Giochi? di martiu (/viewuser.php?uid=21488)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Festa? No, grazie. ***
Capitolo 2: *** Chili di gelato e un classico polpettone romantico ***
Capitolo 3: *** Cerniere galeotte e Razionalità in ferie ***
Capitolo 4: *** Nessun rimpianto ***
Capitolo 5: *** Raddoppi o Lasci. Giochi o non giochi? ***
Capitolo 6: *** Risveglio – Riconoscimento - Realizzazione ***
Capitolo 7: *** E non credermi, Amore, quando ti dico che è finita.. ***
Capitolo 8: *** Pagine di Diario - Il paradiso ***
Capitolo 9: *** Pagine di Diario - L'inferno (parte I) ***
Capitolo 10: *** Pagine di Diario -L'inferno (parte II) ***
Capitolo 11: *** Pagine di Diario - La rinascita ***
Capitolo 12: *** Azzurro in Nocciola ***
Capitolo 13: *** Epilogo - Quelle notti tra cosce e zanzare.. ***
Capitolo 1 *** Festa? No, grazie. ***
festa no grazie
Capitolo 1. Festa?
No, grazie.
Decise
di abbandonare la pista, e andarsi a sedere al tavolo, alla decima
canzone
‘solo per coppie’.
Lei NON era in coppia
con qualcuno, il suo unico partner quella sera era stato qualche
bicchiere di
vino.
Tuttavia, era davvero felice, anzi felicissima. Era felice
perché la sua
amica era felice.
Bra,
la sua amica di sempre, così delicata nella
sua forma, così ammirata e venerata, sembrava
così splendida nel suo abito da
sposa che era difficile non essere felice per lei.
Era bella stasera, ma poi
lo era sempre stata. Bra era sempre stata conosciuta per
il suo look, così non fu una sorpresa che si
sposò per prima.
Né fu
sorprendente chi aveva sposato. Il suo migliore amico, il suo
confidente, il
ragazzo che aveva avuto una cotta per lei per tutta la sua vita, Uub.
Ed
era altrettanto meno scioccante che Pan era sempre
stata la damigella della sposa, ma mai
la
sposa.
Era
ancora un più odioso clichè, il fatto che mentre
Pan aveva sperato di vedere il bouquet atterrare tra le mani, come se
ci fosse
una sorta di voto segreto da parte della buona sorte che le era
accanto, la
donna che l’aveva afferrato le non aveva nemmeno lasciato
intravedere la minima
speranza.
Marron
l’aveva afferrato al volo ed era risaputo che
lei aveva messo gli occhi su Goten già da un po’.
Quindi entrambe le ragazze con
gli occhi azzurri erano state accontentate nel loro desiderio e
dov’è che
avevano lasciato Pan?
Con
una confezione di gelato e in un appartamento vuoto,
sopra il ristorante che dirigeva. Oh sì, aveva dimenticato
di aggiungere alla
lista un paio di film romantici a tenerle compagnia. Forse poteva
essere felice
da sola. Poteva avere un cane e potevano diventare migliori amici.
Sì, sembrava
carino come
finale.
Si
guardò intorno lentamente, controllando che nessuno
stesse guardando.
Sapeva
che se
avesse annunciato i suoi piani, ovvero
andare
a casa, avrebbero voluto tirarla di nuovo nella mischia. Lo avevano
sempre
fatto, dicendo che era come impantanata nel fango e che doveva uscirne,
aveva
bisogno di imparare a ‘fare festa’, a divertirsi
come ogni 22enne doveva fare.
Ma lei non era veramente interessata a 'imparare a fare festa'.
E non aveva
bisogno di assistenza, e
tante grazie.
La
musica pompava ad alta voce
e lei poteva sentire la risata di Bra che si alzava sopra quella degli
altri,
mentre gettò gli occhi al cielo a guardare le
stelle.
La
carnagione della luna
stava diventando più scura e le nuvole si muovevano
velocemente.Stimò che
presto il party sarebbe finito, era in arrivo una tempesta,
così lei non
avrebbe dovuto preoccuparsi di qualcuno che la invitasse a ballare, in
un
disperato tentativo di farla divertire. Si alzò furtivamente
dal tavolo,
evitando lo sguardo dei suoi genitori dall’altro lato della
pista. Tentavano di
ballare. Cioè, sua madre tentava di ballare, suo padre
sembrava più un orso
ubriaco. Ridacchiò osservandoli.
Non
avrebbe preso l’air-car, avrebbe fatto
troppo rumore e avrebbe attirato l’attenzione dei presenti.
Avrebbe fatto due passi.
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Capitolo 2 *** Chili di gelato e un classico polpettone romantico ***
Capitolo
2.
Chili di gelato e un classico polpettone romantico
Camminava
a piedi, per fortuna il suo appartamento non
era molto distante. Era difficile per lei camminare sui tacchi alti,
specie in
quelle condizioni, con il vento che sembrava prenderla a calci,
così inciampò e
perse l’equilibrio.
I
suoi capelli, che erano raccolti in una crocchia
sulla sommità del capo, si incastrarono in un ramo di un
albero vicino.
Raddrizzò
il suo corpo come meglio poteva, rendendosi
conto che non poteva alzarsi senza stracciarsi i capelli o in
alternativa
rompersi la caviglia, ma comunque tentò di liberarsi varie
volte dalla morsa
del diabolico albero. Ma lui non aveva intenzione di lasciarla andare.
Allungò
la mano indietro, ma i suoi movimenti erano goffi e impacciati a causa
dell’alcol che aveva ingerito, e non riuscì
comunque a liberarsi.
"Maledizione".
Mormorò, con una smorfia
leggera.
Provò
di nuovo a tirare la testa in avanti, ma si fermò
quando si accorse che così facendo, avrebbe strappato i
capelli direttamente
dal cuoio capelluto e si aggrappò all'albero. Sospirando,
spostò il suo corpo
indietro, lentamente e goffamente perché non poteva
assolutamente stare in
piedi per il modo in cui era tenuta prigioniera. Poi cercò
di manovrare le mani
in modo che potesse afferrare i capelli e tenerli fermi al ramo, mentre
cercava
di spezzare solo il ramo e non anche i suoi capelli.. anche questo
piano per
ottenere la libertà si rivelò
fallimentare..improvvisamente la musica in
sottofondo suonava molto invitante, che fosse solo per coppie o meno.
Praticamente
doveva attendere che qualcuno avesse avuto
voglia di fare una passeggiata e aiutarla. Se mai ci fosse stato un
qualcuno. Aprì
la bocca per urlare, ma si rese conto che era troppo lontana ora, anche
con dei
Saiyan dall’udito incredibilmente sensibile alla festa. Non
l’avrebbero mai
sentita con quella musica assordante. Così lei era bloccata,
con il suo nuovo il
migliore amico, un albero, forse per il resto della notte. Che
splendida
combinazione eh?
"Dai
Signor Albero, concedimi una pausa."
Sospirò, cercando ancora di muovere le mani in modo che
potesse raggiungere la
corteccia, un po' nel panico ora che si era resa conto che era
completamente
incastrata. "Senti, tu mi sembri un bel albero, ma io non sono
interessata
a-"
"Ehi,
voi due, volete essere lasciati da
soli?" Una voce calda, molto familiare la raggiunse, era dietro di lei,
sentiva le risate trattenute nella sua domanda. Lei saltò
leggermente al suono
della sua voce, torcendo il corpo più che poteva e girando
la testa leggermente
in modo da vedere un paio di gambe fasciate da uno smoking.
Grazie
a Dende. Il
calvario era finito.
"Trunks?"
La sua voce era sollevata. Le gambe
di lui si mossero verso di lei prima che la voce rispondesse.
"Sì,
sono io ... Che stai facendo?" Poteva
quasi vedere il sorriso sul suo volto, sentirlo nella sua voce.
Che
razza di domanda stupida. Che cosa sembrava che
stesse facendo? Lei dovette mordersi il labbro prima di rispondere, per
mantenere la rabbia, per impedirsi di urlare. Fece un respiro profondo
e poi
tentò di alzare le spalle.
"Oh,
sai ... amo stare appesa agli alberi.” Sentì
la sua risata ancor prima che finisse di rispondergli.
"Ah
ah, molto divertente." La risposta fu secca
e sarcastica.
"Beh
mi dispiace ma io non mi sento molto incline
all’essere spiritosa ora. Sai, quest’albero
è davvero un prepotente, non vuole
proprio lasciarmi.. in più mi si stanno stracciando i
capelli..e fa male!"
"Posso
aspettare il mio turno." Lo vide
oscillare avanti e indietro sui suoi piedi. Meschino.
"Stai
godendo di tutto questo, non è vero?"
"Non
dovrei?"
"Per
quanto tempo ancora hai intenzione di restare
lì impalato come uno stoccafisso?" Lui ridacchiò
e lei abbassò le spalle.
"Sto
cercando di decidere. Dammi qualche
minuto."
"Trunks!"
lo castigò, con rabbia nella voce.
"Pan!"
Lui ricambiò, imitando il suo tono.
"Hai
intenzione di aiutarmi?" Era un appello
disperato.
"Non
lo so ... penso di tornare più tardi, quando avrò
avuto la possibilità di valutare i pro e i contro."
Lui
era a malapena in grado di mantenere le risate
dentro la gola, e se lei fosse stata libera gli avrebbe sicuramente
tirato un
pugno in faccia. Fece per dargli un calcio, ma Trunks si
spostò fuori dal suo
raggio d’azione, che era comunque molto limitato. Vide le sue
gambe girarsi e
il panico invase ogni parte del suo corpo. Stava per lasciarla
lì!
"Trunks,"
iniziò con un tono di avviso. Fece
una pausa. "Se mi lasci qui ho intenzione di ..." Lei
sbuffò,
cercando disperatamente di trovare qualcosa prima che lui se ne andasse.
"Sì?"
la prese in giro e lei sapeva che aveva
sollevato un sopracciglio, in previsione di quello che stava per
ribattere.
"Io
... Io ti..ti..” Lei emise un altro sospiro,
sconfitta. "Va bene, non posso davvero fare nulla per ora, ma una volta
che sarò uscita da quest’impiccio - Ed ho
intenzione di uscirne quanto prima – io
ti -"
"Questo
sì, che è un vero incentivo per
aiutarti." L’aveva interrotta prima che potesse fare la sua
minaccia.
"Inoltre.." continuò. "Ho la sensazione che
l’unica cosa per
liberarsi, sia cedere alle lusinghe della corteccia.”
Lei
gemette forte, le narici dilatate per la rabbia.
"Ma
bravo, fai anche dell’umorismo. Semplicemente fantastico."
La sua fronte si era corrucciata automaticamente, un suono
piagnucolante
proveniente da qualche parte nel profondo della sua gola. "Trunks,
aiutami."
"D'accordo."
Tornò verso di lei, il suo corpo
si fermò proprio quando la testa di Pan colpì il
suo petto, e allungò le
braccia per districare i capelli. Si sporse verso di lui, respirando il
suo
profumo, e cominciò a
rilassarsi, sapendo
che la libertà era vicina. Ora che lui era lì, e
lei era appoggiata contro di
lui, che era caldo e confortevole, si sentiva già meglio.
"Perché
comunque hai intrappolato i capelli in
questa ‘cosa’,
sono tutti ammucchiati
sulla testa?" Le chiese mentre lavorava, cercando non senza
difficoltà di
sciogliere i grovigli che si erano formati: la situazione si era
parecchio
aggravata a causa di tutto il movimento che aveva fatto.
"Fa
parte del pacchetto ‘damigella d’onore’,
Trunks. Non potevo farmi una coda di cavallo o indossare la mia vecchia
bandana, ora potrei -ahi!" La sua voce vacillò, e presto
svanì in un 'ahi'
mentre stringeva i denti per il dolore.
"Mi
dispiace." Si scusò, facendo una smorfia
e continuò. "Sai, stai molto meglio con i capelli sciolti."
Le liberò
anche gli ultimi capelli mentre lo diceva, facendo un passo indietro
per guardarla.
Pan
si strofinò la parte posteriore della sua testa.
"Mmm.
Non credo ma lo terrò a mente."
"Ognuno
è un critico di sé stesso."
Dichiarò, sorridendole con facilità,
mentre
lei si sistemava i riccioli in modo meticoloso.
"Immagino
che termini qui, questo mio cambio di
look." Lei si strinse nelle spalle, portandosi le mani alla testa, e si
tolse tutte le forcine, lasciando i capelli scivolare giù
per le spalle.
"Allora, cosa ne pensi? Più da me, adesso?" Un sorriso
schiacciato
sulle sue labbra mentre lei chiedeva, la fossetta sulla guancia destra
diventava
pronunciata.
"Sicuramente."
Lui le sorrise, lasciando che
i suoi occhi azzurri brillassero alla luce della luna e
annuì con la testa,
ciocche ametista gli ricaddero in faccia mentre lo faceva. Pan
allungò una mano
e li tirò indietro, alzando le spalle e cercando di coprire
il rossore che si
era alzato sulle guance mentre lo guardava.
"Allora,
dove stavi andando?" Gli chiese
curiosa, dopo un momento di silenzio teso.
"Capsule.
E' troppo tardi per tornare a casa mia e
penso che il cielo sia in procinto di scatenare una brutta tempesta." I
suoi occhi si spostarono verso il cielo, e lei annuì, in
completo accordo con
lui circa la tempesta. Una goccia di pioggia le era appena schizzata
sulla
fronte mentre lui parlava. Allungò una mano, usando il suo
dito indice per
mandarla via.
"Sì,
stavo andando a casa anche io. Ho pensato di
guardare un film o due, e mangiare un kilo di gelato per curare la
depressione
prima di andare a letto."
I
suoi occhi si spostarono verso di lei, catturarono il
luccichio nei suoi mentre parlava, e le sue labbra si contrassero in un
mezzo
sorriso.
"Vuoi
un po' di compagnia?" Si offrì, alzando
le spalle pigramente mentre la guardava.
Lei
esitò prima di rispondere, non volendo accettare la
sua offerta, ma in realtà non avendo alcun motivo per non
farlo. Erano due
persone che erano in procinto di passare solo una notte insieme.
Perché non
potevano passare un po' di tempo da soli, insieme?
Aveva senso, in una sorta di logica tutta sua, ma lei pensava di
più con il
cuore che con la testa. E lei e Trunks, soli,
nel suo appartamento, mentre lei si sentiva così
vulnerabile, non era qualcosa
che il suo cuore le suggeriva di fare. Quanto tempo era stata
innamorata di lui?
Troppo dannatamente a lungo.
"Non
ci sono problemi, per me." Sorrise
leggermente, inclinando la testa di lato con stupore. "Che è
successo a Stephanie.
Pensavo che sarebbe stata la tua dama di questa sera."
L'uomo
aveva sempre sfilato in giro con qualche bella
donna in un modo o in un altro. Non era mai stato sul serio un
rubacuori, ma in
qualche modo riusciva sempre a colpire il cuore di ogni donna. Forse
per il suo
essere un po’ infantile, o per il pacchetto ‘bello-
buono’ , o il fatto che era
ricco, o potrebbe semplicemente essere per il modo in cui lui arrossiva
ogni
volta che una donna lo toccava.
In
ogni modo, la quota di donne che tendevano a
trovarlo interessante aumentava di anno in anno, e lui sembrava sempre
avere la
più splendida ragazza. Stasera, Stephanie Haverts era sulla
lista delle
fortunate e non era qui. Aveva perso la sua occasione con lui.
"Oh,
era stata chiamata per un servizio di moda di
emergenza. Doveva volare ai Caraibi." Il modo in cui le rispose, come
se
fosse ogni giorno ordinario di dover annullare la loro uscita
perché aveva
bisogno di andare in un paradiso terrestre a scattare foto, fece girare
qualcosa dentro la testa di Pan. Voleva raggiungerlo e dargli un pugno,
ma aveva
anche voglia di ridere.
"Sì,
io odio quando mi succede." Disse
tristemente mentre iniziava a camminare, lentamente lungo il
marciapiede. Lui
la guardò, le labbra all'insù in un sorriso
sornione.
"Immagino
ti capiti spesso, vero?"
"Sì,
proprio la settimana scorsa ero fuori con
questo favoloso ragazzo e lui mi ha dovuto lasciare proprio nel meglio
della
serata, cambiarsi in una cabina telefonica, e correre a salvare
Metropolis.
Ancora una volta. E’ stato un fiasco."
"Sì?"
le chiese, la presa in giro chiara
nella sua voce, una risata a stento trattenuta.
"Già..l’ho
dovuto mettere di fronte ad una scelta.
Salvare il mondo …oppure uscire con me. Così,
naturalmente, non mi ha più
chiamata."
"E'
un idiota." I suoi occhi brillavano
mentre parlava, voleva farle capire che lui era serio, nonostante la
battuta.
L'aveva
fatto di nuovo. Lo stomaco di Pan fece una
capriola. Scoppiarono a ridere entrambi. "Quindi, in ogni caso. Che
tipo
di film vuoi guardare? Nessun polpettone romantico".
“Un
classico
polpettone
romantico”. Lei replicò indignata, guardandolo con
un cipiglio e incrociando le
braccia. Voleva almeno far finta di essere offesa.
"Uno
in cui, per tutta la durata del film una
persona rischia la morte riuscendo sempre a salvarsi e poi alla fine
muore."
Le rispose, ignorando il suo capriccio.
"Ah,
ho capito. Vuoi vedere un sacco di gente a
morire in dieci secondi, eh? Bene, te lo prometto, sarà
orrendo. Una strage."
"Bene."
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Capitolo 3 *** Cerniere galeotte e Razionalità in ferie ***
Capitolo 3.
Cerniere galeotte e Razionalità in ferie
Era
stata una reazione immediata quella di Pan. Salì le
scale ed entrò nel suo appartamento, ed un secondo dopo si
dirigeva a destra,
lungo il corridoio, in camera sua, per cambiarsi.
Guardò Trunks abbastanza a
lungo per fargli capire di prendere il gelato. E mentre lei si occupava
di
diventare più 'Pan', Trunks si assunse il compito di
eseguire la scansione del
loft che teneva sopra il suo ristorante. Era esattamente come
lei.
La
rappresentava alla perfezione. Caldo e
piccolo, colori accoglienti che lo facevano sentire a
casa. Pavimento in
legno scuro e un rivestimento leggermente più scuro di
vernice sulle pareti.
Piccole sedie e un divano lungo con milioni di cuscini. Niente di
incredibilmente
femminile, ma si riconosceva il tocco di una donna ad occhi chiusi.
Forse
era semplicemente l'odore del pane appena
sfornato che scivolò dalla sua cucina e invase suoi sensi, a
farlo sentire così
a suo agio. Cercava di registrare quell’odore nel cervello,
per non lasciarlo
andare più via.
Si
diresse dritto per la cucina, esplorando alcuni armadietti
prima di scoprire dove fossero le ciotole. Ne prese due, poi
aprì il cassetto
dove sapeva c’era l’argenteria e afferrò
una paletta per il gelato e due
cucchiai.
Prima ancora di aver avuto la possibilità di aprire il
frigorifero,
sentì la voce di Pan, forte e martellante nelle orecchie.
Non aveva un senso
coerente, più simile ad uno stridere intervallato da
imprecazioni, mentre
sembrava stesse lottando con qualcosa o qualcuno. Si
apprestò a raggiungerla.
"Che
cosa c'è che non va?" la chiamò, metà
allarmato, metà divertito. "Va tutto bene?"
"Sto
bene....Io.. la cerniera è bloccata."
Lei era di fronte a lui, il viso un po' arrossato anche se non poteva
dire perché.
"Non voglio strappare questo stupido vestito. Costa un botto, sai? Me
lo
slacci." Si voltò di spalle e attese speranzosa.
Trunks
allungò la mano, ma, per qualche ragione
sconosciuta, esitò e la tirò indietro. I suoi
occhi casualmente danzavano sulla
sua pelle liscia e leggermente abbronzata. Pelle che gli ricordava
delle dolci
e succose fragole.
Lui
deglutì e scosse la testa, chiedendosi perché il
suo cervello fosse andato in vacanza per un secondo.
Non avrebbe permesso alla
sua mente di prendere atto della cinghia color nude del suo reggiseno
appena
sotto il bordo del vestito. No.
Non si accorse nemmeno di
come il
vestito sembrava accarezzarla lungo il suo corpo come il tocco di un
amante.
Invece, focalizzò tutta la sua attenzione sulla cerniera
rosa pallido.
"Trunks?"
La sua voce lo ridestò dalle sue
fantasticherie, poco prima che la sua mano incontrasse la cerniera.
