No church in the wild

di malpensandoti
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo - What about us ***
Capitolo 2: *** Capitolo uno - Super(market) girls ***
Capitolo 3: *** Capitolo due - Heineken and Corona ***
Capitolo 4: *** Capitolo tre - Monster ***
Capitolo 5: *** Capitolo quattro - Cliché ***
Capitolo 6: *** Capitolo cinque - Coco ***
Capitolo 7: *** Capitolo sei - Survive ***
Capitolo 8: *** Capitolo sette - Why I love you ***
Capitolo 9: *** Capitolo otto - Wake up ***
Capitolo 10: *** Capitolo nove - How are you ***
Capitolo 11: *** Capitolo dieci - Stop ***
Capitolo 12: *** Capitolo undici - Soldier ***
Capitolo 13: *** Capitolo dodici - Walls ***
Capitolo 14: *** Capitolo tredici - Internet girls ***
Capitolo 15: *** Capitolo quattordici - Please ***
Capitolo 16: *** Capitolo quindici - Normal girls ***
Capitolo 17: *** Capitolo sedici - Fast and Furious ***
Capitolo 18: *** Capitolo diciassette - The Right Thing ***
Capitolo 19: *** Capitolo diciotto - Hands ***
Capitolo 20: *** Capitolo diciannove - What now ***
Capitolo 21: *** Capitolo venti - Insomnia ***
Capitolo 22: *** Capitolo ventuno - Away ***
Capitolo 23: *** Capitolo ventidue - Breakfast ***
Capitolo 24: *** Capitolo ventitré - Bony Cheeks ***
Capitolo 25: *** Capitolo ventiquattro - Red ***
Capitolo 26: *** Capitolo venticinque - Touché ***
Capitolo 27: *** Capitolo ventisei - Home is wherever I'm with you ***
Capitolo 28: *** Epilogo - What about us ***



Capitolo 1
*** Prologo - What about us ***



 

A Dalila, Arianna, Giulia, Martina e Arianna.
Tutto questo, è per voi.


No church in the wild
Prologo - What about us



C’è odore di chiuso, rossetto e pelle. Pelle che si sfrega, che batte, pelle che si muove, che si colora, che prende aria, che suda, pelle che si lacera come i vestiti di qualche ragazza chiusa nel bagno con un altro ammasso di pelle, ossa, lingua, dita e occhi.
I suoi capelli rosa prendono vita alle luci psichedeliche della discoteca. Ha le mani in aria perché non s’appoggia a nulla e a nessuno. Megan balla sul cubo come una faraona sul proprio trono, gli altri ragazzi sono solo sudditi dai salari bassi e gli occhi lucidi per l’alcool. Sorride, il capo alto verso il soffitto e gli occhi chiusi per assaporare ogni nota di Play Hard. Il suo bacino ondeggia, le sue gambe lunghe e nude si piegano e si alzano esattamente come lo sguardo di chi la sta fissando dal pavimento. Perché è questo quello che Megan fa quando balla, quando parla, quando si lecca le labbra e sorride, quando ti guarda e quando sta in silenzio. È il compito di una regina, una faraona. Piega, spezza, uccide.
I capelli le arrivano quasi allo stomaco, ci passa le dita smaltate di nero e scuote la testa a ritmo di musica. Sono le tre di notte o forse è già mattino. Troppo presto per andare via e troppo tardi per scendere. Sorride, apre gli occhi e le pupille si restringono per la luce e il fumo. Inclina il mento, si volta verso il bancone in fondo alla sala gremita, cerca un paio di occhi ghiacciati e dei capelli biondi e crespi. Annuisce a vuoto, perché ha già capito. Torna col volto alto e gli occhi chiusi.
Cleopatra.
 
 
 
Ci sono ventisei gradi, qualche centinaio di persone, tredici casse impiantate alle pareti e sei cubi. India shakera l'ennesimo drink e continua ad osservare sempre e solo lo stesso soggetto, l'anima vera del locale, lo spirito e la musica, Megan. Serve i clienti da dietro il bancone, con un sorriso che non esiste e la divisa da lavoro che le sta larga sui fianchi.
Sono le tre del mattino, Megan si volta verso di lei e annuisce. Alcool, fumo e David Guetta non coprono quell'impercettibile movimento. India è scaltra, lo vede, lo nota. Ora è più tranquilla perché sa va tutto bene. Focalizza il ragazzo che ha davanti socchiudendo gli occhi per il buio, questo le urla un'ordinazione che legge sulle sue labbra. Dice: “Okay” e mischia un paio di alcolici tra di loro in un bicchiere lungo e pieno di ghiaccio.
È un tutto che si sussegue, stesse azioni, stessi adori, stessa vita.
Sono le tre del mattino da almeno un anno, e India ora scoppia.
 
 
 
 
Il plettro della sua chitarra sta tremando per il nervosismo. Dalia deglutisce, si schiarisce la voce e: “Buonasera a tutti” dice, al microfono. Il pub è pieno e in centro, uno di quelli irlandesi e caldi, con birre di marca e l'accoglienza famigliare. Le persone ai tavoli parlano e la guardano, qualcuno commenta già, Dalia rischia di cadere dallo sgabello come ogni sera. Prende un respiro profondo e accarezza le corde col plettro. La sua voce è bassa, lenta, così come i suoi movimenti. Chiude gli occhi perché ha le guance in fiamme, china appena la testa di lato e si lascia trasportare dalle parole che lei stessa ha messo in fila per comporre. Adesso non c'è più il bancone, l'odore un po' di fumo e un po' di birra, i due universitari al tavolo in fondo e l'uomo tozzo in prima fila. Non esiste la metropolitana che corre sotto Londra, nemmeno la luna che si vede perfettamente o i due fidanzati che stanno litigando dall'altra parte della strada. Non c'è più nemmeno lei. 78 sterline non valgono la sua voce, la sua passone, la sua vita, ma Dalia semplicemente senza musica non sa starci.
 
 
 
 
Ci sono ancora tredici pagine di storia da ripassare, la cena nel frigo e l'abat-jour accesa sul tavolo della sala. C'è la signora del piano di sotto che sta guardando un film e il picchiettio del suo piede contro la gamba della sedia. C’è il thè che bolle e la tv spenta, i capelli che si annodano attorno alle dita e le labbra schiuse. Candice svolta pagina, sbatte appena gli occhi da cerbiatta e si fissa in testa la prima data che trova scritta.
C’è la marmellata da ricomprare, il messaggio di Dalia che conferma che staccherà il telefono, Emma che già sonnecchia nel proprio letto e Olivia che è uscita da venti minuti. C’è il caldo confortante del loro loft, i mattoni ai muri e la tv al plasma comprata dai genitori di Emma.
Mancano undici pagine e tre quarti, e Candice ora sta sorridendo.
La monotonia della sua vita è perfetta.
C’è lo sfregamento di pagine, Olivia che sbatte la porta di casa e il thè che ora fischia sul fuoco.
Tutto è in ordine, e va bene così.
 
 
 
Il suo telefono costoso è pieno zeppo di foto sue e delle sue amiche con le facce buffe e gli occhi storti. Emma le sfoglia una ad una, ride ogni tanto per una faccia strana di Megan, si sistema meglio nel letto e sospira. C’è silenzio, il letto davanti al suo è ancora vuoto, Olivia non è ancora rientrata e il silenzio non le piace. I mattoni sono troppo rossi, le tende troppo bianche e l’abat-jour troppo spenta. Ad Emma non piace il silenzio, non ci trova nulla e la fa sentire esposta. Le piace ridere, fare ridere e le persone simpatiche. Ma il silenzio e il buio hanno una luce accecante che la fa tremare. Per questo motivo tasta il comodino affianco al suo letto e collega le cuffie al telefono, sfoglia la libreria musicale e si mette ad ascoltare Kanye West. Perché, anche se ride sempre e fa le facce buffe, il silenzio è il suo nemico e dei nemici bisogna avere paura. Specie se non parlano.
 
 
 
Il bagno del loro appartamento è la stanza più grande di tutto il loft. Ci sono due lavandini, una vasca con la tenda a stampa floreale e le mattonelle blu. Sono le undici e mezza di sera e il commesso del supermarket le ha detto: “In bocca al lupo” con il suo accento orientale e le pupille dilatate. Ora Olivia è rifugiata dentro la vasca in marmo che le sta stretta. Ha i piedi nudi, gli occhi stanchi e uno stecchino bianco tra le mani tremanti. La confezione dice di attendere tre minuti, lei lo ha fatto e ha subito voltato il bastoncino. E sono tredici minuti che è così. Sono tredici minuti in cui ha sentito i passi di Candice mentre dava la buonanotte ad Emma ed Emma che urlava perché non sa regolare il tono di voce mentre ascolta la musica. Ha visto sua madre strabuzzare gli occhi e inorridire, la delusione negli occhi di suo padre, una taglia più larga di pantaloni e i suoi sogni spezzarsi. Ha visto un lavoro decadente, la schiena a pezzi e Dalia farle la predica. Ha visto la paura, il rimpianto, la speranza e poi ancora la paura. E tutto questo in tredici minuti e ventidue secondi.
Ma quando le mani tremano un po’ di meno e si decide a voltare lo stecchino, Olivia vede solo una cosa.
“Incinta”
 

 
 

   Sorpresa!
Ahah è troppo presto, vero? Direi di sì, ma ormai non si può più tornare indietro.
Per chi non mi conosce e soprattutto non conosce queste ragazze, esse fanno parte della serie di one shot che ho pubblicato prima della long, ovvero Siccome pioveva. Non è necessario leggere le one-shot per comprendere la storia, ma vi consiglio di farlo per avere un chiarimento maggiore nella vostra testa, dato che parliamo pur sempre di sei protagoniste!
Sei, e le one shot sono ancora quattro (sigh), ma vi spiego il motivo: Liam Payne. Non riesco ancora a descriverlo come dovrei, perciò il missing moment suo e di Emma è ancora tutto da vedere, sia per voi che per me.
Ma questa long è nella mia testa e nel mio pc da troppo tempo, e se non la pubblicavo rischiavo seriamente di impazzire, quindi eccoci qui.
Molte - troppe - ragazze aspettavano la pubblicazione di questa storia, vi siete affezionate ai miei ragazzi e alle mie ragazze così tanto che ho il terrore di deludervi in qualche modo. Non so, le one shot sono tutto un altro mondo e le long mi spaventano perché è qualcosa che continua, e io con le cose a lungo termine non sono brava.
Per chi invece non ha mai letto nessuno dei missing moment, beh, benvenuta in questo mondo!
Sarà tutto un altro universo, perché voi tutte - me compresa - siete abituate a vedere Candice, Dalia, India, Megan e (a breve) Emma diverse, più mature e soprattutto innamorate. Le one shot sono il dopo, il futuro di queste ragazze. Ora siamo all'inizio, al come.
Ma non è tutto qui, perché nella storia, diversamente dai missing moment, troviamo anche Olivia. Olivia, un personaggio o forse il personaggio fondamentale, la colla di quest'amicizia.
So che sei personaggi sono tanti, forse troppi, ma sono tutti troppo importanti, ognuno coi suoi pro e i suoi contro, le sue paure e il suo carattere. Non avrei mai escluso nessuno. Per questo vi consiglio di leggere le one-shot, anche per conoscere meglio le protagoniste.
Come vi sono sembrate? Vi piacciono in "altre vesti"? Ve le aspettavate così o diverse?
Questo è solo il prologo, i capitoli saranno lunghi (parliamo di 2000 parole in media) e quindi gli aggiornamenti decisamente più lenti, ma spero che possiate affezionarvi a questa storia tanto quanto lo sono io.
Vi chiarisco alcuni passaggi prima di lasciare a voi i commenti: le ragazze sono tutte maggiorenni e vivono tutte insieme in un loft. I ragazzi - che, ahimé, saranno la mia rovina - non sono famosi e soprattutto non si conoscono tra di loro (ma col tempo, mai dire mai).
Sono sei storie di amore differente, amore per il prossimo, per la monotonia, per il divertimento, la musica e amore per altro amore.
Non voglio parlare troppo, rischio di allungarmi e annoiare e questa è l'ultima cosa che vorrei.
Spero solo di non aver deluso le vostre aspettative, e spero che possiate scegliere di seguire questa storia con la stessa passione che mi avete dimostrato nelle one-shot.
Siete le più belle, davvero.
Una montagna di abbracci (incrocio le dita per i vostri pareri!),
Caterina 

 



 

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Capitolo 2
*** Capitolo uno - Super(market) girls ***






No church in the wild
Capitolo uno - Super(market) girls




 
“Biscotti al cioccolato o senza glutine?”
Candice alza entrambe le braccia, sventola le due confezioni di biscotti che ha in mano e osserva con pazienza il reparto colazione del supermarket. Le luci al neon sono di un verdastro chiaro, il soffitto è incrostato e il pavimento puzza di varichina. Dalia si volta verso di lei e ha l’espressione tipica di sua madre quando sta per rimproverarla per qualcosa: “Dico, ma scherzi? – esclama infatti – Siamo a dieta, siamo tutte a dieta!” poi sbuffa, picchietta una Converse rossa sul pavimento e incrocia le braccia al petto.
Candice ha ventun anni e un’infinità di pazienza sulle sue spalle magre. Quindi non si scompone minimamente davanti alla reazione aggressiva dell’amica e anzi, si concede un piccolo sorriso divertito mentre sceglie i biscotti senza glutine. Li appoggia delicatamente sul fondo del loro carrello e gira il capo più e più volte: “Dove sono le altre?” domanda, guardandosi intorno.
Dalia fa un gesto secco con la mano, senza staccare lo sguardo scuro dalle confezioni di tea inglese: “Megan sarà dai preservativi o a comprare un test di gravidanza, - borbotta sarcastica –  Olivia ed Emma avranno visto qualcosa di bello al reparto cartoleria e India starà sbavando davanti ai superalcolici.”
Le sopracciglia di Candice si inarcano mentre lei riflette. Poi annuisce perché il ragionamento di Dalia non fa una piega.
Dal suo metro e settantasette, Candice ha sempre guardato il mondo dall’alto, letteralmente.
Candice Willow ha i Dr Martens taglia 41, gli occhi più azzurri che sua madre abbia mai visto e una responsabilità più forte di quella di tutti gli abitanti di Sosho messi insieme. Nei suoi ventun anni non ha solamente collezionato una varietà di complimenti per il suo fisico da modella e per gli occhi da cerbiatta, ma anche e soprattutto vari episodi di vita quotidiana che segretamente non deve l’ora di raccontare ai suoi futuri figli, Kendra e Peter. Candice è la ragazza perfetta che ogni donna vuole avere come cognata: è bella, intelligente, ingenua quanto basta, determinata e ha un sorriso delizioso che contrasta coi capelli scuri che ogni tanto si lasciano schiarire da qualche tinta di poco conto. Mai il trucco sbavato, il vestito sgualcito e la parola inadatta. Si sente in colpa quando dice parolacce ed è sempre contenta di sentire sua madre. Perfetta.
Dalia ha ormai deciso che la colazione in casa loro sarà di succo e aria, perciò afferra al volo il carrello e inizia a spingerlo con stizza: “Odio il cibo” grugnisce.
Candice la segue e sorride al suo comportamento, sicura del fatto che tra meno di un quarto d'ora la vedrà saltellare di gioia per lo sconto ai surgelati.
Dalia ha vent’anni e 32 giorni ed è sempre stata così. E ‘così’ è davvero il termine adatto per descriverla. Anche alle medie, durante i classici temi ‘descrivi una persona a te cara’, Candice faceva sempre fatica a trovare le parole giuste.
Dalia ha le fossette agli angoli della bocca che mostra quasi sempre solo nei giorni pari, i capelli castani sulle spalle, gli occhi scuri e l’accento veramente londinese. È cattiva ma ama i gatti, è scorbutica ma ha una voce emozionante, è affetta dal –  soprannominato da India – ‘vittimismo convulsivo’ - che prevede una sfilza di “Ce l'hanno tutti con me!”, “Oggi sono più brutta del solito”, “Che capelli di merda” - , ma farebbe di tutto per consolarti. È determinata ma teme il confronto, ha delle gambe mozzafiato ma vorrebbe essere più alta, dice di non saper cantare ma vive grazie ai pub che la sera la ingaggiano e, cosa più ovvia di tutte, è lunatica.
Dalia è la personificazione dell’incoerenza, ma, in fondo, a chi importa?
Candice si morde il labbro e non smette di sorridere nemmeno quando passano davanti al bancone del pesce che puzza di mare aperto. Dalia lo nota, le rivolge un’occhiata obliqua e d’un tratto si ferma al centro del reparto bibite: “Che c'è?” sbuffa.
L’amica spalanca gli occhi e si inumidisce la labbra più volte: “Zayn” dice solo.
Dalia fa un breve calcolo all’indietro e pensa, oltre al nome osceno che questo povero Cristo possiede, anche a dove l’abbia già sentito.
“L’amico di Trevis – le viene incontro Candice, ovvia - Lo abbiamo conosciuto al suo compleanno la settima scorsa.”
Altri calcoli e Dalia giunge alla conclusione che: Festa di Trevis uguale a una montagna di ragazzi, uguale a sconosciuti che ci hanno spudoratamente provato, uguale al suo umore troppo nero per poter affiancare un nome ad un volto. Quindi scuote la testa e riprende a spingere il carrello, incitandola a continuare. Candice pensa che sia pazza perché è davvero impossibile di dimenticarsi di Zayn: “Ma come, non ti ricordi? – esclama, seguendola – Quello alto, carino, coi capelli scuri, mezzo orientale..?”
“Orientale cinese?” domanda l’altra, osservando i balsami e le creme per capelli.
“Orientale pakistano. Ce l’ha presentato Trevis a metà serata. Era con due ragazzi” Candice non riesce a crederci: davvero non si ricorda di Mister Mistery?
Dalia sbuffa: “Cosa ha fatto questo Zayn di così interessante?”
“Mi ha mandato un messaggio, prima. – risponde l’amica, euforica – Ci siamo sentiti fino a poco a fa e lui..”
“Frena, frena, frena. – Dalia è allibita – Gli hai lasciato il tuo numero di telefono? Così? Senza pudore?”
Finalmente, Candice si permette di roteare gli occhi chiarissimi: “Non è uno stupratore!” ribatte, accigliata.
“Non puoi saperlo” è la risposta secca di Dalia, mentre afferra un flacone di shampoo alle fragole.
“Di chi stiamo parlando?”
Una scatola rossa di preservativi che cade accanto ai biscotti nel carrello è ciò che segue la domanda di Megan, che ora sorride col suo fare malizioso ad entrambe.
I capelli rosa sono sciolti sulla giacca di pelle che indossa, e le sfiorano il seno prosperoso e la pancia piatta. Il trucco delle sette e un quarto di sera non riesce più a coprire il volto costellato di lentiggini, ma mette comunque in evidenzia le ciglia lunghissime, gli occhi verdi mare e le labbra scarlatte.
“Di un possibile violentatore” le spiega Dalia, lanciando un’occhiata ammonitrice a Candice, che sbuffa appena.
“Ed è carino?” domanda Megan, senza smettere di sorridere.
Carinissimo” Candice annuisce soddisfatta e Dalia è sull'orlo di una crisi di nervi: “Pronto? Pianeta chiama ragazze! Parliamo la stessa lingua o no?” esclama, spalancando gli occhi.
Megan si sistema le calze scure che coprono le sue gambe e sospira con rassegnazione: “Ma non è Candice quella responsabile? – le domanda, dandole le spalle per osservare lo scaffale dei balsami – Lasciamo a Cesare quel che è di Cesare”
“Abbiamo perso Mum Candice quando si è messa a dare il suo numero  a degli sconosciuti!”
La sottoscritta è sul punto di ribattere sul nome osceno che le è stato affibbiato che ricorda un po’ quello di una suora, quando d’improvviso la tasca del suo giaccone vibra. Tasta velocemente il capo d’abbigliamento e quando finalmente pesca l’iPhone usato di suo padre, Dalia ha intavolato l’argomento “bad girl” con Megan – Oh certo, ora sono io la lunatica, vero? Beh, quando avrai un figlio nella pancia perché ti piace divertirti,non aspettarti un consiglio sul nome!
Ma Megan non si arrabbia. Un po’ perché è abituata, un po’ perché, in fondo, l’amica ha ragione.
Megan ha ventun anni e ventisei paia di tacchi che riesce misteriosamente ad indossare tutti in un solo mese. È alta il giusto, è bella, provocatrice e l’ultima volta che ha visto il colore naturale dei suoi capelli è stata sei mesi fa. La sua chioma infatti, che ora le sfiora lo stomaco, assume sfumature e tonalità differenti a seconda del tempo, dell’umore e dell’ultima hit di Rihanna. Ha la straordinaria fortuna di avere le curve al punto giusto, oltre che un intuito infallibile per quanto riguarda i ragazzi. Non è una sgualdrina, è solo una ventunenne a cui piace divertirsi la sera, che odia il cibo giapponese e che fa la ragazza immagine per una discoteca del centro. È persona più meravigliosa che possa esistere sulla terra, ma se vuole, è anche la più bastarda.
Il messaggio di Zayn è conciso e semplice: “Domani ho un impegno alle sei, poi sono libero. Prendiamo un aperitivo alle sette?” e Candice deve conficcarsi le unghie nel palmo della mano libera per non iniziare a saltellare come una scema perché, porca miseria!, Mister Mistery le ha appena chiesto d'uscire!
Megan si volta verso di lei, quel sorriso trattenuto lo conosce fin troppo bene: “È lui?” le domanda infatti. L’amica annuisce con forza e invia un messaggio di conferma che nasconde in un semplice ‘D’accordo’ tutta la sua emozione.
“Lui chi?”
Emma Buster sbuca da dietro lo scaffale delle tinte per capelli con un pacchetto di assorbenti e un tubetto di dentifricio tra le mani. I capelli biondo cenere sono legati in uno chignon di poco conto e la pelle di porcellana viene profanata dalla luce scarsa del supermarket che non le rende giustizia. Sorride, distratta, col suo modo spensierato e un po’ sopra le nuvole. Sta pensando a qualcosa che adesso non ricorda, troppo presa com’è dalla nuova linea di shampoo che Megan ha appena appoggiato nel carrello. Emma ha ventun anni e un mucchio di cose che non ha mai detto a sua madre. E nemmeno a sua sorella, a suo padre, sua zia, sua cugina e neanche alle sue amiche. O meglio, a loro ha detto tante cose, forse anche troppe. Emma ride e non si capisce mai quando scherza: ha gli occhi scuri, il viso delicato e un paio d’esami dell’università da terminare. È la bambina che completa il gruppo, lo scherzo che ci sta sempre. È il sorriso perenne che nasconde la tristezza. Emma è un mistero che non vuole essere mascherato e che soprattutto non vuole esserci. Emma è gli scheletri  che ha nascosto dietro i vestiti per non far andare via le persone che ha vicino.
Imprigionata in una felpa dell’università e in un paio di jeans scuri, rivolge un’occhiata interrogativa alle due amiche: “Lui chi?” ripete, stavolta con più interesse.
“Zayn. – risponde Candice, con le guance in fiamme – Sai, l’amico di Trevis.”
“Quello gay?”
“No, quello mezzo orientale..”
Emma spalanca gli occhi e annuisce con enfasi: “Carino!” dichiara, a mo’ di approvazione, mentre Dalia sbuffa e fa finta di non sentire, perché, diavolo!, qua si stanno rincitrullendo tutte quante!
Poi gli auto-parlanti del supermarket assumono il suono di una chitarra e la ragazza si morde con stizza le labbra per non saltare come una fan animalesca.
“Oh, Dalia – esclama Megan, voltandosi verso di lei – Questo non è mica il cantante che ti piace?”
“Sì. – concorda Candice, pensierosa – Com’è che si chiama? Nicholas? Nir..?”
Niall! – sbotta a quel punto Dalia – Si chiama Niall.”
Cala il silenzio, e Niall lo riempie divinamente. Ha la voce delicata, il timbro dolce, senza interferenze. Sembra che sorrida, anche mentre canta una canzone triste, anche mentre le corde della chitarra vibrano.
“Non male” commenta Megan, spezzando l’attino. Dalia vorrebbe dirle che ‘non male’ sono i suoi capelli rosa pallido, ‘non male’ sono i biscotti che mangiano alla mattina per colazione, il lavoro come commessa di sua cugina e non la voce di Niall Horan. Non Niall Horan. Poi però ci ripensa, perché la canzone le ha fatto tornare il buon umore, così sospira e scuote semplicemente la testa.
“Forza. – grugnisce piano, per non coprire il suono della chitarra – Andiamo a recuperare le altre stronze.”



“Non ci crederai mai, ma Dalia ha davvero mandato a quel paese…Olly?”
Emma ha un sorriso adesso appena incrinato, si ferma in mezzo al reparto infanzia e aggrotta le sopracciglia perché è sicura di aver parlato abbastanza forte da essere sentita. Olivia però non si è mossa, è rimasta in piedi davanti ad uno scaffale di pannolini, ma ha lo sguardo perso e i capelli sciupati.
Una borsa di studio alla University of East London, una montatura di occhiali da lettura spessa quanto un mattone, un fisico asciutto, qualche drink e sigaretta ogni tanto sono i tasselli che compongono Olivia Wood. Responsabile, altruista, buona e un’infallibile imitatrice di tutto ciò che respira.
“Olivia?” Emma le scuote appena un braccio, e lei si riprende dallo stato di trance in cui era immersa.
“Cosa hai detto?” le chiede, ma ha la voce distratta.
Emma la squadra da capo a piedi e parla con lentezza: “Che Dalia ha mandato a quel paese…Sei sicura di stare bene? In questi giorni sei…strana
Emma e Olivia condividono – oltre che la stanza da letto – anche e soprattutto sedici anni di vita insieme. Olivia si ricorda il primo ragazzo di Emma, come era vestita per i diciotto anni di Candice e il suo colore preferito. Emma invece sa che Olivia non sopporta quando Megan alza troppo la musica sotto la doccia, che odia il cibo messicano e il loro vicino Stewe. E sa che quando non guarda in faccia il suo interlocutore come adesso, che quando si morde le labbra e sospira pesantemente, c’è qualcosa che non va.
E Olivia ha già gli occhi lucidi. Scuote energicamente la testa, “Non è niente” mormora.
“Non è vero, - Emma non è brava in queste cose, ci prova – cos’è successo?”
Olly chiude gli occhi, prende un respiro profondo e: “Sono incinta” dice, e le lacrime le bagnano il viso pallido. Ed è come se il mondo si fermasse per entrambe, come se, fino ad adesso, lo avessero sentito ruotare su se stesso e intorno al Sole, e solo ora si rendessero conto di quanto si siano mosse con lui. È tutto fermo, la luce al neon salta un decimo di secondo in cui Emma prega – scongiura – che sia solo uno scherzo. Ma Olivia poi comincia a piangere, singhiozza tra le sue stesse mani e l’unica cosa che lei le può dire è: “Diventerai grassa!”, con un tono scioccato e gli occhi spalancati.
“Lo so!” risponde Olivia, e ha la medesima voce e la stessa espressione.
“Ma tu cosa…Insomma non hai un rag…Hai già deciso di…?”
“Non lo so, - la interrompe, e sembra quasi una richiesta d’aiuto – ti giuro che non lo so”
 
 
 
 
Qualche scrittore che lei si è sicuramente scordato di studiare, diceva che gli occhi sono lo specchio dell’anima. India ha gli occhi grigi e non ci sono sfumature, non c’è un altro colore che si fonde al metallo, pagliuzze più scure che proteggano la pupilla. C’è il grigio che al sole diventa quasi azzurro e basta. Cammina con la sua solita lentezza per tutto lo scaffale degli alcolici, ogni tanto si ferma con le caviglie incrociate ad osservare le etichette e gira su se stessa per tornare indietro. India è un enigma e nessuno tranne Megan lo ha ancora compreso. Scaltra, intelligente senza laurea, sarcastica e senza peli sulla lingua che usa comunque raramente. Potrebbe avere una spalla lussata o il giorno più bello della sua vita, e la sua espressione apatica non cambierebbe.
Sono dieci minuti buoni che è incastrata in questo reparto, ma è l’unico che ha la vista completa sulla cassa, e anche se ha lo sguardo distratto, India è fin troppo concentrata.
“Ti sta fissando”
Sorride alle Heineken, si volta e: “Chi, scusa?” domanda, non capendo – meglio, fingendo di non capire. –
“Il tizio alla casa, - risponde Megan, alzando le spalle – è da quando siamo entrate che ti sta guardando”
India ruota la testa bionda oltre la sua spalla, s’imbatte in un fisico robusto chinato su uno sgabello di poco conto. È un ragazzo con le spalle larghe e un maglione di qualche taglia più grande e bianco panna, un cappellino di lana sulla testa castana e gli occhi verdi. Verdi con le pagliuzze, con le sfumature e la luce al neon che li scurisce. Ci sono un paio di fossette studiate ai lati di quel sorriso malizioso e bianco.
Ora India non sorride più.
“Lo so”

 



E voi direte, ma non erano aggiornamenti lunghi? Ahahah
Avete ragione, ma il capitolo era già mezzo pronto da...un mese?, e non risciuvo proprio a tenerlo lì, senza pubblicarlo.
In più, i commenti che ho ricevuto su Ask, nelle recesioni e su Facebook mi hanno resa così felice, che mi sembrava anche doveroso aggiornare il primo capitolo in tempi record.
Un capitolo chilometrico per i miei standard, e cià mi terrorizza perché potrebbe risultare una schifezza e soprattutto annoiarvi a morte e/o confondervi.
Ci sto mettendo l'anima in questa storia, sto assillando le mie Megan, Dalia, Emma, Olivia e Candice affinché mi supportino (siete le migliori), e ho fatto leggere qualcosa perfino a mia sorella.
Ho voluto alternare scene divertenti e "leggere" (come la prima) ad altre un po' più impegnative come quella di Olivia e quella di India. In 2616 parole ho cercato di descrivere al meglio tutte e sei le ragazze, affinché chi non avesse letto le one-shot le imparasse a conoscere.
Nello spazio autore mi sento anche quasi "obbligata" ad analizzare il capitolo, per spiegarvi e chiarirvi il più possibile qualche passaggio.
Per esempio, abbiamo già una piccola apparizione - chiamiamola così - di Zayn. Candice è già visibilmente attratta da lui - ma chi non lo sarebbe? - e si sono addirittura scambiati i numeri di telefono! Forse questa cosa può risultare in qualche modo in contrasto con il carattere di Zayn che compare nella sua one-shot Quando tutto cade, ma non temete che fa tutto parte della storia :)
Cosa succederà all'appuntamento, secondo voi?
E vi ricordate quando ho specificato che i ragazzi non erano famosi? Beh, non è propriamente così. Niall Horan, per esempio, è un famoso cantautore di origini irlandesi. Avete presente Ed Sheeran, il suo carattere, il suo stile, il suo modo di vivere? Ecco, Niall in questa storia me lo immagino pari pari. E, oltre a questo, è anche la celebrity crush di Dalia, che è semplicemente una queen ahah
Per quanto riguarda il "misterioso" ragazzo alla cassa, spero abbiate capito tutte chi sia :)
Oltre a questo, ci tengo a soffermarmi su Olivia e sul suo ruolo all'interno del gruppo e della fan fiction in generale. Molte avete avuto dei problemi a capire il suo personaggio, e forse io ho sbagliato e non mi sono spiegata bene. Olivia è semplicemente un altro membro del gruppo, non avrà un ragazzo - non uno degli One Direction, comunque - ma sarà quel colpo di scena continuo che manderà avanti la storia.
Beh, credo di aver detto tutto, ma in caso contrario, sapete dove trovarmi :)
Vi ringrazio immensamente per aver già messo questa storia tra le seguite/ricordate/preferite. Non mi aspettavo un boom così grande, mi avete riempito il cuore di gioia, specie per le vostre parole nelle recensioni.
Non so, mi sembra di essere troppo sopravvalutata e mi faccio mille paranoie perché ho davvero la paura di deludervi tutte.
Spero che il capitolo vi abbia fatte sorridere e che abbiate capito qualcosa, fatemi sapere!
A presto,
Caterina




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Capitolo 3
*** Capitolo due - Heineken and Corona ***




No church in the wild
Capitolo due - Heineken and Corona


 

Candice è appena tornata a casa dal lavoro. Si è tolta i tacchi da segretaria, ha slegato i capelli e appoggiato le chiavi sull’isola rettangolare della cucina. Sono le sei e venti, sorride al corpo di India che dorme accovacciata sul divano e si fionda nel bagno.
Megan è seduta sul water con le gambe incrociate e un mini accappatoio rosa che dovrebbe coprirla. Ha due fette di cetrioli sugli occhi e una crema scura su tutto il volto.
“Ciao Meg” la saluta, senza smettere di sorridere. Il volto dell’altra si illumina in un sorriso puro, Candice si sveste e vorrebbe solo abbracciarla.
“Ciao tesoro! – ricambia Megan, mentre volta la testa per cercare di seguire i suoi movimenti – Come stai? Sei agitata?”
Ovviamente, il semi-appuntamento con Mister Mistery non è passato inosservato. Non dopo che Dalia s’è imbronciata per tutta sera, almeno. Tutte e sei hanno parlato di questo ragazzo per almeno due ore buone, poi sono sfociate nell’argomento ‘appuntamenti di merda’, in cui Megan si è potuta sbizzarrire in mille modi possibili perché “Ragazze, aveva un alito che ho dovuto chiedere al cameriere di aprire la finestra!”
“Sono parecchio agitata” ammette Candice, tirando la tenda della vasca e aprendo l’acqua. Sospira pesantemente e chiude gli occhi sotto il getto caldo.
“Non dovresti, - la rincuora Megan – sei una figa da paura e sei anche intelligente! Chi non ti vorrebbe?”
L’amica arrossisce, “Non essere così scurrile” la rimprovera, ma ha il tono così basso che il fruscio dell’acqua copre la sua pelle e la sua voce. Megan non la sentirebbe nemmeno, comunque, perché dopo un “Non farti sverginare!”, afferra la spazzola sul lavandino ed esce dal bagno.
Candice sorride.
 
 
 
 
“Dove stai andando?”
“Al supermarket”
“Ma abbiamo fatto la spesa ieri, India”
“Lo so”
Dalia sospira: “Non ti capirò mai”
Sono le sette e trenta, Candice è appena uscita di casa e India sta scendendo le scale del condominio con una lentezza esasperante. Il loro appartamento è all’ultimo piano prima della terrazza a cui hanno accesso solo loro e Will, il ragazzo del loro stesso pianerottolo, quello pieno di tatuaggi e con l’amico gay.
Emma è tornata un’ora fa dall’università, s’è gettata sul divano, ha acceso Facebook dal telefono e “Vaffanculo!” ha urlato. Megan le ha offerto una birra, si sono sedute a guardare Family Guy ed ora è tutto come prima. Olivia dorme, Dalia ha cercato di comporre qualcosa finendo per mangiare patatine sul divano e India è curiosa.
Brixton non è un quartiere per sei ragazze, glielo hanno ripetuto tutti, perfino il panettiere l’ha accennato qualche volta. Ma sono in sei, l’affitto è buono e la metro a un passo da casa, c’è Zara e c’è Topshop, Starbucks e Tesco, il supermarket.
Quando finalmente esce in strada, India si stringe nella giacca che le arriva a metà coscia e si accende una Pall Mall blu, passandosi la sigaretta da una mano all’altra. La borsa nera le pende da una spalla magra, i jeans le stringono le gambe affusolate e il maglione che si intravede sotto la giacca è di un bordeaux scuro. I suoi anfibi strisciano sull’asfalto e le caviglie si incrociano ad ogni passo lento e studiato.
Ha finito la seconda sigaretta, quando finalmente arriva a destinazione. Le porte si aprono in automatico, si scontra con una signora piena di buste di plastica che ha un forte accento francese mentre le chiede scusa. India stiracchia le labbra per non sembrare scortese e scuote appena la testa, entra nel supermarket e c’è odore di surgelati.
Non guarda verso la cassa, con la coda dell’occhio l’ha già visto. Si limita a strisciare gli anfibi verso il reparto degli alcolici, in attesa.
Passa l’indice sulle etichette come è solita fare, aggrotta le sopracciglia per qualche ingrediente sconosciuto, poi si volta e ripete la stessa operazione.
Attende che la signora che ora sta pagando prenda il resto ed esca dal negozio, che il signore calvo dietro di lei afferri  la confezione di gomme da masticare che è indeciso di prendere e metta tutto sul banco. Aspetta che la ragazzina con le treccine che è appena entrata trovi gli spiccioli che ha nello zaino e paghi il suo succo di frutta.
Poi afferra una bottiglia di birra, e mentre i capelli dell'ultimo cliente svolazzano fuori dalle porte, arriva davanti alla cassa.
Alle luci giallastre appese al soffitto, gli occhi di lui oggi sono più liquidi, di un verde mare che sta sfociando nell’oceano. Ha la pelle leggermente abbronzata ma sempre chiara, il maglione nero intrecciato che lascia vedere squarci della canottiera bianca e le maniche tirate verso i gomiti. India continua a guardarlo negli occhi, ma ha notato un orologio col cinturino in pelle e un paio di tatuaggi nei polsi, forse qualcuno in più. Oggi, tra i capelli, c’è una fascia di stoffa rossa e sbiadita che gli scopre alla perfezione la fronte alta e mette in evidenzia i ricci dei suoi capelli.
Lui sorride storto, compare una fossetta che India vede con la coda dell’occhio, “Prendi solo l’Heineken?” 
Lei non perde il contatto visivo e annuisce lentamente. Perché continua a sorridere? Cosa c’è di così divertente?
“Non sei una di tante parole, vero?”
“Non parlo con chi non conosco”
Il ragazzo digita qualcosa alla cassa, senza guardarla. Annuisce e sembra incassare il colpo, fa passare la bottiglia sul laser rosso e l’appoggia di nuovo. Tende la mano: “Sono Harry” si presenta, e continua a sorridere con le labbra storte, come un ghigno.
India fruga nella tasta continuando a guardarlo, priva di espressione. Sbatte sul bancone una moneta da due sterline e una da venti.
“Tieni il resto”
In realtà, mancano cinquanta centesimi.
Harry continua a sorridere.
 
 
 
 
 
Sono le nove e un quarto, e Candice continua a parlare ininterrottamente di quanto sia bello ma stancante il lavoro da segretaria d’ufficio ad Elle Magazine, di come abbia ricevuto l’incarico grazie alla sua professoressa di storia della moda, dei suoi capelli che non tingerà mai più per via dell’orrendo colore che sono diventati, di Dalia che “dovresti sentirla, è bravissima!”.
Zayn ascolta, sorride quando deve e ride quando può, passa l’indice sul bordo del bicchiere e la guarda con il capo leggermente inclinato. Candice può affermare con orgoglio e molto imbarazzo che sia il ragazzo più bello con cui abbia mai parlato. La pelle è leggermente scura, i capelli sono di un nero inchiostro, il viso è spigoloso ma perfetto.
Zayn Malik – Mister Mistery per India – è perfetto.
“Sei a piedi?”
“In metropolitana”
Zayn aggrotta le sopracciglia, apre la porta del locale e la fa passare per uscire: “Abiti a Brixton, vero? – Candice si stringe nel cappotto e annuisce – Vieni allora, ti do un passaggio”
“Non c’è n’è bisogno, davvero” è lusingata da tutte quelle attenzioni, ma è anche abbastanza orgogliosa da rifiutare. La metropolitana non le piace, sono le dieci e mezza – di già? – e le calze le prudono sulle gambe.
“Ma voglio farlo” ribatte Zayn, semplicemente.
Candice sta arrossendo.
La guida dall’altra parte della strada, la musica arriva attutita dai locali. C’è freddo, la luna è coperta dalle nuvole e Zayn indossa un cappotto blu di lana imbottita. L’accompagna verso un ritrovo improvvisato di moto sul ciglio del marciapiede. Si volta a guardarla, “Non hai paura, vero?” sorride, divertito.
“Neanche un po’”
La moto di Zayn è di un nero lucido, la marca è scritta in corsivo su un lato, è grande, pesante e inquietante. Lei deglutisce e afferra il casco che lui ha preso dal portapacchi e le sta gentilmente offrendo.
“Ti sta bene” le dice poi.
Candice gli si aggrappa al bacino con entrambe le braccia quando entrambi sono in sella. Lui prende gas, ride e “Tieniti stretta”.
Ma chi ti lascia?
 
 
 
 
Quando arrivano davanti al portone del palazzo, Candice ha le dita bruciate per il freddo. Le nasconde in tasta, deglutisce, “Grazie per la bella serata” dice, accennando un piccolo sorriso.
Zayn ha i piedi puntati sull’asfalto e la moto spenta sotto di sé.
“Grazie a te, mi sono divertito molto” ammette, annuendo.
Il gatto della signora O’Connell passa sotto al lampione con un cuore disegnato sopra, una macchina sfreccia accanto a loro e lei sospira: “Possiamo rifarlo, qualche volta…”
Megan sarebbe orgogliosa di lei.
Ma Zayn si morde il labbro inferiore, deglutisce e riporta le mani, prima sulle cosce, sul manubrio: “Grazie ancora, - mormora, lanciandole un’ultima occhiata – buonanotte”
Questo però, non se l’era aspettata.
Ma va bene, si ripete, va bene anche così.
 
 
 
 
 
Megan è in piedi davanti al divano nero, aggrotta le sopracciglia: “Perché hai un Heineken se ieri abbiamo preso solo la Corona? – le bastano due secondi, per capire – Oh santo cielo! Tu sei stata al supermarket anche oggi! Sei andata da lui!”
India ha le gambe incrociate, sorseggia la sua birra, sorride: “Le Corona non mi sono mai piaciute” mormora semplicemente, e Megan scuote la testa divertita, sedendosi accanto a lei e stendendo le gambe su quelle di Emma, che controlla il telefono e mordicchia un cornetto ormai finito. Il televisione danno Titanic, Dalia ha appena finito di comporre, sono le undici meno cinque e si stanno tutte e quattro rifacendo gli occhi davanti ad un poco più vent’enne Leonardo Di Caprio – “Me lo farei all’istante” “Finezza, il secondo nome di Megan Palmer”
Si sentono le chiavi che girano, la serratura difettosa che scatta e subito dopo la testa scura di Candice s’intravede all’ingresso.
“Piccola Candice! – Megan agita una mano e le sorride affettuosa – Come è andata? Hai già esplorato i segreti del sesso?”
L’amica si sfila il cappotto e appoggia la borsa all’attaccapanni, si toglie le scarpe e gli orecchini pendenti: “È andata bene, - risponde, arrivando in salotto – e no, non ho esplorato nulla”
Megan ridacchia e le fa l’occhiolino, poi sposta lo sguardo verso il televisore e: “Olly, sei magra ma non invisibile” dice. Olivia ha coperto la scena del dito medio in ascensore, la nave affonda e lei ha gli occhi lucidi: “Devo parlarvi” mormora, deglutendo.
India ha un’impercettibile movimento delle sopracciglia, Dalia è improvvisamente attenta e Emma ha spento il telefono. Lo tiene in grembo tra le dita incrociate. Candice si siede all’estremità del divano, “Dicci tutto” la sprona, perché preferirebbe parlare di malattie imbarazzanti, piuttosto che del suo appuntamento – aperitivo –.
Olivia indossa un paio di pantaloni della tuta e una felpa del liceo larga. Ha delle occhiaie vistose sotto gli occhi chiari, i capelli sembrano sciupati, ci passa le dita e sospira: “La cosa non vi piacerà, - sibila, con lo sguardo basso – non piace neanche  me. – deglutisce ma ha la gola secca – Per farla breve…sono incinta. Incinta e non so chi sia il padre.”
Poi chiude gli occhi, ma sa alla perfezione ogni singola reazione delle sue amiche.
India sta socchiudendo gli occhi, la sta osservando anche se in realtà non guarda lei. Megan ha la bocca spalancata e le mani che intrappolano la pelle finta del divano, Emma tiene lo sguardo fisso sulle sue calze, Candice ha gli occhi azzurri che fanno concorrenza alle labbra di Megan e la schiena ricurva in avanti.
E quando sente l’aria spostarsi accanto a lei, Olivia sa che Dalia si è alzata dal divano e sta andando nella sua stanza. La segue senza alzare lo sguardo, chiude appena la porta e scoppia a piangere.
“Porca troia” sussurra Megan, sconvolta.
“Questa serata sarà molto lunga” aggiunge India e l’altra annuisce con vigore, alzando una mano: “Tre, due, uno”
“Ma ti rendi conto di quello che hai combinato? Santo cielo, Olivia!”
La voce di Dalia non è mai stata così alta, Emma sospira e “Ci siamo” sussurra, chiudendo gli occhi.
“Me lo sarei aspettato da Megan, cazzo! Ma tu, tu! Si può sapere che cazzo hai nella testa? E adesso? Adesso cosa pensi di fare, eh?”
Candice si alza in piedi di scatto, corre in cucina e quando torna ha tre Corona tra le mani: “Emergenza” esclama, a mo’ di spiegazione.
E stanno tutte e quattro lì, con un Heineken e tre Corona tra le mani, lo sguardo perso sul tappeto orientale e la televisione senza volume. Dalia continua a strillare, si interrompe per prendere fiato e si sente Olivia che piange. Ma questa è la prassi, lei lo sa e non si stupisce delle parole che le vengono rivolte. Dalia non lo fa con cattiveria, ora piange anche lei perché ha paura, è preoccupata e ha paura.
Poi Megan si sistema meglio sul divano, sospira, spezza l’atmosfera.
“E visto che siamo in tema di confessioni, oggi ho rubato una maglietta da Primark e non me ne sono affatto pentita”
“Si chiama Harry. Uno che si chiama Harry, cosa cazzo ha da sorridere sempre?”
“L’esame è andato di merda, mio padre mi uccide. Anzi, prima mi toglie il conto in banca e poi mi uccide”
Tocca a Candice, e adesso?
“Probabilmente l’ha detto perché non gli piaccio. Non mi vuole più vedere, credo”
India accenna un sorriso che l’amica sa essere prezioso. Alza l’Heineken in aria: “Alla nostra”




Buonasera a tutte!
Sono stranamente puntuale, no? Questa storia mi sta coinvolgendo tantissimo, e ne sono molto felice perché di solito tendo a stancarmi molto delle cose che io stessa scrivo.
Spero che le vostre vacanze stiano procedendo al meglio, al contrario delle mie ahahah
Questo capitolo mi ha portato via due intere notte, e non è uscito neanche lontanamente simile a come lo avevo immaginato, ma d’altra parte mi succede sempre così, quindi.
Iniziamo da Harry, che se non la smette di essere così schifosamente bello dappertutto inizierò seriamente ad odiarlo.
Il suo personaggio sarà uno dei più complessi della storia, e questo è uno dei tanti incontri che avrà con India prima che qualcosa scatti. O è già scattato?
India è esattamente come viene descritta nella sua one-shot ‘Qualcosa per te’, sempre sulla difensiva e molto, ma molto attenta.
Poi abbiamo Zayn e Candice, che sono così dolci e carini che mi faranno penare come non mai (chi ha letto la loro one-shot, sa di cosa parlo). Sì, andava tutto bene, poi così come è iniziato è finito tutto. Candice ha un cuore grande, tanta pazienza – lo si vede già dal primo capitolo – e molta premura, ma è anche tanto ingenua per quanto riguarda i ragazzi (basti vedere come si comporta Megan per incoraggiarla).
E, last but not least, abbiamo la confessione di Olivia, che, oltre ad aprire un’altra parentesi alla storia, svela un’altra particolarità dei caratteri delle ragazze e soprattutto del rapporto che hanno tra di loro. Si conoscono alla perfezione, o meglio, credono di conoscersi alla perfezione.
Ho notato con piacere che molte di voi hanno Dalia come preferita – la vera Dalia, ovvero Dalila, non perde tempo per vantarsene ahaha –, sono curiosa di sapere i vostri pareri riguardo la sua scenata. È stata esagerata per voi?
Come al solito, lo spazio autrice è lunghissimo, e mi dispiace, ma è una storia infinita e non potrei mai lasciarvi senza una spiegazione dettagliata.
Vi ringrazio immensamente per le recensioni, per le splendide parole e per tutto il supporto che mi date. Sto anche cercando di rispondervi alle one-shot, ma il fatto è che con il recupero, il caldo e i compiti, ho il tempo di scrivere solo di notte.
Ma sappiate che vi leggo, io e le mie amiche – quelle da cui ho preso ispirazione – ogni tanto ci mettiamo lì a leggervi tutte. Loro esultano quando si sentono prese in causa, quando dite di capirle, quando ci dimostrate quanto possiamo valere.
Grazie, davvero, grazie.
Spero con tutto il cuore che il capitolo vi sia piaciuto così come gli altri, e mi auguro di leggere i vostri pareri.
E, prima che mi dimentichi!, ho finalmente concluso la serie delle one-shot! L’ultima, quella di Emma, si chiama Non erano fiori. Basta cliccare sul titolo per leggerla!
Vi mando un bacio enorme e vi lascio un’immagine di Olivia!
A presto,
Caterina





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Capitolo 4
*** Capitolo tre - Monster ***




No church in the wild
Capitolo tre - Monster

 

Dalia controlla velocemente la pagina del suo profilo Twitter. Ha tre nuovi followers e un’interazione da parte di Megan. Ha le gambe incrociate sul divano nero del salotto, sono le dieci e mezza di mattina e in casa sono solo in tre.
Emma è andata in università e poi al lavoro – un piccolo impiego part time che la vede impegnata dietro le quinte delle sfilate. Che Candice sia benedetta – , Olivia è in biblioteca, è uscita presto senza dire niente a nessuno e Candice si è appena chiusa il portone di casa alle spalle.
India entra in salotto con ancora la camicia da notte addosso, sbadiglia appena e: “Buongiorno” miagola, stiracchiandosi.
Dalia la saluta con un gesto brusco della mano, continua a fissare il laptop che ha tra le gambe e digita frettolosamente qualcosa sulla tastiera.
Sono passati tre giorni da quando Olivia ha confessato di essere incinta e le due non si sono ancora rivolte parola. Olly conosce Dalia dalle superiori, sa quando e come prenderla, quali sono i suoi punti deboli e quelli che la rafforzano. Ha bisogno dei suoi tempi per metabolizzare la questione, e va bene. Va bene così.
La cucina e il salotto sono un’unica grande stanza, India apre il frigorifero e tira fuori il cartone di latte.
“Che stai facendo?” domanda, riempiendo una tazza.
“Controllo Twitter e, porca miseria!, dopo sei mesi ti sei degnata di seguirmi!” esclama Dalia, voltandosi di scatto verso di lei.
La bionda ride piano, scuote la testa: “Te l’ho detto, - ribadisce, forse per la millesima volta da quando le sue amiche si sono iscritte al social – non lo uso mai”
“Devo scriverlo nella mia biografia allora, - commenta l’altra, sarcastica – ‘India Miller followed me’”
“Sei un’idiota”
“Sono preoccupata”
India sospira: “Lo siamo tutte, Dalia. – mormora – Sai meglio di me quanto Olivia sia forte, ce l’ha può fare, ma ha bisogno di noi. Non puoi avercela con lei per sempre, quello che è fatto è fatto”
Dalia prende un respiro profondo, spegne il computer e lo appoggia per terra. Chiude gli occhi e sembra invecchiata di anni: “Incinta – sussurra – Olly è incinta”
“Lo so, Dalia”
Si alza di scatto dal divano, come punta da un insetto: “No, tu non capisci! – esclama, alzando la voce – Olivia è incinta! Aspetta un bambino! Santo cielo, possibile che sia l’unica a cui importi davvero? Siete tutte così calme, cazzo! Ha ventun anni, non trenta, ventuno! E porta dentro di sé un’altra vita, un’altra persona! Perché cazzo nessuno dice niente?”
 “Cosa dovremo dire, Dalia? – India ha il tono basso ma è arrabbiata, un po’ ferita – Credi che ignorarla sia la soluzione al problema? Olivia non vu0le abortire, l’avrebbe già fatto e non ci avrebbe detto nulla, lo sai anche tu. È troppo tardi per dire qualcosa, non credi? Ha bisogno di noi, non del nostro silenzio”
Le lancia un’ultima occhiata fredda, afferra la tazza di latte a torna in camera da Megan, che ha sentito tutto e sta sospirando.
Dalia rimane ferma immobile in sala, all’altezza della vetrata che da sui tetti di Londra. India ha ragione, India ha sempre ragione e lei lo sa. Il fatto è che, porca troia, Olivia è incinta e lei sta piangendo.
 
