in un sorriso, ma il moro non seppe se credere o no fino in fondo alle sue parole.
Il gruppo cominciò a pedalare stanco verso riva.
- Cosa stavi per dirmi, prima che gli altri ci interrompessero?- domandò Rein a Fine, riallacciandosi al loro discorso in sospeso.
La finta turchina scosse la testa, lasciva.
- Nulla – rispose, mentre deglutiva l’ennesima bugia pesante come un macigno, e la faceva sprofondare nei meandri della sua coscienza sporca. La determinazione che le aveva acceso le intenzioni poco prima si era dissolta del tutto.
Le due continuarono a pedalare immerse nei loro pensieri, l’imbarcazione di Altezza e compagni a pochi metri davanti a loro.
Si accostarono vicino alla corsia che segnalava l’ingresso delle barche, ancora piuttosto lontane da riva. Improvvisamente un richiamo lontano catturò l’attenzione dei quattro ragazzi, che subito volsero lo sguardo nella direzione da cui proveniva.
A chiamarli era stata un’anziana signora sulla settantina d’anni, appesa ad una boa a diversi metri da riva.
- Scusate!- disse – potreste gentilmente darmi un passaggio? Ho nuotato fin qui, ma poi le forze mi sono venute meno. Non ce la faccio a tornare indietro da sola –
- Ce la fa a nuotare fin qui per aggrapparsi? – chiesero.
La signora scosse la testa, affaticata. Annaspava ed aveva il fiatone.
I quattro manovrarono il pedalò in maniera tale che il retro dell’imbarcazione si trovasse a portata della signora. Fine le lanciò un salvagente, perché potesse aggrapparsi in modo da trainarla fino a loro, e tirarla su di peso.
Quando però la signora tentò di allungare una mano per appendersi al galleggiante, le forze le vennero meno.
- Non mi sento bene…- biascicò, la vista appannata e la tachicardia.
- Vado a riva a cercare soccorso – disse Bright a quel punto, tuffandosi in acqua e muovendo ampie bracciate verso riva, strillando qualcosa al gruppo sul pedalò davanti a loro perché corressero a cercare aiuto prima di lui.
Rein e Fine si osservarono preoccupate. L’anziana signora era pallida, quasi cianotica. Si domandarono se avesse davvero resistito fintanto che non fosse arrivato qualcuno a prenderla.
- Tenete il pedalò in posizione – ordinò loro Shade, tuffandosi a sua volta per raggiungere la signora e darle un aiuto a sorreggersi. Pareva non fosse in grado di fare nemmeno quello da sola.
Non appena le arrivò accanto, si rese conto che era in iperventilazione. Non sapeva se dare la colpa ad un attacco di panico, o a qualcosa di peggio.
- Non riesco a stare a galla – biascicò, senza forze.
- Stia tranquilla, signora. Si regga a me e al salvagente, e provi a nuotare per tenersi a galla – le disse lui, sorreggendola per un braccio e guidando la sua mano in direzione del galleggiante perché Fine e Rein potessero successivamente provare a trainarla.
Fine, dal posto di guida, pedalava per tenere in posizione il pedalò perché non si allontanasse troppo, mentre Rein dal retro era pronta a tirare la corda che teneva il salvagente legato all’imbarcazione per riportare la coppia verso di loro.
- Non so se ce la faranno…- disse in direzione della sorella con il presentimento di un pericolo a pizzicarle i sensi. La signora era piuttosto pesante, e poco collaborante. Shade da solo non ce l’avrebbe mai fatta a sorreggerla quel poco che bastava per portarla a nuoto fin dov’erano loro. Era chiara l’espressione affaticata sul suo volto nel tentativo di non farla affondare. Come se non bastasse, non era nemmeno sicura che in tre sarebbero riusciti a caricarla a peso morto sul pedalò.
Volse uno sguardo allarmato verso riva, constatando che il gruppo di amici era appena sbarcato a terra, e si era diviso per andare a cercare qualcuno che potesse aiutarli.
Si morse il labbro, tentennando.
Fine, dietro di lei, si trattenne dal tuffarsi in acqua per dare una mano a Shade, visibilmente provato.
- Cosa possiamo fare? Shade da solo non può farcela… è troppo pesante! – sentenziò preoccupata, mentre dall’acqua provenne un urlo angosciato, che diede inizio al delirio.
Le gemelle si voltarono di scatto allarmate, osservando la scena inorridite.
La signora, debole e completamente nel panico, aveva preso ad agitarsi non riuscendo a restare a galla. Shade lottava con tutto se stesso per non farla affondare, ma il corpo era pesante, e il mare fondo.
- Signora, non si agiti! Si tenga stretta in attesa che arrivino i soccorsi! – le diceva tra una boccata d’aria e l’altra, mentre inglobava litri di acqua affondando e riemergendo dalla superficie dell’acqua con la vecchia signora a peso morto su di lui.
- Non ce la faccio! – biascicava quella, completamente nel pallone.
- Santo cielo, affogheranno! – sentenziò Rein, agitata – Fine, prova ad avvicinarti ancora un po’! Devo riuscire ad afferrare almeno uno dei due! – ordinò alla sorella, che subito eseguì.
- Come pensi di tirarli su? Sono entrambi stanchi e pesanti!- asserì la finta turchina, alla guida.
- Ancora un po’!- disse Rein, allungando la mano verso Shade per cercare di afferrarlo – Voglio fare tutto il possibile al massimo delle mie capacità per aiutarli! –
Nella confusione generale, riuscì a sfiorare il braccio della signora che per poco non la strattonò facendola cadere in acqua.
Rein avvertì una voragine aprirsi in petto dallo spavento.
- Fine, allontanati da lì! – le intimò Shade, autoritario - Spingetevi con la fiancata del pedalò verso di me! Voglio riuscire ad aggrapparmi! – asserì, immerso in una miriade di schizzi e schiuma, non mollando la presa. Non fece nemmeno in tempo a dirlo, che la signora in un moto di panico dettato dal malessere, lo trascinò con se a fondo, non riemergendo per diversi minuti.
- Dio mio, morirà!- esclamò Rein sull’orlo delle lacrime. Fine, troppo impegnata nella guida dell’imbarcazione, non ebbe tempo di accorgersi di quello che accadde nel giro di un singolo istante.
Bastarono pochi secondi di riflessione perché Rein decidesse come agire.
Combattuta tra il terrore per l’acqua ed il ricordo che quella scena aveva riacceso il lei di quel giorno con Shade alla Torre Est, e il forte desiderio di salvarli, impiegò un istante ad agire di istinto, senza riflettere, d’impulso.
Senza neanche ragionare sulle conseguenze, e prima che Fine potesse accorgersene, accesa di una determinazione che cancellò dalla sua mente tutto il resto, si preparò a buttarsi, decisa a spingersi a fondo sott’acqua nel tentativo di recuperarli entrambi.
