The Lost Princess

di lilyhachi
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** When will my life begin ? ***
Capitolo 2: *** It's time ***
Capitolo 3: *** What do you say to taking chances? ***
Capitolo 4: *** Guiding light ***
Capitolo 5: *** Our stories ***
Capitolo 6: *** I’m gonna give all my secrets away ***
Capitolo 7: *** I see the light ***
Capitolo 8: *** I won't suffer, be broken, get tired or wasted ***
Capitolo 9: *** Don't say a word ***
Capitolo 10: *** Stay with me and let's go breathe ***
Capitolo 11: *** No light, no light ***
Capitolo 12: *** Just remember me ***
Capitolo 13: *** Inside blue eyes ***
Capitolo 14: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** When will my life begin ? ***


Ultimamente una piccola idea malsana ha iniziato a girovagare nella mia testolina bacata...ed essendo una fan della coppia Emma/Hook mi sono chiesta: e se in un universo molto molto ma molto alternativo, Emma fosse cresciuta con i suoi genitori (nella Foresta Incantata) e poi le fosse capitato tra i piedi un certo pirata?

 

The Lost Princess

 

I

When will my life begin ?



“State ferma, principessa!”
Emma sbuffò...per poi trattenere il respiro. Indossare quel vestito era una vera e propria tortura.
Sentiva la schiena spezzarsi e aveva perso la sensibilità ai fianchi.
Una delle sue dame di compagnia, Christine, la aiutava a prepararsi ogni mattina, portandole vestiti di ogni tipo: erano tutti bellissimi, senza alcun dubbio, ma non le permettevano di respirare. Una volta finita la tortura, Emma si osservò allo specchio.
“Principessa, siete bella oltre ogni dire”. (1)
Emma fu sicuramente lusingata da quel complimento ma aveva quasi difficoltà a girarsi anche solo per farle un sorriso di ringraziamento.
Si guardò meglio allo specchio: i lunghi boccoli biondi le ricadevano morbidi sulle spalle, in perfetto abbinamento con il vestito bianco che sua madre Snow le aveva fatto portare. La gonna era abbastanza ampia, così ampia da impedirle ogni tipo di movimento ed il bustino le stringeva in maniera soffocante la vita.
Toccò le maniche a sbuffo del vestito, che di poco le superavano la spalla: erano così fastidiose, per non parlare delle scarpe.
Non le aveva indossate nemmeno da dieci minuti e già le facevano male. Per di più il vestito toccava terra, impedendo la vista delle scarpe.
Perchè mettere scarpe così scomode se poi era impossibile vederle? Tanto valeva mettere scarpe più confortevoli, almeno non avrebbe sofferto.
Mentre Emma continuava a specchiarsi, non molto entusiasta, la porta della sua stanza si aprì, permettendo a sua madre, la regina Snow, di entrare.
Alla sua vista, la madre si illuminò, osservandola con un sorriso radioso.
“Emma” esclamò estasiata “Sembri un angelo”.
La principessa si esibì in un sorriso poco convinto.
“Seriamente, madre?", domandò, storcendo il naso. "Mi state prendendo in giro?”.
Sul viso di Snow apparve una smorfia di disappunto, che venne sostituita poco dopo da un dolcissimo sorriso.
Sua madre era incredibile: sempre così gentile e quasi luminosa, diversamente da lei, sempre di pessimo umore e con un sarcasmo del tutto invidiabile.
Emma si chiedeva da chi avesse preso, forse da suo padre.
“Tesoro”, continuò Snow. “Sei perfetta. Stasera lascerai tutti a bocca aperta”. 
Emma la guardò ancora poco convinta, e togliendosi le scarpe per stare più a suo agio.
“Non so se voglio essere così al centro dell'attenzione”, pigolò con tono imbarazzato.
Snow le mise due mani sulle spalle, cercando di confortarla e guardandola con quegli occhi splendenti come zaffiri.
“Cara, sei la figlia di due sovrani”, disse con tono pacato. “Sei la principessa Emma, sei conosciuta in tutto il regno”.
Ad Emma questo pensiero fece solo venire i brividi. Sua madre credeva di confortarla ma non stava andando come previsto.
D'altronde, Emma cosa doveva aspettarsi? Era la figlia di Snowhite e Charming: i due sovrani che avevano sconfitto la Regina, esiliandola, e che si erano ripresi il regno che spettava loro di diritto, riportando la pace. Le stava venendo la pelle d'oca al pensiero che tutti sapessero chi fosse e che sarebbe stata osservata per tutta la serata, senza potersi muovere e parlare come avrebbe desiderato.
“Perchè hai tolto le scarpe?”, chiese Snow con aria confusa.
Emma alzò gli occhi al cielo.
“Fanno male”, rispose, piagnucolando. "Voglio riposare prima di metterle”.
“Se vuoi apparire bella, devi soffrire”, commentò Snow facendole un cenno con il capo per dirle di indossare le scarpe.
Emma sfoggiò un'espressione sofferente, e le rimise ai piedi, preparandosi di nuovo al dolore.
Dopo aver infilato le scarpe, ricevette uno sguardo soddisfatto da sua madre, che dopo averle scoccato un bacio sulla guancia, uscì dalla stanza, lasciandola sola con Christine. Emma sospirò, voltandosi verso la finestra aperta della sua stanza, che le dava una completa visuale sul porto.
Mentre osservava il mare, cercando di non pensare a cosa l'aspettasse quella sera, notò una nave che aveva attraccato al porto. La nave in questione aveva un aspetto familiare, poichè l'aveva già intravista la sera prima. Era piuttosto raro che delle navi si fermassero nella loro città.
Solitamente erano navi da carico che ripartivano subito dopo aver scaricato tutto ciò che trasportavano, ma quella era ferma ormai da due giorni e sembrava tutto tranne che una nave da carico. Emma ne percorse i contorni con gli occhi colmi di curiosità, soffermandosi sulle ampie vele bianche.
“Christine”, cominciò Emma con tono neutro. “Di chi è quella nave?”.
La dama le si avvicinò per affacciarsi alla finestra, così da poter vedere la nave.
“Ah certo!”, cominciò, mentre Emma la osservava attenta “Sembra che il suo capitano stia reclutando nuovi marinai per la sua ciurma”.
“Ciurma?”, ripeté Emma, inclinando la testa e lasciando oscillare i capelli lunghi.
Christine annuì. “Sì, principessa. Quella è una nave piuttosto famosa di cui avete sicuramente letto, la Jolly Roger. Una nave pirata”.
Emma sgranò gli occhi. Aveva udito quel nome durante i suoi studi.
Era una principessa, quindi era ovviamente obbligata a seguire delle lezioni di ogni tipo: lingua, geografia, storia...e altre che odiava a morte come portamento e buone maniere. Durante una lezione di storia, a cui ogni tanto prestava attenzione, evitando di scarabocchiare sul foglio o di sognare ad occhi aperti, alla parola “pirati” aveva rizzato le orecchie, mettendosi in ascolto, e aveva udito di quella nave pirata, la Jolly Roger.
Emma la guardò affascinata ed ancora avida di informazioni continuò a fare domande.
“E perchè sta reclutando membri?”.
Christine scrollò le spalle. “Non saprei, principessa. E' tipico che le navi facciano reclutamento”.
Emma continuò a guardare fuori, scrutando l'oceano che si stendeva dinanzi a loro e poi la nave.
“Ad ogni modo”, continuò la dama “questo non dovrebbe interessarvi, bambina, visto che non avrete certo a che fare con una nave pirata”.
La principessa la guardò amareggiata. “Perchè no?”.
“Come perchè no? Sono furfanti, ladri, e selvaggi”, rispose con tono allarmato. “Voi siete una principessa e non potete avere a che fare con certi manigoldi”.
“Oh, andiamo”, ribattè Emma.“Sono così pericolosi?”.
La donna spostò lievemente la ragazza, chiudendo la finestra e mettendo fine a quella discussione portata troppo avanti.
Sembrava proprio che Christine non fosse incline a parlare con lei di navi pirata, poteva leggerlo sul suo viso lievemente indignato, mentre delle piccole rughe si formavano ai lati dei suoi grandi occhi scuri che le avevano rivolto sempre sguardi gentili e apprensivi.
“Questo non lo so, cara, ma so per certo che il loro Capitano non è un uomo ma una bestia", aggiunse la donna con un lieve tremolio nella voce. "Un uomo senza scrupoli, che sarebbe in grado di uccidere uno dei suoi stessi uomini...senza cuore.”
Emma sentiva che doveva saperne di più. Le parole di Christine, per quanto potessero risultare inquietanti, non erano abbastanza da poter colmare la sua sete di curiosità. Probabilmente non avrebbe dovuto chiederlo, probabilmente si sarebbe dovuta tenere lontana da ogni tipo di informazione ma non lo fece.
“Qual è il suo nome?”, domandò Emma, socchiudendo le palpebre.
“Killian Jones”.



Angolo dell'autrice:

- (1) frase tratta da La Maledizione della Prima Luna.

Chiedo scusa per questa cosa malsana e forse assurda ma questa idea mi gironzolava in testa già da un po' quindi mi sono detta "ma sì, proviamo".
La storia è ambientata in un universo alternativo in cui Emma è cresciuta con Snow e Charming: penso si sia leggermente intuito che è poco incline ai modi di corte. Ovviamente, chiedo scusa nel caso i personaggi dovessero risultare leggermente OOC: Emma, essendo cresciuta come principessa, sarà un po' diversa da quella che abbiamo visto nella serie ma cercherò di restare comunque fedele alla Emma Swan che conosciamo; così come Snow e Charming che in questa storia saranno abbastanza protettivi verso la loro unica figlia, ma nella maggior parte delle storie disney, i genitori si rendono sempre conto dei propri sbagli.
Il titolo sia della storia che del primo capitolo è un riferimento a Rapunzel, ho sempre visto Emma ed Hook come Flynn e Rapunzel quindi l'idea mi attirava molto. Questo è quanto, almeno per ora.
Alla prossima, un abbraccio :)

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Capitolo 2
*** It's time ***


II


It's time

 

Emma si affacciò con fare timoroso dalla colonna in cima alle scale, evitando di farsi vedere da qualcuno. (1)
La sala era piena zeppa di persone che non aveva mai visto in vita sua. Nella sala risaltava ogni tipo di colore, messo ancora più in evidenza dalla luce: il rosso delle tende che ornavano la sala, i colori accesi dei vestiti indossati dai reali provenienti da ogni parte del regno.
Alla principessa tremarono le ginocchia. Il solo pensiero di dover scendere quelle grandi e lunghe scale davanti a persone che la osservavano e sicuramente la giudicavano, la faceva sentire male. Da lassù poteva vedere sua madre e suo padre conversare con qualcuno.
Sua madre Snow la scorse da lontano e le fece un sorriso di incoraggiamento per invogliarla a scendere. La ragazza, per quanto terrorizzata, prese tutto il coraggio che aveva e decise di scendere. Prima arrivava in fondo, meglio era...soprattutto per il suo stato mentale.
Respira” si ripeteva sottovoce. Quello era un eufemismo ovviamente, dato che il vestito le rendeva il tutto più difficile.
A piccoli passi cominciò a camminare, ponendosi dinanzi alle scale. Non appena uscì allo scoperto, tutti si voltarono a guardare Emma, quasi incantati dalla sua presenza. Emma, lasciando scivolare leggermente la mano sul lato della scala per evitare di cadere, cominciò a fare piccoli passi incerti.
I piedi le bruciavano e sperava tanto che quel dettaglio non stesse influendo troppo sulla sua camminata. Aveva il timore di apparire come una bambina che non riusciva a reggersi in piedi. Si sentiva incredibilmente a disagio, ma mancava poco e quelle maledette scale sarebbero terminate.
Dopo quello che a lei sembrò un'eternità, Emma riuscì ad arrivare alla fine delle scale, illesa.
Sua madre la stava preparando a quell'evento da settimane, ed onestamente non riusciva a spiegarsi il perché.
Prima di quella serata speciale, era stata costretta a seguire più lezioni, di cui alcune con la stessa Snow.
In particolare, vi erano state lezioni sul proprio regno e sui vari reami che ne facevano parte.
La regina era dell'idea che una principessa dovesse conoscere il suo regno e gli altri sovrani alla perfezione, e così anche le loro situazioni economiche e politiche, in modo da poter intavolare una conversazione. Tuttavia, le più fastidiose in assoluto erano state le lezioni di ballo in cui aveva pestato ripetutamente i piedi al povero Nathan, che aveva ricevuto l'arduo compito di insegnare alla principessa a danzare. Ad affiancare lei e Nathan, c'erano stati anche i suoi genitori che ballavano in maniera straordinaria, come se fossero coordinati alla perfezione. Si muovevano come un unico individuo, cosa che certamente non accadeva a lei e Nathan. Lui era bravo, forse anche troppo. Lei, l'esatto contrario: era fuori tempo e completamente impacciata.
In quei giorni erano riusciti a racimolare quel poco che le avrebbe impedito di fare una brutta, se non penosa figura alla serata tanto attesa da sua madre.
Una volta poggiati i piedi sul pavimento, suo padre Charming le venne incontro, porgendole il braccio in maniera galante. Emma gli rivolse un ampio sorriso.
Adorava suo padre, che era in grado di sentire il suo disagio, cercando sempre di rincuorarla. Questo bastava a farla sentire meglio.
Sua madre li osservava soddisfatta e con un sorriso dolce.
Emma era tutta suo padre: gli somigliava non soltanto per la fisionomia ma anche per il carattere e la sua poca tolleranza per alcuni modi di corte.
Charming le aveva più volte raccontato di come si fosse innamorato di sua madre e di quanto lei fosse coraggiosa.
Tuttavia, la sua descrizione non combaciava con quella di una perfetta principessa. Infatti, non corrispondeva per niente alla Snow che Emma si trovava davanti attualmente. Sua madre sembrava rigida, sempre intenta ad occuparsi di lei per cercare di renderla una perfetta dama di corte.
Era giusto, ovviamente. Lei doveva essere in grado di regnare, quando un giorno i suoi genitori non sarebbero stati più in grado di farlo. Eppure, voleva anche altre cose: voleva soltanto avere più libertà nelle sue decisioni, ma spesso e volentieri sembrava non avere voce in capitolo nemmeno sul modo di vestire.
Stretta al braccio di suo padre, Emma continuò a percorrere la grande sala, posizionandosi al centro, pronta ad iniziare a ballare, pur tremando di paura.
Suo padre le fece un altro sorriso di incoraggiamento e appena partì la melodia, cominciò a danzare, portata ovviamente da Charming.
Fortunatamente, Emma stava riuscendo a cavarsela, più di quanto si aspettasse e questo le diede modo di sfoggiare un'espressione chiaramente felice sul volto, che non sfuggì a Snow. Mentre danzava beata con suo padre, Emma vide qualcuno, precisamente un ragazzo affiancato da sua madre Snow, arrivare verso suo padre e fermarlo, quasi come per chiedergli il permesso di poter ballare con lei. Emma non era molto entusiasta di ciò ma, ricordando gli insegnamenti di sua madre, cercò di mostrare un sorriso convinto anche se leggermente forzato.
La regina, con il suo solito sorriso benevolo, cominciò a parlare.
“Mia cara, vorrei presentarti il principe Caspian, del reame vicino”, esclamò la donna, indicando il principe. (2)
Emma osservò i lineamenti spigolosi ma gentili del ragazzo che aveva dinanzi, soffermandosi poi sui capelli castani che incorniciavano il suo viso sereno.
Era bello, dopotutto: gli occhi erano castani e tradivano la sua apparente sicurezza, mostrando una punta di imbarazzo, mentre la sua postura era leggermente rigida, come se qualcuno gli stesse puntando un pugnale alla schiena per farlo stare dritto.
Da un lato, Emma si ritrovò quasi a comprenderlo.
Emma fece un lieve inchino, cercando di apparire il più convinta possibile, mentre il principe le prese la mano, baciandola con cortesia, dopodiché cominciò a danzare con quest'ultimo, mentre i suoi genitori danzavano non poco distanti da loro. Mentre ballavano, il principe cominciò a parlare.
“Principessa, mi permetto di farvi i complimenti per il vostro incantevole aspetto”, le disse, scrutandola con un sorriso.
Emma gli sorrise, grata per quell'apprezzamento ma pensando al modo in cui le aveva detto ciò.
Aveva pronunciato soltanto una frase e lei lo aveva già trovato noioso.
Sembrava che neanche lui fosse molto a suo agio, ed Emma riuscì ad intuirlo dalle sue movenze, a tratti decise e a tratti imbarazzate.
Forse anche lui voleva trovarsi in un altro posto.
Forse anche lui, come lei, voleva scappare a gambe levate.
Sarebbe stata proprio una lunga serata.

A suo malincuore, Emma credeva di essere arrivata al motivo reale di quella festa. Sua madre le aveva presentato tutti i principi presenti e quello non era affatto un buon segno. Voleva dire un'unica cosa probabilmente: matrimonio. Ad un tratto, Emma vide che, tra tutti i giovani con cui era stata costretta a danzare, solo tre di loro erano intenti a conversare con Snow e Charming affiancati da altre persone, che secondo Emma dovevano essere i loro rispettivi genitori.
La ragazza si avvicinò e appena Snow la vide, le strinse la mano, portandola vicino a sé. Emma rivolse un sorriso gentile ai presenti.
Per i troppi sorrisi che aveva dovuto rivolgere, non sentiva più la mascella.
Dopo aver ballato con quei principi, Emma ebbe modo di trarre un'unica conclusione: erano uno più barboso dell'altro.
L'unico principe, la cui compagnia non l'aveva tanto disturbata, era stato Caspian, ma soltanto perchè aveva ammesso con sincerità di non sentirsi tanto a suo agio in quella sala: parlare con lui era stato così gradevole che sua madre, guardandoli, aveva sicuramente sperato di aver trovato un candidato al ruolo di marito, ma la verità era che il cuore del principe apparteneva già a qualcuno.
Emma aveva ascoltato con trasporto la loro storia, perdendosi nel racconto di come Caspian avesse conosciuto la sua Susan, ormai lontana da lui. (3)
Aveva tenuto una mano sul petto per tutta la durata della storia, sperando in un lieto fine che potesse includere il loro ricongiungimento ma non c'era stato.
Il resto dei principi erano tutti così impettiti e rigidi che sembravano in mostra.
Se proprio c'era qualcuno a doversi sentire in mostra era lei, poichè sembrava di essere un oggetto messo all'asta, o semplicemente un trofeo da vincere.

La serata era giunta finalmente al termine ed Emma, accompagnata da Christine, abbandonò la sala.

Intanto, i suoi genitori la osservarono con attenzione, per poi ritirarsi nelle loro stanze.
“Snow...ti sento. Parli da sola”, la voce del suo amato marito ridestò Snow dai suoi pensieri.
Quando era preoccupata si ritrovava sempre a parlare da sola.
“Non tediarti troppo”, esclamò Charming con tono ironico. "Emma ha capito tutto”.
“E' proprio questo che mi preoccupa”, rispose la regina. "Smetti di divertirti".
Charming rise di gusto. “Cosa ti aspettavi, cara? Non è stupida tua figlia”.
“Non è stupida ed è anche testarda come un mulo”, rispose la regina con fare irritato. “Ha preso tutto da te”.
Il re sfoggiò un'espressione indignata, reprimendo l'impulso di ridere per l'atteggiamento di sua moglie.
“Ha preso da me?", ripeté, incredulo. "Ti ricordo che ho dovuto tenderti una trappola, tenerti in una rete, farti attaccare dai soldati della Regina e salvarti la vita per convincerti ad aiutarmi a riprendere l'anello che ora porti al dito, e poi avrebbe preso solo da me?”.
Snow si ritrovò a sorridere. Suo marito aveva ragione, come al solito. Emma era proprio la sua copia da giovane: testarda, ribelle, poco favorevole alle usanze di corte. Aveva tutto quello spirito che Snow ormai aveva perso da tempo e vedeva rivivere in sua figlia ogni giorno che passava.
“Fatto sta che non può governare da sola quando noi non ci saremo”, rispose la donna, preoccupata.
“Tesoro”, cominciò Charming. “Sai che lei non sarà d'accordo. Parlagliene almeno”.
“Sai, potresti farlo anche tu”, ribatté la donna mettendo le braccia sui fianchi.
Charming la guardò torvo. “Non provare a scaricare questa cosa su di me”.
Snow sbuffò, alzando gli occhi al cielo mentre Charming la guardava in modo dolce.
In quel momento aveva visto la vecchia Snowhite, quella giovane coraggiosa ed impavida che aveva conosciuto tanti anni fa, con la faccia imbronciata da ragazzina che era solita fare quando non otteneva quello che voleva. Charming cercò di confortarla, avvolgendola tra le sue braccia.
“Sai che sei ancora più bella quando sei arrabbiata?”. 
“E tu sei sempre il solito”, lo rimbeccò lei, annullando ogni fastidio.
“E' per questo che mi hai sposato, no?”, chiese lui, rubandole un bacio.
Sì...era proprio per quel motivo che lo aveva sposato: per il suo essere così “Charming” . (4)

Arrivata nella sua stanza, Emma tolse quelle odiose scarpe permettendo ai suoi piedi di tornare a toccare terra, mentre Christine la aiutava a togliere il vestito che le comprometteva la respirazione.
“Christine..”, cominciò Emma “sii sincera...perchè questa serata?”
La donna, alle spalle della principessa, non sapeva se rispondere o meno ma la ragazza era alquanto perspicace e sveglia.
Inoltre, era in grado di capire anche troppo bene quando qualcuno le stava mentendo così decise di rispondere in tutta sincerità.
“Mia cara”, esclamò la donna. "Un giorno i tuoi genitori non ci saranno più e vogliono soltanto assicurarsi che non siate sola a governare”.
“Perchè non me ne hanno parlato?” chiese Emma con la voce piena di collera.
“Insomma non sono più una bambina. Ho ventun'anni e mi trattano ancora come se ne avessi sette”.
La donna rise “E' proprio per questo, tesoro. Siete in età da marito, ormai”.
Emma storse il naso, disgustata all'idea di sposarsi a quel modo.
“Non vi hanno promessa a nessuno” continuò Christine “è stata soltanto una serata per...analizzare la situazione, ecco”.
Emma continuava a sentirsi indignata e presa in giro.
“Io non voglio sposarmi”, rispose afflitta “posso governare da sola”.
“E' la tradizione, cara” esclamò Christine “Adesso è tardi per pensarci, dovete riposare”.
Dopo che Emma ebbe infilato la camicia da notte, Christine uscì, lasciando la ragazza sola con i suoi bruttissimi pensieri.
Era una principessa, doveva aspettarselo che prima o poi sarebbe arrivato questo giorno.
Sua madre l'aveva preparata per metterla in mostra davanti ad una serie di principi noiosi e interessati soltanto alla sua corona? Lei non voleva tutto questo.
Voleva soltanto essere libera di fare le sue scelte. Se proprio doveva sposarsi, voleva farlo per amore. Come i suoi genitori. Si erano trovati, innamorati e avevano combattuto per stare insieme. La verità era che lei voleva un amore così. Non un amore che dipendesse solo dal potere o dal governare.
Voleva un amore vero, ma forse quello era un lusso che non poteva permettersi.



Angolo dell'autrice

- (1) l'immagine di Emma che si affaccia dalla scalinata richiama lievemente la scena di Hermione in "Harry Potter e Il Calice di Fuoco";
- (2) il principe Caspian proveniente da "Le Cronache di Narnia - Il Principe Caspian";
- (3) la storia di Caspian riprende il film e il legame con Susan;
- (4) è un gioco di parole che indica il suo essere affascinante, e quindi "Charming".

Eccomi con il secondo capitolo! Purtroppo il tanto amato Killian non appare (ancora per poco eh!) quindi mi sono incentrata principalmente su Emma e sul suo rapporto con Snow che, ahimè, non somiglia molto a quella della serie ma d'altronde siamo in un universo alternativo quindi è in versione "Mamma orsa". So che potrà sembrare leggermente OOC ma, come ho detto, si tratta sempre di un universo alternativo. 
Non c'è molto da aggiungere, spero solo che vi sia piaciuto
Se vi va battete un colpo, oppure lanciate sempre ortaggi se volete (sì lo so, questa frase mi caratterizza sempre ormai).
Alla prossima, un abbraccio :)

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Capitolo 3
*** What do you say to taking chances? ***


III


What do you say to taking chances?

 

Emma si era svegliata di buon ora quella mattina. Aveva deciso di non pensare alla terribile serata precedente e si precipitò direttamente nelle stalle, felice di avere la mattina libera da ogni tipo di impegno che comprendeva lezioni di portamento o di storia.
Giunta nelle stalle, vide finalmente il suo destriero: Swan, un bellissimo cavallo bianco che le era stato regalato da suo padre quando era bambina, nonostante le proteste di sua madre. Strinse con una mano il ciondolo che aveva al collo, sorridendo: si trattava di un medaglione sul quale era inciso il simbolo di un cigno, che le era stato donato per celebrare la sua nascita. Da lì, Emma aveva trovato il nome perfetto per il suo cavallo. (1)
Poteva stare con lui soltanto una volta a settimana, dato che sua madre non era molto entusiasta all'idea che lei cavalcasse, in quanto “le principesse non vanno a cavallo”. Eppure, lei da giovane passava le sue giornate a cavalcare, duellare con la spada e scoccare frecce con il suo arco.
Nathan le rivolse un sorriso, come se la stesse aspettando: sapeva quanto la principessa fosse fedele all'appuntamento con Swan, così le sistemò la sella, mentre Emma prendeva l'arco che un tempo era appartenuto alla madre, vi si esercitava ogni volta che ne aveva l'occasione, nonostante Snow non avesse per niente approvato quella novità. Emma mise l'arco in spalla e montò a cavallo, uscendo dalla stalle e dirigendosi verso il bosco.
Purtroppo non poteva allontanarsi di molto ma quel momento di libertà era sacro per lei.
Non appena sentì il vento smuoverle i lunghi capelli biondi provò una sensazione indescrivibile: quella era la sua idea di vita, non quella che le propinava sua madre, ovvero stare in piedi con indosso un abito elegante davanti a tante persone di cui a stento ricordava il nome.
Non era adatta alla vita di corte, lo sapeva fin da bambina, quando insisteva per duellare con suo padre usando spade di legno, mentre Snow la fissava con quella costante smorfia di disappunto.
Il momento di libertà di Emma venne frantumato in mille pezzi nell'esatto momento in cui udì sua madre chiamarla a gran voce dal castello.
“Sembra proprio che mia madre voglia tenerci separati”, esclamò, carezzando Swan.
Emma tornò verso le stalle, dove c'era sua madre ad attenderla.
“Cavalcare non è adatto ad una principessa” esclamò sorridendo ma senza nascondere la severità nel suo sguardo.
Snow fece segno a Nathan di rimettere Swan nella sua stalla e si voltò nuovamente verso la principessa, posando il suo sguardo sull'arco.
“Cosa fai con quello?” domandò infastidita.
Emma scrollò le spalle. “Cosa posso farci con un arco?”, ribattè sorridendo.
La regina sbuffò. “Emma” aggiunse con tono di rimprovero.
La principessa storse il muso. “Non dirmi Emma. Quando eri giovane non facevi altri che questo!” esclamò, sollevando l'arco.
“Lo facevo per proteggermi da Regina”, rispose lei, togliendole l'arco dalle mani.
“E perchè vuoi impedirmelo?”, chiese la ragazza esasperata.
“Emma”, cominciò la regina con tono pacato. "Per fortuna nessuno vuole il tuo cuore su un piatto d'argento, non hai bisogno di armi. Tu sei al sicuro, a differenza di me e tuo padre tempo fa”. Terminò quella frase con un lieve tono di rammarico nella voce.
Magari non fosse stata al sicuro. Poteva risultare capricciosa ma in giorni come quelli ne aveva davvero abbastanza di tutti limiti che le venivano imposti.
“Vieni”, esclamò la regina “so che non hai fatto colazione. Io e tuo padre dobbiamo dirti qualcosa”.

Gentilezza. Tutti le persone che si era ritrovato dinanzi erano dannatamente e fastidiosamente gentili.
Gli si era avvicinato un uomo sulla quarantina chiedendogli con un sincero sorriso se a lui e alla sua ciurma servisse un alloggio per la notte.
Il prossimo che gli si fosse avvicinato offrendogli altre cortesie avrebbe fatto stretta conoscenza con il suo uncino.
Gli uomini gli sorridevano, i bambini gli sorridevano oppure guardavano affascinati il suo uncino e le donne...beh, anche loro gli sorridevano e non soltanto per gentilezza. Si chiedeva che razza di sovrano poteva esserci se quelle persone erano così allegre che sembravano surreali.
Ci mancava soltanto il cinguettio degli uccelli a completare quello scenario alquanto ridicolo.
L'uomo si voltò, infastidito da un suono non molto lontano dalla sua testa: eccoli lì...gli uccelli che cinguettavano.
Il capitano roteò gli occhi al cielo chiedendosi per quale barbaro motivo si fosse fermato in quel luogo, poi realizzò: i suoi uomini erano stanchi per il viaggio e aveva deciso di dar loro un po' di tregua e qualche giorno di vacanza, e magari ne avrebbe approfittato per reclutare qualche nuovo membro per il suo equipaggio, sperando che non fossero tutti rammolliti come gli abitanti che scorazzavano in giro.
“Capitano!”. Spugna gli si avvicinò, “Abbiamo trovato una locanda niente male, vi unite a noi?”.
Hook fece un cenno di assenso con la testa. Forse doveva concedersi anche lui un po' di svago e di serenità, d'altronde non li aveva più provati dopo l'incontro con il Coccodrillo. Sperava vivamente che quel luogo assurdo non gli facesse perdere di vista la sua principale ragione di vita: la vendetta.

Pretendenti. Matrimonio. Quelle parole rimbombavano nella testa di Emma ad un ritmo inarrestabile.
Sbatté le palpebre più volte per assicurarsi di essere sveglia. Sua madre aveva davvero pronunciato quella frase? Tre principi si sarebbero presentati per la sua mano. Tre principi. Tre barbosi principi. In quel momento sarebbe scomparsa volentieri.
“Emma”. Era stato suo padre a chiamarla ma lei lo ignorò, voltandosi verso sua madre.
Rabbia. Risentimento. Offesa. C'erano tante di quelle emozioni che vagavano dentro di lei che a stento riusciva a riconoscerle, marciavano imperterrite, accusandosi l'un altra, in attesa di uscire e riversarsi su chi le aveva provocate: sua madre.
“Perchè non me l'hai detto?”, chiese Emma in un soffio. “Non credevi che avrei dovuto saperlo?”.
Snow la guardava come se stesse dicendo qualcosa di anomalo e totalmente sbagliato.
“Emma, non capisco il tuo risentimento”, rispose calma. "E' un matrimonio”.
“Io non voglio sposarmi”, sbottò la principessa furiosa. “Tu vuoi che lo faccia”.
La regina la guardava confusa, quasi sperando che sua figlia tornasse in sé ma Emma non la osservava nemmeno.
“Non fai altro che istruirmi, farmi essere una principessa perfetta come te”, esclamò cominciando a camminare attorno al tavolo.
“Ti sei mai chiesta cosa voglio io?”.
“E' per il tuo bene” rispose Snow alzandosi e cercando di carezzarle una guancia, ma la principessa scostò il viso “Noi vogliamo solo che tu abbia qualcuno al tuo fianco. Noi non saremo sempre qui a governare. Dovrai prendere il nostro posto”.
“Certo!,  ribatté la giovane. “Così hai pensato di mettere un fantoccio che magari governasse al mio fianco”.
Sul viso di Snow l'indignazione non faceva che aumentare mentre Emma cacciava tutto il risentimento che aveva dentro di sé.
“Tu vuoi che io sia come te!”, continuò perdendo maggiormente il controllo “Non capisci che preferirei morire invece che essere come te” (2).
Emma aveva pronunciato quella frase senza rendersene conto e d'altronde, aveva anche tardato a realizzare dello schiaffo di sua madre in pieno viso.
“Sei una principessa!”, esclamò con gli occhi pieni di rabbia. “E sposerai uno di quei principi, questo è quanto”.
Emma cominciava a sentire il bruciore sulla guancia e poi anche nei suoi occhi, che in poco si riempirono di lacrime.
Voltò le spalle a sua madre e corse via, rifugiandosi nella sua stanza.
Snow era immobile a fissare la sua mano, concretizzando ciò che aveva fatto.
Charming la guardava rammaricato e le si avvicinò mettendole le mani sulle spalle.
I due sovrani non immaginavano minimamente che quell'episodio avrebbe cambiato la loro vita e quella di Emma.

Era mezzanotte passata ed Emma aveva trascorso tutto il resto della giornata chiusa nella sua stanza senza vedere nessuno, nonostante Christine le avesse comunicato più volte che sua madre desiderasse vederla. Aprì leggermente la porta della sua camera, assicurandosi che non ci fosse nessuno nel corridoio e cominciò a percorrerlo a piccoli passi, cercando di non fare alcun rumore, fino ad arrivare alle stalle del castello e all'armeria.
Aveva deciso: sarebbe scappata quella notte stessa. Non poteva continuare a vivere lì, sapendo che non avrebbe mai avuto modo di scegliere per sé stessa. Aprì un piccolo armadio che si trovava nell'armeria, dove c'erano i vecchi vestiti di sua madre.
Li indossò con molta facilità insieme al vecchio mantello di Snow (3).
Mise l'arco in spalla, poi prese la spada e vide il suo riflesso. Come avrebbe fatto a non farsi riconoscere?
Toccò con una mano le punte dei suoi capelli e senza pensarci troppo fece una cosa per la quale si sarebbe sicuramente dispiaciuta, ma non aveva altra scelta se desiderava non dare nell'occhio: in un sol colpo tagliò i suoi capelli con la spada.
Osservò il risultato: i capelli biondi le arrivavano fin sotto le orecchie mantenendo i boccoli intatti e morbidi.
In quel modo non l'avrebbero facilmente riconosciuta (4).
Mentre stava portando a termine gli ultimi preparativi, sentì qualcosa spingerle leggermente la spalla.
La principessa sobbalzò, pensando che potesse essere qualcuno del castello o peggio...uno dei suoi genitori.
Si voltò e tirò un sospiro di sollievo: era Swan, che la guardava con espressione triste, come se sapesse che stava per andarsene.
Emma gli si avvicinò, circondandogli il muso con le mani e avvicinando la fronte.
“Mi dispiace, Swan”, esclamò la principessa, carezzandogli la criniera. “Non posso restare e lasciare che continuino a decidere per me”.
Emma, trattenendo le lacrime, gli circondò il collo con le braccia e cominciò ad allontanarsi (5).
Una volta uscita dalla stalla, guardò il bosco dinanzi a lei e cominciò a correre più veloce che poteva, lontana dal castello e dalla vita che avevano già pianificato per lei. Se il suo intento era quello di scappare e non essere mai trovata, c'era soltanto un posto dove poteva andare.

Hook aveva ragione a sospettare che in quel posto fossero tutti infiacchiti. Sperava di trovare almeno qualcuno che avesse fegato e che fosse in grado di entrare a far parte della sua ciurma, invece coloro che si trovava dinanzi erano dei veri smidollati.
C'erano almeno una decina di persone davanti a lui, la maggior parte erano uomini di mezza età che probabilmente non erano nemmeno in grado di brandire una spada e forse volevano soltanto fuggire dalle proprie mogli noiose, ammesso che le avessero.
Il Capitano li guardò ad uno ad uno, ma nessuno di loro sembrava del tutto adatto, così decise di mandarli via, dopodiché fece segno a Spugna di levare l'ancora e prepararsi a partire. Salito sulla Jolly Roger, il Capitano notò che insieme ai suoi uomini era salito anche qualcun altro.
Scosse lievemente la testa, assicurandosi che il sole non lo stesse facendo impazzire e soffermò il suo sguardo su quello che sembrava essere un ragazzo. Eppure, più il Capitano lo osservava e più si rendeva conto che c'era qualcosa che non andava in lui.
Il suo volto non era del tutto visibile perchè coperto da un cappuccio, al di sotto del quale si poteva intravedere un cappello.
Aveva la testa bassa e si nascondeva dietro gli altri uomini, confondendosi tra la massa. Hook rise.
Come potevano reputarlo così stupido? Gli si avvicinò e gli si mise dinanzi.
“Trovi il legno più interessante del tuo possibile Capitano?”, chiese con tono ironico.
Un sorriso sarcastico gli si increspò sul viso. Gli piaceva fin troppo prendersi gioco delle persone, soprattutto se più deboli di lui.
“Sicuramente più interessante del vostro senso dell'umorismo”.
La risposta del ragazzo lo colpì come una spinta. Aveva un bel caratterino e questo forse lo rendeva un possibile candidato, nonostante si fosse introdotto di nascosto. Eppure ad Hook non sfuggì il suo tono di voce, non era certamente quello di un ragazzo. Era fin troppo forzato.
Sul viso del Capitano apparve una smorfia di divertimento: sapeva riconoscere fin troppo bene una donna, anche senza guardarla in volto.
Con un gesto fulmineo, tolse il cappuccio ed il cappello a colui che aveva dinanzi, rivelando esattamente ciò che aveva intuito.
Si trattava proprio di una ragazza...anzi, una ragazza bellissima: aveva capelli biondi che le superavano di poco le orecchie, i cui boccoli percorrevano leggeri il collo. I suoi lineamenti erano delicati, non come quelli di una semplice popolana.
Ciò che però attirò l'attenzione del Capitano furono i suoi occhi verdi che òo fissavano sorpresi ma allo stesso tempo fieri.
Sembrava che lui non le incutesse alcuna paura, anzi sembrava volergli tenere testa.
“Una ragazza” , esclamò Hook, inumidendosi le labbra “Ciao, bellezza”.
“Una donna”, ribatté Emma con un lieve tono di sdegno nella voce. (6)
La principessa lo fissò inarcando un sopracciglio, e chiedendosi se quell'uomo fosse davvero una bestia come Christine le aveva detto.
Stranamente non le suscitava paura, nonostante fosse un pirata e avesse un uncino al posto della mano sinistra, le sembrava più che altro un Don Giovanni. In effetti, era come l'aveva immaginato. Innanzitutto, era un uomo molto attraente, aveva gli occhi chiari circondati da una linea nera di trucco ed i capelli neri come la pece. Aveva una piccola cicatrice al di sotto dell'occhio destro e la barba ben curata.
Portava diverse collane e anche qualche orecchino. Le sembrava tutto, fuorché una bestia.
“Voi dovete essere Hook”, continuò Emma con tono aspro.
“Ah, così hai sentito parlare di me?” domandò lui con estrema arroganza mista a divertimento. “Posso chiedere cosa ci fa una donna su una nave pirata?”. Pronunciò l'ultima domanda con una lieve cattiveria nella voce, come se il suo intento fosse quello di umiliarla.
“Quello che facevano coloro che prima erano qui”, rispose lei con tono austero. “Voglio arruolarmi”.
Il capitano scoppiò in una sonora risata, seguito dal resto del suo equipaggio, mentre sul viso della ragazza apparve una smorfia di indignazione e i pugni si strinsero così tanto fino a far diventare le nocche bianche: quell'atteggiamento certamente la offendeva.
“Le donne su questa nave vengono per ben altri motivi”, rispose con tagliente ironia, e questa risposta provocò in Emma un ennesimo sguardo di disgusto.
“Beh”, cominciò rizzando le spalle. “Io non sono certo qui per altri motivi”.
“Credimi”, esclamò avanzando verso di lei e sussurrandole all'orecchio. “E' un vero peccato”.
A quelle parole, Emma rabbrividì per poi arrossire furibonda, abbassando lo sguardo.
Gli altri pirati continuavano a ridere e commentare ciò che stava accadendo, che ai loro occhi appariva probabilmente come una scenetta comica di cui Emma era la protagonista, o meglio l'oggetto di scherno per quegli stupidi pirati. L'aria tra lei ed il capitano era carica di tensione.
Emma strinse le labbra. Era scappata per non permettere ad altri di scegliere per lei, e non aveva certo intenzione di smettere nel suo intento.
Non dovevano farlo i suoi genitori, e non lo avrebbe fatto nemmeno quel pirata. La principessa sollevò lo sguardo, fissando Hook così intensamente che il Capitano la guardò leggermente sorpreso, come se non si aspettasse la sua reazione.
“So un sacco di cose!” sbottò con voce risoluta. "Posso sempre rendermi utile".
“Senti, biondina”, cominciò il Capitano, guardando il suo uncino. “Un fiore delicato come te non è adatto ad una nave pirata”.
“Sentite”, esclamò la principessa con voce più bassa e meno irascibile. “Sono venuta su questa nave per arruolarmi perchè è la mia sola occasione per andare via. Non c'è alcun motivo per cui non debba far parte di questo equipaggio”.
Hook la osservava, meravigliato dalla sincerità e spontaneità della ragazza, non gli era di certo capitato di udire discorsi del genere.
Era stato catturato dalle sue parole e dal suo sguardo colmo di determinazione. Stava per compiere una stupidaggine, ne era certo.
“Qual è il tuo nome?” domandò Hook, voltandosi verso di lei.
Emma ci pensò un attimo. Aveva tagliato i capelli per non farsi riconoscere e non poteva certo presentarsi con il suo vero nome, rischiando di rivelare la sua identità, così il suo pensiero corse ad una delle cose che aveva di più caro al mondo.
“Swan”, rispose lei con tono diretto e senza distogliere il suo sguardo da lui.
“Swan”, ripeté lui sorridendole “Un nome davvero interessante...beh, benvenuta a bordo”.
Dopodiché, il Capitano le voltò le spalle e si rivolse alla sua ciurma. “Issate le vele!”.
Killian Jones aveva compiuto ciò che presto avrebbe classificato come un errore madornale: avere una donna a bordo era sempre presagio di diverse sventure, e lo sguardo di disapprovazione lanciatogli da William e Spugna ne era la prova tangibile.
Dal canto suo, Emma non poteva crederci: era riuscita a farsi arruolare su una nave pirata, e non su una nave qualunque, ma sulla Jolly Roger.
Chissà cosa avrebbe detto sua madre a riguardo.
“Ehi, Swan!”, la voce di Hook la ridestò dai suoi pensieri. “Ci diamo una mossa, tesoro?”.
Gli occhi di Emma brillarono per un secondo, felice di ciò che era riuscita a fare, poi scosse la testa, cercando di allontanare ogni distrazione
Finalmente poteva iniziare a percorrere la strada che l'avrebbe portata verso ciò che aveva sempre desiderato: la libertà.

“Quindi, alla principessina la vita di corte non piace”.
La donna guardava nello specchio, soddisfatta e sul suo viso non poteva non apparire un sorriso malvagio e divertito per ciò che aveva appena visto.
“Maestà, cosa avete intenzione di fare?”, domandò lo Specchio incuriosito.
Regina cominciò a carezzarsi i lunghissimi capelli neri, raccolti su una spalla, con un atteggiamento di serenità, come se avesse appena trovato la soluzione a tutti i suoi problemi.
“Semplice”, rispose con tono pacato. “Realizzerò la mia vendetta”.
Lo Specchio inarcò un sopracciglio, poco convinto da quello che la sua regina aveva appena detto.
“Mia signora”, cominciò, attento a non urtarla con le sue parole. “Mi duole ricordarvi che non potete alzare un dito su Snow e suo marito”.
Regina rise ed alzò lo sguardo verso di lui.
“Chi ha detto che voglio alzare un dito su di loro?”, domandò divertita.
Regina pronunciò quell'ultima frase con gusto, come se le desse una grande soddisfazione e un ghigno le apparve sulle labbra rosse.
L'incantesimo di Tremotino le impediva di fare del male ai due idioti, ma non alla loro discendenza.
Quella sciocca principessina avrebbe fatto meglio a non allontanarsi dal suo castello, rendendosi un bersaglio fin troppo facile per le grinfie della regina: avrebbe ottenuto la sua vendetta, in un modo o nell'altro.

 

Angolo dell'autrice

Eccomi con il terzo capitolo, finalmente sono riuscita ad aggiornare. Qualche noticina, prima di proseguire:

  • (1) il ciondolo che Emma ha nella serie (questo dettaglio era stato inserito prima in uno dei capitoli successivi, perchè l'idea era arrivata tardi, ma adesso che sto revisionando la storia, ho pensato che fosse il caso di inserirlo prima);
  • (2) questa frase è palesemente tratta dal film disney “Ribelle”;
  • (3) i vestiti sono quelli indossati da Snow durante il suo primo incontro con Charming;
  • (4) riferimento a Mulan;
  • (5) questa scena è ispirata ad Aladdin, quando Jasmine lascia il castello e viene fermata dalla sua tigre, ho voluto riproporla perchè è molto tenera, inoltre per delineare la personalità di Emma mi sono rifatta leggermente a personaggi come Merida (Ribelle), Rapunzel, Mulan, Elizabeth (Pirati dei Caraibi) e Jasmine...in pratica quelle principesse a cui non piace per niente la vita da reali e che cercano in tutti i modi di scegliere per se stesse;
  • (6) piccolo parallelismo con il primo incontro tra Snow e Charming.

Ok, queste sono le note. Allora, spero tanto che vi sia piaciuto anche questo capitolo e avete visto chi c'è? Regina.
Avevo intenzione di introdurla fin dall'inizio e non posso dire altro sulla sua apparizione, spero che non vi faccia troppo pena come trovata. Mi spiace rendere Regina semplicemente come la "cattiva" della situazione, perchè so che è un personaggio molto più complesso, ma si tratta sempre di una AU dove non c'è stata alcuna maledizione e Regina è ancora esiliata, e quindi impossibilitata nel realizzare la sua vendetta.
Smetto di tediarvi, adesso. Spero vi piaccia, siete sempre liberi di lasciare recensioni, ortaggi o ciabatte se volete, a me fa piacere in qualsiasi caso.
Alla prossima, spero e un grazie a tutto coloro che seguono questa storia :)
Un abbraccio!

