Storyteller

di VeraNora
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** If you believe... ***
Capitolo 2: *** Gala Nessuno. ***
Capitolo 3: *** Pictures of you. ***
Capitolo 4: *** Trust ***
Capitolo 5: *** La prima prova. ***
Capitolo 6: *** Deepest fear ***
Capitolo 7: *** Just a dream... ? ***
Capitolo 8: *** Blood on me. ***
Capitolo 9: *** The track in the past. ***
Capitolo 10: *** Lullaby For A Stormy Night. ***
Capitolo 11: *** Mystic Falls. ***
Capitolo 12: *** Segreti e bugie. ***
Capitolo 13: *** Walk in the death. ***
Capitolo 14: *** Hurting memories ***
Capitolo 15: *** Everlasting life. ***
Capitolo 16: *** Tutto va, come deve andare. ***
Capitolo 17: *** Tell me the truth ***
Capitolo 18: *** Burn, witch. Burn. ***
Capitolo 19: *** The noise beneath the silence. ***
Capitolo 20: *** Welcome... back. ***
Capitolo 21: *** And then... what? ***
Capitolo 22: *** So fine, so bad. ***
Capitolo 23: *** Beast and Fears. ***
Capitolo 24: *** About love. ***
Capitolo 25: *** Waiting for... ***
Capitolo 26: *** Trip for two. ***
Capitolo 27: *** Meta. ***
Capitolo 28: *** Solutions. ***
Capitolo 29: *** We'll see. ***
Capitolo 30: *** Reasons. ***
Capitolo 31: *** Let it go. ***
Capitolo 32: *** Apologize. ***
Capitolo 33: *** A new beginning ***
Capitolo 34: *** The Deal. ***
Capitolo 35: *** Vacation. ***
Capitolo 36: *** One step close. ***
Capitolo 37: *** Wide Awake. ***
Capitolo 38: *** A worthy lived life ***
Capitolo 39: *** Goodbye. ***
Capitolo 40: *** In time. ***
Capitolo 41: *** The Key. ***
Capitolo 42: *** Man down. ***
Capitolo 43: *** No way out. ***
Capitolo 44: *** Salvation. ***
Capitolo 45: *** Choose your grave. ***
Capitolo 46: *** The very end. ***



Capitolo 1
*** If you believe... ***


Era l’alba di un freddo mattino di dicembre, Gala si strinse il colletto del cappotto di lana sul viso e si accucciò contro la spalliera della panca di legno, nella cripta del cimitero di Seattle. Non lo aveva mai frequentato prima. Era un’orfana, non aveva parenti o amici defunti a cui fare visita. Ma il surreale incontro avvenuto appena due giorni prima l’aveva portata  a recarsi lì, a quell’ora.
Di fronte alla seduta  c’era la tomba di quella che aveva scoperto essere stata sua madre.
Aveva  fissato la foto sulla lapide fino a farsi lacrimare gli occhi. La somiglianza era impressionante: stessi occhi, stessi capelli ma di colore diverso, quelli di sua madre erano castani, i suoi ramati… quasi biondi. Anche l’ovale del viso era uguale e, a detta del misterioso uomo che l’aveva trascinata in quell’assurda avventura, le somigliava anche di carattere.
Ancora sapeva poco, quasi niente, ma anche quel poco l’aveva divisa in due: la sua parte razionale le suggeriva di non credere a nulla mentre il suo cuore l’aveva portata lì per ascoltare quel che l’uomo aveva da dirle.
Controllò l’ora e le scappò un sorriso nel constatare che era arrivata in anticipo di mezz’ora “Oh... andiamo Gala! Ci tieni così tanto a sapere come prosegue questo scherzo? Perché lo sai che si tratta solo di uno scherzo, vero? Non puoi sul serio credere a quelle baggianate!” si rimproverò mentalmente.
«Ma il suo regalo…»
sussurrò, come a voler ribattere a quella voce così crudele. Scosse la testa e si sentì di colpo esausta. Non ce la faceva più a combattere con se stessa, voleva solo ascoltare quella storia per poi tornare alla sua vita, benché avesse poco a cui tornare. “È questo il motivo! È questa la ragione per cui hai sprecato il tuo tempo: il brivido della novità… ok, ascolta queste frottole, poi magari scrivici su una fan fiction… ma ti prego, non renderti ridicola pensando di poter credere a queste favolette!” continuò a redarguirla la sua parte più razionale. Poggiò i gomiti sulle gambe e spinse il viso contro i guanti di pelle nera che le tenevano le mani calde. Strinse forte gli occhi e cercò di fissare i puntini di luce che si muovevano confusi sulle sue palpebre. Era un gioco che faceva spesso da bambina per combattere la paura del buio. Non riusciva a ricordare chi glielo avesse insegnato, ricordava però che chiunque fosse stato le aveva detto «Gala… perfino la notte più profonda conosce le stelle! Se chiudi gli occhi e li stringi forte, vedrai quanta luce e colori regnano nel buio! Prova!». La voce apparteneva ad una donna, ma non riusciva focalizzarne il volto. Forse era stata qualche suora all’orfanotrofio, anche se le era difficile associare un ricordo così dolce a quelle donne, nella sua memoria poco avvezze a certe smancerie.
Aveva anche pensato potesse essere l’unico ricordo di quella madre che aveva scoperto all’improvviso di aver avuto, ma aveva subito scartato l’idea: la donna di cui aveva sentito parlare, era morta prima che Gala avesse capacità di memorizzare alcunché.  “Magari è stato il suo fantasma!” pensò sarcasticamente. Le scappò da ridere.
«Ma sì Gala… dopo quello che hai sentito, ti sorprenderesti sul serio se fosse così?»
si chiese ad alta voce. La domanda echeggiò nella cappella vuota. Ricontrollò l’orario ma era passato meno di un minuto. Fissò gli occhi al soffitto e ripensò a come tutto era cominciato.
 
Gala arrivò a lavoro presto. Era iniziato il freddo ed il trasporto tendeva a rallentare. Preferiva uscire prima di casa e  non rischiare di rimanere imbottigliata nel traffico. Il più delle volte arrivava semplicemente in orario, altre, come quella mattina, arrivava con mezz’ora di anticipo.
Entrò nel complesso di mattoni rossi della “Plemson&Wilc” l’agenzia pubblicitaria di maggior successo di Seattle. Salì al 3° piano e si diresse nell’ufficio che divideva con altre 3 persone. Lavorava lì da 4 anni ormai, come creativa. Non era proprio il suo sogno, ma non si lamentava. Aveva un’entrata fissa ed il suo lavoro era abbastanza apprezzato. Se solo avesse voluto,  avrebbe potuto fare il salto di qualità, ma qualcosa la frenava: la sensazione che non fosse quello il suo destino. Entrò nello stanzino freddo e non si sorprese nel non trovarci nessuno: gli altri non arrivavano in orario quando il tempo era buono ed il traffico scorrevole, figurarsi con quelle condizioni meteo. Si tolse il pesante cappotto e lo appese alla gruccia insieme alla borsa. Avviò i computer della stanza,  sperando riscaldassero un po’ l’ambiente e recuperò i fascicoli su cui stava lavorando: un marchio di birra alla frutta. Aveva avuto modo di assaggiarne qualche campione: a parte quella al melone che aveva trovato disgustosa, le altre erano davvero buone.
Iniziò a mettere in ordine i suoi appunti quando entrò in ufficio Henry Johnson, il suo capo.
Lo odiava, lo trovava stupido e viscido. Provava ad evitarlo il più delle volte, ma in occasioni come quella era proprio impossibile.
«Mattiniera Gala!»
la salutò. Non sopportava quando le dava quei nomignoli stupidi.
«Signor Johnson…»
ricambiò, fingendosi più indaffarata di quanto non fosse sul serio.
«Oh! Con questo ‘signor’! Dopo 4 anni pensavo di essermi guadagnato il ‘tu’! E poi mi fai sentire vecchio!»
“Ma sei vecchio… stupido troglodita!” pensò. Scosse la testa e sfoderò un sorriso di circostanza.
«Mi perdoni… è che proprio non riesco a dare del ‘tu’ al mio capo… è più forte di me!»
ribatté, tornando subito ai suoi fogli.
«Gala… Gala… Gala…»
disse l’uomo entrando nell’ufficio e chiudendosi  la porta alle spalle. Il suo sesto senso la mise sull’attenti: non gradiva rimaner troppo sola con quell’uomo, men che meno con la porta chiusa.
«Mi piace questa tua… professionalità…»
commentò, calando il tono. Si sedette sulla scrivania e le toccò un braccio. A Gala venne la pelle d’oca.
«Ma vedi… ormai lo hanno capito tutti che solo con la professionalità si va poco lontano… tu sei un’aquila, Gala… devi spiccare il volo… non ci riuscirai se continuerai a comportarti da struzzo, nascondendo la testa sotto la sabbia… io potrei darti qualche consiglio, sai…»
Lasciò la frase in sospeso, ad intendere qualcosa che turbò profondamente Gala. Corrugò la fronte e lo fulminò con lo sguardo.
«Signor Johnson…»
«Henry…»
la interruppe, sorridendo languido.
«Signor Johnson! Io voglio sperare che lei non mi stia molestando!»
sibilò, guardando con disgusto la mano che ancora lui teneva sul suo braccio.
«Cosa? Io molestare te? Tutt’al più ti sto offrendo i miei saggi consigli per fare carriera!»
«E questi “consigli” prevedono l’indossare dei vestiti ?»
ribatté furiosa. Johnson fece una risatina melliflua  che diede il voltastomaco a Gala. Poi le prese il viso con una mano, stringendole il mento  e le si avvicinò pericolosamente alle labbra.
«Quando scade il tuo contratto da noi, Gala?»
L’alito pesante di Johnson le  invase le narici facendole lacrimare gli occhi. Tirò uno schiaffo alla mano dell’uomo e si spinse lontano da lui utilizzando la poltrona con le ruote su cui sedeva, si alzò di scatto e strinse i pugni.
«Questa è l’ultima volta che mi mette le mani addosso!»
ringhiò serrando la mascella.
«Oppure?»
chiese lui. Si alzò e con un balzo la raggiunse incollandola al muro, le mise una mano sulla bocca bloccandole il busto con l’avambraccio  e con l’altra mano le bloccò il braccio con cui aveva provato a colpirlo.
«Sono un membro rispettato della società, nonché un nome importante nel mondo della cartellonistica mondiale! Se sei furba saprai come comportarti… altrimenti… puoi dire addio a questo lavoro! A questo ambiente! Sarai solo l’ennesimo nome che depennerò dalla mia lista di promesse che mi hanno deluso…»
la minacciò. I grandi occhi verdi di Gala si riempirono di lacrime, la rabbia iniziò a ribollirle nelle vene, spalancò la bocca e morse la mano ruvida di Johnson, costringendolo a liberarla. Si divincolò, recuperò il cappotto e la borsa, spalancò la porta, si girò di scatto ed urlò:
«Mi dimetto! Porco che non sei altro! Mettiteli dove non batte il sole i tuoi consigli per far carriera! Preferisco morire di stenti che guadagnare un solo centesimo qui dentro! Contento? Ti ho dato del ‘tu’!»
Si girò catapultandosi fuori dall’edificio, inghiottendo lacrime e rabbia. Camminò senza meta per ore, nella testa una valanga di pensieri ma nessuno in grado di fissarsi e renderla lucida. Pensò ai mille insulti che avrebbe voluto vomitare addosso a quel miserabile e più di una volta fu sul punto di tornare indietro per farlo, ma desistette. Decise di immaginare tutti i modi in cui avrebbe potuto fargli del male, figurandoselo rannicchiato in un angolo a piangere e implorare il suo perdono. Nel pieno di una di queste macabre fantasie, si scontrò contro quello che scambiò inizialmente per un muro, tanto era risultato solido al contatto. Si preparò a sentire il dolore per la botta che avrebbe preso con la caduta e chiuse gli occhi, ma non accadde nulla. La persona contro cui si era imbattuta l’aveva presa in braccio poco prima che il suo sedere toccasse il freddo asfalto. Aprì lentamente gli occhi trovandosi a fissare il viso più bello che avesse mai visto. Aprì la bocca per dire qualcosa, ma non riuscì ad articolare nessun suono.
«Scusa!»
disse l’uomo, rimettendola in piedi. Gala boccheggiò senza riuscire ancora a parlare. L’uomo le sorrise e Gala ebbe la strana sensazione di averlo già visto prima. Finalmente riuscì a trovare la forza per parlare.
«Scusa… scusami tu… ero distratta…»
farfugliò lei.
«E arrabbiata…»
aggiunse lui.
«Prego?»
domandò confusa.
«Eri distratta ed arrabbiata… così sembrava, comunque»
spiegò lui. Gala scosse la testa, ancora incapace di capire cosa intendesse l’uomo.
«Ti ho vista camminare: testa bassa, passo spedito, espressione corrucciata… in altre parole: arrabbiata!»
le disse con ovvietà.
«Perdonami… tu… mi hai vista arrivare?»
chiese irritata.
«Sì…»
rispose lui con semplicità. Gala chiuse gli occhi e sospirò, cercando di non perdere il residuo di una calma che l’aveva abbandonata ore prima.
«Se mi hai vista allora perché non ti sei spostato?»
disse, provando a sembrare più serena possibile.
«Qualcuno ti doveva pur fermare…»
rispose lui, con quella superficialità che ledeva la buona volontà di rimanere tranquilla di Gala.
«E scontrarti con me ti è sembrato il modo giusto per farlo?»
Si innervosì lei.
«Ti ho chiesto scusa infatti! E poi… non ti sei fatta niente, no?»
«N-no… io… no… ma che c’entra? Tu… tu mi hai vista!»
«Ascolta… ti va di continuare il discorso in quel bar? Magari davanti ad una buona tazza di caffè? Sembri averne bisogno…»
«Ok… se questo è il tuo modo di rimorchiare…»
lo interruppe.
«Aaah! Tranquilla! Sono innamorato, impegnato… sposato! Scegli tu…»
la rassicurò. Gala lo fissò stranita, i suoi occhi corsero ad osservargli le mani ed effettivamente indossava un anello… ma non le sembrò una fede nuziale.
«Non essere così letterale… era per dire che non ci proverei con te per niente al mondo!»
affermò. Gala spalancò la bocca.
«Sei davvero bella! Non fraintendermi… ma sono davvero innamoratissimo… non esiste nessun’altra donna per me!»
si affrettò ad aggiungere.
«Ci prendiamo quel caffè adesso?»
finì. Si voltò e si diresse verso il bar all’angolo della strada. Senza una ragione precisa Gala lo seguì. Si sentiva confusa da quello strano incontro, ma non riusciva a spiegarsi perché l’idea di passare del tempo con quel ragazzo le sembrava allettante. “Non c’entra niente il fatto che sembra uscito da un catalogo di modelli super hot, vero?” si disse, sorridendo imbarazzata per quel pensiero così stupido.
Arrivati al bar si sedettero ad un tavolo ed ordinarono i loro caffè, l’uomo si fece portare anche dello scotch. L’uomo fissò il bicchiere con un’espressione indecifrabile, un mix tra meraviglia e malinconia. Gala lo guardò di sottecchi, a lui scappò da ridere.
«Cosa?»
gli chiese.
«Niente… è che quell’espressione… mi ricordi qualcuno…»
spiegò, mandando giù un sorso di scotch.
«Io… io sono Gala comunque…»
disse lei, allungando la mano. Il ragazzo la fissò senza accennare a ricambiare il gesto.
«Un nome davvero particolare… Gala…»
commentò, facendo scoccare la lingua sul palato.
«Sarebbe carino presentarti a tua volta… non conosci le buone maniere?»
Il ragazzo si limitò a guardarla continuando a sorridere.
«Ma certo… che mi aspetto da uno che ferma le persone placcandole come se fosse ad una partita di rugby!»
esclamò, incrociando le mani sul petto.
«Sei sempre così agitata?»
domandò lui, con aria divertita. Gala spalancò la bocca indispettita, sbuffò e rispose:
«No, in genere sono la calma fatta persona… ma questa giornata è iniziata male… e non accenna a migliorare!»
«Beh… inizia a fare un gran respiro… poi bevi un sorso del tuo caffè prima che si freddi… e  sono certo che qualcosa di buono arriverà!»
le suggerì lui. Gala provò a ribattere, ma si rese conto che forse lo sconosciuto aveva ragione. Fece un gran respiro, cercò di liberare la mente e bevve un sorso di caffè. Il consiglio parve funzionare.
«Va meglio?»
si informò lo sconosciuto. Gala aprì gli occhi ed annuì sorridendogli.
«Anche il sorriso è suo…»
commentò l’uomo, confondendo Gala.
«Il sorriso di chi?»
«Il tuo… è uguale al suo… ma ti spiegherò dopo… prima ho bisogno di sapere una cosa…»
«Cosa?»
«Devo sapere in cosa credi, Gala… devo sapere quanto la tua mente è in grado di accettare e quanto sei disposta ad ascoltare… perché vedi… se la risposta è “tanto” ti racconterò una storia… la tua storia! Ma se non è così… ti dimenticherai di questo incontro, di questo discorso e di me…»
Gala rimase in silenzio, completamente rapita dagli occhi di quello strano uomo che, nel giro di poco, era riuscito a farla sentire completamente spaesata.
Era sempre stata  un tipo molto razionale, ma lui aveva appena solleticato una parte di lei che per tutta la vita aveva tenuto nascosta: l’istinto.
Quel  modo di parlarle, di guardarla e di sorriderle, faceva presa su di lei in maniera strana, non era in grado di spiegarselo, sapeva solo che voleva restare seduta lì, con lui.
Lo aveva seguito senza nemmeno saper il suo nome, ed ora le aveva posto un’assurda domanda con la promessa di raccontarle una storia… la sua storia! Come poteva uno sconosciuto conoscere la sua vita? Nemmeno lei ne sapeva molto… come poteva lui avere qualche informazione in più?
 
C’era stato un tempo, nella sua adolescenza, in cui si era posta domande su domande, ma ogni strada da lei intrapresa per saperne di più finiva in un vicolo cieco.
Aveva cercato informazioni sul suo passato senza arrivare a nulla. Tutto quel che sapeva era in un misero fascicolo che l’orfanotrofio le aveva dato senza troppe cerimonie, trattando lei e le informazioni che la riguardavano come qualcosa senza valore. Scoprì di essere  nata “probabilmente” in febbraio, 27 anni prima.
«Probabilmente»
Lesse ad alta voce quella parola più di una volta. Nemmeno la certezza del giorno in cui era nata era riuscita a ricavare, solo la probabilità che ciò fosse avvenuto nel mese di febbraio.
«Complimenti Gala… hai appena raggiunto un nuovo livello di pateticume: sei una probabilità! Non un’eccezione, non una cosa rara, non unica… sei probabile… aaagh…»
Lanciò il fascicolo contro il muro ed affondò la testa nel cuscino.
Era cresciuta in un orfanotrofio, nessuna famiglia si era mai interessata a lei, nonostante fosse stata abbandonata alla tenera età di due anni. Le suore e i servizi sociali la definivano un’anomalia.
«Probabilità… anomalia… tutte cose belle per Gala Nessuno!»
si disse, ricacciando le lacrime che iniziarono a bruciarle in gola. “Gala Nessuno” così la chiamavano i bambini dell’orfanotrofio, e così aveva imparato ad identificarsi.
Raggiunta la maggiore età si scelse un cognome “Roses” , fu attratta dall’idea di poter avere qualcosa di bello a definire la sua persona e lei amava le rose. Spesso aveva chiesto a chi si occupava di lei perché le avessero dato un nome così strano, ma nessuno mai fu in grado di risponderle, solo una suora si prese il disturbo di dirle:
«Gala è il tuo nome è basta! L’unica cosa certa di te è che qualcuno ti ha chiamata così… vuoi rinunciare anche alla sola certezza che hai?»
Da quel giorno smise di fare domande a riguardo. Lasciò la casa famiglia e con l’aiuto del sussidio statale trovò un posto in cui vivere ed intraprese gli studi laureandosi in tempo record: migliore del suo corso.
Non c’era stato nessuno a gioire con lei o per lei, e quel merito “migliore”, che per i professori sembrava essere la chiave per una vita bella e facile, non fu motivo d’orgoglio per nessuno. Un oggetto in più da sigillare in una scatola.
Lavorò  in diversi posti prima di entrare alla Plemson&Wilc, ma non si era mai sentita al posto giusto. Era durata di più alla P&W, solo per via dello stipendio sostanzioso. Non che le servisse guadagnare tanto: non usciva spesso, non aveva hobby, aveva pochi amici che vedeva ogni tanto se costretta e qualche relazione alle spalle, ma in linea di massima era un tipo solitario. Non riusciva a stringere legami forti e duraturi, le sembrava di non essere in grado di poter costruire qualcosa. Aveva un vuoto dentro che proiettava all’esterno, cercando di mantenere la sua vita il più asettica possibile.
Era piacevole stare in sua compagnia, ma se qualcuno si dimostrava più interessato del dovuto a far parte della sua quotidianità, Gala provvedeva a tagliarlo fuori con tutti i mezzi a sua disposizione.
Possedeva un cellulare con solo il numero del lavoro salvato in rubrica.
Abitava in un monolocale da 7 anni e metà delle sue pochissime cose, era ancora negli scatoloni.
La sua vita era tutta lì. La sua vita era solo una probabilità, un’anomalia.
Come poteva quell’uomo, quindi, avere notizie che nemmeno lei era stata in grado di trovare negli anni?
 
Lo guardò cercando di apparire tranquilla, ma le sue parole l’avevano messa in agitazione.
«A-ascolta… non so che scherzo è questo… ma non è divertente… anzi, forse è meglio che vada»
Gli sorrise e fece per alzarsi, ma lui la bloccò afferrandole la mano. Anche il suo tocco le sembrò familiare e stranamente rassicurante.
«Un’ora… ascoltami per un’ora soltanto… se al termine non ti avrò convinta… andrai via e ti dimenticherai tutto!»
le propose. Gala corrugò la fronte e si sentì confusa. Non riusciva davvero a capire come potesse quell’uomo metterla così in difficoltà. Eppure doveva essere facile per lei, lui era evidentemente un pazzo… cosa ci faceva lei ancora là?
«Un’ora… soltanto un’ora»
ribadì lui. Gala tornò a sedere, cadendo pesantemente sulla sedia.
«Ok… un’ora! Ma se non mi convincerai mi lascerai in pace… per sempre!»
puntualizzò lei.
«Perfetto!»
Esclamò lui, alzandosi di scatto e chiedendo il conto.
«C-cosa… che stai facendo?»
domandò allarmata.
«Oh… questo non è il posto giusto per parlare di questa storia…»
spiegò lui, allungando una banconota da 100 dollari al cameriere che lo guardò allibito.
«La… la mia storia!»
ribatté lei, tentennante.
«E di chi altri se no! Su! Andiamo!»
la esortò dirigendosi verso l’uscita. Gala raccolse in fretta la borsa e lo seguì correndo.
«H-hai intenzione di fare così tutto il giorno?»
gli chiese.
«Così come?»
«Sganci la bomba e abbandoni la nave! Potresti anche rallentare un attimo! Ho i tacchi e l’asfalto è ghiacciato!»
L’uomo si bloccò all’improvviso e Gala si scontrò con la sua schiena.
«Hey! Allora!»
lo rimproverò. Lui si girò e sfoderò uno di quei sorrisi che una donna morirebbe nel vedersi rivolgere.
«Perdonami… non era mia intenzione…»
le disse con voce calda, porgendole un braccio. Quel gesto così galante colpì Gala che sollevò le sopracciglia prima di accettare l’appoggio. La sensazione di familiarità con quell’uomo si fece sempre più forte ed ora che gli camminava così attaccata, inalandone l’odore, ebbe l’assurdo pensiero di averlo già conosciuto.
«T-ti posso fare una domanda?»
chiese timidamente.
«Certo!»
«Io… io ti conosco?»
L’uomo la guardò di sbieco e fece un sorriso storto.
«Adesso sei tu quella che ci prova?»
ironizzò. Gala sentì le guance avvampare.
«I-io… n-no… ma che… ma che dici!»
balbettò imbarazzata. Lo sconosciuto scoppiò a ridere e Gala ebbe la sensazione che fosse un suono raro.
«Tranquilla… sto scherzando… lo so a cosa ti riferisci… ma prima di rispondere ho bisogno di avere la tua fede…»
«La mia … che?»
«Fede! Fiducia! Cieca fiducia! Perché come ti ho detto, ti racconterò una storia… ma se non sei pronta a fidarti totalmente di me, non arriverai a sentirne la fine… e questo mi dispiacerebbe molto… quindi…»
«Quindi? Hai solo un’ora per convincermi… come pensi di fare?»
«Oh… semplice… dimostrandoti che so quel che faccio…»
Gala lo guardò dubbiosa.
«Siamo arrivati!»
esclamò lui, lasciandole il braccio.
«Arrivati do… ma… che ci facciamo qui?»
domandò allarmata, trovandosi di fronte all’edificio che aveva lasciato ore prima in preda alla rabbia.
«Ti dimostro che tutto è possibile nel nostro mondo…»
Gala lo fissò smarrita.
«Adesso tu andrai nel tuo ufficio… il tuo capo ha qualcosa da dirti…»
«Oh! Credimi! Lo so cos’ha da dire quel porco!»
«Gala! Fiducia… cieca fiducia! Ricorda! Questa è la mia ora! Non puoi farmi perdere tempo così… vai nel tuo ufficio, ora!»
le ordinò lui. Quella parte di lei che l’aveva cacciata in quella situazione decise di obbedire e prima di realizzare appieno cosa stava facendo, si ritrovò a  varcare la soglia dello studio pubblicitario. Henry Johnson era all’ingresso, parlava con Devon, la ragazza della reception. Vedendolo tutta la sua razionalità tornò a fare da padrona “ma  che diavolo stai facendo? Girati e vattene! Quel porco interpreterà il tuo ritorno come un acconsentire alle sue proposte squallide!” si disse. Si preparò ad andar via ma il signor Johnson la scorse.
«Signorina Roses! Finalmente!»
esclamò cordiale. Gala spalancò la bocca, non l’aveva mai chiamata col suo cognome nemmeno ai colloqui. E l’espressione sul suo viso, sembra diverso. Rimase immobile senza sapere cosa dire. Johnson le si avvicinò sorridente e solare, con le braccia aperte e un’espressione da ebete stampata sul volto.
«Signorina Roses! La stavamo aspettando! Questo è un giorno di grande dolore per noi… perdere un elemento come lei! Ma le sue qualità sono sprecate da noi! Le ho preparato la lettera di raccomandazione più bella dell’universo ed ho chiesto ai miei soci di fare lo stesso… in più, ho provveduto a chiamare direttamente Mister Plemson per parlargli un po’ di lei… spero non le dispiaccia! So che vuole cambiare settore… ma se decidesse di continuare a mettere il suo talento a disposizione di noi poveri pubblicitari… la P&W sarebbe onorata di mantenerla a bordo! »
«I-io… non… io… non capisco…»
«Signorina Roses… mi mancherà la sua modestia! Ma ora… si prenda il suo meritato applauso e mi faccia dire, a nome di tutto l’entourage che ci mancherà! Un applauso per la signorina Roses!»
E prima che Gala potesse realizzare quanto stesse accadendo, tutti i dipendenti scoppiarono in un fragoroso applauso, urlando “brava!” e “ci mancherai!”, le sembrò di scorgere addirittura qualche lacrima e Johnson sorrideva beato. Passò mezz’ora a salutare persone di cui non ricordava il nome e con cui non aveva mai preso nemmeno un caffè, ascoltando aneddoti che avevano come punto focale la stima ed il rispetto che quella gente nutriva per lei… Gala Nessuno.
Raccolse le cose nel suo ufficio, prese le lettere di raccomandazione e tornò in strada, con la testa che vorticava di pensieri, ripetendosi che forse era solo un sogno e che doveva solo aspettare di smaltire il sonno. Il rumore del traffico la riportò indietro dalla sua bolla di pensieri e la voce dello sconosciuto le ricordò di come tutto era iniziato.
«Allora… si è comportato bene il signor Johnson?»
le chiese sorridendo.
«I-io… io… ma… cosa… che…»
«Ho la tua cieca fiducia?»
Gala annuì incapace di fare altro.
«Bene! Allora direi che possiamo dedicarci alla nostra storia…»
«U-un momento… aspetta… io ancora non ho capito cosa è successo…»
«Te lo spiegherò più avanti… fatti trovare al cimitero in Crowe Street, domani mattina alle 6:00… ed inizierò a raccontarti tutto…»
«Cosa? Domani? Perché non adesso?»
«La mia ora sta scadendo… e questa è una storia che merita di essere ascoltata come si deve…»
«E posso  almeno chiederti di che parla?»
«D’amore! Di passione… di avventura… e di pericolo!»
«E sarebbe la mia storia?»
«Anche! È innanzitutto la storia di colei che ti ha dato la vita…»
Gala lo interrogò con lo sguardo.
«Ti parlerò di tua madre…»
Quelle parole le fecero spalancare la bocca. Lo sconosciuto si voltò e mosse qualche passo.
«Aspetta! Almeno dimmi come ti chiami!»
gli urlò. L’uomo si voltò lentamente e rispose:
«Damon… mi chiamo Damon!»
«Ed io avrei un nome particolare…»
commentò lei. Damon sorrise e voltandosi disse:
«A domani Gala! Cerca di essere puntuale!»
E sparì tra la folla.

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Capitolo 2
*** Gala Nessuno. ***


Gala tornò a casa confusa. Varcò la soglia del suo monolocale e le sembrò di essersi risvegliata da un lungo sogno. Si guardò intorno ed osservò le pareti spoglie e l’arredamento scarno: un tavolo di plastica quadrato per due persone, due sedie di legno, un divano letto sempre aperto, libri sparsi in ogni dove, un armadio a muro e un mobiletto con sopra una tv mai accesa.
Agli angoli della casa scatole ovunque, ancora chiuse da quando si era trasferita lì 3 anni prima.
Lasciò cadere la borsa sul pavimento e si poggiò contro la porta, sospirò e chiuse gli occhi.
“Non essere stupida, Gala! È normale aver voglio di fuggire da… questa vita… ma non è credendo alle frottole di uno sconosciuto, seppur bellissimo, che lo farai! Sei più intelligente di così!” si disse, tornado in contatto con la sua parte razionale, costretta al silenzio per tutto il giorno.
 
Dopo aver perso di vista Damon, aveva continuato a vagare per la città, senza meta. Entrò in due diversi bar ed ordinò caffè e scotch sperando di recuperare la sensazione provata nel sentire quegli odori mischiati nel fiato di quel misterioso uomo che era riuscito a scuoterla in un modo che non sapeva ancora spiegarsi.
 
“C’è qualcosa in lui… mi ricorda qualcosa…” pensò, provando a riprendere contatto col suo istinto. Gli  aveva chiesto se si conoscessero e lui aveva glissato rispondendole che prima aveva bisogno della sua cieca fiducia.
“Ma certo! Ha bisogno di tempo per capire come fregarti meglio! Svegliati!” tornò ad ammonirla la sua ragione. Gala si schiacciò le mani sugli occhi e scosse la testa. Improvvisamente si focalizzò sulle ultime battute che si erano scambiati.
 
«… questa è una storia che merita di essere ascoltata come si deve…»
Le aveva detto rispondendo alla sua domanda sul perché non potesse raccontarle subito tutto.
«E posso  almeno chiederti di che parla
«D’amore! Di passione… di avventura… e di pericolo
«E sarebbe la mia storia
«Anche! È innanzitutto la storia di colei che ti ha dato la vita … Ti parlerò di tua madre …»
 
«Mia madre…»
sussurrò. Si fece scivolare le mani lentamente sul viso e le fermò sulla bocca, come se volesse raccogliere qualche residuo di quella parola: ‘madre’.
Gala Nessuno aveva avuto una madre, una donna che per qualche ragione non le era rimasta accanto, che non le aveva lasciato niente se non un nome strano, causa di parecchie prese in giro. “Ti ha lasciato più di questo… ti ha lasciato una storia… e Damon” la consolò la voce timida del suo istinto.
«Damon…»
ripeté ad alta voce. Strinse gli occhi e due ghiacciai si materializzarono tra le scintille di luce. “Perché mi fido di lui? Perché sento di potergli credere?” si chiese quasi con rabbia. Sbuffò, si tolse il cappotto e si diresse verso la cucina a prendere qualcosa da bere. Passò accanto ad uno scatolone e si bloccò, gettò uno sguardo all’indicazione sul contenuto, scritta con  un pennarello blu: ‘NIENTE. Poggiò una mano sul tratto grosso di quell’anomala definizione e fece scorrere le dita sulle lettere. Una specie di raptus la colse e si mise a scartare il pacco in preda ad una frenesia innaturale. Quando ebbe tolto anche l’ultimo pezzo di nastro adesivo con cui aveva sigillato la scatola, tirò le alette di cartone e scoprì il contenuto. Tra fogli di giornale per fare spessore c’era la targa della sua laurea con il merito “Migliore del corso”. Due foto che la ritraevano con toga e tocco:  una con  il professor Martins e l’altra con il Magnifico Rettore. Un portachiavi a forma di rosa che le aveva regalato Michelle, una delle rare ‘amiche’ dell’università, ma aveva perso anche lei di vista ormai. Una lettera d’amore, l’unica che avesse mai ricevuto, da un ragazzo, di cui non ricordava nemmeno il nome, il primo anno da matricola. Sotto a tutto quel ‘niente’ c’era il fascicolo che le aveva consegnato la Madre Superiora dell’Orfanotrofio.
Lo prese con mano tremante e lisciò la copertina di carta riciclata, color mattone. Su un’etichetta adesiva,  attaccata in alto a destra,  c’era la scritta “N° 226 – S – Gala”.
Aveva speso notti intere a studiare quel fascicolo in passato , ma era la prima volta che faceva caso all’etichetta. Le scappò da ridere.
«Catalogata come un libro… peccato abbiano sbagliato, dovrei stare sotto la ‘G’, non sotto la ‘S’!»
commentò. Aprì il fascicolo ed il suo pseudo certificato di nascita era rimasto immutato dall’ultima volta in cui lo aveva scrutato nella speranza che una nuova verità le saltasse all’occhio.
«Niente di nuovo Gala Nessuno… resti una probabilità… non c’è storia al mondo che ti solleverà da quest’onere!»
cercò di scherzare. Poi un pensiero le attraversò la testa come un lampo, dandole un’illuminazione.
«Lui lo sa! Lui saprà quando sono nata! Se conosce la storia di mia madre, saprà anche quando mi ha messa al mondo!»
esclamò entusiasta. Il tono di voce usato la mise in imbarazzo. Era sola e parlava da sola.
“Complimenti Gala! Stai perdendo proprio il lume della ragione!” la sgridò la solita voce razionale.
Si morse l’interno della guancia e cercò di ignorare ancora per un po’ quella parte di sé. Sfogliò il resto dei pochi documenti che avrebbero dovuto parlare di lei: il foglio di ammissione all’orfanotrofio, i certificati medici che attestavano la “buona salute dell’infante” e qualche  responso delle sue prime e uniche visite allo psicologo dell’orfanotrofio. Sospirò, chiuse il fascicolo e lo lasciò cadere nella scatola. Andò in cucina, aprì il frigorifero e fissò l’interno semivuoto: due mele molto mature, del formaggio molto stagionato, tre uova molto vecchie e l’ultima birra del set che le era stato mandato per la campagna pubblicitaria: gusto mela.
Sollevò le sopracciglia e la prese, la stappò, si buttò sul divano letto senza togliersi le scarpe e gustò la bevanda. Dopo un paio di sorsi la guardò turbata.
«La birra dovrebbe avere un altro scopo… e tu sai di succo di frutta!»
inveì contro la bottiglia. Sollevò la testa al soffitto e sbuffò.
«Parlo da sola e non sono nemmeno ubriaca… Gala Nessuno… quanto sei patetica!»
Si alzò di scatto, gettò la birra nel pattume, si mise il cappotto e scese allo Store sotto casa  e comprò due bottiglie di vino bianco, tornò all’appartamento e decise di ubriacarsi. “Magari dimentico tutta questa storia e basta… domani andrò a…” il pensiero di Gala rimase in sospeso. Si era appena ricordata del licenziamento in seguito alle molestie di Johnson e dello strano congedo che le era stato riservato dopo che Damon l’aveva convinta a tornare alla P&W. Cercò nella borsa le lettere che il suo ex capo le aveva consegnato e le aprì. Henry Johnson si era prodigato ad elencare tutte le sue ottime qualità di creativa, il suo socio, Gabriel Hartman, un uomo scorbutico e sempre acido, non si era risparmiato ad elogiarne le fantastiche qualità di relazione coi clienti e con i colleghi di lavoro. L’ultima lettera era della socia di maggioranza: Lavinia Butterglaud. Una donna che era più un mito alla P&W, in quanto non si faceva vedere mai, se non in seguito a qualche disastro. Nei 4 anni passati da loro, Gala ebbe l’onore di sapere che si trovava nello stabilimento una sola volta. La vide passare per una frazione di secondo e tutto ciò che scorse fu l’enorme cappello a tesa larga e la pelliccia d’ermellino che ne camuffavano la figura. Nonostante ciò, Lavinia Butterglaud aveva scritto meraviglie di lei, una dipendente con cui non aveva scambiato mai nemmeno davvero la stessa aria.
«Ti dimostro che tutto è possibile nel nostro mondo…» le aveva detto Damon.  Leggendo quelle lettere non poté fare a meno di credergli. “No! No! Gala! Andiamo! Sicuramente quando hai urlato a Johnson che era un porco qualcuno avrà sentito… magari la stessa Butterglaud , ed hanno deciso così di evitare una denuncia! Non puoi credere davvero a queste frottole!” tornò a riprenderla la solita voce.
«Beh… credo che domani scoprirò chi è il matto, no?»
disse tra sé e sé. Abbandonò l’idea di ubriacarsi e si preparò per dormire. Contrariamente a quanto pensava, il sonno sopraggiunse rapido. La notte passò senza sogni e quando la sveglia suonò, il mondo era ancora inghiottito dalla notte. Si alzò e si preparò con i pensieri in apnea. Aveva deciso di mettere a tacere istinto e ragione: avrebbe affrontato quella giornata senza niente a condizionarla.
Gala scese in strada e fu avvolta da un freddo a cui non era pronta, non era mai uscita a quell’ora. Pensò se tornare in casa e mettersi qualcosa di più pesante, guardò l’orologio e temette di fare tardi, quindi si strinse cercando di riscaldarsi quanto più possibile e camminò veloce.
Arrivata nei pressi di Crowe Street il suo corpo si era riscaldato abbastanza, proseguì fino al cimitero e trovò Damon poggiato contro il cancello, a braccia conserte. Indossava la stessa giacca di pelle del giorno prima e non sembrava affatto turbato dal gelo polare che condensava il fiato in nuvolette bianche.
«Puntualissima!»
le disse, porgendole un caffè bollente. Gala si affrettò a stringere il bicchiere di cartone tra le mani, godendo di quel calore artificiale. Se lo portò alle labbra e bevve avida, senza preoccuparsi di scottarsi. Damon la osservò con espressione divertita, lei lo guardò senza sollevare il viso dal bicchiere.
«Cosa c’è?»
gli chiese continuando a riscaldarsi col vapore del caffè. Lui scosse la testa, chiuse gli occhi ed abbassò gli angoli della bocca.
«Niente… è che continui a ricordarmela…»
«Chi?»
«Oh… lo vedrai…»
le rispose, spingendo il cancello. Con un cenno della testa la invitò a seguirlo. Lei rimase un attimo indietro, a chiedersi se fosse normale entrare in un cimitero a quell’ora… soprattutto: perché era aperto?
Diede un’occhiata al lucchetto e si accorse che era stato scassinato. Spalancò la bocca e guardò in direzione di Damon che si era fermato ad aspettarla. Indicò tremante il lucchetto divelto e disse nel tono più calmo che le riuscì:
«H-hai… tu hai…»
«Scassinato il lucchetto? Sì! Ed ora andiamo… non c’è molto tempo prima che arrivi … Ben…»
«B-Ben?»
balbettò.
«Sì… il custode… apre ogni mattina alle 7:30. Dai!»
«P-perché non vederci a quell’ora quindi?»
Damon sollevò la testa al cielo e sospirò.
«Testarda e curiosa come lei! Ascolta Gala… non voglio ci disturbi nessuno, ok? E la storia che ti devo raccontare ha bisogno di silenzio e quiete… e tu avrai bisogno dell’intera giornata per smaltire quello che ti dirò… prima iniziamo… prima avrai modo di decidere se scolarti due bottiglie di vino o meno…»
Quelle parole le gelarono il sangue nelle vene.
«C-come… tu… tu mi hai spiata?»
domandò sconvolta.
«Certo che sì… e non è nemmeno la prima volta… di certo non sarà l’ultima! Ti tengo d’occhio da 27 anni…»
A Gala cadde il bicchiere dalle mani, non sentiva più freddo, era totalmente intorpidita dallo shock.
Damon le si avvicinò, le mise le mani sulle spalle e disse:
«Come ti accennavo ieri… è una storia che merita tutta la tua attenzione… e serve tutto il tempo che abbiamo… tu lo stai sprecando! Cieca fiducia, Gala… cieca fiducia! Ed ora seguimi!»
Di nuovo il tocco di quello strano e misterioso uomo ebbe in lei un effetto calmante. Nonostante l’assurdità di quello che le aveva detto, i suoi piedi si mossero dietro lui.
Lo seguì in silenzio fino ad una piccola cripta, di marmo bianco, con una porta a vetri ed intarsi dorati, Damon l’aprì e fece segno a Gala di entrare. Lei esitò qualche istante ma poi si addentrò. L’interno era illuminato da piccole lucette elettrice, c’era una panca di legno al centro della piccola stanza e stava di fronte all’unica lapide che recava foto e scritta. Grossi mazzi di rose rosse e bianche riempivano i cestini, impregnando l’aria del loro profumo. Gala chiuse gli occhi ed inspirò quell’odore sorridendo.
«Amo le rose…»
disse, senza riuscire a trattenersi. Damon sorrise.
«Lo so…»
Lei  si girò a guardarlo indispettita.
«C’è qualcosa che non sai? Di me, intendo!»
«No… sei tu quella a cui mancano i pezzi… io sono quello che li ha!»
rispose sarcastico. Gala si morse un labbro e sbuffò.
«Dici di tenermi d’occhi da 27 anni… come diavolo è possibile? Quanti anni avrai? 28? 30?»
«Hey! Non offendere! Ho solo 23 anni!»
«Cosa?»
«Gala… ascolta… una cosa per volta! Ok? C’è davvero tanto da sapere prima di passare a quel tipo di informazioni… iniziamo con le cose semplici…»
le disse, indicando la lapide alle sue spalle.
«Chi è?»
chiese lei.
«Lei… è tua madre!»
rispose lui, accarezzando la foto incastonata nel marmo. A Gala mancò il respiro. Tutta quel mistero per scoprire che sua madre era morta. Sentì le lacrime bruciarle negli occhi e non seppe spiegarsi il motivo, in fondo lei una madre non l’aveva mai avuta… perché dispiacersi proprio alla scoperta che era morta?
“Perché ti ha appena tolto la flebile speranza a cui ti eri aggrappata… quella di poterla conoscere” si rispose mentalmente. Si avvicinò lentamente alla lapide, mettendo sempre più a fuoco l’immagine che Damon aveva accarezzato con tanto amore. La foto ritraeva una bella ragazza, davvero simile a lei: occhi grandi e verdi, capelli ricci e castani, sorriso vitale, viso ovale e morbido. I suoi occhi corsero alle lettere dorate che indicavano il nome della donna.

«Jessica Salvatore»
lesse ad alta voce. La data di nascita e la data di morte indicavano che aveva un anno in più di lei al momento del decesso.
«14 febbraio…»
Quella era il giorno della sua morte. Il giorno degli innamorati di 27 anni prima, Jessica Salvatore moriva.
La mente di Gala iniziò a fare connessioni su connessioni “N° 226 – S – Gala” pensò. Non era un errore di catalogazione alfabetica la “S”, era il suo cognome : “Salvatore”… e quel “probabilmente nata in febbraio” avrebbe potuto combaciare con quella data di morte.
«È… lei è morta dandomi alla luce?»
domandò, con il pianto a spezzarle la voce. Damon la osservò un po’, sorrise e scosse la testa.
«No… »
«No? Tutto qui? Non hai altro da dirmi?»
«Oh… ho un’infinità di cose da dirti… ma non è iniziando da questo punto che capirai…»
«Cosa? Cosa devo capire!»
«Che c’è un mondo da cui sei stata protetta per tanto tempo, un mondo in cui l’età è relativa… in cui vita e morte potrebbero voler dire la stessa cosa… un mondo in cui l’amore fa da padrone, a dispetto di quel che potrebbe sembrare…»
«Io… io quando sono nata?»
Damon sorrise e asciugò le lacrime che sfuggirono al controllo di Gala.
«Il 13 febbraio…»
Un’ondata di emozioni la colse all’improvviso, togliendole il fiato. Non era morta dandola alla luce, era morta il giorno dopo… magari per complicazioni. Che scherzo era quello? Perché Damon le stava facendo questo? E perché lei continuava a fidarsi di lui?
«I-io… io sono finita in orfanotrofio a due… a due anni! Con chi sono rimasta per due anni? Ho… ho un padre? Sei tu?»
«Gala… non potrei mai essere tuo padre…»
«P-perché no? Hai detto che mi controlli da 27 anni e che nel tuo mondo l’età non conta… e… e hai detto che sei innamoratissimo di un’altra donna… e… e hai accarezzato la sua foto… tu l’hai accarezzata come se l’amassi… e… e…»
farfugliò esasperata prima di mettersi le mani sul viso e cadere in ginocchio. Gala iniziò a piangere senza riuscire a controllarsi. Si sentiva in preda ad emozioni che non sapeva di avere. Damon le si avvicinò piano e le toccò le spalle. Di nuovo quel gesto le infuse una tranquillità inaspettata e smise di tremare. Lui la sollevò piano e l’accompagnò a sedersi sulla panca e quando smise di singhiozzare le prese il viso tra le mani e le disse calmo:
«A piccoli passi, ti spiegherò ogni cosa. Ma dobbiamo andare per ordine o rischierai di farti travolgere dalle emozioni… ok? Fidati di me…»
Gala annuì asciugandosi le lacrime con il dorso delle mani gelate. Damon le sorrise.
«Bene… innanzitutto… io amavo moltissimo Jessica… ma non nel modo in cui credi tu… lei… lei era mia figlia»
La bocca di Gala si spalancò. Affondò il viso nelle mani, scosse la testa e scoppiò in una risata isterica.
«Stupida! Stupida che non sono altro!»
borbottò, sollevando la testa.
« È così che ti diverti? Pedinando ragazze orfane e tristi? Ammaliandole con i tuoi occhi magnetici e manipolandole con la tua voce calda? Perché mi fai questo? Perché hai scelto me?»
inveì. Damon sospirò.
«Sapevo non sarebbe stato facile…»
commentò.
«E perché? Perché sono testarda come la donna di cui dici di essere padre? Hai 23 anni! Lei è morta che ne aveva 28 ed io… io ne ho 27! Mi spieghi che razza di pazzo sei?»
urlò alzandosi. Damon aprì la bocca per rispondere ma lei lo bloccò.
«No! Non voglio sentire! Non voglio sapere niente! La pazza sono io! Io che ti ho dato retta… che sono venuta qui rischiando non so cosa! Avresti potuto uccidermi… o violentarmi… o che ne so io!»
«Gala… lo sai che non ti farei mai del male… lo senti…»
Per quanta rabbia provasse in quel momento, Damon aveva ragione. Lei sentiva questa inspiegabile fiducia nei suoi confronti e non riusciva a capire perché. Era abituata a non dare confidenza a persone che facevano parte della sua esistenza da anni… perché, invece, non riusciva a liberarsi di lui?
«Come ieri… concedimi quest’ora… fammi iniziare la mia storia… la tua storia! Se non sarai soddisfatta… domani non tornare!»
le propose .
«D-domani? È così lunga?»
«Sì. E richiederà molto più di un altro giorno…»
«Ah sì? E quanto?»
«Non lo so… ma di questo passo potrebbero volerci anni!»
scherzò lui.
«E a te che differenza fa? Hai detto che nel tuo mondo il tempo è solo un dettaglio!»
«Ed è così… nel mio mondo… non nel tuo…»
Gala sbuffò, lo guardò e si risedette pesantemente sulla panca, incrociando le braccia sul petto. Si morse l’interno della guancia e cercò di placare il vortice di pensieri che aveva iniziato a confonderle la mente.
Prese un gran respiro e si voltò verso Damon.
«Perché ora?»
gli chiese. Lui la guardò confuso.
«Se mi tieni d’occhio da 27 anni… perché hai deciso di raccontarmi tutto ‘ora’?»
si spiegò lei.
«Beh… non che non ci abbia provato prima… ma ieri mi è sembrato il momento giusto…»
rispose lui.
«C-che? Cosa?»
«Sì… ho provato ad avvicinarti altre volte… ma non mi è mai sembrato... il momento giusto… ieri, invece, mi sei venuta praticamente addosso…»
«Tu mi sei venuto addosso! Tu mi hai vista ed hai deciso di bloccarmi!»
ribatté lei.
«Ho smesso di contare le volte in cui mi sono parato davanti a te… mi hai sempre evitato all’ultimo minuto… ieri, invece…»
«Cosa? Ti sei parato davanti a me ed hai aspettato che ti sbattessi addosso?»
«Sì»
disse con semplicità. Gala lo guardò interdetta. Non riusciva a capire se essere spaventata o divertita.
«Gala… se ho imparato una cosa nella mia luuunga esistenza, è che bisogna lasciar fare al destino! E così ho fatto»
Lei  spalancò gli occhi incapace di esprimersi. Recuperò un po’ di calma e decise di stare al gioco di Damon, per testarlo.
«Ok… allora perché mi vuoi raccontare questa storia?»
«Perché gliel’ho promesso… a Jessica… le ho promesso di raccontarti tutto quando sarebbe stato il momento…»
«Ed ora è il momento…»
«Se me lo concedi…»
«Ok… iniziamo… dimmi tutto!»
lo invitò lei. Damon sorrise e si preparò a raccontare la sua storia.
«Forse è bene che inizi dal vero inizio… da quando il mio destino mi ha portato a scontrarmi con Jessica…»
«Un momento… credevo avessi detto che eri suo padre!»
«Ed è così… in un certo senso…»
Gala corrugò la fronte incapace di capire cosa intendesse dire.
«Sì… beh… credo debba fare un passo indietro ed iniziare da me… vedi… io sono un vampiro»
ammise lui.
La donna si raddrizzò e scoppiò a ridere. Notò la serietà sul volto di Damon e capì che lui non scherzava.
«Sul serio? Un vampiro?»
Lui fece spallucce.
«È quello che ho detto…»
«Ascolta… c’è un limite a tutto… va bene la follia del destino, del tempo che non conta nulla… e le tue altre assurdità… ma un vampiro?»
Rimase in attesa di vederlo cedere, ma non avvenne. Decise quindi di risvegliare la sua parte razionale ed ancorarsi a quella per andare via da lì il più presto possibile. Si alzò dalla panca sospirando.
«Ok, Damon… ascolta… sono sicura che sei un bravo ragazzo… ma io mi sono appena stancata di giocare…»
Si voltò e si diresse verso l’uscita. In un secondo Damon gli si parò davanti, a Gala sembrò che gli si fosse materializzato davanti. Indietreggiò di un passo tremando. Si girò a guardare la panca, per assicurarsi che non ci fosse un gemello con cui mettere in atto quel trucchetto, la trovò vuota e pensò invano ad una spiegazione razionale . Lui allargò le braccia lentamente.
«Gala… ascoltami… potrei soggiogarti a non avere paura di me e della mia natura… ma non voglio… e Jessica non avrebbe voluto… devi ascoltare questa storia senza trucchi, senza inganni…»
provò a tranquillizzarla.
«T-tu… i-io… c-cosa…»
balbettò lei, senza riuscire a formula una frase di senso compiuto.
«Lo so… è uno shock… ma se mi concedi del tempo ti giuro che tutto ti sarà chiaro… devi solo ascoltarmi…»
Gala deglutì e si lasciò cadere sulla panca, con il fiato corto. Damon le si sedette accanto e mise una mano sulla sua. Nonostante il trucchetto di velocità e la confessione sulla sua natura da vampiro, il contatto con lui, continuava a infonderle calma e serenità. Provò a combattere quel senso di fiducia “cieca fiducia!” ma alla fine si arrese. Con le lacrime agli occhi gli disse:
«Ok… dimmi tutto quel che vuoi… ascolterò… ma se domani non tornerò… ti prego di non cercarmi mai più!»
Damon le sorrise.
«Se domani non sarai qui, ti prometto di sparire dalla tua esistenza… e se vorrai cancellerò anche quello che ti ho detto oggi…»
Gala annuì e lui iniziò la sua storia.

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Capitolo 3
*** Pictures of you. ***


Gala ascoltò in religioso silenzio l’assurda storia che iniziò a raccontarle Damon. Una storia che partiva da molto lontano nel tempo: 1864.
Si trattenne dal commentare in più di un’occasione e dovette combattere con l’istinto di alzarsi ed andare via. Ogni parola che usciva fuori dalla bocca del vampiro andava ad aggiungersi ad un pezzo di storia che assumeva sempre più i contorni di un romanzo di fantascienza.
Quando Damon tacque, Gala si prese un po’ di tempo per  metabolizzare tutto, quindi iniziò con le domande.
 
«Quindi “Jessica” non era il vero nome di mia madre?»
gli chiese, non sapendo da dove iniziare. La tensione sul viso di Damon si sciolse, si era aspettato di vederla andare via imprecando per aver sprecato del tempo.
«Esatto… Jessica è il nome che le ho dato io… il suo vero nome era Rose…»
le rispose, sorridendo.
«Rose…»
ripeté sovrappensiero. Provò a reprimere il sorriso che le stava tirando gli angoli della bocca. “Non è per questo che ti piacciono le rose…” la rimproverò subito la sua voce interiore. Scosse la testa e tornò a fare le sue osservazioni.
«E l’hai salvata e cresciuta come una figlia… …»
«L’ho amata come una figlia… ma è stata lei a salvare me…»
Gala non poté fare a meno di sentirsi colpita dall’amore che traspariva negli occhi di Damon ogni volta che parlava di Jessica. Era l’amore di un padre per una figlia, seppur in una situazione alquanto bizzarra, ma era comunque amore.
«Capisco… comunque, e ti prego di non prenderla male… ma  a me sembra più la tua storia d’amore… che non la mia… o di mia madre…»
gli fece notare.
«Porta pazienza… quel che ti ho raccontato era solo il prologo del prologo della “storia”…»
si giustificò lui. Gala annuì e lo pregò di continuare.
 
Damon riprese la sua storia ripartendo dall’incontro con Elena a Denver, 20 anni dopo la fuga da Mystic Falls. Se nella prima parte le era sembrato di ascoltare una storia di fantascienza, con la seconda parte pensò di essere passata ad un altro genere di letteratura: avventura e azione. Di nuovo Damon tacque lasciandola a bocca aperta.
 
Gala scosse la testa incapace di decidere da che parte iniziare con le sue domande.
«O-ok… quindi… mia madre ti ha riunito alla tua famiglia, ai tuoi amici e al tuo unico  vero amore… »
ricapitolò. Damon annuì cogliendo la punta di diffidenza nelle parole della ragazza.
«E… ed era una strega… quindi anche io sono una strega…»
«No… tu no… Jessica ha fatto in modo che la vostra stirpe di streghe si estinguesse…»
la rassicurò.
«E… e come?»
domandò. Negli occhi del vampiro guizzò una scintilla, Gala capì che la risposta a quella domanda sarebbe giunta più in là nella storia.
«Ma c’è… c’è dell’altro, vero? Quello che mi hai detto non ha niente a che vedere con me... Non… tu non hai finito…»
osservò lei.
«Non ho nemmeno iniziato…»
replicò lui. La ragazza si morse l’interno del labbro, un gesto che ferì Damon: nonostante fosse cresciuta da sola, Gala riusciva a somigliare a Jessica negli atteggiamenti più tipici.
Si liberò da quei pensieri e tornò alla parte conclusiva di quel lungo preambolo.
 
«Cosa? Lei… lei si è innamorata di Klaus? Colui che l’ha messa in quel guaio?»
esclamò sorpresa Gala senza aspettare che Damon tacesse.
«Già… non dirlo a me… ci ho messo anni per abituarmici!»
concordò lui.
«A-anni?»
balbettò la ragazza.
«Anni» ripeté lui «Il prologo è finito, ora posso iniziare a raccontarti la vera storia…la tua, quella di tua madre…»
«Q-questo Klaus… è mio padre?»
domandò timidamente. Sentì il cuore batterle forte: aveva accettato l’idea di aver perso sua madre, ma non aveva mai pensato che da qualche parte, lì fuori, ci fosse anche suo padre.
«Cosa? No! Assolutamente! Klaus è… è un ibrido… metà vampiro e metà lupo… ma comunque è morto… non può concepire…»
rispose Damon, distruggendo il flebile entusiasmo della ragazza.
«Ma allora… chi…» Gala si interruppe e rise «Ci arriverai… con calma…»
Il vampiro annuì.
«Sì… con calma… »
«Ma… ma c’è? Cioè… è vivo? Mio padre è vivo?»
Gli occhi azzurri di Damon si posarono su di lei, facendola sentire piccola e nuda: senza rendersene conto aveva accettato quella storia. Nonostante l’opposizione della sua parte razionale, era lì a chiedere di un padre, di una madre e di una vita degni del miglior racconto di fantasia. Vampiri, ibridi, streghe… nonostante questo era rimasta seduta ad ascoltare, nonostante questo si stava fidando ed affidando a quel cantastorie non convenzionale.
«Prima  di rispondere a questa domanda…devi sapere un po’ di cose… altre cose…»
disse lui con semplicità.
«E la storia d’amore tra mia madre e questo Klaus è davvero così importante?»
«Che vuoi dire?»
volle sapere lui, confuso da quella bizzarra domanda.
«Beh… a che pro raccontarmi una storia che so già che non portare a nulla? Jessica e Klaus non sono rimasti insieme… lei ha incontrato un altro ed ha concepito me… non dovresti parlarmi di questo altro uomo? Non dovrebbe essere questa la tua priorità? La mia storia… quella di mia madre e di mio padre…»
si spiegò lei. Damon sospirò, agganciò gli occhi di Gala e,  con voce ferma e calma,  le disse:
«Quando avrò finito di raccontarti tutto, capirai che un certo tipo di amore non finisce solo perché due si lasciano e vanno avanti… »
«Ora sono io a non capire…»
«È normale… per questo devi stare a sentire tutto… ma oramai è tardi… dovremo rimandare a domani…»
«Cosa? Ma no! Proprio ora che era arrivato il momento di saperne di più!»
obiettò contrariata. Damon fece un sorriso storto ed alzandosi disse:
«Beh… allora ti troverò qui domattina, dopotutto…»
Gala aprì la bocca per ribattere ma non trovò le parole, rimanendo a guardarlo venire inghiottito dalla fredda luce del giorno che era sorto. Portò il suo sguardo sulla foto di Jessica ed approfittò della maggiore illuminazione per studiarla. Più la fissava più scorgeva la somiglianza.
“Il sorriso… non ho il suo sorriso” si disse, mentre una voce più recondita fornì una risposta a quell’osservazione che la ferì “Tu non hai mai sorriso per davvero… cosa ne sai se le potresti somigliare anche in quello? Gala Nessuno tira la bocca e mostra i denti, ma non sorride… non l’ha mai fatto davvero”. Abbassò lo sguardo sulle proprie mani, strette in due pugni, arrossate e intorpidite dal freddo. Se le calò nelle larghe tasche del cappotto ed uscì da quella cripta. Arrivata all’ingresso si trovò di fronte un uomo anziano, ingobbito e con due grandissimi occhi scuri, ancora così pieni di vitalità che parevano stridere incastonati nel viso del vecchio, solcato da profonde rughe.
«B-Buon giorno!»
lo salutò, sperando non le facesse domande sulla sua presenza lì.
«Salve…»
rispose lui con voce vellutata.
«Ahm… io… io ho trovato aperto e sono entrata…»
provò a giustificarsi lei.
«Non si preoccupi… il signor Salvatore mi ha spiegato tutto…»
la rassicurò, continuando a sorriderle. Gala corrugò la fronte sorpresa da quelle parole.
«Lei è Ben?»
«Sì… direi di sì… Ben…»
confermò, senza staccarle gli occhi di dosso.
«Io… io sono Gala… Gala Roses…»
si presentò, allungando una mano,  Ben gliela strinse e disse:
«So perfettamente chi è lei signorina Salvatore… non servono presentazioni…»
Sentirsi chiamare in quel modo le diede una strana sensazione, come se qualcosa si fosse messo a posto, come se finalmente qualcosa di giusto fosse appena avvenuto. Gala scosse la testa,  gli sorrise e si affrettò a tornare a casa. Varcata la soglia, come accaduto la sera prima, tornò a galla la sua parte razionale con tutte le sue obiezioni ed osservazione sull’assurdità della situazione in cui si stava cacciando. Si guardò intorno e pensò che ci dovesse essere una specie di energia negativa in quel posto: tutte le buone sensazioni provate  fuori dall’appartamento, vennero risucchiate via da una strana forza che la costrinse a darsi dell’idiota per aver dato retta a quel pazzo furioso.
Si ricordò delle bottiglie di vino comprate la sera prima, guardò l’orologio.
«Non sono nemmeno le 9, Gala… ubriacarti adesso non ti sarà di nessun aiuto…»
disse togliendosi il cappotto. Avanzò lentamente al centro della stanza di quel minuscolo monolocale e girò su se stessa. Non c’era niente in quella casa oltre ai libri e alle scatole chiuse. Decise di aprirle tutte e tirare fuori quello che vi aveva chiuso dentro anni prima.
Iniziò dai  3 scatoloni che portavano la scritta: “UNIVERSITÀ”. Dentro c’erano quaderni di appunti presi a lezione, libri,  felpe, cappellini, stendardi e gadget vari della Washington University.
Passò alle 2 scatole con la scritta: “CUCINA”. Dentro trovò un set di tazze da tè nuovo, un set di piatti e bicchieri, due pentole per la pasta di diversa misura, una padella e due piastre di ghisa.
«Quando diavolo ho comprato questa roba? E perché?»
si chiese, prima di passare alla scatola con su scritto “ROBA CHE NON HO TEMPO DI LEGGERE”. Corrugò la fronte non ricordando di aver catalogato così una scatola. La aprì, chiedendosi cosa potesse aver messo dentro e scoppiò a ridere trovandoci tutte le riviste a cui aveva fatto richiesta di abbonamento.
Risalivano al  periodo in cui cercava di sentirsi normale ed aveva seguito il consiglio di Michelle : «Ogni persona normale che si rispetti ha un hobby, Gala! Io, ad esempio, sono una maniaca del découpage!». Sospirò scuotendo la testa. Si alzò a cercare un pennarello, tornò alla scatola e sostituì la scritta “ROBA CHE NON HO TEMPO DI LEGGERE” con “SPAZZATURA”. Riprese a disimballare il resto delle scatole accumulando la roba da buttare. Dopo ore passate ad aprire separare quel che veniva fuori dagli scatoloni, la sua attenzione venne catturata da una scatola piccola, su cui non c’era scritto nulla. Non ricordò di averla imballata, né di averla portata in quella casa. Subito la aprì sentendo il cuore aumentare i battiti. Non sapeva cosa c’era dentro,  tanto le bastava per farla fremere “Ecco il mio hobby:  entusiasmarmi per quello che non conosco… anche se dovesse rivelarsi un’assurda storia a cui è davvero impossibile credere” si disse, strappando via l’ultimo strato di nastro adesivo. Sollevò le alette e dentro vi trovò centinaia di fotografie. Le prime che le capitarono in mano ritraevano Damon insieme ad una bambina. Suppose fosse Jessica, sua madre.
Passò le dita sul volto rotondo e felice della piccola e cercò di ricordare come era stata lei da bambina, non si sorprese di non averne memoria. Prese la scatola, andò verso il divano-letto e guardò le foto una ad una. Le prime erano tutte di Damon e Jessica, poi iniziarono a comparire altri visi. Si meravigliò nel notare l’espressione del vampiro: nelle foto in cui era solo con Jessica bambina, traspariva una tristezza ed un dolore che lui tentava di nascondere dietro sorrisi tirati, si riconobbe molto in quel modo di fare. Quando le foto iniziarono ad essere più corali, l’ espressione dell’uomo era diversa, aveva una luce diversa negli occhi, il suo volto era rilassato ed i suoi sorrisi erano aperti, veri. Le fecero venir voglia di ridere a sua volta, quelle immagini sembravano appartenere ad un altro Damon, un Damon che le era sembrato di intravedere a sprazzi nei due giorni passati con lui. Mise a confronto le foto e pensò al viso del vampiro che aveva conosciuto.
«La morte di Jessica…»
sussurrò, dando una risposta alla domanda che gli rimbalzava in testa: “Cosa ti è successo dopo?”.
Lasciò perdere le sue indagini sull’espressione di Damon e proseguì con la visione delle fotografie.
Riuscì man mano a dare un nome a vari volti, non a tutti, collegandoli ai dettagli della storia che aveva ascoltato quella mattina. Una foto ritraeva Damon intento a baciare una ragazza mora, molto bella: capelli castani, lunghi e lisci, carnagione olivastra, tratti molto delicati.
«Tu devi essere Elena…»
commentò, passando un dito sul profilo della ragazza. Un’altra lo ritraeva ridere tenendo un braccio intorno alle spalle di un ragazzo più giovane di lui: poco più alto,  capelli biondi, occhi verdi, espressione malinconica. Sebbene fossero assai diversi esteticamente, riuscì a cogliere una certa somiglianza.
«E tu sei Stefan… suo fratello…»
disse, accarezzando anche quell’immagine.
Riconobbe  Bonnie, la strega: teneva in braccio una bambina dalla pelle color caffè-latte ed i capelli nerissimi.
«E tu sei la piccola Jenna…»
In un’altra foto la bambina abbracciava quello che capì essere Jeremy, il fratello di Elena. In un’altra immagine riuscì a dare un volto ad altri due personaggi: Caroline e Tyler. La foto di Stefan che baciava una donna molto avvenente, diede un volto anche a Meredith, la dottoressa che Elena aveva ucciso  in preda alla follia. Una fotografia molto buffa mostrava Elena guardare torva una ragazza bionda, molto bella, alle loro spalle Damon alzava gli occhi al cielo esasperato e Jessica si premeva le mani sulla bocca per soffocare una risata.
«Oh… probabilmente questa è Rebekah…»
suppose sorridendo.
Continuò a visionare le immagini sentendosi spettatrice di una felicità silenziosa ed eterna.
Sentì improvvisamente una stretta al cuore realizzando di non aver nessun ricordo del suo passato, nessun diario visivo della sua infanzia. Le poche foto che aveva erano forzate e di circostanza: foto di classe, diploma, laurea, patente, documenti d’identità. Nulla a che vedere con quegli scorci di vita e di gioia.
Mise da parte l’amarezza e tornò a gustarsi la felicità degli altri. I  suoi occhi caddero su una fotografia che stava in fondo a tutte le altre, le scostò e recuperò quella che l’aveva colpita. La guardò  con mani tremanti: Jessica sorrideva occhi negli occhi con un uomo che ricambiava il sorriso. Lui la stringeva tra le braccia mentre  lei gli toccava il viso in un gesto così pieno d’amore che si chiese come una macchina fotografica avesse potuto racchiuderlo tutto in un solo scatto.
L’uomo aveva i capelli biondo rame, la carnagione chiara, gli occhi sembravano verdi ed aveva le labbra carnose, rosse come le ciliegie. Fissò quell’immagine per ore, sentendo lo stomaco contorcersi. Quasi non si accorse delle lacrime silenziose che avevano iniziato a scorrere.
«Klaus…»
disse con un filo di voce, accarezzando anche lui.
«Gala… quando avrò finito di raccontarti la storia, capirai che un certo tipo di amore non finisce solo perché due si lasciano e vanno avanti…» le aveva detto Damon. Osservando quell’immagine le parve di capire il senso delle parole del vampiro. Per lei fu un pugno allo stomaco. Tutto l’amore di quella foto era riuscito a toccarla. “Chi l’avrebbe mai detto… mi emoziono come una ragazzina  che guarda una commedia romantica… Gala Nessuno…” pensò.
«Gala Salvatore! Io sono Gala Salvatore!» Sbottò,  asciugandosi le lacrime «Ho un nome  ed un cognome… ho una madre ed un padre…»  guardò la foto ed aggiunse «…ed avrò la mia storia!»
Avrebbe scoperto perché l’amore di quella fotografia era finito. Avrebbe scoperto perché sua madre era morta… avrebbe scoperto tutto!
Si apprestò a rimettere tutto nella  scatola quando si accorse di un bigliettino che spuntava in mezzo a tutte quelle immagini:
 
Ti regalo qualche volto… se deciderai di ascoltare tutta la storia almeno potrai immaginarla con i giusti colori.
D.
 
Lesse quelle poche righe più volte sentendo un senso di gratitudine insinuarsi sotto la pelle, strinse il biglietto sul cuore e si abbandonò ad un pianto liberatorio.
Era passata dal non avere un passato, dall’essere una probabilità, un numero, un errore di catalogazione … ad avere una madre con una vita entusiasmante, ricca di mistero, azione e amore! Tanto amore, da quel che poté vedere. Nel giro di un paio di giorni aveva scoperto d’avere un cognome, un passato ed un futuro che attendeva solo di vederla percorrere la strada che aveva segnato per lei.
“Gala Nessuno”  aveva smesso di esistere, si era polverizzata andando a sbattere contro Damon. Era rinata nel momento stesso in cui aveva accettato di ascoltare la storia, la ‘sua’: di lei, di sua madre, di un mondo sconosciuto e incredibile.
Passò il resto della giornata mettendo a posto e visionando le fotografie, non riusciva a farne a meno. Si addormentò guardando il volto di  sua madre innamorato e abbandonato a Kalus. L’ultimo pensiero cosciente che fece fu: “Perché vi siete lasciati… perché è finita?”.
 
Un sogno accompagnò la notte di Gala, il primo da tempo immemore.
Era il suo 5° compleanno, ma non era all’orfanotrofio. Si guardò intorno e si rese conto di essere in una casa vera. Stava seduta sulle gambe di qualcuno, sollevò gli occhi sulla persona che la teneva per la vita per evitare che scivolasse vedendo due cristalli di ghiaccio, un sorriso tirato, una ruga sulla fronte: Damon.
«Buon compleanno Gala…»
gli disse sorridendo.
«Ma non è il mio compleanno, vero?»
rispose lei, con la sua voce da adulta.
«Che importa? È un sogno… può essere il tuo compleanno se lo vuoi…»
«No… non ruberò i compleanni a mia madre…»
Damon annuì e le diede un bacio sulla guancia.
 
Con quell’immagine impressa sulle palpebre si svegliò, guardò l’orario e sorrise constatando che mancava ancora un’ora prima che l’allarme della sveglia suonasse. Si mise a sedere nel letto, una fotografia le si era appiccicata alla guancia, la staccò con cura e non si meravigliò nel vedere che era quella che ritraeva Jessica sulle gambe di Damon, intenta a spegnere delle candeline: 5.
Si alzò e si preparò in fretta, moriva dalla voglia di ascoltare la storia, voleva fare domande su domande. Non le importava più se era stupido o impossibile, non si era mai sentita così viva, non avrebbe rinunciato per niente al mondo a quella sensazione.
Aprì l’armadio e, memore del freddo provato il giorno prima, si bardò per bene. Uscì di casa e quando l’aria pungente le venne incontro, si lasciò sfuggire un mugugno di soddisfazione per essersi premunita di doppia canottiera, t-shirt, dolcevita e maglione di lana. Si guardò le mani,  infilate in un paio di guanti  di pelle nera con l’interno in pile, e si godette il tepore intorno alle dita.
Essendosi svegliata presto, arrivò in anticipo, nessuna sorpresa, quindi, nel non trovare lì Damon. Entrò spingendo l’inferriata del cancello e camminò  verso la cappella nascosta dietro la chiesetta del cimitero, si beò dell’etereo silenzio che regnava in quel luogo e si crogiolò nel dolce dolore che aveva iniziato a tormentarle lo stomaco. Entrò nella cripta, prese posto sulla panca ed attese l’arrivo del vampiro.
 
Controllò nuovamente l’orario ma, prima di vedere quanto poco fosse passato dall’ultima volta, una voce riempì l’aria.
«Questo anticipo è dovuto al mio regalo?»
le chiese sarcastico Damon. Gala strinse gli occhi e fece un’espressione che il vampiro aveva visto così tante volte sul viso di Jessica, che gli scappò da ridere.
«A tal proposito… come diavolo hai fatto ad intrufolarti in casa mia?»
domandò lei, ignorando il suo riso. Oramai aveva capito che quando sorrideva senza ragione era perché lei aveva fatto qualcosa per ricordargli la madre.
«Non l’ho fatto… sono un vampiro, posso entrare nelle case solo se invitato…»
rispose con ovvietà lui.
«Ma allora…»
«Ho soggiogato il portiere del tuo condominio affinché mettesse il pacco in casa tua mentre  eri con me…»
Gala lo guardò con la bocca spalancata. Non gli chiese come avesse fatto a fare tutto prima che lei arrivasse al cimitero, ricordando con quanta velocità gli si era parato davanti il giorno prima.
«Un vampiro…»
commentò.
«Già… e non è nemmeno la cosa più strana che sentirai…»
ribatté.
«Ho trovato la foto di Klaus e Jessica…»
«Certo che l’hai trovata… ce l’ho messa io…»
«Perché solo quella? Perché solo una?»
volle sapere.
«Mmmh… Klaus è un tipo timido…»
scherzò lui. Gala roteò gli occhi e sospirò.
«Damon…»                     
lo riprese.
«Perché le altre se l’è portate via…»
le disse serio. Lei colse una nota di tristezza in quella frase.
«Quindi lui… è andato via?»
Le labbra di Damon ebbero uno strano spasmo, poi lui rispose:
«Che altro avrebbe dovuto fare qui?»
«Beh… c’eravate voi…»
«Ascolta, Gala… saprai tutto, a tempo debito… ma sei mi fai iniziare dalla fine, non capirai nulla…»
«Ok, va bene… ma tu non fare tanto il misterioso…»
«Non faccio il misterioso… ma ci sono così tante cose da dire che devo stare ben attento a svelartele secondo il giusto ordine…»
ribatté lui, sedendosi accanto a lei.
«Mi sono appena arresa all’idea di ascoltare una storia di vampiri… credi sul serio basterà rispettare l’ordine degli eventi, per farmi capire tutto?»
«Sì… lo credo…»
asserì con fermezza. Gala deglutì e si voltò a guardare la foto di Jessica sulla lapide.
«Allora… da dove parte la tua storia?»
gli chiese.
«Da dove partono tutte le storie ovviamente: dall’inizio!»
Lei gli lanciò uno sguardo diffidente.
«Non offenderti… ma è difficile capire cosa intendi per ‘inizio’. Mi hai già raccontato 3 storie già: la tua con Jessica, la tua con Elena ed il salvataggio di mia madre dalle grinfie della strega cattiva…»
obiettò, contando con le dita.
«Quello era il prologo… un’infarinatura generale per farti capire meglio un po’ di cose… ma l’inizio… il vero inizio… è il viaggio che Jess fece insieme a Bonnie per recuperare il corpo di Klaus…»
«Mi racconterai una storia d’amore, quindi…»
«Te l’ho detto, Gala… amore… passione… avventura…»
«E pericolo… hai anche parlato di pericolo!»
gli fece notare, un po’ preoccupata.
«Beh… che storia è se non c’è un po’ di pepe a darle gusto?»
ribatté lui, sorridente.
«Ma se quel gusto è la morte… preferirei una storia insipida…»
Le parole le sfuggirono dalla bocca, non si rese nemmeno conto di averle pensate.
«Cambierai idea quando saprai metà delle cose che ho da dirti…»
la confortò lui. Gala annuì ed attese l’inizio… quello vero.

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Capitolo 4
*** Trust ***


Damon pensò al punto da cui iniziare la sua storia. Gli occhi verdi di Gala, così uguali a quelli di Jessica, lo scrutavano impazienti. Era stato più facile di quanto non si fosse aspettato convincerla ad ascoltarlo. L’aveva osservata per 25 anni e, anno dopo anno, l’aveva vista inardirsi e chiudersi al mondo. Aveva assistito impotente al lento affievolirsi di quella fiamma di vitalità che aveva negli occhi.
Finalmente era arrivato il momento di intervenire, finalmente era arrivato il momento di parlare con lei, di raccontarle tutto, ma c’era così tanto da dire: erano serviti due giorni per prepararla alla ‘vera storia’ ed ora che doveva iniziare, temeva di aver trascurato qualcosa.
Posò gli occhi sul viso di lei, teso ed eccitato. Si mordeva il labbro inferiore e giocherellava con un bottone del cappotto.
«Non è un modo per creare suspance…»
le disse, sentendo il bisogno di scusarsi per la sua esitazione.
«Lo so…»
rispose lei, sorprendendolo. Gala rise.
«Beh… mi hai detto che è una storia lunga… una storia a cui è servito un prologo del prologo del prologo… non mi aspettavo sarebbe stato facile trovare da che parte iniziare…» si spiegò «Fai con calma… ho aspettato 27 anni di sapere qualcosa sulla mia famiglia… non mi cambierà nulla qualche minuto in più…»
Damon annuì e corrugò la fronte.
«È buffo che tu lo dica…»
osservò il vampiro.
«Cosa?»
«Che un minuto in più non ti cambierà nulla… sai… nella storia che ti sto per raccontare i minuti… i secondi, anzi, hanno fatto la differenza…» si interruppe scuotendo la testa «Ma ci arriverò… ora… ora è bene che inizi col raccontarti del giorno in cui Jessica partì con Bonnie per recuperare il corpo di Klaus»
Gala si sistemò meglio sulla panca e sentì lo stomaco contorcersi. Deglutì e si preparò a conoscere sua madre.
 
«Damon…»
sussurrò Elena, cercando di far ragionare il fidanzato.
Da ore, il vampiro camminava nervosamente nella camera da letto rigirandosi un bicchiere pieno di bourbon tra le mani. Jessica, Bonnie e Tyler-Klaus erano al piano di sotto a salutare gli altri. Erano passati pochi giorni da quando erano riusciti a scampare all’assurdo piano di Esther e Diana per farli fuori. Damon non aveva avuto ancora il tempo di metabolizzare di essere quasi morto e di aver quasi perso Jessica ed Elena che già sua figlia era pronta per partire insieme al loro nemico giurato per fargli quello che, a lui sembrava, un favore.
«Lo sai che non la convincerai mai a non partire, vero?»
gli fece notare la vampira, interrompendo la sua marcia. Damon guardò il viso rilassato e deciso della sua fidanzata e sospirò.
«Elena… non dico di volerla convincere a non partire… ma almeno, non so… permettermi di andare con lei!»
sbottò lui. Le labbra di lei si distesero in un sorriso: aveva imparato a vedere la fragilità nascosta dietro la corazza da duro e la paura che brillava tra le scintille dei suoi occhi di ghiaccio. Gli si avvicinò piano.
«Dopo tutto quello che ha fatto per riunirti a tua fratello… e a  me… non ti permetterà di muoverti da qui per i prossimi… 100 anni, direi!» scherzò  «E poi… l’hai vista… è potentissima!»
«Agh! Potentissima! Fino alla settimana scorsa non sapeva nemmeno di poter accendere un fuoco con la sola forza del pensiero… non confondere la fortuna dei principianti con la potenza di un’esperta!»
ribatté lui.
«Può darsi… ma con lei ci sarà Bonnie… lei è esperta e di nuovo potente!»
gli fece notare. Gli occhi di Damon ruotarono verso il soffitto.
«Bonnie! Come no! Non fraintendermi… credo di volerle anche bene, ma… ha vissuto a mezzo-servizio negli ultimi vent’anni…»
Elena gli prese il viso tra le mani, obbligandolo a guardarla.
«Damon… partirà con o senza la tua approvazione… devi solo decidere se farla partire con la tristezza di saperti arrabbiato e contrario… o con la certezza che la tua cieca fiducia nelle sue capacità ti permetterà di godere della famiglia che si è prodigata a restituirti…»
Il vampiro sospirò.
«Dovrei mentirle, quindi? Dovrei dirle “vai Jess! Imbarcati pure con un sadico assassino ed una strega inaffidabile, io starò qui a bere scotch , fare l’amore con la mia ragazza e giocare a football con il mio ritrovato fratello… in tutta serenità”? »
«No… non devi mentirle… devi solo dirle “Ho una paura terribile di lasciarti andare… ma ti conosco ed ho fiducia in te”… e poi… l’hai cresciuta tu… saprà difendersi!»
lo rassicurò.
«Odio che tu abbia ragione…»
le disse titubante.
«Beh… ora sai come ci si sente a parlare con te…»
lo stuzzicò lei. Damon si lasciò scappare un sorriso e la strinse a sé.
«Andiamo a salutare tua figlia…»
lo invitò, staccandosi dall’abbraccio. Il vampiro si lasciò guidare fuori dalla stanza, abbandonando il bicchiere, ancora pieno, su un tavolino.
Nel salotto il gruppo si stava salutando: Jeremy e la piccola Jenna stringevano in un abbraccio Bonnie. Caroline, Liz, Stefan e Meredith, parlavano con Jessica che si nascondeva dietro sorrisi nervosi. Continuava a lanciare occhiate furtive all’entrata del salotto, sperando di veder apparire Damon.
In un angolo in disparte, poggiato contro la parete, c’era Tyler-Klaus che osservava tutti con un’espressione cupa, in un mix di disagio e tristezza. Finalmente la figura del vampiro si palesò sotto l’arco insieme alla bella Elena.
«Lo hai convinto!»
esclamò Jess, vedendoli.
«Ma fammi il piacere!» intervenne lui «Amo le entrate ad effetto… la mia reticenza era solo un trucchetto per guadagnarmene una degna di una diva di Hollywood!»
«Quindi hai fatto il sostenuto solo per i tuoi 5 minuti di gloria?»
scherzò la giovane.
«Ovviamente sì!»
rispose lui, sorridendole. Jessica gli si lanciò contro e lo abbracciò, Damon la strinse forte a sé.
«Promettimi solo che starai attenta e che tornerai da me… sana e salva!»
le sussurrò all’orecchio. La testa riccioluta della ragazza si agitò per dirgli di sì.
«Tornerò a farti ruotare gli occhi al cielo prima di quanto credi!»
rispose con la voce rotta dall’emozione. I due si sciolsero dall’abbraccio e si fissarono: la loro intesa superava il limite delle parole.
Gli occhi azzurri di Damon abbandonarono quelli di Jessica e si posarono sull’ibrido in disparte.
«Sarà meglio per te che non le succeda niente…»
gli intimò. Tyler-Klaus lo guardò cupo.
«Altrimenti?»
lo sfidò.
«Altrimenti… ho la tua famiglia in cantina… potrei decidere di sostituire l’innocuo pugnale che li sta facendo dormire, con un più pericoloso paletto di quercia bianca!»
«Tu salvaguarda la mia famiglia, io salvaguarderò la tua…»
sibilò l’ibrido. Un silenzio agghiacciante scese nella stanza.
«Oook… si sta facendo tardi!»
si  intromise Jessica, spezzando quel clima di tensione. Batté le mani nel suo tipico gesto di impazienza ed aggiunse:
«Andiamo! Ci aspetta un bel viaggetto!»
Poi si avvicinò ad Elena e l’abbracciò.
«Mi raccomando… occupati di lui!»
La vampira sorrise e la strinse forte.
«Non  preoccuparti… so come distrarlo…»
La giovane fece una smorfia e scosse la testa.
«Ecco… questa è una di quelle cose che sul serio non voglio sapere!»
Tutti scoppiarono a ridere, Tyler-Klaus, invece, sbuffò.
«Quando avrete finito con queste smancerie, sarò in macchina…»
fece in tono piccato, quindi uscì dalla casa. Jessica lo osservò con una strana curiosità.
«Sei sicura che non vuoi che ti accompagni?»
azzardò  Damon, richiamando l’attenzione della figlia.
«Ahm.. no… no… io e Bonnie ce la caveremo… »
Il vampiro si arrese e la strinse un’ultima volta prima di accompagnarla alla macchina.
«Andrà bene…»
disse Elena, stringendo la mano al fidanzato. Il vampiro, con gli occhi fissi sull’auto che si allontanava, annuì impercettibilmente.
«Deve andare bene… non credo di poter sopportare che vada  di nuovo male …»
si voltò ed entrò in casa.
 
Erano passate due ora da quando Bonnie, Jessica e Tyler-Klaus avevano lasciato casa Salvatore.
«Siamo quasi arrivati»
annunciò la strega, decelerando.
«Che posto è questo?»
chiese la giovane, drizzandosi sul sedile posteriore e guardando fuori dal finestrino.
«Questo… è il porto di Sunnydale…»
«Ho visto porti di ogni tipo e maniera  nella mia vita… e credimi… chiamare questa discarica “porto” è una grave offesa…»
commentò l’ibrido, con aria disgustata.
«Beh… scusa se non ho trovato posto migliore in cui abbandonare il tuo corpo…»
ribatté piccata Bonnie.
«Non avresti osato tanto…»
sibilò guardandola di sbieco.
«E se lo avessi fatto?»
«Ok, time-out bambini!» intervenne Jessica «Bonnie non ha scaricato il tuo corpo qui… sarebbe stato troppo semplice… e non è il porto quel che ci interessa, suppongo… ma la barca che ci porterà lontani da qui, no?»
I due smisero di guardarsi in cagnesco e sbuffarono. La strega continuò a guidare per un’altra manciata di minuti prima di accostare. I tre scesero dal veicolo ed un forte odore di pesce marcio e olio gli invase le narici. Jessica sentì la colazione tornarle su.
«Aspettate qui un attimo, devo parlare con delle persone…»
disse Bonnie. Quando si fu allontanata, la ragazza si poggiò su una vecchia cassa di legno e cercò invano di abituarsi all’olezzo di quel luogo.
«Non hai un ottimo aspetto…»
«Oh, sai… sto solo cercando di tenere la colazione nel mio stomaco… niente di che…»
provò a minimizzare la ragazza. L’ibrido le si avvicinò infilando una mano sotto i ricci, massaggiandole la nuca. Jessica si irrigidì un secondo prima di capire le sue intenzioni.
«Ho viaggiato molto ed ho imparato un paio di trucchi contro le nausee... che siano dovute al mal di mare, ad una serata ad alto tasso alcoolico o ad una semplice indigestione… basta fare pressione in questo punto per sentire un sollievo subitaneo»
le spiegò, muovendo le dita tra i nervi tesi del collo di lei. La sensazione di subbuglio alla bocca dello stomaco iniziò a placarsi e la ragazza riprese a respirare con regolarità.
«Va meglio?»
le chiese, notando il colorito roseo prevalere su quello grigiastro. La giovane si rimise dritta ed espirò.
«Certo che hai preso proprio alla lettere il patto fatto con D, eh?»
 scherzò lei. Tyler-Klaus ritrasse la mano e si irrigidì.
«Volevo solo essere gentile»
«Oh… e lo sei stato… io… perdonami, è che… tendo ad usare l’ironia al posto della cortesia… »
si scusò.
«Questo sì che è tipicamente ‘Damon’»
commentò lui. Jessica sorrise.
«Già… suppongo di sì»
«Cosa?»
chiese Bonnie, tornata dal suo impegno.
«Ma niente… stavamo solo notando quanto l’educazione di mio padre abbia influito sulla mia persona»
rispose la giovane, recuperando lo zaino che aveva poggiato a terra.
«Possiamo andare ora?»
chiese poi.
«Sì… c’è un peschereccio che ci accompagnerà fino al punto prestabilito. Sono tutte persone fidate… ma se poteste evitare di scendere nei dettagli della nostra missione, sarebbe meglio!»
si raccomandò.
«Sarò muta come un pesce!»
assicurò Jessica.
«Non sono venuto per chiacchierare…»
asserì l’ibrido.
«Bene… allora possiamo andare. Ah! Avremo anche la possibilità di chiamare casa con il telefono satellitare della barca …»
«Fantastico!»
esclamò Jessica.
«Sì… ma cerca di essere discreta anche lì…»
«Non preoccuparti, Bon! Userò parole in codice se servirà!»
La strega le sorrise e fece cenno ai due di seguirla.
 
«Noi dobbiamo andare… sei sicura sia tutto ok?»
chiese Caroline. Elena lanciò uno sguardo all’interno del salotto ed osservò Damon, seduto su una poltrona, a fissare il camino vuoto. Sospirò e tornò a rivolgersi all’amica e a sua madre.
«Ha solo bisogno di tempo per capire che non avrebbe potuto fare niente… andate pure… ci sentiamo più tardi!»
le congedò. Madre e figlia si voltarono per andarsene, quando Liz si fermò e disse:
«Ah! Comunque ho chiesto un paio di favori in giro… puoi dire a Damon che teniamo sotto controllo la zia di Jess…»
«Grazie Liz…»
disse Damon, che aveva ascoltato tutto. L’ex sceriffo guardò oltre le spalle di Elena, trovando gli occhi del vampiro che la fissavano nel loro tipico mix di imbarazzo e gratitudine.
«Figurati… poter essere utile è il sogno di ogni sceriffo in pensione»
gli sorrise ed uscì di casa. Il vampiro tornò a fissare le ceneri del camino, tormentandosi con dubbi e brutti pensieri. Stefan gli si avvicinò calandogli una mano sulla spalla.
«Hai intenzione di fissare un punto nel vuoto finché non si faranno sentire?»
«Ho intenzione di impedirmi di uscire dalla porta e raggiungerli ovunque siano…»
rispose senza guardarlo.
«Io e Mer andiamo ad accompagnare Jeremy e Jenna a casa… sono sicuro che…»
«Fermati, Stef… se sento un’altra volta “sono sicuro che andrà tutto bene” potrei impazzire! Non starò tranquillo finché mia figlia non sarà tornata da me, sana e salva… fino ad allora, non andrà niente bene!»
Questa volta gli occhi del vampiro si stagliarono in quelli verdi del fratello che ne comprese tutta la preoccupazione.
«Ok… io sono qui, se vorrai…»
«Lo so Stefan… grazie…»
Il vampiro annuì e fece cenno alla fidanzata e a Jeremy di seguirlo. Elena salutò il fratello e la nipotina e li accompagnò alla porta. Prima di uscire, la piccola Jenna corse da Damon, posò una mano su quella del vampiro e disse:
«La mia mamma è forte… non permetterà a nessuno di fare del male a Jessica… non essere triste!»
Gli occhi enormi e sicuri della piccola e la genuinità sul suo volto, ricordarono al vampiro di tutte le volte in cui quella fiducia e quella sicurezza sulle capacità di salvare tutti si erano dipinte nel volto di Jess. Pensò a tutte le volte in cui lo aveva guardato vedendo non un mostro, non un assassino… ma un eroe.
Adesso era il suo turno di fidarsi di lei.
Sorrise alla piccole ed annuì.
«Lo so piccolina… lo so…»
Jenna saltellò felice e tornò da Jeremy. Per un attimo gli sguardi del vampiro e del fratello di Elena si incrociarono e Damon si rese conto di quanto anche lui fosse preoccupato. Senza dire una sola parola si scambiarono un cenno d’intesa: anche Jeremy si sarebbe sentito tranquillo solo al ritorno della moglie.
Rimasti soli, Elena si avvicinò al fidanzato. Gli passò le dita tra i capelli scuri e trovò posto sulle sue gambe.
«Almeno promettimi che ci proverai…»
gli sussurrò. Il vampiro corrugò la fronte confuso.
«Provare a fare cosa?»
«A pensare anche a te… a Stefan… a noi…»
Le mani di lui cinsero i fianchi di lei.
«Ci proverò… te lo prometto…»
Si sporse e la baciò dolcemente. Gli sembrò essere passata un’eternità dall’ultima volta in cui aveva masticato il suo sapore. Il profumo della pelle di lei gli si insinuò nelle narici inumidendogli la bocca per l’acquolina. Si leccò le labbra preparandosi a fare un più lungo e profondo assaggio, ma il campanello suonò.
«Avranno dimenticato qualcosa…»
disse Elena, alzandosi controvoglia dalle gambe di Damon. Il vampiro, ancora più contrariato di lei, aggiunse:
«Cerca di non dimenticare tu dove eravamo… mi occupo di loro alla porta e poi continuiamo…»
La vampira sorrise con malizia mordendosi il labbro inferiore mentre lui andava ad aprire.
 
«Ma dietro la porta c’era l’ultima delle persone che mi sarei aspettato di vedere…»
«E… e chi era?»
chiese Gala, eccitata. Damon sollevò le sopracciglia ed espirò.
«Beh… quando aprii vidi…»
«Hem, hem… mi scusi signor Salvatore…»
La voce di Ben interruppe la rivelazione di Damon.
«Mi aveva detto di avvertirla se non si fosse accorto dell’ora…»
disse il vecchio custode, indicando l’orologio. Il vampiro si alzò di scatto.
«Oh, sì… grazie…»
Poi si rivolse a Gala.
«Dovrò rimandare a domani il resto della storia… ora devo proprio andare…»
La ragazza annuì e poi lo vide sparire alla velocità della luce. L’assoluta mancanza di reazione del vecchio custode a quello spettacolo incuriosì Gala.
«Lei… lei sa cos’è Damon?»
Gli occhi scuri dell’uomo la guardarono incastonati in una miriade di rughe.
«E lei, lo sa?»
«Io… mi scusi… è che… è tutto così strano… tutto così nuovo, irreale… fantastico e spaventoso allo stesso tempo…»
«Capisco…»
«Posso… posso farle una domanda? Un’altra… intendo…»
«Certamente… spero solo di avere la risposta…»
Gala si morse l’interno della guancia e giocherellò con il bottone del cappotto.
«Lei… lei conosce Damon da molto?»
Il vecchio distolse lo sguardo dal viso di lei e lo fissò nella direzione in cui era sparito il vampiro, sospirò e rispose:
«Ci sono delle volte in cui mi sembra di sì… altre in cui penso di non averlo mai conosciuto…»
Con queste parole si allontanò. La risposta di Ben confuse Gala, “Magari è così che ci si sente quando si è soggiogati” si disse.  Scosse la testa, guardò un’ultima volta la foto di sua madre e tornò verso casa sua.

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Capitolo 5
*** La prima prova. ***


La sveglia suonò ma Gala non dormiva.
Aveva passato la notte a rigirarsi nel letto, pensando alla storia che aveva iniziato ad ascoltare. Si figurò ogni passaggio del racconto di Damon concentrandosi sui dettagli: l’ansia del vampiro, Jessica che lo abbracciava e lo incoraggiava…  immaginò Klaus, intrappolato nel corpo di un altro uomo e, forse, in molto di più.
Tutto quel che aveva sentito sull’ibrido, fino a quel momento,  sembrava stridere con l’immagine di uomo innamorato e devoto che traspariva dalla fotografia che aveva messo in una cornice comprata tornando a casa. Continuò a guardare i loro volti guardarsi, sorridersi e toccarsi con un amore che riusciva a raggiungere perfino lei, che di amore non ne aveva mai visto e mai provato.
Fissò la foto a lungo, meravigliandosi di quanti particolari riusciva a cogliere ogni volta nella stessa immagine: un ricciolo di Jessica agganciato alla barba incolta di Klaus; la piega della maglia di lui che faceva una strana ombra a forma di cuore poco sotto il petto; una bambina mora che correva sullo sfondo, inseguita da qualcuno.
Anche se insonne, quella fu la notte in cui Gala sognò di più.
Fissò il led luminoso della sveglia,  la spense e si preparò costringendosi a non avere fretta. Moriva dalla voglia di sapere tutto, ma voleva gustarsi ogni istante, ogni dettaglio. Uscì di casa immergendosi nell’abbraccio gelido di dicembre e camminò assorta nei suoi pensieri fino al cimitero. Più volte dovette trattenersi dal mettersi a correre, ed altrettante dovette fare profondi respiri per far decelerare il battito del cuore. A pochi passi dalla meta, l’odore del caffè si insinuò nelle sue narici ed un sorriso le piegò le labbra. Si sorprese a provare gioia nel vedere il profilo definito di Damon. Soffocò l’inspiegabile desiderio di salutarlo con un abbraccio limitandosi a ringraziarlo per la bevanda calda.
«Sei silenziosa…»
notò lui, spingendo le barre gelide del cancello. Gala deglutì temendo di aprire bocca.
«Stai bene?»
le chiese preoccupato, scrutandola con i suoi occhi di ghiaccio.
«Ho solo tanti pensieri in testa… ma sto bene… benissimo, anzi!»
rispose finalmente. Si meravigliò della fermezza nel suo tono, era sicura che se avesse proferito verbo sarebbe scoppiata in lacrime.
«Beh… vediamo se riesco ad alleggerirti la mente… »
«Come conti di fare?»
«Rispondendo ad un po’ di domande, magari… domande semplici, che non implichino la rivelazione anticipata di qualche passaggio della storia che ti devo raccontare!»
precisò Damon. Gala gli sorrise e scrollò le spalle.
«Tranquillo… credo di non avere più fretta di sapere tutto e subito… voglio godermi… il viaggio…»
«Mmmh…»
mugugnò lui.
«Che c’è?»
«Nulla… è solo che questo aspetto non è molto da Jessica… lei adorava scoprire tutto e subito… non avrebbe avuto la pazienza di aspettare…»
«Avrò preso da mio padre questo lato più placido…»
«Gala…»
«Non preoccuparti… non voglio sapere chi è… tanto, ho come l’impressione che non sia un dettaglio importante…»
Damon si fermò di colpo ed un lampo gli attraversò gli occhi. La ragazza non seppe decifrarne il sentimento, ma sentì un brivido percorrerle la schiena.
«Chiunque abbia contribuito alla tua esistenza è importante! Ci sono ancora molte cose che devi sapere… non ti dirò chi è tuo padre… ma sappi che anche lui ha perso molto…»
disse brusco.
«S-sì… scusa… intendevo dire… volevo solo dire che non credo sia quello il punto focale della storia…»
provò a giustificarsi lei. La tensione sul bel viso del vampiro svanì, soffiata via dal vento gelido.
«Scusami tu… avrai tempo e modo di capire…»
Rimasero in silenzio fino alla cripta: Gala cercò di soffocare le brutte sensazioni provocate dal rimprovero di Damon, lui si tormentò per il suo scatto improvviso.
Entrarono e si sedettero sulla panca, lei si crogiolò nel forte odore di rose.
«Hai… hai detto che posso farti qualche domanda…»
azzardò Gala,  rompendo il silenzio imbarazzante. Damon annuì.
«Ok… com’era la sua voce? Di… di mia madre, voglio dire…»
domandò, stuzzicando il bottone del cappotto di lana. Il vampiro sollevò le sopracciglia e corrugò la fronte: di tutte le domande che si sarebbe aspettato, questa lo aveva spiazzato.
«La sua voce… era una carezza quando donava affetto, una lama quando si arrabbiava… esplodeva come le onde del mare quando rideva… era fresca e piena di vitalità per il resto del tempo… »
«E non hai una registrazione… suppongo…»
«No… mi dispiace…»
«Lo immaginavo… però…»
«Però?»
«Ecco… è una cosa stupida… ma… ho questa specie di ricordo… sento la voce di una donna che mi invita a non aver paura del buio… mi dice che anche la notte…»
«La notte più profonda conosce le stelle…»
finì per lei, Damon. Gala lo  fissò con la bocca spalancata.
«T-tu… lei…»
«No… non è stata Jess a dirti questa frase…»
«M-ma… ma allora chi?»
«Elena»
«Elena? La “tua” Elena?»
Il vampiro sorrise.
«Sì… la “mia” Elena… i primi anni in orfanotrofio… lei veniva a farti visita…»
«Ma io non la ricordo… non ricordo di averla mai incontrata…»
«Gala…»
«Oh! Andiamo! Non puoi lanciare il sasso e nascondere la mano!»
«Non è questo… ma…»
«Se rispondessi a questo mio dubbio andresti a toccare uno di quei tasti che rivelano parte della storia che verrà più in là?»
L’espressione di Damon rispose per lui, Gala sospirò, si adagiò contro lo schienale della panca e si passò una mano tra i capelli riccioluti.
«Ok… ok… torniamo alla storia, allora…»
«Dove ero rimasto?»
le chiese.
«Mia madre si stava imbarcando e qualcuno di inaspettato si era presentato a casa tua…»
«Ah, sì! Certo… l’ospite inatteso…»
«Chi era?»
«L’ultima delle persone che avrei contato di rivedere a Mystic Falls…
 
Damon aprì la porta e rimase immobile a fissare la persona in piedi sull’uscio.
«Allora è vero… siete tornati tutti!»
esclamò l’ospite.
«Oh mio dio…»
sussurrò Elena da dietro le spalle di Damon.
«Elena…»
«Matt!»
Damon si spostò di lato permettendo ai due amici di corrersi incontro ed abbracciarsi. Il viso della vampira sprofondò nel collo del vecchio amico, lui la strinse più forte che poté, tremando di gioia.
«Non credevo ti avrei più rivisto…»
disse lei con voce soffocata.
«Quando Jer mi ha detto che eri tornata e che avevi trovato Damon sono corso a preparare le valigie… poi mi ha richiamato per dirmi dei nuovi problemi sorti e…»
«E ti sei tenuto lontano dalla bocca del diavolo…»
intervenne Damon. Matt ed Elena si separarono dall’abbraccio e l’uomo si voltò verso il vampiro, annuendo.
«Sì… mi spiace…»
«Non ti dispiacere… hai fatto bene… piuttosto… perché sei tornato ora?»
gli domandò.
«Beh… siete tutti in salvo… no?»
rispose con ovvietà l’uomo.
«Da quanto tempo non senti Jeremy?»
Matt guardò confuso prima il vampiro che gli aveva rivolto la domanda, poi Elena.
«Perché? Cosa è successo ancora?»
I due vampiri si guardarono sospirando, invitarono l’amico a sedersi in salotto e lo aggiornarono sugli ultimi sviluppi.
«E tu… le hai concesso di andare in giro con Klaus?»
chiese, senza traccia di accusa nel tono.
«Beh… quando la conoscerai ti accorgerai che non è facile far cambiare idea a mia figlia…»
rispose il vampiro, versandosi da bere. A Matt scappò un sorriso.
«Wow…»
«Ti fa strano sentirmi parlare di una figlia?»
«Cosa? No… ho sempre pensato a te come ad una specie di padre… no, no… non è quello... è solo che… da quel che ricordo, riuscivi a far cambiare idea a tutti… soprattutto a lei» disse indicando con la testa Elena «… E mi vien difficile credere possa esistere qualcuno di più cocciuto!»
Damon rise e si sedette accanto alla fidanzata che aveva assunto un’espressione di finto risentimento.
«Aspetta di conoscere Jessica… nessuno può decidere per lei… e quando ti sembrerà di averla spuntata, ti renderai conto che è stata lei  a volerlo…»
«Decisamente tua figlia, insomma…»
«Già…»
commentò il vampiro, con una nota di malinconia nel tono. Tutti quei discorsi su Jessica gli avevano ricordato in che razza di situazione si era cacciata.
«Non preoccuparti, Damon… da quel che mi hai detto è un osso duro… vedrai che darà del filo da torcere persino a Klaus!»
provò a rassicurarlo Matt.
«Sarà meglio per lei…»
provò a scherzare il vampiro.
 
«Adesso vi farò conoscere l’equipaggio…»
comunicò Bonnie
«Sono imbottiti di verbena… quindi cerca di evitare numeri da ibrido! »
proseguì rivolta a Klaus. L’ibrido sbuffò distogliendo lo sguardo.
«Non capisco…»
intervenne Jessica.
«Cosa?»
«Beh… come mai tutto questo mistero… l’equipaggio di cui fidarsi ma non troppo, questo porto inquietante… dove diavolo hai buttato il suo corpo?»
L’espressione sul volto della strega confermò i sospetti di Jess.
«Devi capire che a quei tempi lui era davvero il nemico di cui liberarsi per sempre… quindi mi sono occupata di lui nella maniera più permanente che  ho potuto…»
Quei discorsi iniziarono ad infastidire Klaus che provò a pensare ad altro, senza riuscirci.
«Quindi… hai fatto una cosa tipo Silente con la pietra filosofale?»
«Più o meno…»
«Più… o meno?»
«… Più, credo…»
«Dimmi solo che non dovrò affrontare cani a tre teste e giocare partite a scacchi con pedine animate!»
«No… ma potresti desiderare che l’avessi fatto…»
«Oook… guardiamo il lato positivo…»
«C’è n’è uno?»
commentò sarcastico l’ibrido.
«Molto più di uno… inizierò da quelli semplici: tanto per cominciare, D. non ne sa niente, quindi non ce lo ritroveremo tra i piedi a tentare di farci cambiare idea; secondo poi sono una schiappa a scacchi, sarei stata la rovina della missione!»
Jessica non ne fu sicura, ma le sembrò di aver fatto ridere Tyler-Klaus con la sua battuta.
«Dobbiamo sbrigarci…»
li spronò Bonnie.
Arrivati sul molo, la strega li condusse verso una vecchia chiatta logora e arrugginita, dalla scaletta centrale scese un uomo vecchio e panciuto, indossava dei pesanti pantaloni blu ed un maglione grigio a collo alto.
«Lui è il capitano Godric…»
lo presentò la strega.
«Salve!»
esclamò Jessica. L’uomo la guardò di sbieco ed il sorriso sul volto della giovane svanì.
«Ho solo due regole, ed esigo siano rispettate: niente urla sulla mia barca, niente cose strane»
La voce del capitano era roca e profonda. La ragazza deglutì ed annuì.
«Capitano, vogliamo la stessa, non si deve preoccupare»
lo rassicurò la strega. L’uomo si limitò a lanciare un’occhiataccia anche a lei e risalì sull’imbarcazione.
Quando tutti e tre furono a bordo, il capitano stese un braccio su un gruppo esiguo di uomini e ragazzi.
«Questo è il mio equipaggio. Disturbateli il meno possibile e solo se strettamente necessario… lui è Salizar, il mozzo… rivolgetevi a lui per i bisogni basilari: mangiare, dormire… evacuare. Se fate esattamente come dico, ci sbrigheremo a portare a termine questa missione, intesi?»
Bonnie e Jess annuirono, Tyler-Klaus fissò con aria di sfida il capitano.
«Intesi?»
insisté l’uomo, sostenendo lo sguardo dell’ibrido che mosse qualche passo verso di lui.
«Sono davvero pochi gli uomini che si sono rivolti a me con questo tono…»
sibilò Klaus.
«Ma certo che ha capito… è solo che soffre un po’ il mal di mare! Vedrà, non le daremo nessun problema!»
si intromise Jessica afferrando la mano dell’ibrido e trascinandolo via. Godric li guardò male ma non reagì, si limitò a dire qualcosa a Bonnie. Quando fu sicura di non essere osservata, Jess si rivolse sottovoce a Kalus:
«Si può sapere che diavolo ti prende?»
«Nessuno mi può trattare come…»
«Oh, no! Ti prego! Non ricominciare!»
lo interruppe, poi proseguì:
«Sei il cattivo, il più cattivissimo dell’universo, lo abbiamo capito! Ma ora dacci un taglio! Rivuoi o no il tuo dannatissimo corpo?»
«Guarda che il discorso su come rivolgersi a me, vale anche per te!»
ringhiò a denti stretti lui.
«Ascolta, guarda che è grazie a me se siamo in viaggio attraverso le 7 prove della morte per farti riavere il tuo bel corpicino da ibrido cattivo! Non dico di pretendere fiori e gioielli, ma un minimo di gratitudine sarebbe gradita a questo punto!»
«Gratitudine? E per cosa? Per riavere ciò che è mio di diritto?»
inveì lui, trattenendo a stento la rabbia.
«Fossi in te non userei la parola ‘diritto’ così, a cuor leggero…»
replicò stizzita la ragazza.
«Voi due… smettetela!»
li rimproverò Bonnie, avvicinatasi dopo il suo colloqui con il capitano.
«Ho a stento convinto Godric  che non daremo problemi dopo il tuo numero da maschio alpha… ci manca solo che si convinca che litigate come una vecchia coppia di sposini  per rimanere definitivamente a terra!»
Jessica e Klaus tacquero all’istante e cercarono di assumere la posa più naturale che riuscì loro.
«Bene… ed ora preparatevi… tra venti minuti salpiamo… e sarà bene siate pronti…»
«Per cosa?»
chiese con un po’ di timore la giovane.
«Per la prima prova…»
rispose laconica la strega.
«Ti prego… dimmi che non ci saranno mostri marini da affrontare…»
«No… molto peggio…»
Jessica deglutì a vuoto. Klaus si irrigidì impercettibilmente.
«Definisci “molto peggio” per favore…»
Bonnie li fissò, la sua pelle aveva assunto uno strano colorito pallido.
«Allucinazioni…»
rispose.

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Capitolo 6
*** Deepest fear ***


Jessica rimase a bocca aperta a fissare Bonnie mentre sul viso di Tyler-Klaus comparve un ghigno di sfida.
«A-allucinazioni? »
balbettò la giovane. La strega annuì un po’ irrigidita.
«E la regola di Godric “niente cose strane”? Come minimo ci lancerà dalla chiatta in mezzo all’oceano!»
«Jess…»
«Cosa? Credi che avrà compassione di noi ? »
«Non è questo…»
«Ed allora cosa?»
«Le allucinazioni sono una precauzione contro una determinata specie di persone… vero?»
intervenne l’ibrido. Jessica lo guardò confusa.
«Sì… le prove da superare sono innocue per gli esseri umani… »
confermò Bonnie.
«Perfetto! Quindi dobbiamo solo legare l’ibrido alla prua della nave come Ulisse e sarà tutto risolto!»
esclamò entusiasta la giovane.
«Tanto per cominciare nessuno mi legherà da nessuna parte…»
ribatté Klaus.
«Secondo poi, da quel che mi risulta, anche voi due siete esseri soprannaturali!»
concluse con un tono di scherno. La ragazza aprì la bocca per replicare ma la sua mente metabolizzò le parole dell’ibrido ricordandosi della sua nuova condizione di strega.
«… Perfetto… siamo fritti… non supereremo mai le prove senza dare di matto! E diciamo addio anche alla regola numero uno “niente urla”…»
sospirò sconsolata Jess.
«No, non lo siamo… ho permesso che venissi con me per poter utilizzare i tuoi poteri contro le prove… non per superarle…»
«C-che… cosa… mi stai dicendo che ad ogni prova io dovrò usare i poteri che nemmeno sapevo di avere per debellare quello che hai combinato più di vent’anni fa?»
L’espressione sul viso di Bonnie fu più che eloquente. Jessica spalancò gli occhi e scosse la testa  poi si rivolse all’ibrido, sul cui viso era calato un velo di cupa rabbia.
«Credo dovremmo legarti sul serio…»
«Non preoccuparti per me… sono sopravvissuto a 52 anni 4 mesi e 9 giorni di allucinazioni… non saranno di certo quattro spettri a mettermi in pericolo… »
«Ok… innanzitutto appena avremo del tempo dovrai parlarmi di questa storia dei 50 anni di tormento … e poi…» si rivolse a Bonnie «… Queste allucinazioni… in che consistono?»
le chiese.
«Trovano forza nelle più recondite paure dell’animo… scavano finché non trovano l’unica cosa in grado di renderti folle di dolore…»
La spiegazione della strega mise i brividi alla giovane .
«Quindi ci saranno i mostri marini, dopotutto… »
provò a scherzare, ma l’idea che un incantesimo avrebbe potuto dare forma e voce alla sua più profonda paura la mise in allarme.
 
Aveva imparato sin da piccola ad affrontare ciò che temeva, Damon le ripeteva spesso: «L’unico modo per non aver paura è non averne nessuna… non essere succube di ciò che temi, affrontalo, dominalo… sconfiggilo».  Era riuscita a vivere secondo questo principio, ma c’era una sola cosa che si era rifiutata di affrontare, una paura che aveva nascosto in un angolo remoto della sua anima, convinta che non ci sarebbe mai stato motivo per doverla affrontare.
 
