A person to remember: Before and After

di CassandraBlackZone
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Dove si trova il Giappone? ***
Capitolo 2: *** Ricatto ***
Capitolo 3: *** Amico immaginario ***
Capitolo 4: *** Bugia ***
Capitolo 5: *** Finalmente insieme ***
Capitolo 6: *** Anniversari ***



Capitolo 1
*** Dove si trova il Giappone? ***


Il Dottore proprio non riusciva a staccare gli occhi sulla piccola creaturina tra le braccia di River. Non gli importava della sua guancia rossa e gonfia per lo schiaffo della moglie, non gli importava della gente che batteva sul TARDIS urlando la figlia degli dei è qui!
Nulla in quel momento era più importante dell’essere diventato padre dopo tanto tempo.
River era seduta vicina alla consolle che coccolava la piccola neonata e la cullava dolcemente, mentre il Dottore ancora era insicuro sul prenderla in braccio: più continuava a camminare avanti indietro davanti alla porta del TARDIS, più la tensione saliva e con lei anche la paura. Paura? Perché dovrebbe averne, pensava l’alieno, eppure era così in ansia, così stressato. Forse perché era la sua prima volta, perché gli aspettava il compito di dovergli cambiare il pannolino, di restare sveglio tutta la notte per le sue urla, di darle della poltiglia molliccia da mangiare. No. Aveva paura di non essere un buon padre, che sarebbe stato davvero pessimo. Si ricordò del piccolo Alfie, l’unico neonato con cui aveva avuto contatto. Era andata bene, tutto sommato, ma quello fu solo un incontro durato poco più di un giorno. Come andrà ora che aveva la sua di bambina?
“Ehi, hai intenzione di startene lì senza neanche dare un’occhiata a tua figlia?”
Come svegliatosi da un sogno ad occhi aperti, il Dottore iniziò a balbettare e a guardare nervoso prima River e poi il pavimento. Non se la sentiva di guardare in faccia sua figlia, dopotutto sapeva parlare il bambinese e ciò lo spaventava parecchio: oh, papà… ti fai chiamare Dottore, ma intanto sei svenuto quando la mamma ti ha detto che si erano rotte le acque. Mi deludi! Se mai queste dovessero essere le sue prime parole, pensò i Dottore, giuro che cambio nome e me ne vado.
“Io… ecco… non so se… sono stato… stupido prima e…”
“Oh, come se non lo avessi prevista la tua reazione. Vieni qui, stupidotto e prendila in braccio”
Il Dottore si schiarì la voce per poi sistemarsi il farfallino e si avvicinò a River che le allungò la piccola
“Fa attenzione. Tienile bene la testa”
“Non c’è bisogno che me lo dici! Io sono il Dottore!”
La donna inarcò un sopracciglio sorridendo
“Ok… questa era pessima…” si scusò lui.
“Decisamente”
Un po’ esitante, il Dottore allungò a sua volta le braccia prendendo delicatamente la neonata tutta rannicchiata nel suo caldo asciugamano. Era leggera come una piuma “Non… pesa niente…”
“E’ normale, dolcezza”
“Quando prenderà un po’ di peso?”
“Oh, col tempo vedrai che migliorerà”
“Ha… delle manine davvero piccole” Il Dottore avvicinò un dito a una delle fragili mani della bambina. Il suo braccio destro venne attraversato da un formicolio fino alla spalle ed entrambi i suoi cuori presero a battere all’impazzata: la bambina aveva afferrato saldamente il dito dell’alieno e sorrideva guardandolo  con due bellissimi occhi marroni sfumati di verde “Oh, santo cielo… sei… bellissima…”
La voce del Signore del Tempo tremava dall’emozione e due lacrime rigarono le sue guance. L’uomo cercò di trattenere i singhiozzi e di non balbettare allargando a dismisura un sorriso “Ho una figlia… ancora… ancora non ci posso credere! Ed è meravigliosa! Tu sei meravigliosa, River” Il Dottore si avvicinò a River stampandogli un bacio veloce sulle labbra
“Come la vuoi chiamare?”
“Cosa?”
“Come sarebbe a dire cosa? Dobbiamo pur darle un nome!”
“Ma… perché devo deciderlo io?”
“Tu sei il padre. Spetta a te decidere”
Così su due piedi l’alieno non riusciva a pensare: tra le urla fuori dal TARDIS e Rive che aspettava una risposta con le braccia conserte, l’ansia di cinque minuti fa riprese il sopravvento.
“Beh…considerando che… abbiamo dovuto fare un atterraggio di emergenza in Giappone nel periodo Edo… Direi di chiamarla: Giappone!”
River si alzò dalla sedia sconvolta mettendo le mani sui fianchi “Ma sei impazzito?! Vorresti chiamare nostra figlia Giappone?”
“Sei stata tu a dire che dovevo decidere io! Preferisci Edo?”
“Smettila di scherzare!”
“Non sto scherzando! Non sono capace di scegliere dei nomi! Sai quanto ho faticato per cercare il mio? Così su due piedi non so che …” Il Dottore improvvisamente si girò di scatto verso la bambina e spalancò gli occhi dallo stupore
“Che c’è? Che ti prende, Dottore?”
“La… la bambina… mi ha fatto una domanda”
“ E perché ti meravigli tanto? Tu parli il bambinese. Che cosa ti ha chiesto? Qual è il suo nome, presumo”
“No… mi ha chiesto: dove si trova il Giappone?
“Che cosa? Dici sul serio?”
“Non sono stato più serio”
“Beh, Io ho dovuto partorire con te svenuto vicino, quindi glielo dici tu”
“Oh, andiamo… ti ho detto che mi dispiace! Ma sai com’è… è piuttosto impressionante… La sua prima parola è stata una domanda… pazzesco” Non sapeva di preciso perché, ma il Dottore era piuttosto nervoso. Si schiarì la voce un paio di volte per poi parlare “Beh, piccola… mia, sappi che il Giappone si trova in Asia. Quando crescerai stai sul sicuro che ti insegnerò tutto quello che so. Ho almeno ci proverò: dal Big Bang a… non so, decideremo poi e…”
“Aspetta” lo zittì River.
“Prima mi dici di parlare un po’ con lei e ora mi dici di fermarmi?”
“Tu parli tanto ma non stai mai ad ascoltare! Ha riso un attimo fa”
“Eh? Davvero?! E quando? Non l’ho sentita!”
“Asia”
Nel TARDIS riecheggiò una risatina leggera, molto acuta ma piacevole: il Dottore e River si guardarono e sorrisero quando capirono che era loro figlia a ridere.
“Oh, santo cielo… ha riso! Ha davvero riso!”
“Beh, allora è deciso. Lei si chiamerà Asia. Ti piace, Asia?” In tutta risposta, la piccola Asia ridacchiò a River aggrappandosi ad uno dei suoi riccioli “Oh, si. Le piace proprio”
“Asia. Un nome un po’ corto però… che ne dici se….”
“Oh, sta zitto. Lei si chiamerà Asia”
“Va bene, Va bene. Asia è perfetto. Molto bene, scricciolo. Ti do il benvenuto: io sono il Dottore e da oggi in poi, sarò tuo padre”

