EYES

di LostInJDBeyes
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Our lifes ***
Capitolo 2: *** Meeting ***
Capitolo 3: *** Run away ***



Capitolo 1
*** Our lifes ***


EYES

Our lifes

 

Justin’s POV

Sentii due forti colpi alla porta e capii che era venuta mia madre a svegliarmi per andare a “scuola”. Sbuffando allungai la mano nel lato destro del letto alla ricerca dei miei occhiali e, quando li trovai, li indossai velocemente. Aprii piano gli occhi con la solita speranza che qualcosa potesse finalmente accadere. Nulla, sempre e solo nero.


Flashback

Bip-bip
“…quindi non c’è speranza che possa tornare come prima?” sembrava la voce della mamma. Ma perché piangeva? Avevo fatto qualcosa di male? Eppure avevo finito tutti i compiti come mi aveva detto. Cavolo! Forse aveva scoperto che avevo mangiato tutte le caramelle nel barattolo della credenza blue…
“ Signora le condizioni sono critiche, abbiamo fatto tutto il possibile…ma…purtroppo per quanto riguarda…” cosa stava dicendo alla mamma? Cosa era critico? Che voleva dire?
Bip-bip
“ Su Pattie vedrai che tutto si sistemerà. Tesoro dobbiamo essere forti… lui avrà bisogno di noi e sarà difficile dopo questo…” Anche papà piangeva. Ma cosa era successo? Aprii gli occhi ma non vedevo nulla…chi aveva spento la luce? E perché c’era questo rumore continuo e fastidioso? Bip-bip
“Mamma, mamma…” “Eccomi tesoro sono qui, siamo tutti qui…” non capivo perché la mamma piangesse.
“Perché piangi mamma? Ti giuro che non prenderò più le caramelle nella credenza blu, ma tu non arrabbiarti con me e non piangere…”
La mamma iniziò a piangere ancora più forte.

FINE FLASHBACK


“Amore? Sei sveglio?” bussò altre tre volte per poi aprire piano la porta e venire a sedersi sul letto vicino a me. Alzai la testa verso di lei attirato dal rumore dei passi e dal frusciare delle lenzuola.
“Si mamma, mi sono appena svegliato…” le dissi sempre con il solito tono gentile. Non volevo farla soffrire più di quando già succedeva; tutti soffrivano in casa: mamma, papà, Jaxon e Jazmine. Tutti. E la colpa era soltanto mia. Mi passai una mano tra i capelli e constatai quanto fossero in disordine più del solito. Cercai di aggiustarli, ma era difficile senza uno specchio. Anzi era difficile e basta. Sentii la mano gentile di mamma accarezzarmi una guancia e immaginai che stesse sorridendo.
“Hai dormito bene?” me lo chiedeva tutte le mattine ed io puntualmente le mentivo.
“Si mamma, grazie” Sorrisi. Era un sorriso falso, ma ero sicuro che non se ne fosse mai accorta. Non dormivo bene da molto tempo, anzi non dormivo affatto da undici anni. Ogni notte era sempre la solita storia: chiudevo gli occhi, provavo a svuotare la mente ma nulla, era tutto inutile. Immagini sfocate, urla e poi di nuovo buio.
“Tesoro, tutto bene?” aveva una voce preoccupata. Certo, “tutto bene”. Ma che cazzo di domanda era? Tutto bene? Andava tutto una merda da undici fottutissimi anni e loro, si tutta la mia famiglia, credevano che ormai avessi superato tutto e stessi bene.
“Si, si mamma. Scusa, ero solo sovra pensiero” Girai la testa verso destra e le parlai piano respirando forte per cercare di calmarmi e di non urlarle addosso. Non volevo farla soffrite ulteriormente, non lo meritava.
“Ok. La colazione è pronta, vestiti che tra una mezz’ora dovrebbe arrivare Kate e potrete iniziare a studiare.” Si alzò e uscì dalla stanza. Sbuffai. Odiavo il fatto della “scuola privata” a casa. Si, a casa perché i miei genitori mi reputavano troppo debole e ritardato per andare ad una scuola normale come tutti gli adolescenti del mondo. Avevo 17 anni e nemmeno un amico, davvero fantastico. Abbassai la mano tastando le lenzuola e le scostai per poter scendere dal letto ed andare a prepararmi. Poggiai lentamente i piedi sul pavimento e constatai la piacevole freschezza delle mattonelle di marmo. Subito sentii la porta aprirsi e qualcosa di peloso toccarmi i piedi e le gambe. Sorrisi e mi abbassai per accarezzare Sam. Mi venne incontro e mi leccò la mano. Poi abbaiò felice e se ne andò per tornare subito dopo con il mio bastone. Me lo accostò alla mano e io lo afferrai dandogli un’altra carezza. Sorrisi quando mi leccò nuovamente la mano e strofinò la testa sulle mie gambe. Sam era la mia unica compagnia. Era il mio cane, ma soprattutto era il mio migliore amico, colui che mi aiutava a vivere. Camminai piano con il bastone proteso davanti a me e mi avviai verso la porta del mio bagno personale. La aprii e mi avvicinai lentamente al lavandino. Sam mi prese il bastone per permettermi di lavarmi e uscì dal bagno abbaiando. Con lentezza tastai il lavandino per arrivare alle maniglie del rubinetto e le ruotai per far uscire l’acqua. Tolsi gli occhiali e alla cieca trovai il mobiletto dove li poggiai. Con le mani a coppa presi l’acqua gelida e mi sciacquai il viso. Mi sentii subito meglio. Cercai di trovare lo spazzolino e stranamente riuscii a lavarmi i denti velocemente rispetto al solito. Sospirai. Dopo tutto questo tempo dovrei essere veloce come tutte le persone nella mia stessa condizione. Quando chiusi il rubinetto la porta si aprì di nuovo e capii che Sam era venuto a riportarmi il bastone per tornare in camera e vestirmi. Uscii dal bagno e con il bastone sempre proteso davanti a me raggiunsi il divano vicino al letto dove mamma mi faceva sempre trovare i vestiti puliti. Mi spogliai e mi iniziai a vestire lentamente. Misi i boxer, la camicia e un paio di pantaloni che al tatto sembravano essere troppo eleganti solo per restare a studiare in casa. Storsi la bocca. Odiavo quei vestiti. Non perché fossero brutti, non potevo saperlo, ma odiavo il fatto di non poter essere io a non decidere cosa mettere e a capire cosa mi piacesse e cosa no. Era davvero frustrante. Mi sedetti sul divano e misi con difficoltà le scarpe. Scarpe di pelle come quelle dei signori di mezza età. Grandioso. Mi alzai dal divano, afferrai il bastone che mi porse Sam, e , lentamente, uscii dalla mia camera per andare in salone a fare colazione con tutti gli altri.


