Drops

di Meiko
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 10 ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


PROLOGO

Socchiuse gli occhi, davanti a lei appariva un mondo totalmente in nero, solo la sua figura era ammantata di luce, da lei sembravano partire diversi cavi di luce che tentavano di illuminare in una specie di aurea il buio intorno a lei.
Si guardò intorno, con aria indagatrice, quasi a voler cercare qualcosa.
Restò così per alcuni minuti, poi aprì gli occhi del tutto, rivelando solo l'iride verde, la pupilla era scomparsa, mentre una sua mano lentamente si muoveva dalla posizione seiza* nella quale si era messa.
Sotto di se era un pavimento che ricordava il marmo nero, pieno di venature scure, e dal riflesso appariva la sua immagine ammantata di luce.
Si osservò, per poi allungare un dito verso la sua immagine, di colpo il pavimento divenne come uno specchio d'acqua, che s'increspò a quel contatto delicato con il dito della figura, un dito piccolo e magro.
Da bambino...
Un rumore improvviso indusse la figura ad alzare lo sguardo dai cerchi d'acqua che storpiavano il suo riflesso, velocemente intorno a questa i cavi si riunirono, diventando una bolla di vetro che la sollevò, senza scomodarla dall'alzarsi in piedi.
Davanti a lei, l'acquadi colpo sparì, quasi prosciugata, invece apparve una lingua di fuoco che lentamente da fiammelle sottili e delicate si fecero alte, brucianti, infernali, dalle fiamme provenivano grida, urla di terrore, delle figure nelle fiamme apparvero.
Donne, uomini, e anche qualche ragazzino che correva nella direzione opposta in cui la figura stava guardando, che guardò il viso di ognuno, per poi toccare la sfera che svanì, i piedi minuti toccarono il pavimento, una sorta di mantello coprì le esili spalle, mentr ela figura avanzava tra le fiamme, lasciandosi inglobare.
Le fiamme non avrebbero bruciato la sua anima.
Si guardò intorno, adesso era in un corridoio, sotto di lei poteva vedere la tapezzeria andare velcoemente a fuoco così come il pavimento in legno, gli arazzi su alcuni muri, impedendole tra l'altro di capire a chi potesse appartener eun casa tanto lussuosa che adesso andava a fuoco.
Altre urla, gente che correva d aun a parte all'altra gridando terrorizzata, tra le fiamme che si facevano sempre più alte, alcune persone si stavano facendo bruciare vivi tra urla di disperato dolore, le mani coprivano partì del corpo o visi, e queste “fiamme viventi” a volte si strusciavano a terra, cercando di fermar el'avanzata delle fiamme, che però implacabili divorarono corpi.
La figura vide uno di questi malcapitati andargli addosso, ma tutto ciò che successe fu che la persone trapassò la figura, che sorrise quasi divertita, osservando quel poveraccio morire sotto i suoi occhi adesso socchiusi a mo di gatto pigro.
I rumori erano confusi, frastornanti, ma l'inceder etranquillo e silenzioso della figura non era notato da nesusno, tutti troppo preoccupati a fuggire.
Vide alcune figure in nero entrare di colpo in casa, frangendo alcune vetrate, da mantelli neri apparvero pistole e altre armi che fecero stragi di poveri malcapitati, alcuni tentarono di difendersi, inutilmente.
Poi qualcosa attirò lo sguardo verde della figura dal vedere un uomo venir ucciso a colpi di pistola e una donna a cui veniva tagliata la gola, schizzi di sangue macchiavano la moquet che veniva divorata dalle fiamme.
Un ragazzo teneva tra le braccia qualcosa, sembrava un fagotto, e riusciva a far morire tra le fiamme una delle figure nere.
La figura dagl'occhi verdi si mosse, e un'istante dopo era accanto al ragazzo, che con un potente calcione scaraventò via il grosso portone in legno di quercia di quella che appariva come una biblioteca, l'unico posto ancora salvo dalle fiamme.
Gli occhi verdi guizzarono dal vedere la sala al ragazzo, che scoprì tra le braccia...un bambino...non avrebbe avuto che quattro, cinque anni al massimo.
E sembrava terrorizzato, continuava a piangere, stringendosi convulsamente a quello che sembrava suo fratello, in effetti i due erano molto simili.
La figura vide il ragazzo portare il bambino in un angolo buio, afferrando un lenzuolo capitato li chissà per quale motivo, e avvolgere il bambino.
La voce era chiara, limpida, forse l'unica cosa che si capiva in tutto quel caos, anche se era sussurrata, il ragazzo era affaticato e ferito ad un braccio, perdeva sangue.
-Resta qui-
-Hitoshi, non mi lasciare!-
il bambino si aggrappò saldamente alla camicia strappata in alcuni punti del fratello, e spalanco gli occhi, notando come, sulla manica, la camicia fosse zuppamdi sangue.
Questo scatenò ancora di più il panico nel bambino, che scuoteva la testa.
-RESTA! RESTA!!-
-Takao, calmati!!-
il ragazzo, sotto lo sguardo verde dell figura, si staccò dal bambino, che scuoteva la testa, gli occhi pieni di lacrime.
Occhi scuri, castani, che adesso però sembravano ritingersi di un colore azzurro.
La figura verde sussultò sorpresa, mettendosi una mano sulla bocca, per poi sorridere, sorridere di fronte a quella immagine, a quella scoperta.
Bene...
Nel frattempo il ragazzo di nome Hitoshi stava sorridendo al bambino, cercando anche di pulire le guance del bimbo dallo sporco del fumo, i vestiti in alcuni punti un po' bruciacchiati.
-Andrà tutto bene fratellino. Sii forte-
e Hitoshi partì di scatto, chiudendo dietro di lui la porta della biblioteca, senza neanche dare tempo al bambino di ribattere,il piccolo ora urlava il nome del fratello, piangendo con tutta la forza che aveva.
Fu in quel momento che la finestra della biblioteca si frantumò, i vetri si sparsero in tutta la sala, mentre la voce del bambino sembrava superare la barriera del suono.
Fu come le sa figura vibrasse, il respiro di questa mozzata nell'udire quel sibilo, ormai la voce del bambino non sembrava più esserci, solo uno stridio, uno strano sibilo che rimbombava nelle sue orecchie.
D'istinto se le tappò, lentamente il sibilo scomparve, dal buco dove prima c'era la finestra entrava un'aria gelida invernale.
La figura si guardò intorno, per poi notare gli occhi castani del bimbo guardarla stupita.
La figura sorrise in modo dolce, chiudendo lentamente gli occhi verdi, lasciando che il vento spazzasse via la sua immagine, mentre uno strano rumore proveniva da fuori della biblioteca, l'ultima cosa che la figura vide fu la porta che si spalancava, e una figura avanzare tra le fiamme.

*seiza, ovvero mettersi seduti sui talloni. Davvero scomodo, infatti viene usato per punizione o per cerimonie improtanti!
Io l'ho provato, se trovi la posizione giusta non è così scomodo, o forse sono io che sbaglio? ^_^

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***



Capitolo 1

Uno stereo poco lontano da lei trasmetteva a tutto volume una vechissima canzone degli anni 80, si domandò stupita dove avesse trovato quel cimelio, mentre il ragazzo con gli altri la stava ascoltando, alcuni facevano commenti che però finivano sul ridere, in fondo la canzone non era per niente male, forse era la cosa più decente da scoltare in quel vicolo pieno di punk e rapper che avevano perso il senso della melodia.
Sorrise, divertita, battendo il tempo su un fianco con le dita della mano, restando in ascolto, mentr eil vento si era alzato, sollevando alcun iciuffi di capelli sfuggiti all'alto chignon che si era fatta, tre orecchini a pendente dorati formavano una sorta di contro ritmo, mentre lei cominciav a acanticcharsela, era ancora stupita di aver trovato una canzone del genere LI Rallentò il passo, prima di perdere totalmente la melodia se la voleva ascoltare ancora un po', sistemandosi un ciuffo più lungo che le era caduto sull'occhio cangiante.
In quel momento le iridi avevano assunto una tinta grigiastra, colpa del tempo schifoso, eppure ieri aveva fatto persino caldo!
Non avertì più la canzone, doveva essere finita.
Peccato!
Fece spallucce, riprendendo il solito ritmo di camminata, evitadno di guardarsi intorno, tanto il paesaggio era monotono, persino i murales sui muri dopo un po' che li vedeva diventavano noiosi, e poi alcuni colori uniti insieme facevano venire il mal di stomaco.
Inguardabili!
Velocemente si addentrò nei vicolini più stretti e pericolosi, ormai però quella zona come il resto della città era diventata pericolosa.
Sopratutto per quei ragazzini, colpiti e minacciati dagli Humans.
Ora il patto con i Metarmorfo era saltato, solo per uno stupido incidente che aveva fatto ricadere la colpa su un bambino Metamorfo.
Innocente per di più.
E adesso gli Humans e i Ciborg davano la caccia a quei poveri disgraziati.
Era la guerra.
Tutto questo le fece pensare ad un vecchio fumetto, se non si sbagliava di chiamava “X-men” Mutanti, come loro.
Nell'anno 0009 la poplazione umana era talmente tanta che aveva scatrenato una crisi politico- alimentare (poco cibo e un Governo Mondiale che faceva acqua da tutte le parti) che avvea riportato alla luce peste bubonica e malattie che però riguradarono solo la stirpe degli Humans.
I Metamorfo, da poco nati, erano sopravvissuti, aumentando di numero, tanto da competere con gli Humans, che per difendere da coloro che avevano creato e che adesso chiamavano “invasori” vevano dato il via ai Ciborg.
Una specie di circolo vizioso.
E adesso la Quinta Guerra Mondiale era in atto.
Si guardò intorno, contando quasi poveri disgraziati le sarebbero saltati addosso.
Cinque o sei, come minimo.
Di solito quando uno parte, gli altri lo seguono a ruota libera.
Humans, non c'è dubbio, in quel quartiere erano stati spediti i Metamorfo, e gli Humans che andavano li erano affmati, traditori, abbandonati e altro ancora.
Tzé, merda nella merda, così credevano gli Humans.
Pazzi, tutti pazzi!
Come pazzo fu quell'uomo, che saltò addosso alla ragazza con in mano un coltello, pronto a bucarle la pancia.
Lei semplicemente si fermò, voltandosi a guardarlo alle spalle.
Adesso gli occhi avevano assunto una tinte nera che nascondeva la pupilla.
L'uomo alzò il coltello verso di lei, pronto a trapassarle la schiena.
Pessimo errore.
Non voleva uccidere, non era del suo stile, sporcarsi le mani per questi Humans non ne valeva proprio la pena.
E comunue non ci avrebbe ricavato niente, solo un altro po' di peso a quello che gia si protava sulle spalle.
Allontanarli da lei, ecco cosa doveva fare.
Afferrò di colpo il polso dell'uomo, e con un movimento del corpo lo scaraventò verso il resto dei compagni, quelli che si eran oscansati stavano per farsi avanti, quando sotto i loro piedi una fiammata improvvisa li bloccò, suggerendoli di allontanarsi dalla ragazza, che si limitò ad allungare una mano, aprendo il palmo verso l'alto, dal quale apparve una fiamma rossa che ondeggiava agli spifferi che venivano dall'apertura dietro la ragazza.
-Per vostra sicurezza, statemi lontani-
la fiamma scomparvechius adentorl a mano della ragazza, che si limitò a mettere le mani nella tasca dei jeans larghi e pieni di tasche, egata in vita una giacca e addosso una canotta che rivelava la pelle della spalle e delle braccia, il collo sottile rivelato dall'acconcatirua dei capelli rosso fuoco, alcuni ciuffi tinti in un blu elettrico.
La ragazza si allontnò, mentre gli Humans velcoemente scapparono via, quella Metamorfa era troppo pericolosa.
Non era umana.
“Tzé, che stronzi!”
la ragazza stizzita sbuffò, quei cretini avevano la testa vuota, ed era facile penetrare nella loro mente, basta che li potesse avere anche ad un metro di distanza.
Fastidiosi.
Gli occhi lentamente tornarono alle tinte grigia, quesa volta con sfumature azzurrine, una ciocca blu elettrico era delicatamente appoggiata su una guancia, incorniciando da un alto l'occhio dal taglio orientale.
Dovette fare un bel po' di strada ad ostacoli, i vicoletti di solito erano pieni di rete metalliche, cunicoli secondari e sclae anti incendio da percorrere nel caso qualche voragine provocata da un candelotto bloccasse la strada.
Salì su di un tetto balzando da delle terrazze, avendo così una vista su uno spiazzo molto ampio, circondato da alti palazzoni in via di crollare su quei poveri malcapitati.
Sorrise, l'unico giorno in cui poteva divertirsi.
Il giorno di mercato nero.
Si guardò intorno, prima di scendere giù con un balzo dal tetto e atterrare dolcemente sulla strada, di colpo una figura gli si piazzò davanti, bloccandogli la visuale.
-Sei in ritardo!-
alzò lo sguardo, i vestiti facevano sembrare la ragazza una specie di Lolita di nuova generazione, con quella gonna così corta che a momenti si vedevano le mutande e la camcia bianca poco casta, dato che si apriva su tuti i bottoni su un reggieno in pizzo rosso che traspariva dal tessuto.
Il viso era poco truccato, d'altronde Hilary era gia bella di suo, neanche i capelli erano acconciati, si vede che quel giorno aveva poca voglia di mettersi in tiro.
L'altra ragazza sbuffò, guardandola con aira divertita, superava Hilary do una bella manciata di centimetri, la ragazza le raggiungeva l'inizio del mento, anche indossando quegli zatteroni a sandalo.
-Ma non ti vergogni Hilary? Almeno nascondi il seno-
-Non farmi la predica Meiko. Perché ci hai messo tanto?-
-Humans, come al solito. Dov'é mio fratello?-
Hilary non rispose subito, voltando le spalle alla ragazza, che si guardò intorno.
Suo fratello...
-Kei è da quella parte. Oggi sembra abbia voglia-
-Mio fratello vuole soddisfare un suo capriccio? Beh, mi stupisce. Forza, portami da lui-
Hilary annuì, mentre l'altra ragazza l'affiancava.
Tra le due Hilary appariva più provocatoria, ma neanche l'altra ragazze era male, sopratutto gli occhi, che adesso avevano assunto due colori diversi, uno era rosso, l'altro blu.
Stranissimi occhi, anche se quella era una Metamorfa.
Raggiunsero così il centro della grande piazza velocemente, entrambe temevano che Kei non fosse più li, invece il diciannovenne le aspettava, appoggiato ad un palo di un palco per la vendita delgi schiavi, un giro d'affari da miliardi.
La ragazza dai capell irossi raggiunse sorridendo il fratellino, dato che lei aveva ventidue anni, e gli schioccò un bacio sulla guancia.
-Ciao Kei-
il ragazzo si limitò a guardarla con i suoi occhi rossi, seminascosti dai ciuffi grigi della capiglitura incasinata, dietro un codino teneva saldi ciuffetti di una tinta blu.
Il ragazzo si mise le mani nella tasca dei pantaloni, al contrario della sorella erano jeans che teneva a vita molto bassa, lasicando intravedere l'elastico dei oxer, addosso aveva oltre ad una quantità mostruosa di anellini e collanine e ciondoli, anche una maglietta nera con una scritta illegibile, di un bl bianco forte.
Kei si lasciò prendere sotto bracco da Hilary, mentre Meiko li seguiva dietro, sorridendo divertita a quella scenetta, Hilary sembrava una mocciosetta, mentre Kei voleva fare l'uomo adulto.
C'era di tutto, gioielli, cibo, vestiti, armi, droghe pesanti e leggere mischiate tra loro, musiche varie sparate a tutto volume che si mischiavano tra loro rendendo solo più confusionario il tutto, Meiko però ridacchiava, quella era il punto ideale per guardarsi in giro e rendersi conto che nonostante gli Humans li stessero ammazzando, i Metamorfo continuavano ad aumentare! Ooh!
-Kei, hai notato oggi come Mao e Salima stanno appiccicate a Rei?-
Kei bloccò la sua camminata, voltandosi in direizone dello sguardo di Meiko.
REI KON
Hilary alzò lo sguardo verso Kei, stringendogli il braccio quasi a richiamarlo tra le due ragazze, mentr eMEiko lo affiancava, sorridendo in modo ferino, gli occhi adesso avevano tinte dorate, mentre si sistemava un ciuffo di capelli deitro l'orecchio.
Rei appariva più tranquillo del solito, i capelli neri spettinati con dietro un lungo codino, accanto a lui Lai, fratello di Mao, la ragazza sembrava una bambina peggio di Hilary, con quella gonna corta rigida a sbuffo, bretelline e una canotta strappata a voler mostrare l'ombelico, i capelli di un assurdo colore rosa legato alti in una coda.
Salima invece aveva optato per uno stile più pelle ovvero pantaloni e giacca legata in vita di pelle nera, i capelli rossi lasciati alla rinfusa dandole l'impressione che in testa avesse un nido e non una capigliatura, il fisico messo in evidenza dal reggiseno probabilmente imbottito, dato che quella era una seconda e lei portava una prima, con sopra una maglietta a rete nera.
Il cinese non sembrava infastidito dai comportamenti provocatori delle due, ma comunque non lasciav amolto spazio, anche se poi si capiva che una delle due quella notte gli avrebbe scaldato il letto.
Gli occhi dorati del cinese si guardavano intorno, per poi femrarsi come al solito al banco dei cibi e delle armi, la sua era la zona più turbolenta.
Kei sembrò infastidito dalla sua presenza, voltando lo sguardo dall'altra parte, lanciando occhiate intorno a lui, Meiko ridacchiava, osservando il comprotamento del fratellino.
Kei non sopportava nessuno, sopratutto Rei per il fatto che er ail più vicino ai suoi confini, ogni tanto i due dovevano fermarsi a discutere.
Discutere, quei due?
In verità se le davano di santa ragione, ogni volta Meiko doveva stare li a fare da paciere o da arbitro.
Erano pericolosi, molto pericolosi.
E questo lei lo sapeva.
Sapeva troppo bene fino a che punto erano pericolosi.
Meiko venne distratta dal filo dei suoi pensieri, Kei si era voltata a guardarla.
Aveva traovato qualcosa.
La ragazza gli si avvicinò e si voltò ad osservare ciò che aveva attirato l'attenzione di Kei.
Schiavi sotto croma artificiale.
Erano racchiusi in capsule d'acqua, una maschera per farli respirare e una ventosa a capire se il cuore batteva o meno.
Bambini, uomini, donne, adolescenti, vecchi.
Di tutto un po' per tutte le esigenze.
Meiko inarcò un sopracciglio.
-Kei, hai bisogno di un altro giocattolo? Non ti basta Hilary?-
-Come ti permetti!-
la ragazza le lanciò un'occhiata acida, mentre Meiko ridacchiav a aquella reazione, a volte quella mocciosa la divertiva da morire.
Kei, invece, si guardava intorno, mentre un uomo totalmente pelato con un bel po' di pancia e sudore si fece avanti, sfregando le mani.
-Salve signori! In cosa posso essere utile?-
Kei lo guardò, il mercante restò per un secondo pietrificato da quello sguardo rosso.
Un Metamorfo.
Bene, avrebbe aumentato il prezzo.
“Provaci, pezzo di merda”
Meiko fece un sorriso sbiego, avvicinandosi a Kei, che si guardò intorno, mentre il mercante faceva da Cicerone.
-Prego, abbiamo donne a volontà tra le più belle, o se prefeirte ragazzi giovani e aitanti. Anche bambin ie vecchi, se avete quel tipo di gusti-
“Ma come si permette questo stronzo? Ora lo ammazzo!!”
“Calmati Meiko”
la ragazza si voltò a lanciare un'occhiata sconcertata su Kei, era incredibile come potesse restare freddo a lasciarsi dire quelle cose.
C'erano un centinaio di capsule varie, un enorme generatore era collegato ad un palo elettrico poco distante, permettendo a tutt ele capsule di continuar ela loro opera di coma artificiale.
Era il tendone più grande, e c'era molta gente, compresi Humans.
-E poi dicono a noi che siamo delle bestie-
Hilary tremava, guardando intorno tutte quelle persone tra Humans e Metamorfo di basso livello dormire contro la loro volontà.
C'erano pure bambini piccoli.
Kei, invece, si fermò, notando una capsula nascosta tra due uomini.
Gli si avvicinò, avvertendo qualcosa come ad un fischio, un sibilo sottile, come una nota.
Era una capsula più piccola rispetto alle altre, doveva essere di ultime generazione, ormai Criogenizzazione e Coma Artificiale erano due materie che da secoli andavano avanti in campo scientifico.
Clonazioni e cose del genere erano quasi di moda, e Criogenizzare era la cosa più facile da fare.
Lo si utilizzava sopratutto per viaggi verso Plutone o al di fuori della galassia, capitava che si aveva bisogno di mano d'opera, e allora si spedivano volontari o schiavi attraverso criogenizzazione, sparati a razzo, impacchetati come dei regali di Natale.
Crudele. Molto.
Comunque, la capsula aveva all'interno una lampdina a luce normale, di solito si utilizzava il colore verde, non solo per fare più scena, ma anche per rendere il coma più facile.
E dentro a questa capsula, criogenizzato al contrario degl'altri, c'era un ragazzo, non avrà avuto più di sedici, diciasette anni.
Sembrava addormentato, mascherina sulla bocca, capelli lunghi blu legati in una coda, fisico magro e forse un po' gracile.
Uno strano ragazzo...
Forse era un Metamorfo...
Ancora quel sibilo...
Kei cercò di superare la barriera del sonno, entrare telepaticamente con quelli addormentati era facile, ma questo ragazzo lo blovvò subito, una specie di muro di vetro lo fermava.
Oltre non poteva andare.
Oltre c'era la figura di spalle, lunghi capelli blu legati, il ragazzo.
Che però lo bloccava...
-Vedo che il signore ha gusti particolari!-
Kei fu distratto dalla voce dell'uomo, Hilary osservò stupita il ragazzo, mentre Meiko lo guardava attentamente.
Lo aveva gia visto da qualche parte...
Di colpo, però, sotto lo sguardo stupito di Meiko, il ragazzo lentamente socchiuse gli occhi, rivelando delle iridi di un colore azzurro scuro.
Kei si paralizzò.
Più forte...
-Ah, maledizione!-
il mercante diede un sonoro calcione alla capsula e una seire di pugni, ma il ragazzo teneva gli occhi socchiusi, anche s esembrava privo di vita.
Meiko si rivolse al mercante.
-Che succede?-
-Sarà la centesima volta che si sveglia! Con il coma artificiale riprendeva conoscenza e mi distruggeva la capsula, così ho dovuto optare per la criogenizazione.
E' un ragazzo alquanto strano, mi creda-
-E' cresciuto artificialmente?-
-No, crescita naturale! L'ho trovato quando aveva cinque anni. Per un po' l'ho tenuto io, ma poi si è dimostrato pazzo-
-Pazzo?-
-Vedeva morire la gente-
Meiko spalancò la bocca, per poi richiuderla velocemente, gli occhi staovlta avevano assunto tinte verdine, mentre si voltava verso il ragazzo, Kei aveva scoltato tutto, ma non staccava gli occhi di dosso al ragazzo, che teneva ancora gli occhi socchiusi.
Una barriera di vetro che gli bloccava il passaggio...vedeva morire la gente...
Un Metamorfo strano...
Kei si voltò verso il mercante.
-A quanto me lo vendi?-
inutile dire che il mercante sparò una cifra esorbitante, e tra i capricci di Hilary, le minacce di Meiko e alcuni dinieghi di Kei alla fine per una cifra molto cara ma più convincente il ragazzo venne scongelato.
Lentamente aprì del tutto gli occhi, ma al psoto dell'azzurro scuro, due iridi castane si fermarono a guardare il ragazzo dagl'occhi rossi.
-...tu chi sei?-
ricevette un calcio sul culo dal padrone, facendolo sbalzare via.
-Porta rispetto, maleducato, questo è il tuo nuovo padrone!-
-COSA?!-
il ragazzo si voltò a guardare il mercante, la sua reazione stupì Meiko che sorrise, infastidì Hilary e lasciò apparentemente freddo Kei, mentre il ragazzo metteva le mani addosso al mercante.
-Come hai potuto vendermi, maledetto? Ti ho fatto da servo per tutti questi anni, come hai potuto?! AAH!-
il ragazzo si accasciò a terra, il mercante aveva tirato fuori un aparecchietto che lanciava piccole scariche elettriche, il sedicenne si accasicò a terra stordito, ma non negò un'occhiataccia di puro odio al mercante, per poi strofinarsi le mani sulle braccia nude, di colpo il gelo della criogenizzazione gli arrivò addosso.
Maledizione! Quel figlio di puttana più volte lo aveva sepdito in Coma artificiale, ma adesso lo aveva pure venduto!
Bastardo...maledetto bastardo!!
Di colpo una ventata scaraventò via una serie di attrezzi su un bancone li vicino, il ragazzo si rialzò in piedi, furioso verso il mercante, anche se il gelo sotto la pelle lo costringeva a non muoversi troppo.
Una giacca gli arrivò dietro la testa, facendol ovoltare, una ragazza più grande di lui gli si fece incontro, sorridendogli amichevolmente.
-Calmati, altrimenti peggiori solamente le tue condizioni. Adesso copriti...-
il ragazzo annuì, scigliendosi un attimo i capelli e rilegandoseli velocemente.
Una cascata di capelli azzurri, strano colore.
La giacca era più grande di lui di una taglia, rendendolo ancora più minuto di quanto non lo fosse gia.
Si rivolse alla ragazza con un sorriso felice e un po' bambinesco alla ragazza.
-Grazie-
la reazione fu esplosiva, Meiko afferrò di scatto il ragazzo e se lo strinse.
-CHE CARINO!!! SEMBRI UN BAMBOLOTTO!!-
Meiko si staccò da lui, facendogli un buffetto in testa, riscaldando il ragazzo, che adesso appariva più tranquilla, la rabbia svanita, mentre Kei pagava l'uomo, mantenendo però lo sguardo in parte attaccato alla figura del ragazzo, che si presentava a Meiko.
-Mi chiamo Takao, ho sedici anni-
-Bene Takao, io sono Meiko, ventidue anni . Questa è Hilary, diciasetta anni e quello la è mio fratello Kei, diciannove anni-
Takao si voltò verso il ragazzo, capelli grigi spettinati, più alto di lui di un bel po', sguardo rosso e profondo.
Sembrava...
!!
Takao discostò lo sguardo da Kei, quasi spaventato.
Per un attimo aveva avvertito qualcosa come una mano, come se lo sguardo gli frugasse l'anima.
NO!
Non voleva.
Kei lo fissò ancora, prima di fare un gesto alle due ragazze, Meiko prese sotto la sua ala protettiva il nuovo arrivato, che si calmò sotto l'aria allegra e dolce della ragazza, mentre si allontanavano dal mercato.

Qull'angolo di quartiere non laveva mai visto prima, ma era li che di solito gli Humans e i Metamorfo fuorilegge si nascondevano.
La zona nord del quartiere-città sede dei Metamorfo e dei Humans fuorilegge non era mai varcato con intenzioni amichevoli.
Si dice che il suo guardiano sia morto, o meglio si nasconda.
Eppure qualcuno c'è, perché anche se la zona er apiena dei peggiori esseri presenti in quel mondo, non era mai accaduto niente di grave.
Ma a lei improtava ben poco di chi c'era li a controllare la zona.
Ora la cosa importante era incassare la taglia.
Caricò di nuovo la pistola, avviandosi lungo lo stradone sporco di spazzatura, macchie incrostate di sangue e varie siringhe che adornava l'asfalto rovinato con grandi buchi, alcuni della larghezza di due metri e dello spessore di mezzo metro.
Si ravvivò i lunghi capelli neri, sistemandosi la coda alta, gli occhi verdi si alzarono verso l'alto. Sopra di lei il tempo aveva gia cominciato a liberare piccole gocce di pioggia.
Tempo ideale per andare a caccia.
Si guardò intorno, avvertendo l'aria.
Sensibilità.
Questo è il pregio di un cacciatore di taglie, quello che deve avere.
La sensibilità.
E una buona dose di fortuna...
E lei ne aveva tanta.
Avvertita la presenza che cercava in quel vicolo buio, se avesse voluto con uno scatto avrebbe sistemato tutto.
Peccato che all'improvviso fu costretta a ripararsi dietro ad un cassettone dell'immondizia assalito dai vandali.
Una scarica di pallottole penetrò nella plastica del cassettone, mentre lei teneva saldamente tra le mani la pistola.
La pioggia cominciò a farsi più forte, il tempo era limpido e chiaro, ma il vento che si era alzato favoriva la ragazza, che nel frattempo si manteneva rannicchiata, aspettando che almeno una parte della sua preda uscisse.
Sensibilità.
Il tocco freddo della pistola che si scalda sotto i suoi polpastrelli, il cuoio dei guanti senza dita che accarezza il calcio dell'arma.
E la certezza che lui si era mosso.
Non lo vedeva, ma percepiva sotto i piedi i passi di lui.
Passi furtivi, anche se utilizzava degli anfibi neri pesanti.
In mano una mitragliatrice, rubata quel giorno di mercato, si sentiva che era nuova.
Era ferito, lo aveva gia colpito prima.
E lui si sentiva sicuro.
Gia...
Nove compagni la tenevano sotto fuoco.
Una mossa falsa e addio!
La pioggia non era troppo forte per lei, ma lui ne aveva fastidio, di sicuro indossava qualcosa di firmato che si rovinava con l'acqua...
...acqua...
...
No!
Si mosse di scatto ,evitando una seire di colpi, con uno scatto sparò due colpi alle mani del ragazzo, che si accasicò a terra grondando sangue dai dorsi e i palmi delle mani, velocemente gli altir nove scsero da scalette antincendio e da altri cunicoli.
L'avevano circondata.
Che scema, non doveva scoprirsi così.
Ma era stato instintivo.
Non avrebbe permesso alla sua natura di prondere sopravvento alla ragione di natura Humans.
no...lei era una Humans...
Una Humans!!
-S.H. hai fatto una brutta msosa a scoprirti-
-Gia...-
Due Metamorfo, almeno in questo genere di caso Humans e Metamorfo coalizzavano.
Tzé
La ragazza stirnse i pugni.
...lascialo...
NO!
...ti salverai...
NO! NO!
Ancora quella voce, ma anche quella volta sarebbe morta sotto la sua volontà.
Puntato al collo un serramanico, dietro la schiena due pistole.
Non voleva morire, ma non voleva usarlo.
NON VOLEVA!!
Di colpo, uno degli Humans si accasciò a terra, gli altri si voltarono a guardarlo.
Dal nulla si era materializzata una figura...d'acqua...
Era fatta di acqua piovana.
Una figur adi ragazzo sporca fatta di acqua piovana.
La ragazza e gli altir erano pietrificati, persino la ragazza.
Questa...era vera arte...lei non riusciva a dare forma a cose, e questo aveva l'aspetto di un ragazo più grande di lei.
La voce era sussurrata, quasi a voler soffocare grida.
-Lasciatela stare...-
una degli Humans, terrorizzato, sparò una serie di colpi.
Inutile, si disse la ragazza.
In effetti i colpi furono bloccati se non lasciati via dalla'cqua piovana, una proiettile rimase nel corpo di volontà della figura, gl ialtir due l'avevano trapassata così.
La figura non fece aspettare molto.
Si sciolse, apparendo pochi istanti dopo dietro lo Humans, con un potente calcio lo sbalzò via, per poi disarmare gli altri con incredibile facilità.
Tutto sotto lo sguardo della cacciatrice, che dopo un attimo di sorrpesa osservò con una punta d'ansia e di dolore quello che accadeva.
Possibile che l'avesse creato lei questo?
No, non era possibile.
Allora...
Qualcuno la stava aiutando...
Che fosse il capo del nord?
Eppure si diceva che fosse morto...
Sotto la pioggia, la figura d'acqua disarmò per l'ennesima volta uno degl'aggressori, alla fine tutti scapparono via, persino la preda della ragazza, che prò guardava dolorosamente la figura, che si voltava verso di lei, non aveva viso, per volontà di colui che le stava dando vita.
Sembrò che si guardarono a vicenda, poi la figura si sicolse, mentre la ragazza da triste si fece rabbiosa, pestando una pozzanghera.
-NON AVEVO BISOGNO D'AIUTO! NON AVEVO BISOGNO DELL'AIUTO DI NESSUNO!!!-
Pestò ancora la pozzanghera, alzando schizzi d'acqua che le bagnarono la gamba e i jeans, mentre alzava l osguardo verso il cielo, stirngendo rabbiosa i pugni.

(Primo capitolo un po' schifoso, spero che il prossimo andrà meglio.
Ci vediamo!!
Meiko)

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***


Capitolo 2

Socchiuse delicatamente con due dita la tenda bianca, impalpabile, decorata fino all'ultimo millimetro di pizzi, che copriva la finestra, all'esterno di questa il mondo assumeva le tinte nerastre di un temporale, mentre all'interno della sala si respirava l'aria tranquilla di una classe borghese di Humans.
Decisamente una gabbia...
Guardò il temporale scatenarsi lungo la città, sulla via alberata che portava alla sua casa, al suo giardino, alla città.
E il suo sguardo vagò ancora, fino a raggiungere i confini.
I confini tra civiltà e terrorismo, così affermava l'oligarchia dei ciborg e degli Humans, così affermavano tutti.
Così affermava lei.
E il suo sguardo, come se avesse gambe e piedi, salto in un solo balzo quel confine, e raggiunse gli edifici in stato di cedimento di quello che era un quartiere ma veniva definita la città dei Clandestini, degli Stranieri.
Dei Nemici, della Melma.
Molti appellativi venivano consegnati a morti di fame, assassini, ladri, anticappati, malati, drogati, e Metamorfo.
Tanti Metamorfo che sembravano conquistare lentamente centimetri verso la città degli Humans, verso il resto della città.
Osservò con fare incantato un lampo squarciare le nuvole nere, atterrando proprio verso un edificio dei più alti in lontananza.
E pregò che avesse colpito qualche Metamorfo.
La pioggia batteva con violenza sul vetro freddo, su cui lei ci appoggiò la mano, il riflesso della luce nella sala rivelava i suoi delicati lineamenti di buona signorina borghese, il naso delicato e la pelle chiara, i lunghi capelli biondi mossi e legati dietro da un nastro.
Occhi dal taglio occidentale, di colore viola.
Indaco, viola, vinaccia, varie sfumature che sottolineavano la bellezza di quella signorina di buona famiglia.
Che ora, con fare infastidito, si spostava dalla finestra, lasciando alle sue spalle il mondo oltre la sua casa che si contorceva di dolore per la piaga di quel quartiere.
Metamorfo.
Assassini.
I suoi assassini.
Si tastò dolorosamente una spalla, e il suo viso assunse tinte di dolore atroce, mentre ricordi sfuocati la sommergevano ancora una volta.

“Sei piccola, troppo piccola per poter fare qualcosa.
E puoi solo assistere, con occhi pieni di terrore e angoscia.
Assistere ...
Assistere ...
Assistere ...
Ma una cosa è certa...
Tu, bambina, li hai visti...
Hai visto quegl'occhi feroci che ti osservavano per qualche secondo, ma che a te sembrava troppo tempo.
Occhi...
Che poi scompaiono nel buio, vetri rotti sparsi per la piccola saletta.
E sangue con vetro che si riflette e diventa prezioso...
Tu bambina, puoi solo tremare, piangere, e urlare aiuto, sperando che qualcuno ti senta al più presto.
Quegl'occhi ti fanno paura, vero bambina?
Sei certa, lo avresti ricordato per sempre.
Asciuga le tue ultime lacrime, bimba.
Mentre la rabbia esplode nel tuo cuore, e il tuo sguardo viola si fa duro, freddo, tagliente, furioso.
Morte, MORTE!”

Morte...
Le veniva in mente solo questa parola, più la vendetta, che insieme alla prima facevano braccetto.
Stringeva tra le mani guantate di pizzo il solito ventaglio che era costretta a portarsi dietro per etichetta.
AL DIAVOLO!
Lo spaccò, la sua rabbia scorreva da tutto quel tempo nelle sue vene, e non era capace di pensare ad altro.
La sua mente a volte si riempiva di altre idee, ma quando era vuota, sono solo quei ricordi a tormentarla di notte, ha ancora terrore del buio...bambina...
Si, perché il buio ha visto brillare quegl'occhi feroci...
Ora quegl'occhi li avrebbe cavati...
La sua figura a molti occhi leggiadra ed elegante adesso tremava di rabbia, mentre i suoi occhi adesso erano socchiusi, stretti in due fessure, la pupilla nera ora assumeva una lucidità vitrea, sembrava vetro, pronto a creparsi e a spaccarsi da un momento all'altro.
Avvertiva ancora quel gelo, quel buio in quella fredda notte in cui nevicava...
Avvertiva ancora quel rumore, la sensazione che l'incubo che aveva appena vissuto non fosse solo un'illusione.
L'orrore, l'orrore dipinto in quegl'occhi innocenti.
Ai suoi piedi, le dita bagnate.
Liquido rosso...
Tanto liquido rosso...
il respiro diventa affannoso, il cuore scoppia in petto, batteva così velcoe che sembra fermarsi da un momento all'altro.
Sudore, che ti scivola lungo la schiena, lungo la colonna, i brividi che scuotono il corpo.
La gola fatta secca, dalle labbra escono solo gemiti impalpabili, spezzettati.
Troppo...troppo...
Prendere il respiro, e poi...
Urlare...
Con quanto fiato hai in gola.
Veloce, troppo veloce, nemmeno il tuo cervello riesce a controllare quella ondata che aveva scosso il tuo corpo.
Sai solo che la tua bocca, i tuoi polmoni, tutta te stessa si è aperta, la tua anima è stata bruscamente distrutta come un'anima di vetro.
E tu puoi solo urlare il tuo terrore, la tua paura.
Perché hai paura...
Ma sopratutto...provi dolore...
Hai la sensazione che tutto cambierà da quel momento in poi.
Hai l'impressione che niente sarà più come prima, che tutto andrà in malora, oppure i momenti di pace esisteranno solo per coprire i tuoi singhiozzi.
Come stai facendo adesso, adesso che non hai più fiato, il corpo si muove senza il tuo controllo.
Tieni gli occhi spalancati, non riesci, non vuoi chiuderli, anche se preferiresti, per scoprire che era solo un incubo nel tuo incubo.
No...la realtà non è così.
Tu ora...sei sola...
La ragazza tremò, avvertendo ancora una volta quel racconto venire sussurrato attraverso la pioggia, il vento che ulula da oltre la finestra verso la sala.
Era sola, sola in quella grande sala.
Mai prima d'ora le era sembrata così grande.
Paura?
Forse, ne aveva tanta.
Come tanto era il dolore.
Tanta era la rabbia.
Rabbia, si.
E la rabbia che muoveva il suo corpo.
Quel corpo ormai vuoto, avizzito, la sua anima sembrava essere sepolta sotto una coltre di puro oDio.
Oltre i suoi occhi violacei non si poteva leggere altro che l'oblio del odio, un ceco odio.
Rabbia che smussava il corpo, procurava una serie di tremiti, mentre stringeva i pugni, le lunghe dita si andavano a ficcare nella pelle oltre il tessuto di pizzo, lasciandosi decorare ancora di più quel guanto di piccole gocce rosse.
Se le guardò, guardò quelle piccole macchie rosse, restando così, immobile, quasi nel contemplare un'opera d'arte.
Il sangue...
Il sangue sarebbe di nuovo scivolato lungo i suoi piedi.
E lei sarebbe stata l'artefice di quell'incubo che ormai l'aveva legata ad una lunga catena verso quella “città”, quei palazzi, quelle stanze.
Verso gl'occhi di un demone.
E lei, come l'arcangelo Gabriele, avrebbe ucciso il demonio, e la sua anima sarebbe tornata pura e candida come prima, libera da quella rabbia.
Libera.
Si...libera...
Dietro i suoi occhi viola, per un attimo, la rabbia sembrava spaccarsi, rivelando dietro qualcosa di più distruttivo, che però la ragazza fece bene a nascondere, mentre una figura apriva una delle porte del salotto dove aveva deciso d'incontrare la sua ospite.
Il cameriere dava l'idea di uno che si impicciava sempre in affari che non dovevano importargli, il naso prominente da scassapalle e gli occhiali tondi tondi e, dietro le lenti, occhi che ti guardavano sempre dall'alto in basso, roba da farti venire voglia di prenderlo a pugni.
Non c'era bisogno che la padrona e il maggiordomo si parlassero, bastò un'occhiata fredda e vuota della signorina, e gia l'ombra di quell'essere era sparita via.
La sua ospite era bagnata da capo a piedi, anfibi neri, degli short neri strappati sul bordo, un cinturone dove in bella mostra c'era una pistola che doveva pesare parecchio, di sicuro carica e magari pronta all'uso.
Una giacca nera fradicia lasciava scorrere sul tessuto di pelle le gocce della pioggia che si era beccata, alle spalle sorretto da quello che sembrava un'imbragatura un fucile a canna lunga, in casi di necessità.
I lunghi capelli legati in una coda alta erano tutti bagnati, ma in generale lei era fradicia fino all'osso.
Poco rilevante.
Occhi verdi dal taglio allungato, e una fascia a coprire la fronte.
L'ospite, invece, si trovò di fronte ad una ragazza della sua età alta, dalla corporatura sottile eapparentemente delicata, i lunghi capelli biondi lasciati liberi e sciolti in dolci onde, con un solo nastro ad adornarli, ed occhi viola, profondi, oscuri, bui come la tempesta che incorniciava quella casa, il lampadario sopra di loro tintinnò per il passaggio poco distante di un fulmine.
-Benvenuta, signorina Mariam. La prego, si metta comoda-
-Grazie signorina Gore, ma ho paura di rovinarle la tapezzeria-
un timbro di voce gentile, ma freddo come la lama di un coltello aveva trapassato il corpo della ragazza dai capelli neri, che invece possedeva un timbro caldo come il whisky che ti scivola lungo la gola bruciandoti.
La ragazza dai capelli biondi annuì con il capo, lasciando che una cameriera entrasse con qualcosa di caldo, porcellana molto raffinata che fece alzare un sopracciglio sottile della S.H. , il bavero della giacca (bagnato) di pelle aperto rivelava e nascondeva a tratti il collo sottile, la pelle pallida di chi dorme poco e sta sempre con il vento e il gelo sulla pelle.
La signorina Gore, o per meglio dire Ive Gore, era la proprietaria di una grande industria di giocattoli famosa in tutto il mondo oltre che per la squisita fattura delle bambole in porcellana anche per la tragica e alquanto misteriosa morte dei coniugi Gore, che aveva lasciato alla figlioletta undicenne un patrimonio da perderci la testa e l'intera industria nella sue piccole mani.
Si diceva che la figlia fosse nata da una relazione tra la moglie e un parente di questa, smentita, ma tutti guardavano sempre quella bambina che si aggirava e gestiva l'intero patrimonio con abilità rara da trovare in una bambina.
Ma poi a tutti faceva paura.
Da quando i suoi erano morti, la sua gentilezza appariva ora come una sorte di ironia fredda e tagliente, chiunque aveva parlato con lei aveva affermato che nessuno resisteva a quegl'occhi all'apparenza vitrei e fragili, ma che in realtà ti sondano l'anima con fare freddo, calcolatore e crudele.
Insomma, quella ragazza appariva come un mostro in senso più negativo che positivo.
La S.H. Mariam la guardò attentamente, mentre prendeva tra le mani guantate della ragazza una tazza di the bollente, al contrario della signorina lei era un po' più rozza.
Non si sapeva molto di lei, tranne che era una S.H. , ovvero una Slayer Humans, una cacciatrice di taglie molto spesso di pericolosi Humans ribelli, ma ogni tanto ci scappava anche qualche Metamorfo di infimo livello, che lei riusciva a mettere sotto il suo controllo.
Si diceva che lei stessa fosse una Metamorfo, ma nessuno aveva dato prove di questo, e la ragazza di solito era silenziosa, distaccata e pensava semplicemente a quello che doveva fare, ovvero catturare e incassare la taglia.
Le due restarono in silenzio pe run bel po', non c'era tensione nell'aria, solo uno strano senso di tranquillità, mentre Mariam cercava di scrollarsi di dosso un po' di pioggia, macchiando d'acqua il tappetto e maledicendosi, ci aveva messo un sacco a trovare poi quel maledetto ragazzetto e non aveva avuto il tempo di fare una doccia.
Colpa sua, che si era mossa.
La massa d'acqua non sarebbe venuta, per lei sarebbe stato tutto più facile.
Che rabbia...
Farsi aiutare da un uomo d'acqua non è proprio una bella sensazione!
Vergogna, tanta vergogna.
Ma non era questo che le dava più fastiDio.
Era stata la sensazione di protezione che la sua pelle aveva assaporato per pochi attimi.
Desiderare di essere protetta da qualcuno, come una mociosetta!
NO!

