Sky of love.

di orientexpressify
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologue. ***
Capitolo 2: *** One. ***
Capitolo 3: *** Two. ***
Capitolo 4: *** Three. ***
Capitolo 5: *** Four. ***
Capitolo 6: *** Five. ***
Capitolo 7: *** Six. ***
Capitolo 8: *** Seven. ***
Capitolo 9: *** Eight. ***
Capitolo 10: *** Nine. ***
Capitolo 11: *** Ten. ***
Capitolo 12: *** Eleven. ***



Capitolo 1
*** Prologue. ***








 





 -Se quel giorno non ti avessi incontrato,
non avrei mai provato tanto dolore,
tanta tristezza e non avrei tutti questi ricordi intrisi di lacrime..
Ma... Se non ti avessi conosciuto non avrei nemmeno conosciuto
tanta gioia,
tanta gentilezza,
tanto affetto,
tanto calore,

tanta felicità.

Come stai? Io...continuo ad amare il cielo blu.-





CAST





-Justin-





-Laila-





-Kate-





-Aaron-





-Becky-





-Ethan-



 

 



Di cosa parla?

Laila è una ragazza molto semplice che vive dividendosi tra la scuola e le amiche con cui parla dei ragazzi carini di turno.
A una delle sue amiche piace un ragazzo della sezione D,
che è carino ma pare abbia un amico un po' strano: tatuaggi, piercing e look trasandato;
a Laila, invece, non interessa nessuno, anche se vorrebbe tanto innamorarsi...
Accade prima delle vacanze estive. Laila perde il cellulare e lo ritrova, squillante, in biblioteca.
Dall'altro capo del telefono c'è un ragazzo, che le ha cancellato ogni numero in rubrica e tutte le e-mail, un ragazzo misterioso e affascinante,
che non vuole rivelare la sua identità. Laila, presa da lui, passerà tutta l'estate a parlargli al telefono, finché non deciderà di incontrarlo...







 ☁ⓢⓚⓨ ⓞⓕ ⓛⓞⓥⓔ☁



Cause baby when your with me, 
its like an angel came by 
and took me to heaven
cause when I stare in your eyes 
it couldn't be better..
 


contact me 

 



-thanks for reading-



 

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Capitolo 2
*** One. ***




1. 

 

 

I Anno. Estate. 

 

 

I petali dei ciliegi stavano per abbandonare il ramo dell'ultimo albero ancora in fiore, il caldo estivo era in arrivo. Le piccole gocce di sudore scivolavano lungo le tempie fino a sfiorare la mia morbida guancia. Ogni tanto, mi concedevo il lusso di distogliere lo sguardo dalle pagine dei libri che continuavo a sfogliare con fervore in vista degli esami finali, che segnavano l'inizio ufficiale dell'estate. Mi trovavo nella biblioteca, il mio rifugio, dove trascorrevo ore preziose immersa tra le pagine, studiando o lasciandomi trasportare dalle storie. Una sottile vampata di calore stava quasi per sovrastarmi, avevo bisogno di aria fresca, la concentrazione stava iniziando a vacillare.

 

Dovevo staccare.

 

Mi chiamo Laila, sto per iniziare il secondo anno al liceo. Anzi, correggo, ho appena concluso il primo anno e oggi è l'ultimo giorno di scuola prima delle vacanze estive. Ma, come sempre, prima di poter andare in vacanza, devo superare gli esami finali. Non credo che mio padre mi farà passare liscia se non sarò in grado di dimostrare di aver studiato abbastanza. Ho notato che molte ragazze sono alla disperata ricerca di un ragazzo che le capisca e le sopporti. Io, invece, sono felice così.

 

Almeno lo ero.

 

Sì, lo ammetto mi piacerebbe tanto innamorarmi. All'inizio non mi importava molto, ma vedendo tutte quelle coppiette a scuola, un po' ci soffri e diventi invidiosa della vita perfetta che alcune ragazze sembrano avere: voti perfetti, capelli perfetti, famiglia perfetta... ragazze come Becky, con i suoi ricci biondi, la sua altezza, sempre impeccabile nel suo abito. Era adorata da tutti... Perché non potevo essere così fortunata anch'io?

Uscii dalla biblioteca a causa dell'interrotto mal di testa. Mi diressi in bagno, passando per il corridoio, era disabitato a quell'ora, così ne approfittai per una rinfrescata al viso, legandomi i folti capelli castani con l'elastico che avevo al polso, un regalo di mia madre. Feci scorrere l'acqua aspettando che si intiepidisse un po', per poi portarmela agli occhi stanchi. Avevo gli occhi completamente chiari, anche loro sentivano l'arrivo dell'estate come il resto del mio corpo. Ultimai con una passata di lucidalabbra al profumo di ciliegia, il mio frutto preferito oltretutto, per poi tornare in classe dove mi stavano aspettando le mie amiche.

-Eccoti qui, Laila- mi accolsero con un sorriso che quasi mi irritò.

-Dov'eri finita? Sei in ritardo! - mi chiese Alyssa.

-Ero in biblioteca- mi sforzai di sorridere -Come se non lo sapeste…- affermai scocciata.

-Sei sempre dietro ai libri eh? - mi rise Kate. -Non è vero! – ribattei -Sai com'è mio padre, se non vado bene, mi spedisce in Alaska a lavorare con mio nonno!"- cercai una scusa. 

-Aspetta un secondo... ma quello è gloss? - notò il lucidalabbra che mi ero applicata prima. -Non è che... c’è qualcuno che ti piace in biblioteca? - mi chiese ghignando. 

-No, magari fosse così. Non so proprio da dove cominciare- le mie guance cominciarono a prendere un colorito più scuro -Capisco- rispose Kate.

Kate era la mia migliore amica, ci conoscevamo dalle medie ed era sempre stata al mio fianco, conosceva tutto e tutti. Aveva un modo tutto suo di entrare nelle feste grazie ai suoi contatti, e le altre amiche, più sue che mie, si erano unite a noi quest'anno. Erano simpatiche, sì, di buona compagnia.

-Ascoltate…- Kate cercò di attirare la nostra attenzione. -Mi sono innamorata! - disse, con gli occhi che brillavano. -COSA? - rispondemmo in coro. Questa era bella! Persino la mia migliore amica era felicemente innamorata di qualcuno.

-Aaron della sezione D ... quel ragazzo atletico con il sorriso sempre stampato in faccia, gli occhi di un blu immenso, i capelli curati, quando giocava alle partite mi guardava sempre sugli spalti e poi…- 

-Sì, abbiamo capito Kate! - la interruppi, perché sarebbe potuta arrivare fino a notte per descriverlo. Mi sembrava strano che a Kate potesse piacere un tipo così lontano dai suoi gusti precedenti.

-Non credo sia una buona idea...- dissi.

-Cosa intendi? - cominciò a lanciarmi frecciatine -Voglio dire... uno così avrà troppe ragazze di cui preoccuparsi, non sembra uno di quelli seri...- 

-È vero. Non dovresti impicciarti - intervenne Julie che teneva nelle mani il suo taccuino -Che cos'hai lì? - chiese Alyssa, come un falco gli prese dalle mani il taccuino. 

-Non guardare. No! - le gridò disperata Julie, cercando di trattenerlo a sé. C'era un elenco telefonico di alcuni ragazzi del Liceo, a cui faceva il filo.

-Sei tu quella che è pazza per i ragazzi! - Kate scoppiò in una risata e iniziammo a prenderla in giro.

-A che ti servono tutti questi contatti? - le chiesi, curiosa, con aria da detective.

-Beh, vorrei davvero conoscere qualcuno di loro durante le vacanze estive... perciò ridammelo! – urlò contro Alyssa scontrosa.

-Prova a prenderlo! – beffeggiò Alyssa e cominciarono a punzecchiarsi come due bambine. Mi venne un’idea. 

-Senti Kate… perché non andiamo a salutare questo Aaron, prima che finisca la scuola, magari? – proposi.

Non ci ha pensato due volte che subito si alzò, tirò fuori lo specchietto per sistemarsi lo chignon in testa. Bastò aspettare il cambio dell'ora e nel momento in cui il prof uscì dall'aula, noi lo seguimmo.

C'era abbastanza traffico di studenti nel corridoio, Kate ci guidò fino alla classe di Aaron.

 

-Non c’è- sbottò Kate mettendosi a cercarlo intorno all’aula.

-Andiamo, non stare qua davanti a tutti come una sfigata- Julie ed Alyssa cercarono di portarla via -Dai, andiamo tesoro… sarà uscito - presi Kate per la maglia, non voleva allontanarsi, sperava di trovarselo non lontano.

Ci girammo per tornare al nostro piano quando Kate si bloccò. Mi voltai nella sua direzione e mi accorsi che due ragazzi apparentemente belli che avanzavano verso di noi

-Sta arrivando… è così figo! – disse eccitata, la guardai stupita -Chi è dei due? - chiesi.

 


Notai che uno dei due ragazzi mi stava fissando, e sembrava volesse parlare con me. Si si avvicinò...

-Hey ciao, sono Aaron. Ci conosciamo? - mi chiese risoluto spostando la mano nella tasca posteriore dei jeans disinvolto. 

-Ehm, no. Mi dispiace, dovrei? – risposi. Gli occhi stupiti di Kate ci scrutavano.

-Ho visto che mi guardavi, sei molto carina. Posso avere il tuo Instagram? – insistette, ma io non potevo di certo fare questo alla mia migliore amica.

-Io posso darti il mio! – con nostra sorpresa Kate si mise tra me e lui. Intravidi l'opportunità di evitare la situazione... così mi affrettai a spostarmi senza risultare scortese. Con un movimento repentino, mi girai e sentii un forte impatto sulla schiena... mi voltai di scatto e trovai le spalle dell’altro ragazzo che si voltò a sua volta. Indossava una canottiera bianca, le braccia spoglie scoprivano una moltitudine di tatuaggi, indossava jeans neri a vita bassa. A differenza di Aaron, i suoi capelli erano biondi, gli occhi marroni e il suo aspetto più trasandato. Entrambi non manifestavano affidabilità. Continuammo a fissarci per un po'. Il cuore mi batteva così forte che pensavo potesse sentirlo lui.



-Scusami! – sussurrai, senza pensare mi diressi per la mia strada, lui non fiatò, rimase serio il suo sguardo mi seguì mentre sgattaiolavo incontro alle scale. Mi soffermai a pensare alla sua stranezza, sentii una scintilla di eccitazione, una sensazione che mi attraversò come un brivido poi mi raggiunse Kate sventolando un pezzo di carta in mano -Mi ha dato il suo numero, ma lui ha richiesto il tuo. Ovviamente non gliel’ho dato a quel viscido. Più avanti si accorgerà della persona fantastica che sono. Ci fai il tifo? – esclamò, ma non era il momento di affrontare il discorso di quanto Aaron fosse sbagliato per lei -Senti Kate... puoi stare tranquilla Aaron non è di certo il mio tipo- accorciai.

-Me lo prometti? - mi chiese -Che cosa? - cercavo di capire dove andava a parare -Che non uscirai con lui- sospirò -Non ti farei mai niente del genere, sei la mia migliore amica! Sono le regole- alzai gli occhi al cielo -Poi non mi abbasserei mai al livello Becky! È di cattivo gusto… - conclusi in tono di scherno. Infondo al corridoio, scorciammo la figura Becky che ci guardò, come se ci avesse sentito. Il suono della campanella segnò la fine della scuola e l’atteso inizio delle vacanze estive accompagnato dalle urla di gioia degli studenti. Ci unimmo a loro che cominciarono a correre fino a raggiungere l’uscita della scuola che portava al parcheggio.


Ancora non lo sapevo a quel tempo, che quell'amore era già giunto a me.

 

-Laila, credi che tuo padre ti lascerà uscire con noi invece di rinchiuderti a casa tutta l’estate? – mi chiese Kate giocosa, Alyssa e Julie sbucarono da dietro. Mi diressi alla fermata del tram, volevo tornare a casa il più presto possibile, le ragazze mi seguirono. Il mal di testa non mi era ancora passato del tutto.

-Divertente Kate... lo spero- le dissi pensosa -Allora... scriverai ad Aaron? - le chiesi per cambiare argomento -Ci puoi scommettere- ammiccò un sorrisetto -Mi raccomando, vacci piano con lui, intesi? – mi accertai che avesse capito ciò che intendevo quando mi sfiorò il braccio passando avanti l'amico di Aaron, sentii una stretta allo stomaco. Raggiunse una moto Ducati verde parcheggiata poco più in la  e ci sfrecciò davanti  con assoluta indifferenza, il rombo del motore sprigionava un’aura di avventura e pericolo, non riuscii a capire se ci aveva notate oppure no, ma il suo sguardo, fugace, mi accese una curiosità che non riuscivo a spegnere. 

-Oh, dove sei finita? - Kate mi riportò sulla terra... Infilai la mano nella mia borsa e mi accorsi che mancava qualcosa... -Merda!... dov'è il mio cellulare? – andai nel panico -Torno in classe a controllare, spero solo di non trovarmi chiamate perse dai miei genitori- dissi e salutai le ragazze -Vengo con te- si offrì Kate. Ispezionammo la classe da cima a fondo ma nel mio banco non lo trovai… andai in bagno ma neanche l'ombra.

-Accidenti! Ma possibile che lo devo perdere proprio l'ultimo giorno? -  gridai disperata. A quest'ora dovevo essere già a casa, se volevo evitare il confronto con mio padre. Non era un padre troppo severo, ma ci teneva che la sua famiglia passasse i momenti insieme, quindi se declinavo mi alzava la voce. -Sto continuando a chiamarti...- Kate tentò con una chiamata ma non sentivo squillare. Poi all'improvviso ricordai -Forse mi è caduto in biblioteca! – sospirai.

Lasciai Kate e mi diressi in biblioteca, perlustrai ogni scaffale, il silenzio che c'era era abbastanza inquietante dopo il gioire degli studenti che se ne erano andati via. Mancava un ultimo scaffale, sperando fosse quello giusto quando la mia attenzione fu rapita da un suono famigliare. Era la mia suoneria. Il mio telefono si trovava con cura tra due libri proprio di quello scaffale. Mi affrettai a rispondere.

 

-Hey Kate! Grazie l’ho ritrovato, era qui- dissi sollevata.

-Mi fa piacere- sentii il mio cuore fermarsi per un istante. Non era Kate.

-Chi sei? - chiesi, sentendo un brivido lungo la schiena. 

La voce maschile sibilò -Segreto- qualcuno si stava prendendo gioco di me, e non lo trovavo divertente. -A presto, Laila! - e chiuse la chiamata. Sentii la pelle d'oca lungo le braccia, il mio respiro si fece più corto. Conosceva il mio nome… E per di più nel mio telefono erano stati cancellati tutti i miei numeri in rubrica e i messaggi su ChatApp.

MI feci coraggio e richiamai il numero.

-Che c’è? – rispose, la sua voce era profonda, con un tono leggermente roco.

-Ecco, sono la sempre la proprietaria di questo cellulare…- spiegai -Lo so, ho già salvato il tuo numero- disse divertito -Senti, mi è sparito tutto e se pensi...- dissi nervosa  -Li ho cancellati io- mi interruppe, sentii le guance divampare e le mani tremare -Perché??- gli gridai, ero chiaramente sconvolta non sapevo cosa fare o cosa aspettarmi.

-Ti dispiace così tanto aver perso quei numeri? - chiese serio -Se vogliono veramente parlarti, sono sicuro che ti chiameranno- concluse.

 

La chiamata si interruppe.
 
 


 
 ☺☻☺☻☺☻☺☻☺☻☺☻☺☻☺☻☺☻☺☻☺☻☺☻☺☻☺☻☺

 
 

Siate buoni con me, avevo voglia di iniziare una ff
così mi sono buttata.
Mi farebbe molto piacere leggere delle recensioni
 e vedere cosa ne pensate.
 Che dite, vado avanti?☺

[STORIA REVISIONATA 2024]
  


 

 

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Capitolo 3
*** Two. ***


 
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2.

 
  
 Mi svegliai al suono ripetitivo della mia sveglia. Con un movimento deciso, spezzai il rumore che tanto mi infastidiva. Era un nuovo giorno. Mi stirai languidamente come un gatto mentre mi alzavo dal letto, dirigendomi verso la finestra della mia stanza. Con un gesto fluido, aprii le tende e lasciai che la luce del mattino inondasse la stanza. Inspirai profondamente, ammirando il cielo azzurro che si stagliava all'orizzonte. Mi resi conto, fino a quel momento, di quanto fossi stata protetta da questo tetto chiuso. Mi sentivo come se avessi vissuto a lungo tra mura di cristallo, protetta dalle pressioni di mio padre e dallo stress circostante. Ero convinta che quella fosse la mia vera natura.
  
 -Laila, svegliati è ora di alzarsi! - mia madre bussò alla porta.
 -Sì mamma, sono sveglia- dissi svogliata. Udii i passi tornare al piano inferiore. Da sotto si sentiva un gran trambusto, erano già tutti in piedi. Con passo leggero, mi avvicinai all'armadio e aprii le ante. Dopo un momento di indecisione, scelsi un abito leggero e colorato, perfetto per una mattinata estiva. Mi vestii con calma, attenta a ogni dettaglio. Una volta pronta, diedi un’occhiata allo specchio e sorrisi soddisfatta del risultato. Scendendo le scale, il profumo del caffè e del pane appena tostato riempì le mie narici -Buongiorno mami! – le porsi un bacio sulla fronte mentre mio padre, seduto sulla sua poltrona, mi rivolse un cenno di saluto mentre si beveva una tazza di caffè poi la famiglia si riunì intorno alla tavola imbandita di fresco, presi il mio posto -Allora come va il mal di testa, passato? – mia madre con un sorriso affettuoso, mi diede un bicchiere di succo d'arancia appena spremuto -Si, molto meglio. Grazie- le risposi. Mia sorella minore, Libbie, vivace e piena di energia, si sedette accanto a me. Con un sorriso radioso, raccontò delle sue avventure del giorno precedente che ascoltai con attenzione, apprezzavo la sua vivacità ed ero molto grata per il legame speciale che ci univa. Nel nostro salotto, come in ogni angolo della casa, le pareti erano adornate da fotografie e dipinti che raccontavano la nostra storia familiare. I ritratti dei miei genitori da giovani e di me e mia sorella appena nate, insieme ai diplomi e ai riconoscimenti di mio padre, dominavano lo spazio. Era evidente anche a chiunque entrasse in casa che la nostra famiglia era unita e che quei muri erano testimoni di una vita colma di amore.
 Inizio modulo
 -Hey, non finirle tutte ci sono anche io! – mia sorella indicò il bacon croccante che era la specialità di nostra madre, fiutai il primo litigio delle vacanze. Io le feci la linguaccia di gusto, e cominciai a finire il piatto con foga, così lei rubò velocemente il resto della carne -Lasciate qualcosa anche per vostro padre! – disse nostra madre -Io prenderò solo un po’ di uova...- subentrò mio padre -Se fossi così generoso anche con me, caro- lo rimproverò mia madre.
 -Ma lo sono, no? - scherzò lui guardando me e mia sorella. Mi strappò un leggero sorriso. Mio padre era un uomo di poche parole, ma quando parlava, le sue parole avevano un peso enorme. Era un uomo di principi, con valori saldi e un senso del dovere incrollabile. I suoi occhi riflettevano una saggezza antica e la sua postura era sempre eretta, come se portasse il peso del mondo sulle spalle. Era intransigente. Non tollerava compromessi e non accettava scuse. Le decisioni che prendeva per me e Libbie erano motivate dal desiderio di vederci felici e realizzate. Anche se poteva sembrare duro, con noi, ogni regola era pensata per insegnarci il rispetto, il valore del duro lavoro e l'importanza di perseguire i nostri sogni. Mia madre, d’altra parte, era come un libro aperto: i suoi sentimenti erano sempre chiari e trasparenti. Era una donna dall'animo gentile, con sguardo tenero e compassionevole sempre pronta ad ascoltare e a consolare chiunque si trovava nel bisogno. La sua presenza era come un abbraccio caldo e rassicurante, e la sua voce come una dolce melodia. Quando lei era in casa la trovavi sempre accogliente e ospitale. La sua cucina era sempre piena di profumi deliziosi, e il suo sorriso era contagioso.
 -Sai, Laila... tuo padre è preoccupato- disse mia madre. Ecco che cominciava a farmi la predica -Crede che la vita da liceale ti cambierà un po' troppo- disse -Sì, diventerà un hippie, e si unirà a una setta- affermò Libbie con esultanza.
 -Spera solo che rimaniate le sue bambine per sempre- sospirò mia madre -Io non cambierò, non preoccuparti papà- lo rassicurai con un abbraccio, mi guardò preoccupato e con un mezzo sorriso disse -Bene bene-
  
In quel momento pensai che non sarei mai cambiata. Cambiare me stessa per amore, davvero non lo avrei mai immaginato.
  
 Libbie era una ragazza piena di energia, sempre pronta a provare nuove esperienze e ad affrontare nuove sfide. Era coraggiosa e determinata, con sguardo brillante. Non si lasciava intimidire dalle difficoltà, né tantomeno da me. Aveva una grande passione per la vita e per tutto ciò che faceva, sembrava non avesse mai paura di nulla. Era empatica e compassionevole come mia madre e saggia e sicura come mio padre.
 -Ehi, papà... Quando prendi le ferie? – disse Libbie speranzosa, ci teneva ogni anno a fare un’uscita tutti e quattro insieme.
 -Ah! Io vorrei andare in Florida quest’anno. Che ne pensate? – propose nostra madre -Probabilmente quest'anno salta… sono davvero impegnato a lavoro- rispose mio padre dispiaciuto. Io sarei voluta andare con le mie amiche con tutta sincerità questa estate, avrei preferito partecipare con loro allo Spring Break, casomai incontrassi qualche nuovo amico -Papi, posso andare allo Spring Break? i genitori di Kate hanno detto di sì...e mi chiedevo se magari anche io…-
 -Non se ne parla! - mi interruppe bruscamente -Conosci bene il motivo, ne abbiamo già parlato- si irritò, io silenziosa decisi di non contraddirlo -Perché non pensate a organizzarvi la borsa di studio, invece? – disse.
 -Non ho così tanti soldi- si giustificò mia sorella... Io avevo finito la colazione, l’argomento scuola mi irrigidì lo stomaco. Era una sensazione che spesso accompagnava lo stress emotivo e psicologico, quando mi trovavo di fronte a certi argomenti pesanti da parte di mio padre. La mia gamba vibrò, la sensazione familiare di una notifica proveniente dalla tasca dei pantaloni. Non avevo più nessuno salvato in rubrica, ma il numero di Kate era memorizzato nella mia mente come il testo di un tormentone estivo.
 
  
cap-2  
 
 Prima o poi avrei dovuto raccontare a Kate di quello strano individuo, sono certa che è stato qualcuno che ha trovato il mio cellulare e ha voluto divertisti l’ultimo giorno di scuola. Dovevo anche darle la notizia amara. Tornando con la mia mente a ieri, mi sovrastò il ricordo di quel ragazzo incontrato a scuola. La sua presenza, misteriosa, aveva lasciato un'impronta indelebile nella mia mente. Qualcosa in lui catturava la mia attenzione. Il respiro diventò difficile, e avvertii una mancanza d'aria, mi alzai pesante dalla sedia, facendola scivolare indietro con un leggero scricchiolio. Di nuovo quella forte sensazione di crampi e di torsioni mi colpì, come se qualcosa mi stesse stringendo e schiacciando dall'interno. Mi girai verso la mia famiglia, sforzai un sorriso e con un cenno del capo dissi -Vado in camera mia- attraversai la stanza e mi diressi verso la scala che portava al piano superiore. Trattenni il respiro, le gambe a mala pena si muovevano con eleganza. Una volta arrivata infondo ai gradini, mi voltai per guardare la famiglia che mi osservava dal basso. Senza dire una parola, sorrisi ancora una volta e mi voltai per andare in camera. Una volta dentro, chiusi la porta dietro di me e mi lasciai cadere sul pavimento, buttando fuori tutto il fiato che avevo in corpo. Il silenzio della stanza mi avvolse come una coperta, e per un momento mi sentii completamente libera e il mio corpo finalmente si rilassò. Tutto il pomeriggio lo passai tra pensieri e studio, a volte l’immagine di quel ragazzo continuava a danzare nella mia mente di tanto in tanto, incuriosendomi sempre di più. Ero esausta e avevo bisogno di dormire, ma non riuscivo a staccare la spina. Mi mancava la tranquillità della biblioteca della scuola, soprattutto ora che doveva essere vuota. Guardai l'orologio. Era tardi. Spensi la luce, posai il libro di storia sulla mensola e mi misi a letto, chiudendo gli occhi. Era una notte silenziosa, e il mio respiro regolare era l'unica cosa che rompeva il silenzio. Ma all'improvviso, il telefono squillò, interrompendomi il sonno con un suono insistente e fastidioso. Mi svegliai di soprassalto, confusa e disorientata. Il telefono continuava a squillare, mi alzai di scatto per rispondere. La stanza era buia, e la luce del telefono mi illuminava debolmente il viso. Con le mani tremanti, afferrai il telefono e risposi.
  
 -Pronto? - chiesi con voce incerta.
  
Silenzio.
  
Sentivo il battito del mio cuore rimbombare nelle orecchie. La stanza sembrava ancora più buia, e il telefono suonava libero. Chi stava chiamando? E perché?
  
 -Chi è? - chiesi di nuovo, con una nota di ansia nella voce.
  
 -Sono io- la voce maschile, dall'altra parte del telefono era famigliare ma non troppo. Mi sentivo sempre più inquieta.
  
 -Che cosa vuoi? - risposi seccata per l'orario.
  
 -Stavi dormendo? - disse divertito -La tua voce da appena sveglia è carina-
  
 -Sì, beatamente e ora non più per colpa tua- risposi arrabbiata.
  
 -Il mio numero è memorizzato per primo? - una risata insopportabile segui la sua voce.
  
 -Non chiamarmi più, lasciami in pace! – riattaccai.
  
 Mi stesi sul letto, un po' scossa, e poi all'improvviso, mi sentii sollevata, ma confusa. Cosa era successo?



 

☺☻☺☻☺☻☺☻☺☻☺☻☺☻☺☻☺☻☺☻☺☻☺☻☺☻☺☻

 

I'll show you a sweet dream

                   ...next night

 

 

 

 

 

Allora che ne pensate?

La storia sta un po' prendendo forma eheh ☺

Lo sò, lo sò che sono noiosi ma ho tutto programmato

in testa, e pian piano le cose belle arriveranno ghjkl

Saresti così gentile da lasciarmi una recensione?

 

♥♥Grazie mille♥♥

[REVISIONATA]

ⓢⓚⓨ ⓞⓕ ⓛⓞⓥⓔ.


 

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Capitolo 4
*** Three. ***


 
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3.

 

Era un caldo pomeriggio estivo, mi trovavo in salotto sul divano vicino alla finestra, godendomi il tepore del sole che filtrava attraverso i vetri. Ero appena tornata da una passeggiata in giardino, dove avevo trascorso del tempo ad ascoltare musica e ammirare gli alberi in fiore. Mia madre passava l'aspirapolvere nella stanza, con un movimento lento e cadenzato. Il rumore del motore era costante e monotono, e mi sentivo come se fossi stata intrappolata in una bolla di calore. Le gocce di sudore mi scivolavano lungo la fronte, e il mio corpo era appesantito dal caldo, mi rendeva esausta, ma continuavo a studiare spinta dalla determinazione in preparazione degli esami. Chiusi gli occhi, lasciandomi cullare dal rumore dell’aspirapolvere. Fu allora che il telefono mi squillò, mi alzai di scatto, disturbata da quella vibrazione fastidiosa, lessi il numero e sbuffai alzando gli occhi al cielo. Mia madre si fermò, guardandomi con un'espressione interrogativa. Durante quei giorni, il ragazzo enigmatico continuava a chiamare. Era come una presenza costante, una voce insistente che non voleva lasciarmi in pace. Stufa, decisi di affrontare la situazione una volta per tutte.

-Pronto? - chiesi, tentando di nascondere l’irritazione.
 
La risposta fu secca: -Sono io. Possiamo parlare? – la sua voce era calma e pacata.   Il mio cuore sussultò. Non sapevo cosa fare, ma decisi di rispondere. Era come se qualcosa mi spingesse a farlo. 

-Che senso ha chiamarmi ogni giorno? – chiesi, con una nota di incertezza nella voce.

-Spostati da qui! - mi ordinò mia madre, ultimando le pulizie del salotto, una risata dall'altra parte della cornetta.

-Spostati, ha detto, le dai fastidio! - disse divertito. Mi alzai dal divano e per dirigermi verso la finestra. Il sole stava tramontando all'orizzonte, tingendo il cielo di un rosso brillante, poi raggiunsi la cucina per prepararmi una tazza di tè freddo.

-Non hai altri amici? - sbuffai -Stai sempre a casa, eh Laila? – disse con un tono leggermente sarcastico. Era come se stesse cercando di provocarmi.

-Finiscila di chiamarmi per nome- mi sentii ancora più irritata.

-Dov'è il problema? – chiese.

-Per cominciare, cosa vuoi da me? – risposi infastidita. 

La risposta del ragazzo fu immediata: -Voglio conoscerti meglio- mi colse alla sprovvista, non avrei mai pensato che questa situazione potesse accadere proprio a me. Provavo un misto di emozioni contrastanti.

-Va bene, ma solo perché sono curiosa- sospirai -Che cosa vuoi sapere? - chiesi, cercando di mantenere la calma.

La risposta del ragazzo fu breve e concisa: -Voglio sapere tutto di te- 

A queste parole, le mie mani cominciarono a tremare leggermente, a malapena sostenevo la tazza con il tè freddo, e il mio respiro diventò affannoso.  Sentii il terreno sotto i miei piedi improvvisamente scomporsi, e il mondo intorno a me fermarsi, mentre il cuore mi batteva all'impazzata nel petto. Con il telefono ancora premuto contro l'orecchio, lasciai la cucina e raggiunsi le scale. La mia mente era ancora piena di domande, e questa conversazione continuava a farmi sentire confusa e vulnerabile. Le mie dita stringevano nervosamente il telefono, mentre le gambe si muovevano automaticamente su per le scale. La conversazione si stava facendo intensa, e mi sembrava di camminare su un filo sottile, e stavo cercando di non cadere, mi chiusi la porta alle spalle e mi sedetti sul letto. Il ragazzo era rimasto in linea chiedendosi perché non rispondevo.