DAISY’S POV

“Papà, Matt la colazione è pronta!” urlai per la quindicesima volta, ma a quanto pareva nessuno dei due aveva intenzione di alzarsi quella mattina. Guardai l’orologio appeso al muro della cucina e per poco non sputai il latte che stavo bevendo. 8.45. Cavolo non farò mai in tempo per la prima lezione! Posai la tazza di latte, spensi i fornelli e corsi in camera a cambiarmi per andare a scuola. Presi un jeans semplice, le converse rosa, una maglia a maniche corte bianca e una felpa blue abbastanza pesante. Fuori faceva freddo e non potevo ammalarmi. Andai in bagno, lavai viso, mani e denti, spazzolai velocemente i miei capelli corti e uscii prendendo la cartella con sciarpa e cappello.
“Io vado! Per colpa vostra salterò la prima ora di lezione e mi beccherò anche una punizione da Mrs. Jones per il ritardo!” Urlai a quei due dormiglioni. Da quando la mamma se ne è andata devo fare tutto io ed è davvero stancante occuparsi a 16 anni di una casa e contemporaneamente pensare allo studio. Non che andassi male, ma molto spesso ero costretta a studiare la sera fino a notte fonda.
“Dai piccola scusaci, ma ieri siamo tornati tardi. Ci hanno trattenuto a lavoro.” Disse papà con la sua solita voce dolce e calda. Sorrisi. Era davvero una persona fantastica, un esempio perfetto da seguire.
“Fa nulla, perdonati”. Tornai in cucina e li trovai intenti a divorare ogni cosa commestibile davanti a loro.
“Sembra che non mangiate da giorni” dissi ridendo.
“Noi siamo uomini e abbiamo bisogno di crescere” mi rispose mio fratello Matt.
“Matt hai 20 anni e ormai sei bello che cresciuto” gli risposi ridendo. Mise il broncio e mi fece ridere ancora di più.
“Dai scherzavo!” risi e andai a salutarli dando ad entrambi un bel bacio sulla guancia. Poi uscii di casa e corsi verso la metropolitana. Guardai l’ora dal mio vecchio telefono. 9.00. Cavolo,cavolo! Se non mi sbrigo rischio di saltare anche la seconda ora! Per fortuna la metro non era molto affollata così ci misi solo dieci minuti per arrivare a scuola. Arrivai precisamente al suono della campanella che segnava la fine della prima ora di lezione. Subito i corridoi si riempirono di persone e dovetti faticare per arrivare al mio armadietto. Lo aprii e presi il quaderno degli appunti per biologia.
“Day, ma dove cavolo eri finita?” sospirai. No, no, vi prego non ora! Iniziò la sua solita chiacchierata delle 9.30 del mattino raccontandomi per filo e per segno ogni particolare della sua vita sentimentale con mio fratello Matt, come se non lo vedessi da duecento anni.
“E poi dopo che ci siamo baciati lui ha iniziato a togliersi la maglia e…” alzai la mano per fermarla e le tappai la bocca.
“Stop! Non andare oltre! Cavolo Jessie è mio fratello e sto per vomitare!” mise il broncio e io scoppiai a ridere.
“Dai su cerca di capirmi, è mio fratello e mi fa senso sapere i particolari della sua vita sessuale. Su ora andiamo a lezione, non voglio arrivare di nuovo in ritardo.”
La campanella suonò di nuovo e ci sbrigammo tutti ad andare nelle rispettive classi. Mi aspettava una giornata alquanto noiosa tra biologia, matematica, storia e chimica. Presi un respiro profondo ed entrai in classe seguita da Jessie.





NOTE DELL’AUTORE



Salve a tutti! Sono Laura e questa è la mia prima FF in assoluto! Spero vi possa piacere e, se volete, lasciatemi un commento (sia positivo che negativo) così che possa capire come muovermi meglio nei prossimi capitoli. Ho finalmente finito gli esami di maturità ( eh si sono vecchia ho 19 anni) e quindi ho tempo libero da dedicare alla scrittura. Ho quasi terminato anche il secondo capitolo e credo che pubblicherò con una frequenza di un capitolo ogni due-tre giorni. Bene la smetto di parlare e spero che la storia possa piacervi. Un bacione al prossimo capitolo.

P. S. per chi volesse contattarmi su Facebook sono Laura Cesari e su Twitter @LostInJDBeyes :D

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Capitolo 2
*** Meeting ***


Meeting

 
JUSTIN’S   POV

 
Kate stava correggendo gli esercizi di matematica mentre io leggevo la lezione di fisica da ripeterle. All’inizio imparare nuovamente a leggere è stato un vero supplizio, ma Kate mi ha aiutato tanto ed ora non ho più problemi.
“Wow Justin non hai fatto nemmeno un errore! E questa parte di analisi matematica è programma universitario…direi che non sono più necessaria, sei pronto per fare l’esame finale per il diploma di scuola superiore” Sorrisi. Almeno una cosa positiva nella mia vita era lo studio. Mi rilassava e soprattutto mi aiutava a tenere la mente occupata.
Din-don
“E’ arrivata mamma con Jaxon e Jazmine, puoi andare ad aprire Kate?” Kate è davvero un’ottima insegnante. E’ molto preparata in quasi tutte le materie ma, soprattutto, è l’unica persona che non mi fa sentire “anormale”.
“Justin studi troppo… se fossi intelligente come te starei tutto il giorno a giocare ai videogiochi e …” jaxon a volte dimenticava il mio “problema” , ma ero abituato a questo e poi aveva solo otto anni quindi non ci facevo nemmeno caso.
“Jaxo se potessi lo farei credimi” dissi con un sorriso e indicando i miei occhiali scuri.
“Jaxon non voglio più sentirti dire queste cose, lo sai quanto è difficile questa situazione per tuo fratello…” la mamma aveva alzato la voce e lo guardava con uno sguardo truce.
“scusami fratellone non volevo” disse Jaxon con un’espressione colpevole. Scossi la testa e allungai le braccia per fargli capire che volevo un abbraccio e, infatti, poco dopo lo sentii stringermi la vita con le sue braccia e mi chiese nuovamente scusa.
“Non preoccuparti campione” sorrisi e gli accarezzai goffamente i capelli, ma la mamma lo guardava ancora storto.
“Dai mamma, davvero non importa” feci una pausa e poi continuai “ Piuttosto lo sai che Kate ha detto che posso fare l’esame finale di scuola superiore quest’anno?” le dissi con un sorriso a trentadue denti. Se potevo fare l’esame ad una scuola superiore significava che avrei finalmente potuto farmi qualche amico.
“Sei sicura che sia davvero pronto Kate?” sbuffai. Ma perché non voleva lasciarmi uscire di casa? Ho praticamente vissuto dentro queste mura per tutta la mia vita e sono stanco, stanco di essere solo e di suscitare pietà negli altri. Già pietà. Anche se non posso vedere so che tutti mi guardano come se fossi un caso disperato che non avrà mai un futuro normale nella sua vita. Sbuffai nuovamente.
“Pattie fidati di me. E’ davvero pronto. E’ preparato eccellentemente in tutte le materie e poi gli farà bene passare del tempo con dei suoi coetanei.
“Ok, mi hai convinto. Ne parliamo stasera con tuo padre e decidiamo la scuola migliore in cui farai l’esame. Ora andiamo a mangiare che sto morendo di fame. Kate, resti con noi?”
“Si, grazie Pattie”
Non ci potevo credere, aveva accettato senza fare storie. Sorrisi fino a sentire dolore alla mascella.