Provò a calmarsi e a convincersi che forse, impegnata a salmodiare i suoi incantesimi, sarebbe stata troppo distratta per permettere a qualcosa di arrivare tanto in fondo alla sua anima.
«Jess… tutto bene? Te la senti ancora di intraprendere questa missione?»
si preoccupò Bonnie, notando la preoccupazione sul volto della ragazza.
«S-sì… sto bene… è solo ansia da prestazione… mi aspettavo un viaggetto in barca e magari qualche abra-cadabra qua e là… questo supera decisamente tutte le mie aspettative…»
«Se non te la senti…»
«No… no… devo solo immaginare il tutto sotto questa nuova prospettiva…»
la rassicurò.  Un ragazzo alto ed esile, con due occhi piccoli e grigi, spuntò alle spalle di Bonnie.
«Scusate se vi interrompo… ma il capitano Godric ha bisogno di parlare con lei…»
disse con voce delicata indicando  la strega.
«Arrivo subito»
gli comunicò, poi si rivolse a Jessica e Klaus
 «Torno subito… intanto pensate ad un modo per non destare sospetti…»
Rimasti soli i due si guardarono, alla giovane parve di cogliere una leggera sfumatura di preoccupazione in fondo agli occhi dell’ibrido, ma per il resto sembrava tranquillo e rilassato, al contrario di lei che cercava di mandar via la sua preoccupazione.
«Temi di non riuscire a superare la prima prova?»
la stuzzicò lui, notando l’ansia che l’aveva colta.
«Temo di non riuscire a concentrarmi abbastanza per combattere l’incantesimo…»
affermò lei. La risposta della ragazza lasciò spiazzato l’ibrido che si sarebbe aspettato una negazione.
«Cosa c’è?»
chiese Jess, notando l’aria sbalordita di lui.
«Nulla… è solo che a Bonnie hai assicurato che andava tutto bene…»
«Ed è così… in un certo senso… comunque a lei non posso dire che mi sento insicura…»
«E perché no?»
si incuriosì lui, muovendo qualche passo verso la giovane.
«Beh… perché mi rispedirebbe a casa da D.! Mi pare ovvio!»
«E non lo preferiresti, a questo punto? Non è nemmeno la tua battaglia… ti ci sei ritrovata nel mezzo…»
«Non capisci proprio, vero? Eppure mi sei sembrato un tipo molto legato alla famiglia…»
proruppe lei.
«Che vorresti dire?»
domandò confuso l’ibrido.
«Voglio dire che la mia famiglia ha passato le pene dell’inferno a causa delle vostre dispute… io voglio mettere fine a tutto questo e garantire un’esistenza serena alle persone che amo, senza farli preoccupare di guardarsi le spalle...»
«Questa è una visione davvero ingenua della vita…»
asserì Klaus, ghignando. Jessica incrociò le braccia sul petto, indispettita.
«E perché mai?»
gli chiese.
«Perché l’inferno è là fuori,  sempre… faide soprannaturali o meno. Ci sarà sempre qualcosa da cui guardarsi le spalle, ci sarà sempre una battaglia per cui prepararsi… ci sarà sempre un nemico da dover combattere!»
le spiegò con voce dura.
«Se vivi in un romanzo di guerra, forse! Nella vita reale, però…»
«Nella vita ‘mortale’, vorrai dire…» la interruppe « Il massimo a cui possiamo ambire è qualche secolo di pace… ma per uno che ha l’eternità come limite, i secoli non sono che spruzzi di tempo su un orologio che conta l’infinito... sei tu che non capisci…»
«Io capisco solo che se vivi in attesa dei guai, prima o poi li troverai…»
«Siamo creature maledette, Jessica … i guai ci perseguitano! »
Era la prima volta che Klaus la chiamava per nome, le fece uno strano effetto sentirlo uscire dalla bocca di quel complicato individuo. Cercò di mandar via la sensazione di imbarazzo che l’aveva colta e replicò:
«Punti di vista, credo…»
«Tra, al massimo… 60 anni, la tua vita mortale finirà… morirai e lascerai qui la famiglia per cui stai affrontando tutto questo… quanto credi resisteranno senza imbattersi in qualcuno di losco e pericoloso dal momento che non avranno più una fragile umana da proteggere?»
L’obiezione di Klaus spiazzò Jessica. Le braccia, ancora incrociate sul petto, le scivolarono lungo i fianchi e mosse un passo verso l’ibrido, immergendosi negli occhi del ragazzo che ne ospitava l’essenza.
«Sei davvero convinto sia così?»
«Sì»
rispose laconico lui. Nella determinazione di quell’unica sillaba, però, la ragazza riuscì a cogliere una sfumatura diversa… qualcosa che riconobbe a livello inconscio  ma a cui non riuscì a dare un nome.
«Quanti anni hai?»
La domanda confuse l’ibrido che rispose titubante:
«Oltre mille…»
«Ed hai vissuto in attesa di battaglie e nemici per tutto questo tempo?»
«Te l’ho detto… sono i guai a cercare me…»
«Permettimi di dissentire… ancora non ti conosco granché bene… ma da quel che ho sentito, sei stato tu a creare guai… sei tu il nemico, la battaglia da dover affrontare… gli altri sono stati solo pedine sul tuo cammino…»
La totale assenza di giudizio nel tono e nel volto di Jessica spiazzarono Klaus che si ritrovò senza nulla da dire. Distolse lo sguardo da quegli enormi occhi verdi e si voltò ad osservare il vecchio porto. La giovane decise di non insistere, avevano un lungo viaggio da affrontare, ci sarebbero state altre occasioni per approfondire il discorso. Pochi istanti dopo tornò Bonnie, la strega, vedendoli silenziosi, chiese:
«Va tutto bene qui?»
«Sì… quando salpiamo?»
rispose Jessica.
«Il capitano mi ha chiamata proprio per questo… è prevista una perturbazione, potremmo trovarci n mezzo alla tempesta… anche se, partendo ora, dovremmo superarla senza difficoltà… altrimenti…»
«Altrimenti?»
«Altrimenti, per non rischiare, potremmo partire domani mattina…»
«Non se ne parla!»
esclamò l’ibrido. Bonnie lo guardò male ma lui non ne sembrò intimorito.
«Ha ragione lui… non possiamo perdere tempo inutilmente. Il viaggio è lungo ed ostico… partiamo subito e speriamo questa catapecchia abbia dei buoni motori!»
convenne Jessica. La strega annuì e si recò a comunicare la decisione al capitano.
«Non ti aspetterai dei ringraziamenti ora, vero?»
disse Klaus a Jessica.
«Ringraziamenti per cosa?»
«Per avermi dato ragione…»
La ragazza si irrigidì, si avvicinò all’ibrido e si fermò a pochi centimetri dal suo naso. Puntò un dito sul petto del ragazzo e sibilò:
«Stammi bene a sentire mister troublemaker… non sono in cerca dell’approvazione di nessuno. Ti ho spiegato per chi lo sto facendo e tu, sappilo, non sei sulla lista. Quando mi ringrazierai, e lo farai, non sarà perché ti ho dato ragione su una questione tanto idiota… quindi, scendi dal tuo piedistallo o giuro che ti lego sul serio a prua!»
«Questa è una minaccia?»
«No, è una richiesta…»
«Una richiesta?»
«Sì! Ti sto richiedendo ufficialmente di smetterla di fare la testa di…»
«Che succede ora?»
la interruppe Bonnie. Jessica deglutì e mosse un passo indietro, ritirando il dito affondato nel petto di Tyler-Klaus. Fissò per qualche altro secondo l’ibrido, prese un respiro e si girò sorridendo verso la strega.
«Nulla… stavo solo chiarendo al nostro amico il mio punto di vista…»
rispose con falsa cordialità.
«Che sarebbe?»
«Non ho paura di lui e non sono una del suo branco, che la smetta di fare tanto il gradasso»
Bonnie fissò sbalordita la ragazza, incapace di credere di averle sentito dire quelle parole. Non fu in grado di trattenere una risata, questo aumentò il livore dell’ibrido che quasi si mise a ringhiare. La strega provò a riportare la situazione nei ranghi:
«Ok, sentite, salpiamo tra 5 minuti… cerchiamo di mettere da parte le divergenze per ora… il primo incantesimo dovrà essere spezzato poco dopo la partenza… ci serve tutta la concentrazione di cui disponiamo…»
I due ragazzi si diedero un’ultima occhiata di fuoco ed annuirono.
 
A casa Salvatore, Matt salutò Damon e si fece accompagnare alla porta da Elena. Lo avevano aggiornato sulla situazione e gli avevano proposto di tornare a New York finché non sarebbe tornato tutto alla normalità, ma l’uomo si era rifiutato dicendo che non avrebbe abbandonato di nuovo i suoi amici.
«Allora ci vediamo in giro… starò da Jeremy per un po’…»
disse Matt, sull’uscio.
«Qui è pieno di stanze vuote…»
«Lo so… ma devo riabituarmi a voi eterni giovani un po’ alla volta…»
scherzò lui, la vampira sorrise ed abbracciò l’amico.
«Cosa mi stai nascondendo, Matt?»
gli sussurrò piano all’orecchio. Gli occhi celesti dell’uomo si spalancarono e la stretta attorno al corpo di Elena si fece più salda.
«Non posso dirtelo qui… mi serve tempo…»
rispose lui, nel medesimo bisbiglio.
«Ok… allora verrò da Jeremy…»
«Domani… vieni domani…»
«Va bene…»
I due si distaccarono dall’abbraccio e la preoccupazione negli occhi dell’uomo misero in allarme la vampira.
Andato via Matt, Elena tornò da Damon, ancora seduto sul divano, intento a fissare il fondo del suo bicchiere vuoto. Gli si avvicinò lentamente ed affondò le dita nei capelli scuri di lui.
«Stai bene?»
gli chiese. Lui sollevò lo sguardo e tirò un sorriso.
«Sono preoccupato… ma sì, sto bene… pensavo che Donovan è proprio il tipo di persona che vorrei Jess conoscesse…»
Elena guardò confusa il fidanzato.
«Credo di averlo eletto a mio umano preferito… nel senso di tipologia di umano… se penso a lui penso a come dovrebbe essere una persona per bene… inconsciamente credo di aver allevato Jess sperando di farla diventare un’umana come lui… »
si affrettò a spiegare il vampiro. Lei scosse la testa e trovò posto sulle gambe di lui.
«L’hai cresciuta facendola diventare un’umana come te… ed è semplicemente perfetta…»
gli soffiò sulle labbra.
«E pensare che eri gelosa di lei…»
scherzò lui.
«Ero gelosa del vostro legame… dei vent’anni che avete passato insieme… ma non di lei… »
precisò la vampira, prima di baciarlo con trasporto. Lui cercò alla cieca un appoggio per il bicchiere che stringeva ancora tra le mani, posatolo cinse i fianchi di lei, annegando in un bacio di passione.
 
… e, beh… io ed Elena ci siamo distratti pe un po’…»
concluse il vampiro.
«Oh, grazie per avermi risparmiato i dettagli… ma… il segreto di Matt? Cosa ha detto ad Elena? E Jessica? Qual era la sua paura più profonda?»
chiese Gala, con le dita strette sull’orlo del cappotto.
«Mi spiace Gala… ma il tempo a nostra disposizione è terminato anche oggi…»
rispose Damon, con un filo di tristezza nella voce.
«Mi spieghi perché?»
Lui interrogò con lo sguardo.
«Perché ci vediamo a quest’ora, qui? Perché solo un’ora di tempo?»
si spiegò lei.
«Gala…»
Lei riconobbe la nota di allarme nel tono di lui e sbottò:
«No… non ricominciare! Non di nuovo con la storia che se me lo dicessi riveleresti troppe cose… odio quella scusa!»
«Non è una scusa… ma è la sola risposta che ti posso dare…»
La donna sbuffò , facendo defluire tutta la sua frustrazione e si poggiò contro lo schienale della panca, fissando il soffitto. Si rese conto di non possedere la forza di volontà necessaria per tenere a bada la sua curiosità. La storia che stava ascoltando creava dipendenza, più ne ascoltava più voleva sapere. Scosse la testa, prese un gran respiro e guardando di sottecchi Damon, domandò:
«Ok… ma puoi almeno rispondere ad una sola domanda prima di andare?»
«Ci proverò…»
rispose lui, indurendo la mascella.
«Che fine hanno fatto gli altri?»

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Capitolo 7
*** Just a dream... ? ***


Damon sorrise a Gala, il cui volto era diventato una maschera di tensione. Si alzò dalla panca, mosse qualche passo verso il loculo di Jessica e si fermò ad osservare la foto incastonata nel marmo. Fece scorrere un dito sull’immagine e sospirò.
«Che fine hanno fatto gli altri, eh…»
ripeté lui.
«Beh…» si voltò a guardare Gala «Ti stanno aspettando»
rispose con semplicità. La ragazza lo fissò confusa.
«C-che significa?»
«Quello che ho detto…»
«M-ma… »
«Niente “ma”…» la interruppe «Hai fatto una domanda, quella era la mia risposta. Adesso devo proprio andare»
«Damon… ti prego…»
«Gala, è la risposta più esaustiva che possa darti. Io sono qui per mantenere fede ad una promessa… quando ti avrò raccontato tutto, spetterà a te decidere cosa fare: incontrare anche gli altri o tornare alla tua vita»
«Ma è ovvio che voglio incontrarli!»
esclamò lei, sollevandosi dalla panca. Gli occhi azzurri del vampiro si velarono di un improvviso dolore.
«Potresti cambiare idea…»
le disse con un filo di voce.
«Tu vuoi che cambi idea?»
«Io voglio che ascolti attentamente quel che ho da raccontarti…»
«Perché un’ora… perché solo un’ora?»
«Perché ho altre faccende di cui occuparmi… ed anche tu… »
Il vampiro si avviò verso l’uscita fermandosi sulla porta. Gala osservò la sua figura imprigionata nella luce fredda del mattino, una macchia nera fusa nel bianco denso di un gelido cielo invernale: yin e yang.
«A domani, Gala…»
la salutò lui, senza voltarsi.
«A domani…»
rispose lei, accasciandosi sulla panca. Il vampiro sparì e lei rimase sola nella cripta. Si spinse il viso contro le mani e sentì le lacrime corrodergli la gola. Anelava la verità più di qualunque altra cosa, ma ogni risposta di Damon le faceva sentire che presto la storia sarebbe diventata molto difficile da ascoltare. Sollevò lo sguardo verso il loculo di Jessica.
«Cosa ti è successo? Che ti hanno fatto?»
chiese ad alta voce. Si avvicinò e poggiò la fronte sul freddo marmo, chiuse gli occhi e pianse.
«A domani… mamma…»
singhiozzò. Posò un bacio sulla fotografia ed andò via. Al cancello incrociò Ben che la salutò con un cenno del capo. Gala ricambiò il saluto e si affrettò a tornare a casa. Finalmente al sicuro tra le sue quattro mura, senza nemmeno togliersi il cappotto, si diresse verso il divano letto e crollò sul materasso duro. Affondò la testa nel cuscino e tra scintille di luce si addormentò.
 
La notte aveva inghiottito la stanza comune dell’orfanotrofio. In 52 letti dormivano altrettante bambine, tutte aggrappate ai loro cuscini o alle loro bambole. Alcune sognavano belle cose, altre brutte… solo una aveva gli occhi sbarrati, le dita affondate nel materasso sottile ed il respiro corto: Gala Nessuno.
La bambina dai riccioli d’oro tremava impaurita. Il buio era tornato, e di nuovo aveva annientato il mondo.
Una mano fredda e sottile si insinuò in quella della piccola Gala, la bambina si paralizzò.
«Gala… piccola… sono io…»
disse una voce familiare.
«E-Elena…»
balbettò la piccola. Dal buio emerse un viso pallido, bello, sorridente. La donna dai lunghi capelli scuri era tornata.
«Hai ancora paura?»
«Ne avrò sempre…»
«Cosa ti ho insegnato sul buio? Stringi gli occhi e…»
«Non bastano! Le stelle che vedo, non bastano! Sono poche! Resta ancora troppo buio… ho paura…»
«Fammi posto… ti farò compagnia questa notte…»
La bambina fece spazio alla donna che scivolò accanto a lei.
«Va meglio?»
La piccola si accucciò tra le braccia di Elena e la strinse forte.
«Sì… grazie…»
rispose.
«Gala… prima o poi non potrò più venire a trovarti… lo sai questo, vero?»
La bambina tacque.
«Devi imparare a non aver paura del buio… devi imparare a dormire e sognare…»
«Lo farò… te lo prometto…»
«Lo so che lo farai… sei forte tu…»
«Lo sono con te…»
«No… lo sei a prescindere da me… ora dormi, piccolina… dormi…»
 
Gala si svegliò di colpo, cercò con lo sguardo la sveglia sul comodino: non era ancora ora di pranzo.
I suoi occhi si spostarono sulla cornice che racchiudeva la fotografia di sua madre e Klaus. Si sollevò sul materasso e si accorse di aver sudato: indossava ancora il cappotto.
La donna si fece una doccia, si preparò qualcosa da mangiare e si sedette vicino alla finestra che dava sulla strada. Osservò la gente passare, muoversi frenetica, ognuno con la sua vita da portare avanti, ognuno con la propria storia.
«È questo che siamo… storie…»
pensò ad alta voce. Il sogno fatto quella mattina le tornò in mente improvviso. Scosse la testa e corse verso la scatola con le fotografie datale da Damon, ne cercò una di Elena e la fissò con le mani tremanti. “Per favore… lui ti ha detto che era lei a farti visita e tu l’hai sognata… non è un vero ricordo!” la rimproverò la sua parte razionale. Ma Gala aveva smesso di darle ascolto.
«Grazie…»
sussurrò accarezzando la fotografia.
«Perché non sei più qui?» sorrise «Devo smetterla di parlare da sola...»
Rimise a posto la fotografia, si vestì ed uscì. Passò il resto della giornata in girò per Seattle, visitò musei e parchi, osservò tutto come fosse la sua prima visita nella città, riscoprì luoghi  e colori e quando fu ora di tornare a casa sapeva che avrebbe dormito e sognato come non aveva mai fatto prima.
La notte trascorse carica di sogni, nonostante ciò, Gala anticipò la sveglia di qualche minuto. Si preparò e corse verso il cimitero.
Damon la stava aspettando come sempre.
«Dormito bene?»
le chiese sorridendo.
«Ho sognato… l’ho sognata!»
esclamò lei. Il vampiro corrugò la fronte.
«Jessica?»
si informò. La donna scosse la testa in segno di diniego.
«No, no… Elena! Ho sognato che veniva a farmi visita all’orfanotrofio… sembrava così reale… così…»
Gala non riuscì a trovare le parole per finire il concetto.
«Ti sembrava un ricordo…»
le venne in soccorso. Lei si limitò ad annuire. Il vampiro le fece un sorriso storto ed entrò nel cimitero.
«Hey… aspetta! Era un ricordo, vero? Non ho sognato… ho ricordato!»
Senza fermarsi o voltarsi lui rispose:
«Non ho ancora la pretesa di sapere cosa siano i sogni altrui…»
«Ma tu lo sai! Tu mi hai detto che…»
«Qualunque cosa ti abbia detto, sei tu che l’hai sognata…»
Proseguirono in silenzio fino alla cappella, si sedettero al solito posto e Damon le rivolse la solita domanda:
«Dove eravamo rimasti?»
«Elena doveva scoprire delle cose da Matt mentre Jess stava per affrontare la sua prima prova…»
rispose lei.
«Oh, sì… certo… dunque… il mozzo di Godric, Salizar, comunicò che era ora di salpare…
 
«Il capitano vuole che vi ricordi le sue due regole…»
Iniziò l’uomo con i capelli neri e unti.
«Le ricordiamo bene e le rispetteremo… non si preoccupi…»
lo interruppe Bonnie. L’uomo alto e tozzo la guardò male ed andò via.
«Jess… stammi accanto… non importa cosa vedrai o cosa sentirai, non dovrai lasciarmi la mano mai! Attingerò potere da te, come hai fatto tu nelle grotte… mi serve che tu resti concentrata, intesi?»
La giovane annuì.
«E lui? Non dovremmo occuparci di lui?»
si preoccupò.
«Ve l’ho detto… non saranno due spettri…»
«No, non saranno due spettri… sarà qualcosa di più profondo, di più infido…» lo bloccò la strega «Non importa quanti anni hai o quante battaglie tu abbia vinto… non importa quanta morte hai inflitto e quanti mostri hai combattuto… c’è qualcosa seppellito dentro di te… della paura…»
«Io non temo nulla, strega»
ringhiò lui.
«Sì, invece… e faresti bene ad iniziare a solleticare quella paura ovunque tu l’abbia sepolta… perché, credimi, quando salterà fuori non avrai il tuo corpo immortale a difenderti… lo ricordi questo dettaglio, vero?»
L’ibrido non rispose, si voltò ed andò a sedersi in un angolo. Jessica lo osservò con discrezione chiedendosi cosa potesse temere un essere come Klaus.
«Potremmo… potremmo addormentarlo…»
propose la giovane.
«Cosa?!?»
dissero in coro la strega e l’ibrido.
«S-sì… con un incantesimo… avrai gli incubi invece che delle vere allucinazioni…»
«Jess… non è così semplice…»
«Possiamo provarci però… vero?»
«Fatelo»
disse Klaus.
«Ti rendi conto che potrebbe non funzionare? Che potresti rimanere prigioniero dell’incantesimo? Ed a me andrebbe bene così…»
«Come mi hai ricordato prima, strega, non sono nel mio corpo… non lasceresti il tuo amico a marcire, prigioniero di un sonno profondo…»
replicò lui. Bonnie guardò Jessica che le rivolse un cenno affermativo, sospirò e disse:
«Ok… portalo nella stanza, io mi assicurerò che nessuno venga a disturbarci…»
ordinò la strega alla ragazza.
Jessica e Klaus arrivarono nella cella che Godric aveva dato loro per dormire. Era una stanzetta di metallo con tre letti ricavati nelle pareti. Due sul lato destro ed uno in quello sinistro, nella parete di fondo c’era un oblò annerito dalla muffa. La giovane si guardò intorno mentre l’ibrido prendeva posto nel letto sul lato sinistro.
«Non è di certo un 5 stelle…»
commentò Klaus.
«Puoi mettere tutte le stelle che vuoi su un’insegna… nessun posto sarà mai come casa tua…»
rispose lei, passando una mano sulla parete fredda e viscida della cella.
«Cosa ne sai tu? Da quel che ne so hai vissuto una vita nomade…»
«Oh, ti prego, smettila! “Cosa ne sai tu” qui, e “cosa ne sai tu” lì… basta! So molte più cose di quel che credi…»
lo interruppe lei.
«Sarei proprio curioso di sentirne qualcuna, ragazzina…»
La stuzzicò lui. Jessica incrociò le braccia sul petto e lo fissò per qualche secondo.
«Non sei ancora pronto per questo…»
«O forse sei tu a non saperne poi molto…»
«So che preferisci avere gli incubi che affrontare da sveglio la prima prova…»
Il sorriso ghignante di Tyker-Klaus si trasformò in una smorfia di rabbia. Jessica lasciò cadere le braccia lungo il corpo e scosse la testa.
«Ascolta… non volevo stuzzicarti… io… volevo solo farti sapere che ti capisco…»
Si affrettò a spiegare.
«Tu capisci me?»
«Capisco che ci sono mille sfumature in una persona e che il mostrarne sempre una non fa di lui quell’unica gradazione di colore…»
L’ibrido non rispose, distolse lo sguardo dalla giovane e si sdraiò sulla branda. Jessica si sedette sull’altra e rimasero in silenzio fino all’arrivo di Bonnie.
«Abbiamo poco tempo… la chiatta salpa tra pochi secondi, avremo al massimo un paio di minuti allora per formulare l’incantesimo e far sì che riesca… sei pronta?»
domandò. La giovane annuì e si avvicinò alla strega che le prese la mano.
«Ascoltami attentamente» disse rivolta a Klaus «Solo perché starai dormendo non vuol dire che sarà meno doloroso… anzi… prova a tenere a mente che è tutto un sogno… »
L’ibrido annuì. Le due streghe chiusero gli occhi ed appena la chiatta iniziò a muoversi cominciarono a salmodiare i loro incantesimi. Klaus venne catapultato in un mondo lontano, fatto di volti amici e nemici, dove il sole splendeva di una luce rossa come il sangue.
«Ce l’abbiamo fatta?»
si informò Jessica.
«A farlo addormentare? Sì… adesso dobbiamo solo rompere il primo incantesimo e sperare di farlo prima che non sia più possibile svegliarlo…»
La giovane deglutì a vuoto.
«Dove dobbiamo andare per farlo?»
«Possiamo restare anche qui… ma Jess… non sarà facile all’inizio… vale quello che ho detto a lui: prova a tenere a mente che non è reale…»
«Ci proverò… ma tu? L’incantesimo avrà effetto anche su di te…»
«Non preoccuparti per me… ho affrontato le mie più profonde paure nei 5 anni che ho passato in coma…»
Jessica non capì quell’affermazione e prima di poter chiedere, la cella intorno a loro si dissolse, trasformandosi in una casa con le pareti gialle ed il pavimento in legno.
 
Damon stava in piedi sulla soglia.
«Jessica Salvatore! Fammi entrare
urlò, cercando di non sembrare arrabbiato.
 
«Io…io ci sono già stata qui… io… io ho già sognato questo momento…»
si disse la ragazza. Due mani le cinsero i polsi, stringendo fino a farle male.
«Jess! Resta con me! Concentrati! È iniziato… l’incantesimo è iniziato…»
La voce di Bonnie arrivò da lontano facendosi sempre più nitida.  La ragazza strizzo gli occhi e si guardò intorno, la casa era divenuta nuovamente la cella fredda e umida della chiatta. Guardò in direzione del letto di Tyler-Klaus, l’ibrido giaceva sulla branda, il suo corpo era percorso da piccoli spasmi e la sua fronte era già imperlata di sudore.
«Lui… lui sta bene?»
«Non per molto… dobbiamo… noi dobbiamo…»
Bonnie non riuscì a finire la frase.
Si accasciò a terra e si ritrovò carponi nella terra umida di un grotta. Sollevò lo sguardo e riconobbe i simboli sulle pareti.
 
«Mamma! Mamma, sei tornata!»
La voce di Jenna giunse alle sue spalle. Si voltò e la vide. Indossava una tunica azzurra, lunga fino alle caviglie. Aveva i piedi nudi, incrostati fango e sangue.
«Jenna… tesoro…»
«Mammina… mi fa male qui…»
si lamentò la piccola, indicandosi la tempia sinistra.
 
«Bonnie! Dannazione! Torna da me!»
urlò Jessica, scuotendo la strega priva di sensi.
Il pavimento di metallo iniziò a scricchiolare e a trasformarsi in assi di legno, le pareti iniziarono a tremare, crepandosi e mostrando della vernice gialla.
«No… no… andiamo… non è reale, non è reale, non è reale!»
ripeté continuando a scuotere Bonnie. Guardò il corpo dell’ibrido sempre più in preda alle convulsioni.
 
Klaus camminava nel suo villaggio insieme ad Elijah.
«Un giorno conquisterò il mondo, fratello…»
«E cosa te ne fai del mondo, Nicklaus?»
«Cos’altro dovrei voler conquistare, allora?»
«L’amore… ad esempio…»
«Sei sempre stato troppo romantico, fratellone!»
«È così orribile essere romantici, ser?»
La voce di una donna interruppe i due giovani che si voltarono a guardare la bellissima ragazza che li stava osservando.
«Noi… io…»
«Mi era sembrato più loquace prima, ser…»
scherzò la giovane.
«Perdonatelo, mia lady…»
intervenne Elijah.
«Non sono una lady, ser… sono solo la figlia del mugnaio…»
«Non sarebbe cortese chiamarvi “solo la figlia del mugnaio”, temo…»
«Tatia… potete chiamarmi Tatia, ser…»

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Capitolo 8
*** Blood on me. ***


Jessica strinse la presa intorno alle spalle di Bonnie ed iniziò a scuoterla forte.
«Bonnie, ti prego! N-non… da sola… io non ce la faccio da sola…»
Le parole le uscivano a fatica dalla bocca. Un senso di intorpidimento la stava inghiottendo mentre la stanza intorno a lei tremava continuando a cambiare forma: una volta era la casa dove festeggiò il suo 5° compleanno, un’altra la cella fredda ed umida che il capitano aveva fornito loro per dormire.
 
«Mammina… mi fa male qui…»
ripeté la piccola Jenna, toccandosi la tempia sinistra. La strega acuì lo sguardo e provo ad avvicinarsi, ma le sue gambe erano di pietra.
«Mamma… fa male…»
insisté la bambina.
«Io… piccola mia… non riesco a muovermi… vieni tu da me…»
 
«B-Bonnie… ti… ti prego…»
Jessica sentì le forze abbandonarla e si accasciò su un fianco. Guardò verso il letto dovevo giaceva Klaus, ancora percosso da spasmi.
 
«Tatia…»
ripeté Elijah, assaporandone il nome. La ragazza si aprì in un sorriso di finto imbarazzo, fece un inchino e si allontanò. Klaus diede una gomitata al fratello e lo canzonò:
«Te ne sei già innamorato, fratello?»
«Non trovi sia bellissima?»
«Sì… anche troppo… per te!»
Elijah voltò la testa di scatto, trovando un sorriso beffardo sul viso di Klaus. I due iniziarono a spintonarsi e a rincorrersi per tutto il villaggio. Trovarono due spade ed iniziarono a combattere.
«Sono il più forte, fratello… non mi batterai mai!»
disse Klaus.
«Lo vedremo, Nicklaus!»
ribatté Elijah, prima di un affondo. I due proseguirono nel loro gioco di potere, attirando l’attenzione del villaggio.
«Forza Klaus! Vai!»
urlò il fratello più piccolo della famiglia Mikaelson, Henry. Klaus si voltò per sorridergli, ma quando i suoi occhi si posarono sul bambino, sentì il sangue ghiacciarglisi nelle vene.
 
Jessica provò a sollevarsi, ma il suo corpo non rispondeva ai comandi. Si stese sulla schiena e fissò il tetto della cella dissolversi ad intermittenza. Provò a deglutire ma aveva la bocca asciutta.
«È… n-non… non è… r-reale… non… questo…»
farfugliò mentre la voce di Damon tornava a chiamarla.
 
«Jessica! Fammi entrare! Ora
urlò il vampiro.
 
«N-no… io… no… è un sogno… è solo un s-s…»
Alla giovane mancò il fiato per finire la frase. Il suo corpo fu avvolto da un tepore confortante e l’odore di latte caldo con i biscotti gli si insinuò nelle narici.
 
«Sei sicura di stare bene?»
chiese preoccupato Damon. Jessica annuì. Nella sua mente era ancora fresco il ricordo del vecchio a cui il vampiro aveva tolto la vita. Strinse le coperte e se le tirò su fino al naso.
«Bevi un po’ di latte… ti farà stare meglio…»
la invitò, lui, carezzandole la testa riccioluta. I grandi occhi verdi di Jessica si socchiusero sotto a quel tocco.
 
 
«Mamma… guarda… mi fa male qui…»
continuò a ripetere Jenna, avvicinandosi a Bonnie.
«Piccola mia, devi venire più vicino… non riesco a vedere bene…»
rispose la strega, allungando le mani per cercare di toccare la figlia.
«Mi fa tanto male, mammina…»
Disse la piccola, mentre un rivolo di sangue le  inzuppava il colletto della vestaglia blu.
 
«H-Henry… co-cosa ti è successo?»
domandò Klaus, inorridito. La spada con cui stava duellando gli cadde dalle mani. Il fratellino se ne stava in piedi, in mezzo alla folla, con uno squarcio che gli apriva il petto dal collo fino all’ombelico. I vestiti erano tutti imbrattati di sangue e due grosse occhiaie nere contornavano gli occhi del piccolo. Provò a correre verso di lui ma le gambe non risposero al comando. Riprovò, ma i suoi arti inferiori erano incollati al terreno. Guardò disperato verso il bambino e vide il sangue sgorgare copioso dalla ferita.
«Q-qualcuno lo aiuti! Qualcuno lo aiuti!»
iniziò ad urlare. Nessuno parve sentirlo o accorgersi delle ferite di Henry.
«Aiutatelo!»
urlò con quanto fiato aveva in corpo.
«Lui è solo il primo…»
La voce di Tatia si sollevò in mezzo alla folla. Klaus ne cercò il viso e la vide avanzare lentamente.
«C-cosa… che vuoi dire?»
le chiese.
« ”Conquistare il mondo”… che ambizione insolita…»
commentò la donna, avvicinandosi piano.
«Aiutalo… salvalo!»
la supplicò.
«Nessuno può essere salvato se combatte contro di te… sei il più forte, ricordi?»
«C-cosa… ma di cosa parli? Henry! Mio fratello! Aiutalo!»
Tatia si fermò accanto al bambino e gli cinse le spalle con un braccio.
«Nicklaus… nessuno può salvare tuo fratello… è una pedina sulla tua scacchiera… un intoppo nei tuoi piani… lui deve morire…»
E così dicendo, torse il collo al piccolo. Klaus sentì il dolore riempirgli lo stomaco per poi risalirgli in gola ed uscire fuori ruggendo un lungo e disperato “No”.
«Io… io ti ucciderò!»
la minacciò rabbioso.
«Certo che lo farai… e non sarò l’ultima tua vittima… guarda…»
Tatia stese un braccio sula folla intorno a lei e tutte le persone del villaggio caddero a terra esanimi. Klaus osservò quello spettacolo terrorizzato, tornò a fissare il viso della ragazza che fece un sorriso sottile ed amaro prima di accasciarsi a terra, morta anche lei.
«Cosa te ne fai del mondo, Nicklaus?»
disse Elijah, tranquillo.
 
«Bevilo tutto… ti sentirai meglio»
la incitò Damon. Jessica uscì da sotto le coperte ed allungò la mano per prendere la tazza di latte che il vampiro le stava porgendo. Guardò  il contenuto e si accorse che il liquido al suo interno non era bianco, ma rosso… rosso sangue. Il vampiro le sorrise.
«Fidati di me…»
Le mani della giovane tremarono e la tazza piena di sangue si riversò sul letto.
«Non è reale… non è reale!»
urlò.
 
Jessica aprì gli occhi e chiamò a raccolta tutte le sue forze per sollevarsi dal pavimento. Riuscì a rotolare sulla pancia e con i gomiti si spinse verso Bonnie.
 
«Jenna… bambina mia, avvicinati…»
La piccola mosse un passo incerto verso la madre. Bonnie riuscì a leggere il terrore negli occhi della piccola.
«Mamma… perché lo hai fatto?»
La strega corrugò la fronte, confusa.
«Noi ti amavamo…»
singhiozzò la bambina ritraendosi.
«Jen, di cosa parli… aspetta!»
Allungò una mano per fermare la piccola e si rese conto di stringere qualcosa tra le mani. Distese le dita scoprendo un piccolo pugnale argentato, ricoperto di sangue.
«C-cos’è questo?»
«Mammina… perché lo hai fatto?»
«Cosa? Cosa ho fatto?»
Bonnie provò a muoversi, ma era ancora bloccata. Si guardò le gambe e vide con orrore che su di esse era disteso il corpo senza vita di Jeremy.  La strega guardò nuovamente il pugnale che stringeva tra le mani.
«Perché lo hai fatto…»
ripeté piangendo, Jenna.
 
Jessica allungò un braccio e toccò la spalla di Bonnie. «Jess… stammi accanto… non importa cosa vedrai o cosa sentirai, non dovrai lasciarmi la mano mai» le aveva detto la strega. La ragazza fece scorrere le dita lungo il braccio della donna svenuta, fino ad intrecciarle con le sue. Non appena i loro palmi si unirono il corpo di Jessica fu percorso da scariche elettriche.
 
«Mammina… mi fa male qui…»
Jenna si tocco la tempia sinistra. Bonnie sentì un’ondata di energia scioglierle i muscoli ed una voce nella sua testa echeggiò da un posto molto lontano.
«Bonnie! Torna da me! Non è relale…»
 
«Bonnie… andiamo! Svegliati!»
Gli occhi della strega si aprirono in quelli di giada di Jessica.
«Bene! Ti sei svegliata… dobbiamo mettere fine a questa storia! Ora!»
intimò la giovane. Improvvisamente Bonnie ricordò tutto: dove fossero, per quale ragione, la missione.
Si mise a sedere di scatto ed allontanò l’immagine di Jeremy morto tra le sue braccia e di Jenna ferita e terrorizzata.
«Sì… non… non ricordavo di aver fatto un incantesimo tanto potente…»
provò a scusarsi. Lanciò un’occhiata al letto in cui Tyler-Klaus continuava a dimenarsi.
«Sbrighiamoci… o sarà la fine per lui…»
Jessica deglutì ed annuì.
«Cosa dobbiamo fare?»
domandò ansiosa.
«Dammi l’altra mano… ci penso io da qui in avanti…»
Le mani delle due streghe si unirono e nelle vene di Jessica si sprigionò un fuoco che si propagò in tutto il corpo. Chiuse gli occhi e buttò la testa indietro, dopo fu oblio.
La ragazza iniziò a riprendere conoscenza mentre un timido raggio di sole penetrava dall’oblò, superando lo strato di muffa annerita che ne ricopriva la superficie.
«Ben svegliata…»
le disse Bonnie. Jessica provò a sorriderle, ma le doleva ogni muscolo.
«Ce… noi ce l’abbiamo fatta?»
biascicò.
«Sì… ho spezzato l’incantesimo… ma…»
«Ma?»
La strega fece un cenno con la testa per indicare il letto di Klaus.
«Dobbiamo sbrigarci… o resterà così per sempre…»
«M-ma… ma tu hai detto che l’incantesimo è stato spezzato…»
«L’incantesimo lanciato più di 20 anni fa… sì, certo… quello è stato spezzato… ma lui è soggetto ad un altro incantesimo, ricordi?»
spiegò Bonnie. Jessica annuì e provò ad alzarsi lentamente. Si sentì come se l’avessero messa in una centrifuga: ogni punto del corpo le doleva.
Deglutì a vuoto.
«Tieni… bevi un po’…»
La strega le allungò un bicchiere pieno di acqua. Il ricordo dell’allucinazione tornò a galla nella mente della ragazza che guardò con aria disgustata il liquido trasparente.
«Tutto bene?»
si preoccupò Bonnie.
«Sì… solo un po’ di nausea…»
la rassicurò la giovane, prendendo il bicchiere.
«Ora che si fa con lui?»
chiese, dopo aver bevuto.
«Lo agganciamo, ovunque sia… e lo riportiamo indietro…»
«E tu sai come fare?»
«Ho un’idea…»
 
Il sole sorse inondando di una luce dorata la stanza di Damon. Elena aprì gli occhi sentendo gli uccellini cinguettare. Si voltò, convinta di non trovare il fidanzato accanto. Ma lui era lì, con gli occhi chiusi, l’espressione serena e la tipica ruga di preoccupazione a solcargli la fronte. Sorrise ed allungò una mano per accarezzarlo. Le sue dita si posarono delicate sull’osso prominente della mandibola e scorsero come acqua fino al mento, con il pollice accarezzò il labbro inferiore. Due scintille blu guizzarono da sotto le palpebre del vampiro.
«Buongiorno, dormiglione…»
lo salutò sorridendo.
«Buongiorno amore mio…»
rispose lui, avvicinandosi a baciarla. Le loro labbra si assaporarono per un breve istante.
«Non è stato solo un sogno, vero?»
chiese lui.
«La notte appena trascorsa o…»
«O…»
Gli occhi di Elena risposero per lei. Lui si mise sulla schiena e fissò il soffitto.
«Già… figuriamoci…»
«Damon…»
«Lo so, lo so… andrà tutto bene e blablablà…»
Si mise a sedere sul letto e si scompigliò i capelli, poi aggiunse:
«Vado a fare una doccia… ti unisci a me?»
le chiese con malizia. Lei gli sorrise e rispose:
«Non posso… ho da fare… con Matt…»
«Oh… il ragazzo d’oro è tornato da appena un giorno e già ti ruba a me…»
«Non essere stupido… voglio solo parlare un po’ con lui… l’ultima volta che ci siamo visti… non stavo proprio in forma…»
Damon indurì la mascella ed annuì. Ancora gli faceva male pensare all’inferno che aveva passato la sua Elena, sola. Si alzò dal letto e si diresse verso il bagno.
«Sai… dovresti prendere in considerazione l’idea di indossare qualcosa per dormire…»
commentò la vampira, ammirando la luce accarezzare i muscoli del corpo nudo del suo fidanzato.
«E perché mai? La notte mi piace avere addosso solo due cose: le lenzuola… e te…»
Le fece un sorriso storto e sparì nel bagno. Elena si morse il labbro e scosse la testa .
Si vestì ed uscì di casa per andare da Matt.
Arrivata a casa di Jeremy, venne ad aprirle Jenna.
«Zia Elena!»
esclamò la piccola, saltandole al collo.
«Hey, piccola!»
La strinse forte e le diede un bacio sulla fronte.
«Papà e zio Matt sono in casa?»
La bambina annuì.
«Stanno facendo colazione… vieni!»
Jenna la prese per mano e la condusse in cucina.
«Buongiorno!»
salutò lei.
«Sorellina…»
disse Jeremy, alzandosi per darle un bacio.
«È successo qualcosa?»
domandò ansioso.
«Oh… no… sono qui per parlare con Matt…»
«Capisco… vi lascio soli allora…» prese in braccio la figlia «Io e te andiamo a fare il bagno… perché puzzi come il tuo coniglietto rosa!»
«Lady Viola non puzza!»
protestò ridendo la piccola.
«Oh, sì che puzza! Farà anche lei il bagno con te!»
Jeremy solleticò il collo della figlia e poi la portò di sopra. Elena osservò la scena in un misto di gioia e dolore e si chiese se anche Damon avesse giocato così con la piccola Jess. Scosse la testa e si voltò verso Matt.
L’uomo la osservò con i suoi soliti occhi azzurri: limpidi e buoni.
«Mi fa piacere vederti così…»
le disse.
«Così… sana di mente?»
«Così… Elena»
La vampira sorrise e gli si avvicinò. Si sedette di fronte a lui e gli chiese:
«Allora, Matt… cosa mi devi dire?»
L’uomo sospirò e guardò oltre le spalle dell’amica, per assicurarsi di essere soli.
«Riguarda Bonnie… e questa missione…»
 
…ed era un segreto bello grosso quello che custodiva il caro vecchio Donovan»
«Signor Salvatore…»
lo interruppe Ben. Gala spalancò gli occhi.
«È tardi…»
Damon si drizzò sulla schiena.
«Oh, sì! Grazie Ted!»
«Ben!»
lo rettificò Gala. Damon la guardò e distrattamente disse:
«Sì… Ben, Ted… Jimmy… devo andare…»
«Ma…»
«Niente “ma”… è tardi… domani ti racconterò il seguito!»
Così dicendo sgusciò via dalla cripta. La donna rimase immobile  a fissare il punto in cui fino a due secondi prima c’era il vampiro. Il custode si schiarì la gola e lei lo guardò male.
«Ho ricevuto ordini precisi signorina Salvatore, non è colpa mia…»
provò a scusarsi lui.
«Lo so, Ben… lo so… ma… il tempismo… hai un pessimo tempismo!»
lo rimproverò bonariamente. Gli diede una pacca sulla spalla e si diresse verso casa.

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Capitolo 9
*** The track in the past. ***


Il tragitto verso casa fu pieno di pensieri confusi per Gala, non fece  altro che far rimbalzare la sua mente da un dettaglio della storia all’altro, continuando a sbattere contro muri invisibili, alla ricerca di un dettaglio, di un indizio, qualcosa che la aiutasse a capire. Per  ogni tessera di puzzle che le sembrava di recuperare,  però, si rendeva conto di avere altri milioni di pezzi a cui dare una collocazione.
Arrivata nel suo monolocale gettò la borsa in un angolo ed iniziò a sbottonarsi il cappotto, abbassò lo sguardo sul pavimento e vi trovò la fotografia di Elena. Doveva essere scivolata quando era uscita di casa quella mattina. Si abbassò per raccoglierla ed il sogno/ricordo fatto la notte precedente le tornò in mente.
«Ma certo! Che stupida!»
esclamò. Recuperò la borsa ed uscì correndo da casa. I piedi si muovevano veloci, quasi quanto il battito del suo cuore, accelerato all’idea di poter avere qualche risposta.
Corse a perdifiato, sicura della direzione da prendere fino a che non si ritrovò di fronte al cancello di ferro nero dell’Istituto in cui era cresciuta. Non tornava in quel luogo dal giorno in cui lo aveva lasciato, sperando di poter vivere una vita diversa, nuova, ricca. Sorvolò sull’amarezza per le speranze disattese e rimase immobile, ansimante, a fissare la struttura. Da bambina le sembrava enorme e tetra. Non era cambiato molto per i suoi occhi da adulta… forse era meno grande di quanto non ricordasse.
Lo stile della struttura era sempre stato un mistero per Gala, tra guglie barocche e merletti rococò, non aveva mai capito se doveva pensare all’Istituto come una chiesa o come un castello. I rosoni di vetro colorato ritraevano figure sacre, ma il colore scuro, quasi nero, della pietra  di cui era costituito e gli araldi incisi sopra le arcate di porte e finestre facevano pensare all’abitazione di qualche nobile, «Magari apparteneva ad un Conte fanatico religioso» le aveva detto Michelle, quell’unica volta in cui parlarono del suo passato. Scosse la testa e lasciò perdere le beghe architettoniche.
Aveva trascorso metà della sua vita in quel posto, e non riusciva a ricordare nulla di positivo… nulla, a parte quello che sarebbe potuto essere solo un sogno. Si rese conto dell’anomalo silenzio che regnava, controllò l’orario e calcolò che i bambini dovessero essere nella mensa a fare colazione. Ricordò che era il momento della giornata più chiassoso, corrugò la fronte, prese coraggio e spinse il dito sul tasto del citofono. Attese e qualche istante dopo arrivò, ingobbita e claudicante, una donna molto bassa, con un camice blu.
«Il citofono è rotto! » le comunicò «È fortunata che stessi passando di qui, altrimenti avrebbe potuto suonare tutto il giorno e nessuno l’avrebbe sentita!»
«E non sarebbe il caso di mettere qualcuno a controllare?»
«A controllare?!? E cosa?»
«Beh… chi viene…»
«Mia cara, non viene più nessuno qui!»
«Ma…. come… e i bambini?»
«Tutti trasferiti! In altri istituti, più nuovi e funzionali ai loro bisogni… spero non fosse venuta qui con l’intento di adottarne uno!»
«No… io… no! E… e le suore?»
«Oh, loro sono ancora tutte qui! Chi le smuove quelle!»
Gala fissò la donna con sguardo attonito.
«Non faccia così! Sono la… governante, diciamo, mi occupo della pulizia e della manutenzione dei locali di questo posto maledetto…  capisce? Devo pulire “tutto” per via di 7 vecchie in abito nero, che sono troppo pigre per farsi trasferire in un luogo più piccolo e… come ho detto prima? Ah, sì “più funzionale ai loro bisogni”… ed ai miei!»
La donna tossicchiò una risata e si drizzò per guardare in viso Gala. A dispetto del bianco nei suoi capelli nerissimi e del fisico deforme, la donna aveva il viso di una ragazzina: rotondo e paffuto.
«Mi perdoni, parlo sempre troppo… ma visto che quelle non mi danno retta, mi sfogo appena posso! Io sono Mildred Shelly…»
si presentò, tendendo la mano alla ragazza.
«Oh… certo… io sono Gala Ros... Gala Salvatore!»
rispose a sua volta. La donna strinse gli occhi e la studiò un attimo, poi aggiunse:
«Bene, Gala Rossalvatore…» rise «Non mi ha ancora risposto… è qui per…?»
«Oh, sì… certo… cercavo la Madre Superiora…»
Gli occhi della donna si spalancarono.
«Non… lei non è una parente o cose del genere, vero?»
chiese spaventata.
«Cosa? No! No… sono… io sono solo … io abitavo qui… da bambina…»
spiegò. Il viso della donna si ammorbidì e le sue labbra sottili si distesero in un sorriso, svanendo tra le prime rughe della pelle.
«Capisco… lavoro qui da anni… e mai nessuno è tornato …»
«Magari non ha sentito il citofono…»
replicò Gala. Mildred rise, annuì e le fece cenno di seguirla.
«La vecchia matrona non ci sta più tanto con la testa… ma oggi è una giornata buona… potrebbe anche riconoscerla!»
«Ne dubito… non sono un tipo che si fa ricordare…»
«Con quei riccioli d’oro e quegli occhi verdi? Io mi ricorderei di lei fino all’ultimo dei mei giorni!»
Gala arrossì lievemente e seguì la donna.
L’ampio ingresso era rimasto immutato: il marmo verde del pavimento con le sue venature nere, le 4 panche di legno poggiate alle pareti di pietra ruvida, il lampadario di prismi ingialliti con la sua luce cupa, i 3 quadri di nature morte per adornare le pareti.
Nella mente di Gala iniziarono ad echeggiare voci lontane, materializzarsi volti di un passato non così ‘passato’. Mosse timidamente due passi nel lungo corridoio che conduceva agli alloggi delle suore e si fermò, sentendosi le gambe molli. Mildred si fermò a sua volta.
«Ricordi belli o brutti?»
le chiese.
«Lo scoprirò… credo…»
Le due proseguirono fino all’alloggio della madre superiora. Gala non era mai stata in quella parte dell’Istituto. Tra i bambini girava la voce che chiunque si fosse introdotto in quella parte della struttura, non avrebbe mai più fatto ritorno. L’idea di sparire nel nulla l’aveva stuzzicata più volte, ma qualcosa l’aveva sempre trattenuta.
«Siamo arrivate…»
disse Mildred, bussando alla porta.  Una voce flebile le invitò ad entrare.
Dietro la porta di legno scuro, si celava una stanzetta piccola, spoglia, fredda. Gala avanzò titubante, di fronte all’unica finestra presente, un cumulo di stoffa nera e  coperte in pile, muoveva leggermente la sedia a dondolo su cui era ammassata.
«Madre Superiora… c’è una visita per lei»
annunciò Mildred. L’ammasso di stoffa si mosse e da sotto le pieghe di tutti quei tessuti, spuntò il viso bianco ed incartapecorito di colei che era stata l’incubo di Gala. Ogni austerità si era incenerita dai tratti della Madre Superiora e i suoi occhi, un tempo neri e severi, erano ridotti a due puntini lattiginosi.
«Mi ricordo di te…»
Mildred diede una gomitata a Gala, soddisfatta.
«Sei Nessuno…»
proseguì  l’anziana, prima di tornare a guardare fuori dalla finestra. Un brivido percorse la schiena della ragazza.
«A quanto pare mi ero sbagliata sulla giornata buona… mi spiace… magari può tornare un’altra volta»
si scusò la governante, delusa.
«No… no… mi ha… lei mi ha riconosciuta…»
«Gala Nessuno… così ti chiamavano»
continuò la madre superiora.
«Sì. Sono io…»
«”Nessuno”… che brutta cosa per una bambina… avrei dovuto farli smettere…»
«Non fa niente…»
«No… suppongo di no…»
commentò l’anziana Madre, assente.
«Vi lascio sole…»
si congedò Mildred. Gala le sorrise ed andò a sedersi accanto all’anziana.
«Madre Joanna… io… io devo chiederle una cosa…»
«Ti sono sempre piaciute le domande…»
«Le ho sempre odiate… in verità…»
«Eppure ne facevi tante»
«Già… e non c’era mai nessuna risposta…»
«E sei ancora qui… a fare domande…»
Gli occhi liquidi dell’anziana si posarono sul viso della giovane.
«Guardami… sono vecchia e la mia mente gioca brutti scherzi… credi sarò in grado di aiutarti?»
«Lo spero…»
«Ed allora chiedi…»
La ragazza fece un gran respiro, quindi domandò:
«Lei… lei si ricorda di questa donna?»
Gala tirò fuori dalla tasca del cappotto la fotografia di Elena. Madre Joanna la prese con mani tremanti e se l’avvicinò agli occhi. Scrutò a lungo l’immagine prima di renderla indietro alla ragazza.
«I miei occhi scherzano più della mia mente… ma per quanto possa ricordare… no… io non l’ho mai vista…»
Il sangue nelle vene della giovane si ghiacciò.
«M-ma… ma come? Lei… veniva a farmi visita!»
esclamò.
«Ah… certo… ricordo…»
«La ricorda?»
«No… non lei… ricordo te che parlavi di lei… Allison… Elise…»
«E-Elena… si chiamava Elena…»
«Elena! Giusto! Parlavi di lei in continuazione…»
«E non l’ha mai vista?»
«Come avrei potuto? Gli amici immaginari si fanno vedere solo dai bambini che li immaginano…»
«Ma lei non era immaginaria! Vede?» si mise la foto vicino al viso «Lei esiste!»
«Ragazza mia… non so chi sia la persona della foto, ma qui non è mai venuta… »
«Ma… ma io…»
«Parlavi sempre di lei… poi hai smesso… di colpo. Un giorno eri tutta “Elena di qua, Elena di là” ed il giorno dopo hai semplicemente smesso di parlare… di Elena, di Mystic Falls… di…»
«Di?»
la incitò, sentendo lo stomaco chiudersi ed il cuore esplodere. L’anziana Madre, però non rispose. Chiuse la bocca e fissò la neve che ricopriva il cortile interno dell’Istituto.
«Madre Joanna…»
Le toccò un braccio, per richiamare la sua attenzione.
«Madre Joanna…»
insisté Gala. L’anziana, però, era tornata nel suo mondo, riprese a dondolare sulla sua sedia e non proferì più parola. Lo sconforto si impossessò della ragazza che inghiottì lacrime e dolore.
Si morse l’interno del labbro inferiore e si alzò, dirigendosi verso la porta. Mise la mano sul pomello gelido e prima di farlo ruotare disse:
«Il mio nome è Gala Salvatore, comunque…»
Si mosse per uscire, non aspettandosi nessuna risposta, ma la Madre la sorprese.
«Numero 226 – Gala S. – anni: 2. Genitori: deceduti »
Il tono neutro con cui pronunciò quella lista di dettagli, diede i brividi a Gala. Di nuovo la sensazione di essere solo qualcosa da catalogare le attanagliò lo stomaco, poi la sua mente iniziò a tormentarsi con le ultime parole della Madre «Genitori: deceduti», plurale. Prima di scoppiare in lacrime uscì da quella stanza, intenzionata a rimettere distanza tra lei e l’Istituto. Nell’atrio trovò ad attenderla Mildred. La donna le sorrise ma capì subito che non doveva essere andata bene.
«Va tutto bene?»
«No… ma andrò meglio… prima o poi!»
La voce di Gala si spezzò. Si affrettò ad uscire fuori dove un freddo meno pungente l’accolse, riuscendo a ghiacciare le lacrime prima che sgorgassero calde e copiose. Affondò le mani nel cappotto e percepì la fotografia di Elena, la ignorò e tornò a passo spedito verso casa.
Tornata nel suo monolocale, si fece una doccia e si buttò nel letto, con solo l’accappatoio addosso.  Sentiva il sonno chiuderle gli occhi, ma aveva paura di addormentarsi e sognare. Aveva paura di riportare a galla altri tasselli e, di conseguenza, altre domande. Si voltò a guardare la foto di sua madre e di Klaus, sul comodino. Stava diventando un’abitudine ormai e, come d’abitudine, i suoi occhi si chiusero.
I sogni di Gala furono invasi dagli occhi ingrigiti dell’anziana Madre Superiora, ma non ci furono parole o ricordi. Si svegliò a pomeriggio inoltrato, sotto i gorgoglii del suo stomaco vuoto. Si alzò ed andò a preparare qualcosa da mangiare, passò il resto del tempo in attesa che fosse ora di tornare da Damon. Aveva mille domande da fare e mille dubbi da fugare e sapeva che il vampiro le avrebbe creato più confusione che altro. Il giorno finì, la notte passò e Gala riuscì a non sognare. Quando la sveglia tornò a cantare col suo tono metallico, la ragazza era già in piedi, pronta per affrontare una nuova tortura. Fece colazione, si vestì e si avviò verso il cimitero. Camminò con la testa calata nel cappotto, fissando il marciapiede ghiacciato. A pochi passi dal cancello si rese conto, però, che c’era qualcosa di strano: l’odore del caffè si era sostituito a quello di fiori di pesco. Confusa sollevò finalmente la testa ed il cuore le si fermò.
Non c’era Damon ad attenderla, ma Elena. Gli occhi verdi di Gala si spalancarono ed il respiro le si congelò in gola.
«Ciao Gala… sono felice di rivederti…»
La ragazza le si lanciò addosso stringendola ed iniziò a piangere. La vampira la strinse a sé e le accarezzò la testa.
«Non piangere, ti prego… »
la supplicò. Gala annuì e si separò dall’abbraccio.
«Sei… tu sei qui… sei davvero qui…»
«Damon mi ha raccontato come stavano andando le cose qui… ed abbiamo pensato fosse giunto il momento di farti parlare un po’ con me…»
spiegò Elena.
«Io… io ho un sacco di domande… io… ho ti devo chiedere troppe cose!»
«Ed io proverò a risponderti, ma valgono le regole di Damon, lo sai questo, vero?»
«Lo immaginavo…»
Le due ragazze si sorrisero e si strinsero in un nuovo abbraccio.
«Vogliamo entrare?»
la invitò Elena, ponendo le mani sulle barre gelide del cancello.
«S-sì… ma Ben? Lui… lui ti conosce, vero? »
«Non ti devi preoccupare di Ben… è uno dei nostri»
rispose sorridendo la vampira. Le due si addentrarono nel cimitero e camminarono in silenzio fino alla cripta in cui era stata seppellita Jessica.
Il consueto profumo di rose invase le narici di Gala che si sentì finalmente a casa. Elena avanzò lentamente verso il loculo di Jessica e, come Damon, ne accarezzò la foto, con amore e devozione.
«Le volevi bene?»
le chiese, Gala. La vampira annuì.
«La amavo… non abbiamo iniziato con il piede giusto, sai?»
«Sì… Damon mi ha raccontato tutto…»
Elena sorrise.
«Già… gli piace un sacco raccontare quella parte di storia…»
«Ma poi avete risolto, è quello l’importante, no?»
«Sì… è quello l’importante»
Gala colse una nota di dolore in quell’affermazione.
«Elena…»
Gli occhi neri della vampira tornarono in quelli della ragazza.
«Sì… scusa, è che è difficile non farsi intrappolare nei ricordi…»
«Almeno tu ne hai di ricordi…»
replicò con amarezza, Gala.
«I ricordi sono una lama a doppio taglio… possono essere la tua salvezza o la tua rovina…»
«Nel mio caso il problema non si pone, no?»
«Tu sul serio pensi di non avere ricordi?»
«Non come i tuoi… non come quelli di Damon!»
Elena sospirò.
«Gala… siamo vampiri… Damon ha vissuto 200 anni ed io quasi 100… non puoi mettere a paragone la tua vita mortale con la nostra…»
«Mia madre ha vissuto per 28 anni… ed aveva più ricordi di me …»
«Non è una gara… e tu hai una vita davanti  ancora…»
«Se la vivrò come ho fatto fino ad ora…»
«Ma non lo farai!» la interruppe la vampira «Perché credi che siamo qui, a raccontarti tutto? Perché pensi abbiamo deciso di coinvolgerti in tutto questo?»
«Avreste potuto farlo prima…»
replicò timidamente Gala. Elena si aprì in un sorriso.
«Non dipendeva da noi…»
«Ah, no?  E da chi, allora?»
«Da te… mi sembra ovvio…»

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Capitolo 10
*** Lullaby For A Stormy Night. ***


“Nella notte è tutto scuro/vedo un’ombra lungo il muro
guardo in mezzo a una fessura/tremo tutta ed ho paura!
C’è una strega tutta nera/con la sua magica sfera;
c’è un fantasma fluorescente/che spaventa la mia mente;
c’è un vampiro insanguinato/che vagheggia in mezzo a un prato
e col sangue vuol brindare/ma ora basta… è ora di sognare!”

-other author-
 
Gala si lasciò cadere sulla panca di legno della cripta e fissò il soffitto.
 
La storia che aveva iniziato ad ascoltare da nemmeno una settimana, invece di dipanare i dubbi, ne creava di nuovi. Per ogni risposta ricevuta, nascevano altre mille domande. Era un gioco crudele, senza fine.
Perfino quello che le era sembrato un lampo di genio, si stava rivelando una fucina di nuove domande:
era andata all’orfanotrofio in cui era cresciuta a cercare risposte, ma era tornata a casa con una manciata di nuovi dubbi. Un barlume di speranza si era acceso quando aveva trovato, di fronte al cimitero, la sola persona che aveva voglia di vedere: al posto di Damon c’era Elena.
La gioia che l’aveva invasa alla visione della vampira l’aveva fatta agire in un modo inconsueto, le si era gettata tra le braccia, come una bambina con la sua mamma.
Scoprì così che per quella giornata avrebbe condotto Elena il gioco, avrebbe raccontato lei la storia, avrebbe risposto lei alle domande. La speranza che le cose potessero cambiare, però, svanì subito.
Già il primo quesito che Gala le aveva rivolto, aveva generato confusione con la risposta.
 
Sbuffò e chiuse gli occhi.
«Oh… ti prego… non iniziare anche tu come lui…»
sbottò, tornando a guardare la vampira, ancora in piedi vicino al loculo di Jessica.
«A fare cosa?»
domandò Elena, avvicinandosi alla panca.
«A dare risposte criptiche! “Dipende da te, Gala!”… o “Non te lo posso dire, Gala”, oppure “Capirai a tempo debito, Gala”… o peggio ancora “C’è un ordine prestabilito per raccontarti la storia, Gala”… non… tu non farlo! Non ne posso più!»
Vomitò quelle parole, esasperata. Gli occhi belli e scuri della vampira si riempirono di dolcezza.
«Ti spiegherò, per quanto mi sarà possibile, ogni cosa… ma Damon ha ragione: devi conoscere la verità pian piano…»
«Ma perché? Perché non posso sapere tutto e subito? Perché non mi potete dire semplicemente chi è mio padre e cosa diavolo è successo dopo che sono nata?»
Elena aprì la bocca per rispondere, ma la richiuse. Si sedette accanto a Gala e si prese qualche minuto per pensare, fissando la fotografia di Jessica.
«In questo sei proprio come lei…» sorrise «Damon mi aveva detto che eri più… calma… ma non è così… ti sforzi di stare al gioco, ma fremi per sapere tutto… subito…»
Guardò negli occhi Gala ed aggiunse:
«Ma non puoi… non si può!»
La ragazza sospirò.
«Perché no? Dimmi solo questo…»
la supplicò.
«Gala…»
Nonostante il tono dolce e delicato, Gala percepì la barriera che la vampira aveva appena calato tra di loro. Scosse la testa e si calò il viso tra le mani.
«Io vorrei solo… vorrei solo…»
«Lo so, Gala…»
Elena mise una mano sulla testa della ragazza e l’accarezzò, facendo scorrere le dita tra i riccioli biondi. Quel gesto sembrò così familiare alla ragazza, nella cui mente affiorarono i ricordi di altre mille carezze come quella. “È solo suggestione” pensò.  Quasi come se le avesse letto nella mente, la vampira disse:
«Non dubitare mai di quello che ti dice il tuo corpo… c’è stato un tempo in cui ti addormentavi e ti calmavi solo se ti accarezzavo così …»
Gala sollevò la testa e guardò Elena. Una risposta, mille altre domande. Da qualche angolo recondito della sua mente, iniziò a risuonare una nenia, e pezzi di qualche ricordo lontano cominciarono ad assemblarsi fornendole immagini sfocate di una stanza, un letto ed una bambina spaventata.
«C’era una canzone… una ninnananna… me la cantavi sempre… o almeno credo…»
disse titubante la giovane. La vampira si limitò ad annuire.
«… And I hope that you'll know... everything's fine in the morning… the rain'll be gone in the morning… but I'll still be here in the morning…»
canticchiò Gala.
«Non posso credere che la ricordi…»
commentò Elena, sorridendo.
«Ed io non posso credere tu mi abbia mentito così spudoratamente…»
replicò la ragazza. La vampira la guardò confusa.
«”But I’ll still be here in the morning”…»
ripeté Gala. Un velo di tristezza scese sul viso di Elena.
«Se devo dar retta al mio corpo… al mio istinto, e quindi credere che quelli che ho in testa sono ricordi reali… beh… allora mi ricordo che non ci sei mai stata… mai una mattina mi sono svegliata con te a fianco… mai una volta ho aperto gli occhi nei tuoi… ma mi cantavi sempre che saresti rimasta lì, che ti avrei trovata lì al mio risveglio…»
«Gala… io…»
provò a giustificarsi la vampira.
«No!» la interruppe senza rabbia «Non voglio sentire le tue scuse… posso capire… davvero… se qualcuno ti avesse vista ci sarebbero state troppe domande da fare e poche risposte da dare… capisco, davvero… io questo lo capisco, ma…»
La voce di Gala tremò un istante, si prese qualche attimo per respirare e proseguì:
«Ma come hai potuto cancellare questi ricordi? Come hai potuto privarmi della sola cosa che mi faceva stare bene? Come avete potuto farmi questo?»
Le lacrime iniziarono a sgorgare dai suoi grandi occhi verdi, si alzò dalla panca e si avvicinò al loculo di Jessica.
«Fino ad una settimana tutto quel che sapevo di me, della mia famiglia era che non ero nessuno e non ne avevo una… adesso, invece, viene fuori che, non solo avevo una famiglia numerosa e davvero speciale… ma, addirittura, ho un cognome e sono la figlia di una specie di eroina!»
«Gala… calmati… non è come credi…»
«Ah no? Quindi, mi stai dicendo che non c’è una famiglia di vampiri là fuori che aspetta me…»
Elena tacque.
«Per questo sono stata in un orfanotrofio, anziché con voi… perché in realtà mi state prendendo in giro! Mi avete somministrato qualche tipo di droga… o mi avete ipnotizzata per avere dei ricordi mai nemmeno sognati, in testa… è questo che stai dicendo?»
«No… non è quello…»
«Ed  allora cosa, Elena? Cosa non è come credo io?» indicò la foto della madre con un dito «Non sono figlia della stupenda Jessica?»
Negli occhi scuri di Elena iniziarono a brillare le lacrime. La vampira si morse le labbra ed abbassò lo sguardo.
«Dimmi solo perché mi hai fatto questo… dimmi solo perché mi hai cancellato la memoria… dimmi perché mi hai tolto la sola cosa bella che avevo…»
Entrambe le donne stavano piangendo in silenzio, ma negli occhi di Elena riluceva qualcos’altro, una fiamma mai spenta, la scintilla di un amore sconfinato.
«Non sono stata io…»
rispose con voce ferma. Gala corrugò la fronte.
«E… e allora chi? Damon?»
Elena rise.
«No… Damon non ti avrebbe mai fatto questo…»
«Io… io non capisco… Klaus? È stato lui?»
«Non è stato nessuno di noi, Gala… non è a causa nostra che mi hai dimenticata…»
Gala boccheggiò in cerca di parole che non giunsero. Elena si sollevò dalla panca e le si avvicinò.
«Non siamo stati noi…»
insisté la vampira.
«Chi, allora?»
domandò la ragazza. Elena sospirò.
«No… non fare quella faccia, ora…»
disse ad Elena.
«Quale faccia?»
«La faccia da “Mi spiace, Gala! Vorrei dirtelo, ma non posso”… quella faccia!»
La vampira prese le mani della ragazza e le sorrise.
«Ti devi essere confusa, perché la mia era una faccia da “Te lo dirò, ma non ti piacerà”!»
Quelle parole lasciarono spiazzata Gala, che deglutì e si affrettò a dire:
«Posso sopportarlo! Dimmi… dimmi chi è stato a farmi dimenticare tutto…»
«Tu, Gala… hai fatto tutto da sola»
La risposta secca di Elena lasciò la ragazza a bocca aperta.
«I-io? Ma… ma come? Come è possibile?»
Elena lasciò le mani di Gala e sollevò le sopracciglia.
«Ecco…» si indicò il viso «Adesso sì che ho la faccia da “Vorrei dirtelo, ma non posso”»
Così dicendo si voltò e tornò a sedersi sulla panca. Accomodatasi, batté una mano sul legno della seduta, invitando la ragazza a prendere posto accanto a lei.
«Partiamo dall’inizio, ok?»
propose Elena. Gala annuì con espressione smarrita, quindi andò a sedersi.
«Le regole restano quelle di Damon: ti racconterò quel che posso, nel modo più chiaro possibile…»
«Ma non mi dirai nulla che possa rivelare un passaggio della storia ancora da raccontare…»
finì per lei la ragazza. La vampira annuì, quindi riprese a parlare:
«Come avrai intuito… per i primi due anni della tua vita sei rimasta con noi… poi… abbiamo deciso di risparmiarti il rischio della nostra compagnia…»
«E mi avete portata in orfanotrofio…»
«Sì…»
«Ma perché a Seattle? Perché non a Mystic Falls?»
La domanda parve cogliere di sorpresa Elena e qualcosa nel suo sguardo mise in allarme Gala.
«Non c’era più niente per noi a Mystic Falls… tu sei nata a Seattle… era qui che dovevi rimanere…»
Il tremore latente nella voce della vampira, confermò i sospetti della giovane: stava mentendo.
«Comunque…» proseguì Elena «Non me la sentii di lasciarti sola… anche se avevi solo due anni, la notte faticavi ad addormentarti… io lo sapevo e non potevo sopportare l’idea di saperti triste e spaventata lì dentro… così decisi di venire a vegliare il tuo sonno…»
Non c’era ombra di bugia in quella parte di storia, Gala si rilassò “Forse è stata solo un’impressione” si disse mentalmente, poi tornò ad ascoltare Elena.
«Non credevo sarebbe stato tanto difficile smettere di farti visita… e così ho continuato. La notte scendeva ed io venivo da te… poi hai iniziato a crescere e ad essere cosciente della mia presenza… non potevo impedirti di andare in giro a parlare di me…»
«Però potevi sparire appena in tempo affinché nessuno ti vedesse e potesse prendermi sul serio, vero?»
Elena annuì.
«Già… i bambini hanno sempre degli amici immaginari…»
«Suppongo di sì…»
«Ma non potevo andare avanti così… non potevo venirti a fare compagnia di notte, per sempre… presto saresti diventata troppo grande ed avresti iniziato a fare domande…»
di nuovo, la sensazione che stesse mentendo, si fece strada in Gala.
«Iniziai a prepararti all’idea che non sarei più venuta… che non ti avrei fatto più visita…»
«Non capisco…»
la interruppe.
«Cosa?»
domandò la vampira.
«Se il vostro scopo è sempre stato quello di farmi conoscere tutta la storia, di farmi sapere tutta la verità… perché dovevi sparire? Perché non potevi semplicemente dirmi tutto?»
Un lampo di dolore scosse il viso di Elena che si ricompose subito.
«Noi ti avremmo detto tutto quando fossi stata un po’ più… grande… quando avresti potuto capire di più…»
«Come adesso?»
«Sì… come adesso…»
«E perché non al compimento dei miei 18 anni? Non ero grande abbastanza?»
«Non eri pronta…»
Gala si alzò di scatto e si allontanò dalla panca, portandosi le mani nei capelli.
«In base a cosa lo dici? Avete per caso un… misuratore di prontezza?»
ironizzò, voltandosi a guardare Elena. La vampira, visibilmente tesa, deglutì.
«Volevi sapere perché hai dimenticato tutto?»
«Che c’entra questo, ora?»
chiese la ragazza, spiazzata.
«C’entra perché quando sono venuta per l’ultima volta da te, a salutarti… mi hai supplicata di non farlo… mi hai pregata di dirti tutto quello che aneli sapere ora…»
«E…»
la incalzò.
«Ed io l’ho fatto! Ti ho raccontato tutto quello che volevi sapere…»
La vampira sputò fuori le ultime parole come fossero lame taglienti, sembrò provasse dolore nel pronunciarle.
«E?!?»
insisté Gala, smaniosa di capire.
«E tu ti sei chiusa a riccio… ti sei rifiutata di credere… mi hai chiusa fuori… ci hai chiusi fuori… hai costretto te stessa a dimenticarmi… a dimenticare tutto quello che ti avevo detto… hai costretto la tua mente a resettare tutto… non eri pronta ad ascoltare e non lo sei stata finché non hai permesso a Damon di sbatterti addosso…»
Elena, che aveva fissato Gala per tutto il tempo, distolse lo sguardo, rivolgendo i suoi occhi verso l’esterno della cripta, stringendo le mani tra di loro, come se stesse pregando.
«C-cosa… c-che…»
farfugliò la ragazza, incapace di capire. Continuando a fissare la luce fredda dell’esterno, la vampira riprese a parlare, mentalmente lontana mille miglia dalla cripta.
«Non potevamo rischiare di spaventarti di nuovo… non potevamo rischiare di perderti per sempre… così siamo rimasti in disparte, in attesa che tu fossi pronta… davvero pronta…»
«Ma… ma non ha nessun senso! Come avrei potuto costringere me stessa a dimenticarti? Io… no… questa è opera vostra! Siete voi che potete mettere sottosopra le menti altrui!»
sbottò Gala, sentendo la bocca inaridirsi. Elena finalmente riportò i suoi occhi sul viso sconvolto della giovane.
«Gala… credimi… se fosse stata opera nostra, non avresti ricordato nulla… a meno che non fossimo stati noi a volerlo…»
«Magari è così! Magari è stato Damon a soggiogarmi senza che me ne accorgessi…»
esclamò Gala, tornando ad avvicinarsi alla panca.
«Non ci credi veramente…»
«Io non so a cosa credere…»
«Puoi credere a me…»
Elena le tese una mano.
«È tutto così… complicato…»
sussurrò Gala, prendendo la mano della vampira.
«Per questo dobbiamo andare a piccoli passi… con calma, senza fretta. Ti diremo tutto… saprai tutto! Ma a tempo debito… non un minuto prima, non uno dopo…»
disse, spingendola a sedersi di nuovo.
«Elena…»
«Sì?»
«Perché hai detto che a Mystic Falls non c’era più niente per voi?»
Negli occhi della vampira comparve un altro lampo di dolore.
«Perché era così… è così. Quando Jess andò via, cambiarono molte cose… lei era una specie di… collante… lei era il nodo che ci teneva uniti…»
«Tutto qui…»
commentò Gala, un po’ delusa.
«Come sarebbe a dire “tutto qui”?»
ribatté stupita, Elena.
«Eravate una gran famiglia, vi volevate bene ed eravate uniti… ma solo per via di Jessica?»
L’incredulità nel tono della ragazza colpì la vampira.
«Sai qual è il modo più rapido per uccidere un vampiro?»
Gala tacque.
«Strappargli via il cuore. Se colpisci quello, del predatore forte e feroce, non resterà che un corpo avvizzito… pietrificato…»
«E mia madre… era il vostro cuore…»
«Sì… lo era…»
«Allora perché non l’avete seguita? Qui a Seattle, intendo…»
Elena aprì la bocca, forse per rispondere, ma la voce di Ben impedì a Gala di scoprirlo.
«Vogliate scusarmi…»
intervenne il vecchio.
«Oh! Ma andiamo, Ben! Un minuto in più! Un solo minuto! Che ti costava aspettare un minuto!»
esclamò Gala, battendosi le mani sulle ginocchia.
«Elena…» disse il vecchio, spalancando la bocca «Mi… mi scusi… io non… io pensavo di trovare il signor Salvatore…»
La vampira gli sorrise, si alzò e gli si avvicinò.
«Invece oggi è toccato a me incontrare la nostra amica, Ben…»
L’anziano custode ricambiò il sorriso ed annuì.
«Capisco… mi spiace, ma sono quasi le 7:00… »
«Non preoccuparti, Ben… hai fatto bene…» si voltò verso Gala «Tanto non abbiamo fretta, vero?»
La ragazza si morse l’interno del labbro inferiore ed annuì sbuffando.
«E poi  ho risposto alle tue domande…»
concluse Elena.
«A-aspetta… domani non verrai tu?»
le chiese allarmata.
«Spetta a Damon raccontarti la storia… e poi noi ci rivedremo presto…»
Un ultimo sorriso e, come un sogno fatto in dormiveglia, la vampira si dissolse nella luce del mattino, lasciando indietro solo il suo profumo.
Ben guardò con aria colpevole Gala che, però, non parve arrabbiata.
«Non fare quella faccia, Ben… lo so che non dipende da te…»
Così dicendo, la ragazza uscì dalla cripta e si incamminò verso casa. Arrivata all’appartamento recuperò un borsone, ci buttò dentro qualche vestito, prese il passaporto e chiamò un taxi.
 
«Dove la porto?»
chiese un giovane dai capelli rossi, masticando chewing-gum al mentolo.
«Al  Seattle-Tacoma Airport»
rispose, mettendosi comoda nel sedile posteriore.
 
Tra prenotazione del volo, attesa, imbarco e viaggio, passarono 6 ore. Giunta a destinazione noleggiò una macchina e comprò una cartina stradale.
Guidò senza sosta per altre 5 ore, canticchiando in loop la canzone che aveva ricordato quella mattina:
«Little child, be not afraid… though rain pounds harshly against the glass, like an unwanted stranger, there is no danger … I am here tonight…» ed il cartello con l’insegna “Mystic Falls” apparve lungo la strada.
 

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Capitolo 11
*** Mystic Falls. ***


La notte stese il suo manto scuro sugli ultimi scampoli di cielo azzurro. Le luci dei lampioni iniziarono a brillare fioche, intrappolate nelle loro gabbie di vetro. Alcuni commercianti, attardatisi nei propri negozi, si apprestavano a chiudere per tornare a casa dalle proprie famiglie. Nel resto della piccola cittadina aleggiava un alone di tristezza ed abbandono.
Gala guidò con cautela per le stradine di Mystic Falls e non poté fare a meno di sentirsi turista in una città fantasma. Sentiva che mancava qualcosa a quel posto, ma non fu in grado di capire cosa.
Accostò la macchina accanto al famoso “Mystic Grill”, scese, respirò l’aria densa e gelida ed osservò il locale. Aveva provato ad immaginarlo tante volte, ma del pub in cui si riunivano i protagonisti della ‘sua’ storia, era rimasta solo l’insegna.  Si guardò intorno e sentì una stretta nel petto, tutto intorno era uguale e diverso al contempo. La Mystic Falls raccontata da Damon non era che l’ombra di quello che si presentava sotto gli occhi di Gala. La vita era stata succhiata via da quelle strade ed il vento soffiava tristezza. Scosse la testa, si strinse il cappotto nella meccanica convinzione di potersi riscaldare, ma il freddo che sentiva veniva da dentro, non c’erano cappotti per avvolgere l’anima.
Controllò l’ora: le 20:32. Un gruppo di giovani uscì dal locale ridendo. Gala li osservò mentre trovava il coraggio di fermarli.
«Hey! Ragazzi! Scusate!»
esclamò. I giovani, 3 ragazzi e 2 ragazze di 15, al massimo 16 anni, si fermarono, squadrandola dalla testa ai piedi. Lei si schiarì la gola e si avvicinò.
«Scusate il disturbo… credo… io credo di essermi persa…»
«Se è finita a Mystic Falls… si è sicuramente persa!»
commentò sarcastico un ragazzo alto e robusto.
«Ehm… no, no… dovevo venire a Mystic Falls… ma non so come arrivare qui…»
replicò, indicando un punto preciso sulla mappa che stringeva tra le mani. La ragazza stretta al giovane che aveva parlato poco prima, si liberò dall’abbraccio e si sporse a guardare.
«Il pensionato Salvatore?»
domandò. Gala annuì.
«Lei lo sa che è chiuso da anni? Cioè… non è più un pensionato…»
«È chiuso… o non è più un pensionato?»
«Fa qualche differenza?» intervenne il ragazzo alto e robusto «Quel posto è maledetto… »
Un’altra ragazza dai capelli rossi diede una gomitata al giovane.
«Falla finita, Kevin…»  quindi si rivolse a Gala «Sono in vena di scherzi, non capita spesso di vedere gente nuova da queste parti… il pensionato Salvatore è chiuso agli ospiti… ma dovrebbe abitarci ancora una discendente dei discendenti dei primi proprietari… una cosa del genere… è un po’ fuori città, vede?» prese la cartina di mano a Gala «Deve proseguire per Fallen Street, svoltare per il vecchio ponte e proseguire finché non si ritroverà di fronte al cancello. È una grande proprietà, non può mancarla…»
La ragazza dai capelli rossi le sorrise restituendole la cartina.
«G-grazie… sei stata molto gentile…»
«Si figuri… sono molto stanca e se non tagliavo corto io, questo branco di idioti le avrebbero fatto perdere tempo…»
«Andiamo, Lea! Non esagerare…» esclamò il ragazzo più basso «Ci scusi… spero non se la sia presa…»
concluse, rivolto a Gala.
«Non preoccupatevi… ho un gran senso dell’umorismo…»
rispose lei, riponendo la cartina nella tasca del cappotto e tornando verso la macchina. Non appena inserì la chiave nel quadro di accensione dell’auto, la ragazza dai capelli rossi bussò al vetro della macchina.
Gala sussultò.
«Mi scusi… non volevo spaventarla…»
disse Lea mentre il finestrino veniva abbassato.
«Mi hai presa alla sprovvista… dimmi…»
«Oh… nulla… solo… se le serve un posto dove dormire, qui in piazza c’è un Bed&Breakfas… è di mia zia, posso farle trovare una stanza… anche se non dovrebbero esserci difficoltà… non viene mai nessuno qui…»
le propose la giovane.
«S-sei molto gentile… ehm… non credo mi servirà…»
«Non ha bisogno di dormire?»
«Ho bisogno di svegliarmi…»
La ragazza spalancò la bocca confusa, Gala le sorrise ed avviò il motore.
«Sei stata molto gentile, Lea… buona notte!»
la salutò.
Gala seguì le indicazioni della giovane ed arrivò al pensionato in poco più di 20 minuti. Fermò la macchina di fronte al grande cancello e scese. La sensazione di tristezza tornò a soffiarle addosso.
Era tutto buio, solo la pallida luce lunare dava forma alla struttura. Posò le mani sulle barre gelide del cancello e fece pressione. L’inferriata si mosse cigolante e Gala entrò.
Camminò lungo il vialetto sentendo la ghiaia scricchiolare sotto gli stivali. Si mosse nel buio denso, fluendo nell’oscurità come un ruscello. Giunse di fronte al vecchio portone di legno, vi fece scorrere sopra le mani fino ad incontrare il batacchio di ferro. Agganciò l’anello per batterlo ma la porta si aprì. Rimase immobile, inghiottita dal buio, sentendo l’aria di chiuso soffiarle sul viso.
«C-c’è nessuno? S-sono… Sono Gala… Gala Salvatore…»
urlò titubante dall’uscio. Il silenzio assorbì le sue parole.
«P-posso… entrare? Hey!»
riprovò. Non ricevendo risposta alcuna, avanzò. Cercò nel buio un interruttore sulla parete, trovandolo lo spinse verso l’alto. Con sorpresa si accese la luce, rivelandole l’interno.
«P-permesso… c’è qualcuno?»
riprovò a chiedere, di nuovo nessuna risposta. Mosse un altro  passo e la porta dietro di lei si richiuse, spinta dal vento. Si voltò di scatto, spaventata dal rumore. Il cuore le era balzato in gola, deglutì e provò a calmarsi.
«Andiamo Gala… sei stata a colloquio con due vampiri… e ti spaventa una casa vuota?»
Espresse quel pensiero ad alta voce, per farsi compagnia. Si addentrò nella casa guardandosi intorno. La sensazione che fosse tutto uguale e diverso tornò a stuzzicarle la mente. Era come se stesse osservando lo scheletro di quel che era stata quella casa. Scese due gradini e si ritrovò in quel che era stato il salotto. Metà dei mobili era celata sotto teli bianchi, ricoperti di polvere. C’era un camino in fondo alla stanza, vi si  avvicinò e studiò con le dita gli intarsi pregiati della pietra. Guardò le pareti spoglie riuscendo ad individuare il punto preciso in cui dovevano esserci stati  appesi dei quadri, magari delle foto, come quelle che Damon le aveva fatto avere.  Il pensiero di quelle immagini le causò dolore. Riconobbe scorci della casa immortalati nelle fotografie ed il calore che emanavano non aveva niente in comune con l’alito gelido che regnava lì dentro. Si sentì mancare l’aria e tutto intorno a lei cominciò ad ondeggiare. Si diresse verso quel che sembrava un divano, lo scoprì sollevando nuvole di polvere, vi si sedette adagio, poggiò la testa sullo schienale e fissò la luce gialla e tremolante del grande lampadario appeso in mezzo alla sala. Chiuse gli occhi ed iniziò a fare dei respiri profondi.  Non si era aspettata di trovare il comitato di benvenuto, ma la desolazione della casa la turbò.
“Non se ne sono solo andati… hanno portato via tutto… ogni traccia della loro presenza in questa casa… in questa città, è stata strappata via… risucchiata… cancellata…” pensò con dolore. Sollevò stancamente il polso e guardò l’ora: le 21:18. Sentì improvvisamente tutta la stanchezza di quella lunga giornata pesarle sulle palpebre. Il braccio le ricadde pesantemente sul divano, socchiuse gli occhi ed immaginò la foto di sua madre e Klaus: “L’ho dimenticata a Seattle… ho dimenticato di riportarla qui… a casa” fu l’ultimo pensiero cosciente che fece prima di addormentarsi.
 
«Ma non c’è musica!»
La voce gioiosa di Elena le accarezzò le orecchie.
«Non importa… voglio ballare con te!»
rispose la voce di Damon. Gala scosse la testa e si guardò intono. Faticò a realizzare dove si trovasse. Era lo stesso salotto in cui si era addormentata, ma tutta la vita strappata via era tornata ad infondere colore e calore alla casa.
«Andiamo! Un solo ballo… in ricordo dei bei vecchi tempi!»
Finalmente la voce prese corpo ed il vampiro si materializzò di fronte al camino acceso.
«Hey! Non sono così vecchia…»
Ed anche Elena emerse dalle ombre.
«Non lo sarai mai più, amore mio…»
scherzò Damon. Prese le mani ad Elena e se l’avvicinò al petto, muovendo qualche passo di danza.
«Io devo assistere sul serio?»
proruppe una nuova voce. Gala si voltò di scatto alla sua destra, seduta accanto a lei c’era sua madre, con le braccia incrociate sul petto e un ghigno divertito stampato sul viso.
«Se vuoi andare, sei libera…»
rispose il vampiro, senza distogliere lo sguardo dalla sua Elena, stretta fra le braccia.
«Agh… vi prego!»
esclamò Jessica.
«Non fingere che non ti faccia piacere, tesoro…»
Un’altra voce, calda e profonda risuonò alla sua sinistra. Gala si voltò,  seduto accanto a lei trovò Klaus. Gli occhi dell’ibrido la trapassavano, come sei lei non fosse lì.
“Sto… sto sognando” realizzò.
«Certo… è il sogno di ogni figlia vedere i propri genitori amoreggiare di fronte a lei…»
ribatté Jessica, sorridendo. Gala sentì lo stomaco stringersi: lei avrebbe dato la sua vita per vedere sua madre e suo padre amoreggiare.
 “No, non tuo padre… tua madre e Klaus!”
la corresse una voce interiore.
Il suo desiderio venne presto esaudito: Klaus si alzò dal divano e tese la mano a Jessica.
«Andiamo, tesoro… voglio ballare anche io con te…»
Il cuore di Gala si riempì di gioia. Sua madre seguì l’ibrido accanto Damon ed Elena ed iniziarono a ballare.
Calde lacrime le sgorgarono dagli occhi, morendo tra le pieghe del sorriso che le si apriva sul viso.
Guardò le due coppie innamorate muoversi senza musica. L’unico ritmo intonato, era uno strano ticchettio. Solo dopo alcuni istanti si rese conto che era un rumore estraneo a quel sogno, qualcosa che veniva da lontano. Si concentrò su quel suono…  era il rumore del picchiettio delle unghie su una superficie.
Ti-ti-tic … ti-ti-tic… ti-ti-tic…
 
Gala aprì lentamente gli occhi.
Ti-ti-tic … ti-ti-tic… ti-ti-tic
La luce gialla e tremolante del salone era divenuta meno densa.
Ti-ti-tic … ti-ti-tic… ti-ti-tic…
Non riuscì a leggere l’ora sul suo orologio.
Ti-ti-tic … ti-ti-tic… ti-ti-tic…
Il picchiettio si fece più intenso.
Ti-ti-tic … ti-ti-tic… ti-ti-tic…
Si strofinò i palmi delle mani sugli occhi e tornò a guardare nella stanza.
Di fronte a lei, incassata in una poltrona, fusa con le ombre della casa, sedeva una donna.  Aveva i  capelli neri, raccolti stretti in uno chignon, la fissava con i suoi occhi grandi e nocciola, in fondo ai quali brillava qualcosa: disprezzo.
Sul lato sinistro del viso luccicava una cicatrice, che spiccava come una zanna bianca nella pelle scura della misteriosa donna. Le lunghe dita picchiettavano sul bracciolo della poltrona.
Ti-ti-tic … ti-ti-tic… ti-ti-tic
Gala si ricompose in fretta.
«C-che ore… che ore sono?»
chiese con la voce ancora impastata dal sonno.
Ti-ti-tic … ti-ti-tic… ti-ti-tic…
«È quasi l’alba… »
rispose la donna.
Ti-ti-tic … ti-ti-tic… ti-ti-tic…
«Hem… mi… mi scusi… io… io ho trovato aperto e…»
«Ed è entrata…»
finì per lei, l’altra, in tono neutro.
Ti-ti-tic … ti-ti-tic… ti-ti-tic…
«Sì… mi perdoni… io… ehm… mi sono… »
«Si è addormentata…»
La voce della donna era vuota, priva di qualsiasi intonazione. Quel particolare mise i brividi a Gala.
«Ho… io ho chiesto se ci fosse qualcuno… ma non ha risposto nessuno…»
Ti-ti-tic … ti-ti-tic… ti-ti-tic…
«Non c’era nessuno»
«La porta era aperta…»
«La porta è sempre aperta. Avrà notato che non c’è niente da rubare qui… ed anche ci fosse chissà quale tesoro, nessuno rischierebbe di entrare in questo posto maledetto…»
Ti-ti-tic … ti-ti-tic… ti-ti-tic
«Mi scusi… io sono… mi chiamo….»
«So chi è lei…» la interruppe la donna «La sua fama la precede… Gala…»
Ti-ti-tic … ti-ti-tic… ti-ti-tic…
«Lei… lei mi conosce?»
«Certo che la conosco»
«Io… io non credo di aver capito il suo nome…»
Ti-ti-tic … ti-ti-tic… ti-ti-tic…
«Non gliel’ho detto» ribatté secca la donna «Perché è qui?»
le domandò.
«Ahm… io… io sto cercando delle risposte…»
Ti-ti-tic … ti-ti-tic… ti-ti-tic…
«A quali domande?»
Gala sospirò prima di rispondre:
«Infinite… a dire il vero. Ma mi accontenterei di sapere cosa diavolo è successo qui…»
La donna sollevò le sopracciglia e la sua espressione si fece attenta.
«Singolare curiosità, la sua…»
Ti-ti-tic … ti-ti-tic… ti-ti-tic…
«Perché dice così?»
«Ci sono molte ragioni, a dire il vero… ma non sono certa di poterne  parlare con lei…»
«Io… io non capisco…»
Ti-ti-tic … ti-ti-tic… ti-ti-tic…
«Certo che no… come ha fatto ad arrivare qui? Chi le ha parlato di Mystic Falls?»
la domanda spiazzò Gala.  
Ti-ti-tic … ti-ti-tic… ti-ti-tic…
«Ecco… Damon Salvatore… lui….»
Ti-ti-tic … ti-ti-t...
Appena il nome del vampiro uscì dalla bocca di Gala, la donna smise di tamburellare con le dita e si irrigidì.
«Io.. beh… lui… lui mi sta raccontando questa storia…»
«L-lei conosce Damon?»
domandò, accorgendosi dell’espressione turbata della donna.
«E lei? Lei conosce Damon?»
Alla bocca di Gala salirono le parole di Ben:
«Ci sono delle volte in cui mi sembra di sì… altre in cui penso di non averlo mai conosciuto davvero… »
La donna unì le mani in grembo e si sporse in avanti.
«Cosa ci fa qui, Gala?»
«Gliel’ho detto… io cerco risposte…»
«Damon non poteva dargliele?»
«Lui… lui ci ha provato… ma le sue regole sono difficili da seguire…»
Sul viso della donna comparve l’ombra di un sorriso.
«Le sue regole? Mi lasci indovinare: una domanda al giorno!»
Gala capì a cosa si riferiva la donna e sorrise a sua volta.
«No… no… lui mi concede un’ora del suo tempo per raccontarmi una storia…»
«Che storia?»
la bloccò la donna. Era tornata un fascio di nervi e nei suoi occhi era ricomparsa la scintilla del disprezzo.
«La… la mia storia… di mia madre…»
rispose titubante, Gala.
«Certo… ovvio…  la sua storia…»
La donna si alzò e si avvicinò alla tenda da cui filtrava un primo timido raggio di sole, fece scorrere le dita sul velluto blu ed accarezzò il raggio di luce prima di chiudere meglio la tenda.
«Perché è tornata qui, allora?»
L’obiezione della  donna confuse Gala.
«Lui… lui non mi ha detto tutto… ha… lui mi sta raccontando la storia in… capitoli… diciamo… ancora non ho scoperto niente…»
«Niente?»
La donna si avvicinò a Gala.
«Non so perché mia madre ha lasciato l’amore della sua vita… non so chi è mio padre, ma so che non è l’amore della sua vita… non so cosa ha distrutto questa famiglia… non so perché mia madre è morta… non so niente di niente…»
Negli occhi della donna iniziò ad ardere qualcosa di nuovo, qualcosa a cui Gala non seppe dare un nome.
«Oh… ma in questo posso aiutarla io…»
disse melliflua.
«L-lei?»
«Sì. Vede… anche io conosco questa storia…»
«E lei potrebbe rispondere alle mie domande?»
«Posso fare di più… posso mostrarle le risposte…»
«C-cosa… che…»
«Posso rivelarle tutto quello che anela sapere, in uno schiocco di dita… posso mostrarle la storia come fosse un film proiettato direttamente nella sua testa… in altre parole, Gala… posso rivelarti tutta la verità…»
Gala si drizzò sul divano e spalancò la bocca.
«Ma devi sapere che è rischioso… potresti non reggere…»
«Ce la farò!» la interruppe «Io ce la farò! Voglio… voglio sapere tutto! Subito!»
La donna sembrò soddisfatta, le sorrise e le si sedette accanto.
«Bene… dammi le tue mani… e non lasciare le mie per nessun motivo al mondo!»
Quelle parole risuonarono in testa a Gala, ricordandole una parte di storia raccontata da Damon, ma prima di poter indagare oltre la donna le strinse le mani e migliaia di spilli infuocati le si conficcarono in testa. Immagini, ricordi, suoni, odori… un intero universo le si riversò nella mente. Ogni angolo buio della sua mente fu illuminato da una luce accecante, ogni domanda trovò la sua risposta e dolore e disperazione le esplosero nel petto. 
Gala urlò con quanto fiato aveva in corpo, la verità, tutta la verità era nella sua testa.
La donna le lasciò le mani e finalmente Gala riconobbe il sentimento che aleggiava nei suoi occhi, insieme al disprezzo: rabbia.
Scivolò a terra, tremante e sfinita, un velo nero le calò sul viso e l’ultima immagine prima dell’oblio fu il viso di quella misteriosa donna che la osservava senza emozioni.
«Cosa… cose le hai fatto?»
La voce di Damon risuonò improvvisa. La donna si voltò a guardarlo.
«Come facevi a sapere che eravamo qui?»
«Tuo padre…»
rispose il vampiro, avvicinandosi cauto a Gala.
«Ma certo… il caro paparino… dovevo immaginarlo…»
commentò sprezzante la donna.
«Cosa le hai fatto?»
chiese terrorizzato, chinandosi accanto alla ragazza. Gli occhi verdi di Gala erano sbarrati e vuoti. Damon le accarezzò provando sollievo nel sentire la vita scorrerle ancora sotto pelle.
«L’ho accontentata… voleva sapere tutta la storia… subito»
«Ma non era pronta!»
sibilò il vampiro, con gli occhi pieni di lacrime. La donna chinò la testa di lato e la sua espressione si fece cattiva.
«Nemmeno io lo ero! Eppure avete distrutto la mia vita! Non vi siete mai preoccupati di me… non vi siete mai chiesti se io ero pronta! Perché tutti questi riguardi per lei?»
urlò rabbiosa.
«Jenna…»
sussurrò Damon, spaventato.
«No!» lo interruppe «Mi avete abbandonata qui, da sola! Mi avete lasciata a questa desolazione… ed ora tu torni per lei? Mio padre ti fa da galoppino? Vediamo di che pasta è fatta la famosa figlia di Jessica… vediamo se si merita il mio aiuto…»
«Cosa… cosa vorresti dire?»
«Quel che ho detto. Se riuscirà ad uscire da questo stato potrai portare a termine la tua missione… altrimenti… sarà perduta per sempre…»

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Capitolo 12
*** Segreti e bugie. ***


Damon accarezzò il viso di Gala.
La ragazza era stata portata in quella che, un tempo lontano, era stata la stanza del vampiro.
Si guardò intorno provando ad allontanare i ricordi che lo assalirono con violenza. Pezzi di vita vissuta che si figuravano nella sua mente come lampi di luce nel buio, emozioni sopite che tornavano a scuotergli il cuore, come gli ultimi battiti prima di morire.
Ogni angolo spoglio di quella stanza nascondeva l’ombra di qualcosa che non sarebbe mai più stato.
«Fino a qualche anno fa era tutto come lo avevate lasciato…»
La voce di Jenna, fredda e asciutta, lo strappò dal suo doloroso bagno di ricordi. La donna stava in piedi, di fronte alla finestra, fusa con la luce bianca dell’esterno.
«Sai… credevo che se non avessi toccato nulla, sareste tornati… da me…» sorrise amaramente e si voltò a guardarlo «Che stupida, eh?»
Damon riconobbe nei suoi occhi la rabbia di una vita passata nel tormento.
L’aveva provata anche lui, a lungo. Si alzò dal letto e le si avvicinò.
«Jenna…»
«Poi una sera ho capito…» proseguì lei, ignorandolo «Non sareste mai tornati… non qui… non per me…»
Si voltò a guardare nuovamente fuori e continuò:
«Ho distrutto tutto… ho eliminato ogni ricordo, ogni alito di vita impresso in questo posto… stavo per dare fuoco alla casa… come fece zia Elena nel suo periodo nero…»
ammise con voce tremante.
«E cosa te lo ha impedito?»
«Cosa? Chi, piuttosto! Mio padre… è riuscito a convincermi che incenerire questo posto non avrebbe portato pace nel mio cuore… che, anzi, avrei potuto provare pentimento un giorno  o l’altro… fino ad ora mi sono solo pentita di non aver acceso quel dannato falò»
La durezza nel suo tono, ferì Damon. Sembrava così diversa dalla bambina gioiosa e piena di coraggio che aveva conosciuto, dalla piccola ma forte Jenna a cui aveva detto addio troppo tempo prima.
Dal letto giunse un gemito, si voltò di scatto.
«Non preoccuparti per lei… » disse in tono tetro Jenna «Se la caverà…»
«Come fai a esserne sicura? Le hai giocato un brutto scherzo…»
 commentò lui, risedendosi accanto a Gala.
«È la figlia di Jessica, no? O sono i geni del padre che ti preoccupano?»
«Non essere meschina…»
sibilò lui. Jenna si voltò di scatto, ancora più arrabbiata.
«Meschina io? Forse non ti rendi conto dell’inferno che ho passato!»
inveì lei.
«Me ne rendo conto, invece! Ne sono ben consapevole… o forse dimentichi il prezzo che abbiamo pagato tutti? Ricordi cosa è successo in quei dannati ultimi minuti, vero?»
La voce di Damon si spezzò più volte e i suoi occhi si riempirono di un dolore inesprimibile con le parole, Jenna abbassò lo sguardo e deglutì. Non aveva dimenticato nulla, ogni particolare era vivido nella sua memoria, come fosse appena successo. Era quello l’aspetto che più la feriva, era quella la ragione di tutta la sua rabbia: non era intervenuto il tempo nel suo cuore, ogni ferita era ancora aperta, tutto il dolore era ancora pulsante. Si passò una mano tremante sulla cicatrice che le segnava il volto.
«Damon… la rabbia è la sola cosa che mi resta…»
«Perché vuoi che sia così… guardala…» indicò Gala «Guardala e dimmi che provi solo rabbia!»
Jenna sollevò lentamente la testa, tentennò qualche secondo e finalmente posò gli occhi sul viso addormentato della ragazza.
«C’è ancora una speranza, Jenna… c’è ancora la possibilità che una cosa vada per il verso giusto… vuoi sul serio sprecare anche quest’occasione per tenerti stretta la tua rabbia? Ho vissuto nella rabbia per oltre un secolo… ho odiato il mondo per oltre un secolo, e sai a cosa mi è servito? A niente! Non fare il mio stesso errore… non sprecare il tuo tempo ad odiare…»
Calde lacrime solcarono la pelle scura della donna. Damon le si avvicinò nuovamente e la prese per le spalle.
«Jenna… permettiti di amare di nuovo… permettiti di essere felice…»
«A che servirebbe? Non ho più nessuno con cui condividere amore e felicità…»
«Hai la tua famiglia…»
ribatté lui. Jenna smise di piangere e guardò nuovamente Gala. Passato qualche istante, lo rassicurò:
«Non permetterò che le accada niente di male… se dovesse diventare troppo doloroso per lei, la sveglierò… spezzerò l’incantesimo… ma credo sia più giusto farle scoprire così la verità»
Damon esitò.
«Se continuerai a raccontarle tu la storia, ometterai sempre qualche dettaglio… fidati di me…» si asciugò gli occhi con il dorso delle mani ed aggiunse «Lo so che è difficile dopo essermi comportata così… ma so quel che faccio…»
Il vampiro annuì e le scoccò un sorriso storto.
«Se le persone che amo avessero smesso di fidarsi di me ogni volta che mi sono comportato da stronzo, probabilmente… beh, forse è meglio lasciar stare i paragoni con me…»
tagliò corto. I suoi grandi occhi di ghiaccio tornarono su Gale ed un velo di preoccupazione  calò ad offuscarne la cristallina trasparenza.
«Lei ce la farà…»
asserì, più per confortare se stesso che per convinzione.
«Sì… ce la farà… a che punto eri arrivato con la tua storia?»
gli domandò Jenna, incrociando le braccia sul petto.
«Stavo appunto per raccontarle del segreto di Matt su tua madre…»
rispose lui, assumendo la stessa posa.
«Oh… ti ho fatto davvero un favore, dopotutto… quella è la parte più complicata da spiegare…»
«Già… immagino di sì…»                   
concordò Damon, sovrappensiero.
 
Elena e Matt uscirono sul porticato di casa di Jeremy e si sedettero sulla panca. Era una bella giornata estiva e la vampira osservò il volto dell’amico alla luce del sole. Il tempo era stato clemente con lui, solo qualche ruga d’espressione più marcata ed i lineamenti un po’ più duri. Negli occhi, però, brillava la stessa luce candida che l’aveva conquistata quando erano ragazzi. Lui rise improvvisamente.
«Scusa… è che non credevo mi avrebbe fatto tanto effetto averti di fronte… così giovane…»
le spiegò. Elena annuì e rise a sua volta.
«Beh… ci sono volte che fa effetto anche a me… e mi chiedo come sarei stata…»
«Con i capelli bianchi e le rughe?»
scherzò Matt.
«Viva…»
concluse lei.
«Se ti può consolare… a me non sembri affatto morta… anzi… e credo anche di sapere di chi sia il merito…»
La vampira arrossì lievemente e nella sua mente si materializzò il volto di Damon. Era lui la sua scintilla di vita, era lui a farla vibrare di energia. Pensò al periodo in cui lo aveva creduto morto morendo un po’ anche lei. Le era bastato sapere che era vivo, da qualche parte, per ritrovare la lucidità. Si sentì stupida a lasciarsi andare a certi pensieri e scosse la testa per mandare via le immagini del sorriso di Damon.
«Ma non siamo qui per parlare di me, vero?»
disse, schiarendosi la gola. L’espressione di Matt cambiò repentinamente, il suo viso divenne una maschera di tensione.
«No… infatti…»
«Mi hai detto che è qualcosa che riguarda Bonnie, la missione…»
Matt annuì.
«Sì, è qualcosa che risale ai tempi in cui si liberò del corpo di Klaus…»
«E cosa c’entra con la missione di recupero?»
«Tutto, Elena! Tutto!»
esclamò l’uomo, alzandosi di scatto ed iniziando a camminare nervosamente su patio.
«O-ok, Matt… calmati ora…»
«Perdonami, è solo che…»
Si prese del tempo per calmarsi, quindi proseguì:
«Non appena ho saputo cosa voleva fare… sono tornato… lei non può farlo…»
«Di… di che diavolo stai parlando?»
«Sto parlando della magia usata da Bonnie…»
Elena continuò a guardare l’amico, confusa.
 
«Quindi? Come lo risvegliamo? Suppongo che far partire la sveglia del cellulare non servirebbe a molto, vero?»
chiese Jessica, osservando Tyler-Klaus dormire.
«No, infatti. Dobbiamo spezzare l’incantesimo, ma prima dobbiamo trovare un aggancio… un appiglio per renderlo cosciente… o potrebbe rimanere così per sempre…»
rispose Bonnie.
«Cosa? Come?»
si allarmò la ragazza.
«Calmati… non è poi così difficile…»
la tranquillizzò la strega.
«Ah no?»
«Beh… non proprio… vedi, non sta semplicemente dormendo… lui sta vivendo in un’altra dimensione. È calato anima e corpo nelle sue più profonde paure. Quello che vede, quello che sente, hanno effetto su di lui, ora… se riusciamo a raggiungerlo per ricordargli che quella che sta vivendo è una realtà fittizia, riusciremo a rendere la sua mente cosciente… »
«C-cioè… dobbiamo solo creare una connessione tra noi e lui?»
«Sì…»
«Ok… e come facciamo?»
Bonnie evitò di guardare Jess in faccia e non rispose.
«Hey, Bon! Ti ho fatto una domanda…»
insisté la ragazza, sventolando le mani in aria.
«Questa è la parte complicata, diciamo…»
rispose finalmente.
«Avevi detto che non era difficile!»
«Rompere l’incantesimo non è difficile… riuscire a creare una connessione con lui, invece…»
«Spiegati meglio, per favore…»
«Hai visto anche tu… non siamo proprio in ottimi rapporti. Non appena percepirà la mia presenza farà di tutto per buttarmi fuori!»
«E quindi? Come facciamo a… svegliarlo?»
«Magari tu…»
«Io? Ma se non lo conosco neanche!»
«Ed è questo il tuo vantaggio… non sai chi è, non sai di cosa è capace… lui questo lo ha percepito. Sei la sola che ancora non lo conosce davvero, non ti avverte come un vero nemico… e poi sei la sola che si sia mossa per aiutarlo…»
Quelle parole colpirono Jessica. In effetti, tutto quel che sapeva di Klaus, proveniva da altre bocche, da altre esperienze. Perfino la sua disavventura con lui era stata frutto di una macchinazione, da parte di sua zia, tra le altre cose.
«Ok… dimmi cosa devo fare…»
 
Elena attese con preoccupazione che Matt riprendesse a parlare.
«Vedi… a quei tempi aveva conosciuto un professore… un collega di sua nonna. L’aveva contattata con la scusa di doverle restituire dei libri che Sheila aveva dimenticato nel suo vecchio ufficio, al Withmore College…»
«Non ho mai saputo niente di questa storia…»
intervenne Elena, ancora più confusa.
«Nemmeno io… non fino al momento di doverci occupare di Klaus…»
«Non capisco…»
«Ti sei mai chiesta il perché del crollo fisiologico di Bonnie dopo gli ultimi incantesimi fatti?»
La vampira si irrigidì.
«Gli spiriti…»
«No!» la interruppe Matt «Non c’entrano niente gli spiriti… le loro punizioni prevedevano la limitazione dei poteri, non la totale mancanza di energia… al punto da mandarla anche in coma!»
La voce dell’uomo si era fatta sottile come una lastra di ghiaccio.
«Quel professore… quello Shane… lui… lui le aveva insegnato un altro tipo di magia, che non richiedeva il supporto degli spiriti: l’expression. Le aveva detto che si trattava di magia primitiva, legata alla natura. Tutto quel che doveva fare era incanalare il suo potere con i flussi energetici naturali, poi, avrebbe avuto accesso ad una magia potentissima, sconfinata…»
«Ma?»
«Ma c’era un prezzo da pagare per tanto potere… più grande sarebbe stato l’incantesimo, più le energie vitali ne avrebbero risentito… ma c’era un modo per fortificare il corpo, renderlo immune al contraccolpo degli incantesimi fatti utilizzando l’expression…»
«E qual era?»
domandò lei, apprensiva.
«Sacrifici» rispose lui, lapidario «Bonnie avrebbe dovuto uccidere 3 categorie di persone formate da 12 elementi: umani, non-umani e streghe…»
Elena si portò le mani alla bocca, inorridita. Matt proseguì:
«Fortunatamente disse di no. Shane provò a convincerla ma lei si rifiutò categoricamente ed, anzi, tagliò i ponti con lui e le sue chiacchiere da visionario. Tuttavia, lei continuò ad esercitare l’expression…»
«I-io… io non ne sapevo nulla…»
«Nessuno ne sapeva nulla… Bonnie evitò di parlare di questa storia per un bel po’…»
«E tu… tu come sai queste cose?»
«Andiamo Elena… io sono l’amico discreto, quello a cui confidi tutto, anche i desideri più nascosti, quelli che ti scorrono sottopelle…»
Quel commento la portò indietro nel tempo, in una notte lontana, dove una prima fiamma di passione stava iniziando ad incenerirle l’anima.
«Comunque… dopo la tua partenza alla ricerca di Damon, restammo solo io e Jer qui con lei… non poteva certo raccontare al suo futuro marito determinati dettagli…»
«E li ha raccontati a te…»
«Sì… ma non è questo il punto… vedi, quel che ti ho raccontato fino ad ora, non era che il preambolo al vero problema!»
Matt si sedette pesantemente sulla panca e tornò a frugare nella sua mente per trovare le parole adatte.
 
«Dovrai stabilire una connessione con lui… userò il tuo corpo come vettore per il mio incantesimo… avrai poco tempo per agganciarlo, al massimo un’ora… se non riesci a riportarlo indietro, temo che sarà la fine del nostro viaggio…»
spiegò Bonnie a Jess, mentre quest’ultima si sedeva sulla branda accanto a Tyler-Klaus. La giovane annuì provando a non apparire nervosa.
Dalla sua capacità di raggiungere il subconscio dell’ibrido, dipendeva il resto della missione.
«Jess… ascoltami attentamente: non appena sarai sicura di averlo agganciato, dovrai subito tornare indietro, non tentennare! Avremo poco tempo per spezzare l’incantesimo… e se non sarete coscienti quando il sigillo sarà spezzato, potreste ritrovarvi intrappolati in un limbo... ed io non saprei come tirarvi fuori!»
«Ok, ho capito. Vado, aggancio e torno!»
la rassicurò, deglutendo a vuoto.
 
Elena iniziò a sentire l’ansia di quell’attesa divorarle l’anima, finalmente Matt parlò:
«Il fatto è che… quando affrontammo Klaus, la voglia di renderlo innocuo era tanta… ne avevamo passate tante a causa sua…»
«Non devi ricordarmi come stavamo…»
«Sì, devo… perché quello che tendiamo a dimenticare è che più della rabbia, più del dolore… c’era la paura a governare le nostre esistenze…»
Elena corrugò la fronte.
«Paura per noi, per il nostro futuro… per le persone che amavamo. Bonnie aveva la possibilità di rendere la minaccia di Klaus vana… poteva debellare la paura dalla nostra vita… ne aveva il potere e l’opportunità…»
«Matt…»
«Quando si liberò del suo corpo, fece in modo che nessun altro al mondo avrebbe mai potuto riportarlo indietro… appose dei sigilli lungo il percorso, sigilli che solo lei avrebbe potuto rompere, e siccome l’expression è una magia che si esaurisce con la vita stessa di chi la usa, ha usato anche la magia degli spiriti, legando gli incantesimi alla sua anima, in modo tale che, anche dopo la sua morte, i sigilli sarebbero rimasti al loro posto…»
«Non capisco…»
«Pensaci Elena… i sigilli sono legati alla sua anima… non è difficile arrivarci…»
 
Bonnie intrecciò le mani di Tyler-Klaus e Jessica ed iniziò a salmodiare i suoi incantesimi, la ragazza sentì gli occhi appesantirsi mentre tutto intorno a lei veniva offuscato da una densa nebbia grigia. Poco prima di venir risucchiata in un’altra dimensione, sentì la strega darle le ultime raccomandazioni:
«Ricordati di fare in fretta… potrebbe non riconoscerti subito, se le sue paure hanno origine nel passato, potrebbe non sapere chi sei… non farlo mettere sulla difensiva, o ti respingerà! Non appena mi darai il segnale, spezzeremo il sigillo!»
Le ultime parole Jessica le recepì come una eco lontana, l’oblio era venuta a reclamarla.
 
«N-no… io non…»
farfugliò Elena, rifiutandosi di realizzare il vero significato delle parole di Matt.
«Elena… Bonnie ha creato degli incantesimi che solo lei può spezzare ed ognuno di essi è legato indissolubilmente alla sua anima…»
«Ogni sigillo che spezzerà… » proseguì lei, sentendo ogni parola ferirle la bocca «Spezzerà l’anima di Bonnie… se arrivano a Klaus e lo riportano indietro, spezzando l’ultimo sigillo…»
«Bonnie morirà…»
concluse Matt, in tono funebre.

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Capitolo 13
*** Walk in the death. ***


Elena si chiuse nei suoi pensieri, cercando di fare ordine.
Il segreto che aveva custodito Matt, andava ben oltre le sue aspettative. Aveva immaginato fosse qualcosa di poco piacevole, lo aveva percepito osservando la tensione sul volto dell’amico, ma un così terribile risvolto era troppo anche per lei, abituata ormai ad aspettarsi il peggio. Paradossalmente, però, una parte di lei trovava la situazione così tipica di Bonnie: l’amica fedele, sempre pronta a sacrificarsi per le persone che amava. Altri pensieri iniziarono a vorticare intorno a quella presa di coscienza, pensieri avvolti nella foschia che le aveva riempito la testa in quell’ultima mezz’ora.
«Morire per salvare Klaus? È assurdo…»
Commentò finalmente, non riuscendo più a trattenere il pensiero.
«Non tanto assurdo…»
replicò Matt, sorridendole. Proseguì:
«Pensaci… chi ci avrebbe rimesso in tutta questa faccenda se si fosse rifiutata di recuperare il corpo di Klaus?»
La domanda dell’uomo spiazzò la vampira, e la risposta era così ovvia che si chiese come avesse fatto ad ignorarla fino a quel momento.
«Caroline e Tyler…»
disse in un filo di fiato.                                                                                                   
«Già… ha ascoltato le paure di Caroline quando le diceva che Tyler era diverso… ha asciugato le sue lacrime quando, con dolore, avevano preso la decisione di proseguire ognuno per la sua strada… ed ora abbiamo scoperto il perché: quello non era il vero Ty. E chi credi abbia incolpato, Bonnie, per questo?»
«Se stessa…»
«Sì… ed ora sta provando a rimediare…»
«Ma non ha senso… sta mettendo a repentaglio la sua vita per un errore non suo! E non pensa a Jeremy e Jenna? Non può sacrificarsi… non può lasciarli così!»
«Può,  se crede che questo suo gesto porterà la pace, definitivamente… se può garantire a noi e alla sua famiglia di vivere senza più paura… senza più minacce…»
Le parole di Matt erano difficili da ascoltare per quanto erano vere. Due grandi occhi verdi e una cascata di riccioli scuri si fecero spazio tra i mille pensieri di Elena.
«Oh mio dio… se Damon lo viene a sapere…»
si agitò la vampira.
«Non deve venirlo a sapere! Elena… non puoi dirglielo…»
la redarguì lui.
«Non posso mentirgli…»
«Non è quello che ti sto chiedendo di fare… solo… non dirglielo… non ora!»
«Se c’è una cosa che ho imparato sulla mia pelle, è che mentire a Damon… o non dirgli la verità, porta solo grossi guai! Se gli taccio questa cosa, ne pagheremo tutti le conseguenze…»
ribatté duramente lei. Matt aprì la bocca per dire qualcosa, ma la richiuse subito.
«Matt… Jess è sua figlia. Non posso tenergli nascosto il pericolo che sta correndo…»
«Lo so… ma lo hai detto tu che è una strega molto forte… magari riuscirà a cavarsela…»
«Contro Klaus? Andiamo Matt… a stento siamo riusciti a sconfiggerlo noi, l’ultima volta… e col senno di poi, non abbiamo fatto questo gran lavoro…»
I due si guardarono,  riflettendo le proprie paure l’uno negli occhi dell’altra.
«Elena… se Damon… o Jer venissero a sapere questa cosa, rivolterebbero l’intero universo per raggiungere Bonnie e Jess… non penserebbero alle conseguenze del mandare all’aria questa missione…»
«Conseguenze? Quali conseguenze?»
«Pensa a Tyler, per sempre prigioniero di Klaus… e a Caroline, separate dal suo vero amore… e pensa a cosa sarebbe in grado di fare Klaus, in cerca di vendetta…»
Razionalmente, Elena capiva che Matt aveva ragione, ma non riusciva a pensare di perdere Bonnie, non riusciva ad immaginare di tenere suo fratello e Jenna all’oscuro di quel terribile segreto.
«Matt… non posso mentire a Damon e a mio fratello…»
«Lo so che è difficile…»
«No… non è difficile… è impossibile! Forse riuscirei ad ingannare Jeremy… ma non Damon… capirà subito che c’è qualcosa che non va…»
Matt si sfregò le mani sul viso, cercando una soluzione.
«Ascolta… fammi parlare con Jess» propose Elena «Fammi mettere in contatto lei… lei saprà sicuramente cosa fare… se sarà lei a parlare con Damon, forse riuscirà a contenere la sua reazione… forse potrebbe farlo ragionare…»
«O-ok… ma credi funzionerà?»
domandò lui, timoroso.
«Oh…non conosci Jess… sarebbe in grado di convincere il diavolo a spegnere le fiamme dell’inferno!»
Il tono della vampira trasudava ammirazione. In quel momento realizzò di provare cieca fiducia nelle potenzialità della ragazza.
 