Curiosa e intrigata dissi: -Dimmi il tuo nome, e anche l'anno e la sezione- 

-Ah... Cominci ad interessarti di me! - disse compiaciuto.

-Non è così! È solo che non mi sembra corretto dato che conosci il mio- mi stesi sulle lenzuola disfatte, con un braccio sopra la pancia e l’altro sotto la testa. Sollevai lo sguardo verso il soffitto. La stanza era avvolta da una quiete surreale, rotta solo dal suono del mio respiro, mentre il cuore mi pulsava all'unisono con l'attesa. 

-Va bene… - ammise -Visto che me lo chiedi, il mio nome è... -  fece una lunga pausa prima di rispondermi. Era un momento di pura magia, un'emozione così intensa che sembrava quasi irreale. Quel momento di attesa era qualcosa che non avrei mai dimenticato. 

-Segreto- la sua voce, limpida, riempiva la stanza con un tono infantile che non potevo sopportare, rendendolo ancora più fastidioso. 
 
 La conversazione che seguì dopo fu breve. Il ragazzo mi parlò con voce controllata e dopo un po' iniziai a sentirmi subito a mio agio. Quando la chiamata finì, ero stremata ma felice. Avevamo parlato di tante cose, senza che sapessi tanto di lui, ma per qualche strana ragione mi sentivo più vicina a lui di quanto avessi mai immaginato. Con un mix di emozione e preoccupazione, decisi di raccontare tutto a Kate, sospirando leggermente prima di afferrare il telefono, per scriverle su ChatApp. Il cuore mi batteva forte nell'attesa di condividere l'intera vicenda con qualcuno che mi comprendesse. 

 

Una volta che la mia migliore amica mi chiamò, iniziai a raccontarle tutto, sentendosi sollevata e meno sola, sarebbe stato il nostro piccolo “Segreto

 

 

 Notte di luglio.

La notte era oscura, priva di stelle, ma i fuochi d'artificio la trasformavano in uno spettacolo luminoso e festoso. Mi trovavo sul davanzale della mia camera, circondata dai colori vibranti che danzavano nel cielo. Non ero sola: tenevo in mano un piccolo taccuino e una penna con l’altra, delineavo con precisione e attenzione i segni lasciati su carta, mentre il telefono era appoggiato sulla spalla. Era una serata magica, fatta di luci e pensieri da condividere con qualcuno di speciale. 

-Le tue sopracciglia? - chiesi concentrata.

-Spesse- rispose la voce al telefono, di cui ormai il proprietario mi era caro. Con un tratto deciso, disegnai le sue sopracciglia spesse, che incorniciavano il volto con una espressione decisa e intensa.

-E la tua bocca? – chiesi sforzandomi di immaginare la sua fisionomia. Ogni dettaglio che mi descriveva attraverso il telefono prendeva forma sulla pagina. Era un modo straordinario di connettersi, di dipingere un ritratto in un modo diverso, tramite la voce e la fantasia. Era come se lo stessi guardando davvero, anche se era solo una voce al telefono.

-Direi molto sexy- affermò compiaciuto, disegnai la sua bocca, carnosa e sensuale, sembrava quasi sorridermi sul foglio. Poi, con un tocco più delicato, segnai i capelli biondi, tenuti molto corti.

-Finito? - mi chiese impaziente. Ma era negli occhi che doveva risiedere il suo fascino più profondo. Pensai.

-Aspetta! I tuoi occhi di che colore sono? – chiesi più interessata.

-Hmm... marroni- concluse, era come se quel tratto di penna finale avesse reso visibile l'anima di quel ragazzo misterioso che, fino a quel momento, conoscevo solo attraverso la sua voce.

-Allora? Mi trovi affascinante? – chiese con un tono di voce timido e incerto.

Non ero un'artista, ma dalla sua descrizione non sembrava affatto un brutto ragazzo. Mi chiesi se quello fosse il suo vero volto, se i tratti che stavo disegnando corrispondessero davvero alle sue sembianze. Ma, nonostante le mie incertezze, non potevo negare che la sua voce fosse piacevole, quasi ipnotica. Era come se, attraverso il telefono, riuscisse a trasmettermi un'energia speciale, un'intensità che mi faceva sentire viva. 

-Non importa come sei fisicamente- risposi. Lui rimase in silenzio, forse rifletteva sul significato delle mie parole.

-Dentro? Che tipo di persona sei? Ti assicuro che è molto più importante di qualsiasi aspetto esteriore – dissi con sincerità.

-Sono una persona gentile. Ti ho anche aiutata a trovare il cellulare no? - disse giocoso. 

-Bugiardo- lo accusai.  

Sapevo che questo non contava nulla; la realtà era che non lo conoscevo affatto, e non sapevo veramente il suo aspetto, questo mi turbava. Non sapevo se crederci, mi sentivo prigioniera di un labirinto, senza una via d'uscita.Inizio modulo Nonostante fosse terribilmente presuntuoso e spesso usasse battute di cattivo gusto, era anche simpatico. Così, dopo diverse settimane, smisi di essere fredda con lui. Ormai, chiamarsi era diventata un'abitudine. Decisi di dargli qualche possibilità. Mi divertiva, e mi teneva compagnia dopo le noiose ore di studio. A malapena scendevo a farmi vedere dalla mia famiglia. Mia sorella Libbie, pensava fossi impazzita, i miei genitori si chiedevano come mai lo studio a liceo mi divertisse così tanto. Lui una sera mi aveva persino chiamata mentre facevo il bagno in vasca. Tenevo il telefono a fatica, con la mano insaponata, temendo che ci sarebbe finito dentro. Gli confessai di averlo rinominato "stalker" nella rubrica, a causa delle continue chiamate, anche notturne, che ricevevo da lui. Era una battuta leggera, non volevo che si sentisse in colpa o che pensasse che non apprezzassi la sua compagnia, ma dovevo fare qualcosa per proteggere il mio spazio personale. In qualche modo, riuscimmo a trovare un terreno comune in cui condividere le nostre esperienze e visioni del mondo. Era come se, nonostante le nostre differenze, ci fosse qualcosa di speciale tra noi che ci univa.

 

-Cos'altro ti piace? - mi domandò. 

-Cos’è un interrogatorio? - chiesi scherzando.

-Anche se fosse?  Su parla- insistette. 

Ci riflettei un po’ e dissi: -I fiori. E anche la biblioteca della scuola quando non c’è nessuno. E a te? – azzardai.

-Ah, quindi sei una secchiona, eh? Lo immaginavo! - Alzai gli occhi al cielo.

-Laila! Con chi stai parlando? Se è Kate, salutamela- gridò mia madre dal corridoio, la porta del bagno era chiusa. Sentii sogghignare nell’orecchio.

-Con nessuno mamma- le risposi allontanando il telefono, annoiata.

-La cena tra poco, è pronta! -  mia madre se ne andò e riavvicinai il telefono all'orecchio con attenzione.

-La Principessa Laila è attesa al rinfresco- disse divertito.

-Zitto! - dissi imbarazzata.

Durante la cena, quella sera, la mia famiglia conversò di varie cose: mia madre raccontò di una sua amica che stava per andare in pensione, mio padre parlò del suo lavoro e del progetto su cui stava lavorando, mentre mia sorella Libbie, condivise le sue ultime avventure in città. Io partecipai alla conversazione, ma la mia mente era altrove. Loro si accorsero del mio comportamento strano durante la cena. Mia madre notò che mangiavo poco e sembravo distratta, mentre mio padre mi guardò con preoccupazione. Libbie, meno attenta ai dettagli, non sembrava accorgersi di nulla e continuava a raccontare le sue storie. Mamma mi chiese se stessi bene, ma risposi con un sorriso forzato e di essere solo stanca. Lei scosse la testa, non molto convinta dalla mia risposta, ma decise di non insistere. Dopo cena, mentre ci si preparava per a andare a letto, mia madre mi si avvicinò e tentò un approccio, cercò di capire se c'era qualcosa che volessi condividere. Mi disse che era importante che fossi sincera con me stessa e con gli altri, io non sentivo di dirle nulla così la ringraziai per il suo sostegno e andammo a dormire. Poco dopo, mi alzai con un attacco di fame improvvisa, non avevo mangiato molto a cena dopotutto, perché sapevo che parte di quella fame era tenuta in ostaggio dalla mia mente. Non riuscendo a dormire, avevo bisogno di qualcosa per distrarmi, anche solo per un po'. Presi il telefono in mano, scivolai fuori dalla mia stanza e mi avviai verso la cucina, scendendo piano per non svegliare nessuno. Aprii il frigo e iniziai a cercare qualche avanzo gustoso e leggero. Trovai una mela e un po' di formaggio, li presi. Mi sedetti al tavolo e iniziai a mangiare lentamente, godendomi ogni morso, quando il telefono squillò. Il mio sguardo si posò sullo schermo, era lui. Era come se stessi aspettando la sua chiamata, come se lui avesse sentito i miei pensieri e avesse deciso di chiamare. Era solo una coincidenza o se c'era qualcosa di più? Pensai. Non credevo alla telepatia. 

 

-Lo sai? Ci sono dei fantasmi nel laboratorio di biologia! – dissi masticando un boccone.

-Ci credi davvero? - disse ridacchiando - Sei proprio carina- il mio cuore palpitò.

Era strano, perché me lo aveva già detto prima, ma ora era diverso, lo trovavo dolce. Non sapevo cosa rispondere. Non sapevo cosa pensare. Mi sentivo come colpita da un fulmine. Era come se quelle parole mi avessero cambiato.

-Ah, ti sei arrabbiata? - chiese preoccupato -No- risposi. Ero solo sorpresa. Non avevo ricevuto mai complimenti da un ragazzo.

-E perché sei così silenziosa tutto d'un tratto? – disse.

-Sono una ragazza anonima, per niente carina- borbottai sminuzzando l’ultimo pezzo di formaggio sul piatto.

-Stai mangiando di nuovo? Attenta a non ingrassare- scherzò.

-Mi spiace, ma credo tu non sia nessuno, per potermi dire cosa fare- dissi ferocemente.

-Hai ragione, non lo sono. Scusa se mi preoccupo- disse freddo e riattaccò.

 Più i giorni passavano, più le conversazioni diventavano sempre più coinvolgenti. Sapevo di dover aspettare il momento giusto per chiedergli la sua identità, ma non vedevo l'ora che quel momento arrivasse…

-Dai...chi sei? - chiesi insistente.

-Ti ho già detto che è un segreto- rispose compiaciuto, sembrava resistere a svelare chi fosse veramente. Stava giocando con me, come se stesse provando a farmi impazzire. Non sapevo come fare per convincerlo, ma sapevo che non avrei smesso di cercare di scoprire chi fosse veramente il ragazzo misterioso:

-Dimmelo! Un indizio? - 

Ma lui cambiò argomento: -Cosa stai facendo? - 

-Adesso? Sto facendo un po’ di stretching- dissi a fiato corto. Lo facevo spesso prima di andare a dormire, mi toglieva il mal di schiena per lo studio.

-Il tuo corpo è flessibile? - disse curioso. 

-A dire il vero è molto rigido... perché me lo chiedi? - 

-No no, niente- rise con la sua risata adorabile.

-Sei un pervertito. Che domanda è questa? - alzai la voce. Ridemmo insieme.

Andando avanti, eravamo diventati amici e parlavamo di molte cose. Una notte, avevo messo delle canzoni allo stereo del mio gruppo preferito e condividevo l'ascolto con lui attraverso la chiamata. Era una serata piacevole, in cui sembrava che nulla potesse interrompere quel momento. Tuttavia, mio padre irruppe nella stanza e spense tutto, non mi ero accorta dell’orario, in più lui non sapeva chi c’era dall’altra parte della linea. Mi sentii in imbarazzo. Appena chiuse la porta, mi misi sotto le coperte e spensi la luce. Poi ripresi il telefono, e facendo piano conclusi la conversazione sotto le lenzuola.

-Mi ha sgridata! – dissi con un cenno di vergogna.

-Allora, a presto- sussurrò dolcemente.

-No aspetta! - lo pregai. 

-Non riattacco finché non mi dici chi sei...- Non rispose. Iniziai a chiedermi se c'era una ragione per cui lui non volesse. Sembrava mi stesse nascondendo qualcosa.

Era come se avesse messo una barriera invisibile tra noi, una barriera che impediva di avvicinarmi troppo. Dovevo abbatterla e alla svelta.

-Possiamo incontrarci quando comincia la scuola? – rischiai senza tirarmi indietro.

-Vuoi incontrarmi? - mi chiese sorpreso.

-Sì- dissi decisa.

Voglio solo sapere chi sei...

La mia stanza era semplice ma accogliente. Il letto era sempre disordinato, con le coperte spostate e i cuscini fuori posto. Sulla scrivania c'erano alcuni libri e quaderni aperti, lasciati lì la sera prima. L'angolo della stanza era occupato da una piccola libreria, piena di libri di ogni genere. Le pareti erano decorate con alcune foto e disegni, che appendevo lì nel corso degli anni. Dalla finestra, vicino al letto entrava una luce tiepida e bianca, aprii gli occhi sfregandoli freneticamente come se non avessi dormito abbastanza. Mi guardai intorno alla camera da letto, cercando di capire cosa mi stesse disturbando. Notai il telefono sul comodino accanto con diverse chiamate perse. Feci per prenderlo quando vibrò una quinta volta.  

-Pronto? – risposi con voce roca

-Guarda il cielo- sussurrò il ragazzo. 

Mi alzai dal letto per avvicinarmi alla finestra: -È già mattino! – emisi.

-Guarda in alto, non noti nulla? – chiese pressante. Aprii le tende e la luce del sole inondò la stanza, facendo brillare i colori delle pareti e degli oggetti. Guardai fuori.

-Una scia nel cielo! - un sorriso mi comparve sulle labbra.

-Quella è la traiettoria di un aereo, Laila - 

-Lo so, è bellissimo- sorrisi. 

Come sapeva che mi piacevano i colori del cielo?

Il blu era così intenso che sembrava quasi irraggiungibile, come se fosse una porta verso un altro mondo. Le nuvole erano rare e leggere, come palloncini bianchi che fluttuavano nell'aria. Era come se l'aereo stesse disegnando qualcosa di magico nel cielo, qualcosa che solo il vento e le nuvole potevano vedere. Il sole stava sorgendo, illuminando il cielo con un'esplosione di colori caldi e dorati. Le prime luci del mattino danzavano, creando un effetto magico. L'aria era fresca e pulita, e il vento leggero mi sfiorava delicatamente la pelle. Mi sentii un po' meglio, più rilassata e serena.

-Scatta una foto. Sarà un ricordo della nostra mattina insieme- disse energicamente.

Accettai con entusiasmo e scattai la foto con il cellulare. La scia bianca che attraversava il cielo azzurro venne catturata perfettamente nella cornice. 

 

Ero felice, pensai, mentre osservavo la foto sullo schermo. Ero felice, anche se non sapevo cosa ci avrebbe riservato il futuro.

 

 

 

                                  


You used to call me everyday 
the words mean nothing 
without someone to say /
When you're far away 
I miss you 
but I know you're here with me
when you're far away 
I need you.
 

 

Fiùùùù, c'ho provato a farlo lungo, e che non voglio che vada toppo di fretta;
comunque sono abbastanza soddisfatta del risultato.
Mi sono divertita a scrivere le telefonate tra Laila e il suo "stalker" lol
Vi ha incominciato a prendere? Spero di sì.
Insomma, quale sarà il mistero che lega questo ragazzo?
Quanto è stato dolce il mattino? Chi non vorrebbe un ragazzo così..


Devo ringraziare tutte voi ragazze, che state recensendo, siete adorabili♥
Ho visto che Sky of Love è stata inserita da 12 persone nelle 'seguite'
e da 18 nelle 'preferite' mi commuovo☺ 
 Se apprezzate il mio lavoro vi prego di lasciarmi, 
una piccola recensione di incoraggiamento
.|

 


 

ⓢⓚⓨ  ⓞⓕ  ⓛⓞⓥⓔ

 


 

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Capitolo 5
*** Four. ***





4.


Compleanno di Laila.


 Agosto, il giorno del mio compleanno arrivò. Chiesi ansiosa a mia madre dove potesse essere mio padre, poiché erano in ferie. Mia sorella la affiancava nell'addobbare il salotto con striscioni e palloncini, cose che detestavo per il mio giorno speciale, sentivo crescere dentro il desiderio di essere trattata da adulta. Non ero più una bambina, ma l'amore per la mia famiglia era più forte, così apprezzavo lo sforzo nel rendere tutto perfetto.

-È uscito, ma tornerà subito, vedrai... per festeggiare il tuo compleanno! - si avvicinò a me, strizzandomi entrambe le guance.

Quando le lancette segnavano le sette, finalmente ci sedemmo a tavola. Il suono improvviso del campanello ruppe il silenzio -Ecco papà! - enfatizzò mia madre.

-Vado io ad aprire! - Libbie corse ad aprire la porta, rivelando nostro padre con una grande scatola bianca di cartone in una mano e un mazzo di gigli bianchi nell'altra. Con passo deciso, mio padre avanzò nella stanza, portando con sé un'atmosfera di dolcezza e affetto che riempì l'intera stanza.

Con un sorriso caldo disse -Buon Compleanno Laila! - mi porse la torta e il mazzo. 

Mia madre anticipò il momento - Questa la prendo io...- portando la torta in tavola con grazia. 

-Libbie vai a prendere le candele in cucina per favore? - chiese dolcemente mia madre a mia sorella. Prontamente, Libbie si mosse verso il mobiletto, mentre mia madre posizionava la torta al centro del tavolo, rendendola la perfetta protagonista della serata. Nel frattempo, mio padre, ancora in piedi con i gigli in mano, si avvicinò a me con un sorriso complice, offrendomi quel gesto affettuoso che riempiva il cuore di gioia.

-Sono passato dal fioraio, per prenderti questi, so che li adori molto...- disse -Di nuovo…Auguri piccola mia! – presi subito il mazzo di fiori.

-Papà non sono più una bambina- scherzai affettuosamente lanciandogli un'occhiataccia -Hai ragione, perdonami- si scusò, con un gesto tenero strofinando dolcemente il pollice e l'indice sulla mia gota.

L'atmosfera a tavola era particolare quella sera. La cena preparata con amore da mia madre era deliziosa, e i sapori riempivano la stanza con un profumo invitante. Nonostante la bontà dei piatti e la gioia evidente sul viso di mia madre, notai un'ombra di silenzio e pensiero sul volto di mio padre, quando il suo cerca persone vibrò e lesse qualcosa. Mentre gustavamo ogni boccone, mio padre sembrava assorto nei suoi pensieri, il suo sguardo perduto oltre la tavola. Mi chiesi per un momento cosa potesse turbarlo tanto, ma al contrario, la presenza allegra di mia madre irradiava di energia positiva rendendo tutto molto speciale per me. Sembrava riuscire a trasformare quel momento di inquietudine percepito da mio padre in un'occasione di gioia e amore familiare. Al termine della cena, Libbie, complice di un'atmosfera nostalgica, iniziò a raccontare aneddoti e ricordi di quando eravamo più piccole. Le nostre risate risuonavano nel salotto, mescolandosi con il dolce profumo della casa. Rievocavamo avventure, scherzi e momenti di complicità che avevamo condiviso nel corso degli anni, ribadendo quanto fossimo legate l'una all'altra. Mi lasciai trasportare dai ricordi, sorridendo mentre rivivevo quei momenti spensierati insieme alla mia amata sorellina. Le mie preoccupazioni si allontanarono, sostituite dalla gratitudine per il legame speciale che condividevo con la mia famiglia. 


-Siamo tutti pronti, per la torta? - chiese mia madre, prima di dare il via ai festeggiamenti. Mio padre si alzò avvicinandosi silenziosamente a mia madre e, con voce bassa e carica di significato, disse:

-Cara, potrei parlarti un secondo in cucina? - interruppe improvvisamente mia madre, chiedendole di avere un momento di conversazione a parte. Così, madre e padre si ritirarono, lasciando me e mia sorella sole in attesa. Mi alzai anche io per prendere la torta, mentre mia sorella Libbie, mi aiutava a sparecchiare. Mi accorsi improvvisamente di aver lasciato i fiori abbandonati sul mobile. Senza esitazione, mi diressi verso di essi, afferrando un vaso lì vicino con delicatezza.

-Vado a mettere un po' d’acqua! - dissi a Libbie che annuì. Con passo leggero, mi avviai verso il bagno per riempirlo d'acqua. Il bagno non era distante dalla cucina, anzi, era proprio di fianco. Mentre mi avvicinavo, le voci dei miei genitori filtrarono attraverso la porta, raggiungendo le mie orecchie in modo involontario. Intrigata, mi fermai un istante per ascoltare, cercando di cogliere qualche frammento di conversazione che mi avrebbe potuto dare un'idea di ciò che stavano discutendo. Perché non aveva detto niente a cena? Pensai.

-Eh? Non puoi farlo! - mia madre alzò la voce, era arrabbiata -Come puoi usare casa nostra come garanzia? – 

-Non c’è altro modo! – mio padre cercò di calmarla, con voce posata disse -Non mi danno il prestito altrimenti-

-E se l'azienda fallisce? - insistette mia madre -Che ne sarà della nostra casa? – chiese turbata.

Con il fluire costante dell'acqua del lavandino che riempiva il vaso per i fiori continuai ad ascoltare, ignara di cosa stessero discutendo i miei genitori. Tuttavia, con il tono concitato e preoccupato dei loro discorsi mi fece supporre che ci fosse qualcosa di serio in ballo, decisi di smettere di origliare. Chiusi il rubinetto, e con passo incerto, tornai in salotto.

-Che stanno combinando di là? - mi chiese Libbie insospettita -Niente- mentii -Lavoro penso- poi per alcuni minuti la stanza diventò silenziosa. Mi soffermai sulla torta, capolavoro culinario come sempre, era un'autentica opera d'arte, espressione delle tipiche esigenze di perfezione di mio padre. L'esterno era decorato con cura, ricoperto di panna montata con graziosi ghirigori sui fianchi, e circondato da fragole sulla parte superiore. Al centro, su un delizioso dischetto di cialda bianca, brillavano le parole scritte di cioccolato: "Tanti Auguri di Buon Compleanno, Laila. Dalla tua famiglia.

Mia sorella irruppe il silenzio: -Allora....Intanto accendo le candeline? - disse cercando di farsi sentire anche dai nostri genitori. Ma non rispondevano e continuavano a discutere. 
 Mi avvicinai alla torta, con il cuore intriso di una miscela dolorosa di emozioni. L'ignoranza dei miei, concentrati solo sulle loro liti, mi facevano sentire trascurata e insignificante, come se la mia presenza non avesse importanza. Mentre mi preparavo a accendere le candeline, il tremolio alle mani rifletteva la mia agitazione interiore. Cercai di lottare per trattenere le lacrime che minacciavano di traboccare. Questo compleanno, invece di essere un momento di gioia e celebrazione, si stava trasformando in un'esperienza di profonda tristezza e isolamento.

-Che facciamo? – mia sorella si rivolse a me.

-Me ne vado! – scoppiai alzandomi, con un senso di frustrazione che mi cresceva dentro. Mia sorella mi seguì con lo sguardo triste e scoraggiato. Lasciai con fretta e furia la stanza, sbattendo la porta dietro di me. Abbandonata e dimenticata, la torta rimaneva sul tavolo come un simbolo silenzioso di un compleanno interrotto, le candeline, ormai accese da un po', bruciavano la scritta di cioccolato che si scioglieva lentamente, lasciando dietro di sé tracce di cera fusa che gocciolavano lungo i bordi della torta come lacrime silenziose. Si era concluso il peggior compleanno di sempre, e la mia delusione era palpabile. Non potevo credere che i miei genitori non avessero tempo per me, nel giorno così importante del mio compleanno. Era come se le mie speranze di festeggiare con la famiglia fossero state infrante. Il bisogno di sostegno e comprensione mi spinse a cercare conforto altrove. Avevo bisogno delle mie amiche, di coloro che potevano davvero capirmi e confortarmi. Mi chiusi in camera, mi sedetti a letto e senza esitazione, presi il telefono e chiamai Kate, sperando che la nostra amicizia potesse portare un po' di luce in quel momento cupo. Tuttavia, quando Kate rispose, il tono della sua voce sembrava distante e indifferente.


-Pronto La. Che succede? – rispose Kate.

-Ciao Kate, mi dispiace disturbarti, ma... è stata una giornata terribile. Il mio compleanno, è stato terribile. I miei genitori stanno litigando, sono stata ignorata mentre cercavo di accendere le candeline sulla torta, e ora mi sento così sola...-

-Oh, capisco. Mi dispiace tanto, davvero. Ma, sai, i genitori litigano, è normale, no? –

-Sì, lo so, ma... è diverso oggi. Sembra che non abbiano tempo per me, per festeggiare insieme. Ho solo bisogno di te, che fai stasera? -

-Sì, lo capisco. Ma sai, io sono un po' impegnata adesso, sono appena tornata da una festa e ho dei compiti da fare- si giustificò.

-Oh, capisco. Mi dispiace aver disturbato. Ci vediamo a scuola, va bene? - non insistetti più di tanto.

-Sono qui per te, anche se magari non sembra. È solo che... sai, ho un sacco di cose da fare in questo momento. Ma non ti preoccupare, tutto si sistemerà. Prova a parlare con loro –

-Va bene... Grazie comunque, Kate. Mi fa bene sapere che ci sei-

-Figurati. Davvero mi dispiace non poterti essere di più aiuto ora, ma possiamo parlare di più domani, ok? Cerca di tenere su il morale -
 
 
-Promesso. Grazie Kate- sospirai. Bene, ora ero veramente da sola.

Mentre la tensione si diffondeva nell'aria, mi trovai a gironzolare nervosamente per la stanza, le idee turbolente nella mia mente. Mia sorella batteva alla porta, implorandomi di aprirla, ma io non avevo voglia di confrontarmi con il mondo esterno. Mi lasciai cadere a terra, la schiena contro il muro, aspettando pazientemente che se ne andasse e mi lasciasse finalmente sola con i miei pensieri. Quando finalmente regnò il silenzio, pensai di poter finalmente andare a dormire e dimenticare le preoccupazioni della giornata. Ma il mio cellulare, posato sul comodino, iniziò a vibrare. Era lui, lo stalker che puntualmente si faceva vivo. Afferrai curiosa il telefono e risposi alla chiamata. Forse, tra le sue parole misteriose, c'era un barlume di luce.

-Pronto? Laila ci sei? - disse dolcemente. Il suono della sua voce mi faceva stare meglio.

-Hey! Ciao, scusa. Sì sono qui- dissi con poco entusiasmo.

- Oh, non sei molto felice di sentirmi, vero? Che succede? - mi chiese lui preoccupato -Sembri giù di morale- 

Mi sedetti sul tappeto con la schiena appoggiata al fianco del letto e le ginocchia allungate al tavolino che avevo al centro della stanza.

-I miei genitori hanno litigato per i soldi- ripresi. Per un attimo non sentii più nulla come se parlassi al muro. 

- Sai, non potevo lasciare che il tuo compleanno passasse inosservato. Ho un piccolo regalo per te- disse entusiasta.

- Un regalo? Cosa intendi? – gli chiesi confusa.

Lui: inizia a cantare "Tanti auguri a te, tanti auguri a te, tanti auguri cara Laila. Tanti auguri a te!" Sorpresa, scoppiai in una risata.

-Ah, vedi. Ti ho fatta ridere. Va meglio ora? - era soddisfatto.

- Non ci posso credere... mi stai davvero cantando una canzone di compleanno? Non sapevo sapessi cantare - continuai a ridere.

-Non sai molte cose di me- anche se non lo vedevo sapevo che gli era scappato un piccolo ghigno.

-Allora perché non me le dici? - dissi con aria di sfida. Smise di ridere e si fece serio.

- Domani c'è la cerimonia di inizio scuola, giusto? - 

- Sì, e allora? - Il mio cuore cominciò a battere all'impazzata.

- Beh, che ne diresti se ci incontrassimo lì? Potremmo festeggiare insieme il tuo compleanno in ritardo- 

- Wow, non so cosa dire... mi piacerebbe molto! – esclamai.

- Fantastico! Ci vediamo domani allora, ti aspetterò al cortile sul retro, vicino la piscina. Buonanotte, Laila-

-Buonanotte, e grazie per gli auguri-

Quella sensazione, cosa poteva essere? Era come un turbine di emozioni che mi assaliva all'improvviso. Il mio stomaco si contorceva, come se all'interno un'intera scuderia di farfalle stesse battendo le ali in frenesia. Il cuore, invece, batteva al ritmo di una sinfonia tumultuosa, una melodia di eccitazione e incertezza. Eppure, nonostante tutto, le mie labbra si ritrovavano incollate in un sorriso, incapaci di resistere alla gioia travolgente che mi pervadeva. Ma insieme a queste emozioni positive, cominciò a farsi spazio un filo di paura. La paura di incontrarlo domani, di affrontare il suo sguardo, di lasciarsi trasportare da quel vortice di sentimenti che sembrava trascinarci sempre più in profondità. Era un'emozione contrastante, un misto di emozione e timore, di desiderio e incertezza, che rendeva il mio cuore un battito di ali in un cielo tempestoso.


Secondo Anno.


La luce del mattino filtrava delicatamente attraverso le tende socchiuse, giacevo tranquilla nel letto, avvolta nella morbida coperta, mentre i primi raggi di sole mi accarezzavano il viso, invitandomi a svegliarmi dolcemente. In quel momento di quiete, la voce di mio padre risuonò nell'aria, frantumando il silenzio del mattino con un tono gentile ma deciso: -Sveglia, Laila. La scuola! Sbrigati dai- bussava alla porta. Aprii lentamente gli occhi, lasciandomi avvolgere dalla sensazione di calma che emanava la camera.