"Stai
bene?" La sua voce era un po’ irritata e poteva dire che lei
stava
combattendo con la voglia di girarsi e malmenarlo.
"Oh,
sì. Mi dispiace." Mormorò, afferrando la
cerniera e tirando leggermente, assicurandosi le dita non sfiorassero
la sua
pelle. Non era sicuro di dove la sua razionalità si fosse
recata qualche attimo
prima, ma invece, era abbastanza sicuro che non voleva ci tornasse,
quindi non era il caso
di lasciare che le sue dita scivolassero sulla sua schiena.
"Sai,
credo che tu abbia lavorato troppo. Si dice
che in questi casi, la testa sia la prima cosa che si perde." Pan
scosse
la testa, spostando il peso del corpo verso l'altro piede mentre
aspettava
pazientemente.
"Giusto."
Lui rispose distrattamente, ora
alle prese con il suo vestito.
Perché ora le sue mani tremavano, dannazione?
Era solo un vestito. Doveva solo per farlo funzionare di nuovo, non
doveva mica
aiutarla a sfilarselo. Un piccolo rossore attraversò il suo
collo e si stabilì
da qualche parte sotto ognuno dei suoi zigomi al pensiero.
"Se
non verrà giù, si può strappare via."
"Giusto."
Disse di nuovo. Immediatamente,
delle immagini inondarono violentemente il suo cervello. Immagini che
non
avevano nessun
motivo
di essere nella sua testa, immagini che nessun uomo sano di mente
avrebbe
consentito nella sua testa.
Fu
in quel momento che lui seppe che aveva ragione
lei:aveva lavorato troppo. Stava per dire addio alla sua salute mentale.
Il
suo cervello aveva lasciato il suo corpo ed era alla
ricerca di un nuovo proprietario, sconvolto da un non uso protratto, ne
era
sicuro. Quella era l'unica spiegazione. Beh, l'unica razionale.
Sbatté le
palpebre, scuotendo di nuovo la testa, e tirando su il vestito. La
cerniera si
raddrizzò e la fece scivolare giù in modo che lei
non fosse più bloccata
all'interno del vestito.
"Grazie."
Si
voltò, sorridente, con le mani che già stavano
tenendo la parte superiore del
suo vestito senza spalline.
"Voglio
un gelato
alla vaniglia con un brownie, nel caso te lo stia chiedendo." I suoi
occhi
neri avevano qualcosa di accattivante ora, una scintilla maliziosa che non le aveva mai visto
prima, e gli fecero
girare lo stomaco all'impazzata per un secondo. Come se fosse su una
giostra. Fece
un cenno con la testa, sbatté le palpebre un paio di volte,
e si allontanò da
lei, per tornare al gelato e alla sua preparazione.
Quando
lei tornò, sfoggiava un aria da bambina
dispettosa, pantaloni di cotone a righe bianche e rosse e un top bianco
che
aderiva al suo corpo e si fermava proprio appena sopra l'ombelico,
esponendo
alcune parti del suo corpo che aveva sperato di passare tutta la sua
vita senza
vedere. Soprattutto da quando aveva usato la sua assenza per schiarirsi
le
idee, e togliersi dalla sue testa quelle immagini perverse. NON
poteva associarla al sesso.
Aveva i capelli sciolti, leggermente ricci, leggermente mossi, che
cadevano a
cascata verso il basso, sulla schiena, in increspature allettanti. Una
piccola
selvaggia. I suoi occhi stavano facendo una danza vivace sul suo corpo
quando
lei afferrò qualcosa che teneva dietro la schiena, passando
per il
videoregistratore e inserendo il nastro prima che lui avesse la
possibilità di
ispezionare.
Si
lasciò cadere sul divano accanto a lui, afferrando
la sua ciotola di gelato e il telecomando. Premette il tasto PLAY e
aspettò
pazientemente che terminassero tutte le anteprime, fissando Trunks per
vedere
la sua reazione. L’ interessato alzò il
sopracciglio, guardando lei
stancamente, che aveva iniziato a mangiare il suo gelato, e desiderando
che le
anteprime finissero. Voleva sapere che cosa stava per guardare.
Era
ben consapevole che qualunque cosa fosse, non era
il tipo di film alla James Bond che si aspettava. Poteva dirlo
semplicemente
guardando che tipo di anteprime lampeggiavano
sullo schermo: era già annoiato
e deluso. Ma lei era Pan, lei avrebbe dovuto vedere film che parlassero
di
combattimenti, bombe, kung-fu. Che cosa era successo alla ragazza che
lo
seguiva in giro,
elemosinando una
sessione di allenamento?
"Che
cosa è questo?" chiese, infine, quando
non riusciva a resistere un secondo di più. Lei rise e si
strinse nelle spalle,
spingendo un cucchiaio di gelato in bocca. "Pan". Era un avvertimento.
"Mi avevi promesso di esplosivi."
"No,
non l'ho fatto. Ti ho promesso distruzione e morte.
Un sacco di morte. Stai per averla." Gli sorrise. "E io sto per avere
Leo."
"Prego?"
Si fermò lì, non in attesa di una
risposta, perché aveva sentito la musica familiare di una
canzone che aveva
sperato di non sentire più. Mai più.
"Lontano,
attraverso la distanza e degli spazi fra noi ..."
“
Hai perso la testa, Pan." Lui scosse la testa,
incrociando le braccia sul petto e ostinatamente imbronciato come un
bambino di
quattro anni. "Mi hai ingannato."
"Io?"
lo interrogò incredula. "Mai".
Si sistemò
felicemente sulla sedia e cominciò a assorbire se stessa in
una storia che
aveva visto un milione di volte.
Lui
guardò lei,
invece. Per tutta la durata del film.
Il
modo in cui i suoi
occhi danzavano, le emozioni che svolazzavano sul suo viso, i suoi
rantoli e i
suoi sospiri, come se non avesse mai visto Titanic
prima d’ora. Il modo in cui sorrideva quando pensava che
qualcosa fosse
divertente, una fossetta che cresceva sulla guancia destra - quella era
sempre
stata lì. Questo fece. E all'improvviso, non sapeva
più chi fosse quella
ragazza che stava guardando. Era come se per tutti quegli anni avesse
avuto una
visione offuscata e Pan-chan
svanì, sostituita da qualcuna che aveva conosciuto solo per
l'ora e mezza che
era stato lì, nel suo appartamento. Improvvisamente la vide
come non l’aveva
mai vista prima. Ma lui voleva rivederla, voleva conoscerla meglio.
La sensazione che provava era così strana e confusa che
sfrecciò via dal divano, via da lei, e si mise sulla piccola
sedia, sedendosi
sul bordo e cercando di sembrare a suo agio.
Lasciò che i suoi occhi si
muovessero in direzione della televisione per la prima volta da quando
il film
era iniziato, osservando che erano già al punto in cui Leo
stava disegnando la
ragazza nuda. Mentre la musica suonava in sottofondo e un forte lampo
illuminò
la stanza, e lo schermo divenne repentinamente nero. C’era
una tempesta lì
fuori.
"Ma che ..?" Pan mormorò, e poteva sentire la
rabbia che sprizzava fuori da tutti i pori della sua pelle,
contaminando
l'atmosfera. " Che diavolo..proprio la parte migliore!"
"Immaginalo.”
Trunks le aveva risposto annoiato,
roteando gli occhi. Come poteva essere turbata per un film che aveva
visto
centinaia di volte già?
"Ma
... ma ... erano in procinto di baciarsi. E
sai quanto Leo sia un bravo baciatore. Uh.”
"Un
buon baciatore? No, non posso dire di saperlo." Le rispose pensieroso,
desiderando che lei potesse vedere il suo sguardo divertito nel buio
della sala.
"Beh
lo è. Un grande."
Commentò sognante, muovendosi sul divano. Avrebbe potuto
dire che era più
vicina a lui per lo spostamento d’aria. E per il fatto che
poteva sentire il
suo odore di liquirizia.
"Tu
sai questo per esperienza personale,
naturalmente."
Lei
rise con leggerezza. Avrebbe voluto. Ma il suo
ultimo bacio era stato con i bambini piccoli in ospedale dove si era
offerta
come volontaria ultimamente.
"Pensi
che guardi questo film per la distruzione e
le morti?" lo prese in giro e lui riusciva a distinguere il suo sorriso
nel buio. I suoi occhi si erano abituati al nero ora.
"Solo
perché lui può seguire le indicazioni di un
copione ben scritto, non vuol dire che sappia baciare bene." Trunks la
sfidò.
"Certo
che sa baciare bene. Inoltre, cosa ne
vorresti sapere tu, della complessa arte del baciare, Signor
Io-arrossisco-ogni-volta-che-una-donna-mi-tocca?"
Vi era una leggera acidità nelle sue parole, essendo un po'
sconvolta per il modo in
cui lui aveva distrutto il suo sogno erotico di sempre. Trunks
trasalì,
disegnando sul volto un sorriso ingiustificato, prima di sorridere di
nuovo,
come uno scienziato pazzo.
"Tu
sai
come bacio."
La dichiarazione fu
semplice, detta senza molta
emozione, ma in realtà c’era un mondo dietro di
essa.
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Capitolo 4 *** Nessun rimpianto ***
[.."Certo
che sa baciare bene. Inoltre, cosa ne vorresti sapere tu, della
complessa arte
del baciare, Signor Io-arrossisco-ogni-volta-che-una-donna-mi-tocca?"
una
leggera acidità nelle sue parole, essendo un po' sconvolta
per il modo in cui
lui aveva distrutto il suo sogno erotico di sempre. Trunks
trasalì, disegnando
sul volto un sorriso ingiustificato, prima di sorridere di nuovo, come
uno scienziato
pazzo.
"Tu
sai come bacio."
La dichiarazione fu semplice,
detta senza molta emozione, ma in realtà c’era un
mondo dietro di essa.]
Lei
sembrò non scomporsi, tranquilla, ma era
accigliata, ne era sicuro, anche se non la poteva vedere.
Sentì che si muoveva
e sapeva che stava incrociando le braccia sul petto. Era classico di
Pan per
dire 'va
all'inferno'.
Lui sorrise.
"Perché
così silenziosa, Miss Son? Non
ricordi?" Non poteva resistere alla tentazione, anche se raramente ne
avevano parlato, non poteva combattere la voglia di metterla in
imbarazzo .. solo
per questa volta.
"Mi
ricordo". Lei rispose bruscamente,
rendendo evidente il suo disappunto attraverso il suo tono. Come poteva
dimenticare?
Era stato il suo primo bacio, dopo tutto. E se lui non fosse stato
così pudico,
non lo avrebbe rovinato.
Era
estate e il tempo le era stato favorevole. Aveva
sedici anni ed era incredibilmente infatuata di quel trentenne. I suoi
occhi si
accendevano ogni volta che si avvicinava a lei, le sue mani tremavano e
perdeva
ogni parvenza di grazia. Aveva vissuto le sue prime farfalle nello
stomaco
grazie a lui e non erano mai veramente andate via. Ma quel giorno era
diverso,
era speciale. Erano seduti sulla spiaggia, da soli perché
Goten era scappato
con qualche nuova ragazza, Bra era stata troppo occupata per
accompagnarli.
Naturalmente, Uub la seguiva ovunque andasse e c’era solo
Marron. Ma lei era
sempre stata troppo bella per passare il suo tempo con Trunks, era
troppo
frustrata perché diceva che era così 'immaturo'.
Così
restarono solo Trunks e Pan. Era stato con lei per
la maggior parte dell'estate e si sentiva un po'... potente,
perché lui aveva
passato così tanto tempo con lei. Come se questo
significasse qualcosa di
speciale.
Stava
sdraiato lì, il sole cadeva sul suo corpo, dove i
raggi rimbalzavano in modo da farlo sembrare un dio greco e lei doveva
deglutire ogni volta che guardava nella sua direzione. I suoi occhi
erano
chiusi e lei era sicura che fosse addormentato. Aveva persino chiamato
il suo
nome un paio di volte e agitò anche le mani sulla faccia
solo per essere
sicura.
E
poi lo aveva fatto. Appoggiato le sue labbra sulle
sue, senza sapere che erano una macchina nata per uccidere, abbassando
rapidamente
il viso al suo prima di perdere il coraggio. Non sapeva cosa aspettarsi
da lui...
beh, non era esattamente sicura della sua reazione. Ma qualcosa di
più di
quello che aveva ottenuto, si aspettava sicuramente. Ovvero un naso rotto. Lui si mise a sedere e
alzò la
testa così in fretta che quando le sue labbra avevano
toccato le sue, in
qualche modo la sua fronte aveva urtato il naso e l'osso era uscito
fuori
posto.
Fu
il peggior
bacio
nella storia dei baci.
Corto, mosso, e
sciatto. Un bacio che le aveva provocato seri danni fisici e che era
troppo
imbarazzante da spiegare.
"Ti
ricordi, eh?" le chiese, le labbra
serrate insieme per mantenere le risate dentro. Lei senza dubbio, era
tornata
con la mente, a quel giorno, annuendo e stringendo gli occhi su di lui
anche se
non poteva vedere il bagliore. "Così, ricordi .. pensavi che
fossi
addormentato e-"
"Ho
detto di sì, OK?" Lui
rise, raggiungendola con le braccia e tirandola
contro di lui. Pan trasse un respiro, cercando di calmare il batticuore
che partiva
in automatico ogni volta che la toccava.
Anni
e ancora non era andato via. Come avrebbe potuto,
se ogni volta che pensava che stesse facendo progressi, poi faceva
qualcosa di
stupido come invitarlo sopra per un film durante una tempesta? Il
pollice di
Trunks scivolò lungo il suo braccio in un movimento lento,
accarezzandola. Lei
strinse i denti, cercando di combattere la calda sensazione di
elettricità che
l’aveva percorsa, senza successo.
"Ricordo
anche che portò il mio naso a sanguinare
e come hai reagito violentemente." Sputò, veleno nella sua
voce.
"Ehi,
ero rimasto scioccato." Si difese.
"Sì,
esistono cuscini fatti a partner che baciano meglio
di te." Lo provocò, ancora arrabbiata.
"Mi
offendi anche ora. Sono stato solo preso alla
sprovvista."
“Quello
è stato il peggior bacio della mia vita, visto
che siamo in confidenza. Ti odio, Trunks." Lei mise il broncio, tirando
il
suo corpo lontano dal suo. "Pensavo che fossimo d'accordo di non
parlare
di questo, mai
più".
Trunks
la sentì sbuffare infastidita e ridacchiò.
"Beh,
avresti dovuto pensarci prima di insultare
il mio talento nel baciare."
"Se
ricordo bene, le tue abilità in quel campo
erano scarse. Orribili. Mi hai rotto il naso." Le sopracciglia
aggrottate
per la rabbia.
"Pan,
tu mi sei saltata addosso in spiaggia. Eri
tu quella con l’etichetta ‘orribile’, non
io."
"Sì,
beh sono migliorata molto da allora."
Mormorò, ora più scorbutica di quanto non fosse
prima di iniziare questa
conversazione.
"Spero
di sì. Altrimenti capisco perché Mr. Eroe
Favoloso
Di Metropolis non ha mai richiamato." Lei poteva quasi sentire il
sorriso
che stava premendo sul suo viso, ma ancora le stava ribollendo il
sangue dalla
rabbia. Sentiva forte il bisogno di difendersi. Per dimostrare il suo
valore.
Aveva una dignità da mantenere integra.
"Sono
una bravissima baciatrice". Protestò
amaramente.
"Certo,
certo." La liquidò lui, stendendosi
sul divano. Trasferì la gamba dietro la schiena di lei,
l’altra sul pavimento. Il
corpo di lei era sul cuscino, tra una gamba e l'altra.
"Lo
sono". Dichiarò sicura ancora una volta,
con forza mentre si muoveva un po' indietro, "Potrei farti dimenticare
il
tuo nome, Trunks."
Poteva
sentire il fastidio e la voglia di riscattarsi nella
sua voce e lo fece sorridere.
"Giusto."
Cercò di calmarla "Quando tornerà
l’elettricità?"
L’aveva
respinta di nuovo. Lui non le credeva. Si lasciò
sfuggire un sospiro di aria calda e si mosse in modo da trovarsi di
fronte a
lui, il capo più vicino al suo, mentre parlava.
"Che
ci crediate o no, Sig.Briefs, io non sono più
una ragazza di sedici anni. Potrei fare ciò che voglio
con
lei qui, sul mio divano." Catturò la sua attenzione, allora,
non con la
sua dichiarazione, ma con il suo tono. Lei lo stava sfidando, poteva
sentirlo.
E lui non aveva intenzione di fare marcia indietro. Voleva osare.
"Davvero?"
replicò lui, alzando la fronte e
lasciando che un mezzo sorriso si formasse sul suo volto. "Dubito."
Sorrise a questo punto, e sentì il ki di Pan salire un po'.
"Ah
sì?" lei
si avvicinò ancora.
"Già."
Parlava a bassa voce, sempre
sorridendo.
"Ti
andrebbe di fare
una scommessa
su
questo?"
Lei
deglutì a fatica, dopo aver parlato, lottando
contro l'impulso di colpirlo con il ginocchio
nell’inguine.
Chi pensava di
essere, Dende? Che egocentrico, vanesio del cazzo. Lui non era
asessuato.
Era solo un uomo e lei era donna. Poteva fare di lui quello che voleva,
non
poteva essere così difficile. Poteva fargli dimenticare chi
fosse e mendicare
per avere di più, Pan lo sapeva.
Solo perché era sempre stato Trunks-Santo-Briefs,
non significava che lei non sapeva come farlo cadere ai suoi piedi. Era
proprio
come chiunque altro con un pene. Poteva farlo. Trunks ne sarebbe uscito
sconfitto.
"Che
tipo di scommessa?" Le chiese, la
curiosità aveva raggiunto il culmine ora.
"Prima
colazione gratuita per tre settimane se non
riesco a farti girare la testa. In senso figurato, naturalmente..Giochi
o non
giochi?”
"Tre
settimane, eh?" Si morse il labbro,
pensando alla sua offerta, ma solo per un secondo. Poi annuì
con la testa e
tese la mano. “Gioco.”
"Non
così in fretta." Lui sorrise.
"Sapevo
che ti saresti tirata indietro." Lei
lo fissò.
"Io
non mi sto tirando indietro. Voglio solo
sapere cosa mi offri se vinco, Trunks." Lei inclinò la
testa, leggermente.
"Sì,
come no."
Lui
rise, facendo schioccare il ginocchio prima di
soffocare nel suo divertimento. Sentiva la sua rabbia salire ancora e
si rese
conto che era una cosa seria. "Va bene ... Un bacio che dovrebbe farmi
girare la testa?" Lei annuì.
"Ok,
se ci riuscirai... io ti porto Hob Jacob
nella tua cucina. Giochi o non giochi?”
"Potrei
fartelo fare anche senza baciarti,
Trunks." Lei aggrottò la fronte.
"Sì,
ma adesso avrai una scusa per accettare la
mia generosità."
Hob
Jacobs era il più importante critico gastronomico
in Giappone. Se lui diceva che il cibo nel tuo ristorante era buono,
praticamente aveva fatto di te un milionario e Trunks spesso le aveva
chiesto
che poteva convincerlo facilmente, ad andare a cenare nel suo
ristorante. Ma
l'orgoglio le aveva sempre impedito di accettare l’offerta.
Lei non voleva la
pietà di Trunks o di qualcun altro perché il suo
ristorante non stava
decollando. Voleva che il critico lo facesse di sua spontanea
volontà. Ma ora...
Dopo tutto, sarebbe stato un scambio equo, per il bacio che stava per
dargli.
"Gioco".
Lei annuì, come se fosse ad un incontro d’affari,
e gli strinse la mano. Poi si
avvicinò a lui, cercando di prepararsi per quello che stava
per fare. La sua
testa era così vicina a quella di lui che il suo respiro era
caduto sul suo
labbro inferiore prima che lei smise di muoversi e si morse il labbro.
"Prima di fare questo,"
"Sì..."
Lui sorrise, pensando che stava temporeggiando.
"Facciamo
un altro patto." Sentiva
l'esitazione nella sua voce e appoggiò la sua testa alla
spalliera della sedia fino
a guardarla negli occhi.
"Sì?"
"Nessun rimpianto,
va bene?" Lui annuì, poi si schiarì la gola.
"Va
bene."