Jessica aprì gli occhi e si guardò intorno, un vento gelido e antico le soffiò  sul viso.
Si alzò dal suo giaciglio d’erbacce ed osservò la foresta in cui era piombata. Alzò gli occhi al cielo, rosso come il sangue, e si rese conto dell’innaturale silenzio che regnava.
«K-Klaus?»
chiamò timidamente.
«Klaus?»
ripeté con più convinzione. Si rese conto solo in quel momento che non c’era stata nessuna eco, si strinse le mani intorno allo stomaco e tornò a studiare la foresta.
«Chi siete voi?»
Una voce femminile giunse alle sue spalle, spaccando l’assordante silenzio in cui era immerso quel luogo. Jessica si voltò ed il cuore le si fermò vedendo la donna di fronte a lei.
«E-Elena? Che ci fai qui?»
le chiese.
«Dovete avermi confusa con qualche altra dama… il mio nome non è Elena…»
replicò l’altra, incuriosita.
La ragazza capì che si doveva trattare della dopplenganger della fidanzata di suo padre.
«Oh… ma certo… sei la famosa Katherine, dunque…»
La donna corrugò la fronte e sorrise divertita.
«Mi spiace contraddirvi nuovamente… ma neppure quello è il mio nome…»
Si prese la gonna con le mani, allargandola, accennò una riverenza e si presentò:
«Il mio nome è Tatia»
«T-Tatia?»
ripeté Jessica. La donna annuì.
«Ma quante siete?»
commentò, inarcando le sopracciglia. In effetti, però, c’era qualcosa di diverso, notò. Negli occhi di quella donna così uguale ad Elena, c’era una scintilla di luce, un bagliore che ne trasmutava i tratti. Era come osservare la copia di un famoso quadro, riprodotto quasi alla perfezione, salvo che per alcune pennellate di colore che ne cambiavano il significato.
«Come dite?»
chiese Tatia, confusa. Jess scosse la testa, abbandonando le sue elucubrazioni.
«Niente, lascia stare… Ahm… sto cercando una persona…»
«Sarò lieta di aiutarvi a trovarla…»
disse entusiasta la donna.
«Ehm… sì… ok… sto cercando un… un uomo… ahm… si chiama Klaus…»
Non appena il nome dell’ibrido raggiunse le orecchie di Tatia, la sua espressione tramutò. Tutta la purezza e la serenità dei suoi tratti morbidi, svanì, per lasciare il posto ad una maschera di dolore e paura.
«T-Tatia… stai bene? Ho detto qualcosa che non va?»
La doppleganger aprì la bocca ma non ne uscì alcun suono. Dai suoi occhi iniziarono a scendere copiose le lacrime e sul suo corpo affiorarono ferite che inzupparono i suoi abiti di sangue. Jessica si portò le mani alla bocca spaventata.
«Tatia…»
Provò ad allungare una mano per toccarla, ma la donna fuggì.
«Tatia!»
esclamò, rincorrendola.
La seguì attraverso il bosco, inciampando e scivolando sulle foglie secche. Si rese conto che Tatia si muoveva fluida, come il vento,  che si fece più freddo e pungente. Jessica inghiottì l’aria gelata, ferendosi la gola. Corse a perdifiato finché le sue gambe non cedettero. Cadde a terra, in ginocchio, tenendosi il fianco che aveva iniziato a farle male.
Quando riaprì gli occhi la foresta era sparita. Si trovò inginocchiata su della terra battuta, dopo alcuni istanti si rese conto che intorno a lei c’era gente. Sollevò la testa e si guardò intorno: era in una specie di villaggio. Le capanne erano tirate su con canne e paglia, nell’aria c’era odore di polvere e sangue, galline e maiali correvano liberi per le strade. Si sollevò piano ed osservò i volti delle persone intorno a lei. “Devo trovare Klaus, devo trovarlo subito” si disse.
Ripensò alla reazione di Tatia e si convinse che sarebbe stato meglio non chiedere in giro. Era nella coscienza di Klaus dopotutto, ogni cosa avrebbe dovuto condurla a lui.
Mosse i primi passi quando una inaspettata consapevolezza le esplose in testa, con tutta la sua brutale semplicità: “Tu non sai com’è fatto Klaus”.
Realizzò solo in quel momento, infatti, che lei non aveva idea di che aspetto avesse davvero l’ibrido. Lei aveva conosciuto solo il corpo che ne ospitava l’anima, ma non ne aveva mai visto il vero colore degli occhi o sentito il reale tono di voce.
Si portò le mani nei capelli e si costrinse a pensare ad una soluzione.
«Andiamo Jess, ragiona…»
pensò ad alta voce.
“Ho poco tempo… se non mi sbrigo siamo spacciati” si ammonì mentalmente.
Riaprì lentamente gli occhi e tornò a guardare i volti di tutte quelle persone, forse qualcosa lo avrebbe reso riconoscibile. Le tornò in mente Tatia e la sua reazione. Le venne un’idea. Corse al centro di quella che doveva essere la piazza del villaggio e salì su alcuni ceppi di legno.
«Hey! Gente!» urlò «Posso avere la vostra attenzione?»
Attese che si fermassero tutti a guardarla, quando fu sicura di avere gli occhi tutti puntati addosso, prese fiato e gridò:
«Klaus!»
Come se fosse esplosa una bomba invisibile, tutte le persone del villaggio, dal più grande al più piccolo, caddero a terra, in un bagno di sangue. Jessica osservò la scena impietrita. “Non è reale, non è reale!” provò a convincersi, chiudendo gli occhi e prendendo fiato. Sentì le lacrime bruciarle gli occhi, non era mai stata in mezzo a tanta morte. “Andiamo Jess… hai altro da fare che spaventarti per delle allucinazioni” si fece forza.
Riaprì gli occhi e si costrinse a guardare quello scenario di morte e finalmente lo vide. In piedi, in mezzo a tutti quei cadaveri, c’era un uomo, voltato di spalle. Aveva lunghi capelli biondi e spalle larghe.
Jessica scese dai ceppi e si fece strada attraverso i corpi esanimi. Cercò di non guardare il tappeto di morte su cui stava camminando e finalmente giunse vicino all’uomo.
«K-Klaus?»
lo chiamò, quasi sussurrando. Questo non parve sentirla.
«Klaus?»
riprovò, allungando una mano e toccandogli un braccio. L’uomo finalmente si accorse di lei, si voltò a guardarla. Due grandi occhi color carta da zucchero, velati di lacrime, si posarono sul viso della giovane che rimase per un attimo senza fiato. Studiò il volto dell’uomo sentendosi avvampare  le guance.
«Klaus…»
ripeté, timida. L’ibrido inclinò la testa da un lato e la guardò smarrito.
«Perché? Perché Henry?»
le chiese. Jessica corrugò la fronte confusa. Klaus si chinò a terra e prese tra le braccia il corpo senza vita di un bambino.
«Il mio piccolo fratellino…»
Una lacrima scivolo sul viso spigoloso dell’uomo, staccandosi dal suo mento e finendo sulla fronte del bambino. La ragazza si inginocchiò accanto a lui.
«Mi dispiace, Klaus… ma non c’è tempo per questo…»
Lo sguardo addolorato dell’uomo si trasformò in uno sguardo omicida.
«Non c’è tempo per piangere l’ingiustizia della morte di un bambino?»
tuonò con la sua voce profonda. Jessica indietreggiò, inciampando e cadendo a terra. Klaus si sollevò e le si parò davanti, alto e imponente. La sua ombra si allungò sopra di lei, densa e consistente.
«Klaus…»
«Perché continui a chiamarmi così? Il mio nome è Nicklaus!»
inveì lui.
«O-ok… Nicklaus… ascoltami… il mio nome è Jessica… Jessica Salvatore… siamo in viaggio per recuperare il tuo corpo… questa è solo un’allucinazione… un sogno… ok? Devi ricordarti che è solo un sogno o non ti potremo svegliare!»
Vomitò quelle parole quanto più in fretta poté. L’ibrido la guardò come se fosse pazza.
«Chi non mi potrà svegliare? Di cosa stai parlando?»
«Kl… Nicklaus… ti devi fidare di me, tutto questo» indicò con un braccio le persone morte intorno a loro «Non è reale… è il frutto della tua immaginazione, ok? Stai sognando… devi ricordare… devi permetterti di ricordare!»
Klaus si guardò intorno.
«A me sembra reale…»
commentò.
«Ma non lo è! Stai sognando… stai rivivendo la tua più profonda paura!»
«Non è reale? Henry non è morto?»
domandò lui, speranzoso.
«Beh… non proprio…»
Jessica si sentì sul famoso filo del rasoio. Una sola parola sbagliata ed avrebbe fallito. Klaus le tese una mano per aiutarla ad alzarsi, lei accettò titubante. Quando fu in piedi, con la mano ancora stretta in quella dell’ibrido, provò a concentrarsi per cercare le giuste parole.
«In questo momento stai sognando… non ti conosco da molto, ma tra i componenti della tua famiglia non mi risulta nessun Henry… ho conosciuto Elijah, Rebekah e Kol… ma nessun Henry…»
Klaus la prese dalle spalle, scuotendola.
«E Finn? Che ne è stato di mio fratello Finn?»
sibilò. Jessica rimase immobile, incapace di rispondere.
«Chi sei tu? E perché mi stai facendo questo?»
Il suo tono si trasformò in un soffio disperato. Sul volto dell’uomo non c’era traccia del mostro descritto da tutti. Vedeva solo una persona disperata, spezzata, in qualche modo.
Sollevò adagio le mani fino a toccare quelle di Klaus, ancora strette intorno alle sue spalle.
«Ascoltami attentamente… devi ricordarti chi sei… cosa stiamo facendo, o resterai bloccato in questo universo fatto di morte e dolore per l’eternità, capisci?»
lo supplicò. Gli occhi di lui tornarono in quelli di lei.
«Tutto questo non è reale! Cerca di ricordare!»
gli ripeté. Qualcosa iniziò a svegliarsi in lui, Jessica vide la consapevolezza farsi strada nell’oceano dei suoi occhi.
«Non è reale, dici?»
Una voce proruppe, mandando in frantumi il recupero di Jessica. Si voltarono entrambi verso la fonte ed un uomo dall’aria severa li osservava impugnando una spada.
«P-padre…»
balbettò Klaus. Gli occhi dell’uomo, però, rimasero fissi su Jessica.
«È questo che credi, stupida ragazzina? Che tutto questo non sia reale? Guardati bene intorno …»
Con un gesto del braccio la invitò ad osservare tutti i morti.
«Guarda ogni singolo volto… e ripeti a te stessa che non è reale…»
proseguì. Jessica osservò turbata quello scenario, senza capire dove l’uomo dagli occhi cattivi volesse andare a parare.
«Non riconosci nessuno, ragazzina?»
Quella domanda le diede i brividi. Perché mai lei avrebbe dovuto riconoscere qualcuno?
Qualcosa scattò nella sua testa e un’immagine sfocata stuzzicò la sua memoria. Un dettaglio che i suoi occhi avevano colto ed immagazzinato, un particolare che stava elaborando solo in quel momento. I suoi occhi tornarono sui cadaveri e si fissarono su un morto in particolare. Il cuore di Jessica si fermò un istante, in mezzo a tutti quegli sconosciuti spiccava un volto gentile e stanco, suo padre biologico: Sean.
«I-io… io non capisco…»
farfugliò.
«Sei sicura, ragazzina? Pensaci… sei immersa fino al collo nelle più recondite paure di Nicklaus… credi che le sue paure siano fatte di morti immaginari?»
la stuzzicò il padre di Klaus. Jessica provò a negare la verità celata in quelle provocazioni, non poteva accettarla.
«Guarda! Guardali tutti! Contali se vuoi… ma non osare dire che non è reale, ragazzina!»
inveì con vemenza l’uomo.
Negli occhi della giovane iniziarono ad accumularsi nuove lacrime.
«Piangi pure, ragazzina… questo non cambierà la realtà dei fatti… guarda…»
L’uomo indicò un cadavere alla sua sinistra, Jessica riconobbe Tatia.
«Sai chi è lei? Lei è il primo amore di Nicklaus… la donna per cui ha litigato con suo fratello Elijah… la donna con cui aveva sognato di scappare per vivere una vita diversa! Ecco… ecco che fine ha fatto… sacrificata perché lui potesse vivere…»
«Non l’ho uccisa io…»
intervenne l’ibrido.
«No, Nickalus? Non sei stato tu?»
«No… mia madre… lei…»
«Certo, certo… è stata lei a calare il pugnale… ma tu cosa hai fatto per impedirlo? Tu lo sapevi cosa avrebbe fatto Esther… anzi… sei stato tu a proporle di usare lei, non è così?»
Klaus tacque, tremante.
«A proposito di tua madre…» l’uomo indicò un altro cadavere alla sua destra «Eccola… un’altra pedina sulla tua scacchiera… un altro ostacolo da eliminare…»
Jessica guardò il cadavere della donna, in mezzo al petto c’era un buco. L’uomo colse lo sguardo della ragazza e disse:
«Sì, le ha strappato il cuore… senza esitazioni…»
«Ho… io ho conosciuto Esther… posso solo dire che lei è causa del suo male… non… non puoi incolpare Klaus di questo!»
tentò di giustificarlo.
«Io? Ragazzina… sei più stupida di quel che pensavo… queste sono le paure di Nickalus, sono le sue colpe… io non faccio proprio nulla… io sono solo un’altra vittima»
così dicendo si indicò il petto. All’altezza del cuore iniziò a formarsi un buco ardente.
«Padre…»
«NON-SONO-TUO-PADRE!»
tuonò l’uomo rabbioso, mentre lingue di fuoco si propagavano sul suo corpo. Klaus si irrigidì.
«Noi… noi dobbiamo andarcene da qui… Klaus, ti devi svegliare! Devi ricordarti!»
proruppe Jessica, asciugandosi in fretta le lacrime.
«Non potete andarvene da qui… non capisci?»
disse l’uomo, ormai divenuto una torcia umana.
«Lui uccide tutto quello che tocca… guardati intorno… presto sarai uno dei cadaveri che affollano la sua coscienza… non hai scampo!»

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Capitolo 14
*** Hurting memories ***


Damon camminò per la stanza spoglia, ricostruendola mentalmente, rimettendo ogni cosa al suo posto. Sulle pareti tornarono i quadri antichi, a terra i tappeti persiani, alle finestre le tende pesanti e nel letto, al posto di una dormiente Gala, lui e la sua Elena. Uno degli ultimi ricordi felici riemerse, leggero, come il tono della conversazione scolpita nella memoria del vampiro.
Era un pomeriggio estivo di tanti anni prima. Il sole filtrava la sua luce nella stanza,  attraverso le finestre chiuse, creando raggi di polvere danzante. La casa era avvolta nel silenzio, solo le loro risate echeggiavano tra le mura della stanza. Tutti gli altri erano fuori, in giro… lontani.
La passione li aveva colti poco prima, prendendo il  posto del gioco che li aveva spinti a rincorrersi per casa. Giacevano nudi e sorridenti nel letto. Il suo petto fungeva da cuscino per lei che con una mano gli accarezzava la testa.
 
«Sarebbe bello se fosse sempre così…»
sussurrò Elena. Damon aprì gli occhi, abbassandoli su di lei.
«Così,  come?»
le chiese. Lei sospirò e girò la testa da un lato, per guardarlo.
«Semplice» rispose «Nessuna battaglia, nessun mostro, nessun pericolo… solo noi, l’amore, il silenzio…»
«Semplice…»
ripeté lui, assaporando il gusto di quella parola.
«Sì… sarebbe davvero bello…»
«Oh, ma prima o poi qualcuno busserà alla porta… ed allora dovremo prepararci ad una nuova rottura…»
scherzò lui.
«Damon…»
«Elena…»
Si guardarono e sorrisero.
«Forse questa volta andrà tutto bene, no? Forse abbiamo finito con le visite…»
aggiunse lei. Osservò la beatitudine sul bel viso di Elena e la speranza nei suoi occhi.
«Forse sì…»
la assecondò, piegandosi per baciarla.
 
Gala si agitò nel letto, strappando la mente di Damon dalle labbra di Elena.
Le si avvicinò svelto, preoccupato.
«Hai intenzione di fare così ogni volta che sussulta?» chiese Jenna «Perché succederà spesso, considerando che sta vivendo in un incubo…»
Il vampiro si voltò a guardare la donna, ancora in piedi di fronte alla finestra.
«Ci sono stati anche dei momenti di pace… bei ricordi…»
asserì lui.
«Che rendono la faccenda ancora più dolorosa…»
Damon non fu in grado di controbattere.
Purtroppo Jenna aveva ragione, ricordi felici, come quello che aveva appena avuto, rendevano l’epilogo di quella storia, ancora più difficile da accettare. Tornò a guardare Gala, le accarezzò il viso e sospirò.
«C’è ancora speranza… per lei, almeno…»
commentò a bassa voce. Jenna strinse le mani in due pugni e si voltò a guardare fuori dalla finestra.
«Già… per lei…»
ripeté, senza inflessioni.
 
Jessica continuò ad osservare il corpo del padre di Klaus, ormai ridotto a torcia umana, avanzare ed inveire contro il figlio.
«Tu sei una maledizione, Nicklaus! Tu porti morte e dolore, ovunque vai! Sei un errore… sei un errore mortale!»
L’ibrido indietreggiò, ferito. Jessica osservò inerme la scena.
«Se ti resta un briciolo di cervello, ragazzina, vattene… scappa più lontano che puoi!»
sibilò l’uomo, avvolto nelle fiamme.  La giovane sbuffò ed esclamò:
«Tanto per cominciare, papà-flambé, smettila di chiamarmi ragazzina! Secondo poi… Agh! Non c’è tempo per questo!»
si bloccò, voltandosi verso Klaus.
«Klaus… dobbiamo andare via da qui, ora!»
L’ibrido rimase immobile, spaventato.
«Klaus!»
lo richiamò lei, afferrandolo per le spalle.
«Perché continui a chiamarmi così?»
le chiese.
«Perché quello è il nome con cui ti ho conosciuto… quello è il nome che uso per chiamarti… beh… se non consideriamo i diversi epiteti che potrei aver usato alle tue spalle…»
Klaus inclinò la testa da un lato spiazzato.
«Andiamo, Klaus! Sono Jessica e questo è un incubo! Ti devi svegliare, subito!»
«I-io… io non capisco… Henry… mio padre…»
«Ascoltami: siamo intrappolati nella tua coscienza… parleremo dei tuoi sensi di colpa e dei tuoi problemi con la figura paterna una volta tornati alla realtà, ok?»
«Ma… come…»
«Devi solo ricordare, devi solo capire che stai dormendo…»
«Io…»
Jessica lasciò le spalle di Klaus e gli afferrò le mani.
« Quella specie di proiezione mentale di tuo padre mi ha chiamata “ragazzina” per tutto il tempo! Vuoi dirmi che non c’è il tuo zampino dietro?»
Negli occhi di Klaus guizzò una scintilla di luce, Jessica gli strinse le mani ancora più forte
«So che ti ricordi di me… lo so che sai perfettamente chi sono!»
«J-Jessica…»
balbettò lui.
«Sì! Ora dimmi che ti ricordi anche il resto… per favore!»
La ragazza si avvicinò di un passo ed immerse i suoi occhi di giada nel mare plumbeo degli occhi di lui, riuscendo a vedere la nebbia diradarsi e la sua consapevolezza risvegliarsi.
«La… la missione… le prove… la strega…»
Il viso di Klaus si trasformò sotto lo sguardo di Jessica, del ragazzo spaventato e confuso rimase solo l’involucro, negli occhi, nella rigidezza dell’espressione, perfino nella posizione delle spalle, la giovane notò l’emergere di un altro uomo… un uomo  che emanava un’aura di morte.
Gli lasciò le mani istintivamente ed indietreggiò. Lui scosse la testa guardandosi intorno:  i suoi occhi scrutarono tutti i cadaveri intorno, fermandosi  sul corpo senza vita del fratellino e l’ombra del ragazzo fragile e spaventato passò lesta sul viso trasmutato di  lui.
«Come… come sei arrivata qui?»
le domandò, senza guardarla. Jessica deglutì e rispose:
«Bonnie… lei… lei mi ha dato una mano… Klaus… dobbiamo andare, non c’è molto tempo…»
Lui annuì, continuando ad evitare di guardarla. Jessica chiuse gli occhi e cercò di contattare la strega.
 
Bonnie, con le mani ancora su quelle dei due compagni di viaggio addormentati, ricevette il segnale da parte di Jessica. Pronunciò i suoi incantesimi e poco dopo Jessica iniziò a muovere la testa, ridestandosi. Aprì gli occhi a fatica, si guardò intorno confusa. Poco dopo realizzò di avere la testa sul petto dell’ibrido, ci mise qualche secondo a realizzare che quel ragazzo ispanico, dai colori scuri era l’involucro dentro il quale giacevano due occhi di mare. Si alzò di scatto, arrossendo lievemente.
«Tutto bene?»
si preoccupò Bonnie.  La giovane annuì con vigore.
«S-sì… sbrighiamoci a riportarlo indietro»
rispose, prendendo le mani della strega. Le due si concentrarono e, come successo in precedenza, Bonnie attinse dai poteri di Jessica per spezzare l’incantesimo lanciato sull’ibrido.
Tyler-Klaus riprese coscienza, aprendo gli occhi e fissando le luci al neon sul soffitto. Si sollevò piano e si  mise a sedere sulla branda. Jessica studiò il viso del ragazzo, così diverso dall’anima che ospitava. Gli occhi, la voce, i colori… tutto di Tyler contrastava con Klaus.  
«Un altro minuto, e non ce l’avremmo fatta…»
commentò Bonnie. La rgazza la guardò come se si fosse ricordata solo in quel momento della sua presenza.
«Jess… va tutto bene?»
le chiese la strega, notando la sua espressione confusa. La ragazza annuì .
«S-sì… è solo che ho bisogno di aria…»
rispose, fiondandosi fuori dalla cabina. Bonnie lanciò un’occhiataccia all’ibrido.
«È colpa tua, vero?»
«Non so di cosa parli, strega… comunque neanche tu hai una bella cera…»
ribatté in tono sarcastico lui.
«Sono solo stanca… ho appena spezzato due incantesimi…»
si giustificò.
«Io, invece, ho dormito anche troppo…»
replicò lui, alzandosi.
«Raggiungerò la ragazzina sul ponte…»
«Portale questa… le servirà…»
Tyler-Klaus prese quel che Bonnie gli stava porgendo e commentò:
«Umani…»
Quindi uscì ance lui. Rimasta sola, la strega sentì le gambe farsi molli. Si avvicinò più in fretta che poté al letto e si lasciò cadere sul materasso. Si sistemò su un fianco e riprese fiato, sentì gli occhi appesantirsi e cedette alla fatica, addormentandosi.
 
Jessica raggiunse l’esterno della chiatta, la brezza marina la colpì in pieno viso, come una secchiata d’acqua gelida. Non si era preparata allo sbalzo termico e si strinse le braccia sullo stomaco. Chiuse gli occhi e respirò l’aria salmastra. Il sole splendeva nel cielo e l’oceano era uno specchio scuro, che rimandava bagliori dorati tutt’intorno. Camminò fino al parapetto ed osservò l’acqua spaccarsi silenziosa al passaggio dell’imbarcazione.
«Se resti così ti prenderà un accidenti»
La voce del mozzo, Salizar,  la fece sobbalzare. Alzò lo sguardo e trovò gli occhi grigi del ragazzo  fissarla senza espressione.
«I-io… non mi aspettavo questo sbalzo di temperatura…»
«Siamo in mare aperto. Ci saranno almeno 15° in meno di differenza tra qui ed il porto…»
«Non dovrebbe fare più caldo in mare aperto?»
gli chiese.
«Non se si va in direzione dell’antartico»
«C-cosa?»
«Non lo sapevi?»
domandò lui, con sospetto.
«No… cioè, sì… è che la geografia non è il mio forte… devo aver confuso con i tropici…»
Salizar la studiò per un attimo.
«Sarà meglio che torni dentro, al caldo, dunque…»
le disse, indicandole la porta da cui era uscita poco prima.
«Le ho portato questa…» intervenne Tyler-Klaus, mostrando una coperta «Ci serve un po’ d’aria, ed il freddo tonifica il corpo e tempra lo spirito…»
I due ragazzi si guardarono con aria di sfida per qualche istante. Il viso del mozzo divenne una maschera di tensione e lo sguardo dell’ibrido divenne feroce.
«Ma certo»
disse improvvisamente, Salizar. Ogni traccia di ostilità era sparita da lui in un battito di ciglia. Con un cenno del capo si congedò da Jessica e li lasciò soli. Tyler-Klaus porse la coperta alla ragazza che la prese, sorridendogli imbarazzata.
«Grazie…»
«Credo di dover essere io a dirti grazie…»
Jessica interrogò l’ibrido con lo sguardo.
«Non fosse stato per il tuo intervento… credo che sarei perduto per sempre… non è così?»
La giovane fece spallucce.
«Immagino avrai delle domande da fare…»
commentò, mettendosi di fianco a lei.
«Io ho sempre delle domande da fare…»
replicò, avvolgendosi nella coperta. L’ibrido la guardò ed allargando le braccia disse:
« Il minimo che possa fare è rispondere…»
La ragazza corrugò la fronte e si prese del tempo per pensare.
«Mmm… Tatia…»
Tyler-Klaus si irrigidì nel sentir nominare la donna.
«Lei… lei è una doppleganger di Elena?»
L’ibrido annuì.
«Cielo… Ma quante ce ne sono?»
Lui non fu in grado di trattenere una risata.
«Perché ridi?»
si incuriosì Jessica, stringendosi la coperta intorno al collo.
«Nulla» rispose l’ibrido alzando gli occhi al cielo «È solo che… di tutte le cose che hai visto, questa è la tua curiosità più urgente?»
«No… non la più urgente… ma la sola alla quale credevo avresti risposto»
Lui tornò a guardarla, stupito da quel commento. La totale assenza di giudizio nei suoi confronti era qualcosa a cui non era preparato.
«Hai camminato nella mia coscienza oggi… letteralmente…»
le fece notare.
«Appunto… mi sono intromessa abbastanza… quando vorrai dirmi dell’altro, lo farai di tua sponte…»
Di nuovo lui rimase spiazzato.
«Non… non hai paura?»
le domandò.
«Paura? Di te?»
«Sì! Hai visto quante persone ho ucciso! Perché questo non ti fa orrore?»
«È questo che credi? Che non provi orrore per la morte?»
ribatté lei. L’ibrido la fissò senza rispondere, quindi lei riprese:
«Il fatto è che… sono figlia di un vampiro che ha avuto un passato discutibile…»
«Damon non è davvero tuo padre…»
Gli occhi verdi di Jessica scattarono sul viso di Tyler-Klaus, duri.
«Mi ha cresciuta, mi ha insegnato a camminare, a parlare… mi ha amata, difesa e messa in punizione! Puoi scommetterci la tua pellaccia da lupo che è mio padre!»
sibilò in tono più crudo di quanto avesse voluto.
«Volevo solo dire…»
«Lo so cosa volevi dire!» lo bloccò «Ho camminato nella tua coscienza, no?»
«Che vorresti dire?»
«Oh… andiamo… quello spregevole uomo che continuava a ripetere “Non sono tuo padre! Non sei mio figlio”…»
«Che c’entra Michael?»
«Ah… è questo il suo nome? Comunque… Klaus, eravamo nella tua coscienza, non nella sua… erano le tue paure, non le sue!»
«Continuo a non capire…»
«Sì che hai capito, ma ti fa comodo non arrivarci… tutto quello che c’era lì, veniva da te… eri tu che continuavi a ribadire il concetto di non essere suo figlio»
«Oh, credimi, io per lui non ero un figlio…»
«Non lo metto in dubbio… ma, Klaus… l’incantesimo di Bonnie serviva a metterci di fronte alle nostre più profonde paure… non essere figlio di… Michael,  ti spaventa? Credi forse che se fossi stato sangue del suo sangue la tua vita sarebbe andata in maniera diversa?»
L’ibrido si limitò a guardarla senza parlare, sentendo una morsa gelida attanagliargli lo stomaco.
«Se fossi stato suo figlio, mi avrebbe amato…»
disse, infine.
«Senza offesa… ma non credo i tuoi genitori fossero persone in grado di amare… a prescindere da chi gli era figlio o meno…»
Tyler-Klaus spalancò la bocca.
«Scusa… non era mia intenzione essere diretta… ma la prima volta che ho incontrato tua madre, voleva farvi fuori tutti… e l’incontro con tuo padre… beh…»
«Non avevi detto che quello non era esattamente mio padre, ma solo la mia percezione di lui?»
«Beh, sì… ma non fatico a credere che fosse poco diverso da quello reale!»
L’ibrido rise di nuovo e Jessica si ritrovò ad immaginare il vero Klaus fare lo stesso. Sentì le guance avvampare e si girò di scatto.
«Stai bene?»
gli chiese lui, toccandole una spalla. Lei si irrigidì ed annuì.
«S-sì… è il mal di mare…»
si giustificò. La mano di Tyler-Klaus salì verso la nuca di Jessica, facendo scivolare le dita sotto i suoi riccioli scuri, iniziando a massaggiarla, proprio come aveva fatto appena saliti sulla chiatta. Lei chiuse gli occhi e si costrinse a dimenticare le fattezze di Klaus. Scrollò le spalle e si tirò la coperta fin sopra il naso.
«Grazie… va meglio ora…»
Lui ritrasse la mano e si voltò a guardare il mare.
«Sei la ragazza più strana che abbia mai conosciuto…»
Jessica lo guardò di sottecchi, continuando a nascondere il viso nella coperta.
«Cammini senza tema in mezzo a migliaia di cadaveri… ma ti fai abbattere da qualche onda…»
proseguì lui, ghignando. Gli occhi scuri dell’ibrido si posarono nuovamente su di lei e Jessica sentì le orecchie andarle a fuoco. Si assicurò meglio la coperta sul viso e rispose:
«Dovrò pure averlo qualche difetto, no?»
Tyler-Klaus rise di nuovo.
«Però…»
iniziò lei, interrompendosi.
«Però?»
la incitò lui.
«È solo che… Henry… »
L’ibrido tornò serio. Lei proseguì:
«Non l’hai ucciso tu, vero?»
Lui scosse la testa.»
«No… è stato un lupo…»
rispose.
«E perché lo consideri una tua vittima?»
Tyler-Klaus tacque.
«Scusa… avevo promesso di non intromettermi…»
«No… voglio rispondere…»
Si fermò a pensare  a cosa dire.
«Il fatto è che… se io gli avessi detto di no… se non avessi acconsentito all’idea di andare a spiare i lupi… lui…»
«Capisco…»
«Davvero?»
«Sì, Klaus… lo capisco… capisco il senso di colpa, capisco il dolore… e capisco il rimpianto… sai, non li hai inventati tu questi sentimenti… nonostante tu abbia millemila anni!»
ribatté lei. L’ibrido aprì la bocca per rispondere ma la richiuse subito.
«Scusa… non volevo darti del vecchio»
Tyler-Klaus rise ancora, di gusto.
«Jessica Salvatore… sei decisamente la creatura più strana mai incontrata! Ed in millemila anni ne ho vista di gente!»
«Voglio sperare sia un complimento!»
«Lo è… credimi… lo è…»
I due risero insieme e per un po’ osservarono il mare, senza parlare.
«Sai… penso che siamo in disparità…»
esordì Jessica, interrompendo il silenzio. Lui la guardò interrogativo.
«Ma sì… io ho camminato nella tua coscienza, ho visto qualcosa del tuo passato… ti ho fatto domande… se vuoi… ecco, se vuoi puoi chiedermi anche tu qualcosa…»
spiegò. L’ibrido ci pensò su e domandò:
«Qual è la tua più profonda paura?»
Jessica rimase spiazzata dalla domanda.
«Se non vuoi rispondere…»
«No, no… mi sembra giusto… io ho scoperto la tua…»
Tyler-Klaus incrociò le braccia sul petto ed osservò la ragazza, curioso.
«Damon…»
disse lei, con un filo di voce.

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Capitolo 15
*** Everlasting life. ***


Tyler-Klaus guardò Jessica, spiazzato.
«Damon?» ripeté lui «La tua più profonda paura… è Damon?»
Jessica scosse la testa e si sottrasse alle sguardo dell’ibrido.
«No… non proprio… in realtà ho paura… cielo! Mi sento così stupida…»
esclamò, affondando il viso tra le mani.
«Stupida?»
La giovane buttò indietro la testa e  sospirò.
«Vedi… ho scoperto presto la natura di D. e, pian piano, ho iniziato ad imparare tutto sui vampiri…»
«E…»
«E nel  contempo ho imparato a conoscerlo… ho imparato ad interpretarne i silenzi, le espressioni. Lui… lui ha un carattere particolare: è testardo, ostinato… e soprattutto, è l’essere più fragile che abbia mai conosciuto…»
«Stiamo parlando dello stesso Damon Salvatore?»
«Sì… e lo sai anche tu… siete molto simili da un certo punto di vista… certo, lui direbbe che è più bello e simpatico…»
«Ed è così?»
«Beh… sono sua figlia, sarebbe inquietante dirti se lo trovo più bello di te… però sulla simpatia, posso rispondere…»
«No, ti prego… torniamo alla tua paura!»
I due risero, quindi Jessica riprese a parlare:
«Dicevo… lui ha questo lato di sé, puro e spassionato… che nasconde dietro strati di ironia e finta noncuranza… ma la verità è che ha solo un disperato bisogno di affetto… ti ricorda nessuno?»
lo stuzzicò. Tyler-Klaus arrossì con tale violenza che Jessica si voltò dall’altra parte, sentendosi spettatrice involontaria di qualcosa di intimo. Si schiarì la gola e proseguì:
«Comunque… la mia paura è che… non sarà in grado di lasciarmi andare quando… beh, quando…»
«Quando sarà il momento di separarvi?»
«Sì… ho paura che lui…»
«Hai paura che lui ti…  trasformi?»
Jessica non rispose con le parole, ma la sua espressione fu più che eloquente.
«Quindi… la tua più profonda paura è…»
«Essere trasformata, sì…»
«Sarebbe tanto orribile?»
domandò lui, sinceramente incuriosito.
«Dimmelo tu…»
replicò lei, sorridendo impacciata.
L’ibrido aprì la bocca per rispondere ma la richiuse.
«Sicuramente essere immortale, forte e tutti i vantaggi vampireschi…  avrà i suoi lati positivi… ma non posso fare a meno di pensare a quelli negativi…»
«E sono così tanti?»
«Dal mio punto di vista? Troppi! Vedere le persone che amo morire anno dopo anno… non poter avere figli, non poter mettere radici, la… ecco, sai… la…»
«La sete di sangue…»
concluse lui. Lei annuì, arrossendo un po’.
«È stupido, vero? La figlia di un vampiro che ha paura di diventarlo a sua volta…»
«Non è stupido… è affascinante. Ma  se,  invece, si trattasse di necessità? »
La domanda colse di sorpresa Jessica che lo fissò a bocca aperta.
 
Damon scese in salotto trovandovi Stefan intento a leggere un giornale, insieme a Meredith.
«Buongiorno!»
li salutò.
«Buongiorno a te!»
ricambiarono all’unisono.
«Elena?»
si informò la dottoressa Fell.
«Oh, sai, è tornato Matt Donovan…»
«Matt è qui?»
chiese stupito Stefan.
«Sì, è tornato ieri sera…»
«Wow…»
«Cosa?»
si incuriosì Damon. Stefan e Meredith si scambiarono uno sguardo complice.
«Hey! Bianca & Bernie… ad alta voce!»
li ammonì il vampiro.
«Bianca & Bernie… sul serio?»
lo schernì il fratello.
«Vogliamo discutere del mio sarcasmo arrugginito o del vostro stupore nel sapere Donovan a Mystic Falls?»
Stefan sospirò.
«È solo che… non credevo sarebbe più tornato qui…»
«Perché?»
«Beh… quando ha deciso di andarsene perché qui non c’era più niente per lui… dopo il matrimonio di Jeremy e Bonnie si è trasferito a New York e non è mai più tornato indietro… nemmeno per la nascita di Jenna…»
«Che vuol dire che qui non c’era più niente per lui?»
Stefan aprì la bocca ma non riuscì a rispondere, Meredith gli prese la mano e rispose per lui:
«Elena ha… lei ha fatto del male alla sua fidanzata dell’epoca…»
Damon si irrigidì e trovò posto sulla poltrona accanto al camino.
«L’ha… lei l’ha…»
farfugliò.
«No, non l’ha uccisa…»
si affrettò a dire Meredith.
«No, ma comunque per Matt è stata dura…»
continuò Stefan.
«Ma non l’ha uccisa! Bastava soggiogarla a dimenticare l’accaduto…»
Qualcosa nell’espressione del fratello fece intuire a Damon che doveva esserci dell’altro.
«Ok… cosa mi state tenendo nascosto? L’ha per caso trasformata?»
«No… niente del genere…»
rispose la dottoressa Fell.
«Damon…» intervenne Stefan «Elena non ne sa niente e Matt… beh… lui ci ha supplicati di fargli dimenticare tutto…»
«Odio gli indovinelli! Avete idea di quanto sia snervante parlare con voi due in questo momento? Ditemi subito cosa diavolo è successo!»
esclamò impaziente. Stefan deglutì e strinse le mani in due pugni.
«Beh… la fidanzata di Matt… ecco… quando Elena l’ha attaccata, lei… lei era incinta…»
Damon si portò le mani alla bocca.
«Era?»
ripeté lui in un sussurro. Gli occhi di Stefan risposero a tutti i suoi dubbi.
«Matt era disperato… stavano anche mettendo da parte i soldi per potersi sposare… sai?»
lo informò il fratello. Si schiarì la gola e proseguì:
«Inizialmente ci chiese solo di cancellare la memoria di Mary-Anne, di farle dimenticare della loro storia, del bambino e dei progetti… ma poi divenne troppo anche per lui…»
«Vi chiese di cancellare anche la sua memoria?»
«Solo la parte inerente al bambino… ci ha chiesto di soggiogarlo affinché ricordasse la storia con Mary, ma ha voluto che resettassimo tutto ciò che riguardava il bambino…»
«Non è più stato lo stesso poi…»
commentò Meredith.
«No…» concordò Stefan «Nonostante il soggiogamento qualcosa si era rotto in lui… scappò via da Mystic Falls e giurò che non vi avrebbe più rimesso piede…»
Damon rimase senza parole. Non poté fare a meno di sentire il peso anche di quella storia gravare sulla sua coscienza. “Se solo fossi rimasto…” iniziò a mormorare la vocina che ultimamente sentiva meno spesso. Strinse gli occhi e scosse la testa.
«Beh… ci credo che non abbia sentito la necessità di tornare per la nascita di Jenna…»
disse alzandosi per versarsi da bere.
«Damon… Elena non dovrà mai saperlo…»
«Stef, sarò arrugginito ma non mi sono rimbecillito!»
ribatté,  rigirandosi il bicchiere in mano.
«Volevo solo assicurarmene… non sei mai stato granché bravo a tacere le cose ad Elena…»
«Fidati di me, fratello… so mantenere i segreti anche io…»
asserì, mandando giù un sorso di bourbon.
«Hey!»
La voce di Elena risuonò improvvisa nel salotto.
«E-Elena… da quanto sei qui?»
chiese agitata Meredith. Damon si irrigidì.
«Sono appena entrata… perché?»
«Oh, per nulla… Damon ci ha detto che Matt è tornato…»
La vampira sorrise ed annuì.
«Sì, è fantastico, vero?»
Stefan si accorse del tono affettato con cui Elena aveva risposto e lanciò uno sguardo a Damon, intento a versarsi nuovamente da bere.
«Come sta?»
le chiese, il fidanzato.
«Bene… davvero bene»
rispose lei. Anche Meredith si accorse della tensione sul suo viso. Stefan si avvicinò a Damon.
«Hey… che ne dici se facciamo due tiri in giardino? È una bella giornata…»
Il vampiro fissò i suoi occhi di ghiaccio sul viso del fratello. Gli sorrise ed annuì. Finalmente trovò il coraggio di guardare Elena.
«Non ti dispiace, vero?»
La vampira scrollò le spalle.
«Perché dovrebbe?»
«Non so… magari volevi parlarmi di Donovan…»
Per una frazione di secondo la tensione tagliò il viso di Elena a metà, ma lei fu in grado di nascondere tutto dietro un sorriso tirato.
«Oh… abbiamo tutto il tempo per parlare…andate pure!»
lo rassicurò. Il vampiro le si avvicinò baciandola dolcemente. Con la mente occupata dal segreto che doveva nasconderle non si rese conto di quel che anche lei tentava di celare a lui.
«A dopo, allora…»
le soffiò sulle labbra. Lei sorrise annuendo.
Rimasta sola con Meredith si lasciò cadere sul divano.
«Che succede, Elena?»
domandò la dottoressa.
«Cosa…»
«Andiamo! Si vede lontano un miglio che qualcosa non va… Stefan ha allontanato Damon affinché non se ne accorgesse… riguarda Jessica, non è vero?»
La vampira si morse il labbro inferiore.
«Riguarda Bonnie… e la missione…»
«Raccontami tutto…»
sussurrò Meredith, prendendo le mani ad Elena.
 
Jessica finalmente trovò il coraggio di chiedere:
«Che… che vuoi dire?»
L’ibrido sospirò.
«Mettiamo il caso che tu sia in pericolo di vita… e che la tua sola possibilità di sopravvivenza sia la trasformazione… »
iniziò lui.
«No… non si inganna la morte!» lo interruppe più bruscamente di quanto non volesse «Se stessi per morire, vorrei solo poter dire addio alle persone a me più care… ma non vorrei essere trasformata…»
concluse, calibrando il tono.
L’ibrido la osservò sempre più incuriosito.
«Sai, non sei la prima a cui lo sento dire… ma la verità è che di fronte alla morte siamo tutti suscettibili a cambiare opinione…»
Il suo tono saccente indispose Jessica.
«Oh, deciditi! O sono la creatura più trana mai incontrata o sono come tutti gli altri!»
sbottò.
«Perdonami… non volevo offenderti…»
«Non sono offesa, sono infastidita! Tu… tu tratti  tutto come qualcosa che puoi capire e dominare… ma non è così! Ci sono… ci sono delle eccezioni nel mondo… ci sono persone che semplicemente non puoi dare per scontate, ci sono persone che sono diverse…»
«Persone come te..»
«Esattamente! Persone come me!»
L’ibrido sorrise e nuovamente il ricordo del suo reale aspetto si sovrappose al volto del ragazzo che lo ospitava, e qualcosa le si contorse nello stomaco. Deglutì a vuoto ed indietreggiò di un passo.
«Di certo non ti manca la verve…»
Jessica sentì le guance avvampare.
«Scusa… è il mal di mare… mi rende nervosa…»
«Beh… non era davvero mia intenzione offenderti o infastidirti… dico solo che nei molti anni in cui ho vissuto ho visto gente cambiare idea… tutto qui…»
«Io non lo farò. So cosa voglio dalla mia vita…»
« E cosa sarebbe? Se posso chiedere, ovviamente…»
La ragazza fece spallucce.
«Una vita»
rispose con semplicità. Lui la fissò confuso.
«Non importa se lunga o corta, ricca o povera… con una famiglia tutta mia o meno… io voglio solo quello che mi spetta. Voglio vivere quello che è stato deciso per me… e voglio farlo al meglio… tutto qui!»
si spiegò. Tyler-Klaus non trovò nulla da dire. Dei molti discorsi sentiti e fatti nel corso della sua esistenza era decisamente la prima volta che si trovava di fronte ad una persona come Jessica. Percepiva la sincerità e la convinzione delle sue parole come qualcosa di materiale, tangibile.
Un alito di vento sollevò un ricciolo della ragazza spingendoglielo davanti ai grandi occhi verdi. L’ibrido provò l’istinto irrefrenabile di scostarlo, ma si costrinse a fissare il mare. Il desiderio di toccarla era diventato più intenso negli ultimi minuti e non seppe spiegarsi il perché.
Lei si accorse del suo nervosismo.
«Tutto ok?»
si preoccupò.
«Sì… ho solo realizzato che ci vorrà davvero molto per riavere indietro il mio corpo»
Jessica non capì quella preoccupazione e l’ibrido si chiuse in se stesso.
 
«Cosa?!?»
esclamò Meredith, sconvolta dalla storia raccontatale da Elena.
«Lo so… è assurdo… non posso permettere che accada!»
«E non puoi nemmeno permettere che Damon lo sappia!»
«Oh, no… quella è davvero l’ultima cosa da fare…»
«Beh, spero tu abbia un piano… perché se ci siamo accorti io e Stefan che qualcosa non andava… Damon ci metterà un battito di ciglia a fare 2+2»
«A me è sembrato abbastanza tranquillo prima…»
«Perché aveva altro a cui pensare…»
Elena la interrogò con lo sguardo.
«Io e Stefan gli abbiamo raccontato di Matt e Mary-Anne…»
la vampira spalancò gli occhi.
«Oh…»
«Gli abbiamo spiegato che li hai solo feriti e che comunque non eri in te…»
«Ma lui si sarà sentito responsabile anche per quello…»
«Suppongo di sì…»
Elena calò il viso tra le mani.
«Ci sarà mai un attimo di pace nelle nostre vite?»
Meredith sospirò e si poggiò contro lo schienale del divano.
«Quando hai l’eternità da vivere, gli attimi di pace diventano inconsistenti…»
«Devo chiamare Jessica… devo parlare con lei…»
«Sì… intanto informiamola del piano suicida di Bonnie…»
«Ma voi dovete portare via Damon da qui… non posso rischiare che senta prima di capire cosa fare…»
«Ci pensiamo noi… dimmi solo quanto tempo ti serve…»
«Non so… facciamo un paio d’ore, ok?»
La dottoressa Fell si alzò sorridendole.
«Ok… mi invento qualcosa e li porto via da qui…»
Elena annuì.
Rimasta sola, prese il telefono e compose il numero lasciatole da Bonnie.
«Qui è il capitano Godric… chi parla?»
«S-salve… io… io sono Elena Gilbert… ehm… cerco Jessica… Jessica Salvatore. È possibile parlare con lei?»
«Attenda in linea»
«Sì, certo…»
Dopo qualche istante di silenzio, finalmente Jessica rispose.
 
Jessica guardò di sottecchi Tyler-Klaus, cercando di capire il suo stato d’animo, ma l’ibrido sembrava essere distante anni luce. Affondò il viso nella coperta e fissò il mare scuro.
«Ehm-ehm»
L’inconfondibile tono asciutto di Salizar attirò la loro attenzione.
«Una certa Elena Gilbert chiede di lei»
comunicò a Jessica, il mozzo.
«S-sì, certo…»
La giovane allungò il braccio verso il telefono che l’uomo le porgeva. Il gelo avviluppò la pelle nuda intorno al polso, le sembrò che diversi piccoli spilli si conficcassero dentro la carne. Rabbrividì ma si costrinse a non ritirare la mano. Afferrato l’apparecchio se lo portò all’orecchio e rispose:
«Hey, matrigna! Tutto bene?»
Elena rise e si sorprese di sentire la mancanza fisica della ragazza.
«Matrigna?»
«Ti ho avvertita che non ti avrei chiamata “mamma”!»
«Oh, ma credevo avresti continuato a chiamarmi Elena…»
«Sì… in effetti potrei…»
Di nuovo la vampira rise.
«Jess… ti devo parlare…»
Il tono improvvisamente teso di Elena mise in agitazione la ragazza.
«È successo qualcosa a D.?»
chiese subito.
«No… no… lui sta bene… per ora… sei sola?»
Jessica guardò verso Tyler-Klaus.
«No… non proprio…»
«Puoi allontanarti?»
«Sì… ma aspetta un attimo…» si spinse il telefono sul petto e si rivolse all’ibrido «Se ti chiedo di non origliare… mi giuri di non farlo?»
Lui annuì subito, lei gli afferrò un braccio lasciando cadere la coperta a terra.
«Mi sto fidando di te, della tua parola…»
«Io sono un uomo di parola… non origlierò, promesso…»
Gli lasciò il braccio, recuperò la coperta e si allontanò di qualche passo.
«Dimmi tutto»
Elena prese coraggio e raccontò anche a lei il segreto di Bonnie. Quando ebbe finito la ragazza si prese del tempo per metabolizzare.
«Jess? Tutto ok? Hai capito tutto?»
«S-sì… io… sì, certo… cavolo…»
«Eh già…»
«D. lo sa?»
«Cosa?!? No! Starebbe già nuotando verso di voi, altrimenti…»
«Sarebbe una lunga nuotata… diamine! Devo pensare in fretta a qualcosa…»
«Jessica… io te l’ho detto perché speravo mi avresti aiutata a contenere… beh, Damon…»
«Certo! C’è anche il problema che non vi sapete nascondere le cose a vicenda… a meno che non si tratti dei vostri sentimenti… in quello siete dei veri maestri!»
«Jess!»
«Sì, scusa… uso l’ironia per calmarmi… dunque… fammi pensare… oh mio dio! Ho trovato!»
«C-cosa?»
«Ho una soluzione… credo… »
«Vuoi dirmi di che si tratta?»
«Uhm… è difficile da spiegare… e poi non sono nemmeno sicura che funzioni… facciamo così: fammi provare, se dovesse funzionare parleremo con D., insieme! Ok?»
«S-sì… ma… io…»
«Ascolta Elena… devi solo mantenere il segreto per un po’… avete 20 anni da recuperare, no? Distrailo!»
«Posso provarci…»
«Bene! Mi accontento! Ora devo andare… fidati di me!»
«Lo farò… ciao Jess…»
«Ciao… matrigna!»

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Capitolo 16
*** Tutto va, come deve andare. ***


Jessica fissò il telefono, metabolizzando la notizia appena ascoltata da Elena. Era così assorta nei suoi pensieri che non si accorse di aver allentato la presa sulla coperta, che  le scivolò morbida sulle spalle, scoprendone la pelle nuda delle braccia. Nemmeno il vento gelido e la pelle d’oca la ridestarono.
«Va tutto bene?»
La voce di Tyler-Klaus la fece trasalire. L’ibrido era arrivato silenzioso alle sue spalle.
«Perdonami… non volevo spaventarti…»
si scusò lui. Jessica si voltò scuotendo la testa.
«No… è… è colpa mia, ero sovrappensiero…»
lo rassicurò.
«Jessica… è tutto ok?»
si preoccupò l’ibrido, avvicinandosi di un passo.
«Hai origliato?»
«Ti ho promesso che non l’avrei fatto, e così è stato. Ma tu sembri sconvolta…»
rispose lui, risistemandole la coperta sulle spalle. Lei deglutì ed annuì.
«Klaus… mi posso fidare di te?»
La domanda colse alla sprovvista l’ibrido che la fissò interrogativo.
«Allora?» insisté lei «Mi posso fidare?»
«Come io mi fido di te…»
lei sbuffò e gli si avvicinò.
«Tu “devi” fidarti di  me… non hai altre opzioni! Ma io… io vorrei fidarmi di te…»
«Puoi farlo, Jessica… puoi fidarti di me…»
Gli occhi di lei scrutarono in quelli scuri di lui e desiderò di poter avere di fronte il vero Klaus.
«Ok… mi fiderò… ma non farmene pentire!»
lo minacciò. Lui le sorrise.
«Non te ne pentirai!»
«Avete finito con quello?»
La voce di Salizar si interpose tra i due come un muro di cemento. Jessica guardò il mozzo, confusa.
«Il telefono…» ripeté, indicando l’apparecchio ancora tra le mani della ragazza «Devo riportarlo dal capitano Godric»
«S-sì, ma certo… ecco! Grazie!»
si affrettò a rispondere lei, porgendogli il telefono. Salizar lo prese e si voltò per andarsene.
«Un attimo» lo bloccò Jess «Se dovesse servirmi…»
«Il telefono è sempre nella cabina del capitano…»
rispose il giovane, nel suo tono secco, come un ramo spezzato.
«Ok, grazie… chiederò al capitano allora…»
Quando fu abbastanza lontano, Tyler-Klaus commentò:
«Quel tipo non mi piace per niente…»
«Già… sembra un serpente in attesa di sferrare un colpo letale!»
concordò lei. L’ibrido la guardò divertito.
«Che c’è?»
gli chiese, sentendosi osservata.
«Oh, nulla… ho trovato la tua metafora divertente…»
«Sì, so essere fantasiosa! È una delle mie mille qualità!»
«Oltre all’umiltà, intendi?»
la stuzzicò lui.
«Oh no! Non accetto prediche di sorta… da te poi! Signor “ho mille anni e so tutto di ogni cosa”! No, davvero!»
L’ibrido rise di gusto e lei si riempì le orecchie di quel suono e si chiese quanto fosse diversa la risata del vero Klaus.
«Mi vuoi dire che succede, ora?»
domandò improvvisamente lui, interrompendo quel clima leggero. Jessica tornò seria e deglutì, si morse il labbro inferiore e pensò a cosa dire.
«Dov’è Bonnie?»
gli chiese. Lui si stupì della domanda.
«L’ho… l’ho lasciata dentro a riposare… sembrava esausta… perché?»
Lei lo guardò titubante.
«Ho capito… non mi dirai nulla…»
disse lui.
«Non ora… prima… prima devo fare una cosa, poi ti spiegherò…»
«Ok…»
La semplicità con cui lui accettò di stare alle sue regole, la stupì. Sospirò e gli fece cenno di seguirla.
 
Damon, Meredith e Stefan si sedettero all’interno del Mystic Grill. Il locale non era cambiato di una virgola.
Il vampiro si guardò intorno e non gli sembrò passato un giorno dall’ultima volta che era stato lì. Era la sera in cui decise di andare via, la sera in cui il suo destino si scontrò con quello di Jessica.
Quel posto era identico nonostante fosse tutto cambiato.
Lui stava con Elena, Stefan con Meredith e nella sua vita c’era una figlia. “Una figlia che è in viaggio per l’inferno col signore degli inferi in persona!” si ammonì mentalmente.
«Non è stata una grande idea venire qui…»
commentò.
«Pensavo che ti servisse un po’ di tempo per metabolizzare la storia su Matt…»
disse la dottoressa Fell.
«Ed è così… ma Elena si insospettirà, non l’ho nemmeno guardata in faccia, prima…»
«Non si è accorta di nulla, era abbastanza scossa dalla sua chiacchierata con Matt»
Damon puntò i suoi occhi di ghiaccio su Meredith.
«E questo che significa?»
«Solo quello che ho detto… anche se non sa nulla del bambino, ricorda perfettamente di aver aggredito Mary-Anne… e credo si sia convinta che questo abbia causato la rottura con Matt…»
«E non è così?»
replicò lui. Stefan e Meredith si limitarono a guardarlo con tristezza.
«Scusate… sto solo cercando di processare il senso di colpa»
«Il senso di colpa?»
«Mi conosci Stefan… mi tormenterò fino alla fine dei miei giorni chiedendomi quante vite avrei salvato rimanendo qui!»
rispose a denti stretti.
«Non so quante vite avresti salvato…» disse il fratello, mettendogli una mano sulla spalla «Ma so per certo quante non ne avresti salvate!»
Damon guardò  Stefan e lo fissò senza parlare.
«Non hai mai pensato che tutto è andato come doveva andare?»
insisté il giovane Salvatore. Lui abbassò lo sguardo sulle proprie mani, strette in due pugni.
«Damon, quando si tratta di sensi di colpa, sono l’esperto in materia… lo sai, ho passato quasi tutta la mia esistenza macerandomi nelle colpe… ma sai cosa ho capito alla fine?»
Stefan attese un istante prima di proseguire, quindi disse:
«Che per ogni errore commesso, per ogni sbaglio fatto ho mosso un passo verso questo momento… qualcuno ha pagato un prezzo più alto, è vero, e non smetterò mai di provare dolore per loro… ma… tutto è andato come doveva andare…»
I fratelli si guardarono e nella mente di Damon iniziò a echeggiare un ricordo in cui, più o meno, diceva le stesse cose ad Elena.
 
«Ho fatto un sacco di scelte sbagliate, che mi hanno portato a questo punto… me lo merito… mi merito di morire… Ma va bene così, perché se avessi scelto differentemente, non avrei incontrato te»
 
Pensò a Jessica, alla prima volta che aprì i suoi occhioni verdi su di lui, alla prima volta che gli sorrise, alla sua prima parola: “Dannazione”… gli scappò un sorriso. Non era molto fiero di aver ripetuto così tante volte quell’imprecazione da farla imparare ad una bambina di appena due anni, ma ricordò anche di come si impose di farle imparare termini un po’ più ‘felici’. Si rese conto che non avrebbe rinunciato a quei ricordi per niente al mondo. Tante cose erano andate male, per il verso sbagliato, ma non Jessica… lei era stata la sola cosa buona della sua esistenza… e se lui fosse rimasto a Mystic Falls quella bambina sarebbe morta insieme alla madre. Sospirò ed annuì.
«Forse sì…» si convinse «Tutto è andato come doveva andare…»
Stefan  gli sorrise.
«Che fine ha fatto, comunque?»
domandò improvvisamente.
«Chi?»
chiese Meredith.
«Mary-Anne…»
spiegò  lui.
«Sparì dalla circolazione… Matt ci disse di aver saputo che si era rifatta una vita a Seattle…»
rispose Stefan.
«A Seattle?»
«Già… ma non sappiamo nulla di più»
«Capisco… e lui? Lui perché non si è rifatto una vita?»
«Tu perché non ti sei rifatto una vita?»
ribatté il fratello. Damon aprì la bocca ma la richiuse subito. Si sentì dispiaciuto per Matt e si rese conto che se Elena fosse venuta a conoscenza della verità, sarebbe impazzita di nuovo.
«Stai pensando ad Elena e a cosa accadrebbe se lo venisse a sapere, vero?»
Il vampiro fissò il fratello ed annuì.
«Non è stata poi una cattiva idea portarti un po’ in giro, eh?»
intervenne Meredith.
«Damon, le cose sono andate così, non ci possiamo fare niente… se perfino Matt ha preferito mantenere il segreto pur di preservare Elena… »
«Non mi devi  convincere, Stef» lo interruppe «So che Elena non può sapere niente di tutto ciò… sto solo cercando la forza di non sentirmi il diretto responsabile di tutto questo caos… »
Il silenzio calò tra i tre che passarono il tempo restante rintanati nei propri pensieri.
 
Arrivati di fronte alla porta della loro cabina Jessica si voltò verso Tyler-Klaus e gli chiese di aspettare fuori.
«Perché?»
le chiese.
«Perché devo fare una cosa… ed ho bisogno di stare sola con Bonnie…»
spiegò lei a bassa voce.
«Non è niente di pericoloso, vero?»
«Spero proprio di no!»
L’ibrido la guardò apprensivo.
«Sto scherzando… non è niente di pericoloso… ma non posso rischiare… interferenze… diciamo…»
«Ok…»
acconsentì lui. Jessica deglutì ed entrò nella cabina.
Bonnie stava ancora dormendo  pesantemente. Le si avvicinò e si rese conto dell’aspetto spossato della strega. Si sedette accanto a lei facendo attenzione a non destarla, le prese le mani  con delicatezza e chiuse gli occhi, concentrandosi al massimo.
Inizialmente non accadde nulla, poi, finalmente, riuscì a creare una connessione con il subconscio di Bonnie.
Non era sicura di cosa avrebbe dovuto fare, ma seguì l’istinto.
 
Elena rimase immobile a fissare il telefono, la sua mente correva da Bonnie a Jessica a Damon. Pensò all’amica e a quanto sarebbe stata disposta a sacrificare per il bene di tutte le persone che amava. Pensò a Jessica, da sola ed in balìa di Klaus. Pensò a Damon e della furia che lo avrebbe preso al pensiero di sapere sua figlia senza protezione. Pensò a se stessa, impotente e bloccata su quel divano, in attesa di una buona notizia. L’orologio che scandiva i secondi con il suo costante ticchettio iniziò ad echeggiare nella sua testa, rimbombando tra i pensieri, colpendo i volti dei suoi cari. Si alzò di scatto e muovendosi veloce tirò un pugno al vecchio pendolo, frantumandolo. Si allontanò lentamente dall’oggetto ridotto in pezzi, con ancora qualche scheggia di vetro conficcata nelle pelle della mano. Si fissò le ferite che si rimarginavano in fretta e sospirò.
«Calmati Elena… andrà tutto bene»
si disse ad alta voce. Tornò a sedersi con calma sul divano e si rimise in attesa, fissando il telefono. Senza il ticchettio dell’orologio, si sentì libera di spaziare coi ricordi, libera di rintanarsi in qualche momento felice e si sorprese di ritrovarsi a pensare alla sera in cui lei, Damon e Jessica, in viaggio ed in balìa delle macchinazioni della ragazza, si fermarono in un bar lungo la strada. Quella sera avevano scherzato, ballato, parlato e per la prima volta, dopo anni, si era sentita finalmente nel posto giusto.
 
Jessica strinse ancora di più le mani di Bonnie e si lasciò invadere dall’energia della strega. Sentì il proprio corpo attraversato dall’ormai familiare onda elettrica di quando i poteri delle due attingevano energia l’una dall’altra. Frugò nella mente della strega, in cerca di risposte, in cerca di soluzioni ed il suo istinto riconobbe un incantesimo. Si sentì esattamente come quella volta nella grotta, quando Damon ed Elena erano ad un passo dalla morte. C’era qualcosa dentro lei, una specie di radar, che capiva cosa fare, che sapeva esattamente quali incantesimi utilizzare. Liberò la mente da altri pensieri e procedette.
 
«Te la senti di tornare a casa?»
domandò Stefan al fratello.
«Sì… devo, o Elena si insospettirà…»
rispose il vampiro.
«E te la senti di tornarci da solo?»
«Perché dovrebbe tornare da solo?»
chiese Meredith al fidanzato. Lui le sorrise.
«Perché io e te abbiamo un appuntamento con Caroline… sarà contenta di sapere che Matt è in città!»
le spiegò lui.
«Oh, certamente!»
«A meno che… Damon, vuoi venire pure tu?»
«Aehm… passo! Ho fatto incetta di abitanti di Mystic Falls passati e futuri… mi serve una pausa… ed ho voglia di stare con la mia ragazza…»
Damon salutò Stefan e Meredith ed uscì dal locale.
Rimasti soli i due vampiri attesero di sentire il motore della Camaro accendersi prima di parlare.
«Ok, è andato! Mi dici che hai in mente?»
domandò la dottoressa al fidanzato.
«Cosa ho in mente io? Tu cos’hai in mente! Perché Elena aveva quella faccia? E perché hai insistito  affinché ci allontanassimo da casa?»
ribatté lui. Meredith realizzò di non aver condiviso le notizie di Elena con lui. Sospirò e rispose:
«Hai due opzioni: sentirlo da me ora… o aspettare di saperlo da Matt…»
Stefan corrugò la fronte.
«Che succede, Mer?»
Lei prese fiato e gli raccontò il terribile segreto di Bonnie.
 
Jessica iniziò a salmodiare incantesimi a lei sconosciuti con un flusso di energia che entrava ed usciva da lei attraverso le mani, ancora strette attorno quelle di Bonnie. Le luci al neon della cabina iniziarono a ronzare e ad illuminarsi ad intermittenza, le pareti metalliche ed ammuffite scricchiolarono, quasi fossero diventate di vetro. Il respiro della giovane si fece pesante, le si irrigidirono i muscoli del collo ed inarcò la schiena in concomitanza dell’ondata di energia che le esplose nel petto, portandola ad emettere un suono gutturale, soffocato. Tyler-Klaus,  rimasto fuori ma con l’orecchio teso, si preoccupò ed entrò nella cabina.
Trovò Jessica china sul corpo della strega, ancora addormentata. Si avvicinò veloce alla ragazza, i riccioli scuri le coprivano il viso ma dai movimenti delle spalle si rese conto che stava ansimando.
«Jessica… stai bene? Guardami?»
la chiamò, scostandole i capelli dal viso. Lei annuì stancamente e finalmente sollevò il viso su di lui.
«S-sto… sto bene… aiutami… aiutami ad alzarmi…»
lo rassicurò lei, provando a sorridere.
Sentiva dolore in ogni centimetro del corpo ed il tentativo di sorridere le causò fitte lancinanti che sperò di celare all’ibrido. Lui le porse una mano e con delicatezza le cinse la vita, sollevandola. Non appena fu in piedi il mondo sotto i piedi di Jessica vacillò violentemente, le ginocchia le si piegarono e, non fosse stato per la prontezza di Tyler-Klaus, sarebbe sicuramente rovinata a terra.
L’ibrido la prese in braccio.
«Jessica, dannazione!»
La ragazza sorrise.
«Lo sai… quella è stata la mia prima parola…»
biascicò lei.
«Cosa?»
le chiese, ma lei non parve avere la forza di spiegare. La portò nella sua branda e la adagiò sul materasso.
La osservò preoccupato e le ripulì il viso dalle ciocche di capelli appiccicate alla fronte sudata.
«Ha funzionato, sai?»
disse lei, con un filo di fiato.
«Che cosa ha funzionato, tesoro?»
domandò lui.
Jessica rise e schiuse gli occhi.
«Non chiamarmi tesoro, Klaus… non prima di avermi offerto una cena!»
scherzò debolmente.
«Sembri averne bisogno… vado a chiedere al capitano se hanno qualcosa di pronto…»
Si alzò dalla branda, ma prima di fare un passo, lei gli afferrò il braccio con più forza di quanto non sembrasse averne.
«No! Non andare! Ho bisogno di riposare un attimo ma sto bene… starò bene… tu, però, non andare…»
Aveva richiuso gli occhi e la voce era tornata ad essere un soffio, ma la presa intorno al braccio dell’ibrido era potente. Le si risedette accanto.
«Va bene. Ma appena avrai un po’ più di forze mi dovrai spiegare cosa diavolo è successo…»
Jessica annuì.
«Bonnie dorme ancora?»
Tyler-Klaus lanciò uno sguardo alla strega ancora stesa nel suo letto.
«Come un sasso»
le comunicò.
«Bene… sono contenta»
E si addormentò anche lei.
 
Gala continuava a dormire ed agitarsi debolmente nel letto, Damon le stava seduto accanto, osservandola ansioso. Jenna li guardava a braccia conserte.
«Non… tu non li senti più, vero? Gli altri, dico…»
chiese improvvisamente. Il vampiro la guardò con un’espressione triste.
«No… da anni…»
rispose.
«Nessuno?!?»
si sorprese la donna. Damon scosse la testa in segno di diniego.
«Ma… io pensavo… io credevo…»
«Cosa?» la interruppe lui «Che stessimo tutti insieme, felici e sereni?»
Gli occhi di Jenna divennero due pozzi scuri.
«Perdonami… io…»
provò a scusarsi lei.
«Ora capisci perché devo sistemare tutto?»
disse lui con dolore. La donna annuì ed una lacrima le rigò il volto.
«Farò tutto il possibile per aiutarti…»
gli assicurò. Lui le sorrise e tornò a vegliare il sonno di Gala.

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Capitolo 17
*** Tell me the truth ***


Elena sentì una macchina parcheggiarsi nel vialetto, pochi istanti dopo Damon varcò la soglia di casa.
La vampira era rimasta seduta sul divano, in attesa della chiamata di Jessica. Aveva completamente perso la nozione del tempo e l’aver ridotto l’orologio in mille pezzi non l’avrebbe aiutata a quantificare la sua attesa. Si costrinse a stare calma mentre lui avanzava con la sua espressione indagatrice verso di lei: fronte corrugata, labbra sporte in avanti e testa leggermente inclinata.
«Hey…»
la salutò lui, sospettoso. Elena provò a mettersi in faccia l’espressione più rilassata che poté forzando un sorriso e ricambiò il saluto.
«Hey a te… Stefan e Meredith?»
gli chiese, allungando lo sguardo oltre le spalle del vampiro.
«Oh, sai… li ho lasciati da soli a fare un po’ i piccioncini. Lo sai che troppe smancerie mi mettono in imbarazzo»
«Ah sì?»
«Smancerie pubbliche ed altrui… forse avrei dovuto specificare…»
aggiunse rapidamente lui, strappandole un sorriso. Ma la velocità con cui le sue labbra tornarono tese gli diedero conferma che c’era qualcosa che non andava.
«Elena, va tutto bene?»
si preoccupò, avvicinandosi. Lei finse di non capire ed annuì.
«Certo, va tutto benissimo!»
Lo sguardo di lui si spostò sui frammenti di legno e meccanismi metallici sparsi sul pavimento.
«E lì cosa è successo?»
Elena deglutì e scattò in piedi.
«Ahm… niente… è che… mi dava fastidio il ticchettio…»
Damon la guardò turbato, ne lesse la tensione sul viso e la rigidezza nel corpo e capì che gli stava nascondendo qualcosa. Pensò subito alla chiacchierata che lei aveva avuto quella mattina con Matt ed il terrore che potesse aver scoperto la verità su quello che aveva fatto a Mary-Anne gli gelò il sangue nelle vene. Le si avvicinò con cautela e ne catturò lo sguardo.
«Elena… cosa ti ha detto Matt?»
La domanda spiazzò la vampira che sentì le gambe cedere. Non era possibile che lui avesse scoperto tutto da solo. Sentì la gola inaridirsi ed ogni parola che le saliva in gola diventava una lama tagliente. Lui era a pochi centimetri da lei, ne percepiva l’odore, il fiato, il freddo calore del suo corpo.
«Damon… io…»
Il resto della frase evaporò nel nulla. Sapeva di non potergli mentire, ma aveva cieca fiducia in Jessica e nelle sue capacità di risolvere le situazioni. Si costrinse ad essere forte e mandò giù la verità.
«Matt mi ha solo aggiornata sulla sua vita… è stato un po’ intenso riguardarlo negli occhi e risentire la sua voce… l’ultima volta che ci siamo visti… beh… io non ero proprio in me… ed ho fatto delle cose di cui non vado molto fiera»
La voce di Elena si spezzò. Damon le prese il viso tra le mani e sorrise.
«Stefan e Meredith mi hanno raccontato…»
Gli occhi scuri di lei si spalancarono. Aveva deciso di raccontargli tutto dei suoi anni bui, ma c’erano degli aneddoti più difficili di altri da raccontare, quello su Matt e Mary-Anne era decisamente il più duro.
Osservò l’amore e la preoccupazione che trasparivano in quegli spicchi di cielo e si rese conto, forse per la prima volta, che nonostante gli anni e le vicissitudini passate, lui aveva continuato a guardarla con la stessa devozione e lo stesso amore di quella volta in cui, con rabbia e paura, era riuscito a confessarle il suo amore. Una confessione che aveva potuto recuperare nel bagaglio dei suoi ricordi solo rinascendo vampira.
«Mi ami proprio tanto, eh?»
Damon si soprese di quella esternazione.
«Avevi forse dei dubbi?»
ribatté avvicinandosi di più.
«Mai…»
sospirò lei prima di abbandonarsi a lui.
 
Jessica aprì lentamente gli occhi. Nonostante si fosse appena svegliata si sentì stanchissima. Le sembrò che in ogni arto si fosse riversato del piombo. Provò a sollevarsi sul materasso ma gli dolevano le ossa, come se fosse stata presa a pugni per tutto il giorno.
«Stai bene?»
La voce di Tyler-Klaus giunse alle sue orecchie ovattata, come se venisse da lontano. Lo cercò con lo sguardo e si rese conto che era seduto ai piedi del letto.
«Sono stata meglio…»
rispose sentendo la gola bruciare.
«Ora mi puoi dire che hai fatto per ridurti in questo stato?»
domandò lui, avvicinandosi.
«Beh… i dolori articolari, il mal di gola e la febbre che sento salire… temo siano una conseguenza della mattinata passata in balìa delle raffiche di vento gelido… il sonno in cui sono piombata, invece, è il frutto di una deviazione…»
Jessica lasciò la frase a metà e si mosse più veloce di quanto il suo corpo potesse sopportare. Si mise in piedi ignorando i dolori lancinanti  ai muscoli, l’intervento dell’ibrido le impedì di rovinare a terra.
«Non ti lascio andare finché non mi dici cosa diavolo sta succedendo!»
sibilò lui, tendendola stretta tra le braccia.
«Mi sono solo alzata troppo in fretta…»
provò a rassicurarlo. Le braccia di lui si strinsero ancora di più intorno al suo corpo.
«Dimmi la verità, Jessica… o non ti muovi da qui!»
ribadì lui.
«O-ok… ma allenta la presa o morirò asfissiata!»
Subito lui eseguì l’ordine ed attese che lei parlasse.
«Non è che potresti anche mettermi giù?»
Lo sguardo di lui fu più che eloquente.
«Ok, ok… ti dirò tutto in questa comoda, e per nulla imbarazzante, posizione!»
L’ibrido sospirò e la mise a sedere sul letto, incrociò le braccia sul petto e le disse:
«Adesso dimmi che storia è questa!»
«Ho solo bisogno di sapere quanto tempo è passato da quando mi sono addormentata…»
«Un paio d’ore… perché?»
Jessica si alzò, con cautela e si aggrappò alla mano che Tyler-Klaus aveva allungato istintivamente.
«Ti racconterò ogni dettaglio mentre mi porti dal capitano…»
«Se questo è un modo di perdere altro tempo…»
«Questo è un modo per non perderne affatto, Klaus!» lo interruppe «E poi non posso dirti tutto di fronte a lei» indicò con la testa Bonnie «Considerando che è per lei che ho fatto tutto…»
«Tutto, cosa?»
«Non qui, Klaus… vieni!»
E lo trascinò fuori dalla cabina.
 
Damon rimase sdraiato su un fianco ad osservare il profilo di Elena, stesa sulla schiena sul vecchio tappeto del salotto. La vampira aveva la mano di lui tra le sue e giocherellava con le dita, accarezzandole  ed intrecciandole alle proprie.  Erano rimasti in silenzio per tutto il tempo senza sentire il bisogno di parlare, ognuno dei due aveva i propri pensieri a fare abbastanza rumore dentro di loro. Elena si portò la mano di Damon sulla bocca e la baciò. Lui si avvicinò ancora di più ed affondò la testa nei capelli di lei.
«A cosa stai pensando?»
gli chiese, con due delle sue dita ancora sulle labbra. Lui sollevò la testa e sospirò.
«In questo momento stavo pensando che se mio fratello e Meredith entrassero da quella porta, potrebbe essere imbarazzante…»
Elena rise.
«Sul serio, Damon!»
lo riprese bonariamente.
«Ma sono serio… sarebbe imbarazzante!»
Lei si voltò su un fianco,  verso di lui e lo fissò negli occhi.
«Vuoi sapere a cosa sto pensando io?»
Lui annuì.
«Sto pensando che farò ogni cosa per renderti felice…»
«Ma tu…»
«Sstt» lo zittì lei «Fammi finire…»
Damon chiuse la bocca.
«Ti prometto che proteggerò Jessica con la mia stessa vita se sarà necessario…»
Il vampiro si irrigidì, Elena continuò:
«Tu devi fidarti di me, non permetterò che le accada nulla… mai»
Lui si sollevò a sedere e la guardò spaventato.
«Elena… che diavolo sta succedendo?»
La vampira si sollevò a sua volta, lanciò uno sguardo al telefono sul tavolo e sospirò.
«Che ne dici se ci rivestiamo prima? È una conversazione che vorrei affrontare con i vestiti addosso…»
Lui si mosse veloce e recuperò i jeans. Lei fece altrettanto continuando a sperare che arrivasse la chiamata di Jessica prima che lei vuotasse il sacco.
«Allora? Mi dici cosa c’è che non va?»
domandò lui, ansioso.
«Non vuoi metterti la camicia?»
rispose lei.
«Non me ne frega niente dei vestiti, Elena! Cosa è successo a Jess?»
ribatté lui, trattenendosi dall’urlare. La vampira lanciò un ultimo sguardo al telefono ancora muto.
«Lei sta bene… per ora… vedi… Matt  mi ha raccontato una cosa… un segreto riguardo a Bonnie…»
Ma prima che Elena potesse continuare, il telefono squillò.
 
L’ibrido ascoltò con stupore la storia di Jessica su Bonnie. I due erano diretti alla cabina del capitano Godric, lui portava a braccetto lei, ancora molto debole.
«Cosa?!?»
esclamò a fine storia, fermandosi.
«Lo so, è una storia assurda… ma sono riuscita ad impedire che finisse nel peggiore dei modi, no?»
disse lei, ansimante. Si poggiò contro la parete del corridoio continuando a sostenersi al braccio dell’ibrido.
«Beh, se consideri l’aver messo a rischio la tua di vita, sì, certo! Finirà magnificamente!»
sibilò Tyler-Klaus.
«Ma non ho affatto messo a repentaglio la mia vita…»
ribatté lei.
«Tu hai legato i sigilli al tuo potere! Questo è rischiare la vita!»
«No! Questo è rischiare i poteri…» lo bloccò «Andiamo Klaus, avrei comunque ceduto questo fardello mistico a Bonnie finita la missione… non è mai stata mia intenzione essere una strega, cosa cambia in che modo mi libero dei miei poteri?»
L’ibrido scosse la testa.
«Ragazzina…»
iniziò lui, lei si staccò dalla parete e gli puntò contro un dito.
«Ti ho detto di non chiamarmi ragazzina!»
inveì lei. Lui sospirò.
«Scusa, Jessica… volevo solo dire che i tuoi poteri fanno parte di te… sacrificarli così ti indebolirà, ti renderà fragile… lo capisci questo?»
Lei abbassò lo sguardo e fece spallucce.
«Ho vissuto vent’anni senza sapere di essere una strega e senza avere idea dei miei poteri… non sono mai stata fragile o debole!»
«Intendevo dire che…»
«Non mi interessa cosa intendevi dire… chi sono io, non lo devo ad una eredità genetica, ad un patrimonio mistico vecchio di millenni. Se posso salvare la vita di una madre, di una moglie, di un’amica… sacrificando un bagaglio che per me è solo il promemoria costante di una storia di odio e vendetta… lo faccio volentieri»
Jessica riportò il suo sguardo in quello di Tyler-Klaus.
«Quel che è fatto è fatto, Klaus. Man mano che romperemo i sigilli apposti da Bonnie, perderò i miei poteri e la sua anima rimarrà intatta. Lei tornerà dalla sua famiglia sana e salva e per me non sarà cambiato nulla. Sarò sempre Jessica: una normalissima ragazza con la fortuna di vivere contornata da persone speciali…»
La determinazione negli occhi della ragazza lasciarono l’ibrido senza nulla da aggiungere. Lei aveva deciso scientemente di rinunciare al potere. Era davvero la creatura più strana che avesse mai incontrato.
«Andiamo, dai… devo avvertire Elena…»
lo incitò lei, stringendogli il braccio al quale era poggiata. Lui annuì ma mosso un passo si fermò.
«Aspetta…»
Lei lo guardò impaziente.
«Non cambierò idea…»
iniziò a dire, ma lui la fermò con un gesto della mano.
«Non si tratta di questo…»
Lei lo osservò silenziosa. Tyler-Klaus si prese qualche istante, la fissò ed aggiunse:
«Volevo solo dirti che… la normalità non ti si addice… smettila di considerarti tale»
Jessica aprì la bocca per chiedere spiegazioni, ma lui riprese a camminare, trascinandola. 
Arrivati alla cabina del capitano Jessica recuperò il telefono.
«Mi scusi, capitano… c’è un posto dove posso parlare in tranquillità?»
domandò la giovane.
«C’è la mia stanza poco più in là… potete usarla»
I due ringraziarono e si diressero verso la cabina indicata dal capitano. Entrarono e subito Jessica chiamò Elena. Dopo qualche istante finalmente la vampira rispose.
 
«Jessica!»
esclamò Elena nervosa.
«Hey! Tutto bene?»
«S-sì, certo… credevo non chiamassi più!»
«Oh, sai, ho avuto un po’ da fare… tu?»
si informò, cogliendo la tensione nel tono della vampira.
«C’è Damon con me…»
Jessica buttò indietro la testa e sbuffò.
«Dimmi solo che hai tenuto la bocca chiusa…»
«Stavo appunto per…»
«Per dirgli che ho risolto tutto?» la interruppe « Bene! Brava la mia matrigna!»
«Cosa… tu… tu hai… risolto…»
farfugliò Elena.
«Sì, certo, avevi dubbi?»
«No… assolutamente no…»
Damon era rimasto ad origliare la conversazione, intuì che le due donne stavano tramando qualcosa ed intervenne strappando il telefono dalle mani alla fidanzata.
«Jessica! Che diavolo sta succedendo? Cosa dovevi risolvere?»
proruppe con furia.
«Hey, D.! Che bello sentirti! Anche tu mi sei mancato, sto benissimo, grazie…»
provò a scherzare la ragazza.
«Jess, rispondimi!»
la giovane sospirò e rispose:
«Quanto sei difficile! Ok, ti racconterò tutto… mettiti seduto, però… »
«Perché?»
«Perché è una storia un po’ lunghetta e non vorrei che affaticassi le tue gambe centenarie!»
«Forse dovresti sederti anche tu…»
Si intromise Tyler-Klaus, invitandola a prendere posto su una sedia.
«Chi ha parlato?»
domandò Damon.
«È stato Klaus…»
«Klaus? Che ci fai con lui?»
si preoccupò il vampiro.
«Mi ha accompagnata lui…»
«E perché non ti sei fatta accompagnare da Bonnie?»
la interruppe bruscamente.
«Se mi fai il favore di sederti e lasciarmi parlare, forse, riuscirò a dirtelo!»
replicò esasperata lei. Damon sbuffò, andò a sedersi pesantemente sul divano e disse in tono asciutto:
«Sono seduto, parla»
Anche la ragazza prese posto sulla sedia, aiutata dall’ibrido. Prese fiato e raccontò tutta la storia che il vampiro ascoltò con sempre più crescente ansia.
«Tu… cosa?!?»
urlò con rabbia Damon, scattando in piedi.
«Perché avete tutti questa reazione?»
commentò con stanchezza,  Jessica.
«Che diavolo dovrebbe significare, Jess? Tu ora ritorni subito qui! Intesi?»
«Oh, sì, certo… mi consigli di nuotare a stile libero o a farfalla?»
ironizzò lei.
«Cosa? Che diavolo stai dicendo?»
«Io cosa sto dicendo? Ma ti ascolti, D.? Sono su una chiatta in mezzo all’oceano e tu mi ordini di tornare indietro!»
«Tornate tutti indietro! Non mi importa nulla di Klaus, del suo corpo e delle sue minacce!»
«A me sì! Mi importa! Ho dato la mia parola e la manterrò! E non dimenticare che il corpo in cui sta Klaus è quello di uno dei tuoi amici!»
inveì lei.
«Non ho mai stretto con lui!»
«Non mi interessa con chi hai stretto. Io porterò a termine questa missione»
«Jessica Salvatore»
«Non osare!» lo bloccò « Sto facendo la cosa giusta e lo sai! Ti ho anche spiegato che sono riuscita a salvare Bonnie… mi dici il tuo problema qual è?»
«Il mio problema?!? Jess, salverai Bonnie rischiando la tua vita!»
«Agh! Ma che avete voi uomini da non capire questo passaggio? Non rischierò la mia vita! Saranno solo i miei poteri a venire distrutti! Andiamo, D.! Non sei così stupido da non arrivarci! Deve esserci qualcos’altro dietro, vero?»
«Jess, non cambiare discorso…»
«Non sto cambiando discorso, lo sto chiudendo. Ti ho detto qual era il problema e ti ho spiegato come l’ho risolto, non c’è niente altro da aggiungere. Adesso, se vuoi spiegarmi cosa ti turba sul serio, sarò tutta orecchie… altrimenti tornerò in cabina a riposare, fine della storia»
Elena, rimasta in ascolto di tutta la conversazione, si rese conto della tensione sul viso di Damon. Jessica aveva capito che qualcosa turbava il vampiro e lei poteva vedere che aveva ragione. Lui si accorse dello sguardo della fidanzata. Si rese conto di essere con le spalle al muro e dovette cedere.
«O-ok… dammi solo un po’ di tempo per metabolizzare la cosa… ci sentiamo più in là, quando avrò digerito il tuo gesto kamikaze…»
La giovane colse la tensione nella voce del padre e capì che qualunque fosse il problema, non voleva farlo sapere ad Elena.
«Va bene, D., ci sentiamo poi… salutami Elena»
Chiuse la chiamata e sospirò.
«Quei due mi uccideranno prima che possa farlo la vecchiaia!»
commentò esasperata.
«Qualcosa non va?»
volle sapere l’ibrido.
«Solo due testoni che non posso tenere sotto controllo da qui…»
«Damon ed Elena?»
«Ne conosci altri?»
ribatté lei, alzandosi con cautela.
«No… direi di no…»
«Riportami in cabina, per favore… sto iniziando a star male sul serio…»
Tyler-Klaus le toccò la fronte preoccupato.
«Sai che potrei curarti io, vero?»
le propose timidamente.
«Non ci pensare neanche. Chiederò al capitano se ha un’aspirina…»
«Sì, certo… dimenticavo la tua paura…»
«Tranquillo… ci sono abituata… fosse stato per D. avrei curato così anche le ginocchia sbucciate!»
L’ibrido le sorrise e la riportò in cabina.
 

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Capitolo 18
*** Burn, witch. Burn. ***


Bonnie aprì gli occhi, ci mise qualche istante prima di realizzare dove si trovasse e perché. Si alzò con cautela sul materasso e provò a fare mente locale sugli ultimi avvenimenti. La sensazione di spossatezza non era passata ma c’era qualcosa di diverso, come se si sentisse più leggera. Mise un piede a terra e si assicurò di poter reggere il proprio peso prima di provare ad alzarsi. Una volta in piedi fece dei gran respiri e subito iniziò a sentirsi meglio. Nel frattempo Jessica e Tyler-Klaus fecero il loro ingresso nella cabina. La strega notò subito il colore pallido della ragazza.
«Jessica! Stai bene?»
si preoccupò, andandole incontro. La giovane annuì senza troppa convinzione.
«Temo le stia salendo la febbre»
intervenne l’ibrido.
Bonnie lo guardò come se si fosse accorta solo in quel momento della sua presenza, si avvicinò ancora di più a Jessica e le toccò la fronte.
«Quanto ho dormito?»
gli chiese senza guardarlo.
«Quasi un giorno intero…» rispose lui «Perché?»
La strega non rispose e gli pose un’altra domanda:
«Quanto ci siamo allontanati?»
Tyler-Klaus si innervosì visibilmente ma rispose lo stesso:
«Tra un po’ potremo accarezzare i cuccioli di pinguino…»
Finalmente lei lo guardò.
«Dimmi, strega, perché queste domande?»
Jessica era rimasta in mezzo ad osservare,  senza forze per intromettersi, quella singolare scenetta.
«Perché non ha la febbre… ci stiamo avvicinando alla seconda prova…»
L’ibrido corrugò la fronte.
«Ne abbiamo appena superata una! Ed anche molto pesante!»
obiettò lui.
«Credi non lo sappia? Ho messo i sigilli in modo tale che impedissero a chiunque di trovarti… li ho seminati lungo il percorso affinché non dessero il tempo a chi si cimentava nel superarle di riprendersi…»
«Se sei stata tu a metterle così vicine tra di loro… perché ne sembri così sconvolta?»
Bonnie tacque, ma l’ibrido aveva centrato il punto.
«Ragazzi… è tutto molto interessante… davvero… ma che ne dite se seguo la soap stesa nel mio letto? Non credo di sentirmi troppo bene…»
Jessica sentì le gambe cedere mentre finiva di parlare. Le braccia di Tyler-Klaus, rimaste salde intorno a lei per tutto il tempo, le impedirono nuovamente di cadere sul pavimento. L’ibrido la sollevò e la portò verso il letto.
«Credi ti dovrò portare in braccio ancora per molto?»
la stuzzicò lui, stendendola sul materasso. La giovane sorrise debolmente.
«Ti stai lamentando del mio peso?»
replicò lei, mettendosi comoda.
«Non oserei mai!»
«Ti conviene… o giuro di prendere a mistici pugni quel bel faccino»
Il sorriso sul viso dell’ibrido si congelò, Jessica aveva gli occhi chiusi e non si accorsa di nulla.
«Allora… mi vuoi dire cosa ti turba?»
domandò a Bonnie, teso. Lei scosse la testa e pensò a cosa rispondere, quindi disse:
«Nulla… è solo che pensavo di avere un po’ più di tempo per prepararvi a questa prova… Jessica non mi sembra in gran forma ed io mi sento molto debole…»
«Io sto benissimo»
ribatté lui, incrociando le braccia sul petto.
«Spezziamo subito il sigillo»
La voce di Jessica era ridotta ad un sibilo.
«Ma non stai bene!»
si oppose Tyler-Klaus.
«E continuerò a stare male se non fermiamo questo incantesimo…» si fermò a prendere fiato «Se inizierete a stare male anche voi, sarà ancora più difficile fare qualcosa… sbrighiamoci!»
L’ibrido si sedette sulla branda della giovane, le si avvicinò al viso e sussurò:
«Jessica… non stai bene…» abbassò ancora di più la voce «E non mi riferisco a questo incantesimo!»
La ragazza capì a cosa facesse riferimento l’ibrido e deglutì.
«Klaus… prima spezziamo ‘questo’ incantesimo, prima avrò le forze per rimettermi in sesto… intesi?»
rispose lei nel medesimo bisbiglio.
«Che succede?»
proruppe Bonnie, allarmata dallo strano comportamento dei suoi compagni di viaggio. Tyler-Klaus si voltò verso la strega e sospirò. Jessica intuì che stava per raccontarle di quel che aveva fatto mentre dormiva, gli afferrò il braccio e lo costrinse a guardarla.
«Sto bene, Klaus… starò bene! Ma stai zitto!»
La strega si avvicinò ai due.
«Ok, che è successo? Quanto ho dormito in realtà?»
La domanda confuse i due.
«Cosa vorresti dire?»
domandò l’ibrido.
«Cosa voglio dire? Se ho dormito solo un giorno, com’è che siete diventati così complici? E cosa sono questi sussurri? Cosa mi nascondete?»
Jessica si sollevò sul materasso.
«Bon… va tutto bene, ma spezziamo questo sigillo, ora! Non ho intenzione di stare peggio di così!»
La strega li guardò con sospetto.
«Ok… spezzeremo questo sigillo… ma subito dopo, che tu stia bene o meno, mi direte cosa diavolo è successo!»
L’ibrido e la ragazza si scambiarono un’occhiata ed annuirono.
«Cosa fa di preciso questo incantesimo?»
volle sapere l’ibrido. Bonnie si sedette accanto a Jessica e rispose:
«È l’incantesimo del fuoco… ti brucia dall’interno… aumenta la temperatura del sangue poco a poco, fino a farlo bollire… e se non si ferma in tempo…»
«Brucerà anche te…»
finì lui per lei.
«Fortuna che ci ritroviamo in mezzo ai ghiacciai, dunque….»
ironizzò Jessica.
 
Elena entrò in camera di Damon trovandolo in piedi, di fronte alla finestra, intento a rigirarsi il solito bicchiere di bourbon tra le mani.
«Sei ancora arrabbiato con me?»
chiese lei, chiudendosi la porta alle spalle.
Il vampiro non rispose e continuò a fissare il mondo fuori.
«Damon… so che avrei dovuto avvertirti subito… lo so che non avrei dovuto coinvolgere Jessica… ma…»
«Non sono arrabbiato con te»
la interruppe lui. Lei rimase con la bocca aperta, dimenticando il resto delle sue scuse.
«Non sono arrabbiato perché hai provato a salvare una tua amica… non sono arrabbiato perché quella testona di mia figlia ti ha dato retta…» si girò verso di lei «Non sono arrabbiato e basta»
La vampira rimase immobile, con le mani intrecciate, schiacciate contro il ventre, nella tipica posa di una bambina colpevole di aver mangiato la marmellata che le era stato proibito di mangiare.
Amava quel suo lato così tenero e fragile. Ne aveva passate tante ed aveva attraversato l’inferno, eppure riusciva a  sembrare una creatura pura ed ingenua. Si costrinse a reprimere la voglia di accarezzarle il viso e mandò giù il sorso di liquore che ancora risiedeva nel bicchiere.
«Non sarai arrabbiato… ma non sembri nemmeno stare bene…»
commentò lei. Damon sollevò le sopracciglia e piegò gli angoli della bocca verso il basso.
«Mi conosci… mi piace pensare al peggio così non ci resto male quando tutto andrà a puttane…»
disse in tono volutamente leggero. Elena gli si avvicinò veloce e gli prese il viso tra le mani.
«Non dirlo nemmeno per scherzo…»
«Sono abbastanza serio, in verità»
replicò sarcastico.
«Damon!»
Gli occhi di lui rivelarono quello che non sarebbe riuscito ad esprime a parole: paura, stanchezza, amore.
«Jessica ha detto che sarebbe andato tutto bene…»
«Jessica non sa con cosa ha a che fare!»
ribatté lui. Elena corrugò la fronte.
«E tu lo sai?»
«Elena… distruggerà la sua stessa natura!»
«Avrebbe comunque rinunciato a quella natura, lo sai!»
«Non è la stessa cosa…»
«No?!?»
«No, Elena… rinunciare ai propri poteri… quello significava solo inibire la sua natura, privarla di qualcosa che sarebbe rimasto sempre latente in lei… ma distruggere la fonte stessa di quello che la rende ciò che è?»
sospirò scuotendo la testa «Quello, Elena… quello è un suicidio!»
La vampira gli si avvicinò e fece scorrere le mani sulla sua schiena.
«Non ne so granché di streghe e incantesimi… non ho incontrato tutte le persone che hai incontrato tu… non conosco tutti i pericoli che conosci tu… ma so chi è Jessica, l’ho incontrata e l’ho conosciuta… e ti dico una cosa: la sua natura non ha nulla a che vedere con il suo essere strega. È l’essere umano più completo che abbia mai visto… lei vede il peggio ed il meglio delle persone con gli stessi occhi, non giudica dal passato e non specula sul futuro… pensa in maniera laterale. Per ogni problema valuta diverse soluzioni e sceglie sempre quella con meno danni collaterali… e le hai insegnato tu ad essere così, non la sua discendenza»
Damon si voltò a guardarla.
«Lei distruggerà la sua energia vitale… capisci?»
«Ha vissuto senza quell’energia fino ad oggi…»
«Tu credi? Ho sempre saputo che era speciale… c’è sempre stato qualcosa di diverso in lei… e quando ho saputo della sua appartenenza al mondo delle streghe ho capito il perché!»
Elena rise.
«È questo che pensi? Che il suo essere speciale sia dovuto al suo essere strega? Credi sia merito dei suoi antenati?»
«Non capisci…»
«No, Damon… sei tu a non capire! Jessica ha vissuto la sua vita seguendo le tue direttive, ignorando la sua natura di strega… ed appena ha scoperto chi era davvero, ha subito trovato il modo di non esserlo più!»
«Non sappiamo cosa succede a chi decide di distruggere così i propri poteri!»
«Informiamoci… parliamo con qualcuno che può saperlo… ma non dubitare di tua figlia»
Gli occhi di Elena scavarono in quelli di Damon e lui si lasciò inghiottire da quei due pozzi scuri. Aveva sempre avuto la capacità di farlo cedere, di farlo tremare di fronte alle sue convinzioni, ma c’era qualcosa di nuovo, qualcosa di più nel suo modo di parlargli, di toccarlo. Pensò velocemente alle differenze con il passato e capì che il solo elemento diverso era il loro stare insieme. Lei era sua e lui era suo. Quando lo toccava, quando provava a convincerlo a reagire o a non farlo, lo faceva consapevole di trattare qualcosa di proprio. Espirò e poggiò la fronte a quella di lei.
«Non mi posso permettere il lusso di essere ottimista…»
«Non devi esserlo… pensa solo a Jess e alle sue capacità… e pensa a noi, a quante ne abbiamo superate»
Lui sorrise.
«Credi sia il caso di parlarne agli altri?»
L’espressione di Elena riportò a galla la bambina colpevole e lui capì.
«Fammi indovinare… lo sanno già!»
«L’ho detto a Meredith… e sicuramente lei lo avrà raccontato a Stefan…»
«Il che vuol dire che in questo momento lo staranno raccontando a Caroline…»
Damon si bloccò con espressione assorta.
«Cosa?»
si incuriosì lei.
«Tuo fratello… lui è il solo a non sapere nulla, vero?»
Elena aprì la bocca ma non rispose.
«E non credi sia il caso di dirglielo?»
«Non ce n’è bisogno… abbiamo risolto…»
«A maggior ragione dovremmo dirglielo! Sua moglie è partita per una missione suicida… credo vorrebbe sapere in che termini riaccoglierla a casa»
«Damon…»
«Oh, no! Non Damonarmi! Lui ha tutto il diritto di sapere cosa ha messo a repentaglio sua moglie… ed io non gli girerò intorno sapendo che è il solo a non sapere nulla… anche perché…» le  sollevò il mento con un dito «Lui può contattare i morti… magari riesce a chiedere a Sheila qualcosa…»
 
Bonnie prese le mani di Jessica.
«Santo cielo!» esclamò ritraendo le proprie «Da quanto hai iniziato a sentirti male?»
La ragazza deglutì a vuoto, sentiva la bocca asciutta.
«Non so… mi sono svegliata così…»
rispose con la voce secca.
«Svegliata?»
«Ha avuto un po’ di mal di mare e si è stesa per un paio d’ore…»
intervenne l’ibrido. Jessica lo guardò con gratitudine. Aveva iniziato a sudare e ad avvertire il caldo. Si fece scivolare la coperta dalle spalle rivelando la maglia madida di sudore.
«Sbrighiamoci, Bonnie…»
la incitò, staccandosi la stoffa umida della t-shirt dal petto. La strega ripose subito le mani su quelle della giovane ma nuovamente le ritrasse.
«Che diavolo stai facendo?»
si allarmò l’ibrido.
«I-io… io non lo so… non riesco a toccarla…»
«Cosa?!?»
«Brucia troppo… non riesco a toccarla!»
La disperazione nel tono della strega insospettì l’ibrido. Si voltò a guardare la ragazza e le toccò con cautela il viso. Era calda, ma non tanto da giustificare la reazione delle strega. Provò a prenderle le mani, calde anche quelle, ma nella norma.
«Non capisco…»
disse la strega riavvicinandosi alla giovane. Allungò con cautela le dita su quelle di Jessica, non appena l’ebbe toccata sentì nuovamente la sensazione di avere le mani nel fuoco. Si costrinse a non ritrarsi ma dopo qualche secondo iniziarono a formarsi delle piaghe da ustione nei punti in cui i polpastrelli toccavano la pelle della giovane.
«Non capisco… non capisco!»
esclamò, portandosi le mani sul petto. Guardò l’ibrido.
«Perché riesci a toccarla?»
gli chiese.
«Io… non ne ho idea…»
«AAAAH!»
urlò Jessica. Bonnie e Tyelr-Klaus si voltarono verso di lei che si stava strappando la maglia.
«Brucia! Brucia! Levatemela di dosso!!!»
In un secondo l’ibrido le fu addosso bloccandole le mani.
«Jessica! Calmati! La strega non ti riesce a toccare, dobbiamo solo capire…»
«AAAAAH!»
La ragazza tornò ad urlare di dolore. Lui si voltò verso Bonnie, rimasta inerme a guardare la scena.
«Hai intenzione di restare lì impalata?!? Fa qualcosa!»
le ordinò.
«Cosa?!? Non riesco nemmeno ad avvicinarmi!»
Jessica continuò a divincolarsi nel letto, urlando.
«Puoi usare me per spezzare l’incantesimo?»
le chiese.
«Cosa? Come?»
«Non so… tipo ‘tramite’… io la posso toccare! Attraverso me puoi fare qualcosa?»
«N-non so… posso provarci… ma non capisco… l’incantesimo dovrebbe avere effetto anche su di te…»
«Forse lo ha…»
commentò stringendo ancora di più la presa intorno ai polsi di Jessica.
«I-in che senso? Che vuoi dire?»
domandò Bonnie, avvicinandosi.
«Tyler… la sua anima… non ci ho fatto caso prima, ma sta soffrendo… sta… morendo…»
«C-cosa?!? Oh mio dio…»
«Non c’è tempo per farsi prendere dal panico! Fa qualcosa!»
La strega afferrò la testa dell’ibrido e chiuse gli occhi. Un urlo agghiacciante le attraverso la mente.
«Tyler! Hai ragione… sta…»
«Non mi importa! Salva la ragazza! Ora!»
La strega annuì e tornò a concentrarsi. Nuovamente la sua mente fu invasa dalle urla dell’amico, si concentrò per ignorarle e finalmente riuscì a creare un ponte tra lei e l’anima di Klaus, percepì la pelle di Jessica attraverso le dita dell’ibrido, riuscendo a collegarsi anche a lei. Venne invasa anche dal dolore di Jessica: ogni centimetro del suo corpo andava a fuoco, ogni goccia di sangue nelle sue vene bolliva, i vestiti addosso pungevano e bruciavano, il cuore era un lapillo infuocato che le schiacciava i polmoni.
Improvvisamente, però, percepì un piccola sensazione di sollievo: intorno ai polsi sembrava ci fosse un’area ricoperta con del ghiaccio. La strega aprì gli occhi e si rese conto che in quel punto, Tyler-Klaus la stava stringendo.
«Klaus»
L’ibrido sentì la voce di Bonnie direttamente nella testa.
«Klaus… ascoltami… devi lasciarle i polsi…»
«Cosa? No!» la interruppe «A stento riesco a tenerla ferma, se la lascio andare si agiterà ancora di più!»
«No! Non lo farà!» tornò a parlargli telepaticamente «Mettile una mano sulla fronte e l’altra sul petto… proverà sollievo e si calmerà… una volta che sarò riuscita a spiegarle cosa fare, spezzeremo l’incantesimo!»
Lui attese qualche istante  prima di eseguire gli ordini, quindi le lasciò adagio un polso, lei fece scattare il braccio verso la maglia, tornando a tirarla, ma non appena pose la propria mano sulla fronte della ragazza, questa parve trovare un po’ di sollievo.
«Hai visto? Funziona! Fai la stessa cosa sul petto… tornerà a respirare…»
lo incitò la strega. L’ibrido non si fece pregare oltre.
Jessica smise di agitarsi e si abbandonò sul letto  stremata, col fiato corto.
«Ora concentrati… devo arrivare a lei!»
Così dicendo ripercorse il collegamento tra lei, l’anima di Tyler e Klaus arrivando a Jessica.
«Jess…»
la chiamò.
«Bonnie… cosa… che…»
«Non c’è tempo per spiegare… ti senti pronta a spezzare l’incantesimo?»
«Sì… cosa devo fare?»
«Afferra le mani di Klaus e raggiungimi…»
«O-ok…»
La ragazza raggiunse le mani dell’ibrido e si concentrò. Le urla di Tyler invasero anche la sua mente.
«Cosa è stato?»
domandò spaventata.
«Quella era l’anima di Tyler… l’incantesimo non ha effetto su Klaus perché ha colpito l’anima di Tyler che coabita in quel corpo… sbrighiamoci prima che succeda l’irreparabile!»
spiegò la strega. Jessica si concentrò subito e riuscì a superare le urla di dolore, raggiunse Klaus e Bonnie. Quando le due streghe furono connesse attraverso l’ibrido, riuscirono a spezzare l’incantesimo.
Il sollievo fu immediato per tutti.
Bonnie lasciò la testa di Tyler-Klaus, indietreggiando di qualche passo, lui si accasciò per terra e Jessica si sollevò di scatto, guardò la strega.
«Dovevi odiarlo proprio tanto, eh!»
commentò, indicando l’ibrido.
«Ci ha fatto parecchio male… ma questo non spiega la velocità con cui ci stiamo avvicinando al suo corpo…»
rispose lei.
«Che vuoi dire?»
«Voglio dire che avevo previsto di affrontare una prova ogni tre-quattro giorni… così non va bene…»
spiegò. La giovane la guardò confusa.
«Vado a chiedere al capitano perché ha messo il turbo a questa bagnarola… tu stai bene?»
«Mai stata meglio…» le assicurò «E tu?»
«Stranamente in forma… ma questo temo abbia a che fare con l’incantesimo che mi hai fatto mentre dormivo…»
Jessica spalancò la bocca.
«Mentre cercavo di collegarmi a te ho visto cosa hai fatto… appena torno dalla chiacchierata con Godric discuteremo anche di questo!»
La ragazza non rispose, si limitò ad annuire. Non appena Bonnie fu fuori dalla stanza, l’ibrido si riprese.
«Hey… tutto bene?»
gli chiese. Lui grugnì provando ad alzarsi dal pavimento.
«Che diavolo mi avete fatto?»
«Nulla che un ragazzone come te non possa affrontare… piuttosto… grazie…»
Lui la guardò e i suoi occhi caddero sulla maglia stracciata che le lasciava scoperto il seno. Distolse in fretta lo sguardo e le disse:
«Se vuoi evitare di prenderti davvero un accidente… ti consiglio di coprirti!»
Jessica ci mise un attimo a realizzare le condizioni della sua maglia e si coprì veloce con la coperta,  ancora appallottolata sulla brandina, arrossendo lievemente.
 
Damon lasciò la veglia del sonno di Gala, avvicinandosi a Jenna.
«Ahm… Jenna…»
La donna, intenta a guardare fuori dalla finestra, si voltò verso di lui.
«Sì?»
«Presto dovrò andarmene…»
le comunicò. Lei si irrigidì.
«Cosa? Perché?»
«Perché devo… sai…»
«Ho capito…» intervenne «Ma tornerai, non è vero?»
Lui le sorrise e poi guardò Gala.
«Quando si sveglierà… se ancora lo vorrà… sì»
Gli occhi di Jenna si posarono sul volto della ragazza addormentata.
«Dipende sempre tutto da lei, eh…»
«In questo caso… sì…»
Jenna si voltò nuovamente verso la finestra.
«Vorrei potesse essere tutto nelle mie mani… io saprei esattamente cosa fare…»
Damon le mise una mano sulla spalla.
«Non ho mai dubitato di questo… lo sai vero?»
Lei non rispose, chiuse gli occhi, ed una nuova lacrima le solcò il viso.

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Capitolo 19
*** The noise beneath the silence. ***


«Posso averne un po’?»
chiese Elena, indicando il bourbon che Damon si stava versando. Lui annuì e prese un altro bicchiere.
«Calmati, Elena…»
disse porgendoglielo. La vampira lo prese e bevve in un solo sorso il contenuto.
«Woah… vacci piano!»
«E perché dovrei? Sono un vampiro, non rischio di certo di farmi marcire il fegato…»
«No, ma sei ancora suscettibile di sbornia… ed io ho bisogno che tu sia lucida per quando saranno tutti qui»
replicò lui, preoccupato.
«L’ultima cosa di cui ho bisogno io, però, è essere lucida…»
Il vampiro sospirò,  si sedette accanto alla fidanzata e le cinse la vita con un braccio.
«Elena, Jeremy ha il diritto di sapere...»
«Lo so… è solo che…»
«Ascoltami bene… il problema è risolto, giusto? Dobbiamo solo scoprire che conseguenze ci saranno per Jessica. Possiamo anche saltare le sedute spiritiche se vuoi… ma resta il fatto che non possiamo aggirarci intorno a tuo fratello nascondendogli questo segreto…»
Elena lo guardò negli occhi e si morse il labbro inferiore. Aveva ragione lui, Jeremy aveva il diritto di sapere.
«Hai ragione… è giusto che Jer sappia… spero solo riesca a gestire la cosa…»
«Cosa? Il fatto che la donna di cui è innamorato sia partita per una missione suicida sperando di salvare tutte le persone a lei care? Credo di avere un po’ di esperienza in materia… potrei dargli qualche dritta!»
la stuzzicò Damon. Finalmente Elena rise. Si abbandonò all’abbraccio del fidanzato e sospirò.
«Non è solo questo che mi preoccupa, però… lo sai, vero?»
sussurrò, ancora avvinghiata a lui. Il vampiro annuì.
«Vedrai che Jessica starà bene…»
 
Jessica e Tyler-Klaus attesero il ritorno di Bonnie in silenzio.
Lei si era cambiata, indossando abiti più pesanti, lui si era steso sulla propria brandina fissando il soffitto.
Nella mente dei due si agitava una marea di pensieri, messi lì a fare confusione, per distrarli dall’unica cosa a cui non avevano voglia di pensare.
La prima ad interrompere il silenzio fu Jessica.
«Ok! Così non va bene!»
Lui sollevò la testa dal cuscino e la guardò confuso.
«Non sono famosa per la mia capacità di stare zitta» proseguì «Altri cinque minuti di questo silenzio ovattato, con il motore della chiatta, l’oceano ed il ronzio dei neon a fare da sottofondo… ed impazzirò!»
L’ibrido si lasciò ricadere sul materasso e scoppiò a ridere.
«Ridermi in faccia non aiuterà a sedare la mia isteria! Anzi!»
squittì lei. Tyler-Klaus si mise a sedere sul letto continuando a sghignazzare. Scosse la testa e la guadò divertito.
«Fammi capire una cosa, tesoro… puoi sopportare le prove magiche più disparate… ma non sopporti mezz’ora di silenzio?»
Jessica boccheggiò risposte che non aveva, incrociò le braccia sul petto e si poggiò alla parete.
«Non è il silenzio in sé a darmi fastidio…»
disse infine. Lui la interrogò con lo sguardo.
«Quello che non riesco a gestire è il rumore che si nasconde dentro certi silenzi… andiamo, Klaus! Negli ultimi tre giorni è successo di tutto… io sono entrata nel tuo subconscio, tu hai fatto da tramite tra me e Bonnie…  io ho legato la mia natura soprannaturale ad un incantesimo che la annienterà… non sono proprio esperienze che si affrontano in silenzio… non credi?»
L’ibrido annuì.
«Ed allora vai… parla, chiedi!»
la incitò.
«Io… non…»
«Cosa?»
La giovane sospirò e si alzò dal letto, andandosi a sedere accanto a lui. Gli prese la mano e lo guardò con apprensione.
«Come sta Tyler?»
La domanda spiazzò l’ibrido che si irrigidì.
«Credi forse che stia sfruttando questo “bel faccino” per recuperare il mio corpo, pur sapendo che lascerei un involucro vuoto?»
«Cosa? No! Ma che diavolo di pensieri fai?»
ribatté lei, spiazzata da quelle accuse.
«Volevo solo sapere se senti la sua presenza costantemente… se il suo dolore, in qualche modo, arriva anche  a te…»
si  spiegò. Lui continuò a fissarla, non sicuro di cosa lei volesse sapere.
«Ok, lo ammetto!» esclamò sollevando le mani «Non so come rompere il ghiaccio e così parto dall’ultimo pensiero fatto ed improvviso»
L’ibrido studiò il volto della giovane e si sorprese di quanta limpidezza ci fosse nei suoi occhi. Non gli stava mentendo, la sua genuinità era impressa in ogni gesto, in ogni parola, in ogni sorriso.
Scosse la testa e sollevò gli occhi al soffitto.
«Sta bene… Tyler sta bene… avete rotto l’incantesimo prima che potesse indebolire la sua anima sul serio…»
la rassicurò.
«Hey! Ricordi che mi avevi parlato di quel periodo della tua vita in cui hai avuto le allucinazioni?»
Tyler-Klaus spalancò la bocca, incredulo.
«Cosa?»
chiese lei.
«Come hai fatto a passare da Tyler a…  a questo? Voglio dire, mi pare di avertela raccontata secoli fa!»
«Mente elastica e memoria di ferro!» rispose in fretta «Non so se le due cose creino un paradosso… ma è così…»
«Mente elastica e memoria di ferro? Sul serio?»
replicò scettico lui.
«Già… non credere abbia dimenticato che mi hai chiamata “tesoro” un’altra volta, prima…»
L’ibrido spalancò la bocca e si mise a ridere.
«Ribadisco:  Jessica Salvatore, sei la creatura più strana mai incontrata!»
«Sì, beh… credo che lo considererò un complimento»
«Dovresti… dovresti davvero»
Jessica non riuscì a non immaginare il vero Klaus dirle quelle parole e sentì le guance avvampare. Sorrise e tornò verso la sua brandina, sperando di camuffare quella reazione così infantile.
 
Caroline e sua madre  furono le ultime ad arrivare alla riunione improvvisata nel salotto di casa Salvatore.
Elena e Damon stavano in piedi vicino al camino, Meredith e Stefan avevano preso posto sul divano, Matt, Jeremy e Jenna stavano in piedi, poco distanti da loro.
«Allora… cosa succede?»
esordì Caroline, avanzando un po’ agitata.
Damon ed Elena si scambiarono uno sguardo ed il vampiro prese la parola.
«Beh… ci sono degli sviluppi sulla missione intrapresa da Jess, Bonnie e Klaus…»
«Tyler sta bene?»
lo interruppe subito Caroline.
«Sì. Il tuo lupacchiotto ha ancora la pelliccia integra…»
Elena strinse la mano al fidanzato.
«Quello che Damon vuole dire, è che dobbiamo parlare “dello sviluppo” sulla missione…»
E lanciò all’amica uno sguardo significativo che la bionda non faticò a capire.
«Oh! Ok, “lo” sviluppo…»
Damon fece un sorriso tirato.
«Bene… adesso che abbiamo stabilito a quale sviluppo mi riferisco, spero non mi interromperete più…»
«Aspettate…»
intervenne Matt. Il vampiro fece ruotare gli occhi prima di fissarli sull’uomo.
«Cosa c’è adesso?»
chiese con falsa cortesia.
«Avete intenzione di dire… tutto?»
domandò l’uomo, agitato. I suoi occhi corsero su Jeremy che li stava fissando tutti, confuso.
«Già, Damon… non sarebbe il caso di pensare bene cosa dire…e  a chi dirlo?»
convenne Stefan. Nuovamente Elena si fece avanti.
«Ci sono stati degli sviluppi… sullo sviluppo… e non abbiamo tempo da perdere. Prima metteremo le carte in tavola, prima potremo trovare una soluzione!»
Meredith lasciò il fianco del fidanzato e si diresse verso Jeremy.
«Hey, piccolina… ti andrebbe un po’ di gelato?»
disse, rivolgendosi alla piccola Jenna, stretta tra le braccia del padre. La bambina annuì.
«Abbiamo del gelato in casa?»
si stupì Damon.
«No… ma c’è una gelateria in città che lo fa veramente buono»
rispose la dottoressa Fell, prendendo in braccio la bambina.
«Stefan mi aggiornerà più tardi sui dettagli degli… sviluppi…»
concluse, quindi uscì di casa.
«Ok… qualcuno può dirmi che diavolo sta succedendo?»
proruppe Jeremy. Tutti i presenti si fissarono imbarazzati. Damon si schiarì la gola per parlare.
«Jer… c’è qualcosa che dovresti sapere riguardo a Bonnie… ma prima di dirtela, voglio che tu tenga in mente che è tutto risolto per lei…»
L’uomo corrugò la fronte e prese posto sul divano. Il vampiro si sedette sulla poltrona e ponderò le parole.
 
«Beh… mi risponderai o no?»
domandò Jessica, rannicchiandosi sulla brandina. L’ibrido ci pensò un po’ suo e poi disse:
«Sai… è una storia un po’ lunga… e molto complessa»
«Abbiamo tempo… e dopo aver ascoltato i drammi di mio padre e la testona della sua fidanzata… tutto il resto è diventato lineare e semplice!»
Tyler-Klaus sollevò le sopracciglia e sospirò.
«Bene… ma non dirmi che non ti avevo avvertita!»
La ragazza batté le mani contenta e si mise comoda, poggiando il viso nei palmi delle mani. L’ibrido iniziò la sua storia:
«Stiamo parlando di secoli fa… mia sorella Rebekah conobbe un uomo… ora, tu devi sapere che in fatto di uomini, la mia sorellina, non è mai stata un genio…»
«Chi lo è, quando si tratta d’amore?»
«Giusto… ma vedi… lui era davvero la peggior scelta che una vampira come lei potesse fare… lui era un cacciatore!»
Jessica spalancò la bocca.
«Woah… aspetta… un cacciatore… tipo di quelli che vanno a sterminare la famiglia di Bambi o quelli tipo Buffy?»
«Non conosco la famiglia Bambi… ma il cacciatore di cui parlo io, andava in giro a sterminare vampiri…»
«Quindi stai parlando dei cacciatori tipo Buffy…»
«Non credo di aver appieno compreso di cosa tu stia parlando… ma il cacciatore in questione si chiamava Alexander…»
«Klaus, lascia perdere… continua la tua storia, prometto di non aprire più bocca»
«Per quanto mi sia difficile crederlo possibile… farò come desideri…»
L’ibrido attese una qualche ribattuta, ma Jessica si costrinse a tacere, esibendo un orgoglioso silenzio alla provocazione di Klaus. Lui sorrise e riprese a parlare:
«Dunque… Rebeckah conobbe Alexander e, come al solito, se ne innamorò prima ancora di sapere che sapore avessero i suoi baci…»
L’immagine evocata dalle parole dell’ibrido, si trasformò nella testa di Jessica in un pensiero che aveva provato a ricacciare indietro sin da quando aveva visto il vero Klaus, spoglio dei suo mille anni di solitudine.
«Tutto bene?»
domandò lui, accorgendosi dell’espressione stranita della giovane. Lei scosse la testa.
«Sì, certo, continua… Alexander, i baci…»
«Dicevo… mia sorella iniziò questa relazione improbabile e pericolosa con costui, mettendo a rischio non solo la sua identità… ma anche le nostre. Quest’uomo portava con sé una storia, sulla sua esistenza, sulla sua missione… una storia che non mancò di condividere con lei, sotto le lenzuola… Alexander raccontò a mia sorella di una cura…»
«Una cura? Per… il… vaiolo?»
«Per il vampirismo…»
Jessica spalancò la bocca.
«Rilassati, tesoro… per quel che ne so, erano tutte fandonie…»
si affrettò ad aggiungere.
«Non… non esiste davvero?»
si incuriosì subito lei.
«Io non l’ho mai trovata…»
«Ma l’hai cercata?»
«Oh… diciamo che… mi mancava la mappa per raggiungere il tesoro…»
«Che mappa?»
Tyler-Klaus si sfregò le mani sul viso.
«Ti ho detto che è una storia complessa…»
La ragazza aprì la bocca per ribattere, ma in quel preciso istante Bonnie rientrò. I due si alzarono dai loro letti e andarono incontro alla strega.
«Hai parlato con il capitano?»
domandò Jessica.
«Sì, ovviamente… è stato solo un disguido, non si era accorto di aver messo il turbo…»
rispose. L’ibrido notò, però, la tensione della strega e lo sguardo che lei gli rivolse successivamente, confermarono i suoi dubbi: stava nascondendo qualcosa.
«Ma ora dobbiamo parlare di qualcosa di più urgente» posò gli cocchi sulla giovane «Non è vero, Jessica?»
 