Lo Stalker...

Con il cuore che batteva all'unisono con l'entusiasmo che cresceva dentro di me, mi affrettai verso la stanza di mia sorella. Oggi, finalmente, avrei dato un volto alla voce dall'altra parte della cornetta, quel ragazzo che da fastidioso era diventato sempre più simpatico e divertente, colui con cui avevo passato l'intera estate a chiacchierare del più e del meno, qualcuno interessato a me. Bussai alla porta di mia sorella con un fervore quasi spasmodico, desiderosa di avere il suo aiuto su cosa indossare e come apparire in questa giornata speciale.

- Sorellina, mi serve il tuo aiuto con il trucco! Sono una frana! - chiamai con un tono carico di eccitazione. Appena aprì la porta, il suo sguardo si illuminò di un sorriso complice, comprendendo immediatamente il motivo della mia visita. 

-Per quale motivo? Non stai bene già così? -  mi accolse, lasciandomi varcare la soglia della sua stanza che profumava di dolcezza e armonia.

-Ti prego Libbie- la supplicai.

-Ma certo, va bene- ci sedemmo davanti allo specchio, con il mio volto riflesso in mille sfumature di ansia e anticipazione.

-È per un ragazzo che ti fai più carina? - chiese mia sorella, mi alzò il viso in modo che potessi guardarla negli occhi.

Si.

Mi morsi il labbro nervosa.

Con un sospiro, confessai: -Voglio solo essere perfetta per oggi- Non mi piaceva quando mi faceva l’interrogatorio. Con mano esperta, mia sorella prese in mano i pennelli e i trucchi, trasformando il mio viso in una tela su cui dipingere la bellezza e la sicurezza che speravo di esprimere. Ogni pennellata era un gesto di amore e sostegno, un modo per trasformare le mie insicurezze in fiducia e determinazione.

-Ecco Fatto! - concluse con una passata si mascara sulle ciglia. Il suo sguardo complice e il sorriso incoraggiante mi davano la forza di affrontare l’incontro. Quando finalmente mi guardai allo specchio, vidi una versione di me stessa che non avevo mai visto prima: sicura, radiosa, pronta ad affrontare il mondo. 

-Grazie Libbie- le dissi commossa, abbracciandola con gratitudine -Saluta tu mamma e papà da parte mia- le dissi -Sei ancora arrabbiata con loro? - mi chiese. Guardai l'orologio che segnava le sette e mezza.

-Merda! Farò tardi- le diedi un bacio sulla fronte.

Mi affrettai a scegliere il mio outfit per l'incontro tanto atteso. In un turbine di emozioni, optai per un paio di skinny jeans blu che abbracciavano le curve delle mie gambe con eleganza, abbinati a una maglietta nera a pois bianchi che conferiva un tocco di vivacità al mio look. Senza esitazione, infilai le mie fidate converse nere, pronta a mettere il mio miglior piede avanti. Lasciai i capelli sciolti, lasciando che le ciocche fluenti danzassero leggere sulla mia schiena. Con un rapido gesto, afferrai un pezzo di pane dalla cucina, sapendo che avrei avuto bisogno di energia per affrontare la giornata che mi attendeva. Mentre mi avventuravo per le strade verso la scuola, sentivo il freddo sudore percorrermi la schiena, la mia mente era in tumulto, immaginavo lo Stalker prendere aspetto. Le descrizioni di una persona socievole, divertente e gentile mi facevano ardere dalla curiosità di conoscerlo finalmente di persona. Mi ritrovai a immaginarlo sotto tutte le sfaccettature possibili, lasciando che la mia mente vagasse tra le varie ipotesi. Mi concentrai su tutti i ragazzi della scuola che avevo notato.  Ma con ogni immaginazione, cresceva anche la paura dell'incognita: E se la realtà non corrispondesse alle mie aspettative? Magari era qualcuno che conoscevo, un amico di infanzia? Percorrendo il ponte e addentrandomi nel viale degli alberi di ciliegio, mi lasciai trasportare dal profumo intenso che emanavano. L'autunno si annunciava con le foglie degli alberi ormai spogli e il cielo blu che prometteva una giornata piena di promesse. Quando finalmente giunsi davanti alla scuola, vidi le mie amiche, ma sapevo che non potevo farmi vedere. Dovevo trovare un modo discreto per raggiungere la piscina senza destare sospetti. Feci un passo indietro, decisa a trovare una via alternativa che mi avrebbe condotta alla mia destinazione senza essere notata. Con passo leggero e occhi curiosi, varcai il cancelletto della scuola, scrutando l'ambiente circostante con attenzione. Il silenzio avvolgeva la terrazza, interrotto solo dal dolce cinguettio degli uccelli che si alzavano in volo. Mi avventurai verso la terrazza, attratta dalla vista mozzafiato sulla valle che si apriva di fronte a me. La piscina della scuola, solitamente animata durante i periodi più caldi dall'energia degli studenti durante le competizioni sportive, giaceva tranquilla e serena sotto il tepore del sole mattutino. Era perimetrata da ringhiere e circondata da una cornice di verde lussureggiante, con aiuole colorate, edera che si arrampicava sulle ringhiere e alberi maestosi, emanava un'atmosfera di pace e tranquillità. Mi appoggiai alla ringhiera, lasciando che lo sguardo si perdesse tra le sfumature di blu del cielo. L'orologio segnava le otto meno dieci, dieci minuti all'inizio delle lezioni. In quel momento, il mio telefono vibrò, segnalandomi un messaggio in arrivo, con uno scatto di attenzione, sbloccai il telefono e mi ritrovai a leggere il messaggio da parte di Kate.


Non potevo permettermi di andarmene. Questo era il momento che avevo atteso con tanta ansia, non potevo fuggire ora, anche se dentro di me cresceva la sensazione di essere stata presa in giro. “Non c'è nessuno. Merda! Sono stata fregata. Mi ha preso in giro!" pensai con amarezza, il nodo alla gola si stringeva sempre di più. Il sapore salato delle lacrime iniziò a solleticare le mie palpebre, minacciando di sgorgare in un fiume di delusione e frustrazione. Sentivo il peso dell'inganno schiacciarmi. Ero sul punto di crollare, quando all’improvviso udii dei passi avvicinarsi alle mie spalle. Una voce familiare, come un faro nel buio della mia delusione, risuonò nell'aria con un tono calmo e accogliente.

-Ciao Laila- disse la voce, e improvvisamente sentii il mio cuore sobbalzare dentro di me. 

Era lui. 

Era qui. 

Era reale.






 

☜  When you walk in the room, when you're near
I feel my heart skip a beat,
the whole world disappears
☞ 



 



Bene, spero che la mia storia vi stia arrivando, 
 davvero spero apprezziate il lavoro che sto facendo,
se me lo lasciate fare, vi farò amare questa fanfiction..

 
Se rimarrete con me e Laila, vi aspettano grandi cose e grandi colpi di scena!
 
Per favore, lasciami una piccola recensione di incoraggiamento 

 

Secondo te, qual' è l'identità del misterioso ragazzo che tormenta i pensieri di Laila?
 
Laila ha finalmente visto il volto del suo amico d'Estate, quale sarà la sua reazione?
Continua a leggere per scoprirlo☺

 
per info: †youdeserveastorybookending

 

[REVISIONATA MARZO 2024]

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Capitolo 6
*** Five. ***


 

 

5.

 

 

All'udire il suono del mio nome, il mio cuore si strinse in gola, la voce maschile che lo pronunciava risuonava così intima, che un sorriso spontaneo si dipinse sul mio viso. Ma mentre sentivo il desiderio di voltarmi per affrontare chi si celava dietro quella voce, una strana sensazione di panico mi bloccò sul posto. Poi, come un fulmine a ciel sereno, il mio viso si irrigidì, strinsi i denti con determinazione. Non potevo resistere alla tentazione di dare finalmente un volto reale a quel disegno vivido nella mia mente. Inspirando profondamente, mi girai. Il mio cuore sobbalzò all'improvviso alla vista della sua figura. Riconobbi istintivamente le labbra carnose, i suoi capelli biondi, e gli occhi tristi che mi guardavano con un'intensità travolgente. Tra una nota di imbarazzo e smarrimento, i miei occhi scrutarono ogni dettaglio del suo abbigliamento: i jeans a vita bassa che accentuavano la sua figura maschile, la canottiera bianca che si adagiava perfettamente sul suo torso scolpito, e la camicia a quadri blu che gli scopriva il collo, conferiva un'aria casual ma affascinante. Una catena dorata pendeva con grazia sul suo petto, mentre un cappello bianco, indossato con disinvoltura al contrario, completava il suo look. Il mio sguardo poi si posò sul suo braccio sinistro, adornato da intricati tatuaggi che raccontavano una storia tutta loro. L'altro braccio, invece, restava nascosto dietro la sua schiena. Una sensazione di sconforto mi pervase improvvisamente, mentre mi rendevo conto che il disegno che tanto avevo idealizzato ora era realtà: avevo di fronte a me, a soli pochi passi di distanza, il misterioso braccio destro di Aaron McFly.


-Sei tu! – riuscii a dire, la voce leggermente contrariata. I suoi occhi castani penetranti mi scrutarono.


Amareggiata e completamente sotto shock, mi resi conto con un senso di profonda delusione che il ragazzo con cui avevo passato tutta l'estate non corrispondeva affatto all'immagine idealizzata che avevo di lui. Era come se un velo si fosse squarciato, rivelandomi una realtà molto diversa da quella che mi aspettavo. Senza esitazione, decisi di tentare la fuga, desiderando ardentemente di trovarmi nel posto giusto al momento sbagliato. Ma il destino aveva altri piani per me...

 

-Aspetta, Laila! – udii la sua voce alle mie spalle, e un brivido mi percosse la schiena. Di nuovo quel suono avvolgente che riusciva a farmi fermare nonostante la mia voglia irresistibile di scappare. Lentamente, mi voltai verso di lui, cercando di nascondere la mia ansia dietro una maschera di indifferenza, sperando ardentemente che mi lasciasse in pace. Lui mi raggiunse rapidamente, con un passo deciso, con la mano ancora nascosta dietro alla schiena, ero ansiosa di sapere cosa nascondesse, ma allo stesso tempo temevo ciò che avrebbe potuto significare. Lo guardai, chiedendomi cosa avrebbe potuto dire o fare.

-Non hai riconosciuto la mia voce? - chiese, con un'espressione curiosa dipinta sul volto. Con un gesto repentino, la sua mano si posò sulla mia fronte, trasmettendo un calore che si diffuse fino ai miei piedi. Sentii i miei sensi intorpidirsi mentre mi scostava il ciuffo di capelli che nascondeva il mio viso -Sono io! - disse con un sorriso che gli illuminò il volto. Rimasi immobile, catturata dalla luce che emanava in lui. In quel momento, lo guardai davvero per la prima volta con occhi nuovi e più attenti. Non sapevo che fare, non sapevo cosa dire, restai lì ad ammirarlo. Dovevo ammettere a me stessa che non poteva essere altro che lui lo Stalker, anche se non l'avrei mai immaginato un tipo del genere interessato a una ragazza come me. Ma era innegabile. Quando ritirò la mano, mostrandomi l'altro braccio, mi diresse freneticamente un mazzo di fiori, sentii il cuore stringersi nel petto. Erano gigli bianchi, i miei fiori preferiti.

-Lo sapevo! - disse -Lo sapevo che avresti amato i fiori! - continuò, la sua voce piena di entusiasmo -Buon compleanno! Anche se è in ritardo- disse con allegria, ma io mantenni lo sguardo fisso sui gigli, cercando in tutti i modi di evitare il suo. Era come se volessi trattenere il respiro, incapace di affrontare la complessità delle emozioni che ribollivano dentro di me, incapaci di trovare una via d'uscita. Cercavo disperatamente di capire cosa provavo realmente. Era difficile da accettare, ma dovevo ammettere a me stessa che sapeva cose su di me che nessun altro avrebbe potuto conoscere.

-Non sarà più un segreto, il mio nome è Justin...- continuò, aspettando una mia reazione.

-Justin...- mormorai, il suono del suo nome roteava nella mia mente come un turbine. Sentivo il suo sguardo fisso su di me, come se stesse scrutando la mia anima in cerca di risposte. Riuscii solo a sibilare qualche parola, le mie labbra incapaci di formare frasi coerenti. Quando Justin abbassò il braccio con i fiori e tirò fuori il cellulare, sentii il cuore accelerare il ritmo. Era come se volessi nascondere la verità dietro un velo di dubbi e incertezze, sperando che tutto quello fosse solo un brutto sogno da cui presto sarei svegliata.

-Anche dopo aver visto questo non mi credi? - chiese, la sua voce tagliente come una lama affilata. Sollevai lo sguardo dallo schermo del suo telefono, incontrando i suoi occhi intensi. La foto che mostrava mi fece rabbrividire: una scia nel cielo, identica a quella che avevo fotografato io stessa qualche tempo prima. Una lacrima amara solcò il mio viso. Non poteva essere lui quella persona che avevo impresso come gentile, piacevole... E l'aspetto di colui che avevo davanti mi suscitava solo angoscia e sgomento.

-Non può essere...- mormorai ancora una volta, l'emozione mi strozzò la gola. Prima che potessi elaborare completamente il significato di ciò che stava accadendo. 

-Questo è uno scherzo! Ti vuoi prendere gioco di me? - dissi, sentendo la mia voce tremare leggermente. Sentivo l'impulso di scappare via, di lasciarmi tutto alle spalle. Ma prima di poter fuggire, le mie parole scaturirono come un torrente incontenibile.

-Sei un arrogante- sussurrai, il tono carico di rabbia e frustrazione. -E quei fiori sono patetici- aggiunsi. 

Fuggii via, ignorando ogni istinto che mi spingeva a fermarmi e chiarire le cose. Non volevo affrontare la verità che si celava dietro quel volto così diverso da quello che avevo immaginato. Lasciai Justin paralizzato, con il capo abbassato verso il mazzo di fiori che ancora stringeva tra le mani, senza neanche permettergli di dire una parola. Raggiunsi il cortile della scuola con gran ritardo, il cuore ancora in tumulto, ma determinata a lasciarmi tutto alle spalle. Sentivo il peso delle emozioni che mi opprimevano, ma non volevo concedermi il lusso di cedere alle lacrime. Dovevo concentrarmi, mettere da parte ciò che era successo e concentrarmi sul presente. Con passo frettoloso, entrai in classe, ignorando gli sguardi curiosi dei miei compagni di classe. Sapevo di aver creato un'enorme confusione intorno a me, ma in quel momento non riuscivo a preoccuparmene. Dovevo mettere in ordine i miei pensieri, trovare la forza di affrontare la realtà che si era così bruscamente infranta davanti ai miei occhi.

-Scusate il ritardo! – dissi a tutti, entrando alla svelta. Tenevo stretta a me la borsa con i libri, senza guardare in faccia nessuno. 

Mi sedetti al mio posto, il mio banco era di fianco a quello di Kate. Che mi stava aspettando da un po'. Speravo con tutto il cuore che quella fosse stata l'ultima volta che avrei dovuto affrontare quella situazione così angosciante. Ma nel profondo sapevo che le conseguenze di quella fuga improvvisa sarebbero rimaste con me per molto tempo a venire.

 

-Laila?!- Kate si avvicinò con una espressione preoccupata sul viso, chinando leggermente la testa verso di me. Cercai di sciogliere la tensione che mi divorava.

-Non sembri proprio al massimo, Laila. È successo qualcosa? – chiese, abbassando leggermente la voce per non attirare l'attenzione degli altri compagni. Tutti erano rimasti in silenzio da quando avevo varcato la soglia, il mio trucco pesante creò stupore, perché ero solita a frequentare le lezioni con il viso pulito. Il professor Harding mi rivolse un’occhiata… In quel momento mi sentii come se tutto il peso delle mie emozioni stesse per esplodere, ma mi sforzai di mantenere la calma. -Sì, sì, tutto a posto. È solo... una giornata un po' complicata - risposi vagamente, ero nervosa, e mi tremavano le mani. Me le strofinai freneticamente. Volevo liberare la mente da quel volto inesplicabile. Kate mi guardò intensamente, come se cercasse di leggere attraverso le mie parole. 

-Sei sicura di non voler parlare di qualcosa? So che qualcosa ti sta tormentando, posso vedere che non sei al tuo solito- insinuò girando il capo verso la lavagna. Ero tentata di confidarmi con lei, di condividere il peso che sentivo sulle spalle ma il professor Harding tossì come per farci quietare.

-Grazie, Kate- sussurrai sinceramente -Apprezzo davvero la tua preoccupazione. Ma è solo una di quelle giornate... sai com'è- Kate annuì comprensiva, ma non sembrava del tutto convinta.

Anche se non ero pronta a condividere i miei pensieri più intimi in quel momento, sapevo che potevo sempre contare su Kate per il suo sostegno incondizionato. Con un sorriso di ringraziamento, tornai a concentrarmi sui compiti. Continuammo a seguire il resto della lezione, e quelle successive sovrappensiero, finalmente.

-La lezione è finita, mi raccomando consegnatemi gli scritti mercoledì- dopo che la professoressa Ellis concluse la lezione, ci rilassammo un po' sapendo di avere un breve momento prima del prossimo impegno. 

Ci avviammo verso la mensa, dove il profumo invitante del pranzo ci accoglieva. Il nostro tavolo, quello mio e di Kate, era situato strategicamente vicino all'ingresso dei bagni, un dettaglio che Kate considerava fondamentale per "digerire più velocemente", come diceva sempre con un sorriso. Mentre ci sedevamo e iniziavamo a servirci, il ricordo del pranzo del lunedì mi riportò a momenti felici, quando la cucina di mia nonna trasudava di amore e calore, e le sue polpette erano una delizia senza eguali. La sua mancanza era ancora una ferita aperta nel mio cuore, ma in quei momenti al tavolo, sentivo la sua presenza accanto a me, come se fosse lì a sorridere di fronte a un cielo blu. Oggi, però, il nostro tavolo era affollato non solo da me e Kate, ma anche dalle nostre amiche Julie e Alyssa. Nonostante l'assenza di spazio, la loro presenza riempiva l'aria di allegria e confidenza, creando un'atmosfera accogliente e familiare che mi faceva sentire fortunata di avere così tante persone speciali nella mia vita. 

-Non è così, Laila? - Kate si rivolse a me.

-Come dici? - scossi la testa e le volsi attenzione.

-Ho detto, che stai sempre a pensare ai fatti tuoi, proprio come quando ti chiudi il quel buco di biblioteca- la conversazione tra me, Kate e le altre ragazze continuava animata, ma le parole di Kate mi colpirono come una freccia al cuore. Mi sentivo in imbarazzo e un po' ferita dalle sue osservazioni scherzose sul mio atteggiamento nei confronti della vita sociale.

-Amo la biblioteca perché è un luogo meraviglioso dove posso immergermi nei libri che amo. Non c'è nulla di male in questo, lo sai- risposi cercando di difendermi dalle sue accuse.

-Si, sei sempre stata un po’ secchiona alle medie- rise.

-Credo sia la maledizione delle ragazze intelligenti! – le risposi. Kate rise di nuovo, scatenando le risate delle altre ragazze intorno a noi. Sentii una fitta di frustrazione e delusione nel mio petto. Era come se la mia migliore amica non riuscisse a capire la vera me, preferendo ridicolizzarmi davanti agli altri anziché sostenermi.

La conversazione prese una piega diversa quando Alyssa propose l'idea di trovare un fidanzato entro la fine dell’anno scolastico, suscitando l'entusiasmo generale. Ma quando Kate menzionò Aaron e il suo interesse nei suoi confronti, non potei fare a meno di essere sorpresa. Sembrava essere decisa a conquistarlo.

-Ma come? Non gli hai ancora scritto? - le chiesi sorpresa. 

Prima che potessi chiedere ulteriori dettagli, sentii qualcosa impigliarsi tra i miei capelli, tirandomi la testa verso destra con un dolore improvviso. Quando mi voltai, vidi un ragazzo moro che lottava per liberare il suo bottone della camicia dai miei capelli.

-Oh merda, stai bene? – mi chiese preoccupato.

-Sì- risposi sfregandomi la testa, nel punto dell'attaccatura della ciocca che mi stava tirando.

-Scusami tanto...ehm, ti dispiace? – indicò la sedia.

-Oh, certo! Passa pure- dissi cercando di minimizzare l'imbarazzo della situazione. Mi avvicinai il più possibile al tavolo e il ragazzo moro passò a sguardo basso, in modo impacciato, sembrava scappasse. Quando mi girai avevo gli occhi di tutte puntate addosso.

-Quel ragazzo non aveva mai rivolto parola a nessuno- notò Alyssa.

Ma mentre mi districavo dai capelli, Kate fece una osservazione che mi fece rabbrividire -È Ethan ed è molto carino. Non trovi? E guarda caso il fato ha voluto che lui si incastrasse proprio tra i tuoi di capelli-

-Ma che dici? Poteva capitare a Julie, è proprio accanto a me- la mia difesa non bastò a fermare le risate delle altre ragazze, che trovavano tutta la situazione divertente. Mi sentii a disagio, cercando di ignorare il commento di Julie che suggeriva che Ethan sembrava più il mio tipo e che probabilmente mi stava aspettando in biblioteca. Con un sospiro, mi resi conto che forse era vero: il destino aveva un modo strano di mettermi alla prova, anche quando si trattava di piccoli incidenti imbarazzanti come questo. Eppure, non potevo fare a meno di chiedermi se tutto ciò fosse solo un caso o se c'era qualcosa di più profondo dietro questi eventi apparentemente casuali.
 

Ethan… sì aveva più l’aspetto di un ragazzo che avrebbe potuto piacermi.

 

Mentre mi preparavo a salutare Kate e le altre ragazze, il mio sguardo fu attratto da una Ducati parcheggiata fuori dalla scuola. Era una moto imponente, con un fascino intrinseco che catturava l'attenzione di chiunque passasse di lì. Anche se non sapevo quale classe il suo proprietario frequentava rispetto alla mia, non l'avevo visto durante l'orario scolastico. Un brivido di ansia mi attraversò mentre immaginavo che sarebbe apparso lì, proprio di fronte a me. Non ero pronta ad affrontare un possibile incontro, specialmente considerando le emozioni confuse che avevo provato durante la giornata. Decisi quindi di congedarmi rapidamente e di dirigermi verso la mia fermata del bus, sperando di evitare un potenziale imbarazzo.

 

-Devo andare, ragazze- dissi con un sorriso forzato. -Ci vediamo domani-

 

Mentre tornavo a casa, il rumore di una discussione familiare mi accoglieva come un'ombra minacciosa. Buttai uno sguardo distratto in salotto, dove vidi Libbie seduta sul divano, intenta a leggere una rivista. Non avevo molta fame, così decisi di scaraventare lo zaino ai miei piedi, quasi sperando che il gesto potesse attirare l'attenzione dei miei genitori. Tuttavia, sembrava che fossero troppo impegnati nella loro diatriba per accorgersi di me. Solo Libbie mi notò, il suo sguardo incrociò il mio con una nota di preoccupazione. I miei genitori continuavano a discutere, ignorando il mio arrivo. Irritata, corsi su per le scale, il broncio dipinto sul mio volto. Libbie mi raggiunse poco dopo, entrando di sopra nella mia stanza.

-Ehi La, frena- disse con un tono calmo, cercando di farmi rallentare. La ignorai e mi lasciai cadere sul letto, afferrando un cuscino e coprendo il mio viso con esso, emettendo un suono soffocato di frustrazione.

-Allora, chi era il ragazzo che dovevi incontrare? - chiese Libbie, sedendosi al bordo del mio letto. Sentii il mio cuore fermarsi. La mia mente corse al pensiero di lui, portando di nuovo calore fino ai miei piedi.

-Ma quale ragazzo? Ancora insisti con questa storia? - ribattei, girandomi su un fianco per nascondere il mio volto. Non volevo parlare di lui, non ancora.

-Vai Laila! Ho sentito questa estate che conversavi con qualcuno al telefono. Sono tua sorella! - disse Libbie, strofinandomi i capelli con dolcezza. Il gesto mi riportò indietro nel tempo, a quella mattina.

-Va bene, sì è vero- confessai, allontanando la sua mano dalla mia testa.

-Ne ero certa - sorrise soddisfatta -Ma non voglio parlarne ora- aggiunsi, sentendomi sopraffatta dalla stanchezza e avvicinandomi alla parete.

-Ti ha delusa? – chiese Libbie, il tono della sua voce morbido e accogliente. Non risposi, ma lei riuscì comunque a capire, e lasciò la stanza, lasciandomi sola con i miei pensieri. Presi il telefono, cercando distrazione da quella giornata carica di tensione.

 

 

Una determinazione crescente si faceva strada nella mia mente. -Da questa storia una cosa buona la devo fare, non per me stessa. Per Kate- mormorai a me stessa, sentendo il peso delle mie parole. Mi promisi che il giorno seguente avrei affrontato Aaron, anche se ciò significava imbattermi di nuovo in Justin. Dovevo farlo per Kate, perché lei meritava di essere felice. Chiusi gli occhi e mi lasciai trasportare da sogni di cieli sereni, consapevole che avrei fatto tutto ciò che era in mio potere per aiutarla a realizzare il suo sogno d'amore.

 

 

 


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Like a river flows so surely to the sea
my darling so it goes 
Some things are meant to be 
So won't you please take my hand,
and take my whole life too 
Cause I can't help falling in love, 
in love with you. ♡




 

Secondo te, ha fatto bene Laila a comportarsi così?
   Perfavore lasciami una piccola recensione di incoraggiamento 

ԅ༼ * ◕ ∧ ◕ * ༽ノ

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                               
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[REVISIONATA APRILE 2024]

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Capitolo 7
*** Six. ***


6.

 

 

Il giorno dopo, mentre camminavo per il corridoio della scuola, potevo sentire il brusio delle conversazioni degli studenti intorno a me, mescolato con il tintinnio delle serrature delle aule e il suono dei passi che risuonavano sul pavimento lucido. Il mio cuore batteva forte nel petto, carico di anticipazione e nervosismo per la missione da portare a termine che mi ero imposta la scorsa notte. La responsabilità pesava sulle mie spalle come un macigno. Quando finalmente raggiunsi la porta dell'aula, presi una profonda inspirazione per calmare i nervi e varcai la soglia. Lo sguardo di Kate mi cercò tra i banchi, e le lanciai un cenno di saluto. Mi sedetti al mio posto abituale, a fianco a lei, cercando di concentrarmi sui compiti della giornata. Ma il pensiero della probabilità di incontrare Justin durante l'intervallo continuava a balenarmi nella mente, facendomi sentire una strana miscela di eccitazione e ansia. Nonostante le mie preoccupazioni, sapevo che dovevo restare forte e determinata nel mio intento di aiutare Kate. Feci un respiro profondo quando la campanella suonò, e il professor Harding entrò in aula con la sua solita aria seria e professionale. Si fermò davanti alla cattedra, battendo i fogli per allinearli con precisione prima di riporli con cura di fianco al registro.

-Allora, ragazzi- iniziò, rivolgendosi alla classe con un tono autoritario -Avete portato gli scritti che vi avevo chiesto? –

Io avevo preparato il mio compito con cura il giorno prima, determinata a sfruttare ogni momento libero per dedicarmi a Kate e alle altre. Le continue discussioni di lavoro dei miei genitori mi avevano fatto girare la testa, ma sapevo che dovevo restare concentrata se volevo ottenere i risultati che desideravo. Il professor Harding passò tra i banchi raccogliendo i compiti, e quando arrivò il mio turno si fermò davanti a me con uno sguardo scrutatore.

-Ottimo lavoro, Sordino- disse, con un ghigno che gli scomparve dietro i baffi -Lei è molto migliorata- si girò per passare al prossimo studente. Risposi con un cenno d'assenso, ma non potevo sopportare l'idea che il mio impegno fosse frainteso come un tentativo di compiacere il professore. Quello che facevo, lo facevo per me stessa non per ottenere l'approvazione di nessun altro.

-Non lo faccio per lei...- dissi, interrompendolo bruscamente. Il professor Harding mi guardò confuso.

-Come? - chiese, incerto, mentre lo sguardo della classe si posava su di me, curioso e sorpreso.

-Ho detto che non lo faccio per lei. Ma per mio padre- ribattei, fissandolo dritto negli occhi. Il professor Harding sembrò sorpreso dalla mia risposta, ma non si lasciò intimorire.

-Beh, spero che tuo padre sia molto fiero di avere una figlia come lei, Sordino- replicò con un tono altezzoso che mi irritò profondamente.

-Lo è- risposi con sicurezza, sentendo gli sguardi curiosi della classe posarsi su di me. Era insolito per me, la studentessa modello, rispondere in quel modo al professoreKate si girò verso di me, lo sguardo pieno di preoccupazione e confusione. Era evidente che la mia reazione insolita aveva colta di sorpresa anche lei.

-Laila, ma che ti prende? – chiese con tono sommesso. Mi limitai a guardarla alzando le spalle. Il professor Harding si riprese rapidamente e cercò di riportare la situazione sotto controllo, ma io sapevo di aver dato voce alla mia frustrazione e al mio senso di inadeguatezza. Era stato uno sfogo dettato dallo stress accumulato.

A lezioni finite, durante la pausa, io e le altre ragazze ci dirigemmo verso il cortile della scuola. Kate notò qualcuno e annunciò con entusiasmo: -Guardate chi c’è! - disse puntando il dito verso una certa bionda. Seguendo il suo sguardo, vidi Becky, circondata dal suo solito cerchio di ammiratori, mentre si trovava vicino alle macchinette, mostrandosi con la sua solita sicurezza. Anche se non la conoscevo personalmente, avevo sentito parlare di lei e delle sue abilità manipolative. Apparentemente, sembrava una delle solite ragazze superficiali, ma sapevo che dietro quella facciata c'era molto di più. Era furba, e questo mi preoccupava.