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Capitolo 5 *** Raddoppi o Lasci. Giochi o non giochi? ***
Come
qualcuno già saprà i primi capitoli di questa
storia prendono avvio da un’altra, ovvero una americana. Io
l’ho letta e l’ho
decisamente amata. Così l’ho tradotta,
l’ho riscritta prima di proporvela,
perché la mia era una traduzione letterale e non era resa
per niente bene in
Italiano. E poi mi è venuta l’idea. La storia
originale in realtà è one-shot,
l’ho resa a capitoli, perché ne ho cambiato
il finale. Ho aggiunto una seconda parte mia, in 8 capitoli, che
arriverà tra esattamente 2 o 3 capitoli, in cui ho modellato la trama sulla base di una mia vicenda
personale,
e ho usato dei testi che avevo scritto all’epoca riferiti al
mio ormai, ex
ragazzo. Ecco perché questa storia mi sta particolarmente a
cuore. Solo che la
nostra storia non è si è conclusa come quella di
questi immaginari Pan e
Trunks.
Spero
vi piaccia.
Capitolo
5.Raddoppi o Lasci. Giochi o non giochi?
[…
"Prima di fare questo,"
"Sì..."
Lui sorrise, pensando che stava temporeggiando.
"Facciamo
un altro patto." Sentiva l'esitazione nella sua voce e
appoggiò la sua
testa alla spalliera della sedia fino a guardarla negli occhi.
"Sì?"
"Nessun
rimpianto, va bene?" Lui annuì, poi si schiarì la
gola.
"Va
bene." ]
E
nel giro di un secondo le loro labbra erano l’una
sull’altra. Fu un contatto molto titubante all'inizio, poi
più serio, più
profondo.
Trunks
poteva sentire la tensione diventare qualcos’altro..qualcosa
di caldo
all'interno
del suo corpo, così come all’interno di quello di
lei.. Lui inspirò
profondamente, in modo rapido, e fu come se divampasse un incendio nel
corpo di
Pan, che pensò di accelerare l’andatura bacio, in
modo che fosse tutto finito
in fretta.
Ma poi cambiò idea. Aveva aspettato troppo a lungo per
assaggiare le
sue labbra di nuovo e non aveva alcuna fretta di porre fine a questo,
no, non ancora.
Perchè la bocca di Trunks premuta contro la sua, era
morbida, duttile. Il suo
respiro soffiava sulla guancia e un piccolo, flebile gemito che era
incastrato nella
parte posteriore della gola, le uscì involontariamente. Non
riuscì a trattenersi.
Lui
la tirò più vicino, il suo corpo contro quello di
lei in modo che fosse completamente sdraiata sopra di lui sulla sedia,
e in modo che le
sue mani fossero libere di
scivolare lungo la schiena di lei, toccandole la spina dorsale.
Trunks
la teneva saldamente
ancorata a sè, tanto che poteva sentire i suoi seni
schiacciati contro di
lui..questo risvegliò dei sensi tipicamente
maschili dentro di lui.
Si stava eccitando. Il suo corpo sembrò risvegliarsi da
un lungo torpore, avvertì il suo battito cardiaco accelerare
incredibilmente,
tanto che gli rimbombava persino nelle orecchie, e Pan
approfondì il bacio, con
la lingua gli trasmetteva tutta la sua voglia, il suo calore.
Riversava in lui
tutta la sua urgenza. Esplorava la sua bocca, come se da questo fosse
dipesa la
sua stessa vita. E appena lo fece, lo sentì arrendersi. Ma
era troppo presa per
assaporare la vittoria.
Il
cervello di Trunks doveva aver avuto un corto
circuito. Non riusciva a formulare un pensiero razionale.
Quella
era l'unica spiegazione per quello che stava
succedendo dentro di lui. Il suo stomaco era annodato, il suo sangue
stava
ribollendo allegramente in ogni vaso del suo corpo, e il suo battito
cardiaco aveva
un ritmo così veloce che gli ricordò la pioggia
che batteva sul tetto in quel
momento.
In
un piccolo angolo della sua mente stava cercando di ricordare a se
stesso che era Pan.
Pan,
la sua amica. Pan, la nipote di Goten. Pan, figlia
di Gohan.
Pan,
la miglior baciatrice
che avesse avuto in
tutta la sua vita.
Cellule
nel suo corpo che erano state in coma per
troppo tempo improvvisamente si erano svegliate e avevano iniziato a
ballare.
Un
turbinio di emozioni pulsava dentro di lui e lo
percorse un brivido pericoloso proveniente dal basso,
che gli faceva male per di più, e gli chiedeva di
più.
Un
altro lampo di luce fuori. O erano i fuochi
d'artificio, forse. Non lo sapeva, quello che percepiva anche ad occhi
chiusi era
che tutto ad un tratto era molto luminoso. Non gli importava. Voleva
solo
perdersi in quel bacio. Che non era un bacio. Era
molto di più.
E questo pensiero lo spaventò.
Cosa stava
facendo? Era solo una ragazza. Ma il corpo che aveva premuto contro di
lui gli
suggeriva che no, non era solo una ragazza. E la bocca così
collegata alla
sua..no, non era solo una ragazza.
Quando
finalmente Pan si staccò da lui, il suo respiro fuoriusciva
dalla sua bocca in tratti frastagliati e aveva gli occhi confusi, forse
un po’
appannati.. riflettevano
una passione
che non aveva mai pensato esistesse in lei, ma che doveva essere sempre
stata
lì.
Perché non l’aveva mai vista prima? Le sue labbra
erano di un rosa più
scuro e leggermente gonfie..era estremamente seducente. Era
così buona,
che faceva
accapponare la pelle, si sentiva le ginocchia pesanti come macigni,
come se il
suo corpo pesasse almeno un centinaio di chili in più.
Vagamente
osservò, che ciò che aveva pensato fossero
fuochi d'artificio era in realtà l'energia elettrica, che
tornava a rischiarare
l’appartamento di Pan.
"Allora,"
iniziò lei con voce roca. "Ti
ho fatto girare la testa?" Le sue labbra si contrassero in ghigno
malizioso
e lui voleva solo strapparle quel top da dosso adesso.
Come aveva fatto ad
arrivare a toccare tutti i suoi punti deboli, ed essere così
perfetta?
Non
sapeva nemmeno quali fossero questi suoi punti deboli. Ma lei li aveva
toccati.
Tutti.
Ora non aveva la forza di muoversi nemmeno più di tanto, era
troppo
scosso, così stette immobile, lei era ancora sopra di lui.
"Si
potrebbe dire così." Rispose dopo qualche
minuto riprendendo fiato.
"Sì,
ma voglio sentirtelo dire."
"Va
bene." Lui annuì. "Non solo mi hai
fatto girare la testa, ma penso, mi sia anche esploso il mio dannato
coso.
È ancora lì?"
La
sua voce era debole nel farle quella domanda,
rendendo il suono genuino e ridacchiò.
Non sapeva cosa dire. In quel momento
lei era ancora sdraiata su di lui, i suoi fianchi premuti leggermente
sulla sua
evidente erezione, e lui la stava decisamente immaginando
..nuda.
E questa non
poteva essere una buona combinazione.
"Bene.
Allora mi devi Hob Jacobs."
Lui
annuì in silenzio, ancora non era sicuro che stesse
pensando in modo lucido.
Chi diavolo era questa? Due minuti fa, lei era una dei
suoi migliori amici.
Era stata una persona con cui parlare quando le cose erano
confuse.
Era stata ...un porto sicuro, colei a cui confidare le cose. E ora lei
era qualcos’altro...era… tutto
il resto.
Da
qualche parte dentro di lui, si chiese dove aveva lasciato
la loro amicizia.
Ma da qualche altra parte, vale a dire le regioni periferiche
del suo corpo, non gli importava, voleva solo farlo di nuovo. Per fare
molto di
più. Per andare oltre. E non pensare ad altro.
Non si ricordava
neppure il suo nome.
"O raddoppi
o niente.
Sei settimane di colazione gratis, o ti mando alcuni dei miei clienti
al ristorante. Che ne dici?"
Alzò
il sopracciglio, incuriosita senza dubbio..
"Qual è la scommessa?"
"Fallo
di nuovo."
Lei
si sdraiò di nuovo sul suo corpo, abbassando la
testa. Lentamente, molto, molto lentamente, e fermandosi proprio prima
che le
loro labbra si incontrassero. Il cuore di Trunks stava già
accelerando e le sue
labbra erano socchiuse e pronte. Perchè si era fermata?
"Lo
facciamo di nuovo e non sarà
sufficiente."
Sussurrò, il suo respiro danzava attraverso il labbro
superiore in modo
provocante.
"Lo
so." Rispose
in un sussurro roco, annullando la distanza tra di loro.
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Capitolo 6 *** Risveglio – Riconoscimento - Realizzazione ***
Capitolo
6. Risveglio
– Riconoscimento - Realizzazione
Un
Bip fastidioso suonava, ronzante, più e più
volte,
invadendo le teste dei Saiyan dormienti e raggiungendo i loro sensi
sopiti,
strappandoli dai loro stati di incoscienza.
Trunks, ancora
assonnato, ribaltò la sua posizione per raggiungere il
cuscino, in cui
seppellirci la testa e dimenticare la sgradevolezza del mondo esterno.
Sentiva
del calore accanto a lui, la calda sicurezza di
un corpo, e subito i suoi occhi si aprirono. Si alzò a
sedere sul letto, spostando
le coperte per intravedere il petto della sua compagna addormentata
prima di
tirare le coperte sù di nuovo.
Un
po’ di sangue gli affluiva sulle guance, diffondendosi
rapidamente in un
vago colore rossastro,
prova tangibile del suo imbarazzo, mentre cercava di resettare il suo
cervello,
per dare un minimo senso di coerenza a ciò che stava
accadendo.
Un
mal di testa iniziò a pulsargli dentro e si
ritrovò
a cadere di nuovo steso sul letto, mentre udiva ancora il segnale
acustico
fastidioso della sveglia che sembrava non fosse intenzionato a
fermarsi.
Allungando
il collo, poteva vedere la sveglia, il
motivo della sua infelicità. Si sporse con il braccio oltre
la ragazza che
aveva sicuramente dormito con lui la scorsa notte,raggiunse la sveglia
e la
spense, iniziando lentamente a registrare gli eventi che si erano
succeduti non
meno di un paio d'ore fa.
Tutto
ciò che aveva fatto, e soprattutto con chi
l'aveva
fatto …
Perché
diavolo, quella matta aveva impostato un allarme
alle quattro e mezzo del mattino in ogni caso?
La
ragazza si mosse, in modo da girarsi di schiena, per
poi lasciarsi cadere subito dopo sul suo petto, prima che Trunks avesse
la
possibilità di tirare indietro il braccio che ora la
cingeva.. Sospirando,
Trunks lasciò l'arto stringere leggermente la sua vita
sottile, le sue dita posate
tranquillamente sul suo addome.
Pan
si rannicchiò più vicino a lui, i suoi capelli
gli
solleticavano il collo mentre si muoveva. Trunks sorrise, sollevando
dolcemente
la testa di Pan in modo che la potesse poggiare più
sù, nell'incavo del suo
collo, potendo così respirare di profumo di lei..
Liquirizia. Sempre lo stesso
odore confortante. Solo che ora era mischiato con l'odore della sua
colonia e
respirandolo, riaffiorarono una sfilza di emozioni che ora sgorgavano
attraverso di lui, lo pervadevano..lo stordivano.. il suo stomaco
impazzito ora
si dilettava a fare salti acrobatici e capriole.
E
improvvisamente lo colpì. Un qualcosa..qualcosa di
molto forte che non poteva combattere, una sorta di primordiale istinto
che gli
disse che lei gli apparteneva. Era sua. Da sempre. Solo che non poteva
esserne
consapevole, se non fino a quel momento. Il suo profumo gli aveva
impregnato il
corpo, la mente..il cuore.
Doveva essere sua. Solo sua. Si leccò le labbra, sorridendo
in silenzio a se
stesso perché voleva che le cose restassero così
per sempre.
Per
sempre.
E
appoggiò la testa verso il basso, avvicinandosi e
baciandola dolcemente.
"Pan",
la chiamò, adesso sentiva il bisogno
di vedere il sguardo e leggervi dentro gli stessi pensieri che aveva
formulato
lui.
Perché
aveva improvvisamente un bisogno urgente di lei..?
"Pan",
la chiamò di nuovo, strofinando il
naso sul suo collo, come se le stesse facendo le fusa.
Questa
volta lo sentì. I suoi occhi si aprirono e lei
sbatté le palpebre rapidamente, recuperando la
lucidità quasi subito.
Gli
occhi di Trunks si posarono sui suoi, mentre lui si
muoveva per far essere le loro facce allo stesso livello, e per un
breve
istante, lesse panico e confusione allo stato puro nel suo sguardo..
Poi arrivò
il riconoscimento. La realizzazione. E, a quanto pare, l'imbarazzo,
perché il
suo viso aveva attraversato tre diverse sfumature di rosso.
"Che
cosa?" Chiese lei calma, con tutto
l’autocontrollo che riuscì a racimolare, inoltre
non valeva la pena agitarsi, era
nuda. E lui era nudo. E loro si stavano toccando. Beh, lui la stava
toccando.
"Perché
la sveglia è suonata così presto stamattina?"
Era
una semplice domanda ma le provocò una sorta di
terrore, che la colse alla sprovvista, invadendo ogni fessura del suo
corpo e il
viso di Trunks si rabbuiò all’istante, vedendo che
lei era così ritrosa e
sbigottita. La realtà era piombata su di lei con violenza e
divenne
dolorosamente consapevole che questo non era un sogno. Questo era vero,
era
reale. Trunks giaceva nel suo letto, tenendola tra le braccia, e
avevano appena
fatto sesso. Più di una volta. Aveva perso il conto in
realtà. Incredibile,
come il sesso potesse alterare ogni cosa per sempre. La loro amicizia
aveva
fatto le valigie e spiccato il volo dalla finestra, non appena il suo
corpo era
entrato in contatto con quello di lui. Nudo. I loro corpi nudi, in
contatto. Non
era uno scherzo.
Ed
erano passate le quattro e mezza. Lei giaceva tra le
braccia di qualcuno quando doveva già aver iniziato la sua
giornata. A peggiorare
la situazione già non troppo rosea, la sera prima si erano
promessi
reciprocamente che la mattina non avrebbe portato alcuna differenza.
Quello che
avevano condiviso quella notte non significava nulla. Era stata proprio
lei a
dirlo. Nessun
rimpianto.
Cazzo. Cazzocazzocazzo. Cazzo. E ora?
Ora
invece, voleva aggrapparsi al suo braccio e
gridare. Voleva pregarlo di non allontanarsi da lei. Ma non sapeva cosa
fare, e
di sicuro non lo avrebbe implorato di restare.. a meno che non volesse
dar peso
a ieri sera quando ...No, si disse che non doveva nemmeno pensarci. Non
adesso,
non l'avrebbe aiutata a sentirsi meglio, mentre lo avrebbe visto
camminare fuori
dal suo appartamento come se non fosse successo niente.
Era
solo Trunks.
Affidabile,
Trunks.
Troppo
vecchio per lei.. Trunks.
Fuori
dalla sua portata, Trunks.
Inaccessibile,
Trunks.
Trunks..con
le mani magiche ... Oh, Dende. Che
cazzo doveva fare ora?
Lei
gemette ad alta voce e si allontanò dal suo corpo,
realizzando quanto stupida fosse stata ieri sera, quando aveva detto
che questo
non avrebbe significato "niente",
che le loro azioni non avrebbero cambiato "nulla".
Era frustrata dal fatto che lui le era così vicino, che loro erano
così vicini, ma che erano
ancora a un milione di anni-luce da quello che lei voleva che fossero.
La
mano di Trunks si mosse, il braccio che fino a poco
prima l’aveva avvolta, la raggiunse fuori dalle coperte, e
per un attimo pensò
(desiderò) che stesse per afferrarle le spalle.
Per
un secondo, Pan trattenne il respiro, sperando che avesse
cambiato idea, durante quelle ore insieme, da qualche parte, in mezzo a
tutti
quei sussurri e quei gemiti, in mezzo a tutti quei "Quello che stiamo
per
fare non cambierà le cose", e i “Trunks”
sussurati al suo orecchio, e i
"uhhh, Pan” e ancora i “Oh Dende, grazie ... " e il
suo “Nessun
rimpianto”.
Ma
le sue speranze furono infrante quando la sua mano
cadde mollemente al suo fianco e la testa di Trunks colpì
ancora una volta il
cuscino.
"Che
cosa c'è che non va?" Le chiese
titubante, dopo un secondo di silenzio teso tra di loro. Lei
deglutì e si
preparò per quello che stava per fare. Facendosi forza, e
nascondendo le sue
emozioni in modo da non apparire come un’idiota, che
elemosinava attenzioni da
lui, per farlo rimanere. Stava sorridendo in modo ambiguo e distaccato,
mentre,
gettandosi su di lui per guardare l'orologio, gli rispondeva un “Nulla.”
"Non
c'è niente che non vada."
Disse, distante e quasi fredda mentre si
sedeva sul letto, tirando le lenzuola con sè mentre si
alzava dal letto.
“Non
hai risposto alla mia domanda." Trunks notò
che si muoveva piano, in modo che potesse tirare il resto della sua
copertura
con lei, per non permettere agli occhi di lui, di scrutare il suo corpo
nudo, mentre
si muoveva intorno al lenzuolo bianco.
Trunks
sapeva
che era completamente nuda sotto di esso. Lo sapeva perché
erano state le sue
mani a spogliarla, e sempre le sue mani che l’avevano
toccata, almeno fino a
qualche minuto prima. E trovò il comportamento alquanto
ridicolo. E tenero.
Perché non riusciva a smettere di pensare a quanto adorabile
lei fosse?
Probabilmente era solo imbarazzata.
"Devo
iniziare la cottura, io gestisco un
ristorante, sai?" Si avvolse nel lenzuolo, fasciando il suo corpo,
stretto. Aveva notato il modo in cui lui la stava scrutando e si
sentì un po' a
disagio. Un po’ molto.
"Questo
richiede svegliarsi prima degli
uccelli?" Lui sorrise, notando il modo in cui le sue braccia erano
strette
intorno al petto, come se lui non avesse un’ immagine mentale
del suo corpo
nudo. Avevano fatto l’amore sul pavimento del salotto, poi
nel corridoio, sulla
strada per arrivare alla sua stanza, e poi ancora ai piedi della sua
scrivania,
prima di arrivare a farlo sul suo letto, solo un paio di ore prima. Se
voleva
vedere il suo corpo nudo, tutto quello che doveva fare era chiudere gli
occhi.
"Devo
iniziare la cottura. Trunks, ci sono degli
orari precisi, sai cosa voglio dire." Si girò su di lui,
alla ricerca di
qualcosa, ma non era chiaro cosa.
Trunks
sospirò, rotolando nel suo letto e chiudendo gli
occhi per qualche secondo. Cosa c'era di sbagliato in lei questa
mattina? Si era
forse pentita di tutto quello che
avevano fatto? Oppure si trattava di quello che gli aveva detto prima
di
prendere la decisione così importante di concedersi a lui? Nessun
rimpianto.
Sapeva
che avrebbe dovuto aprire la bocca e dirle che gli aveva fatto provare
un’emozione incredibile sentirla sua e possederla, e che era
una sensazione che
avrebbe voluto provare per il resto della vita, che quella non era
stata solo
una cosa di una volta. Un’avventura di una notte. O, almeno,
sperava che non
fosse così.
Doveva
dirle che voleva tenerla stretta al petto tutte
le notti a partire da quel momento, e che potrebbe abituarsi molto facilmente a svegliarsi con lei,
così, per sempre. Si era innamorato di lei, in fretta, nel
giro di poche ore e
lui sapeva che avrebbe dovuto far uscire queste parole dalla sua
bocca.. invece
gli rimbalzarono tra le pareti della sua testa, ma non
riuscì mai a formularle
e a permettere a lei di sentirle.
E,
sinceramente, non aveva
mai pensato che avrebbe avuto bisogno di dirgliele. Anche ieri sera,
dal primo
istante, si era aspettato che il loro "nulla" diventasse qualcosa in
più, che il loro “solo per questa volta”
fosse un milione di volte di più. Solo
che in quel momento, preso dalla passione che gli annebbiava la mente e
gli
eccitava i sensi, non aveva pensato al perché la desiderava
così ardentemente. Aveva
pensato che sarebbe stata lei a gettarsi su di lui. Le donne si erano
sempre
gettate su di lui, mai il contrario. Ed era questo, tutto quello a cui
era
abituato. Ora, invece, Pan lo aveva spiazzato, sembrava bene
intenzionata a
liberarsi di lui…
Doveva
aveva sbagliato?
|
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Capitolo 7 *** E non credermi, Amore, quando ti dico che è finita.. ***
Capitolo
7. E non credermi, Amore, quando ti dico che è finita..
[.."Devo
iniziare la cottura. Trunks, ci sono degli orari precisi, sai cosa
voglio
dire." Si girò su di lui, alla ricerca di qualcosa, ma non
era chiaro cosa.
