It's All About Dancing

di DeniRevenger_
(/viewuser.php?uid=136444)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** That's My Chance ***
Capitolo 2: *** I Can't Do This ***
Capitolo 3: *** I Was Wrong ***
Capitolo 4: *** My New Life ***
Capitolo 5: *** That's All Perfect ***
Capitolo 6: *** I Want You ***
Capitolo 7: *** 08.15.2011 ***
Capitolo 8: *** I'm Feeling Lost ***
Capitolo 9: *** New York, New York! ***
Capitolo 10: *** He Just Wanted To Have Fun ***
Capitolo 11: *** Welcome 2012. ***
Capitolo 12: *** He's Too Much Jealous. ***
Capitolo 13: *** I'm Alive. ***
Capitolo 14: *** A Little Heart and A Smile ***
Capitolo 15: *** He's My Sexy Chef ***
Capitolo 16: *** Work Instead of Love ***
Capitolo 17: *** Broken Hearts ***
Capitolo 18: *** Radio City, They're Back ***
Capitolo 19: *** I'm Alone ***
Capitolo 20: *** A Wonderful Christmas ***
Capitolo 21: *** I Want Him Back ***
Capitolo 22: *** Fucking Friends ***
Capitolo 23: *** Come With Me To Houston ***



Capitolo 1
*** That's My Chance ***


Chi l’avrebbe mai detto? Io, Alexandra Fox, una semplice ballerina di un paese di provincia, avrei potuto sfondare nel mondo del ballo. Ma non in un prestigioso teatro di Broadway, non nelle grandi scuole di danza degli Stati Uniti. No, una ballerina di supporto a un cantante. Ironia della sorte? Stimavo questa persona dall’inizio della sua carriera, anni prima. Sì, era lui: Joe Jonas. Aveva intrapreso la carriera da solista, sperando di sfondare anche in questa occasione, come negli anni precedenti al fianco dei fratelli. Ma questo, è solo l’inizio della mia lunga storia.
Innanzitutto, sono una ragazza normalissima. Vivevo con mia madre, in una piccola città alle porte di Los Angeles. Insieme a noi, viveva anche il suo compagno che ormai mi faceva da padre, dato che il mio è sparito non appena si era reso conto che la sua amata bambina, invece di suonare uno strumento musicale o far parte della squadra di ginnastica artistica, voleva ballare. Aveva questo sogno. Solo che aveva deciso per danza moderna. L’idea di vedersi con un body e un tutù rosa confetto, non la eccitava così tanto. Sono sempre stata considerata una ragazza tranquilla, forse per il mio aspetto quasi angelico, secondo alcune persone. Ma non è affatto vero. Sono alta appena un metro e sessanta, non sono anoressica né troppo in carne; il mio corpo è sempre stato proporzionato nei punti adatti, con qualche curva. Dicevano anche che i miei occhi verdi, tendenti al grigio, avrebbero attratto un ragazzo, quando sarebbe stato il momento. Mi sono sempre vista bene ma il giorno che ho realizzato che dovevo essere un po’ al passo coi tempi, avevo deciso di abbandonare il mio aspetto da ragazza dolce e di provincia. Avevo deciso di farmi notare. Fu così che iniziai a truccarmi, i miei capelli iniziarono a diventare sempre più scuri e i miei vestiti diventarono più aderenti, in modo da mettere in evidenza il mio corpo. Non appena arrivai all’età di 21 anni, arrivò quest’occasione. L’occasione della mia vita: diventare una ballerina, far vedere che ci sapevo fare,  nonostante un infortunio al mio piede, causato da un brutto atterraggio durante un saggio.
Una mattina, mia mamma venne a darmi il buongiorno come di suo solito. Era una mattina di fine aprile: il sole caldo di primavera penetrava nella mia stanza attraverso le persiane appena socchiuse, il mio gatto Mr. Jiggles che dormiva beato nel suo cesto, il profumo dei waffles di mamma. Ma quella mattina, lei entrò nella mia stanza con in mano il suo Macbook Pro e mi disse: -piccola mia, buongiorno. Ho una bella notizia. Oggi si va in città! Ci sono delle audizioni e voglio che tu partecipi, perché so che ce la potresti fare! E non dirmi di no, perché è un’occasione più unica che rara! Ironia della sorte? C’è il tuo tanto amato idolo!-. Io pensai tra me e me che odiavo la parola idolo, perché è esagerato! Non avevo più sedici anni e alla fine, lui aveva soltanto un anno più di me. Però accettai di andarci. Presi il coraggio di alzarmi dal mio amato letto, andai davanti all’armadio e iniziai a cercare qualcosa di decente da mettermi per presentarmi, oltre ai miei shorts e maglietta con dei tagli, che ormai consideravo la mia uniforma ufficiale. Afferrai un paio di pantaloni di eco pelle, una canottiera bianca e una giacchetta nera, sempre di eco pelle. Però decisi di mettermi dei semplici bikerboots, dato che non volevo strafare. Scesi, feci colazione e dopo venti minuti, io e mamma eravamo sedute nella nostra Jeep. Arrivammo davanti al palazzo dove sarebbero avvenute le audizioni. In quel momento, mi resi conto di una cosa. Parcheggiata pochi posti prima della nostra auto, c’era una Mercedes Classe G. Era il modello lungo, grigio. Era targata California. Mi mancò il fiato. Santa miseria, lui era presente. Voleva essere sicuro della sua scelta. Entrai nella hall del palazzo, mia mamma decise di aspettarmi lì e io mi adentrai in quell’enorme atrio, in direzione degli ascensori . Salii in ascensore e premei il tasto con il numero 15. Ed eccomi lì, in preda all’ansia e al panico. Quel giorno, ne andava di mezzo la mia futura carriera o non carriera.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** I Can't Do This ***


Quella corsa in ascensore pareva infinita. Solo qualche piano mi separava dal mio sogno. Anzi, dai miei sogni: diventare una ballerina seria e conoscere la persona che da anni mi incantava con la sua musica. In un momento di sovrappensiero, non mi accorsi nemmeno che le porte dell'ascensore si fossero aperte. Cavolo, ero proprio sommersa nei miei pensieri. Non appena uscita, mi trovai di fronte e un grosso salone, con tanto di ragazza che prendeva i nomi di tutte le ragazze che si presentavano di fronte a lei, nella speranza di coronare il loro immenso sogno. Le stavo dando tutti i miei dati, quando mi accorsi del fatto che tutte le altre ragazze presenti, mi stessero guardando con uno sguardo da snob con la puzza sotto il naso. Potevo sentire le loro parole che erano dal "guarda com'è vestita quella stracciona" al "se lui la vedesse ora, la prenderebbe per una battona di marciapiede". In quel momento, nemmeno un elefante da qualche tonnellata avrebbe messo a terra il mio morale. Ero convinta di me, come non mai. Decisi di andare nel bagno per cambiarmi. Iniziai a levarmi quei vestiti in eco pelle che nonostante amassi come mi stavano, li odiavo allo stesso tempo perché nemmeno la chirurgia sarebbe riuscita a togliermeli di dosso. Cercai in qualche modo di alleggerire il trucco che mi ero messa, giusto per evitare l'effetto panda mentre ballavo durante l'audizione. Presi un elastico dal mio polso e mi legai i capelli in una coda di cavallo abbastanza alta, visto che erano troppo lunghi e ancora non mi ero decisa a darci un taglio drastico. Quei pochi minuti minuti che mi occorsero per prepararmi, erano preziosi come l'oro, visto che devo anche prepararmi mentalmente a quello che sarebbe successo nel giro di un'oretta circa. Quando mi decisi ad uscire dal bagno, mi resi conto che tutte le ragazze presenti prima, erano andate via. Mi sedetti su una sedia di plastica bianca ed aspettai. Sentivo la musica che dall'interno della stanza audizioni, si espandeva per tutto il salone. Nonostante mi fossi convinta che sarei riuscita ad affrontare questa prova, ero nervosa. Fottutamente nervosa. All'improvviso, dalla stanza uscì una ragazza dall'aspetto fresco e giovanile, che mi disse: -tu sei Alexandra Fox? Bhè, penso di sì, dato che sei l'ultima. Vieni dentro, dai! E io con un grosso sorriso le risposi: -grazie mille, spero di essere all'altezza. Ah, per la cronaca, chiamami Lexie! Solo i parenti mi chiamano Alexandra e non lo sopporto! A quelle parole, la ragazza fece una risata sonora che fece sciogliere la mia tensione. Entrai in quella stanza, a dir poco strepitosa. Enorme, luminosa, con un grande e potente impianto stereo. Ma la prima cosa che notai, fu che lui non c'era più. Joe Jonas se l'era squagliata prima della fine della mattinata. Pensai che avrei voluto che fosse lì ma dall'altra parte, pensai che era una fortuna, almeno se avessi fallito, non sarebbe successo davanti ai suoi occhi. La coreografa, Meredith, si rese conto del mio sguardo abbastanza abbattuto e disse: -è dovuto andare via, mi spiace. Dice di scusarsi e che sinceramente, spera che tu passi perché saresti l'unica che non ha conosciuto! A quelle parole, il mio cuore era come se si fosse sciolto. Lui voleva conoscere me. No, Lexie, smettila. Non è il momento di farsi delle pippe mentali. Diedi a Meredith il cd con la mia base ed iniziai. Sentivo che ce la stavo facendo, lo capivo dallo sguardo soddisfatto della ragazza. Ma proprio quando meno me l'aspettavo, il mio piede. Il mio piede ancora debole dall'infortunio, iniziò a bruciarmi e a perdere sensibilità. Stavo tirando, tirando troppo perché esso resistesse. Accadde quello che volevo non accadesse. Il mio piede sinistro cedette. Iniziai a zoppiccare e dovetti fermarmi, dopo appena trenta secondi. La mia prima reazione fu una rabbia infinita. Strappai letteralmente l'elastico dai miei capelli, che si liberarono in ben che non si dica. E dopo tutto questo, iniziai a piangere. Io, maniaca del controllo, avevo fallito e mi ero dimostrata debole. Meredith mi aiuto e con un sorriso compiaciuto mi disse: -Lexie, sei bravissima, dai retta a me. E' solo stato il momento sbagliato. E io le risposi: -grazie della possibilità, ve ne sono debitrice. Per fortuna che lui non era qui, altrimenti mi sarei sotterrata.. Non appena finì di pronunciare quelle parole, le strinsi la mano e mi diressi verso il bagno. Ero delusa da me stessa. Il mio corpo, il mio amato corpo mi aveva abbandonata nel momento del bisogno. Decisi di levarmi ogni traccia di trucco, presi una matita che avevi in borsa e la usai per raccogliermi i capelli, in qualche modo possibile ed immaginabile. Non ebbi nemmeno la forza di cambiarmi. Indossai solo la giacchetta, i miei bikerboots e mi diressi verso l'uscita. Presi l'ascensore, che in un attimo mi portò al piano terra, dove mia mamma mi aspettava ansiosa. Non appena vide il mio sguardo sconsolato, gli occhi rossi e pieni di lacrime, mi strinse in un suo caldo e affettuoso abbraccio. Disse di essere fiera di me, mentre saliva in auto. Durante tutto il tragitto per tornare a casa, guardai fuori dal finestrino mentre con il mio iPod, ascoltavo tutte le canzoni di quella persona che per colpa mia, non avrò la fortuna di incontrare. Sì, avevo fallito. Miseramente fallito.