“Devi cavertela da sola, se vuoi stare con me”

LEI SAPEVA CAVARSELA DA SOLA!
NON TRATTATEMI COME UNA MOCCIOSA
“Dannazione, questa esperienza mi fa venire il sangue amaro...”
sorseggiò il suo the, dopo aver tirato fuori dalle labbra un bel “Tzé” che riaccese l'attenzione in Ive (si legge Iv) sulla sua ospite.
-Mariam, posso darti del tu?-
-Certo, ignorina Gore-
-Faccia lo stesso con me. L'ho chiamata per una questione che mi sta molto a cuore.
Forse lei sa che faccio parte del partito degli “Intolleranti”-
e come se lo sapeva!
Celebre quel giorno in cui Ive, di fronte agli uffici della sua industria, aveva lanciato un'occhiata assassina ad un Metamorfo che aveva osato avvicinargli e chiedergli di salvarli dalla loro situazione.
Mariam aveva pensato che se avesse voluto, Ive lo avrebbe distrutto con le sue stesse mani.
La ragazza dai capelli neri si limitò ad annuire, continuando a bere il suo the, appoggiata con la schiena ad un muro del salotto, mentre Ive sedeva su una poltrona tenendo il the tra le mani, osservandolo con aria concentrata.
-In verità non ho nulla in contrario riguardo ai Metamorfo, e francamente non mi interessa di quanto riguarda la loro situazione.
Ma...da molto tempo ho preso la decisione di entrare nella loro “città”-
-E come mai questa deicisione?-
nessun stupore, d'altronde Mariam aveva capito gia da subito che Ive Gore non era tipa da fermarsi alle prime difficoltà.
La ragazza alzò lo sguardo violaceo verso quello verde di Mariam, mormorando una sola parola che però rimbombò nella sala.
-Vendetta-
la S.H. tenne tra le labbra la porcellana fredda ed insapore della tazzina, prima di prendere l'ultimo sorso, peccato, era gia finito, era buono!
-E mi dica, chi è la sua vittima?-
-...non lo so, ma sono certa che è situato nella zona ovest-
-Tzé...proprietà delle feroci tigri! Proprio un bel posticino!-
quella zona era sotto il controllo di Rei, delle White Tiger o Bai Hu Zu come si voleva chiamarle, un gruppo molto in vista nella città, e d' insieme agl'altri tre diciamo “guardiani” controllava la situazione della città, e forse progettava anche qualche rivolta.
Gli alti due erano Kei dei territori sud, e il guardiano della zona nord, dove Mariam aveva fatto l'incontro con l'uomo d'acqua.
Gli venne istintivo guardare fuori dalla finestra: niente da fare, pioveva come Dio la mandava.
Mariam sentì quello che si chiama “curiosità” far capolino timidamente, suggerendogli di informarsi un po' di più sulla situazione.
Piano però, si tratta di lavoro.
-E sentiamo, che cosa dovrei fare io?-
Ive nel frattempo si era versata dell'altro the, porgendo un'altra tazza piena a Mariam che lo preferiva amaro con una goccia di limone, mentre la bionda preferiva dello zucchero.
-...lei mi deve aiutare ad entrare dentro-
-Entrare dentro?!-
per fortuna Mariam non aveva ancora bevuto del the, se no lo avrebbe versato tutto addosso ad Ive, che non si stupì di quella reazione.
Entrare dentro...ovvero entrare veramente dentro ai White Tigers come clandestino o spia.
Farsi beccare era uguale a morire.
E per una Humans era quasi possibile entrare dentro.
-Ive, non vorrei farle rischiare la vita...-
-Le assicuro che me la so cavare. Lei non mi conosce, signorina Mariam-
uno sguardo sicuro.
No, in effetti nessuno conosceva Ive Gore.
Nessuno.
E nessuno forse avrebbe mai potuto conoscerla.
Apparenze, era un muro di apparenze.
L'anima era qualcosa di irraggiungibile, e lei ed Ive ne erano la prova.
Apparenze, questo era il segreto.
...
Mariam sorseggiò un altro po' di the.
-...quando cominciamo?-
Ive sorrise, un sorriso storto e con fare crudele.
-Sapevo che lei era della mia stessa pasta, Mariam. Non se ne pentirà-

-Aaah! Che iella!!-
Meiko sbuffò, spostando con due dita la tenda della stanza, fuori pioveva e tuonava come non mai.
Si frizionò i capelli facendosi quasi male, una specie di nido rosso scalato e umido con alcuni ciuffetti blu ad antenna.
Li vicino seduto con le gambe piegate su una poltrona Takao teneva lo sguardo assente verso una finestra socchiusa li vicino, la sala erano tutta circondata di finestra, dato che usciva dall'edificio, ad eccezione naturalmente del lato dove c'era la porta d'ingresso.
La ventenne lanciò un'occhiata al sedicenne li accanto.
Era carino, ma era piuttosto magro forse gracile, sembrava quasi una ragazza con quell'aria un po' ingenua e i lineamenti del viso delicati.
Meiko sorrise, doveva ammettere che in fatto di ragazzi il suo fratellino non era poi così malaccio!
Peccato che la presenza di Hilary che piombò in quella stanza le fece cambiare idea, mentre con un fluido gesto lasciava libera dall'asciugamano la lunga capigliatura rossiccia, le ciocche blu tutte sconclusionate sul viso.
Hilary era una Humans per certi versi aprezzabile, ma aveva un modo di fare un po' troppo autoritario!
Magari si era montata la testa nell'essere la ragazza di Kei, il “guardiano” della zona sud, uno dei posti più affollati, dato che la zona nord era sempre occupata da brutta gente, e la zona est...
Beh, era come entrare in un punto morto.
Non c'era nulla e nessuno che controllasse la situazione, neanche i cyborg entravano in quella zona, quasi fosse sigillata o cose simili.
Si pensava addirittura ad una porta spazio dimensionale, da fantascienza dell'anno 2000!
Tzé, una branco di stupidi.
Meiko tentò di sistemarsi qualche ciocca blu, ma non ottenne un gran risultato, poi il suo sguardo che in quel momento aveva tinte dorate si riposizionò su Takao, che continuava ad avere un'aria un po' assonnata e un po' incantata, sempre a guardare la pioggia da quello spicchio di finestra scoperta dalle tende.
Hilary, invece, si stiracchiò la schiena, attirando l'attenzione di Meiko.
-Hilary, ma tu non eri con Kei a divertirti?-
Takao guardò stupito le due ragazze, Hilary si fermò nello stiracchiare, rivolgendo lo sguardo altrove.
-Non ha voluto, mi ha allontanato-
-Ah, capito-
Meiko lanciò di colpo l'asciugamano freddo e bagnato in testa a Takao.
-Ehi!-
-Cucciolotto, vedi di farti una bella doccia calda, per toglierti gli effetti della criogenizzazione!-
Takao la guardò da sotto l'asciugamano, la ragazza sorrideva, anche se i suoi occhi di colpo da dorati si erano fatti di un azzurro freddo e chiaro come il ghiaccio, velocemente Meiko si allontanò, mentre Takao se la prendeva comoda, ed Hilary si allontanava, affermando che “andava a fare quattro passi”
Meiko salì velocemente le eleganti scale del palazzo, quello era uno dei pochi palazzi appartenuti agli Humans borghesi che non fosse strato depredato e svuotato di ogni bene.
Kei se lo era preso perché gli andava, e a Meiko non era dispiaciuta la scelta, quella casa era davvero bella.
E poi c'erano così tante stanze dove nascondersi...
Meiko sorrise, assaggiando con la punta della lingua il labbro superiore, entrando in una stanza buia, aveva spento tutte le luci e teneva sempre le tende chiuse, come alcune stanze del palazzo anche questa era spoglia e fredda, un po' umida.
Lo sentiva, sentiva chiaramente il respiro affannato di Kei che riecheggiava nella sala.
Sorrise ancora, un sorriso crudele e bello allo stesso tempo, gli occhi adesso avevano un colore rosso cupo, brillante.
-Vedo che non capisci...come sei testardo...-
“Mi sono perso!!”
in quel momento Takao si stava guardando intorno, si era perso nel cercare il bagno, mentre i suoi movimenti e i suoi sensi erano più offuscati, effetti della criogenizzazione, doveva sbrigarsi al più presto ad andare nell'acqua calda, bollente!
All'improvviso avvertì un tonfo, e fermò i suoi passi, una porta socchiusa portava dentro una stanza buia, dove si sentiva un respiro roco, affannoso, e una voce gentile ma fredda.
Meiko...e l'altro chi era?
Takao sbirciò, e osservò Meiko afferrare i capelli di Kei e sollevarlo, il ragazzo stringeva i denti per non lamentarsi.
-Ti rendi conto che quelli che stai facendo sono sforzi inutili? Non farmi perdere la pazienza, fratellino, o rischi seriamente di farti male...-
lo accarezzò con dolcezza su una guancia, per poi lasciarlo cadere a terra, Takao non riusciva a vedere niente, ma intuiva chi ci fosse nella stanza e cosa stava succedendo.
Poi...all'improvviso...sotto i suoi occhi scuri...
Kei si era faticosamente rialzato, e un oDio profondo e lacerante stava scorrendo verso le sue vene, ma non verso la ragazza, ma verso se stesso.
Odiva quel suo corpo, odiava il suo essere debole, lo ODIAVA!!
ODio! ODio!!!
All'improvviso, intorno a lui in un cerchio cominciarono a scatenarsi alte fiammate, Meiko stava impassibile a guardare, gli occhi rossi di Kei brillavano furiosi, mentre lentamente dalle sue labbra usciva una specie di gemito, le fiamme si fecero sempre più alte, toccando il soffitto, rimanendo però nel perimetro dove erano nate.
Takao osservava la scena pietrificato dalla paura, osservando la camicia a brandelli del ragazzo, le alte fiamme che lo circondavano, e quegl'occhi rossi carichi di rabbia e di puro oDio, Meiko invece appariva nei riflessi arancioni delle fiamme.
Fiamme...alte fiamme...
TROPPE FIAMME!!!
Takao, lentamente, tremando come una foglia, si allontanò, avvertendo il terrore scorrergli nelle vene, un terrore a lui sconosciuto, seguito da una strana ondata che minacciava di uscire da quel corpo.
Si mise le braccia intorno al corpo, cercando di trattenersi, ma di colpo la vetrata della stanza buia si ruppe, fermando le fiammate di Kei, che si voltò verso la porta socchiusa, Takao lentamente cercava di calmarsi, quando la porta della stanza buia si spalancò, mostrando alla luce del corridoio la figura alquanto minacciosa di Kei.
Sangue...e fiamme negl'occhi rabbiosi...
Ah!!
AAAHHH!!!
Takao sentì il grido del suo cuore morirgli in gola, mentre fissava quelle iridi con puro terrore, una valanga di confusi ricordi lo investì, facendolo cadere a terra.
Respirava a fatica, ansimava, mentre Kei gli si avvicinò stupito di quella reazione, nella mente del ragazzo il muro a vetro che lo bloccava sembrava crepare sotto le fiamme della memoria, evidentement eil fuoco lo collegava a qualcosa.
Kei si avvicinò lentamente, allungando una mano, mentre Takao alzava di nuovo lo sguardo terrorizzato, di colpo le iridi erano diventate di quel blu...

...ah...

Di nuovo quel sibilo.
La mano di Kei si fermò, mentre Takao sembrava lentamente riprendere conoscenza, e con uno scatto scappò via dal ragazzo, visibilmente scosso, in qualche modo trovò il bagno, e chiuse la porta dietro di se chiudendola con un giro di chiave, ansimando ancora terrorizzato, il corpo tremava visibilmente.
Meiko nel frattempo aveva osservato la scena incredibilmente distaccata e tranquilla, prima di guardare il fratello, e sorridergli affettuosa, la sua fredda crudeltà era svanita.
-Vatti a cambiare, io vado dal nostro cucciolotto!-
Kei si limitò ad osservare la ragazza allontanarsi, stringendo i pugni

“Non farmi perdere la pazienza, fratellino, o rischi seriamente di farti male...”

Con un “Tsk”, Kei si allontanò, dirigendosi verso la sua stanza.

Camminava nel buio del vicolo, tenendo stretto tra le mani un crocifisso in metallo che forse non valeva niente, ma attirava comunque sguardi nel buio della piccola strada fangosa e puzzolente.
Mormorava sottovoce una preghiera alla Madonna, mentre il suo sguardo continuava a tenersi basso, dentro di se covava paura, ma questo sembrava spingerla a continuare a camminare, mentre vari Metamorfo e alcuni Experiment si aggiravano, dovevano essere usciti dal quartiere nord addentrandosi nei territori ovest, anche se era una mossa piuttosto azzardata, i Metamorfo e i pochi Human erano molto gelosi di quel territorio diciamo “pacifico”
Era raro vedere degli Experiment in giro, di solito come in quel momento si aggiravano verso sera o nel cuore della notte.
La palandrana nera e bianca la mimetizzava, anche se il viso er ain bella mostra, non doveva avere più di vent'anni, era molto giovane.
Ed era vergine.
Ed aveva un crocifisso che anche se era metallo comune sarebbe stato comprato a buon prezzo.
Alcuni Metamorfo già gustavano il piacere di strappargli via dalle mani quell'oggettino, mentre gli Experiment assaporavano il piacere di esplorare un altro corpo, quasi come fosse un giocattolo che poi sarebbe stato buttato via appena non sarebbe più servito.
Una come lei, in un posto del genere, non ci doveva stare.
-Buonasera signorina...-
la suora si fermò, in quel momento avrebbe potuto affermare tranquillamente che il cuore l'era in mano tanto batteva forte, quasi schizzava via dal petto.
Una figura, nell'ombra, restava in silenzio ad osservare la suora, un po' tremante, attorno ai due l'aurea oscura e sussurrante era svanita.
I sussurri che mettevano i brividi, i respiri soffocanti, i gridolini di gioia, tutto era scomparso.
C'era solo il silenzio della notte, non esistevano ne grilli che cantavano ne gufi o civette che potessero portare sfortuna.
Solo la quieta, silenziosa, immobile notte fredda.
La suora si fece avanti, parlando con voce sottile ed educata.
-Salve a te, sia lodato gesù cristo-
-Questo lo pensi tu-
il modo in cui parlava, l'atteggiamento, e anche se non poteva vederlo in faccia lo sguardo infastidito e al tempo stesso gelido pietrificò un attimo la suora, che però sembrava essere molto cocciuta, e non si perse d'animo.
-Perché dici questo figliolo? Non credi in Dio?-
-No-
la suora era rimasta spiazzata dalla risposta tranquilla e ferma del ragazzo, perché di sicuro era un ragazzo, della sua età, ovvero una ventina di anni e forse meno.
Il ragazzo non intendeva ascoltare ancora la predica della suora, perciò si fece avanti.
-Mi dispiace essere così brusco con te, ma devi sparire. Qui nessuno ti ascolterà. Te ne devi andare-
la suora strinse ancora di più le mani sul crocifisso, supplicando Dio e tutti i santi di aiutarla nel suo cammino.
-Io sono qui per volere del Dio che tu neghi-
-Io non nego che esiste Dio, semplicemente non è qui. E' nelle vostre chiese ricche e piene di pizzi e merletti, ostensori d'oro e coppe d'argento.
E in quelle case dove la ricchezza e la bella vita è tra cuscini di velluto rosso.
Il tuo Dio e li dove lo chiamano Salvatore.
Dove lo ringraziano per qualcosa che non ha fatto.
Ma qui non c'è-
la suora avvertì un moto di rabbia.
-Come puoi dire certe cose? Dio è vissuto tra i poveri, tra gli affamati, i miserabili, ha portato gioia, speranza. Non bestemmiare!-
il ragazzo restò in silenzio, l'ombra del suo braccio si mosse, e si grattò dietro la testa, i capelli erano spettinati, si vedeva solo la sua ombra, saggiamente rimaneva nascosto tra il buio e la luce di pochi lampioni distanti e di una luna a falce.
-E' vissuto. Parli in passato. Dunque dai ragione a me. Dio non è qui-
-Ma...-
-Stai zitta. Tu non puoi parlare...-
la figura si mosse, lentamente, mettendo in panico la suora, che cominciò a pregare mentalmente che da lassù la proteggessero.
-Tu non puoi capire cosa significa. Abbiamo sempre pregato il vostro Dio, eppure guarda, niente è cambiato.
Nell'anno mille non è arrivato.
Nemmeno nel Duemila.
Gli anni passarono, i millenni sono passati velocemente.
Nello 0000 temevamo il suo avvento. Il Giudizio Universale.
Eppure guardati intorno e dimmi.
E' qui il tuo Dio?-
la figura era molto vicina, e la suora fece un passo indietro, scatenando una serie di risatine, sospiri, sussurri che vennero messi a tacere di colpo.
C'era qualcun'altro...
-Mi dispiace.
Anch'io, come te, credevo in un Dio.
Ma lui non è qui, e non verrà mai-
-La speranza è l'ultima a morire, e la fede ci guiderà in un cammino verso la terra santa, così come è successo agli Ebrei-
la suora sorrise, sentendo che la figura era rimasta colpita da quelle parole.
-Vedrai, saremo tutti salvati, se pregheremo la bontà del nostro Dio.
Lui è uno e trino, è buono, generoso, e ci ama.
Noi siamo suoi figli...-
-Se siamo suoi figli...PERCHE NON VIENE DA NOI A FARCI RISCATTARE!!??-
l'urlo azzittì la suora, la figura aveva lanciato un urlo a dir poco spaventoso, era tra il triste e l'arrabbiato.
La figura restò in silenzio per qualche secondo, prima di avvicinarsi alla suora.
-Amica mia, il tuo cammino ti sta portando verso la morte.
Ti porta verso la morte da parte di qualcosa che non esiste.
Dio non esiste, sopratutto qua.
Perciò tornatene a casa.
Togliti quelle inutili vesti che rovinano la tua bellezza.
E fa l'amore...-
le parole colpirono come pugni nello stomaco la suora, che si avvicinò di un passo alla figura, e fu come se avesse tirato il filo di una trappola.
Ancora un passo e qualcosa di poco bello sarebbe successo.
-Perché dici questo? Possibile che non credi in niente?
Le tue sono bestemmie!-
il ragazzo, lentamente, si stava andando scoprendo ad un angolo di luce nel vicolo, e la suora spalancò gli occhi.
Capelli neri tenuti da un lungo codino, una giacca candida, pantaloni neri, pelle chiara.
E occhi dorati che si voltarono gelidi a fissarla.
Un demone?
Il ragazzo pronunciò queste esatte parole.
-Allora prega il tuo Dio per salvarti almeno l'anima...anche se ne dubito fortemente...-
e così dicendo si allonntanò, seguito da altre ombre, mentre la suora, immobile in quel vicolo, andava incontro alla morte per furto con mano armata, stupro e assassinio.
E nel cuore del ragazzo, un altro peso lo faceva sprofondare nel buio della terra...

(Mi scuso dal più profondo del cuore se ho offeso qualcuno, sono cristiana di religione, queste mie parole non vogliono offendere nessuno.
Questo è un puro pensiero fantastico.
Ancora mille scuse se ho offeso qualcuno)

-Takao, sei li?-
il ragazzo si riscosse, era ancora appoggiato alla porta chiusa a chiave del bagno, e forse si era un attimo addormentato, dentro la stanza il vapore caldo lo soffocava.
Meiko bussò ancora, sorridendo ancora.
-Avanti, so che sei dietro la porta, fammi entrare. O sei nudo?-
Takao arrossì, ma era ancora vestito, per di più con l'asciugamano bagnato che Meiko aveva utilizzato attorno al collo.
La ragazza bussò ancora, facendo alzare in piedi il ragazzo.
-Mi fai entrare?-
il ragazzo restò ancora davanti alla porta, indeciso se farla entrare o meno, doveva ammettere che sentire quella voce fredda e tagliente nella figura di Meiko lo aveva leggemrente spiazzato.
Cos'era successo prima?
Ricordava solo fiamme.
FIAMME!
Takao scosse la testa, la sua mano velocemente si mosse, togliendo il giro di chiave, lasciando così entrare la figura di Meiko, che gli sorrise, guardando quel cucciolotto dall'aria spaventata.
Era davvero dolcissimo!
La ragazza gli fece un buffetto sulla testa, lei sovrastava il ragazzo di un po', a malapena lui gli raggiungeva la spalla.
La ragazza sorrise dolce dolce completamente diversa da quella voce che Takao aveva sentito nella stanza.
Gli occhi tinti di un bel verde acqua.
-Perdonami, di sicuro io e mio fratello ti abbiamo spaventato. Ora va tutto bene?-
quelle parole fecero scattare qualcosa in Takao, una sensazione malinconica di profondo calore e dolcezza che nasceva da dentro.
Un ricordo sfuocava insieme al vapore della stanza la figura sorridente di Meiko, l'immagine veniva sostituita da quella maschile di una figura familiare, che però scomapriva nella nebbia del vapore.
Ricordare...non riusciva a ricordare...
Però...
Il ragazzo sorrise felice, annuendo.
-Si, va tutto bene Mei-chan-
la ragazza lo guardò stupita, prima di sorridergli, era davvero contenta che l'avesse chiamata così.
La ragazza si stiracchiò, spingendo via poi il ragazzo.
-Bene, adesso fatti la doccia e fatti una dormita. Ci vediamo domattina cucciolo!-
il ragazzo annuì, mentre Meiko chiudeva dietro di se la porta, sorridendo tristemente.
-Mei-chan...-
poi si allontanò, fischiettando come se nulla fosse.

(Nuovo capitolo!
Ancora tantissime scuse per quella scena.
E poi voleva ringraziare le autrici e forse anche qualche autore che hanno commentato il primo capitolo e il prologo!
Grazie mille!
BACI!
Meiko)

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Capitolo 4
*** Capitolo 3 ***


Capitolo 3


Osservò la foglia dell’albero cadere dolcemente, trasportata da un’insolito vento primaverile, la foglia era piccola, a cuore, gialla, e accarezzava ora lo specchio d’acqua ai suoi piedi, mentre la sua veste rossa si muoveva, lentamente il vento si fece sempre più frenetico, più forte, foglie a cuore gialle avvolgevano i suoi piedi e parte della veste svolazzante, mentre l’acqua accanto a lei s’increspava.
La sua figura era immobile come una statua, solo gli occhi si aprivano e chiudevano dolcemente, mentre l’acqua continuava a comporre cerchi d’acqua all’infinito, il vento era sempre più forte, sempre più forte, le foglia ora erano un turbinio indefinito, confuso, che sembrava voler far del male alla figura.
Ma lei era impassibile, a guardare quella foglia d’acqua a cuore, che lentamente andava ad affondare nell’acqua, il vento che cercava di spazzare via la figura, ora la veste rossa era come…
Come fuoco…
Come fuoco, che formava un cerchio ai suoi piedi, bruciando la terra e le foglie, bruciando l’albero che era sopra di lei, mentre l’acqua continuava a formare cerchi concentrici, e il vento non smetteva di soffiare, agitando ancora di più le fiamme che tentavano di divorare il tronco nodoso dell’albero.
I suoi occhi neri a mandorla si spostarono, la bocca era delicatamente socchiusa.
Sotto il suo sguardo, l’albero si muoveva, agitando i rami quasi a voler scacciare il fuoco.
Il vento soffiava, l’acqua si muoveva, il fuoco distruggeva, la terra che si rivoltava.
Socchiuse gli occhi, ora la sua veste da rossa lentamente si tramutava, sembrava fare una metamorfosi, il potente rosso lasciava ora spazio ad un bianco candido, puro, macchiato però sul fondo di fango e foglie gialle a cuore.
Foglie gialle a cuore…
Ne prese una tra le dita, e la osservò.
Piccola e delicata.
La baciò.
E lentamente la foglia marciva nella sua piccola mano, diventando nera e poltigliosa, mentre intorno a lei l’oscurità, il buio, spazzava i quattro elementi, lasciandola nell’immenso buio del nulla.
La foglia era scomparsa, non l’aveva più sul palmo della mano.
Si guardò intorno, la veste bianca nascondeva le mani, la pelle del collo era candida, e gli occhi ora erano aperti, rivelando mandorle di colore nero.
Dal nulla qualcosa tintinnò, e ai suoi piedi apparve un’enorme palla di vetro, un globo che aveva in rilievo linee che formavano…continenti.
La terra.
Creatura di vetro, dal cuore di madre.
La bambina accarezzò con una mano la sfera, che vibrò a quel contatto.
“O povera Terra, nostra madre.
Che cosa ti abbiamo fatto…
Il cielo, tuo sposo, è a te vicino e lontano.
E tu puoi vederlo morire, ma non puoi salvarlo.
Anche tu stai morendo, madre mia.
Ma non temere…
Presto…presto sarai vendicata…
Si, presto le tue creature conosceranno i tuoi veri figli.
Sai, anche l’ultimo è tornato a casa.
Si, lo so madre, che cosa accadrà.
Lo sappiamo tutte e due…”
Accarezzava delicatamente la sfera di vetro, facendola vibrare a quel contatto, mentre delicatamente l’abbracciava, gli occhi si socchiudevano, dalla sua bocca nasceva un sorriso.
“Saranno loro a decidere, madre.
Io so cosa vorresti.
Ma non temere, qualsiasi cosa accadrà…”
La piccola strinse con più forza, piccole crepe dalle sue braccia avvolsero il globo di vetro, fino a farlo infrangere in minuscoli pezzettini e polvere, mentre le mani della piccola si macchiavano del suo sangue…e di altro sangue più scuro, mentre i lunghi capelli neri scivolavano dalle sue spalle.
“Sarò io ad ucciderti, madre mia”
Si voltò, mentre il globo svaniva, come inglobati dal nulla che adesso da liquido diventava solido.
-Mi hai fatto chiamare?-
annuì, mentre gli occhi socchiusi assumevano tinte verdine, la ragazza si fece avanti, anche lei vestita di un lungo abito di color crema.

Di solito durante la settimana non era così frequentato come quella sera, ma in fondo c’era da aspettarselo: le corse di motociclette lungo il vecchio acquedotto in alcuni punti ancora in uso era uno spettacolo interessante, anche per coloro che semplicemente stavano ad osservare le moto truccate rombare con dolcezza, così come loro affermavano.
A dire la verità, lei non ci sarebbe mai andata, ma non aveva voglia di lasciare solo Takao con quello stronzo di Kei, perciò ora Meiko affiancava il fratellino, guardandosi attorno, nonostante fosse una serata importante non aveva rinunciato ai suoi anfibi e ai suoi jeans più rovinati e bucati, un miracolo se quel brandello di stoffa si reggeva in piedi!
Maglia a rete con sotto canotta nera, e in bella mostra una pistola argentata carica che batteva con la cinta. Anche Kei era armato, ma al contrario della sorellina aveva pensato bene di nasconderla sotto la giacca nera, sotto aveva una camicia bianca e jeans decisamente più decenti della sorella, che aveva tenuto i capelli sciolti stavolta, gli occhi avevano assunto tinte nerastre, mentre Takao li affianco ascoltava con un po’ di fastidio il rombare di motori e sentiva l’aria puzzare con forza di benzina e altri tipi di combustili.
Hilary questa volta non era venuta, anche perché farsi vedere in giro per lei non era molto conveniente.
-Gli Humans non sono mai stati bene accettati qui-
-Come mai?-
-Vedi, a volte la distinzione tra questi Humans e quelli non viene fatta notare, anche perché è molto sottile-
Takao ascoltava distrattamente, mentre Kei si guardava intorno, sembrava alla ricerca di qualcosa…o qualcuno…
Il ragazzo dai capelli grigi si stava guardando intorno, passandosi una mano sul collo, come se gli desse fastidio qualcosa, qualcosa luccicava, forse una catenina.
Il ragazzo dai capelli blu continuò a guardarlo, per poi vederlo allontanarsi di colpo, avvicinandosi ad un coetaneo dai capelli rossi tenuti legati dietro, affianco un tizio dai capelli corti.
Takao cercò l’attenzione di Meiko, indicando con il capo i due nuovi arrivati.
-Chi sono?-
-…-
Meiko li guardò, i suoi occhi si fecero di colpo azzurro ghiaccio, voleva quasi congelarli on quello sguardo, mentre il rosso discuteva guardandosi intorno e facendosi più vicino a Kei, che annuiva ogni tanto.
Il rosso aveva occhi violacei dalle pupille piccole e sottili, e la pelle pallidissima.
-Sono persone a cui devi stare lontano, Takao. Questi sono affari di Kei-
il sedicenne annuì, anche se non poté fare a meno di lanciare di nuovo dare un’occhiata a Kei, che si allontanava con quel ragazzo dai capelli rossi e il compagno.
E mentre Meiko lo portava via, verso un luogo affollato da dove c’era la vista della pista delle moto che si stavano scaldando, Takao non riusciva a staccare gli occhi di dosso dalla scena.
Kei che continuava a discutere con quel ragazzo, il terzo sembrava nasconderli da sguardi indiscreti.
Sembravano…molto amici…
Senza rendersene conto, Takao socchiuse gli occhi, continuando a guardare la scena.
Ancora, ancora…
Chissà quante cose avevano da dirsi…
Takao avvertì una leggera brezza passargli accanto, tra la folla urlante, chiacchierante e altro si sentiva una leggera brezza che attraversava la gente e guizzante raggiungeva il terzetto.

>> Allora a domani?
>> Si, la merce te la porto domani al solito posto
>> Bene, resti con noi a guardare la corsa?
>> …
>> Kei, te lo chiedo come amico…
>> Non mi fido di te, Yuriy
>> Non c’è niente di male se ci provo con te…
una mano del rosso sfiorò con due dita la guancia di Kei che arretrò, mentre Takao li osservava come pietrificato.
Possibile?
Poi, di colpo, come un terribile mal di testa.
Il ragazzo avvertì come una botta in testa, mettendosi le mani tra i capelli.
I rumori troppo forti riecheggiavano e si mischiavano al chiacchiericcio, mentre Meiko si guardava stupita a guardare lo strano comportamento del ragazzo.
-Takao, che ti succede?-
il ragazzo non poteva rispondere, la testa sembrò esplodergli, un dolore sordo che poi finì di colpo, mentre rimaneva immobile.
Ma in realtà…in realtà…
Stava correndo, tra migliaia di figura trasparenti e grigiastre.
Anime, tante anime.
I colori elettrici si confondevano a quelli reali, creando un miscuglio che stordiva e faceva stare male.
Ma lui correva, correva più forte di tutti.
Solo il vento lo raggiungeva.
Poi si arrestò, mentre avvertiva uno strano sfrigolare.
Poi migliaia di scintille azzurre che raggiungevano le anime grigiastre.
Ciborg?!
“Meiko! Kei!”
il ragazzo si guardò attorno, il respiro che si faceva più lento, i suoi occhi di un profondo blu si guardavano intorno.
Poi…colori rossastri, come di fiamme che guizzavano.
Fiamme…
…no…
Takao scosse la testa, mentre le fiamme si agitavano impazzite, l’anima era in movimento.
Al suo fianco, una seconda anima, formata da colori che si sostituivano ogni secondo e piccole scintille blu.
Poi scomparivano, scomparivano sotto il suo sguardo…
E altro rosso, ma questa volta…
Sembrava…macchiare la sua vista…
Le anime…le anime svanivano come si stessero spegnendo.
…liquido, del liquido scorreva ai suoi piedi…
Sangue…
Morte…
Sotto lo sguardo sconvolto di Takao, le persone, tutti stavano morendo, mentre quelli che sembrano esseri elettronici erano sempre di più, sempre di più.
KEI, MEIKO!
Doveva raggiungerli!
Doveva cercarli!
Non voleva fuggire!
Doveva trovarli, trovarli!
Takao li stava cercando tra morti e sangue, quando qualcosa lo fece voltare.
Un’anima strana…era un ciborg?
Sembrava…
Eppure, aveva grandi occhi chiari
Occhi chiari e limpidi…

…infinitamente tristi…
Di colpo, fu come risucchiato, come se qualcuno stesse prendendo fiato con la bocca.
Spalancò gli occhi castani, ritrovandosi il viso preoccupato di Meiko.
-Ehi, piccolo, stai bene?-
Takao ansimò, stupito e scosso, molto scosso, per poi annuire e lasciarsi sollevare, mentre Meiko gli faceva u buffetto in testa.
-Forza, la gara sta per iniziare-
il ragazzo annuì, mentre i capelli scompigliati si agitavano per la corsa, la ragazza lo stava trascinando verso il palco dove stavano prima, le moto rombavano provocando alte fumate bianche.
Nel frattempo, anche Rei era arrivato, con sempre affianco una Mao eccitata per la gara e una Salima silenziosa.
Dal nulla, una ragazza raggiunse la pista, togliendosi dal collo un fazzoletto bianco, alzandolo in aria.
Furono secondi interminabili, mentre la ragazza aspettava per poi…

Dare il segnale.
Un boato si propagò nell’aria assordando tutti, Takao si tappò le orecchie per i troppo rumore, mentre le moto sfrecciavano accanto alla ragazza, che velocemente corse via dalla pista.
In alcuni punti il vecchio acquedotto era ancora in uso, e non c’era da stupirsi quindi se i motociclisti dovevano superare potenti ondate d’acqua.
Un pannello elettronico con qualche lampadina rotta mostrava il percorso, le moto numerate.
C’erano anche pezzi grossi di quella che poteva ricordare una società mafiosa dei Metamorfo, in fondo quella “città” era viva, batteva un cuore, un cuore che però era carico di odio e disprezzo verso Humans e Ciborg, che si consideravano superiori, e per questo li avevano cacciati.
Perché avevano paura che i Metamorfo si dimostrassero più forti sfracellando un mondo di illusioni create a fatica.
Mai, piuttosto li avrebbero uccisi.
Mariam si guardò intorno, con aria un po’ stanca, dormiva poco la notte, dato che era sempre a caccia, ma ora non aveva voglia di tirare fuori la pistola, nonostante la quantità di criminalità che doveva arrestare in quanto Slayer Humans.
Accanto a lei una figura dai capelli coperti da un cappello nero messo un po’ di lato, vestita di t-shirt e pantaloncini si guardava intorno.
Qui…doveva essere qui…
Si guardava intorno con fare attento e felino, squadrando i vari Metamorfo e i pochi Humans che uscivano da quel genere di situazioni.
“In fondo…non sono così diversi da noi…”
Si, non erano diversi, e lei non li avvertiva come nemici.
Lei sapeva difendersi.
Eppure quegli stupidi politici temevano addirittura una possibile guerra, perciò ogni volta che potevano spedivano Ciborg per far capire a quella feccia come chiamavano loro chi era il più forte.
Branco di stupidi schifosi leccaculo.
Il mondo cadeva a pezzi e loro pensavano a se stessi.
Ive non si sarebbe stupita se un giorno sarebbe arrivata la fine del mondo.
Nell’anno mille non era accaduto.
Nell’anno duemila nemmeno.
Ormai nessuno più ci sperava.
La musica a tutto volume era frastornante come le grida dei tifosi e il rombo di motori che ogni tanto passavano accanto alle due ragazze, che si erano messe in alto, su delle terrazze dove penzolavano gambe di tifosi, li se cadevi era la fine.
Ma a nessuno più importava di vivere o morire.
Tanto…vivere a cosa serviva?
Ive, una volta, si era spaventata, quando aveva sentito per la prima volta quella domanda.
Lo aveva detto suo padre alla madre, quando lei era piccola e aveva spiato una loro conversazione.


“A cosa serve vivere ormai?”
“…serve per tua figlia…”
“…si…per Ive…”



Adesso che si ripensava, Ive era spaventata…
Quella domanda ogni tanto le tornava nella sua mente, le faceva capolino in testa.
Ed era spaventata dalla risposta che non riusciva ad ottenere.
Cercò di spostare la sua attenzione da quei pensieri alle moto che sfrecciavano e venivano segnate dal tabellone dalle lampadine verdi e rosse, mentre uno speaker gridava ad alta voce la situazione, lui era in una cabina di una gru che si muoveva verso in alto in modo da vedere la situazione.
Mariam afferrò Ive per il braccio, indicandole poi qualche terrazza di sotto, li dove c’era un gruppetto che attirò subito lo sguardo della biondina.
-Sono loro, i Bai Hu Zu-
Ive avvertì subito una vampata salirgli in gola, quasi a voler uscire e trasformarsi in un urlo.
Invece si limitò a guardarli nascondendo gli occhi sotto la visiera nera del berretto di stoffa.
Un uomo massiccio, un moccioso, due ragazzi e due ragazze, una di queste si comportava in modo un po’ infantile per i gusti della biondina, che notò come le due stessero attaccate ad uno dei due ragazzi.
Capelli neri, lunghi legati in un codino che toccava terra, abiti cinesi, pelle vagamente scura.
E occhi dorati.
Occhi dorati!!
Le pupille di Ive sembrarono assottigliarsi a quella scoperta, e subito la sua attenzione fu tutta per quegl’occhi.
Ambrati mischiati all’oro, profondi, lucidi.
…tristi?
No…
Erano gli occhi di un assassino.
Ive strinse i pugni, rimanendo però glaciale sotto l’occhiata lanciata da Mariam.
Bene…
Ci siamo…
Sotto lo sguardo poi di Ive, una terza ragazza si avvicinò al gruppo, Rei sembrò gradire l’arrivo.
-Ehi, hai visto? Chi è quella?-
-Forse la solita puttana di turno-
Mariam fu attirata dal commento dei due ragazzi, che la fecero soffermare sulla ragazza li sotto che parlava con Rei, non sembrava una puttana Humans.
Aveva corti capelli di un colore che sembrava biondo-arancio, portava gli occhiali ed era vestita di una tuta, accanto a lei si fece avanti un ragazzo biondo dai capelli lunghi, con berretto, lui aveva jeans e una felpa.
Stavano chiacchierando tranquillamente con il ragazzo dai capelli neri…
-Il ragazzo dai capelli neri…-
-E’ Rei Kon, il capo dei Bai Hu Zu-
lo sapeva, se lo aspettava.
Lo aveva immaginato un tipo carismatico e di bell’aspetto.
E dagl’occhi dorati.
La prima cosa che avrebbe fatto sarebbe stata cavarglieli.
Un boato provocato dai tifosi la stordì un attimo, mentre i due ragazzi si stavano allontanando da Rei, che li saluto con una stretta di mano.
-Chi erano?-
-Non lo so, ma di sicuro erano persone importanti. Forse qualche gruppo che si vuole unire ai Bai Hu Zu-
Ive annuì, Mariam li seguì con lo sguardo, li aveva gia visti da qualche parte, ma non lo ricordava.
Li vide raggiungere un bestione di colore e poi in tre svanire tra la folla.
La tentazione di seguirli era forte, ma lanciò un’occhiata ad Ive, che aveva incrociato le braccia e seguiva apparentemente la corsa.
Nel frattempo, Lai stava parlando a Rei.
-Allora, ti hanno detto qualcosa?-
-Niente d’importante, ma ho saputo che sta meglio, forse si farà vivo tra un paio di giorni-
Lai annuì, mentre Rei sembrava più sereno dopo quella chiacchierata, ed osservò Mao tifare più scatenata che mai alla moto che passò li vicino, mentre Salima era li vicino a Rei in silenzio.
I capelli rossi accarezzavano anche parte del seno, mentre la ragazza tranquillamente tastò il sedere del ragazzo li vicino.
-Stasera ti diverti con me?-
Rei gli sorrise con fare divertito, mentre la mano morta di Salima si spostava e liberava gli occhi da un ciuffo rosso, lo sguardo torno sugl’occhi ambrati di Rei.
-Allora?-
-Adesso vedremo. Se vince la mia moto festeggeremo-
Salima sorrise, sapeva benissimo che i questo caso la serata era assicurata.
Rei era suo, certo era più in basso rispetto a Mao.
Ma comunque Rei era suo, apparteneva a lei.
Solo lei poteva avere il privilegio di andarci a letto, dopo di Mao.
E quindi era naturale che facesse di tutto per cacciare via tutte quelle che vedevano come Rei un candidato perfetto.
“E’ mio…che bella questa parola…mio…”
Salima accarezzò con un dito la guancia di Rei, sorridendogli, prima di tornare ad osservare le corse.
Nel frattempo, la ragazza dagl’occhiali prendeva una boccata d’aria dopo essere uscita da una folla soffocante che si era tutta avvicinata al pannello elettrico verde.
La raggiunsero poco dopo gli altri due ragazzi, il bestione di colore lanciava occhiate assassine, e tutti lo lasciavano passare intimoriti.
-Che fai Michael? Resti?-
il biondo annuì, con lui anche l’altro ragazzo.
-Resto anch’io. Va pure Emily-
lei annuì, avviandosi verso una strada poco trafficata e illuminata.
Meiko chiuse gli occhi, mentre spegneva un apparecchietto che era appoggiato al suo orecchio.
Aveva notato movimento nella zona Bai Hu Zu, e velocemente si era intromessa nella conversazione.
Lo schermo dell’apparecchio formò qualche scritta in codice binario, mentre lei sbuffava scocciata.
Takao li accanto intanto si era fatto prendere dalla corsa, e tifava più scatenato che mai.
Poi si ammutolì, mentre il suo sguardo si spostava.
Kei era ancora li.
Li con quel russo di nome Yuriy.
Li con quel ragazzo dai capelli rossi che gli era vicino e continuava a parlare questa volta con fare più intimo.
Takao cercò di evitare di guardarli ancora, ma era in qualche modo angosciato nel vedere quella scena.
Gli sembrava…così fastidiosa…
Eppure non doveva impicciarsi…
Però…


“KEI!!”


Uno sbalzo improvviso lo fece tremare, mentre si aggrappava al muretto di quella terrazza.
Una voce.
Un urlo.
La sua voce.
Un suo urlo.
Aveva urlato?
Quando aveva urlato?
Perché doveva urlare quel nome?
Cosa gli stava succedendo?

Takao sentì il respiro farsi per qualche secondo affannoso, mentre Meiko notava lo stato del ragazzo, e dallo schermo al suo orecchio apparve una serie di codici binari.