-Lasciala perdere- le dissi, afferrandola per un braccio e accelerando il passo per distoglierla dall'attrazione verso Becky. Trovammo un posticino isolato e tranquillo nel cortile, lontano dalle cattive influenze. Era un luogo dove potevamo essere noi stesse, lontano dalle maschere che gli altri indossavano. Sapevo che lì avremmo potuto parlare senza essere disturbate e affrontare i nostri pensieri e le nostre preoccupazioni. Kate, Julie e Alyssa mi guardarono con espressioni confuse, Kate fu la prima a parlare.

-Laila, vuoi dirci cosa ti sta succedendo? - chiese, con un'espressione preoccupata. -Hai risposto al professor Harding in modo così brusco. È tutto ok? - Julie annuì con vigore, aggiungendo: -Sì, davvero. Non sembravi proprio te stessa-

Anche Alyssa si unì al coro, preoccupata per il mio insolito comportamento. -Sì, hai detto proprio tutto d'un tratto che non facevi il compito per il professore, ma per tuo padre. Cos'è successo? –

Ero consapevole di aver reagito in modo inusuale, ma non sapevo come spiegare loro il mio stato d'animo frustrato. 

-Scusate- iniziai, cercando di trovare le parole giuste. -È solo... lo stress, credo. Ho avuto un po' di tensione ultimamente e forse ho reagito in modo eccessivo- Kate, Julie e Alyssa sembravano comprendere, ma continuavano a guardarmi con curiosità.

-Ma c'è qualcosa di specifico che ti sta preoccupando? - chiese Kate, con gentilezza -Se c'è qualcosa che vuoi condividere, siamo qui per te-

Sentii un nodo formarsi nella gola, non volevo dire loro di Justin, perché avrei presto dimenticato quella storia. Ma ero grata per il loro sostegno. Dovevo trovare il coraggio di aprirmi con loro, di condividere i miei pensieri e le mie preoccupazioni. Quantomeno a Kate.

-È complicato- risposi, con voce incerta -Ma apprezzo davvero il vostro supporto. Forse... possiamo parlarne un’altra volta- Kate, Julie e Alyssa annuirono. 

-Ah! - esclamò Kate, rompendo il silenzio che si era formato nel cortile della scuola.

-Cosa succede? - chiesero Julie e Alyssa in coro, mentre io mi voltai di scatto per guardare Kate che teneva le braccia sopra la testa con il cellulare in mano, un sorriso radioso dipinto sul viso.

-C'è campo, qui finalmente! - annunciò con gioia contagiosa. Guardandola, capii che stava aspettando qualcosa con ansia. Era così felice che era contagiosa.

-A cosa ti riferisci? - chiesi, incuriosita dal suo entusiasmo. -Arriverà presto, me lo sento- rispose Kate misteriosamente.

Colsi l'attimo per puntare gli occhi al cielo, ricordandomi di un'importante comunicazione che dovevo fare.

Aaron, dovevo parlargli. Era arrivato il momento.

-Non sentite fame? - ci chiese Alyssa, interrompendo il mio momento di contemplazione delle nuvole.

-Si, andiamo a mangiare da Alfredo's- suggerì Julie con entusiasmo.

Ma il suo sogno si infranse quando Kate intervenne: -Stai scherzando? Sono nel bel mezzo di una dieta- 

Mentre si rendevano conto che il loro piano di un pranzo goloso era stato annullato dissi improvvisamente: -Io vado in biblioteca- cercando una scusa valida per allontanarmi.

Fortunatamente, essendo un luogo che frequentavo spesso, le mie amiche non sospettarono nulla.

-Va bene, ci vediamo dopo- disse Alyssa, mentre le altre si incamminarono chissà dove, alla ricerca di qualcosa che potesse deliziare il palato di Kate, mentre io mi allontanavo in direzione della biblioteca.

Aspettai che le mie amiche girassero l'angolo, continuando a salutarle ripetutamente con la mano e un grosso sorriso stampato sulla faccia. Poi, una volta che furono fuori dalla vista, mi diressi verso le aule del secondo anno, dirigendomi verso il mio corso, A. Arrivata al mio banco, notai il blocchetto in bianco che avevo lasciato lì. Lo presi e lo posai sul banco, poi tirai fuori dall'astuccio una penna e mi misi a scrivere quello che mi veniva in mente. Era la cosa migliore da fare per Kate.


"Ad Aaron McFly,

Sono un'amica di Kate Summers,

potresti mandarle un DM?

il suo profilo dovresti già averlo,

sono sicura che le renderai molto felice :) "


 

Concludendo la breve nota, la ripiegai con cura e la posi vicino al blocchetto, decisa più che mai, uscii dall'aula e mi diressi verso un altro corso, uno che non era il mio. Non c'erano molti studenti in giro, quasi nessuno. Sapevo che Aaron avrebbe avuto un'importante partita di basket quel giorno.

Eccolo là.

In alto alla porta, l'insegna indicava l'aula del "corso D". Il corridoio della nostra scuola era illuminato dalle vetrate che si estendevano lungo la parete, e il sole calante proiettava un bellissimo tramonto, filtrando una luce rosa e delicata mentre attraversavo il corridoio. La mia attenzione fu catturata da un dolce suono provenire dalla classe di Aaron, anche se era ormai deserta. Mi affacciai alla porta e vidi che la classe era vuota, tranne per un ragazzo che stava seduto di fronte alla finestra aperta. Strimpellava dolci note su una chitarra, con il suo corpo girato di schiena verso di me, rivolto verso la finestra. La leggera brezza entrava nell'aula, facendo ondeggiare le tende in sintonia con la musica. Non sapevo chi fosse, poiché la sua posizione in controluce rendeva difficile distinguere i suoi tratti distintivi. Tuttavia, mi sentii attratta dalla sua melodia e mi avvicinai piano, senza fare rumore, sperando di non disturbare il suo momento di tranquillità. 

-Scusami- chiamai il ragazzo, sperando che mi sentisse. Tuttavia, sembrava concentrato totalmente sulla sua musica, continuando a suonare senza interruzioni. Mi appoggiai allo stipite della porta, osservandolo mentre si lasciava trasportare dalla melodia. Non era affatto male a suonare, pensai, lasciandomi rapire dalla sua abilità. Decisi di interrompere il suo momento di concentrazione e mi presi un respiro profondo. Varcai la soglia dell'aula e mi avvicinai alla cattedra. Il sole mi batteva in faccia, rendendo difficile distinguere i dettagli del ragazzo, ne vedevo solo la sagoma.

-Scusami! lo chiamai ancora, questa volta alzando leggermente la voce. A quel punto, mi resi conto che il silenzio era tornato, poiché la musica si era fermata. 

Colsi il momento per chiedergli: Inizio modulo-È questa la classe di Aaron? - sperando di riuscire a ottenere una risposta da lui. Rimase fermo immobile per un momento, poi girò a tre quarti il capo, ma ancora non riuscii a vedere il suo viso completamente. Prese la chitarra e, mantenendo la sua posizione, la ripose a terra. Poi si alzò in piedi, avvicinandosi lentamente alla cattedra. Io cercavo di spostare la testa in un punto dove non batteva il sole, per poterlo vedere chiaramente. Lentamente, la luce sparì dietro di lui. Solo ora lo riconobbi. Era Justin.

Anche lui mi riconobbe all’istante. Ed eccoci di nuovo nella stessa situazione. Di fronte al suo sguardo fisso, dritto su di me. Di fronte alla persona che avrei preferito evitare di non rivedere. Lui non parlò. Era arrabbiato per come lo avevo trattato? La tensione nell'aria era palpabile mentre ci fissavamo l'un l'altro, entrambi incapaci di rompere il silenzio che si era instaurato tra noi.

Così, con un po' di nervosismo, schiarì la voce e iniziai: -Ehm... Non ti ho ancora ringraziato per avermi trovato il telefono- Il suo sguardo inespressivo mi causava disagio mentre parlavo. 

-Posso chiedere, dove lo hai trovato? - formulai, evitando accuratamente il contatto visivo diretto con lui.

-L'ultimo giorno di scuola, quando ci siamo imbattuti e poi sei fuggita, ti è caduto- rispose lui, i suoi occhi continuavano a cercare i miei, nonostante la mia esitazione nel guardarlo. 

-Come sapevi il mio nome? - chiesi sospettosa, interrogandolo sul motivo della sua conoscenza.

-L'ho letto sul tuo telefono. Dovresti mettere un codice blocco, sai? - rispose lui, con un tono leggermente scherzoso, ma allo stesso tempo informato.

Come ho fatto a non pensarci prima? Che idiota. Mi ricordò del vero motivo per cui ero lì, dicendo: -Che cosa vuoi da Aaron? - annuii leggermente, sentendo di nuovo il disagio crescere dentro di me. 

-Ah- fu tutto ciò che riuscii a dire, mentre cercavo di tirare fuori la lettera indirizzata ad Aaron. Lui avanzò verso di me, eravamo uno di fronte all'altro, vicini, forse troppo. Mostrai il foglio che avevo chiuso accuratamente, proprio sotto il suo viso. Il suo sguardo cambiò, prima su di me, poi sulla lettera e di nuovo su di me.

-Puoi dargliela a lui? - quasi lo pregai, sperando che non si rifiutasse.

Poi me lo mostrò guardandomi dritto negli occhi con aria critica.

-Una lettera d'amore oggigiorno? – disse con voce diretta mentre mi strappava il foglio dalla mano e lo osservava criticamente.

-Hai una cotta per lui? - Mi colse di sorpresa con quella domanda. Ero presa alla sprovvista, ma cercavo di mantenere la compostezza.

-No, questa è.…- scossi la testa difensivamente. Poi, con sorpresa, lo vidi avvicinarsi al mio volto.

In un istante, mi accorsi del calore della sua mano che delicatamente mi posò sulla guancia, e con una dolce carezza sollevò il mio mento. Le sue labbra trovarono le mie, e il contatto della sua pelle con la mia scatenò un formicolio che si diffuse in ogni parte del mio corpo. Il mio cuore batteva velocemente, facendomi perdere il senso dell'orientamento e del tempo, immergendomi in una realtà in cui esistevamo solo noi due. Ma poi, improvvisamente, i miei occhi si spalancarono e il senso di distacco mi travolse, spingendo le mie mani a respingere il suo petto. Lui si ritrasse, abbassando la testa e passandosi una mano fra i capelli, come se il gesto potesse scacciare l'imbarazzo che avvolgeva la scena.

Timidamente, volsi lo sguardo altrove, cercando rifugio in un angolo di quella stanza carica di disagio. 

-Può essere... che questo sia stato il tuo primo bacio?"- mi chiese, sorpreso, rompendo il silenzio con parole cariche di significato.

Si. Lo era.

Il mio volto tradiva il turbamento che sentivo dentro, e risposi solo con uno sguardo, sospeso tra il rimpianto e il desiderio di lasciare quel momento alle spalle.

Ancora una volta, corsi via con vergogna senza guardarmi indietro, lasciandolo con l’ennesimo rifiuto.

Mi sentivo confusa e sopraffatta. Cosa era successo? Perché aveva fatto quello? Si stava prendendo gioco di me? Era solo un gioco per lui, come con le altre ragazze? Il suo comportamento sembrava confermarlo: uno di quei ragazzi circondato sempre da ragazze, specialmente se frequentava qualcuno come McFly. Ma cosa mi ero messa in testa? Volevo solo aiutare Kate. Anche se al telefono con me era gentile, era tutto pensato per arrivare a questo. E io ero solo un'altra pedina nel suo gioco.

Avevo mille pensieri che mi frullavano in testa, come foglie impazzite in una tempesta. Arrivai alle scale infondo al corridoio e mi appoggiai con la schiena al muro, lasciando che le mie gambe cedessero fino a sedermi sul pavimento freddo, immobile, a fissare il vuoto. Portai le dita alle labbra ancora umide, cercando di cogliere qualche indizio, qualche spiegazione, ma trovai solo più domande senza risposta.



 

 

 
 Tornai a casa con un groppo allo stomaco, a cena mangiai poco, incapace di trovare appetito con la confusione che dominava la mia mente. I miei genitori sembravano più tranquilli del solito, ignari del mio turbamento interiore. Libbie, mia sorella, era a cena dalla sua amica. La quiete della serata mi avvolse, ma dentro di me brulicavano ancora le emozioni di quel momento. Non riuscivo a liberarmi dal peso di quella confusa situazione. Mia madre posò il piatto di pasta davanti a me, guardandomi con occhi preoccupati -Come va a scuola, cara? - chiese, cercando di rompere il ghiaccio.

-Va tutto bene, mamma- risposi con un sorriso forzato, cercando di non far trasparire la mia agitazione. Mio padre, seduto di fronte a me, annuì distrattamente, immergendo la forchetta nella sua porzione di lasagne. 

-Cosa avete fatto oggi? - chiese con un tono distante -Oh, niente di particolare- risposi, cercando di tenere a bada l'ansia che montava dentro di me.

Mia madre mi guardò di nuovo, notando la mia scarsa voglia di mangiare -Sei sicura che va tutto bene, tesoro? - chiese, posando una mano sulla mia. Abbassai lo sguardo sul piatto di pasta, cercando di nascondere il mio turbamento. 

-Sì, mamma, sono solo un po' stanca- mentii, sperando di non destare ulteriori preoccupazioni.

Mio padre alzò lo sguardo dal suo piatto -Forse dovresti riposarti un po' dopo cena, ti sei impegnata già abbastanza- suggerì, con un'espressione di comprensione. 

-È una buona idea- intervenne mia madre, sorridendomi con dolcezza -Se hai bisogno di parlare di qualcosa, siamo qui per te- Annuii, sentendomi un po' sollevata dal loro sostegno. -Grazie, mamma, papà- dissi sinceramente. Ripresi il mio piatto di pasta, cercando di assaporare qualche boccone, mentre i miei genitori scambiavano uno sguardo pieno di preoccupazione ma anche di amore. Dopo cena, ringraziai i miei genitori e salii le scale verso la mia camera. Arrivata nella mia stanza, afferrai il telefono e cominciai a digitare il numero di Kate con movimenti frenetici. Kate, finalmente decisa, rispose con prontezza alla mia chiamata.

-Kate, devi sentire cosa mi è appena successo! - esclamai, la voce carica di emozione. 

-Laila? Che c'è? Che è successo? - chiese, il tono pieno di preoccupazione.

-Vieni subito qui, ho bisogno di parlarti- implorai, mentre spostavo le boccette di profumo sul comodino per fare spazio.

-Dammi due minuti e sono lì- rispose Kate, il tono impaziente. Sentivo un gran trambusto dall'altra parte della linea, ma sapevo che sarebbe arrivata. -Si, però non farti vedere dai miei, passa dal retro- le raccomandai, sapendo quanto fosse importante mantenere la nostra confidenza lontana dagli occhi indiscreti dei miei genitori.
 Con il cuore che batteva forte nel petto, mi assicurai che nessuno dei miei genitori si accorgesse del mio incontro con Kate. Pochi minuti dopo, mentre mi scrutavo allo specchio, sentii un leggero bussare alla finestra. La nostra casa aveva una grata di legno, arricchita dall'edera che cresceva intorno e si estendeva fino al mio balcone. Kate abitava solo a pochi passi da casa mia, il che rendeva più facile per lei arrivare senza destare sospetti. Era una delle fortunate coincidenze che ci permettevano di condividere più tempo insieme, anche nei momenti più impensati. Aprì la finestra con attenzione, facendo piano per non fare rumore, aiutando Kate ad entrare di nascosto, appena varcò la finestra, un sorriso di sollievo e conforto si dipinse sul mio volto.

-Allora? - sussurrò Kate con un sorriso che illuminava la stanza, facendo una leggera giravolta per mostrare il suo abito rosso che danzava con il vento invisibile della felicità. 

-Come mi trovi? - i suoi capelli, morbidi come seta, si erano avvolti dolcemente intorno al suo viso, mentre gli occhi, resi più profondi da un leggero tocco di eyeliner nero, brillavano come stelle in una notte d'estate.

Perché si era preparata così con tanto impegno? pensai, ammirando la sua bellezza incantevole.

-Aaron mi ha scritto! - esclamò, i suoi occhi scintillanti di gioia, mentre il cuore batteva all'unisono con il ritmo del suo respiro -Ci siamo visti poco fa, sono così felice che potrei morire! - e la sua felicità era così palpabile.

-Davvero?!- balbettai, la meraviglia dipingendo il mio volto con una palette di emozioni -Sono così contenta per te! - Il mio sorriso non poteva essere contenuto, mentre le nostre mani si intrecciavano, danzando insieme in un balletto di pura gioia, mentre il nostro entusiasmo traboccava, riempiendo la stanza di energia positiva. Solo allora, in mezzo a quel vortice di felicità, mi ricordai...

-L'ha passata ad Aaron, per me... - balbettai, incredula fissando il muro. Lei si girò verso di me rapidamente sorpresa dicendo -Cosa? - per un attimo mi ero dimenticata della lettera che avevo scritto ad Aaron, delle emozioni che avevo provato nel rivedere Justin, prima di... quel bacio. Così, dissi semplicemente -Niente, niente! – non volevo rivelarle questo piccolo particolare. Poi mi alzai e mi incamminai verso il letto, cercando di nascondere la confusione che provavo. -Gli affari tuoi sono anche affari miei - dissi, sedendomi. Kate si avvicinò, appoggiando le sue mani sulle mie ginocchia e stringendo i miei polsi. Con un sorriso radioso, mi ringraziò -Lo so, grazie-. Il nostro reciproco sorriso si spense all'improvviso, e io fissai il vuoto, persa nei miei pensieri. Gli occhi di Kate, sentendosi meno al centro dell'attenzione, cercarono i miei. Si inginocchiò e abbassò il capo per raggiungere il mio sguardo. -Laila, cosa c'è? Come mai mi hai chiamata? - chiese, con le sopracciglia leggermente aggrottate. 

-C'è qualcosa che devo dirti - aggiunsi con un sospiro.


  
Intanto i genitori di Laila



Nel frattempo, i miei genitori, ignari di ciò che mi stava succedendo, discutevano nella loro camera da letto. Mia madre, seduta sul bordo del letto, guardava fuori dalla finestra con un'espressione preoccupata. I suoi lunghi capelli castani cascavano delicatamente sulle spalle mentre le sue mani si intrecciavano nervosamente sulle ginocchia. Ogni tanto, gettava uno sguardo verso suo marito, che era seduto accanto a lei su una poltrona accanto al letto.

-Hai sentito di Libbie? È ancora fuori a cena con la sua amica? - chiese mio padre.

-Sì, mi ha mandato un messaggio dicendo che si sarebbe fermata un po'. Tornerà tardi stasera- rispose mia madre, il suo tono calmo e rassicurante.

-Spero che si sia divertita. È una ragazza responsabile, ma ogni tanto si dà un po' troppo da fare- con il volto increspato dalla preoccupazione, ascoltava attentamente le parole di sua moglie. Ogni tanto, annuiva in segno di comprensione.

-Sì, lo so. Ma sono sicura che si sta divertendo. È bello vederla così allegra- sorrise mia madre, dopo un po', si voltò verso suo marito, poggiando una mano sulla sua, cercando sostegno nei suoi occhi.  

In risposta mio padre disse: -Be', almeno qualcuno di noi riesce a godersi la serata. Laila sembra piuttosto preoccupata per qualcosa- posando la sua mano sopra quella di sua moglie, mostrando il suo impegno nel trovare una soluzione per aiutare la figlia. Mentre stavano seduti sul letto, improvvisamente, tra i rumori di fondo della casa, udirono un leggero fruscio provenire dall’altra stanza, la mia camera. Mio padre si alzò dal letto, avvicinandosi alla finestra per dare un'occhiata. 

-Nellie, vieni a vedere. Credo che Kate sia appena entrata dalla finestra di Laila di nuovo- disse, il suo tono di voce lievemente contrariato. Mia madre, incuriosita, si avvicinò alla finestra, spostando leggermente le tende per vedere meglio. 

-Maledizione, quella ragazza non imparerà mai a usare la porta d'ingresso come tutti gli altri? – esclamò mio padre con un sorriso malizioso, osservando Kate.

Mia madre scosse la testa con un sospiro, ma non riuscì a trattenere un sorriso divertito -Sempre così impulsiva, ma almeno dimostra quanto sia devota all'amicizia con Laila- commentò.

Il padre, con un sorriso che giocava sulle labbra, osservò la scena con divertimento -Quella ragazza non smetterà mai di stupirci, vero? - commentò, con un tocco di affetto nella voce.

-Lei probabilmente è qui, perché vuole consigli d'amore- sorrise mia madre con un'aria comprensiva. Mio padre, con un sorriso malizioso, scherzò: -Intendi Kate? - Ma quell'umore giocoso svanì all'istante quando mia madre confermò: 

-Sto parlando di Laila- il tono di mio padre divenne più serio mentre ascoltava attentamente le parole di mia madre. -Non aveva appetito a cena- disse mia madre, rivelando una preoccupazione appena accennata. -Mmh, forse aveva mal di stomaco- ribatté mio padre, ma nel suo sguardo c'era una nota di preoccupazione più profonda, come se sentisse che qualcosa di più importante stesse accadendo. Era come se intuisse che il mio cambiamento stava arrivando, e che forse stava per perdere la sua piccola. Mia madre si avvicinò a lui con affetto, passandogli una mano tra i capelli con dolcezza. 

-Tesoro- sussurrò con gentilezza -Se continuerai a trattare Laila come una bambina, sarai tu quello che si farà male un giorno- le sue parole erano piene di amore, e nel gesto delicato si poteva percepire tutto il loro affetto reciproco. 

-Cosa intendi per 'bambina'? - chiese mio padre, sistemando gli occhiali sul naso con fare pensieroso. -Lei lo è! ... Diventerà adulta quando avrà ventun anni- ribatté, con fermezza, confermando la sua posizione da padre iperprotettivo. Ma mia madre, con un'aria più saggia, contraddisse subito il suo punto di vista: -Nel momento in cui ci si innamora, si è già automaticamente ‘adulti’- disse, volgendosi verso di lui con un'espressione che rifletteva la sua fiducia nelle mie capacità di fare scelte mature e consapevoli.  Si avvicinò a mio padre, quasi irritandolo. 

-Ripensando... anche noi non eravamo uguali in passato? -  sorrise con le sopracciglia alzate, punzecchiando suo marito. 

-Anche io mi sono innamorata di te quando avevo sedici anni- disse, ricordando quei momenti con tenerezza. Mio padre sembrò non darle importanza, ma mia madre continuò. 

-E poi noi due...- ammiccò un sorriso, ma venne interrotta da mio padre che le tappò la bocca di scatto. Guardò verso la stanza accanto per assicurarsi che nessuno li stesse ascoltando. 

-Non tirare fuori questa storia proprio ora! - la sgridò mio padre, con tono severo. -E perché no? - chiese incredula lei. Mio padre non rispose verbalmente, ma indicò il muro con un dito e fece il gesto di stare in silenzio portandoselo sulle labbra, segnando l'importanza della discrezione. Questo divertì mia madre, che scoppiò a ridere. Eravamo noi il motivo. Era quasi surreale scoprire che i miei genitori avevano avuto un passato da giovani innamorati, come se non sapessi che un tempo avevano avuto una relazione.



Camera di Laila


  
 -Cos'è successo? - chiese lei, preoccupata, mentre il sorriso sul suo volto si attenuava leggermente.

-È successa una cosa strana oggi a scuola- iniziai, cercando di trovare le parole giuste per spiegare tutto.

-Parleremo di Aaron dopo, ora raccontami cosa è successo - mi incoraggiò, piantando uno sguardo attento su di me.

-È stato incredibile e terribile allo stesso tempo. Non so nemmeno da dove cominciare- dissi.

 

Era il momento giusto...
  

-Mi ha baciato, Kate- confessai, sentendo il cuore battere all'impazzata nel petto -Era il mio primo bacio, e non so nemmeno cosa pensare. È stato tutto così veloce- Mentre parlavo, cercavo di esprimere le mie sensazioni più profonde riguardo all'incontro con Justin e il bacio inaspettato. 

-Che cosa??? - strillò Kate, facendomi sobbalzare. Le feci segno di non gridare, sperando che i miei non sentissero la sua voce dall'altra stanza. -Sì- emisi timidamente, guardando fisso il materasso sotto di noi.
 -Seriamente? - continuò lei, calmandosi leggermente. Io continuai a giocare nervosamente con i lacci delle mie scarpe. L'insistenza di Kate nel fissarmi scioccata mi terrorizzava, tanto che interruppi il nostro contatto visivo e guardai altrove. E così, con Kate come mia confidente, mi lasciai andare a un flusso inarrestabile di parole, condividendo ogni dettaglio del mio incontro con Justin e le turbolente emozioni che ne seguirono. In quel momento, sapevo di poter contare su di lei per darmi il supporto di cui avevo bisogno. 

-Mi ha detto qualcosa Aaron su questo Justin Bieber. E non penso che ti piacerà- disse Kate, il tono della sua voce rivelava preoccupazione mentre cercava i miei occhi, sperando di aiutarmi a comprendere.

-Justin Bieber... -sussurrai, sentendo un brivido di ansia correre lungo la mia pelle.

-Ha una ragazza- disse Kate, il suo tono confuso, mentre cercava di leggere nei miei occhi una risposta alle sue stesse perplessità. La notizia fece un nodo nel mio stomaco, stringendolo leggermente. 

-Più grande di noi, e molto bella- continuò, le sue parole come piccoli spilli che pungevano la mia coscienza. -Mi ha detto che è... - fece una pausa, la tensione nell'aria palpabile.
 -Chi è? Cosa ti ha detto?"- chiesi, la mia mano si mosse verso il suo polpaccio, incitandola a parlare, a rivelare l'intera verità.

-Sono certa che si tratta di Becky- concluse Kate.

"Becky?" La mia mente ribolliva di confusione. "Becky Woosbore? Quella biondina insopportabile?" Le mie convinzioni vacillavano, incapaci di accettare una realtà così sconvolgente. Eppure, perché mi sentivo così confusa? Era solo una notizia su una celebrità, ma dentro di me qualcosa si agitava, come se un frammento di verità nascosta stesse finalmente emergendo dall'ombra.

-Secondo Aaron, sono molto affiatati quando sono insieme- disse Kate, il suo tono era mortificato.

Perché ero l'unica a non saperlo? Perché non me ne aveva parlato prima? Mi limitai a rispondere freddamente: -Ho capito- ma Kate, sensibile come sempre, intuì che qualcosa non andava.

Mi disse con preoccupazione: -Laila, Mi dispiace…-

-Sono stata ingannata di nuovo- risposi con un risolino amaro, ma era solo una maschera per nascondere il dolore che mi stava divorando dall'interno. Mi alzai dal letto e mi avvicinai alla finestra, desiderando ardentemente di poter scappare da tutto, di poter volare via come un uccello libero nel cielo. Gli occhi di Kate mi seguirono silenziosi.

-Quello era il mio primo bacio, però- confessai, il mio sguardo si perdette nella notte stellata. Più ci pensavo e più la rabbia cresceva dentro di me, come un fuoco che divorava tutto ciò che toccava.

 

Il mio primo bacio non sarebbe dovuto andare così, è come se ne fossi stata derubata.
  
 

-Laila? - mi chiamò Kate. Prima di voltarmi, asciugai rapidamente una lacrima caduta, rifiutandomi di mostrare qualsiasi segno di debolezza. 
 -Sto bene- risposi con un sorriso quasi convinto, cercando di dissimulare il dolore dietro una maschera di coraggio. Mi avvicinai a Kate, prendendo le sue mani tra le mie. Lei mi guardò con occhi pieni di premura, pronta ad ascoltare qualsiasi cosa avessi da dire. Così, decisi di aprirmi. -Cè un’altra cosa che non ti ho detto...- iniziai, stringendo i denti prima di mordermi il labbro.
 Kate era tutta orecchi, pronta ad accogliere ogni parola che avrei pronunciato. 

-Da dove comincio? Beh, ecco, ti ricordi l'ultimo giorno di scuola, quando avevo perso il cellulare? - iniziai a raccontare, cercando di essere il più sincera possibile. -Sì, che poi l'avevi lasciato in biblioteca- mi interruppe Kate.

-Non esattamente- confessai, guardando il pavimento. L'espressione di Kate divenne confusa. -In realtà, è stato un ragazzo a trovarlo e lo ha nascosto tra i libri in biblioteca affinché io lo trovassi- spiegai, cercando di trovare il coraggio di raccontare tutto. -Quel ragazzo è Justin, giusto? - indovinò Kate.

-Aspetta- la interruppi. -Per tutta l'estate, mi ha chiamato continuamente, senza mai rivelarmi la sua identità. Mi aveva persino cancellato l'intera rubrica, lasciando solo il suo numero telefonico- dissi, descrivendo le mie esperienze con Justin. -E non sai perché lo ha fatto? - mi chiese Kate, incuriosita.

-Non ne ho idea. Pensavo che ci tenesse a me, o che per qualche strana ragione fosse interessato. Abbiamo continuato a sentirci, parlando di cose normali, cose che fanno gli amici. Scherzavamo, e finivamo sempre per chiacchierare fino a tarda notte. E mi faceva sentire felice- confessai, con una pausa di respiro.

-E hai aspettato così tanto per raccontarmelo? Stronzetta…- scherzò Kate. 

-Ma non sapevo fosse Justin, fino a quando non ha deciso di rivelarmi chi fosse, e ci siamo incontrati il primo giorno di scuola- conclusi.

-Ecco perché eri così nervosa, non ti aspettavi che fosse lui? - chiese Kate, cercando di capire -No, infatti, ci sono rimasta malissimo che una persona come lui provasse interesse per me. E ora, dopo il bacio e questa notizia... lo vorrei strozzare- confessai.

-Ma a te lui un po' piace vero? - la sua domanda mi sorprese.

-Se prima provavo qualcosa, ora non più- risposi bruscamente. Dopo quel bacio, le cose erano cambiate per me.

-Ti ha ingannata sin dall'inizio- osservò Kate, con dispiacere nella voce.