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** I Was Wrong ***


Quella strada compiuta poche ore prima, mi pareva interminabile. Come avevo potuto fallire in quel modo assurdo? In quale strano universo parallelo ero finita? Io, Lexie Fox, ventunenne sempre stata perfetta in ogni occasione mi si presentasse, avevo mandato a puttane tutto quanto. Che avrei fatto ora? Sarei dovuta tornare a lavorare da Dunkin Donuts, per far in modo di raccimolare qualche soldo per avverare il mio sogno? Volevo sfondare, anche al costo di sgobbare in quel posto tutto il giorno. Se avressi raccolto qualche soldo, sarei voluta partire per New York e magari puntare alla New York Academy of the Dramatic Arts. Ma rimaneva sempre un sogno per me. Sì, è vero che la mia famiglia ha un ottimo lavoro e problemi di soldi non ne abbiamo ma avevo comunque ventun'anni ed ero stanca di pesare su di loro. Infatti, da quando avevo diciotto anni, lavoravo e alternavo la danza. Con i miei sforzi, ero riuscita a comprarmi un'auto, anche se la distrussi dopo poche settimane, quando andetti a sbattare contro quella maledetta sequoia nel giardino di nonna. Arrivammo nel vialetto di casa. Mamma mi scaricò e disse che sarebbe andare a far spesa perché per tirarmi su di morale, avrebbe cucinato per me un ottimo pranzo messicano. Messicano, dato che il mio patrigno è per metà messicano e per metà americano. La prima cosa che feci entrando in casa fu quella di togliermi i bikerboots, lasciarli all'ingresso e poco dopo, correre al piano di sopra, in camera mia. Il mio mondo parallelo. Dove tutto spariva. Lì dentro, vivevamo solo io e la danza. La danza ed io. Aprì la porta e vidi il mio gatto che dormiva sul mio cuscino viola peloso a forma di cuore. Normalmente, l'avrei cacciato gridando ma quel giorno, ero talmente triste che la prima cosa che feci, su prenderlo in braccio ed inziare ad accarezzarlo. Era così bello, il mio Mr. Jiggles. Era stato il regalo per il mio ventesimo compleanno, quella grossa palla di pelo grigia con qualche ciuffetto rosso sparso qui e là. Lui capì che stavo male ed iniziò a leccarmi la mano. Decisi di farmi una doccia. Ne avevo proprio bisogno di una bella doccia ghiacciata, per schiarirmi le idee sul da farsi. Mi levai quei pochi vestiti che avevo addosso e mi misi sotto il getto gelido del box doccia. Era una sensazione meravigliosa. Mi sentivo al sicuro, lì dentro. Era incredibile il fatto che sotto la doccia, mi sentissi così sicura del mio corpo. Vedevo le mie gambe lucide sotto l'acqua, i lunghi capelli nero corvino scendermi lungo i lati del tronco. Persi la condizione del tempo. Dopo all'incirca un'ora, dovetti uscire perché avevo notato che il mio cellulare, riflesso sullo specchio, indicava l'una e trenta. Mi asciugai di fretta e furia, mi diedi un'occhiata veloce e pensai che forse era il momento di fare qualche cambiamento. Ma non avevo tempo di pensare troppo, quindi corsi giù. Non appena aprì la porta, sentivo un profumo squisito che saliva dal piano inferiore. Mamma ai fornelli, era la migliore. Entrai in camera, ancora in accappatoio, presi un completino intimo e una maglia larga del mio patrigno da indossare per il pranzo. Non appena scesi, mamma disse che mi vedeva più serena ed intuì il fatto che sicuramente, avevo passato ore sotto la doccia. Il pranzo era pronto, avevo talmente fame che spazzolai tutto in un attimo. Poco dopo, sentii il mio cellulare vibrare e vidi un numero sconosciuto. Mi adentrai per il salotto e andetti fuori in cortile. Decisi di rispondere. Una voce maschile. Quella voce che riconoscerei anche da lontano anni luce. Mi disse: -pronto? Ciao, tu devi essere Alexandra! Io sono Joe Jonas, piacere! Volevo dirti che mi dispiace molto per essere dovuto andare via questa mattina, credimi! Sono qui con Meredith e mi ha riferito che hai avuto un piccolo imprevisto durante l'audizione. Però per quel poco che hai fatto, dice che sei stata bravissima! Senti, in teoria le ragazze le avevamo già entrambe ma una di loro, dice di non poter affrontare tutto questo. Tu, invece? Pensi di potercela fare? Io ero ancora terribilmente scossa dalla mattina, figuriamoci con questa chiamata. Con tutta la gioia che potessi avere, risposi: -sì, assolutamente! Sì, sì e ancora sì! Lui mi disse che il giorno dopo avrebbe voluto vedere noi ragazze. Mi diede l'indirizzo e mi disse fin da subito che voleva anche un rapporto amichevole. Non potevo crederci, quella giornata orrenda, era diventata la più bella della mia vita. Potevo dirlo. CE L'AVEVO FATTA.