Niente e nessuno.
Fine non ebbe nemmeno il tempo di voltarsi interamente che, scorgendola con la coda dell’occhio un secondo prima di vedersela sparire da sotto gli occhi, spalancò la bocca incredula, tentando di fiondarsi su di lei per impedirle di tuffarsi.
- Rein! NO!- strillò, ma non fece nemmeno in tempo a pronunciare quelle due semplici parole, che la sorella era già scomparsa sotto la superficie dell’acqua, in una miriade di schizzi ed onde che allontanarono di qualche centimetro il pedalò dalla posizione.
Fine rimase ciondoloni sull’orlo dell’imbarcazione ad osservare tramortita la superficie dell’acqua incresparsi, il fiato sospeso e le lacrime agli occhi.
Roteò lo sguardo in ogni direzione alla ricerca di un segnale che la facesse tornare a respirare, ma nulla accadde per diversi minuti.
Tentennò sul da farsi, presa dal panico. Avrebbe potuto tuffarsi anche lei, ma poi chi sarebbe rimasto ancora che sarebbe potuto venire in loro soccorso? Sicuramente da sola non ce l’avrebbe fatta a sorreggerne tre, anche con l’aiuto del salvagente. Se Shade non fosse stato in grado di aiutarla, come avrebbe potuto lei da sola sorreggere la vecchia signora e sua sorella?
E, ammesso che fossero riemersi, come avrebbero fatto a raggiungere il pedalò, allontanatosi da loro spinto dalla forza della corrente? Sarebbe stato come condannare tutti e quattro al suicidio.
Annaspò, cercandoli per tutta la superficie dell’acqua con lo sguardo.
Avanti, vi prego – pregò, col cuore in gola.
Passò un minuto, poi due, poi tre.
Proprio nell’istante in cui si decise anche lei a tuffarsi, notò la superficie dell’acqua incresparsi di bolle, e dopo un istante la sagoma della signora sorretta da una parte dal Shade, e dall’altra da Rein, si fece di nuovo visibile ai suoi occhi.
Per Fine, fu come tornare a respirare.
- Rein!- chiamò la sorella in un sospiro di sollievo, che aiutò concentrata la signora ancora cosciente ad aggrapparsi al salvagente.
Una volta constatato che tutti e tre stessero bene, si rimise al posto di guida avvicinandosi quel poco che bastava per permettere a Shade e Rein di aggrapparsi ai lati dell’imbarcazione.
Fu questione di pochi istanti prima che una seconda imbarcazione, con a bordo Bright ed un paio di bagnini venuti in loro soccorso, li raggiungesse affiancandosi a loro, e traendo finalmente la signora in salvo, lontano dall’acqua.
Shade e Rein risalirono sul pedalò con l’adrenalina a mille, mentre Fine pedalava decisa fino a riva per seguire l’imbarcazione di fronte su cui la signora giaceva ormai inerme.
Quando attraccarono sulla spiaggia, Altezza ed il resto del gruppo erano ad attenderli con una troupe di paramedici che era arrivata fino in spiaggia con una barella.
I due bagnini fecero scendere la signora dalla barca con le sue gambe, sorreggendola di peso. Lei mosse qualche passo scoordinato sulla sabbia, prima di accasciarsi definitivamente al suolo, incosciente, davanti agli occhi di tutti.
I paramedici le furono subito attorno per monitorare i parametri vitali. Aveva ingerito un notevole quantitativo d’acqua, e nonostante la debolezza fisica e lo svenimento improvviso, aveva una forte tachicardia.
Urgeva portarla subito in ospedale.
Senza temporeggiare, la caricarono di peso sulla barella, portandola a sirene spiegate verso il pronto soccorso più vicino.
I due bagnini, una volta terminato il loro compito, si avvicinarono ai tre ragazzi, Bright compreso, facendosi spiegare la dinamica dell’accaduto.
- È stata una vera fortuna che voi passaste di lì per caso – dissero – distante com’era dalla riva, e un solo minuto in più di ritardo, sarebbero bastati perché l’incidente si trasformasse in una vera e propria tragedia. Probabilmente senza il vostro intervento la signora non ce l’avrebbe fatta –
Al suono di quelle parole, Fine e Rein sussultarono, ancora percosse da profondi tremiti di spavento.
I due bagnini sorrisero ai quattro ragazzi, congratulandosi dell’ottimo lavoro svolto.
- Avete rischiato grosso – dissero poi, in tono di rimprovero – la prossima volta limitatevi ad avvisare, e lasciate fare a noi tutta la parte pratica –
Infine si congedarono, lasciando i quattro in balia degli schiamazzi della piccola folla di curiosi che era accorsa ad acclamarli, fra i quali c’erano anche Altezza e tutti gli altri.
Il gruppo si fiondò da loro, ancora agitato.
- Mi avete fatto prendere un colpo!- rimproverò Altezza ciascuno di loro, trattenendo a stento le lacrime dallo spavento.
Quando la folla cominciò a diradarsi, e gli animi presero a tranquillizzarsi, tutti tornarono col fiatone verso gli ombrelloni. Nessuno avrebbe mai potuto immaginare che una giornata iniziata come tante altre potesse prendere una piega simile.
Fine si accostò a Rein, con aria di rimprovero.
- Sei completamente fuori di testa! Hai idea del colpo che mi hai fatto prendere quando non ti ho vista più riemergere dall’acqua?! – mormorò nera, cercando di non farsi sentire dai due ragazzi.
Rein abbassò lo sguardo, colpevole.
- Lo so, scusami… non so cosa mi sia preso – disse – ma quando non ho più visto Shade riemergere dall’acqua, io…-
La sorella sbuffò, agitata, bloccandole le parole in gola.
- Hai già rischiato una volta di morire annegata! Mi pare che basti, no? Ma che diavolo ti è saltato in mente?! Potevate morire tutti e tre, e io non avrei potuto fare niente per aiutarvi! Vuoi pensare prima di agire, almeno per una volta?! Non esisti solo tu, Rein! –
Fine le sibilò quelle parole avvelenate con un misto di rimprovero e preoccupazione negli occhi. La lasciò indietro, a rimuginare sulle parole che le aveva appena detto in un moto di rabbia improvvisa, senza darle il tempo di controbattere.
Rein osservò la sorella allontanarsi a grandi passi, per affiancarsi a Bright poco distante. Deglutì un boccone amaro, sentendosi in colpa per averla fatta preoccupare di nuovo.
Nemmeno aveva ancora metabolizzato del tutto quello che era realmente successo.
Improvvisamente, avvertì una presenza alla sua sinistra affiancarsi.
Alzò lo sguardo in quello di Shade, che l’osservava con un’espressione indecifrabile in volto.
- Ti sei resa conto di quello che hai appena fatto, vero? – le domandò, un misto di stupore ed ammirazione che trapelava dagli occhi.
Fu allora che Rein si fermò realmente a pensare. E non poté fare a meno di sbiancare, incredula, nel realizzare quel piccolo miracolo che era stata in grado di far succedere.