Trunks
sospirò, rotolando nel suo letto e chiudendo gli occhi per
qualche secondo.
Cosa c'era di sbagliato in lei questa mattina? Si
era forse pentita di tutto quello che
avevano fatto? Oppure si trattava di quello che gli aveva detto prima
di
prendere la decisione così importante di concedersi a lui? Nessun
rimpianto..]
Per
essere onesto almeno con sé stesso, in quel momento
non aveva la minima idea di cosa avrebbe dovuto dire per convincerla a
tornare
in quel letto a fare l’amore con lui, senza perdere parte del
suo prezioso
orgoglio.
"No,
amore,
non mi sono mai alzato così presto."
Pan
si fermò, si voltò verso di lui, pietrificata sul
posto e il tempo sembrò fermarsi per alcuni secondi. Secondi
lunghissimi.
Trunks la
guardava estasiato. Lei era meravigliosa. E gli era piaciuto fin troppo
associare
quella
parola
a lei.
I
suoi capelli erano disordinati, come se avesse appena
fatto ... beh, quello che aveva appena fatto.
Il lenzuolo che si avvolse intorno, la faceva solo sembrare
più sexy, i suoi
occhi profondi un po’ spalancati, forse per lo
stupore.
Le
sue labbra erano
increspate, la bocca leggermente socchiusa mentre lo guardava. La sua
bocca
rosa, piena, morbida come l’aveva assaggiata tante
volte.
Era meravigliosa.
Tutta. Nel complesso. Lui non voleva nient’altro, in quel
momento, che salisse
di nuovo sul letto in modo da poter ripetere gli ultimi eventi di
quella notte
di..giochi. Che non erano stati affatto solo
giochi.
Era
pazzesco quello che aveva provato. Una sensazione di
vera esaltazione e di completo abbandono. Partiva dallo stomaco e si
diffondeva
fino alle punte dei suoi capelli e gli angoli delle dita dei piedi. Lui
l'amava. Aveva bisogno di lei. La desiderava. Ma, con dolorosa
rassegnazione, si
rese conto che lei non era..d’accordo.
I
suoi occhi si erano ristretti e fece un passo cauto,
avvicinandosi al letto, rivolgendogli uno sguardo che lui sapeva, aveva
sempre
e solo usato con quelli che lei disprezzava. Lui deglutì,
chiedendosi cosa
avesse fatto di male, e aspettò il colpo. Che non
tardò ad arrivare.
"Dovresti
andare adesso, prima che qualcuno ti
veda."
La sua voce
suonava alle orecchie di Trunks distante, apatica, più
preoccupata in realtà di
qualsiasi altra cosa, e il panico fece vacillare la sua sicurezza per
un
secondo.
Era questo che voleva? Sbarazzarsi di lui? Sicuramente no.
Non era
stato solo semplice sesso quello che avevano condiviso la scorsa notte.
Non
poteva davvero essere preoccupata per quello che pensavano gli altri.
"Pan.."
"Trunks,
dovresti andartene." Disse con più
fermezza nella voce, non lasciandogli spazio alcuno per replicare. "Se
Goten o mio padre sapessero che hai trascorso la notte qui, lo sai cosa
ne
farebbero di te?" Così era preoccupata per lui..
"Che cosa
penseranno di me? Che mi diranno? Non posso affrontarli." Okay, non lo
era. Accidenti. Era più preoccupata per la sua reputazione.
"Vuoi
che me ne vada?" Sembrava triste,
deluso, dal modo in cui glielo aveva chiesto, e Pan annuì,
aveva
improvvisamente una gran voglia di piangere. Sapeva che questo era
l'unico
modo. Doveva dirgli di andare via. Doveva farlo andare via. Guardarlo
mentre si
allontanava. Fu come se si stesse pugnalando dritta al cuore.
"Sì,
hai ragione."
Riuscì a dire lui, mantenendo la sua voce priva di qualsiasi
emozione. Sembrava
che qualcuno gli avesse appena detto che stava per morire. Il suo volto
impallidì di tre tonalità. Poteva vedere i suoi
occhi spenti, mentre le faceva un
cenno con la testa, togliendosi delle ciocche viola di capelli dal viso.
"Allora,
è così che deve finire? Tutto qui?" Trunks
non riuscì ad evitare quel tono
che
suonava così disperato nella sua voce. Non riusciva a
credere che si stesse
comportando in quel modo così pietoso, ma non riusciva a
credere nemmeno a ciò
che stava accadendo.
Era
sicuro che lei lo ricambiasse. Che era innamorata
di lui. O almeno che le importasse di lui in una forma che non aveva
mai notato
prima.
Quando
avevano fatto l’amore, solo poche ore prima,
l’aveva percepito chiaramente. Era come se vedessero
entrambi, per la prima
volta, quello che avrebbero dovuto vedere da molto più
tempo.
Aveva
sentito quanto profonda fosse la sua emozione nel
trovarsi stretta a lui. E ora quello sguardo era sparito. Non
c’era più nei
suoi occhi. Era così confusa, così persa, e lui
non sapeva cosa significasse.
Dove era finita la ragazza con cui aveva trascorso la notte?
Come
era possibile che soltanto ieri sera lo adorava, e
ora, la mattina dopo era come se provasse ribrezzo solo guardandolo?
Non era logico.
E l'unica cosa che poteva averla cambiata così
drasticamente, poteva solo aver
a che fare con la notte scorsa. Ovviamente. Era così,
allora?
Questo
era quello che stava cercando di dirgli. Aveva
dormito con lui e ora lei lo voleva fuori da casa sua e dalla sua vita?
Ora era
finito tutto, prima ancora che potesse iniziare?
E
in mezzo alla storiella, era riuscita a farlo
disperatamente innamorare di lei.. per poi cacciarlo fuori di casa.
Come doveva
comportarsi adesso? Possibile che a lei non importasse nulla sul serio?
"Che
altro dovrebbe esserci?" Gli
chiese Pan distrattamente, spostandosi
leggermente dalla sua posizione ai piedi del letto. Quasi come se si
sentisse
in colpa. Trunks represse la voglia di urlare.
“Oh,
non saprei," cominciò con sarcasmo. "Non
hai qualcosa da dire su ieri sera? Niente di niente, Pan?"
"Oh,
sì," I suoi occhi si illuminarono quando
lei annuì, finalmente vedeva tornare in lei una qualche
forma di emozione. Lui
sorrise, sapeva che non avrebbe mai potuto trattarlo in quel modo.
Provò una
sensazione di sollievo mentre aspettava la sua risposta.
"Grazie,
è stato molto divertente."
Gli
cadde il mondo addosso. Attraverso le sue orecchie avrebbe
potuto sentire il suo battito cardiaco, ma tutto quello che poteva
vedere e
pensare e sentire era il dolore. Cieco. Assordante. Opprimente.
E'
stato divertente?
Chi diavolo era lui, un
giocattolino da
usare per il suo divertimento adesso? Era uno scherzo. Voleva saltare
dal letto
e trascinarla a lui, e baciarla fino a quando non avesse capito quello
che
sentiva. Per farle capire che
anche lei
lo amava come lui. Ma sapeva che non doveva essere lui a dirglielo.
Doveva
accorgersene da sola, non c’era nulla da fare. Doveva
rendersene conto da sola,
lui l’avrebbe aspettata. Lei era Pan.
"Beh,
credo che dovrei andare, allora."
Entrambi annuirono.
La
rabbia che aveva visto nei suoi occhi la
spaventarono. Ma la rassicurò anche, ora sapeva che stava
facendo la cosa
giusta. Se avesse davvero significato qualcosa per lui, se non la
considerava
solo una cosa da una notte e via, sarebbe stato devastato. La sua
dichiarazione
sarebbe stata più di un semplice colpo al suo orgoglio.
Avrebbe calpestato il
suo cuore, abusato del suo spirito, straziato la sua anima. Ma ora
voleva
dimostrargli il contrario..che era più di un semplice
'divertimento', lui era
speciale. E aveva fatto sentire speciale anche lei.
Ma
non poteva cadere ai piedi Trunks come ogni altra
donna che aveva avuto.
Se
l’avesse voluta
veramente, avrebbe combattuto per averla. Era un Saiyan e avrebbe
dovuto
combattere per le cose che significavano qualcosa. E lei non aveva
intenzione
di essere un’eccezione. Aveva tutta l'intenzione di
significare qualcosa
di più
per lui.. voleva essere qualcosa di importante. E se avesse dovuto
schiacciare
il suo orgoglio, distruggere il suo ego, per ottenerlo, allora
così sia,
l’avrebbe fatto. Non
si sarebbe esposta
e non avrebbe rischiato così tanto, per una persona che non
la voleva
abbastanza. Avrebbe affrontato qualsiasi ostacolo, se lui gli avesse
dimostrato
di volerla..nel modo in cui lei voleva lui.
"Rivestiamoci."
Finalmente parlò,
raggiungendo la veste che stava cercando da quando era scesa
giù dal letto.
"Poi ti accompagno fuori."
Trunks
annuì solamente, non in grado di sostenere o
comprendere tutto quello che stava accadendo. Lei non era seria.. lo
era?
Questo era stato?
‘E’
stato divertente’, e questo è tutto? Si
alzò dal
letto, senza preoccuparsi di coprirsi, e attraversò la
stanza, oltre il
corridoio, e arrivò nel salotto, raccogliendo i suoi
vestiti. Si infilò i boxer
e i pantaloni, per poi abbottonarsi la camicia. Afferrò le
scarpe e i calzini,
e si diresse verso la porta. Pan era lì, in piedi, sorrideva
in un modo che gli
faceva desiderare prendere a pugni qualcuno. Come poteva essere
così sorridente
mentre lo spediva a calci nel sedere fuori da casa sua? Per quale
maledetta
ragione era così allegra? Non si accorgeva che questo lo
stava uccidendo?
"Quando
ti vedrò di nuovo?" Le chiese prima
di andarsene, sperando contro ogni previsione che lei avrebbe detto
qualcosa
come 'presto, spero' e si sarebbe gettata tra le sue braccia. Lui si
prese
mentalmente a calci, per essersi illuso di qualcosa che sapeva non
sarebbe
successo.
“Non
credo che rivederci,
sarebbe una buona idea." Lei scosse la testa, facendogli sapere che lei
non aveva intenzione di cambiare idea su questo argomento..era un 'no'
alla
domanda silenziosa che gli aveva posto. Non avrebbero fatto sesso di
nuovo.
"Devo
portare Hob da te a pranzo qualche
volta." Provò di nuovo, ancora in piedi davanti alla porta
sperando che
lei lo avesse pregato da un momento all’altro di non
andarsene.
"Va
bene. Sarai a pranzo con lui,
non con me,
vero?"
Lei
lo stava prendendo in giro, mentre sorrideva la
fossetta sul lato destro della guancia si era fatta più
pronunciata.
Trunks si chinò
e la baciò prima che lei potesse fermarlo. La
tirò a sé, sentendo il suo corpo
cozzare contro il proprio, il modo genuino e spontaneo in cui lei gli
rispondeva, e riconoscendo in lei la tensione sessuale..era ancora
lì. Molto
viva. E lei lo amava. Solo, quando le sue braccia gli cinsero le
spalle, lei lo
spinse via, le labbra incurvate verso il basso. Scosse la testa.
"Abbiamo
fatto un patto, ricordi?"
"Sì,
senza
rimpianti."
Sapeva che lei si riferiva alla parte in cui si
erano detti che non avrebbe significato nulla, ma lui non volle
ricordarlo.
Quindi
si girò e tornò intorno, nel salotto, nel posto
in cui avevano promesso che non avrebbero rimpianto nulla.
Perché voleva farle
capire che tutto quello che era successo la notte prima significava
qualcosa
per lui. E lui non rimpiangeva un solo momento di quella notte. Se ne
stava lì,
chiedendosi cosa avrebbe detto.
Ma
lei non disse niente. Gli rispose correndogli
incontro, e stringendolo con tutta la forza che aveva in corpo,
baciandolo con
passione. I calzini e le scarpe caddero sul pavimento.
Pan
non aveva mai
voluto
che uscisse
da quella porta.
|
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Capitolo 8 *** Pagine di Diario - Il paradiso ***
Allora,
prima di tutto voglio ringraziare
tutti i miei lettori, quelli che mi seguono e mi incoraggiano a
pubblicare il
mio lavoro. La storia l’ho scritta, è finita e
rifinita, solo che continuo ad
aggiungere particolari e dettagli. Ad esempio, stanotte mi è
venuta un’idea,
che non era affatto prevista e ho dovuto inserire un altro capitolo. Ho
intenzione di pubblicarla tutta entro la fine di luglio,
perché non voglio
lasciarla in sospeso, e non so se dalla prossima settimana,
potrò accedere al
sito, perché non sarò in città, quindi
la vedo difficile.
Con
questo capitolo, inizia la seconda parte della storia, che
sarà raccontata e
ricostruita attraverso pagine estrapolate dal diario della
protagonista. Ci
tengo a specificare che si tratta di un vero diario, ecco
perché questa storia
mi sta particolarmente a cuore.
Il
mio diario, quello di qualche annetto
fa, per l’esattezza, ovviamente con opportune
modifiche rapportate alla storia, in modo da adeguarlo alle
caratteristiche
della trama e dei
protagonisti.
Ci
sono citazioni e pezzi di canzoni,
soprattutto di Battisti, frasi di film che adoro, le riconoscete
perché sono
scritte in corsivo e tra questi simboli qui
«
»
Ah
sì, tutta la faccenda del “ Giochi o non
giochi?” che permea l’intero testo, ovviamente
è tratta spudoratamente dal mio
film preferito : “Amami se hai coraggio.”
Se non l’avete ancora visto, fatelo.
Spero,
di non deludervi. Buona lettura!
--------------
Pagine
di Diario – Il
paradiso
1
maggio
Non
ci credo. È successo. È successo sul
serio. Non è un altro di questi stupidi sogni che ti lascia
con l’amaro in
bocca e al risveglio devi fare i conti con la dura realtà.
No, non questa
volta. Questa volta è successo. Davvero.
Ho
fatto l’amore
con
Lui.
Ero
convinta di non avere alcuna speranza
con lui..dopo anni di training autogeno per non saltagli addosso alla
prima
occasione, per non rischiare soprattutto di rompermi qualche altro arto
del
corpo, mi ero rassegnata all’idea che lui mi vedesse come una
sorellina
asessuata. Lo squisito dolore di volere qualcuno di inaccessibile.
Ma
ora..Dende, Può essere un bacio tanto
perfetto? Spero non si sia reso conto dello scompenso cardiaco che mi
ha
causato.
È
sicuramente colpa
dei feromoni.
Sento
di dover ringraziare tutto il creato,
per questa serata, piccola fetta di paradiso in terra. Di ringraziare
l’albero
che mi ha imprigionata, la tempesta che imperversava fuori casa mia, la
cerniera bloccata..l’elettricità che è
andata via e ha portato con sé anche la
mia paura..paura di un suo possibile rifiuto. Sento di dover
ringraziare
paradossalmente anche la sua ragazza, la sua super modella, per essere
stata ai
Caraibi. Grazie, Stephanie. Davvero.
Era
come se gli dei del cielo, mi
ammiccassero tutti insieme. Potrei morire in questo preciso istante, me
ne
andrei all’altro mondo col sorriso stampato in faccia.
Pazzesco..devo essere
ammattita. Essere innamorati fa davvero male al cervello. Si
perché lo amo.
Eccome se lo amo.. lo so che è un amore illogico, disperato;
uno di quelli
inconfessabili, un amore a senso unico.. ma non posso fare a meno di
crederci..di illudermi.
Noi
abbiamo fatto l’amore insieme.
Una, due, tre
volte..di più..quattro..
Ok,
è iniziato tutto per una scommessa, è
vero. Ma non importa. L’abbiamo fatto. Ed è stato
meraviglioso, tutto..tutto.
Tutto quello che abbiamo fatto, insieme. Per una volta me ne
sono fregata, delle conseguenze, del suo giudizio, di tutte le paranoie
e delle
mie pippe mentali. Ho semplicemente fatto quello che desideravo.
Inconsciamente,
da troppo tempo. Ho voluto concedermi il lusso di essere egoista per
una volta,
di pensare a me stessa, e di fare ciò che mi fa stare bene.
« Aver
paura
d’innamorarsi troppo
non
disarmarsi per non
sciupare tutto
non dire niente per non
tradir la mente..
non
farsi vivo e non
telefonare
parlar
di tutto per
non parlar d’amore »
Sono
orribile, sono stata tremenda con Lui. Ma dovevo capire.
Sapevo di averlo ferito con le mie parole, dicendogli che doveva
andarsene..sapevo che era sconvolto dalla mia freddezza. Ma era
necessario. Io
lo amo, ma non posso abbassare la guardia ora. Devo prima capire se ne
vale la
pena, per non ritrovarmi poi da sola a riattaccare i cocci della mia
anima
straziata. Ho letto tristezza, delusione, persino disperazione nei suoi
occhi
chiari. Ammetto che c’era qualcosa di moralmente schifoso in
tutto
questo..stavo calpestando il suo ego. L’amore fa fare cose
orribili.. ma il
tempo mi avrebbe dato ragione : io avrei avuto le mie risposte,
osservando le
sue reazioni e nessuno si sarebbe fatto troppo male. Volevo solo essere
felice.
«
Aver
paura di confessare tutto
per
il pudore
d’innamorarsi troppo
È
un leggero dolor
temere di mostrarsi interamente nudo
e
soffocare la sana
gelosia
e controllarsi non dirti che
sei mia »
5
maggio
Stanotte
sono rimasta a ‘dormire’ a casa
sua. Non dovevo aprire il ristorante. E siamo rimasti tutta la notte
abbracciati, dopo aver fatto l’amore, facendoci i dispetti
come due bambini.
Niente può essere più perfetto di questo. Niente.
«
Sembravamo
fatti per essere incastrati, come
se nulla, prima di
noi, avesse mai
davvero combaciato.
»
Quando
mi sono svegliata, erano già le 9 e
mezza, e Trunks non c’era. Doveva essere andato a lavoro. Mi
innervosiva il
fatto di non trovarlo accanto a me quando mi svegliavo.
Ma
il malumore passò in un attimo quando
andando in cucina, vidi un mazzo di peonie adagiato sul tavolo. Erano
stupende.
Erano i miei fiori preferiti e lui lo sapeva. Il mio cuore aveva
iniziato già a
battere furiosamente. C’erano delle brioches, ed avevano un
aspetto mooolto
invitante. Poi un biglietto. La scrittura fine ed elegante.
Anche
se a volte sei un po’ stronza, nessuno merita di iniziare la
giornata a stomaco
vuoto, Saiyan o meno.
Ps.
Se provi anche solo a toccare una di queste brioches, mi concederai una
cena,
domani sera, all’Empire. Giochi o non giochi?
Cavolo,
come posso non amarlo?
Gioco,
certo che gioco, Trunks.
10
maggio
«
Fare
sesso, succhiarne la polpa
E
via la vergogna e i
sensi di colpa..
»
Tu
mi guardi in un modo che non merito...Stai
lì disteso, con le braccia sotto la nuca. La luce della luna
filtra dalla
finestra e ti illumina il volto. Chissà come riesci a
controllare così bene le
tue emozioni. Siamo davvero come il giorno e la notte, io e te.
Opposti. Faccio
una fatica immensa a trattenermi. Trattenermi dal gridarti quelle
parole che
non so se vuoi sentire. Mi sono addirittura iscritta ad un corso di
yoga ..e
vado da un’analista. Due volte alla settimana. Per riuscire a
controllare il
mio istinto, quando sono con te. Per tenere a freno la mia
irrazionalità.
Ma
questa è un’altra di quelle cose che non
saprai mai. Mi prenderesti in giro fino alla nausea.
Sembri
così tranquillo e rilassato..ma ho
sempre pensato che dietro la tua maschera imperturbabile si nasconda
una marea
di sentimenti in tempesta.
È
così, vero? Oppure, forse, questo è
quello che mi fa comodo credere.. è solo quello che
desidero.
Con
un balzo, ti sono addosso. Non te
l’aspettavi. Ti bacio e vedo il tuo animo tormentato
distendesi e sorridere. Mi
dici che ti senti ringiovanito di non sai quanti anni.
«
Annusarle
la pelle, scoprirne l’odore..
passare
dal sesso a
fare l’amore.
»
È un
attimo..e mi alzo e scappo via.. e tu mi accontenti come al
solito..inizi a
rincorrermi..nella fuga urto il vaso sulla mensola in salone..cade e
tutti i
cocci sono sul pavimento..ma non mi fermo a raccoglierli..e nemmeno tu.
