Giochi?

di martiu
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Festa? No, grazie. ***
Capitolo 2: *** Chili di gelato e un classico polpettone romantico ***
Capitolo 3: *** Cerniere galeotte e Razionalità in ferie ***
Capitolo 4: *** Nessun rimpianto ***
Capitolo 5: *** Raddoppi o Lasci. Giochi o non giochi? ***
Capitolo 6: *** Risveglio – Riconoscimento - Realizzazione ***
Capitolo 7: *** E non credermi, Amore, quando ti dico che è finita.. ***
Capitolo 8: *** Pagine di Diario - Il paradiso ***
Capitolo 9: *** Pagine di Diario - L'inferno (parte I) ***
Capitolo 10: *** Pagine di Diario -L'inferno (parte II) ***
Capitolo 11: *** Pagine di Diario - La rinascita ***
Capitolo 12: *** Azzurro in Nocciola ***
Capitolo 13: *** Epilogo - Quelle notti tra cosce e zanzare.. ***



Capitolo 1
*** Festa? No, grazie. ***


festa no grazie
 
Capitolo 1. Festa? No, grazie.
Decise di abbandonare la pista, e andarsi a sedere al tavolo, alla decima canzone ‘solo per  coppie’. Lei NON era in coppia con qualcuno, il suo unico partner quella sera era stato qualche bicchiere di vino.
Tuttavia, era davvero felice, anzi felicissima. Era felice perché la sua amica era felice.
Bra, la sua amica di sempre, così delicata nella sua forma, così ammirata e venerata, sembrava così splendida nel suo abito da sposa che era difficile non essere felice per lei.
Era bella stasera, ma poi lo era sempre stata. Bra era sempre stata conosciuta per il suo look, così non fu una sorpresa che si sposò per prima.
Né fu sorprendente chi aveva sposato. Il suo migliore amico, il suo confidente, il ragazzo che aveva avuto una cotta per lei per tutta la sua vita, Uub.
Ed era altrettanto meno scioccante che Pan era sempre stata la damigella della sposa, ma mai la sposa.
Era ancora un più odioso clichè, il fatto che mentre Pan aveva sperato di vedere il bouquet atterrare tra le mani, come se ci fosse una sorta di voto segreto da parte della buona sorte che le era accanto, la donna che l’aveva afferrato le non aveva nemmeno lasciato intravedere la minima speranza.
Marron l’aveva afferrato al volo ed era risaputo che lei aveva messo gli occhi su Goten già da un po’.
Quindi entrambe le ragazze con gli occhi azzurri erano state accontentate nel loro desiderio e dov’è che avevano lasciato Pan?
Con una confezione di gelato e in un appartamento vuoto, sopra il ristorante che dirigeva. Oh sì, aveva dimenticato di aggiungere alla lista un paio di film romantici a tenerle compagnia. Forse poteva essere felice da sola. Poteva avere un cane e potevano diventare migliori amici. Sì, sembrava carino come finale.

Si guardò intorno lentamente, controllando che nessuno stesse guardando. 
Sapeva che se avesse annunciato i suoi piani, ovvero andare a casa, avrebbero voluto tirarla di nuovo nella mischia. Lo avevano sempre fatto, dicendo che era come impantanata nel fango e che doveva uscirne, aveva bisogno di imparare a ‘fare festa’, a divertirsi come ogni 22enne doveva fare.
Ma lei non era veramente interessata a 'imparare a fare festa'.
E non aveva bisogno di assistenza, e tante grazie.

La musica pompava ad alta voce e lei poteva sentire la risata di Bra che si alzava sopra quella degli altri, mentre gettò gli occhi al cielo a guardare le stelle. 
La carnagione della luna stava diventando più scura e le nuvole si muovevano velocemente.Stimò che presto il party sarebbe finito, era in arrivo una tempesta, così lei non avrebbe dovuto preoccuparsi di qualcuno che la invitasse a ballare, in un disperato tentativo di farla divertire. Si alzò furtivamente dal tavolo, evitando lo sguardo dei suoi genitori dall’altro lato della pista. Tentavano di ballare. Cioè, sua madre tentava di ballare, suo padre sembrava più un orso ubriaco. Ridacchiò osservandoli. 
Non avrebbe preso l’air-car, avrebbe fatto troppo rumore e avrebbe attirato l’attenzione dei presenti. Avrebbe fatto due passi.

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Capitolo 2
*** Chili di gelato e un classico polpettone romantico ***


Capitolo 2.  Chili di gelato e un classico polpettone romantico

 

Camminava a piedi, per fortuna il suo appartamento non era molto distante. Era difficile per lei camminare sui tacchi alti, specie in quelle condizioni, con il vento che sembrava prenderla a calci, così inciampò e perse l’equilibrio.

I suoi capelli, che erano raccolti in una crocchia sulla sommità del capo, si incastrarono in un ramo di un albero vicino.

Raddrizzò il suo corpo come meglio poteva, rendendosi conto che non poteva alzarsi senza stracciarsi i capelli o in alternativa rompersi la caviglia, ma comunque tentò di liberarsi varie volte dalla morsa del diabolico albero. Ma lui non aveva intenzione di lasciarla andare. Allungò la mano indietro, ma i suoi movimenti erano goffi e impacciati a causa dell’alcol che aveva ingerito, e non riuscì comunque a liberarsi.

"Maledizione". Mormorò, con una smorfia leggera.

Provò di nuovo a tirare la testa in avanti, ma si fermò quando si accorse che così facendo, avrebbe strappato i capelli direttamente dal cuoio capelluto e si aggrappò all'albero. Sospirando, spostò il suo corpo indietro, lentamente e goffamente perché non poteva assolutamente stare in piedi per il modo in cui era tenuta prigioniera. Poi cercò di manovrare le mani in modo che potesse afferrare i capelli e tenerli fermi al ramo, mentre cercava di spezzare solo il ramo e non anche i suoi capelli.. anche questo piano per ottenere la libertà si rivelò fallimentare..improvvisamente la musica in sottofondo suonava molto invitante, che fosse solo per coppie o meno.

Praticamente doveva attendere che qualcuno avesse avuto voglia di fare una passeggiata e aiutarla. Se mai ci fosse stato un qualcuno. Aprì la bocca per urlare, ma si rese conto che era troppo lontana ora, anche con dei Saiyan dall’udito incredibilmente sensibile alla festa. Non l’avrebbero mai sentita con quella musica assordante. Così lei era bloccata, con il suo nuovo il migliore amico, un albero, forse per il resto della notte. Che splendida combinazione eh?

"Dai Signor Albero, concedimi una pausa." Sospirò, cercando ancora di muovere le mani in modo che potesse raggiungere la corteccia, un po' nel panico ora che si era resa conto che era completamente incastrata. "Senti, tu mi sembri un bel albero, ma io non sono interessata a-"

"Ehi, voi due, volete essere lasciati da soli?" Una voce calda, molto familiare la raggiunse, era dietro di lei, sentiva le risate trattenute nella sua domanda. Lei saltò leggermente al suono della sua voce, torcendo il corpo più che poteva e girando la testa leggermente in modo da vedere un paio di gambe fasciate da uno smoking. 

Grazie a Dende. Il calvario era finito.

"Trunks?" La sua voce era sollevata. Le gambe di lui si mossero verso di lei prima che la voce rispondesse.

"Sì, sono io ... Che stai facendo?" Poteva quasi vedere il sorriso sul suo volto, sentirlo nella sua voce.

Che razza di domanda stupida. Che cosa sembrava che stesse facendo? Lei dovette mordersi il labbro prima di rispondere, per mantenere la rabbia, per impedirsi di urlare. Fece un respiro profondo e poi tentò di alzare le spalle. 

"Oh, sai ... amo stare appesa agli alberi.” Sentì la sua risata ancor prima che finisse di rispondergli.

"Ah ah, molto divertente." La risposta fu secca e sarcastica.

"Beh mi dispiace ma io non mi sento molto incline all’essere spiritosa ora. Sai, quest’albero è davvero un prepotente, non vuole proprio lasciarmi.. in più mi si stanno stracciando i capelli..e fa male!"

"Posso aspettare il mio turno." Lo vide oscillare avanti e indietro sui suoi piedi. Meschino.

"Stai godendo di tutto questo, non è vero?"

"Non dovrei?"

"Per quanto tempo ancora hai intenzione di restare lì impalato come uno stoccafisso?" Lui ridacchiò e lei abbassò le spalle.

"Sto cercando di decidere. Dammi qualche minuto."

"Trunks!" lo castigò, con rabbia nella voce.

"Pan!" Lui ricambiò, imitando il suo tono.

"Hai intenzione di aiutarmi?" Era un appello disperato.

"Non lo so ... penso di tornare più tardi, quando avrò avuto la possibilità di valutare i pro e i contro."

Lui era a malapena in grado di mantenere le risate dentro la gola, e se lei fosse stata libera gli avrebbe sicuramente tirato un pugno in faccia. Fece per dargli un calcio, ma Trunks si spostò fuori dal suo raggio d’azione, che era comunque molto limitato. Vide le sue gambe girarsi e il panico invase ogni parte del suo corpo. Stava per lasciarla lì!

"Trunks," iniziò con un tono di avviso. Fece una pausa. "Se mi lasci qui ho intenzione di ..." Lei sbuffò, cercando disperatamente di trovare qualcosa prima che lui se ne andasse.

"Sì?" la prese in giro e lei sapeva che aveva sollevato un sopracciglio, in previsione di quello che stava per ribattere.

"Io ... Io ti..ti..” Lei emise un altro sospiro, sconfitta. "Va bene, non posso davvero fare nulla per ora, ma una volta che sarò uscita da quest’impiccio - Ed ho intenzione di uscirne quanto prima – io ti -"

"Questo sì, che è un vero incentivo per aiutarti." L’aveva interrotta prima che potesse fare la sua minaccia. "Inoltre.." continuò. "Ho la sensazione che l’unica cosa per liberarsi, sia cedere alle lusinghe della corteccia.”

Lei gemette forte, le narici dilatate per la rabbia.

"Ma bravo, fai anche dell’umorismo. Semplicemente fantastico." La sua fronte si era corrucciata automaticamente, un suono piagnucolante proveniente da qualche parte nel profondo della sua gola. "Trunks, aiutami."

"D'accordo." Tornò verso di lei, il suo corpo si fermò proprio quando la testa di Pan colpì il suo petto, e allungò le braccia per districare i capelli. Si sporse verso di lui, respirando il suo profumo, e cominciò  a rilassarsi, sapendo che la libertà era vicina. Ora che lui era lì, e lei era appoggiata contro di lui, che era caldo e confortevole, si sentiva già meglio.

"Perché comunque hai intrappolato i capelli in questa ‘cosa’, sono tutti ammucchiati sulla testa?" Le chiese mentre lavorava, cercando non senza difficoltà di sciogliere i grovigli che si erano formati: la situazione si era parecchio aggravata a causa di tutto il movimento che aveva fatto.

"Fa parte del pacchetto ‘damigella d’onore’, Trunks. Non potevo farmi una coda di cavallo o indossare la mia vecchia bandana, ora potrei -ahi!" La sua voce vacillò, e presto svanì in un 'ahi' mentre stringeva i denti per il dolore.

"Mi dispiace." Si scusò, facendo una smorfia e continuò. "Sai, stai molto meglio con i capelli sciolti." Le liberò anche gli ultimi capelli mentre lo diceva, facendo un passo indietro per guardarla.

Pan si strofinò la parte posteriore della sua testa.

"Mmm. Non credo ma lo terrò a mente."

"Ognuno è un critico di sé stesso."  Dichiarò, sorridendole con facilità, mentre lei si sistemava i riccioli in modo meticoloso.

"Immagino che termini qui, questo mio cambio di look." Lei si strinse nelle spalle, portandosi le mani alla testa, e si tolse tutte le forcine, lasciando i capelli scivolare giù per le spalle. "Allora, cosa ne pensi? Più da me, adesso?" Un sorriso schiacciato sulle sue labbra mentre lei chiedeva, la fossetta sulla guancia destra diventava pronunciata.

"Sicuramente." Lui le sorrise, lasciando che i suoi occhi azzurri brillassero alla luce della luna e annuì con la testa, ciocche ametista gli ricaddero in faccia mentre lo faceva. Pan allungò una mano e li tirò indietro, alzando le spalle e cercando di coprire il rossore che si era alzato sulle guance mentre lo guardava.

"Allora, dove stavi andando?" Gli chiese curiosa, dopo un momento di silenzio teso.

"Capsule. E' troppo tardi per tornare a casa mia e penso che il cielo sia in procinto di scatenare una brutta tempesta." I suoi occhi si spostarono verso il cielo, e lei annuì, in completo accordo con lui circa la tempesta. Una goccia di pioggia le era appena schizzata sulla fronte mentre lui parlava. Allungò una mano, usando il suo dito indice per mandarla via.

"Sì, stavo andando a casa anche io. Ho pensato di guardare un film o due, e mangiare un kilo di gelato per curare la depressione prima di andare a letto."

I suoi occhi si spostarono verso di lei, catturarono il luccichio nei suoi mentre parlava, e le sue labbra si contrassero in un mezzo sorriso.

"Vuoi un po' di compagnia?" Si offrì, alzando le spalle pigramente mentre la guardava.

Lei esitò prima di rispondere, non volendo accettare la sua offerta, ma in realtà non avendo alcun motivo per non farlo. Erano due persone che erano in procinto di passare solo una notte insieme. Perché non potevano passare un po' di tempo da soli, insieme? Aveva senso, in una sorta di logica tutta sua, ma lei pensava di più con il cuore che con la testa. E lei e Trunks, soli, nel suo appartamento, mentre lei si sentiva così vulnerabile, non era qualcosa che il suo cuore le suggeriva di fare. Quanto tempo era stata innamorata di lui? Troppo dannatamente a lungo.

"Non ci sono problemi, per me." Sorrise leggermente, inclinando la testa di lato con stupore. "Che è successo a Stephanie. Pensavo che sarebbe stata la tua dama di questa sera."

L'uomo aveva sempre sfilato in giro con qualche bella donna in un modo o in un altro. Non era mai stato sul serio un rubacuori, ma in qualche modo riusciva sempre a colpire il cuore di ogni donna. Forse per il suo essere un po’ infantile, o per il pacchetto ‘bello- buono’ , o il fatto che era ricco, o potrebbe semplicemente essere per il modo in cui lui arrossiva ogni volta che una donna lo toccava.

In ogni modo, la quota di donne che tendevano a trovarlo interessante aumentava di anno in anno, e lui sembrava sempre avere la più splendida ragazza. Stasera, Stephanie Haverts era sulla lista delle fortunate e non era qui. Aveva perso la sua occasione con lui.

"Oh, era stata chiamata per un servizio di moda di emergenza. Doveva volare ai Caraibi." Il modo in cui le rispose, come se fosse ogni giorno ordinario di dover annullare la loro uscita perché aveva bisogno di andare in un paradiso terrestre a scattare foto, fece girare qualcosa dentro la testa di Pan. Voleva raggiungerlo e dargli un pugno, ma aveva anche voglia di ridere.

"Sì, io odio quando mi succede." Disse tristemente mentre iniziava a camminare, lentamente lungo il marciapiede. Lui la guardò, le labbra all'insù in un sorriso sornione.

"Immagino ti capiti spesso, vero?"

"Sì, proprio la settimana scorsa ero fuori con questo favoloso ragazzo e lui mi ha dovuto lasciare proprio nel meglio della serata, cambiarsi in una cabina telefonica, e correre a salvare Metropolis. Ancora una volta. E’ stato un fiasco."

"Sì?" le chiese, la presa in giro chiara nella sua voce, una risata a stento trattenuta.

"Già..l’ho dovuto mettere di fronte ad una scelta. Salvare il mondo …oppure uscire con me. Così, naturalmente, non mi ha più chiamata."

"E' un idiota." I suoi occhi brillavano mentre parlava, voleva farle capire che lui era serio, nonostante la battuta.

L'aveva fatto di nuovo. Lo stomaco di Pan fece una capriola. Scoppiarono a ridere entrambi. "Quindi, in ogni caso. Che tipo di film vuoi guardare? Nessun polpettone romantico".

“Un classico polpettone romantico”. Lei replicò indignata, guardandolo con un cipiglio e incrociando le braccia. Voleva almeno far finta di essere offesa.

"Uno in cui, per tutta la durata del film una persona rischia la morte riuscendo sempre a salvarsi e poi alla fine muore." Le rispose, ignorando il suo capriccio.

"Ah, ho capito. Vuoi vedere un sacco di gente a morire in dieci secondi, eh? Bene, te lo prometto, sarà orrendo. Una strage."

"Bene."

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Capitolo 3
*** Cerniere galeotte e Razionalità in ferie ***


 Capitolo 3.  Cerniere galeotte e Razionalità in ferie

 

Era stata una reazione immediata quella di Pan. Salì le scale ed entrò nel suo appartamento, ed un secondo dopo si dirigeva a destra, lungo il corridoio, in camera sua, per cambiarsi. 
Guardò Trunks abbastanza a lungo per fargli capire di prendere il gelato. E mentre lei si occupava di diventare più 'Pan', Trunks si assunse il compito di eseguire la scansione del loft che teneva sopra il suo ristorante. Era esattamente come lei. 
La rappresentava alla perfezione. Caldo e  piccolo, colori accoglienti che lo facevano sentire a casa. Pavimento in legno scuro e un rivestimento leggermente più scuro di vernice sulle pareti. Piccole sedie e un divano lungo con milioni di cuscini. Niente di incredibilmente femminile, ma si riconosceva il tocco di una donna ad occhi chiusi.

Forse era semplicemente l'odore del pane appena sfornato che scivolò dalla sua cucina e invase suoi sensi, a farlo sentire così a suo agio. Cercava di registrare quell’odore nel cervello, per non lasciarlo andare più via. 

Si diresse dritto per la cucina, esplorando alcuni armadietti prima di scoprire dove fossero le ciotole. Ne prese due, poi aprì il cassetto dove sapeva c’era l’argenteria e afferrò una paletta per il gelato e due cucchiai. 
Prima ancora di aver avuto la possibilità di aprire il frigorifero, sentì la voce di Pan, forte e martellante nelle orecchie. Non aveva un senso coerente, più simile ad uno stridere intervallato da imprecazioni, mentre sembrava stesse lottando con qualcosa o qualcuno. Si apprestò a raggiungerla.

"Che cosa c'è che non va?" la chiamò, metà allarmato, metà divertito. "Va tutto bene?"

"Sto bene....Io.. la cerniera è bloccata." Lei era di fronte a lui, il viso un po' arrossato anche se non poteva dire perché. "Non voglio strappare questo stupido vestito. Costa un botto, sai? Me lo slacci." Si voltò di spalle e attese speranzosa.

Trunks allungò la mano, ma, per qualche ragione sconosciuta, esitò e la tirò indietro. I suoi occhi casualmente danzavano sulla sua pelle liscia e leggermente abbronzata. Pelle che gli ricordava delle dolci e succose fragole.

Lui deglutì e scosse la testa, chiedendosi perché il suo cervello fosse andato in vacanza per un secondo. 
Non avrebbe permesso alla sua mente di prendere atto della cinghia color nude del suo reggiseno appena sotto il bordo del vestito.
No.
Non si accorse nemmeno  di come il vestito sembrava accarezzarla lungo il suo corpo come il tocco di un amante. Invece, focalizzò tutta la sua attenzione sulla cerniera rosa pallido.

"Trunks?" La sua voce lo ridestò dalle sue fantasticherie, poco prima che la sua mano incontrasse la cerniera. "Stai bene?" La sua voce era un po’ irritata e poteva dire che lei stava combattendo con la voglia di girarsi e malmenarlo.