 
 
 
Emma è molto esuberante, adora i colori vivaci e la moda. Studia economia e legge ma le piace la moda, sua madre dice di concentrarsi sull’università, “Non lavorare, ci siamo noi”. Ma lei non lo fa per i soldi. Emma è sempre stata rinchiusa nella bolla protettiva della sua famiglia, quella spasmata dalla ricchezza e dal silenzio, non ha bisogno di un lavoro per poter pagare l’affitto e la scuola. Emma lavora perché, probabilmente, se non lo facesse a quest’ora sarebbe già impazzita. Lo fa perché le piace scegliere le acconciature e sgridare le truccatrici troppo lente, perché l’aria che si respira dietro le quinte di una sfilata sa di tacchi alti e stoffa pregiata, camerini pieni e Chanel n.5.
Anche adesso, mentre apre il portone dell’appartamento e sente la televisione accesa in salotto, ha ancora addosso il sorriso professionale ma sincero che ha assunto tutto il giorno.
Sua madre non capisce, Emma però questo non gliel’ha mai detto.
In casa ci sono solo Olivia e Candice, sono le otto, è in ritardo ma non importa. È già buio, ciò vuol dire che resteranno in tre per almeno quattro ore.
Funziona così, ormai. Megan, Dalia e India lavorano la notte, tornano tardi e dormono la mattina, mentre le altre tre si svegliano e scappano o a lavoro o a lezione. Si incontrano durante la giornata e la sera a cena, o quando India non ha il turno in discoteca e quando Dalia ha giù la voce o l’umore.
“Come stai?” domanda subito ad Olivia, seduta sul divano con lo sguardo verso il telegiornale in tv. Questa si stringe nelle spalle piccole, “Dalia mi ha chiesto di prestarle un elastico, - risponde, senza guardarla – quindi direi bene”
L’amica le accarezza la schiena, le lascia un piccolo bacio sulla tempia: “Passerà tutto, lo sai” la rincuora.
Emma non ha mai riflettuto su cosa effettivamente poi passerà e su cosa sia questo ‘tutto’. Sa che però sua madre glielo ripeteva sempre quando si sbucciava le ginocchia e sgualciva i vestititi. Ora ha qualche piccola cicatrice che si vede solo se s’abbronza, ma è passato tutto. Tutto passa.
Olivia le sorride, “Grazie” mormora.
Emma ride.
 
 
 
 
“Megan?”
“Dalia! Piccola mia! Come stai?”
Alza gli occhi al cielo: “Riesco a sentire il tuo alito alcolizzato anche da qui, - picchietta una scarpa per terra – dov’è India?”
Megan è a dodici isolati dal pub in cui Dalia si è appena esibita, è mezzanotte e due e fa un freddo cane.
“Sta ancora lavorando, - può sentire l’amica sui trampoli che si ostina a chiamare tacchi – io mi sono presa la mia benedetta pausa sigaretta”
“Non fare stronzate” l’ammonisce, preoccupata.
“A quello ci ha già pensato Olly!” esclama Megan, poi scoppia a ridere e riaggancia.
Dalia sospira, chiude gli occhi e ripone il telefono nella tasca. Il locale è situato in una via interna del centro, dopo Piccadilly. Ha le pareti scure e le luci colorate, c’è odore di pizza e di birra, il bancone è in marmo nero e il bar-man le ha fatto l’occhiolino un paio di volte. Qualcuno è venuto a complimentarsi, “Ottima performance”, “Hai un talento innato! Coltivalo”, Dalia ha sorriso e si è seduta su uno sgabello.
Ordina una Coca-Cola – mi raccomando, Light che poi mi sento in colpa – e si guarda intorno, con aria stanca e la chitarra abbandonata tra i piedi.
Un ragazzo si siede sullo sgabello accanto al suo, ordina due Sambuche con ghiaccio e si gira verso di lei. Sorride: “Sei stata molto brava, complimenti”
“Grazie mille”
Lui ha un paio di occhi azzurri invidiabili, un sorriso strano e una dentatura leggermente storta. I capelli sono scuri, accuratamente in disordine, e i vestiti che indossa sono anonimi ma colorati. Dalia cerca di non inorridire alla vista dei suoi skinny jeans arancioni.
“Sei piaciuta molto anche al mio amico, - il ragazzo si guarda intorno tra il locale – è sparito in bagno da quasi un quarto d’ora”
La ragazza si morde le labbra, ringrazia il bar-man che le ha appena messo davanti la Coca-Cola e ne beve un sorso.
“Sono Louis, comunque”  mormora lui, accennando un sorriso genuino.
“Dalia, piacere”
Louis sembra voler dire qualcos’altro, poi il suo guardo chiaro si sposta oltre la sua spalla magra, mentre i suoi occhi si spalancano e il suo braccio si alza sulla testa: “Oh, eccolo! Drogato, sono qui!”
“Cazzo Lou! Mi sono chiuso in bagno e la chiave non si girava! Santa merda, ho perso almeno trent’anni di vita”
Dalia si è sempre immaginata come potrebbe apparire la voce di qualcuno che è nel suo iPod – e nei cd, tra le pareti della stanza, in metro, nelle radio, nella testa, ovunque – dal vivo. Dal vivo, non in un concerto. Dal vivo mentre parla di sport o mentre mangia i biscotti nel latte, mentre impreca e mentre sorride.
Adesso, a mezzanotte e un quarto di un inutile venerdì sera, Dalia può appurare che la voce di Niall Horan, dal vivo, è anche più bella delle sue canzoni.
Prende un respiro profondo, stringe così tanto i pugni sul bancone da sentire le unghie graffiare i palmi delle mani. E, irrimediabilmente, sta invidiando l’apatia di India con tutta se stessa.
C’è uno spostamento d’aria al suo fianco, ha ancora gli occhi fissi in quelli di Louis ma lo sente. È seduto accanto a lei. A lei.
“Non che ti servano, comunque – ribatte Louis, sorridendole di sbieco – sappiamo entrambi che ti ritroveranno morto soffocato nel tuo appartamento”
Niall ordina una birra grande e sbuffa: “Perché, al posto di rompere le palle, non mi presenti la tua amica?”
Dalia si volta di scatto verso di lui quando capisce di essere stata interpellata e, porca troia!, è possibile che sia ancora più bello di quanto sia su Twitter?
“Ci siamo appena conosciuti” si sente in dovere di spiegare subito, ma la voce le esce più roca del dovuto. Ha le guance in fiamme, c’è troppo caldo.
Il ragazzo la studia per qualche secondo, poi spalanca gli occhi azzurro mare e si gratta il collo magro: “Ma tu sei la ragazza che ha cantato adesso! – esclama, con le parole che si aggrovigliano nel suo accento irlandese – Porca troia, sei un mostro!”
Dalia aggrotta le sopracciglia, e Niall alza subito le mani in segno di resa: “Era un complimento, tranquilla. Sei un mostro in senso positivo
“Da quando essere un mostro è considerato positivo?” domanda lei, ed è orgogliosa di se stessa perché  il suo lato cinico non l’ha ancora abbandonata. Come India, si ripete, Come India.
Niall sembra in difficoltà, leggermente spiazzato. Guarda prima lei, poi Louis e infine il suo bicchiere di Coca-Cola. Alla fine ritorna con gli occhi – e Dio, che occhi – sul suo volto magro: “Senti, - esordisce, e Dalia non capisce chi tra i due sia più rosso in viso – possiamo restare qui a decidere se essere un mostro sia o meno una bella cosa, oppure ti posso offrire qualcosa da bere per rimediare ad una figura di merda che credo comunque di non aver fatto”
Dalia si morde il labbro inferiore e scoppia a ridere, le sue amiche non ci crederanno mai.
 
 
 
 
Candice sa che Zayn non richiamerà. Lo sa perché Megan gliel’ha fatto capire e perché India gliel’ha detto chiaramente.
Zayn non richiamerà per il semplice fatto che non vuole farlo. Candice non c’ha mai capito granché di ragazzi, non è il suo campo né il suo mestiere.
Ma il succo è, che è ingenua, ma non è stupida.
Eppure, proprio perché non è stupida, la notte non riesce a dormire. Perché davvero non riesce a spiegarsi cosa sia andato storto, nel loro appuntamento – aperitivo! –
È perché ha stretto troppo la sua schiena in moto? Perché ha parlato troppo di lei, della sua vita? Perché ha gli occhi azzurri e i capelli scuri?
Candice è ingenua, ma adesso, mentre cerca disperatamente di prendere sonno tra le lenzuola del suo letto, si sente anche schifosamente stupida.

 

Ed eccoci qui!
Dunque, questo capitolo è leggermente più corto rispetto agli altri, ma se aggiungevo la scena che ho in mente (che, tra parentesi, ho in mente da tempi ormai remoti) risultava tutto troppo complesso, con spazi di tempi troppo distanti tra di loro e, beh, altre cose noiose e confusionarie.
Per prima cosa, diamo il benvenuto al terzo e al quarto ragazzo della storia, ovvero Louis e Niall. Come vi sono sembrati? Ve li aspettavate così - da quel poco che avete letto - o in modo diverso?
Vi avviso che la loro amicizia sarà l'unica, tra i ragazzi. Si conosceranno tutti, certo, ma grazie alle ragazze.
Sto continuando a notare con stupore e orgoglio che Dalia vi piace sempre di più! La sua reazione nel capitolo precedente non vi è sembrata esagerata - alla maggior parte di voi - e questo mi rende molto felice.
In questo capitolo la situazione si ribalta, ovvero Dalia non è più quella che conduce ill discorso, ma India.
Le due hanno un carattere tanto uguale quanto diverso, ve ne accorgerete durante la storia :)
Poi abbiamo Emma. Ecco, Emma è il personaggio che molte credono di aver capito. Vi avviso ragazze, non avete colto proprio nulla di lei ahah :)
Emma è un mistero anche per me, sinceramente. Perché ci sarà sempre qualcosa che riuscirà a nascondere dietro un sorriso e una battuta.
E la scena di Dalia con Niall come l'avete trovata?
Molte di voi forse potrebbero ritenere questo incontro leggermente inverosimile, Niall è pur sempre il cantante preferito di Dalia, no? Tutto sta nel capire che lei è adulta e vaccinata - si fa per dire -, cerca sempre di avere tutto sotto controllo e soprattutto è più matura rispetto ad altre ragazzine che vivono la medesima situazione. Per non parlare del fatto che qui, Niall non è uno degli One Direction, non fa parte di una boy-band e non viene ricordato principalmente per i suoi occhioni o i capelli biondi. Niall qui è un cantuautore irlandese che impreca tre volte ogni due parole e coi vestiti mai stirati. Quindi, il rapporto che Dalia ha con lui, è diverso da quello di una fans degli One Direction.
E Louis, come l'avete trovato?
E, per concludere in bellezza, troviamo le riflessioni di Candice, un altro personaggio che adorate ahah :)
Come al solito, vi ringrazio immensamente - che, immensamente è riduttivo - per tutte le parole che mi avete scritto ovunque. Twitter, Ask, Facebook e nelle recensioni.
Sono ripetitiva, lo so, ma mi riempie il cuore di gioia e orgoglio, sapere di avervi fatto piacere una storia così complessa come questa.
Spero che i prossimi capitoli siano altrettanto così richiesti.
Mi raccomando, fatemi sapere cosa ne pensate di questo capitolo e, perché no?, magari ditemi anche cosa secondo voi potrà capitare nel prossimo :)
Ah, a proposito, fino ad adesso, chi è il vostro personaggio preferito? E perchè? E' una domanda che io e le mie amiche ci stiamo ponendo da troppo tempo e volevamo un confronto direttamente con voi ahah
Vi lascio l'immagine di della splendida Dalia e il link della one-shot che ho pubblicato stamattina: Se mi pensi adesso
(Per chi segue l'altra mia storia, il capitolo arriva domani!)
Un'infinità di baci, e mille grazie ancora,
Caterina



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Capitolo 5
*** Capitolo quattro - Cliché ***


 



No church in the wild
Capitolo quattro - Cliché



 


India è nel retro del locale, ha gli occhi stanchi e il ronzio delle casse nelle orecchie. Si passa le mani tra i capelli, si toglie la divisa da lavoro e l’appende nel suo armadietto. Gli spogliatoi sono sempre bui, c’è odore di deodorante e vomito.
Dà un’occhiata al suo orologio sommerso dai braccialetti e sospira. Sono le sei del mattino ed il suo torno è appena finito.
Il suo lavoro come barista al ‘Lollipop’ le fa guadagnare duecento sterline a settimana, con un’aggiunta bonus di venti sterline per il sabato e il venerdì sera, in cui stacca sempre non prima delle cinque e mezza. Per il resto, India si occupa di baby-sitting il mercoledì e il lunedì pomeriggio, fa la cameriera in un piccolo pub il giovedì e ogni tanto porta fuori il cane della signora Gonzales, quella dei primo piano. Per un totale di millecento sterline al mese, centesimo più, centesimo meno.
Megan ha staccato alle tre, quando la gente ha iniziato a tornare a casa, le ha lanciato un’occhiata furtiva e le ha sorriso mano nella mano ad un ragazzo ben piazzato.
Con un gesto veloce della mano, India saluta tutti i suoi colleghi ancora presenti nel locale, si stringe nel giaccone ed esce in strada mentre si accende una sigaretta.
C’è già qualcuno alzato o qualcuno che proprio non è andato a dormire, il sole sta sorgendo piano e il vento freddo batte contro le insegne pendenti dei negozi. Mentre cammina verso la fermata più vicina della metropolitana, si concede finalmente – oltre che una sana bestemmia mentale – di accendere il proprio telefono.
Ha tre messaggi di Dalia, uno di Candice e un altro di Megan. Sono tutte rassicurazioni che ad India non possono nient’altro che riempire il cuore di gioia.
Stanno tutte bene anche oggi.
L’ultimo messaggio di Dalia, inviato appena dopo le cinque, recita solo un ‘Che cazzo di serata!’
India s’infila dentro la metropolitana, fa passare il proprio abbonamento e aspetta paziente che le scale mobili la trascinino sottoterra. Il tunnel è pressoché deserto, c’è qualche ragazza esattamente persa come lei e un signore tozzo con la giacca pesante e un berretto scuro in testa.
Sono le sei e ventitré quando finalmente la metro inchioda davanti a lei e i suoi capelli ondeggiano dietro le sue spalle magre.
Le porte le si aprono davanti con uno scatto e la voce bassa e meccanica annuncia il nome  della fermata. Ce ne vogliono ancora dodici, per arrivare a Brixton.
India accavalla le gambe su uno dei tanti sedili liberi e sa già di essere osservata. Sa anche chi la sta osservando.
Il vagone è vuoto, ci sono solo lei, una signora anziana che sonnecchia e lui.
Il ragazzo del supermarket ha ancora quel sorriso impertinente sulle labbra, e la sta fissando senza nemmeno preoccuparsi di sembrare invadente.
India alza lo sguardo su di lui, priva di espressione, la bocca schiusa e le sopracciglia leggermente aggrottate.
Harry è seduto dall’altra parte del corridoio, verso destra. Non smette di sorridere, neanche adesso. Ha i capelli scompigliati, un cappello di lana e i denti bianchissimi. Indossa una camicia grigia sotto la quale s’intravede una canottiera bianca, una felpa blu scuro col cappuccio e una k-way beige. Le sue gambe sono lunghissime e fasciate dentro ad un paio di jeans stretti e neri, India è la prima volta  che le vede, sono magre ma atletiche.
E lui continua a sorridere. Ha le fossette agli angoli delle labbra scure e screpolate, gli occhi sono verdi e sta continuando a sorridere.
Le sta dando fastidio. Le da fastidio il modo in cui la guarda, il fatto che sia sulla sua stessa metropolitana e che probabilmente faccia anche la sua stessa strada, che siano le sei del mattino, che abbia finito le sigarette e che quasi sicuramente pioverà.
Harry continua a guardarla, ma India è troppo orgogliosa per abbassare gli occhi per prima.
La cosa più fastidiosa, comunque, è che lui sia effettivamente bello.
È bello e ad India le persone in generale non sono mai piaciute.
 
 
 
 
 
Dalia non ha mai – ma proprio mai – bevuto così tanto.
Ha la testa che le scoppia, le guance in fiamme e i capelli scompigliati sul volto, ma porca troia!, si è ubriacata con Niall Horan!
Non si ricorda esattamente come la faccenda si sia evoluta – non in queste condizioni, semi sdraiata sui sedili dietro della macchina di Louis –, ha ricordi vaghi, un accento irlandese, il sapore della birra e quello  della notte, Olivia che non è più incinta e Emma che passa l’esame, Megan con un ragazzo stabile, Candice che magari è la volta buona che s’arrabbia e India che apra la bocca un po’ di più.
A Dalia piace bere, è un po’ il suo tallone d’Achille. Non beve mai troppo, non alza il gomito più del dovuto e soprattutto non lo fa con degli sconosciuti. Perché, chissenefrega se ha sentito in totale di più la voce di Niall Horan nell’iPod che quella di India in più di sette anni d’amicizia, lui e Louis – Tomlin che? – sono comunque persone che lei ha incontrato solo stanotte.
Il fatto che sia troppo stanca anche solo per pensare alle disastrose conseguenze di quello che sia successo, è già comunque un passo avanti. Se non altro, non scoppierà a piangere prima delle due ore. O due giorni.
Niall è seduto nel sedile del passeggero, con l’alba che gli accarezza il volto rossissimo e stanco, appoggiato al finestrino con gli occhi chiusi e un ‘Santa merda, mai più’ incastrato tra i denti.
Louis invece sta sorridendo alla strada già trafficata, ha bevuto decisamente di meno ma ha parlato almeno il triplo.
Dalia è troppo stanca per ragionare lucidamente, ma ha capito diverse cose, tra il primo bicchiere di birra e il quarto shottino alla pesca e vodka. Ha capito che probabilmente non riuscirà a toccare alcool per almeno un paio di mesi – il tempo materiale per riprendersi -, che non si può bere un Heineken prima di un Martini, che Louis fa l’università e ha ‘un cazzo d’esame da portare a termine’,  che una volta ha dormito davvero sotto un ponte come gli aveva gentilmente urlato sua madre quando ‘questa casa non è un albergo!’ e che Niall Horan è la persona più bastarda che abbia mai conosciuto.
Dalia non è scema, sa che lui è pur sempre un ragazzo di ventidue anni, che ha più alcool nelle vene che neuroni nel cervello e che probabilmente scrive i testi delle sue canzoni dopo essersi fatto almeno un paio di canne, ma, dopo una sera intera passata a parlare insieme, si è resa conto che mai e poi mai Niall Horan potrà essere il suo tipo di ragazzo. È rozzo, ha una risata troppo alta, ci ha spudoratamente provato almeno sei volte e non riesce a non imprecare mentre formula una frase di senso compiuto.
È stata una bella serata sì, ma ora è giorno, lei ha un mal di testa martellante e – se Dio è dalla sua parte – non si rivedranno mai più.
“Non è una zona un po’ troppo pericolosa Brixton, per delle ragazze? – Louis le lancia un’occhiata dallo specchietto retrovisore – Quante hai detto che siete? Cinque?”
Dalia sbatte le palpebre più volte, poi si passa una mano sul volto e scuote la testa: “Sei. – risponde, con la voce increspata e la lingua secca – Sei con una incinta”
“Incinta?”
“Oh, sì! – esclama, poi afferra il sedile di Louis e si mette a sedere compostamente, con un sospiro che assomiglia ad un gemito – Poi abbiamo una ragazza un po’ troia, una che ride in continuazione e non si sa mai per cosa, una che è vergine anche nel modo di vestire e un’altra che è stata picchiata dal proprio ragazzo e che ora non ha più sentimenti che si possono definire tali”
Ora anche Niall sembra più sveglio, volta il capo piano verso di lei, aggrotta le sopracciglia: “Picchiata?”
Dalia spalanca gli occhi: “Niente, lascia perdere” risponde subito, poi indica a Louis dove andare e si appoggia di nuovo ai sedili.
Arrivano al palazzo di Bedford Road dopo venti minuti.
Lei scende con difficoltà, inciampa sul marciapiede e tira fuori dalla macchina la borsa e la chitarra.
“Grazie di tutto” mormora, al finestrino aperto di Louis, che sorride e alza una mano.
Dalia afferra le chiavi, si trascina verso il portone e sbuffa. Perché è così difficile?
Sospira, voltandosi: “Sentite, le otto e venti, vi va un caffè?”
 
 
 
 
India ha le gambe stese davanti a lei, la schiena appoggiata al muro del corridoio, le caviglie incrociate e il telefono tra le mani.
Sono passati almeno venti da quando si è seduta sul pianerottolo di casa, ha gli occhi che ormai si chiudono da soli ma non ha ancora bussato. Ha le chiavi nella tasca della giacca e le orecchie attente. Sa che non è il momento adatto.
Megan è sempre puntuale, è uno dei suoi pregi. India sa che nel momento in cui Emma si è chiusa la porta alle spalle, dopo Candice e Olivia, questa mattina, lei abbia letteralmente trascinato dentro il loro appartamento il ragazzo con cui ha passato la notte. Lo avrà convinto a portarla a casa e sicuramente gli avrà fatto intendere che un secondo round è pur sempre gradito.
Megan è fatta così.
“India?”
Alza la testa di scatto, poi concede un piccolo sorriso appena visibile: “Buongiorno” mormora, piano.
Dalia ha le sopracciglia aggrottate e un aspetto pessimo, ha appena finito la rampa di scale e la sta guardando con confusione.
La bionda lancia una breve occhiata ai due ragazzi dietro l’amica: uno trascina una custodia di una chitarra, ha gli occhi azzurri e un sorriso di circostanza, i capelli scuri e un paio di orrendi jeans arancioni. L’altro, decisamente più stanco e malandato, ha i capelli biondo scuro e le guance rossissime.
“Ti spiego tutto dopo. – dice solo Dalia, e questo significa che le spiegherà perché è tornata alle otto e ventiquattro del mattino, perché ha il maglioncino sgualcito e perché ci sono due ragazzi dietro di lei – Piuttosto, perché non sei in casa?”
India sorride, appoggia la testa al muro e: “Tre, due, uno”
Le guance di Niall prendono un sfumatura che va dal rosso al viola, mentre i suoi occhi si accendono subito, come risvegliato. Il gemito di puro piacere di Megan attraversa la porta e le pareti in mattoni.
Porca puttana! – impreca, ad alta voce – Scommetto che è quella un po’ troia”
“Chiudi il becco” ruggisce Dalia, prima di alzare gli occhi al cielo e sbuffare.
India aggrotta le sopracciglia ma non dice nulla.
Neanche cinque minuti dopo, comunque, la porta di casa si apre, e un ragazzo di colore esce col passo felpato, la maglietta arrotolata per la fretta sugli addominali e lo sguardo basso.
E Megan sospira, ride e si appoggia allo stipite, ancora in biancheria: “È durato poco” si giustifica soltanto, quando Dalia prova a parlare. Poi questa ringhia qualcosa, lascia passare Niall e: “Fortunatamente siamo amiche” sibila, piano.
India evita la mano che Louis le ha porto per alzarsi e sorride lascivamente: “Chiudi la bocca la prossima volta” mormora soltanto.
Perché sì, Megan è una dea e anche lui se n’è accorto.
 
 
 
Emma attraversa Hyde Park col passo felpato e Kanye West nelle orecchie. I tacchi da lavoro picchiettano sul viale alberato, tra le mani stringe le cartelle dell’organizzazione della prossima sfilata e il telefono. Olivia le ha appena mandato un messaggio sull’appuntamento con la dottoressa. ‘È andato tutto bene’ dice ‘procede tutto secondo i piani’.
Ed Emma non sa cosa rispondere, perché le situazioni complesse come queste la mettono sempre in soggezione. Quindi fruga nella cartelle delle immagini e le invia la fotografia di Candice che dorme con la bocca aperta.
E nel momento esatto in cui il messaggio viene spedito, la ragazza sente il cappotto firmato zuppo e pesante e un odore troppo forte di caffè macchiato.
Si toglie velocemente le cuffie dalle orecchie, spalanca gli occhi e: “Porca troia!” esclama, agitata.
Il ragazzo che le ha disastrosamente versato addosso il proprio Starbucks ha un faccia preoccupata e anche parecchio tenera. È buffo. “Scusami tanto, - mormora – non ti ho proprio vista.”
Emma scuote la testa energicamente, non ha proprio voglia di arrabbiarsi: “Tranquillo. È tutto a posto.”
“Non è vero, - ribatte lui – il cappotto che indossi costerà almeno come un affitto a Camden Town, in più il caffè era bollente, c’è il rischio che tu possa esserti ustionata da qualche parte”
La ragazza stringe la labbra, ripone il telefono nei jeans e si concede di guardarlo con più attenzione. È alto, più di lei che indossa un paio di Louboutin tacco 14. Ha i capelli a spazzola, le guance lisce, le labbra piene e gli occhi color miele. Emma odia il miele.
“Non fa niente, sul serio – tenta di alzare gli occhi al cielo – Si può sempre lavare e fortunatamente non mi sono fatta nulla”
Lui annuisce, per nulla convinto. Emma gli sorride appena, poi lo supera e riprende a camminare.
“Sono Liam, comunque”
Si volta di nuovo, e ora sta davvero sorridendo: “Emma, piacere”

 



Buongiorno a tutte!
Mi stupisco tutte le volte della mia puntualità ahahah :)
Ecco qui il nuovo capitolo, che a mio parere è osceno. Anzi, più che osceno è molto confusionario, e ci ho messo anche parecchio a scriverlo.
Per prima cosa abbiamo l'incontro - se così si può definire - di India e Harry.
Secondo voi perché lui continua a sorridere ogni volta? Ci avete mai pensato?
Già nel prossimo la situazione si ribalterà, quindi avremo un altro incontro e anche qualcosa di più (sto parlando troppo).
Poi, abbiamo Dalia. La mia piccola Dalia.
Ve l'aspettavate? L'avete tutte inquadrata come un personaggio molto responsabile e adulto. La cosa potrebbe risultare un po' strana, ma Dalia non è un angioletto, assolutamente. Non è una brava ragazza come Candice. Per non parlare del fatto che le piace bere, le piace Niall Horan e soprattutto, come viene anche detto, si è dimenticata per una sera di tutti i problemi.
E, quello che pensa su Niall, come l'avete trovato? Vi ha stupito?
Vi avviso che questa coppia sarà forse la coppia più travagliata di tutte, quindi vi faranno penare fino all'inverosimile ahaha
Nel prossimo capitolo invece vedremo Megan e Louis. Secondo voi come e cosa succederà?
E il discorso di Dalia in macchina, e la confessione che h fatto accidentalmente su tutte le ragazze, è forse il tassello di questo capitolo.
Si viene a sapere quasi tutto - in modo non propriamente adatto - dei caratteri delle ragazze, e di quello che Dalia in primis pensa di loro.
Che cosa ne pensate al riguardo? Vi siete fatte un'idea?
Nella scena sul pianerottolo, per chi non l'avesse capito, Megan sta facendo sesso in casa con un ragazzo. Per questo India non entra.
E Louis comunque è già innamorato perso ahahahaha
E, per ultimo, abbiamo l'incontro di Liam ed Emma. Lui si dimostra subito apprensivo e serio, lei cerca di deviare lui e lasciare perdere la conversazione, come è solita fare.
Per chi voleva il riappacificamento tra Olivia e Dalia, dovrà attendere ancora un po'. Non sarebbe una cosa veritiera, altrimenti.
E, siccome ho visto che Zayn e Candice sono i preferiti di molte, vi posso assicurare che nel prossimo capitolo vedremo sia lei e lui, insieme :)
Passando ai ringraziamenti, vorrei dire grazie con tutto il mio cuore a tutte le ragazze che ogni volta, una volta o quando capita, si fermano a recensire il capitolo. E' la cosa che mi rende più felice di tutte, perché ho il confronto diretto con voi, ed è la cosa migliore di tutte. Grazie.
Poi, grazie a chi ha inserito questa storia tra le seguite - preferite - ricordate, siete tantissimo e spero di non deludervi ogni volta!
Fatemi sapere i vostri pareri, e tutto quello che vi passa per la testa. Ci conto!
Vi lascio con un'immagine di India, e spero che il capitolo vi sia piaciuto!
A presto,
Caterina



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Capitolo 6
*** Capitolo cinque - Coco ***




No church in the wild
Capitolo cinque - Coco


 

È sicuramente il caffè peggiore che Dalia abbia mai bevuto, ma con la bocca ancora imbrattata di alcool e il mal di testa pulsante, risulta quasi piacevole.
Sono tutti seduti  sul tavolo della sala, Niall ha ripreso miracolosamente conoscenza, ora sta ridendo come un matto per qualcosa che Louis ha detto e lei davvero non capisce come diavolo faccia ad avere ad avere il buon umore anche – e soprattutto – adesso.
Megan ha fatto un salto in camera per raccattare la sua vestaglia, ora ha le gambe affusolate  appoggiate al legno bianco del tavolo e un bicchiere di succo alla pesca tra le dita. Tiene lo sguardo fisso sugli occhi chiari di Louis, si morde il labbro quando lui sorride e interviene quando è necessario.
India invece ha le ginocchia al petto e i piedi sulla sedia, ha in mano una sigaretta e sta osservando la scena con un sopracciglio alzato e l’espressione beffarda.
“Aspetta un attimo, - Megan spalanca gli occhi e punta l’indice verso Niall – tu sei…aspetta, com’è che ti chiami? Niall Horman?”
Il sottoscritto ride: “Horan, sì, sono io”
La ragazza si volta verso Dalia, raggiante: “E tu hai passato la notte col tuo cantante preferito e hai quella faccia da funerale?”
L’amica si alza di scatto, il mal di testa aumenta drasticamente e le viene da vomitare. Con le guance in fiamme, mormora un “Scusate un attimo” e corre in bagno. I suoi passi e le sue ginocchia piantate poi sul pavimento sono le poche cose che si sentono per qualche istante.
“Non siamo sempre così” tende a precisare poi Megan, con un sorriso di scuse verso i due ragazzi.
“Esatto, - concorda India, con uno sbuffo divertito – di solito siamo anche peggio”
 
 
 
 
 
 
Candice sorride al portinaio di Elle Magazine che le ha gentilmente aperto la porta in vetro per farla passare.
Fuori c’è vento, si stringe nella sciarpa blu che indossa e infila le mani nelle tasche del suo cappotto imbottito.
Sono le sei e trenta e, dopo una mattinata nella biblioteca dell’università e un pomeriggio tra le scartoffie dell’ufficio, è pronta a tornare a casa, farsi una doccia, cercare di parlare con Olivia e con Dalia e dormire sogni tranquilli.
Londra è annuvolata, il cielo è grigio come lo smog e le macchine viaggiano veloci, i pedoni attraversano senza semaforo e c’è ancora qualche ragazzina con la divisa scolastica e una bottiglia di succo in mano.
Dalla sua Stella McCartney regalata da Emma per i vent’anni, Candice pesca il telefono che sta vibrando vicino alle chiavi di casa.
Blocca il passo e il respiro, la signora che cammina dietro di lei quasi le finisce addosso con un commento non troppo carino.
Deglutisce, prende un respiro profondo e accetta la chiamata.
“Pronto?”
Dall’altra parte si sente un sospiro, e Candice deve per forza mordersi il labbro inferiore per non sorridere.
O piangere.
O entrambe le cose.
“Mi dispiace” sente solo.
Tentenna appena su un tacco e l’altro, riprende a camminare piano: “Lo so”
“Vorrei rivederti”
Arrossisce ma si nasconde dentro la sciarpa per non farsi vedere da nessuno.
Sorride, “Mi piacerebbe molto, Zayn”
 
 
 
 
 
 
Megan è sdraiata sul suo letto con i capelli sparsi sul cuscino e lo sguardo perso al soffitto. Dalia sta mettendo
l’acqua per la pasta sul fuoco, Emma è sotto la doccia e Olivia in terrazza al telefono con i suoi genitori.
India entra nella propria stanza e si sdraia sul letto della sua amica dai capelli rosa, che le sorride amorevolmente e si scosta per farla stare comoda.
India ha preso confidenza, non ha paura delle sue amiche ma Megan è attenta e sa che comunque il contatto le dà fastidio.
“È carino” borbotta la bionda, e l’altra ride perché ha già capito tutto, perché non c’è bisogno di un soggetto per capire la frase o capirsi in generale.
“Molto carino” concorda.
“E ti muore già dietro”  
“E sì, mi muore già dietro”
India ride a denti scoperti: “Cos’hai intenzione di fare?” le domanda.
“Ho il suo numero nel telefono, - risponde Megan, beffarda – quindi aspetterò pazientemente che sia lui a chiamarmi.”
“E poi?”
“Sei troppo piccola per sapere queste cose” mormora, arruffandole i capelli biondi.
“Però, devi ammettere che sembrava gay” borbotta India, voltandosi a guardarla.
Megan aggrotta le sopracciglia, riflettendo: “I gay sono sempre i più dotati” risponde poi, qualche istante dopo.
India scoppia a ridere perché con Megan può non aver paura.
 
 
 
 
 
“Emma chiudi la bocca quando mangi…e non alzare gli occhi al cielo!”
“Perdonala Em, Dalia oggi ha scoperto che il suo principe azzurro è uno scaricatore di porto e ora se la prende col mondo”
“Megan tappati quella macchina per fare pom-”
“E buon appetito a tutte voi” sorride angelica India, fermando così l’ennesima strillata di Dalia. Questa lancia un’ultima occhiata di fuoco a tutto il tavolo, poi afferra la propria forchetta e la immerge quasi con rabbia nel proprio piatto.
È lunedì sera, lei ha mal di testa, Megan la serata libera e India non lavora.
Il tavolo del salotto è costellato di forchette e bicchieri colorati dell’Ikea, le luci di Londra entrano dalle vetrate delle finestre e la tv trasmette MTV Hits.
“Parlando di cose serie, - borbotta poi Megan a capotavola, indicando Candice con la propria posata – a che ora arriva Mister Mistery?”
L’amica arrossisce: “Alle otto – deglutisce – E si chiama Zayn”
“Ma Mister Mistery è più…” Megan arriccia le labbra in cerca di parole.
“Misterioso” le viene incontro Emma, convinta, e Olivia si trattiene dal ridere: “Certo, Em, certo”
“A dire la verità, comunque – sibila Dalia, con le spalle alla finestra e di fianco a Megan e Olivia – ci sono parecchie cose da chiarire”
“Parla” incita allora Candice, col piatto ancora pieno.
“Punto primo, perché tu – e indica Emma con fare accusatorio – sei tornata a casa con Coco sporco di caffè?”
L’altra spalanca gli occhi, poi batte una mano sulla superficie del tavolo e: “Cazzo! Hai visto? – strilla, infuriata – Me l’ha rovesciato addosso un ragazzo stamattina! Sono stata tutto il giorno con il cappotto da buttare, è stato un incubo!”
“Oh no, - Megan scuote freneticamente la testa e si porta le dita sulla bocca, scioccata – non dirmi che Coco è quel Coco”
Emma annuisce, grave: “Esatto – esala, con fatica – Cappotto Chanel, collezione autunno inverno 2013”
“Non dovevi dirmelo – Megan ha gli occhi lucidi – Cazzo, non dovevi”
 
 
 
 
 
 Candice apre il portone di casa e pensa che, sotto quel lampione e appoggiato alla sua moto, Zayn sia ancora più bello di quanto si ricordi.
Le sue Converse bianche la portano davanti a lui, che con un gesto rapido lancia la cicca di sigaretta dentro un tombino e si aggiusta appena il colletto della giacca in pelle.
“Hey” accenna un sorriso un po’ imbarazzato.
È bellissimo.
“Ciao” risponde Candice, con le guance già in fiamme. Si morde il labbro inferiore, tentenna appena sul silenzio che si è già creato.
Il gatto della signora O’Connell attraversa veloce la strada e s’infila nella ringhiera a lato del palazzo, Zayn lo segue con lo sguardo spostandolo poi sulla figura sinuosa davanti a lui.
Sospira, “Mi dispiace non essermi fatto sentire in questi giorni”
La ragazza si stringe d’istinto nelle spalle magre, ha solo voglia di piangere sulla spalla di Dalia: “Non ti devi scusare! – esclama, forse con troppa enfasi – Non è colpa tua, non ti devo interessare per forza”
Zayn aggrotta le sopracciglia, lei si schiarisce la voce e riprende: “Insomma, non si richiama una persona a cui non si è interessati”
“Credi che non ti abbia richiamato perché non m’interessi?” domanda lui, collegando i tasselli. Fa un passo avanti, le sfiora il braccio e il maglioncino azzurro che indossa.
Candice trema appena.
“Non è così?” chiede di rimando, la voce bassa e gli occhi imprigionati dentro quelli scuri di lui, che adesso sorride.
“Tutt’altro” sussurra Zayn, scuotendo la testa.
“Vuol dire che ho un’altra possibilità?”
A lei formicolano le mani che vorrebbero incastrarsi con quelle di lui, le chiude a pugno e lo guarda, la differenza d’altezza quasi inesistente.
Zayn le accarezza una guancia: “Tutte quelle che vuoi”
 
 
 
 
 
India esce dal portone con già la sigaretta in bocca e l’accendino in mano. Sono le nove e venti di sera e lei ha bisogno di respirare.
Lo fa spesso, specie in questo ultimo periodo. India ha bisogno di isolarsi in un modo che solo lei riesce a capire. Le sue amiche stanno in silenzio, Megan dice “Stai attenta” e Olivia le lascia un bacio sulla fronte, ma nessuna ha il coraggio di fermarla.
Semplicemente perché, India non la fermi.
Le luci di Brixton sono accese ma fioche, passa davanti ai pub ancora aperti e si blocca quando vede l’insegna del supermarket ancora lampeggiante.
Si morde le labbra secche, prende un respiro profondo e mastica un’imprecazione mentre lancia il mozzicone di sigaretta sull’asfalto e si pulisce le mani sui jeans neri.
Le porte le si aprono in automatico, India cammina a passo spedito verso lo scaffale degli alcolici.
Harry non c’è.
Al bancone, infatti, stanzia una donna in carne, coi capelli ricci e scuri legati dietro la testa e gli occhi piccoli, quasi orientali.
La ragazza affonda le unghie nei palmi delle sue mani, prende un respiro profondo e quasi le viene da ridere.
Patetica.
Si volta, fa un passo avanti e un altro che la fa bloccare di nuovo.
Lui le sta di fronte, il cartellino col nome appeso al maglione blu scuro e un grembiule da lavoro che gli copre parte dei jeans neri e sbiaditi. In testa ha una cuffia di lana e sul volto il solito sorriso bastardo.
“Sei qui per me”
E non è una domanda. India continua a stare in silenzio, lo sguardo impenetrabile e i pugni serrati che ormai le fanno male.
Harry annuisce piano, si lecca le labbra e: “Stacco tra dieci minuti – informa, tranquillo – Vuoi venire con me?”
India si sente così vulnerabile e codarda sotto il suo guardo, nel suo sorriso che ancora non l’ha abbandonato mentre lei gli dà le spalle ed esce in strada.
Harry ha ancora i denti scoperti e sembra dannatamente felice.


“Mi dispiace”
“L’hai già detto”
Olivia sospira: “Non so cosa dire, non so più come fartelo capire… - si morde il labbro e sbuffa, frustrata – Ascolta Dalia, ho fatto un casino e lo so. Puoi giudicarmi, puntarmi il dito contro e anche strozzarmi se vuoi. Ma sono incinta, l’ho accettato io e l’hanno accettato le altre. Ti prego, per favore. Parlami”
Il bagno non è mai stato così caldo e soffocante, Dalia ha appena finito di asciugarsi i capelli davanti allo specchio e Olivia è seduta sul bordo della vasca.
“Per dirti cosa?” domanda la ragazza in piedi, stanca.
“Quello che pensi”
“Sai già quello che penso, - le ricorda, poi afferra il phon e arrotola il filo delle la presa elettrica – non c’è bisogno di dirlo ad alta voce”
“Non ti voglio perdere” sussurra Olivia, con gli occhi lucidi e la voce bassa.
Dalia sospira: “Dammi ancora qualche giorno per riflettere” le dice soltanto, poi esce dalla stanza e, al sicuro nella sua camera, si concede di piangere.