Mi
afferri, cadiamo a terra, insieme..
“Piccola
peste che non sei altro!” E ridi
mentre lo dici..ti sorrido, nei tuoi occhi cristallini il riflesso dei
miei.
Sono tua. Eternamente tua. È iniziato di nuovo il nostro
gioco.
«
Il
gioco era ripreso a tutto gas. Felicità allo stato puro,
bruta, primitiva, vulcanica. Magnifico. Il meglio del meglio..
»
28
maggio
«
Sentirsi
un po’
animali, un po’ primitivi..
sentire
che respiri, sentire che vivi!
»
Mentre
mi prende e mi fa sua, ancora una volta, e
altre mille volte ancora, dolce, passionale, bello, sento che non
riuscirei più
a farne a meno. È veleno. È come una droga. E io
ormai ne sono completamente
assuefatta. Totalmente.
«
Ecco
il segreto più profondo dove tutti si perdono. Ecco la
radice delle radici, il
nocciolo dei noccioli. È questo il meraviglioso senso che
divide le stelle. Io
porto il tuo cuore. Lo porto nel mio cuore.»
Lui
si è preso tutto
di me, e questo mi spaventa. E la cosa buffa, e che lui sembra non
accorgersene. A volte, penso di essermi annullata in lui, soprattutto
dopo
quelle stronzate che mi ha inculcato in testa la mia analista. Si, sono
caduta
davvero in basso. È un mese che mi sono convinta a cercare
aiuto..in una sconosciuta.
È un mese da quando è iniziato il nostro
gioco.
Questa situazione mi stava distruggendo..e non potevo
parlarne a nessuno. Ci siamo dentro solo io e lui. E lui non ci
è dentro quanto
me. Non posso parlarne con lui. È un gioco.
‘Giochi
o non giochi, Pan?’
Gioco.
Sempre. Per sempre. Solo con lui.
6
giugno
Dipendenza
affettiva, così l’aveva chiamata la dott.ssa
Stevens. Ancora ricordo le sue
parole.
«
Gli
affetti che comportano paura e dipendenza, tipici della
dipendenza affettiva, sono destinati a distruggere l’amore.
»
E
io ho un sacco di paure … paura di perderlo.
Paura dell’abbandono. Paura della separazione. Della
solitudine. Della distanza
che c’è tra di noi. Ho paura di mostrarmi per
quello che sono. Anche a lui.
Solo di notte, al buio, mentre mi sussurra dolci parole confortanti, e
mi
stringe a sé, riesco a lasciarmi andare completamente e ad
essere me stessa. La
luce del mattino porta con sé la consapevolezza della mia
inadeguatezza. Mi
sento così maledettamente piccola e insignificante rispetto
a lui. Come potrei non
esserlo? Come può una meteora informe mantenere il confronto
con una stella
così brillante?
«
Disperazione
gioia mia
Sarò
ancora tuo
sperando che non sia follia
Ma
sia quel che sia
Abbracciami
Amore mio
Abbracciami
Amore mio
Che
adesso lo voglio anch’io
»
11
giugno
La
dott.ssa mi ha consigliato un libro da leggere..bè.. parla
di donne che ‘amano
troppo.’ Non
so se voglio davvero sapere
di cosa parla. Ho paura. Di nuovo. Vieni da me, Trunks, e fammi
dimenticare
tutti questi brutti pensieri. Fammi girare
la testa.
12
giugno
Non
è vero, la
dott.ssa Stevens si sbaglia. Non ho bisogno del tuo amore sul serio. Mi
basta
l’illusione
che
tu sia innamorato di me. Mi basta abbracciarti, e passare
la mano tra i tuoi capelli, dolcemente, stringendoli tra le mie dita,
mentre ci
rotoliamo tra le lenzuola del mio letto. Vieni e guardami negli occhi,
anche se
ti sembrano freddi..dimmi che riesci a vedere quello che si nasconde
nel mio
cuore. Dimmi che anche tu stai pensando a tutto quello che non
ci
siamo mai detti da quando è iniziata questa meravigliosa
follia.
|
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Capitolo 9 *** Pagine di Diario - L'inferno (parte I) ***
Sono
più che felice che vi piaccia, e che abbiate deciso di
continuare a seguirla!
Pubblicherò presto i capitoli, perché come ho
detto, sono già pronti, l’ultima
cosa da sistemare è l’epilogo. Buona lettura to
everyone!
Pagine
di Diario –
L’inferno (I parte)
15
giugno
Avrei
voluto fosse andata diversamente, lo desideravo più di
qualsiasi altra cosa, ma
ora ho capito che non c’è modo di far funzionare
questa cosa tra di noi..non ho
abbastanza coraggio..e probabilmente neanche tu.
Mi
guardavi negli occhi e sembravi promettermi silenziosamente il mondo
intero.
Ma
forse, al mattino, semplicemente tutta la magia, per te, svaniva, e ti
sentivi
inevitabilmente oppresso e schiacciato.
È così? È questo che ci ha separato,
Trunks?
È per qualcosa che ho fatto? Per
qualcosa che ho detto?
«
..un
sorriso, e ho visto
la mia fine sul tuo viso
Il
nostro amor dissolversi nel vento
Ricordo,
sono morto in un momento..
»
Gli
ho urlato di andarsene. Di sparire dalla mia vita. Che non volevo
più vederlo
né sentirlo.
E
lui..l’ha fatto. Mi ha abbandonata. Non ho
neppure la forza di piangere, senza di lui mi sento così
vuota.
«Respirando
la polvere dell’auto che ti porta via
Mi
domando
perché
più ti allontani e ti sento mia.
»
17
giugno
“Io
ho la sindrome dell’abbandono, Trunks. Dovrai
dormire con me, d’ora in poi.”
Te lo ricordi ancora o hai già dimenticato?
Due
giorni che non lo vedo e non lo sento, e ho
pianto tutte le mie lacrime e finito le scorte di gelato. Non so da
quanto sono
seduta su questo divano.
Ho perso completamente la cognizione del tempo.
Mi
ha lasciato un messaggio in segreteria. L’ho
cancellato senza nemmeno ascoltare cosa volesse dirmi. Ora mi sento
ancora
peggio, se possibile. Vorrei prendermi a pugni.
21
giugno
Oggi
avevo prenotato la seduta dalla Stevens. Ma non avevo voglia di
parlare. Così
parlò lei. Per un’ora e mezza.
«
Una
frase di Baudelaire diceva :
nella vita si sceglie di essere boia o vittime.
Io
aggiungerei che è chiaro che tu abbia scelto
di essere la vittima
nella tua relazione..vedila in
modo metaforico ovviamente!
In ogni caso, ti dico che dipende tutto dal perché
lui fa in modo che tu dipenda da lui.
E
sopratutto, è lui che vuole ciò, o sei tu che
non riesci a fare a meno di compiacerlo in tutto?
Vedila
così, non c'è una maniera di amare
correttamente, non devi cambiare come sei, solo cerca di non metterti
in
secondo piano se non ne vale la pena.
Pensa innanzitutto alla tua felicità,
sempre.
»
…Sì,
bè. Io
non voglio essere la vittima.
E devo pensare alla mia
felicità. Non devo compiacerlo. Devo essere me stessa, ma
non devo dipendere da
lui.
Ma
che
stronzate mi faceva pensare? E poi la matta sarei io?
Volevo urlare, e
strapparle tutti i capelli dalla testa. Che diavolo ne puoi sapere tu,
vecchia
strega? Trunks non voleva che lo compiacessi né che
dipendessi da lui.
E non
posso pensare alla mia felicità se lui non è con
me. È lui la mia felicità.
Perché stavo buttando via i miei soldi ascoltando questa
cretina?
«
Tu
non vuoi ammettere nemmeno a te
stessa di essere completamente innamorata di lui e di conseguenza
dipendente da
tutto quello che fa.
»
Ci
voleva una laurea
per dirmi questo? Sono anni che non faccio che ripetermelo! Basta.
«
E’
come quando inizi ad assumere
una qualche droga, Pan cara…
Quando
puoi fermarti, non vuoi. Quando
vuoi, non puoi più.
»
Si
può veramente amare
e non dipendere?
Dare
le giuste attenzioni all'altro, volergli bene,
fare sacrifici per lui per stare insieme ma senza dispiacersi se
l'altro ti
considera poco, senza turbarsi nè crearsi paranoie per vari
motivi.
Essere indipendenti, essere felici anche senza l'altro.
Azzarderei a dire amare senza cercare, desiderare nè sentire
il bisogno di essere
amati.
Si può? No, se sei innamorata di Trunks Brief.
La
dott.ssa continuò a blaterare qualcosa sull’amore
giusto e il fatto che fossi dipendente.
Pensava fossi stupida? Me lo ripeteva
almeno 30 volte ogni volta che mi sedevo sul quel maledetto divano.
Pensai che
volesse farmi il lavaggio del cervello.
Ero già abbastanza confusa di mio e
tutta la situazione era già estremamente complicata, senza
che ci si mettesse
anche lei e le sue strambe teorie sul “relazionarsi col
partner in modo
corretto ed equilibrato”.
«
Si
può amare e non dipendere, ti chiederai? Sì, e
ricorda che meno si è amati e più amore si
dà. Purtroppo però si arriverà a un
punto di non
ritorno, in cui capirai che hai investito forze, tempo e sentimenti per
una persona che non ha nemmeno l'onestà di lasciarti andare
del tutto.
Tu stai
sprecando un’enorme quantità di affetto autentico
per la persona sbagliata.
E allora mi chiedo: non sarebbe il caso di anticipare questa
riflessione, prima
di toccare il fondo?
Non ti sto consigliando di sopprimere i tuoi sentimenti, ma pensaci
bene.
Non
hai forse il diritto anche tu di essere amata al 100%?
Il top del top sarebbe vivere una relazione in cui non ci si turba, non
ci si
crea paranoie, si è indipendenti e felici anche senza
l'altro, ma lo si è
notevolmente di più quando l'altro c'è.
»
Stavo
decisamente peggio quando uscì dal suo studio.
Non avevo
spiccicato parola. Ma le sue di parole, ancora mi ronzavano in testa,
mi
confondevano, mi stordivano.
Ero stata davvero così cieca da non accorgermi di
quello che Trunks mi stava facendo?
Ero
davvero così dipendente e bisognosa di lui?
Sì.
Ed era stata sua intenzione
rendermi così?
No,
non era colpa di Trunks. Solo mia.
Io ho voluto giocare con il
fuoco. E ora non posso piangere dal dolore per essermi
scottata.
Non c’era da
discutere sulla nostra relazione, semplicemente perché non
ne abbiamo mai
avuta
una.
Era un gioco.
Ci divertivamo, stavamo
bene, ridevamo, facevamo l’amore la maggior parte del
tempo..ma non stavamo
insieme.
E non era colpa di Trunks se adesso avevo il cuore spezzato e la testa
così confusa.
30
giugno
Sono
due settimane, quattordici giorni che non ho
tue notizie. Ho iniziato ad evitare anche la mia migliore amica, per
paura che
pronunci il tuo nome per caso.. non sono sicura che riuscirei a
controllarmi
dal piangere.
«
E
quanto ti ho sentita mia,
anche
quando mi hai detto "io devo andare
via"
e
hai gridato "è finita"
ma
era una bugia,
prima
o poi tu dovrai ritornare,
perché
sei mia...
quando
vuoi, ma sei mia..
tu
vai via..tornerai perché sei mia,
dove
vai che sei mia,
quanto
tu non lo sai! »
[Gatto
Pancieri, Mia]
Ho
comprato il libro che mi ha consigliato la
dott.ssa.
Penso
di essermi sbagliata sul suo conto, in
fondo sta solo cercando di aiutarmi.
E poi sono stata io ad andare da lei.
A
cercare il suo aiuto, il suo appoggio, i suoi dannati consigli. La
vedevo come
un nemico..ma il mio vero nemico non è lei, e non sei
nemmeno tu, Trunks..sono
io.
Io sono l’unica vera nemica di me stessa.
Era questo che forse non mi
permetteva di essere felice.
E che mi
teneva ancora legata a te.
Sono
sopravvissuta per anni, senza averti in quel senso. Perché
ora non ci riesco?
Mi sembra di non vivere veramente, di essere diventata improvvisamente
spettatrice e non artefice della mia vita.
Mi alzo, mi vesto, vado a lavoro, in
modo meccanico, senza il minimo accenno di vitalità. Nemmeno
occuparmi del
ristorante, prima mia unica ragione di vita e di soddisfazione, mi
appaga. Per
niente. Avrei voluto restarmene a casa. Ogni giorno.
4
luglio
Sei
piombato nella mia vita all’improvviso e mi è
piaciuto.
Era il pomeriggio del piacere più sottile. Abbiamo nuotato
nel fango
della nostra gioia.
Io avevo le gambe bagnate di facile sottomissione. Certe
volte ti odio..
Ho
ripulito la tua mente sporca, hai trovato un cuore, ti ho dato
l’immortalità.
Avevamo
scoperto il collante segreto che teneva
insieme ogni cosa, in uno spazio perfetto dove il rumore non veniva a
disturbarci. Il nostro mondo era completamente pieno.
Una
notte il letto prese fuoco.
Poi
si è creato un baratro tra di noi, e la terra si
è
capovolta..questo è il vero problema. Con te dentro di me,
arriva la coscienza
della mia morte..ma tu hai promesso, hai indicato il cielo e hai
promesso alla
Luna. A volte ti odio.
Qual
è il prezzo della passione? L’inferno? Il
paradiso?
[Questo
monologo è tratto dal film Paradiso+Inferno, che adoro. Sono
frasi raccolte
durante tutto il film, quindi se lo vedete non le troverete in
quest’ordine
qui]
|
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Capitolo 10 *** Pagine di Diario -L'inferno (parte II) ***
Pagine
di Diario –
L’inferno (II parte)
7
luglio
Ci
misi un bel po’ per convincermi ad aprire quel
maledetto libro. E nel momento stesso in cui lo feci, desiderai non
averlo
fatto …
«
Quando
la relazione con lui mette a repentaglio il nostro benessere emotivo, e
forse
anche la nostra sicurezza, stiamo decisamente amando troppo.
»
Lo
chiusi di scatto. Il cuore che mi batteva. Non
potevo continuare a leggerlo. Fu un gesto istintivo e irrazionale
quello di
alzarmi e buttarlo nel cestino della spazzatura.
Quel tizio, lo scrittore del
libro, dico, aveva centrato in pieno.
Aveva maledettamente ragione. Ma non ero
pronta ad accettarlo.
9 luglio
«
Era importante la tua
fedeltà, per me. Io non possiedo quella fiducia in me stessa
che mi
consentirebbe di combattere giorno dopo giorno contro rivali o..contro
sospetti.
»
E
adesso, che non sei più qui, sono follemente gelosa di
qualcuna che non so
nemmeno se esiste.
Il
pensiero che tu possa stare con qualcuna, un’altra
donna, mi ossessiona. In ogni momento della giornata.
Anche
nei sogni mi dai il tormento. Bastardo.
Voglio
che tu soffra, proprio come sto soffrendo io.
E
invece sarai a spassarsela con qualcun’altra, ridendo di me,
magari, prendendo
in giro l’ingenua, piccola,
Pan. Ti odio.
------
Un
uomo adulto che vuole salvare la sua relazione, LOTTA..non appende le
palle in
soffitta alla prima crisi!!
Patetica.
Non c’era niente da salvare. Nessuna relazione.
Lui non lo sa nemmeno,
è tutto nella mia
testa. È la mia vita parallela, non quella reale.
Era
solo un maledetto gioco. Che mi ha rovinato
l’esistenza.
Non
è vero che la distanza aumenta il desiderio..ma chi
l’ha detta questa
cavolata?! Baggianate irrealistiche oltre che fuorvianti.
La
distanza aumenta il desiderio sì..di farsi altre persone!
Ti
odio,
Trunks. Con tutto il
cuore.
E
nonostante questo, non posso fare a meno di …
volerti.
Mi
piace anche solo l’idea di noi due insieme, il pensiero di
piacerci..attrarsi, volersi, incontrarsi, sfiorarsi appena, amarsi,
per poi perdersi..per minuti, ore, oppure giorni..o mesi..
il concetto di tempo perde di significato con te.
11
luglio
Ok…Lo
so.
So
benissimo che non dovrei frequentare nessuno ora..sono così
fragile.
E non
posso fare a meno di cercare Lui, in ogni ragazzo che
incontro.
Ecco perché ho
rifiutato l’invito di Harry, il mio ex. L’unico con
cui sono riuscita a
mantenere un rapporto civile, nonostante tutto.
Quando giovedì lo dirò alla
Stevens, sarà fiera di me, scommetto che mi darà
anche una delle sue caramelle
al caffè come premio di consolazione.
«
Chiodo
non scaccia
chiodo, cara. Ma fa solo un altro buco.
»
Mi
disse un giorno. Forse ha ragione lei, ma non
lo saprò mai se non ci provo.
Lei
non capisce che Trunks ancora mi tormenta.. e
mi ossessiona. Di notte immagino le sue mani calde sul mio corpo e mi
sembra di
impazzire.
Questo letto è troppo grande senza di lui. Mi sembra
così vuoto.
Per
questo, ho richiamato Harry e gli ho dato
appuntamento per stasera.
Infondo non stiamo tutti guarendo da qualcosa?
Alcool, droga, dipendenza affettiva, una storia finita male?! E poi
quanti
ragazzi single, carini, gentili e fumatori e che possono essere
interessati a
me sono rimasti al mondo? Quattro? Cinque?
Per la miseria, sono una
contraddizione vivente.
Oh
Dende, farò venire una crisi di nervi alla mia
analista.
13
luglio
Credo
di aver un problema con l’approcciarmi all’altro
sesso. Si, ho un problema coi
ragazzi.
Tipo che ho paura di impegnarmi e cose così.
Sono sempre io che
incasino le cose, sempre. Ma perché?
Harry
è davvero carino. Ma mi sento così in
colpa.
Come se lo stessi usando … forse
perchè lo sto usando. E lui è così
carino.
Mi ha portato in un ristorantino
sulla spiaggia, era dolce e gentile, ma quando mi ha posato la mano sul
braccio, ho desiderato andarmene, tornare a casa e piangere.
Perché
non mi lasci in pace Trunks? Perché tu devi andare avanti
con la tua vita, e io
devo restare qui, immobile, incapace di muovermi? Non è
giusto, per niente.
È
stato un appuntamento fantastico.
Questo ragazzo è il Santo Graal degli
eterosessuali, e io sto qui a pensare a Lui.
Harry
mi ha sorpreso. A metà cena, se ne è uscito
con un discorso strano. Diceva che non mi aveva mai dimenticato.
Poi
ad un certo punto, la mia mente era volata da
un’altra parte, a kilometri di distanza da lì.
Nella vita parallela che si svolgeva nella mia
testa, mi stavo rotolando allegramente tra le lenzuola..con Lui.
Harry
mi diceva che gli ero mancata tantissimo e
io mi sentivo un mostro.
Poi
fece una cosa che quasi mi commosse. Aveva
conservato il portachiavi che gli regalai al 4 anno di liceo.
Dende..
cosa stavo per fare..volevo davvero
spezzare il suo cuore come Trunks aveva spezzato il mio? Volevo farlo
soffrire
solo per provare a me stessa, che potevo stare senza Trunks?
Sono
davvero una persona orribile. Sul serio. E
mi sento terribilmente in colpa per questo.
18
luglio
La
Stevens mi chiede come mi sento oggi.
Rispondo di stare bene, e la ringrazio in
modo educato. Ma mentre annuisco a qualcosa che mi ha chiesto, la mia
mente si
estranea dal mondo circostante e il mio pensiero vola a ieri sera..
Avevo
piantato in asso Harry, nel bel mezzo dei festeggiamenti per la laurea
di suo
cugino.
Lui aveva intenzione di continuare coi i festeggiamenti anche dopo, nel
suo appartamento, magari nel suo letto.
Ma io ero andata
via, inventando una scusa idiota. Ero già un po’
brilla e non volevo fare
stupidaggini, non con Harry. Lui è stato sempre troppo
buono
con me.
Così
visto che volevo evitare di mettermi nei casini, entrai nel primo bar
che vidi
e ordinai, Dende solo sa, quanti drink.
Non seppi nemmeno quantificare il tempo
che mi ci volle a perdere il controllo e la lucidità, che
ero già fuori alla
porta dell’appartamento di Harry.
Lui era più che sorpreso di vedermi, credo,
ma non disse nulla a riguardo.