Dopo averci pensato bene su, Damon parlò:
«Jer… c’è una cosa che dovresti sapere su Bonnie e su questa missione…»
L’uomo fissò il vampiro, studiandone il viso.
«Saprai che è stata lei a disfarsi del corpo anni fa…» proseguì «Nel farlo… lei… si è assicurata che nessuno potesse recuperarlo  mai più…»
«Nessuno tranne lei…»
aggiunse Jeremy. Il vampiro annuì.
«Già… nessuno a parte lei… ma è proprio questo il punto…»
«Quale?»
«Il modo con cui ha legato se stessa agli incantesimi fatti…»
«Ti riferisci ai sigilli legati alla sua anima?»
Tutti i presenti spalancarono la bocca increduli. Damon guardò Matt che sollevò le mani.
«Io non gli ho detto niente! Forse ha sentito mentre ne parlavo ad Elena…»
si difese.
«Non ho sentito niente da nessuno… è stata Bonnie a parlarmene…»
spiegò Jeremy.
«Cosa?!?»
esclamarono tutti in coro.
«Bonnie ti ha parlato dei sigilli?»
ripeté Elena.
«Sì. È mia moglie… nel corso degli anni sono parecchie le cose che mi ha confidato…»
«E tu l’hai fatta partire pur sapendo che sarebbe morta?»
si scandalizzò la sorella.
«Cosa? No! Ovvio che no!»
Si alzò ed andò a versarsi da bere.
«Ha trovato un modo per distruggere i sigilli e salvarsi la vita… credete le avrei permesso di partire, altrimenti?»
concluse, mandando giù un gran sorso di bourbon.
Gli altri presenti nella stanza si guardarono confusi.
 
«Bonnie… l’ho fatto per te… per la tua famiglia!»
si difese la ragazza.
«Non mi importa per chi lo hai fatto… non avresti dovuto!»
si arrabbiò la strega.
«Hey, la ragazza ti ha salvato la vita… il minimo che potresti fare è ringraziarla!»
si intromise l’ibrido.
«Non capite? Non c’era bisogno di fare nulla! La mia vita non era in pericolo…»
si esasperò Bonnie.
Jessica e Tyler-Klaus si guardarono spiazzati.
«Ma Elena… lei ha detto…»
farfugliò la giovane.
«Non so che versione conosce Elena… ma io avevo studiato tutto alla perfezione…»
 
«Aspettate un attimo…» disse Jeremy, posando il bicchiere «Che vuol dire che è tutto risolto? Che avete fatto?»
«Noi che abbiamo fatto? Piuttosto Bonnie cosa ha fatto? In che senso aveva trovato un modo per rompere i sigilli e salvarsi la vita???»
ribatté Elena, sempre più ansiosa. Il fratello sospirò ed incrociando le braccia sul petto, spiegò:
«Quella volta nella grotta… quando ha usato tutto quel potere… già allora sarebbe dovuta morire.
Vedete… il prezzo da pagare per aver usato la magia della natura e la magia degli spiriti è stato alto… ha pagato con una vita a metà. Sarebbe rimasta una strega, ma un incantesimo un po’ più potente di altri, le avrebbe tolto la vita. Il solo modo che ha trovato per esercitare la magia è stato attraverso nostra figlia. Appoggiandosi ai suoi poteri ha potuto azzardare qualcosa di più di un incantesimo di localizzazione… certo, i poteri di Jenna non sono ancora ben sviluppati, ma è riuscita comunque a servirsene nel corso degli anni. Ma quando è arrivata Jessica… quando si è poggiata ai suoi poteri… è stato diverso… è stato davvero potente… e non solo… »
 
«Jessica…quando ho utilizzato il tuo potere, quella volta alla grotta, mi sono resa conto che non lo avevo solo “usato” … questo era fluito in me, riempiendo le fratture createsi per i miei esperimenti folli… la tua energia mi ha rinvigorita e sanata al contempo…»
«Non… io non capisco…»
«Si che capisci…»
disse Bonnie, prendendo le mani della ragazza.
«Potevo utilizzare il tuo potere man mano che rompevo i sigilli, per sanare quello che veniva distrutto…»
 
«L’anima di Bonnie si sarebbe ricostituita grazie al potere di Jessica… e se a fine missione lei fosse stata ancora dell’idea di dare i suoi poteri, avrebbe solo fornito un po’ di energia extra a mia moglie… altrimenti, avrei avuto indietro la stessa Bonnie di sempre…»
Il silenzio calò nel salotto.
«Ancora non mi avete detto cosa è successo…»
ribadì Jeremy. Damon si alzò con la voglia di spaccare tutto, ma si trattenne e spiegò all’uomo cosa aveva fatto Jessica.
 
Jessica andò a sedersi sulla brandina, sconvolta.
«Io… io non potevo sapere…»
«Lo so, Jess… lo so»
la confortò Bonnie, avvicinandosi.
«Ed ora? Che succederà ora?»
chiese la ragazza, terrorizzata.
«Succederà quello che hai previsto… spezzeremo i sigilli e tu perderai i tuoi poteri…»
rispose la strega, sorridendo,
«E tu? Che ne sarà di te?»
si preoccupò la ragazza.
«Niente… a me non succederà niente… continuerò ad essere una strega a mezzo servizio, ma mi sta bene così… mi dispiace per te, però…»
«Non potete invertire l’incantesimo?»
propose Tyler-Klaus.
«Chiedilo a lei…»
rispose Bonnie. L’ibrido interrogò con lo sguardo la ragazza che si morse il labbro inferiore.
«Io… ho… diciamo che ho fatto in modo di rendere l’incantesimo irreversibile…»
«Cosa?!?»
«Hey, non sapevo di questo suo lato conservatore! Pensavo fosse un’altra kamikaze come Elena e ho preferito assicurarmi che non ristabilisse lo status quo mentre dormivo!»
si giustificò. La strega si avvicinò a Tyler-Klaus.
«Lasciamole un po’ di tempo per pensare… vieni con me…»
E lo trascinò fuori dalla cabina.
 
«Cosa?!? Lei… oh mio dio…»
commentò Jeremy.
«Già… ora capisci perché ci serve il tuo aiuto? Dobbiamo scoprire se l’azione di Jessica avrà qualche ripercussione sulla sua salute…»
spiegò Damon.
«Sì, certamente… farò tutto quello che posso per aiutarvi…»
 
«Che succede, strega?»
chiese l’ibrido, insospettito dallo strano comportamento di Bonnie. Lei si guadò intorno e sottovoce disse:
«Pensi che siamo soli?»
«Che vuoi dire?»
«Quello che ho detto! Acuisci l’udito e dimmi se posso parlare liberamente…»
Tyler-Klaus corrugò la fronte  ed eseguì la richiesta.
«Solo un paio di uomini che russano nelle loro cabine… perché che succede?»
comunicò. La strega si avvicinò ancora di più a lui e sussurrò:
«Qualcuno ha soggiogato il capitano affinché andasse più veloce del previsto… e qualcosa mi dice che non sei stato tu»

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Capitolo 20
*** Welcome... back. ***


L’ibrido metabolizzò le parole della strega e provò a mantenere la calma facendo dei gran respiri. Prese Bonnie per le spalle ed abbassando il tono della voce, le disse:
«Mi stai forse dicendo che c’è qualcuno, su questa dannatissima chiatta, che è più di un semplice marinaio?»
Lei non rispose subito, abbassò lo sguardo e sospirò.
«Ti sto dicendo che qualcuno, più di un semplice marinaio, ha soggiogato Godric… non so se è ciò è avvenuto a bordo o prima… ma è successo. Ora dobbiamo solo capire come proseguire!»
«Oh, te lo dico io come: tanto per cominciare uccidiamo Godric»
«No!»
 lo interruppe ad un tono troppo alto. Si guardò intorno preoccupata e ripeté a bassa voce:
«No… non uccideremo Godric! Non è colpa sua se è stato soggiogato…»
Tyler-Klaus sbuffò e fece una smorfia di rabbia.
«Ascoltami, strega… non permetterò a nessuno di intralciare questa missione!»
«Nemmeno io! Ma uccidere Godric servirà solo a farci ritrovare senza un Capitano… o dall’alto della tua esperienza te la sai cavare anche alla guida di una chiatta?!?»
L’ibrido indietreggiò di qualche passo e strinse le mani in due pugni.
«Qual è il tuo piano, dunque?»
le chiese.
Bonnie gli si avvicinò e questa volta fu lei a porre le mani sulle sue spalle.
«Tanto per cominciare non perdiamo di vista Jessica un solo istante, lei non saprà nulla di tutto ciò…»
«Aspetta…» intervenne lui «Vuoi tenere all’oscuro la ragazza?»
«Sì. Ha già i suoi problemi a cui badare… e poi potrà esserci bisogno di fare scelte estreme… come…»
«Come uccidere?»
finì per lei.
Non ci fu bisogno di rispondere. Un sorriso tagliò il viso dell’ibrido.
«Credi non sarà in grado di farlo se ce ne fosse bisogno? Pensi sia così pura?»
Gli occhi di Bonnie scattarono in quelli dell’ibrido, fulminandolo.
«Sì, lo credo. Hai visto anche tu nella sua anima e non ci sono ombre. Non permetterò, né a te, né a chiunque altro ci sia su questa chiatta, di rovinarla! Jessica non saprà nulla di queste novità e non parteciperà all’eliminazione del problema… intesi?»
concluse in tono minaccioso.
«Ti rendi conto che sono state le cose non dette la causa principale di tutto questo infinito circo?»
la provocò.
«Fidati di me, Klaus… in questo caso tacere sarà utile a tutti»
«Ed in che modo?»
«Beh, tanto per cominciare: Jessica non lo riferirà a Damon. Se dovesse venire a scoprire che qualcuno sta interferendo, rivolterebbe il mondo pur di riprendersi sua figlia»
«Mi sembra una buona motivazione…»
«Secondo poi: se riusciamo a beccare chi c’è dietro, potremo interrogarlo per scoprire cosa vuole… e se Jessica non sarà lì ad assistere…»
«Potremmo essere più… convincenti?»
Un guizzo di luce illuminò gli occhi di entrambi.
«Perché lo fai?»
domandò improvvisamente lui.
Bonnie corrugò la fronte confusa.
«Perché tanto disturbo… per me? La Bonnie Bennet che ricordo io ha fatto in modo di ridurmi ad una statua di cemento, mi ha gettato in mare ed ha apposto incantesimi lungo il percorso… e solo per assicurarsi che io non rivedessi mai più la luce del sole… cosa è cambiato?»
La strega cambiò espressione: un filo di tensione percorse il suo viso trasformandolo in quello di una vecchia donna stanca.
«Sono tante le cose che non sai, Klaus… sono tante le cose successe negli anni… soprattutto, voglio che Tyler torni alla sua vita, con Caroline, con noi…»
«Tutto questo vale più della vendetta su di me?»
Volle sapere lui, sempre più incuriosito dalle parole della strega.
«La vendetta genera vendetta. È un ciclo senza fine ed io sono stanca. Voglio solo mettere un punto a tutto questa storia, voglio solo assicurarmi che mia figlia avrà una vita diversa, una vita tranquilla»
gli spiegò. Lui inclinò la testa di lato e scrutò il viso di lei, notando la durezza di una vita passata a lottare: i primi solchi sulla pelle, le occhiaie sempre più scure, i primi fili argentati nascosti tra i capelli.
Pensò a come i segni del tempo non avrebbero mai intaccato lui, a come avrebbe camminato attraverso i millenni sempre con la stessa pelle, la stessa età.
«Il tempo…»
Le parole gli uscirono di bocca senza che potesse trattenerle.
«Cosa?»
domandò Bonnie.
«Cambia le cose, le persone… è un concetto difficile da comprendere per chi, come me, ne ha a disposizione così tanto…»
«Beh… se non risolviamo la questione dell’intruso, anche per te i giochi si fermano qui…»
gli fece notare lei.
«Ok… cos’hai intenzione di fare?»
«Domani faremo un giro di perlustrazione… farò un piccolo incantesimo per vedere se qualcuno reagisce… nel qual caso allontaneremo Jessica e ci occuperemo del problema»
«E se non trovassimo nessuno?»
ipotizzò Tyler-Klaus.
«Occupiamoci di un problema alla volta… torniamo da Jess…»
L’ibrido annuì ed insieme tornarono alla cabina.
Trovarono Jessica ancora rannicchiata sulla sua brandina.
«Stai bene?»
si preoccupò la strega.
Lei annuì, continuando a mordicchiarsi l’interno della guancia.
«Sicura?»
insisté. Jessica sospirò.
«Sì, Bonnie… sto bene, sul serio… è solo che mi sento un po’ stupida, tutto qui…»
La donna si avvicinò e si sedette accanto a lei, prendendole la mano.
«Jess, siamo stati tutti un po’ stupidi. Ma ognuno di noi credeva di agire nel bene… comunque non c’è più nulla di cui preoccuparsi, è andata così…»
La giovane sorrise.
«Sì, hai ragione… grazie…»
Ed abbracciò la strega.
«Adesso riposiamoci un po’… domani ci aspetta un’altra lunga giornata… ora che Godric ha rallentato, prima della prossima prova, passerà un po’ di tempo…»
«Quanto?»
domandò l’ibrido.
«Tre, quattro giorni al massimo…»
rispose lei.
 
Jeremy, Matt e Jenna, erano gli ultimi ospiti rimasti a casa Salvatore. Caroline e Liz erano andate via da qualche ora, l’ex sceriffo iniziava a stancarsi facilmente. Stefan aveva portato Meredith al piano di sopra, per aggiornarla con le ultime novità.
La piccola Jenna andò a sedersi sulle gambe del papà che sedeva di fronte a Damon.
«Per quel che può valere, farò di tutto per scoprire qualcosa…» poi si rivolse alla figlia toccandole il nasino «E tu mi aiuterai, non è vero?»
La piccola sorrise orgogliosa.
«Sempre!»
L’uomo la strinse tra le braccia.
«Brava la mia piccola…»
Damon osservò quella scena ricordando quando tra le braccia stringeva anche lui una bambina piccola, pronta a tutto per lui: anche cambiare città e lasciare gli amici solo perché lui non poteva più dare nell’occhio.
«Jer… lo apprezzo, ma non c’è bisogno di coinvolgere la piccola…»
«Ma io voglio!»
lo interruppe Jenna.
Gli occhi di ghiaccio del vampiro si posarono in quelli brillanti ed ingenui della bambina.
«Lo so, piccola…»
iniziò paziente.
«Non sono così piccola!»
replicò offesa lei. Sul viso del vampiro comparve un sorriso, nuovo a tutti gli altri.
«Sì, che lo sei, Jenna…»
Nessuno dei presenti aveva mai sentito Damon parlare in quel modo… nessuno lo aveva mai visto rapportarsi con una bambina. Elena risentì una fitta di dolore al pensiero di quanto dell’uomo che amava si era persa, Matt e Jeremy osservarono sorpresi quella versione quasi irreale del vampiro.
«Facciamo così» proseguì lui, non accorgendosi del suo meravigliato pubblico «Ti prometto di aiutarci ad una sola condizione!»
«Quale?»
chiese ansiosa lei.
«Dovrai fare tutto quello che ti dico io»
concluse, puntandole contro un dito.
La piccola saltò giù dalle gambe del padre e si avvicinò a Damon, gli strinse il dito dicendo:
«Te lo giuro!»
Nuovamente il vampiro sorrise e con l’altra mano toccò la testa alla bambina.
«Brava ragazza!»
Jenna si impettì, soddisfatta della considerazione avuta. In quel momento lui realizzò degli occhi stupiti degli altri intorno, senza distogliere lo sguardo dalla bambina, si schiarì la gola, indossò nuovamente la sua faccia da duro e si alzò in piedi.
«Bene! Adesso andatevene via… riposatevi, domani andiamo in missione!»
li congedò andandosi a versare da bere, noncurante dei sorrisetti imprigionati nei volti degli altri.
Matt e Jenna salutarono Elena, Jeremy si avvicinò a Damon e, posandogli una mano sulla spalla, disse:
«Non capiterà nulla a Jessica… non lo permetteremo»
E senza attendere una replica, salutò con un cenno del capo la sorella ed uscì di casa.
Il vampiro mandò giù un sorso di bourbon e si avvicinò al camino spento. Elena gli si avvicinò da dietro e lo abbracciò, aprendo i palmi sul petto di lui.
«Un giorno staremo seduti tranquilli nel nostro salotto, senza problemi per la testa, senza missioni da compiere, senza vite da salvare o di cui preoccuparci… e quel giorno ci guarderemo negli occhi pensando “che noia”»
Lui sorrise e buttò indietro la testa.
«Noia… per me è solo una parola che significa “tutto ciò che non riguarda Damon Salvatore”… ed il più delle volte è una buona cosa… altre invece…»
Le dita di lei si strinsero sul petto di lui.
«Ci annoieremo un giorno… te lo giuro!»
Lui si girò a guardarla, le prese il viso tra le mani e si sciolse nel suo sguardo profondo.
«Ti rendi conto che se mai ti dovessi annoiare con me, sarebbe comunque una sconfitta?»
scherzò lui.
Elena lo baciò teneramente sulle labbra ed aggiunse:
«Ci annoieremo per la mancanza di problemi, missione, avventure… e per non annoiarci più, dovrai tirare fuori le tue carte migliori… mister “non faccio annoiare le donne”!»
Damon posò il bicchiere sul camino e strinse le mani sui fianchi della fidanzata, la sollevò e le gambe di lei gli avvolsero i fianchi, muovendosi fluide. Le accarezzò il viso e la portò di sopra, veloce.
Planarono sul letto, puntò le mani sul materasso e si sollevò sopra di lei.
«Ti amo, lo sai?»
Lei gli toccò il viso con entrambe le mani.
«Ti amo anche io…»
 
A notte inoltrata, Jessica non riusciva a prendere sonno. Si alzò silenziosa, recuperò qualche coperta ed uscì dalla cabina. Rinunciò all’idea di andare all’aperto, si rannicchiò sul pavimento del corridoio umido e fissò il suo riflesso sulla porta a vetri. I capelli le parvero più arruffati del solito e notò il colore pallido della sua pelle. Non si era mai preoccupata troppo del suo aspetto, ma in quelle condizioni era davvero pessima.
«Non riesci a dormire?»
la voce di Tyler-Klaus la fece trasalire. Sollevò la testa di scatto e pensò al proprio aspetto, in un moto di vanità che non le apparteneva proprio. Si nascose come meglio poteva nelle coperte e scosse la testa.
«No… non proprio… e tu?»
Lui scivolò a sedersi  sul pavimento, accanto a lei.
«Oh… il tuo battito cardiaco mi ha tenuto sveglio, sembrava si ascoltare gli esercizi di  pratica di un suonatore di grancassa…»
«Scusa… ero ancora un po’ agitata, evidentemente…»
«Hey… stavo scherzando!»
la riprese lui. Inclinò la testa di lato e cercò lo sguardo di lei, impigliato tra strati di pile e riccioli imperfetti.
«Jessica… va tutto bene?»
si preoccupò l’ibrido. Finalmente la giada degli occhi di lei, brillò in direzione del suo sguardo e lui poté vedere le venature rossastre causate dalle lacrime non versate.
«Jessica…»
«Sono stata così stupida, Klaus… pensavo di fare l’eroina, invece, ho combinato un gran casino!»
Jessica vomitò quelle parole riuscendo a stento a non piangere.
«La strega ha detto che andrà tutto bene…»
«Che altro poteva dire?»
ribatté, uscendo un po’ più allo scoperto. Lui rimase in silenzio, non capendo la natura del tormento della giovane.
«Non hai sentito i dettagli del suo piano?» proseguì lei «Avrebbe spezzato i sigilli ed usato i miei poteri per… guarire!»
L’ibrido continuò a fissarla confuso.
«Adesso, per colpa mia, resterà una strega a mezzo servizio perché io distruggerò tutto quello che le poteva servire a stare meglio…»
concluse. Finalmente lui capì.
«Jessica… ho avuto a che fare con le streghe per un tempo sufficiente da sapere con sicurezza che ci sarà sempre una soluzione, una via d’uscita… non preoccuparti per Bonnie, se la caverà…»
«Certo, dimenticavo la tua esperienza in ogni settore… utile avere un tuttologo a bordo, eh!»
commentò sarcastica.
«Credimi ragazzina, non ho nessun interesse a dirti una cosa per un’altra… e che ti piaccia o meno, ho mille anni in più di te,  può capitare che ne sappia più di te!»
replicò con durezza lui. Jessica sbuffò.
«Scusa… non volevo offenderti…»
«Non mi sono offeso, ma gradirei che la smettessi di mettere in discussione ogni parola che dico. È snervante ad un certo punto…»
La ragazza si morse il labbro inferiore ed annuì.
«Facciamo un patto»
propose. Lui la fissò curioso.
«Tu la smetti di chiamarmi ragazzina, ed io la smetto di centellinare ogni tua parola… che ne dici?»
Tirò fuori la mano, tendendogliela. Lui ci pensò un po’ su e poi gliela strinse.
«Ok... tesoro»
Jessica aprì la bocca per parlare ma lui la bloccò:
«A-ah! Dovrò pur chiamarti in qualche modo!»
«Che ne dici di “Jessica”?!?»
ribatté lei. L’ibrido finse di pensarci su.
«Mmmh… no! Preferisco “tesoro”»
Lei scosse la testa e rise.
«Se dovesse sentirti D., ti staccherebbe la testa a morsi…»
«Ce ne preoccuperemo tornati a casa»
Lei lo guardò stranita, Tyler-Klaus subito aggiunse:
«Voglio dire, le nostre strade si separeranno… non avrò molte occasioni di chiamarti così di fronte a lui, no?»
Lei aprì la bocca in cerca di una risposta da dare, tutto quello che le venne da dire fu:
«Sì, certamente… ovvio…»
Prima che l’imbarazzo si trasformasse in silenzio, lui si alzò.
«Torniamo a dormire, vuoi?»
E le porse la mano per aiutarla ad alzarsi. Lei annuì, si lasciò tirare su e tornarono in cabina.
 
Elena aprì gli occhi, trovando il viso addormentato di Damon.
Un timido raggio di sole gli accarezzava gli zigomi. Le dita di lei corsero a rubare quella carezza e subito lui iniziò a destarsi, quasi il tocco di lei avesse ridato elettricità al suo corpo rilassato.
Due scintille blu luccicarono tra le ciglia scure del vampiro, lei sorrise e si avvicinò per baciarlo.
«Buon giorno…»
«Buon giorno a te…»
«Hai dormito bene?»
gli domandò. Lui si sistemò meglio sul fianco, aggiustandosi il cuscino sotto la testa.
«Ti sembrerà strano, ma sì… ho dormito bene… non so, credevo…»
«Credevi avresti avuto qualche incubo su Jessica?»
concluse per lui. Il vampiro annuì.
«È… come… è…»
Non riuscì a finire la frase. Il solo pensiero di pronunciare quel pensiero lo terrorizzava. Elena si sollevò su braccio e lo guardò preoccupata.
«Damon…»
«Se dico quello che penso… sicuramente ne pagherò le conseguenze…»
«Che vuoi dire?!?»
Lui alzò lo sguardo sul viso di lei, sospirò e prese coraggio.
«Sento che potrebbe andare bene… capisci? Sento che si risolverà tutto per il meglio…»
Appena finì di dire la frase il suo viso divenne una maschera di tensione. Lei inclinò la testa di lato e passò le dite sulla ruga, rispuntata nella fronte di lui.
«Damon… hai il diritto di sperare anche tu…»
«Fino ad oggi, quando mi sono concesso il lusso, è sempre venuto il destino a riscuotere la sua parte…»
«Beh… questa volta dovrà andare da qualcun altro, noi staremo tutti bene!»
Si abbassò a baciarlo di nuovo e quando tornò a guardarlo era riuscita a sciogliere un po’ di tensione dal suo viso.
 
In meno di 24 ore, era già la seconda volta che il cartello “Benvenuti a Mystic Falls” accoglieva un nuovo visitatore. L’auto rallentò di fronte a quel saluto sbiadito, esitando solo un attimo… un secondo in cui andava in frantumi la promessa di non rimettere mai più piede in quella culla di dolore.

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Capitolo 21
*** And then... what? ***


Damon, Elena, Jeremy e Jenna si stavano preparando per andare alla casa degli spiriti.
Erano passati due giorni da quando il piano era stato messo a punto ed il fratello di Elena non era riuscito a contattare Sheila. Avevano quindi pensato di recarsi nel solo luogo con energie sufficienti a creare una connessione. Meredith, Stefan e Caroline stavano conducendo le loro ricerche nella biblioteca del Withmore College mentre Matt e Liz stavano rintracciando Diana, la zia di Jessica, sparita dopo i fatti di qualche tempo prima. Damon si era opposto all’idea.
 
«Ok… di chi è stata questa idea ridicola
proruppe il vampiro. Caroline si schiarì la gola.
«Damon, è solo in via cautelativa…»
Lui la fulminò con lo sguardo.
«Cautelativa? Ed in che modo riportare nelle nostre vite la psyco-zia può cautelare alcunché? »
La bionda aprì la bocca per rispondere, ma sua madre la bloccò, toccandole la spalla e parlando al suo posto:
«Quello che Caroline voleva dire è che sapere dov’è e cosa fa può essere solo un bene… e poi, non dobbiamo contattarla per forza… ma se proprio non dovessimo avere successo con le altre strade, è comunque una strega… sicuramente ne saprà più di noi…»
Damon guardò l’ex sceriffo e si rese conto di quanto avesse ragione la vecchia amica. Sospirò ed allargò le braccia.
«Bene! Fate come vi pare… ma se quella osa fare un solo passo sbagliato…»
«Le estirperò il cuore con le mie mani» intervenne Liz «Nessuno di noi, qui, rischierebbe di fare del male a Jess…»
«Anche a me non piace l’idea» aggiunse Stefan «Non mi fido di Diana e non mi fiderei nemmeno delle sue parole... ma su una cosa sono d’accordo: sapere dov’è e cosa fa! Quello è un vantaggio che dobbiamo avere su di lei»
Damon annuì verso il fratello.
«Ok… rintracciate la megalomane e tenetela d’occhio… ma al primo passo falso…»
«La riduciamo in poltiglia, sì…»
finì per lui, Matt. Il vampiro sollevò le sopracciglia in un’espressione di incredulità.
«Cosa? Non pensi che possa essere in grado di eliminare una minaccia
domandò l’ex quarterback. Lui rispose:
«Ahm… non ne ho idea… non ti ho mai visto uccidere nemmeno una mosca!»
«Ho ucciso Finn
contestò Matt.
«Oh, sì, certo… il cattivissimo e terribile Finn… quanto è rimasto in salamoia? Millemila anni? Ascolta, non sto dicendo che sei inutile, ma ti rendi conto di essere l’ unico “buon”  umano di questa banda di assassinivero
«Hey
si risentì l’ex sceriffo. Damon sollevò le mani e replicò:
«Senza offesa Liz, ma non saresti diventata la mia più cara amica se fossi stata tanto candida
«Per essere tuoi amici, adesso, bisogna avere il pedigree da serial killer
commentò sarcastica Caroline.
«No, perché in quel caso io e te saremmo BFF!» ribatté lui «Volevo solo dire che mi piace chi capisce che sporcarsi le mani può essere un male necessario e non si nasconde dietro ipocrisie di sorta
La vampira spalancò la bocca.
«Damon!» lo riprese Elena «Non prendertela con lei… sei nervoso per via di Jess, lo capisco, ma tutto questo non è utile…» quindi si rivolse all’amica «E tu smettila di stuzzicarlo, ricordati che sua figlia sta rischiando la vita per riportarti indietro il fidanzato. Ed ora diamoci una mossa, abbiamo perso fin troppo tempo!»
 
Così si erano divisi, anche per evitare ulteriori battibecchi.
Poco prima di uscire di casa il telefono del vampiro squillò.
«Sì?»
rispose distratto.
«Oh… ciao a te! Anche tu mi manchi…»
replicò un po’ delusa Jessica.
«Oh! Hey! Jess! Mi spiace, ero sovrappensiero… »
si scusò subito lui.
Gli altri si bloccarono, guardandolo apprensivi.
«È… è successo qualcosa?»
si affrettò a chiedere lui.
«No… a dire il vero no… sono due giorni che viaggiamo in questo mare di ghiaccio e non succede nulla… ho chiamato solo per fare un saluto… ma se sei impegnato…»
«Cosa?!? Impegnato? Io? Non essere ridicola! Mystic Falls è più noiosa di quanto non fosse vent’anni fa! Non ho nulla da fare!»
mentì con troppo entusiasmo.
«D., stai bene? Ho forse chiamato in un momento inopportuno? Oh mio dio! Sei in intimità con Elena!»
«Oh, ti prego, Jess! Non dire idiozie! Tanto per cominciare non ti avrei mai risposto in quel caso! Secondo poi sono solo contento di sentirti!»
«Oook… adesso ho la certezza di averti beccato in un momento inopportuno!»
Elena si affrettò a prendere il telefono dalle mani di Damon.
«Hey, Jess!»
«Elena! Ciao! Dimmi che non ho ragione…»
«Jess, non ti preoccupare… ci sono anche mio fratello e la bambina qui… anzi, se Bonnie è con te e vuole salutarli…»
«No, lei non è con me»
La interruppe subito.
Elena notò il tono teso di Jessica.
«Jess? Tutto ok?»
«Sì, sì…è solo che…»
«Cosa?»
urlò Damon, che stava ascoltando la conversazione con il suo udito da vampiro.
La ragazza fece roteare gli occhi e sospirò.
«Ma niente… da quando ho fatto l’eroina, ho come l’impressione di aver… non so, deluso Bonnie… e Klaus la segue come un cagnolino… ho come l’impressione che non vogliano la ragazzina combina guai in mezzo ai piedi…»
Elena sorrise.
«Jess… conosco Bonnie da una vita, non mi sembra il tipo di preferire la compagnia di Klaus alla tua!»
«Sì… probabilmente hai ragione… sono solo io che mi annoio da morire… ascolta…»
«Dimmi…»
«C’è la possibilità remota che D. non stia ascoltando questa conversazione?»
domandò la giovane. Elena si voltò a guardare in direzione di  Damon che sembrava intento a versarsi da bere.
«Non posso garantirti nulla…»
rispose continuando a studiare la schiena del fidanzato.
«Oh… beh… allora aspetterò che non ci siano orecchie indiscrete…»
«Sicura che vada tutto bene?»
Damon si voltò preoccupato a guardarla.
«Sì, sì… vorrei solo fare una chiacchierata tra ragazze… sai…»
«Sì! Certo! Quando vuoi!»
la interruppe bruscamente. La ragazza capì che Damon era tornato all’ascolto.
«Ok… grazie… va bene… torno ad osservare i ghiacciai! Divertitevi e salutami tutti…»
«Ciao Jess…»
 
Jessica chiuse la chiamata e riportò il telefono nella cabina del Capitano.
«La ringrazio Capitano…»
«Va tutto bene signorina?»
chiese l’uomo, notando l’espressione accigliata della ragazza. Lei annuì.
«Mi annoio solo un po’… non avete nessuna sala ricreativa qui, vero?»
«Mi spiace… ma i miei uomini fanno turni di 12 ore al giorno… quando non lavorano, dormono… quella è la sola attività ricreativa di questa chiatta…»
rispose il Capitano. Lei sospirò  e sorrise.
«Certo… dormire… grazie di nuovo!»
«Non c’è di che»
Jessica lasciò la cabina ed affrontò il gelo del ponte.  Lanciò una rapida occhiata in giro per vedere se ci fossero la strega e l’ibrido, ma non li scorse da nessuna parte.
Negli ultimi due giorni non avevano fatto altro che lasciarla sola. Sparivano per ore e poi tornavano, come se niente fosse, senza fornire alcuna spiegazione.
Si affrettò a tornare in cabina e non si sorprese di trovarla vuota.
«Dormire…» disse ad alta voce, fissando il suo letto «Odierò dormire, alla fine di questo viaggio!»
Si trascinò verso la branda e si lasciò cadere sul materasso.
 
«Una chiacchierata tra ragazze?!? Cosa dovrebbe significare???»
inveì Damon, alla guida della sua Camaro.
Elena buttò indietro la testa e sbuffò.
«Per l’ennesima volta: non lo so! Magari vuole solo parlarmi di problemi da ragazze!»
«È su una chiatta, sperduta nell’oceano! Che problemi da ragazza dovrebbe avere?!?»
obiettò lui.
«Non so… magari le si stanno increspando i capelli…»
rispose sprezzante la vampira.
«Mi prendi in giro, adesso?»
«Sì, Damon!» ribatté esasperata « Ti prendo in giro! Jess ha 22 anni… e, mi spiace dirtelo, ma ci sono cose che non si possono davvero dire ad un padre…»
«A-ah! Allora ammetti che c’è un problema che mi vuole tenere nascosto!»
«No, Damon! Sto solo dicendo che magari le serve un consiglio su qualcosa di cui tu non potresti essere esperto!»
«Tipo cosa???»
Elena si portò le mani nei capelli.
«Io-non-lo-so!»
esclamò, sfinita.
«Chiacchierata tra ragazze… pfff…» commentò tra sé e sé «Bonnie è una ragazza! Perché non parla con lei?!?»
«Damon… sto per buttarmi fuori da questa macchina…ti avverto!»
minacciò Elena.
«Sei un vampiro, non ti faresti comunque niente…»
«No, è vero… ma potrei, accidentalmente, graffiare la cromatura con le unghie da vampiro che ho!»
«Non oseresti…»
«Se può voler dire avere una tregua da questa tua sceneggiata… sì, oserei, eccome!»
Il vampiro aprì la bocca ma la richiuse.
Dal sedile posteriore, Jeremy si rivolse alla figlia che aveva ascoltato divertita tutta la discussione.
«Tu non hai bisogno di fare chiacchiere tra ragazze, vero?»
La piccola squittì una risata.
«No… io parlerò solo con te e mamma, per sempre!»
Jeremy posò un bacio sul naso della bambina.
«Brava la mia Jenna…»
commentò orgoglioso.
«Non illuderti! Jess mi ha detto la stessa cosa alla sua età!»
lo stuzzicò Damon.
Elena lo guardò di sbieco.
«Era solo una constatazione! Non sto riprendendo il discorso!»
si difese subito lui. Jeremy pose le mani sulle orecchie della figlia e sussurrò:
«Sei un coglione, amico…»
 
«Ancora niente?»
Domandò Tyler-Klaus a Bonnie, intenta a salmodiare i suoi incantesimi.
La strega si fermò lanciandogli uno sguardo di fuoco.
«Sai, è difficile concentrarsi quando qualcuno ti interrompe ogni cinque minuti con domande inutili!»
sibilò lei.
L’ibrido incrociò le braccia sul petto e sbuffò. Bonnie chiuse gli occhi e tornò a concentrarsi.
Da due giorni non facevano che andare in giro a testare gli elementi dell’equipaggio nella speranza di trovare l’intruso. La ricerca era stata vana ed il solo risultato ottenuto era il sospetto di Jessica.
La strega fallì di nuovo, nemmeno tra le persone riunite in mensa si nascondeva il vampiro che aveva soggiogato Godric.
«Maledizione!»
ringhiò Tyler-Klaus.
«Non so… forse è una buona notizia non trovare nessuno…»
commentò Bonnie.
«Che vuoi dire?»
«Beh… chiunque sia stato deve aver agito prima della partenza…  magari non è salito a bordo…»
«E questo sarebbe un bene… perché?»
«Perché siamo al sicuro!»
L’ibrido scosse la testa.
«Non so quante battaglie tu abbia combattuto, strega… ma la regola base per vincere la guerra è: conosci i tuoi nemici! Non sapere chi ha soggiogato Godric e perché va a nostro svantaggio! Se il colpevole davvero è rimasto a terra… questo ci dà solo un nuovo problema da affrontare al nostro ritorno… capisci cosa intendo?»
Purtroppo Bonnie capiva perfettamente. Si era illusa di poter davvero tornare ad una vita tranquilla, senza più nemici soprannaturali o minacce per la sua famiglia. Quel nuovo mistero, invece, cambiava tutte le carte in tavola.
«Riproveremo domani… e domani l’altro se sarà necessario! Saremo scrupolosi… e se il colpevole non dovesse davvero essere in viaggio con noi… ti prometto che mi occuperò personalmente della questione una volta tornati…»
La strega guardò stranita l’ibrido.
«E perché mai dovresti farlo?»
si incuriosì lei. Lui finse di pensarci su e quindi rispose:
«Perché qualcuno mi sta mettendo i bastoni tra le ruote… e a me non piace chi mi mette i bastoni tra le ruote…»
 
La Camaro di Damon accostò nello spiazzo accanto al sentiero che conduceva alla casa degli spiriti. I quattro scesero dall’auto ed imboccarono la strada sterrata. Elena trattenne per un braccio il fidanzato, facendo passare avanti il fratello e la nipotina.
«Hey…» disse lui, guardandola sospettoso «Che succede?»
«Niente… voglio solo assicurarmi che tu sia tranquillo…»
Gli occhi di ghiaccio di lui indagarono in quelli scuri di lei.
«Sto bene… sto solo cercando di non rilassarmi troppo»
le rispose. Lei inclinò la testa di lato.
«E questo che stai cercando di fare? Ti stai preparando al peggio?»
Lui non rispose.
«Damon… Jessica starà bene. Tornerà e vivrà una vita lunga e pacifica, si innamorerà, creerà una sua famiglia e ti renderà il fratello-padre-nonno più felice del mondo!»
Un lampo di luce attraversò gli occhi del vampiro, increspando l’azzurro terso delle sue iridi. Elena gli prese il viso tra le mani e gli si avvicinò.
«Puoi non credermi… puoi continuare ad immaginare il peggio… ma io non posso, non voglio! Io devo credere che tutto andrà bene…»
Damon sospirò.
«Elena… non è che io non voglia crederci… ma… ti rendi conto che il solo far parte della mia vita è, per lei, un pericolo?»
La vampira corrugò la fronte. Lui proseguì:
«Sì… magari questo viaggio filerà liscio come l’olio e lei tornerà sana e salva… magari quello che ha combinato non avrà conseguenze per lei… ma… siamo vampiri, i pericoli bussano alla nostra porta ogni mattina e solo per sapere se vogliamo impostare le difficoltà sul livello medio o alto! Lei… lei sarà sempre in pericolo… e per il solo fatto di avere a che fare con me…»
«È stato ampiamente dimostrato che sei stato un bene per lei…»
«Fino ad ora, Elena!» la interruppe «Che ne sarà di lei quando tornerà? Rimarrà con noi? Invecchiando e spostandosi di città in città, senza mai poter mettere radici? Oppure dovremo vivere con la speranza che nessuno decida di prendersela con me attraverso lei?»
«Quindi? Che pensi di fare?»
domandò lei, ansiosa.
Damon sollevò gli occhi al cielo e scosse la testa.
«Al momento voglio solo riportare il suo culo ossuto, intatto, a casa… tutto il resto può aspettare…»
Lei gli sorrise.
«Ti appoggerò in ogni tua decisione…»
Il vampiro la osservò confuso.
«Dici sul serio? Appoggerai le decisioni dell’istintivo, pazzo, omicida?»
ironizzò. Elena scosse la testa e gli si avvicinò:
«No. Appoggerò le decisioni di un uomo che darebbe la sua vita per il bene delle persone che ama…»
Lo baciò e si incamminò, lui la seguì dopo qualche istante, godendosi il formicolio nel petto che gli solleticava il cuore tutte le volte che realizzava l’amore di Elena per lui.
 
L’ibrido e la strega ritornarono in cabina, trovando Jessica seduta sul letto con le braccia e le gambe incrociate.
«Bene, bene, bene… cip&ciop sono tornati al nido…»
commentò sarcastica la ragazza.
Tyler-Klaus finse un’espressione confusa.
«Cosa è successo?»
le domandò, andandosi a sedere sul proprio letto.
«Oh… intendi dire oltre all’aver passato le ultime 4 ore a contare le viti che tengono incollata questa cabina?!? Niente di che… voi, invece? Vi siete divertiti ad ignorarmi… di nuovo?»
Bonnie fece un mezzo sorriso.
«Ignorarti? E perché dovremmo farlo?»
«Non so… magari perché sono una combina guai e preferisci non avermi intorno così da non potermi rinfacciare di averti rovinato i piani?»
Jessica vomitò quelle parole senza riuscire a trattenerle oltre. La strega rimase a fissarla a bocca aperta qualche istante, prima di sciogliersi in una risata ed andare a sedersi accanto a lei.
«Jess…» iniziò, mettendo una mano sulla sua gamba «Sul serio pensi che io sia arrabbiata con te?»
«Non so cosa pensare, Bonnie…»
«Beh… non sono arrabbiata con te… semmai sono preoccupata!»
La giovane la interrogò con lo sguardo.
«A breve affronteremo altre prove… ed ognuna di loro sarà un duro colpo per te… ho pensato di lasciarti riposare il più possibile… perdonami, non credevo l’avresti interpretato come un volerti evitare…»
Gli occhi di giada di Jessica indugiarono sul viso della strega, in cerca di una conferma alle sue parole. Effettivamente non sembrava arrabbiata o delusa… ma comunque non le stava dicendo la verità. Rivolse il suo sguardo sull’ibrido, anche lui pareva nascondere qualcosa.
«E tu? Perché mi eviti?»
gli domandò.  
«La strega mi ha detto che avevi bisogno di riposare… ho eseguito gli ordini»
rispose spicciolo lui.
Jessica scosse la testa riccioluta.
«Ok… come vi pare… io vado a farmi un giro…»
comunicò scocciata.
«Da sola?»
chiese Bonnie.
«Beh, dato che le uniche persone che potrebbero farmi compagnia qui sopra sono impegnate a tenermi all’oscuro dei loro segreti… sì… da sola!»
Ed uscì dalla cabina, camminando senza badare alla direzione. Proseguì fino a ritrovarsi in quella che sembrava la zona caldaie: piena di tubature, manopole, misuratori di pressione e sbuffi di vapore.
Si voltò cercando di ricordare da che parte era arrivata. Non ricordava di aver percorso nessuno di quei corridoi stretti. Tentò un paio di direzioni, ma si ritrovò solo in un posto ancora più buio e sperduto. Camminò adagio, tastando con le mani e i piedi non riuscendo a vedere molto. Improvvisamente sentì una presenza alle sue spalle, si voltò di scatto ma non vide nulla. Indietreggiò lentamente, sentendo l’ansia salire. Inciampò in qualcosa e rovinò a terra, in una pozza umida e appiccicosa. Le sue dita toccarono un oggetto metallico, si rese conto essere una torcia elettrica. Cercò l’interruttore e fece luce.
 
«Ottimo lavoro, strega!»
inveì Tyler-Klaus.
«Perché non le hai detto tu qualcosa, allora?»
replicò Bonnie.
«Ha chiesto a te perché la evitassi!»
«Lo ha chiesto ad entrambi!»
«Potevi inventare una scusa migliore!»
la accusò lui.
«Potevi dare una risposta migliore!»
obiettò lei.
 
«AAAAAAAAAAAAAAH!»
 
L’urlo di Jessica attraversò la le pareti ferrose della chiatta, interrompendo la discussione dei due ed attirando l’attenzione di ogni singolo individuo presente sull’imbarcazione.

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Capitolo 22
*** So fine, so bad. ***


Bonnie e Tyler-Klaus corsero velocemente in direzione dell’urlo di Jessica. Attraversarono gli stretti corridoi della chiatta scendendo verso la stiva. L’ibrido tenne le orecchie tese seguendo i singhiozzi della giovane. Furono presto nella zona caldaie e la voce di Jessica iniziò ad essere udibile anche senza l’aiuto di doti soprannaturali, infatti Bonnie percepì chiaramente il suono della sua voce tra gli sbuffi di vapore ed il rumore del motore.
«Jessica!»
la chiamò la strega, sempre più in ansia.
La ragazza non le rispose direttamente, piagnucolando, invece, una supplica.
«No! No! No! Ti prego, no!»
I due allungarono il passo, attraversarono una porticina ritrovandosi in uno scomparto buio ed umido.
Bonnie rivolse i palmi verso l’alto e bisbigliò parole incomprensibili, qualche istante più tardi dalle sue mani scaturirono due palle di luce che illuminarono l’ambiente circostante. Tyler-Klaus era diventato un fascio di nervi, lasciò che la strega gli passasse davanti per fare luce seguendola, pronto ad attaccare qualunque minaccia si fosse presentata.
«Jessica…»
ripeté adagio Bonnie.
Nuovamente Jess non rispose continuando imperterrita la sua sempre più debole supplica.
«No… no… ti prego… per favore… no…»
Svoltarono un angolo e finalmente si trovarono di fronte a Jessica.
La ragazza stava inginocchiata in una pozza di sangue, china sul corpo di un uomo la cui testa era poggiata sulle sue gambe. Uno squarcio di notevoli dimensioni attraversava il collo della vittima e la ragazza aveva tentato di tamponare la ferita con le mani.
«Oh mio dio… Jess…»
sussurrò Bonnie, fissando l’atroce spettacolo.
Gli occhi verdi della giovane, colmi di lacrime e terrore, si posarono lentamente sulla strega.
«Ho… io ho provato a salvarlo… davvero…»
singhiozzò sconfortata. La strega chinò il capo di lato, sorridendole dolcemente.
«Sono sicura che hai fatto del tuo meglio»
«Non essere accondiscendente… non mi serve… lui… lui è morto… »
ribatté duramente alla strega.
«Non per colpa tua…»
le fece notare lei.
«Lo so… ma…»
Jessica non riuscì a finire la frase. Guardò il volto freddo dell’uomo che ricordava di aver visto una volta o due in giro, e si sentì impotente. Si concentrò sulla ferita e ne riconobbe i tipici segni del morso di un vampiro. Il suo cervello iniziò a mandarle messaggi contrastanti ed una nebbia densa le offuscò la capacità di pensare con lucidità.
Tyler-Klaus era rimasto alle spalle di Bonnie, vigile. I suoi sensi da predatore erano in allerta, pronti a carpire qualsiasi segnale di pericolo. Un rumore giunse lieve, impercepibile alle orecchie umane. Una specie di fruscio, come di un battito d’ali. L’ibrido aguzzò la vista, ma non vide nulla. Un nuovo rumore, un po’ più solido del precedente, giunse alle spalle della ragazza. Negli occhi di Tyler-Klaus, di solito scuri, si riversò una colata d’oro fuso. Dalla gola sfuggì un ruggito e due zanne affilate fecero capolino spuntando dal labbro superiore.
Bonnie si voltò verso di lui, piano.
«Klaus… che succede?»
Gli domandò preoccupata. Lui non rispose, si mosse veloce senza lasciare alle due il tempo di metabolizzare cosa stesse accadendo. Un rumore metallico ed un urlo soffocato indirizzarono gli sguardi della strega e di Jessica nella direzione in cui si era lanciato l’ibrido.
Tyler-Klaus teneva per il collo un ragazzo esile, con la pelle bianca, i capelli unti e gli occhi grigi, sollevandolo dal pavimento senza il mino sforzo. Il giovane iniziò a dimenarsi, scalciando nel vuoto.
«Oh… non sai quanto ho desiderato fossi tu!»
ringhiò,  stringendo la presa sul collo.
Jessica spalancò gli occhi, rimanendo senza fiato per la sorpresa suscitata da quel gesto. Guardò spiazzata Bonnie, rimasta immobile ad emanare luce.
La bocca dell’ibrido si spalancò, pronta a mordere e condannare il mozzo.
«Fermati Klaus!» esclamò la strega «Non è lui! Non può essere lui!»
Tyler-Klaus si fermò appena in tempo, mentre il viso di Salizar si colorava di blu per via della mancanza d’ossigeno.
«Di cosa parli, strega?»
sibilò l’ibrido senza voltarsi.
«Non è lui, fidati! Godric e Salizar sono le sole persone su questa chiatta di cui sono sicura! Lascialo!»
«E cosa ci faceva qui, allora?»
obiettò lui.
Il mozzo batté le mani su quelle dell’ibrido, nel vano tentativo di liberarsi dalla morsa letale.
«Lascialo andare… ce lo spiegherà lui!»
lo invitò la strega.
Assai controvoglia, l’ibrido lasciò andare Salizar che cadde sulle ginocchia, tossendo e riprendendo fiato.
Jessica era rimasta ad assistere a quel bizzarro scambio di battute sempre più confusa. Tyler-Klaus si inginocchiò accanto al giovane, mantenendo il suo fare minaccioso.
«Allora… cosa ci facevi qui?»
gli domandò.
Il giovane mozzo non lo guardò in faccia, continuò a massaggiarsi il punto in cui poco prima le dita dell’ibrido gli stavano togliendo il fiato e la vita.
«Ho sentito l’urlo della ragazza…» ansimò, perdendo il tipico tono secco «Tutti l’hanno sentito… il Capitano mi ha mandato qui a controllare…»
Tyler-Klaus parve studiare il viso del ragazzo e pesare le sue parole.
«Te l’ho detto,  Klaus… non è lui…»
ribadì la strega. Finalmente l’ibrido parve convincersi.
Si sollevò, voltandosi verso Jessica, ancora immersa nella morte. Le si avvicinò porgendole la mano.
«Stai bene?»
si preoccupò.
Lei fissò le dita dell’ibrido e le immaginò avviluppate al collo di Salizar.
«C-chi è “lui”? Chi state cercando?»
domandò, rimanendo immobile.
Non sapeva nemmeno lei il perché di quella domanda, ma una parte di lei sapeva che era giusto farla.
Bonnie aprì la bocca ma si accorse di non avere una risposta semplice da dare. Tyler-Klaus nemmeno provò a fornire una.
Dagli occhi di Jessica scomparvero le lacrime ed il terrore e divennero limpidi ed asciutti.
Fissò le sue due pietre di giada nei pozzi scuri di Tyler-Klaus, ancora in piedi di fronte a lei, con la mano protesa in un cavalleresco gesto di aiuto.
«Chi. È. “Lui”.»
domandò di nuovo, a denti stretti. Senza scomporsi e senza enfasi, lui rispose:
«Un vampiro. Ha soggiogato Godric affinché andasse più veloce e, a quanto pare, ha ucciso l’uomo che stringi tra le braccia»
Il tono asciutto e gelido della replica dell’ibrido, rese il clima ancora più teso.
La ragazza si irrigidì e sul suo viso comparve un’espressione omicida. Lui represse l’istinto di indietreggiare di un passo.
 
«Ed eccoci di nuovo qui…»
commentò Damon, avvicinandosi a Jeremy e Jenna, insieme ad Elena.
«Già…» convenne l’uomo osservando la vecchia casa «Speriamo serva a qualcosa»
«Hey, mi serve l’ottimismo dei Gilbert a controbilanciare il mio incommensurabile pessimismo…»
lo stuzzicò il vampiro.
«Sì… beh… credo ti dovrai accontentare del mio fatalismo»
ribatté l’uomo, guardandolo di sbieco.
«Ahem, passo! O l’ottimismo dei Gilbert o tanto vale tornarcene a casa, ora!»
«Hai quello di Elena…»
«Ed il mio! Sono una Gilbert anche io!»
intervenne la piccola Jenna. Damon guardò prima la bambina e poi la fidanzata, finse di valutare l’offerta e tornò a rivolgersi a Jeremy.
«Andata! Due ottimisti, un fatalista… ed io!» gettò uno sguardo storto alla casa «Non ci resta che capire di che umore sono quel branco di…»
«Damon» lo bloccò Elena «Credo tu abbia parlato abbastanza per oggi!»
Lui fece una smorfia e si limitò ad annuire. Jeremy fece un sorriso storto scuotendo la testa, quindi si inginocchiò accanto alla figlia e le sollevò il mento con un dito.
«Sei pronta, Jen?»
La bambina annuì con vemenza, esibendo un sorriso orgoglioso.
«Bene, voglio che tu stia molto attenta e concentrata… sei una strega, una di loro… con te parleranno più volentieri, Intesi?»
La piccola fece cenno di aver capito e si impettì, pronta ad essere utile.
«Voi due è il caso che aspettiate qua fuori»
suggerì poi l’uomo ai vampiri.
«Sì, non ho nessuna intenzione di farmi friggere il cervello da quelle…»
Elena lanciò uno sguardo di fuoco a Damon che si bloccò in tempo per rettificare la fine della frase:
«Meravigliose ed incantevoli streghe…»
Gli occhi della vampira saettarono verso il cielo e scosse la testa sospirando. Damon allargò le braccia, fingendo confusione.
«Ci vediamo dopo…»
intervenne Jeremy, prendendo per mano la figlia ed incamminandosi all’interno della casa.
Elena incrociò le braccia sul petto e li osservò allontanarsi.
 
L’interno della vecchia casa era rimasto lo stesso, la medesima aura di mistero avvolgeva l’innaturale silenzio in cui era immerso quel luogo.
La piccola Jenna scrutò attentamente ogni angolo, ricordandosi dell’ultima visita che aveva fatto lì.
Un brusio sommesso cominciò a formicolarle nelle orecchie, come la volta precedente. Aveva capito in seguito che si trattava delle chiacchiere degli spiriti che abitavano quel luogo, quindi non si fece cogliere impreparata, socchiuse gli occhi e provò a concentrarsi per capire cosa stessero dicendo.
«Jen… stai bene?»
si preoccupò subito Jeremy.
La bambina zittì il padre portandosi un dito alla bocca.
«Stanno parlando…»
lo informò sussurrando. L’uomo strinse di più la manina della figlia e l’avvicinò a sé.
Jenna riuscì a distinguere qualche parola qua e là, ma gli spiriti erano troppi e parlavano tutti insieme.
«Papà… non riesco a capirli!»
si dispiacque, aprendo gli occhi imperlati di lacrime.
Jeremy le sorrise amorevolmente accarezzandole il viso.
«Non è importante adesso… dobbiamo parlare con Sheila, è lei che ci serve in questo momento… concentrati sulla bis-nonna, ok?»
La bimba annuì ed assunse una posa dignitosa. Il padre chiuse gli occhi e si concentrò su Sheila.
 
Il Capitano Godric arrivò correndo , trovò Salizar ancora sul pavimento a riprendere fiato, Jessica immersa nel sangue dell’uomo che riconobbe essere Gayle Derat, un marinaio semplice e Tyler-Klaus in piedi di fronte alla ragazza. Poco più distante c’era Bonnie che emanava luce dalle mani. Avanzò lentamente, tremando.
«C-cosa…che… c-che diavolo… cosa…»
farfugliò, spostando il suo sguardo dal cadavere del marinaio al resto dei presenti.
«Capitano…»
iniziò Bonnie.
«Mi avevi promesso che non sarebbe successo nulla!» la interruppe l’uomo «Mi avevi giurato che lo avresti tenuto a bada!»
sibilò, indicando l’ibrido.
«Credi sia stato io, stupido uomo?»
inveì Tyler-Klaus.
«Sei la sola creatura in grado di fare questo su questa chiatta!»
replicò il Capitano, digrignando i denti.
«Non è stato lui, Godric… c’è… c’è qualcun altro con noi…»
confessò la strega.
«Non è possibile!»
si scandalizzò Godric.
La strega sospirò e si avvicinò all’uomo.
«A quanto pare, invece, è possibile» si rivolse a Tyler-Klaus «Porta Jess in cabina… ci penso io a parlare con loro…»
Non se lo fece ripetere, si chinò e sollevò Jessica prendendola per le spalle.
La ragazza gli voltò le spalle e camminò in silenzio fino alla cabina, combattendo con tutti i pensieri che le si erano scatenati in testa.
 
Erano passati appena dieci minuti da quando Jeremy e Jenna si erano addentrati nella casa. In quel breve lasso di tempo Elena e Damon avevano fissato la vecchia struttura, ognuno con la propria dose di preoccupazione a tenerli sulle spine.
«Lo sai che andrà tutto bene, vero?»
asserì la vampira, stanca di tutto quel silenzio.
Senza guardarla lui sbuffò una risata.
«Io so che quando una cosa va bene, mille altre andranno male»
«Damon…»
«No, Elena… ascolta… sono stato un idiota, avrei dovuto accompagnare Jess o avrei dovuto impedirle di partire… non starò qui a sperare che le cose, per una volta, vadano per il verso giusto. Ho le mie colpe in tutto questo e non ho intenzione di non farmene carico. Non fingerò che questa non sia la mia vita, ok?»
L’invettiva del vampiro eliminò ogni parola che si era accumulata  nella bocca della fidanzata che si limitò ad avvicinarglisi, prendendogli la mano.
 
«Perché siete qui?»
la voce di Sheila giunse improvvisa, chiara e limpida.
Jeremy e Jenna aprirono gli occhi insieme. Lo spirito dell’anziana donna li guardava con la sua espressione austera.
«S-Sheila… noi… noi…»
«Cosa ci fare qui?»
ripeté lo spirito.
«Ci serve il tuo aiuto…»
rispose Jeremy.
«Non posso aiutarti… non posso più aiutare nessuno…»
«Devo farti solo una domanda… se non saprai rispondere, ti lasceremo in pace…»
Sheila ponderò le parole dell’uomo, spostò il suo sguardo sulla piccola, intenta a guardarsi intorno.
«Jenna» la chiamò «Cosa stai guardando?»
La piccola rispose senza guardarla:
«Loro» indicò un punto nel vuoto «Si stanno agitando…»
Gli occhi dello spirito si spalancarono.
«Devi portarla via da qui! Ora!»
ordinò a Jeremy.
«Ma io devo sapere…»
Lo spirito sollevò una mano, bloccandolo.
«Non ho tempo, fammi vedere cosa ti serve»
Così dicendo pose entrambe le mani sulle tempie dell’uomo e creò una connessione con i suoi pensieri.
Jeremy sentì delle dita lunghe e affusolate frugare nella sua mente. Qualche istante più tardi Sheila si allontanò da lui.
«Non temete per la ragazza… starà bene. Sarà una semplice umana, la sua discendenza verrà interrotta e la stirpe di Soraya si estinguerà…»
lo rassicurò.
«Tutto qui? Non ci sarà nessuna conseguenza? Nessun problema… fisico?»
Sheila sorrise.
«No. La stirpe di Soraya avrà fine, tutto qui. L’ultima discendente è lei e sta rinunciando a ciò che la rende strega, estinguerà il lascito della sua antenata… ma ora andate, porta via da qui la piccola!»
«Perché? Che vogliono da lei?»
si preoccupò l’uomo.
«Non devono volere niente da lei… ma le anime delle piccole streghe sono terreno fertile per qualunque spirito voglia una seconda opportunità… c’è una ragione se aspettiamo che le nuove streghe abbiano una certa età prima di dargli accesso alla nostra eredità… ed è perché la loro anima diventa più forte, più impenetrabile! »
spiegò lo spirito.
«Va bene… grazie Sheila…»
«Prenditi cura della mia Bonnie…»
«Sempre!»
Sheila gli sorrise, quindi si rivolse alla bambina:
«Jenna… resta forte, intesi?»
La piccola annuì, facendo ondeggiare i riccioli scuri. Lo spirito le passò una mano sul viso e poi svanì nel nulla. Jeremy si affrettò a prendere la piccola e ad uscire dalla casa.
 
Arrivati in cabina, Tyler-Klaus azzardò a parlare con Jessica.
«Sei sicura di stare bene?»
La ragazza, che si era lanciata a tirare fuori dal suo zaino vestiti puliti, si fermò, voltandosi a guardare l’ibrido. La rabbia cocente che lui aveva colto negli occhi di lei poco prima non era svanita, semmai si era amplificata. Deglutì e tacque, intuendo non fosse ancora il momento per parlarle.
Dieci minuti più tardi, arrivò anche Bonnie.
«Sono riuscita a sistemare tutto con Godric…»
comunicò,  senza badare al clima di ghiaccio sceso nella cabina.
Tyler-Klaus provò a lanciarle uno sguardo significativo e la strega finalmente si accorse dell’umore nero della giovane.
«Jess… ascolta… mi dispiace…»
iniziò.
«Ti dispiace?» la interruppe «E per cosa ti dispiace, di preciso? Per avermi tenuto nascosto un altro fondamentale segreto o per avermi lasciata andare in giro da sola per due giorni sapendo che c’era un vampiro pronto a farmi fuori?»
La durezza del suo tono rese la conversazione più difficile da affrontare.
«Jess… ascolta… io…»
La ragazza si alzò dal letto, stringendo le mani in due pugni.
«No, Bonnie. Ascolta tu!» lanciò uno sguardo di fuoco all’ibrido «Ed anche tu! Ascoltatemi entrambi molto attentamente» avanzò con la rabbia a tirarle gli angoli della bocca «Se c’è una lezione che avremmo dovuto imparare dai due giorni precedenti, è che a tenere i segreti si finisce nei guai! Come diavolo vi è venuto in mente di tenermi nascosta una cosa del genere!?!»
urlò.
Nessuno dei due interlocutori osò rispondere, lei riprese la sua invettiva:
«Mi avete fatto credere di avervi delusa, mi avete fatta andare in giro come un’idiota, correndo un pericolo inaudito e tutto … perché?!? Cosa vi ha spinti a credere che tenermi all’oscuro di questa scoperta si sarebbe rivelata una mossa intelligente???»
 
Bonnie si schiarì la gola, gli occhi di Jessica, iniettati di sangue, la fulminarono. La strega deglutì e trovò il coraggio per rispondere:
«Non volevamo metterti in pericolo… se avessimo pensato che potevi correre qualche rischio, non ti avremmo lasciata sola…»
«Ma ti stai ascoltando? C’è un VAMPIRO su questa dannatissima chiatta! Come fai a dire che non sono in pericolo? Tutti lo siamo! Meno lui ovviamente!» indicò l’ibrido «Lui è mister imbattibile! Si può permettere di affrontare un vampiro! Vero?»
Tyler-Klaus la fissò con rabbia.
«Adesso basta!» ringhiò «Chiunque si nasconda in questa storia non ci vuole… non vi vuole morte! Non ora, almeno!»
«E tu lo sai, perché…»
«Perché avrebbe avuto più di un’occasione per squarciarvi la gola durante i vostri giretti solitari! E perché chiunque si sia imbarcato clandestinamente con noi, non agisce per conto suo. Qualcuno lo ha mandato qui a svolgere un compito… non sappiamo quale e perché, ma sicuramente non è quello di fare fuori voi due!»
«Resta il fatto che avreste dovuto dirmelo! Avrei potuto aiutare!»
strillò isterica. L’ibrido le si avvicinò pericolosamente al viso.
«E come?» le soffiò sulle labbra «Quando troveremo questo sacco d’immondizia lo tortureremo… gli faremo rimpiangere di essersi messo contro di noi, lo torchieremo finché non ci farà un nome, finché non ci darà una spiegazione… e poi lo uccideremo… gli tirerò il cuore fuori dal petto, personalmente, a mani nude… e tu ci vuoi aiutare?»
Jessica ascoltò le parole dell’ibrido, osservando le scintille dorate che gli guizzavano negli occhi, notando i fremiti di piacere che gli facevano tremare le labbra mentre esponeva la sua vendetta.
Lui rimase in attesa di veder emergere il terrore e l’orrore negli occhi di lei, ma non avvenne. La ragazza si avvicinò ancora di più al suo volto ed una specie di opaca indifferenza la schermò.
«Si tratta di questo, dunque?  Non mi ritenete in grado di fare la cosa giusta?»
Tyler-Klaus corrugò la fronte. Le mani di Jess si spalancarono, chiuse gli occhi e dalla sua bocca iniziarono ad uscire suoni gutturali, sconosciuti perfino a Bonnie. Buttò la testa indietro, aumentando il tono della voce.
L’ibrido guardò la strega, confusa tanto quanto lui.
All’apice della litania di Jess, qualcuno iniziò a bussare alla porta, più la ragazza aumentava il tono ed il ritmo del suo misterioso incantesimo, più i colpi sulla porta si facevano insistenti e pesanti.
La porta di ferro della cabina incassò i primi colpi, ma poi iniziò a cedere alla forza dei pugni sferrati.
Jessica continuò a produrre suoni insensati fino ad urlare i suoi improperi e al culmine di quell’anomalo incantesimo, la porta cedette, spalancandosi. Un uomo rotolò all’interno della cabina, finendo disteso sul pavimento, continuando a battere i pugni sul metallo. 

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Capitolo 23
*** Beast and Fears. ***


Jessica smise di salmodiare il suo singolare incantesimo, indietreggiò barcollando, finendo seduta sul letto.
Il misterioso uomo rotolato all’interno della cabina, continuò a prendere a pugni il pavimento mentre Tyler-Klaus e Bonnie si scambiavano sguardi stupiti e confusi.
«Chi… cosa…»
farfugliò la strega.
La ragazza riprese fiato, quasi l’incantesimo pronunciato poco prima l’avesse prosciugata di ogni energia.
«Volevate scoprire chi fosse il vampiro clandestino…» ansimò «Eccolo!»
concluse, indicandolo.
L’ibrido sgranò gli occhi, totalmente spiazzato. Il misterioso vampiro, nel frattempo, aveva iniziato a rallentare la frequenza dei suoi colpi.
«L’effetto dell’incantesimo sta per svanire» annunciò la giovane «Fossi in voi non mi farei trovare impreparata!»
Appena finito di pronunciare quelle parole, l’uomo a terra si bloccò.
Bonnie lo fissò irrigidita, Tyler-Klaus si mise sulla difensiva. Pochi istanti più tardi, il vampiro era in piedi, pronto a fuggire dalla cabina. L’ibrido gli si parò davanti, afferrandolo per il collo.
«Non così in fretta, amico»
gli ringhiò sul viso.
Lo trascinò contro una parete ed un ghigno feroce gli si disegnò sulle labbra.
«Chi diavolo sei… e che vuoi da noi?»
gli chiese.
Il vampiro si limitò a guardarlo con disprezzo. Tyler-Klaus gli strinse ancora di più le dita intorno al collo, aumentando la pressione sulla trachea.
«Ti ho fatto una domanda!»
ruggì.
Lo sconosciuto, però, non si fece intimidire e tacque di nuovo.
«Abbiamo un osso duro, eh? Beh… » si inumidì le labbra con la lingua «Vediamo se il tuo cuore è più tenero…»
Così dicendo affondò la mano libera nel petto del vampiro, che emise un urlo soffocato.
«Chi sei e cosa vuoi da noi…» sibilò «Rispondimi!»
Le sue dita si strinsero intorno al cuore, i polpastrelli affondarono nel tessuto fibroso e melmoso del muscolo. Jessica osservò la scena impietrita. La furia omicida che lesse negli occhi dell’ibrido la inchiodò al letto, togliendole il fiato.
Non era la prima volta che assisteva alla rivelazione dell’aspetto più bestiale di quegli esseri così complessi e affascinanti, ma lo stesso faticava a far combaciare quell’aspetto con le persone che aveva imparato a conoscere sotto un’altra luce.
 
La prima volta in cui si trovò a dover affrontare quella dicotomia, era una bambina e Damon la stava proteggendo dalla cattiveria degli uomini. La seconda volta era stata Elena a trasformarsi in una bestia selvaggia, e sempre per difenderla dalle perversioni di un uomo.
Questa volta, però, la situazione era assai più complessa: lei sapeva chi era Klaus, ne aveva sentito parlare, era stata testimone diretta della morte che si portava dentro, eppure…
Vederlo così, letteralmente con la vita di un altro individuo stretta tra le mani, le aveva fatto capire con quanta forza si era opposta all’idea di accettare la ‘versione’ feroce dell’ibrido. In maniera inconscia, aveva sempre rimbalzato il pensiero che lui fosse davvero cattivo. Ed anche assistendo a quella situazione, non poté fare a meno di dirsi “Ma non è proprio lui…”.
Scosse la testa per allontanare quei pensieri, non era il momento di trovare giustificazioni per Klaus.
 
«I-io… »
balbettò il vampiro, soffocando un urlo di dolore.
«Tu?»
gli fece eco l’ibrido.
«M-mi… mi chi-amo… J-Julian… io… i-o…»
«Klaus… allenta la presa…»
gli suggerì Bonnie.
L’ibrido, controvoglia , seguì il consiglio, facendo riprendere un po’ il fiato a Julian.
«Dimmi cosa ci fai qui e cosa vuoi da noi…»
ripeté poi.
«Io… io volevo solo arrivare a Portland…»
rispose, con voce tremante.
«Cosa?!?»
esclamò la strega, avvicinandosi.
«Ho visto il capitano in un bar, parlava di un viaggio verso Portland… e l’ho soggiogato a portarmici… il più in fretta pos-AAAH…»
Prima che potesse finire, l’ibrido tornò a strizzargli il cuore.
«Sono un tipo poco paziente… non amo che mi si prenda in giro! Dimmi la verità o ti uccido!»
lo minacciò Tyler-Klaus.
«S-sto dicendo la verità! Io… io pensavo di arrivare a Portland!»
«E perché non hai preso un dannatissimo treno?»
«Sono un vampiro… non so come facciate voi… ma a me i raggi solari non fanno molto bene!»
replicò l’altro, isterico.
«Mi vuoi far credere che non sei qui per interferire con la nostra missione?»
domandò scettica  la strega.
Il vampiro annuì goffamente, con la mano dell’ibrido ancora a schiacciargli il collo.
«Non voglio far credere niente! Questa è solo la verità….AAAH!»
«Ho la tua sorte stretta tra le mani… pondera bene le tue parole!»
 
Jeremy uscì dalla vecchia casa in fretta, stringendo tra le braccia la piccola Jenna.
Damon li osservò allontanarsi dal vecchio rudere e si fece prendere dall’ansia. Il passo spedito di Jeremy, l’espressione smarrita della bambina, tutto sembrava essere la premessa per delle cattive notizie.
Elena, rimasta in silenzio accanto al fidanzato, gli si avvicinò di un altro passo e sperò con tutta se stessa che il fratello fosse foriero di qualche buona nuova.
L’uomo si avvicinò ai due vampiri con un’espressione indecifrabile.
«Allora? Hai scoperto qualcosa?»
domandò Damon, sfidando la paura di conoscere la risposta.
Jeremy annuì, posando a terra la figlia.
«Quanto è grave la situazione?»
rincarò il vampiro, sempre più ansioso.
L’uomo si raddrizzò, tornando a guardare il volto teso di Damon.
Per la prima volta si sentì vicino al vampiro,  capendo esattamente le sue paure di padre. Si aprì in un sorriso e si sbrigò a toglierlo dalla tortura del dubbio.
«Rilassati… Jessica starà bene…»
Elena spalancò la bocca, sollevata dalla notizia, ma il fidanzato, invece, mantenne la mandibola serrata e la fronte corrugata.
«Damon… hai sentito…»
«Ho sentito… » la interruppe «Ma voglio sapere le parole esatte di Sheila…»
Jeremy annuì e ripeté le parole dello spirito. Man mano che riportava ai due le rassicurazioni di Sheila, la maschera di cemento che aveva cristallizzato i lineamenti di Damon, iniziò a sgretolarsi, quando l’uomo ebbe finito, del vampiro era rimasto solo l’involucro. Tutti i sentimenti e le paure che lo avevano riempito fino a poco prima, erano evaporati, defluiti da lui insieme al fiato che aveva trattenuto.
La sua mente entrò in conflitto con i sentimenti.
Avrebbe voluto abbandonarsi al sollievo, ma la paura di concedersi un tale lusso, abbassando la guardia, glielo impedì.
Deglutì e finse un sorriso.
«Bene… possiamo tornare a casa…»
asserì, incamminandosi.
Elena guardò il fratello sconsolata.
«Pensavo si sarebbe tranquillizzato…»
«Sua figlia è in viaggio con l’arci-nemico… non si tranquillizzerà finché non la stringerà tra le braccia, Elena…»
La vampira tornò ad osservare la schiena dell’uomo che amava,  allontanarsi.
«Vorrei solo vederlo sorridere…»
«Se c’è una persona al mondo in grado di farlo stare bene, ora… sei tu… assicurati che non abbia il tempo materiale per macerarsi nella preoccupazione, ed in men che non si dica Jessica sarà tornata e noi potremo tornare alle nostre esistenze, in tutta serenità»
Le parole di Jeremy riscaldarono il cuore ad Elena. Anche se non era più il fratellino da accudire, faticava ad accettare quanto maturo e responsabile fosse diventato. In cuor suo sarebbe rimasto per sempre l’adolescente problematico con problemi di dipendenza.
Gli sorrise e lo abbracciò.
«Grazie Jer… e scusami… a volte dimentico che anche tu avrai i tuoi grattacapi…»
«Che vuoi dire?»
si incuriosì lui.
«Beh… anche Bonnie non è in una situazione rosea…»
si spiegò lei.
«Mia moglie è una tipa tosta… se la caverà!»
replicò lui.
«Mamma è forte!»
fece eco la bambina, rimasta ad ascoltare quei discorsi complicati.
«Sì, lo è…»
concordò Elena.
Jenna sorrise, fece una piroetta e raggiunse Damon, saltellando felice.
 
Julian ribadì la sua estraneità alla missione. L’ibrido lo soggiogò ed il vampiro ripeté la storia di aver sentito parlare Godric in un bar, di un viaggio con la sua chiatta verso Portland.
«Beh… ti sarai accorto che siamo un po’ fuori rotta!»
gli fece notare l’ibrido.
«Sì… per questo mi sono nascosto! Non capivo cosa stesse succedendo… e poi… tutto l’equipaggio assume verbena, il solo con il sangue pulito era il tizio che avete trovato giù nella stiva… non so per quale ragione non la stesse assumendo, ma è stata la mia salvezza!»
Tyler-Klaus allentò la presa sul cuore e sul collo del vampiro.
«Quindi ti trovi su questa imbarcazione per puro caso?»
Julian annuì.
«S-sì… te l’ho detto… pensavo di arrivare a Portland, invece mi ritrovo intrappolato tra i ghiacciai!»
L’ibrido lasciò la presa intorno al collo ed inclinò la testa di lato, osservando il lineamenti spigolosi del vampiro.
«Ti credo…»
gli comunicò in tono accomodante.
Sul viso di Julian comparve un sorriso di sollievo che si trasformò in una smorfia di muto dolore quando Tyler-Klaus estrasse la mano dal suo petto, stringendo tra le dita il cuore del vampiro.
Bonnie spalancò gli occhi e Jessica soffocò un urlo, portandosi le mani alla bocca.
«Ma non puoi continuare a vivere…»
concluse, guardando l’organo gocciolante di sangue, stretto tra le dita.
«P-perché… perché lo hai ucciso?»
domandò Jessica, sconvolta.
Senza voltarsi le rispose:
«Lo hai sentito… era affamato ed instabile…»
Gettò a terra il cuore, che rotolò accanto al corpo pietrificato di Julian.
«A breve» concluse «Voi due, sareste state il suo prossimo pasto. Non possiamo permetterci certe distrazioni…» si osservò le dita sporche di sangue  «Tu, piuttosto» si voltò di scatto verso Jessica «Come diavolo hai fatto a condurlo qui?»
La domanda colse di sorpresa la giovane. Negli ultimi minuti aveva completamente rimosso il suo contributo a scovare Julian.
«Già… come hai fatto? L’incantesimo che hai usato non credo di averlo mai sentito prima!»
concordò Bonnie.
Jessica sospirò e scosse la testa.
«Ma almeno avete capito da che razza di famiglia discendo io?»
commentò, alzandosi.
«Dalla stessa da cui discendo io: streghe… e allora? »
replicò confusa Bonnie.
«E allora… la mia famiglia ha sempre avuto un solo scopo: eliminare i vampiri dalla faccia della terra. Come credete li scovassero? Con il vantaggio dell’udito, della velocità e di tutte quelle cose vampiresche, era facile nascondersi a chi gli dava la caccia… così i miei antenati si sono attrezzati con incantesimi appositi…»
provò a spiegare.
«Stai dicendo che quell’incantesimo richiama i vampiri?»
domandò Tyler-Klaus.
«Sto dicendo che i miei antenati hanno fatto dello sterminare i vampiri la missione della loro esistenza… e ci sono un paio di trucchetti  per rendergli il compito un po’ più facile che ho imparato poco prima di partire…»
«Non capisco… io sono in parte vampiro… perché l’incantesimo non ha funzionato anche su di me?»
chiese l’ibrido.
«Perché è un incantesimo che richiama chi si nasconde, per stanare le prede… comunque… il punto non è questo…»
«E qual è?»
intervenne Bonnie.
«Il punto è che non possiamo più tenerci le cose nascoste… come avete visto, se mi aveste detto del vampiro subito, forse avremmo potuto salvare il marinaio… e sempre se me ne aveste parlato prima, non mi sarei messa in pericolo inutilmente!»
Li rimproverò.
I due tacquero e Jessica continuò:
«Ancora non sappiamo quanto ci vorrà prima di raggiungere la meta, ed ancora ci attendono altre prove… dobbiamo prometterci di non nasconderci più niente…»
L’ibrido e la strega annuirono.
«Va bene… non ti nasconderò più nulla»
promise Bonnie.
Gli occhioni verdi di Jessica si posarono sul viso perplesso di Tyler-Klaus. Lui fece ruotare i propri e sbuffò.
«Ok, ok! Prometto! Adesso possiamo tornare ad occuparci della missione e finirla con questo teatrino da libro “Cuore”?»
La ragazza scosse la testa sorridendo.
«Come vuoi, brontolo… ma sappi che la porta dovrai ripararla tu!»
E senza attendere una replica, si andò a gettare sul suo letto.
«Ah… e fate sparire da qui quel poveretto… il sangue mi fa impressione!»
Si girò su un fianco e chiuse gli occhi.
 
Il viaggio di ritorno si svolse in un silenzio irreale.
Jenna si era addormentata tra le braccia di Jeremy, Elena stava ripensando alle parole del fratello e Damon continuò a lottare con la parte di sé che gli suggeriva la presenza di un problema nascosto in bella vista.
Provò a scrollarsi di dosso la sensazione aggrappandosi alla certezza che Jessica, almeno per la storia dei poteri, era fuori pericolo, ma non servì a molto.
Arrivati alla pensione, trovarono Stefan, Meredith e Caroline seduti in soggiorno.
«Hey!»
salutò la dottoressa Fell, scattando in piedi.
Damon ricambiò con un cenno del capo e si avvicinò al banco dei liquori per versarsi da bere.
«Dunque?» chiese Stefan «Che avete scoperto?»
Elena sospirò ma attese che fosse il fidanzato a parlare, voleva, anche lei, capirne  lo stato d’animo. Finalmente, dopo un sorso di bourbon, il vampiro si decise a rispondere:
«Jessica starà bene… per quanto una vita con me nei paraggi possa farla stare bene…»
«Di che diavolo parli?»
«Niente…» replicò, versandosi nuovamente da bere «Niente…»
ripeté, abbassando la voce ed osservando i liquido scuro nel bicchiere.
 
Jessica aprì gli occhi. Senza rendersene conto si era addormentata.
Si girò e vide Tyler-Klaus nella brandina di fronte alla sua. Stava sdraiato con le mani incrociate dietro la nuca e fissava il soffitto. Gettò un’occhiata sul pavimento, il corpo di Julian era sparito ed il sangue era stato ripulito, anche la porta era stata messa a posto.
La ragazza si sollevò sul materasso e si stiracchiò.
«Buongiorno, tesoro…»
la salutò lui.
Lei scosse la testa.
«Dov’è Bonnie? E quanto ho dormito?»
chiese.
«La strega sta spiegando la situazione al Capitano… e tu hai dormito quasi tre ore…»
rispose lui, restando nella sua posizione.
Jessica fischiò.
«Accidenti… dovevo essere proprio stanca…»
L’ibrido continuò a fissare il soffitto.
«È successo qualcos’altro mentre riposavo?»
domandò lei, passandosi le mani sul viso.
Finalmente lui girò la testa e la guardò.
«Che vuoi dire?»
«Beh… te ne stai lì, a fissare il vuoto… non so… mi sembri strano…»
L’ibrido sorrise.
«Io ho ucciso una persona sotto il tuo naso… e tu ti chiedi perché sono strano…»
Jessica corrugò la fronte.
«Lo hai detto anche tu: andava eliminato…»
«E a te sta bene così?»
La ragazza sollevò le spalle e le sopracciglia.
«Non sono nella posizione di farmi stare bene o meno le cose. Abbiamo una missione da compiere ed un lungo viaggio davanti…»
«Ma io ho strappato il cuore ad un tizio!»
inveì lui, mettendosi a sedere di scatto.
 «Cosa vuoi da me, Klaus? Il mio perdono? La mia approvazione? Pensi che cambierò idea sull’aiutarti?»
Lui la guardò smarrito.
«Non ti dirò che hai fatto bene… ma non giudicherò nemmeno la decisione che hai  preso» aggiunse «Perché vi aspettate sempre che io dica o faccia qualcosa di estremo? Per chi mi avete presa?»
«Di chi stai parlando?»
«Di te… di Damon, di Elena! State tutti lì, a guardarmi come se io avessi le risposte ai vostri tormenti! Avete ucciso e probabilmente lo farete ancora… in che modo può cambiare le cose quel che penso io?»
Tyler-Klaus la fissò in silenzio.  Non sapeva nemmeno lui cosa si aspettasse di sentirle dire.
«Sei la prima persona, dopo tanti anni, che parla con “me”, a “me”…» esordì  «Non ho bisogno del tuo perdono o della tua approvazione… ma devo sapere che sai chi sono… che sai di che azioni sono capace… tu mi guardi e vedi Tyler, ma è a “me” che parli, questo lo percepisco…»
«Ok…»
disse lei, con semplicità.
«Ho promesso che vi lascerò in pace… che non sarò più un problema per nessuno di voi… ma io sono un assassino, mi piace uccidere…»
Jessica  si alzò dalla sua brandina ed andò a sederglisi accanto.
«La freddezza e la ferocia con cui hai inflitto dolore a Julian, mi hanno paralizzata. Ho visto il lato più terrificante della tua natura… il predatore… ho accomunato quello che vedevo a ciò che mi è stato raccontato su di te e ti ho visto… ho visto tutto il male che hai fatto, ti ho visto compierlo…»
Gli occhi dell’ibrido si incupirono, Jessica continuò:
«Ma non riesco ad avere paura di te… non riesco a provare orrore…»
«Forse perché hai visto agire il corpo di Tyler…»
Jessica scosse la testa con veemenza, interrompendo l’ibrido.
«Non si tratta di questo…»
Lui la guardò confuso.
«Klaus» continuò lei «Se io pensassi che sei un semplice assassino, troverei il modo per ridare il corpo a Tyler e ti eliminerei…»
L’ibrido si irrigidì.
«Ed eliminando me, elimineresti tutti i tuoi affetti… eccetto Elena, lei è stata creata da mia sorella, Rebekah»
Jessica corrugò la fronte, confusa.
«Ci sono molti modi per eliminare una minaccia, Klaus… la morte è solo quella più definitiva…»
Lui non capì.
«Ti basti sapere che non mi bevo la frottola “a me piace uccidere”… ok?»
concluse lei.
Tyler-Klaus annuì e lei tornò a sdraiarsi sul proprio letto.
 
Elena entrò in stanza trovando Damon intento a fissare un punto nel  vuoto.
«Ha chiamato Liz…» gli comunicò, chiudendosi la porta alle spalle «Dice che Diana è serena e tranquilla a Seattle, ospite di amici…»
«Mmmh…»
mugugnò distratto lui.
Lei avanzò fluida fino al letto. Fece scorrere due dita sul petto di lui e lo guardò sorridente.
«Hai intenzione di godere almeno di una buona notizia oggi, oppure ti tormenterai con problemi inesistenti finché Jessica non sarà tornata a casa?»
«Non lo…»
«Ssshhh»
lo zittì lei, posandogli le due dita sulla bocca.
Gli salì sopra a cavalcioni e gli accarezzò il viso con entrambe le mani.
«Stiamo parlando troppo in questi giorni…sai?»
gli soffiò sulle labbra.
Lui socchiuse gli occhi e le mise le mani sui fianchi.
«A me piace parlare…»
la stuzzicò.
«Anche a me… ma ci sono tante altre cose che mi piace fare…»
«Ad esempio, quali?»
sussurrò lui, inalando il profumo fruttato di lei.
Le labbra di Elena si distesero in un sorriso malizioso prima di calarsi su quelle di lui, travolgendolo di passione, preludio di una notte che li avrebbe condotti lontani da ogni sorta di preoccupazione.
 
Gala si agitò impercettibilmente nel letto. Jenna si voltò a guardarla e vide Damon già in allerta.
«Tranquillo… se la caverà…»
Lui indurì la mandibola ed annuì.
«Per me è giunto il momento di andarmene, però… »
le comunicò.
«Di già? E quando tornerai?»
domandò lei, avanzando di un passo.
«Quando si sveglierà, se ancora lo vorrà… tornerò…»
rispose lui, senza staccare gli occhi dal viso addormentato di Gala.
«Ma… io pensavo…»
Il rumore del motore di una macchina interruppe Jenna,  che si affrettò a controllare chi fosse arrivato, tornando a guardare fuori dalla finestra.
Poggiò una mano sul freddo vetro impolverato,  ed osservò l’inatteso ospite scendere dalla grossa auto scura. Il cuore le si fermò nel petto e la rabbia tornò a farle ribollire il sangue nelle vene.
«Lui… perché è venuto? Non lo voglio qui!»
si agitò.
«È suo padre, Jenna… ha il diritto di starle accanto…»
ribatté il vampiro.

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Avviso: questo sarà l'ultimo capitolo prima delle vacanze di natale! Riprenderò la pubblicazione martedì 14 gennaio! 
 

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Capitolo 24
*** About love. ***


Damon si risvegliò dall’ennesima notte senza sogni. Aprì gli occhi e fissò il soffitto, prendendosi il suo tempo prima di voltarsi e guardare il volto addormentato di Elena.
L’ultima settimana era volata in fretta, da quando Sheila aveva rassicurato tutti sul futuro di Jessica, chiunque intorno a lui si era premurato di non lasciargli nemmeno un istante per pensare.
Stefan lo portava in giro con la scusa di rinsaldare il loro legame, Liz lo aggiornava costantemente sui movimenti di Diana, Jeremy lasciava Jenna a casa Salvatore quando doveva andare a lavorare, Elena si era offerta a fare da baby-sitter e quando non era impegnata con la nipotina, si occupava di lui.
Parlando, leggendo, scherzando, facendo l’amore.
Jessica ogni sera chiamava e li aggiornava sul proseguo della missione, avvertiva nel suo tono qualcosa di strano, di diverso, ma non era in grado di capire cosa potesse essere.
Gli unici momenti in cui poteva stare da solo con i suoi pensieri erano quei cinque minuti al mattino prima che Elena percepisse il risveglio di Damon.
In quella manciata di minuti poteva tornare a crogiolarsi nelle proprie pene, nelle proprie paure. Erano gli unici momenti in cui si sentiva davvero a suo agio, immerso fino al collo nelle proprie ansie.  
C’erano una marea di emozioni contrastanti che gli si agitavano dentro, pensieri confusi sul da farsi quando avrebbe avuto la certezza di sapere Jessica a casa, sana e salva. Un mondo interiore che non poteva, e non voleva, condividere con nessuno, perché lo avrebbero persuaso di stare esagerando, perché sarebbero riusciti a fargli vedere un po’ di luce dove lui percepiva solo buio… perché avrebbero potuto fargli cambiare idea.
“È la cosa giusta da fare… è la cosa giusta da fare!” pensò, portando avanti il processo di autoconvinzione iniziato una settimana prima, al ritorno dalla casa degli spiriti.

Elena si mosse, allungò il braccio lentamente verso di lui, meccanicamente. Socchiuse gli occhi intravedendo due macchie azzurre, segnale che lui era lì, a guardarla. Sorrise e gli si avvicinò per baciarlo. Damon gustò i suoi ultimi istanti di tormento prima che le labbra di lei lo risollevassero dal baratro in cui si era disteso ad osservare la propria esistenza.  
«Buongiorno…»
sussurrò lei.
«Promette bene, sì…»
rispose lui, cingendole la vita con un braccio.
«Mmmh… deduco tu abbia fatto bei sogni…»
disse languida.
«Non ho sognato affatto… è quello che mi ha messo di buon umore!»
E prima che lei potesse metabolizzare il senso delle sue parole, la baciò con passione e la trascinò in fondo alle sue voglie.
 
Jessica stava seduta sul pavimento del corridoio che portava sul ponte della chiatta.
Era passata una settimana dalla morte di Julian e tutto sembrava procedere per il meglio.
Insieme a Bonnie era riuscita a prevedere ben due prove e spezzare i relativi incantesimi prima che potessero colpire qualcuno di loro. Klaus era diventato più calmo, disteso, consentendole perfino di conoscerlo un po’ meglio e le notizie da casa erano delle più serene, eppure…
C’era qualcosa, un prurito che non riusciva a togliersi.
Per quanto ci provasse, però, la sua mente si rifiutava di collaborare. Ogni volta che si concedeva di ripercorrere mentalmente gli ultimi avvenimenti, tutto ciò su cui riusciva a concentrarsi erano dettagli non pertinenti allo scopo: odori, suoni… brividi suscitati da un contatto involontario.
Era consapevole di stare sviluppando una forte attrazione per Klaus, lo aveva capito dalla prima volta in cui aveva visto il vero aspetto dell’ibrido, quando aveva camminato nel suo subconscio. Ma l’attrazione si stava trasformando in maniera repentina in qualcosa di più profondo, di più colloso.
Ogni volta che riusciva a strappargli un sorriso, ogni volta che gli leggeva negli occhi un dolore recondito, ogni volta, in sostanza, che le concedeva il lusso di farla entrare, sentiva di precipitare sempre di più verso una situazione impossibile da gestire.
“Stai prendendo una strada a senso unico, stupida” si disse, provando a razionalizzare la situazione.
Si spinse i palmi delle mani sugli occhi e provò a pensare ad altro, a concentrarsi su qualcosa che non fosse Klaus, ma prima che potesse riuscirci, l’ibrido le scivolò accanto.
«Tendi ad isolarti più spesso ultimamente…»
Jessica trasalì al suono della sua voce. Le si era avvicinato di soppiatto, scorrendo insieme all’aria.
«Perdonami, non volevo spaventarti…»
si scusò.
«N-no… figurati… ero distratta…»
«Lo sei spesso… distratta, intendo»
«Oh… sai… va tutto talmente bene che mi concedo il lusso di perdermi nei miei pensieri»
si affrettò a spiegare lei.
«Sembra quasi che ti dispiaccia…»
notò lui.
«Cosa?»
«L’assenza di problemi…»
rispose l’ibrido.
Jessica corrugò la fronte e lo guardò confusa.
«Andiamo, Jessica… è da quando ho ucciso quel vampiro…»
«Julian… si chiamava Julian»
precisò lei, interrompendolo.
«Sì, lui… beh… è da quando l’ho ucciso che sei strana. All’inizio ho pensato che fosse una reazione più che giustificata… però, poi…»
lasciò la frase in sospeso, studiando il volto della giovane. 
«Poi, cosa?»
lo incitò lei.
«Poi ha smesso di avere senso la tua faccia afflitta»
«Scusami?!?»
si indispettì.
«Oh, non prenderla male… ma quello che all’inizio si poteva scambiare per un eccesso di empatia umana con un individuo che ho ucciso, ora sta sembrando del sincero dispiacere che con quella morte io abbia posto fine a tutti gli imprevisti…»
Jessica spalancò la bocca, incredula.
«T-tu… oh mio dio… t-tu davvero…»
farfugliò.
Scosse la testa e si sollevò dal pavimento. L’ibrido la guardò spiazzato.
«Ho detto qualcosa che non dovevo, tesoro?»
domandò, sinceramente preoccupato per la reazione di lei.
Udendo l’appellativo “tesoro”, ogni barriera eretta da Jessica crollò e rimase solo lei con la voglia di esplodere. Si voltò a guardare l’ibrido ancora seduto a terra e tolse il freno alle parole che le giacevano in gola.
«Ok! Tanto per cominciare smettila di rimarcare il fatto di aver ucciso Julian! Ero presente, ho visto come hai estirpato il cuore a quel poveraccio! Non c’è bisogno che me lo ricordi ogni istante! Poi, ti sarei grata se la smettessi di chiamarmi ‘tesoro’, non lo sopporto! E per finire, per chi mi hai presa? Pensi che mi piacciano i guai? Pensi che muoia dalla voglia di sapere che una nuova minaccia si abbatterà su di noi? Mi credi tanto annoiata?»
«Jessica… io…»
provò ad intervenire Tyler-Klaus, ma la ragazza era una fiume in piena.
«Sì, mi isolo! Ho la faccia dispiaciuta! Ma solo perché questo viaggio si sta rivelando più lungo del previsto e questo gelo polare mi sta irritando! Amo il sole, amo il caldo e avere 12 strati di lana addosso il 17 di agosto è contro natura! E su questa dannata bagnarola non c’è nemmeno un libro da leggere!»
concluse senza fiato.
L’ibrido rimase in silenzio a fissarla, lei deglutì a vuoto.
«Klaus… scusa… non vol…»
«Jessica…» la bloccò lui «Hai la minima idea di quanti libri ho avuto la fortuna di leggere nella mia vita?»
Lei aprì la bocca per rispondere ma la richiuse subito. Tyler-Klaus batté la mano sul pavimento, invitando la ragazza a rimettersi seduta  ed aggiunse:
«Qui dentro, mia cara…» disse toccandosi la tempia sinistra «C’è ogni sorta di romanzo, raccolta di poesie, thriller psicologico, classico d’autore  e biografie varie ed eventuali… scegli e sarò il tuo audiolibro personale…»
Jessica inclinò la testa di lato ed inarcò un sopracciglio.
«Di tutto quello che ti ho detto… ti preoccupi del fatto che non ho nulla da leggere…»
«Beh… mi è sembrata la sola cosa lucida uscita dalla tua incantevole boccuccia…»
La giovane sentì le guance avvampare, si tirò le coperte su viso e si affrettò ad accucciarsi sul pavimento, sperando di essere riuscita a celare l’imbarazzo causatole dall’involontario complimento dell’ibrido.
«Quindi devo solo azzardare il titolo di un libro e tu , puf!, mi racconti una storia…»
«L’idea è quella… con le dovute licenze poetiche, ovviamente… non tutte le mie letture sono state… come dire… degne di essere ricordate!»
replicò lui.
Jessica gli sorrise e fece un’espressione concentrata.
«Mmmh… vediamo… hai mai letto “Gli 8 anni passati con Caroline Forbes”?»
Tyler-Klaus la guardò divertito, quindi rispose:
«Ho fatto di meglio che leggerlo! L’ho scritto!»
La giovane si finse sorpresa.
«Oh, wow! Ed è una di quelle storie che ti è rimasta impressa?»
«Incisa sulla pelle, tesoro…»
L’ibrido si pentì subito di ciò che aveva detto, ma con sua sorpresa, Jessica stava ridendo.
«Lascia perdere… lo hai detto anche tu che non ero proprio lucida prima…» si spostò due riccioli dalla fronte «E poi, se non ricordo male, hai vinto una scommessa… puoi chiamarmi “tesoro” anche se non lo sopporto…»
Entrambi risero.
«Avanti, raccontami questa storia»
riprese lei.
L’ibrido sospirò e poggiò la testa contro la fredda parete di metallo alle sue spalle.
«Da dove inizio…»
«Magari dallo spiegare che cosa ti era venuto in mente… voglio dire, cosa speravi di ottenere?»
Tyler-Klaus si prese qualche istante per pensarci un po’ su, quindi rispose:
«Non è ovvio? L’amore…»
 
Elena e Damon scesero nel salotto in tarda mattinata, trovando tutta l’allegra combriccola riunita.
«Ben svegliati!»
li salutò Stefan.
«Che sta succedendo?»
domandò subito preoccupato Damon.
«Oh, niente di grave…» intervenne Matt «Sto solo salutando tutti…»
«Vai via?»
chiese Elena.
«Sì… ho lasciato un po’ di cose in sospeso e quel che avevo da dire l’ho detto…»
«Ma tornerai?»
«Certamente… dovrò pur conoscere questa fantomatica Jessica, no?»
rispose sorridendo l’uomo.
La vampira lo abbracciò.
«Mi mancherai…»
«Anche voi… è stato bello stare insieme come una volta…»
Così dicendo si separò dalla stretta dell’amica e finì di salutare gli altri. Arrivato di fronte a Damon gli tese la mano ed il vampiro si rese conto del sorriso rotto dell’uomo.
«Alla prossima, Donovan»
lo salutò Damon.
«Prenditi cura di lei…»
rispose Matt, indicando Elena.
«Sempre»
 
«L’amore?!?» ripeté Jessica, confusa «Ed in che modo pensavi di ottenerlo fingendoti un altro?»
Tyler-Klaus sollevò le sopracciglia.
«Vai dritta al dunque, eh? Beh… diciamo che speravo mi sarebbe bastato l’amore che Caroline provava per Tyler…»
Jessica corrugò la fronte.
«Come… in che modo…»
La ragazza non riuscì a concretizzare il concetto.
«Come mi hai ricordato una volta, avrò più di mille anni, ma non conosco proprio tutto… diciamo che ero un po’ confuso su questo argomento…»
«Chiamala confusione…» scherzò lei «Ma sei rimasto con Caroline per otto anni… mi sembra un po’ tanto per realizzare le falle del tuo brillante piano… no?»
«Ah… il tempo per voi umani… siete sempre lì a centellinare i secondi… 8 minuti, 8 giorni, 8 mesi… 8 anni… la differenza, per me, è minima...»
«Non mentire, Klaus…»
commentò la giovane.
L’ibrido fece una strana espressione.
«Ok, posso credere al concetto della relatività del tempo per un essere immortale» si spiegò lei «Ma restano comunque otto anni accanto ad una donna che non ha mai amato “te”… con questo presupposto, anche tre secondi sarebbero una tortura per me…»
«Per te… hai detto bene…»
«Oh, smettila! Siamo tutti uguali quando si tratta di amare… o di essere amati»
lo rimbeccò lei.
Tyler-Klaus rimase in silenzio, messo a tacere ancora una volta dalla genuina spontaneità di una ragazzina. Si soffermò a studiarne il profilo, percepì le pulsazioni accelerate del suo battito cardiaco, l’aumento della temperatura corporea, il tic nervoso che la portava a mordicchiarsi l’interno del labbro inferiore.
Si rese improvvisamente conto che per qualche ragione, la ragazza, era nervosa, imbarazzata.
Senza pensare allungò una mano, prendendole il mento tra le dita e forzandola a guardare verso di lui.
Lei si irrigidì subito ma non si oppose a quella manipolazione.
Erano occhi negli occhi, lei con il fiato sospeso, lui con i sensi in allerta.
«C’è qualcosa di strano… in te…»
commentò, continuando a scrutare il viso della giovane.
«Beh… grazie…»
provò a scherzare lei.
«Tu… tu sei diversa… tu…»
«Klaus…»
L’ibrido gustò il proprio nome pronunciato dalla ragazza e le si avvicinò alla bocca. Jessica sentì il cuore saltare un battito. Percepì il calore del fiato dell’uomo sulla propria pelle.
«Klaus» ripeté lei «Ahm… che diavolo stai facendo?»
domandò con un filo di voce.
Tyler-Klaus sollevò lo sguardo in quello di lei e nella trasparenza di quelle iridi perfette, scorse il riflesso del corpo che lo ospitava.
Jessica come Caroline, stava guardando Tyler. Si era fatta venire il fiato corto e le guance rosse per Tyler.
Quel pensiero la fece rabbrividire, si allontanò dalla ragazza e le lascio il mento. Si schiarì la gola e si scusò:
«Perdonami… non volevo metterti in imbarazzo… mi era sembrato…»
«Cosa?»
chiese lei, ancora scossa.
«Niente… questi… questi incantesimi confondono la mente… mi era sembrato di vedere qualcosa di strano…»
rispose, alzandosi di scatto.
«Klaus…»
lo chiamò lei.
«Continuerò la storia un’altra volta… ora vorrei tornare in cabina…»
si congedò dalla giovane e si avviò a passo spedito.
Jessica rimase avvolta nel suo groviglio di coperte intrappolata in un solo ed assillante pensiero: “Vorrei coprirmi solo con il calore del suo fiato”.
 
Damon si avvicinò ad Elena, in piedi di fronte alla grande finestra del salotto.
«Tutto bene? Sei stranamente silenziosa…»
le sussurrò nell’orecchio.
«Sì… è solo che…»
la vampira lasciò la frase in sospeso.
«Che?»
la pungolò lui.
Finalmente scollò gli occhi dal punto nel vuoto in cui si era appigliata, e li rivolse a lui.
«Niente…» sorrise «È una sciocchezza… »
«Adoro le sciocchezze»
«Tu odi le sciocchezze!»
«Vero… ma le tue le adoro…» le baciò la punta del naso «Allora? Di che si tratta?»
Elena si morse il labbro inferiore e scrollò le spalle.
«Matt…»
Il vampiro la interrogò con lo sguardo.
«Non so… il suo comportamento… la sua partenza…»
«Ha detto di avere da fare…»
«È quello che non ha detto a preoccuparmi…»
«Di che stai parlando, Elena?»
La vampira abbassò lo sguardo.
«Damon… è una sensazione… non so come spiegarla… so soltanto che qualcosa non mi torna… c’è qualcosa di diverso in lui… di strano…»
Il vampiro fece scorrere le dita sulle braccia della fidanzata fermandosi sulle spalle di lei.
Anche lui aveva notato la differenza tra il Matt Donovan che aveva lasciato più di venticinque anni fa e quello partito poche ore prima. Ma lui sapeva cosa aveva perso l’uomo, Elena no, lei non poteva e non avrebbe mai dovuto saperlo.
Le si avvicinò di un passo e le sollevò il mento con un dito.
«Magari era solo un po’ triste di tornare alla sua noiosa vita… e poi basto già io a vedere il marcio dove non c’è… anzi… se non mi sbaglio è arrivato il momento di distrarmi dalla mia spirale di pessimismo!»
Elena spalancò la bocca.
«Ah-ah!» la bloccò «Non potevi davvero credere che non avrei capito il vostro piano “distrai Damon”…»
La vampira scosse la testa.
«Speravo d’essere stata brava a non fartelo capire…»
«Beh… se ti può consolare…» le scostò una ciocca di capelli dal viso «Sei stata molto brava lo stesso…»
Avvicinò la bocca al collo di lei e ne baciò la pelle profumata.
«Damon… potrebbe arrivare qualcuno…»
ansimò Elena, affondando una mano nei capelli di lui.
«Sto iniziando a sentire la mancanza del mio appartamento a Denver»
replicò lui.
Cinse i fianchi della fidanzata, la sollevò e la trascinò in camera da letto.
 
«Ok… io vado…»
esordì Damon, avviandosi verso la porta della stanza.
«Cosa? Aspetta!» lo fermò Jenna «N-non… tu non lo vuoi salutare?»
domandò nervosa.
Il vampiro fece un sorriso storto.
«Non sono io quello che non gli ha parlato in tutti questi anni…» lanciò uno sguardo a Gala ed aggiunse «Approfitta per mettere le cose a posto prima che lei si svegli…»
Ed uscì dalla stanza.

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Capitolo 25
*** Waiting for... ***


Jessica rimase seduta nel corridoio a lungo dopo la strana reazione di Klaus.
Cercò di schiarirsi la mente, di trovare un po’ di lucidità.
“Andiamo Jess… sei più furba di così” si disse. Si schiacciò le mani sul viso e scosse la testa.
«Non posso…» sussurrò «Non posso!»
ripeté a voce più alta.
Prese un gran respiro e decise di tornare in cabina. Trovò Bonnie seduta sul letto, intenta a far penzolare uno strano amuleto su una mappa.
«Che stai facendo?»
le chiese, avvicinandosi con cautela.
«Non capisco…»
si limitò a rispondere la strega.
«Cosa?»
«La prova successiva… dovremmo esserci… dovremmo iniziare a subirne gli effetti…»
spiegò Bonnie, posando l’amuleto.
«Invece?»
«Invece niente… stiamo navigando in acque placide e tranquille... a meno che…»
«A meno che?»
«Tu stai bene? Avverti qualcosa di strano?»
le domandò apprensiva.
“A parte l’impossibile cotta per l’arci-nemico che viaggia con noi?” pensò. Scosse la testa e scacciò via quel pensiero.
«Ahem… no… no… tutto normale…»
rispose, sentendosi le guance avvampare.
Bonnie non parve notare nulla di strano e tornò ad esaminare la mappa, sconsolata.
«Non capisco…»
«Sai cosa non capisco io? Com’è che non hai idea di quale incantesimo ci aspetta?» la strega alzò lo sguardo sulla giovane «Voglio dire… li hai messi tu i sigilli, no? Come fai a non sapere quale sarà il prossimo?»
«Jess… è un po’ più difficile di quel che sembra… vedi, quando ho fatto questo viaggio vent’anni fa, la situazione era assai diversa…»
«Sì, lo so… Klaus era cattivo-cattivissimo e ti volevi assicurare che non rivedesse mai più la luce del sole…»
«Non era solo quello…»
replicò la strega.
Jessica corrugò la fronte e si sedette accanto a Bonnie.
«Che… che vuoi dire?»
«Il mio obiettivo non era solo assicurare Klaus all’oblio… ma anche… proteggerlo…»
«Cosa?!?»
si stupì la ragazza.
«Lo sai che se gli dovesse accadere qualcosa… che se mai dovesse morire, tutte le creature da lui trasformate morirebbero con lui…»
«Sì… sì…»
«Questo vuol dire Stefan… Caroline…»
«Damon…»
finì per lei.
«Così ho portato il corpo pietrificato di Klaus in mezzo al nulla ed ho seminato il tragitto di incantesimi che non si sarebbero dissolti con la mia morte e che solo io avrei potuto revocare»
«Ma non hai idea di quali incantesimi siano?»
«No… no… non è così… io… io lo so quali incantesimi ho lanciato… ma…»
«Ma non li ricordi?»
L’espressione di Bonnie fu più che eloquente.
«C’entrano qualcosa i cinque anni che hai passato in coma?»
domandò la giovane.
La strega sorrise.
«Sei molto perspicace…»
«Ho avuto un buon maestro»
«Già… suppongo di sì…» convenne «Come sai, cadere in quel sonno è stata una punizione da parte degli spiriti arrabbiati … mi hanno intrappolata in un limbo e quando tu sei entrata in contatto con il tuo amuleto, quando la minaccia della tua stirpe è tornata ad incombere sull’equilibrio della natura, mi hanno liberata… ma prima…»
«Ti hanno fottuto la testa…»
«Alla grande!»
Jessica scosse la testa e sospirò.
«Comincio a capire l’odio profondo che D. prova per le streghe… sono proprio delle str…»
«Jess» la bloccò Bonnie «Ricordati che sei ancora una di noi…»
La ragazza chiuse la bocca e si morse il labbro inferiore.
«Stavo per dire “strane creature”…» aggiunse ridendo «Comunque… non hai proprio idea di che tipo di incantesimo potrebbe essere?»
La strega ci pensò su e scosse la testa in segno di diniego.
«Potrebbe essere tutto e niente… riconosco l’incantesimo appena inizia ad agire… ma niente di più…»
«Non capisco però… come facevi a ricordarti del primo incantesimo… le allucinazioni»
si incuriosì la giovane.
«Il mio grimorio…»
rispose spicciola.
«Che c’entra il tuo diario degli incantesimi?»
«Prima del sonno mistico, avevo iniziato a scrivere degli incantesimi lanciati… ma sono riuscita solo a scrivere delle allucinazioni… poi…»
«Poi la sparizione di D., la vampirizzazione di Elena… la routine di Mystic Falls, insomma…»
«Esattamente…»
«Quindi? Che si fa? Aspettiamo che ad uno di noi spuntino le corna?»
«Più o meno…»
«Spero non colpisca me per prima… le corna mi starebbero male!»
Le due si guardarono un istante e poi scoppiarono a ridere.
«A proposito di corna… dov’è Klaus?»
chiese all’improvviso Bonnie.
Jess smise di ridere all’istante e si schiarì la gola.
«Ahm… non so… io… l’ho visto prima… poi è andato via. Credevo sarebbe tornato qui»
rispose, provando a camuffare l’imbarazzo.
«No, qui non si è visto… ti ha detto dove stava andando?»
«Non è che abbiamo proprio parlato…» rispose  impacciata «È stato più un saluto… una cosa tipo “Hey, Jess… addio, Jess”»
Bonnie corrugò la fronte ed inclinò la testa di lato, studiando il volto della giovane.
«Jess…»
La ragazza si morse l’interno del labbro inferiore.
«Jess» ripeté la strega «Cosa è successo?»
Jessica si alzò dal letto e camminò verso l’oblò della cabina. Continuando a dare le spalle alla strega, rispose:
«Niente, davvero… ci siamo visti, ci siamo salutati… e poi lui è andato via… non so dove…»
«Oh no…»
La ragazza si voltò di scatto.
«Cosa?!? L’incantesimo? Hai capito a cosa stiamo andando incontro?!?»
domandò ansiosa.
«Penso di sì»
rispose la strega, mostrandole la mano.
 
«Quindi… se ho capito bene…» disse Stefan rilanciando la palla da football al fratello «Ti stai godendo il periodo di calma… in attesa dell’inevitabile disastro che si scatenerà… quando?»
Damon afferrò l’ovale di cuoio e sospirò.
«Beh… fratellino… il punto non è “quando”! Potrebbe accadere tra poco, o domani… o il mese prossimo…» rilanciò l’oggetto al fratello «Ma accadrà! Capisci?»
Stefan recuperò la palla e la strinse tra le braccia.
«Certo… certo… capisco…» chinò la testa di lato ed aggiunse «E la possibilità che, invece, questa volta vada tutto bene?»
«Agh! Sei sempre stato un ottimista Stef… e guarda a cosa ti ha portato!»
Il giovane vampiro finse di pensarci su, quindi disse:
«Sono giovane… forte… bello… ho una fidanzata che amo e che mi ama, amici fidati, il potere di far fare alle persone quello che voglio… ho di nuovo mio fratello accanto…»
«Sì, sì! Ok! Ricevuto… finalmente hai capito come godere della tua natura di vampiro…»
«Non è solo questo, Damon…» si avvicinò al fratello «Ne abbiamo passate tante, abbiamo sofferto… ma non è vivendo nella costante attesta dell’imminente tragedia che riuscirai a stare bene…»
«E cosa dovrei fare, sommo Gandhi…»
ironizzò il vampiro.
«Smetterla di aspettarti il peggio, sarebbe un passo avanti…»
Damon finse di valutare l’idea di Stefan e rispose:
«Passo!»
 Gli strappò la palla dalle braccia e si spostò veloce dall’altra parte della stanza.
«Tu, invece… dovresti iniziare ad allenare i tuoi riflessi! Sarai “giovane, forte e bello”… ma ti fai fregare come un nonnetto!»
scherzò, sventolando la palla.
«Avete un giardino che farebbe invidia al campo di football della scuola… perché vi ostinate a giocare in salotto?»
la voce di Meredith giunse alle spalle di Damon.
Stefan si sporse di lato e la vide in piedi, insieme ad Elena.
«Non volevamo giocare davvero…»
si giustificò.
«Già… anche perché non ci sarebbe partita…» intervenne Damon, voltandosi «Lo hai rammollito, Doc! Ha i riflessi di una talpa!»
Meredith si mosse in fretta e strappò la palla dalle mani del vampiro.
«Anche tu non stai messo tanto bene...»
replicò sprezzante la dottoressa.
«Oh-oh… questa sì che è una sfida!»
commentò Elena, avvicinandosi a Damon.
«Che ne dici, donne contro uomini?»
propose Meredith.
«Ragazze… » intervenne Stefan «Sarebbe davvero una lotta impari…»
«Concordo…» convenne Damon «Ci distruggereste utilizzando le vostre tecniche ammaliatrici! Doc, tu stai in squadra con me… Elena, supporta il mio fratellino!»
 