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** My New Life ***


Ancora non realizzavo l'accaduto. Mi aveva scelta. Su tutte le ragazze che si erano presentate, avevo scelto me. Quelle ragazze erano tutte bellissime, alte con un fisico perfetto. Eppure, ha scelto me. Piccolina, abbastanza goffa, con un corpo formoso. Com'era possibile? A un certo punto, mamma uscì e disse: -hey, Lexie! Che ci fai lì, spaparanzata sul lettino a bordo piscina? Chi era al telefono?! A quelle parole, corsi da lei e scoppiai a piangere dalla gioia. Le dissi: -mamma, ce l'ho fatta! Mi hanno presa! Forse riuscirò a realizzare il mio sogno di diventare ballerina professionista! Lei, con quel suo sorriso tanto solare, rispose: -Alexandra Jane Fox, sono orgogliosissima di te! L'ho sempre detto che ce l'avresti fatta! Sei riuscita a fare quello che io non ho fatto anni fa, con il teatro! Ti voglio bene, cucciola mia! Pensai che avrei avuto la mia occasione, che sarebbe valsa anche per mamma. Dovevo farcela, perché lei aveva abbandonato la carriera non appena si rese conto di essere incinta. Aveva soltanto sedici anni. Mi dice sempre che essere mamma, sia stata la sua migliore scelta anche se sono sicura che un po', le manchi il palcoscenico. Da quel momento in poi, la giornata non fu altro che sempre più positiva. Quel giorno sarebbe tornata la mia migliore amica, Samantha. Tornava a casa dalla sua vacanza di un mese, e dico un mese, alle Bahamas. Mi chiamò e mi disse che sarebbe passata a prendermi per uscire a cena e per andare in un locale, il nostro preferito. Entrambe avevamo ventun'anni, quindi avremmo potuto berci qualcosa senza tanti problemi. Non appena arrivarono le 18, iniziai a prepararmi. Avevo scelto un vestito nero, scollato sulla schiena e le mie amate Jeffrey Campbell. Mi truccai leggermente e mi passai la piastra. Sì, mi sentivo bella e sicura di me. Nonostante il dolore atroce al piede, sapevo di dover azzardare con le scarpe perché volevo provare a fare conquiste al locale. Solo, che in quelle ore, mi tormentava l'idea che il giorno dopo, avrei incontrato il mio futuro "datore di lavoro". Però, mi faceva ridere il fatto che il mio datore di lavoro, sarebbe stato Joseph Adam Jonas, il mio uomo dei sogni se lo si può considerare così. Alle 18.45, arrivò Samantha. Mamma mia, era strepitosa. Quel vestito rosso, i tacchi altissimi, la sua chioma biondo platino che risultava sempre di più, grazie all'abbronzatura. Quando scese dalla macchina per abbracciarmi, volevo piangere. Mi era mancata così tanto, cavolo. La prima cosa che mi disse, fu che mamma le aveva riferito di quello accaduto e che mi odiava terribilmente, perché anche lei avrebbe voluto conoscere quel ragazzo, che anche a lei la agognava da anni. Lì iniziò la nostra serata, che si concluse alle 3. Samantha decise di restare da me per la notte perché la mattina seguente, avrebbe voluto prepararmi, o meglio rifarmi, per il grande avvenimento. Diceva sempre che ero bellissima ma ero da troppo tempo con quel look. Alle 9, mi svegliò lei dicendo: -sveglia, bella addormentata! E' arrivato il giorno fatidico! Muoviti a far colazione che poi inizia tutta quanta la tortura! Sei tutta mia, sei carta bianca! Io scesi a far colazione e mangiai una ciotola di latte con corn flakes. Non appena tornai su, lei era già in bagno e stava trafficando qualcosa con le mani. Decise di coprire lo specchio, per non farmi vedere nulla. Dopo un'ora e mezza, potei guardarmi. Il nero corvino era sparito per lasciar spazio a un castano chiaro. Non mi sentivo più la schiena tutta coperta, ma solo fino all'altezza del seno. Era riuscita a farmi piangere. Mi sentivo bene. Bene sul serio. Mi misi i vestiti scelti la sera prima di fretta e furia e salii sulla macchina di Sam che partì a tutta velocità. Mi scaricò davanti a un ristorante, nel centro di Los Angeles. Ed eccomi lì, in preda a mille pensieri. Fino a quando non vidi Meredith, insieme ad un ragazzo. Un ragazzo non molto alto, con un fisico chiaramente modellato da lunghi allenamenti in palestra, quel taglio di capelli che conoscevo bene. Non appena si levò gli occhiali da sole, mi mancò il fiato. Mi stava guardando. E sorrideva. Sorrideva veramente. Dio, se era bello.

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** That's All Perfect ***


Presi coraggio e mi avvicinai a loro. Speravo tremendamente di non essere la prima delle due ragazze ad essere arrivata. Per mia fortuna, mi si affiancò una ragazza che a prima vista, pareva dolcissima e carina. Mi disse: -ciao! Sei Alexandra? O meglio Lexie? Tanto piacere, sono Jade! Spero fortemente di legare con te! Io le risposi sorridendo: -piacere mio, davvero! Lo spero tanto anche io! Cavolo, già mi piaceva! Sapevo che nel giro di poco, sarebbe diventata la mia confidente, con tutto il rispetto per Sam. In quel momento, mi sentii inferiore a Jade. Lei era alta un metro e ottanta, aveva delle gambe chilometriche, occhi scuri e capelli neri. Mi resi anche conto che lui la stava guardando. Non feci altro che mandar giù groppi che mi sentivo incastrati nella gola. Certo, come poter paragonare me e lei? Ma quando meno me l'aspettavo, lui si presentò. Si presentò prima a me. Mamma mia, era uno scherzo? Fui talmente presa da una miriade di emozioni che la prima cosa che dissi fu che per me, era un onore essere lì, quel giorno. Lui era così calmo, pacato, educato. Continuava a sorridere e caspita, era così naturale quel suo gesto. Lo stavo osservando, o meglio, ammirando in ogni suo centimetro. I suoi occhi marroni che a volte parevano verdi, quelle pochissime lentiggini sul naso, le sue labbra carnose. Tutto questo accade nei pochissimi secondi in cui si presentò. Poi dovette andare da Jade, ovviamente. Oddio, la scia che il suo profumo aveva lasciato nell'aria, mi inebriava così tanto. Com'è possibile che un uomo, mi facesse questo effetto? Forse sarà che non è un uomo normale? Mi tornarono in mente le parole di Sam "è troppo bello e perfetto per essere di questo pianeta pieno di scarti" e mi venne da sorrideva. Dio, Sam era la persona più simpatica ed estroversa che conoscessi. Ero presa nei miei pensieri, che novità. Però, dovetti smettere di starmene sul mio albero di pere cresciuto nella mia mente e tornare alla vita reale. Stavamo entrando nel ristorante, uno dei più esclusivi della città. Notai che il tavolo, aveva i posti a due a due. Pensai che, chiaramente, Jade si fosse seduta accanto a me. Invece sbagliavo. Lui gentilmente, mi chiese se poteva sedersi nel posto vicino al mio. Ed eccoci qui, di nuovo. Ero tornata sul mio albero. No, Lexie, svegliati! Fai la matura! Digli sì! Con tutta la tranquillità possibile, gli feci un sorriso e dissi: -certo, non c'è problema, va benissimo! Mi spostò la sedia. Nessuno l'aveva mai fatto per me. Però, dai, lui con le donne è un playboy, ovvio che lo fa! Ci sedemmo tutti quanti e decidemmo cosa ordinare. Io presi una bistecca con contorno di verdure e lui lo stesso. Tra me e lui, cambiava solo la cottura della bistecca. Tutti parlavamo di quello che sarebbe avvenuto nei mesi a venire. Si parlava di ore di prove, serate promozionali, prima che iniziasse il tour, più o meno ad inizio luglio. Non appena arrivarono i piatti, mangiammo tutti di gusto. Il cibo era davvero strepitoso. La cosa che mi preoccupava, era il prezzo. Ma non aveva importanza, avevo soldi a sufficienza. A un certo punto, Meredith disse a Joe e Jade che il mio patrigno, era mezzo messicano e che quindi, me la cavavo con lo spagnolo. Ovviamente, quando si parla di queste cose, è chiaro che debba dimostrare le mie capacità nel districarmi con questa lingua che tanto mi da angoscia, visto che odio la mia voce quando la parlo. Iniziai a dire qualcosa e tutti sembravano felici. Lui più di tutti. Fu in quel momento, che per levare la mano dal tavolo, la fece scivolare sulla mia coscia sinistra, abbastanza nuda per via del vestito che indossavo. Si scusò praticamente subito. Dopo un'ora, era tempo di dileguarci. Io ero nel bagno a lavarmi le mani, felice come non mai. Avevo trovato delle persone meravigliose. Non appena uscii dal bagno, mi diressi al cassa. Ma il proprietario disse che lui aveva pagato anche per me. Porca miseria, aveva pagato per me? Deve essere matto! Poco dopo, ero fuori dal ristorante a ridere e scherzare insieme a lui. Mi sembrava di stare con la versione al maschile di Sam. Mi chiese se avevo la macchina e io dissi di no, che aspettavo un'amica. Non era vero. Avrei preso un taxi. Fu lì che si offrì di accompagnarmi lui. Accettai senza tanti complimenti, alla fine, che problema c'era? Alle 14.55 eravamo davanti al vialetto di casa. Sorrise e disse: -sei una persona adorabile, sai? Sono felice di poterti conoscere meglio da qui in poi! Io dissi che ricambiavo. Scesi dalla macchina e sentii il rumore del finestrino del passeggero abbassarsi. Mi girai e mi resi conto che con il labbiale aveva detto "grazie per tutto". E il tutto si concluse con uno scambio di sorrisi. Nello stesso istante, la mia vocina interiore mi disse: Alexandra Jane Fox, l'hai conquistato.