Angolo Autrice:

Buonasera a tutti. Come state? In questi tempi, è la domanda più importante da fare.
Giusto un mese fa, più o meno, scrivevo di avere avuto un 2019 non proprio esaltante, e sinceramente speravo in un 2020 migliore. Si vede che bisogna pazientare ancora un pò per un pizzico di fortuna, e allora pazienteremo.
Mi auguro sinceramente che ognuno di voi stia bene. Che di questi tempi è la cosa migliore. Lavorando in ospedale, so perfettamente cosa stiamo passando, e nemmeno immaginate la lotta che stiamo intraprendendo per salvare quante più vite possibile. Non scherzo. Mi auguro che chiunque legga queste mie parole, sia in grado di assumere un comportamento responsabile nei confronti di questa emergenza. E' un appello che faccio col cuore.
Detto questo, nonostante le brutte notizie che continuano ad affiorare da ogni dove, bisogna cercare anche di cogliere un pò di positività, per quel che resta. E la cosa positiva è che avevo in cantiere questo capitolo da ben prima che giungessero questi tempi bui. Ciò significa che la situazione attuale non ha influito sulla stesura del capitolo, che ho pensato di regalarvi per darvi qualche minuto di evasione dalla monotonia di questa quarantena forzata. Sempre sperando di fare cosa gradita.
Come potete vedere, c'è un colpo di scena, e Rein finalmente ci sorprende tutti quanti. Doveva succedere, prima o poi. Questa cosa riuscirà a cambiare in positivo la complessa situazione che stanno vivendo le due gemelle?
Spero davvero di poter tornare a scrivere al più presto. Al momento le mie giornate sono abbastanza concitate, sempre di corsa, con alti e bassi emotivi che ti distruggono anche fisicamente. E' un miracolo che oggi sia riuscita a stare sveglia fino a quest'ora per postare, di solito crollo molto prima dalla stanchezza.
Vorrei poter essere più serena di così, ma data la situazione tragica in cui siamo, per una volta accontentatevi di una Vale malinconica, ma che non si arrende.
Torneranno giorni migliori. Credeteci e crediamoci. E che ognuno sia responsabile di se stesso e degli altri, che questa battaglia si vince insieme e soprattutto uniti. Non è solo chi è in prima linea a lottare. Ricordatelo sempre.
Oggi va così. 
Forza e coraggio

_BlueLady_

 

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Capitolo 27
*** Nonostante Tutto ***


~ CAPITOLO 26: NONOSTANTE TUTTO ~
 
Il giorno seguente quel fortuito salvataggio in mare, Fine si scusò con Rein per averle rivolto, nello spavento di averla potuta perdere per sempre, parole acide e dure.
Le erano uscite d’istinto, senza ragionare, alimentate dalla rabbia di essersi sentita completamente inutile nel prendere parte al salvataggio. Dopo averle pronunciate si era subito pentita di essersele lasciate sfuggire di bocca, ma l’euforia dello spavento e quell’insensato risentimento verso la sorella le avevano impedito di ragionare su quello che stava dicendo. Da una parte, il gesto coraggioso di Rein le aveva fatto salire in petto una rabbia ed una gelosia inspiegabili.
Avrebbe voluto anche lei abbandonarsi ad una simile dimostrazione di coraggio senza stare a pensarci più di tanto. Si sarebbe risparmiata un grosso spavento, oltre che sentirsi fiera di aver compiuto un gesto così eroico e disinteressato.
Dall’altra parte fu costretta a riconoscere che quello che Rein aveva fatto, ovvero buttarsi in mare per riportare a galla due persone quando non sapeva neanche nuotare e l’acqua le provocava forti crisi di panico, era qualcosa di straordinario.
- Ancora non riesco a credere come tu possa esserci riuscita – asserì ammirata, stritolandola in un abbraccio – Le lezioni di Shade devono essere davvero miracolose –
Rein restava immobile, a fissare il vuoto sconcertata. Nemmeno lei, dopo un’intera giornata passata a rimuginarci sopra, riusciva ancora a darsi una spiegazione. Era una di quelle domande a cui non avrebbe mai trovato risposta, come quando aveva nuotato fino a riva in balia di onde più grandi di lei assieme a Shade.
Sapeva solo che, questa volta, non aveva avuto bisogno di stimoli per decidersi ad agire. L’unica cosa che l’aveva spinta a tuffarsi era stata la paura di poter perdere Shade, affiorata sulla pelle come un brivido. Era stato angosciante, come sentirsi mancare l’aria.
La vecchia signora era stata ricoverata nell’ospedale a qualche chilometro fuori dal paese. I ragazzi erano riusciti ad ottenere per vie traverse delle informazioni molto generiche sul suo stato di salute.
Sembrava fosse viva, anche se i medici ancora brancolavano nel buio per capire quale strano male potesse averla colta così all’improvviso.
Non aveva parenti nelle vicinanze che potessero prestarle un minimo di supporto. A dir la verità, sembrava che quella signora fosse sola al mondo.
Quando ne venne a conoscenza, a Rein si strinse il cuore di tenerezza. Provò ad immaginarsela, sola nel suo letto attaccata ad una miriade di macchinari e flebo, senza ancora realizzare bene sul dove si trovasse, e perché. Doveva essere molto disorientata e spaventata.
Così, la mattina successiva, alzatasi alle sei come tutti i giorni, provò ad avanzare a Shade la proposta che le era venuta in mente rimuginandoci sopra la notte passata.
- Vorresti andare a trovarla?- aveva esclamato il moro, incredulo.
Rein aveva annuito, decisa.
- Mi piacerebbe sapere come sta, e se ha bisogno di qualsiasi cosa – disse – non faccio che pensarci da quando l’ho vista partire verso il pronto soccorso a sirene spiegate -
- Ok, ma… l’ospedale è a diversi chilometri da qui. Dobbiamo come minimo prendere un treno, o una corriera. Ci vorrà una giornata intera, e non sappiamo nemmeno se quando saremo lì ci faranno entrare, considerato che non siamo suoi parenti -
Rein aveva abbassato lo sguardo, sconsolata.
- È che saperla da sola, senza nessuno su cui fare affidamento, mi mette addosso tanta tenerezza – asserì, sincera – Dev’essere così triste non avere nessuno che si interessi sinceramente per te quando stai male, o quando hai veramente bisogno -
Nell’ascoltare quelle parole, Shade avvertì un’improvvisa stretta al cuore smuovergli impercettibile la coscienza.
- D’accordo – disse infine in un sospiro, intenerito dalla sua premura – vorrà dire che avviserò Bright che per oggi gli altri dovranno fare a meno di noi –
Rein alzò lo sguardo raggiante, quasi buttandoglisi al collo dalla contentezza.
Lui sorrise.
- Questo però significa che sei in debito di una lezione –
 