Una patina di ghiaccio ricopriva la pelle scura della mano di Bonnie. Jessica le si avvicinò in fretta con la bocca spalancata.
«Cosa… ma… che diavolo…»
farfugliò.
«Gh-ghiaccio…»
balbettò la strega.
«Sì, questo lo vedo!»
«N-no… è… è l’inc-cant-te-esimo d-del gh-ghiac-ccio…»
spiegò, mentre la patina biancastra si diramava lungo tutto il braccio.
«Ok,  va bene! Come spezziamo il sigillo?»
si affrettò a chiedere la giovane.
Prima di ricevere una qualsiasi risposta, però, la porta della cabina si spalancò e Tyler-Klaus rotolò dentro. L’ibrido aveva metà del corpo congelato ed ansimava.
«Klaus!» esclamò Jessica, inginocchiandoglisi accanto «Oh mio dio, stai bene?»
«S-starò meglio… quando mi a-avrete s-scong-gelato!»
replicò a fatica.
«Sì, certo! Bonnie…» sollevò lo sguardo sulla strega «Come… oh no! No, no, no!»
Si sollevò e le corse accanto. Uno strato di ghiaccio le si era diramato intorno alla bocca.
«Maledizione!»
imprecò la giovane.
Sentì all’improvviso una strana sensazione ai piedi, abbassò lo sguardo e si rese conto che anche lei stava per essere ibernata.
«Agh! Non ora!»
sbraitò.
Afferrò la mano congelata di Bonnie e chiuse gli occhi, cercando un contatto con la mente della strega.
«Andiamo Bon… dimmi come spezzare questo sigillo!»
Finalmente riuscì a creare un contatto, trovando il contro-incantesimo. Salmodiò le sue incomprensibili formule e qualche istante più tardi ogni traccia di ghiaccio sul corpo dei suoi compagni si frantumo, liberando il corpo di Tyler-Klaus e le bocca di Bonnie.
«Ecco perché non ce ne siamo accorte…» disse la strega, lasciandosi cadere sul letto «In mezzo all’antartico, era normale sentire freddo…»
Jessica annuì.
«Una mossa astuta, Bon…»
commentò, prima di accasciarsi a terra.
L’ibrido si mosse veloce e la afferrò, impedendole di farsi male.
«Hey…»
si preoccupò lui.
«S-sto bene…» lo tranquillizzò «I miei poteri sono più deboli… inizio a sentire i contraccolpi…»
La aiutò a rimettersi in piedi.
«Sicura?»
«Sì… grazie…»
rispose lei, evitando il suo sguardo.
Bonnie osservò tutta la scena e le sembrò di avere un deja-vù. Spalancò la bocca incredula e scosse la testa.
«Klaus… vai dal Capitàno e fatti dare qualcosa da mangiare per Jess»
gli ordinò.
«Non sono un cameriere!»
«No, ma sei il solo con le forze necessarie per andare da Godric! Io sono spossata e Jess non si regge in piedi…»
L’ibrido la guardò con rabbia, sbuffò e dopo aver fatto sedere Jessica sul letto, uscì sbattendo la porta.
Rimasta sola con la ragazza, la strega si affrettò a sedersi accanto a lei.
«Credevo avessi detto di sentirti spossata!»
si stupì Jessica.
«Mi sono ripresa…» tagliò corto la strega «Cos’era quello?»
La giovane la guardò confusa.
«Di cosa parli?»
«Di quella cosa con Klaus!»
Jessica spalancò gli occhi.
«Quale cosa? Non capisco…»
«Jess» la fermò «Ci sono già passata! Ho già visto quegli sguardi, quelle premure… quel modo di parlare… che è successo tra te e Klaus?»
«Niente!»
rispose in fretta la giovane.
«Jessica…»
«Bonnie… davvero! Non so cosa credi di aver visto… ma fidati… non è successo niente…»
La strega fece un mezzo sorriso.
«E perché ne sei tanto dispiaciuta?»
La ragazza aprì la bocca, ma non riuscì a dare nessuna risposta.
«Jessica!»
«Cosa vuoi che ti dica? Lo so che sono una pazza incosciente… ma c’è qualcosa in lui… non so come spiegartelo…»
«Lui non è Damon, lo sai, vero?»
«E con questo cosa vorresti dire?»
«Solo quello che ho detto: Klaus non è Damon… non fa il cattivo per evitare che le persone lo conoscano davvero… Klaus è cattivo! Ed a lui piace esserlo…»
«Bonnie…»
«No, Jess… ascoltami…  ascoltami attentamente: Klaus è il male puro! Non è in grado di amare, non sa cosa significa, non sa come si fa… non importa cosa credi di aver visto in lui… non importa cosa credi di sapere… lui è il nemico e lo resterà sempre! Se si dovesse accorgere di questa tua debolezza, la userà, la sfrutterà… non permetterglielo!»
I grandi occhi verdi di Jessica si riempirono di lacrime.
«Bonnie… io…»
«Jessica, tu me lo devi promettere!»
insisté la strega, afferrando le mani della ragazza.
«Sì… hai ragione… io… sono stata solo una stupida…» si alzò dal letto «Devo… devo prendere un po’ d’aria…»
Ed uscì dalla cabina. Barcollò, ancora stremata dalla rottura del sigillo ed avanzò nello stretto corridoio che portava sul ponte. Si spinse una mano sul petto e percepì il cuore battere forte contro esso, sentì un nodo alla gola che provò a mandare via deglutendo. « Lui non è Damon, lo sai, vero?», le parole di Bonnie continuavano a rimbombarle in testa.
Era di quello che si trattava? L’attrazione che provava per Klaus, era una sorta di proiezione? La sua mente l’aveva spinta a cercare un uomo che le ricordasse Damon?
“È questo che fanno le figlie, no?” si disse “Si innamorano di uomini che somigliano ai propri padri”.
«Si innamorano…»
ripeté ad alta voce.
“Perfetto… già parlo d’amore…” pensò. Si spinse contro la parete di metallo e scivolò a terra.
«Tutto bene?»
la voce untuosa di Salizar la colse alla sprovvista, facendola trasalire.
Sollevò lo sguardo verso il volto pallido del ragazzo ed annuì.
«Oh, sì… stavo solo… pensando…»
Il giovane mozzo le tese una mano.
«Ti conviene pensare mettendoti qualcosa addosso…»
«So come combattere il freddo… credimi!»
ironizzò lei, lasciandosi aiutare.
«Sicura vada tutto bene? Il tuo ragazzo è appena stato dal Capitàno, blaterava di  trovare subito del cibo sano e nutriente per curarti…»
«Ragazzo? Curarmi?»
«Così ha detto… a me sembri abbastanza sana, comunque… un po’ fuori di testa forse, ma sana…»
«Sto bene…» ribadì lei «E lui è ancora con Godric?»
chiese.
«Non lo so... ho da fare nella zona caldaie, non sono rimasto a sentire il resto delle minacce…»
«Minacce?»
«Sì, cose come uccidere mezzo equipaggio se non ti si trovava qualcosa di buono da mangiare…»
Jessica alzò gli occhi al cielo.
«Vado a controllare che non metta in atto la minaccia, allora…»
«Mi piacerebbe vederlo provare...»
«No… non ti piacerebbe»
replicò con freddezza la giovane.
Salizar si fece svanire il sorriso malizioso  dal viso e tornò ad assumere la sua espressione annoiata. Superò Jessica e svanì dietro l’angolo.
 
Durante il gioco la palla finì sul tetto di Casa Salvatore.
«Vado a prenderla io!»
esclamò Elena, rientrando in casa.
Aveva ancora il sorriso stampato in faccia per la bella giornata che stava vivendo quando si accorse che il cellulare di Damon stava squillando. Si avvicinò per controllare chi lo stesse chiamando e sul led vide illuminarsi il nome di Jessica, quindi si affrettò a rispondere:
«Ma che bella sorpresa!»
«Elena? Grazie al cielo sei tu!»
La vampira tornò subito seria.
«Jess, tutto ok? Che è successo?»
«Ho bisogno di parlare con te… solo con te…»

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Capitolo 26
*** Trip for two. ***


Era quasi trascorso un mese da quando Jessica aveva lasciato Mystic Falls per vivere un’avventura tutta sua.
Le cose, però, non stavano andando come le aveva immaginate.
Tra le mille ipotesi fatte prima di partire, infatti, mancava quella in cui avrebbe iniziato a provare qualcosa di più forte della semplice curiosità verso Klaus.
Era cresciuta insieme ad un vampiro, una creatura della notte che camminava alla luce del sole.
Un predatore feroce che ogni sera le rimboccava le coperte e la rassicurava sul futuro. Un essere incapace di controllare la sete di sangue che aveva curato ogni sua ferita di bambina con amore e perizia, sorridendo.
Era abituata ad andare oltre le apparenze, le veniva naturale osservare i dettagli, prendersi del tempo per capire cosa ci fosse dietro le azioni altrui.
Non riusciva, però, a stabilire il momento in cui era iniziata l’attrazione magnetica verso l’ibrido, e non era certo nella sua natura lasciar perdere, smettere di provare qualcosa perché sarebbe stato un sentimento sprecato. Si sentiva bloccata, imprigionata dalla proprie emozioni.
Anche Bonnie si era accorta di quella scintilla che aveva iniziato ad arderle dentro,  ed era stata proprio la strega a metterla in guardia sul pericolo in cui si stava cacciando.
Klaus non era Damon, e se da un lato pensava alla differenza tra i due come qualcosa di positivo, dall’altro si rendeva conto di quanto sarebbe stato rischioso scoprire in cosa consistesse davvero.
Decise quindi di rivolgersi alla sola persona in grado di capirla e capire la situazione in cui era.
Non era certa di volerne parlare… non era certa di avere qualcosa da dire, ma pensò che risentire una voce familiare potesse comunque ridarle un minimo di equilibrio interno.
Andò dal Capitàno e chiese di poter utilizzare il telefono.
«Certamente» rispose Godric «Ma pensavo stessi morendo di fame visto il tono minaccioso del tuo amico…»
Il commento dell’uomo la infastidì.
Bonnie, Salizar, il Capitàno: tutti sembravano avere un’idea chiara di cosa ci fosse tra lei e Klaus.
«Beh… a quanto pare potrò resistere un altro po’»
replicò prendendo il telefono .
L’uomo fece un cenno col capo e tornò ad ignorarla. Jessica uscì dalla cabina e cercò un posto in cui poter parlare tranquillamente, si assicurò di essere da sola e compose il numero di Damon. Pensò velocemente alla scusa da usare per poter parlare solo con Elena senza insospettirlo, ma fortunatamente fu proprio la vampira a rispondere:
«Ma che bella sorpresa
«Elena? Grazie al cielo sei tu!»
«Jess, tutto ok? Che è successo
«Ho bisogno di parlare con te… solo con te…»
 
Elena disse a Jessica di attendere, si affacciò nel cortile ed avvisò gli altri di continuare senza di lei, quindi prese la macchina e si allontanò dalla pensione, accostando in una piazzola di sosta poco lontano.
«Eccomi!»
«Santo cielo, Elena!» sbottò Jessica «Se fosse stata una questione di vita o di morte staresti parlando col mio spirito, adesso… o è solo Jeremy ad avere quel superpotere?»
La vampira sollevò gli occhi al cielo e scosse la testa:
«Mi era sembrato di capire che volessi parlare solo con me…»
«Sì, ma…»
«Ed io vivo in una casa piena di vampiri impiccioni… uno dei quali sarebbe stato davvero curioso di sapere perché ci mettessi tanto a recuperare un pallone…»
«Va bene, ma…»
«E Jeremy non ha nessun superpotere… riesce solo a vedere e comunicare con alcuni spiriti… io, d’altro canto, mi posso permettere di coprire una distanza di dieci chilometri in una manciata di secondi, sollevare senza nessuno sforzo un’auto e sentire il battito d’ali di una farfalla a miglia di distanza… per non parlare della mia vista notturna!»
«Ok! Ok! Ho capito!» si esasperò la ragazza «Vampiri 1 – comunicatori con l’oltretomba 0! Ricevuto! Ora possiamo occuparci di me?»
Elena chiuse in fretta la bocca e si schiarì la gola.
«Certamente… dimmi tutto…»
«Beh… ecco… io…»
Jessica si rese conto di  non avere idea di come iniziare il suo discorso.
La vampira attese in silenzio qualche altro istante, quando fu sicura che la ragazza non avrebbe aggiunto una sola parola, riprese lei:
«Quindi… tutto quel numero per farmi stare zitta, ed ora non dici niente tu?»
«Non è questo… è solo che… non so… io non so come… da dove…»
«Dimmi solo che stai bene e che non è successo nulla…»
si preoccupò Elena.
Jessica sorrise e si lasciò andare contro la parete, sospirò e scosse la testa.
«Non lo so… non so niente, Elena…»
«Sei in pericolo di vita? Qualcuno è ferito?»
specificò la vampira.
«No! No! Cielo… no… sotto quel punto di vista ce la stiamo cavando egregiamente…»
«Capisco…»
«Davvero?»
«Beh… c’è qualcosa che ti fa star male, ma non ha nulla a che vedere con la missione… non con la parte attiva della missione, almeno… cos’è, quindi? Malinconia? Solitudine? O è qualcosa che non posso lontanamente immaginare?»
 
Jessica scivolò sul pavimento freddo della saletta buia in cui si era rintanata e calò la testa riccioluta tra le gambe, chiuse gli occhi e si costrinse a non piangere.
Elena aveva capito davvero lo stato in cui si trovava, non poteva immaginare certo per quale ragione, ma ci sarebbe arrivata, avrebbe sicuramente capito.  Decise così di prenderla alla larga, per tastare il terreno.
«Ti ricordi il gioco che facevamo in viaggio? Quello delle due domande?»
le chiese, sicura della risposta.
La vampira sorrise.
«Come potrei dimenticarlo?»
«Potremmo rifarlo? Ho bisogno di sentire una storia…»
«Ok… chiedimi quello che vuoi…»
acconsentì la vampira.
La ragazza ci pensò un po’ su, quindi chiese:
«Quando… quando hai capito che valeva la pena rischiare con D.? Sentimentalmente, intendo…»
«È  strano che tu me lo chieda»
«Perché?» si allarmò la giovane «È solo una domanda… niente di sottinteso…»
«Lo so, lo so… è solo che… la risposta non dovrebbe essere ovvia?»
Jessica corrugò la fronte.
«N-non so… dovrebbe?»
«Beh… non l’ho capito. L’ho lasciato andare via ed ho attraversato l’inferno per questo. Ho preferito aggrapparmi alle mie paure e rimanere devota alle mie sicurezze piuttosto che rischiare con lui…»
«Oh… ma certo… dimentico sempre questa parte…»
commentò la giovane.
«Beata te…» replicò Elena «Io non c’è momento in cui non ricordi quanto dolore avrei potuto risparmiare a tutti se fossi stata un po’ più coraggiosa…»
«Di che parli?»
«Di Stefan, di Jeremy, di Bonnie, di Meredith… di Matt…»
 
Una fitta di dolore attraversò il petto della vampira nel pronunciare il nome dell’amico.
Le succedeva sempre, c’era come la memoria di qualcosa di terribile intriso nella carne di Elena, un ricordo sbiadito legato a Matt. Sapeva di aver fatto del male alle persone che la circondavano in quegli anni di buio, ma sentiva di aver tolto qualcosa di più all’amico.
Era solo una sensazione, un prurito che non riusciva a grattare, ma da quando lo aveva rivisto era diventato più forte, più persistente.
«Elena?»
La voce di Jessica dall’altra parte del telefono la riportò indietro dai suoi pensieri.
«Sì… sì… ci sono…»
«Tutto bene?»
«Ma certo… certo…»
«Sicura? A me non sembra dal tuo tono…»
«E tu?» ribatté la vampira «Sicura di non stare nascondendo qualcosa?»
Jessica tossicchiò una risata isterica.
«Cosa?!? Ma che dici… sono dispersa in mare con un branco di trogloditi, una strega ed un ragazzo posseduto dall’anima del re degli inferi… cosa dovrei nascondere?»
Un sospetto iniziò a farsi strada nella mente di Elena.
«Jessica… perché volevi sapere di me e Damon?»
le chiese con cautela.
«Che razza di domanda è? Io voglio sempre sapere di te e D.!»
«Jess…»
«Elena… sul serio… volevo solo sapere come avevi deciso di affrontare i tuoi sentimenti per lui… ora lo so: non lo hai fatto…»
«No, non l’ho fatto… se non troppo tardi… ma…»
«Ma?!?»
ripeté ansiosa.
La vampira si rese conto di non avere nulla da aggiungere. Non c’era nessuna reale obiezione da muovere.
«Ma, niente… le cose sono andate come dovevano andare… nel bene e nel male»
concluse.
«O-ok… »
«Ti sono stata utile?»
«Per niente…»
ammise la ragazza.
«Forse perché continui ad evitare la vera domanda…»
la pungolò Elena.
«Agh… non sto evitando niente… non so nemmeno se c’è qualcosa da evitare…»
«Va bene… allora dimmi quello che sai»
le propose.
Jessica ci pensò un po’ su, quindi disse:
«So che il mio corpo vibra in maniera diversa quando è lui a toccarmi, che il mio stomaco si attorciglia quando è lui a parlarmi, che la mia pelle si accartoccia quando è lui a pronunciare il mio nome… so che vorrei strapparmi via il cuore ogni volta che inizia a battere più forte perché immagino le sue labbra sulle mie… ma più di ogni altra cosa, so che è tutto sbagliato… lui è sbagliato…»
«Ne sei sicura? Perché quando un uomo è in grado di ridurti così…»
Ma  non finì la frase. Il sospetto che l’aveva colta poco prima tornò a martellarle il cervello. Quindi si fece coraggio e le domandò:
«Jess… di chi stai parlando?»
 
La ragazza si coprì gli occhi con una mano  sentendo le lacrime solleticare sotto le palpebre serrate.
La domanda di Elena echeggiava nella sua testa ed un solo volto aleggiava nei suoi pensieri.
Sospirò e rispose:
«Offenderei la tua intelligenza se non pensassi che sai già di chi parlo…»
«Ma come… Jessica… Klaus non è…»
«Non è Damon… lo so… ci ha già pensato Bonnie a chiarirlo»
«Sì, non è Damon… ma non solo… Klaus non è in grado di ricambiare… lui… lui è…»
Le parole sfuggirono via dalla mente e dalla bocca della vampira.
«Cosa, Elena? Lui è, cosa?»
proruppe Jessica.
«Non… io… lui è…»
farfugliò.
«Vedi?» la bloccò la giovane «Siete tutti bravi a dirmi che non devo, che è sbagliato… ma a nessuno di voi è in grado di dirmi il perché! E ti prego, risparmiami il discorso “lui è cattivo, cattivissimo” perché tanto non ci crede più nessuno… la cattiveria fine a se stessa non esiste, è sempre motivata da qualcosa… e se tu avessi visto cosa ho visto io… forse capiresti perché mi è impossibile catalogarlo come ‘demonio’ e basta!»
Elena assorbì le parole della ragazza realizzando che avrebbe potuto dirle lei stessa, anni prima… sicuramente le aveva pensate.
Pensò ad una marea di cose da dire in risposta a quello sfogo disperato, ma le venne solo da chiedere:
«E cos’è che hai visto, Jess?»
Finalmente una lacrima riuscì a sfuggire al controllo di Jessica, scivolando calda sulla sua guancia. La asciugò lesta con il dorso della mano, infastidita dall’insubordinazione dimostrata.
«Ho visto in fondo alla sua anima, Elena… ho visto quanto dolore  e quanta morte si porta dentro… ho visto la causa di ogni suo male…»
«E chi sarebbe?»
«Se stesso, Elena. L’odio che nutre per ciò che è… se tu avessi visto con quanta rabbia si giudica. Lo so che non è Damon, l’ho capito nell’istante stesso in cui l’ho conosciuto… anche se sono molte le cose in comune… devo ammetterlo…»
«Sì… la descrizione calza a pennello…»
concordò Elena, sorridendo.
«Ma so anche che c’è una parte di lui che non è e non sarà mai paragonabile a D.»
aggiunse titubante.
«Ed è quello che ti mette in difficoltà? Non sapere se conoscendo quella parte continuerai a provare le stesse cose?»
«No… non proprio…» attese un istante per mettere in parole i propri pensieri e finalmente disse «Credo di temere di conoscere quella parte di lui e scoprire che non c’è posto per me»
«Oh…»
«Già… “Oh”…»
«Ascoltami bene, Jess… non so cosa pensavi di scoprire da me… non so se pensavi di trovare una spalla o uno specchio in cui riflettere quello che stai passando con quello che ho vissuto io con Damon…»
«Elena… io… non…»
«Fammi finire, Jessica…»
«Sì, scusami…»
«Dicevo, non so per quale ragione hai pensato di rivolgerti a me… ma sono felice tu lo abbia fatto! Ammiro il tuo coraggio nell’affrontare la situazione di petto… io ho insabbiato tutto, ho castrato le mie emozioni, mi sono impedita di godermi quelle sensazioni, mi sono privata della gioia di quei battiti del cuore, mi sono punita per quei brividi… e l’ho fatto in virtù di un amore che era stato la mia salvezza nel momento più buio della mia vita… ed ho continuato a farlo anche quando quell’amore si era trasformato in affetto, facendo del male agli altri… impedendo Stefan di andare avanti, a me di vivere… e a Damon di essere amato… ma tu… tu sei così diversa, tu sei così forte…»
«In questo momento mi sento tutto meno che forte…»
«Ma lo sei! Lo sei perché non neghi quello che provi… ed anche se ne hai una paura immensa, non ti stai impedendo di capire di cosa si tratta… quindi, se vuoi un consiglio: continua! Prima di fare qualsiasi cosa, prima di commettere  o no, un errore… cerca di capire! Cerca di capire che se c’è posto per te! Cerca di andare a fondo alle sue emozioni… fai un passo indietro ed osserva meglio… magari scoprirai di aver solo provato delle normali sensazioni per una ragazza della tua età, oppure scoprirai di esserti irrimediabilmente cacciata nel guaio più bello di tutta la tua esistenza... ma più di tutto, capirai se è un viaggio  che stai facendo da sola o in compagnia… perché vedi… tutto questo non ha importanza se non c’è anche lui… capisci? Io ho fatto i miei errori, ho preso le mie decisioni… ma dall’altro lato c’era lui, c’è sempre stato lui»
Quelle parole squarciarono le tenebre calate nella mente di Jessica, fornendole una nuova prospettiva.
Elena continuò:
«Probabilmente se Damon sapesse quello che ti sto dicendo mi ucciderebbe con le sue stesse mani… ma solo tu sai se ne vale la pena. Sei tu quella che sa cosa si nasconde sotto la superficie. Non sarò io a dirti chi è o non è Klaus, mi pare di capire che sei la più informata a riguardo… io posso solo dirti che comunque andrà, io sarò dalla tua parte…»
Oramai Jessica aveva perso il controllo sulle sue lacrime che sgorgavano a fiumi, ma non facevano male come prima, erano quasi consolanti.
«Elena… grazie…»
«Non devi ringraziarmi… mi devi promettere che non sarai avventata… che userai anche la testa e non solo il cuore… io ho sbagliato nell’eccedere in un senso… tu vedi di non farlo nell’altro, ok?»
La giovane annuì, ma si ricordò di essere al telefono, quindi rispose:
«Sì, te lo prometto…»
La vampira sorrise e desiderò di poterle essere vicina per stringerla in un abbraccio.
«Oh… Elena?»
«Sì?»
«Non dirlo a D., ok? Non prima di… beh…»
«Di capirci qualcosa?»
«Sì, quello…»
«Non ti preoccupare, Jess… non ho nessuna intenzione di dare adito ai suoi presagi dell’apocalisse imminente!»
Le due risero ed anche se c’era quasi un mondo intero a separarle, si sentirono vicine come non mai.
Jessica salutò Elena e chiuse la chiamata.
 
La vampira si prese qualche istante per assimilare meglio la situazione e senza averne il controllo, tutte le sensazioni del passato salirono a galla, portandole alla mente momenti, frazioni di istanti passati, dettagli di una vita in cui era tutto diverso: un baciamano fatto da un spavaldo ragazzo dagli occhi blu; una chiacchierata in cucina sul passato, sul presente e sul futuro; uno schiaffo pieno di odio e dolore; un bacio rubato, uno regalato, uno condiviso ed uno dato con tutta la passione e la stanchezza di una lotta intestina… e poi l’addio, l’arrivederci, il ritorno… l’amore.
Sospirò, mise in moto e tornò verso casa. Parcheggiò nel vialetto ed entrò, trovando tutti seduti nel salotto, intenti a ridere e scherzare. Gli occhi di Damon la percepirono subito, catturandola nella loro rete magnetica.
«Hey…»
la salutò.
Richiamata da un bisogno primario, ignorò tutti e si mosse leggera sul pavimento di legno e si avvicinò a baciarlo sulla bocca.
«Hey…»
ripeté sussurrando sulle labbra di lui.
Si gustò lo spettacolo raro della felicità che riempiva ogni angolo di quelle porzioni di cielo e si sedette sulle gambe di lui.
«Come mai tutti qui?»
chiese al resto dei presenti.
«Jenna voleva salutare zia Elena» rispose Jeremy «Vero fagiolina?»
La bambina annuì vivacemente.
«Ed io e mamma siamo venute senza una ragione precisa»
si accodò Caroline.
«Tu dove sei stata?»
chiese Meredith.
«Già… sei corsa via in fretta!»
aggiunse Damon.
«Mi era venuta voglia di andare al cimitero a salutare… beh… tutti…»
«Ti avrei accompagnata…»
disse il fratello.
«Oh… è stata una cosa veloce…» svicolò «Piuttosto… dato che siamo tutti qui, ceniamo insieme?»
propose.
«Ottima idea!»
esclamò Damon.
Tutti si voltarono a guardarlo straniti.
«Cosa? Se vi dicessi di andarvene rimarreste comunque! Tanto vale fingere di provare piacere!»
si giustificò.
Elena lo abbracciò ridendo.
«Sì, fingere… ti riesce così bene!»
lo stuzzicò.
Ed una nuova risata si sollevò nel salotto.
 
Jessica riportò il telefono al Capitàno e si diresse verso la cabina, confortata dalla chiacchierata fatta con Elena. Un sorriso le affiorò sul viso ripensando alle parole dette dalla vampira ed il peso che aveva sullo stomaco si era sciolto, evaporato.
A pochi passi dalla cabina sentì le voci di Bonnie e Tyler-Klaus, stavano discutendo di qualcosa. Allungò il passo ma stette attenta a non fare rumore. Aveva deciso inconsciamente di origliare.
«Sono seria, Klaus»
stava dicendo la strega.
«Anche io. Non sto facendo nessun gioco, puoi stare certa!»
replicò l’ibrido.
«Bene, perché non ho tempo da perdere dietro le tue macchinazioni!»
«Sì può sapere di cosa parli, strega? Ho avuto ed avrò sempre un solo obiettivo: recuperare il mio corpo e sparire da Mystic Falls per sempre! Voglio cancellare tutto quello che quel luogo maledetto ha portato nella mia esistenza ed elidere ognuno di voi dai miei ricordi, passati, presenti e futuri!»
Le parole di Tyler-Klaus si scagliarono su Jessica, frantumando il benessere che l’aveva avvolta per una manciata di minuti.
“Ho la mia risposta, dopotutto” pensò con un’amarezza che le spezzò il cuore. 

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Capitolo 27
*** Meta. ***


Damon entrò nella camera da letto e trovò Elena, in piedi di fronte alla finestra. Aveva il cellulare in mano e tamburellava distrattamente con le dita sulla cover scura. Sembrava smarrita in un pensiero, talmente lontana da tutto che non si accorse nemmeno della sua presenza.
Dovette chiamarla un paio di volte prima di destarla dal suo sogno ad occhi aperti.
«Hey…»
insisté, mettendole una mano sulla schiena, con cautela.
Finalmente lei tornò indietro dal luogo buio in cui si era persa e si voltò verso di lui, con gli occhi lucidi.
«Stai bene?»
si preoccupò subito il vampiro, prendendole il visto tra le mani.
Elena sorrise debolmente e sospirò.
«Sì… sì… certo… sto bene…»
Ma non lo convinse. Damon continuò a studiarla, scavando in fondo ai suoi occhi scuri.
Lei scosse la testa.
«Sul serio, Damon… sto bene! È solo che ogni tanto mi perdo nel passato…»
gli spiegò, dirigendosi verso il letto.
Il vampiro continuò a fissarla silenzioso. Lei si lasciò cadere sul morbido materasso e si morse il labbro inferiore.
«Ci sono giorni un po’ più difficili da superare… tutto qui...»
concluse con semplicità.
Lui allargò le braccia e fece un sorriso storto.
«Tutto qui? Giorni difficili?»
Lei annuì.
«Elena…»
La vampira fece spallucce.
«Cosa vuoi che ti dica, Damon?»
«La verità… cosa affligge quella tua meravigliosa testolina?»
le domandò, sedendosi accanto a lei.
Elena si prese del tempo per pensare se fosse il caso di tediarlo con le sue paure.
Nelle ultime due settimane le era sembrato più sereno, più rilassato, quasi tranquillo. Non voleva davvero privarlo di quella calma difficilmente conquistata.
«Elena, mi sto preoccupando sul serio…»
Socchiuse gli occhi e sputò fuori un nome:
«Matt…»
«Donovan?»
chiese lui.
«Quanti altri Matt conosci?»
ribatté lei.
«Quattro… no, tre… uno l’ho ammazzato nel 1979…»
Elena gli lanciò uno sguardo di fuoco.
«Damon…»
«A mia discolpa posso solo dire che se lo meritava…»
«Sono sicura sia così…»
replicò piccata.
Il vampiro chinò la testa di lato e le accarezzò il mento.
«Ok… scusa… dicevi di Donovan… che succede?»
Lei lo guardò smarrita. Non aveva una risposta, anzi, era proprio l’assenza di risposte ad averla gettata in quel mare di paure.
«Sta bene?»
continuò lui.
Elena scosse il capo.
«Non lo so… non mi risponde… sono giorni che provo a chiamarlo…»
«Lo aveva detto che doveva sbrigare delle questioni. Non avrà avuto tempo…»
provò a giustificarlo.
«Sì… ma non risponde nemmeno ai miei messaggi…»
Damon corrugò la fronte.
«Pensi gli sia successo qualcosa?»
«Sì» rispose in fretta «Ma non ora…»
Il vampiro la interrogò con lo sguardo.
«Ho questa sensazione… questa specie di mal di stomaco costante quando si tratta di lui… e da quando l’ho rivisto, la sensazione si è acuita…»
Damon si irrigidì.
Da quando l’ex quarterback si era presentato da loro, aveva custodito il segreto su quanto accadutogli  molti anni prima. Stefan e Meredith lo avevano messo al corrente di una scomoda verità e lui si era fatto carico di quel segreto, nascondendolo tra i mille altri segreti che si portava dentro da una vita, ed era riuscito addirittura a dimenticarlo per un po’, ma l’angoscia di Elena stava riportando tutto pericolosamente a galla. Deglutì e pensò a come uscire dalla conversazione senza destare sospetti, ma prima di riuscire a trovare una soluzione, lei tornò a parlare:
«So di aver fatto del male alle persone a me care durante il mio periodo buio, diciamo… ma con Matt… con lui è diverso. Non so spiegartelo bene… ma è come se con lui avessi oltrepassato il limite…»
«Beh… se così fosse lui non sarebbe stato tanto felice di vederti, no?»
Si pentì subito di aver espresso quel pensiero, solo un idiota avrebbe potuto credere a quella versione.
Lei sollevò le sopracciglia in un’espressione scettica.
«Tu credi?»
Damon non rispose.
«Mi dici perché ti sei messa a pensare a questo, ora?»
tentò di svicolare lui.
«Non lo so… mi è venuto in mente parlando con Jessica… e poi non sono più riuscita a liberarmi di queste sensazioni…»
«Jessica?!?»
le fece eco.
Elena si rese conto di aver fornito troppe informazioni.
«Sì… l’altro giorno, al telefono…»
rispose vaga.
«L’altro giorno, quando?»
insisté lui.
« Qualche giorno fa…»
«Non ricordo conversazioni tra te e lei, riguardanti Donovan…»
obiettò prontamente.
«Scusami?!?»  esclamò con finta indignazione «Stai dicendo che origli tutte le chiacchierate tra me e Jess?»
Il vampiro fece scoccare la lingua contro il palato.
«Come se non lo sapessi!» replicò  «E comunque non origlio “tutte” le vostre conversazioni… solo quelle che provate a tenermi nascoste!»
Elena rise.
«Beh… allora quella in cui discutevamo di Matt, ti sarà sfuggita!»
Lui aprì la bocca per controbattere, ma la richiuse.
Era riuscito ad uscire dal campo minato, non era il caso di tornarci.
Sollevò le mani mostrandole i palmi, in segno di resa.
«Ok… ok… ad ogni modo anche io ho sentito Jess poco fa…»
Lei lo guardò sorpresa.
«Ero venuto giusto a dirtelo… ti saluta…»
aggiunse.
«O-oh… fantastico! Grazie… e come sta?»
si affrettò a chiedergli.
«Bene… è stufa marcia del mare e del ghiaccio, ma sta bene… a breve dovrebbero anche arrivare alla meta…»
«Oh… bene…»
Fu il solo commento di lei.
Damon si insospettì subito di quella reazione e  la sua mente avviò un processo involontario in cui riuscì a ricostruire la chiamata a lui sfuggita, il repentino viaggio “al cimitero” fatto da Elena qualche giorno prima e l’umore di lei, meno spigliato del solito: si erano parlate in segreto.
Ma di cosa? E perché lo avevano tagliato fuori?
Non poteva essere nulla di grave, aveva sentito la figlia poco prima e gli era sembrata serena. Elena era fortemente preoccupata per Matt, ma oltre a quello non pareva nascondere altro.
“Chiacchiere tra ragazze, amico. Fattene una ragione…” si disse, archiviando momentaneamente tutte le congetture.
 
Tyler-Klaus rimase immobile, nascosto in un angolo cieco del lungo corridoio che conduceva alla cabina del Capitàno. Da quella postazione riusciva a vedere per intero la figura di Jessica, seduta su uno sgabello.
La giovane era andata da Godric per chiamare casa.
Non era nelle intenzioni dell’ibrido spiarla, ma si era infilato in quell’interstizio istintivamente, mosso da un bisogno più forte della sua volontà.
Si impose di non origliare, ma non ce ne fu davvero bisogno.
 
Jessica era un libro aperto, si poteva capire di cosa stesse parlando anche senza udire le sue parole.
Il suo sorriso malizioso quando faceva una battuta o quello più malinconico, quando provava a nascondere la voglia di tornare a casa. Il modo in cui si tormentava il labbro inferiore quando era nervosa, gli occhi chiusi per immaginare qualcosa di lontano: un abbraccio, un’espressione, una risata.
 
L’ibrido, ad esempio, capì subito che dall’altro capo del telefono doveva esserci Damon.
Quando parlava con lui assumeva sempre un’espressione contenta e ansiosa, attenta alle sfumature della voce del vampiro. Tyler-Klaus ci leggeva un amore sconfinato in quell’attenzione, un affetto verso un uomo che lei non avrebbe mai visto sotto altra luce di quella di un padre.
Gli capitava spesso di pensare a quanto assurdo fosse il rapporto tra quei due. In altri tempi ed in altre circostanze, magari lei avrebbe trovato il vampiro attraente, da perderci la testa… e magari lui, senza il suo unico e vero amore nell’equazione, avrebbe ricambiato l’attrazione.
Scosse subito la testa per scacciare via le immagini che gli si formarono nella mente.
Non gli piaceva ammetterlo, ma non era pronto ad immaginare Jessica con nessun altro. La sola idea che lei potesse provare attrazione per il corpo che abitava, lo aveva fatto scappare via una settimana prima.
Aveva tristemente realizzato di provare qualcosa per la giovane, ed altrettanto tristemente si era reso conto che lei aveva mostrato una singolare simpatia per lui… ma lui non era lui, non ancora.
Jessica, come Caroline prima di lei, aveva guardato il volto di Tyler con quella particolare luce negli occhi.
Non poteva accettarlo, non di nuovo… non dopo essersi svegliato per otto anni accanto ad una donna nella vana speranza di potersi accontentare di quel «Ti amo, Tyler» sussurrato sulle labbra.
Jessica si mosse dal suo sgabello e lui indietreggiò di un passo, realizzando così l’assurdità del suo comportamento: si era ridotto a spiarla.
 
Qualche giorno prima, al termine di una stupida discussione con Bonnie, la giovane era entrata in cabina, interrompendoli. Lui la guardò nervosamente, non ricordava di preciso cosa avesse urlato contro la strega, ma sperò comunque di non essere stato udito da Jess.
Non gli parve turbata ma comunque sembrò diversa.
La osservò dirigersi verso il suo letto e tirare da sotto la branda lo zaino con dentro le sue cose.
«Non fermatevi per me» esordì, tirando fuori dalla sacca un vecchio libro dalla copertina logora «Continuate pure a… beh… a fare quello che stavate facendo. Io sono venuta solo a prendere questo»
concluse, mostrando loro il libricino.
«Stavamo solo chiarendo alcune cose…»
spiegò Bonnie.
«Sì… sciocchezze…»
aggiunse l’ibrido.
La giovane li guardò senza interesse.
«Ok»
rispose lei, scrollando le spalle.
Quindi prese il suo libro, una coperta ed uscì dalla stanza.
 
Da quel giorno Jessica era diventata un muro di gomma. Sembrava che nulla le importasse se non recuperare il corpo di Klaus e tornare a casa. Non gli chiedeva più di raccontarle aneddoti dei suoi gloriosi anni a New Orleans, non lo tormentava con richieste su Damon ed Elena, non era nemmeno più interessata ai suoi rapporti con Katherine.
Se lui gliene parlava, certo, lo stava ad ascoltare, ma non percepiva più l’entusiasmo che le faceva brillare gli occhi e la spingeva a chiedere più dettagli, più particolari.
 
“Forse ti sei solo illuso che potesse provare interesse per te” si era detto in una notte insonne. Ma una voce più profonda gli aveva risposto “No, non era un’illusione. Qualcosa c’era, o la strega non ci avrebbe tenuto a precisare che la ragazza è off-limits”.
«La strega…»
aveva sussurrato nel buio.
Che fosse stata lei a rendere Jessica così fredda e distante?
Il dubbio lo assalì violentemente, togliendogli il respiro.
Dovette chiamare all’appello tutte le sue forze per inchiodarsi al letto e non permettere alla rabbia di guidarlo verso Bonnie per interrogarla a riguardo, magari stringendole il cuore tra le mani.
Quando la sua mente tornò lucida però, capì che era un’ipotesi assurda: Jessica si era rivelata una strega assai più potente di Bonnie e quest’ultima non poteva permettersi di sprecare energie con incantesimi stupidi.
 
E così si era ridotto a spiare la ragazza da lontano, in segreto. Aveva scoperto che era il solo modo per vedere la ‘vera’ Jessica. Se solo lei si accorgeva della presenza dell’ibrido, si trasformava nuovamente in un muro impenetrabile, illeggibile, irraggiungibile.
Chiuse gli occhi e sospirò. Poggiò la testa contro il freddo metallo della parete di fronte a lui e si diede dell’idiota.
«Che diavolo ci fai lì?»
La voce di Jessica arrivò improvvisa e lo fece trasalire.
Come aveva fatto a vederlo?
«Io… nulla… passeggiavo…»
si affrettò a rispondere, cercando di apparire calmo.
Gli occhi della giovane per una frazione di secondo vibrarono di dubbio e curiosità, ma si trattò di un momento. Un battito di ciglia e si era spenta di nuovo.
L’ibrido sentì qualcosa romperglisi dentro. Aprì la bocca per dire qualcosa, ma tacque.
Qualunque cosa ci fosse tra loro si era persa, ghiacciata insieme al mondo fuori.
Le sorrise debolmente  e la superò, voleva solo allontanarsi il più possibile.
 
«Bourbon? A quest’ora?»
La voce di Stefan giunse alle spalle di Damon.
Il vampiro si voltò verso il fratello, con un sopracciglio inarcato.
«Adesso c’è un orario per bere Bourbon?» replicò «Non è un cappuccino»
Il giovane Salvatore avanzò nel salotto,  si accomodò sul divano e disse:
«Dalla tua faccia, però, si direbbe che è di quello che hai bisogno… non di alcool…»
Damon allargò le braccia.
«Fratellino… sono un vampiro, semmai ho bisogno di sangue!»
«Oh…»
commentò Stefan, irrigidendosi.
«Oh?!? Stef, non sei mai stato di molte parole… ma ora esageri!»
ribatté il vampiro, prendendo posto sulla poltrona di fronte a lui.
«Beh… alcool e battute sul sangue» spiegò «È tanto grave?»
«Cosa?»
domandò a sua volta.
«Questo devi dirmelo tu, Damon»
«Tre parole, fratellino» rispose, alzandosi e avvicinandosi al camino «Matt, Elena, segreto»
Stefan spalancò la bocca spaventato.
«Tranquillo» si affrettò ad aggiungere Damon «I tre elementi non sono collegati… ancora…»
Gli occhi verdi del giovane vampiro si allargarono, immergendosi negli specchi d’acqua cristallina del fratello.
«Che vuoi dire?»
«Voglio dire che la mia ragazza ha una “sensazione” riguardo a Matt… e che quest’ultimo ha ben pensato di partirsene per chissà dove e non farsi più sentire…» tornò a sedersi pesantemente sulla poltrona «Allora, Bourbon anche per te?»
Stefan sospirò.
«Sì… doppio per favore»
 
 
Jessica era rimasta immobile a fissare lo spazio vuoto lasciato da Tyler-Klaus.
Lo aveva scovato lì, nascosto, a sbattere la testa contro la parete.
Le era sembrato un comportamento alquanto bizzarro, avrebbe indagato, ma le parole udite qualche giorno prima era tornate a rimbombarle in testa, spingendola a fare due passi indietro.
L’espressione dell’ibrido era mutata sotto i suoi occhi, ma invece di spiegarsi, se n’era andato.
Una rabbia inaspettata iniziò a montargli dentro: lui non aveva il diritto di andarsene.
Era lei quella ferita, era lei a dover fare la sostenuta.
Lui che ragioni aveva per sgattaiolare via senza nemmeno salutarla?
Strinse i pugni e si lanciò all’inseguimento di Klaus. Allungò il passo seguendo la direzione in cui l’aveva visto sparire. Svoltò l’angolo e lo vide continuare a camminare a zonzo.
Si mosse rapida ed in pochi passi gli fu alle spalle, allungò una mano e gli tirò una manica.
 
Tyler-Klaus stava camminando senza meta, con la mente sotto assediata da un’infinità di pensieri.
I suoi sensi di lupo si attivarono in ritardo, percependo la presenza alle sue spalle quando questa gli era ormai vicina. Senza pensare si voltò di scatto afferrando per il collo l’esile figura, spingendola contro una parete.
Ci mise qualche istante a realizzare contro chi stesse ringhiando.
 
Jessica si ritrovò sollevata dal  pavimento, schiacciata contro un muro, mentre due cerchi dorati fiammeggiavano a pochi centimetri dal volto di lei.
Due zanne spuntavano sotto le labbra tremanti di Tyler.
«S-sono… io…»
riuscì a dire con la voce soffocata dalla stretta intorno al collo.
Batté le mani su quelle dell’ibrido sentendo il fiato iniziare a mancarle.
Lui subito allentò la presa. A contatto con il pavimento le gambe le cedettero e non fosse stato per il pronto intervento di Tyler-Klaus, sarebbe sicuramente caduta a terra.
«Sei impazzita?!?» le urlò in faccia «Avrei potuto ucciderti!»
Riprendendo fiato lo fulminò con lo sguardo.
«Scusami!» sibilò lei «Avevo sottovalutato le mie doti da ninja!»
Lo allontanò spingendolo con le mani e si massaggiò il collo.
«Ero… ero distratto…»
spiegò lui.
«Questo credo di averlo capito…»
Lui le si avvicinò preoccupato.
«Ti ho fatto male?»
chiese, allungando una mano verso il viso di lei.
Jessica scosse la testa e non trovò la forza per sottrarsi alla carezza di lui.
La mano di Tyler-Klaus scese dalla guancia sul collo, nel punto in cui fino a poco prima le sue dita stringevano con forza. Tre segni rossi iniziarono ad emergere sulla pelle bianca.
«Jess… mi dispiace…»
Lei gli afferrò la mano con delicatezza e lo guardò.
«Non è colpa tua…» sollevò le sopracciglia «Beh… non solo tua…»
Entrambi risero e qualcosa si sciolse nel petto di tutti e due.
«Ho avuto ed avrò sempre un solo obiettivo: recuperare il mio corpo e sparire da Mystic Falls per sempre! Voglio cancellare tutto quello che quel luogo maledetto ha portato nella mia esistenza ed elidere ognuno di voi dai miei ricordi, passati, presenti e futuri!» le parole di Klaus esplosero nella mente della ragazza mentre negli occhi di lei, l’ibrido rivide il riflesso del viso di Tyler.
Jessica lasciò subito la mano che lui prontamente ritrasse.
«Ehm… ti serviva qualcosa?»
domandò Tyler-Klaus, cercando di darsi un tono.
«Ahm… sì, sì… certo…»
mentì lei.
Gli era corsa dietro mossa da una rabbia irrazionale ed ora non riusciva nemmeno a ricordare cosa volesse urlargli contro.
Lui la fissò in attesa di una spiegazione.
«Ecco… io… vedi… è che…»
Fortunatamente, prima di rendersi ridicola ulteriormente, una voce inaspettata piombò tra i due.
«Eccovi!» era Bonnie «Vi ho cercati dappertutto!»
«È successo qualcosa?»
domandò preoccupato l’ibrido.
«Niente di che… siamo solo giunti a destinazione…»
rispose lei, agitando in aria una mano.
«Cosa?!?» si meravigliò Jessica «Ma mancano da rompere ancora due sigilli!»
«Uno lo romperemo per trovare il corpo» spiegò la strega «L’ultimo… lo farà tornare… vivo, diciamo così»

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Capitolo 28
*** Solutions. ***


Stefan esitò qualche istante prima di bussare alla stanza di Damon.
Il vampiro era andato da Liz per chiedere informazioni su Matt, in camera c’era solo Elena, stesa sul letto a fissare il soffitto.
Il giovane Salvatore non poté fare a meno di sprofondare nel passato vedendola in quel modo.
Erano cambiate molte cose da quando la vampira se ne stava legata ad un lettino in cantina, certo, ma l’abbandono con cui giaceva sul letto era il medesimo. Scosse la testa e batté le nocche sullo stipite della porta. Gli  occhi di Elena si mossero rapidi su di lui, riconoscendolo gli sorrise.
«Hey»
lo salutò, sollevandosi a sedere.
«Hey» ricambiò lui «Posso entrare?»
«Fai come fosse casa tua!»
scherzò lei, invitandolo ad entrare con un gesto della mano.       
Il vampiro entrò guardandosi intorno.
«Ho fatto quella faccia anche io la prima volta che sono entrata qui» commentò lei «Ma era la prima volta, appunto…»
I grandi occhi verdi di Stefan tornarono su di lei.
«Mi sono solo venuti in mente un po’ di ricordi…»
le spiegò.
Elena annuì e batté una mano sul letto.
«Malinconico Stefan… siediti qui e dimmi a cosa devo questa visita»
«Adesso ho bisogni di una ragione per voler parlare con te?»
domandò lui, avvicinandosi al letto.
«No… ma è evidente che qualcosa ti turba… e considerata la conversazione che ho avuto questa mattina con Damon, ho motivo di credere che questa visita non sia proprio disinteressata…»
Stefan le si sedette accanto scuotendo la testa.
«Mio fratello ha una brutta influenza su di te» disse «I nomignoli, la perspicacia… devo aspettarmi di vederti indossare giacche di pelle e guidare auto sportive?»
Elena rise.
«Stefan, stai per caso divagando usando tuo fratello come espediente?»
lo pungolò.
Lui annuì sollevando le sopracciglia.
«Non ti si può nascondere proprio più nulla, eh!»
Lei gli prese una mano stringendola tra le sue.
«Damon ti ha detto di Matt?»
Ogni traccia di divertimento e serenità svanì dal volto di Elena. I suoi occhi scuri ribollivano di lacrime represse e le sue labbra tremavano impercettibilmente, scosse da un’ansia che si propagava in tutto il suo corpo. Stefan pose la mano libera su quelle di lei in un gesto di conforto.
«Matt sta bene… tornare qui deve essere stato difficile per lui… si starà prendendo un po’ di tempo per trovare il suo equilibrio. Si farà sentire presto, ne sono certo»
«Probabilmente hai ragione…»
«Ma?»
«Ma… io gli ho fatto del male… non è così?»
Il vampiro distolse lo sguardo e fissò il pavimento.
«Elena… ci siamo tutti fatti del male in quel periodo…»
rispose.
«Vuoi dire che “io” ho fatto del male a tutti»
precisò lei, con la voce dura.
Lui tornò a guardarla.
«No. Tutti siamo andati un po’ fuori rotta…»
«Fuori rotta?» lo interruppe «È così che consideri la mia violenza?» gli lasciò le mani e si alzò «Io ho ucciso delle persone e ne ho ferite molte altre…»
«Elena…»
provò ad intervenire lui, ma la vampira era un fiume in piena.
«Stefan, io... io sono diventata un mostro! Non ero fuori rotta, ero fuori di me! Se non mi aveste chiuso in quella cantina, probabilmente avrei ucciso tutti voi e poi avrei continuato in giro per il mondo!»
«Hey!» esclamò lui, alzandosi a sua volta «Se c’è qualcuno che può capirti, sono io! Ok? Lo so cosa significa perdersi nell’oscurità che ci portiamo dentro, lo so cosa significa avere un dolore dentro che non cessa mai… un rimorso senza fine…» le si avvicinò «Ma finché proverai quel dolore e quel rimorso, saprai di non essere un mostro… tutto quello che hai fatto è stato il frutto di un male che non sei stata in grado di gestire…»
«Tu lo ha gestito…»
«Senza offesa, ma non eri proprio nelle condizioni di sapere cosa facessi io in superficie…»
Le parole di Stefan uscirono taglienti dalla sua bocca. Elena corrugò la fronte confusa.
«Di che stai parlando?»
 
Jessica e Tyler-Klaus camminavano nervosamente nella cabina, Bonnie era inginocchiata sul pavimento, china su una mappa. La strega stava facendo oscillare un amuleto ripetendo una litania gutturale da più di un’ora.
«Meno male che eravamo giunti a destinazione!»
sbottò l’ibrido, stufo dell’attesa.
Bonnie lo ignorò continuando il suo rituale, la giovane gli si avvicinò sussurrando:
«Hai aspettato tanto, che ti costa qualche ora in più?»
Lui la guardò reprimendo la risposta che gli era salita in bocca. Sospirò e si sedette sulla branda, era ad un passo dal riappropriarsi del proprio corpo, vicino al  tornare ad essere se stesso.
Come spiegare a quella ragazza dagli occhi di giada le ragioni per cui non riusciva più a sopportare la pelle di Tyelr addosso? Come farle capire quanta voglia avesse di scoprire se gli sguardi rapiti e complici di lei avrebbero attecchito sul suo vero volto?
Scosse la testa e si costrinse ad avere pazienza.
L’amuleto nelle mani di Bonnie smise di compiere giri concentrici e si piantò come una freccia su un punto preciso della mappa.
«Ci siamo!»
esclamò Jessica.
Tyler-Klaus scattò in piedi, la strega rimase immobile, piegata sull’oceano di carta.
«Bonnie?»
la chiamò adagio la giovane.
«È… è sbagliato… è un’altra bugia…»
disse la strega.
«E sono due buchi nell’acqua… letteralmente…»
commentò deluso l’ibrido.
«La terza è quella buona»
ribatté Jessica continuando a fissare Bonnie.
 
La strega aveva interrotto Jessica e Tyler-Klaus, comunicando loro che erano giunti a destinazione. Spiegò che l’incantesimo lanciato anni prima era un incantesimo di copertura che avrebbe reso impossibile localizzare l’esatto punto in cui cercare il corpo di Klaus.
«Impossibile?» proruppe Jessica «Dimmi che almeno hai un’ida su come renderlo possibile
«Beh… se mi concentrassi sul trovare il sigillo anziché il corpo, potremo romperlo eliminando così l’ostacolo…»
«Mi pare una soluzione un po’ risicata…»
commentò l’ibrido.
«Hai un’idea migliore
replicò stizzita la strega.
«Non abbiamo tempo per stupidi battibecchi!» intervenne Jessica «Proviamoci! Se non dovesse funzionare penseremo a qualcos’altro… ok
I due annuirono.
 
Da allora due volte l’amuleto si era piantato in un punto a caso della mappa, ed entrambe le volte era stato un indizio fasullo.
Bonnie tornò a salmodiare il suo incantesimo e Jessica rimase immobile a fissarla.
Nella testa della giovane vorticavano veloci una serie di pensieri. Sotto di loro, da qualche parte, il corpo di Klaus era custodito dalle gelide acque del mare, in un punto imprecisato di quella distesa di ghiaccio, si nascondeva la fine del suo viaggio, di quell’avventura.
Cosa sarebbe avvenuto allora? L’ibrido avrebbe mantenuto la promessa di sparire, cancellandoli tutti? L’avrebbe rimossa così dalla sua esistenza?
Jessica provò a costringere la sua mente a concentrarsi su altro, ma il filo di ogni suo pensiero passava attraverso Klaus.
Affondò nervosamente i denti nel labbro inferiore, una fitta di dolore le scosse la carne ed un rivolo di sangue le colò sul mento.
«Ouch!»
esclamò.
L’ibrido e la strega si voltarono a guardarla preoccupati. Lei sollevò le mani.
«N-non preoccupatevi… sto bene…» si indicò  la ferita «Ho stuzzicato troppo la carne… continua pure»
concluse verso Bonnie.
La strega tornò lesta al suo incantesimo, l’ibrido, invece, si avvicinò alla ragazza, allungò una mano e con il pollice la ripulì dal sangue sul mento. Una nuova scossa mosse le carni di Jessica, facendole vibrare il basso ventre mentre un formicolio le risalì la colonna vertebrale, depositandosi sulla nuca.
“Perché mi fa questo effetto? Non voglio… non voglio sentirmi così” pensò, combattendo l’istinto di afferrargli la mano.
«Cerca di stare attenta»
le disse, facendo scorrere il pollice sulla ferita, delicato come un bacio a fior di labbra.
La ragazza annuì e si scostò, tornando a fissare la strega.
 
«Stefan!» insisté Elena «Che cosa non mi stai dicendo?»
Il vampiro fece un gran respiro e si avvicinò alla finestra.
«Sai…» iniziò lui «A volte sembra quasi che la sparizione di Damon abbia fatto dei danni solo a te…»
La vampira assorbì il duro colpo di quelle parole e si afferrò lo stomaco. Stefan proseguì:
«Ma Damon è mio fratello... quando è sparito nel nulla, io sapevo che non poteva essergli successo nulla… Damon è sempre stato forte, pieno di risorse… non potevo arrendermi all’idea che qualcuno gli avesse fatto del male» rise «Ho sempre creduto che il solo nemico in grado di fargli del male fosse lui stesso… lo penso ancora. Comunque… di lui non c’era traccia e tu stavi precipitando nella tua spirale autodistruttiva… mai, come in quel momento, mi è stato chiaro quanto tu gli appartenessi… e mai come in quel momento mi sono sentito tanto solo»
Elena iniziò a piangere silenziosamente.
«Mio fratello, la mia sola famiglia, era stato inghiottito nel nulla e nessuno sembrava riuscire a capire come o dove… e mentre tu lottavi con i tuoi demoni, io avevo i miei da affrontare…»
«Stefan… io…»
provò ad intervenire, ma lui la fermò sollevando una mano.
«No, fammi finire… è il momento che tu sappia un po’ di cose…» il vampiro tornò a guardare fuori dalla finestra e riprese il racconto:
«So che pensi di aver fatto del male a Matt… ed è così… ma non più di quanto non gliene abbia fatto io…»
Elena si sedette sul letto.
«Era una serata delle tante… tu eri in cantina, Caroline era impegnata a litigare con Tyler, Jeremy era al capezzale di Bonnie… ed io ero al Grill, ad onorare mio la scomparsa di mio fratello, bevendo tutto quello che riuscivo a mandare giù…» tornò a guardare Elena «Matt era lì con Mary-Anne…»
Il nome della ragazza riaccese qualcosa in Elena.
«Vedo che ti ricordi di lei…»
commentò il vampiro notando l’espressione di lei.
«Come potrei dimenticarla… l’ho anche attaccata…»
«Io ho fatto molto di più…»
ribatté con amarezza lui.
«Stefan, basta con questa storia…»
«Ho appena iniziato, Elena…» replicò «Senti che con Matt si sia superato il limite… beh, è così… ma non sei stata tu… sono stato io a ferirlo nel peggiore dei modi…»
«Come?»
La vampira si pentì subito di aver posto la domanda, capì di non essere pronta a sapere la verità, ma Stefan riprese imperterrito:
«Ero al Grill, ubriaco e solo. Matt mi offrì la sua amicizia per sfogarmi ma io non ero nel mood giusto… arrivò Mary-Anne, insistendo affinché tornassi a casa a riposare…» scosse la testa con gli occhi lucidi «Tutto è successo così velocemente… così in fretta… non ti saprei spiegare perché l’ho fatto… ma io l’ho aggredita… l’ho attaccata…»
«Le… tu lei hai fatto del male?»
«Sì… ma non è quello il punto…»
Elena lo guardò confusa.
«Io non sapevo che lei fosse incinta…»
aggiunse Stefan.
La vampira si portò le mani alla bocca mentre calde lacrime scendevano copiose sul suo viso.
«Lei perse il bambino… e poi… è stato tutto un inferno… Matt ci chiese di soggiogarla a dimenticare il dolore di quella perdita, di dimenticare lui e la vita a Mystic Falls… e più avanti, pur di riuscire a starti accanto nonostante me, ci chiese di soggiogare anche lui a dimenticare del bambino…»
«Ma non di Mary-Anne…»
disse con un filo di voce lei.
Stefan annuì.
«Ora capisci perché tornare qui lo deve aver… distrutto?»
«S-sì… io…»
«Ti richiamerà… si farà sentire… dagli solo un po’ di tempo, ok?»
Così dicendo lasciò la stanza chiudendosi la porta alle spalle.
«Bel lavoro, fratellino…»
La voce di Damon arrivò come un bisbiglio alle orecchie di Stefan, il giovane vampiro si girò, trovandolo poggiato alla parete alla sua sinistra.
«Da quanto sei qui…»
chiese nel medesimo sussurro.
«Da abbastanza tempo…»
«Liz ha scoperto niente?»
«Mi chiamerà non appena avrà notizie su Donovan…» rispose «Senti, Stefan… »
«Tranquillo, Damon» lo bloccò «È il modo più giusto… lo so io come lo sai tu…»
Il vampiro dagli occhi di ghiaccio si stacco dal muro e si avvicinò al fratello.
«Grazie… e perdonami…»
 
L’amuleto tornò a puntare una zona sulla mappa.
Tyler-Klaus e Jessica rimasero in attesa di sapere se fosse un altro falso indizio.
Bonnie si concentrò e la risposta fu ovvia per tutti quando scaraventò l’amuleto dall’altra parte della stanza.
«Maledizione!»
urlò, spingendosi le mani sul viso.
La ragazza si inginocchiò accanto alla strega e le cinse le spalle con un braccio.
«Sei esausta, Bon… hai solo bisogno di riposarti…»
«Ho solo bisogno di tornare a casa» ribatté l’altra, con voce rotta «E se non trovo quel dannato corpo non potrò farlo!»
«Avresti potuto pensarci quando hai reso questa impresa un dannatissimo percorso ad ostacoli soprannaturale!»
inveì l’ibrido.
«Avresti potuto pensarci quando hai reso le nostre vite un inferno!»
ribatté velenosa la strega.
«Basta!» urlò Jessica «Questa situazione è già abbastanza stressante senza che vi mettiate a litigare come bambini!»
Si sollevò affondando le dita nei riccioli scuri. Inspirò e chiuse gli occhi, cercando una soluzione alternativa.
Doveva esserci qualcosa che poteva fare per aiutare, un modo per rendere possibile ritrovare il corpo dell’ibrido.
«Ibrido…»
sussurrò.
Gli altri due la guardarono.
«Cosa?»
chiese Bonnie.
«Ibrido!» ripeté a voce più alta la giovane «Tu sei un ibrido!»
Tyler-Klaus  la guardò stranito.
«E lo scopri solo oggi?»
«No! Non capisci… sei un ibrido: metà vampiro, metà lupo…»
Gli sguardi attoniti dei suoi compagni di viaggio non parvero subire l’illuminazione.
«Andiamo ragazzi! Tu sei per metà vampiro ed il tuo corpo è nascosto…»
Attese che qualcuno arrivasse alla soluzione.
«Ok! Altro indizio: in cosa è specializzata la mia famiglia?»
insisté.
Finalmente Bonnie e Tyler-Klaus scorsero la soluzione.
«Jessica Salvatore» esclamò l’ibrido «Sei un genio!»
La giovane sollevò le sopracciglia e fece un’espressione soddisfatta.
«Lo so, lo so…»
«Quindi? Come pensi di agire?»
volle sapere Bonnie.
«Dunque… uniremo il mio incantesimo per scovare i vampiri al tuo per localizzare il corpo di Klaus, così, mentre l’incantesimo di copertura devierà il tuo tentativo, il mio richiamo ci dirà esattamente dove cercare»
spiegò la giovane.
«Funzionerà?»
domandò ansioso Tyler-Klaus.
«Lo scopriamo subito…»
rispose Jess.
 
Damon entrò in camera da letto, trovando Elena seduta sul letto, ancora in lacrime.
«Elena? Tutto ok?»
si preoccupò.
Lei annuì.
«Stefan… lui mi ha appena rivelato qualcosa di sconvolgente…»
«La storia di Matt…»
Gli occhi di lei ancora imperlati di lacrime si piazzarono in quelli di lui.
«Tu lo sapevi…»
«Ero qui fuori mentre Stefan la raccontava…»
mentì.
«È terribile…»
«Sì… lo è…»
«Povero Matt… e povera Mary-Anne… non oso immaginare il dolore…»
«Elena… non vorrei sembrare insensibile… ma stare male ora, non serve a nulla… è successo, siamo andati avanti… abbiamo tutti fatto qualcosa di terribile… non è nel passato che possiamo trovare conforto…»
La vampira allungò una mano sul viso del fidanzato e sorrise debolmente.
«È strano…»
commentò.
«Cosa?»
si incuriosì lui.
«Mentre noi, qui, distruggevamo tutto… tu sei stato il solo a costruire qualcosa di buono…»
Lui abbassò lo sguardo e girò lievemente la testa, baciando il palmo della mano di lei, ancora adagiata sul proprio viso.
«Con tutto quello che ho combinato prima di andarmene… non sono nemmeno pari…»
svicolò lui.
«È questo posto…» riprese lei guardandosi intorno «È Mystic Falls… avvelena tutto, uccide tutto… promettimi che andremo via di qua, quando Jessica tornerà…»
Lui sorrise ed annuì.
«Non preoccuparti di questo… non permetterò a niente e nessuno di rovinare la vita a mia figlia…»
“So già cosa fare” finì nella sua mente.
 
Jenna rimase immobile a fissare l’entrata della stanza dove, poco prima, aveva visto sparire Damon.
Deglutì sentendo il cuore iniziare a battere più  forte e percepì i passi pesanti dell’uomo che stava salendo le scale. Rivolse uno sguardo a Gala, ancora immersa in un sonno pesante, e pensò “Spero ti sveglierai presto… non posso affrontarlo da sola… devi pensarci tu… devi parlarci tu!”

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Capitolo 29
*** We'll see. ***


Dopo svariate ore di vani tentativi, finalmente il piano di Jessica iniziò a funzionare: mentre Bonnie si occupava di salmodiare i suoi incantesimi, lei concentrò le proprie energie  nel richiamo del corpo di Klaus.
Il dispendio di energie provò pesantemente le due streghe, ma comunque riuscirono a creare un segnale sulla mappa, determinando quindi il preciso punto in cui la bara contenete l’ibrido era stata nascosta anni prima. Tyler-Klaus scattò in piedi non appena una rosa violacea si disegnò sulla carta ingiallita e Bonnie si accasciò sul pavimento, ansimante. Solo Jessica rimase in piedi, con le mani ancora distese davanti a sé, gli occhi serrati e continuando a ripetere la sinistra litania gutturale.
«Jessica»
provò a chiamarla l’ibrido.
La giovane però non parve sentirlo. Le si avvicinò adagio ed allungando una mano per toccarle il braccio, tentò nuovamente di attirare la sua attenzione.
«Jessica… basta… ci siamo riusciti»
La sua voce era un soffio ma sfrigolava di elettrica tensione. Con cautela le sfiorò il gomito, lei non reagì. Abbassò lo sguardo sulla strega in ginocchio sul pavimento.
«È normale?»
le domandò incerto.
«Sì» rispose lei a corto di fiato «Io mi sono fermata perché non ho più forze… non temere, scuotila!»
lo incitò, provando a sollevarsi.
 
Le gambe di Bonnie erano diventate di gelatina ed anche respirare divenne un compito arduo. L’aria sembrava pesante, densa quanto il ghiaccio in cui erano immersi. Ogni boccata le causava fitte di dolore alla gola e le parve quasi che i suoi polmoni non avessero più la capacità di contenere abbastanza ossigeno.
Si costrinse a mantenere lo sguardo fisso sull’ibrido, ma una serie di puntini scuri iniziarono a danzare vorticosamente intorno al viso affilato del giovane, un fischio soffocato le risuonò nelle orecchie e gocce di sudore freddo le imperlarono la fronte.
Di colpo percepì la forza di gravità schiacciarla e cedette a quella invisibile spinta. Era già in ginocchio sul freddo pavimento, ma comunque la distanza verso il suolo le parve triplicarsi. Serrò la mandibola e gli occhi ed attese l’impatto… che non arrivò.
 
Tyler-Klaus era rimasto ad osservare la pelle scura della strega diventare di una bizzarra tonalità verdognola, vide l’oscurità farsi strada negli occhi di lei e si mosse un istante prima che la testa della donna impattasse con il pavimento. La afferrò per le spalle e la sollevò in fretta, portandola sul letto più vicino.
Alle sue spalle Jessica continuava la sua nenia, si assicurò che i parametri vitali della strega fossero stabili e tornò in fretta dalla giovane. Il suo sguardò indugiò ancora un istante sulla mappa aperta, memorizzò il marchio violaceo mosso dal terribile timore che, risvegliata la ragazza dal suo stato di trance, sarebbe svanito. Quindi gli serrò le dita intorno al braccio e la chiamò nuovamente per nome:
«Jessica…»
Attese qualche istante prima di riprovarci, quindi  la scosse con decisa delicatezza.
«Andiamo, tesoro… è tutto finito…»
 
Jessica era immersa in un mare di metallo liquido, freddo, senza vita.
Ogni cellula nel suo corpo vibrava a intermittenza, replicando la sequenza di infiniti battiti cardiaci. I nervi sul collo le si erano irrigiditi e le palpebre si erano fatte pesanti. Tutti i suoi pensieri si erano offuscati, celati sotto una coltre di fitta nebbia… tutti eccetto uno: Klaus.
L’immagine dell’ibrido era la sola cosa rimasta nitida per tutto il tempo, si era agganciata ad essa e concentrò tutte le proprie energie nel tirarla a sé, tramite una  sorta di corda immaginaria.
Stava ancora provando ad avvicinarlo quando un suono caldo e fluido iniziò a scorrerle addosso. Il gelo che l’aveva avvolta, cristallizzandola in quella specie di limbo senza vita, si sciolse ed il torpore che le aveva avviluppato gli arti si scompose in un formicolio inarrestabile che le percorse tutta la pelle.
«Andiamo…»
La voce dell’ibrido la arpionò e la parola “tesoro” la strattonò violentemente, tirandola fuori dalle acque limacciose in cui era rimasta intrappolata.
Aprì gli occhi di scatto ed indietreggiò di un passo, quasi fosse stata catapultata nel proprio corpo con troppa veemenza.
Per nulla sorpresa ma, anzi, certa della presa dell’ibrido, si ritrovò sorretta dalle braccia possenti di Tyler-Klaus.
«Ha… ha funzionato?»
gli domandò.
La propria voce le risuonò nelle orecchie arrugginita, quasi non l’avesse utilizzata mai in tutta la vita.
Sì schiarì la gola e ripeté:
«Allora, ha funzionato?»
L’ansia per la risposta la irrigidì, lui le sorrise sereno stringendola di più a sé.
«Ha funzionato… ma ora recupera le energie...» con un cenno della testa indicò il letto alle sue spalle «Ho già messo a dormire la strega… porto anche te a fare un sonnellino…»
Tutto il vigore che l’aveva abbandonata tornò improvvisamente a pomparle nelle vene udendo quelle parole.
«No, no!» si divincolò «Sto… io sto bene!»
Con movimenti incerti si  mise in piedi, liberandosi dal sostegno di lui. L’ibrido la fissò confuso.
«Jessica…»
iniziò lui.
«Klaus» lo fermò «Davvero… sto bene… non mi serve riposare…»
Gli occhi scuri di lui la studiarono per qualche altro istante, poi parve convincersi.
«Ok… come vuoi… ma comunque Bonnie è fuori gioco, dovremo aspettare lo stesso»
le fece notare.
«Intanto diamo le nuove coordinate a Godric… poi penseremo anche a Bon!»
ribatté con praticità.
Lui si limitò ad annuire.
 
«Tu… hai fatto… cosa?!?»
Il tono indignato di Caroline risultò un po’ troppo stridulo perfino a lei.
Si schiarì la gola, abbassò la voce, si sporse sul tavolo di legno scuro del Grill e riprese la sua invettiva:
«Ti sei forse bevuto il cervello?!?»
Stefan si lasciò andare contro lo schienale del divanetto del locale e sospirò, piegando la testa sul petto.
«Caroline… è stato meglio così…»
La vampira sgranò gli occhi scuotendo la testa.
«Tu credi?»
Gli occhi di lui si sollevarono e si posarono sul viso della donna accanto all’amica.
«Non hai detto una parola…»
le fece notare.
«Mi sto mordendo la lingua» replicò Meredith «O potrei permettere alla rabbia di parlare per me… e non ti piacerebbe cosa ha da dire…»
«Mer…»
«Ti rendi conto di cosa accadrà quando la verità verrà a galla?»
lo sovrastò lei.
«Non lo scoprirà»
tentò di tranquillizzarla.
«Siamo a Mystic Falls, Stefan!» intervenne Caroline «Tutto si scopre! Soprattutto quando si tratta di verità che potrebbero fare male! Soprattutto quando si tratta di noi!»
Il vampiro sospirò ed allargò le braccia sul tavolo.
«Ascoltate… lo capisco… avete ragione, non è stata una grande idea… ma era la sola che avevamo! Elena stava diventando sospettosa e dovevamo distrarla dalla sua marcia per contattare Matt!»
«Matt non ricorda nulla!»
sibilò Meredith.
«No, è vero» concordò lui «Ma Elena avrebbe capito che qualcosa non andava…»
La determinazione negli occhi del giovane Salvatore brillava sincera e fiera.
 
Quando con suo fratello aveva deciso di prendersi la responsabilità per quanto accaduto a Matt e Mary-Anne, era consapevole dei guai in cui si sarebbe cacciato, aveva preventivato l’ostilità di Caroline e la rabbia di Meredith, ma si era altresì convinto che non vi fosse altra via d’uscita. Se Elena si fosse messa a scavare, avrebbe senza ombra di dubbio trovato i diversi scheletri nascosti sotto strati di anni e dolore.
E non potevano permettersi una simile distrazione, non erano pronti ad affrontare una tale crisi.
Anche se Damon era tornato nella loro vita riportando una specie di equilibrio, nessuno era davvero preparato ad affrontare le conseguenze di un errore che aveva tolto a tutti qualcosa.
 
Si portò le mani sul viso e si massaggiò le tempie.
«Lo so che probabilmente non riuscirete a capire le mie motivazioni… ma non c’eravate voi con Elena quando ha aggredito Mary-Anne! C’ero io!» ombra e luce si dimenarono negli occhi verdi di lui «Mi sono distratto un solo attimo… uno solo…»
La voce gli si spezzò in gola.
Meredith allungò una mano sul tavolo e gli cinse il braccio.
«Stefan… non è stata colpa tua…»
Lui sbuffò una risata amara.
«No… non è colpa di nessuno… non mia… non di Elena… non di Damon…» strinse gli occhi in un’espressione di dolore «Magari è colpa di Mary-Anne, eh?»
Non era sua intenzione essere cattivo, ma non poté farne a meno.
Quella storia era un veleno che lo stava divorando dall’interno da anni.
«Stefan»
la voce risoluta di Caroline si infiltrò nei suoi pensieri, scuotendo la foschia di quel periodo buio.
«Abbiamo fatto troppi passi in avanti per tornare indietro» proseguì con determinazione «Un giorno, forse, capiremo di chi è la colpa di tutto questo… oggi non è quel giorno! Oggi dobbiamo solo preoccuparci che la verità, quella vera, non venga a galla»
«Sì… Care ha ragione» confermò Meredith «Hai agito a fin di bene… ed è inutile fasciarsi la testa prima di rompersela…»
Lui le guardò e fu grato ai loro cuori di essere così capaci di amore e comprensione.
«Avrei dovuto parlarne con voi…»
ammise in tono sommesso.
«Avremmo perso solo tempo… alla fine avremmo acconsentito al vostro piano…»
replicò la vampira bionda.
I tre risero e Stefan fece uno sforzo immane per aggrapparsi al calore di quel momento invece di lasciarsi andare al sentimento glaciale che gli aveva avvolto l’anima da quando aveva rinvangato il passato.
«Oh! Eccovi qui…»
La voce di Elena piombò in mezzo ai tre facendo tremare le fondamenta della loro oasi. Gli occhi di tutti le si puntarono addosso, ansiosi e terrorizzati: da quanto tempo era lì? Li aveva sentiti parlare?
La vampira corrugò la fronte ed indietreggiò di un passo.
«Hey… state bene? È successo qualcosa?»
si preoccupò subito.
La prima ad interrompere quel clima di tensione realizzando di essere al sicuro fu Caroline.
«S-sì… certo… stavamo solo… ehm… parlando di Jessica… e della missione» deglutì a vuoto «Hai notizie, anzi?»
Elena prese un gran respiro e strabuzzò gli occhi.
«Più di quante credi…»
confessò, prendendo posto accanto a Stefan.
«C-cosa… che vuoi dire?»
farfugliò Stefan.
«Voglio dire che al suo ritorno potrebbe esserci un problema con Damon…»
Tutti la fissarono preoccupati.
«Jessica… e Klaus…»
«La bella e la bestia…» commentò Caroline «Stiamo facendo il gioco delle associazioni?»
Gli occhi dell’amica, però, le fornirono una risposta che tutti, al tavolo, si stavano rifiutando di vedere.
 
Il mondo negli occhi di Jessica divenne un’infinita distesa di bianco e blu.
Lo spettacolo aveva dell’incredibile e non fosse stato per il freddo penetrante che le attraversava la carne, non le sarebbe dispiaciuto vederlo più spesso.
C’era qualcosa di estremamente ipnotico in tutto quel candore, quasi potesse tutta quella purezza eliminare il male dal mondo. Scosse la testa e si diede della stupida per aver anche solo pensato una cosa tanto infantile.
«Ti prenderai un accidenti se continui a stare qui fuori»
disse Tyler-Klaus fermandosi accanto a lei.
Con la coda dell’occhio la ragazza ne catturò il profilo.
«Siamo quasi arrivati» replicò «Bonnie?»
Lui le rivolse uno sguardo indagatore. Era stata strana da quando si era ripresa dal suo stato di trance, e la fretta che dimostrava nel voler porre fine al loro viaggio lo preoccupò.
«La strega si sta riprendendo…» si voltò verso di lei ed incrociò le mani dietro la schiena «Jessica… posso chiederti se va tutto bene?»
 
La domanda non la sorprese, si era resa conto di aver agito in maniera singolare nelle ultime ore, ma non sapeva davvero come spiegargli il perché.
Da quando aveva aperto gli occhi tra le braccia di lui un solo istinto l’aveva mantenuta vigile, aiutandola a lottare contro la spossatezza causata dal grande dispendio di energie per l’incantesimo: recuperare il corpo di Klaus.
Inizialmente aveva pensato potesse essere la strega-cacciatrice dentro di lei a provare l’avido bisogno di trovare la propria preda, ma tutto quel tempo esposta alle raffiche gelate le aveva rischiarato le idee, offrendole un’altra prospettiva dalla quale osservare il tutto: lei VOLEVA Klaus.
Era stanca del gioco di sovrapposizioni a cui si era sottoposta nelle ultime settimane, dove dai tratti affilati di Tyler emergevano quelli più morbidi di Klaus.
Era stanca degli sforzi che doveva fare per impedire alla sua memoria di sbiadire il ricordo di quell’unica volta in cui aveva potuto ascoltare il timbro profondo e suadente della voce vera dell’ibrido.
Era stremata dal dubbio che quello che leggeva negli occhi scuri del giovane che conteneva l’essenza di Klaus,  potesse non riflettersi nelle iridi azzurre dell’uomo intrappolato in una cassa dispersa nella distesa di mare e ghiaccio di fronte a lei.  
 
Scosse la testa e tirò su col naso.
«Sto bene» rispose infine «Ho solo fretta di rimettere le cose a posto…»
Non gli diede il tempo di metabolizzare la risposta o di controbattere, puntò il dito di fronte a sé ed aggiunse:
«Là. Il tuo corpo è là. Chiama Bonnie… ci siamo!»
 
«Ok»
commentò Caroline, massaggiandosi le palpebre con i polpastrelli.
«Fammi capire bene… tu mi stai dicendo che Jessica… la dolce, intelligente, vivace e buonissima Jessica… può essersi presa una cotta per Tyler? No… perché ti rendi conto che quello in viaggio con lei è il “mio” Tyler, vero?»
La voce della vampira si era assottigliata e, nonostante gli sforzi per mantenersi calma, aveva l’espressione da isterica omicida.
«No» ribatté serafica Elena, prendendo una mano all’amica «Ti sto dicendo che la dolce, intelligente, vivace e buonissima Jessica, sta provando qualcosa di più di una semplice cotta… per Klaus…»
Caroline sorrise nervosamente.
«Elena… tutto ciò non ha senso alcuno!  Non c’è ragione al mondo per cui una persona sana di mente potrebbe provare attrazione per il demonio!»
Nell’istante stesso in cui le parole le lasciarono la bocca e la mente, la bionda realizzò la labilità di quell’affermazione.
Volendo sorvolare sull’esempio rappresentato dall’amica, c’era sempre lei…             
 
Anche lei era rimasta vittima del fascino oscuro di Klaus, anche lei si era fatta ammaliare dall’ibrido.
Certo, non aveva ceduto e non era andata oltre a qualche pensiero subito censurato dalla sua parte più razionale, ma non poteva negare di aver provato delle sensazioni che esulavano dalla mera chimica.
C’era qualcosa in Klaus, un frammento di anima che ogni tanto tornava a fare capolino… e quando riluceva tra le pieghe dei suoi sorrisi enigmatici, era impossibile non sentirlo bruciare sulla pelle.
“Ma Jessica non sa chi è Klaus!” si rimproverò mentalmente.
 
«No, no… non ha senso…» obiettò ad alta voce «Lei è troppo più furba di lui per cascarci…»
«Care…» riprese con calma Elena «Jessica mi ha solo confidato un suo stato d’animo… non sappiamo ancora se lui corrisponde o se si sia accorto di nulla…»
«Voglio sperare di no! La userebbe, Elena… la userebbe per i suoi scopi e poi…» sospirò «Non voglio nemmeno immaginare cosa ne sarebbe di lei!»
«Non possiamo saperlo, Care…»
«Sì che possiamo… noi sappiamo chi è Klaus, di cosa è capace!»
replicò rigida.
«Lo sappiamo? Davvero?»
La vampira aprì la bocca per replicare ma si vide costretta a richiuderla senza  proferire verbo.
«Ascolta… ascoltatemi tutti… ora non importa chi prova cosa, per chi… adesso conta concentrarci su un aspetto assai più importante»
Tutti si piegarono sul tavolo, curiosi.
«Damon…»
Il nome del vampiro rimbalzò sui loro volti respingendoli indietro.
«Damon»
ripeté Stefan.
«Oh mio dio…»
aggiunse Meredith.
«Se lo venisse a sapere…»
Caroline lasciò in sospeso la frase.
Elena annuì.
«Ho parlato con Jess l’altro giorno e la situazione era incerta… non vorrei disturbarlo o preoccuparlo con questa notizia che potrebbe rivelarsi solo un momento di confusione…»
Una voce remota nella testa della vampira scoppiò a ridere “Sì, confusione… come quella che ti ha portato alla pazzia! Hai sentito le parole della ragazza, hai sentito il suo tono… ci è dentro fino al collo! Non ti resta che sperare che lui ricambi!”. Non poté esprimere ad alta voce quel pensiero, non poté nemmeno ammettere di averlo avuto… ma in quel momento seppe che il ritorno a casa della giovane avrebbe confermato tutte le previsioni apocalittiche di Damon.
«Va bene…»
a parlare fu nuovamente Caroline, stava facendo l’abitudine a fare il punto della situazione. Continuò:
«Per il momento acqua in bocca ed aspettiamo l’evolversi delle cose… ci penseremo poi… penseremo a tutto poi!»
Elena, al contrario degli altri due al tavolo, non comprese in pieno il senso dell’esternazione dell’amica, ma non si concesse il tempo di indagare, percepì il profumo di Damon e si voltò di scatto verso l’entrata del locale. La  figura del vampiro si stagliava contro l’arco di luce della porta spalancata. Gli occhi di lui ispezionarono l’interno del Grill con rapidità, trovando quelli di lei fissi e sorridenti.
Si avvicinò al tavolo con la sua andatura dinoccolata.
«Sei sparita…»
le disse, chinandosi a baciarla.
«Ci stavi mettendo un’eternità in bagno…»
«Potevi raggiungermi… la mia vasca è grande abbastanza per due…» finse di fare un calcolo mentale «Anche per tre… ma suppongo quei giorni siano acqua passata!»
Lei strinse gli occhi con aria minacciosa e lui si aprì in un sorriso malizioso.
«Almeno vi siete accorti di non essere soli?»
commentò con sdegno Caroline mentre Stefan e Meredith svilupparono un improvviso interesse per il menù.
«Ho sentito Jess» rispose lui sollevando appena lo sguardo sulla bionda «A breve ti restituiranno il tuo lupacchiotto… così magari tornerai ad apprezzare le effusioni altrui»
L’attenzione di tutti tornò nuovamente su Damon.
«C-cosa?»
chiese sbalordito Stefan.
«Eh già, fratellino… la missione sta volgendo al termine…» si raddrizzò incrociando le braccia sul petto «Ed io non vedo l’ora di tornare alla normalità!»
Si stampò in faccia un sorriso soddisfatto e sospirò, non accorgendosi della rapida occhiata che si scambiarono i 4 seduti al tavolo. 

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Capitolo 30
*** Reasons. ***


“Ognuno vede quel che tu pari, pochi sentono quel che tu sei”
-Niccolò Machiavelli - Il principe-
 
 
Il recupero del corpo di Klaus si rivelò essere più semplice di quanto Jessica si fosse aspettata.
L’idea di tirare fuori da un mare ghiacciato una bara abbandonata lì oltre vent’anni prima, le era sembrato un affare piuttosto serio e complicato. Con sua grande sorpresa, invece, Bonnie non dovette fare altro che pronunciare uno dei suoi incantesimi ed in pochi minuti era tutto finito.
Un vortice d’acqua e ghiaccio turbinò nell’oceano rivelando una cassa nera e lucida, sorprendentemente nuova, quindi una forza invisibile la fece  fluttuare fino al centro del ponte della chiatta.
I soli testimoni dell’evento erano Jessica, Bonnie, Tyler-Klaus ed il Capitàno Godric.
Tutto il resto dell’equipaggio era stato bandito, riunito nella sala mensa sotto l’occhio vigile di Salizar.
Tyler-Klaus, era rimasto immobile, silenzioso.
Il corpo irrigidito, i pugni chiusi e lo sguardo piantato sul materiale scuro della cassa che conteneva il suo corpo. Emozioni contrastanti si erano avvicendate in lui per tutto il tempo: rabbia, impazienza, gioia, speranza, dolore, paura.
La sua mente aveva iniziato a correre in infinite direzioni, pensando ad un’infinità di cose che non avevano davvero importanza, ma aveva bisogno di tenere la mente occupata, di distrarsi o avrebbe finito per focalizzarsi sull’unica domanda a cui non era pronto a rispondere: “E ora?” . 
Solo un mese prima avrebbe avuto un milione di risposte da dare, migliaia di opzioni da prendere in considerazione, ma tante cose erano cambiate nel frattempo. Lui era cambiato… o forse no?
Si era rimproverato spesso nelle ultime settimane, redarguendo se stesso sulle illusioni che si stava facendo, stupidamente. Stava commettendo lo stesso errore fatto tanti anni prima, quando si era convinto di poter ottenere l’amore di Caroline vestendo un altro corpo.
“Non è la stessa cosa” era solito ripetersi.
 Ma  in quel preciso momento non poteva concedersi di paragonare le situazioni, non poteva permettersi di inoltrarsi in quel terreno. Il suo corpo stava fluttuando fuori dall’oceano, e lui era a pochi passi dal riappropriarsi della sua esistenza, della sua vita.
Solo quello contava, solo di quello doveva preoccuparsi. Ma non poteva… non del tutto, non finché il battito del cuore di Jessica continuava ad insinuarsi nella sua testa, non finché la ragazza gli stava così vicina da impregnare l’aria gelida col suo profumo fruttato, come se l’estate fosse improvvisamente esplosa nel cuore dell’artico. Quell’immagine lo fece sorridere ed uno strano calore si irradiò nel suo petto.
La base della bara toccò il metallo del pavimento, producendo uno strano rumore, come se un invisibile cuscino si stesse sgonfiando sotto di essa.
La strega smise di salmodiare il suo incantesimo, le braccia, fino a poco prima aperte ai lati del suo corpo, le caddero pesantemente lungo i fianchi ed arretrò di un paio di passi, barcollando. Godric, posizionato poco dietro di lei, la afferrò prontamente, sostenendola con delicatezza. Un rivolo di sangue le colò dal naso bagnandole le labbra.
«Nemmeno l’altra volta ti aveva fatto bene…»
le sussurrò con gentilezza.
Poggiando la testa sulla spalla dell’uomo, sollevò lo sguardo stanco agganciandosi a quello di lui.
«Starò bene, Godric…»
Il Capitàno le sorrise ed annuì.
«Bonnie…»
La voce di Jessica era tesa. La strega si voltò lentamente verso di lei e deglutì.
«Sto bene» la rassicurò «Ma avrò bisogno del tuo aiuto per aprire quella dannata cosa…»
concluse, indicando con un cenno la bara.
La ragazza annuì con vigore.
 
«Allora…» iniziò Caroline, scivolando sul divano accanto ad Elena «Credi  dirlo a Damon?»
La vampira sospirò ed afferrò un cuscino, stringendoselo al petto. Fissò il camino spento e rispose:
«Non ci penso proprio!»
«Ma… Elena…»
«Care» la fermò «Non so nemmeno se c’è qualcosa da dirgli… Jessica mi ha solo parlato di uno stato d’animo… magari è solo un momento, un’attrazione passeggera…»
«Come la tua con Damon?»
Gli occhi scuri di Elena ruotarono piantandosi in quelli dell’amica.
«Caroline… non è la stessa cosa…»
«No?»
«No! Klaus non è Damon…»
puntualizzò lei.
«E Jessica non è te!»
replicò l’altra.
Elena aggrottò la fronte.
«E questo che vorrebbe dire?»
«Quello che ho detto… Jessica è un essere umano straordinario, con tutte le carte in regola per vincere un dannato Nobel per la pace… ma…»
«Ma?»
la incalzò, incrociando le braccia sul petto.
«Ma…» riprese con voce stridula «Lei è cresciuta con Damon… in qualche modo lo ha…»
Caroline si morse il labbro inferiore, pensando alle parole da usare.
«Care…»
«Lo ha… aggiustato o cose così…»
«Cose così?»
«Sì! Cose così… non te lo so spiegare… ma… anche quando Damon ti ronzava intorno, anche quando nell’aria c’era la possibilità che tu provassi qualcosa per lui… lui era… non so, rotto… spezzato»
Le parole dell’amica penetrarono nella mente di Elena, corrodendo ogni fibra del suo essere.
«Jessica… lei… lei lo ha aggiustato… è come se in questi anni avesse passato il suo tempo libero a ricucire tutte quelle parti di lui che era stracciate… e tu… tu hai messo la toppa finale, ricomponendolo… non sono mai stata una sua estimatrice, lo sai… ma questo Damon… c’è qualcosa in lui… una parte di lui che non credevo esistesse…»
Elena deglutì e sollevò le gambe sul divano, stringendosele tra le braccia.
«E tu pensi che Jessica possa fare lo stesso con Klaus?»
domandò, poggiando il mento sulle ginocchia.
«Io credo Jessica possa fare qualunque cosa… ma ricucire Klaus?» sospirò e poggiò la testa sulla spalliera del divano «Non credo esista abbastanza filo per quel compito…»
Elena corrugò la fronte, incuriosita.
«Attenta, Care… sembra quasi che Klaus ti piaccia…»
«No… non è questo…» rivolse il suo sguardo all’amica «Ma credo di essere pronta  ad ammettere che in alcune persone, c’è molto di più di quanto danno a vedere…»
Le sopracciglia di Elena si inarcarono ed un sorriso le affiorò sulle labbra.
«Wow… ti ci sono voluti solo vent’anni e più per arrivarci?»
«No… mi ci sono voluti ‘questi’ vent’anni per arrivarci…»
ricambiò il sorriso dell’amica e le strinse una mano.
 
«Cosa facciamo?»
chiese Jessica, rivolgendosi a Bonnie.
«Uniamo le nostre forze ed apriamo la bara…»
«E basta?»
«Beh…» replicò la strega «Poi ci sarebbe da rompere il sigillo che lo ha trasformato in una statua di pietra… ma ci penseremo poi…»
Tyler-Klaus incrociò le braccia sul petto, lanciando uno sguardo truce alla strega.
«O-ok…» disse Jessica offrendo le mani a Bonnie «Sono pronta… tu pensi di farcela?»
«Sì… non è un incantesimo difficile… l’avrei fatto da sola, ma tirarlo fuori dall’acqua mi ha stremata…»
Così dicendo afferrò le mani della ragazza e chiuse gli occhi, concentrando le proprie energie e catalizzando quelle di Jessica.
Una serie di “click” percorsero il bordo della cassa e la strega lasciò le mani della ragazza.
«Fatto…»
asserì.
Le braccia dell’ibrido si sciolsero scivolando lungo i fianchi, mosse un passo incerto verso la bara e disse le sue prime parole da quella che sembrava un’eternità.
«Ci siamo…»
Bonnie lo guardò annuendo.
«Credo sia il caso di spostare il divertimento da un’altra parte, all’interno» intervenne Godric «Non posso tenere i miei uomini segregati in mensa per tutto il giorno…»
I tre concordarono ed aiutandosi con un carrello che il Capitàno aveva portato con sé, trasportarono la bara nella propria cabina.
Godric si congedò chiudendosi la porta alle spalle.
«Ma si può sapere chi è?»
domandò Jessica, sorpresa da tanta disponibilità.
Bonnie fece spallucce.
«Godric era uno studente di mia nonna… lo conosco da sempre» spiegò «Dunque…» riprese rivolgendo l’attenzione alla cassa «Vediamo un po’ la situazione all’interno…»
Mosse un passo in avanti ma l’ibrido gli si piazzò di fronte.
«Ci penso io…»
disse in un tono che tradiva  un pizzico di paura.
La strega annuì ed indietreggiò. Jessica si strinse le mani intorno allo stomaco e trattenne il fiato.
Tyler-Klaus allungò le mani sul  bordo della bara scura, esercitò una leggere pressione ed il coperchio scivolò di lato.
L’aria venne completamente risucchiata dai polmoni di Jessica.
All’interno della bara, disteso su un letto di seta bianca, giaceva il corpo di Klaus.
La pelle grigia, increspata, percorsa da venature nere: una statua di marmo ancora da finire.
Senza rendersene conto avanzò mettendosi di fianco all’ibrido, una mano premuta sul petto.
«Wow…»
disse, riprendendo a respirare.
Lui la guardò confuso, non riuscendo ad interpretare la sua reazione.
«Bene…» si aggiunse Bonnie «Rompiamo questo sigillo, e riportiamo indietro anche Tyler…»
«No»
disse secco l’ibrido.
«No?»
gli fece eco con disappunto la strega.
«Non ora…»
specificò lui.
«Ma… ma come?» si stupì Jessica «Non aspettavi altro che scivolare nuovamente nel tuo corpo!»
«Ed è ancora così» ribatté lui «Ma cosa credi accadrà quando “riscivolerò” in un corpo lasciato ad essiccare per un ventennio?!?»
Jessica lo guardò spiazzata. Lui sospirò ed allargò le braccia.
«Non che lo trovi un problema, ma davvero non vorrei che la mia prima mossa tornato alla vita fosse sterminare chiunque si trovi su questa chiatta…»
«Beh… mi sembra una buona motivazione…»
concordò lei, deglutendo.
«In tal caso…» sospirò Bonnie «Vado a mettere qualcosa nello stomaco… mi sembra di non mangiare da un secolo…»
«Buona idea» convenne lui «Vengo anche io… magari il Capitàno nasconde una buona bottiglia di vino da qualche parte…»
«Jess, tu vieni?»
chiese la strega.
La giovane scosse la testa.
«No… ho lo stomaco chiuso… troppe emozioni… credo che ne approfitterò per dormire un po’…»
La strega gettò un’occhiata alla bara ed al suo contenuto.
«E riuscirai a dormire con lui qui?»
Jessica scrollò le spalle.
«Non credo si metterà a russare, no?»
Una risata scappò all’ibrido che subito si ricompose.
Rimasta sola fece una gran respiro, chiuse gli occhi e si avvicinò alla bara, pose una mano sul petto di Klaus e chiudendo gli occhi salmodiò il suo incantesimo.
 
«Sei silenziosa…»
commentò Damon, girandosi su un fianco.
 
Era tornato a casa dopo essersi attardato al Grill con Stefan per festeggiare la buona notizia della fine della missione di Jessica.
Elena era giustamente già a letto, ma non dormiva. Stava leggendo un libro, lui riconobbe subito la copertina verde e logora “Via col vento”.
Si avvicinò a lei sorridendo.
«Lettura avvincente?»
le chiese, accarezzandole la guancia.
«Emozionante… più che altro…»
replicò senza sollevare gli occhi dalle pagine.
«Quella Rossella è proprio cocciuta…»
commentò lui.
«Lo dici come se fosse un difetto…»
«Non lo è?»
«Dipende…»
E sollevò il volto, agganciandosi agli occhi di lui.
«Da cosa?»
domandò sedendosi sul bordo del letto.
«Dalle motivazioni dietro tanta cocciutaggine…»
«In questo libro» disse, togliendoglielo di mano «C’è solo una motivazione...»
«E sarebbe?»
Il viso di lui si avvicinò a quello di lei.
«La stessa che mi ha reso il più potente ed il più debole tra gli uomini…»
le soffiò sulle labbra.
Una scintilla di malizia brillò nel mare nero degli occhi di lei.
«Il vampirismo?»
sussurrò ridendo.
«L’amore…»
replicò lui, baciandola.
Il libro cadde sul pavimento con un tonfo secco e la passione scorse tra le lenzuola.
 
Elena era rimasta in silenzio dopo, limitandosi a guardarlo facendo scorrere una mano sul petto nudo di lui.
«Va tutto bene?»
insisté lui, accarezzandole il braccio.
Lei annuì.
«Stavo solo pensando…»
«A cosa?»
«Una cosa che mi ha detto Caroline, prima…»
Il vampiro sollevò le sopracciglia in un’espressione stupita.
«Cosa avrà mai potuto dire di tanto profondo da ridurti in uno stato di mutismo degno del miglior maestro zen in fase di meditazione?»
Elena tossicchiò una risata.
«Dovresti darle un po’ di credito, sai? Ha anche lei i suoi momenti…»
«Devo essermeli persi tutti, allora»
Lei rise di nuovo e lui si crogiolò in quel suono delizioso.
«Avanti… cosa ti ha detto Barbie?»
«Che prima di Jessica, eri rotto… e che senza di lei lo saresti ancora…»
Damon corrugò la fronte e si avvicinò ancora di più al volto di lei.
«Jessica è stata un’ancora che mi ha impedito di perdermi… lo ammetto…» le sue dita affondarono nei capelli scuri di lei «È stata la mia occasione per fare qualcosa di buono… una possibilità di essere il ragazzo che ero una volta… ma tu…»
«Damon…» lo interruppe, mettendogli un dito sulle labbra «Non volevo fare paragoni o ricevere qualche sorta di credito… stavo solo pensando che Caroline ha ragione… e che Jessica ti ha salvato la vita…»
Lui le afferrò la mano, spostandola dalla propria bocca ed i suoi occhi azzurri scavarono in quelli di lei.
«Tu sei la mia vita…» la voce sottile «Jessica mi ha impedito di morire… ma tu mi hai permesso di vivere!»
Gli occhi di Elena si riempirono di lacrime di gioia.
«Questo mi ha fatto innamorare perdutamente di te» continuò lui «Sin dal principio… ricordi cosa mi hai chiesto la prima… la vera prima volta che ci siamo incontrati?»
Lei annuì.
«Cosa volevi tu dalla vita…»
rispose sorridendo.
«Nessuno me lo aveva mai chiesto ed io davvero non lo sapevo… credevo di volere Katherine… pensavo di volere un futuro con lei…» si sollevò su un gomito «Ma ora l’ho capito… ora so cosa voglio e ho sempre voluto dalla vita…»
«Cosa?»
«Vivere, Elena… e sei tu quella per cui voglio vivere…»
Le lacrime ormai scendevano copiose sulle guance rotonde di lei, allungò una mano incastrandola dietro al collo di lui e lo trascinò sulle proprie labbra, baciandolo, amandolo… vivendolo.
 
Un rumore di passi si insinuò nella litania che andava avanti da più di mezz’ora.
Jessica si concentrò di più, doveva riuscire a fare quello che si era prefissata prima che Klaus o Bonnie tornassero in cabina.
Proseguì, serrando la mandibola ed affondando le dita nel tessuto della maglia che ricopriva il torso rinsecchito dell’Originale.
Finalmente un flusso di energia, seppur debole, defluì nel corpo della ragazza.
Spalancò gli occhi e sospirò. Pochi istanti dopo Tyler-Klaus aprì la porta, trovandola ancora accovacciata accanto alla bara aperta.
Sollevò le sopracciglia ed entrò.
«Credevo stessi dormendo…»
le disse.
Lei scrollò le spalle.
«A quanto pare, il tuo corpo russa per davvero!»
Un sorriso tese le labbra dell’ibrido.
«Delusa?»
domandò.
Jessica lo guardò confusa.
«Da… cosa?»
Lui indicò con il mento il corpo.
«Da me…» rispose con ovvietà «Magari ti aspettavi un essere con le corna…»
La giovane rise.
«No… sei esattamente come ti ricordavo…»
Gli occhi di lui si spalancarono ed un’espressione di confusa meraviglia ne deformò i tratti.
«Che ho detto?»
si preoccupò lei.
«C-come… come mi ricordavi?»
farfugliò lui.
«Sì…» confermò «Klaus, stai bene? Sei un po’ pallido…»
«Come fai a ricordarti di me… se non mi hai mai visto?»
«Ahm… la prima prova che abbiamo affrontato… quella delle paure… io sono entrata nel tuo inconscio…»
«Quindi?»
disse, sollevando un sopracciglio.
«Quindi… è il tuo inconscio… non di Tyler… è con te che ho parlato lì dentro… è te che ho visto… »
Le parole della giovane investirono l’ibrido con tale potenza da farlo arretrare di un passo mentre la consapevolezza che lei avesse sempre conosciuto il suo reale aspetto gli ridiede un po’ di equilibrio.
«Klaus?» Jessica si sollevò avvicinandosi a lui «Sicuro di stare bene? Per caso Godric aveva davvero una bottiglia di vino e ti ha dato alla testa?»
Lui scosse con vigore il capo.
«No… sto bene… ma dobbiamo sbrigarci a tornare… devo rientrare nel mio corpo…»
«Non sembravi tanto ansioso prima…»
«Prima non avevo nessuna motivazione valida…»
ribatté lui.
«Ed ora sì?»
si incuriosì lei.
L’ibrido le prese il viso tra le mani, puntò i suoi occhi neri sulle labbra di lei e sussurrò:
«La migliore motivazione del mondo…»

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Capitolo 31
*** Let it go. ***


-Ragione e passione sono timone e vela della nostra anima navigante-
-Kahlil Gibran-
 
 
 
Il viaggio di ritorno dalla missione durò di meno: nessun sigillo da rompere, nessun tragitto obbligatorio in cerca di un punto preciso, nessun imprevisto con passeggeri inaspettati.
Tutto procedeva liscio, senza intoppi.
Jessica fissava immobile il porto all'orizzonte, non era che una sottile linea nera in lontananza, ma a lei sembrava un pozzo oscuro e senza fondo.
Chiuse gli occhi ed inspirò a fondo, cercando di riportare alla memoria la sensazione del ghiaccio liquido che le riempiva i polmoni: niente.
L’aria salmastra e la temperatura di nuovo calda avevano sostituito il freddo polare.
Niente più gelide sferzate di vento che per oltre un mese le avevano arrossato la pelle e congestionato il naso. Niente più pesanti coperte tirate fin sopra la testa nel tentativo di trovare un po’ si sollievo dal freddo. Niente più vestiti pesanti, bevande calde e distese di ghiaccio.
Era tutto finito, si tornava alla vita di sempre.
Sentendo le lacrime iniziare a bruciarle contro le palpebre si concentrò per rimandarle indietro, ma quando aprì gli occhi, la sottile linea nera si era fatta più grossa, più definita. A quel punto le fu impossibile trattenersi oltre e due calde lacrime scivolarono giù sulle guance, spinte subito di lato dal  vento caldo.
“Diamine… Godric ci tiene proprio ad arrivare in fretta!” imprecò mentalmente.
“Ed io no?” si chiese “Io non ci tengo ad arrivare in fretta?”.
Scosse la testa e sospirò.
Si sentiva in colpa e patetica, ma la verità era che non aveva nessunissima fretta di scendere da quella bagnarola, non moriva dalla voglia di tornare sulla terra ferma, non fremeva all’idea di lasciare... “Klaus… non voglio lasciare Klaus” si disse.
Chiuse le mani in due pugni e sentì le unghie conficcarsi nella carne dei palmi.
Si era arresa già da un po’ ai sentimenti per Klaus, nonostante l’ibrido non avesse dimostrato in nessun modo di ricambiare, non poteva negare di aver totalmente perso testa e cuore per lui.
Da quando avevano recuperato il suo corpo, poi, il cambiamento in lui era stato evidente.
Aveva fermato lei e Bonnie dal fare subito lo scambio in quanto non erano attrezzati per nutrirlo dagli oltre vent’anni di digiuno, ma non c’era stato giorno in cui non minacciasse Godric, o chi per lui, di morte violenta se non si fossero affrettati a riportarlo sulla terra ferma. Quando però non era occupato a promettere sangue e dolore, le sue attenzioni erano rivolte totalmente a lei. La cercava con lo sguardo, ne pretendeva il tempo e diventava un fiume di parole condividendo aneddoti, storie, ricordi.
Le aveva parlato dei posti in cui aveva vissuto, descrivendole i sapori, i colori ed il calore delle persone con cui era entrato in contatto. Le aveva parlato della sua famiglia, dei suoi fratelli, fornendole un bizzarro quadro famigliare fatto di caratteri forti e complessi ma, nella sostanza, legato da un amore indissolubile.
Le raccontava tutto e si faceva chiedere di tutto, spinto da un’euforia che all’inizio Jessica aveva attribuito all’idea di riavere indietro il proprio corpo. Ma poi aveva notato che c’era qualcosa di più, qualcosa a cui non era riuscita subito a dare un nome. La soluzione a quell’enigma era arrivato qualche settimana prima. Come le era capitato sempre più spesso, nel cuore della notte, tra le pieghe di un sogno, si era insinuata l’ansia del ritorno.
 
Un masso invisibile e pesante le si era deposto sul petto togliendole il respiro. Spalancò gli occhi nel buio ed afferrò le coperte in cerca di un appiglio, quasi temesse di poter precipitare nel vuoto.
«Ancora un brutto sogno?»
La voce di Tyler-Klaus era un bisbiglio. Jessica guardò in direzione dell’ibrido e due fari dorati brillarono nella notte.
«» mentì «Evidentemente il mio cervello sta metabolizzando ora tutta questa avventura…»
Nel letto affianco Bonnie si mosse mugugnando.
«Ti va di andare un po’ fuori?» propose lui abbassando ancora di più la voce «Non vorrei svegliare la strega e tu non sembri in procinto di riaddormentarti…»
Jessica aveva messo i piedi a terra ancor prima che lui tirasse in ballo il sonno di Bonnie. Più per abitudine che per necessità, si trascinò dietro una coperta, ma le temperature si erano alzate di parecchio già da un po’.
I due scivolarono lungo la parete trovando posto sul pavimento.
«Allora… cosa hai sognato questa volta
domandò lui, piegandosi di lato e dandole un leggero colpo con la spalla.
A quel contatto il cuore di Jess fece una piroetta e lungo lo stomaco provò un senso di vertigine. Deglutì a vuoto e scosse la testa.
«Fatine…»
rispose.
Tyler-Klaus inarcò un sopracciglio.
«Fatine
«Beh… non ha senso farsi spaventare dai mostri, ti pare? Sono contornata da vampiri, ibridi e streghe… tanto vale cambiare un po’ il mio standard horror ed iniziare a temere fatine, unicorni e folletti…»
spiegò.
L’ibrido rise di gusto ed il suono germogliò nel petto della ragazza che istintivamente si portò la coperta sul petto. Notando il gesto lui chiese:
«Freddo
La giovane scosse vivacemente la testa, facendo rimbalzare i riccioli scuri sul viso.
«Un brivido… niente di che…»
Lui la osservò per un lungo istante in cui a lei mancò il respiro. Oramai non era più in grado di guardarlo senza che il vero volto di lui prendesse il posto del giovane dai tratti affilati e dai colori scuri che ne ospitava l’essenza.
Da quando la cassa con dentro il vero Klaus era stata recuperata, aveva passato ore a studiarne il viso, a memorizzarne le pieghe e le rotondità, che tornasse o meno all’interno di esso non faceva più differenza per lei.
«Sai… quando ero piccolo…»
iniziò lui.
«Due trilioni di anni fa…»
aggiunse lei ridendo.
Lui si fermò stringendo gli occhi e fece un’espressione di finta indignazione.
«Non sono così vecchio, tesoro…»
ribatté in tono suadente.
Il sorriso sulle labbra di Jessica si affievolì e lei si affrettò a distogliere lo sguardo, sperando di poter nascondere il rossore sulle guance affondando la testa tra le ginocchia.
Lui non parve accorgersene e, schiarendosi la gola riprese a parlare:
«Dicevo… quando ero piccolo il folklore era assai più radicato nelle persone. Interi villaggi organizzavano le proprie attività in base ai miti del posto. C’era chi sacrificava il raccolto, gli animali, le primogenite od anche parti del proprio corpo per onorare una qualche sorta di entità protettrice…»
«A-aspetta…» intervenne lei aggrottando la fronte «Primogenite… e parti del proprio corpo
Lui annuì indifferente al tono sorpreso di lei.
«Sì, a quei tempi c’erano fin troppi figli in giro e mutilarsi era un atto di estremo coraggio e la dimostrazione di una devozione assoluta…»
Jessica scosse le spalle fingendo un brivido.
«Non ci posso credere…»
«Beh, lo standard di bellezza era davvero basso, considerando anche la scarsa igiene… eliminare parti da lavare poteva solo essere un vantaggio…»
replicò lui.
«Oh, la parte delle mutilazioni la posso concepire» disse con fermezza «Ma rinunciare ai figli? No… no… non posso proprio crederci
Sul viso dell’ibrido comparve un’espressione strana ed un sorriso enigmatico ne tese le labbra.
«Deve essere bello…»
«Cosa
domandò lei.
«Avere così tanto rispetto dei genitori… riuscire a ritenerli esseri in grado di amore puro ed incondizionato…»
Un dolore elettrico attraversò la spina dorsale di Jessica esplodendogli poi nel petto.
«Scusa… dimentico sempre che i tuoi… beh… lo sai…»
Lui rise ed il dolore si trasformò in vertigine.
«Non dispiacerti… anzi, adesso che ti ho detto di come si comportavano anche gli altri, magari puoi rivalutare i miei…»
«Certamente… da “Peggiori genitori della storia” a “Genitori standard dell’anno 1000!”»
Questa volta fu lei a ridere.
Lui staccò gli occhi da lei e li fissò in un punto imprecisato al di fuori dell’oblò di fronte a loro. La ragazza ne studiò il profilo rilassato.
«Klaus…»
Lui si voltò appena.
«
«Cosa farai adesso?» gli chiese «Davvero vuoi lasciare Mistyc Falls e non tornare mai più
La voce di Jessica tradì un po’ d’ansia, ma oramai le parole erano uscite e lei se ne fece una ragione.
«Non lo so…» rispose lui «I patti erano questi…»
«Lo so… ma…»
«Jessica… pur restando, non c’è posto per me…» negli occhi di lui calò un velo di tristezza «Sai… quando gli altri dicono che ho fatto del male, non esagerano…»
«Lo so…»
«Ed io non posso di certo negare di essermelo meritato… e… io non credo proprio di pentirmi di nulla…»
Gli occhi di giada di lei saettarono in quelli di lui.
«Ora… in questo istante…» riprese «Non riesco a sentirmi in colpa. Adesso, proprio adesso, non posso proprio rimpiangere nemmeno un passo… se avessi fatto anche solo una cosa in maniera diversa… io non sarei qui… ora… con te…»
Le dita di Jessica si arpionarono sulla lana grezza della coperta, il cuore smise di battere e per un tempo infinito le parve di aver smesso di respirare. Le parole di lui iniziarono a ripetersi nella testa di lei in loop e senza accorgersene il suo busto si inclinò in avanti, attratto dal corpo di lui. Allungò impercettibilmente il collo e schiuse le labbra. Tyler-Klaus deglutì restando immobile, l’odore fruttato di lei riempì l’aria circostante ed il calore della sua pelle lo investì come una corrente tropicale.
Batté le palpebre una... dure… tre volte. Scosse la testa, come per scacciare via un pensiero e schiarendosi la gola disse:
«Sei davvero una creatura speciale, Jessica… e sono davvero onorato di aver incrociato il mio destino al tuo… è… è stato un onore… davvero! Ti ringrazio
Tutto il ghiaccio lasciato indietro, riemerse dirompente nel petto di Jessica e le labbra si serrarono, tirandosi in un sorriso.
«Prego, non c’è di che»
Si sentì rispondere. Il suo corpo decise poi di sollevarsi e nuovamente parlò senza davvero averne coscienza:
«Credo che tornerò a dormire… grazie per la compagnia…»
 
Gratitudine.
Ecco cosa c’era nell’atteggiamento e nelle parole di Klaus… gratitudine.
Lo aveva capito nello stesso istante in cui aveva appreso un’altra verità: lei lo amava.
Che fosse un viaggio a due o meno, lei oramai ci era dentro. Non aveva intenzione di maledirsi e non aveva intenzione di arrabbiarsi con lui per non ricambiare. No. Lei era serena. Il suo cuore era sereno.
Di certo avrebbe sofferto e ne avrebbe sentito la mancanza una volta tornata a casa, ma non avrebbe sprecato un solo istante di quel viaggio di ritorno a tentare di allontanarlo o a cercare di cambiare ciò che provava per lui.
Avrebbe aggiunto pause alle sue frasi per far durare di più i loro discorsi, avrebbe sottratto tempo al sonno per stare sveglia accanto a lui ed avrebbe preso tutto ciò che lui aveva da offrirle, che fosse amicizia, gratitudine o semplice cortesia.
Ed ora che quella linea scura all’orizzonte, si era trasformata nell’immagine definita di un’area portuale, iniziò a sentire il vuoto di tutto ciò che non era ancora riuscita a prendere da lui.
Il viaggio stava finendo, il tempo era scaduto e l’addio a Klaus aveva il sapore salato delle lacrime.
 
«Hai sentito Jess?»
chiese Jeremy ad Elena.
«Sì…»
rispose sospirando.
«E…»
«E niente…» incrociò le braccia sul petto «Non è cambiato niente…»
Il fratello di Elena si lasciò andare contro lo schienale del divano di casa sua.
«Non so se dispiacermene o meno…»
commentò lui.
«Nemmeno io… cavolo… quella ragazza è proprio…»
Le parole non giunsero in soccorso della vampira.
«Già… la ammiro molto…»
«Anche io… una parte di me vorrebbe solo che lei fosse felice… ma l’altra…»
«Anche Bonnie è combattuta…»
Elena aggrottò la fronte e domandò:
«Lei che dice?»
Jeremy scrollò le grosse spalle.
«All’inizio si era allarmata… ma a quanto pare, nonostante tutto il tempo che Jess e Klaus passano insieme, lui non pare… sì, beh… interessato a fare qualcosa con lei… ma la cosa che più la rende serena, è la tranquillità di Jessica. Mi ha detto che le sembra molto rilassata e che se non sapesse cosa prova, non direbbe mai che provi qualcosa più della semplice curiosità per lui…»
«Sì… mi sento anche un po’ in colpa per averle riferito la chiacchierata con Jess…»
borbottò la vampira.
«Non devi… almeno così le hai risparmiato di preoccuparsi inutilmente per lei…»
Elena annuì e si voltò a guardare fuori dalla finestra. In giardino Jenna correva inseguendo il pallone che Meredith e Caroline le lanciavano a turno.
Ripensò alla chiacchierata con Jessica  e subito le si strinse il cuore.
 
Damon e Stefan erano usciti a fare un giro e lei stava pensando di andare da Caroline quando le suonò il cellulare. Vedendo che si trattava di un numero anonimo, intuì subito che si potesse trattare di Jessica.
«Hey
esclamò nel ricevitore.
«Ciao a te, matrigna
replicò la voce della ragazza.
Elena rise e si lasciò cadere su una poltrona del salotto.
«Allora, come sta andando il viaggio di ritorno? Emozionata di tornare a casa
«Se ti dico di no, ti offendi
Il tono serio la fece rizzare sulla seduta.
«Jess? Tutto bene…»
Un sospirò echeggiò nell’apparecchio telefonico.
«Jess
«Sì, sì…» si affrettò a rispondere la giovane «Sto bene… è solo che ho una risposta…»
«Che risposta
«Ricordi la chiacchierata su quella questione di Klaus
Elena mugugnò un assenso, Jessica proseguì:
«Bene… ho la risposta…»
La vampira attese in silenzio.
«Ci sono solo io in carreggiata… sì, voglio dire… è una cosa a senso unico…»
Tutta la tensione che aveva irrigidito il corpo di Elena si sciolse e lei tornò ad affondare nella poltrona.
«Beh… ti direi che sono dispiaciuta…»
«Ma non lo sei…»
«No… non proprio…» confermò «Voglio dire… mi spiace per te, ma fatico a pensarti accanto a Klaus…»
Jessica rise.
«Strano… io fatico a pensarmi senza di lui…»
Il dolore nella voce della ragazza spezzò il cuore ad Elena.
«Jess…»
«Non preoccuparti… volevo solo dirtelo… e volevo anche dirti che, beh… sì, quando tornerò potrei avere un po’ il muso… ma spero potrai aiutarmi a tenere a bada D., non mi va proprio di dovergli spiegare il perché sto così…»
«Già… potrebbe essere complicato spiegargli… beh… lo sai…»
«Senza contare che invece di festeggiare il mancato ricambio di sentimenti, sarebbe in grado di dare la caccia a Klaus per avermi spezzato il cuore…»
Entrambe risero, ma un senso di amarezza pervase la vampira.
«Jessica… alla fine si rivelerà meglio così…»
«Sì… meglio così…»
La chiamata si concluse senza altre parole.
 