"Oh, sì. Mi dispiace." Mormorò, afferrando la cerniera e tirando leggermente, assicurandosi le dita non sfiorassero la sua pelle. Non era sicuro di dove la sua razionalità si fosse recata qualche attimo prima, ma invece, era abbastanza sicuro che non voleva ci tornasse, quindi non era il caso di lasciare che le sue dita scivolassero sulla sua schiena.

"Sai, credo che tu abbia lavorato troppo. Si dice che in questi casi, la testa sia la prima cosa che si perde." Pan scosse la testa, spostando il peso del corpo verso l'altro piede mentre aspettava pazientemente.

"Giusto." Lui rispose distrattamente, ora alle prese con il suo vestito. 
Perché ora le sue mani tremavano, dannazione? Era solo un vestito. Doveva solo per farlo funzionare di nuovo, non doveva mica aiutarla a sfilarselo. Un piccolo rossore attraversò il suo collo e si stabilì da qualche parte sotto ognuno dei suoi zigomi al pensiero.

"Se non verrà giù, si può strappare via."

"Giusto." Disse di nuovo. Immediatamente, delle immagini inondarono violentemente il suo cervello. Immagini che non avevano nessun motivo di essere nella sua testa, immagini che nessun uomo sano di mente avrebbe consentito nella sua testa. 

Fu in quel momento che lui seppe che aveva ragione lei:aveva lavorato troppo. Stava per dire addio alla sua salute mentale.

Il suo cervello aveva lasciato il suo corpo ed era alla ricerca di un nuovo proprietario, sconvolto da un non uso protratto, ne era sicuro. Quella era l'unica spiegazione. Beh, l'unica razionale. Sbatté le palpebre, scuotendo di nuovo la testa, e tirando su il vestito. La cerniera si raddrizzò e la fece scivolare giù in modo che lei non fosse più bloccata all'interno del vestito.

"Grazie." Si voltò, sorridente, con le mani che già stavano tenendo la parte superiore del suo vestito senza spalline.

"Voglio un gelato alla vaniglia con un brownie, nel caso te lo stia chiedendo." I suoi occhi neri avevano qualcosa di accattivante ora, una scintilla maliziosa  che non le aveva mai visto prima, e gli fecero girare lo stomaco all'impazzata per un secondo. Come se fosse su una giostra. Fece un cenno con la testa, sbatté le palpebre un paio di volte, e si allontanò da lei, per tornare al gelato e alla sua preparazione.

Quando lei tornò, sfoggiava un aria da bambina dispettosa, pantaloni di cotone a righe bianche e rosse e un top bianco che aderiva al suo corpo e si fermava proprio appena sopra l'ombelico, esponendo alcune parti del suo corpo che aveva sperato di passare tutta la sua vita senza vedere. Soprattutto da quando aveva usato la sua assenza per schiarirsi le idee, e togliersi dalla sue testa quelle immagini perverse. NON poteva associarla al sesso. Aveva i capelli sciolti, leggermente ricci, leggermente mossi, che cadevano a cascata verso il basso, sulla schiena, in increspature allettanti. Una piccola selvaggia. I suoi occhi stavano facendo una danza vivace sul suo corpo quando lei afferrò qualcosa che teneva dietro la schiena, passando per il videoregistratore e inserendo il nastro prima che lui avesse la possibilità di ispezionare.

Si lasciò cadere sul divano accanto a lui, afferrando la sua ciotola di gelato e il telecomando. Premette il tasto PLAY e aspettò pazientemente che terminassero tutte le anteprime, fissando Trunks per vedere la sua reazione. L’ interessato alzò il sopracciglio, guardando lei stancamente, che aveva iniziato a mangiare il suo gelato, e desiderando che le anteprime finissero. Voleva sapere che cosa stava per guardare.

Era ben consapevole che qualunque cosa fosse, non era il tipo di film alla James Bond che si aspettava. Poteva dirlo semplicemente guardando che tipo di anteprime  lampeggiavano sullo schermo: era già annoiato e deluso. Ma lei era Pan, lei avrebbe dovuto vedere film che parlassero di combattimenti, bombe, kung-fu. Che cosa era successo alla ragazza che lo seguiva  in giro, elemosinando  una sessione di allenamento?

"Che cosa è questo?" chiese, infine, quando non riusciva a resistere un secondo di più. Lei rise e si strinse nelle spalle, spingendo un cucchiaio di gelato in bocca. "Pan". Era un avvertimento. "Mi avevi promesso di esplosivi."

"No, non l'ho fatto. Ti ho promesso distruzione e morte. Un sacco di morte. Stai per averla." Gli sorrise. "E io sto per avere Leo."

"Prego?" Si fermò lì, non in attesa di una risposta, perché aveva sentito la musica familiare di una canzone che aveva sperato di non sentire più. Mai più.

"Lontano, attraverso la distanza e degli spazi fra noi ..."

“ Hai perso la testa, Pan." Lui scosse la testa, incrociando le braccia sul petto e ostinatamente imbronciato come un bambino di quattro anni. "Mi hai ingannato."

"Io?" lo interrogò incredula. "Mai". Si sistemò felicemente sulla sedia e cominciò a assorbire se stessa in una storia che aveva visto un milione di volte.

Lui guardò lei, invece. Per tutta la durata del film.

Il modo in cui i suoi occhi danzavano, le emozioni che svolazzavano sul suo viso, i suoi rantoli e i suoi sospiri, come se non avesse mai visto Titanic prima d’ora. Il modo in cui sorrideva quando pensava che qualcosa fosse divertente, una fossetta che cresceva sulla guancia destra - quella era sempre stata lì. Questo fece. E all'improvviso, non sapeva più chi fosse quella ragazza che stava guardando. Era come se per tutti quegli anni avesse avuto una visione offuscata e Pan-chan svanì, sostituita da qualcuna che aveva conosciuto solo per l'ora e mezza che era stato lì, nel suo appartamento. Improvvisamente la vide come non l’aveva mai vista prima. Ma lui voleva rivederla, voleva conoscerla meglio.


La sensazione che provava era così strana e confusa che sfrecciò via dal divano, via da lei, e si mise sulla piccola sedia, sedendosi sul bordo e cercando di sembrare a suo agio.
Lasciò che i suoi occhi si muovessero in direzione della televisione per la prima volta da quando il film era iniziato, osservando che erano già al punto in cui Leo stava disegnando la ragazza nuda. Mentre la musica suonava in sottofondo e un forte lampo illuminò la stanza, e lo schermo divenne repentinamente nero. C’era una tempesta lì fuori.


"Ma che ..?" Pan mormorò, e poteva sentire la rabbia che sprizzava fuori da tutti i pori della sua pelle, contaminando l'atmosfera. " Che diavolo..proprio la parte migliore!"

"Immaginalo.” Trunks le aveva risposto annoiato, roteando gli occhi. Come poteva essere turbata per un film che aveva visto centinaia di volte già?

"Ma ... ma ... erano in procinto di baciarsi. E sai quanto Leo sia un bravo baciatore. Uh.”

"Un buon baciatore? No, non posso dire di saperlo." Le rispose pensieroso, desiderando che lei potesse vedere il suo sguardo divertito nel buio della sala.

"Beh lo è. Un grande." Commentò sognante, muovendosi sul divano. Avrebbe potuto dire che era più vicina a lui per lo spostamento d’aria. E per il fatto che poteva sentire il suo odore di liquirizia.

"Tu sai questo per esperienza personale, naturalmente."

Lei rise con leggerezza. Avrebbe voluto. Ma il suo ultimo bacio era stato con i bambini piccoli in ospedale dove si era offerta come volontaria ultimamente.

"Pensi che guardi questo film per la distruzione e le morti?" lo prese in giro e lui riusciva a distinguere il suo sorriso nel buio. I suoi occhi si erano abituati al nero ora.

"Solo perché lui può seguire le indicazioni di un copione ben scritto, non vuol dire che sappia baciare bene." Trunks la sfidò.

"Certo che sa baciare bene. Inoltre, cosa ne vorresti sapere tu, della complessa arte del baciare, Signor Io-arrossisco-ogni-volta-che-una-donna-mi-tocca?" Vi era una leggera acidità nelle sue parole, essendo un po' sconvolta per il modo in cui lui aveva distrutto il suo sogno erotico di sempre. Trunks trasalì, disegnando sul volto un sorriso ingiustificato, prima di sorridere di nuovo, come uno scienziato pazzo.

"Tu sai come bacio." 

La dichiarazione fu semplice, detta senza molta emozione, ma in realtà c’era un mondo dietro di essa.

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Capitolo 4
*** Nessun rimpianto ***


[.."Certo che sa baciare bene. Inoltre, cosa ne vorresti sapere tu, della complessa arte del baciare, Signor Io-arrossisco-ogni-volta-che-una-donna-mi-tocca?" una leggera acidità nelle sue parole, essendo un po' sconvolta per il modo in cui lui aveva distrutto il suo sogno erotico di sempre. Trunks trasalì, disegnando sul volto un sorriso ingiustificato, prima di sorridere di nuovo, come uno scienziato pazzo.

"Tu sai come bacio." La dichiarazione fu semplice, detta senza molta emozione, ma in realtà c’era un mondo dietro di essa.]

 

Lei sembrò non scomporsi, tranquilla, ma era accigliata, ne era sicuro, anche se non la poteva vedere. Sentì che si muoveva e sapeva che stava incrociando le braccia sul petto. Era classico di Pan per dire  'va all'inferno'. Lui sorrise.

"Perché così silenziosa, Miss Son? Non ricordi?" Non poteva resistere alla tentazione, anche se raramente ne avevano parlato, non poteva combattere la voglia di metterla in imbarazzo .. solo per questa volta.

"Mi ricordo". Lei rispose bruscamente, rendendo evidente il suo disappunto attraverso il suo tono. Come poteva dimenticare? Era stato il suo primo bacio, dopo tutto. E se lui non fosse stato così pudico, non lo avrebbe rovinato.

Era estate e il tempo le era stato favorevole. Aveva sedici anni ed era incredibilmente infatuata di quel trentenne. I suoi occhi si accendevano ogni volta che si avvicinava a lei, le sue mani tremavano e perdeva ogni parvenza di grazia. Aveva vissuto le sue prime farfalle nello stomaco grazie a lui e non erano mai veramente andate via. Ma quel giorno era diverso, era speciale. Erano seduti sulla spiaggia, da soli perché Goten era scappato con qualche nuova ragazza, Bra era stata troppo occupata per accompagnarli. Naturalmente, Uub la seguiva ovunque andasse e c’era solo Marron. Ma lei era sempre stata troppo bella per passare il suo tempo con Trunks, era troppo frustrata perché diceva che era così 'immaturo'.

Così restarono solo Trunks e Pan. Era stato con lei per la maggior parte dell'estate e si sentiva un po'... potente, perché lui aveva passato così tanto tempo con lei. Come se questo significasse qualcosa di speciale.

Stava sdraiato lì, il sole cadeva sul suo corpo, dove i raggi rimbalzavano in modo da farlo sembrare un dio greco e lei doveva deglutire ogni volta che guardava nella sua direzione. I suoi occhi erano chiusi e lei era sicura che fosse addormentato. Aveva persino chiamato il suo nome un paio di volte e agitò anche le mani sulla faccia solo per essere sicura.

E poi lo aveva fatto. Appoggiato le sue labbra sulle sue, senza sapere che erano una macchina nata per uccidere, abbassando rapidamente il viso al suo prima di perdere il coraggio. Non sapeva cosa aspettarsi da lui... beh, non era esattamente sicura della sua reazione. Ma qualcosa di più di quello che aveva ottenuto, si aspettava sicuramente. Ovvero un naso rotto. Lui si mise a sedere e alzò la testa così in fretta che quando le sue labbra avevano toccato le sue, in qualche modo la sua fronte aveva urtato il naso e l'osso era uscito fuori posto.

Fu il peggior bacio nella storia dei baci.

 Corto, mosso, e sciatto. Un bacio che le aveva provocato seri danni fisici e che era troppo imbarazzante da spiegare.

"Ti ricordi, eh?" le chiese, le labbra serrate insieme per mantenere le risate dentro. Lei senza dubbio, era tornata con la mente, a quel giorno, annuendo e stringendo gli occhi su di lui anche se non poteva vedere il bagliore. "Così, ricordi .. pensavi che fossi addormentato e-"

"Ho detto di sì, OK?" Lui rise, raggiungendola con le braccia e tirandola contro di lui. Pan trasse un respiro, cercando di calmare il batticuore che partiva in automatico ogni volta che la toccava.

Anni e ancora non era andato via. Come avrebbe potuto, se ogni volta che pensava che stesse facendo progressi, poi faceva qualcosa di stupido come invitarlo sopra per un film durante una tempesta? Il pollice di Trunks scivolò lungo il suo braccio in un movimento lento, accarezzandola. Lei strinse i denti, cercando di combattere la calda sensazione di elettricità che l’aveva percorsa, senza successo.

"Ricordo anche che portò il mio naso a sanguinare e come hai reagito violentemente." Sputò, veleno nella sua voce.

"Ehi, ero rimasto scioccato." Si difese.

"Sì, esistono cuscini fatti a partner che baciano meglio di te." Lo provocò, ancora arrabbiata.

"Mi offendi anche ora. Sono stato solo preso alla sprovvista."

“Quello è stato il peggior bacio della mia vita, visto che siamo in confidenza. Ti odio, Trunks." Lei mise il broncio, tirando il suo corpo lontano dal suo. "Pensavo che fossimo d'accordo di non parlare di questo, mai più". Trunks la sentì sbuffare infastidita e ridacchiò.

"Beh, avresti dovuto pensarci prima di insultare il mio talento nel baciare."

"Se ricordo bene, le tue abilità in quel campo erano scarse. Orribili. Mi hai rotto il naso." Le sopracciglia aggrottate per la rabbia.

"Pan, tu mi sei saltata addosso in spiaggia. Eri tu quella con l’etichetta ‘orribile’, non io."

"Sì, beh sono migliorata molto da allora." Mormorò, ora più scorbutica di quanto non fosse prima di iniziare questa conversazione.

"Spero di sì. Altrimenti capisco perché Mr. Eroe Favoloso Di Metropolis non ha mai richiamato." Lei poteva quasi sentire il sorriso che stava premendo sul suo viso, ma ancora le stava ribollendo il sangue dalla rabbia. Sentiva forte il bisogno di difendersi. Per dimostrare il suo valore. Aveva una dignità da mantenere integra.

"Sono una bravissima baciatrice". Protestò amaramente.

"Certo, certo." La liquidò lui, stendendosi sul divano. Trasferì la gamba dietro la schiena di lei, l’altra sul pavimento. Il corpo di lei era sul cuscino, tra una gamba e l'altra.

"Lo sono". Dichiarò sicura ancora una volta, con forza mentre si muoveva un po' indietro, "Potrei farti dimenticare il tuo nome, Trunks." 

Poteva sentire il fastidio e la voglia di riscattarsi nella sua voce e lo fece sorridere.

"Giusto." Cercò di calmarla "Quando tornerà l’elettricità?" 

L’aveva respinta di nuovo. Lui non le credeva. Si lasciò sfuggire un sospiro di aria calda e si mosse in modo da trovarsi di fronte a lui, il capo più vicino al suo, mentre parlava.

"Che ci crediate o no, Sig.Briefs, io non sono più una ragazza di sedici anni. Potrei fare ciò che voglio con lei qui, sul mio divano." Catturò la sua attenzione, allora, non con la sua dichiarazione, ma con il suo tono. Lei lo stava sfidando, poteva sentirlo. E lui non aveva intenzione di fare marcia indietro. Voleva osare.

"Davvero?" replicò lui, alzando la fronte e lasciando che un mezzo sorriso si formasse sul suo volto. "Dubito." Sorrise a questo punto, e sentì il ki di Pan salire un po'.

"Ah sì?"  lei si avvicinò ancora.

"Già." Parlava a bassa voce, sempre sorridendo.

"Ti andrebbe di fare una scommessa su questo?"


Lei deglutì a fatica, dopo aver parlato, lottando contro l'impulso di colpirlo con il ginocchio nell’inguine. 
Chi pensava di essere, Dende? Che egocentrico, vanesio del cazzo. Lui non era asessuato. 
Era solo un uomo e lei era donna. Poteva fare di lui quello che voleva, non poteva essere così difficile. Poteva fargli dimenticare chi fosse e mendicare per avere di più, Pan lo sapeva. 
Solo perché era sempre stato Trunks-Santo-Briefs, non significava che lei non sapeva come farlo cadere ai suoi piedi. Era proprio come chiunque altro con un pene. Poteva farlo. Trunks ne sarebbe uscito sconfitto.

"Che tipo di scommessa?" Le chiese, la curiosità aveva raggiunto il culmine ora.

"Prima colazione gratuita per tre settimane se non riesco a farti girare la testa. In senso figurato, naturalmente..Giochi o non giochi?”

"Tre settimane, eh?" Si morse il labbro, pensando alla sua offerta, ma solo per un secondo. Poi annuì con la testa e tese la mano. “Gioco.”

"Non così in fretta." Lui sorrise.

"Sapevo che ti saresti tirata indietro." Lei lo fissò.

"Io non mi sto tirando indietro. Voglio solo sapere cosa mi offri se vinco, Trunks." Lei inclinò la testa, leggermente.

"Sì, come no."

Lui rise, facendo schioccare il ginocchio prima di soffocare nel suo divertimento. Sentiva la sua rabbia salire ancora e si rese conto che era una cosa seria. "Va bene ... Un bacio che dovrebbe farmi girare la testa?" Lei annuì.

"Ok, se ci riuscirai... io ti porto Hob Jacob nella tua cucina. Giochi o non giochi?”

"Potrei fartelo fare anche senza baciarti, Trunks." Lei aggrottò la fronte.

"Sì, ma adesso avrai una scusa per accettare la mia generosità."

Hob Jacobs era il più importante critico gastronomico in Giappone. Se lui diceva che il cibo nel tuo ristorante era buono, praticamente aveva fatto di te un milionario e Trunks spesso le aveva chiesto che poteva convincerlo facilmente, ad andare a cenare nel suo ristorante. Ma l'orgoglio le aveva sempre impedito di accettare l’offerta. Lei non voleva la pietà di Trunks o di qualcun altro perché il suo ristorante non stava decollando. Voleva che il critico lo facesse di sua spontanea volontà. Ma ora... Dopo tutto, sarebbe stato un scambio equo, per il bacio che stava per dargli.

"Gioco". Lei annuì, come se fosse ad un incontro d’affari, e gli strinse la mano. Poi si avvicinò a lui, cercando di prepararsi per quello che stava per fare. La sua testa era così vicina a quella di lui che il suo respiro era caduto sul suo labbro inferiore prima che lei smise di muoversi e si morse il labbro. "Prima di fare questo,"

"Sì..." Lui sorrise, pensando che stava temporeggiando.

"Facciamo un altro patto." Sentiva l'esitazione nella sua voce e appoggiò la sua testa alla spalliera della sedia fino a guardarla negli occhi.

"Sì?"

"Nessun rimpianto, va bene?" Lui annuì, poi si schiarì la gola.

"Va bene."

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Capitolo 5
*** Raddoppi o Lasci. Giochi o non giochi? ***


Come qualcuno già saprà i primi capitoli di questa storia prendono avvio da un’altra, ovvero una americana. Io l’ho letta e l’ho decisamente amata. Così l’ho tradotta, l’ho riscritta prima di proporvela, perché la mia era una traduzione letterale e non era resa per niente bene in Italiano. E poi mi è venuta l’idea. La storia originale in realtà è one-shot, l’ho resa a capitoli, perché ne ho cambiato  il finale. Ho aggiunto una seconda parte mia, in 8 capitoli, che arriverà tra esattamente 2 o 3 capitoli, in cui ho modellato la trama sulla base di una mia vicenda personale, e ho usato dei testi che avevo scritto all’epoca riferiti al mio ormai, ex ragazzo. Ecco perché questa storia mi sta particolarmente a cuore. Solo che la nostra storia non è si è conclusa come quella di questi immaginari Pan e Trunks.