-Cucciolotto, stai bene? Vuoi tornare a casa?-
Takao guardò Meiko preoccupata che si era sporta verso di lui.
Lui scosse la testa, rimettendosi in piedi.
-Sto bene, sta tranquilla-
sorrise, mentre la ragazza annuiva, per poi avvertire l’apparecchio emettere un segnale potente, un segnale elettronico che la fece scattare.
Erano qui…
Di colpo, un gruppo di tifosi s’ammutolì, osservando una bomboletta di metallo lanciata da chissà chi che cadeva con un sordo tintinnio, attirando lo sguardo terrorizzato di Meiko, che fece in tempo ad afferrare Takao e a buttarlo giù.
-GIUUUU!!!-
un boato fece tremare la terrazza, con un’alta fumata e corpi che volavano con un’esplosione che mise in allarme tutti quanti.
-SONO ARRIVATI!!-
-VIA! VIA!!-
Dietro al fumo della bomba spuntarono decine di soldati di metallo, con in braccio fucile e occhi elettronici, che si misero a sparare a casaccio, mettendo in fuga tutti quanti, velocemente tutti scapparono in tutte le direzioni, mentre Meiko Prendeva Takao.
-Stai bene?-
-…-
il ragazzo annuì, mentre la ragazza lo scrollava un po’ e lo rimetteva in piedi.
-Adesso corri, vai via. Non fermarti per nessuno motivo-
-Tu dove vai?-
-Sta tranquillo, ci vediamo poi-
-NON ANDARE!!-
Meiko guardò stupita la reazione del sedicenne, aveva urlato si paura e aveva stretto la presa sulle braccia della ragazza, che gli sorrise facendogli un buffetto, spettinandogli la capigliatura.
-Non preoccuparti, me la caverò-
Takao la vide allontanarsi via senza riuscire a fermarla, e rimase impalato, finché la folla non cominciò a spingerlo via, confondendogli le idee.
-KEI!!-
la ragazza, intanto, era partita a correre, raggiungendo il fratello, Yuriy era ancora li con lui.
-Forza Kei, via!-
il ragazzo annuì, partendo a correre, mentre Yuriy lo osservava con fare scocciato.
-Quella ragazza è una spina nel fianco…poco male…andiamo Boris-
l’altro ragazzo annuì, seguendolo.
Sotto il loro sguardo un ragazzo osservava i ciborg sparare a destra a manca scatenando il caos.
Kei e Meiko raggiunsero un gruppo di ragazzi accerchiati, e Kei velocemente prese letteralmente fuoco, affondando le mani nei copri di Ciborg, mentre Meiko indicava una direzione sicura al gruppo.
-FORZA, SBIGATEVI!!-
sopra di loro, di colpo, caddero dei corpi di soldati, e la ragazza si lasciò scappare una risatina, Rei si stava dando da fare.
Infatti il ragazzo adesso con un balzo superava un soldato, e con un pugno spaccò il pavimento, che si alzò di colpo, restando a mezz’aria, mentre Rei osservava il soldato voltarsi e sparargli.
Il ragazzo si rifugiò dietro un masso in volo, per poi con un cenno della testa spingerlo verso il soldato, che fu travolto come altri ciborg dai proiettili mossi con la telecinesi dal cinese, che poi si allontanò con gli altri Bai Hu Zu.
-Stai bene Rei?-
-Si, ora corri Mao!-
-E dire che speravo in una serata divertente!!-
Salima corse via, mentre i ciborg scaricavano una pioggia di proiettili sui ragazzi, senza però colpirli.
Meiko e Kei nel frattempo sistemavano gli ultimi, il ragazzo lasciò morire le fiamme delle mani.
La ragazza sembrava cercare qualcuno.
“Quel coglione di Zeo, stavolta lo ammazzo!”
il ragazzo dai lunghi capelli verde acqua stava osservando la scena, muovendosi tra i Ciborg, osservando i vari feriti e morti che i suoi soldati avevano provocato con piccola esplosioni e varie scariche di fucile.
Si guardò intorno con occhi stanchi e opachi.
Non c’era niente di divertente…
Niente di divertente nel vedere quei corpi trapassati da proiettili, che sanguinavano quasi subito, anche dalla bocca usciva ogni tanto del sangue, mentre si accasciava a terra.
A terra, privo di vita.
Alcuni tentavano di alzarsi, di contrattaccare.
Perché?
Tanto il loro destino era gia segnato.
Sarebbero morti.
Questo era la cosa più giusta da fare.
Lasciarsi morire.
Non c’era niente di eroico in quello che facevano.
Nessun motivo li spingeva.
Perché allora cercare disperatamente di vivere, se ormai erano morti?
Erano strani.
Gli esseri umani, tutti, indistintamente, sanno di dover morire.
Eppure, quando devono morire, hanno paura, e fanno di tutto pur di sopravvivere ancora.
Perché aggrapparsi così ad una vita?
Gli hanno dato dei limiti, una scadenza, eppure non la vogliono rispettare, perché?
Zeo se lo chiese, mentre si avvicinava al corpo senza vita di un ragazzo, il sangue formava una pozza che si collegava ad altre li attorno, alcuni ragazzi si stavano alzando e si allontanavano.
-Perché vogliono vivere? Non c’è alcun motivo per restare in questo mondo…-
Zeo abbassò lo sguardo, mentre un ragazzo veniva preso a fucilate davanti ai suoi occhi.
-Tanto vale…aiutarli a morire…-
il ragazzo osservò quel corpo riversarsi a terra, formando l’ennesima pozza di sangue, lentamente i vestiti si sarebbero macchiati, il corpo, il viso, le mani, tutto sarebbe diventato rosso e bagnato.
E poi, chissà…
Chissà dove vanno quelli che muoiono…
Forse scompaiono…
Forse se ne vanno…
Zeo osservò ancora il cadavere, prima di superarlo, le scarpe candide ora erano macchiate di sangue di tanti Metamorfo.
I suoi occhi verde acqua si guardarono intorno, mentre avvertiva urla e grida.
-MEIKO!-
quell’urlo era il più vicino di tutti, e lo indusse ad alzare lo sguardo.
Una figura magra.
Un…ragazzo…dai capelli lunghi e legati, di colore blu…
Un ragazzo che gridava ad alta voce.
Un ragazzo…
Takao si era ritrovato in un inferno di morti e feriti, e urlando come un pazzo con le lacrime agl’occhi aveva iniziato a cercare Kei e Meiko.
Ancora…ancora una volta aveva visto la gente morire…
Ancora una volta vedeva del sangue, e ne rimaneva sconvolto.
Aveva visto alte fiammate apparire e svanire.
Ed era spaventato.
Doveva cercarli, doveva trovarli, doveva portarli via da li.
Non voleva che morissero!
Sarebbero morti, lui vedeva solo la gente morta!
E non lo voleva!
Per questo…e anche per troppa paura…avvertiva le lacrime fare capolino dagl’occhi, che stavano assumendo tinte blu.
-Dove siete! KEI! MEIKO!-
Si voltò ancora, e vide una figura bianca davanti a lui.
Un ragazzo, come lui…
Un ragazzo dagl’occhi chiari…
Takao s’ammutolì, restando immobile.
Zeo lo osservò colpito.
Perché non si muoveva?
Perché non lo attaccava?
Chi era questo ragazzo?
…i suoi occhi…erano di un blu intenso…
Grandi e chiari…
Lunghi capelli dello stesso colore…
Appariva…gracile…
…un ragazzo…che non l guardava con rabbia…o dolore…o paura…


voleva conoscerlo…
Zeo gli si stava avvicinando, quando un Ciborg li dietro lo teneva sotto tiro, pronto a sparare.
E Zeo gridò.
-ATTENTO!-
Takao si voltò in tempo, il Ciborg stava per sparare.
Fu istintivo.
Allungò una mano, e subito un vento fortissimo sbalzo via il ciborg, spazzandolo via e facendolo cadere dalla terrazza.
Meiko alzò lo sguardo.
Vento…

Socchiuse gli occhi…
Il vento…

Kei avvertì ancora quel sibilo, e subito partì di corsa,m raggiungendo la terrazza, dove ad accoglierlo c’erano un Takao ansimante e…
Zeo…
Il Ciborg umano…
Quest’ultimo osservò Kei che si avvicinava lentamente, superando il ragazzo, mentre una mano prendeva fuoco.
Si stava avvicinando a Zeo.
-Aspetta Kei!-
un'altra volta il sibilo, ma era forte, molto forte.
Tanto da assordarlo.
Takao si avvicinò al ragazzo dai capelli grigi, mentre Zeo velocemente si allontanava, lanciando però un’ultima occhiata al sedicenne…
…voleva conoscerlo…
Meiko li raggiunse, giusto in tempo per vedere la scena, subito afferrò Takao.
-Stai bene piccolo?-
-Si-
-Zeo ti ha fatto qualcosa?-
il ragazzo scosse la testa.
Si chiamava Zeo…
Intanto, Kei aveva spento la mano, e aveva lanciato un’occhiata glaciale a Takao, spaventandolo.
Non doveva più farlo, o sarebbe stato peggio per lui.
Il sedicenne si limitò a nasconder elo sguardo, colpito da quello sguardo, mentre Meiko si avvicinava.
-Forza, torniamo a casa, troppe emozioni…-
lui annuì, mentre Kei si era gia avviato, e Takao si lasciò scappare una lacrima sollevato.
Erano vivi.
Tutti e due.
E Yuriy non era con loro, non era con Kei…
Si sentì sollevato.
Mentre Kei avvertiva una strana sensazione.
Come se il vento stesse sfiorando la sua anima.
Si fermò.
Lanciò un’occhiata a Takao, che sembrava tranquillo.
Poi riprese a camminare.

(Ecco il nuovo capitolo, scusate se vi ho fatte aspettare! Un bacio a tutte le ragazze!
Kiss Kiss!
Meiko)

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Capitolo 5
*** Capitolo 4 ***


Capitolo 4


Zeo veniva preceduto dai pochi Ciborg sopravvissuti alla furia dei due Guardiani dei Settori Sud ed Ovest, alcuni di loro riportavano leggere lesioni soprattutto agl’arti e al collo, altri erano stati distrutti dato le loro condizioni precarie, sarebbero potuti esplodere durante il tragitto di ritorno.
Tanto vale eliminarli.
Come in quel momento…
-Numero 113 a rapporto-
il ciborg si fermo, e dopo che lo schermo della sua visiera si illuminò di scritte per il riconoscimento vocale, si voltò verso Zeo, che lo guardò con fare glaciale.
Allora…gli mancava un arto, liquido raffreddante gocciolava in una scia grigiastra argentata che veniva illuminata dai fari presenti lungo la strada che il gruppo attraversava, ora tutti erano fermi, in attesa di nuovi ordini, mentre il numero 113 usciva dalla folla semi illuminata dai lampioni, alcuni di questi erano rotti e non mandavano più luce, altri invece rilasciavano affascinanti cascate di scintille arancio bianche che i Ciborg attraversavano senza problemi, altri lampioni ancora aveva una luce bianca tendente al violaceo, che rendeva a strada ancora più fredda e poco sicura.
L’arto aveva anche i fili disconnessi che mandavano piccole scintille con scatti e ronzii che Zeo giudicò fastidiosi.
Il fucile non lo possedeva più, e un coltello era ben impiantato al centro del petto come una sorta di decorazione, alcuni movimenti del ciborg erano disconnessi, a scatti, come dei tic che avevano raggiunto ormai uno stato troppo avanzato per curare.
…Analisi completata…
Risultato: distruzione per malfunzionamento e impossibilità di riparazione.
-Spostati di venti passi dal gruppo-
il ciborg obbedì, e nonostante i movimenti disarticolati, si allontanò di trenta passi precisi, mentre Zeo tirava fuori dal fianco una pistola laser, non degnando nemmeno di uno sguardo il condannato a morte, che tuttavia non dimostrava la minima paura.
“Non possiede la capacità di comprendere che la sua vita è finita da questo istante, non possiede una mente, solo una specie di intelligenza artificiale programmata per combattere nello stesso momento in cui tutto il suo corpo è in modalità ON.
Per riposarsi, modalità stand-by, per le riparazioni, Arresto del Sistema.
Sono come macchine, esseri artificiali fatti di liquido raffreddante e circuiti.
Non possiedono che una memoria, nemmeno una scheda madre che possa conservare dati sulla battaglia.
Non conoscono e non apprendono.
Non hanno paura e non provano gioia.
…perché dovrebbero provare gioia?
Forse perché uccidono?
Si prova gioia nell’uccidere?
…questa domanda dovrei farla a Kiman…
Ma perché dovrei chiederglielo?
Perché sono curioso?
…”
non si diede una risposta, solo socchiuse gli occhi, e dalla sua mente riaprì la visione di un mondo blu, tutto blu e brillante.
Erano occhi…gli occhi di quel ragazzo…gli occhi di…
-Takao…-
mormorò tra le labbra quel nome, mentre alzava la pistola, puntandola con il braccio teso e rigido come una stecca di ferro, puntando esattamente sullo schermo del ciborg, e sparando un unico colpo che non vibrò sul suo braccio, tutto il suo corpo era rimasto immobile, come una statua futuristica.
Il colpo distrusse lo schermo del ciborg, che in mezzo di un secondo esplose, un gran botto che spazzò i capelli di Zeo, che osservò con fare apatico il gioco di fiamme azzurre che combattevano contro quelle gialle, in una sorta di danza che durò pochi istanti, ma che gl’occhi verde acqua del ragazzo memorizzarono, mentre si rinfilava la pistola in un gesto meccanico, voltandosi poi, attorno a lui adesso l’aurea dell’esplosione che però velocemente andava morendo.
-Andiamo!-
i ciborg ripresero la marcia, mentre Zeo li affiancava, illuminato a intervalli dai grandi lampioni sopra la sua testa, come una mano fredda ed elettrica che gli accarezzava i capelli senza però riuscire a rovinare la loro lucentezza e quel colore verde acqua, mentre gli occhi si chiusero, tanto quella strada la conosceva a memoria.

L’edificio che lentamente prendeva forma davanti ai suoi occhi aveva dimensioni spropositate, un palazzo alto più di un silometro tentava di toccare disperatamente un cielo senza luna e senza stelle, era troppo luminosa la strada intorno all’entrata dell’edificio, velocemente i ciborg entrarono nell’ingresso a porte scorrevoli, di colpo due telecamere posero la loro attenzioni sugl’invasori, mentre Zeo entrava per ultimo, dando solo un’occhiata ai piani che la sua vista riusciva a distinguere, il cielo blu e privo di qualsiasi luminescenza nascondeva nel suo buio i piani più alti.
La sua figura candida dalle scarpe sporche di sangue sembrava aver rapito l’attenzione di chiunque si trovasse li, persone o telecamere a circuito chiuso.
Era alto, forse un po’ troppo magro, ma in quell’uniforme appariva rigido e molto affascinante, con i lunghi capelli verde acqua lucenti e morbidi al tatto che accarezzavano la sia figura,il viso pallido e lo sguardo fisso davanti a se, gli occhi sembravano due specchi che riflettevano il viso di chiunque avesse posato lo sguardo.
Il suo passo era quasi marziale, le mani guantate scivolavano lungo i fianchi nella sua marcia verso l’ascensore, mentre i Ciborg venivano rinchiusi in delle specie di tubi di plastica, che poi li sparavano a tutta velocità in tutte le direzioni a seconda delle riparazioni che dovevano subire.
Attorno a Zeo, uomini e donne in camice bianco lo osservavano per qualche secondo, osservandolo in ogni più piccolo dettaglio, come ad esempio il taglio un po’ orientaleggiante degl’occhi, o per quella ciocca di capelli che copriva sempre uno dei due occhi, o anche il movimento leggero della pistola al suo fianco quando camminava.
Una delle scienziate sospirò, sembrava essere rapita da quella che secondo il suo parere era un’affascinante immagine.
-E’ proprio una splendida bambola…-
mormorò con fare sospirante, mentre Zeo ignorava il suo commento, entrando nell’ascensore ottagonale, il viso rivolto verso la vetrata che spaziava verso i confini Humans.
Humans…
Lentamente l’ascensore chiuse le porte metalliche con un scampanellare che per certi versi risultava sia allegro che fastidioso.
Zeo, a quel punto, si tolse un guanto, osservando la sua mano.
Le dita erano affusolate, e in generale la pelle era pallida e la mano era magra, molto aggraziata.
Si…era una bambola fatta molto bene…
Non c’era nemmeno un difetto in quella mano, in quei polpastrelli privi di quelle minuscole linee e pieghe che rendevano una mano a suo parere…viva…
Davanti a lui la città s’illuminava, e la vita scorreva come se fosse un giorno qualsiasi.
Era così…diverso rispetto al quartiere dei Metamorpho…
Davanti a lui c’erano macchine, c’erano persone che passeggiavano, chiacchieravano, che lentamente scomparivano, diventando sempre più piccole, come le luci di negozi e case, ora tutto il mondo appariva come una specie di costruzione per bambini, e le luci sembravano scomparire, mentre l’ascensore continuava la sua salita.
Ma neanche stavolta avrebbe toccato il cielo…
Osservò di nuovo la sua mano, constatando che si stava raffreddando…
“Eppure…non sono molto diverso da loro…
Ho un viso…ho un corpo…il mio corpo è totalmente ricoperto dall’involucro di nome pelle…
Ho capelli, occhi, ho un cervello…
Ma non sono umano…
Nelle mie vene non scorre sangue, ma impulsi elettronici e liquido refrigerante…
Non ho organi, ma una scheda madre e tutta una serie di cavi…
Dietro la mia schiena possiedo due collegamenti per lo stand-by…
Non ho cuore, e non ho un battito cardiaco.
Ma solo una mente che registra tutto ciò che faccio, che penso…
Un giorno, spieranno i miei pensieri…
E ascolteranno queste mie domande…
Ma fino a allora…io non saprò e non so nulla…perché nessuno potrà rispondere alle mie domande…
Perché sono stato creato? Qual è il mio scopo?
Sono uno Humans? O un Ciborg?
O magari sono un’ Experiment…
Non ho vita, mi hanno acceso quando ero gia in queste dimensioni, in questo corpo, in questa mente…
Non so dormire, mangiare, bere…
Non so cos’è il sogno, ne quei sentimenti che altri provano…
Perché li provano?
Perché hanno degl’organi vivi?
Perché hanno un cervello vivo?
O perché, dicono loro, possiedono un’anima?
Io c’è l’ho?
No, non credo…
Se avessi un’anima…forse…piangerei…
Ma il liquido refrigerante non può uscire dai miei occhi…
Io…non sono stato programmato per questo…”
Alla fine, il solito scampanellare, lo indusse a voltarsi e a rinfilare la mano fredda nel guanto che aveva ormai perso metà del suo calore, forse non aveva neanche posseduto calore…
Davanti ai suoi occhi, un’ombra fu illuminata da dietro da una luce elettrica forse più calda e accogliente di quella dei lampioni, ma sempre elettrica.
Lunghi capelli castano scuro nero con riflessi blu facevano risaltare la carnagione magra e pallida, gli occhi castani fissi sulla figura impassibile di Zeo, che osservò i jeans strappati e sporchi e la canotta, una pistola grande e pesante rischiava di rompere la cintura in cuoio e il filo spesso di tessuto che girava intorno alla vita sottile, le mani sui fianchi e lo sguardo tra l’infastidito e il divertito, una sorta di sguardo di sfida, come se gli dicesse “Vieni, fatti sotto!”
-Che cos’hai combinato, Zeo?-
il ragazzo non rispose alla domanda di Kiman, che se lo vide passare affianco, infastidita dall’atteggiamento apatico di quella bambola.
Lo afferrò per un spalla, decisa a farsi ascoltare.
-Ehi, ti ho fatto una domanda, robottino!-
la ragazza osservò con fare tra l’arrabbiato e l’infastidito il robottino, come lei lo chiamava di consueto. Odiava, odiava quelli come lui.
Lo trascinò con forza verso di se, i capelli di questo si alzarono dolcemente accarezzando il viso liscio…o quasi…
Una leggera scalfittura vicino all’orecchio non sfuggì agl’occhi indagatori di Kiman, che sorrise divertita, toccando con un dito il punto graffiato.
-Ma guarda, allora il robottino ha mostrato il fianco…povero piccolo, adesso il tuo paparino ti dovrà aggiustare…povero piccolo…-
…doveva lasciarlo stare…quando faceva così…accarezzandogli quella parte che ora era diventata iper sensibile…atteggiandosi da finta preoccupata…
Fastidio…un senso di fastidio che gli pizzicava dentro di se, un sentimento che suo padre gli aveva installato, così come gli aveva installato il rispetto, la conoscenza…l’obbedienza…cose che una macchina deve sapere e capire, senza fare domande, senza sapere perché deve essere così…
In silenzio, Zeo restava immobile, mentre Kiman lo guardava, adesso con un senso di fastidio e ribrezzo
. Odiava la gente come lui, odiava le persone che non avevano rispetto per lei, odiava lui perché con il padre, anzi, con il costruttore aveva rispetto, come un cagnolino, uno schifoso leccaculo.
Odiava, odiava tutto, tutto quello che le stava intorno, ormai non capiva cosa amava veramente.
No…una cosa l’amava ancora…anzi…qualcuno…
Ma lui non era li, non era li per lei.
E questo la faceva arrabbiare, la faceva arrabbiare molto!
E l’unico modo era sfogarsi su quel…
-Ammasso di rottami, sparisci dalla mia vista, o ti distruggo a proiettili…mi fai schifo, tutto qui mi fa schifo, e tu più di tutti-
Zeo socchiuse gli occhi, e lentamente si allontanò da Kiman, che tremava dal disgusto e dalla rabbia.
Le faceva senso quell’essere, così come le faceva impressione.
Non lo voleva accanto, non lo voleva tra i piedi!!
Rabbrividì al passaggio di quell’automa freddo e impenetrabile, facendo una faccia schifata e infastidita, per poi partire a passo svelto verso un corridoio occupato da fili elettrici, tubature, grate e altro, il cui sottofondo era un rauco e molto basso gorgogliare, come se ci fosse dell’acqua, ogni tanto usciva anche del vapore, e l’illuminazione erano delle lampade a parete molto potenti sormontate da delle telecamere che in quel momento osservavano con fare interessato i movimenti della ragazza, i capelli ondeggiavano silenziosi sulla schiena e in parte sul viso, accarezzando lo sguardo assente e l’espressione stanca, il silenzio si faceva sempre più pesante ad ogni passo, le scarpe producevano un silenzioso frusciare che però rimbombava in quei corridoi, mentre la pistola che ciondolava attaccata alla cintura tintinnava sbattendo contro una medaglietta appesa ad uno dei passanti.
Troppo nervosa…era nervosa…voleva essere lasciata in pace, voleva stare sola!
Odiava tutto quello che le stava intorno, era infastidita dalle persone, dagl’oggetti, da tutto ciò che il suo sguardo catturava e faceva affondare nelle iridi castane, il luccicare era solo il flesso dell’elettricità, ma in quegl’occhi non c’era niente.
Solo una vaga sensazione di perenne fastidio…e un prurito alle mani.
Si fermò un secondo, il ronzio dell’ennesima telecamera che la stava seguendo si fermò, la lucina rossa e la lente sembravano gli occhi interessati e incuriositi di qualcuno, che sembrava chiedere alla ragazza “perché ti sei fermata? Cosa ci fai qua? Chi sei? Cosa vuoi?”
Fastidioso!!!
Kiman digrignò i denti, e afferrò la pistola di colpo, sparando un colpo senza pensarci, colpendo la lente della telecamera che andò in frantumi, così come la lampada sotto esplose, il rumore risuonò a fondo diventando sempre più cupo e lontano, Kiman ripose la pistola, passandosi una mano tra i capelli.
Silenzio e solitudine, chiedeva solo questo.
O chiunque fosse passato davanti a lei sarebbe affondato nel suo sguardo.
Solo una persona aveva diritto di avvicinarsi a lei, di parlare, anche solo farle un cenno.
Lei si sarebbe sentita svuotata da ogni veleno, i suoi occhi per un istante avrebbero mandato luccichii felici, e il suo sguardo si sarebbe incollato a quella figura che si allontanava.
Una figura fredda, distaccata, ma chiara e nitida.
Come il gelo…
Come la neve…che cade tra le mani…ti gela le dita…e si scioglie, scivolando via, ignorando quello che gli hai fatto…
Kiman chiuse gli occhi, prima che un altro ronzio interrompesse il flusso dei suoi pensieri.
> Kiman, controllati. Capito?
-…-
non lo voleva sentire, non voleva rispondergli.
Chi era lui per decidere della sua vita? Di quello che lei poteva o non poteva fare? Chi si credeva di essere lui?
> Kiman, capito?
Molto fastidio…
La ragazza strinse i pugni e i denti, prima di mormorare con voce stizzita.
-Si-
> Bene, allora vammi a chiamare Kappa.

Kiman stavolta ripartì a passo svelto, voleva allontanarsi da li, non voleva sentire ancora quella voce che le chiedeva ripetitiva se aveva capito.
Non era stupida…
Non lo era mai stata…fin dalla prima volta che era arrivata li…a quel punto…
Quando stava per arrivare la fine del mondo…d’altronde, cos’altro poteva capitare al mondo?
Al mondo…
Una volta quello stesso mondo era stato ignorato da una società egoista, da menti egoiste, da uomini egoisti. Adesso tutti cercavano di riparare ad errori il cui stadio era irrecuperabile.
Tsk, banale…prima o poi sarebbe capitato…
Solo che…forse…era arrivato troppo presto…o forse…

Kiman si sistemò da un lato i capelli dietro l’orecchio, continuando a camminare, respirando in profondi respiri mentre raggiungeva una stanza senza porta, che dava praticamente su un’enorme stanza, piena di fili, cavi, computer, strutture elettroniche, schermi, prese e altro, sembrava di entrare dentro un cervello che pulsava di vita, eppure c’era il più totale silenzio, in più faceva freddo…
La ragazza si guardò intorno, evitando accuratamente di pestare qualche cavo, l’ultima volta c’era quasi rimasta secca.
Davanti a lei, una specie di guscio fatto praticamente di enormi cavi elettrici, alcuni anche aperti a mostrare fili di rame e altro che mandavano piccole scintille, illuminato di una luce fosforescente sul giallo-verdognolo. All’interno, quello che si poteva definire un computer umano.
La ragazza balzò davanti all’uovo, mentre alcuni cavi prendevano vita e si muovevano strisciando come serpenti sul pavimento in lastre d’acciaio, e si sentiva un “bip” continuo di sottofondo, mentre la ragazza stava ad osservare la scena.
Un ragazzo era racchiuso nell’uovo gigante, vestito solo di pantaloncini e una maglietta nera attillata a rivelare il corpo un po’ gracile, i capelli scuri spettinati.
E tanti fili, piccoli e grandi, che trapassavano la sua pelle, ce li aveva su braccia, mani, gambe, piedi, sotto la stoffa di maglietta e pantaloncini, nelle orecchie, sul viso, e uno anche in bocca, mentre gli occhi erano coperti da una specie di maschera.
Kiman l’osservò, lo aveva visto tante volte, e freddamente bussò sul guscio di vetro.
-Kappa, smettila di giocare! Vorkoff ci ha chiamato!-
di colpo, avvertì uno strisciare rapido, e un guizzo attirò la sua attenzione.
-Oh MERDA!-
balzò via, mentre alcuni cavi tentavano di afferrarle le caviglie, e si allontanò dal guscio, digrignando infastidita i denti.
-KAPPA! CONTROLLA LA TUA BESTIACCIA!-
i fili si mossero ancora, per poi calmarsi, mentre la luce nell’uovo si affievoliva, e il guscio si apriva, lentamente il ragazzo scese giù, i fili lo stavano abbandonando, uscendo da vene e sistemi nervosi e mettendosi al loro posto, alcuni penzolavano, mentre il ragazzino si rimetteva gli occhiali.
Kiman gli lanciò un’occhiataccia.
-La tua creatura non ha ancora imparato le buone maniere-
-Scusa, stava solo cercando di difendermi-
-Ah si? E chi ti vuole toccare?-
un’altra volta un grosso cavo si alzò dal pavimento con fare minaccioso, ma il ragazzino allungò una mano, accarezzandolo e calmandolo.
-Cerca di dosare bene le parole, non ti è bastata l’altra volta?-
-Non ti permetto di parlarmi così! E’ colpa della tua bestiaccia se per poco non ci ho rimesso la mano!-
-Beh, tu prima hai pestato dei cavi, e poi hai cercato di sfondare il guscio, mi sembra ovvio che lei stesse cercando di difendersi-
-Le dai il “lei”? Mica stai parlando di una donna…-
Kappa osservò Kiman, lui era più basso di lei di un paio di centimetri.
-Per me è come una persona…-
-Tsk!-
Kiman si allontanò dalla sala, mentre Kappa si voltava un attimo ad osservare il guscio.
-Torno tra poco-
senti un ronzio di risposta, e sorrise, un sorriso soddisfatto e contento, per poi uscire dalla stanza, i cui cavi sigillarono l’unica via di entrata e di uscita, e nella sala si sentiva solo l’eco del pulsare di tutta la macchina, che da sola controllava attraverso gli schermi i movimenti dei due ragazzi.
Rapidamente i due si allontanarono, ritornando davanti al grosso ascensore, le porte scorrevoli erano aperte per accoglierli e trasportarli velocemente in un altro piano, mentre ognuno stava in silenzio, alcun fili dell’ascensore si erano introdotti nel dorso della mano di Kappa, il ragazzino silenziosamente li lasciava fare, mentre Kiman teneva le braccia incrociate, la schiena si raffreddava sulla vetrata gelida, la ragazza ignorava totalmente la città illuminata, cosa che invece sembrava affascinar e il ragazzino.
Niente di vivo in quella città, Humans che cercano di far finta di niente, inseguendo una realtà dettata dalla loro stessa volontà, in una sorta di videogioco.
Gia…tutto questo sembra un videogioco…
Peccato che la cicatrice al fianco e quel piccolo taglio sul sopracciglio di Kiman non era finzione ne buon trucco.
L’ascensore si fermò qualche minuto dopo, qui i corridoi al contrario del piano precedente erano lindi e ordinati, illuminati da eleganti lampade e con una moquette rossa dove si soffocava ogni rumore o traccia di esso.
I fili dell’ascensore lasciarono andare il ragazzino, che affiancò Kiman che andava spedita verso un lungo corridoio bianco colorato solo da eleganti dipinti ad olio, l’unica cosa che le piaceva osservare, alcuni di questi poi erano molto belli.
Kiman però avvertì un’insopportabile stretta al cuore, mentre quei muri nella sua mente si riempivano di scritte rossi gocciolanti.
Il suo sangue, tutto quel candore le faceva uno strano effetto.
Aveva voglia di sporcare, macchiare quel candore, anche solo mettendoci una mano, quel bianco luminoso la faceva sentire ancora più sporca e colpevole di quanto lo era gia.
Il Kappa invece rimaneva impassibile, sembrava Zeo, ma alcuni suoi gesti delle dita tradivano il suo nervosismo, neanche a lui andava giù l’idea di incontrare Vorkoff, ma ci era costretto, perciò in silenzio andava ad adempiere il suo dovere.
La porta davanti a loro era gia socchiusa, intimandoli di entrare, una sala da un lato dava sulla città, l’intera parete era a vetrate, ed era buia, solo i contorni delle sedie e di alcune figure si potevano distinguere, un’ombra alta e massiccia stava osservando la città.
Balthez…poi c’era Vorkoff…e la terza ombra…
…Tsk, guarda chi c’era…
-Manca Zeo, dobbiamo aspettare lui e suo padre-
Kiman fece una smorfia, non le andava di aspettare, soprattutto di aspettare il robottino, mentre il Kappa si metteva comodo a sedere.

-Come ti sei procurato questo?-
le mani grandi e calde di Zagart passavano delicatamente a rassegna il viso di Zeo, constatando quel piccolo graffio vicino all’orecchio che un po’ rovinava la pelle del suo ciborg umanoide, una Intelligenza Artificiale perfetta da ogni punto di vista.
Era di aspetto fisico perfetto, così come perfetta era la sua AI, creata dal padre, a immagine e somiglianza di un figlio che non avrebbe più potuto amare.
E ora gli rimaneva quella creatura, la sua amata creatura, che ora si era rovinata, e questo…non lo sopportava…
Il ragazzo non rispose, limitandosi ad abbassare lo sguardo, mentre l’uomo gli alzava ancora un po’ il viso. -Beh, per fortuna hai solo un graffio, adesso lo sistemo-
-No!-
la risposta improvvisa di Zeo fece sussultare sia lui che l’uomo, il ciborg sentì di nuovo qualcosa invadere il suo cervello, un ricordo che la sua scheda madre conservava e che lo stava rimandando.
Profondi occhi chiari, lunghi capelli, corpo gracile.
E quel nome sulla punta delle labbra.
Takao…
Questa ferita…era stata procurata…da quel ragazzo…quella ferita…gliel’aveva inferta quel ragazzo…

-Per favore, lasciate stare, dobbiamo incontrare Vorkoff e il signor Balthez-
Zagart osservò la sua creatura parlare a testa china quelle parole, mentre la sua mente gli ricordava chi aveva davanti, un prodotto della sua mente di scienziato, non suo figlio, ma solo una sua copia.
Una copia…

“Papà!!”

Zeo osservò Zagart inginocchiarsi verso di lui, allungando una mano e accarezzargli una guancia e i capelli, parte della sua treccia si era sciolta, e lunghi ciuffi verde-acqua incorniciavano il viso liscio, gli occhi aperti osservavano con quello che si poteva definire stupore il volto sofferente di Zagart.
-Zeo…-
il ragazzo socchiuse le labbra, ma non uscì alcun suono, mentre lo scienziato si rialzava in tutta fretta, sistemandosi e voltandosi di nuovo verso il ciborg, che lo teneva sotto controllo.
-Andiamo, ci stanno aspettando-
-Si-

-Oooh! Lo scienziato e il nostro Zeo ci fanno onore della loro visita-
-Perdonate il ritardo, signor Vorkoff-
-Si, scusateci-
-Tsk-
Kiman si andò a sedere al suo posto, mentre Kappa osservava Zeo sedersi accanto a lui, e gli sorrise, un sorriso amichevole e tranquillo, mentre il ciborg lo osservava, facendogli solo un cenno del capo.
Alcuni fili da un pannello si avvicinarono a Kappa, penetrandogli nel collo, i nervi apparvero più evidenti mentre il ragazzo toccava i fili.
-Sta arrivando Yuriy-
-Bene, avvertilo di venire qui-
Kappa annuì, mentre altri fili si univano, andando a mettersi sulle spalle penetrando dalle maniche della maglietta, e Kappa si concentrava.
In quel momento Yuriy era entrato nell’ascensore, le cui porte si chiusero subito, senza però che questo turbasse nel il russo ne Boris, una voce uscì dal pannello di controllo dell’ascensore.
> Yuriy, Vorkoff ci ha convocati, c’è anche il signor Balthez
-Si, ricevuto-


Meiko sbuffò, mentre l’apparecchietto sul suo orecchio e il piccolo schermo che copriva l’occhio si riempivano di suoni e numeri, la ragazza li stava velocemente controllando tenendosi collegata con un filo al computer di casa, un semplice portale abbastanza potente.
Allora…i soliti bisticci, una gara, vendita e spaccio “Porcamiseria! Questi li sistemo io!”, scaramucce varie. Niente di nuovo nel settore.
Controllò velocemente gli altri settori, anche se non si aspettava tanto movimento a parte quello a Nord, di sicuro li c’era sempre qualche esplosione, ormai quel luogo era più una specie di formaggio a buchi che un vero e proprio quartiere.
…che noia…

?
…movimenti nel settore Est?
E quando mai?
Meiko batté velocemente qualche tasto.
-Collegamento telecamere Est-
> …permesso accordato
“Grazie!”
Meiko sorrise, mentre lo schermo del portatile si divideva in altri piccoli schermi, le telecamere del settore Est ora erano sotto il suo controllo.
Movimento…c’era del movimento…
…beccati!
Cinque figure, una più grande delle altre.
Dove stava andando?
Uff! Ci mancava solo degli Estranei!
Meiko vide codici binari sullo schermo del uso apparecchio.
Codici binari?
Che ci facevano Metamorfo in quella sezione di quartiere? A che scopo? Li non c’era niente!
-Suddivisione codici-
lo schermo del piccolo apparecchio fece un “bip” in segno di negazione.
Ne era solo uno, e gli altri cos’erano? Humans?
Ma allora erano Ribelli!
Meiko sorrise, un sorriso un po’ cattivo e triste.
Una buona occasione per spiarli, vediamo cosa volevano fare nella sezione Est
La figura più alta si guardò intorno, prima di alzare lo sguardo verso la telecamera che lo osservava.
“?! Mi ha beccato!?”
l’ombra la osservò, prima di sparargli un raggio laser fondendola, la schermata grigia fu una specie di rettangolo in una trapunta, mentre Meiko si tappava l’orecchio con l’apparecchio, aveva messo il volume alto senza volerlo.
“Bastardo! Mi ha fatto quasi diventare sorda! Ora li sistemo io…”
-Controllo sistema di difesa settore Est-
> …accesso negato, sistema gia in corso
“Beh, vorrà dire che starò a guardare!”
Meiko si mise comoda, mentre si toglieva l’apparecchio dall’occhio, che assunse con l’altro una tinta rossa-nera calda, la ragazza appoggiò il mento tra le mani, mentre il computer metteva a tutto schermo una delle telecamere principali, quella più vicina ai resti di quella che doveva essere la villa Kinomiya, una di quelle che parecchio tempo fa controllava la situazione nell’intero quartiere, non solo il settore Est.
Sembra che la villa sia andata bruciata per dei rivoluzionari Humans che on gradivano la politica pacifista tra Humans e Metamorpho della famiglia.
Non sembra esserci sopravissuti.
Non sembra…
Meiko sospirò, mentre vedeva le cinque ombra avanzare verso la villa, ormai ridotta ad un cumulo di macerie bruciate.
I cinque si erano avvicinati a quella che una volta era una porta, ora c’era solo lo scheletro dell’edificio, neanche più quello.
Meiko aguzzò lo vista, cercando di riconoscere uno degli Humans ribelli, non si sa mai, nel caso lo avesse visto da qualche parte.
I suoi occhi assunsero tinte chiare, mentre il più alto entrava nello scheletro pericolante dell’edificio.
“E’ matto! Tra poco gli crolla tutto in testa!”
Invece, la figura aprì una botola, e penetrò all’interno, mentre Meiko spalancava leggermente la bocca, il cuore gli si fermò di colpo.
Ma…cosa…cosa succedeva??
Velocemente le sue dita si mossero impazzite lungo la tastiera.
No, non così, non così!!
> Ricerca in corso, attendere…
-Sbrigati!-
> …dati non trovati
-Cosa??...va bene, non mi da altra scelta…-
Meiko velocemente s’infilò l’apparecchio, collegandolo ad altri fili.
-Connessione realtà virtuale-
> Connessione operativa, sistema on
Il corpo di Meiko s’immobilizzò di colpo, mentre gli occhi rimasero spalancati, le pupille si dilatarono fin a quasi coprire l’intera iride, mentre il computer elaborava velocemente lo schema lanciato dalla ragazza.
La figura virtuale di Meiko si materializzò immersa in una specie di griglia tridimensionale, il suo corpo era irradiato di luce, mentre velocemente si muoveva nella griglia, avvicinandosi ad un codice binario, ciccandolo.
Il codice si decompose, i numeri sembrarono esplodere, prendendo poi forma,di colpo si ritrovò in un vicolo sotterraneo semi-buio, c’erano alcune lampade a neon dalla luce chiara ma debole.
“Come fa ad esserci elettricità??”
Meiko si fece sempre più apprensiva, mentre si guardava intorno, velocemente una mano si appoggiò e venne inglobata da un muro, la sua figura l’attraversò, se c’era corrente elettrica c’era anche un computer che si muoveva.
Doveva scoprirlo, doveva metterlo KO ASSOLUTAMENTE!
Era molto rischioso entrare nella realtà virtuale, di sicuro la stavano osservando, ma non poteva permettere una cosa del genere.
Doveva restare tutto tranquillo, tutto normale!! Era ancora troppo presto!!
Allarmata la ragazza attraversò un altro paio di pareti, fino a raggiungere elettronicamente una presenza dentro una stanza, una specie di creatura digitale, una bolla di energia che sembrava avere la stessa struttura di una cellula umana.
Doveva essersi appena sviluppata.
Non poteva permetterlo…
Doveva infettare e distruggere quella cellula!!
Velocemente il braccio digitale di Meiko cambiò composizione, dati e codici modificarono la sua struttura fino a farlo diventare una specie di trapano.
“Ora sei finito, maledetto! Chiunque sia il tuo creatore farà una brutta fine!”
Meiko si avvicinò alla cellula in fase di duplicazione, doveva eliminarla prima che diventasse troppo numerosa! Qualcosa la bloccò.
Dietro di lei un parallelepipedo modificava la sua struttura, facendo comparire una serie di pistole a raggi laser. “Merda, un antivirus!!”
Meiko evitò per pochissimo un raggio laser, anche un solo graffio e sarebbe stata scannerizzata, riconosciuta e probabilmente eliminata!!
La ragazza evitò per pochi secondi un altro colpo, doveva distruggere anche l’antivirus, ma soprattutto quella cellula viva.
La ragazza evitò ancora qualche colpo, prima di rifugiarsi dietro una struttura a codici binari che venne presa d’assalto dall’antivirus.
“Merda merda merda merda!!”
la ragazza serrò le labbra, non poteva disconnettersi, doveva tornar indietro nel punto in cui era connessa, o non se ne faceva nulla!
Ecco il problema degli hackers, certi sistemi impedivano a quest’ultimi di uscire se non attraverso l’eliminazione.
E lei non era destinata ad essere cancellata da un parallelepipedo con raggi laser che sparavano a casaccio!
Meiko pregò in un miracolo, quando avvertì il parallelepipedo rivolgere la sua attenzione ad altro, attivando ancora una volta il sistema.
Un altro intruso?
…doveva approfittarne!
Velocemente la sua figura iridescente si scoprì, il braccio ancora sotto la forma di trapano, la cellula era ancora in fase di duplicazione.
La ragazza corse verso la cellula, e con un colpo secco penetrò nella barriera numerica, infilzando in pieno il nucleo della cellula, che scomparì in un codice a barre.
La ragazza si voltò, lentamente tutto intorno a lei si stava cancellando, così come il sistema antivirus, scoprendo che l’oggetto delle attenzioni di questo era un topolino, che di colpo in un guizzo di numeri e caratteri svanì.
Un bug?
Il Kappa…
Meiko chiuse gli occhi.
-Escape!-
la ragazza riaprì gli occhi, prendendo un profondo respiro, sullo schermo del portatile l’immagine dei cinque che fuggivano di fronte a duna barriera di cavi elettrici, mentre sotto la terra tremava.
“Bene, cellula Clandestina eliminata.
Però non credevo che il Kappa s’interessasse a questo tipo di faccende…”
La cosa le sfuggiva di mano.
…non aveva voglia di pensarci adesso!
Meiko si stiracchiò, spegnendo prima l’apparecchio all’orecchio e poi il computer, staccando tutti i fili, alzandosi e allontanandosi, guardandosi intorno, fuori faceva freddo, e probabilmente Kei era con Hilary, dopo l’incidente con Zeo era di pessimo umore, di sicuro la ragazza lo avrebbe aiutato a calmarsi, o avrebbe peggiorato la situazione.
Meiko sbuffò, per poi salire le scale verso la stanza di Takao, era curiosa di sapere come stava il ragazzino, dopo l’incidente della serata scorsa si era buttato a riposare, sembrava esausto.
La ragazza si tastò l’apparecchio che aveva messo in tasca, non sapeva perché, però voleva tenerlo con se, era curiosa.
Si capiva che Takao era un Metamorpho, e comunque lei lo sapeva, lo sapeva meglio di chiunque…
Comunque, voleva vedere come stava, forse stava ancora dormendo.
La porta della stanza del ragazzo era socchiusa, e Meiko sporse la testa, i capelli lasciati sciolti scivolarono via da una spalla.
Vuota.
Ma dov’era??
Takao in quel momento era dentro la serra della villa, attraverso uno dei tanti corridoi dove di solito si perdeva l’aveva scoperta, scoprendo anche che era ancora in buono stato!
Forse Meiko o Hilary se ne occupava, era piena di fiori e piante, c’era pure un albero di ciliegio e di arancio.
Fuori era ancora giorno, ma il freddo non penetrava attraverso gli spessi vetri della grande serra, mentre Takao si guardava intorno, inspirando i profumi che sentiva attorno a se.
Socchiuse gli occhi, fermandosi, concentrandosi.
Velocemente, una specie di brezza calda lo accarezzava, mentre le sue orecchie captavano dei rumori silenziosi, qualcosa che solo lui poteva sentire…
C’era un piccolissimo foro in uno dei vetri, il vento entrava ed usciva da li, portandogli anche rumori esterni.
Vediamo…passi…persone…musica…
Tutte quelle voci sconosciute, mentre il vento continuava a portare nuovi rumori.
…acqua…il vento tra le nuvole…i rumori della Città.
La Città…
Le case degli Humans… le persone, il chiacchiericcio…
Era tutto così diverso da quella realtà che il ragazzo conosceva…
Takao riaprì gli occhi, le iridi blu lentamente furono ricoperte dal colore castano scuro, mentre il ragazzo dai capelli blu si metteva seduto, seduto sotto quel grande albero di arance stranamente in fiore, mentre fuori un lampo illuminò per un istante il profilo del ragazzo, che sobbalzò, contando poi fino a sentire un rombo che fece tremare alcuni vetri della serra.
Pioveva…aveva cominciato a piovere…
Takao appoggiò la schiena al tronco dell’albero, qualche petalo al leggerissimo movimento si staccò, cadendo sulla maglietta e sulle mani del ragazzo, che osservò incuriosito i petali tra le sue dita, annusandoli.
Avevano un profumo buonissimo, e poi c’erano anche delle arance, evidentemente quell’albero aveva fatto i frutti in anticipo…o in ritardo?
Non si capiva molto, ma comunque erano buonissimi, dolci e al tempo stesso con un pizzico di aspro!
Takao, in quel momento, mentre sbucciava e si mangiava l’arancia, sembrava un bambino, un monellaccio dai capelli arruffati blu, gli occhi scuri brillanti e un sorriso allegro.
Era così raro vedere sorridere la gente in posti come quelli.
Cosa lo spingeva a sorridere?
Takao si pulì con la manica della maglia la bocca, ormai le mani e il viso sapevano di un forte odore di arancia, le bucce buttate in un cestino poco distante dall’albero.
Bene, e dopo aver riempito la pancia alla ricerca di Mei-chan!
Takao si mise le mani in tasca, rientrando dalla serra, i piedi avvolti solo dai calzini sembravano accarezzare il legno lucido del pavimento, la sua presenza era impalpabile, mentre si guardava intorno, gia sapeva di perdersi.
Poco male…tanto non aveva nessun altro posto dove andare…
Gia…se Meiko, Kei e Hilary non l’avessero preso, a quest’ora…in quel momento, probabilmente sarebbe stato ancora sotto criogenizzazione, senza speranze, senza sogni, vuoto…
E adesso…adesso sentiva il calore delle vene sotto la pelle.
Si, adesso stava bene, era felice…
Takao continuò a camminare, adesso stava semplicemente passeggiando senza una meta precisa, chissà dove sarebbe andato a finire…
Certo che quella villa era davvero grande!!
Takao continuò a camminare, mentre fuori il temporale si fece sempre più vicino, i lampi illuminavano la sua figura nel semi-buio, mentre i tuoni cominciavano a far tremare la casa, e Takao avvertiva chiaramente una insicurezza farsi sempre più vicina, mentre continuava a camminare, ascoltando il sottile rumore dei calzini sul legno leggermente scricchiolante per farsi compagnia.
Era spaventato, adesso lo avvertiva…
Le porte accanto a lui era tutte chiuse, probabilmente dentro c’erano stanze piene di polvere…o…vuote…piene di…
…di fiamme…
Takao sussultò, mentre avvertiva come una vampata bruciante accarezzargli il corpo…
Le fiamme…le fiamme…
Perché aveva così tanta paura del fuoco? Perché adesso sentiva il cuore battere così velocemente?
Perché quei ricordi confusi…perché…
La testa!
Un dolore improvviso spinse Takao e tenersi la testa fra le mani, aspettando che lentamente l’improvviso e acuto dolore andasse a calmarsi…
…la porta…
Il ragazzo si voltò, accanto a lui c’era una porta chiusa…
La porta…
Qualcosa collegato ad una porta, una porta che si apriva…
Era una porta grande…due porte…
E si aprivano…
Così come quella porta, alta ma piccola…si apriva…sotto la sua mano…
E davanti a lui…dietro quella porta…
Quella porta…
…cosa c’era?...