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** I Want You ***


Da quel giorno in poi, fu tutto una discesa. Avevamo passato i mesi di maggio e giugno tra prove, serate promozionali, viaggi fuori città. Ora, siamo praticamente a fine luglio. Questo mese di tour, è stato a dir poco bellissimo. Passare le giornate con queste persone, era uno spasso. Joe che ci svegliava la mattina dicendo quanti giorni mancavano alla fine, Meredith che ci stava dietro ogni giorno per eventuali correzioni sulle coreografie, io e Jade eravamo diventate inseparabili. Ci capivamo con una sola occhiata, facevamo foto e video stupidi insieme, dormivamo in stanza insieme. Fortunatamente, avevamo qualche giorno di stop e totale relax. Decidemmo tutti di partire subito per Miami, dato che in qualunque caso, dovevamo andarci la settimana successiva. Negli ultimi due mesi, erano cambiate un po' di cose. Mi ero comprata casa da sola, avevo preso una macchina nuova. Era un altro passo avanti nella mia nuova ed indipendente vita. Era il giorno della partenza ed io ero nel mio appartamento, un attico nel centro di Los Angeles, a preparare la valigia. Erano appena le sei ma ero già in ritardo perché l'aereo era alle nove. Non mi preoccupavo del fatto che fossi stanca morta, tanto avrei affrontato un viaggio di circa sei o sette ore, quindi avevo tutto il tempo possibile per dormire. Magari, dormire accanto a lui. Ormai, eravamo diventati migliori amici. Lo eravamo diventati, sul serio. Dire che è una persona stupenda, è trattenersi. E' gentile, sa come trattarmi. Una sera, dopo il concerto, eravamo andati in un locale a festeggiare la buona riuscita della tappa. Io ero arrivata prima insieme alle ragazze. Aspettavo lui. Il giorno prima avevamo litigato, pesantemente. Diceva che mi voleva bene come se mi conoscesse da sempre. Quel giorno, l'avevo trovato abbracciato a Jade. E lei, l'amica di cui potevo fidarmi, gli aveva infilato la lingua in gola. Era stata una pugnalata nella schiena. Poco dopo, lui era venuto da me a fare il lecchino. Non ci pensai due volte e lo allontanai. Lui mi chiese il motivo e io dissi che per me, poteva evitare di baciare Jade. Lui andò su tutte le furie perché diceva che non era conto mio la sua vita. Ci urlavamo in faccia. Avevo avuto paura sul serio. Ma tornando alla serata, avevamo chiarito. Purtroppo, avevamo bevuto un po' troppo e io facevo la gallina con qualche ragazzo. Uno di quelli, aveva iniziato a toccarmi le gambe, la schiena. Joe mi guardava con uno sguardo che sprizzava di gelosia. Quando quel ragazzo andava troppo pesante, sì alzò dalla poltrona e tirò un pugno a quello. Era geloso di me, wow. Però, tornando alla partenza, mi importava solo di muovermi a finire il tutto e ad uscire da quell'appartamento. Un'ora dopo, ero al LAX. Con mia sorpresa, tutti aspettavano me. Lui era così dolce. Indossava dei pantaloni di una tuta, un felpone e portava gli occhiali. Sembrava un ragazzino. Si avvicinò a me, mi prese una mano e mi tiro all'interno dell'aeroporto. Lo tenevo per mano, io, sua amica. Nemmeno fidanzata. Lui era single da qualche mese e diceva di volerlo rimanere per un po', ma dal suo comportamento non mi sembrava. Salimmo sull'aereo e da lì, non ricordo nulla. Quando mi svegliai, eravamo a Miami e avevo la testa appoggiata alla sua spalla. Mi disse: -hey, dormito bene? Eri un angelo, sai? Il giorno dopo, eravamo sdraiati su un lettino, su una delle più esclusive spiagge di Miami. Lui era così beato mentre si godeva il sole. Non facevo altro che guardare il suo corpo scolpito. Jade era di fianco a me. Lei portava un bikini nero. Il giorno prima, aveva insistito tanto nel portami a prendere un "costume" striminzito. E devo ammettere che mi stava bene. Decisi di farmi un bagno. Pochi secondi dopo, ero praticamente sulla schiena di lui. Gli mordevo l'orecchio e lui rideva di gusto. Diceva che erano mesi che non provava una situazione del genere. Ad un certo punto disse: -Lexie, stasera usciamo? Solo io e te? Una cenetta e poi una passeggiata? Io accettai praticamente subito. Ora potevo dirlo. Ero innamorata di lui e forse, lui provava qualcosa per me. Quella sera fu perfetta. Arrivò la fine della serata e lui mi portò nella sua stanza d'albergo. Voleva che dormissimo insieme. Certo, che problema c'era? Lui poco dopo, andò verso il bagno e aprì l'acqua della doccia. Dopo pochi minuti, eravamo sotto quella doccia, insieme. Il suo corpo a contatto con il mio. La sua bocca sulla mia. Sussurrò nel mio orecchio "ti voglio". Lui mi voleva e io volevo lui.

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** 08.15.2011 ***


Quella notte, passò in un batter d'occhio. Dopo il nostro rapporto, lui si era addormentato beatamente, io resto rimasta sveglia a pensare al tutto. Era stata un'esperienza assolutamente meravigliosa. Pensavo che sarebbe stato esagerato ma invece, era stata una cosa dolce. Ti tornò in mente il mio vecchio ragazzo. Lo amavo, veramente tanto. Stavamo insieme dall'ultimo anno da quando avevo diciassette anni. Lo lasciai io, la sera del mio ventesimo compleanno. Non perché mi andava di farlo tanto per, ma perché mi picchiava da qualche mese.. Ogni sera, si presentava a casa mia ubriaco perso. Nessuno lo sapeva, nè mamma nè Sam. Lo amavo veramente tanto. A quel ricordo, mi scesero delle lacrime che mi rigarono il viso. Era la prima volta che una persona toccava il mio corpo, dopo mesi e mesi. In effetti, però, ero felice che mi avesse toccata Joe. Però, un altro pensiero mi stava tormentando. L'aveva fatto per divertimento? Per un momento di debolezza? O era veramente preso da me? Sapevo che erano le cinque meno dieci, quindi decisi che era il momento di dormire un po', dato che sapevo che quella mattina, avevamo le prove. Poco dopo, mi addormentai profondamente. Forse anche troppo profondamente. Quando aprii gli occhi, notai che erano le undici. Cazzo, ero fottuta! Le prove erano alle nove! Mi diressi in bagno di corsa e trovai sul vetro un post-it con scritto: -buongiorno dolcezza! Ho visto che dormivi beata, allora ti ho lasciata tranquilla, anche perché non hai bisogno di prove. Ci vediamo a pranzo, un bacio! P.s: dobbiamo parlare. Ecco, quelle fatidiche parole che ho sempre odiato. Per dimenticare quel pensiero, mi infilai sotto la doccia. A mezzogiorno e cinque, ero sotto in sala da pranzo. Tutti mi aspettavano sorridenti. E notai una cosa. Di fianco a lui, non c'era nessuno spazio vuoto. Era seduto tra Meredith e uno della crew. Mi sentivo un buco nello stomaco. Ero seduta completamente dall'altra parte, rispetto a lui. Non appena tutti si alzarono dal tavolo, me compresa, lui mi prese per un braccio e mi avvicinò a lui. Mi portò fuori ed iniziò a parlare. Diceva che aveva paura che iniziassero i vari gossip nel gruppo, specialmente se lui si fidanzasse con una delle sue ballerine. Poi, di colpo mi mise un braccio intorno alla schiena e mi baciò, in modo talmente profondo che pensai di perdere la sensibilità ai piedi. Alla fine del bacio, se ne uscì con un "Alexandra Jane Fox, sono perdutamente innamorato di te". L'aveva detto davvero. Decidemmo di provarci, anche se sarebbe stata una relazione di nascosto, dato che ne andava di mezzo la mia permanenza. Ogni sera da quel giorno in poi, come dei clandestini, ci trovavamo in camera sua, piuttosto che nella mia, a parlare di noi, a scambiarci dolcezze, teneri baci. Fu quella sera che decisi di dovergli dire del mio ex ragazzo. La sua reazione, mi spezzò il cuore. I suoi occhi erano diventati rossi, la sua voce era a scatti. Avevo capito che ci teneva veramente a me. Era il mio ragazzo, potevo dirlo. Tutto filò a meraviglia nelle successive due o tre settimane, fino alla sera del suo compleanno. La sua festa, si sarebbe tenuta in un locale di Las Vegas. Eravamo tutti quanti insieme, bevevamo, ballavamo felici e beati. Fino a quando, non arrivò una ragazza che iniziò a provarci con lui. All'inizio, mi pareva che lui la rifiutasse e mi sentivo tranquilla. Persi la condizione del tempo, fino a quando notai che lui era sparito. Lo cercai ovunque, quindi a quando non mi si avvicinò Jade e mi disse: -Lexie, andiamo in albergo.. Voglio andare in albergo.. Io mi chiedevo come mai, fino a quando, Jade non mi portò nel privè. Non potevo credere ai miei occhi. Il mio fidanzato stava baciando un'altra. Mi aveva già tradita, dopo alcune settimane. Dovetti dire tutto a Jade, che iniziò ad uscire di sè. Diceva che era un lurido schifoso. Tornammo in albergo con un taxi. Io in preda alle lacrime, lei che cercava di consolarmi. Restò in camera mia a dormire tutta la notte. A un certo punto, ci svegliammo disturbate da alcuni rumori nel corridoio. Il bastardo era appena tornato. Era chiaramente ubriaco da far schifo. Però, sentivo che piangeva. Diceva di essere solo, di aver appena distrutto l'umore a una persona a cui teneva. I suoi amici cercavano di calmarlo e di dirgli che tutto si sarebbe risolto pian piano. Ed ecco, dei colpi alla porta. Mi implorava dicendo "Lexie, amore mio, perdonami. Ti prego, abbiamo solo un mese, prima che parta per l'Europa". No, non mi sarei fatta prendere in giro. Non ancora. Non volevo vederlo, almeno per un po'. La mattina seguente, presi il primo volo per Los Angeles. Mentre ero in viaggio, gli scrissi un messaggio dicendo: -Joe, non cercarmi più. Non chiamarmi, non messaggiarmi, non scrivere tweet facendo la vittima, non presentarti a casa mia. Non aspettarti un perdono immediato. Ciao, stammi bene. Basta, ero stanca. Meritavo più di questo. Perché dovevo star male per una persona del genere? Era amore o era solo un sentimento passeggiero? Ora era certo. Sarebbe stata Jade, a partire con lui per l'Europa.