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Capitolo 4
*** Guiding light ***


IV


Guiding light


“Allora, nessuna traccia di Emma?”.
I Re si voltò con fare agitato, non appena vide Red e Grumpy entrare nella sala in cui erano soliti riunirsi quando Regina era ancora una minaccia.
Sulla spalla di Red, vide il Grillo Parlante fare un balzo sul tavolo, poggiando l'ombrello.
“No, vostra maestà” rispose quasi in un sussurro “Abbiamo cercato ovunque ma non abbiamo trovato traccia di vostra figlia”.
Dietro di lui, Red abbassò lo sguardo con fare dispiaciuto.
“Continuate a cercare”, rispose lui con un leggero tono di disperazione nella voce. “Non può essere scomparsa, deve pur essere da qualche parte” (1).
“Sì, maestà” rispose lui sommessamente, dopodiché saltò sulla spalla di Grumpy ed insieme uscirono dalla sala, mentre Red non si mosse.
“Dov'è Snow?”, chiese la ragazza, togliendosi il cappuccio rosso.
Il re sospirò scoraggiato. “E' nelle sue stanze, a stento parla”.
“Crede sicuramente che sia colpa sua”, esclamò la ragazza avvicinandosi al re e mettendogli una mano sul braccio “La troveremo, vedrai”.
“Lo spero”, rispose lui, mantenendo basso lo sguardo.
Avevano sbagliato tutto. Lui e sua moglie avevano sempre fatto le loro scelte da soli, senza permettere a nessuno di farle al loro posto.
Lui stesso si era rifiutato di sposare Abigail perchè non era il suo vero amore. Snow aveva morso una mela avvelenata pur di salvargli la vita.
Allora perchè avevano cercato di imporre alla loro unica figlia una decisione che lei non approvava? Cosa era cambiato?
Il re cercò di darsi una spiegazione, pensando a Regina...molte volte credeva che tutto quello che avevano passato li avesse in qualche modo segnati.
Forse era vero o forse no. L'unica cosa che adesso sapeva per certo era che doveva ritrovare sua figlia.
Si affacciò nella stanza sua e di Snow, e vide la regina seduta sul letto con le ginocchia al petto e le spalle rivolte verso la porta.
Charming le si avvicinò e le cinse le spalle. Sentì la regina singhiozzare. Ogni volta che Snow piangeva, gli si spezzava il cuore. La strinse più forte, cercando di darle conforto, ma sapeva che fin quando non avrebbero trovato Emma , sua moglie sarebbe stata inconsolabile.

Forse Emma si era fatta fin troppe aspettative quando aveva pensato alla sua libertà.
Da principessa soggetta alle decisioni dei suoi genitori era passata a “mozzo” di una nave pirata. Già...mozzo, perchè era proprio ciò che faceva.
Da quando avevano lasciato il suo regno, le era stato ordinato soltanto di fare le pulizie sulla nave, sia sul ponte che sottocoperta. Fare le pulizie sottocoperta era stato a dir poco disgustoso. Hook le aveva ordinato di pulire ogni singola cabina, e l'odore fetido che emanavano le aveva fatto quasi venire il vomito. L'unica cabina pulita era quella del Capitano, sulla quale non si era dovuta soffermare molto, dato lo stato impeccabile in cui Hook la teneva.
Quell'uomo odioso provava quasi gusto nel dare ordini ad Emma, spesso e volentieri glieli comunicava con tono ironico ed ogni volta dimenticava qualcosa, quindi si voltava nuovamente verso di lei aggiungendo qualche altra cosa che aveva tralasciato, suscitando il fastidio della ragazza che però non batteva ciglio e cercava di fare il suo dovere. D'altronde, non era una principessa nel suo castello ma una ragazza in “incognito” e doveva comportarsi come tale.
Se per ottenere la sua libertà doveva pulire una nave pirata, lo avrebbe fatto. Magari dopo un po' di tempo, non avrebbe avuto più bisogno di restare a bordo.
“Capitano”, esclamò un ragazzo della ciurma, Jim Hawkins, (2) avvicinandosi ad Hook.
Il Capitano si voltò leggermente verso di lui per poi tornare ad esaminare la mappa insieme a Spugna. “Cosa c'è, Jim?”.
“Quella ragazza non me la conta giusta”, rispose osservando Emma guardingo. “Insomma, una ragazza che chiede di arruolarsi su una nave pirata è un po' insolito”.
In realtà, per Hook non c'era nulla di insolito in quella richiesta.
Non era la prima donna che desiderava imbarcarsi su una nave pirata, anche Milah aveva espresso lo stesso desiderio.
A quel tempo gli sembrava insolito, eccome.
“Capitano, c'è qualcuno che desidera vedervi”. Uno dei suoi uomini era venuto a chiamarlo fino alla sua cabina pur di farlo uscire, e lui si chiedeva chi mai potesse desiderare di vederlo. Killian Jones non aveva mai avuto moltissimi amici, ma soltanto uomini che lo avrebbero preso volentieri a pugni. Che fosse qualcuno di loro venuto a reclamare la sua faccia? Beh, dovevano certamente mettersi in fila. Il Capitano si recò sul ponte della sua nave e quando realizzò chi aveva davanti, rimase di sasso: la donna della locanda, Milah.
Killian cercò di mostrarsi disinvolto, nonostante quella visita lo incuriosisse non poco.
“Cosa posso fare per voi?”, domandò appoggiandosi con la schiena all'albero maestro.
La donna spostava lo sguardo da lui al molo con fare agitato. Era inquieta, come se avesse il terrore che qualcuno potesse vederla lì con lui.
Il Capitano la osservava ammaliato: c'era qualcosa in quella donna che lo intrigava e non era soltanto la bellezza.
“Cara”, la esortò lui avvicinandosi ed allargando le braccia con fare un po' spazientito. “Non ho tutto il giorno”.
“Portatemi via con voi!”, esclamò d'un tratto lei con un'espressione agitata e frenetica.
“Cosa?”, domandò il Capitano sbattendo le palpebre.
Aveva davvero chiesto di portarla via? Non capitava certo tutti i giorni che una donna gli facesse una tale richiesta. Certo, la Jolly Roger ne aveva viste di donne, che erano solite andare via il mattino dopo, ma colei che aveva dinanzi sembrava proprio che volesse restare.

“Portatemi con voi”, ripeté Milah con tono supplichevole.
Al momento, Killian non le fece troppe domande, così decise di acconsentire, facendola restare a bordo.
Eppure, nel profondo del suo animo si chiedeva come potesse essere disposta a tanto quella donna e come potesse essere così infelice da abbandonare il suo unico figlio, ma Killian non domandava e non giudicava.
Quella era una delle sue caratteristiche principali, per fortuna...per fortuna o per malasorte?

Se avesse saputo cosa sarebbe accaduto a lui e Milah l'avrebbe accolta lo stesso sulla sua nave? Ancora non riusciva a dare risposta a quella domanda.
Dopo essersi ridestato da quel ricordo, il capitano si voltò verso Jim.
“Non c'è motivo di preoccuparsi”, rispose con tono calmo.
“Potrebbe essere una spia dell'Oscuro”, continuò il pirata, insistendo.
A quel punto, Hook si voltò completamente verso di lui. “Perchè il Coccodrillo dovrebbe mandarmi una sua spia?”, domandò con tono ovvio.
“Non avrebbe molto senso, non credi? Sarebbe più probabile se fossi io a mandargliene una!”, concluse avvicinandosi nuovamente a Spugna, osservando la mappa, mentre Jim non aggiunse altro, zittito dalla risposta del Capitano.
"Ad ogni modo", il Capitano riprese a parlare, cercando di smorzare la tensione a cui lui stesso aveva contribuito. "Cosa puoi dirmi sul nostro informatore?".
Jim fece un cenno con il capo e si avvicinò maggiormente ad Hook e Spugna.
"Faceva parte del mio vecchio equipaggio, a bordo del Hispaniola", (3) rispose con decisione. "Ha sempre avuto molta familiarità con questioni riguardanti la magia e conosce qualcuno che sembra essere in grado di aiutarti".
Spugna fece una smorfia confusa, come se non fosse molto convinto, mentre Hook mostrò un sorriso soddisfatto, dando una pacca sulla spalla a Jim, per poi scendere sul ponte principale, dove erano tutti gli altri componenti dell'equipaggio, compresa Emma.
“Dove siamo diretti?”, chiese con tono elettrizzato.
“Tortuga”, (4) rispose Hook in modo alquanto vago.
“Tortuga?”, ripetè Emma confusa “E cosa dovremmo fare a Tortuga?”.
“Questo è affare nostro, biondina”, esclamò il Capitano con una smorfia divertita. “Tu pensa soltanto a starci dietro”.
Concluse la frase, facendo l'occhiolino alla ragazza, che in tutta, risposta lo occhieggiò storto, scuotendo lievemente il capo in segno di dissenso, mentre Hook si voltò verso i suoi uomini, dando loro le coordinate della prossima destinazione.

Quando Hook aveva detto ad Emma che sapere di Tortuga non era affar suo, l'aveva palesemente presa in giro, poiché quel posto era sicuramente un problema per una come lei. Da quando erano scesi dalla Jolly Roger, Emma era rimasta sempre vicino ad Hook, quasi impaurita dal luogo in cui si erano addentrati, e in effetti, come poteva non esserlo? Era un nauseante buco pieno di pirati, manigoldi, ubriaconi, ladri e donne molto “disponibili”.
La ragazza aveva ricevuto diversi “inviti” e “complimenti” da uomini della peggior specie, e notò che Hook attirava non poco l'attenzione di tutte le donne che incrociavano la sua strada, ma mentre lei girava la testa dall'altro lato, disgustata, lui si divertiva a dar loro corda, come se fosse lusingato dalle loro attenzioni. Questo rendeva Emma maggiormente stomacata.
“E' orribile”, esclamò Emma guardandosi intorno.
“Credi a me, biondina”, cominciò il Capitano. “Se ogni città del mondo fosse come questa, non ci sarebbe uomo infelice per amore” (5).
Dopo pochi minuti di cammino per le strade sconquassate di Tortuga, arrivarono ad una taverna: visto lo scenario, l'alternativa migliore sembrava quella di rimanere fuori ma Emma cercò di pensare che se fosse rimasta vicina al Capitano, sarebbe andato tutto bene, a meno che lui non avesse intenzione di venderla al miglior offerente.
“Allora?”, chiese Hook voltandosi verso Jim. “Dov'è questo informatore?”.
Jim superò il Capitano e scrutò con attenzione gli ultimi tavoli, soffermandosi su un tavolo in un angolo della taverna e lievemente nascosto da una colonna.
A quel tavolo era seduto un uomo, il cui volto non era visibile, in quanto chino ad osservare il suo bicchiere mezzo pieno.
“Eccolo lì”, esclamò il giovane. “Quello è John Silver” (6).
“Quel John Silver?”, chiese Spugna a bocca aperta e con una punta di ammirazione nella voce.
Jim fece segno di sì con la testa, rivolgendo un lieve sorriso all'uomo.
“Conoscendolo, non vorrà altre persone intorno”, aggiunse voltandosi verso Hook. “Quindi, andate da solo”.
“Voi non muovetevi da qui e cercate di non fare guai”, l'ultimo avvertimento del Capitano era rivolto chiaramente ad Emma, poiché si era proprio voltato verso di lei, che aveva incrociato le braccia al petto, stizzita.
La ragazza non voleva stare lì a vedere pirati che si azzuffavano, ma era curiosa di sapere cosa avesse quell'uomo da dire ad Hook di tanto importante.
Si chiedeva se stessero cercando un tesoro o qualcosa che li avrebbe trascinati in un'esperienza avventurosa. Sollevò un po' il collo per vedere cosa facesse Hook con quell'uomo ma fu costretta smetterla, nel momento in cui William, un altro pirata della ciurma, le lanciò un'occhiata, riducendo gli occhi castani a due fessure con fare un po' scherzoso. Quell'uomo sembrava il più innocuo della ciurma, abbastanza silenzioso ma gentile, forse più degli altri.
A quel punto, la bionda si appoggiò alla colonna che nascondeva il tavolo.
Hook si sedette al tavolo di colui che sembrava essere John Silver.
Quest'ultimo, senza alzare lo sguardo sul capitano, cominciò a parlare.
“Bene, bene”, esclamò con un  risolino. “Killian, quale onore”.
“Veramente, io preferisco Capitano”, rispose l'uomo con un sorriso. “Tu che familiarità avresti con la magia?”.
“Questo è affar mio”, rispose Silver, alzando il viso verso di lui.
Hook ebbe modo di vedere il suo occhio di vetro, che lo fissava. Per un secondo si lasciò quasi intimorire dal suo viso, percorso da un'espressione spigolosa.
“Piuttosto, dovresti essere tu a dirmi che familiarità desideri avere con la magia” continuò con voce calma. “So che sei alla ricerca di un modo per annientare l'Oscuro. Non è molto saggio ciò che stai facendo”.
“Quello che sto facendo è affar mio”, rispose Hook armeggiando con il suo uncino “Mi ha portato via qualcosa a cui tenevo molto, merita di morire”.
“Parli della tua mano, figliolo?”, domandò Silver con un sorriso maligno, perfettamente consapevole del fatto che ciò a cui Hook teneva non era la sua mano.
Il Capitano, in tutta risposta, alzò un sopracciglio, leggermente infastidito. “La tua simpatia è dilagante, te lo concedo...allora, cosa puoi dirmi?”.
“Conosco qualcuno che potrebbe aiutarti”, rispose l'uomo bevendo un altro sorso dal suo bicchiere.
“Ad uccidere l'Oscuro?”, domandò Hook facendosi più vicino.
“No, ad arrivare a lui”, esclamò Silver. “Non penso che per te trovarlo sia alquanto facile, dati i vostri trascorsi poco amichevoli”.
“Come trovo quel bastardo?”, chiese il Capitano con un tono di voce misto a sdegno e rancore.
“Rivolgendoti ad un uomo”, rispose Silver quasi in un sussurro. “Lo chiamano Il Dragone”.
“E dove posso trovarlo questo Dragone?”, domandò Hook quasi all'esasperazione. Già non ne poteva più di domande e risposte.
John Silver bevve un altro sorso di rum poi lo guardò con un sorriso divertito. “Kuno Garden”.
Hook lo guardò pensieroso. Non era mai approdato in quella terra, ma c'era una prima volta per tutto. Continuò a fissare Silver, con sguardo enigmatico.
“Cosa vuoi in cambio di questa informazione?”, chiese sospettoso.
“Assolutamente, nulla”, rispose lui appoggiandosi alla sedia. “L'ho fatto solo per Jim, glielo devo”.
“Oh, ma che tenero istinto paterno!”, esclamò Hook con velata ironia. “Beh, a buon rendere”.
Hook si alzò dal tavolo e fece per andarsene, ma Silver sembrava avere altro da dire.
“Sai a cosa stai andando incontro, vero?”, domandò Silver leggermente preoccupato. “Sarà molto pericoloso”.
Il Capitano si chinò sul tavolo, guardando Silver dritto negli occhi.
“Il pericolo non mi è mai dispiaciuto”, rispose con voce ferma. “Ucciderò quel mostro, fosse l'ultima cosa che faccio”.
D'un tratto, i due uomini furono costretti a voltarsi, attirati da un evidente trambusto che proveniva dalle loro spalle. Hook vide Emma che sguainava la spada contro un paio di uomini che aveva dinanzi, mentre Jim, William e Spugna cercavano di fargliela riporre (7).
“Come mi hai chiamata?”, esclamò la giovane con voce titubante e leggermente sconvolta.
Hook roteò gli occhi al cielo: si erano proprio tenuti fuori dai guai come gli aveva chiesto.
Fece un cenno di saluto a Silver e prese a camminare verso di loro. Afferrò Emma per un braccio, dirigendosi verso l'uscita.
“Non è successo nulla, signori”, esclamò Spugna con un sorriso rivolgendosi a tutti i presenti.
Tutte le persone presenti nella taverna non sembravano affatto sconvolte o sorprese da ciò che era successo. Infatti, a Tortuga succedeva di tutto.
Mentre Hook si dirigeva fuori dalla taverna insieme ad Emma e Jim, Spugna, William ed altri uomini dell'equipaggio si trattennero ancora lì, facendo un segno al capitano, che sorrise divertito. Ogni volta che si trovavano a Tortuga, doveva pur concedere loro almeno un po' di divertimento, fatto di rum e donne.
“Tu, metti via quella spada”, disse Hook rivolgendosi ad Emma.
La ragazza obbedì, e si incamminarono tutti e tre verso la nave.
“Allora?”, chiese Jim irrequieto. “Dove siamo diretti?”.
“Ne parleremo a bordo”, rispose Hook con tono vago. “Dopo che ce ne saremmo andati da qui e prima che la biondina provochi altro trambusto”.
“Ma io...”, cominciò lei cercando di ribattere, ma Hook le fece segno di star zitta.
Il Capitano le sembrava alquanto seccato, ma non aveva causato nessun guaio.
Aveva soltanto minacciato un indecoroso e spregevole omuncolo che la stava importunando: qualcosa le diceva che forse avrebbe dovuto evitare.
Arrivati a bordo della Jolly Roger, Jim si rivolse ad Hook.
“Spero che Spugna e William tornino con una scorta di rum”, esclamò con tono scherzoso, dopodiché si diresse sottocoperta dagli uomini che erano rimasti a bordo, lasciando il Capitano solo con Emma.
“Posso sapere, per cortesia, cosa stavi facendo, Swan?”, chiese il Capitano con tono derisorio, mettendo la mano dietro la schiena.
Emma abbassò lo sguardo, mettendo il broncio. “Un uomo mi aveva insultata”.
Hook mostrò un'espressione pensierosa. “E in che modo, di grazia?”.
“Mi aveva fatto una proposta alquanto oscena e continuava a fare apprezzamenti poco consoni”, rispose con tono offeso e fissando Hook nei suoi occhi azzurri.
Il Capitano le rivolse un sorriso, che non aveva nulla di malizioso. Era sinceramente divertito dal candore di quella ragazza e anche dal modo di esprimersi.
“Ti offendi per così poco?”, chiese continuando a sorriderle “Non hai mai ricevuto complimenti?”.
Emma ci pensò. In effetti, li aveva ricevuti, e pensò a quei principi che l'avevano riempita di complimenti e paroloni barbosi come loro.
Al pensiero, le sue labbra si distesero in un lieve sorriso.
“In realtà, sì”, rispose ricordando la festa a palazzo. “Ma solo per il mio aspetto”.
“Questi sono i modi dei pirati, biondina”, continuò Hook osservandola attento. “Abituati”.
“Sono anche i tuoi modi?”, domandò lei di rimando.
Hook sorrise, notando come quella ragazza gli si opponesse con tanto orgoglio: quel posto sulla sua nave sembrava meritarlo proprio per quello.
Il Capitano sospirò. “Io sono un pirata, ma anche un gentiluomo, Swan. Non ho questi modi rudi”.
Emma sorrise divertita. “Ma davvero?”, chiese con tono saccente.
Hook le si avvicinò maggiormente.
“Io ti farei i miei complimenti in maniera diversa, non considerando soltanto il tuo aspetto”, esclamò interessato dalla piega che aveva preso quella conversazione. “Ti direi quanto tu riesca ad apparire affascinante nel tuo essere determinata e ben poco soggetta alle regole altrui, quanto tu sia coraggiosa nell'addentrarti in avventure a bordo di una nave pirata e quanto tu sia piacevolmente permalosa e poco incline ad ottemperare alle richieste altrui” (8).
Ad ogni frase, Hook non aveva fatto altro che avvicinarsi, ritrovandosi con il viso a ben pochi centimetri da quello di Emma.
“E ovviamente” continuò, sussurrando, “quanto sia facile perdersi nell'osservare i tuoi occhi”.
Concluse il tutto, portando la mano sul suo viso, per spostarle una ciocca di capelli dietro l'orecchio, mentre la bionda lo fissava allibita ma allo stesso tempo cauta.
Emma sentiva di essere chiaramente arrossita, e sperava che lui non se ne fosse accorto. Aveva la pelle d'oca sotto il suo sguardo, che sembrava sfiorarla dolcemente mentre la osservava. Eppure, cercò di non farsi ammaliare dalle belle parole di quel pirata, che voleva quasi certamente aggiungerla alla sua lista di conquiste. La ragazza si allontanò leggermente, liberandosi dal suo tocco e schiarendosi la voce, per cercare almeno di proferire parola e non sembrare una perfetta idiota, imbambolata dalle sue lusinghe. Deglutì, indecisa tra il rispondergli, deviando il tutto, oppure rifilargli un gran bello schiaffo, mettendolo definitamente a tacere. Forse con l'ultima opzione, lo avrebbe soltanto reso ancora più divertito e arrogante.
Per fortuna, venne salvata dall'arrivo di Jim, che aveva tra le mani la mappa, e si bloccò improvvisamente quando li vide a pochi centimetri l'uno dall'altro.
Emma spinse via Hook immediatamente, spostando il suo sguardo da lui a Jim.
“Ho interrotto qualcosa?”, domandò il ragazzo con timore.
“I-io stavo giusto andando a dormire” esclamò subito Emma, scendendo sottocoperta e con un gran desiderio di rifugiarsi sotto le lenzuola e non uscire fino a nuovo ordine.
Dopo che Emma se ne andò, Hook sorrise, pensando all'effetto che le sue parole avevano avuto: quella biondina sapeva decisamente come farlo divertire.
“Una nuova conquista?”, chiese Jim avvicinandosi e guardandolo sornione.
“Non esagerare, Jim” rispose il Capitano, ricomponendosi. “Mi diverte semplicemente vedere l'effetto che ho sulle donne”.
Il giovane lo guardò poco convinto, per poi tornare alla mappa.
Intanto, Emma si era messa al sicuro nel suo letto, coprendosi con le lenzuola fin sopra la testa, per nascondersi completamente e cercare di far svanire l'imbarazzo che quello stupido pirata le aveva suscitato. Come aveva potuto farsi abbindolare da lui anche solo per cinque secondi? Non riusciva a mandar giù quella scena, ed era seriamente combattuta tra il restare lì nel suo letto oppure salire sul ponte e sferrargli un bel gancio destro, altro che schiaffo.
Emma pensò a tutti i modi possibili ed immaginabili in cui avrebbe potuto rispondergli o fargliela pagare una prossima volta. Rimuginò così a lungo, che quasi senza accorgersene sprofondò nel sonno più profondo, evidentemente sfiancata da quella lunga e alquanto intensa giornata.

Il mattino successivo la Jolly Roger si sarebbe apprestata a salpare per Kuno Garden.
Emma si era svegliata più presto del solito e aveva deciso di tenersi impegnata tutto il giorno, evitando così di avere pensieri riguardanti la serata precedente. Arrivata sul ponte, non vide nessuno, a parte Spugna che la salutò allegro.
“Spugna, ma dove sono tutti?”, chiese la ragazza guardandosi intorno.
L'uomo rise. “Alcuni dormono ancora, stanotte ci sono stati un po' di festeggiamenti. I ragazzi hanno portato donne e rum sulla nave”.
Festeggiamenti? Eppure lei non aveva sentito nulla. Uomini...tutti uguali.
“Meglio che mi metta a lavoro”, disse voltando le spalle a Spugna.
Chissà se anche Hook dormiva ancora.
Sarebbe stato strano dato che il Capitano si svegliava sempre prima di lei ed ogni mattina lo trovava sveglio e vivace al timone.
Andò a prendere tutto ciò che le occorreva ma non fece nemmeno in tempo a rimettere i piedi sul ponte che venne immediatamente travolta da qualcuno.
“Ehi, guarda dove metti i piedi”, esclamò al pirata da strapazzo che pensava di avere di fronte.
Si abbassò a raccogliere gli stracci ed il secchio.
“Una mano sarebbe d'aiuto”, esclamò infastidita.
“Io non mi abbasso a raccogliere stracci”.
Emma sgranò gli occhi. Quella che aveva udito non era decisamente la voce di un pirata.
Alzò lo sguardo e dinanzi a lei c'era la donna con lunghi capelli castani che le ricadevano sulle spalle, occhi neri circondati da un pesante trucco e labbra voluminose. Era sicuramente una bella donna, ma Emma l'avrebbe definita certamente come una “donna di facili costumi”.
“E tu chi saresti?”, chiese la giovane con tono sgarbato, ma la risposta arrivò nel momento esatto in cui Hook uscì dalla porta della sua stanza a petto nudo.
“Sei ancora qui, cara?”, chiese guardando la donna e piegando la testa di lato.
“Me ne stavo giusto andando”, rispose lei fissandolo con occhi sognanti “Solo che questa qui mi è venuta addosso”.
Nel riferirsi ad Emma, la donna assunse un tono di voce sprezzante e la osservò con sdegno.
Emma la guardò male e aveva una gran voglia di spingerla in mare.
Hook esaminò Emma, per poi voltarsi di nuovo verso la donna. “Non far caso a lei, vai pure”.
Emma vide la donna mettergli una mano sul petto e rivolgergli l'ennesimo sorriso.
La ragazza non poté far altro che roteare gli occhi, a quella scena stucchevole, dopodiché la donna si levò finalmente dai piedi, andando via.
La bionda si voltò un attimo verso il Capitano, indugiando sul suo petto, ma si sentì come colpita da un'asse di legno, nel momento in cui lui se ne accorse.
“Ti piace quello che vedi, Swan?”, chiese lui, ghignando, con i suoi soliti modi.
“Oh, per favore!”, chiese lei girandosi, per non far scorgere il rossore che in poco tempo le aveva colorato le guance. “Così, stanotte qualcuno ha festeggiato”.
Hook, pur non vedendola in volto, ebbe modo di notare un sottile tono di fastidio nella sua voce e questo non gli dispiaceva affatto.
“Vedi, Swan”, rispose lui. “Io ho una nave piena di uomini che hanno bisogno di compagnia, me compreso”.
“Questa non è una nave, ma un bordello”, esclamò con voce ferma. “E tu sei a dir poco disgustoso”.
“Come siamo gelose!”, esclamò Hook prendendola in giro. “Volevi essere tu a farmi compagnia, vero?”
Emma sentì il sangue salirle al cervello, mentre una forza sconosciuta cercava di proiettare la sua mano in direzione del viso del dannato Hook.
“Nemmeno se fossi l'ultimo rimasto sulla faccia della terra”, rispose digrignando i denti.
“Continua a ripetertelo, biondina”, esclamò lui con il suo solito sorriso sghembo.
La bionda senza aggiungere altro, si voltò per riprendere stracci e secchio.
“Adesso, se non ti dispiace, io mi metterei a lavoro”, esclamò rivolgendogli un sorriso fin troppo falso, che Hook ricambiò felicemente.
Pirati...Emma non poté fare a meno di scuotere la testa, riflettendo sul loro modo di vivere.
E pensare che stava quasi per cascarci quando quel casanova l'aveva fatta arrossire.

La nave stava affrontando il mare da quasi mezza giornata e il tempo era dalla loro parte: il mare era calmo ed il vento in poppa.
Tutto andava alla perfezione. Emma cercava di tenersi impegnata, in modo da non pensare a tutto ciò che era successo la sera precedente e qualche ora prima, cercando di togliersi dalla testa l'immagine di lei arrossita che osservava Hook.
Dopo una minuziosa pulizia della nave, aiutò Spugna a pescare e cucinare diversi tipi di pesci.
Nel frattempo, il Capitano era alla sua postazione al timone, insieme a Jim, osservando la mappa che il giovane aveva fra le mani.
“Ecco a voi, Capitano”, esclamò il ragazzo porgendogli il cannocchiale.
Hook lo prese nella mano destra ed ebbe modo di vedere non molto lontano la loro destinazione.
“Terra!”, esclamò William dal ponte principale.
Emma si sporse subito dalla nave, osservando l'orizzonte: c'era una grande distesa di verde e rocce.
Il paesaggio le sembrava quasi idilliaco...un paradiso terrestre. Non faceva che osservarlo meravigliata e, soprattutto, curiosa di visitarlo.
Hook le fu subito affianco, osservandola tranquillo. “Ti piace, biondina?”.
Emma sorrise istintivamente, continuando a guardare con occhi rapiti. “E' bellissima”.
“Questa è Kuno Garden”, esclamò il Capitano.
Hook, osservando la sua meta, sentì maggiormente la consapevolezza di avere qualcosa che lo guidasse, che ogni passo che compiva lo stava portando sempre più vicino a quella bestia: la vendetta. Ormai era la sua luce guida, capace di fargli raggiungere il suo desiderio più grande, capace di muovere ogni suo sentimento: avrebbe trovato quel mostro, grazie a lei.


Angolo dell'autrice

  • (1) questa scena richiama leggermente quella de La Sirenetta, in cui Tritone manda avanti le ricerche per trovare sua figlia;
  • (2) Jim Hawkins direttamente da Il pianeta del tesoro;
  • (3) la nave Hispaniola viene da "L'isola del tesoro";
  • (4) Tortuga, tratta ovviamente da "La Maledizione della Prima Luna";
  • (4) frase tratta da La maledizione della prima luna, viene detta da Jack a Will Turner;
  • (5) altro personaggio da Il pianeta del tesoro;
  • (6) per questa scena, invece, mi sono un po' ispirata ad una scena eliminata de La maledizione della prima luna, in cui Jack e Will sono in una taverna e mentre Jack parla con Gibbs, Will si lascia un po' prendere dal panico e prende la spada.
  • (7) altra frase da La maledizione della prima luna, questa volta è di Elizabeth;
  • (8) il titolo si ispira alla canzone Guiding Light dei Muse.

Ok, ho finito di tediarvi con le note. Eccomi con il quarto capitolo! Spero tanto che vi sia piaciuto.
Scriverlo è stata un po' un'impresa e spero di non aver esagerato troppo con le scene Emma/Hook ma il bello della coppia sta proprio nei loro battibecchi e se non li inserivo adesso, quando lo facevo? Dopo lo shock e la tristezza dovuti alla puntata 2x21 avevo bisogno di una dose di scene Captain Swan e spero possano consolare anche voi. Ad ogni modo, ce ne saranno certamente altre. Per quanto riguarda la scena di Hook con quella “simpatica” donna, spero non siate rimasti sconvolti o altro. Inizialmente l'avevo modificata perchè mi dicevo “io scrivo una Captain Swan e poi faccio stare Hook con qualcun altro?” ma poi, parlando con una mia amica, mi ha consigliato di metterla anche per restare nel personaggio: alla fine Hook è così, è un pirata che, come sappiamo ha avuto “le mogli di molti uomini” e per Emma non prova nessun tipo di sentimento per ora, ma la vede soltanto come qualcuno da infastidire e, se capita, conquistare.
Morivo dalla voglia di inserire una scena del genere, anche per mettere Emma un po' in difficoltà e spero sia piaciuta. Inoltre, volevo fare una precisazione: il Dragone l'ho resa in maniera diversa rispetto alla serie, ma avrete modo di scoprirlo nel prossimo capitolo u.u
Un enorme ringraziamento a tutti coloro che seguono questa storia e mi lasciano recensioni. Attendo con ansia un vostro parere, anche piccino piccino piccino (compresi pomodori e ortaggi vari, si intende u.u) e se ci sono errori o altro, vi invito a farlo presente, tanto a me fa piacere :).
Alla prossima, un abbraccio :*

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Capitolo 5
*** Our stories ***


V

Our stories

“Gettate l'ancora! Muovetevi cialtroni!”.
La voce di Jim risuonava per tutta la Jolly Roger. C'era movimento sulla nave, come se tutti si stessero preparando ad un evento speciale.
Era questo il clima ogni volta che arrivavano a destinazione? Ad Emma piaceva: l'equipaggio di quella nave era come una grande famiglia, che condivideva tutto, dalle gioie come quella ai dolori più atroci, anche se a quelli non aveva ancora assistito e sperava di non farlo.
“Come lo troviamo, capitano?”, domandò Spugna avvicinandosi ad Hook, con una sacca in spalla.
“Trovare chi?” domandò Emma, spuntando da dietro la spalla di Spugna e beccandosi un'occhiata del capitano, leggermente ostile, come se non volesse informarla su ciò che dovevano fare. Eppure lei faceva parte della ciurma, quindi aveva il diritto di sapere o almeno così credeva.
“Una persona”, rispose Hook, rimanendo nel vago.
Non sapeva chi era questo fantomatico Dragone e tenere la ragazza lontana non gli sembrava affatto una cattiva idea.
“Non visitiamo prima il villaggio?”, chiese con tono insistente, mettendo le mani dietro la schiena e mostrando un sorriso suadente.
Hook la osservava: gli sembrava tanto una bambina che faceva di tutto per ottenere ciò che voleva, utilizzando il suo sorriso e i suoi occhi vispi.
A quel pensiero un leggero sorriso gli apparve sul volto, soprattutto perchè non era molto propenso ad accontentarla.
“Non direi”, rispose guardandosi intorno. “Abbiamo cose più importanti da fare”.
Emma sbuffò, spazientita, per poi guardarlo con la tipica espressione di chi aveva il coltello dalla parte del manico.
“Scusa, ma se stai cercando questo personaggio misterioso”, cominciò mettendo una mano sul mento, “l'ideale non sarebbe chiedere di lui in giro?".
Hook storse il naso. Odiava ammettere persino a se stesso quanto avesse ragione quella ragazza impertinente: era così ossessionato dall'idea di trovare il Dragone che quasi non si era posto il problema di come farlo.
“Perfetto”, rispose tranquillo. “Noi andiamo e tu resti sulla nave”.
Emma mise le mani sui fianchi. “E dovrei restare qui ad aspettarvi?”.
“Vedo che sei perspicace!”, rispose il capitano avvicinandosi.
Emma rise a tutta quella autorità e rispose di rimando. “Mi dispiace, ma non sono incline ad ottemperare alla tua richiesta!”. (1)
A quelle parole, l'uomo la fissò sorpreso: la ragazza usava le sue stesse frasi contro di lui.
Sarebbe stato un bugiardo se avesse detto che tutta quella situazione non lo divertiva, soprattutto quando lei si mostrava indispettita e combattiva, e quando gli ritorceva contro le parole da lui usate: un vero colpo di genio.
“E va bene!”, sentenziò Hook sbuffando. “Scendiamo tutti”.
“Non cerchi di farmi cambiare idea?”, domandò la ragazza stranita dal suo tono arrendevole.
“Avrei qualche speranza?”, chiese lui con voce sarcastica (2).
Emma inclinò la testa e gli rivolse un sorriso malizioso, come per fargli capire quanto i suoi ordini verso di lei sarebbero stati vani.
Scesi dalla Jolly Roger, Hook, Emma, Jim e Spugna si apprestarono alla visita di quel luogo meraviglioso ma Emma sembrava l'unica entusiasta in quel gruppo, dato che i suoi compagni di viaggio erano evidentemente annoiati e anche scortesi verso chiunque.
“E' così che volete ottenere informazioni? Comportandovi da...”.
Emma non terminò la frase, d'altronde non erano certo uomini dalle grandi maniere...forse Hook era l'unico che aveva un po' più di galanteria rispetto ai suoi compagni, e purtroppo lei stessa aveva avuto modo di constatarlo.
“Da?”, la incitò Hook con un sorriso e cercando di farle terminare la frase.
Emma roteò gli occhi al cielo. “Pirati!”, sputò malignamente.
“Notizia dell'ultimo minuto, tesoro”, rispose il capitano ghignando “Noi siamo pirati!”. 
Hook non aveva fatto nemmeno in tempo a terminare quella frase che in pochi secondi si ritrovarono circondati da un gruppo di soldati della zona.
“Pirati eh?”, esclamò uno di loro guardandoli con sdegno, dopodiché accadde tutto abbastanza velocemente.
Uno degli uomini si avventò su Spugna, che in tutta risposta lo colpì con la punta della spada, mentre Jim veniva scaraventato a terra da un pugno di un altro soldato. Erano chiaramente in svantaggio rispetto ai soldati.
Emma, intanto, era stata spinta da Hook dietro le sue spalle, come per proteggerla, ma all'improvviso venne afferrata da uno dei soldati. Poteva sentire il suo ghigno beffardo sul collo mentre la teneva ferma con le braccia in una morsa e rideva della sua impossibilità di muoversi.
“E tu faresti parte di un gruppo di pirati?”, domandò l'uomo, deridendola. “Hai sbagliato luogo, mia cara!”.
“Toglimi le mani di dosso, brutto imbecille!”, esclamò Emma, dimenandosi e pestandogli un piede.
Il soldato soffocò un gemito per il dolore e la trascinò poco a poco verso il pozzo al centro della piazza, mentre Hook e gli altri erano impegnati con gli altri uomini. Sollevò Emma di peso, come se la sua intenzione fosse proprio quella di gettarla nel pozzo, provocando l'urlo spaventato della ragazza (3).
Hook, sentendola gridare, si voltò immediatamente ma il soldato con cui stava duellando approfittò del suo momento di distrazione per disarmarlo e bloccarlo, e così anche gli altri.
“Pirati!”, esclamò il soldato che teneva Emma sospesa. “La peggior feccia del paese!”.
All'improvviso, il soldato venne colpito da qualcosa alle spalle e cadde di lato, mollando la presa su Emma, che cadde nel pozzo, restando aggrappata ad una delle assi di ferro e cercando in tutti i modi di sollevarsi ed uscire.
Hook sferrò una gomitata al soldato che lo teneva fermo, riprendendo la sua spada e correndo in aiuto di Emma, ma prima che potesse fare qualcosa, un altro soldato cercò nuovamente di attaccarlo. Il capitano era in bilico tra il combattere con la spada nella mano destra e l'aiutare Emma, così le porse l'uncino, intimandole di afferrarlo.
“Forza, Swan! Non temere di farti prendere la mano!”, esclamò rivolgendole un sorriso burlone (4).
“Ti sembra il momento di scherzare?”, domandò la ragazza, afferrando l'uncino senza pensarci due volte, sollevandosi per uscire dal pozzo.
Nel frattempo, c'era qualcun altro che stava aiutando Jim e Spugna a sbarazzarsi dei soldati. Non appena Emma ed Hook si voltarono per capire di chi si trattasse, rimasero entrambi di sasso: era una donna che stava avendo la meglio su quattro soldati, che si dileguarono in poco tempo.
“Voi siete...”, cominciò Jim guardandola a bocca aperta.
“Sì, lo so”, rispose la ragazza riponendo la spada.
Aveva lunghi capelli neri raccolti in una coda e occhi castani. La sua bellezza era evidente, seppur nascosta dall'uniforme maschile che indossava.
“Ci hai aiutati”, constatò Emma sorpresa.
La ragazza le rivolse un leggero sorriso.
“Non mi piace questo tipo di atteggiamento, pirati o meno!”. rispose lei aggiustandosi i capelli. “Io sono Mulan”.
Prima che Emma potesse rispondere, Hook le si parò davanti cominciando a parlare.
“Il mio nome è Hook e questa è soltanto parte della mia ciurma. Il resto è a bordo della mia nave, la Jolly Roger”.
Il suo tono era quasi ammaliatore, come se stesse cercando di colpire la ragazza che aveva di fronte, la quale, in tutta risposta, lo guardava imbronciata: la sua tattica non stava funzionando affatto.
“Devi provarci con qualunque cosa che respiri?”, domandò Emma, canzonandolo.
Hook si voltò un attimo verso di lei.
“Qualcuno oggi è particolarmente simpatico. Adoro le donne suscettibili!”, replicò il capitano.
“Possiamo rimandare i diverbi tra marito e moglie ad un'altra volta?”, chiese Jim chiaramente spazientito dai loro battibecchi.
“Io mi chiamo Swan”, intervenne Emma, porgendo la mano a Mulan. “Loro sono Jim, Spugna e...Hook, come avrai notato”.
"Piacere di conoscervi", rispose con tono placido. "Cosa vi porta a Kuno Garden?".
"Cerchiamo una persona", rispose Jim. "Lo chiamano il Dragone".
Sul volto della donna apparve una leggera smorfia di contrarietà mista a confusione.
"Il Dragone...", cominciò facendo un segno di assenso con la testa. "Ho solo sentito diverse voci su di lui. E' come una chimera".
"Così bella, così inutile", commentò Hook, grattandosi il mento con la punta dell'uncino. La sua affermazione provocò lo sguardo fulminante di Emma, a cui il pirata rispose con il suo solito ghigno beffardo: maniaco, fastidioso e pieno di sè...era proprio la glorificazione del tipico pirata.
"Andiamo, forza", disse rivolgendosi a Spugna che sospirò leggermente annoiato. "Jim, resta con lei. Noi andiamo a cercare informazioni".
"Perchè io?", domandò il giovane, esasperato.
"Perchè sì!", ribattè il capitano con voce ferma e volitiva.
"Non mi serve una balia!", intervenne la bionda con diniego, mentre Jim faceva cenni con il capo per dare ragione alla ragazza.
"Smettetela!", ringhiò Hook con una leggera nota di fastidio nella voce. "Non fate i bambini e continuate a girare per questo dannato villaggio!".
Emma doveva ammetterlo: quell'uomo sapeva esattamente come dare ordini e, soprattutto, come farli eseguire.
I due uomini si allontanarono sotto gli sguardi perplessi di Emma, Jim e Mulan.
Dopo aver girovagato un po' per il villaggio, Hook poteva confermare con certezza le parole di Mulan: quel tizio era davvero una chimera.
Forse Silver gli aveva mentito? No, perchè avrebbe dovuto? Non aveva nessun interesse per ciò che stava facendo, il suo era soltanto un favore nei confronti di Jim. Continuava a camminare corrucciato, senza sapere esattamente dove stesse andando, mentre Spugna lo seguiva, evitando di fare commenti che lo avrebbero certamente infastidito, e spesso infastidire il capitano equivaleva a trovarsi il suo uncino davanti agli occhi.
D'un tratto, vennero avvicinati da tre uomini in prossimità di un vicolo: erano abbastanza alti, non molto vecchi e portavano dei mantelli neri con i cappucci che nascondevano in parte i loro volti. Per qualche motivo, Hook non si sentiva molto tranquillo.
"State cercando il Dragone?", domandò uno dei due avvicinandosi ad Hook e giocherellando con una moneta.
Hook lo guardò sospettoso: non avevano un'aria poi tanto raccomandabile.
"Forse", rispose vago e senza smettere di osservarlo. in attesa.
L'uomo lasciò cadere la moneta, portando Hook a seguirne il percorso fino a terra, poi si rivolse agli altri due. "Prendili".

"Una donna a bordo di una nave pirata".
Mulan la osservava sorpresa, come se effettivamente la sua situazione fosse nella lista delle meno adatte ad una donna, ma sembrava proprio che sia lei che quella ragazza fossero alquanto fuori dal comune, dato il loro stravagante stile di vita.
"Già", rispose la ragazza, continuando a camminare.
"Come mai, se posso?", domandò Mulan con voce titubante.
Emma esitò un attimo prima di iniziare a parlare, cercando di trovare le parole più adatte per descrivere al meglio la sua situazione, per quanto fosse possibile.
"I miei genitori", cominciò guardando in basso, "avevano scelto una vita che non mi andava poi tanto a genio e così sono fuggita".
"Credo di riuscire a capire", rispose lei. "Insomma, una figlia che si arruola nella guardia imperiale? Diciamo che non era quello che la mia famiglia aveva in mente per me", continuò, mettendo una mano sul braccio di Emma. "Ho avuto qualche problemino con mio padre".
Sembrava proprio che lei non fosse l'unica ad avere qualche conflitto con la propria famiglia e la sua situazione attuale ne era certamente la prova, tuttavia, la consolava sapere che c'era qualcuno che aveva provato le sue stesse sensazioni.
Jim aveva camminato, in silenzio, al loro fianco, ma quella conversazione iniziava a spazientirlo.
Emma non aveva fatto caso alle espressioni insofferenti che il ragazzo aveva mostrato, come se disapprovasse ogni parola.
"Vi prego!", la voce esasperata di Jim le costrinse a voltarsi. "Siete proprio due signorine lamentose”.
Emma osservò il suo volto, stupita. Sembrava che le loro parole lo avessero infastidito.
"Avete una famiglia che si preoccupa per voi e vi lamentate?", domandò con tono alquanto adirato.
Senza nemmeno dare tempo alle ragazze di rispondere, girò i tacchi e si incamminò da solo per le strade del villaggio, lasciando Emma e Mulan da sole.