ANGOLO DELL'AUTRICE:
Salve a tutti!!! Come temevo il mio cervello non ha voluto fermarsi !! D: e così mi ritrovo a scrivere!! Quando la noia ti prende, l'unica cosa che si riesce a fare è mettersi a pensare... allora, ho pensato ad una serie di one-shot legate alla mia precedente storia A person to remember!! 
Cosa successe prima e cosa successe dopo!! :)

Cassandra

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Capitolo 2
*** Ricatto ***


“Fermati, bambino! O verrai disintegrato con una delle mie scimmie laser! ( non appena le avrò costruite)”
“Ahaha!! Dai Strax!! Vieni a prendermi! Signora Vastra! Jenny!”
“Stai pronta che ti prendiamo!”
Con una mano, il Dottore salutò Asia che giocava nel parco giochi assieme a Strax, Vastra e Jenny, mentre lui la controllava seduto su una panchina. Una tranquilla domenica su Uranio 27 assieme alla sua Asia. Le sue risata e il suo bel faccino sorridente, aiutavano il Dottore a sopportare il giorno da lui tanto odiato e reputato noioso.
 “E’ davvero una bella bambina la tua, Dottore. Come si chiama?”
“Asia”
“Oh, ha pure uno splendido nome. Davvero grazioso”
Con la coda dell’occhio il Dottore riuscì a riconoscere le curve di una giovane donna sotto un pesante impermeabile nero. Il Gallifreyano fece roteare gli occhi con disdegno: teletrasporto.
“Posso sedermi?”
L’alieno annuì rigido e incrociò braccia e gambe pronto ad affrontare l’ospite inaspettato “Davvero un bel impermeabile…”
“Oh, come sei gentile. Ti ringrazio”
“… anche se siamo in pieno periodo estivo”
“Dovrei dire lo stesso di te per la giacca di tweed”
“La mia giacca è speciale, tu l’hai appena rubata al primo negozio che ti è capitato. C’è ancora l’etichetta col prezzo”
“Hai davvero un buon occhio”
“ La prossima volta prendi anche delle scarpe e una sciarpa invece di un paio di guanti: così eviteresti di attirare l’attenzione sul tuo collo e sui tuoi piedi di metallo”
La misteriosa donna si portò una mano guantata di nero sul collo e si guardò i piedi. D’impulso sorrise “Molto bravo Dottore. Sei proprio come ti hanno descritto”
“Tu sai chi sono io, ma io non so chi sei tu”
Finalmente il Dottore si decise a guardare in faccia la donna e la prima cosa che notò furono i suoi splendidi occhi verde smeraldo e i suoi lunghi capelli ramati.
“Tu cosa sei? E che cosa vuoi da me?”
Le labbra della ragazza si incresparono in un sorriso malizioso “Ti basta sapere che mi chiamo Sarah”
“Non hai risposto alle mie domande. A guardarti bene sembri essere un Cyberman, ma non lo sei e sembri un essere umano ma che ovviamente non sei. Ti potrei chiamare Cyberman 2 o CBM2 per abbreviare”
“Complimenti. Sei bravo a dare nomi. Sai, Giappone non era poi tanto male per una ragazza”
Il Dottore squadrò furioso la ragazza che intanto continuava a sorridere “Che cosa vuoi? Dimmelo!”
“Voglio te
L’uomo rimase senza parole da quella richiesta. Si sistemò nervosamente il farfallino e ritornò con le braccia incrociate “Mi spiace, ma io sono sposato e come ben sai ho una figlia. Anche se devo dire che sai davvero troppo”
“Ti osservo da molto tempo Dottore. Da quando hai fatto quel bel pic-nic con i tuoi migliori amici a New York. A proposito: come stanno Amy e Rory?”
Il Dottore strinse pugni cercando di non reagire alla sua provocazione
“Hai una macchina del tempo. Usala. Non ti sarà difficile andarli a trovare, no?”
“Stai zitta”
“Ah, ora ho capito. Ti fa troppo male. Dopo aver visto prima una e poi l’altro sul letto di un ospedale e poi dopo le loro tombe, vederli di nuovo ti farebbe troppo male. Sì, perché tu odi i finali”
“Smettila!”
“ Ma ora non sei più solo. Hai una splendida moglie con cui passare il resto della tua vita grazie a te, hai una figlia e degli amici davvero speciali. Un classico vissero felici e contenti. Ancora per poco”
“Se hai intenzione anche solo di toccarli… Giuro che…”
“Stai pure tranquillo Dottore. Io non farò alcun male a loro. Sempre che tu accetti le mie condizioni”