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** I'm Feeling Lost ***


Era arrivato ottobre e l'autunno iniziava a farsi sentire. Le foglie degli alberi che da verdi passano a colori caldi, dal marrone al rosso. Gli alberi stavano cambiando. Io pure. Da quel maledetto 15 agosto, non ero più la stessa. Avevo perso la mia autostima. Avevo smesso di mangiare, nemmeno andavo più in palestra per tenermi allenata. Iniziavo a vedermi pelle e ossa, nonostante cercassi di evitare tutti gli specchi. Lui aveva portato via la vera Lexie. Se l'era portata con lui in europa. Lo odiavo, sul serio. Ero veramente presa da lui. Dalla sua bellezza divina, dalla sua voce calda e profonda, dal suo dolce carattere. Eppure, si era rivelato un traditore. Però mi mancava. Eccome se mi mancava. Mi mancava svegliarmi accanto a lui, mi mancavano i suoi baci, mi mancava mangiare con lui, specialmente quando ci imboccavamo a vicenza. Poteva essere quello giusto ma mi sbagliavo. Però, quei mesi non furono solo un mare di merda. Agli inizi di settembre, avevo ricevuto un messaggio. Non potevo crederci. Era papà. Il mio vero papà. Diceva che sapeva della mia carriera. Poi mi raccontò che si era risposato. Ma la cosa che mi sconvolse ma che mi rese anche felicissima, fu che avevo dei fratelli: Kimberly di 15 anni e Colin di 5. Dio mio, ero una sorella maggiore. Papà era convinto che lo odiassi ma non è così. L'avevo cercato per 18 anni. Decidemmo di incontrarci. Era proprio come me lo ricordavo. Altissimo, capelli mossi e castani, occhi verdi come i miei. Solo che adesso, non aveva più 23 anni ma 41. Dovevo ammetterlo, era un bell'uomo. La sera stessa, incontrai la sua famiglia. Rimasi colpita da quanto Kimberly mi somigliasse. Non appena entrai nella sua camera, notai i poster sui suoi muri. Anche lei, era patita per le stesse tre persone. Mi disse: -Lexie, sai che una sera, sono stata a un concerto? E' stato perfetto! Lui è bravissimo, tu pure! Il modo in cui eravate complici.. WOW! Io dovetti dirle tutto. Kim, ormai la chiamo così, ci rimase male e disse che tornerà da me. In quel periodo, continuavo a sentirmi con Jade, che si stava godendo l'europa. Mi raccontava dei posti che visitava, del cibo, della moda. Mi mancava terribilmente. Non appena sarebbe tornata, avremmo fatto qualcosa insieme, per ricordare l'esperienza non sempre positiva per me. Volevamo tatuarci il numero 2011 in numeri romani, per ricordare quest'anno passato. Insisteva nel volermi raccontare di come stesse Joe. Non volevo saperlo. Non ero ancora pronta a sentire qualcosa di lui. La cosa di cui ero grata, era che aveva rispettato il mio sms. Non mi aveva mai cercata, non scriveva nessun tweet da vittima. Anzi, non entrava su twitter da quasi due mesi. Sapevo di avergli fatto del male anche io, non ascoltandolo. Ma la mia cara amica Sam, mi aveva insegnato una cosa. Cioè, a non parlare mai con un ubriaco perché il giorno dopo, avrebbe potuto pentirsi delle sue parole. Avrei dovuto ascoltarlo, lo so, ma la voce di Sam, mi risuonava nella testa. Una sera, Jade insistì a parlarmene. Mi raccontò che era una persona diversa, che era spesso silenzioso, che da quella fatidica sera non toccava nemmeno una goccia d'alcool. Mi disse anche: -Lexie, l'ho visto piangere sul serio. Singhiozzava terribilmente. Diceva che ti sognava la notte quando riusciva a dormire. che voleva sapere come stavi. Lexie, non sapevo che fare e l'ho baciato. Ora mi odierai, lo so.. Ma stava tanto male. No, non odiavo Jade. Aveva fatto bene a baciarlo. Ma ora? Lui è in europa e lì è pieno di ragazza meravigliose, specialmente in spagna e in italia. Si sarebbe innamorato? Lo speravo ma allo stesso tempo, speravo fortemente di no. Quando sarebbe tornato? Ci saremmo visti di nuovo? Avrebbe raggiunto la sua famiglia per un po'? In un momento di debolezza, chiamai Kim e le chiesi se lei avesse twitter e seguisse qualcuno che mettesse foto sue e lei mi disse di sì. Ci trovammo a casa sua, nella sua stanza, davanti a un computer. Iniziammo a girare per vari account alla ricerca di foto. A un certo punto, ne trovammo alcune, scattate a Parigi. Inizialmente, non credevo di farcela ma quando Kim mi disse che era distrutto, guardai. Jade aveva ragione. Non dormiva. Lo capivo dalle occhiaie sotto i suoi occhi chiaramente gonfi. I suoi capelli erano più corti di quanto lo fossero già prima. Quanto era bello, nonostante tutto. Mi sentivo in colpa. Perché non l'avevo ascoltato? Scoppiai a piangere e Kim disse che voleva uscire per farmi distrarre, anche se fosse toccato a me guidare. Sapeva come sollevarmi il morale. Pensavo fosse un dono del cielo, apposta per me. Nonostante la serata al cinema, la cena a una tavola calda, continuavo a pensare a quelle foto. Il ragazzo di cui ero ancora terribilmente innamorata, soffriva per amore. Per amore, nei miei confronti. Che avrei dovuto fare, ora?

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** New York, New York! ***


Anche ottobre era finito. Era arrivato il primo novembre. Quella mattina alle sei, mi svegliai grazie a una chiamata di Jade. Mi avvertiva del fatto che quella sera, alle 18 (fuso orario di Londra), avrebbero preso il volo per tornare negli Stati Uniti. Provai una sensazione di paura e specialmente di vuoto. Sarebbe tornato, l'avrei rivisto. Solo che Jade, sentendo un silenzio glaciale, mi rassicurò subito che lui si sarebbe fermato a New York, per passare del tempo insieme ai fratelli, che non vedeva da mesi. Provai un sollievo enorme. Però lo ammetto. Mi avrebbe fatto piacere vederlo e parlargli, per chiarire questa situazione, dato che avevo capito di amarlo follemente. Lo sognavo la notte, continuavo a guardare video dei concerti, scrivevo il suo nome su pezzi di carta. Mi resi conto che DOVEVO andare a New York, quel giorno stesso. Cercai un albergo nella zona di Manhattan perché mi aveva raccontato del fatto che un suo amico, abitava in quella zona. Ora non mi preoccupavo della forma fisica. La piccola Kim, mi aveva aiutata davvero tanto. Avevo legato incredibilmente con lei. Ormai parlavamo da sorelle, quali siamo. Ma una cosa, non le perdonai quando la seppi. Era fidanzata con un ragazzo che aveva dieci anni più di lei e non era più nemmeno vergine. A quindici anni, non lo era più. Sarà che io, anche se ho ventun'anni, sono all'antica. A me, era successo la sera del mio diciannovesimo compleanno ma solo perché avevo perso una scommessa. Ancor'oggi me ne pento. Quel giorno, sarei partita e allora decisi di portarla con me, perché non era mai stata nella Grande Mela. Sarebbe stata la nostra prima vacanza da sorelle. Ma una cosa, mi assillava. Mi stavo frequentando con un ragazzo, da qualche giorno. Mi piaceva, anche molto ma Joe, era il mio vero amore. Avrei rovinato tutto con quel ragazzo, per correre dalla persona che mi aveva reso gli ultimi mesi un inferno. Però, ero quasi disposta a dimenticare tutto. Presi la mia macchina, la mia Jeep Wrangler, la mia piccolina e partii in direzione "casa di Kim". Non appena arrivai, lei era in salotto che mi aspettava. Non la vedevo da una settimana e mi sembrava cresciuta tantissimo. Indossava un paio di blu jeans, la t-shirt ufficiale del tour e un paio di Ugg. Alla vista della maglietta, mi venne un sorriso spontaneo. Quella era stata la mia vita fino a quattro mesi prima. E dio, se mi mancava. Mi mancavano le risate tutti insieme, il tornare in stanza alle tre o anche quattro del mattino, gli scherzi di Joe a tutti quanti. Porca miseria, perché pensavo a lui, ancora? Chissà che mi avrebbe aspettato una volta a New York. Non so chi fosse più eccitata tra me e Kim. Forse lo eravamo alla pari. Era così dolce Kim, mi aveva preparato una cornice con una foto di me e lui. Le ne ero grata. Ancora mi faceva uno strano effetto, vedermi accanto a lui, anche se in foto. Era ora di salire sull'aereo e in ben che non si dica, eravamo atterrate a JFK. Uscimmo e ci rendemmo conto di quanto fosse fredda quella città. Due ore dopo, eravamo all'albergo a posare i bagagli e a coprirci un po' di più. Lei mi chiese di andare da Starbucks perché aveva voglia di un frappuccino con tanto di panna. Chi poteva darle torto? In un attimo, si fecero le 20 e corsimo in albergo per non perdere il turno della cena. Alle 22, eravamo in stanza a guardare un film idiota alla tv. Ridevamo, stavamo abbracciate, mangiavamo le schifezze comprate sotto alla hall. Recivetti un messaggio. Era Jade che diceva che tra poche ore, lui sarebbe atterrato. Precisamente alle 2.34. Ero indecisa se andare ad aspettarlo all'aeroporto o attendere fino al giorno dopo. Decisi di aspettare fino alla mattina seguente. Kim si era addormentata. Che carina che era quando dormiva. In pochi minuti, crollai anche io. Alle nove, avevamo la sveglia. Volevamo girare la città, tutta a piedi. Alla fine, avevamo solo il weekend per star lì. C'era un sole splendente ma le temperature, erano glaciali. Era terribilmente umida quella città. Amavo New York, era il mio sogno fin da piccola. Chissà, magari, tra qualche mese avrei potuto trasferirmici. Talmente stavo bene, che persi di vista l'orologio. Chiamai Jade in preda al panico, per farmi dare l'indirizzo della casa dell'amico di Joe. Presi un taxi velocemente e solo in quel momento, mi resi conto che mi tremavano le gambe. L'avrei rivisto. In poco più di mezz'ora, ero a destinazione. Suonai quel maledetto campanello e nessuno aprì. Suonai di nuovo, senza successo. Alla terza volta, rispose qualcuno. Quella voce. La sua. Era chiaramente la voce di uno che si era appena svegliato, o meglio, che era stato buttato giù dal letto. Chiese subito che fosse e io risposi: -ciao.. Sono io, Lexie. Possiamo parlare un po'? So di averti svegliato e mi dispiace molto! Davvero.. Posso? Non feci in tempo a finire la frase che il portone si aprì. Feci quei due piani di scale d'un fiato. Quando mancavano due gradini alla fine, mi fermai. Mi stava guardando. o meglio, fissando. Si avvicinò, mi aiutò a finire quelle scale infernali e mi abbracciò. Sentivo di nuovo il suo profumo sui miei vestiti. Amavo quella sensazione. Entrammo in casa ed iniziammo a parlare.