Nelle successive chiacchierate la ragazza le era apparsa più serena, ma lei sapeva che si trattava solo di una docile accettazione degli eventi… il dramma sarebbe sorto quando l’ibrido fosse sparito dalla sua esistenza.
Elena ne sapeva qualcosa e per questo era pronta a starle vicina e ad offrirle tutto l’amore e l’aiuto possibile. Tutti erano pronti a farla stare bene ed era sicura che stare insieme ai suoi cari l’avrebbe aiutata.
Damon l’avrebbe guarita, ne era certa. Il suo Damon avrebbe saputo come salvare la figlia.
«Andrà tutto bene…» disse sovrappensiero «Sì… tutto bene…»
 
«Qui?»
domandò Jessica, ispezionando il magazzino in cui era entrata insieme a Bonnie, Tyler-Klaus e Godric.
«Sì» rispose il Capitàno «Ho chiamato un amico di fiducia che ha provveduto a riempire quei freezer» indicò delle casse di metallo in fondo alla stanza «Con sangue a sufficienza a sfamare venti vampiri…»
«Sono sempre stato un tipo goloso…» commentò l’ibrido «Ma vedrò di farmelo bastare…»
rivolse un sorriso finto all’uomo che si limitò a guardarlo impassibile.
«Ok…» proruppe Bonnie «Faccia portare qui la cassa e poi procediamo…»
Godric annuì ed uscì dal magazzino.
«Jess… tutto bene?»
La voce della strega arrivò soffocata alle orecchie della ragazza. Aveva continuato a guardarsi intorno e poi si era persa nei suoi pensieri. Il ticchettio di un orologio immaginario aveva iniziato a farle compagnia da un paio d’ore, scandendo il tempo che le rimaneva accanto a Klaus. Ci sarebbe stato il viaggio di ritorno a Mystic Falls, certo, poi magari sarebbe riuscita a rubare un altro paio d’ore per i saluti, i ringraziamenti e la restituzione dei fratelli all’ibrido… e poi…
Strinse gli occhi pronti a riversare altre lacrime e scosse la testa.
«Tutto bene!» rispose prendendo un gran respiro «Allora! Come procediamo?»
Bonnie studiò il viso della giovane un attimo prima di spiegare come procedere. Quando tutto fu detto, Godric e Salizar trasportarono all’interno del magazzino il carrello con sopra la cassa nera.
«Avanti… non perdiamo altro tempo!»
le spronò Tyler-Klaus.
La voglia di tornare nel suo corpo gli brillava ardente e fiera negli occhi.
Si avvicinò alla bara e spinse via il coperchio.
«Sì… beh… noi aspettiamo fuori…»
disse Salizar, distogliendo lo sguardo dalla statua umana all’interno della cassa.
Usciti i due marinai, Bonnie fece inginocchiare Tyler-Klaus ponendogli una mano sulla testa, con l’altra afferrò quella di Jessica che, a sua volta, pose quella ancora libera sul petto dell’ibrido mummificato.
«Tutti pronti?»
chiese la strega.
Gli altri due annuirono.
L’incantesimo ebbe inizio e Bonnie come al solito concentrò le sue energie con quelle di Jessica.
La forza magica della ragazza era esigua, al limite del suo non essere più, la strega lo capì quando, recitando le sue formule, si vide costretta ad aumentare l’apporto dei propri poteri per far sì che il piano riuscisse. Il peso di tutta quella magia le avviluppò il corpo, ricadendo sui muscoli. L’aria si fece pesante e stare in piedi divenne difficile, le ginocchia iniziarono a cedere. Strinse i denti e si lasciò attraversare dal flusso di energia che partì dal corpo di Tyler.
Jessica affondò le dita nel petto di Klaus ed un’ondata di calore le percorse il braccio defluendo dai polpastrelli direttamente nel corpo mummificato.
Sotto le sue dita la consistenza del corpo di lui mutò, passando dalla durezza rocciosa alla morbidezza della carne, per dare ancora più supporto al cambiamento un battito lento e regolare iniziò a rimbombare contro il suo palmo, allora capì che l’incantesimo era riuscito.
Aprì gli occhi contemporaneamente a quelli di Klaus.
Due fari azzurri brillarono in contrasto al grigiore della pelle del viso.
«A-an-date… v-via…»
La voce arrochita dal tempo uscì dalla gola di Klaus in un rantolo impolverato.
«Godric! Salizar!»
urlò Bonnie, accasciandosi a terra insieme al corpo di Tyler.
Con la coda dell’occhio Jessica percepì i due uomini aprire la porta ed entrare correndo, sentì la mano della strega abbandonare la sua e le parve di udire il Capitàno chiamarla per nome.
Ma il mondo si era fermato, sospeso, cristallizzato nell’esatto istante in cui lo sguardo dell’ibrido si era spalancato su di lei.
Se l’idea di lasciarlo andare le era sembrata difficile, in quel  momento realizzò che sarebbe stato impossibile.
«Jessica!»
La voce piatta di Salizar esplose nelle orecchie della giovane ed il suo momento di eterno andò in frantumi.
Scosse la testa e si voltò intontita verso il mozzo.
«Usciamo di qui, ora!»
Il tono perentorio e deciso la scosse dal torpore in cui si era rifugiata. Fu allora che vide Bonne tra le braccia forti di Godric ed il corpo di Tyler sostenuta da Salizar.
«S-sì… sì… andiamo…»
farfugliò.
Si passò un braccio del giovane svenuto sulle spalle ed aiutò il mozzo a trascinarlo fuori dal magazzino.
Si chiusero la porta alle spalle, adagiarono Tyler su una panchina e lei corse da Godric mentre adagiava il corpo della strega su un altro ripiano.
«Come sta? Che è successo?»
si preoccupò.
Bonnie aprì lentamente gli occhi e le sorrise.
«Va tutto bene… la tua energia magica era poca… e quindi mi sono stancata un po’ di più… ma sto bene…»
spiegò la strega.
“L’energia magica, giusto” pensò Jess “Quella che avrei dovuto usare…”
Una specie di ruggito risuonò all’interno del magazzino, la ragazza si voltò allarmata.
«Vent’anni di digiuno…» commentò la Bonnie «Speriamo la scorta che c’è lì dentro gli basti…»
Jessica si portò una mano sul petto e rimase in attesa.
 
«Hey… sei pronta a tornare a casa?»
chiese Meredith affacciandosi all’interno del salotto.
«Sì… hai sentito Stefan?»
La dottoressa annuì.
«Lui e Damon sono stati da Liz… a quanto pare hanno rintracciato Matt…»
Elena si irrigidì e Jeremy si alzò dal divano di scatto.
«Tranquilli… sta bene… aveva solo bisogno di staccare la spina…» li rassicurò «Si farà sentire lui, quando sarà pronto…»
La vampira annuì mentre il fratello le cingeva le spalle con il braccio.
 
Il tempo aveva smesso di scorrere in maniera normale o semplicemente Jessica non era più in grado di calcolarlo. Tutto ciò che sapeva era che Tyler continuava a dormire sulla sua panchina e Klaus non accennava ad uscire dal magazzino.
«È normale che ancora non si sia ripreso?»
chiese Godric a Bonnie, riferendosi al giovane addormentato sulla panchina.
«Oltre vent’anni relegato chissà dove nel suo stesso corpo… sarà difficile tornare a galla…»
rispose la strega.
«Ci saranno ripercussioni?»
domandò Jessica.
«No… a parte quelle psicologiche per aver perso tutto questo tempo…»
Un dubbio atroce cose la ragazza all’improvviso.
«Mio dio…» sussurrò «Vorrà ucciderlo! Ora che si sveglia, vorrà uccidere Klaus!»
«Beh… è molto probabile… soprattutto quando saprà di Caroline…»
concordò la strega.
Jessica si portò le mani alla bocca.
«Merda…»
«Sì… direi proprio che è il caso di dirlo…»
«A questo non avevamo proprio pensato…»
«Ce ne occuperemo quando si sveglierà… magari ci andrà bene e accadrà dopo ce Klaus sarà sparito…»
Una lama trafisse il petto di Jessica a quelle parole.
Tic-toc-tic-toc-tic-toc. L’orologio era tornato a scandire i secondi.
«Già… magari andrà così…»
Il rumore di una porta metallica che si apriva attirò l’attenzione di tutti.
Lentamente si voltarono verso l’entrata del magazzino. Sulla soglia una figura altra e fiera puntò il suoi occhi di mare in quelli di Jessica.
“Non posso lasciarlo andare” fu il suo primo pensiero e prima di rendersene conto, i suoi piedi si stavano muovendo in direzione di Klaus che, a sua volta, le stava già andando incontro.
Quando furono vicini, l’uno di fronte all’altra, nella mente di lei si riversò un liquido bianco e denso che cancellò ogni pensiero, ogni immagine, ogni parola. Aprì la bocca per dire qualcosa ma tutto ciò che fu in grado di fare fu sollevare una mano e toccargli il viso.
Quel tocco fu la sola risposta di cui Klaus avesse bisogno, senza esitare un solo istante in più, afferrò il viso di Jessica e la baciò. 

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Capitolo 32
*** Apologize. ***


“L’estate che esplode improvvisa nel cuore dell’artico” Klaus aveva già fatto quel pensiero, poco tempo prima e si ritrovò a dare corpo a quell’immagine mentre la bocca di Jessica si fondeva con la  sua.
L’odore fruttato della pelle, la fragranza floreale dei capelli, il sapore fresco e dissetante di quel bacio… lei era il sole caldo dell’estate e stava sciogliendo secoli di gelidi inverni nel cuore dell’ibrido.
Schiuse appena gli occhi  per assicurarsi non fosse il solito sogno ed affondò le dita tra i folti riccioli scuri della ragazza.
 
Quando aveva aperto la porta del magazzino non sapeva bene quale sarebbe stata la mossa successiva, ma era bastato agganciare lo sguardo a quello di lei per diventare spettatore di se stesso. Le gambe si erano mosse da sole e la mente era andata in stand-by.
Chiuso lì dentro, lasciato solo a rifocillarsi con le scorte di sangue procurate da Godric, una sorta di panico lo aveva avvinghiato trascinandolo in un baratro fatto di dubbi e paure.
Era tornato in un corpo che non conosceva Jessica: non erano quelle le braccia che l’avevano stretta, né quelle le mani che l’avevano sfiorata e decisamente non era quello il viso che lei aveva guardato.
Il pensiero che lei avesse sempre saputo che aspetto aveva l’ibrido, gli venne in soccorso, ma non bastò a dargli coraggio. Un fantasma del  passato iniziò a parlare nella sua testa, stuzzicandolo “Nicklaus… tu sei tu, un abominio della natura! Credi sul serio sia possibile che una creatura come Jessica possa provare del reale interesse per te?”. Si portò le mani alla testa cadendo in ginocchio sul pavimento duro.
“Rassegnati, Nicklaus… sei un mostro, un assassino… uno sbaglio! Non c’è amore o felicità nel tuo futuro”.
La tentazione di urlare contro la voce nella sua testa era tanta ma, anche se stava utilizzando suo padre per esprimere quei pensieri, era ben conscio che si trattava di concetti ponderati da lui nel corso dell’ultimo mese. Il viaggio di ritorno, infatti, era stato un’altalena emotiva per lui. Quando gli occhi di Jessica erano puntati su di lui, la gravità si annullava ed ogni peso sul cuore svaniva, quando, invece, lo sguardo di giada della giovane era puntato altrove, l’ibrido sprofondava in un abisso buio e privo di calore, dove regnava sovrano il disprezzo verso se stesso.
Ed ora il viaggio era finito e la resa dei conti prossima. Tutto ciò che lo separava dalla verità era una porta di lamiera. Dall’esterno non arrivava nessun suono particolare, salvo gli strilli dei gabbiani.
Si era sollevato adagio ed aveva mosso qualche passo incerto.
Arrivato alla porta si era bloccato nuovamente, non era pronto a rinunciare alla sua fantasia, non era pronto a scoprire di essersi illuso con Jessica, proprio allora la voce della ragazza era risuonata come un segno del destino.
Qualcuno si era preoccupato del ‘non-risveglio’ di Tyler e qualcun altro lo aveva tranquillizzato e poi Jessica era intervenuta, allarmata:  «Vorrà ucciderlo! Ora che si sveglia, vorrà uccidere Klaus!».
La preoccupazione nel suo tono lo aveva colpito in pieno petto, togliendogli il respiro.
A quel punto non c’erano più zone d’ombra sulla sua persona, Jessica sapeva chi era e cosa aveva fatto Klaus nel passato, eppure …  si era di n uovo preoccupata per lui, per il suo futuro.
Aveva sorriso ed aveva aperto la porta, una forza magnetica lo aveva fatto volare di fronte a lei e quando la mano delicata della giovane si era posata sul suo volto, dubbi e incertezze furono spazzati via.
Negli occhi di lei c’era la risposta ad ogni domanda, e senza la pelle di un altro uomo di mezzo, poteva finalmente conoscere il sapore delle labbra che troppo spesso aveva fissato, chiedendosi se mai gli avrebbero concesso l’onore di farsi assaporare.
 
La baciò con trasporto per un tempo che gli sembrò infinito eppure non sufficiente a soddisfare il suo bisogno. Lei ricambiò stringendosi a lui, pervasa dalla stessa smaniosa voglia.
«Merda…»
La voce di Bonnie si arpionò alle loro coscienze, riportandoli sulla terra.
Come risvegliati da un sogno bellissimo, aprirono gli occhi, le bocche separate solo da un filo di fiato.
Klaus poggiò la fronte contro quella di Jessica ed annegò negli occhi di lei.
«Ciao…»
sussurrò lei.
«Ciao a te, tesoro»
rispose lui con voce roca.
Lei gli sorrise e nel petto dell’ibrido si sciolse l’ultimo ghiacciaio.
 
«Pronto?»
Elena aveva risposto al cellulare senza nemmeno leggere il nome sul led, quindi fu uno shock sentire la voce all’altro capo del telefono.
«Hey…»
«Matt!» esclamò «Santo cielo! Stai bene?»
«Sì… sì… scusa se sono sparito…»
«No… cielo… scusa tu... non volevo essere assillante…»
«Non preoccuparti, Elena… lo so... avevo bisogno di un po’ di…»
«Tranquillità…» finì per lui «Capisco… davvero… anzi, mi spiace averti costretto a chiamare…»
«Agh… non mi hai costretto! Anzi, a dire il vero mi sono sentito un verme per non averlo fatto prima ma…»
«Matt» lo interruppe con dolcezza «Davvero, ho capito… non devi darmi nessuna giustificazione. La sola cosa che mi serve sapere è se stai bene… tutto il resto può aspettare…»
Ci fu un lungo silenzio a quel punto, infine Matt sospirò e disse:
«Sto bene… davvero… tornare a Mystic Falls mi fa sempre uno strano effetto… ma sto bene»
«Sono contenta di sentirtelo dire»
«Ed io sono contento di potertelo dire… e tu? Come stai?»
Elena rise.
«Ah, bella domanda…» si lasciò cadere sul letto e sollevò lo sguardo sul soffitto «Ora che ti ho sentito sto decisamente bene… anzi… tu sei la ciliegina sulla torta di una giornata piena di buone notizie…»
«Che mi sono perso?»
si incuriosì l’amico.
«Oh… beh… Jessica sta tornando a casa… è andato tutto bene… a quanto pare Klaus si è svegliato e Tyler è ancora K.O., ma niente di preoccupante… Bonnie ci aveva detto che ci sarebbe voluto un po’…»
«Oh! Wow… tutto sembra andare per il verso giusto»
«Già…»
«Hey… cos’è quel tono?»
«Niente di che… è solo che durante il viaggio c’è stata una novità…»
«Sì? Quale?»
Elena espirò a fondo prima di trovare le parole adatte.
«Beh… diciamo che Jess… beh… sì… ecco… lei potrebbe essersi presa una cotta per Klaus…»
«Cosa?!?» esclamò Matt «E Damon lo sa?»
«No! Oh dio, no! E non dovrà mai saperlo!»
«Ma…»
«A quanto pare Klaus non ricambia… ed anche se mi spiace per Jessica, questo è un bene…»
All’altro capo del telefono, Matt emise un fischio sommesso.
«Questa sì che è una notizia bomba… Jess e Klaus…»
«Non dirlo a me…»
commentò la vampira.
 
«Questo è un disastro di proporzioni cosmiche!»
sibilò Bonnie, camminando avanti e indietro nello spazio ristretto della stanza del motel.
 
Avevano lasciato il molo quando Godric e Salizar avevano comunicato di dover tornare sulla chiatta.
Klaus aveva trasportato Tyler nella macchina lasciata in un deposito due mesi prima.
Jessica non aveva parlato e la strega si era limitata a scuotere la testa borbottando frasi incomprensibili per tutto il viaggio. Giunti al motel, però, aveva dato libero sfogo a tutte le sue preoccupazioni, ribadendo il concetto del disastro che si prospettava quel risvolto romantico.
 
«Bonnie…» provò a calmarla la ragazza «Credo tu stia esagerando…»
La strega si immobilizzò con un piede ancora in aria, rivolse uno sguardo di fuoco prima a lei e poi all’ibrido e rispose:
«Tu credi?!? Hai idea di cosa farà Damon appena saprà di voi due? Ed indovina con chi se la prenderà per non aver evitato questa apocalisse!!!»
«Ok» intervenne perentorio Klaus «Adesso basta! Con Damon me la vedrò io…»
«Noi»
lo corresse Jessica, prendendogli la mano.
«Noi»
ripeté l’ibrido sorridendole.
Bonnie fece roteare gli occhi e riprese la sua marcia nella stanza.
«Maledizione! Maledizione!»
imprecò.
Nel letto dove era stato deposto, Tyler si mosse mugugnando.
«Si sta svegliando…» disse Jessica avvicinandosi «Oh mio dio, Bonnie… si sta svegliando…»
«Jess… forse è meglio che tu e Klaus aspettiate fuori»
suggerì Bonnie andandole accanto.
«La strega ha ragione… almeno per quanto riguarda me…»
concordò Klaus.
La ragazza annuì ed insieme all’ibrido si diresse verso la porta.
«N-no…» biascicò Tyler dal suo giaciglio «V-voglio… voglio p-parlare con lei…»
Gli occhi scuri del ragazzo si posarono su Jessica. Klaus le si parò davanti ringhiando.
«Non hai niente da dirle, amico…»
«Voglio parlare… con… lei… solo con lei…»
L’ibrido si preparò a controbattere, ma Jessica gli afferrò un braccio, facendolo girare verso di lei.
«Klaus… fammici parlare... ok? Non mi farà niente… aspettami fuori…»
«Jessica…»
«Ci si può fidare di Tyler» intervenne Bonnie «Non è lui il nemico…»
Le parole della strega suonarono dure, ma Klaus non poté fare a meno di pensare che avesse ragione.
Sbuffò e tornò a guardare la ragazza, indurendo la mandibola.
«Ok… sono qua fuori…»
concluse, spostando lo sguardo su Tyler.
 
Rimasta sola, la giovane andò a sedersi accanto al giovane steso nel letto.
«Allora…»
iniziò, tamburellandosi nervosamente le ginocchia con le dita.
«Allora…» ripeté Tyler sorridendo debolmente «Bonnie ha ragione… non ti farò del male…»
la rassicurò.
La ragazza annuì.
«Lo so… cioè… so che non sono io quella in pericolo…»
Gli occhi neri del ragazzo si spostarono verso il soffitto e si velarono di lacrime.
«Nemmeno Klaus è in pericolo… non per me, almeno… sono sicuro che abbia i suoi validi nemici in giro per il mondo…»
Jessica lo fissò confusa, lui proseguì:
«Con lui perdo in partenza, l’ho capito ormai… è forte, è crudele e non ha scrupoli. Non commetterò di nuovo l’errore di credere di poterlo sconfiggere…»
«Tyler… parli come se sapessi… tutto…»
«Intendi i vent’anni di vita che mi ha rubato?» una lacrima sfuggì al suo controllo «Sì… so tutto…»
La ragazza spalancò la bocca, incredula.
«C-come… ma come…»
«Come faccio a saperlo?» sospirò «Il mese scorso… credo fosse il mese scorso… lì il tempo era confuso… comunque… ho provato un dolore lancinante, come se ogni parte di me stesse andando a fuoco… ho aperto gli occhi e… ero perso… introno a me era tutto buio e per quanto urlassi non mi sentiva nessuno… poi… poi ho sentito la tua voce… il tuo tocco… quella sensazione di calore è svanita e con essa il dolore. Ho atteso di svegliarmi, perché quello doveva essere un incubo… invece no… sono rimasto lì… relegato in quell’angolo buio, imprigionato in un vuoto assoluto… e l’unica cosa che mi arrivava… era la tua voce…»
Jessica si strinse le mani sul petto.
«Sentivo tutto quello che dicevi, le domande che rivolgevi a Klaus… e…»
«Ed hai capito cosa ti era successo…»
Lui annuì.
«Tyler… ascolta…»
«Non farò nulla ai danni di Klaus…» la bloccò «E non voglio tornare a Mystic  Falls… lasciatemi qui…»
 
Conclusa la chiamata con Matt, il cellulare di Elena tornò a squillare.
Sorrise leggendo il nome di Bonnie.
«Hey! Novità?»
chiese entusiasta.
La strega lanciò uno sguardo di fuoco all’ibrido in piedi, di fronte alla porta della stanza.
«Sì…» rispose sospirando «E non ti piaceranno…»
La vampira corrugò la fronte e domandò:
«Cosa è successo?»
«Sei da sola? Damon è  nei paraggi?»
volle sapere la strega.
«No… Stefan lo ha trascinato da qualche parte con qualche scusa… è impossibile tenerlo in casa ora che Jess sta tornando…»
rispose Elena, preoccupata dal tono dell’amica.
«Meglio così…»
«Bon… che diavolo succede?»
«Jessica…»
«Sta bene?»
si affrettò a chiedere.
«Sì… solo che… lei e Klaus… beh… a quanto pare lui stava solo aspettando di tornare nel suo corpo per azzardare una mossa…»
Le parole si sparsero in maniera casuale nella mente della vampira, facendole sfuggire il significato di quell’affermazione.
«Elena…» riprese Bonnie «Sarà il caso che prepari Damon… a quanto pare si ritroverà una figlia fidanzata al dio degli inferi…»
«Merda…»
sbottò Elena.
«È quello che continuo a dire io…»
 
«Cosa?!?»
esclamò Jessica, sgranando gli occhi.
«Hai sentito… » proseguì serafico lui «Non c’è più niente per me lì… mia madre non c’è più, non ho più una casa…»
«E i tuoi amici?» proruppe lei « E Caroline?»
Nell’udire il nome della vampira un’espressione di dolore deformò il volto del ragazzo.
«Tyler…» riprese Jessica «Caroline ti aspetta… ho intrapreso questo folle viaggio anche per lei, per restituirle l’amore della sua vita…»
Lui strinse gli occhi e girò il viso dall’altra parte.
«Non… io non posso…»
«Cosa? Cosa non puoi?» la ragazza si alzò in piedi «Non puoi tornare da lei?»
Lui si limitò ad annuire.
«E perché? »
«Io… io non so se ce la faccio… lei ha vissuto otto anni con Klaus… non si è accorta che non ero io…»
«Non è del tutto vero… lei aveva notato che c’era qualcosa di diverso, lei lo sapeva che quel “Tyler” non eri proprio tu… solo non sapeva spiegarsi a cosa fosse dovuto. E non puoi davvero fargliene una colpa se si è concessa di sentirsi al sicuro dalla minaccia di Klaus. Ogni tanto le persone hanno bisogno di credere di aver vinto...»
«Se torno lì… farà male…»
«Farà molto più male se scappi via… » Jess si morse il labbro inferiore «Caroline ti aspetta… i tuoi amici ti aspettano… la tua vita è lì, con loro…»
«E con Klaus?» chiese brusco lui «Ho capito che tra voi due è nato qualcosa…»
Jessica sospirò.
«A Klaus penserò io... voi altri riprendete contatto con le vostre esistenze…» si chinò sul letto afferrando il viso di Tyler tra le mani «E adesso basta con questa autocommiserazione… non ho rischiato la pelle per darti la possibilità di dartela a gambe! No davvero!»
«Ok…» disse lui «Ma non posso assicurarti che non proverò a vendicarmi un giorno…»
Lei sorrise con dolcezza.
«Ci penseremo quando arriverà quel giorno…» gli lasciò il viso e si raddrizzò «E adesso riposati… domani ci aspetta un lungo viaggio…»
Si voltò ed andò verso la porta.
 
Klaus la stava aspettando poggiato al muro.
«Mi dispiace»
disse lui fissando un punto nel vuoto davanti a sé.
La ragazza chiuse adagio la porta e cercò con lo sguardo Bonnie, trovandola poco più in là, intenta a parlare al telefono con qualcuno.
«Hai sentito tutto, eh…»
Incrociò le braccia sul petto e si mise di fianco all’ibrido.
«Sì… e mi dispiace…»
ribadì lui.
«Klaus…»
iniziò lei.
«No, Jessica…» la fermò, voltandosi verso di lei «Non avevo nessun diritto di metterti in questa situazione… come al solito ho agito senza pensare…»
Lei gli pose due dita sulle labbra, facendolo tacere.
«Non sono tanto stupida da credere che andrà tutto bene o tanto illusa da pensare che sarà facile…» si mise in punta di piedi aggrappandosi alle spalle di lui «Ma non ho nessuna intenzione di sprecare il mio tempo mortale, elencando le ragioni per cui tra noi potrebbe essere sbagliato» si avvicinò ancora di più alla bocca dell’ibrido «Credo che mi concentrerò sulle ragioni per cui tutto questo è giusto, invece…»
Socchiuse gli occhi e lo baciò.
 
Un urlo si levò nelle tenebre, squarciando il silenzio notturno al molo di Sunnydale.
Ma non c’era più nessuno in vita per spaventarsi di un suono tanto disumano e furioso. 

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Capitolo 33
*** A new beginning ***


La voce di Klaus ridestò Jessica, rimasta imbambolata a fissare il led del proprio cellulare.
«Hai chiamato a casa?»
La ragazza trasalì voltandosi di scatto. L’ibrido sollevò le mani sorridendo.
«Scusami, tesoro… non mi ero accorto fossi tanto assorta!»
Scuotendo la testa e ricambiando il sorriso, disse:
«No… non preoccuparti… stavo solo... io…»
Klaus si avvicinò preoccupato, prendendole il viso tra le mani.
«Hey… tutto ok?»
Fissò gli occhi in quelli di lui e sospirò.
«Va tutto bene» lo rassicurò «Ho… io… io ho chiamato D.»
L’ibrido si irrigidì sgranando gli occhi.
«Capisco… gli hai… tu gli hai detto di noi…»
«Cosa?!? No! Sei impazzito?!?» indietreggiò di un passo e si voltò «Non… non potevo dirglielo per telefono… è solo che…»
Non riuscì a finire la frase. Klaus le si avvicinò di nuovo, le mise le mani sulle spalle e se la spinse contro il petto.
«Guarda che non sei obbligata a dire nulla… se hai cambiato idea, capirò…»
Jessica si girò talmente in fretta che l’ibrido batté le palpebre un paio di volte per la sorpresa. Gli occhi di lei erano di nuovo agganciati ai suoi ed ora era lei a tenergli il viso stretto tra le mani. Quando parlò la sua voce risuonò profonda e decisa.
«Quello che provo per te, non ha nulla a che vedere con la mia testa… non è un pensiero o un’opinione che posso cambiare se convinta dalle giuste parole» lo attirò più vicino «E se c’è una persona in questo mondo in grado di capire ed accettare quello che provo per te, fidati, è D., ma…»
Abbassò lo sguardo e la presa sul volto di Klaus si allentò. Lui pose le proprie mani su quelle di lei.
«Jessica…»
Lei tornò a guardarlo.
«Klaus… ho solo bisogno che vada tutto bene, ok? D. ha bisogno di qualche vittoria… ha bisogno di serenità... ho appena realizzato che la nostra vita è stata un continuo sopravvivere alle circostanze»
«Tu gli hai restituito la sua famiglia, l’amore della sua vita…»
«Sì… e poi sono partita per una missione potenzialmente suicida e sto per tornare,  innamorata del più odiato dal gruppo!»
Klaus sentì un colpo al cuore.
«Dillo di nuovo…»
sussurrò.
Lei aprì la bocca per chiedere cosa dovesse ripetere, ma le parole appena espresse riecheggiarono nella sua mente, facendole avvampare le guance.
«Beh… mi sembrava ovvio fosse così… no?»
disse lei distogliendo lo sguardo, imbarazzata.
«Non per me, Jessica… mai per me»
La giovane sorrise mestamente.
«Mi sono innamorata di te, Klaus» disse con un filo di voce «Mi sono perdutamente innamorata di te…»
Gli occhi di lui brillarono e la voce gli tremò per l’emozione quando si ritrovò a chiederle:
«Com’è stato possibile?»
Lei gli si avvicinò di un passo.
«Ti aspetti sul serio che ti elenchi le ragioni per cui è successo?»
«È solo che…»
Jessica posò due dita sulle labbra di lui.
«Ssshhh» lo zittì «Non dimenticare che sono io quella a cui piace fare domande… le risposte non sono proprio di mia competenza…»
Lui sorrise.
«Come vuoi tu, tesoro…» si chinò verso le sue labbra «Comunque, anche io…»
Lei corrugò la fronte inclinando la testa di lato, interrogandolo con lo sguardo.
«Anche io…» riprese accorciando la distanza tra le loro bocche «…mi sono perdutamente innamorato di te…»
Subito dopo Klaus catturò il sorriso fiorito per quella dichiarazione con un bacio profondo e sensuale.
«Noi siamo pronti!»
La voce di Bonnie piombò tra di loro, gelando il fuoco della passione che stava per divampare contro il muro del motel su cui l’ibrido aveva spinto Jessica.
Si separarono lentamente, entrambi col fiato corto. La ragazza si schiarì la gola e continuando a fissare gli occhi di lui, urlò:
«Arriviamo!»
Qualche istante più tardi raggiunsero la strega e Tyler intenti a caricare i pochi bagagli sull’auto.
«Pronti a tornare a casa?»
domandò nascondendo la propria agitazione.
«Ti risponderò quando saremo arrivati»
disse Tyler.
«Io non vedo l’ora di stringere mio marito e la mia bambina tra le braccia»
rispose invece Bonnie.
Jessica notò il colorito pallido della strega.
«Hey, Bon… tutto bene?»
si preoccupò.
«Sì… sì… sono solo molto stanca. Non ho dormito bene… tutto qui…»
replicò lei, sorridendo.
«Beh… guiderò io» intervenne Klaus «Avete tutti un’aria un po’ sbattuta… ed il mio corpo ha riposato per oltre vent’anni…»
«Io mi siedo dietro con Bonnie… al momento è meglio che ti stia lontano…»
asserì Tyler.
«Chiederti scusa è inutile…» ribatté l’ibrido «Ma se un giorno sentirai il bisogno di farmela pagare, non ti fermerò…»
«Se invece chiudessimo qui questo circolo vizioso di vendetta e ripicca?!?» proruppe Jessica «Non siete mai stanchi di tutto questo?»
«Mi ha rubato vent’anni di vita, Jess»
ribatté con durezza il ragazzo.
«Sì… lo ha fatto… ma sei anche un ibrido immortale… vuoi vivere in eterno cercando vendetta o goderti un’esistenza felice accanto alla donna che ami per tutto il tempo che vi sarà concesso?»
Non giunse nessuna risposta ed i quattro si misero in viaggio per Mystic Falls.
 
Damon fissò ogni individuo presente nel suo salotto.
Tutti già al corrente della notizia bomba, tutti già preparati.
Aveva passato gli ultimi mesi a chiedersi cosa sarebbe andato storto, a fare congetture su eventuali intoppi, a figurarsi risvolti drammatici che avrebbero messo in pericolo la vita di Jessica, ma in nessuno degli scenari da lui immaginati era previsto un esito tanto sconvolgente. 
«Ahm… Damon… siediti…» gli aveva detto il fratello. «Che sta succedendo?» aveva chiesto lui, preoccupato.  Quindi la dottoressa aveva esortato Elena a parlare e quando questa lo fece, il mondo di Damon si ribaltò di nuovo.
 
«Damon… ti devo dire una cosa… riguardo… Jessica…»
«Sta bene
«Sì… sì… più che bene… ma forse è il caso che tu lo sappia ora…»
«Sapere cosa? Che succede
Elena prese fiato, si sedette di fronte a lui e mordicchiandosi il labbro ponderò le parole da usare, quindi parlò:
«Damon… Jessica… lei ha… sviluppato un certo interesse nei confronti di Klaus…»
«Ci credo! È un vampiro-licantropo  Originario di oltre mille anni… per una curiosa come lei sarà stato come vincere alla lotteria! Un Klausizionario da consultare per ogni sua più morbosa curiosità… perché dovrebbe preoccuparmi questa notizia
L’espressione tesa sui volti degli altri vampiri lo mise in allarme.
«Elena… di che tipo di interesse si parla qui
domandò stringendo i pugni.
Lei abbassò lo sguardo e deglutì a vuoto.
«Lei… lei si è… ahm… lei si è innamorata di lui…»
Damon iniziò a scuotere la testa ma Elena continuò a parlare:
«Il fatto è che… il sentimento è ricambiato da parte di Klaus… e sì… ecco… loro stanno insieme…»
«Lei cosa? No! No! Non esiste! Non esiste! Mi avete capito? No
inveì alzandosi in piedi.
 
Elena aveva provato a farlo calmare dicendogli che non poteva impedire a Jessica di amare Klaus, e prima che potesse iniziare a spaccare tutto arrivarono anche gli altri, rivelandogli  di essere a conoscenza di tutto.
Non riuscì a trovare nulla da dire ed ogni suo progetto per la vita di sua figlia andò in fumo, tutto il piano a cui aveva pensato durante quei due mesi di lontananza per garantire a Jessica una vita felice e senza altri colpi di scena venne inficiato da quella svolta romantica inaspettata.
 
Klaus parcheggiò nel vialetto di fronte alla grande casa Salvatore. Jessica deglutì a vuoto osservando la struttura, notando quanto era cambiata  dal giorno della sua partenza. L’aura lugubre era stata sostituita da un’energia vitale tangibile: il giardino era rifiorito, la fontana ripulita e fatta tornare in funzione, le finestre rispolverate, la vita re-infusa in ogni mattone e asse di legno.
L’ibrido le prese una mano, portandosela alla bocca e baciandone le nocche.
«Sei pronta?»
Lei non rispose, prese fiato ed annuì.
«E voi due, là dietro?»
chiese a Bonnie e Tyler.
«Io voglio solo stringere la mia famiglia tra le braccia»
rispose la strega.
«Io vorrei solo che il mio cuore smettesse di battere tanto forte…»
disse l’altro.
«Ed io non vedo l’ora che questa giornata finisca…»
concluse Klaus, aprendo la portiera dell’auto.
Jessica e gli altri lo seguirono a ruota, camminarono fianco a fianco, fu Bonnie a suonare.
Elena aprì la porta ed i suoi occhi corsero a cercare quelli della ragazza che si lanciò ad abbracciarla, stringendola forte.
«Lui lo sa…»
le sussurrò la vampira all’orecchio.
La giovane si irrigidì e si staccò lentamente.
«Sono pronta…»
disse soltanto.
Elena annuì, quindi guardò verso l’amica strega, abbracciandola. Poi passò a Tyler.
«Bentornato!»
Lui riuscì solo a ricambiare la stretta e a trattenere le lacrime.
«Suppongo non ci siano abbracci per me… vero?»
commentò Klaus.
La vampira lo fulminò con lo sguardo.
«Tu falla soffrire… e giuro che renderò la tua vita un inferno!» lo minacciò «Ma ora andiamo… c’è un po’ di gente che ci aspetta…»
Così dicendo rientrò in casa, gli altri la seguirono.
Arrivati nel salotto una marea di emozioni esplosero di seguito.
Bonnie corse incontro a Jeremy e Jenna, stringendoli ed annegando nei loro abbracci. Tyler si fiondò su Caroline che volò da lui, sorridendo ed irradiando amore e felicità. Damon rimase immobile a fissare Jessica, trattenuto per un braccio da Stefan.
La ragazza sentì bruciare sulla pelle l’amore e la frustrazione che ardevano negli occhi del vampiro.
Il suo istinto era quello di correre ed abbracciarlo, ma sapeva che prima bisognava chiarire la situazione.
Provò a parlare ma non riuscì a dire molto, intervenne Klaus, rischiando di far precipitare ancora di più la situazione, ma alla fine riuscì a farsi capire dall’uomo che l’aveva cresciuta e le aveva insegnato a vivere e ad amare.
«E tu sei disposta a rinunciare a questo amore?» le aveva chiesto, tremante.
«No… ma non sono disposta nemmeno a rinunciare alla mia vita… lo amerò finché potrò… almeno io dimenticherò quello che provo… lui vivrà in eterno senza potermi avere…» gli aveva risposto e nello stesso momento, mentre le parole lasciavano la sua bocca, realizzò di quanto dolore avrebbe causato quella situazione. Capì di aver convinto Damon quando una luce brillò negli occhi del vampiro, una scintilla che aveva imparato a riconoscere negli anni: stava pensando ad Elena e alle scelte che avrebbe fatto lui per garantirle la felicità.
Anche Klaus avrebbe sacrificato la sua felicità per quella di Jessica e mentre i due uomini più importanti della sua vita si stringevano la mano per siglare la pace e l’accettazione della loro relazione, lei si sentì morire. Un giorno avrebbe dimenticato Klaus e prima o poi la morte l’avrebbe liberata dalla menzogna, ma lui avrebbe vissuto in eterno senza di lei, ricordandola, amandola.
Troppo tardi per tornare indietro.
«Ci salutiamo come si deve?»
chiese Damon, avvicinandosi a lei.
Jessica ricacciò indietro le lacrime ed allontanò quel pensiero orribile e si costrinse a sorridere. Il vampiro allargò le braccia e lei, semplicemente, si abbandonò contro di lui.
Inspirò il suo odore così familiare ed improvvisamente gli parvero trascorsi millenni dall’ultima volta che erano stati così vicini. Affondò le dita nella schiena di suo padre e si ritrovò a dire:
«Mi sei mancato così tanto…»
Lui la strinse a sua volta, bisbigliando:
«Anche tu, Jess… anche tu…»
Una volta separati, Damon si accorse di essere diventato il centro dell’attenzione di quel pubblico indiscreto, si schiarì la gola, tornò al tavolino degli alcolici, si versò nuovamente da bere, e senza sollevare lo sguardo dal bicchiere aggiunse:
«E comunque sognatevi di dormire  nella stessa stanza!»
Le espressioni incredule di tutti gli ospiti furono così plateali che al vampiro parve di sentire il rumore delle sopracciglia inarcate e delle fronti aggrottate. Si stampò in faccia un sorriso storto, sollevò lo sguardo ed il bicchiere mimando un brindisi.
«Sono pur sempre suo padre… e lui non mi piace!»
commentò.
«Sei un coglione, amico»
disse Jeremy.
«Uno di quelli simpatici, però!»
replicò lui, mandando giù il contenuto del bicchiere in un solo sorso.
Jessica fece roteare gli occhi e scosse la testa.
«Vieni Klaus» prese per mano l’ibrido «Ti faccio vedere dove dormiremo…»
E senza aspettare repliche lo trascinò al piano di sopra.
Elena si avvicinò a Damon guardandolo perplessa.
«Stanze separate, sul serio?»
«Hey… ci dovevo provare…»
Posò il bicchiere e cinse i fianchi della fidanzata, avvicinandola a sé.
«Questo è un gran macello…» sospirò «Davvero un gran macello!»
La vampira gli prese il viso tra le mani.
«Jessica sta bene… starà bene! Rilassati Damon, per una volta nella vita… rilassati…»
Lui poggiò la fronte su quella di lei.
«Vorrei poterlo fare… non sai quanto vorrei…»
 
«Jessica, tesoro… posso dormire in un’altra stanza… davvero…»
disse Klaus, seguendo la giovane nel lungo corridoio.
Lei lo guardò da sopra la spalla facendo schioccare la lingua sul palato.
«Abbiamo dormito nella stessa stanza per due mesi… cosa dovrebbe cambiare ora che siamo a casa?»
Lui si fermò di colpo bloccando la marcia di lei, la tirò a sé e le cinse la vita con un braccio.
«Beh…» iniziò in tono suadente «Qualcosa potrebbe essere diversa…»
Un brivido percorse la schiena di Jessica, facendole formicolare la pelle.
«Sì… lo so…» sussurrò «Ed onestamente, non vedo l’ora…»
Klaus la baciò con trasporto e la sollevò da terra. Si separò da lei solo per chiederle:
«Qual è la stanza?»
Lei indicò l’ultima porta sulla sinistra e tornò a baciarlo. Lui si mosse veloce fino alla stanza, entrarono avvinghiati, senza nemmeno guardarsi intorno. Baciandosi avanzarono fino a sbattere contro il letto, persero l’equilibrio e caddero sul piumino senza mai staccare le loro bocche.
Klaus rotolò sulla schiena trascinandosi Jessica sopra, le mani di lei gli scivolarono sul petto mentre lui, con le sue, le strinse i fianchi.
«Jessica…»
«Sì…»
mugugnò lei.
«Rallentiamo un attimo…»
«Perché?»
«Perché giù ci sono ancora un po’ di persone che vorrebbero salutarti… e perché io vorrei fare una doccia… e perché con te non voglio avere nessuna fretta…»
Lei sorrise ed annuì.
«Ok… ma appena hai fatto raggiungimi di sotto. Devi iniziare a farti degli amici…»
«Non ci conterei troppo, fossi in te…»
«Non sottovalutarmi, Klaus… e non sottovalutare la mia famiglia…»
così dicendo si sollevò ed uscì dalla stanza.
Klaus rimase steso sul letto, fissando il soffitto combattendo l’istinto di darsi un pizzicotto. Se fosse stato solo un sogno, non avrebbe fatto nulla per svegliarsi… mai.
 
Jessica trovò tutti ancora in salotto.
Bonnie, ancora molto pallida, stava seduta sul divano stretta tra le braccia di Jeremy, con Jenna seduta sulle ginocchia ed insieme parlavano con Damon ed Elena. Tyler e Caroline si tenevano per mano chiacchierando con Liz, Stefan e Meredith.
Li guardò immaginandosi inserita in un angolo di quel singolare quadro, affiancata da Klaus.
Avrebbe reso tutto possibile, avrebbe allargato quella famiglia facendo vedere a tutti il vero volto dell’uomo di cui si era innamorata, ma prima, aveva un’ultima questione di cui occuparsi, poi sarebbe stata libera di vivere e di morire.
 
Klaus scese in salotto mezz’ora più tardi, ripulito ed agitato.
Subito cercò con lo sguardo Jessica.
«Perso qualcosa, Klaus?»
domandò Damon.
«Dov’è Jessica?»
Il vampiro inarcò un sopracciglio.
«Questo dovresti dircelo tu…»
ribatté.
«Mi ha accompagnato in stanza ed è tornata subito giù…» rispose l’ibrido «Non l’avete vista?»
Ma prima che chiunque potesse preoccuparsi, la ragazza sbucò alle spalle di Klaus.
«Stavate parlando di me?»
L’ibrido si voltò  di scatto afferrandola per le spalle. Un alone scuro si era allargato sotto i suoi occhi e gli sembrò più pallida.
«Dove sei stata?»
Lei sollevò le sopracciglia ed abbassò gli angoli della bocca in un’espressione di innocente confusione.
«Stavo morendo di fame e sono andata ad ordinare qualcosa da mangiare» mostrò un menù arancione «Ho ordinato pizza per tutti!»
Il clima di tensione si allentò subito e Klaus la lasciò andare, indietreggiando di un passo. Era solo stanca ed affamata.
«Scusa… la forza dell’abitudine… credo…»
«Abitudine al pessimismo?» spostò lo sguardo su Damon «Voi due dovete sul serio fare qualcosa per il vostro catastrofismo cronico! È preoccupante!»
Una risata si sollevò nella stanza e la serata prese quota.
Seduto al fianco di Jessica, Klaus si sentì stranamente a proprio agio. Bastava l’amore di lei a soppiantare l’odio di tutti gli altri e si ritrovò a pensare a quante persone lo avessero amato davvero in tutta la sua vita. Il pensiero volò alla sua famiglia, ai suoi fratelli e non riuscì a trattenersi dal tirare in mezzo la questione.
«Per quanto riguarda i miei fratelli…» intervenne durante un discorso di Caroline «Come la mettiamo?»
Il silenzio calò nella stanza. La prima a parlare fu Elena:
«Adesso è tardi… ma domani sarai libero di risvegliarli ed aggiornarli su quanto accaduto…»
Klaus guardò gli altri.
«A voi sta bene?»
domandò.
«Erano questi i patti, no?»
rispose Damon.
«I patti erano anche che sarei sparito con loro…»
fece notare.
«Non ricordarmelo»
replicò duramente il vampiro.
«Hey» si intromise Jessica «Se vorranno restare saranno i benvenuti… a patto che non creino problemi…»
«Sì… beh… buona fortuna con quello!»
sbottò Elena.
Klaus fece spallucce guardando Jessica.
«Ha ragione lei… i miei fratelli… possono essere problematici…»
«Perfetto!» esclamò la giovane «Così tu e D. sarete accontentati! Avrete la vostra dose di dramma! Direi che meglio di così non poteva andare!»
Altre risate accolsero la schiettezza della ragazza, poi si tornò alla serata che si concluse poco dopo, con Bonnie e Jenna addormentate sul divano e Jessica in procinto di imitarle, abbandonata contro il petto di Kalus. Damon aiutò Jeremy a portare le sue donne in macchina e Stefan accompagnò Caroline, Tyler e Liz a casa. L’ibrido portò in camera la ragazza e le rimboccò le coperte.
«Scusa…» borbottò con gli occhi socchiusi «Non era quello che avevi in mente, immagino…»
Lui le si sdraiò accanto abbracciandola.
«Addormentarmi stringendo tra le braccia la donna che amo?» ribatté lui «È esattamente ciò che avevo in mente…»
«Sai cosa voglio dire…»
«Sssh… adesso dormi, tesoro… non c’è nessuna fretta…»
E con quella promessa nelle orecchie, la ragazza si addormentò.
 
Quando Jessica aprì gli occhi il giorno seguente, Klaus era ancora profondamente addormentato. Lo osservò costringendosi a non toccargli il viso, onde evitare di svegliarlo. Meritava un po’ di riposo anche lui.
Si alzò adagio dal letto ed uscì dalla stanza in punta di piedi. Scese in cucina e non si sorprese di trovare Damon già sveglio.
«Hey…»
lo salutò.
Lui sollevò lo sguardo dal giornale che stava sfogliando e le rivolse un sorriso storto.
«Hey a te… dormito bene?» sollevò subito una mano per bloccare qualsiasi risposta «Come non detto, non mi servono i dettagli!»
Lei scosse la testa e  gli si avvicinò.
«Per tua informazione ho dormito come un ghiro! Ero sfinita!»
Lui non replicò, ma non fece nulla per mascherare la sua soddisfazione.
«Togliti quel sorriso compiaciuto dalla faccia, D.» lo rimbeccò incrociando le braccia sul petto «Mi sono riposata a sufficienza… stasera potrei avere tutte le energie per…»
«Ok, ok! Ho capito… basta!»
la bloccò, accendendo la tv per mettere un fermo ad ulteriori chiacchiere.
Sullo schermo apparve una cronista molto avvenente, in diretta da quello che sembrava il luogo di un incendio.
«… che ha visto impegnati i vigili del fuoco per tutta la notte» stava dicendo la donna «Ancora sconosciute le cause dell’incendio divampato nella tarda serata di ieri al porto di Sunnydale» Jessica si fece più attenta «Forse la perdita di olio motore di un’imbarcazione attraccata al molo ed una sigaretta ancora accesa hanno innescato il terribile incendio che ha portato alla morte di tutti i membri dell’equipaggio del Capitàno Godric »
Jessica si portò le mani alla bocca.
«Oh mio dio…»
«Che succede?»
si preoccupò Damon.
«Quegli uomini… Godric… noi… noi abbiamo viaggiato con loro… io… io li conoscevo…»
Il vampiro guardò le immagini delle fiamme proiettate dalla tv.
«Beh… per fortuna eravate già scesi da bordo quando è successo…»
commentò.
«Io… io li conoscevo…»
ripeté incredula la giovane. 

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Capitolo 34
*** The Deal. ***


L’incendio proiettava bagliori rossi nel cielo nero, uomini in divisa da pompieri correvano in tutte le direzioni brandendo pompe d’acqua, le forze dell’ordine presidiavano la zona comunicando attraverso i walkie-talkie.
Diverse emittenti televisive erano accampate in diversi angoli dell’ara portuale e uomini e donne avvenenti si affrettavano a colorire la storia di dettagli macabri o strappacuore: l’età delle vittime, i famigliari che avevano lasciato, i sogni irrealizzati di questo e di quello, la possibilità che  le fiamme abbiano colto nel sonno i vari marinai, non lasciandogli il tempo di provare a salvarsi.
Jessica guardava le immagini alla tv, senza riuscire a staccare gli occhi. Teneva le mani premute sul petto ed il suo unico pensiero era che, in un modo o nell’altro, lei era entrata in contatto con tutte quelle persone.
Che fosse per un saluto, una comunicazione o una richiesta, lei aveva toccato ognuna di quelle esistenze… ed ora, erano tutti morti.
«Che succede qui
chiese Klaus, entrando in cucina.
La ragazza non rispose, Damon guardò prima lei poi l’Originario.
«A quanto pare è successo qualcosa al molo» disse, indicando il televisore «Le persone con cui avete viaggiato, sono tutte morte in un incendio»
Klaus corrugò la fronte incredulo.
«Godric è morto?»
domandò.
Damon annuì.
«Quando è successo?»
volle sapere l’altro.
Il vampiro si strinse nelle spalle.
«A quanto pare ieri sera…»
rispose.
Klaus incrociò le braccia sul petto.
«Beh… almeno noi eravamo lontani»
Prima che Damon riuscisse ad esprimere il suo consenso a quell’affermazione, Jessica voltò la testa di scatto, lanciando uno sguardo di fuoco al suo neo-compagno.
«Ma che vi passa per la testa?!?» esclamò «Sono appena morte più persone di quante ne frequenti di solito, e la vostra preoccupazione è che almeno noi siamo vivi?»
Klaus lanciò uno sguardo interrogativo a Damon che, però, si guardò bene dal fornire spiegazioni.
«Hey…»disse Elena, affacciandosi in cucina «Che succede?»
I due vampiri tacquero, lasciando la parola a Jessica.
«C’è stato un incidente al molo» comunicò con voce piatta «L’intero equipaggio con cui abbiamo viaggiato, è morto… nessun supersite»
Elena spalancò la bocca incredula.
«L’incendio è avvenuto ieri notte»
aggiunse la giovane con lo stesso distacco.
La vampira scosse la testa.
«Santo cielo… è terribile…» si avvicinò alla ragazza cingendole dolcemente le spalle «Li conoscevi?»
Jessica annuì.
«Mi spiace… devi essere sconvolta…»
concluse.
«A quanto pare dovrei essere solo sollevata per essere scesa in tempo dalla chiatta»
ribatté la giovane.
Elena non capì subito, ma il silenzio colpevole dei due vampiri nella stanza la insospettì. Lanciò loro uno sguardo truce.
«Che le avete detto?»
Damon e Klaus scossero la testa ma, saggiamente, non proferirono verbo. La vampira fece scoccare la lingua contro il palato e tornò a dedicarsi a Jessica.
«Vuoi andare a fare una passeggiate? Prendere un po’ d’aria ti farà bene»
propose.
«No… voglio… devo chiamare Bonnie…» disse «Conosceva Godric da sempre, sarà sconvolta…»
Elena sorrise e le fece cenno di seguirla. Prima di uscire dalla cucina, però, lanciò uno sguardo di fuoco a Damon, il sotto-testo era “noi due parliamo dopo”.
Il vampiro si trattenne dal sorridere. Non era decisamente il momento di pensare a ‘come’ si sarebbe fatto perdonare.
Klaus, immobile accanto a lui, cacciò fuori tutta l’aria che aveva trattenuto.
«Che diavolo è successo?»
chiese.
Il vampiro lo guardò incredulo.
«Cosa?»
chiese l’Originario.
Damon scosse la testa.
«Amico… avrai pure mille anni, ma di donne non ne capisci proprio niente…»
Klaus inarcò le sopracciglia.
«Perdonami “amico”, ma non mi sembra che a te sia andata meglio… ho visto quello sguardo che ti ha lanciato la tua adorata Elena prima di andare via… non prometteva nulla di buono»
Damon fece un sorriso storto.
«Non sai quanto ti sbagli, bello…»
commentò.
 
«Scusa» esordì Jessica «Non volevo essere pesante… ma… tutte quelle persone morte…»
Elena accarezzò un braccio alla ragazza per rassicurarla.
Ricordava com’era quando la morte era uno spettro terrificante da temere e rifuggire.
Anche se nel corso degli anni aveva imparato a conviverci, assumendola come compagna di viaggio, riusciva ancora a capire quanto fosse sbagliato non temerla, non farsi toccare dal suo operato.
Sì, in fondo al cuore anche lei aveva gioito al pensiero che quell’incendio non avesse colpito i suoi cari, ma non avrebbe mai concesso a quel sollievo di prevalere sulla consapevolezza che Jessica era stata abbastanza immune dalla falce della nera mietitrice.
Sua madre era morta e suo padre aveva perso la vita proprio sotto ai suoi occhi, ed anche se non ne parlava mai, sapeva che quelle due assenze pesavano nel suo cuore, in maniera diversa, forse, ma comunque importante. Ed ora, persone con cui aveva speso gli ultimi due mesi, erano morte in maniera atroce.
«Non preoccuparti Jess…» disse infine «Non sei pesante… sei solo umana, meravigliosamente umana»
La giovane sorrise.
«Poi andrò a parlare con quei due zucconi… devo chiedere scusa anche a loro»
Elena corrugò la fronte, Jessica spiegò:
«Lo so che sono solo talmente abituati alla morte che non perdono tempo a preoccuparsi di chi non c’è più… ma in quel momento, non avevo bisogno di sentirmi “fortunata” di essere ancora in vita…»
La vampira le strinse una mano ed annuì. Era decisamente “meravigliosamente umana”.
«Ora chiamo Bonnie…»
comunicò poi la ragazza.
Prese il cellulare e compose il numero. Dopo pochi squilli, fu Jeremy a rispondere al telefono:
«Pronto?»
«Hey… Jeremy, sono Jessica…»
disse lei.
«Hey Jess! Tutto bene?»
La ragazza sospirò.
«Sì… alla grande… ehm… Bonnie?»
chiese.
L’uomo abbassò la voce.
«Oh, lei sta ancora dormendo… sembra così stanca…»
«Beh, è stato un viaggio pesante, in effetti… per lei in particolar modo…»
commentò la giovane.
«Già… però sono contento sia tornata a casa tutta intera»
«Tua moglie è una donna forte… farebbe di tutto per la sua famiglia, incluso tornare tutta d’un pezzo!»
All’altro capo del telefono Jeremy rise.
«Già… puoi dirlo forte… ma, ti serviva qualcosa in particolare da lei?»
La domanda spiazzò Jessica, aveva  dimenticato il motivo della chiamata.
Parlare della forza di Bonnie e della sua voglia di stare serena con la sua famiglia, le aveva portato via dalla mente tutta la morte che le aveva dato il buongiorno.
Pensò se fosse il caso di dirlo o meno a Jeremy.
“Se c’è qualcuno che può comunicare una notizia tanto terribile a Bonnie, quello è suo marito” si disse.
«Ahem» iniziò «Sì… ecco… non so se hai acceso la tv sul notiziario…»
«No… è successo qualcosa?»
si affrettò a chiedere l’uomo.
«Beh… c’è stato un incidente al molo di Sunnydale. Godric e tutto l’equipaggio con cui abbiamo viaggiato, sono morti in un incendio divampato ieri notte…»
Un lungo silenzio accolse la notizia, poi Jeremy disse:
«Santo cielo… è terribile… Bonnie ne sarà sconvolta…» sospirò «E tu stai bene?»
Jessica sorrise.
«2 punti ai Gilbert – 0 ai vampiri…»
disse.
«Cosa?»
chiese confuso lui.
«Niente… niente…» rispose «Ci sentiamo… fammi sapere come la prende Bonnie… e dille che se vuole, sono qui…»
«Sarà fatto…» comunicò Jeremy «Ciao Jess»
Lei ricambiò il saluto e chiuse la comunicazione.
 
«Credi che dovrei andare da lei?»
domandò Klaus.
«No, lasciale un po’ di spazio per accumulare abbastanza epiteti per poterti insultare per più di un’ora senza mai riprendere fiato… le farà bene…»
rispose Damon.
L’Originario sollevò le sopracciglia confuso.
«Agh… lascia perdere» tagliò corto il vampiro «Piuttosto… che ne dici di organizzare una bella riunione di famiglia? I tuoi fratelli sono ancora di sotto, con i loro pugnali piantati nel cuore…»
«Già… la mia famiglia…»
commentò Klaus.
Aveva cercato di non pensarci, spiegare loro gli ultimi eventi non sarebbe stato facile… soprattutto considerato che lo avevano creduto morto per oltre vent’anni.
Risvegliarli e confessare di aver trovato una scappatoia ai danni di Tyler per poi far diventare anche loro carne da macello nelle mani di Diana avrebbe richiesto tutta l’arte oratoria di cui, fortunatamente, disponeva. Quello che, però, non sapeva come poter mettere sul piatto delle rivelazioni, era Jessica.
No, non c’era niente nel suo repertorio di fomentatore di folle che potesse far accettare ai suoi fratelli che aveva deciso di fermare la sua corsa alla conquista di un mondo che non lo aveva mai voluto davvero, in nome di una donna che, ad essere ottimisti, gli avrebbe regalato una decina d’anni di gioia e amore. Poi avrebbe dovuto lasciarla andare via. Non perché lo aveva promesso a Damon, nemmeno perché lo aveva promesso a Jessica… semplicemente perché lo aveva promesso a se stesso.
Damon si schiarì la gola strappandolo alle sue elucubrazioni.
«Allora?» disse «Andiamo a dare il buon giorno ai bambini o li lasciamo a prendere un altro po’ di polvere?»
Klaus scosse la testa, scacciando un po’ di pensieri. Allungò un braccio e scimmiottò un mezzo inchino.
«Dopo di te»
Il vampiro sospirò, si voltò e si incamminò verso le cantine, l’Originario lo seguì.
Scesero le scale, l’ambiente si fece più umido e l’aria stantia. Damon camminò fino ad una porta in ferro in fondo ad un corridoio male illuminato.
Mise le mani sul maniglione e mugugnò.
«Cosa?»
chiese Klaus.
Il vampiro scosse la testa.
«Nulla… ero convinto di aver chiuso  meglio…» lanciò un’occhiata all’Originario alle sue spalle «Spero i tuoi fratelli non si siano ammalati!»
L’altro lo superò, dandogli una spallata ed entrò nell’angusto antro buio.
Una lucina si accese, illuminando l’ambiente con dei raggi deboli e gialli.
Tre bare di legno scuro e lucido erano disposte una accanto all’altra in un angolo.
«Ci siamo…»
commentò.
Prese un gran respiro e si avvicinò ad aprire la pima cassa.
Avrebbe iniziato con Elijah, tra tutti era il fratello più gestibile. Magari, anzi, avrebbe potuto aiutarlo quando sarebbe venuto il turno di Kol e… santo cielo, il turno di Rebekah. 
 
Stefan e Meredith scesero nel salotto, trovandovi Jessica ed Elena parlare sedute sul divano.
«Buongiorno!»
salutò.
«Giorno a voi!»
rispose gentilmente Elena.
Jessica sorrise ad entrambi, Stefan si accorse delle ombre scure sotto gli occhi della giovane.
«Hey… tutto bene?»
domandò.
La ragazza, quindi, diede la notizia dell’incendio al molo anche allo zio e alla fidanzata. Entrambi parvero molto colpiti dalla notizia, ma anche loro si dissero contenti del fatto che lei e Bonnie fossero in salvo.
Jessica, però, non diede in escandescenze. Aveva capito che la dimensione della morte era qualcosa di talmente concreto nel mondo dei vampiri, che prima o poi si iniziava a pensare in termini di sopravvivenza: chi resisteva e chi no.
«E Damon dov’è?»
chiese Stefan.
La ragazza scosse la testa, da quando li aveva lasciati in cucina, lui e Klaus, non si erano fatti vivi.
Forse avevano deciso di lasciarle un po’ di spazio… si sentì in colpa. Non avrebbe dovuto prendersela con loro. Avrebbe decisamente chiesto scusa ad entrambi.
«Forse è il caso che chiami Liz»
aggiunse il vampiro.
«Per trovare D.?» chiese Jessica «Mi pare un po’ esagerato… non si vede in giro da meno di un’ora…»
Stefan rise.
«No…» rispose «Per la storia del molo… magari conosce qualcuno nel dipartimento di polizia di Sunnydale, può trovarci qualche informazione…»
«A che pro?»
domandò la ragazza.
Il vampiro si strinse nelle spalle.
«Non so… forza dell’abitudine, credo. La morte non è mai solo una coincidenza nel nostro mondo…»
Jessica sorrise mestamente.
«Questa lo è…»
commentò.
«Già…»
concordò Stefan.
 
«Ti decidi a tirar fuori quel pugnale o no?»
sbottò Damon, stanco di aspettare.
Klaus se ne stava inginocchiato accanto alla bara con dentro Elijah da più di venti minuti.
«L’impazienza, Damon, è sempre stata la tua più grande pecca!»
ribatté stizzito l’altro.
«La pazienza ha senso solo se c’è un premio che valga l’attesa… altrimenti, è inutile… proprio come guardare te, contemplare il taglio perfetto del vestito impolverato di Elijah!»
inveì il vampiro.
«Un premio che valga l’attesa…» ripeté Klaus «Come la tua Elena? Ti senti ripagato del tempo che l’hai aspettata ora che è tua?»
Damon indurì la mascella. Non aveva nessuna voglia di parlare di Elena con Klaus, anche perché immaginava dove sarebbe finito quel discorso… e non c’era nessuna possibilità che lui e l’Originario si sarebbero messi a discutere della relazione di quest’ultimo con sua figlia!
«Klaus… tira fuori quel dannato pugnale, o giuro di togliere quello nel petto di Rebekah e poi ti chiudo qui dentro a vedere come va a finire»
L’ibrido scosse la testa.
«Non ti va proprio giù, eh…»
Il vampiro non rispose, Klaus continuò:
«Io e Jessica… lo trovi tanto sbagliato?»
«Non lo so… tu che dici? Affideresti la cosa più preziosa che hai nelle mani di uno come te?»
replicò duramente il vampiro.
L’Originario si alzò, voltandosi verso di lui.
«La cosa più preziosa che ho, è Jessica… quindi, non so davvero come risponderti…»
Damon sollevò gli occhi al soffitto.
«Klaus, leva quei pugnali ai tuoi fratelli, per favore…»
«Cosa ti rende tanto diverso da me?» iniziò l’altro «Cosa concede a te il diritto di amare e conquistare Elena? Cosa fa di te un essere meritevole della sua umanità, della sua bontà… del suo amore? Sei stato un mostro tanto quanto me… eppure, a te è concesso amare ed essere amato…»
Il vampiro scosse la testa.
«Ma ti senti quando parli?»
L’Originario non rispose.
«Vuoi sapere in cosa sono migliore di te?» avanzò di un passo «In niente! Faccio schifo quanto te, lo hai detto… sono un mostro, ho ucciso, ho agito senza badare alle conseguenze… ho fatto del male per il gusto di farlo… ma io lo so cosa sono» abbassò il tono della voce «Io ho ben chiaro in mente chi sono ogni singolo istante della mia vita… io non mi illudo mai di poter essere diverso, migliore o sollevato dalla mia condizione di mostro… l’amore di Elena, di Jessica… l’affetto di mio fratello e la tolleranza dei loro amici nei miei riguardi, li accolgo come benedizione, come attimi di felicità che mi costeranno il doppio delle pene quando tutto mi verrà tolto…»
Klaus corrugò la fronte.
«Di che diavolo parli…»
«Lo vedi?» disse «Nemmeno te ne rendi conto…» allargò le braccia «Persone come me e te… vivono in un fottuto countdown… abbiamo fatto tanto male che non ci possiamo illudere che non ne pagheremo mai le conseguenze… prima o poi il karma o il dannato destino, verranno a riscuotere… ed il prezzo sarà tutto quello che ci fa sentire ancora vivi, che ci dà uno scopo per continuare questa farsa di vita… che ci fa ridere e ci toglie il fiato all’improvviso…»
Klaus incrociò le braccia sul petto, confuso.
«Tu sei convinto che tutto finirà?»
domandò.
«No» rispose il vampiro  «Io “so” che tutto finirà… mi godo quello che viene finché c’è…»
«Io sono immortale, Damon… se dovessi morire io… sarebbe la fine per tutti voi»
«Ed ecco cosa ci rende diversi, Klaus… la mia fine non graverà sulla vita di nessun altro, eppure me ne sento totalmente responsabile… tu cammini con i nostri fottuti cuori tra le mani, e ti comporti come se tutto riguardasse solo te… stai facendo lo stesso con Jessica… ti sei preso il suo cuore e ti comporti come se alla fine, sarai solo tu a pagarne il prezzo…»
La bocca di Klaus si piegò in una smorfia.
«Io la amo!»
«E questo ti dà il diritto di fotterle la vita?» proruppe «Mi chiedi cosa abbia reso me meritevole  di amare e di essere amato da Elena. Ecco, te lo dico: quando ho capito cosa provavo per lei, ho fatto di tutto per lasciarla andare, per evitarle il fardello della mia esistenza…»
«Ma sei ancora qui»
gli fece notare.
«Perché il destino è una puttana ed io sono un bel ragazzo…» ribatté con un sorriso amaro il vampiro «Ma credimi se ti dico che non ci sia giorno in cui, alla fine della gioia che provo per avere l’amore della mia vita stretto tra le braccia, io non senta un dolore atroce per averla condannata a vivere così…»
Klaus tacque, metabolizzando le parole di Damon, sentendo un’angoscia divorante crescergli dentro.
«Cosa dovrei fare allora?» chiese con voce spezzata «Sono un bel ragazzo anche io… il destino potrebbe giocare anche a me un brutto scherzo…»
Damon annuì.
«È troppo tardi per tornare indietro… ma non troppo tardi per fare la cosa giusta…»
Klaus corrugò la fronte.
«Che vuoi dire?»
Il vampiro gli si avvicinò ancora di più.
«Voglio dire che ora tu e Jessica vivrete gli anni migliori delle vostre vite… la amerai come non hai mai amato niente altro al mondo, la renderai felice, passerai il tuo tempo ad assicurarti ottenga tutto ciò che vuole» gli puntò un dito sul petto «E quando arriverà il momento di dirle addio… quando le strapperai dalla testa tutti i tuoi ricordi, ti assicurerai di portare via anche me… scambierai la sua vita reale con una in cui è cresciuta come una normalissima ragazza, in cui la magia, i vampiri, i lupi e i fantasmi, sono solo elementi favolistici… e ci metterai tutta la potenza del tuo dannato culo Originario…» spinse l’indice ancora di più nel petto di Klaus «Intesi?»
L’altro spalancò la bocca incredulo.
«Tu vuoi che Jessica si dimentichi di te?»
Damon scosse piano la testa.
«Io voglio che Jessica si liberi dal destino che l’attende se mi resta intorno…» fece un passo indietro «Io voglio che quando il timer segnerà la fine dei conti, lei sia lontana anni luce da questa dimensione… questo è tutto l’amore che ho per lei… quanto sei disposto a fare tu?»
Klaus deglutì.
«Tutto il necessario» allungò una mano «Questo è un accordo?»
Il vampiro annuì stringendogliela.
«Il nostro accordo» puntò gli occhi in quelli dell’Originario «Per Jessica»
«Per Jessica»
ripeté l’altro. 

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Capitolo 35
*** Vacation. ***


Damon comminava nervosamente in circolo, nello spazio ristretto della cantina.
Klaus stava chino sul corpo rigido di suo fratello Elijah.
L’ibrido aveva estratto il pugnale che lo aveva tenuto imprigionato in uno stato di morte apparente per anni. Adesso l’ibrido ed il vampiro attendevano che l’Originario riaprisse gli occhi.
«Che ne diresti di stare fermo, amico?»
suggerì con finta cortesia Klaus.
Damon fermò la sua marcia, allargando le braccia che aveva incrociato sul petto.
«Oh, scusa… non mi ero accorto di disturbare la tua contemplazione… “amico”»
replicò, spazientito.
«Non sei costretto a rimanere qui» disse con  semplicità l’ibrido «Posso cavarmela da solo con mio fratello»
«Certo! Come no… ti lascerò sicuramente da solo con la tua famiglia» si chinò in avanti «Del resto non combinate mai niente di male quando vi riunite!»
Klaus si alzò si sollevò di scatto.
«Bene! Rimani! Ma smettila di imitare un leone in gabbia!»
esclamò.
Per tutta risposta, Damon, riprese a camminare in circolo, esasperando i suoi movimenti.
Klaus scosse la testa e tornò a chinarsi sul corpo del fratello.
«Pensavo avessimo raggiunto una tregua»
commentò poi.
Nuovamente il moto di Damon si bloccò.
«Non una tregua, Klaus» abbassò il tono di voce «Un accordo! Noi abbiamo raggiunto un accordo, per il bene di Jessica!»
L’ibrido aprì la bocca per replicare, ma una voce roca lo fermò.
«N-Ni-Nicklaus?»
Sia lui che Damon puntarono lo sguardo su Elijah.
La sua pelle aveva un colore innaturalmente grigio ed i suoi movimenti erano deboli ed incerti.
Klaus pose le mani sulle spalle del fratello, costringendolo a stare sdraiato.
«Calma, Elijah…» si rivolse a Damon «Presto! Dammi quella sacca di sangue!»
Il vampiro eseguì l’ordine e l’ibrido afferrò il sacchetto, porgendolo al fratello.
Elijah bevve avidamente finché la vita non si rinfuse nel suo corpo rinsecchito.
Quando scostò il beccuccio di plastica dalla bocca, rivolse al fratello, ancora chino su di lui, uno sguardo indecifrabile.
«Va meglio?»
chiese Klaus.
Invece di rispondere, Elijah scattò in piedi e con una mossa fulminea afferrò il fratello per il collo, spingendolo contro una parete umida e digrignò i denti.
«Tu…»
sibilò furioso.
L’ibrido batté le mani su quelle del fratello.
«Elijah… lasciami… ti posso… posso spiegarti tutto»
ansimò, sentendo lo scricchiolio della trachea schiacciata dalla morsa di Elijah.
L’Originario non sembrò prendere in considerazione l’ipotesi di lasciar andare Klaus, e non allentò la presa.
Gli occhi dell’ibrido si puntarono su Damon, rimasto immobile a godersi la scena, con un ghigno sul viso.
«Hai… hai intenzione di… d-dare un mano?»
gli domandò.
Il vampiro sollevò le mani scuotendo la testa.
«Affari di famiglia, bello… non oserei mai intromettermi!»
commentò.
Elijah voltò la testa confuso dalla presenza del vampiro.
«In quale tipo di inferno mi sono risvegliato?» chiese «In che razza di universo parallelo voi due siete partner di crimini?»
«Woah! Vacci piano con le ipotesi» lo bloccò Damon « io e lui siamo solo momentaneamente dallo stesso lato della barricata… e sottolineo “momentaneamente”! La storia è lunga, comunque… e se vuoi ascoltarla, quella posizione ti risulterà scomoda…» 
concluse.
Elijah, però, non si mosse.
«Che diavolo succede qui?»
La voce di Jessica colse tutti di sorpresa.
La ragazza fece un passo avanti guardando in cagnesco il vampiro che teneva sospeso per il collo Klaus.
«E tu chi saresti?»
Domandò l’Originario.
Lei sollevò le sopracciglia ed incrociò le braccia sul petto.
«Mi chiamo Jessica Salvatore, e tu stai facendo del male al mio ragazzo!»
La sorpresa sul viso di Elijah si trasformò in confusione.
«Cosa?!?» chiese «Jessica Salvatore?» guardò nuovamente Damon «Salvatore come te?»
«Sì» intervenne Jessica «D. è mio padre… ora puoi lasciare Klaus, per favore?»
L’Originario non seppe più trattenersi e spalancò la bocca, facendo rimbalzare lo sguardo dalla ragazza con i capelli ricci al vampiro con gli occhi di ghiaccio.
Damon si strinse nelle spalle.
«Ti ho detto che era una storia lunga…» commentò «La vuoi ascoltare, o pensi di tenere appeso tuo fratello come un brutto quadro che non sai se tenere o buttare, ancora per molto?»
Elijah batté convulsamente le palpebre un paio di volte, poi finalmente lasciò andare Klaus che scivolò sul pavimento, afflosciandosi come un sacco vuoto, massaggiandosi il collo.
Jessica corse da lui accarezzandogli il viso.
«Starò bene, tesoro»
«Lo so che starai bene!» sbottò lei «Sei l’immortale degli immortali…»
Lui soffocò una risata.
«Allora perché quella faccia corrucciata?»
le chiese.
«Perché credevo avresti iniziato dal fratello più ragionevole! Così avevi detto!»
replicò lei confusa.
Gli occhi di Klaus si spostarono da lei al visto sbigottito del fratello.
«Ed è così…» ammise «Lui è Elijah… rinomato per il suo aplomb e self-control»
Le sopracciglia di Jessica schizzarono verso l’alto talmente in fretta che Damon pensò le avrebbero abbandonato la fronte. Poi la giovane scosse la testa, facendo dondolare i suoi riccioli scuri.
«Ah beh… se lui è quello ragionevole, ci sarà da divertirsi con gli altri due…»
Quelle parole colpirono Elijah, rimasto immobile a fissare quel singolare quadretto, chiedendosi se non fosse tutto il frutto di un incubo dal quale non poteva svegliarsi.
«Gli… gli altri due?»
domandò titubante.
Klaus si limitò a fare un cenno col capo, indicandogli un punto alle sue spalle.
L’Originario seguì l’indicazione e si pietrificò nel vedere le due casse di legno lucido adagiate sul pavimento, accanto a quello da dove era uscito lui.
«Cosa… che diavolo…»
farfugliò.
«Come dicevo…» intervenne Damon «È una storia lunga… e se abbiamo finito di perdere tempo, possiamo dedicarci a lei…» sospirò «Se solo penso che dobbiamo ripetere l’esperienza con gli altri due…»
Jessica si rimise in piedi battendo i palmi e saltellando sul posto.
«Uh! Questa è la parte che preferisco» si entusiasmò «Adoro raccontare questa storia!»
Gli occhi di tutti e tre i vampiri si posarono su lei, Elijah  la fissò confuso, Damon e Klaus, invece, scossero la testa trattenendo un sorriso.
«Tutto bene qui?»
I quattro presenti nella cantina si voltarono verso l’ingresso da cui fece capolino Elena.
Gli occhi di Elijah si strinsero sul volto della bella vampira, quindi scattarono verso il fratello.
«Da quanto tempo sono rinchiuso in quella cassa?»
domandò.
L’ibrido si strinse nelle spalle.
«Se mi chiedi quanto sia passato da quando mi avete creduto morto, posso risponderti… quasi ventuno anni… ma non ho idea di quando tu sia stato imprigionato lì dentro…»
Elijah aprì la bocca per dire qualcosa ma Damon lo bloccò, dicendo:
«Come dicevo, storia lunga! Ed ora basta perdere tempo!»
L’Originario guardò di nuovo Elena.
«Sei Katherine?»
le chiese.
Lei scosse la testa.
«No, Elijah… sono Elena…»
«Come sto dicendo da mezz’ora» sbottò Damon «Lunga storia! Ed ora sbrighiamoci, per favore!»
Elijah annuì, ma non smise di guardare con una strana espressione Elena.
Finalmente Damon e Klaus riuscirono ad aggiornare l’Originario sugli sviluppi degli ultimi ventuno anni e lui ascoltò in religioso silenzio, interrompendoli di tanto in tanto per approfondire degli aspetti che non gli erano chiari, come ad esempio tutta la faccenda riguardante Jessica.
Ci vollero più di tre ore per far chiarezza al vampiro sui vari intrecci ed intrighi di tutta quella storia assurda, ma alla fine lui si disse sicuro di aver capito i punti salienti.
«Quindi, qual è il piano ora?» chiese «Svegliare Kol e Rebekah e...»
Klaus si irrigidì e sospirò.
«Io… io ho Jessica ora» prese la mano della ragazza «Voglio vivere insieme a lei tutto il tempo che ci sarà concesso…»
Elijah annuì.
Ancora faticava a credere che suo fratello avesse trovato l’amore e che questo si fosse presentato nelle fattezze umane di una ragazza che, in un modo davvero troppo complicato da riassumere in poche parole, era la figlia di Damon Salvatore.
Inspirò a fondo.
«Bene, allora» asserì «Pensiamo a Rebekah e Kol… da chi vuoi iniziare?»
«Kol!»
Risposero tutti in coro, tranne Jessica.
L’Originario annuì sorridendo.
«Ha senso…» si aggiustò il nodo della cravatta consunta ed allargò le braccia «Iniziamo!»
Il gruppo quindi si dedicò a ripetere l’operazione di estrazione del pugnale dal corpo del fratello minore dei Mikaelson.
Finito di ascoltare tutto, Kol disse:
«Questa storia è…»
«Una tipica giornata a Mystic Falls?»
concluse per lui Damon.
L’altro annuì sorridendo.
Sorprendentemente Kol si dimostrò molto elastico nell’accettare l’assurda verità e fu più semplice anche convincerlo che non era stato Klaus a tirare loro un brutto scherzo.
Infatti la reazione di Elijah verso il fratello, appena sveglio, era dovuta alla convinzione di questi, errata, che fosse stato proprio l’ibrido a macchinare tutto.
«Ok…» riprese Damon «Passiamo a barbie Klaus, ora?»
Elena si irrigidì accanto a lui ed il vampiro le strinse la mano, guardandola apprensivo.
«Sto bene» lo rassicurò lei «In fin dei conti… ha reso possibile la nostra vita insieme…»
«Uccidendoti…»
sibilò lui.
«Dandomi una vita eterna… da passare con te…»
replicò con dolcezza lei.
Damon lasciò cadere l’argomento ma, anche se una parte di lui era felice oltre ogni misura per l’avere l’amore della sua vita accanto, non poteva ignorare quel logorante pizzicore in fondo allo stomaco che gli ricordava tutte le cose che le erano state negate per avere in cambio solo lui: una famiglia sua, un futuro in cui veder crescere i suoi figli, delle radici che non avrebbe mai più potuto mettere in un luogo tanto a lungo.
Risvegliata anche Rebekah si replicò la sceneggiata già messa in atto da Elijah, con la vampira furiosa per l’inganno di Klaus.
«Mi hai fatto credere che ti avevo perso per sempre ed invece te ne stavi in giro a vivere l’idillio con quell’oca spara-giudizi?!?»
Fu il suo primo commento dopo la prima infarinata di informazioni.
«Beckah, calmati… non volevo ingannare nessuno» provò a calmarla l’ibrido «Ero sul serio convinto di poter recuperare il mio corpo in tempi brevi…»
«Ed invece? Hai aspettato 8 anni prima di capire che forse era il caso di rindossare le tue chiappe sode?» sbottò l’Originaria.
L’ibrido scosse la testa.
«Le cose… si sono… complicate…»
disse con cautela, guardando Elena.
Rebekah non la guardò direttamente in faccia e disse:
«Non mi scuserò per ciò che ho fatto»
La vampira non rispose e quando l’Originaria cacciò un urlo, nessuno capì a cosa fosse dovuto. Poi la voce di Jessica spiegò ogni cosa.
«Nemmeno io chiederò scusa per questo…»
ringhiò fissando gli occhi sbarrati di Rebeckah.
La giovane aveva afferrato un pugnale e lo aveva conficcato nella mano dell’Originaria.
Klaus si affrettò a mettersi di fronte alla ragazza, per difenderla dalla furia di sua sorella mentre Elijah e Kol l’avevano prontamente afferrata per le spalle.
«Lasciatemi» ordinò lei con una calma irreale «Non le farò nulla»
Nessuno si mosse, ma Jessica sgusciò fuori da dietro alle spalle di Klaus.
«Non ho paura di lei»
disse con fermezza.
L’ibrido le si parò di nuovo davanti e si costrinse a sorriderle.
«Ed allora sei molto stupida, tesoro»
l’ammonì.
Gli occhi di Jessica si strinsero ed aprì la bocca per insultare il suo nuovo compagno, ma la voce di Rebekah interruppe quella prima schermaglia amorosa.
«No… non è stupida. Ha solo vendicato la sua famiglia… la capisco e la rispetto per questo…» si rivolse ai suoi fratelli che ancora la trattenevano «Lasciatemi ora…»
I due si guardarono titubanti.
«Lasciatela» intervenne Elena «Klaus strapperebbe il cuore a Rebekah se facesse del male a Jessica e Damon ne concerebbe la pelle per farmi una borsetta da viaggio… e poi sono stufa di tutte queste minacce!» si avvicinò a Rebekah piazzandosi di fronte a lei, costringendola a guardarla «Sono stata arrabbiata con te per tanto di quel tempo…» sospirò «Ma non perché mi avevi strappato la vita…» puntò gli occhi su Damon «Ma perché mi avevi strappato la speranza…»
Rebekah ricordò in quel momento il brutto scherzo che aveva tirato ad Elena poco prima di torcerle il collo, facendole credere di aver ucciso Damon prima di andare da lei.
Nemmeno lei sapeva che fine avesse fatto il vampiro, ma sapeva che se si era dato alla macchia, non si sarebbe fatto trovare facilmente.
L’Originaria abbassò lo sguardo ed annuì.
«Ok» disse «Mi dispiace…»
Le sopracciglia di Elijah e Klaus si sollevarono nello stesso istante, ma nessun commento fu fatto su quel momento di puro pentimento della sorella.
Ritrovata la calma si tornò a parlare di tutto ciò che li aveva riuniti in quella cantina e fu finalmente il momento delle domande.
Come avevano fatto, tutti e tre i fratelli, a finire vittime di Diana?
Nessuno di loro ricordava di aver incontrato una donna che corrispondesse alla sua  descrizione e poco prima di venire pugnalati si trovavano in posti diversi a fare cose diverse.
«Io ero in un bar»
li informò Kol.
«Io ero in un Albergo…»
aggiunse Rebekah.
«Io…» Elijah fece una pausa «Io ero con Katherine»
ammise infine.
Le facce dei suoi fratelli e quella di Elena si dipinsero di meraviglia, quella di Jessica di sincero smarrimento e quella di Damon di… disgusto.
Elijah si schiarì la gola.
«Non è come credete… noi stavamo solo cenando…»
«Con Katherine demonio Pierce?» si meravigliò Damon «Con quella donna nemmeno camminare vuol dire “solo” camminare! Puoi stare certo che la sua mente diabolica starà tarando i tuoi movimenti per disporre un bel campo minato con cui farti saltare in aria nella sua marea di merda!»
Jessica in quel momento si ritrovò a pensare che almeno una volta nella vita avrebbe voluto incontrare questa famosa Katherine Pierce.
Sapeva che aveva l’aspetto di Elena, ma a quanto pare, erano fatte di una pasta assai diversa… e poi, non le sarebbe dispiaciuto piantare un pugnale anche nella sua mano, per aver usato il cuore di suo padre come puntaspilli.
«Comunque… questo è l’ultimo ricordo che ho… io e lei che brindiamo, parlando dei vecchi tempi…»
concluse Elijah.
«Beh, ecco la nostra risposta!» esclamò Damon «Katherine, è stata lei a fotterti… e non come avresti sperato tu…»
«Damon!»
Lo ammonirono in coro Elena e Jessica.
«Cosa?» obietto con innocenza lui «Ho ragione!»
«Forse» intervenne Klaus «Ma non mi risulta che Kol e Bekah fossero in compagnia dei Katherine…»
Gli occhi di tutti si puntarono sui due Originari in attesa di risposte, loro scossero la testa.
«Non ho mai avuto il piacere di conoscere questo demonio» iniziò Kol «Ma so che ha le fattezze di Elena… e credetemi, l’avrei notata nonostante fossi ubriaco…»
Rebekah annuì alle parole del fratello.
«Ed io non so per chi mi avete presa, ma non condivido le stanze d’Albergo con pazze psicopatiche…»
aggiunse.
«E quindi siamo punto e a capo»
commentò Jess.
«A meno che…» Damon parve studiare i propri pensieri, quindi guardò Elijah «Tu stavi brindando…»
L’Originario annuì.
«E tu» indicò Kol «Eri ubriaco»
Anche lui annuì.
«Fammi indovinare» si rivolse a Rebekah «Stavi sorseggiando un coppa di Champagne ammirando il panorama degli  Champs-Élysées
L’Originaria fece roteare gli occhi.
«Birra…» ammise «E stavo guardando un documentario sulle foche…»
Sei paia di occhi le si posarono addosso sorpresi.
«Cosa?!? Sapete almeno che razza di mattanza c’è solo per fare delle squallide pellicce?»
si giustificò lei.
«Quando mio fratello squartava conigli e cervi nei boschi, invece, non ti creava problemi la “mattanza”?»
commentò sarcastico Damon.
«La vogliamo finire?» sbottò Elena «Concentriamoci! Dicevamo che forse siete stati drogati…»
«Sì… è probabile… siamo immortali e smaltiamo prima i vari veleni… ma questo avrebbe comunque dato il tempo a qualcuno di piantarci un pugnale nel cuore…»
ammise Elijah.
«Perfetto! Mistero risolto…»
disse Klaus.
«Agh! Misteri! Ne ho le tasche piene!»
proruppe Jessica, guadagnandosi lo sguardo stupito del compagno, del padre e di Elena.
«Che c’è? Anche una malata di avventure come me ha bisogno di vacanze!»
si difese.
«Beh… se siamo tutti d’accordo, andremo tutti in vacanza» propose Damon «Se la qui presente famiglia più vendicativa della storia promette di non tramare ed organizzare rappresaglie di sorta, ai danni di qualsiasi cosa umana e superumana che possa rispondere al fuoco nemico, da domani, potremo semplicemente goderci questa seconda occasione…»
Le parole rimasero sospese nell’aria umida della cantina per un po’, poi Elijah allungò una mano verso Damon.
«Non desidero di meglio per me e la mia famiglia…»
A lui si unirono anche Kol e Rebekah e tra strette di mano e promesse di pace, il folto gruppo salì al piano di sopra, trovando Stefan e Meredith intenti a parlare fitto-fitto.
Alla vista degli Originari riuniti i due vampiri si interruppero e si misero in piedi, studiandoli per capire l’andazzo della situazione.
«Va tutto bene, Stef» lo tranquillizzò Damon «Abbiamo chiarito ogni cosa e siamo tutti ansiosi di vivere in pace e serenità… non è stupendo?»
Il fratello si sforzò di sorridere ed annuì.
«Meraviglioso…»
ribatté.
Il tono teso e preoccupato di lui, però, mise in allarme metà dei presenti.
«Cosa è successo adesso?»
domandò scoraggiata Elena.
«Bonnie…» rispose lui con tristezza «Lei… lei sta male…»
«Molto male»
aggiunse Meredith. 

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Capitolo 36
*** One step close. ***


Jeremy andò ad aprire la porta di casa, trovandosi di fronte l’intera famiglia di Originari, sua sorella con Damon e Jessica, e Stefan e Meredith. Caroline, Tyler e Liz erano già arrivati da diverse ore.
Vedendo il viso di Elena, non poté fare a meno di avere un momento di cedimento e le corse tra le braccia, lasciandosi stringere.
«Come sta?»
chiese la vampira, riferendosi a Bonnie.
Lui si limitò a scotere la testa, ancora affondata nel collo della sorella.
«Lei… non so Elena… è debole, non riesce a stare nemmeno in piedi…»
I due si staccarono tornando a guardarsi negli occhi.
«Sarà solo molto stanca…»
provò a consolarlo lei.
«Non è solo questo…» replicò Jeremy «C’è qualcosa che non va…»
Rivolse uno sguardo al resto del gruppo, deglutì e trovò il coraggio per proseguire.
«Qualcosa di sovrannaturale, intendo…»
Damon fece roteare gli occhi, buttò indietro la testa e sbuffò.
«Lo sapevo!» commentò «Più di 24 ore senza un imprevisto sovrannaturale?!? Troppo bello per essere vero…»
«D., seriamente… ti sembra il momento per il tuo monologo sulla iella di Mystic Falls?»
lo rimproverò Jessica.
Il vampiro la guardò con un sorriso storto.
«Jess, non è Mystic Falls ad avere la iella…»
La ragazza corrugò la fronte confusa, ma Elena intervenne, impedendo il protrarsi della discussione.
«Ora basta! Siamo qui per Bonnie e Jeremy…»
li ammonì.
I due tacquero con aria colpevole e la vampira si rivolse nuovamente al fratello.
«Possiamo vederla?»
chiese.
Lui annuì, quindi indicò il resto degli Originari.
«Voi siete qui per una ragione precisa, o…»
Kol aprì la bocca per rispondere, ma Elijah sollevò una mano per fermare qualunque battuta al vetriolo del fratello più giovane, e disse:
«Nostra madre è stata una strega potentissima… magari possiamo dare una mano…»
 Jeremy sollevò le sopracciglia perplesso.
«Con tutto il rispetto, Elijah… ma le uniche volte che ho avuto a che fare con tua madre, questa stava tentando di farvi fuori…»
L’Originario annuì e sorrise mestamente, quindi sollevò la mano che stringeva un libro vecchio e consunto.
«Questo è il suo Grimorio… se sul serio ciò che ha colpito Bonnie è sovrannaturale, magari, oltre agli incantesimi per uccidere la sua progenie, c’è qualcosa che possa spiegare i sintomi di tua moglie…»
L’uomo sospirò e si spostò di lato, per farli passare tutti.
«A questo punto sono aperto a tutte le possibilità…» allungò un braccio verso l’interno della casa  «Prego, entrate pure in casa mia…»
li invitò.
Una volta riuniti nel salotto della casa, Jeremy incrociò le braccia sul petto e disse:
«Jenna non ne sa niente… lei pensa che Bonnie abbia l’influenza… quindi, per favore, toglietevi quell’espressione da funerale dal volto»
Rebeckah aggrottò la fronte.
«Jenna?»
gli domandò.
«Nostra figlia» le rispose «Ha appena otto anni…»
L’Originaria fece un’espressione meravigliata.
«Dannazione… quanto diavolo sono rimasta chiusa in quella cassa…»
borbottò.
«Che vuoi dire?»
chiese Elena.
Rebeckah distorse la bocca in una smorfia imbarazzata.
«Beh… diciamo che per un po’ sono tornata a vedere come ve la passavate da queste parti… e l’ultima volta che sono stata qui, la strega era in coma e sicuramente non c’erano bambini di mezzo…»
La vampira inarcò le sopracciglia.
«Tornavi a vedere come ce la passavamo… o come “me” la passavo?» mosse un passo verso l’Originaria «Controllavi il frutto del tuo operato?» inasprì il tono «Era un bello spettacolo?  “Elena fuori di testa”… ti devi essere divertita un mondo, vero?»
Rebeckah rimase in impassibile alle invettive della vampira, subendo il suo sguardo di fuoco.
«Ok, ok…» si intromise Damon «I patti sul mantenere la pace vale in entrambe le direzioni… ed ora abbiamo altro di cui occuparci…»
Elena rimase a fissare l’Originaria per un’altra manciata di istanti, quindi si voltò verso il fidanzato.
«Non preoccuparti per me…» disse «È risaputo che sono quella buona…» puntò gli occhi sul fratello «Vado da Bonnie…»
Non attese risposta e si avviò al piano superiore.
Un silenzio imbarazzante calò nella stanza che solo l’arrivo della piccola Jenna ruppe.
«Papà? Chi sono tutte queste persone?»
La bambina, ferma sotto l’arco del corridoio, stringeva in mano una tazza di latte ed indossava una vestaglia di lino rosa che la fece sembrare una principessina.
Gli occhi di tutti le si puntarono addosso e nel cuore di più d’uno si accese una fiamma di tenerezza.
«Jen, piccola, vieni qui…»
disse Jeremy, inginocchiandosi ed allargando le braccia.
La piccola colse l’invito del padre e corse da lui, lasciandosi stringere, ma non staccò gli occhi dai nuovi personaggi che invadevano il suo salotto.
«Jenna» intervenne Jessica «Queste persone sono i fratelli e la sorella di Klaus…»
La bambina li studiò uno ad uno annuendo.
«Siete qui per far star bene la mamma?»
domandò.
«Ci proveremo, piccola…»
rispose Elijah.
Lei gli sorrise.
«Grazie… io ho provato a farla stare meglio… ma sono troppo piccola, credo…»
si dispiacque.
Il padre la guardò allarmato.
«Jenna, che hai fatto?»
Lei si strinse nelle spalle.
«Niente… volevo solo darle un po’ di energia… ma… non ha funzionato…»
ammise tenendo gli occhi bassi.
Jeremy le sollevò il mento con due dita, costringendola a guardarlo. Tentò di mantenersi calmo e le disse:
«Non devi farlo mai più! La mamma starà bene, ma tu non puoi metterti in pericolo così!» le si avvicinò di più al viso «Prometti!»
La piccola si morse il labbro inferiore ed annuì.
«Scusa, papà…» gli occhi le si inumidirono «Volevo solo… aiutare…»
Prima che potesse mettersi a piangere, Jessica si avvicinò ai due.
«Hey, Jen… che ne dici se andiamo in cucina e prepari anche a me una tazza di latte?»
La piccola le sorrise ed allungò le braccia verso la ragazza, Jeremy la ringraziò con uno sguardo, quindi le due sparirono oltre il corridoio.
Damon calò una mano sulla spalla dell’uomo.
«Non preoccuparti, amico… lo sa che sei solo preoccupato. I bambini le capiscono certe cose…»
lo consolò.
Accorgendosi degli sguardi divertiti e meravigliati degli altri presenti nella stanza, si schiarì la gola ed aggiunse:
«Ed ora cerchiamo di capire cos’ha Bonnie. Abbiamo perso fin troppo tempo»
Si voltò e si diresse verso le scale, seguito a breve da tutti.
Arrivati nella stanza trovarono Elena seduta sul letto con l’amica addormentata.
«Non sono riuscita a svegliarla» disse senza sollevare lo sguardo dalla strega «Ma ha percepito la mia presenza e se le parlo, reagisce stringendomi la mano»
Elijah si avvicinò, studiando il volto pallido di Bonnie.
«Pensi ci sia qualcosa in quel quaderno che possa aiutarla?»
gli chiese Jeremy.
L’Originario gli rivolse uno sguardo significativo, che non lasciava presagire a nulla di buono.
Le palpebre della strega si sollevarono a fatica udendo tutte quelle voci.
«Ci siete proprio tutti…»
sussurrò.
Jeremy le si avvicinò in fretta, prendendole la mano libera.
«Hey, Bon… come stai?»
Lei non riuscì a rispondere.
«Ti aiuteremo a stare meglio, vedrai…»
la rassicurò.
Gli sorrise debolmente e tornò a dormire.
«Andiamo di sotto» propose Elijah «Lasciamola riposare…»
Scesero nuovamente nel salotto e Klaus si diresse in cucina, ad assicurarsi che Jessica non tornasse con la piccola nel bel mezzo di una spiegazione che non sarebbe piaciuta a nessuno.
«Allora? Cos’è tutta questa segretezza?»
domandò Damon.
Elijah aprì la bocca per rispondere ma non riuscì a formulare una frase concreta.
«Non è un evento sovrannaturale» proruppe Rebeckah «Sta morendo come muoiono le streghe…»
L’Originario scoccò un’occhiataccia alla sorella e decise di proseguire lui:
«Anche se totalmente priva di tatto, mia sorella ha ragione. Quando una strega esaurisce la sua linfa vitale… si spegne… ed è quello che sta accadendo a Bonnie…»
spiegò.
«Linfa vitale? Cosa??? Ma se è ancora nel fiore degli anni!» sbottò Jeremy «E poi le streghe vivono più a lungo rispetto ai comuni mortali, no?»
«Questo è un discorso che vale per le streghe che non ne hanno passate tante quanto tua moglie» gli fece notare Elijah «Mi spiace Jeremy… non possiamo fare nulla per lei...»
«Ma… ma ci deve essere un modo! Prima di partire stava bene… aveva… lei aveva detto che il potere di Jessica l’aveva ricaricata!»
La voce dell’uomo era percorsa da una nota di disperazione che spezzo il cuore ad Elena.
«Probabilmente le ha fornito la forza per affrontare questi ultimi mesi… ma non c’è modo per porre rimedio alla cosa…»
replicò Rebeckah, in tono più remissivo.
«Forse…» intervenne Elena «Forse potremmo chiedere consiglio a Sheila…»
Il fratello scosse la testa.
«Ci ho già provato… il ponte di comunicazione con gli spiriti è chiuso. Nemmeno Jenna è riuscita a percepirla…»
L’uomo si lasciò cadere pesantemente sul divano, stringendosi la testa tra le mani.
«Forse…» azzardò Damon «Forse potremmo trasformarla in vampiro…»
Tutti gli occhi della stanza gli si puntarono addosso, lui continuò:
«Anche se morisse, ritornerebbe vampiro e tu…»
«No»

La voce di Bonnie li colse tutti di sorpresa.
La strega si era trascinata fuori dal letto e si reggeva alla parete del corridoio con la fronte imperlata di sudore ed il fiato corto.
Stefan si mosse in fretta per aiutarla a stare in piedi e li si lasciò sorreggere, deglutì a vuoto e riprese a parlare:
«Sapevo che sarebbe accaduto…» ignorò lo sgomento causato da quella dichiarazione e proseguì «Quando c’è stato quel trasferimento di energia tra me e Jess, ho capito che non mi restava molto tempo… così ho voluto assicurarmi la pace futura…» guardò gli Originari rimasti nella stanza «Non sarò qui a proteggere la mia famiglia… ma voi non sarete una minaccia, vero?»
I tre annuirono.
«Hai la mia parola e quella dei miei fratelli»
confermò Elijah.
La strega gli sorrise debolmente.
«Che vuol dire che tu lo sapevi?»
domandò Jeremy con voce tremante.
Bonnie trovò il coraggio di guardarlo, quindi rispose:
«Jer… ti ho sempre detto che c’è stato un prezzo da pagare per tornare dal mio stato di coma… ed io ho giocato troppo con la magia in passato… ma va bene così… ho avuto te… e Jenna…»
«Ma non la vedrai crescere!»
inveì lui.
«Sì, invece…»ribatté con dolcezza lei  «E con un po’ di fortuna anche voi vedrete me…»
«Ma…»
«Niente “ma”… è così che deve andare… e non rischierò un altro disequilibrio ingannando la morte» guardò  Damon «Non mi trasformerò in vampiro… ma grazie…»
«Tutto qui?» riprese Jeremy «Accetti di morire?»
La strega rivolse uno sguardo a Stefan
«Mi avvicineresti a mio marito, per favore?»
Il vampiro eseguì la richiesta ed una volta di fronte all’uomo, Bonnie allungò una mano verso il viso di lui.
«Se questo è il prezzo per sapervi sani e salvi, se questo è il prezzo per assicurarvi una vita finalmente tranquilla… sì, lo accetto…»
«Bon…»
«Ssssh…» lo zittì ponendogli due dita sulle labbra «Rifarei tutto da capo, ancora e ancora…»
Lei si liberò dalla presa di Stefan e mosse due passi incerti verso il marito che, prontamente, la accolse tra le braccia forti, stringendola a sé.
«Avresti dovuto dirmelo…»
le sussurrò all’orecchio.
«Lo sto facendo ora…e comunque non sarebbe cambiato nulla… se non forse la tua opposizione alla missione…»
Jeremy la strinse più forte ed iniziò a piangere.
Nel salotto arrivarono anche Klaus, Jessica e Jenna.
«Mamma?»
chiamò la piccola, meravigliata di vedere Bonnie in piedi.
Lei si voltò verso la figlia e le sorrise.
«Hey, piccola mia…»
La bambina si aggrappò alla gamba di Jessica, la ragazza abbassò lo sguardo su di lei.
«Vai dalla tua mamma, Jen»
Jenna scosse la testa.
«No…» rispose «Non mi avvicinerò a lei…»
«Jenna… cosa stai dicendo?»
si stranì Jeremy.
«Sono stata io a farla stare male… io…»
Non finì la frase ed iniziò a singhiozzare.
«Non essere sciocca» la riprese bonariamente Jessica, accarezzandole la testa «Vai dalla tua mamma… non potresti mai farle del male…»
«Jenna» la chiamò con dolcezza Bonnie  «Se mi stai lontana mi fai del male, vieni qui e dammi un abbraccio…»
La bambina attese un istante prima di lanciarsi tra le braccia aperte della madre.
Nell’ora successiva la strega spiegò agli amici e ai ritrovati Originari quali fossero stati i suoi piani sin dal principio, rivelando di aver sempre saputo di avere le ore contate.
Questo lasciò tutti sbigottiti ma lei riuscì a far loro capire che non aveva nessun rimpianto, in quanto era riuscita ad assicurarsi la pace.
Ci furono lacrime e qualche sorriso, ma soprattutto ci fu amore e per tutto il tempo che sarebbe rimasto da vivere alla strega, sarebbe stato il sentimento predominante.
 
Una volta casa, Damon ed Elena si appartarono nella loro camera da letto.
La vampira non aveva spiccicato parola per tutto il viaggio di ritorno.
Si andò a sedere sul letto e si fissò a lungo le mani.
«Tutto bene?»
si preoccupò lui.
Lei scrollò le spalle.
«Non lo so… la mia migliore amica morirà e non c’è nulla che possa fare per impedirlo…»
rispose lei.
Damon le si avvicinò piano.
«Sicura sia solo questo?»
La domanda stranì Elena che sollevò lo sguardo sul fidanzato.
«Cos’altro dovrebbe turbarmi?»
replicò asciutta lei.
Il vampiro sollevò le sopracciglia e si strinse nelle spalle.
«Oh, non so… magari una biondina con più anni delle rovine di Pompei…»
suggerì lui.
Elena fece ruotare gli occhi e sospirò.
«Te l’ho detto… Rebeckah non sarà un problema…»
«Già… perché tu sei quella buona…» gli occhi di lui si strinsero «Che diavolo volevi dire?»
Un lieve rossore colorò le guance di lei, che prontamente distolse lo sguardo.
«Hey, Elena…»
La vampira si morse il labbro inferiore.
«Damon… è che…»
Non riuscì a finire la frase.
Lui le si sedette accanto e le prese il visto tra le mani.
«A me puoi dire tutto… lo sai…»
la incoraggiò.
Lei annuì.
«Io… io non voglio creare problemi… ma… tutte le volte che ho accanto Rebeckah provo l’istinto irrefrenabile di staccare il cuore dal petto, a mani nude…» l’imbarazzo per quell’ammissione accese ancora di più il rossore sulle guance «So che non dovrei provare rabbia e che alla fine è andato tutto per il meglio… ma le sue parole… quella bugia su di te, prima di uccidermi… io non riesco a liberarmene…»
Gli occhi le si riempirono di lacrime.
Lui le sorrise.
«Sono qui… Elena… sono qui! Nient’altro conta!»
«Lo so… ma…»
«Niente “ma”» la interruppe «Sono io quello autorizzato a crucciarsi con pensieri negativi… non siamo ancora a quel punto di una relazione in cui prendiamo i difetti dell’altro e li facciamo nostri, vero?»
Lei rise e lui le baciò le labbra con dolcezza.
«Siamo insieme e lo saremo per sempre… pensa a questo, e basta…»
le sussurrò.
«Ti amo, Damon…»
«Vorrei ben vedere! Sono fantastico!»
replicò in tono scherzoso lui.
Elena gli diede una spinta e risero. Quando i loro occhi si agganciarono di nuovo lei si fece seria e domandò:
«Pensi che Jeremy ce la farà? Senza Bonnie…»
«Sarà dura…» la bloccò lui «Ma avrà Jenna, e te… e… beh, noi… la sua famiglia…»
«A me non è bastata…»
commentò con terrore lei.
«Era diverso…» ribatté Damon «Non eri pronta a dirmi addio e non eri pronta ad essere un vampiro… Jer avrà modo di stare con lei fino alla fine… ed anche oltre, vista la sua abilità nel comunicare con l’al di là!»
Elena corrugò la fronte.
«Sempre che l’al di là non abbia chiuso quella porta… non è strano che non sia riuscito a comunicare con Sheila?»
Il vampiro annuì.
«Questo sarà un altro mistero da risolvere, suppongo… per non farci mancare nulla!»
«Damon…»
lo riprese lei.
«Elena…»
le fece il verso.
La vampira sospirò e poggiò la testa sulla spalla di lui.
«Possiamo lasciare da parte le preoccupazioni per un po’? Ho bisogno di un po’ di pace…»
Lui annuì.
«Sì… per un po’ lasciamo da parte drammi e misteri… tanto saranno lì ad aspettarci anche tra una settimana…»
concordò.
«O due…»
aggiunse lei.
«O due…»
si corresse.
 
 Il rumore dei passi pesanti  dell’uomo che stava salendo le scale, faceva eco con i battiti del cuore di Jenna che strinse le mani in due pugni, trattenendo il respiro.
Tra pochi istanti, sulla soglia della stanza di Damon, sarebbe apparso colui che più di tutti al mondo le aveva dato e tolto.
Stava tornando per Gala, per sua figlia, e lei non poté reprimere un nuovo moto di rabbia, affondandosi le unghie nei palmi.
Guardò verso il letto dove la donna stava apprendendo la verità nello stesso modo in cui l’aveva appresa lei, ventotto anni prima, e le venne da chiedersi quale sarebbe stata la sua reazione, una volta riaperti gli occhi.
“Li odierai anche tu?” si domandò mentalmente “Anche tu vorrai solo radere al suolo Mystic Falls e tutto ciò che è collegato a questa dannata famiglia?”.
Prima che potesse dilungarsi in certi pensieri, però, la figura massiccia di un uomo avanzò nella stanza e lei si sentì mancare il terreno da sotto i piedi.
«Jenna… ciao…»
la salutò lui.
 

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Capitolo 37
*** Wide Awake. ***


Jessica continuava a sfogliare il Grimorio di Esther, se lo era fatto consegnare da Elijah qualche mese prima, per cercare una soluzione per Bonnie.
Aveva passato notti intere a studiarne ogni pagina, ogni incantesimo, ogni annotazione a margina nella speranza di trovare qualcosa, anche solo un palliativo, ma era stato tutto inutile.
Ed anche se ormai era troppo tardi, non riusciva a smettere di provarci.
Klaus entrò nella camera da letto e non si sorprese di trovarla seduta sul letto, china sul vecchio quaderno.
«Non serve più, lo sai vero, tesoro?»
disse avvicinandosi.
La ragazza sollevò la testa di scatto, emergendo dalla foschia di pensieri in cui era immersa.
Si costrinse ad ignorare il battito del suo cuore schizzato alle stelle e rispose:
«Ahm… sì… io…» guardò le pagine ingiallite del Grimorio «Ci ho fatto l’abitudine, credo…»
L’originario le si sedette accanto e le prese una mano.
«Mi spiace Jessica… ma Bonnie è morta e la sola cosa che possiamo fare per lei, ora, è andare a renderle omaggio…»
La  giovane annuì.
«Non riesco a fare a meno di sentirmi colpevole però…»
si sfogò lei.
Lui corrugò la fronte confuso.
«E perché mai?»
chiese.
Ma lei non riuscì a trovare le giuste parole per rispondergli.
Abbassò lo sguardo sulle proprie mani e la sensazione di impotenza aumentò, trasformandosi in un pianto silenzioso.
Lui le prese il mento con due dita e le sollevò il viso, costringendola a  guardarlo.
«Hey… ascoltami attentamente…» iniziò in tono deciso «Sicuramente, se iniziassimo a fare il gioco delle colpe, verrebbe fuori che tutto questo caos è colpa mia… quindi, se proprio vuoi biasimare qualcuno, fa che sia io quella persona… per quello che ero, per quello che ho fatto…»
«Non è questo Kalus…»
«Jessica» la interruppe lui «Io ho fatto del male ai tuoi amici in passato e Bonnie si è messa a giocare con una magia molto oscura ed antica solo per fermarmi. Questo l’ha condotta alla morte. Lo so io, lo sa Jeremy… e lo sai anche tu, è inutile negarlo… ma il punto è che Bonnie ha sacrificato se stessa per uno scopo più grande: la pace, la serenità per la sua famiglia, per i suoi amici… e, dannazione… anche per me» sospirò «Oggi non dovremmo perdere tempo a chiederci cosa potevamo fare di diverso per salvarle la vita… oggi dovremmo pensare al coraggio che ha dimostrato, alla forza che ha avuto… e tutto in nome di un futuro a cui lei non prenderà parte… quindi, se davvero vogliamo fare qualcosa per lei, dobbiamo rispettare questo suo sacrificio e far sì che il suo progetto si attui, mantenendo la pace e l’equilibrio…»
La ragazza annuì.
«Posso almeno piangere per un’amica che non c’è più?»
ribatté lei con più durezza di quanto non volesse.
Lui si sciolse in un sorriso comprensivo.
«Certamente, tesoro…» le lasciò il viso e si rimise in piedi «Quando sarai pronta, raggiungimi al piano di sotto»
Si voltò per andarsene ma lei lo fermò, afferrandogli la mano.
Klaus la guardò da sopra la spalla e la vide con la testa china sul petto.
«Mi spiace… non volevo…»
«Jessica…» la bloccò lui «Non hai nulla per cui chiedere scusa» le strinse di più la mano «Ed ora preparati e vieni giù, tra un po’ usciamo…»
Lei annuì e lui si allontanò, lasciandola sola.
Jessica riprese il Grimorio tra le mani e fece scorrere le dita su un’antica scritta a piè di pagina.
L’aveva letta e riletta più volte in quell’ultimo mese: “CUSTODI MEMORIIS EX ANIMO TUO ET OMNIA MEA TUA SUNT”.
Sorrise e scosse la testa.
«Smettila Jess» si rimproverò «Hai promesso di non opporti…»
Chiuse il vecchio quaderno con un colpo secco e si mise in piedi. Inspirò profondamente, si fece forza e raggiunse gli altri che l’aspettavano in salotto per andare insieme al funerale di Bonnie.
 
«Papà, potremo vedere ancora la mamma?»
chiese la piccola Jenna, mentre Jeremy le sistemava il colletto del vestitino nero.
L’uomo si costrinse a sorridere ed annuì.
«Certo… ma ci vorrà un po’ di tempo…»
le mentì.
Nei tre mesi precedenti, infatti, aveva tentato in ogni modo di contattare Sheila nell’altro lato, per chiederle aiuto, ma lo spirito della nonna di Bonnie non aveva mai risposto.
Aveva anche provato a contattare Alaric e Anna, ma invano.
Da mesi le comunicazioni con l’altro lato erano state interrotte.
Non sapeva se la colpa fosse sua o se, effettivamente, c’era qualcosa di soprannaturale dietro.
Ma non era quello  il momento per occuparsene.
«Mi mancherà tanto…»
disse la bambina, trattenendo le lacrime e distogliendolo da quei pensieri.
«Anche a me, Jen… anche a me…»
replicò lui, baciandole la punta del naso.
La piccola gli prese il viso tra le mani e si fece seria.
«Io non ti lascerò mai da solo papà… mai!»
A quelle parole, il cuore di Jeremy fece una capriola e si spezzò.
Avrebbe dovuto essere lui a fare coraggio a sua figlia, non il contrario.
Allargò le braccia e la strinse forte.
«Nemmeno io, Jenna… mai!»
Qualcuno bussò alla porta della camera della piccola, interrompendoli.
«Jer?»
La voce di Elena era sottilissima e l’uomo capì che stava trattenendo il pianto anche lei.
Si schiarì la gola, liberò la figlia dall’abbraccio e si voltò verso la sorella.
«Arriviamo subito…» le comunicò «Dacci solo altri cinque minuti…»
La vampira annuì e tornò nel salotto dove c’erano tutti gli altri.
Damon le tese una mano e lei l’afferrò, lasciandosi stringere e sostenere.
Per tutta la mattina aveva provato ad essere forte e a non pensare che la sua amica non c’era più, ma ora che si avvicinava il momento di dirle addio per davvero, sentiva che la forza di volontà la stava abbandonando.
Anche se aveva avuto tre lunghi mesi per prepararsi a questo momento, quando la sera prima Jeremy l’aveva chiamata per comunicarle che Bonnie era morta, si sentì comunque defraudata di qualcosa.
Aveva affrontato il discorso con l’amica diverse volte e le aveva sempre promesso che avrebbe saputo affrontare la situazione, ma la verità era che la vampira non riusciva ad accettare  il prezzo che la strega aveva pagato in nome di qualcosa che avrebbe dovuto essere loro di diritto.
La pace, la serenità, la sicurezza per i suoi cari, sarebbero dovuti essere una ricompensa per quanto fatto per tutta la sua esistenza, non un’ulteriore prova da affrontare.
Più ci pensava, e più trovava tutto ingiusto e senza senso.
«Possiamo andare…»
annunciò Jeremy, comparendo sotto l’arco del salotto di casa sua.
Elena scacciò via quei pensieri e si unì ai presenti che si alzarono dalle loro sedute e seguirono il fratello e Jenna,  i quali guidarono il gruppo verso il cimitero.
 Il tragitto fu lungo e silenzioso e lacrime mute bagnarono i visi di molti degli amici della strega.
Arrivati di fronte all’inferriata scura trovarono qualcuno ad attenderli.
«Matt…»
sussurrò Jeremy.
L’uomo gli sorrise mestamente.
«Non potevo mancare…»
riuscì a dire prima di scoppiare in un pianto addolorato.
Elena, Caroline, Tyler e Jeremy, gli corsero incontro abbracciandolo e stringendolo.
«Mi spiace… io…»
provò a dire, ma non c’erano più parole da esprimere, solo dolore.
La funzione fu una vera e propria celebrazione della vita di Bonnie e tutti loro, amici ed ex-nemici, le resero omaggio, parlando di lei.
Elena e Caroline raccontarono di come divennero amiche, Matt parlò dei disastrosi consigli amorosi che si erano scambiati in passato e Jeremy elencò tutte le ragioni per cui si era innamorato di lei. Stefan puntò i riflettori sull’infinita bontà d’animo di Bonnie e Jessica espresse la sua ammirazione per la donna con cui aveva avuto l’onore di condividere l’avventura più bella della sua esistenza. Ci furono parole di stima e rispetto anche da parte degli Originari ed anche Damon, a modo suo, riuscì ad aprirsi un po’.
«Non abbiamo di certo iniziato col piede giusto… e la colpa è stata certamente mia» disse «Ma non è l’inizio del viaggio che ci arricchisce, bensì tutto ciò che sta in mezzo… ed ok, con Bonnie ci sono stati alti e bassi… sempre per colpa mia, va bene… ma alla fine le ho affidato la vita delle due donne più importanti della mia esistenza, senza esitare. Questo perché ero certo che se c’era qualcuno in grado di amarle e proteggerle come avrei fatto io, quella persona era lei… e mi mancherà… davvero…»
Jeremy sperò fino alla fine che lo spirito della moglie si facesse sentire, ma non accadde e la piccola Jenna sorprese tutti dimostrandosi più forte e combattiva di quanto la sua tenera età richiedesse.
La triste giornata si concluse a casa Salvatore.
Ci furono altre lacrime e qualche sorriso, ma alla fine rimase solo un grande senso di vuoto.
«Hey, Jer… potresti venire a stare qui con la piccola»
propose Damon, suscitando stupore.
«Cosa avete da guardare così?» si indispettì il vampiro «So cosa vuol dire crescere una figlia da solo…»
Matt si voltò a guardare verso Jessica e le disse:
«Già… è vero che tu sei la famosa Jessica…» allungò una mano e si presentò «Io sono Matt Donovan…»
La giovane gli sorrise.
«Anche tu sei molto famoso» lanciò uno sguardo su tutte le persone riunite nel grande salotto «Santo cielo… siete tutti molto famosi , a dire il vero…»
L’uomo annuì.
«Nel bene e nel male…»
commentò.
Subito scosse la testa, come a voler scacciare cattivi pensieri.
«Un po’ di anonimato non farebbe male, eh?»
ribatté Jessica.
«Io ci ho provato a sparire nell’ombra» ammise in tono rassegnato «Ma poi mi sono accorto che l’ombra è più pericolosa dei coni di luce…»
Ma prima di dar modo alla ragazza di indagare su quella bizzarra affermazione, si congedò avvicinandosi a Jeremy.
«Hai conosciuto anche il garzone…»
La voce di Klaus la fece trasalire.
L’Originario le era spuntato alle spalle arrivando silenziosamente. Jessica si pose una mano sul petto e colpì il braccio del compagno.
«Ti diverti tanto a farmi venire un infarto ogni volta?»
lo rimproverò.
Lui rise e le cinse la vita con un braccio.
«Scusa, tesoro… non era mia intenzione spaventarti…»
Le posò un bacio sulla fronte e ne agganciò lo sguardo, corrugò la fronte e chiese:
«Come stai?»
Lei si strinse nelle spalle, sospirò e rispose:
«Non so… mi sembra così irreale… Bonnie non c’è più… per davvero…»
«La morte è così…» replicò Klaus «Lì per lì non ti rendi conto di quanto sia definitiva…»
Jessica si morse il labbro inferiore e guardò verso il divano dove la piccola Jenna si era addormentata, esausta.
«Sono preoccupata per lei…» ammise «Adesso si sta dimostrando forte e combattiva… ma se, come dici, è solo una questione di tempo prima che capisca quanto male le farà l’assenza di Bonnie…»
Non riuscì a finire la frase però.
«Quella bambina non è sola… nessuno di vuoi qui è solo…»
la rassicurò Klaus.
Lei tornò a fissare il volto di lui.
«Nessuno di “noi”, Klaus… tu e i tuoi fratelli, ora fate parte della famiglia… mettitelo in testa, per favore»
L’ibrido annuì.
«Certamente, tesoro… noi… nessuno di noi è solo…»
 
Il tempo dopo la morte di Bonnie trascorse in maniera strana.
Per quanto facesse male pensare al prezzo pagato dalla strega, il risultato fu un’esistenza incredibilmente serena. Non ci furono nemici da combattere, misteri da risolvere o situazioni di estremo pericolo da fronteggiare.
Per ognuno di loro si aprì un nuovo capitolo della propria esistenza ed il futuro divenne una possibilità più che una probabilità.
La piccola Jenna affrontò ogni giorno con forza e si dimostrò la degna figlia di sua madre, rivelandosi una strega molto potente ed una magnifica persona. Jeremy riuscì a non lasciarsi sopraffare dalla disperazione, ed anche se non era più in grado di comunicare con i defunti, trovò il suo personale modo di sentirsi vicino a Bonnie, organizzando delle cene per poter parlare di lei e mantenerne vivo il ricordo. Kol ed Elijah decisero di lasciare Mystic Falls per dedicarsi alle loro vite in maniera autonoma mentre Rebekah decise di restare accanto a Klaus, Jessica pensò fosse un modo per poter fare ammenda con Elena, ma il risultato fu che in ogni occasione, le due finivano a litigare su tutto. Secondo Damon era il segno di un’amicizia che si sarebbe consolidata nel tempo, secondo Stefan, invece, prima o poi, una delle due, avrebbe dato il via ad una guerra che avrebbe coinvolto mezzo globo soprannaturale. Fortunatamente, però, fu Damon ad avere ragione.
Due anni dopo la morte di Bonnie, fu quella di Liz a rompere la tranquillità di questa nuova, irreale fase delle loro esistenze. La funesta occasione riportò in città anche Matt che si trattenne un po’ di più con gli amici, e promise di tornare più spesso e non solo per presenziare ei funerali.
In sostanza, nessun guaio venne a bussare alla porta per quasi cinque anni.
Il solo a vivere in un costante stato di attesa fu Damon.
Il vampiro percepì tutta la tranquillità come una gigantesca quiete prima della tempesta, ma sentiva che qualcosa si muoveva nell’ombra e sapeva che prima o poi sarebbe uscita allo scoperto, tutto ciò che si augurava per allora, era di sapere almeno Jessica al sicuro.
 