Ciao a tutte!
Ecco qui il nuovo capitolo, puntualissimo :)
Come vi è sembrato? Avete capito qualcosa? Ahah ho sempre il terrore che la storia sia troppo incasinata!
Partiamo subito con l'analizzare le scene: nella prima scena - che può sembrare inutile - abbiamo una piccola dimostrazione d'apprezzamento di Megan nei confronti di Louis.
Secondo voi cosa succederà tra di loro? Louis è già cotto, si capisce, e anche lei lo ha già adocchiato.
E Niall e Dalia? Ho notato con piace che questa coppia vi ha stupite e ne sono molto soddisfatta! A vostro parere, la loro situazione come si evolverà?
Poi, per la gioia di molte, abbiamo il ritorno di Zayn. Zayn che è sempre più misterioso ma anche sempre più preso.
Candice è ingenua, si lascia trascinare senza dire niente e, come vedete, fa fatica a controllarsi.
Lo so, è tutto un casino ahah ma la storia in generale lo è, quindi bisogna accontentarsi :)
Ed India e Harry, come li avete trovati? Io, personalmente, sono follemente innamorata di Harry ahahahahahah
Per ultimo, abbiamo Dalia e Olivia, e la loro discussione che non ha ancora trovato un equilibrio.
Secondo voi, chi ha ragione? E perché?
Stavolta vi chiedo qual è il vostro personaggio maschile preferito!
Passando ai ringraziamenti, volevo dire grazie di cuore alle ragazze che mi lasciano i propri pensieri nelle recensioni. Siete preziose.
Grazie anche a chi ha messo la storia tra le seguite - ricordate - preferite, che mi lasciano i commenti su Ask e che aspettano pazientemente i capitoli.
Spero che questo capitolo non vi abbia deluse, fatemi sapere!
Vi lascio un'immagine di Emma
A presto,
Caterina



 

 

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Capitolo 7
*** Capitolo sei - Survive ***




No church in the wild
Capitolo sei - Survive


 



Emma Buster odia i bambini, perfino sua cugina di dieci anni, quella con le treccine chiare e le lentiggini è insopportabile. Li odia, li detesta, li rinnega e li disprezza.
Urlano, scalciano, tirano, parlano, gesticolano e si sporcano, sono sporchi e urlano ancora.
E lei, proprio Emma Buster, non riesce ancora a capire, dopo due ore di ragionamento, Facebook e Instagram, come abbia potuto accettare la richiesta d’aiuto di India, che “Ti prego Em, non ti chiedo mai nulla! Fammi questo favore e ti offro da bere tutti i giorni”.
Ha cercato di rifiutare – Chiedi ad Olivia, deve pur sempre prepararsi a queste cose! –, ma poi India ha preso un respiro profondo, lo stesso che fa quando sta per rimproverarla, ed Emma ha sospirato, corrucciato le labbra e “Okay, d’accordo, vado io!” ha detto, prima che l’amica parlasse.
E l’ha fatto davvero, ha accettato di andare a prendere il bambino a cui India fa da baby-sitter a scuola.
Quindi adesso si ritrova davanti alla Rick Hansen Public School, il telefono in mano e la tuta da studio sotto una giacca di pelle che ha afferrato al volo sull’attaccapanni dell’ingresso. Ha gli occhiali da sole, una Stella Mccartney al gomito e le Converse chiare ai piedi.
È orribile, ha dormito male, preso la metropolitana e odia i bambini.
Nel cortile esterno della scuola ci sono già parecchi genitori  che chiacchierano tra di loro, Emma si guarda intorno e legge di nuovo la descrizione del bambino che India le ha mandato per messaggio.
“Alto, magro, ha i capelli biondi scuri e tantissime lentiggini sulla faccia. Ha sempre la camicia della divisa fuori dai pantaloni e lo zaino rosso. Se la vedi dura, il suo insegnante è un ragazzo, l’unico che trovi. Chiedi a lui, o, mal che vada, grida ‘Callum’ e guarda chi si gira. Buona fortuna! Xx”
Sospira, blocca lo schermo e alza lo sguardo in contemporanea con la campanella della scuola, e le vengono quasi le vertigini a ripensare a quando era lei, quella dietro i banchi e dentro la scuola. È stato alle elementari che ha conosciuto India. Erano amiche, sempre in competizione, così diverse da sembrare di due pianeti diversi, ma pur sempre amiche.
Le porte dipinte di blu dell’edificio in terracotta vengono aperte brutalmente da un paio di ragazzini coi capelli scompigliati e la divisa sgualcita.
Emma socchiude gli occhi per la concentrazione e osserva tutti i marmocchi che stanno uscendo con furia.
Non lo troverà mai.
Il cortile si riempie e si svuota velocemente, lei inizia a camminare avanti e indietro e si sente tremendamente un’idiota e no, mai più un favore ad India.
Ci sono decine e decine di bambini tutti uguali, biondi, alti e magri, che strillano e ridono come se fosse il giorno più bello del mondo.
Emma si avvicina all’entrata, vede un ragazzo – l’unico che sembra avere più di vent’anni – che parla tranquillamente con quella che sembra una madre particolarmente presa dalla conversazione.
Si schiarisce la voce nervosamente, i due si voltano verso di lei e “Emma!” esclama lui, con una tranquillità disarmante. La donna si allontana con un sorriso quando riesce ad afferrare il polso del figlio, Emma fissa il ragazzo davanti a lei con le sopracciglia aggrottate.
“Ci conosciamo?” domanda, accennando un sorriso. È un volto famigliare, l’ha già visto anche se non ricorda bene dove. Gli occhi grandi, le labbra carnose, la pelle chiara e i capelli rasati.
“Ti ho versato il caffè addosso qualche giorno fa, ricordi? – le risponde, ha la voce profonda ma tranquilla – Sono Liam”
Emma s’illumina di colpo e il telefono rischia quasi di cadere dalle sue mani. Come ha fatto a dimenticarsi del ragazzo che, con 3 sterline di caffè, ha mandato letteralmente a puttane il suo Coco da 1200 euro? Perché sì, l’aveva ordinato direttamente da Parigi.
Stringe i denti solo a pensarci.
“Adesso mi ricordo! – esclama però – Lavori qui?”
Liam annuisce: “Da quest’anno – risponde – Insegno inglese e storia. Tu invece?”
Emma ci mette qualche secondo a rispondere, perché lui ha una bellissima pelle e una bocca davvero invitante, oltre che una voce molto virile.
“La mia coinquilina ha accavallato due impegni e così mi ha chiesto di venire a prendere il bambino a cui fa da baby-sitter, ma non l’ho mai visto e…”
“Hai bisogno di una mano?” la interrompe Liam, inclinando la testa e sorridendole dolcemente.
È bello, banale, ma bello.
La ragazza annuisce sconsolata: “Si chiama Callum, dovrebbe essere alto, magro e avere le lentiggini”
Lui aggrotta le sopracciglia folte e scure, ragionando. Qualche secondo dopo annuisce e le sorride: “Callum, certo. È quel ragazzino con lo zaino rosso vicino al cancello”
Emma annuisce, sorride: “Ti ringrazio molto” mormora, facendo un passo indietro.
“Nessun problema – ribatte Liam, alzando le spalle – E...ah!, se mai ti venisse voglia di berlo, un caffè, adesso sai dove trovarmi”
La ragazza è confusa, stanca e non ha davvero voglia di decifrare la sua frase.
Si inumidisce le labbra e pensa al perché non le abbia chiesto semplicemente il numero, sarebbe stato meno patetico e lei avrebbe impiegato molto meno a capire.
“D’accordo” dice però, ricambiando il sorriso.
 
 
 
 
 
Candice sta camminando per Hyde Park con la sciarpa attorno al collo e le mani infilate nelle tasche del cappotto nero. Zayn, di fianco a lei, le sta parlando della sua famiglia, del viaggio che spera di fare in Spagna, del tempo, dei suoi disegni, di lui.
È venuto a prenderla all’università dopo lezione, Candice ha rischiato di cadere dalle scale per la sorpresa.
“Deve essere dura essere l’unico maschio con tre sorelle”
Lui sorride, guarda lei e poi la ghiaia sotto i piedi: “Sì, beh, ero convinto che l’ultima sarebbe stata un maschio – sospira, senza perdere l’espressione serena – Ogni tanto mi sentivo impotente, specie per il fatto che fossi solo. Poi con gli anni mi sono adattato, anzi, credo che addirittura mi piaccia un po’, essere l’unico uomo”
Candice gli sorride intenerita, è il terzo giorno che escono e tutto va bene.
Zayn non l’ha ancora baciata e tutto va bene.
S’è accorta di un particolare interessante. Lui fa tante domande, è curioso ma mai invadente, l’ascolta attentamente, la osserva parlare, la studia, la fa deglutire e sorridere.
E un po’ le dispiace, perché oltre che ad essere tremendamente timida, Candice è anche curiosa, ed è soprattutto curiosa di Zayn.
E per ora sa solamente che ha ventidue anni compiuti, tre sorelle, un appartamento in centro, una moto fiammeggiante e una collezione di fumetti d’epoca. E sa anche che non è un amante della carne, che ama guardare film in bianco e nero e fuma tanto, forse troppo.
“Tu invece cosa fai nella vita?” chiede, qualche istante dopo. Si può già immaginare il piccolo sorriso orgoglioso di India.
Lui aggrotta le sopracciglia, infila le mani dentro le tasche dei suoi jeans scuri e sorride a labbra chiuse: “Sopravvivo” risponde.
La ragazza non smette di camminare, anche se è rimasta sorpresa.
“È un lavoro molto duro” mormora, gli occhi luminosi.
Zayn è sorpreso, si blocca in mezzo al viale alberato e la guarda arrossire, perché lui è serio, ha lo sguardo concentrato e la bocca socchiusa per lo stupore. Le sorride, scuote la testa: “Hai ragione”
 
 
 
 
Le mattonelle della terrazza sono fredde ma non sporche, i capelli biondi di India sono sparsi per la superficie color terracotta, ha una mano sullo stomaco e l’altra che regge una sigaretta, le gambe sono stese per terra come la schiena e le caviglie sono, inevitabilmente, incrociate.
Sono le tre del mattino e lei n0n riesce a chiudere occhio. Ha staccato dal lavoro all’una e mezza, è tornata a casa, appoggiato la borsa all’ingresso e s’è sdraiata sul pavimento del terrazzo, a fissare – o meglio, a cercare – le stelle e respirare piano.
India ha detto in tutto tredici parole, oggi.
“Buongiorno”
“No”
“Ci vediamo dopo”
“Okay”
“Cosa hai detto?”
“Io vado”
“Sono qui”
È una di quelle giornate in cui non sente niente, l’apatia totale che la ricopre le fa pesare le gambe magre e gli occhi stanchi. Solo tredici parole perché, semplicemente, non aveva nient’altro da dire. Perché non le importava.
Ed è una cosa fin troppo dolorosa, solo che questo non lo dice.
Aspira un altro tiro di sigaretta, inclina la testa di lato e sente il collo troppo esposto.
La luce del salone si accende e si spegne in una frazione di qualche secondo, India tende le orecchie e aggrotta le sopracciglia senza smettere di fissare il cielo.
“Credevo non fossi ancora rientrata”
Megan ha le Louboutin nere in mano, il vestito fatto di strass sopra le ginocchia appuntite e un giacchetto di pelle sotto i capelli rosa e lunghi.
India sospira, chiude gli occhi: “Non riuscivo a dormire”
Diciassette parole.
L’amica esce del tutto in balcone, trascina i piedi sulla superficie fredda e le si sdraia accanto senza aggiungere altro.
Come al solito, non ce n’è bisogno.
Si accende la sigaretta che India le sta porgendo, copre la fiamma con le mani perché fa freddo e: “Neanche una stella” afferma, quasi dispiaciuta.
India rimane in silenzio, il vento si alza e le fa tremare le gambe.
“Domani Dalia va con Olivia in ospedale, spero riescano a chiarire una volta per tutte” continua Megan, come se nulla fosse.
La bionda sta quasi sorridendo.
“Emma invece ha incontrato quello stronzo che le ha rovinato Coco, sai? E Candice! Candice era tutta rossa quando Zayn l’ha riportata a casa. È completamente persa per quel ragazzo. – ride appena, prendendo una boccata di fumo – Non la biasimo per nulla, voglio dire, l’hai visto? È  il sesso
India sorride all’aereo che sta passando sopra le loro teste. Socchiude gli occhi, getta il mozzicone nel posacenere che s’è ricordata di prendere e si accende un’altra sigaretta.
In silenzio.
Passa un altro aereo, prima che riesca a parlare.
“Credo di aver fatto una cazzata”
Megan chiude gli occhi e si morde le labbra per non sorridere.
Lo sapeva.
Aspira un altro tiro.
“Credo di averlo cercato…di essermi fatta trovare. Che schifo i sentimenti”
La sente sospira con frustrazione, con la coda dell’occhio la vede stringere la sigaretta con forza.
“Lo vedo ovunque e ovunque lui sorride. Cioè sorride, il mondo fa schifo e lui sorride. E non è un sorriso normale…sembra che voglia studiarmi. Mi guarda con quel cazzo di sorriso come per dire ‘ti conosco’. Mi fa paura Meg. Mi sento…nuda”
Megan si volta verso di lei, appoggia la testa sul palmo di una mano e il gomito sulle mattonelle. La osserva nel buio, si inumidisce le labbra e sorride: “Magari è la volta buona, India” sussurra, piano. Le sue dita spengono la cicca sul pavimento, poi si fanno vedere dagli occhi chiari dell’amica con movimenti lenti, per non spaventarla.
India serra le palpebre mentre sente le dita fredde di Megan accarezzarle il collo, il segno lungo e bianco che da sotto l’orecchio arriva quasi alla scapola sporgente.
“Le cicatrici non se ne vanno” mormora, tremante.
“Ma se le si bacia, il dolore ogni tanto scompare”

 




Sono in super ritardo!
Ci ho messo un po' di più ad aggiornare stavolta, e credo che d'ora in poi sarà sempre così, ve l'avevo detto all'inizio.
Sto partendo in questo momento, perciò non mi posso fermare come al solito ad analizzare il capitolo.
Capitolo osceno, lo so!
Mi dispiace molto ahahahah
Spero che a voi non faccia così schifo come faccia a me, e soprattutto che abbia capito qualcosa!
Come l'avete vista Emma? E Liam?
Zayn è sempre misterioso, Candice sempre più cotta e India terrorizzata.
Nel prossimo capitolo le cose si spiegheranno molto meglio, torneranno Louis e Niall e anche Dalia e Olivia!
Lo scorso capitolo ha avuto ben 15 recensioni e ciò mi fa riempire il cuore di gioia, grazie mille a tutte!
Vi risponderò non appena avrò il tempo per farlo, siete state meravigliose!
Grazie anche a chi segue questa storia in silenzio, siete tantissime :)
Un grazie mille anche alla mia Megan per aver corretto questo capitolo e soprattutto per essersene uscita con una frase come: "Cosa vuoi dallamia vita? Io beto fan fiction"
Buon ferragosto a tutte quante!
Vi lascio un'immagine appunto, di Megan :)
A presto,
Caterina



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Capitolo 8
*** Capitolo sette - Why I love you ***




No church in the wild
Capitolo sette - Why I love you
 




Megan passa il pennellino dello smalto sull’indice della sinistra. L’unghia assume subito una sfumatura di rosso acceso che la fa sorridere spensieratamente. Alle spalle ha i tetti di Londra rinchiusi fuori la vetrata del terrazzo, in casa c’è solo Emma che studia in cucina e sono le undici di mattina.
Dalia e Olivia sono uscite da almeno un’ora, Candice è andata in ufficio per finire di lavorare ad un progetto di cui nessuno ha ancora capito niente – Ve l’ho detto ragazze, quando sarà il momento vi dirò tutto! – e India è uscita chissà quando e chissà dove.
Megan sospira.
Il boccetto di smalto si sbilancia leggermente quando il telefono sul tavolo inizia a vibrare rumorosamente. La ragazza alza gli occhi al cielo contrariata, rimette il pennellino a posto e afferra il cellulare.
Si lecca le labbra sorridendo, orgogliosa di se stessa.
Lo sapeva.
“Pronto?”
“È una buona giornata per la splendida Megan?”
Ed è proprio la voce di Louis Tomlinson quella che sente dall’altro capo. Il tono solare, l’accento ormai londinese e il timbro alto, giocoso.
La ragazza soffia sulle unghie rosse, mordendosi le labbra: “Dipende – risponde, appoggiando le gambe sul tavolo – Per te è una buona giornata, Louis?”
“Ora che sento la tua meravigliosa voce, direi proprio di sì”
Megan quasi arrossisce.
“Sei un ruffiano” borbotta, scuotendo la testa. Lo smalto inizia ad asciugarsi.
Emma gira la pagina del suo libro.
“Sono solo molto sincero – lo può sentire sorridere – Come stai, comunque?”
“Bene, e tu?” lei soffia ancora una boccata, poi si alza in piedi e si butta sul divano.
Emma sbuffa.
“Sono un po’ indaffarato, a dire la verità – Louis sospira, forse si sta leccando le labbra – Ascolta, ti ho chiamato perché Niall vuole a tutti i costi il numero di Dalia, e mi ha praticamente costretto a chiedertelo. Mi dispiace disturbarti, ma si tratta della sua e soprattutto della mia salute mentale, quindi…”
Megan appoggia la mano sulla sua coscia nuda, aggrotta le sopracciglia e: “Tutto qui?” domanda, sinceramente sorpresa.
“Beh, per ora credo che si accontenti del numero di telefono, ma se vuoi dargli anche la taglia di reggiseno non credo che si arr-”
“No! – la ragazza scuote la testa, mordendosi le labbra – Intendo dire… - poi sospira e chiude gli occhi – Niente, lascia perdere”
Gli detta il numero che sa a memoria ed evita accuratamente di mostrare qualche tipo di delusione nella sua voce.
“Grazie mille – dice poi Louis, qualche minuto dopo – Sei un angelo”
Megan rotea gli occhi al cielo, seccata.
“Per così poco”
Emma bestemmia e volta pagina del libro.
“Okay – Louis deglutisce – Allora ciao”
Megan stringe il pugno sulla coscia e chissene frega se lo smalto non s’è ancora asciugato. Si morde il labbro con più forza,  “A presto” dice, ma il suo tono è sempre gentile e malizioso.
Sta quasi per riattaccare, ma la voce di Louis la richiama velocemente, ponendo fine alle sue domande – e imprecazioni – silenziose.
Lei sorride, si lecca le labbra e riporta il telefono all’orecchio: “Domani. Alle otto. Sii puntuale”
 
 
 
Il St. Mary Hospital dista undici fermate della metropolitana dal loro appartamento.
Dalia continua a fare avanti e indietro per il piccolo corridoio, supera le tre signore col pancione e Olivia, rannicchiata sulla sedia.
I capelli di entrambe sono scuri e raccolti in trecce scombinate, sono le undici e qualcosa della mattina e Olivia ha una fame tremenda.
Non si sono rivolte parola, Dalia ha semplicemente fatto finta che l’amica non esistesse.
Olivia ha il cappuccio tirato sulla testa, gli occhiali spessi sul naso piccolo e le mani in grembo.
Sospira.
Le pareti sono azzurre chiaro, l’odore è inconfondibilmente quello di disinfettante e le infermiere di questo piano hanno i camici gialli e dei sorrisi rassicuranti.
Dalia non le sopporta.
La porta in fondo al corridoio si apre per la quinta volta da quando sono arrivate, esce prima una donna giovane e poi la solita dottoressa di sempre, che sorride e le stringe cordialmente una mano.
Quando poi si affaccia verso la sala d’aspetto e chiama: “Olivia Pickett”, Dalia inizia seriamente a sentire freddo.
La sottoscritta alza appena una mano, afferra la propria borsa posata tra le gambe e segue l’amica nello studio della dottoressa.
La donna deve avere almeno una quarantina d’anni, è alta e slanciata, con qualche ruga sul viso pallido e ovale e i capelli biondo cenere inceppati in uno chignon elegante.
“Hai portato un’amica?” sorride, fa distendere Olivia sull’apposito lettino e s’infila i guanti.
La ragazza si schiarisce la voce, a disagio. Sono ancora amiche?
Dalia coglie la sua esitazione, le afferra quasi rudemente la mano e “Ha portato l’Amica” afferma, col respiro pesante.
Le due si guardano, entrambe troppo testarde.
Non c’è nessun ‘Scusa’ o un ‘Mi dispiace’, perché  non importa a nessuno, non più.
Olivia sorride, ricambia la stretta.
 
 
 
L’appartamento della famiglia Buster è affacciato su Primrose Hill. Due piani più mansarda di lusso e antiquato, camini nelle stanze e marmo italiano in cucina. In salotto si erge una maestosa collezione di libri, mentre nella zona da pranzo il tavolo in legno è circondato da affreschi rinascimentali.
Emma è seduta con le gambe incrociate sul divano in pelle, ha in mano il proprio telefono e aperta la conversazione con Megan, che le sta dicendo di non preoccuparsi, che suo padre non è così male, che non le toglieranno i fondi e soprattutto che i suoi genitori capiranno.
Emma però vuole solo piangere, deglutisce e alza lo sguardo quando sente i passi di suo padre arrivare dal corridoio.
Odia questa casa.
Ivan Buster è un uomo di quarantacinque anni, di bell’aspetto, con un viso giovanile e i capelli biondo cenere. Indossa una camicia di lini bianco, dei jeans chiari e un paio di scarpe nere e lucide.
“Ciao Em, - la saluta mentre le scompiglia i capelli – che onore vederti in questa casa”
La figlia si morde l’interno della guancia per non replicare e si appoggia stancamente allo schienale del divano, incrociando le braccia come faceva da bambina. L’uomo invece si posiziona sulla poltrona davanti a lei, accavalla elegantemente le gambe e continua a sorriderle.
È irritante.
“Veramente è stata mamma a chiamarmi – sbuffa – Io col cavolo che venivo a trovarvi”
“Ci odi così tanto?” Ivan ridacchia, scuotendo la testa.
“Non ridere! – esclama Emma, arrabbiata – Non prendermi in giro papà! È un periodo di merda anche senza che tu t’intrometta”
“È per questo che non hai passato i due esami?”
 La ragazza si alza in piedi di scatto ed è come se stesse perdendo l’unico appiglio di aria rimasto.
Sta soffocando dentro queste mura.
“Dì a mamma che sono passata” dice soltanto, col fiato corto. Afferra la borsa e il cappotto.
Le viene da piangere.
 
 
 
 
 
Harry sta scrivendo qualcosa su un diario, quando India entra nel supermarket.
Gli scaffali sono silenziosi, il ronzio della radio che trasmette una hit del 2004 si confonde con quello dei frigoriferi funzionanti.
Lei indossa una gonna lunga e nera a vita alta e un crop top grigio fumo sotto una giacca leggera di denim.
Non si volta a fissarlo, trascina gli anfibi verso lo scaffale degli alcolici, afferra  quattro bottiglie di Heineken con le sue dita esperte e raggiunge velocemente il bancone della casa.
I capelli sono – come da consueto – sciolti sulle spalle e lungo la schiena, lo sguardo è più vitreo del solito e adesso punta dritto la testa china del ragazzo.
Non ha tempo da perdere, e lui non accenna a muoversi.
La mano destra tiene quasi con violenza una penna nera, le pagine hanno un colore tendente al giallo e la scrittura è fitta e obliqua.
India non sa nemmeno se lui l’abbia notata. Continua a guardargli la fronte, i capelli dentro una cuffia grigia, il fisico imbottigliato in un maglione nero e largo, le maniche sui gomiti che scoprono i tatuaggi, le mani grandi.
“Harry”
Lui si blocca improvvisamente, la parola lasciata incompleta. Aggrotta le sopracciglia, posa la penna sul bancone alza la testa, piano.
India lo sta guardando con gli occhi leggermente più aperti del solito, le labbra tremanti e l’espressione stravolta dal panico.
“Ciao” mormora Harry, in un bisbiglio.
La ragazza prende un respiro profondo, lo stomaco le si chiude in una morsa opprimente, appoggia le birre sul bancone e serra le mani a pugno.
Lui chiude il diario, lo infila sotto il ripiano e continua ad osservarla.
Non sorride.
Il suo volto è serio, concentrato, la schiena è ricurva sullo sgabello e gli occhi sono verdi scuri.
India percepisce i palmi delle mani bruciare per il troppo dolore, deglutisce più e più volte e vorrebbe solo tornare a casa e piangere.
Ed è come se riuscisse a sentire ogni cosa intorno a lei e non vedesse nient’altro che lui.
Le porte del supermarket che adesso si sono aperte, il fruscio della borsa della signora appena entrata a contatto col giubbotto, il ronzio dei neon al soffitto, la voce di Ed Sheeran agli altoparlanti, le macchine fuori, il vento, la rabbia, la paura, il rimpianto, il sangue nelle vene, il tremito alle gambe alle labbra, lui.
Il suo scudo di apatia s’è frantumato sotto un paio di occhi verdi.
C’è freddo.
“Sono dodici sterline” dice Harry, attimi dopo.
India infila velocemente la mano dentro la tasca della giacca e sfila le due banconote da cinque e da dieci sterline. Aspetta che lui metta le bottiglie dentro al sacchetto plastica che inevitabilmente si romperà tornando a casa e appoggia i soldi sul marmo.
“Mi piace come dici il mio nome”
Harry continua a fissarla anche mentre le passa la borsa e prende il resto. Lei non risponde, serra le labbra e s’irrigidisce.
Quando ormai è fuori dal supermarket e il vento invernale le fa quasi girare la testa, India capisce di essere scappata di nuovo.
E, qui fuori, la sua corazza c’è ancora.
 




L’appartamento sa di pasta al sugo e anche di bruciato, Olivia e Dalia stanno apparecchiando, Emma è stesa sul divano con le gambe nude, Megan si sta improvvisando cuoca e India è seduta sul ripiano delle cucina, con una sigaretta in bocca e il sorriso spento.
Candice è in piedi, sono le sei e quaranta e non ha per niente fame.
Si morde il labbro, a disagio. Avanza di qualche passo verso la zona cottura, si appoggia al frigorifero.
Sospira.
“Piccola Candice – Megan le rivolge un’occhiata serena – Che ti succede?”
L’amica tentenna un po’ sulle sue gambe chilometriche, gioca con la treccia dei suoi capelli e sospira di nuovo.
 “Come…come sai quando bisogna dire ‘ti amo’?”
Megan appoggia di scatto il mestolo in ferro, guarda prima lei e poi India, che ricambia lo sguardo.
Candice inizia ad arrossire furiosamente, e le due scoppiano a ridere.
“Oh, piccola Candice! – esclama Megan, affettuosa – Quanto sei ingenua”
“Che c’è? – sbuffa l’altra, risentita – Era una semplice domanda”
India tossica il fumo che l’è andato di traverso: “Scusaci Candy – ridacchia, cercando di rimanere seria –È che, voglio dire, ti sembriamo davvero due ragazze che dicono ‘ti amo’?”
“Esatto! – concorda Megan, sistemandosi la maglietta scollata che indossa – Perché dire ‘ti amo’ quando puoi avere tutti gli uomini di questo mondo? Perché avere una relazione quando puoi avere esclusivamente il sesso? Tanto sesso”
Candice ha le guance porpora, gli occhi spalancati e l’espressione terrorizzata.
India scuote la testa esasperata e rifila piccolo calcio nel sedere di Megan: “Quello che Meg sta cercando di dirti, Candice – spiega – è che hai chiesto alle due persone meno adatte per questo genere di cose”
“Intendi l’amore?”
“Intendo i sentimenti – India sospira – Facciamo schifo in questo campo”
Megan aggrotta le sopracciglia e la guarda: “In realtà facciamo schifo in tutto” la corregge.
“Lo so – la bionda sorride, fa l’occhiolino a Candice – Ma siamo comunque le migliori”
Tutte e tre scoppiano a ridere.
La pasta poi, si è inevitabilmente bruciata.
 
 

 



Eccomi qui!
Come state? Non ho neanche ritardato così tanto!
In questi giorni scrivere mi risulta davvero difficilissimo e non so perché ahah
Comunque sono qui, con un capitolo decisamente movimentato.
Prima di tutto, per la vostra gioia, abbiamo il primo vero momento Louis/Megan.
Come li avete trovati? Avete capito perché Megan inizialmente è sorpresa? 
Può essere che Louis vi abbia dato l’impressione di essere timido. In realtà è esattamente il contrario ahahah
Io me lo immagino esattamente come lo descrivo, ovvero schietto e diretto, ma anche molto elegante e, perché no, anche un po’ ruffiano ahah
Nel prossimo capitolo li vedremo insieme nell’appuntamento (:
Poi abbiamo la riappacificazione – se così si può chiamare – di Dalia e Olivia.
Molte di voi probabilmente si aspettavano un vero e proprio confronto, e a dire la verità anche io. Ma il fatto è che ho riflettuto a lungo sui loro caratteri ed entrambe sono molto testarde e orgogliose, e mai e poi mai si sarebbero chieste scusa con l’intenzione di essere perdonate.
Ma il pezzo stranamente mi piace ahah e spero possa piacere anche a voi (:
La new entry del capitolo è la casa natale di Emma. Emma che è sempre allegra anche quando non vuole, si sente soffocare dalla sua famiglia e da suo padre. So che non viene spiegato niente, e probabilmente dovrete aspettare un po’ prima di conoscere esattamente tutto ciò che Emma pensa, ma volevo introdurvi questo stato d’animo di Emma, per conoscerla un po’ più a fondo.
Voi cosa ne pensate?
Poi abbiamo India, sempre più terrorizzata, e abbiamo Harry, che scrive. Ecco, la scrittura sarà un altro tassello fondamentale per questa coppia, specie per lui.
Come li avete trovati? Le vostre impressioni?
Per ultimo abbiamo la piccola Candice confusa. So che è molto affrettato un ‘ti amo’, ma Candice è totalmente inesperta e Zayn è una rivoluzione per lei.
Nel prossimo capitolo troveremo senza dubbio Dalia e Niall, Louis e Megan e ancora Zayn.
E, visto che adesso Olivia è più serena, il suo personaggio diventerà fondamentale.
E, porca miseria!, siamo già al capitolo sette! Ahahaha
Vi ringrazio immensamente, di cuore, mille volte, per tutte le recensioni che mi lasciate ad ogni capitolo, per i commenti su Ask e su Facebook.
Grazie mille, senza di voi non saprei davvero come fare :’)
Grazie anche a chi segue silenziosamente la storia, siete speciali!
Spero che il capitolo non vi abbia deluse!
Vi lascio alla meravigliosa Candice :)
A presto,
Caterina





 

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Capitolo 9
*** Capitolo otto - Wake up ***


 

No church in the wild
Capitolo otto - Wake up



Le sue corde vocali vibrano lente assieme a quelle della chitarra.
Dalia soffia nel microfono nero e ha le palpebre serrate, la fronte che si aggrottata e la voce bassa, quasi sussurrata.
Worn Me Down è una delle sue cover preferite, adora ogni singolo suono di quella canzone e ogni volta è come se la stesse cantando per se stessa.
Le parole le tremano nell’ultima strofa, si zittisce con un rumore secco della chitarra e il pub scoppia in un applauso caloroso. Lei prende un respiro profondo come se stesse riemergendo e apre gli occhi, sorride.
“Grazie mille a tutti – mormora, schierandosi la voce – Buon proseguimento di serata”
Si alza dal panchetto su cui è seduta e scende dal piccolo palco da cabaret con la chitarra tra le mani. La sistema con cura nella custodia e poi si trascina al bancone, dove ordina una Diet Coke.
Il pub si trova in periferia, è stile anni ’80 e alle pareti spiccano tutti i volti dei più grandi artisti della storia.
Dalia sorride a Bob Marley e sospira.
“Sei stata bravissima, come al solito”
Niall Horan le si è appena seduto di fianco, ha i capelli biondo scuro scompigliati e una felpa pesante e verde che gli accentua il colore oceano degli occhi.
Dalia si lecca le lebbra, poi le stringe in una linea dura e sospira ancora: “Credevo che fossi stata abbastanza chiara – dice – Prima vuoi il mio numero, adesso ti presenti qui… Se non ti ho risposto ai messaggi, Niall, è perché non voglio avere nulla a che fare con te”
Niall la guarda con la bocca spalancata e l’espressione sorpresa. Poi scuote la testa e le sorride: “Tu sei tutta matta” mormora, prendendo un sorso della sua birra.
“Non sono matta – Dalia inizia già a spazientirsi, non è proprio serata – Semplicemente non m’interessi, tutto qui”
“Proprio per questo sei matta! – esclama Niall, ridendo – Ascoltami principessa, io non so quali castelli tu ti sia fatta su di me, ma non sono il tipo che rincorre le ragazze e le corteggia. Non ti ho chiesto di sposarmi, ci mancherebbe altro! Sei una bella ragazza, mi piacciono molto le tue gambe e il tuo fondoschiena, ma volevo semplicemente sentirti cantare e magari chiacchierare un po’ con te. È così terribile?”
Dalia stringe i pugni per evitare di mettergli le mani addosso. Stanotte non ha dormito granché, sta sicuramente per piovere e lei deve tornare dall’altra parte della città in metro.
“Ascoltami tu! – ruggisce – Sei libero di seguirmi su Twitter, di avermi nella tua rubrica e di venire a vedermi cantare, ma non voglio avere nulla a che fare con te. Te lo ripeto Niall, non m’interessi. Non m’interessa la tua vita né quello che sei o quello che fai”
Niall è chiaramente senza parole. Si lecca le labbra secche e guarda il locale, ma nessuno sembra averlo riconosciuto.
“Sono il tuo cantante preferito” biascica poi, confuso.
“Già – Dalia si alza in piedi e afferra la custodi della sua chitarra – Sei il mio cantante preferito. Tu sei dentro il mio iPod. Tu devi rimanere lì”
La signora del tavolo quattro alza gli occhi dal suo drink in tempo per vedere la ragazza uscire dal locale.
 
 
 
 
 
Megan ha un braccio di Louis attorno alla vita e un sorriso sincero dipinto sul volto.
Stanno vagando per il centro di Londra ormai da qualche ora, senza una metà precisa. Sono passati già due volte davanti a Buckingham Palace e Louis ha il terrore di non sapere più dove abbia lasciato la macchina.
Hanno mangiato dal cinese, Megan ha cercato di non ridere quando lui si è quasi strozzato con il riso e ha protestato quando Louis ha pagato per entrambi.
C’è il vento, ma i suoi capelli sono legati in uno chignon stretto e il ragazzo le ha gentilmente offerto la propria giacca in denim imbottito.
È comoda.
“Le più piccole hanno sei anni – sta dicendo Louis, tenendola stretta – Si chiamano Pheobe e Daisy, sono gemelle e sono davvero troppo uguali”
La sua voce è aperta come le sue vocali, Megan lo ascolta continuando a fissargli il profilo spigoloso ma attraente. Con le Louboutin sono alti uguali, lei sorride al pensiero ma non lo interrompe.
“Felicité ha quattordici anni, ed è completamente fuori di testa – Louis scuote la testa e ride –È iperattiva, logorroica ed è sempre felice e disponibile con tutti”
“Saranno tutte bellissime” mormora Megan, in un sussurro. Lui la stringe più forte e le lascia un bacio tra i capelli: “La più grande è Charlotte – conclude poi, continuando a camminare – Ha quasi diciassette anni ed è perennemente…”
“Incazzata col mondo? – indovina Megan, sorridendo – O pigra? Disobbediente? Volgare? Antipatica?”
“Esattamente! – esclama Louis, poi sospira – La minaccia del collegio in Svizzera non serve più a niente. Spero che questa fase finisca presto”
Megan ride sui tacchi e dentro il paio di jeans neri che indossa, gli accarezza una guancia e: “Non passerà – spiega semplicemente – E anzi, peggiorerà. Dovrai rinchiuderla in casa per evitare che combini qualche guaio”
“Sembri molto esperta” le fa notare Louis, alzando un sopracciglio.
“Te l’ho detto – s0rride lei, passandogli un braccio attorno alla vita – L’adolescenza non finisce, peggiora”
 
 


Olivia è al telefono coi suoi genitori da quasi due ore e mezza. È seduta sul cornicione della terrazza, le gambe scoperte, la felpa dell’università e un fazzoletto ormai consumato chiuso nel pugno della destra.
Fuori soffia il vento e lei ha chiuso la finestra per evitare di farsi sentire piangere da Candice, è troppo orgogliosa e comunque troppo disperata.
Una gravidanza a ventun anni non è una bella cosa per nessuno, specialmente per sua madre e suo padre, che stanziano a Parigi ormai da sei anni. Lei rimane in silenzio, ogni tanto singhiozza e ascolta la voce carica di delusione di entrambi i suoi genitori.
Candice la osserva di tanto in tanto, alza gli occhi dal libro che sta leggendo sul divano e addolcisce lo sguardo, senza bene sapere cosa fare. Poi sospira, scuote la testa e torna alla pagine.
Il campanello di casa suona all’improvviso un paio di volte, facendola sobbalzare per lo spavento. Gli occhi chiari di Candice corrono all’orologio appeso al muro della cucina.
Le undici e quattro di sera.
L’ansia le fa trattenere il respiro per diversi secondi. Le ragazze hanno tutte le chiavi, lei non aspetta nessuno e neanche Olivia.
Candice odia queste situazioni, per questo blocca tutti gli utenti che vogliono seguirla su Instagram e non accetta mai richieste d’amicizia su Facebook.
Anche se lei lo chiama ‘prevenzione’, in realtà è una gran fifona.
Si alza lentamente, osserva circospetta il salotto e la terrazza e cammina velocemente verso la porta d’ingresso e quindi al citofono.
“Sì?”
“Ehm, Candice”
Zayn.
Sorride: “Ciao”
“Puoi…puoi venire giù? Devo parlarti. Per favore”
Candice ha perso il sorriso, e mentre rispondere con un: “Arrivo” un po’ balbettato, spera con tutto il cuore di non esserci troppo dentro.
 
 
 
 
Emma è al quinto bicchiere di Sambuca, quando Dalia le si siede vicino al bancone.
India inarca le sopracciglia e la guarda con confusione, serve un ragazzo dai capelli neri e lunghi e la raggiunge: “Ciao!” esclama, alzando la voce.
Dalia fa un gesto di saluto con la mano, “Ho lasciato la chitarra nello spogliatoio – dice, arrabbiata – Adesso dammi da bere che odio la mia vita”
Emma ride apertamente e le circonda il collo con un braccio, lasciandole un bacio umido sulla guancia.
India rilassa le spalle, sorride ad entrambe e torna al suo lavoro.
Il ‘Lollipop’ stasera non è del tutto pieno, la musica scorre quasi bassa tra le pareti e non c’è bisogno di urlare per farsi sentire. Il concerto che si è appena svolto era di una certa band non troppo conosciuta.
Adesso Joy, il dj, sta passando le hit degli anni ’90, Emma si esalta ogni volta che riconosce una canzone e: “Te la ricordi?” esclama verso India, che le sorride e annuisce.
“Sembra che ti abbiano appena ucciso il gatto, Dalia” ride Emma, appoggiandosi al bancone con entrambe le braccia.
“Noi non abbiamo gatti – sibila l’amica in risposta – E comunque non è serata, quindi ubriacati e taci come ogni altro essere vivente”
“Fortuna che ti vogliamo bene, D” sorride India, e le porge un mojito blu.
Dalia alza gli occhi al cielo e sospira, si guarda intorno.
Non c’è praticamente nessuno sulla pista da ballo.
“Che mi sono persa?” domanda poi, cambiando argomento.
India si allontana per prendere del nuovo ghiaccio e una bottiglia trasparente. La divisa le sta ancora larga sulle spalle e nei fianchi. Ci sono almeno venticinque gradi ma i suoi capelli sono inevitabilmente sciolti e mossi.
È struccata ma pur sempre bellissima.
Dalia un po’ la invidia.
“Megan non ha ancora finito con Louis – spiega Emma, controllando il proprio telefono appoggiato sul bancone – Olivia ha detto ai suoi di essere nella merda e…Ah! Domani rivedo Liam”
“Il professore?”
“Il professore sexy – mormora l’amica, abbassando il tono della voce – È il classico tipo che dorme in piedi”
 “E allora perché vuoi a tutti i costi tornare a scuola da lui?” domanda India dietro al bancone, uno strofinaccio in mano e un bicchiere dall’altra.
“Perché è sexy! – il tono di Emma è fin troppo ovvio – E perché voglio capire come mai non mi abbia chiesto il numero”
“Forse non gli piaci” dice Dalia, stringendosi nelle spalle.
“O forse è perché ho ragione io – l’amica blocca il telefono e lo ripone nella tasca dei jeans – È il classico tipo che dorme in piedi”
 
 
 
 
 
 
 
Candice è una fifona, ma ha un cuore d’oro. E, oltre a questo, ha anche un paio di gambe mozzafiato e delle mani lunghissime e magre, un paio di occhi da cerbiatta e la pelle liscia e bianca.
Apre il portone del palazzo e prende un respiro che sa di freddo e di notte. La strada è deserta e buia, le finestre dei condomini sono quasi tutte accese, c’è qualche radio che va ancora e perfino un telegiornale di mezzanotte.
Candice non lo vede neanche arrivare perché Zayn è già lì.
Non lo vede ma lo sente.
Sente le sue mani tra i capelli che ha cercato di sistemare fino ad adesso, sente le sue dita sugli zigomi sporgenti, la sua bocca avida e disperata sulla sua, la lingua sapiente di chi parla poco ma pensa troppo.
Candice è una fifona, ma ha un cuore abbastanza grande per Zayn. E delle mani lunghissime e magre che adesso gli accarezzano le spalle ampie, un paio di occhi da cerbiatta che ora sono serrati, le gambe affusolate che tremano per troppe emozioni troppo grandi e troppo belle.
Non ha mai baciato nessun ragazzo come sta baciando Zayn in questo momento. Non si è mai sentita così tanto stretta e vicina ad una persona, così tanto da soffocare e chiedere un altro bacio, e poi un altro ancora fino a quando le labbra non le faranno male.
Candice è una fifona, ma ha un cuore d’oro adesso che è fatto apposta per Zayn.

 



 

Eccomi qui con il nuovo capitolo!
Scusatemi se ci ho messo un po’ ma questa storia richiede più tempo e attenzione che altre, e in più voglio fare le cose con calma quindi me la prendo un po’ più “comoda” (:
Partiamo subito con il primo pezzo, ovvero quello di Dalia e Niall. Prima che qualcuna mi voglia uccidere (perché so che lo volete fare)  voglio ricordarvi ancora una volta che questa sarà una coppia che darà il filo da torcere a tutti, nel bene e nel male. In più, Dalia è una mina e se avesse ceduto senza fare storie non sarebbe stata minimamente credibile!|
Non vi voglio anticipare niente, lascio tutte le supposizioni a voi (:
Poi abbiamo il famoso appuntamento di Megan e Louis! Non sono l’amore?
Io li amo un sacco non potete capire ahaha
Ovviamente non potevo descrivere dettagliatamente ogni singolo passaggio, così ho optato anche questa volta per la famiglia (:
Nel prossimo capitolo ci saranno i pensieri e le riflessioni di Megan riguardo l’uscita.
Vi piacciono insieme?
Poi abbiamo Olivia, Olivia che nel prossimo capitolo avrà uno spazio apposta per sé! Tra l’altro, la mia ‘Olivia’ mi ha fatto notare che sarebbe bello se ci fosse una one-shot anche per lei. E io ho pensato che sarebbe molto bello, anche per il fatto di conoscere qualcosa di più riguardo questo personaggio, no?
La one-shot ce l’ho già in mente, ma non la pubblicherò prima di un certo capitolo per evitare spoilers inutili (:
Emma è sempre sorridente, e Dalia è arrabbiata (strano, vero?). 
Nel prossimo capitolo vedremo di nuovo Emma a contatto con Liam, la situazione famigliare ricomparirà più avanti, assieme agli esami e alla scuola.
India l’ho lasciata da parte in questo capitolo e ho voluto portare avanti il resto delle coppie, ma vi avviso che Harry ricomparirà subito e sarà uno dei capitoli decisivi per la loro “relazione”.
Mi auguro con tutto il cuore che questo capitolo vi sia piaciuto così come gli altri, non potete capire quanto sia orgogliosa nel ricevere tutte le volte queste lunghissime e bellissime recensioni!
Se m’impegno così tanto per questa storia è anche e soprattutto per voi, grazie di cuore (:
Siete in tantissime a seguirmi e, beh, grazie mille a tutte, non so proprio cosa dire!
Vi lascio con un’immagine di India e spero che gli esami (per chi li ha avuti) siano andati bene!
A presto,
Caterina
 

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Capitolo 10
*** Capitolo nove - How are you ***



 
No church in the wild
Capitolo nove - How are you




“Non sento niente”
“È ancora presto, Dalia”
“Ma sei sicura di essere incinta? Magari sei solo ingrassata”
Olivia sbuffa e colpisce con un piccolo schiaffo il braccio di Dalia, che ha la testa sul suo ventre e gli occhi socchiusi.
“Non mi rovino la vita per del grasso, D – protesta – E, anzi, sono fin troppo incinta, fidati. Perfino i miei professori l’hanno notato”
Probabilmente sta per piovere. Sono le quattro e venti di pomeriggio e in casa ci sono solo lei, Dalia e Megan.
Quest’ultima si sistema meglio sul divano, incrocia le caviglie e le osserva, una sigaretta in mano e il telecomando nell’altra.
“Non è così terribili essere incinta, Olly – la rincuora, aggrottando le sopracciglia – I bambini sono…belli
Ma neanche lei crede a quello che dice, perché in una frazione di secondo tutte e tre scoppiano a ridere.
“Okay questa era bella, Meg” borbotta Dalia, respirando forte.
“Bella come Niall Horan, D?” mormora allora Megan, mordendosi le labbra già ricoperte di rossetto.
Dalia si alza di scatto dal divano, stizzita.
Non ci vuole pensare e soprattutto non vuole parlarne.
“Dove sono i tuoi jeans? – cambia infatti argomento, dirigendosi verso il corridoio – Quelli chiari che stanno anche a me”
Megan ride appena e scuote la testa: “Non lo so – risponde poi – O sono nel mio armadio o in camera di Emma, stanno anche a lei. Altrimenti prova nei cassetti di Candice, li ha messi due giorni fa”
Olivia si accarezza il ventre, inclina la testa con un sorriso che non sfoggia da un po’.
 “Quattro amiche e un paio di jeans?” esclama Dalia, dall’altra stanza.
Megan spegne la sigaretta nel posacenere sul mobile accanto al bracciolo del divano, poi sospira e aggrotta le sopracciglia: “Guarda che siamo in sei!” urla poi, alzando la voce. Fa un occhiolino ad Olivia che le sorride di rimando, in silenzio.
Dalia torna in salotto qualche secondo dopo, in mano tiene un paio di jeans chiari e arrotolati sulle caviglie: “Sì – risponde, ovvia – ma tanto lo sapete che India e Olivia mi stanno sul cazzo”
Inizia a piovere, e Megan ride.
 
 
 
 
Se la signora che sta osservando i pacchi di biscotti alzasse lo sguardo verso di lei, noterebbe che il labbro inferiore di India è più rosso del solito. E screpolato. E sta sanguinando un poco.
La ragazza indossa un paio di jeans stretti e i suoi anfibi neri, un maglione un po’ troppo largo e il suo giaccone verde scuro.
Sospira, fa un passo avanti e si ferma di nuovo.
Il supermarket è quasi affollato, ci sono un paio di famiglie al completo, qualche signora anziana e diversi ragazzini con la divisa scolastica.
India sta leggendo attentamente tutte le marche di brioche che riesce ad individualizzare sullo scaffale, i capelli sono ancora umidi per il freddo e gli occhi sono stanchi e di chi non li chiude da un po’.
Stinge con più forza il cestino che tiene nella sinistra, afferra una confezione lilla di brioche alla marmellata e ce la infila dentro quasi con rabbia. Poi sospira, scuote la testa e riprende a camminare.
La signora dal cappello rosa e il cappotto dello stesso colore alzo lo sguardo e lo punta un attimo sul corridoio, poi aggrotta la fronte e spinge il carrello verso un altro reparto.
Lui sbuca da dietro lo scaffale qualche minuto più tardi.
Oggi indossa un berretto di lana arancione, un grembiule legato sui fianchi rosso scuro e un cartellino impigliato sul maglione grigio che dice ‘HARRY’.
Tra le braccia tiene uno scatolone pieno di barattoli di marmellata.

India lo osserva ed è già arrabbiata.
Stanotte non ha chiuso occhio e il labbro le brucia tantissimo ed è colpa sua.
Harry si blocca in mezzo al corridoio non appena la nota, e sembra fin troppo sorpreso.
Si lecca le labbra, sorride.
È ancora colpa sua.
“Sai quello che mi piace di te? – fa un passo avanti, le arriva vicino ma le da il tempo necessario per scappare – Il fatto che io sono bravo a capire le persone. Le persone, in fin dei conti, mi piacciono anche. Sono banali, fatte con lo stampino, noiose, ma non così male. Poi arrivi tu, un giorno scherzi con le tue amiche, poi torni e osservi tutti senza dire una parola. Vieni qui, mi guardi, mi studi e te ne vai di nuovo. Un giorno hai la gonna lunga, quello dopo sembri anoressica da quanto i tuoi jeans siano stretti. Non parli, certo, ma è come se… - sospira, appoggia lo scatolone sul pavimento e si passa una mano dietro il collo, in difficoltà – Mi fai incazzare, terribilmente. E non ti conosco! So a malapena il tuo nome perché l’ho sentito da una delle tue amiche, ma il resto? Ti fai cercare, io ti trovo e poi mi allontani di nuovo. A che gioco stai giocando? Sei così…così strana e così… - una pausa, un sospiro, un tremito – Per favore, non…parlami India. Dimmi qualcosa.”
Ad India le persone e le parole non piacciono tanto, e non capisce se abbia più paura delle prime o delle seconde.
Adesso però, davanti a lei non c’è nessun altro che Harry di cui nemmeno sa il cognome ma conosce le sfumature dei suoi occhi.
E lei stanotte non ha dormito. Ed è colpa sua.
È arrabbiata.
Per questo gli ultimi passi per raggiungerlo – raggiungersi – li fa lei. Per questo gli afferra i polsi lasciati vicino ai fianchi e glieli stringe, li ferma e forse glieli graffia anche. Harry non lotta, sopporta il dolore che inevitabilmente stanno sentendo entrambi.
Lei si alza sulle punte, chiude forte gli occhi e lo bacia.
È ancora arrabbiata e stanotte, ancora, non dormirà.
 