¤¤¤¤¤¤
 
Quando giunsero in reparto, dopo essersi persi più volte tra i corridoi dell’immensa struttura ospedaliera che pareva un labirinto, non fu difficile sapere in che stanza la signora fosse ricoverata.
Quando si presentarono all’ingresso spiegando chi fossero e per chi erano venuti lì, il caposala ed un paio di infermieri non sollevarono nessun impedimento per permettere loro di accedere per una visita.
Quando era giunta in pronto soccorso, la notizia del coraggioso salvataggio era corsa di bocca in bocca tra gli operatori sanitari, diventando ormai una sorta di leggenda.
- Ci sarebbe piaciuto conoscere dal vivo i due eroi! – esclamarono gli uomini in divisa, mentre li scortavano alla camera – Siete quasi delle celebrità, qui dentro!-
Una volta giunti a destinazione, ancora non poterono entrare.
La vecchia signora stava riposando, e gli infermieri chiesero loro di attendere fuori dalla porta fintanto che non si fosse svegliata.
Shade e Rein si accomodarono in un paio di sedie sistemate lungo il corridoio, attendendo in silenzio.
La finta rossa sembrava molto agitata.
- Mi domando se sia stato davvero giusto venire fin qui…- mormorò in preda ad un ripensamento improvviso.
- In ogni caso, ormai ci siamo, e la prossima corriera riparte alle quattro del pomeriggio. Ci tocca aspettare comunque – asserì Shade, seduto a braccia conserte accanto a lei.
Trascorsero una buona mezz’ora ad attendere in silenzio, senza il coraggio di guardarsi negli occhi.
L’odore pungente di disinfettante pizzicava loro il naso e la gola.
Soltanto quando cominciò a divenire insopportabile, Shade si offrì di andare a prendere qualcosa al bar situato due piani più sotto, domandandole se anche lei avesse bisogno di qualcosa.
- Un succo di frutta, grazie – rispose Rein, osservandolo alzarsi in piedi.
- Spero di non metterci troppo. Torno subito – le disse lui di rimando, avviandosi mani in tasca lungo il corridoio.
Rein l’osservo allontanarsi di spalle con la punta di un sorriso a velarle le labbra. Gli era profondamente grata per averla accompagnata in quel breve viaggio. Non sapeva se alla vecchia signora avrebbe fatto piacere quella visita improvvisata, e per un attimo fu colta dal dubbio e dalla paura che potesse addirittura non ricordarsi di loro, visto il trauma subito. Dopotutto era svenuta subito dopo essere stata portata a riva: lo shock ed il panico generale potevano anche averle provocato un breve momento di amnesia, e a quel punto presentarsi a lei come una completa sconosciuta sarebbe stato a dir poco imbarazzante.
Scosse la testa, sciogliendosi in un sospiro agitato.
Dalla camera avvertì dei mugugni sommessi, segno che forse la sua ospite si stava riprendendo dal torpore del sonno.
Provò ad affacciarsi discreta allo stipite della porta, per accertarsi che fosse sveglia. Per un istante le parve di scorgere con la coda dell’occhio l’ombra di un gatto bianco appollaiato sulla finestra ad osservarla.
Istintivamente trasalì, quasi avesse visto un fantasma.
Si stropicciò gli occhi due volte, incredula, ma quando li riaprì trovò soltanto un volto sorridente e pieno di rughe ad accoglierla sornione.
- Oh! – esclamò imbarazzata, guardandosi intorno senza sapere cosa fare. Shade non era ancora tornato, e non si era minimamente preparata su come presentarsi – B-buongiorno! Io, ecco… s-sono la ragazza che le ha prestato soccorso in mare… s-sono venuta a trovarla per…-
- Non c’è alcuno bisogno che ti presenti. So benissimo chi sei – asserì l’altra, troncando il suo impacciato tentativo di darle una spiegazione sul nascere.
Nell’udire quelle parole, Rein alzò lo sguardo stupita.
- Davvero mi ha riconosciuta? – esclamò sollevata, entrando definitivamente nella stanza ed avvicinandosi al letto – Mi fa molto piacere vedere che sta bene! Dopo averla vista in quello stato preoccupante, non ho fatto altro che pensare a lei e a come…-
Ma ancora una volta, la vecchia troncò la conversazione sul nascere.
- Cosa sono tutti questi formalismi, Rein? L’ultima volta non mi sembrava ti sprecassi tanto a simili convenevoli. Basta un leggero aumento di peso per mandarti in crisi, e far sì che tu non mi riconosca?-
Rein annuì sconcertata, con il sentore di una sensazione familiare a bruciarle in petto. Era strano, eppure ebbe l’impressione si conoscessero già. Provò a fare mente locale su dove mai potesse averla incontrata, ma la tempesta di emozioni contrastanti che le esplodevano dentro le appannarono per un istante i pensieri.
– A proposito di convenevoli: come va con Shade? Quel caro ragazzo ti ha accompagnata fin qui, non è vero? Dovresti cominciare a dedicargli un po’ più di attenzioni, sai? Se non ti decidi in fretta a fargli capire quanto tieni a lui, potresti rimpiangerlo per tutta la vita –
Rein ascoltava ogni parola pietrificata, sbigottita, completamente incapace di reagire. Cominciò a volgere lo sguardo intorno alla stanza, cercando di cogliere alcuni particolari che potessero ricondurla il più in fretta possibile alla risoluzione del suo dubbio.
La stanza era spoglia, priva di qualsiasi oggetto personale. Perfino l’armadio riservato ai vestiti era completamente vuoto. Era come se la signora avesse come unico indumento il pesante camicione bianco che portava indosso.
Appeso ad un attaccapanni poco distante dal letto, invece, come unico indizio che la presenza della signora nella camera era reale, stava un morbido foulard color rosa ciliegio.
Trasalì, il cuore che prese a martellarle veloce in petto. Volse uno sguardo alla signora come a chiederle conferma, e solo in quell’istante si rese conto che la vecchia era completamente cieca.
Deglutì.
- G-Grace? Sei tu?- chiese titubante, la gola secca.
Lei ridacchiò divertita, annuendo con fare incoraggiante.
- In carne ed ossa! O forse sarebbe meglio dire: in polvere e stelle! Ce ne hai messo di tempo, bambina mia! –
Rein boccheggiò col fiato sospeso per qualche minuto, incapace di reagire.
- Si può sapere che scherzo è mai questo? – sbottò ad un tratto furibonda, sentendosi presa profondamente in giro – Prima sparisci per intere settimane, abbandonandoci a noi stesse senza più farci sapere nulla, poi ricompari così all’improvviso fingendoti qualcun altro e mettendoci in serio pericolo tutti quanti, senza darci neanche un spiegazione? Ma cosa ti passa per la testa?!-
Un infermiere si affacciò scocciato sulla soglia della porta, intimandole di abbassare il tono della voce. Dopotutto si trovavano all’interno di un ospedale.
Grace scoppiò a ridere di gusto, rotolandosi nel letto quasi avesse appena udito la barzelletta più divertente di tutte.
- Dovresti vedere la tua faccia in questo momento! Da morir dal ridere! – asserì tra le risate, mandando Rein ancora più in bestia.
- Non c’è niente da ridere! Hai idea del pericolo in cui ci hai messo tutti quanti? Potevamo annegare, e la colpa sarebbe stata solo e soltanto tua! Hai idea del colpo che mi sono presa quando ho visto Shade affondare sott’acqua trascinato da te che fingevi un malore improvviso?! Ti sembra una cosa normale da fare, solo per divertirti alle nostre spalle?!-
- Non ho mai voluto mettere in serio pericolo la vita di Shade, né di nessun altro – tagliò corto Grace, impedendole nuovamente di dar sfogo alla sua rabbia – Avevo la situazione pienamente sotto controllo. Mi ero riservata un piano alternativo se tu non avessi dovuto funzionare come dovevi. Anche se già sapevo che sarebbe stato lavoro sprecato. Non hai per niente deluso le mie aspettative –
Rein ascoltò quelle parole sbigottita, battendo due volte le palpebre.
- Io?!- esclamò indicandosi, senza più capire il filo del discorso – Che significa “se non avessi dovuto funzionare come dovevo”? Sono un prototipo in fase di sperimentazione?- asserì sarcastica, provocandola con lo sguardo.