Sarah indicò due zone attorno al parco giochi e il Dottore seguì il suo sguardo. Due esseri simili a lei erano dietro ad un albero con un arma puntata verso Asia: subito il Dottore si allarmò.
No. Non poteva lasciare che Asia e River venissero uccise, ne tanto meno i suoi amici. Aveva già perso troppo e ora che era riuscito a ritornare quello che era, non voleva assolutamente che le cose più care a lui gli venissero portate via di nuovo.
“No… no, ti prego! Farò tutto quello che vuoi! Ma lascia in pace River, Asia e gli altri!”
Sarah sogghignò soddisfatta “Così mi piaci Dottore. Sono contenta che siamo riusciti ad avere un compromesso. Allora, forza. Vieni via con me”
“No, aspetta. Ho… un favore da chiederti”
“E quale sarebbe?”
Il Dottore prese dalla tasca della sua giacca un piccolo timer, impostò il tempo a tre mesi da quello stesso giorno e lo pose tra le mani di Sarah “Avevo promesso a mia figlia che l’avrei portata a fare amicizia con dei Vichinghi e non posso deluderla. Per voi non cambierà nulla perché poco ma sicuro mi controllerete perciò non potrò ingannarvi in nessun modo”
Sarah osservò per un po’ il timer e lo scannerizzò velocemente così da controllare che non ci fossero microspie o quant’altro. Con sua grande sorpresa, l’oggetto era innocuo.
“Dimmi una cosa. Perché proprio tre mesi?”
“Sono un tipo che si affeziona molto alle persone. Dammi tre mesi per stare con la mia famiglia e i miei amici e poi farò quello che volete”
“Come mai sei così docile, Dottore? Mi hanno detto che sei colui che non si ferma davanti a niente. Che trova sempre una soluzione. Allora perché?”
“Faccia nuova, carattere nuovo. Diciamo che è una specie di motto. Tu avrai me ma non la mia famiglia, chiaro?”
“Davvero non t’importa di quello che ti succederà?”
“No”
Il Dottore posò uno sguardo deciso sulla ragazza che l’osservò un po’ perplessa.
Che cosa avrà in mente, pensava lei mentre infilava il timer nell’impermeabile.
“Nessun trucco, giusto?”
“Se non ci credi, controllami come hai sempre fatto. L’importante è che abbia almeno il diritto di un po’ di privacy. Non so se mi spiego”
“Tre mesi Dottore. Usali bene”
“Non sto nella pelle”
Con cenno del capo, Sarah diede l’ordine ai suoi due compagni di abbassare le armi e di andar via.
“Allora, Dottore. Ci vediamo molto presto”
La ragazza stampò sulla guancia dell’alieno un bacio che lo fece subito rabbrividire. Il Dottore non ebbe neanche il tempo di reagire che Sarah era già scomparsa.
Entrambi i cuori del Signore del Tempo battevano all’impazzata e il suo stomaco si stringeva sempre di più dalla paura. Sì, aveva davvero una gran paura.
Cosa fossero quegli esseri o cosa volessero da lui al Dottore non  importava un accidente. La sua apprensione era per River, Asia e quei pochi amici fedeli che aveva: doveva  proteggerli a tutti i costi.
“Papà!! Ehi papà. Va tutto bene?”
Il Dottore scosse la testa un po’ disorientato e subito sbottò un sorriso, non appena vide seduta vicino a lui la sua piccola Asia.
“Papà non stai bene?”
“Oh, scusami scricciolo. No, non ti preoccupare. Sto bene”
“Senti papà. Non ti sei dimenticato dei Vichinghi, vero?”
“Ma certo che no, mia cara! Domani partiremo di mattina presto, così staremo lì per un bel po’”
“Evviva!” Asia si aggrappò al collo del padre entusiasta e lo baciò su entrambe le guancie “Grazie papà!”
“Oh, Asia. Risponderesti a questa domanda per il tuo papà?”
“Che cosa?”
Il Dottore posò le sue mani sulle spalle della piccola e la guardò intensamente negli occhi. Doveva essere sicuro che se l’avrebbe cavata in sua assenza: voleva essere sicuro che fosse pronta “Qual è la prima regola del Dottore?”
Asia allargò uno smagliante sorriso “Oh, papà. Ma è facile! Regola numero uno: il Dottore mente sempre!
Il Gallifreyano baciò la fronte della figlia prendendola in braccio. “Esatto. Bravissima scricciolo”
Sette parole. Al Dottore bastavano solo quelle sette parole per prepararsi in quei tre mesi che gli restavano.
E la cosa lo eccitava tantissimo.
 