*      *     *
 
 
“Papà, credo che la  Picadilly High School” vada bene”. Mi piaceva quella scuola. Kate ci aveva mandato i entrambi i suoi figli e da come ne parlava sembrava un bel posto.
“Sei sicuro? E’ una scuola pubblica…magari è meglio andare in qualche scuola privata legata a Oxford non credi?” disse mio padre.
“Papà fidati, sia Josh  che Cday sono andati li e si sono trovati bene. Non ti fidi del giudizio di Kate?” dovevo assolutamente convincerlo a mandarmi in una scuola pubblica. Non volevo essere circondato da persone altezzose e snob come tutti gli amici dei miei genitori.
“Va bene. Vado  a telefonare a Kate e domani andiamo a parlare col preside di quella scuola per vedere se potrai sostenere gli esami lì.”
“Grazie papà” gli sorrisi e lui mi diede una pacca sulla spalla alzandosi per andare a chiamare Kate.
 
 
DAISY’S     POV


“Cavolo papà, Matt! Anche oggi mi farete fare tardi come ieri. Non voglio farmi sgridare di nuovo da Mrs Jones! “ sbuffai. Ero nuovamente in ritardo anche oggi e tutto per colpa loro che dormivano invece di aiutarmi con le faccende domestiche. Sbuffai di  nuovo mentre cercavo di aggiustarmi i capelli. Era comodo averli corti fino al mento, ma dovevo portarli sempre lisci e non avevo molto tempo. Li legai  a coda e uscii senza nemmeno salutarli. Ero arrabbiata perché mi facevano sempre arrivare in ritardo. La metro quel giorno era anche superaffollata. Fantastico sussurrai tra me e me.
Dopo una mezz’ora ero davanti scuola e strabuzzai gli occhi quando vidi una favolosa limousine nera tirata a lucido davanti l’ingresso principale. Mi avvicinai e notai che i finestrini erano abbassati. Ma non avevano paura che qualcuno potesse rubare qualcosa? Mi avvicinai ancora di più e vidi che c’erano due persone nella macchina. Davanti c’era un omone di colore tutto vestito bene e nei sedili posteriori stava un ragazzo molto giovane. Avrà avuto la mia età o al massimo un paio di anni in più.  Era bellissimo. I capelli erano biondo scuro, simili al grano, ed erano tenuti abbassati sulla fronte. Il naso era perfetto, le labbra carnose e rosse a forma di cuore spiccavano sulla pelle chiara e senza imperfezioni. Portava degli occhiali scuri nonostante fosse nuvoloso e indossava una camicia celeste chiaro con sopra una giacca blu. Ero rimasta letteralmente a bocca aperta. Non avevo mai visto nessuno così bello. “sarà un modello e il classico figlio ricco di papà” Continuai a fissarlo e probabilmente si sentì osservato perché  si girò verso di me. Gli sorrisi ma mi ignorò totalmente e… sbuffò.  Disse qualcosa all’omone nella macchina con lui e questo scese ad aprirgli la portiera. Gli passò un bastone argentato e lo aiutò a scendere dalla macchina come se non ne fosse in grado. Poi capii…era cieco. Ecco perché portava gli occhiali scuri e non aveva risposto al mio “saluto” di prima. Stava appoggiato allo sportello della macchina con il bastone stretto nella mano destra e parlava con l’omone mentre sembrava attendere qualcosa. Lo osservai attentamente di nuovo: era ancora più bello di come mi era sembrato prima. Indossava dei jeans chiari che gli cadevano perfettamente sulle gambe e sui fianchi e delle scarpe eleganti blu scuro non molto adatte per un ragazzo della nostra età. L’omone gli disse qualcosa di interessante poiché si voltò verso l’ingresso della scuola. Mi girai e vidi uscire un uomo vestito molto elegante con una donna bellissima a braccetto con lui. Assomigliava al ragazzo tranne per i capelli mossi e scuri. Dovevano essere i suoi genitori e, da come erano vestiti e dalla macchina, dovevano anche essere ricchissimi. Andarono vicino al ragazzo e scambiarono qualche parola con lui per poi dirigersi tutti e quattro dentro la scuola. Ero curiosa e volevo saperne di più. Il ragazzo, nonostante fosse cieco, camminava tranquillamente come gli altri tenendo il bastone davanti a se per evitare di andare a sbattere.
Mi ripresi dal mio stato di trans e mi guardai intorno per cercare Jessie e i miei amici. Da quello che vidi non ero l’unica che stava fissando imbambolata quel ragazzo. Tutti gli occhi erano puntati su quelle quattro persone e molti iniziarono a sussurrare tra di loro commenti e critiche.
“ Ma l’avete visto?”  “Cavolo è stupendo, secondo me fa il modello professionista!”  “Sembra un angelo tanto è perfetto!” Appunto. Tutte le ragazze erano rimaste incantate da lui nonostante avesse quel “problema”. Sbuffai infastidita da tutte quelle attenzioni e mi meravigliai di me stessa. Poi corsi al mio armadietto dove avrei sicuramente incontrato Jessie.
 