 
 
A Candice non piacciono i ritardi. È paziente, sì certo, ma ci vuole rispetto e ci vuole puntualità e no, non le piacciono i ritardi.
Tuttavia, per Zayn potrebbe fare un’eccezione.
Per Zayn comunque, potrebbe fare anche altro.
Arrossisce per il doppiosenso involontario dei suoi pensieri, stringendosi nella sciarpa scura che ha preso dal cassetto di India.
Hyde Park è affollato e freddo. La panchina dove è seduta si affaccia sulla ghiaia del sentiero, lei si passa le mani sulle gambe magre e cerca calore e  cerca Zayn.
Lui è in ritardo, ma Candice è paziente.
Sono due ore e mezza che è paziente.
Gli ha anche mandato un messaggio – cinque – e ha provato a chiamarlo un paio di volte – quattro -, ma il suo telefono è staccato e lei sta morendo di freddo.
Magari gli è successo qualcosa. Magari ha fatto un incidente, magari dorme, magari mangia, s’è scordato. Di lei.
Lei che sta aspettando.
Sospira, chiude gli occhi per il vento e la delusione.
Le labbra di Zayn sono ancora attaccate a lei da qualche parte, perché il bacio che si sono dati l’ha fatta sorridere per tutta la notte e dentro la metro e in ufficio e anche in riunione.
Due ore e tredici minuti.
È ancora lì, Candice.
Ci sono parecchie famiglie, troppi bambini che corrono, qualche anziano mano nella mano o solo, coppie di adolescenti e non.
C’è il vento, il tempo perfetto per un acquazzone e il cielo grigio.
Manca Zayn.
Ma per lui, realizza, potrebbe fare un’eccezione.
Solo che, effettivamente, l’ha già fatta.
 
 
 
 
Emma ha l’ombrello dentro la borsa e l’ombretto sugli occhi.
Stavolta indossa un paio di jeans stretti, le Jeffrey di Megan e gli orecchini di Candice. I capelli li ha stirati, il cappotto è firmato e lei è davanti alla Rick Hansen Public School da cinque minuti.
Il tragitto da scuola a casa di Callum dura un paio di fermate della metro, ma da quello che ha potuto capire dai resoconti di India, i genitori del ragazzino sono iperprotettivi.
Emma non se le scorderà mai le litigate isteriche con sua madre per l’outfit da sabato sera. E comunque, anche se per qualche strano caso dovesse dimenticarle, India e Olivia sono sempre ben disposte e ricordargliele tutte.
Dannate loro e sua madre!
La campanella suona nel momento in cui Emma fa un passo avanti, decine di ragazzini in divisa escono dalle porte ora spalancate e lei trema perché i bambini non le sono mai piaciuti e mai le piaceranno.
Liam li segue in cortile subito dopo, indossa una camicia tirata sopra i gomiti e un paio di pantaloni stretti e scuri.
Sorride, un sorriso che coinvolge anche gli occhi grandi e dorati.
Emma si morde il labbro, un altro sospiro e individua Callum già in disparte con un paio di ragazzini.
“Emma!”
Liam alza un braccio nella sua direzione, contento. Lei sorride di riflesso e si avvicina lentamente per dare il tempo alle due madri che lui ha di fianco di farsi da parte.
Olivia ha scommesso venti sterline che non le chieda il numero, Dalia venticinque.
Emma è sicurissima che stavolta è la volta buona.
“Ciao” lo saluta, quando è abbastanza vicina.
“Mi fa piacere rivederti – dice lui, senza perdere il sorriso – Come stai?”
Sembra sinceramente interessato, lei si sente già più in difficoltà.
“Bene grazie”
È una bugia, ma chissenefrega.
Liam annuisce e continua a sorriderle, poi scompiglia la testa di una ragazzina che gli passa di fianco e rilassa le spalle: “La tua coinquilina è di nuovo impegnata?” s’informa, curioso.
Emma ci mette qualche secondo a collegare, ha appena scoperto che lui possiede una piccola voglia sul collo.
Megan direbbe assolutamente ‘sexy’.

“Già – risponde poi, agitata – Non è un problema, comunque. Mi piacciono i bambini”
Non è vero, ma chissenefrega ancora.
“Mi fa piacere – le sorride ancora Liam – Adesso scusami ma devo parlare con la madre di un mio alunno. Spero di rivederti, uno di questi giorni”
Non si avvicina, non l’abbraccia. Aspetta solo che lei annuisca – come un’imbecille – e poi si allontana.
Emm ha appena perso quarantacinque sterline.
Forse se gli avesse chiesto come stava...
Forse.

 

 

 

 

 





Eccomi qui con il nuovo capitolo!
Un capitolo molto ricco, vero?
Sinceramente non mi dispiace, sarà per le tematiche che affronta, non lo so. L'importante, comunque, è che possa piacere anche a voi.
Non mi voglio soffermare troppo come le volte passate, perché vorrei lasciare a voi lo spazio necessario per analizzare tutto, per comprendere i fatti e i personaggi.
Per quanto riguarda Candice e Zayn, beh, dovevate aspettarvelo!
Non ci sarebbe stata una quiete continua, e lui scappa. O si dimentica.
Il disorso di Harry vi dovrebbe aiutare a capire il suo carattere, nonostante sia abbastanza complesso anche per me.
E Liam ancora non chiede il numero di telefono ad Emma! Ahaah
Grazie di cuore per i commenti che mi lasciate ovunque, è sempre un piacere sapere ciò che pensate di questa storia!
Vi avviso che dopo il prossimo capitolo, ci sarà la one-shot a parte anche per Olivia :)
Non vedo l'ora!
Fatemi sapere se il capitolo vi è piaciuto almeno un po' di come è piaciuto a me scriverlo :)
Vi lascio un'immagine di Olivia!
A presto,
Caterina



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Capitolo 11
*** Capitolo dieci - Stop ***




No church in the wild
Capitolo dieci - Stop





Fa un freddo cane in terrazza, India sospira a pieni polmoni e s’irrigidisce nel cercare conforto dentro il maglione di lana intrecciata che indossa.
Una sigaretta tra le labbra screpolate e Megan di fianco a lei che ride a bocca aperta.
Sdraiata accanto a quest’ultima, Emma  spiega la figuraccia con Liam con il rossore nelle guance e il fumo nei polmoni. Dalia le ride vicino, le ripete quanto sia cogliona e ogni tanto posa lo sguardo sul cornicione, alzando un po’ la testa, dove Olivia e Candice sono sedute e gambe incrociate coi giacconi a tenere caldo.
Il pavimento sotto di loro è gelido quasi quanto il vento che soffia contro le loro guance.
Quattro sdraiate sotto al cielo – Gelo non ti temo! – e le altre due sedute compostamente accanto ad un vaso di terracotta – Vedremo se parlerai ancora così quando domani avrai la febbre, Meg –.
“È stato terribilmente…orrendo – sta dicendo ancora Emma, la voce lamentosa e un braccio sul volto – Avevo indosso il nostro affitto mensile!, e questo idiota mi ha liquidata sorridendo. Ma vaffanculo va’!”
Dalia ride anche più della prima versione, quella in cui Liam è stato chiamato il ‘diversamente abile’, si sistema meglio contro il pavimento e appoggia con più vigore la testa nel cappuccio caldo: “Deve essere un ragazzo con una morale, o con dei principi” borbotta.
“Già! – esclama Emma, continuando a fissare il cielo scuro con rabbia – Un imbecille!”
“Non ti abbattere, Em – la rincuora Megan, voltandosi verso di lei per darle un piccolo abbraccio – L’oceano è pieno di pesci e Megan piena di amici
“Non chiamare amici quelle persone, Meg! – Candice la guarda grazie alle luci di Londra e del salotto lasciate accese, ha lo sguardo quasi preoccupato – Non è bella gente e tu meriti di meglio, molto meglio”
“Concordo” soffia piano India, per la prima volta da quando si sono accampate in balcone.
Non è la prima volta che qualcuno dice a Megan una roba del genere. Lei la maggior parte delle volte indurisce lo sguardo, alza gli occhi al cielo senza farsi vedere, gonfia le guance ma non replica. E questo perché lei non ci crede, perché ha avuto un solo fidanzato in tutta la sua vita, in quarta elementare e perché si sono lasciati dopo che lei ha dato un bacio sulla guancia ad un altro ragazzino. Megan non è brutta, sa di non essere brutta e anzi, la gente pagherebbe per avere la sua voce così suadente, lo sguardo così malizioso e le curve così dannatamente al posto giusto.
Stop.
Il suo cervello non connette altro, Megan è bella perché ha un bel viso e nient’altro. È bella perché quando fa sesso non deve parlare o esprimere la propria opinione sulle radiazioni e perché dopo il quarto Martini nemmeno ricorda cosa siano le radiazioni.
Megan è bella, fa sesso e ha delle Louboutin, più meritato di così?
Olivia fa finta di non notare il telefono stretto dentro le mani di Candice e si rivolge a Dalia, che ora ha gli occhi chiusi e il volto stanco: “Ancora non mi è chiara come mai tu non voglia vedere Niall Horan, dopo che sono quanti?, tre anni?, che gli muori dietro come una ragazzina”
Dalia si mette a sedere di scatto, aiutandosi con le braccia e imprecando contro il pavimento completamente ghiacciato: “Prima di tutto – esala, già sulla difensiva – io non muoio dietro a nessuno. Semplicemente è un cantante che mi piace. Stop.”
“Neanche fosse una stella di Hollywood montato da fare schifo, Dalia! – esclama ancora Olivia, e Megan sorride – Sembra un ragazzo a posto, a cui piace cantare e bere esattamente come te”
“Anime gemelle” mormora Emma, ridendo.
“Anime di merda! – strilla Dalia, e poi sbuffa di nuovo, sdraiandosi ancora – Sentite, non mi va di conoscerlo. Ho passato con lui una serata a pensare a quanto sia rude, arrogante, sfacciato e ignorante. Mi è caduto un mito, capite? Non ci tengo a rincontrarlo, basta così”
Cala il silenzio, Megan soffia il fumo nell’orecchio di Emma e questa ride e le dà un buffetto sul braccio.
Olivia prende un respiro profondo per non replicare e rilassa i muscoli, scuotendo la testa: “Idiota” borbotta, appoggiandosi alla ringhiera.
“Ma pensa! Detto da una ragazza incinta di uno sconosciuto è davvero d’aiuto!”
Olivia decide di lasciare perdere, incrocia le braccia al petto e guarda verso il cielo scuro, sperando di essere inghiottita.
La lingua morsicata dai denti per evitare di parlare.
Candice sospira pesantemente e India si alza in piedi, pulendosi i jeans scuri: “Buonanotte” dice soltanto, poi si china un’altra volta per spegnere la sigaretta – la quarta di un’ora – e trascina gli anfibi slacciati dentro casa.
“Buonanotte piccola!” grida Megan, più forte delle altre.
Aspettano sapientemente di sentire la luce del corridoio spegnersi e la porta del bagno chiudersi, poi Dalia alza il busto: “Abbiamo un problema”
“In realtà siamo piene di problemi” ribatte Emma.
“Intende dire che India oggi è stata più strana del solito, Em – spiega Olivia – Non hai notato? Era distratta e India non è mai distratta volutamente. Dev’essere successo qualcosa”
“Qualcosa che non ci ha detto” aggiunge Candice, il solito cipiglio un po’ troppo preoccupato.
“Qualcosa che non ha detto a me” mormora Megan, ferita.
Emma spegne la sigaretta dentro il posacenere sul pavimento e l’abbraccia: “C’è di peggio, Meg, non ti preoccupare”
“E cioè?”
“Liam Payne, ovviamente!”
 
 
 
 
È ancora buio ma già mattina quando Olivia si sveglia. I dolori allo stomaco non riescono a farla dormire tranquilla, metà della sua notte la passa con il volto contro il cuscino cercando di non urlare e l’altra metà a piangere dal nervoso, dalla gioia e dalla rabbia.
Olivia non lo vuole questo bambino.
O forse sì. Anzi no. Beh, magari sì. È tutto un casino nella sua testa e nel suo stomaco, si sente ancora più stanca e molto più affamata e vecchia.
Ha paura, ha più che paura. Ha una paura fottuta di non esserne all’altezza. È giovane, ancora studia, si fa mantenere dai propri genitori con la minaccia dell’università e tutto sommato, le piace divertirsi.
È segretamente una romanticona, anche se lo dimostra solo davanti a Zac Efron o dopo il terzo bicchiere di birra.
Sogna le cose in grande, un giorno una bella casa e un bel giardino e un bel marito e un bel figlio.
Adesso ha un appartamento, cinque amiche, un esame che deve assolutamente dare e una pancia che sta crescendo.
E tanta voglia di gelato e di piangere e di piangere sul gelato.
Apre il frigorifero che sono le cinque e venti del mattino, sbadiglia rumorosamente e tira fuori il cartone del latte e uno yogurt alla fragola.
“Ti mordi la lingua”
Sobbalza di colpo, facendo cadere sul pavimento il cucchiaio che teneva già mano. Si volta verso il muro della cucina, India è appoggiata con una spalla, le braccia incrociate e i capelli legati in una coda. La cicatrice è pallida e lunga, Olivia deglutisce e prova a non guardarla: “India smettila di essere così inquientante” la rimprovera, sorridendo.
La bionda scuote appena la testa: “Ti mordi la lingua – ripete, con più convinzione – Quando Dalia dice quelle stronzate sul padre del tuo bambino. Ti mordi la lingua, si vede che muori dalla voglia di dire qualcosa, eppure rimani in silenzio”
L’empatia di India è qualcosa che ad Olivia ogni tanto fa paura.
Esattamente come in questo momento.

Si morde le labbra, lo stomaco brucia ancora di più. Prende aria, fa un passo indietro e i suoi occhi si riempiono di lacrime.
Beccata.
India sorride a labbra chiuse: “Come pensavo – mormora semplicemente – Tu sai chi è il padre del tuo bambino. Lo conosci. E probabilmente non glielo hai nemmeno detto, vero? – l’amica non risponde, e lei continua – Ti conosco come le mie tasche Olly. Hai aspettato che diventasse una cosa seria, poi lui non ti ha richiamata e tu hai fatto il test. E sai la cosa che più mi fa dà fastidio? Il fatto che non ti opponi. Bruci dentro dalla voglia di dire a tutte noi chi cazzo è lo stronzo che ti ha lasciata così su due piedi eppure non lo fai”
“Ho imparato dalla migliore, vero?” ribatte piano Olivia, con le lacrime agli occhi e un sorriso amaro.
Anche India sorride, intenerita: “Noi ci siamo sempre, anche se siamo tutte e cinque delle stronze, sai?”
Sospira, guarda il pavimento e poi le volta le spalle, tornando in camera.
“E tu? – la blocca Olivia, la voce tremante perché non vuole spaventarla – Tu come stai?”
India si volta piano, ha un sorriso più obliquo e meno convincente: “Starò bene, giuro”
Olivia non replica, si morde le labbra e aspetta che sia di nuovo sola.
Chiude gli occhi.
Il suo segreto, lei lo sa, è al sicuro.
 

 





Buonasera!
Mi dispiace per il ritardo, purtroppo con l'inizio della scuola la mia voglia di scrivere è pressoché inesistente.
Comunque sono qui, con questo capitolo che ci voleva proprio!
E' un capitolo che stabilizza le acque, in mezzo alla storia. Dovevo mettere in chiaro alcuni punti fondamentali, perciò questo è completamente un capitolo in rosa :)
Per prima cosa, vorrei che notaste i pensieri di Megan, il telefono di Candice nelle proprie mani (come se stesse aspettando qualcosa) e Olivia.
E poi Dalia, Emma e India. Hanno tutte i loro caratteri e i loro segreti, chi parla e chi dice qualcosa, chi rimane in silenzio e chi si arrabbia.
Non è tutto rose e fiori, vero? :)
Olivia in questo capitolo direi che è la protagonista per eccellenza!
Ho aspettato così tanto per una sua one shot proprio perché non volevo anticipare nulla sul padre del bambino, adesso che si sono venuto a sapere altri particolari, direi che è il momento di buttare giù qualcosa ahahah
Spero che il capitolo non vi abbia deluse, e preparatevi perché nel prossimo ci sarà la prima 'bomba' vera della storia!
Sarà un capitolo davvero movimentato - o almeno spero! -
Ho notato un piccolo calo di recensioni (anche nelle altre storie), ma direi che con la scuola è più che comprensibile!
Grazie comunque, perché siete davvero troppo gentili per me!
Per chi segue l'altra mia storia, ho il capitolo in testa ma non riesco a buttarlo giù, mi dispiace!
Ho ancora pensato di sospendere la storia...o comunque ripostarla in un'altra versione...
Santo cielo che brutta bestia l'ispirazione ahahhaha
Spero che il capitolo vi sia piaciuto! Vi lascio un'immagine di Megan :)
A presto,
Caterina








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Capitolo 12
*** Capitolo undici - Soldier ***


 

No church in the wild
Capitolo undici -  Soldier

Grazie per essere arrivate
e arrivate in tempo.







Il Mary Rose è totalmente diverso in tutto e per tutto dal Lollipop.
Al Lollipop perfino Dalia riesce a divertirsi senza fare battutine troppo graffianti, e India ha preso così confidenza con quelle mura che il senso di claustrofobia che ha perennemente si è scemato ad ogni alcolico che ha servito.
Il Mary Rose – e soprattutto, la gente che adesso è al suo interno – è un’altra storia.
Kevin Gale ha compiuto ventidue anni questo martedì, la sua festa di compleanno ad Emma ricorda un po’ quelle che ha sempre invidiato alle sedicenni di MTV. Lo spazio è immenso e il reddito di chi sta ballando è pari a quello di almeno tre famiglie inglesi.
Emma ha conosciuto Kevin ad una cena che sua madre è solita ad organizzare durante l’inverno. Tutto sommato, non è neanche un cattivo ragazzo, se evitasse di palpeggiare qualsiasi cosa sia un po’ soda e smettesse di atteggiarsi da finto ribelle.
Questo non glielo ha mai detto, e adesso si ritrova al suo compleanno, con un quintale di gente e le sue amiche che si stanno lamentando da una quarantina di minuti.
Sono al secondo piano, nella saletta che s’affaccia sulla pista, la musica è orripilante e stanno tutte e sei schiacciate in due divanetti piccoli e neri.
“Vado fuori a fumare” dice India dopo qualche secondo, lo sguardo duro che fa sentire in colpa Emma e i tacchi che l’hanno obbligata ad indossare.
Nessuno sente la sua voce ma tutte afferrano il suo labiale.
“Non facciamo le asociali, però” rimbecca Emma, tentando un sorriso.
Dalia davanti a lei alza la schiena e sbuffa: “Questa festa fa schifo! – esclama, arrabbiata – Si può sapere chi cazzo conosci, Emma? Sono tutti drogati e ubriachi marci”
“Facciamolo anche noi, allora!” dice Emma, con la stessa enfasi per farsi sentire.
Megan, di fianco a lei, stende le gambe lunghe e alza un braccio: “Io ci sto”
Le due si alzano in piedi, Olivia si morde il labbro e scuote la testa: “Bimbo a bordo” borbotta, facendo sorridere Candice, che adesso ha il divanetto tutto per sé.
Dalia tentenna, digrigna i denti e poi si alza sui tacchi: “Fanculo a voi. Questa me la paghi”
Emma, suo malgrado, sorride.
 
 
 
 
India sfrega le mani sui gomiti e sulle braccia, infila le mani nelle tasche posteriori dei suoi jeans e sfila il pacchetto di Lucky Strike che ha rubato dalla borsa di Megan qualche giorno fa.
Si accende una sigaretta, c’è un freddo cane. La musica rimbomba anche in strada, un mucchio di gente è ancora in fila e altri stanno fumando o ridendo con gli occhi lucidi per l’alcool.
Il Mary Rose è un vecchio capannone abbandonato in periferia, revisionato e trasformato in una delle discoteche più costose di tutta Londra.
India vuole solo tornare a casa.
C’è qualche ragazzo che le sorride un po’ troppo maliziosamente, lei arretra di colpo e abbassa la testa.
I capelli le cadono sul viso pallido, il mascara le irrita gli occhi e il rossetto rosso le ha seccato le labbra.
Non è più tornata al supermarket. Ci ha mandato Candice, una volta addirittura Emma!, ma non c’è più tornata. I motivi sono fin troppo semplici ma così complessi che ancora fatica a dormire durante la notte.
Harry ha l’odore di tabacco per chi fuma quando è nervoso, dopobarba fresco, profumo di marca e menta.
I suoi polsi, che lei ha stretto così tanto da fermare il sangue, sono spigolosi e magri, lo ha sentito trattenere il respiro per tutto il tempo. Poi lo ha guardato, lo ha guardato di nuovo ed è scappata via.
Probabilmente,  a conoscerla, qualcuno si potrebbe stupire perché India sembra tutto meno che una ragazza che bacia gente nei supermarket, ma lei stessa sa che se mai avesse parlato con Megan di Harry e di tutto il resto, l’amica avrebbe spalancato gli occhi, esclamando semplicemente: “Lo sapevo!”
E questo perché, non solo Megan conosce India, ma anche e soprattutto la capisce. E non è cosa da poco, ci vuole tatto e pazienza e tanto amore.
Sospira, il fumo denso della sua sigaretta si mischia con il gelo del suo respiro.
Non ha voglia di tornare dentro, vuole solo tornare a casa e magari farsi una canna in balcone o guardare l’ultima puntata di American Horror Story che Candice si è ricordata di registrarle.
Alza gli occhi dai suoi tacchi e li punta esattamente davanti a lei, dall’altra parte della strada, dove un gruppo di ragazzi e ragazze sta ridendo e scherzando con il fumo delle sigarette che ronza intorno.
Sta distrattamente pensando di non aver amici maschi se non un paio, quando riconosce due gambe lunghe e magre appoggiate al muro dell’edificio davanti al locale. L’insegna del Mary Rose illumina la strada assieme ai lampioni e alle macchine che ogni tanto passano piano.
Aguzza la vista come è solita a fare, socchiude le palpebre e lascia andare la sigaretta ormai consumata a terra.
Harry, esattamente lui, sta ridendo a bocca aperta ad una decina di metri da lei, una camicia bianca stretta fino ai polsi – quei polsi – e i pantaloni neri e attillati che finiscono su un paio di scarpe lucide e costose.
È accerchiato da almeno sei persone vestite esattamente come lui, ma la cosa che la lascia più perplessa – basita, confusa, terrorizzata, rabbiosa – è la sua lunga mano posata sul fianco di una ragazza minuta e bassa, che ha i lineamenti eleganti e i capelli scuri legati. Gli sta esattamente di fianco, con il capo appoggiato alla sua spalla e un sorriso genuino tra le labbra.
Le ossa di India reagiscono di conseguenza, il suo stomaco si attorciglia e la sua mente si chiude. C’è un lieve aumento di battito cardiaco, poi tutto si spegne nel momento in cui le labbra di Harry – quelle labbra – si posano prima sulla guancia e poi sulla bocca di quella ragazza.
Tutto si spegne, e India capisce, proprio qui e proprio ora, che forse è meglio così.
 
 
 
 
 
 
 
 
Megan batte i denti e la portiera rosso arrugginito: “Grazie per avermi salvato da quell’inferno!” è il suo saluto, seguito da un bacio sulla guancia.
Louis le sorride calorosamente con una cuffia di lana sulla testa e il giubbotto di jeans a coprire il fisico robusto: “Non preoccuparti, piccola – dice, accendendo di nuovo il motore – Non avevo niente di meglio da fare. Le tue amiche hanno bisogno di un passaggio?”
Megan schiocca la lingua e si allaccia la cintura di sicurezza quando lui esce dal parcheggio vicino al Mary Rose: “No – risponde, mentre dalla borsa tira fuori il telefono – Emma e Dalia restavano ancora un po’, Candice è già andata via così come Olivia”
È mezzanotte e ventitré e Londra è super trafficata. Megan ha chiamato Louis per disperazione. È una rarità che una festa non le piaccia, ma è cresciuta nei bassifondi della città e i party da ricconi non l’hanno mai coinvolta. Lui ha risposto al terzo squillo, non si sono ancora baciati.
“Non ne manca una? – domanda Louis, fermandosi ad un semaforo – India, giusto?”
Lei annuisce e si lecca le labbra: “È stata la prima ad andare – spiega – Saranno tutte e tre a casa”
Louis fa un segno con il capo, sorride alla strada e gli occhi chiari gli si illuminano contro l’asfalto: “Sarò sincero – biascica – Non me l’aspettavo una tua chiamata. Non che non mi abbia fatto piacere, anzi”
Megan sta quasi per arrossire perché non è da lei cercare. La sua filosofia consiste nel attendere impaziente ma senza darlo a vedere. Poi non arrossisce comunque, perché lei è Megan e perché non ne varrebbe comunque la pena. Però sorride, un po’ colpevole e un po’ vittima, e sospira: “Questo dovrebbe farti capire la mia disperazione del momento!” dice quindi, osservandogli il profilo marcato.
Louis Tomlinson è, dopo Kendrick Lamar e prima di Zayn Malik, il sesso che cammina. O, come in questo momento, sesso che guida una macchina piccola e rossa.
“Lo prendo come un complimento, comunque – ammette lui dopo aver sorriso – Intendo, il fatto che tu abbia chiamato me”
Si volta a guardarla quanto basta per farla fremere un pochino, Megan sorride a labbra chiuse e: “Forse è una bella cosa” dice semplicemente.
 
 
 
 
 
Candice è sul punto di piangere. Olivia sospira arrabbiata e incrocia le braccia sul ventre che crescerà così tanto da far paura: “Non andare – s’impunta – Non merita un’altra possibilità”
Olivia non ha mai visto Candice, la piccola Candice, così tanto presa da un ragazzo. Il che è un bene ma è pure un male.
Specie in momenti come questI e specie esattamente in questo momento, dopo che il telefono di Candice è vibrato per un nuovo messaggio di Zayn Malik.
Zayn Malik. Olivia odia anche solo il suono del suo nome.
“So che è sbagliato – ammette Candice, già in piedi al centro della sala – Ma vorrei sapere cos’è successo…Vorrei almeno una motivazione sul perché sia finito tutto ancora prima di iniziare seriamente”
Olivia si morde le guance all’interno della bocca e nel suo pigiama pesante si sente una mamma protettiva. Anche lei sa che è sbagliato, ma il fatto è che farebbe e penserebbe esattamente come Candice.
Quindi tentenna appena, sospira: “D’accordo – dice, e sembra che le costi fatica. Candice sorride – Hai ragione, hai bisogno di spiegazioni. Ma non abboccare di nuovo!”
L’amica ride, ci sono solo loro in casa: “Non ti preoccupare! So essere spietata anch’io”
Olivia si alza dal divano sul quale si sono sdraiate non appena tornate: “Io faccio una telefonata e poi vado a fare la doccia – l’avvisa poi, mentre Candice è già all’ingresso e si sta infilando la giacca e le scarpe – Prendi le chiavi e non fare tardi!”
Candice annuisce, apre la porta di casa e si volta per sorridere. Vorrebbe dire ‘ti voglio bene’, ma Olivia annuisce ancora prima che possa aprire la bocca: “Lo so, stronza” mormora, prima di ridere.
 
 
 
Zayn è seduto sul marciapiede accanto ad un palo della luce. È di spalle, ma Candice riesce comunque a capire che sta fumando e che forse sta pure tremando.
Fa un freddo bestiale, lei si lecca le labbra e sente ancora un po’ il sapore del rossetto. Si avvicina piano con le Converse scure ai piedi, i collant che le avvolgono le gambe lunghe e la giacca grande che la fa sentire piccola piccola.
Si schiarisce la voce per farsi notare, lui si gira un attimo e poi balza in piedi, lasciando cadere la sigaretta e pulendosi i jeans scuri quasi con nervosismo.
“Ciao” le dice, con voce pesante.
Candice non risponde ed indietreggia quando lui prova a farsi più vicino.
Zayn deglutisce: “Sei arrabbiata, vero?” domanda, come se conoscesse già la risposta.
“Mi hai dato buca, hai evitato le mie chiamate, non hai risposto ai miei messaggi. Sono ingenua, non scema”
“Non l’ho mai minimamente pensato” ribatte subito lui, aggrottando le sopracciglia.
Candice gonfia le guance, sospira e l’alito si condensa.
“Non è difficile – mormora, il tono quasi cattivo – Devi semplicemente dire che non t’interesso”
“Ma tu m’interessi, Candice – Zayn si passa una mano tra i capelli scuri come la pece e lei pensa che il suo nome detto da lui sia ancora più bello – Il problema è questo”
Allora lei esplode, la rabbia le fa ribollire il sangue e alzare la voce. Sente di odiarlo così tanto che potrebbe piangere per la disperazione: “Smettila, santo cielo! – urla, e Zayn si paralizza sul posto, scioccato – Tutte queste parole, questi messaggi…Smettila! Mi dici che mi vuoi, mi baci come se ne dipendesse la tua esistenza e poi mi lasci sola non appena iniziamo a…ad essere qualcosa! – stringe i pugni con forza, le guance bagnate e la voce che trema – Mi illudi di provare interesse e poi non ti fai sentire per settimane. Torni qui e mi dici solo ‘ciao’? Sei davvero così…così stronzo?”
Poi c’è solo silenzio e una luce del palazzo di fronte che si accende. Candice respira forte, tira su col naso e chiude gli occhi.
“Non…non puoi semplicemente lasciarmi stare”
Lo sente sospirare, probabilmente si è toccato i capelli.
“Faccio parte dell’esercito inglese da quando ho diciannove anni – Candice spalanca gli occhi, lui continua – Non ti ho mai…non ti ho mai mentito. Non lo farei mai. Quando ti ho detto che nella vita sopravvivo, era la verità. Faccio questo di mestiere, uccido per sopravvivere. Cerco di tenere gli occhi aperti, la notte non riesco a dormire, ho i timpani perforati e una pallottola nella spalla. Ho solo questo… - parlare sembra costargli fatica, lo fa con la voce rotta – Poi ho te. Ho te e so che non è giusto perché non siamo ancora niente, perché sono il ragazzo meno adatto ad una persona bella e solare come lo sei tu. Eppure non ce la faccio a starti lontano, Candice, non ci riesco perché mi fai dormire la notte e perché mi fai sentire…bene. Bene sul serio. Bene che mi sembra di non meritarlo, e allora scappo di nuovo e fingo che sia tutto okay”
Il petto di Candice si alza e si abbassa lentamente, la gola è arida e la mente confusa.
Zayn respira forte con gli occhi bagnati di un dolore infinito.
“Però non è tutto okay” sussurra lei, come se fosse un segreto.
Lui annuisce velocemente, china il capo verso l’asfalto.
Candice lo guarda con amore, un amore che è così grande e così giovane da farle tremare le ginocchia spigolose. Gli si avvicina lentamente, i loro respiri si sfiorano così come le loro mani.
Zayn la guarda con confusione, rabbia e un po’ di paura, lei gli sorride solamente: “La vuoi una tazza di thé?”
 
 
 
 
 
Megan dà una spallata contro la porta d’ingresso e questa si apre con un rumore un po’ inquientante. Accenna un sorriso: “Cigola un po’”
Louis, dietro di lei, le mani infilate in tasca e la cuffia ancora in testa, sorride di rimando e aspetta il permesso per entrare: “Non ti preoccupare – mormora, pulendosi le scarpe sul tappetino – la mia è pure peggio”
Megan si sfila il cappotto ma non i tacchi, gli fa cenno di lasciare il giubbotto sull’attaccapanni e si volta verso il salotto: “Hola?” esclama, facendo un passo avanti.
Si sente l’acqua della doccia dal bagno in fondo al corridoio, l’aria gelida di Londra che entra dalla finestra del balcone socchiusa e odore di thé e biscotti in salotto.
“Vieni” dice quindi a Louis, che la segue senza fiatare.
Seduti al tavolo della sala, Candice e Zayn – Malek o qualcosa del genere – stanno bevendo del thé caldo, sorridendo quasi con timidezza come due fidanzatini beccati dai genitori.
Megan, se rimane interdetta, non lo dà comunque a vedere.
Le luci sono tutte accese, la tv è spenta e i biscotti ancora sul piattino.

“Ciaosaluta, sorridendo.
Zayn si alza in piedi e le tende una mano, sicuro: “Zayn, piacere”
Megan ricambia la stretta, e così pure Louis, che sembra leggermente intimidito.
Le due amiche si guardano ed entrambe capiscono: parleranno dopo.
“State con noi – dice Candice, alzandosi in piedi e sorridendo, le guance rosse – Olivia credo sia sotto la doccia e Dalia mi ha scritto che sono ancora in discoteca”
Lo spiraglio della finestra fa irrigidire le spalle di Megan, che si volta appena in tempo per vedere Olivia rientrare in casa con il telefono in mano e il viso pallido per il freddo.
Qualcosa non quadra.
“Oh, ciao!” esclama sorpresa, alzando gli occhi verso di loro.
Poi succede tutto troppo velocemente.
Megan guarda Louis che guarda Candice che fissa Zayn che ha lo sguardo su Olivia.

I tacchi di Megan battono contro il pavimento con insistenza, mentre lei ha le mani che tremano e la voce rabbiosa: “Non ti sei accorta che Olivia era in balcone?” urla, iniziando a correre verso il bagno.
“Le luci erano spente! – si difende Candice, in imbarazzo e tesa. La segue, deglutisce – Qual è il problema?”
L’altra è già davanti alla porta del bagno e l’acqua scorre più rumorosa: “Il problema è che se Olivia non è in bagno, sotto la doccia c'é India”
Candice capisce poi, quando la porta è chiusa a chiave, di star vivendo uno dei suoi peggiori incubi.
Il respiro accelera mentre Megan batte le mani smaltate contro il legno bianco.

“Ragazze? – il tono di Olivia è grave – Che succede?”
Tre paia di occhi fissano lo spiraglio della porta che lascia passare rami d’acqua gelati.
I tacchi di Megan si bagnano nelle suole.

Candice corre a chiamare Zayn e Olivia un’ambulanza.









Buonasera a tutti.
Finalmente ce l'ho fatta ad aggiornare! Scusate per il ritardo, ma - come potete vedere - questo capitolo è infinito e per scriverlo mi serviva tempo.
Comunque eccomi qui, con uno scritto che non mi convince per niente.
Probabilmente con questo ultimo capitolo la storia non ha solo preso una piega più seria ma anche più banale, però è una cosa che dovevo mettere.
Sono molto curiosa dei vuoi pareri :)
Non mi voglio allungare troppo, questo capitolo va interpretato da voi soltanto, però vorrei ribadire il fatto di non guardare solo le cose "grandi", ma concentrarvi pure sui dettagli (Harry alla festa, Dalia che non torna a casa e l'ambiente di Emma).
Riguardo l'ultima scena, vorrei solo dirvi di non pensare che ciò che può aver fatto India sia per Harry, perché non è così. India non è il tipo e comunque il rapporto tra i due non è ancora troppo importante.
Nel prossimo capitolo credo che verrano svelati gli ultimi importanti dettagli del carattere di India, poi tornerà Niall - mi manca tantissimo! - e le reazioni delle verie ragazze :)
Non voglio anticipare nulla di più!
Grazie di cuore per le recensioni nel capitolo precendente, mi avete fatto un piacere immenso, sia a me che alla mia autostima!
Spero con tutta me stessa che questo capitolo non sia un disastro come lo vedo io, mi dispiace per non aver descritto bene la scena come forse meriterebbe, ma mi sono immaginata i pensieri di ognuno dei personaggi che non si rendono conto di quanto sia succedendo, ed eccoci qui.
Ah, per la os di Olivia....arriverà, giuro! Devo ancora delineare bene tutto ma arriverà :)
Fatemi sapere i vostri pensieri!
A presto,
Caterina







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Capitolo 13
*** Capitolo dodici - Walls ***




No church in the wild
Capitolo dodici -  Walls






I suoi capelli sono sbiaditi, tendente ora al platino e non al rosa confetto, legati in una coda stretta.

Megan ha una mano dentro quella cortese di Louis, gliela sta stringendo tanto da fargli male, lui l’accarezza con il pollice e non fiata.
Sono le due del mattino e l’ospedale è silenzioso ma affollato. La sala d’aspetto ospita fin troppe persone, persone che a Candice, appiattita contro la parete, fanno paura.
Hanno gli occhi stanchi, qualche testa appoggiata ad altre spalle, le mani tremanti.
Emma ha il volto completamente nascosto tra i capelli di Olivia, che la sta stringendo mentre piange silenziosamente, cercando di restare calma.
Dalia è l’unica in piedi, continua a camminare sul corridoio avanti ed indietro. Ogni tanto si blocca, singhiozza e poi ricomincia.
Zayn è seduto tra Olivia e Candice, ha un braccio attorno alle spalle di quest’ultima e lo sguardo serio, riflessivo.
Megan non ha ancora pianto, non ha avuto il tempo e la forza di farlo. È salita sull’ambulanza, ha scostato i capelli dalla fronte gelata di India e le ha stretto la mano tutto il tempo. Poi si è fatta portare da Louis al bar dell’ospedale, lui l’ha costretta a prendere un caffè ed ora è seduta accanto a lui, un po’ tremante.
Dalia si ferma di nuovo, una signora sussulta sulla sua sedia e la ragazza le rivolge uno sguardo di scuse.
“Perché?” chiede poi, guardando Megan, che la osserva a sua volta.
I suoi occhi sono scavati, le guance hanno perso colore, lo sguardo è neutro: “No” risponde soltanto, inflessibile.
Candice si stringe tra le spalle forti di Zayn, in attesa. Olivia invece prende un respiro che sembra costarle fatica, guarda Megan seduta davanti a lei e: “Meg…” sussurra.
No. – l’altra si alza in piedi, freme di rabbia – Lei non l’ha fatto per…non è andata così”
“Non puoi saperlo” ribatte Dalia, aggressiva.
Megan la guarda, il bianco di quelle mura la sta mandando fuori di testa: “No, tu non puoi saperlo. Conosco India, so come è fatta, non lo farebbe mai, non si odia così tanto. Smettetela di pensare così, non…non è vero”
Si lecca le labbra spente, batte i piedi sul pavimento e afferra la borsa: “Vado a prendere qualcosa da bere” mormora, la voce ruvida.
Louis fa per alzarsi e seguire i suoi tacchi, Zayn lo guarda e scuote appena la testa, accennando un sorriso. Louis annuisce perché sa che l’altro ha ragione.
Non si sono rivolti ancora parola se non per presentarsi, ma sembra un tipo abbastanza a posto.

Si alza a sua volta, infila le mani nelle tasche della giacca di jeans e sospira: “Faccio una telefonata”
 
 
 
 
 
“Tesco Tierney Road, sono Nora, posso esserle utile?”
Megan chiude gli occhi per il sollievo e la stanchezza.
Sono le otto e ventitré del mattino, il caffè dell’ospedale inizia ad affollarsi e lei ha lo sguardo sul proprio thè ormai freddo.
È il numero giusto, che Google sia benedetto.
“Buongiorno, cercavo Harry…è lì?”
I medici hanno detto che India è fuori pericolo, le pasticche ha preso erano solo medicinali di poca importanza. Le quantità erano eccessive ma non abbastanza per parlare di un’overdose. Il suo terzo grado di ipotermia ha portato i medici a ricoverarla per una settimana intera, Olivia ha avvisato la famiglia di India e questa non è ancora arrivata.
“Sì, glielo chiamo subito – Megan percepisce nella cornetta un fruscio indistinto, poi qualcuno bisbiglia e si schiarisce la voce – Pronto?”
Megan non è scema. Lo può sembrare, all’apparenza. Ma non lo è, è furba, è intelligente, ed è preoccupata e arrabbiata.
“Tu forse non mi conosci, ma io ho bisogno di parlare con te”
Harry rimane in silenzio per qualche istante, Megan si morde il labbro per paura di essere stata troppo dura e troppo terrorizzante perché venga ascoltata davvero, ma poi lui trattiene un il fiato: “Sei l’amica di India?”
“Sì”
“Ci vediamo qui?”
“Raggiungimi tu appena puoi. 369 Fullhman Road”
“Ma è l’ospedale”
“Lo so”
 
 
 
 
 
 
Dopo quasi sette ore dalle telefonate e i messaggi di Louis, Niall Horan apre le porte del corridoio del terzo piano con i capelli appiattiti sulla testa ed una felpa grigia a stampa e un paio di jeans neri e stretti. Indossa gli occhiali da sole post-bronza, ha il respiro corto e le sopracciglia aggrottate.
Candice non ha dormito, ma sorride comunque contro la spalla di Zayn, che non ha smesso un momento di accarezzarle la gamba.
Emma invece sonnecchia docilmente sulle cosce di Olivia, che le passa le mani tra i capelli e chiacchiera piano con un’altra ragazza nella sala d’aspetto.
India sta bene, questo è l’importante.
Louis alza un braccio nella direzione del suo migliore amico, Megan è tornata al bar e lui – Olivia lo sa – non vede l’ora di raggiungerla.
“Hey” dice Niall quando si avvicina al loro gruppo, ma in realtà sta guardando solo la testa china di Dalia.
“Ciao amico” borbotta Louis, sorridendogli di sbieco.
Dalia alza gli occhi dal suo telefono, è seduta al posto di Megan e sembra parecchio sorpresa. No, è arrabbiata.
“Che ci fai tu qui?” esclama, il tono di voce alto.
Niall è parecchio confuso, si toglie gli occhiali da sole e li incastra nel colletto della felpa. Sta per rispondere – che cosa non si sa -, ma Louis si alza di scatto, lo affianca a si passa una mano tra i capelli: “Hai bisogno di calmarti – dice a Dalia, in fretta – India sta bene, siamo tutti sollevati, ma tu se anche più rigida di prima. Niall è un bastardo, puoi tranquillamente sfogarti con lui”
Il suddetto bastardo ha appena teso la mano verso Zayn Malik, presentandosi come quello che si è svegliato tardi, ma voleva venire prima! Si presenta anche a Candice, ad Olivia e poi si concentra di nuovo su Dalia, che ancora non ha risposto.
Allarga le braccia, sorride: “Sono tutto tuo, babe
La ragazza alza gli occhi al cielo, ma quando Louis imbocca la strada per le scale, lei sorride.
 
 
 
Megan stringe le labbra e svia lo sguardo di Louis, si sente orrenda e tremendamente fragile: “Non è necessario che resti qui” mormora.
Il ragazzo le accarezza il volto con le nocche: “Sì, lo so”
Il loro tavolo è il numero 08 del bar dell’ospedale, è in plastica, così come le sedie gialle dell’Ikea.
Harry arriva minuti più tardi. Ha un maglione verde scuro di lana intrecciata, un paio di jeans chiari e stretti e delle Converse nere ai piedi. I suoi ricci sono infilati dentro un cappellino invernale grigio, si guarda intorno con confusione, Megan alza appena un braccio e lui annuisce, raggiungendola.
“Come sta?” è la prima cosa che chiede, con la voce ruvida e il suono della sedia che copre appena il tono stanco della sua voce.
“Si riprenderà” risponde Megan, piatta.
Louis tende una mano al nuovo arrivato: “Louis Tomlinson” si presenta, cortese, e l’altro gliela stringe con più nervosismo del dovuto: “Harry Styles, piacere”
Megan lo osserva con gli occhi vigili e le mani sotto al tavolo. Deglutisce, aspetta che Harry dica qualcosa e poi sospira: “Non vuoi sapere niente?” domanda quindi.
Harry gonfia le guance, picchietta la gamba contro il pavimento: “Cosa…cos’è successo?”
Sembra nervoso, un po’ spaventato della risposta, Megan non riesce ancora ad inquadrarlo.
“Siamo andate ad una festa – comincia – India è uscita fuori per fumare. Poi mi ha mandato un messaggio dicendo che tornava a casa. C’è stata…un’incomprensione con le altre ragazze con cui viviamo, quando l’abbiamo trovata in bagno era ghiacciata e priva di sensi”
Le viene da piangere, la voce si è incrinata verso l’ultima frase, Harry la osserva attentamente e lei sente la mano di Louis sulla sua gamba.
“Ha tentato di…?” il riccio deglutisce e si sistema meglio sulla sedia.
Megan scuote la testa con veemenza: “No. India non lo farebbe mai”
Harry non sembra essere d’accordo perché aggrotta le sopracciglia e si schiarisce la voce: “India vive dentro una bolla” mormora.
La ragazza abbassa la testa, poi punta gli occhi verso Louis, che le sorride leggermente ed annuisce: “Sono dagli altri, se hai bisogno” le dice, ancora prima che lei possa spiegare. Le bacia la fronte, le accarezza la schiena e si alza, lasciandoli soli.
Lei gonfia il petto, si stringe dentro la giaccia del ragazzo appena andato via, si lecca le labbra e guarda il bancone dei dolci: “Non è sempre stato così – spiega – India è sempre stata una ragazza particolare, diversa, ma mai così…distaccata. Tu la vedi dentro una bolla, lontana, così come il resto del mondo. Pensi che sia una ragazza insicura, una di quelle che non si piacciono, che sono alla ricerca del vero amore, degli abbracci, di tutte quelle stronzate lì, ma non è così”
Harry annuisce: “La terrorizzano” mormora.
Megan continua: “Al terzo anno di liceo ha conosciuto Alec. Aveva un anno in più di lei, mi ricordo che ne parlava sempre con gli occhi lucidi. Sono stati insieme fino all’anno scorso. Lei era a casa sua, era sera. Hanno iniziato a litigare, non so cosa sia successo né cosa si siano detti. Lei non ne parla mai. – passa qualche minuto prima che riesca a riprendere, le fa male il petto a parlare ancora di queste cose – Alec non è mai stato un tipo violento, l’abbiamo sempre tutte adorate. Era un bravo ragazzo, con la testa a posto, credo studi ancora design a Manchester. La sorella di India ci ha chiamate dall’ospedale e Dio, non mi scorderò mai quel giorno”
Harry è serio lei quando si concede di nuovo di guardarlo. Ha la mascella rigida, le mani congiunte sul tavolo e il respiro leggermente più veloce: “Per questo si comporta così? Ha subito un trauma?”
Megan annuisce: “Non ne parla mai, o se lo fa è così tranquilla da far male. Il contatto fisico non le è mai piaciuto in generale, le dava fastidio anche alle medie. Dopo quella notte però, ha iniziato ad avere attacchi di panico in metropolitana, a non dormire la notte, a non parlare, passava dei giorni senza dire una cazzo di parola e questo non ha fatto altro che rendere più resistente il suo muro. Non è insicura, non ha mai avuto problemi di autostima, se le fai un complimento è capace di risponderti che ne è consapevole piuttosto che negare. Ma è fragile, tanto fragile. Non si voleva togliere la vita, non credo fosse questo il suo intento”
Il brusio attorno a loro è indistinto e Harry sembra esageratamente calmo.
“Voleva semplicemente distrarsi da qualcosa, spegnersi. – adesso Megan sembra quasi arrabbiata, il suo tono è più aggressivo – Io non so cosa sia successo tra di voi, non so cosa tu abbia di così speciale per far reagire India così. Non è colpa tua quello che è successo, ma da quando ci sei tu…lei è diversa. Lei è strana, sembra stare meglio”
“Non mi sembra – ribatte Harry, arcuando le sopracciglia – O non ci troveremmo in questa situazione”
“India non è facile da gestire – spiega la ragazza – Sa quali sono i suoi limiti. Ha avuto un crollo di qualcosa, e ha cercato la via meno dolorosa”
Harry sembra riflettere per quelle che paiono ore. Si morde le labbra, si toglie il cappello si appoggia una mano dietro il collo. Deglutisce un paio di volte più del necessario e sembra una bomba pronta ad esplodere.
“Hai detto che eravate ad una festa, giusto? – Megan annuisce alla sua domanda – Era la festa di Kevin Gale?”
“Come fai a saperlo?” chiede lei, e sembra quasi ringhiare.
“Perché c’ero anch’io – mormora Harry, piano – Ero con la mia ragazza”
Megan socchiude gli occhi per la rabbia, stringe i denti, i pugni, lo stomaco e la mente.
È in un ospedale, riflette, non può ucciderlo.