Buio.
Killian Jones non vedeva altro.
"In realtà, preferisco farlo con le luci accese" (5).
Il sacco gli venne immediatamente tolto dal viso, rivelando, per quanto fosse possibile, il luogo in cui era stato trascinato insieme a Spugna.
Sembrava una sorta di tempio abbandonato: le mura della stanza in cui si trovava erano rovinate e così anche le colonne, che però davano a quel luogo un aspetto molto antico e in qualche modo anche affascinante.
Hook si voltò e dietro di lui c'erano i tre uomini che lo avevano avvicinato e Spugna, tenuto fermo vicino a loro.
Uno degli uomini fece un passo avanti e sciolse la corda che gli teneva ferme le mani.
"Non fare scherzi", cominciò guardandolo male, mentre Hook si massaggiava il polso.
“Vi stavo aspettando, Killian Jones”.
Hook si voltò di scatto, notando dinanzi a sé una figura che prima non c'era: un uomo, piuttosto vecchio, seduto a gambe incrociate e con un tipico atteggiamento da meditazione: doveva essere il Dragone.
“Vedo che la mia fama mi precede”, rispose il capitano alzandosi e accennando un inchino, per poi rimettersi a sedere.
“Conosco il motivo che vi ha spinto fin qui: la vendetta”, sentenziò l'uomo senza distogliere lo sguardo da lui.
Hook si chiedeva che razza di potere possedesse quell'uomo. La sua magia era pari a quella dell'Oscuro o era anche più potente?
“Così sembra”, rispose, abbassando leggermente il capo.
“La vendetta è affilata come una lama. Avvicinarvi troppo ad essa finirà per ridurvi a pezzi. Essa non è un inizio, ma una fine: la fine della vostra vita. Uccidete l'Oscuro e non avrete nulla per cui vivere, resterete solo con un vuoto incolmabile nel cuore”.
“Non mi importa di vivere o morire!”, esclamò Hook in un sibilo, “Voglio la mia vendetta e la mia libertà, una volta per tutte!”.
Una risata baritonale si diffuse per tutta la stanza: il Dragone si stava decisamente prendendo gioco di lui e lo guardava come se fosse un povero stolto.
“Voi parlate di libertà”, rispose, “ma la morte di un uomo chiude sempre la porta alla nascita di un altro. Vi porterà ad una regressione!”.
“Non mi interessa!”, ringhiò Hook alzandosi in piedi e annullando le distanza fra lui e il Dragone, “Voglio la sua morte, non importa cosa dovrò affrontare! Dimmi come trovarlo!”.
“Oh, non posso”, rispose il vecchio mantenendo il tipico sorriso di chi è sempre un passo avanti. “Non c'è bisogno! Qualcuno vi condurrà abbastanza vicino a lui da poter compiere la tua vendetta”.
“Chi?”, domandò il capitano al limite dell'esasperazione.
“Qualcuno di sangue blu”, rispose con tono ovvio, come se fosse la risposta più scontata del mondo, “ma non sarà facile. Il fato vi ha scelto, Killian Jones”.
“Io non credo nel fato”, rispose Hook, corrugando le sopracciglia in una smorfia.
“Allora credete in voi stesso e nel potere delle vostre scelte!”, affermò continuando a sorridere. “La via della vendetta è buia e solitaria. Intraprenderla significa lasciare tutto alle spalle, ogni tipo di sentimento!”.
“I sentimenti non sono mai stati un mio problema”, sentenziò il capitano.
“Per ora, forse. Siete un uomo, non siete immune a nulla, nemmeno alla morte”.
“Cosa significa?”.
Hook non riusciva a capire ciò che il Dragone stava cercando di dirgli.
Aveva la sensazione che gli stesse dando solo tanti pezzi ma doveva essere lui stesso a metterli insieme, trovando la giusta combinazione, e se c'era una cosa in cui Killian Jones era alquanto negato, era proprio il rimettere insieme i pezzi. Era decisamente più bravo a disperderli.
“La vendetta potrebbe essere un'opzione, non una strada certa. Lungo il vostro cammino, potreste desiderare di abbandonarla”.
Il suo sguardo era gentile e comprensivo, come se volesse spingerlo sulla strada della redenzione.
“Mai!”, ringhiò. “Non smetterò mai di combattere per ottenerla!”.
“La scelta sarà vostra. Ci saranno diverse vite in gioco, non soltanto quella di colui che desiderate tanto uccidere”.
Hook ignorò completamente ciò che aveva detto. “Da dove inizio?”, domandò.
Il Dragone sospirò, deluso e scuotendo la testa in segno di disappunto.
“Da dove siete ora”, rispose con tono arrendevole, “Sarà la vostra vendetta a venirvi incontro, e allora dovrete essere voi a decidere se coglierla".
Hook si girò e fece per andarsene insieme a Spugna, quando la voce del Dragone lo richiamò.
Il vecchio ko guardava fisso, e Hook poteva intravedere una flebile speranza nei suoi occhi.
“Rammenta, Killian Jones: non è mai troppo tardi per fare la cosa giusta”.

Emma aveva ascoltato la storia di Mulan ed era piuttosto convinta che quella donna avesse decisamente coraggio da vendere.
Aveva aiutato un amico a riunirsi con la sua amata, sotto l'effetto di una maledizione che solo il bacio del vero amore poteva rompere...proprio come i suoi genitori. Si era sottratta alla vita che i suoi genitori avevano scelto per lei, e loro con il tempo erano riusciti ad accettarla.
Non era scappata. Era rimasta ferma a combattere per la sua vita.
Lei, invece, aveva scelto la via più facile: la fuga, così da non incontrare ostacoli sul suo cammino.
Emma si mise in cerca di Jim, insieme a Mulan.
Se Hook, al suo ritorno, non li avesse trovati insieme avrebbe certamente dato di matto.
Lo trovarono non molto lontano, seduto su una panca, dinanzi al lago del villaggio, che gettava sassi nell'acqua: aveva proprio l'aria di un ragazzo in pena. Emma si avvicinò, mentre Mulan decise di aspettare, poco lontana da loro.
Non appena Jim la vide, voltò la testa dall'altra parte, ignorando completamente il suo arrivo.
Emma gli si sedette accanto senza dire nulla e mantenendo un'espressione serena.
Il ragazzo si voltò verso di lei, trovandola subito pronta a sorridergli, come se stesse aspettando che fosse lui a parlargli.
C'era qualcosa negli occhi chiari del ragazzo: un velo di tristezza che sembrava non abbandonarlo mai.
"Mio padre è andato via quando ero piccolo”, disse tutto d'un fiato, come se si fosse liberato di un peso. “Mia madre mi ha cresciuto da sola, per quanto fosse possibile poi è morta, ed io mi sono imbarcato su una nave insieme a John Silver, l'uomo della taverna” (6).
“Mi dispiace molto”.
Emma non riusciva ad aggiungere altro, poteva solo sentirsi sinceramente dispiaciuta per quel ragazzo e capiva il motivo della sua reazione.
“Sono stato accolto sulla Jolly Roger, trovando in Killian una sorta di guida...di figura paterna”, continuò, tenendo la testa bassa.
Emma alzò un sopracciglio, facendo parecchia fatica ad immaginare Killian in un ruolo simile.
“Hook? Una guida?”, domandò, dubbiosa e storcendo il naso.
“Hai ancora molto da imparare su di lui, Swan!”, aggiunse Jim con un leggero sorriso, “Dovreste apprezzare di più ciò che avete. Tu sei fuggita dalla tua famiglia che certamente ti vuole bene. Ti staranno cercando”.
Emma scosse la testa. “Tu non sai...”.
“Lo so, eccome”, ribattè lui con voce ferma. “Una famiglia che ti ama ti resta accanto, anche in modo fastidioso ma di certo non ti abbandona".
Emma poteva percepire il tono di tristezza nella sua voce.
Gli mise una mano sulla spalla, pensando per un attimo ai suoi genitori e riflettendo su quanto accaduto.
Per fortuna, non ebbe modo di continuare quella riflessione, poiché venne interrotta dall'arrivo di un Hook decisamente risentito e infastidito, seguito da Spugna. Emma gli andò incontro, guardandolo negli occhi, insieme a Jim.
“Lo avete trovato?”, domandò, curiosa di udire la sua risposta.
Hook la guardò per un attimo senza risponderle, per poi rivolgersi a Jim.
“Torniamo a bordo, forza! Domani faremo qualche provvista e poi ce ne andremo”.
Il suo tono non sembrava affatto contento.
Jim inarcò un sopracciglio, notando l'atteggiamento del suo Capitano e gli ci volle davvero poco per capire che non solo avevano trovato il Dragone, ma che aveva anche detto loro qualcosa che Hook non aveva digerito.
Senza fare domande, il giovane fece segno ad Emma di avviarsi.
La ragazza si avvicinò a Mulan, promettendole che sarebbe tornata a salutarla prima di ripartire.
Una volta ritornati sulla Jolly Roger, Hook era corso nella sua cabina, sbattendo la porta così violentemente che Emma sobbalzò.
Il Capitano prese ad andare avanti e indietro per tutta la stanza, cercando di dare un senso a tutto ciò che aveva detto il Dragone.
Scaraventò diversi oggetti per aria, furioso, per poi trovarsi fra le mani un ritratto della sua amata Milah.
Hook era rimasto chiuso lì dentro per il resto della giornata. Quando giunse la sera, e ormai sia Emma che il resto dell'equipaggio avevano cenato, la ragazza prese qualche avanzo e con un po' di coraggio bussò alla porta del Capitano.
Non avendo ricevuto alcuna risposta, Emma aprì la porta ed entrò senza pensarci due volte. Se quello stolto voleva morire di fame, lei non glielo avrebbe certo permesso: averlo sulla coscienza era l'ultima cosa che desiderava in quel momento.
Appena entrò nella stanza, la ragazza rimase sorpresa nel vedere tutto quel disordine fatto di oggetti e fogli sparsi ovunque.
Si guardò intorno, cercando Hook e lo trovò disteso sul letto, completamente addormentato. Ripose il vassoio sullo scrittoio, cercando di non fare troppo rumore, e poi gli si avvicinò, come se una forza sovrumana la stesse attirando verso di lui.
Sembrava un bambino mentre dormiva, con il braccio destro abbandonato sull'altro lato del letto.
L'uncino era riposto sul comodino al lato del letto. Spinta dalla curiosità lo prese, osservandolo, per poi voltarsi a guardare il suo braccio sinistro menomato, chiedendosi come gli fosse successo. Aveva un viso così innocente, che sarebbe stato difficile considerarlo come il Capitano forte e burbero che era. Emma sorrise istintivamente, senza rendersene conto, poi notò qualcosa di strano: aveva una pergamena stretta nella mano destra.
Sempre cercando di non svegliarlo, si sporse leggermente su di lui per prenderla, sfiorandogli la spalla.
Quel contatto lieve bastò a svegliare Hook, il quale scattò a sedere sul letto, afferrando Emma per il polso, mentre la ragazza teneva ancora il suo uncino nella mano destra. Le sue iridi, così azzurre da togliere il fiato, la fissavano, lasciandola spaventata e interdetta.
Erano così vicini che Hook poteva sentire il suo cuore battere incessantemente.
Quando realizzò chi aveva di fronte, le labbra del capitano si distesero in un sorriso.
“Tempismo perfetto!” (7), ghignò lui con i suoi soliti modi e senza allentare la presa, dalla quale Emma cercava inutilmente di divincolarsi.
La ragazza riuscì finalmente a spingerlo via, alzandosi subito dal letto, e inspirò profondamente, cercando di riprendersi da ciò che era appena successo.
“Ma sei impazzito?”, sbraitò lei, leggermente scossa.
“Sei stata tu ad introdurti qui dentro”, rispose, rimanendo seduto sul suo letto e allargando le braccia in segno di resa.
“Ero venuta soltanto a controllarti e portarti da mangiare”, esclamò la bionda indicando il vassoio sul tavolo.
Hook la fissava con occhi sorridenti e quasi soddisfatti.
“Vorrà dire che la prossima volta non mi troverai impreparato”, esclamò, corrugando le sopracciglia, come soltanto lui sapeva fare, poi notò che la ragazza stringeva ancora il suo uncino in una mano.
“Non vuoi separarti nemmeno da quello, a quanto vedo!”, disse indicando l'uncino, “Mi faresti la gentilezza?”.
Emma gli restituì l'uncino, tenendosi ad una certa distanza da lui e osservandolo mentre lo rimetteva sulla mano sinistra.
Mentre lo guardava attentamente, la curiosità riprese a farsi strada in lei.
“Com'è successo?”, chiese indicando l'uncino con un cenno del capo.
“Non avevi detto che eri venuta solo per portarmi da mangiare?”, ribatté lui, aggiustandosi la camicia e guardandola negli occhi.
“Puoi dirmelo oppure posso chiedere al resto della ciurma, a te la scelta”, rispose la ragazza rivolgendogli uno sguardo vittorioso.
Hook sospirò pesantemente, cercando di farsi forza nel dare una risposta a quella guastafeste.
“Diciamo che non volevo consegnare qualcosa e l'ho tenuta chiusa nella mia mano”, rispose secco.
“Geniale”, rispose la ragazza con tono sarcastico, “ma non mi sembra una risposta valida”.
“Adesso stai ficcando il naso un po' troppo”, esclamò Hook guardandola male.
La bionda sbuffò e mise il broncio, come una bambina, facendolo sorridere.
“Facciamo così”, cominciò lui alzandosi dal letto ed avvicinandosi alla ragazza.
“Ti racconterò la mia storia, quando tu vorrai raccontarmi la tua”.
Emma lo guardava, storcendo le labbra con poca convinzione.
“Abbiamo un accordo?”, chiese lui gentilmente, porgendole l'uncino.
La ragazza gli rivolse un sorriso e poi, soddisfatta, strinse la punta dell'uncino. “Affare fatto”.

“Tremotino...la prigionia ti dona”.
Regina camminava a grandi passi, osservando soddisfatta la cella in cui era rinchiuso l'Oscuro.
“Mia cara”, esclamò Tremotino, rimanendo comodamente appoggiato al muro. “Non c'è bisogno di sottolinearlo, che maleducata”.
La regina lo guardava attentamente con i suoi occhi neri e le labbra rosse come il sangue storte in una smorfia di fastidio: quell'uomo diventava ogni giorno più irritante, probabilmente ci aveva preso gusto nel darle ogni tipo di seccatura.
“Mi sorprende vederti qui, dopo tutto ciò che è accaduto”, esclamò l'uomo come se stesse rigirando il coltello nella piaga.
Regina ignorò la sua provocazione, avvicinandosi.
“Mi aiuterai a trovare un modo per vendicarmi di Snow”, esclamò con fermezza.
Tremotino alzò gli occhi al cielo.
“Ancora con questa ossessione per la vendetta. Devo ricordarti che sei stata bandita, mia cara?”.
La donna scoppiò in una malefica risata, suscitando l'interesse e la curiosità di Tremotino.
“Questa volta mi servirò di qualcun altro per realizzare la mia vendetta: sua figlia”.
Tremotino fece la sua solita risatina divertita e cominciò a camminare per la cella, saltellando.
“E come vorresti fare?”, chiese con tono canzonatorio.
“Sai come voglio iniziare”, rispose lei ad un pelo dal suo viso. “Dammi quello che cerco”.
L'Oscuro sospirò, deciso ad accontentarla e prese quello che sembrava essere un medaglione piuttosto antico.
Tremotino intimò alla donna di indossare dei guanti prima di fare qualsiasi cosa.
“E' il...” cominciò Regina non riuscendo a terminare la frase, perchè interrotta da Tremotino.
“Sì, cara”, rispose con un ghigno “La cosa da cui nessuno può scappare: il destino. Ti prometto che se saprai come usarlo, il suo sarà particolarmente sgradevole” (8).
L'Oscuro le porse il medaglione, che Regina prese con molta cura, riponendolo in una piccola sacca che aveva con sé e rivolgendo un sorriso soddisfatto a colui che era stato il suo maestro, e di sua madre prima di lei.
Con quel medaglione si sarebbe certamente presa cura della principessina.


 

Note:

  • (1) frase tratta da La Maledizione della Prima Luna;
  • (2) dialogo ripreso dalla puntata 2x06, quando Emma scala la pianta di fagiolo e Snow cerca di dissuaderla;
  • (3) questa scena riprende la puntata 2x11, che vede Belle come protagonista;
  • (4) frase tratta dalla puntata 2x06, pronunciata da Hook;
  • (5) altra frase di Hook, dall'episodio 2x20;
  • (6) ho modificato un po' la storia di Jim, nel cartone la madre è viva, ma qui ho preferito cambiare qualcosa;
  • (7) altra frase, pronunciata da Hook;
  • (8) questa è una citazione di Tremotino, dall'episodio 2x01.
  • piccola precisazione: prima avevo scritto che Tremotino si trovava nel suo castello, ma poi una lettrice (grazie, summers0001) mi ha fatto giustamente notare che dovrebbe essere rinchiuso per ciò che è accaduto con Cenerentola, dettaglio che non avevo considerato, quindi ho modificato il contesto e mi scuso con tutti voi :)

Eccomi con il quinto capitolo, che non mi dice molto ma lascio a voi i giudizi. Come avrete letto, ho deciso di inserire anche Mulan. Inoltre, ho deciso di rendere il Dragone in maniera diversa, cioè più come oracolo che come guaritore e l'idea mi è venuta, guardando Da Vinci's Demons.
Ok, credo non ci sia altro da aggiungere.
Spero sempre che vi sia piaciuto, lasciate un commento anche piccino piccino, eventualmente accompagnato da pomodori, ortaggi e ciabatte u.u. Un ringraziamento a tutti coloro che seguono, leggono, recensiscono e mettono tra i preferiti.
Al prossimo capitolo!

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Capitolo 6
*** I’m gonna give all my secrets away ***


VI

I’m gonna give all my secrets away


Era identica a sua madre. Era identica alla dannata Snowhite.
La principessa dormiva profondamente, sollevando leggermente il petto ad ogni respiro.
I capelli biondi erano sparsi sul cuscino e il suo viso era rilassato in un'espressione di completa e totale serenità, come se nulla la turbasse. Alla regina sembrò anche di vedere le sue labbra rosee incurvarsi in un leggero sorriso.
Le ricordava esattamente la povera Snow dopo aver mangiato la mela, “salvando” il suo amato Charming, a parte per l'espressione tranquilla. Poteva porre fine alla sua inutile vita in quel preciso momento, strappandole il cuore e riducendolo ad un mucchio di cenere.
Regina scosse la testa, cercando di non farsi sopraffare dai suoi istinti.
Se c'era una cosa che aveva imparato in tutto quel tempo era certamente che la tempestività toglieva ogni tipo di divertimento, e usare Emma per la sua vendetta sarebbe stato un divertimento di cui voleva godere con ogni fibra del suo essere. Inclinò leggermente il capo mentre la osservava dormire così bella e così beata: situazione che sarebbe durata ancora per poco, grazie a lei.
Si chinò leggermente sul suo letto. Aveva una mano abbandonata sul cuscino, a pochi centimetri dal suo viso. Regina prese il medaglione che le era stato donato da Tremotino e lo osservò un'ultima volta prima di utilizzarlo.
“Che le danze abbiano inizio, esclamò, voltandosi verso la bionda.
Adagiò il medaglione sul palmo della mano della ragazza, che sussultò leggermente quando venne a contatto con la pelle, dopodiché lo tolse, riponendolo nella piccola sacca. Osservò la mano di Emma e le sue labbra si incurvarono in un sorriso che racchiudeva tutta la sua perfidia: la principessa era stata marchiata.

Emma sentiva un freddo indescrivibile, così forte da congelarle le ossa. Sentiva delle urla che pian piano diventavano sempre più forti e più vicine. Erano urla di supplica e di dolore, ma lei non era in grado di aiutare chi stava urlando. Non riusciva a muoversi, come se fosse congelata, poi d'un tratto qualcosa le trapassò in pieno il petto. Sembravano mille lame gelide e affilate tutte insieme.
La ragazza si svegliò di soprassalto, annaspando.
Si portò la mano al petto per assicurarsi che nulla l'avesse davvero trapassata: incubi.
Emma trasse un lungo sospiro, sicuramente era colpa di tutte quelle giornate così intense che si stava ritrovando a trascorrere da quando si era imbarcata sulla Jolly Roger.
Si alzò dal letto e, dopo essersi data una sistemata, si recò sul ponte principale, pronta a fare provviste insieme agli altri per poi ripartire. Ovviamente, trovò Hook già pronto a fare qualsiasi cosa: le rivolse un sorriso allegro.
“Buongiorno, raggio di sole”, esclamò allargando le braccia, “Hai dormito bene senza me?”.
Le rivolse il suo solito sguardo suadente.
Emma ricambiò con un sorriso stretto, cercando di non dargli troppa corda.
“Credimi Hook, stamattina mi sento tutto tranne che un raggio di sole”, rispose con tono aspro.
Il suo viso era evidentemente stanco e pallido.
Il capitano rise “Se passassi più serate con me, avresti un aspetto molto più salutare”.
Emma alzò gli occhi al cielo, rassegnandosi alle solite risposte scontate del suo capitano.
Scesero dalla nave, recandosi al villaggio per fare qualche rifornimento.
Emma si fermò a prendere del cibo, insieme a Jim e Spugna, mentre Hook si occupava di polvere da sparo per i cannoni e altre cose insieme a William. La ragazza cominciò a guardarsi intorno, chiedendosi quando e se sarebbe riuscita a vedere Mulan, ma non fece nemmeno in tempo a formulare quella domanda, che la ragazza spuntò fuori, come se l'avesse sentita.
Si avvicinò a loro, salutandoli, e facendo domande sulla loro prossima direzione.
“Ah, non devi chiedere a me!”, esclamò Emma con tono ironico, “E' lui il capo!”.
Hook, sentendosi ovviamente chiamato in causa, si voltò.
“Bene, vedo che la mia autorità viene riconosciuta”, esclamò con soddisfazione.
La loro prossima destinazione, tuttavia, era un problema. Dove sarebbe andato adesso?
Il Dragone non gli aveva dato una meta. Aveva soltanto detto che la sua vendetta sarebbe venuta da lui, ma cosa avrebbe fatto nel frattempo? Non poteva certo stare fermo ad aspettarla, per di più cosa ne sapeva lui se le parole di quel vecchio pazzoide fossero effettivamente vere? Magari lo stava prendendo soltanto in giro e non sarebbe arrivata nessuna vendetta.
Addentò una mela appena comprata da Emma, continuando a riflettere sul da farsi.
Improvvisamente una scossa lo fece vacillare, costringendolo ad aggrapparsi alla colonna lì vicino.
Emma e gli altri fecero lo stesso. La terra aveva appena tremato, ma a quella scossa ne seguì subito un'altra che rischiò di farli accasciare tutti a terra. Insieme a quella scossa, un vento fortissimo cominciò a soffiare sul villaggio, costringendo molti a ripararsi.
“Cosa succede?”, domandò Hook preoccupato.
Emma cominciò a sentire delle urla, proprio come quelle che aveva udito in sogno.
“Le sentite?”, domandò la ragazza guizzando lo sguardo intorno a loro.
“Cosa?”, chiese Mulan guardandola perplessa.
“Le urla”, rispose Emma con tono ovvio. Possibile che non riuscissero a sentirle?
Mulan la guardava ancora confusa, come se stesse delirando, così Emma decise che era meglio non insistere, forse era soltanto una sua impressione, dovuta alla stanchezza che le pesava addosso da quando si era svegliata.
“Dobbiamo trovare riparo, forza!”, esclamò la donna cominciando a camminare a passo veloce, seguita dagli altri pirati.
“Si può sapere che succede?”, domandò Jim continuando a camminare.
Nel villaggio si era diffuso già il panico. Tutti correvano a destra e manca, rifugiandosi nelle proprie case e prendendo tutto ciò che potevano: non era per niente un bello scenario. Sembrava che si stessero preparando alla fine del mondo e nessuno aveva idea del motivo a cui fosse dovuto quell'improvviso “evento”. Hook voleva tornare sulla nave ma ormai erano lontani e la situazione era decisamente fastidiosa, dato che le cose non potevano andare a buon fine.
Mentre procedevano, le scosse sembravano diminuire ma il vento continuava a soffiare forte, rendendo difficile il cammino.
Nella testa di Emma, le urla si intensificavano sempre di più. Erano così forti che la testa sembrava scoppiarle.
Si fermò, paralizzata da quelle urla e un freddo intenso calò su di lei.
La mano prese a bruciarle, facendola gemere per il dolore. Abbassò lo sguardo e sul palmo sinistro aveva una specie di ferita che non ricordava di essersi procurata, ma più che una ferita, sembrava un marchio. C'era qualcosa...una presenza.
Trasse un profondo respiro e si voltò: una figura avvolta in un mantello si ergeva sopra di lei. Il volto era nascosto dal cappuccio ma aveva proprio l'aspetto di uno spettro. La visione di quella creatura le provocò una stretta allo stomaco, ma era così terrorizzata che non si rendeva nemmeno conto di ciò che accadeva intorno a lei.
“Swan!”. La voce di Hook era lontana ma poteva sentire in essa una nota di terrore. “Allontanati da quel mostro!”.
Emma non ne era in grado, c'era qualcosa che le impediva di scappare e di sfuggire a quell'essere.
Continuava ad osservarlo: le mani viscide e scheletriche spuntavano dal mantello, avvicinandosi a lei. Gli occhi rossi la fissavano. Lo spettro trasse un profondo e lungo respiro, avvicinandosi maggiormente a lei e un freddo ancora più forte la colpì. Si stava insinuando nelle ossa, nelle vene, persino nel suo cuore. Una delle ultime cose che vide fu il medaglione che quella creatura portava: aveva un marchio strano, che però lei aveva già visto. Portò di nuovo lo sguardo alla sua mano: era lo stesso marchio, dopodiché non appena alzò lo sguardo, per Emma fu il buio. Si sentiva come se stesse precipitando in un baratro oscuro e spettrale: non vedeva e non sentiva nulla, se non il gelo devastante. Sembrava che le stessero strappando via qualcosa, ma non sapeva dire precisamente cosa.
Stava annegando nel gelo e nel buio, continuando a sentire le urla che le perforavano i timpani e lei non riusciva a fare nulla, poi qualcosa sembrò improvvisamente tirarla fuori dallo stato di trance in cui era caduta, facendola finire a terra tra l'erba dei boschi.
“Swan!”.
Emma aprì gli occhi. Era tornata la luce.
Il sole mandava sprazzi di luce fra gli alberi, illuminando leggermente la figura sopra di lei: Hook.
Dietro di lui c'erano tutti gli altri che la stavano guardando.
La ragazza si sentiva davvero debole e cercò con tutte le sue forze di mettersi seduta.
“Stai bene?”, chiese Hook nervosamente.
“Sì” rispose Emma con voce flebile, guardando subito oltre le loro spalle. “Cosa è successo?”.
“E soprattutto quello cos'era?”, chiese Hook, voltandosi verso Mulan.
Kreeshan”, rispose la ragazza, aiutando Emma ad alzarsi, “o meglio lo Spettro”.
Tutti continuavano a fissarla, perplessi e preoccupati.
“Non capisco”, mormorò Jim. “Quella cosa era lì in piedi che fissava Swan, cioè...”.
“Sembrava che stesse per ucciderti” intervenne Spugna.
Emma non capiva. Si sentiva debole e stanca, come se si stesse rimettendo da un periodo di convalescenza.
Non riusciva a capire perchè quella creatura si era avvicinata a lei.
“Lo avrebbe fatto” esclamò Mulan. “Lo Spettro è una delle creature più pericolose di tutte le terre conosciute: un succhia anime” (1).
Jim sgranò gli occhi nel sentire quella espressione e si voltò verso Hook, il cui sguardo era indecifrabile e fisso su Emma.
“Secondo la leggenda, marchia le sue vittime e le priva dell'anima, condannandole per l'eternità”, continuò la donna con voce titubante, poi si voltò verso Emma. “Le urla che hai detto di aver sentito, sono quelle delle anime intrappolate che cercano di fuggire. Non pensavo fosse possibile fin quando non l'ho visto prima con i miei occhi”.
Emma stava realizzando tutto. Quel segno sulla sua mano era lo stesso del medaglione e non era un caso: era stata marchiata e lo Spettro cercava lei. Tentò con tutte le sue forze di ricordare come e quando fosse stata marchiata, ma senza alcun risultato.
Guardava verso il basso senza dire nulla e poteva sentire lo sguardo di Hook addosso, certamente preoccupato dall'effetto che quel mostro poteva aver avuto su di lei. Stava bene ma se ciò che aveva detto Mulan era vero, allora lei era senza alcun dubbio condannata.
“Lo abbiamo ucciso?”, domandò Hook con voce ferma.
Mulan scosse la testa. “No, non si può uccidere qualcosa che è già morta”.
La bionda impallidì maggiormente.
“Almeno nessuno di noi è stato marchiato” esclamò Jim sospirando, mentre Emma continuava a tenere lo sguardo basso.
“Forza, andiamo!” aggiunse Hook. “Dobbiamo tornare alla nave”.

Le acque si erano calmate. Il villaggio sembrava sereno e non c'era nessuna traccia di quello spettro, ma Emma era impaurita.
Sapeva che quel mostro sarebbe tornato per lei, e forse dopo avrebbe preso anche l'anima di qualcun altro: magari quella di uno dell'equipaggio, magari quella di Hook. No, non poteva permettere che anche la vita di qualcun altro venisse coinvolta.
Tornò ad osservare la sua mano, tremando al pensiero di ciò che le era capitato poco fa.
Lo Spettro le avrebbe succhiato l'anima e lei sarebbe stata dannata per l'eternità.
“Sei ferita, Swan?”. La domanda di Mulan la fece sobbalzare e la ragazza chiuse immediatamente la mano, nascondendola.
“No”, rispose tranquilla. “Va tutto bene, grazie”.
Mulan la osservava dubbiosa, come se non fosse del tutto convinta, poi fece un cenno con la testa e continuò a camminare.
Giunsero alla Jolly Roger e, dopo aver salutato Mulan, si imbarcarono, portando tutte le provviste che avevano preso.
Tornare era stato molto più facile ed Emma non sapeva se era per l'esaltazione di aver scampato il pericolo, o semplicemente perchè qualcosa di orribile si stava per abbattere nuovamente su di loro. Intanto, la ragazza stava cercando di elaborare un piano di fuga che le potesse permettere di allontanarsi dalla nave: non voleva che quel fantasma la attaccasse proprio lì, mettendo tutti in pericolo.
“Hook!” esclamò d'un tratto stringendosi nelle spalle. “Credo che andrò a riposare”.
Il Capitano la guardò apprensivo e le si avvicinò. “Va tutto bene, biondina?”.
“S-sì” mormorò lei cercando in tutti i modi di non guardarlo negli occhi, per paura che leggesse chiaramente la sua falsità. “Sono solo un po' scombussolata, tutto qui”.
Hook continuava a fissarla, come se il sguardo la stesse accarezzando con dolcezza.
“Sicura di voler dormire da sola?” domandò con una lieve ironia che Emma non intendeva cogliere, quindi fece solo un cenno.
“D'accordo” rispose lui , posandole una mano sul viso con gentilezza, accarezzandole la pelle morbida. “Tra poco starai meglio”.
Emma riuscì soltanto a rivolgergli un lieve sorriso, dopodiché girò i tacchi e scese sottocoperta, mentre Hook continuava ad osservarla, come se sapesse che qualcosa non andava.
Ovviamente Emma non dormì, ma passò tutto il tempo seduta sul letto, in attesa, ascoltando il vociare della ciurma e il loro baccano che, con il passare delle ore, diminuì fino ad arrestarsi del tutto.
A quel punto, la ragazza uscì dalla cabina e si affacciò sul ponte per controllare: erano scesi tutti sottocoperta e di Hook non c'era nemmeno l'ombra, così ne approfittò e scese velocemente dalla nave, abbassandosi e sperando che nessuno la vedesse.
Emma non capì come diamine avesse fatto ad andarsene con quella facilità, ma l'importante era che la fortuna fosse stata dalla sua parte, almeno per quella volta. Non appena fu abbastanza lontana dalla Jolly Roger, cominciò a correre, senza sapere di preciso dove stesse andando e sforzandosi con tutta se stessa di non voltarsi.

“Spugna!”.
Hook si avvicinò all'uomo con in mano del cibo. “Portalo a Swan, magari ha fame”.
Senza farselo ripetere una seconda volta, Spugna si aggiustò il cappello e prese il cibo, scendendo sottocoperta.
Non appena arrivò alla cabina della ragazza, bussò più volte, senza ricevere nessun tipo di risposta.
Forse stava dormendo, così entrò per lasciarle il cibo nella stanza, ma non appena aprì la porta, la cabina era vuota.
Il letto era sfatto e c'era un po' di disordine, come se chi fosse lì dentro avesse una gran fretta di andarsene. Spugna salì immediatamente sul ponte, correndo da Hook, e leggermente intimorito dalla reazione che avrebbe avuto di lì a pochi secondi.
“Capitano!”, esclamò prendendo fiato. “La ragazza non c'è”.
Hook alzò un sopracciglio. “Come sarebbe?”.
“La cabina è vuota, di lei non c'è traccia” rispose Spugna, imbarazzato.
Hook non capiva. Dove poteva essere andata e soprattutto perchè?
Gli era sembrata strana fin dall'arrivo di quello spettro...ma per quale motivo andarsene?
Forse Mulan poteva saperne qualcosa. Senza restare troppo tempo a rifletterci, ordinò a Spugna, Jim e William di scendere dalla nave insieme a lui, mentre gli altri sarebbero rimasti sulla nave, nel caso Emma dovesse tornare.
Arrivati al villaggio, trovare Mulan fu facile, dato che stava controllando la piazza, nel caso lo Spettro fosse riapparso.
Non appena la donna li vide, rimase leggermente sorpresa.
“Cosa fate qui?”, domandò guardandoli uno ad uno.
“Hai visto Swan?”. domandò Hook spostando lo sguardo da lei al resto della piazza, sperando di vedere una chioma bionda.
“No”, rispose Mulah interdetta. “Perchè avrei dovuto?”.
“La sua cabina è vuota” rispose Jim. “Aveva detto che andava a dormire ma è sparita”.
In quel momento, Mulan cominciò a mettere insieme i pezzi.
La ragazza si era stranita fin dall'arrivo dello Spettro e non era certo una coincidenza.
“Perchè se ne sarebbe andata?”, domandò Spugna, cercando di capire.
“E' stata marchiata” mormorò Mulan, come se non volesse pronunciare ad alta voce quelle parole, per evitare di renderle reali. “Prima si guardava la mano ma non appena le ho chiesto se fosse ferita, l'ha nascosta, facendosi da parte”.
“E come sarebbe stata marchiata?”, ringhiò Hook.
“Non ne ho idea, Capitano”, rispose Mulan con tono sprezzante.
Un forte vento riprese a soffiare ed anche a loro erano chiare le urla che accompagnavano l'arrivo imminente dello Spettro.
“Dobbiamo trovarla!”, esclamò Hook cominciando a camminare senza una direzione precisa.
“Ma come facciamo a sbarazzarci di quel mostro?”, chiese Spugna.
“Non c'è modo, anche se lo uccidessimo, si rigenererà” rispose la ragazza. “L'ideale sarebbe spedirlo in un altro mondo”.
Il Capitano rizzò la schiena, guardando Mulan con le labbra dischiusa.
“Per adesso pensiamo a trovarla”, intervenne lui, riprendendosi.
Hook sperava vivamente di trovare Emma. Desiderava farle una strigliata con i fiocchi: era fuggita come una ladra, senza dire nulla, e se non se ne fossero accorti, l'avrebbero lasciata lì a morire, senza saperlo. Perchè non aveva detto nulla?
Avrebbero cercato di aiutarla in qualche modo. Quella ragazzina era proprio testarda come un mulo.

Emma si voltava velocemente, nel terrore che lo Spettro le sarebbe arrivato alle spalle, ma di lui non c'era ancora alcuna traccia.
Cominciò a sentire dei rumori alle sue spalle e si voltò subito sguainando la spada, ma rimase sorpresa quando si trovò dinanzi Hook e gli altri della ciurma, affiancati da Mulan.
“Cosa fate qui?”, domandò la ragazza, tenendo ancora alta la spada.
“Cerchiamo di aiutarti”, rispose Mulan cercando di avvicinarsi.
“Non potete”, esclamò Emma con tono convinto. “Sono stata marchiata, c'è poco da fare”.
“Swan, sei per caso impazzita?”. La voce di Hook era alta e rabbiosa come non lo era mai stata.
“Stai indietro!”, esclamò Emma, puntandogli contro la spada.
Intanto, stava succedendo qualcosa di strano. Un silenzio tetro cadde su di loro e il vento cominciava a ruggire. Un'ondata di gelo molto familiare cominciò ad invadere Emma e alle spalle di Hook, apparve una figura che avanzava verso di lei.
Un terrore paralizzante la rese incapace di muoversi o parlare, mentre lo Spettro cominciava a succhiarle l'anima.
Era accecata dalla luce che quel mostro emanava e sentiva le forze che la abbandonavano pian piano.
Riusciva a sentire Hook e gli altri precipitarsi su di lui e cercare in tutti i modi di fermarlo, ma Mulan lo aveva detto: non si poteva uccidere ciò che era già morto. Ormai, era condannata.
Il suo unico rimpianto era forse quello di non aver rivisto la sua famiglia un'ultima volta.
“Cosa possiamo fare?”, domandò Jim sollevandosi da terra e cercando di nuovo di colpire lo Spettro con la sua spada.
“Nulla!”, rispose Mulan urlando, tentando inutilmente di ferirlo ancora.
Quel mostro era inattaccabile: ogni volta che provavano ad agire, anche solo per distrarlo, li scaraventata nuovamente a terra.
“Forse qualcosa possiamo farlo!”, mormorò Hook più a se stesso che agli altri.
Mulan si voltò verso di lui e lo vide armeggiare con qualcosa che teneva appeso al collo.
Il Capitano corse verso lo Spettro, fermandosi ad una certa distanza da lui, e lanciò qualcosa sull'erba.
Un vortice di luce verde si aprì nella terra, esattamente alle spalle dello Spettro.
Hook si gettò su Emma, scaraventandola a terra.
Lo Spettro non fece nemmeno in tempo a cercare di avventarsi su di loro che venne risucchiato nel vortice, che si chiuse immediatamente. L'aria era tornata ad essere tiepida e il paesaggio era molto meno tetro di prima.
Hook era rimasto a terra insieme ad Emma, immobile e con gli occhi fissi nel punto in cui si era aperto il vortice: non credeva a ciò che aveva appena visto e continuava a pensare che lo Spettro sarebbe rispuntato da un momento all'altro.
“D-dov'è?”, chiese la ragazza in un sussurro.
“E' andato” , ispose Hook alzandosi in piedi e porgendole la mano.
Emma l'afferrò e si sollevò. “Come hai fatto?”.
Ci fu una pausa. Hook non rispose e si limitò a fissare l'ambiente intorno a loro, mentre Mulan si avvicinava, preoccupata, e controllando che Emma fosse tutta intera.
Hook era quasi assente in quel momento. Non ascoltava ciò che gli altri stavano dicendo.
Era come se le loro parole fossero soltanto un brusio lontano. Era troppo impegnato a pensare a ciò che aveva appena fatto: aveva sacrificato qualcosa che poteva tornargli utile per salvare una vita.
Emma ancora non aveva realizzato tutto ciò che era appena successo. Davanti a lei c'era Mulan che le aveva messo le mani sulle braccia chiedendole qualcosa, poi c'erano Jim e gli altri, che si erano avvicinati a lei, ma Emma vedeva soltanto le loro bocche muoversi. Si voltò in cerca di Hook e vide che era appena vicino a loro ma il suo sguardo era assente.
La ragazza cercò di radunare tutte le forze che le restavano per rispondere alle mille domande che la stavano travolgendo ma era troppo stanca. Non capiva nulla. Era come se non riuscisse più a pensare. Sentì che le forze la stavano abbandonando e batté il capo a terra.

“Si rimetterà?”.
“Tranquillo. Lo Spettro deve averle tolto molto energie”.
“Grazie, Mulan”.
“Capitano, sento una nota di gratitudine nella vostra voce”.
“Non ti ci abituare, dolcezza. Era solo per averci aiutato a portarla sulla nave”.
“Certo, come desiderate”. Mulan lo stava decisamente deridendo.
Emma rimase distesa ad ascoltare, con gli occhi chiusi. Si sentiva ancora debole e confusa.
Le voci che stava ascoltando sembravano lontane da lei e viaggiavano molto lentamente. Sentiva le membra stanche, le palpebre troppo pesanti e la gola troppo secca per riuscire a parlare. Sarebbe rimasta distesa volentieri, per sempre.
“Cosa avete usato per sbarazzarvi dello Spettro?”.
A quella domanda, Emma decise di aspettare ancora prima di aprire gli occhi.
“Non sono affari tuoi”. La voce di Hook era fredda.
“Lei vorrà saperlo”.
“Se e quando lo chiederà, sarà un mio problema non tuo”.
“Perchè non volete dirlo?”.
“Invece di fare domande, sii felice del fatto che ho salvato la pellaccia a tutti voi”. Da fredda, la sua voce era diventata spazientita.
Emma sentì Mulan sospirare. “Direi che i miei servigi qui non sono più richiesti, allora”.

Emma aprì finalmente gli occhi. Tutto era leggermente sfocato ma le bastò sbattere le palpebre più volte per riprendersi.
Era distesa sul letto di Hook. Si guardò intorno: l'unica luce proveniva da una candela, quasi consumata, e dalla luna, la cui luce filtrava dalla finestra e illuminava il centro della stanza.
Si alzò con un po' di fatica ma riuscì ad ogni modo a mettersi in piedi, cercando di sgranchirsi gambe e braccia.
Sentiva un lieve dolore a livello del collo. Emma si diresse verso la porta, per andare sul ponte principale ma prima che riuscisse ad uscire, la porta si aprì, permettendo ad Hook di entrare.
“Hook!” esclamò la ragazza con un leggero sorriso, che il Capitano non ricambiò.
Lui chiuse la porta alle sue spalle, sbattendola, e si voltò verso di lei: la sua espressione non prometteva nulla di buono.
“Cosa diavolo avevi in mente di fare?”, domandò con gli occhi colmi di rancore.
Emma storse il naso. “Salvarvi!”, rispose infastidita.
“Tu sei completamente fuori! Hai agito in modo stupido, tu...” fece una pausa, come se stesse cercando di mettere ordine nella sua testa e trovare le parole adatte, mentre Emma lo guardava interdetta.
“Nel momento in cui sei entrata a far parte di questa ciurma” riprese piano, cercando di restare calmo, “non sei semplicemente salita su una nave. Non agiamo senza dire nulla, come hai fatto tu!”.
“Io non volevo mettervi in pericolo”, cercò di ribattere Emma facendo un passo verso di lui.
“Noi siamo come una famiglia” continuò Hook impedendole di aggiungere altro, “per quanto possiamo apparire come furfanti e mascalzoni, e per quanto tu probabilmente abbia le idee confuse su cosa significhi stare in una famiglia”.
La sua voce aveva assunto una nota crudele.
Emma ridusse gli occhi a due fessa, cercando di non farsi sopraffare dal senso di offesa scaturito da quelle parole.
“C-cosa vorresti dire?”, domandò incrociando le braccia al petto.
“ Sei fuggita dalla tua famiglia e volevi fuggire adesso!” ringhiò lui. “Potevi morire e noi non l'avremmo mai saputo”.
La bionda abbassò lo sguardo, si sentiva come se un pugno l'avesse colpita in piena faccia e una stretta a livello dello stomaco le impediva di controbattere. Lei aveva sempre avuto la risposta pronta, ma mai come allora si sentiva senza parole.
Intanto, Hook le sembrava così furioso che temeva seriamente che potesse colpirla, ma ci avevano già pensato le sue parole.
“Onestamente” continuò, “le donne che conosco sono meno testarde ed infantili di te”.
Emma sentì il sangue ribollire e fluire velocemente al cervello, facendola infuriare.
“Non è un mio problema se non sai distinguere una donna da una donnaccia!” rispose aspra, senza nemmeno riflettere.
“Non provocarmi”, sibilò lui, guardandola con rabbia e avvicinandosi troppo a lei.
Le catturò un braccio, attirandola a sé, con fare irruente.
Emma deglutì lentamente, continuando a fissare i suoi occhi azzurri.
Quasi tremava sotto il suo sguardo, soprattutto perchè non riusciva a leggerlo.
Intanto, lui la fissava intensamente, quando d'un tratto il suo sguardo cadde sulle labbra della ragazza.
Fu un secondo. Il pensiero di baciarla gli attraversò la mente. Poteva farlo tranquillamente, non sarebbe certo stata la prima volta che si comportava come se qualcosa gli spettasse di diritto e poi la distanza fra loro era davvero poca: annullarla era fin troppo facile.
Tornò a guardarla negli occhi e la vide: una lacrima che voleva disperatamente uscire per colpa sua.
Quel particolare lo portò, per un attimo, a pensare diversamente dal solito.
“Non eri obbligato a salvarmi”, mormorò lei, rompendo il silenzio.
“Swan” cominciò lui con voce bassa, riprendendo il controllo di sé, “Mi dispiace. Ti è mai passato per la testa che forse sei di famiglia, ormai? Pensavi davvero che ti avremmo lasciata morire?”.
“Mi hai appena detto l'esatto contrario”, rispose lei liberandosi dalla sua presa.
“Non sempre penso ciò che dico”, esclamò lui esasperato, “sei tu a farmi perdere le staffe”.
Emma lo guardò un attimo, ripensando alle parole di Mulan. “Cosa hai usato per salvarmi?”.
“Mi spiace, biondina. Non fornisco retroscena!”, rispose lui con il suo solito ghigno ironico, ma lei non intendeva desistere.
“Un fagiolo magico”, continuò lui, arrendevole, come se fosse un'ammissione di colpa.
La ragazza continuava a guardarlo confusa, come se non avesse alcuna idea di ciò che aveva detto.
“I fagioli magici aprono portali che permettono di attraversare più mondi”, esclamò il Capitano. “Ne ho usato uno, una volta".
“A cosa ti serviva quello?”, domandò lei.
“Era un piano di emergenza, nel caso in cui avessi avuto di nuovo bisogno di andarmene”, rispose lui cauto, facendo quasi attenzione alle parole da utilizzare. “Reperirlo è stato difficile”.
“Adesso lo hai perso per salvarmi” affermò lei in un sussurro, come se lo stesse dicendo per convincersi del fatto che Hook avesse compiuto un gesto del tutto fuori dai suoi schemi.
“Era la cosa giusta da fare”, rispose lui con un leggero sorriso.
“E il tuo piano di emergenza?” domandò lei, mortificata.
“Non è detto che debba averne bisogno”, rispose lui cercando di alleggerire l'atmosfera (2).
Emma lo guardò grata. L'aveva salvata, anche se non era compito suo. Arruolandosi sulla sua nave, gli aveva stravolto i piani e forse il minimo che potesse fare era ringraziarlo e dargli meno grattacapi, almeno per quella sera.
Il giorno dopo, probabilmente sarebbero tornati a discutere e punzecchiarsi, come al solito. Hook fece un lungo sospiro e si voltò, recandosi verso il ponte. Emma non si mosse, come se avesse paura di seguirlo.
“Cosa aspetti, dolcezza?” le giunse la sua solita voce ironica. “Un invito scritto? Qui sono tutti ansiosi di rivederti”.
Emma sorrise, felice di essere ancora viva.
Stava iniziando a considerare quella nave in modo diverso dal solito...come una casa.