*    *    *
 
“Eccoti finalmente! Oggi non sei in ritardo contenta?” Jessie aveva davvero un pessimo senso dell’umorismo.
“Piuttosto, ma l’hai visto quello stra-figo  vestito tutto bene, stra-ricco appoggiato a quella stratosferica macchina?” alzai gli occhi al cielo.  Anche lei era stata “abbagliata” da lui. Aveva gli occhi a cuore e sembrava avesse dimenticato di essere impegnata con mio fratello Matt. Aveva ragione sulla bellezza ma stava anche esagerando con tutti quei stra-qui, stra-lì…
“Dai Jessie non esagerare è solo un ragazzo molto carino, e poi tu non eri impegnata?”
“Tranquilla il mio cuore è  solo per Matt e stai certa che resterai  per sempre mia cognata! Tuttavia gli occhi son fatti per guardare e quello strafigo lì” indicò un punto dietro di noi così mi girai e lo vidi parlare tranquillamente con la professoressa Brown di letteratura inglese- “ha tutti i requisiti per essere guardato e , mia cara Daisy, non venirmi a dire che non sei rimasta a bocca aperta pure tu perché non ci credo. Cavolo è da stupro!”
“Jessie!” le diedi una gomitata sul braccio per farla stare zitta. Era vero ero rimasta letteralmente incantata guardandolo.
“Bè ammetto che l’ho guardato anche io ma non ne farò mai un affare di stato! E’ solo un ragazzo…” alzò gli occhi al cielo e mi apettai la sua solita predica che, ovviamente, arrivò.
“Solo? S-o-l-o? Day ma che dici? Lo stai dicendo solo perché non sei mai uscita con nessuno , ma mai proverai e mai saprai! E poi giusto te potevi rifiutare gli inviti di Paul e Jack, Dio ma li hai viti?”
“Scusa se preferisco uscire con un bambino di tre anni piuttosto che con quei due imbecilli senza cervello! E poi lo sai che vogliono una sola cosa e io non la do al primo che capita!” alzò gli occhi al cielo e sorrise. Poi mi prese  sottobraccio e ci incamminammo verso l’aula di letteratura inglese.
 
 
Arrivai nell’aula con una strana ansia nello stomaco e quando constatai che lui non fosse lì restai…delusa. Daisy ma che sei impazzita? Non lo conosci nemmeno! Scossi la testa per scacciare tutte quelle stupidaggini sui ragazzi e sull’amore che mi aveva messo in testa Jessie. Mentre ero persa nei miei pensieri e , stranamente, non stavo ascoltando la spiegazione sulla commedia Shakespeariana “ The importance of being Earnest” della prof. Brown, mi arrivò un fogliettino di carta . Lo aprii e riconobbi la grafia di Paul.
 
Piccola ci vediamo stasera?
 
Uffa! Ma quante volte ancora dovevo dirgli di no? Scrissi no a caratteri cubitali, chiusi il biglietto e glielo tirai con un sorriso per prenderlo in giro. Quando lesse la risposta mi guardò sorpreso per cercare conferma del mio rifiuto. Gli sorrisi e mi girai a cercare di prestare attenzione alla prof. Nulla, la mia mente vagava tra capelli del color del grano, bocche rosse e carnose, pelle diafana e occhi…cavolo non sapevo di che colore avesse gli occhi. Probabilmente non lo avrei scoperto visto che portava gli occhiali. Sbuffai. Ma perché diavolo avevo sempre in testa quel tipo? Dovevo rassegnarmi, non ero il tipo adatto a ragazzi “perfetti” e “ricchi”. Il suono della campanella mi svegliò dallo stato di trans in cui ero caduta e mi accorsi che quasi tutti erano usciti dalla classe e che la prof. Mi guardava con un’espressione interrogativa sul volto. Chiusi velocemente il libro aperto nella pagina sbagliata, presi lo zaino, corsi fuori dalla classe e poi fu buio.
 