Si alza di scatto dalla sedia, come se il tavolo avesse preso a bruciare di colpo: “Puoi avere anche tremila fidanzate per quello che mi riguarda, ma prova a fare del male ad India ed io ti spezzo le gambe”







E' tardissimo!
Mi dispiace, non mi allungherò come le altre volte perché oggi sono particolarmente giù e molto molto stanca.
Spero che il capitolo vi sia piaciuto, mi auguro che l'abbiate apprezzato un po' anche per me, dato che non mi convince per nulla.
Abbiamo una dettagliata spiegazione di ciò che è India, e questo per adesso è sufficiente per iniziare a capirla davvero :)
Nel prossimo capitolo, molto meno triste, trovermo ancora Niall Horan, per la gioia di tutte voi!
Grazie di cuore per le belle parole delle recensioni e per chi continua a tenere duro per questa storia, siete troppo buone!
A presto,
Caterina




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Capitolo 14
*** Capitolo tredici - Internet girls ***





No church in the wild
Capitolo tredici - Internet girls



Dalia respira lentamente e stringe con forza l’orlo della sua gonna nera.
Le calze sono bucate sulle ginocchia magre e la cintura dell’auto è fastidiosa per il suo nervosismo incessante.
Però, per lo meno, respira, e a Niall sembra bastare. Lui guida la sua Range Rover nera da una decina di minuti, in silenzio e senza radio.

Olivia in ospedale ha convinto Dalia a farsi portare a casa, l’amica non ha avuto la forza di ribattere ed adesso si trovano entrambi vicino ad Hyde Park, tra i passanti ed il traffico londinese delle sei del pomeriggio.
Niall è rimasto in ospedale tutto il giorno. Ha scherzato con Zayn, sorriso con Louis, firmato due braccia ingessate e provato a stringere Dalia.
Tre volte.

Lei ora ha le guance rosse per l’imbarazzo ed il suo cantante preferito che le guida accanto.
È parecchio masochista, ma le è mancato e non poco.

“Ti spiace se passiamo un attimo da casa mia? – Niall spezza il silenzio ad una curva, le sorride affettuoso per un paio di secondi – Devo prendere degli accordi che poi vado in studio direttamente. Registro meglio, di sera”
Dalia sente una vampata di calore diffondersi nello stomaco perché oddio parla dei suoi accordi? Deglutisce rumorosamente, poi annuisce: “Non ti preoccupare” risponde, guardando fuori dal finestrino.
La mano di Niall corre sulla sua barba chiara appena accennata e poi ritorna sul cambio, lui ride piano e scuote la testa: “Un po’ come te, insomma” mormora, sovrappensiero.
“Come?”
“Dico – Niall si ferma ad un semaforo e si volta a guardarla, il sorriso amplio che lei non capisce se amare od odiare – anche tu sei…meglio, di notte. Ora sei rigida, imbarazzata. Quando ti ho conosciuta per poco non mi ringhiavi addosso! Di notte sei più tu, capisci?”
La guarda attentamente, Dalia non riesce a capire quanto e se stia scherzando. Fa schioccare la lingua sul palato e fissa di nuovo fuori dalla macchina: “Non è la notte – afferma – è l’alcool”
“Dovrei farti bene più spesso allora – esclama lui, ridendo – Ti preferisco molto di più senza freni”
“Io ti preferisco molto di più senza lingua, invece” borbotta Dalia ma già sente l’ansia del giorno affievolirsi.
“Così mi piaci!” strilla Niall, facendola ridere. Abbassa il finestrino mentre il suo piede scatta sull’acceleratore e il semaforo sul verde.  Si affaccia con la testa fuori e: “È tornata Dalia!” urla.
Lei si copre il volto con le mani e cerca di non pensare che, dannato Louis Tomlinson!, aveva ragione.
 
 
 

Emma appoggia il capo sui sedili in pelle della – una delle tante – Mercedes di suo padre.
L’autista, Heric, è un uomo paffuto ma elegante, con un sorriso uguale e pulito da almeno quindici anni.
“Grazie per aver fatto in fretta, Heric” dice Olivia accanto all’amica, esibendo un sorriso che non coinvolge gli occhi. L’uomo continua a zigzagare docilmente tra il traffico londinese: “Non si preoccupi, signorina Olivia – risponde gentilmente – è un piacere per me”
E sono anche parecchi soldi, pensa Emma ma non dice niente e continua a guardare l’applicazione di Facebook sul suo telefono.
Olivia sbuffa: “Puoi alzare gli occhi da quel coso, Emma? Ti giuro che te lo rompo”
“Non sto facendo quello che pensi – chiarisce l’altra, stizzita – Sto guardando le foto della festa di Kevin”
“Ed è esattamente quello che penso”
Emma fa schioccare la lingua: “Non per noi! – esclama, senza guardarla – Cerco Harry, il tipo di India. L’ho già visto da qualche parte”
“Da Tesco – ribatte ovvia Olivia, ma si sporge comunque verso il telefono – Lui lavora lì”
Emma continua a sfogliare le foto con il pollice allenato, scuote la testa: “Sì, lo so. Ma oggi, mentre era seduto davanti a me in sala d’aspetto mi è venuto un flashback o come cavolo si chiama”
Olivia sembra improvvisamente più interessata: “Cioè?” domanda, slittando sul sedile per farsi più vicina.
Emma non risponde subito, aspetta di aver trovato la foto esatta, per poi sospirare pesantemente e porgerle il telefono: “Guarda”
L’immagine ritrae quello che deve essere Harry con un sorriso sghembo e stanco, e un altro ragazzo più tarchiato, che ha un braccio avvolto al collo del riccio. Come sfondo, qualche persona presa per sbaglio dal flash abbagliante della macchina fotografica.
“È lui – dichiara Olivia – non esistono altri capelli come i suoi”
“Fortunatamente” sottolinea Emma, in un tono così marcato da ricordare il cipiglio di Dalia.
Le dita di Olivia corrono al profilo di Harry Styles, taggato nella foto. L’immagine che ha usato lo ritrae in bianco e nero, in piedi in una via deserta e buia, con una sigaretta in bocca e le mani nel cappotto.
“Foto artistica – riflette Emma – profilo chiuso, senza immagine di copertina…è proprio da India”
Olivia annuisce, poi sospira e storce la bocca: “Uno che lavora da Tesco non può andare alla festa di Kevin Gale, è una cosa illegale”
Emma ride, annuendo, poi le toglie il telefono dalle mani e apre l’applicazione di Google.
“Cosa stai facendo adesso?” domanda l’altra.
Emma digita qualcosa sul telefono, sfoglia un paio di pagine e apre qualche link. Poi sorride apertamente e le porge di nuovo il telefono: “Dopo una Céline, ciò che ti sarà sempre fedele è Internet”
 
 


“Scusa il disordine, è un po’ che non passo l’aspirapolvere – Niall aggrotta le sopracciglia, riflettendo – In realtà, non so neanche se ce l’ho, l’aspirapolvere”
Appoggia le chiavi sul tavolo del salotto, Dalia si guarda intorno, stupita.
Nella sua misera vita da fan di Niall Horan, ha sempre immaginato il suo ipotetico appartamento come un enorme loft in pieno centro, o magari affacciato su Primrose Hill o sulla City.
Quello su cui sta camminando però, è il pavimento di un misero monolocale. La porta d’ingresso dà direttamente sul salotto, che contiene un televisore al plasma appoggiato su un mobile in legno bianco e un divano sotterrato da vestiti e fogli tutti scritti e macchiati. L’entrata alla cucina è un piccolo arco senza porta, Dalia riesce ad intravedere un frigo piccolo ed arancione e qualche pentola lasciata sul fornello.
Le pareti sono pallide, c’è odore di chiuso e un piccolo balcone.
È abbastanza sicura che Niall possa permettersi ben più di questo appartamento, e lei stessa fa fatica a crederci, ma questo monolocale è pessimo.
Lui inizia a cercare tra i vestiti e le pieghe del divano, sembra abbastanza imbarazzato della confusione e ciò la fa quasi sorridere. Si volta poi verso di lei, aggrottando le sopracciglia per la sua espressione stupita: “È così orrenda come casa?”
“No – Dalia scuote la testa, infilandosi le mani dentro le tasche del cappotto rosso – Assolutamente. È solo…piccola, ed incasinata”
“Oh – Niall si lecca le labbra secche, poi si schiarisce la voce – Beh, gli spazi grandi non mi piacciono granché”
Lei annuisce e la conversazione si spegne.
Passano dieci minuti prima che Niall trovi i suoi accordi – Dalia non ha voluto sapere perché si trovassero sopra la mensola del bagno – ed insieme escano di nuovo dall’appartamento.
Lui con la confusione in casa e lei nella testa.
 
 
 

“Non si preoccupi, signora Crouse – Candice sorride così ampliamente contro la cornetta del telefono che la sua voce è quasi storpiata – Alle nove, puntuale”
“Puntualissima. – ribatte la donna dall’altra parte, il tono serio e professionale che ha usato tutto il tempo durante la telefonata – A Miss Blanc non piace aspettare. Mai”
La ragazza ci mette cinque minuti buoni per riportare il telefono nella borsa e realizzare ciò che è appena successo.
Zayn è ancora seduto sulla panchina di Hyde Park dove lo ha lasciato, lei però deve pur sfogarsi con qualcuno che la capisca.
Davvero.
 

Lui alza il capo verso di lei e le sorride.
“Un minuto” scandice Candice con le labbra, e Zayn annuisce.
Il parco è già pieno di gente, fa freddo ma quasi quasi spunta il sole.
Ripesca di nuovo il telefono e cerca tra i contatti preferiti quello giusto, le parole della signora Crouse ancora in testa.
Promozione. Promozione. Vogue.
“Pronto? Mamma! Sono Candice…”
 


 

La flebo attaccata al suo braccio sinistro le prude e un po’ brucia, India cerca di non pensarci mentre sfoglia svogliatamente un numero vecchio di un qualche tabloid inglese.
È sola da qualche ora.
Sua madre non è riuscita a venire perché Oxford sì, non è distante, ma i giorni di ferie non te li danno sempre!,  o meglio, così le ha detto  al telefono, in lacrime.
Suo padre le ha mandato un messaggio lungo che lei non ha aperto e sua sorella è da qualche parte nel mondo e India, comunnque, non ha voluto disturbarla.
Però ha costretto Louis a portare Megan a prendere un caffè o prendere una birra lontano dall’ospedale, le altre sono già andate via e sono le sei del pomeriggio.

È stanca, spossata, le gira un po’ la testa e ha la gola secca.
Ma sta bene ed è viva e respira.

Volta pagina del giornale e qualcuno bussa alla porta della sua stanza. È una camera piccola, con una finestra serrata, le tende chiare ed il letto duro e alto.
“Avanti” dice, con il tono di voce roco per il troppo non parlare (non dire).
La porta si apre lentamente, India spalanca gli occhi quando Harry entra nella stanza, la testa china e la piccola agenda infilata nella tasta inferiore dei jeans.
È sorpresa di ritrovarselo lì, parecchio.
Ed, oltre a questo, è pure scocciata, felice, euforica, imbarazzata, rabbiosa, triste, spezzata, fragile.

Dice solo: “Non aspettavo nessuno”
Bugia.
Harry alza gli occhi su di lei, poi si lecca le labbra e sorride sghembo: “Aspettavi me”
Verità.








 

Ce l'ho fatta, scusate il ritardo.
In questi giorni mi dimentico pure di scrivere. Questo capitolo l'ho ricopiato dopo averlo quasi del tutto buttato giù durante le ore scolastiche, è parecchio di passaggio ma ci sono tanti di quei particolari importanti da farmi preoccupare.
Non ve li elencherò perché vi rovinerei tutta la sorpresa, però volevo solo dirvi che questi personaggi, i miei, non sono come sembrano. Sono persone, e le persone hanno mille sfaccettature che io stessa, ahimé, sto imparando a conoscere solo in questo periodo.
Scrivere questa storia mi risulta davvero complesso sotto questo punto di vista.
Nonostante ciò, però, sono contenta di sapere che io non stia cadendo nel banale.
Mi è venuta l'impressione che questa storia sia meno seguita, forse è il mio periodo d'insicurezza che mi fa pensare solo in negativo, ma se non vi piace come scrivo, se non vi piace qualcosa in generale, per favore: ditelo. Potrò non condividere quello che dite, ma sapere i motivi per cui non piaccio ciò che scrivo è quasi d'aiuto.
E' un periodo molto particolare, mi dispiace per i capitoli che non mi soddisfano neanche un po'.
Abbiamo il ritorno di Dalia/Niall, i miei tesori :) Spero che le loro scene vi siano piaciute (un particolare simbolo della loro relazione è proprio in uno dei loro dialoghi), poi abbiamo l'accenno di Candice alla sua promozione lavorativa ed infine l'inizio dell'incontro India/Harry.
Per quanto riguarda Candice, il rapporto con la sua famiglia era già stato accennato in precendenza. Well, da adesso in poi diventerà una parte integrante della storia in generale.
Sto parlando troppo, scusate :)
Spero con tutto il cuore che il capitolo vi sia piaciuto, grazie di cuore per le parole meravigliose delle recensioni, risponderò appena avrò tempo.
La os di Olivia è work in progress, in settimana sarà pubblicata, promesso.
E, siccome la mia Dalila ha compiuto gli anni, il mio piccolo regalo personale è una os Dalia/Niall scritta (probabilmente) dal punto di vista di Niall. Anche questa sarà a breve pubblicata :)
Vi lascio un'immagine di Dalia :)
Vi adoro infinitamente,

Caterina







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Capitolo 15
*** Capitolo quattordici - Please ***




No church in the wild
Capitolo quattordici - Please





Harry osserva la finestra mentre prende un respiro profondo e nervoso. India gli guarda con attenzione il profilo del volto ora serio, ritrovandosi a pensare a quanto lui sia effettivamente bello.
“Non dovresti essere qui” dice poi, leccandosi le labbra.
Harry alza appena un angolo della bocca e ridacchia senza allegria, poi si volta verso di lei e la sua figura ancora in piedi s’irrigidisce: “Strano – ammette, sarcastico – pensavo la stessa cosa di te”
“La predica te la puoi anche risparmiare, davvero – lei stringe le labbra e i pugni – Non mi conosci, non sai perché sono qui”
Lo vede sbiancare di colpo, India aggrotta le sopracciglia e gli guarda il petto alzarsi e abbassarsi più velocemente.
Sorride.

“Ma non è questo il punto, vero? – il suo tono è volutamente più lento, la lingua che sbatte sul palato per essere più convincente possibile – Il punto non sono io che sono qui, è perché tu sei qui”
Harry non risponde, serra con gli occhi con forza e respira quasi con paura.
Ad India piace mettere le persone in difficoltà, è una qualità che possiede fin dalla terza elementare e con lui, in questo momento, funziona alla grande.
“Megan mi ha detto che ti ha chiamato e che avete parlato – continua, sempre più sicura – Tu sei venuto, Harry. Sei qui. Potevi inventarti una scusa, potevi semplicemente restartene al lavoro e invece sei qui, in un ospedale, a parlare con una che neanche conosci”
“Non...non dire così” mormora Harry e sembra quasi una preghiera. Abbassa la testa, chiude gli occhi e respira profondamente.
“È la verità, è ciò che siamo – ribatte lei, stringendo il lenzuolo tra le dita per evitare di urlare – Non abbiamo praticamente neanche mai parlato”
“Ci siamo baciati” le ricorda lui di riflesso, alzando un poco il capo.
Sembra vagamente risentito, India sbuffa.
“Hai una ragazza – ringhia e subito dopo si morde la lingua per non piangere come ha fatto quando Megan gliel’ha detto – Io e te non siamo assolutamente nulla”
“Smettila! – urla Harry, angosciato, facendola irrigidire e tremare. Se ne accorge, stringe i denti e abbassa la voce – Smettila di dire così. Ci sto provando,  sono ore che sto provando a cercare una valida motivazione del perché sono qui e non da qualche altra parte. – il suo tono è marcato, dettato dall’intensità delle sue parole e dal suo accento del nord – Se avessi saputo quanto sarebbe stato…difficile, non mi sarei spinto così lontano. Non ti avrei guardata, non mi sarei fatto prendere da tutto questo niente che ci gira intorno e sicuramente non sarei qui. Ma guardami!, probabilmente non dormirò per il resto della mia perché mi sento uno schifo e vorrei solo…solo farti capire-” boccheggia, allarga le braccia, sbuffa e scoppia a ridere. Afferra i suoi capelli scuri e li stringe.
Passano minuti interi nel silenzio più assoluto. India continua a fissarlo senza dire niente, la lingua morsicata per evitare di parlare.
Harry si calma lentamente, fa dei respiri profondi e chiude gli occhi, asciugandosi la fronte.
“Passo metà della mia vita a scrivere e a lavorare per pagarmi lo schifo di appartamento nel quale vivo dopo che mio padre mi ha cacciato di casa per non essere andato all’università. Frequento gente di merda, la maggior parte delle persone che conosco non sono mai entrate dentro un discount e mia madre, puntualmente, continua ad invitarmi alle cene di famiglia. Di sera esco con ragazzi che ho conosciuto per strada, di quelli che credono che il caviale sia un tipo di vino italiano. Sono le persone migliori, comunque. – fa un sorriso tirato, un paio di passi avanti e uno indietro – L’altra metà della mia vita la passo rinchiuso dentro quel supermarket di merda, a parlare sempre delle stesse cose con le stesse identiche signore anziane e a dare il resto sbagliato perché non ho ancora capito quale siano le monete da dieci centesimi e quelle da venti. Ho una ragazza, di quelle che ti volti a guardare per strada. Stiamo insieme da poco ma ci conosciamo da anni. È bella, parecchio anche. Non facciamo niente di entusiasmante, ci vediamo alle feste dei conoscenti che abbiamo in comune, ogni tanto la porto fuori a mangiare per far contenta sua madre e la mia. È una vita di merda, lo so, ma sono abituato a…stare a galla, a fare le cose meccanicamente. Svegliarmi, vestirmi, parlare, respirare, sopravvivere…”
La conversazione sta prendendo una piega che ad India non piace. S’irrigidisce perché il tono di Harry ha raggiunto quel ‘ma’ che lui ancora non ha detto.
“E va tutto bene, davvero. – lui tira su col naso ed ora ha gli occhi lucidi, le sue nocche sbiancano per la forza con cui stringe i pugni e no, ad India non piace più quella conversazione – Sto bene. Sto in un appartamento del cazzo, sto dentro un supermarket di un quartiere di merda, sto sulle metropolitane, sugli autobus e qualche volta pure fatto sui marciapiedi. E va bene, va tutto bene finché non… - un sospiro e una confessione – non chiudo gli occhi. Mi fai così incazzare India, lo sai? Perché sì, hai ragione. Potevo non venire da te, stare qui a…a piangere! E invece sono qui a frignare come una ragazzina e tu mi dici che non siamo niente e vaffanculo!”
India rimane impassibile ma gli occhi le si fanno più lucidi. Harry invece scoppia a piangere appoggiandosi alla porta chiusa del bagno della stanza e lasciandosi scivolare per terra. Nasconde il viso tra gli anelli delle sue mani grandi, coi tatuaggi sui polsi che sbucano sotto i braccialetti. Le sue spalle larghe tremano freneticamente mentre lui respira con forza, gli occhi serrati e i singhiozzi strozzati.
Quando India sfila l’ago che ha conficcato nella vena, sente come se una bolla intorno a lei fosse appena scoppiata. Le brucia tutto il braccio, poi tutto il corpo e la mente. Sfila le coperte dalle gambe, si sistema la vestaglia leggera che indossa e cammina piano a piedi scalzi,  fronteggiandolo.
Ora trema anche lei.
Gli si siede davanti, alla sua destra per osservarlo meglio. Le ginocchia nude al petto per proteggersi e i capelli scompigliati sul collo per nascondersi.
Non è ancora il momento.
Harry alza lo sguardo su di lei, sorpreso e arrossato, ma India non lo tocca.
Si guardano, lui smette di singhiozzare mentre a lei scende una lacrima e poi un’altra, facendole il solletico alle labbra: “Per favore” dice solo.
Una richiesta, una preghiera.

Harry annuisce, senza rispondere.
Per favore, puoi non piangere? Per favore, puoi non toccarmi? Puoi parlarmi? Puoi restare?
Per favore. Mi tieni?










E voi direte: e gli altri personaggi?
Lo so, lo so, questo capitolo oltre che ad essere breve è anche abbastanza "solo", ma era davvero necessario prendere uno spazio che fosse solo di India ed Harry.
Dovevo spiegare parecchie cose a partire dalla situazione di Harry, e in più siccome nel prossimo capitolo probabilmente ne succesono di ogni e di più, volevo avere uno spazio solo ed eslusivamente per loro.
Non sarà l'unico capitolo di questo genere, anzi, altre coppie avranno questo tipo di "privacy", se così si può chiamare :)
Ad ogni modo, spevo vivamente che il capitolo, nonostante tutto vi sia piaciuto.
Abbiamo una descrizione più dettagliata di Harry (anche se poi, alla fine, si dice tutto come si dice nulla) e anche di India.
Sono belli complessi entrambi, eh?
Mi spiace per il ritardo con questo capitolo, purtroppo non è un buon periodo su tutti i fronti e l'unico momento in cui resto a stare un po' in pace è la scuola, il che è tutto dire.
Per farmi perdonare però, volevo dirvi che ho finalmente pubblicato la one-shot su Olivia, e che mi farebbe veramente piacere sapere cosa ne pensate.
Grazie di cuore per tutte le bellissime parole nelle scorse recensioni! Sono così contenta che la storia continui a prendervi così tanto e dato che c'é il ponte questa settimana m'impegnerò a rispondervi sia qui, sia nelle recensioni delle one shot.
Spero col cuore che il capitolo non vi abbia deluse!
A presto,
Caterina



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Capitolo 16
*** Capitolo quindici - Normal girls ***




No church in the wild
Capitolo quindici - Normal girls






L’appartamento è costellato di piccoli rumori. L’acqua che scorre dietro le tende della doccia, la musica a basso volume della radio in salotto, Olivia che ride fino a sentirsi male sul divano e Megan che continua a parlare anche se Dalia freme ormai di rabbia. 
“«Non possiamo amarci, Niall» mormorai, trattenendo il fiato”
“Megan…”
“Lui mi spostò una ciocca di capelli dal volto, i suoi occhi erano i più belli di sempre. «Ti amo, Abbey» sussurrò, ma cazzo! Si chiamano tutte con dei nomi di merda in queste fan fiction?”
“Megan, ti avverto…”
“Aspetta ho perso il segno…Ah, sì! Ecco. Mi prese per mano ed io sentii il suo respiro caldo infrangersi sulle mie labbra. Il bacio che ci scambiammo fu disperato”
“Megan!” strilla Dalia, allargando le braccia.
“Che c’è? – si difende l’amica, sorridendo, le gambe incrociate sul divano e l’iPad di Emma in mano – Sei gelosa di Abbey, per caso?”
Olivia ride più forte, battendo una mano sul divano e reggendosi lo stomaco con l’altra.
Dalia le lancia un’occhiataccia e poi si alza, voltandosi verso Megan, che tiene le gambe incrociate e i capelli rinchiusi nel cellophane: “Sei proprio un’imbecille – afferma – E con quel coso in testa sembri un preservativo, lo sai?”
“Se bella vuoi apparire, un preservativo devi apparire” dice Megan, sorridendole amorevolmente.
Dalia scuote la testa esasperata, ma sorride.
“Era una bella fan fiction, comunque – mormora ancora l’altra, riflettendo – Certo, non come quelle su Bieber, ma non si può mica chiedere la luna!”
Dalia decide prontamente di non rispondere, alza semplicemente gli occhi al cielo e: “Chi vuole una birra?” domanda, camminando verso la cucina.
“Ma sono solo le sei! – esclama Olivia, aggrottando le sopracciglia e coprendosi le gambe con la coperta rossa che ha tirato fuori stamattina – Non dovremmo bere il thè come delle normali ragazze inglesi?”
“E in quali circostanze, esattamente, noi siamo normali?” chiede ingenuamente Megan.
Olivia le sorride, mandandole un bacio volante, “Comunque io passo – si rivolge a Dalia, inclinando la testa all’indietro – Sono una ragazza non normale inglese e incinta
L’amica annuisce brevemente e ritorna con due bottiglie verdi di Heineken, ne porge una a Megan e si risiede con un sospiro.
Emma entra in quel momento in salotto. Tiene – ovviamente – l’iPhone in mano, i capelli sono arrotolati dentro un asciugamano sulla testa e l’accappatoio bianco le copre il corpo.
“Finalmente! – esclama Megan – Questa cosa inizia a bruciare un po’ troppo” indica il cellophane sui capelli di un colore adesso indefinito.
“Scusa – borbotta la nuova arrivata, affiancando Olivia sul divano – Stavo pensando”
“A cosa?” le chiede quest’ultima, accarezzandosi il ventre.
E Dalia ha quasi paura che Emma scoppi a piangere di colpo e inizi a blaterare su India che oddio!, non c’è e adesso come facciamo a cucinare il riso senza bruciarlo e come facciamo a farcela?
Ma Emma corruccia le labbra e socchiude gli occhi: “Voglio farmi un tatuaggio” afferma.
 
 
 
 
 
 
Isabelle Robbins è la copia spiaccicata di sua figlia Candice. O viceversa, è uguale.
Hanno entrambe i capelli lunghi e scuri e gli occhi simili al ghiaccio, le gambe lunghe, il sorriso gentile e le mani curate.
L’appartamento nel quale Candice è cresciuta è sempre illuminato e ben tenuto dalla padrona di casa, suo padre è ancora in ufficio e sua sorella Maggie al corso di danza.
Isabelle dà una girata al suo thè delle sei e osserva attentamente sua figlia, seduta sulla poltrona del salotto che ha i colori delle sfumature del rosa.
“Stai dritta con la schiena” la riprende, e Candice ubbidisce senza dire una parola, tenendo in mano la sua tazza calda.
“Allora – dice ancora la donna, intavolando la conversazione – dimmi un po’ del colloquio”
Candice annuisce, appoggia la tazza sul tavolino in legno davanti a lei e sorride: “Mi hanno fatto una marea di domande, credevo non finisse più! Mi hanno chiesto di cosa mi piace fare e di quello che studio, chi è il mio stilista preferito, dov’è nata la mia passione per la moda e se ho mai pensato a fare la modella”
“Modella?” Isabelle storce in naso.
La ragazza annuisce di nuovo: “Sì, ma non ho risposto. Comunque mi hanno detto che mi faranno sapere, ora sono in ansia però”
“Candy, tu sei meravigliosa in tutto quello che fai. Sei entrata ad Elle Magazine con niente, Vogue non sarà un problema”
Beh, tecnicamente non è la stessa cosa. Candice è sul punto di ribattere, poi ci ripensa e scuote la testa: “Sì, beh, lo spero”
Isabelle corruga la fronte e sospira: “E la tua amica? – chiede ancora – Come sta?”
“Bene – risponde Candice – Adesso sta meglio. La tengono in ospedale ancora per una settimana minimo”
Candice sa che sua madre sta per esprimersi e anzi, sta per dire la sua. Quindi si lecca velocemente le labbra e incrocia le mani tra di loro, in attesa.
“Tesoro – mormora infatti Isabelle, tra il silenzio della casa – sei proprio sicura di non voler tornare a vivere qui con noi? Sai che la porta è sempre aperta per te”
Candice aggrotta le sopracciglia, confusa: “Cosa vuol dire, mamma?” domanda, spalancando gli occhi.
“Vedi – sua madre trascina le parole, stringendo le labbra in una linea dura, severa – non mi sento molto sicura a saperti in casa con ragazze come le tue amiche. Non più, almeno. Si vede che hanno dei problemi e che frequentano giri abbastanza pericolosi. Non mi piace la piega che stanno prendendo gli avvenimenti. Devi concentrarti sull’università e sul lavoro”
Oh.
Candice rimane in silenzio, senza parole. Non ha mai visto le sue amiche come ragazze pericolose. Beh, non quando fumano marijuana in balcone. O non quando passano la notte fuori, o quando non tentano il suicidio e soprattutto non quando rimangono incinte.
Le sue amiche non sono pericolose, sono…
“Hai ragione – balbetta, in difficoltà – cercherò di stare attenta”
Isabelle sorride, mostrando una dentatura perfetta: “Brava tesoro, e ricordati che noi ci siamo sempre per te”
Poi sua madre le chiede se ci siano novità.
Novità.
Zayn.
Apre bocca per rispondere, ma poi all’ultimo scuote la testa: “Niente di nuovo” risponde.
 
 
 
 
 
Emma si ricorda che durante la gita a Parigi del secondo anno, lei ha perso la verginità.
È un ricordo abbastanza imbarazzante e ha cercato di rimuoverlo il più delle volte in cui ci ha pensato, però è l’unico che in questo momento le frulla in testa mentre, con le Jeffrey Campbell Zomg grigie e il pellicciotto nero a coprirle le spalle e le braccia, aspetta impaziente che il pullman che è appena arrivato nel parcheggio della scuola apra le porte e faccia uscire quei piccoli marmocchi.
Callum – stando a quanto le ha detto India quella mattina – è andato in gita ad Oxford con la sua classe. Sono quasi le otto di sera e c’è buio e fa davvero un freddo cane, ci sono fin troppi genitori da farla sentire un pesce fuor d’acqua e nessuno sembra essere intenzionato ad aprire quelle benedette porte.
Si è fatta la doccia, si è truccata, ha infilato i jeans di Zara, la maglia di Kenzo, il maglione di TopShop e la sua meravigliosa Stella e ha preso un taxi – Megan le ha detto che sembrava un bersaglio troppo facile per gli scippatori della metro, specie se si parla di lei, che a malapena sa la via in cui abitano -, arrivando davanti alla scuola perfino in anticipo.
Con Callum ha quasi instaurato un rapporto, è un ragazzino abbastanza sveglio e molto educato. Chissà che anche lei era così.
Sorride a quel pensiero. Ovviamente no.
Finalmente la portiera del pullman si apre, e Emma spalanca con gli occhi quando Mr. Liam Payne scende dagli scalini, esibendo un sorriso cordiale alla folla di genitori che si ritrova davanti. Fa vagare lo sguardo fino a quando i suoi occhi non incontrano quelli di Emma, che arrossisce di colpo. Lui sembra sorridere ancora di più, alzando una mano nella sua direzione per salutarla. Lei ricambia mordendosi una guancia.
I ragazzini sul pullman iniziano a scendere come furie, alcune madri accerchiano Liam con domande e commenti sulla gita, Callum si avvicina ad Emma e le scocca un sorriso.
“Sei tutta rossa” le dice.
La ragazza ride nervosamente e gli scompiglia i capelli in un gesto che dovrebbe essere sincero e spontaneo ma che su di lei assume una sfumatura di rigidità.
“Aspettami qui” mormora, superandolo e andando verso Liam.
Attende che lui abbia concluso con quella calca di mamme che non smettono di assediarlo – le ricordano vagamente un branco di galline impazzite – e gli sorride quando lui la nota.
La sua camicia di poco prezzo sotto la felpa grigia gli fascia il fisico tonico. I capelli sono appena più lunghi dell’ultima volta e, nonostante sia visibilmente stanco, i suoi occhi sorridono.
“Emma! – l’apostrofa – Mi fa piacere vederti”
“Sì beh, in realtà dovevo dirti una cosa – mormora, ed è troppo nervosa per star semplicemente parlando con lui – Purtroppo ci sono stati dei problemi con la mia amica e beh, io non sono molto esperta coi bambini e tutte quelle cose lì. Cioè se dovesse esserci qualcosa che non va con Callum potrei, come dire, darti il mio numero di telefono, nel caso, che so!, non si dovesse sentire bene…”
Si appunta mentalmente di togliere anche questa figura assurda e di merda dalla mente. Si sente un’idiota e suda freddo perché lui la guarda con una faccia da rimbambito e porca miseria!, possibile che non abbia afferrato il concetto?
“Volentieri! – esclama lui, all’improvviso. Emma spalanca gli occhi e smette di tremare – E non ti preoccupare, un ragazzino come Callum è tutto meno che un problema”
Sfila dai suoi jeans sciatti uno smartphone – il primo telefono di Emma era più moderno, ma dettagli – e la guarda, in attesa.
Lei gli detta il numero senza smettere di sorridere.
“Grazie” dice Liam, alla fine.
Emma si sposta i capelli dal volto e: “Buona serata” mormora, nel tono più sensuale possibile, prima di girarsi e sculettare verso Callum, che cerca in tutti i modi di non ridere.
Quando Emma si gira un’ultima volta verso il pullman, Liam la sta ancora osservando.
Si morde le labbra e sorride.
Uno a zero.
Palla al centro.

 






Buonasera!
Vado un po' di fretta perché devo ancora farmi la doccia e, calcolando i miei tempi, ci impiegherò minimo 5 ore ahhaha
Spero che il capitolo - più corposo di quello della volta scorsa - vi sia piaciuto e che soprattutto sia stato chiaro! Specie per il primo passaggio in cui Megan legge una fan fiction ad alta voce su Niall e Dalia si arrabbia (più che altro, è parecchio imbarazzata!)
La scena del thé con Isabelle e Candice è anche per contrastare la diversità tra questa e quella precedente. Mentre loro prendono un thé, le ragazze si fanno un birra.
Il personaggio di Isabelle ci sarà anche in altri capitoli, come vi ho detto la famiglia di Candice avrà un ruolo rilevante nella storia.
E poi, Liam! Io adoro scrivere di Emma e Liam perché sono particolamente goffi entrambi e spero che, per gli amanti della coppia, questa scena vi sia piaciuta! E' un grande passo avanti, no?
Nel prossimo capitolo ci sarà parecchio Louis Tomlinson e taaaanto Niall Horan!
Spero davvero che il capitolo vi sia piaciuto, e grazie di cuore a tutte le ragazze che continuano a supportarmi su facebook, su twitter, su ask e nelle recensioni!
Siete degli amori :)
Vi lascio i link delle due nuove one-shot, quella di Niall/Dalia pubblicata da poco, Le cose buone , e quella di Olivia: Abbiamo solamente .
Per il resto, spero stiate bene :)
A presto,
Caterina





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Capitolo 17
*** Capitolo sedici - Fast and Furious ***




No church in the wild
Capitolo sedici - Fast and Furious 





Sono le sette di sera e India odia le sette di sera.
Olivia ribatterebbe con un “E cosa tu non odi?” che la farebbe sorridere e sentire meglio, ma lei però non c’è e fa freddo e sono le sette di sera.
C’è buio, di quel buio stanco e stancante, un po’ gelato e parecchio triste.
E India non lo sopporta.
Harry chiude la porta della sua stanza con un suono secco, poi si volta a guardarla immerso nella sciarpa scura che indossa e sembra sorriderle: “Hey”
India ha le gambe incrociate e un paio di pantaloni della tuta con una felpa grigia, l’iPod tra le mani e i capelli portati – apposta – dietro la schiena.
Stira un po’ le labbra anche lei: “Ciao”
Il ragazzo si sfila il cappotto e la sciarpa e appoggia tutto ai piedi del letto, poi si siede sulla sedia lì affianco e tira su con il naso: “Come stai?” le chiede.
“Così – India scrolla le spalle, battendo una mano sul lenzuolo e appoggiando l’iPod sul comodino – E tu?”
“Una donna in negozio mi ha scambiato per suo nipote – Harry sorride e sembra più sereno – Ha continuato per venti minuti a chiamarmi Tyler finché non ha letto il cartellino del nome”
Ad India fanno piacere le chiacchiere di Harry.
Da una settimana a questa parte, lui entra nella sua stanza d’ospedale, si siede sulla sedia, le chiede come sta e inizia a raccontarle della sua giornata, dei film che ha visto e per i quali ha pianto, del libro di Bukowski che gli ha aperto un altro mondo, dei MSTRKRFT che hanno fatto quella canzone che è bellissima anche se non si ricorda il nome, della canna che ha fumato la sera prima, del libro che sta scrivendo, di lui.
Lui la diverte, la fa ridere e le fa compagnia. India il più delle volte non ce la fa ancora a parlare, le mancano le parole o probabilmente non vuole rovinare l’atmosfera con le sue chiacchiere, ma il silenzio non ce n’è o comunque non si sente.
Lei sorride, senza rispondere.
Harry sorride di riflesso ed il suo sorriso assume una sfumatura di incertezza e poi di disagio quando le osserva il collo.
Si schiarisce la voce: “Ascolta, India – mormora, mentre lei lo osserva intensamente, socchiudendo gli occhi – Ti va se…se ti racconto una storia? La mia storia”
Lei annuisce brevemente, irrigidendo le spalle.
“Okay – Harry prende un respiro e allarga le ginocchia, appoggiandoci i gomiti e passandosi le mani grandi tra i capelli – Non so quanto tu effettivamente sappia di me. Voglio dire, oltre quello che ti ho già raccontato. Mio padre è un pezzo grosso, anche se vedendomi non si direbbe. Lavora nella Borsa di Londra, è un finanziere di quelli stronzi e cinici che si vedono nei film americani. Solo, molto meno affascinante – sorride, scuote la testa – Sono figlio unico, i miei hanno sempre puntato sull’unico erede dell’impero famigliare sborsando soldi su soldi per quelle cazzo di ripetizioni di algebra che davvero, non ho mai capito. So suonare il pianoforte e parlare in spagnolo, me la cavo col francese e conosco qualche parola del cinese. Ma nessuna di queste cose mi ha mai…soddisfatto così tanto come la scrittura”
India rimane in silenzio, ma un po’ se lo aspettava. Continua a fissarlo mentre lui prende una pausa, poi si allunga per accendere la lampadina sul comodino e attende.
“Scrivere mi fa schifosamente bene. Mi rende completo, mi fa dire e parlare senza dover per forza alzare la voce. Con la scrittura posso dire a mia madre quanto la felpa che mi ha preso per Natale a otto anni fosse orrenda, posso dire a Cameron Parker che non voglio andare al ballo con lei perché le puzza l’alito, posso parlare a mio padre e dirgli che l’idea di fare l’università mi fa schifo, che odio ciò che sono diventato e le persone che mi circondano. E un giorno l’ho fatto, sai? – Harry si morsica per un attimo il labbro inferiore, poi chiude gli occhi e sembra stanchissimo – Ho iniziato a parlare a raffica coi miei, a cena. Non ho detto molto e probabilmente ho usato le parole sbagliate, ma ci ho provato e beh, mio padre ha iniziato a gridarmi contro, mi ha fatto scegliere. Restare in casa, coi soldi, la macchina, l’appartamento vicino a Primrose Hill, gli spocchiosi con la puzza sotto al naso, l’università, la vita che mi ha sempre fatto schifo…Ho scelto il resto, ovviamente. Mio padre mi ha tolto tutti i fondi bancari, la casa e l’auto. Sono stato qualche mese da un paio di amici, ho trovato il lavoro da Tesco e ho risparmiato, fino a prendere un monolocale a Brixton, dove sto tutt’ora”
India assimila e annuisce. Sapeva che Harry provenisse dai quartieri alti perché Emma lo aveva cercato su Internet e perché ovviamente le aveva spifferato ogni cosa.
“Okay” dice semplicemente, qualche secondo più tardi.
Harry alza di scatto la testa verso di lei, come se si fosse ricordato solo in quel momento di non essere solo nella stanza.
“Sì – dice anche lui, con un sospiro di sollievo – Okay”
 
 
 
 
 
Megan osserva la ragazza chiatta dietro al vetro della biglietteria e sbuffa: “Quattro biglietti per Fast And Furious 6” ripete, per la terza volta. Mastica un “Non mi sembra così difficile da capire” e si guarda intorno. Il centro commerciale di Mayfair è affollato e assume già quella sfumatura di rosso natalizio e mercantile. Il tetto è a cupola, di un giallo oro ed elegante. Un enorme abete non ancora decorato sorge al centro dell’enorme salone colmo di famiglie e bambini.
Louis, un braccio attorno al fianco di Megan e una giacca imbottita in denim, sorride.
“Stai tranquilla, piccola – la rassicura, stringendola un po’ più forte – Va tutto bene”

La ragazza si passa le dita laccate di smalto tra le ciocche dei suoi capelli biondi e guarda verso la panchina davanti al negozio di scarpe, dove Dalia sembra particolarmente impegnata ad alzare gli occhi al cielo e Niall Horan a parlare con un paio di ragazzine che da un buon quarto d’ora gli stanno ripetendo quanto lo amino.
“Non riesco ancora a credere che tu l’abbia convinta ad un’uscita a quattro” dice di nuovo Louis, mentre paga i biglietti che la donna dietro al vetro gli ha appena passato.
Escono dalla fila con ancora gli sguardi fissi sui due amici, Megan dentro un paio di jeans neri, una camicetta trasparente e sopra un paio di trampoli rossi che la fanno arrivare alla stessa altezza dei capelli scompigliati di Louis, che non si è fatto la barba ed è ancora più bello.
E non si sono ancora baciati.
“Dalia è una finta sostenuta – spiega, seriamente – Fa di tutto per non farlo capire, ma è fin troppo presa da Niall”
“Ah sì? – Louis si ferma di colpo, guardandola sorpreso – Voi ragazze siete chiaramente assurde”
Megan gli fa l’occhiolino e ride, ma poi aspetta di sentire ancora il suo braccio contro la schiena per riprendere a camminare.
E non si sono ancora baciati.
Quando li vede arrivare, Dalia si alza in piedi: “Hallelujah! – esclama – Li avete partoriti questi biglietti?”
“Non è colpa mia se la gente non capisce un cazzo, D” ribatte Megan, riferendosi alla ragazza della biglietteria.
Niall sorride un’ultima volta alle due fans prima di congedarle con un saluto caloroso, poi si volta verso gli altri e batte le mani: “Allora? Che si dice di bello?”
“Non lo so – risponde Dalia, stizzita – chiedilo alle tue meravigliose fans”
“Ma tu sei la mia fan numero uno per eccellenza” dice Niall, mettendole un braccio sulle spalle in un goffo tentativo di stringerla. Dalia – ovviamente – si stacca subito, sistemandosi i capelli che a contatto con il cappotto di Niall sono diventati elettrici e: “Sei un animale” afferma, facendo ridere tutti.
 
 
 
 
Niall guarda lo schermo della sala quasi con adorazione, gli occhi lucidi per la concentrazione e una porzione grande di popcorn tra le gambe. Dalia, quando è sicura di non essere vista, si concede qualche attimo per osservargli il viso illuminato dalla luce del film e pensa a quante canzoni potrebbe scrivere sul suo sorriso. Poi scuote la testa e storce la bocca perché, davvero, che schifo di pensieri.
Niall si volta verso di lei e sembra contento di vederla ancora lì: “Posso abbracciarti?” le domanda, spiazzandola.
Le guance di Dalia si infuocano e tutto dentro di lei sembra esplodere. Gli occhi di Niall, in questo momento, tra il buio della sala 6 del cinema, sono gli stessi occhi di cui sente parlare in tutte le canzoni d’amore ma che non ha mai trovato.
Stringe i pugni senza farsi vedere perché potrebbe davvero piangere e non ne sa il motivo.
“Solo se poi stai zitto”
 
 
 
 
Louis si sporge in tempo per vedere il suo migliore amico che allunga un braccio sulle spalle di Dalia, seduta accanto a Megan che a sua volta è vicina a lui.
Sorride e scuote la testa: “Avevi ragione tu” sussurra all’orecchio della ragazza, facendola rabbrividire e poi sorridere.
“Ti piace il film?” le domanda ancora, con lo stesso tono.
Megan annuisce: “Sì, e a te piace?” 
“A me piaci di più tu”
E poi, come due tredicenni al primo appuntamento – se dio vuole – si baciano.













 

Spero vivamente che il nuovo capitolo vi sia piaciuto!
Ho notato che le recensioni stanno un po' calando, e volevo chiedervi il motivo. Non vi piace più l'andamento della storia? Non vi piacciono i personaggi? Per me è importante sapere cosa (e se c'é) qualcosa che non vi torna, in questo periodo scrivere 'No church in the wild' mi risulta parecchio complicato, e probabilmente si iniziano a vedere i primi segni di 'cedimento'.
Però sono lo stesso immensamente felice di sapere che, nonostante tutto, ci sono parecchie ragazze a cui tutto ciò intriga ancora! Grazie di cuore :)
Vi è piaciuto il capitolo? FInalmente Louis e Megan si sono baciati!
Volevo anche dirvi che ho iniziato una nuova storia, si chiama Plastic dolls e se cliccate sul titolo c'é il link, nel caso vogliate dare un'occhiata!
Spero di sentirvi presto e sopratutto attive! <3
A presto,
Caterina




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Capitolo 18
*** Capitolo diciassette - The Right Thing ***




No church in the wild
Capitolo diciassette - The Right Thing






Niall spalanca la porta della sala del cinema e si sposta di lato per far passare Dalia, che gli sorride a labbra chiuse per ringraziarlo. Megan lo evita involontariamente e ride per l’ennesima battuta di Louis che, dietro di lei, sta infilando le mani dentro le tasche del suo giubbotto di pelle e: “Vin Diesel è immortale” commenta, ridacchiando. Il suo braccio si posa subito sul fianco di Megan, che di riflesso fa un passo più vicino al ragazzo.
Niall si stringe nelle spalle del suo maglione intrecciato e il suo giaccone marrone sfiora la gonna nera di Dalia, facendola arrossire.
“Non ha fatto così schifo come pensavo, comunque” borbotta il biondo, mentre tutti e quattro si dirigono verso l’uscita dell’immenso corridoio.
Nah – risponde Louis, aggrottando la fronte – uguale a tutti gli altri, ma comunque non così osceno”
Niall annuisce, poi si stiracchia e si copre subito le labbra per cercare di non emettere alcun suono, ma è troppo lento perché l’attimo dopo Dalia si ferma di scatto e lo fissa: “Fai schifo” gli dice, seria.
Louis e Megan ridono in sincronia, “È ancora piccolo – lo giustifica il ragazzo, scompigliando i capelli a Niall, che è arrossito vistosamente – i rutti sono all’ordine del giorno per lui”
“Grazie tante, amico” borbotta il biondo, incassando le spalle.
Dalia sorride mentre Megan sente il telefono nella sua borsa di Zara vibrare. Lo tira fuori scavando tra vecchi accendini e matite nere per gli occhi.
È Olivia.
“Olly?”
“A casa. – scandisce l’amica, la voce ovattata – Ora!”
 Megan si blocca, facendo fermare anche Louis e Dalia, che spalanca gli occhi e pensa già al peggio: “Che c’è? Cos’è successo? – domanda freneticamente la bionda – Stai bene? Il bambino? Sei sola? Le altre?”
“Le altre sono il problema! – esclama Olivia, e sembra trattenersi dall’urlare – Per favore, muovetevi. È urgente”
“D’accordo – asserisce Megan, ricominciando a camminare velocemente -  Quaranta minuti e siamo lì”
Riattacca e sospira, guardando gli occhi confusi di Dalia: “Credo sia successo un casino”
Una catastrofe, comunque.
 