 

 

Note:

  • (1) stessa frase pronunciata nella 2x01, sempre da Mulan;

  • (2) questo dialogo richiama lievemente quello di Snow e Charming nella 2x03 quando lei per salvarlo, usa quella polvere di fata che teneva conservata per Regina;

  • (3) il titolo è preso dalla canzone “Secrets” dei One Republic.

Ecco il sesto capitolo! Allora, non mi sembra che ci siano altre note. La struttura del capitolo richiama un po' quella della 2x01 per la presenza dello Spettro: Emma (come Filippo e Regina) viene marchiata e quindi, consapevole di ciò che l'aspetta, decide di fare di testa sua per non mettere nessun altro in pericolo. L'espediente utilizzato per mandare via lo Spettro è lo stesso della puntata: mandarlo in un altro mondo ma in questo caso ho dato ad Hook l'arduo compito.
Direi che questo è quanto, sinceramente non sono molto soddisfatta di questo capitolo: mai come in questo capitolo faccio appello al libero lancio di ortaggi, perchè seriamente non mi piace. Negli ultimi due mi sono rifatta un po' ad alcuni eventi del telefilm, semplicemente perchè mi sembrava che andassero bene ma questo dovete dirmelo voi. Dal prossimo, la situazione sarà un po' diversa e cercherò di concentrarmi maggiormente sull'interazione Emma/Hook .

Spero che vi sia piaciuto. Alla prossima :). 

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Capitolo 7
*** I see the light ***


Prima di iniziare, ho un regalino che spero vi garbi: il banner della storia, creato da questa stupenda pagina: 

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Spero tanto che vi piaccia ed ecco il capitolo :)



7. I see the light



“Il tuo stupido medaglione non ha funzionato!”.
La regina era decisamente irritata. Era comparsa nella cella di Tremotino, come una furia, e se non ci fossero state quelle sbarre, gli avrebbe certamente scagliato qualche incantesimo contro, consapevole del fatto che probabilmente non l'avrebbe avuta vinta.
“Mia cara, mia cara”, cominciò l'uomo allargando le braccia, “Come mai tutta questa agitazione?”.
“Il tuo medaglione!”, sibilò la donna con gli occhi ridotti a due fessure.
Tremotino si portò una mano al mento, assumendo un'aria pensierosa.
“Fammi indovinare”, rispose con tono ovvio, “La principessa è ancora viva?”.
Sembrava che sapesse fin dall'inizio che il medaglione non avrebbe funzionato.
“Esattamente!” sbottò Regina, accecata dalla rabbia e dalla frustrazione per aver fallito.
“E dov'è il problema, mia cara?” domandò lui. “Volevi sbarazzartene così in fretta?”.
“Quel dannato pirata!” borbottò Regina, camminando avanti e indietro per la grotta.
“Oh, se non fossi in questa sgradevole situazione mi occuperei io di lui!” esclamò Tremotino afferrando le sbarre e guardando la donna con ironia.
“Allora fallo da lontano!” intervenne Regina, voltandosi a guardarlo.
Tremotino scrollò le spalle. “Io non posso”, rispose, “Tu sì, invece!”.
Regina lo guardò perplessa, aspettando che continuasse a parlare.
“La vendetta va servita fredda, mia cara” continuò lui digrignando i denti.
“Perché ucciderla direttamente quando puoi farla soffrire come hai fatto con sua madre?”.
Regina fece una risata amara.
“Non intendo commettere lo stesso errore”, rispose stizzita. “Con Snow ho tirato così tanto la corda che alla fine l'ha fatta franca. Con Emma voglio andare direttamente al sodo”.
Le labbra di Tremotino si distesero in un sorriso maligno. “Quale modo migliore per andare al sodo, se non quello di usare qualcuno a cui lei tiene?”, chiese con la sua solita vocetta.
“Cosa intendi?”, domandò la donna perplessa.
“Chi voleva salvare la nostra principessa, andando nei boschi?” chiese quasi canticchiando.
Il viso di Regina si illuminò, come se finalmente le fosse tutto chiaro: quel pirata poteva essere una delle sue pedine da utilizzare nell'attacco alla principessina.

“Capitano!”.
L'arrivo di Jim riportò Hook alla realtà. Il capitano era seduto nella sua cabina, con le gambe appoggiate alla scrivania e le carte nautiche sparse su di essa.
“Jim”, bofonchiò come se si stesse svegliando da un lungo sonno.
Erano diverse notti che non dormiva. Dopo la vicenda dello spettro, erano salpati senza avere una rotta precisa ed Hook non sapeva come trovarla. Si sentiva come una bussola rotta. Era completamente perso, con il suo desiderio di vendetta ma senza una via da seguire che gli potesse permettere di raggiungerla. Il suo aspetto era stanco, cosa che non era sfuggita alla ciurma. Gli occhi erano contornati da profonde occhiaie e il suo aspetto era decisamente più sciupato. Sembrava che lui fosse stato attaccato dallo spettro. Rabbrividì al pensiero, sperando di non rivederlo mai più.
“Capitano, non avete proprio dormito?” domandò il ragazzo mettendosi a sedere.
“Devo trovare una rotta, figliolo”, rispose lui poggiando i piedi a terra e riprendendo le carte.
“Cosa vi ha detto il Dragone?” chiese il ragazzo. “Con tutto quello che è successo non avete avuto modo di parlarmene”.
“In realtà nulla”, rispose Hook crucciato. “Solo che sarà la mia vendetta a venire da me. Non posso certo aspettarla senza far nulla”.
“Sappiamo che la fonte del suo potere è il pugnale, giusto?”, chiese il ragazzo pensieroso.
“Così sembra”, rispose Hook, assumendo uno sguardo vagamente cupo.
“Potremmo cercare di ottenere più informazioni sull'Oscuro, sulla fonte del suo potere e così via”, esclamò Jim con tono pacato.
Hook scoppiò a ridere, come se lo stesse deridendo. Credeva che non ci avesse pensato?
“Sei davvero illuminante, Jim”, rispose con la voce carica di ironia. “E dove, di grazia?”.
Il ragazzo scrollò le spalle. “Daguerreo” (1).
Hook sollevò lo sguardo, fissandolo con estrema attenzione. Si sarebbe dato volentieri un colpo in testa per non averci pensato prima. Sicuramente non lo avrebbe portato a Tremotino, ma almeno era un inizio. Quella città che Jim gli aveva suggerito vantava la più grande biblioteca di tutto il Continente Dimenticato, famosa anche negli altri regni, e forse lì avrebbe potuto trovare chiarimenti sul pugnale dell'Oscuro e su come utilizzarlo.
“Abbiamo una rotta!” esclamò alzandosi di scatto dalla sedia e facendo prendere un colpo a Jim.
Uscì subito dalla sua cabina e, come un tornado, si diresse sul ponte principale.
Emma, intanto, seguì il capitano con lo sguardo per tutto il tempo, chiedendosi cosa lo avesse fatto uscire finalmente dalla cabina. Da quando avevano lasciato Kuno Garden, Hook sembrava taciturno, come se qualcosa lo preoccupasse. Non aveva la minima idea di cosa potesse essere, ma vederlo uscire finalmente da lì, con un grande sorriso stampato in volto la fece finalmente tranquillizzare.
Quando le passò davanti per tornare nella sua cabina, si fermò un attimo vicino a lei, notando il suo sguardo indagatore.
“Sembra che qualcuno qui abbia una rotta!”, esclamò incrociando le braccia al petto.
“Esattamente, biondina!”, rispose lui facendole l'occhiolino.
Emma roteò gli occhi al cielo: Hook non si smentiva mai.

Arrivare a questa Daguerreo, non era molto facile.
Secondo le carte nautiche, che Emma sapeva leggere grazie alle noiose lezione a cui veniva sottoposta a palazzo, questa città era praticamente isolata da tutte le altre. Ricordava di aver letto in un libro che si trovava in cima ad un altura a sud ovest del Continente Dimenticato, così chiamato perchè era poco abitato. La città in questione era chiamata anche Città della Sapienza, perché non era afflitta da nessun tipo di guerra e, come le aveva detto anche Hook, era dotata di un biblioteca gigantesca.
Emma non poteva negare di essere emozionata all'idea di visitarla. Aveva letto di essa in molti libri e l'aveva sempre trovata affascinante: sarebbe stata il posto ideale in cui vivere. C'era soltanto un problema: non vi si poteva arrivare per mare.
Trovandosi su un altura, era piuttosto difficile arrivarci. Sarebbero dovuti prima sbarcare al di sotto di quella specie di colle, per poi risalirlo, ed Emma non aveva idea di come si scalasse un monte.
Giunsero ad una spiaggia e gettarono l'ancora. Ovviamente non sarebbero scesi tutti, ma Emma aveva già insistito per andare con loro, mostrando il suo interesse per la biblioteca. Fortunatamente, nessuno aveva protestato, dato che molti dell'equipaggio non erano affatto entusiasti all'idea di visitare la più grande biblioteca del continente in cui si trovavano.
Hook si era dovuto arrendere alle suppliche di Emma e portarla con sé.
Scese dalla nave insieme a lui, Jim, Spugna e William. Si avvicinarono a questo colle da scalare: non era particolarmente alto ma più Emma lo guardava, più deglutiva, consapevole del fatto che non sarebbe stata un'impresa molto piacevole.
“Hai cambiato idea, biondina?” domandò il capitano, vedendola preoccupata.
Emma lo guardò male. “Assolutamente no”, rispose con voce decisa.
“Per fortuna ci sono io a proteggerti!”, esclamò lui con un sorriso.
“E come? Con un uncino?”, chiese lei sarcastica.
“Ehi!”, ribatté lui, allargando le braccia con voce offesa.
Jim rise alle sue spalle, beccandosi un'occhiataccia del capitano.
“Direi che è il caso di iniziare la scalata!”, intervenne William, smorzando la tensione.
Cominciarono ad arrampicarsi. Emma faceva molta attenzione a dove mettere i piedi e le mani. Non essendoci rocce, la ragazza riusciva ad aggrapparsi facilmente, ma doveva ripetersi mentalmente di non guardare giù, altrimenti le sarebbe venuto un colpo.
“Prima scalata?”, domandò Hook, che si trovava più in alto rispetto a lei.
Emma lo guardò, senza rispondere. Non aveva aperto bocca da quando avevano iniziato la scalata: era troppo impegnata a cercare di non cadere giù.
“Non la dimenticherai facilmente!”, continuò lui con tono confortante, mentre Jim e gli altri sembravano non avere difficoltà.
Intanto, Emma continuava ad ignorarlo con tutte le sue forze ma Hook non si dava per vinto.
“Sai, altri uomini prenderebbero il tuo silenzio come un rifiuto”, esclamò, “ma io adoro le sfide”.
La ragazza cercò di non distrarsi dalla sua impresa. “Mi sto solo concentrando”.
“Non è vero”, ribatté lui convinto. “Hai solo paura di parlare, di esporti maggiormente, di...” (2).
“Di cadere giù da un dirupo!”, continuò lei ironica.
“Capitano, perché non la lasciate in pace?” domandò Jim, ridendo.
“Voglio solo darle una mano!”, rispose lui con tono ovvio.
“Questo sì che è divertente!”, rispose William con un sorriso.
Spugna e Jim scoppiarono a ridere, e anche Emma sembrava piuttosto divertita, nonostante cercasse di trattenersi, mentre Hook imitava le loro risate, canzonandoli.
“Che simpatici!”, esclamò con voce evidentemente sarcastica.
“Vedo la cima!”, esclamò Jim ad un tratto e aumentando la velocità di scalata.
Lui fu il primo ad arrivare. Emma continuò a concentrarsi, facendo attenzione ad ogni movimento.
Era quasi arrivata, e proprio quando le mancava poco per salire in cima, mise un piede in fallo e perse la presa. Era accaduto così velocemente che quasi non se ne era accorta. Emma urlò terrorizzata ma prima che potesse spaventarsi maggiormente, Hook l'afferrò di scatto, tirandola su e sorridendole, con il tipico sguardo da “te l'avevo detto”.
Arrivati in cima all'altura, Emma osservava attonita lo spettacolo che aveva davanti: c'era un monte roccioso dinanzi a loro, dal quale fuoriuscivano due cascate che si andavano a riversare in un laghetto sottostante. Quest'ultimo era attraversato da un piccolo ponte che portava all'entrata. La città non era visibile, in quanto, come aveva letto, si trovava all'interno della montagna.
Jim fece loro strada, e attraversarono l'entrata.
Ad Emma sembrava una città galleggiante, circondata quasi completamente da acqua e da libri: dire che era suggestiva era davvero poco. Nessuno sembrava turbato dalla presenza di stranieri, anzi. Probabilmente era questo il motivo che li aveva portati a non trovarsi in nessun tipo di guerra, collocazione geografica a parte.
Emma si diresse subito nell'ala est della città, attirata dagli immensi scaffali di libri, mentre Hook doveva cercare qualche informazione in più sull'Oscuro e la fonte del suo potere.
Il capitano, insieme a Jim e William, si recò al secondo piano. Ovunque si voltasse, c'erano soltanto libri e lui stesso non credeva che ne potessero esistere così tanti. Salito al piano superiore mediante le scale, giunse in una grande sala a due piani di forma circolare sul cui pavimento era inciso uno strano disegno...sembrava essere un drago.
Le mura leggermente ingiallite e ricche di crepe, davano a quella città un aspetto maestoso, come se esistesse da secoli. Era come se in quel luogo il tempo si fosse fermato. Ciò che però colpì principalmente Hook fu l'odore dei libri. Lui non era mai stato un gran lettore, ma quell'ambiente lo gradiva, in quanto gli trasmetteva calma.
Alla sua destra, c'era una minuscola scrivania, sulla quale era posto un libro molto grande, illuminato da una candela. Vi era seduto un vecchio, intento a scrivere sul libro: era tutto preso dal suo lavoro, che non sembrava nemmeno essersi accorto del loro arrivo.
Hook cominciò a osservare i vari scaffali anche se non aveva la minima idea di dove cercare: c'erano libri di ogni tipo, dalla storia alla letteratura, ma nulla che sembrava poterlo aiutarlo.
Mentre continuava la ricerca, affiancato da Jim e William, la voce del vecchio lo richiamò.
“Serve aiuto, figliolo?”, domandò senza alzare lo sguardo dal libro.
“Forse non sarebbe una cattiva idea”, rispose lui sarcastico.
“Cosa cercate di preciso?”, continuava a rimanere abbassato sulla scrivania.
“Informazioni sull'Oscuro”, esclamò Hook senza mezzi termini.
Il vecchio sollevò il viso, guardandolo dritto negli occhi azzurri che lo fissavano con fierezza.
“Andiamo sul pesante?”, domandò con un leggero velo di ironia. “Posso chiedere perché?”.
“Affari miei”, rispose Hook stizzito.
Da quando doveva dare spiegazioni anche se voleva un dannato libro?
Il vecchio si alzò, un po' a fatica, e si diresse verso il muro alle sue spalle, su cui c'erano tre leve.
Tirò quella centrale, facendo in modo che due scaffali si aprissero mostrandone uno nascosto.
Non c'erano molti libri in questo scaffale, giusto tre ed erano anche di dimensioni considerevoli.
Il vecchio prese il libro a sinistra e lo porse al capitano.
“Qui dovresti trovare tutto ciò che si sa su di lui”, disse con estrema calma. “Puoi consultarlo nella sala di lettura al primo piano”.
Senza aggiungere altro, tornò alla sua scrivania, permettendo ad Hook e gli altri due uomini di scendere e posizionarsi ad un tavolo libero per leggere.
L'unica cosa che Hook sapeva del suo Coccodrillo era che, a detta di Milah, aveva abbandonato la guerra degli orchi, perché una veggente gli aveva detto di farlo, così si era procurato da solo la ferita alla gamba, diventando zoppo. Tuttavia, gli eventi che lo avevano portato a diventare l'Oscuro non li conosceva, e come lui nemmeno Milah, dato che non aveva la minima idea.
Il capitano cominciò a sfogliare il libro che aveva fra le mani, mentre William e Jim facevano altrettanto con libri diversi.
Non appena Hook trovò qualcosa di interessante, richiamò l'attenzione dei due uomini.
“Sentite qui”, cominciò facendo loro un cenno con la mano, “in questo libro sono raccontate tutte le vicende della Foresta Incantata, sia quelle riguardanti Tremotino sia una potente strega di nome...”.
“Regina!”, continuò Jim pensieroso. “Ho sentito dire che è stata una vera piaga per il regno”.
“Il libro dice che è stata bandita dai due sovrani attuali, Snowhite e il suo principe”, continuò lui, interessandosi maggiormente alle vicende raccontate.
“Cosa dice di Tremotino?”, domandò William, poggiando i gomiti sul tavolo.
“Secondo la storia, ha utilizzato il pugnale di colui che allora era l'Oscuro e ne ha assunto i poteri”, esclamò. “Questo Zoso lo trasse in inganno, facendo sì che lui diventasse l'Oscuro”.
“Perché qualcuno dovrebbe farsi uccidere e perdere i poteri?”, chiese il ragazzo con fare perplesso.
“Il suo era un fardello troppo grande da sopportare, a quanto pare”, rispose lui diretto, “Così ha relegato il compito a qualcun altro”.
“Notizie sul pugnale e su dove si trova?”, domandò William.
“Dice che è la fonte del suo potere e che secondo varie ipotesi dovrebbe essere nel suo castello”, disse Hook, continuando a leggere, con tono perplesso.
“Troppo facile”, constatò Jim voltandosi verso William.
“Decisamente!”, rispose Hook sconfortato. “Entrare nel castello non è di certo un'impresa facile”.
Il capitano chiuse il libro, seccato. Cosa doveva fare per vendicarsi di quel mostro? Aveva valutato tutte le opzioni possibili e nessuna sembrava fattibile. Questo perché lui era soltanto un misero mortale, mentre Tremotino...beh, lui era l'Oscuro.
Si abbandonò sulla sedia, portandosi una mano alla fronte.
In quel momento, Emma li raggiunse insieme a Spugna, portando con sé quattro o cinque libri.
Hook la osservò meravigliato. Quanto leggeva quella ragazza?
“Non vorrai portarli tutti sulla nave?”, domandò lui indicando i libri con l'uncino.
Emma non gli badò e gli fece una smorfia. “Cosa leggete?”, chiese.
Hook non ebbe nemmeno il tempo di rispondere, che la ragazza prese il libro, osservandolo come se lo avesse già visto. In realtà, da quel libro Emma aveva studiato per diverso tempo: lì dentro era racchiusa tutta la storia della Foresta Incantata, fino all'incoronazione dei suoi genitori, ma ovviamente questo non poteva certo farlo presente al capitano.
“Lo conosci, biondina?”, domandò Hook, osservandola.
“In un certo senso”, rispose lei vaga, “Qui è raccontata tutta la storia del regno. A cosa ti serve?”.
“Scoprire qualcosa su Tremotino”, rispose lui di getto, senza nemmeno badare al fatto che lei potesse conoscerlo o meno.
Dopo aver sentito quel nome, Emma storse il naso: lo conosceva, eccome. Sua madre le aveva raccontato che questa specie di mago molto potente aveva cercato di portare via la principessa Alexadra (3) dai suoi genitori. Da allora, era stato privato dei poteri e rinchiuso in una grotta, non molto distante dal castello in cui aveva vissuto per gli ultimi diciotto anni.
“Tremotino”, sussurrò la bionda, abbassando lo sguardo, cosa che ad Hook non sfuggì.
“Lo conosci?”, domandò lui, incuriosito.
“Non direttamente!”, rispose la ragazza con estrema sincerità. “Ho sentito solo dire che è stato rinchiuso e privato dei suoi poteri”.
“Cosa?”. Hook scattò in piedi, quasi spaventando la ragazza. Il suo sguardo era di fuoco, come se qualcosa in lui si fosse appena riacceso. “Chi te lo ha detto?”.
“Lo diceva tutto il villaggio”, rispose lei, ovviamente mentendo.
In realtà, erano ben poche persone a saperlo: la sua famiglia e quella di Alexandra.
“Rinchiuso dove?”, chiese lui digrignando i denti, le faceva quasi paura.
“In una caverna nei pressi del villaggio da cui siamo partiti”, rispose la ragazza in un sussurro. Perché Hook sembrava così ossessionato da quell'uomo? Lei non lo aveva mai incontrato, ma a detta dei suoi genitori era un grande stratega, pericoloso e dotato di una magia più potente di quella della regina, che aveva provocato tante sofferenze a sua madre. Cosa aveva a che fare Hook con lui?
Il capitano le tolse il libro dalle mani e corse a riconsegnarlo. Il Coccodrillo era stato sotto il suo naso tutto il tempo, privato dei suoi poteri. Poteva ucciderlo fin dall'inizio, se l'avesse saputo prima. Si diede dello stupido, per averlo saputo soltanto adesso e c'era stato bisogno di quella ragazza per scoprirlo. Cercò di guardare il lato positivo: lei gli aveva indicato la strada.

Hook era rimasto in silenzio tutto il tempo, mentre Emma continuava a divorare diversi libri. Ogni tanto si voltava a guardarlo e lo trovava ad armeggiare con il suo uncino, con fare assorto. Aveva pensato più volte di avvicinarsi e chiedergli quale fosse il problema, ma visto il suo comportamento di prima non le sembrava il caso. La ragazza era immersa nella lettura di un libro di favole: raccoglieva tutte le storie che sua madre le aveva narrato ogni sera prima di andare a dormire. Nonostante avesse deciso lei stessa di andare via, non poteva certo dire che i suoi genitori non le mancassero, e leggere quel libro l'aiutava a sentirsi un po' meno lontana da casa.
Mentre era immersa nella lettura, cominciò a sentire un po' di movimento proveniente dal centro della città, cosa che attirò anche l'attenzione di Hook e degli altri.
Tutti gli abitanti sembrava occupati nella preparazione di qualcosa: avevano iniziato a ricoprire i muri di ghirlande e ad allestire tavoli.
“Cosa sta succedendo?”, domandò Jim avvicinandosi ad un passante.
“Non lo sapete?”, rispose l'uomo con trasporto, “Stasera la nostra città è in festa per i suoi cinquant'anni di nascita, bisogna festeggiare!”.
Hook alzò gli occhi al cielo.
Quello era un motivo in più per andarsene immediatamente, ma Emma non poteva certo non scombinargli i piani.
“Resteremo, vero?”, chiese con un sorriso estasiato.
“Tesoro, ti prego!”, ribatté lui, scocciato. “Ti sembro in vena di festeggiare?”.
Emma si alzò, inginocchiandosi vicino il manico della sua sedia.
“Ti prego”, disse lei con tono implorante. Quella ragazza era un flagello per la sua pazienza.
“Sii più convincente”, esclamò lui giocosamente. Farsi pregare non gli dispiaceva di certo.
Emma sapeva di essere fregata quando Hook pronunciava frasi di questo tipo, eppure stare al gioco cominciava a risultarle piacevole, soprattutto quando era lei ad averla vinta.
“Va bene”, esclamò lei arrendevole. “Saresti così buono e magnanimo nel restare qui questa sera, Hook?”, domandò con espressione dolce.
Il capitano si voltò verso di lei, avvicinandosi.
“Dii il mio nome”, esclamò senza toglierle gli occhi di dosso e con una voce così carezzevole, che Emma per un attimo rabbrividì.
“Ti prego, Killian”, esclamò lei, sottolineando con enfasi il suo nome.
Lui continuò a fissarla per qualche secondo, poi, arreso, le rivolse un sorriso di assenso, facendola gioire per ciò che aveva appena ottenuto. Il capitano si voltò verso Jim, Spugna e William, i quali lo guardavano scuotendo la testa in segno di dissenso: gli bastava poco per farsi convincere.

Con l'arrivo della sera, Daguerreo era ancora più bella.
Aldilà della zona ricca di libri, c'era uno spazio più aperto e illuminato dalla luce della luna, per quanto la città fosse circondata dalla montagna. In quello spazio, gli abitanti avevano allestito tavoli e banchetti per indire i festeggiamenti, in più al centro avevano anche preparato dei fuochi d'artificio pronti ad essere utilizzati.
Hook storse il naso davanti a tutto quello spettacolo e si chiese per quale motivo un fulmine non potesse colpirlo in quel preciso istante, ma non appena si voltò verso Emma e la vide, ne comprese il motivo: sembrava molto felice.
Quando iniziò la festa, il capitano si appoggiò al muro, osservando ciò che gli accadeva intorno, mentre gli altri erano andati probabilmente a scolarsi qualche bottiglia di rum. Dal punto in cui si trovava, Hook aveva un'ottima visuale della piazza e aveva modo di tenere d'occhio Emma.
La ragazza si fermava ad ogni banco, osservando tutti gli oggetti e cibi esposti, come se non avesse mai visto niente di più bello in vita sua. Era una bambina nel paese dei balocchi.
Chissà dove era vissuta fino ad allora per non conoscere assolutamente nulla del mondo esterno.
Ad un tratto, partì una musica e alcuni iniziarono a ballare. Hook vide Emma roteare gli occhi con espressione crucciata, come se il ballo non le piacesse in particolar modo. Quando lei gli si avvicinò, Hook non perse tempo a farglielo notare.
“Problemi con la danza?”, domandò allegramente.
“Un po'!”, rispose lei continuando a guardarsi intorno, senza accorgersi che Hook le aveva appena offerto la mano destra.
Emma lo guardò confusa.
“Posso avere l'onore?”, domandò con voce suadente.
“Non sono molto brava”, rispose lei poco convinta. Ricordava tutti i balli con Nathan e tutte le volte che gli aveva pestato continuamente i piedi.
“Con un po' di pratica, imparerai subito!” ribadì lui, tirandola per la maglia con il suo uncino.
Emma sorrise divertita mentre lui la conduceva al centro della piazza. Hook le prese la mano e sfiorò la sua vita con l'uncino: la ragazza rabbrividì un attimo quando un lembo di pelle venne a contatto con il metallo freddo.
Il capitano cominciò a condurla, e lei sperava vivamente di non fargli male in alcun modo. Danzavano tranquillamente, ed Hook non poté fare a meno di sorridere, seguito dalla ragazza, che sembrava lievemente sorpresa dalle sue doti di ballerino.
“Non te l'aspettavi, eh?” chiese lui scherzosamente.
“Decisamente no!”, rispose lei ridendo.
Emma stava cercando di godersi quel momento, notando sempre di più quanto Christine avesse torto nel definirlo una bestia. Era un po' fastidioso, come ogni pirata che si rispetti ma sapeva essere molto dolce e forse non lo era mai stato come in quel momento: sembrava quasi che di lei gli importasse qualcosa. Continuarono a danzare, persi l'uno nell'altra, fin quando l'interruzione della musica ruppe quel momento idilliaco che si era creato fra loro.
Emma e Hook si fermarono e restarono a guardarsi per qualche secondo, imbarazzati, come se non sapessero cosa fare, ma quando videro tutti gli abitanti avvicinarsi ai fuochi d'artificio, decisero di seguirli, così da assistere allo spettacolo.
Scie di luce si perdevano nel cielo stellato, quasi danzando tutte insieme: erano di ogni colore conosciuto ed erano così luminose che Hook poteva vedere ogni riflesso sul viso della ragazza.
Emma era affascinata: osservava lo spettacolo in silenzio e con un'espressione incantata sul viso. Il capitano non poteva fare a meno di notare quanto fosse bella in quel momento, con gli occhi che brillavano, le labbra rosee dischiuse e i capelli biondi che scendevano morbidi lungo il collo. Il tutto illuminato dalle luci dei fuochi d'artificio che risplendevano nel cielo.
La ragazza si voltò un attimo verso di lui, come a voler condividere la gioia di quel momento. Rimasero a fissarsi per qualche secondo, e nel farlo, l'espressione di Emma stava diventando leggermente più seria, come se avesse intuito che quello scambio di sguardi non era casuale. Hook si avvicinò lentamente a lei, trovandosi ad un centimetro dal suo viso e, soprattutto, dalle sue labbra. La ragazza non si allontanò, anzi, si avvicinava maggiormente.
Hook le mise la mano destra dietro le spalle e cominciò a percorrerle dolcemente la schiena. Il suo cuore batteva a mille ed era come se una forza più grande di lui lo stesse portando ad agire di conseguenza. Il suo cervello era completamente vuoto, come se fosse in silenzio: lui si preoccupava proprio di quel silenzio. Sapeva di dover stare attento, perché prima che potesse accorgersene, quel silenzio si sarebbe riempito di sentimento, e lui si sarebbe ritrovato avvinghiato a lei, senza più voglia o intenzione di lasciarla andare. La distanza fra loro era davvero poca, ed entrambi erano propensi ad annullarla, ma prima che riuscissero a farlo, vennero interrotti da Jim...leggermente brillo.
“Ehi, ragazzi!”, esclamò Jim con tono fin troppo allegro. Sembrava che ci fosse andato giù pesante.
Hook sbuffò pesantemente, con una gran voglia di tirargli un pugno in faccia. William e Spugna arrivarono poco dopo: per fortuna, loro non mostravano segni di ubriachezza, altrimenti li avrebbe spinti tutti e tre sull'asse, vista l'interruzione che gli avevano inflitto.
“Io torno subito!”, esclamò d'un tratto Emma, cercando di riprendere lucidità.
Si allontanò dagli altri, tornando nella parte interna della città e fermandosi un attimo a respirare.
Cosa le era preso? Stava davvero per baciarlo e non aveva mostrato intenzione di fermarlo, anzi. Si appoggiò con la schiena ad una colonna, cercando di ricordare le parole di sua madre sul vero amore. Quando era una bambina le aveva raccontato soltanto favole, ma Emma non aveva la minima idea di come trovarlo, o meglio, di come riconoscerlo. E in tutta sincerità, non pensava certo di trovarsi a provare qualcosa per un pirata, ammesso che provasse qualcosa per lui.
Tuttavia, definirlo soltanto pirata era decisamente un errore.
Sarebbe stato facile odiarlo, se lui fosse stato un pirata come gli altri, ovvero un uomo vile, malvagio e privo di onore. Invece, lui non era un uomo qualunque, bensì un uomo intelligente, sensibile, coraggioso e, soprattutto, attraente: in pratica un uomo capace di destabilizzarla su tutti i fronti, sia emotivi che non.
Dove l'avrebbe portata quel coinvolgimento che stava nascendo pian piano? Era un coinvolgimento basato sulla menzogna, visto che lui non sapeva chi fosse in realtà e se glielo avesse chiesto, lei avrebbe certamente mentito, come aveva fatto fino ad allora.
Lui era così dannatamente e fastidiosamente sincero. Le aveva detto chi cercava, anche se non ne aveva chiarito i motivi, era corso a salvarla, pur sapendo che era condannata, aveva perso qualcosa che poteva tornagli utile...per lei. Lui non fuggiva di fronte alle difficoltà, ma lottava per ciò che desiderava ottenere, a spada tratta. Per quanto lui fosse un pirata e lei una principessa, una cosa era certa: quell'uomo era più valoroso e onorevole di lei.
Decise che era il momento di tornare dagli altri, ma prima che potesse farlo, la sua attenzione venne catturata da una figura incappucciata non molto lontana da lei. Emma si fermò ad osservarla, poiché aveva una fisionomia piuttosto familiare. Rimase sbalordita quando la figura si tolse il cappuccio e si rivelò essere l'ultima persona che Emma si potesse aspettare: sua madre.
“Mamma?”, domandò la ragazza confusa.
Snow le si avvicinò abbracciandola “Ciao, cara!”. C'era qualcosa di strano nella sua voce.
“Come hai fatto?”, chiese la ragazza perplessa.
“E' stato facilissimo, mi è bastato seguire l'eco del più totale tradimento e lasciarsi guidare” (4), rispose la donna con un'ironia che francamente non le apparteneva.
“Mamma...”, cominciò la ragazza con tono dispiaciuto.
“Torniamo a casa, Emma!”, la interruppe Snow, trascinandola per un braccio, ma la bionda non aveva alcuna intenzione di seguirla e la costrinse a fermarsi.
"Mamma, aspetta! Tu non capisci!", esclamò la ragazza, pregandole di fermarsi. "Sto facendo un viaggio incredibile, in compagnia di una persona". Un leggero sorriso le illuminò il volto, nel pensare ad Hook.
"Il pirata da strapazzo?", domandò lei storcendo il naso. "Sono molto orgogliosa. Adesso, andiamo!". Sua madre non sembrava volerla ascoltare, come al solito.
"No, mamma. Io...io credo che lui tenga a me", esclamò Emma in un sussurro, come se stesse facendo quella rivelazione a sé stessa.
"Oh, Emma!" rispose lei ridendo amaramente. "Cosa vai a pensare? Come potresti anche soltanto piacere a quel pirata? Sei soltanto una ragazzina, per questo non volevo che tu uscissi fuori dalle mura del nostro castello".
Emma rimase sbalordita nel sentire quelle parole. Perché sua madre le stava dicendo questo? Lei non capiva, lei non lo conosceva e non lo aveva visto.
"Probabilmente sa chi sai e ti sta certamente usando!", continuò la donna mettendole le mani sulle spalle e guardandola accigliata.
"Usare?", chiese lei indignata. "No! E per cosa poi?".
"Per arrivare da Tremotino, ovvio!", rispose la madre allargando le braccia in segno di resa, ma Emma non credeva nemmeno ad una parola di ciò che aveva detto.
Snow notò la perplessità sul viso di sua figlia, e continuò.
"Su su, non farne una tragedia e torniamo a casa", esclamò cercando di abbracciarla, ma la ragazza la spinse via, infastidita.
"No!", protestò allontanandola.
Sul viso di Snow comparve una smorfia di rabbia...o meglio, di malignità che non era tipica della sua mamma.
L'aveva vista arrabbiata ma non in quel modo.
"Le cose stanno così?", chiese con un sorriso crudele mentre Emma continuava a guardarla, sbalordita. "Tu credi a quel ladruncolo? Bene, allora portalo dove desidera e vedrai come ti abbandonerà in men che non si dica".
"Lui non lo farebbe mai!", ribadì la ragazza. Hook l'aveva salvata, quando nessuno gli aveva chiesto di farlo...non avrebbe mai fatto ciò che sua madre pensava.
"L'abilità di un ragazzo scaltro presto ti sbalordirà, figlia mia!" (5), continuò la donna, scoppiando in una risata amara.
Snow stava iniziando ad allontanarsi, ed Emma cercò di fermarla.
"Mamma, aspetta!", esclamò correndole incontro ma sua madre non sembrava intenta a voler rimanere lì un minuto di più.
"Hai perso la tua occasione, Emma!", esclamò in un sussurro e con occhi colmi di rabbia. Detto questo, Snow girò i tacchi e se ne andò, lasciando Emma sbigottita. La ragazza si abbandonò a terra, sedendosi sul pavimento e cercando di realizzare cosa fosse appena successo poco fa. Come aveva fatto sua madre a trovarla? Come l'aveva raggiunta? Tuttavia la domanda che più la tormentava era un'altra: possibile che la sua fuga l'avesse resa così...perfida?

"Di ritorno da sola?".
La donna si tolse il mantello e lo scaraventò a terra, furiosa. Si fissò nello specchio: aveva ancora l'aspetto della più bella del reame.
Si osservò disgustata e riprese le sue sembianze.
"Così va meglio", esclamò sospirando, poi si voltò verso lo specchio.
"Quella sciocca ragazzina non mi ha voluto seguire", affermò stizzita e sedendosi sul divano dinanzi al caminetto. Si portò una mano alla fronte, sconsolata.
"Ha preferito il pirata a sua madre?", chiese lo Specchio con fare perplesso.
"Non mi sorprende!", rispose Regina con tono ovvio. "Tra Snow e quel gran bel pirata, preferirei anche io la sua compagnia. Come darle torto?".
Lo Specchio storse il naso, di fronte a quell'apprezzamento, ma si sapeva che la Regina avrebbe preferito qualsiasi compagnia, pur di non trovarsi insieme a Snow.
"Cosa farete adesso?", domandò lo Specchio, osservando la sua sovrana.
"Tenterò un ultimo approccio", rispose la donna, alzandosi in piedi e cominciando a camminare per la stanza, stiracchiandosi.
"Ovvero?".
"Proverò con il nostro caro pirata", rispose lei sistemandosi i capelli neri che le ricadevano lungo la schiena.
"Se lui non volesse collaborare?", chiese lo Specchio, interdetto.
La regina sospirò, e poi sorrise beata, come se non aspettasse altro.
"In quel caso", cominciò con occhi sognanti, "userò la maniere forti".



Note:

- (1) Daguerreo è una città che ho preso dal gioco Final Fantasy 9, spero che ci abbiate giocato almeno una volta perché è stupendo;

- (2) dialogo ripreso dalla puntata 2x06 "Talahassee", quando scalano la pianta di fagioli. Dovendo scalare un monte, ho pensato di riproporre qualche battuta :);

- (3) Alexandra, figlia di Cenerentola;

- (4) frase tratta direttamente dal film disney Rapunzel;

- (5) anche questa frase è tratta da Rapunzel, precisamente dalla canzone;

Eccomi con il settimo capitolo!
Hook adesso sa che Tremotino è rinchiuso, preciso che non ne aveva idea perché come ho scritto solo la famiglia di Emma e Cenerentola ne erano al corrente.
L'ultima scena tra Emma e Snow/Regina è ispirata molto a quella fra Rapunzel e sua madre, in cui quest'ultima cerca di convincere la figlia del fatto che Flynn non prova nulla per lei e la stia soltanto usando: stessa cosa che tenta di fare Regina, poiché Emma adesso è in grado di condurre Hook da Tremotino ma diciamo che non è l'unica che può farlo xD. Non credo ci siano molte precisazioni da fare, ma so che mi odierete per aver interrotto il bacio fra Emma e Hook...potete linciarmi se volete xD.
Vi è piaciuto? Spero tanto di sì, ma dovete dirmelo voi :).
Lasciatemi un commento se vi va, anche piccino piccino o eventualmente pietre, ortaggi, ecc. u.u (ormai è un rito xD).
Un ringraziamento sconfinato a tutti coloro che seguono questa storiella :3
Avete visto il banner della storia? Spero vi sia piaciuto! Alla prossima C:

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Capitolo 8
*** I won't suffer, be broken, get tired or wasted ***


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8. I won't suffer, be broken, get tired, or wasted


“Ho interrotto qualcosa, vero?”.
Jim non faceva che borbottare mentre Hook cercava di portarlo fuori a prendere aria, nonostante la voglia di prenderlo a calci fosse molto forte.
Intanto, aveva permesso a William e Spugna di tornare sulla nave.

Cercò di ignorare le sue domande, chiedendosi dove fosse finita Emma. Per quel poco che sapeva di lei, poteva dire con assoluta certezza che si stesse rimproverando per ciò che era quasi accaduto fra loro e per come lei gli aveva permesso di spingersi così
oltre.
Se quell'idiota di Jim non avesse fatto il guastafeste, a quell'ora l'avrebbe già baciata.
Hook fu sorpreso da quanto lo desiderasse. Era solo un capriccio o un desiderio più
profondo?
Mentre si lasciava travolgere da queste riflessioni, allentò per un attimo la presa su Jim che finì per terra, cominciando a ridere rumorosamente.
“Capitano!”, esclamò puntandogli il dito. “So che la ragazza vi piace, ammettetelo!”.
Hook sbuffò. Si sentiva una balia. Il mattino dopo lo avrebbe fatto pentire di tutto quello che aveva combinato. Cercò di tirarlo su, ma il ragazzo continuava a ridere. Ad un certo punto, si stese completamente a terra, e prese subito sonno, lasciando Hook interdetto.
Il capitano si sedette a gambe incrociate. La testa gli girò leggermente, eppure non aveva bevuto, anche se una bottiglia di rum in quel momento non gli sarebbe dispiaciuta per annegare in essa tutti quei pensieri che gli frullavano per la testa.

Si voltò verso Jim: doveva riportarlo alla nave in qualche modo. Fece per prenderlo di peso ma venne interrotto dalla presenza di qualcuno: una
donna.
“Serve aiuto?”, chiese con un sorriso apparentemente gentile.
Portava un vestito rosso molto attillato, in tinta con il colore delle sue labbra.
Non sembrava una del posto: le donne della città non vestivano a quel modo.

“Faccio da me, grazie”, rispose lui, ignorandola.
“Io credo che un aiuto potrebbe farvi comodo”.

La donna gli si ritrovò pericolosamente vicina e Hook indietreggiò.
“Chi siete?”, domandò sospettoso.
“Un'amica”, rispose lei. Mettendogli una mano sull'uncino. “Un'amica che può aiutarvi a trovare qualcuno che state cercando...Tremotino”.

Hook la fissò, perplesso. Cosa voleva quella sconosciuta? Di norma, non avrebbe rifiutato un aiuto del genere ma ora che Emma gli aveva indicato la via, di cosa aveva bisogno?
Sapeva dove si trovava Tremotino e avrebbe approfittato della sua prigionia per ucciderlo.
Meglio di così non gli sarebbe potuta andare.

“Arrivate tardi, mia cara”, esclamò il capitano, fissandola negli occhi scuri. “Posso sapere come mai vi sta tanto a cuore questa faccenda e come fate a saperlo?”.
Lei sorrise, mostrando i denti bianchi.
“Io so molte cose”, rispose con voce suadente. “Davvero non volete il mio aiuto? Potremmo fare uno scambio equo”.
“Mia cara”, continuò lui. “Non credo che possiate avere qualcosa che voglio. So come trovare quel mostro, il vostro aiuto non mi serve, per quanto apprezzi la vostra gentilezza”.

La donna inclinò la testa di lato. Possibile che quel pirata non volesse il suo aiuto? Credeva che sarebbe stato più facile. D'altronde, lui era solo una pedina mossa dalla sua sete di vendetta. Credeva che nominando semplicemente il suo nemico, lo avrebbe convinto. Teneva così tanto a quella ragazza, da non farsi soggiogare dalla vendetta?
“Posso sapere il vostro nome?”, domandò Hook, incuriosito da quella figura misteriosa.
“Non credo, capitano”. La sua voce aveva assunto un tono tenebroso.

Hook si voltò un attimo verso Jim, forse da solo non sarebbe riuscito a portarlo sulla nave.
“Sapete, forse un aiuto mi farebbe comodo”.
Si girò in direzione della donna, per accorgersi che era sparita.
Era proprio sicuro di non aver bevuto?

Portare quel rompiscatole di Jim sulla nave non fu un'impresa facile.
Era stato costretto a scendere dal monte, tenendolo stretto il più possibile per non farlo cadere, anche se l'idea di fargli rompere
“casualmente” qualche osso, lo sfiorò più di una volta.
Una volta arrivato, trovò Spugna e William ad accoglierlo, che presero Jim di peso per portarlo nella cabina.
Gli avrebbe fatto pulire la nave da cima a fondo per fargliela pagare, dando così ad Emma un giorno di riposo.
Poteva anche farlo finire sull'asse ma sarebbe stato esagerato, al limite gli avrebbe fatto fare a nuoto la distanza fra la nave e il prossimo porto a cui avrebbero attraccato.

“Dov'è Swan?”, chiese il capitano, rivolgendosi a Spugna.
“E' appena andata nella sua cabina, capitano”, rispose lui calmo. “Dice di averci cercati nella piazza e non avendoci trovati, è venuta qui”.

Hook fece un segno di assenso con la mano, dopodiché li congedò, permettendo loro di portare Jim a letto.
Nel momento in cui Spugna e William scesero sottocoperta, arrivò Emma, che osservò la scena di Jim tenuto in braccio dai due uomini.

“Sta bene?”, domandò, rivolgendosi ad Hook, e adottando un tono titubante.
In realtà, temeva di rivederlo e soprattutto, temeva che potesse continuare ciò che aveva iniziato.
Perché
temeva tanto una cosa del genere? Eppure, sapeva che non le sarebbe dispiaciuto.
Ripensò un attimo alle parole di sua madre, poi scosse la testa, allontanando quel pensiero.
Lei era di famiglia, lo aveva detto lui stesso e quello bastava per darle la
certezza assoluta che lui non la stesse affatto usando.
“Domani mattina starà meglio”, rispose il capitano con un sorriso.
Emma non rispose, e si limitò a fare un cenno con la testa.
Hook notò subito l'incertezza e il timore di lei: riusciva a leggerglieli negli occhi, per quanto lei continuasse ad abbassare lo sguardo, pur di nasconderli.

“Qualcosa ti preoccupa, dolcezza?”, domandò, avvicinandosi pericolosamente a lei.
Emma notò che il suo atteggiamento aveva ben poco di apprensivo: era incredibilmente sicuro di sé, come se il suo desiderio principale fosse quello di lei che gli buttava le braccia al collo, implorandolo di baciarla come stava per fare prima.
Eppure, dovette ammettere che era proprio quella punta di arroganza, e non solo, che faceva sì che lei fosse
attirata verso di lui, senza una precisa spiegazione.
“Nulla”, rispose, con sguardo fermo e il più calmo possibile.
Lui continuò ad avanzare verso di lei, con i suoi soliti modi
ammaliatori, che facevano perdere ad Emma quel poco di lucidità che le restava in sua presenza.
Prima di rispondere, si inumidì le labbra e tornò a fissarla, ma il suo sguardo cadde su un ciondolo piuttosto singolare che non aveva mai notato prima di allora.
Emma sembrò accorgersene e lo prese fra le mani, sorridendo.