Grace, per tutta risposta, sorrise.
- Ho scommesso molto su di te, Rein, e devo dire che finora non mi hai mai deluso –
La finta rossa boccheggiò, senza capire. La vecchina schioccò la lingua, soddisfatta.
- Se hai bisogno, so dove cercarti – recitò di nuovo, una frase già sentita troppe volte che ormai le dava quasi il voltastomaco a sentirla pronunciare ancora – Hai detto che non sapevi se saresti mai stata in grado di vincere le tue paure. Beh, mi hai appena dimostrato il contrario. Basta poco a spronarti, in fondo. La forza di metterti in gioco ce l’hai, devi solo imparare ad esserne più consapevole anche tu – e sorrise.
Rein avvertì il cuore sobbalzarle in petto al suono di quelle parole, senza capire realmente cosa volessero dire.
- Ho detto? – biascicò sconcertata – Io non ho mai detto parole simili. A te soprattutto – disse.
Grace annuì, birichina.
- Ma lo hai pensato. Più e più volte –
Quelle ultime parole e lo sguardo di conforto che la vecchia cieca le lanciò in seguito a quell’ultima frase la colpirono al petto, facendole mancare il respiro. Un vuoto allo stomaco la assalì. Per un attimo, fu tentata di nuovo di piangerle in faccia. C’era più espressione in quello sguardo vuoto e vitreo, che in qualsiasi pupilla avesse mai avuto l’occasione di incrociare.
Aprì la bocca per risponderle, ma subito le parole le morirono in gola, perché entrambe furono interrotte dall’arrivo di Shade, di ritorno dal bar, con un succo di frutta ed un pacchetto di patatine in mano.
- C’era più fila del previsto, un tizio ha messo in crisi l’intero bar per una sola tazza di caffè – si giustificò, arrivandole accanto – Ma vedo che nel frattempo avete fatto amicizia. Buongiorno, signora. Non so se si ricorda di me. Sono Shade Kudo, il ragazzo che ha cercato di tenerla a galla mentre ha avuto un malore in mare – e tese la mano verso Grace, che subito la accolse tra le sue con un sorriso sornione.
- Oh, che caro ragazzo! – esclamò con voce leggermente stridula, lanciando un’occhiata d’intesa a Rein che aveva storto la bocca, stranita – Sì, la ragazza mi ha raccontato. Che coraggiosi siete stati a cimentarvi in una simile impresa! Molto gentile da parte vostra preoccuparvi per me anche adesso che sono in ospedale!-
- Si figuri, era il minimo che potessimo fare – asserì lui in un sorriso, mentre Rein osservava sbigottita la scena, senza sapere cosa pensare.
- Tu riesci a vederla? – domandò ad un tratto a Shade incredula, ricevendo in risposta un’occhiata stranita del moro.
- Hai forse bisogno di un paio di occhiali? – la canzonò, facendola arrossire come un pomodoro.
- Cos…? N-no! È-è solo che… ah, lascia perdere – si arrese infine, dirigendosi in un angolo della stanza sfinita ed appoggiandosi al muro.
Shade ridacchiò.
- Deve essere la stanchezza. Sappiamo tutti quanto ti costa alzarti alle sei del mattino. La tua testolina vuota non carbura bene con poche ore di sonno – la prese in giro, scompigliandole i capelli – Comunque se vuoi chiedo agli infermieri se hanno un letto anche per te. Magari ti passerò a trovare. Se ne avrò voglia – ghignò.
Rein grugnì, inacidita.
- Potrei pensare di farmi ricoverare qui solo per il piacere di non vederti più così spesso!- bofonchiò irritata, guardandolo in cagnesco. Shade ridacchiò divertito.
Sempre. Abboccava sempre.
Grace osservò i due intenerita, con l’ombra di un sorriso a velarle le labbra.
Shade e Rein, sentendosi osservati, deviarono improvvisamente gli sguardi l’uno dall’altra imbarazzati. Come se temessero di essere stati colti sul fatto.
E difatti la vecchia, non perse l’occasione.
- Voi due sembrate una coppia molto affiatata – asserì, birichina.
I due sussultarono.
- U-una coppia?- balbettò Shade, quasi arrossendo.
Rein fulminò Grace con lo sguardo, mentre quella se la rideva sorniona sotto i baffi, conscia di avere colpito i due ragazzi nel loro punto debole.
La finta rossa si schiarì la voce: - Noi non siamo…- provò ad asserire, dopo aver scorto lo sguardo perplesso di Shade, quasi temendo fosse successo l’irreparabile, ma l’anziana signora non le lasciò terminare la frase.
- Oh, domando scusa. Devo aver frainteso. Non siete amici, quindi?- esclamò.
I due ragazzi si lanciarono un’occhiata confusa.
- Certo, ma…- provò a rimediare Rein, ma ancora una volta Grace la precedette.
- Non vorrete farmi credere che il significato che attribuite alla parola “coppia” sia soltanto uno?-
Rein lanciò un’occhiata di sbieco alla donna, profondamente spazientita. Non riusciva a comprendere il suo gioco fino in fondo, e questo le metteva una certa ansia. Grace era capace di tutto, ne aveva avuto prova giusto qualche minuto prima. Chi le avrebbe garantito che non se ne sarebbe saltata fuori da un momento all’altro rivelando a Shade l’inconfessabile segreto che celavano lei e sua sorella?
Shade, d’altro canto, non sapeva se essere molto divertito, o molto imbarazzato di fronte a quel malinteso.
Ridacchiò nel tentativo di sciogliere la tensione. Percepì Rein al suo fianco terribilmente tesa, non seppe dire se per l’imbarazzo o per la paura di ricevere una risposta inaspettata.
- Solitamente, quando qualcuno fa una simile affermazione, allude al significato di “coppia” in termine amoroso- provò a tamponare, ma a Grace quella risposta non bastò. Aveva appena cominciato a metterli alla prova.
- Si può essere una coppia affiatata in molti altri modi. Di amici. Di colleghi. Di sorelle – e nel pronunciare quell’ultima parola, lanciò un’occhiata eloquente verso Rein, che sussultò, punta nella coscienza – Ma del resto, quando ci si vuole bene, cos’altro importa? Le specificazioni sono soltanto una formalità – aggiunse poi, allargando le labbra in un ampio sorriso.
I due ragazzi arrossirono, senza riuscire a guardarsi in viso. Se solo avesse potuto, Rein l’avrebbe incenerita con gli occhi. Una simile figura di fronte a Shade non gliel’avrebbe mai perdonata.
Grace li osservò, timidi ed impacciati, schivarsi con lo sguardo. Sospirò.
- Voi vi volete bene, giusto?- domandò, inquisitoria.
Shade tossì, Rein alzò le spalle.
- A modo nostro, sì- riuscì a rispondere, pregandola tra le righe di chiudere lì il discorso. Non capiva né voleva conoscere fino in fondo le intenzioni di Grace, e dove volesse andare a parare con quell’insulsa conversazione. Desiderava soltanto andarsene di lì il più in fretta possibile. Cominciava a sentirsi a disagio.
Grace, d’altro canto, sorrise.
- Voler bene a qualcuno a modo proprio è il modo migliore per dimostrargli affetto – asserì.
- Quanti modi esistono per volere bene a qualcuno?- domandò Shade sarcastico, incuriosito da quella conversazione insolita.
La vecchia schioccò la lingua, saccente.
- La tua domanda ha un che di provocatorio, ragazzo. Lo sai meglio di me quanti modi esistono per volere bene a qualcuno. Un amore fraterno, piuttosto che passionale, ad esempio –
- Non sono d’accordo – asserì il moro in contropiede – Io penso che quando si vuole bene, non esiste alcuna distinzione. Quando si ama, si ama e basta, indipendentemente da chi sia il beneficiario del nostro sentimento. L’amore è universale –
- Certo. Ma non vorrai farmi credere che ami tua madre alla stessa maniera con cui ami un tuo amico –
- Non alla stessa maniera, ma con la stessa intensità. Quando si ama, si è disposti a fare grandi sacrifici. A spingersi oltre le proprie capacità
Rein e Grace ascoltarono ammirate le parole del ragazzo, profondamente colpite. La finta rossa l’osservò ammirata, riscoprendo in lui una dolcezza d’animo ed una saggezza che in poche altre occasioni aveva avuto occasione di manifestare. Grace, d’altro canto, gongolava nella soddisfazione di essere riuscita a condurre Shade dove voleva condurlo.