Spero vi piaccia.

 

Capitolo 5.Raddoppi o Lasci. Giochi o non giochi?

 

[… "Prima di fare questo,"

"Sì..." Lui sorrise, pensando che stava temporeggiando.

"Facciamo un altro patto." Sentiva l'esitazione nella sua voce e appoggiò la sua testa alla spalliera della sedia fino a guardarla negli occhi.

"Sì?"

"Nessun rimpianto, va bene?" Lui annuì, poi si schiarì la gola.

"Va bene." ]

 

 

E nel giro di un secondo le loro labbra erano l’una sull’altra. Fu un contatto molto titubante all'inizio, poi più serio, più profondo. 

Trunks poteva sentire la tensione diventare qualcos’altro..qualcosa di caldo all'interno del suo corpo, così come all’interno di quello di lei.. Lui inspirò profondamente, in modo rapido, e fu come se divampasse un incendio nel corpo di Pan, che pensò di accelerare l’andatura bacio, in modo che fosse tutto finito in fretta. 
Ma poi cambiò idea. Aveva aspettato troppo a lungo per assaggiare le sue labbra di nuovo e non aveva alcuna fretta di porre fine a questo, no, non ancora.
Perchè la bocca di Trunks premuta contro la sua, era morbida, duttile. Il suo respiro soffiava sulla guancia e un piccolo, flebile gemito che era incastrato nella parte posteriore della gola, le uscì involontariamente. Non riuscì a trattenersi.

Lui la tirò più vicino, il suo corpo contro quello di lei in modo che fosse completamente sdraiata sopra di lui sulla sedia, e  in modo che le sue mani fossero libere di scivolare lungo la schiena di lei, toccandole la spina dorsale.

Trunks la teneva saldamente ancorata a sè, tanto che poteva sentire i suoi seni schiacciati contro di lui..questo risvegliò dei sensi tipicamente maschili dentro di lui. 
Si stava eccitando. Il suo corpo sembrò risvegliarsi da un lungo torpore, avvertì il suo battito cardiaco accelerare incredibilmente, tanto che gli rimbombava persino nelle orecchie, e Pan approfondì il bacio, con la lingua gli trasmetteva tutta la sua voglia, il suo calore. 
Riversava in lui tutta la sua urgenza. Esplorava la sua bocca, come se da questo fosse dipesa la sua stessa vita. E appena lo fece, lo sentì arrendersi. Ma era troppo presa per assaporare la
vittoria.

Il cervello di Trunks doveva aver avuto un corto circuito. Non riusciva a formulare un pensiero razionale.

Quella era l'unica spiegazione per quello che stava succedendo dentro di lui. Il suo stomaco era annodato, il suo sangue stava ribollendo allegramente in ogni vaso del suo corpo, e il suo battito cardiaco aveva un ritmo così veloce che gli ricordò la pioggia che batteva sul tetto in quel momento. 

In un piccolo angolo della sua mente stava cercando di ricordare a se stesso che era Pan.

Pan, la sua amica. Pan, la nipote di Goten. Pan, figlia di Gohan.

Pan, la miglior baciatrice che avesse avuto in tutta la sua vita.

Cellule nel suo corpo che erano state in coma per troppo tempo improvvisamente si erano svegliate e avevano iniziato a ballare.

Un turbinio di emozioni pulsava dentro di lui e lo percorse un brivido pericoloso proveniente dal basso, che gli faceva male per di più, e gli chiedeva di più.

Un altro lampo di luce fuori. O erano i fuochi d'artificio, forse. Non lo sapeva, quello che percepiva anche ad occhi chiusi era che tutto ad un tratto era molto luminoso. Non gli importava. Voleva solo perdersi in quel bacio. Che non era un bacio. Era molto di più. E questo pensiero lo spaventò. 
Cosa stava facendo? Era solo una ragazza. Ma il corpo che aveva premuto contro di lui gli suggeriva che no, non era solo una ragazza. E la bocca così collegata alla sua..no, non era solo una ragazza.

Quando finalmente Pan si staccò da lui, il suo respiro fuoriusciva dalla sua bocca in tratti frastagliati e aveva gli occhi confusi, forse un po’ appannati..  riflettevano una passione che non aveva mai pensato esistesse in lei, ma che doveva essere sempre stata lì. 
Perché non l’aveva mai vista prima? Le sue labbra erano di un rosa più scuro e leggermente gonfie..era estremamente seducente. Era così
buona, che faceva accapponare la pelle, si sentiva le ginocchia pesanti come macigni, come se il suo corpo pesasse almeno un centinaio di chili in più.

Vagamente osservò, che ciò che aveva pensato fossero fuochi d'artificio era in realtà l'energia elettrica, che tornava a rischiarare l’appartamento di Pan.

 

"Allora," iniziò lei con voce roca. "Ti ho fatto girare la testa?" Le sue labbra si contrassero in ghigno malizioso e lui voleva solo strapparle quel top da dosso adesso. 
Come aveva fatto ad arrivare a toccare tutti i suoi punti deboli, ed essere così perfetta? 
Non sapeva nemmeno quali fossero questi suoi punti deboli. Ma lei li aveva toccati. Tutti.
Ora non aveva la forza di muoversi nemmeno più di tanto, era troppo scosso, così stette immobile, lei era ancora sopra di lui.

"Si potrebbe dire così." Rispose dopo qualche minuto riprendendo fiato.

"Sì, ma voglio sentirtelo dire."

"Va bene." Lui annuì. "Non solo mi hai fatto girare la testa, ma penso, mi sia anche esploso il mio dannato coso. È ancora lì?"

La sua voce era debole nel farle quella domanda, rendendo il suono genuino e ridacchiò. 
Non sapeva cosa dire. In quel momento lei era ancora sdraiata su di lui, i suoi fianchi premuti leggermente sulla sua evidente erezione, e lui la stava decisamente immaginando ..nuda. 
E questa non poteva essere una buona combinazione.

"Bene. Allora mi devi Hob Jacobs."

Lui annuì in silenzio, ancora non era sicuro che stesse pensando in modo lucido. 
Chi diavolo era questa? Due minuti fa, lei era una dei suoi migliori amici. 
Era stata una persona con cui parlare quando le cose erano confuse. 
Era stata ...un porto sicuro, colei a cui confidare le cose. E ora lei era qualcos’altro...era…
tutto il resto.

Da qualche parte dentro di lui, si chiese dove aveva lasciato la loro amicizia. 
Ma da qualche altra parte, vale a dire le regioni periferiche del suo corpo, non gli importava, voleva solo farlo di nuovo. Per fare molto di più. Per andare oltre. E non pensare ad altro.

 Non si ricordava neppure il suo nome.

 "O raddoppi o niente. Sei settimane di colazione gratis, o ti mando alcuni dei miei clienti al ristorante. Che ne dici?"

Alzò il sopracciglio, incuriosita senza dubbio.. "Qual è la scommessa?"

"Fallo di nuovo."

Lei si sdraiò di nuovo sul suo corpo, abbassando la testa. Lentamente, molto, molto lentamente, e fermandosi proprio prima che le loro labbra si incontrassero. Il cuore di Trunks stava già accelerando e le sue labbra erano socchiuse e pronte. Perchè si era fermata?

"Lo facciamo di nuovo e non sarà sufficiente." Sussurrò, il suo respiro danzava attraverso il labbro superiore in modo provocante.

"Lo so." Rispose in un sussurro roco, annullando la distanza tra di loro.

 

 

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Capitolo 6
*** Risveglio – Riconoscimento - Realizzazione ***


Capitolo 6. Risveglio – Riconoscimento - Realizzazione

 

Un Bip fastidioso suonava, ronzante, più e più volte, invadendo le teste dei Saiyan dormienti e raggiungendo i loro sensi sopiti, strappandoli dai loro stati di incoscienza.

 Trunks, ancora assonnato, ribaltò la sua posizione per raggiungere il cuscino, in cui seppellirci la testa e dimenticare la sgradevolezza del mondo esterno.

Sentiva del calore accanto a lui, la calda sicurezza di un corpo, e subito i suoi occhi si aprirono. Si alzò a sedere sul letto, spostando le coperte per intravedere il petto della sua compagna addormentata prima di tirare le coperte sù di nuovo.

Un po’ di sangue gli affluiva sulle guance, diffondendosi  rapidamente in un vago colore rossastro, prova tangibile del suo imbarazzo, mentre cercava di resettare il suo cervello, per dare un minimo senso di coerenza a ciò che stava accadendo.

Un mal di testa iniziò a pulsargli dentro e si ritrovò a cadere di nuovo steso sul letto, mentre udiva ancora il segnale acustico fastidioso della sveglia che sembrava non fosse intenzionato a fermarsi.

Allungando il collo, poteva vedere la sveglia, il motivo della sua infelicità. Si sporse con il braccio oltre la ragazza che aveva sicuramente dormito con lui la scorsa notte,raggiunse la sveglia e la spense, iniziando lentamente a registrare gli eventi che si erano succeduti non meno di un paio d'ore fa.

Tutto ciò che aveva fatto, e soprattutto con chi l'aveva fatto …

Perché diavolo, quella matta aveva impostato un allarme alle quattro e mezzo del mattino in ogni caso?

La ragazza si mosse, in modo da girarsi di schiena, per poi lasciarsi cadere subito dopo sul suo petto, prima che Trunks avesse la possibilità di tirare indietro il braccio che ora la cingeva.. Sospirando, Trunks lasciò l'arto stringere leggermente la sua vita sottile, le sue dita posate tranquillamente sul suo addome.

Pan si rannicchiò più vicino a lui, i suoi capelli gli solleticavano il collo mentre si muoveva. Trunks sorrise, sollevando dolcemente la testa di Pan in modo che la potesse poggiare più sù, nell'incavo del suo collo, potendo così respirare di profumo di lei.. Liquirizia. Sempre lo stesso odore confortante. Solo che ora era mischiato con l'odore della sua colonia e respirandolo, riaffiorarono una sfilza di emozioni che ora sgorgavano attraverso di lui, lo pervadevano..lo stordivano.. il suo stomaco impazzito ora si dilettava a fare salti acrobatici e capriole.

E improvvisamente lo colpì. Un qualcosa..qualcosa di molto forte che non poteva combattere, una sorta di primordiale istinto che gli disse che lei gli apparteneva. Era sua. Da sempre. Solo che non poteva esserne consapevole, se non fino a quel momento. Il suo profumo gli aveva impregnato il corpo, la mente..il cuore. Doveva essere sua. Solo sua. Si leccò le labbra, sorridendo in silenzio a se stesso perché voleva che le cose restassero così per sempre.

Per sempre.

E appoggiò la testa verso il basso, avvicinandosi e baciandola dolcemente.

"Pan", la chiamò, adesso sentiva il bisogno di vedere il sguardo e leggervi dentro gli stessi pensieri che aveva formulato lui.

Perché aveva improvvisamente un bisogno urgente di lei..?

"Pan", la chiamò di nuovo, strofinando il naso sul suo collo, come se le stesse facendo le fusa.

Questa volta lo sentì. I suoi occhi si aprirono e lei sbatté le palpebre rapidamente, recuperando la lucidità quasi subito.

 

Gli occhi di Trunks si posarono sui suoi, mentre lui si muoveva per far essere le loro facce allo stesso livello, e per un breve istante, lesse panico e confusione allo stato puro nel suo sguardo.. Poi arrivò il riconoscimento. La realizzazione. E, a quanto pare, l'imbarazzo, perché il suo viso aveva attraversato tre diverse sfumature di rosso.

"Che cosa?" Chiese lei calma, con tutto l’autocontrollo che riuscì a racimolare, inoltre non valeva la pena agitarsi, era nuda. E lui era nudo. E loro si stavano toccando. Beh, lui la stava toccando.

"Perché la sveglia è suonata così presto stamattina?"

Era una semplice domanda ma le provocò una sorta di terrore, che la colse alla sprovvista, invadendo ogni fessura del suo corpo e il viso di Trunks si rabbuiò all’istante, vedendo che lei era così ritrosa e sbigottita. La realtà era piombata su di lei con violenza e divenne dolorosamente consapevole che questo non era un sogno. Questo era vero, era reale. Trunks giaceva nel suo letto, tenendola tra le braccia, e avevano appena fatto sesso. Più di una volta. Aveva perso il conto in realtà. Incredibile, come il sesso potesse alterare ogni cosa per sempre. La loro amicizia aveva fatto le valigie e spiccato il volo dalla finestra, non appena il suo corpo era entrato in contatto con quello di lui. Nudo. I loro corpi nudi, in contatto. Non era uno scherzo.

Ed erano passate le quattro e mezza. Lei giaceva tra le braccia di qualcuno quando doveva già aver iniziato la sua giornata. A peggiorare la situazione già non troppo rosea, la sera prima si erano promessi reciprocamente che la mattina non avrebbe portato alcuna differenza. Quello che avevano condiviso quella notte non significava nulla. Era stata proprio lei a dirlo. Nessun rimpianto. Cazzo. Cazzocazzocazzo. Cazzo. E ora?

Ora invece, voleva aggrapparsi al suo braccio e gridare. Voleva pregarlo di non allontanarsi da lei. Ma non sapeva cosa fare, e di sicuro non lo avrebbe implorato di restare.. a meno che non volesse dar peso a ieri sera quando ...No, si disse che non doveva nemmeno pensarci. Non adesso, non l'avrebbe aiutata a sentirsi meglio, mentre lo avrebbe visto camminare fuori dal suo appartamento come se non fosse successo niente.

Era solo Trunks.

Affidabile, Trunks.

Troppo vecchio per lei.. Trunks.

Fuori dalla sua portata, Trunks.

Inaccessibile, Trunks.

Trunks..con le mani magiche ... Oh, Dende.  Che cazzo doveva fare ora?

 

 

Lei gemette ad alta voce e si allontanò dal suo corpo, realizzando quanto stupida fosse stata ieri sera, quando aveva detto che questo non avrebbe significato "niente", che le loro azioni non avrebbero cambiato "nulla". Era frustrata dal fatto che lui le era così vicino,  che loro erano così vicini, ma che erano ancora a un milione di anni-luce da quello che lei voleva che fossero.

La mano di Trunks si mosse, il braccio che fino a poco prima l’aveva avvolta, la raggiunse fuori dalle coperte, e per un attimo pensò (desiderò) che stesse per afferrarle le spalle.

Per un secondo, Pan trattenne il respiro, sperando che avesse cambiato idea, durante quelle ore insieme, da qualche parte, in mezzo a tutti quei sussurri e quei gemiti, in mezzo a tutti quei "Quello che stiamo per fare non cambierà le cose", e i “Trunks” sussurati al suo orecchio, e i "uhhh, Pan” e ancora i “Oh Dende, grazie ... " e il suo “Nessun rimpianto”.

Ma le sue speranze furono infrante quando la sua mano cadde mollemente al suo fianco e la testa di Trunks colpì ancora una volta il cuscino.

"Che cosa c'è che non va?" Le chiese titubante, dopo un secondo di silenzio teso tra di loro. Lei deglutì e si preparò per quello che stava per fare. Facendosi forza, e nascondendo le sue emozioni in modo da non apparire come un’idiota, che elemosinava attenzioni da lui, per farlo rimanere. Stava sorridendo in modo ambiguo e distaccato, mentre, gettandosi su di lui per guardare l'orologio, gli rispondeva un  “Nulla.”

"Non c'è niente che non vada."  Disse, distante e quasi fredda mentre si sedeva sul letto, tirando le lenzuola con sè mentre si alzava dal letto.

“Non hai risposto alla mia domanda." Trunks notò che si muoveva piano, in modo che potesse tirare il resto della sua copertura con lei, per non permettere agli occhi di lui, di scrutare il suo corpo nudo, mentre si muoveva intorno al lenzuolo bianco.

Trunks sapeva che era completamente nuda sotto di esso. Lo sapeva perché erano state le sue mani a spogliarla, e sempre le sue mani che l’avevano toccata, almeno fino a qualche minuto prima. E trovò il comportamento alquanto ridicolo. E tenero. Perché non riusciva a smettere di pensare a quanto adorabile lei fosse? Probabilmente era solo imbarazzata.

"Devo iniziare la cottura, io gestisco un ristorante, sai?" Si avvolse nel lenzuolo, fasciando il suo corpo, stretto. Aveva notato il modo in cui lui la stava scrutando e si sentì un po' a disagio. Un po’ molto.

"Questo richiede svegliarsi prima degli uccelli?" Lui sorrise, notando il modo in cui le sue braccia erano strette intorno al petto, come se lui non avesse un’ immagine mentale del suo corpo nudo. Avevano fatto l’amore sul pavimento del salotto, poi nel corridoio, sulla strada per arrivare alla sua stanza, e poi ancora ai piedi della sua scrivania, prima di arrivare a farlo sul suo letto, solo un paio di ore prima. Se voleva vedere il suo corpo nudo, tutto quello che doveva fare era chiudere gli occhi.

"Devo iniziare la cottura. Trunks, ci sono degli orari precisi, sai cosa voglio dire." Si girò su di lui, alla ricerca di qualcosa, ma non era chiaro cosa.

Trunks sospirò, rotolando nel suo letto e chiudendo gli occhi per qualche secondo. Cosa c'era di sbagliato in lei questa mattina?  Si era forse pentita di tutto quello che avevano fatto? Oppure si trattava di quello che gli aveva detto prima di prendere la decisione così importante di concedersi a lui? Nessun rimpianto. Sapeva che avrebbe dovuto aprire la bocca e dirle che gli aveva fatto provare un’emozione incredibile sentirla sua e possederla, e che era una sensazione che avrebbe voluto provare per il resto della vita, che quella non era stata solo una cosa di una volta. Un’avventura di una notte. O, almeno, sperava che non fosse così.

Doveva dirle che voleva tenerla stretta al petto tutte le notti a partire da quel momento, e che potrebbe abituarsi molto facilmente a svegliarsi con lei, così, per sempre. Si era innamorato di lei, in fretta, nel giro di poche ore e lui sapeva che avrebbe dovuto far uscire queste parole dalla sua bocca.. invece gli rimbalzarono tra le pareti della sua testa, ma non riuscì mai a formularle e a permettere a lei di sentirle.

E, sinceramente, non aveva mai pensato che avrebbe avuto bisogno di dirgliele. Anche ieri sera, dal primo istante, si era aspettato che il loro "nulla" diventasse qualcosa in più, che il loro “solo per questa volta” fosse un milione di volte di più. Solo che in quel momento, preso dalla passione che gli annebbiava la mente e gli eccitava i sensi, non aveva pensato al perché la desiderava così ardentemente. Aveva pensato che sarebbe stata lei a gettarsi su di lui. Le donne si erano sempre gettate su di lui, mai il contrario. Ed era questo, tutto quello a cui era abituato. Ora, invece, Pan lo aveva spiazzato, sembrava bene intenzionata a liberarsi di lui…

Doveva aveva sbagliato?

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Capitolo 7
*** E non credermi, Amore, quando ti dico che è finita.. ***


Capitolo 7. E non credermi, Amore, quando ti dico che è finita..

 

 

[.."Devo iniziare la cottura. Trunks, ci sono degli orari precisi, sai cosa voglio dire." Si girò su di lui, alla ricerca di qualcosa, ma non era chiaro cosa.