L’INFERNO
Gli occhi di Takao si spalancarono, mentre un ricordo illuminava il suo sguardo per qualche istante, e i suoi occhi assunsero ancora prepotentemente quelle tinte blu, davanti a lui uno spettacolo orribile…
No…non ancora…non adesso…

“Sangue…vedi solo sangue sulle pareti…
Non ci sono mobili ai tuoi occhi…tavoli…armadi…NIENTE!!
Solo…solo enormi segni di sangue, sangue che macchia…sporca…disegna a graffito…
Sangue rosso, colante…fresco…
Perché tutto questo sangue?
Cosa succede?
Anche…anche il pavimento è ricoperto, sembra una lago…
E in questo lago…in questo lago di sangue…i tuoi piedi si sporcano…come i tuoi vestiti…
Sono sporche anche le tue mani…
Hai paura?
Si…hai tanta paura di tutto questo sangue…
Puoi piangere…ma le tue lacrime si tingeranno di rosso…e sarai più sporco di prima…
Osserva…guarda bene davanti a te…
Davanti a te c’è un cadavere…
Una testa…dagl’occhi spalancati…la testa di un bambino…
No…non l’hai ammazzato tu…ma ora tutto di te è imbevuto del suo sangue…come un battesimo…
Intorno alla testa…il collo…i polmoni…lo stomaco…l’intestino…le gambe…tutto fatto a pezzi…
E il cuore?
Pestato…ora c’è solo un cuore fatto di poltiglia…non sembra neanche un cuore…
In mezzo a quella parete di sangue…solo fiori bianchi…
…crisantemi bianchi…che ironia…
vero?”


Takao ansimò, cadendo in ginocchi odi fronte a quella stanza vuota e piena di polvere, gli occhi spalancati minacciavano di lacrimare…
No…basta…non voleva…
NON VOLEVA VEDERE LA GENTE MORIRE!!!
Era visibilmente sconvolto, e a malapena si rialzò in piedi, barcollando, dal respiro che lentamente andava a calmarsi, non aveva pianto, aveva smesso da tempo…
Perché anche se avesse pianto…non sarebbe servito a salvare la prossima vittima…
Takao si strofinò gli occhi con la manica, calmandosi, anche se si sentiva decisamente a pezzi…
Voleva…voleva dormire…

Un altro tuono…il rombo non riuscì però ad attutire il rumore che Takao sentiva…non troppo distante da lui…
Qualcuno…respirava…in modo ansante…
Chi c’era?
Kei?
Lentamente, la curiosità del ragazzo spinse i suoi passi verso la stanza, la cui porta socchiusa sembrava quasi un invito ad entrare…un invito…
Quel respiro, sempre più vicino…sempre più chiaro…
Il suo cuore tremava, la paura lo assaliva, mentre i suoi occhi mantenevano le tonalità azzurre, quasi come se un’altra entità avesse preso il suo posto…
Attorno a lui come una sottile aura che trasportava alle sue orecchie quei rumori, quei suoni che lo facevano tremare sempre di più ad ogni passo…
Lentamente, aprì di più la stanza, e sentì un soffocato gemito, un gemito di femmina…

Takao entrò silenzioso nella stanza, restando nell’oscurità, ogni suo passo era diventato improvvisamente silenzio, mentre i suoi occhi erano alla ricerca nell’oscurità delle sorgenti di quei suoni…che lo faceva pietrificare…
Nemmeno una candela accesa…solo un letto…le cui zanzariere rendevano ancora più irriconoscibili le due figure strette insieme, una grande, robusta, che sembrava sottomettere l’altra, piccola e insignificante allo sguardo di Takao, che rimase dall’altra parte della stanza, appoggiato alla parete…
Un lampo li illuminò…
Un viso tatuato…
Un sobbalzo al cuore, come se un coltello lo avesse lacerato…
Piccole e delicate mani graffiavano la schiena di…
-Kei…-
non lo avrebbe sentito, ormai il ragazzo non era li, li davanti a lui non c’era Kei, ma solo un corpo che si fondeva con l’altro, quasi con rabbia, con violenza, mentre Hilary soffocava un altro gemito, ansimando, il suo respiro più affannato di quello di Kei, che la teneva stretta a se, quasi a volerla fondere con lui…
…a fondere con lui…
Ecco…
Takao non le avvertiva, non le sentiva…non sentiva l’urlo disperato del suo cuore che lo supplicava di andarsene da quella stanza…ne delle lacrime che scivolavano dalle sue guance…
Non capiva perché tutto questo gli facesse male…sapeva solo…solo…
Che…se avesse potuto…sarebbe morto la…
In quell’istante…

“KEI!!”

Ancora quell’urlo, e stavolta la figura in ombra di Kei si fermò, stupendo Hilary, mentre un altro lampo illuminava la scena.
E stavolta il viso di Takao nella semi-oscurità…si rivelava agl’occhi di Hilary.
-Kei, c’è qualcuno!-
il ragazzo, lentamente, stava voltando il capo…
“Non mi guardare…ignorami…continua ciò che stavi facendo…continua…”
la guancia…l’occhio…la pupilla…l’iride…riusciva a vedere ogni singolo dettaglio di quel viso…
“Non guardarmi…ti prego non guardarmi…”
il viso illuminato dall’ennesimo lampo, Kei…
E negl’occhi dardeggianti del diciannovenne…
Una magra figura, dai capelli lunghi legati blu, la maglietta a maniche lunghe, lo sguardo totalmente assente, le iridi blu che lentamente andavano a sciogliersi in calde lacrime…
“Non guardarmi, ti prego”
Kei lo osservò ancora…

“Due ragazzi si guardavano negl’occhi, divisi solo da una striscia di terra…”

Ah…
-Chi c’è?-
la voce di Hilary sembrò risvegliare Takao, che velocemente svaniva nel buio, partendo a correre non appena chiuse la porta dietro di se…
Aveva ancora le lacrime che scorrevano via, nonostante avesse smesso di piangere…
Scomparire…voleva scomparire…
Trovò la sua stanza, e vi chiuse dentro la porta, restando appoggiato, in attesa…
In attesa…
Ecco…
Il cuore gli saltò immediatamente in gola…dei passi…lo stava cercando!! Cercava lui!!!
Cosa avrebbe fatto? Che avrebbe detto?
…e se lo avrebbe picchiato?
Takao si guardò intorno, allarmato, il cuore nella gola batteva così forte da fargli male
I passi erano troppo vicini, troppo vicini…
Takao si appoggiò alla finestra, fuori pioveva, quando la porta si aprì.
Lo sapeva chi era…
Era Kei…
Takao ebbe l’istinto di vomitare dal terrore, voleva buttare fuori dalla gola il suo cuore, mentre lo stomaco gli doleva da impazzire.
Kei lo osservò di schiena, la gracile figura del ragazzo era quasi del tutto al buio.
Takao chiuse gli occhi, ingoiando a vuoto, e lentamente si volto, senza però guardare negl’occhi il diciannovenne dai capelli grigi e blu spettinati.
Takao aspettò, per poi sentire la porta chiudersi dietro le spalle di Kei.
Ancora la paura lo assaliva, ogni centimetro del suo corpo tremava terrorizzata…
Il passo di Kei, ad ogni colpo, si fece sempre più serrato.
Fu istintivo.
Si allontanò, ma questo spinse Kei ad accelerare, per poi con un balzo raggiunger ei ragazzo, afferrargli i polsi e sbatterlo sul muro accanto alla finestra.
-Ah!-
Takao si lasciò sfuggire un gemito di dolore, mentre Kei lo guardava dalla sua altezza, il sedicenne era più basso di lui.
Kei era seminudo, con solo addosso un paio di pantaloni, la pelle chiara era quasi candida, e qualche goccia di sudore scivolava ancora, ogni singolo muscolo dei pettorali e addominali era sull’attenti.
-Che cosa ci facevi nella mia stanza?-
il tono era gelido, come una lama che trapassa un corpo caldo, tagliandolo.
Kei velocemente racchiuse in una delle sue mani tutte e due i polsi sottili di Takao, il ragazzo era in trappola!
Voleva scappare…eppure…
Eppure…andava bene anche così…anche se adesso lo avrebbe picchiato…
Andava bene anche così…
Kei, nel frattempo fece una piccola smorfia.
Quel sibilo…lo aveva sentito nella sua stanza, mentre hilary si tratteneva raggiungendo l’orgasmo, e lui non provava assolutamente nulla.
Era solo frustrato…
Poi quel sibilo…la sensazione di due occhi che lo osservavano…e un profumo di arance…
Poi la conferma di Hilary…e quel sibilo che diventava un fischio sottile…
“Non guardarmi…”
sentiva solo questo provenire dalla mente di quel ragazzo, che lo osservava…con dolore…quasi come se l’avesse tradito…
Come si permetteva quel moccioso?!
Kei afferrò con una mano il mento di Takao, stringendolo e sollevandoglielo, in modo che adesso quegl’occhi diventati castani lo fissassero senza potersi staccare.
Quel profumo di arance lo stava ipnotizzando, ma il suo sangue era più freddo del ghiaccio
-…allora…?-
Takao si era ammutolito, quando aveva incontrato gli occhi di Kei.
Rossi…come quel sangue…come quel fuoco…
NO! NO!
Kei approfondì lo sguardo, mentre la mano dal mento scivolava verso il collo, accarezzandoglielo in modo sensuale, e penetrando nella sua mente…
Ancora quella barriera di vetro, ma stavolta lo vedeva…vedeva il viso del ragazzo osservarlo…con stupore…e paura…
Tanta paura…attraversava ogni singolo secondo tra i due, mentre Takao restava rinchiuso nella sua barriera di vetro, e la man odi Kei si spostava dal collo alla guancia, per poi scendere di nuovo, osando andare sotto la maglietta.
Era calda…la mano di Kei era calda contro la pelle liscia di Takao…
…calda…e piacevole…
Ma…
Kei sferrò un pugno contro la parete, crepandola…per poi…pero poi richiamare a se le fiamme, che avvolsero in parte il suo corpo, e come proiettili abbattere il muro di vetro di Takao, che sobbalzò, gli occhi castani si fecero di un azzurro immenso.
-NOOOO!!-
l’urlo della mente raggiunse la gola, e svegliò Kei, mentre Takao si dimenava dalla sua mano, ora quel contatto, quella mano sulla sua pelle sembrava fargli ribrezzo, schifo…
E stava facendo scivolare lacrime di terrore…
-LASCIAMI, LASCIAMIII!!-
una ventata sembrò voler tagliare il corpo seminudo di Kei, sbalzandolo via, mentre Takao si accasciò a terra, tremante, in quel momento apparve fragile come un bambino.
Kei lo osservò, in silenzio, con sguardo freddo e infastidito, mentre Meiko entrava nella stanza, con fare preoccupato e serio.
-…-
non disse una parola…semplicemente si avvicinò a Kei, che si era rialzato.
“Coglione, sparisci dalla mia vista, qui ci penso io”
“…”
“Mi hai sentito? Vattene”
Kei osservò la sorella, gli occhi di questa avevano assunto le stesse iridi di fuoco di lui, che silenzioso uscì dalla stanza, leggermente stanco, mentre Hilary lo osservava rientrare nella stanza, coprendo il suo corpo nudo con il lenzuolo del letto.
Meiko tornò a guardare il ragazzo, ancora in lacrime, che piangeva stanco, distrutto e sconvolto, le iridi di lei si colorarono di un dolce e gentile dorato scuro, mentre si avvicinava al sedicenne, prendendolo tra le braccia e stringendolo a se.
-Shhh…buono…buono piccolino…è tutto finito…adesso ci sono io…-
Takao annuì, anche se continuava a singhiozzare, gli occhi socchiusi tinti di azzurro, mentre ricordava la mano di Kei, gli occhi di Kei…le fiamme di Kei…
E soffriva…

(Solo un appunto! In Giappone i crisantemi sono di buon auspicio, mentre da noi sono i fiori dei morti)

Sopra di lei la pioggia sembrava non voler cessare, ma almeno i tuoni si erano calmati, avevano smesso.
Meglio così…
Non le piaceva la pioggia, tanto meno i tuoni…
Le davano…una strana sensazione…come di qualcosa che, ad ogni singola goccia di pioggia che in quel momento la bagnava…qualcosa si muoveva, con sempre più insistenza…
Mariam si limitò ad ignorare quella sgradevole sensazione…neanche questa volta avrebbe lasciato andare quelle emozioni, quell’istinto che fin dalla nascita non faceva che causarle guai!
Se gli humans la accettavano era solo perché lei era utile, non di più!
Si senti usata in quel momento, ma d’altronde era sempre stato così, quindi!
Lei era l’unica della sua famiglia ad avere quelle strane percezione, e le nascondeva…non voleva essere rifiutata, non voleva essere commiserata!
Fin dal prima istante che aveva conosciuto LUI, ogni occasione era buona per provare vergogna!
“Devi cavartela da sola, se vuoi stare con me”
poteva dirlo che non la voleva tra i piedi…che l’avrebbe usata…
Ed ogni giorno provava vergogna per piccola cose che faceva lui al posto suo…solo perché lei non ne era capace…
No, non lo sopportava!!
Non sopportava di vergognarsi, lei sarebbe stata la più forte tra i due, lei era la più forte, non avrebbe avuto più bisogno dell’aiuto di nessuno.
E quando questo accadde…lui se ne andò…
Lasciandola sola…con la perenne paura di provare vergogna di se stessa…di sentirsi debole e di aver bisogno di aiuto…
LEI NON NE AVEVA BISOGNO!
Se la sarebbe cavate benissimo…infatti se l’era sempre cavata benissimo…nascondendo la sua vergogna dietro il gelo, dietro il freddo…
Dietro quella che non era rabbia…
Ma era solo una paura ben truccata e mascherata, che giocava a fare l’attrice…
Ormai non esisteva più il vero riflesso di Mariam…c’era solo quello che lei voleva essere…
Ovvero una ragazza forte, indipendente, che non aveva bisogno dell’aiuto di nessuno…
Si…non aveva bisogno dell’aiuto di nessuno, non si sarebbe più vergognata di se stessa…
E mentre se lo ripeteva a memoria, la pioggia la bagnava sempre di più, fino al midollo, le sue nere pupille nel mare verde delle iridi si perdevano in mezzo alla tenda di pioggia, in quella zona pioveva di frequente.
“Forse è la volontà del guardiano!”
stronzate…
Mariam strizzò gli occhi, la pioggia sembrava farle versare lacrime false, per poi fermarsi, stupita.
C’era…c’era una figura…
Eppure…qualcosa le impedì…il suo istinto stavolta non le fece spostare la mano verso la pistola…
Tutt’altro…era tranquilla…in mezzo alla pioggia, osservando un’ombra li distante…
Eppure…avvertiva come una specie di brivido percorrerle la schiena…
I suoi passi la portarono verso l’ombra, che man mano si fece meno sfuocata…
Una figura…un ragazzo…un ragazzo più grande di lei…inginocchiato…che stesse male?
Non sembrava ferito…reggeva la giacca, la sua giacca, mentre s’inzuppava…
Capelli biondi zuppi che sembravano oro colato, pelle chiara e pallida, corpo magro…
Così simile…simile…identico…
“L’uomo d’acqua!!”
Mariam spalancò gli occhi, mentre il ragazzo solo ora notava la sua presenza, alzando lo sguardo.
Profondi occhi azzurri, dolci, tranquilli, tristi…tanto tristi, come quella pioggia…
-Ciao, ti aspettavo…-
Mariam socchiuse le labbra.
Aveva davanti il guardiano del settore Nord, colui che le aveva mandato “l’uomo d’acqua”, che si stava bagnando d’acqua proteggendo qualcosa…
Mariam, spinta da una strana curiosità che mai aveva avvertito, si sporse.
Era un piccolo batuffolo bianco nero, un cucciolotto dalle orecchie alzate, un volpino, che però restava immobile, guaedo dolcemente, asciutto.
Quel ragazzo stava proteggendo quel cucciolo…ma come…
-Come…-
-Cosa ci fa lui qui? E chi lo sa!-
Mariam fissò stupita i ragazzo che le sorrideva tranquillo, per poi vederlo allungare una mano verso il volpino, che gliela leccò agitando allegramente la coda, lasciandosi poi prendere in braccio, mentre il ragazzo sistemava la giacca in modo da tenerlo comunque all’asciutto.
Con una mano si spettinò i capelli fradici, era tutto bagnato, così come lo era lei.
E lei lo fissava sorpresa…
Avvertiva ancora quella strana sensazione sotto la pelle…eppure era spaventata…
No, stava mentendo, in quel momento non aveva la benché minima paura, mentre lui si voltava e le sorrideva…
-Vieni?-
-…dove?-
-Ma come dove? All’asciutto! Mica puoi stare qui sotto la pioggia!-
il ragazzo le sorrise, afferrandole la mano.
Fu istintivo, e con un gesto secco fermò il contatto.
Non voleva che la toccasse…non voleva…
Questo era un pensiero di lei Humans…eppure il suo io Metamorpho…aveva provato una piacevole sensazione, come acqua fresca…
Il ragazzo si limitò a sorriderle, gentilmente.
-Vieni-

(Ecco il nuovo capitolo! Scusate l’attesa!
Meiko)

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Capitolo 6
*** Capitolo 5 ***


Capitolo 5

Teoria di Parmenide

La Verità è qualcosa di unico, d’intero, d’immobile e d’ingenerato


Osservò con sul viso qualcosa che pareva l’ombra di un sorriso soddisfatto, sereno.
Terribile verso certi punti di vista.
Sotto di lei c’era il riflesso del buio, come uno specchio d’acqua, le sue vesti bagnate, così come la pelle delle gambe, la sua pozione seiza le faceva bagnare le ginocchia e la mani appoggiate, la superficie liquida era sottile, sotto infatti c’era una specie di pavimento.
Un pavimento in pietra, dal tocco delle dita poteva avvertire chiaramente delle incisioni.
Ma lei lo sapeva gia, sapeva gia che sotto di lei c’erano quelle incisioni.
Perché lei le voleva vedere…
Lei dominava i suoi sogni, spiava i pensieri degl’altri…comandava la volontà della gente in quel mondo oscuro, il suo mondo, un mondo perfetto, dove Caos e Ordine formavano un intreccio di fili colorati, alcuni si spezzavano, altri erano lunghi, lunghi a dismisura, altri deboli, altri spessi.
E quei fili, da quella trama, si spostarono ,avvolgendo il suo viso, il suo collo, i suoi capelli, le spalle, i vestiti, il suo corpo, mentre i suoi occhi socchiusi osservavano lo specchio d’acqua che la bagnava, i vestiti s’imbevevano di quel liquido chiaro e trasparente, che ora formava grandi cerchi che si allargavano all’infinito, l’unico luogo dove l’Infinito era una certezza, non un’illusione…
L’uomo s’illude, perché nei sogni i suoi desideri si avverano.
Chi controlla i sogni, controlla le loro menti.
E lei viveva nei sogni, lei li controllava, li spiava, e sorrideva, divertita, felice, triste.
Feroce.
Una delle sue mani si mosse, accarezzando uno dei caratteri incisi su quella pietra.
Il carattere s’illuminò, e subito dopo una tappeto di caratteri, simboli e altro s’illuminava, come piccoli fari, l’acqua diventava iridescente, davanti a lei si estendeva una via di piccole lucciole.
“La via si apre…”

Dopo queste cose ebbi un’altra visione e mi apparve una porta aperta nel cielo, e la voce che avevo udito prima,
come una tromba,
mi parlò di nuovo dicendo
<< Sali qua e ti farò vedere le cose che devono accadere in seguito >>
(Bibbia, Apocalisse 4, 1-2)

-Vieni a me…-
la sua voce era some il sussurrare di una madre affettuosa verso il proprio figlio, mentre dietro di lei si formavano caratteri elettronici fosforescenti, e una figura le si avvicinò, mettendole una mano sulla spalla. Sorrise, felice, appoggiando la sua piccola mano su quella della figura dietro di lei.
-Sono felice che tu sia qui!-
i suoi occhi neri si aprirono, davanti a lei immagini di un soffitto bianco, una tenda bianca, un apparecchio bianco, un letto bianco, tutto era bianco, candido e sembrava delicato, pronto a rompersi al minimo leggero tocco.
Accanto a lei la figura sorrideva, tenendole delicatamente la piccola mano tra le sue grandi.
-Come non avrei potuto farti visita, amica mia?-
sorrise, era felice…
Gli aveva fatto visita, erano rare le volte che lo faceva, e di sicuro non si sarebbe fermata.
La figura sorrideva triste, stringendogli la mano.
-Come stai? Perché i tuoi sogni sono sempre privi di luce?-
la bambina non smise di sorridere, scuotendo delicatamente la testa.
-Perché sono momenti in cui non c’è molta luce-
-Vuoi vedere il sole?-
-SI!-
la bimba sorrise entusiasta, afferrando anche con l’altra piccola manina quella più grande della figura.
-Si, fammi vedere il sole ancora una volta!-
le piaceva il sole, era così caldo e luminoso.
Caldo…non sapeva se era caldo, ma di certo faceva tanta luce, tantissima per gli occhi della bimba, per quegl’occhi a mandorla neri, neri come il buio in cui lei era sempre immersa.
Immersa come nei suoi pensieri, in cui la figura a stento riusciva a penetrare.
Ormai…diventava sempre più lontana, troppo lontana, ne perdeva il controllo…
In quel momento, però, la figura chiuse gli occhi, stringendo tra le sue mani quelle della bimba, che a sua volta chiuse i grandi occhi neri, per poi riaprirli, illuminata da un fascio di luce che l’accecò per qualche secondo.
Il sole!
Un sole grande, bello, luminoso, accecante…
…distante…freddo…
…crudele…
La figura osservò la bambina, accanto a lei gli teneva con la mano due dita, e osservava il sole con aria un po’ sconsolata, triste…malinconica…
-Qualcosa non va?Non ti piace più il sole?-
la piccola osservò la figura con fare triste.
-E’ solo…che è freddo…io non avverto il calore del sole…non so com’è fatto veramente…non so quanto è caldo…e poi…io un giorno non vedrò più il sole…-
diversa…era così diversa dalla creatura di buio che incontrava nei sogni, era così diversa da quell’essere che le mostrava i sogni di qualsiasi essere umano, che fosse Humans o Metamorpho, in qualche modo tutti i sogni si assomigliavano.
E questo un po’ le faceva paura…
In quel momento poté solo osservare la bambina, mentre questa rigirava, il sole come la spugna bagnata su una lavagna veniva cancellato, non ne restava neanche l’alone di presenza splendente, e tutto il suo mondo ricadeva nel buio, quel buio angosciante in cui lei passava le ore nella sua vita.
-Non ti piacerebbe uscire da questo posto?-
-…no, io so com’è fatto il mondo…e come lo devo distruggere…-
ecco, ci siamo…
Spirali d’aria ora avvolgevano la figura di bambina, quei fili l’afferrarono di nuovo e avvolsero il corpo, il collo, i capelli, il viso, come una sorta di decorazione per qualche cerimonia religiosa.
Gli occhi neri della bimba tornavano a fissare quel pavimento in pietra, illuminato, luminoso di lucciole, i piedi bagnati d’acqua, adesso preferiva stare in piedi, mentre la figura in silenzio stava guardare.
Quattro figure apparvero nell’oscurità, quattro statue, quattro sigilli, da cui però provenivano rumori, un rumore basso, un rumore ritmato.
Battiti…quei sigilli erano vivi…
Quello era…il battito della vita dei sigilli…
La figura si avvicinò alla bambina.
-Yestind…-
-Vergine Madre…figlia del tuo figlio, umile e alta più che creatura…termine fisso d’etterno consiglio…-
entrambi le mani della bambina si alzarono, e i sigilli cominciarono a brillare, fino a incrinarsi, davanti agl’occhi della figura i sigilli si frantumavano, lasciando cadere i resti in pietra, rivelando come delle figure, delle persone…
La figura annuì.
-La madre ha voluto che si risvegliassero le sue creature, quattro dei suoi figli-
la bambina non rispose, mentre i sigilli andavano perduti, si frantumavano, piccole crepe aumentavano fino ad infrangersi in un rigoroso silenzio, i loro resti venivano lentamente inglobati dalla roccia sotto lo specchio d’acqua, che formava tanti cerchi ampi e delicati, mentre le figure si racchiudevano in se stesse in posizioni fetali, una di esse nascondeva se stessa con un ampio mantello, tenendosi comunque in posizione fetale, mentre le altre dopo un po’ si rivelavano agl’occhi delle due figure li distanti, Yestind abbassò le braccia, mentre la figura stava a guardare con aria pensierosa.
-Qualcosa ti turba?-
-…si-
la bambina osservò la figura rispondere alla sua domanda, per poi tornare a fissare le altre figure, la quarta ancora chiusa nella sua posizione ,anche se il mantello lentamente sembrava scomparire.
-Non dovresti essere turbata. Non è questo quello che volevi? Quello che volevamo?-
la figura osservò la bambina, il viso infantile mascherato da un’ombra di tristezza e paura.
-Non è questo ciò che è giusto?-
la figura annuì.
-Si, è giusto così…però…-
-Temi per chi?-
-…per loro…-
il mantello della quarta figura svanì, mentre questa lentamente si metteva in posizione eretta, nascendo il viso con le mani, dalle guance però si poterono vedere rivoli di lacrime.
-Non è questo quello che vuole, ne quello che vogliono gli altri-
-Ma ormai è stato deciso. Io devo distruggere la Madre, e loro distruggeranno il Male…il Caos dominerà, poi tornerà l’Ordine…e nascerà un nuovo Essere-
la bambina allungò una mano verso la figura, che si abbassò, come obbedendo ad un ordine sussurrato, la piccola e fredda mano di bambina accarezzò una guancia della figura.
-Non avere paura…amica mia…sorella mia…-
la figura annuì, mentre la quarta figura continuava a piangere, socchiudendo gli occhi.
Gli OCCHI

-Emily!- il biondo ragazzo fece accomodare Mariam dentro l’appartamento, in verità tutto il palazzo era disabitato, o meglio, abitato dal ragazzo, che adesso chiamava ad alta voce, liberando il piccolo volpino dalla giacca, il cucciolo scosse la testa infastidito dal tessuto e spettinato, la sua coda sbucava sotto la mano del ragazzo e si stava muovendo freneticamente, mentre il biondo gli sorrideva, accarezzandogli la testa e grattandogli dietro le orecchie.
-Emily, dove sei?-
-Max?-
sotto lo sguardo felice del ragazzo, una testa ramata fece capolino, due tondi occhiali nascondevano due iridi azzurre che guardarono la figura magra e fradicia del ragazzo, poi la nuova arrivata, anche se questo di sfuggita.
-Max! Ma sei fradicio! Che hai combinato stavolta?!-
la ragazza uscì da dietro una parete, la figura si avvicinò preoccupata a quella alta e fradicia del biondo, i capelli n parte appiccicati al volto incorniciavano di piccole gocce di pioggia le guance pallide, mentre gli occhi azzurri erano brillanti, e un sorriso tranquillo decorava il volto, aiutato dalle pochissime lentiggini presenti sul volto.
Il ragazzo allungò il volpino, che uggiolò allegramente, agitando la coda e attirando l’attenzione della ragazza, che sorrise divertita.
-Ma che amore!-
-L’ho trovato per strada. Possiamo ospitarlo?-
-E come dire di no ad un musetto così grazioso? Dai, lo prendo io, tu va a cambiarti, stupidone!-
come una sorellina Emily tirò una leggera pacca ad un Max imbarazzato e divertito, che ai allontanava, mentre una figura dietro di lui aveva assistito alla scena…con stupore…
Cos’era quella tranquillità, quell’allegria?
Era davvero quella la dimora del Guardiano del Nord?
Fin da quando aveva messo piede in casa, aveva avvertito un’aria calda e piacevole, che l’aveva sorpresa…a questa scenetta poi…
Dov’era la rabbia, il dolore, il fastidio? Dov’era la freddezza?
Dov’erano tutte quelle cose che aveva sempre avvertito in tutti questi anni?
…svaniti…spazzati via da un sorriso triste…e due occhi azzurri…limpidi come acqua…
Acqua…
Che però sembrava nascondere…non voleva rivelare qualcosa…
Mariam tenne d’occhio la ragazza di nome Emily, che si voltò verso di lei, sorridendole amichevolmente.
-Vieni, immagino che ti vorrai cambiare, sei fradicia!-
tenendo tra le braccia il volpino che si lasciava coccolare, la ragazza dai tondi occhiali accompagnò la S.H. nella sua stanza, indicandole con una mano l’armadio, poi affrettandosi a tirare fuori un’asciugamano.
-Tieni, prendi pure ciò che vuoi, anche se credo che ti sarà un po’ stretto di seno. Io non sono così prosperosa!-
una punta di divertimento in quelle parole, e Mariam le lanciò un’altra occhiata tra l’indagatore e lo stralunato.
Ma dov’era finita?
Cos’era tutta quella gentilezza non richiesta?
Perché sembrava di essere in un altro mondo, in un altro pianeta?
Perché tutto questo?
…che nascondessero altre intenzioni?
La ragazza dagl’occhi verdi osservò Emily allontanarsi, mentre un ricordo le tornò in mente.
Quella faccia non le era nuova…
Quella sera alla gara illegale…l’aveva vista! Aveva visto quella ragazza parlare con il Guardiano Ovest.
E con lei…
-Rick! Michael! Venite a vedere! Abbiamo un nuovo ospite!-
…ecco…ecco i componenti del Settore Nord…
Il settore peggiore in stato di degradazione e popolazione.
Ma tutto…era così diverso dal mondo esterno…era…confortevole…
Era così confortevole l’aria in quella casa…un buon odore proveniva da ogni singola stanza…e ogni sorriso che aveva ricevuto…era come se riscaldasse ancora di più quella casa.
Provava dolore.
Soffriva nel ricevere quei sorrisi non desiderati, quella gentilezza non richiesta.
Sentiva chiaramente una morsa che la stringeva.
Odiatela, non provate ad essere gentili con lei.
Lei è un mostro, un essere terribile…
Lei…è una Metamorpho…un essere orribile, un essere nemmeno paragonabile all’umano…
Non siate gentili con lei, o penserà di essere qualcosa che in realtà non è mai stato.
Mariam lentamente chiuse gli occhi, prendendo un profondo respiro, un odore dolce e rilassante penetrò nel naso e nei polmoni, mentre le sembrava di buttare fuori tutta la polvere e il fumo della strada, della città, del quartiere.
Osservò l’asciugamano che la ragazza dai tondi occhiali di nome Emily gli aveva dato, appoggiandolo sul letto.
Un color paglierino su un copriletto rosso.
Rosso…scuro… con sopra di segnata una fragola…che quasi non si vedeva…
Quel colore…
Perché c’era tutto quel colore?
Si guardò intorno, mentre i suoi occhi verdi memorizzavano la stanza.
Era spaventata…
Il grigio, il nero, il bianco, come una vecchia pellicola dei film muti…ora…ora si tingevano…come se qualcuno ci avesse buttato sopra una cascata di vernice.
I colori scivolavano giù lungo la pellicola, mettendosi ognuno al proprio posto…
E tutto adesso appariva diverso…
Era tutto colorato…
Persino…persino lei stessa…
Mariam si osservò a lungo, davanti ad un grande e rotondo specchio, pulito, senza crepe.
Lei…che fino ad allora aveva visto solo pochi particolare di lei, riflessi in schegge di vetro e crepe, ora si vedeva intera, integra, colorata.
Occhi verdi chiari.
Capelli neri lunghi.
Corpo magro.
Una pistola al fianco.
E tutta una serie di cicatrici su tutto il corpo.
Fu istintivo.
Afferrò l’asciugamano, iniziando a coprirsi, sfregandosi velocemente i capelli.
Le erano bastati una manciata di secondi.
Ed aveva sofferto abbastanza.
Non c’era punto o spazio di pelle che non fosse coperta da un taglio o da un ricordo indelebile.
Era scheggiata…
Era imperfetta…
Ed era forte…era coraggiosa…
No, non aveva bisogno dell’aiuto di nessuno.
Altrimenti…avrebbe solo provato vergogna per se stessa.
Perché non riusciva ad andare avanti.
Mariam finì di asciugarsi i capelli, rilegandoli nella alta coda, per poi afferrare le prime cose che le capitarono davanti dall’armadio di quella strana ragazza.
Erano tutti strani, basta.
Tutti strani, tutti strani!!
Non s’azzardò ad alzare lo sguardo allo specchio, troppo spaventata da quello che avrebbe visto, e velocemente uscì dalla stanza.
Un’altra stanza, un altro calore, un altro profumo…
-Ecco la nostra ospite!-
la voce allegra di Emily che all’inizio le dava un senso di fastidio adesso sembrava scaldarla, mentre si guardava intorno con aria fredda e con poca voglia di chiacchierare.
-Di certo è una di poche parole!-
-Dai Rick, lei non ci conosce!-
-Invece Emily, come lo chiamiamo il nostro nuovo arrivato?-
Mariam si voltò verso il ragazzo dai lunghi e legati capelli biondo scuro, un ciuffo nascondeva in parte un’occhio, non portava il berretto come l’altra sera, tra le mani reggeva il piccolo cucciolo, che agitava la coda nel vedere la ragazza dagl’occhi verdi.
-Chiamiamolo Zeta!-
-E che razza di nome è?-
-Perché signorino, tu cosa preferisci? Fuffi?-
-Non cominciate a litigare voi due!-
Emily cercava di fare da paciere, mettendosi in mezzo ad un ragazzo alto e grosso come un armadio e al biondino che gia si lanciavano occhiate di fuoco.
Mariam li osservò, mentre il cucciolo scivolò dalla presa di quello che si chiamava Michael, e avvicinandosi alla S.H. che lo osservava.
Da pulito le macchie sul pelo candido erano scomparse, e adesso c’erano solo due orecchie nere e la punta della coda di quel colore, il resto era un colore bianco misto ad un grigio perla.
Lo guardò, stupita di come quel volpino gli si avvicinasse, iniziando ad invitarla a giocare, agitando allegramente e saltando sulle due zampe, abbaiando festoso.
Gli occhi verdi si socchiusero, assentandosi.
Una mano lentamente su allungò, mentre la figura si piegava verso il piccolo, che tutto allegro si avvicinava e si allontanava giocherellando, agitando la coda.
E quando la mano fu nella posizione giusta.
Il piccolo si avvicinò, annusandola, per poi leccarla.
“Lui…non mi rifiuta…lui mi accetta così.
Gli piaccio così come sono…”
Mariam di fronte all’atteggiamento del cucciolo rimase come pietrificata, i suoi occhi si spalancavano, la bocca socchiusa tratteneva parole, pensieri, stupore.
“Così come sono…”
-Insomma!! Diamo un nome a questo cucciolo!-
la voce di Emily fu come una forte spinta, e la mano di Mariam si ritrasse di scatto, lo sguardo della ragazza si distolse da quella del cucciolo, che la osservò stupito di quell’atteggiamento, cercando di nuovo un contatto con la ragazza, che però adesso cercava di ignorarlo.
-Io ho un’idea-
Mariam alzò lo sguardo.
Da dietro le spalle di Rick (che per poco non ci muore d’infarto) spuntò la testa bionda di Max, che sorridendo si stava asciugando i capelli, indossava una felpa pesante, che nascondeva il fisico magro, il viso sorrideva come al solito.
Un sorriso tranquillo…un sorriso piacevole…un sorriso triste…
Triste…
Emily lo guardò.
-E sentiamo, come lo chiameresti?-
il cucciolo intanto aveva raggiunto i piedi di Max, che lo sollevò in aria, prendendolo poi in braccio.
-Wish-
…un rumore…
Leggero, delicato…
Come una goccia d’acqua in mezzo ad un grande lago…silenzioso ma percettibile, tranquillo, dolce.
Mariam osservò quel ragazzo aspettare un giudizio dagl’altri, Rick alzò il pollice verso l’alto.
-Si, mi piace!-
gli altri due annuirono, mentre Max sorrideva contento, per poi sollevare il cagnolino, che abbaiava, rimettendolo a terra.
-Allora Wish, vuoi giocare?-
il cucciolotto cominciò a sgambettare come prima, mentre Rick e Michael con Max in testa partivano all’inseguimento di quella piccola peste, mentre Mariam li seguiva con lo sguardo.
Era strano…tutto troppo strano…
Fino ad ora, cosa avevano visto i suoi occhi?
La verità.
La verità degl’uomini, dei Metamorpho, degli Experiment, della città, del mondo.
I suoi occhi avevano visto, le sue orecchie udito, le sue mani toccato, la sua bocca parlato, il suo naso sentito.
Ma ora tutto era diventato confuso.
Come se si cancellasse.
Tutto quegl’anni erano cancellati via…come lavati dall’acqua…
Acqua…che attraversava il suo corpo, acqua calda, bagnata, che la travolgeva, la accarezzava.
L’acqua, tanta acqua intorno a lei.
Acqua…
!!!
NO!
Mariam sbarrò gli occhi, avvertendo la sensazione di schifo e di brivido sulla pelle.
No, non adesso, non ancora, non più!!
Lei non era così, non era fatta così!!
Si strinse le spalle, tornando ad osservare la scena con uno sguardo gelido, soprattutto verso il biondino, che rideva divertito.
Perché l’aveva portata li?
Che cosa voleva da lei?
Che cosa nascondeva quell’espressione gentile?
E quegl’occhi?
Mariam lo osservò a lungo, studiando le sue mosse, il suo atteggiamento, lui.
Dietro a quegl’occhi blu…non riusciva a penetrarvi…
Una barriera, c’era una barriera che evitava qualsiasi contatto esterno…
Dietro quel sorriso…si nascondeva un essere avvolto nel buio…nel silenzio…
Nel dolore…
Mariam strinse gli occhi, le pizzicavano un po’, mentre Max afferrava il cucciolo, sorridendo allegro e coccolandolo.
Adesso basta!
Mariam si alzò di scatto, avendo così l’attenzione di Max, che le sorrise, lasciando il cucciolo nelle mani di Rick e avvicinandosi alla ragazza.
-Cosa c’è?-
-Perché mi hai portato qui?-
lo sguardo di Mariam era serio, freddo, tagliente…
Ma nulla…niente potrebbe tagliare l’acqua, che scivola tra le dita…
Scappa via dalle mani, ne restano i segni, ma poi scompariranno anche quelli, così come l’acqua scompare dalla vista.
E a quel punto, cosa si fa?
Inutile, era inutile tentare di fingere davanti a quegl’occhi.
Sembravano capaci di vedere ogni cosa.
E lei non voleva essere guardata.
“Non guardarmi.
Non voglio più vergognarmi di me stessa…”
Si guardarono ancora, Max sorrideva tranquillo, come se trovasse la domanda divertente.
O come se continuasse a nascondersi…
-Lo sai che non si risponde ad una domanda con un'altra domanda?-
il biondo sorrise, mentre Mariam stringeva i pugni.
Ma che faceva, la prendeva in giro?
Max la osservava.
Invidia…tristezza…
I suoi sentimenti che affondavano dentro le iridi azzurre, mentre le sorrideva ancora.
Si avvicinò, arrivandole all’orecchio, annusando il profumo di quei capelli, nonostante la pioggia avevano ancora un buon profumo…
-Ti ho fatto mia prigioniera…adesso devi fare tutto quello che voglio io…-
…cosa…
Mariam ascoltò senza fiato quelle parole, mentre Max sorridendo si allontanò, afferrandola per mano e portandola con lui, la ragazza all’inizio fece resistenza, progettando una possibile fuga.
Ma qualcosa la bloccò.
Una sensazione…come quando Max aveva dato il nome a Wish.
Una strana sensazione…familiare…
Max la trascinò con se, aprendole una porta e mostrandola una stanza libera, con un letto e un armadio vuoto.
-Qui starai tu. Per i vestiti chiedi ad Emily. Benvenuta Mariam…-
il nome?!
-Come fai a sapere il mio nome?-
il ragazzo la guardò con aria felice.
-Volevo conoscerti…e ho chiesto all’acqua di aiutarmi…-
e così dicendo, uscì dalla stanza, lasciando Mariam in piedi accanto al letto, a ripensare a quelle parole…

-Stasera ci sarà una festa nell’area Ovest, pare che Byakko abbia invitato Suzuaku-
a quella notizia gli occhi di Yuriy scintillarono feroci, mentre Kiman accanto a lui rimaneva indifferente, e forse anche schifata non solo per la presenza di Suzuaku alla festa di Byakko, ma anche per quello che stava guardando.
Kappa parlava a voce tranquilla, ma tutto il suo braccio, il collo e metà viso erano inglobati dai cavi elettrici, che pulsavano come se aspirassero la vita dal ragazzo, alcuni erano anche luminosi, piccoli e lunghi, erano spuntati da una parete, afferrando con delicatezza il ragazzo e penetrando dentro la sua pelle con estrema dolcezza, sembravano terrorizzati all’idea di fargli male, penetrando nei nervi, che adesso apparivano grossi e…disgustosi agl’occhi della ragazza.
-Mi domando come fai Kappa a sopportare quelle cose dentro la pelle…-
-Lui con i computer ha un rapporto speciale…proprio come me e Boris…o Kei…-
a quel nome Kiman fece un’altra smorfia, mentre Kappa riprendeva a parlare.
-…pare che ci dovrebbe essere anche Genbu, ma non è confermato…-
-Dove si farà la festa?-
Boris si era avvicinato al Kappa, alcuni fili lo stavano di malavoglia abbandonando, scivolando via dalla pelle, i fori di entrata svanivano velocemente grazie ad una droga di invenzione del ragazzo che aveva un effetto di rigenerazione sulla pelle…
Gli ultimi filamenti erano rimasti in parte sulla mano e sul collo.
-A quanto risulta dalle ricerche, è verso il centro della “città”-
-Di sicuro si tratta di una festa per mantenere i rapporti saldi con Kei…e magari anche con Genbu, se sarà presente alla festa…dopo la nostra ultima batosta mi domando se uscirà fuori di casa-
-Lo ha gia fatto-
Kappa si voltò verso un Yuriy che sorrideva divertito al ricordo della furiosa zuffa che lui aveva innescato contro Max, alla fine si era dato alla ritirata, ma il biondino era conciato veramente male quando lo aveva lasciato, un braccio sanguinante e parecchi tagli.
Che lotta! Aveva avvertito l’adrenalina attraversargli le vene, mentre sparava quei colpi che le barriere di Max bloccavano, quando aveva manifestato poi i suoi poteri, forse aveva esagerato…ma aveva avvertito quella sensazione fantastica di leggerezza, come dopo aver preso una potente droga come il Crack o l’anfetamina.
Si era divertito come un matto, anche se era ritornato malconcio, fare a pugni con Genbu non era una passeggiata!
Kappa intanto ignorava ciò che passava per la mente del Metamorpho russo, continuando a parlare.
-E’ stato visto in giro nel suo settore in compagnia di una S.H.-
Kiman, stravaccata sul grosso tavolo della sala riunioni alzò la testa dalla mano, i capelli un po’ annodati passavano tra le dita.
-Una Slayer Human? E chi è?-
un secondo cavo, iridescente, s’infilò sotto l’unico rimasto dietro al collo del ragazzo, che restò qualche secondo in silenzio.
-…S.H. Mariam-
-Ne ho sentito parlare, gira spesso in quella zona. Fa parte della pattuglia gli Scudi Sacri-
-Cacciatori di taglie-
-Non ci devono interessare, quelli sono affari di Vorkoff e del signor Balthez-
-Da quando lo chiami “signore”, Yuriy?-
il russo osservò con un movimento elegante della testa la ragazza li vicino, un ciuffo di capelli gli copriva l’occhio azzurro dalla brillantezza assassina.
-Da quando ho capito che la sua presenza e soprattutto i suoi Experiment si sono rivelati molto utili, Kiman, non fare domande stupide-
il “stupide” con quella voce suadente fece venire un brivido alla ragazza, che avvertiva il profumo fortissimo e freddo di menta del russo, i capelli rossi in parte legati in una coda, alcuni ciuffi che toccavano il viso.
Allungare una mano e afferrare quelle ciocche, per il puro gusto di sapere se erano vere o fatte di qualche prezioso tessuto.
Un suo inconscio desiderio Nel frattempo Kappa finiva di sistemare gli ultimi due cavi che scomparirono nella parete, mentre il ragazzo si massaggiava il collo.
-Comunque lo sai che cose del genere non dovrei farle Yuriy, soprattutto senza il permesso di Vorkoff-
-Parli proprio tu Kappa, che ti sei divertito a spaventare dei poveri ribelli penetrati nel settore Est?-
-Nel settore Est? QUELLA E’ ZONA MIA!-
Kiman scivolò di scatto via da tavolo, avvicinandosi a grandi passi verso il Kappa, afferrandolo per la maglietta bianca che portava.
-Perché non mi hai avvertita, stronzo!-
immediatamente dovette lasciare la presa, dato che alcuni fili eletrtrici la stavano attaccando, perforano le pareti e il pavimento in micidiali affondi pieni di scariche elettriche che la ragazza in una sorta di danza evitava, imprecando ad alta voce.
-CAZZO KAPPA FERMALI!-
il ragazzo obbedì, limitandosi ad alzare il dorso della mano e poi tutto il braccio puntando in alto.
Immediatamente i fili si rivolsero alla mano, che fu penetrata da un cavo enorme che copriva tutto il dorso, i fili più piccoli con i cavi più sottili penetravano nella dita e nel palmo della mano.
Kiman prese un respiro profondo, incazzata.
-Un giorno farò a pezzi la tua bestiaccia!-
-Calmati Kiman, in fondo tu li hai provocati, arrabbiandoti con il Kappa-
-Si, ma il settore Est è zona MIA!-
-Lo so, cosa credi?-
Yuriy si alzò in piedi, una maglia nera a maniche lunghe e a collo alto fasciava il corpo atletico e magro, c’era solo una croce d’argento come macchia, mentre una mano candida afferrava gentilmente una ciocca di capelli della ragazza, avvicinandosela agl’occhi ed osservandola.
-Per questo sono sicuro che Kappa non lo farà più, giusto?-
il ragazzo annuì, mentre i cavi scomparivano, e il pavimento e la parete venivano velocemente sistemati.
Kiman assaporò con gioia il contatto della dita di Yuriy tra i suoi capelli, il ragazzo stava giocando con una ciocca nera non troppo lunga.
Sembrava quasi riuscisse ad avvertire le gelide dita del ragazzo tra i singoli capelli, una sensazione che la mandava quasi in estasi.
-Ora calmati, Kiman-
-…si…-
era inutile, non ce la faceva…
Desiderava troppo quel tipo di contatto.
Ed ogni volta era una gioia, un’emozione talmente grande da non poter fare a meno che assecondare tutto ciò che il ragazzo davanti a lei chiedeva o voleva.
Yuriy sorrise divertito e gelido, lentamente lasciò che le dita si liberassero di quella ciocca nera, mentre si rivolgeva a Kappa e Boris, che per tutto il tempo era rimasto in silenzio seduto al suo posto.
-Bene, propongo di andarci a divertire anche noi, cosa ne dite?-
-Vuoi andare alla festa?-
-Andremo alla festa Kappa. Non mi va di lasciarti solo sommerso nel buio della tua stanzetta-
-Oh, come siamo gentili…-
Yuriy sorrise divertito al sarcasmo di Kappa, alcune volte da quella specie di statua uscivano momenti in cui si rivelava un ragazzo arrogante, altre volte come un tranquillo e timido ragazzino.
Ma molto spesso era solo una specie di macchina umana capace di fare cose strane…che però affascinavano Yuriy, che pensava sempre ad un modo per utilizzarle.
Kiman si avvicinò a Yuriy.
-E se per caso ci costringessero a portarci appresso anche la scatola di latta?-
-Chi ti ha detto che lo diremo a Vorkoff o a Balthez?-
Kiman sorrise, un sorriso divertito, mentre Yuriy annuiva, avvicinandosi poi a Boris, mettendo una mano sulla spalla del compagno.
-Abbiamo faticato tanto in questi ultimi tempi, ci meritiamo un po’ di svago, no?-
nessuno lo contraddì, del resto, a parte Kappa, Kiman e Boris lo avrebbero seguito dappertutto.
Lui in quanto suo amante, lei in quanto sua bambola.
Una bambola assetata di sangue e di sesso, affamata di quel ragazzo, che la utilizzava e ci giocava come gli andava.
Solo il ragazzo dagl’occhiali e dai capelli corti castani evitava il contatto con il gelido Metamorpho.
Per lui esistevano solo due cose.
I suoi computer…e la sua “donna”…se così si poteva chiamarla…

Quando Takao si svegliò, si guardò attorno con lo sguardo tra lo spaventato e il preoccupato.
No, era nella sua stanza, sul suo letto, aveva dormito…
Aveva pianto, aveva pianto tantissimo.
Si era stretto a Meiko, troppo sconvolto per parlare.
Ancora, ancora quella terribile sensazione sulla pelle.
Quelle fiamme negl’occhi, quei rumori nelle orecchie, come un continuo sottofondo.
La ragazza lo aveva stretto a se, lasciandolo sfogare.
E lui avvertiva…avvertiva la sua pelle bruciare in quegl’istanti, quando la mano di Kei aveva sfiorato il suo collo, penetrando sotto la maglietta.
Era come se fosse stato marchiato.
E quegl’occhi rossi.
Ne aveva il terrore, era terrorizzato da quegl’occhi.
Rossi come il sangue, come le fiamme!!
NON VOLEVA VEDERLI!! NON VOLEVA VEDERLI!!
Aveva urlato di non voler vedere più quegl’occhi, ne aveva troppa paura, un terrore che lo scuoteva in tutto il corpo, mentre la ragazza si era limitata ad annuire, stringendolo di più a se, lasciando che pian piano si stancasse e che si addormentasse.
Ed ora era li, sdraiato sul letto, nascosto dalle leggere ed eleganti zanzariere bianche, lo sguardo perso nel tessuto bianco che nascondeva e imbiancava il mondo attorno a lui.
Il copriletto era tutto sgualcito, doveva avere avuto un sonno movimentato.
Adesso era li, immobile come una statua, ad osservare sopra di se…niente…
La sua mente era vuota, la sua testa era vuota, il suo corpo era rilassato, le gambe leggermente piegate verso il pavimento, supino, i capelli sciolti formavano un’aura spettinata blu.
E il silenzio…che gli fischiava nelle orecchie.
Socchiuse lentamente gli occhi, fino a chiuderli del tutto, mentre lentamente la patina azzurra ricopriva quella castana delle iridi, attorno a lui fu come se si spegnesse qualsiasi tipo di luce, velocemente un’ombra oscura ricoprì tutto ciò che era visibile ad occhio nudo, mentre lentamente il ragazzo riapriva gli occhi, alzandosi con lentezza e quasi con fatica dalla sua posizione, mettendosi seduto, guardandosi intorno.
Era tutto buio, così come buia era la sua mente.
Non ricordava niente.
Sapeva solo…che era accaduto qualcosa di molto triste…
Qualcosa che lo aveva scosso…
Qualcosa che lo aveva distrutto di se, lo aveva spaventato a tal punto da farlo andare in mille pezzi.
Pezzi…di vetro…
Dal nulla apparvero tanti pezzettini piccoli e grandi di vetro, formando una circonferenza attorno a lui, che rimaneva immobile, i capelli si alzavano dolcemente alle carezze di una brezza che proveniva da davanti a se.
Una lontana sorgente mandava mani delicate ad accarezzare il suo volto e i suoi capelli, che lentamente formavano come delle onde del mare, mentre i pezzi si alzavano, danzando attorno a lui, e lui li guardava con aria stupita, i suoi occhi adesso aperti rivelavano le iridi blu.
E in ogni vetro…un riflesso sfuocato, che scompariva dalla sua vista, mentre il cerchio prendeva sempre più velocità, mentre lui si girava da tutte le parti, stupito, i vetri sembravano non riuscire a toccarlo, come avvolto da una barriera, lentamente altri pezzi di vetro sempre più grandi fuoriuscivano dalla terra, dall’oscurità, ognuno con un riflesso di luce che lo accecava, Takao si coprì gli occhi.
Poi, di colpo, fu come se la sua barriera esplodesse, i pezzi di vetro cominciarono a venir spediti a velocità sempre maggiore lontano da lui.