 
 
Il campanello di casa suona e Olivia è la prima ad alzarsi in piedi. O meglio, è l’ultima, perché Emma e Candice stanno alzate da almeno un'ora. Entrambe probabilmente non sentono alcun rumore, è Emma quella che adesso sta parlando – piangendo – e sembra una bomba pronta ad esplodere.
Olivia cerca di non dare alcun peso alla nausea che sente in gola e si precipita all’ingresso, aprendo il portone e poi la porta di casa con le mani che tremano.
Dalia e Megan raggiungono il pianerottolo di corsa, le facce sconvolte e “Cosa cazzo è successo?” domanda la prima, entrando in casa.
Non riesce nemmeno a togliersi il cappotto rosso che indossa che subito spalanca gli occhi e li punta verso il salotto: “Sbaglio o sta piangendo?” chiede, stavolta a bassa voce, ascoltando le parole confuse di Emma.

Olivia si lecca le labbra e sembra sul punto di svenire e strapparsi tutti i capelli dalla testa: “Non hanno mai litigato così furiosamente – dice, grave – Vi giuro, non so cosa cazzo sia successo. Sono tornata a casa dalla biblioteca e le ho trovate così”
Megan e Dalia si spogliano velocemente, tolgono le scarpe e arrivano in sala, sconcertate.
Emma ha gli occhi rossi simili a quelli che aveva a diciassette anni dopo la seduta dallo psicologo coi suoi genitori. È in piedi, le braccia allargate e la tuta stropicciata sull’orlo della maglietta. Candice le sta di fronte, vicino al tavolo, lo sguardo confuso e la camicia bianca da ufficio perfettamente abbottonata.
Emma continua ad urlare, si passa le mani sotto gli occhi neri di mascara e poi tra i capelli, poi urla ancora e piange di nuovo. Dalia osserva la scena senza capire granché, poi guarda Megan che è probabilmente più sconvolta di lei e indurisce lo sguardo.
“Si può sapere cosa cazzo è successo?” tuona, interrompendo il flusso di parole sconnesse di Emma, che si zittisce e riprende a singhiozzare, sedendosi sul divano con il volto tra le mani. Lo alza, comunque, qualche secondo più tardi, ignorando la domanda di Dalia e guardando Candice: “Siamo migliori amiche, cazzo! – esclama – Ci conosciamo da quando siamo piccole, ho sempre fatto tutto per te, cazzo!, Candice io non ci credo… Mi hai fatto a pezzi”
“Adesso ci calmiamo tutte – interviene a quel punto Megan, decisa. Chiede ad Olivia di andare a scaldare l’acqua per il thè e si siede sul divano – Prendiamo tutte un respiro e parliamo civilmente”
“È quello che sto cercando di fare – le risponde Candice, stizzita – Sono ore che sto provando a parlare normalmente”
“Non si può parlare con te! – strilla Emma, e Megan l’afferra per le spalle per evitare che tremi troppo forte – Non capisci proprio un cazzo!”
“Basta adesso, santo cielo! – s’aggiunge Dalia, spalancando le braccia come quando è arrabbiata – Cos’è successo di così catastrofico?”
Emma si alza in piedi di scatto, ignorandola un’altra volta e puntando lo sguardo bagnato di nuovo sulla figura slanciata di Candice: “Tu lo sapevi, lo hai sempre saputo quanto cazzo io tenga a quel lavoro! – urla, e nella sua voce non c’è nient’altro che delusione – Vogue, cazzo, Vogue! Ti hanno offerto un lavoro per Vogue e tu non hai scelto me. Non ti ha neanche sfiorato il pensiero di scegliere me”
Megan si alza in piedi a sua volta, assottigliando gli occhi.
I tasselli si stanno congiungendo.
“Scelto per cosa?”  domanda, e probabilmente ha paura della risposta.

“Mi hanno chiesto qualcuno di affidabile, Em! – esclama Candice, alzando di qualche tono la voce – Ho fatto il nome di Georgia perché non arriva mai in ritardo in ufficio, è sempre la prima a consegnare le pratiche e non si è mai lamentata! Non pensavo l’avrebbero assunta insieme a me, io non ho fatto niente!”
“È questo il punto, cazzo! – Emma scoppia del tutto, stringe i pugni fino a sentire male ai palmi e non si sente nient’altro che la teiera che fischia e il suo respiro pesante, deluso – è questo. È questo ciò che fa più male, che brucia da fare schifo. Tu non fai niente, non fai mai niente. Ho sempre pensato che la nostra amicizia si basasse sul dare e ricevere senza mai chiedere, e mi è sempre andato bene perché ti conosco e so che hai un modo tutto tuo di dimostrare di tenerci. Ma poi arrivo in ufficio e sento tutti parlare di quanto tu sia stata un’ottima amica a suggerire a quelli di Vogue il nome di Georgia – tira su col naso e il labbro le trema – E il bello è che ho cercato in tutti i modi di farti capire che...” s’interrompe perché non le vengono le parole e forse perché queste neanche bastano. Perché Candice è testarda e non capisce quanto faccia male.
Non lo sa, non può saperlo.

“Ho fatto la cosa giusta e tu lo sai! – inveisce quest’ultima, come se ciò che ha appena sentito non l’avesse nemmeno sfiorata – Tu ti lamenti sempre, cavolo! Non ti va mai bene qualsiasi cosa ti facciano fare, nei backstage mandi messaggi e arrivi sempre in ritardo! Ci hai messo tre giorni per correggere l’articolo che Martha ti ha dato e in ufficio sei sempre con la testa persa nei tuoi pensieri! Vogue è una cosa importante per me, ho scelto Georgia perché ci vuole qualcuno di responsabile”
Emma la osserva e sembra che le costi una fatica bestiale non crollare davanti a lei, iniziare a singhiozzare più forte di prima e urlare il suo dolore, la sua delusione.
“Fa un male cane, lo sai?” sussurra, prima di asciugarsi le guance e marciare verso il corridoio e poi verso la stanza che condivide con Olivia.
Candice rimane in silenzio, si guarda intorno come un soldato tra le macerie della sua stessa guerra e sospira.
Dalia è ancora in piedi, lo sguardo che ad ogni parola detta si è fatto più freddo e le braccia incrociate per evitare – probabilmente – di metterle attorno al collo di qualcuna.
“Sei stata da tua madre, vero?” le domanda, ma conosce già la risposta.
“Non c’entra niente” ribatte subito l’altra, stanca.
Megan raggiunge Emma in camera mentre Olivia torna dalla cucina con un vassoio di tazze bollenti che tiene in equilibrio per miracolo. Lo appoggia sul tavolino accanto al divano e sospira: “Perché lo hai fatto, Candice?” domanda, piano.
“Perché era la cosa giusta, perché Emma non è portata per un lavoro del genere e il fatto che voi fingiate di non saperlo mi fa tremendamente arrabbiare”
“Ma vaffanculo, Candice! – esclama Dalia, avvicinandosi di qualche passo – Tu fai incazzare! Tu coi tuoi modi da finta perbenista quando in realtà non sai un cazzo di cosa sia il rispetto e l’amicizia. Al posto di scartare Emma come se fosse una malata di lebbra avresti potuto dirle come ci si comporta, potevi farle capire con altri modi che il suo comportamento è sbagliato, e invece come al solito te ne sei fregata perché l’opportunità è tua e non sua, vero?”
“Non è andata così! – si difende Candice, alzando gli occhi al cielo – Smettila di essermi sempre contro, Dalia! Trovi sempre un pretesto per litigare con me”
“Perché non capisci un cazzo!” urla Dalia, ovvia. Poi fa un verso esasperato e cammina in corridoio, chiudendosi in camera.
Forse non le pensa davvero le cose che dice, ma è arrabbiata e lei sa come si sente Emma perché, davvero, ci ha provato tante volte a far capire a Candice quanto il suo comportamento l’abbia fatta stare male.

E vaffanculo alla cosa giusta.
Olivia si morde il labbro e fissa le tazze ancora calde che nessuno berrà.
Tre secondi dopo sente i passi di Candice arrivare all’ingresso, lei che afferra la giacca e la porta che sbatte.

 



 

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Capitolo 19
*** Capitolo diciotto - Hands ***


 

No church in the wild
Capitolo diciotto - Hands





India è tornata dall’ospedale e, Olivia ne è sicura, la casa è più accogliente.
Emma continua a ridere istericamente per i fotomontaggi di Tumblr su Kanye West, per i biscotti che Dalia ha fatto cadere ieri sera e per gli stati da analfabeta che i suoi amici di Facebook condividono verso le diciotto.
Megan ha comprato un altro paio di scarpe che, secondo India, sono esattamente identici agli ultimi, ma questi hanno le borchie e le borchie, ha sottolineato Megan, attizzano.
Dalia ha composto una nuova canzone che si chiama ‘Fuck you best friend’ ma che non ha mai provato perché, cinque minuti dopo il lavoro finito, ha strappato l’intero spartito con tanto di testo annesso e ci ha rollato una sigaretta.
Nessuno che accenna al posto vuoto a tavola, al letto vuoto in camera, a quello del divano, a quelle gallette integrali di merda che Candice e solo Candice riesce a mangiare che ora stanno marcendo nella dispensa.
Tabù.
Candice è uscita dalla loro quotidianità come è uscita da quella casa. E fa male, e anche tanto, anche se nessuno lo dice.
Olivia ha sentito Zayn Malik su Facebook e le ha fatto parecchia tenerezza. Lo ha invitato a casa per la cena di ben tornato per India, ringraziandolo per essere stato accanto, nonostante tutto, a Candice.
Ovviamente, se qualcuno accennasse ad India le parole come ‘cena di bentornata a casa’, è molto probabile che la ragazza inizi a strillare e a strapparsi i capelli. Di conseguenza, questo è una normalissima cena che Emma userà come scusa per Liam SvegliatiCheÈora Payne.
Olivia, nonostante i jeans che non le vanno più e quel senso di solitudine delle due del mattino, sta bene.
Forse.
 
 
 
 
 
Dalia appoggia l’ultimo piatto sulla tavolata e sospira: “Ho vent’anni e questa è la prima e ultima volta che apparecchio, ve lo giuro”
India mette la caraffa d’acqua sul tavolo e sbuffa divertita, “Hai messo tre piatti, tre
“È già troppo, fidati”
La tavola è stata allungata apposta per la serata, ci sono esattamente dieci piatti piani, dieci fondi, dieci bicchieri, dieci coltelli e dieci forchette. La tovaglia è rossa scura, il vetro dei bicchieri ha colori diversi e i tovaglioli sono di un azzurro chiaro. C’è una candela già accesa al centro della tavolata, tra la caraffa d’acqua e quella di vino rosso.
Emma è coricata sul divano, intenta a scorrere con le dita sul suo iPhone e a farsi foto per scaricare la tensione.
Olivia è ai fornelli, con tanto di grembiule e capelli legati, India le passa affianco e le lascia un bacio sulla guancia, lei sorride alla torta ripiena di carne che ha tra le mani e l’appoggia soddisfatta sul ripiano sopra al forno: “Ciao stronzi, sono un genio”
Il campanello suona nel momento in cui Emma scoppia a ridere.
“Venti sterline che è Louis” dice Megan, andando ad aprire. Indossa un vestito lungo, rosa evidenziatore, fatto di veli trasparenti e senza spalline, un paio di scarpe chiuse e un bracciale di metallo che ha rubato da Primark.
“Niall non è sicuramente – borbotta Dalia, sistemandosi i capelli sulle spalle – E’ probabilmente la persona più pigra e ritardataria del mondo, peggio di India”
E parlare di lui in quella maniera le dà un brivido di soddisfazione su per la schiena. Conosce Niall Horan, frequenta Niall Horan.
“Meglio in ritardo che brutte, lo sai” ridacchia India, scuotendo la testa e sedendosi su una sedia.
Dalia si accende una sigaretta appoggiandosi al muro in mattoni dietro di lei e “Non c’entra arrivare brutti, India – le dice – Tu dormi!”
La bionda non risponde perché è vero ma le ruba una sigaretta dal pacchetto che l’amica ha lasciato sul tavolo, osservando Megan all’ingresso far entrare la figura esile di Mr. Mistery.
Zayn Malik ha decisamente visto giorni migliori a giudicare dalla sua barba nera che gli ricopre le guance e il collo. Ha gli occhi spenti, una cuffia blu scuro, una giacca pesante e un paio di jeans neri e stretti. In mano tiene una bottiglia di vino, “Permesso” mormora, pulendosi le scarpe sul tappetino fuori dalla porta.
“Oh, grazie! – esclama Megan, quando il ragazzo le porge la bottiglia – Non ce n’era bisogno, Zayn, non dovevi!”
“Dovevi eccome! – interviene Dalia, facendo ridacchiare sia Olivia che India – Più alcool, più simpatia”
Il ragazzo si sfila la giacca e la cuffia, restando in felpa e t-shirt, appoggia il tutto all’attaccapanni e si guarda intorno imbarazzato. Megan chiude il portone e gli fa strada in salotto, dove Emma – grazie a dio – si è messa in una posizione accettabile. Lui guarda verso la cucina e “Hai bisogno, Olly? – domanda, gentile – Nelle tue condizioni non mi sembra il massimo cucinare da sola”
“Non farti ingannare – borbotta India, accavallando le gambe e alzando un sopracciglio – In realtà è lei che non vuole essere aiutata. Il gioco di squadra non è una cosa per cui Olly va matta”
“Come non detto, allora” sorride Zayn, leccandosi le labbra.
“Accomodati, non fare complimenti” lo invita Olivia, spegnendo il gas.
Lui si arrotola le maniche della felpa e si siede sul divano accanto a Emma, che gli sorride un po’ in imbarazzo.
Beh, in effetti la situazione è parecchio imbarazzante.

Dalia aspira il fumo della sua sigaretta e aggrotta le sopracciglia. C’è un silenzio pesante e lei non sa proprio come colmarlo.
Cosa potrebbe dire? “Hey Zayn, allora come va? Hai sentito che la tua forse fidanzata è una stronza e che ti abbiamo invitato solo perché ci fai pena?”

Scuote la testa.
Olivia chiude il frigorifero e arriva in salotto: “Come sta Candice?” domanda al giovane, senza tanti giri di parole. Si pulisce le mani sul grembiule e si siede su una sedia libera del tavolo, sospirando.
“Oh, beh – Zayn tentenna un po’, muovendosi sul divano con incertezza – In realtà è un po’ che non ci sentiamo”
“Ma dai?” la voce di Dalia è piena di sarcasmo, e Olivia l’ammonisce con un’occhiataccia.
“Già – conferma il ragazzo – lei non si è fatta sentire e io beh, l’ho lasciata stare. Ho saputo cos’è successo tra di voi e ho pensato le servisse del tempo per stare sola”
Dalia guarda il volto corrucciato di Emma e apre bocca per dire qualcosa, Olivia l’ammonisce di nuovo mentre Megan batte le mani: “Non pensiamoci adesso! – esclama, sorridendo – Un po’ di vino?”
 
 
 
 
I piatti sporchi stanno appollaiati gli uni sugli altri mentre i bicchieri continuano a riempirsi e a svuotarsi di vino rosso e birra irlandese. La lampada del salotto illumina l’intera stanza e dà una sensazione di pacata spensieratezza che a mezzanotte meno venti non guasta mai.
A India, Louis Tomlinson piace parecchio.
Le piace perché è una persona, apparentemente, che si può dire  sia ‘solare’ grazie ai suoi occhi azzurri e a quella risata squillante e vivace che copre anche le altre.
In realtà, Louis è una persona furba, parecchio loquace, con una spiccata intelligenza e tanto – fin troppo – sarcasmo.
India lo ha osservato per tutta la serata, guardandolo dall’altra parte del tavolo mentre lui intratteneva il resto del gruppo con le sue chiacchiere. Niall, affianco a lui e a capotavola, continuava a ridere per ogni cosa detta, Dalia sbuffava e interveniva assieme ad Olivia e Megan scoppiava a ridere con le lacrime agli occhi e con Emma. Il ragazzo davanti ad Horan, Liam Payne, invece, si limitava a sorridere gentilmente e a parlare senza mai sembrare annoiato. Probabilmente si è domandato, tra una battuta e l’altra, perché Emma lo abbia invitato a cena da loro, ma ha pur sempre portato il gelato e beh, il gelato non si nega a nessuno.
India osserva le persone che ha intorno e poi i battibecchi amorevoli di Dalia e Niall su chefilmhafattochi , le parole timide di Emma e Liam che sembrano tanto dei bambini inesperti e il sorriso spontaneo di Olivia quando parla di ciò che sta crescendo nella sua pancia a Zayn, che ha gli occhi spenti e le labbra secche.
India osserva le persone che ha intorno e si chiede perché lei non abbia la forza e il coraggio di stringere la mano di Harry che è posata accanto a lei su tavolo nello stesso modo spontaneo con cui sono intrecciate quelle di Megan e Louis.

Lei non ha parlato molto durante la serata, ha preferito ascoltare e guardare il profilo attento di Harry, irrigidirsi per suo un movimento impercettibile e sbuffare frustata osservandogli la mano grande e vuota.
Harry invece è più loquace, interagisce con Louis e Niall come se fossero vecchi amici, parla del suo romanzo incompleto e sorvola sul rapporto coi suoi genitori. Si dimentica di dire che una volta ha cenato sull’Empire State Building e ride quando ride Niall Horan.
India ascolta e si morde le labbra contando l’assenza di Candice e chissà se a quest’ora Dalia sarebbe così ubriacata se lei ci fosse.
Gioca con l’orlo del suo maglione perché vorrebbe mettere le dita tra altre dita ma non può. Vorrebbe ma non può.
Guarda la mano vuota di Harry e sospira perché sa, comunque, che lui l’ha posata tutto il tempo lì affianco per darle tempo.
Tempo che, probabilmente, India neanche si merita.


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Capitolo 20
*** Capitolo diciannove - What now ***




No church in the wild
Capitolo diciannove - What now
 
 
A Giulia
Grazie per tenerci tutte le volte



Megan è, a tutti gli effetti, una cubista. Ogni tanto prova ancora a far capire  che, in realtà, lei sia una ballerina a chi glielo chiede, oppure scoppia a ridere subito dopo averlo detto perché, forse, un po’ se ne vergogna. Non che non le piaccia il suo lavoro, sia chiaro. Megan ama ballare e stare al centro dell’attenzione, però la faccia che fanno le persone davanti al suo mestiere, beh, no.
Forse se ne vergogna – ma un po’, eh! – da quando suo padre l’ha chiamata “troia”, o forse quando gli ha tolto tutti i risparmi che aveva messo da parte quando ancora era un genitore accettabile o forse quando guarda le sue amiche tornare a casa da un esame andato bene. Lei, comunque, non è l’unica di casa a non aver proseguito gli studi, anche India e Dalia si sono rifiutate categoricamente di andare all’università, però Dalia ha una voce da pelle d’oca e India è così empatica, versatile e intelligente da poter lavorare ovunque, quindi alla fine rimane fuori solo Megan.
E lei, quindi, quando la gente al suo “Lavoro come cubista” storce la bocca, non solo si vergogna ma pure si incazza perché lei non è una puttana. A Megan piace il sesso perché a tutti piace il sesso con la differenza che Megan non ha paura di dirlo e di dimostrarlo. A Megan piacciono anche gli uomini e gli piace fare sesso con loro.
E le piacerebbero anche le relazioni se non fosse che è completamente una frana per quanto riguarda queste cose. Al secondo mese di relazione o tutto diventa troppo monotono oppure lei stessa diventa troppo ossessiva.
In entrambi i casi, comunque, lei resta sola.
E si è stufata di dire tutte le volte “questa è quella buona” e rimanere comunque a mani vuote.
Quindi quando, tre giorni dopo la famosa cena, Louis non si fa sentire e non risponde ai suoi messaggi, lei cerca di non pensarci più di tanto.
Apre la porta di casa, “Io vado!” strilla e fa finta che vada tutto bene.
 
 




Harry ha convinto India a uscire con lui. Lei, di conseguenza, ha scongiurato Olivia affinché si unisse a loro e ora, tutti e tre, stanno seduti dentro il Jockey’s Pub di Camden Town.
Il locale è grosso e parecchio grunge, alle pareti ci sono solo foto in bianco e nero di Jimi Hendrix e in generale di Woodstock.
Stanno parlando di Dalia e Niall e Olivia sta giocando con la cannuccia gialla della sua coca-cola con ghiaccio.
Osserva con attenzione lo sguardo compiaciuto di Harry Styles mentre India gesticola animatamente e ride, poi guarda gli occhi chiari della sua amica e pensa che l’amore, se così lo vogliamo chiamare, ogni tanto fa bene.
E poi pensa che lei in questo pub, anche se India non lo sa, c’è già stata e il barista l’ha salutata non perché probabilmente si è confuso ma perché sicuramente si ricorda di lei.
Olivia non mette piede a Camden Town da quando ha chiuso tutti i ponti con Chase e, adesso che è qui, sa per certo che questo pezzo così di città le è mancato da fare schifo.
È nervosa, si sposta più volte sulla sedia e si morde le labbra fregandosene del rossetto di Megan che si è messa.
“Si metteranno insieme e litigheranno anche più di quant..Olly? – India blocca la sua parlantina e la guarda con un sorriso – Tutto bene? Vuoi andare a casa?”
Olivia le sorride di rimando e scuote la testa: “Ero solo sovrappensiero” risponde.
A quel punto Harry si schiarisce la voce e accarezza il suo boccale freddo di birra: “Allora, uhm, Olivia – mormora, mentre India sorride per il suo imbarazzo – Come procede la gravidanza?”
La ragazza scrolla le spalle: “Così – dice – I miei si sono incazzati come poche volte nella vita, poi però si sono tranquillizzati e la settimana prossima ho la seconda visita medica”
“Avete già trovato qualche nome?” domanda Harry, sinceramente interessato.
“Praticamente non facciamo altro – risponde Olivia e India ridacchia, annuendo – Ma abbiamo gusti troppo diversi…Emma vorrebbe che fosse una femmina solo per chiamarla Chanel”
“O Victoria” s’intromette India, e Harry aggrotta le sopracciglia confuso.
“Come Victoria’s Secret – specifica quindi Olivia – Ma non c’è da preoccuparsi, odio entrambi i nomi”
Parlano per altri dieci minuti abbondanti mentre il locale inizia a riempirsi di giovani. India dice che domani ha il turno fino alle quattro di mattina e Harry che una volta, a tredici anni, è scappato di casa ma è tornato tre ore dopo.
Poi il giovane si alza, “Vado a salutare un paio di amici, scusate” mormora, allontanandosi.
Quindi India guarda attentamente l’amica e le si avvicina con la sedia per parlarle meglio: “Che hai, Olly? – le domanda, premurosa – Possiamo tornare a casa quando vogliamo, lo sai”
“Non è per questo, India…”
“E allora perché?”
Olivia sbuffa frustrata perché non sa proprio da dove iniziare senza scoppiare a piangere alla seconda frase. Così stringe i pugni forte e guarda Harry Styles che ha sicuramente capito la situazione e si sta intrattenendo con altri ragazzi in fondo al locale, vicino al disc joker.
“Lui…lui beh…ci sono già stata qui” sussurra poi, tenendo gli occhi sulle venature del legno del tavolo.
Oh – India spalanca la bocca ed è parecchio spiazzata, sbatte più volte le palpebre e poi si lecca le labbra – Non avevi mai parlato di lui”
“Lo so” borbotta Olivia, con un sospiro stanco.
Parlare di Chase al passato implica, in qualche modo, una fine che lei ancora non è in grado di dare. Implica rassegnazione e solitudine e il pensare che lui, Chase, adesso non è qui. Però India la guarda con quegli occhi ghiacciati da farle tremare le ginocchia, quegli occhi che dicono “non c’è lui ma ci sono io” e Dio solo sa quante sigarette si fumerebbe Olivia se solo non avesse il terrore di asfaltare i polmoni di suo figlio, il quale forse i polmoni ancora non ce li ha.
“Non so cosa tu stia provando, Olly – mormora India, stringendole una mano sotto al tavolo – ma so che se ogni tanto si è un po’ più coraggiosi magari ci si ritrova con un aspirante scrittore che lavora da Tesco”
Entrambe ridono piano, commosse e con gli occhi che si fanno già più lucidi.
Poi Olivia chiude le labbra e sospira: “O magari con un tatuatore” aggiunge.
E India capisce ma non si muove, finge un’indifferenza che le è sempre cascata a pennello e “Mi piacciono i tatuatori” dice semplicemente.
Olivia ride: “Sì, beh, Chase è davvero molto bello. Ed è grazie al tuo compleanno, se ci siamo incontrati”
“Questo perché io sono la migliore” la bionda scioglie la presa delle loro mani e si passa le dita tra i capelli.
“Tu e lui andreste d’accordo, sai? – Olivia la osserva attentamente e nella sua testa già s’immagina la scena – Vi assomigliate molto, per certi punti di vista”
“Non c’è bisogno che tu mi dica altro, Olly – mormora India – l’unica cosa che vorrei è vederti stare bene”
Olivia sorride a labbra chiuse e annuisce velocemente mentre Harry appoggia le mani sul tavolo: “Biliardo?”
 
 
 
 
 
Dalia ha indosso il suo cappotto portafortuna rosso fuoco, la sciarpa di Zara che ha rubato a Olivia e le scarpe con le zeppe di Megan che, segretamente, le stanno piccole.
Ogni volta che sospira il suo alito si condensa paurosamente, ha le mani infilate in tasca e le labbra congelate.
Il kebab nelle mani di Niall Horan deve contenere almeno 5000 chilocalorie a morso, a giudicare dalle salse che sporcano i fazzolettini con cui il ragazzo lo ha avvolto prima di ingozzarsi.
Sono seduti fuori un fast food, su dei tavoli da picnic. I lampioni di Portobello illuminano la strada buia e fredda, le case già silenziose e gli autobus che passano ogni cinque minuti.
“Grazie per avermi accompagnato – mastica Niall, tentando di non sputare qualche pezzo di carne – Non so mai cosa comprare ai miei per il loro anniversario”  
Insieme sono andati al mercatino del quartiere che si tiene tutti gli anni sotto le feste di Natale. Dalia ha accettato il suo invito perché ovviamente non aveva niente da fare e non perché aveva voglia di passare del tempo con lui.
“Non hai comprato niente comunque, Niall” gli fa presente lei, con un sospiro per nascondere l’ilarità alla goffezza del ragazzo. Anche se sembra un cinghiale eccitato quando mangia, è pur sempre carino. No?
“Questo perché a te non piaceva nulla! – la rimbecca lui, spalancando gli occhi e appoggiando il kebab nel piattino di plastica davanti a lui – Ti ho fatto vedere tante di quelle cose che…”
“Erano stronzate, Niall! – esclama Dalia, alzando la voce – Sono i tuoi genitori, per la miseria! Non puoi comprare un regalo a Portobello Road come se fossero barboni da sfamare!”
Niall sbuffa ma è contento: “E sentiamo, Miss Regali 2013, cosa dovrei comprare?”
“Qualcosa di, uhm, utile?” domanda retorica Dalia, allargando le braccia.
“La lampada di tela non era utile?” chiede Niall, con il medesimo tono.
La ragazza chiude gli occhi e respira profondamente, “Non meriti neanche una risposta” dice poi, mentre Niall, con la salsa sulla guancia e una chiazza di maionese sul palmo della mano, scoppia a ridere.





 

Avete presente quando avete un sacco di cose da dire ma poi arrivate al momento in cui bisogna parlare e vi ritrovate vuoti?
Ecco, io mi sento un po' così.
Ad ogni modo, mi erano mancati gli spazi autori. Non li ho più scritti perché non sapevo cosa dire, a malapena riuscivo a portare avanti la storia, figurarsi commentare i capitoli.
Comunque sono qui, perché sono stranamente contenta ed è tutto merito delle 10 recensioni che mi avete lasciato.
Ho notato un calo per quanto riguarda questa storia e mi è dispiaciuto davvero tanto, io per prima avevo perso tutta la voglia di scrivere, quindi potrei anche ""capirvi"".
Non commenterò perché non voglio dire troppo o troppo poco, mi limito a dire che questa storia è iniziata con sei ragazze e finirà con sei ragazze, nella buona e nella cattiva.
I riferimenti ad Woodstock sono ovviamente riferiti al concerto che si è tenuto a Bethel nel 1969 (ditemi che sapete di cosa sto parlando, per favore!).
Il capitolo - ovviamente - non doveva uscire così, ma amen, spero comunque che vi sia piaciuto.
Lo dedico esclusivamente alla mia Giulia, perché anche oggi è riuscita a farmi stare bene nonostante tutto.
Grazie di cuore a voi che ancora non vi siete stancate di questa storia :)
A presto,
Caterina


 

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Capitolo 21
*** Capitolo venti - Insomnia ***




No church in the wild
Capitolo venti - Insomnia





India non riesce a dormire.
Le coperte sono improvvisamente troppo pesanti, il vento batte troppo forte fuori dalla finestra e lo stomaco inizia a bruciare insopportabilmente.
Sono le tre del mattino e lei tecnicamente è in dormiveglia, domani - beh, oggi - riprende i suoi turni da baby-sitter e ha come la sensazione di essersi dimenticata qualcosa.
Il letto davanti al suo, quello di Megan, è vuoto e ancora perfettamente fatto.
La stanza è buia e la casa silenziosa, Emma si è addormentata davanti alla televisione e Olivia ha fatto il thè prima di andare a dormire.
A India, Harry Styles piace molto.
Molto perché le piace un po’ tutto di lui, anche la pelle un po’ grassa del viso e soprattutto il gel che si ostina a mettere sui suoi capelli per tenerli sopra la testa. Harry Styles le piace molto perché passerebbe ore a sentirlo parlare dei personaggi della sua storia, ore immerse nei suoi monologhi senza un filo logico ma che hanno comunque un senso, ore piene di lui e delle sue mani, dei suoi occhi verdi e di quelle labbra che ogni tanto lei sfiora con le dita quasi inconsapevolmente, facendolo stare zitto per altre ore ancora. Harry Styles le piace molto perché sa come prenderla, ha imparato a conoscerla come se fosse una cosa preziosa, perché è testardo, perché ci prova sempre, Harry Styles le piace molto perché quando la guarda ha quell’espressione tremendamente seria di chi ha davanti qualcosa per cui vale la pena stare meglio.
Harry Styles le piace molto perché probabilmente se ne sta un po’ innamorando.
 
 
 
 
 
Emma non riesce a dormire.
Ha provato a chiudere gli occhi sul divano, si è appisolata fino all’una e si è svegliata con la schiena storta immersa nel buio del salotto.
Il suo iPhone segna le tre e sedici del mattino e lei ha una malsana voglia di piangere.
Il professor Philips ha messo i voti dell’ultimo esame sul sito dell’università oggi pomeriggio ed Emma non ha neanche raggiunto lontanamente la sufficienza.
Il lavoro sta andando di merda, portare il caffè a chi porta il caffè alle truccatrici – neanche alla modelle, alle truccatrici! – non è quello che lei vuole fare. Emma vuole sfondare nel vero senso della parola, vuole partecipare a tutti gli MTV Awards come ospite speciale, avere dei cuscini con la sua faccia sopra, duemila Stella McCartney nell’armadio, una villa a Beverly Hills e tanti di quei soldi da limarsi le unghie con un lingotto d’oro e okay, magari così è un po’ troppo esagerato, ma perché non sperarci?
Il fatto è che comunque lei odia economia e legge, odia l’università e l’ansia per la scuola, la sessione d’esami che si accumula sempre quando ci sono i DJ più famosi in città e i continui rimproveri di suo padre perché “è chiaro che non ti piace studiare se non fai niente dalla mattina alla sera”.
Emma ci prova davvero a stare bene, cerca sempre di sorridere, di fare battutacce e di divertirsi. Ogni tanto cucina anche, fa dei regali alle sue amiche e pranza con sua madre e sua sorella a Piccadilly.
Emma non riesce a dormire stanotte perché, nonostante tutto, nonostante ci provi così tanto a stare bene o a stare semplicemente meglio, non ci riesce.
Perché forse le piace davvero Liam Payne, quello tutto strano che sorride sempre, quello così premuroso e maturo da farle accapponare la pelle, quello che non c’è su Facebook perché “odio i social network, preferisco le parole” e che ha degli occhi così banali da essere bellissimi.
Emma è ferma, bloccata tra l’esaurimento e altre sconfitte. Senza università non ci sono i soldi che gli manda suo padre per vivere, ci sono ancora le bollette e l’affitto e quel lavoro di merda che non la soddisfa per niente.
E lei ci prova davvero a stare bene e a stare meglio, solo che, semplicemente, non ci riesce.
 
 
 
 
 
 
Olivia non riesce a dormire.  
Ha in mano il telefono con un numero che ha composto tante di quelle volte da avere il pollice flessibile.
È sicurissima che Chase non sia ancora andato a letto perché sa che lui soffre d’insonnia e che la notte è il momento migliore - così le ha sempre detto - per disegnare e pensare.
Sospira, si lecca le labbra e chiude gli occhi.
La stanza è buia ed è tardissimo o prestissimo, Olivia alza di nuovo le palpebre e il numero è ancora lì sullo schermo del telefono e le parole di India restano ferme nella sua testa.
Mentre avvia la chiamata sente lo stomaco arricciarsi e qualcosa dentro la sua pancia che si muove così tanto da far male per un solo istante.
Si porta al telefono all’orecchio.

Aspetta.
“Olivia?”
Il tono di voce di Chase è basso ma tremendamente allarmato, sorpreso e speranzoso. Lei si morde con foga il labbro per non singhiozzare e trattiene il fiato senza dire una parola.
“Olly sei tu? Ti prego, sei tu?”
C’è altro silenzio, di quelli che sono essenziali ma che senza forse sarebbe meglio. Farebbe meno male.
“Olly se sei tu io…qualunque cosa abbia fatto, mi dispiace. Mi dispiace, te lo giuro. Sono una testa di cazzo, ormai mi conosci e lo sai come sono fatto, sono predisposto a fare casini e ti giuro che mi dispiace da morire anche se non so cosa ti abbia spinto ad andare via…Mi manchi, anche se non sembra. Mi manchi”
A Olivia mancano invece le parole e poi le manca anche lui.
Chiude la telefonata subito dopo, quasi come se fosse stata beccata con le mani nel sacco perché la sensazione è più o meno quella.
Spegne il telefono, l’appoggia sul comodino e chiude gli occhi.

Anche stanotte non dormirà.
 
 
 
 
 
Dalia non riesce a dormire.
Ha le mani un po’ sudate e i capelli che le fanno caldo al collo, una guancia seppellita sul cuscino e gli occhi aperti verso il buio della sua camera.
In testa ha ancora tutto l’album di Niall Horan - Lullaby, acoustic version - che da brava masochista quale è si è messa ad ascoltare prima di dormire.
A dormire, comunque, non ce la fa proprio.
Il fatto è che Dalia ogni tanto si blocca nel mezzo di un discorso a guardargli i denti perfettamente dritti o le lentiggini sul naso che lo fanno ancora apparire un adolescente un po’ impacciato. E quando lui, Niall, se ne accorge, entrambi arrossiscono e fanno finta di niente e Dalia vorrebbe davvero fare finta di niente ma purtroppo non ci riesce.
Se lui fosse un normale irlandese a Londra, se non avesse vinto tre Grammy uno dietro l’altro, se non fosse costantemente in riproduzione nel suo iPod, probabilmente i muri di Dalia sarebbero un poco più fragili e lei ora riuscirebbe anche a dormire.
Invece Niall Horan è il suo cantante preferito, che ogni tanto si fa vedere a qualche premiazione con un paio di Jordan ai piedi e che ha una parola buona per tutti.
Ed è sbagliato tutto questo perché Dalia, nella sua testa, se lo immaginava completamente diverso da ciò che ormai vede quotidianamente. E quindi pensava che lui fosse meno rozzo, meno rude, che non ruttasse a tavola, che non si sporcasse col gelato, che avesse una villa fuori Londra con un bel giardino e magari dei camerieri, che passasse la sua vita a scrivere canzoni, che non facesse battute sconce o commenti sulle scollature delle presentatrici TV, che magari dicesse un po’ meno parolacce e che soprattutto fosse perfetto.
E non è solo questo, alla fine. La cosa peggiore è che, nonostante tutto, a Dalia, Niall Horan piace anche così.
Anche e soprattutto.
 




Candice non riesce a dormire.

Il letto della sua vecchia stanza a casa dei suoi è ormai troppo piccolo. Deve piegare le ginocchia per non superare il bordo del materasso.
È tutto troppo rosa anche così, anche al buio. Grazie ai lampioni della strada si devono i contorni delle costruzioni in legno che abbelliscono i muri, il sole giallo, i cuori rossi e la luna bianca.
Le sembra passata un’eternità da quando non vede né sente più le sue amiche. Il lavoro nuovo è pazzesco, ha incontrato così tante persone da dimenticarsi i nomi e ha un ufficio - seppur piccolo - tutto suo.
Si occupa del settore Accessories, partecipa regolarmente alle riunioni della redazione e c’è addirittura qualcuno che le porta il caffè.
Sarebbe tutto perfetto, è tutto perfetto, se quel senso di inadeguatezza non ci fosse.
Candice, in fondo, è poco più che una bambina. I vestiti trasparenti le fanno ancora arricciare il naso e si vergogna come una ladra se un qualche uomo la fissa più di tre secondi.
Le mancano le sue amiche, le manca il caffè  troppo freddo e lo zucchero che scarseggia sempre nella dispensa, i vestiti sparpagliati per il corridoio e la doccia sempre occupata. Le mancano le ore per prepararsi tutte insieme prima di uscire, le insicurezze di Dalia e le paranoie di India, le risate sguainate di Emma e Megan e il pancino rotondo di Olivia. E poi le mancano le mani affusolate e scheggiate di Zayn, il suo odore forte di dopobarba e i suoi baci delicati sugli zigomi. Le mancano le sue storie e le sue parole, i messaggi diretti e schietti e le sue azioni forse un po’ troppo brusche di chi muore per la paura di restare solo.
Candice ha il lavoro che ha sempre voluto, quello per cui andrebbe in capo al mondo e che la fa svegliare alla mattina con un sorriso sulle labbra.
Ciò che le manca però, è tutto il resto.
 
 
 
 
 
Megan non può dormire.
Non sa neanche lei dove si trovi esattamente. Il GPS del suo telefono segna High Street di Harrow, ma c’è un buio pesto ed è comunque una zona di Londra che lei non ha mai visitato.
È seduta sul marciapiede, la giaccia sulle spalle e le ginocchia al petto per ripararsi dal freddo ghiacciante delle quattro di mattina.
Il tipo con cui è andata via dal locale un’ora e mezza prima si è addormentato prima ancora di raggiungere l’orgasmo e, tutto sommato, probabilmente c’è lassù qualcuno che ama Megan.
Sdraiata sul letto di quella villetta a schiera, ha capito che ci fosse qualcosa che non andava quando le mani di quel Clark o Chuck non erano quelle che lei desiderava sentire.  
Quindi, nonostante tutto, è quasi contenta di essere lì fuori al freddo e non sentire la strana sensazione di disgusto e claustrofobia allo stomaco.
Ha baciato un altro uomo, ha toccato un altro uomo.
Un uomo che non è Louis, ma in fondo, chi è Louis?
Se sapesse muoversi per il quartiere, sarebbe già davanti alla fermata della metro coi tacchi ai piedi e i capelli spettinati, ma non sa dove andare e il sole non si vede neanche in lontananza.
Chiude gli occhi, si massaggia le tempie e rabbrividisce ancora un po’.
Già, chi è Louis Tomlinson per lei?
In fondo non hanno una vera e propria relazione loro due. Si baciano, si tengono per mano, si mandano i messaggi chiedendo della loro giornata ma non stanno insieme.
Però Louis Tomlinson ha una macchina e secondo Google lei è a 16 milia da casa.
Aspetta che siano le quattro e venticinque e poi cerca in rubrica la L di ‘Lou’.
Lou che risponde al quinto squillo.
“Megan…?”
La sua voce confusa e addormentata la fa sorridere, poi si mordicchia il pollice della mano sinistra e sospira perché improvvisamente le sembra una pessima idea averlo chiamato.
“Scusa” dice invece lei, e nessuno dei due capisce a cosa si stia riferendo.
“Dove sei?”
“Harrow”
Si sentono dei fruscii di sottofondo e Megan se lo immagina con gli occhi socchiusi e la camera ancora buia.
“Sei da sola?”
“Sì”
“Perché sei – Louis si blocca di scatto, prendendo un respiro profondo che la fa sentire profondamente in colpa – D’accordo, non voglio saperlo adesso. Aspettami lì, cerco di fare il prima possibile”
È lui a riattaccare senza darle neanche il tempo di dire qualcosa.
Megan si guarda intorno, i lampioni ancora accesi e le case silenziose e buie.
Dove diavolo può andare?










Avevo avvisato su Facebook che questo capitolo sarebbe stato diverso dal solito, e in effetti abbiamo il punto di vista di tutte e sei le ragazze.
Spero davvero che il capitolo vi sia piaciuto, ci ho messo un po' a scriverlo ed è anche parecchio lungo e forse noioso.
Ma soprattutto, spero che abbiate passato un bellissimo Natale!!
Grazie di cuore per le bellissime recensioni - 14!! - del capitolo precedente! Sono un po' indietro con le risposte ma prometto che mi metterò al pari non appena avrò tempo :)
Fatemi sapere cosa ne pensate del ritorno di Candice e, in generale, un po' di tutto il capitolo, vi leggo sempre :)
Ci vediamo l'anno prossimo e buon Capodanno a tutti!
Caterina








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Capitolo 22
*** Capitolo ventuno - Away ***



No church in the wild
Capitolo ventuno - Away


 




 
Alle quattro e trentadue, il suo telefono squilla.
Megan blocca di scatto la sua camminata avanti e indietro sull’asfalto e fissa lo schermo. È più che convinta che sia Louis, che l’abbia chiamata per dirle che non verrà, che non la vuole e che si dovrà arrangiare in qualche modo, ma quando vede il nome di India – seguito da un paio di cuoricini verdi – la prima cosa che fa è tirare un sospiro di sollievo, per poi aggrottare le sopracciglia.
“Pronto?”
“Sei viva”
Megan sorride, passandosi la mano libera sull’altro braccio per scaldarsi, “Sopravvissuta anche stavolta” mormora.
Conosce alla perfezione India da vederla seduta a gambe incrociate sul suo letto, il suo annuire lentamente e il suo leccarsi le labbra prima di parlare.
Restano in silenzio per qualche minuto abbondante e Megan riprende a camminare avanti e indietro per riscaldarsi.
“E se me ne stessi innamorando?” domanda India, poi. La sua voce è un sussurro e probabilmente adesso sta giocando con gli anelli tra le sue dita.
Megan non sorride più ma si morde il labbro inferiore, sospirando.
“Sarebbe una bella cosa, non credi?” chiede di rimando, prendendo un’andatura più lenta.
“Forse” risponde India, lentamente.
“Lui non è Alec, India”
“Questo lo so – ribatte ancora l’altra, questa volta più attiva – Non ho mai pensato che fossero anche solo lontanamente simili. Però, capito?, io non voglio ritrovarmi senza niente perché mi sono fidata troppo”
Poi c’è altro silenzio, Megan si ferma ancora, si fissa le scarpe e infine guarda il cielo ancora scuro. Sospira.
“Tu mi hai sempre insegnato a buttarmi – dice, piano – è la tua filosofia di vita ed è su questo che si basa il tuo rapporto con Harry. Vi siete trovati in un punto di rottura per entrambi, e tu sai meglio di me che soffrirai perché, India!, è normale stare male! – alza la voce e inizia a gesticolare – Stare male ci serve per evitare di sbagliare ancora, per aprire gli occhi e stare meglio. Lui è così schifosamente preso da te che probabilmente se tu gli regalassi il tuo vomito lo metterebbe in una teca e lo guarderebbe prima di dormire e lo so che questo discorso non ha un minimo di filo logico ma ti prego, India, fallo per me, ti prego. Buttati”
Hanno entrambe gli occhi lucidi anche se non si possono vedere.
India sorride e sospira, “Mi sei mancata un sacco” sussurra.
“Io sono sempre qui” ribatte Megan.
“Lo so, ma… - sospira frustrata, forse si scosta i capelli biondi dal volto – Tu hai Louis e io ho Harry ed è strano, se ci pensi. Tu ci pensi?”
Megan sorride intenerita: “Sì, tesoro – dice – ci penso”
“Magari è il Karma questo, e adesso tocca noi, a stare bene? Non lo so, mi sembra tutto troppo perfetto”
Megan si scosta i capelli dal viso, si guarda intorno e si lecca le labbra: “Sai dove sono?” chiede.
“Non sei con Louis, vero?” è più una costatazione che una domanda.
“No – risponde Megan, riprendendo a camminare – sono ad Harrow, in una strada piena di case senza uno straccio di metropolitana dopo che l’uomo con cui stavo scopando si è addormentato e ah!, Louis mi sta venendo a prendere”
India rimane in silenzio per quelli che a Megan paiono secoli. Il lampione di fianco a lei si spegne e si riaccende, un gatto bianco e tozzo sbuca da un cespuglio di un giardino e il vento inizia a soffiare anche più forte.
“Come non detto – sente dire dall’amica, qualche attimo più tardi – Affanculo il Karma, siamo ancora nella merda”
 



Olivia è china sulla tavolozza del water, la mano destra che stringe con forza la vasca da bagno e Dalia che, seduta su questa, le sta accarezzando i capelli, tenendoglieli dietro le spalle.
“Non avevi ancora vomitato – sussurra, la voce dolce – Iniziavo a preoccuparmi”
L’amica rigetta ancora, le sue costole tirano dolorosamente mentre gli occhi le si inumidiscono in modo involontario.
Dalia stringe le labbra, “Va tutto bene” dice.
Passano altri minuti in cui Olivia continua ad abbracciare la ceramica bianca come se ne dipendesse la propria vita, poi sospira pesantemente e allunga una mano per tirare lo sciacquone. Dalia si alza e l’aiuta a farlo a sua volta, sorreggendola per i fianchi, lei si asciuga gli occhi e afferra il bordo del lavandino, prendendo un respiro profondo e guardandosi attraverso lo specchio. Ha gli occhi rossi, il volto pallido e i capelli dietro la nuca, umidi. Apre il rubinetto, si sciacqua la faccia più e più volte e Dalia, dietro di lei, si morde il labbro.
Olivia alza lo sguardo verso il proprio riflesso, poi lo punta dentro gli occhi preoccupati dell’amica alle sue spalle.
“Si chiama Chase – dice, schiarendosi la voce subito dopo – Il padre del mio bambino. Si chiama Chase ed è bellissimo”
“Credevo.. – Dalia boccheggia per diversi istanti, senza trovare le parole. Improvvisamente, tutto il sonno delle cinque di mattina sembra essersi dissolto nel nulla – Credevo che tu..”
“Che io cosa, D? – Olivia sorride priva di entusiasmo, scuotendo appena la testa e asciugandosi le mani – Che non lo conoscessi? Che fossi davvero stata a letto con il primo che è capitato?”
“L'hai detto tu” le ricorda Dalia, sedendosi di nuovo sul bordo della vasca.
“No – la corregge Olivia, voltandosi nella sua direzione – tu l’avevi detto. Io non ho mai negato, è diverso” 
“Perché non me l'hai detto? – domanda l’altra, delusa – Non hai mai accennato a nessun Chase neanche prima di tutto questo”
“Non lo so – Olivia si fa piccola dentro la sua felpa dell’università, distogliendo lo sguardo e osservando distrattamente il bagno – Per la prima volta nella mia vita avevo qualcosa di mio, mio completamente. Mi sentivo viva, avevo una scarica di adrenalina mentre vi dicevo che andavo in biblioteca e invece andavo da lui e lo so perfettamente che non dovevo mentirmi, ma…volevo che fosse solo mio ancora per un po’”
“Non ti seguo – brontola Dalia, confusa, incrociando le braccia al petto – Nessuna di noi te l’avrebbe mai portato via, neanche se fosse stato Brad Pitt in persona”
“Non intendevo quello, D! – esclama Olivia di rimando – So che non fareste mai una cosa del genere e non ne ho mai dubitato. Ma Chase era il mio segreto, la mia macchia nera su un foglio bianco. Era…bello, sì. E probabilmente avevo anche paura”
“Parli al passato – mormora l’amica, con voce piatta – Non lo senti più?”
Olivia sospira e scuote la testa.
“Ti ha lasciata dopo che ha scoperto del bambino?”
“No – risponde l’amica, arricciando le labbra – Non gliel’ho detto. Ho rotto tutti i contatti subito dopo aver fatto il test”
Dalia spalanca la bocca e gli occhi: “Scusami?! – alza la voce, sbalordita – Ma cosa cazzo hai nel cervello, Olivia? Qual è il tuo problema?”
“Non avrebbe mai voluto un figlio, Dalia! – anche Olivia urla, adesso – Chi vorrebbe un figlio a quest’età, eh? Io lo conosco, so come è fatto e gli ho solo risparmiato del tempo, lasciandolo. Se ne sarebbe andato comunque”
“Questo non puoi saperlo! – esclama Dalia arrabbiata, alzandosi in piedi di scatto – Non puoi sapere cosa frulla nella testa delle persone neanche con duecento laure in psicologia! Tu credi di sapere tutto, Olivia, ma non è così! La verità è che tu te ne sei andata perché avevi paura e ce l’hai ancora! Perché avevi paura che lui ti lasciasse sola e hai pensato che facesse meno male così, invece probabilmente stai anche peggio. E a tuo figlio cosa dirai, mhm? – stringe i denti, respira velocemente – Ci hai mai pensato?”
Olivia abbassa lo sguardo: “Hai ragione..” sussurra, piano.
“Certo che ho ragion.. Aspetta – Dalia si blocca improvvisamente, spalancando appena gli occhi, allibita – Cosa?”
“Hai ragione – ripete l’altra – Sono una fifona, lo so. Il mio bambino crescerà senza un padre perché sono un’egoista incosciente. Hai ragione, non so cos’altro dire”
Dalia si passa le mani tra i capelli, boccheggia appena. Non pensava sarebbe stato così semplice farla cedere.
Annuisce a sé stessa, fiera.
“Beh – mormora poi, quando si è notevolmente calmata – potresti dire a lui che sei incinta, per esempio”
Olivia non risponde, e Dalia continua: “Lui ha il diritto di saperlo, non è una cosa di poco conto Olly, capisci? – le si avvicina – Non si tratta di mentire su dove vai, con chi esci e con chi ti senti. C’è di mezzo la vita di tuo figlio, di vostro figlio”
Olivia sospira pesantemente e sembra stanchissima e ancora più confusa: “E se non volesse assumersi nessuna responsabilità?” domanda con voce tremante.
“Mi preoccuperò personalmente di staccargli le palle” afferma subito Dalia, convinta.
Olivia scoppia a ridere, poi emette un verso frustrato e si avvicina all’amica, facendosi stringere forte.
 