Trunks sospirò, rotolando nel suo letto e chiudendo gli occhi per qualche secondo. Cosa c'era di sbagliato in lei questa mattina?  Si era forse pentita di tutto quello che avevano fatto? Oppure si trattava di quello che gli aveva detto prima di prendere la decisione così importante di concedersi a lui? Nessun rimpianto..]

Per essere onesto almeno con sé stesso, in quel momento non aveva la minima idea di cosa avrebbe dovuto dire per convincerla a tornare in quel letto a fare l’amore con lui, senza perdere parte del suo prezioso orgoglio.

"No, amore, non mi sono mai alzato così presto."

Pan si fermò, si voltò verso di lui, pietrificata sul posto e il tempo sembrò fermarsi per alcuni secondi. Secondi lunghissimi.

 Trunks la guardava estasiato. Lei era meravigliosa. E gli era piaciuto fin troppo associare quella parola a lei.

I suoi capelli erano disordinati, come se avesse appena fatto ... beh, quello che aveva appena fatto. Il lenzuolo che si avvolse intorno, la faceva solo sembrare più sexy, i suoi occhi profondi un po’ spalancati, forse per lo stupore. 

Le sue labbra erano increspate, la bocca leggermente socchiusa mentre lo guardava. La sua bocca rosa, piena, morbida come l’aveva assaggiata tante volte. 
Era meravigliosa. Tutta. Nel complesso. Lui non voleva nient’altro, in quel momento, che salisse di nuovo sul letto in modo da poter ripetere gli ultimi eventi di quella notte di..giochi. Che non erano stati affatto solo giochi.

Era pazzesco quello che aveva provato. Una sensazione di vera esaltazione e di completo abbandono. Partiva dallo stomaco e si diffondeva fino alle punte dei suoi capelli e gli angoli delle dita dei piedi. Lui l'amava. Aveva bisogno di lei. La desiderava. Ma, con dolorosa rassegnazione, si rese conto che lei non era..d’accordo.

I suoi occhi si erano ristretti e fece un passo cauto, avvicinandosi al letto, rivolgendogli uno sguardo che lui sapeva, aveva sempre e solo usato con quelli che lei disprezzava. Lui deglutì, chiedendosi cosa avesse fatto di male, e aspettò il colpo. Che non tardò ad arrivare.

"Dovresti andare adesso, prima che qualcuno ti veda."

 La sua voce suonava alle orecchie di Trunks distante, apatica, più preoccupata in realtà di qualsiasi altra cosa, e il panico fece vacillare la sua sicurezza per un secondo. 
Era questo che voleva? Sbarazzarsi di lui? Sicuramente no. 
Non era stato solo semplice sesso quello che avevano condiviso la scorsa notte. Non poteva davvero essere preoccupata per quello che pensavano gli altri.

"Pan.."

"Trunks, dovresti andartene." Disse con più fermezza nella voce, non lasciandogli spazio alcuno per replicare. "Se Goten o mio padre sapessero che hai trascorso la notte qui, lo sai cosa ne farebbero di te?" Così era preoccupata per lui..


"Che cosa penseranno di me? Che mi diranno? Non posso affrontarli." Okay, non lo era. Accidenti. Era più preoccupata per la sua reputazione.

"Vuoi che me ne vada?" Sembrava triste, deluso, dal modo in cui glielo aveva chiesto, e Pan annuì, aveva improvvisamente una gran voglia di piangere. Sapeva che questo era l'unico modo. Doveva dirgli di andare via. Doveva farlo andare via. Guardarlo mentre si allontanava. Fu come se si stesse pugnalando dritta al cuore.

"Sì, hai ragione." Riuscì a dire lui, mantenendo la sua voce priva di qualsiasi emozione. Sembrava che qualcuno gli avesse appena detto che stava per morire. Il suo volto impallidì di tre tonalità. Poteva vedere i suoi occhi spenti, mentre le faceva un cenno con la testa, togliendosi delle ciocche viola di capelli dal viso.

 

"Allora, è così che deve finire? Tutto qui?" Trunks non riuscì ad evitare quel  tono che suonava così disperato nella sua voce. Non riusciva a credere che si stesse comportando in quel modo così pietoso, ma non riusciva a credere nemmeno a ciò che stava accadendo.

Era sicuro che lei lo ricambiasse. Che era innamorata di lui. O almeno che le importasse di lui in una forma che non aveva mai notato prima.

Quando avevano fatto l’amore, solo poche ore prima, l’aveva percepito chiaramente. Era come se vedessero entrambi, per la prima volta, quello che avrebbero dovuto vedere da molto più tempo.

Aveva sentito quanto profonda fosse la sua emozione nel trovarsi stretta a lui. E ora quello sguardo era sparito. Non c’era più nei suoi occhi. Era così confusa, così persa, e lui non sapeva cosa significasse. Dove era finita la ragazza con cui aveva trascorso la notte?

Come era possibile che soltanto ieri sera lo adorava, e ora, la mattina dopo era come se provasse ribrezzo solo guardandolo? Non era logico. E l'unica cosa che poteva averla cambiata così drasticamente, poteva solo aver a che fare con la notte scorsa. Ovviamente. Era così, allora?

Questo era quello che stava cercando di dirgli. Aveva dormito con lui e ora lei lo voleva fuori da casa sua e dalla sua vita? Ora era finito tutto, prima ancora che potesse iniziare?

E in mezzo alla storiella, era riuscita a farlo disperatamente innamorare di lei.. per poi cacciarlo fuori di casa. Come doveva comportarsi adesso? Possibile che a lei non importasse nulla sul serio?

"Che altro dovrebbe esserci?"  Gli chiese Pan distrattamente, spostandosi leggermente dalla sua posizione ai piedi del letto. Quasi come se si sentisse in colpa. Trunks represse la voglia di urlare.

“Oh, non saprei," cominciò con sarcasmo. "Non hai qualcosa da dire su ieri sera? Niente di niente, Pan?"

"Oh, sì," I suoi occhi si illuminarono quando lei annuì, finalmente vedeva tornare in lei una qualche forma di emozione. Lui sorrise, sapeva che non avrebbe mai potuto trattarlo in quel modo. Provò una sensazione di sollievo mentre aspettava la sua risposta.

"Grazie, è stato molto divertente."

Gli cadde il mondo addosso. Attraverso le sue orecchie avrebbe potuto sentire il suo battito cardiaco, ma tutto quello che poteva vedere e pensare e sentire era il dolore. Cieco. Assordante. Opprimente.

E' stato divertente? Chi diavolo era lui,  un giocattolino da usare per il suo divertimento adesso? Era uno scherzo. Voleva saltare dal letto e trascinarla a lui, e baciarla fino a quando non avesse capito quello che sentiva. Per farle capire  che anche lei lo amava come lui. Ma sapeva che non doveva essere lui a dirglielo. Doveva accorgersene da sola, non c’era nulla da fare. Doveva rendersene conto da sola, lui l’avrebbe aspettata. Lei era Pan.

 

"Beh, credo che dovrei andare, allora." Entrambi annuirono.

 

La rabbia che aveva visto nei suoi occhi la spaventarono. Ma la rassicurò anche, ora sapeva che stava facendo la cosa giusta. Se avesse davvero significato qualcosa per lui, se non la considerava solo una cosa da una notte e via, sarebbe stato devastato. La sua dichiarazione sarebbe stata più di un semplice colpo al suo orgoglio. Avrebbe calpestato il suo cuore, abusato del suo spirito, straziato la sua anima. Ma ora voleva dimostrargli il contrario..che era più di un semplice 'divertimento', lui era speciale. E aveva fatto sentire speciale anche lei.

Ma non poteva cadere ai piedi Trunks come ogni altra donna che aveva avuto.

Se l’avesse voluta veramente, avrebbe combattuto per averla. Era un Saiyan e avrebbe dovuto combattere per le cose che significavano qualcosa. E lei non aveva intenzione di essere un’eccezione. Aveva tutta l'intenzione di significare qualcosa di più per lui.. voleva essere qualcosa di importante. E se avesse dovuto schiacciare il suo orgoglio, distruggere il suo ego, per ottenerlo, allora così sia, l’avrebbe fatto.  Non si sarebbe esposta e non avrebbe rischiato così tanto, per una persona che non la voleva abbastanza. Avrebbe affrontato qualsiasi ostacolo, se lui gli avesse dimostrato di volerla..nel modo in cui lei voleva lui.

 

"Rivestiamoci." Finalmente parlò, raggiungendo la veste che stava cercando da quando era scesa giù dal letto. "Poi ti accompagno fuori."

Trunks annuì solamente, non in grado di sostenere o comprendere tutto quello che stava accadendo. Lei non era seria.. lo era? Questo era stato?

‘E’ stato divertente’, e questo è tutto? Si alzò dal letto, senza preoccuparsi di coprirsi, e attraversò la stanza, oltre il corridoio, e arrivò nel salotto, raccogliendo i suoi vestiti. Si infilò i boxer e i pantaloni, per poi abbottonarsi la camicia. Afferrò le scarpe e i calzini, e si diresse verso la porta. Pan era lì, in piedi, sorrideva in un modo che gli faceva desiderare prendere a pugni qualcuno. Come poteva essere così sorridente mentre lo spediva a calci nel sedere fuori da casa sua? Per quale maledetta ragione era così allegra? Non si accorgeva che questo lo stava uccidendo?

"Quando ti vedrò di nuovo?" Le chiese prima di andarsene, sperando contro ogni previsione che lei avrebbe detto qualcosa come 'presto, spero' e si sarebbe gettata tra le sue braccia. Lui si prese mentalmente a calci, per essersi illuso di qualcosa che sapeva non sarebbe successo.

“Non credo che rivederci, sarebbe una buona idea." Lei scosse la testa, facendogli sapere che lei non aveva intenzione di cambiare idea su questo argomento..era un 'no' alla domanda silenziosa che gli aveva posto. Non avrebbero fatto sesso di nuovo.

"Devo portare Hob da te a pranzo qualche volta." Provò di nuovo, ancora in piedi davanti alla porta sperando che lei lo avesse pregato da un momento all’altro di non andarsene.

"Va bene. Sarai a pranzo con lui, non con me, vero?"

Lei lo stava prendendo in giro, mentre sorrideva la fossetta sul lato destro della guancia si era fatta più pronunciata.

 Trunks si chinò e la baciò prima che lei potesse fermarlo. La tirò a sé, sentendo il suo corpo cozzare contro il proprio, il modo genuino e spontaneo in cui lei gli rispondeva, e riconoscendo in lei la tensione sessuale..era ancora lì. Molto viva. E lei lo amava. Solo, quando le sue braccia gli cinsero le spalle, lei lo spinse via, le labbra incurvate verso il basso. Scosse la testa.

"Abbiamo fatto un patto, ricordi?"

"Sì, senza rimpianti." Sapeva che lei si riferiva alla parte in cui si erano detti che non avrebbe significato nulla, ma lui non volle ricordarlo.

Quindi si girò e tornò intorno, nel salotto, nel posto in cui avevano promesso che non avrebbero rimpianto nulla. Perché voleva farle capire che tutto quello che era successo la notte prima significava qualcosa per lui. E lui non rimpiangeva un solo momento di quella notte. Se ne stava lì, chiedendosi cosa avrebbe detto.

Ma lei non disse niente. Gli rispose correndogli incontro, e stringendolo con tutta la forza che aveva in corpo, baciandolo con passione. I calzini e le scarpe caddero sul pavimento.

Pan non aveva mai voluto che uscisse da quella porta.

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Capitolo 8
*** Pagine di Diario - Il paradiso ***


Allora, prima di tutto voglio ringraziare tutti i miei lettori, quelli che mi seguono e mi incoraggiano a pubblicare il mio lavoro. La storia l’ho scritta, è finita e rifinita, solo che continuo ad aggiungere particolari e dettagli. Ad esempio, stanotte mi è venuta un’idea, che non era affatto prevista e ho dovuto inserire un altro capitolo. Ho intenzione di pubblicarla tutta entro la fine di luglio, perché non voglio lasciarla in sospeso, e non so se dalla prossima settimana, potrò accedere al sito, perché non sarò in città, quindi la vedo difficile.

 Con questo capitolo, inizia la seconda parte della storia, che sarà raccontata e ricostruita attraverso pagine estrapolate dal diario della protagonista. Ci tengo a specificare che si tratta di un vero diario, ecco perché questa storia mi sta particolarmente a cuore.

Il mio diario, quello di qualche annetto fa, per l’esattezza, ovviamente con  opportune modifiche rapportate alla storia, in modo da adeguarlo alle caratteristiche della  trama e dei protagonisti.

Ci sono citazioni e pezzi di canzoni, soprattutto di Battisti, frasi di film che adoro, le riconoscete perché sono scritte in corsivo e tra questi simboli qui  « »

Ah sì, tutta la faccenda del “ Giochi o non giochi?” che permea l’intero testo, ovviamente è tratta spudoratamente dal mio film preferito : “Amami se hai coraggio.”  Se non l’avete ancora visto, fatelo.

Spero, di non deludervi. Buona lettura!

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Pagine di Diario – Il paradiso

 

 

1 maggio

Non ci credo. È successo. È successo sul serio. Non è un altro di questi stupidi sogni che ti lascia con l’amaro in bocca e al risveglio devi fare i conti con la dura realtà. No, non questa volta. Questa volta è successo. Davvero.

Ho fatto l’amore con Lui.

Ero convinta di non avere alcuna speranza con lui..dopo anni di training autogeno per non saltagli addosso alla prima occasione, per non rischiare soprattutto di rompermi qualche altro arto del corpo, mi ero rassegnata all’idea che lui mi vedesse come una sorellina asessuata. Lo squisito dolore di volere qualcuno di inaccessibile.

Ma ora..Dende, Può essere un bacio tanto perfetto? Spero non si sia reso conto dello scompenso cardiaco che mi ha causato.

È  sicuramente colpa dei feromoni.

Sento di dover ringraziare tutto il creato, per questa serata, piccola fetta di paradiso in terra. Di ringraziare l’albero che mi ha imprigionata, la tempesta che imperversava fuori casa mia, la cerniera bloccata..l’elettricità che è andata via e ha portato con sé anche la mia paura..paura di un suo possibile rifiuto. Sento di dover ringraziare paradossalmente anche la sua ragazza, la sua super modella, per essere stata ai Caraibi. Grazie, Stephanie. Davvero.

Era come se gli dei del cielo, mi ammiccassero tutti insieme. Potrei morire in questo preciso istante, me ne andrei all’altro mondo col sorriso stampato in faccia. Pazzesco..devo essere ammattita. Essere innamorati fa davvero male al cervello. Si perché lo amo. Eccome se lo amo.. lo so che è un amore illogico, disperato; uno di quelli inconfessabili, un amore a senso unico.. ma non posso fare a meno di crederci..di illudermi.

Noi abbiamo fatto l’amore insieme. Una, due, tre volte..di più..quattro..

Ok, è iniziato tutto per una scommessa, è vero. Ma non importa. L’abbiamo fatto. Ed è stato meraviglioso, tutto..tutto. Tutto quello che abbiamo fatto, insieme.  Per una volta me ne sono fregata, delle conseguenze, del suo giudizio, di tutte le paranoie e delle mie pippe mentali. Ho semplicemente fatto quello che desideravo. Inconsciamente, da troppo tempo. Ho voluto concedermi il lusso di essere egoista per una volta, di pensare a me stessa, e di fare ciò che mi fa stare bene.

«  Aver paura d’innamorarsi troppo

non disarmarsi per non sciupare tutto                

 non dire niente per non tradir la mente..        

non farsi vivo e non telefonare       

parlar di tutto per non parlar d’amore »

                                                                                               

Sono orribile, sono stata tremenda con Lui. Ma dovevo capire. Sapevo di averlo ferito con le mie parole, dicendogli che doveva andarsene..sapevo che era sconvolto dalla mia freddezza. Ma era necessario. Io lo amo, ma non posso abbassare la guardia ora. Devo prima capire se ne vale la pena, per non ritrovarmi poi da sola a riattaccare i cocci della mia anima straziata. Ho letto tristezza, delusione, persino disperazione nei suoi occhi chiari. Ammetto che c’era qualcosa di moralmente schifoso in tutto questo..stavo calpestando il suo ego. L’amore fa fare cose orribili.. ma il tempo mi avrebbe dato ragione : io avrei avuto le mie risposte, osservando le sue reazioni e nessuno si sarebbe fatto troppo male. Volevo solo essere felice.

« Aver paura di confessare tutto

per il pudore d’innamorarsi troppo

È un leggero dolor temere di mostrarsi interamente nudo    

e soffocare la sana gelosia           

 e controllarsi non dirti che sei mia »               

 

5 maggio

Stanotte sono rimasta a ‘dormire’ a casa sua. Non dovevo aprire il ristorante. E siamo rimasti tutta la notte abbracciati, dopo aver fatto l’amore, facendoci i dispetti come due bambini. Niente può essere più perfetto di questo. Niente.

« Sembravamo fatti per essere incastrati,  come se nulla,  prima di noi,  avesse mai davvero combaciato. »

Quando mi sono svegliata, erano già le 9 e mezza, e Trunks non c’era. Doveva essere andato a lavoro. Mi innervosiva il fatto di non trovarlo accanto a me quando mi svegliavo.

Ma il malumore passò in un attimo quando andando in cucina, vidi un mazzo di peonie adagiato sul tavolo. Erano stupende. Erano i miei fiori preferiti e lui lo sapeva. Il mio cuore aveva iniziato già a battere furiosamente. C’erano delle brioches, ed avevano un aspetto mooolto invitante. Poi un biglietto. La scrittura fine ed elegante.

Anche se a volte sei un po’ stronza, nessuno merita di iniziare la giornata a stomaco vuoto, Saiyan o meno.

Ps. Se provi anche solo a toccare una di queste brioches, mi concederai una cena, domani sera, all’Empire. Giochi o non giochi?

Cavolo, come posso non amarlo?

Gioco, certo che gioco, Trunks.

 

10 maggio

 

« Fare sesso, succhiarne la polpa

E via la vergogna e i sensi di colpa.. »

 

Tu mi guardi in un modo che non merito...Stai lì disteso, con le braccia sotto la nuca. La luce della luna filtra dalla finestra e ti illumina il volto. Chissà come riesci a controllare così bene le tue emozioni. Siamo davvero come il giorno e la notte, io e te. Opposti. Faccio una fatica immensa a trattenermi. Trattenermi dal gridarti quelle parole che non so se vuoi sentire. Mi sono addirittura iscritta ad un corso di yoga ..e vado da un’analista. Due volte alla settimana. Per riuscire a controllare il mio istinto, quando sono con te. Per tenere a freno la mia irrazionalità.

Ma questa è un’altra di quelle cose che non saprai mai. Mi prenderesti in giro fino alla nausea.

Sembri così tranquillo e rilassato..ma ho sempre pensato che dietro la tua maschera imperturbabile si nasconda una marea di sentimenti in tempesta.

È così, vero? Oppure, forse, questo è quello che mi fa comodo credere.. è solo quello che desidero.

Con un balzo, ti sono addosso. Non te l’aspettavi. Ti bacio e vedo il tuo animo tormentato distendesi e sorridere. Mi dici che ti senti ringiovanito di non sai quanti anni.

« Annusarle la pelle, scoprirne l’odore..

passare dal sesso a fare l’amore. »


 È un attimo..e mi alzo e scappo via.. e tu mi accontenti come al solito..inizi a rincorrermi..nella fuga urto il vaso sulla mensola in salone..cade e tutti i cocci sono sul pavimento..ma non mi fermo a raccoglierli..e nemmeno tu. Mi afferri, cadiamo a terra, insieme..

“Piccola peste che non sei altro!” E ridi mentre lo dici..ti sorrido, nei tuoi occhi cristallini il riflesso dei miei. Sono tua. Eternamente tua. È iniziato di nuovo il nostro gioco.