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** He Just Wanted To Have Fun ***


Appena entrai in quell'appartamento, capii subito che lì dentro vivevano solo ragazzi. Strane foto sui muri, un flipper di fianco alla finestra, un mega televisore a schermo piatto, più di una console di videogiochi con decine e decine di custiode. Eppure, mi piaceva molto. Joe mi fece accomodare in salotto e chiese se gli davo il tempo di andarsi a vestire. Risposi con un sì sonoro e aspettai.. Credo che aspettai una ventina di minuti. Da questo, avevo capito che non solo io, dovevo essere nervosa. Non appena tornò, mi offrì un bicchiere di succo d'arancia e iniziò a parlarmi degli ultimi mesi. Diceva che i posti erano bellissimi, la gente gentile e disponibile. Però, dall'espressione che aveva sembrava che si fosse più che divertito. Mentiva, quando diceva a Jade di star male? Erano lacrime di coccodrillo? Fino a quando, mi disse che era certo che non fossi lì per sentirgli dire quelle cose. La sua espressione, da calma e pacata, si era trasformata in tesa e preoccupata. Ok, forse non mentiva. Iniziò col dirmi che sapeva che quella sera, aveva alzato un po' troppo il gomito e che ci era cascato con quella ragazza. Ma ammise di esser stato lui a baciarla. Cavolo, era stata peggio di una pugnalata. Mi resi conto di aver abbassato lo sguardo. Lui mi chiese di guardarlo, sul serio. Come potevo guardarlo dopo quella notizia che mi aveva dato? Però, la cosa che mi fece star peggio fu quella che all'inizio, aveva perso una scommessa con tutta la crew. Doveva provarci con me, anche se non interessato. Poi ammise di essersi veramente innamorato di me. Lo credevo diverso dagli altri. Iniziai a piangere. Sentivo le lacrime calde scendermi pian piano fin dagli occhi alle guance, che passavano alle labbra e poi alla gola. Mi sentivo svenire. Avevo passato gli ultimi mesi a piangere per uno così? Sul serio? Disse di essere una persona diversa. Voleva divertirsi, scopare. Non voleva una relazione. Almeno, diceva che con me, una relazione poteva piacergli sul serio, perché lo trattavo benissimo. Ed era vero. Lo trattava come qualcosa di mio, personale. Ero gelosa di lui, tantissimo. Mi alzai dal divano e mi diressi verso la porta. Lui mi corse dietro, mi prese per un braccio, mi diede uno strattone e mi girò. Mi prudevano le mani. All'inizio mi cercai di trattenere, ma poi no. Gli diedi una cinquina in piena faccia. Credeva di potermi trattare così?! Fu in quel momento, che iniziai a urlargli: -Mi hai ingannata! Credevo mi amassi! Quella sera! Quella sera che era nato tutto, ero felicissima!! Venire a letto con te, era una cosa che mi creava soddisfazione! Tu ne sei uscito illeso, io no, Joe!! E non chiedermi che intendo perché ora come ora, te ne devi fottere di me! Dimenticami, una volta per tutte! Spero che avrai un futuro felice, credimi! Non cercarmi mai più. Mai mai più. Addio. Lui lasciò la presa, mi aprì la porta e mi lascio andare. Non appena conclusi la prima fila di gradini, posi lo sguardo su di lui. Con una mano, si teneva la guancia. Tirò un pugno al muro, consapevole del male. Ma forse, quel male, era il minimo che potesse provare, dopo quello che aveva fatto passare a me. Non appena fui fuori dal palazzo, trovai un taxi ad aspettarmi. Non appena aprii la portiera, vedi Kim con in mano dei fazzoletti. Sapeva bene che non sarei uscita felice da quel posto. Mi sedetti di fianco a lei e sprofondai il mio viso pieno di lacrime sul suo braccio. Lei mi accarezzava la schiena e cercava di consolarmi. Con un filo di voce, le dissi: -Kim, non gliel'ho detto. Non ce la facevo. Lei disse che capiva perché era una situazione complicata. Lei era l'unica persona a saperlo, dato che ora come ora, era l'unica persona di cui mi potessi fidare. Quella situazione, mi aveva fatta a pezzi. Il motivo per cui dissi che lui era uscito illeso da quella notte e io no, era il fatto che ero rimasta incinta. Quando lo seppi, ero disperata. Incinta, ad appena ventun'anni. Ci pensai per giorno e presi la mia decisione. Non potevo tenerlo, non ora che la mia carriera ingranava. Mi dispiaceva, ma non potevo proprio. E ora? Che avrei fatto? Decisamente, avrei dimenticato Joe, assolutamente. Due giorni dopo, ero nel mio appartamento di Los Angeles e mi sentivo come se mi avessero presa a pugni, nell'animo. Ora? Che sarebbe accaduto?