 



La macchina piccola e rossa di Louis non è mai stata più silenziosa, i sedili posteriori sono pieni di cianfrusaglie e vestiti stropicciati mentre la radio è spenta.
Louis guida per il viale deserto e alberato tenendo gli occhi socchiusi per la nebbia, lo sguardo concentrato e le labbra strette in una linea rigida. Megan invece sente la cintura stringere quasi fino a soffocarla, ha la gola secca e le ginocchia che tremano.
Non le piace la sensazione di inquietudine che si respira lì dentro.
Si passa una mano tra i capelli, si schiarisce la voce e sospira pesantemente: “Ascolta Louis, io-”
“Non mi devi nessuna spiegazione” la interrompe subito lui, la voce piatta e stranamente apatica.
Megan si morde le labbra giocherellando con l’orlo del suo vestito.
Quella sua risposta le ha fatto anche peggio di un'ipotetica sfuriata.
Non gli deve nessuna spiegazione, certo, loro due non sono niente.
E allora perché lei sta così male?
“Lo so, lo so – mormora di nuovo, con la voce che s’incrina a ogni respiro – Volevo solo…solo spiegare che-”
“Ti ripeto – Louis la interrompe di nuovo e questa volta sembra vagamente infastidito anche se non la guarda – che non mi devi nessuna spiegazione. Ho inteso male io, ma non è un problema. Non m’interessa”
Oh.
Megan sente gli occhi pizzicare terribilmente, si inumidisce le labbra e serra le palpebre con un sorriso triste: “Non interessa mai a nessuno” commenta in un sussurro, la voce amara di chi ci ha sperato un po’ troppo.
Con la coda dell’occhio vede Louis stringere con più forza il volante, poi l’auto accosta di scatto sul ciglio della strada, facendo spalancare gli occhi di Megan, che si aggrappa alla portiera.
“Ma che diavolo..?”
“E questo cosa dovrebbe significare, eh? – Louis si volta di scatto, gli occhi pieni di rabbia che lei non ha mai visto – Dovrei sentirmi in colpa? È questo quello che vuoi?”
Megan è basita e non riesce a pensare a niente perché la voce di Louis con quel tono di voce alto e rabbioso non le piace. Non le ha mai parlato così.
“Io non voglio niente” ribatte in un sussurro.
L’espressione del ragazzo cambia in una frazione di secondo: i suoi occhi si spengono, così come i suoi muscoli tesi si sfaldano sotto una strana stanchezza che somiglia tanto alla rassegnazione. Si passa entrambe le mani sul volto e poi tra i capelli in gesti quasi disperati, si appoggia al volante e sospira, guardando fuori.
“Perché mi hai chiamato, Megan? – chiede, più calmo –Perché mi hai baciato? Perché siamo qui se tu non vuoi niente?” la guarda di nuovo e il suo volto è contratto in una smorfia quasi sofferente.
Megan scuote energicamente la testa, non intendeva questo.
Vuole lui.
“Non capisci” cerca di dirgli, ma lui la ferma di nuovo.
“No, tu non capisci! – esclama, stringendo i pugni – So che per te è strano stare con qualcuno, che probabilmente la cosa ti spaventa o ti mette a disagio, ma ci sono io, cazzo! Anche io ho una paura tremenda, anche per me è strano e anche per me è tutto nuovo, ma non puoi andare via quando… - si blocca, senza più parole e sembra invecchiato anni in un solo discorso – Non puoi, non è giusto”
Si guarda i pantaloni scuri della tuta che ha indosso, contraendo le dita fino a farle scrocchiare. Ispira pesantemente, scuotendo la testa.
Megan si asciuga in fretta una lacrima che le solletica la guancia, deglutendo.
C’è di nuovo silenzio e la strada è completamente deserta.
“Vengo sempre messa da parte – lei parla piano dopo diversi minuti, la voce stanca ma ferma e lo sguardo fisso un po’ ovunque tranne che su Louis – Non lasciata, messa da parte. Come un paio di scarpe rovinato, un braccialetto scolorito o un maglione bucato. Non ho mai ricevuto un messaggio di quelli in cui qualcuno ti lascia, quelli dove tutti s’inventano tremila scuse per farti stare un po’ meglio mentre ti fanno a pezzi. Non è mai successo, sai? Mi hanno messo da parte lentamente, senza che me ne accorgessi. Io le persone non riesco a farle restare, non riesco a…a tenerle per me, a farle mie completamente. Allora iniziano gli appuntamenti rimandati, i ritardi perenni, i messaggi senza risposta, le chiamate non viste – si massaggia le tempie, chiudendo gli occhi – Non sono le relazioni a essere strane per me, Louis. Sei tu che stai rimanendo, sei tu che resti, il fatto che vada tutto bene. Hai iniziato a non rispondere ai messaggi e a non farti sentire e io pensavo, non so, che fosse meglio così”
“Così come?”
“Così – apre gli occhi, scrolla le spalle – lontani”
Louis non parla per diversi minuti, Megan picchietta distrattamente le dita contro le cosce cercando di controllare i tremiti delle sue gambe. Non ha mai parlato a nessuno così sinceramente, neanche con le sue amiche.
“Io non sono come gli altri – dice Louis improvvisamente, facendola sobbalzare e girare nella sua direzione. Tiene gli occhi chiari puntati su di lei, il volto serio e le mani aperte sui jeans – Non sono quel genere di persona, le cose lasciate a metà non mi piacciono, Megan. Non ti ho risposto perché sono stato da mia madre tutta la settimana ed è stata una settimana infernale. I miei stanno divorziando e-”
“Potevi dirmelo – lo interrompe Megan, schietta – avrei capito”
Louis annuisce velocemente: “Hai ragione – sospira – avrei dovuto, ma avevo bisogno di tempo per riflettere”
“E lo hai fatto?” tenta di chiedere la ragazza, mordendosi subito dopo le labbra.
Non mi lasciare, ti prego non mi lasciare.
Il ragazzo annuisce ancora e la sincerità del colore dei suoi occhi azzurri le fa venire la pelle d’oca: “Mi sto innamorando di te, Megan” mormora.







 

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Capitolo 23
*** Capitolo ventidue - Breakfast ***



No church in the wild
Capitolo ventidue - Breakfast









Emma inciampa nel tavolino del salotto, masticando una bestemmia e scostandosi i capelli dal volto.

Si è svegliata neanche dieci secondi fa, sul divano, e già è una brutta giornata. 

Dal portone suonano ancora, il campanello ha quel rumore schifosamente fastidioso e lei alza gli occhi al cielo perché, se c’è una cosa che odia, è quando le sue coinquiline – Megan – non si portano dietro le chiavi di casa.

Si stropiccia gli occhi con le mani e fa scattare la serratura, facendo smettere il campanello.

E al posto dei tacchi e i capelli platino di Megan, Emma davanti a lei ha i Dr Martens neri e gli occhi azzurri di Candice, che tiene in mano un sacchetto di Starbucks.

Emma spalanca gli occhi ma non fiata, Candice invece sorride appena e alza il braccio: “Ho portato la colazione” mormora, con la voce sottile.

L’altra inarca un sopracciglio e la osserva, scettica: “Muffin bianco coi mirtilli?” chiede e adesso Candice sorride davvero.

“Come piace a te”

“Entra”

 

 

 

 

India è uscita di casa alle sette e tredici di mattina e non è ancora rientrata. È passata per il Tower Bridge, per Little Italy e perfino per Hyde Park. Ha preso così tante metropolitane da scordarsi anche il proprio nome e lasciato sul sedile di un autobus il suo accendino blu.

Sta pensando alla stessa identica cosa da almeno due giorni, e nonostante non abbia dormito praticamente niente stanotte, si sente fin troppo eccitata.

E anche un po’ terrorizzata, a dire la verità, ma questo è abbastanza normale.

Sua madre le ha dato un contributo per pagare gli appuntamenti dallo psicologo che l’ospedale l’ha obbligata a frequentare il mese prossimo e India non ha neanche provato a rifiutare perché, semplicemente, non ci ha neanche dato importanza. Il fatto è che se lei fa davvero quello che ha davvero pensato di fare, altro che psicologo!, probabilmente le serviranno visite su visite da uno psichiatra. Di quelli bravi.

Si osserva distrattamente le punte delle sue Converse rovinate e alza le spalle in un goffo tentativo di ripararsi dall’inverno inglese.

L’ultima volta che ha controllato l’orario sul suo telefono, questo segnava le dieci e ventiquattro e adesso lei si ritrova davanti le porte scorrevoli di Tesco,  ferma.

Si scrocchia le dita di entrambe le mani e fa un passo avanti, ridendo da sola per l’assurdità dei suoi pensieri.

Un uomo le passa davanti, squadrandola, e India si sente ancora più stupida.

Supera le porte scorrevoli con decisione, facendosi avvolgere dal riscaldamento automatico del piano.

Lancia una breve occhiata alla cassa, osservando un paio di clienti in fila e un uomo coi baffi passare i loro acquisti sul nastro.

Poi sorride ancora – non riesce proprio a contenersi – e avanza di altri passi, iniziando a perlustrare i corridoi.

Harry è voltato di schiena, lo riconosce subito. Ha indosso un paio di jeans scuri coi risvolti alle caviglie, un paio di anfibi neri e un maglione intrecciato e pesante, verde bosco.

Sta sistemando in fila dei barattoli di marmellata, chinandosi ogni volta sul cartone ai suoi piedi e facendo guizzare i muscoli delle sue braccia.

India si lecca le labbra e cerca di non sorridere. Lo raggiunge lentamente, fermandosi a un paio di metri da lui e schiarendosi la voce.

Harry blocca il suo braccio a mezz’aria e si volta con la testa, riconoscendola. Spalanca gli occhi, sorride e si gira completamente: “India – la saluta, tra il sorpreso e il contento – Ciao”

A lei viene un’improvvisa voglia di piangere perché è talmente profondo il modo in cui lui ha imparato a conoscerla che nemmeno prova ad avvicinarsi per baciarla come in ogni relazione - relazione? - normale.

Tiene la distanza di sicurezza e lei gliene è così grata che se non fosse lì per un motivo preciso probabilmente lo avrebbe baciato così tanto forte da far perdere l’equilibrio a entrambi.

Nono lo fa, comunque, e anzi, non ricambia neanche il saluto. Si limita a mordersi le labbra per non ridere e stringe i pugni lungo i fianchi.

“Voglio passare la notte con te” dice tutto d’un fiato.

Il barattolo nella mano di Harry si schianta al pavimento un attimo dopo, mentre lui spalanca gli occhi e la bocca. Quando si rende conto del macello che ha combinato, distoglie l’attenzione dallo sguardo serio della ragazza e lo punta per terra, “Cazzo” biascica, chinandosi sulle ginocchia per afferrare i pezzi di vetro più grandi e visibili.

India si sente avvampare di colpo, guardandosi intorno e deglutendo. Intercetta gli occhi accusatori di una signora in fondo al reparto e se non si sentisse così in imbarazzo per la situazione adesso scoppierebbe a ridere.

L’ha detto davvero?

Harry si rialza come una molla qualche secondo dopo, guardandola attentamente. Ha i capelli tenuti fermi da una fascia di tela kaki e le guance più rosse del solito.

“Oh – riesce a dire, sconcertato – va…va bene”

“Stasera?” chiede India, cercando di non far trasparire alcuna emozione.

Harry annuisce velocemente: “Stasera – dice, telegrafico – Okay. Stasera. Bene”

“Bene” ripete India, sbattendo le palpebre.

Si volta di nuovo, mordendosi le labbra e uscendo dalle porte scorrevoli, ridendo.

 

 

 

 

 

 

 

Emma è un po’ egocentrica e qualche volta superficiale, ma è buona e soprattutto perdona facilmente. Soprattutto se chi vuole effettivamente farsi perdonare le porta un muffin ai mirtilli e le prepara il caffè.

Candice si muove in cucina come se non fosse mai andata via, ha appoggiato il cappotto all’entrata e legato il capelli mentre si è offerta di preparare la colazione per tutte.

Emma – neanche a dirsi – non ha ribattuto, e adesso si trova seduta su una delle due sedie della stanza con le gambe al petto e la bocca piena.

Candice tira fuori dallo scaffale in basso una padella, inizia a far scaldare il latte per il cappuccino di Olivia e sospira, voltandosi nella direzione dell’amica e aspettando che questa abbia mandato giù l’ultimo boccone di muffin prima di parlare. 

La voce le trema appena all’inizio, ma è convinta ed Emma questo lo sa.

“Mi dispiace – ammette, deglutendo – So che ce l’hai con me e so che hai ragione. Mi dispiace, Em, davvero. Non avrei mai voluto metterti dietro niente, so quanto ti abbia delusa. È stato orrendo sentirti dire quelle cose sulla nostra amicizia perché per la prima volta nella mia vita mi sono resa conto di quanto… - si ferma e si passa le mani sul volto, per poi sospirare e posarle sui fianchi magri – di quanto in fretta avrei potuto perderti, perdervi tutte quante. Credimi quando ti dico che sono stata malissimo in questi giorni. Ho pensato a qualsiasi modo per farmi perdonare senza combinare casini e l’unica cosa che sono riuscita a tirare fuori da tutto questo è quella di dirti la verità”

Emma si lecca le labbra e ha gli occhi lucidi, se li asciuga con la manica della felpa e non dice niente.

“So di non essere perfetta, di essere e sembrare una bambina piccola e che molto spesso non riesco a dimostrare quanto ci tengo a voi e questo mi fa incredibilmente male perché siete le persone più importanti della mia vita e quindi...beh, mi dispiace” conclude, tirando su col naso.

Emma non parla per minuti interi, ma singhiozza sommessamente assieme a Candice ed è una scena così comica che entrambe scoppiano a ridere, forte.

“Ti avevo già perdonato al primo ‘mi dispiace’, comunque” biascica Emma, alzandosi.

L’amica la raggiunge e la stringe forte, mormorandole una serie di frasi prive di logica e senso.

Quando si staccano, Candice sobbalza nel riconoscere due figure sulla soglia della cucina.

Sa che entrambe hanno ascoltato il tuo discorso grazie agli occhi lucidi di Olivia.

“Guardate chi è tornata” ridacchia Emma, puntandola con un gesto del capo.

Olivia si precipita ad abbracciarla a sua volta e Candice è così felice che per un attimo si scorda anche dell’altra ragazza, ancora ferma.

Dalia la guarda priva di espressione, le labbra chiuse e le braccia incrociate sul petto. Candice invece la osserva quasi con disperazione perché Dalia è Dalia e lei, adesso, sta iniziando a tremare.

Dalia distoglie la tua attenzione e la punta verso il tavolo piccolo della cucina già sparso di piatti.

“Meno male che qualcuna si è degnata di cucinare – mormora e sorride – avevo giusto un po’ di fame”

E Candice sente gli occhi inumidirsi ancora e ancora mentre Olivia le stringe forte la mano e Dalia la guarda come per dire che anche tu ci eri mancata.

 

 

 

 

Dalla cucina si sono spostate al tavolo del salotto e nonostante siano già passate le dodici, stanno ancora mangiando cereali, miele, bacon e salsicce.

Megan e India sono arrivate praticamente in contemporanea e nessuna delle due si è azzardata a fare domande, hanno semplicemente sorriso verso Candice come se non fosse successo niente e si sono sedute al loro posto come quelle domeniche in cui hanno sempre tutto il tempo del mondo.

“Smettila di sorridere così tanto, Megan – Dalia indica l’amica con il coltello sporco di cioccolato e aggrotta le sopracciglia – Sei inquientante, sai?”

Megan scoppia a ridere e spegne la sua sigaretta nel posacenere, poi appoggia un piede per terra e il mento sul ginocchio dell’altra gamba che tiene al petto: “Louis Tomlinson è innamorato di me” spiega quindi, dal nulla.

E “Oh!”  gridano le altre, tutte insieme. Olivia batte le mani contenta e Emma afferra il telefono perché notizie come queste vanno per forte twittate!

“E tu?” chiede India, tagliando l’ennesimo pezzo di bacon.

Megan si stringe nelle spalle: “Credo di sì, cioè – risponde, come una ragazzina imbarazzata – Voglio dire, non gliel’ho detto quando lui me l’ha confessato. Stavamo litigando ed è stato inaspettato, ma bello. Stasera ci vediamo e non vedo l’ora”

“Sono davvero contenta per te, Meg – si congratula Olivia, come una mamma orgogliosa della propria bambina – Era ora che trovassi uno che ti sapesse amare come meriti”

“Speriamo che se cavi anche a letto” borbotta Dalia ed Emma scoppia a ridere rumorosamente, mentre Candice cerca di non arrossire.

Megan focalizza l’attenzione su di lei: “Con Mister Mistery, Candy? – le chiede, curiosa – Vi sentite ancora?”

L’amica si lecca le labbra e gioca con la propria forchetta: “Non proprio – ammette con un sospiro – Lui è perfetto, davvero. Con lui mi trovo davvero bene, ma il suo lavoro mi terrorizza”

“Tutto questo mi ricorda vagamente il video di Thinking Of You di Katy Perry, sai?” mormora Emma, aggrottando le sopracciglia.

“Complimenti per il tatto, Em” la rimbecca India, scuotendo la testa.

“Perché?”

“Perché lui nel video muore

“Il punto è quello, comunque – riprende Candice da capotavola – E se gli succedesse qualcosa? Io vado in panico se uno sconosciuto mi sfiora in metro! Diventerei pazza”

“Pazza ma innamorata – dice Megan, saccente – non sarebbe divertente?”

Candice sbuffa un sorriso e: “Sì, sarebbe divertente”

Dalia ingoia l’ultimo pezzo di pane ricoperto di cioccolato e alza un angolo della bocca: “Divertente come la nostra gita di oggi pomeriggio a Camden Town per conoscere il fantastico tipo che ha messo incinta Olivia?” mormora.

La sottoscritta avvampa di colpo mentre Megan spalanca gli occhi e quasi si strozza con la sua stessa saliva: “Sia lodato il Signore, Olly! – esclama, entusiasta – Ad aspettare un altro po’ probabilmente sarei restare incinta anche io”

Olivia ride e probabilmente sono gli ormoni se vuole piangere anche adesso? 

Ha le amiche migliori del mondo, cazzo.

“Non esagerare, Meg” ribatte quindi, prendendo un sorso del suo cappuccino.

India spezza in piccoli pezzi il tovagliolino di carta rossa che tiene tra le mani e appoggia ciò che ne rimane sul suo piatto unto, sorridendo al suo bicchiere di plastica. 

Alza lo sguardo verso le sue amiche e: “Stasera non dormo a casa” dice, sentendo le mani tremare solo per ammetterlo ad alta voce.

Megan si volta velocemente verso di lei: “E dove dormi?” domanda, aggrottando le sopracciglia.

“Da Harry” mormora India, mordendosi il labbro inferiore.

L’altra boccheggia, colta di sorpresa: “Woah – scandisce – woah. Figo, cioè figo, cazzo”

India si allunga per stringerle una mano e: “Fidati di me, so quello che faccio” la rincuora, con un sorriso commosso.

Megan annuisce piano, ricambiando il gesto.

“Possiamo sempre spezzargli le gambe, India – si aggiunge Emma, tranquilla – O pagare qualcuno che lo faccia. Zayn mi sembra il tipo perfetto”

India ride e le manda un bacio volante dall’altra parte del tavolo, ringraziandola.

“E comunque – Dalia parla qualche minuto dopo – adesso mi aspetto come minimo che Liam Payne si riveli essere una donna perché, davvero, tutte queste notizie mi stanno fondendo il cervello”

Le sue amiche scoppiano a ridere mentre l’iPhone di Emma prende a vibrare sul tavolo. Lei si sporge per vedere e spalanca gli occhi: “Parli del diavolo…”

“È davvero una donna?”

“No, peggio. Vuole un appuntamento”

 






















non ho abbastanza tempo per allungarmi, ma grazie di cuore davvero. vi adoro!
a presto,
Caterina


 

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Capitolo 24
*** Capitolo ventitré - Bony Cheeks ***




No church in the wild

Capitolo ventitré - Bony  Cheeks










Olivia si passa le mani sui jeans e sente i palmi un po’ troppo sudati. Deglutisce rumorosamente e sospira.

La scritta “Royals” è ancora più inclinata dell’ultima volta in cui ha messo piede a Camden. Il vicolo è stretto, i mattoni rossi spuntano dai muri e c’è di nuovo quel cinese coi capelli biondi seduto sul gradino del suo negozio, in fondo alla via.

In negozio di tatuaggi di Chase è in uno di quei piccoli sobborghi della strada principale, si riescono ancora a sentire le voci dei turisti italiani e l’accento marcato degli americani.

Olivia prende aria, guarda di nuovo la scritta verde e gotica appesa al muro lateralmente e si volta verso le sue amiche, ancora tutte dietro di lei.

La sua pancia inizia a bruciare.

“Dobbiamo proprio?”

Dalia, chiusa nel suo cappotto rosso fuoco e nei collant neri, sbuffa e ruota gli occhi al cielo, sorpassandola e fermandosi proprio davanti alla piccola porta del negozio: “Se non entri tu, entro io” la minaccia, seria.

Olivia alza subito le mani e: “Okay, okay! Vado” dice, esasperata.

India butta il mozzicone di sigaretta in un tombino e sorride, facendo segno a Megan e a Emma di precederla. Candice invece, appena più in disparte, mette via in quel momento il proprio telefono, infilandolo nella tasca della giacca.

Si è appena data appuntamento con Zayn per vedersi, ma non è esattamente il momento adatto per farlo sapere alle altre.

Olivia aspetta altri due minuti abbondanti, prima di stringere i denti, mormorare un deciso “Adesso o mai più” e aprire la porta di vetro costellata da scritte e disegni stilizzati.

Ed è un po’ come tornare a casa dopo tanto tempo, pensa. Il negozio è esattamente come se lo ricordava, piccolo e accogliente, con l’odore di fumo, inchiostro e di uomo.

Alle pareti ci sono ancora i volti di David Bowie, Bob Dylan e Madonna. C’è ancora il tavolino bianco pieno di riviste del 2001, il divanetto blu e il bancone in ferro battuto ridipinto di giallo fluo. Il pc di prima generazione, il rumore dell’ago e il respiro di Olivia che si è fatto più profondo.

Le sue amiche entrano subito dopo di lei, rendendo tutto quasi claustrofobico per quanto il locale sia piccolo.

La campanella sopra la porta suona il numero giusto di volte per attirare l’attenzione del ragazzo che è seduto dietro al bancone, intento in un disegno di quello che sembra essere un gufo colorato.

Olivia lo riconosce subito perché un volto come quello di Alex è difficile da scordare. Si è tagliato i capelli rossicci, ha ancora la pelle diafana, una spruzzata consistente di lentiggini sulle guance e sul naso piccolo e gli occhi che sono forse ancora più verdi di quanto si aspettasse.

Anche lui la riconosce, perché sfoggia subito un sorriso enorme, si alza in piedi e le va incontro a braccia aperte.

“Santo cielo, Olly! È un secolo che non ti vedo!” la stringe forte mentre lei arrossisce e ricambia la stretta, intontita.

“Ciao Alex, sono felice di rivederti” dice ed è la verità.

Le è mancato tutto di quel posto.

Il ragazzo si stacca e prende a esaminare le altre ragazze, inarcando le sopracciglia ma continuando a sorridere.

“Loro sono le mie amiche – spiega Olivia, indicandole – India, Emma, Megan e Candice”

“Piacere, ragazze” ridacchia Alex, ricevendo in cambio qualche borbottio di assenso.

“Sei qui per Chase?” domanda poi verso Olivia.

“C'è?” chiede lei, di rimando.

Alex annuisce, indicando la piccola tenda rosso in fondo: “Sta tatuando, ma sarà felice di vederti. Te lo chiamo?”

È in questo momento che Olivia si rende conto di dove sia e di cosa succederà di lì a poco. Adesso è in panico, completamente.

Perché è ovvio che lei muoia dalla voglia di vederlo e poi vederlo ancora e magari baciarlo fino allo schifo, ma Chase? Chase sì? Anche lui?

Probabilmente India capisce il suo improvviso cambio d’umore, perché fa un passo avanti, le appoggia una mano sulla schiena come per sorreggerla e guarda Alex: “Aspetteremo qui – gli dice – Non abbiamo fretta”

Il ragazzo lancia un’occhiata confusa ad Olivia, “Okay” mormora, ma non è convinto per niente.

 

 

 

Trenta minuti dopo di selfie, Candy Crush e “Emma togli i piedi dal divano!”, la tenda in fondo al negozio si apre, rivelando prima un uomo robusto con un braccio completamente bendato e il volto paonazzo e poi Chase.

Olivia scatta in piedi ancora prima di rendersene conto, sentendo la testa girare e la pancia pesante perché diavolo!, è incinta.

Chase le fa quasi perdere l’equilibrio, è ancora più bello e ancora più vero di quanto la sua memoria ricordasse. I capelli sono tirati malamente dietro la testa, gli zigomi sono ancora pronunciati, ci sono ancora i tatuaggi tra le vene sporgenti delle mani, la sigaretta tra le labbra sottili e i denti bianchi.

I suoi occhi, di quell’azzurro cielo da far male, la stanno guardando con un’espressione indecifrabile.

Si è bloccato davanti a lei esattamente come il respiro di Olivia.

L’uomo lo saluta con una pacca sulla spalla, poi si appoggia al bancone con fare amichevole e inizia a parlare con Alex, che sta sorridendo a labbra chiuse.

Olivia sente il commento di India che “Porca puttana” e forse riderebbe anche in un’altra situazione, però adesso ha davanti a lei il ragazzo che ama alla follia da cui aspetta un bambino di cui lui è completamente ignaro. 

Corretto?

Deglutisce, si scosta i capelli dal volto e: “Possiamo parlare?” domanda semplicemente, con la voce già incrinata.

Chase annuisce impercettibilmente, facendole un cenno verso la tenda. Olivia lo segue senza voltarsi, ma sa che le sue amiche stanno pregando – forse Kanye West o Rihanna – affinché vada tutto bene.

Si aggrappa al tessuto rosso della tenda, scostandola di nuovo per creare un piccolo spazio fuori dal mondo tutto loro.

Quando fa per voltarsi verso Chase, sente i polsi venire afferrati con urgenza, e la bocca del ragazzo sulla propria quasi con disperazione e probabilmente adesso si metterebbe a piangere, ma troppo impegnata a ricambiare il bacio per pensarci.

Chase profuma sempre di quel tabacco americano e del miele che mangia a tutte le ore del giorno semplicemente perché gli piace il colore.

Lui la stringe forte, la bacia ed è così destabilizzante che Olivia è senza fiato un’altra volta. Le sue mani corrono ai capelli scuri e sottili del ragazzo, riempiendo gli spazi vuoti, si fa sempre più vicina, gli morde le labbra e ridacchia quando lui, ansimante, apre gli occhi e la guarda, soffiandole in volto i propri sospiri.

“Credevo non mi volessi più vedere” sussurra, e la sua voce è quella di sempre, col suo accento marcato di chi è cresciuto in Gran Bretagna da una famiglia dell’est, con le vocali chiuse e la bocca screpolata.

Olivia sorride come una bambina colta in fallo: “Pensavo la stessa cosa di te” mormora, piena di brividi.

“Vieni qui” mormora lui, e la stringe forte, accarezzandole i capelli lunghi e la schiena magra.

Olivia seppellisce la testa nella sua spalla ossuta, gli tocca il collo intriso di inchiostro e sorride contro la sua barba appena accennata: “Non mi sembra vero” biascica senza rendersene conto.

“Ti ho pensata tutto il tempo”

“Anche io”

Chase fa scorrere i polpastrelli fino ai suoi fianchi coperti da un paio di jeans chiari, facendo un piccolo passo indietro per guardarla negli occhi: “Te ne sei andata tu, Olivia” le ricorda, aggrottando le sopracciglia.

La ragazza lo tocca ovunque, lentamente ma con attenzione. Ogni dettaglio che si è sognata tutte quelle notti in bianco, ogni volta che qualcosa di lui rivedeva in altre persone, ora è lì davanti a lei e pensarlo le fa girare la testa. Passa le mani su quel corpo magro e spigoloso, bianco e incrostato di tatuaggi, sul tessuto della t-shirt grigia, sui polsi tatuati, le mani ancora fredde, gli zigomi marcati e la mascella scolpita.

“L’ho fatto per te” risponde poi, senza guardarlo negli occhi.

“Per favore, Olly, non iniziamo con queste frasi da romanzi americani per ragazzine frustrate – sbuffa Chase, afferrandole i polsi e fermando la loro esplorazione – Non mi piacciono i giochi di parole, lo sai”

È chiaro che lo sappia, ma questo non glielo dice.

Invece irrigidisce le spalle e si lecca le labbra, sentendo improvvisamente l’aria farsi più pesante.

Ai muri della saletta sono stati aggiunti altri disegni, nota lei, ma il divanetto rosso su cui si sedeva sempre è ancora lì, così come lo schienale nero per i clienti e altre scatole di cibo cinese stipate vicino alla finestra, per terra.

Stringe i pugni, abbassandoli all’altezza dei fianchi, e lo guarda negli occhi, poi: “Sono incinta” dice, decisa.

L’espressione impaziente di Chase si trasforma in un battito di ciglio. I suoi occhi si spalancano all’inverosimile, la sua pelle si fa forse ancora più chiara e sembra quasi tremare per qualche istante.

Poi si allontana di scatto, e Olivia inizia ad avere seriamente paura perché forse avrebbe potuto dirlo in un modo più delicato, farlo sedere o iniziare a parlare del tempo fuori, ma Chase chiude gli occhi di scatto e respira talmente forte da svuotare tutta la cassa toracica.

“Porca puttana, Olly! – esclama – E ti sembra questo il modo di dirmi che sei incinta? Con quell’espressione e quel tono di voce?”

Lei aggrotta le sopracciglia: “Cosa vuoi dire?” domanda, senza capire.

“Credevo stessi per morire o qualcosa del genere! – Chase si passa i palmi sul volto e scuote la testa velocemente, tornando a guardarla – Sei sparita senza dirmi niente, lasciandomi uno straccio per cosa? Un bambino? Cazzo, se penso a tutto quello che ho passato per questo…ma sei scema?”

È davvero buffo adesso, e Olivia si permette di ridere perché sì, è scema e forse qualcosa di più. L’ha lasciato credendo che non fosse una cosa da niente, ma Chase alla fine c’era comunque e soprattutto c’è adesso, lì, davanti a lei, con le guance rosse per la frustrazione e la fronte aggrottata, confuso.

Gli si avvicina, appoggiandogli una mano sulla guancia: “Un bambino non è una cosa da sottovalutare” gli dice, ma sta sorridendo intenerita e - ormoni del cazzo! - vorrebbe piangere.

Chase volta appena la testa per baciarle il palmo, senza smettere di guardarla, poi afferra le sue dita tra le proprie e: “Ma non è una valida ragione per lasciarmi – ribatte – Possiamo gestirlo, anche se non sarà facile”

Olivia scuote la testa con veemenza: “Non capisci, Chase, no- ” inizia, ma lui la ferma subito, risoluto.

“No, sei tu che non vuoi capire – la interrompe – Anche se tu fossi una stronza, antipatica e con le tette cadenti, mi assumerei la responsabilità ugualmente. È mio figlio, e anche se in questo momento mi sento come se mi avessero fatto un lavaggio del cervello o qualcosa del genere, sono contento”

“Sei troppo calmo – Olivia sospira, testarda – Un bambino è una cosa enorme. E poi io ho gli esami, tu hai un lavoro e a malapena so cosa sia, un bambino!”

Chase sorride a labbra chiuse, accarezzandole una guancia per scacciare via qualche lacrima di frustrazione.

La bacia la fronte poi, stringendola forte.

“Non sei più da sola, Olly – sussurra al suo orecchio – Devi smetterla di avere paura e voler ugualmente affrontare tutto solo con le tue forze. Non sei invincibile, nessuno lo è. Sarà la cosa più dura del mondo le prime volte e probabilmente inizieremo a litigare anche per la coperta nel letto, ma io ti amo, capito? – la scuote dolcemente finché non la sente annuire contro il proprio collo – Ti amo, e tu ami me. Fatti bastare questo adesso, al resto penseremo quando sarà il momento”

Olivia chiude gli occhi, si lascia stringere e pensa che non ci sia cosa che tenga se adesso è ancora tra le braccia di Chase.

E forse, finalmente, va tutto bene davvero.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Candice ha raggiunto Zayn a vicino a Primrose Hill, in un bar francese del quartiere,  coi tavoli piccoli e un cameriere un po’ anziano ma gentile.

Lui si è alzato in piedi come un gentiluomo, quando l’ha vista sulla porta. Si sono abbracciati un po’ impacciatamente, poi Candice ha preso posto e hanno ordinato due tea caldi, vaniglia e limone.

Zayn è bellissimo come sempre, coi capelli leggermente più lunghi dell’ultima volta che si sono visti e il sorriso apprensivo mentre le chiede se sta bene, se ha chiarito con le sue amiche, come si sente.

Candice non sa se lo ama o meno, ha tanti pensieri in testa e, anche se lui è uno di questi, è tutto troppo confuso.

Sa che vorrebbe baciarlo, che le è mancato davvero tantissimo e sa che passerebbe giornate intere a fissarlo senza mai stancarsi o imbarazzarsi.

Intavolano conversazioni marginali, di quelle un po’ fredde tra due persone che non si vedono da tanto e che non si vedranno per altro tempo.

Al terzo sorso di tea, Zayn si lecca le labbra e la guarda: “È bello averti qui” mormora, facendola arrossire un poco.

“Anche per me è bello essere qui – dice Candice, raddrizzando la schiena – Mi sei mancato”

Quella precisione deve averlo sorpreso, perché Zayn alza le sopracciglia e: “Davvero?” chiede, stupito.

Lei annuisce e sorride: “Già – aggiunge – Questa specie di pausa di mi ha fatto riflettere su certi aspetti della mia vita. Ho capito molte cose che prima mi sembravano concetti astratti”

“E hai pensato.. – Zayn tentenna appena, come se fosse imbarazzato – ..hai pensato a noi?”

Le piace, quel ‘noi’. Sa un po’ di certezze instabili, di quelle che devono entrare nella sua vita per renderla migliore, di quelle che mancano ma sa che, nonostante tutto, devono esserci.

Annuisce, incrociando le caviglie sotto al tavolo.

“Sei il primo ragazzo con cui ho questo rapporto così speciale – spiega, un po’ ingenuamente – Non sono il tipo da queste cose, credo che tu ormai lo abbia capito”

Zayn ridacchia appena, annuendo.

“Ecco – continua Candice, guardando un po’ ovunque per cercare le parole adatte – ho sempre pensato ad altro. Alla scuola, all’università, alla mia famiglia, alla mia carriera, al lavoro, a cosa indossare e quale immagine mettere su Facebook. Ma non mi lamentavo, voglio dire, non ho mai cercato approccio con qualche ragazzo, non ho mai sperimentato una cotta più lunga di un paio di giorni o chissà cos’altro”

Fuori dalla vetrata del bar passano due ragazzine mano nella mano con indosso la divisa scolastica, Candice le osserva finché non attraversano la strada e poi riprende.

“So che è un po’ banale da dire, ma quando sei arrivato tu, è cambiato tutto – mormora, la voce sottile – Mi sei piaciuto fin da subito perché mi piace il modo in cui mi guardi – e lo guarda davvero, stavolta. Punta i suoi occhi azzurri contro quelli ambrati di lui e alza appena il tono della voce – Mi piace perché a differenza degli altri tu non mi fissi le gambe o il sedere o forse lo fai, ma prima di tutto mi guardi le labbra quando parlo proprio come adesso, poi mi fissi gli occhi come se fossi importante e poi mi baci”

Zayn sorride, a corto di parole.

“Adesso che ti ho conosciuto, adesso che ti ho incontrato, mi sento incompleta perché mi hai mostrato quel lato della medaglia dell’amore a cui non ho mai creduto. E tutto questo, se ci sei tu, è…bello

Deglutisce rumorosamente, allungando un braccio sulla tavola per far incrociare le loro dita e le loro pelli così diverse.

“Dall’altra parte ho una paura tremenda – confessa poi, con un sorriso triste – perché ti conosco da poco e il tuo lavoro mi terrorizza. Non sono quel tipo di ragazza che aspetta qualcuno, mi scoccio facilmente e sono la prima ad avere bisogno dei miei spazi, ma poi m’immagino senza la tua moto e le tue chiamate improvvise e sarebbe tutto più vuoto, capisci?”

Zayn annuisce, stringendole la mano con più forza e lei si sente improvvisamente meglio. È stata coraggiosa, è cambiata e, nonostante le guance arrossate, è maturata.

“Possiamo provarci” propone Zayn speranzoso.

Candice annuisce e sorride, felice.

E chissenefrega se poi le due tazze si sono raffreddate.

 

 

 

 

 

 

 

L’appartamento di Harry Styles è piccolissimo, ma non opprimente.

India lo osserva attentamente, gira intorno al divano bordeaux, guarda i quadri e le fotografie appesi alle pareti, i libri rovinati tra gli scaffali e il balcone che s’affaccia sulla strada.

Indossa un paio di jeans neri, un maglione pesante e delle Converse un po’ sgualcite che la fanno sembrare più piccola.

Sono le cinque e venti e il lampadario illumina il salotto con una luce gialla e un po’ fastidiosa, in tv stanno trasmettendo la top ten del 2013 e Harry ha una spalla appoggiata al muro e le braccia incrociate.

La sta osservando perché India sente i suoi occhi verdi sui suoi zigomi e sulle sue gambe falsamente incerte mentre si aggira tra i mobili.

“Da come lo avevi descritto – dice, qualche secondo più tardi, tornando con lo sguardo fisso su di lui – mi aspettavo una topaia di dieci metri quadrati. È piccolo sì, ma non è così male”

Harry sorride, mettendosi in piedi e avvicinandosi: “Non lo cambierei mai, comunque – spiega, passando l’indice sul bordo del divano – non mi piace stare in casa e l’affitto è ottimo per il mio stipendio”

“Quando sarai uno scrittore famoso potrai permetterti molto di più” mormora India, guardandolo.

Harry inclina la testa e la osserva con le labbra schiuse e l’espressione imbarazzata ma compiaciuta, quella che l’ha sempre messa in difficoltà perché India è fin troppo brava coi pensieri delle persone.

Persone che non sono Harry.

Lui non risponde, distoglie lo guardo e fissa distrattamente la televisione a basso volume: “Non sono molto bravo ai fornelli – dice, con un sorriso – ma spero che quello che ho fatto ti piaccia”

“Cos’hai fatto?” domanda India, facendo un passo nella sua direzione.

“Non ne ho la minima idea”

 

 

 

 

 

 

Mangiano mezz’ora più tardi, seduti nel piccolo tavolo bianco della cucina.

Harry ha cucinato un branzino di carne che ha trovato surgelato da Tesco, c’è del vino ma India continua a bere dell’acqua, a osservagli le mani e a stare in silenzio.

Neanche lui parla, comunque, deve aver capito che lei è fatta così.

India ha bisogno di momenti di silenzio, i suoi occhi si fanno più vitrei e lei si chiude a riccio. Succede di continuo, che sia da sola o in compagnia. Inizia a guardare un punto fisso, poi ogni tanto chiude gli occhi e sospira come se stesse cercando in tutti i modi di sopravvivere.

Quando Harry si alza per portare via i piatti, lei fa lo stesso, afferrandogli il polso con entrambe le mani. Lui si ferma di scatto, guardandola così attentamente da farla sentire nuda.

Chiude gli occhi, in attesa.

Sente le sue labbra fresche contro le proprie qualche secondo dopo, segno che lui, ancora una volta, abbia capito ogni cosa e soprattutto abbia capito lei.

 














allora io vi dico fin da subito che questo capitolo non voleva assolutamente uscire così palloso e lungo, ma tipo mentre scrivevo la parte di Olivia e di Chase mi son resa conto che erano quasi 2000 parole e non è da me proprio per niente.
Ma poi ho pensato che questo in fondo era un po' il loro capitolo e chi sono io per non lasciare loro lo spazio necessario?
Poi è arrivata Candice che mi ha mangiato altre 700 parole e passa con Zayn, mentre io volevo mettere tutte le ragazze!
E poi la parte di Harry con India non doveva neanche esserci, però mi sarei sentita una merda se non avessi scritto proprio niente niente su di loro e quindi mi son detta (e anzi, la Veronica mi ha tipo costretta) perché no?
Ecco, quello che avete letto su quest'ultima coppia è solamente un assaggio di ciò che succederà nel capitolo successivo, che sarà ambientato interamente durante la sera.
E spero che Chase, se dio vuole!, vi sia piaciuto!
Non sapevo proprio come farlo entrare, come strutturare i loro dialoghi e alla fine so che può risultare un po'...ehm, affrettata come cosa? Però davvero, non ce la facevo più a vedere Olivia così giù di morale ahah
Ho scritto questo capitolo ascoltanto in loop gli Imagine Dragons, i The Neighbourhood e i The 1975, immaginatevi il mio umore in questo istante ahahah
Spero con tutto il cuore che il capitolo vi sia piaciuto, perché lo so che c'è qualcosa che non vi sta più piacendo di me e del mio modo di scrivere, l'ho notato dalle recensioni, da Ask e da mille altri fattori e mi dispiace un sacco perché anche se sembro una stronza antipatica senza sentimenti, in realtà mi fa davvero ma davvero tanto piacere parlare/interagire con chi mi segue!
Nel prossimo capitolo - ve lo dico già adesso per prepararvi - ci saranno Megan e Louis, India e Harry e Dalia e Niall!
Fatemi sapere anche e soprattutto se è tutto un'enorme cagata ahaha
A presto,
Caterina 









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Capitolo 25
*** Capitolo ventiquattro - Red ***



No church in the wild
Capitolo ventiquattro - Red

 



Il ristorante davanti al quale si danno appuntamento è piccolo e collocato in una zona della città che Emma ha sempre superato solo con la metropolitana. L’ambiente le ricorda un po’ uno di quei film della Disney un po’ troppo romantici per i suoi gusti, niente a che vedere con i ristoranti francesi dove è solita cenare con la sua famiglia ogni due venerdì.
Liam indossa una camicia a scacchi e un paio di jeans scuri, delle Adidas davvero orribili e un sorriso cordiale che probabilmente non lo abbandonerebbe neanche se Emma glielo chiedesse.
Hanno appena ordinato e al loro tavolo è calato un silenzio davvero imbarazzante che di certo lei non riempirà.
Ha indossato un vestito italiano grigio e un paio di calze pesanti, il pellicciotto di volpe che India crede sia finto e i suoi amati stivali alti. Si è truccata, si è piastrata i capelli e limata le unghie per un boscaiolo con delle scarpe da rapper dei bassi bassi fondi?
Emma riesce solo a pensare a questo e a quanto voglia tornare a casa perché la situazione non le piace. Se smettesse di pensare al colletto in disordine di Liam, probabilmente il suo cervello inizierebbe ad analizzare la curva elegante del suo collo, le sue spalle larghe, il colore tranquillo dei suoi occhi e perfino i movimenti che le sue mani affusolate compiono mentre rompono un pezzo di pane a metà.
Ed è tutto strano per lei, a cominciare dai suoi pensieri per finire in questo ristorante.
Emma è abituata a un livello superiore, ai bicchieri di cristallo e al cameriere con l’accento francese che ti scosta la sedia e ti prende la giacca. E lei ci prova davvero a cercare di sentirsi a proprio agio, a concentrarsi su dove è e non su dove vorrebbe essere, ma è un traguardo lontano e si sa che le cose nuove sono sempre quelle più difficili.
Liam inizia a farle domande di contorno, se le piace il posto, cosa ha fatto oggi e se le dispiaccia essere uscita con lui, Emma risponde a monosillabi stringendo l’orlo del suo vestito sulle cosce.
Sta cercando di metterla a suo agio perché, in qualche modo, Liam ha capito che c’è qualcosa che non va. Ed Emma si chiede davvero come faccia ad aver afferrato il concetto quando lei stessa non capisce cosa diavolo le stia capitando.
Liam è un ragazzo da contorno, come le patatine fritte che ha ordinato. Un ragazzo buono, delicato, che non interviene mai, forse un po’ troppo serio, ma gentile ed educato, con un sorriso per ogni cosa e probabilmente con un repertorio musicale che si ferma a Beethoven.
È un adulto, mentre Emma è ancora poco più che una bambina con una prossima laurea in legge e un iPhone a cui tiene anche più che a sua madre.
Sono opposti, a dimostrazione del fatto che mentre lei vorrebbe solo urlare quanto faccia schifo la sua vita, lui continua a parlare e soprattutto a sorridere.
 