“Cos'è?”, domandò lui, osservando il piccolo cigno che vi era inciso (1).
“Ce l'ho da quando sono nata...è un regalo dei miei genitori”, rispose lei.
“Direi che ti rappresenta molto”, constatò Hook, tenendo lo sguardo fisso su di lei.
“Già”. Aveva un sorriso quasi nostalgico.
“Sbaglio o abbiamo un conto in sospeso io e te?”, chiese lui con voce profonda.

Mentre parlava, le spostò una ciocca bionda ribelle dietro l'orecchio.
Emma, dal canto suo, stava reagendo diversamente rispetto a prima e non capiva il perché. Quando erano nella piazza, si stava praticamente
abbandonando a quel bacio. Adesso, invece, cercava di ritrarsi il più possibile, come se volesse evitare che ciò accadesse...perché?
Non riusciva nemmeno a parlare. Si limitava a fissare il suo viso e il suo sguardo suadente che sembrava entrarle direttamente nel cervello,
annebbiandolo.
“I- io sono molto stanca”, esclamò lei, balbettando e indietreggiando.
Lui sorrise e non cercò di forzarla ulteriormente. Quella ragazza non gli dava mai una piena soddisfazione. Sembrava che giocassero a
rincorrersi.
“Buonanotte”, sussurrò lei.
“Non puoi sfuggirmi per sempre, Swan”, rispose Hook, prendendosi gioco di lei.

La ragazza accennò un lieve sorriso. “Per stasera, sicuramente sì”.
“Come desidera,
principessa”, esclamò il capitano, rivolgendole un sorriso gentile.
Emma impallidì, sentendosi chiamare a quel modo, e si precipitò nella sua cabina. L'aveva chiamata principessa, perché? Forse sua madre aveva ragione. Sapeva davvero chi era e la stava usando. Si prese la testa tra le mani, cercando di calmarsi. Stava diventando paranoica.
Lui non conosceva la sua vera identità, altrimenti glielo avrebbe già fatto notare.
Si mise a letto, cercando di dormire e di non pensare a tutte quelle ipotesi assurde, ma la sua testa non voleva proprio saperne di mettersi a riposo.
Erano passate un paio di ore e ancora non aveva preso sonno. Perché si era fatta indietro?
Le parole di sua madre, chiaramente false, l'avevano davvero soggiogata a quel punto?
Hook le aveva detto che quando lei sarebbe stata pronta a raccontargli la sua storia, lo avrebbe fatto anche lui e forse era arrivato il momento. Doveva dirgli la verità. Lui non l'avrebbe usata, lo sapeva, anzi, forse a maggior ragione l'avrebbe tenuta con sé: per permetterle di vivere la vita che voleva.

Aveva fatto così tanto per lei. Cos'altro le serviva per capire che di lui
poteva fidarsi?
Si alzò, sorridente, e decise che si sarebbe recata nella sua cabina.
Lo avrebbe svegliato, pur di dirgli
ogni cosa, finalmente.
“Dove credi di andare?”.
Emma si strofinò gli occhi per assicurarsi che non stesse sognando.
C'era una donna lì con lei, e non le piaceva il modo in cui la stava guardando.
La ragazza pensò istintivamente di gridare ma non fece nemmeno in tempo a farlo che perse i sensi.
Regina aveva finalmente preso ciò che voleva.
Adesso doveva soltanto incolpare qualcuno, così da non far ricadere i sospetti su di lei.

Il mattino dopo, Hook si alzò di buonumore, principalmente perché non vedeva l'ora di dare del filo da torcere a Jim per l'intera settimana. Uscì, stiracchiandosi dalla sua cabina, e ordinò a Spugna di andare da Emma per riferirle che oggi le avrebbe concesso un giorno libero. Guardando verso l'orizzonte, gli sembrò di vedere una nave non molto distante da loro ma non ci si soffermò in quanto vide Spugna tornare sul ponte con un'espressione alquanto preoccupata in viso e capì che non stava per dirgli qualcosa di buono.
“Capitano! Swan è sparita!”.
“Come sarebbe sparita?”, ringhiò lui, correndo nella sua cabina.

Il letto era sfatto e di lei, ovviamente nemmeno l'ombra. Il suo respiro si fece affannoso.
Se ne era andata, ma per
quale motivo? Guardò a terra e vide il suo ciondolo. Non lo avrebbe lasciato di proposito, c'era qualcosa che non andava. Lo prese e lo tenne stretto nella mano.
Corse sul ponte principale, pronto ad ordinare a tutta la ciurma di cercare in ogni angolo.
"Che diavolo?", domandò William, attirando l'attenzione di Hook.
Il capitano si voltò e vide la nave che aveva adocchiato prima che si era affiancata alla Jolly Roger. Non riuscì nemmeno a rendersi conto della situazione, in quanto un mucchio di guardie imperiali cominciarono ad assaltare la sua nave: erano chiaramente molti di più rispetto a loro.
Una delle guardie, che sembrava essere il capitano, con l'aiuto di un altro, lo immobilizzò subito, senza dargli neanche il tempo di rispondere in qualche modo.
"Cosa diavolo sta succedendo e voi chi siete?", domandò furioso.
"Killian Jones", cominciò la guardia strattonandolo. "Siete in arresto per il rapimento della principessa".
Hook lo guardò perplesso. "Principessa? Chi l'ha mai vista una principessa?".
Il capitano delle guardie lo ignorò, mentre gli altri tenevano fermo il resto della ciurma.
"Voglio solo il vostro capitano, quindi fatevi da parte", disse uno di loro.
"Ehi, ragazzi" ribatté il capitano, "Io non conosco nessuna principessa".
"Davvero?", chiese lui con tono sarcastico, "E questo cos'è?". Gli tolse il ciondolo dalla mano sana, facendolo oscillare davanti ai suoi occhi.
"Questo appartiene alla principessa fin dalla nascita e ci è stato riferito che è stata vista nei pressi di Daguerreo, sulla nave del famoso Hook. E' inutile negare!".
Hook non poteva credere a ciò che stava sentendo. Stava parlando di Swan? Lei era una principessa? Sbatté le palpebre più volte, cercando di credere a tutto ciò.
"Swan...una principessa?", domandò in un sussurro.
"Perquisite la nave e trovatela", ordinò l'uomo al resto delle guardie, ma Hook sapeva che avrebbero soltanto sprecato il loro tempo vista la sparizione di Emma.
Dopo che le guardie ebbero controllato la nave da cima a fondo, il loro capitano si scagliò su Hook.
"Cosa ne avete fatto di lei?", domandò prendendolo per la camicia.
"Nulla!", ringhiò lui. "E' sparita, ce ne siamo accorti stamane".
"Voi mentite!", ribatté la guardia scaraventandolo a terra. "Se non volete parlare con me, vorrà dire che lo farete davanti al re e alla regina. Portatelo sulla nostra nave".
Si voltò verso il resto della ciurma. "Sarò meglio per voi che non ci seguiate. Vogliamo il vostro capitano, vi lasciamo il beneficio di salpare e avere la Jolly Roger tutta per voi. Ogni uomo che indietro rimane, indietro viene lasciato (2). Lo so persino io".
Fece segno ai suoi uomini di trascinare Hook via dalla sua nave, e mentre ciò avveniva, il capitano si voltò verso i suoi uomini, notando un leggero tono di tristezza e preoccupazione nei loro occhi.

Camminava nervosamente nella sua cella, chiedendosi dove fosse Emma. Aveva passato tutto il tempo, da quando lo avevano preso, a gridare alle guardie che lui non aveva fatto niente e che era stata la principessa a salire sulla sua nave, ma nessuno gli credeva.
Guardò fuori dalle piccole sbarre della sua prigione e osservò il mare.
Chissà Emma quanto era lontana e cosa le era successo.
Possibile che fosse davvero una principessa? Adesso tutti i pezzi tornavano al loro posto. Riusciva a capire perché aveva tanto insistito per salire sulla nave, e quanto fosse guidata dal desiderio di libertà che non sempre era concesso ad una principessa.
Sentì la porta della cella aprirsi ma non fece nemmeno in tempo a voltarsi che si trovò un uomo addosso. Lo aveva spinto contro il muro, mettendogli una mano al collo.

“Vostra altezza, calmatevi!”, lo riprese il capitano.
Hook guardò oltre la spalla dell'uomo che lo teneva fermo e vide una donna molto bella, che gli ricordò vagamente Emma, poi capì: erano i suoi genitori.
“Charming!”, esclamò lei. “Lascialo andare”.
L'uomo allentò la presa, dando ascolto alla moglie, mentre Hook prese a massaggiarsi il collo.
“Cosa ne hai fatto di mia figlia, pirata?”, ringhiò il re, a dir poco furioso.
“Io non l'ho rapita!”, ribatté Hook convinto. “E' stata lei a venire sulla mia nave”.

Il re rise amaramente. “Certo! E ti aspetti che io ci creda?”.
Hook si soffermò sulla madre di Emma, notando maggiormente la somiglianza.

“Adesso ho capito da chi ha preso vostra figlia!”.
Mentre la regina alzava gli occhi al cielo, il re si avventò di nuovo su di lui, accecato dalla collera e, chiaramente, anche dal dolore. Tuttavia, era evidente che quel tizio aveva qualche problema a gestire la rabbia, data la suscettibilità prorompente.
“Dimmi dov'è Emma!”, esclamò con voce ferma e indignata.
“Io non lo so!”, disse Hook di rimando. “Non le ho fatto alcun male”.
“So chi sei, Hook!” esclamò il re. “E' inutile negare, sappiamo tutti di che pasta sei fatto! Tutte le prove portano a te. Hai il suo ciondolo e ci è stato riferito che proprio Killian Jones l'abbia rapita e portata sulla Jolly Roger”.
“Questa è una menzogna!” ribatté lui. “Lei mi ha chiesto di restare”.
“Per quale motivo lo avrebbe fatto?”.
“Onestamente, questi sono problemi che riguardano la vostra dinamica familiare”, sibilò il capitano, provocando il re che lo spinse maggiormente contro il marmo.

La regina gli mise una mano sul braccio, cercando di calmarlo, per quanto possibile.
Il re lo lasciò andare. “L'hai uccisa con il tuo uncino, vero?”.
Hook sgranò gli occhi a quell'assurdità. “Cosa? NO! Mi sono svegliato e lei non era sulla nave, lo giuro. Non le avrei mai fatto del male”.

Il re sospirò pesantemente e si voltò verso sua moglie, uscendo dalla cella, come se avesse già deciso che il pirata non avrebbe detto nulla che potesse aiutarlo e che lui era il
vero colpevole.
“Domani mattina, risolvete questa faccenda”, disse, rivolgendosi alle guardie mentre si allontanava.
La madre di Emma, rimase ferma per qualche secondo davanti alle sbarre, osservandolo. I suoi occhi, uguali a quelli di Emma, erano colmi di dolore e allo stesso tempo di speranza: era chiaro che non avrebbe mai smesso di cercare sua figlia. Eppure, lo fissava come se, nel profondo del suo cuore, credesse che lui davvero non aveva fatto del male ad Emma.
“Snow!”. La voce del re sembrò distoglierla dai suoi pensieri e la donna si allontanò, lanciando ad Hook un ultimo sguardo di rammarico per ciò che spettava ad un pirata: l'impiccagione.

Era davvero così che stava per finire?
Hook, capitano della Jolly Roger, stava per essere giustiziato.
Era accaduto tutto così in fretta che quasi faceva fatica a rendersene conto.
Le guardie del re lo avevano trascinato fuori dalla prigione e lui aveva cercato solo di opporre resistenza, senza alcun risultato.
Quegli stupidi lo avrebbero ucciso ed Emma sarebbe stata ancora sperduta, chissà dove.
Non poteva finire così. Non doveva finire così.
I corridoi della prigione erano cupi, nonostante fosse mattina. Mentre stavano per varcare l'ennesima porta, questa si chiuse dinanzi a loro, lasciando il capitano delle guardie basito. Insieme a quella, anche le altre porte circostanti si chiusero, lasciando gli uomini in un vicolo cieco.

“Cosa succede?”, domandò una delle guardie.
L'uomo prese a bussare ininterrottamente ad una delle porte, mentre Hook cercava di capire cosa stesse succedendo.
D'un tratto, una spada si conficcò nella porta, costringendo il capitano a voltarsi e l'ultima cosa che vide fu una donna vestita da soldato, che metteva al tappetto i suoi due uomini.
Jim era spuntato dalla porta dinanzi ad Hook, colpendo il capitano delle guardie.
Mulan prese a sciogliere le corde che tenevano Hook legato, liberandolo.

“Come siete arrivati qui? E non dovevate lasciarmi indietro?”, chiese il capitano, perplesso.
“Con un po' di aiuto, e non credo che i vostri uomini abbiano piacere nel rispettare le regola”, esclamò lei, sorridendo, e lanciando uno sguardo complice a Jim.

La porta alle loro spalle si aprì, mostrando un gruppo di guardie che prese ad inseguirli. Hook iniziò a correre, insieme a Mulan e Jim. Il capitano notò con piacere che non erano soli: vide Spugna, William e tutta la sua ciurma correre in loro aiuto e distrarre le guardie, facilitando la fuga.
Tuttavia, da quella prigione non sembrava molto facile scappare e, purtroppo, si ritrovarono su una specie di torretta, senza via d'uscita, mentre un'orda di guardie si faceva sempre più vicina. Mulan si voltò verso di lui, afferrandolo per le spalle.

“Ascoltate, la nave è ormeggiata al porto. Dovete trovare Emma, anche senza il nostro aiuto!”, esclamò la donna, fissandolo negli occhi azzurri.
“Come sarebbe?”, chiese il capitano, senza capire le parole di Mulan.
“Perdonatemi, capitano”, esclamò Jim, seriamente dispiaciuto.

Prima che Hook potesse fare domande, il ragazzo lo spinse giù, facendolo atterrare sul terreno e dandogli la possibilità di scappare e, ovviamente, negandola a lui e tutti gli altri (3). Hook lanciò loro un ultimo sguardo di gratitudine e poi prese a correre verso il porto.
Tuttavia, sentiva altre guardie dietro di sé ma Hook non aveva la minima intenzione di farsi catturare un'altra volta. Aveva una missione da compiere. Prima che i soldati potessero essere più vicini da poterlo vedere, il capitano notò una grotta alla sua destra e vi ci si infilò.
Aspettò che i soldati si levassero dai piedi per sporgersi e controllare, tirando un sospiro di sollievo.
Qualcosa in quella strana grotta, però, lo fece distrarre. Era illuminata da diverse fiaccole e aveva un aspetto leggermente sinistro. Guardò con più attenzione cosa ci fosse sul fondo e quando Hook vide ciò che aveva dinanzi, sussultò.
Il suo nemico, la sua nemesi, il mostro che aveva strappato il cuore alla sua Milah e che gli aveva portato via la mano, era proprio lì, davanti a lui e dietro le sbarre (4).

“Tremotino”, esclamò il capitano a fior di labbra.
“Guarda un po' che bella sorpresa”, rispose lui con un risolino. “Sapevo che saresti arrivato”.

Hook non lo ascoltava. Era troppo impegnato a rendersi conto di quanto quel momento che agognava con tutto se stesso fosse arrivato: era faccia a faccia con il suo nemico.
Gli si avvicinò maggiormente, guardandolo nei suoi occhi di ghiaccio e privi di qualsiasi tipo di sentimento. Il viso del capitano si distese in un sorriso crudele, facendogli dimenticare tutti i buoni propositi che si era posto prima di entrare in quella dannata grotta.
Non esisteva nient'altro, soltanto lui e quel bastardo a cui avrebbe strappato il cuore volentieri.
Tremotino cominciò a ridere, avendo probabilmente intuito le sue ignobili intenzioni.

“Permettetemi una domanda”, esclamò lui avvolgendo le sue viscide mani attorno alle sbarre.
Hook lo fissò con sguardo truce, senza rispondere e aspettando che continuasse a parlare.
“Sono alla vostra mercé”, riprese lui, “ma non dovreste fare altro? Tipo salvare una donzella in pericolo?”. Il suo tono era vagamente sarcastico, e riprese a ridere quando notò la sorpresa sul viso del capitano, che sembrava essersi dimenticato di Emma.
“Un uomo che non lotta per quello che vuole, merita ciò che ottiene”, continuò Tremotino come se stesse ripetendo una canzoncina. “Voi per cosa siete disposto a lottare?”.

Hook continuava a guardarlo, pensieroso e indeciso. Lui voleva salvare Emma ma voleva anche vendicarsi su quel bastardo.
Sembrava che potesse scegliere soltanto una strada: una annullava l'altra e lui non poteva percorrerle entrambe.

“Fermo dove siete!”.
La voce del simpatico padre di Emma lo fece voltare. Insieme a lui c'era sua moglie, seguita dalle guardie che tenevano fermi Spugna, Mulan e Jim. Quest'ultimo scuoteva la testa in segno di delusione, come se fosse deluso dal fatto che Hook fosse insieme a Tremotino.
“Era questo il vostro obiettivo fin dall'inizio”, esclamò il re, puntandogli la spada al collo.
“Lo era”, rispose lui, avanzando incurante del fatto che il re avrebbe potuto tranquillamente ucciderlo. “Prima di capire che ho qualcosa di più importante per cui lottare: la vita di vostra figlia”.

Aveva fatto tanto per Emma e non voleva certo smettere adesso.
Doveva salvarla, e non perché non avesse scelta, ma perché lei era la scelta. Anche a costo della sua stessa vita, l'avrebbe liberata.
Milah era morta, non sarebbe mai tornata e lui non poteva fare più niente per riaverla con sé.
Emma, invece, era ancora viva e lui non si sarebbe spezzato, non si sarebbe stancato, non avrebbe rinunciato e non avrebbe mai smesso di cercarla (5).
Charming lo guardò, sorpreso dalle sue parole e con lui anche Snow.

“Come faccio a sapere che non state mentendo?”, domandò aumentando la presa sulla spada.
“Non lo sapete”, rispose Hook in tutta sincerità. “Emma è sparita, non ho idea di dove sia, ma una cosa è certa: non se n'è andata di sua volontà. Non mi importa se mi credete o meno, ma ovunque sia, io la troverò sempre (6)”.

Il re non sembrava ancora molto convinto e continuava a scrutare Hook, chiedendosi quale fosse la strada giusta da prendere.
"Il nome Regina non vi dice niente?", la voce canzonatoria di Tremotino fece voltare tutti.
I due sovrani, sentendo quel nome, si scambiarono uno sguardo preoccupato e terrorizzato, consci del fatto che forse la loro bambina era nelle mani di quella donna, che avrebbe fatto di tutto per avere la sua vendetta su di loro.
"Cosa?", domandò il re, spaventato e confuso allo stesso tempo.
"Esatto, caro il mio Charming", rispose lui con un ghigno. "La regina vuole vendetta e visto che non può mettere le sue folli mani su di voi, non è meglio sfogarsi sulla vostra prole?".
"Tu lo sapevi!", esclamò Snow con gli occhi ridotti a due fessure. "Lo hai sempre saputo".
Il re e la regina rabbrividirono di fronte all'evidenza.
"Chi è Regina?", domandò Hook rivolgendosi ai sovrani.
"Una donna che avete incontrato già", intervenne Tremotino. "Vi ha offerto il suo aiuto".

Quella donna!
Hook finalmente capì. Era lei che aveva incontrato e aveva un obbiettivo preciso: prendere Emma. Ecco, cosa intendeva per scambio equo.
"Dannazione!", esclamò lui, dando un pugno alla parete di roccia.
"Hai parlato con lei?", ringhiò il re. "Confessa, le hai permesso di prendere Emma!".
"Diamine!", esclamò il capitano, stizzito, e scaraventando a terra la spada del re con un movimento fulmineo dell'uncino. "Si è offerta di aiutarmi a trovare quel mostro, ma io non ho accettato perché sapevo già come farlo. Non avevo idea di chi fosse! Sarò anche un pirata ma mi state decisamente disdegnando troppo, vostra altezza!", sputò malignamente, ad un passo dal viso del re.
"Adesso basta!". La voce ferma di Snow risuonò su tutti loro.
Snow superò il marito, mettendosi tra loro e fissando Hook negli occhi: gli mise una mano sul braccio e gli rivolse uno sguardo deciso.

“Andiamo!”, disse semplicemente, guidandolo verso l'uscita sotto lo sguardo indagatore del re.
“Dove?”, domandò Charming, riprendendo la spada, e seguito dallo sguardo confuso di Hook.
“A salvare nostra figlia”, rispose lei in tutta calma, “
insieme”.
Prima di uscire, Hook si voltò un'ultima volta verso Tremotino che lo osservava con la sua tipica espressione da folle: gli occhi sbarrati e un sorriso dissennato.
Io sono sempre qui ad attenderti, capitano”.
 


Note:

- (1) è il ciondolo che Emma porta anche nella serie;

- (2) frase tratta da La maledizione della prima luna. E’ una regola del codice dei pirati;

- (3) non so se si è notato o meno, comunque le scene di Hook che viene catturato e poi liberato dalla sua ciurma si ispirano leggermente a quelle di Rapunzel in cui Flynn riesce a scappare grazie a tutti quei personaggi della locanda (tra cui uno con l'uncino xD);

- (4) alla fine non è mai stata data una localizzazione precisa alla cella di Tremotino, per quel che ricordo, quindi ho pensato di farla trovare ad Hook per puro caso;

- (5) questa frase richiama il titolo, ripreso dalla canzone “Attack” dei 30 Seconds to Mars;

- (6) "I'll always find her"...vi ricorda qualcosa? :).

Eccomi con l'ottavo capitolo. Piaciuto? Spero tanto di sì. L'ho pubblicato un giorno prima, perché alla fine lo tenevo pronto, quindi dopo averlo revisionato, non mi costava niente pubblicarlo :). Sono successe un pò di cose in questo capitolo: Regina che offre aiuto ad Hook, Emma che viene rapita e la colpa di ciò che ricade su Hook. Alla fine, voglio precisare che non ho fatto accettare ad Hook l'aiuto di Regina, semplicemente perché come avete visto, non aveva motivo di farlo, dato che Emma poteva portarlo da Tremotino. Quindi a cosa gli serviva Regina? A nulla, in fin dei conti. Forse sono uscita un pò fuori personaggio in questo modo, rendendolo un pò meno disinteressato ma poi come avete visto, la sua vendetta è balzata fuori nella grotta, e balzerà ancora fuori, vi avverto xD. Non ha ancora compiuto una redenzione, per quanto abbia deciso di salvare Emma e poi con Tremotino che lo provoca alla fine, direi che la questione non è per niente finita u.u. Ho messo il capitolo con un giorno di anticipo. Cercherò di mettere il prossimo capitolo al più presto, forse tra venerdì e sabato :)
Ok, ho finito di scocciarvi. Spero vi sia piaciuto. Lasciate sempre un commento se volete, anche piccino piccino.
Ringrazio sempre tutti coloro che stanno seguendo questa storia e mi lasciano recensioni a dir poco stupende :3
Alla prossima, un abbraccio C:

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Capitolo 9
*** Don't say a word ***


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9. Don't say a word
 
Emma aprì gli occhi, non sapeva di preciso dove fosse. Era in una stanza abbastanza grande e ben arredata e con le pareti scure.
Non ricordava niente, a parte quella donna apparsa all'improvviso nella sua cabina.
“Ben sveglia, principessina”. Era la stessa voce della sera precedente.
Emma mise maggiormente a fuoco la sua figura, cercando di risvegliare i sensi ancora annebbiati dallo stordimento che le era stato procurato.
Vide di nuovo la donna: bellissima e molto inquietante.
“Chi siete?”, domandò lei con tono debole.
“Il mio nome è Regina”, rispose lei con un sorriso malvagio.
Emma ci pensò un attimo. Regina...quella Regina? La donna che aveva tormentato sua madre?
“Voi...”, cominciò con un tono di indecisione nella voce.
“Sono proprio quella che credete, mia cara”, esclamò lei, senza farle terminare la frase.
“Non capisco...cosa volete?”.
Vendetta!”, rispose lei in un sussurro così tenebroso che Emma rabbrividì.
Erano passati anni e quella donna voleva ancora vendetta contro sua madre?
“Verranno a cercarmi”, esclamò Emma, convinta. “Hook verrà a salvarmi”.
Regina scoppiò a ridere e si avvicinò a lei, mettendole una mano sul viso.
“Mia cara, perché colui che ti ha consegnata a me dovrebbe salvarti?”, domandò con tono ovvio.
Emma si sentì mancare il respiro. L'aveva davvero usata, come aveva detto sua madre?
“Non è vero”, esclamò abbassando lo sguardo e dicendolo più a se stessa che a Regina.
“Invece, sì”, continuò lei imperterrita. “Vedi, quel povero pirata ha visto la sua amata mentre veniva uccisa da Tremotino. Le ha strappato il cuore dal petto, da allora ha giurato vendetta, così quando gli ho svelato la tua vera identità e gli ho promesso il suo nemico in cambio della principessa, non poteva certo rifiutare, non credi?”.
Dopo averle sbattuto in faccia quella verità a cui Emma non aveva voluto credere, Regina le voltò le spalle, uscendo dalla stanza e facendo risuonare la sua risata soddisfatta.
Lacrime amare cominciarono a scorrere sul viso di Emma. Lui l'aveva usata ed ingannata. Era tutto calcolato. Evidentemente quel bacio era solo uno stupido pretesto e così anche il modo in cui l'aveva salvata: voleva solo guadagnarsi la sua fiducia. Non teneva a lei, sua madre aveva ragione. Come avrebbe potuto? Poteva mai preferire una come lei alle donne che era solito frequentare?
La cosa che feriva maggiormente Emma, era il fatto che la loro promessa non era stata mantenuta: si sarebbero dovuti raccontare le loro storie a vicenda, invece era stato qualcun altro a farlo per loro. Chissà se lui era già al corrente di tutto mentre le faceva quella vana promessa. Ormai non aveva più importanza, perché tutto ciò che si erano detti fino ad allora era una menzogna.
 
“Un castello pieno zeppo di guardie...ora io non vorrei contraddirvi, sua eccellenza, ma come diamine facciamo ad entrare lì dentro?”.
Il tono pungente di Hook fece ruotare gli occhi di Charming, che sembrava trattenersi dal prenderlo a pugni, mentre Snow si limitava semplicemente a lanciargli un'occhiata di diniego, seguita da un gruppo di nani e di guardie che li accompagnavano.
Insieme a loro, ovviamente, c'era anche la sua ciurma, accompagnata da Mulan.
“Non preoccuparti, Hook”, cominciò la regina, armata di arco e frecce. “Abbiamo i nostri metodi”.
“Se avete i vostri metodi”, cominciò lui, “perché avete deciso di fidarvi di me?”.
La donna lo guardò, accennando un sorriso. Ogni volta che la guardava non poteva fare a meno di pensare ad Emma. Erano dannatamente simili. Non rivederla nei suoi occhi era impossibile.
“Per qualche motivo, hai incrociato la strada di mia figlia”, rispose lei in tono pacato. “So che qualcosa ti ha portato qui. Chiamalo come preferisci: fato, destino...”.
“Una nave!” (1), continuò lui con la sua tipica faccia da schiaffi, beccandosi l'ennesima occhiataccia. Almeno erano molto più sopportabili e piacevoli di quelle di suo marito.
Un rumore proveniente dai cespugli alla loro destra li fece sussultare, mettendo tutti in posizione di combattimento, compresa la regina.
Hook sguainò la spada, seguito dal re, mentre Snow era prontissima a scoccare una delle sue frecce.
L'arrivo di una donna bruna con indosso un mantello rosso e di quello che sembrava essere un altro nano, lasciò Hook leggermente sconcertato, non sapendo chi fossero.
“Calma!”, esclamò la donna, guardandoli spaventata. “Siamo noi!”.
“Allora, Red?”, domandò Snow, abbassando l'arco.
“Il castello brulica di guardie”, rispose la donna, cercando di togliere il terreno dal suo mantello.
“La principessa è dentro”, continuò il nano, “ma ci serve un diversivo”.
“Per quello posso occuparmene io”, esclamò Red, convinta.
“Noi le daremo una mano”, intervenne il nano, avanzando verso la regina.
Snow fece un segno di assenso, con la testa, sorridendo.
“Credi che il Cacciatore sia ancora nel castello?”, chiese il re, rivolgendosi alla moglie.
“Non saprei”, rispose la regina, assumendo un'espressione pensierosa sul volto. “Lo spero”.
“Chi sarebbe il Cacciatore?”, chiese Hook.
“Un amico”, rispose Snow con un leggero sorriso. “Non sarei qui, se non fosse stato per lui”.
“Ci può aiutare?”, domandò Mulan, perplessa.
“Se Regina non lo comanda a bacchetta, sicuramente!”, rispose la regina con tono fermo.
“A lui ci penso io”. Red si fece più avanti, seguita dai sette nani. “E' arrivato il momento che torni in possesso del suo cuore”.
“Le fate ci daranno una mano, permettendovi di entrare nel castello e trovare Emma”, intervenne Grumpy, poi si voltò verso di loro, come se volesse aggiungere altro. “Questa scena mi sembra di averla già vista!”, continuò il nano con un'espressione corrucciata.
La regina rise, divertita. Quella era stata forse la prima risata da quando erano partiti.
“In effetti, hai ragione!”, rispose, mostrando un sorriso leggermente nostalgico (2).
“Come sarebbe?”, domandò il re, confuso.
La regina gli mise una mano sulla guancia senza aggiungere altro e facendo segno a tutti loro di procedere, ma il capitano sembrava ancora leggermente perplesso.
“Volete mandare una ragazza e dei nani nel castello della regina?”, domandò esasperato.
La regina sorrise. “Non sono persone come le altre, fidati!”.
 
Dopo poco tempo, erano tutti pronti a recarsi nel castello. Mentre aspettavano il segnale di Red, che era andata avanti, Hook sollevò leggermente la testa e vide in alto quello che sembrava essere un insieme di lucciole, poi si rese conto che prima avevano parlato di fate.
Da un lato la scena gli sembrava quasi ridicola: lui che combatteva con il re, la regina, i nani e persino le fate. Ci mancavano solo gli animaletti incantati e sarebbe stato il colmo.
Scosse la testa, tornando un attimo serio, e notando una freccia che veniva scagliata nella loro direzione, andando a conficcarsi nell'albero alle loro spalle: era il segnale di Red.
“Andiamo!”, esclamò il re, cominciando a camminare.
Prima che potesse procedere oltre, Hook venne fermato un attimo da Snow, la quale gli mise qualcosa fra le mani. Quando Hook guardò di cosa si trattava, vide il ciondolo di Emma, e alzò gli occhi, confusi, sulla regina, che aveva uno sguardo quasi fiero.
“Cosa significa?”, domandò, fissandola.
“Quando troveremo mia figlia”, cominciò lei, abbassando gli occhi, “credo che debba essere tu a ridarle questo ciondolo”.
Non gli diede nemmeno il tempo di rispondere, che riprese a camminare, affiancandosi velocemente al marito e lasciando Hook interdetto. Il capitano strinse il ciondolo nella mano destra. Sentiva di avere un grosso macigno a livello del petto. Forse i sentimenti pesavano così tanto?
Decise di non indugiare oltre e seguì gli altri.
Arrivarono alle mura del castello e i nani cominciarono a scoccare frecce, permettendo a tutti loro di risalire le mura e trovarsi nella parte alta del castello. Hook notò qualche leggera occhiata di disprezzo fra i nani e la sua ciurma, ma sembrava che stessero mettendo da parte ogni rancore per un obiettivo comune, ossia quello di salvare la principessa.
“Voi salite!”, esclamò Mulan. “Noi attaccheremo all'entrata, distraendo le guardie!”.
La donna cominciò a correre, seguita dai nani e dalla ciurma, andando così ad aiutare Red, mentre loro tre si sarebbero introdotti furtivamente per cercare Emma.
Riuscirono a salire facilmente e dall'alto riuscirono a vedere gli altri combattere.
Hook trasalì nel vedere un lupo intento a sbranare tutti i soldati che gli si paravano davanti.
“Te l'avevo detto che c'era qualcosa di diverso in loro!”, gli sussurrò la regina alle spalle.
Tuttavia, avevano fatto male i loro calcoli, in quanto, una volta entrati nel castello, trovarono un gruppo di guardie ad accogliergli.
Hook non ci pensò due volte prima di scagliarsi su di loro, e come lui anche Charming, mentre Snow scagliava frecce a destra e a manca, centrando ogni volta il bersaglio desiderato.
Il capitano si voltò, notando una delle guardie che stava per colpire il re alle spalle. Si scagliò subito contro di lui, tagliandogli la gola con l'uncino, mentre il re metteva al tappetto un'altra guardia.
Lo guardò senza dire nulla. Sembrava che volesse ringraziarlo ma non riusciva a proferire parola.
“Non c'è di che, amico!”, esclamò Hook con un sorriso sghembo.
“Non sono tuo amico!”, ribatté Charming, ignorandolo completamente, e provocandogli una risata.
I soldati, tuttavia, aumentavano. I tre si scambiarono uno sguardo di preoccupazione e di complicità, dopodiché cominciarono a scappare, dividendosi.
Hook correva, senza sapere dove stesse andando. Lui prese le scale che conducevano al piano inferiore, a differenza di Snow e Charming che presero quelle per andare di sopra. Per fortuna o per malasorte, il capitano, mentre correva, cadde completamente in quella che doveva essere una botola, sfuggendo almeno alla vista delle guardie. Atterrò su quella che sembrava essere paglia, anche se il colpo gli aveva provocato non pochi dolori. Si alzò, un po' a fatica, portando la mano alle costole e contraendo il viso in una smorfia di dolore. Cominciò a camminare per riprendere sensibilità alle gambe e poi notò di essere finito nelle prigioni del castello, che sembravano essere vuote. Quando, però, il suo sguardo si soffermò sull'ultima cella, il cuore gli balzò in gola: Emma.
Procedeva a passo veloce. “Swan!”, esclamò con una leggera punta di sollievo nella voce.
La ragazza non si muoveva. Era seduta per terra con le ginocchia al petto, rannicchiata.
Con un colpo dell'uncino, riuscì ad aprire la cella, felice di aver finalmente trovato Emma, ma non appena entrò, si rese conto di essere stato decisamente ingannato.
Davanti a lui c'era uno specchio (3), attraverso il quale riusciva a vedere la ragazza, immobile e rannicchiata su sé stessa. Non sapeva dire se stesse bene o meno.
Continuava a chiamarla ma lei non riusciva a sentirlo. Prese a battere violentemente il pugno sullo specchio, urlando il suo nome e rischiando quasi di romperlo, ma non c'era verso: lei non lo vedeva e non lo sentiva. Non si muoveva, sembrava paralizzata.
Abbandonò le dita della mano destra sullo specchio, ripercorrendo con esse la figura di Emma e desiderando che quello specchio non si interponesse fra di loro.
D'un tratto, il corpo di Emma svanì completamente, lasciando spazio all'elegante figura di Regina, che lo derideva dall'altro lato dello specchio.
“Una scena commovente, non c'è che dire!”, esclamò con un ghigno.
“Lei dov'è?”, ringhiò il capitano, sbattendo di nuovo la mano sullo specchio.
“Se non vi dispiace, cercate di non rompere il mio specchio”, ribatté lei, guardandosi le unghie.
“Dov'è Emma?”, ripeté lui in un sibilo, scandendo ogni parola con sguardo truce.
Se l'avesse avuta davanti, le avrebbe certamente conficcato l'uncino nel petto, senza esitazione.
“Dove credete che possa nascondere una principessa se non nella stanza più remota della torre più alta del castello?”, rispose incrociando le braccia al petto e rivolgendogli uno sguardo di sfida.
Il capitano non rispose, ma si limitava a fissarla, e a quel punto Regina si dissolse.
Emma era dove aveva detto lei, ma era chiaramente una trappola, eppure non gli importava. Dovevano andare in quella dannata torre e salvarla da quella strega.
Uscì dalle prigioni e raggiunse la sala principale del castello. Sentì del movimento e si nascose dietro una colonna: c'era qualcuno, e poteva sentirne i passi.
Teneva la spada pronta per colpire un eventuale guardia della regina. Sentiva le figure sempre più vicine e con uno scatto fulmineo balzò da dietro la colonna sguainando la spada. Scaricò tutta la tensione che aveva provato fino a poco fa, quando si trovò Snow e Charming davanti.
“Dannazione, ragazzi” (4), esclamò, abbassando la spada, sollevato.
Snow sospirò pesantemente, poggiando una mano sul braccio di suo marito.
“Novità?”, chiese il re, riponendo la spada.
“Swan...cioè, Emma è nella torre!”, rispose il capitano con voce decisa.
“Come lo sai?”, domandò Snow.
“Regina!”, disse semplicemente Hook e la sua risposta non suscitò altre domande.
Il castello era sgombro, in quanto la battaglia continuava ad infervorarsi all'esterno.
Snow, Hook, e Charming presero a correre per le scale che li avrebbero portati alle torre in cui avrebbero dovuto trovare Emma. Sapevano esattamente a cosa stavano andando incontro: Regina si sarebbe sicuramente fatta trovare lì.
Hook sentiva un'ansia maggiore ad ogni scalino. Non era da lui, eppure il pensiero che stessero andando incontro ad un massacro lo fece rabbrividire. E se non ce l'avessero fatta? E se non avessero salvato Emma? E se Regina li avesse uccisi tutti?
Mentre una serie di interrogativi saettavano nel suo cervello, non si accorse che erano arrivati dinanzi alla porta interessata. Prima di aprirla, i tre si scambiarono uno sguardo stranamente complice. Hook era tra i due coniugi e per la prima volta gli sembrò che il padre di Emma lo stesse guardando con espressione implorante, come se contasse su di lui per la salvezza della sua amata figlia, e stranamente Hook non aveva alcuna intenzione di deluderlo.
Charming aprì la porta con un calcio, mostrando la grande stanza ben arredata e con un caminetto sul fondo. Proprio lì vicino, Emma era rannicchiata ma non appena sentì il tonfo alzò lo sguardo, che si mutò in un'espressione alquanto stranita non appena realizzò che i suoi genitori erano con Hook.
"Emma!", esclamò il re, avanzando verso sua figlia, ma ovviamente non riuscì a raggiungerla, in quanto Regina apparve all'improvviso, frapponendosi fra loro, divertita come suo solito.
“Non così in fretta, Charming!”, esclamò, enfatizzando malignamente il suo nome.
Snow non perse tempo e scagliò una freccia in direzione della regina che si dissolse, evitandola.
La donna continuava a stare in allerta, con la freccia pronta ad essere scoccata.
Regina si materializzò subito dopo, ridendo e tenendo stretta l’ampia gonna, volteggiando leggermente; dopodiché cominciò a camminare intorno a Charming, e si mosse, come se volesse scagliare un incantesimo.
Il re sussultò e si rese conto di essere stato beffato, non appena la donna iniziò a ridere.
Tre guardie giunsero nella stanza, Snow sfilò la spada dalla sua cintura e la lanciò ad Emma, la quale l’afferrò prontamente, e si avvicinò a sua madre.
Hook non perse tempo ad uccidere una della guardie con il suo uncino, mentre Snow con la sua freccia colpì la guardia proprio sul cuore. Per fortuna, Emma non sembrava avere bisogno di aiuto: spinse via la guardia con un calcio e poi la trafisse con la sua spada.
Dopo essersi sbarazzati delle guardie, si avventarono tutti e tre su Regina, per aiutare Charming, ma la donna, che non sembrava per nulla intenzionata a farsi sopraffare, li spinse via con la magia.
“Regina”, cominciò Snow alzandosi da terra. “E’ inutile, non puoi farci del male, arrenditi!”.
La donna rise, come chi sa di avere la vittoria in pugno, e si voltò verso la donna.
“Forse non posso far del male a voi due idioti!”, rispose con tono convinto.
Alzò una mano a mezz’aria, e in un attimo Hook, Snow e Charming si ritrovarono bloccati al muro con dei rami che li avevano avvolti per tenerli immobilizzati.
Emma era ferma davanti a Regina, sguainò la spada non appena vide la donna avvicinarsi, ma quest’ultima la spinse via, allontanandola da Emma.
“Vedi, Snow”, cominciò Regina con tono pacato. “Sarà divertente distruggere il fulcro di questa dolce famigliola che hai creato con tanto amore”.
Emma non ebbe nemmeno il tempo di realizzare, che la mano di Regina si conficcò nel suo petto. La bionda sentì un dolore lancinante che le fece emettere un atroce urlo di dolore, e poteva sentire la sua mano farsi strada nel suo petto, sotto le urla dei suoi genitori e di Hook.
Regina sentì il suo cuore stretto nella mano: poteva sentire che quella ragazza aveva coraggio da vendere, proprio come sua madre, e questo le faceva certamente onore.
Emma spalancò gli occhi e la bocca, come se il respiro le stesse mancando.
Regina, con un colpo secco e deciso, tentò di strapparle il cuore, ma non appena ci provò, sentì che non riusciva a farlo. Non riusciva a strapparle il cuore dal petto, perché? (5)
Ci provò più volte ma senza risultato. Lo sguardo di Emma si spostò dalla sua mano conficcata nel petto allo sguardo di Regina, chiaramente confuso.
“Cosa diamine significa?”, domandò la donna senza riuscire a darsi una spiegazione.
Emma la fissò, realizzando almeno in parte cosa stava accadendo. “Significa che hai perso!”, esclamò con voce roca, confondendo maggiormente la donna.
Una leggera ondata di energia, proveniente dal corpo della ragazza, scagliò via Regina che finì a terra, senza forze. I rami che tenevano stretti i suoi genitori ed Hook svanirono, liberandoli.
La magia di Regina si era indebolita e la donna decise che doveva ritirarsi, almeno momentaneamente, così sparì, avvolta in una nube di fumo viola.
“Emma!”. Snow e Charming corsero ad abbracciarla, felice.
“Cos’era quello?”, domandò Emma, piuttosto confusa.
“Ci penseremo quando saremo a casa!”, rispose Charming, senza staccarsi da lei.
Emma era felice di sentire finalmente il calore dei suoi genitori. Sua madre stava piangendo e le sue lacrime calde le bagnarono abbondantemente la spalla. Suo padre teneva una mano poggiata sulla testa. Lui non piangeva mai ma Emma era abbastanza sicura che in quel momento non fosse riuscito a trattenersi. Era un momento perfetto, fatto solo di amore e riconciliazione.
“Mi dispiace così tanto!”, sussurrò Snow tra i singhiozzi. “Ho sbagliato, Emma. Io ho combattuto tanto per trovare il vero amore, e volevo impedirti di fare lo stesso…”.
“Siamo dei pessimi genitori”, disse Charming in un sussurro.
“No!”, ribatté Emma sorridendo. “Vi preoccupate solo del mio futuro ed io non dovevo fuggire”.
Emma guardò un attimo oltre le spalle dei suoi genitori, e vide Hook intento ad osservarli con un’espressione assai enigmatica: sembrava contento ma allo stesso tempo a disagio. La ragazza ricordò un attimo ciò che le aveva detto Regina e si staccò dai suoi genitori, guardando il pirata.
“Cosa ci fa lui qui?”, domandò, cambiando espressione.
Snow sorrise debolmente. “Ci ha aiutati a salvarti”.
“E’ strano dirlo, ma non ce l’avremmo fatta senza di lui”, esclamò il re, voltandosi un attimo verso Hook, sul cui volto aveva stampato uno dei suoi soliti sorrisi beffardi.
“Lui mi ha usata”, disse lei digrignando i denti. “Mi avevi avvertita, mamma”.
La regina scosse un attimo la testa. “Avvertita? Cosa dici?”.
Emma storse il naso. “A Daguerreo! Tu mi hai detto che Hook mi stava solo usando”.
I suoi genitori la guardarono come se stesse dicendo un mucchio di sciocchezze, ed Hook alle loro spalle sembrava altrettanto stranito su come lei potesse pensare una cosa del genere.
“Emma, tesoro”, cominciò Snow mettendole le mani sulle spalle. “Io non sono mai venuta lì”.
La ragazza restò in silenzio con la bocca dischiusa. A quel punto Snow si voltò verso Charming.
“Credo che dovremmo andare a recuperare gli altri!”, esclamò a voce alta.
Il re la guardò, alzando un sopracciglio. “Cosa?”, domandò.
Snow non aggiunse altro e, prendendolo per mano, lo trascinò fuori dalla stanza, lasciando Emma ed Hook da soli. Sua madre aveva una grande abilità nel capire quando era il momento giusto per uscire di scena, a differenza di suo padre, che ci arrivava sempre in ritardo.
Emma fissò Hook, senza proferire parola. Stava ancora cercando di mettere insieme tutte le bugie che aveva udito fino ad allora: sua madre, che probabilmente non era lei, le aveva detto che Hook l'avrebbe usata, e Regina aveva confermato il tutto.
Quella donna l'aveva solo presa in giro ed era stata tutta opera sua.
“Credevi che ti avessi consegnata a lei?”, chiese lui a bruciapelo.
Emma riuscì soltanto ad annuire, senza rispondere. Si sentiva in colpa nei suoi confronti.
“Sai”, cominciò lui, avanzando, “dovresti provare una cosa nuova, mia cara. Si chiama fiducia” (6).
La bionda alzò lo sguardo verso di lui, ormai a pochi centimetri dal suo viso.
“Credevo che ti stessi servendo di me”, rispose lei in un sussurro.
“Non lo avrei mai fatto”, esclamò il capitano, prendendo il ciondolo e porgendolo alla ragazza, che in tutta risposta, gli rivolse un sorriso carico di gratitudine e senza un motivo preciso, i suoi occhi si riempirono di lacrime, che sgorgavano piano piano. Emma non sapeva per quale assurdo motivo avesse una gran voglia di piangere. Forse se lui si fosse davvero servito di lei, sarebbe stato tutto più facile: lo avrebbe semplicemente odiato e le loro strade si sarebbero divise, evitando di creare una serie di complicazioni a catena. Invece, lui era lì con la sua solita sincerità e spavalderia, a dirle che non l'aveva usata né concessa a Regina, e lei quasi stentava a crederci.
“Lei mi aveva offerto il suo aiuto per trovare il mio mostro”, continuò lui imperterrito.
“Perché non hai accettato?”, domandò la ragazza con tono freddo.
“Perché preferivo di gran lunga il tuo di aiuto”, disse lui in tutta sincerità. “Non sapevo che il suo obiettivo fossi tu poi tutto è stato più chiaro”.
“Ti sei alleato con i miei genitori”, esclamò la bionda, ancora incredula.
Il capitano rise. “Tuo padre è proprio un capolavoro”, esclamò lui, divertito.
Emma trattenne le risate, pensando a loro due che non andavano certamente d'accordo.
“Volevano farmi fuori”, esclamò Hook, riprendendo a parlare, “ma sono scappato e li ho convinti a fidarsi di me, finalmente”.
“Come?”, chiese lei, leggermente perplessa, e sapendo quanto i suoi genitori fossero alquanto difficili da convincere, da un pirata per di più.
“Dicendo loro che non importava a cosa stavo andando incontro, ma ti avrei trovata...sempre”.
La sua voce aveva un tono così diverso mentre pronunciava quella parole, che ad Emma non poterono sembrare più vere.
“Hook, i-io...”, cominciò debolmente la ragazza, tenendo lo sguardo basso e cercando di dirgli che le dispiaceva, ma lui non le diede il tempo di continuare e la fermò.
Non dire niente, Swan”, esclamò con tono deciso. “Solo...guardami”.
Le prese il mento con la mano, costringendola a guardarlo negli occhi azzurri.
Lei gli sorrise, cercando di trattenere le lacrime: voleva urlare, piangere per tutto che era successo...a partire dalla sua fuga dal castello.
Hook ricambiò il sorriso: non era il solito sorriso beffardo.
Il capitano le prese il viso con la mano destra e le baciò dolcemente la fronte, per poi scendere sugli occhi, quasi ad asciugarle le lacrime che le stavano rigando il volto.
Emma sfregò il suo naso contro il suo, e si alzò leggermente sulle punte, come se cercasse un contatto maggiore ed Hook non aspettò oltre prima di scendere sulle sue labbra, annullando finalmente quel muro che da tanto tempo avrebbero potuto abbattere. Lui le passò il braccio attorno alla vita, attirandola maggiormente a sé per sentirla più vicina. Per entrambi era come riprendere a respirare, come tornare di nuovo a vivere. Erano stati separati per poco tempo ma sembrava passata un'eternità.
Le braccia di Hook erano un posto sicuro per Emma ed era bello essere tornata fra esse.
Le mani di Emma si fiondarono fra i suoi capelli, per poi passare al collo, aggrappandosi completamente a lui, che continuava a baciarla senza sosta, approfondendo maggiormente quel bacio, che faceva andare le loro labbra a fuoco.
Hook sapeva che quando finalmente l'avrebbe baciata, non avrebbe più avuto la forza di staccarsi da lei, ed era proprio ciò che stava accadendo in quel momento.
Lui non voleva separarsi da lei, nemmeno per respirare; era un pensiero inconcepibile e quasi malsano.
La ragazza si scostò un attimo, sorridendo.
“Mi serviva un po' d'aria”, esclamò, appoggiando la sua fronte alla sua.
“No, non ti serve!”, ribatté lui, per niente felice del fatto che le labbra di Emma non fossero sulle sue, e riprendendo a baciarla, per poi farla ridere.
Il suono della sua risata era a dir poco melodiosa.
Lui sorrise e la guardò fisso nei suoi occhi, ancora gonfi. C'era ancora una piccola lacrima vicino al suo occhio e lui vi posò delicatamente le labbra per farla sparire completamente.
Emma gli prese una mano, intrecciando le dita con le sue, e trascinandolo fuori da lì.
Lui la osservava. Possibile che in quei due giorni di lontananza fosse diventata ancora più bella? I capelli biondi erano un po' scompigliati ma fin troppo morbidi al tatto. Il viso era sconvolto dalle lacrime, ma lei restava sempre la ragazza più bella che avesse mai visto. Forse il suo viso gli era mancato così tanto che adesso gli sembrava più bello di quanto non fosse già.
Eppure era sempre difficile riuscire ad inquadrare i sentimenti per quella ragazza.
Cosa provava per lei? Amore? Solo attrazione? E Milah era ancora nel suo cuore?
“Dove andiamo?”, domandò Hook, guardandola, inebriato dalla sua figura.
Lei gli rivolse un sorriso leggermente malizioso. “A casa”.
 