*   *   *
 
“Day, Day! Su svegliati!” era la voce preoccupata di Jessie quella che sentivo? In più qualcuno continuava a darmi degli schiaffetti sulla guancia destra e volevo che smettesse. Cercai di aprire gli occhi.
“Sono davvero dispiaciuto, è colpa mia” di chi era quella bellissima e melodiosa voce?
 Finalmente riuscii ad aprire gli occhi e sentii un comune sospiro di sollievo venire dalle persone davanti a me. Volevo sotterrarmi, c’era quasi tutta la scuola che mi fissava e alcuni stavano anche ridendo. Cosa diavolo mi era successo? Per  fortuna se ne andarono quasi tutti velocemente poiché la prof. Brown li aveva cacciati malamente.  Guardai le presone rimaste davanti a me e per poco non svenni di nuovo quando notai che vicino a Jessie e alla prof. C’era l’omone di colore e il ragazzo della limousine. Mi vergognai ancora di più e arrossii tantissimo tanto che Jessie mi rivolse uno sguardo interrogativo; poi si girò alla sua destra e, quando vide il ragazzo della limousine, mi guardò e ghignò sotto i baffi. Avrei volto strozzarla.
“Cosa mi è successo? Perché sono svenuta?” sussurrai piano.
“Intanto prenda un bicchiere d’acqua signorina Ross”. Allungai la mano e presi il bicchiere per bere un lungo sorso e poi ridarglielo ringraziandola. Poi tentai di alzarmi ma l’omone venne vicino a me e , una volta che fui in piedi mi sollevò in braccio.
“Ehi mi metta giù!” l’omone sogghignò e disse al ragazzo di iniziare ad incamminarsi. La prof mi disse che mi avrebbero riportato a casa e che aveva già avvisato mio padre dell’accaduto, quindi sarei stata esonerata dalle lezioni del pomeriggio. Salutai Jessie  che mi fece segno di chiamarla la sera per raccontarle tutto. Alzai gli occhi al cielo e annuii sbuffando. Mentre camminavamo il ragazzo si scusò nuovamente con me e restai sorpresa.
“Perché continui a chiedermi scusa?” domandai curiosa.
“E’ colpa mia se sei caduta e il minimo che possa fare è riportarti a casa.” Disse imbarazzato e alzando le spalle.
“Colpa tua?” dissi con una faccia sorpresa.
“Bè da come mi ha detto la tua amica sei inciampata sul mio bastone mentre uscivi dalla tua classe, quindi è colpa mia se ti sei fatta male” disse tutto velocemente e alzò di nuovo le spalle come se fosse una cosa ovvia.
“Ah…bè mi dispiace. Non preoccuparti posso anche camminare da sola fino a casa.” Dissi piano.
“Insisto” disse seriamente e con un leggero sorriso sulle labbra. Aveva dei denti bianchissimi e un sorriso meraviglioso. Era perfetto.
“ Ok, grazie mille” sorrisi anche io ma quando vidi che annuiva solamente e guardava dritto davanti a se mi ricordai del suo “problema”.
Uscimmo velocemente dalla scuola e ci dirigemmo verso la gigantesca limousine. Era la prima volta che salivo in una macchina così bella. L’omone mi posizionò sui sedili posteriori e andò ad aiutare Justin che, tuttavia, on sembrava voler nessun aiuto. Poco dopo partimmo e ci inserimmo nel traffico di Londra.
“Dove abita signorina?” chiese l’omone.
“Chiamami Daisy” dissi con un sorriso. “Nella zona tre di Londra a Penny’s drive street”.
Era abbastanza lontano dal cento e mi sentii anche in imbarazzo perché la mia casa era vecchia e non adatta al loro standard di ricchezza. Mi girai verso sinistra ed osservai attentamente quel meraviglioso ragazzo seduto al mio fianco. Non avevo mai visto un profilo così bello e ben delineato. Cavolo ma aveva qualche difetto?
“Mi stai consumando” disse con un sorriso sghembo mentre si girava verso di me. Arrossii e sprofondai nel sedile. Come aveva fatto a scoprirmi se non poteva vedere?
“Io…scusami, non volevo. Ma…tu, come…” arrossii ancora di più quando mi accorsi che stavo anche balbettando.
“Come me ne sono accorto? Probabilmente l’abitudine. Sai quando sei “diverso” la gente tende  a fissarti in continuazione , quindi ho dato per scontato che lo stesi facendo pure tu ed ho indovinato”. Sorrise allegramente ed io sentii il mio cuore perdere un battito. Come faceva una persona ad avere una risata così bella e perfetta?
“Come ti chiami?” mi tappai la bocca con le mani e mi uccisi mentalmente per non essere riuscita a restare zitta ma, a quanto pareva, la parte irrazionale e curiosa di me aveva prevalso su quella timida a razionale.
Lui sorrise e rispose tranquillamente  e mi porse la sua mano che, a contatto con la mia, mi provocò una scarica elettrica per tutto il corpo.
“Mi chiamo Justin” disse con una voce talmente bella e melodiosa che restai completamente incantata da quel suono.
Quando mi accorsi che gli stavo ancora tenendo la mano la ritirai velocemente e arrossii quando lo vidi sogghignare per il mio comportamento impacciato. Respirai forte per cercare di tranquillizzarmi da tutto quel turbine di emozioni che lui mi stava provocando.
“Tutto bene?” Mi chiese con voce ansiosa e annuii per poi ricordarmi subito dopo che non poteva vedermi, così risposi velocemente di si e cercai da allontanarmi un po’ da lui. Ero confusa da tutto quello che stavo sentendo.
“Posso farti una domanda?” gli chiesi a voce molto bassa e ansiosa ma lui sorrise e annuì.
“Come mai sei venuto nella nostra scuola a metà anno?”
“Devo fare gli esami finali per il diploma come privatista ed ho scelto questa scuola perché era quella di cui avevo sentito parlar meglio” rispose tranquillamente e sorrise. Era un anno più grande di me. Io avrei avuto gli esami finali l’anno seguente.
“Quindi sei più grande” risposta ovvia Daisy. Luì annuì come se già sapesse la mia età nonostante ci fossimo appena conosciuti.
“Signorina, scusi il disturbo, ma qual è il suo numero civico?” chiese l’omone facendomi sobbalzare e riportandomi sul pianeta terra.
“Il 43” risposi con un sorriso. Poco dopo arrivammo davanti casa mia e ringrazia e gioii mentalmente che Justin non potesse vedere dove abitavo. Cercai di aprire la portiera ma era bloccata.
“Tranquilla ci pensa Kenny” quindi era questo il nome dell’omone. Kenny mi aprì la portiera e, mentre stavo per uscire, Justin mi chiamò così mi girai verso di lui. Mi fece segno di avvicinarmi verso di lui e lo feci. Mi fissò intensamente per poi poggiare entrambe le sue mani sul mio viso con lentezza e titubanza. Mi toccò le guance, il mento, gli zigomi, le labbra, il naso e gli occhi con la punta delle dita. Sentivo ogni singolo centimetro di pelle toccato da lui andare a fuoco e in poco tempo il mio respiro accelerò assieme al mio battito cardiaco. Poi passò ad accarezzarmi i capelli e involontariamente chiusi gli occhi sotto il suo tocco delicato. Senza volerlo allungai le mani e iniziai a toccargli il viso, ma riuscii a sfiorargli solo una guancia poiché mi afferrò velocemente i polsi e sorrise.
“Ferma. Voglio solo capire come sei fatta” Sorrise ancora e continuò con il suo tocco sui capelli, le spalle e il viso. Poi troppo, troppo presto tolse le mani e sorrise.
“Sei molto carina Daisy” io arrossi violentemente e mi morsi la lingua per evitare di dire qualsiasi cosa mi avrebbe fatto sembrare ancora più stupida e goffa di quanto fossi. Sorrisi come un ebete e mormorai un grazie molto velocemente. Poi scesi dalla macchina e, ancora intontita inciampai sui miei stessi piedi.
“Ehm…Daisy?” mi chiamò ansioso. Mi girai velocemente verso di lui e avanzai velocemente dove si era sporto dal finestrino abbassato.
“Si?”
“Stai attenta” disse con un sorriso dolcissimo e bellissimo. Restai letteralmente incantata e stordita dal suono della sua voce e dal suo odore. Risposi velocemente un grazie e mi incamminai velocemente verso casa. La macchina partì e, una volta chiusa la porta di casa, scivolai sul pavimento circondandomi le ginocchia con le braccia  sorridendo come una cretina e cercando di rallentare i miei battiti.
 