“I suoi ricordi…lontani da lui…per non lasciarlo morire…”

Takao si guardò intorno, ora riusciva a vedere…
Riusciva a vedere il vento, i suoi movimenti, mentre sembrava scoppiare una bufera, il vento cominciava ad aumentare sempre di più, ora i suoi capelli erano come nuvole e mare in tempesta, i vetri sempre più lontani, mentre rumori strani venivano trasportati dalle sue orecchie.
Rumori…rumori prolungati…gemiti…gemiti e grida…
Grida…di dolore…di rabbia…di paura…
Perché? Perché queste grida?
Il vento di bufera sembrò volerlo spazzare via, mentre lui si copriva la faccia con le mani, la giacca e i capelli si agitavano impazziti, quasi tentando di trascinarlo via con il vento, mentre questo andava a calmarsi ora solo…
Piume?
Petali?
Farfalle?
Era circondato da candide piume, petali rosa e bianchi, farfalle, che però volavano via da lui, mentre un’altra ondata di vento lo spazzava via.
Un passo, un solo passo…
Takao mosse dei passi contro il vento, per poi allargare le braccia, i suoi occhi si aprirono, fino a spalancarsi, mentre allargava le braccia, in un gesto quasi a voler fermare il vento.
E dalla sua voce venne un urlo.
E il vento sembrò ascoltarlo.
Di fronte a lui, formato dal vento, una creatura si muoveva agile e veloce, circondandolo.
Takao osservò con aria seria la creatura che si muoveva nell’oscurità, solo il corpo del ragazzo era luminoso, come un faro nella nebbia.
Una bestia…una bestia si muoveva attorno a lui.
…un lungo corpo…
La testa? Dov’è la testa?
Takao si guardò intorno, prima di girarsi dietro di lui lentamente, avvertendo come se la corrente d’aria dietro di lui fosse più calda.
Alzò lo sguardo, inclinando il capo.
Ecco…
Il drago, un grande drago d’aria che lo guardava.
Il ragazzo si avvicinò al drago, allungando una mano…
E lo toccò, toccò il drago.
In un attimo quello scomparì, formando per qualche secondo un vuoto d’aria, e poi la stessa aria avvolse il ragazzo, i capelli ormai si muovevano liberi ed impazziti, mentre lui chiudeva gli occhi.
Energie…energie che s’incanalavano dentro di lui, avvolgendolo.
Il ragazzo socchiuse gli occhi, e mentre scompariva nel vento.
Per un solo istante.
Vide.
Vide degl’occhi…vide un volto sotto di se…come uno specchio d’acqua che riflette un’immagine…

“Non ricordare…non morire…ma rinasci…e vieni da me…”

Spalancò gli occhi, come se non si fosse mai addormentando, restando così, immobile, in silenzio.
Poi, lentamente, prese un profondo respiro, riempiendo fino al limite i polmoni, e liberando in una specie di sfogo rumoroso.
Respirò a lungo, in modo profondo, quasi a volersi svuotare di qualsiasi cosa gli fosse entrata dentro.
Mosse leggermente la mano, come ad accertassi che fosse vivo e che si potesse muovere, e si accorse che la mano era ancora addormentata, e sopratutto era fredda.
Gelata.
Con un gesto lento si portò la mano verso di se, guardandola attentamente.
Una mano magra, dalle dita lunghe e le unghie lunghe, la pelle chiara, le linee della mano decisamente un po’ incasinate.
Quella della vita era davvero lunga, ma stranamente si collegava a quella dell’amore da una linea che le rompeva, quasi a volerle spaccare tutte e due.
Takao restò ad osservare ancora un po’ la mano, muovendola, poi mosse ogni dito, e infine se l’appoggiò su una guancia, avvertendo il contatto della pelle fredda con quella calda della guancia.
In viso era caldo.
Si, era decisamente caldo.
Sentì bussare alla porta, il rumore per lui fu talmente forte che sembrò volergli spaccare i timpani.
-Takao? Sei sveglio?-
lui mosse leggermente la testa, lasciando scivolare via la mano da lui.
Una figura alta e magra entrò dentro, chiudendo con il minimo rumore possibile la porta, avvicinandosi al letto, e aprendo leggermente la zanzariera.
Meiko.
-Ehi, dormito bene?-
lui annuì, sorridendo, rimanendo fermo immobile come paralizzato.
Lei scostò ancora di più la tenda, mostrando il completo bianco che indossava, sotto alla giacchetta bianca corta e un po’ rigida un bustino nero in velluto, pantaloni bianchi e scarponcini.
I capelli li aveva lasciati sciolti, il ciuffo blu scivolava verso gli occhi dorati.
Meiko sorrise, mentre Takao la guardava, la mano si era ancora mossa, mettendosi sulla fronte, scaldandosi con il calore del viso, la guancia si era raffreddata.
La mano di Meiko si mosse velocemente, alcuni braccialetti tintinnarono, mentre le sue dita e la sua mano passavano su guance e fronte, Takao aveva tolto la mano.
-Bene, sembra che tu non abbia la febbre. Temevo che dopo quello sfogo ti saresti ammalato per la stanchezza!-
lei sorrise allegra e sollevata, mentre lui si limitava ad annuire.
Lei si alzò dalla posizione, mettendosi comunque davanti alle zanzariere.
-Forza, preparati piccolo, usciamo!-
Takao sembrò lentamente riprendere le energie.
-E dove andiamo, Mei-chan?-
-Ti porto a duna festa, voglio farti conoscere una persona. Perciò fatti bello cucciolotto!-
Meiko sorrise ancora, i tondi orecchini le davano un’aria un po’ maliziosa e frizzante, mentre il ragazzo annuiva, alzandosi e spettinandosi ancora di più i capelli sciolti.
Meiko velocemente gli tirò fuori qualcosa da un’armadio della stanza.
-Questi sono vecchi vestiti di Kai, ma sono ancora buoni, e dovrebbero essere della tua taglia, anche se sei decisamente più agro del mio fratellino-
i tacchetti degli stivaletti formavano un allegro ritmo mentre la ragazza vedeva cosa c’era che il ragazzo poteva indossare, mentre questi si toglieva la giacca e la maglietta che aveva addosso.
Alla fine la ragazza lo lasciò solo, in modo che si potesse cambiare.
-Fa presto, noi ti aspettiamo giù-
Takao annuì, anche se all’idea di “noi” non era tanto felice.
Non aveva voglia di rivedere quel ragazzo…
Aveva troppa paura di lui…
…avrebbe voluto scappare via da quella casa…
Però…non voleva lasciare Mei-chan…
Pensando in questa maniera, Takao si vestì velocemente, infilandosi le scarpe da ginnastica che gli aveva passato la ventenne, guardandosi poi allo specchio per vedere se era tutto a posto.
Sotto lo aspettavano una Hilary impaziente, un Kei silenzioso e Meiko che si affacciava dalle scale, e sorrise.
-Ah, ma quanto sei carino vestito così!!-
-Si, però ce ne ha messo di tempo!-
-Colpa mia, l’ho lasciato riposare…e in fondo se arriviamo in ritardo la colpa sarà anche tua…visto che hai il sonno PESANTE-
Hilary arrossì come una ragazzina, facendo sghignazzare Meiko, mentre Takao si avvicinava alla ragazza, lanciando solo un’occhiata a Kei, il ragazzo era appoggiato alla parete, indossando un completo nero che sottolineava i suoi punti forti, il petto e la schiena ampi e le gambe magre e muscolose.
Il ragazzo dai capelli grigi aprì gli occhi, rivolgendo un’occhiata a Takao, che però rifiutò, rivolgendo lo sguardo altrove, avvertendo il cuore fare un balzo e raggiungergli la gola.
Aveva ancora molta paura di quel ragazzo, avrebbe voluto tenerlo il più possibile lontano da lui.
E magari sarebbe accaduto questo, dato che Kei per la maggior parte del tempo…lo ignorava…
Non seppe perché, ma il sedicenne si rabbuiò, risvegliato solo da una pacca sulla spalla da parte di Mei-chan, la ragazza gli sorrideva allegra.
-Andiamo, ci aspettano!-
Takao annuì, seguendo la ragazza, che gli passò un giaccone pesante, la notte faceva freddo…e il loro mezzo di locomozione non era dei più piacevoli con quel freddo…

(Scusate l’attesa, spero di non aver deluso nessuno!
Ci si sente
Meiko)

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Capitolo 7
*** Capitolo 6 ***


Capitolo 6

Si sistemò un ciuffo dietro l’orecchio e si tolse gli occhiali, rivelando per pochissimi istanti degl’incredibili occhi castani leggermente mandorlati, per poi coprirli ancora da un casco, aiutato da alcuni grossi cavi s’infilò anche i guanti “cablati” e prese un profondo respiro, parlando a voce alta e chiara.
-E, inserisci il cd, traccia 15. Ho bisogno di musica-
un lampeggiare rosso rispose alla richiesta del ragazzo, mentre nella sala calava un profondo e religioso silenzio, era raro che lui parlasse tanto, e il suo tono di voce era sempre in qualche caldo e tranquillo, come se nulla potesse scalfire una specie di guscio che si era creato.
Si sentì un sibilo elettrico, mentre il ragazzo entrava dentro quel bozzolo fatto di vetro e plastica, il casco appena entrò si attivò illuminandosi come un albero di Natale.
Natale…ricordava ancora che esisteva il Natale.
I suoi ricordi erano immagazzinati in un computer, tutta la sua vita era destinata ai computer.
Le uniche donne che amava.
Come la sua Donna, colei che amava.
Prese ancora un profondo respiro, cercando di tirare fuori da se come una specie di peso, per poi alzare la testa, il caso cominciava a riempirsi di codici binari e non.
-Azione!-
nello stesso istante partì la musica, mentre intorno a lui scompariva tutto, codici e buio, ora era in un mondo totalmente bianco.
E lui appariva iridescente.
-Collegamento operativo-
la sua voce veniva ogni volta uccisa dal silenzio di tomba, ma incredibilmente qualcuno lo ascoltava, mentre il mondo totalmente bianco veniva ad una velocità spaventoso attraversato su due lati da migliaia di schermi che correvano via, sollevamento alcuni ciuffi castani del ragazzo, che attese che si calmasse tutto.
Nel frattempo, nella stanza entrò una figura, che i computer sembrarono ignorare totalmente, ma una telecamera da un lato della porta teneva sotto controllo.
Alcuni cavi dentro quella specie di grosso bozzolo si erano infilati nelle gambe e nelle braccia del ragazzo, mentre i guanti cablati venivano tolti.
A volte se lo scordava, ma a quel ragazzo ormai non servivano più.
Nel frattempo quella figura stava in attesa, immobile, osservando la scena.
Intanto, il ragazzo si guardò intorno, centinaia di schermi mostravano ognuno un’immagine diversa, e lui era alla ricerca di uno schermo preciso, lanciando un’occhiata ad uno dove i presentava la figura all’uscio della stanza.
-Se vuoi puoi entrare, Zeo-
il ragazzo fece qualche passo, in modo che dietro di lui la porta si potesse richiudere, la treccia scivolò da una spalla, alcuni ciuffi verde acqua accarezzavano il viso del ragazzo, che immobile e con sguardo assente attendeva.
Kappa alla fine si fermo davanti ad uno schermo, e lo tocco, il vetro dello schermo si liquefò, permettendo alla mano di mutarsi in una struttura di cavi elettrici e connessioni varie, mentre le altre schermate persero il contatto, per qualche istante tutte formarono una schermata grigia, poi la scena che Kappa assisteva dallo schermo dove aveva immerso alla mano s’ingigantì su tutti gli schermi.
E lui la osservò, dalle sue labbra sembrò formarsi una tenue penombra di un sorriso.
Un sorriso tranquillo, triste, ma allo stesso tempo felice…sereno…
E solo le sue macchine ammirarono quel sorriso, alcuni cavi lo accarezzarono, come mani, come dita.
Ad un tratto, una schermata dietro a quella gigante distrasse il ragazzo.
-…-
osservò con aria indifferente alcuni Metamorpho tentare nei confini degli Humans, dovevano avere armi con se. Erano una decina.
-E, rimetti daccapo il brano-
un altro sibilo, mentre il ragazzo muoveva leggermente le dita, aveva assunto una posizione a T, con la testa china quasi come se fosse crocifisso.
Il brano ripartì, e il ragazzo prese un profondo respiro.
-Beast-
le schermate dietro di lui scomparirono, adesso sotto i suoi piedi aveva l’intera città.
E lentamente la città si tramutò in un sistema di codici, molti di questi si muovevano molto velocemente.
Ed alcuni…erano in rosso…
Velocemente da una sua mano uscirono fuori di cavi, come se lui stesso fosse una macchina, e questi cavi con delle punte d’acciaio colpirono in pieno i caratteri in rosso che i muovevano.
-Disinfestazione virus…procedere-
Zeo alzò lo sguardo, sul soffitto c’era una schermata che si stava attivando, alcuni Metamorpho erano penetrati e stavano velocemente trovando vari nascondigli dai Ciborg.
Ad un tratto, attorno a loro, preceduto da un piccolo terremoto, una serie di giganteschi cavi uscirono dall’asfalto e dal cemento, afferrando tra le urla dei Metamorpho meno pronti i ragazzi, e assorbendoli nella terra, mentre altri cercavano di schivare i colpi.
I cavi li trapassarono con violenza.
Poi li inglobarono nel terreno, che velocemente riprese l’aspetto normale.
Kappa riassorbì dentro di se i cavi.
-Sistem Down. Exit-
il casco si spense, e il ragazzo se lo tolse, mentre il guscio si apriva, tutti i cavi che erano penetrati durante la connessione si staccarono docilmente dai nervi del ragazzo, che uscì, mentre la voce squillante terminava la sua aria.
Una voce chiara, trillante, la cui armonia toccava picchi molto alti.
Un soprano. Un soprano dalla voce chiara e…alta…
L’orchestra terminò, i violini e i flauti squillarono, per poi morire, mentre Zeo prese un profondo respiro, la schermata sopra di lui si spense, mentre Kappa gli si avvicinava.
-Davvero un’aria molto bella-
-“Aria della Regina della Notte” dal “Flauto Magico”. Credo che il tuo creatore ti abbia inserito qualche dato su di essa-
-Si-
Zeo era secco quando si trattava di parlare dei dati che gli erano stati inseriti per assomigliare al figlio defunto e omonimo del suo creatore.
Kappa lo guardò, mentre sistemava il casco, alcuni cavi gli ridiedero i suoi occhiali, mentre altri s’infilavano tra le dita nei nervi più piccoli e sensibili.
-Dimmi Zeo, a che devo la tua visita?-
era sempre garbato, impassibile, freddo, distaccato, e la sua voce era calda ma soffusa, e quando non parlava calava un silenzio di ghiaccio.
Zeo lo osservò attentamente con i suoi occhi color verde acqua.
-Vorrei che tu mi facessi una ricerca sugl’ultimi Metamorpho che sono stati rivelati nell’arco di due mesi-
-Hai l’autorizzazione di Vorkoff?-
-No, è un’indagine privata di mio conto-
Kappa rimase impassibile, ma si fermò rivolto verso il ciborg accanto a lui.
Restò in silenzio per un minuto, poi si limitò ad allungare una mano, alcuni cavi velocemente penetrarono nella mano, coprendola alla vista, mentre lo schermo sopra di loro si riaccese.
-Trovati dieci nuovi arrivi-
-Fascia di età?-
-Dai sedici in su-
-Trova un nome: “Takao”-
Kappa sentì come una specie di vibrazione, mentre quel nome veniva pronunciato dalle labbra sintetiche di Zeo.
Takao…
Takao…

!!
“Sei grande, Kappa!”

Alcuni cavi si avvicinarono al viso del ragazzo, che tremò, e prese un profondo respiro.
Cos’era?
Non era uno dei soliti flash che gli dava il sistema…
Questo…era diverso…
Un altro ricordo…diverso…
Un cavo si smosse, attirando la sua attenzione, il nervo gli pulsava.
Nel frattempo Zeo osservo la schermata, che aprì una finestrella.
-Pare che questo nome non sia datato-
-Allora utilizza la mia banca dati-
Zeo si sistemò i capelli, in modo da rivelare dietro l’orecchio un piccolo foro, mente un cavo guidato dalla mano del Kappa s’inseriva nel foro, i cavi si illuminarono, mentre una foto s’ingrandiva, rivelando un ragazzo dall’aria allegra e un po’ gracile, i capelli blu legati in una coda e gli occhi marroni.
Ancora…
Kappa avvertì un senso di vertigine, mentre i cavi lo sostenevano, alcuni penetravano nella schiena.
Male, adesso avvertiva un senso acuto di dolore.
-E, passami una capsula e dell’acqua. Presto!-
i cavi nella schiena velocemente si staccarono, mentre dal nulla appariva un vassoio con un bicchiere d’acqua e un capsula blu, che il ragazzo ingoiò velocemente con l’acqua.
Zeo rimase impassibile di fronte alla scena, mentre il moro prendeva dei profondi respiri e si calmava.
-Scusami-
Zeo rimase impassibile, mentre alcuni cavi tornavano indietro, il ragazzo tornavano tranquillo e impassibile.
-Bene, questo verrà catalogato sotto nome “Takao”-
-Spero che troverai dei dati riguardo, mi servono al più presto-
-Fretta? Vedrò cosa posso fare…-
Zeo non ringraziò, semplicemente si allontanò in silenzio, mentre Kappa prendeva un altro profondo respiro, passandosi una mano sugl’occhi, gli occhiali tenuti tra le dita, mentre i cavi si allontanavano da lui.
Che cos’era successo?
Una vibrazione troppo forte…
No, non era la solita vibrazione elettromagnetica…
-Qualcosa non va, Kappa?-
il ragazzo alzò lo sguardo, gli occhi mandorlati si lasciarono mostrare per un guizzo, nascondendosi poi sotto le pesanti ciocche castane.
Alla luce delle lampade a neon, Yuriy portava un lungo impermeabile di colore viola molto scuro con le stringhe su collo maniche e gomiti rosso sangue, sotto aveva una camicia bianca e pantaloni in cuoio nero.
L’impermeabile era appoggiato alle spalle, e i capelli erano lasciati sciolti ad accarezzare il volto pallido.
Qual’era quell’aggettivo?
Vampiresco
Kappa scosse la testa, rinfilandosi gli occhiali, quando un gesto di Yuriy lo fermò.
-Senza occhiali stai molto meglio, e poi…non ti servono…-
Yuriy scoprì gl’occhi di Kappa, sorridendo divertito e soddisfatto.
-Davvero meravigliosi i tuoi occhi…Kappa…-
sussurrava freddo e sadico sull’orecchio di Kappa, che però rimaneva impassibile, mentre alcuni cavi si alzavano con aria pericolosa, calmati solo da un lieve cenno del mano del moro, che si staccò dalla presa gelida del russo, mettendosi gli occhiali.
-Immagino che sei qui per obbligarmi a venire con te?-
-Non lo nego, ho bisogno assolutamente della tua presenza oltre a quella di Boris e di Kiman-
-Ma perché?-
la mano di Yuriy era gelida sulla guancia di Kappa, un gelo che dava fastidio ai cavi, che erano moltiplicati, ma erano comunque bloccati sempre da un cenno di Kappa, che rimaneva immobile di fronte al sorriso misto tra il freddo e il crudele del russo.
-…perché mi va-
la mano abbandonò la guancia, il ragazzo si allontanò, raggiungendo l’uscio, dietro di questo c’era Kiman in attesa, che fremeva dalla gelosia.
Kappa sospirò.
-Standby E –
tutte le luci in sala si abbassarono, mentre Kappa afferrava la giacca bianca, coprendo in parte la tuta elastica nera.
Affiancò Yuriy, che si avviò, accanto a Kiman c’era Boris nell’ombra, mentre la porta della stanza si chiudeva ermeticamente dietro di loro, Kappa sembrò osservarla con la coda dell’occhio.

Scesero dalla villa a passo spedito, Takao sembrava trotterellare accanto ad una Meiko su di giri.
-Era da un po’ di tempo che non andavo a divertirmi-
-Ma dove andiamo esattamente?-
-Al centro della “Città”, la c’è un locale che è zona neutrale, quindi niente grane con Ciborg o fazioni nemiche-
-Fazioni nemiche?-
-I Metamorpho degl’altri settori. Non lo sai?-
-Ne ho sentito un accenno dal mio ex padrone-
-Meglio così, anche perché non mi va di parlarne, sono troppo eccitata all’idea di divertirmi un po’!-
Meiko fece un sorriso a trentadue denti, e Takao annuì, in qualche modo la ragazza gli trasmetteva la sua eccitazione.
Entrarono velocemente in una vecchia baracca, la poca luce rivelava due cose nascoste sotto due teloni azzurri.
Meiko e Kei scoprirono dai due teloni ben due Ducati, una di colore giallo accesso che sembrava illuminare la stanza, l’altra era di un nero cupo, con sopra una bella fenice fatta da fiamme rosse tribali sul fianco.
Takao le ammirò, gli occhi brillavano di stupore, mentre Meiko ridacchiava alla reazione del ragazzo.
-Ti piacciono cucciolo?-
lui annuì, mentre Hilary scuoteva la testa a Kei, gli aveva sussurrato qualcosa, poi si era allontanata da lui e adesso chiamava Meiko.
-Mei, senti, posso salire con te?-
la ragazza dag’occhi in quel momento di un blu elettrico osservò stupita la Humans li vicino.
-Che cos’è questa novità Hila?-
-E che Kei corre troppo per i miei gusti, e ai che non mi piace troppo l’alta velocità-
che balla colossale.
Meiko sapeva troppo bene che Hilary voleva stare lontana dopo quello che era successo quel pomeriggio.
Infatti dopo la piccola discussione con Takao, il ragazzo s era rivelato una specie di belva, e Hilary faticava a riprendersi, ogni tanto era così di malumore, ma quella volta sembrava che la ragazza volesse tenere le distanze da lui ancora per un po’.
Meglio così, in fondo a Meiko non andava giù il fatto che Kei andasse a letto con Hilary.
Sbuffò, spettinandosi i capelli.
-Va bene Hila. A te non da fastidio Takao? Ti va di andare con Kei?-
Takao si bloccò all’idea di correre con il ragazzo.
Aveva…aveva ancora addosso come…come una specie di odore…l’odore della paura…
Eppure…
Takao alzò lo sguardo verso la schiena nera del ragazzo dai capelli grigi, che si voltò verso di lui.
Evitò il suo sguardo, troppa paura di quegl’occhi.
Però…
-No, non c’è problema Mei-chan-
la ragazza sorrise con aria sollevata.
-Bene, allora afferra il casco cucciolo, e reggiti, Kei corre davvero-
il ragazzo dai capelli blu annuì, afferrando un casco blu come i suoi capelli con sopra disegnare delle ali d’angelo d’argento, un lavoro ad opera d’arte.
Nel frattempo Kei aveva infilato il suo casco, abbassando la visiera, dopo aver lanciato un’occhiata al ragazzino, che lo raggiunse, montando con agilità e aggrappandosi al corpo di Kei, le sue braccia avvolsero la vita del ragazzo dagl’occhi rossi.
Calore…un profumo di arance fortissimo che sembrò un martellata nel suo cervello.
Un rombo di motore cancellò tutto, il forte odore di benzina della sala tornò prepotente nel suo cervello schiarirgli le idee, mentre Meiko gli lanciava un messaggio telepatico.
“Kei, fai la strada lunga, altrimenti non ti raggiungo. Ci vediamo al locale”
“…ok”
le due moto partirono, per il contraccolpo Takao dovete veramente tenersi aggrappato con tutte le sue forze al corpo di Kei, che accelerò, prendendo una strada diversa dalla Ducati di Meiko.
Takao non fece domande, troppo impegnato ad essere investito da emozioni fortissime, una scarica di adrenalina pura attraversò il suo corpo, mentre il vento dell’alta velocità sembrava accarezzare i suoi vestiti e i capelli liberi dal casco, mentre la moto correva a tutto spiano per le strade deserte del quartiere, il faro illuminava la pista che veniva inghiottita dalle ruote, mentre il motore ruggiva come una belva furiosa.
Furia, tanta furia.
Eppure, al tempo stesso.
Paura…
Desiderio…
Un desiderio incessante di libertà, come ali tarpate che di colpo si spalancano, abbattendo gli ostacoli che lo bloccano.
Ali…grandi ali rosse, come quelle della fenice.
Takao chiuse gli occhi, mentre avvertiva quella sensazione di libertà penetrargli dai vestiti, dalla pelle, attraversare le sue vene, mentre il respiro prima mozzato, riprendeva il suo normale ritmo, forse più accelerato dall’eccitazione.
Una sensazione meravigliosa di pura libertà.
Come se nulla potesse toccarlo, o ferirlo.
Solo lui, l’asfalto, l’aria e…
Kei…
La guida che lo portava verso ostacoli che la moto con facilità ed eleganza superava, ogni curva, ogni piegamento era un guizzo d’ara che lo attraversava, lo colpiva, che superava.
Libertà, libertà.
Una parola gridata con tutte le proprie forze a tutto.
Mentre la figura nera davanti a lui…
Lo conduceva verso chissà quale luogo.
Eppure, senza un perché…
Si fidava…
Si fidava ciecamente di lui…
Sapeva che non lo avrebbe fatto cadere, ne che avrebbe fatto incidenti.
Si fidava, e la sua stretta sul corpo del ragazzo davanti a lui si fece più salda.
“Mi fido”
parole astratte che attraversavano la mente di Kei, che accelerò, voleva avvertire ancora la sensazione del vuoto che veniva attraversato, e magari superare la barriera del suono, per non sentire più.
Non sentire più quelle parole…
Eppure, voleva allo stesso tempo che le gridasse.
Era tutto troppo strano, troppo confuso.
Ancora, ancora più gas.
Solo loro due e la libertà.
E ne era…
Felice?
Perché?
Cos’era quella sensazione che sapeva di…

ANTICO?



Rallentatore… Le luce delle lampade della grande strada principale li illuminavano come in una galleria, mentre un sentimento antico sembrava smuovere la terra.
“Ancora più veloce, sempre più veloce…”
“…si”
non seppe perché, ma obbedì a quella richiesta, a quella supplica…
Perché lo voleva anche lui.
Correre, correre e sentirsi liberi.
Sensazioni antiche che si risvegliavano.
La libertà.
Erano liberi.
Liberi…loro due…
Due…

“-Una promessa è una promessa…va bene, sono pronto-
il filo d’erba scappò dalla bocca dell’altro, che sorrise, osservandolo.
Erano loro due, insieme, ed era felice…
Libero…e felice…
E…”


Ancora un sibilo, li attraversò, mentre Kei di colpo si fermò, la moto slittò, mentre Takao si reggeva al ragazzo.
Cos’era stato?
Merda!!
Kei imprecò, riaccendendo il motore e alzandosi sulla ruota posteriore.
Ancora…quella sensazione di paura…
…aveva di nuovo paura di Kei…
Eppure non poteva fare a meno di fidarsi, di capire che con lui…era…
Si aggrappò al ragazzo, che correva adesso come un pazzo, Takao si reggeva con tutte le sue forze.
Un calore…come una fiamma di una candela…
Debole…ma gentile…
Che un forte vento cercava di spazzarlo via.
“Rallenta, ti supplico!”
Kei cercò di non ascoltarlo, però rallentò comunque, mentre si avvicinavano al locale, in quello stesso momento, ad attenderli appoggiate ad una Ducati giallo brillante Meiko e Hilary, che osservarono la moto rallentare velocemente e fermarsi a pochissima distanza da loro.
Kei si tolse quasi con rabbia il casco, il viso era impassibile, mentre Takao si toglieva il casco e velocemente scendeva dalla Ducati.
E anche se barcollava un pochino raggiunse la ragazza.
Meiko sorrise un po’ amara.
-Ti ha fatto vedere le stelle, eh? Dimmi, ha corso troppo?-
Takao la guardò, per poi scuotere la testa.
-No, affatto, mi sono divertito-
Meiko lo guardò stupita, per pi sorridere.
-Se lo dici tu-
Takao osservò il locale, era una specie di vecchia baracca dalle porte come quelle dei film western, e sopra la scritta fatta con le luci che si mettevano sugl’alberi di Natale.
“Porta dell’inferno”
-Suona un po’ sinistro, vero?-
Takao annuì, mentre Meiko ridacchiava, per poi avvicinarselo.
-Resta accanto a me piccolo-
Kei ed Hilary entrarono per primi, e l’altra coppia li seguì a breve distanza. Scesero velocemente delle scale, raggiunti dietro da altra gente, penetrando così in una serie di varie sale collegate ad una enorme centrale, in fondo c’era un gruppo ben folto che ballava alla musica sparata a tutto volume; le varie sale nella sala contenevano salottini dove si faceva di tutto, dallo fumare e bucare al bere al sesso, sul bancone di quella che sembrava un discoteca c’erano anche i preservativi.
I muri in ombra erano l’ideale per fare del sesso orale, e non c’era nemmeno distinzione fra donne e uomini.
Takao era rabbrividito, mentre Meiko si guardava intorno muovendosi leggermente alla musica.
-Non ti devi preoccupare Takao, devi restare vicino me, e soprattutto non appoggiarti ai muri, potresti diventare la preda di qualcuno degl’affamati o dei lussuriosi-
Takao annuì, mentre si lasciava trascinare dal ritmo della musica, la ragazzo lo portò a fondo, superando varie sale nelle sale, raggiungendo alla fine un salotto illuminato, dove ad attendere sia lei che Kei c’era un cinese dai capelli neri arruffati e un lungo codino.
-Rei!-
-Ehi Mei! Ben arrivati!-
Kei fece un cenno, mentre Mao salutava Meiko saltandole addosso, e Salima faceva n cenno con la mano.
-‘Sera a tutti, vi presento un nuovo arrivo. Questo è Takao-
il ragazzo si mostrò e Mao lo osservò eccitata.
-Com’è cariiino!!-
-Benvenuto, Sono Rei, Guardino del settore Ovest-
Takao strinse la mano del ragazzo.

“…amici…”

Rei si limitò a lasciare la presa, ma Takao scosse la testa infastidito.
Un colpo alla testa, un lampo di dolore che lo stordì, mentre Mao lo afferrava.
-Ti va di ballare con me?-
il sedicenne la guardò, prima di annuire, seguendola o meglio, facendosi trascinare, mentre Rei si metteva comodo con gli altri, Salima ne approfittò, mentre Hilary la guardava con aria un po’ storta, non le era mai piaciuta la ragazza.
Presto Takao e Mao sparirono nella folla sudante ed eccitata, che seguiva in modo disorganizzato il ritmo della musica, mentre Meiko affiancava il fratello, che velocemente le mise un braccio intorno alla vita, come a sottolineare che lei stava con LUI.
Meiko socchiuse gli occhi, mentre la musica faceva sussultare il suo corpo, il ritmo pian piano le entrò nel cervello come un trapano, come una droga che ti penetra fin dentro la tua mente, ubriacandola.
La ragazza cercò di sfuocare ogni rumore fastidioso, come urla o bicchieri o altro, mentre i suoi occhi assumevano delle gentili tinte celesti, che decisamente stonavano in quell’ambiente.
“Meiko…Rei vuole parlarci…”

“Non ho voglia, avevo detto chiaramente che stasera volevo divertirmi!!”

Meiko socchiuse gli occhi, era strano che Kei non cercasse di convincerla, di solito quando si trattava di parlare con Rei il ragazzo aveva bisogno dell’arbitro, dato che i due erano tipi che facilmente si scaldavano.
Kei si era fermato, voltandosi dietro di lui, Hilary lo stava copiando, mentre Rei si era alzato.
Tutti a guardare la stessa direzione.
Meiko, incuriosita, alzò lo sguardo.
E per poco non gli mancò un colpo, per poi alzarsi e di scatto camminare velocemente verso un gruppetto, abbracciando uno dei membri sorridendo festosa.
-CUCCIOLO!!-
-Ciao Meiko-
il biondino sorrise, mentre la ragazza gli scompigliava i capelli in un gesto affettuoso.
-Sono così felice di vederti Max. Tutto ok?-
-Ammaccato ma sano-
-Vieni!-
Meiko lo prese a braccetto, mentre lanciava un’occhiata di benvenuto a Michael, Emily e Rick, mentre guardava incuriosita la nuova ragazza che li seguiva, a giudicare dall’abbigliamento era una ragazza sulle sue, anche per quell’aria seria e fredda.
Nel frattempo Takao e Mao stavano tenendo il tempo ad una serie di sfide, poi la ragazza lanciò un’occhiata a Takao, e lo spinse al centro del gruppo.
Subito il ragazzo si trovò spiazzato, mentre si faceva avanti un avversario, che si diede da fare in una serie di acrobazie.
Takao lo guardò stupito, applaudendo, per poi darsi da fare anche lui, ricevendo fischi di approvazione, Mao gridava ed esultava agitandosi come una bimba, mentre Salima lanciava uno sguardo nella sua direzione, seguita da Hilary.
-Che mocciosa, non capisco come Rei sopporti una come lei-
-Forse perché, al contrario una C-Humans, Mao si dimostra per quello che è-
Salima osservò Hilary, notando la corta gonna a scacchi rossa e nera e la giacca rossa velo che rivelava un top nero.
E sorrise.
-Parla per te, Humans, che sei brava solo a letto, e neanche tanto a quello!
…Io almeno sono utile in qualche modo-
Hilary lanciò un’occhiata carico di puro odio a Salima, che ridacchiando per la piccola vittoria si allontanò, sculettando che disgustò Hilary, il cui viso si tinse di vergogna e rabbia…se solo quella strega sapesse…
Non poté pensarlo a lungo, visto che Kei gli si avvicinò, da quella posizione poteva osservare il gruppo, tra cui sbucavano la testa rosa di Mao e quella blu di Takao, che ballavano tra le esortazioni della folla.
Takao sorrideva, si stava divertendo come non mai,mentre a Kei e Hilary si aggiunsero Meiko, Rei e Max.
-Così è lui il nuovo arrivato?-
-Si, si chiama Takao. Ma non è l’unica novità, o sbaglio Max?-
il ragazzo annuì, mantenendo quell’aria un po’ depressa ma sempre con un sorriso gentile sulla faccia.
Meiko cominciò a farsi curiosa come un gatto.
-Allora? Chi è quella?-
Max la guardò stupita, per poi sorridere.
-E’ la mia prigioniera!-
Meiko e Rei lo guardarono allibiti, mentre i ragazzo continuava a sorridere con aria innocente, Hilary si strinse a Kei, che si limitò ad ignorarla, mentre lei avvertiva il freddo per la mancata risposta.
Lui non era li con lei.
Lui ormai stava guardando quel ragazzino, glielo stava portando via.
…come il vento, stava portando via il fuoco, il calore…
Hilary lanciò un’occhiata infastidita verso il moccioso, che ignorando tutto continuava a ballare con Mao.

Cos’era stato quell’istante che sapeva di antico?
Perché in quei momenti, il vento che gli sfrecciava davanti non era ostile…ma gli donava libertà?
Perché ascoltarlo, sentire la sua presa, avvertire il suo corpo contro il suo…aveva risvegliato quello?
Tutti quei sibili…
Quei brividi…
E un’onda…un vento che accarezzò il viso oltre la visiera…
E un sibilo…mentre le immagini si sovrapponevano…

Ora l’oscurità intorno a lui, illuminata vagamente dalle lampade della sala e della pista, sembravano tingere scene diverse, davanti a lui, oltre quella folla, c’erano solo due grandi occhi di cielo, che lo guardarono, mente sanguinavano lacrime.
Ed un’incredibile profumo di arance si sprigionava nella sua mente.

“Non guardarmi, ti prego”

Non avrebbe più obbedito alle sue richieste.
Adesso lo avrebbe guardato, lo avrebbe tenuto d’occhio.
Perché nel vederlo, montava la furia, perché non capiva…
Non capiva perché quel ragazzo riuscisse a destare in lui quelle immagini.
Lo detestava.
E più odiava, più sentiva il bisogno urgente di afferrarlo…
Lentamente, lasciò il vuoto ad accogliere Hilary, che lo guardò stupita, prima di raggiungerlo, correndo e bloccandolo all’ultimo secondo.
-Perché vai da lui? Resta con me!-
il ragazzo non si voltò neanche a guardarla, limitandosi a togliersi quella mano dal polso, mentre Hilary lo guardava sconcertata.
“Va da lui…me lo sta portando via…”
intanto Kei, lentamente, come un predatore che si appostava per catturare la preda, osservava ogni singolo movimento di Takao, che adesso era attaccato a Mao in una serie di movimenti del bacino, la folla si era di nuovo mischiata.
Il bacino si muoveva in modo sinuoso, erano movimento dolci con curve delicate, anche se era un po’ piccolo per accogliere al meglio quello di Mao, che si muoveva molto più sciolta del ragazzo.
Il petto era coperto da quella canotta bianca, sopra una giacca in jeans, adesso però era legata in vita.
La vita, una vita stranamente sottile per un ragazzo, era davvero gracile, le braccia erano magre, il collo elegante, adornato da una collana di perle di sudore, il viso rivolto verso i fari, gli occhi socchiusi, alcuni ciuffi di capelli appiccicati al volto, il viso pallido era anch’esso adornato di sudore, la bocca socchiusa per prendere fiato.
E Kei, nascosto nell’oscurità, osservava, con le sue iridi rosso fuoco.
Nessuno poteva notarlo, mentre bruciava.
Takao, intanto, avvertiva ogni singolo centimetro di pelle venire attraversato da brividi per la musica sensuale, ormai era una delle tante anime travolte dalla musica.
Musica…travolto…

…qualcosa lo spinse ad aprire gli occhi…
Un sibilo…qualcuno, lo osservava…lo osservava con insistenza, osservando ogni suo movimento, ogni muscolo che si contraeva o si rilassava.
Takao spalancò gli occhi, avvertendo ora più che mai quella sensazione.
Era…bruciante, lo stava bruciando vivo…
Con una scusa si staccò da Mao, che si avvicinò ad un altro ragazzo, che l’accolse con vero piacere, mentre lentamente usciva dal gruppo, guardandosi intorno, immergendosi in un angolo buio.
Meiko lo aveva raccomandato di non avvicinarsi troppo alle pareti, ma di colpo si sentì soffocare, quella sensazione era davvero oppressiva, sembrava avvolgerlo in qualcosa di soffocante e caldo, che l’avvolgeva, mentre prendeva anche fiato per la danza, la musica aveva velocemente perso effetto.
Respiro…respiro…respiro…respiro…calma…respiro…ansia…respiro…
Respiro…
…un altro respiro…
Takao si allarmò, tentando con uno scatto di allontanarsi, ma la figura l aveva afferrato per un polso, bloccandolo.
Aprì la bocca, ma la gola era così secca che non uscì alcun suono.
E comunque, non ci riuscì, perché la figura lo stava delicatamente spingendo verso il muro, ora erano nascosti completamente agl’occhi di tutti.
Una mano…una mano stava scivolando lungo una gamba, accarezzandone una coscia quasi a volerla tastare, Takao poté fare uscire un rantolo, tentando di gridare, nell’altra mano dal polso si portò alla bocca, tappandogliela.
Un faro che si muoveva illuminò per pochi istanti il buio, costringendo la figura a fermarsi nell’assaporare il calore che proveniva dalla gamba fasciata dal jeans di Takao, che avvertì il cuore fermarsi.
Capelli grigi…Kei…
Kei…che cosa volevi fargli?
Ora poteva distinguere le pupille, erano brillanti, ma l’oscurità nascondeva il rosso delle iridi.
Mentre Kei lo spingeva più a fondo nell’angolo, in modo che la luce non li scovasse ancora.
Con ancora la mano sulla bocca, Takao provò a spingere via il diciannovenne, ma questo non provocò altro che un brivido, mentre avvertiva sotto la stoffa la compattezza del torace di Kei, che stava risalendo, accarezzando di sfuggita il cavallo dei pantaloni del sedicenne, che mozzò un sospiro, il sudore scendeva giù freddo e bollente allo stesso tempo dalla sua guancia.
La mano si muoveva verso la natica, accarezzandola come una cosa nuova e delicata, Takao si stupì di tanta delicatezza, per poi avvertire come un sordo dolore al cuore degl’istanti mentre fuori i lampi illuminavano una scena che lo aveva ucciso.
Lo avevano fatto sanguinare.
Quel corpo si era già fuso con un altro, l’estasi dell’orgasmo l’aveva raggiunta con un altor corpo, un altro essere.
Ma in fondo, perché ne era triste?
Perché, adesso…lo avrebbe lasciato fare?
COSA GLI STAVA SUCCEDENDO??
Takao non riusciva a ragionare mentalmente, perché di colpo socchiuse gli occhi, dalle natiche la mano si muoveva verso i fianchi, accarezzandoli, quella mano era così…gelida…lo fece rabbrividire dal freddo, mentre le mani del ragazzo dal petto si mossero verso la mano, lui però teneva lo sguardo alzato, lontano da quel viso.
Kei aveva…avvertito…un odore di arance e di fiori d’arancio così forte…che adesso non stava più ragionando…
Quella pelle bianca…era liscia…ed incredibilmente vellutata…come se fosse stata la prima volta che toccava un corpo…
L’ombelico piccolo e delicato, le natiche che poteva stringere in una mano, le gambe magre, il ventre piatto…
Ansimava, cominciava ad avvertire qualcosa che vibrava, e si tendeva come una sottile corda.
E se si fosse spezzata?
…e se si fosse spezzata?
I due visi, per un’istante, s’incontrarono.
Il mio mare…
Nel tuo fuoco…

FUOCO!!!