 

Note:
 
- (1) frase ispirata a Rapunzel, solo che nel cartone Flynn risponde con “Un cavallo” u.u;
- (2) scena ripresa dalla 1x22 quando Snow, aiutata dai nani e da Red, assalta il castello di Re George per liberare Charming;
- (3) scena ispirata sempre alla 1x22 quando Snow trova Charming per poi scoprire che è soltanto uno specchio;
- (4) questa battuta viene detta da Emma nella 2x21, nel magazzino al porto;
- (5) questa scena nella serie avviene tra Emma e Cora;
- (6) chi non conosce questa citazione? :)
- (7) il titolo si ispira alla canzone “Don't say a word” di Ellie Goulding.
 
Eccomi con il capitolo nove. Piaciuto? Lo spero :). Ho messo questi ultimi due capitoli in tempi un po' più brevi in modo da avere più tempo per concentrarmi sugli altri. Come avete visto, la scena dell'assalto al castello è ripresa dalla puntata 1x21, l'ho fatto per evidenziare maggiormente qualche parallelismo di Emma e Hook con Snow e Charming, spero abbiate apprezzato :).
Finalmente si sono ritrovati e c'è stato il bacio tanto atteso, che spero di aver descritto in modo almeno accettabile, ma non so quanto ci sia riuscita (pomodori e ortaggi u_u).
Ok, ho smesso di tediarvi e spero tanto che vi sia piaciuto :)
Ringrazio tutti coloro che seguono questa storia, lasciandomi recensioni grandiose, e anche i lettori silenziosi. Lasciate un commento se vi va, anche piccino :3.
Al prossimo capitolo, che cercherò di pubblicare tra giovedì e venerdì! Un abbraccio C:

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Capitolo 10
*** Stay with me and let's go breathe ***


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10. Stay with me and let's go breathe
 
“Sapevo che ti avrei trovato qui”.
“Vostra altezza, quale onore”.
Charming lo osservava dalla testa ai piedi, mentre il capitano era appoggiato sul molo, non molto lontano dalla Jolly Roger. Erano tornati nel loro regno e tutti erano ansiosi di festeggiare il ritorno della loro amata principessa perduta. Tornare era stato facile e veloce, a differenza del viaggio di andata. Probabilmente perchè tutto si era risolto, ma nella testa di Hook c'era ancora un vortice confuso di emozioni e di domande, soprattutto. Dopo il loro arrivo, si era dovuto separare da Emma per qualche ora, visto che doveva tornare a palazzo, ma lei sembrava intenta a rivederlo, ed era abbastanza certo che suo padre fosse lì proprio per dirgli qualcosa a riguardo.
“Togliti quel sorriso idiota dalla faccia”, esclamò il re, infastidito.
Hook cercò di tornare serio, per quanto possibile.
“Cosa posso fare per voi?”, chiese, poggiando la mano sul bordo della cintura.
Charming tirò un lungo sospiro prima di parlare, come per farsi forza.
“Stasera a palazzo ci sarà una festa per il ritorno di Emma”, disse fissando il capitano con uno sguardo che lasciava poco spazio alla gentilezza. “E credo che tu debba venire”.
“Io? Mi prendete in giro?”, domandò Hook, con un suo tipico sorriso sarcastico.
“Cosa c'è di strano?”, chiese il re, sforzandosi di capire la sua reazione.
“Sono un pirata. Dove volete che mi presenti con questo?”, sbottò, alzando l'uncino a mezz'aria.
“Poco importa, visto che hai salvato tutti noi”, ribatté Charming, convinto.
“Adesso non esageriamo”, esclamò il capitano, scrollando le spalle.
Il re sbuffò, spazientito, chiedendosi per quale motivo quello stupido pirata fosse così ostinato e orgoglioso. Si trattava di sua figlia. Se davvero teneva a lei perchè si faceva tanti problemi? Onestamente, per lui era stato uno sforzo andare ad informarlo della festa, data la poca simpatia nei suoi confronti, ma Snow lo aveva fatto ragionare, facendo appello al fatto che per Emma era certamente importante che lui ci fosse.
“Emma ne sarebbe felice, lo sai”, aggiunse lui a bruciapelo, provocando una reazione del capitano, che alzò lo sguardo, cambiando la sua espressione. Aveva toccato il tasto giusto.
“Non lo so”, rispose, abbassando di nuovo lo sguardo. “Vedrò cosa posso fare”.
“Ovviamente, l'invito è esteso anche al resto della ciurma”, aggiunse il re, per poi voltarsi e riprendere la strada del palazzo, visto che Hook non aveva più aperto bocca.
“Ragazzi, una festa!”, esclamò Jim, esultando. “Ci andremo, vero?”.
“Voi andate pure, se ci tenete”, rispose il capitano. “Io resto qui”.
Non diede nemmeno il tempo a Jim di ribattere, che salì sulla nave come una furia, seguito da William, che probabilmente voleva cercare di parlargli. William era uno dei suoi marinai più fedeli, sempre silenzioso ma schietto, e la sua era una delle poche opinioni a cui cercava di dare retta.
“Credi che stia facendo uno sbaglio?”, chiese tutto d'un fiato.
“Se devo essere sincero...no”, rispose l'uomo con tono sommesso. “Lei è una principessa, capitano. Per quanto possa provare molta simpatia per Emma, credo che i fatti siano questi”.
Le sue parole erano vere ma facevano male, così male che Hook dovette sforzarsi per accettarle.
Lei era una principessa, e sarebbe dovuta stare con un principe.
Lui, invece, era soltanto il peggior pirata della sua specie, e non era certamente adatto alla vita di corte o peggio a fare il principe.
William aveva dannatamente ragione, ma lui cosa voleva fare?
 
Prima di dedicarsi a tutto ciò che avesse a che fare con il suo ritorno, Emma voleva prima chiarire alcune questioni, in particolare quella riguardante ciò che era successo al castello, quindi il modo in cui aveva spinto via Regina, rendendola incapace di strapparle il cuore.
Senza opporre troppe resistenze, i suoi genitori l'accompagnarono nella cella di Tremotino, consapevoli del fatto che quell'uomo fosse l'unico in grado di darle qualche spiegazione sensata.
“Tremotino!”, esclamò Charming, con in mano la spada, giusto per sicurezza.
L'uomo non si fece attendere molto, mostrando il suo viso contorto in una smorfia divertita, da dietro le sbarre. Emma non lo aveva mai visto e per quanto avesse sentito orride voci sul suo conto, non poteva fare a meno di osservarlo, affascinata da quella figura alquanto singolare.
“Emma...”, sussurrò lui con voce roca. “Una piacevole sorpresa”.
La ragazza si voltò verso i genitori, stranita dal fatto che quell'uomo conoscesse la sua identità ma, pensandoci meglio, lei era la figlia dei due sovrani...come non conoscerla?
Snow rivolse uno sguardo di incoraggiamento ad Emma, sapendo fin troppo bene cosa la ragazza avesse intenzione di chiedere.
Emma si fece coraggio e senza troppe cerimonie, si avvicinò alle sbarre, provocando uno sguardo di preoccupazione sul volto di suo padre, che venne però tranquillizzato dalla moglie.
“So tutto, non c'è bisogno di informarmi”, esclamò lui prima che la ragazza potesse proferire anche solo una parola. “Vi ricordo che vedo il futuro, come i vostri genitori sapranno”.
“Voi sapevate che tutto ciò sarebbe successo”, esclamò lei, sconcertata. “Non avete fatto niente per fermarlo, perchè?”.
“Perchè avrei tutto impedire tutto ciò se non potevo trarne benefici?”, domandò sarcastico. “Vi starete certamente chiedendo come avete fatto ogni cosa”.
“Quando Regina ha provato a strapparmi il cuore”, cominciò Emma titubante. “Non ci è riuscita, perchè spinta via da qualcosa dentro di me, da...”.
L'uomo si fece più vicino, posizionando il viso esattamente fra le sbarre.
“Dalla magia”, sussurrò a denti stretti e con gli occhi spalancati.
Snow e Charming si scambiarono uno sguardo sorpreso.
“Tutto ciò è dovuto solo a cosa siete...il frutto del vero amore”, esclamò con ovvietà, un'ovvietà che fece venire ad Emma una gran voglia di tirargli un pugno, ma era troppo impegnata a riflettere sulle sue parole. Quell'uomo le aveva appena detto che c'era della magia in lei. Magia?
Emma stentava a crederci, eppure ciò spiegava il motivo per cui Regina non era riuscita nel suo intento. Era davvero così speciale?
 
Emma si guardò allo specchio un'ultima volta e, a differenza dell'ultima sera in cui aveva indossato un abito, quella volta il risultato le piaceva e soprattutto la rispecchiava. Indossava un vestito rigorosamente bianco ma quella volta era stata lei a sceglierlo e non sua madre. Era meno pomposo e molto più semplice, ma ugualmente bellissimo.
Era lungo, ovviamente, e setoso ma la cosa che Emma adorava maggiormente era l'assenza di spalline. 
Inoltre, aveva indossato scarpe basse che non le provocavano il minimo dolore e ed erano perfettamente nascoste dal vestito, il cui orlo toccava terra.
I capelli, molto meno lunghi di prima, le scendevano morbidi lungo il collo, e Christine aveva provveduto a decorarli con qualche fiore in tinta con il vestito.
“Sei un vero incanto”, disse Snow, guardandola con orgoglio.
“Non lo dici solo per farmi contenta?”, chiese Emma, voltandosi verso di lei.
“Assolutamente no!”, rispose lei decisa, dandole un bacio sulla fronte. “Sei pronta?”.
“Ad affrontare un'altra marmaglia?”, chiese lei in tono scherzoso. “Dopo aver affrontato uno spettro, i soldati di Regina e Regina in persona, penso di poter affrontare qualunque cosa”.
“Ovvio”, ribattè Snow. “Sei mia figlia!”.
Emma le rivolse un sorriso felice e luminoso.
Le cose stavano tornando al loro posto ma in una maniera che ad Emma non dispiaceva affatto.
La cosa che più la rendeva felice era il fatto che sua madre avesse capito quanto lei non volesse sposarsi, e infatti, aveva annullato le proposte di matrimonio, ricevendo tuttavia qualche insulto e sperando che in giornata non arrivasse alcuna richiesta di guerra.
“Dov'è lui?”, domandò Emma, mentre la madre dava un ultimo aggiusto ai capelli. “Verrà?”.
“Non lo so, tesoro...lo spero”, rispose la regina rivolgendo uno sguardo preoccupato ad Emma.
“Non verrà”, sbottò la bionda, abbassando lo sguardo. “Penserà che non è l'ambiente per lui”.
“Emma”, cominciò Snow, facendola voltare, così da poterla guardare negli occhi. “Voglio che tu sappia che io e tuo padre abbiamo completa fiducia in te. Sei una donna, ormai, e qualunque persona tu ritieni sia adatta a stare al tuo fianco, per noi andrà bene. Se non fosse stato per lui tu non saresti qui, nemmeno tuo padre, e Graham non avrebbe di nuovo il suo cuore. Noi non cercheremo di ostacolarti, qualunque cosa tu faccia”.
Quello era forse un modo per dare la loro benedizione? Per dirle che se voleva stare insieme ad Hook era libera di farlo? Emma lo voleva con tutta se stessa ma sapeva che lui avrebbe avuto qualcosa da ridire. Avrebbe cominciato a ribattere, dicendo che era una principessa, che meritava di meglio, che lui non aveva nulla da darle. Il loro bacio era stato a dir poco perfetto e aveva permesso loro di dimenticare tutto il resto, ma poi erano dovuti tornare alla normalità, facendo i conti con la dura realtà. Non potevano restare bloccati in quel momento meraviglioso e perfetto?
 
La sala era piena di persone, esattamente come la prima volta che vi era stata. Solo che quella volta c'era qualcosa di diverso: Emma non si nascondeva dietro la grande colonna in cima alle scale, non si affacciava timorosa dalle scale per accertarsi che non ci fossero troppe persone. Osservava la sala con attenzione, scrutando in cerca di una sola persona che avrebbe facilmente riconosciuto in mezzo ad una folla ma di lui nemmeno l'ombra.
Cominciò a scendere, attirando tutti gli sguardi su di sé, ma lei non sembrava notarlo perchè la sua mente era concentrata su qualcosa di diverso, o meglio su qualcuno che sperava uscisse fuori da un momento all'altro.
Diverse persone cominciarono a rivolgerle la parola, ma Emma si limitava a rispondere con frasi di circostanza, visto che intavolare conversazioni con persone sconosciute non era proprio il suo ideale di “ritorno a casa”.
Scorse Red, affiancata da un giovane di bell'aspetto che non sembrava avesse mai visto.
La ragazza, con indosso un vestito rigorosamente rosso e bella come non mai, le si avvicinò, buttandole le braccia al collo. Red era stata una presenza costante nella sua vita, e anche in quella dei suoi genitori: una donna dolce e su cui poter contare.
Il fatto che fosse un lupo mannaro era a dir poco irrilevante.
Dopo averla “stritolata” per bene, Red rivolse l'attenzione all'uomo al suo fianco.
“Emma, lui è Graham” (1), esclamò la ragazza con un largo sorriso.
L'uomo fece un lieve inchino. “E' un onore conoscere la figlia di Snow”.
Emma gli sorrise, nonostante non avesse idea di chi fosse, ma lui Red non tardò a spiegare.
“Se non fosse stato per lui, tu forse non saresti mai nata”, esclamò la ragazza con tono pacato, mentre Emma la guardò leggermente confusa, osservando l'uomo dinanzi a lei.
“In realtà”, cominciò lui, “Regina voleva che facessi una cosa di cui non sarei andato molto fiero, ma io non ce l'ho fatta e così ho lasciato andare vostra madre”.
Emma era ancora dubbiosa sulla sua storia. “Dove siete stato fino ad ora?”.
“Sono stato nel castello di Regina”, rispose abbassando lo sguardo. “Lei aveva il mio cuore”.
La ragazza, sentendo quella frase, capì immediatamente la triste situazione a cui quell'uomo era stato sottoposto: Regina gli aveva strappato il cuore, rendendolo suo schiavo.
“Come avete fatto a riprenderlo?”, domandò Emma, incuriosita.
Graham si voltò verso Red, che gli lanciò un sorriso complice. “Lei mi ha aiutato, mentre Hook e i tuoi genitori erano impegnati a dare del filo da torcere a Regina”.
Emma realizzò un attimo: Hook. Lanciò uno sguardo oltre i due, per vedere se ci fosse o meno, ma niente.
Di lui non c'era ancora nessuna traccia.
Red sembrò accorgersene. “Cerchi qualcuno?”, domandò con sorriso sornione.
“No”, rispose Emma di getto, provocandole una risatina.
La donna decise di non insistere oltre e lasciò Emma, allontanandosi con Graham.
 
Dopo circa due ore dall'inizio della serata, che per Emma sembrarono un'eternità, Hook non si vedeva.
La ragazza non doveva sentirsi sorpresa in teoria.
Aveva già constatato che quello non fosse il suo ambiente, ma un piccolo bagliore di speranza era comunque rimasto vivo in lei ma in quel momento si stava affievolendo pian piano.
I suoi pensieri vennero interrotti dall'arrivo della madre, che le circondò la vita con un braccio.
“Stai bene, tesoro?”, chiese la regina. “Sembri smarrita”.
Emma doveva uscire da lì, e respirare per qualche minuto.
“Mamma io ho un po' di mal di testa”, rispose la ragazza con voce titubante.
“Non hai avuto tregua in tutta la giornata”, rispose Snow, mettendole una mano sul viso. “Vai a riposarti un po' se vuoi, ormai la serata volge al termine”.
La principessa non se lo fece ripetere due volte e, dopo aver salutato, si precipitò nelle sue stanze.
Era stanca di tutto quell'ambiente, della voce di tutte le persone che la circondavano, facendo domande e chiedendole il perchè di quei capelli più corti. 
Era stanca di quella musica, era stanca di ballare con persone noiose invece che con l'unica persona che avrebbe voluto vicina, ma che per qualche motivo assurdo non era lì con lei.
Chiuse la porta alle sue spalle, portandosi le mani alle tempie, e massaggiandole, cercando di farsi passare quel fastidioso mal di testa che l'attanagliava da inizio serata. Chissà lui dov'era. Forse sulla sua nave. Si affacciò alla finestra e vide la Jolly Roger, probabilmente era lì e fuggire dalla finestra per raggiungerlo non le sembrava una brutta idea, ma forse sarebbe stato meglio uscire furtivamente dal palazzo, se non voleva rompersi qualche osso.
Si sporse leggermente dalla finestra, per analizzare la distanza fra essa e il suolo.
“Fossi in te, non lo farei, biondina”.
Emma si voltò, sussultando e portandosi una mano al petto.
“Dico ma sei impazzito?”, domandò, annaspando. “Volevi farmi venire un infarto?”.
“La prossima volta mi farò annunciare da qualcuno di corte con tanto di tromba”, esclamò con il suo solito tono sarcastico.
Lei non rise, anzi, lo guardava con gli occhi ridotti a due fessure: non sembrava molto in vena di scherzare e probabilmente lo avrebbe preso a schiaffi.
“Perché non sei venuto?”, chiese con un leggere tono di malinconia nella voce.
“Non credo che un pirata a corte sarebbe il benvenuto”, rispose lui con tono pacato.
“Pirata o no, mi hai salvata”, ribatté lei. “Lo sanno tutti...ed io ti volevo con me”.
Gli voltò le spalle, reprimendo la rabbia che stava certamente provando per lui in quel momento.
“Sono qui adesso”, sussurrò lui, avvicinandosi.
Emma sussultò quando sentì improvvisamente le braccia di Hook scivolarle dietro la schiena e avvolgerla in un dolce abbraccio, facendo aderire il petto alla sua schiena, e poggiando il mento sulla spalla. Sentiva la barba di lui pizzicarle la spalla e il collo.
Hook le poggiò qualche bacio leggero sul collo, sfiorando poi la nuca.
Stai con me”, disse la bionda con voce bassa.
Lei era lì. Bella e vulnerabile.
Hook si spaventò leggermente quando sentì che il suo cuore aveva iniziato a battere incessantemente nel petto e sperò che lei non ci facesse troppo caso.
Gli stava chiedendo di restare, perchè?
Perchè una come lei, una principessa, che poteva avere chiunque, stava chiedendo proprio a lui, un pirata, di restare con lei quella sera? Non che lui non volesse, ma era la cosa giusta da fare?
Non meritava forse qualcosa di meglio di un pirata da strapazzo? Se non fosse stata una principessa non ci avrebbe pensato così tanto. Cercava di ripetersi che era sempre lei: la sua Swan.
Mentre lui era assorto in tutte le riflessioni possibili ed immaginabili, lei si voltò.
Aveva addosso un bellissimo vestito bianco, che ne risaltava la figura angelica. Doveva certamente averlo indossato alla festa in onore del suo ritorno a casa. Era bella come non l'aveva mai vista.
Emma si sorprese del suo comportamento. Si sentiva audace e sicura. Sapeva di volerlo baciare e in quel momento, il suo cervello era in silenzio, facendo in modo che fosse solo il cuore a guidarla.
Fece scivolare le mani lungo le braccia di lui, per poi stringergli la mano e portarla sul suo cuore, per fargli sentire il suo battito frenetico.
Hook non sapeva dire con precisione cosa stesse provando: era qualcosa di strano, bello e terrificante allo stesso tempo, soprattutto perchè in cuor suo temeva di ferirla.
La guardava sospettoso, cercando di capire cosa avesse intenzione di fare, e prima che potesse continuare a pensarci, lei gli mise le mani attorno al viso e lo attirò a sé.
Era diverso dal primo bacio che si erano scambiati al castello della regina. Non era un primo bacio. Non era un bacio di “riconciliazione”, non era un bacio dolce o meglio lo era ma non solo.
Era un bacio più sicuro e consapevole di ciò che lei provava per lui.
Hook si lasciò trasportare dalle labbra di lei, che sembrava stessero bruciando sulle sue. Si erano staccati due volte, forse tre, ma giusto per riprendere fiato e poi incollarsi di nuovo.
Sentiva la differenza rispetto al loro primo bacio: stava andando a fuoco.
Si separò un attimo di lei, per guardarla negli occhi e accertarsi di cosa stesse facendo.
Lei gli sorrise. “Stai con me”, ripetè con tono sommesso.
Hook ricordava tutte le volte che era stato con una donna, e non si era mai sentito così.
Ovviamente, la voleva ma si sentiva come un ragazzino alle prime armi, perchè lei era così bella e fragile, che temeva potesse spezzarsi fra le sue mani, come fosse di cristallo.
Non era proprio da lui un atteggiamento del genere: era come terrorizzato.
Lei sembrava averlo intuito e cercava di rassicurarlo, fissando gli occhi nei suoi come se gli stesse dicendo che era lì per stare con lui e basta. I suoi sguardi, le sue carezze, i suoi sospiri, i suoi baci non facevano che aumentare la voglia di lui di stringerla e non lasciarla mai più andare.
Emma rabbrividì quando lui, sicuro, riprese a baciarla e poteva sentirlo sorridere sulle sue labbra.
Non si era mai sentita così in vita sua ma aveva deciso che lui era la sua persona. Nessun altro sarebbe mai stato in grado di farla sentire come lui la stava facendo sentire in quel momento: viva.
Lui era perso prima di incontrarla, aveva ideato un piano per ottenere la sua vendetta ed era bastato il suo sorriso per mandarlo a monte. Lei era stata la sua salvezza o la sua rovina?
Non trovava il tempo per darsi una risposta perchè la sua testa era troppo annebbiata dal desiderio di lei e delle sue labbra. Le passò una mano fra i capelli e l'uncino scese sui fianchi.
Hook ricordò quando lei lo vide dopo la sera che aveva trascorso con una delle tante donne che era solito adescare a Tortuga.
Quella sera era stato vicinissimo a baciarla, prima che Jim li interrompesse, e avrebbe preferito essere con lei piuttosto che con quella donna sconosciuta.
Se avesse detto che non aveva pensato ad Emma quella notte nella sua cabina, avrebbe mentito.
Sapeva che probabilmente si stava scavando la fossa da solo mentre continuava a baciarla e percorrere il suo corpo, eppure continuava come se non stesse ragionando.
Poteva smetterla. Poteva fermarsi ed impedirle di fare qualcosa di cui forse si sarebbe pentita, ma lei non gli stava dando nemmeno il tempo di farlo, mentre le sue mani dal petto erano passate strette alla sua schiena. Poteva allontanarla ma il solo pensiero lo fece sussultare.
“Al piano di sotto non noteranno la tua assenza?”, chiese lui, tra un bacio e l'altro.
“Per niente, visto che ho detto di essere stanca e che volevo dormire”, rispose lei, sorridendo.
“Sei sicura che riuscirai a dormire, vista la piega che sta prendendo questa situazione?”.
Il suo volto scese a ricoprirle il collo di baci, mentre Emma gli si avvinghiava maggiormente.
Sembravano combaciare alla perfezione.
Si staccò un attimo da lei, leggermente spaesato. Cosa diavolo gli prendeva?
Lei si alzò sulle punte dei piedi, sfiorando il naso con il suo e sorridendo, come a dargli conferma.
Stai con me, Hook”, sussurrò di nuovo dolcemente.
Lui sorrise leggermente, ricordando una scena vagamente familiare già avvenuta.
“Dii il mio nome”, rispose lui avvicinandosi al suo orecchio. La sentì ridere.
Killian”, rispose lei con un tono di voce così dolce, che lo fece sciogliere.
Lui si avventò di nuovo sulle sue labbra, riprendendo a baciarla.
Emma. La sentiva pulsare nel suo cuore. Ogni battito era solo per lei, lo sapeva.
La luce che lei aveva negli occhi lo faceva sentire vivo, e lo rendeva inebriato dalla sua presenza.
Senza staccarsi da lei nemmeno per un secondo, la prese in braccio, proprio come un principe fa con la sua principessa, per quanto fosse consapevole di essere ben lontano da quella definizione.
Erano completamente incuranti del mondo che li circondava. Finalmente, da quando tutto era iniziato, da quando una serie di eventi assurdi avevano travolto le loro vite, potevano chiudere tutto il mondo fuori. Non esisteva nessun altro in quel momento, se non loro due soli.
Il castello sarebbe potuto crollare in quell'istante. Un incendio sarebbe potuto scoppiare.
Sarebbe potuta accadere qualunque cosa ma loro due non si sarebbero mai staccati.
 

Note:
 
  • (1) il nome di Graham nella foresta non lo ricordo o meglio non lo aveva proprio, lo chiamavano semplicemente il Cacciatore, così gli ho lasciato il nome di Storybrooke.
 
Non mi sembra che ci siano altre note. Questo capitolo lo tenevo già scritto ma ho avuto molto bisogno di rivederlo, in particolare la scena finale e spero di non aver fatto orrori o scritto cose stupide e improponibili. Spero tanto che vi sia piaciuto, perchè ci ho lavorato sicuramente di più rispetto agli altri, quindi questo è quanto. A voi i giudizi :).
Lasciate un commento se vi va, anche piccino piccino :3
Ringrazio sempre tutti coloro che leggono e recensiscono questa storia *-*
Al prossimo capitolo, un abbraccio C:

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Capitolo 11
*** No light, no light ***


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11. No light, no light
 
Breaking your heart was never my intention,
playing with parts too fragile in the ending”.
(Alien – Cary Brothers)
 

Raggi di sole entravano dalla finestra della stanza di Emma e ricadevano dritti sugli occhi di Killian, in una maniera così fastidiosa che l'unica alternativa plausibile era quella di aprirli.
In realtà, avrebbe preferito non farlo. Restare bloccato in uno stato di sonno, completamente lontano ed isolato dai problemi reali, non gli dispiaceva affatto, e se in quello stato di “quiete” era affiancato da Emma...poteva forse andare meglio?
Aprì gli occhi, voltandosi istintivamente verso la figura distesa al suo fianco. Guardarla anche solo per un secondo lo portò a rimanere incantato da quella visione: dormiva beatamente, con i capelli sparsi sul cuscino e le labbra morbide leggermente incurvate, sembrava che stesse sorridendo.
La luce che filtrava dalla finestra completava il tutto, rendendola ancora più bella e luminosa, proprio come se l'universo stesse cercando di indicargli la via, di indicargli quanto quella ragazza fosse dannatamente e fastidiosamente giusta e adatta a riparare il suo cuore.
Tuttavia, a Killian Jones non bastava quella visione, in quanto, aprendo gli occhi, la serenità era stata sostituita da quella terribile sensazione che si prova quando si fa qualcosa che si desiderava da una vita ma che nel profondo dell'animo è considerata assolutamente sbagliata.
Aveva tolto qualcosa ad Emma, si era preso un pezzo del suo cuore dopo quella sera, e lei non lo avrebbe mai riavuto indietro in quanto il suo nome vi era marchiato a fuoco.
L'aveva condannata. Cosa avrebbero detto i suoi genitori? Cosa avrebbe detto suo padre?
Si portò istintivamente la mano al collo: quell'uomo lo avrebbe fatto a pezzi se solo avesse saputo.
Lentamente si mise a sedere, cercando di non svegliare Emma dal suo sonno beato e portò la mano all'altezza della fronte corrucciata: cosa diamine aveva fatto?
Ripensava ad ogni singolo momento della notte trascorsa con lei: al buio con la sola luce della luna era sembrato tutto così giusto e perfetto, mentre adesso alla luce odiosa del giorno sembrava tutto così sbagliato, soprattutto nei confronti della ragazza a cui stava dando le spalle.
Non era stato giusto. Non aveva riflettuto abbastanza sulle sue azioni. Lei era una principessa, dannazione. Lei meritava molto di più di quello che lui avrebbe potuto darle.
Cosa avrebbe fatto? Avrebbe mandato all'aria la vita da pirata per fare il principe?
Di certo non sarebbe stato accolto con entusiasmo e lei non poteva abbandonare la sua di vita.
Lo aveva già fatto una volta, rischiando per di più la morte. Fu invaso da un'improvvisa voglia di prendersi a pugni, ma vista la sua situazione si sarebbe provocato più di qualche semplice livido.
Doveva riflettere meglio, doveva valutare e non farsi sopraffare dall'istinto e dai sentimenti, ma Killian era mai stato un tipo razionale e ponderato? Decisamente no.
Avventato, sicuramente, e quella mattina ne era la prova. Non ricordava nemmeno perchè si fosse recato nelle sue stanze, nonostante avesse capito che non potevano stare insieme.
Per dirlo in termini brevi, se ne era altamente “infischiato” del fatto che appartenessero a due mondi diversi, e si era fatto dominare solo dalla voglia di rivederla e di stare insieme a lei.
Non si aspettava certo che la situazione prendesse quella piega inaspettata.
Emma era stata così audace da stupirlo...aveva cominciato lei.
Bene, adesso era anche arrivato a dare la colpa a lei...ma a chi voleva darla a bere?
Lui era un pessimo soggetto, con il cuore pieno di odio, vendetta e senza alcun buon proposito di cambiamento. Come poteva anche solo pensare di stare accanto ad Emma?
Portò lo sguardo alla finestra, dalla quale Emma aveva una visione abbastanza completa di tutto ciò che circondava il castello: vide il molo con la sua nave e la prigione in cui era stato rinchiuso.
Un leggero sorriso gli increspò le labbra, ripensando a come la sua ciurma lo aveva liberato. Ripensò a quando si era imbattuto nella cella di Tremotino, mentre fuggiva.
Tremotino. Il pensiero gli attraversò la mente come un fulmine a ciel sereno.
Lui aveva detto che sarebbe sempre stato lì...ad aspettarlo.
Si voltò un attimo verso Emma, che dormiva ancora come una bambina, dopodiché si alzò e senza fare troppo rumore si diresse nel luogo in cui era presente ciò che aveva bramato fin dal principio.
 
Arrivare dove desiderava fu alquanto facile vista l'ora e visto che tutto il castello era ancora nel sonno più profondo, inoltre lui non era certo così stupido da farsi scoprire.
Giunto alla cella di Tremotino, mise fuori gioco la guardia in ben pochi secondi, per poi avvicinarsi al luogo che teneva rinchiuso il suo “amico di vecchia data”.
Senza riuscire ancora a scorgerlo, ebbe modo di sentire la sua risata cristallina che risuonava per la caverna e che probabilmente indicava che conoscesse l'identità di colui che era appena giunto.
“Ti diverti sempre di più, Coccodrillo?”, domandò Hook con tono maligno, mentre Tremotino rispose con l'ennesima risata...la voglia di prenderlo a pugni era alquanto forte.
“Semplicemente sapevo che saresti arrivato”, disse lui con ovvietà. “Non si resiste al richiamo della vendetta, lo sappiamo entrambi”.
Hook serrò le labbra, ripensando a come nemmeno il suo nemico aveva resistito al richiamo della vendetta. Aveva il fagiolo che tanto bramava ma non era abbastanza, perchè la voglia di vendicarsi della moglie che aveva abbandonato lui e suo figlio era troppo forte. La voglia di farla soffrire, di fermare il suo respiro, di fermare il suo battito e di ridurre il suo cuore ad un cumulo di cenere era troppo forte, aveva dovuto assecondarlo. Non contento, si era dovuto anche prendere la sua mano che, per sua sfortuna, non conteneva ciò che gli serviva.
Il capitano rimase assorto per qualche minuto, ripensando a quel momento che aveva potuto certamente classificare come il più brutto della sua vita, mentre per Tremotino era stato certamente un momento di piena e completa soddisfazione.
“Cosa stai pensando, Killian Jones?”, domandò Tremotino con sorriso sardonico, ma Hook non lo degnò nemmeno di una risposta e si avvicinò maggiormente alle sbarre della sua cella.
Tremotino, senza perdere il sorriso, indietreggiò un attimo e si voltò come se volesse prendere qualcosa in un angolo della caverna alle sue spalle, sotto lo sguardo confuso di Hook.
Gli porse un foglio di pergamena completamente scritto, Hook lo prese senza distogliere lo sguardo dal suo nemico e osservò il foglio fra le sue mani, su cui era ripetutamente scritto il nome “Tremotino” (1). Il capitano fece una smorfia di confusione, cercando inutilmente di capire cosa stesse ad indicare ciò che quel bastardo psicopatico aveva appena fatto, ma non fece nemmeno in tempo a chiedere che lui cominciò a parlare.
“Vuoi farla finita, no? Vuoi affrontarmi?”, chiese allargando le braccia. “Non ti resta che farmi uscire e quello che hai tra le mani è il modo per farlo...volevo dire nella mano, pardon”.
“Come?”, domandò il capitano con tono gelido.
“Soffia”, rispose semplicemente lui con un ghigno divertito. (2)
Hook decise di tentare, sperando in cuor suo che non fosse uno stupido trucco di cui avrebbe pagato le conseguenze, ma non aveva molte alternative se voleva almeno provare a sbarazzarsi di lui.
“Sei sicuro di ciò che stai facendo, caro il mio capitano?”, domandò Tremotino, serio.
“Cosa vuoi dire?”, chiese Hook, rivolgendogli uno sguardo alquanto truce.
“Non si torna indietro”, rispose lui incrociando le braccia al petto. “La vendetta è una strada a senso unico. Realizza ciò che desideri e non avrai modo di tornare indietro”.
Le sue parole gli ricordarono vagamente quelle del Dragone, ma Hook non volle ricordarle o ascoltarle perchè il suo cervello era pieno del desiderio di scuoiare il Coccodrillo con il suo stesso uncino per poi strappargli il cuore dal petto.
Emma non avrebbe approvato ovviamente ma lei non poteva capire come si ci sentiva, lei non sapeva quanto la vendetta fosse lacerante e forse era questo il motivo per cui non potevano stare insieme. Il suo cuore era puro, privo di sentimenti marci e degradanti, mentre quello di Hook era consumato, non c'era spazio per i buoni sentimenti e per la redenzione.
Senza rispondere a Tremotino, soffiò sul foglio di pergamena, cominciando a percorrere una strada da cui non avrebbe potuto fare ritorno.
 
Era stato tutto un sogno?
Emma si portò una mano sugli occhi ancora impastati di sonno, cercando di rimettere insieme i pezzi della notte precedente. Aveva davvero trovato Hook nella sua stanza?
Un sorriso le illuminò il volto mentre era ancora con una parte della sua testa nel mondo dei sogni. Farsi coraggio e baciarlo una seconda volta era stata una delle imprese più difficili che avesse mai fatto e non tanto per il gesto ma più per ciò che ne sarebbe seguito. Tuttavia, Emma poteva dire con assoluta certezza di sentirsi alquanto “impavida”: aveva affrontato uno spettro, i soldati di Regina e Regina in persona, poteva sicuramente trovare il coraggio per baciare l'uomo che..., non riuscì a completare quel pensiero.
Come doveva definirlo? L'uomo che amava?
Era giusto parlare di amore? Era ciò che provava davvero per lui?
Forse sì, altrimenti non avrebbe provato tutto ciò che provava in quel momento così strano e bello.
E se si fosse buttata con troppa facilità? D'altronde, lei non era molto esperta in campo amoroso, e soprattutto non lo era quando si trattava di provare sentimenti.
Aveva solo avuto a che fare con i diversi principi che le si paravano davanti e lei si era semplicemente divertita a farli cadere ai suoi piedi per poi scartarli. Ora era diverso, dato che lei sentiva qualcosa per quel dannato pirata che sapeva fin troppo bene come giocarsi le sue carte.
Si era fatto trovare nelle sue stanze, lontano da tutto e da tutti, e lei ci era cascata in pieno, buttandosi letteralmente fra le sue braccia. Forse lui l'aveva rammollita.
Una parte di lei voleva prendersi a schiaffi per tutti i pensieri che stava facendo.
Lui lo voleva, lei anche. Cosa c'era di sbagliato?
Sentiva ancora il suo respiro sulla pelle, come se fosse ancora alla notte precedente.
Si portò una mano ai capelli morbidi, ricordando come la mano di lui vi era stata immersa per un tempo indefinito. Continuò a percorrere il collo e la spalla, senza mai smettere di sorridere, ricordando i gesti analoghi di Killian, dai capelli fino al vestito.
Solo quella mattina ricordò di come aveva trattenuto il respiro mentre lui continuava.
In alcuni momenti sembrava quasi spaventato, come se avesse paura di correre troppo o di sbagliare, ma lei era stata pronta a rassicurarlo con un solo sguardo, facendogli capire quanto lei desiderasse solo stare insieme a lui e a nessun altro.
Era incredibile il modo in cui era inciampata nella sua vita. Se non fosse fuggita non lo avrebbe mai conosciuto e la sua vita sarebbe stata ancora monotona e prova di senso.
Da quando lui era entrato nella sua vita, Emma non era più la stessa.
Era venuto fuori un lato di lei che non credeva esistesse: un lato più forte e maturo.
Provava qualcosa per lui, ormai era fin troppo chiaro. Sorrise a quella consapevolezza.
Era dovuta fuggire di casa e salire su una nave pirata per trovare uno come lui? Ricordò come sua madre le aveva raccontato di lei e suo padre, di come si erano incontrati ed innamorati.
In fin dei conti, le due versioni non erano molto diverse fra loro.
Sua madre aveva vissuto un periodo da fuggiasca e aveva dovuto rubare pur di trovarlo.
Sicuramente Killian Jones era l'uomo più detestabile e arrogante con cui avesse avuto a che fare in tutta la sua vita, ma nemmeno cento principi messi insieme erano al suo livello.
Portò una mano a tastare l'altro lato del letto, ed ebbe un tuffo al cuore quando lo trovò vuoto.
Si mise subito a sedere, pensierosa, e chiedendosi dove fosse andato. Forse doveva aspettarselo. Non era tipo da balli e castelli, forse non era nemmeno solito farsi trovare al risveglio, ma in cuor suo sentiva che con lei era tutto diverso in senso positivo, ovviamente.
Istintivamente, guardò fuori dalla finestra e uno strano pensiero le attraverso la mente. Scosse immediatamente la testa, cercando di allontanarlo il più possibile. Lui non era andato .
Era impossibile. Forse era tornato sulla nave, ma una vocina nella sua testa continuava a dirle l'esatto contrario, nonostante Emma non volesse affatto ascoltarla.
Cercando di non farsi sopraffare troppo dalla miriade di sensazioni e pensieri che le stavano attraversando la mente, si alzò e decise di controllare se il suo presentimento fosse giusto o meno.
 