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** Welcome 2012. ***


Era arrivato l'anno nuovo. Il 2012. E il 2011, era in parte da dimenticare. L'aborto che non avrei voluto fare e il resto. Gli ultimi mesi erano stati una continua pena. Uno schifo assoluto. Mamma si era lasciata con il suo compagno e si era trasferita a Houston; Kim che era stata portata d'urgenza in ospedale per un attacco di appendicite. E io, che non sapevo più cosa fare. Chi l'avrebbe mai detto che la vita senza un uomo, facesse così schifo. Continuavo a lavorare sull'aspetto fisico per coprire il male che avevo dentro. Mi ero fatta il tatuaggio con Jade, come promesso. Ogni mattina uscivo alle sei per qualche miglia di corsa, poi turno di palestra, dieta sana. Avevo un corpo da fare invidia, lo ammetto. Per un lampo di genio, in un giorno, ero improvvisamente diventata bionda. Sapete come si dice, che quando una donna chiude definitivamente una storia, cambia look. Si, è vero. Eppure sentivo di volerlo fare. Nonostante tutto, stavo male. Mi mancava terribilmente, quel lurido schifoso. La paura di vederlo di nuovo a Los Angeles, mi spaventava tantissimo. Però, vedere i suoi occhi indecifrabili, il suo sorriso da bambino, mi avrebbe fatta impazzire. La sera non uscivo più di casa. Non mi andava, sinceramente. Piuttosto, andavo a casa da Kim. Mangiavamo quintalate di gelato (per lei rinunciavo alla linea), guardavamo film, parlavamo. E io piangevo.. Tanto.. Lei era disperata, non sapeva che fare. Diceva che lavoravo sul mio aspetto fisico per dimenticare quella di prima. Nonostante tutto, lavoravo. Sì, lavoravo. Per mia incredibile fortuna, ero stata presa come coreografa per alcuni video musicali. E mi piaceva troppo. Lì dentro, avevo conosciuto Blake. Mio dio, era fortissimo. E anche bello. Mi chiedeva spesso di uscire ma non mi sentivo pronta, a uscire di nuovo. Specialmente con un ragazzo bello così. Mi ricordava Joe. Anche se Blake, dimostrava che gli piacevo. Mi portava spessissimo il caffè e un dolce. Un giorno, insisteva nell'uscire e allora accettai. Glielo dovevo. Passò a prendermi alle 20. Era vestito benissimo. Jeans neri, maglia bianca e giacca di pelle nera. Era incredibilmente bello quella sera. Io portavo una gonna alta in vita a fiori, una canottiera bianca e un paio di scarpe abbastanza alte. Mi portò in un piccolo ristorante che conosceva lui. Si mangiava benissimo, era intimo e calmo. Qualche ora dopo, eravamo in un locale, a berci qualcosa, a ballare. Lui mi ballava abbracciato da dietro e io mi sentivo bene. Specialmente, mi sentivo amata e protetta. Forse Blake era quello giusto? A un certo punto, mi dice all'orecchio: -Lexie, ma quello là in fondo sulla poltroncina, non è il fratello minore del tuo ex? Io annuii. Cavolo, era lui. Se Kim l'avesse saputo, si sarebbe spacciata per una ballerina pur di entrare! Era insieme alla sua fidanzata, Melanie. Erano una coppia bellissima. Joe me ne aveva parlato. Lei aveva un anno meno di lui. Era poco più bassa di me, lunghi capelli rossi e lisci, occhi tendenti al verde, un corpo che mi piaceva molto. Era vestita simile a me, solo che lei portava delle ballerine. Lui la guardava con uno sguardo perso, proprio da innamorato perso. Lei con molta dolcezza, passava le mani nei capelli ricci del ragazzo. Avrei voluto io un rapporto come il loro. In quel momento, si avvicinarono a me e lui si presentò: -piacere, sono Nick. Mi pare di aver già visto il tuo viso da qualche parte, è probabile? E gli spiegai tutto e lui disse che suo fratello si era perso un tesoro. Dopo aver parlato con lui, parlai con Melanie. Era dolcissima e adorabile! Sapevo che avrei legato subito con lei, se ci fossimo frequentate. Mi avrebbe fatto piacere. Quella sera, volò in un attimo. Avevo fatto amicizia con due persone stupende che il giorno dopo mi avevano invitata per un pranzo insieme, mi ero divertita ma soprattutto, avevo capito che Blake, sarebbe stato chi mi avrebbe fatto dimenticare Joe, una volta per tutte. Poi, Blake non aveva fretta, affatto. Mi riportò a casa e mi diede un dolce bacio sulle labbra. Mi disse che ci saremmo visti il giorno dopo al lavoro e che mi avrebbe pensata durante la notte. Dio, era stupendo. Peccato per l'età. 30 anni. Era già separato da tre anni. Ma fa niente, mi piaceva troppo. Anche se erano le quattro, chiamai Kim che al racconto della serata, scoppiò in un urlo assurdo e mi chiese di portarla con me a pranzo, poche ore dopo. Forse il mondo, aveva riniziato a ruotare dalla parte giusta, per la povera Alexandra Jane Fox.

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** He's Too Much Jealous. ***


Da quel momento, i mesi iniziarono a volare. Il lavoro che ingranava sempre di più, la sicurezza in me che riniziava a salire e specialmente, una relazione solida che mi rendeva felice. Praticamente era giugno e stavamo insieme da poco prima che feci i miei ventidue anni, il nove febbraio. Blake, era meraviglioso. Mi trattava come un uomo dovrebbe trattare una donna, mi spediva a casa enormi mazzi di fiori colorati e profumati, lavoravamo insieme (lui era direttore di molti dei video a cui facevo da coreografa), uscivamo a cena e poi rimanevamo spesso a dormire ognuno a casa dell'altra, dipendeva dagli impegni lavorativi. Kim l'aveva conosciuto e non le aveva dato una bella impressione. Lo vedeva troppo possessivo nei miei confronti, troppo protettivo. Si, aveva ragione. Blake era abbastanza geloso di me, specialmente quando uscivo con Jade, piuttosto che Sam o anche Melanie, la ragazza di Nick. Avevamo legato moltissimo. Era una ragazza deliziosa. Sempre con il sorriso sulle labbra, dolce, disponibile e molto comprensiva. Ogni tanto, le chiedevo di suo "cognato", di che stesse facendo. Mi sorpresi molto quando mi disse che i tre fratelli, avevano riniziato a lavorare insieme. Ricordo che in tour, l'anno prima, mi dicesse che si sentiva un po' oppresso, perché non tutte le sue idee erano prese in considerazione dai fratelli e quello, lo feriva molto. Forse era anche per quello che aveva deciso di intraprendere la carriera da solista. Sinceramente, nonostante fossi molto presa da Blake, pensavo a lui ogni santo giorno. Mi era rimasta una cosa sua, di cui ero strettamente gelosa. Mi aveva lasciato una bottiglia del suo profumo preferito, che era quasi terminata. Mi bastava solo annusarla qualche secondo e partivano ricordi su ricordi. Tipo la sera che facemmo l'amore, quando lo sentivo addosso a me, lo sentivo sul mio corpo nudo. Blake odiava questo fatto. Le poche volte che avevamo discusso, era riguardo uno stupidissimo profumo. Blake diceva che era una cosa ridicola tenere ancora la boccetta di profumo del mio ex ragazzo, chiusa nella mia anta del mobiletto del bagno. Eppure, non poteva capire. Lui con la sua ex moglie, era ancora in ottimi rapporti e molto spesso uscivano ancora insieme. Io non ero gelosa affatto. Insomma, per quelle poche volte, non mi importava se fosse con lei. Una sera di metà giugno, Blake era appena tornato da un viaggio di lavoro a Tokyo. Era stato via tre settimane e mi era mancato molto. Poi, non avevamo molte occasioni di parlarci, dato che quando da me a Los Angeles era pieno giorno, da lui era mattina e quindi lavoravamo entrambi e quando io mi svegliavo, lui dormiva. Era stato difficile trovarci in contatto ma era capitato che mi trovassi sveglia nel pieno della notte a fare delle videochiamate con lui tramite skype. La sera del suo ritorno, decise di voler uscire a cena. Io non volevo perché sapevo che aveva passato ore e ore in volo e il jetleg, doveva averlo stordito. Ma lui insistette. Andammo nel solito ristorante, cenammo in intimità per quasi tutto il tempo. Tranne quando a lui suonò il telefono e dovette uscire a parlare. Io, in preda alla noia, mi misi a messaggiare con Melanie che mi disse che erano tutti riuniti a casa Jonas per una cena di famiglia molto tranquilla. Mi sarebbe piaciuto conoscere tutti quanti, sembravano delle persone buonissime e di compagnia. Decisi di chiamarla, anche per poco. Non appena rispose, sentii Joe urlare: -Lexie, mi manchi! Diceva sul serio o scherzava? Sapevo bene che in quel periodo di stesse "frequentando" con una ballerina di Las Vegas. Melanie diceva sempre che era solo un pezzo uno di plastica. Era finta dalla testa ai piedi, a quanto pare. Proprio nel momento che entrò Blake, stavo dicendo a Melanie di riferire che anche lui mi mancava.. Non l'avessi mai fatto. Io e Blake iniziammo a discutere come se non ci fosse un domani. Questa volta, facevamo sul serio. Era incazzato sul serio. Lui, una persona calma e pacata, era incazzata come una serpe. Mi disse di muovermi a salire sulla moto perché mi avrebbe riaccompagnata a casa. Andava troppo veloce, avevo il terrore negli occhi. Io parlavo, sperando che mi sentisse. Lui faceva finta di niente. Fino a quando non si girò e mi disse di star zitta. E poi, avvenne il peggio. In pochi secondi, ci trovammo scaraventati in mezzo alla strada. Le uniche cose che notai non appena aprii gli occhi, furono le mie mani insanguinate e sporche del nero dell'asfalto e percepii un dolore lancinante al collo e alle gambe. E poi Blake, bloccato sotto la moto con il casco rotto e il pantaloni strappati all'altezza delle ginocchia. Non ebbi il tempo di realizzare il tutto, che i miei occhi si chiusero lentamente. Come era potuto succedere? Joe, ancora mi aveva provocato dei danni, anche se non volontariamente.