-Già- sbottai, sentendomi sempre più confusa. Kate si avvicinò a me e mi abbracciò forte, passando le sue mani su e giù per la mia schiena, cercando di confortarmi.

-Rimani a dormire da me? - chiesi a Kate, cercando un po' di conforto nella sua presenza.

-Va bene- rispose Kate con gentilezza.


 
Infondo, in questo mondo ci sarà un ragazzo che saprà amarmi...
  
 
 

 

 

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Justin...

Justin è sempre stato una persona spontanea.
Lui 
sempre...
d'improvviso mi catturava
 lasciandomi una strana sensazione
 di agitazione nel mio 
cuore  


 




Chiedo scusa per la mia troppa assenza, causa esami.
 
Per favore lasciami una piccola recensione di incoraggiamento 

ԅ༼ * ◕ ∧ ◕ * ༽ノ
 


 


per info: †youdeserveastorybookending

 

[REVISIONATA APRILE 2024]

ⓢⓚⓨ ⓞⓕ ⓛⓞⓥⓔ

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Capitolo 8
*** Seven. ***




7.

 

 

Le giornate si fecero più intense, il caldo tornò a farsi sentire e io mi stavo godendo il mio gelato sul divano, con la mente persa davanti a uno stupido programma televisivo che non mi interessava minimamente. Mia madre, intanto, era intenta a stirare sul balcone, circondata dai suoi amati cespugli di fiori che le conferivano un'immagine serena e piacevole. Era sabato e il giorno dopo non ci sarebbe stata scuola.
-Pensi di stare chiusa in casa tutto il giorno? - mi chiese, notando la mia apparente mancanza di interesse per le attività esterne. -Non mi va- risposi indifferente. Mia madre sospirò leggermente, continuando a stirare con cura, ma il suo sguardo era comprensivo e affettuoso -Tesoro, può essere che Kate abbia un ragazzo e non trovi più del tempo per te? - chiese con un sorriso complice, dimostrando di sapere sempre tutto. Continuai a mangiare il gelato, ignorando le sue provocazioni 
-Non ci credo! Quindi è vero? - continuò a stuzzicarmi. Staccai le labbra dal gelato, cambiando posizione per guardare mia madre dritta negli occhi. Mia madre alzò un sopracciglio in modo giocoso, mentre stropicciava un vecchio lenzuolo con gesti lenti e precisi. -Cosa c'è, tesoro? - chiese con un sorriso tenero, le sue mani continuavano a muoversi con abilità tra i panni da stirare -Come fai a sapere sempre tutto? - chiesi, cercando di nascondere la mia sorpresa sotto uno strato di indifferenza. Lei rise leggermente, agitando un dito verso di me -Una madre sa sempre tutto, anche quando non lo ammette- disse con una nota di saggezza nella voce. Mi limitai a scrollare le spalle, fingendo indifferenza, anche se dentro di me ero gelosa di Kate -Non te la prendere, tesoro. Le persone cambiano, è parte della vita. Ma non dimenticare mai chi sono quelle che ti vogliono davvero bene- disse con calma, i suoi occhi incontrarono i miei con un'espressione amorevole -Mamma, devi sempre darmi questi colpi bassi? - le dissi con aria esausta -Cosa c'è? Che noia - si difese, cercando di mascherare la sua complicità. Il rumore regolare del ferro da stiro si placò per un attimo, mia madre sembrò concentrarsi sul suo compito mentre le sue mani esperte continuavano a muoversi con precisione sulla stoffa. Alzò lo sguardo verso di me, i suoi occhi incontrarono i miei con una dolcezza comprensiva, pronta ad ascoltare ciò che avevo da dire -Ehm... Mamma? – la chiamai, cercando di trovare il coraggio di fare una domanda che mi stava sfiorando la mente da un po'. La sua attenzione si spostò su di me, un sorriso tenero sulle labbra mentre mi guardava -Dimmi, tesoro- rispose gentilmente -Con chi è stato il tuo primo bacio? - chiesi, sentendomi un po' impacciata nell'affrontare un argomento così personale con mia madre -Perché me lo stai chiedendo così d'improvviso? - chiese ridendo leggermente, ma potevo percepire una traccia di imbarazzo nella sua voce. La mia domanda sembrava averla colta di sorpresa, ma il suo sorriso rimase intatto, rivelando un misto di dolcezza e riflessione. La sua espressione era una combinazione di ricordi lontani e amore materno, e potevo percepire la sua disponibilità a condividere un momento così intimo con me. Le sue mani si fermarono per un istante, il ferro da stiro poggiato sul tavolo mentre mi guardava. -È stato papà- disse semplicemente, non potevo fare a meno di ridere divertita. -Io ti conosco, mamma! - la sfidai con un sorriso giocoso -Giri gli occhi quando menti- aggiunsi, cercando di riprodurre il suo tipico gesto quando cercava di nascondere la verità. La sua espressione passò da sorpresa a incredulità mentre mi guardava, e poi emise un altro suono di confusione -Ma cosa stai insinuando, piccola peste? - disse, quasi come se non credesse alle mie parole. -Non ti preoccupare, non lo dirò a papà- dissi con un sorriso complice, prima di girarmi e rannicchiarmi sul divano, divertita dalla nostra piccola conversazione. Poco dopo, la porta si aprì con delicatezza, e mia sorella Libbie entrò nella stanza con passo leggero. Aveva un sorriso giocoso sulle labbra mentre si avvicinava, evidentemente curiosa di scoprire di cosa stessimo parlando. I suoi occhi scuri brillavano di interesse mentre ci guardava alternativamente, io distesa sul divano con il mio gelato a metà e mia madre accanto al tavolo da stiro -Cosa state facendo? - chiese, il suo tono allegro riempiva la stanza. Io alzai il mio gelato come se fosse una sorta di prova, sorridendo -Sto solo godendomi un po' di dessert- Libbie fece un passo avanti, le mani appoggiate ai fianchi -E tu, mamma? - chiese, rivolgendosi a lei con un'espressione curiosa. Mia madre si girò verso di noi con un sorriso complice -Stavo facendo quattro chiacchere con tua sorella Laila- disse, il tono leggermente misterioso. Libbie alzò un sopracciglio con interesse -Oh, che tipo di conversazione? - Ridemmo tutte e tre, creando un'atmosfera di complicità e confidenza. Lentamente, sbloccai lo schermo del cellulare, notando una chiamata persa da Kate. Decisi di andare in cucina per gettare nel bidone il bastoncino rimasto del mio gelato, una piccola scusa per prendere fiato e raccogliere i pensieri. Rientrai nella mia stanza, respirando profondamente prima di comporre il numero di Kate. Il telefono squillò un paio di volte prima che lei rispondesse, il suo tono esuberante trasudava entusiasmo -Pronto, Kat? Mi hai chiamata? - dissi appena rispose. -Si, vieni alla festa del paese? - chiese con un'energia contagiosa, l'impazienza vibrava nella voce di Kate attraverso il telefono mentre rispondevo alla sua chiamata -Aaron mi ha invitata, e ho sentito che ci sarà l’intera scuola, magari anche Ethan! - Il cuore batteva un po' più forte, l'emozione montava nell'aria come bollicine di champagne prima di una grande esplosione -Non sono sicura, Kate- risposi, lasciando trasparire il mio scetticismo -Non so se sia proprio il momento giusto per incontrare Ethan- Kate non sembrò colpita dalla mia esitazione -Dai, La, sarà divertente! Ethan sembra simpatico, è simile a te. E poi, potrebbe essere un'ottima occasione per distrarsi un po'- mi grattai il mento, riflettendo sulle parole di Kate -Ma se viene Aaron, vuol dire che potrei imbattermi in Justin…- dissi con una nota di preoccupazione nella voce, riluttante ad affrontare un possibile incontro con lui -Bè è inevitabile, dato che sono amici. Ma è come se fossimo a scuola, no? - girò la ruota Kate.  Forse aveva ragione, forse era davvero il momento di lasciarsi alle spalle le preoccupazioni e godersi un po' di divertimento -Va bene, va bene- cedetti infine -Credo che i miei mi lascino venire- mi sedetti sulla sedia guardandomi allo specchio -Ma tu prometti di tenermi compagnia, intesi? - Kate scoppiò in una risata. -Assolutamente! Non vedo l'ora di passare una serata indimenticabile insieme! A stasera- e riattaccò bruscamente.

Trascorsi il resto del pomeriggio immersa nei vestiti, una montagna di tessuti colorati sparsi sul letto. Mi sentivo come se stessi preparando un'importante missione segreta. Dopo aver esaminato ogni singolo capo d'abbigliamento, dall'elegante abito nero al casual jeans e maglietta, mi ritrovai indecisa su cosa indossare. Alla fine, optai per un abito raso color cioccolato a spalline che mi arrivava al ginocchio. Era aderente e si modellava perfettamente con le forme del mio corpo. Sotto il seno aveva un fiocco, anch'esso raso, ma color crema. Ed il vestito terminava svasato dandomi la possibilità di volteggiare, come fanno le principesse. {foto vestito qui} Mi osservai allo specchio, soddisfatta della scelta di abbigliamento per la serata. Riflettendo sulle prossime ore, mi sentivo un po' nervosa ma anche eccitata all'idea di uscire e trascorrere del tempo con le amiche. Speravo che la serata mi avrebbe permesso di dimenticare momentaneamente i turbamenti che avevo vissuto di recente, consentendomi di godermi l'atmosfera festosa e di rilassarmi in buona compagnia. Nonostante l’ansia, sapevo che indossando quell'abito mi sentivo più forte e carina, più sicura di me stessa. Con questo pensiero, presi una profonda inspirazione, pronta ad affrontare la serata con grinta e determinazione.
 Dopo aver preso la borsa e indossato le scarpe prese in prestito da mia sorella, uscii dalla stanza, lasciandola nell'oscurità. Mia madre mi attendeva ansiosa fuori dalla porta 
-Oh cara, ma stai benissimo- esclamò, portandosi le mani alla bocca per nascondere l'entusiasmo -Lasciati guardare- disse, prendendomi per mano. Mi girai su me stessa, mostrandole il vestito.
-Allora? Vado bene? - chiesi, aprendo le braccia e piegando leggermente il capo, con un sorriso timido -Così si, che sei femminile! - scherzò, mentre mi osservava con orgoglio. Mi uscì un risolino freddo. -Qual è l'occasione? - Sollevai leggermente le spalle, cercando di sembrare noncurante -Solo una festa al paese, vado con Kate e le altre- risposi, cercando di evitare i dettagli. Mia madre sembrò soddisfatta della risposta. -Va bene, divertitevi e ricorda di tornare a casa prima della mezzanotte- scherzò, ridendo dolcemente.  -Allora io vado- prendendo il cappotto. Le mie dita stavano per raggiungere la maniglia quando mia madre mi fermò -Aspetta! - mi raggiunse velocemente -Manca un piccolo accessorio- Mi mise tra i capelli la spilla con le perle di mia nonna 
-Grazie mami- le dissi, baciandola sulla guancia. -Di nulla, buona serata tesoro- mi incoraggiò mentre uscivo.

Il crepitio dei grilli riempiva l'aria mentre attraversavo il portico di casa. Un sussurro sereno avvolgeva l'atmosfera, spezzato solo dal suono dei miei passi sul pavimento di legno. Quando ho sbattuto la porta di casa dietro di me, un repentino silenzio ha invaso l'aria notturna, interrompendo il canto dei grilli. Improvvisamente, nell'oscurità, sentii la voce di mio padre provenire dal vialetto. Stava chiaramente parlando al telefono, ma il tono della sua voce trasudava un'ansia sottile, che ha attirato la mia attenzione. Senza pensarci due volte, mi nascosi dietro al portico, cercando di non farmi scoprire mentre ascoltavo di nascosto. Mio padre sembrava preoccupato, con chi stava parlando? E perché stavano discutendo di questioni finanziarie riguardanti casa nostra? -Dici sul serio? Vogliono che noi abbassiamo il prezzo ancora di più? - si agitò -Sto ancora considerando casa mia. Di questo passo, sono determinato per il meglio- Il mio cuore batteva forte mentre cercavo di non farmi scoprire -Scusi, per favore torniamo alla nostra discussione con più vigore- disse mio padre con un tono risoluto, e io mi sforzai di cogliere ogni parola che riuscivo a sentire. Quando finalmente concluse la telefonata con un semplice -Sì- e un sospiro, sollevai lo sguardo verso di lui, cercando di nascondere la mia curiosità dietro un'espressione neutra. Mio padre si girò verso di me e, nel tentativo di sembrare tranquilla, feci finta di essere appena uscita. -Ciao papà, tutto bene? - chiesi, cercando di non far trasparire nulla.   -Laila! Stai uscendo? - la voce di mio padre, calda e familiare, mi raggiunse. L'espressione sul suo volto era una miscela di preoccupazione e comprensione mentre mi scrutava dall'alto in basso, con occhi scrutatori. -Sì, con Kate- ho confermato, sperando che non avesse obiezioni sul mio abbigliamento. Ma la sua osservazione sul mio vestito mi ha fatto arrossire leggermente, sentendomi un po' imbarazzata per la sua attenzione. -Papà sto bene- ho risposto, cercando di tranquillizzarlo mentre tentavo di evitare il suo insistente desiderio di accompagnarmi. Ma non sembrava disposto a cedere così facilmente, proponendosi di essere il mio cavaliere per la serata -È un bene uscire con tuo padre qualche volta- disse, accettai alla fine, incapace di resistere al suo desiderio di passare del tempo insieme, e scesi le scale verso di lui. Presi il suo braccio offerto e lo afferrai, lasciandomi guidare mentre ci incamminavamo insieme verso il centro, sotto il manto luminoso della luna. Il suo scherzo sul possibile incontro con qualche ragazzo mi fece ridere, e così cominciammo la nostra passeggiata braccetto, sotto lo splendore notturno, tra risate e confidenze familiari. Il momento di intimità con mio padre mi offrì l'opportunità perfetta per affrontare un argomento che mi pesava da tempo. La sua risposta, seppur rassicurante, trasudava un'incertezza sottile che non riuscivo a ignorare -Papà? Qualcosa non va al lavoro? - chiesi, cercando di nascondere la mia preoccupazione dietro un sorriso. Si fermò per un istante, come se stesse valutando come rispondermi, poi con un'espressione che cercava di trasmettermi tranquillità, rispose: -Beh, tutti abbiamo dei momenti difficili da superare, riusciremo ad andare avanti anche questa volta- accompagnando le sue parole con un'occhiata che voleva essere incoraggiante. Tuttavia, il suo tono non riusciva a nascondere completamente le sue preoccupazioni, e ciò mi fece sentire un nodo allo stomaco. Continuammo la nostra passeggiata fino alla fontana nel centro della piazza, dove decisi di proseguire da sola. -Da qua posso continuare da sola- dissi, interrompendo la nostra camminata. Mio padre sembrava titubante, ma rispettò la mia decisione. -Sicura? Mi raccomando torna a casa prima di...- cominciò, ma lo interruppi, finendo la sua frase con lui: -Di mezzanotte, sì lo so- alzando gli occhi al cielo. Era una litania che mi ripeteva da sempre. -Ok, ci vediamo dopo! - mi sorrise, e io ricambiai -Fa attenzione! - si raccomandò ancora, e mentre mi allontanavo, non potei fare a meno di sorridere a quanto fosse protettivo il mio adorato padre.

L'atmosfera gioiosa del parco era palpabile fin dalle prime luci del tramonto. I bambini correvano felici, palloncini colorati tra le mani, mentre i festoni e gli striscioni decoravano festosamente le strade della città. L'aria era impregnata del profumo invitante di noccioline caramellate appena fatte, mentre la musica festosa risuonava nell'aria, creando un'atmosfera vivace e coinvolgente. Ero pervasa da un senso di gioia contagiosa mentre mi dirigevo verso il parco per raggiungere Kate. Tuttavia, proprio quando stavo per immergermi completamente nella festa, qualcosa cambiò il corso degli eventi. Un'inspiegabile sensazione di inquietudine si fece strada dentro di me. La mia attenzione fu attratta da un'insegna sopra un garage, illuminata dalle luci della città, che recitava "Bieber Motor House” era più di un semplice garage; sembrava essere una vera e propria casa. Incuriosita dal nome, mi avvicinai alla soglia del garage e osservai una giovane donna chinata di schiena, vestita con una divisa da meccanico, mentre lavorava su una moto. Le sue mani abili stringevano le ruote con determinazione, mentre intorno a lei si ammassavano altre motociclette, tra cui una Ducati di un verde brillante, che vedevo spesso. Era evidente che quella casa fosse il rifugio di un vero appassionato di motori, e non potei fare a meno di chiedermi se fosse la dimora di Justin. Improvvisamente, mi resi conto che la donna, bionda, mi stava fissando. Si alzò in piedi, lasciò cadere l'attrezzo che stava usando e si pulì le mani unto di grasso nero con uno straccio. Il suo sguardo era scrutatore, e non potevo evitare di sentirmi scrutata a mia volta -Cos'hai da guardare? Sei la nuova ragazza di Justin? - mi chiese, rompendo il silenzio con voce decisa. Mi ero resa conto di essermi avvicinata troppo, e con questo abbigliamento chissà cosa avrebbe potuto pensare. Scossi leggermente la testa, negando con gesto incerto -Jazz! Il tuo telefono sta squillando! – disse una voce proveniente da una finestra alta del lato della casa, e riconobbi esattamente chi si era affacciato. La giovane donna si preparava a rispondere alla chiamata -Okay! Arrivo...C’è una tipa per te qua- rispose la ragazza, mentre io osservavo la scena senza fiatare. E poi, improvvisamente, quando notò la mia presenza, lo sguardo di Justin incrociò il mio, e il momento fu carico di una tensione silenziosa. Entrambi sembravamo sorpresi dalla presenza dell'altro, e io non ebbi esitazioni: fuggii, di nuovo, con entrambi i loro sguardi puntati su di me, mentre scappavo, mi sentii imbarazzata più che mai. La fuga sembrava l'unica opzione, anche se sapevo che non avrebbe risolto quella figuraccia.  Mi sentii vulnerabile e incerta su come avrei dovuto gestire quella situazione imbarazzante e imprevista. Inoltre, il fatto che fossi stata scambiata per la “nuova” ragazza di Justin da quella donna non aveva fatto altro che aggiungere confusione e disagio. La fuga era stata una reazione istintiva. Arrivai al parco, ancora ansiosa dopo l'incidente al garage di Justin. Ma l'atmosfera festosa e gli spettacoli dei fuochi d'artificio iniziarono a calmare i miei nervi. Mentre ammiravo lo spettacolo, sentii chiamare il mio nome. Mi voltai lentamente, cedendo al richiamo di una voce familiare nel frastuono della folla. Lì, attraverso l'onda di persone, apparvero Kate ed Aaron, una coppia che sembrava scolpita da un'opera d'arte -Quanto tempo ci hai messo? - chiese Kate con un sorriso sornione, mentre Aaron le teneva stretta la mano. -Ciao Laila, è bello conoscere finalmente l'amica di Kate- mi salutò con un occhiolino complice, nel suo sguardo, c'era riconoscenza, se non gli avessi mai fatto avere quella lettera, chiedendogli di uscire con Kate, forse la loro storia non sarebbe mai iniziata. Il suo occhiolino mi ricordò che quel segreto era custodito al sicuro tra di noi -Tuo padre ha fatto storie? – chiese Kate. -Non tanto, papà ha insistito per accompagnarmi ma alla fine mi ha lasciato venire da sola - dissi con un sorriso teso, cercando di nascondere la verità che bruciava dentro di me: avevo rivisto Justin. -Oh, meno male! Ehi, guardaci! Siamo perfettamente coordinati, come una squadra! - Erano la personificazione dell'eleganza, avvolti in abiti neri che sembravano dipinti dallo stesso pennello. Kate emanava una luminosità contagiosa, un sorriso che illuminava il suo viso fino agli occhi scintillanti. E Aaron, pur mantenendo la compostezza, non poteva nascondere l'interesse genuino che risplendeva nei suoi occhi mentre guardava Kate. -Sì, avete proprio lo stesso stile! Sembrate fatti l'uno per l'altra- sorrisi.  -Ho visto Ethan da qualche parte, è qua intorno. Noi andiamo a mangiare lo zucchero filato, vieni con noi? - chiese Kate, mentre Aaron mi sorrideva. -Non credo, rimarrò qua a godermi lo spettacolo- risposi poco convinta, indicando la piazza dietro di noi. Era evidente che sarebbero stati incollati tutta la sera, e non volevo essere il terzo incomodo in quella situazione. Non appena li vidi allontanarsi mano nella mano, un misto di gioia e un po' di invidia per la loro felicità mi pervase. Mentre mi allontanavo dal tumulto della folla, un senso di solitudine mi avvolse. Raggiungi la piazza, circondata dalle luci vivide della città che danzavano nel buio della sera. Mi sedetti su un muretto lasciando che il panorama mi avvolgesse, mentre il vento sussurrava melodie.

-Un po' di soda? - Una voce mi sussurrò proprio sotto il naso, interrompendo il mio silenzioso momento di contemplazione. Abbassai lo sguardo per vedere una lattina che una mano aveva gentilmente posto di fronte a me. Seguii con lo sguardo il percorso di quella mano, osservando ogni movimento con attenzione mentre si stendeva verso di me. Poi, seguì il braccio, un movimento fluido e sinuoso come un'onda che si infrange sulla riva, fino a riconoscere il viso che si celava dietro quel gesto gentile -Si, volentieri, grazie- accettai gentilmente, afferrando la bibita -Hai fame? - mi chiese con un'espressione incerta, come se temesse di aver chiesto troppo -Ad esser sincera, un po'- risposi con un lieve sorriso sorpreso. Il ragazzo moro, un po' impacciato disse: -Facciamo due passi- mi suggerì con un sorriso che, seppur timido, emanava un'aura di calma e sicurezza. Ero sola, quindi accettai con un cenno del capo, lasciando che mi guidasse attraverso la piazza in festa. Mentre camminavamo attraverso la piazza, mi sorpresi a sentirmi stranamente a mio agio. Forse era la semplicità dei gesti, o forse era il modo in cui i suoi occhi scrutavano il mondo con una curiosità infantile -Allora Ethan…- iniziai timidamente -Ti sei mai fermato a guardare i fuochi d'artificio da qui prima d'ora? – chiesi. -No, è la mia prima volta. È un po' imbarazzante, Laila giusto? – chiese nervosamente, guardando il terreno -Sì, non devi preoccuparti. È solo una festa del paese, tutti sono qui per divertirsi- dissi notando il suo disagio -Sì, lo so, ma non sono molto bravo con le folle- disse passandosi una mano tra i capelli. -Capisco. Io stessa preferisco di solito i luoghi più tranquilli. Sai, ho sentito che ci saranno anche bancarelle con dolciumi e giochi da fare. Forse potremmo spostarci un po' là dopo? – chiesi -Sì, suona bene! – rispose Ethan sorridendo lievemente -È piacevole parlare con te, Laila. Mi sembri diversa dalle altre persone che conosco- disse -Oh, davvero? Cosa intendi? – chiesi curiosa -Intendo che sei autentica. Non hai paura di essere te stessa, e mi piace molto- arrossì timidamente. Arrivammo allo stand di panini e ci fermammo davanti a una panchina, la vernice era verde consumata dal tempo. Il legno, segnato dagli anni di utilizzo, emanava un odore familiare di fresco e di pioggia.  -Aspettami qui- mi disse Ethan gentilmente, mentre io mi sedetti. Quando tornò aveva due panini caldi in mano. Mi porse uno con un sorriso gentile, sedendosi accanto a me -Ti ringrazio, Ethan- dissi. Iniziammo a mangiare, gustando il cibo e apprezzando la tranquillità del momento. A un certo punto, notai che Ethan mi stava fissando la bocca -Cosa c'è? - chiesi, sentendomi improvvisamente a disagio sotto il suo sguardo scrutatore -Hai qualcosa tra i denti- disse sorridendo e subito iniziai ad allarmarmi, coprendomi la bocca con la mano, -Dove? - chiesi imbarazzata -Lascia stare faccio io- disse Ethan, avvicinandosi con un fazzoletto preso dal suo taschino. Senza esitazione, mi toccò delicatamente le labbra per poi arrivare ai denti. Sentii un brivido di sorpresa scorrermi lungo la schiena mentre rimanevo pietrificata dal suo gesto. La sua vicinanza improvvisa e l'attenzione al mio dettaglio così intimo mi fecero sentire vulnerabile, ma allo stesso tempo protetta dalla sua premura. Quando finì di aiutarmi, rimasi attonita per quello che era appena accaduto, emisi un timido -Grazie- con un lieve sorriso. All’improvviso il mio cuore iniziò a battere all'impazzata quando notai una figura nell’ombra, poco lontana da noi, alle spalle di Ethan. Il suo sguardo penetrante attraversava lo spazio tra me e lui, scrutando ogni movimento di Ethan con una precisione glaciale. Le sue iridi ambrate brillavano con un'intensità che faceva rabbrividire, mentre la sua espressione restava impenetrabile, mascherando qualsiasi emozione che potesse agitarsi nel suo animo. Era Justin. Un brivido mi corse lungo la schiena, mentre l'ansia mi serrava la gola, rendendomi difficile respirare. Non potevo distogliere lo sguardo da lui, come una preda, vulnerabile e esposta, incapace di prevedere le sue mosse o le sue intenzioni. Mentre cercavo di capire cosa fare, Justin si mosse con una fluidità sinistra. Il mio respiro si bloccò nella gola mentre alzai lo sguardo, trovandomi improvvisamente di fronte a lui. La sua figura era imponente e minacciosa, i suoi lineamenti duri. -E… e tu chi sei? – chiese tremolante Ethan, rivolgendo uno sguardo interrogativo prima a lui e poi a me, cercando di comprendere la dinamica di quella situazione improvvisa. Justin non disse nulla, ma agì con decisione, spazzando via il panino dalla mia presa con il dorso della sua mano, gesto che mi lasciò senza fiato per la sua improvvisa violenza. Poi, con una rapidità sorprendente, afferrò Ethan per la camicia, lo sollevò da terra e gli tirò un pugno fulmineo che lo fece cadere a terra con un tonfo sordo. Il mio grido straziante si perse nell'aria, la mano che si portava alla bocca testimoniava lo stupore e l'orrore di fronte alla violenza improvvisa e inaspettata. Mi alzai in piedi, tremante, incerta su cosa fare o dire di fronte alla scena che si stava svolgendo sotto i miei occhi. Justin si volse verso di me con uno sguardo feroce, e senza esitazione prese la mia mano, tirandomi a lui con una forza che mi fece sobbalzare. Sentii il suo corpo rigido contro il mio, la sua presa ferma e implacabile -Lei è mia- disse con rabbia, mentre Ethan giaceva a terra, il viso contorto dal dolore e gli occhi sbarrati dallo shock. Justin, con il volto impassibile, osservò la sua vittima con freddezza, come se nulla potesse scalfirlo. Qualcuno dei cittadini cominciò a parlare a voce alta, chiedendo cosa stesse succedendo e se qualcuno avesse bisogno di aiuto. Altri si affrettarono a tirare fuori i loro telefoni cellulari, pronti a chiamare la polizia o ad intervenire se la situazione dovesse degenerare ulteriormente -Andiamo! - mi tirò via con fermezza, lasciando Ethan a terra sanguinante, mentre cercavo di urlare un -Aspetta! - disperato, agitandomi nel tentativo di fermarlo. Ma lui non si fermò, ignorando completamente il mio appello. Sentii un debole -Hey! - provenire da Ethan, ma Justin non diede peso alla sua voce. Ci allontanammo rapidamente dalle persone, attraversando la folla fino a raggiungere un altro parco isolato. Mi chiesi con crescente ansia dove mi stesse portando, mentre la sua presa rimaneva ferma e decisa sul mio braccio. Continuava a camminare avanti con determinazione, io mi impuntai, gridandogli con fermezza: -Mi stai spaventando! - con voce tremante, cercando di mascherare l'angoscia che mi stringeva il petto. Le mie mani tremavano, il cuore batteva furiosamente nel petto mentre cercavo di comprendere la situazione in cui mi trovavo. -Perché hai fatto tutto questo? – chiesi con un sottile filo di angoscia. Justin mi guardò con intensità, i suoi occhi bruciavano con un fuoco interno che mi fece rabbrividire.

-Laila, io...- iniziò, ma sembrava lottare con le parole, come se esitasse a rivelare qualcosa di profondo e personale -Io... mi sento attratto da te- disse infine, la sua voce sommessa ma carica di sincerità. La sua confessione mi colpì come un fulmine a ciel sereno, lasciandomi senza fiato -Attratto da me? - sussurrai, incapace di nascondere lo stupore nella mia voce. 

-Sì- rispose Justin, il suo sguardo non si allontanava dal mio, come se volesse leggere ogni mia reazione. Le sue parole mi colpirono come un pugno nello stomaco, lasciandomi senza fiato. 

-È così divertente per te ridicolizzarmi? - gli chiesi con voce carica di irritazione -Sì... Perché mi piaci, naturalmente- rispose ancora Justin ormai calmato. Poi si sedette sul prato, a giocare con i fili d'erba come se niente fosse. 

-Hai già la ragazza, smetti di cercarmi- continuai, sentendo il mio cuore stringersi nel petto -Ho rotto con lei- sussurrò, coprendo la mia voce, continuava a non guardarmi, concentrandosi invece sul prato di fronte a lui come se fosse la cosa più interessante del mondo. -Bugiardo! - gli gridai, il mio sdegno esplosivo risuonava nell'aria tra di noi, mentre lo fissavo con occhi fiammeggianti. Justin si alzò in piedi, sembrava sorpreso dalle mie parole e dalla mia reazione così vivida. -Mi dispiace, torna al tuo buon umore- disse, avvicinandosi a me e mettendomi un braccio attorno al fianco, come se volesse consolarmi o calmarmi. 