« Il gioco era ripreso a tutto gas. Felicità allo stato puro, bruta, primitiva, vulcanica. Magnifico. Il meglio del meglio.. »

 

28 maggio

 

« Sentirsi un po’ animali, un po’ primitivi..

sentire che respiri, sentire che vivi! »

 

Mentre mi prende e mi fa sua, ancora una volta, e altre mille volte ancora, dolce, passionale, bello, sento che non riuscirei più a farne a meno. È veleno. È come una droga. E io ormai ne sono completamente assuefatta. Totalmente.

« Ecco il segreto più profondo dove tutti si perdono. Ecco la radice delle radici, il nocciolo dei noccioli. È questo il meraviglioso senso che divide le stelle. Io porto il tuo cuore. Lo porto nel mio cuore.»


Lui si è preso tutto di me, e questo mi spaventa. E la cosa buffa, e che lui sembra non accorgersene. A volte, penso di essermi annullata in lui, soprattutto dopo quelle stronzate che mi ha inculcato in testa la mia analista. Si, sono caduta davvero in basso. È un mese che mi sono convinta a cercare aiuto..in una sconosciuta. È un mese da quando è iniziato il nostro gioco. Questa situazione mi stava distruggendo..e non potevo parlarne a nessuno. Ci siamo dentro solo io e lui. E lui non ci è dentro quanto me. Non posso parlarne con lui. È un gioco.

 ‘Giochi o non giochi, Pan?’

 Gioco. Sempre. Per sempre. Solo con lui.

 

6 giugno

Dipendenza affettiva, così l’aveva chiamata la dott.ssa Stevens. Ancora ricordo le sue parole.

« Gli affetti che comportano paura e dipendenza, tipici della dipendenza affettiva, sono destinati a distruggere l’amore. »

E io ho un sacco di paure … paura di perderlo. Paura dell’abbandono. Paura della separazione. Della solitudine. Della distanza che c’è tra di noi. Ho paura di mostrarmi per quello che sono. Anche a lui. Solo di notte, al buio, mentre mi sussurra dolci parole confortanti, e mi stringe a sé, riesco a lasciarmi andare completamente e ad essere me stessa. La luce del mattino porta con sé la consapevolezza della mia inadeguatezza. Mi sento così maledettamente piccola e insignificante rispetto a lui. Come potrei non esserlo? Come può una meteora informe mantenere il confronto con una stella così brillante?

 

« Disperazione gioia mia

Sarò ancora tuo sperando che non sia follia

Ma sia quel che sia

Abbracciami Amore mio

Abbracciami Amore mio

Che adesso lo voglio anch’io »

 

 

11 giugno

La dott.ssa mi ha consigliato un libro da leggere..bè.. parla di donne che ‘amano troppo.’  Non so se voglio davvero sapere di cosa parla. Ho paura. Di nuovo. Vieni da me, Trunks, e fammi dimenticare tutti questi brutti pensieri. Fammi girare la testa.

 

12 giugno

Non è vero, la dott.ssa Stevens si sbaglia. Non ho bisogno del tuo amore sul serio. Mi basta l’illusione che tu sia innamorato di me. Mi basta abbracciarti, e passare la mano tra i tuoi capelli, dolcemente, stringendoli tra le mie dita, mentre ci rotoliamo tra le lenzuola del mio letto. Vieni e guardami negli occhi, anche se ti sembrano freddi..dimmi che riesci a vedere quello che si nasconde nel mio cuore. Dimmi che anche tu stai pensando a tutto quello che non ci siamo mai detti da quando è iniziata questa meravigliosa follia.

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Capitolo 9
*** Pagine di Diario - L'inferno (parte I) ***


Sono più che felice che vi piaccia, e che abbiate deciso di continuare a seguirla! Pubblicherò presto i capitoli, perché come ho detto, sono già pronti, l’ultima cosa da sistemare è l’epilogo. Buona lettura to everyone!

 

 

Pagine di Diario – L’inferno (I parte)

 

15 giugno

 

Avrei voluto fosse andata diversamente, lo desideravo più di qualsiasi altra cosa, ma ora ho capito che non c’è modo di far funzionare questa cosa tra di noi..non ho abbastanza coraggio..e probabilmente neanche tu.

Mi guardavi negli occhi e sembravi promettermi silenziosamente il mondo intero. 
Ma forse, al mattino, semplicemente tutta la magia, per te, svaniva, e ti sentivi inevitabilmente oppresso e schiacciato. 
È così? È questo che ci ha separato, Trunks? 
È per qualcosa che ho fatto? Per qualcosa che ho detto?

« ..un sorriso, e ho visto la mia fine sul tuo viso

Il nostro amor dissolversi nel vento

Ricordo, sono morto in un momento.. »

 

 

Gli ho urlato di andarsene. Di sparire dalla mia vita. Che non volevo più vederlo né sentirlo.

E lui..l’ha fatto. Mi ha abbandonata. Non ho neppure la forza di piangere, senza di lui mi sento così vuota.

                                             «Respirando la polvere dell’auto che ti porta via

Mi domando

perché più ti allontani e ti sento mia.  »

17 giugno

“Io ho la sindrome dell’abbandono, Trunks. Dovrai dormire con me, d’ora in poi.” 
Te lo ricordi ancora o hai già dimenticato?

 

Due giorni che non lo vedo e non lo sento, e ho pianto tutte le mie lacrime e finito le scorte di gelato. Non so da quanto sono seduta su questo divano. 
Ho perso completamente la cognizione del tempo.

Mi ha lasciato un messaggio in segreteria. L’ho cancellato senza nemmeno ascoltare cosa volesse dirmi. Ora mi sento ancora peggio, se possibile. Vorrei prendermi a pugni.

 

 

21 giugno

Oggi avevo prenotato la seduta dalla Stevens. Ma non avevo voglia di parlare. Così parlò lei. Per un’ora e mezza.

« Una frase di Baudelaire diceva : nella vita si sceglie di essere boia o vittime.
Io aggiungerei che è chiaro che tu abbia scelto di essere la
vittima nella tua relazione..vedila in modo metaforico ovviamente! 
In ogni caso, ti dico che dipende tutto dal perché lui fa in modo che tu dipenda da lui. 

E sopratutto, è lui che vuole ciò, o sei tu che non riesci a fare a meno di compiacerlo in tutto?
Vedila così, non c'è una maniera di amare correttamente, non devi cambiare come sei, solo cerca di non metterti in secondo piano se non ne vale la pena. 
Pensa innanzitutto alla tua felicità, sempre.
»

 

…Sì, bè. Io non voglio essere la vittima. E devo pensare alla mia felicità. Non devo compiacerlo. Devo essere me stessa, ma non devo dipendere da lui.

Ma che stronzate mi faceva pensare? E poi la matta sarei io? 
Volevo urlare, e strapparle tutti i capelli dalla testa. Che diavolo ne puoi sapere tu, vecchia strega? Trunks non voleva che lo compiacessi né che dipendessi da lui. 
E non posso pensare alla mia felicità se lui non è con me. È lui la mia felicità. 
Perché stavo buttando via i miei soldi ascoltando questa cretina?

« Tu non vuoi ammettere nemmeno a te stessa di essere completamente innamorata di lui e di conseguenza dipendente da tutto quello che fa. »

Ci voleva una laurea per dirmi questo? Sono anni che non faccio che ripetermelo! Basta.

« E’ come quando inizi ad assumere una qualche droga, Pan caraQuando puoi fermarti, non vuoi. Quando vuoi, non puoi più. »

 
Si può veramente amare e non dipendere?

Dare le giuste attenzioni all'altro, volergli bene, fare sacrifici per lui per stare insieme ma senza dispiacersi se l'altro ti considera poco, senza turbarsi nè crearsi paranoie per vari motivi.
Essere indipendenti, essere felici anche senza l'altro.
Azzarderei a dire amare senza cercare, desiderare nè sentire il bisogno di essere amati.
Si può? No, se sei innamorata di Trunks Brief.

 

La dott.ssa continuò a blaterare qualcosa sull’amore giusto e il fatto che fossi dipendente. 
Pensava fossi stupida? Me lo ripeteva almeno 30 volte ogni volta che mi sedevo sul quel maledetto divano. Pensai che volesse farmi il lavaggio del cervello. 
Ero già abbastanza confusa di mio e tutta la situazione era già estremamente complicata, senza che ci si mettesse anche lei e le sue strambe teorie sul “relazionarsi col partner in modo corretto ed equilibrato”.

 

« Si può amare e non dipendere, ti chiederai? Sì, e ricorda che meno si è amati e più amore si dà. Purtroppo però si arriverà a un punto di non ritorno, in cui capirai che hai investito forze, tempo e sentimenti per una persona che non ha nemmeno l'onestà di lasciarti andare del tutto. 
Tu stai sprecando un’enorme quantità di affetto autentico per la persona sbagliata.
E allora mi chiedo: non sarebbe il caso di anticipare questa riflessione, prima di toccare il fondo?
Non ti sto consigliando di sopprimere i tuoi sentimenti, ma pensaci bene. 
Non hai forse il diritto anche tu di essere amata al 100%?
Il top del top sarebbe vivere una relazione in cui non ci si turba, non ci si crea paranoie, si è indipendenti e felici anche senza l'altro, ma lo si è notevolmente di più quando l'altro c'è.
»

 

Stavo decisamente peggio quando uscì dal suo studio. 
Non avevo spiccicato parola. Ma le sue di parole, ancora mi ronzavano in testa, mi confondevano, mi stordivano. 
Ero stata davvero così cieca da non accorgermi di quello che Trunks mi stava facendo? 
Ero davvero così dipendente e bisognosa di lui? Sì. 
Ed era stata sua intenzione rendermi così?

No, non era colpa di Trunks. Solo mia. 
Io ho voluto giocare con il fuoco. E ora non posso piangere dal dolore per essermi scottata. 
Non c’era da discutere sulla nostra relazione, semplicemente perché non ne abbiamo
mai avuta una. 
Era un gioco. 
Ci divertivamo, stavamo bene, ridevamo, facevamo l’amore la maggior parte del tempo..ma non stavamo insieme.
E non era colpa di Trunks se adesso avevo il cuore spezzato e la testa così confusa.



 

30 giugno

Sono due settimane, quattordici giorni che non ho tue notizie. Ho iniziato ad evitare anche la mia migliore amica, per paura che pronunci il tuo nome per caso.. non sono sicura che riuscirei a controllarmi dal piangere.

 

« E quanto ti ho sentita mia,

anche quando mi hai detto "io devo andare via"

e hai gridato "è finita"

ma era una bugia,

prima o poi tu dovrai ritornare,

perché sei mia...

quando vuoi, ma sei mia..

tu vai via..tornerai perché sei mia,

dove vai che sei mia,

quanto tu non lo sai! »

[Gatto Pancieri, Mia]

 

 

Ho comprato il libro che mi ha consigliato la dott.ssa. 

Penso di essermi sbagliata sul suo conto, in fondo sta solo cercando di aiutarmi. 
E poi sono stata io ad andare da lei. 
A cercare il suo aiuto, il suo appoggio, i suoi dannati consigli. La vedevo come un nemico..ma il mio vero nemico non è lei, e non sei nemmeno tu, Trunks..sono io. 
Io sono l’unica vera nemica di me stessa. 
Era questo che forse non mi permetteva di essere felice.  
E che mi teneva ancora legata a te.

 

Sono sopravvissuta per anni, senza averti in quel senso. Perché ora non ci riesco? 
Mi sembra di non vivere veramente, di essere diventata improvvisamente spettatrice e non artefice della mia vita. 
Mi alzo, mi vesto, vado a lavoro, in modo meccanico, senza il minimo accenno di vitalità. Nemmeno occuparmi del ristorante, prima mia unica ragione di vita e di soddisfazione, mi appaga. Per niente. Avrei voluto restarmene a casa. Ogni giorno.

 

 

4 luglio

 

Sei piombato nella mia vita all’improvviso e mi è piaciuto. 
Era il pomeriggio del piacere più sottile. Abbiamo nuotato nel fango della nostra gioia. 
Io avevo le gambe bagnate di facile sottomissione.  Certe volte ti odio..
Ho ripulito la tua mente sporca, hai trovato un cuore, ti ho dato l’immortalità. 

Avevamo scoperto il collante segreto che teneva insieme ogni cosa, in uno spazio perfetto dove il rumore non veniva a disturbarci. Il nostro mondo era completamente pieno.

Una notte il letto prese fuoco. 

Poi si è creato un baratro tra di noi, e la terra si è capovolta..questo è il vero problema. Con te dentro di me, arriva la coscienza della mia morte..ma tu hai promesso, hai indicato il cielo e hai promesso alla Luna. A volte ti odio.

Qual è il prezzo della passione? L’inferno? Il paradiso?

 

[Questo monologo è tratto dal film Paradiso+Inferno, che adoro. Sono frasi raccolte durante tutto il film, quindi se lo vedete non le troverete in quest’ordine qui]

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Capitolo 10
*** Pagine di Diario -L'inferno (parte II) ***


Pagine di Diario – L’inferno (II parte)

 

7 luglio

Ci misi un bel po’ per convincermi ad aprire quel maledetto libro. E nel momento stesso in cui lo feci, desiderai non averlo fatto …

« Quando la relazione con lui mette a repentaglio il nostro benessere emotivo, e forse anche la nostra sicurezza, stiamo decisamente amando troppo. »

Lo chiusi di scatto. Il cuore che mi batteva. Non potevo continuare a leggerlo. Fu un gesto istintivo e irrazionale quello di alzarmi e buttarlo nel cestino della spazzatura. 
Quel tizio, lo scrittore del libro, dico, aveva centrato in pieno. 
Aveva maledettamente ragione. Ma non ero pronta ad accettarlo.

 

 

 

 9 luglio

 

«  Era importante la tua fedeltà, per me. Io non possiedo quella fiducia in me stessa che mi consentirebbe di combattere giorno dopo giorno contro rivali o..contro sospetti. »

E adesso, che non sei più qui, sono follemente gelosa di qualcuna che non so nemmeno se esiste.

Il pensiero che tu possa stare con qualcuna, un’altra donna, mi ossessiona. In ogni momento della giornata.

Anche nei sogni mi dai il tormento. Bastardo.

Voglio che tu soffra, proprio come sto soffrendo io.

E invece sarai a spassarsela con qualcun’altra, ridendo di me, magari, prendendo in giro l’ingenua, piccola, Pan. Ti odio. 

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Un uomo adulto che vuole salvare la sua relazione, LOTTA..non appende le palle in soffitta alla prima crisi!!

Patetica. Non c’era niente da salvare. Nessuna relazione.

 Lui non lo sa nemmeno, è tutto nella mia testa. È la mia vita parallela, non quella reale.

Era solo un maledetto gioco. Che mi ha rovinato l’esistenza.

Non è vero che la distanza aumenta il desiderio..ma chi l’ha detta questa cavolata?! Baggianate irrealistiche oltre che fuorvianti.

La distanza aumenta il desiderio sì..di farsi altre persone!

Ti odio, Trunks. Con tutto il cuore.

E nonostante questo, non posso fare a meno di … volerti.

Mi piace anche solo l’idea di noi due insieme, il pensiero di piacerci..attrarsi, volersi, incontrarsi, sfiorarsi appena, amarsi, per poi perdersi..per minuti, ore, oppure giorni..o mesi.. il concetto di tempo perde di significato con te.

 

 

 

11 luglio

 

Ok…Lo so.

So benissimo che non dovrei frequentare nessuno ora..sono così fragile. 
E non posso fare a meno di cercare Lui, in ogni ragazzo che incontro. 
Ecco perché ho rifiutato l’invito di Harry, il mio ex. L’unico con cui sono riuscita a mantenere un rapporto civile, nonostante tutto. 
Quando giovedì lo dirò alla Stevens, sarà fiera di me, scommetto che mi darà anche una delle sue caramelle al caffè come premio di consolazione.

 

« Chiodo non scaccia chiodo, cara. Ma fa solo un altro buco. »

 

Mi disse un giorno. Forse ha ragione lei, ma non lo saprò mai se non ci provo.

Lei non capisce che Trunks ancora mi tormenta.. e mi ossessiona. Di notte immagino le sue mani calde sul mio corpo e mi sembra di impazzire. 
Questo letto è troppo grande senza di lui. Mi sembra così
vuoto.

Per questo, ho richiamato Harry e gli ho dato appuntamento per stasera. 
Infondo non stiamo tutti guarendo da qualcosa? 
Alcool, droga, dipendenza affettiva, una storia finita male?! E poi quanti ragazzi single, carini, gentili e fumatori e che possono essere interessati a me sono rimasti al mondo? Quattro? Cinque?

Per la miseria, sono una contraddizione vivente.

Oh Dende, farò venire una crisi di nervi alla mia analista.

 

13  luglio

 

Credo di aver un problema con l’approcciarmi all’altro sesso. Si, ho un problema coi ragazzi. 
Tipo che ho paura di impegnarmi e cose così. 
Sono sempre io che incasino le cose, sempre. Ma perché?

Harry è davvero carino. Ma mi sento così in colpa. 
Come se lo stessi usando … forse perchè lo sto usando. E lui è così carino. 
Mi ha portato in un ristorantino sulla spiaggia, era dolce e gentile, ma quando mi ha posato la mano sul braccio, ho desiderato andarmene, tornare a casa e piangere.

Perché non mi lasci in pace Trunks? Perché tu devi andare avanti con la tua vita, e io devo restare qui, immobile, incapace di muovermi? Non è giusto, per niente.

È stato un appuntamento fantastico. 
Questo ragazzo è il Santo Graal degli eterosessuali, e io sto qui a pensare a Lui.

Harry mi ha sorpreso. A metà cena, se ne è uscito con un discorso strano. Diceva che non mi aveva mai dimenticato.

Poi ad un certo punto, la mia mente era volata da un’altra parte, a kilometri di distanza da lì.  
Nella vita parallela che si svolgeva nella mia testa, mi stavo rotolando allegramente tra le lenzuola..con Lui.

Harry mi diceva che gli ero mancata tantissimo e io mi sentivo un mostro.

Poi fece una cosa che quasi mi commosse. Aveva conservato il portachiavi che gli regalai al 4 anno di liceo.

Dende.. cosa stavo per fare..volevo davvero spezzare il suo cuore come Trunks aveva spezzato il mio? Volevo farlo soffrire solo per provare a me stessa, che potevo stare senza Trunks?

Sono davvero una persona orribile. Sul serio. E mi sento terribilmente in colpa per questo.

 

18 luglio

 

La Stevens mi chiede come mi sento oggi. 
Rispondo di stare bene, e la ringrazio in modo educato. Ma mentre annuisco a qualcosa che mi ha chiesto, la mia mente si estranea dal mondo circostante e il mio pensiero vola a ieri sera..

Avevo piantato in asso Harry, nel bel mezzo dei festeggiamenti per la laurea di suo cugino. 
Lui aveva intenzione di continuare coi i festeggiamenti anche dopo, nel suo appartamento, magari nel suo
letto
Ma io ero andata via, inventando una scusa idiota. Ero già un po’ brilla e non volevo fare stupidaggini, non con Harry. Lui è stato sempre
troppo buono con me.

Così visto che volevo evitare di mettermi nei casini, entrai nel primo bar che vidi e ordinai, Dende solo sa, quanti drink. 
Non seppi nemmeno quantificare il tempo che mi ci volle a perdere il controllo e la lucidità, che ero già fuori alla porta dell’appartamento di Harry. 
Lui era più che sorpreso di vedermi, credo, ma non disse nulla a riguardo. 
Fece un battuta su qualcosa come ‘ il più bel miraggio che avesse mai avuto’ e io gli avevo già gettato le braccia intorno al collo, baciandolo.