ANGOLO DELL’AUTRICE:
Hm… devo ammettere che questa one-shot non è il massimo… ma è più o meno così che mi sono immaginata il primo incontro fra Sarah e il Dottore.
Lo dico fin da ora che i prima e i dopo non sono in ordine cronologico! Le one-shot sono proprio messe a caso!! XD
Ciao Ciaoooo!!!!
 
Cassandra

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Capitolo 3
*** Amico immaginario ***


“Dottoressa, io sono davvero disperata. Non so che cosa fare con Matt”
“ Mi ascolti signora, le posso assicurare che è una cosa passeggera. Sono convinta che fra un anno o anche meno, il piccolo smetterà”
Malgrado le parole rassicuranti della dottoressa, Lynne non riusciva a darsi pace fino quando non era lei ad essere sicura che suo figlio non avesse niente di strano.
Un po’ delusa, la donna si appoggiò sullo schienale della sedia portandosi una mano sulla fronte.
“Lei non sa cosa mi racconta. Specialmente se le dirò il nome del suo amico immaginario. Ogni sera viene da me tutto eccitato e mi dice quanto si sia divertito con lui”
“Io le continuo a dire che è del tutto normale il suo comportamento. Quando abbiamo fatto il test poco fa ha risposto tutto correttamente” La dottoressa notò Lynne diventare ancora più nervosa di prima “Mi ascolti, lei è una madre fantastica, quindi sicuramente non è stata colpa sua. Va regolarmente a scuola, non ha problemi significativi. Se però lei si ostina ad affermare il contrario, se per lei non è un problema mi racconti tutto”
La donna annuì avvicinandosi alla scrivania. Prese un bel respiro profondo, appoggiò le mani su di essa e iniziò a parlare “Circa due mesi fa Matt non faceva altro che venirmi a svegliare di notte dicendomi che c’era un uomo nella sua stanza che gli parlava. Ovviamente ho subito pensato che avesse avuto un brutto sogno, difatti non c’era nessuno nella sua cameretta, ma per una settima ha voluto dormire assieme a me e a mio marito. Ne era davvero spaventato”
“Vada avanti”
“La settimana seguente sembrò essersi sistemato tutto e ritornò ad essere il bambino allegro e giocoso di prima, solo che…” cercò di trovare bene le parole giuste e il coraggio di continuare “… lui mi disse che l’uomo non era nella sua stanza, ma nella sua testa”
Quell’ultima frase attirò particolarmente l’attenzione della dottoressa che subito iniziò a prendere nota del discorso “Nella sua testa?”
“Sì. Mi ha detto che quell’uomo si scusò per averlo spaventato e che aveva solo bisogno di qualcuno che lo nascondesse per un po’”
“Come si chiama quest’uomo?”
Lynne si morse il labbro inferiore prima di continuare. Aveva tremendamente paura che l’avrebbe presa per pazza o chissà cosa “Ha detto di chiamarsi… Il Dottore. Con la maiuscola”
La dottoressa sbottò una risata e si rilassò dalla tensione precedente chiudendo il suo taccuino “Ah, ho capito di cosa parla. E’ il protagonista di quel famoso telefilm fantascientifico: Doctor Who. E’ piuttosto famoso anche tra i bambini,sa? Anzi, è normale, che qui in Inghilterra lo guardino tutti. Colin Baker è un bravo attore”
“No, lei si sta sbagliando”
“Come?”
Lynne prese dalla sua borsa un foglio di carta ripiegato in quattro e lo osservò a lungo per poi porgerlo alla dottoressa “Ho pensato anche io che fosse lui, ma… non è così”
Un po’ insicura, la dottoressa prese il foglio e spalancò gli occhi appena lo aprì “Ma… questo chi è?”
“E’ lui. L’uomo che Matt chiama Dottore”
La dottoressa rimase a dir poco scioccata:sul foglio vi era disegnato un uomo dai capelli scuri con un ciuffo a sinistra, vestito con una giacca di tweed e un farfallino rosso. Al suo fianco c’erano una donna dai capelli ricci e biondi e una bambina dai capelli lunghi e castani “Di certo questo non è il Dottore che conosco io”
“Ogni volta che Matt ritorna da scuola, viene da me tutto eccitato per mostrarmi questi disegni. Mi parla delle… storie che gli racconta quell’uomo di sua moglie River, di sua figlia Asia e dei suoi amici! Guardi, ne ho molti altri”
Con più sicurezza, Lynne tirò fuori dalla borsa altri fogli che distese sulla scrivania e la dottoressa li guardò uno ad uno.
Erano disegni davvero fatti bene per essere opera di un bambino delle elementari, molto ricchi di dettagli.
“Questo blu… direi che è il TARDIS. Su questi fogli invece ci sono disegnati… presumo degli alieni. Alcuni non li conosco, mentre altri sono molto simili a quelli del nostro Dottore. C’è persino la statua di un angelo. E questo?” La dottoressa passò il dito su una scritta che la incuriosì particolarmente “Progetto MAGEIA…che cosa significa?”
“Oh, quello è uno degli argomenti più strani. Matt mi racconta spesso che il Dottore lavora in un progetto che va oltre la scienza moderna. Qualcosa legato alla magia… Non so bene cosa significhi”
“ Che mi dice di questa Lega del Dottore e dei... C... CBM2?”
“ Ah, di quello non ne ho idea. Lo ha scritto in tantissimi fogli, ma non ho mai capito il loro significato"
La dottoressa analizzò gli ultimi fogli che sembravano rappresentare un Sontaran in giacca e cravatta, una donna dal volto verde e una donna umana “Beh, devo dire che ha davvero una fervida immaginazione”
“Io aggiungerei anche troppa immaginazione. Che cosa devo fare dottoressa?”
Lynne ritornò ad essere preoccupata, mentre la dottoressa le sorrideva tranquilla.
“Signora Smith, suo figlio ha solo sei anni. E’ ancora un bambino, ma non lo sarà per sempre. Vedrà che poi tutto questo passerà. E’ solo il suo amico immaginario, che ha preso il nome di un icona amata dai bambini e che gli racconta storie avventurose. Niente di più”
“E fino ad allora io…”
“Lei dovrà semplicemente continuare ad ascoltarlo”
Lynne ancora non era del tutto sicura, ma cercò di tirarsi su di morale e annuì alla dottoressa. Forse aveva ragione, forse si stava preoccupando inutilmente, pensò lei. Ma c'era qualcosa che la turbava molto, aveva davvero molta paura che sarebbe successo qualcosa al suo bambino, qualcosa di davvero molto pericoloso.
“D’accordo. Vedrò… di non darci troppo peso”
“Brava. È questo lo spirito giusto. Non mi sembra davvero il caso di rovinare l’infanzia di un bambino così piccolo, facendolo andare da uno psichiatra, non le pare?”
“Forse, ha ragione”
Finalmente Lynne sorrise e ringraziata la dottoressa, si diresse verso la porta per uscire, ma prima di aprire l’uscio Lynne si voltò di nuovo verso la scrivania “Oh, vorrei dirle un’altra cosa”
“Mi dica pure”
“E’ normale anche che… Matt sia stato in grado di spiegarmi i principi basilari della fisica quantistica con tanto di esperimenti?”
La dottoressa fece per aprire bocca senza però dire una parola
“A casa abbiamo libri del genere, ma sono su degli scaffali molto alti e lui non ce li ha mai chiesti”
“Non… non mi vorrà dire che…”
“Da quando Matt ha questa voce nella sua testa, oltre alle storie lui mi dice quanto sta imparando dal Dottore. Non mi parla sono di fisica quantistica, ma di molti altri argomenti scientifici che non mi sognerei di sentirmeli raccontare da un bambino di sei anni”
La dottoressa rimase ad ascoltare
“Giusto ieri mi ha raccontato che secondo il Dottore lui avrebbe dovuto essere pronto ad ogni evenienza, ma che per farlo avrebbe dovuto ascoltarlo molto attentamente”
“Pronto? E per cosa?”
“ Pronto a non dimenticare, dottoressa”