Fece un battuta su qualcosa come ‘ il più bel
miraggio che avesse mai avuto’ e io gli avevo già
gettato le braccia intorno al
collo, baciandolo.
Non
riuscivo nemmeno a stare in equilibrio, la testa mi girava
vorticosamente e le
gambe mi cedevano, dovetti appoggiarmi a lui per non cadere
rovinosamente a
terra. Probabilmente lo capì, perché senza
smettere di baciarmi, mi prese in
braccio, portandomi nella sua camera da letto, e adagiandomi sul
letto.
Per la
prima volta, da quando ci siamo conosciuti, ho provato fastidio quando
le sue
mani hanno iniziato a vagare sotto il vestito e i suoi baci a diventare
più
esigenti e invadenti.
Lui era dolce, lento nei suoi movimenti, voleva
assaporare ogni momento, ma io..io no.
Ero irruenta e aggressiva, volevo solo
che finisse al più presto.
Fu quello l’unico
pensiero che mi accompagnò per tutto il tempo in cui lo
sentivo muoversi dentro
me. Non volevo, eppure stavo lì, ferma immobile,
arrendendomi alle sue spinte.
Non mi sono mai sentita così..impotente.
Mai
in tutta la mia vita.
«
E
ti fai cullare ancora dall’illusione
di poter cambiare.
Quanto
è incredibilmente dolce prendere in giro se stessi?
»
Non
volevo che mi toccasse, che mi possedesse, ma non riuscivo a dirlo, non
mi
uscivano le parole.
Volevo
gridargli di smetterla e invece me ne stavo lì, zitta.
Non
le volevo le sue mani sul mio corpo, non era giusto così. Ma
non era colpa sua,
lui era così buono, e protettivo e gentile da fare quasi
tenerezza. Perché non
riuscivo ad amarlo? Cosa c’è di così
sbagliato in me?
Sentivo
le lacrime pungere agli angoli degli occhi.
Deliravo, sussurravo parole
incomprensibili al suo orecchio..tra
queste, il tuo nome. Trunks. Ma lui non se ne accorse.
Perché
continuo a pensare che tu debba salvarmi?
Speravo
di essere cambiata, di essere cresciuta, che non mi avrei fatto
più del male da
sola. Mi sbagliavo. Nessuno mi ha costretta a farlo..eppure non posso
fare a
meno di pensare che questa notte il mio cuore
sia
stato, in ogni modo, violentato.
Harry
si accascia su di me sfinito, e mi abbraccia. Dice di amarmi.
Io non rispondo.
Ma forse non mi ama sul serio, gli scoppiavano solo i
testicoli.
Quanto sono diventata
cattiva..io so che è sincero, almeno lui. Lo è
sempre stato.
Come si fa ad
amare una come me?
Si addormentò, poggiando la testa sul mio seno.
Provai, a
quel punto, l’impulso irrefrenabile di andarmene, di
scappare. Fuggire via.
Lontano da questo ragazzo che mi aveva consegnato ancora una volta,
come in
passato, il suo cuore in mano, senza sapere che l’avrei
pugnalato senza pietà.
Non lo meritava.
----
Mi
rivesto in silenzio, facendo attenzione a non svegliarlo..e me ne vado.
Proprio
come una puttana. È stato più forte di me..
Ora
sono al molo, una leggera brezza mi accarezza e sembra volermi
asciugare le
lacrime che scorgano dai miei occhi.
Realizzo
quello che ho fatto. Mentre i singhiozzi scuotono il mio corpo,
compongo un
numero. Il tuo. Lo conosco a memoria ormai.
Vorrei
mi salvassi anche stavolta. Ma so che non puoi. Non sei nemmeno qui.
Bra me
l’ha detto che sei partito. ‘Per lavoro’.
Stai
scappando, Trunks? Stai scappando da me? Forse anche tu stai soffrendo,
proprio
come me? Salvami, ti prego.
Proprio
come quella
sera..l’albero..
’I
capelli sciolti ti stanno meglio’… ti ricordi?
Uno
squillo. Ho freddo ora.
Allora
te lo ricordi? Oppure già ti sei dimenticato di me, Trunks?
Due,
tre, quattro squilli. Dove sei? Perché non sei con me?
Sento
la tua voce assonnata chiedere chi è, e il mio cuore sembra
fermarsi.
Non ti
rispondo, non ne ho la forza, mi limito a piangere.
Ma
tu hai capito..sussurri il mio nome.
Vorrei
implorarti di venire qui ad abbracciarmi, ma non lo faccio.
Stacco la chiamata.
Sono una codarda.
Come
ti senti adesso, Pan? Vuota.
«
Respirando
più forte
Ti
avvicini al mare.
Stai
piangendo.
Ti
entro nel cervello
e ti raggiungo il cuore.
Proprio
in fondo al
cuore.
Senza
pudore.
Per
cancellare
anche
il più nuovo
amore.
»
26
luglio
«
L’ironia
del destino
vuole che io sia ancora qui a pensare a te,
nella
mia mente flash
ripetuti, attimi vissuti con te.
È
passato tanto tempo
ma tutto è talmente nitido,
così
chiaro e limpido
che sembra ieri..
Ieri,
avrei voluto
leggere nei tuoi pensieri
Scrutarne
ogni piccolo
particolare ed evitare di sbagliare,
diventare
ogni giorno
l’uomo ideale..
»
I
ricordi fanno male, perché non si possono fermare. La mente
allo stesso tempo,
li rifiuta e li accoglie, impotente.
E tu resti lì, a guardare. Non puoi
muoverti, o forse non vuoi, ma non lo capisci in tempo.
Poi il ricordo se ne
va, dopo essere riuscito a riaprirti ferite che ti sforzerai di
ricucire …
almeno fino alla prossima volta.
Per
la vergogna. Per tutte le parole che non ho avuto il coraggio di dire.
Per il
brulichio dei miei rimpianti.
Ma
non voglio più aggrapparmi al passato, e il futuro, mutevole
e beffardo,
continua a scivolarmi tra le dita come sabbia.
La
luna, le stelle, io e te nascosti al resto del mondo.
Quella
sera mi sentivo incredibilmente stanca, era uno dei primi giorni di
giugno
credo.
Riesco ancora a percepire la sensazione di spossatezza che pervadeva le
membra del mio corpo, un leggero mal di testa, ma non così
intollerabile al
punto di impedirmi di correre, come era consueto in quel periodo, a
casa sua e
di rifugiarmi tra le sue possenti braccia.
Avevo
lavorato incessantemente nell’ultima settimana, per mostrare
che il mio
ristorante fosse all’altezza del più grande
critico gastronomico dell’intero
Giappone. E ci ero riuscita.
Trunks,
quando arrivai, aveva già adagiato sul prato
all’inglese del giardino una
coperta e due birre fredde, e lì per lì, ne
rimasi stupita: non avevamo mai
fatto nulla del genere.
Ma mi andava bene. Più che bene.
Avrei voluto
condividere ogni tipo di esperienza con lui, dalla più
banale alla più
spericolata.
Avrei
fatto qualsiasi cosa, se solo lui me l’avesse chiesto.
Qualsiasi.
Poi
capii. La luna quella sera, era straordinaria, padrona incontrastata
delle
tenebre. Bellissima.. no, che dico di più.
Era
enorme, dalla pelle lattea e chiara, coi contorni definiti, e si
stagliava
imponente tra le stelle, lassù.
Mentre
sorseggiavo la mia birra ghiacciata, Trunks mi parlò di un
qualche tipo di
fenomeno che si riusciva a vedere dalla terra solo un tot preciso di
anni. E quella era la serata, che la
grande
signora del cielo, aveva stabilito per il suo spettacolo. Incantevole.
Capii
perché aveva insistito così tanto per vederci
ugualmente, nonostante sapesse
che avrei fatto tardi a lavoro. Lo chiamai quel pomeriggio in ufficio,
per
digli a malincuore di dover rimandare, ma lui non demorse, mi rispose
che mi
avrebbe aspettato anche tutta la notte, che era importante e che me ne
sarei
pentita se non fossi andata da lui.
Infatti, pensai dopo, mi sarei pentita
amaramente, e avrei portato con me il fardello di quel rimpianto tutta
la vita.
Perché quella fu la
nostra sera.
Paradossalmente,
è l’unico momento con lui, i cui ricordi
vacillano, ma allo stesso tempo, è per
me il più prezioso in assoluto.
Ne conservo gelosamente tutti i frammenti nel
mio cuore. Sempre.
Quasi
due ore passate con il naso all’insù, a perderci
in quell’immensità.
La
Luna ci aveva rapiti al primo sguardo, si può dire, forse
perché entrambi
Saiyan, e si sa che tutti i nostri ”antenati”
provavano una sorte di
incontrollabile attrazione fatale per la signora del cielo.. non
saprei. Le mie
sono solo congetture più o meno fantasiose.
Comunque, sia quel che sia, lui
sembrava provare le stesse identiche mie emozioni.
Mi
accesi una sigaretta, sotto lo sguardo infastidito e indagatore di lui,
ma non
mi chiese niente, e non mi giustificai di conseguenza, sapeva che mi
avrebbe
solo resa scocciata e indispettita.
Era
un capriccio, non un vizio per me, almeno lo era allora, lo trovavo
incredibilmente rilassante. Solo di notte però. Sembrava che
il mio corpo mi
richiedesse nicotina solo ed esclusivamente quando il sole tramontava
per
lasciare spazio alla luna.
Lui
mi guardava incuriosito, e oserei dire, quasi rapito, mentre
io rivolgevo lo sguardo ancora in alto.
Trunks osservava invece ogni mia mossa, concentrandosi più
attentamente quando
espiravo il fumo dalla bocca.
Improvvisamente sentii la testa vorticare
impazzita, e la vista farsi quasi appannata, ma solo per un momento.
Ciò che
invece restò, e mi accompagnò per tutta la notte,
fu la sensazione sgradevole
di avere la gambe troppo deboli per poter reggere tutto il peso del mio
corpo.
Pensai che forse avrei dovuto cambiare marca di sigarette, anzi avrei
iniziato
a farle da me, comprando il tabacco, risparmiavo soldi e salute,
perché non
c’erano tutte quelle schifezze che mettono in quelle
confezionate dalle grande
industrie. In ogni caso, la spensi e la gettai via.
Ma
quel malessere non andò via. Lui mi abbracciò da
dietro, e ne gliene fui
silenziosamente grata, ora avevo qualcosa di solido a cui
appoggiarmi.
Potevo
sentire chiaramente i suoi muscoli tonici e i suoi addominali che
sembravano
scolpiti nel marmo, mentre mi cingeva dolcemente con le
braccia.
E ricordo che
pensai di non aver mai trovato in tutta la mia vita, un luogo
più sicuro e
confortevole delle sue braccia.
“Posso
restare con te per sempre?” gli chiesi, come se stessi
facendo una battuta.
Ma
si sa, l’umorismo
permette di dire la verità.
Lui
rise, e mi baciò il collo. Era un sì, Trunks?
Era
una serata calda, le temperature erano in costante aumento, la calura
del
giorno iniziava a farsi afosa, anche se ancora tollerabile.
Eppure percepii dei
brividi di freddo invadermi, lui dovette accorgersene mentre mi
accarezzava il
braccio, forse a causa della pelle d’oca che si era andata
via via formando.
Mi
chiese se avevo voglia di andare dentro, che potevamo concludere il
discorso
nella sua stanza, e solo dal tono che usò, mi si
accapponò la pelle ancor di
più.
Vagamente malizioso. Seducente. Irresistibile.
Da
quel momento i miei ricordi delle ore successive si accavallano nella
mia
mente, e ancora oggi non riesco a sistemarli in ordine cronologico,
come
vorrei.
Ricordo che mi portò in casa tenendomi in braccio,
sussurrandomi parole
confortanti all’orecchio, cercando di trasmettermi un
po’ del suo calore.
Ma io
stavo troppo male. Solo dopo capii il perché, avevo la
febbre altissima.
La
temperatura del mio corpo toccava i 40 gradi centigradi, e non me ne
ero resa
conto nemmeno, così presa dalla luna, da lui, e
dall’amore che provavo, così
intenso, che a volte mi spaventava, pensavo che primo o poi mi avrebbe
fatto
esplodere il cuore.
Lui
era spaventato, ricordo il suo tono preoccupato, dolce come non lo era
mai
stato.
Mi
lamentavo come una bambina, mentre mi spogliava, e iniziai addirittura
a
piangere, quando mi immerse nella vasca piena
d’acqua.
Avevo freddo, non
riuscivo a pensare, non riuscivo a parlare in modo coerente e dare alle
parole
che uscivano dalla mia bocca un senso compiuto. Mi sembrava di vivere
in un
incubo.
Dopo
quella che a me sembrò un’eternità, la
febbre se ne stava sempre lì, organizzava
un party con i miei anticorpi, momentaneamente in ferie anticipate.
Trunks
mi diede un farmaco, Spidifen o qualcosa del genere, mi disse che era
molto
forte, ma che mi avrebbe fatto star meglio in pochi minuti, facendo
scendere la
temperatura.
Lo
accettai senza fare storie, nonostante avesse un sapore orrendo, lo
presi dalle
sua mani, come se fossi stata in fin di vita e lui mi stesse offrendo
la
salvezza.
“Sei
il mio eroe.”
Aveva
ragione, la febbre progressivamente diminuiva, concedendo una tregua
alle mie
membra stanche e provate.
Mi
sentivo debole, le gambe ancora pesanti e avvertivo un senso di
..qualcosa che
non seppi come descrivere.
Era come se fossi ubriaca, o fatta di qualche
sostanza strana. O come se fossi ubriaca e fatta insieme. Era tutto sfocato, come se
fosse l’inizio di
un sogno..
“Ti
voglio.” Gli sussurrai mentre mi rivestiva con una sua maglia.
Ogni sua carezza erano brividi, che partivano
dalla nuca, e mi percorrevano la schiena, veloci.
Ero tutto un fascio di palpitazioni
e tremori. La febbre mi aveva reso completamente disinibita.
“Non
voglio perdermi nemmeno un minuto con te. Se non ti sembro troppo
brutta così,
ora vorrei fare l’amore con te.”
Non
gli avevo mai detto di aver voglia di lui, mai prima di allora. Non
esplicitamente almeno.
Lui sembrò stupito in un primo momento, mi disse
“No,
Pan..tu sei bellissima, sempre.”
E
come mi avevo spogliato e poi rivestito, iniziò a spogliarmi
di nuovo.
Adagio,
piano, ricordo i suoi gesti, che erano lenti, calmi, ma forse era solo
la mia
mente che andava a rallentatore.
Forse
per questo provai delle sensazioni tanto intense quella volta.
Non avevo mai
provato un piacere più sottile. Magari era la febbre alta,
ad alterare i miei
sensi in quel modo spaventoso, oppure quel farmaco miracoloso che mi
aveva
dato.
Oppure, forse, fu perché per la mia prima ed unica volta,
quella sera,
disse di amarmi.
Forse, furono
semplicemente quelle due parole a rendere tutto così
incredibile nella mia
mente, e far sì che lo ricordassi come se fosse un
dolcissimo sogno.
“Ti
amo.” Un sussurro roco che fuoriuscì quasi
involontariamente dalle sue labbra,
come se fosse un pensiero che non si poteva rivelare ad alta
voce.
Lo sussurrò
al mio orecchio quando entrambi, eravamo ancora attraversati da spasmi
di
piacere e persi nell’estasi dell’orgasmo.
Non
sentii mai più quelle parole. Tanto che per tanto tempo, ho
cercato di
dimenticare quella serata. Ho pensato di essermelo immaginato.
Come in un gioco
pericolosamente perverso, ho convinto la mia mente di qualcosa
che io volevo disperatamente sentirmi dire da lui.
Sono
quelle cose che ti rimangono dentro l’anima. Quelle che tieni
nascoste per
paura che vengano mostrate. C’è solo voglia di
correre all’indietro e dire “Io
sono qui.”
|
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Capitolo 11 *** Pagine di Diario - La rinascita ***
Questa
è l’ultima parte della storia che
verrà raccontata attraverso pagine di diario. È
il terz’ultimo capitolo, dopo
ce ne sarà un altro e poi l’epilogo.
Sono
davvero felice che abbiate apprezzato
questa seconda parte della storia, narrata esclusivamente dalla
protagonista..perchè, come avevo accennato, per rispondere
all’ultima
recensione, si cara, hai perfettamente ragione c’è
molto di personale qui. Ho modellato
la trama su una mia storia. Infatti è il mio diario, quello
di due anni fa. Grazie
per i complimenti, sono davvero tanto apprezzati!
Buona
lettura a tutti :D
Pagine
di Diario – Rinascita
7
agosto
«
Non
ti
chiamo. Ma devi sapere che ogni telefonata che non faccio, ogni
messaggio
che non mando sono un segno d'amore. Che il mio silenzio
ti
parli
di quello che provo per te. In queste ore ti coprirò di
invisibili
carezze.
Questa sera farete l'amore? Sicuramente! Ma tu penserai
un po'
a
me..?
»
Oggi
ho sentito questa frase in TV e non ho potuto fare a meno di pensarti.
Anche
perché tu occupi sempre
ogni mio
pensiero. Ancora ora.
Ma
io devo solo non
pensarti. Mi basta
dimenticarti. Perché
mai, potendo, non scelgo la via più semplice per raggiungere
la serenità?
Una
parte di me, mi sussurra la risposta che sto cercando.
Perchè
serenità non è felicità.
Maledette
crisi, maledetti complessi, maledetto Agosto!!
21 agosto
« quel
tuo
sguardo poi, lo interpretai
come
un addio
senza
chiedere perché..
da
te mi allontanai, ma ignoravo che
in
fondo non sarebbe mai finita..
»
Ho
rinunciato a troppe cose. E ho guardato indietro troppe volte.
Oggi
ho
rispolverato vecchi pensieri, trovando un po’ della mia vita
passata, brutti
ricordi che avevo lasciato sepolti lì, fra mille cose, pieni
di polvere,
ammuffiti..e li ho buttati via.
O
almeno ci sto provando. Era da tempo che volevo farlo..ma li ho
lasciati
marcire dentro me per un bel po’.
Oggi
invece me ne sono liberata e mi sento meglio, perché ora
c’è spazio per una vita
nuova.
27
agosto
Nemmeno
il più attento scrutatore, potrebbe accorgersi
di te, ora.
È
troppo tempo ormai, che faccio finta che tu non
esisti. Che tu non ci sia dentro di
me.
Faccio finta e la finzione mi riempie. Povero piccolo mio. Quanto sono
stata sciocca.
Pensavo
fossi una maledizione, una punizione mandatami
dal cielo per castigarmi, per farmi soffrire ancora di più,
per ricordarmi ogni
giorno il mio amore perduto.
Non volevo accettarlo, non era possibile.
Continuavo
la mia vita di sempre, ignorando la tua
esistenza.
Anzi, di più, sono stata così meschina e crudele
con te, bimbo mio.
Ho cercato di farti del male, e ora me ne vergogno, non sai quanto..
Lavoravo
senza sosta per non pensarci, anche se il mio aiuto non serviva, non
era
indispensabile.
Ho
iniziato a fumare anche di giorno. Fumavo sempre.
Per farti del male.
Mi vergogno tremendamente ad ammetterlo, ma ho pensato di
ucciderti. Di non volerti qui con me. Solo per un attimo.
Ma
credo mi sentirò in colpa per il resto della mia
vita per questo.
«
Il
mondo era pieno di nuovi concetti stupendi, ma io non riuscivo a
pensare, a
respirare.. Aspettavo solo che tornasse, perché lui era
tutto per me.. Lui era
più di tutto per me.
« »
Ora
ho capito che non c’era nessuna scelta da fare,
nessun dubbio amletico da risolvere, nessuna decisione da prendere. Tu
eri già
una parte di me, solo che non lo sapevo.
Forse,
quanto sarai abbastanza grande da capire, quando
sarai abbastanza maturo per comprendere quanto può essere
devastante l’amore
non corrisposto, e sarai, forse, in grado, di non odiarmi troppo per
quello che
ti ho fatto..Allora ti racconterò la
verità.
Conserverò queste pagine di
diario, fino a quando tu non sarai pronto.
Perché
tu non sei una maledizione, affatto. Quanto mi
sbagliavo, l’ho capito solo ora.
I
miei genitori si arrabbieranno, sicuramente
proveranno nei miei confronti qualcosa di molto simile alla delusione,
ma poi..
capiranno. E sapranno amarti. Perché loro sono
fantastici.
Non vedo l’ora di
farteli conoscere.
Tu
per me, sei un meraviglioso dono, mandato per
alleviare la mia sofferenza, per restituirmi la vita, per imparare di
nuovo ad
essere felice. Senza di Lui.