Non riuscivo nemmeno a stare in equilibrio, la testa mi girava vorticosamente e le gambe mi cedevano, dovetti appoggiarmi a lui per non cadere rovinosamente a terra. Probabilmente lo capì, perché senza smettere di baciarmi, mi prese in braccio, portandomi nella sua camera da letto, e adagiandomi sul letto. 
Per la prima volta, da quando ci siamo conosciuti, ho provato fastidio quando le sue mani hanno iniziato a vagare sotto il vestito e i suoi baci a diventare più esigenti e invadenti. 
Lui era dolce, lento nei suoi movimenti, voleva assaporare ogni momento, ma io..io no. 
Ero irruenta e aggressiva, volevo solo che finisse al più presto. 
Fu quello l’unico pensiero che mi accompagnò per tutto il tempo in cui lo sentivo muoversi dentro me. Non volevo, eppure stavo lì, ferma immobile, arrendendomi alle sue spinte. Non mi sono mai sentita così..
impotente. Mai in tutta la mia vita.

 

« E ti fai cullare ancora dall’illusione di poter cambiare.

Quanto è incredibilmente dolce prendere in giro se stessi? »

 

Non volevo che mi toccasse, che mi possedesse, ma non riuscivo a dirlo, non mi uscivano le parole.

Volevo gridargli di smetterla e invece me ne stavo lì, zitta.

Non le volevo le sue mani sul mio corpo, non era giusto così. Ma non era colpa sua, lui era così buono, e protettivo e gentile da fare quasi tenerezza. Perché non riuscivo ad amarlo? Cosa c’è di così sbagliato in me?

Sentivo le lacrime pungere agli angoli degli occhi. 
Deliravo, sussurravo  parole incomprensibili al suo orecchio..tra queste, il tuo nome. Trunks. Ma lui non se ne accorse.

Perché continuo a pensare che tu debba salvarmi?

Speravo di essere cambiata, di essere cresciuta, che non mi avrei fatto più del male da sola. Mi sbagliavo. Nessuno mi ha costretta a farlo..eppure non posso fare a meno di pensare che questa notte il mio cuore sia stato, in ogni modo, violentato.

Harry si accascia su di me sfinito, e mi abbraccia. Dice di amarmi. Io non rispondo. 
Ma forse non mi ama sul serio, gli scoppiavano solo i testicoli. 
Quanto sono diventata cattiva..io so che è sincero, almeno lui. Lo è sempre stato. 
Come si fa ad amare una come me? 
Si addormentò, poggiando la testa sul mio seno. 
Provai, a quel punto, l’impulso irrefrenabile di andarmene, di scappare. Fuggire via. Lontano da questo ragazzo che mi aveva consegnato ancora una volta, come in passato, il suo cuore in mano, senza sapere che l’avrei pugnalato senza pietà. Non lo meritava.

----

Mi rivesto in silenzio, facendo attenzione a non svegliarlo..e me ne vado. Proprio come una puttana. È stato più forte di me..

Ora sono al molo, una leggera brezza mi accarezza e sembra volermi asciugare le lacrime che scorgano dai miei occhi.

Realizzo quello che ho fatto. Mentre i singhiozzi scuotono il mio corpo, compongo un numero. Il tuo. Lo conosco a memoria ormai.

Vorrei mi salvassi anche stavolta. Ma so che non puoi. Non sei nemmeno qui. Bra me l’ha detto che sei partito. ‘Per lavoro’.

Stai scappando, Trunks? Stai scappando da me? Forse anche tu stai soffrendo, proprio come me? Salvami, ti prego.

Proprio come quella sera..l’albero..

’I capelli sciolti ti stanno meglio’… ti ricordi?

Uno squillo. Ho freddo ora.

Allora te lo ricordi? Oppure già ti sei dimenticato di me, Trunks?

Due, tre, quattro squilli. Dove sei? Perché non sei con me?

Sento la tua voce assonnata chiedere chi è, e il mio cuore sembra fermarsi. 
Non ti rispondo, non ne ho la forza, mi limito a piangere.

Ma tu hai capito..sussurri il mio nome.

Vorrei implorarti di venire qui ad abbracciarmi, ma non lo faccio. 
Stacco la chiamata. Sono una codarda.

Come ti senti adesso, Pan? Vuota.

 

« Respirando più forte

Ti avvicini al mare.

Stai piangendo.

Ti entro nel cervello e ti raggiungo il cuore.

Proprio in fondo al cuore.

Senza pudore.

Per cancellare

anche il più nuovo amore. »

 



 

26 luglio

 

 

« L’ironia del destino vuole che io sia ancora qui a pensare a te,

nella mia mente flash ripetuti, attimi vissuti con te.

È passato tanto tempo ma tutto è talmente nitido,

così chiaro e limpido che sembra ieri..

Ieri, avrei voluto leggere nei tuoi pensieri

Scrutarne ogni piccolo particolare ed evitare di sbagliare,

diventare ogni giorno l’uomo ideale.. »




 

I ricordi fanno male, perché non si possono fermare. La mente allo stesso tempo, li rifiuta e li accoglie, impotente. 
E tu resti lì, a guardare. Non puoi muoverti, o forse non vuoi, ma non lo capisci in tempo. 
Poi il ricordo se ne va, dopo essere riuscito a riaprirti ferite che ti sforzerai di ricucire … almeno fino alla prossima volta.

Per la vergogna. Per tutte le parole che non ho avuto il coraggio di dire. Per il brulichio dei miei rimpianti.

Ma non voglio più aggrapparmi al passato, e il futuro, mutevole e beffardo, continua a scivolarmi tra le dita come sabbia.

 

La luna, le stelle, io e te nascosti al resto del mondo.

Quella sera mi sentivo incredibilmente stanca, era uno dei primi giorni di giugno credo. 
Riesco ancora a percepire la sensazione di spossatezza che pervadeva le membra del mio corpo, un leggero mal di testa, ma non così intollerabile al punto di impedirmi di correre, come era consueto in quel periodo, a casa sua e di rifugiarmi tra le sue possenti braccia.

Avevo lavorato incessantemente nell’ultima settimana, per mostrare che il mio ristorante fosse all’altezza del più grande critico gastronomico dell’intero Giappone. E ci ero riuscita.

Trunks, quando arrivai, aveva già adagiato sul prato all’inglese del giardino una coperta e due birre fredde, e lì per lì, ne rimasi stupita: non avevamo mai fatto nulla del genere. 
Ma mi andava bene. Più che bene. 
Avrei voluto condividere ogni tipo di esperienza con lui, dalla più banale alla più spericolata.

Avrei fatto qualsiasi cosa, se solo lui me l’avesse chiesto. Qualsiasi.

Poi capii. La luna quella sera, era straordinaria, padrona incontrastata delle tenebre. Bellissima.. no, che dico di più.

Era enorme, dalla pelle lattea e chiara, coi contorni definiti, e si stagliava imponente tra le stelle, lassù.

Mentre sorseggiavo la mia birra ghiacciata, Trunks mi parlò di un qualche tipo di fenomeno che si riusciva a vedere dalla terra solo un tot preciso di anni. E quella era la serata, che la grande signora del cielo, aveva stabilito per il suo spettacolo. Incantevole.

Capii perché aveva insistito così tanto per vederci ugualmente, nonostante sapesse che avrei fatto tardi a lavoro. Lo chiamai quel pomeriggio in ufficio, per digli a malincuore di dover rimandare, ma lui non demorse, mi rispose che mi avrebbe aspettato anche tutta la notte, che era importante e che me ne sarei pentita se non fossi andata da lui. 
Infatti, pensai dopo, mi sarei pentita amaramente, e avrei portato con me il fardello di quel rimpianto tutta la vita. Perché quella fu la nostra sera. 
Paradossalmente, è l’unico momento con lui, i cui ricordi vacillano, ma allo stesso tempo, è per me il più prezioso in assoluto. 
Ne conservo gelosamente tutti i frammenti nel mio cuore. Sempre.

Quasi due ore passate con il naso all’insù, a perderci in quell’immensità.

La Luna ci aveva rapiti al primo sguardo, si può dire, forse perché entrambi Saiyan, e si sa che tutti i nostri ”antenati” provavano una sorte di incontrollabile attrazione fatale per la signora del cielo.. non saprei. Le mie sono solo congetture più o meno fantasiose. 
Comunque, sia quel che sia, lui sembrava provare le stesse identiche mie emozioni.

Mi accesi una sigaretta, sotto lo sguardo infastidito e indagatore di lui, ma non mi chiese niente, e non mi giustificai di conseguenza, sapeva che mi avrebbe solo resa scocciata e indispettita.

Era un capriccio, non un vizio per me, almeno lo era allora, lo trovavo incredibilmente rilassante. Solo di notte però. Sembrava che il mio corpo mi richiedesse nicotina solo ed esclusivamente quando il sole tramontava per lasciare spazio alla luna.

Lui mi guardava incuriosito, e oserei dire, quasi rapito, mentre io rivolgevo lo sguardo ancora in alto. Trunks osservava invece ogni mia mossa, concentrandosi più attentamente quando espiravo il fumo dalla bocca. 
Improvvisamente sentii la testa vorticare impazzita, e la vista farsi quasi appannata, ma solo per un momento. Ciò che invece restò, e mi accompagnò per tutta la notte, fu la sensazione sgradevole di avere la gambe troppo deboli per poter reggere tutto il peso del mio corpo. 
Pensai che forse avrei dovuto cambiare marca di sigarette, anzi avrei iniziato a farle da me, comprando il tabacco, risparmiavo soldi e salute, perché non c’erano tutte quelle schifezze che mettono in quelle confezionate dalle grande industrie. In ogni caso, la spensi e la gettai via.

Ma quel malessere non andò via. Lui mi abbracciò da dietro, e ne gliene fui silenziosamente grata, ora avevo qualcosa di solido a cui appoggiarmi. 
Potevo sentire chiaramente i suoi muscoli tonici e i suoi addominali che sembravano scolpiti nel marmo, mentre mi cingeva dolcemente con le braccia. 
E ricordo che pensai di non aver mai trovato in tutta la mia vita, un luogo più sicuro e confortevole delle sue braccia.

“Posso restare con te per sempre?” gli chiesi, come se stessi facendo una battuta.

Ma si sa, l’umorismo permette di dire la verità.

Lui rise, e mi baciò il collo. Era un sì, Trunks?

Era una serata calda, le temperature erano in costante aumento, la calura del giorno iniziava a farsi afosa, anche se ancora tollerabile. 
Eppure percepii dei brividi di freddo invadermi, lui dovette accorgersene mentre mi accarezzava il braccio, forse a causa della pelle d’oca che si era andata via via formando. 
Mi chiese se avevo voglia di andare dentro, che potevamo concludere il discorso nella sua stanza, e solo dal tono che usò, mi si accapponò la pelle ancor di più. 
Vagamente malizioso. Seducente. Irresistibile.

Da quel momento i miei ricordi delle ore successive si accavallano nella mia mente, e ancora oggi non riesco a sistemarli in ordine cronologico, come vorrei. 
Ricordo che mi portò in casa tenendomi in braccio, sussurrandomi parole confortanti all’orecchio, cercando di trasmettermi un po’ del suo calore. 
Ma io stavo troppo male. Solo dopo capii il perché, avevo la febbre altissima. 
La temperatura del mio corpo toccava i 40 gradi centigradi, e non me ne ero resa conto nemmeno, così presa dalla luna, da lui, e dall’amore che provavo, così intenso, che a volte mi spaventava, pensavo che primo o poi mi avrebbe fatto esplodere il cuore.

Lui era spaventato, ricordo il suo tono preoccupato, dolce come non lo era mai stato.

Mi lamentavo come una bambina, mentre mi spogliava, e iniziai addirittura a piangere, quando mi immerse nella vasca piena d’acqua. 
Avevo freddo, non riuscivo a pensare, non riuscivo a parlare in modo coerente e dare alle parole che uscivano dalla mia bocca un senso compiuto. Mi sembrava di vivere in un incubo.

Dopo quella che a me sembrò un’eternità, la febbre se ne stava sempre lì, organizzava un party con i miei anticorpi, momentaneamente in ferie anticipate.

Trunks mi diede un farmaco, Spidifen o qualcosa del genere, mi disse che era molto forte, ma che mi avrebbe fatto star meglio in pochi minuti, facendo scendere la temperatura.

Lo accettai senza fare storie, nonostante avesse un sapore orrendo, lo presi dalle sua mani, come se fossi stata in fin di vita e lui mi stesse offrendo la salvezza.

“Sei il mio eroe.”

Aveva ragione, la febbre progressivamente diminuiva, concedendo una tregua alle mie membra stanche e provate.

Mi sentivo debole, le gambe ancora pesanti e avvertivo un senso di ..qualcosa che non seppi come descrivere. 
Era come se fossi ubriaca, o fatta di qualche sostanza strana. O come se fossi ubriaca e fatta insieme.  Era tutto sfocato, come se fosse l’inizio di un sogno..

“Ti voglio.” Gli sussurrai mentre mi rivestiva con una sua maglia. 
Ogni sua carezza erano brividi, che partivano dalla nuca, e mi percorrevano la schiena, veloci. 
Ero tutto un fascio di palpitazioni e tremori. La febbre mi aveva reso completamente disinibita.

“Non voglio perdermi nemmeno un minuto con te. Se non ti sembro troppo brutta così, ora vorrei fare l’amore con te.”

Non gli avevo mai detto di aver voglia di lui, mai prima di allora. Non esplicitamente almeno. 
Lui sembrò stupito in un primo momento, mi disse “No, Pan..tu sei bellissima, sempre.”

E come mi avevo spogliato e poi rivestito, iniziò a spogliarmi di nuovo. 
Adagio, piano, ricordo i suoi gesti, che erano lenti, calmi, ma forse era solo la mia mente che andava a rallentatore.

Forse per questo provai delle sensazioni tanto intense quella volta. 
Non avevo mai provato un piacere più sottile. Magari era la febbre alta, ad alterare i miei sensi in quel modo spaventoso, oppure quel farmaco miracoloso che mi aveva dato. 
Oppure, forse, fu perché per la mia prima ed unica volta, quella sera, disse di amarmi
Forse, furono semplicemente quelle due parole a rendere tutto così incredibile nella mia mente, e far sì che lo ricordassi come se fosse un dolcissimo sogno.

“Ti amo.” Un sussurro roco che fuoriuscì quasi involontariamente dalle sue labbra, come se fosse un pensiero che non si poteva rivelare ad alta voce. 
Lo sussurrò al mio orecchio quando entrambi, eravamo ancora attraversati da spasmi di piacere e persi nell’estasi dell’orgasmo.

Non sentii mai più quelle parole. Tanto che per tanto tempo, ho cercato di dimenticare quella serata. Ho pensato di essermelo immaginato. 
Come in un gioco pericolosamente perverso, ho convinto la mia mente di qualcosa che io volevo disperatamente sentirmi dire da lui.

Sono quelle cose che ti rimangono dentro l’anima. Quelle che tieni nascoste per paura che vengano mostrate. C’è solo voglia di correre all’indietro e dire “Io sono qui.”

 

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Capitolo 11
*** Pagine di Diario - La rinascita ***


Questa è l’ultima parte della storia che verrà raccontata attraverso pagine di diario. È il terz’ultimo capitolo, dopo ce ne sarà un altro e poi l’epilogo.

Sono davvero felice che abbiate apprezzato questa seconda parte della storia, narrata esclusivamente dalla protagonista..perchè, come avevo accennato, per rispondere all’ultima recensione, si cara, hai perfettamente ragione c’è molto di personale qui. Ho modellato la trama su una mia storia. Infatti è il mio diario, quello di due anni fa. Grazie per i complimenti, sono davvero tanto apprezzati!

Buona lettura a tutti :D

 

 

 

Pagine di Diario – Rinascita

 

 

7 agosto

 

«  Non ti chiamo. Ma devi sapere che ogni telefonata che non faccio, ogni 
messaggio che non mando sono un segno d'amore. Che il mio silenzio ti 
parli di quello che provo per te. In queste ore ti coprirò di invisibili
carezze. Questa sera farete l'amore? Sicuramente! Ma tu penserai un po'
a me..? »

Oggi ho sentito questa frase in TV e non ho potuto fare a meno di pensarti. Anche perché tu occupi sempre ogni mio pensiero. Ancora ora.

Ma io devo solo non pensarti. Mi basta dimenticarti. Perché mai, potendo, non scelgo la via più semplice per raggiungere la serenità?

Una parte di me, mi sussurra la risposta che sto cercando.

Perchè serenità non è felicità.

Maledette crisi, maledetti complessi, maledetto Agosto!!

 

 

21  agosto

 

 

«  quel tuo sguardo poi, lo interpretai
come un addio
senza chiedere perché..
da te mi allontanai, ma ignoravo che
in fondo non sarebbe mai finita..
 »

 

Ho rinunciato a troppe cose. E ho guardato indietro troppe volte. 

Oggi ho rispolverato vecchi pensieri, trovando un po’ della mia vita passata, brutti ricordi che avevo lasciato sepolti lì, fra mille cose, pieni di polvere, ammuffiti..e li ho buttati via.
O almeno ci sto provando. Era da tempo che volevo farlo..ma li ho lasciati marcire dentro me per un bel po’.
Oggi invece me ne sono liberata e mi sento meglio, perché ora c’è spazio per una vita nuova.

 

 

27 agosto

 

Nemmeno il più attento scrutatore, potrebbe accorgersi di te, ora.

È troppo tempo ormai, che faccio finta che tu non esisti. Che tu non ci sia dentro di me. 
Faccio finta e la finzione mi riempie. Povero piccolo mio. Quanto sono stata sciocca.

Pensavo fossi una maledizione, una punizione mandatami dal cielo per castigarmi, per farmi soffrire ancora di più, per ricordarmi ogni giorno il mio amore perduto. 
Non volevo accettarlo, non era possibile.

Continuavo la mia vita di sempre, ignorando la tua esistenza.
Anzi, di più, sono stata così meschina e crudele con te, bimbo mio.
Ho cercato di farti del male, e ora me ne vergogno, non sai quanto..

Lavoravo senza sosta per non pensarci, anche se il mio aiuto non serviva, non era indispensabile.

Ho iniziato a fumare anche di giorno. Fumavo sempre. Per farti del male.
Mi vergogno tremendamente ad ammetterlo, ma ho pensato di ucciderti. Di non volerti qui con me. Solo per un attimo.

Ma credo mi sentirò in colpa per il resto della mia vita per questo.

 « Il mondo era pieno di nuovi concetti stupendi, ma io non riuscivo a pensare, a respirare.. Aspettavo solo che tornasse, perché lui era tutto per me.. Lui era più di tutto per me. «  »

Ora ho capito che non c’era nessuna scelta da fare, nessun dubbio amletico da risolvere, nessuna decisione da prendere. Tu eri già una parte di me, solo che non lo sapevo.

Forse, quanto sarai abbastanza grande da capire, quando sarai abbastanza maturo per comprendere quanto può essere devastante l’amore non corrisposto, e sarai, forse, in grado, di non odiarmi troppo per quello che ti ho fatto..Allora ti racconterò la verità. 
Conserverò queste pagine di diario, fino a quando tu non sarai pronto.

Perché tu non sei una maledizione, affatto. Quanto mi sbagliavo, l’ho capito solo ora.

I miei genitori si arrabbieranno, sicuramente proveranno nei miei confronti qualcosa di molto simile alla delusione, ma poi.. capiranno. E sapranno amarti. Perché loro sono fantastici. 
Non vedo l’ora di farteli conoscere.

Tu per me, sei un meraviglioso dono, mandato per alleviare la mia sofferenza, per restituirmi la vita, per imparare di nuovo ad essere felice. Senza di Lui.