 




 
 
Megan sputa dentro il lavandino, si pulisce la bocca e sospira soddisfatta quando lo specchio del bagno le mostra una dentatura assolutamente bianca.
Aggrotta le sopracciglia, poi, quando chiude l’acqua che ancora scorre e sente il volume dello stereo un po’ troppo alto. O meglio, quella canzone nello specifico, perché Megan è una cubista e regola numero uno: uno stereo non è mai troppo alto.
Esce in corridoio, scontrandosi subito dopo con Candice e Olivia, che hanno entrambe una spalla appoggiata contro lo stipite della camera che la prima condivide con Dalia.
Quando Megan le raggiunge e getta un’occhiata curiosa dentro la stanza, nota Dalia con la testa affondata contro il cuscino del suo letto e lo stereo che segna i 50. Si volta quindi verso le due amiche, in cerca di spiegazione. Quando queste scuotono la testa, Megan sbuffa e fa un passo avanti, prima di essere trattenuta fermamente da Olivia, che la riporta in corridoio.
“È nella fase Taylor Swift” spiega, ad alta voce.
L’amica annuisce, “Quindi è più grave del previsto..” borbotta tra sé e sé, poi raggiunge velocemente lo stereo e lo spegne di scatto.
Dalia alza la testa come se fosse stata appena aggredita, incenerendola con lo sguardo: “Si può sapere chi cazzo ti ha autorizzata a interrompere il mio momento depresso?” esclama, rabbiosa.
“Taylor Swift, Dalia! – Megan afferra il CD appoggiato allo stereo sul cassettone dei vestiti e glielo mostra – Stavi ascoltando Taylor Swift e io non ho il diritto di fermarti?”
È una domanda retorica, tuttavia Dalia si alza in piedi e spalanca le braccia con aria stizzita: “Certo che no! – risponde a tono – Mi sono innamorata, lo capisci?!”
“Oh certo! – Megan alza gli occhi al cielo e si mette le mani sui fianchi – Chissà che schifo i sentimenti, vero?”
“Già! Esattamente!”
Megan la afferra per le spalle e la scuote, esibendo un cipiglio di rimprovero che proprio non le dona: “Ascoltami bene, Dalia – sibila – Abbiamo già India con le sue paranoie sull’amore, quindi evita di fare tutte queste scenate che non è la fine del mondo”
“È anche peggio!” Dalia si libera dalla sua presa e si mette le mani tra i capelli, chiudendo gli occhi.
“Sei incredibile, sai? – dice Megan a quel punto, facendo un passo indietro e lanciando una breve occhiata sia a Candice che a Olivia, ancora perfettamente immobili sulla soglia della stanza – Hai scritto tante di quelle canzoni sull’amore da riempirci i coglioni per cinque anni buoni. Non fai altro che cercare amore negli altri e poi quando finalmente riesci a trovare qualcuno che sappia quanto tu vali, cosa fai?, Scappi, diventi una cinica di merda come è tuo solito fare e inizi a deprimerti”
“Le cose sono molto più difficili di come tu le stai mostrando – ribatte Dalia, ma sta vacillando e si vede – Lui non è un ragazzo come tutti gli altri…”
“E allora? – l’altra sorride, alzando le spalle – Credi che esistano ragazzi uguali agli altri? Te ne sei innamorata proprio per questo, perché lui è diverso”
“È un cantante
“Il tuo cantante preferito” la corregge Megan, e Dalia stringe forte i pugni e inizia a urlare e a piangere: “Per questo! – singhiozza – Per questo ho una paura fottuta, ma non lo capisci?! Avevo una visione completamente diversa di lui, un ragazzo pieno di soldi, un principe con una voce assurda, perfetto! E sai cosa?, me lo ritrovo completamente sbronzo un giorno sì e l’altro pure, con un monolocale che marcisce tra i suoi accordi musicali e una faccia da schiaffi allucinante! E poi mangia la pizza col ketchup! Cazzo, il ketchup!”
Le sue spalle iniziano a tremare mentre lei nasconde il volto tra le mani, completamente indifesa.
Chissà quanto le è costato ammetterlo, è ciò che pensa Megan, con un sorriso intenerito sul volto.  Nota Olivia prendere Candice per un gomito mentre entrambe si allontanano.
Dalia è sempre stata quella fatta di marmo, anche forse più di India. Perché India ogni tanto crolla, inizia a piangere in metropolitana e comunque sa quanto vale e quanto sia bella nonostante tutto, Dalia no. Dalia s’è costruita davanti allo specchio con le lacrime agli occhi e le gambe che non sono mai abbastanza magre per i suoi occhi che non sono azzurri, coi capelli sempre troppo spenti e il carattere che non riesce a migliorare neanche se s’impegna.
Perché se India riesce a smettere di guardare i capelli stopposi e si concentra sulle sue dita magre, Dalia riesce a vedere solo il naso grosso e il seno piatto. Se chiudesse gli occhi, forse, e si concentrasse solo sulla sua voce, sarebbe tutto più facile.
“..E la vuoi capere una cosa? – si pulisce il trucco con le mani, riemergendo dal suo pianto – Che nonostante lui rutti almeno quattro volte in cinque parole, io me ne sono innamorata così. Mi sono innamorata di quello che è, non di quello che speravo che fosse”
Megan l’abbraccia perché non può fare altrimenti. Lascia che questa le sporchi una delle sue magliette preferite, le accarezza i capelli e ride quando “Louis Tomlinson ti ha reso una perla di saggezza fatta a persona” sente.
 
 
 
 
 
 
 
Il corridoio dell’appartamento di Harry diventa ancora più piccolo quando lui spegne la luce del bagno e si volta, incontrando la figura immobile di India.
“Hey – mormora, facendo un passo avanti – Hai bisogno di qualcosa?”
Anche lei fa un passo verso di lui, in silenzio. Sono entrambi illuminati dalla luce che proviene dal salotto, India gli afferra le dita della mano destra e la solleva a mezz’aria.
“Toccami”
Sente le sue ossa fremere tra le proprie. Lo guarda negli occhi attentamente, Harry deglutisce un paio di volte e respira appena più velocemente.
“Sei sicura?” le domanda, col tono di voce basso.
India non risponde ma gli stringe più forte la mano, incitandolo.
Lui allora si china sulle ginocchia, sorprendendola e facendole perdere il controllo per un attimo. Quando sente i polpastrelli del ragazzo accarezzare il tessuto dei propri jeans dalle caviglie, si morde appena le labbra e maledice chiunque abbia inventato i vestiti. Perché, anche se non vuole darlo a vedere, lo vorrebbe addosso.
“In terza media mia sorella ha iniziato a perdere peso velocemente – inizia a raccontare, percependo le mani di Harry disegnare qualcosa sulle sue gambe, come per tranquillizzarla – Abbiamo qualche anno di differenza, ma mentre i miei capelli diventavano sempre più scuri per via della crescita, la gente iniziava a farle i complimenti. ‘Sei bellissima’, dicevano, qualcuno iniziava perfino a preoccuparsi per via di quei chili persi dal nulla. A me riservavano gli elogi sulla scuola, sulle guance rotonde, ‘hai la costituzione di tua madre’ era il classico insulto velato in una costatazione – si ferma un attimo quando le dita di Harry raggiungono le sue cosce – Ho iniziato a odiare le mie gambe, le guardavo allo specchio e desideravo solamente di svegliarmi e trovarle magre come quelle di mia sorella. Io e Dalia in seconda superiore siamo state una settimana senza mangiare, poi lei è finita in ospedale e io ho iniziato a fumare cinque sigarette in più”
Harry si alza in piedi, sovrastandola. La guarda negli occhi adesso, ma non accenna a interromperla.
Quando sente le sue mani sui fianchi, India riprende.
“A sedici anni ho capito che la costituzione di mia madre ce l’ho davvero. Ho una cicatrice sul fianco sinistro perché durante uno dei miei attacchi di panico ho preso una forbice e ho cercato di eliminare il dolore eliminando tutto ciò che era in eccesso, ma appena ho visto il sangue ho iniziato ad avere paura davvero. Di me. Ho costretto mia madre a mandarmi dalla psicologa”
Sente Harry tentennare appena quando le sue mani raggiungono il profilo morbido dei seni, lo vede deglutire e lei sorride appena.
“A quattordici anni Megan ha rubato un reggiseno imbottito dal guardaroba di sua madre e me l’ha prestato per il mio primo appuntamento. Non mi ricordo neanche come si chiamava il tipo, so solo che a metà film ha iniziato ad allungare un po’ troppo le mani e quando gli ho chiesto che cosa stesse facendo lui mi ha risposto che voleva tastare se fossero davvero così grandi. Adesso indosso qualcosa di scollato solo se qualcuna delle mie amiche mi costringe”
Harry accarezza le sue spalle con movimenti lenti, arrivando al suo collo quasi con esasperazione. Quando India sente le sue dita sulla cicatrice, ci posa sopra le proprie con un gesto involontario. Non le scansa però, più che altro ci si aggrappa.
“Ha detto che non gli è piaciuto il modo in cui gli ho risposto – parla guardandolo negli occhi, Harry ha le sopracciglia aggrottare e l’espressione dura perché probabilmente quello che sta per sentire non gli piacerà – Prima ha stretto un po’ troppo forte i miei polsi, poi c’è stato lo schiaffo e poi tutto il resto. Non ho mai pensato un solo secondo della mia vita che quello che lui mi aveva fatto fosse giusto, corretto. Non mi è mai passato di mente il pensiero che me lo meritassi, perché non è vero. Ti ho visto, mentre mi guardavi la cicatrice. Hai fatto quella faccia che fanno tutti, quella un po’ compassionevole. Forse ti sei un po’ arrabbiato, ma mentre tu pensi che tutto questo sia sbagliato, io so che è grazie a quella cicatrice se io adesso sono così. Non sono fatta d’acciaio, è che non mi piace mostrarmi debole. E non ho neanche più bisogno che qualcuno mi dica che ho delle belle gambe, perché lo so. Se adesso tu mi stai toccando e io te lo sto lasciando fare, è perché grazie ad Alec io so di chi mi posso fidare e di chi no. Di chi alzerà una mano per accarezzarmi e non per colpirmi”
Ora è lei ad accarezzarlo, comunque, mentre sorride appena ai suoi occhi lucidi.
“Ora sta a te” sussurra contro le sue labbra.
E Harry, semplicemente, la bacia.
 
 
 
 
 
 



Emma sta ancora sorridendo con le guance fredde, quando Liam Payne dice: “Sono stato bene stasera” e lei risponde: “Io no”
Vede il sorriso del ragazzo spegnersi contro il gelo di Londra e tra le luci di quel quartiere sconosciuto, ma non è propriamente colpa sua, ma anche e soprattutto dei quattro bicchieri di vino mediocre che ha bevuto.
“Io no – ripete, continuando a sorridere mentre Liam appare sempre più confuso – è stata la serata più orrenda della mia vita e lo sai perché? Ho passato tutto il tempo a chiedermi perché mio padre non riesce a capire che non voglio diventare un avvocato, all’esame che ho tra tre giorni e a quanto le tue scarpe facciano schifo – si stringe la pochette tra le dita e si lecca le labbra quasi istericamente – Hai iniziato a parlare di quanto tua madre sia sempre stata comprensiva sulle tue scelte e io mi sono domandata con quale coraggio tu lo stessi dicendo a una che inizia una crisi isterica ogni volta che vede la propria, di madre. Ma poi ho capito che in fondo non era colpa tua, anzi. È colpa mia se tu non mi conosci perché non ho mai provato a dirti come stanno le cose. Ma adesso ho solamente voglia di tornare a casa e piangere perché la tua vita da insegnante delle elementari è così schifosamente perfetta nella sua semplicità mentre la mia è una gabbia senz’aria e a questo punto io mi chiedo, Liam Payne – fa un passo avanti e gli punta un dito conto – quanto tu possa essere stato bene stasera con una persona che non conosci e che ha finto tutto il tempo di sorridere solo per non scoppiare a piangere”
E a dimostrazione del suo carattere, Emma gli volta le spalle in un gesto plateale e inizia a camminare dalla parte opposta della fermata della metro più vicina.
Senza dare a Liam neanche il tempo di rendersi conto di quello che è successo.


















 
  •  il titolo del capitolo è il nome del CD che Dalia sta ascoltando
  • è tardissimo e questo capitolo mi è uscito da bionda scura, abbiate pietà
  •  spero non vi abbia fatto troppo schifo
  •  mancano pochi capitoli alla fine!
  •  vi adoro, ve lo giuro ❤❤

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Capitolo 26
*** Capitolo venticinque - Touché ***




No church in the wild
Capitolo venticinque -  Touché








Megan è seduta sulle ginocchia di Louis e si sente una bambina.

Percepisce il battito del vento contro le guance gelate e il respiro leggero del ragazzo sul collo, le sue labbra piccole che le fanno il solletico e le sue mani che la stringono senza opprimerla.

“Ti piace qui?” le domanda e lei sa che sta sorridendo contro la sua pelle. Annuisce e sorride pure lei.

Hanno cenato in un piccolo ristorante nei pressi di Primrose Hill e adesso sono seduti in una delle tante panchine del parco, con una Londra accesa davanti agli occhi e gli orologi nei telefoni che segnano le sette e mezza di sera.

“Io ed Emma venivamo sempre qui quando non volevamo andare a scuola – dice Megan – Lei abita qui vicino, o meglio, i suoi genitori. In realtà appena finito il liceo ci siamo tutte trasferite insieme”

“Ragazze intraprendenti” mormora Louis e le bacia una spalla.

“Più che altro disperate – ride la ragazza e si sente giusta – Avevamo lavorato abbastanza da pagare i primi tre affitti. I genitori di Olivia, di Candice e di Emma hanno acconsentito a pagare gran parte delle spese se le loro figlie avessero continuato a studiare, mentre io e India ci siamo trovate questi lavori che beh, non sono il massimo, però pagano abbastanza bene”

“Dalia è sprecata per i pub notturni” riflette Louis, aggrottando le sopracciglia.

Megan passa un braccio dietro il suo collo e annuisce con le labbra sulla sua tempia: “Appena Niall si dichiarerà apertamente faranno il duetto del secolo, lo so”

“Perché Niall dovrebbe dichiararsi per primo?” domanda Louis, guardandola negli occhi.

A Megan piace la lucidità delle sue iridi contro il cielo, lo fa sembrare un ragazzino.

“Perché è la regola! – esclama, convinta – L’uomo deve fare il primo passo”

“Sì, ma – Louis si muove sotto di lei, stringendola un po’ più forte – lei dovrebbe ricambiare, altrimenti è tutto inutile, no?”

A quel punto Megan tentenna un po’. 

È un po’ sbadata, sì, ma sa che non stanno più parlando di Niall e di Dalia.

“Hai paura che io non ricambi?” gli chiede quindi, un po’ dispiaciuta.

Louis scrolla le spalle, distoglie lo sguardo e finge indifferenza.

“Forse”

“Se te lo dicessi, saresti più sicuro?”

Le sorride, adesso, e sembrano entrambi due bambini: “Se me lo dicessi – le risponde – sarei l’uomo più felice del mondo”

“Esagerato!” esclama Megan, ridendo. Poi gli bacia le labbra che son gelate come le sue e glielo dice, “Ti amo”.

Piano.

Sussurrato.

Con le lingua incastrata tra i denti e le guance rosse.

E Louis adesso la sta baciando più forte, con più sicurezza, con le certezze di chi ama e di chi soprattutto si sente amato.

E va bene così e forse qualcosa di più.

 

 

 

 

 

 

A Dalia prudono le mani da quando è scesa dall’autobus ad adesso che le ha intrappolate al cancelletto del condominio che è gelato.

Prende un respiro come durante un assolo, poi chiude gli occhi e li riapre fissando il cartellino ‘Horan N.’ sul citofono.

Preme un paio di volte, velocemente, come se bastasse a farla calmare. Si guarda intorno ed è tutto terribilmente buio che il caos che ha dentro in confronto non è niente.

“Ragazze, anche io vi amo tantissimo, ma non potete venire sotto casa mia tutte le sere, capite che più che fans sembrate stalkers?”

La voce meccanica di Horan N. è leggermente spaurita e Dalia sorride appena contro l’aria gelata, mentre scuote la testa e mormora: “Sono io”

Oh – adesso Horan N. è sorpreso – Hey! Sali”

Ma dai? Vorrebbe rispondergli lei, però alza semplicemente gli occhi al cielo e aspetta lo sblocco del cancello.

Fa le scale, probabilmente per scaricare la tensione e trovare delle scuse adatte, e finisce al quarto piano coi polpacci pesanti e un po’ di voglia di piangere.

Niall è sulla porta con un paio di pantaloncini da basket e una felpa pesante, i calzini alzati sulle caviglie e un sorriso caldo e impacciato. Si sistema i capelli che stanno diventando troppo lunghi e si scosta per farla entrare: “Dovevo proprio aspettare il pareggio con l’Inghilterra per vederti di nuovo in casa mia di tua spontanea volontà”

Dalia accenna un sorriso, si pulisce le scarpe ed entra in casa.

Il salotto è più ordinato rispetto all’ultima volta in cui ci è stata, la televisione è priva del sonoro ma sembra ancora tutto più soffocante. Si slaccia la giacca e aspetta che lui chiuda il portone.

“Come stai?” le chiede, tornando a sedersi sul divano.

“Non  mi chiedi perché sono qui?” domanda Dalia di rimando.

Niall scrolla le spalle e afferra la bottiglia di birra sul pavimento, “Ha importanza? – mormora – Sei qui, no?”

“Ha importanza per me – sottolinea la ragazza e sente gli occhi pizzicare – ma probabilmente abbiamo opinioni diverse – infila le mani in tasca e si rifiuta di guardarlo negli occhi – Mi spiace averti disturbato a quest’ora, ci vediamo”

Fa per andarsene, ma poi Niall balza in piedi con un “Ma che..?” e la raggiunge velocemente, bloccandole il polso.

“Dalia, ma che ti prende? – le chiede, confuso – Di cosa stai parlando?”

“Non ha importanza – lo beffeggia lei, sprezzante – Non ha importanza per te, vero? Tanto tu sei Niall Horan, no?, quello che ai Grammy ci va con le Jordan, cosa vuoi che te ne importi?”

Le sopracciglia chiare del ragazzo si aggrottano in almeno tre espressioni diverse, in cerca di risposte che gli occhi arrabbiati di Dalia non riescono a dare.

Lei però una non risposta non l’accetta, si libera dalla presa sul suo polso e lo spinge indietro: “Ha importanza, razza di un bastardo! esclama – Si può sapere che diavolo ti passa per quella testa? Ce le hai delle paranoie come tutti quanti? Di cosa ti fai? Perché se sempre così dannatamente…” stringe i pugni per cercare parole che non si lasciano trovare.

O forse ce ne sono troppe, riflette poi, mentre lo guarda negli occhi. Sì, perché Niall Horan è dannatamente tutto. Con quel sorriso che sfuma in base alla situazione, il fiato caldo, le parole accentate, le mani callose e tutto il resto.

Anche adesso, mentre lei sta per scoppiare a piangere in un modo imbarazzante, Niall ha un sorriso storto tra le labbra.

Rifà quei passi verso di lei che Dalia prima non ha sopportato e le prende una mano, stringendola leggermente.

“Ho comprato un appartamento piccolo – le dice, senza smettere di guardarla negli occhi – perché ho pensato che se non ci fossero stati spazi vuoti, la mancanza di qualcosa non l’avrei mai sentita. Il mio letto è singolo perché di notte, lo sai, si amplifica tutto”

Dalia tace – finalmente – e annuisce coi loro nasi che si sfiorano.

Non sa cosa dire.

“Non ha importanza il motivo per cui sei qui – le spiega Niall e adesso le accarezza una guancia un po’ umida – Ha importanza che tu sia qui e basta. M’importa di questo, perché so che la motivazione ti fa paura. E quindi non ho bisogno di sentirti dire che volevi vedermi, ho solo bisogno di te. Capito?”

Dalia annuisce ancora mentre lui le stringe i fianchi per non farla scappare.

“Devi iniziare a bastarti, Dalia – le mormora, ma non è un rimprovero – Io non faccio niente di speciale, i miei momenti no ce li ho anch’io. Ma autocommiserarmi non mi porterà da nessuna parte se non ancora più in basso”

“Io sono un disastro” dice lei, convinta.

Niall scoppia a ridere: “E chissenefrega? – esclama – E poi lo sai che le persone rotte sono quelle che amano più forte”

Si baciano l’attimo dopo, tra i disastri dell’Irlanda in televisione e quelli nell’appartamento di Niall.

Non più vuoto.

 

 

 

 

 

 

 

Candice è in camera a studiare e Olivia è tra le braccia di Chase, quando Emma sbatte il portone di casa e lascia il suo cappotto sul pavimento dell’ingresso.

“Em! – Olivia si sporge sul divano con un sorriso innamorato e la mano protettiva di Chase sul ventre – com’è andata?”

Anche le scarpe finiscono abbandonate per terra, adesso.

Emma cammina verso il corridoio senza nemmeno degnarsi di salutare, biascica un “Odio la mia vita, fa tutto schifo, ciao” e si chiude in camera.

“È andata bene, no?” mormora Olivia, e sta già alzando gli occhi al cielo e incastrando la propria fronte nel collo del suo ragazzo.

“Le tue amiche sono parecchio strane, sai?” le domanda lui con un sorriso.

“Il tuo migliore amico ha tatuato su una chiappa il nome di Rihanna, io non parlerei se fossi in te”

Chase scoppia a ridere e la stringe forte, “Touché”

 
















Mi spiace per il ritardo, ma purtroppo questa settimana ho preso l'influenza e non ho scritto!
Questo è il penultimo capitolo prima dell'epilogo!
Fatemi sapere!
Un grazie di cuore a chi ha recensito e continua a seguire la storia!
A presto,
Caterina






 

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Capitolo 27
*** Capitolo ventisei - Home is wherever I'm with you ***




No church in the wild
Capitolo ventisei - Home is wherever I'm with you








Il letto di Niall Horan è il più piccolo in cui Dalia – non – abbia mai dormito. Peggio anche della branda in campeggio, in quarta elementare.
Tiene le mani congiunte sotto la guancia sinistra, i piedi incastrati alle gambe del ragazzo dietro di lei e il sorriso che fissa il muro che ha davanti.
“Buongiorno” sente poi, qualche istante dopo.
Niall ha la voce bassa e profonda, calda. Si stiracchia le braccia intorpidite e Dalia per poco non scivola sul pavimento. La presa sui suoi fianchi, però, le impedisce di cadere. Le mani ruvide del ragazzo le fanno il solletico, lei sorride ancora di più.
E lo sapete quante paranoie si è fatta Dalia stanotte? Quante volte ha pensato al fatto che di mattina è ancora più stronza del solito, che ha un cattivo alito, che il mascara le è sicuramente colato sulle guance e che è Niall Horan quello vicino a lei?
Quante volte ha pensato al risveglio con lui e solo con lui, alla sua voce, alle sue mani, le gambe incastrate e il sole che filtra dalle tende della stanza?
Troppe canzoni da scrivere e troppi baci da dare.
“Che ore sono?” biascica Niall contro il suo collo.
Dalia gli si stringe addosso, raggomitolandosi contro il suo petto magro, sorride ancora di più e “Quasi mezzogiorno” risponde.
“Mhmh – Niall sospira e la stringe più forte, forse ha ancora gli occhi chiusi – colazione?”
Il suo stomaco protesta quando Dalia si alza di malavoglia e scioglie il loro abbraccio, la loro intimità. Si mette seduta, voltandosi verso Niall, gli scosta un ciuffo biondo dal volto e si morde il labbro interiore, intenerita.
(Innamorata)
“Non posso – dice poi – ho un appuntamento con le altre. Pranziamo insieme”
Niall si stiracchia ancora, esibendo poi un broncio amorevole, “Posso almeno guardarti mentre ti vesti?” domanda tranquillamente.
Dalia arrossisce perché si era quasi scordata delle frasi – che ama – fuori luogo di Niall – che ama - .
Annuisce e basta, si alza in piedi e sente l’odore del ragazzo anche con una delle sue magliette addosso.
Il miglior risveglio di sempre.










Il suono della tastiera è ciò che sveglia India quella stessa mattina.
Apre gli occhi lentamente, abituandosi al tepore della luce giornaliera che viene dalla finestra socchiusa.
Riconosce il luogo in cui si trova solo qualche attimo più tardi.
Sorride contro una stanza che non è la sua, dentro un letto che non è il suo.
La camera è ampia, forse anche più del resto dell’appartamento. Il letto è al centro, c’è un armadio grande come una parete intera, una poltrona rossa e una scrivania zuppa di fogli.
India si volta tra le coperte, toccando con un ginocchio la coscia di Harry. Non si ritrae.
Lui è appoggiato contro la testata del letto, il computer portatile in grembo e il petto nudo, pieno di inchiostro sotto pelle e nei sparpagliati.
“Hey” mormora  India, stropicciandosi un occhio.
Harry blocca le sue dita abili sulla tastiera, voltandosi verso di lei e sorridendole subito dopo: “Hey – dice di rimando – come stai?”
Lei non lo sente però, perché è troppo presa dall’osservare i suoi tatuaggi delle braccia e del petto. Non gli risponde e lui segue il suo sguardo curioso, singhiozzando subito dopo: “Oh – biascica, a disagio – Io mi…mi dispiace, scusa. Scrivo meglio così. Adesso mi metto una maglietta, uhm?”
Fa per togliere il computer dal suo grembo, ma India allunga subito una mano e gliel’appoggia sul gomito, fermandolo: “No – dice – no, va bene così”
Harry tentenna per qualche secondo, poi annuisce e sospira: “Mi hai ispirato. Era da un po’ che non scrivevo così tanto”
“Ah sì? – India sorride e appoggia la testa contro il pugno chiuso – Posso leggere?”
“Volentieri, ma non è un granché”
Lei rotola sul bordo del letto, alzandosi in piedi: “Non sminuirti così – brontola con un sorriso – vado in bagno”
Quando si sdraia di nuovo, le sue dita viaggiano subito contro lo stomaco tatuato di Harry, mentre la sua testa è ferma sulla sua clavicola.
Harry tiene un braccio attorno alle sue spalle mentre ha la pelle d’oca e continua a scrivere.
Entrambi sorridono.







Il McDonald di Oxford Street è affollato come ogni take-away all’ora di punta.
Candice e Olivia sono le prime ad arrivare, salgono le scale un po’ unte del ristorante e si stipano in uno dei pochi tavoli liberi, appoggiando borse e giacche sul resto delle sedie per tenere il posto.
Megan arriva qualche minuto più tardi, i capelli sciolti e mossi e un sorriso che dice “SESSO” da almeno dieci metri di distanza.
Emma le raggiunge tre minuti di orologio dopo, con in faccia la tipica espressione che ha quando passa dai suoi genitori e il giaccone da 300 sterline che le fa le spalle grosse.
India e Dalia arrivano insieme all’una e mezza, entrambe che ridono e si siedono pesantemente sulle ultime sedie, si sfilano i cappotti e sono innamorate.
Fanno a turno per la fila alle ordinazioni, Emma si connette al wi-fi libero e ride sguaiatamente a ogni cosa che viene detta.
In realtà scoppierebbe a piangere da un momento all’altro, ma questo è un altro discorso.
“Allora – inizia Olivia, quando hanno tutte il proprio vassoio unto e grasso davanti – come va?”
“Scrive da dio”
“Sesso”
“Abbiamo dormito insieme!”
“Che schifo la vita”
“Vi devo dire una cosa”
Olivia si tappa la bocca con la mano e ride con una patatina tra le dita: “Okay, okay. Andiamo con ordine. India?”
La bionda, che è di fronte a lei, beve un sorso della sua Maxi Cola e addenta un pezzo di Bic Mac, prima di rispondere.
“Abbiamo parlato – spiega semplicemente, scrollando le spalle – gli ho spiegato tutto quello che doveva sapere e lui mi ha detto che ha lasciato la sua ragazza il giorno dopo che è venuto in ospedale. Ci siamo addormentati vestiti e mi sono svegliata che era senza maglietta e porca troia
Megan ride, “Brutto fisico?” sibila maliziosamente.
India alza il medio verso di lei: “Ti piacerebbe”
“È bello che tu abbia trovato qualcuno che ti meriti, India – mormora Dalia dopo un morso del suo toast – voglio dire, era ora!”
L’amica le manda un bacio volante dall’altra parte del tavolo e “Tu, invece?” le chiede e Dalia deglutisce prima di sorridere.
“È arrossita!” esclama Olivia.
“Sono felice! – si difende l’altra – è un peccato? È stata una delle serate più belle della mia cazzo di vita”
“Bonjour finesse” borbotta India.
“Fortificavo il concetto”
A quel punto Megan manda giù l’ultima patatina della sua porzione e apre la scatola del suo panino al bacon: “A proposito – fa, verso India – Ti ricordi quando dicevi che Louis sembrava gay?”
“Sì?”
“Scordati tutto
Le sue amiche scoppiano a ridere, “Addirittura?” chiede Olivia con un sorriso.
Megan annuisce solennemente, più seria che mai: “Credo che qualcuno lo abbia mandato sulla Terra per insegnarci i piaceri della vita. Sul serio, sono ancora in preda ad un post-orgasmo di stanotte
Emma fa una faccia schifata e indica il proprio panino ormai quasi finito: “Megan, per favore! – esclama – Stiamo mangiando”
“Sei solo invidiosa” la beffeggia l’amica, con un sorriso.
“Cazzo, sì! – dice improvvisamente Emma – Ho passato la serata più orribile della mia orribile esistenza a sentire un tizio sfigato raccontarmi di quanto fare un lavoro di merda sia gratificante! Mi ha fatto sentire la persona più fuori luogo del pianeta con la sua schifosa camicia e il suo sorriso da maniaco sessuale vergine
India ridacchia a braccia incrociate: “Non ti devi deprimere così, Em – la rincuora – Liam Payne non è uno sfigato, è solo Liam Payne. È un tipo”
“Un tipo sfigato
“C’è un Liam Payne in ogni gruppo” dice Megan, inarcando le sopracciglia.
“Chi è il nostro Liam Payne?” chiede a quel punto Olivia, guardando le sue amiche dalla sua postazione a capotavola.
Dalia fa guizzare lo sguardo da un vassoio all’altro, poi si sporge verso quello di Candice, dall’altro lato del tavolo, afferra la sua bottiglietta e la alza in aria con un sospiro pesante: “Acqua al McDonald – esala faticosamente – direi che lo abbiamo trovato”
India scoppia a ridere forte ed Emma per poco non si strozza con una patatina, Candice aggrotta le sopracciglia senza capire e “Che c’è? – esclama – Fa bene!”
“Di male in peggio!” strilla Dalia e India ride più rumorosamente.
Quando Olivia finisce la sua doppia porzione di pollo fritto, si pulisce la bocca con un paio di fazzoletti di carta e chiede a Candice di cosa voleva parlare.
Quella tentenna tra le sue spalle magre e deglutisce un paio di volte, prima di mordersi le labbra e sospirare.
“Parto” dice poi, dal nulla.
“Parti?” India inarca un sopracciglio.
Candice annuisce: “Ho vinto una borsa di studio. Erasmus. Parigi. L’ho saputo stamattina”
L’allegria della mattinata così come è arrivata, sparisce in una semplice frase.
Nessuna delle cinque apre bocca neanche per respirare.
Ci sono un sacco di cose che Emma Buster ha sempre voluto dire e ancora di più sono le cose che direbbe adesso. Tutto quello che le viene da dire però – Non mi lasciare, non di nuovo. Ma poi torni? Mi mancherai. Scegli sempre te stessa. Non ce lo hai detto. È cambiato tutto – è solo: “Quanto tempo?”
“Un anno – risponde subito Candice – ma i miei hanno detto che posso anche finire gli studi in Francia. Ho chiesto in ufficio di essere spostata alla sede di Parigi, praticamente non cambierebbe nulla per me”
“Già – Olivia sorride con rammarico, gli occhi lucidi per la delusione del secondo posto. Sempre – Tranne per il fatto che noi non ci saremo”
“È dura anche per me – ribatte Candice, quasi offesa – Le cose iniziavano ad andare bene con Zayn e ormai non ci speravo più”
“E con lui come farai?” chiede Dalia, con tono duro.
“Io sarò lì – risponde l’altra semplicemente – sarà difficile ma resterò lì. E lui e anche voi siete liberi di venirmi a trovare quando più volete”
E fa male, pensa Emma. Ancora più male sapere di aver perdonato una persona che sceglierà sempre e solo sé stessa. Ancora più male sapere che ti mancherà e ti mancherà tanto.
Male perché ci si spera, nonostante tutto. Male perché il silenzio che c’è dopo sa tanto di addio.
E lei, con gli occhi lucidi e tante – troppe – cose da dire, l’unica cosa che tira fuori è un: “Sono felice per te”
Sono felice per te, per me un po’ meno.





Quel pomeriggio, a Covent Garden, Candice guarda negli occhi di Zayn Malik e gli dice tutto. Lo fa con un sorriso orgoglioso di chi si è impegnato e ha raggiunto i propri obiettivi, di chi non guarda in faccia a nessuno e di chi si spezza la schiena per farcela.
E forse è per questo che l’unica cosa che le risponde, lui, è: “Allora quando tornerò a casa, prenderò l’aereo per Parigi”
E qualcuno diceva che casa è ovunque ci sia tu.





Emma è già abbastanza in conflitto con il mondo senza che qualcuno inizi a suonare il campanello alle sei e un quarto di pomeriggio.
Si ricorda a malapena di essere in casa da sola e trascina i piedi contro il pavimento con il telefono in mano e gli occhi stanchi.
Apre la porta senza guardare dallo spioncino e forse sarebbe stato meglio se l’avesse fatto.
Liam Payne sta sulla soglia con un sorriso incerto e la casacca di Michael Jordan sotto la felpa aperta e uno snapback al rovescio.
Emma spalanca gli occhi, imbarazzata e senza parole, lui si fa avanti senza chiedere permesso. La guarda negli occhi per istanti che sembrano infiniti e strazianti, poi si lecca le labbra e inizia a parlare.
“Vieni davanti ad una scuola elementare con addosso il mio stipendio mensile, continui a sorridere come se fossi la persona più felice del mondo e sei bella da impazzire – le si avvicina di un passo, ed Emma prende aria faticosamente – Mi sono detto ‘che chance potrei mai avere con una del genere?’. Ma tu sembravi in qualche modo interessata e così mi son fatto coraggio e mi sono finto la persona più noiosa di questo pianeta per poterti andare bene. È vero, mi piace il mio lavoro. Adoro il mio lavoro. E anche la mia famiglia, ma ciò non toglie il fatto che ogni tanto faccia tutto schifo anche a me, che non abbia bisogno di qualcuno al mio fianco”
Emma ha già gli occhi lucidi per lo spavento perché nessun uomo le ha mai parlato così tanto profondamente e fa tutto un po’ paura.
“Ti ho invitata a cena con la speranza che tu capissi quanto fossi perfetto – continua Liam – Ma poi ho capito che non serviva a niente. Tu non vuoi la perfezione, vuoi qualcuno di giusto, di adatto, che è diverso. Hai gli occhi tristi, Emma, gli occhi di chi si sta arrendendo, di chi subisce troppo senza capirne il motivo – lui sorride e lei piange – Hai lo sguardo che dice un sacco di cose mentre la tua bocca tace. Hai idea di quanto questo mi abbia fatto sentire idiota?”
Fa ancora un passo avanti, il 23 scritto sullo stomaco e il sorriso genuino.
“Ti ho sottovalutata, sai? – riprende – Ti ho considerato la perfezione, una donna che non ha bisogno di niente se non di sé stessa. Poi mi hai detto quelle cose, l’altra sera, e da lì ho capito che non ho bisogno di fingere di stare sempre bene per stare con te. E neanche tu”
Ed è un po’ come se qualcuno l’avesse aperta e avesse iniziato a leggerla partendo dalla prima riga. Emma singhiozza rumorosamente e ride con Liam della sua condizione.
“Nessun ragazzo mi aveva mai fatta piangere” borbotta, non sapendo bene cosa dire.
Liam ride a fa l’ultimo passo decisivo verso di lei: “C’è sempre una prima volta, no?”
La ragazza annuisce e lui le mette le mani sul volto, avvicinandosi quel tanto che basta per respirare l'unocontro l'altra.
“Adoro la tua maglietta” è il sussurro di Emma, prima del primo bacio.
E chi ha detto che per stare bene bisogna sorridere per forza?
Emma pensa, adesso, che è molto meglio aggrapparsi a Liam Payne.


 













Non ho molto da dire, in qualche modo doveva finire così.
Spero, nonostante tutto, che vi sia piaciuto. Ci ho messo il cuore.
Ci vediamo all'epilogo!
Grazie di cuore a voi, che siete sempre troppo pazienti per una come me :)
Fatemi sapere!
Alla prossima,
Caterina






 

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Capitolo 28
*** Epilogo - What about us ***




No church in the wild
Epilogo -  What about us










Dalia fissa il cd che ha tra le mani, la custodia plastificata, la copertina in bianco e nero e il titolo del disco centrato.

Spegne la sigaretta contro il vetro del posacenere sul tavolo e mette entrambi i piedi sulla sedia.
“Cazzo se sono venuta bene”
È uno di quei venerdì sera in cui nessuno vuole uscire, fa un freddo sopportabile e probabilmente pioverà da lì a poco. Ci sono ancora i piatti sporchi sul tavolo apparecchiato, i mozziconi spenti dentro qualche bottiglia di birra vuota e l’odore forte di anice tra i bicchierini di vetro.
India, seduta dall’altra parte del tavolo, scoppia a ridere alla sua affermazione e si alza in piedi, afferrando tutte le posate in un inutile tentativo di sparecchiare.
“Ci credo – borbotta di rimando, i capelli legati e il maglione di Harry addosso – Hai fatto il servizio fotografico più lungo della storia, meno male che almeno una è uscita decente”
Dalia la squadra con un’occhiata: “Beh, scusa tanto se sono una stella dello spettacolo”
“Stella dello spettacolo? – la chiama Megan dalla cucina – Perché non fai qualcosa di utile e non ci aiuti a sparecchiare?”
Dalia rotea gli occhi ma si alza in piedi ugualmente. Dà un bacio sulla copertina del cd e lo appoggia delicatamente sul tavolo.
“Da quando Olivia si è traferita, questa casa sta diventando un porcile” bofonchia, afferrando tutti i bicchieri e mettendoli uno sopra all’altro.
India fa lo stesso coi piatti, poi entrambe si dirigono verso la cucina dove Megan ha già aperto la lavastoviglie.
“Forse volevi dire da quando se n’è andata Candice – dice poi quest’ultima, i capelli rossicci legati in due trecce e il viso struccato e cosparso di lentiggini – Ti ricordo che le faceva perfino schifo vedere un reggiseno in bagno. Un suo reggiseno. E neanche ce l’aveva, il seno!”
“Possiamo evitare di parlare di quell’essere?” esclama Dalia subito dopo, chiudendo l’anta della lavastoviglie con un po’ troppa forza.
E forse Dalia dovrebbe anche superarlo questo enorme tabù, smetterla di stare così dopo tutti questi mesi. Ma sapete quanto fa male essere la seconda scelta?
India le accarezza una spalla e le lascia un bacio sul braccio scoperto come un gatto che fa le fusa: “Ma che t’importa? – le dice, affettuosa – Ci siamo noi qui. E abbiamo le tette, cosa pretendi?”
Dalia le sorride riconoscente, baciandole una guancia.
Poi tutte e tre si voltano verso Emma, che è appena arrivata in cucina e continua a sorridere al suo iPhone tra le mani. E non c’è neanche bisogno di chiedere con chi stia messaggiando perché quello è il sorriso – come lo ha chiamato Olivia, qualche settimana fa – alla Liam Payne.
“Quando arriva Olly?” parla senza guardarle.
India si volta verso l’orologio della stanza: “Dovrebbe essere qui a momenti” 
Il secondo dopo il campanello di casa suona un paio di volte, Dalia si asciuga le mani con lo strofinaccio e va ad aprire.
Emma poi, incredibilmente, alza gli occhi verso le sue amiche e chiede: “Sigaretta?”
Come se non fosse una domanda retorica.









C’è la luna che è quasi – ma proprio quasi – piena e c’è ancora India che si stende sulle mattonelle del balcone e fa quei discorsi mentali che a voce non rendono mai. C’è Megan al suo fianco, che è tornata al suo colore naturale, c’è Dalia che è troppo famosa per stendersi all’aperto, Emma che s’arrabbia se qualcuno le toglie il telefono dalle mani e Olivia con il pancione seduta sulla ringhiera.
Ci sono i pensieri di India che non hanno un filo logico ma che in qualche modo hanno senso, e ci sono, dentro questi, i cinque mesi appena trascorsi che sono volati e passati lentamente.
C’è il contratto discografico di Dalia - nome d’arte Dalia, giusto per non essere egocentrici - , il suo disco che uscirà tra un paio di settimane e un featuring con Niall Horan che ha fatto piangere anche Louis Tomlinson. C’è Zayn che ogni tanto chiama su Skype e chiede del bambino e Olivia che raramente gli chiede di Candice. Ci sono Emma e Liam Payne che stanno ufficialmente insieme e lei che lo porta a vedere l’NBA all’O2 per farlo contento. Ci sono i nomi maschili – perché è un maschio – indiani e russi sparsi per l’appartamento di Chase&Olivia e Harry Styles che ha finalmente finito il suo romanzo.
Ogni tanto si sente ancora l’odore di un’assenza, di qualcosa che manca, e ogni tanto Dalia dice ‘sei’ al posto di ‘cinque’ e apparecchia con sei piatti e sei forchette. E quindi c’è anche la settima traccia del suo cd e lei che dice “Non se lo merita, ma è una canzone che parla di Candice”.
Adesso c’è la luna quasi quasi piena e Megan che fuma le sue nuove sigarette al mentolo.
“Sapete qual è la mia paura, una volta uscito il disco? 
chiede Dalia dal nulla. Tiene le gambe incrociate e il volto spiaccicato contro la spalla di Olivia accanto a sé – Che tutti mi etichettino come quella che si scopa Niall Horan e che quindi ha avuto il contratto discografico”
“Ma tu ti scopi davvero Niall Horan e davvero hai avuto un contratto discografico” le fa presente Emma, sdraiata a pancia in su accanto a India.
“Sì…ma, come se fossi una raccomandata” spiega l’altra.
“E allora a chiunque dirà questo spiegheremo come sono andate davvero le cose, che Niall ha semplicemente messo mi piace al video di Emma dove cantavi e la sua casa discografica ti ha scoperta così” la rincuora Olivia accanto a lei, baciandole la fronte.
“Voi ci credete agli universi paralleli?” se ne esce India d’un tratto, inclinando la testa contro le mattonelle gelate.
“Cioè?” chiede Megan.
“Tipo quelle stronzate che ti raccontano alle elementari per farti capire il Sistema Solare. Quelle dove ti dicono che potrebbe esserci un’altra Terra con le stesse persone che fanno cose…diverse”
“Oh! – esclama Emma e blocca il telefono e sembra rifletterci davvero – No, non ci ho mai pensato. Però è una figata”
“Pensate se, in un altro mondo – mormora la bionda, ancora – non ci fossimo mai incontrate. Se, per esempio, fossero Harry, Louis, Chase, Liam e Zayn a conoscersi”
Olivia fa un gesto incurante della mano: “Il mio ragazzo non frequenterebbe mai quella gentaglia”
“Louis in un’altra vita sarebbe senz’altro uno dei concorrenti del Big Brother” ridacchia Megan, aspirando una boccata di fumo.
“E magari sarebbe gay” continua India, e le altre ridono.
“Ma perché parli del mio ragazzo quando si vede lontano un chilometro che è Harry quello più effemminato di tutti?” la riprende Megan con le sopracciglia aggrottate e l’espressione che nasconde il divertimento.
“Liam dice sempre che nella prossima vita parteciperà ad X-Factor – borbotta Emma – magari nell’universo parallelo hanno tutti partecipato e si sono conosciuti lì”
Dalia spalanca gli occhi perché woah!, non credeva che Emma sapesse ascoltare qualcuno oltre che sentire.
“E magari li hanno messi insieme in un unico gruppo come le Fifth Armony e magari hanno pure successo!” s’inserisce nella conversazione, la voce piena d’incredulità.
“E pure delle fans! – India scoppia a ridere – Ma v’immaginate?”
Tutte e cinque ridono rumorosamente, Megan spegne la cicca di sigaretta ed Emma sblocca il telefono.
India si tira a sedere e incrocia le gambe, stringendosi nel giaccone che porta.
“Sapete una cosa? – dice – Non me ne frega niente. In un’altra vita, da qualche parte, ci saremmo inc0ntrate lo stesso perché, francamente, che cazzo sono io senza di voi?”
E chissenefrega dei posti vuoti a tavola se ci sono comunque i gomiti che si sfiorano e le facce di chi ha scelto e ha scelto di restare.
E fidatevi, non c’è niente di meglio.



















Potrei dire tutto come potrei non commentare.
Non so spiegare che emozioni provo adesso, adesso che è davvero finito tutto. Mi sento bene perché non poteva esserci finale migliore e più veritiero.
Ci ho messo il cuore e forse qualcosa di più, e sono orgogliosa del successo che ha avuto tutto, grazie a voi.
L'epilogo doveva necessariamente essere solo per loro, perché le vere protagoniste sono comunque queste ragazze e non è neanche una fine, è semplicemente un venerdì sera qualunque in cui è bello stare insieme.
I miei ringraziamenti, oltre che a tutte le persone che hanno letto, recensito e amato questa storia, vanno alle mie rocce, che mi hanno ispirata, aiutata, consolata e fatta stare bene quando andava tutto male.
Che poi è vero, cazzo sono io senza di voi?
E a chi ha supportato questa storia dall'inizio e non, vi auguro di trovare amiche così preziose come ho fatto  io, e se mai aveste ancora voglia di seguirmi in un'altra storia, sarò onorata di rivedervi.
Grazie di cuore per tutto
A presto,
Caterina







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