5 ANNI DOPO:
 
Jessica aveva appena comunicato a Damon che sarebbe arrivata a casa Salvatore, insieme a Klaus tra meno di un paio d’ore.
La ragazza era partita con il fidanzato per uno dei loro viaggi intorno al mondo, erano stati a Parigi per quasi un mese ed ora che si apprestavano a tornare, il vampiro si rese conto di quanto vicino fosse alla fine del suo tempo con lei.
Jessica sapeva che erano gli ultimi giorni accanto a Klaus, ma ignorava del patto che questi aveva stretto con suo padre anni prima, e non era la sola a non saperne nulla.
Damon si era ben guardato dal rivelare il segreto, onde evitare intromissioni di sorta per fargli cambiare idea, ma sapeva che non poteva più nasconderlo ad Elena.
La vampira stava organizzando la casa in modo tale da far sparire le tracce di Klaus, aveva persino radunato tutte le foto di lui e Jessica in una scatola che aveva promesso di dare all’ibrido, ed aveva curato ogni aspetto della storia che lui avrebbe dovuto impiantare nella mente della giovane per sostituirne i ricordi che lo riguardavano.
Era arrivato il momento di dirle che avrebbe dovuto apportare un po’ di modifiche alla storia sostitutiva.
Si riempì l’ultimo bicchiere di bourbon, mandò giù in un solo sorso il liquido ambrato e salì in camera, dove sapeva che avrebbe trovato la sua Elena già a letto, magari intenta a leggere un libro.
Entrò nella stanza e lei interruppe subito la sua lettura per rivolgere un sorriso radioso al suo compagno.
«Devo confessarti una cosa»
disse Damon, avvicinandosi e sdraiandosi su un fianco, accanto ad Elena.
«Cosa?»
chiese lei, posando il libro sul comodino.
Il vampiro rotolò sulla schiena, fissò il soffitto e mise in ordine un po’ di pensieri.
«Ho fatto un patto con Klaus…»
rispose infine.
La vampira si accigliò ed attese che il fidanzato le rivelasse tutto.
«Io…» riprese lui «Ecco… quando Jess tornò dalla missione, io e lui siamo andati a risvegliare i suoi fratelli… eravamo soli ed io gli ho fatto promettere che quando avrebbe cancellato dalla mente di Jess i ricordi che lo riguardavano… beh… avrebbe dovuto cancellare anche quelli che riguardano me… noi…»
Elena spalancò la bocca ma non fu capace di dar voce ai suoi pensieri
«Lo so… ho sbagliato a non dirtelo prima, e forse avrei dovuto chiederti un consiglio… ma è la sola cosa giusta da fare. Solo così potrà avere una vita felice e normale…»
concluse lui, tornando a guardarla.
«Damon… non è questo…» replicò lei «Tutto ciò non è giusto nei confronti di Jessica! Non puoi strapparle il suo passato così… non puoi privarla della vostra vita insieme!»
«È la nostra vita insieme che l’ha messa in pericolo… e continuerà a farlo, finché ci saremo noi intorno…» si mise a sedere sul materasso ed allargò le braccia «Tu davvero pensi che tutta questa pace durerà?» scosse la testa «Ed anche se così fosse… credi sul serio che una come Jess si arrenderà ad un lavaggio del cervello che le farà dimenticare questi ultimi anni con Klaus? Pensi sul serio che, avendo noi intorno, non inizierà a farsi delle domande sul perché si senta strana, vuota? Non credi che quel suo cervellino inizierà a fare le giuste connessioni prima o poi?» pose le mani sulle spalle della fidanzata e ne agganciò lo sguardo «Credimi, Elena… sarà meglio per lei dimenticare tutto… tornare a credere che fantasmi, vampiri, lupi mannari, ibridi e streghe siano solo favolette per bambini, la salverà da una vita miserabile… una vita in cui non potrà avere radici, in cui dovrà nascondersi e mentire a tutti… un vita in cui sarà sempre un’anomalia…»
«Damon… io non credo che…»
«Elena» la interruppe «Mi pentirò di questa scelta per il resto della mia esistenza, sentirò la sua mancanza in ogni istante… ma se Jess vivrà una vita normale e felice, saprò di aver fatto la cosa giusta…»
«Se lei dovesse scoprirlo…»
«Non lo farà…»
la bloccò lui.
«Se dovesse scoprirlo» insisté Elena «Ti odierà per sempre… ed odierà anche me per non averti fermato…»
La voce della vampira si incrinò sulle ultime parole.
«Non mi fermerai, dunque?»
domandò Damon.
Lei scosse la testa in segno di diniego.
«So che è sbagliato e che non è una decisione che spetta a noi prendere… ma ne ho viste troppe per capire che in fondo, hai ragione tu…»
Lui la strinse tra le braccia e restarono aggrappati l’uno all’altra per un po’, aspettando il ritorno di Klaus e Jessica dal loro ultimo viaggio insieme.
 
L’uomo avanzò di un altro passo ed i suoi occhi scuri si posarono sul letto dove giaceva il corpo addormentato di Gala. Corrugò la fronte.
«Lei… lei sta bene?»
domandò, rivolto a Jenna.
La donna incrociò le braccia sul petto e sciolse ogni timore nel fuoco bollente della rabbia.
Sollevò la testa di scatto e con tono duro, rispose:
«Sta solo scoprendo cosa è successo… tutto quello che è successo. Esattamente come l’ho scoperto io»
L’uomo spalancò gli occhi e la bocca e si portò una mano tremante sul petto.
«Tu… non… lei non era pronta…»
farfugliò lui.
Un ghigno sprezzante tagliò il viso della donna, congiungendosi alla cicatrice che le scendeva lateralmente dalla tempia sinistra fino alla guancia.
«Si è presentata qui, da sola. Direi che era più che pronta… e poi ho velocizzato solo le cose… tu e Damon ci avreste messo una vita a dirle tutto…» indicò con il mento Gala «Col mio metodo, invece, un paio d’ore e saprà anche che maglia indossava Jess quando te la sei portata a letto…»
«Jenna…»
«No!» lo fermò, sollevando una mano «Non ho nessuna intenzione di ascoltare altre scuse…»
«Non avevo nessuna intenzione di fartene»
ribatté aspro l’uomo.
I grandi occhi scuri di Jenna si strinsero in un moto di disprezzo.
«Bene» replicò in tono asciutto lei «Hai finalmente capito che non servono a nulla?»
«No» rispose lui «Ma ho smesso di sentirmi in colpa per il male fatto da altri. Il mio solo errore è stato entrare in quel bar… ma se non ci fossi stato io, ci sarebbe stato qualcun altro… e a quel punto…»
«Nooooooo!!!!»
L’urlo di Gala riempì la stanza, denso come acciaio fuso.
L’uomo e Jenna guardarono nella sua direzione allarmati, lei stava seduta sul materasso con le mani affondate nei riccioli biondi, gli occhi sbarrati  e la bocca spalancata.
Batté convulsamente le palpebre un po’ di volte prima di focalizzare le due persone che la stavano fissando.
Aveva il fiato corto ed il cuore sembrava volerle schizzare via dal petto.
«Tu lo sapevi…» disse rivolta a Jenna «Tu lo sapevi !»
ripeté alzando la voce.
«Io lo so da ventotto anni, Gala… rilassati adesso…»
La donna scosse lentamente la testa, cercando di trovare un po’ di calma.
«Damon… dov’è Damon?»
domandò.
«Ha detto che sarebbe tornato se tu lo avessi voluto…»
rispose Jenna.
Gala annuì.
«Bene…»
commentò, quindi spostò lo sguardo sull’uomo rimasto in silenzio a guardarla con un’espressione preoccupata sul viso.
Lo aveva già incontrato prima, ma ai tempi non sapeva chi fosse davvero.
«Tu…»
disse quasi sussurrando.
«Io…»
gracchiò lui, reprimendo l’emozione.

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Capitolo 38
*** A worthy lived life ***


Dalla vetrina di un negozio di elettrodomestici, un meteorologo annunciava che le temperature sarebbero scese ai minimi storici nel week-end, offrendo il gennaio più freddo degli ultimi cento anni.
Un sorriso triste tagliò il viso di Klaus.
Cento anni. Quello era il limite massimo che gli umani si imponevano di prendere in misura.
Ma lui, di anni, ne aveva più di mille, di gelidi inverni ne aveva vissuti pure troppi e di certo quello sarebbe stato il gennaio più freddo dell’ultimo secolo, ma non il più freddo di sempre.
Non che la temperatura lo disturbasse più di tanto oramai. Freddo o caldo che fosse il clima, il suo corpo non ne recepiva l’effetto, non solo per via della sua natura immortale, ma anche perché da più di due anni, non era che un involucro vuoto.
Si trascinava in giro per il mondo, ripercorrendo le tappe che lo avevano reso felice oltre ogni misura, vivendo di ricordi ed aggrappandosi con tutte le forze all’amore per la donna che aveva lasciato andare. Non aveva più saputo nulla di lei dal giorno in cui l’aveva soggiogata a dimenticare tutto di lui, di loro.
Si era imposto di resistere alla tentazione di controllarla, di vedere come stava, poiché non era sicuro di riuscire a lasciarla andare di nuovo.
Non poteva cedere a quel tipo di desiderio, o avrebbe infangato quanto di buono e puro avevano vissuto. Era scappato via da Mystic Falls il giorno dopo la partenza di Jessica, aveva tagliato i ponti con tutti ed aveva accuratamente evitato i suoi fratelli. Non avrebbe sopportato lo sguardo di compassione di Rebekah o le battute per provare a risollevargli il morale di Kol… men che meno avrebbe tollerato la saggezza di Elijah, ma la cosa che più di tutto non poteva sostenere, era la certezza che stare con la sua famiglia, avrebbe  reso la sua sofferenza meno dolorosa. Non poteva rinunciare a quel male lacerante, non poteva permettersi di stare meglio nemmeno per un secondo, perché solo in quella disperazione ed in quella solitudine riusciva a sentire la verità dell’amore provato e ricevuto.
Ogni fitta di dolore che gli trapassava il cuore quando pensava a Jessica, era il promemoria costante della felicità che aveva vissuto per cinque anni.
Gli venne da ridere di nuovo.
Poco prima aveva deriso gli umani per la loro mania di quantificare il tempo in secoli, quando per lui un lustro era tutto ciò che aveva reso la sua esistenza degna di essere vissuta.
Scosse la testa e riprese a camminare lungo la strada, ancora illuminata a festa.
 
Il sole pallido che filtrava dalle finestre impolverate, riempiva la stanza di una luce bianca, si posava sugli oggetti e sulle persone, cancellando col suo freddo bagliore i difetti del tempo. Non c’era più vernice scrostata sui muri, graffi sui mobili sparsi per la stanza, strappi nei tessuti delle tende,  perfino la cicatrice sul volto di Jenna non era che un’ombra appena accennata, e le rughe sul volto dell’uomo di fronte a Gala, si erano appianate, facendo risaltare il viso del ragazzo che era stato un tempo. Nuvole di polvere volteggiavano morbide e lente intorno alla figura dell’anziano, fornendogli un’aura magica, irreale.
Gala lo fissò a lungo, cercando di trovare un compromesso tra l’istinto della bambina abbandonata e la ragione della donna a cui erano stati forniti nuovi ricordi.
Si portò una mano tremante sulla fronte, quasi a volersi assicurare non ci fosse un foro d’uscita, da cui poter perdere tutto.
L’uomo si mosse claudicante verso il letto e si sedette adagio accanto a lei. La guardò con apprensione ed aprì la bocca per dire qualcosa, ma il solo suono a lasciare la sua gola fu quello di un sospiro, quindi chinò la testa sul petto e la scosse. Gala allungò una mano verso il viso dell’uomo e con delicatezza lo spinse a guardarla nuovamente. Quando gli occhi scuri di lui si posarono nei suoi, immensi specchi di giada, lei gli sorrise.
«Non sono arrabbiata con te» disse, suscitando lo stupore di lui «Non sono arrabbiata con nessuno»
aggiunse, e questa volta fu Jenna a trasalire.
 
Una fiumana di persone camminava accanto ed intorno a Klaus, eppure lui si sentiva solo, disperso in un universo che aveva smesso di emozionarlo, affascinarlo, incuriosirlo.
I colori della natura non si trasformavano più in quadri da dipingere, il rumore del mondo non echeggiava più come un’infinita sinfonia di vita, le storie scritte e da scrivere non gli raccontavano più nulla di nuovo.
Si trascinava da un posto all’altro, tentando di mantenere fede alla promessa fatta a Jessica, quella di vivere e sopravvivere, ma alcuni giorni era più difficile di altri… e quel giorno gli sembrava impossibile da affrontare. Ogni cosa gli ricordava Jessica, ogni persona gli ricordava il suo modo di ridere, di camminare, di scherzare. Guardava quegli sconosciuti rubare pezzi della sua amata e provava una rabbia infinita verso quelli che riteneva degli usurpatori. Li avrebbe aggrediti tutti, li avrebbe uccisi uno ad uno, ma sapeva che non sarebbe servito a niente.
Si calò le mani nelle tasche del cappotto ed affrettò il passo, nemmeno si accorse della carrozzina che usciva dal vicolo, colpendola e rischiando di ribaltarla.
«Hey!»
esclamò una donna.
Una nuova fitta di dolore spaccò il cuore all’ibrido.
«Puoi stare attento a dove metti i piedi?»                                                              
insisté la voce così troppo uguale a quella di Jessica.
Klaus rimase immobile, sforzandosi di non sollevare lo sguardo dal marciapiede.
Non avrebbe sopportato la delusione di trovarsi di fronte qualcuno con la voce dell’amore della sua vita.
«Hey! Bell’imbusto! Mi hai sentita?»
Deglutendo a vuoto, l’Originario si costrinse a guardarla.
Due occhi verdi di giada lo fissavano, incastonati in un viso ovale contornato da riccioli scuri.
Klaus non ricordava come si era sentito al momento della propria morte, ma doveva sicuramente essere qualcosa di simile a quello che stava provando in quel momento.
Di fronte a lui c’era Jessica, imbronciata, e nel suo sguardo non v’era il benché minimo riconoscimento per lui.
«Ahm… mi… io… mi spiace… ero distratto…»
si sentì rispondere, ma non era sicuro di aver pronunciato davvero quelle parole.
L’espressione dura di Jessica si ammorbidì un po’.
«Ok… ma la prossima volta stai attento…» spostò lo sguardo all’interno della carrozzina e sorrise «Hai rischiato di far male alla mia bambina…»
La sensazione di morire fece nuovamente capolino in Klaus, e a stento riuscì a mantenere l’equilibrio.
«Mi spiace… mi spiace davvero…»
«No, va bene… anche a me capita di andare a sbattere contro le persone…»
lo tranquillizzò lei.
 
«Cosa?!?» sbottò Jenna «Tu… tu non sei arrabbiata? Sei sicura di essere andata fino in fondo?»
Gala si voltò di scatto a guardarla e la sua espressione si fece subito dura.
«Sicurissima» rispose asciutta «E tu?»
La donna corrugò la fronte confusa.
«Che diavolo vorresti dire?»
domandò.
«Solo quello che ho detto» replicò l’altra «Sei qui, piena di rabbia e risentimento… e non capisco proprio perché»
Le mani di Jenna si strinsero in due pugni stretti ed il suo labbro superiore iniziò a tremare.
«Quante volte ti sei concessa di rivivere questa storia?» continuò «Quante volte hai rivissuto tutto senza la rabbia a renderti cieca?»
L’ira di Jenna si era ormai trasformata in un alone incandescente ed un vento anomalo aveva iniziato a vorticare nella stanza.
«Jenna…»
provò ad intervenire l’uomo, ma Gala gli afferrò un braccio, bloccandolo.
«No… lasciala fare… se pensa di risolvere la questione scatenando un uragano, che faccia pure… se pensa che distruggere tutto e tutti sia la soluzione…» puntò gli occhi in quelli della donna «Avanti! Dai il meglio di te!» Gala mise i piedi sul pavimento e si alzò in piedi «Ma fammi dire una cosa prima…» il vento si fece più intenso e l’aria divenne irrespirabile «Mia madre ti ha dato la possibilità di sapere tutta la verità…» avanzò di un passo «Ti ha fornito una chiave per poter leggere il passato… e tu l’hai ignorata, preferendo la rabbia alla ragione…»
Jenna fece scattare un braccio in avanti, spalancando una mano. Gocce di sangue sgorgavano dai segni a mezzaluna lasciati dalle unghie. Il corpo di Gala fu sospinto da un’energia invisibile contro una parete e sollevato a mezz’aria.
«Jenna! Fermati!»
urlò l’anziano, stringendosi una mano sul petto.
La donna lo ignorò, continuando a fissare con odio Gala, la quale ne sosteneva lo sguardo senza timore.
«Questo è ciò che mi ha dato tua madre»
sibilò, inclinando la testa di lato e facendo risaltare la cicatrice.
«Non è colpa sua…»
replicò con voce strozzata l’altra.
«No? È colpa mia, quindi?»
«Non… non è colpa di nessuno!» rispose col fiato corto «Tua… tua madre aveva previsto tutto!»
Quelle parole furono un pugno in pieno viso per Jenna che, per un istante, sembrò perdere energia. Poi, però, una nuova ondata di rabbia la riempì, spingendola ad usare ancora più potenza contro Gala.
«Jenna! Fermati!» urlò disperato l’anziano «Ti prego! Basta!»
«Oh, non preoccuparti, paparino… non te la ucciderò!» disse digrignando i denti «Mi assicurerò solo di farle passare la voglia di aprire quella boccaccia!»
«Posso… io possa farti parlare con lei…» ansimò Gala «Posso farti parlare con Bonnie!»
 
C’era qualcosa nell’uomo che le stava di fronte che rendeva Jessica stranamente calma, e questa era una novità per lei. Infatti viveva costantemente con la sensazione di doversi guardare le spalle, aveva sempre l’impressione che ci fossero pericoli nascosti nell’ombra, che ci fossero diverse facce per ogni  individuo che la circondava, ma non con lui… non con l’uomo che aveva travolto la carrozzina che conteneva il suo bene più prezioso.
Sapeva che doveva allontanarsi, che avrebbe dovuto sorridergli con cortesia e proseguire per la sua strada, ma per qualche ragione a lei ignota, non riusciva a muoversi… anzi, non voleva muoversi.
Era una cosa assurda e stupida, ma sentiva che se avesse mosso un solo passo lontano da lui, lo avrebbe perso per sempre, ed anche se era la prima volta che lo vedeva, non poteva sopportarne l’idea.
“Che diavolo mi succede?” pensò con una punta di terrore.
«Ehm… io… dovrei andare…»
disse l’uomo, ed un panico incontrollabile le attanagliò le viscere.
Il cuore iniziò ad accelerare i battiti e le mancò l’aria, ogni forza l’abbandonò improvvisamente e sentì le gambe piegarsi sotto la pressione della forza di gravità.
L’uomo di fronte a lei corse in fretta, troppo in fretta per essere reale, e l’afferrò prima che rovinasse contro il cemento freddo.
Stretta tra le braccia di quello sconosciuto, agganciata all’azzurro ceruleo dei suoi occhi, respirandone il profumo pungente, Jessica sentì di aver trovato il suo posto nel mondo.
«Tutto bene, tesoro?»
si preoccupò lui.
“Questa voce…tesoro”.
«Non… non chiamarmi così…»
ribatté meccanicamente e contemporaneamente pensò che non avrebbe sopportato di venire chiamata in nessun altro modo da lui.
L’uomo le sorrise appena,  ed il cuore di Jessica fiorì di così tanti sentimenti che pensò sarebbe morta di gioia.
“Che mi sta succedendo?” si chiese, mentre lui l’aiutava a ritrovare l’equilibrio.
«Ora… ora dovrei proprio andare…»
ribadì lui.
«Sì, certo… anche io… ho un impegno…»
riuscì a replicare lei.
Lo sguardo dell’uomo si posò sulla creatura nella culla.
«Con… con tuo marito…»
disse lui.
A Jessica sembrò che il cuore dello sconosciuto si fosse messo a sanguinare nel pronunciare quelle parole e si sentì in dovere di spiegargli la situazione.
«Non ho nessun marito… ho solo lei. Ho incontrato un uomo in un bar, non so nemmeno il suo nome… è stata una cosa di una notte, un errore…  ma mi ha regalato lei… e lei non è un errore… Gala, la mia Gala…»
 
«Cosa… di che diavolo parli? Le comunicazioni con l’altro lato sono chiuse da anni!»
sibilò Jenna, ma la sua energia iniziò ad affievolirsi.
«Jenna… pensaci… mia madre ti ha fornito la chiave per poter vedere la verità!» insisté Gala «Lascia andare la rabbia… liberati dal risentimento… e lo vedrai anche tu… è tutto lì… la risposta ad ogni domanda… la soluzione ad ogni mistero!»
Il vento anomalo che aveva riempito la stanza si placò e l’alone incandescente intorno a Jenna fu riassorbito dal corpo di lei, tenne  Gala sospesa contro la parete per un po’, quindi la rimise giù.
Quando i piedi della donna toccarono il pavimento, barcollò. Riuscì a non cadere aggrappandosi alla vecchia cassettiera.
L’anziano le si avvicinò più velocemente possibile.
«Gala… Gala… stai bene?»
La donna annuì, sorridendogli.
«Sto bene, tranquillo…»
«Sì, sì, sta bene» proruppe Jenna «Adesso dimmi di cosa stavi parlando!»
Gala si rimise dritta e guardò dritto negli occhi della donna. Le si avvicinò a passo deciso e quando le fu vicina sollevò lentamente una mano sul suo viso e le fece scorrere le dita sulla cicatrice.
Jenna si irrigidì ma non si sottrasse al tocco.
«Ricordi la prima prova che le nostre madri e Klaus dovettero affrontare?»
le chiese.
«La… la più profonda paura…»
rispose.
Gala annuì.
«E ricordi quella di tua madre?»
Jenna deglutì a vuoto. La risposta le salì alla mente in un’immagine nitida:
indossava una tunica azzurra, sporca di fango e sangue, un taglio profondo sul lato sinistro del viso e Bonnie stringeva in mano un pugnale argentato.
«N-non… non capisco…» farfugliò «Jessica… è stata… è stata lei a ferirmi…»
«Sì… è stata mia madre, ma non voleva farti del male, lei ha dovuto…» allargò le braccia «Guarda bene in ciò che ti è stato offerto di vedere, e riuscirai a leggere il piano di tua madre… il piano di mia madre…»
Il terreno sotto i piedi di Jenna venne a mancare e lei si sentì cadere in un vuoto infinito.
Si accasciò sul pavimento e la nebbia dell’ira che le aveva offuscato la mente iniziò a diradarsi, lasciando emergere tutti i dettagli che nel corso degli anni erano rimasti nascosti, facendo emergere la verità.
Si portò le mani alla bocca e guardò Gala.
«Oh… oh mio dio… tutto… tutto questo tempo…»
si disperò.
«Non ti preoccupare, rimetteremo tutto a posto…»
la tranquillizzò l’altra.
«Ma… come?»
«Lascia fare a me…»
rispose tendendole una mano.
 
Una bambina avuta con uno sconosciuto.
La consolazione che non ci fosse un altro uomo nella vita della sua amata, non bastò però a placare la furia nel sapere che altre mani ne avevano accarezzato la pelle nuda, che altre labbra ne avevano baciato la bocca, che un altro corpo si era insinuato nel suo.
E poi Jessica gli aveva detto come aveva chiamato la bambina, e la ferita nel suo core riprese a sanguinare copiosa.
«Gala?»
domandò.
Lei gli sorrise.
«Sì… è un nome strano, lo so… ma sentivo che era giusto così» lo guardò dritto negli occhi «Non pensi che sia giusto così?»
«È perfetto…» rispose, quindi ne agganciò lo sguardo «Adesso dimenticherai di avermi mai incontrato, però ricorderai cosa significa per te questo nome… lei deve sapere perché lo hai scelto…»
Ed appena finito di soggiogarla, si allontanò da lei velocemente.
Continuò a camminare lottando contro la voglia di tornare indietro e ridare a Jessica ben più di un solo ricordo.
Arrivò così sulla cima di una collina, senza sapere come.
Il sole era calato, lasciando il posto alla notte scura, fredda, senza stelle, senza luna.
«Gala…»
sussurrò, ed una lacrima gli scivolò sul viso mentre una porzione di passato prendeva forma nei suoi ricordi. Erano stati ad un’esposizione di quadri di Salvador Dalì.
Jessica aveva ammirato ogni quadro con lo stupore di una bambina che assiste all’aurora boreale per la prima volta.
Klaus l’aveva seguita passo, passo, estasiato dalla sua  meraviglia.
Lui aveva visto quelle opere infinite volte, ma era come se le stesse guardando per la prima volta attraverso gli occhi di Jessica.
«Questa donna…» aveva detto, indicando un quadro «C’è quasi in ogni dipinto…»
«”Ma femme nue”» aveva replicato l’Originario «Lei è Galal’amante, la moglie, la musa di Dalì. Lui affermava che era la persona che lo aveva salvato dalla pazzia e dalla morte prematura» le aveva spiegato «Devi sapere che dietro al suo genio artistico, si nascondeva un uomo turbolento, insicuro e disorganizzato, e lei  fungeva da interfaccia tra il genio ed il mondo reale»
«Chi mi ricorderà mai?»
aveva scherzato lei.
«Lei era il suo tuttole era totalmente devoto…»
«Beh… si vede che la amava molto…» aveva detto tornando a fissare l’opera «Voglio dire… è ovunque… anche dove non compare esplicitamente…»
«Lui viveva per lei… viveva di lei. Quando Gala morì, il mondo smise di avere senso per lui. Smise di dipingere, si ammalò e si ritirò a vita solitaria… »
«Deve essere bello, però…»
aveva commentato lei.
«Cosa
«Essere la Gala di qualcuno» gli aveva risposto «Come Elena lo è per D
«E come tu lo sei per me…»
Aveva prontamente ribattuto lui, guadagnandosi il sorriso più raggiante mai visto sbocciare sul viso di Jessica.
«Un amore così…» aveva detto lei «Un amore così è tutto quello che rende la vita degna di essere vissuta…»
L’ibrido aveva sollevato una mano  sul viso della ragazza e con il pollice ne aveva accarezzato le labbra.
«Io ti amo così…»
Aveva dichiarato poi.
«Bene…» aveva replicato Jessica «Perché ti amo così, anche io…»
 
Jenna iniziò a piangere mentre la verità si dipanava nella sua mente riuscendo finalmente a vedere cosa si nascondeva dietro alle porte che aveva chiuso anni addietro.
«Mi dispiace così tanto…»
sussurrò.
Gala scosse la testa, facendo ondeggiare i riccioli ramati.
«Non devi… anche io la prima volta che ho saputo la verità ho chiuso tutti fuori…»
replicò, continuando a tenere la mano tesa verso la donna inginocchiata sul pavimento.
Jenna annuì e gliel’afferrò, lasciandosi aiutare a rimettersi in piedi.
«Come ho potuto non rendermene conto?»
disse con un filo di voce, fissando il pavimento.
«Eri una bambina e ne avevi passate già troppe…» Gala mise le mani sulle spalle di Jenna «E non ti biasimo per avermi odiata…»
La donna rivolse uno sguardo triste all’anziano.
«E tu? Potrai mai perdonarmi?»
gli chiese.
«Non ce l’ho mai avuta con te»
rispose lui, sorridendo.
«Andiamo ora…»
asserì Gala.
«Dove?»
domandò l’uomo, confuso.
«Nel luogo in cui tutto è cominciato ed in cui tutto è finito…» replicò lei «Alla grotta…»
L’anziano scosse con vigore il capo.
«No, Gala… non…»
«Non abbiamo altra scelta» lo bloccò lei «Sono passati già troppi anni»
«Ha ragione lei…» intervenne Jenna «Mi sono lasciata sopraffare dalle emozioni ed ho condannato tutti… è ora di mettere fine a questa tortura»
«Non… io non capisco. Come pensate di fare?»
volle sapere lui.
«Ha pensato a tutto Jessica, in realtà…»
rispose Jenna.
«Ed ora è giunto il momento di onorare il suo sacrificio»
aggiunse Gala.
«Non vuoi chiamare Damon?»
le domandò l’anziano.
«No» rispose scuotendo la testa «Non ancora…»
Mia moglie, nuda, guarda il suo corpo diventare gradini, tre vertebre di una colonna, cielo e architettura

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Capitolo 39
*** Goodbye. ***


Klaus e Jessica erano appena rientrati dal loro ultimo viaggio insieme, a breve lui l’avrebbe soggiogata a dimenticarlo, lasciandola libera di vivere una vita vera.
Il pensiero che tutto stava per finire, aveva afflitto la giovane nell’ultimo periodo, togliendole il sonno.
Era stata sua l’idea in principio, e più volte si era detta convinta di quella scelta, ma ora che il momento si avvicinava, non riusciva a capacitarsi di dover rinunciare a lui.
«Tutto bene, tesoro?»
domandò Klaus, notando l’espressione accigliata della ragazza.
Lei si strinse nelle spalle, abbassò lo sguardo sul pavimento in legno scuro della loro camera e non rispose.
L’Originario lasciò cadere i bagagli e le si avvicinò preoccupato, allungò una mano e con due dita le sollevò il mento, costringendola a guardarlo.
Quando gli occhi di lei si incrociarono a quelli di lui, non le fu più possibile trattenere il pianto e calde lacrime iniziarono a sgorgare, scivolando copiose sulle guance rotonde della giovane.
L’ibrido corrugò la fronte e provò a reprimere il dolore lacerante che gli stava squarciando l’anima.
«Jessica… ti prego…»
Lei scosse la testa ed affondò il viso nel petto di lui, lasciandosi stringere dalle possenti braccia che erano state il suo letto ed il suo rifugio negli ultimi cinque anni.
«Mi spiace, Klaus… è solo che…»
«Sssh… lo so, tesoro… lo so…»
Restarono abbracciati ed in silenzio a lungo, quindi Jessica sollevò la testa e prese il volto di Klaus tra le mani.
«E… e se avessi cambiato idea?»
disse.
Lui la guardò confuso, non capendo il senso delle sue parole. La ragazza scacciò con rabbia le lacrime usando entrambe i palmi delle mani e si schiarì la gola.
«Lo so cosa ho sempre detto… sull’essere un vampiro, sul non avere una vita… ma se avessi cambiato idea? Se ora fossi pronta a… a fare questo passo?»
L’Originario indietreggiò, con gli occhi sgranati per la sorpresa.
«Jessica… tu non…»
«Ascoltami, Klaus» lo interruppe «Io… io ci ho pensato… non me ne faccio niente di una vita senza di te… ti prego… non…»
La voce le si spezzò ed un nuova ondata di pianto annegò il resto della sua frase.
Klaus resistette all’impulso di avvicinarsi, sapeva che se lei avesse insistito, avrebbe ceduto alle sue suppliche.
«Jessica…» disse infine «Non piangere, ti prego… andrà tutto bene…»
La testa della giovane si sollevò di scatto ed il dolore ne aveva distorto i tratti, trasformando il suo viso sempre sorridente e gioioso, in una maschera di disperazione. Il cuore dell’ibrido si frantumò definitivamente e capì che era arrivato il momento di dirle addio.
«Ti prego, Klaus… non lasciarmi…» lo supplicò lei «Non ce la faccio… io…»
Le labbra dell’ibrido si distesero in un sorriso e Jessica pensò di averlo convinto.
«Va bene, tesoro… ma ora basta piangere…»
«Lo… lo farai?» domandò lei, con la speranza che baluginava nel mare in tempesta dei suoi occhi «Mi… tu mi trasformerai?»
Klaus non rispose, le prese il viso tra le mani e ne agganciò lo sguardo.
«Starai bene, amore mio…» iniziò «Non ricorderai nulla di me, della nostra vita insieme… non ricorderai nulla di questo mondo fatto di esseri soprannaturali… tutto ciò che saprai sarà che hai vissuto una vita felice, con i tuoi genitori che, purtroppo, sono venuti a mancare qualche anno fa. Troverai un lavoro, una casa… ti innamorerai ed avrai una tua famiglia… ed io, Mystic Falls, Damon e tutto ciò che ci riguarda, non saremo mai esistiti… ed ora dormi finché non ti dirò di svegliarti per vivere la tua nuova esistenza…»
Gli occhi di Jessica si chiusero e per molto tempo non furono più in grado di vedere la verità.
 
«Ho bisogno di recuperare il grimorio di mia madre» comunicò Jenna, dirigendosi verso la porta «L’ho nascosto nelle cantine parecchio tempo fa…» fece una risata triste «Non che ci siano più nemici da temere…»
scosse la testa e si allontanò.
Gala e l’anziano rimasero soli nella stanza.
«Perché non mi hai detto il tuo vero nome, quando ci siamo visti la prima volta?»
domandò lei, senza guardarlo.
L’anziano sollevò le sopracciglia e fece un sospiro.
«Tecnicamente sei stata tu a chiedermi se fossi Ben, non sapevo cosa ti avesse detto Damon… e poi mi hai colto alla sprovvista…»
«Già…» ribatté lei sorridendogli  «Non avrebbe poi fatto molta differenza, comunque…»
L’uomo annuì e le rivolse uno sguardo d’apprensione.
«Non preoccuparti… so quello che faccio…»
lo rassicurò.
«Non ne dubito…» replicò lui, sedendosi su una vecchia poltrona «Le somigli molto in questo…»
«A… Jessica?»
domandò lei.
«Anche a lei… sì…»
Gli occhi scuri ed opachi dell’uomo si puntarono sull’uscio da cui era sparita Jenna poco prima.
Gala chinò la testa e gli si avvicinò, posò una mano su quella del vecchio e si inginocchiò accanto a lui.
«Non hai nessuna colpa…» disse «Quella sera, in quel bar, non dovevi esserci tu… l’incantesimo non era destinato a te…»
Lui annuì, sorridendo debolmente.
«Lo so… lo so…»
«E lo sa anche lei…» replicò Gala «Ed ora sa anche che se il destino non ti avesse messo lì, al posto di Matt, probabilmente ora sarebbe la fine per tutti…»
L’uomo corrugò la fronte.
«A proposito… avete intenzione di darmi qualche spiegazione?»
Gala sgranò gli occhi e sbuffò.
«Non è tanto semplice…» rispose «Sarebbe più facile se anche tu potessi vedere come ho fatto io…»
«Ma non posso… sono vecchio e stanco, ed il mio cervello ha subìto già troppi traumi nel corso degli anni…»
Lei gli strinse ancora di più la mano.
«Mi dispiace papà…»
Gli occhi del vecchi si riempirono di lacrime, allungò una mano verso il volto di Gala e le accarezzò una guancia.
«Oh, Gala… se solo l’avessi saputo prima…»
«Non sarebbe cambiato nulla...»
«Ma non saresti stata sola!»
sibilò l’anziano, frustrato.
Gala si rimise in piedi, scrollando le spalle.
«Siamo stati tutti soli… e non è il caso di continuare a pensare ai “se” ed ai “ma”… le cose sono andate male, è vero. Ho avuto un’infanzia orribile e quello che ho scoperto del mio passato è una tragedia senza fine…  ma cerchiamo di assicurarci almeno il lieto fine…»
«Ma… come?»
domandò l’anziano.
«Smettendo di cercare colpevoli, tanto per cominciare…» rispose tendendogli una mano «E finendo ciò che mia madre aveva iniziato…»
L’uomo non fece altre domande, afferrò la mano di Gala e si mise in piedi, in quel momento arrivò anche Jenna, stringendo in mano un vecchio libro dalla copertina logora.
«Siamo pronti?»
domandò sorridente.
«Prontissima» rispose Gala «Ed ora andiamo ad aggiustare questo pasticcio…»
Le due donne si scambiarono un cenno d’intesa e si avviarono.
«Hey!» esclamò l’anziano «Pensato di farmi capire qualcosa prima di arrivare lì?»
Jenna gli lanciò uno sguardo da sopra la spalla, ghignando.
«Ti aggiorniamo in macchina, paparino…»
L’uomo scosse la testa e seguì le due.
«Devi proprio essere così dura con lui?»
chiese sottovoce Gala.
«La forza dell’abitudine…» replicò l’altra «Mi farò perdonare… promesso…»
 
«Tu… tu cosa?!?»
ringhiò Damon, tremando di rabbia.
«Calmati, amico…»
provò a sedarlo Klaus.
«Calmarmi?!?» sbottò il vampiro «Non le ho detto nemmeno addio!»
L’ibrido aprì la bocca per rispondere, ma non riuscì a trovare le parole.
«Come hai potuto farci questo, Klaus?»
chiese Elena, in lacrime da quando aveva appreso la notizia.
«Mi dispiace…» replicò l’Originario «Non… io non sapevo che fare…» si portò le mani sul viso e scosse la testa «Mi stava chiedendo di trasformarla… aveva cambiato idea…» Damon ed Elena lo fissarono con gli occhi sgranati «Ho… dovuto… se non l’avessi fatto subito, non ne sarei più stato capace»
Il vampiro si lasciò cadere sul divano, stringendosi il petto.
«Dov’è ora?»
domandò.
«In… in camera… sta dormendo. Non si sveglierà finché non glielo ordinerò…»
«E… e quando si sveglierà…»
«Non ricorderà niente di nessuno di noi…»
concluse per lui Klaus.
Damon annuì mentre Elena, ancora in lacrime, gli stringeva una spalla.
«Va bene… le dirò addio mentre dorme…»
Si sollevò e si diresse in camera di Jessica, seguito dalla fidanzata.
L’ibrido rimase in salotto insieme a Rebekah, Stefan e Meredith.
«Come stai?»
gli chiese la sorella.
«Come un uomo che finalmente paga per tutto il male fatto…»
rispose fissando un punto nel vuoto.
«Nicklaus… non dir…»
«Rebekah, ti prego» la interruppe «Non ho bisogno di essere confortato… non è possibile confortarmi… Jessica mi ha fatto un gran dono, amandomi… non ho intenzione di trasformare questo regalo in qualcosa di meritato… soffrire ogni giorno per averla persa, mi ricorderà chi non devo più tornare ad essere…» si voltò verso l’uscita «Ed ora vogliate perdonarmi… ho bisogno di stare da solo…»
Ed andò via.
Damon ed Elena entrarono nella camera che aveva ospitato Jessica e Klaus negli ultimi cinque anni.
La ragazza giaceva addormentata sul grande materasso, aveva il corpo coperto da un lenzuolo celeste ed i riccioli scuri si aprivano sul cuscino in onde scomposte.
Il vampiro si avvicinò al letto con i pugni serrati e represse la voglia di urlare la sua rabbia.
Non era così che si era immaginato di dire addio a sua figlia, non era così che si era preparato a salutarla.
Elena gli si mise di fianco e riuscì a sciogliere uno dei suoi pugni, incastrando le proprie dita alle sue.
«Non ero pronto…»
ammise con dolore lui.
«Non lo saresti mai stato…»
controbatté lei.
Il vampiro le rivolse uno sguardo affranto e scuotendo la testa aggiunse:
«Dovevo dirle ancora tante cose…»
«Puoi ancora farlo…»
«No… le nostre vite non si dovranno mai più incrociare…» tornò a guardare il volto addormentato di Jessica «Se dovesse succedere, non credo avrei la forza di lasciarla andare…»
«Damon… sei sicuro sia la cosa giusta da fare?»
domandò Elena, mordendosi il labbro inferiore.
«No… non sono sicuro sia la cosa giusta» fece un sorriso storto «Anzi, sicuramente è la cosa più sbagliata… ma è il solo modo per garantirle una vita sana… senza magia, morte… e dolore…»
La vampira gli prese il mento con due dita e lo costrinse a guardarla.
«La nostra esistenza non è solo questo…»
disse con tono deciso.
«No… è vero… ma è soprattutto questo, e lei si merita di meglio che non una manciata di bei momenti sommersi in un mare di merda…»
Sospirò e si sedette sul materasso, scostando due ciocche di capelli dalla fronte della figlia.
«Addio Jess… sii felice e porta la tua gioia nella vita delle persone che avranno la fortuna di incontrarti…» si chinò sopra di lei, baciandole la fronte «Hai dato un senso alla mia esistenza quando non avevo più nulla per cui lottare… hai protetto il mio cuore dal male che mi portavo dentro… e mi mancherai in ogni istante… per sempre!»
Una lacrima solitaria scivolò dal viso di Damon su quello di Jessica che fece una smorfia nel sonno.
«Ti voglio bene…»
le sussurrò prima di rimettersi in piedi ed uscire a gran velocità dalla stanza.
Elena non lo seguì, prese invece il suo posto sul letto e strinse una mano alla ragazza.
«Tu hai salvato la sua vita e la mia… e non ci sarà giorno in cui non penserò a te… sei la nostra umanità, la nostra gioia… la nostra famiglia… senza di te ci mancherà sempre un pezzo, ma non permetterò alla tristezza di rovinare ciò che hai fatto… non permetterò al dolore di portarci via tutto l’amore che ci hai regalato… ti auguro di essere felice, Jess… e stai tranquilla, a lui ci penso io… lo amerò anche per te!»
Il volto di Jessica si rilassò ed Elena sorrise, sperando fossero state le sue parole a mettere in pace il cuore della ragazza. Le diede una carezza, asciugando la lacrima scivolata poco prima dal viso di Damon ed uscì a sua volta dalla stanza, scoppiando in un pianto silenzioso e disperato.
 
«Allora…» esordì l’anziano, sedendosi al posto di guida «Siete pronte a dirmi cosa avete in mente di fare?»
Jenna, seduta accanto a lui, lanciò un’occhiata a Gala, seduta sul sedile posteriore.
«Nemmeno mezz’ora fa non sopportavi l’idea di averla nella stessa stanza ed ora comunicate telepaticamente?»
commentò l’uomo.
Jenna sorrise.
«Mezz’ora fa ero accecata dalla rabbia e non sapevo quello che so adesso…»
«Ovvero?»
incalzò lui.
«Che mamma aveva previsto tutto…»
L’uomo corrugò la fronte.
«Che… che vuoi dire?»
le domandò.
«Quello che ho detto… lei sapeva cosa si stava muovendo nel mondo degli spiriti… non è un caso che lei si sia risvegliata dal come proprio quando Jess ha riavuto indietro l’amuleto…»
L’anziano parve ancora più confuso. Gala si sporse in avanti tra i due sedili.
«Ti avevo avvertito che non sarebbe stato facile…» disse «Quando saremo alla grotta sarà tutto più chiaro, lo prometto… per ora ti basti sapere che a Bonnie sono state offerte due opzioni: vivere a lungo o sacrificarsi per un bene più grande… e lei ha scelto la seconda…»
«Io… io no…»
farfugliò l’uomo.
Jenna gli toccò un braccio e gli sorrise.
«Ora guida, proveremo a farti capire strada facendo…»
Lui annuì e mise in moto. La prima a parlare fu Gala:
«Durante il periodo in cui è stata in coma, a Bonnie è stato concesso di vedere cosa sarebbe accaduto nel futuro…»
«E quando è stato il momento di farla risvegliare» continuò Jenna «Le fu offerto di tornare senza poteri e senza memoria, ma pienamente in forze…»
«Oppure» riprese l’altra «Con i propri poteri ed aloni di memoria sul futuro… ma in un corpo che sarebbe stato divorato dalla magia e dall’uso della stessa…»
«Era una condanna a morte in ogni caso…»
commentò con amarezza il vecchio.
«Sì… ma il punto non era far sopravvivere Bonnie»
replicò Gala.
«Il punto era far sopravvivere tutti gli altri…»
aggiunse Jenna.
«Quando mia madre entrò in contatto con l’amuleto, Bonnie iniziò ad avere dei flash di ciò che aveva visto durante il coma… non erano dei veri ricordi e spesso non comprendeva la natura delle visioni…»
«Ma non poteva comunque farne parola con nessuno, o sarebbe morta seduta stante… così ha iniziato a documentarsi, ad indagare… e man mano che rimetteva in ordine i pezzi, la verità si faceva sempre più nitida…»
«Ma è stato solo quando lei e Jess hanno avuto quella connessione nella grotta che ha potuto vedere con chiarezza…»
«Il potere di mia madre, fluito in lei, le ha dato la forza di ricordare tutto…»
«Ed è stato allora che ha capito cosa avrebbe dovuto fare…»
«E Jessica che c’entra in tutto questo?»
domandò l’uomo.
«Beh… in tutte le occasioni in cui mia madre e Bonnie si sono connesse, lei ha scoperto cosa nascondeva» rispose Gala «O meglio… ha capito che nascondeva qualcosa… ma non le è stato chiaro finché non ha avuto accesso al grimorio di Esther. Solo allora ha iniziato a ricostruire il puzzle e capire…»
«Ed ora tocca a noi finirlo!»
concluse Jenna.
«Non capisco… cosa c’è da finire?»
chiese l’anziano.
«Beh… c’è stato un intoppo…»
commentò la strega.
«Mia madre non avrebbe dovuto dimenticare tutto e tutti… se avesse immaginato che Damon progettava di cancellarle ogni ricordo, avrebbe trovato un’altra soluzione…»
spiegò l’altra.
«Già…»
Ormai gli occhi del vecchio schizzavano dalla strada al volto di Jenna, agli occhi di Gala riflessi nello specchietto retrovisore.
«Cosa… cosa state dicendo?»
«Papà, l’altro lato è in trappola… nessuno entra e nessuno esce…»
rispose Jenna.
«Gli spiriti sono bloccati in un limbo… e noi dobbiamo liberarli…»
aggiunse Gala.
 
L’aria fredda di Seattle scompigliò i capelli di Jeremy che avanzava a passo deciso verso il bar in cui forse avrebbe trovato Matt.
Da anni non riusciva più a comunicare con Bonnie o con nessun altro spirito, ma la notte prima, la moglie gli era apparsa in sogno e gli aveva detto che l’amico si trovava in grande pericolo.
Non era solito dar retta a certi incubi, ma quello gli era sembrato così reale e Bonnie sembrava così sicura.
Aveva deciso che controllare non gli avrebbe fatto male, e poi gli serviva una pausa ed aveva promesso a Matt di andare a trovarlo.
Così era partito alla volta di Seattle, lasciando Jenna con Damon ed Elena.
Una volta giunto in città si era subito messo alla ricerca del bar indicatogli da Bonnie nel sogno.
Man mano che si avvicinava all’entrata sentiva l’ansia crescere in lui.
Se non vi avesse trovato l’amico, avrebbe capito di aver fatto solo un sogno molto vivido… in caso contrario, però, avrebbe significato che Bonnie lo aveva contattato per davvero.
Gli sarebbe piaciuto poter gioire della notizia, ma nel sogno la moglie gli era apparsa stanca e sfibrata, spaventata a morte da qualche minaccia invisibile e sul punto di svanire nel nulla.
Non sapeva davvero in quale delle due possibilità sperare.
Arrivato di fronte alla porta in ferro battuto del locale, fece un gran respiro e scosse la testa.
Si fece coraggio ed entrò.
Il locale era ampio e gremito di gente, la musica troppo alta e la clientela troppo losca ed ubriaca.
Con il cuore che martellava sempre più forte, fece una panoramica sulla sala in cerca del viso dell’amico.
Ispezionò ogni tavolo ed ogni angolo due volte prima di accettare l’idea che Matt Donovan non si trovasse lì.
Deglutì a vuoto ed incassò il colpo da un lato felice e dall’altro disperato.
Arretrò di un passo, pronto ad andare via, quando i suoi occhi catturarono qualcosa di familiare, una giacca rossa. Avanzò nuovamente e strinse lo sguardo sul capo d’abbigliamento, riconoscendo la vecchia giacca da quarterback di Matt.
Scosse la testa confuso e  si rese conto che c’era un uomo steso sulla panca sotto al tavolo dove la giacca era stata abbandonata.  Si fece largo tra la folla e vide una cameriera posare una caraffa di birra sul tavolo ed andare via, contemporaneamente un corpo molle si sollevò dalla panca, mettendosi a sedere, facendo ciondolare la testa verso la caraffa.
Non c’erano dubbi, quello era il suo amico.
Allungò il passo ed in quattro falcate fu al tavolo di Matt, proprio mentre questo si apprestava ad ingurgitare una birra di cui non aveva chiaramente bisogno.
Jeremy gli bloccò il braccio e l’uomo sollevò gli occhi azzurri su di lui, con un’espressione feroce che si ammorbidì subito, riconoscendolo.
«Jeremy…»
biascicò, sorridendo.
«Hey, Matt… tutto bene?»
domandò, sedendosi di fronte a lui.
L’altro scoppiò in una risata isterica.
«Una meraviglia, amico… sono il ritratto della serenità…» si spinse i palmi sugli occhi «Sono… io sono…»
Jeremy allungò un braccio verso di lui.
«Matt… che succede?»
«Non lo so, Jer… è da un po’ che non so più niente…» scostò le mani dal viso e rivolse il suo sguardo annebbiato all’amico «Sta succedendo qualcosa… ma non so cosa…»
Sospirò e riprese in mano la caraffa.
«Hey, hey…» lo bloccò nuovamente l’altro «Credo tu ne abbia avuto abbastanza per stasera… che ne dici se andiamo via e ne riparliamo domani?»
Matt parve pensarci su, quindi annuì.
«Sì… domani… vado prima in bagno… ok?»
Jeremy sorrise ed aiutò l’amico a mettersi in piedi. Lo osservò ciondolare verso il fondo del locale e sparire dietro la porta della toilette.
Con lo sguardo cercò una cameriera per farsi portare il conto, ma prima di trovarne una, un nuovo fantasma del suo passato varcò la soglia di quello squallido bar: Jessica.
Non la vedeva da poco meno di un anno, eppure sembrava fosse invecchiata di un secolo.
C’era qualcosa in lei di profondamente diverso e sbagliato.
“Gli occhi” pensò Jeremy.
Dei due specchi di giada, brillanti e sprizzanti gioia, non era rimasto che il colore… anche quello sbiadito.
Si chiese se fosse colpa del soggiogamento di Klaus e ricordò di come si era sentito vuoto quando Damon lo aveva costretto a dimenticare Vicky.
Sospirò e bevve un sorso della birra lasciata da Matt, provando a mandar giù l’amarezza provata nel vedere tanta tristezza sul viso della ragazza, un tempo florido di sentimenti e sorrisi, e l’ultimo ricordo lucido di quella notte fu il lampo di riconoscimento negli occhi di Jessica… poi l’oblio.
Al suo risveglio, si ritrovò accovacciato sul sedile posteriore della propria auto, parcheggiata sotto casa di Matt.
Qualcuno bussò sul vetro dell’abitacolo ed il rumore rimbombò nella testa dell’uomo che si tappò le orecchie convinto che gli sarebbe esploso il cervello.
Aprì lentamente un occhio e guardò in direzione del rumore.
Con in mano due bicchieri di caffè ed in faccia un ghigno beffardo, c’era Matt.
«Buongiorno, raggio di sole!»
esclamò.
«Abbassa la voce…»
lo supplicò Jeremy, sollevandosi adagio.
«Hai fatto baldoria, eh?»
domandò ridendo l’altro.
«Io? E tu?» replicò, abbassando il finestrino «Come diavolo fai a stare in piedi?»
Matt rise porgendogli un bicchiere.
«Ed io che pensavo che avere Damon come cognato ti avesse reso più resistente all’alcool!»
«Sì… beh, lo pensavo anche io!» si stropicciò gli occhi ed afferrò il bicchiere di carta «Ma quanto abbiamo bevuto?»
domandò inalando il profumo del caffè.
L’amico scosse la testa.
«Non so… ricordo solo che siamo entrati in quel bar su due gambe e ne siamo usciti strisciando…»
Jeremy corrugò la fronte. Non ricordava assolutamente nulla.
Sapeva solo di essere partito per Seattle per andare a trovare Matt, il giorno prima.
«Beh… forse non abbiamo più l’età per certe cose…»
commentò.
«Forse…» concordò l’altro «La prossima volta porta anche Jenna… così ci impedirà di avere idee tanto stupide!»
I due risero ma il sospetto che ci fosse qualcosa di sbagliato, si annidò nel cuore di Jeremy.
 
«Eccoci arrivati»
comunicò l’anziano, spegnendo il motore.
«Sì… finalmente…»
sospirò Gala, guardando la radura fuori dal finestrino.
«Una di voi due vuole dirmi come ha intenzione di… liberare gli spiriti?»
chiese il vecchio Jeremy.
«Credo che la risposta sia qui…»
rispose Jenna, agitando in aria il grimorio di sua madre.
«A dire il vero» intervenne Gala, aprendo lo sportello dell’auto «La risposta è qui…»
E si indicò la tempia.
«C-che… che vuoi dire?»
domandò la strega.
«Oh, lo scoprirai presto…»
replicò scendendo dall’auto ed avviandosi verso la grotta nascosta tra gli alberi. 

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Capitolo 40
*** In time. ***


Ad Eleonora (Nora),
Per sempre nel mio cuore, non ti dimenticherò mai.
 
 
Quella mattina Elena si era svegliata sola nel letto.
Era stato strano aprire gli occhi e non incrociare quelli di Damon, quell’anomala assenza le aveva procurato una fitta allo stomaco ed un senso di angoscia le si era attaccato alla pelle.
Non ere riuscita a lavarselo via nemmeno abbondando con acqua e sapone sotto la doccia, e più passava il tempo, più sentiva l’urgenza di trovare il suo fidanzato ed assicurarsi le braccia di lui intorno al corpo.
Si vestì in fretta e scese al piano di sotto, sentendo l’angoscia fermentarle nello stomaco.
A passo spedito entrò nel salotto e vedendo le spalle large di lui stagliate contro la finestra che dava sul giardino, riuscì a placare il terrore che l’aveva attanagliata.
«Damon!» esclamò «Grazie al cielo…»
Lui si voltò a guardarla ed allargò meccanicamente le braccia vedendola avanzare.
Elena si lasciò stringere ed affondò il viso nell’incavo del collo del vampiro, inalandone il profumo speziato e ritrovando l’equilibrio che aveva perso nel tempo in cui  era stato lontano dalla sua vista.
«Hey… che succede?»
domandò preoccupato.
La vampira scosse la testa.
«Niente… è solo che…» sospirò e sollevò il viso, agganciandosi agli occhi di Damon «Mi sono svegliata da sola…»
Lui sorrise.
«Non è la prima volta…»
le fece notare.
«A me è sembrato di sì, invece…» ribatté lei «Ho avuto questa sensazione che fosse sbagliato… che non fosse giusto…»
La voce le tremava e le dita si strinsero sul colletto della camicia di lui.
«Elena… hey…» le prese il viso tra le mani e corrugò la fronte «Sono qui… di fronte a te… va tutto bene…»
Lei sorrise ed annuì.
«Sì, scusa… non so che mi è preso…»
«Sicura che vada tutto bene?»
chiese apprensivo lui.
«Sì…» rispose «Davvero… è stato solo un momento… una sensazione…»
Lo baciò e la gelida morsa di panico che l’aveva avvolta, si dissolse al calore di quelle labbra che erano ormai diventate un’estensione delle sue.
Le loro fronti si poggiarono e restarono in silenzio ad ascoltarsi respirare.
«Stavo pensando ad una cosa…»
disse lui dopo un po’.
«Cosa?»
domandò lei, ancora ad occhi chiusi.
«Dovremmo partire… fare un viaggio…»
Elena sollevò le palpebre.
«Un viaggio?»
«Sì!» confermò Damon «Quando è stata l’ultima volta che ci siamo presi una vacanza?» fece un passo indietro e si guardò intorno «Da quando Jess è andata via, ci siamo sepolti tra queste mura… mi sono sepolto tra queste mura… quasi la paura di uscire di casa ed incappare in lei, o in qualcosa che me la ricordasse, mi avesse intrappolato qui… e tu…» le strinse le mani «E tu ti sei lasciata seppellire, pur di starmi a fianco…»
«Stare con te è quello che voglio… chiusi in casa o in giro per il mondo, non importa… basta che stiamo insieme…»
si affrettò a replicare.
«Elena…» le prese il mento con due dita «Ma così non è giusto… ed il mondo ci aspetta!»
La vampire sorrise.
«Ok… e dove vorresti andare?»
«Ovunque!» esclamò lui «Indica un punto sulla cartina e domani stesso partiamo!»
«Wow! Domani? Non starai correndo troppo?»
obiettò lei.
«Sono stato fermo per troppo tempo... accelerare un po’ le cose, non farà male…» le cinse la vita e le scoccò uno sguardo malizioso «Allora, amore mio, dove vuoi andare?»
Elena si aggrappò alle sue spalle e fece un’espressione assorta, concentrandosi sui luoghi che avrebbe voluto visitare, ma prima di poter fornire una risposta, qualcuno suonò alla porta di casa Salvatore.
«Vado io…»
disse Damon avviandosi verso l’entrata.
 
«Hey! Gala!» esclamò Jenna correndo dietro alla donna «Aspetta! Rallenta!»
«Non abbiamo tempo da perdere!»
ribatté l’altra.
«Sono d’accordo… ma… nostro padre ha un po’ di problemi a tenere il passo!»
le fece notare.
Gala si fermò di scatto e si voltò a guardare indietro. Vide Jeremy arrancare per raggiungerle e Jenna aveva il fiatone. Non si era resa conto di aver praticamente corso da quando era scesa dall’auto. Sorrise.
«Scusa… non ci ho fatto caso…» chinò la testa di lato e scosse la testa «Hai… tu hai detto “nostro” padre…»
La pelle mulatta della strega si accese di un rosso scarlatto sulle guance.
«Io… sì… cioè… non ci ho fatto caso…»
farfugliò.
«Andiamo, Jenna… prima o poi dovremo pur affrontare il fatto che siamo sorelle...»
commentò.
«Una cosa per volta, ok?»
replicò duramente l’altra.
«Ok…»
«Scusate ragazze» proruppe l’anziano raggiungendole, trafelato «Non ho più lo scatto felino di una volta…»
Le due si scambiarono un’occhiata ironica ed insieme a Jeremy si riavviarono verso la grotta.
«Comunque…» riprese Jenna «Hai intenzione di spiegarmi cosa volevi dire scendendo dalla macchina? Quando hai detto che la soluzione è nelle tua testa?»
Gala rise.
«Beh… per citare un nostro comune amico “ogni cosa a tempo debito”…»
La strega le lanciò uno sguardo contrariato che le strappò una nuova risata.
«Ti basti sapere che c’è una porzione di storia che nemmeno tu conosci…»
spiegò.
«Cosa?!?» si meravigliò Jenna «Non è possibile! Jessica ha inserito ogni dettaglio nella mia testa poco prima di…» la voce le si assottigliò «Beh… sai, poco prima di…»
«Morire?» le venne in soccorso Gala «Sì… è vero… ma comunque c’è un dettaglio che ha lasciato solo a me… ed è la ragione per cui Damon ed Elena hanno fatto parte della mia vita sin dalla più tenera età…»
Jenna corrugò la fronte confusa, imitata da Jeremy.
«Ve l’ho detto… ogni cosa a tempo debito… adesso apriamo questa grotta, vi spiegherò tutto mentre raggiungiamo…»
«Le catacombe?»
concluse per lei la strega.
Gala scosse la testa.
«Sbrighiamoci…»
li incitò allungando il passo.
 
Di tutte le persone che aveva pensato di trovare dietro il legno scuro della porta di casa, quella era l’ultima che si aspettava.
In piedi di fronte a Damon c’era Klaus.
L’Originario aveva un’espressione da folle, gli occhi roteavano impazziti, la testa scattava a destra e sinistra come a cercare qualcosa o qualcuno, e tra le braccia stringeva uno strano fagotto azzurro.
Il vampiro strinse gli occhi su quell’agglomerato di tessuto e si rese conto che al di sotto della stoffa qualcosa si muoveva. La sua mente rifiutò di realizzare la natura di ciò che Klaus teneva in braccio, ma il suo corpo si era già irrigidito, terrorizzato da ciò che collegava l’ibrido ed un neonato.
«Klaus…» lo chiamò adagio «Che ci fai qui? E perché hai con te un bambino?»
«Elijah è già arrivato? E Beckah? E Kol?!?»
domandò l’Originario, ignorando completamente le curiosità del vampiro.
Avanzò di un passo continuando a guardarsi intorno.
«Klaus!»
esclamò Damon, afferrandolo per le spalle.
Finalmente l’ibrido parve ridestarsi dallo stato di shock in cui era caduto e nei suoi occhi balenò un lampo di riconoscimento.
«Damon… io… Elijah… Rebekah…»
«E Kol…» continuò lui «Sì, ho capito… ma non sono qui…perché avrebbero dovuto?» gli occhi azzurri di Damon ricaddero sul fagotto «E per l’amor del cielo! Dimmi che diamine ci fai con un bambino in fasce tra le braccia!»
Klaus abbassò lo sguardo di scatto e scosse la testa.
«Lei… lei è Gala…»
disse con un filo di voce.
«Ok… piacere Gala, io sono Damon... Ops! Sei una poppante di nemmeno un anno e non mi puoi rispondere…» ironizzò, quindi scrollò nuovamente Klaus «Vediamo se questo bruto qui, si decide a darmi una risposta decente al posto tuo!»
L’ibrido fece una smorfia ma invece di dare in escandescenze, ritrovò la calma. Prese un gran respiro e raddrizzò la schiena.
«Damon, lei è Gala, la figlia di Jessica… ed ora ho bisogno che tu muova quel tuo culo secolare e scopri che fine hanno fatto i miei fratelli! Dobbiamo sbrigarci, non c’è tempo… Jess è in pericolo ed anche Gala!»
Il vampiro aveva spalancato la bocca ed il suo cervello aveva ignorato ogni parola successiva alla frase “la figlia di Jessica”.
«Damon… chi era alla por…»
Elena lasciò la frase in sospeso vedendo la scena del suo fidanzato fissare a bocca aperta Klaus.
«Klaus? Che ci fai qui?» avanzò verso di lui «Non ti aspett…»
Nuovamente non finì la frase scorgendo un braccino roseo e paffuto, spuntare dal groviglio azzurro del lenzuolo che avvolgeva un neonato, stretto tra le braccia dell’Originario.
«Cosa… che…»
«Non ho tempo per questo, tesoro…» sbottò l’ibrido «Dicevo al tuo fidanzato, che dobbiamo sbrigarci a metterci in contatto con i miei fratelli… gli ho lasciato dei messaggi venendo… credevo di trovarli già qui, anzi…»
«Ahm… no… qui non è venuto nessuno…» lo informò continuando a fissare confusa il neonato «Ma che… tu che ci fai con un bambino?»
«Lei è Gala» intervenne Damon, usando un tono distante, quasi stesse parlando nel sonno «La figlia di Jessica…»
Elena fece scattare la testa verso il vampiro, incredula.
«La figlia di… cosa? Che?!?»
Klaus sospirò rumorosamente.
«Dannazione! Sì! È la figlia di Jessica ed io ho bisogno che voi vi diate una svegliata! Lo volete capire o no che la piccola e sua madre sono in pericolo?!?»
Finalmente le sinapsi nel cervello dei due vampiri si rimisero in moto e Damon riuscì ad archiviare la marea di domande che gli avevano invaso la mente, tornando vigile.
«Di che diavolo parli?»
domandò.
«Elijah, Reb…»
«Sì, sì! Li chiamiamo tra un attimo… ora dimmi perché hai la figlia di Jessica in braccio!»
sibilò il vampiro.
«Non ho solo sua figlia… ho anche Jessica… e Matt…»
«Donovan?»
si stupì Damon.
«Quanti altri ne conosci?»
ribatté Klaus.
«Quattro, anzi no, tre, uno l’ha ucciso nel 1979» rispose in automatico Elena «Perché li hai con te?»
domandò infine esasperata.
«Perché… Jessica è in pericolo… e Matt è colui che ce l’ha messa…»
«Cosa?!?»
esclamarono in coro i vampiri.
«Qualche mese fa stavo vagando per Seattle… ed improvvisamente mi imbattei in Jessica» iniziò a spiegare «Le ho fatto subito dimenticare l’accaduto… e mi sono allontanato… ma…»
«Ma?»
lo incitò Damon con impazienza.
«Ma non sono riuscito ad andare via…» proseguì «Così sono rimasto lì, l’ho seguita… volevo solo sapere come se la passava… aveva una bambina… ed era così bella, ma sembrava tanto triste… ed io… io non potevo andarmene e basta…»
«Klaus, arriva al dunque!»
sibilò Elena, stringendosi le braccia intorno allo stomaco.
«Io… io l’ho seguita per un po’… e poi mi sono accorto che non ero il solo a studiarne le mosse…» i vampiri si misero in allerta «C’era una donna… lei… lei seguiva Jessica, la spiava… era… era un vampiro… l’ho vista soggiogarla per poter passare del tempo con la bambina...»
«Cosa? E chi era?»
si preoccupò Damon.
Klaus scosse la testa.
«Non ne ho idea… non sono riuscito a scoprire la sua identità… ma ho scoperto chi la frequentava…»
«Stai parlando di Matt?»
chiese Elena.
L’Originario annuì.
«Li ho visti insieme… all’inizio pensavo fosse tutta opera vostra, un modo per controllare e proteggere Jess… ma…» sospirò «Ma poi ho sentito Matt riferire a quella donna una conversazione avuta con te…» guardò Elena «Le stava dicendo che voi due eravate ancora a Mystic Falls e che non avevate intenzione di muovervi… e che non era nei vostri piani far visita a Jess…»
Damon indietreggiò di un passo, mentre Elena sentì la sensazione di gelo tornarle a pervadere lo stomaco.
«Lui la stava aggiornando… capite?» continuò «Così, non appena la donna è andata via, mi sono fatto avanti… gli ho chiesto spiegazioni… ma lui sembrava cadere dalla nuvole… ho capito quindi che era stato soggiogato» Elena tirò un sospiro di sollievo ma Klaus fece un’espressione grave «Ho provato ad ottenere informazioni soggiogandolo a mia volta… ma tutto quello che ne ho ricavato sono state parole senza senso…» fissò negli occhi Damon «O meglio… un senso c’era… ed era “uccidere Jessica”… io… io non ci ho visto più e…»
Elena si portò una mano sulla bocca.
«Klaus… che ne hai fatto di Donovan?»
chiese Damon, ma conosceva la risposta.
«Io… io l’ho ucciso…»
ammise l’ibrido, senza mostrare il benché minimo rimorso.
Una lacrima scivolò rapida sulla guancia di Elena.
«No…»
sussurrò.
«Sì…» ribadì Klaus «L’ho ucciso… così come ucciderò chiunque voglia far del male a Jessica!»
«Perché hai detto che hai con te Matt, allora?»
chiese Damon.
«Perché è così… l’ho portato con me…»
rispose candidamente Klaus.
«T-tu… tu hai guidato fin qui con un cadavere nel bagagliaio?»
«Più o meno…»
Il vampiro corrugò la fronte confuso.
«Diciamo che è venuto fuori che quella donna ha nutrito Matt col suo sangue…»
spiegò infine Klaus.
«M-Matt è un vampiro?!?»
esclamò Elena.
«Non ancora» replicò l’ibrido «Non si è ancora nutrito…»
«E cosa aspetti a dargli del sangue?!?»
urlò la vampira.
«Non dipende da me… è lui che non vuole…»
«Cosa?»
«Proprio così… mi ha detto espressamente di non voler diventare un vampiro…»
«Ha un punto di arrivo tutta questa storia?»
intervenne impaziente Damon.
«Sì… con la transizione in atto, tutto ciò che il buon Matt è stato soggiogato a dimenticare, sta tornando a galla… è stato così che ho avuto le informazioni per capire che la vita di Jessica e Gala era in pericolo…»
«E così hai rapito madre e figlia e ti sei fiondato qui?»
«Scusami, Damon… credevo ti sarebbe interessata l’idea di salvare tua figlia!»
ringhiò Klaus.
«Pensavo di averlo fatto quando ti ho chiesto di eliminare tutta questa merda dalla sua vita!»
sbottò il vampiro.
«Beh, a quanto pare non bastava soggiogarla a dimenticare la porzione soprannaturale del mondo per riuscire nell’impresa!»
ribatté l’Originario.
 
Arrivati di fronte alla grotta, Jenna aprì il vecchio grimorio di sua madre in cerca dell’incantesimo per svelare l’entrata. Dopo averlo individuato, quindi,  si concentrò e salmodiò le antiche parole e qualche istante più tardi, apparve un’apertura nella pietra grigia. I tre si lanciarono un ultimo sguardo e si addentrarono.
«Fai un po’ di luce?»
domandò Gala, porgendole un bastone di legno.
La strega le lanciò un’occhiataccia e fece scoccare la lingua contro il palato. Chiuse gli occhi e si concentrò, improvvisamente, sulle pareti della grotta, si accesero una serie di fiammelle che illuminarono il lungo percorso che conduceva verso le viscere della terra.
«Wow… ammirevole…»
apprezzò la donna.
«Anche tua madre era brava con il fuoco…»
commentò Jeremy.
Jenna gli rivolse un sorriso triste e tornò a guardare l’antro illuminato.
Una serie di ricordi orribili le tornarono in mente ed i brividi le corsero lesti lungo la schiena.
L’ultima volta che era stata in quel posto aveva assistito ad un massacro, aveva scoperto che suo padre aveva giaciuto con un’altra donna e la stessa, le aveva procurato una cicatrice che per troppi anni aveva considerato nel modo sbagliato.
Da quando Gala le aveva aperto gli occhi su ciò che si nascondeva dietro quel terribile gesto, infatti, aveva smesso di sentire dolore per quel taglio obliquo che le scendeva dalla tempia fin sulla guancia, aveva smesso di sentire la pelle tirare nel punto in cui la lama era affondata nella carne.
Non c’era mai stata intenzione da parte di Jessica di ferirla, ma in quegli ultimi e terrificanti istanti, serviva il sangue di una strega per mettere fine a quel ciclo di morte iniziato secoli prima e sarebbe bastato stare immobile per non portarsi poi addosso i segni, ma lei era piccola e spaventata e tutto il suo mondo era appena stato capovolto, e quando Jessica calò il pugnale verso Jenna, la piccola si scostò, e la lama le incise il viso, anziché procurare un piccolo foro alla base del collo.
E poi c’era la visione di Bonnie, avuta anni prima, una visione che erroneamente era stata interpretata come una della pure più profonde della strega, ovvero quella di nuocere alla sua bambina, ma non si trattava di questo. Quell’immagine, carpita da Jessica, non era che una premonizione di quanto sarebbe accaduto più avanti, un segnale che tutto stava procedendo secondo un disegno più grande ed immenso.
Jessica lo aveva capito solo nell’istante in cui la piccola si era portata la mano sul viso, piangendo e disperandosi per quel vile atto, Jenna lo aveva appreso anni più tardi, con l’aiuto di quella sorella che per tutta la vita aveva rigettato dalla propria vita e dal proprio cuore.
Scosse la testa e si costrinse a rimandare a dopo tutti i pensieri inerenti all’allargamento della sua famiglia.
Sicuramente ci sarebbe voluto del tempo per sviscerare bene l’argomento e l’idea di non essere più sola, aveva iniziato a solleticarle il cuore, facendole provare un pizzico di eccitazione… ma ciò che più le interessava in quel momento, era portare a termine quanto iniziato da sua madre e da Jessica anni prima, in modo tale da poter eliminare l’impedimento che bloccava le comunicazioni con l’altro lato. Una volta liberati gli spiriti dal limbo in cui erano stati relegati per oltre trent’anni, avrebbe capito perché solo ad alcuni di loro era stato concesso di continuare a comunicare con i vivi, ma soprattutto avrebbe potuto parlare di nuovo con sua madre e con lei trovare la pace per lo svolgersi degli eventi. Le avrebbe chiesto spiegazioni sul perché avesse mandato suo padre a Seattle, mettendolo nelle condizioni di concepire una figlia con un’altra donna, le avrebbe chiesto perché non avesse scelto di vivere una vita piena ed in salute, preferendo sacrificarsi e sacrificare il loro tempo insieme… le avrebbe fatto un sacco di domande, e finalmente avrebbe ricevuto delle risposte.
Ma prima c’era un altro mistero da risolvere.
«Quindi… questa parte di storia che nemmeno io conosco…»
iniziò Jenna, fingendo nonchalance.
Gala sorrise.
«Riguarda ciò che mia madre ha fatto pensando di poter slegare il destino dei vampiri da quello degli Originari…» spiegò «La preoccupazione che i nemici di Kalus avrebbero sempre tentato di far fuori lui e la sua famiglia, l’aveva spinta a pensare a quanto il destino delle persone a lei care fosse indissolubilmente legato a quello dei Mikaelson…»
Jeremy e Jenna si  scambiarono uno sguardo smarrito, e la donna continuò:
«L’idea gliela diede proprio Bonnie…»

 

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Capitolo 41
*** The Key. ***


Klaus camminava nervosamente avanti e indietro nello stretto perimetro del salotto di casa Salvatore, stringendo tra le braccia la piccola Gala, ancora addormentata.
Damon ed Elena lo osservavano in silenzio, aspettando delle spiegazioni per quella surreale situazione.
«Klaus! Potresti fermarti un attimo?»
si spazientì il vampiro.
«Non ci riesco… io… se mi fermo rischio di impazzire!»
replicò l’ibrido.
«Mi pare un po’ tardi per questo…» ironizzò Damon «Sembri uno a cui sono stati rubati un paio di venerdì!»
Elena gli scoccò un’occhiataccia e scosse la testa.
«Non sei d’aiuto Damon!»
lo riprese.
«Oh, e lui lo è?» ribatté piccato «Guardalo! È piombato qui dicendo di aver rapito Jess e sua figlia… e Donovan! Perdonami se sono impaziente di capire che diavolo succede!»
«Jessica…» disse Klaus «Lei… lei è in macchina… dobbiamo… lei sta dormendo…»
Improvvisamente, dalla porta di casa, entrò Stefan con un’espressione preoccupata sul viso che si tramutò in stupore vedendo il singolare quadretto.
«Che… che sta succedendo?»
domandò.
Il fratello fece roteare gli occhi, scosse la testa e rispose:
«È quello che vorremmo capire, se il nostro amico qui, si decidesse a parlare!»
L’Originario arrestò la sua marcia e sospirò.
«Sfortunatamente, Damon, nemmeno io ne so molto di più… è per questo che sto aspettando l’arrivo dei miei fratelli… Forse Elijah…»
«I tuoi fratelli?» lo interruppe Stefan «Ero al telefono con Meredith poco fa… mi stava dicendo proprio che le era sembrato di vedere Rebekah… poi, però, è caduta la linea e non sono più riuscito a contattarla… pensavo di trovarla qui…»
«Bene! Rebeckah è arrivata»
esclamò Klaus, sovrastando il resto delle parole del vampiro.
Un vagito attirò l’attenzione di Stefan, i cui occhi caddero sul fagotto stretto tra le braccia dell’ibrido e spalancò la bocca incredulo.
«Cosa… cosa ci fai con un bambino?»
gli domandò.
«Metti in fila, fratello…»
ironizzò Damon.
«Questa è Gala…» rispose Klaus, guardando la piccola che si svegliava «Lei… lei è la figlia di Jessica…»
«C-cosa… che…»
farfugliò il vampiro.
«Come ho detto, fratellino: mettiti in fila»
«Matt…» sussurrò Klaus «Matt Donovan… lui ha tutte le risposte…»
«Matt…»
ripeté Elena.
«Sì… lui sa…»
«No» lo interruppe la vampira, sollevò un braccio ed indicò un punto alle spalle di Stefan «Matt…»
Tutti i presenti si voltarono e sull’uscio, sudato e col fiatone, c’era l’ex quarterback.
Mosse un passo per entrare in casa, ma le gambe gli cedettero. Con uno scatto fulmineo Stefan gli fu accanto, lo sostenne impedendogli di finire disteso sul pavimento.
«Hey, amico… tutto ok?»
gli chiese.
«Devi nutrirti…»
disse Elena, avvicinandosi.
«Nutr… cosa… che…»
«Stef, potresti rimandare a più tardi il tuo irritante stupore?!?»
commentò sarcastico Damon, guadagnandosi una nuova occhiataccia da parte della fidanzata.
«Sto bene» ansimò Matt «Ma non abbiamo molto tempo…»
«Devi bere del sangue umano e…»
riprese la vampira.
«No!» la interruppe lui «Non diventerò un vampiro… non… io non posso… non voglio!»
«Ma così morirai!»
si disperò lei.
Gli occhi azzurri dell’amico si riempirono di lacrime.
«Credimi, Elena… è meglio così…»
«Non puoi dire sul serio…»
L’uomo si raddrizzò sostenendosi a Stefan e deglutì.
«Sono serissimo, invece» guardò in direzione di Klaus «Sbrighiamoci…»
L’Originario annuì con espressione grave.
«Vado a prendere Jessica»
disse Damon e senza esitare oltre, corse all’esterno, verso l’auto parcheggiata sotto il porticato.
Sul sedile posteriore c’era sdraiata la ragazza. Aveva il viso ricoperto dai riccioli scuri ed il respiro era regolare. Velocemente aprì la portiera della macchina e le liberò il viso dai capelli.
Le accarezzò una guancia e per un breve istante riuscì a dimenticare la nuova ondata di problemi che si stava abbattendo su di loro. Ma durò poco.
Con delicatezza la prese in braccio e tornò all’interno della casa, la adagiò sul divano e facendo appello a tutto il suo autocontrollo, si voltò lentamente verso Klaus e Matt.
«Adesso parlate… o giuro sull’amore che ho per queste due donne» indicò Jessica ed Elena «Che vi strapperò via i cuori dal petto prima ancora che possiate realizzare che mi sono mosso…»
La piccola Gala iniziò ad agitarsi e l’ibrido si rese conto di aver stretto troppo la presa intorno al suo piccolo corpicino.
«Scusa piccolina…»
sussurrò guardando la creatura.
«Dammela…»
ordinò Damon, tendendo le braccia.
Klaus lo guardò confuso ed il vampiro insisté:
«Dammi la piccola…»
«Non le farei mai del male»
si difese l’ibrido.
«Lo so, ma sei troppo agitato ed i bambini percepiscono lo stato emotivo di chi li tiene in braccio…» gli spiegò «Dammi la piccola e poi siediti…»
L’altro deglutì e con riluttanza gliela consegnò.
Elena e Stefan osservarono con quanta delicatezza e attenzione accolse la piccola tra le braccia.
Gli occhi di Gala si aprirono in quelli di Damon e sul viso paffuto della bambina comparve un sorriso sdentato,  per un istante al vampiro mancò il terreno sotto i piedi.
La piccola aveva gli stessi occhi di sua madre ed al vampiro sembrò di essere tornato indietro di oltre vent’anni, alla notte in cui la sua vita inciampò in quella di Jessica.
«Hey…»
la salutò con dolcezza.
Le passò un dito sul nasino, la piccola Gala sollevò una mano e glielo afferrò, emettendo una risata che fece desiderare al vampiro di non doversi mai più separare da quel suono delizioso. Realizzò che si trattava dello stesso sentimento provato stringendo Jessica per la prima volta tra le braccia, il medesimo sentimento che lo aveva spinto ad allontanarsi da Mystic Falls portandosi dietro una neonata, salvandole la vita e condannandola al contempo…
Non poté fare a meno di pensare che la storia si stava per ripetere e mai come in quel momento, desiderò chiudere quel circolo di vita, morte e magia.
Una manciata di minuti prima stava progettando di prendersi una vacanza, di staccare la spina insieme all’amore della sua vita, ed ora guardava negli occhi l’ennesima pedina di una guerra che avrebbe mietuto vittime innocenti, tra cui sua figlia.
Così aveva detto Klaus, che la vita di Jessica era in pericolo, così come quella della bambina e Damon era stufo marcio di sapere i suoi affetti in pericolo.
Sollevò di scatto la testa e fissò Matt.
«Tu, parla. In fretta!»
gli intimò.
L’uomo barcollò, sempre più debole, e Stefan lo aiutò a mettersi seduto.
«Quello che dirò non vi piacerà»
li avvertì.
«Lo sopporteremo. Ora parla»
ribadì Damon.
 
«Gala!» esclamò Jenna «Gala, aspetta!» lasciò il fianco di Jeremy e si accostò alla donna «Che vuol dire che l’idea è stata di mia madre? E perché hai tutta questa fretta di arrivare lì? Non ti piacerà ciò che vi troverai!»
la avvertì.
Per tutta risposta l’altra rallentò il passo e le rivolse un sorriso malizioso.
«Tu credi?»
La strega scosse la testa confusa.
«Gala… sei sicura di aver capito cosa è successo lì giù?»
domandò con cautela.
«E tu, Jenna? Tu sei sicura di averlo capito?»
«Io ero lì… sono più che certa!»
ribatté piccata.
«Oh beh… c’ero anche io!»
replicò Gala.
«Ti riferisci alla te neonata o a quella a cui sono stati impiantati i ricordi di chi è stato lì “davvero”?!?»
«Ad entrambe, Jenna!»
E mentre le due rimasero a guardarsi con aria di sfida, l’anziano le raggiunse.
«Che succede qui?»
domandò ansimante.
«Non so… chiedilo alla donna del mistero» rispose stizzita Jenna «A quanto pare ne sa più di noi…»
«Riguardo a cosa?»
chiese Jeremy.
«Riguardo a tutto!»
Gala tossicchiò una risata e buttò indietro la testa, sospirò e riportando lo sguardo sul viso della strega, disse:
«Ascoltami… non pretendo di saperne più di te… ma c’è una parte di tutta questa storia che mia madre non ha fatto in tempo a condividere con te…»
«Non è possibile… lei… lei mi ha fatto vedere tutto!»
insisté la strega.
«No… non proprio…» pose due mani sulle spalle dell’altra «Quando Jessica rimase incinta, la compulsione di Klaus iniziò a farle difetto per ovvi motivi… e quando prese a recuperare alcuni ricordi, capì l’importanza di tenerne segreti un paio… tra questi c’erano i suoi ultimi incantesimi…»
Jenna corrugò la fronte.
«I suoi ultimi  incantesimi sono serviti a spezzare i sigilli e a riportare Klaus nel suo corpo…»
«No… affatto» si morse il labbro inferiore «Risparmiò i suoi poteri per destinarli ad un altro scopo…»
«Quale?»
domandò Jeremy.
«Sciogliere la connessione alla linea di sangue degli Originari…»
rispose.
«Cosa?!? Ma… ma non è possibile… non…»
«Invece lo ha fatto… solo che…»
«Solo che?»
la incitò la strega.
«Solo che non ha semplicemente spezzato la connessione…» allargò le braccia e scosse la testa «Senza rendersene conto l’ha legata a qualcosa di più forte»
Jeremy si passò una mano sul viso.
«Come ha fatto Bonnie con i sigilli… li ha legati alla sua anima, così sarebbero rimasti attivi anche se lei fosse morta, poiché il suo spirito avrebbe vissuto in eterno nell’altro lato…»
commentò.
La donna annuì.
«Non… non capisco… tu come fai a sapere tutto questo?»
chiese Jenna.
«Ricordi quando ho detto che doveva tenere segreti questi ricordi?» la strega annuì e Gala proseguì «Beh, diciamo che li ha nascosti in me, in attesa di poterli recuperare in qualche modo, ma quando sono nata, il soggiogamento è tornato a barrarle i ricordi a pieno regime, facendole dimenticare nuovamente tutto… almeno fino alla notte in cui è morta…»
La strega spalancò la bocca e si portò una mano sulla tempia.
«Lei… lei ha provato a dirmelo… ad avvertirmi… continuava a dirmi che tu eri la chiave… che tu…» la mano scese sulla bocca «Mio dio… quando ti ho passato i ricordi, anche quelli nascosti da Jessica si sono sbloccati… il tassello mancante lo hai sempre avuto tu, per tutto questo tempo… ed io…»
«Jenna… eri una bambina»
provò a consolarla.
«No! Io… tutto questo tempo… io avrei potuto…»
Gala la afferrò per le spalle e la scosse.
«Ma puoi ora! Possiamo ora! Non sono solo gli spiriti ad essere rimasti intrappolati in un limbo… anche noi siamo rimaste bloccate, intrappolate in un passato che era troppo per te e troppo poco per me…» le sorrise «Che ne dici di vivere il futuro?»
«E credi sia possibile?»
chiese con un filo di voce la strega.
«Deve esserlo…»
Rispose, e si incamminò nuovamente verso il luogo in cui più di una vita venne spezzata.
 
Matt era sempre più debole ma provò a fare appello alle ultime forze rimaste per riuscire a raccontare tutto ciò che finalmente poteva ricordare. Prese fiato, aprì la bocca per parlare ma prima di riuscire ad emettere un solo suono, il telefono di Stefan si mise a squillare.
«È Meredith…» comunicò agli altri «Magari è con Rebekah…» commentò e si affrettò a rispondere «Hey, Mer… sono con Kla…»
Non finì di parlare, sul suo viso comparve un alone di terrore che mise tutti in allerta, e subito dopo la chiamata terminò, lasciandolo pallido e muto.
«Cosa?!? Che ha detto Meredith?»
chiese allarmata Elena.
«N-non… non era Meredith…»
rispose Stefan con la voce spezzata.
«Chi allora? Rebekah?»
intervenne Klaus.
Il vampiro scosse la testa.
«Andiamo, Stefan!» sbottò Damon «Non abbiamo tempo per gli indovinelli! Chi era a quel dannato telefono?»
«Diana…» rivelò «Lei… lei ha preso Meredith…»
«Diana?!?» si stupì il fratello «La stessa Diana di cui ci siamo liberati anni fa?»
Il vampiro annuì lentamente.
«Oh… questa volta non ci sarà ramanzina che tenga, le strapperò il cuore dal petto e mi assicurerò che soffra a lungo! Ma non la stavamo tenendo sotto controllo?!?»
«E cosa vuole da Meredith?»
aggiunse Elena.
«Lei… ahm… lei…»
«Stefan!»
sibilò Damon, cercando di farlo riprendere.
«Sì… scusa…» scosse la testa e batté convulsamente le palpebre « Lei… ha detto… lei ha detto di avere in ostaggio Meredith… Rebekah, Kol ed Elijah…»
«Cosa?!?»
esclamò Klaus.
«Lei… lei ha detto che li ucciderà… se non le portiamo Gala…»
proseguì il giovane Salvatore.
«Gala?!?» proruppe Damon, stringendo meccanicamente più forte le braccia intorno alla piccola «Cosa… cosa vuole quella maledetta strega da lei?»
«Penso di poter rispondere io a questa domanda…»
La voce femminile che rimbombò nel salotto ghiacciò il sangue nelle vene di Damon che si voltò a guardare nella direzione da cui era provenuta, sperando di essersi sbagliato.
«Salve gente…» una figura agile e snella avanzò a braccia conserte «Vi sono mancata?»
domandò sorridendo sardonica.
«Katherine…»
ringhiò il vampiro.
 
La piccola Gala se ne stava seduta al suo banco, separata dal resto dei compagni, a disegnare su un foglio con le matite colorate.
La Madre Superiora le si avvicinò con la sua espressione austera.
«Gala…» la chiamò «Perché stai qui da sola?»
La bimba sollevò la bionda testa riccioluta dal foglio, arrossendo.
«Sto disegnando Madre Joanna… e non sono sola…»
rispose.
La suora sollevò un sopracciglio, confusa.
«Ah no? E chi c’è con te
domandò.
Gli occhioni verdi di Gala si puntarono sul disegno e due nuove rose rosse le colorarono le guance paffute.
Sul foglio bianco, tracciate con linee disordinate, due figure si tenevano per mano: una più piccola, caratterizzata da voluminosi boccoli biondi, ed una più grande, con lunghi capelli  castani.
«Chi hai disegnato insieme a te
volle sapere la donna.
La bambina si strinse nelle spalle e mordicchiandosi il labbro inferiore rispose:
«Lei è Elena… la mia amica…»
La Madre Superiora sollevò gli occhi al cielo e sospirò.
«Gala, guardati intorno» sollevò un braccio indicando il resto della stanza «Guarda quanti bambini ci sono qui, guardali come giocano insieme… perché non fai amicizia con loro invece di inventarti amiche immaginarie
Gli occhioni di giada della piccola si riempirono di lacrime.
«Lei non è immaginaria… è una mia amica… mi viene a trovare sempre… lei mi vuole bene! E conosceva la mia mamma…»
«Se ti vuole così bene, perché l’hai disegnata con quell’espressione triste
La manina di Gala accarezzò il viso disegnato di Elena.
«Le manca la sua famiglia… per questo è triste…»
«E perché non va da loro
insisté la Suora.
«Per non lasciarmi sola… perché ha promesso alla mia mamma di  occuparsi di me… per sempre…»
Madre Joanna scosse la testa.
«Gala, se continui a raccontarti queste favolette, sarai per sempre sola…» si chinò sul banco e le portò via il disegno «Vai a giocare con i bambini veri» piegò il foglio e lo strappò «Basta con queste fantasie!»
Si voltò e si allontanò, lasciando la bambina a piangere sul suo disegno strappato.

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Capitolo 42
*** Man down. ***


Chiedo scusa per il ritardo, ma sto avendo un periodo un po' incasinato, sposterò la pubblicazione degli ultimi capitoli al mercoledì.
Scusate di nuovo :)
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Il battito cardiaco di Jenna iniziò ad accelerare man mano che insieme a suo padre e a Gala si avvicinava al luogo che era stato culla di morte e dolore parecchi anni prima.
Non vi era più tornata nel corso degli anni, inizialmente perché ancora troppo spaventata, poi erano subentrati la rabbia ed il risentimento per una storia che era troppo grande per una bambina a cui era stato tolto così tanto ed in così poco tempo.
La visita inaspettata di Damon a lei e suo padre, qualche tempo dopo, riuscì a placare un po’ di quel malumore, ma non bastò a farle rivedere la sua posizione. Jenna, infatti, si era convinta che quanto accaduto fosse la giusta punizione per tutti, e che quella dovesse essere la fine dell’intera storia.
Ci vollero anni prima di riuscire a raggiungere un compromesso, anni durante i quali la strega si era isolata, macerando nel proprio rancore. Fece di tutto per dimenticare l’esistenza di Gala e provò a cancellare ogni traccia del passato distruggendo tutto ciò che potesse costituire un ricordo: rase al suolo la casa in cui era cresciuta, vandalizzò le lapidi dei suoi cari al cimitero e quasi polverizzò casa Salvatore.
Il padre la fermò in tempo e la supplicò di seguirlo lontano da Mystic Falls, ma lei si rifiutò.
Tagliò con lui ogni ponte e quando Jeremy la chiamò dicendole di aver parlato con Elena, la quale gli aveva assicurato che la chiave per rimettere a posto le cose era Gala, dopo un primo momento di tensione, acconsentì ad aiutarlo nel caso in cui fossero riusciti a capire come utilizzare la sorellastra.
Il momento non giunse per molto tempo, fino ad appena un giorno prima, quando venne a sapere che una sconosciuta aveva messo piede a Mystic Falls chiedendo indicazioni per raggiungere casa Salvatore.
Jenna aveva subito intuito potesse trattarsi di Gala e ne ebbe la conferma quando la trovò addormentata sul vecchio divano nel salotto della pensione.
A parte il colore dei capelli, era identica a sua madre, Jessica.
Stessa ovale del viso, stessa corporatura e ricordava che anche il colore degli occhi era identico.
Si era seduta ed aveva atteso il suo risveglio e quando Gala le aveva confermato di aver avuto diversi colloqui con Damon e di aver parlato anche con Elena, capì che la soluzione era veramente collegata alla sua persona. Non sapeva cosa aspettarsi decidendo di farle scoprire la verità utilizzando lo stesso incantesimo con cui lei stessa aveva scoperto tutto, ma di certo non pensava si sarebbe ritrovata a camminarle di fianco, col cuore quasi in pace e l’animo ricolmo di speranza, un sentimento che si era ormai convinta non avrebbe mai più provato.
A breve avrebbe potuto forse rivedere sua madre e a lei avrebbe chiesto spiegazioni per tutte le macchinazioni a cui aveva sottoposto suo padre per far sì che Gala venisse al mondo e perché non avesse contato su di lei per trovare una soluzione. Ma più di tutto, avrebbe solo voluto dirle quanto la amasse nonostante le svariate invettive che le aveva rivolto nel corso degli anni, nei momenti bui e disperati in cui si era ritrovata troppe volte.
Scosse la testa provando a mandare via tutti quei pensieri e puntò gli occhi sulla nuca riccioluta della sorella che le camminava davanti, sperò potesse essere davvero lei la chiave per risolvere ogni cosa, non avrebbe retto ad un’altra delusione.
 
«Dovevo immaginarlo che dietro a questo caos dovevi esserci tu»
sibilò Damon, stringendosi al petto la piccola Gala.
Katherine osservò incuriosita il gesto prima di far scoccare la lingua contro il palato, quindi sollevò le mani ed assunse l’aria più innocente che le riuscì.
«Mi spiace deluderti… ma io sono la soluzione, non il problema…»
disse poi, accomodandosi su una poltrona.
Elena corrugò la fronte e la osservò guardinga.
«Che diavolo vorrebbe dire questo?»
le domandò.
«Vuol dire, cara la mia gemella meno carina e più noiosa, che voi non sapete cosa sta succedendo ed io sì… vuol dire che, tanto per cambiare, voi avete delle domande ed io delle risposte…» lanciò un’occhiata languida a Stefan «In definitiva, vuol dire che avete bisogno di me ed io sono qui per aiutare…»
«Certo, Katherine» ribatté Stefan «Dimentichiamo sempre la tua bontà d’animo…»
«Oh, Stefan…» si portò le mani sul petto «Così mi ferisci… come puoi dubitare delle mie buone intenzioni?»
«Katherine» intervenne Damon «Se hai delle informazioni daccele, oppure sparisci. Non abbiamo tempo da perdere dietro i tuoi giochetti»
«Damon… potresti pagare un prezzo molto caro per la tua impazienza, sai? Io vi sto offrendo una via d’uscita e tu mi consigli di sparire?!? La paternità ti ha forse bruciato quei due neuroni funzionanti che avevi?»
Con uno scatto fulmineo Klaus fu addosso alla doppleganger, la afferrò per il collo bloccandola sulla sua seduta.
«Tu… infima creatura…» ringhiò ad un palmo dal suo naso «Invece di ritenerti fortunata per non essere morta il secondo successivo alla tua entrata in questa casa, stai qui, a prenderti gioco di noi…» aumentò la pressione sulla sua trachea «Devo forse ricordarti della condanna a morte che pende sulla tua testa?»
Il terrore riempì gli occhi di Katherine che si agitò sulla poltrona provando a liberarsi dalla morsa.
«Se hai qualcosa da dire, parla subito, oppure sarò più che lieto di strapparti via quel cuore rinsecchito che ti ritrovi, liberando noi e te dalla misera esistenza in cui riversi!»
concluse l’ibrido, senza accennare a ritirarsi.
«V-va… va b-bene… lasciami…»
ansimò la vampira.
«Klaus… lasciala» disse Stefan, avvicinandosi con cautela «Falla parlare…»
Ma l’Originario non si mosse.
La vampira agitò in aria una mano e nel tentativo di respingere Klaus lo colpì in pieno viso, questi quindi la liberò ed indietreggiò di un passo. Sentì la bocca riempirsi del sapore metallico del sangue, voltò la testa di lato e sputò sangue e saliva sul tappeto.
«Hey!» lo rimproverò Damon «Quel tappeto vale più di tremila dollari»
«Sarà comunque da buttare una volta che avrò fatto a pezzi questa manipolatrice…»
replicò l’ibrido.
Il vampiro sollevò le sopracciglia e non trovò nulla da obiettare, Katherine, invece, lanciò ad entrambi un’occhiataccia massaggiò il collo dolorante.
«Quindi, Kath? Siamo tutt’orecchi…»
la incitò Damon, reprimendo il ghigno di soddisfazione nel vedere la sua nemesi così remissiva.
Finalmente la doppleganger si decise a parlare:
«Saprete che anni fa Elijah sparì mentre era a cena con me, immagino…»
I presenti nella stanza annuirono, Katherine proseguì:
«Beh… anche a me è stato fatto qualcosa. Mi risvegliai in un vicolo, con un forte mal di testa. Non ricordavo nulla se non che io ed Elijah stavamo brindando con dello champagne… all’inizio ho creduto fosse opera sua, che mi avesse soggiogata a dimenticare per qualche ragione la nostra serata, ma c’era qualcosa di diverso… come se qualcuno avesse bloccato la mia capacità di ricordare, con un incantesimo» si alzò ed andò a versarsi da bere «Così ho iniziato a fare un po’ di domande in giro, ho contattato qualche strega di fiducia ed ho avuto la conferma ai miei sospetti: ero stata vittima di un incantesimo… uno potente» tornò verso la poltrona rigirandosi il bicchiere pieno di alcool tra le mani «A quel punto ho fatto ciò che so fare meglio…»
«Sparire senza lasciare traccia?»
ironizzò Damon.
Katherine fece roteare gli occhi infastidita, ma non ribatté alla provocazione, continuò invece il suo racconto:
«Sono rimasta fuori dai radar, è vero… ma ho continuato a raccogliere informazioni… discretamente…»
«Dimmi che ora arriva la parte in cui mi convincerai, effettivamente, a non ucciderti»
sbottò Klaus, sempre più impaziente.
«Sì, Klaus… adesso arriva la parte che coinvolge la tua amata Jessica e la sua non-tanto-amabile zietta…»
«Perché dovremmo credere a quello che dice?»
intervenne Elena.
«Perché…» replicò all’istante l’altra «Quello che ha organizzato l’invasata, prevede l’estinzione di ogni vampiro sulla faccia della terra… compresa me!»
«Ci ha già provato, e Jessica l’ha fermata…»
commentò Stefan.
«Beh, a quanto pare ha affinato la tecnica e vuole rilanciare… per farlo si servirà del piccolo raggio di sole che stringi tra le braccia!»
concluse, rivolgendosi a Damon.
«Gala?!?» si meravigliò Klaus «Ma è solo una neonata!»
«Già… una piccola streghetta neonata…»
replicò Katherine, mandando giù un sorso di bourbon.
«Cosa?!?» sbottò Damon «No… no! Jessica non è più una strega da anni! Sua figlia è normale…»
«Non ha più poteri da anni» lo corresse «Ma il suo DNA è rimasto lo stesso… DNA che condivide con il mostriciattolo…» incrociò le braccia sul petto «Ma avete mai capito come funziona una strega?»
«Non ha senso… Gala è troppo piccola…»
farfugliò confuso il vampiro.
«Ed è proprio per questo che Diana la vuole»
La voce di Jeremy colse tutti di sorpresa.
Era arrivato durante il racconto di Katherine, insieme alla piccola Jenna, e nessuno aveva badato a loro. Aveva ascoltato tutto con un senso d’angoscia sempre più crescente.
«Jer… cosa… cosa vuoi dire?»
gli chiese Elena.
«È qualcosa che mi ha detto Sheila l’ultima volta in cui sono riuscito a parlarle… mi aveva detto che l’anima di una giovane strega è facilmente influenzabile dagli spiriti, ed è per questo che bisogna tenere i bambini lontani dalla magia finché non sono pronti…»
«Proprio così»
confermò Katherine.
«Non ha comunque senso» proruppe Klaus «Gala non potrà fare nulla per almeno altri dieci anni… come pensa di poterla utilizzare?»
«Beh… questa è la parte in cui potreste aver voglia di sedervi…» riprese la doppleganger «Diana non vuole influenzare l’anima della piccola strega per utilizzarla come burattino quando sarà… lei vuole usarla per riportare in vita Soraya»
«S-Soraya?!?» esclamò Damon «L’antenata amica di Esther?»
«Esattamente»
«Ma… ma non può… non è possibile…»
si agitò Elena.
«Lo è da quando Jessica ha “eliminato” lo spirito di Esther…» spiegò Katherine «Vedete, la magia ha delle regole assai complicate ma che si riducono tutte ad un unico concetto di base: equilibrio. Quando la bella addormentata qui…» indicò con la testa Jess «Ha spedito ad estintolandia Esther, ha causato un disquilibrio che ha reso instabile l’esistenza stessa dell’altro lato… tutto quel potere, quella forza magica dispersi nell’etere, hanno causato una specie di varco tra i due mondi, un varco dal quale chiunque abbastanza potente,  e facendo i dovuti sacrifici, potrebbe passare. Questo di per sé creerebbe non pochi danni, considerando cosa accade quando quei simpatici spiritelli se ne stanno in giro nel mondo che li ha rispediti al mittente tempo fa, ma se a questo aggiungete il piano di Diana che prevede una specie di scambio…»
«Quale scambio?»
domandò asciutto Klaus.
Gli occhi scuri della vampira si posarono nuovamente sulla piccola in braccio a Damon.
«Oh, sai… la vita di una strega per un’altra… al resto ci arrivate da soli, vero?»
«Non ha senso… come ha potuto anche solo pensare che avremmo acconsentito ad uno scambio del genere?!?»
commentò Damon.
«Oh, non credo fosse nei suoi piani trattare con voi… l’intervento di Klaus, quando ha rapito Jessica, le ha scombussolato il disegno generale, ma in sostanza, la stronza, ha ancora il coltello dalla parte del manico. Voglio dire,  in un colpo solo potrebbe riportare in vita la più potente psicopatica dopo l’amorevole Esther, e spezzare la maledizione che pende sulla sua generazione…» guardò in direzione di Jessica «Maledizione che, e qui sta l’inghippo, è tornata attiva nell’esatto istante in cui la vostra principessa è rimasta incinta…»
«Questo che vuol dire?»
domandò ansioso Damon.
«Che la vita di Jessica terminerà non appena schizzetto di sole compirà un anno... cosa che, secondo i miei calcoli, avverrà a mezzanotte di oggi. Quindi, a meno che non consegniate la piccola e sacrifichiate voi stessi consentendo a Diana di riuscire nel suo piano, dovrete dirle addio…» sospirò «Ascoltate… io sono davvero in una botte di ferro, finché Klaus starà alla larga da quella pazza, tutti noi…» guardò Elena «Beh… quasi tutti, saremo in salvo… Jessica morirà e la sua mini-replica non dovrà mai e poi mai rimanere incinta e si dovrà nascondere da Diana e i suoi seguaci per il resto della sua miserevole esistenza, e tra altri cinquanta o sessant’anni, sarà tutto finito e noi potremo goderci le nostre vite senza più preoccuparci di questa stirpe… oppure…»
«Oppure?»
la incitò Klaus.
«Beh… noi abbiamo un vantaggio…» rispose «Insomma… Diana vuole la bambina e noi abbiamo la bambina...»
«Non osare finire la frase»
la minacciò Damon.
«Ascolta… capisco che in ballo ci siano sentimenti, legami famigliari e blablabla… ma andiamo, la piccola è la nostra merce di scambio!» indicò con la testa Jenna «Lei è la figlia di Bonnie?»
domandò.
Damon annuì indurendo la mascella.
«Perfetto! Agitiamola e vediamo che incantesimo le esce dalla bocca! Un hocus phocus qui, un abra-cadabra là, e mandiamo a Diana una piccola peste imbottita di incantesimi e quando proverà a fare il suo… KABOOM!, le roviniamo i piani!»
«Nessuno si avvicinerà alla piccola!»
ringhiò.
«Ma Damon…»
iniziò Stefan.
«Non provarci, fratellino»
lo zittì subito.
«Meredith…»
«Mi spiace per la tua dottoressa…» lo interruppe «Ma non rischierò la vita della piccola per un piano campato in aria come questo…»
«E rischierai la vita di Elena?»
ribatté con dolore il fratello.
Damon corrugò la fronte confuso.
«Rebekah ha trasformato Elena» gli ricordò «E Rebekah è prigioniera di Diana…»
«Allora morirò» sentenziò con voce ferma la vampira «Damon ha ragione: nessuno toccherà la piccola»
«No… Elena io non…»
«Damon» lo fermò lei «Non metterò la mia esistenza davanti a quella di un neonato… e non devi farlo nemmeno tu» sospirò «Però dobbiamo trovare il modo di salvare Jessica…»
Le parole echeggiarono nel salotto come rintocchi di una campana funebre.
Una soluzione a quell’ultimo problema era a portata di mano, ma non poteva pensare di perdere la sua Elena.
Il silenzio calò ed un senso di impotenza iniziò ad aggrovigliarsi allo stomaco del vampiro.
 
«Cosa pensi di fare una volta arrivati?»
domandò Jenna accostandosi a Gala.
La donna scosse la testa e sospirò.
«Tanto per cominciare rimuoverai l’incantesimo che tiene sigillata la grotta» rispose «Poi recupereremo il grimorio di Esther… a quel punto spero di trovare l’incantesimo giusto per riparare lo squarcio creato da mia madre… questo dovrebbe ripristinare l’equilibrio nell’altro lato e rimettere un po’ di cose in ordine…»
«Gala…» intervenne Jeremy «Sei sicura di questo piano? Dietro quella parete c’è un vero e proprio cimitero…»
La donna rabbrividì ma non si scompose. Da quando si era risvegliata da quel tuffo nei ricordi di una vita che non aveva vissuto davvero, si era imposta di non perdere il controllo.
Solo una settimana prima sarebbe scappata a gambe levate da ciò che aveva scoperto, e mai come in quel momento capiva l’importanza di procedere con cautela che aveva caratterizzato i suoi primi incontri con Damon.
Ora che sapeva tutto, infatti, riusciva a comprendere perché il vampiro fosse così restio con i dettagli.
Una parte di lei ancora faticava a credere a ciò che stava vivendo, ma l’altra, quella che l’aveva spinta in primo luogo a fidarsi dell’uomo misterioso che era apparso nella sua vita all’improvviso, sapeva che doveva solo incastrare i tasselli dell’intricato puzzle nella giusta sequenza, e tutto si sarebbe chiarito da sé.
Oramai erano quasi giunti a destinazione e poteva sentire l’energia magica che ancora impregnava l’aria viziata di quegli antri bui.
Istintivamente allungò una mano ed afferrò quella di Jenna, stringendola nella sua.
La strega, sorprendentemente, non si ritrasse da quel gesto così intimo, ma ricambiò e meccanicamente eseguì la stessa azione raggiungendo la mano nodosa del padre.
I tre, uniti nello spirito e nel fisico, avanzarono silenziosi fino alla fine dello stretto cunicolo, fermandosi di fronte alla parete di pietra scura che sbarrava loro la strada.
«Eccoci arrivati…»
commentò con un filo di voce Gala.
«Questo è il momento della verità…»
si accodò Jenna.
«Che diavolo ci fate voi qui?!?»
tuonò Damon.
 
Jessica aveva ripreso i sensi già da un po’, ma il suo istinto di sopravvivenza le aveva suggerito di continuare a fingere di dormine, reprimendo la voglia di alzarsi e correre da sua figlia ad ogni suo vagito.
Aveva ascoltato i bizzarri discorsi di quegli sconosciuti su streghe, vampiri e maledizioni, pensando freneticamente ad una via d’uscita, ma provava un’innaturale senso di fiducia nei confronti dell’uomo che si era messo a difendere la piccola Gala, vietando a tutti gli altri nella stanza di toccarla.
C’era qualcosa di familiare nella sua voce, come un ricordo lontano di cui non riusciva ad afferrare i dettagli.
Nella sua mente iniziarono a volteggiare immagini fumose di un paio di occhi azzurri incastonati in un viso squadrato e teso. Non sapeva da dove derivasse una tale certezza, ma sapeva che se avesse aperto gli occhi, quello sarebbe stato l’aspetto dello sconosciuto che in quel momento stava ripetendo che nessuno avrebbe toccato la bambina.  
Il silenzio agghiacciante che seguì ad un ultimo scambio di assurde battute le diede un senso di tristezza che non seppe spiegarsi, quasi qualcuno avesse risucchiato tutta la speranza dalla stanza.
Aprì lentamente gli occhi ed il quadro che le si presentò davanti aveva il retrogusto di qualcosa di già vissuto, come un deja-vù sbiadito: un uomo ed una bambina di circa tredici anni stavano in piedi, in fondo al salotto, lui si fissava i piedi e lei fissava lui, preoccupata; una donna bellissima e dall’aria cattiva stava seduta su una poltrona fissando il bicchiere vuoto che stringeva tra le mani; un ragazzo dall’espressione triste ed affranta si teneva in piedi reggendosi al muro, accanto a lui, su una poltrona, era seduto un uomo dall’aria malata e sofferente; vicino al camino, a braccia conserte e con la testa china sul petto, c’era un uomo biondo, dal fisico imponente, Jessica ebbe l’impressione di averlo già visto da qualche parte; poco distante, con in braccio sua figlia, c’era l’uomo di cui aveva inspiegabilmente già immaginato il viso e di fianco a lui, c’era una donna identica a quella seduta sulla poltrona, ma con un’espressione decisamente più rassicurante.
Jessica non sapeva chi fossero quelle persone e perché avessero scelto proprio lei e la sua bambina per dare sfogo ai loro deliri, ma in cuor suo sentiva di potersi fidare dell’uomo dagli occhi di ghiaccio e dei suoi amici. La sola a darle i brividi era la tizia seduta sulla poltrona, quella che aveva parlato di usare la sua piccola Gala come una specie di pacco bomba.
Improvvisamente l’uomo che credeva di aver già incontrato in passato, puntò il suo sguardo su di lei, pietrificandola.
Sì, lo aveva già visto, ma non sapeva dove o quando.
Provò ad aprire la bocca per parlare, ma non ci riuscì.
«Jessica…»
sussurrò lui, ed anche il modo di chiamarla le provocò un senso inaspettato di familiarità.
L’attenzione del resto dei presenti si spostò su di lei e quando gli occhi di ghiaccio dello sconosciuto con in braccio Gala si posarono nei suoi, ebbe l’inspiegabile sicurezza di essere tornata a casa.
Si mise a sedere lentamente sul divano e deglutì a vuoto.
«Io… io vi conosco?»
domandò con voce tremante.
«In un certo senso…»
rispose l’uomo biondo.
Era una pazzia, era tutto senza senso… ma non poté fare a meno di fidarsi di lui.
«Mia… mia figlia…»
disse rivolgendosi a colui che continuava a guardarla come se sarebbe andato in frantumi da un momento all’altro.
L’uomo dagli occhi di ghiaccio le si avvicinò in fretta, “ad una velocità non umana” pensò, e le porse la piccola.
«Lei sta bene» la rassicurò «Non le avremmo mai fatto del male…»
Jessica prese Gala e se la strinse al petto, quindi rivolse uno sguardo all’uomo che stava di fronte a lei.
«Lo so…» replicò «Non so spiegare il perché… ma lo so…»
Tornò a fissare la sua piccola beatamente addormentata e sorrise.
«Posso aiutarti a ricordare…» intervenne l’uomo biondo «Posso rimuovere il soggiogamento…»
Lei lo guardò confusa.
«No…»
intervenne Damon.
«Dobbiamo farlo…»
controbatté Elena.
«Sono d’accordo con Damon» commentò Katherine «Non è il momento di creare altro dramma ridando i ricordi alla ragazzina…»
Il vampiro corrugò la fronte insospettito dall’inaspettato supporto.
«Nascondi qualcosa Kitty-Kat?»
le domandò, inclinando la testa di lato.
«Nascondo sempre qualcosa, Damon… è questo il segreto della mia sopravvivenza…»
«Fallo» disse a Klaus ma senza staccare gli occhi da Katherine «Togli il soggiogamento a Jessica»
La doppleganger si irrigidì impercettibilmente ma mantenne la calma.
L’ibrido si avvicinò alla ragazza che aveva seguito lo scambio di battute senza capirne il senso,  quando le si fu seduto accanto, provò l’irrefrenabile voglia di abbracciarlo.
«Chi sei tu?»
chiese invece, sentendo un nodo stringerle la gola.
Klaus le accarezzò il viso con dolcezza e sussurrò:
«Pochi secondi e lo saprai…» ne agganciò lo sguardo e le impartì un solo ordine «Ricorda Jessica, ricorda ogni cosa… ricordati di me, di noi…»
La ragazza chiuse gli occhi, cullata da quel tocco  caldo e rassicurante, una serratura scattò nei meandri più remoti della sua mente ed un fiume di ricordi iniziò a defluirle in testa, inondandola di pezzi di vita che andarono a colmare il senso di vuoto che si portava dentro da un tempo che le sembrava infinito.
Katherine osservò la scena con un’ansia sospetta che mise in allarme Elena, la quale abbandonò l’emozionante scena sul divano e  si concentrò esclusivamente sulle mosse della sua doppleganger.
Jessica, intanto, sollevò le palpebre ritrovandosi immersa nell’azzurro degli occhi dell’ibrido che ora riconosceva e ricordava.
«Klaus…»
Pronunciò il suo nome come fosse la prima boccata d’aria dopo una lunga apnea e quando una lacrima solitaria scivolò morbida sul viso dell’Originario, si lanciò a baciarne le labbra con passione, impaziente di recuperare anche la memoria tattile dell’uomo dalla quale si era separata per troppo tempo.
Lui la strinse forte a sé, ben attento a non schiacciare la piccola che ancora dormiva in braccio alla sua mamma, e si concesse di godere del suo amore ritrovato per qualche istante.
«Cosa… cosa è successo?»
domandò lei in seguito, separandosi da Klaus.
Nessuno rispose, quindi la ragazza si rivolse a Damon:
«Seriamente… nemmeno un “Mi dispiace”?»
«Jessica…»
iniziò il vampiro, ma non fu in grado di dire altro.
«D., perché non sei venuto a cercarmi?»
gli domandò improvvisamente.
Lui corrugò la fronte spiazzato.
«Come “perché”… il punto di mandarti via era quello di non incrociare più le nostre esistenze…»
«Quello l’ho capito» lo fermò «Ma io ti ho mandato un messaggio… con Elena… perché non sei venuto allora?»
Il vampiro aprì la bocca confuso e si voltò verso la fidanzata, chiedendo spiegazioni con lo sguardo, ma prima che questa potesse dire qualcosa, Katherine scattò verso la porta. Non fece in tempo a scappare, però, placcata da Elena stessa, che le ficcò una mano nella cassa toracica, stringendole il cuore tra le dita.
«Sapevo che nascondevi qualcosa…» sibilò all’orecchio della nemica «Da quanto lavori per Diana?»
«T-ti sbagli… io… i-io volevo aiut-tarvi davvero…»
ribatté l’altra, facendo smorfie di dolore.
Elena strinse ancora di più la presa intorno al suo cuore.
«Non mi sembra il caso di mentire Katherine…»
la minacciò.
«Katherine?» si stupì Jessica, rimasta ad osservare sbigottita la scena «Ma certo… eri tu… non Elena…»
«Di cosa stai parlando, tesoro?»
chiese Klaus, digrignando i denti ancora ricoperti del proprio sangue, ma prima che Jessica potesse rispondere Matt fu assalito da una serie di convulsioni che lo fecero rovinare sul pavimento.
Stefan corse verso l’uomo, chinandosi accanto al suo corpo stremato.
«Cosa gli è successo?»
domandò Jeremy avvicinandosi.
Si era accorto solo in quel momento delle condizioni dell’amico.
«È in transizione» spiegò il vampiro «Ma si rifiuta di nutrirsi»
«Cosa?!? Matt!» lo afferrò per il bavero della camicia «Ti ha dato di volta il cervello?!? Se non ti nutri morirai!»
L’uomo sorrise debolmente.
«Lo spero bene, amico…» ansimò «A questo punto, solo la morte può liberarmi dal dolore che mi porto dentro…»
«Cosa… Matt, cosa stai dicendo? Tu non puoi…»
«Jer…» lo interruppe sollevando una mano tremante «Resta poco tempo… ascoltami…» alzò il tono di voce «Ascoltatemi tutti… c’è una cosa che dovete sapere prima che sia troppo tardi…»
L’attenzione del resto dei presenti si fece vigile.
«Diana non ha lavorato da sola… è… lei è s-stata… aiutata…»
«Da Katherine…»
finì per lui Elena.
L’uomo scosse la testa in senso di diniego.
«N-no… Katherine è un danno collaterale… c’è un’altra persona dietro… lei… lei è stata ingannata però… dovete… dovete dirglielo… dovete farglielo capire…»
Il corpo di Matt fu scosso da un’altra ondata di tremori e quando si placarono lo  lasciarono senza fiato.
«Chi, Matt… di chi stai parlando? Chi dobbiamo avvertire?»
lo scosse con delicatezza Jeremy, cercando di farlo riprendere.
«Lei… lei è stata ingannata… lei pensava… la piccola…» gli toccò il viso irsuto «Prenditi cura di lei… ok?»
ripeté con un filo di voce prima di far ricadere il braccio.
«Matt! Matt!!!»
lo chiamò disperato l’amico, vedendolo afflosciarsi sul pavimento.
Allungò in fretta un polso verso Stefan e con il viso rigato di lacrime lo supplicò:
«Fammi un taglio! Devo nutrirlo! Non può morire…»
Il vampiro scosse la testa.
«Jer… è troppo tardi…»
«No! No!»
urlò guardandosi intorno, in cerca di un oggetto con cui procurarsi una ferita.
Non trovando nulla decise di lacerarsi il polso mordendosi da sé.
Nessuno provò a fermarlo, tutti immobili nel proprio dolore.
Jeremy spinse quindi la  ferita sulla bocca esanime dell’amico e lo incitò a berne il sangue, ma per Matt Donovan era ormai giunta la fine.