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Capitolo 4
*** Bugia ***


“Sei sicura di non voler venire con noi? Dopotutto è da un sacco di tempo che non ce ne andiamo in giro tutti e tre insieme e…”
“Papà, devi recuperare un bel po’ di anniversari con la mamma. Mi scoccia dover intromettermi nei vostri momenti intimi”
Il Dottore si sistemò nervosamente il farfallino lanciando un’occhiata veloce al TARDIS.
“Di… cosa stai parlando?”
“Oh, andiamo papà! Ho quindici anni! Magari non ne so molto, ma di sicuro voi farete…”
La bocca ti Asia venne rapidamente tappata da un dito del Gallifreyano che dall’imbarazzo diventò rosso in volto.
“Asia, per favore! Tua madre potrebbe sentire!”
La ragazza scoppiò a ridere seguita dal padre che la baciò sulla fronte per poi abbracciarla forte a se.
“Solo cinque mesi. Poi ti prometto che ce la spasseremo”
Asia appoggiò la testa sul petto del Dottore,  inspirò a pieni polmoni e sorrise. Nonostante fossero già passati tre mesi dalla partenza di Matt, la ragazza ancora non poteva credere che suo padre fosse ritornato. Era davvero al settimo cielo: niente più epidemia del Dottore, niente CBM2 e altre guerre. Tutto era ritornato come prima. O almeno era quello che sperava.
Cercando di forzare un sorriso, Asia si sciolse dall’abbraccio e stampò un bacio veloce sulla guancia del padre.
“Papà, non ti devi preoccupare. Pensa a far contenta la mamma. Portala in posti fantastici e divertitevi!”
Il Dottore allargò un timido sorriso e annuì.
“Allora, Vastra. Prenditi cura di Asia”
La siluriana si avvicinò ad Asia appoggiandole una mano sulla spalla e fece un leggero inchino.
“ Senz’altro amico mio”
Il Signore del Tempo camminò lentamente verso il TARDIS. In quegli ultimi dieci secondi sperò tanto che sua figlia lo fermasse in quel preciso istante per chiedergli di venire con loro. Lei non aveva torto, otto anni è stato davvero un periodo lunghissimo e ora che finalmente era tornato poteva riabbracciare la sua amata River, ma anche di passare il tempo con la sua piccola Asia era tra i suoi progetti.
La sua mano era ormai sull’uscio del TARDIS. Deluso, il Dottore sospirò pesantemente.
“Allora… noi andiamo”
“No papà”
“Eh?”
Asia alzò un pugno battendolo un paio di volte sul petto. Occhi fissi su quelli del Dottore e un sorriso sicuro e smagliante.
“Mettici più energia! Tu non sei così moscio. Dai!”
Il Dottore ridacchiò divertito dalla posa ridicola della ragazza. Ripensandoci su andava bene così, perché sapeva che al suo ritorno sarebbe poi rimasto per sempre assieme a quella pazza di sua figlia.
“Oh, Asia. Se non ci fossi tu, dovrebbero inventarti!”
“Avanti, sto aspettando!”
“Va bene. Va bene. Allora… Allons-y!”
Asia allargò ancor di più il sorriso.
“Bravo!”
Il Dottore salutò un’ultima volta la figlia con una mano ed entrò nella cabina. In pochi secondi, il consueto boato della macchina rimbombò nel salotto e pian piano scomparve sotto gli occhi di Asia e Vastra.
Poi ci fu silenzio.
“Sono andati”
“Già”
“Ne sei pentita?”
“E perché dovrei?”
Vastra si mise davanti alla ragazza con le braccia conserte, quest’ultima cercò invano di evitare il suo sguardo interrogativo. Tutta l’energia che la siluriana aveva visto in Asia era come se non fosse mai esistita: il sorriso scomparve e i suoi occhi persero vivacità lasciando posto ad un volto inespressivo.
“Sai di cosa sto parlando”
“Non mi sembra il caso, non trovi?”
Sei sicura che vada tutto bene? Oh, si papà! Nessun problema!”
“La vuoi piantare con quel tono sarcastico?!”
“E tu per quanto tempo vuoi nasconderglielo?”
Asia fece per aprir bocca ma da essa non uscì neanche una parola. Non sapeva cosa dire, o meglio, non voleva proprio parlare: non era il caso di disturbare i suoi genitori, pensò la ragazza, li avrebbe fatti solo preoccupare e così anche rovinato la loro luna di miele.
No. Preferiva sbrigarsela da sola.
“Vastra. E’ un mio problema, non della mamma e nemmeno di papà. Se proprio devo poi…”
“E’ la stessa cosa che mi hai detto tre mesi fa”
“Non è un argomento facile, sai?”
“E allora perché lo hai detto a me?”
“Beh… perché… tu sei Vastra! Sei la persona più calma e comprensiva che conosco! Papà e mamma invece scattano subito ad ogni singola cosa che mi riguarda come se fosse la fine del mondo!”
“Questo perché sono i tuoi genitori”
“Si ma…”
La siluriana si avvicinò alla ragazza e allungò una mano sul viso di quest’ultima.
“Asia, tesoro. Ascolta il mio consiglio: non è una buona idea nascondere una cosa del genere, specialmente a tuo padre”
Asia accarezzò la mano di Vastra sospirando. Forse aveva ragione. Forse era meglio dire la verità, ma malgrado lo pensasse aveva ugualmente il terrore di farlo.
“Io… l’ho percepito di nuovo. Ieri notte”
Lui… ti parla ancora?”
Asia annuì un po’ imbarazzata
“Sì.. e continua a dire di non preoccuparsi, che lui penserà a proteggermi”
“Tu non puoi fidarti di lui”
“Infatti non mi fido di lui! Voglio solo capire cos’è. La mia prima teoria è che è un eco o roba del genere, anche se da una parte è impossibile… non so cosa pensare…”
Asia si lasciò cadere sul divano con lo sguardo fisso sul soffitto e si portò una mano fra i capelli.
“Continua a dirmi che… mi proteggerà… che da oggi mi lascerà vivere la mia vita in santa pace…”
La siluriana si sedette accanto a lei e le strinse una mano. Si accorse subito che tremava, ma non sapeva se dal nervoso o dalla paura. Ai suoi occhi Asia non era un libro aperto come suo padre, ma era più brava a nascondere le sue emozioni come sua madre.
Il giorno dopo la partenza di Matt Asia non resistette e raccontò a Vastra ciò che accadde il giorno prima: di Matt posseduto, della sua energia rigenerativa in eccesso sottratta e della distruzione del pianeta dei CBM2. Confessò il fatto che ricordava e di aver visto tutto e di quanto fosse preoccupata al riguardo.
“Da quando mi ha sussurrato all’orecchio di fingermi svenuta non ho capito più niente. La voce poi! Non era quella di un pazzo come si era mostrato a noi, ma quasi come… quasi come quella di papà! Rassicurante, ma allo stesso tempo che ti lascia un sacco di domande! E io ne ho davvero tante…”
La ragazza strinse con forza la mano dell’amica.
“Vastra, ho davvero molta paura. Sento che accadrà di nuovo qualcosa. Non so quando, ma accadrà”
Guardò fuori dalla finestra con lo sguardo perso in quella strada Ottocentesca che brulicava di carri e di persone, immaginando per un momento i loro volti sorridenti venir sfigurati dalla paura.
“E spero tanto che non accada troppo presto”
 