 
 
ANGOLO DELL’AUTORE
 
Innanzitutto volevo davvero ringraziare le 19 persone che hanno visualizzato il primo capitolo. Magari potete pensare che siano poche ma mi hanno reso felicissima;) Ho lavorato tantissimo sul secondo capitolo e sono abbastanza soddisfatta, quindi spero davvero possa piacervi.
Dal prossimo entriamo bene nel vivo della storia e sarà più interessante.  Spero continuiate a seguirmi e, se volete, a lasciare qualche recensione. Ora la smetto di parlare inutilmente e mi dileguo ahahaha
Alla prossima (giuro che aggiornerò velocemente anche perché ho iniziato a studiare per i test dell’università e non voglio togliere tempo a questa storia che amo moltissimo. Bacioni bellezze.
P.s. se volete su Face sono Laura Cesari e su Twitter @LostInJDBeyes seguitemi che ricambio subito”
 

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Capitolo 3
*** Run away ***


RUN AWAY

 
DAISY’S     POV
 
Ero sdraiata sul letto con l’accappatoio ancora addosso nonostante fosse passata più di mezz’ora da quando ero uscita dalla doccia. Sarebbe venuta Jessie a cena e non volevo proprio passare sotto il suo terribile “interrogatorio” su Justin, mi erano già bastate tutte le sue domande al telefono.
Che poi io e lui non eravamo né amici né fidanzati, solo semplici conoscenti. Ma lei questo non voleva capirlo e si era già fatta duecento film mentali su un possibile matrimonio tra me, Justin, lei e Matt.
“No dico Day ma ci pensi? Non sarebbe fantastico? Tu con un abito lungo di pizzo bianco con quello strafigo e io in un abito da principessa con Matt…”
“Ehm…Jessie? Sveglia! Abbiamo 16 anni e io non ci penso proprio a sposarmi, soprattutto con qualcuno che nemmeno conosco!”
Aveva sbuffato e poi iniziato la sua solita paternale su quanto fossi noiosa e poco romantica.
Due colpi alla porta mi svegliarono dallo stato di trans in cui ero caduta e sobbalzai spaventata sedendomi sul letto. Matt aprì la porta della mia camera e mise la testa dentro.
Allora, quando hai intenzione di iniziare a preparare la cena sorellina? Sono le sette e venti e Jessie verrà tra un’ora e sai quanto mangia quella lì”.
“Ok,ok. Dammi cinque minuti che mi vesto ed inizio a preparare la cena. Tu potresti apparecchiare? E vedi di non mettere in disordine, grazie”.
Avrebbe sicuramente fatto un macello e poi sarebbe toccato e me pulire.
“Tranquilla sorellina io sono la persona più ordinata del pianeta!”mi fece l’occhiolino e chiuse la porta per andare ad apparecchiare.
Mi alzai velocemente dal letto, tolsi l’accappatoio e lo buttai nella cesta dei panni sporchi e andai verso l’armadio per vestirmi. Presi un jeans scuro, una maglia rossa, le converse bianche ed una felpa rossa molto semplice. Tanto sarebbe venuta Jessie e non dovevo mettermi carina per nessuno. Poi raccolsi i capelli bagnati in una coda disordinata ed uscii per andare a preparare la cena.
 
*  *  *
 
 
Cavolo Day dovresti fare la cuoca, queste lasagne sono strepitose!
Sia lei che papà e Matt si erano divorati un’intera teglia di lasagne in dieci minuti.
“Ma cosa siete, dei maiali? Sembra che non mangiate da anni!”
Risi vedendo le loro smorfie di disappunto su quello che avevo detto.
“Signor Ross, lo sa che sua figlia ha un fidanzato?”disse Jessie mimando con le mani le virgolette alla parola “fidanzato”.
Sputai l’acqua che stavo bevendo e per poco non mi strozzai. Si stava vendicando per averla chiamata maiale.
Intanto papà era scoppiato a ridere vedendo la mia espressione, mentre Matt si era irrigidito e aveva borbottato cose del tipo. “sei troppo piccola”, “se si avvicina gli spezzo le gambe” e altre cose poco carine.
Mi girai verso Jessie con uno sguardo truce e lei mi rispose con un finto sorriso innocente.  Respirai profondamente prima di iniziare il mio “sfogo”.
“Primo, non sono fidanzata. Secondo, anche se lo fossi Matt a te non deve interessare, poiché si tratta della mia vita e non della tua. Terzo ed ultimo punto, vorrei ricordarti che come io sono “troppo piccola”per avere un ragazzo lo è anche Jessie visto che ha la mia stessa età, anzi ha 4 mesi in meno di me e sta con te che hai 23 anni!”
Finii il mio monologo molto soddisfatta e, in attesa di una loro risposta, bevvi un sorso d’acqua frizzante per dissetarmi.
“Sei comunque troppo piccola sorellina e poi non puoi fare paragoni con Jessie, è diverso”disse borbottando e incrociando le braccia al petto.
“Matt, ma che cavolo dici? Abbiamo la stessa età, la  S-T-E-S-S-A!”
Alzai un pochino il tono della voce e scandii bene le lettere dell’ultima parola. Poi papà battè una mano sul tavolo per richiamarci all’ordine e sorrise divertito sotto i baffi.
“Stop ragazzi, smettetela subito di litigare o dovrò mettervi in punizione. Ora vi lascio ai vostri disguidi e vado a dormire che domani ho la sveglia alle 5.30!”
Si alzò e venne a salutarmi con un abbraccio e un bacio sulla tempia.
“Notte piccola”.
“Matt fai il bravo e non fare troppo tardi o domani non ti alzerai mai. Ciao Jessie è stato un piacere rivederti e ricorda, se fa il cattivo non esitare ad alzare le mani!” disse ridendo ed indicando Matt che aveva messo il broncio.
“Sarà fatto signor Ross…e grazie ancora per la cena”
“Notte ragazzi!”
Papà se ne andò dal salotto ed io mi alzai per iniziare a sparecchiare aiutata da Jessie, mentre Matt andò a sdraiarsi sul divano ed iniziò a vedere qualche film strano di quelli d’azione e sparatorie che gli piacevano tanto.
“Day, tesoro, ti va di andare a fare una passeggiata e di prenderci un gelato?”
Un gelato? Con questo freddo? Poi come faceva ad avere ancora fame dopo tutto quello che aveva mangiato a cena? Scossi la testa e sorrisi.
“No Jessie, grazie mille ma sono davvero distrutta e non vedo l’ora di andare a dormire. Tu vai con Matt, così potete stare anche un po’ da soli”dissi con un sorrisetto malizioso e Jessie arrossì.
Lei non arrossiva mai…mi stava sicuramente nascondendo qualcosa.
“Devi dirmi qualcosa?”le domandai assottigliando gli occhi.
Diventò ancora più rossa e abbassò la testa guardandosi le mani e torturandosele.
“Bè …si. Ecco non te l’ho detto perché non c’è stata occasione e per telefono non mi andava, ma tranquilla è una cosa molto recente e avevo intenzione di dirtelo stasera…”
“Jessie, mi devo preoccupare?”
Mi stava facendo agitare. Cosa le era successo di così grave da non avermelo detto?
“No, no tranquilla. Non è nulla di grave e riguarda me e…” alzò la testa ancora più rossa di prima ed iniziò anche a torturarsi il labbro inferiore con i denti.
“Jess sputa il rospo!”
“IoeMattl’abbiamofatto!”disse velocemente ma riuscii a capire lo stesso e le sorrisi.
“Tutto qua? Chissà che mi credevo! La prossima volta vedi di non farmi venire un infarto grazie”mi rigirai sorridendo e tornai a lavare i piatti.
Ci ero rimasta un po’ male che non me lo avesse detto subito ma capii anche che erano cose personali e che ognuno di noi aveva bisogno dei propri spazi.
“Sicura di non essere arrabbiata con me?”mi domandò con un’espressione preoccupata in viso. Sorrisi e le diedi un buffetto sulla guancia.
“Ma si tranquilla! Perché dovrei essere arrabbiata? Anzi sono felice, ora sei mia cognata a tutti gli effetti!”
Sorrise e venne ad abbracciarmi, ma nella foga dimenticò di avere un piatto in mano e lo fece cadere a terra rompendolo in mille pezzi.
“Oddio Day scusami, scusami! Non volevo, lo giuro!”
“Ah-ah! Jess è solo un piatto tranquilla!”
Matt venne di corsa in cucina con un espressione preoccupata sul viso e tirò un sospiro di sollievo quando vide che stavamo entrambe bene.
Poi andò ad abbracciare Jessie.
“Piccola, tutto ok?” le domandò dolcemente.
Mio fratello a volte era davvero sdolcinato. Jessie arrossì e sorrise dolcemente verso di lui prima di baciargli brevemente le labbra e annuire.
“Sto bene, tranquillo. Ho fatto cadere per sbaglio un piatto, scusatemi ancora”
Matt sorrise e le baciò i capelli, poi sciolse l’abbraccio e mi aiutò assieme a Jessie e ripulire tutti i pezzi di vetro.
“Sorellina noi andiamo a fare una passeggiata e poi la riaccompagno a casa, tu vai a letto e fai la brava ok?”sbuffai e lo guardai storto.
“Matt non ho più cinque anni, quindi smettila di trattarmi da poppante grazie”
Sorrise sotto i baffi e mi diede un pizzicotto sul fianco facendomi saltare visto che soffrivo il solletico. Poi mi salutarono e se ne andarono chiudendo la porta con un tonfo.
Sospirai e velocemente tornai in cucina per finire di lavare i piatti e di riordinare tutto il casino lasciato da papà e da Matt. Verso le dieci andai in camera, mi lavai, misi il pigiama e iniziai i compiti di storia e  di matematica.
 