- Suppongo che tu abbia ragione – asserì in un sospiro e un’alzata di spalle – Deve essere per questo che io posso ringraziare di essere viva, oggi – e lanciò un’occhiata in direzione di Rein, portando inevitabilmente Shade a fare lo stesso.
Spingersi oltre le proprie capacità.
Il moro le sorrise impercettibilmente.
La ragazza, colta di sorpresa, arrossì.
- B-beh, a-amare qualcuno significa anche sapersi accettare, ed essere disposti a cambiare in meglio – balbettò la turchina d’istinto, quasi nel desiderio di distogliere l’attenzione su di sé.
- Vero anche questo – asserì l’anziana signora sorniona – L’amore cambia, e ci cambia. Ma del resto, voi lo sapete meglio di me. Io ormai sono solo una povera vecchia malconcia-
Trascorsero qualche secondo tutti e tre in silenzio, evitandosi con lo sguardo.
Grace volse lo sguardo verso il panorama alla finestra, sospirando pensosa.
- L’ultimo ricordo che ho prima di aver perso i sensi, è lo sguardo che vi siete scambiati l’un l’altra non appena siete riemersi dall’acqua. Non l’ho visto, ma l’ho percepito. Era uno sguardo pieno. Caldo come un abbraccio materno. Fatto di parole non dette, eppure estremamente confortante. Era lo sguardo di chi non ha bisogno di parlare, per potersi capire. Ecco, io lì ho capito il vostro volervi bene a modo vostro. Ed ho chiuso gli occhi con la certezza di essere finita nelle mani giuste di chi sa prendersi cura del prossimo -
Ci fu un altro istante di silenzio, in cui Rein e Shade si osservarono negli occhi arrossendo, scambiandosi uno dei loro sguardi che voleva dire tutto, pur non dicendosi niente.
Fu la sensazione di un attimo. Come un fulmine a ciel sereno. Poi svanì.
Ma in quel singolo istante, Rein capì di provare per Shade molto di più di quello che si sforzava di voler raccontare a se stessa. Forse per capriccio. Forse per paura. Si chiese se per lui fosse lo stesso. Ci sperò. Se lo augurò. Quella fu l’unica cosa che non riuscì a leggergli negli occhi.
Tutto il resto sì. E ne fu felice, e terrorizzata al tempo stesso.
- Esco un attimo. Ho bisogno di una boccata d’aria – asserì in un sussurro, dirigendosi a passo spedito verso la porta della stanza sotto lo sguardo compiaciuto di Grace, e quello più sconcertato e confuso di Shade.
- Le domando scusa. È molto stanca e provata dal viaggio – biascicò il moro in risposta, osservando il corridoio vuoto che si intravedeva subito dietro la porta.
La vecchia scosse la testa, comprensiva.
- Quella ragazza è molto spaventata – asserì.
Shade sospirò amareggiato.
- Lo so –
- E confusa – aggiunse lei.
- Chi non lo è? –
- E tu invece, ragazzo? Che cosa sei?-
Shade si voltò verso di lei stranito, abbassando lo sguardo colpevole.
- Io sono deluso da me stesso – mormorò solo, stringendo i pugni.
Grace provò a scrutarlo negli occhi.
- Chi non è deluso da se stesso, figliolo? – sorrise.
Shade alzò le spalle.
- Non saprei dirlo… chi è veramente felice, forse – rispose atono.
- E tu credi che chi è veramente felice lo sia sempre stato a prescindere?-
- Non lo so. Può darsi –
- Essere delusi da se stessi è indice di profondo cambiamento interiore. È la chiave per essere felici, in futuro. Bisogna oltrepassare molti ostacoli prima di riuscirsi a guardare indietro, soddisfatti del percorso che si è intrapreso –
Shade sospirò.
- Io non so nemmeno quale sia il percorso che ho intrapreso –
Grace sorrise.
- Avrai modo di capirlo, più avanti. Anche se fino ad ora mi sembra che tu abbia avuto le idee piuttosto chiare. Ma c’è qualcosa che ancora ti frena. La paura di rimanere solo ti spaventa, non è così? –
Shade, alzò lo sguardo su di lei, sbigottito.
- Lei cosa può saperne? – le domandò guardingo, colto sul fatto.
Grace alzò le spalle, disinvolta.
- Basta osservarti un minimo, per capirlo. Sei un libro aperto. Te lo si legge in faccia chiaramente –
- Beh, si sbaglia – asserì lui brusco, voltando di scatto la testa.
Lei, per tutta risposta, schioccò la lingua, consapevole.
- La senti spingere nel petto, fino a farti soffocare le corde vocali. Incombe. Ti opprime. Senti quasi mancare l’aria. Vorresti aggrapparti a qualcuno con tutte le tue forze, ma legarti è la cosa che più ti frena. Allora metti un muro. E poi un altro. Finché a nessuno importa più quello che provi veramente. Nemmeno a te stesso –
Shade, ancora una volta, alzò lo sguardo su di lei, sorpreso ed anche un minimo spaventato.
- Lei come fa a saperlo? – le domandò, in un sussurro. Quella donna sapeva davvero leggere dentro le persone. Era sorprendente.
Grace, per tutta risposta, sospirò.
- Sono sola anche io. Ogni giorno. Non è difficile intuirlo – ridacchiò, accennando alla stanza vuota e spoglia – Ma di solitudine non è mai morto nessuno. Certo, bisogna imparare a conviverci. Tu hai imparato, Shade? –
Il moro scrollò le spalle, stizzito.
- Di che cosa sta parlando?- le domandò, senza capire.
Grace, ancora una volta, ridacchiò sommessamente. Volse lo sguardo di nuovo all’esterno, oltre il vetro della finestra.
- Hai ragione. Tu non hai ancora scelto del tutto – disse solo in un sussurro.
Shade scosse la testa, sbuffando.
“È pazza” pensò tra sé e sé, cercando una maniera per divincolarsi da quella conversazione che aveva cominciato a stare stretta anche a lui.
La vecchia alzò le spalle, ridacchiando.
- Stai pensando che sia pazza, vero? – rise – Beh, ragazzo mio, chi non lo è, a questo mondo? Chiunque pensi un po’ al di fuori delle righe viene giudicato pazzo –
Lui strabuzzò gli occhi, stranito. Come diavolo avesse fatto a leggergli nella mente, proprio non riusciva a spiegarselo. Forse era davvero un libro aperto, come la vecchia aveva insinuato.
- Credo che ci sia qualcosa che tu voglia da te stesso – sussurrò l’anziana signora, riscuotendolo dai suoi pensieri.
Lui storse la bocca in una smorfia, impreparato. Ancora una volta, non sapeva se quella donna fosse riuscita a leggergli nel pensiero, oppure no.
- Io non voglio niente da nessuno – biascicò in risposta, a disagio. Desiderava soltanto che Rein tornasse per tornarsene a casa insieme.
- Menti- asserì quella, tempestiva – è comprensibile. Tutti faticano ad ammettere le proprie debolezze. Riconoscerle è un pregio di molti, affrontarle un merito di pochi. Accettarle è un’impresa che non riesce quasi a nessuno. Tu dove ti collocheresti?-
- Credo sia arrivato il momento di andare a cercare Fine, e tornarcene a casa – tagliò corto lui, come a sbrogliarsi da quella situazione che cominciava a stargli stretta.
- Dimmi una cosa, Shade: quando è stata l’ultima volta che hai parlato sinceramente con qualcuno? Che sei riuscito ad esternare dubbi, paure, emozioni… la tua amica conosce tutto quello che ti tieni dentro? –
Lui arrestò il passo, voltandosi di nuovo verso di lei.
- Onestamente, penso che aiutarsi a vicenda sia un passo fondamentale per chi vuole aiutare. È la logica dell’empatia. La bellezza della condivisione. Chiuderti in te stesso non aiuterà quella ragazza ad affrontare i fantasmi del suo passato. E nemmeno i tuoi. La solitudine, spesso è una scelta. E delle scelte non si può avere paura, bisogna solo trarne insegnamento –
Si guardarono negli occhi. Lei sorrise. Lui deglutì, la gola secca.
Dalla finestra fece capolino la sagoma di un grosso gatto bianco che si stiracchiava al sole. Per un istante a Shade parve che l’animale gli avesse lanciato un’occhiata d’intesa, come se anche lui sapesse.
Fu percorso da un brivido. Volle andarsene.
- È stato un piacere conoscerla. Si riguardi, mi raccomando. Arrivederci – balbettò, secco.
- Il piacere è stato mio – asserì Grace in risposta, osservandolo uscire dalla porta a passo spedito, senza voltarsi indietro.
 