-Non mi toccare! - gli intimai, allontanandolo con un gesto brusco, toccandogli il petto con fermezza. -Se ti piacessi veramente, non ti comporteresti in questo modo con me- gli dissi. Ero piena di rabbia e delusione, sentivo che tutte le mie emozioni stavano esplodendo in quel momento, e non riuscivo a trattenere le mie parole o i miei gesti. Era come se la mia mente fosse una tempesta in tumulto, incapace di trovare pace o chiarezza. 

-Quel bacio è stato egoista. Non lo avresti fatto se...- mi sfogai, mentre lui continuava a guardarmi con espressione perplessa -Ho sempre pensato...- non riuscii a trattenere le lacrime in quel momento, -Che quando sarei andata al liceo, avrei vissuto un amore fantastico. Ci saremmo conosciuti tra i corridoi, avremmo cominciato a piacerci a poco a poco... creato un bel ricordo insieme... il primo appuntamento... sarei stata accanto a lui, con lo stesso passo... raccontarci ciò che ci piace... fare le stesse cose... e prenderci mano nella mano per la prima volta- conclusi singhiozzando. Lui mi guardava, con occhi forse comprensivi alla mia tristezza, sembrava dispiaciuto. Ma io non mi fermai. E le mie lacrime neanche -E un bacio... ce lo saremmo dato dopo una profonda conoscenza... Speravo veramente in questo- sussurrai, sentendo il peso delle parole che uscivano dalla mia bocca, come se fossero cariche di un'infinita tristezza. 

-Non devi piangere! - La sua voce risuonò con forza, costringendomi ad alzare lo sguardo e a incontrare il suo sguardo diretto. -Non piangere per queste stupidaggini infantili! - alzò leggermente le spalle, visibilmente agitato. Ma io non me ne preoccupavo della sua compassione. Mi feci più vicina a lui, come se volessi fargli comprendere quanto quelle "stupidaggini infantili” fossero davvero importanti per me, anche se lui non riusciva a capirlo. Alzai il pugno contro il suo petto, provocandogli una piccola spinta. -Il peggio...- sussurrai, mentre lui seguiva le mie mosse con lo sguardo, aspettando le mie parole con una tensione palpabile nell'aria. -Il peggio è che conoscerti è stato il peggior giorno della mia vita- dissi, lasciandolo così, senza ulteriori spiegazioni o risposte. Abbassai lo sguardo, sentendo il peso delle mie emozioni mentre mi giravo e tornavo in piazza a passo costante, cercando di nascondere la mia vulnerabilità dietro una maschera di forza, neanche credevo alle parole che avevo appena detto. 

-Laila! - mi chiamò, la sua voce colpì il mio orecchio come un eco lontano.

-Io non ti farò piangere- aggiunse improvvisamente, le sue parole risuonarono nel vuoto intorno a me.

Uscii dalla festa, cercando di asciugarmi le lacrime che continuavano a sgorgare silenziosamente e di mantenere la compostezza e di concentrarmi sul cammino verso casa, il pensiero di Ethan continuava a tormentarmi. Speravo che fosse al sicuro e che non si fosse rotto nulla, non potevo fare a meno di sentirmi responsabile per averlo lasciato da solo. Con un sospiro pesante, mi affrettai lungo il marciapiede, sperando di trovare conforto e sollievo una volta arrivata a casa. Dopo qualche minuto ero arrivata, non era ancora mezzanotte, cercavo di non fare rumore, sgattaiolando in camera senza svegliare nessuno. Mi infilai nel letto, cercando un po' di conforto tra le lenzuola. La mia testa rimbombava ancora una volta di pensieri, preoccupazioni e rabbia, creando un vortice di emozioni che sembrava inghiottirmi. Non potevo sopportare l’idea che qualcuno potesse prendersi gioco di me, ma allo stesso tempo non sopportavo ancor di più il fatto che mi interessasse questo qualcuno. Nonostante tutto, le parole "Non ti farò piangere" mi tornavano in mente, come un eco di una promessa inaspettata. Era stato il primo ragazzo a mostrare un qualche tipo di interesse per me, anche se in modo bizzarro. Ma ora, cosa dovevo fare? Non volevo incontrarlo a scuola, non volevo affrontare l'imbarazzo di quella situazione. Quello di cui avevo bisogno ora era dormire, mettere da parte tutte le preoccupazioni e lasciare che il sonno portasse via tutto. Poi, quello che succederà, succederà.


  
  
Presto lo dimenticherò, dimenticherò tutto...
 
 
 
 
 


 
 
 
 _______________________________________________________________________________




 
 Laila si sente un po’ insicura,
 non sa se fidarsi o meno.
 Darà una possibilità al dolce Ethan, 
 oppure cederà alle attenzioni tempestose di Justin?
 
Continua a leggere...
 
  

 

Eccomi qua, sono tornata con un nuovo capitolo. Purtroppo non riuscivo più ad accedere.
    
Per favore lasciami una piccola recensione di incoraggiamento 
 
 
 
  

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per info: †youdeserveastorybookending

 

[REVISIONATA APRILE 2024]

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Capitolo 9
*** Eight. ***



8.

 

 

Il mattino seguente, mi svegliai con una sensazione di stanchezza che mi avvolgeva come una coperta pesante. Nonostante la notte trascorsa, le preoccupazioni continuavano a pesare sul mio cuore. Mi sentivo vulnerabile, come se il mondo intero si fosse unito contro di me. Accesi il telefono e notai un nuovo messaggio su Instagram. Era da parte di Ethan. Un brivido di nervosismo mi attraversò mentre aprivo il messaggio, chiedendomi cosa potesse dire. "Mi ha cercato lui, forse è tutto a posto?" pensai, cercando di convincermi che Ethan volesse solo assicurarsi che stessi bene dopo la serata turbolenta. Mi sentivo profondamente responsabile per Ethan, come se avessi lasciato che un amico fosse trascinato in una situazione difficile senza poter fare nulla per evitarlo. Ogni volta che pensavo a quanto era accaduto alla festa, provavo un senso di colpa che mi pesava sul cuore come un macigno.

 


 
 

Ma quando nominai Justin nel mio messaggio di risposta, la mia attesa ansiosa venne bruscamente interrotta. Ethan smise di rispondermi. Rimasi a guardare lo schermo del telefono, con una sensazione di sconforto che mi opprimeva il petto. Sembrava che ogni speranza di risolvere le cose fosse stata strappata via da me in un istante. Mi chiesi cosa avessi detto di sbagliato, cosa avessi fatto per allontanarlo così bruscamente, se solo fossi intervenuta prima, se avessi cercato subito di calmare le acque o di allontanare Ethan da quella situazione pericolosa. Anche se sapevo che non potevo cambiare il passato, mi sentivo come se avessi tradito la fiducia di Ethan o non avessi fatto abbastanza per proteggerlo da Justin. Andai a scuola con meno voglia del solito, sentendomi come se avessi il peso del mondo sulle spalle. Avevo l'impressione che, se continuavo su questa strada, non sarei stata in grado di dimostrare le mie capacità agli esami imminenti. I miei pensieri ronzavano nella mia testa, confusi e tumultuosi. Avevo così tanto da affrontare e così poco tempo per farlo. I miei genitori si aspettavano tanto da me. Ero l'unica figlia che riusciva a soddisfare le loro aspettative a scuola, mentre mia sorella non era mai stata molto competitiva. Sentivo il peso di quelle aspettative su di me, e non volevo deluderli. Mi sentivo come se fossi in una gabbia, prigioniera delle aspettative degli altri e delle mie stesse paure di fallire. Era un peso che portavo con me ogni giorno, mentre cercavo disperatamente di trovare il modo di superare tutto ciò e dimostrare il mio valore. Ma al momento, la strada sembrava più difficile che mai. Al parcheggio, Kate mi aspettava come sempre, con il suo sorriso contagioso dipinto sul volto. Mi guardò felice di vedermi, e io le ricambiai con uno sforzato sorriso.

 -Ciao bella! - esclamò, allungando le braccia per abbracciarmi. Accettai il suo abbraccio, cercando di immergermi nell'affetto che sapevo mi offriva -Non ti abbiamo più vista alla festa, sei sparita- sussurrò Kate tra i boccoli dei miei capelli mentre ci abbracciavamo -Mi dispiace, Kate- risposi con voce trattenuta, cercando di non far emergere troppo la mia angoscia -È stata una serata... complicata-

-Che è successo? - chiese Kate, preoccupata, mentre si allontanava leggermente per guardarmi negli occhi. -È successo con Ethan e... e poi c'è stato Justin- confidai, sentendo un nodo alla gola -Mi sento così confusa, Kate- Kate mi ascoltò attentamente, stringendomi forte come se volesse trasmettermi tutto il suo sostegno attraverso quell'abbraccio -Se hai bisogno di parlare, di sfogarti, sono qui- Era un conforto sentire la sua presenza accanto a me, e mi sentii un po' meno sola nel mio turbinio di emozioni. -Ho incontrato Ethan, abbiamo passato la serata assieme… quando è arrivato Justin, l'ha picchiato, e mi ha trascinato con lui in un posto isolato, dicendomi che gli piaccio e non sta più con Becky- dissi tutto d'un fiato, lasciando che le parole uscissero con una rapidità che rifletteva la mia agitazione.

-Cosa ha fatto??- gridò Kate, ma la zittì tirandola dietro all'albero più vicino -Sssh! Parla piano! Così attirerai l'attenzione di tutti- le sussurrai, quasi buttandole la mano alla bocca per fermarla.

-Ma a chi vuoi che interessi, Laila! - scostò le braccia dalla mia presa, manifestando la sua preoccupazione -A me sì- la fulminai con lo sguardo -Non ti scaldare e raccontami- mi incitò Kate, chiedendomi di continuare. Raccontai brevemente ciò che era accaduto, cercando di tenere a bada le lacrime mentre ripercorrevo gli eventi della sera precedente. Kate annuì, cercando di comprendere la gravità della situazione -Deve essere stato spaventoso- mormorò, la sua espressione riflettendo la preoccupazione per me -È stato terrificante- ammisi, stringendomi le braccia intorno al corpo -Mi dispiace tanto, Laila- disse Kate, avvicinandosi per darmi un abbraccio -Non sapevo che fosse una persona così aggressiva- disse -Non so cosa fare ora, ma so che posso contare su di te- le risposi -Laila, devo dirtelo- disse Kate, guardandomi seriamente -Non raccontare nulla ad Aaron- chiesi, implorando con gli occhi. Kate sembrò esitare per un attimo, ma poi annuì lentamente -Va bene, prometto di non dire nulla finché non sarai pronta. Ma promettimi di stargli alla larga, okay? - -Okay- risposi con un sospiro di sollievo, sentendo un peso sollevarsi dalle mie spalle -Sono qui per te, sempre- disse Kate, sorridendomi con gentilezza -Ora entro che mi devo incontrare con Aaron prima delle lezioni- disse Kate, puntando il pollice dietro di lei verso la porta d'ingresso -Uh, vai allora, non farlo aspettare! - scherzai, spingendola giocosa verso l'edificio -Tu non vieni? - si impuntò Kate verso di me. Tentai di trovare una scusa e dissi: -Ho la prima ora buca, mi fermo in biblioteca- mentii -Ok, ci vediamo dopo allora- rispose Kate e sparì tra gli studenti. In realtà, il terrore di imbattermi in Justin mi assaliva, solo il pensiero di vedere il suo viso imbronciato...

Mentre gli ultimi studenti si inoltravano nelle loro classi, io prendevo la direzione delle scale con un'aria furtiva, evitando accuratamente la biblioteca. Non volevo che i miei genitori venissero a sapere che avevo intenzione di saltare le lezioni. C'era un solo posto dove avrei trovato la tranquillità di cui avevo bisogno: il tetto della scuola. Era un rifugio noto a tutti, dai disperati in cerca di solitudine, ai campioni in allenamento per le competizioni, agli strafattoni, a chi si nascondeva per scopare in tranquillità. Ma stavolta, quel posto sarebbe stato tutto per me. Mentre mi accomodavo sulla sedia che avevo preso, cercavo un angolo all'ombra dove trascorrere la mattinata. Il cielo era una tela senza macchia, di un blu che aveva il potere di calmare la mia mente. Una canzone leggera danzava tra i miei pensieri, cercando di allontanare lo stress. Dal tetto della scuola, lo scenario si apriva davanti a me. Lì sotto, il signor Cliff, il giardiniere dal cuore grande e dalla pancia generosa, era intento nel suo compito di raccogliere le foglie nel vialetto. Il vento, però, si divertiva a giocargli brutti scherzi, aggiungendo altre foglie appena raccolte alla sua opera. La sua espressione, tra l'irritato e il buffo, era uno spettacolo da osservare. Era forse l'unica figura con cui ci si potesse fare amico in quella scuola. Mentre mi godevo la tranquillità del momento, mi accorsi troppo tardi di non essere più sola. Alzandomi di scatto, mi nascosi dietro al cornicione sperando di non essere scoperta. Davanti ai miei occhi si svolse una scena alla quale avrei preferito non assistere. Becky uscì dalla porta seguita da Justin, che la seguiva quasi controvoglia, trascinato dalla mano che teneva stretta nella sua. Il mio cuore iniziò a battere così forte che mi sembrava di poterlo udire rimbombare nell'aria. Si fermarono, e l'atteggiamento di Justin trasudava chiaramente di irritazione, come se non volesse essere lì. Non riuscivo a udire le loro parole, ma era evidente che stavano avendo una discussione. Sebbene avessi preferito evitare di osservarli, la mia curiosità prese il sopravvento e non fui in grado di distogliere lo sguardo. La mia mente era in tumulto mentre assistevo a quella scena imprevista. Era quasi un incubo trovarmi sul tetto della scuola proprio nel momento in cui incrociavo Justin proprio con Becky, in mezzo a una situazione evidentemente tesa. Mi sentii sollevata nel constatare che non stavano per avere un loro momento intimo, ma la tensione nell'aria era palpabile. Becky aggrappò il braccio di Justin, implorandolo con lo sguardo, come se lo supplicasse affinché tornasse da lei. Justin, resisteva, voltando lo sguardo altrove. Poi, in un momento di sospensione, Becky lo baciò e questa volta Justin non oppose resistenza. Sentii il mio stomaco stringersi in un nodo, mentre cercavo di non lasciare trasparire le mie emozioni. Decisi di voltarmi, sperando che se ne andassero presto. Era troppo per me, aver assistito a tutto questo. Becky fu la prima a lasciare il tetto, seguita poi da Justin, che rimase immobile per un attimo a fissare il cielo prima di rientrare. Mi chiesi cosa stesse pensando, cosa lo tormentasse così intensamente. Ma alla fine, mi ritrovai a rimuginare su una questione che non era affatto mia, ma che aveva in qualche modo intrecciato il mio destino in quell'istante.


 

Non sapevo se mi piacesse Justin,

però...però mi sentivo lusingata,

mi sentivo…orribile.

 

 

Mentre restavo lì, appoggiata al cornicione con il capo all'indietro, mi domandavo cosa fosse accaduto esattamente un attimo prima. Era chiaro che Justin e Becky stessero ancora insieme, anche se non riuscivo a capire come fosse possibile. Erano così diversi, come se appartenessero a mondi completamente opposti. Becky incarnava il classico cliché della ragazza popolare, mentre Justin sembrava più in sintonia con un altro tipo di persona più cupa e complessa. Mi chiedevo cosa potesse attrarre Justin in lei. Forse era solo l'aspetto fisico, o forse c'era qualcosa di più profondo che sfuggiva al mio entendement. Pensai anche a Kate e alla bugia che le avevo detto riguardo all’ora buca. Mi chiesi cosa avrebbe pensato quando avrebbe scoperto che non ero tornata a lezione per tutta la mattina. Decisi di tirare fuori il cellulare per avvisarla, non volevo lasciarla preoccupata più del dovuto. Mentre la mia pancia cominciava a brontolarmi, segno che era giunto il momento di mangiare qualcosa, decisi di aspettare che tutti uscissero per scendere e prendermi un boccone al piano di sotto. Ringraziai il cielo per il sole che riscaldava l'aria intorno a me, altrimenti sarei diventata un ghiacciolo come mi era successo una volta. Scendevo le scale con il pensiero già rivolto al cibo quando sentii il telefono vibrare. Era un messaggio di risposta da parte di Kate. 

 

 

Anche se sapevo di aver nuovamente mentito a Kate, il suo messaggio mi rallegrò, mi ricordò quanto le volessi bene. Con questo pensiero in mente, mi avviai verso le macchinette e presi un succo di lamponi, perfetto per la stagione. Mi dissetai con gusto e poi mi diressi verso la biblioteca. Mentre camminavo, notai Cliff nel corridoio e lo salutai con un sorriso mentre lui alzava il cappello in segno di saluto. Amavo quei momenti dopo le lezioni, quando la scuola era deserta e silenziosa. Arrivata alla biblioteca, riposi un libro dalla borsa, che avevo preso il mese precedente, nello scaffale giusto. Ero tentata di tornare a casa, ma la mia attenzione fu catturata da un libro particolarmente interessante. Intrigata, mi avvicinai per dare un'occhiata. Mentre mi lasciavo trasportare dalle fotografie del libro, immergendomi nelle splendide immagini e colori che mi trasmettevano serenità, sentii improvvisamente una sensazione terribile che mi scosse fino nel profondo. Interrotta la mia quiete senza alcuna remora, alzai lo sguardo e vidi proprio davanti a me un ragazzo alquanto fastidioso, con un sorriso beffardo. 

-Laila! È passato un po’- si avvicinò pronunciando il mio nome con un tono divertito, mi sentii immediatamente irritata. Le sue mani si posarono sui miei capelli, scuotendoli e spettinandoli, mentre io cercavo di allontanarmi.

-Ma cosa...? - feci, cercando di liberarmi dal suo tocco fastidioso. Fortunatamente, quando capì che la sua presenza non era gradita, ritirò le mani e io mi sistemai -Cosa c'è? Non posso neanche salutare? - chiese Justin, ancora sorridendo. Mi sentii confusa da quella sua presenza inaspettata -Che ci fai ancora qui? - chiesi, stupita dalla sua persistenza -Sono venuto a provarti una cosa- disse, e poi estrasse il cellulare mostrandomelo.





Mentre Justin cancellava il numero di Becky dalla rubrica del suo telefono, lo guardai con occhi accusatori, chiedendogli cosa significasse tutto ciò.

-È la prova che io e Becky non stiamo più insieme- disse lui soddisfatto -Adesso mi credi? - 

-E questo cosa c'entra con me? - chiesi, chiudendo il libro con un sospiro. -Non funzionerà tra di noi, dopo tutto...- feci una pausa, chiudendo il libro che sfogliavo -Tu e io... viviamo in due mondi differenti- dissi. Il suo sorriso svanì e il suo sguardo si abbassò al pavimento. Poi, quasi sussurrando, tentò di dire qualcosa, ma si interruppe. Mi girai verso di lui, guardandolo mentre taceva, il suo sguardo ancora rivolto verso il basso. 

-Sono lusingata che io ti piaccia- dissi, interrompendo il silenzio. Justin alzò lo sguardo, voltandosi verso di me, e per un momento ci guardammo negli occhi. 

-Grazie, davvero, ma basta così- conclusi. Mi alzai dal mio posto e mi diressi verso la porta senza voltarmi, e lui non disse nulla. Mi voltai solo per chiudere la porta, e lo vidi ancora lì, con lo stesso sguardo vuoto che aveva avuto giorni prima quando mi aveva sorpresa con il bacio. In quel momento, mi resi conto che forse finalmente non mi avrebbe più rivolto parola. Pensai a quel sorriso giocoso così bello e vivo. Non l'avevo mai visto sorridere così. E adesso, tutto era andato perduto.




  Carissimi lettori, sono tornata.
Vi devo avvisare però di una cosa!
 Il problema è che dovrò sospendere la storia per quest'anno, 
 diciamolo voglio finire questa 
fottuta scuola OPS.
 
Mi scuso infinitamente.
 Intanto 
GRAZIE a coloro che seguono la mia storia, e recensiscono.
 
Vi amo♡♡♡
 
P.S. Vi siete chiesti cosa sono quei pensieri di Laila al passato? hehe
 

 

 

 

 

Eccomi qua, sono tornata con un nuovo capitolo. Moooolto corto, scusate :S

   Per favore lasciami una piccola recensione di incoraggiamento 
  

 
 
 
 
 


 

 

[REVISIONATA APRILE 2024]

 youdeserveastorybookending<

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Capitolo 10
*** Nine. ***





            
9.
 
 
 
Continuai a pensarci per il tragitto fino a casa, cosa aveva fatto questo ragazzo per influenzarmi così?
C'era qualcosa che non mi riuscivo a spiegare. Il ragazzo dell'estate non poteva semplicemente essere qualcun'altro?
Qualsiasi all'infuori di lui. Perchè non volevo averci niente a che fare, chissà dove mi avrebbe portato il solo frequentarlo.
E poi mio padre.. una grossa risata mi uscì al solo pensiero.. indubbiamente no.
Se solo lo venisse a sapere, non mi farebbe neanche andare a scuola per vedere Kate. Per lui i ragazzi sono offlimits. Sopratutto uno dall'aspetto come quello di Justin.
 
 
Cercai le chiavi nella mia borsa, le luci in casa erano accese. Tutti mi aspettavano seduti a tavola.
Mio padre, tornato presto, mia madre, e Lily. La serata la si poteva riassumere in una cena come tutte le altre un pò silenziosa, se non fosse per le continue frecciatine puntate da mia madre e mio padre. Stranita da tutto, cercai di finire in fretta il cibo che avevo nel piatto, non avevo detto una parola, mi passai il tovagliolo sulle labbra, scostai la sedia per alzarmi e mi diressi al piano superiore. Dopodichè feci una sosta in bagno, mi guardai allo specchio cercando di togliermi l'immagine dei miei genitori dalla mente. Aprii il rubinetto feci scorrere l'acqua, mi chinai e me la buttai in viso, più quantità potevo finchè l'immagine sbiadì.
Finito di asciugarmi la faccia, andai in camera da letto. Non passò tanto tempo che mia sorella mi raggiunse.
 
 
-Laila! Sto entrando.-
Mi ero seduta sul bordo del letto, mi spostai la ciocca di capelli dietro l'orecchio e l'accolsi.
-E' successo qualcosa?- Lily sgattaiolò tra le mie braccia.
-Un...un ragazzo orribile mi ha detto che gli piaccio- aspirai abbastanza aria per poi soffiarla fuori.
-Davvero? Aspetta. Orribile?- mi guardò Lily stranita. -Non sò come spiegarlo..- poi continuai.
-Si sente proprio un teppista sdolcinato, non lo sopporto- Lily che era più grande di me di 5 anni aveva compreso all'istante.
-Ho capito, ma è proprio così orribile?- la sua mano mi accarezzo la gote, comprensiva. Scossi la testa. Non era orribile in quel senso. Anzi.
-Allora come fai a dire che è orribile? Ti sei presa del tempo per conoscerlo?- mi accusò.
Si. Ovvero non di persona.
-No- sospirai. Se penso ai tentativi con coi lui ci aveva provato, e io non gli ho dato corda.
-Allora non giudicarlo- mi sorrise -E' stato il primo ragazzo a confessarsi, giusto?- curvò il capo.
Guardai il pavimento, scappando dal suo sguardo, però -E' vero- ammisi, perchè era la verità.
Per concludere in bellezza, Lily si alzò con un gran sorriso, mi baciò la fronte e come se sapesse a cosa stavo passando, tentò ripassare i punti fondamentali.
Quando raggiunse la porta, si voltò verso di me -Non dovresti preoccuparti se gli piaci- e uscì dalla stanza.
Preoccuparmi? Lily aveva ragione..
 
 
 
 
Justin è stata la prima persona a confessare i suoi sentimenti per me.
 
 
 
 
Il giorno dopo, avevo passato lunge ore a pensarci e ripensarci, che Kate ha avuto la brillante idea di informarmi che Ethan aveva cambiato corso, ora mi sono sentita un pò in imbarazzo dato l'ultima volta che ci siamo visti, ha ricevuto un pugno da Justin, ma che io non ho potuto fare niente, ero sorpresa quanto lui nel vederlo in quel modo. In più aveva visto che ero sparita tra la folla in sua compagnia mentre nessun'altro nemmeno Kate ne era a conoscenza. Il fatto che continuava a fissarmi in classe mi turbava ancora di più, aveva ancora i pesti sul naso e un cerotto sul labbro. Mi faceva pensare a Justin. E non volevo neanche sentirlo nominare.
Mi dispiace per come l'abbia ridotto, ha agito di impulso solo perchè era con me? Perchè Ethan si girava dai primi banchi a guardarmi? Era arrabbiato anche con me? La vittima in questa storia ero io, io soltanto. Che volevano tutti da me!
 
Ora Kate passava più tempo con Aaron che con me e le altre, come biasimarla, il ragazzo del quale era cotta dal primo anno ora era il suo di ragazzo.
Almeno non rischiavo di parlarle di Bieber. A pausa lezione stavo passeggiando nel cortile della scuola, e lo vedo raggiungere uno spiazzo dietro a una pianta.
Che cosa stava combinando? Così decisi di avvicinarmi. Era chino su un prato di fiori coltivati, sicuramente da Cliff, e aveva un mazzo in mano ma non li stava raccogliendo, bensì ripiantando. Per mia sfortuna la mia presenza non fu poi così invisibile, schiacchiai col piede sinistro un rametto di cigliego, e il rumore provocato fece voltare il bel viso al ragazzo.
-Hey Laila!- sorrise.
Con la gomma affianco, cominciò ad annafiare il  mazzo di fiori appena piantato, che iniziò ad essermi famigliare.
-Quelli..- sussurrai, gli aveva in mano quel giorno alla piscina. Erano i "patetici" fiori che mi aveva portato. Mi sentii un pò in colpa.
-Gli ho dato un sacco di fertilizzante- si alzò, continuando ad innaffiare. Era contento, nonostante io gli avessi rifiutati. Evidentemente gli aveva rubati dal giardino della scuola, però era stato carino e ripiantarli. Non ho idea di che espressione avevo al momento.
-Guarda- alzò la gomma, portando lo spruzzo l'acqua in alto, i raggi del sole in contrasto con l'acqua avevano formato un perfetto arcobaleno pieno di colori.
Era meraviglioso.
-Questo è il tuo regalo di compleanno!- non aveva smesso neanche una volta di sorridere. I suoi occhi erano color nocciola, non me ne ero mai accorta.
Aprezzai il gesto, e quella magia di colori aveva fatto sciogliere la mia freddezza che ricambiai il sorriso. Poi portò il getto dell'acqua verso di me ripetutamente, a piccoli stratti, cercando di bagnarmi.
-Dai! Sei stupido? Mi bagni!- mi riparai con le braccia. Ma a lui sembrò non importare che scoppiò in una risata amara. Risi anche io. Ero molla.
 
 
 
Justin, era sempre in grado attraverso piccole cose, di vincere facilmente il mio cuore..
 
 
 
A casa, il sole era già tramontato. Mi scappò un'altro sorriso ripensando all'episodio di stamattina, mentre salivo le scale all'ingresso.
Mia sorella sul divano a guardare la sua serie preferita mi aveva notato.
-Avevo ragione allora!- urlò per farsi sentire -Sta zitta!- le risposi, e corsi veloce in camera mia. Percepii un suo ghigno.
Tra poco sarebbe stata pronta la cena, avevo abbastanza fame, non avevo ancora toccato cibo.
La mia tasca dei jeans vibrò.
 

1 Messaggio Ricevuto.
 



 
Non mi aveva parlato dalla sera della festa in città. Ora come ora non avevo voglia di rispondere perchè il pensiero di Justin mi ossessionava, e non volevo avere quello di un altro ragazzo per la testa. Già uno mi basta. Ma siccome non andava affatto bene, ho dovuto trovare una risposta in modo che, non mi avrebbe fatto altre domande.


 

 
Messaggio Inviato.
 


Che poi per quale motivo aveva cambiato corso?
A soddisfare la mia domanda fu certo il gesto della mattina dopo.
Alla prima ora, avevo la lezione del prof. Tiger che era appena iniziata.
Il mio solito compagno di laboratorio stava male, ed ecco che vidi Ethan avvicinarsi verso di me.
-Ciao- disse sicuro, io mi limitai a sorriderli.
-Posso sedermi?- chiese impacciato -Certo!- gli risposi 
e gli feci spazio spostando il mio materiale.
-Ragazzi fate silenzio laggiù e prendete i vostri posti- ci bachettò il prof. Tiger.
Tirai fuori il libro degli appunti ed Ethan fece lo stesso. Ci guardammo e gli sorrisi. 
-Bene cominciamo!- fece il prof -Seguitemi attentamente a pagina 81..-
Tutti gli studenti seguirono passo per passo il professore, quando la porta dell'aula si spalancò provocando un forte rumore, io e Ethan guardammo l'ingresso.
-Un attimo, tu che ci fai qui?- si alterò ill professore. Il cuore mi palpitava.
Il ragazzo con tutta fretta, avanzava tra i banchi fino a fermarsi proprio di fronte al banco mio e di Ethan, che lo guardava malissimo. Oh no!
L'intruso mi prese per mano facendomi alzare.
Poi si voltò verso il professore -Prendo Laila Sordino, in prestito per un pò- gli rispose.
E in modo prepotente mi portò fuori dall'aula -Aspetta!- gli urlai, Ethan, Kate, il prof. Tiger e gli altri assistettero alla scena.
Avrei giurato che qualcuno lo avrebbe fermato, così tentai io.
 

Attraversammo il cortile fino al parcheggio, lo pregai di nuovo di fermarsi ma Justin insiteva, così lo presi per la maglia, finalmente si fermò. 
-Cosa ti passa per la testa?- mi staccai dalla presa -Perchè sei sempre così irruento?- mi agitai contro di lui.
-Monta sulla moto- mi ordinò indicando la ducati dietro di lui -Saltiamo le lezioni- rise.
-Non ci penso neanche- ribattai -Per andare dove poi?- gli chiesi.
-Sali e vedrai..- non sò se facevo bene a fidarmi di lui, secondo Lily dovevo conoscerlo meglio, ma il mio istinto mi avrebbe fatta tornare in classe.
-Odio quando fai così..- ribatto -Non fare la timida!- sorrise spettinandomi i capelli. Presi le distanze.
Poi Justin raggiunse la moto, tolse il cavalletto salì e mi porse il casco. Dovevo fare la mia scelta ora o mai più. Così presi il casco e montai dietro.