Un
giorno forse, Trunks tornerà da me, e tu avrai un
padre. Un padre meraviglioso. Bello, buono, attento, premuroso.
Fino
ad allora ci sarò io a guidare i tuoi passi.
Ti
prometto che cercherò di non annoiarti troppo con
prediche e raccomandazioni.
Incoraggerò
tutti le scelte che vorrai, e cercherò di
porre rimedio ai tuoi errori. Si perché dovrai cercare
di fare degli errori, molti
errori, perché non c'è modo migliore per imparare
e crescere.
Vorrei
che ricevessi una buona educazione, tanti amici,
e tante cose inaspettate.
Avrai
una bella vita, Amore mio. Io mi prenderò cura di
te, sempre.
Cercherò
in tutti i modi possibili di espiare il mio peccato
originale.
Metterò al primo
posto nella lista delle mie priorità, la tua sicurezza, la
tua serenità. Non
avrò la minima esitazione a sacrificare me stessa per
renderti felice, è una
promessa.
Ti
amerò senza nulla chiederti in cambio.
Un
amore senza confini né limiti, né condizione
alcuna.
Riempirò
la casa di affetto, di divertimento, musica e
libri e ci sarà sempre, al mattino, l’odore di
biscotti al cioccolato, appena
sfornati, solo per te. Per farti iniziare la giornata nel migliore dei
modi
possibili, col sorriso.
Ti
guiderò fin quando avrai bisogno di essere guidato.
Cercherò
di essere più un’amica e una complice che un
genitore, sicuramente sarò l’unica amica sincera
che ti resterà sempre accanto,
e che probabilmente ti conoscerà anche meglio di te stesso.
Sarò il tuo punto
di riferimento, il tuo pilastro, il rifugio dove tornare, sempre.
Ti
prometto infine, che ogni volta tornerai a casa,
arrabbiato con il mondo intero,
cercherò di non assillarti con le mie paranoie e di
trattenermi dal farti
domande, ma sappi che troverai sempre un mio abbraccio pronto a
consolarti.
«
E
voglio che tu passi parecchio tempo davanti al mare.. ti ci
porterò
spesso, perché il mare ti da la spinta per sognare, e io
desidero che tu, bambino
mio, sia un sognatore.
Io
voglio che tu
ami, senza paure nè riserve, e quando troverai quell'amore,
dovunque lui sia,
chiunque tu scelga, non scappare via, ma non dargli neppure la caccia.
Se tu
sarai paziente, lui verrà da te, te lo prometto, e
verrà quando meno te lo
aspetti... e non avere paura, e ricorda sempre che amare, significa
vivere. »
Ho
solo un piccolo favore da chiederti,
non farmi aspettare troppo a lungo. Fa prima possibile, te ne prego,
perché ho un
estremo bisogno di te.
Ti Amo, la tua mamma.
3
settembre
Come si fa a non
dipendere da un amore
impossibile?
Amare
senza
dipendere.
Mi
ripeteva la dott.ssa Stevens ogni santa volta, guardandomi come se
stesse
insegnando cosa è giusto e cosa è sbagliato ad
una bimba di 4 anni. E nemmeno.
La
faceva facile, quella dottoressa da strapazzo. Non sa che io non posso
amare Lui.
È un lusso che non
posso permettermi.
Il
nostro è un gioco. Lo è sempre stato. E ora non
posso uscirmene dal nulla, dopo
mesi, dicendogli ‘Comunque stavo scherzando sin
dall’inizio, nessun gioco, io
ti Amo da sempre.’
Ho
una paura tremenda. Mi sto letteralmente fottendo di paura. Paura di
cambiare
le cose, e rischiare e non avere più nulla.
Paura
di un rifiuto, sono troppo vulnerabile ora, potrei morirne.
Così
dovevo essere io, sempre, a mantenere le distanze,
e ora il pensiero che mi sarei potuta comportare
semplicemente come il mio cuore mi suggeriva, assecondando i miei
desideri,
invece di fare quello che mi imponevo,
mi sta lentamente
uccidendo.
Non
ce la faccio più. Sono un relitto umano. Un involucro vuoto
che cammina.
Amare
e non dipendere.
È
un mantra che devo imparare ad applicare alla vita reale, e non solo a
quella
parallela che si svolge nella mia testa.
Sapevo che era qui. E non ho
resistito. Dovevo vederlo. Da lontano, di nascosto.
Ma dovevo vederlo con i
miei occhi.
Il dolore mi aveva offuscato la vista, durante tutto il tempo che
eravamo stati divisi.. e aveva sporcato e inquinato non solo i miei
pensieri,
ma anche l’immagine che avevo di lui.
Lui
era lì, bello come un Dio greco. Sono passati più
di due mesi dall’ultima volta
che l’ho visto. Forse tre. Anche se, a me sono sembrati anni.
È
tornato. Per me? Non ne ho idea, ma non mi importa. Volevo solo gettargli le braccia
intorno al collo e
baciarlo.
Amare
e non dipendere, Pan. Datti una regolata.
Amare
e non dipendere. Amare e non dipendere. Fare l’amore e non
dipendere.. Fare
l’amore con Trunks e fregarsene di quello che dice la
dottoressa.
A
volte bisogna commettere un grande errore per capire qual è
la cosa giusta da
fare. Il mio più grande sbaglio è stato quello di
lasciarti andare.
Adesso
rivoglio TUTTO indietro.
Quanta
felicità ho barattato in cambio della mia
sicurezza? Tanta.. forse troppa.
Non
è mai troppo tardi..giusto?
Sto
andando da lui. Al diavolo la storia della
dipendenza! Sono tutte stronzate.
«
Ancora
tu, non mi
sorprende lo sai
Ancora
tu, ma non dovevamo vederci più?
»
La
sua espressione
sconvolta. Felicità, stupore, rabbia, delusione, gioia,
sollievo, disperazione.
Amore. Tutto in uno sguardo.
«
Teso,
ero a pezzi
ma
un sorriso in superficie
nascondeva
i segni di ogni cicatrice,
nessun
dettaglio che nel rivederti
potesse
svelare
quanto
c'ero stato male..»
‘
Riesco a respirare più facilmente, ora che lui mi
è vicino.’
«
Ma
quanti ostacoli
e
sofferenze e poi
sconforti
e lacrime
per
diventare noi, uniti
indivisibili
vicini
ma irraggiungibili.
»
Quanto
mi era mancato. Avevamo
lasciato così tante cose
in sospeso che non sapevo nemmeno da dove
cominciare.
‘Trunks..possiamo..giocare
di nuovo?’
‘Sì..se
tu lo vuoi.’
‘
Abbracciami. Giochi o non giochi?’
‘
Gioco.’
‘Non
lasciarmi andare via mai più. Giochi o non
giochi?’
‘Gioco.’
‘Amami.
Puoi farlo? Giochi o non giochi? Giochi,
Trunks?’
‘Gioco.
Già da un sacco di
tempo.’
…
E sparì tutto. Le sue parole avevano spazzato
via tutte le mie insicurezze, le mie paure, le mie paranoie..tutte le
incomprensioni. Sparì tutto il dolore atroce che avevo
patito in quegli ultimi
mesi, tutte le lacrime che avevo versato.
C’era
solo lui. Che aveva detto di amarmi.
Aveva
detto di amarmi già da un sacco
di tempo.
…
«
Mi
sembra giusto farti sapere, che non potrai rovinare questa nostra
storia in
alcun modo..Il che, non vuol dire che non mi sentirai gridare quando
sarò
arrabbiato. Urlerò e sbatterò qualche porta. Ma
rimarrò all’interno di
qualunque porta che verrà sbattuta. Sarò tuo
per sempre.
»
Si
può andare in paradiso anche prima di morire.
|
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Capitolo 12 *** Azzurro in Nocciola ***
In
una serata particolare, ovvero quella in cui si
riappacificano, Pan
scrive a Trunks una
lettera per cercare di fargli capire tutto quello che si agita nel suo
cuore e
non gli ha mai detto.
È
una lettera vera, che ho
scritto alla mia migliore amica. L’ho leggermente modificata
ovviamente. Il
monologo tra virgolette è tratto sempre dal libro
“Piccoli crimini coniugali”.
Alcune
parti di essa sono
ispirate al testo “La lettera di Carlo Lucarelli”.
E
la canzone tra
virgolette, è una canzone dei modà
“Sono già solo”.
Buona
lettura.
«
Troppa
luce non ti piace,
godi
meglio a farlo al buio sottovoce
graffiando
la mia pelle
e mordendomi
le labbra
fino
a farmi male, bene..
Senza
farmi capire
se
per te è più sesso o amore..
»
Quella
mattina non appena si svegliò, il suo istinto
naturale gli suggerì, per prima cosa, di cercare il corpo
della sua compagna,
per stringerlo, tenerlo stretto a sé.
Disteso
a pancia sotto, il volto affondato nel soffice
cuscino e una piacevole sensazione di benessere ad attraversagli le
membra, impressa
nella mente e .. nel cuore. Il suo cuore, che dopo tanto tempo,
sembrava
essersi riattivato e risvegliato dal torpore in cui era piombato
nell’ultimo
periodo.
Ma
facendo vagare il braccio nello spazioso letto
matrimoniale della sua stanza da letto, percepì quasi
immediatamente che
qualcosa non andava..o almeno non
andava come sarebbe dovuta andare.
Quando
non trovò ciò che ricercava con tanta urgenza, e
aprì finalmente gli occhi, il suo primo pensiero fu quello
di essere un
completo, emerito idiota. O almeno questo fu quello che gli
suggerì in modo quasi subdolo,
una parte di se stesso, la parte più razionale..e
sicuramente più orgogliosa.
Quasi
stentava a crederci. Si concentrò per cercare di
percepire il suo ki, magari era in cucina.. oppure in bagno..magari
stava
facendo semplicemente una doccia, e lui avrebbe potuto raggiungerla e
farle
compagnia.
Che
razza di coglione.
Lei non era nella doccia che lo
aspettava trepidante. Lei non era più in quella
casa.
Se
n’era andata. Se n’era
andata e non si era nemmeno preoccupata di svegliarlo per informarlo.
Non aveva
avuto nemmeno il coraggio di guardarlo negli occhi mentre, anche questa
volta,
gli diceva ‘Grazie, è stato molto
divertente’ ??
Oppure
non meritava nemmeno uno straccio di
considerazione?
Indifferenza. Era questo tutto quello che aveva ottenuto da
lei?
Dopo tutto quello che aveva passato e aveva fatto?
Dopo tutto quello che
gli aveva confessato ieri sera, lei prendeva di punto in bianco e
andava via?
Dio, avrebbe voluto urlare.
«
Poi
fuggi, ti vesti, mi confondi
non
sai dirmi quando torni
e
piangi, non rispondi, sparisci
e
ogni quattro mesi torni »
L’aveva
lasciato. Di nuovo. Ma com’era possibile. Era
convinto che questa volta sarebbe andata diversamente. Che lei fosse
rimasta.
Che non sarebbe più scappata da lui, dal quel
‘noi’ che tanto la spaventava,
dai suoi sentimenti..
Aveva
sopportato con agrodolce rassegnazione la loro
separazione.
Aveva assecondato ogni sua tacita richiesta. Sempre.
Mesi interi di distanza.
Era stato ancora una volta al gioco,
aveva rispettato le sue scelte, senza batter ciglio, anche se dentro si
sentiva
morire.
Perché era stata Lei, a rompere la loro relazione.
E lui l’aveva
accettato, non aveva gridato, non aveva fatto scenate, si era imposto
di
mantenere la calma. Anche se dentro di lui, tutto urlava e si
dimenava.
Anche
se avrebbe voluto urlargli che la vera pazzia, era quella di separarsi,
non di
stare insieme. Che stare insieme era la cosa più giusta del
mondo.
Perché
ancora non riusciva a capirlo, maledizione? Che doveva fare per
farglielo
capire?
Maledetta testona, era testarda peggio di un mulo coi paraocchi. Molto
peggio.
Si
era imposto di assecondarla, e Dende solo sa quanto
ci era stato male, e l’aveva fatto pensando sul serio che
questo fosse l’unico
modo per averla.
Paradossalmente doveva allontanarsi, per riuscire a riaverla
tra le sue braccia.
Pan
era uno spirito libero, e nella sua anima, lui
lo sapeva, che regnava la più completa anarchia, era
allergica ad ogni tipo di
regola o costrizione.
«
Lei
era fuoco fluido in movimento. Era come uno spirito incastrato in una
forma che
però non riusciva a contenerlo.
»
Era
una guerriera e non si sarebbe lasciata dominare da
nessuno, tanto meno da lui. Soprattutto se lo amava sul serio. Se
l’avesse
amato, non gli avrebbe permesso di prendere il sopravvento.
E lui lo sapeva,
era ben consapevole del fatto che non avrebbe dovuto mai farle anche
solo
pensare di trovarsi in una gabbia. Intrappolata in qualcosa che fosse
più
grande di lei, in un rapporto troppo
serio, troppo stabile,
troppo rigido.
Una
gabbia seppur dorata, era pur sempre una
gabbia.
Lui
ormai era un uomo adulto, e provava il desiderio
più che naturale di rimanerle accanto per tutta la vita, di
costruire un
rapporto che fosse anche una certezza, di avere qualcuno al suo fianco
che lo
sostenesse e che gli facesse da pilastro, per sempre.
E aveva sperato che potesse
essere lei, il suo punto di riferimento, il pilastro che
l’avrebbe tenuto in
piedi per il resto dei suoi giorni.
Non era più tempo per lui di vivere
avventure sconclusionate.. non con lei comunque. Soprattutto non con
lei.
Ma Pan.. lei era giovane e ne aveva tutto il
diritto, aveva bisogno di tempo, dei suoi spazi, e per quanto gli fosse
doloroso anche il solo pensarlo, forse aveva bisogno anche di
avventurarsi in
qualche relazione sbagliata, prima di capire cosa realmente
desiderava.
Aveva, forse, la necessità di frequentare un ragazzo della
sua età, un suo coetaneo..e lui
non poteva essere così crudele da soffocarla in un rapporto
esclusivo, non
poteva costringerla a restargli accanto se non voleva, ad amare solo ed
esclusivamente lui per tutta la vita.
Il
destino si stava abilmente prendendo gioco di lui.
Magari Dende dal suo palazzo nel frattempo si stava facendo delle
grasse
risate, leggendo i pensieri nella sua testa. Era incredibile.
Aveva
sempre trovato mille e più donne, che giurandogli
amore eterno, si lanciavano tra le sue braccia, sperando di essere
‘la
prescelta’.. e ora, ora che aveva trovato la sua anima
gemella, che aveva
aperto gli occhi e aveva scovato l’unica donna con cui
potesse immaginare di
stare tutta la vita, lei non faceva altro che sfuggirgli, che
scivolargli tra le mani come minuscoli granelli di sabbia.
Ricordava
quando ne aveva parlato a sua madre, sua
unica confidente.
“Se
la ami davvero, Trunks, lasciala libera. Se torna
da te, ti appartiene, altrimenti non è mai stata
tua.”
E lui
l’aveva lasciata libera, se n’era
andato addirittura per due mesi all’altro capo del
mondo, per resistere, per
non cercarla, per non correre da lei, in preda al panico, durante la
notte, quando il bisogno di stringerla si faceva più intenso.
Aveva cancellato addirittura il suo numero per non cedere alla
tentazione di chiamarla, per non soffocarla.
L’amava abbastanza da mettere da
parte il suo egoismo, e lasciarla libera di scegliere.
Scegliere solo con la
sua testa. Senza influenze esterne.
Anche se, forse, egoisticamente, non poteva
fare a meno di sperare che avesse scelto col ..cuore.
E
l’aveva fatto. Aveva fatto tutto questo. E aveva
sofferto la sua assenza in silenzio, aveva curato il suo cuore e il suo
orgoglio da solo.
E ora che lei era tornata..pensava davvero che avesse capito.
Che fosse tornata per restare.
Gli
aveva detto che non l’avrebbe lasciata andar via,
che l’amava, che sarebbe stato suo per sempre.
« Resisti,
non mi stanchi..
Mi
conservi sempre dentro ai tuoi ricordi
e
poi brilli, non ti spegni
ci
graffiamo per non far guarire i segni..
E
sei pioggia fredda
sei
come un temporale di emozioni che poi quando passa,
Lampo,
tuono, è passato così poco e son già
solo..
»
E
aveva immaginato così tante volte in quei mesi, di
poterla stringerla, accarezzarla, di averla, che gli era
sembrato quasi un sogno
ad occhi aperti quando, ieri sera, era successo davvero.
Aveva
pensato che fosse stato per sempre, aveva sperato
con tutto il suo essere che il giorno dopo sarebbero stati
‘un noi’, lo aveva
desiderato e aveva pensato di veder avverato il suo sogno, mentre
sentiva la
sua pelle umida sotto le mani, mentre avvertiva le sue unghie
conficcate nella
sua carne, graffiargli la schiena.
Ne
era stato più che sicuro, mentre tra sospiri e gemiti di
piacere, ripeteva il suo
nome, e gli sussurrava all’orecchio in un modo che Trunks
trovava alquanto..indecente.
E
invece, l’aveva lasciato.
Come
poteva trattarlo in quel modo? Ancora?
Ma
poi chi era lei per trattarlo come una stupida
marionetta che obbediva ai suoi comandi?
Quindi
era così?? Lei voleva giocare e lui giocava.
Lei
si scocciava, si stancava del suo giocattolo e lo buttava via. Di nuovo.
Era
questo che era? Un cazzo di gioco? Era arrabbiato
con lei, frustrato da tutta quella situazione e deluso per non essere
riuscito
nemmeno stavolta a convincerla a restare, ma più di tutto
era incollerito..era
incazzato nero con se stesso.
Ci
era cascato di nuovo. Era caduto di nuovo nella sua
trappola.
Lei aveva tessuto la sua ragnatela con cura, l’aveva riveduta
nei
minimi dettagli in quei mesi.
Gli aveva fatto credere che stesse male, che
sentiva la sua mancanza, l’aveva sentita piangere disperata
al telefono nel
cuore della notte solo perché lui era distante da
lei.
Gli aveva mostrato i
suoi occhioni lucidi e sofferenti e lui ci era cascato come uno
stupido.
Le
aveva creduto. Aveva creduto che lo rivolesse, e questa volta per
sempre.
Si
diede mentalmente dell’idiota.
Se
l’avesse visto suo padre in quelle condizioni..
L’avrebbe preso a pugni fino a
fargli sputare sangue e gli avrebbe dato della femminuccia, del
rammollito. E avrebbe avuto ragione.
Fu
solo a quel punto che vide un foglio piegato,
adagiato sul comodino.
La
sua parte razionale gli urlò di stracciarlo, doveva
essere di quella strega.
‘Non lo leggere, vuole solo darti il colpo di
grazia.’
La
prese, la accartocciò e la gettò con stizza sul
pavimento.
------
Gli ci vollero 45 minuti, due sedie fracassate dall'enrgia che non
riusciva tenere sotto controllo, e una buona dose di orgoglio messo da
parte, per tornare di là,
nella sua stanza, prendere la lettera e iniziare a stirarla con le dita
in modo
meticoloso per riuscirne a leggerne il contenuto.
In
quel momento pensò
nuovamente a suo padre.
Che avrebbe fatto il glorioso principe dei Saiyan al
suo posto?
Sicuramente non si sarebbe fatto calpestare in quel modo.
Se voleva
una cosa, la otteneva, sempre.
Avrebbe lottato e non si sarebbe arreso fino a
quando non avesse avuto la vittoria tra le mani. Anche a costo di
andarsela a
prendere di peso.
E Trunks pensò, che avrebbe seguito il suo esempio per una
volta.
Qualsiasi cosa ci fosse scritta in quella lettera non avrebbe fatto
vacillare la sua sicurezza, sarebbe andato da lei e l’avrebbe
costretta ad
ascoltare le sue ragioni, anche con la forza se necessario.
Gli avrebbe chiesto delle spiegazioni, se voleva davvero lasciarlo,
questa volta sarebbe stato per
sempre, e avrebbe dovuto avere delle valide motivazioni per
farlo.
E anche se
le avesse avute, lui non gliel’avrebbe permesso.
No. Avrebbe ottenuto la
vittoria, l’avrebbe avuta, come voleva lui.
Basta
giochi, basta trucchetti, basta
strategie.
«
Tornerai,
tornerai, altrochè se tornerai.
Ma
stavolta, non ti lascio, ti tengo stretta sul mio petto.
Poi
ti bacio, poi ti graffio, poi ti dico che ti amo e ti proteggo..