Lo aveva fatto. Quasi stentava a crederci.
Si aspettava che gli sarebbe successo qualcosa e, invece, la cella si era semplicemente aperta, lasciando una via d'uscita al Coccodrillo che in tutta risposta gli fece un applauso.
Hook buttò a terra la pergamena e si avvicinò a Tremotino afferrando per la gola, mentre lui continuava ridere, provocandolo maggiormente.
“Avanti, finiscimi”, esclamò digrignando i denti. “Non aspetti altro, coraggio”.
Hook, cercando di non farsi distrarre da altri pensieri, sollevò l'uncino a mezz'aria, senza rompere il contatto visivo con il suo Coccodrillo che lo fissava in un modo fastidiosamente divertito, come se sapesse che lui avrebbe fallito nel suo intento.
Voleva fargli sparire quel ghigno dal viso per sostituirlo con un'espressione di morte.
Voleva far diventare la sua odiosa faccia di un bianco cadaverico.
Voleva che i suoi occhi folli si chiudessero per non riaprirsi mai più.
Voleva che il suo cuore smettesse di battere, per ridursi in cenere...proprio come quello di Milah.
Fece per colpirlo con l'uncino ma venne fermato da una forza che non riuscì a definire.
Tremotino cominciò a ridere e con un gesto della mano lo scaraventò per terra.
“Dovresti essere privato dei tuoi poteri!”, esclamò Hook con tono furioso.
“Lo ero fino a poco fa, quando un genio non mi ha fatto uscire, rompendo l'incanto della cella!”.
Doveva sospettare che farlo uscire sarebbe stata un'arma a doppio taglio.
Tremotino gli agguantò subito la gola, facendolo inginocchiare.
“Continui ad insistere, Jones!”, continuò lui imperterrito. “Quanto altro dovrai soffrire per capire che non potrai mai ottenere la tua amatissima vendetta? Credi che la cara Milah sarebbe felice nel vederti ridotto in questo stato?”.
“Non devi nemmeno pronunciarlo il suo nome!”.
Hook fece per alzarsi ma Tremotino lo bloccò, conficcandogli una mano nel petto, provocando un acuto grido di dolore nell'uomo che sussultò al contatto della sua viscida mano con il suo cuore.
“Questa volta non ci sarà Milah a fermarmi!”, esclamò Tremotino ghignando. “Uhm...forse qualcun altro al suo posto”.
Il capitano, cercando di combattere il dolore lancinante che gli era fin troppo familiare, gli rivolse uno sguardo interrogativo, non avendo idea del senso della sua affermazione.
“Killian!”.
Il cuore di Hook, stretto nella morsa di Tremotino, si fermò di colpo nel sentire quella voce così dannatamente familiare: Emma.
Tremotino scoppiò in una grossa risata, come se la cosa non lo sorprendesse affatto.
Istintivamente, il capitano si voltò di poco verso la principessa che era rimasta immobile a fissarlo con un'espressione spaventata e anche delusa. Delusa era un eufemismo.
Probabilmente, quel che rimaneva del cuore di Hook si frantumò nel momento esatto in cui incontrò i suoi occhi, nel momento in cui constatò il modo in cui lei lo stava guardando.
Terrore. Delusione. Tristezza. Rabbia.
Erano tutte racchiuse nello sguardo di Emma, che sembrava volesse scoppiare in lacrime.
“Cosa stai facendo?”, domandò con voce rotta, rivolgendosi a Tremotino.
“Voleva scuoiare un coccodrillo”, rispose lui con naturalezza, lasciandolo andare.
Hook si accasciò a terra, regolarizzando il suo respiro.
“La vendetta...”, sussurrò lei abbassando lo sguardo. “Per quanto ancora vorrai inseguirla?”.
Lei gli si avvicinò, abbassandosi e guardandolo con gli occhi lucidi.
“Tu non capisci, Swan”, rispose lui con voce roca. “Lui mi ha portato via tutto!”. Quasi ringhiò nel pronunciare l'ultima frase, facendo ritrarre Emma, spaventata dalla sua espressione.
“Sei venuto da me, sei rimasto con me...ma continui a fare cento passi indietro con un solo gesto”, esclamò lei convinta. “Dimentica la vendetta, e lascia spazio al buono che c'è nel tuo cuore perchè io so per certo che c'è ancora”.
“Nel mio cuore non c'è spazio per niente ormai”, esclamò Hook abbassando lo sguardo. “E' consumato...è marcio, e nessuno può farci niente”.
Non sapeva nemmeno lui perchè stesse pronunciando quelle parole, che sapeva lo avrebbero fatto odiare da Emma, ma forse era quello che voleva lui: farsi odiare e mandare via, perchè lei non era fatta per stare insieme ad un uomo come lui, perchè lei meritava di meglio, perchè lei non meritava di soffrire. E se forse era lui che non voleva soffrire?
Emma gli mise una mano sul viso, come se volesse accarezzarlo ma Hook si ritrasse, lasciando il viso della ragazza in un'espressione a dir poco ferita.
“Killian...”, cominciò lei con voce titubante.
Nel frattempo, Tremotino si godeva la scena quasi come se stesse assistendo ad uno spettacolo, senza intervenire o dire nulla che potesse rompere quell'atmosfera straziante.
Emma si alzò improvvisamente in piedi, come se avesse appena avuto una rivelazione e assumendo un'espressione che non le apparteneva: era dura , arrabbiata ed evidentemente ferita.
“Vai via”, esclamò in un sibilo e senza guardarlo negli occhi.
“Swan, cosa...”, tentò lui, cercando di capire cosa stesse frullando per la sua testa.
“Ti sto permettendo di scappare”, rispose con freddezza. “Vai via, prima che chiami le guardie!”.
Il suo viso non lasciava spazio ad altre parole. Era fin troppo chiaro che voleva che sparisse dalla sua vista e come darle torto visto quello che era stato capace di fare nell'arco di meno di dieci ore.
Senza provare ad insistere, Hook andò via, senza Emma e senza la sua vendetta che sembrava proprio impossibile da raggiungere. Si sarebbe potuto scagliare un'ultima volta su Tremotino, facendosi uccidere, così avrebbe almeno messo fine a tutte le sue pene.
Prima di uscire, si voltò un'ultima volta verso Emma che teneva lo sguardo fisso per terra.
L'aveva perduta.
 
Emma cercava con tutte le sue forze di non scoppiare a piangere.
Odiava piangere ma odiava anche trattenere le lacrime, soprattutto quando non c'era verso per fermarle. Si sentiva quasi mancare il respiro.
Gli aveva detto di andare via e lui lo aveva fatto, senza battere ciglio come se non aspettasse altro.
Possibile che quello fosse il suo obiettivo fin dall'inizio? Usarla per arrivare a Tremotino.
La prima volta che questa possibilità le si era parata davanti ci aveva subito creduto, scoprendo poi di essersi sbagliata ma forse faceva tutto parte di un piano malato?
Forse per lui non aveva nessun significato tutto ciò che era successo. Forse si era preso gioco di lei, trattandola come uno dei tanti giocattoli, spezzandole il cuore come era solito fare.
La sua mente non faceva che tornare alla notte che si era da poche ora conclusa, ripercorrendo ogni minimo gesto, ogni singola parola e ogni singolo sospiro che lui le aveva riservato.
Tutto ciò era stato annullato in pochi istanti.
Per quanto cercasse di impedirlo, le lacrime scendevano copiose, annullando tutti quei pensieri che lei aveva fatto prima di arrivare in quella caverna e di scoprire il tutto.
“Lui è fortunato a non essere afflitto dai sentimenti”, esclamò Tremotino quasi come se le avesse appena letto nel pensiero, mentre la ragazza si voltò a guardarlo.
Prese a piangere silenziosamente e Tremotino, accanto a lei, cercò stranamente di consolarla.
“Su su!”, esclamò, asciugandole una lacrima con una mano.
Hook aveva ragione: il suo cuore era marcio e consumato, non c'era spazio per i sentimenti.
Evidentemente, nel suo cuore non c'era nemmeno un piccolo posticino per lei, che gli aveva donato tutta se stessa e gli aveva offerto il suo cuore su un piatto d'argento.
Sentì un leggero ghigno di Tremotino, che continuava ad osservarla mentre era assorta nei suoi pensieri più devastanti e dolorosi. D'un tratto, cominciò a parlare.
Hook non sa più amare mia cara, è uno degli enigmi del suo essere”. (3)
 
 
Note:
 
  • (1) nella puntata 2x09 si vede che c'è un foglio di pergamena con scritto il nome di Emma. In questo caso, non essendoci la maledizione e visto che Emma non ricopre il ruolo di salvatrice, ho fatto una piccola modifica;
  • (2) stessa modalità utilizzata da Snow sempre nella 2x09;
  • (3) frase tratta dal film Peter Pan, che personalmente amo. Viene detta proprio da Capitan Uncino a Wendy e si riferisce ovviamente a Peter, che a suo dire non è in grado di ricambiare i sentimenti di Wendy.
 
Eccomi qui!
Ho scritto ieri sera questo capitolo, e mi scuso se fa pena, ma con tutto lo studio non mi sono per niente accorta che era arrivato già venerdì e che sabato avrei dovuto aggiornare, così mi sono messa con tutto l'impegno possibile e ho scritto. Spero che ne sia uscito qualcosa di leggibile almeno xD.
Ormai non manca molto alla fine. Se tutto va bene, i capitoli saranno in tutto 14 e spero di non avere problemi di lunghezza (cerco sempre di non superare le 7/8 pagine a capitolo).
Questo è quanto! Come spero abbiate letto, i nostri piccioncini si sono separati e non posso dire nulla riguardante le vicende successive, lascio la parola a voi u.u
Un grazie enorme a tutti coloro che seguono/recensiscono/mettono tra i preferiti e le seguite/leggono questa storia *-*
Al prossimo capitolo, un abbraccio :)

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Capitolo 12
*** Just remember me ***


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12. Just remember me
 
“People say goodbye,
in their own special way”.
(In my veins – Andrew Belle)
 
Due mesi. Erano passati due dannatissimi mesi.
Due mesi che non aveva sue notizie, che non l'aveva più vista.
Si era imbarcato sulla sua nave senza nemmeno dare ai suoi uomini una rotta, uno scopo, una ragione per continuare il loro viaggio che ormai era giunto al termine.
Hook era diventato il fantasma di sé stesso. Da quando aveva avuto il tanto agognato faccia a faccia con Tremotino, per poi leggere il dolore sul volto di Emma, era tornato ad essere il capitano cupo nato dopo la morte di Milah. Emma aveva portato un po' di allegria nella sua triste vita.
Allegria che ormai era completamente scemata.
Nonostante non avesse ottenuto la sua vendetta, non aveva nulla da bramare visto che non poteva uccidere Tremotino, si era quasi arreso a dirla tutta.
Perchè continuare ad insistere dopo aver fallito troppe volte? Quel mostro era immortale e lui? Lui era solo un uomo.
Jim non aveva preso bene la sua decisione e non perdeva occasione per rinfacciarglielo. In tutta risposta, ogni volta che lo irritava, Hook lo gettava direttamente in mare, convinto che un bel po' di acqua fresca gli avrebbe messo a freno la lingua, invece non faceva che aumentare la parlantina.
Quella mattina, il vento non era molto dalla loro parte ed Hook era così abbattuto e silenzioso, che non si era nemmeno disturbato a dare loro direttive, si era limitato a fare avanti e indietro sul ponte principale, per poi appoggiarsi con la schiena all'albero maestro.
Di quel passo, avrebbe rischiato l'ammutinamento ma sapeva che i suoi uomini gli erano troppo legati per fargli una cosa del genere.
Mentre era assorto nei suoi pensieri, Jim gli si parò davanti, zuppo di acqua.
Hook sorrise, rammentando che lo aveva fatto gettare in mare per la terza volta quella giornata, e l'espressione del ragazzo non sembrava felice al riguardo.
Jim gli si avvicinò, afferrandolo per il colletto della camicia.
Hook non reagì, in quanto sapeva che avrebbe potuto spezzargli il collo con un semplice movimento ma era curioso di vedere fin dove sarebbe arrivato quel ragazzino.
“Per quanto vuoi continuare, eh?”, gli chiese digrignando i denti.
“E' così che ci si rivolge al proprio capitano?”, domandò Hook con tono sarcastico.
“Sì, quando il proprio capitano è un vero imbecille!”, rispose il ragazzo con sdegno.
“Jim...”, cominciò Spugna, come se avesse intenzione di fermarlo.
“State indietro! Basta stare rannicchiati in un angolino a far finta che non sia successo nulla! Non lo accetto!”, ringhiò il ragazzo, rivolgendo a lui e alla ciurma uno sguardo truce.
Hook cercò di osservarlo per qualche momento. I ricci biondi completamente bagnati gli ricadevano sulla fronte, e il corpo era completamente zuppo di acqua di mare.
Gli occhi azzurri lo osservavano con aria di sfida. La bocca era storta in una smorfia di rabbia. Il viso era coperto da una leggera peluria, che il ragazzo si era fatto crescere dopo la “separazione” da Emma e da Mulan. Era cambiato davvero tanto, e non solo fisicamente.
Non era così impavido prima dell'arrivo di lei, era un bambino terrorizzato ma adesso dinanzi a lui c'era un vero e proprio uomo, deciso a far rinsavire il suo capitano.
“Tu sei un codardo!”, esclamò ad un tratto, beccandosi l'ennesimo sguardo di rabbia di Hook. “Sei caduto due volte in tentazione. Prima quando siamo venuti a liberarti e poi con Emma!”.
“Tu non sai niente, ragazzino!”, rispose lui in un sibilo.
“Invece, so tutto!”, esclamò il ragazzo di rimando. “Mi basta sapere che sei un codardo. Tu volevi che lei ti mandasse via, perchè non sei abbastanza coraggioso da restare!”.
A quelle parole, Hook non ne potè più e scaraventò via il ragazzo con tutta la forza che aveva in corpo, per poi essergli addosso con una furia negli occhi che poco lo caratterizzava.
“Credi di potermi dare lezioni? Tu? Un povero orfanello?”, disse con tono maligno e tenendolo fermo per la gola.
Jim rispose tirandogli un pugno dritto in faccia, sotto gli occhi sgomenti del resto della ciurma. Hook rispose alla stessa maniera e in ben poco tempo, i due si ritrovarono ad azzuffarsi, per essere subito separati da Spugna e da William, continuando a guardarsi in cagnesco.
“Non ne vale la pena!”, esclamò Jim, liberandosi. “Sarei fiero di farmi prendere a pugni da un vero capitano, non da un rammollito che non combatte per ciò che desidera!”.
Hook alzò lo sguardo, massaggiandosi la guancia ferita, come se avesse il sentore che il ragazzo stesse per aggiungere qualcosa che lo avrebbe quasi sicuramente spiazzato.
“Un uomo che non lotta per quello che vuole, merita ciò che ottiene!”, continuò Jim.
Non aveva fatto altro che ripetere quella frase a Jim da quando lo aveva accolto sulla sua nave ed era ancora un diciassettenne spaesato e desideroso di imparare.
Il ragazzo aveva preso quella frase come un vero e proprio insegnamento di cui fare tesoro e adesso glielo stava rivoltando contro con tutta la cattiveria e lo sdegno possibili.
Perchè quella frase gliela rinfacciava chiunque?
Il capitano si precipitò nella sua cabina, sbattendo la porta e cercando di mandare giù le parole di quell'odioso ragazzino che gli stavano facendo ribollire il sangue per quanto erano vere.
Cominciò a camminare per tutta la stanza senza darsi pace, fin quando la porta non si aprì, mostrando Jim, che aveva un'espressione meno spavalda.
Hook lo osservò un attimo, assicurandosi che non fosse intenzionato ad aggredirlo di nuovo, ma ebbe modo di cogliere una nota di dispiacere negli occhi del ragazzo, che gli si avvicinò cauto, come se stesse per scusarsi per ciò che era accaduto.
“Killian...”, cominciò il ragazzo con tono pacato. Non l'aveva mai chiamato per nome.
Prima che potesse continuare, Jim, con il volto percorso da un'espressione meravigliata, come se gli fosse appena venuta un'idea, si precipitò alla scrivania del capitano, dandogli le spalle.
Il ragazzo si voltò verso di lui, porgendogli una pergamena e una penna d'oca.
Il suo sorriso lo inquietava leggermente. Cosa diamine aveva in mente?
“Il tuo cuore appartiene ad Emma, quanti altri mesi vuoi che passino prima di rivederla?”.
Hook alzò gli occhi al cielo, intuendo le intenzioni del ragazzo.
“Oh, grandioso...”.
 
“Davvero incantevole”.
Il principe baciò dolcemente la mano ad Emma, rivolgendole uno sguardo di ammirazione, mentre la ragazza si riavvicinava ai suoi genitori. 
Quella era l'ennesima serata a corte che Emma doveva sorbire. L'occasione era il matrimonio della principessa Alexandra, convolata finalmente a nozze per la felicità dei suoi genitori.
Emma era stata ovviamente costretta a presenziare ma non le dispiaceva affatto visto che con quella ragazza ci era praticamente cresciuta e vederla mentre si sposava con un principe che sembrava amare davvero non poteva che renderla felice.
Alexandra era corsa ad abbracciarla, allontanando il principe che stava cercando di circuirla, e in un attimo Emma si trovò sommersa dai capelli biondi della ragazza elegantemente raccolti. Somigliava moltissimo a sua madre, ma caratterialmente era tutto suo padre, a detta di Snow.
“Emma! Sei bellissima, mia cara!”, esclamò con fare gioioso e prendendola con la mano per osservarla meglio mentre era avvolta in un bellissimo vestito.
Da quando era tornata a palazzo, i vestiti venivano scelti esclusivamente da lei ed ogni volta che li sfoggiava non faceva che ricevere complimenti per il modo in cui si vestiva.
Per quell'occasione aveva scelto un vestito verde setoso che esaltava la sua figura longilinea e creava un bel contrasto con il colore dei suoi capelli, che erano tornati alla lunghezza originale.
“Mi hai salvata, grazie!”, sussurrò la ragazza, facendole un sorriso che Alexadra ricambiò con fare complice. Non era la prima volta che le correva in aiuto quando un principe borioso le si avvicinava, e la ragazza sapeva quanto Emma fosse poco incline a familiarizzare con i principi, sentimentalmente parlando.
Da quando Hook era andato via, o meglio, da quando lei lo aveva mandato via, aveva certamente avuto a che fare con altri “uomini” ma sempre in modo molto relativo, comportandosi come quelle principesse con la puzza sotto il naso, ovvero facendoli cadere ai suoi piedi e senza disturbarsi minimamente a conoscere davvero uno di loro, che poteva essere un ragazzo da bene.
Sua madre non aveva perso tempo a farle notare il suo atteggiamento, ma sapeva perchè sua figlia si comportava in quel modo dato che Emma le aveva raccontato ogni cosa, scoppiando a piangere tra le sue braccia per una notte intera. Da allora il suo cuore aveva chiuso le porte a chiunque fosse intenzionato ad aprirlo e Snow lo sapeva, ma cercava comunque di farla rinsavire.
Il peggio era accaduto quando Snow l'aveva vista in azione con uno dei tanti principi che Emma aveva aggiunto alla sua lista di “povere anime da torturare”, visto l'atteggiamento che gli riservava, e dopo le aveva fatto notare quanto fosse stata perfida e spocchiosa.
Emma non poteva farci niente: non riusciva a vedere nessuno di quei principi come un possibile candidato e non perchè non fossero degni, non era certo così arrogante, ma non sapeva nemmeno lei per quale motivo si comportava in quel modo.
“Tu vuoi continuare ad essergli fedele”. 
Quelle erano state le parole di sua madre che le risuonavano in testa ogni volta.
Stava davvero tentando di rimanergli fedele? Era forse per quel motivo che ogni volta che qualcuno tentava anche solo di darle un bacio lei si scansava? Probabilmente sì, visto che da quando Killian era andato via, le sue labbra non avevano baciato nessun altro né avevano intenzione di farlo.
Per quanto cercasse di mentire a sé stessa, Killian era ancora nel suo cuore e lei poteva sentirlo pulsare come se non fosse mai andato via.
A volte, osservava la porta della sua stanza, sperando che lui la varcasse.
Al termine della cerimonia e del ricevimento, Emma tornò finalmente castello in compagnia dei suoi genitori.
Quella serata l'aveva letteralmente sfinita e l'unica cosa che desiderava era mettersi a letto e sprofondare nel sonno più profondo.
Sognava Killian quasi tutte le notti, e non aveva il coraggio di ammettere che era quello il motivo principale per cui voleva andare spesso a dormire: per rivederlo nei suoi sogni.
Scesa dalla carrozza, venne presa per la vita da sua madre Snow, avvolta in un bellissimo vestito lilla, che le rivolse un sorriso dolce.
“Sei stanca?”, chiese gentilmente.
Emma annuì. “Credo che andrò a letto. Papà sta bene?”, domandò osservando Charming che si era portato una mano alla schiena.
Snow rise di gusto. “Tuo padre ci teneva a mostrare le sue doti di ballerino questa sera”.
“Non ho più l'età per certe cose”, intervenne il re, contraendo il viso in una smorfia.
La regina gli si avvicinò, prendendolo per il braccio e posandogli un leggero bacio sul naso.
“Per me sei sempre il principe odioso che mi ha intrappolata in una rete”, esclamò Snow, facendo intenerire sua figlia a quella scena fin troppo amorevole.
Quei due incarnavano il vero amore che sarebbe durato in eterno: erano senza tempo.
Dopo aver dato loro la buonanotte, Emma si recò nella sue stanze e si tolse finalmente le scarpe. Prima di mettersi la camicia da notte, si affacciò alla finestra, osservando il paesaggio notturno e il molo senza una nave che vi era attraccata. Ogni volta che si sporgeva dalla sua finestra non poteva fare a meno di ricordare quella famosa mattina in cui vide la Jolly Roger per la prima volta.
“Il loro capitano non è un uomo ma una bestia”.
Quanto aveva avuto ragione Christine?
Si voltò verso il letto quando qualcosa alla sue spalle attirò l'attenzione di Emma: una colomba (1).
Quest'ultima si posò sul polso di Emma, permettendole di notare un piccolo rotolo di carta fisso alla sua zampa. La ragazza lo prese e lo srotolò per poterlo leggere.
Sembrava una lettera e non appena intuì di chi poteva essere, il suo respiro si fermò per un momento.
 
“Cara Emma,
non so nemmeno io perchè sto scrivendo una lettera.
Forse sono più adatto alle entrate improvvise ma questa volta ho deciso di fare diversamente.
Sono mesi che non ho più avuto tue notizie ed è comprensibile visto ciò che è successo, ma devo ammettere che non c'è stato giorno in cui io non abbia pensato a te.
Conoscendomi, sai fin troppo bene quanto sia difficile per me fare una cosa del genere.
Dopo tutto quello che ho fatto, so che forse non mi vorrai più vedere ma, ti prego, se tu senti le stesse cose che sento io da quando ci siamo separati, vieni a Daguerreo.
Se non verrai, mi farò definitivamente da parte”. (2)
 
Emma si portò una mano al petto, cercando di trattenere i singhiozzi senza risultato. Aveva sognato ogni notte una situazione del genere e una parte di lei credeva che fosse ancora un sogno. Quanto si stava mostrando debole in quel momento? Sicuramente moltissimo, ma per un attimo sembrò non importarle, perchè se lui le aveva chiesto di vederlo doveva esserci un motivo preciso.
Forse perchè vedeva un futuro, e gli ci era voluto tempo per capirlo. Perdonarlo per essersi recato da Tremotino alle sue spalle non era ancora stata in grado di farlo, ma quello era sicuramente un passo avanti da parte di lui e forse se ne sarebbero occupati insieme.
Rise mentre rileggeva quella assurda lettera, assaporando ogni singola parola.
Non era per niente nello stile di Killian e quel dettaglio la fece sorridere maggiormente.
Sapeva per certo che non era arrivato a quella decisione da solo, c'era lo zampino di qualcun altro e non poteva fare a meno di sorridere nell'immaginare un Killian imbranato mentre si apprestava a scrivere una lettera destinata ad una ragazza.
Forse era stato Jim ad aiutarlo e, conoscendolo, era l'unica persona che potesse fare una cosa del genere. Immaginò lui che lo sgridava mentre si lamentava del tono stucchevole della lettera.
Senza frapporre indugi, la principessa indossò subito il mantello e le scarpe, per poi recarsi furtivamente nelle stalle, scappando una seconda volta dal castello.
La differenza era che quella volta sarebbe ritornata a casa, magari insieme a Killian.
 
Un idiota. Un vero idiota.
Ecco cosa era Killian Jones: un idiota.
Camminava nervosamente davanti all'entrata della città e si sentiva ridicolo. Si era fatto convincere da quello stupido ragazzo così romantico da fargli venire il diabete.
Si era fatto convincere da Jim a scrivere una lettera ad Emma.
Una lettera? Cos'era lui? Un ragazzino con una cotta?
Si portò nervosamente la mano alla nuca e poi alla fronte, con un'espressione afflitta.
La ciurma era rimasta sulla nave ad attenderlo e gli sembrava strano non sentire quell'imbecille di Jim che faceva il tifo per lui. Come diamine gli era venuto in mente?
Lei forse non sarebbe nemmeno venuta e forse aveva riso di lui, leggendo quella lettera ridicola, che le aveva fatto recapitare da una colomba.
Una colomba? Sul serio? Quanto era caduto in basso?
“Killian!”.
Hook si voltò immediatamente, incontrando gli occhi di Emma.
Si guardarono per un attimo senza dire nulla, riprendendo confidenza con i loro volti che non vedevano da troppo tempo. Sembrava un'eternità.
“Swan, mi dispiace!”, disse lui in un sussurro, e riprendendo ad osservarla.
Prese a camminare velocemente verso di lei. Rivedersi forse bastava ad annullare ciò che era successo, a far capire ad entrambi quanto fosse indispensabile la reciproca presenza.
Peccato che l'idillio venne immediatamente rotto da qualcuno ancora prima di crearsi.
“Ed eccoci qui”. Regina. “Nel luogo in cui i nostri eroi hanno iniziato a sentire qualcosa l'uno per l'altro. Non è romantico? Incontrarsi dove tutto ha avuto inizio, no?”.
Hook si mise subito dinanzi ad Emma, come per proteggerla. Qualunque cosa Regina avesse in mente di fare, lui non le avrebbe permesso di portarla via di nuovo.
“Non ti azzardare a...”, cominciò lui, ma venne subito zittito dalla donna, che girava loro intorno come se fosse un predatore pronto ad agguantarli.
“A fare cosa?”, esclamò con tono ironico. “A torcere un capello alla tua bella principessa? Puoi tornare da lei quanto vuoi, caro il mio capitano, ma sai bene che c'è soltanto una cosa a cui resterai fedele: la vendetta. Vivere lontano da essa per te è impossibile. Continuerai a ferire la piccola Emma, nonostante tutti i tuoi sforzi. Pensavo avessi compreso qual è il tuo posto”.
“Sta zitta!”, ringhiò Hook, cercando di non farsi confondere dalle sue parole, che per lui erano come i suoi demoni interiori, che lo tormentavano puntualmente ogni singola notte.
Regina rise. “Basta con i preamboli!”, concluse, giocherellando con qualcosa fra le mani. “Ho una missione da compiere!”.
Prima che Emma ed Hook ebbe anche modo di realizzare cosa quella donna avesse intenzione di fare, Regina prese quella che sembrava essere una boccetta, che probabilmente conteneva qualche incantesimo.
“Non ti permetterò di farle del male!”, esclamò il capitano mentre Emma gli stringeva il braccio.
“Mi credi così stupida da ricadere negli stessi errori?”, domandò lei sarcastica.
Con la magia scaraventò Emma lontana da loro.
Forse non poteva strapparle il cuore ma la magia su di lei aveva sempre effetto, nonostante tutto.
Svuotò velocemente il contenuto della boccetta e lo lanciò in aria, mentre Hook aveva sguainato la spada, pronto ad un eventuale combattimento, che non ci sarebbe stato.
Una nube di fumo nero e viola si materializzò sulle loro teste. Sembrava una di quelle nubi che accompagnavano i temporali ma quella aveva qualcosa di diverso e decisamente sinistro.
Regina rideva. La sua risata era maligna e divertita in una maniera che gli faceva paura.
La donna allargò le braccia, sollevandole verso l'alto per poi puntarle verso di lui, senza mai togliersi quel sorriso soddisfatto dal viso.
La nube lo colpì in pieno.
“Killian!”. Emma urlò, raggiungendolo.
Hook cominciò a sentire delle fitte a livello del petto, che si intensificavano poco a poco.
Cosa gli aveva fatto quella strega?
Sentì le gambe cedergli e si inginocchiò, annaspando.
Sentiva le forze che lo abbandonavano poco a poco. Era una sensazione strana.
Stava forse morendo? Eppure non sentiva dolore, si sentiva solo “svuotato”.
Emma lo guardava terrorizzata e cercò di sollevarlo ma le sue mani gli attraversarono le spalle.
La ragazza si fissò i palmi delle mani, spaventata.
Hook abbassò lo sguardo: stava scomparendo, come se fosse un fantasma.
Guardò Emma e vide i suoi occhi grondanti di lacrime.
“Killian!” esclamò, con la voce rotta dal pianto.
Hook si alzò e cominciò a camminare, sperando che fosse tutta un'allucinazione.
La bionda gli corse incontro, come se volesse abbracciarlo ma cadde a terra, attraversando il suo corpo. Hook vide la sua esile figura, accasciata a terra.
“Cosa gli hai fatto?”, domandò disperata, rivolgendosi a Regina, la quale era rimasta tutto il tempo impassibile, come se non immaginasse nemmeno che quello sarebbe stato l'effetto desiderato.
Il capitano si voltò verso Emma, che si era alzata e continuava a piangere.
Lei gli diede le spalle, come se non volesse accettare tutto ciò che stava accadendo.
Ad Hook sembrò di sentire il suo cuore rompersi in mille pezzi.
Era bella, anche quando piangeva. Desiderava con tutto il suo cuore allungare la mano sana soltanto per accarezzare la sua pelle chiara e morbida, e farla tremare sotto il suo tocco.
Voleva baciarla per farla rabbrividire.
Voleva stringerla e cullarla, cercando di appianare tutto il suo dolore, ma non poteva farlo.
Le si avvicinò e le cinse le spalle da dietro, pur sapendo che lei non avrebbe sentito il suo tocco.
Lei rimase immobile, lacerata dai singhiozzi, perché non sapeva come salvarlo. 
Avrebbe provato con un bacio ma vista la situazione, non avrebbe funzionato.
Entrambi sentivano che quello era un addio.
Emma si voltò: ormai tutta la figura del suo pirata stava scomparendo e lei non poteva farci nulla.
“Killian...” sussurrò piano. Gli occhi erano gonfi e rossi. La voce era roca.
“Emma”, cominciò lui abbassando lo sguardo, “prima che io...”.
“No, non dirlo!”, ringhiò lei, scuotendo il capo con decisione.
“Fammi finire!”, esclamò lui di rimando. “Dopo tutto quello che ho fatto...perchè sei venuta?”.
Emma cercò di rimettere insieme i suoi pensieri almeno per un momento, voleva dirgli ciò che sentiva prima che potesse succedere qualcosa di irreparabile che le avrebbe spezzato il cuore.
“Perchè non mi sono arresa”, rispose contenendo i singhiozzi. “Quando trovi qualcuno per cui vale la pena lottare, non ti arrendi mai”.
Hook le rivolse un leggero sorriso.
Quanto poteva essere straordinaria quella ragazza?
Lui non aveva fatto altro che lasciarsela scappare e adesso la stava perdendo ancora.
Emma continuava a piangere senza sosta.
“Non piangere, biondina”, cercò di confortarla lui.
“Cosa devo fare?”, chiese lei in tono di supplica.
L'uomo scrollò le spalle, cercando, per quanto possibile, di non farsi prendere dalla disperazione: l'avrebbe solo fatta stare peggio di quanto non stesse già.
Solo ricordarti di me”, rispose Hook di gettò.
Alzò la mano destra a mezz'aria, dinanzi al viso di lei, che fece altrettanto.
Le loro mani non potevano toccarsi, ma vollero entrambi concedersi quella dolce illusione.
La guardò un'ultima volta. C'erano così tante cose che avrebbe voluto dirle ma in quel momento sembrava che i suoi pensieri stessero svanendo insieme a lui.
Io ti amo”, esclamò Emma fra le lacrime.
Prima che Hook potesse anche solo pensare di risponderle, scomparve completamente, lasciando Emma nello sconforto e nella disperazione più totale.
 
“Tu”.
La voce di Emma era rabbiosa, faceva quasi paura. “Tu hai fatto questo”.
Regina la guardava, quasi spaventata da ciò che Emma avrebbe potuto fare.
Si sentiva spaventata da una principessina? Ridicolo.
La bionda le fu addosso, immobilizzandole i polsi e guardandola con rabbia.
“Tu hai fatto questo!”, ringhiò con gli occhi che sembravano sprizzare fiamme.
La stretta di Emma era così forte che Regina non riusciva a liberarsi da essa.
Da dove stava prendendo tutta quella forza?
La ragazza, accecata dalla rabbia, le portò una mano al collo e cominciò a stringerlo, come se il suo unico desiderio fosse quello di fermare il suo respiro.
Regina sentiva le forza abbandonarla piano e non riusciva nemmeno ad usare la magia per difendersi, perchè Emma stava probabilmente sprigionando la sua.
“Emma!”.
La voce dei due idioti fece allentare la prese di Emma, così Regina potè tirare un sospiro di sollievo.
“Emma, fermati!”.
Charming tirò via Emma con forza, allontanandola da Regina.
La Fata Turchina, Blue, scagliò quello che doveva essere un incantesimo sulla regina, privandola dei suoi poteri, come se fosse avvolta da una barriera magica.
La bionda sembrava uscita da uno stato di trance. “Come? Voi...lei...”.
“Emma, calmati!”, esclamò Snow, prendendole il viso fra le mani. “Blue ti ha vista fuggire e ci ha avvertiti. Stai bene? Perchè sei qui?”.
Emma la fissò, come se stesse realizzando cosa era appena accaduto. “Killian...lei...”.
Il re rimase sconvolto alla visione di sua figlia ridotta in quello stato di confusione.
“Lo ha ucciso!”, esclamò in un sussurro. Killian era morto.
Red afferrò Regina, cercando, per quanto possibile di non farla scappare.
“Potrebbe anche non esserlo, chi lo sa!”, rispose lei sbuffando.
La bionda si voltò verso di lei. “Come faccio a salvarlo?”.
Regina rise. “Non puoi. Non funziona come con i tuoi genitori”.
“Riportalo indietro!”, ringhiò Emma, addolorata.
“Non posso, ammesso sempre che sia vivo!”, rispose Regina con naturalezza.
Emma cercò di nuovo di avventarsi su di lei, per essere poi fermata nuovamente da Charming.
La ragazza allentò la presa del padre, guardandolo con espressione decisa, come per fargli capire che non aveva alcune intenzione di sporcarsi le mani con lei.
Charming, nonostante fosse leggermente titubante al riguardo, decise di lasciarla fare, lasciandole andare il braccio con lentezza e seguendo ogni suo minimo movimento.
Emma si avvicinò a Regina e fece segno a Red di lasciarla andare, così la ragazza obbedì per poi avvicinarsi a Snow, che osservava la scena, preoccupata e pronta ad intervenire.
“Vedo che provi gusto a farti bandire”, cominciò la bionda, guardandola con odio.
Regina rise. “Potete bandirmi cento volte, ma se voglio farvi del male, lo farò”.
Emma le rivolse un sorriso amaro e maligno, incrociando le braccia al petto.
“Già”, rispose in un sibilo. “Spero che siate contenta, vostra altezza. Voi provate un gusto malsano nello strappare via la felicità delle persone. Ditemi, vi sentite meglio ora? Vi sentite meglio adesso che mi avete portato via colui che amo, proprio come ha fatto vostra madre con Daniel?”.
Regina sbiancò, portando lo sguardo su Snow.
“Esatto, conosco la storia”, continuò Emma con gli occhi pieni di lacrime. “Il vostro amato sarebbe certamente felice di vedere quanto siate caduta in basso e quanta gioia riusciate a provare nel far soffrire persone che non vi hanno mai fatto nulla. Perchè è meglio prendersela con qualcuno che non aveva niente a che fare con tutto ciò, vero? Qualcuno come Killian, no?”.
La regina la fissava con occhi spalancati e non riusciva nemmeno a ribattere, visto il modo in cui quella ragazza si stava rivolgendo a lei. Nessuno l'aveva mai fatto prima, nemmeno suo padre.
“Questo è l'ultimo avvertimento”, continuò la bionda ad un palmo dal suo viso. “Posso fronteggiarti con la magia, nonostante debba imparare qualcosa e ti giuro, che se ti avvicinerai ancora a noi, io ti ucciderò con le mie stesse mani”.
Pronunciò quella frase con così tanta rabbia, che per un attimo i suoi genitori non sembrarono riconoscerla, ma Snow ricordò la stessa scena avvenuta molti anni fa e Regina ricadeva sempre e soltanto negli stessi errori.
Emma si allontanò, tornando tra le braccia di suo padre, che la strinsero forte, per essere poi affiancante dalle braccia esili di Snow, mentre Regina veniva portata via e bandita...per la seconda volta nella sua vita e dalla stessa famiglia, che quella volta aveva un membro in più.
 
Bianco.
Era tutto dannatamente e fastidiosamente bianco e calmo.
Stava ascendendo al paradiso? Forse no, eppure credeva di essere morto.
Si alzò da terra e cominciò a camminare senza meta precisa, ma d'altronde, quel luogo era così bianco che non si vedeva niente: né porte, case o altro di rilevante.
Dove diamine si trovava?
Si chiese se Emma stesse bene. Ricordava chiaramente come lei avesse tentato invano di abbracciarlo, come non aveva potuto stringerlo un'ultima volta.
Gli sarebbe piaciuto baciarla e percorrere il suo corpo come se non ci fosse un domani.
In effetti, un domani per lui non c'era stato, visto l'effetto dell'incantesimo.
Regina doveva averlo spedito in qualche altro strano mondo, senza alcuna via d'uscita.
D'un tratto, cominciò a precipitare.
Era la stessa sensazione orribile che si prova durante un sogno e sembra quasi di cadere.
Peccato che lui non si sarebbe svegliato, constatando che era soltanto uno stupido sogno.
 
 
 
Note:
 
- (1) non è molto nello stile di Hook ma a mali estremi estremi rimedi, così ho usato un espediente utilizzato anche per Snow e Charming nella 1x10 :);
- (2) anche la lettera nella stesura richiama un po' quella scritta da Charming, preciso che è stato convinto e aiutato da Jim nel fare il tutto xD.
- (3) la scena finale con Emma e Killian che scompare lentamente è ispirata ad una scena di Final Fantasy X con Yuna e Tidus come protagonisti.
 
Eccomi qui!
Ormai manca poco, il prossimo sarà il penultimo capitolo e mi piange un po' il cuore a pensarci. Non credevo nemmeno che l'avrei portata a termine questa storia ma bando alle ciance.
Allora, questo è quanto...dov'è finito Hook? E' vivo o morto?
Non posso dire niente. Si spiegherà tutto nel prossimo capitolo che sarà incentrato completamente su Hook, quindi sarà abbastanza introspettivo e spero che non vi dia noia xD.
Intanto, spero che questo capitolo via sia piaciuto...potete lanciarmi ciò che preferite u.u
Un ringraziamento a tutti quanti, lasciate un commento se vi va anche piccino piccino :)
Al prossimo capitolo, un abbraccio :)

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Capitolo 13
*** Inside blue eyes ***


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Inside blu eyes
 
As she disappeared alone in the darkness,
I felt her spirit stay in the room”.
 
Stava andando alla deriva in un abisso indefinito.
Pensava di essere finalmente morto, poi la vide: una luce, che gli si avvicinava.
Chiuse gli occhi per un secondo e quando li riaprì, era sdraiato a terra.
L'ambiente circostante continuava ad essere rigorosamente bianco ma c'era qualcosa di diverso.
La “stanza” era calda. Un morto può sentire il caldo? Si stropicciò l'occhio con la mano sinistra.
Con la mano sinistra? Sussultò, notando le presenza di entrambe le mani. Niente uncino.
Forse stava sognando. Si alzò in piedi e azzardò qualche passo incerto quando sentì qualcuno pronunciare il suo nome. Avrebbe riconosciuto quella voce ovunque.
Si voltò e vide la donna che aveva amato: Milah. Sembrava un angelo.
Lo guardava con espressione serena e le mani giunte, sorridendogli.
“Benvenuto, Killian”, esclamò con tono pacato. “Ti stavo aspettando”.
“Sono morto, allora”, rispose lui guardandosi intorno.
“Per niente, sei sicuramente più vivo di me”, disse lei in tono sarcastico.
Era più bella che mai e Killian corse ad abbracciarla, pur sapendo che non fosse del tutto reale.
Lei ricambiò l'abbraccio e la sentì sorridere.
Lo allontanò lentamente e con la mano gli carezzò una guancia con estrema dolcezza.
“Dove sono?”, chiese lui con sguardo smarrito. “E perché non ho il mio uncino?”.
“Sei dove Regina ti ha spedito”, rispose Milah con voce serena. “Chiamiamolo universo parallelo, è una specie di limbo...non sei morto ma non sei neanche vivo. Sei sospeso”.
“Sono sotto l'effetto di una maledizione”, constatò Killian ricordando il modo in cui era svanito.
“Sì, ma nessun bacio può salvarti”, esclamò la donna, poggiandogli una mano sulla spalla.
“Come faccio a salvarmi?”, domandò Killian con tono di supplica.
“Con l'amore”, rispose Milah sorridendo.
Killian scoppiò in una risata amara. Lui non era in grado di amare e ne aveva avuto prova più volte. Per quanto si sforzasse finiva soltanto per ferire qualcuno che teneva a lui, come Emma.
Ricordava cosa era successo poco prima che svanisse: Emma gli aveva detto di amarlo ma lui non aveva fatto in tempo a risponderle? Davvero non aveva fatto in tempo o non aveva voluto?
Una parte di lui si era sentita sollevata di essere sparito prima di risponderle. Jim aveva ragione: era proprio un codardo della peggior specie e aveva condannato tanto Tremotino.
Hai smesso di credere a quello che non riesci più a vedere, Killian”, continuò la donna, osservandolo come se non riconoscesse l'uomo che aveva davanti. “La vendetta ti ha consumato”.
Ognuno aveva una buona ragione per non credere più alla vita e ai proprio sogni, e Killian Jones di ragioni ne aveva fin troppe. Avrebbe potuto stilare un elenco dalla sua infanzia.
Milah continuò a parlare. “Sono qui per aiutarti, Killian”.
“Aiutarmi ad uscire?”, domandò lui con tono impaziente.
Milah lo guardò con rimprovero.
“Sono qui per aiutarti a capire”.
 
And I wished that our lives were just endless,
cause it's all too short, and I'm leaving soon”.
 
“Bene, bene. Qualcuno è venuto qui ad invocare il mio aiuto”.
Tremotino era comodamente seduto sul tavolo a braccia incrociate.
Emma osservava la grande stanza piena zeppa di vari oggetti di dubbia origine. Sembrava che ognuno di loro nascondesse una storia. Notò una spada, due bambole di pezza e cianfrusaglie varie ma ciò che colpì maggiormente la ragazza fu una tazzina scheggiata, tenuta su una mensola in mezzo alla stanza, come se fosse un vero e proprio cimelio, come se contasse più di tutto il resto.
“Bando ai convenevoli!”, esclamò Emma, tornando a posare il suo sguardo su di lui. “Dov'è?”.
“Parli del tuo pirata?”, chiese Tremotino, scendendo. “Non ne ho la minima idea, cara”.
Emma lo osservò spazientita, senza distogliere lo sguardo. “Tu sai ogni cosa!”.
Tremotino portò una mano al petto con fare offeso. “Non in questo caso, principessa. E' stata Regina a lanciare la maledizione, mica io?”.
La bionda continuava ad insistere. “Eppure qualcosa mi dice che tu sai di che si tratta!”.
Tremotino fece per ribattere ma rimase con la mano a mezz'aria senza dire nulla, dovendo purtroppo ammettere che la ragazza non si sbagliava affatto su quella supposizione.
“Forse”, rispose massaggiandosi il mento con una mano. Guardò Emma e poi tirò un sospiro, decidendosi finalmente a vuotare il sacco su ciò di cui era a conoscenza. “Il tuo carissimo capitano non si trova in questo mondo”.
“Cosa vuoi dire?”, domandò lei, confusa.
“La maledizione che Regina gli ha lanciato”, continuò Tremotino, “è diversa da quella che ha colpito tua madre. Nel suo caso, lei era addormentata ma presente dal punto di vista fisico”.
“Killian invece è svanito”, continuò lei in un sussurro.
“Esattamente”, esclamò Tremotino. “Questa è forse una delle maledizioni peggiori. Quanto tempo è passato ormai? Un mese? Ne passeranno altri, Emma. (1) Regina lo ha mandato in una dimensione dalla quale non può uscire...e nessun bacio del vero amore può tirarlo fuori, mia cara”.
Se non poteva essere salvato da un bacio, allora come avrebbe potuto uscire? Forse non c'era più alcuna speranza di rivederlo? Emma scosse la testa. No, non poteva essere. Non poteva finire in quel modo. Lei non avrebbe mai smesso di cercare e di combattere per lui.
“Lo troverò”, esclamò lei con voce ferma.
Tremotino la guardò come se fosse uscita di senno, poi il suo sguardo si fece leggermente più comprensivo, ed era strano nel suo caso. Si avvicinò a lei e riprese a parlare.
“Principessa”, cominciò con tono stranamente gentile. “Ho passato la mia vita a cercare un modo per raggiungere qualcuno che si trova in un altro mondo”.
“Ci siete riuscito?”, domandò lei istintivamente.
“Se ci fossi riuscito, non sarei qui”, rispose lui con un sorriso sarcastico. “Quello che cerco di dirvi è che probabilmente non c'è modo di ricongiungervi al vostro amato. E' possibile uscire da quella strana dimensione in cui si trova ma senza l'aiuto di nessuno, se non di sé stesso” (2).
 
I want to hold on to all of the people I lost,
I want to keep them with me,
we will never part”.
 