Sfrecciò con il verde di Kansas City intorno a noi, prese un sentiero che non avevo mai fatto. Quindi quegli alberi e alture mi erano del tutto sconosciuti. 
-Dove stiamo andando?- mi avvicinai al suo casco per farmi sentire -Eh, cosa?- tolse lo sguardo dalla strada per voltarsi verso me, l'aria mi entrava e mi fischiavano le orecchie -Dov'è che stiamo andando??- cercai di urlare più forte -E' un segreto- urlò divertito.
-Adesso voliamo, reggiti!- mi prese mani e braccia e le incrociò sui suoi fianchi, ma io imbarazzata dal gesto le levai subito -Come vuoi..- fece spallucce.
Quando accelerò, il vento mi portò all'indietro che subitò per non cadere reagì, e mi aggrappai alla sola cosa disponibile, ovvero i suoi fianchi, che li provocò un piccolo ghigno. La velocità con cui andava mi spaventò che urlai di smetterla, ma lui si limitava a ridere divertito, aumentai la stretta al suo corpo, e cominciai a urlare quando c'erano delle piccole discese. Chi è stato il pazzo a dargli la patente?
Raggiungemmo il Moses Bridge, dove rallentò e appena si fermò scesi di corsa, pregando di aver toccato terra.
-Siamo arrivati!- disse -Sono sicuro che ti renderà felice- e di nuovo quel sorriso brillante. Lasciammo moto e caschi, Justin si incammino per un sentiero sulla strada e io lo seguì, andava a passo spedito che facevo fatica a raggiungerlo in discesa, lui non stava attento affatto a dove mettesse i piedi mentre io sì.
Cominciammo ad avvicinarci al  fiume, passai per delle scalette di legno, poichè Justin aveva tutta l'intenzione di raggiungere la riva. Ma prima si fermò permettendomi di raggiungerlo. Accennò a un sorriso, e mi invitò a continuare.
 
 
Justin...quella fu la prima volta...che camminò al mio fianco. Le nostre ombre erano allineate, l'una vicina all'altra.
Sembrava cercassero di avvicinarsi ancora, come a rivelarci.. il nostro futuro.
 
 
All'ultimo scalino avevamo finalmente raggiunto la riva. Perchè mi aveva portato qua?
-Guarda un pò..- con l'indice e il pollice di entrambe le mani formò una cornice che elevò verso l'alto, mi avvicinai con il capo accanto al suo e entrambi guardammo al di là della cornice, dentro si vedeva il cielo con le sue nuvole come se tutto il resto all'esterno sparisse, proprio come un quadro.
-Senti, perchè il cielo ti piace così tanto?- si rivolse a me -Cè bisogno di un motivo per amare qualcosa?- gli risposi seccata, lui mi guardò e abbassò le braccia. Ero impegnata ad ammirare le nuvole quando mi accorsi che non c'era più niente da guardare, perchè ero diventata oggetto di osservazione per Justin, che era troppo vicino.
Mi fissava dritto negli occhi, forse lui ci era abituato ma io..oh io no. Arrossì. Ma che stavo facendo? Tolsi lo sguardo e cominciai ad attaccare con la parlantina.

-Io credo, che per amare qualcosa non ci sia bisogno di una ragione- risposi fiera. Lui mi sorrise compiaciuto alzando gli occhi al cielo, sopreso per il suo fallimento. Era rimasto nella posizione curva precedente. Si mise entrambe le mani in tasca e mentre fissava il fiume fece un passo avanti.

-Laila, tu l'altra volta avevi detto.."camminare fianco a fianco", "confidarci le cose che amiamo".. io sò cosa ti piace- mi guardò -Quindi questa volta è il mio turno di dirtelo- mentre parlava, ammirava il paesaggio che avevamo davanti -Ecco perchè ti ho portata qui- mi spostai i capelli dietro all'orecchio destro. Aveva tutta la mia attenzione.

-Questo è il posto che preferisco- curvò il capo verso di me -Ero soggetto a bullismo da piccolo..- aggrottò la fronte, e socchiuse gli occhi dai raggi del sole.
-Davvero? Non l'avrei mai detto- sdrammatizzai -Si. Sono sempre stato turbato, pensando che dovevo fargliela vedere- poi si fermò, e sorrise ripensandoci. Mi strofinai le spalle e mantenni quella posizione -La prima volta che mi sono battuto con loro fu qui, sembra che ogni volta che torno divento più forte- la mia mano involontariamente si porse sulla sua spalla, e si girò con sorpresa guardandomi, cercai di incoraggiarlo con quel gesto. Poi continuò.

-Questo fiume è il mio posto preferito, perchè continua ad andare avanti, è forte-. Tolsi lo sguardo da lui, per osservare attentamente l'acqua.
-Allora è vero. Sei proprio come questo fiume. Anche tu stai andando avanti- gli sorrisi.

Justin si distese sull'erba, portandosi le braccia dietro alla nuca. La vista dei suoi muscoli mi fece un pò agitare, che distolsi lo sguardo.
-Preferirei diventare il cielo, comparato al fiume- e con una mano indicò l'immenso blu sopra di noi -In questo modo, non importa dove tu sia, posso subito trovarti. E se qualcuno vuol farti del male, volerei verso di te e mi batterei per te- mi sentii veramente a disagio alle sue parole. Nessuno mi aveva mai dato tanta importanza.
Mi distesi difianco a lui, calò le braccia lungo i fianchi e girò il capo verso me, io feci lo stesso. Mentre ci fissavamo gli occhi l'un l'altra dissi -Si stanno avvicinando-
lui mi guardò con estraneità -Le cose che tu ed io amiamo... sembrano avvicinarsi- sorrise per quello che avevo detto e io pure. L'avevo detto davvero?

Poi senti un contatto sul dorso della mano con la sua, si sfiorarono, sentii le sue dita avvicinarsi alle mie, degluttii, per un attimo esitò, non era sicuro di quel passo, poi glielo permisi. E
ra arrivato quel momento, Lily. Il momento in cui avrei conosciuto Justin, quello vero.

Le nostre dita si incrociarono, il calore delle mani era diventato unico, e i nostri sguardi erano rivolti al cielo, sorridemmo all'unisono, con qualche cenno di imbarazzo sul volto, e il cuore e i pensieri che andavano per i cavoli loro.

Cominciai a cambiare, anzi.. di sicuro cominciai a tingermi dei colori di Justin. Il cielo che sembrava non cambiare mai, mi appariva completamente diverso.
Per il semplice fatto che lo stavamo ammirando insieme, era diventato infinitamente più bello.
 
 
Sai Justin, anche se non stiamo più insieme, fino ad ora, continuo lo stesso ad amare il cielo.
 
 
 
______________________________________________________________________________________________________

"You'll realize that you love me"

 



Eccomi qua, sono tornata con un nuovo capitolo.
Ovvero ho diviso l'8, che mi sembrava più carino se finisse così :}
   Perfavore lasciami una piccola recensione di incoraggiamento
 
 


Finalmente! Adoro questo capitolo♥ devo dire che è stato un parto.
Un autore può amare la sua storia come non fosse sua?♫

Allora, carissimi 
lettori, notate qualcosa di diverso?
Ebbene sì, ho cambiato la grafica al header in onore del CAP 10!
(bhè in realtà è ancora il 9 lol)

Spero vi piaccia! Inoltre ho aggiunto gli screen dei messaggi..
Più avanti metterò dei link di tutte le ambientazioni della storia!
qui

Li trovo troppo carini☺ Non trovate?
Un GRAZIE a coloro che seguono la mia storia, e recensiscono.
Come si comporteranno Laila e Justin dopo questo episodio?

Continua a leggere♡♡ Aww sono troppo fiera.
p.s vi siete chiesti cosa sono quei pensieri di Laila al passato? eheh☻ 

ⓢⓚⓨ ⓞⓕ ⓛⓞⓥⓔ

Poi contattarmi ╚> qui <╝

!Questa storia riprenderà a Luglio!
 

 

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Capitolo 11
*** Ten. ***


 10.
 
 
 
 
Il cielo quel mattino era diverso, il contatto con Justin mi provocava una leggera serenità tuttavia non riuscivo a distogliere lo sguardo dall'alto, per cogliere anche un solo squarcio di quel viso. In nostri corpi allineati, così vicini, erano in perfetta sintonia con la vegetazione, e lo scorrere del fiume era l'unico suono a udirsi. D'improvviso la mia mano si staccò dalla sua presa, con un movimento veloce il suo corpo si sollevò dal terreno, non potei evitare di far cadere l'occhio nelle piccole vertebre della nuca che sbucarono dal girocollo della maglietta. Deglutii.
Si voltò verso di me di tre quarti, continuavo a fissarlo, mi sorrise dolcemente poi si alzò in piedi. Si diresse verso l'acqua dandomi le spalle.
Io lo seguii con lo sguardo quando sparì dalla mia vista sollevai il collo, mi sbarazzai delle foglioline secche sui vestiti e lo raggiunsi.
Justin proseguì oltre la sponda, avrei giurato che non lo facesse ma entrò dentro il torrente fino a che l'acqua non gli raggiunse i polpacci poi eccolo di nuovo, girarsi verso me. Mi rivolse un sorrisetto maligno. Era attraente, ma non volevo mostrare che mi faceva effetto quel suo pavoneggiarsi.
Capii che stava aspettando una mia reazione.


 -Che c'è?- lo guardai gesticolando -Non penserai che venga dentro l'acqua!-
-Penso proprio di si- disse -No..- cominciai a indietreggiare.
-Oh si!- avanzò velocemente a passo largo per colpa dell'attrito dell'acqua, ma era forte e riuscì a uscire in un batter d'occhio.
-Non ci provare!- urlai terrorizzata dall'idea di finire tra le sue grinfie, avevo intenzione di raggiungere le scalette ma lui mi prese per i fianchi, provocandomi un brivido lungo la schiena che gridai divertita e in pochi secondi mi sollevò a un metro da terra. Mi strinse il fianco mentre si avvicinava veloce al fiume, una presa sotto braccia e l'altra sotto alle ginocchia mentre dimenavo le gambe.Nessun ragazzo aveva mai preso un'iniziativa del genere. In quel momento era come se io e lui fossimo amici da sempre, ciò che si era creato tra noi, sembrò così normale. Come se avessimo passando tutta l'estate assieme. Lo pregai di mettermi giù picchiettando sulle spalle che quasi inciampò.
Lui non ne diede peso e rise.
 
-Mettimi giù!- gridai.
-Con piacere- ridacchiò.
Quando raggiungemmo la sponda mi buttò in acqua, e quasi mi cadde sopra.
Ero completamente molla dai piedi fino alla clavicola, qualche schizzo mi arrivò ai capelli. Certo l'acqua era bassa.
 -L'hai fatto apposta!- spalancai la bocca, ferma immobile a guardarmi le scarpe ormai zuppe.
 -Ne era mia intenzione dall'inizio- Justin era in piedi a ridere come un'idiota.
 
Aveva anche lui i vestiti bagnati che aderivano al suo corpo, mostrandone la forma.
Che faccia tosta! D'istinto li lanciai addosso l'acqua colpendo i suoi bei capelli, e anche lui fece lo stesso.
-Ah! Vuoi la guerra eh?- disse divertito. Presi gusto a spruzzargli l'acqua ed ebbe inizio una piccola battaglia.
Mi colpì la faccia -Dai- risi e ricambiai lo spruzzo, allora lui mi tenne stretto il braccio in modo che non scappassi, e mi lanciò a grosse quantità l'acqua in viso riducendomi la vista, mi coprì con l'altro braccio quasi non respiravo più. Mi sentivo così vicina a lui. Era una sensazione nuova.
Questa vicinanza per un attimo mi distrasse. Ma odiavo l'idea di farmi trattare così da lui, in quel momento ero la più inferiore tra i due.
Riuscì a liberarmi e dargli una piccola spinta che cadde all'indietro -Hey!- urlò con sua sorpresa. Non sò cosa mi avesse spinto a farlo, ma risi alla cosa.
 Scappai per evitare un altro riavvicinamento così uscii dall'acqua e mi sedetti sull'erba al sole. Justin, che mi vide fuggire da lui, dopo essersi alzato dall'acqua.. uscì, prese un lembo della maglia e con essa si strofinò la testa, tamponandosi i capelli, che bagnati apparivano più scuri.
Questo gesto gli scoprì l'addome, di conseguenza mi provocò una piccola fitta alla pancia, e distrattamente mi morsi il labbro.
Notò che lo stavo fissando e gli scappò un sorriso. Con un pò di imbarazzo, portai lo sguardo verso il basso.
 
-Ehm..Non sarà meglio tornare?- dissi.
 -Perché? Ci stiamo divertendo, no?- fece per togliersi la maglia, un nodo mi si formò alla gola.
-Ma io voglio tornare a scuola!- dissi tutto d’un fiato, socchiudendo gli occhi. Mi inumidì le labbra.
Justin fermò le braccia all’altezza del collo e si rimise la maglia a posto.
 -Ok Laila- disse piano.Mi si avvicinò mettendo le mani sulle mie spalle, sentii le guance avampare, mi guardò dritto negli occhi.
 -Se lo vuoi..Ti riporto a scuola- disse. Fissai le sue labbra a cuoricino che nella mia testa si muovevano lentamente. Cambiò completamente atteggiamento da quello precedente. Adesso era serio. Annuii. -Si, perfavore-
Justin mi prese la mano, e io lo segui fidandomi nuovamente di lui. Ripercorremmo la stessa salita che ci avrebbe portato alla moto. Mi diede le spalle trascinandomi dietro a lui, osservai le sue spalle muoversi a ritmo con il passo. Mi piaceva tutto questo. Camminare con lui mano nella mano.
Forse avrei potuto fare tutto quello che avevo sempre desiderato.
Con lui.
 
 
 
"Justin, perchè non ho voluto mi sconvolgessi la prima volta, ti seguivo sempre da vicino, sempre da dietro"

 
 

Camminai accanto a lui, non era molto alto, diciamo un ragazzo nella media.
Per non farmi scottare dal sedile scaldato dai raggi del sole, Justin ci mise gentilmente un panno.
Facemmo lo stesso percorso precedente questa volta non esitai a tenermi a lui, ma era imbarazzante lo stesso, e forse.. anche per lui. Entrati al cortile della scuola, parcheggiò insieme alle altre moto.
 -Siamo arrivati- si volse a me con la visiera che li mostrava solo gli occhi.
Scesi facendo attenzione a dove mettessi i piedi, mentre lui inserì il cavalletto, io mi tolsi il pesante casco e glielo porsi.
-Grazie- sussurrai. Lo seguì fino agli spogliatoi della palestra, non sapevo cosa fare, ero a scuola e stare con lui.. insomma non era mai successo.
Justin aprì il suo armadietto per prendere qualcosa, io rimanevo dietro di lui, guardandomi attorno imbarazzata che qualcuno ci vedesse. Improvvisamente la mano di un ragazzo palestrato si poggiò sulla spalla di Justin che si girò di scatto.
 
-Aaron! hey..- li strinse il pugno, si salutarono normalmente come se l'amico non avesse notato la mia presenza, poi Aaron mi vide e mi sorrise. Io ricambiai il sorriso. Mentre Justin ci fissava.
-Laila!?- una voce acuta irruppe nella stanza, e dietro ad Aaron spuntò Kate.
-Dove sei stata?- mi rimproverò, sembrava arrabbiata a tal punto di non aver notato Justin.
-Al fiume vicino al Moses.- le risposi anche se sapevo non avrebbe capito dove.
-Ma perché?- si agitò gesticolando.
 
-Era con me- intervenne Justin.
 
Kate lo guardò strizzando gli occhi più volte -Tu!- disse, constatando che eravamo vicini -Siete spariti per delle ore..- puntò il dito in sua direzione, Aaron le mise una mano sulla spalla.
-Ero preoccupata per te! Se non tornavi cosa avrebbe fatto tuo padre, ci hai pensato?- si spostò verso la mia direzione e mi prese la mano poggiandone una sopra l'altra.
-Kate, lo sò.. lo sò. Non lo verrà a sapere d’accordo?- la tranquillizzai.
-Che hai saltato un paio d’ore di scuola?- disse Justin scherzando verso l’amico Aaron.
-E per colpa tua aggiungerei- disse acida Kate.
 
-Comunque piacere sono Justin, Justin Bieb..- porse la mano verso Kate -Lo sò chi sei!- disse lei con mezzo sorriso, prima che Justin finisse di dirle il suo nome.
-E così.. voi due fate sul serio?- chiese Justin ad Aaron.
 
-Già, lei è fantastica- disse l’amico un po’ troppo felice e diede un bacio a stampo a Kate proprio davanti me e Justin tenendole la mano, solo che Kate essendo più bassa di lui si è dovuta alzare in punta di piedi. Non lo sò ma vedere Kate baciarsi con un ragazzo mi ha fatto leggermente salire una piccola nota di gelosia.
-Tsk..lo vedo- disse guardando Kate.
 
-Hey Bizzle! Hai intenzione di venire a lezione?- lo invitò Aaron, con del gloss sull’angolo destro del labbro.
-Se proprio devo- disse sorridendomi.
-Tanto io e Laila abbiamo ginnastica ora- disse Kate.
Lei e Aaron si salutarono con un altro bacio mentre Justin mi si avvicinò.
-Ci vediamo dopo scuola? Ti vorrei presente alle nostre prove..- disse giocherellando con il ricciolo castano dei miei capelli. Guardai d’impulso altrove, mentre lui cercava il mio sguardo aggrottando la fronte. Pensai al cazziatone che avrei ricevuto una volta a casa e mi decisi.
-Va bene- dissi stringendo i pugni, per la sua mano tanto vicina al mio viso. Lui sorrise.
 
-Può venire anche Jade, se ci tieni- scherzò con Aaron -E' Kate! Per tua fortuna non posso devo tornare a casa a controllare mio fratello- disse ironicamente.
Justin mi guardo ed emise un 'mhh' alzando le sopracciglia -Ci vediamo all'uscita- mi fece l'occhiolino, e con la mano sulla testa mi mosse delicatamente i capelli per la terza volta, li avevo contati. Già.
Aaron sparì varcata la porta e Justin dietro di lui. Quando io e Kate entrammo in palestra c'erano Julie e le altre. Mentre svolgevamo gli esercizi, ridevo più del solito, e scherzavo pure con quelle del gruppo che sopportavo poco. Mi ero appena presa una cotta e già sembrava avessi perso la mia identità. Ma ero felice. Tutti e tutte mi osservavano e forse sapevo perché. Sentivo alcune ragazze che dicevano "Ma come può Bieber frequentarsi con quella" oppure "E' lei la ragazza?" e ancora "Si è lasciato con Becky per mettersi con una come la Sordino?" Oh no. Ditemi che è uno scherzo.
 
-Sei l'argomento del giorno..- mi si avvicinò Kate.
-Ma come è possibile, chi può..- dissi confusa –Beh, quando Bieber ti ha portata via nel bel mezzo della lezione il prof è impazzito e la notizia ha fatto il giro- enfatizzò lei.
-Non pensavo fosse così popolare..- le risposi pensierosa.
-Infatti, però quando sei il migliore amico di Aaron..- mi fece l'occhiolino.
-Non ti aspettare di diventare importante pure tu!- scherzai dandole un colpetto.
Dopo pochi minuti le altre ci raggiunsero -Laila, che succede? Perché sento il tuo nome e quello di Justin Bienel nella stessa frase dalla bocca della gente?- intervenne Julie.
-E' veramente un casino!..- sbuffai -Il suo nome è Bieber, poi credo sia perché sono uscita con lui quando non dovevo..- ripensai all’accaduto -Nel bel mezzo della lezione- aggiunse Kate. Julie rimase impietrita. -Ah! proposito dove ti ha portata?- mi chiese Kate -Forse è meglio che te lo dica in un altro momento non trovi?- la colpì -Giusto- confermò lei. A volte mi sembrava che Kate soffrisse di perdita di memoria, o era semplicemente menefreghismo?
In un attimo mi era parso di intravedere tra le tribune Becky Woosbore, che mi osservava con cattiveria. Però era lontana, forse avevo visto male, così continuai a palleggiare la palla da basket che mi avevano passato, rialzai lo sguardo ed eccola lì che mi fissava. Mi ha riconosciuta? Forse la notizia che girava era giunta fino a lei. Doveva essere andata così. Non aveva motivo di odiarmi dato che non aveva più niente a che fare con Justin. Non mi piaceva essere fissata dalle gente. Non mi piaceva essere fissata in alcun modo da Becky. A fine lezione, in corridoio alcuni studenti quando ci passai a fianco, ebbi la sensazione fossero pronti a sussurrare qualcosa tra di loro. Qualcosa sul mio conto . Ero sempre tormentata da quello che la gente pensava di me, ma ora di quello che la gente poteva dire di me. Quando giungemmo agli armadietti per lasciare i libri del giorno dopo, salutai le altre e tornai in classe. Ethan era rimasto al suo posto, guardava fuori dalla finestra e in quel momento un senso di dispiacere mi trasalì alla gola. Presi coraggio e avanzai verso il suo banco.
-Ti posso parlare?- dissi miserabilmente.
Lui alzò lo sguardo, con occhi stanchi mi sorrise e fece cenno di sì con la testa. Lo portai sulla terrazza, dove alle nostre spalle c'era un bellissimo tramonto roseo.
-Ehm..tu probabilmente lo saprai già..- emisi nervosa, scostandomi freneticamente i capelli dietro all'orecchio e punzecchiandomi la mano.
-Tra me e…- mi morsi il labbro, non potevo credere a ciò che stavo per dire -Tra me e Justin...beh ecco, ti sei preoccupato per me quella sera..- mi fermai per prendere fiato -Mi dispiace, ti chiedo scusa- chiusi gli occhi velocemente -Non serve che ti scusi.- disse umilmente.
-Ma..- obiettai io -Non sono nella posizione di discutere degli affari tuoi- disse forzando un sorriso e se ne andò, lasciandomi sola su quella terrazza a riflettere, pensavo che Ethan provasse qualcosa per me, e mi sentivo in dovere di scusarmi personalmente. Ma per colpa mia adesso probabilmente quei sentimenti si erano spenti.
 
 

"Nulla e tutto allo stesso tempo mi rendeva euforica, nulla e tutto sembrava raggiante. Questo perché non avevo allora realizzato che.. quel mio nuovo amore.. avesse ridotto l'amore di qualcun'altro a pezzi. Questo perché.. io avevo occhi solo per Justin"

 
 
 
Come promesso dopo scuola tornai da Justin, nel suo corso ad assistere alle prove. Lui e la sua band avevano scritto un testo da proporre al Festival di fine anno. Lui era lì, davanti alla finestra, indossava una canotta bianca in sintonia con la temperatura fuori e scherzava con i membri. Mi fermai alla soglia, il cuore mi batteva forte sperando l’attenzione di Justin si fermasse su di me e quando mi vide fece cenno d'entrare. Mi sedetti sui banchi in prima fila.
-Poi dimmi cosa ne pensi eh?- mi sorrise, con la chitarra sulle gambe.
L'atmosfera era bellissima, come la prima volta che lo sentii suonare, il vento muoveva le tende facendo entrare la luce del tramonto in aula rendendo la melodia più suggestiva. Era bravissimo a suonare, la sua voce ti catturava completamente, sentire quella voce mi ricordò il giorno del mio compleanno, quando cantò per me al telefono, ma vederlo era tutta un’altra cosa. Anche Aaron se la cavava con il basso. Suonarono diverse canzoni durante le quali Justin ogni tanto mi lanciava sorridendo delle occhiate dolci, credetti che ciò che intonava era rivolto a me e arrossì dall'imbarazzo.
 

 
♬"If I could take away to pain, and put a smile on your face,
baby I would, baby I would
If I could make a better way, so you could see a better day,
baby I would, baby I would" ♩

 

 
Concluse le prove Justin insistette a riaccompagnarmi a casa in moto, era freddo, si era fatto buio e Lily mia sorella, mi aveva mandato un sms dicendomi che nostro padre avrebbe fatto tardi a cena questa sera.
-Allora..ti sei divertita stasera?- mi chiese Justin mettendomi un braccio intorno al collo.
Mi sorprese che ci tenesse tanto al mio parere.
-Si. Siete bravissimi. La canzone l'avete scritta voi?- gli chiesi mentre raggiungevamo il parcheggio.
-Io e Aaron- sorrise -Ah e mi dispiace per le prove, abbiamo fatto un pò tardi- disse mentre mi porse il casco, era quasi buio -Non ti preoccupare, per fortuna mio padre torna a casa tardi- alzai le spalle.
-Tuo padre?- chiese, io annuì.
-E' un tipo spaventoso? Devo averne paura?- mi chiese terrorizzato -Un pochino- risi.
-Sono terrorizzato!- scherzò. Scoppiai a ridere e gli diedi un colpetto sul petto.
-Se lo conosci, non è così male- conclusi.
Per salire sulla ducati mi aggrappai alla sua spalla e montai sopra la sella per i passeggeri.
-Ah proposito di mio padre, devi lasciarmi prima del viale, altrimenti c’é il rischio che i vicini ci vedano e lo venga a saper - li urlai all'orecchio temendo il casco li comprimesse il timpano -Non c’é problema- e diede il gas.
 
Verso casa nel momento in cui raggiungemmo il mio quartiere diedi un colpetto a Justin sulla spalla per avvertirlo che si doveva fermare. Scese anche lui per salutarmi.
-Principessa, lei è arrivata a destinazione- allungo il braccio per farmi strada -La ringrazio- e mi inchinai stando al gioco.
 
C’era qualcosa di strano tra noi -Ed ora la mia ricompensa..- sussurrò, e tutto d'un tratto, mi prese di sprovvista, afferrandomi per un fianco avvicinò il suo volto al mio, cercando le mie labbra. Andai in panico così chiusi gli occhi. No! Mi allontanai istintivamente, nascondendomi dietro all'aiuola affianco.
-I vicini!- dissi piano. Justin si guardò intorno con nonchalance, poi mi raggiunse tra le foglie, mi toccò lentamente la guancia puntandomi la bocca. Osservai ogni suo movimento, sentì la sua mano sulla mia pelle -Ecco una chance- emise divertito. Stava per baciarmi di nuovo ma rivolsi il capo verso la pianta. Justin aggrottò la fronte indietreggiando. Cadde il silenzio.


Non vidi più nulla, il tempo sembrò fermarsi, non sapevo a cosa stesse pensando, avevo perso l'occasione, ma ecco che sentii la sua mano prendermi delicatamente la testa e avvicinarla a sé. Ecco ci siamo Laila, chiudi gli occhi, dissi a me stessa. Ma le sue calde e umide labbra non raggiunsero le mie bensì si appoggiarono sulla mia fronte. Le gote al suo dolce e inaspettato contatto avamparono, e le ginocchia tremarono. Credevo di svenire.
Aprì gli occhi, mi stava guardando quando disse -Aspetterò… fino a quando sarai pronta. Non importa quanto tempo ci vorrà- Scusa. Non sò perché continuo a essere così insicura, mi rimproverai.
-Ecco la tua borsa- mi porse lo zaino, e la presi con un accenno di rammarico.
Rimontò in moto e prima di partire mi rivolse le sue ultime parole -Ci vediamo domani!- e partì.
Collegai il cervello dopo alcuni secondi, ricambiai e si volse poco prima di sparire dietro l'angolo.
Percorsi il viale buio e silenzioso da sola, a pochi metri da casa mia. Con un pensiero fisso che mi provocava, potevo baciarlo.. poi la tasca dei miei jeans vibrò, lessi l'ultimo messaggio della giornata.
 
 
Da: Justin
 
Sogni d'oro Laila!
 
 
Sorrisi. Stavo per rispondergli quando avvertì di nuovo quella sensazione soffocante.
Alzai lo sguardo, sotto il portico di casa vidi scendere dagli scalini una figura scura, che con passi inesorabili procedette verso me, il battito aumentò rapidamente, il respiro divenne affannoso come se avessi corso invece di prendere la moto, era ombreggiata e non vedevo chi fosse, dalle scarpe doveva essere una donna, continuava ad avanzare quando la sagoma si mostrò alla luce, i bei ricci biondi mi spiccarono agli occhi, e finalmente la riconobbi. Becky Woosbore.
Si appoggiò alla buchetta della posta con il nome della mia famiglia a braccia incrociate, con lo sguardo da vipera. Come sapeva dove abitavo? Una frazione di secondi dopo, delle mani mi presero il petto, un’altra si scaraventò sulla mia bocca placandomi le neo urla che rimasero in gola involontariamente, qualcuno mi mise un panno negli occhi e non vidi più nulla. Buio totale. Mi legarono le mani. Sentivo solo voci maschili, delle braccia mi presero per le caviglie e mi sollevarono da terra, persi la borsa che cadde al suolo. Dovevano essere circa quattro persone. Feci attenzione se riconoscevo qualche voce, mentre mi dimenavo emisi solo qualche strillo soffocato. Ero in preda della paura. Mi sentii dondolare avanti e indietro, finché due di loro mi lanciarono dentro a qualcosa, forse un furgone. Sbattei la testa e persi conoscenza.
 
Quando mi svegliai, ero accovacciata su un pavimento freddo, non ero più legata. Mi alzai da terra, portandomi le mani alla testa che pulsava per la botta. Dove mi trovavo?
Intorno a me non c'èra nulla se non scatoloni, vecchia roba rotta e neon che emettevano si e no una luce fioca. Le pareti e le mattonelle bianche mi incutevano terrore, seguì con lo sguardo scrutando il luogo dove mi trovavo. Vidi delle scale, quella doveva essere l'uscita, se mi avvrettavo sarei potuta scappare ma non riuscì a fare un passo poiché una voce mi pietrificò.
 