Un giorno forse, Trunks tornerà da me, e tu avrai un padre. Un padre meraviglioso. Bello, buono, attento, premuroso.

Fino ad allora ci sarò io a guidare i tuoi passi.

Ti prometto che cercherò di non annoiarti troppo con prediche e raccomandazioni.

Incoraggerò tutti le scelte che vorrai, e cercherò di porre rimedio ai tuoi errori. Si perché dovrai cercare di fare degli errori, molti errori, perché non c'è modo migliore per imparare e crescere.

Vorrei che ricevessi una buona educazione, tanti amici, e tante cose inaspettate.

Avrai una bella vita, Amore mio. Io mi prenderò cura di te, sempre.

Cercherò in tutti i modi possibili di espiare il mio peccato originale.

Metterò al primo posto nella lista delle mie priorità, la tua sicurezza, la tua serenità. Non avrò la minima esitazione a sacrificare me stessa per renderti felice, è una promessa.

Ti amerò senza nulla chiederti in cambio.

Un amore senza confini né limiti, né condizione alcuna.

Riempirò la casa di affetto, di divertimento, musica e libri e ci sarà sempre, al mattino, l’odore di biscotti al cioccolato, appena sfornati, solo per te. Per farti iniziare la giornata nel migliore dei modi possibili, col sorriso.

Ti guiderò fin quando avrai bisogno di essere guidato.

Cercherò di essere più un’amica e una complice che un genitore, sicuramente sarò l’unica amica sincera che ti resterà sempre accanto, e che probabilmente ti conoscerà anche meglio di te stesso. Sarò il tuo punto di riferimento, il tuo pilastro, il rifugio dove tornare, sempre.

Ti prometto infine, che ogni volta tornerai a casa, arrabbiato con il mondo intero, cercherò di non assillarti con le mie paranoie e di trattenermi dal farti domande, ma sappi che troverai sempre un mio abbraccio pronto a consolarti.

« E voglio che tu passi parecchio tempo davanti al mare.. ti ci porterò spesso, perché il mare ti da la spinta per sognare, e io desidero che tu, bambino mio, sia un sognatore.

Io voglio che tu ami, senza paure nè riserve, e quando troverai quell'amore, dovunque lui sia, chiunque tu scelga, non scappare via, ma non dargli neppure la caccia. Se tu sarai paziente, lui verrà da te, te lo prometto, e verrà quando meno te lo aspetti... e non avere paura, e ricorda sempre che amare, significa vivere.  »

Ho solo un piccolo favore da chiederti, non farmi aspettare troppo a lungo. Fa prima possibile, te ne prego, perché ho un estremo bisogno di te.

 
Ti Amo, la tua mamma.


 

3 settembre

 

 Come si fa a non dipendere da un amore impossibile?

Amare senza dipendere.

Mi ripeteva la dott.ssa Stevens ogni santa volta, guardandomi come se stesse insegnando cosa è giusto e cosa è sbagliato ad una bimba di 4 anni. E nemmeno.

La faceva facile, quella dottoressa da strapazzo. Non sa che io non posso amare Lui. È un lusso che non posso permettermi.

Il nostro è un gioco. Lo è sempre stato. E ora non posso uscirmene dal nulla, dopo mesi, dicendogli ‘Comunque stavo scherzando sin dall’inizio, nessun gioco, io ti Amo da sempre.’

Ho una paura tremenda. Mi sto letteralmente fottendo di paura. Paura di cambiare le cose, e rischiare e non avere più nulla.

Paura di un rifiuto, sono troppo vulnerabile ora, potrei morirne.

Così dovevo essere io, sempre, a mantenere le distanze,  e ora il pensiero che mi sarei potuta comportare semplicemente come il mio cuore mi suggeriva, assecondando i miei desideri, invece di fare quello che mi imponevo, mi sta lentamente uccidendo. 

Non ce la faccio più. Sono un relitto umano. Un involucro vuoto che cammina.

Amare e non dipendere.

È un mantra che devo imparare ad applicare alla vita reale, e non solo a quella parallela che si svolge nella mia testa. 
Sapevo che era qui. E non ho resistito. Dovevo vederlo. Da lontano, di nascosto. 
Ma dovevo vederlo con i miei occhi. 
Il dolore mi aveva offuscato la vista, durante tutto il tempo che eravamo stati divisi.. e aveva sporcato e inquinato non solo i miei pensieri, ma anche l’immagine che avevo di lui.

Lui era lì, bello come un Dio greco. Sono passati più di due mesi dall’ultima volta che l’ho visto. Forse tre. Anche se, a me sono sembrati anni.

È tornato. Per me? Non ne ho idea, ma non mi importa. Volevo  solo gettargli le braccia intorno al collo e baciarlo.

Amare e non dipendere, Pan. Datti una regolata.

Amare e non dipendere. Amare e non dipendere. Fare l’amore e non dipendere.. Fare l’amore con Trunks e fregarsene di quello che dice la dottoressa. 

A volte bisogna commettere un grande errore per capire qual è la cosa giusta da fare. Il mio più grande sbaglio è stato quello di lasciarti andare.

Adesso rivoglio TUTTO indietro.

Quanta felicità ho barattato in cambio della mia sicurezza? Tanta.. forse troppa.

Non è mai troppo tardi..giusto?

Sto andando da lui. Al diavolo la storia della dipendenza! Sono tutte stronzate.

« Ancora tu, non mi sorprende lo sai

Ancora tu, ma non dovevamo vederci più? »


La sua espressione sconvolta. Felicità, stupore, rabbia, delusione, gioia, sollievo, disperazione. Amore. Tutto in uno sguardo.

 

« Teso, ero a pezzi
ma un sorriso in superficie
nascondeva i segni di ogni cicatrice,
nessun dettaglio che nel rivederti
potesse svelare
quanto c'ero stato male..
»


‘ Riesco a respirare più facilmente, ora che lui mi è vicino.’

 

« Ma quanti ostacoli

e sofferenze e poi

sconforti e lacrime

per diventare noi, uniti

indivisibili

vicini ma irraggiungibili. »

 

Quanto mi era mancato. Avevamo lasciato così tante cose in sospeso che non sapevo nemmeno da dove cominciare.

 

‘Trunks..possiamo..giocare di nuovo?’

‘Sì..se tu lo vuoi.’

‘ Abbracciami. Giochi o non giochi?’

‘ Gioco.’

‘Non lasciarmi andare via mai più. Giochi o non giochi?’

‘Gioco.’

‘Amami. Puoi farlo? Giochi o non giochi? Giochi, Trunks?’

 Gioco. Già da un sacco di tempo.’

… E sparì tutto. Le sue parole avevano spazzato via tutte le mie insicurezze, le mie paure, le mie paranoie..tutte le incomprensioni. Sparì tutto il dolore atroce che avevo patito in quegli ultimi mesi, tutte le lacrime che avevo versato.

C’era solo lui. Che aveva detto di amarmi.

Aveva detto di amarmi già da un sacco di tempo.

 

« Mi sembra giusto farti sapere, che non potrai rovinare questa nostra storia in alcun modo..Il che, non vuol dire che non mi sentirai gridare quando sarò arrabbiato. Urlerò e sbatterò qualche porta. Ma rimarrò all’interno di qualunque porta che verrà sbattuta. Sarò tuo per sempre. »    

Si può andare in paradiso anche prima di morire.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 




 

 

 

 

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Capitolo 12
*** Azzurro in Nocciola ***


In una serata particolare, ovvero quella in cui si riappacificano,  Pan scrive a Trunks una lettera per cercare di fargli capire tutto quello che si agita nel suo cuore e non gli ha mai detto.

È una lettera vera, che ho scritto alla mia migliore amica. L’ho leggermente modificata ovviamente. Il monologo tra virgolette è tratto sempre dal libro “Piccoli crimini coniugali”.

Alcune parti di essa sono ispirate al testo “La lettera di Carlo Lucarelli”.

E la canzone tra virgolette, è una canzone dei modà “Sono già solo”.

Buona lettura.

 

 

« Troppa luce non ti piace,

godi meglio a farlo al buio sottovoce

graffiando la mia pelle

e mordendomi le labbra

fino a farmi male, bene..

Senza farmi capire

se per te è più sesso o amore..  »

 

 

Quella mattina non appena si svegliò, il suo istinto naturale gli suggerì, per prima cosa, di cercare il corpo della sua compagna, per stringerlo, tenerlo stretto a sé.

Disteso a pancia sotto, il volto affondato nel soffice cuscino e una piacevole sensazione di benessere ad attraversagli le membra, impressa nella mente e .. nel cuore. Il suo cuore, che dopo tanto tempo, sembrava essersi riattivato e risvegliato dal torpore in cui era piombato nell’ultimo periodo.

Ma facendo vagare il braccio nello spazioso letto matrimoniale della sua stanza da letto, percepì quasi immediatamente che qualcosa non andava..o almeno non andava come sarebbe dovuta andare.

Quando non trovò ciò che ricercava con tanta urgenza, e aprì finalmente gli occhi, il suo primo pensiero fu quello di essere un completo, emerito idiota. O almeno questo fu quello che gli suggerì in modo quasi subdolo, una parte di se stesso, la parte più razionale..e sicuramente più orgogliosa.

Quasi stentava a crederci. Si concentrò per cercare di percepire il suo ki, magari era in cucina.. oppure in bagno..magari stava facendo semplicemente una doccia, e lui avrebbe potuto raggiungerla e farle compagnia.

Che razza di coglione. 
Lei non era nella doccia che lo aspettava trepidante. Lei non era più in quella casa. 

Se n’era andata. Se n’era andata e non si era nemmeno preoccupata di svegliarlo per informarlo. Non aveva avuto nemmeno il coraggio di guardarlo negli occhi mentre, anche questa volta, gli diceva ‘Grazie, è stato molto divertente’ ??

Oppure non meritava nemmeno uno straccio di considerazione? 
Indifferenza. Era questo tutto quello che aveva ottenuto da lei? 
Dopo tutto quello che aveva passato e aveva fatto? 
Dopo tutto quello che gli aveva confessato ieri sera, lei prendeva di punto in bianco e andava via? Dio, avrebbe voluto urlare.

 

« Poi fuggi, ti vesti, mi confondi

non sai dirmi quando torni

e piangi, non rispondi, sparisci

e ogni quattro mesi torni »



L’aveva lasciato. Di nuovo. Ma com’era possibile. Era convinto che questa volta sarebbe andata diversamente. Che lei fosse rimasta. Che non sarebbe più scappata da lui, dal quel ‘noi’ che tanto la spaventava, dai suoi sentimenti..

Aveva sopportato con agrodolce rassegnazione la loro separazione. 
Aveva assecondato ogni sua tacita richiesta. Sempre.
Mesi interi di distanza. 
Era stato ancora una volta al gioco, aveva rispettato le sue scelte, senza batter ciglio, anche se dentro si sentiva morire. 
Perché era stata Lei, a rompere la loro relazione. 
E lui l’aveva accettato, non aveva gridato, non aveva fatto scenate, si era imposto di mantenere la calma. Anche se dentro di lui, tutto urlava e si dimenava. 
Anche se avrebbe voluto urlargli che la vera pazzia, era quella di separarsi, non di stare insieme. Che stare insieme era la cosa più giusta del mondo. 
Perché ancora non riusciva a capirlo, maledizione? Che doveva fare per farglielo capire? 
Maledetta testona, era testarda peggio di un mulo coi paraocchi. Molto peggio.

Si era imposto di assecondarla, e Dende solo sa quanto ci era stato male, e l’aveva fatto pensando sul serio che questo fosse l’unico modo per averla. 
Paradossalmente doveva allontanarsi, per riuscire a riaverla tra le sue braccia.

Pan era uno spirito libero, e nella sua anima, lui lo sapeva, che regnava la più completa anarchia, era allergica ad ogni tipo di regola o costrizione.

« Lei era fuoco fluido in movimento. Era come uno spirito incastrato in una forma che però non riusciva a contenerlo.  »

Era una guerriera e non si sarebbe lasciata dominare da nessuno, tanto meno da lui. Soprattutto se lo amava sul serio. Se l’avesse amato, non gli avrebbe permesso di prendere il sopravvento.
E lui lo sapeva, era ben consapevole del fatto che non avrebbe dovuto mai farle anche solo pensare di trovarsi in una gabbia. Intrappolata in qualcosa che fosse più grande di lei, in un rapporto troppo serio, troppo stabile, troppo rigido.

Una gabbia seppur dorata, era pur sempre una gabbia. 

Lui ormai era un uomo adulto, e provava il desiderio più che naturale di rimanerle accanto per tutta la vita, di costruire un rapporto che fosse anche una certezza, di avere qualcuno al suo fianco che lo sostenesse e che gli facesse da pilastro, per sempre. 
E aveva sperato che potesse essere lei, il suo punto di riferimento, il pilastro che l’avrebbe tenuto in piedi per il resto dei suoi giorni. 
Non era più tempo per lui di vivere avventure sconclusionate.. non con lei comunque. Soprattutto non con lei.  
Ma Pan.. lei era giovane e ne aveva tutto il diritto, aveva bisogno di tempo, dei suoi spazi, e per quanto gli fosse doloroso anche il solo pensarlo, forse aveva bisogno anche di avventurarsi in qualche relazione sbagliata, prima di capire cosa realmente desiderava. 
Aveva, forse, la necessità di frequentare un ragazzo della sua età, un suo coetaneo..e lui non poteva essere così crudele da soffocarla in un rapporto esclusivo, non poteva costringerla a restargli accanto se non voleva, ad amare solo ed esclusivamente lui per tutta la vita.

Il destino si stava abilmente prendendo gioco di lui. Magari Dende dal suo palazzo nel frattempo si stava facendo delle grasse risate, leggendo i pensieri nella sua testa. Era incredibile.

Aveva sempre trovato mille e più donne, che giurandogli amore eterno, si lanciavano tra le sue braccia, sperando di essere ‘la prescelta’.. e ora, ora che aveva trovato la sua anima gemella, che aveva aperto gli occhi e aveva scovato l’unica donna con cui potesse immaginare di stare tutta la vita, lei non faceva altro che sfuggirgli, che scivolargli tra le mani come minuscoli granelli di sabbia.

Ricordava quando ne aveva parlato a sua madre, sua unica confidente.

“Se la ami davvero, Trunks, lasciala libera. Se torna da te, ti appartiene, altrimenti non è mai stata tua.”

E lui l’aveva lasciata libera, se n’era andato addirittura per due mesi all’altro capo del mondo, per resistere, per non cercarla, per non correre da lei, in preda al panico, durante la notte, quando il bisogno di stringerla si faceva più intenso.
Aveva cancellato addirittura il suo numero per non cedere alla tentazione di chiamarla, per non soffocarla. 
L’amava abbastanza da mettere da parte il suo egoismo, e lasciarla libera di scegliere. 
Scegliere solo con la sua testa. Senza influenze esterne. 
Anche se, forse, egoisticamente, non poteva fare a meno di sperare che avesse scelto col ..cuore.

E l’aveva fatto. Aveva fatto tutto questo. E aveva sofferto la sua assenza in silenzio, aveva curato il suo cuore e il suo orgoglio da solo. 
E ora che lei era tornata..pensava davvero che avesse capito. Che fosse tornata per restare.

Gli aveva detto che non l’avrebbe lasciata andar via, che l’amava, che sarebbe stato suo per sempre.

 

«  Resisti, non mi stanchi..

Mi conservi sempre dentro ai tuoi ricordi

e poi brilli, non ti spegni

ci graffiamo per non far guarire i segni..

E sei pioggia fredda

sei come un temporale di emozioni che poi quando passa,

Lampo, tuono, è passato così poco e son già solo.. »

 

E aveva immaginato così tante volte in quei mesi, di poterla stringerla, accarezzarla, di averla, che gli era sembrato quasi un sogno ad occhi aperti quando, ieri sera, era successo davvero.

Aveva pensato che fosse stato per sempre, aveva sperato con tutto il suo essere che il giorno dopo sarebbero stati ‘un noi’, lo aveva desiderato e aveva pensato di veder avverato il suo sogno, mentre sentiva la sua pelle umida sotto le mani, mentre avvertiva le sue unghie conficcate nella sua carne, graffiargli la schiena.

Ne era stato più che sicuro, mentre tra sospiri e gemiti di piacere, ripeteva il suo nome, e gli sussurrava all’orecchio in un modo che Trunks trovava alquanto..indecente.

E invece, l’aveva lasciato.

Come poteva trattarlo in quel modo? Ancora?

Ma poi chi era lei per trattarlo come una stupida marionetta che obbediva ai suoi comandi?

Quindi era così?? Lei voleva giocare e lui giocava. 
Lei si scocciava, si stancava del suo giocattolo e lo buttava via. Di nuovo.

Era questo che era? Un cazzo di gioco? Era arrabbiato con lei, frustrato da tutta quella situazione e deluso per non essere riuscito nemmeno stavolta a convincerla a restare, ma più di tutto era incollerito..era incazzato nero con se stesso.

Ci era cascato di nuovo. Era caduto di nuovo nella sua trappola. 
Lei aveva tessuto la sua ragnatela con cura, l’aveva riveduta nei minimi dettagli in quei mesi. 
Gli aveva fatto credere che stesse male, che sentiva la sua mancanza, l’aveva sentita piangere disperata al telefono nel cuore della notte solo perché lui era distante da lei. 
Gli aveva mostrato i suoi occhioni lucidi e sofferenti e lui ci era cascato come uno stupido. 
Le aveva creduto. Aveva creduto che lo rivolesse, e questa volta per sempre. 
Si diede mentalmente dell’idiota.  
Se l’avesse visto suo padre in quelle condizioni.. L’avrebbe preso a pugni fino a fargli sputare sangue e gli avrebbe dato della femminuccia, del rammollito. E avrebbe avuto ragione.

Fu solo a quel punto che vide un foglio piegato, adagiato sul comodino. 

La sua parte razionale gli urlò di stracciarlo, doveva essere di quella strega.
‘Non lo leggere, vuole solo darti il colpo di grazia.’

La prese, la accartocciò e la gettò con stizza sul pavimento.

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Gli ci vollero 45 minuti, due sedie fracassate dall'enrgia che non riusciva tenere sotto controllo, e una buona dose di orgoglio messo da parte, per tornare di là, nella sua stanza, prendere la lettera e iniziare a stirarla con le dita in modo meticoloso per riuscirne a leggerne il contenuto. 

In quel momento pensò nuovamente a suo padre. 
Che avrebbe fatto il glorioso principe dei Saiyan al suo posto? 
Sicuramente non si sarebbe fatto calpestare in quel modo. 
Se voleva una cosa, la otteneva, sempre. 
Avrebbe lottato e non si sarebbe arreso fino a quando non avesse avuto la vittoria tra le mani. Anche a costo di andarsela a prendere di peso. 
E Trunks pensò, che avrebbe seguito il suo esempio per una volta.

Qualsiasi cosa ci fosse scritta in quella lettera non avrebbe fatto vacillare la sua sicurezza, sarebbe andato da lei e l’avrebbe costretta ad ascoltare le sue ragioni, anche con la forza se necessario. 
Gli avrebbe chiesto delle spiegazioni, se voleva davvero lasciarlo, questa volta sarebbe stato per sempre, e avrebbe dovuto avere delle valide motivazioni per farlo. 
E anche se le avesse avute, lui non gliel’avrebbe permesso. 
No. Avrebbe ottenuto la vittoria, l’avrebbe avuta, come voleva lui. 

Basta giochi, basta trucchetti, basta strategie.

 

« Tornerai, tornerai, altrochè se tornerai.

Ma stavolta, non ti lascio, ti tengo stretta sul mio petto.

Poi ti bacio, poi ti graffio, poi ti dico che ti amo e ti proteggo..