Altre iridi viola, e poi un incendio divampò davanti a Takao, che si lasciò scappare un gemito, cominciando a scalciare e liberandosi di quel corpo che lo aveva afferrato.
LONTANO, LONTANO, LONTANO!!!
-NO!!! STAMMI LONTANO!!!-
Takao si staccò con violenza, mentre Kei sembrava di colpo, riprendere lucidità, il profumo intenso delle arance venne soffocato dall’aria afosa e asfissiante, il ragazzo dai capelli blu si passò velocemente e ancora tremolante una mano sul viso, distogliendo lo sguardo da Kei, e allontanandosi il più possibile.
Le fiamme, l’incendio!!!
PERCHE QUESTI RICORDI?
COS’ERA SUCCESSO??
E QUEGL’OCCHI??
!!
La musica intanto era cambiata, mentre Takao si avvicinava a Meiko, arrossato e scosso, ansimando, la ragazza lo guardò stupita, prima di notare Kei che si avvicinava ad Hilary, stringendola, la ragazza poté solo guardarlo, e stringere quella mano, mentre lui le lanciò un’occhiata, per poi con lei tornare dagl’altri, Takao li osservò insieme.
I tuoi occhi.
I miei occhi…

Kei staccò lo sguardo da Takao, che restò affianco a Meiko, che si limitò a rabbrividire.
Ancora…ancora una volta…
Takao prese un profondo respiro.
I tuoi occhi…vedo solo un’incendio…ed ho paura di morire bruciato…
Non ti potrò avvicinare…
E comunque…
Per te…sarei un giocattolo?
Max osservò il ragazzo dai capelli blu, mentre Emily gli porgeva un bicchiere di alcol, e il ragazzo vi guardò dentro, sorridendo triste, attirando su di se l’attenzione di Mariam.
Da quando lui aveva detto che era sua prigioniera, non si erano più parlati, doveva stargli il più lontano possibile…
Quelle sensazioni…come di purezza…e un’infinita tristezza…
No, doveva starci lontana!!
Come si permetteva, quel ragazzo?
E poi, perché questo?
Perché farla sua prigioniera?
Dubbi, incertezze…tutto questo attraversò i pensieri di Mariam, che si rese conto di quello che stava pensando, e bevve ancora dalla bottiglia di birra, per poi allontanarsi…

“Devi cavartela da sola, se vuoi stare con me”

“-Perché mi hai portato qui?-

-Ti ho fatto mia prigioniera…adesso devi fare tutto quello che voglio io…-
-Volevo conoscerti…e ho chiesto all’acqua di aiutarmi…-“

Tutto questo…perché adesso, perché li?
NOOO!!!
Lei era una S.H. uccidere per non essere uccisi.
Sopravvivere, essere forti.
Tutto questo doveva essere cancellato dalla sua mente.
Mariam si guardò intorno, Max chiacchierava con Takao, Meiko e Rei, con Kei e Hilary che ascoltavano.
Bene…
Si allontanò, velocemente, sgusciando via nella folla, mentre Max alzava lo sguardo.
Ma guarda…la sua prigioniera era scappata…
Sorrise triste, prendendo tra le mani il bicchiere con il suo alcol, e fissandone il liquido.
Lentamente, la patina liquida mostrò un’immagine un po’ sfuocata di una lunga coda blu che si agitava, la proprietaria si muoveva veloce tra la folla verso l’uscita.
…se ne sarebbe andata…
…l’avrebbe sempre seguita…
Max continuò a guardare, adesso la ragazza si era fermata verso l’uscita, avvicinandosi ad una seconda figura femminile, dai capelli biondi.
-Rei…-
il cinese osservò il sorriso del ragazzo che guardava dentro al bicchiere come se ci fosse qualcosa d’interessante.
…forse c’era davvero…
-Credo che devo sgridarti per la tua negligenza. C’è un’intrusa…-
-Ma questo è settore neutrale!-
-Ma io non mi riferisco che c’è ADESSO…-
Max guardò il cinese, che sorrise con fare imbarazzato.
-Dovrò fare maggiore attenzione…-
“C’è un’intrusa nel tuo territorio, da parecchio tempo…”
intanto Mariam continuava a parlare alla sconosciuta, che poi scomparve, allontanandosi, mentre Mariam tornava dentro.
Quando la ragazza tornò, ad accoglierla il grosso ragazzo di colore Rick, che le sorrise, dandole una pacca sulla spalla, cosa che la ragazza trovò sgradevole a giudicare dall’occhiataccia che gli diede, lui non ci fece caso, avvicinandosi al suo orecchio.
-E’ inutile che tu scappi o faccia qualcosa di segreto…lui ti vedrà sempre…-
la ragazza si voltò verso il ragazzo, che però andò verso il tavolo del bar ordinando da bere, mentre lei fece spallucce, tornando da Max, osservandolo stupita mentre il sorriso lentamente moriva dentro un bicchiere, il cocktail di sicuro stava raffreddando le sue mani, ma lui era concentrato sul liquido, il suo sguardo era serio, turbato.
…turbato…
-Abbiamo visite…-
Meiko alzò lo sguardo verso il biondino, che mise il bicchiere sul tavolo dopo averne bevuto un po’ di liquido, lui si limitò a sprofondare sulla poltrona, tastandosi un braccio, sulle spalle una felpa, il braccio era pulito, ma di sicuro prima c’era stata una fasciatura.
La ragazza si allarmò, i suoi occhi si tinsero velocemente di rosso rubino.
“KEI!”
“Lo so”
il ragazzo si alzò, attirando l’attenzione di Hilary e Takao, Rei gli lanciò un’occhiata, massaggiandosi dietro la nuca.
-Ahia…-
-Buonasera a tutti…-
dalla folla era spuntato un vampiro dalla pelle di porcellana e gli occhi di ghiaccio.
No…era Yuriy…
Accanto a lui Boris, poi una ragazza dalla pelle pallida e dai lunghi capelli castani con occhi castani che fissavano con aria infastidita la scenetta, e poi un ragazzo alto quasi quanto Yuriy, che suscitò l’attenzione di Emily, che si allarmò.
“Tu…”
lui la individuò subito, e si lasciò scappare l’ombra di un sorriso, prima di vedere Yuriy avvicinarsi a Kei.
Yuriy in quelle vesti appariva ancora più affascinante e al tempo stesso minaccioso, Takao davanti a quella visione si sentì indifeso, lasciandosi proteggere da Meiko, che si era messa sulle difensive, non si era mai fidata di quegl’occhi.
Quegl’occhi così gelidi…nascondevano pensieri impuri…luccicavano di una follia nascosta…
Paura…un’intensa scarica di paura adesso attraversava il corpo della ragazza, che si sollevò verso il rosso, che le lanciò un’occhiata divertita e rispettosa.
-Buonasera gentili signori, posso unirmi anch’io?-
-…-
Meiko avrebbe voluto dir di no, ma non si fidava di ciò che sarebbe accaduto, così com’era gelido nei suoi Yuriy era anche ambiguo…lavorava per Vorkoff ma dava una mano come commerciante illegale di armi.
Il rosso portò una mano verso il volto, spostandosi una ciocca rossa che gli cadeva davanti agl’occhi, i capelli sciolti ricadevano lucidi e lisci lungo le spalle.
Takao rabbrividì a quel gesto, mentre Kei lo lasciava passare, lasciandosi accarezzare da due dita del russo una guancia.
Qualcosa di tagliente squarciò in due il ventre di Takao, avrebbe iniziato a sanguinare…
No…era solo una sua impressione.
La ragazza dai capelli castani ad un cenno di Yuriy si mise comodo accanto a lui, indossava jeans molto larghi e una maglia a maniche lunghe del tutto sformata e strappata che rivelava una spalla, sotto doveva portare una canottiera.
Boris invece rimaneva in piedi dietro di loro con affianco K, Emily lo fissava decisamente con aria sorpresa e quasi speranzosa, attirandosi lo sguardo di Michael li vicino.
Meiko cercò di rompere subito il ghiaccio, odiava caldamente Yuriy ma doveva fare gli onori di casa.
-Allora…Yuriy…cosa ti spinge qui?-
lui la guardò, sorridendo gelido, l’antipatia era reciproca.
Intanto la mano di lui aveva abbracciato la vita di lei, lei restava abbraccia incrociate appoggiata a lui, ricevendo le occhiate di Salima, Hilary si limitava ad ignorare bevendo il suo cocktail, adesso che Kei era di nuovo seduto li affianco a lei il resto poco importava.
-Diciamo che mi volevo rilassare un po’…ma visto che vi ho casualmente incontrato, sono anche disposto a parlare di affari…-
“Casualmente?”
Meiko inarcò un sopracciglio, mentre Takao restava affianco a lei, notando che si stava innervosendo in maniera impercettibile.
Rei si fece avanti, mentre Max si era chiuso in uno stato di mutismo, lui con quello non ci voleva parlare…
-Hai qualche novità sui movimenti degli humans?-
-Meglio…so che ci sono dei movimenti da parte di Ribelli…e che stanno per arrivare nuovi Experiment-
-Di che tipo?-
-…pare che il signor Balthez ne abbia creato due ad alto livello, e presto li spedirà nel settore Est-
Meiko diede un’occhiata al K, il ragazzo si era girato di spalle, e in quel momento si allontanò dal gruppo, dopo aver dato una pacca significativa alla spalla di Boris, che si limitò a fare un cenno affermativo.
-Perché proprio quel settore?-
-Sembra che K abbia rilevato dei movimenti sospetti…dico bene Meiko?-
“!?”
la ragazza si allarmò, per poi rispondere con uno sguardo duro come l’acciaio al russo, che le sorrideva, mentre l’attenzione era captata su di lei.
-K ti ha salvata in tempo, vero?-
-Mi affido alla facoltà di non risponderti…-
-Fa pure…-
Yuriy alzò le mani in un gesto pacifista, ma Meiko si limitò ad odiarlo ancora di più, fingeva tanto di fare il santo, ma era solo uno stronzo!!
Intanto lo sguardo di Yuriy era rivolto a Takao.
“Dunque…questo è il visino che piace tanto a Zeo…in effetti è anche carino…ma è così gracile…dico bene Kei?”
Yuriy lanciò un’occhiata di sottecchi al ragazzo dai capelli grigi, che si limitò a non farci caso, sembrava non aver ascoltato nemmeno la sua domanda telepatica.
Meiko strinse il ragazzo a se.
-Yuriy, va avanti…-
-Comunque, pare che sono due Experiment davvero potenti, ma del tutto fuori controllo…per ora sono in fase di coma, ma credo che li lasceranno scorazzare liberamente per il settore, in modo che facciano piazza pulita-
-Immagino che avremo grane anche noi degl’altri settori…-
Yuriy sorrise, mentre Kiman guardava la ragazza dagl’occhi azzurri che aveva davanti a se sussurrare qualcosa al biondino, per poi allontanarsi.
Emily si fece largo tra la gente, cercando con aria ansiosa un viso, per poi notarlo verso un angolo che allontanava una scocciatrice.
Si avvicinò lentamente, in modo che lui potesse notarla e agganciare il suo sguardo.
Indossava una gonna corta dalla fascia alta colorata e un top, alle braccia scaldamuscoli e con le calze colorate aveva delle scarpe da ginnastica nere da danza.
I capelli corti…gli occhi…intensi…
Ormai erano vicinissimi, i loro corpi si scambiavano calore…
-Mi sei mancata…-
-Credevo…che tu non volevi più vedermi…-
Emily abbassò lo sguardo, rattristata, mentre lui piegava da un alto il capo, guardandola da un altro aspetto, per poi avvicinare le labbra alla testa, baciandole i capelli.
Aveva un buonissimo profumo di vaniglia…
Emily alzò lo sguardo sorpresa, per poi sorridere, mentre lui le afferrava gentilmente una mano.
-Le tue mani sono fredde…-
-Dev’essere l’emozione…-
-L’emozione…-
K alzò lo sguardo, mentre Emily, timidamente, gli toglieva i tondi occhiali, e spostava qualche ciocca della frangia.
Sorrise felice.
-I tuoi occhi…sono davvero belli…come li ricordavo…-
-Ricordi i miei occhi…provi emozioni…-
la mano libera di lui le accarezzò il volto, lei sorrideva tranquilla, felice per quel suo gesto.
Lui la osservava, aveva un’aria sollevata, felice, quasi sorpresa.
-Stai vivendo…stai vivendo…-
l’abbraccio, stringendosela a se, lasciandola stupefatta di quel gesto.
Poggiò una mano sul petto di lui, mentre la stringeva a se.
Batteva…il suo cuore batteva ancora…
Emily sorrise, mentre lui ripeteva quelle parole…
-Sei viva…Continua a vivere…Continua…-
i due, nell’angolo, restarono abbracciati, mentre Michael ringhiava, inferocito, davanti a quella scena, e Mariam lo teneva d’occhio, per poi avvicinarsi di nuovo a Max, che sorridendo la fece accomodare accanto a lui, Yuriy intanto stava ancora discutendo con Rei, Kei e Meiko.
-Insomma, per ora il pericolo di Zeo è evitato, ma vi resta il problema dei due Experiment…e dei Ribelli-
-I Ribelli non sono un problema…con gli Experiment dovremmo trovare una soluzione-
-Io sono disponibile alla vendita di armi e a passarvi informazioni…-
“Peccato che poi i tuoi pagamenti o sono troppo cari…oppure sono indecenti…disgustoso…”
Kei gli si fece vicino, sussurrandogli qualcosa all’orecchio.
Takao osservò quel gesto assolutamente banale, che però gli fece sentire di nuovo come un coltello che gli squarciava il ventre.
Prese un leggere sospiro, per poi lasciarlo andare…velocemente il sospiro passò attraverso l’aria pesante, raggiungendole labbra di Kei.
>Il nostro accordo è sempre valido?
>Tranquillo…Kei…tutto come stabilito…
>Pagherò quando avrò le armi
>Si…lo so…non vedo l’ora…
Yuriy sorrise a Kei con fare gentile e passionale, mentre Takao restava agghiacciato a quello che aveva sentito, alzandosi e allontanandosi, optando per la fuga…
Si mescolò tra la folla, ignorando il richiamo di Meiko, che lo vide allontanarsi con fare sconvolto.
Il ragazzo si mischiò e sgusciò via dal locale facilmente, ritrovando l’aria fredda dell’esterno, poco distante le due moto di Meiko e Kei.
Si avvicinò a quella ragazzo, accarezzandone il sedile…
Sembrava…sembrava esserci qualche rimasuglio del calore del ragazzo…
Calore…
Fiamme…
Fuoco!!
BASTA!!
Perché vedeva sempre fiamme?
Non voleva veder sempre e solo il fuoco!
Fiamme non significa sempre incendio!!
Significava anche…candela…luce…calore…
Avvertì il freddo raggiungergli le ossa, e si passò le mani sulle braccia, cercando di scaldarsi.
Si appoggiò al sedile della moto, guardandosi intorno, il suo fiato si trasformava in vapore, che velocemente si alzava verso il cielo buio della notte.
Chi sa che ore erano…
…e chi sa se prima o poi se ne sarebbe andato…
Aveva voglia di allontanarsi da tutto quello che stava accadendo…
Era stanco di tutti quei sentimenti così cupi e neri, così grassi…come il petrolio…oleosi…che scivolavano sulle tue dita lasciando la scia e i resti…
Sporco, sporcizia…
E questo gli faceva schifo, era stanco…
Eppure…non ne poteva fa re a meno.
Quella città…quel calore che aveva provato…Meiko…l’adrenalina della moto…e poi…
Quella mano…che lo aveva toccato con fare esperto eppure…sembrava essere dolce con lui…
Una dolcezza che lo aveva imprigionato per qualche istante…
Una prigione dorata…che aveva amato per qualche istante…prima che sentisse quel fuoco bruciarlo…
Ma adesso…era diventata una droga…quel calore…quelle sensazioni…non poteva più farne a meno…
Non poteva più…
Eppure…aveva voglia di fuggire…
Alzò lo sguardo verso il cielo, lasciando che una lacrime scivolasse via.
Poi avvertì qualcuno avvicinarsi.
Meiko
Sorrideva con fare gentile.
-Cosa c’è Takao? Sei stanco? Vuoi tornare a casa?-
lui la guardò stupito. Poi annuì.
-Portami via da qui…-
lei sorrise, accarezzandogli la testa.
-Allora sali, ti porto via…-

-Il fratello ha paura…-
la statua di vetro davanti a lei rappresentava un ragazzo, e lei con fare triste lo abbracciò, sembrava cercare di coccolare quella statua di vetro, quell’immagine che si lasciava abbracciare.
-Non ti preoccupare…ci sono io qui con te…
E non permetterò a nessuno…di portarti via da me…-
I suoi occhi si fecero cupi, mentre un’altra statua si allontanava, e un filo rosso si tendeva, mentre lei sembrava cercare di romperlo con la forza del pensiero…

(Mi dispiace averci messo tanto.
Spero di non aver deluso nessuno!
BACI!
Meiko)

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Capitolo 8
*** Capitolo 7 ***


*

Capitolo 7

I suoi passi riecheggiavano per il vicolo, attorno a lei grandi e alti bidoni emanavano alte fiammate, illuminandole in parte il viso seminascosto dal berretto che indossava, le mani bene in vista così come la sia figura in parte rivelava le curve tipicamente femminili agli sguardi affamati delle ombre di quel luogo.
I suoi occhi socchiusi tendevano a dirigersi verso le fonti di luce, rivelando un bagliore dorato nelle iridi violacee, il viso tinto in una fredda espressione non sembrava rivelare segni di paura, ai sottili bisbigli che uscivano dal buio di quel vicolo, gli alti muri degl’edifici erano abbelliti con scale e grate di ferro, dove ombre fulminee non perdevano di vista la loro prossima vittima.
Quegl’occhi che fissavano il buio…li avrebbero cavati…
Avrebbero sfondato il suo corpo, assaporando per qualche istante il piacere del sesso.
Avrebbero leccato la sue pelle, distrutto i suoi vestiti…
E forse alla fine avrebbero divorato la sua carne e bevuto il suo sangue…
Sussurri, risatine soffocate, bisbigli accompagnavano il passaggio della ragazza, che continuava a camminare senza il minimo accenno di nervosismo.
Uno degl’Experiment decise di farsi avanti, scivolando giù verso la strada che emanava un odore umido e stantio di acqua fangosa mischiata ad escrementi.
L’Experiment cominciò a seguire via terra la figura, nascondendosi nel buio, rivelando solo un corpo magro, quasi scheletrico, con le ossa in mostra sulle braccia, il viso martoriato da graffi rivelava solo due scintille di follia, mentre la sua diventava una specie di corsa.
Pochi centimetri, pochi centimetri di distanza!
Allungò una mano per afferrarla con uno strillo soffocato di piacere…
La ragazza afferrò di scatto la mano, e dai jeans tirò fuori un coltello a serramanico, e con un veloce movimento del braccio tagliò di netto il collo del suo inseguitore, spingendolo via mentre schizzi di sangue bagnavano i suoi vestiti.
Sentì nel buio un rantolo, poi fu di nuovo silenzio, nella luce di una fiammata da un bidone rosso arrugginito di poteva vedere una scia di sangue che tentava di raggiungere la ragazza.
Questa si guardò ancora intorno, prima di rimettersi a camminare, mentre i sussurri e i bisbigli dopo un attimo di silenzio ricominciarono a farsi più insistenti.
Adesso ne sarebbero arrivati di più, mentre la ragazza stavolta metteva in bella mostra il suo serramanico, la lama sporca di sangue lasciava cadere qualche goccia che cadeva e macchiava l’asfalto umido e grigio.
La ragazza continuò ad andare avanti, mentre altri due Experiment si avvicinarono a lei, ringhiando, questa volta optando per un attacco combinato davanti a lei.
Il primo mosse una mano come per dargli un sonoro ceffone, ma lei velocemente si piegò verso il basso, per poi muovere la mano con l’arma e squarciare il ventre al primo aggressore, all’altro invece gli diede un sonoro calcio in faccia, mentre liberava l’arma dalla prima vittima, e con un movimento rotatorio si rimetteva in posizione, evitando un colpo alla spalla, e affondare di nuovo il coltello stavolta nella schiena del suo secondo aggressore.
Poté fare qualche passo, quando un’altra ombra tentò di bloccare le spalle, ma velocemente la ragazza si chinò a terra facendogli lo sgambetto, e impiantando il coltello dritto al cuore.
Stava per subire un’altra aggressione, quando di colpo la strada tremò, crepandosi, dalle crepe cominciarono ad uscire una serie di rami grossi e robusti che fecero da schermo alla ragazza, mentre altri intrappolavano degl’Experiment.
-Adesso basta, hai gia ucciso a sufficienza…-
lentamente il muro di rami si districò, i grossi tralci di legno scomparirono del terreno, dove rimase quella crepa, mentre le ombre terrorizzate erano scappate via, la ragazza alzò lo sguardo verso le figure alla fine del vicolo, in bella mostra tra le “torce”
Al centro, un ragazzo dai capelli neri e gli occhi dorati…

Nel corpo della ragazza cu fu uno scatto di nervi, mentre lui si avvicinava, lei prese la parola a quel silenzio.
-Mi stavo semplicemente auto difendendo-
-Questo è vero, ma saresti potuta scappare via, invece hai preferito che gli Experiment ti attaccassero-
-Non ho colpa dei loro istinti primordiali, e non avevo bisogno del tuo aiuto-
-Modera il tono sfacciata!-
una delle due ragazze era scattata di fronte al tono arrogante della sconosciuta, questa la osservò, il bustino nero nascondeva in parte una camicetta bianca, e si collegava ad una corta minigonna di stoffa con sotto il velo che la gonfiava, ai piedi due scarpette da bambina.
La sconosciuta inarcò un sopracciglio a quell’abbigliamento, per poi guardare negl’occhi il suo “salvatore”
Le iridi dorate era brillanti, anche se sembravano lasciare una scia di…malinconia…
La ragazza piantò i suoi occhi viola duri, freddi, glaciali nello sguardo di Rei, che poi sorrise.
-Che ci fai nel mio territorio Humans? Se vuoi io e i miei compagni ti accompagniamo verso il confine…li dove dovresti stare…-
-Non ho nessuna intenzione ne di farmi mettere i piedi in testa da te…ne di tornare in quei luoghi…-
Salima scattò innervosita, mettendosi le mani sui fianchi, mentre Mao batteva il piede infastidita.
Rei invece ridacchiò a quell’arroganza, la ragazza dagl’occhi viola si dimostrava un’osso duro…
-E sentiamo, cos’hai intenzione di fare?-
-…sono qui per chiedere al Guardiano dell’ovest di farmi entrare nella sua banda-
quella che rise fu Salima, che attirò su di se l’attenzione rabbiosa della ragazza in ombra.
La rossa si avvicinò, rivelando il seno stretto in una fascia elastica azzurra, addosso un cappotto di pelle nero con pantaloni dello stesso tipo, alle mani dei guanti senza dita.
-E che cosa ti fa pensare che abbiamo bisogno di un peso morto?-
-Anche tu lo sei-
-Tre me e te c’è un abisso, Humans-
la ragazza dagl’occhi viola alzò lo sguardo verso Salima, dandogli una sonora occhiataccia di puro gelo che fece per qualche secondo fece cedere Salima.
-Infatti…-
Salima ringhiò, quando Rei si mise in mezzo a separare le due litiganti, sorridendo a Salima per poi rivolgere di nuovo la parola alla Humans.
-Come ti chiami?-
-Ive-
-Bene Ive, hai dimostrato di essere in grado di cavartela. A mio parere puoi entrare nel nostro gruppo. Voi che ne pensate?-
-No Rei. E’ una Humans, non possiamo fidarci di una sconosciuta!-
Salima appoggiò le mani al petto di Rei, avvicinandosi a lui in una posizione pericolosa.
Ive per tutta risposta si passò una mano sul berretto.
-Non ci si può fidare di nessuno, e quindi neanche tu hai tanta fiducia. Perciò siamo nella stessa posizione-
Salima scoccò uno sguardo rabbioso ad Ive, che si limitò a guardarla con una sorta di calma apparentemente, mentre Rei annuiva.
-In effetti non hai tutti i torti. Forza, ora andiamo-
Salima fissò stupita Rei, mentre gli altri ragazzi si mettevano in marcia, per ultima Ive, che però era a pochissima distanza da Rei.
La ragazza lo osservò con odio.
“…”

Salì lentamente le scale che portavano al piano di sopra, aveva lasciato dietro di se Rick e Michael che giocavano con Wish, il piccolino si dimostrava una furia, mentre Emily la stava accompagnando chissà dove.
“Max vuole vederti”
l’aveva detto con aria stanca e preoccupata, e questo attirò la curiosità di Mariam.
Curiosità…prima di allora non aveva mai provato curiosità.
Solo freddo.
E anche stavolta all’inizio era stata riluttante, voleva restare davanti a quella finestra a guardare la strada fuori, con l’ansia di chi sta per esse braccato, con l’ansia di uccidere…
Uccidere…
Ormai era abituata anche ad uccidere…

Mariam socchiuse gli occhi, mentre Emily lasciava dietro di se l’ultimo scalino, avviandosi verso una stanza li vicino, fuori il tempo non era dei migliori, c’era sempre quel triste grigiore di quella stagione fredda, presto la pioggia avrebbe lasciato spazio alla neve…
La neve…
Mariam si fermò appena salì l’ultimo gradino, osservando Emiy bussare ad una porta, per poi sporgersi, prima di fare un cenno a Mariam.
-Vieni…-
la ragazza dai capelli lunghi fissò attenta la ragazza, il suo sguardo appariva stanco e triste, eppure manteneva sempre quell’aria fiera e gentile…
Mariam si porse verso la stanza, spalancando sorpresa gli occhi.
Acqua…c’era acqua dappertutto…
Sui muri…sul soffitto che cadeva come pioggia…anche sul pavimento c’era acqua, che raggiungeva le caviglie…
…eppure…
L’acqua non debordava dal perimetro della stanza!!
Com’era possibile?
In mezzo alla stanza c’era una specie di divanetto, come quello che si trova nello studio di un psicologo, e li sdraiato c’era Max.
Il ragazzo sembrava addormentato, completamente bagnato, i capelli biondi sembravano oro colato, la pelle era ancora più pallida, e i vestiti in generale erano zuppi d’acqua.
…in quei secondi, Mariam fu attraversata da delle strane correnti di emozioni, emozioni che mai prima d’ora aveva provato…
Paura…malinconia…tristezza…una profonda tristezza che scivolava come quelle gocce d’acqua sui muri, formando una serie di intricate decorazioni.
Sentimenti…umani…

“Deboli…e tu sei una debole!”

La ragazza sembrò riscuotersi, stringendo i pugni e avanzando di un passo verso la stanza, preparandosi all’impatto con l’acqua che di sicuro era fredda.
Inaspettatamente invece non avvertì il liquido toccarle i piedi, l’acqua stava formando una specie di percorso verso la figura del ragazzo, che in quello momento socchiuse gli occhi, il viso era rivolto verso la parete davanti a Mariam.
-Non voglio che tu ti bagni-
la ragazza restò in silenzio, limitandosi a chiudere la porta, restando però vigile, incapace di realizzare qualche pensiero logico, tutto quello a cui stava assistendo era assurdo!
L’acqua veniva controllata dalla mente del ragazzo, che continuava a guardarla in faccia, come se quel muro li davanti fosse interessantissimo, attorno a Mariam si era andata a creare una sorta di cappa, la pioggia e l’acqua a terra non riuscivano a toccarla, mentre questa si ritrovò di fronte a quella poltroncina, restando li in piedi a fissare quel ragazzo, che sorrise, voltandosi lentamente verso di lei.
…pallido…magro…
…debole…
In quello stato appariva così debole agl’occhi verdi di Mariam, così fragile, eppure era in grado di manovrare tutta quella quantità d’acqua.
-Mariam…-
la ragazza lo guardò ancora, quasi aspettando qualche domanda, mentre lui cercava di alzarsi dalla pozione, i capelli biondi a quel movimento si spostavano, un ciuffo biondo cadde in mezzo agl’occhi, in quel momento di un’intenso blu.
Ancora…ancora quelle correnti che l’attraversavano come se fosse stata trasparente.
Lui allungò lentamente una mano, afferrandole una ciocca di capelli della lunga coda che in quel momento scivolava su una spalla, tastando la consistenza con le dita bagnate, lei invece restava asciutta.
Il suo primo istinto fu quello di allontanarsi di fronte a quella mano, ma poi era subentrato qualcosa di strano che l’aveva fatta desistere a quella tentazione…
Restò immobile, mentre lui continuava a sorriderle in quel modo triste ed assente.
In quel momento appariva un Max strano, come se fosse stato in uno stato d’incoscienza, che tutto quello che stava facendo non fosse comandato dalla sua mente ma da qualcun altro.
Furono secondi interminabili, il respiro di Mariam sembrò farsi più pesante di fronte a quei gesti, mentre lui lentamente abbandonava quella ciocca di capelli, passando al viso, accarezzandolo con due dita.
Era gelido…bagnato e gelido…
Mariam lo guardò adesso con aria spaventata.
-Sei…freddo…-
disse istintivamente quelle parole, mentre Max la guardava dritta negl’occhi.
Lui scosse la testa, per poi parlare ancora.
-Mariam…perché hai paura di me?-

tum-tum…tum-tum…
Batteva con violenza, accelerando, un calore sprigiono dal corpo di lei di fronte a quella domanda, subentrato poi il sudore freddo.
Perché aveva paura di lui?
Perché era strano?
In quel contesto lui appariva strano…anormale…
Ma cos’era normale in quel mondo?
Gli Humans erano normali?
Lei era normale?
…no…
Lei non era normale…
Perché era una Metamorpho, e i metamorpho non sono esseri normali.
Sono creature bizzarre, che sfruttando delle capacità strane, extra-sensoriali…
E gli Humans avevano paura di loro…
Ma lei…non era…una Humans…
Mariam abbassò la testa sconfitta, mentre Max cambiava espressione al viso, diventando triste, avvicinandosi di più il suo viso a quello di lei.
-Perdonami…ti ho ferita…-
-Tu…sei un Metamorpho…tu fai cose strane…-
era come se stesse cercando di convincersi di questo, mentre Max si riscuoteva da quel torpore, allungando anche l’altra mano per accarezzarle il viso.
-Si…è vero…sono strano…faccio cose strane…io spavento gli altri…-
la ragazza a quella confessione sussurrata spalancò gli occhi, mentre avvertiva la “cappa” indebolirsi, le gocce di pioggia cominciavano a colpire anche lei.
-Io…sono…un…mostro…-
Mariam a quel punto si staccò frettolosamente e con violenza dalla presa di Max, guardandolo con aria sconvolta.
-Ma che ti è preso? Che ti prende? Prima ti diverti a prendermi in giro e adesso hai dei rimorsi di coscienza!-
Max la guardò tranquillo, come se ancora ci fosse quella presenza e non direttamente lui, facendo innervosire ancora di più Mariam, che alzò la voce.
-Si può sapere cosa ti passa per la testa?! CHI DIAVOLO SEI?!-
lui non rispose subito, facendo un cenno con la mano in modo che tornasse la cappa sopra di Mariam, anche se in parte ormai era bagnata.
-Sono Max-
Mariam sentì la rabbia montargli, quel tizio osava pure prenderla in giro!!
Si allontanò velocemente dalla stanza, sbattendo la porta, mentre Max abbassava lo sguardo verso l’acqua, immergendoci una mano, per poi nell’ondeggiare del liquido notare alcune figure increspate che si muovevano in silenzio.
Sorrise, continuando ad osservare quel movimento.
-…-
Mariam intanto prendeva un profondo respiro, anche se era arrabbiata al tempo stesso era incredula a ciò che aveva visto, a ciò che aveva soprattutto sentito!
Quel tizio era davvero strano!
…e questo la metteva a disagio…
Non poteva restare li!
Era prigioniera? Bene, sarebbe scappata via!
Stava muovendo qualche passo, quando udì delle voci li affianco, e istintivamente si appiattì contro il muro, le voci provenivano dal piano di sotto.
-Ti ho vista ieri sera con quel tizio…-
-Michael-
-Voglio che tu smetta di cercarlo! Ormai fa parte del tuo passato!-
Mariam si sporse leggermente, notando le due testa di Emily e Michael, in quel momento Rick non c’era, e Wish stava salendo al piano di sopra.
Stavano parlando della sera precedente.
Emily era in certa di fronte a quella reazione, non sapendo cosa rispondere, mentre Michael stringeva i pungi innervosito.
La ragazza cercò di controbattere.
-Non puoi impedirmi di vederlo! Lui è molto importante per me-
-Significa che io non lo sono?-
-Non è questo…-
-Allora smettila di vederlo se ci tieni a me!-
-Ti prego Michael non chiedermelo…-
Emily era supplicante in quella situazione, mentre il ragazzo sembrava tentato di sfondar qualcosa, invece si limitò a stringerla a se, sotto lo sguardo di Mariam.
-Emily, anche se tu provi qualcosa per lui, sappi che non ti lascerò andare. Ormai tu sei qui, e io voglio che tu resti qui!-
-Ma…-
-Se vuoi puoi provarmi a fermare, ma io non torno indietro sulla mia decisione!-
Emily si lasciò abbracciare, senza rispondere ne allontanarsi, mentre Mariam si allontanava da ciò che aveva visto, notando la presenza di Wish, che festante gli si avvicinò, cercando di convincerla a giocare con lui. La ragazza sorrise triste, allungando una mano ad accarezzare il piccolo.
-Per fortuna che ci sei tu…-
la ragazza lo prese in braccio, portandolo con se nella sua stanza, mentre Wish si lasciava coccolare, come consapevole della situazione…

Era così silenziosa la casa…come quella volta…
Takao si guardò intorno, prima di uscire dalla sua stanza, lui e Meiko erano tornati per primi a casa, anche lei aveva detto di annoiarsi.
Chissà a che ora erano tornato Hilary e Kei…
Takao al pensiero del ragazzo si sentì male, una sorta di tristezza avvolta nella paura lo gelava ogni volta.
Eppure…in quegl’istanti sulla moto…
…aveva avvertito chiara la sensazione di felicità e libertà che gli era pulsata nel cuore e si era sparsa nelle vene.
Si era sentito così felice!
…una sensazione che gli sembrava ricordare con un senso di nostalgia, come se l’avesse gia provata altre volte…
Scese verso il salotto, constatando che in quel momento era tutto buio, le tende erano tirate, tutti stavano dormendo a quell’ora…
O forse…
Il ragazzo si morse il labbro, mentre una mano toccava il divano, lisciandolo, mentre raggiungeva una delle finestre.
Spostò la tenda con una mano, lasciando che gli occhi spaziassero nel buio di quella giornata.
Ormai il cielo era sempre di quel triste grigio…
…stava anche cadendo…neve…
Neve, candida neve che scivolava via dal cielo, atterrando e soffocando anche il silenzio di quella città.
Takao era affascinato dalla neve, e rimase li, ad ascoltare il silenzio.
…nella sua testa in quel momento si formavano tante immagini, ricordi sbiaditi…
E il rumore, il violento rumore…del niente…
Takao si guardò intorno, come se avesse avvertito la presenza di qualcuno.
…Kei…
In quel momento il ragazzo dai capelli blu sperò che fosse lui a cercarlo…poi però gli venne in mente l’odio che proveniva da quegl’occhi…
Odio…lo odiava…eppure non credeva di aver fatto qualcosa…
Il ragazzo guardò ancora fuori dalla finestra, stavolta aprendo del tutto la tenda, per poi socchiudere il vetro, in modo che un’alitata gelida lo raffreddasse, mentre ricordava gli occhi di quel ragazzo…
Gli occhi…le fiamme…il terrore…il fuoco…
…scappare via…
Il ragazzo, preso da uno strano istinto, aprì del tutto la finestra, sotto di lui c’erano quattro metri.
Si arrampicò su questa, per poi voltarsi verso il buio, quasi ci fosse qualcuno che lo guardasse.

Poi cadde giù dalla finestra, atterrando sulla strada innevata, rotolando leggermente, per poi voltarsi a guardare il vetro aperto di quella stanza con il fiatone che si mostrava come una nebbiolina calda.

Poi si alzò in piedi, spolverandosi i vestiti, e correndo via da quel posto…

-Alla fine è scappato…in fondo chi ti sopporterebbe?-
Meiko si mostrò al buio, mentre si voltava verso l’inizio della scalinata, dove c’era Kei, a petto nudo, le guance tatuate con quei tribali e gli occhi rossi fissi su quel vetro aperto.
-Lo seguirai?-
Meiko non ottenne risposta, il ragazzo si limitò a voltarsi e a tornare nella sua stanza, mentre lei invece si premurava di chiudere il vetro, osservando fuori quella figurina scomparire nella neve che cominciava a cadere con più pesantezza.

-Sta attento, piccolo…-

Socchiuse gli occhi, era rinchiuso dentro quella cella di vetro, immerso in quell’acqua che adesso assumeva tinte verdine, portava una maschera in volto.
Davanti a lui “suo padre”, che controllava il suo sistema operativo, il ragazzo si limitò ad osservarlo.
I due si trovarono poi occhi negl’occhi.
L’uomo lo guardava con fare incantato, triste, mentre Zeo era impassibile.
Zagart allungò una mano verso il vetro, osservando ancora il ciborg che aveva creato, che guardò prima la mano, per poi portare la sua verso quella del suo creatore, guardandolo poi degl’occhi.
“Vuoi che faccia così?”
sembrava chiederglielo, mentre Zagart spalancava gli occhi, due immagini si sovrapponevano per poi separarsi.
Un bambino allegro che lo chiamava, e quel ciborg che apriva gli occhi e lo fissava rispettoso.
Sono due cose diverse…il suo Zeo ormai era morto…
C’era solo ormai quell’essere a cui aveva donato il cuore di suo figlio…
Ma per il resto era solo una fredda macchina.
Nel frattempo la macchina allontanò la mano dal vetro, fissandola, per poi chiudere di nuovo gli occhi e rilassarsi, pensando a due occhi azzurri che lo guardavano.
“Takao…ho voglia di vedere Takao…”


(Ecco qua il nuovo capitolo, perdonatemi la lunga assenza.
Ciao!
Meiko)

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Capitolo 9
*** Capitolo 8 ***


Capitolo 8


Yuriy si mise a posto il mantello sulle spalle, in modo da rivelare parte dell’affascinante fisico, il petto in bella mostra mentre addosso aveva i jeans consumati, e in quel momento andò a guardare il mondo degli Humans fuori dalla finestra.
Esseri patetici che credevano di essere i dominatori del mondo…
…lui avrebbe cambiato le cose…
Lui…e il suo guardiano dagl’occhi di rubino…
Sorrise divertito, per poi voltarsi verso il letto, semicoperto dalle lenzuola sgualcite il suo amante, appoggiato sul cuscino dormiva beato dopo una notte di sesso e puro oblio.
Yuriy gli si avvicinò, sorridendo con quell’aria divertita, accarezzando la guancia di una delle sue due bambole… Era un’amante formidabile, capace persino di dominarlo.
Con quel corpo…
Yuriy però ogni notte chiudeva gli occhi, e sognava che le mani del suo folle amante fosserò quelle di Kei, che quel corpo fosse del suo compratore…e presto quel sogno sarebbe diventata pura realtà.
Se esisteva il nirvana, era certo che lo avrebbe trovato nel folle sesso con quel ragazzo.
Accarezzò il viso di Boris, sorridendo divertito, la pelle pallida contrastava con i capelli rossi sciolti che ricadevano sulle spalle, in una sorta di aureola di fuoco a quell’angelo dagl’occhi azzurri, che si sporse verso il suo amante, lasciando che il suo respiro sfiorasse l’orecchio dell’addormentato.
-Tu sei mio…ma io non ti amerò mai…-
lo disse in tono gentile, e appari come la cosa più crudele che si potesse sentire da quel finto angelo, che si alzò in piedi, allontanandosi e uscendo dalla stanza, mentre Boris riapriva gli ohi, guardando il cielo grigio fuori dalla finestra.
Nevicava ancora…
-Lo so-

Correva con tutta la forza che aveva nelle gambe, in quelle strade che apparivano apparentemente deserte, con la neve che ormai cadeva abbondante imbiancando la strada davanti a se.
Non sapeva dove stava andando, ne perché fuggiva.
Ma voleva solo allontanarsi da quello sguardo di fuoco.
Era troppo spaventato da quello sguardo, da quegl’occhi carichi di fiamme e…odio…
Vedeva odio in quegl’occhi.
Rabbia.
Qualcosa che picchiava con violenza nella sua testa.
Takao accelerò, mentre il respiro condensava, scomparendo poi immerso nella pesante neve.
Il ragazzo, di colpo, scivolò a terra, battendo il corpo e la testa sul cemento della strada, avvertendo il mondo girare intorno a lui e un freddo incessante impossessarsi di lui.
Alzò gli occhi verso il cielo, ansimando affaticato, lentamente cercava di rialzarsi, quando metà del mondo che vedeva intorno a se assumeva una colorazione rossastra.
Era ferito alla testa…
Sanguinava…
E aveva freddo…
Doveva cercare al più presto un riparo…
…magari tornare indietro…
…tornare da Mei-chan…
…tornare da Kei…
Kei…
Kei…

Si guardò intorno, ansimando con forza, le ombre intorno a lui lo facevano tremare di paura, mentre continuava a camminare, non poteva fermarsi li!
Di colpo, vide la forma di un’edifico poco di stante da se, e accelerò la corsa, speranzoso.
Rallentò quando costatò che invece l’edificio era solo una baracca mezza rovinata.
Ma non aveva altra scelta.
Aprì la porta lentamente, facendola scricchiolare, controllando poi che non ci fosse nessuno, ed entrò chiudendosi dietro la porta, pregando che le ombre non lo avessero raggiunto anche li…
Si guardò intorno, era tutto buio e non vedeva niente…
All’improvviso, sentì il suo piede sprofondare in qualcosa, e questo lo fece scattare all’indietro, era stato qualcosa di morbido che lo aveva afferrato, e terrorizzato sospettò si trattasse di qualche Experiment.
Invece…era un tappeto…e sotto di esso veniva una luce fioca, sottile, che attirò la sua attenzione.
Afferrò il tappeto, spostandolo.
Una botola…
Guardandosi ancora intorno, il ragazzo cominciò a scendere nella botola, sistemando poi il tappeto pesante che copriva la luce, dalle scale questa invece andava ad aumentare, a mano a mano che scendeva.
Raggiunse l’ultimo scalino ritrovandosi in una galleria che era bagnata dalla luce dei lampioncini, e dal fetore che ne saliva doveva essere una vecchia via fognaria inutilizzata, anche per l’acquitrino che c’era sotto di lui.
Takao continuò a camminare, rabbrividendo ancora per il freddo, i muri erano coperti in parte da muschio e altro, mentre l’acquitrino era fangoso soprattutto verso il muro, ed assumeva una colorazione verdastra.
Il ragazzo proseguì, avvertendo poi dei rumori provenire dal fondo della galleria, a mano a mano che avanzava i rumori si facevano sempre più forti, tanto che l’acqua si muoveva costantemente.
Ad un certo punto il ragazzo si trovò di fronte a due gallerie, il rumore proveniva da quella di sinistra, che emanava una luce rossastra che andava e veniva, e c’era un calore ed uno strano odore che picchiò nella testa di Takao, che però non frenò la suo curiosità, deciso ad andare avanti.
A mano a mano il rumore era sempre più forte, adesso si riconoscevano come dei tamburi e degl’urli, seguiti a canti e ad altro.
L’acqua diminuiva sempre di più, fino a sparire, mentre il ragazzo si trovava di fronte ad un’apertura, che dava su un’enorme spiazzo, con altrettante gallerie ai lati delle pareti.
E nello spiazzo, il caos più totale.
Centinaia di bidoni sparsi un po’ dappertutto nel grande spiazzo da cui salivano fumi e gli odori più vari, dall’odore delle fogne prosciugate ad incenso ad alcol a fumo, pesante fumo che cominciava a soffocare Takao, che si sporse sulla ringhiera messa li forse per caso, tutta arrugginita eppure stabile.
I bidoni erano in parte rovinati, rotti, fatti a pezzi dove sembravano colare vernici e forse anche sangue, mentre altri contenevano fiamme che si alzavano in vampate che misero in Takao una paura inconscia, senza però smettere altri bidoni che invece venivano sfruttati come tamburi, provocando un rumore che stordiva, riecheggiando nelle larghe e grandi pareti dove su alcuni spuntoni di pietra e legno scalavano alcune persone, facendo acrobazie.
Al frastuono si aggiungevano urla, grida festanti e canti, alti e feroci canti mentre una fiumana di gente si muoveva in un’apparente disordine, uomini, donne, zoppi, ciechi, puttane, tantissimi Humans che danzavano, urlavano, mangiavano avanzi e rifiuti, bevevano vino, facevano sesso così come veniva.
Assassini, ladri…
I Ribelli…
Migliaia di Ribelli sotto ai suoi occhi che sembravano festeggiare qualcosa.
Un’ombra grande, larga sul muro di qualcosa di lungo fece alzare il capo a Takao, che notò in quel momento una lunga trave di ferro arrugginito che era sostenuta in aria da dei cavi d’acciaio attaccati alla prete del soffitto.
E su questa trave…un uomo…
Un uomo coperto da stracci pieni di polvere, rattoppati, strappati, che lo rendevano simile ad un mendicante.
Takao si soffermò su quella figura, il viso coperto da uno straccio nero, i capelli tenuti nascosti da una specie di cappuccio…
…qualcosa…c’era qualcosa di strano…

Di colpo, sentì le braccia venire afferrate con forza da qualcuno, e d’istinto si dimenò, mentre altri due sghignazzavano, dall’alito erano un po’ alticci.
-Guarda chi c’è…un clandestino!-
-Portiamolo di sotto dagl’altri-
-Gia, vediamo come possiamo divertirci con questo bel visetto-
Takao socchiuse gli occhi, disgustato per l’alito ma anche dalla faccia del tizio che aveva davanti, per poi venir trascinato via con forza, sentendosi di colpo debole di fronte alla forza di quei due uomini, che lo fecero quasi rotolare per le strette scale che lo portavano verso lo spiazzo, mentre i rumori si facevano via via più forti e violenti, aveva le orecchie che gli facevano male, come la testa.
La ferita…la ferita alla testa pulsava…e il rumore lo stordiva troppo…
…oh no…cominciava a diventare tutto confuso e sfuocato…
-EHI GENTE!-
-GUARDATE!! ABBIAMO SCOVATO UN NUOVO AMICO!-
le urla sembrarono diventare una sola, mentre i rumori sembravano fermarsi, anche se i ragazzi che battevano a ritmo sui bidoni non si fermavano, pian piano la folla si radunò attorno ai due uomini e a Takao, che cercava di liberarsi, ma era troppo debole per il forte fetore e la troppa gente.
-Ma guardate che visetto carino!-
-Sembra una ragazza!-
-Chissà, magari strilla come una mocciosetta-
-Guarda com’è magro!-
-Oh…poverino!!-
si sentirono delle pesanti risate, mentre Takao a stento si reggeva sulle gambe.
Ad un certo punto la folla sembrò calmarsi, mentre una figura si faceva largo, avvicinandosi al ragazzo.
Questo alzò lo sguardo, cercando di vedere in faccia almeno la persona più vicina a lui.
Occhi…scuri…castani…capelli…dello…stesso colore…
Il respiro diventava sempre più ansante…ma quei tratti del viso gli fecero spalancare gli occhi, mentre la gola di colpo si era seccata, e riusciva al massimo a fare qualche sussurro strozzato.
-Hi…Hilary…-
la ragazza si era fatta largo tra la folla e aveva raggiunto Takao, e aveva spalancato gli occhi dall’orrore di vederlo li, in quel luogo, in mezzo a quella gente.