-Un viso così candido- Becky avanzò verso di me.
-Cos'è tutto questo?- indietreggiai lentamente.
-Come hai fatto?- mi chiese bruta, non capii a cosa volesse riferirsi –Cosa hai fatto per farti notare da Justin?- mi guardò con occhi profondi come se volesse strapparmi dei segreti dalla mente.
Continuò ad analizzarmi. Dietro a lei spuntarono ragazzi vestiti di nero con il viso coperto, solo che non erano quattro, ma tre. Si misero a cerchio. L'ansia prese la sua parte nel gioco.
-Credevi che qualcuno come te fosse abbastanza per lui?- disse con arroganza.
Fu a pochi centimetri da me, con le braccia conserte, e una gamba distanziata all'altra, che mostravano luccicanti tacchi. Il suo sguardo cercò il mio ma mi limitai a guardare le piastrelle.
-Devi lasciarlo- mi minacciò. Con le mani arrivai a toccare il muro, non avevo via di scampo. Tre liceali dietro del sesso opposto mi fissavano il petto. Tremavo.
-No..- sussurrai -Come?- alzò il sopracciglio Becky.
-Non voglio- confermai a voce alta.
-Ti ho detto..di lasciare Justin!- furiosa sbattò la mano sulla parete cui ero appoggiata
-NO!- urlai ad occhi chiusi sempre più agitata.
-Chissà cosa succederà allora..- girò il capo verso il ragazzo che stava al centro.
Lei indietreggiò, e i ragazzi mi si avvicinarono. Il primo mi guardò poi mi tirò con tutta la forza che aveva un pugno in faccia. Gemetti dal dolore.
Quasi persi l'equilibrio, i capelli mi coprirono il volto appiccicandosi alla pelle intrisa di sangue che mi era uscito dalle gengive. Lo guardai con occhi lucidi e spaventati.
Mi tirò per i capelli al suolo, gemendo dal dolore caddi con i gomiti su pezzi di vetro. Quasi piansi.
Mentre stringevo i denti cercando di rialzarmi, mi sfiorai la bocca sporca di rosso, Becky si avvicinò a me -Credevi che questo era tutto quello che ti avremmo fatto?- disse perfida.
Cercai di indietreggiare strisciando all'indietro aiutandomi coi gomiti doloranti e le gambe. Volevo scappare.
-Per assicurarmi che non vedrai di nuovo Justin.. scatteremo alcune foto- disse con malignità
Foto? Che significa?
Il primo ragazzo tornò, si accavallò sopra di me, agitandomi cercai di colpirlo, ma riuscivo a muovermi.
-AAhh!- gridai. Il secondo ragazzo si inginocchiò, toccandomi il petto cercava di strapparmi la stoffa mentre il terzo ragazzo ci faceva delle foto con un cellulare. Una. Due. Tre foto.. e così via. Di Becky non c'era più l'ombra, era sparita. Ero rimasta sola dentro un’incubo.
-Non voglio!- urlai, mi dimenavo con le braccia, cercando di difendermi, e non permettergli di toccarmi. La mia forza era inutile contro di loro. Il primo ragazzo mi prese le braccia bloccandomi a terra. L’altro mi scostò le cosce. Tre contro una ragazzina di secondo anno.
-No!- gemetti mentre le lacrime mi rigavano il viso.
-Lasciatemi stare!- gridai disperata mentre loro ridevano come fosse tutto un gioco.
-Ho detto basta!- li pregai, ma questo non bastò.
-Aiuto!- emisi prima che mi soffocarono le grida con le mani sporche. Scuotevo la testa, volevo che tutto questo finisse. Piangevo. Non avevo più forza dentro di me, come se le pile che tenevano in vita il mio corpo, si stessero consumando ogni volta che cercavo di reagire.
Gridavo dentro di me, in cerca d'aiuto. Gridavo il suo nome.






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Eccomi qua, sono tornata con un nuovo capitolo :}
   Perfavore lasciami una piccola recensione di incoraggiamento 
 
 


Eccomi! I'm back con un nuovissimo capitolo♥ 
Mi siete mancati tantissimo, come scrivere questa storia!

Mi fa piacere che state continuando a seguirmi nonostante le lunghe pause di mesi, anni 
non lo sò più, il fatto è che la scuola mi ha rallentato...

I link di tutte le ambientazioni della storia le trovate 
qui

Cosa ne pensate di questo capitolo? Sembrava tutto rose e fiori e invece..
Un GRAZIE a coloro che seguono la mia storia, e recensiscono.
Come ne uscirà Layla ?

Continua a leggere♡♡ ne vedrete delle belle!☻ 
 -il trailer uscirà presto-

ⓢⓚⓨ ⓞⓕ ⓛⓞⓥⓔ

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Capitolo 12
*** Eleven. ***


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11.

 

 

 

L'odore era sgradevole, c'era umidità dappertutto. Mi sentivo sporca, sporca come questo posto, e le mani di tre uomini che mi toccavano, e scoprivano nudità che non voglio mostrare a nessuno. Stavo piangendo e gridando con tutta la voce che avevo sperando che qualcuno mi senta, così che potrò tornare a casa mia. Mi salì l'angoscia, quando qualcuno mi chiuse la bocca, non volevo morire, non volevo essere lì. Qualcosa di umido mi sfiorò una coscia, il mio corpo era paralizzato, pregai che questo incubo finisse presto, perché non potevo sopportare questo dolore. Non feci che piangere e gridare ma non servì a niente. Le loro risatine mi fecero salire il vomito, così come la puzza di sudore, che l'adrenalina espelleva dai pori. Era tutto una sofferenza, non pensavo ad altro che morire, perché questa situazione era peggio della morte. Il tempo passava e perdevo sempre più forza, che usavo per liberarmi invano, piangevo non facevo altro che piangere. Click, click. Tra i gridolini e le risate, sentivo il rumore del cellulare rubarmi la mia nudità. Tre contro una, tutta questa storia è assurda, voglio finirla qui.

 

Un colpo. Due colpi. Seguiti da altri rumori interrotti. La porta vibrò.

 

-Laila! Laila! - la voce proveniente dalla porta sul fondo, risuonava nell'ambiente circostante. La riconobbi all'istante, così morsi la mano del mio aggressore tentando di liberarmi.

-JUSTIN! - strillai più che potevo. Dopo vari colpi la porta sigillata si spalancò.

Justin irruppe nella stanza, con un grande salto superò le scale facendo peso sul corrimano. Ero sorpresa e allo stesso tempo sollevata che fosse qui.

-Laila! - la sua voce feroce mi cercava, quando sembrò avermi notata, il suo sguardo si posò alle mani del delinquente sul mio corpo. La sua espressione cambiò, era arrabbiato.. Ci corse addosso.

-Voi, bastardi figli di puttana! - scaraventò con un calcio quello che mi teneva il collo che cadde al suolo a peso morto.

Tornai a respirare, con fiato lungo e affannoso, come avessi corso, ed ero terrorizzata a morte. Guardai Justin prendere per la camicia, il ragazzo che mi teneva le ginocchia intorno alla vita.

-Come osi toccarla?!- e gli sganciò un pugno ribaltandolo.

Un'altra delle mille facce che non gli avevo mai visto in volto, era spaventoso. Non sapevo cosa provare in quel momento, stava rischiando la sua vita per me, ero io quella che si era messa nei guai ed ora temevo per entrambi. Ecco l'altro ragazzo scaraventarsi su di lui, prendendolo per la schiena. Mi portai le mani alla bocca per fermare il grido di sussulto. Justin gridò. L'adrenalina li salì fino alla gola. Prese la mano dell'aggressore sulla sua spalla e se lo tolse di dosso spingendolo. Si rialzò pieno di energia.

-Ultimo desiderio? - gli domandò fuori di sé, il violentatore rispose:

-S... sì, mi piacerebbe tanto vedere come sono venute le foto della tua amichetta- ghignò con impertinenza.

Temessi che Justin avesse reagito d'impulso. Il ragazzo si precipitò, Justin gli bloccò le braccia e con una ginocchiata lo colpì allo stomaco, il ragazzo si accovacciò tossendo, ancora con grande forza Justin lo spinse, cadde sulla schiena e rabbioso gli tirò un calcio sul fianco, per il dolore strinse la pancia con le braccia, piagnucolando. Dopo alcuni secondi Justin si chinò per strappargli il cellulare ancora nella mano. Scavalcò il suo corpo e lanciò il telefono a terra. I due fuggirono senza tentare più nulla.

-Bastardi! - disse impetuoso.

E con il piede pestò l'apparecchio fino a che non rimasero che piccoli pezzi. Poi con le mani alle ginocchia si chinò per prender fiato, era esausto... se ne passò una sui capelli sgocciolanti e sporchi. Il cuore mi batteva forte da quando avevo messo piede in questa specie di inferno, ma ammirando Justin così determinato nel proteggermi, un briciolo di serenità mi calmò. Ero ancora stesa, con i muscoli tutti doloranti, e il viso rigato dalle lacrime, che cominciarono a scorrere.

-Laila! - venne verso di me.

-J..J..Justin- sussurrai tremolante.

Si accovacciò accanto, una riga di sangue gli usciva dalla narice fino al mento, mi alzò la testa delicatamente, e se la portò al petto per consolarmi, oscillando come la madre fa con il suo bambino.

-Sono qui. È tutto finito ora. Sono qui- mi strinse.

-Come hai fatto a trovarmi? - alzai il volto in cerca del suo, serrando i pugni nel tessuto della sua giacca.

-È stato il potere del mio amore- disse porgendo una mano nella mia gota, asciugando con il pollice le lacrime.

 

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Con la forza che ancora mi era rimasta sorrisi alla cosa carina che aveva detto. Dai suoi occhi così premurosi e il calore delle sue mani sulla mia pelle, mi soffermai sul resto.

-Sei stato ferito? - gli chiesi sfiorando la sua bocca con le punte delle dita, bagnate dal suo sangue.

-Non è niente. - mi prese la mano -È solo fatica. - si sforzò a sorridermi.

-Te l'ho detto che ho imparato a difendermi e.… ho fatto lo stesso con te- i suoi occhi stanchi e il suo fiato corto mi spinsero ad abbracciarlo più forte.

Mi sentivo protetta tra quelle braccia. Non so cosa mi avrebbero fatto se non fosse arrivato lui. Volevo non finisse mai questo momento.

-Mi dispiace- piagnucolai, vedendolo in quello stato… per colpa mia.

Ma poi Justin sussurrò -Io… gliela farò pagare alla persona che ti ha fatto questo! - strinse i denti e deglutì.

-Cè la fai ad alzarti? - sciolse il nostro abbraccio.

-Credo di sì- dissi incerta, non volevo farlo preoccupare di più sulle mie condizioni.

-Chiamo mia sorella per farci venire a prendere, aspetta qui- si assicurò.

Lo osservai, gesticolava mentre spiegava cosa fosse successo, era molto serio al telefono. Mi sembrava di assistere a un déjà-vu, come se noi... io e lui, avessimo passato molti momenti assieme. Quando tornò, puntai lo sguardo al pavimento giocherellando con le dita in segno di finta attesa. Con attenzione, mi aiutò ad alzare, feci un passo, ne feci una altro, ma mi curvai alle ginocchia. Non mi reggevo in piedi.

-Aspetta non ti sforzare, ho un’idea. - disse.

Mi precedette, e allungando le braccia all'indietro, si abbassò e disse -Coraggio, sali- esitai prima di aggrapparmi alle sue spalle, con una piccola spinta, riuscì a salire sulla sua schiena. Sbuffò un po’ per poi tenermi le gambe strette a sé per non farmi scivolare. Ero vicinissima al suo viso, il suo mento poggiava comodamente sulle mie braccia che tenevo incrociate intorno al suo collo. Sentivo il suo respiro irregolare sulla pelle, i suoi capelli emanavano il suo profumo e la sua presa alle mie gambe, era forte e decisa. Devo ammettere che mi metteva a disagio il suo tocco. E non potevo fare a meno di ricordare il nostro primo bacio, ancora impresso come vernice fresca. Ma ero troppo scossa per darci peso, così stanca chiusi gli occhi. Mi sentivo a contatto con il suo corpo come non mai. Per tutto il tragitto lui non disse nulla, manteneva lo sguardo dritto avanti a sé. La sua espressione era tesa e la mascella contratta.

Arrivati alla strada, fuori del magazzino, attendemmo nella campagna solitaria, in compagnia di versi di qualche insetto notturno. Nell'oscurità della notte, luci di fanali irruppero l'attesa. La macchina s'arrestò, una donna scese e accorse verso di noi. L'avevo già vista... ma dove?

-Jay... che è successo a questa ragazza? - disse scioccata scrutandomi per bene.

-Zitta e apri lo sportello. - disse scontroso ma con tono fermo.

Non riuscivo a vedere i loro movimenti nel buio. La donna aprì lo sportello del sedile anteriore dove Justin mi aiutò a sedere accuratamente. Mi ero abituata al mio corpo contro il suo e quando mi lasciò sospirai quasi a non voler staccarmene.

-Justin...- mugolai. Temevo di rimanere da sola.

Justin con tremolii mi allacciò la cintura, e scostandomi i capelli dietro le orecchie disse -Tranquilla. Ti porterà a casa mia- sorrise, mentre osservava con accuratezza la ciocca di capelli che stava toccando, senza porre nemmeno uno sguardo al mio.

-Tu… tu dove vai? - mi affrettai di chiedere.

-Devo fare una cosa...- facendo cenno alla sorella.

-Jazz tornerò presto- la ragazza mi guardò con gentilezza. Justin, mi strofinò con le dita il mento, era il suo addio. Poi montò sulla moto, parcheggiata dal suo arrivo, e sfrecciò in direzione di una meta nascosta, che per qualche ragione non voleva che sapessi.

 

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Casa di Justin.

 

Sentivo ancora la stretta ai polsi, mentre delicatamente la sorella maggiore di Justin mi cedeva dei suoi vestiti puliti in cambio dei miei sporchi, vissuti di un'esperienza che non auguro a nessuna ragazza su questa terra. Scese dalla macchina, Jaz mi aveva aiutata a entrare in casa, vuota, se i genitori di Justin erano qui... come facevo a spiegare la mia presenza in casa loro in queste condizioni? Non volevo per nessuna ragione che i miei venissero a sapere di questa storia. Così mi trovavo in camera di Justin.

Le pareti blu emanavano un profumo di freschezza estiva, il letto, su cui mi poggiavo, riprendeva i colori della stanza, alquanto in disordine.

E quella doveva essere la finestra dalla quale c'eravamo scambiati un gioco di sguardi al nostro secondo incontro. C'erano mensole con foto di alcuni giocatori dell’NBA, a me poco conosciuti, e altri oggetti che riguardavano sport. La cosa che mi ha catturato, è stata una tastiera elettronica con degli spartiti raggruppati in confusione, segno di giornate intere passate a comporre. Pensai a quel giorno in aula, quando lo vidi strimpellare quella melodia con le corde, la sua bella immagine in quella mattinata afosa ben a mente.

Sorrisi.

A vedere l'arredamento della camera, Justin era effettivamente un ragazzo normale. Tutto parlava di lui, dalle pareti al suo videogioco preferito. Una figura femminile entrò nella stanza. Stavo trattenendo insicura le ginocchia ancora doloranti al petto.

-Io sono Jazmyn a proposito... la sorella maggiore- si appoggiò alla soglia. Era una bella ragazza, giovane, probabilmente aveva passato i venticinque anni. I capelli erano biondi, ma più massicci di quelli del fratello, così come la corporatura poco femminile, adatta al lavoro di meccanico. Deduco che il padre abbia voluto che i figli mantenessero la officina di famiglia, ma Justin è più uno spirito libero per questo tipo di sacralità, così ha passato tutta la responsabilità alla sorella più grande.

 

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Dopo pochi chilometri in periferia, Justin si scontrò in una baracca in pessime condizioni, con una macchina parcheggiata fuori.

Devono essere loro, pensò.

Bussò ferocemente alla porta, quando un ragazzo poco più grande di lui e mal ridotto aprì, e si buttò impulsivamente addosso afferrandogli il collo.

-Cosa credevate di fare, eh? - chiese brusco.

-Chi vi ha dato il permesso di sfiorarla solamente con un dito???- gridò contro il ragazzo, così vicino al suo volto.

-Non... – l’uomo cercò di parlare, la stretta di Justin quasi lo uccideva.

-Non siamo...stati...noi! - emise dolorante. -C'è stato chiesto! - disse un altro alle sue spalle. Justin mollò la presa, e il ragazzo tossì con foga, cadendo a terra. Justin lo tirò su per la giacca di pelle nera.

-Da chi? Siete stati pagati? - si ostinò a chiedere, ma dall’uomo usciva aria a fatica per la forza usata da Justin. La rabbia lo mostrava feroce, i suoi occhi infuocati, il respiro affannoso, e i denti stretti per evitare di spaccargli il naso.

-Così tu sei Bieber...- un altro ragazzo, più grosso e alto, con delle fasciature alle nocche ed espressione gagliarda, entrò all'ingresso. Sosteneva una grossa tanica di plastica bianca con al suo interno una qualche sostanza, e la buttò a terra in tutta la sua pesantezza. Un personaggio che gli sembrò subito quello che comandava.

Justin stanco, si voltò verso di lui, non lo temeva sperava solo fosse più utile degli altri idioti.

-DIMMI CHI VI HA FATTO FARE QUESTO A LAILA! –

 

 

 

-Sei sicura di non voler andare all’ospedale? - mi domandò preoccupata Jazmyn.

-No. Non vorrei che poi i miei lo venissero a sapere- dissi, passandomi le mani su e giù freneticamente tra le gambe.

-Devi aver avuto molta paura, quando è così, non tenere tutto dentro, piangi pure se devi- si avvicinò al letto, e si sedette al mio fianco.

-Successe anche a me la stessa cosa. - confessò, ruotando costantemente l'anello che aveva al dito, in segno del ricordo ancora indelebile.

-Dissi a me stessa, che dovevo diventare forte- raccontò -Ma tu, hai mio fratello- mi sorrise dolcemente.

Posò un braccio sulla mia spalla. Vidi i segni sulle mani consumate dall’uso degli attrezzi da meccanica. Era proprio una bella donna, non sapevo cosa avesse passato esattamente ma doveva averla resa molto forte.

-Laila, ascoltami attentamente. - sostenne il mio sguardo.

-Justin è già stato con diverse altre ragazze...- sospirò.

-Ma tu, non so come, sei la prima con cui lo vedo così- poggiò la sua mano sopra la mia gamba sinistra delicatamente -Credo che per lui, tu sia la sua prima storia vera. – mi sentii i lobi prendere fuoco, all'udire di quella frase. Ero consapevole di come avevo poco considerato i sentimenti di Justin in precedenza, e come sia stata rigida con lui. Senza sapere nulla di chi fosse davvero.

-Qualsiasi cosa accadrà d'ora in avanti, lui ti proteggerà- Jazz sorrise con sincerità, strofinandomi con il palmo della mano la spalla, e dandomi un piccolo colpetto fronte su fronte.

-Quindi puoi stare tranquilla- disse affettuosamente.

Il suo sorriso, e la brillantezza nei suoi occhi mi suscitarono sicurezza. Impressionante come in questa famiglia la calorosità ti avvolga facendoti dimenticare tutto ciò che è andato storto. Ma ormai era più di un'ora che Justin non faceva ritorno, e cominciavo a essere in pensiero su dove fosse e cosa stessa facendo.

Mentre contemplavo la vista dalla finestra di Justin, cominciai a sentire un brivido lungo la schiena, era quasi l'alba, e mille pensieri cercavano di navigare contro la tempesta che avevo in testa. La porta principale si era aperta, udì degli schiamazzi provenire dal soggiorno, e dei grandi colpi, come se qualcuno stesse spostando i mobili, sentii dei lamenti di una donna e una voce maschile le gridava minacciosa donna di salire al secondo piano contro la sua volontà. Mi avvicinai alla porta della camera. Non riconobbi all'istante chi fossero a causa dell’agitazione, ma più avanzavano e più le voci si fecero nitide:

-Lasciami andare! - frignò la ragazza -Fermati! - e la porta scorrevole della camera di Justin si aprì.

I miei occhi si spalancarono, un sospiro netto mi avvolse ma trattenni lo stupore. Strinsi la mandibola contro la mascella.

 

Era Becky. Ma come...?

 

Retrocessi verso la finestra, afferrando il cornicione e guardai cosa stava succedendo immobile: Justin teneva per la nuca Becky, con presa decisa e sguardo perso, il volto spettinato di lei era contorto di dolore, mi meravigliai come fosse possibile che prima stessero insieme perché a guardarli adesso erano due sconosciuti, nemici… come se si fosse cancellata la loro storia. Becky era donna ma nonostante ciò Justin la stava trattando come sua pari e con brutalità.

-Muoviti e cammina! - disse a denti stretti. E con uno spintone la buttò verso il letto, Becky piagnucolando perse l'equilibrio e cadde sul pavimento. Io non fiatai, non capivo cosa stesse succedendo, stavo tremando.

-C'era lei dietro tutto questo- disse volgendosi a me.

D'istinto presi coraggio e mi avvicinai a osservarla lì per terra, scompigliata e umiliata. Non sapevo cosa dire, dovevo essere arrabbiata? Justin aveva portato qui davanti a me l’artefice dell’aggressione, guardai di nuovo Justin era spaesato ma con la rabbia così evidente in volto, deve averlo molto scosso aver scoperto che era stata lei, e l'aveva portata qui da me, per scegliere il suo destino. Sua sorella era corsa subito in stanza poco dopo, era turbata ma furiosa dell'idea che sia stata una donna fare questo a un'altra donna.

Anche io ero sconvolta, avrei potuto vendicarmi di Becky per aver sparlato di me a tutta la scuola e avermi traumatizzata pianificando una cosa imperdonabile. Per cosa? Invidia perché il suo ex ragazzo dava attenzioni a un’altra? Allora dovevo dare la colpa Justin per aver flirtato con me in queste settimane… Non posso odiarlo, pensai. Non riesco a ignorare questi nuovi sentimenti, non riesco a odiare Becky per quanto fosse orribile. La guardai, così impotente, così fragile, non era poi così tanto bella con il mascara colato e i ricci fuori posto, con la paura in volto, mi faceva pena.

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-Non sembri sorpresa. - disse Justin con la voce aggrottata -La mia ex ragazza ti ha fatto questo! - alzò la voce delirando.

 

Adesso conoscevo la verità, e come uno specchio vidi il mio volto ardere.

 

Egli avanzò verso di lei ancora a terra, che lo supplicava. Le strattonò il braccio verso di lui e Becky alzo il capo scrutandomi con occhi penitenti.

-Laila, cosa vuoi che le faccia? - si rivolse a me -Una tua parola...- emise -E la uccido, cazzo! – Jazmyn non intervenne, mi guardò scuotendo la testa. -No vi prego! – grido Becky in lacrime.

Non volevo vedere Justin comportarsi in modo così violento. Mi limitai a osservare Becky vagire, in quel momento mi sentii superiore a lei, la sua vita ora dipendeva da una mia parola e avrebbe pagato. Ma questo significava diventare come lei. Quegli occhi che prima mi disprezzavano ora chiedevano pietà. Quelle labbra piene di veleno mi suggerivano di lasciarla andare. Tutto dentro di me si fece buio, strinsi gli occhi desiderando di scomparire.

 

"Devi lasciare Justin" "Non toccarlo" "Non stargli vicina" la sua sagoma rimbombava nella mia mente.

 

Sentì il cuore battere all’impazzata, la voce assordante di Becky si indebolì appena sentii lo scorrere dell’acqua. Il battito si calmò e mi comparve Justin pormi la mano dolcemente, ci trovavamo sulla riva del fiume, il mio corpo rigido si rilassò a quell’immagine a me tanto preziosa. Aprii gli occhi.

 

-Non voglio! - gridai

-Come? - Justin lasciò la presa dal braccio di Becky, si raddrizzò scrutandomi meravigliato.

-Non voglio separarmi da te Justin! – dissi fermamente a pugni chiusi lungo i fianchi.

Lui si guardò intorno stordito, volse lo sguardo teso ripetutamente a ogni persona nella stanza, poi scattò in preda all’ira con la mano in direzione del volto di Becky, che si alzò terrorizzata dallo schiaffo imminente quando Jazmyn si precipita a bloccarlo.

-Ora basta! Ci penso io, tu vai da lei. - disse al fratello indicandomi con un cenno del capo. Becky per un momento sbuffò di sollievo.

Ero atterrita con lo sguardo fisso al muro. Justin si affretto a raggiungermi, mi tirò a sé per i polsi stringendomi con un caldo abbraccio. Le sue mani dolcemente premevano sulla testa. Come la gatta madre protegge il suo cucciolo ringhiando a Becky.

Jazmyn assomigliava molto fratello per la sua fisicità mascolina. Becky tentava di nuovo a porre resistenza, la ferocia di Jazmyn era potente, la prese per i capelli e la scaravento alla porta, tenendole la testa ben salda. Lei pianse più di prima.

-Sai già come finirà tutto questo? Non è vero?!- disse minacciandola.

Justin mi accostò verso il letto, c’era molta tensione, il mio cuore aveva ripreso a pulsare velocemente perché ero così vicina a lui, sentivo il suo respiro tiepido spostarmi i capelli. Mi domandai cosa sarebbe successo da quel momento, ma mi trovavo al sicuro tra le braccia di colui che voleva proteggermi più di ogni altra cosa.

Jazmyn si avvicinò alla scrivania per cercare qualcosa quando prese delle forbici e cominciò a tagliare ogni centimetro sulla testa di Becky, che gridava di fermarsi. Il tappeto si riempì di ciocche bionde, Jazmyn continuò fino a che non si creò un mucchietto e la povera Becky perse ogni singolo capello. Aveva perso la sua identità, Jazmyn aveva trovato la sua debolezza. Nessuno avrebbe più guardato Becky Woosebore.

 

I miei capelli fluttuavano nell'aria fresca, era quasi mattino mentre Justin guidava la sua moto sulla strada di ritorno a casa, gli strinsi timidamente la schiena. Mi aveva promesso dopo aver passato tutta la notte fuori che voleva prendersi lui la responsabilità e scusarsi personalmente con i miei genitori, raccontando una versione della storia che avevamo deciso assieme. Avevo molto sonno ed ero stremata, così curvai la testa sulla spalla di Justin, la mia guancia percepii il freddo del giacchetto di pelle nero, -Ahi! – emetti. Tolse qualche secondo lo sguardo dalla strada per girarsi verso me con un grande sorriso, che io ricambiai subito per poi crollare.

Quando riaprì gli occhi, mi accorsi che eravamo fermi. Gentilmente Justin scese dopo aver messo il cavalletto in terra, mi slacciò il casco con un altro sorriso questa volta notai che era stanco e senza più forze, quanto me. Mi prese per mano e mi aiutò a scendere -Grazie- sussurrai sostenendo il suo sguardo.

Appoggiò il suo casco sopra lo specchietto, e prese il mio per metterlo nel sotto sella. Ci incamminammo insieme alla porta di casa mia, lo osservai e notai il suo abbigliamento: jeans strappati un po’ sporchi di rosso, e una maglietta azzurra stropicciata con sopra la giacca nera di una taglia in meno, ben aderente alle spalle, nonostante la stanchezza era molto bello, mi sentivo in imbarazzo quando mi guardava negli occhi.

Bussai tre volte, perché non avevo più le chiavi di casa. Dopo un minuto, le luci si accesero e alla soglia si precipitò mia madre che stava attendendo preoccupata la figlia scomparsa da ore.

-Sei torn...- si bloccò

-Sono a casa- avanzai verso di lei tremando, le gambe mi facevano ancora male. Justin era fermo alla soglia.

-Laila! – mi strinse mamma, poi controllò il viso più da vicino. Dietro di lei, si affacciò mio padre anche lui molto preoccupato. Non notò da subito Justin che colse l'occasione -Mi deve scusare Signore, siamo caduti dalla moto- disse calmo. Mio padre e mia madre scrutarono lo sconosciuto.

-Ma lei sta bene le ho dato le cure, non si deve preoccupare, io e Laila...- mio padre lo interruppe avanzando verso di lui.

-E tu chi sei? - chiese in modo austero.

-Mi chiamo Justin, sono un compagno di scuola- si fermò titubante -ed esco con sua figlia- concluse con tono di rispetto verso mio padre.

-Che cosa? - emise mia madre guardandomi esterrefatta mentre mio padre anche lui stupito, batté le palpebre più volte. Da questa reazione temetti che pensassero che la causa del mio squilibrio comportamentale dell’ultimo periodo fosse questo ragazzo irresponsabile. Non potevo dargli torto.

-Hai tutti quei tatuaggi? - osservò mio padre -È meglio che vai a casa, ragazzo! – disse severo. Justin annuì e indietreggiò senza fiatare.

Mia madre accompagnò verso le scale, costringendomi a salire, mi voltai verso la porta per incrociare i nostri sguardi un’ultima volta, l'uno in cerca dell'altra quando la porta si chiuse freddamente. Il ricordo dei suoi occhi tristi intrisi di senso di colpa. Entrambi sapevamo cosa sarebbe accaduto dopo.

Non ci saremmo più frequentati.

 

 

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E dopo 9 anni, sono tornata con un nuovo capitolo :}
   Perfavore lasciami una piccola recensione di incoraggiamento
 

 

 

Eccomi! I'm back con un nuovissimo capitolo♥ 
Mi siete mancati tantissimo, come scrivere questa storia!
                     Chiedo scusa dell'assenza, spero che ci sia ancora qualcuno la fuori       disposto a leggere questa storia. Mi impegnerò a concluderla, promesso!
I link di tutte le ambientazioni della storia le trovate 
qui
Le cose stanno iniziando a farsi drammatiche, ed è solo l'inizio, fidatevi ;)
Un GRAZIE a coloro che leggono, e recensiscono.
Justin e Laila non si vedranno più?
Continua a leggere♡♡♡ ne vedrete delle belle!☻ 
 -il trailer uscirà presto-

ⓢⓚⓨ ⓞⓕ ⓛⓞⓥⓔ 

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