E poi ti voglio e poi ti prendo, poi ti sento che impazzisci se ti parlo

Sottovoce, senza luce

Perché solo io lo so quanto ti piace

E ora dimmi che mi ami

E stavolta no, non durerà solo fino a domani

Resta qui con me perché sono pazzo di te »

 

 

Ma quando finalmente si decise a leggere quella lettera, tutti i suoi piani di rivalsa, andarono in fumo.

Per la prima volta, dopo tanto tempo, Trunks riuscì a ricordare cosa significasse sentirsi completamente… felici.





  [Tante volte ho provato a scriverti in questi mesi, ma non ci sono mai riuscita.  

Non trovavo mai le parole adatte. Volevo farti sapere quello che pensavo. 
Dirti quello che c’è tra me e te. La verità è che forse, è un qualcosa di troppo grande, troppo importante, semplicemente troppo..ed io ero semplicemente troppo spaventata.

Allora senti, lo faccio ora, complice qualche bicchiere di troppo di un vino parecchio scadente. Vorrei scriverti tutto quello che provo, che penso, che spero, che voglio, che giuro, che imbroglio, che so di aver capito e tutto quello che so di non aver capito di te, di me, di noi.

Siamo diventati grandi ormai, e tra tante persone, ci siamo scelti, e ci siamo tacitamente promessi di proteggerci da tutti e da tutto, e di prenderci cura l’una dell’altro, da allora in poi. Non potevamo saperlo quando ci siamo conosciuti, ma eravamo destinati ad amarci.

Un attimo prima ero impenetrabile, e l’attimo dopo c’eri tu nella mia vita e già ti amavo.

Azzurro in nocciola.

Tu hai detto una cosa, e io ne ho detta un’altra,  e già c’era la magia. Te lo confesso ora, che ci sarei rimasta tutta la vita in quella conversazione.

Sogni raccontanti solo di notte, nessuno poteva ascoltare, con le lenzuola a proteggerci dall’invidia del mondo. Lo sentivo nella pancia che eri quello giusto. Nella pancia, nelle gambe, nelle mani, nei piedi. Me lo sentivo dappertutto.

Di tutte le battute pungenti, i vestiti sfilati,  di tutte le ricette bruciate. 
Di tutte le follie, i giochi, le liti. Di tutti i ‘vaffanculo’ che ci siamo urlati e le birre condivise. 
Di tutte le incomprensioni, e di tutti i baci sotto la pioggia, sotto le stelle. 
Di tutte le serate passate a parlare, di tutti i tuoi esperimenti culinari riusciti male, degli sguardi complici, del capire cosa pensa l’altro solo guardandoci negli occhi..o quasi..

Delle sigarette, e il fumo che ti molesta, delle voglie improvvise, delle fughe d’amore. 
Dei travestimenti improvvisati, le sbornie e le ubriacature, di tutte le mutandine perdute e mai ritrovate, di tutte le lacrime amare e quelle felici..

Galeotto fu Titanic..di tutte false promesse, di tutte le confessioni imbarazzanti, fatte di notte, e le risate contagiose, le cazzate..delle strategie per non farci scoprire, la cantina, io e te, nascosti dal mondo.

Di tutte le lampadine fulminate nel mio appartamento e mai sostituite,  perché  “fa più atmosfera romantica così”: di tutto questo e di tanto altro, quali sono le cose che restano, mi sono chiesta.

Elimino tutto quello che non si dice per paura di venir criticati, giudicati, creduti stupidi o ridicoli, tutto quello che non importa, quello che non conta. 

Tolgo anche quello che non è pulito; metto via tutto quello che non è vero, che non è sincero; insomma tutto quello che può essere perso, dimenticato, mistificato, frainteso.

Ho tolto dalla mia testa tutta la confusione, i pensieri negativi, le utopiche fantasie e le oggettive preoccupazioni. 
Tutto quello che mi spaventa..Tutto.. i clienti esigenti, il futuro, la delusione, la paura del rifiuto, la caducità dell’umano, il fatto che il mio tabacco è quasi finito e domani non avrò nemmeno il tempo per ricomprarlo. 

Ho eliminato tutto quello che non è essenziale e alla fine mi è rimasto questo : sono triste, quando tu sei triste e sono felice, quando tu sei felice.

Mi piace come mi ascolti e come mi parli. E soprattutto come mi guardi.

Profumi di buono, sai di casa.

E manchi terribilmente quando non sei con me.

Alla fine, tra tante cose passeggere e futili, sei rimasto tu, adorabile canaglia.

È così ora, e sarà così per molto altro tempo. Sarà così per sempre.

Saremo sempre io e te, eterni incoscienti ragazzini.

‘‘Non si può eludere il proprio destino. Tu sei il mio destino.

Noi non ci apparterremo solo fisicamente, ma ci apparteniamo anche mentalmente. 
Tu ti sei immerso nei miei abissi più profondi, io nei tuoi, siamo schiavi l’uno dell’altra. 
Anche se non nella carne, sei il mio uomo nei miei ricordi, nei miei sogni, nelle mie speranze. 
E’ questo che mi lega a te. Possiamo anche separarci, ma non potremo mai lasciarci. 

Tutti questi giorni in cui tu non c’eri, eri assente da qui, assente da te stesso, io continuavo a rivolgerti i miei pensieri, a farti partecipe dei miei umori. 

Sai cosa vuol dire amare un uomo con amore? Vuol dire amarlo malgrado te stessa, malgrado lui, contro tutto e tutti. Vuol dire amarlo in un modo che non dipende più da nessuno. 
Amo i tuoi desideri e amo anche le tue avversioni, amo il male che mi fai, un male che non mi dà dolore, che passa subito, un male che non lascia tracce.
Amare vuol dire avere quella resistenza che ti permette di passare attraverso tutti gli stati con la stessa intensità, dalla sofferenza alla gioia.

Il mio amore per te è un nucleo, una nebulosa nel profondo della mia anima, qualcosa che non posso più raggiungere nè cambiare. 
Una parte di te è in me. Anche se tu te ne andassi, quella parte resterebbe. 
In me c’è una tua forma. 
Io sono la tua impronta, tu sei la mia, nessuno dei due può esistere separatamente dall’altro.
’’

‘‘Il mondo è brutto e crudele, pieno di svolte improvvise e strade tortuose, e la maggior parte delle persone finisce per perdersi in un battito di ciglia.’’

Spero non capiti mai a noi. Non so come ci aspetta, vorrei che fosse davvero qualcosa di bello, una vita emozionante, ma se così non fosse, possiamo già ritenerci fortunati così.. qualcuno lassù deve averci per forza raccomandato : raro, e quasi impossibile, trovare oggi, tra tutto questo schifo, un legame così puro e perfetto, come quello tra me e te, perfetti come solo insieme possiamo esserlo.

Vorrei poter essere la tua famiglia, d’ora in poi.

Immaginando il mio futuro, vorrei che fossi orgoglioso di me. 
La tua Panny, ora, è ancora, una strampalata, come ami definirmi tu, una bambina nel corpo di una ventenne, che lascia a metà tutto quello che inizia, che si porta dietro mille questioni in sospeso, a cui interessa niente e tutto allo stesso tempo..ma se mi resterai accanto, qualcosa cambierà. 
Qualcosa succederà prima o poi, e potrai parlare di me con orgoglio, come se fossi un tuo progetto portato finalmente a compimento.

Ora ti lascio, perché già sento canticchiare qualche uccello fuori dalla finestra. 
E come ben sai, devo essere attiva prima di quei maledetti pennuti.

Un bacio (ovviamente indecente)

Distrattamente tua, Panny  ]

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Capitolo 13
*** Epilogo - Quelle notti tra cosce e zanzare.. ***


Epilogo

 

 

[Le frasi rinchiuse tra parentesi tra questi segni qui « .. » sono citazioni, la prima citazione è di Aimee Bender, mentre la seconda è di Charles Bukowski, tratta dal libro “Storie di ordinaria follia”, che non vi consiglio di leggere, perché ci sono solo due o tre frasi che catturano, tutto il resto è noia e sesso, descritto in maniera orrenda. Ah e poi le ultime parole di Trunks sono tratte da "Piccoli cimini coniugali". Grazie mille a tutti quelli che hanno letto, seguito e commentato questa storia. ]

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Trunks la osservava mentre dormiva tranquilla, un’espressione serena disegnata sul volto, un sorriso appena accennato ad incorniciarle il viso. 
Prima di comprenderla appieno, percepì di nuovo quella piacevole sensazione di appartenenza e di calore, solo stando fermo lì, accanto a lei, senza nemmeno sfiorarla; la stessa che percepiva ogni volta che, in qualche raro attimo di tranquillità, aveva la possibilità di fermarsi ad osservarla, e cogliere tutti i dettagli del suo viso, cercare di scrutarne i pensieri, come stava accadendo ora, mentre la accarezzava con gli occhi.

Bella, nuda, avvolta nel soffice lenzuolo di cotone, bellissima, intorpidita dal sonno..

Lui sapeva che quel calore, quella sensazione che gli si era incollata addosso..in realtà non era una semplice sensazione. Era un avvertimento, segnalava una nuova presenza.

A quanto pare, il birbante, non ci stava ad essere ignorato.

E faceva di tutto per essere notato.

Probabilmente aveva ereditato l’egocentrismo di entrambi i nonni paterni.

Sorrise, pensando al suo futuro che ora gli appariva quanto mai radioso. Insieme a lei. Insieme al loro bambino. Presto sarebbero stati una famiglia.  

Lui lo sapeva, ma aveva aspettato che fosse lei a dirglielo. Voleva vedere l’emozione nei suoi occhi mentre gli rivelava, quasi commossa, che stava per diventare padre.
Ma Pan, sembrava ben intenzionata a.. non comunicargli proprio un bel niente. E non poteva fare a meno di chiedersi il perché. Forse.. pensava che li avrebbe divisi? Che avrebbe potuto cambiare idea? Che l’avrebbe lasciata da sola? 
Che idiozia.

Ma anche se lei non aveva ancora proferito parola a riguardo, lui poteva percepire la sua presenza in modo nitido..

E poi, inoltre, iniziava a vedersi un ‘leggerissimo’ rigonfiamento del ventre. Ma questo non l’avrebbe mai ammesso dinanzi a lei. 
Era già parecchio su di giri ultimamente, con i nervi a fior di pelle e gli ormoni impazziti. 
Pan poteva essere pericolosa già in condizioni normali, figurarsi con gli sbalzi d’umore causati dalla gravidanza. Sorrise, pensando che il suo carattere vulcanico, era in realtà, uno dei aspetti che più adorava di lei.

Improvvisamente notò la sua espressione mutare, come se fosse infastidita da qualcosa, forse stava sognando.

Mugugnò qualcosa di incomprensibile, e si mosse in modo goffo, nel tentativo forse di imitare un gesto, come a voler scacciare qualcuno.

Senza aprire gli occhi, Pan cercò con le mani il lembo del lenzuolo, fino a portarselo in modo repentino sopra la testa, rifugiandosi al di sotto delle coperte.

Incuriosito e divertito allo stesso tempo, Trunks la imitò, decise di seguirla nel suo nascondiglio.

La vide aprire piano gli occhi, i suoi grandi occhi neri, leggermente gonfi di sonno, non era ancora uscita dallo stato di dormiveglia evidentemente. Le sorrise e lei rispose con un broncio, e mentre sbuffava, si spostava dei capelli del viso.

“Qual è il problema, Panny?” Le chiese serio, non facendo trapelare alcun divertimento dalla sua voce.

“Il problema è quella dannata sanguisuga lassù!” Parlò con voce strascicata, quasi piagnucolando.

Gli mostrò dei segni rossi, circolari, che si estendevano sul braccio e sul collo, erano dei morsi di zanzara.
Lui cercò di trattenersi dallo scoppiare in una fragorosa risata. La situazione era comica, ma lei aveva uno strano luccichio negli occhi. Era davvero risentita.

Sembrava proprio una bambina, con quel suo visino corrucciato, e le palpebre leggermente abbassate, non si era ancora svegliata del tutto. 
Gli occhi lucidi, le ciglia lunghe e i capelli disordinati, gli venne voglia di affondarci una mano dentro e sentirne la morbidezza, aspirandone il profumo, l’odore del suo shampoo. Liquirizia. Sempre lo stesso rassicurante odore di liquirizia. 
Era semplicemente adorabile.

“Sei troppo tenera.” Le disse dolcemente, allungando una mano, nel tentativo di sfiorarle la fossetta che nel frattempo si era formata sulla guancia destra. Ma lei non parve d’accordo con la sua affermazione. Là interpretò male.

“Non voglio essere tenera! Voglio essere sexy, non tenera. ‘Tenera’ ci sarà il tuo cane.”  Indispettita uscì allo scoperto, fuori dal suo rifugio e spostò il lenzuolo in un gesto stizzito. 
Si girò bruscamente dall’altro lato, portandosi distesa su di un fianco, e mostrandogli la completa visione della sua schiena. La sua incantevole, candida, soffice schiena.

“Ma io non ho un cane..” Lei sbuffò contrariata.

Lui sorrise ancora, e dopo un attimo di esitazione, le si avvicinò piano, ma non la toccò. 

Lei si rinchiuse in un silenzio ostinato, non poteva vedere quello che stava facendo Trunks, ma aveva percepito lo spostamento del suo corpo. Quando però sentì il suo respiro caldo sul collo, parve rilassarsi.

 

« ...Lui le passò la mano su tutte le vertebre, una per una, e lei non disse: basta mi fai il solletico, anche se lui temeva che lo facesse da un momento all’altro.

 Invece rimase semplicemente a guardare fuori dalle tende scolorite, coi capelli che frusciavano da un lato.

Lui le accarezzò la spina dorsale da cima a fondo, un pezzetto alla volta, e per tutto il tempo che gli ci volle per farlo, il suo cervello rimase assolutamente in silenzio.

È a questi spazi vuoti che bisogna stare attenti, perché si riempiono di sentimento prima ancora che uno si renda conto di cos’è successo; e che si ritrovi, arrivato in fondo alla spina dorsale di lei, diverso. »

 

Ora lui era più vicino, Pan poteva sentire i muscoli del suo torace a contatto con la sua schiena.

“Tu sei la donna più sexy che io abbia mai visto.” Le alitò sul collo, dolcemente, mentre la sua mano, scendeva, languida, sulla sua coscia, per poi risalire, oltrepassare i glutei, e posarsi finalmente sul suo fianco destro.

Le accarezzava il ventre con movimenti circolari, e lei potè giurare di aver sentito un calore attraversarla, come se le stesse trasmettendo un po’ della sua energia. Era una sensazione dolcissima. E mooolto piacevole.

Trunks la accarezzava lentamente, troppo lentamente, forse per non risvegliare i pensieri di lei ancora sopiti. La strinse un po’ più forte, facendo una pressione leggermente maggiore con i polpastrelli, quando la sentì rispondere.

“Non dire stronzate. Sono un disastro, sono tenera .“ Sottolineò la parola ‘tenera’, come se provasse disgusto. “E non dirmi cose carine ora, solo perché stai cercando di portarmi a letto.” Sbuffò, mostrando tutto il suo disappunto.

“Ma io ti già ha portata a letto. Dende solo sa, quante volte..”

Lei sembrò non gradire la battuta, o forse, era ancora troppo stordita dal sonno per percepire l’umorismo nella voce di lui. Si ritrasse al contatto e il suo corpo si irrigidì leggermente.
Ma lui non demorse, non aveva intenzione di sprecare così la loro mattinata libera..
Le si avvicinò ancora e lei sbottò, girandosi di scatto e guardandolo nei vivi occhi di brace.

“Che diavolo vuoi?”  Sembrava volesse colpirlo ora.

Lui non potè far altro che ridere sommessamente. La sua risata era l’unico modo per non risponderle come avrebbe voluto. Avrebbe voluto farla sua in quel preciso istante.

Avrebbe voluto accarezzare e baciare ogni centimetro del suo corpo, ogni lembo di pelle.

Dio solo sa, quanto avrebbe voluto prenderla proprio in quel momento, mentre aveva ancora disegnato quel broncio infantile sul volto, prenderla e amarla fino a toglierle il respiro, vedere i suoi occhi grandi, appannati dal desiderio, diventare più scuri per l’eccitazione..ma non poteva. Non nell’immediato almeno. E ridere era l’unica cosa che poteva trattenerlo. Trattenerlo dal risponderle ‘ora come ora voglio te.’

“Non puoi mica biasimarla, quella povera zanzara, se non riusciva a starti lontano..come poteva resisterti? Sei troppo sexy.” La canzonò lui, e accennò un piccolo innocente morso su una guancia di lei, in un’imitazione giocosa della zanzara assassina, colpevole dell’efferato crimine..di aver disturbato il suo regale sonno.

“Altro che zanzara, mi ha risucchiato pure l’anima!” Ma ormai il broncio era sparito, sostituito da un sorriso luminoso, mentre si abbandonava alle carezze di lui.

« Fu allora che avvert¡ quanto fosse gentile,  percep¡ la bontà che era in lei. Si tradiva a sua insaputa. Poi però si ritraeva, ritornava selvatica, d’un balzo, piena d’incongruità. Balzana. Schizoide. Una bellissima schizoide spirituale.»

“Vorrei mi permettessi di starti accanto.” Le soffiò sul collo.

Lei si staccò da lui, in modo da poterlo guardare negli occhi. “Ma tu già mi sei accanto.” Le disse sorniona, con una risatina. “Direi che nel ultimo periodo, mi sei stato molto spesso accanto.” Il tono ora aveva preso una cadenza lievemente maliziosa.

“No, intendo dire starti accanto sul serio, Pan.” Lei lo guardò interrogativa, confusa.

“Vorrei poterti sgridare liberamente se ti vedo con un’altra dannata sigaretta tra le mani. 
Vorrei poterti accontentare in tutte le tue voglie, per quanto strane o bizzarre possano mai essere, correre a notte fonda per trovare un supermercato aperto dove poter trovare quello che più desideri in quel momento. Vorrei poterti dire che sei un’incosciente, e che dovresti deciderti ad assumere un assistente o quello che diavolo vuoi, in modo che tu possa riposare più di 4 ore a notte. 
Vorrei rimproverarti quando torni a casa esausta, e ricordarti che devi dormire molto di più. 
Voglio tornare da lavoro e salutarti, chinandomi a baciarti il ventre. 
Voglio sapere tutte le emozioni che provi, se sei felice, se sei triste, ogni minima variazione d’umore. Voglio che tu mi dica come ci si sente ad avvertire una nuova vita crescere dentro di te. 
Non voglio più sentirmi escluso da tutto questo. Perché non vuoi rendermi partecipe di una gioia tanto grande?”

Pan lo aveva ascoltato senza fiatare, guardandolo con meraviglia mista a sollievo, ma prima che potesse rispondere in qualche modo, lui la precedette:

“Ti amo. 
Ti amo perché non sei tenera. 
Ti amo perché mi tieni testa.
Ti amo perché sei capace di colpirmi. 
Ti amo perché rimani sempre una bella straniera. 
Ti amo perché fai l’amore con me solo se ti va davvero. E quando ti va, va sempre anche a me.”

Si fermò, e la guardò intensamente, cercando il contatto con i suoi occhi scuri, incatenandoli ai propri.

“Il tuo non esserci non mi fa morire, mi avvelena. Ti prego, resta, resta con me. Sposami.”

La vide sbattere le palpebre più volte, sbigottita e sorpresa, incapace di proferire parola.

Sembrò non realizzare immediatamente, ma appena comprese a pieno il significato di quelle parole, lo abbracciò di slancio, quasi soffocandolo, sul volto il più bel sorriso che gli avesse mai avesse visto.

Trunks lo prese per un ‘sì’.

 

 

 

The End

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