E
poi ti voglio e poi ti prendo, poi ti sento che impazzisci se ti parlo
Sottovoce,
senza luce
Perché
solo io lo so quanto ti piace
E
ora dimmi che mi ami
E
stavolta no, non durerà solo fino a domani
Resta
qui con me perché sono pazzo di te »
Ma
quando finalmente si decise a leggere quella
lettera, tutti i suoi piani di rivalsa, andarono in fumo.
Per
la prima volta, dopo tanto tempo, Trunks riuscì a
ricordare cosa significasse sentirsi completamente… felici.
[Tante
volte ho provato a scriverti in
questi mesi, ma non ci sono mai riuscita.
Non
trovavo mai le parole adatte.
Volevo farti sapere quello che pensavo.
Dirti quello che c’è tra me e te. La
verità è che forse, è un qualcosa di
troppo grande, troppo importante,
semplicemente troppo..ed io ero semplicemente troppo spaventata.
Allora
senti, lo faccio ora, complice qualche bicchiere
di troppo di un vino parecchio scadente. Vorrei scriverti tutto quello
che
provo, che penso, che spero, che voglio, che giuro, che imbroglio, che
so di
aver capito e tutto quello che so di non aver capito di te, di me, di
noi.
Siamo
diventati grandi ormai, e tra tante persone, ci
siamo scelti, e ci siamo tacitamente promessi di proteggerci da tutti e
da
tutto, e di prenderci cura l’una dell’altro, da
allora in poi. Non potevamo
saperlo quando ci siamo conosciuti, ma eravamo destinati ad amarci.
Un
attimo prima ero impenetrabile, e l’attimo dopo
c’eri tu nella mia vita e già ti amavo.
Azzurro
in nocciola.
Tu
hai detto una cosa, e io ne ho detta un’altra, e già
c’era la magia. Te lo confesso ora, che
ci sarei rimasta tutta la vita in quella conversazione.
Sogni
raccontanti solo di notte, nessuno poteva
ascoltare, con le lenzuola a proteggerci dall’invidia del
mondo. Lo sentivo
nella pancia che eri quello giusto. Nella pancia, nelle gambe, nelle
mani, nei
piedi. Me lo sentivo dappertutto.
Di
tutte le battute pungenti, i
vestiti sfilati, di
tutte le ricette bruciate.
Di tutte le follie, i giochi, le liti. Di
tutti i ‘vaffanculo’ che ci siamo urlati e le birre
condivise.
Di tutte le
incomprensioni, e di tutti i baci sotto la pioggia, sotto le
stelle.
Di tutte
le serate passate a parlare, di tutti i tuoi esperimenti culinari
riusciti
male, degli sguardi complici, del capire cosa pensa l’altro
solo guardandoci
negli occhi..o quasi..
Delle
sigarette, e il fumo che ti molesta, delle voglie
improvvise, delle fughe d’amore.
Dei travestimenti improvvisati, le sbornie e
le ubriacature, di tutte le mutandine perdute e mai ritrovate, di tutte
le lacrime
amare e quelle felici..
Galeotto
fu Titanic..di
tutte false promesse, di tutte le confessioni imbarazzanti, fatte di
notte, e
le risate contagiose, le cazzate..delle strategie per non farci
scoprire, la
cantina, io e te, nascosti dal mondo.
Di
tutte le lampadine fulminate nel mio appartamento e
mai sostituite, perché “fa
più atmosfera romantica così”: di tutto
questo e di tanto altro, quali sono le cose che restano, mi sono
chiesta.
Elimino
tutto quello che non si dice per paura di venir
criticati, giudicati, creduti stupidi o ridicoli, tutto quello che non
importa,
quello che non conta.
Tolgo
anche quello che non è pulito; metto via tutto
quello che non è vero, che non è sincero; insomma
tutto quello che può essere
perso, dimenticato, mistificato, frainteso.
Ho
tolto dalla mia testa tutta la confusione, i
pensieri negativi, le utopiche fantasie e le oggettive
preoccupazioni.
Tutto
quello che mi spaventa..Tutto.. i clienti esigenti, il futuro, la
delusione, la
paura del rifiuto, la caducità dell’umano, il
fatto che il mio tabacco è quasi
finito e domani non avrò nemmeno il tempo per
ricomprarlo.
Ho
eliminato tutto quello che non è essenziale e alla
fine mi è rimasto questo : sono triste, quando tu sei triste
e sono felice,
quando tu sei felice.
Mi
piace come mi ascolti e come mi parli. E soprattutto
come mi guardi.
Profumi di
buono, sai di casa.
E
manchi terribilmente quando non sei con me.
Alla
fine, tra tante cose passeggere e futili, sei
rimasto tu, adorabile canaglia.
È
così ora, e sarà così per molto altro
tempo. Sarà
così per sempre.
Saremo
sempre io e te, eterni incoscienti ragazzini.
‘‘Non
si può eludere il proprio destino. Tu sei il
mio destino.
Noi
non ci
apparterremo solo fisicamente, ma ci apparteniamo anche
mentalmente.
Tu ti sei
immerso nei miei abissi più profondi, io nei tuoi, siamo
schiavi l’uno
dell’altra.
Anche se non nella carne, sei il mio uomo nei miei ricordi, nei
miei sogni, nelle mie speranze.
E’ questo che mi lega a te. Possiamo anche
separarci, ma non potremo mai lasciarci.
Tutti
questi giorni in cui tu non
c’eri, eri assente da qui, assente da te stesso, io
continuavo a rivolgerti i
miei pensieri, a farti partecipe dei miei umori.
Sai
cosa vuol dire amare un
uomo con amore? Vuol dire amarlo malgrado te stessa, malgrado lui,
contro tutto
e tutti. Vuol dire amarlo in un modo che non dipende più da
nessuno.
Amo i tuoi
desideri e amo anche le tue avversioni, amo il male che mi fai, un male
che non
mi dà dolore, che passa subito, un male che non lascia
tracce.
Amare vuol dire
avere quella resistenza che ti permette di passare attraverso tutti gli
stati
con la stessa intensità, dalla sofferenza alla gioia.
Il
mio amore
per te è un nucleo, una nebulosa nel profondo della mia
anima, qualcosa che non
posso più raggiungere nè cambiare.
Una parte di te è in me. Anche se tu te ne
andassi, quella parte resterebbe.
In me c’è una tua forma.
Io sono la tua
impronta, tu sei la mia, nessuno dei due può esistere
separatamente dall’altro.’’
‘‘Il
mondo è brutto e crudele, pieno di
svolte improvvise e strade tortuose, e la maggior parte delle persone
finisce
per perdersi in un battito di ciglia.’’
Spero
non capiti mai a noi. Non so come ci aspetta,
vorrei che fosse davvero qualcosa di bello, una vita emozionante, ma se
così
non fosse, possiamo già ritenerci fortunati
così.. qualcuno lassù deve averci
per forza raccomandato : raro, e quasi impossibile, trovare oggi, tra
tutto
questo schifo, un legame così puro e perfetto, come quello
tra me e te,
perfetti come solo insieme possiamo esserlo.
Vorrei
poter essere la tua famiglia, d’ora in poi.
Immaginando
il mio futuro, vorrei che fossi orgoglioso
di me.
La tua Panny, ora, è ancora, una strampalata, come ami
definirmi tu, una
bambina nel corpo di una ventenne, che lascia a metà tutto
quello che inizia,
che si porta dietro mille questioni in sospeso, a cui interessa niente
e tutto
allo stesso tempo..ma se mi resterai accanto, qualcosa
cambierà.
Qualcosa
succederà prima o poi, e potrai parlare di me con orgoglio,
come se fossi un
tuo progetto portato finalmente a compimento.
Ora
ti lascio, perché già sento canticchiare qualche
uccello fuori dalla finestra.
E come ben sai, devo essere attiva prima di quei
maledetti pennuti.
Un
bacio (ovviamente indecente)
Distrattamente
tua, Panny ]
|
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Capitolo 13 *** Epilogo - Quelle notti tra cosce e zanzare.. ***
Epilogo
[Le
frasi
rinchiuse tra parentesi tra questi segni qui «
.. »
sono citazioni, la prima citazione è di Aimee Bender, mentre
la seconda è di Charles Bukowski, tratta dal libro
“Storie di ordinaria follia”, che non vi
consiglio di leggere, perché ci sono solo due o tre frasi
che catturano, tutto
il resto è noia e sesso, descritto in maniera orrenda. Ah e
poi le ultime parole di Trunks sono tratte da "Piccoli cimini
coniugali". Grazie mille a tutti
quelli che hanno letto, seguito e commentato questa storia. ]
---------
Trunks
la osservava mentre dormiva tranquilla,
un’espressione serena disegnata sul volto, un sorriso appena
accennato ad
incorniciarle il viso.
Prima di comprenderla appieno, percepì di nuovo quella
piacevole sensazione di appartenenza e di calore,
solo stando fermo lì, accanto a lei, senza nemmeno
sfiorarla; la stessa che
percepiva ogni volta che, in qualche raro attimo di
tranquillità, aveva la
possibilità di fermarsi ad osservarla, e cogliere tutti i
dettagli del suo
viso, cercare di scrutarne i pensieri, come stava accadendo ora, mentre
la
accarezzava con gli occhi.
Bella, nuda,
avvolta nel soffice lenzuolo di cotone, bellissima, intorpidita dal
sonno..
Lui
sapeva che quel calore, quella sensazione che gli
si era incollata addosso..in realtà non
era una semplice sensazione. Era un avvertimento, segnalava una nuova presenza.
A
quanto pare, il birbante, non ci stava ad essere
ignorato.
E
faceva di tutto per essere notato.
Probabilmente
aveva ereditato l’egocentrismo di
entrambi i nonni paterni.
Sorrise,
pensando al suo futuro che ora gli appariva
quanto mai radioso. Insieme a lei. Insieme al loro bambino. Presto
sarebbero
stati una famiglia.
Lui
lo sapeva, ma aveva aspettato che fosse lei a
dirglielo. Voleva vedere l’emozione nei suoi occhi mentre gli
rivelava, quasi
commossa, che stava per diventare padre.
Ma Pan, sembrava ben intenzionata a.. non comunicargli proprio un bel
niente. E
non poteva fare a meno di chiedersi il perché. Forse..
pensava che li avrebbe
divisi? Che avrebbe potuto cambiare idea? Che l’avrebbe
lasciata da sola?
Che idiozia.
Ma
anche se lei non aveva ancora proferito parola a
riguardo, lui poteva percepire la sua presenza
in modo nitido..
E
poi, inoltre, iniziava a vedersi un ‘leggerissimo’
rigonfiamento del ventre.
Ma questo non l’avrebbe mai ammesso dinanzi a lei.
Era già parecchio su di giri
ultimamente, con i nervi a fior di pelle e gli ormoni
impazziti.
Pan poteva
essere pericolosa già in condizioni normali, figurarsi con
gli sbalzi d’umore
causati dalla gravidanza. Sorrise, pensando che
il suo carattere vulcanico, era
in realtà, uno dei aspetti che più adorava di lei.
Improvvisamente
notò la sua espressione mutare, come se
fosse infastidita da qualcosa, forse stava sognando.
Mugugnò qualcosa
di incomprensibile, e si mosse in modo goffo, nel tentativo forse di
imitare un
gesto, come a voler scacciare qualcuno.
Senza
aprire gli occhi, Pan cercò con le mani il lembo
del lenzuolo, fino a portarselo in modo repentino sopra la testa,
rifugiandosi
al di sotto delle coperte.
Incuriosito
e divertito allo stesso tempo, Trunks la
imitò, decise di seguirla nel suo nascondiglio.
La
vide aprire piano gli occhi, i suoi grandi occhi
neri, leggermente gonfi di sonno, non era ancora uscita dallo stato di
dormiveglia evidentemente. Le sorrise e lei rispose con un broncio, e
mentre
sbuffava, si spostava dei capelli del viso.
“Qual è il
problema, Panny?” Le chiese serio, non facendo trapelare
alcun divertimento
dalla sua voce.
“Il
problema
è quella dannata sanguisuga lassù!”
Parlò con voce strascicata, quasi
piagnucolando.
Gli
mostrò dei segni rossi, circolari, che si
estendevano sul braccio e sul collo, erano dei morsi di zanzara.
Lui cercò di trattenersi dallo scoppiare in una
fragorosa risata. La situazione era comica, ma lei aveva uno strano
luccichio
negli occhi. Era davvero risentita.
Sembrava
proprio una bambina, con quel suo visino
corrucciato, e le palpebre leggermente abbassate, non si era ancora
svegliata
del tutto.
Gli occhi lucidi, le ciglia lunghe e i capelli disordinati, gli
venne voglia di affondarci una mano dentro e sentirne la morbidezza,
aspirandone il profumo, l’odore del suo shampoo. Liquirizia.
Sempre lo stesso
rassicurante odore di liquirizia.
Era semplicemente adorabile.
“Sei
troppo tenera.” Le disse dolcemente, allungando
una mano, nel tentativo di sfiorarle la fossetta che nel frattempo si
era
formata sulla guancia destra. Ma lei non parve d’accordo con
la sua
affermazione. Là interpretò male.
“Non
voglio essere tenera! Voglio essere sexy, non tenera.
‘Tenera’ ci sarà il tuo
cane.” Indispettita
uscì allo scoperto,
fuori dal suo rifugio e spostò il lenzuolo in un gesto
stizzito.
Si girò
bruscamente dall’altro lato, portandosi distesa su di un
fianco, e mostrandogli
la completa visione della sua schiena. La sua incantevole, candida,
soffice
schiena.
“Ma
io non ho un cane..” Lei sbuffò contrariata.
Lui
sorrise ancora, e dopo un attimo di esitazione, le
si avvicinò piano, ma non la toccò.
Lei
si rinchiuse in un silenzio ostinato, non poteva
vedere quello che stava facendo Trunks, ma aveva percepito lo
spostamento del
suo corpo. Quando però sentì il suo respiro caldo
sul collo, parve rilassarsi.
«
...Lui
le passò la
mano su tutte le vertebre, una per una, e lei non disse: basta mi fai
il
solletico, anche se lui temeva che lo facesse da un momento
all’altro.
Invece rimase
semplicemente a guardare fuori dalle tende scolorite, coi capelli che
frusciavano da un lato.
Lui
le accarezzò la spina dorsale da cima a fondo, un
pezzetto alla volta, e per tutto il tempo che gli ci volle per farlo,
il suo
cervello rimase assolutamente in silenzio.
È
a questi spazi vuoti che bisogna stare attenti,
perché si riempiono di sentimento prima ancora che uno si
renda conto di cos’è
successo; e che si ritrovi, arrivato in fondo alla spina dorsale di
lei,
diverso.
»
Ora
lui era più vicino, Pan poteva
sentire i muscoli del suo torace a contatto con la sua schiena.
“Tu
sei la
donna
più sexy che io abbia mai visto.” Le
alitò sul collo, dolcemente, mentre
la sua mano, scendeva, languida, sulla sua coscia, per poi risalire,
oltrepassare i glutei, e posarsi finalmente sul suo fianco destro.
Le
accarezzava il ventre con
movimenti circolari, e lei potè giurare di aver sentito un
calore
attraversarla, come se le stesse trasmettendo un po’ della
sua energia. Era una
sensazione dolcissima. E mooolto piacevole.
Trunks
la accarezzava lentamente,
troppo lentamente, forse per non risvegliare i pensieri di lei ancora
sopiti.
La strinse un po’ più forte, facendo una pressione
leggermente maggiore con i
polpastrelli, quando la sentì rispondere.
“Non
dire stronzate. Sono un
disastro, sono tenera
.“ Sottolineò la parola
‘tenera’, come se provasse disgusto. “E
non dirmi cose
carine ora, solo perché stai cercando di portarmi a
letto.” Sbuffò, mostrando
tutto il suo disappunto.
“Ma
io ti
già ha portata a letto. Dende solo sa, quante
volte..”
Lei
sembrò
non gradire la battuta, o forse, era ancora troppo stordita dal sonno
per
percepire l’umorismo nella voce di lui. Si ritrasse al
contatto e il suo corpo
si irrigidì leggermente.
Ma lui non demorse, non aveva intenzione di sprecare
così la loro mattinata libera..
Le si
avvicinò ancora e lei sbottò, girandosi di scatto
e guardandolo nei vivi occhi
di brace.
“Che
diavolo vuoi?” Sembrava
volesse colpirlo
ora.
Lui
non
potè far altro che ridere sommessamente. La sua risata era
l’unico modo per non
risponderle come avrebbe voluto. Avrebbe
voluto farla sua
in quel preciso istante.
Avrebbe
voluto
accarezzare
e baciare ogni centimetro del
suo corpo, ogni lembo di pelle.
Dio
solo sa, quanto avrebbe voluto prenderla proprio in
quel momento, mentre aveva ancora disegnato quel broncio infantile sul
volto,
prenderla e amarla fino a toglierle il respiro, vedere i suoi occhi
grandi,
appannati dal desiderio, diventare più scuri per
l’eccitazione..ma non poteva.
Non nell’immediato almeno. E ridere era l’unica
cosa che poteva trattenerlo.
Trattenerlo dal risponderle ‘ora come ora voglio
te.’
“Non
puoi mica biasimarla, quella povera zanzara, se
non riusciva a starti lontano..come poteva resisterti? Sei troppo
sexy.”
La canzonò lui, e accennò un piccolo innocente
morso su una guancia di lei, in
un’imitazione giocosa della zanzara assassina, colpevole
dell’efferato
crimine..di aver disturbato il suo regale sonno.
“Altro
che zanzara, mi ha risucchiato pure l’anima!” Ma
ormai il broncio era sparito, sostituito da un sorriso luminoso, mentre
si
abbandonava
alle carezze
di lui.
«
Fu allora che avvert¡ quanto fosse gentile,
percep¡ la bontà che era in lei. Si
tradiva a sua insaputa. Poi però si
ritraeva, ritornava selvatica, d’un balzo, piena
d’incongruità. Balzana.
Schizoide. Una bellissima schizoide spirituale.»
“Vorrei
mi
permettessi di starti accanto.” Le soffiò sul
collo.
Lei
si
staccò da lui, in modo da poterlo guardare negli occhi.
“Ma tu già mi sei
accanto.” Le disse sorniona, con una risatina.
“Direi che nel ultimo periodo,
mi sei stato molto spesso
accanto.”
Il tono ora aveva preso una cadenza lievemente maliziosa.
“No,
intendo dire starti accanto sul serio, Pan.” Lei lo
guardò interrogativa,
confusa.
“Vorrei
poterti sgridare liberamente se ti vedo con un’altra dannata
sigaretta tra le
mani.
Vorrei poterti accontentare in tutte le tue voglie, per quanto strane o
bizzarre possano mai essere, correre a notte fonda per trovare un
supermercato
aperto dove poter trovare quello che più desideri in quel
momento. Vorrei
poterti dire che sei un’incosciente, e che dovresti deciderti
ad assumere un
assistente o quello che diavolo vuoi, in modo che tu possa riposare
più di 4
ore a notte.
Vorrei rimproverarti quando torni a casa esausta, e ricordarti che
devi dormire molto di più.
Voglio tornare da lavoro e salutarti, chinandomi a
baciarti il ventre.
Voglio sapere tutte le emozioni che provi, se sei felice,
se sei triste, ogni minima variazione d’umore. Voglio che tu
mi dica come ci si
sente ad avvertire una nuova vita crescere dentro di te.
Non voglio più sentirmi
escluso da tutto questo. Perché non vuoi rendermi partecipe
di una gioia tanto
grande?”
Pan
lo
aveva ascoltato senza fiatare, guardandolo con meraviglia mista a
sollievo, ma
prima che potesse rispondere in qualche modo, lui la precedette:
“Ti
amo.
Ti
amo perché non
sei tenera.
Ti amo perché mi tieni testa.
Ti amo perché sei
capace di colpirmi.
Ti amo perché rimani sempre una bella straniera.
Ti amo
perché fai l’amore con me solo se ti va davvero. E
quando ti va, va sempre anche a
me.”
Si
fermò, e
la guardò intensamente, cercando il contatto con i suoi
occhi scuri,
incatenandoli ai propri.
“Il tuo non esserci non mi
fa morire, mi
avvelena. Ti prego, resta, resta con me. Sposami.”
La
vide
sbattere le palpebre più volte, sbigottita e sorpresa,
incapace di proferire parola.
Sembrò
non
realizzare immediatamente, ma appena comprese a pieno il significato di
quelle
parole, lo abbracciò di slancio, quasi soffocandolo, sul
volto il più bel sorriso
che gli avesse mai avesse visto.
Trunks
lo
prese per un ‘sì’.
The
End
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