Il silenzio pesava in quel luogo, come se fosse un macigno insopportabile.
Milah lo aveva come trasportato, ma sembrava tutto così confuso, eppure c'erano odori che Killian riconosceva. Girò su stesso, tentando di identificare quel luogo che aveva le sembianze di un piccolo villaggio...aveva qualcosa di molto familiare, e appena vide una specie di altalena improvvisata, capì dove si trovava: il villaggio in cui era nato.
Killian sbatté le palpebre più volte, cercando quasi di evadere da quella assurda situazione mentre Milah lo guardava, con le braccia incrociate al petto e un'espressione divertita.
D'un tratto, un bambino gli passò davanti per fiondarsi sulla piccola altalena.
Killian lo osservò attento, soffermandosi sui grandi occhi azzurri incorniciati da un piccolo viso pallido e allegro, degno di ogni bambino.
Era lui.
“Cosa significa?”, domandò rivolgendosi alla donna con un tono quasi offeso.
“Significa proprio ciò che vedi, Killian”, rispose lei con tono calmo.
L'uomo tornò a soffermarsi sul bambino che stava seduto sull'altalena in attesa di qualcosa o forse di qualcuno. Aveva gli occhi azzurri pieni di speranza. Poteva vederla brillare e risplendere anche più del sole. Non gli sembravano nemmeno i suoi occhi, che ormai erano semplicemente due pozze vuote senza vita e private completamente di tutta la speranza che un individuo potesse mai avere. Chi avrebbe mai immaginato che dietro quegli occhi azzurri si sarebbero nascosti i demoni più insidiosi?
Il piccolo Killian fremeva per l'attesa, aspettando una promessa la cui realizzazione sarebbe dovuta arrivare a breve. Il bambino, infatti, venne raggiunto da suo padre: quel padre che gli aveva rubato l'infanzia e anche il più piccolo barlume di felicità, quel padre che lo aveva trasformato in un uomo vuoto. Suo padre corse incontro al piccolo e lo sollevò tra le sue braccia, facendogli il solletico.
Il piccolo Killian rideva felice.
Fece un sorriso amaro, pensando a cosa quel bambino avrebbe dovuto affrontare.
Da quanti anni Killian non vedeva suo padre?
Non ricordava nemmeno il suo viso, almeno fino a quel momento in cui potè finalmente rivederlo.
Capelli scuri, mascella ben delineata, sguardo profondo, occhi verdi.
Non era lo stesso viso che l'aveva abbandonato.
Era più giovane sicuramente, ma era anche più felice e spensierato, aveva l'espressione di chi non avrebbe mai fatto qualcosa del genere al suo bambino.
Killian li osservava e sentiva le lacrime pungerli gli occhi, sui quali passò immediatamente la manica della camicia per farle sparire, eppure sentiva lo sguardo di Milah addosso.
“Eri così innocente”, disse lei d'un tratto.
“Quale bambino non lo è?”, domandò lui in tono sarcastico.
“Chi l'avrebbe mai detto che saresti diventato così?”, chiese Milah, avvicinandosi.
“Eppure, mi hai amato”, rispose lui con sguardo rammaricato.
“Io ti ho amato per quello che eri allora”, esclamò la donna, prendendogli il viso. “Non sei la stessa persona ora, Killian Jones”.
“Il vecchio Killian è andato”, esclamò il capitano, fissandola.
Milah rise e lo fece voltare, indicandogli il bambino.
“Guardalo...guardati!”, disse con un sorriso. “Quello sei e sarai sempre tu!”.
A Killian salì il cuore in gola quando il piccolo e suo padre vennero raggiunti da quella donna che non aveva mai conosciuto come avrebbe dovuto, perché era morta poco tempo dopo quell'adorabile scenetta: sua madre.
Li guardava con espressione fiera, come se volesse dire “Ecco, i miei uomini!”.
I capelli ramati le ricadevano morbidi sulle spalle, alcune ciocche erano raccolte in piccole trecce che fluttuavano a contatto con il vento pungente che Killian stesso poteva sentire.
Gli occhi erano proprio come i suoi: grandi e azzurri. Aveva lo stesso sguardo di lei.
Si avvicinò a suo padre, circondandogli il petto da dietro e facendo una smorfia al piccolo Killian che se ne stava beato tra le braccia del padre.
Suo padre sporse leggermente il bambino verso sua moglie, che rimase avvinghiata alle sue due uniche ragioni di vita, mantenendo il sorriso più luminoso che lui avesse mai visto.
Killian cominciò a dimenarsi, pretendendo di andare in braccio alla sua mamma, che lo accolse gioiosa, scoccandogli un bacio sulla guancia mentre suo padre osservava la scena.
“Se tu avessi guardato meglio la bellezza che ti stava intorno, l'avresti vista anche dentro di te”. (7)
 
Una forza quasi maestosa si impadronì dei suoi pensieri e Killian si sentì come nuovamente trasportato. Infatti, lo scenario cambiò. Non era più nel villaggio in cui era cresciuto ma adesso si ergeva un molo davanti ad i suoi occhi e Killian ci mise ben poco a capire quale evento stava per rivivere. Per un attimo, tornò a sentirsi come il più minuscolo granello di polvere, insignificante e soprattutto pieno di rancore, dovuto al fatto che le persone che amava quasi si impegnavano a non renderlo felice, ma solo ad abbandonarlo a sé stesso. Vide suo padre e un Killian un po' più grandicello che si apprestavano a salire su una nave. Killian aveva sempre amato viaggiare in mare, non ricordava il motivo preciso.
L'idea di viaggiare lo aveva sempre affascinato. Era l'unico mezzo che gli poteva permettere di scoprire tutta la vasta visibilità del mondo e delle città che lo popolavano. Il desiderio di scoprire quel mondo ricco di paesaggi, di persone e di colori si era fatto vivido in lui fin da quando era un bambino, senza averlo mai più lasciato. 
Suo padre gli diede un buffetto sul viso e poi lo sollevò così in alto che gli sembrava di toccare i gabbiani sopra la sua testa. Killian rideva, ancora ignaro di ciò che sarebbe accaduto.
Da lì la scena cambiò di nuovo, mostrando la nave in piena notte.
Il piccolo Killian dormiva e suo padre stava per andarsene, ma giusto prima di farlo gli carezzò i capelli, baciandogli la fronte.
“Sii forte, ragazzo mio”, aveva sussurrato, per poi andare via.
Killian stava rivivendo ogni cosa e ciò gli provocava un'agitazione indescrivibile. Si sentiva di nuovo un ragazzino impaurito, agitato e con una gran voglia di urlare. Si voltava incessantemente, sperando di scorgere quello che era sembrato essere lo spirito di Milah ma di lei non c'era traccia.
Il capitano prese a respirare affannosamente mentre il cuore gli batteva frenetico nel petto.
Si sentiva solo, come se fosse stato di nuovo abbandonato da suo padre.
“Vedi quanto può essere terribile un ricordo, anche a distanza di anni?”.
Gli giunse la voce calma e cristallina di Milah, ed il suo respiro tornò regolare, per quanto potesse sapere che quella era certamente un'illusione.
 
I see her, they run through the tall grass
such thoughtless minds, I wish I was thoughtless too”.
 
Lo scenario continuò a cambiare.
Gli sembrava uno spettacolo sadico in cui lui era il triste protagonista di cui venivano ricordate tutte le terribili esperienze e i ricordi più dolorosi. 
Milah lo aveva portato di nuovo su un molo, ma stavolta c'era la Jolly Roger, e Killian ebbe modo di vedere sé stesso che gironzolava da una parte all'altra della nave, pronto a salpare.
Tuttavia, c'era qualcosa che avrebbe presto rallentato la sua partenza.: un ragazzino, che doveva avere intorno ai sedici anni, correva verso la sua nave.
“Capitano!”, esclamò il giovane, annaspando. “Capitano Jones!”.
“Chi mi chiama?”, domandò il capitano, che a quel tempo aveva ancora entrambe le mani, con il solito atteggiamento spavaldo che lo aveva sempre caratterizzato.
Non appena si accorse che si trattava di un ragazzino, tutto sporco di sabbia e zuppo di acqua, come se gli fosse capitato chissà cosa, il capitano gli rivolse uno dei suoi sorrisi ironici.
“Cosa posso fare per te?”, domandò Killian, affacciandosi dalla nave e senza permettere al ragazzino si salire sulla Jolly Roger.
“Sono qui per arruolarmi!”, rispose il ragazzo con fermezza. Teneva le braccia stese lungo i fianchi, i pugni stretti, i riccioli biondi gli ricadevano sulla fronte e il viso corrucciato in un'espressione testarda: non c'era alcun dubbio, era proprio Jim.
Il capitano scoppiò in una fragorosa risata, seguito dai suoi uomini.
“Figliolo, questa è una nave pirata!”, esclamò Killian allargando le braccia. “Quante speranze credi di avere? Sei solo un ragazzino!”.
Jim non rispose, e fissò le travi di legno, mentre il capitano si voltò, dedicandosi a ciò che stava facendo prima del suo arrivo, ma il ragazzo non intendeva darsi per vinto.
“Per favore!”, esclamò, salendo sulla nave e mettendosi dinanzi al capitano, che gli rivolse uno sguardo sorpreso dalla determinazione di quel giovane.
“Torna a casa dalla tua mamma, ragazzo!”, disse Killian alzando gli occhi al cielo, e Jim, a quella sua affermazione, si rabbuiò improvvisamente.
“Mia madre è morta”, esclamò il ragazzo con gli occhi tristi.
“E cosa mi dici di tuo padre?”, domandò Killian, osservandolo meglio.
“Mi ha lasciato”, rispose in un soffio.
Killian riuscì a scorgere nei suoi occhi i pensieri che gli attraversarono la mente in quel preciso momento: si era rivisto in Jim, e quel motivo bastò per decidere di prenderlo con sé, cambiando la sua vita e dandogli l'opportunità di viaggiare.
“Perché mi mostri tutto questo?”, chiese, voltandosi verso Milah.
“Perché è così che funziona questa maledizione”, rispose la donna con tono affranto. “Sei condannato a rivivere tutti gli eventi salienti della tua vita, anche quelli dolorosi”.
“Beh, non che ce ne siano di felici nella mia vita!”, esclamò lui di rimando.
Milah sorrise. “Adesso non esagerare, Killian”.
 
Well this hole in my heart, that I cannot abide.
Just want you to stay with me tonight”.

Di nuovo Killian si accorse che l'ambiente attorno a lui stava cambiando.
Ormai riusciva a capire quando stava per accadere, perchè ogni volta sentiva una forza invaderlo, una forza che non gli apparteneva, una forza che quando si manifestava, lo faceva sentire più leggero, per poi trasportarlo nel luogo in cui doveva trovarsi.
Killian si guardò intorno, riconoscendo il posto dove aveva vissuto uno dei pochi momenti felici in tutta la sua vita. Si trovava su una spiaggia, poco lontano dagli scogli, sui quali le onde del mare si infrangevano. Era lì che poteva vedere sé stesso affiancato dalla sua Milah.
Era un paesaggio estremamente romantico, dove il tramonto faceva da padrone.
Killian camminava tranquillo, mentre lei lo guardava di sottecchi.
“E' bellissimo qui”, esclamò Milah, osservando il sole mentre esauriva ormai la sua giornata, terminando in un tramonto roseo che rendeva il tutto ancora più splendido.
“Tu sei bellissima”, esclamò Killian mentre lei gli aveva dato le spalle.
“Grazie, capitano”, rispose lei con un sorriso, mentre lui continuava ad osservarla.
Da quando l'aveva “rapita”, le aveva mostrato tutte le bellissime terre che lei aveva sempre sognato e ci aveva messo un po' per capire che quella donna era fatta per stare insieme a lui, ma mai come allora sentiva l'incessante esigenza di stringerla fra le sue braccia. Forse era l'atmosfera o forse era semplicemente impazzito, ma quella donna non era come tutte le altre.
“Torniamo alla nave?”, domandò Milah, riprendendo a camminare.
“Non così in fretta!”, esclamò Killian, afferrandola per un braccio e attirandola a sé.
Senza darle il tempo di rendersi conto di ciò che stava per succedere, Killian premette le labbra sulle sue. Milah non oppose resistenza e ricambiò il bacio. Rimasero così per un tempo indefinito, illuminati solo dalla leggera luce del tramonto.
“Questo non lo consideri un ricordo felice?”, domandò la Milah “attuale”.
“Certo...peccato che sia andato, e come lui anche tu!”, esclamò lui in un soffio.
Era certo che Milah avrebbe trovato un modo per farlo pentire di quella affermazione e infatti fu esattamente ciò che decise di fare.
 
Conosceva quella sequenza a memoria.
Da quando Milah era morta, aveva rivisto ogni notte nei suoi incubi il momento preciso in cui Tremotino le aveva strappato il cuore dal petto ed in quel momento la stessa Milah glielo stava riproponendo, mostrandogli come Tremotino lo aveva immobilizzato, come aveva ucciso lei per poi privare Killian di una mano. Gli eventi scorrevano davanti ad i suoi occhi, ed erano sempre dolorosi ed in grado di suscitare i peggiori sentimenti.
Non contenta, Milah non si fermò a quello ma ciò che gli mostrò dopo fu anche peggio: Emma.
Emma che si imbarcava sulla sua nave. Emma che lo pregava di salire a bordo, mentre lui cercava di circuirla. Emma, le cui guance si coloravano di rosso, mentre Killian si avvicinava a lei, stuzzicandola. Emma che veniva salvata da lui, che aveva sacrificato l'ultimo fagiolo. Emma che leggeva a Daguerreo. Emma che lo pregava di restare per la festa. Lui ed Emma che ballavano. Il loro primo bacio.
Stava rivivendo ogni attimo, ogni sorriso, ogni carezza, ogni provocazione, ogni sospiro che si erano dedicati l'un l'altro. Se lo scopo di Milah era quello di farlo sentire il peggior verme sulla faccia della terra ci stava riuscendo ma doveva dargli il colpo di grazia.
 
Just help me through this moment
after everything I told you.
How the weight of
their loss is like the weight of the sun”.
 
Ecco che la vide di nuovo: Emma, in tutto il suo splendore. Era certo che ciò che stava vedendo risaliva al giorno in cui lei lo aveva visto nella cella di Tremotino. Indossava un vestito rosa pallido che le scendeva leggero sui fianchi e sulle gambe longilinee.
Era bellissima, come sempre, peccato che ci fosse un piccolo dettaglio a rendere quella scena straziante per Killian: era tra le braccia di sua madre, la quale la teneva stretta, dandole dei baci sulla fronte.
“Emma, allora lo hai ritrovato?”, domandò la regina, carezzandole una guancia.
“Peggio”, rispose lei allontanandosi e permettendo alla madre di guardarla in viso. “L'ho perso!”.
Scoppiò in un pianto sommesso, tornando ad abbracciare sua madre.
“L'unica cosa che doveva essere protetta è andata distrutta: il mio cuore” (3), continuò Emma tra le lacrime. “Non ero così importante da fargli abbandonare i suoi propositi di vendetta!”.
“Basta!”, ringhiò lui prendendo la testa fra le mani e voltandosi. Per quanto provasse ad allontanarsi quelle immagini si ripresentavano davanti ai suoi occhi, e tutto ricominciò dall'inizio: i suoi genitori, suo padre che lo abbandonava, Jim che si imbarcava sulla sua nave, lui e Milah che si baciavano, Milah che veniva uccisa da Tremotino, e poi tutto ciò che riguardava Emma.
Ad ogni ripetizione, mille lame gli attraversavano il petto e lui non sapeva come fermare tutto.
“Smettila. Interrompi tutto questo!”, urlò, sapendo che Milah stava osservando ogni cosa.
“Non posso, non dipende da me”, rispose lei con calma.
Killian stava decisamente impazzendo, e il limite della follia lo raggiunse nel momento in cui una mano, di cui riconobbe immediatamente il tocco, gli sfiorò il braccio.
“Emma”, sussurrò lui, senza avere il coraggio di voltarsi. La sentì ridere. “Non sei reale, vero?”.
Lei non rispose, appoggiò la schiena contro la sua, stringendo la sua mano.
“Cosa ti turba, Killian?”, domandò lei d'un tratto. “Cosa stai cercando?”.
“Io...sto cercando di essere perdonato”, rispose lui voltando leggermente la testa ed intravedendo soltanto i suoi capelli biondi. (4)
“E' tutta colpa tua, Killian Jones!”.
Killian trasalì. Non era più la voce di Emma.
 
I see their faces near me.
I hear their voices calling.
It was like their lives were over before they begun”.

Killian si voltò, impaurito per ciò che avrebbe trovato. Emma era sparita e al suo posto c'era l'ultima persona che potesse mai aspettarsi di vedere in quel momento: sé stesso. Rideva come se non avesse mai visto nulla di così divertente. Rideva come se stesse traendo piacere dalla visione di Killian devastato dai suoi stessi ricordi. Sguainò la spada contro di lui, alzando l'uncino a mezz'aria.
Killian rispose all'attacco. Combattere contro sé stesso era suggestivo quanto assurdo.
“Vedi, Killian Jones?”, domandò lui. “Questa è la tua condanna e la tua maledizione: lottare costantemente contro te stesso”.
Tutto questo avveniva mentre le immagini continuavano a scorrere davanti a loro, mentre Emma saliva sulla Jolly Roger. Killian cercò di colpirlo, ma venne prontamente fermato quando Hook incastrò la sua spada con la sua, impedendogli di colpirlo.
“Ti ha lasciato, Killian Jones”, esclamò lui, avvicinandosi al suo viso. “La tua Emma ti ha lasciato. Perchè mai doveva rimanere e perdonarti? Tu cosa hai da offrirle, a parte la tua continua voglia di vendetta? Piuttosto che stare insieme ad uno come te, preferisce essere una principessa, e quale principessa vuole stare insieme ad un debole?”.
“Stai zitto!”, ringhiò Killian, togliendo la spada dalla sua presa e provando nuovamente a colpirlo con la spada, per poi essere respinto.
“Proviamo a guardare una scena un po' diversa!”, continuò Hook, girandogli intorno, e a quel punto la scena cambiò per l'ennesima volta.
C'era Emma leggermente di spalle, ma aveva qualcosa di diverso. Sembrava più grande. Portava un vestito azzurro ed era ferma ad osservare qualcosa che Killian non riusciva a vedere.
“Emma!”, urlò Killian, sperando che lei si sarebbe voltata.
“Non può sentirti, Killian. E' tutto inutile. Lei ti ha dimenticato!”, esclamò, spingendolo via.
Qualcuno si avvicinò a lei e la strinse: un uomo, che sembrava essere un principe.
“Chi è questo che vedo?”, domandò Hook con un falso tono di tristezza, che nascondeva in realtà l'ironia più pungente, mentre Killian teneva lo sguardo fisso per terra. “C'è un altro al tuo posto. Si chiama lo sposo!” (5).
Approfittando di quel momento, Hook gli si avvicinò e gli infilò l'uncino nel petto.
Killian urlò quando sentì il metallo a contatto con il suo cuore che venne immediatamente estratto, provocandogli il peggior dolore che avesse mai sentito.
Hook mise il cuore nella mano sana e cominciò a stringerlo, facendolo gemere Killian, che per il dolore si accasciò completamente a terra.
Mentre Killian si contorceva, cercando inutilmente di combattere il dolore, Hook premette un piede sul suo torace e si abbassò leggermente, avvicinandosi al suo viso.
“Tu sei debole, Killian Jones e questo è il tuo destino”, esclamò in un soffio. “Tu morirai solo e senza amore. Come me...e come il nostro nemico: Tremotino”.
Lei poteva salvarlo, potevano stare insieme, forse per sempre. Si chiedeva sempre cosa ne sarebbe stato della sua vita da pirata, come avrebbe fatto a smettere di viaggiare e di sbarcare in nuove terre.
Eppure la verità era che Killian Jones usava tutte quelle domande come una scusa, una copertura per non sbarcare da sé stesso.
Killian stava diventando qualcuno da quando aveva conosciuto Emma: qualcuno di completamente nuovo, che aveva poco del vecchio Killian e di Hook. 
Aveva passato tutta la sua vita viaggiando alla ricerca di nuove terre e nuovi tesori, per cercare di appagare il vuoto che aveva nel suo cuore, quel vuoto che sembrava essersi riempito con l'arrivo di Milah per poi essere svuotato di nuovo, ma al suo posto era sopraggiunta la vendetta.
Aveva varcato tutti i mari. Aveva visto gli scogli più rocciosi e le montagne più alte. Aveva visto e attraversato tutte le città possibili ed immaginabili. Aveva visto i fiumi ed i laghi più grandi. Aveva affrontato le onde più insidiose. Tutti i tesori erano passati sotto i suoi occhi meditativi e tra le sue mani bramose di qualcosa che avesse importanza e che potesse dargli potere e ricchezza.
Aveva ucciso tutti coloro che avevano osato sbarrargli la strada.
Lui, Killian Jones, era forse il pirata più temibile del suo mondo, che durante la sua vita aveva probabilmente solo attraversato la monotonia di sé stesso. Lui, un terribile pirata, era crollato e aveva compreso l'inutilità della sua vita e della sua vendetta di fronte alle lacrime di una donna.
Nessun mare, nessuna terra, nessun tesoro gli interessavano davvero, né desiderava vederli.
Era un'altra cosa ad interessargli e l'aveva vista prima, mentre piangeva.
Il punto era che quella non era affatto una donna qualunque: era la donna che amava. Sarebbe voluto tornare da lei definitivamente per dirle che l'amava e che avrebbero passato insieme il resto della loro vita, senza vendetta, senza rancore, senza nient'altro che non fosse il loro amore.
In quel momento Killian sentì freddo, come se un vento avesse iniziato a soffiare. Era una sensazione strana e familiare, che non aveva nulla a che vedere con ciò che sentiva quando Milah gli mostrava i diversi eventi della sua vita.
Hook guardò in alto, e quando portò lo sguardo sulla mano sana, il cuore era sparito, per tornare magicamente nel petto del suo proprietario.
Killian si sentì improvvisamente forte, così forte che riservò un calcio ad un incredulo Hook, il quale rotolò a terra, mentre Killian si alzava in piedi, puntandogli la spalla al petto.
Rideva ancora, come se si stesse divertendo.
“Cosa hai da ridere?”, domandò Killian, alzando un sopracciglio.
“Forse non sei poi così debole”, rispose con un sorriso sarcastico, e volgendo gli occhi verso il cielo, mentre Killian continuava a sentire il freddo del vento.
Apparve Milah improvvisamente, che gli carezzò una guancia.
“Mi state portando da qualche parte adesso?”, chiese lui, guardandola.
“No”, rispose lei con un sorriso. “Ci sei semplicemente riuscito”.
“A fare cosa?”, domandò lui, confuso.
“A capire di amare qualcuno e a non avere più paura di perderlo”. (7)
 
We are, we are.
We are timeless, timeless.
Everything we have, we have”.

Dinanzi a lui, apparve l'entrata di Daguerreo, mentre Hook e Milah erano spariti.
Killian avanzò in direzione delle cascate. Ad ogni passo, il terrore aumentava, e con esso lo scrosciare dell'acqua davanti a sé. Forse stava di nuovo per rivivere la scena di lui che veniva maledetto da Regina. Si stava preparando a quella tortura, quando un vecchio lo urtò.
“Mi scusi, giovanotto. Sta bene?”, domandò lui, rammaricato.
“Sì, non si preoccupi”, rispose Killian con voce tranquilla, mentre il vecchio si allontanava.
Scosse un attimo la testa, rendendosi conto di ciò che era appena successo. Si osservò con attenzione: era tutto intero ed il suo uncino era tornato, ma forse faceva parte dell'illusione.
Corse verso il vecchio, non molto lontano da lui.
“Scusi, buon uomo!”, esclamò Killian con fare agitato. “Lei mi vede? Riesce a toccarmi?”. (6)
“Ovvio, ragazzo. Si sente bene?”, chiese il vecchio, ridendo e dandogli una pacca sul viso.
Killian Jones sentiva l'odore dell'acqua. Sentiva il vento contro il suo viso. Sentiva il peso del suo corpo, il battito calmo del suo cuore e la leggerezza di tutto ciò che lo circondava.
Si sentiva vivo di nuovo e quella sensazione era la conferma che non era più in quel luogo orribile.
In quel momento capì che sarebbe riuscito a risanare tutte le ferite e non solo quelle che si era procurato, ma anche quelle che aveva causato a qualcun altro.
“Mai stato meglio!”.
 
You are, you are
the only thing that makes me feel like
I can live forever, forever
with you, my love”.

 
 
Note:
 
  • (1) solo una precisazione: la concezione del tempo è diversa nel luogo in cui si trova Killian, cioè mentre a lui sembrano passare minuti ed ore, nel mondo reale sta passando molto più tempo.
  • (2) altra precisazione sulla maledizione che ha colpito Killian: allora all'inizio l'idea era quella di usare la maledizione del sonno oppure un'altra che si spezzasse sempre con il bacio del vero amore ma sinceramente mi sembrava troppo facile, perchè sarebbe bastato il loro bacio, così ho provato a pensare diversamente. Ripensando un giorno a Final Fantasy 8, mi è venuto in mente che il protagonista alla fine del gioco si trova in una compressione temporale dalla quale non riesce ad uscire, fin quando non sente le voci dei suoi amici e della ragazza di cui è innamorato che lo riportano fuori: da lì ho avuto l'idea, perchè visto che Hook è un personaggio comunque complesso, ho pensato che per farlo redimere avesse bisogno di un percorso più complesso. Spero che l'idea non faccia pena.
  • (3) frase detta da Snow nella 1x10;
  • (4) questa scena è ispirata a quella tra Cloud e Aerith in "Final Fantasy VII: Advent Children";
  • (5) mentre scrivevo il duello tra i due mi è subito venuto in mente il film Peter Pan e non ho potuto fare a meno di inserire questa frase, detta proprio da Hook nel film;
  • (6) faccio un'altra precisazione: nel momento in cui Killian ha spezzato la maledizione, è sempre passato diverso tempo, per il fatto che la concezione del tempo è diverso (come sull'Isola che non c'è alla fine). Ad ogni scenario che cambia, nel mondo reale passa sempre più tempo. In questo caso sono passati addirittura due o tre anni, poi lo preciso meglio nel prossimo capitolo;
  • (7) le frasi segnate da questo numeretto sono citazioni tratte dal libro di Massimo Gramellini, "L'ultima riga delle favole";
  • (8) le frasi che ho messo in inglese sono di una canzone che vi consiglio di ascoltare perchè è stupenda (inoltre l'ho sentita proprio in un promo di OUAT): “Timeless” - The Airborne Toxic Event.
 
Ecco il capitolo, con un po' di ritardo ma ce l'ho fatta. Allora credo di aver spiegato tutto nelle note quindi non vi sto a ripetere tutta la spiegazione noiosa sulla maledizione e su come funziona. Spero che si sia capito e che l'idea non vi sia sembrata stupida, ma ricorrere sempre alla maledizione del sonno o ad una qualsiasi che si spezzasse con un bacio mi sembrava scontato.
Spero che vi sia piaciuto. Mi scuso se è un po' lunghetto rispetto agli altri. E' stato un po' difficile scriverlo ed è molto ma molto introspettivo e spero di non aver fatto un disastro, in quel caso vi incito sempre al lancio di ortaggi u.u Ovviamente se ci sono errori, vi invito a farmelo presente :)
Lasciate un commentino se vi va, anche piccino piccino :)
Alla prossima con l'ultimo capitolo (mi piange il cuore ç_ç) e un grazie sconfinato a tutti coloro che leggono/recensiscono/mettono tra i preferiti e le seguite :3
A presto, un abbraccio :*

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Capitolo 14
*** Epilogo ***


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Epilogo
 
Due anni dopo (1)
 

“Stai scherzando, vero?”.
Mulan fissava Jim come se avesse la seria intenzione di tagliargli la gola da un momento all'altro.
Il ragazzo le sorrideva con espressione convinta e reggendo tra le mani quello che sembrava essere un vestito da cerimonia, un vestito che non rientrava per niente nello stile della guerriera, che aveva scelto di indossare l'armatura, ma Jim non sembrava molto d'accordo. Per questo, le aveva mostrato un vestito, di dubbia provenienza, sicuramente molto bello ma ben diverso da quelli che era solita indossare: era fatto di pura seta e alternava colori che rientravano nelle sfumature del viola e del rosa, somigliava vagamente ad un kimono (2). Mulan lo osservava, alzando un sopracciglio, e toccandolo con espressione quasi disgustata, al solo pensiero di dover indossare quel vestito.
“Non vorrai dire che è brutto?”, chiese Jim con tono indignato.
“Certo che no!”, rispose lei, portando le mani sui fianchi. “Solo che non è nel mio stile”.
Jim sbuffò, alzando gli occhi al cielo. “Mettilo, così sembrerai finalmente una donna!”.
Mulan dischiuse la bocca e rimase a fissarlo, indecisa sul prenderlo direttamente a schiaffi o limitarsi ad un insulto.
Stranamente, optò per una soluzione ben diversa.
Prese il cappello di Spugna, che giaceva sul tavolo, e glielo lanciò contro, colpendolo dritto in faccia.
Il ragazzo spalancò la bocca con una finta espressione offesa.
“Vuoi fare a pugni eh?”, domandò in tono giocoso e mettendosi in posizione d'attacco. “Coraggio, fatti sotto. Non mi faccio alcun problema contro una ragazza”.
Mulan lo guardò con espressione di sufficienza. “Sai che potrei farti a brandelli”.
“Brandelli?”, domandò lui, allargando le braccia. “Come siamo violenti!”.
“Ragazzi!”. La voce di William mise fine a quel battibecco dai toni tutt'altro che aggressivi. “Avete finito? Tra non molto dobbiamo andare!”.
William sembrava quasi un nobile, altro che pirata. Era vestito in modo così decente che per un attimo Jim fece quasi fatica a riconoscerlo, mentre Mulan inclinò la testa di lato, osservandolo.
“Sembri un damerino”, esclamò il ragazzo sorridendo. Si voltò verso Mulan, notando il modo rapito in cui lo stava squadrando, e alzò un sopracciglio, divertito.
“Ti piace quello che vedi?”, domandò, voltandosi verso di lei.
La ragazza lo guardò male, arrossendo lievemente e afferrando il vestito, per poi uscire.
“E' solo per oggi!”, rispose William con tono pacato. “Infatti tu domani torni a lavare il ponte!”.
Jim sospirò pesantemente, cominciando a lagnarsi.
“Ancora? Insomma, non hai altre mansioni più interessanti da farmi svolgere?” domandò annoiato. “Tipo stare al timone e cose del genere? Perchè devo fare ancora il mozzo di turno?”.
“Perchè mi diverte farti sgobbare come un matto”, rispose lui con tono estremamente divertito.
William era certo al suo capitano quella scena sarebbe piaciuta. Era certo che li avrebbe guardati con espressione divertita e compiaciuta, perchè tutti erano al corrente del fatto che Killian amava far lavorare Jim solo per il gusto di farlo irritare, come un bambino che fa i capricci. Da quando Killian era finito chissà dove, era stato lui a prendere il comando della nave, sotto il volere generale della ciurma, che sembrava voler onorare quello che sarebbe certamente stato il desiderio del loro capitano, il quale aveva sempre sottolineato quanto William gli fosse secondo.
L'uomo scosse la testa, allontanando il pensiero del suo capitano, e si sistemò la giacca.
 
Snow osservava i due vestiti, che Christine aveva meticolosamente disteso sul letto, ed era sempre più indecisa, ma soprattutto nervosa in maniera quasi maniacale.
Si guardò allo specchio, riflettendo su quello che indossava al momento: era azzurro e senza spalline, ma andava bene per la madre di quella ragazza che un giorno sarebbe stata regina?
“Snow”. La voce di suo marito la portò per un attimo alla realtà: “Sei ancora qui?”.
“Non so quale vestito mettere”, rispose lei sconsolata. “E non so se questo va bene”.
“I vestiti da indossare non sono mai stati un problema per te”, osservò il re con tono divertito.
“Già...fino ad ora”, asserì la regina, prendendone un altro e osservandolo incerta.
“Io voto per questo”, esclamò lui, indicando il vestito che la moglie indossava.
L'azzurro ti dona”, Charming sorrise soddisfatto della propria affermazione (3).
La donna sfoggiò un sorriso luminoso, voltandosi verso suo marito e carezzandogli la guancia con la mano, come per ringraziarlo, e sfiorando il naso con il suo.
“Ormai Emma ha preso la sua decisione”, continuò l'uomo con tono fiero. “Lei romperà tutti gli schemi, me lo sento. Non è come le altre principesse, come la madre d'altronde”.
Charming scoccò un bacio dolce a Snow, circondandola con le sue braccia e avvolgendola in uno dei suoi abbracci caldi e confortanti. Ogni volta che suo marito la stringeva era come tornare a tanti anni fa, quando ogni abbraccio nascondeva sempre un addio, dovuto alle loro separazioni continue. Ora era diverso. Ogni volta che lo stringeva, sapevano entrambi che una volta sciolto l'abbraccio nessuno dei due sarebbe andato via e nessuno dei due avrebbe iniziato a correre, perchè inseguito dalle guardie del re o da quelle di Regina.
 
Emma osservava la grande porta dinanzi a sé, sfregando le mani con fare nervoso.
Sarebbe svenuta lo sentiva. Aveva un senso di nausea insopportabile e sperava con tutto il cuore che non sarebbe peggiorato, una volta che si fosse ritrovata davanti a tutto il regno.
Stava per parlare davanti ad un numero a dir poco indefinito di persone. La consapevolezza di ciò che sarebbe successo a breve le fece mancare temporaneamente il respiro.
Cercò di soffermare la sua attenzione su qualcos'altro, senza risultato, perchè ogni volta finiva per distrarsi ma in quel momento decise di trovare un punto indefinito del muro da osservare.
La principessa venne scossa dall'arrivo di sua madre, che le carezzò dolcemente le spalle.
“Sei pronta, tesoro?”, le chiese con tono apprensivo.
“Pronta a gettarmi dal balcone?”, domandò la ragazza in tono di scherno.
Snow sorrise e le rivolse uno sguardo di pura e totale comprensione.
“Sarai meravigliosa”, esclamò, cercando in qualche modo di confortarla. “Adesso vai”.
 
Per un attimo, Emma pensò seriamente di fare dietro front e tornare dentro, pur di non stare lì imbambolata e pronta a parlare davanti ad una schiera di persone, che la osservava in tanti modi diversi. Poteva scorgere diverse emozioni sui loro volti. Alcuni la guardavano ammirati, altri la guardavano speranzosi, altri la guardavano sconcertati e lei si sentiva completamente indifesa, perchè il timore di deludere le aspettative che quelle persone avevano verso di lei era seriamente troppo forte per essere appianato da un solo respiro profondo.
In quegli ultimi due anni, Emma aveva palesemente rifiutato diverse proposte di matrimonio da principi il cui scopo era quello di stabilire un'unione che potesse giovare ad entrambe le famiglie, ma la ragazza aveva da sempre dimostrato quanto non tollerasse quel tipo di matrimonio.
La cosa che all'inizio le era sembrata più strana era stato l'appoggio dei suoi genitori, rispettosi della sua scelta di non sposarsi fin quando non l'avrebbe ritenuto opportuno.
Emma voleva un amore come quello dei suoi genitori e forse dopo l'ultima esperienza non le sarebbe più capitato di incontrarlo, ma questo non voleva certo dire buttarsi in un matrimonio.
Non tutti i cittadini condividevano il suo pensiero, e lei, in veste di principessa e futura sovrana, aveva il compito di conquistare il favore e soprattutto l'amore del suo regno.
Respirò ancora, cercando di trovare la calma necessaria e con tutto il coraggio che aveva in corpo, cominciò a parlare, sperando che non le sarebbe mancata la voce.
“Salve”, esclamò in tono allegro e pentendosi subito del tono troppo confidenziale che aveva appena assunto.
Forse doveva essere più rigida, ma infondo aveva soltanto ventuno anni, cosa potevano aspettarsi da una ragazza? Uscì per un attimo dai suoi viaggi mentali e continuò a concentrarsi su quello che stava avvenendo sulla terra.
“So che molti non hanno condiviso il mio pensiero riguardante il matrimonio”, continuò Emma, cercando di nascondere un leggero tremolio nella voce. “Eppure, è mio dovere spiegare il motivo della mia decisione, che non intendo affatto cambiare. Mia madre è sempre stata una donna forte e coraggiosa. Ha cercato di educarmi secondo ciò che si concerne ad una principessa. Se non ci fosse stata un'altra persona (4) intenta a prendere il posto di regina, mia madre si sarebbe ritrovata a governare, dopo la morte del re, e senza alcun marito al suo fianco. I miei genitori hanno celebrato il loro matrimonio per amore, dopo aver concluso un'estenuante lotta contro coloro che ostacolavano non soltanto la loro felicità personale ma anche quella di intero regno e per questo erano e sono anche adesso amati immensamente da tutti noi. Io posso dire con assoluta certezza che mi hanno educata in modo alquanto impeccabile e so che forse non sono esattamente la classica principessa che qualcuno potrebbe aspettarsi, ma in effetti mia madre Snow non rientrava certo nei canoni di una perfetta principessa, visto il passato da fuggiasca”.
Emma sentì qualcuno ridere, e la tensione cominciò leggermente a diminuire, mentre Snow alzava gli occhi al cielo, sotto lo sguardo divertito di Charming, per l'osservazione appena fatta da Emma.
Io so di poter essere una grande regina un giorno. Nel mio cuore sento di essere in grado di governare questo regno, come i miei genitori mi hanno insegnato. Tutto quello che ho vissuto fino ad ora, in particolare la mia fuga, mi ha permesso di capire quanto io sia stata egoista e infantile, scappando dal mio vero dovere. Mia madre ha cercato di farmelo capire per tanto tempo ma evidentemente serviva anche l'aiutino di qualche pirata".
La principessa sentì un urlo gioioso arrivare alle sue orecchie, ed ebbe modo di vedere Jim che esultava, battendo le mani e sorridendo, beccandosi un'occhiataccia da Mulan e uno schiaffo dietro la testa da William.
Emma abbassò lo sguardo, leggermente imbarazzata ma felice del fatto che fossero tutti lì, solo per quel giorno.
“Io ho intenzione di restare qui con voi e con la mia famiglia, pronta, un giorno, a prendere il mio posto come regina. Tuttavia, intendo rompere la tradizione, salendo al trono senza un marito che mi sia stato affiancato per il semplice gusto di farmi sposare. I miei genitori sentono che ognuno di noi dovrebbe essere libero di scrivere il suo destino, lasciandosi guidare dal proprio cuore”.
Ci fu un attimo di silenzio ed Emma ebbe il timore che si sarebbe ritrovata a fare i conti con cittadini del tutto insoddisfatti ma quello che invece vide la lasciò a dir poco sorpresa: sorridevano. Tutti quanti sorridevano e un entusiasmo generale cominciò a farsi strada tra la folla, che cominciò a battere le mani, felice per il modo fermo e convincente in cui Emma aveva espresso la sua decisione, che aveva evidentemente colpito i loro cuori.
Emma emise un sospiro pesante, liberandosi da tutta la tensione che aveva accumulato in tutto quel tempo, e si lasciò andare ad un sorriso felice e soddisfatto. Era da tanto che non sorrideva in quel modo. Era da tanto che non si sentiva così bene.
Credeva che dopo la vicenda di Killian non sarebbe mai più stata in grado di farlo. Il pensiero di lui la rabbuiò un attimo, ma sapeva nel profondo del suo cuore che lui sarebbe stato fiero di lei, e l'avrebbe probabilmente presa in giro, come sempre.
Mentre suo padre le circondava la vita con il braccio e sua madre le poggiava dolcemente le mani sulle spalle, ad Emma sembrò quasi di vedere Killian tra la folla. Sorrise, convinta che la sua mente non stesse facendo altro che giocarle l'ennesimo scherzo.
Non era la prima volta che si illudeva di vederlo non molto lontano da lei.
Killian era ovunque: nei suoi sogni, nella sua mente, nel suo cuore.
L'accompagnava ogni giorno e in ogni singolo gesto che faceva, senza mai lasciarla sola.
Continuò ad osservare il punto in cui credeva di averlo visto. Di solito, ogni volta che le sembrava di vederlo, le bastava sbattere le palpebre un paio di volte per rendersi conto che era solo una mera illusione, ma quella volta, per quanto si sforzasse, la figura di Killian era ancora nitida tra la folla.
Lo sguardo di Emma si fece così confuso e cupo, che i suoi genitori non tardarono ad accorgersene.
Killian era lì immobile e la fissava sorridendo, proprio come se avesse assistito a tutta la scena ma Emma non sapeva se fosse reale o se fosse ulteriormente impazzita.
Si voltò verso sua madre, come per cercare conferma, e quando incontrò il suo volto, vide un luminoso ed enorme sorriso farsi strada su di esso, mentre osservava la figura che Emma aveva visto per davvero. Non era un'illusione. Suo padre aveva la bocca dischiusa in un'espressione di assoluta sorpresa, e guardò sua moglie, in modo agitato. Snow liberò Emma dalla sua presa e si avvicinò al marito, mentre Emma entrò nel castello, correndo, per raggiungere il punto esatto in cui si trovava Killian.
“Vedi anche tu quello che vedo io?”, domandò Charming con sguardo corrucciato.
Snow rise di gusto. “Eh già”, rispose, guardandolo con un sopracciglio alzato.
“Questo vuol dire che sposerà un pirata?”, chiese il re, con fare preoccupato, mentre Snow era palesemente divertita dal modo in cui suo marito si stava agitando.
“Adesso non cominciare, tesoro”, esclamò la regina, carezzandogli i capelli per poi passare al suo viso incerto. “Di questo potrai preoccuparti tra qualche anno”.
Charming si voltò di scatto verso sua moglie, che continuava a sorridere divertita, mentre osservava Killian ancora lì fermo in attesa dell'arrivo della sua principessa.
 
Emma correva con agitazione. Era nervosa, sorpresa, confusa. Troppe emozioni si facevano largo nel suo animo per ciò che aveva appena visto.
Possibile che fosse tutto vero? Possibile che aveva visto Killian?
Possibile che fosse davvero tornato? Credeva di averlo perso per sempre. Per mesi aveva cercato aiuto, rivolgendosi non soltanto a Tremotino e sperando che ci fosse un modo per riportarlo indietro ma nessuno sembrava convinto che Killian potesse farcela.
Se invece quello non fosse lui ma solo qualcuno che ne aveva assunto le sembianze?
Continuò a correre, precipitandosi fuori dal palazzo, e raggiungendo il centro della piazza, dove troppe persone le ostacolavano il passaggio. Emma cercava di farsi spazio, urtando diverse persone e facendosi urtare a sua volta. Poteva vedere Killian in lontananza, ancora fermo, come fosse una statua. Accelerò ulteriormente il passo, cercando di raggiungerlo.
Ad ogni passo, Killian si faceva sempre più vicino, fin quando Emma non poté finalmente gettargli le braccia al collo e constatare che quella volta non aveva attraversato la sua figura.
Era lui, in carne ed ossa.
Poteva sentire le sue spalle, le sue braccia, il suo torace, il suo respiro.
Era davvero lui e non era un fantasma.
Emma serrò i pugni e prese a colpire il suo petto, mentre le lacrime si facevano strada.
Killian le fermò i polsi con estrema dolcezza e la guardò in viso. Era passato del tempo ma la sua Swan era sempre lì, che lo guardava sconvolta e felice allo stesso tempo. Dietro quegli occhi colmi di lacrime c'era la ragazza impertinente che si era intrufolata sulla sua nave, la ragazza che aveva rischiato la sua vita per evitare che qualcun altro pagasse le conseguenze di una maledizione destinata a lei, la ragazza che cercava sempre il modo di contraddirlo, la ragazza che aveva abbattuto quel muro che Killian aveva costruito con tanto impegno.
Non erano poi così diversi loro due, e forse quel particolare aveva contribuito alla distruzione di quel dannato muro, che aveva permesso a Killian di salvarsi e di tornare da lei una volta per tutta.
“Ho un problema, Swan”, esclamò lui, portandole una ciocca dietro l'orecchio.
“E quale sarebbe?”, domandò lei, osservandolo con sguardo sconcertato.
“Sono innamorato perso della principessa”, rispose Killian, inclinando la testa di lato e regalandole uno dei suoi soliti sorrisi. “Credi che lei mi voglia ancora?”.
Emma sorrise. Poteva sentire il viso farle male per quanto aveva iniziato a sorridere. Non rispose. Semplicemente lo baciò, avvolgendolo maggiormente con le sue braccia, mentre lui la stringeva, portando le mani all'altezza della sua vita, come desiderava fare da tanto tempo.
Killian sorrideva sulle sue labbra. Non aveva fatto altro che nascondersi. Aveva sempre nascosto il suo dolore e con esso anche la capacità di amare ancora, perchè lui un tempo era stato in grado di amare e con Emma era tornato a farlo di nuovo. Non era troppo tardi per loro due.
Non c'era bisogno di aggiungere altro. Killian era lì davanti a lei, ed Emma non aveva bisogno di vedere nient'altro. il fatto che fosse lì a stringerla significava tutto. Significava che aveva lottato per tornare, che aveva capito finalmente e che aveva messo da parte tutto ciò che fino a quel momento gli aveva impedito di abbandonarsi a lei.
Finalmente erano insieme e nessuno li avrebbe divisi un'altra volta.
Lo sapevano. Se ne rendevano conto ad ogni bacio e ad ogni carezza che si stavano donando, perchè erano stati lontani per tanto e per troppo tempo.
Erano finalmente pronti ad avere ciò che spettava loro di diritto: un lieto fine.
 
 


Note:
 
  • (1) sono passati due anni non nel senso che Killian ci ha messo due anni per arrivare nel regno di Emma, ma nel senso che mentre lui era sotto la maledizione sono passati due anni;
  • (2) questo vestito richiama leggermente quello di Mulan nell versione disney;
  • (3) piaciuto il gioco di parole? :);
  • (4) la persona interessata di cui parla Emma è Regina.
  • (5) il discorso di Emma richiarma leggermente quelli di "Ribelle - The Brave" e "Pretty Princess".
     
Eccomi qui. E' finita!
Chiedo scusa se qualcuno si aspettava un colpo di scena o un capitolo più ricco di azione ma l'idea del finale per me era sempre stata questa. Avevo intenzione di farli ricongiungere senza drammi e senza nessun intoppo perchè credo semplicemente che di intoppi ne abbiano avuti abbastanza.
Ho la sensazione che questo epilogo vi possa lasciare delusi, ma spero sempre che non sia così, in quel caso posso solo dire che mi dispiace davvero tanto. L'idea iniziale era quella di far morire Killian ma sono un'amante dei lieti fini quindi non potevo che far prendere alla storia questa direzione. Allora, spero che questa storia vi sia piaciuta, non credevo che l'avrei finita, e se l'ho fatto è stato soltanto grazie a tutte quelle persone che mi hanno sostenuta ed incitata a continuare, quindi grazie grazie grazie e grazie. Non finirò mai di dirlo, siete stati tutti grandiosi :)
Se ci sono errori vi infito sempre a farmelo presente ^^
Alla prossima storia (spero di scriverne un'altra presto o tardi)!
Ancora grazie a tutti coloro che hanno letto/recensito/messo tra le seguite e le preferite, siete stati dei veri tesori e vi ringrazierò fino alla nausea!
A presto, un abbraccio :*

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