 
*  *  *
 
 
Stranamente quel giorno non arrivai tardi a scuola; infatti sia Matte che papà si erano alzati presto per andare a lavoro così da potermi permettere di fare tutto con più calma. Quel giorno ero ansiosa di andare a scuola ed il motivo era soltanto uno: Justin. Non vedevo l’ora di rivederlo e di passare un po’ di tempo con lui.
Appena arrivai a scuola notai subito che non c’era traccia della limousine nera e né di Justin né di Kenny. Perché non era venuto? Stava bene?
Daisy ma che ti importa? Lo conosci a malapena!
Scossi la testa e mi avviai tristemente verso l’aula di storia senza passare per l’armadietto. Volevo evitare Jessie e tutte le domande che sicuramente mi avrebbe fatto vedendo la mia faccia sconsolata.
Ovviamente non ascoltai nemmeno una parola delle spiegazioni dei professori poiché ero troppo impegnata a pensare a Justin e al motivo della sua assenza. Quando suonò la campanella mi resi conto che erano già passate le prime quattro ore di lezione e che era arrivata l’ora di pranzo.
Passai velocemente per il mio armadietto e lì incontrai Jessie assieme a Mike, Paul, Diane , Rose e Vicky. Tirai un sospiro di sollievo ringraziando mentalmente tutti i santi che non fossi sola con Jessie così non avrebbe potuto farmi il suo solito “interrogatorio”.
“Eccola ragazzi! Ora possiamo andare a mangiare!” sentii dire Jessie agli altri. Poi si girò vero di me come per chiedermi qualcosa.
“Non ti ho vista stamattina.”
“Ero di nuovo in ritardo e sono andata direttamente in classe senza passare per l’armadietto.”Le dissi sorridendo e alzando le spalle.
“Dai andiamo a mangiare che sto morendo di fame visto che stamattina non ho fatto colazione!” e dissi prendendo a braccetto anche Diane.
Diane era un anno più piccola, ma frequentava i nostri stessi corsi di matematica poiché era tra le più brave della suola. Era molto carina e minuta, non tanto alta e con dei bellissimi capelli castani e lunghi fino alla vita. Stava con Mike, un ragazzo davvero solare e gentile, ed era molto simpatica e dolce, non come quelle due oche di Rose e Vicky che pensavano solo alle unghie, ai vestiti e ai capelli.
“Daisy dovresti curare di più i tuoi capelli! Sono orribili legati in quel modo disordinato… se vuoi posso aggiustarteli io con il mio nuovo arriccia-capelli…” disse quella smorfiosa di Vicky ridendo e lanciandosi delle occhiate di intesa con Rose.
Storsi la bocca e senza risponderle continuai a camminare verso la mensa con Diane e Jessie.
 