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Capitolo 43
*** No way out. ***


Il silenzio che calò nel salotto dopo la morte di Matt fu interrotto solo dal pianto di Jeremy e dai lamenti di Katherine, infatti Elena non aveva perso la presa intorno al suo cuore nemmeno per un istante durante quei drammatici momenti, nonostante il suo viso fosse una maschera di muto dolore, solcato da lacrime silenziose. Nel petto della vampira regnava l’incredulità: il suo più caro amico, il suo primo amore, il dolce ragazzo della porta accanto era morto, proprio sotto ai suoi occhi.
Ciò che più di tutto le rendeva impossibile metabolizzare la nozione, era che Elena viveva ormai da anni in una realtà in cui la morte aveva perso ogni accezione definitiva. Sin da quando Stefan e Damon erano entrati nella sua esistenza, c’era sempre stata una via d’uscita per salvarsi dal viaggio finale, un modo per tornare o per non partire affatto, ma Matt vi aveva rinunciato, aveva visto la morte arrivare e l’aveva abbracciata, preferendola ad una vita che evidentemente lo aveva spezzato nel profondo. Negli ultimi istanti dei suoi deliri l’uomo aveva accolto la fine come liberazione da catene che lei nemmeno si era accorta lo avessero imprigionato.
Ripensò alla sensazione di disagio che aveva covato negli ultimi anni nei confronti dell’amico, a quel pizzicore nello stomaco che l’aveva spinta a preoccuparsi dei lunghi silenzi e delle sue continue sparizioni. Non era solo un eccesso di preoccupazione il suo, ma la consapevolezza che qualcosa non quadrava, ora lo sapeva e sapeva anche che si trattava solo della punta dell’ice-berg.
I suoi occhi scattarono verso quelli di Damon, trovandoli puntati su di lei e fu allora che capì per la prima volta cosa si nascondesse davvero dietro le nubi che ne offuscavano quotidianamente la lucentezza.
Ciò che lei stava provando in quel momento, il senso d’angoscia che le aveva avviluppato il cuore, la dolorosa certezza che la discesa verso l’inferno fosse appena iniziata, era ciò con cui Damon conviveva da sempre. Il loro mondo era stato forgiato nella morte, lei stessa ne era figlia legittima, non potevano fuggirla davvero, in un modo o nell’altro avrebbe sempre trovato la maniera di riprendersi ciò che le apparteneva. 
Si sentì stupida e disperata per averlo rimproverato così tante volte per la sua visione disfattista della vita, non si era resa conto, fino ad allora, che a parlare per lui era l’esperienza, non il pessimismo.
Realizzò che il countdown mentale a cui Damon si sottoponeva, non serviva a sottolineare quanto poco mancasse prima del prossimo problema, bensì gli era utile a non sprecare tempo prezioso per godere appieno di tutto ciò che veniva loro offerto negli attimi di quiete.
Il vampiro riconobbe sul volto di Elena troppe ombre e capì che la sua amata era arrivata a vedere il mondo dalla sua stessa angolatura e non poté fare a meno di sentirsi sconfitto. Le rivolse un sorriso spezzato ed annuì impercettibilmente, con la bocca articolò una frase muta: «Mi dispiace».
Una nuova lacrima sgorgò dagli occhi scuri della vampira e bruciò più forte delle mille altre versate in precedenza, perché ricolma di una nuova consapevolezza: non avrebbero mai vinto davvero.
 
Dall’oscurità emerse la sagoma imponente di Damon che si posizionò di fronte a Jenna e Gala, incrociando le braccia sul petto.
Gli occhi di cielo del vampiro corsero veloci sulle mani intrecciate delle due donne e le sopracciglia gli schizzarono verso l’alto, in un moto di sorpresa.
«Wow… quanto sono stato via?»
domandò a Gala.
«Credevi ci saremmo uccise a vicenda?»
ribatté lei, impettendosi.
«No… uccise no» allargò le braccia «Ma nemmeno immaginavo di vedervi arrivare qui mano nelle mano»
«Invece…»
«Sì, beh, non  importa…» tagliò corto lui «Rispondete alla mia domanda, piuttosto: che diavolo ci fate qui?»
Jenna buttò indietro la testa e sospirò rumorosamente.
«Quanto vorrei ci fosse una risposta semplice da dare…»
disse in tono esasperato.
Damon guardò verso l’anziano alle spalle delle due donne.
«Vuoi provare a rispondere tu, Jer?»
Il vecchio scosse la testa e sollevò la mano libera dalla presa della figlia, agitandola lentamente.
«Non chiedere a me… le sto seguendo nella speranza di capirci qualcosa, ma fino ad ora so soltanto che devono recuperare il grimorio di Esther…»
«Il grim.. cosa?!?» sbottò Damon «No! Non esiste che entriate lì dentro!» fissò Gala «Non entrerai lì dentro! Intesi?»
La donna inarcò le sopracciglia.
«E mi fermerai tu, immagino…»
lo stuzzicò.
«Con ogni mezzo disponibile!»
affermò senza esitazione lui.
«Peccato non dipenda da te, vero?»
insisté lei mantenendo il tono sprezzante.
Damon indurì la mascella e fece una smorfia di nervosismo.
«Gala…»
«Damon, io entrerò lì dentro, fine della storia» lo interruppe con decisione «Ed ora fatti da parte di tua spontanea volontà, per favore…»
Il vampiro rimase qualche altro istante nella propria posizione, inghiottendo una serie di improperi.
«Di tutte le qualità di Jessica, proprio la testardaggine dovevi ereditare?!?»
commentò poi a denti stretti, quindi voltò le spalle ai tre e si incamminò verso il fondo del cunicolo.
Gala, Jenna e Jeremy si cambiarono un’occhiata divertita e lo seguirono in silenzio.
 
I minuti trascorsero lenti e nessuno riuscì a parlare per riprendere le fila del discorso.
Fu la piccola Jenna a farli uscire dallo stallo di dolore avvicinandosi a suo padre e accarezzandogli la testa.
«Papà… penseremo allo zio dopo, adesso dobbiamo occuparci di quello che sta succedendo alla grotta…»
Jeremy sollevò adagio lo sguardo sulla figlia e gli sembrò di rivedere la sua Bonnie, sempre pronta a mettere da parte i propri dolori per risolvere i problemi di tutti.
Le accarezzò il viso e promise a se stesso di portare via sua figlia da quella vita se fossero riusciti a vincere anche quell’ultima battaglia.
Già in precedenza aveva ammesso di capire le ragioni di Damon nel voler allontanare Jessica, e la sua bambina che assisteva impassibile alla morte di uno dei suoi più cari amici ne era la conferma definitiva.
«Sì… hai ragione piccola mia...» si sollevò asciugandosi gli occhi con il palmo delle mani «Cosa sappiamo?»
domandò a nessuno in particolare.
L’attenzione di tutti si catalizzò meccanicamente su Jessica, la ragazza deglutì a vuoto e si avvicinò istintivamente a Klaus, quasi volendosi proteggere da tutte le domande inespresse stampate sui volti della sua ritrovata famiglia. L’ibrido la afferrò per le spalle con delicatezza e le sollevò il mento con un dito, quando furono occhi negli occhi le sorrise con dolcezza.
Non era il momento di gioire per il lampo di riconoscimento negli occhi della sua amata o per la naturalezza con cui lei  ne rispondeva al tocco, ma non riuscì a trattenersi dal sentirsi stupidamente felice.
«Tesoro, fai un gran respiro e dicci tutto quello che puoi…»
la incitò infine.
«I-io… io non…»
farfugliò lei confusa.
«Jess, inizia col dirci dov’è il padre di Gala…» intervenne Damon «Dobbiamo sapere se preoccuparci anche della sua salvaguardia…»
La ragazza batté convulsamente le palpebre ma non fornì alcuna risposta.
«Quando la incontrai a Seattle, disse che aveva incontrato un uomo in un bar…»
rispose al posto suo, Klaus.
Damon spalancò gli occhi incredulo.
«In un bar?»
ripeté lei quasi più stupita del padre.
L’Originario la guardò confuso.
«Non… non te lo ricordi?»
Jess scosse la tesa.
«Ricordo di averti visto a Seattle, ricordo che mi hai soggiogata a dimenticare l’incontro e ricordare le ragioni per cui ho scelto il nome di Gala… ma non… l’uomo nel bar… non so, non… io non…»
«Cosa succede, tesoro?»
chiese Klaus, accarezzandole le guance.
«Non so… più provo a ricordare più la mia mente si annebbia… è… è strano…»
rispose lei, massaggiandosi una tempia.
«Ricordi almeno perché volevi che Damon ti raggiungesse?»
domandò Elena, lanciando un’occhiataccia a Katherine, ormai allo stremo delle forze.
Jessica voltò la testa di scatto verso le due doppleganger.
«Oh, sì…» rispose reprimendo un ghigno di soddisfazione «La natura di strega di Gala mi ha resa immune al soggiogamento, annullando quello di Klaus. All’inizio recuperavo la memoria per brevi periodi, non sufficienti a farmi pensare ad un piano preciso, ma più la piccola cresceva dentro di me, più si allungava il tempo in cui tornavo davvero me stessa» posò lo sguardo su Damon «Appena ho capito cosa avevi fatto sono stata tentata di guidare fino a qui per prenderti a ceffoni… ma…» i suoi occhi corsero verso il cadavere ancora steso sul tappeto del salotto «Matt venne a farmi visita, comportandosi in maniera strana. Inizialmente ho pensato fosse stata una vostra idea, per tenermi d’occhio… ma ho subito realizzato che era stato soggiogato affinché non ricordasse chi fossi… si comportava come se la sua visita facesse parte di una routine, restò con me per un paio d’ore durante le quali non fui in grado di fargli dire nulla…» tornò a rivolgersi al resto dei presenti «Quando uscì da casa mia capii di avere le ore contate prima che la persona dietro a quella bizzarra visita scoprisse che avevo recuperato la memoria… chiamatelo sesto senso o predisposizione alla paranoia… comunque, decisi davvero di guidare fino a qui, non sapevo cosa stesse succedendo, ma sapevo di dovervi avvertire. Presi il telefono e mi fiondai in strada…» guardò Katherine «Fu allora che mi imbattei in lei… non avevo motivi per pensare non fosse Elena e lei la interpretò in maniera magistrale…»
«Sì… sappiamo quanto sia brava a fingersi chi non è…»
sibilò Damon.
«Ad ogni modo…» riprese Jessica «Mi affrettai a dirle che la mia memoria era tornata, le riferii i miei dubbi su Matt e le chiesi se ci fossi anche tu nei paraggi… mi rispose di no, che facevate a turno nel venirmi a trovare per controllare che tutto andasse bene. Disse che ti avrebbe chiamato, ma che non era sicuro mettermi alla guida alla volta di Mystic Falls, mi propose di chiudermi in casa, lei avrebbe fatto da guardia ed insieme avremmo atteso il tuo arrivo… pensai potesse essere un buon piano ed intanto i miei ricordi si facevano sempre più nitidi… fu allora che ricordai di aver…»
La ragazza scosse la testa confusa.
«Di aver?»
la incitò Damon.
«Ahm… io… ecco… io non lo so… io… io non me lo ricordo…»
«Cosa? Che vuol dire che non lo ricordi?»
insisté il vampiro, preoccupato.
«Non lo so D., davvero…»
Elena esercitò una breve pressione sul cuore di Katherine facendola urlare di dolore.
«Sei impazzita?»
ringhiò la vittima, senza fiato.
«Tu eri lì… che è successo? Perché non se lo ricorda?»
le domandò con rabbia la vampira.
«Non lo so» rispose l’altra, guadagnandosi una nuova fitta di dolore «Smettila!» urlò «Ti sto dicendo la verità! Nessuno sa cos’abbia combinato…» riprese fiato «Quando quella psicopatica di Diana arrivò, Jessica si era già liberata di qualsiasi cosa non voleva venisse trovata…»
«Che diavolo significa?»
volle sapere Damon.
«Quello che ho detto! Diana ha provato ogni sorta di incantesimo su di lei, ha frugato nella sua testa a piene mani, ma non ha trovato niente… in qualche modo si era liberata di determinati ricordi, ma non sapeva come… l’unico indizio era una lettera…»
«Una lettera?»
domandò Elena.
«Sì… Jessica l’aveva scritta e l’aveva indirizzata a se stessa… voleva farmela spedire…»
«Cosa c’era scritto nella lettera?»
chiese la ragazza, avvicinandosi alle due.
«Cose senza senso…»
rispose Katherine.
Elena fece scattare il polso di lato, torcendole le arterie intorno al cuore.
«Rispondile»
sibilò.
«Quando mi libererò, me la pagherai…»
la minacciò l’arci-nemica.
Un ghigno si disegnò sul viso dell’altra che, abbassando il tono di voce, sussurrò:
«Ma tu non ti libererai, Kath…»
«Vedo che alla fine Damon è riuscito a trasformarti in un mostro come lo è lui…»
la stuzzicò.
Jessica aprì la bocca per insultarla ma Elena la precedette.
«Non hai portato altro che miseria e morte nella vita di chiunque ti abbia incontrata… se c’è un mostro in questa stanza sei tu… ed ora…» esercitò nuovamente pressione sul cuore «Rispondile!»
«C’era… c’era scritto “Cercavo una soluzione per Bonnie e ne ho trovata una piccola-piccola”…» ansimò «Come ho detto: senza senso…»
Elena guardò Jessica.
«Per te ha senso?»
le domandò.
La ragazza spalancò la bocca ed annuì.
«Ma certo…» abbassò lo sguardo su Gala «Una piccola-piccola…»
«Jess»
la chiamò Damon.
La giovane lo guardò e gli sorrise, ma prima che potesse rispondere ci fu un rumore sordo alle sue spalle, si voltò e vide Elena a terra col collo spezzato, un'ombra calò su di lei e l’oblio la inghiottì.
 
«Eccoci arrivati»
commentò Damon, fermandosi di fronte ad una grande parete rocciosa.
Gala gli si affiancò, seguita da Jenna, Jeremy rimase qualche passo indietro.
«Sei proprio sicura di volerlo fare?»
insisté il vampiro, fissando la pietra.
La donna sospirò.
«Sicurissima…»
«Ma…»
«Jenna… vuoi spiegare a Damon perché dobbiamo aprire la grotta?»
disse, ignorando quel principio di obiezione.
La strega, irrigidita come il vampiro, annuì. Si schiarì la gola e spiegò:
«Quando Jessica uccise Esther…»
«Si creò uno squarcio nel velo… lo so…»
finì per lei, Damon.
«Ma quello che non sai» riprese Jenna «È che questo è il luogo in cui si è aperto lo squarcio…»
Il vampiro la guardò confuso, lei continuò:
«Quando Diana riprese ad architettare la sua vendetta trafficò con le energie magiche di questo posto, creando una sorta di limbo ed intrappolando tutti gli spiriti che venivano attirati dal varco…»
«Per questo le comunicazioni iniziarono a farsi difficili?»
domandò.
Jenna annuì.
«Esattamente. Ricordi l’incantesimo che aveva apposto alla grotta?»
«L’incantesimo di confine: ogni essere soprannaturale che varcava la soglia, non poteva più uscire…»
rispose tornando a guardare la parete di pietra che lo separava dall’inferno.
«Quell’incantesimo funzionava anche sugli spiriti… è stato così che ha accumulato tutto quel potere...»
«Ma poi Diana è morta…» ragionò lui «L’incantesimo si sarebbe dovuto rompere…»
«E così è stato…» confermò la strega «Ma poi io ho sigillato la grotta senza riparare lo squarcio…»
«Così facendo hai intrappolato nuovamente gli spiriti…»
concluse per lei.
«Ma… non capisco… non… non è possibile…»
«Il sangue, Damon» intervenne Gala «Non dimenticare il legame di sangue…»
Il vampiro la guardò spaesato, lei si toccò il petto.
«Sei stato tu a mettermi nelle braccia di mio padre… e poi hai asciugato le lacrime di Jenna…»
Damon si fissò le mani.
«Il sangue di Elena… il mio…»
Gala gli si avvicinò accarezzandogli il viso.
«È arrivato il momento di liberare tutti dal limbo… tutti…»
 
Accadde tutto così in fretta che nessuno ebbe il tempo di intervenire.
Un secondo prima Elena aveva sotto scacco Katherine e quello successivo era sdraiata a terra con il collo spezzato, una figura apparsa dal nulla aveva portato via la loro nemesi insieme a Jessica e Gala.
Al senso di smarrimento si sovrappose la rabbia di Damon e Klaus. I due vampiri corsero fuori sperando di poter raggiungere chiunque si nascondesse nell’ombra, ma non c’era più nessuno da catturare.
Tornarono in casa digrignando i denti, Damon si chinò sul corpo di Elena e la sollevò, portandola sul divano.
«Il lato positivo è che sappiamo esattamente dove le hanno portate»
commentò l’Originario.
«Già… e quello negativo è che sicuramente è una trappola…»
ribatté il vampiro.
«Trappola o meno, io vado a riprendere Meredith»
sbottò Stefan.
«Stefan»
provò a calmarlo il fratello, ma sapeva bene che a parti inverse avrebbe agito alla stessa maniera.
«Non puoi fermarmi, Damon»
«Non voglio fermarti… ma dobbiamo pensare bene a cosa fare…»
«Diana ha preso Jessica e Gala… e dio solo sa chi altri!»
«Che vuoi dire?»
chiese Jeremy.
«Caroline e Tyler non sono qui e non hanno risposto a nessuna delle mie chiamate…»
«Maledizione!»
urlò Damon.
Si guardò in torno stringendo ed aprendo i pugni sentendosi sempre più in trappola. Camminò in circolo reprimendo la voglia di spaccare tutto ciò che gli capitava sotto tiro. Si bloccò di colpo, prese un gran respiro e si voltò verso la scarsa compagnia rimasta.
Si rivolse a Jeremy:
«Tu e Jenna restate indietro e cercate qualcosa con cui mettere fuori gioco quella stronza…» quindi guardò Stefan e Klaus «Noi andiamo a vedere se possiamo rallentarla…»
«Vengo anche io…»
mugugnò Elena che si stava riprendendo dalla sua ennesima morte.
«No, piccola… resta qui e recupera le forze…»
«Vengo con te» replicò duramente lei «Non aspetterò un secondo di più per prendere a calci nel culo quella psicopatica»
Damon capì che non l’avrebbe persuasa e comunque non ce n’era il tempo. Le tese una mano e la aiutò a mettersi in piedi, lei gli afferrò il viso e lo costrinse a guardarla negli occhi.
«Salverò Jessica e la bambina… fosse l’ultima cosa che faccio!»
gli promise.
«Lo so»
replicò lui prima di baciarla.
«Andiamo»
li incitò Klaus.
I quattro salutarono Jeremy e si avviarono verso le grotte.
 
Jessica riaprì gli occhi sentendo il pianto sommesso della sua bambina.
L’ambiente era umido e c’era odore di cenere e sangue. Si sollevò di scattò dal suo duro giaciglio e si rese subito di conto di avere mani e piedi legati. Batté le palpebre più volte per abituarsi alla scarsa luce dell’antro, le ci vollero pochi istanti per riconoscere la grotta in cui anni prima credeva di aver messo fine ad una faida soprannaturale.
Cercò con lo sguardo Gala e la vide in braccio ad una ragazza dai capelli lunghi e scuri, il viso affilato era di un bianco perlaceo ed un sorriso isterico le muoveva la bocca tremante. Fissava la piccola come se ne fosse ipnotizzata.
«C-chi sei tu? C-cosa vuoi dalla mia bambina?»
le chiese.
La ragazza sollevò la testa in direzione di Jess rivelando due occhi neri come la notte, iniettati di sangue.
«La…tua bambina?» ripeté l’altra con una vocina stridula «Lei… lei non è tua… non è mai stata tua!»
sibilò digrignando i denti.
La sconosciuta tornò a guardare la piccola riassumendo un’espressione adorante.
«Lei è mia…» sussurrò con dolcezza «Lei è tornata da me… è il mio premio per aver fatto il mio dovere…» le accarezzò con cautela una guancia paffuta «Lei è mia…»
E senza spiegare altro si allontanò, sparendo in un cono d’ombra.
«No! No! Fermati! Ridammi la mia bambina!» urlò Jessica «Riportami la mia bambina! Ti prego! Non farle del male!»
La disperazione le spezzò la voce, agitò le mani e le gambe provando a liberarsi, ma non ci fu niente da fare.
«J-Jess?»
Si sentì chiamare. Non riconobbe subito la voce, disturbata dai singhiozzi di un pianto disperato.
Sgranò gli occhi e perlustrò bene il resto della grotta e si accorse di una sagoma scura raggomitolata in un angolo di fronte a lei.
«Chi c’è? Chi sei?»
chiese.
La persona nascosta nell’ombra tirò su col naso prima di rispondere.
«Sono Caroline…»
«Care! Che ci fai qui? Perché piangi? Che succede?»
Improvvisamente la luce fioca delle fiamme sulle torce appese alle pareti si intensificò e le lingue di fuoco illuminarono a giorno l’interno della grotta.
Jessica si ritrovò a chiudere gli occhi per proteggersi dalla luce accecante, li riaprì poi adagio, adattandosi alla nuova illuminazione e quando realizzò lo scenario che le si presentava davanti, le mancò il fiato per lo shock: incatenati alle pareti c’erano i fratelli di Klaus, privi di sensi, in un angolo poco distante, riverso in una pozza di sangue, c’era il corpo di una donna che lei riconobbe essere Meredith e Caroline era inginocchiata accanto a lei, china sul corpo senza vita di Tyler.
«Cosa… cosa… oh mio dio… sta … lui…»
La vampira scosse la testa versando nuove lacrime.
«Lo ha ucciso… lei… lei lo ha ucciso…»
«Lei? La ragazza che era qui prima?»
domandò.
«No» rispose una voce che le diede i brividi «O meglio, non proprio… io ho dato l’ordine...»
Jess si voltò adagio.
«Ciao Jess…»
la salutò sua zia.
La donna era invecchiata di cent’anni e c’era una luce omicida nel suo sguardo che non ricordava di averle mai visto nemmeno quando era stata posseduta da Esther.
«Diana…» sibilò la ragazza «Avrei dovuto permettere a Klaus di ucciderti anni fa…»
La donna rise.
«Oh… vedo che qualcuno ha recuperato la memoria… di nuovo…»
«Sì… e puoi stare certa che non avrò nessuna pietà per te questa volta!»
«Per favore, Jess… smettila di pensare di poter vincere! Ho studiato tutto in ogni minimo particolare, niente andrà storto, nessun  colpo di scena, nessun potere tirato fuori all’improvviso…»
«Perché? Perché stai facendo tutto questo? Credevo tu fossi contraria ai piani di Esther e Soraya»
Diana rise nuovamente.
«Sei così ingenua… guardami…» si portò le mani sul viso «Questo è il risultato per aver fallito! Un corpo che muore giorno dopo giorno e dei poteri che non mi aiuteranno ad impedire che ciò avvenga…» incrociò le braccia sul petto «E tutto perché la magia della vita eterna è stata destinata per creare degli assassini!»
«Da che pulpito!»
replicò con disprezzo, Jessica.
«Io, mia cara, non ho mai sacrificato una vita che non fosse necessario prendere…»
«E la mia bambina? Anche lei sarà un sacrificio necessario?»
«Gala?!?» ghignò «Oh, Jessica… io non ho nessuna intenzione di uccidere la piccola…»
«Ma Katherine ha detto…»
«Katherine?!?» la interruppe «Vuoi dire quella squallida opportunista che ha sempre pensato solo a salvare se stessa?» fece un cenno con la mano ed il corpo senza vita della vampira fu scaraventato in mezzo alla grotta «Peccato che quest’ultimo colpo non le sia riuscito molto bene…»
«Ma… cosa… lei… lei lavorava per te!»
si scandalizzò la ragazza.
«Sì, è vero… ma ha provato a portarmi via la piccola pensando di poterla barattare con un posto sul treno dei sopravvissuti…» guardò con disprezzo il cadavere di Katherine «Ma come ti dicevo prima, niente andrà storto questa volta…» si aprì in un sorriso cordiale «Ora… se vuoi scusarmi… devo andare ad accogliere i nuovi ospiti…» si voltò verso la ragazza che teneva in braccio la piccola Gala «Mi raccomando, non abbassare la guardia!»
le ordinò prima di sparire oltre il varco.

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Capitolo 44
*** Salvation. ***


La brezza estiva soffiò tiepida, riempiendo il salotto dell’odore di gelsomino che cresceva selvaggio in giardino.  Jeremy se ne stava seduto nella sua vecchia poltrona, cullando la piccola Gala la quale non riusciva ad addormentarsi se non tra le sue braccia.
Le accarezzò le guance rotonde e la lasciò giocare con le sue dita, sorridendo ad ogni mugugno divertito della bambina. Quello era l’unico suono che riempiva la casa oramai da mesi.
Jenna non gli rivolgeva più parola e raramente lasciava la sua camera da letto.
All’uomo non era servito indagare per capire le ragioni dietro al risentimento della figlia nei suoi confronti, in quanto aveva iniziato a mettere insieme i pezzi ascoltando i racconti di Katherine e Jessica sull’ impossibilità di ricordare determinati avvenimenti del loro passato, esattamente come era capitato a lui quando aveva provato a ricordare cosa fosse successo una notte di più di due anni prima, durante una visita al defunto amico Matt. Tutte le volte in cui aveva provato a richiamare qualche ricordo di quella serata, la su mente si bloccava per poi scivolare verso altri pensieri. E poi la scoperta del piano di Diana ed il sogno in cui Bonnie lo avvertiva del pericolo che stava correndo Matt… tutti pezzi di un puzzle che Jenna si era ritrovata in testa arrivando ad una verità che la sua mente di bambina non poteva accettare: Gala era la figlia di Jessica e Jeremy.
Non era ancora riuscito a capire perché la sua defunta moglie lo avesse spinto a prendere il posto dell’amico nel concepimento della piccola, men che meno era stato in grado di convincere Jenna che non tutto era come sembrava.
Aveva speso gli ultimi cinque mesi a cercare qualche risposta, ma non c’era un solo indizio da cui partire se non Gala stessa, la bambina era infatti il solo elemento nelle sue mani: il grimorio di Esther era stato sigillato nella grotta ed aveva studiato quello di Bonnie fino ad impararlo a memoria, ma non vi aveva trovato niente di utile. Le comunicazioni con l’altro lato erano da tempo finite e non c’era davvero più nessuno a cui chiedere aiuto.
Guardò la bambina scuotendo la testa, sentendosi afflitto da un senso di impotenza.
«Io non so proprio come farò a spiegarti tutto quando sarai grande» le accarezzò l’ampia fronte «Non so davvero come non rendere anche la tua esistenza un inferno…»
sussurrò nel silenzio della notte.
«Mandala via»
La voce di Jenna risuonò dura ed affilata nell’ampio salotto, facendolo sussultare per la sorpresa. Si drizzò sulla seduta e si volto verso la figlia.
«J-Jen… piccola… che ci fai ancora in piedi
«Mandala via»
ripeté lei in tono asciutto e con lo sguardo spento.
Jeremy  corrugò la fronte ed istintivamente strinse più forte a sé Gala.
«Cosa… di cosa parli
le domandò.
Gli occhi di Jenna si animarono per un istante di una scintilla omicida.
«Il solo modo che hai per non coinvolgerla nella nostra vita, è non fargliene fare parte sin da ora…» spiegò con durezza «Mandala via»
concluse.
«Jen… piccola…»
«Non sono più piccola…» lo interruppe «Non lo sarò mai più. Fai come ti ho detto. Mandala via»
Jeremy rimase a bocca aperta a fissare l’automa che era comparso in salotto.
L’aspetto era quello di sua figlia, salvo per la cicatrice che ne deturpava il bel viso, ma negli occhi non c’era più traccia dell’amore e dell’ammirazione che l’avevano sempre resa la copia di Bonnie.
«Jenna…»
Una nota di dolore permeò la voce dell’uomo che pronunciò il nome della figlia consapevole che niente sarebbe mai più stato uguale.
Lei non mostrò segni di cedimento, limitandosi a fissarlo senza emozione.
Jeremy si affrettò a riporre Gala nella culla, quindi si diresse verso Jenna e le si inginocchiò di fronte. Le cinse le spalle e subito un’aria elettrica iniziò a scoppiettare nell’ambiente circostante, l’uomo ritrasse le mani, sentendo il cuore spezzarglisi un po’ di più.  
«Mandala via, domani stesso»
ripeté lei nello stesso tono asettico.
«Jenna… non puoi dire sul serio… siamo solo noi… non possiamo…»
«Ho detto: mandala via. Non la voglio qui»
gli parlò sopra.
L’uomo abbassò la testa facendola ciondolare sul petto.
«Lei non c’entra niente… tu sei arrabbiata con me, lo capisco… ma non è come sembra…»
«Non mi importa, non la voglio intorno. Decidi: o va via lei, o vado via io»
La testa di Jeremy si sollevò di scatto.
«Cosa?!? Sei impazzita?!?»
esclamò lui, sgomento.
Le labbra della bambina si strinsero in una smorfia di rabbia.
«No, ma impazzirò se sentirò ancora un solo vagito di quella mocciosa
sibilò stringendo i pugni.
«Jenna
la sgridò il padre.
Nuovamente l’aria si riempì di scoppiettii elettrici e le luci iniziarono a tremolare.
Jenna lanciò uno sguardo infuocato verso la culla dove Gala stava riposando e la temperatura salì, quasi fosse scoppiato un incendio invisibile all’interno del salotto.
Jeremy afferrò nuovamente la figlia per le spalle e la scosse.
«Jenna! Fermati! Smettila
esclamò.
«Non posso» rispose l’altra con voce asettica «È più forte di me. Devo far uscire tutta questa rabbia che ho dentro» riportò gli occhi in quelli del padre con un ghigno inquietante «Ma forse è quello che vuoi… farmi esplodere di rabbia, così tu e lei potrete vivere la vostra vita senza più complicazioni naturali» chinò la testa di lato «È questo che vuoi, papà?»
«Jenna… come puoi anche solo pensare ad una cosa del genere…»
replicò lui con dolore.
«Ho visto come la guardi, come la accarezzi…»
ringhiò Jenna e la sensazione di calore aumentò.
«Se me lo permettessi, sarei così anche con te…»
replicò  lui con dolcezza, provando a farla calmare.
«No papà… è finito il tempo delle coccole per me»
Si sottrasse alla presa di Jeremy e fissò nuovamente con odio la culla.
Un vento anomalo prese vita all’interno del salotto.
Gala si destò ed espresse il disagio per l’inferno in cui si era risvegliata piangendo.
Jeremy si affrettò a raggiungerla, ma i vortici di vento causati dalla rabbia di Jenna gli impedirono di muoversi.
«Jenna! Smettila
urlò, sforzandosi di raggiungere la culla.
Jenna lo ignorò e la portata della sua rabbia aumentava insieme al pianto di Gala.
«Scegli quale figlia tenere, ora!»
ordinò al padre, con la voce trasformata dall’odio.
La casa iniziò a tremare, lungo i muri e sul pavimento si aprirono delle crepe, l’aria era ormai irrespirabile.
Jeremy fu costretto ad aggrapparsi al muro per non venire trascinato via dal vento che oramai era diventato un vero uragano.
«Jenna, ti prego… smettila…»
la supplicò.
Le urla di Gala filtrarono attraverso le raffiche di vento e la culla iniziò a perdere stabilità.
«Jenna… per favore…»
«Scegli!»
gridò lei con rabbia.
Il pianto della neonata si fece più acuto e disperato.
«Non posso… non posso scegliere
«Allora sceglierò io per te»
annunciò con freddezza Jenna.
Improvvisamente il pianto di Gala cessò e Jeremy si voltò di scatto verso la culla, temendo il peggio, ma
chino sulla culla, con un dito stretto nelle manine della piccola, c’era Damon.
«È così che vi prendete cura di lei?»
domandò il vampiro senza distogliere lo sguardo dalla bambina.
La rappresaglia mistica di Jenna cessò immediatamente e Jeremy cadde di peso sul pavimento.
«Non vi siete accorti che la piccola piangeva
proseguì, rivolgendo loro uno sguardo severo.
 
Jessica osservò la ragazza che teneva in braccio Gala, non sapeva chi fosse e perché avesse deciso di aiutare Diana con il suo folle piano, ma sentì che doveva fare qualcosa al più presto.
«T-ti prego… non permetterle di fare del male alla mia bambina…»
la supplicò.
La ragazza non sollevò lo sguardo dal viso della piccola, le sorrise e continuò a cullarla.
«Mi hai sentita? Ti prego…»
ripeté.
«Oh… nessuno farà del male alla mia piccolina…» disse la ragazza continuando a sorridere a Gala «La mamma non lo permetterà…» le baciò una manina «No… la mamma ti proteggerà per sempre…»
Un brivido freddo percorse la schiena di Jessica.
«Lei… lei è mia figlia!»
«Non per molto…»
commentò l’altra sempre guardando adorante la bambina.
«Perché fai questo… perché aiuti Diana?»
chiese per non cedere al panico.
Sapeva che non avrebbe ottenuto nessuna informazione dalla misteriosa ragazza, ma il silenzio l’avrebbe fatta impazzire.
«Chi sei? Perché fai questo?»
domandò sempre più disperata.
La ragazza la ignorò proseguendo con le sue moine a Gala.
Jessica sentì le lacrime pizzicarle gli occhi ed il panico attanagliarle lo stomaco.
«Mary-Anne…» fu Caroline a parlare «Il suo nome è Mary-Anne…»
«Oh… ti ricordi di me, allora…»
commentò la ragazza, distogliendo lo sguardo dalla bambina per la prima volta.
Jessica corrugò la fronte confusa, non aveva mai sentito quel nome.
«Tu… tu la conosci?»
domandò.
La vampira annuì asciugandosi gli occhi.
«Era la fidanzata di Matt… tanto tempo fa…»
«Sì… tanto tempo fa…» ripeté Mary-Anne «In un’altra vita…»
«Non capisco… perché ci stai facendo questo? Matt non lo avrebbe mai permesso!»
disse Jessica.
La ragazza si voltò a guardarla con i suoi occhi spiritati.
«Oh… tu non sai cosa avrebbe permesso o meno Matt… io pensavo che non avrebbe mai permesso a nessuno di farmi del male, invece…»
«Mary-Anne…è stato un incidente… Elena non era in sé!»
intervenne Caroline.
«Ma voi sì! Voi avevate tutte le rotelle a posto quando avete deciso di portarmi via tutto!»
sbottò la ragazza.
«Lo abbiamo fatto per il tuo bene…»
ribatté la vampira.
«Per il mio bene?!?» sibilò l’altra «Ho perso il mio bambino, Caroline… e la vostra soluzione è stata quella di farmi dimenticare di averne mai aspettato uno!» si avvicinò a lei ed abbassò il tono della voce «Sai cosa si prova a svegliarsi ogni mattina sapendo che ti manca qualcosa ma non sai cosa?!? Sai cosa si prova a sentire un vuoto dentro…» si toccò il ventre con una mano «E non riuscire a riempirlo mai?!?» scosse la testa «Io sapevo che mi avevate fatto qualcosa… lo sentivo dentro! Quando ho lasciato Mystic Falls avevo questo tarlo dentro, questa sensazione che non voleva lasciarmi mai… poi una sera ho incontrato Julian… un ragazzo dolcissimo, mi ricordava Matt in un certo senso… e mi ricordava Mystic Falls… e quando ho scoperto che era un vampiro ho capito perché… gli ho chiesto di trasformarmi e così ho rimesso a posto tutti i pezzi…»
«Julian?»
domandò Jessica.
Mary-Anne fece un sorriso storto e la ragazza si ricordò del misterioso vampiro che li aveva seguiti sulla chiatta.
«Hai una buna memoria…» commentò l’altra «Sai, è proprio così che ho incontrato Diana… avevo scoperto che Elena era tornata a Mystic Falls e che non era da sola… ho seguito nell’ombra i vostri trambusti e quando sei partita ho pensato di prendermi la mia rivincita, eliminandoti… così Elena avrebbe capito cosa si prova a perdere un figlio…» tornò a guardare Gala «Ma le cose non sono andate come previsto… io gli avevo detto di stare attento a Klaus…»
«Tu… sei stata tu ad uccidere tutto l’equipaggio?»
chiese Jessica con un filo di voce.
«Ero fuori di me…» rispose Mary-Anne «Avevo perso anche Julian mentre Elena aveva la sua famiglia intatta…» digrignò i denti «A quel punto Diana è venuta da me… e mi ha fatto un’offerta che non ho potuto rifiutare…» accarezzò con un dito la fronte di Gala «Ed ora avrò il mio bambino... e tutto andrà bene…»
«Ma quello non è il tuo bambino… quella è la mia Gala… è mia figlia! Sarà sempre mia figlia!»
urlò Jessica.
«Così come tu sarai sempre figlia di Ally?!?» ribatté Mary-Anne «Tu meglio di tutti dovresti sapere quanto poco conti la biologia…»
«Ma non sarà reale… non sarà mai reale!»
obietto la ragazza.
«Lo sarà per me…»
replicò con semplicità l’altra, e tornò a cullare la bambina.
«Mary-Anne… qualunque cosa ti abbia detto Diana, non puoi fidarti di lei…»
intervenne Caroline.
«E posso fidarmi di te?» si indispettì lei «Eri mia amica Caroline… e mi hai tradita nel peggiore dei modi… Diana almeno sta mantenendo la parola!»
«Ti sta usando!»
la ammonì la vampira.
«Tu non la conosci…»
«Ma io sì» asserì Jessica «Io la conosco e so che odia i vampiri… e tu sei un vampiro!»
«No… lei odia solo Klaus e la sua famiglia per via della maledizione… ma una volta che li avrà eliminati, non ci sarà più nessun problema… per questo l’ho aiutata a radunarli qui»
«E dimmi… Diana ti ha forse detto che se uccidi un Originario tutti i vampiri da lui generati faranno la stessa fine?»
proruppe Caroline.
Mary-Anne corrugò la fronte un istante prima di rilassarsi.
«Stai mentendo… diresti di tutto pur di salvarti la vita...»
«Non sta mentendo…» si accodò Jessica «Per spezzare la maledizione serve che il vampirismo svanisca dalla faccia della terra, ed il solo modo per assicurarsi la morte di ogni vampiro esistente, è uccidere gli Originari… Diana ti ha mentito per ottenere il tuo aiuto... morirai insieme a tutti gli altri e lei si terrà la bambina…»
Mary-Anne strinse forte Gala tra le braccia.
«No! Lei è mia! Nessuno me la porterà via!»
si disperò.
«Allora aiutami…»
«Così me la porterai via tu? Non esiste!»
Jessica sospirò.
«Sai in cosa consiste la maledizione che pende sulla mia famiglia?»
le chiese.
Mary-Anne scosse la testa.
«Le donne della nostra famiglia non sopravvivono al primo anno di vita delle proprie figlie… a mezzanotte di oggi, Gala compirà un anno ed io morirò…» spiegò «Questo a meno che Diana non riesca a portare a termine la sua missione… se ucciderà tutti gli Originari, la maledizione sarà spezzata...» fissò negli occhi la ragazza e ricacciò indietro le lacrime «Ma se mi aiuti a sovvertire i suoi piani tu potrai tenere Gala… ed io, passata la mezzanotte, non sarò più un problema…»
«E che mi dici di Elena e la sua banda? Loro mi daranno la caccia!»
«No… non lo faranno…»
«Jessica…»
si intromise Caroline.
«Non lo faranno» ribadì duramente «Io dirò loro di non darti fastidio…»
«E quale garanzia dovrei avere che seguiranno i tuoi ordini?»
obiettò Mary-Anne.
«Perché non saranno ordini… ma le mie ultime volontà… tu promettimi solo che la amerai più della tua stessa vita»
«Se stai mentendo…»
«Soggiogami…» la interruppe «Ma fai in fretta… Diana potrebbe tornare da un momento all’altro»
Mary-Anne rimase immobile qualche istante, quindi si avvicinò in fretta a Jessica e ne agganciò lo sguardo.
«Mi hai mentito?»
domandò.
«No» rispose automaticamente Jessica «Ho detto la verità»
 
Jeremy rimase immobile a fissare il vampiro mentre Jenna avanzò lentamente, stringendosi una mano sul petto.
«Damon …»
sussurrò.
Lui le rivolse un sorriso storto e chinò la testa di lato.
«Non sei un po’ cresciuta per i capricci
domandò.
Jenna si strinse nelle spalle.
«Io… io sono arrabbiata…»
Damon si raddrizzò, attento a non lasciare la manina di Gala.
«Siamo tutti arrabbiati, Jenna» puntò gli occhi in quelli di lei «L’importante è capire con chi essere arrabbiati… tuo padre non c’entra niente… e nemmeno Gala…»
«Io… mi dispiace…»
Lacrime silenziose rigarono il volto di Jenna che però mantenne un’espressione dura.
«Che… che ci fai qui?»
domandò Jeremy.
«Credevo poteste spiegarmelo voi…» rispose tornando a guardare la bambina nella culla «Ma credo dipenda da lei…»
«Lei non è più una strega, Damon…»
commentò l’uomo.
«Qualcosa è…» affermò il vampiro «Guardate come mi stringe le dita…»
 
Mary-Anne stava slegando Jessica dalle corde che la tenevano legata agli anelli di ferro incastonati nella parete rocciosa quando si udì un rumore di passi.
«Presto! Sta tornando!»
la incitò.
«Come pensi di scappare?» le chiese sciogliendo l’ultimo nodo «Non hai più nessun potere e Diana è molto forte, anche se non sembra…»
«La devi uccidere» rispose Jessica «Appena ritorna… resterò ferma qui, fingendo di essere ancora legata, la distrarrò ed appena ne avrai occasione…» puntò due occhi di fuoco in quelli di Mary-Anne «Strappale via il cuore dal petto!»
L’altra si limitò ad annuire, si sollevò e si avvicinò alla cesta in cui aveva adagiato Gala.
«Devi mantenere la tua parola… se ti aiuto con Diana e tu non fai promettere ai tuoi amici di lasciarmi stare, ucciderò la bambina alla prima occasione…» rivolse a Jessica uno sguardo vuoto e oscuro «E lo farò»
«Lo so…» deglutì a vuoto «Ti prometto che nessuno ti darà fastidio…»
Era disposta a tutto pur di salvare la sua famiglia e l’aver convinto Mary-Anne ad aiutarla l’aveva caricata di una nuova speranza. Tutto ciò a cui riusciva a pensare in quel momento era riuscire a sottrarre Gala alle grinfie di Diana.
«Ti credo»
disse l’altra prima di voltarsi  nuovamente verso la bambina.
Allungò le braccia per prenderla, ma prima di riuscire a stringere le mani intorno al suo corpicino, una forza invisibile la scagliò via, schiantandola contro una parete. Il corpo della vampira rotolò sul terreno umido accanto ai cadaveri di Meredith e Tyler.
«Non ci si può proprio fidare dei vampiri…» commentò sprezzante Diana, avanzando nell’antro «Una ragione in più per eliminarli dalla faccia della terra»
Jessica osservò impietrita la scena e si chiese quanto la zia avesse sentito del discorso tra lei e Mary-Anne.
Sapeva che la vampira l’aveva liberata dalle corde?
Per sicurezza tenne le braccia incrociate dietro la schiena, attendendo una mossa di Diana che domandò:
«Come hai fatto a convincerla rivoltarsi contro di me?»
La ragazza scosse la testa.
«Le ho solo detto la verità»
rispose sprezzante.
La strega fece una risata.
«La verità è che presto io metterò fine a questo circo, riavrò la mia vita indietro!»  pose una mano sul pancino di Gala «Tu, piccola, sarai la chiave di tutto…»
«Cosa vuoi farle?»
si allarmò Jessica.
«Niente che non possa sopportare…» rispose accarezzandone il viso «Lei è la mia seconda chance… ed ho intenzione di fare tutto per bene questa volta…» sollevò una mano nella quale scintillò la lama argentata di un pugnale «Rimedierò agli errori del passato… ed il premio sarà un nuovo futuro…»
Si spinse la lama del pugnale contro la carotide, esercitò una lieve pressione ed un rivolo di sangue le  scivolò lungo il collo.
«C-cosa… che diavolo vuoi fare?»
domandò sempre più confusa Jessica.
«Non lo sai?» replicò ghignante Diana «Eppure hai letto questo fino a quasi impararlo a memoria…»
Indicò un vecchio libro, rilegato in cuoio, adagiato accanto alla cesta in cui giaceva Gala.
Jessica ci mise un po’ a riconoscerlo.
«Il grimorio di Esther…»
Le parole lasciarono la sua bocca nell’esatto istante in cui il piano di Diana le si spalancò nella mente.
Sulla soglia della grotta comparvero Elena, Damon, Klaus e Stefan.
«Bene! Ci siamo tutti… mettetevi comodi che il vero spettacolo sta per avere inizio!»
li invitò ridendo, quindi calò più a fondo la lama nella carne. 

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Capitolo 45
*** Choose your grave. ***


Damon pose le mani su quelle di Gala, ancora adagiate sul suo viso.
Si perse negli occhi di giada della ragazza, così uguali a quelli di Jessica, e non solo per il colore. Avevano la stessa luce, la stessa cieca fiducia che tutto sarebbe andato bene, eventualmente.
Erano passati anni dall’ultima volta in cui il vampiro si era lasciato convincere da quell’entusiasmo, era passata una vita dall’ultima volta in cui si era concesso di pensare che ci sarebbe stata una svolta positiva.
Provò ad aggrapparsi con tutte le sue forze a quel moto di speranza, ma il ricordo di ciò che li attendeva dietro la parete rocciosa lo ricacciò fino al fondo del suo tormento.
Sospirò e sorrise mestamente, anche se Gala non aveva avuto modo di crescere con sua madre, era riuscita ad ereditarne tutte le qualità che l’avevano resa tanto speciale.
Si chiese come fosse possibile e trovò la risposta ricordando Jessica.
Sin da piccola aveva dimostrato un’elasticità mentale non consona ad una bambina comune. Era questo l’aspetto di lei che più l’aveva colpito. Spesso, nel corso degli anni, si era preparato all’ipotesi di soggiogare la piccola e lasciarla in qualche orfanotrofio, per consentirle di vivere una vita vera, ma tutte le volte in cui si era aspettato dei capricci, o delle domande più che lecite, Jessica lo aveva sorpreso, seguendolo ovunque, senza fare domande, affidandosi solo all’amore che per lui provava.
Non era stato di certo Damon ad insegnarle ad essere così, ed ora, di fronte a Gala, capiva che doveva trattarsi di qualche dote genetica.
«12 secondi»
Quasi non si rese conto di aver parlato. La ragazza corrugò la fronte interrogandolo con lo sguardo.
«12 secondi…» ripeté lui «... è finito tutto in 12 secondi…»
Gala capì a cosa si riferisse ed attese in silenzio. Alle sue spalle Jeremy emise un suono soffocato, quasi impercettibile, istintivamente guardò in direzione di Jenna, trovandola a fissare la roccia dietro la quale si nascondeva un vero e proprio cimitero. L’espressione della donna era dura e fragile al contempo ed in quel momento si sentì un po’ stupida per l’entusiasmo dimostrato. Si era fatta così prendere dalla smania di risolvere tutto che aveva finito per dimenticare che per loro era rimasto solo il premio di consolazione: non c’era nessuno da salvare, solo anime da liberare.
«In realtà non sono stati proprio 12 secondi…» continuò Damon, distraendola dalla sua triste realizzazione «…ma quando ripenso a quegli ultimi istanti, li immagino scanditi dai rintocchi dell’orologio che segna la mezzanotte…» guardò anche lui verso la parete ed allungò una mano sulla fredda pietra «12 “dong”… è così che rivedo tutto… 12 diapositive di una tragedia inevitabile » scosse la testa lievemente «Un altro countdown per Damon Salvatore»
«Damon… mi spiace, io…»
«Agh… lascia perdere» la interruppe «Sto solo provando a rimandare questa follia…» le scoccò un sorriso storto «Ma se somigli a tua madre come credo, non ti convincerei a tardare nemmeno raccontandoti dettagliatamente la mia prima volta…» prese un gran respiro sfregandosi i palmi delle mani «Che lo spettacolo abbia inizio!»
La ragazza cercò con lo sguardo Jenna, la quale le rivolse un cenno affermativo: era ora.
 
Non appena la lama del pugnale affondò nella carne del collo di Diana, Gala emise un urlo che riempì l’antro umido della grotta.
Damon si preparò a scagliarsi contro la strega, ma Jessica lo fermò.
«No! Fermo!» urlò «Fermi tutti! Non entrate qui dentro!»
Il vampiro riuscì a non oltrepassare la soglia grazie ad Elena che fulminea lo afferrò per un braccio.
«Diana ha lanciato un incantesimo di confine» spiegò «Se entrate qui, non potrete più uscirne!»
«Quando avrò il suo cuore stretto tra le mani, l’incantesimo si spezzerà»
ringhiò Klaus avanzando minaccioso verso la soglia.
«No! Fermati!» gli ordinò la giovane «Non toccarla! Nessuno osi fare del male a Diana!»
Il gruppo di vampiri rivolse uno sguardo spiazzato alla giovane.
«Guardate Gala…» li invitò cercando di restare calma «Guardatele il segno che ha sul collo…»
I quattro obbedirono continuando, però, a tenere d’occhio la strega.
Elena notò subito la piccola incisione nella carne della piccola che ormai piangeva senza sosta.
«Ma… cosa…»
Le parole le morirono in gola non appena realizzò cosa avesse fatto Diana.
«Hai legato la tua vita a quella della bambina?!?» si scandalizzò Damon «Ma che razza di mostro sei?»
La strega fece scoccare la lingua sul palato.
«Da che pulpito!» replicò, rigirandosi il pugnale tra le mani «Sono stata solo previdente… ho studiato tutto nei minimi particolari, niente andrà storto questa volta!»
«Questa volta?» intervenne Klaus «Stai ancora cercando di portare a termine il piano di mia madre?»
«Agh! Non dire idiozie!» rispose lei, agitando una mano in aria «Il piano di Esther prevedeva di ripulire il mondo dalla vostra razza… il mio è assai diverso…»  strinse gli occhi «Tuttavia, devo confessare, che ho dovuto mantenere le sue basi… quindi… sì, direi che la vostra estinzione sarà un male necessario, dopotutto…»
«Ma hai appena detto che avevi altro in mente»
commentò Elena.
«Infatti!» ribadì la strega «Esther avrebbe semplicemente posto fine ad un incantesimo, sprecando tutta quella magia così… senza batter ciglio! Io, invece, catalizzerò tutto quel potere e finalmente avrò tutto quello che mi spetta!»
«Uno sconto per una settimana in una SPA?»
ironizzò Damon.
Dana gli scoccò un’occhiata tagliente.
«Sono contenta tu non abbia perso il tuo spirito… almeno morirai felice!»
«Cosa vuoi, Diana? Perché hai preso Jess e la piccola?»
domandò Stefan.
La strega gli sorrise maliziosa e si avvicinò alla culla di Gala.
«Io voglio la vostra giovinezza, la mia magia ed una vita vera…» accarezzò il pancino della piccola «E per farlo mi servono determinati elementi… un potere vergine…»  sollevò lateralmente il suo braccio sinistro e le torce appese alle pareti rinvigorirono le proprie fiamme, illuminando l’antro buio «Il sangue Originario…» spostò il braccio in avanti e lingue di fuoco illuminarono un altro angolo «Il cuore della magia di cui mi voglio appropriare...»
Non appena Stefan realizzò di chi fosse il corpo senza vita accanto al cadavere di Tyler, si mosse in maniera automatica, correndo verso Meredith, incapace di credere a ciò che stava vedendo.
Damon tentò di fermarlo ma si mosse un secondo troppo tardi per riuscirci.
«Meredith… oh cielo… no… no! Meredith!»
«… e due volontari per il sacrifico finale…»
concluse Diana, osservano il vampiro cadere in ginocchio a pochi centimetri dal cadavere della sua amata.
Stefan si voltò a guardarla con furia omicida.
«Tu… maledetta…»
«Quante storie! Tanto alla fine della giornata sarete di nuovo insieme…»
«Io ti ucciderò!»
la minacciò lui, mostrando le zanne.
«Suvvia! Non c’è bisogno di essere tanto melodrammatici… anche se non ci fosse il piccolo raggio di sole qui…» indicò con la testa Gala «… a garantirmi l’immunità dalle vostre cattive intenzioni, tu non potresti comunque fare nulla… chiedilo alla tua amichetta…»
Stefan rivolse uno sguardo confuso a Caroline.
«C’è un pentagramma inciso nel terreno nel punto in cui siamo noi… anche volendo, non potremmo muoverci…» si asciugò il viso dalle lacrime con rabbia «Sono inchiodata qui da ore… accanto al cadavere di Tyler…»
«Ve l’ho detto… ho pensato a tutto…»
cantilenò Diana.
«Non a tutto» commentò Klaus «Ti manca un elemento ancora… o il mio sangue non serve?»
La strega scoppiò a ridere.
«Avrò anche quello, non temere…»
«E come pensi di fare? Hai lanciato un incantesimo che mi costringerà ad essere il tuo burattino?»
commentò sarcastico.
«Non proprio» replicò l’altra «Ma ho degli ottimi argomenti per convincerti…»
si spostò di lato, liberando la visuale su Jessica. L’ibrido sentì il cuore spezzarglisi nel petto.
«Col cavolo!» proruppe la ragazza «Klaus, non osare muovere un passo in questa grotta! Tanto morirò comunque! Tanto vale mandare a puttane il piano di questa psicopatica!»
«Di che diavolo parli?»
domandò lui.
La strega tornò a ridere.
«Vedete?!? È questa la genialità del mio piano… non può fallire…» infilò una mano sotto la giacca e ne tirò fuori un oggetto oblungo e bianco «Se volete salvare Jess, c’è solo un modo: spezzare la maledizione. Per farlo, è necessario che tutti i vampiri spariscano dalla faccia della terra… il modo più rapido per garantire questo risultato, è far fuori il problema alla radice…» si rigirò l’oggetto tra le mani «L’ultima volta lo avevamo dimenticato qui… che sbadati, vero?»
«Il paletto di quercia bianca…»
disse Elena.
«Già… una fortuna che nessuno di voi sia mai tornato indietro a riprenderlo… mi ha reso le cose più semplici…»
«Io non voglio essere salvata» intervenne Jessica «Sono pronta a morire, ma tu non porterai a termine il tuo folle piano!»
«Ok, come vuoi… allora tu morirai e loro non potranno mai vendicarti senza mettere a rischio la vita di tua figlia… oh, senza contare che se non riesco a portare a termine il mio piano vivrò si e no un paio di giorni… sai, tutta questa magia è logorante! E indovina questa che vuol dire per Gala…» la bocca di Diana si allargò in un sorriso euforico «Come ho detto… il mio piano è infallibile...» si rivolse ai vampiri fuori dalla grotta «A meno che non siate interessati a vivere in eterno a discapito di madre e figlia, si intende…»
Un moto di rabbia riempì lo stomaco di Jessica che dovette costringersi a rimanere seduta e buona, Diana non aveva ancora scoperto che Mary-Anne l’aveva liberata dalle corde, era un vantaggio che voleva mantenere.
«Allora! Klaus…» esclamò la strega «Ti unisci alla festa?» si chinò a prendere qualcosa da terra, si raddrizzò e pose sull’altare di pietra un calice argentato «Manchi solo tu…»
L’Originario corrugò la fronte e fece scattare lo sguardo dove erano imprigionati i fratelli e si rese conto solo in quel momento che tutti apparivano mummificati. Spalancò la bocca incredulo.
«Oh, non preoccuparti…» lo rassicurò Diana agitando in aria il paletto di quercia bianca  «Non hanno sofferto…»
Damon avanzò di un  passo ed osservò il corpo di Rebekah, quindi si voltò a guardare allarmato Elena, la vampira non parve colta di sorpresa quanto lui.
«Doveva andare così…»
gli disse sorridendo, quindi si fiondò all’interno della grotta bloccando Diana contro una parete.
«Elena!»
urlò Damon, ma si mosse nuovamente un secondo troppo tardi.
Rimase immobile ad osservare l’amore della sua vita scagliarsi contro la donna che aveva distrutto ogni buona cosa nella sua esistenza. La sua mente si svuotò, lasciando spazio ad un solo ed unico pensiero: comunque fosse andata, lui non aveva più ragioni per vivere.
Elena e Jessica sarebbero morte e lui non poteva farci niente.
«Qui non c’è nessun pentagramma, vero?»
sibilò la vampira a pochi centimetri dal viso della strega.
«Sei pazza?!? Non puoi farmi del male! La bambina…»
«Jessica la porterà fuori di qui e Jenna troverà l’incantesimo per spezzare il legame… ed io e te  ce ne staremo  buone,  ad aspettare la fine… e per te sarà davvero poco piacevole… e quando tu sarai definitivamente morta, verranno a liberare Stefan e Caroline» tirò fuori le zanne «Infallibile, eh?»
Negli occhi di Diana comparve il primo alone di sincero timore.
«E se Jenna non riuscisse a trovare il giusto incantesimo?» ipotizzò con voce stridula «Sei disposta a correre il rischio? E comunque Jessica morirà! La sacrificheresti così?»
«Per mia figlia morirei in ogni istante!»
asserì Jessica, mettendosi in piedi.
«Ed io non posso permetterti di morire così…»
disse Klaus avanzando nella grotta.
«No! Klaus!» urlò la ragazza correndogli incontro «Che hai fatto! No! Perché!!!»
gli batté i pugni sul petto e provò a spingerlo invano all’esterno della grotta.
L’ibrido la cinse con delicatezza e ne inspirò l’odore fruttato.
«Jessica, che dovrei farmene  della vita senza di te?» le prese il viso tra le mani e le sorrise «E Damon cosa se ne farebbe della sua vita senza le due donne che ama di più al mondo?»
«Ma Gala… avreste Gala…»
obiettò lei ormai in lacrime.
«Quella bambina sarà più felice crescendo con la sua mamma, in un mondo senza mostri…»
rispose lui con gli occhi lucidi.
«I mostri sono ovunque, Klaus… e non tutti hanno le zanne…»
L’Originario la baciò sulla bocca e si prese qualche attimo per stamparsi in mente quell’istante, ne avrebbe fatto la sua àncora quando sarebbe giunta la fine.
Guardò verso Elena e disse:
«Ora lasciala… vai a salutare il tuo uomo…»
La vampira rimase immobile, rifiutandosi di piegarsi al folle piano. Solo il pensiero che un incantesimo legava la vita di quella spregevole alla piccola Gala, le consentì di non ucciderla seduta stante.
Diana riassunse l’espressione tronfia di vittoria e si preparò a portare a termine la sua missione, puntò gli occhi sull’ibrido  e gli sorrise in modo beffardo.
«Per lo meno puoi non annoverare la stupidità tra i tuoi infiniti difetti…»
«Non appena avrò trovato il modo di slegare le sorti di mia figlia dalle tue, ti troverò e ti farò rimpiangere di non aver accettato la mia prima tregua…»
la minacciò Jessica.
 
«Allora? Qual è il piano?»
chiese Damon mettendosi alle spalle di Jenna.
«Io devo solo aprire questa dannata grotta… per il resto, chiedi a lei»
Ed indicò con la testa la sorella.
Il vampiro fece roteare gli occhi.
«Immagino non mi dirai nulla, vero?»
La ragazza sorrise divertita.
«Non perché non voglia» rispose «Il fatto è che anche io sono molto confusa  sul da farsi… diciamo che una volta entrati conto di capirne qualcosa di più…»
«Oh, bene… ed io che credevo stessi andando alla cieca!»
ironizzò.
«Voi due, fate silenzio» li ammonì Jenna «Devo concentrarmi…»
Jeremy tossicchiò una risata e Gala e Damon si zittirono subito.
Improvvisamente la tensione nell’aria divenne palpabile e dei piccoli scoppiettii elettrici iniziarono a saturare l’ambiente circostante.
La strega  cominciò a salmodiare l’incantesimo e l’energia magica aumentò a dismisura.
Dalle ombre lungo le pareti si sollevarono fumose strane figure ed un brusio di voci soffuse echeggiò nello stretto cunicolo.
La mani di Gala corsero a cercare quelle di Jeremy e Damon.
«Sta funzionando?»
sussurrò l’anziano.
«O è così… o lì dietro hanno organizzato un rave ….»
rispose sottovoce Damon.
Gala li ignorò entrambi e si concentrò sulla parete che iniziò a muoversi.
 
Elena si avvicinò lentamente verso l’ingresso della grotta, trafitta dagli occhi di Damon che la fissavano in un misto tra atroce dolore ed incredulità.
«Ora io entro»
annunciò poco prima che lei gli si fermasse di fronte.
«No… non morirai rinchiuso in questa catacomba»
obiettò Elena.
«Già, dimenticavo che ho una fantastica cripta da condividere con il mio amorevole padre ch mi odiava, uno zio-nipote che mi odiava e una madre che forse, se ne avesse avuto il tempo, mi avrebbe odiato anche lei!»
«Damon…»
«No, Elena» la bloccò «Non ho motivi per vivere senza di te e, credimi, non ho nessuna intenzione di morire lontano da te…»
«Ascoltami… non voglio che resti bloccato in questo inferno… voglio che vai al lago… sulla strada dove ci siamo visti per la prima volta… te la ricordi?»
«Non la potrei scordare nemmeno se lo volessi»
«Bene… voglio che vai lì, che ti sdrai come avevi fatto quella notte e che aspetti il sorgere del sole pensando a me, a noi… alla nostra incredibile avventura…»
«Io voglio stare qui, con te…»
«E ci sarai» si pose una mano sul cuore «Damon, tu mi sei entrato dentro l’anima sin da quella prima volta… non sarà la morte a separarci… non sarà il morire in due luoghi diversi a cambiare le cose…»
«Non puoi chiedermi questo…» insisté lui avvicinandosi alla soglia «Sono stato solo per tutta la vita…nella morte voglio averti accanto…»
Gli occhi di Elena si riempirono di lacrime e tutta la forza che l’aveva tenuta in piedi fino a quel momento, l’abbandonò. Voleva solo addormentarsi tra le sue braccia un’ultima volta, avere il suo sapore sulle labbra fino all’ultimo istante. Gli sorrise ed aprì la bocca per parlare, ma prima di riuscirci, un dolore lancinante le trafisse il petto. Damon la osservò confuso e lei abbassò lo sguardo e fissò le dita estranee che le spuntavano dalla cassa toracica.
«Elena… da quanto tempo!»
la voce giungeva dalle sue spalle e le sembrò familiare.
Il vampiro intanto digrignò i denti e si preparò ad aggredire la sconosciuta.
«A-ah, uomo innamorato… ho il cuore della tua amata stretta tra pollice e indice… vuoi davvero rischiare ch lo strappi via prima ancora di darti il tempo di realizzare cosa sia accaduto?!?»
«Chi diavolo sei tu?»
domandò.
«Mary-Anne…»
La voce di Jeremy sorprese il vampiro che si voltò di scatto verso di lui.
«M-Mary-Anne?!?» ripeté Damon «La Mary-Anne di Donovan?!?»
«Oh, vedo che la mia fama mi precede…»
commentò, dando uno strattone ad Elena, facendola gemere di dolore.
«Che diavolo ci f…»
iniziò a chiedere Jeremy, ma l’urlo di Mary-Anne interruppe ogni tentativo di prendere tempo.
Klaus si era avvicinato fulmineo, strappando il cuore alla vampira non appena si era reso conto di quanto stesse accadendo.
«Scusa, tesoro… non ti hanno detto che quando vuoi uccidere qualcuno non ti devi perdere in chiacchiere?!?»
ironizzò osservando il corpo ormai senza vita della ragazza.
Elena cadde a terra stringendosi le mani  sul petto e tossendo, Damon superò la soglia della grotta e si chinò accanto a lei, stringendola e accarezzandole il viso.
«Sei entrato…»
riuscì a dire con voce flebile.
«Beh, sarei entrato comunque… la tua idea di farmi morire in una suite di lusso era ridicola!»
Lei gli sorrise scuotendo la testa.
«Abbiamo finito di perdere tempo? C’è un rituale da portare a termine!»
proruppe Diana, spazientita.
Klaus si voltò scoccandole un’occhiataccia, lei guardò oltre la sua spalla e vide il fratello di Elena in piedi di fronte alla soglia. In fretta cercò la piccola Jenna.
«E tua figlia? Dove l’hai nascosta?»
gli chiese.
«Non l’ho portata» rispose l’uomo «È piccola, non ha motivo di rischiare la vita giocando con le vecchie streghe…»
«Beh…hai fatto bene a lasciarla a casa, non avrebbe comunque potuto fare nulla…»
Damon lanciò uno sguardo indagatore a Jeremy il quale, con un piccolo cenno del capo, gli lasciò intuire che stava mentendo alla strega.
Inspiegabilmente il vampiro si concesse di essere ottimista, rifiutando di realizzare che comunque, per Elena, era la fine. La strinse istintivamente più forte e si procurò un taglio sul polso.
«Bevi» le ordinò «Guarirai più in fretta…»
«A questo punto è inutile…»
provò ad obiettare lei.
«Non passerò le mie ultime ore con te mezza morente tra le mie braccia…»
insisté lui.
Diana batté le mani.
«Avanti Klaus! Sbrigati!»
L’ibrido sbuffò dalle narici, rivolse uno sguardo omicida alla strega e le si avvicinò.
«Cosa devo fare?»
le domandò a denti stretti.
«Semplice…» rispose lei «Devi solo lasciati drenare dal paletto… vedi…» glielo allungò sotto al muso «L’ho modificato con un incantesimo… invece di indurvi a morte istantanea e ardente, vi prosciuga di tutta la magia che vi rende ciò che siete… e dopo interminabili minuti di agonia… sopraggiungerà la morte…»
«Avevi detto che i fratelli di Klaus non avevano sofferto!»
sibilò Jessica.
Diana si stampò in faccia un ghigno truce.
«Ho mentito»
Klaus riuscì ad afferrare la ragazza per i fianchi poco prima che questa riuscisse a colpire la zia in faccia con un pugno.
«Io ti ammazzo, brutta cagna!» urlò mentre l’Originario l’allontanava dalla strega «Ti faccio a pezzi! Spregevole individuo!!!»
«Calmati, tesoro… stai buona…» tentò di sedarla lui «Ricordati che se fai del male a lei, nuoci alla piccola…»
Quelle parole riuscirono a rabbonirla e a farla arrabbiare ancora di più, contemporaneamente.
Jessica non si era mai sentita tanto impotente. Tutto intorno a lei stava precipitando e non riusciva a trovare un appiglio, una via d’uscita. Smise di agitarsi e si afflosciò tra le braccia dell’Originario e l’idea che quella sarebbe stata l’ultima volta iniziò ad ucciderla.
Se il piano di Diana fosse andato a buon fine lei e Gala sarebbero state sole al mondo.
«Non è giusto…» si disperò «Non è giusto…»
«Lo so, tesoro… lo so…» le sussurrò all’orecchio Klaus «Posso renderti le cose facili…» le propose «L’ho già fatto una volta…»
Lei si irrigidì voltandosi a guardarlo.
«Stai scherzando?»
«Jess…»
«Mi ami?»
lo interruppe.
«Al punto che non so più dove finisci tu e comincio io…»
rispose.
Lei strinse forte gli occhi e si riempì le orecchie del suono della sua voce, non si sarebbe mai concessa di dimenticarlo di nuovo.
«Io finisco proprio dove non ci sei più tu…  e se mi privi di nuovo di “noi”… non sarò più niente…»
Si mise sulla punta dei piedi e lo baciò, ricacciando indietro le lacrime.
«Adesso basta! Abbiamo perso fin troppo tempo con queste inutili smancerie!» sbottò Diana «Iniziamo!»
«Non così in fretta, stronza!»
sentenziò Jeremy facendo scoccare dalla sua balestra una freccia che tagliò l’aria colpendo al petto Diana.
Tutti gli altri restarono ad osservare la scena come spettatori inconsapevoli di un’imminente tragedia. 
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Vogliate perdonare la mia "sparizione", ma tra esami, impegni e altro, non ho avuto tempo di fare nulla e, dulcis in fundo, il mio computer ha fatto PUF!, quindi, ho dovuto rispolverare il mio vecchio Ziggie dalla cantina in cui lo avevo saggiamente messo a risposo e non mi resta che incrociare le dita e sperare mi regga finché non mi rianimano Minerva (sì, io do i nomi alle cose, computer compresi ) ... detto ciò, ora ci siamo davvero, la fine è vicina ed anche la fine della sessione estiva, indi per cui, potrò dedicarmi alla scrittura in toto. Ancora perdono, enjoy... love you all!

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Capitolo 46
*** The very end. ***


Ed anche questa avventura è finita. 

Non posso credere che un progetto nato da due chiacchiere in rete, si sia trasformato in un viaggio che nemmeno sapevo di voler fare.
Un viaggio insieme ai personaggi che mi sono entrati dentro, un viaggio insieme a voi che mi avete seguita, sia silenziosamente sia facendo un sacco di bel rumore. 
Un viaggio che mi ha portato a scoprire persone meravigliose dalle quali non potrò mai più separarmi.
Un viaggio che mi ha fatto male qualche volta, ma è un dolore che accetto di buon grado.
Purtroppo non tutti sono arrivati alla fine di questa storia con me, ed il mio pensiero va ad Eleonora, donna meravigliosa e forte che, purtroppo, non è riuscita a vincere un male più subdolo.
A lei dedico questo finale, a lei dedico questa storia, e non solo perché il mio rimpianto più grande sarà quello di non averne condiviso con lei l'epilogo anticiapatamente, ma anche perché in un momento difficile mi ha ricordato che la vita va vissuta secondo per secondo e di tempo per i "se" ed i "forse" ce n'è, ce ne sarà.
Ma dedico questa storia anche a voi, soprattutto a voi, che mi avete sollevata con il vostro entusiasmo!
Grazie, grazie, grazie!!! Infinitamente Grazie!
Una menzione speciale vorrei dedicarla a Mammaesme, colei senza la quale, non avrei iniziato a scrivere di Damon ed Elena.
A lei, a voi, a Nora... Grazie!!!

 

“Ci siamo”, pensò Gala, osservando la spessa parete rocciosa rotolare di lato.

Il brusio ovattato, proveniente dall'interno della grotta, aumentò di intensità e l'aria, già satura di energia magica, iniziò ad emanare un'elettricità invisibile che le corse sulla pelle, dandole la sensazione di avere il corpo ricoperto da migliaia di piccoli ragni.

Jenna, che ormai ripeteva la sua nenia da quasi mezz'ora, allargò improvvisamente le braccia, reclinò la testa all'indietro e rimase con la bocca aperta, senza fiato.

«Jenna!»

esclamò preoccupato suo padre.

Mosse un passo verso la figlia, ma Gala lo fermò.

«Aspetta!»gli disse «Sta succedendo qualcosa...»

Ed indicò con la testa l'ingresso alla grotta, oramai quasi del tutto aperto.

L'anziano si costrinse a restare fermo ed osservò la luce fioca proveniente dall'interno dell'antro.

«Non capisco...» commentò Damon serrando la mascella «Cos'è quella luce?»

Gala scosse piano la testa.

«Non ne ho idea... ma se dovessi fare un'ipotesi, direi: l'altro lato...»

Gli occhi azzurri del vampiro saettarono in quelli di lei.

«Ma...»

Lei gli sorrise toccandogli un braccio.

«Damon... non preoccuparti...»

Nello stesso istante Jenna si riprese dalla sua momentanea trance riprendendo fiato quasi fosse rimasta sott'acqua fino a poco prima.

«Jenna!» ripeté Jeremy «Cosa è successo?»

La strega non rispose subito, limitandosi a fissare l'entrata ormai libera della grotta.

L'ombra di un sorriso parve tirarle gli angoli della bocca, quindi disse:

«Ho... io ho parlato con la mamma...»

L'anziano si portò una mano sul petto sentendo il cuore saltare un battito.

«Lei sta bene...» proseguì Jenna «Stanno tutti bene...» guardò verso i suoi compagni sorridente «Ci aspettano!»

E quasi a dare conferma alle parole della strega, uno sbuffo d'aria fredda li avvolse scompigliando i riccioli chiari di Gala la quale, senza perdere altro tempo, avanzò verso il varco.

 

Un urlo agghiacciante riecheggiò lungo le pareti umide della grotta, saturando l'aria di un dolore troppo grande per essere contenuto in una sola persona.

Jessica non si rese conto di essere stata lei la fonte di quel suono terribile finché la gola iniziò a bruciarle per lo sforzo.

Era successo tutto talmente in fretta da non aver dato il tempo a nessuno per poter intervenire, ma la sua mente si era mossa in fretta, registrando e metabolizzando la tragicità dell'evento.

Jeremy, approfittando della distrazione di Diana, aveva fatto scoccare una freccia dalla sua balestra, colpendo la nemica in pieno petto, condannando a morte anche la sua piccola Gala, legata alle sorti della strega da un incantesimo.

«Cosa hai fatto...» sussurrò «Cosa hai fatto!»

ripeté con più vigore.

Jeremy rimase immobile a fissare Diana, ancora in piedi e con gli occhi puntati sul proprio petto trafitto.

«Non preoccupatevi...» disse lui con calma «Jenna! Presto!»

Dall'oscurità del cunicolo alle sue spalle emerse la bambina, con la vestaglietta azzurra sporca di fango tirata fin sulle ginocchia.

«Jessica, vieni qui!»

la chiamò la piccola.

La donna non si mosse, ancora confusa.

«Jessica!» ripeté Jenna «Presto! Vieni qui!»

Klaus, che la teneva ancora per la vita, la spinse con delicatezza, accompagnandola di fronte alla bambina.

«Tieni» disse allungando una mano verso la donna ancora sotto shock «Bevi questo, e poi vai da Diana...»

Allargò le piccole dita e fece ricadere nel palmo di Jessica una fiala contenente un liquido scuro ed oleoso.

«Cosa...»

«Te lo spiegherò dopo!» la interruppe con impazienza «Ora sbrigati ad andare da lei prima che l'incantesimo svanisca...»

«Incantesimo?» 

«Jessica, tesoro...» intervenne Klaus «Bevi quel sangue e fai come ti dice la piccola...»

Gli occhi di giada della ragazza si spostarono in quelli dell'ibrido.

Tutto stava nuovamente accadendo troppo in fretta e questa volta la mente di Jessica non fu in grado di stare al passo con gli eventi, troppe informazioni, troppe domande, poco tempo.

Incantesimo, sangue... morte...

“O forse...” pensò, voltandosi di scatto verso Diana.

Non fu una vera e propria realizzazione, ma un istinto, un pizzicore alla base della nuca che la spinse a muoversi in maniera automatica e celere.

Stappò la fiala bevendone il contenuto ed attraversò la grotta in due grosse falcate, fermandosi di fronte all'anziana zia.

«Mettile una mano sul petto!»

le ordinò Jenna, ponendo a sua volta la propria sul petto del padre, già steso sul pavimento.

Jessica eseguì l'ordine proprio mentre qualsiasi incantesimo lanciato contro Diana iniziò a svanire.

La donna, infatti, fu in grado di sollevare la testa e battere le palpebre, ancora confusa.

Intanto, poco oltre la soglia dell'antro, la piccola aveva iniziato a salmodiare il suo incantesimo.

«C-cosa... cosa state facendo?»

chiese Diana, di nuovo capace di parlare.

Nel frattempo la voce di Jenna si fece più potente e Jessica riuscì a sentire il potere magico della piccola scorrerle nelle vene e fluire attraverso la sua mano, premuta contro il petto di Diana.

«Ucciderai anche la tua bambina! Fermati!»

urlò disperata.

Jessica resistette all'impulso di fermarsi aggrappandosi con tutta se stessa alla cieca fiducia riposta nel piano sconosciuto di Jenna, quindi affondò ancora di più le dita nella carne della donna e si abbandonò alla potenza magica che oramai le si era scatenata dentro.

 

Non appena Gala mise un piede nella grotta, il delicato bagliore che l'aveva illuminata, si spense, lasciando il posto ad un buio così intenso da farla sentire inghiottita nel nulla cosmico.

Tutta la speranza provata poco prima, venne risucchiata da quell'improvvisa oscurità e l'odore di chiuso e morte che riempiva l'antro le si adagiò addosso come una veste funebre e per la prima volta, dall'inizio di quell'avventura, si sentì davvero smarrita.

Una mano grossa e nodosa le si poggiò sulla spalla sinistra ed un'altra, più piccola ma non meno vigorosa, si adagiò su quella destra.

Erano le mani di suo padre e di sua sorella.

Lei che era sempre stata sola, che non aveva mai avuto niente, nemmeno un cognome, adesso, in un momento di sconforto e paura, aveva il sostegno di una famiglia.

Questo pensiero le diede la forza di non indietreggiare, ma non fu sufficiente a farla avanzare. 

«Facciamo un po' di luce...»

commentò Jenna, sollevando la mano libera.

«No!» la bloccò Gala «Aspetta... io...» abbassò la voce, vergognandosi di ciò che stava per uscirle di bocca «Io non sono pronta...»

«Nemmeno io...» ribatté Jenna «Ma aspettare non servirà a nulla se non ad aumentare questo senso di disperazione che fermenta nel buio...»

Gli occhi di Gala scattarono a cercare quelli della sorella.

Quindi anche lei percepiva quella sensazione?

Quasi come se le avesse letto nel pensiero, la strega annuì e le sorrise.

«Andiamo, vediamo di risolvere questo gran pasticcio...»

E senza indugiare oltre tornò a stendere la mano di fronte a sé e dalle antiche torce ancora attaccate alle pareti, scaturirono fiamme nuove e calde, che spazzarono via l'oscurità.

Era stata in quella grotta fino a poche ore prima, sognando gli ultimi istanti di vita di una famiglia che non aveva mai saputo di avere: vampiri, streghe, ibridi, umani.

Eppure, guardano ora con i suoi occhi ciò che era rimasto di quell'ultima battaglia, si sentì catapultata in un universo nuovo e sconosciuto.

Si portò le mani alla bocca e gli occhi le si riempirono di lacrime.

Erano passati oltre vent'anni dall'ultima immagine che aveva avuto di quella grotta, e si erano tutti adagiati sui corpi riversi nei vari angoli.

Le cedettero le gambe e cadde in ginocchio, col fiato corto e la vista annebbiata da un fiume di lacrime silenziose.

A quel punto Damon avanzò nella grotta e si avvicinò a due corpi stretti in un ultimo abbraccio, ridotti ormai in statue di pietra.

«Da quanto tempo...»

sussurrò, piegando la bocca in un sorriso storto, nettamente in contrasto con la disperazione che gli si agitava negli occhi.

«Mi dispiace, Damon...» riuscì a dire Gala «Io... non avevo pensato a quanti anni fossero passati... io...»

«Non preoccuparti...» la rassicurò lui «Che gran paradosso, però...» guardò Gala «Così vicini qui dentro... quanto distanti là fuori...»

La ragazza corrugò la fronte.

«Che vuoi dire?»

domandò.

Il vampiro scosse la testa e tornò a fissare i due corpi.

«Non ha importanza ora... tu stai per mettere a posto tutto...»

In quel momento la giovane realizzò di avere ancora un compito da portare avanti, e di non sapere da dove iniziare.

Fece scorrere lo sguardo sul pavimento umido, sorvolando sugli altri cadaveri pietrificati, fino a trovare ciò che stava cercando.

«Eccolo!»

esclamò, sollevandosi.

Con gambe ancora tremanti si avvicinò all'oggetto abbandonato accanto a quelli che dovevano essere i resti di Diana.

Si chinò a raccoglierlo evitando accuratamente di toccare le ossa incenerite della donna che in cuor suo stava odiando per averle portato via tutto.

«Il grimorio di Esther?»

chiese Jenna.

Gala annuì, accarezzandone la copertina in pelle.

«Bene... come procediamo?»

le domandò la strega, avvicinandosi.

I grandi occhi di giada della giovane incontrarono quelli più scuri della sorella.

«Non ne ho idea...»

rispose con voce tremante.

 

Il corpo possente di Jeremy si inarcò sotto al tocco della figlia in un ultimo spasmo di dolore poco prima di rilassarsi senza più vita sul pavimento umido.

Contemporaneamente il corpo di Diana si accartocciò ai piedi di Jessica, rimasta in piedi, senza fiato.

Damon corse verso l'altare su cui giaceva il corpicino della piccola Gala e le toccò il petto, in cerca di un battito cardiaco inesistente.

«Che succede?» si agitò «Che avete fatto?»

Elena gli corse accanto, confusa.

Jenna appariva stanca, stremata, ma trovò comunque la forza di rispondere.

«Non ho finito...» ansimò «Ora dobbiamo... dobbiamo riportare in vita papà e Gala...» guardò in direzione di Jessica «Metti la mano sul corpo della piccola...»

La ragazza obbedì, ma non appena le sue dita toccarono il corpo senza vita della figlia, capì che non avrebbero mai avuto successo. Infatti, ciò che aveva permesso alla prima parte del piano di funzionare, ovvero il potere di Jenna nelle sue vene, non c'era più. Era svanito in quell'ultima scarica di potere contro Diana.

Poteva percepire l'incommensurabile vuoto lasciato dall'assenza di magia nelle sue vene, guardò Jenna, in ginocchio sul pavimento, accanto al corpo senza vita del padre, la fronte imperlata di sudore, il fiato corto, gli occhi arrossati e le braccia tremanti, sfinita ma comunque pronta a ripetere l'incantesimo, ebbe una sensazione di deja-vù e fu sicura di aver già vissuto quella scena.

“No... non l'ho vissuta... l'ho vista...” si disse, e di colpo capì cosa doveva fare.

Cercò con lo sguardo il pugnale con cui Diana si era ferita il collo, lo recuperò e si diresse a passo spedito verso Jenna, la prese per una spalla e calò il pugnale sul collo della bambina, la quale, spaventata, si spostò provando a sfuggire al colpo.

«Jessica, no!»

urlò Damon, sconvolto quanto Jenna.

La lama però, calò inesorabile colpendo la piccola in pieno viso, procurandole un taglio dalla tempia sinistra fino a sotto il labbro superiore, senza dare ulteriori spiegazione, Jessica si voltò leccando il sangue dalla lama fredda. Sentì nuovamente la magia scorrerle dentro e corse in fretta verso la figlia.

«Sbrighiamoci ora!»

gridò con urgenza.

Jenna rimase immobile, piangente, con la mano premuta sulla ferita appena ricevuta, incapace di comprendere le motivazioni di quel gesto.

«Jenna! Sbrigati! O non ci sarà più niente da fare nemmeno per Jeremy!!!»

ribadì con un ringhio Jessica.

La bambina, quindi, si ridestò e ricominciò a sciorinare parole incomprensibili, singhiozzando e sanguinando sul corpo del padre.

Un vento anomalo iniziò a soffiare all'interno della grotta sollevando vortici di polvere, la maggior parte delle torce si spense, calando il sipario sulla morte che regnava sul pavimento dell'antro buio, un sibilo elettrico si riverberò nell'aria stantia e la terra vacillò.

“È la fine del mondo” pensò Damon, stringendo le braccia introno ad Elena, accucciata contro il suo petto.

Non aveva capito un accidenti di quanto appena successo, men che meno era riuscito a dare una spiegazione all'attacco di Jessica nei confronti di Jenna, tutto quello a cui riusciva a pensare era che la sola vittoria dalla loro parte, in quel momento, era la morte di Diana.

Si costrinse a non pensare che questo aveva comportato la morte anche della piccola Gala, a quello stavano ponendo rimedio, non era così?

Guardò verso Jenna, la vide con la testa innaturalmente piegata all'indietro, gli occhi erano diventati due pozzi neri senza fondo e la voce che le usciva dalla bocca sembrava appartenere a qualcun altro, a molti altri.

Il corpo di Jeremy si inarcò improvvisamente sotto le mani della figlia ed un urlo senza fine si sprigionò dalla gola dell'uomo.

Finì tutto in un attimo: il vento, il terremoto, il crepitio elettrico nell'aria.

In poco meno di un istante la grotta sprofondò nel silenzio.

Qualche istante più tardi il flebile vagito di Gala riecheggiò nella grotta. Non fu che un sommesso lamento, ma quel suono investì tutti i presenti nella grotta con la potenza di un uragano, in fondo, quello, era il rumore della vita.

 

Gala stava sfogliando il grimorio di Esther da quasi un'ora, continuando a scuotere la testa e a sbuffare.

Jenna aveva provato ad aiutarla, ma nemmeno lei sapeva da dove cominciare.

«Ancora niente?»

chiese Damon beccandosi un'occhiataccia da entrambe le donne.

Sollevò le mani ed indietreggiò andandosi a sedere accanto al vecchio Jeremy.

«La pazienza non è mai stata il tuo forte, eh?»

lo schernì l'anziano.

Il vampiro sollevò le sopracciglia e sospirò.

«La pazienza è sempre stata la mia sola virtù, Jer...»

«E perché tutta questa fretta ora, dunque?»

Damon non rispose, limitandosi a guardare verso la statua dei due amanti, a pochi passi da lui.

Il vecchio ne seguì lo sguardo ed annuì.

«Quindi non l'hai mai vista?»

domandò.

Il vampiro scosse la testa in senso di diniego.

«Ma Gala sì...» notò il vecchio «Ed anche io...»

«Il solito fortunato...»

commentò sprezzante.

«Damon...»

«Non preoccuparti, Jer... oramai siamo alla fine...»

lo interruppe.

«Hai sofferto molto?»

gli chiese.

Il vampiro si strinse nelle spalle.

«No... non credo...» rispose «Per la maggior parte del tempo non sapevo nemmeno dove mi trovassi, e prima di realizzare quanto tempo fosse passato, o all'epilogo di questa dannata storia, stavo già per tornare nel limbo...» abbassò lo sguardo sulle proprie mani «Anche se ancora non riesco a capire come può essere successo...»

«Siamo in due...» commentò Jeremy «Se penso a quando ti ho visto a casa mia, quella sera... ancora non so come diavolo hai fatto...»

Damon tossicchiò una risata.

«È stata lei» indicò Gala con la testa «È sempre stata lei... per la maggior parte del tempo non so dove sono... o se sono... ma quando lei ha bisogno di me, quando lei mi vuole accanto... io arrivo...»

«Vale anche per Elena?»

«Decisamente sì» rispose «Non so come faccia... non so come ci riesca... dovevi vedere come ha ridotto quelli per cui lavorava»

Il vecchio sollevò le sopracciglia incuriosito.

«È stato il primo giorno... non so da quanto tempo non sentivo più il suo richiamo... anni, credo... da quando Elena aveva provato a dirle tutto...» parve fare un calcolo mentale, quindi agitò una mano in aria e proseguì «Comunque... l'ho sentita, ho percepito la sua rabbia, la sua frustrazione... era una valanga di emozioni, di pensieri, di sensazioni... era come una bottiglia di prosecco fatta agitare per anni ed a cui, improvvisamene, si era deciso di far saltare via il tappo... tutto quello che c'era dentro è uscito fuori, e tra le varie bollicine, c'ero anche io» scoccò una nuova occhiata alla testa riccioluta di Gala e sorrise «Non credo si sa nemmeno resa conto di quello che stava combinando... voglio dire, mi è venuta addosso, il suo corpo si è scontrato col mio... ed io non sono svanito, non sono volato via col vento... sono rimasto lì, con lei. Diavolo, l'ho pure portata in un bar ed ho bevuto uno scotch! Non potevo crederci... ho pensato fosse un segno, ho pensato che fosse arrivato il momento di riprovarci, con più calma...»

«Beh... ha funzionato...» concordò il vecchio «O meglio, forse funzionerà...»

«Già... forse...»

«Ma parlavi del suo posto di lavoro...»

gli ricordò Jeremy.

«Ah sì... quello...» si sistemò meglio contro la parete e riprese «Sentivo che il tempo con lei stava per esaurirsi, riuscivo a percepire il mio corpo scivolare via, lo sentivo disfarsi... e lei ancora non sembrava convinta.. quindi ho pensato di convincerla facendole vedere di cosa era capace ma attribuendomene il merito...»

L'anziano corrugò la fronte divertito.

«L'ho riportata sul posto di lavoro dal quale era scappata furiosa e l'ho convinta a dare un'occhiata a quello che stava succedendo nel suo vecchio ufficio... non so... avrà creduto che fossi una specie di mago o un ipnotizzatore potentissimo! Non ha realizzato nemmeno per un istante di essere stata lei a piegare le menti e le azioni di quelle persone... poi è stato facile... più o meno...»

«Ma come fa? Non è una strega... Non più, almeno...voglio dire, da quando è tornata in vita...»

commentò Jeremy.

Damon sospirò.

«Non  lo so... credo sia legata a Jenna in qualche maniera... penso che prenda da lei i suoi... poteri, chiamiamoli così...»

Il vecchio si passò una mano sul viso rugoso ed assunse un'espressione assorta.

«Sì... può darsi... quando sei venuto la prima volta da noi, Jenna stava per radere al suolo il nostro soggiorno... e nell'ultimo periodo è stata parecchio nervosa... non so se hai notato come ha ridotto la pensione...»

«Ho notato... ma non ero in vena di preoccuparmi di tappeti che non posso più utilizzare, ti pare?»

I due si scambiarono uno sguardo divertito e tornarono ad osservare le due donne ancora immerse nella lettura.

 

Allo stremo delle forze, Jenna cadde tra le braccia del padre, ancora stordito dal suo ritorno dal mondo dei morti. Osservò la ferita comparsa sul viso della figlia e si irrigidì.

«Cosa è successo?!? Perché Jenna è ferita?»

«Sono stata io...» rispose Jessica «Posso spiegarti... è stato un incidente...» la ragazza parlò guardando la figlia tornata alla vita, piangendo e sorridendo al contempo «Non volevo farle del male... ma....»

E prima che potesse dire un'altra parola, un rumore in lontananza richiamò l'attenzione della giovane che inspiegabilmente si sentì a corto di tempo: DONG!

Jessica fissò Gala, la prese in braccio e la strinse forte sul petto.

«Oh, no...»

sussurrò all'orecchio della piccola.

 

DONG!

Jess?» si preoccupò Damon «Jessica... stai bene?»

Lei non rispose, limitandosi a guardarlo come se fosse la sua ultima occasione per farlo.

Di nuovo quel rumore risuonò dalla lontana piazza ed il cuore di Jessica fece una capriola.

 

DONG!

Si voltò a guardare Kalus e gli sorrise, incapace di usare la voce per dirgli“ti amo”.

«Tesoro... che succede?»

domandò apprensivo l'ibrido, avvicinandosi.

 

DONG!

Damon guardò il corpo senza vita di Diana e nella sua mente riaffiorò il ricordo di quella donna, stesa in un letto a casa sua, spaventata e stremata.
“Perché sto ripensando a questo?” si disse, puntando nuovamente gli occhi sulla figlia.

 

DONG!

Jessica gli si avvicinò in fretta e gli mise Gala tra le braccia.

«Dalle la metà dell'amore che hai dato a me... e sarà la bambina più felice del mondo...»

disse tra le lacrime.

 

DONG!

“La maledizione!” il pensiero esplose nella mente del vampiro, spazzando via ogni altro concetto razionale. Iniziò a scuotere animosamente la testa.

«No! No! Siamo ancora in tempo!»

urlò.


DONG!
Elena era confusa, non capiva cosa stesse succedendo ma sapeva che doveva essere qualcosa di molto grave. Jessica era impallidita e Damon, invece, si era acceso di rabbia...

“No... non è arrabbiato... è disperato” pensò.

 

DONG!

Klaus aveva osservato Damon reagire alla stranezza di Jessica e dentro di lui aveva iniziato a lottare un pensiero, una consapevolezza che, inconsciamente, stava rimandando indietro, perché troppo dolorosa da accettare.

«Jessica...»

la chiamò, lei, però, non si voltò.

 

DONG!

«Klaus...» disse Damon «La maledizione...»

non ebbe bisogno di aggiungere altro.

L'ibrido annuì e si mise alla ricerca di quello che credeva fosse la soluzione finale.

 

DONG!

Jessica corse verso Jenna che si era ridestata e le mise le mani sul viso.

«Mi dispiace…» sussurrò «Ma ora devi fare quelle che ti dico…»

Suggerì alla bambina un incantesimo, e quando si allontanò da lei ebbe il tempo di dirle soltanto:

«Gala è la chiave di tutto… lei… è la soluzione…»

Il suo cuore fece un'altra capriola che le levò il respiro.

 

DONG!

Klaus recuperò il paletto di quercia bianca, ancora stretto tra le dita avvizzite di Diana. Lo prese e se lo puntò al cuore. Nello stesso istante Jessica si voltò verso di lui, e con uno  slancio stanco e scoordinato, gli si gettò ai piedi.

«Klaus... no...» tossì senza fiato «Non...»

 

DONG!

Damon osservò la scena pietrificato.

Klaus si spinse il paletto nel petto nello stesso istante in cui Jessica cadde senza vita ai suoi piedi. Gli stava dicendo qualcosa, lo voleva fermare.

L'ibrido lanciò un urlo disumano mentre il suo corpo fu percosso da una serie di spasmi che lo fecero cadere in ginocchio, accanto a Jessica, prima di lasciarlo immobile e rigido, privo di vita.

 

«Ci siamo!»

esclamò Gala, chiudendo il grimorio con un colpo secco.

Damon e Jeremy sollevarono la testa di scatto.

«Dunque?»

chiese apprensivo il vampiro.

«Dunque...» iniziò la ragazza avvicinandosi «Il sacrificio di Klaus non funzionò per salvare la vita a mia madre perché lei, in precedenza, aveva sciolto l'incantesimo che legava le vostre linee di sangue...»

Damon corrugò la fronte confuso.

«Cosa?!?»

«Beh, sì... non appena recuperato il corpo di Klaus si affrettò a spezzare la linea di sangue... e non appena tornata a casa, fece lo stesso con gli altri fratelli, ancora “addormentati” nella tua cantina...»

spiegò.

Un ricordò attraversò la mente del vampiro.

«Ma certo... quando scendemmo in cantina, io e Klaus, la porta era aperta... c'era stata Jess prima...»

«Sì» confermò Gala «Non voleva che le sorti della sua famiglia fossero legate a quelle degli Originari...»

«Ma non ha senso» la interruppe Damon «Se così fosse, noi saremmo tutti vivi... invece...»

non finì la frase e lasciò vagare lo sguardo sulle sagome scure che ricoprivano il pavimento della grotta, soffermandosi con dolore sul proprio corpo stretto a quello della sua Elena.

«Lo so...» riprese Gala «Questo è successo per via della modifica che Diana aveva fatto sul paletto di quercia...»

Il vampiro la guardò sempre più smarrito. La ragazza sospirò e si sedette di fronte a lui, prendendosi del tempo per mettere in ordine i pensieri.

«Dunque... originariamente, il paletto di quercia bianca serviva per eliminare un vampiro Originario, ovvero eliminare l'incantesimo che gli dava vita, e con lui tutta la stirpe da questi creata... ok?»

Damon annuì e le fece cenno di andare avanti.

«Ma Diana non voleva semplicemente eliminare l'incantesimo del vampirismo, lo voleva incanalare, voleva prendere tutto quel potere e trasformarlo in un nuovo incantesimo di vita eterna... per se stessa...» si schiarì la gola «Quando ha pugnalato i fratelli di Klaus, non li ha “uccisi”... li ha solo privati della loro magia, e quando Klaus si è pugnalato, ha consegnato quella magia...»

«Non capisco...»

«Beh... diciamo che mia madre aveva fatto in modo di impedire che l'eliminazione della magia del vampirismo in un Originario potesse colpire la sua discendenza... non aveva previsto che quella magia potesse essere risucchiata via ed incanalata in un altro incantesimo...»

«Stai dicendo che non siamo morti?»

le chiese raddrizzandosi sulla schiena.

«No... non proprio...» si sollevò ed andò a prendere la coppa in cui un tempo c'era stato il sangue degli Originari «Vedi... quella magia era qui...» mostrò la coppa vuota «In attesa di essere incanalata...» scosse la testa «Ma non...»

«Non essendo stata incanalata in un bel niente...» continuò  lui per lei «... è andata semplicemente persa... smarrita nel limbo... lo stesso in cui siamo noi... da anni...»

Galla abbassò lo sguardo ed annuì.

«Per questo siete nell'altro lato... siete, a tutti gli effetti, morti...»

«E quindi? Quale sarebbe la soluzione?»

domandò nervosamente.

«Beh...»

iniziò lei, chiedendo aiuto alla sorella.

«Se riuscissimo a ricreare l'incantesimo...» intervenne Jenna «Potremmo... riportarvi in vita...»

Le sopracciglia del vampiro scattarono verso l'alto, in un moto di stupore.

«Cosa?»

«Beh... quell'incantesimo è andato perduto... se riuscissimo a recuperare... non so... del sangue... forse...»

«Aspetta un attimo...» la bloccò Damon «Se doveste riuscirci... ritornerebbe anche la maledizione che pende sulla tua famiglia?»

Gala si strinse nelle spalle.

«Non so... è probabile...»

Il vampiro iniziò a scuotere la testa.

«Damon, ma non sarebbe un problema! Io comunque non avrò mai una famiglia! Non diventerò mai madre... non sono capace di amare come... come mia madre amava Klaus o come tu amavi Elena...»

«Questa è la più grande cazzata mai sentita! Ed a parte questo, non ti permetterò di rischiare!»

«Ma Damon...»

«Ascoltami!» la interruppe lui prendendola per le spalle «Puoi liberarci da questo limbo? Puoi fare in modo che io possa rivedere la mia Elena nell'altro maledettissimo lato? E a tal proposito... perché siamo i soli a poter uscire da questa dannata grotta?»

Gli occhi della giovane tremarono per un istante.

«Credo sia colpa mia...» disse in tono colpevole «Quando ti avvicinasti per controllare come stavo dopo che mia madre e Jenna uccisero Diana, avevi le mani sporche del sangue di Elena e del tuo... e quando mi consegnasti nelle braccia di mio padre, ti fermasti ad accarezzare Jenna, e lei aveva il viso pieno di sangue per via della ferita...»

«Mi sta girando la testa...»

commentò lui, lasciandola andare.

«Beh... si è creato una specie di legame di sangue tra noi quattro... questo ha reso la tua anima e quella di Elena immuni all'incantesimo di confine che Jenna aveva rimesso alla grotta... e quindi...»

«Aspetta... mi stai dicendo che io ed Elena siamo bloccati nel limbo del limbo?»

Gala annuì, arrossendo.

«Diciamo di sì...»

«Per questo mi puoi vedere e mi puoi toccare? Per via di un legame di sangue?»

«Ti posso vedere perché, come mio padre, dopo la mia momentanea morte, ho acquisito la capacità di comunicare con l'altro lato... e ti posso toccare perché... beh... perché mia madre era una strega delle più cazzute... credo....»

Damon si massaggiò le tempie facendo profondi respiri.

«Quindi? Come risolviamo questo pasticcio?»

Gala scosse la testa.

«Te l'ho detto come... troviamo del sangue...»

«Gala, no!» sbottò lui «Non se ne parla... trova solo il modo di farmi stare con Elena, con mio fratello... diamine, con Bonnie e Caroline! Ma smettila di parlare di incantesimi per riportarci in vita, condannandoti a morte sicura nel caso in cui avessi una figlia...»

«Damon te l'ho detto... io no...»

Il vampiro si mosse in fretta e le prese il viso tra le mani tappandole la bocca con un bacio.

Si allontanò da lei lentamente e la costrinse a guardarlo negli occhi.

«Hai sentito quella scintilla in fondo allo stomaco? Quella vertigine improvvisa quando le mie labbra hanno toccato le tue?» lei annuì lentamente «Quella non è che la punta dell'iceberg di ciò che ti attende se ti concederai di vivere davvero... Un bacio, solo un bacio, può portati in alto per poi farti precipitare all'infinito... immagina cosa potrebbe accadere se ti concedessi di condirlo con dei sentimenti. Il tuo mondo andrebbe in frantumi e si ricostruirebbe nel giro di un minuto, il tuo cuore batterebbe all'impazzata solo per poi fermarsi improvvisamente al pensiero del tuo uomo che ti aspetta dietro l'angolo... ed un figlio... immagina come sarebbe poter stringere tra le braccia il frutto di quella valanga di emozioni che costituiranno ogni tua giornata...» le accarezzò le guance con i pollici «Gala... non rinunciare all'amore prima ancora di averlo provato... non arrenderti... non privarti dell'unica vera ragione di vita, eterna e non: l'amore. Esci da questo cumulo di morte e dolore e trova qualcuno da amare e che ti ami... permettigli di curare le tue ferite, concedigli di mostrarti che la vita può essere anche gioia pura! Credimi, io lo so... ti basterà amare ed essere amata per un solo istante per farti dire “ne è valsa la pena”...»

Calde lacrime scendevano silenziose dagli occhi di entrambi e Gala, per la prima volta, desiderò davvero poter provare ciò di cui Damon stava parlando.

«È così che ti ha fatto sentire Elena?»

gli chiese con la voce spezzata.

Lui annuì, sorridendo.

«Va bene...» disse infine «Chiuderemo lo squarcio e libereremo le altre anime... poi troverò il modo di liberare te ed Elena...»

Lui la lasciò andare ed arretrò di un passo.

Jenna si avvicinò alla sorella e le prese la mano.

«Sei sicura?»

le domandò.

Gala sospirò annuendo e si voltò a dare un'ultima occhiata alla grotta.

Come in un macabro museo osservò tutte quelle statue che un tempo erano state persone.

Ai muri, ancora incatenati, i fratelli Originari, in un angolo ai loro piedi, la sagoma snella di Caroline accucciata intorno alle ceneri di Tyler, accanto a lei, Stefan, ugualmente aggrappato alle ossa polverose della sua Meredith. Dall'altra parte della grotta i corpi stretti in un abbraccio di Damon ed Elena, ed ai piedi dell'altare su cui lei stessa era morta per qualche istante, la figura ancora possente di Klaus avvinghiata al corpo esile di sua madre Jessica.

«Esci da questo cumulo di morte e dolore...» così lo aveva chiamato Damon... ma guardando tutti quei corpi addormentati in eterni abbracci, capì che non c'era solo la morte... ma anche l'amore.

Jenna le toccò una spalla.

«Sì... arrivo...»

le disse, dirigendosi verso l'uscita.

Poco prima di uscire, però, un campanellino le suonò in testa.

Si voltò nuovamente a guardare l'interno della grotta “morte... dolore... amore...vita!” pensò.

I suoi occhi si posarono prima su Caroline, poi su Stefan, infine su Klaus.

«Gala?»

la chiamò Jenna.

«Aspetta...» rispose tornando indietro «C'è qualcosa che non va....»

Studiò i corpi fossilizzati, uno ad uno...

“Pietra... cenere... incantesimi...”

I suoi occhi corsero alla coppa. L'aveva presa poco prima, l'aveva raccolta dal pavimento.

Abbassò le palpebre e rivisse gli ultimi istanti di vita di sua madre.

“Klaus si pungala, Jessica cade ai suoi piedi... la coppa è sull'altare!”

«Damon!» esclamò «Quando vi hanno rinchiusi qui dentro... avete toccato niente prima di... beh... prima di morire?»

Il vampiro scosse la testa.

«Da quanto ricordo siamo morti poco prima che Jenna sigillasse questo posto... non ricordo nessuno con la smania del ridecorare la stanza...»

Gala ignorò la battuta e tornò a studiare i corpi.

“Caroline,pietra... Tyeler, polvere... Stefan, pietra... Meredith, polvere...” spostò lo sguardo “Diana, polvere... Katherine, polvere... Mary-Anne, polvere... Jessica...”

«Pietra...»

sussurrò.

«Non mi sembra il caso di giocare a morra cinese...»

commentò Damon.

«No... non capisci!» esclamò Gala «Mia madre! Mia madre non è polvere!»

Jenna, Jeremy ed il vampiro si guardarono confusi.

«Gala...»

azzardò Jeremy, ma la ragazza lo ignorò.

«Ma certo! La coppa non era a terra... era sull'altare... e mia madre... lei non è polvere... è pietra... lei... lei è pietra!»

«Gala...» provò Damon toccandole una spalla «Calmati... che stai dicendo?»

La giovane si voltò verso di lui con un sorriso smagliante, nella sua mente vorticavano veloci le immagini di sua madre che si ricordava di Klaus, e lo baciava... e lui aveva ancora la bocca piena di sangue per via del colpo che Katherine gli aveva inferto poco prima... e lei lo aveva baciato con passione... ed il sangue...

Prima che qualcuno potesse intuirne le intenzioni, Gala si procurò un taglio sul polso strofinandolo contro il bordo frastagliato dell'altare di pietra.

«Gala!»

urlarono tutti all'unisono, ma la ragazza era già china sul corpo pietrificato di sua madre, spingendole il polso ferito sulla bocca.

«Cosa diavolo pensi di fare?»

domandò Damon con gli occhi sgranati.

«Niente di che...» rispose lei senza voltarsi «Voglio solo conoscere mia madre...»

Il vampiro aprì la bocca per protestare ma il suo corpo, fino a quel momento solido e consistente, iniziò a svanire nel nulla e prima di riuscire a dire almeno una parola, tornò a non essere.

Jenna avanzò nella grotta allarmata mentre Jeremy si aggrappò alla parete spingendosi una mano sul viso, incapace di credere ai suoi occhi.

Quella che fino a poco prima non era che una statua di pietra, iniziò a muoversi e a gemere, suggendo il sangue dal polso di Gala.

L'operazione andò avanti a lungo finché dalla massa informe e pietrificata non emerse il corpo roseo e fluido di Jessica.

Due grandi gemme verdi si aprirono fissandosi in una loro esatta replica.

Jessica stava tornando alla vita guardandosi riflessa negli occhi di sua figlia.

 

 

 

Epilogo.

 

«Sei sicura?»

le chiese.

«Non sono mai stata più sicura in tutta la mia vita... fallo!»

rispose lei.

«Puoi ancora cambiare idea... hai una vita meravigliosa davanti...»

«Senza di te? Non se ne parla. Avanti... fallo...»

«Se Damon lo venisse a sapere...»

«Damon lo sa... e lo sa anche mia madre... e  mio padre... e Klaus... ed Elena... e...»

«Sì, sì, ok... ho capito...»

la fermò lui, sospirando.

«Qual è il tuo problema? Forse non vuoi...»

«Oh, no... non c'è niente che voglia di più... è solo che...»

Lei gli prese quindi il viso tra le mani e lo fissò nei grandi occhi verdi.

«Ci ho pensato a lungo e non c'è niente che voglia di più che passare il resto della mia vita insieme a te ed alla mia famiglia... ed il solo modo che ho per farlo è essere una di voi... mia madre è stata fortunata, si è innamorata di un umano che ha saputo accettare la stramba famiglia da cui proveniva ed ha acconsentito alla trasformazione sua e propria prima che io compissi un anno...» sospirò «Io, invece, mi sono innamorata di te... e voglio solo te... non me ne pentirò, lo so...»

«Rose...»

provò ad insistere nuovamente lui.

«Stefan... ti prego... fallo!»

sbottò lei.

 

«Secondo te lo farà?»

domandò Elena, con la testa poggiata sul petto nudo di Damon.

Il vampiro sospirò.

«Non lo so... forse sì... forse no...»

«Tu lo avresti fatto senza battere ciglio...»

commentò lei.

«Io lo stavo per fare, senza battere ciglio...» replicò, ricordando quando la costrinse a bere il suo sangue prima del rituale con Klaus «E per quanto mi sia odiato dopo, lo rifarei ancora e ancora...»

Elena sorrise e gli si strinse ancora di più al petto.

Da quando erano tornati dal regno dei morti non riusciva più a fare a meno di stare stretta a lui, quasi temesse di poterlo perdere di nuovo.

Benché non avesse sul serio percepito il tempo passare, quando aveva riaperto gli occhi in quelli di lui nella grotta buia ed umida in cui erano rimasti sepolti negli ultimi 27 anni, si sentì depredata in qualche modo, del tempo, dell'amore, del contatto.

«Hey...» le sussurrò lui con la bocca affondata nei capelli «Stai bene?»

Lei inspirò a fondo il profumo intenso della sua pelle e sollevò adagio la testa.

«Sì» gli rispose sorridendo «È solo che non so cosa farei se dovessi vivere senza di te...»

Lui si sollevò su un gomito e commentò ridendo:

«Beh... per tua fortuna, non dovrai scoprirlo mai...»

Le prese il mento tra le dita e la baciò con trasporto.

 

«Sei sicura di stare bene?»

domandò Jessica, prendendo la mano di Gala tra le sue.

«Non lo so...» rispose sorridendole mestamente «... è tutto così strano...»

Le sopracciglia della madre si sollevarono.

«Diamine... strano non riassume nemmeno in parte la situazione...»

«Già...» rise l'altra «Voglio dire... forse è solo il mio egoismo a parlare... ma quando Rose è venuta a dirmi che voleva essere trasformata per poter stare con Stefan, una parte di me avrebbe voluto urlare di gioia!» scosse la testa «Insomma, non le avrei mai dovuto dire addio... sarebbe rimasta per sempre con me...»

«E l'altra parte?»

chiese la madre.

Gala sospirò e si prese del tempo prima di rispondere.

«L'altra parte... avrebbe dato una festa il giorno stesso... un “trasformation pary”...»

Le due donne scoppiarono a ridere.

«Non lo so, mamma...» riprese in tono più serio Gala «Sì, certo, vorrei che mia figlia avesse una vita umana lunga e felice... ma se dovesse partorire una bambina, si ritroverebbe a dover fare questa scelta comunque, grazie ai nostri adorabili antenati...» fissò le fiamme nel camino «Quindi... perché non farla ora, con, e per l'uomo che ama? E poi...»

«E poi?»

«E poi Stefan si merita un po' di felicità...»

Jessica annuì.

«Ce la meritiamo tutti...» intrecciò le dita a quelle della figlia «Sai... quando mi sono risvegliata in quella grotta, dopo la mia morte, imprigionata insieme ai cadavere delle persone che più avevo amato nella vita, potevo scegliere di morire anche io e porre fine a tutto. Tu non eri lì dentro e non ci saresti mai tornata...»

«Invece hai scelto di bere il sangue nella coppa...»

ribatté Gala.

«Sì... anche se questo poteva voler dire passare l'eternità pietrificata...»

La figlia si morse il labbro inferiore e chiese:

«Mi sono sempre domandata perché avessi deciso di bere il sangue... di completare la trasformazione...»

Jessica si strinse nelle spalle.

«Non ho una vera risposta da dare... tutto quello che so è che era una possibilità e non potevo sprecarla...»

«Una possibilità? Di restare viva?»

si incuriosì.

La madre scosse la testa.

«No... non di restare viva... ma di rivedere te...»

 

La porta della camera si aprì ed i riccioli bruni di Jessica fecero capolino nella stanza.

Klaus sollevò gli occhi dal libro che stava leggendo e le sorrise.

«Come sta?»

le domandò.

La donna si strinse nelle spalle chiudendo la porta.

«Sta come una madre che vuole il meglio per la figlia...» rispose ruotando su se stessa «Anche se il meglio vuol dire lasciarla morire...»

L'ibrido batté con delicatezza una mano sul materasso, invitando la compagna a raggiungerlo.

Lei accettò l'invito scivolando sul letto, lasciandosi avvolgere dalle sue possenti braccia.

«E tu come stai?»

Jessica lo strinse più forte e rispose:

«Stretta all'amore della mia vita, felice ed appagata...»

L'ibrido rise soddisfatto e le accarezzò la schiena.

«Jessica Salvatore... ti ho mai detto che ti amo?»

Lei sogghignò.

«Sì... ma ripeterlo non guasta...»

Lui la fece rotolare sulla schiena e si sollevò sulle braccia, rimanendo col viso sospeso vicinissimo al suo.

«Ti amo!»

le soffiò sulle labbra prima di baciarla.

 

«Stefan...»

ripeté Rose.

Il vampiro quindi sollevò la testa rivelando due occhi pieni di tormento.

Lei gli si avvicinò stringendogli le spalle.

«Non fare così... ti prego...»

«Hai pensato proprio a tutto eh?»

disse lui scuotendo la testa.

«Sì... ed il sangue di mia nonna non mi scorrerà in eterno nelle vene... ti prego... fallo...»

Lui le prese il viso tra le mani e con una mossa fulminea le torse il collo, lei si afflosciò nel cerchio del suo abbraccio e prontamente la sollevò, portandola sul letto.

Le si sdraiò accanto ed attese in silenzio che tornasse in vita.

 

Fine.
 


Vogliate perdonare la mia sparizione pre-finale, ma la teconologia mi è stata avversa fino alla fine. Ora Minerva sta bene ed io posso tornare a scrivere, leggere e farCi compagnia! A presto! 

V.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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