¤¤¤¤¤¤
 
- Forse abbiamo sbagliato a venire fin qui – asserì Rein malinconica, facendo ciondolare i piedi dalla panchina sulla quale era seduta, in attesa dell’autobus che li avrebbe riportati a casa.
- Decisamente. È stata una tua idea, del resto. E le tue idee sono sempre pessime – la prese in giro Shade in risposta, lanciandole un’occhiatina maliziosa. Da quando erano usciti dall’ospedale, era parso ad entrambi di essere finalmente tornati a respirare.
Rein gli lanciò un’occhiataccia stizzita, gonfiando le guance.
Inspirò profondamente, mordendosi la lingua per non dargli una risposta acida che sicuramente sarebbe stata fuori luogo.
- Cosa ti ha detto Grace, dopo che me ne sono andata? – provò a domandargli, per sciogliere la tensione. Era dispiaciuta di essersene andata senza neanche salutare, ma dopotutto quella delle sparizioni improvvise era proprio quella strana vecchina. Per una volta, si era detta, non sarebbe stato un dramma se fosse stato il contrario.
Shade alzò le spalle, vago.
La tua amica conosce tutto quello che ti tieni dentro?
Fu percorso da un brivido lungo la schiena.
- Niente di importante – disse solo.
- Mi dispiace essermi allontanata così all’improvviso. Cominciava a mancarmi l’aria – si giustificò lei in un sospiro, sentendosi un po’ in colpa. Si rese conto solo in quel momento di quanto lasciare Grace da sola con Shade fosse stato un gesto sconsiderato. Ma ormai il danno era fatto.
- Quella donna mette in soggezione – affermò lui, quasi lasciandoselo sfuggire dalle labbra.
- Vero –
Si guardarono negli occhi, e si sorrisero.
Un gatto bianco attraversò la strada, per accucciarsi proprio ai loro piedi. A entrambi parve familiare. Si mise a fare le fusa. Rein scese dalla panchina, accucciandosi accanto a lui per accarezzarlo.
Shade l’osservò, e sorrise.
Quando è stata l’ultima volta che hai parlato sinceramente con qualcuno?
Deglutì. Sentiva un peso opprimente chiudergli la bocca dello stomaco.
- Secondo te, tutte quelle belle parole che hai sprecato in nome dell’amore… valgono anche per i gatti? – si sentì domandare ad un tratto a bruciapelo, dal nulla.
Diresse lo sguardo verso di lei, stranito.
- Come ti vengono in mente certe domande? – le chiese, curiosamente divertito.
Rein schioccò la lingua, pensosa.
- Voglio dire… i gatti sono creature affascinanti e misteriose. Eleganti, indipendenti. Non sai mai cosa passa loro per la testa. Hanno uno sguardo profondo, capace di leggerti dentro… ma tu non sei mai in grado di capire cosa pensano loro di te. Se apprezzano la tua compagnia, o se stanno segretamente progettando di ucciderti – alzò lo sguardo verso di lui, che non sapeva se ridere o preoccuparsi – Tu in molte cose, assomigli ad un gatto –
Shade strabuzzò gli occhi, perplesso.
- Pensi che io stia segretamente progettando di ucciderti? – le domandò divertito, strappandole un sorriso.
- No, stupido – rise lei – intendo dire che sei una persona discreta e taciturna, che ama starsene sulle sue. Apparentemente sembri odiare il mondo intero, ma come un gatto non disdegni un po’ di affetto e compagna, quando è qualcuno ad offrirtele – spiegò, mentre il gatto bianco prendeva a spanciarsi all’aria sotto l’effetto appagante delle sue carezze sotto il mento, abbandonandosi ad un concerto di fusa.
- Quindi mi chiedevo qual è il tuo modo di amare qualcuno. Sai amare come ama un gatto? –
- In maniera opportunistica, vuoi dire? – la prese in giro lui.
- Dai, guarda che sono seria! – esclamò lei.
Shade fece un bel sospiro, chiudendosi in un istante di riflessione.
- Io penso che l’amore di un gatto bisogna saperselo guadagnare. Sono animali sfuggenti, lunatici, egocentrici. Tutti, di primo impatto, giudicano la loro ricerca di attenzioni mero opportunismo. Ma in realtà c’è molto di più. Perché un gatto sa legarsi a poche persone, ma a quelle poche persone sa donare tutto se stesso. I gatti amano rispettosamente. Guadagnati il rispetto di un gatto, ed avrai ottenuto la sua fiducia per sempre. Penso non ci sia niente di più bello che essere amati, sapendo di essere rispettati dall’altro -
- Quindi è questo il tuo modo di volere bene a qualcuno – asserì Rein, affascinata.
Lui alzò le spalle, vago: - Suppongo di sì – disse - Ma non illuderti: sto sempre segretamente progettando come ucciderti –
Risero. Il gatto bianco si stiracchiò un po’ al sole, e poi riprese la sua camminata verso l’ignoto.
- Comunque è molto bello – affermò Rein, dopo una pausa di silenzio – il tuo modo di amare. Penso che chi ha la fortuna di amare così, non corra mai il rischio di rimanere solo –
Lo guardò negli occhi, gli sorrise. Lui lo fece a sua volta, ricambiando il sorriso.
Restarono ad osservarsi in silenzio per un istante, persi in un altro di quegli sguardi fatti solo per loro. Shade capì che Rein aveva capito di cosa avesse bisogno in quel momento. E segretamente la ringraziò, e ringraziò la sua buona stella di avergliela messa accanto così inaspettatamente.
- Fine – disse poi, sciogliendosi in una risatina sommessa – non crederai mai a quello che sto per dirti, e da un lato non ci credo nemmeno io, ma… tu mi piaci. Non in quel senso, aspetta a fare quella faccia. Come posso spiegartelo…
Hai presente quando qualcosa all’inizio non ti convince, ma una ragione inspiegabile ti spinge per forza a provarla? Per esempio. Quando sul menù di un ristorante gli ingredienti di un piatto ti sembrano fin troppo elaborati e con strani accostamenti, e nonostante tutto lo ordini.
Quando ti si presenta il piatto davanti agli occhi, e non ha l’aspetto che immaginavi avesse, e nonostante tutto lo assaggi.
Quando, dopo un primo boccone, il piatto di per sé è buono, anche se ha quel qualcosa che ti fa ancora dubitare, forse le spezie un po’ troppo presenti, forse la menta un po’ più decisa che copre certi sapori e ne esalta altri, e “Il cioccolato con il salato? Mai nella vita!” Eppure, nonostante tutto, continui a mangiarlo finché non lo hai finito tutto, perché “In fondo non era così male. Il sale esaltava il cioccolato, la menta ha creato un nuovo connubio di sapori. È particolare, ma ammetto che lo riassaggerei”; perché in fondo in fondo detesti ammetterlo, ma quel piatto ti piace davvero tanto. E ti senti un idiota ad averlo giudicato, dal principio, solo all’apparenza. Ora tocca ricrederti, ed ingoiare l’orgoglio.
Ecco. Tu sei quel nonostante tutto -
Trascorse un istante di silenzio, in cui restarono ancora a guardarsi negli occhi. Rein abbassò lo sguardo arrossendo un poco, mentre Shade si morse la lingua, maledicendosi per paura di avere detto più del necessario.
Poi la rossa esplose in una risatina sommessa, leggermente imbarazzata.
- Beh, mi sarei aspettata qualsiasi cosa da te, Shade, ma non una simile confessione – ammise, balbettando un poco. Poi deglutì, la gola secca – Anche tu mi piaci, nonostante tutto. Non fare quella faccia, hai capito benissimo cosa voglio dire. Sei la dimostrazione che non bisogna mai giudicare un libro solo dalla copertina –
Se quel pomeriggio fosse stato infinito, avrebbero avuto il tempo di dirsi tante altre cose. Ma ogni cosa bella ha una fine, e l’arrivo del pullman segnalò il capolinea di quella giornata fatta di pensieri filosofici e confessioni azzardate.
 