ANGOLO DELL’AUTRICE:
Sono davvero dispiaciuta per il fatto che non ho scritto da più di un mese…. I motivi sono sostanzialmente due: 1) ho praticamente dei blocchi, in più sto già scrivendo la nuova storia sul Dottore perciò le idee vanno e vengono ( ad ogni modo questa raccolta rimarrà aperta fino a quando avrò delle idee; 2) Ahimè, ho passato tutta agosto sui libri perché purtroppo sono stata rimandata e ho dovuto studiare...  :( ma fortunatamente è andata tutto bene!!!
Ho lasciato in sospeso la questione di Asia. Non ho messo molti dettagli perché giuro che non sapevo che altro aggiungere. C’è una piccolissima possibilità che potrei scrivere un sequel, ma non è garantito!
Confesso di aver scritto questa shot un po’ maluccio >.<… uff!!!!
 
Detto questo ci si vede alla prossima!!
 
Cassandra

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Capitolo 5
*** Finalmente insieme ***


Nonostante fosse già  passato un mese, Matt  ancora si ricordava ogni minimo dettaglio della sua disavventura nella dimensione parallela: dal suo viaggio nel TARDIS e la guerra sul pianeta CBM2 alla sua piccola partitella di calcio col Dottore su una nuvola. Grazie a quella cometa blu era davvero sicuro che non era stato un sogno frutto della sua immaginazione, ma un meraviglioso ricordo da custodire.
Mai avrebbe immaginato di poter conoscere il Dottore, che da sempre aveva considerato un mero personaggio fantastico nato dalla mente di diversi scrittori. Al solo pensiero Matt sbottava sempre un sorriso.
Ma ormai era ritornato alla sua vita di attore, il che per lui era un bene poiché lui viveva per la recitazione, eppure da quando era uscito dal TARDIS, lui non aveva smesso di immaginare come sarebbe stata la sua vita se avesse accettato la richiesta del Signore del Tempo quella sera che mangiarono insieme una fetta di cheesecake appena fatta.
 
“Vieni con noi, Matt Smith”
“Come scusa?”
“Potresti sempre diventare il fratello maggiore di Asia. A lei piaci molto, anche a River e pure a me”
“Dottore… io non saprei…”
“Sei un bravo ragazzo, Matt. Potresti prendere lezioni d’armi da Vastra e Strax e cavartela alla grande nella nostra dimensione”

“Troppe cose tutte insieme. Per quale motivo mi stai chiedendo una cosa del genere? Io ho una casa qui, amici, una famiglia e un lavoro! Io non… Io sono solo un semplice attore… capisci… e…”
“Noi due siamo come dei Doppelganger
“Eh?”
“Cioè, non proprio dei Doppelganger, ma una specie. Ci sono diverse teorie su questo termine: ombre, sosia viventi, riflessi o una copia spettrale. Persino un chiaro presagio di sfortuna o di morte”
“Dottore, così mi spaventi…”
“Io di solito non credo a questo genere di cose, ma ho voluto usare questa parola per spiegartelo per bene”
“Spiegarmi cosa?”
“Che alla fine, io e te non siamo così diversi. Io vengo fuori da te e tu fuori da me”

“Dottore…”
“Perciò  come mio Doppelganger, come mio amico, Matt… io ti dico: fa attenzione e… vivi la tua vita al meglio”