Si morsicò in silenzio il labbro, allungando una mano e sollevandogli una ciocca di capelli dalla fronte, constatando che era anche ferito.
Un bel taglio, non c’è che dire…
Hilary lo guardò ancora, ormai il ragazzo era svenuto, e bisognava approfittarne.
-Questo ragazzo è ferito, ha bisogno di cure-
-Ma è un clandestino-
-Potrebbe essere un Metamorpho-
-Magari una spia-
-Finché non lo sappiamo non possiamo fargli niente, giusto? E comunque non vi preoccupate, ci penso io a curarlo.
E se qualcuno è contrario, si faccia avanti-
La ragazza strinse i pugni, fissando la gente che si era ammutolita, anche i ragazzi che battevano a ritmo si erano fermati, mentre la ragazza si voltava a guardare l’uomo appeso sulla rampa, che si limitò a fare un cenno affermativo del capo, Hilary avuto il consenso si avviò verso la sua stanza, seguita dagl’altri duo uomini che portavano il ferito, mentre le urla e la musica riprendeva assordante.

-Bene signor Balthez…può dare inizio ai giochi-
il signor Balthez non attendeva altro.
Inarcò le labbra in un sorriso compiaciuto, mentre faceva un cenno con la mano al ragazzo di colore li vicino, che si affrettò ad aprire e a tirare con tutta la forza che aveva le grandi porte in metallo al cui all’interno si vedevano colpi violenti che le avevano deformate, nonostante lo spessore e la pesantezza.
Si udì un gran rumore, prima un forte strillo che sembrò spaccare i timpani al ragazzo di colore, poi un rumore confuso di metallo e altri, e poi un lontano frullare, mentre il ragazzo di colore dopo aver sudato freddo e dopo essere rimasto dietro alla gabbia per non essere visto, si sporgeva, notando con orrore la quantità di sangue presente nei muri e le varie penne d’ali rosse e bianche che erano sul pavimento.
C’erano segni ovunque, graffi, pugni e alcuni punti erano sporcati di sangue secco, mentre a terra c’erano delle catene spaccate a terra, il tutto fece tremare le gambe al ragazzo di colore, che cadde a terra perdendo l’equilibrio, mentre Balthez assisteva sorridendo al volo dei suoi due “angeli”.
Poco distante, Kiman passava il binocolo a Yuriy, anche lui interessato nel seguire il volo dei due Experiment nel cielo, i due adesso stavano litigando furiosamente uno contro l’altro, facendo così innescare i due collari che portavano al collo, da cui partivano delle scariche elettriche che l’indebolivano, infatti sotto lo sguardo di ghiaccio del rosso le due creature facevano un volo planato dividendosi, anche se lanciavano ancora degli strilli inconsulti.
Kiman in quel momento si sistemò meglio i capelli, il vento che in quel momento tirava era gelido, ed indossava solo un chiodo lei, pieno di spille colorate, mentre quel vento portava ancora metà dei suoi capelli sul viso, coprendolo in parte alla vista di Yuriy, mentre lei parlava.
-A quanto pare qualcuno mi sta togliendo il divertimento…-
Yuriy le sorrise ferino, attirando l’attenzione di lei.
Lui le si avvicinò cortese, spostandole con la mano pallida e gelata parte dei capelli dal viso, rivelandolo agl’occhi di lui, che poi gli afferrò il mento, sollevandolo verso di lui.
-Non temere…troverò io il modo di farti divertire…-
lei lo guardò attenta, captando ogni centimetro di pelle vibrare al passaggi odi quello sguardo, che inchiodò gli occhi di lei.
Lui le si avvicinò quel tanto che bastava per accarezzarle le labbra in un bacio sfuggente, per poi lasciarla andare a allontanarsi, sorridendo crudele e soddisfatto, mentre lei lo guardava ancora, rimanendo incantata e al tempo stesso delusa.
“Se questo è veramente un gioco per te…avrò il diritto di sapere quali sono le tue regole…no?”

Takao socchiuse gli occhi, avvertendo l’aria fresca entrargli nei polmoni e permettergli di respirare, mentre buttava in parte fuori dal suo corpo il fumo, l’odore di fango e fogna…l’alcool…
Cercò di muovere la testa, avvertendo un leggero dolore alla fronte, tastandosela constatò che c’era un cerotto a coprire la ferita che si era fatto.
Lentamente si alzò da quella brandina che doveva essere un letto, guardandosi intorno, doveva essere un cunicolo di una galleria, a giudicare dalla forma curva, l’acqua sporca aveva scavato quel punto, ed ora i muri portavano ancora l’umidità di quella che un tempo era una fognatura.
Anche in quella specie di stanzetta arredamento spartano, solo quel letto e nient’altro, la coperta era stata mangiata dalle tarme, e recava una sbiadita fantasia floreale il cui colore doveva essere azzurro e giallo paglierino, adesso c’era solo uno sbiadito color diarrea-sabbia, mentre il ragazzo scuoteva leggermente la testa con la ferita che gli faceva ancora male.
-Ringrazia qualcuno lassù se non ti ho fatto uccidere dai miei compagni.
Trovano molto eccitante eliminare qualcuno in pubblico, soprattutto un Clandestino…-
La figura che si trovava in controluce vicino alla torcia gli si avvicinò, rivelandosi come Hilary, lo stesso viso che aveva visto prima.
-E tu eri davvero un bel bocconcino-
-Grazie Hilary…-
-Non mi ringraziare. Voglio solo che tu te ne vada al più presto da qui. Non sei gradito se non lo hai notato, e io non ti voglio tra i piedi, sei una zavorra-
erano parole dure quelle che la ragazza stava pronunciando, ma Takao stava ascoltando tutto in silenzio, limitandosi ad annuire, mentre avvertiva l’aria fresca riempirsi di umidità a mano a mano che respirava. Aveva l’impressione di respirare sott’acqua.
-Immagino che sei tu sei qua è perché ci sei capitato…come mai non sei nella villa con Kei e Meiko?-
lui la guardò, in quel momento lei era di profilo sulla borsa che si era portata appresso, intenta a cercare chissà cosa, mentre Takao abbassava il capo mestamente.
-Io…sono scappato…-
lei si fermò dal suo rimestare nella borsa, voltandosi poi a guardare quel ragazzo che aveva li davanti, con la testa bassa e la voce che adesso era diventata bassa e colpevole.
Ma non era stupita, lo guardava tranquilla, anche se con un’espressione indifferente, fredda.
Come quella di Kei.
-E perché sei scappato?-
-…non lo so…-
la ragazza si alzò in piedi, osservandolo dall’alto in basso, notando la capigliatura di quella strana sfumatura blu e il corpo magro nascosto da una semplice giacca di cotone con sotto una maglietta.
Fuggito…con solo quella roba addosso…mentre fuori quando era uscita nevicava…

-Hilary…torniamo a casa?-
a casa…
Tornare a casa con lui…con quel ragazzino…


“Me lo sta portando via!”


-Io a casa non ci torno con te-
fu dura e sicura in quelle parole, facendo scattare di colpo Takao, che la guardò dal basso, lei aveva un viso inespressivo, ma fisso su quel viso, su quegl’occhi, su quel ragazzo.
-Io non voglio che tu torni ne da Meiko ne tanto meno da Kei, soprattutto con lui.
Kei…da quando sei arrivato tu si allontana sempre di più da me…
Gia da tempo era distante…ma tu me lo stai portando via…e non lo accetto…
Non me lo porterai via…moccioso…-
la ragazza afferrò Takao per la gola con entrambe le mani, iniziando astringere forte, mentre Takao in quello scatto improvviso non era riuscito a prepararsi, e ora iniziava ad avvertire sempre meno l’aria, mentre si aggrappava ai polsi della ragazza, che stringeva con forza, nonostante lei fosse più debole di lui in quel momento Takao era stanco e ferito, e non riusciva a reagire.
-Ti prego Hilary…lasciami…-
lei strinse i denti, fissando con intensità il collo, per poi alzare lo sguardo verso quel volto.
Gli occhi blu lucidi, lo sguardo disperato di chi cerca di aggrapparsi agl’ultimi brandelli di vita.
…desiderava vivere…?…
Hilary lo lasciò andare, Takao tossì con forza, acquistando di nuovo la capacità di respirare, senza guardare la ragazza, che dopo un attimo di sbandamento si morse il labbro con forza, alzandosi in piedi e voltando la schiena al ragazzo.
-Quando torno in questa stanza non ti voglio trovare…e sappi che se tu tornerai a casa…io non mi fermerò come ho fatto oggi-
Takao sentì il respiro bloccarsi di nuovo, mentre sentiva chiare le parole della ragazza, per poi voltarsi verso di lei.
Non capiva.
-Perché?-
lei si fermò dal suo camminare, voltandosi verso di lui e fissandolo.
Fredda…ricolma di odio…seria…il suo sguardo ora era paragonabile al nero del buio e dell’oblio…
Perché lo odiava con tutte le sue forze…
Lui la fissò con la bocca socchiusa, per poi osservarla allontanarsi, e ricordandosi della minaccia di Hilary i ragazzo si alzò in piedi, deciso a scappare via da quel luogo.
Scappare…fuggire…via via via!!!
Si guardò intorno, sembrava tutto deserto in quella galleria, e anche se non sapeva dove andava, istintivamente cominciò a correre verso il punto più buio di quel corridoio, le torce erano spente, e nelle altre “stanze” di quella galleria si sentivano veri rumori soffusi, da strane grida e sospiri di piacere e gemiti…
Sospiri…gemiti…

Il ragazzo spalancò gli occhi, mentre quella scena si stava ripetendo nella sua memoria.
Nel temporale…con i lampi che illuminavano la stanza…il letto…
Su quel letto…Kei…ed Hilary…
E lui ad osservare la scena…come uno spettatore…
Male…il cuore ricominciava a fare male, troppo male…
Fuggiva da quel ricordo, scappava da quella scena.
Non c’era amore, non vedeva amore intorno a se, ma solo buio come quella galleria, piena di rumori che lo stordivano e lo fecero in quel momento inciampare.
Lui però si rialzò in piedi, continuando ad andare avanti.
D’un tratto vide un lumicino, e si fermò a prendere fiato.
Alla sua sinistra una “stanza, da dove provenivano dei lamenti.
Prese fiato, ansimando per la corsa, avvertendo poi quei sospiri e una serie di fruscii.
Il sudore scivolò giù da una guancia, cadendo dal mento, mentre il ragazzo lentamente si voltava verso la fonte di quei rumori.
In quella stanza illuminata in modo fioco…due corpi che si plasmavano a vicenda…uno di questi alzò il capo verso l’alto.
Takao spalancò gli occhi, mentre le scene si sovrapponevano…
Lo sconosciuto si voltò verso di lui…
Occhi rossi di sangue…
Capelli grigi…
Kei…
…no…no…
La ragazza si strinse a lui, assumendo le fattezze di una ragazza dai capelli castani e occhi dello stesso colore…
…Hilary…
Takao li osservò pietrificato, mentre i due dopo un attimo di respiro tornavano a fondersi insieme.
Spalancò ancora gli occhi, che assumevano una colorazione blu intensa, per poi voltarsi verso il buio di quella galleria.
E corse…
Ricominciò a correre, questa volta più velocemente, senza neanche tentare s’immaginare dove stesse andando, andava solo sempre più dentro a quel buio, a quel vuoto.
Niente, più niente intorno a lui, solo l’eco dei suoi passi e del suo respiro.
Solo…era solo…
…solo…

Di colpo…avvertì un corpo duro che lo investì, facendolo crollare a terra, stanco morto, ansimante, mentre la figura si sbilanciava all’impatto, per poi tornare in equilibrio, accendendo poi una torcia, il fascio di luce investì il pieno il ragazzo che cercò di coprirsi con le mani, per poi abituarsi alla luce e cercare di vedere chi c’era dietro quella torcia elettrica.
…il ragazzo seduto sulla rampa di metallo...
Occhi castani, ora li vedeva bene.
Takao spalancò gli occhi, le sue iridi avevano ancora assunto la colorazione azzurra, mentre una strana sensazione lo avvolgevano di nuovo, paralizzandolo in quella posizione.

“Vedi…vedi…cosa vedi?
…vedi un corpo steso a terra…non ha volto…è un’ombra…
Si, in questo momento è solo un’ombra…non puoi vederlo…non scomparirà ancora…
Ma vedi intorno a lui le fiamme di quel fuoco che odi, di cui tu hai il terrore…
Quella figura adesso ha sembianze strane…
Rammenti piccolino?
…capelli lunghi tendenti al celeste…occhi castani…
Rammenta, rammenta bambino…
Quella figura gia la conosci…
Peccato che la vedrai morire…
Quell’ombra sembra rialzarsi…
Ma c’è uno strano rumore…
E quest’ombra è macchiata di sangue…
Povero piccolo che vedi solo la gente morire…
Ma sarà sempre è solo questo il tuo destino…
Perché tu stesso uccidi la gente…
Tu stesso decidi la sua morte…
Anche la morta di chi ti è stato vicino…
Non c’è più amore…rasseganti piccolino…
Su…ora finiscilo…
Con quella grande pozza di sangue che si allarga…
Non c’è amore…
Non esiste più…
Adesso…buonanotte fratellino…”


Il ragazzo spalancò gli occhi più che mai, stavolta facendo scendere delle grosse lacrime dagl’occhi, per poi alzare lo sguardo di nuovo verso quell’uomo, che allungò una mano verso di lui, non vedeva il volto, ma dagl’occhi usciva un barlume di gentilezza.
-Forza…usciamo di qui…-
la sua voce era soffocata dal tessuto, ma Takao la sentì lo stesso, mentre allungava la mano verso quella testa dell’uomo, stringendola, mentre questo lo aiutava ad alzarsi, per poi indicargli il corridoio.
Non ci misero molto tempo, Takao con quella corsa aveva praticamente fatto tutto il tratto di strada, e si ritrovarono di fronte a duna grata, da una galleria veniva un fascio stretto di luce.
-Segui quel fascio e sposta la pietra che blocca il passaggio. Poi rimettila a posto-
Takao annuì, avvertendo l’aria fresca accarezzargli il volto, come a sussurrargli un bentornato, mentre la luce accanto a lui si spegneva.
Si voltò indietro, guardando il buio, poi sorrise, chinando la testa.
-Grazie-
aprì la grata, uscendo velocemente da quel luogo, seguendo le indicazioni del misterioso uomo, ritrovandosi così in mezzo ad una discarica, trovandosi smarrita di fronte a quell’imponenti montagna di rifiuti, risistemando la pietra e stando attento a non essere visto da nessuno, per poi partire a correre.

-Quando torno in questa stanza non ti voglio trovare…e sappi che se tu tornerai a casa…io non mi fermerò come ho fatto oggi-

…e allora dove andare?
Stava continuando a correre, quando una ventata d’aria gli fece sbarrare gli occhi.
Si voltò, e venne improvvisamente investitola una corrente d’aria che gli mozzò il fiato, mentre si copriva il volto con le braccia, alzando poi gli occhi al cielo, individuando una specie di macchia rossa che volava nel cielo, per poi ricominciare al caduta libera verso il ragazzo.
Takao si sentì come braccata, mentre con lo sguardo cercava un posto dove nascondersi immediatamente.
Individuò un cassonetto dell’immondizia rovesciato, e si lanciò su questo, riparandosi sotto il coperchio aperto poggiato sulla strada.
L’ennesima violenta corrente d’aria fece tremare persino il cassonetto, mentre il ragazzo sperava che il suo aggressore volante se ne andasse.
Ma cos’era?
Il ragazzo restò così in quella posizione, per poi avvertire qualcuno avvicinarsi al cassonetto.
Attese qualche secondo, per poi avvertire una forza sollevare il cassonetto e allontanarlo da li, mentre il ragazzo si voltava, il corpo in parte si gelava nella neve gelida.
Spalancò gli occhi a quello che vide.
Un ragazzo come lui…con gli occhi privi di iride, il bianco della sclera luccicava di follia…e dietro alla schiena del petto nudo di questo ragazzo, gigantesche ali rosse, le piume in parte rovinate strusciavano a terra, mentre l’essere urlava, facendo spaccare i timpani a Takao, il quale si diede una spinta con i piedi ricominciando a correre, cercando una vi di fuga.
L’essere sbatté con forza le ali, con un balzo si sollevò in aria e con un volo orizzontale raggiunse la sua preda, afferrandola con le mani e stringendola, Takao avvertì la presa stringersi sulle sue braccia stritolandogliele, mentre l’aggressore gli strappava a morsi la giacca e la maglietta, graffiandolo poi con le unghie che uscivano dalle mani sotto gli occhi sconvolti di Takao.
Intanto Yuriy osservava la scena, Kiman li affianco sembrava interessata, per poi riconoscere la figura del povero malcapitato.
-Ma non era insieme a Meiko e Kei quello?-
-Gia…il piccolo Takao…poverino…temo farà una brutta fine…-
Kiman si voltò verso il ragazzo, osservandolo con i suoi occhi neri seri.
“Ti diverti, vero? Vuoi che muoia, vero?”
intanto Takao urlò, le unghie si erano conficcate nella pelle e gli stavano procurando dei tagli, il ragazzo fissò il suo avversario, tremando per quello sguardo folle, per poi con la mano libera generare un vortice d’aria, scatenandolo contro il suo aggressore, che lo mollò urlando infastidito, Takao non perse tempo, mentre dalle mani generava ancora vari turbini d’aria taglienti, appena l’Experiment gli fu addosso, li scatenò contro di lui, facendolo sbandare e precipitare contro la rete metallica di un campetto di li vicino, alcune piume s’incastrarono nelle maglie metalliche, mentre Takao prendeva fiato e vedeva cosa succedeva, il vento gelido colpiva parte del corpo in mostra, la maglietta in parte stracciata, sulla spalla i segni visibili delle unghie di quell’essere, che però tornò alla carica, ruggendo, il ragazzo dai capelli blu si preparò ancora, generando vari tagli d’aria nel vento.
Yuriy si chinò verso il basso.
-Niente male il piccoletto. Kiman-
la ragazza si voltò verso Yuriy, che le sorrise gelido.
-Da una mano al nostro amico dalle ali rosse-
Takao intanto scatenò una serie di tagli che bloccarono il suo aggressore, mentre ansimante controllava lo stato di salute sulla spalla.
Cercò di allontanarsi, quando un colpo lo ferì alla caviglia, facendolo cadere a terra.
Alzò lo sguardo stupito, vedendo una figura coperta da un cappuccio che indossava sopra un chiodo.
In quel momento però la prese del uso avversario lo strinse in una morsa micidiale che lo fece urlare dal dolore.
Quella sensazione di paura che ti gela il sangue, la voglia di piangere ed urlare.
E hai un solo nome in testa, che non puoi fare a meno di gridare…

Il suo aggressore mollò la presa, facendolo cadere a terra, qualcosa di caldo per pochi istanti l’aveva sfiorato, per poi sentire qualcun avvicinarsi a lui e al secondo aggressore.
Alzò lo sguardo, e riconobbe un ragazzo dai capelli grigi e le guance tatuate.
Kei…
Questo si guardò intorno, per poi abbassare lo sguardo verso Takao che si rialzò velocemente in piedi.
Che strano…
Quegl’occhi, in quel momento…non gli facevano paura…
Anzi…
Aveva sperato di vederli…così freddi…ma vicini…
Kei lo fissò, per poi indicargli un angolo di due edifici.
-Resta li-
lui obbedì, anche se un pochino restio, nascondendosi, per poi assistere alla scena.
L’aggressore nonostante il colpo era ancora di una violenza mostruosa, e Kei evitava i suoi colpi, anche se il secondo aggressore con la pistola non lo avvantaggiava, doveva evitare sia pallottole che colpi.
Kei scatenò una serie di fiammate che spinsero l’Experiment ad alzarsi in verticale mentre l’aggressore con la pistola lanciò una bestemmia schivando con delle capriole e finendo in mezzo a degli scatoloni, avvertendo la figura di Kei farsi vicina.
-ATTENTO!-
l’urlo di Takao lo fece voltare, giusto per vedere l’Experiment afferrarlo in picchiata e farlo strisciare sull’asfalto, graffiandogli le braccia e la schiena, per poi colpirlo con una serie di colpi.
Kei creò un’aurea di fuoco che allontanò il primo aggressore, ma il secondo si era gia rialzato in piedi e aveva sparato due colpi che colpirono in pieno la spalla e la gamba di Kei, che cadde a terra.
Takao a quel punto uscì dal suo angolo, scatenando furente il potere dell’aria e con un vortice fece volare lontano l’aggressore con la pistola, avvicinandosi a Kei che non riusciva ad alzarsi in piedi, iniziando a perdere sangue.
-KEI!-
-Stammi lontano!-
Takao non lo ascoltò, perché l’Experiment tornava all’attacco.
Takao, stavolta seriamente arrabbiato, concentro una serie di uragani intorno all’Experiment, che si trovò intrappolato, per poi venir travolto da quelle ondate di vento e venir allontanato, mentre Takao approfittava di quel momento per afferrare Kei che iniziava a perdere le forze e cercare riparo.
Sotto gli occhi gelidi di Yuriy, i due si rifugiarono in quella che doveva essere una specie di chiesa gotica, in realtà era in parte un cumulo di macerie, ma che li avrebbe protetti.
A Takao…e a Kei…

Yuriy scese dal tetto con una serie di leggeri ed eleganti balzi, raggiungendo Kiman che si riprendeva dal colpo, beccandosi un’occhiataccia di puro gelo da parte del rosso.
-…prega perché il mio Kei si salvi…-
il suo Kei…
Kiman annuì, rialzandosi in piedi, osservandolo allontanarsi da lei.
“…non sarà mai tuo…e tu…lo sai…”


(Altro capitolo!! ^_^ Un bacio a tutti!!
Meiko)

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Capitolo 10
*** Capitolo 9 ***


Capitolo 9

La tana dei Bai Hu Zu era un vecchio edificio ormai distrutto e fatiscente, abbellito da una grande quantità di rami i fiore, radici, erba e fiori che spuntavano un po’ dappertutto, una serie di liane dividevano ogni stanza l’una dall’altra, mentre era d’obbligo lasciare la scarpe nella prima stanza, li dove c’erano dei cespugli spinosi quasi a voler proteggere le calzature dai ladri, intorno ad Ive c’erano una quantità incredibile di arbusti, erbe di vario genere e fiori, rami sopra la sua testa facevano da tetto, mentre negl’angoli c’erano dei ragazzi che dormivano ,altri stavano fumando.
La ragazza in quel momento aveva di fronte a se il vice del capotribù, Lai, che parlava sommessamente con Rei, mentre dietro di se aveva quella montagna di ragazzo che chiamavano Gao, e lei si limitò a calare meglio il cappello con visiera che continuava a tenere per proteggere parte del volto, mentre i suoi occhi viola si muovevano nervosi da una parte all’altra della stanza, soffermandosi su una coppia che dormiva tranquilla abbracciata.
Avvertì un moto di tristezza scuoterle il cuore, mentre li tenne d’occhio, per poi raggiungere l’ennesima stanza, dove si fermarono, di fronte a lei una serie di gigantesche radici sembravano portare e al tempo stesso bloccare il passaggio per un’altra stanza, in questo caso la sala era davvero enorme, una volta doveva essere la sala principale, mentre per arrivare alla stanza dovevano esserci state delle scale, ora scomparse e sostituite da quelle radici.
Rei con un balzo si mise comodo su una di quelle radici, seguito da Mao e da Salima, la ragazza gli si avvicinò di più, scoccando un’occhiata d’insufficienza alla Humans sotto di se, in pochi minuti ognuno dei Kids della Bai Hu Zu si era messo al suo posto, sui muri coperti da rampicanti cominciarono a mettersi comodi gli altri ragazzi appartenenti al settore e soprattutto alla Banda, ne erano davvero tanti.
Rei osservava quella ragazza con curiosità, gli occhi dorati si muoveva lungo il suo corpo fino ad arrivare al volto, coperto però da quella visiera.
Il ragazzo ebbe l’istinto di togliergli il berretto, ma si limitò ad osservarla ancora, sorridendo con aria furbesca, mentre sotto di lui Ive aspettava in silenzio quello che avrebbero deciso di fare quel gruppo li sui rami, era incredibile quella natura selvaggia, davvero tutto questo era opera del Guardiano?...allora non poteva sottovalutarlo affatto...
-Solitamente noi non facciamo entrare elementi esterni al settore ovest o al Quartiere.
Tanto meno degli Humans, sai come si dice...la prudenza non è mai troppa-
Gli occhi di Rei brillarono per qualche istante, e davanti ai piedi della ragazza bionda apparve all’improvviso una rampicante, che si alzava verso l’alto senza bisogno di sostegni, aggrovigliandosi su se stesso, sulla punta aveva un bocciolo, che all’altezza del volto di Ive si aprì, rivelando uno splendido fiore dai petali scarlatti, verso l’interno diventavano bianchi, mentre la punta era di un viola forte, i pistilli del fiore però irrigidirono la ragazza.
Salima sorrise divertita, mentre la ragazza bionda constatava che quelli non erano pistilli, ma frecce...e di sicuro erano avvelenate.
Quel fiore...era stato creato dal ragazzo...
Rei intanto continuava a fissarla, mentre con il gesto della mano creava altri fiori dello stesso tipo, Ive lentamente mise la mano sul manico del serramanico, osservando con aria concentrata il ragazzo che continuava a parlare.
-Perciò spero non ti dispiaccia...se ti metto alla prova...-
la ragazza non fece finire di parlare Rei, che scattò in avanti, evitando le prime frecce, per poi piegarsi all’indietro e cadere a terra, il piede era stato quasi sfiorato da quelle punte.
Scattò lateralmente, mentre i fiori sparavano, per poi richiudersi ei scomparire di nuovo nella terra, al loro posto ne spuntavano altri, mentre Ive si trovò a pochi centimetri da uno di quei fiori, e d’istinto lo potò, tagliandolo via con un gesto secco, mentre questo sembrava uggiolare, rintanandosi nella terra, ed Ive prendeva fiato.
Rei socchiuse gli occhi, quasi infastidito, mentre fece compiere un altro gesto alla mano, e di colpo una liana afferrò la gamba di Ive, che si sentì trascinare via, cacciando d’istinto un’imprecazione che scatenò le risatine di qualcuno, Rei compreso; a ragazza tagliò via la liana, osservando poi quel baccello spalancare quella che sembrava una “bocca”, lanciando poi un’altra serie di liane, due afferrarono il braccio e la gamba di Ive, che si sentì ancora trascinare via, sotto di lei la terra anche se erbosa faceva attrito.
Lanciando un grido di guerra, la ragazza affondò il serramanico nel baccello, che uggiolò, mollandola, Ive, si staccò ringhiando, per poi voltarsi e scattare verso Rei, intenzionata a tagliargli la gola, e lo avrebbe fatto, dato che il ragazzo non sembrava raccogliere la sfida, il berretto intanto le scappò, rivelando la chioma lunga e bionda.
Si ritrovò con il volto di lui a pochi millimetri dal suo, ansimava leggermente per lo sforzo, il coltello appoggiato sul collo, mentre lui socchiudeva gli occhi, e Salima puntava contro la ragazza una specie di canna di pistola che era uscita dal suo braccio, mentre Mao aveva rivelato gli artigli, puntandoli contro la testa della ragazza.
I capelli biondi di Ive incorniciarono il suo volto, gli occhi d’ametista scrutarono con un senso di rabbia e durezza quelli di Rei, che alzò lo sguardo, rivelando le iridi dorate...ricolme di una tristezza che lasciò di stucco la ragazza.
...tristezza...una tristezza che tocca il cuore e fa piangere l’anima...
...no, non doveva crederci...quello che aveva davanti...era il suo nemico...
La ragazza si allontanò, restando sulla radice dov’era seduto Rei, il ragazzo sorrise con aria divertita e furba, per poi applaudire, copiato dal resto del clan, mentre Mao faceva riassorbire gli artigli nelle unghie e nella pelle delle dita, e la canna di Salima ritornava all’interno del suo braccio, suscitando l’attenzione della ragazza che la guardò attenta, mentre la rossa le lanciava solo un’occhiata infastidita.
Rei ri-attirò la sua attenzione.
-Davvero brava. Ma dimmi, perché ti dovrei accogliere nel mio clan?-
Ive lo fissò con aria tranquilla anche se distaccata.
-Perché sono uno Humans, e posso infiltrarmi tra i miei simili, potrei esservi utile come Spia-
-Di spie noi ne abbiamo a sufficienza-
Ive si permise un sorriso di provocazione verso Salima, quella tipa la stava innervosendo con il suo modo di fare.
-A quanto mi risulta le vostre spie sono sempre state attaccate dalle difese elettroniche della città.
Se non mi sbaglio...si tratta del programma “Beast”-
Salima si morse il labbro inferiore, mentre dentro di Rei scattava qualcosa, i ragazzo si alzò in piedi, attirando su di se lo sguardo di Ive, in quel momento gli apparve una specie di ferita che si rivelava sul corpo del ragazzo, mentre gli occhi dorati apparivano ansiosi...quasi spaventati...
Di colpo quelle iridi s’indurirono, mentre Rei balzava su un altro ramo, attirando l’attenzione di tutti, per poi voltarsi verso la ragazza, allargando le braccia e alzando la voce.
-Da questo momento sei una di noi.
Avrai un luogo dove stare, ma sappi che ora sei prigioniera in questa gabbia.
Tu sei una Humans, sappi che verso di te avrai di fronte un’atteggiamento diffidente e distaccato, inoltre verrai sempre tenuta sotto d’occhio.
E se cercherai di fare la furba o di scappare, non impedirò a nessuno di ucciderti-
Ive annuì con forza, mentre stringeva i pugni nel sentire certe parole, erano così simili a quando i parlamentari discutevano e lanciavano commenti razzisti sui Metamorphi, non era una situazione tanto diversa.
O forse si.
Perché qui ci si comportava così per sopravvivere.
Li gli Humans...lo facevano solo per paura...
Rei mosse un a mano, e da terra il cappello di Ive prese il volo, muovendosi verso la ragazza e atterrando fra le sua mani, mentre il ragazzo sorrideva con aria amichevole, la biondina lo fissò con aria stupita.
Poi il ragazzo si diresse verso la porta bloccata dai rami, questi aprirono un varco per farlo passare, mentre Mao e gli altri davano il benvenuto alla nuova arrivata, e Salima le lanciava un’occhiata di odio profondo, una minaccia per lei e per i suoi piani...doveva tenerla a bada.
Mao osservò la rossa allontanarsi, e subito la sua attenzione si spostò verso la stanza dove si era nascosto Rei, raggiungendo il tappo di rami e battendo la mano su una di queste, era in qualche modo la più nodosa e grossa.
-Sono Mao, posso entrare?-
per tutta risposta la radice si mosse, aprendo un varco abbastanza largo da farci passare la ragazza, che atterrò con i piedi nudi soffocati da un manto erboso piuttosto alto e soffice, c’erano anche trifogli e piccole margherite di campagna.
Rei era su un’amaca fatta da liane e rami molto elastici, il ragazzo era letteralmente avvolto da quegl’elementi naturali, come un bimbo avvolto dal feto materno, in un abbraccio dolce e affettuoso, nell’aria si respirava un profumo di lavanda, mentre la ragazza si muoveva in silenzio, un ramo le si avvicinò per farla sedere, mentre una sua mano raggiungeva il volto di Rei, il ragazzo aveva gli occhi chiusi, e in quel momento li aprì leggermente, rivelando le iridi dorate brillanti di stanchezza.
-Sei stanco?-
-Un pochino, niente di che. Vuoi dirmi qualcosa?-
-Ecco...io sono preoccupata per te. Da quando abbiamo incontrato quella suora sei triste-
lo era sempre stato, ma lo nascondeva alla ragazza dai capelli rosa, che in quel momento appariva come una bambina piccola, il moto di affetto spinse Rei ad allungare una mano e ad accarezzarle il volto.
-Mi spiace di farti preoccupare. Ma non posso farci niente-
la sua era una colpa, una colpa che grava sul suo corpo, sulla sua anima.
Forse poteva ottenere il rispetto, ma non avrebbe ottenuto facilmente il perdono...
No, non lo avrebbe ottenuto mai...
Anche se continuavano a ripeterglielo, anche se ormai sembrava essere passata...quella colpa...sarebbe rimasta dentro di lui per molto, troppo tempo...
Mao lo vide prende un profondo respiro, e si allungò, sfiorandogli le labbra con le sue, per poi approfondire il bacio con la lingua che accarezzava leggermente le labbra di Rei, e toccargli la sua, per poi guardarlo negl’occhi, entrambi con quel colore ambrato nelle iridi.
-Sappi che io ti amerò sempre-
-...lo so...-
Mao annuì, adesso era imbarazzata, le guance erano imporporate, mentre Rei sorrideva affettuoso, vedendola poi allontanarsi da lui e uscire dalla stanza, i ragazzo socchiuse di nuovo gli occhi, ri-accucciandosi in quella posizione fetale, mentre accanto a lui nasceva un fiore, un piccolo fiore dai petali d’ametista, che emanava un dolcissimo profumo.
Un fiore che aveva creato lui...

Takao con una pressione scaraventò via il pannello di legno che lo intralciava, mentre teneva sulle spalle il braccio e parte del corpo di Kei, i due si erano ritrovati nell’eco violento del pannello, e poi nel silenzio pesante di quella chiesa ormai rovinata e dimenticata, c’erano ancora delle panche, e l’altare con una statua li dietro erano integri, anche se i ragni ormai si avevano costruito casa.
Il ragazzo dai capelli blu fece sedere Kei su una delle panche, anche se all’ultimo momento un gesto violento del ragazzo lo allontanò via da lui, Takao restò stupito, rabbuiandosi, notando la ferita alla gamba peggiorare, anche quella alla spalla sanguinava copiosa, doveva fare qualcosa.
In quel momento si accorse che l’altare aveva ancora la tovaglia candida anche se impolverata appoggiata sopra, e si affrettò a prenderla, per poi notare una pozza d’acqua non troppo distante da un buco nella muratura, doveva essersi spaccato un tubo da cui usciva l’acqua.
Il ragazzo strappò via un pezzo di tovaglia, imbevendola d’acqua, mentre Kei continuava a d ansimare, la spalla non riusciva a muoverla, e la gamba pulsava di dolore, i suoi occhi in silenzio si misero a cercare nervosi la figura del ragazzo dai capelli blu, trovandolo mentre si avvicinava a lui con quella benda bagnata, iniziando una pulizia alla gamba che fece lamentare Kei, il suo tono di voce era affaticato ma tagliente.
-Lasciami stare-
-No, non posso. La ferita rischia di peggiorare-
-Ti ho detto di lasciare stare-
-NO INVECE!-
l’eco aumentò la voce di Takao, che alzò lo sguardo verso un Kei stupito, quegl’occhi blu erano colmi di paura che scemava e diventava acqua salata che rischiava di scendere dagl’occhi.
Gli provocò un intenso fastidio, più bel bruciore della sua ferita, mentre Takao cominciava a pulire la ferita alla gamba, il proiettile sembrava aver trapassato la gamba, e questa continuava a sanguinare, mentre Kei ansimava affaticato, il sudore scivolava via dal viso, sentiva le forze venir meno.
In quel momento il suo sguardo cadde sul ragazzo sotto di lui, che cercava di trattenere a forza un pianto, tirando leggermente su con il naso, mentre le mani continuavano a pulire la ferita, fino a quando di sangue rimase solo la crosta, e Takao cominciò a ad applicare un bendaggio, la benda era ancora fresca quando il ragazzo completò la fasciatura.
Era intenzionato ora a pulire la ferita sulla spalla, ed in un tacito anche se un po’ scocciato assenso Kei si levò la maglietta, scatenando il rossore sulle guance di Takao, il ragazzo dai capelli grigi lo osservò inarcando leggermente il sopracciglio e sorridendo con aria cattiva, mentre l’altro si riprendeva, iniziando la pulizia, le sue mani erano magre e delicate mentre puliva, e l’acqua fredda scatenò un brivido lungo la schiena di Kei, che si limitò a guardare la statua sopra l’altare, era una Vergine in Trono con Bambino, e la donna sembrava esprimere un amore dolce e delicato, mentre il piccolo era in parte coperto dal drappo che la donna teneva con una mano, non presentava i soliti tratti che avevano le statue come quella.
Era stranamente diversa.
Takao intanto stava osservando con una punta di dolore il buco alla spalla, il proiettile stavolta sembrava essere rimasto dentro, ed avvertì una sensazione di sconforto, era stata colpa sua se ora Kei era ferito, perché era scappato, spaventato troppo da quegl’occhi rossi che sembravano volerlo bruciare.
Ma lui...era terrorizzato dal fuoco...quello alto, che non si può contrastare, era come se la sua mente stesse rispolverando qualcosa, ma lo facesse in modo violento, facendolo spaventare ogni volta che quelle iridi lo fissavano.
Ma prima...prima aveva desiderato vedere quegl’occhi, incrociarne lo sguardo.
Aveva desiderato che Kei lo venisse a salvare, non aveva voglia di morire, e non voleva nemmeno provare dolore, voleva solo...rivedere quegl’occhi e vedere il ragazzo che li possedeva salvarlo.
E lui era venuto.

-Quando torno in questa stanza non ti voglio trovare…e sappi che se tu tornerai a casa…io non mi fermerò come ho fatto oggi-

E allora che poteva fare?
Dove poteva andare?
Quella ragazza lo aveva quasi ucciso, senza provare pietà, e l’idea che lei potesse riprovarci lo spaventava, come lo spaventavano un sacco di cose...il mondo che lo circondava, fino alle cose più futili...ma quando si era svegliato, quel giorno, e si era ritrovato davanti quelle iridi rosse fuoco, era stato catapultato in una verità a lui estranea dal nucleo della baracca di quello che lo aveva schiavizzato.
Un mondo pieno di nero e pericoli, e lui si trovò ad essere veramente piccolo ed insignificante di fronte a ciò che gli accadeva li intorno, il sostegno di Meiko adesso sembrava non bastare più e tutta la sua fiducia crollava di fronte a ciò che vedeva intorno a lui: la morte, la paura, la rabbia, l’odio.
....la follia...
In un baratro nero che ti risucchia e ti incatena al suo interno, senza riuscire più a pensare, a sperare, o anche vedere qualcosa, diventi cieco, e dentro di te qualcosa di frantuma, per poi addormentarsi.
A quel punto...cosa ti resta da fare?

“Non c’è amore…
Non esiste più…
Adesso…buonanotte fratellino…”


Takao era spaventato...spaventato dal mondo che gli era apparso davanti...spaventato da quelle visioni...spaventato da ciò che era...spaventato da tutto...anche sapere che Kei era ferito lo spaventava...perché era stata colpa sua se era ferito.
Era stata colpa sua.
Stavolta non poté trattenere le lacrime, che scesero dalle guance del ragazzo, scivolando sul mento, mentre nella bocca avvertiva la saliva aumentare e diventare salata, ingoiandola a fatica, i singhiozzi che tentava di trattenere gli facevano male alla gola, mentre Kei lo osservava con fare stanco e serio, ora appariva di fronte a lui un bambino delicato.
Quel ragazzo si stava dimostrando forte, ma al tempo stesso terribilmente fragile e sensibile.
Kei prese un profondo respiro, cercando di tornare a guardare la statua della madonna con bambino.
-Perché sei scappato?-
il ragazzo dai capelli blu cercò di asciugarsi le lacrime, cercando di concentrarsi sulla ferita, mentre parlava con la voce rotta, se ne vergognava.
-Io avevo paura...paura di quello che succedeva intorno a me...di quello che mi stava succedendo...e...ho paura di te...-
aveva ancora paura, quegl’occhi rossi gli sembravano sempre così freddi e letali, sembrava che il fuoco a loro interno volesse bruciarlo vivo, e lui ne era spaventato, aveva paura del fuoco, di come bruciava, di come scottava...
Kei lo osservò in silenzio, per poi sbuffare, alzando la testa verso l’alto, la chiesa gotica era alta, e sul soffitto il tetto interno in legno era stato distrutto, ora nella pietra apparivano dei buchi.
Aveva paura di lui...beh, non doveva stupirlo...forse la cosa che gli faceva male dentro di lui nel sapere queste parole, era solo la sua ferita.
Ma lui era curioso...curioso di conoscere il ragazzo che ora lo stava curando in silenzio, le lacrime sembravano essere finite, mentre le scie si seccavano sulle guance.
-...mi dispiace...-
Takao girò stupito lo sguardo, le iridi di Kei in quel momento sfumavano il colore rosso rubino che di solito aveva, portando per un grigio; stava svanendo...di fronte al ragazzo la fiamma del ragazzo stava svanendo, rivelando qualcosa di nascosto dentro l’anima di Kei, qualcosa...che forse in quel momento aveva visto solo lui...