¤¤¤¤¤¤
 
- Ce la sto facendo, Fine, ci sto riuscendo! Shade si sta innamorando, lo sento!- esclamò entusiasta Rein non appena rientrata a casa, con il cuore che batteva a mille e la mente piena, di fronte ad una Fine incuriosita e desiderosa di ricevere tutti i dettagli di quella gita improvvisata.
Rein era su di giri. Non l’aveva mai vista così euforica in vita sua. Fine sorrise, pensando a quanto fosse felice vedere la gemella finalmente serena dal giorno dell’incidente.
 – Non vedo l’ora di sapere se i miei sospetti sono fondati!- continuò la finta rossa in preda all’entusiasmo, saltellando per tutta la stanza – E quando tutta questa storia sarà finita, io e lui finalmente potremmo…- ma si bloccò, rendendosi conto di ciò che le era appena uscito dalle labbra involontariamente.
Fine inclinò la testa di lato, inconsapevole.
Rein le sorrise di rimando, ingoiando un boccone amaro di saliva - V-Volevo dire tu… tu e lui potrete finalmente…- ma non le riusciva di continuare, perché già si sentiva gli occhi pizzicare dalle lacrime – p-potrete…-
Fine le si avvicinò premurosa, intuendo che qualcosa turbava la sorella, di nuovo.
- Rein… è tutto a posto?- domandò, poggiandole delicatamente una mano sulla spalla.
A quel tocco improvviso e delicato, l’altra si riscosse improvvisamente dai suoi pensieri, si stropicciò gli occhi, e si voltò verso la sorella con un sorriso raggiante in volto, come se tutto il malessere fosse stato spazzato via in un istante.
- Certo!- esclamò – Ero solo sovrappensiero. Scusami, Fine!- rise, ma dentro di sé si sentiva morire.


Angolo Autrice:

Ciao a tutti! Come state?
Ricompaio dopo mesi di silenzio e dopo tanti eventi capitati in questi giorni affannati. Alcuni belli, alcuni brutti.
Sicuramente tra le belle notizie c'è che finalmente sono riuscita, dopo mesi di lavoro e fatica emotiva infernali, a trovare un pò di tempo per me per tornare a scrivere qualcosa. Non sembra vero neanche a me, ma è stata davvero una boccata d'aria resca poter tornare finalmente a scaricare la mente ed il cuore con qualche parola nero su bianco. E' stato veramente terapeutico liberarsi dopo un pò di tempo. Spero solo di non essere troppo arrugginita, la pausa si fa sentire.
La situazione in ospedale va decisamente meglio, anche se sono stati mesi difficili, e tutti siamo molto stanchi e provati sia fisicamente che emotivamente per questa dura prova a cui siamo stati sottoposti. L'idea che ancora non possiamo definirci fuori pericolo - e purtroppo sarà una situazione da tenere monitorata ancora per molto, e che mi auguro non torni a precipitare come ad inizio anno - sicuramente mi fa mantenere i sensi ed un pò la preoccupazion all'erta, ma se voglio essere in grado di affrontare quello che sarà, c'è bisogno anche di un minimo di riposo. L'appello che feci la volta scorsa rimane sempre valido: precauzione, giudizio, buon senso e collaborazione sono fondamentali, anche se purtroppo di incoscienti in giro ce ne sono fin troppi.
Io mi auguro solo che anche tutti voi siate riusciti a riprendervi da questa situazione paradossale nel migliore dei modi. Vi mando un abbraccio virtuale gigantesco.
Arrivando al capitolo, non vedevo l'ora di scrivere tutto quello che ho fatto succedere oggi. Dico davvero. Rein e Shade, anche grazie ad un piccolo aiuto esterno, stanno capendo molto di loro stessi e del loro rapporto, e io non vedo l'ora, come voi, di fargli finalmente aprire gli occhi. 
Se il tempo ed il resto me lo concederanno, ho in serbo per loro tante belle situazioni che al solo pensarci il mio cuoricino scalpita di gioia (per certe cose non si è mai abbastanza cresciuti).
Spero di non aver deluso le vostre aspettative, è stata una vera gioia ed una sopresa ritrovare tante belle recensioni da leggere dopo mesi che non entravo sul sito, e sentirvi tutti vicini. Grazie <3
Per ultima cosa, a tempo perso, giusto perchè condividiamo insieme la passione per la scrittura e per la lettura, desidero condividere con voi questa piccola notizia che ha reso questo anno nero pece un pò più colorato: a maggio, incredibile ma vero, hanno pubblicato il mio primo libro!! Ed io sono felicissima ed assolutamente emozionata di poter cominciare questa piccola avventura che ancora non mi sembra reale!
Un piccolo sogno che, si spera con il tempo, diventi sempre più realtà. Non intendo assolutamente avvalermi del sito di EFP per fare della pubblicità occulta.
A qualsiasi ed eventuale curiosità in più, risponderò privatamente per messaggio.

Auguro a tutti una buona fine estate. E che determinazione e forza d'animo accompagnino sempre ciascuno di voi.

Baci sparsi

_BlueLady_

 

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