“Ehi Matt! Cos’hai? Ti vedo pensieroso”
Matt scosse la testa girandosi poi di scatto alla sua destra. I suoi occhi incrociarono quelli di Jenna che lo fissava preoccupata.
“Oh, Jenna! Ciao… no, niente! Stavo pensando”
“Ah, capisco. Ehi, ottime riprese oggi!”
“Già!”
“Sai, oggi eri particolarmente diverso”
“Che vuoi dire?”
Jenna fece una piccola smorfia in cerca delle parole giuste, fino a quando non alzò un dito e lo puntò contro Matt, come un detective che aveva scoperto il colpevole.
“ Avevo la strana sensazione che fossi qualcun’altro! Sinceramente parlando mi sembravi… il Dottore in persona!”
L’uomo rimase scioccato da quella affermazione, che vedere Jenna così eccitata non poté far altro che sorridere.
“Ma dai! Non essere ridicola! Io sono io e basta. E poi sono un attore, è normale saper immedesimarsi nei propri personaggi”
“Ma oggi è stato diverso! Sta di fatto che mi sono venuti i brividi durante il tuo monologo. Davvero spettacolare! Bravo!”
All’improvviso un cellulare suonò. Era quello di Jenna.
 “Oh, scusa! Mi chiama il mio agente! Ci vediamo più tardi!”
“Ok!”
Matt salutò Jenna che si allontanò correndo con già il cellulare appoggiato all’orecchio. Appena svoltò l’angolo, il giovane attore camminò con lo sguardo basso e ripensò per un attimo a ciò che l’amica aveva detto: sembravi il Dottore in persona.
La verità era che anche solo dopo aver letto una sola volta quel monologo già lo sapeva a memoria. Quella mezza pagina scritta a caratteri cubitali racchiudeva ciò che era il Dottore: in essa sentiva ogni sua emozione, ogni sua sofferenza proprio come quando per pochi istanti era stato in lui. Sentirlo parlare era come assimilare la sua essenza che in qualche modo lo aveva influenzato parecchio durante le riprese.
Le lacrime. Bastarono quelle lacrime prima del grido disperato alla divinità di Akhaten  per sentirsi dire da Farren buona la prima.
Nessuno se lo aspettava. Tutti avevano pensato che fosse una sua trovata giusto per dare un tocco di personalità è di realtà facendogli così mille complimenti, ma non era così: Matt si sentiva veramente male mentre pronunciava quelle parole. Invano aveva tentato di trattenerle, senza risultato, cosa che lo faceva un po’ rabbrividire e imbarazzare.
“Oh, ma che stupido che sono…”
“Non si deve abbattere così”
“Eh?”
Un po’ disorientato Matt si girò prima a destra e all’indietro per poi capire che la persona che il suo interlocutore era alla sua sinistra: una ragazza dalla carnagione chiara, gli occhi verdi e con lunghi capelli rossi gli posò un timido sorriso.
D’impulso l’uomo lo ricambiò e un brivido di freddo percosse velocemente la sua schiena da quanto era stupito.
“Tu…”
“Mi spiace, signor Matt. Ho ascoltato la vostra conversazione mentre portavo questi documenti”
Sempre sorridendo, Matt non fece caso alle parole della ragazza e le puntò il dito contro sicuro ormai di sapere chi fosse.
“Tu sei Sarah!”
La rossa sbatté un paio di volte le palpebre e ridacchiò imbarazzata.
“Che sorpresa… non immaginavo che lei sapesse il mio nome”
“Oh, ti prego! Non darmi del lei! Chiamami solo Matt!”
“Va bene… Matt”
“Ottimo!”
“Scusa… non sono proprio abituata a darti del tu
“Beh, questo è già un inizio”
I due risero all’unisono lasciandosi alle spalle i convenevoli.
“Senti, io ho la pausa in questo momento! Lascia che ti aiuti!”
“Oh, no! Non mi permetterei di...”
“Poche storie, voglio darti una mano!”
Matt si avvicinò a Sarah per prendere metà dell’enorme risma di carta. Non appena le loro mani si toccarono,lui notò qualcosa brillare sull’anulare della mano sinistra di lei. Le sue labbra s’incresparono in un sorriso vedendo quella splendida fede.
“Ma guarda che bell’anello! Una neo-sposa, immagino!”
Sarah arrossì cercando invano di coprirsi con più carta possibile.
“Beh, ecco… ci… sposeremo fra una settimana”
“Ma è davvero fantastico! Sono davvero felice per voi due!”
“Ti ringrazio! Pensa che non è stata una passeggiata”
“Che vuoi dire?”
“Beh, ecco… le nostre famiglie credono in due religioni diverse e per un bel po’ di tempo il problema è rimasto fino a quando un giorno si sono decise ad accettare il nostro amore. Ci conosciamo da quando eravamo bambini”
Lei sorrise dolcemente pensando al suo futuro matrimonio. Matt allungò una mano alla testa di Sarah arruffando i suoi bei capelli ramati.
“Alla fine ci siete riusciti. Resterete insieme per sempre”
Sarah annuì timidamente con gli occhi che le brillavano.
“Sì. Finalmente”
Matt e Sarah camminarono fianco a fianco fino alla stanza da raggiungere. Appoggiate le varie scartoffie su uno scaffale, uscirono dalla stanza stiracchiandosi.
“Visto? In due è stato più facile, no?”
“Sì! Hai ragione!”
“Giusto per curiosità. Dove vi sposerete?”
“Ecco… potrebbe essere strano ma… non ci sposeremo in una chiesa, bensì su una collina in campagna”
“Caspita!”
“Abbiamo deciso così perché è lì che ci siamo incontrati la prima volta da piccoli. Entrambi abbiamo una casa lì, vicino ad un campo di colline verdi. Un posto stupendo e pieno di bellissimi ricordi dell'infanzia. Spesso è li che ci nascondevamo per non mangiare le verdure!”

"Ahahah! Bene. Sono davvero contento”
Avvicinatosi a Sarah, le appoggiò la mano destra su una spalla e la baciò sulla fronte.
“Ora faccio un salto nel mio camerino. Ci vediamo in giro Sarah e auguro tanta felicità a te e a Rey”
Sarah rispose con un sorriso altrettanto largo.
“Senz’altro!”
I due si salutarono con una mano sorridenti per poi imbucare due strade opposte. Sarah prese a camminare tutta contenta, fino a quando qualcosa non la bloccò e di colpo smise di sorridere. Un enorme dubbio lasciò perplessa la ragazza che d’impulso si girò e vide Matt di spalle che camminava. Era sul punto di chiamarlo a gran voce, quando l’attore entrò in una stanza.
“Ma… come faceva a sapere che il mio fidanzato si chiama Rey?”
Con lo sguardo basso, Sarah riprese a camminare ma più lentamente. Magari lo aveva nominato senza accorgersene oppure era lui che era riuscito a vedere il suo nome inciso sull’anello- azzardata come ipotesi, poiché l’incisione era rivolta verso il palmo della mano-, oltre a questi due presupposti non le venne in mente nient’altro.
La domanda restava, ma bastò ammirare di nuovo quello splendido anello al dito per ritornare serena e ricominciare a lavorare.

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Capitolo 6
*** Anniversari ***