All Is Full Of Love...
All Around You…


Le iridi di Takao brillavano ancora di azzurro, quando una mano si allungò verso il volto di Kei, questo rimase stupito, mentre il ragazzo davanti a lui avvicinava il volto al suo, appoggiando la sua fronte fresca su quella calda, bollente di Kei, che socchiuse gli occhi, una sensazione dolce che sapeva di arancio lo avvolse con dolcezza, mentre Takao assaporava il calore di quel corpo, lui invece adesso si sentì improvvisamente freddo.
-Sei caldo...devo abbassare la tua temperatura-
il ragazzo si avviò di nuovo verso l’acqua ristagnante, all’ultimo secondo il braccio di Kei lo bloccò, il ragazzo aveva il respiro lento ma rilassato, in quella posizione semi sdraiata sulla panca le ferite sembravano aver smesso di fare male.
Gli occhi del ragazzo erano ancora in quella sfumatura rossa e grigia, mentre Takao aveva cambiato il colore dei suoi occhi, l’azzurro era stato velocemente sostituito dal caldo del marrone, mentre Kei sussurrava per la mancanza di forze.
-Non scappare più-
Takao rimase stupito a quelle parole, avvertendo l’agitazione prendergli il sopravvento, per poi annuire, tenendo il capo chino, e aspettando che l’altro lo lasciasse andare, Kei lo tenne sempre d’occhio, quando lascio che il panno assorbisse un po’ d’acqua, quando glielo passò sulla fronte calda, quando si mise vicino a lui, dopo aver controllato ogni angolo della chiesa per verificare che non ci fosse nessuno, fino a vederlo addormentarsi sfinito sulle sue gambe, senza però toccargli quelle malata.
Kei allungò una mano, accarezzando il volto liscio e tiepido e i capelli blu, tastandone la consistenza tra le dita, restando in silenzio.
...
-Bello...-
poi chiuse gli occhi, addormentandosi anche lui, dal suo corpo in quell’istante una fiammella scappò via, librandosi in aria, la sua luce fioca e a tratti lampeggiante...la rendeva simile...ad una lucciola...
In quegl’istanti, l’acqua sembrò ribollire, lentamente una mano uscì dalla pozza d’acqua, una specie di ragazzo ne uscì fuori, guardandosi intorno e camminando lentamente, i suoi passi erano silenziosi, e lasciava dietro di se una scia d’acqua, lo stesso liquido di cui era composto egli stesso, che lanciò un’occhiata ai due ragazzi, e sembrò sorridere, per poi svanire via, ritornando ad essere una semplice pozza.

Max aprì gli occhi in quell’istante, era sdraiato su quella specie di divano a sdraio, era tutto bagnato, e sotto di lui l’acqua aveva aumentato di spessore, adesso raggiungeva la mano abbandonata all’esterno e le dita erano immerse, mentre l’acqua continuava a gocciolare dal soffitto e a scivolare sui muri, i suoi vestiti erano zuppi così come i suoi capelli, eppure non sembrava avvertire freddo, mentre la mano si muoveva di nuovo, compiendo un movimento circolare, l’acqua a quel comando cominciò a vorticare, mentre il ragazzo teneva gli occhi socchiusi.
-...Max! La mamma ti ama tantissimo!-
delle voci...uscivano delle voci dal vortice, voci di donna che si accavallavano uno sull’altra, mentre il ragazzo teneva gli occhi chiusi, ascoltando in silenzio.
-Max, la mamma ti guarirà!-
-Ti voglio bene-
-Si tesoro-
-Max, NO MAX!!-
-MAAAX!-
all’ultimo urlo il vortice si chiuse con uno scatto, generando una serie di spruzzi che caddero sul viso di Max, alcuni di questi scivolavano dai suoi occhi, o forse...
Emily in quel momento era in cucina, quando vide dal rubinetto uscire un getto d’acqua che sotto i suoi occhi assumeva le fattezze di una bocca, non aveva voce, ma dal labbiale la ragazza capì.
“Vieni da me”
la ragazza salì velocemente le scale, aprendo la porta si trovò addosso ai piedi tutta l’acqua della stanza, mentre Max giaceva disteso sulla poltrona sdraio, la ragazza allarmata raggiunse velocemente i ragazzo, controllandogli la respirazione e il battito cardiaco, era incredibilmente freddo.
-RICK! MICHAEL!! PRESTO!-
i ragazzi, richiamati, videro la cascatella che scendeva giù dalle scale, Wish abbaiò con aria divertita iniziando a giocare con l’acqua, mentre i due ragazzi correvano verso la stanza di Max, allarmata dall’urlo della ragazza Mariam uscì fuori dalla sua camera, osservando stupita i due ragazzi sollevare il ragazzo impallidito di colpo che respirava a fatica e che sembrava un cadavere, mentre Emily faceva strada a i due, tenendo lontano Wish in modo che il cucciolo non venisse calpestato.
La ragazza si affacciò dal corrimano, vedendo Max che veniva fatto sdraiare sul divano, la ragazza velocemente dal tavolino basso ne tirava fuori un cavo, collegandoselo alla testa, facendo così socchiudere la bocca a Mariam che restava in silenzio ad osservare, due ventose vennero attaccate sul petto di Max, mentre Emily iniziava la sua operazione di controllo.
-Per ora il battito cardiaco c’è...dobbiamo dargli la medicina-
-Tieni-
Michael allungò la pasticca con l’acqua, mentre Rika sollevava il ragazzo, mentre i tre davano la medicina a Max, Mariam si sporse verso la sua camera, l’acqua continuava ad uscire da questa, i muri ed il soffitto continuavano a gocciolare, ma non c’era più lo strato d’acqua di prima, solo una patina, ed ora il cuoio nero e morbido del divano sdraio si stava bagnando.
La ragazza si guardò intorno, prima di sedersi sul divano, una mano si posizionò sull’acqua, mentre lei faceva una faccia sofferente, odiava dover utilizzare quei metodi, ma essere un Metamorpho aveva i suoi vantaggi. Sotto di lei l’acqua tremolava, per poi alzarsi in una colonna, mentre la ragazza la teneva d’occhio, mormorando tra le labbra.
-Mostrami ciò che ha visto-
l’acqua a quel comando formò un vortice sospeso, mentre il liquido sembrava prendere delle sembianze, e Mariam lentamente spalancava gli occhi, davanti a lei si rivelava il volto di una donna che urlava con lo sguardo terrorizzato, non si sentiva alcuna voce, ma da quello sguardo “trasparente” si leggeva la paura più pura che scrollò la ragazza.
Sotto, Max riprendeva lentamente conoscenza, avvicinando a se Rick.
-Avverti Meiko, Kei...e Takao...sono in pericolo...-

Fine Capitolo 9

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Capitolo 11
*** Capitolo 10 ***


Capitolo 10

Intorno a lei c’era ancora il buio, mentre la sua figura era iridescente, ogni volta che andava da lei il buio dominava nei suoi sogni, c’erano solo tante figure luminose, e quella superficie d’acqua sottilissima, una patina che bagnava leggermente i suoi piedi nudi, mentre lei continuava a camminare guardandosi intorno alla sua ricerca, gli occhi brillavano nerissimi in quell’oscurità, mentre in eco c’erano delle strane voci che cantavano, evidentemente erano dei ricordi distanti.
Ricordi...quell’essere possedeva dei ricordi, quell’essere era in apparenza una bambina, quell’essere...era pericoloso...dannatamente pericoloso...
Dal nulla, di colpo, le apparve accanto una colonna, che la fece sobbalzare, era nata in silenzio dalla pietra sotto i suoi piedi, trascinando con se i vari caratteri ed iscrizioni, mentre lei era rimasta immobile a guardare, sbalordita, non c’erano rumori se non quelli delle voci che continuavano a cantare in eco quella nenia.
La colonna era alta sei metri, ed aveva intorno a se rune, iscrizioni e caratteri in lingua sconosciuta, mentre lei si stringeva una mano al petto, guardandola con fare diffidente, per poi allungare una mano, uno di quei caratteri s’illuminava, mutando di colpo forma e dimensione, ora era un Kanji, un nome, e quel nome risuonò violento nella sua mente, mentre sussultava, spalancando gli occhi.
-Hi...Hitoshi...-
le sue labbra pronunciarono in silenzio quel nome, e ad un tratto il lato di quella colonna si deformò ancora da essa sembrò uscire una figura, i contorni abbozzati rivelavano all’inizio una mano che si allungava, la pietra era dura, ma andava ad ammorbidirsi, sembrava diventare come fango, mentre la figura tentava di sporgere il viso, i contorno di questo erano imprecisi, e sporgeva il naso e la bocca spalancata, mentre le iscrizioni sulla colonna adesso tappezzavano il volto, i capelli ora apparivano, così come la forma degl’occhi, il collo, il petto, la figura era fuoruscita a metà busto, e si stava sporgendo verso di lei, che non fiatava, aveva potuto solo permettersi un sussulto nel vedere la scena, per poi lasciarsi scappare delle lacrime, mentre una delle mani a fatica cercava di avvicinarsi al suo volto.
Un dito raggiunse e toccò la sua guancia, accarezzandogliela, mentre lei restava immobile a guardare con fare spento, mentre una lacrima scivolava giù da una guancia, tutte le altre erano rimaste attaccate agl’occhi, incapaci di scendere.
Il mezzo busto si contorse ancora, deciso ad afferrare con entrambe le mani quel volto, gli occhi neri di lei brillavano della sua figura iridescente, e le pupille che a malapena si vedevano erano fisse sul busto che cercava disperatamente di uscire da quella colonna.
Il suo ricordo...il suo passato...
Lo aveva conosciuto...aveva conosciuto quel ragazzo...
Ma...non avrebbe mai potuto stare con lui...
Lui sarebbe stato spazzato via da quell’essere...da quella bambina dal viso gentile...ma dall’anima doppia...
Lei lo sapeva benissimo, e lo sapeva anche l’altro di quella doppia anima...eppure non potevano fare altro che obbedirle...perché quello era l’unico destino che avevano accettato...tutti gli altri...li avevano solo visti morire e venire dimenticati...
E loro non avevano voluto accettare...non volevano essere dimenticati, diventare il nulla...
E perciò...aveva accettato l’unico destino che le aveva permesso di vivere abbastanza a lungo...
Però...
“Se potevo avere un’altra scelta?
Esisteva un’altra scelta, perché non l’ho accettata?
...perché non sarei esistita veramente?
O perché...forse...non l’avrei mai incontrato?...”
La figura davanti a lei, nel frattempo, veniva di nuovo riassorbita nella colonna, nonostante la lotta estenuante del busto di fuoriuscire dalla pietra, adesso il volto era chiarissimo, i lineamenti erano precisi...mentre svanivano di nuovo nella pietra...
Lei restò immobile, ad osservare quella colonna svanire di nuovo davanti a lei...mentre dietro un’ombra si stava avvicinando, si poteva vedere una specie di giacca sulle spalle di questa, i capelli erano corti e mossi, ed un bagliore dorato sottolineava la presenza di un’orecchino...
-Che cos’hai visto?-
-Niente...era solo un ricordo...-
la sua voce era assente, mentre l’ombra dietro di lei rivelava la figura di un ragazzo, questo sorrideva gentile, abbracciando da dietro la ragazza, che si limitò a toccare con una mano il braccio che le cinse le spalle, mentre lui sussurrava all’orecchio, sfiorandole i capelli con un bacio.
-Non temere, sorellina, ci sono io con te-
“E’ questo che mi terrorizza...forse più di quella bambina...”
-E’ bello sapere che qualcuno ci ama, vero?-
lei si voltò di scatto, seguita dal fratello che sorrideva con aria tranquilla, davanti a loro compariva ancora una volta quella bambina, i lunghi capelli neri abbelliti da una marea di nastri colorati che formavano trecce grandi e piccole, mentre egli occhi neri a mandorla erano aperti e brillanti, un sorriso innocente sulla bocca da bimba, mentre il ragazzo le si avvicinava, lasciandosi accarezzare il volto dalle piccole mani di bimba, mentre lei restava immobile ad osservare.
Provava commozione, era una scena che sapeva di puro...eppure provava anche paura...entrambe quelle figure che aveva davanti a se potevano rivelarsi...
Non seppe descrivere la sua sensazione, poté solo restare a guardare, mentre la bambina era seduta sui talloni, vestita di quel lungo abito candido, con l’orlo bagnato fradicio così come i nastri troppo lunghi.
La bambina stava per volgersi a lei, quando una vibrazione le fece tremare il corpo, di colpo la sua figura iridescente divenne trasparente, e i suoi occhi si bloccarono di paura, guardando subito la bambina che aveva smesso di sorridere, per poi scuotere la testa e guardarla seria.
-Vai, cerca di tornare presto-
lei poté solo fare un inchino, per poi svanire, mentre il ragazzo restava guardare con aria rattristata.
-E’ sempre legata al mondo terreno-
-Temo per un suo tradimento, è così legata a questo mondo impuro-
la bambina fece un’espressione rattristata, e subito il ragazzo la prese in braccio, stringendola a se e coccolandola.
-Non temere, lei non ti tradirà mai.
Gli hai aperto gli occhi, e te ne sarà sempre grata con la sua fedeltà-
-E tu mi sarai fedele?-
il ragazzo la guardò dritto negl’occhi, per poi sporgersi verso il suo volto, baciandole le labbra con dolcezza, mentre lei serrava i pugni sulla giacca che il ragazzo aveva sulle spalle, quando si staccò aveva leggermente il fiatone, mentre lui sorrideva.
-Si, per sempre-
lei sorrise, stringendosi a lui, lanciando un’occhiata laterale a guardare le quattro figure di schiena, ognuna di loro sulla schiena aveva un marchio enorme, due di queste avevano una mano abbandonata sul fianco, e i loro mignoli erano legati da un sottile e brillante filo rosso.
Gli occhi a mandorla lanciarono per qualche istante uno sguardo di fuoco a quel legame.
“Non lo permetterò...”

Meiko sbarrò gli occhi, alzandosi di scatto, dalla tasca dei pinocchietti c’era qualcosa che vibrava, mentre i suoi occhi erano ancora pieni di lacrime, e si affrettò ad asciugarle, mentre l’altra mano tirava fuori il suo apparecchio che velocemente infilò nell’orecchio, i capelli erano spettinati, ed in quel momento le iridi si erano tinte di rosso stizza, così com’era arrabbiata lei, parlando a voce infastidita.
-Chiunque tu sia, spero abbia una valida ragione per avermi disturbato-
> Datti una calmata Meiko, sono Rick
-Che cavolo vuoi?! Ti avverto che stavo facendo una cosa molto importante-
> Beh dovrà aspettare la tua cosa importante, dato che Max ha trovato Kei e Takao nel suo territorio
-Cosa?!-
Meiko balzò dal letto, la maglietta che indossava era tutta stropicciata, così come i capelli erano arruffati, si doveva essere agitata nel sonno.
-Nel vostro settore? Dove?-
> Verso la zona centrale, pare che abbiamo avuto dei problemi con un Experiment agitato
“Oddio, gli Experiment di Balthez?!”
-Mi precipito, dammi il punto esatto dove si trovano-
Rick obbedì, e pochi secondi dopo sul display davanti all’occhio di Meiko apparve una cartina con un punti luminoso che corrispondeva alla locazione dei suoi due “fratellini”
Doveva assolutamente andarli a riprendere, c’era in ballo troppo per lasciarli morire!
Si diresse rapida sulla Ducati, e partì con una potente sgommata, mentre in quel frangente Hilary tornava a casa, ad accoglierla il buio ed il silenzio, la ragazza si limitò a mettersi comoda su un divano, osservando la finestra che rivelava un cielo ingrigito e qualche fiocco di neve che cadeva sull’asfalto della strada.

-Si è messo a nevicare...-
Takao osservò dallo spiraglio del portone della chiesa la neve fioccare sopra di lui, sembrava aumentare ad ogni secondo che cadeva, e da fuori entrava un’aria fredda che faceva intirizzire il ragazzo, oltretutto lui si era bagnato per la fuga e per le fognature dove aveva scoperto il luogo dei Ribelli.
Ora che ci pensava, avrebbe potuto dire tutto a Kei e agl’altri...però...
Però ricordava perfettamente quell’uomo mascherato che l’aveva aiutato, e restituire il favore in questo modo gli sembrò terribilmente crudele, perciò decise di restare zitto.
Si strofinò le mani sulle braccia, continuando a guardare il cielo grigio, dietro di lui Kei si svegliava, osservandolo con fare stanco, la figura magra di Takao era sfuocata nelle sue iridi grigie, che lentamente andavano a colorarsi di rosso, notando come il ragazzo dai capelli blu, dopo aver chiuso il protone provocando un rombo sordo e profondo, si strofinava le mani e le braccia per il freddo, continuando a guardarsi intorno.
La chiesa cominciava a diventare fredda, e il respiro diventava condensa.
Il ragazzo lanciò un’occhiata a Kei, che fece finta di dormire ancora, mentre in realtà o spiava da sotto le ciglia nere, osservando quella figura camminare senza creare il minimo rumore, avvicinandosi all’altare ad osservare quella Madonna con il Bambino, Takao rimase colpito dalla gentilezza con la quale la donna teneva stretto a se il figlio, con un lembo di stoffa sembrava coprirlo dagli sguardi curiosi dei santi li intorno in bassorilievo sulla pietra.
Kei vide il ragazzo cercava ancora di scaldarsi strofinando le mani sulle braccia, e le iridi del diciannovenne si tinsero totalmente di rosso rubino, mentre dal nulla si formava una fiammella, che si avvicinò silenziosa a Takao.
Questo avvertì il calore e si voltò, trovandosi a poca distanza con quella cosa, e scattando all’indietro, stupendosi, per poi avvicinarsi ed allungare una mano, avvertendo che era calda, piacevolmente calda; il fuoco non sempre brucia...
Il ragazzo dai capelli blu si voltò verso Kei, che lo osservava sveglio, e con una mano creò una serie di fiammelle simili alla prima, che avvolsero in una spirale Takao, scaldandolo e illuminando la statua sopra di lui della Madonna, il ragazzo si guardò intorno stupito, la sua pelle alla luce appariva più rosata, mentre lui si lasciava scappare un sorriso, accogliendo con due mani una di quelle fiammelle, portandola verso il petto per scaldarsi.
Kei spalancò silenzioso gli occhi nell’osservare quella scena, la fiamma del fuoco illuminava il volto e gli occhi scuri di Takao, la pelle scaldandosi assumeva un colorito più umano, e la sua figura appariva stranamente idilliaca e non reale, mentre il ragazzo si lasciava scaldare, osservando in silenzio quel fuoco che non lo stava bruciando, non lo stava scottando.
Aveva sempre avuto paura del fuoco, ma quella fiammella così piccola e gentile non sembrava volergli fare del male, ed anche se timidamente si stava lasciando scaldare, Kei lo teneva continuamente sotto d’occhio, controllando che la fiamma non si alzasse troppo, mentre una delle altre si avvicinava al suo corpo, scaldando anche lui.
Takao alzò il volto verso il ragazzo ferito, e sorrise, ringraziandolo, mentre Kei restava in silenzio a guardarlo. Quel sibilo ora sembrava il sussurro di una voce.
Un tonfo spense le fiammelle e il momento di calore, il protone della chiesa aveva tremato, e da dietro di questo usciva un’urlo disumano, per poi venir seguito da un altro colpo, dal soffitto malconcio scendevano pezzi di calcinacci; l’Experiment li aveva trovati! Allarmato Takao corse verso Kei, che si era alzato per affrontare il nemico, quando l’altro ragazzo lo bloccò.
-Non farlo, sei ferito!!-
-Fammi passare!-
-NO! Scappiamo!!-
Kei osservò sbalordito e arrabbiato Takao, per poi avvertire la gamba lanciare un dolore acuto che lo spinse ad accasciarsi verso Takao, il ragazzo velocemente mise il braccio del diciannovenne attorno le sue spalle, e si avviarono verso l’altare, soprattutto verso quella sezione di muro dove c’erano le tubature rotte, li accanto c’era un buco abbastanza grande dove ripararsi.
i due ragazzi si stavano per infilare, quando il protone venne scaraventato via, in un gesto istintivo Kei nascose sul suo petto Takao, dando la schiena al portone che investì in pieno l’altare, fracassando il legno ormai marcio, mentre l’Experiment urlava di nuovo ,aprendo ancora le sue enormi ali dietro la schiena e ripartendo alla carica, stavolta i due ragazzi si buttarono a terra, bagnandosi per la pozza d’acqua, mentre l’essere li superava e si alzava verso l’alto, velocemente Kei spinse via Takao, generando una serie di bolle di fuoco, le iridi rosse brillavano furenti, mentre le bolle di fuoco si scagliavano contro l’Experiment, che urlò mentre il fuoco lo prendeva in pieno, costringendola a deviare e a crollare verso le panche in fondo della schiena.
La spalla e la gamba di Kei lanciarono un lampo di dolore, facendo inginocchiare il ragazzo che iniziava a sudare, era bollente, e Takao gli mise una mano sul volto, la frescura sembrò gradita al ragazzo dai capelli grigi, che si lasciò sdraiare, mentre il compagno sorrideva.
-Tu resta qui nascosto, ci penso io-
-Non fare...lo stupido...-
Takao sembrò ignorare la sgridata di Kei, la creatura aveva ripreso conoscenza e stava andando contro il ragazzo dai capelli blu, che si coprì il viso con le mani, generando una forte pressione che sbalzò via l’Experiment, che si riprese subito e con le mani modificate in artigli lanciò un colpo verso il volto di Takao, che si riparò con il braccio, ferendosi, mentre intorno a lui si creava una forte corrente, generando una serie di vuoti d’aria che “tagliarono” le ali alla creatura, alcune piume caddero a terra, mentre sul corpo presentava una ferita grave che iniziava a sanguinare.
Eppure l’Experiment riprese ad attaccare, più aggressivo che mai, takao questa volta fu costretto e buttarsi a terra per evitarlo, per poi accorgersi che l’essere mirava a Kei, che era svenuto, le ferite avevano ripreso a sanguinare.
-NO!-
Takao si gettò sul corpo del ragazzo, e chiuse gli occhi, generando così un vortice d’aria che investì in pieno l’Experiment, che lanciò una serie di schiamazzi e lamenti mentre veniva scaraventato control a prete e sembrava esser emesso al tappeto, il ragazzo dai capelli blu spalancò di nuovo gli occhi, rivelando le iridi azzurre.
Appoggiò l’orecchio al petto di Kei, ed avvertì ancora il cuore battere, anche se con meno forza.
Oh no!
La creatura si fece ancora sentire, ed il ragazzo si mise a difesa del compagno, non poteva allontanarsi da li, mentre una panca veniva scaraventata verso di lui, bloccata all’ultimo secondo da un potente colpo di vento che la scagliava lontano, altri proiettili furono deviati, a parte un ciocco di legno di una panca che colpì la tempia di Takao, creandogli un taglio che cominciò a sanguinare, mentre il ragazzo avvertiva spossatezza sulle gambe.
Non doveva mollare, non poteva!
Avvertì la stanchezza indebolire il suo potere, e l’Experiment lo scaraventò lontano dal ragazzo con una manata, la creatura sembrava intenzionata a finire Kei.
KEI!!
Ad un tratto l’Experiment fu colpito da una scarica di aghi che lo colpì in pieno alle ali, un’ombra si mosse lungo una zona in ombra della parte superiore della chiesa, attirando su di se la rabbia della creatura, che spiccò il volo nonostante quei colpi, scagliandosi con violenza contro una prete in alto che franò, le pietre per la forza di gravità avrebbero schiacciato sotto di se Kei, e Takao in un gesto disperato lo coprì con il suo corpo, il volto vicinissimo a quello bollente del ragazzo, che socchiuse gli occhi, sentendo ancora quel vago sentore di arancia ormai svanito di quella persona a lui familiare.
-Takao...-
i secondi furono interminabili quando qualcosa deviò la direzione delle pietre, che si scagliarono sulle ultime panche rimaste, Takao a quel rumore lontano alzò di scatto la testa, e dietro di se vide la figura di Meiko, ansimante per la corsa che gli si avvicinò, tastandogli il volto.
-TAKAO! Piccolo, stai bene?-
-...Mei...Mei-chan...Kei...-
la ragazza diede un’occhiata al ragazzo, e si morse il labbro inferiore, per poi urlare in direzione di qualcuno.
-SONO QUI!!-
ad accorrere al suo urlo Rick, che l’aveva raggiunta ed insieme erano andati alla chiesa, il nero americano con un gesto si caricò in spalla il ragazzo ferito, mentre Takao veniva controllato dall’occhio di Meiko, la iridi celesti controllarono il taglio alla tempia.
-Guarda che macello...uff, mi hai fatto prendere un colpo insieme a quell’altro scemo.
Non farlo mai più, intesi?-
Mei-chan spettinò la capigliatura di Takao, che si permise un pianto liberatorio, nonostante fosse un maschio la tensione e la paura lo avevano distrutto, non si era mai trovato di fronte a situazioni simili, e stavolta aveva temuto davvero che Kei morisse.
La ragazza lo lasciò fare sorridendogli affettuosa, per poi accompagnarlo verso la moto, Rick li avrebbe riportati nel Settore Sud, dove ad attenderli alla villa c’era Hilary, che sentì il fiato mancarle in gola non solo per l’aspetto malconcio di Kei, ma anche per la presenza di Takao che di fronte alla ragazza tremò leggermente, notato da Meiko, che si limitò a scoccare un’occhiataccia alla ragazza.
-Hila...dopo io e te dobbiamo parlare...-

Intanto la figura inseguita dall’Experiment si nascose dietro ad un vicolo, mentre la creatura urlando la sorpassava, la stradina era stretta e ben nascosta, mentre la figura si toglieva dagl’occhi gli occhiali da pilota, mettendoseli tra i capelli, per poi liberare il braccio ed osservare con una punta d’ansia le cicatrici sanguinare leggermente.
Ansimava per la lunga corsa, era riuscita a fermarlo dall’uccidere quei ragazzi.
...ormai poteva ancora chiamarlo ragazzo...o amico? Poteva ancora sperare di ritrovare in quello sguardo folle il ricordo del suo compagno?
...la ragazza strinse i denti, stringendosi anche il braccio dolorante, le faceva un male cane ogni volta che usava quella strana cosa che faceva il suo corpo.
Il suo incubo era diventata la sua arma di difesa...
Si sporse alla luce del sole, rivelando i capelli rosa, la ragazza si guardò intorno alla ricerca dell’Experiment, notando che non era da nessuna parte, per poi mettersi di nuovo nella stradina e tirare fuori una ricetrasmittente, iniziando a parlare e continuando a guardare la strada, dietro di lei c’era una rete che le sbarrava la strada ad un campo di basket abbandonato.
-Aaron, mi senti? Aaron, qui Matilda, rispondimi ti prego!-
la ricetrasmittente di vecchio modello gracchiò, per poi essere seguita da una voce un po’ confusa dal sottofondo.
> Matilda?! Cristo, sei viva?-
la ragazza tirò un respiro di sollievo, continuando poi a parlare.
-Si, sono viva, e sono riuscita a trovare Mihaeru. E tu? Hai trovato Cloud?-
> Ancora no, ma temo che anche per lui sia tardi.
La ragazza si morsicò ancora il labbro inferiore, per poi sentire un lamento provenire dall’alto, e subito si infilò i suoi occhiali da pilota.
-Aaron, devo chiudere-
> Matilda cosa...
la ragazza non poté rispondere, l’Experiment l’attacco dall’alto, appiattendosi lungo una delle murature del vicolo, la ragazza con un potente balzo scavalcò la rete, cadendo a terra e rotolando sul campetto da basket, mentre la creatura dietro sfasciava la rete, continuando a seguirla, il viso di quello che una volta era un ragazzo era ormai deturpato dalle vene ingrossate ed arrossate, sembravano dei tribali sulle guance e la fronte, mentre la ragazza dopo aver lanciato uno sguardo dietro di se riprendeva la corsa, dal suo braccio si formarono una serie di aculei, che lanciò contro l’Experiment per distanziarlo, continuando a correre lungo i vicoletti.
“Ho trovato Mihaeru...ma ora come lo libero?!”
la ragazza balzò su un cassonetto mentre il ragazzo alato dietro di lei lo scaraventava lontano, continuando ad inseguirla e lanciando quelle urla disumane, sembrava soffrire da morire, tendeva a mordersi anche le braccia per quanto era aggressivo.
Come in quel caso, di colpo l’essere andò a sbattere contro un muro in calcestruzzo, restando un po’ intontito, per poi mettersi le mani in faccia ed urlare al cielo, sbattendo più volte le spalle e la testa contro quello che ne restava della muratura di quel vecchio edificio, mordendosi con violenza le braccia e sanguinando, mentre Matilda da dietro una vecchia scalinata osservava scioccata il comportamento dell’Experiment, decidendo di fermarlo, dalla sua mano si formarono una decina di aculei, mentre lei tratteneva un lamento doloroso, la mano sanguinava.
La ragazza si sporse verso il ragazzo, indossava ancora i suoi occhiali da pilota, ed urlò con forza, prima di lanciare il suo attacco.
-MIHAERU!-
il ragazzo si fermò ed osservò gli aculei colpirlo al petto, l’essere strillò rabbioso, strappandosi via gli aculei e iniziando di nuovo ad inseguire la ragazza, che velocemente salì sulla rampa di scale, accucciandosi per evitare un attacco da parte del ragazzo, che ripartì ancora e continuò più volte, mentre Matilda lanciava ancora un’altra scarica di aculei, salendo fino in cima all’edificio, trovandosi in pieno spazio aperto del tetto, intorno a lei si vedevano gli edifici più grandi e piccoli, mentre sopra il cielo appariva luminosissimo, era la prima volta che saliva così in alto, e tirava un vento freddo.
Si guardò intorno allarmata, per poi avvertire due mani artigliate graffiarla e buttarla a terra con violenza, costringendola ad accucciarsi, adesso era ferita anche alla schiena, mentre l’Experiment atterrava di fronte a lei, la ragazza infilò velocemente una mano in tasca, traendone fuori una siringa, liberando l’ago dal cappuccio in plastica, guardando convinta il ragazzo.
Portava solo un paio di pantaloni, mentre sul petto, lungo il collo e sul volto le vene si erano ingrossate, dietro di lui le ali sembravano succhiarlo di ogni energia, mentre negl’occhi si vedeva solo il bianco della sclera, il ragazzo prese fiato, per poi avvertire un’altra scarica di dolore ed accucciarsi a terra, al collo portava un collare che sembrava mandare degli impulsi elettrici.
Matilda scattò appena la figura su accucciò ancora, e con violenza infilò l’ago in una delle vene più grandi sulla schiena, svuotandola di tutto il contenuto, per poi venire scaraventata via dalla potenza della creatura, ritrovandosi sul ciglio dell’edificio, sotto di lei il vicolo deserto e pieno di spazzatura.
La ragazza si rialzò in piedi, anche se avvertì il corpo lanciarle segnali di dolore su gambe, braccio e schiena, la creatura intanto si agitava ancora più nervosa di prima, urlando e rotolandosi a terra, in un spettacolo che fece piangere Matilda, la ragazza si tolse gli occhi da pilota, lasciando scivolare le lacrime sulle guance, asciugandosele strofinandole mani sul viso.
-Mihaeru...-
-Ma che scenetta commovente...-
Matilda sussultò, guardando di fronte a se il ragazzo che aveva parlato, Mihaeru era intanto svenuto a terra, tenuto sotto d’occhio da una Kiman schifata, che lo mosse leggermente con la punta del piede, per poi rivolgersi al rosso di fronte a lei.
-Ehi Yuri, questo è andato-
-Non c’è problema...sicuramente la nostra amica qui presente gli avrà somministrato un sedativo...non ho forse ragione?-
la ragazza dai capelli rosa tentò di indietreggiare, ma si rese conto di essere sul ciglio dell’edificio, perciò in un gesto di minaccia mostrò il braccio scoperto, da questo spuntarono un’altra serie di aculei con altrettanto sangue che scivolava giù dall’arto, mentre Yuri faceva una faccia divertita e leggermente sorpresa.
-Ma tu guarda, così sei uno dei due Experiment falliti di Balthez-
-Stai indietro!-
-Altrimenti...che mi fai?-
Matilda ringhiò, per poi lanciargli gli aculei, di fronte a Yuri si formò immediatamente una barriera di ghiaccio, apparsa dal nulla, mentre Kiman avvertiva i muscoli irrigidirsi, era quasi scattata a proteggere il corpo del ragazzo, ma lui sapeva benissimo difendersi da solo...
Yuri intanto fece capolino dalla parete di ghiaccio, e sorrise crudele, gli occhi celesti divennero ancora più chiari, assumendo tinte grigiastre, mentre si avvicinava alla ragazza, restandola d una distanza di massimo due metri, alzando una mano verso l’alto; dal nulla, un cuneo di ghiaccio lungo un braccio si formò.
Yuri sussurrò crudele.
-Addio-
poi scagliò con violenza il cuneo, che colpì in pieno la spalla destra di Matilda, che avvertì il respiro mozzarle, mentre il suo sguardo cadeva sulla figura dell’Experiment svenuto, prima di cascare all’indietro verso il vuoto.
-Ah...Miha...eru...-
Yuri avvertì la ragazzo crollare a terra dentro un bidone della spazzatura, e si voltò verso Kiman, che era rimasta immobile accanto alla figura dell’Experiment.
-Lo lasciamo qui?-
-Purtroppo ci tocca portarlo dal signor Balthez.
Forza...-
Kiman obbedì, toccandosi con un dito il lobo dell’orecchio.
-Boris, abbiamo bisogno di braccia-
> Ricevuto

In quel momento due ragazzi stavano sfondando il vetro di una finestra, partendo di corsa verso le viuzze, mentre un ragazzo pelato pieno di piercing si sporgeva, agitando il pugno ed urlando con una voce da donnicciola.
-LADRI! MALEDETTI CAGNACCI ROGNOSI!!-
-Un altro colpo riuscito al mitico duo Sangre!-
-Yeah!-
la ragazza batté il cinque al fratello, mentre continuavano a correre, lui teneva ben saldo in mano il sacchetto con la refurtiva, ormai i prezzi del cibo erano aumentati in modo vertiginoso, e chi non aveva soldi o moriva di fame o rubava; i ragazzi non avevano fatto troppa fatica, in qualche modo avevano sempre avuto fortuna in quei furtarelli, e per qualche giorno avevano cibo, anche per sfamare il loro amico, anche se per lui il discorso era un altro.
-Sorellina, dobbiamo ricordarci che stasera dobbiamo ricaricare il generatore-
-Lo so Raul, continua a correre-
di solito non si fermavano fino a quando non erano arrivati a casa, o meglio, non erano arrivati alla loro baracca che chiamavano casa, continuando a correre, di solito quando chiudevano la porta dietro di loro crollavano a terra spossati, ogni volta andavano sempre più lontano per rubare del cibo, il settore dove si trovavano, la zona Nord, non era per niente ospitale, ed erano costretti ad arrivare fino al centro, per poi raggiungere la loro baracca nella zona Nord-Est, quasi al confine tra le due Zone.
Non si erano mai interessati a quello che usciva dalla loro vita privata, e fino ad adesso erano sopravvissuti. Fino a quando un proiettile non attirò l’attenzione di Raul, il ragazzo si fermò nel vedere quel corpo cadere dall’edificio, mentre julia si voltava a guardarlo.
-Raul, cosa...-
-CAZZO!-
il ragazzo esclamò prima che si sentisse un violento colpo venire da un cassonetto dell’immondizia, qualcosa era caduto dall’edificio li vicino, qualcosa di molto simile ad un corpo, data la grandezza della figura e al tonfo provocato, velocemente il ragazzo passò la refurtiva alla sorella, correndo verso il vicolo e sporgendosi verso il cassonetto, da li proveniva un forte odore d’immondizia.
Gli occhi verdi di Raul si spalancarono, in mezzo al pattume c’era una ragazza con un enorme cuneo di ghiaccio infilato sulla spalla, che stava sanguinando in modo copioso.
-...SORELLA! JULIA! VIENI!-
-Raul cosa...Oh MADRE DE DIOS!-
-Forza, aiutiamola!-
-Ma sei impazzito?! Così rischiamo di andare contro ai guai! Guarda quel pezzo di ghiaccio, non è un fenomeno naturale!-
-Ma non possiamo lasciarla morire!-
Julia sospirò, sebbene fossero fratelli gemelli, Raul era decisamente diverso da lei caratterialmente, più portato ad aiutare agl’altri al contrario della sorella che tendeva a pensare molto al suo bene e a quello di suo fratello.
La ragazza dai lunghi capelli lanciò un’occhiata alla ragazza nel cassonetto, respirava a fatica, e la ferita sanguinava.
-Ti prego Julia!-
la ragazza incrociò le iridi verdi del fratello, e rimase ad osservarlo in silenzio, prima di schiaffarsi una mano in faccia e buttare da una parte il cibo, pregando che nessuno passasse in quel momento a prenderglielo.
Raul rimase cinque minuti buoni ad osservare la sorella, che imbarazzata alzò la voce guardandolo male.
-Avanti, si può sapere cosa aspetti? Non c’è la faccio da sola!-
Raul sorrise raggiante, per poi aiutarla a portare il peso di quella ragazza ancora viva sul corpo di Raul, che tra i due forse sembrava il meno robusto, ma di certo era il più forte; così i due ripresero ad avviarsi verso casa, rallentando la corsa, mentre Raul sorrideva contento alla sorella.
-Sei grande Julia!-
-Zitto e corri-
il ragazzo annuì, avvertendo il corpo sopra di lui muoversi leggermente, segnalando che era ancora viva, mentre il sangue stava iniziando a bagnargli la maglietta azzurra, facendo0gli accelerare il passo.
“Resisti!”

Kei lanciò un lamento, stringendolo con forza tra i denti, mentre Meiko continuava a sistemare la sua ferita, era riuscita ad estrarre il bossolo, adesso l’emergenza era quella di far abbassare la febbre al ragazzo, continuando a rinfrescargli la fronte con un panno freddo, li accanto la bacinella dell’acqua si andava a scaldare, mentre in quell’istante Takao entrava, con fare intimidito, attirando su di se lo sguardo ed il sorriso della ragazza.
-Piccolo, come va?-
-...bene...Kei?-
-Uff, la febbre sembra scendere, ma è ancora troppo presto.
Senti, io vado a cambiare l’acqua di questa bacinella, vorresti continuare a tenere d’occhio il nostro ferito?-
La ragazza non diede neanche il tempo al ragazzo dai capelli blu di rispondere che gia aveva chiuso dietro di se la porta, sbuffando stanca, mentre dal corridoio spuntava la figura di Hilary.
-Volevi parlarmi?-
lo sguardo della ragazza più grande si ghiacciò, mentre annuiva con fare convinto, dando le spalle all’altra che rabbrividì, gli occhi avevano cambiato colorazione, diventando di un celeste grigio che sembrava ghiaccio.
-Seguimi-
Takao intanto timidamente si mise seduto sul letto dove era sdraiato Kei, la gamba ormai era stata curata e bendata, avevano fatto un viaggio lungo a tutta velocità, rischiando anche di ammazzarsi per fare in fretta, e lui, il ragazzo dai capelli blu, se l’era cavata con un po’ di disinfettante e dei cerotti, di cui uno era sul naso, dandogli un’espressione un po’ infantile.
Kei riposava...no, non sembrava risposare, a giudicare da come il viso era contratto in una leggera smorfia di fastidio e dolore, i segni tribali erano stati tolti, rivelando la pelle pulita del ragazzo.
Takao lo osservò in silenzio, ad un tratto Kei si mosse, prima lentamente, poi con uno scatto che fece alzare di colpo il ragazzo li seduto, Kei sembrava riprendere conoscenza, mentre allungava una mano verso una bottiglia d’acqua ed un bicchiere, velocemente Takao sembrò intuire il desiderio dell’altro ragazzo, versando dell’acqua nel bicchiere e aiutando Kei a mettersi in una posizione semi-sdraiata, un braccio gli reggeva la testa mentre l’altra mano reggeva il bicchiere.
All’inizio il ragazzo dai capelli grigi sembrò dibattersi da quell’aiuto, quando la voce sussurrata di Takao lo fermò.
-Ti prego, fatti aiutare-
Kei si limitò a fermarsi, per poi iniziare a bere avidamente dal bicchiere, le sue labbra bollenti al contatto con l’acqua fredda provarono un senso di benessere, così come il suo corpo nell’avvertire il liquido fresco scendere lungo il petto, scaldandosi lentamente.
Takao rimise a posto il bicchiere, aiutando Kei a tornare sdraiato, quando la mano di lui si mosse, accarezzandogli la guancia, era fresca sotto la mano bollente.
Il gesto lasciò senza fiato il ragazzo dai capelli blu, che si limitò a spalancare leggermente gli occhi, mentre l’altro lo guardava con gli occhi socchiusi, si poteva intravedere le iridi scarlatte miste al grigio.
-...bello...-
Takao si lasciò toccare da quella mano avida, mentre Kei lo teneva d’occhio, l’altra mano sembrava non riuscire a muoversi, mentre il viso del ragazzo più giovane arrossì leggermente di fronte a quello sguardo, era diverso rispetto al solito e “bruciante” sguardo di Kei, era...dolce...e debole...quasi speranzoso che quello che stava vedendo fosse un viso vero e non solo un’illusione.
Forse era quello che stava veramente pensando Kei.
Fatto sta che il ragazzo accarezzò ancora quel volto, toccando anche i capelli e sfiorando gli occhi e le labbra, Takao a quel tocco così leggero avvertì il cuore accelerare e il respiro farsi debole.
Poi, in silenzio, Kei abbandonò quella mano sul letto, chiudendo gli occhi, mentre l’altro ragazzo si discostava, adesso quella parte di volto bruciava come se fosse toccata da un tizzone ardente, mentre il rosso invadeva il suo volto, ed ebbe voglia di allontanarsi da lui, ma stranamente disobbedì a quell’ordine mentale, restando li vicino, oltretutto Meiko non era ancora tornata...
Non era ancora tornata...e poi...voleva stare vicino a Kei...ancora un pochino...

Bella
La parola Bella è nata insieme a lei
Col suo corpo e con i piedi nudi, lei
E' un volo che afferrerei e stringerei
Ma sale su l'inferno a stringere me
Ho visto sotto la sua gonna da gitana
Con quale cuore prego ancora Notre Dame
C'è
Qualcuno che le scaglierà la prima pietra?
Sia cancellato dalla faccia della terra!
Volesse il diavolo, la vita passerei
Con le mie dita tra i capelli di Esmeralda


-Che cosa volevi?-
Hilary si era appoggiata al muro della cucina, mentre Meiko si limitava ad aprire il rubinetto per riempire la bacinella, lasciandosi raffreddare le mani dal liquido.
-Sai bene cosa voglio da te: io so perfettamente che non ti piace Takao...-
la castana si limitò ad ingoiare a vuoto, stringendo dietro di se i pugni, subito cercò qualcosa per far chiudere la boccaccia a quella maledetta, sapeva sempre cosa pensava e cosa voleva, sembrava che cercasse sempre di farla sentire una vigliacca ed una perdente, quando invece Hilary aveva tutto quello che desiderava: un uomo tutto per se, che pensava solo a lei, che scopava solo lei, che si divertiva solo stando con lei.
Invece...invece era arrivato quel moccioso...e le stava rovinando i piani....anche con i Ribelli...avevano scoperto i Ribelli...e lei aveva dovuto fare da garante per la sua vita...
Se ci pensava...avvertiva lo schifo addosso...e una forte sensazione di liberazione quando aveva cercato di ucciderlo...
Ma allora...perché a ripensarci si sentiva così male? Perché adesso che la sua mente la riportava verso quel ricordo nuovo e vivo...si sentiva così miserevole, e le venivano le lacrime agl’occhi?
Non aveva senso....non aveva senso quello che lei avvertiva! Era esattamente tutto il contrario di quello che voleva lei!
Quando se lo era visto davanti di nuovo...si era sentita bene...ed invece gli aveva detto di non farsi mai più vedere!!
Cosa le succedeva...
Cosa...

“Aaaah, che noia che sei Hilary!”
“Non è colpa mia se sei il solito pigrone”
“A chi hai detto pigrone, antipatica?”
“Come ti permetti!?!”


...
Hilary iniziò far scendere le lacrime dagl’occhi, un senso di nostalgia e malinconia le aveva afferrato di colpo il cuore, serrandolo e bloccandogli il respiro, mentre Meiko aveva percepito qualcosa di strano nell’aria, e si era allarmata immediatamente, cercando di tagliare il discorso con Hilary.
-Io ti avverto, ragazzina: se farai del male a Takao...ti renderò la vita un’inferno.
E adesso sparisci!-
La castana obbedì, continuando a piangere senza controllo, mentre Meiko si accasciava a terra, avvertendo il fiato mancarle.
Dannazione...era troppo vicino...bisognava accelerare i tempi...bisognava impedire il suo arrivo...
Però...era questo che lei voleva?

Fine Capitolo 10

(Ecco qua il nuovo capitolo, un saluto a Francesca Akira, Bea-chan, Mazer e Lelli91, oltre a tutti quelli che leggeranno questa storia, un bacio!
Meiko)

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