*  *  *
 
Justin non venne a scuola il giorno dopo, e nemmeno quello dopo ancora.
Passarono così due settimane senza vederlo.
Quel giorno a mensa c’era troppa gente e, ovviamente, lui era assente, così decisi di prendere solo una coca-cola e andare a sedermi tranquillamente in giardino. Stranamente non faceva  e c’era anche il sole, per cui non mi andava di restare chiusa dentro scuola a deprimermi.
Decisi di saltare le ultime due ore di ginnastica e di andare a farmi una passeggiata in centro per rilassarmi un po’. Mi alzai velocemente e andai in segreteria per firmare un permesso per uscire prima. Una volta uscita da scuola mandai un messaggio a Jessie per dirle che me ne sarei andata prima visto che non mi sentivo bene, moralmente e non fisicamente.
Attraversai velocemente la strada e iniziai a camminare verso uno Starbucks non tanto lontano dalla scuola. Avevo voglia di un frullato fresco, possibilmente alla fragola. Ovviamente c’era tantissima gente e per fare la fila e trovare un posto libero ci impiegai circa una mezz’ora.
Una volta seduta mi persi nei miei pensieri così da dimenticarmi di tutto quello che mi circondava.
“Scusi signore i cani non possono entrare qui dentro”.
Alzai gli occhi verso la porta d’ingresso e restai di sasso. Lui era lì davanti ai miei occhi. Era ancora più bello di come me lo ricordavo; i capelli questa volta erano tenuti sollevati a cresta e lo facevano sembrare uno di quei modelli delle riviste di moda più famose.
Aveva con se il solito bastone argentato e con lui c’era anche un bellissimo pastore tedesco di grandi dimensioni. Era un cane per persone cieche.
“Oh…bè mi dispiace, lo faccio uscire subito”disse alla commessa vicino l’ingresso con un sorriso gentile e potrei giurare di averla vista arrossire nonostante si vedesse avesse almeno una ventina d’anni. Alzai gli occhi al cielo consapevole dell’effetto che faceva su ogni essere di genere femminile  e andai verso di lui che, nel frattempo, era andato a legare il cane ad un paletto vicino l’ingresso con l’omone di colere: Kenny.
Quando rientrarono gli andai incontro e mi schiarii la gola prima di parlare.
“Ehi Justin!”dissi allegramente ma lui si girò verso di me con un’espressione confusa in viso. Non mi aveva riconosciuta. Subito sentii il sorriso morirmi sulle labbra e abbassai la testa imbarazzata.
“ Dai Justin davvero non ti ricordi della bella signorina che abbiamo riportato a casa dalla scuola un paio di settimane fa?”
Kenny mi guardò e, sorridendo, mi fece l’occhiolino. Gli risposi con un sorriso allegro anche io. Justin intanto assunse un’espressione sorpresa, come se fosse appena caduto dalle nuvole, che mi fece ridere molto.
Si grattò la nuca imbarazzato e mi sorrise brevemente per poi rispondermi.
“Ehm…ciao, scusami sono un po’ sbadato”
Sorrisi e gli dissi di non preoccuparsi. Intanto Kenny aveva ordinato per loro due dei frullati al cioccolato e preso per se stesso una grande ciambella glassata, per poi dirigersi verso un tavolo appartato lontano dal mio.
“Vuoi venire a sederti con noi?”mi chiese gentilmente Kenny ed io annui velocemente.
Andai a recuperare il mio frullato alla fragola con la borsa della scuola e mi diressi velocemente verso il loro tavolo. Prima di sedermi diedi un breve sguardo al locale e notai un gruppo di quattro ragazze che si stavano letteralmente mangiando con gli occhi Justin. Ovvio, era perfetto. Le sentii bisbigliare anche su di me e capii dai loro commenti che erano contente che non fossi tanto bella per lui.  Sbuffai. Lo sapevo da sola di non essere alla sua altezza, me lo ricordava ogni singolo giorno lo specchio del mio bagno e non c’era bisogno che me lo facessero notare anche quelle quattro sgallettate. Sbuffai e con un’espressione triste ed innervosita mi sedetti al tavolo con Justin e Kenny.
Kenny ed io iniziammo a parlare del più e del meno e così scoprii che , oltre ad essere l’autista della famiglia di Justin, era anche la sua guardia del corpo. Mi raccontò anche dell’infanzia di Justin, di quanto amasse giocare a basket, ad hockey sul ghiaccio, a calcio e di quanto fosse bravo nello studio. Praticamente non aveva difetti. Scoprii che studiava privatamente con un’insegnante che aveva due figli che andavano nella mia stessa scuola. Cady e Josh Smith. Lei era la classica cheerleder bellissima e corteggiata da tutti, mentre Josh era un ragazzo normale e tranquillo, per nulla altezzoso ed appariscente come la sorella.
Osservai Justin per tutto il tempo e notai quanto fosse poco interessato alla nostra conversazione e avesse un’aria infastidita. Mi sentii in imbarazzo e di troppo, forse ero io ad infastidirlo.
Guardai l’orologio: le tre e mezzo. Era presto e avrei passato tutto il pomeriggio ad annoiarmi poiché non avevo nulla da fare.
“Bè…io vado, grazie mille della compagnia.”Dissi con un sorriso imbarazzato.
“Vuoi un passaggio fino a casa?”mi chiese gentilmente Kenny ma scossi la testa e lo ringrazia lo stesso.
“Devo andare a fare delle commissioni in centro”
“Ok, vado a prendere la macchina. Tra cinque/dieci minuti sarò davanti l’ingresso”disse Kenny a Justin.
L’omone si alzò e diede una pacca sulla spalla a Justin che sorrise allegramente. C’era un silenzio imbarazzante tra di noi e mi sentivo di troppo. Iniziammo ad incamminarci verso l’uscita quando, un attimo prima di varcare la porta, Justin si fermò e mi guardò intensamente. Dopo più di un minuto sembrò tornare sul pianeta terra e ,tastando il pavimento col bastone, uscimmo fuori dal locale.
“Ferma un taxi, per favore”. disse velocemente e con un tono agitato
Lo guardai stranamente e, capendo che non mi ero mossa di un millimetro mi incitò di nuovo “Dai sbrigati che abbiamo poco tempo” aggiunse con un tono autoritario che non ammetteva repliche.
“Ma…Kenny ci aspetta!”gli risposi confusamente.
Lui mi guardò nuovamente e lessi sul suo viso una muta richiesta di aiuto. Sembrava stesse soffrendo molto e, nonostante non potessi vedere i suoi occhi per via degli occhiali scuri, immaginai avesse un’espressione molto ansiosa. Aveva l’aria di voler fuggire a tutti i costi.
Sospirai e velocemente chiamai un taxi, poi tornai da lui, lo presi per il braccio sinistro e lo aiutai a salire.
Dove vi porto ragazzi?” ci chiese gentilmente il tassista.
“Covent Garden, signore” rispose velocemente Justin e, poco dopo, partimmo.
 
 
 
 
 
ANGOLO DELL’AUTORE
 
Lo so, lo so sono imperdonabile… una decina di giorni di ritardo e mi odio tantissimo per questo, ma praticamente non ho avuto tempo di mettermi al computer e trascrivere il capitolo. Mi dispiace tantissimo e spero che vi piaccia lo stesso quello che è venuto fuori. E’ abbastanza lungo( io amo i capitoli belli lunghi) e tutto dal punto di vista di Daisy.
Per vostra fortuna ho già scritto anche una buona parte del prossimo capitolo quindi dovrei metterci meno a pubblicarlo e, se riesco, vedrò di metterlo in rete domaniJ
Volevo ringraziare assolutamente tutte le persone che leggono la mia storia: 35 visite il primo capitolo e 14 il secondo.
Poi un grazie infinito a   rorod1 per aver messo la mia storia tra le preferite e  sick0fnialler per aver recensito il primo capitolo. Grazie di cuore ragazze mi avete reso felicissima!
Un bacione al prossimo capitolo.
 
P.s. per qualsiasi informazione su face sono Laura Cesari e su Twitter   @LostInJDBeyes
 

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