Il Dottore non sapeva ben dire da quanto tempo stessero camminando, ma di una cosa era certo: quella fu decisamente la prima volta che lui e River discussero così a lungo.
Doveva assolutamente sbrogliare la faccenda e fare pace: ormai mancava poco.
“Te lo ripeto per l’ultima volta, River! E’ stata lei a cominciare, non io! Te lo giuro!”
“Si certo, tesoro. Allora significa che mi sono immaginata tutta la scena, dico bene? I suoi occhioni a palla bulbuniani e il tuo sorrisetto compiaciuto non ci sono mai stati, vero?!”
“Sì! Cioè, no! Ma… che diamine! Mi stai facendo impazzire!” disse il Signore del Tempo arruffandosi i capelli.
“La stessa cosa vale per me, dolcezza!” urlò a sua volta la moglie.
“E’ stata una cena orribile! La peggiore della mia vita!”
“Oh,non direi… Io penso che il nostro ritorno ad Asgard sia stato il peggiore… non mi hanno riconosciuto solo perché avevo cambiato il farfallino. Il farfallino, ti dico!”
“Non cambiare discorso, chiaro!? Questa volta non te la cavi, e la colpa è tutta di quella sciacquetta tutta pepe”
“Ma insomma… come te lo devo dire mi dispiace? In Nitantia?!”
“Se proprio ci tieni, me lo dovrai scrivere cento volte su una pergamena rara di Birfuny”
Esasperato il Dottore iniziò a imprecare a bassa voce fingendo di mangiarsi le mani.
“River, in questo momento tu sei… sei… davvero impossibile, ecco!”
“Ooooh, che paura!! E’ tutto qui quello che sai dire? Io ho una lunga lista che aspetta di essere spuntata!”
Il povero Gallifreyano cercò invano di far zittire River con bracciate e una serie di shhhh.
“River ti prego, la gente qui non è sorda, vedi di non urlare! Non possiamo litigare quando torniamo a casa?”
“Che sentano pure, tanto abbiamo ancora un bel po’ di giorni davanti! Perciò tanto vale sfogarsi ora”
“River!”
“Tu non hai idea di quanto io abbia aspettato questo momento, vero?!”
Inaspettatamente l’archeologa si fermò davanti al Dottore che subito trasalì. Gli occhi di River iniziarono a diventare rossi e lucidi, ma con forza la donna ricacciò indietro le lacrime e si voltò di spalle incrociando le braccia.
Il Dottore rimase in silenzio e si grattò nervosamente la nuca. Non era mai stato bravo in certe situazione, tant’è vero che ogni volta che capitava erano Vastra e Jenny a risolvere la questione parlando, ma ora che era da solo con River in mezzo ad una cinquantina di alieni di diverse galassie non sapeva che fare.
L’alieno guardò l’orologio sbuffando: ormai non c’era più tempo, doveva inventarsi qualcosa.
“Senti River… ti prego, non roviniamo questo momento per una Bulbuniana”
Ancora River era di spalle.
“E’il nostro anniversario di matrimonio dopotutto - o almeno uno dei tanti - ; un rituale ormai noto tra le coppie sposate per festeggiare gli anni passati insieme. E io e te ne abbiamo passate tante insieme”
La donna iniziò a rilassare le braccia e ad abbassarle, rimanendo sempre girata di spalle.
“Non è stato un matrimonio ufficiale” disse malinconica “In pratica lo siamo, ma non in teoria”
“Questo dipende dai punti di vista e poi cosa potevamo fare, eravamo nel bel mezzo di una guerra. E comunque non è stato meglio per te, no? Tu odi gli abiti da sposa”
River sbottò una risata scuotendo la testa, seguito da un sogghigno soddisfatto del Dottore.
“Sì… non hai tutti i torti. Nonostante tutto noi due siamo spos-…”
Prima che potesse girarsi completamente verso il marito, quest’ultimo prese River e delicatamente appoggiò le labbra sulle sue. La donna si lasciò trasportare allungando pian piano le braccia lungo la schiena del Signore del Tempo.
Le urla, il litigio, la Bulbuniana: River stava dimenticando ogni immagine della cena sostituendole con il volto del Dottore, il suo unico vero amore.
Il tutto era durato poco più di venti secondi, quasi come il loro primo bacio. Entrambi se lo ricordavano molto bene; era il giorno in cui il Dottore rischiò di morire, in cui venne salvato, il giorno in cui Melody Pond era diventata River Song.
Lentamente le labbra si staccarono e i due si scambiarono timidi sorrisi con una punta d’imbarazzo. River si morse il labbro inferiore e un po’ titubante si rivolse al Dottore con una voce che mai l’uomo si sarebbe aspettato.
“Ascolta, tesoro… mi dispiace… e solo che.. sai come sono fatta. Sono molto gelosa se si tratta di te”
“Oh, io questo l’ho sempre saputo, cara. Non ce bisogno che me lo ricordi”
“Allora… non sei arrabbiato?” chiese la donna a denti stretti
“Ma certo che no! Figurati!”
Di nuovo il Dottore guardò il suo orologio da polso e sorrise.
“Perfetto! Siamo arrivati in tempo!”
“Eh? In tempo? Per cosa?”
Il Gallifreyano prese per mano la moglie e la guidò verso una balconata dicendole di chiudere gli occhi senza sbirciare.
“Senti, dolcezza… io non vedo niente perciò non so cosa potrei calpestare, puoi fare piano?”
“Abbi pazienza, siamo quasi arrivati!”
Cercando di aggrapparsi alla sua fiducia, River seguì il Dottore tramite la sua mano e ai suoi movimenti. Un paio di volte sentì come dei lunghi flaccidi tentacoli sfiorarle le braccia e diversi ruggiti in una lingua a lei sconosciuto, ma che capì essere degli insulti dalle scuse del marito.
“Dottore, allora… abbiamo finito di correre?”
“Ok! Ok! Ci siamo! Siamo precisi come un perfetto orologio gallifreyano!”
Il Dottore si mise dietro River con le mani sulle sue spalle. La donna attraverso le palpebre distinse diversi colori che variavano dal viola al blu in continuazione.
“Bene, ora posso aprire gli occhi? L’attesa mi sta uccidendo”
“Sì. Ora sì, puoi aprirli”
Ricevuto il consenso, River aprì le palpebre mettendo bene a fuoco. Non appena le immagini furono chiare, lei spalancò gli occhi portandosi le mani alla bocca.
“Oh santo cielo… ma…”
“Lo so”
“E’… bellissimo”
Questa volta River era davvero sul punto di mettersi a piangere davanti a quello splendido panorama.
“Ti presento le Torri Cantanti di Darillium”
Maestosa e celestiali le due torre puntavano verso un cielo color porpora e blu ciano quasi toccandolo e le stelle attorno ad esse completavano quel meraviglioso quadro.
River non si trattene oltre. Le lacrime rigarono le guance fino al mento.
“Io… non ho parole…”
“Allora non dire niente e ascolta”
“Eh? E perché?”
“Di certo non si chiamano Torri Cantanti per caso. Oh, ecco. Stanno per cominciare”
Il Dottore fece segno all’archeologa di tendere l’orecchio e di prestare ascolto. Fu ad allora che cominciò il canto delle Torri.
Il suono in sé era indescrivibile, una forma di piacere impossibile da imitare da qualsiasi tipo di strumento o artista, una musica sovrumana e paradisiaca. Era il canto più bello, più emozionante che River avesse mai sentito e ciò la commuoveva ancora di più.
“E’ stupendo…”
“Già”
River avvolse l’avambraccio del Dottore accucciandosi sulla sua spalla e sorrise, mentre l’alieno appoggiò la sua testa sulla sua folta chioma riccia. Avrebbero voluto che il tempo si fermasse in quel preciso istante, che quel canto non finisse mai.
“Un giorno dobbiamo ritornarci con Asia”
“Assolutamente, ne sarebbe davvero felice”
“E in tutti posti in cui siamo stati in questi tre mesi”
“Certamente”
“Dottore?”
“Sì?”
“Ti amo”
Il Dottore lanciò uno sguardo veloce alla moglie sorridendo e le mollò un bacio veloce sulla testa.
“Anche io”

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