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** I'm Alive. ***


Mi svegliai la mattina dopo alle otto. Era abbastanza ovvio che mi trovassi in ospedale. Quella stanza dall'aria così triste. Una sedia accanto ad ogni letto, una finestra leggermente sporca dalla quale filtrava il sole. Sentivo male ovunque. Mi resi conto di aver un braccio fasciato stretto e notavo che era sporco di tintura allo iodio, era abbastanza ovvio che ero stata operata la notte passata. Ero in stanza completamente da sola. Poi notai una giacca di pelle nera appoggiata sul letto accanto. Mi pareva di conoscerla. Era quella di mamma. Non appena uscì dal bagno, corse accanto al letto e mi diede un bacio sulla fronte. Scoppiai in lacrime e lei mi disse che appena l'aveva saputo, aveva preso il primo volo per venire qui. Non mi importava di me, volevo sapere come stesse Blake. Ero davvero preoccupata. Mamma disse che era ancora in sala operatoria perché la sua gamba destra era ridotta male. Era come se gli si fosse sbriciolato l'osso. Era tutta colpa mia. Accidenti a me, a Joe e a quella maledetta chiamata. Però, era stato Blake a non tener d'occhio la strada. Mamma scese a prendersi un caffè e mi consigliò di dormire. Le diedi subito ascolto. Mi risvegliai attorno a mezzogiorno e con mia grande sorpresa, trovai accanto a me Kim e papà, Melanie insieme a Nick. Quando dissi anche solo "ciao", mi abbracciarono tutti insieme. Mi erano mancati tutti quanti tantissimo! Avevano preso insieme un enorme mazzo di fiori profumatissimi e bianchi. Erano meravigliosi. La cosa che mi rese di stucco, fu quando mi resi conto che sul bigliettino con scritto degli auguri di buona guarigione, oltre alle loro firme, ci fosse anche quella di Joe. Mi sembrò di essere tornata indietro nel tempo. Lui, sapeva cosa mi fosse successo e sperava che mi riprendessi velocemente. Era stato gentile da parte sua. Non so perché, ma in quel momento dimenticai di essere fidanzata e dimenticai specialmente che Blake era sotto i ferri. O forse era uscito? Non lo so. Ero arrabbiata con lui, onestamente. Ora avrei voluto solo una persona con me, in quel momento. Nick capì subito a cosa pensavo, dall'espressione sul mio viso. Chiese a tutti di uscire ed iniziò a dirmi: -Sai che quando l'ha saputo, si è messo a piangere? Sa di averti persa dal lato "dell'anima" ma se ti avesse persa anche come persona fisica, avrebbe smesso di vivere. Lui vive ancora per te, tutt'ora. L'hai cambiato sul serio, Lexie. Ora si frequenta con quella ragazza ma credo che sia solo per divertimento. Se lo vedessi ora, ti rapirebbe di nuovo il cuore. Io gli dissi che grazie a quella furba di Kim, avevo visto delle foto e che era ancora più bello ora che si era fatto crescere i capelli. Lui mi disse che se volevo, l'avrebbe chiamato per farlo venire. Avrei voluto ma se poi fosse entrato Blake? Sarebbe finita a cazzotti tra di loro? Il mio ragazzo e il mio ex ragazzo. O forse, entrambi ex? Insomma, Blake era un amore ma non sopportavo più la sua gelosia opprimente. O cambiava, o era finita, anche con lui. Decisi di voler vedere Joe. Lo desideravo praticamente dal giorno successivo al nostro litigio. E voilà, dopo poco più di un'ora, stava entrando nella mia stanza. Avevo paura che fosse in compagnia di quella ragazza ma per mia fortuna, era solo. Ero in preda alla tachicardia. Non passava un giorno senza che diventasse più bello. Sentivo un formicolio all'altezza dello stomaco. Saranno state le cosiddette farfalle? Chiese a Nick di lasciarci per un po' da soli. Non appena lui uscì dalla stanza, iniziai a piangere. A piangere, dalla gioia. Era di nuovo lì, accanto a me, più bello che mai. Mi prese la mano del braccio buono e la strinse. Aveva la voce rotta dal pianto. In effetti, stava piangendo. Mi continuava a dire che gli dispiaceva, che gli mancavo, che aveva avuto paura per me. Poi, baciò la mia mano fredda, prima di metterla di nuovo sotto le coperte. Disse ridendo: -So che sei fidanzata, furbetta. Beato quel ragazzo. E io ridendo ribattei che sapevo che lui si frequentava con una mezza barbie di Las Vegas! Rispose con un semplice "è solo sesso". Quanto mi mancavano le sue battute sceme. Ed ecco che avvicinò il suo viso al mio. Non avevo la forza di reagire e le uniche cose che dissi furono quelle di baciarmi. Lui lo fece all'istante. Fu un bacio lungo, appassionato. Da veri innamorati. Poco dopo, eravamo insieme sdraiati su quel piccolo letto di stanza d'ospedale. Abbracciati, a parlare. Avevo di nuovo tra le braccia lui. Forse non saremmo tornati insieme ma quello, era stata una piccola ricompensa dopo l'incidente accaduto la sera prima.

Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** A Little Heart and A Smile ***


Era appena iniziato luglio e finalmente potevo uscire da quell'orribile ospedale che mi opprimeva da una decina di giorni, ormai. In quei pochi giorni, era successo di tutto. Io che guarivo da quel terribile incidente del quale vedo ancora tutte le immagini, io che ho mollato Blake perché non ce la facevo più. L'ho lasciato nel modo più normale possibile, cioè parlando con calma. Mi ero levata il peso come si leva un cerotto, in un colpo unico. Era ovvio che un po' mi dispiacesse ma, avevo un'altra persona ad aspettarmi. Sì, proprio Joe. Avevo capito di non poter star senza di lui, ancora per molto. Il giorno in cui uscii dall'ospedale, mi stava aspettando all'entrata, appoggiato alla sua macchina. Non potevo crederci. Era il mio ragazzo e questa volta, non l'avrebbe nascosto. Questo, mi rendeva felicissima. Mi avvicinai e lui, all'inizio mi diede un abbraccio forte, facendo attenzione al mio braccio operato, poi mi diede uno dei suoi baci. Per un momento, pensai di star volando. Quanto era dolce. Appena mi staccai, lui prese il mio borsone con dentro tutti i cambi e la caricò sui sedili posteriori. Mi aprì la portiera, facendo un sorriso meraviglioso e totalmente genuino. Mi chiese se volessi andare da lui ma risposi dicendo che lui doveva ancora vedere il mio appartamento, il mio piccolo gioiellino. Mezz'ora dopo, eravamo sotto il mio palazzo. Entrammo e prendemmo l'ascensore per salire al mio piano. In quei secondi che ci dividevano dal mio appartamento, Joe si mise dietro di me e mi abbracciò da dietro, appoggiando la testa sulla mia schiena. Era ancora lui. Proprio come me lo ricordavo. Dolce, gentile, delicato. Continuava a chiedermi se avessi male al braccio e io rispondevo di no, anche perché non mi andava di farlo preoccupare. Sì, il braccio faceva un po' male, ovviamente. Delle placche e delle viti, si sentono. Si aprirono le porte dell'ascensore e gli feci strada. Insistette nell'aprire la porta ed entrò praticamente subito. Diceva che solo dall'entrata, gli piaceva parecchio. Che gentile. Mi chiese un bicchiere di succo ma gli dissi che essendo stata via per dieci giorni, il mio frigorifero era praticamente vuoto. Decidemmo di andare a prendere qualche cosa, giusto l'indispensabile. Mi disse che voleva fare una foto di noi due ma non capivo il motivo. Poi ricordai che era diventato instagram-dipendente e allora accettai. Entrambi fecimo un sorriso spontaneo e poco dopo, scattò la foto con la fotocamera interna del suo iPhone. Decise di caricarla con una semplicissima descrizione che era un semplice cuoricino e una faccina sorridente. Sì, aveva appena dimostrato di amarmi e di voler mettere la nostra relazione, sotto la luce del sole. Lui amava me e io amavo lui. Appena arrivati al supermercato, andò a prendere un carrello ed entrammo subito. Entrambi ridevamo perché facevamo già la figura della coppia sposata, quando stavamo insieme, sul serio, dal massimo due giorni. Come avevo immaginato, era abbastanza ovvio che avremmo trovato almeno una fan. Si avvicinò a lui, chiese una foto e poco dopo disse: -Wow, la tua ragazza è proprio carina! Amo il fatto che sia in giro con una tuta, i capelli legati e senza un filo di trucco! Spero proprio che siate felici! Lui la ringraziò e io feci lo stesso. Cavolo, non pensavo che mi avrebbero accettata già, così di colpo. Dopo un'oretta, eravamo a casa e ricevemmo una chiamata da Nick, che ci diceva che voleva uscire a cena con noi due. Disse che Melanie, non vedeva l'ora di riabbracciarmi. Volevo troppo bene a quella ragazza. Erano già le sei quando ricevemmo la chiamata e dato che l'incontro sarebbe stato alle sette, avevamo pochissimo tempo per prepararci. Io feci il più veloce possibile. Avevamo deciso che mentre io mi vestivo, lui faceva la fase "bagno" e poi, viceversa. Non appena fui pronta, corsi in bagno e notai che si stava facendo la barba. Avevo un debole per lui, quando lo faceva. Si rese conto dell'ora e fece velocissimo. Alle sette meno cinque, i nostri "compagni" da uscita a quattro, erano sotto. Bellissimi, come sempre. Da quel momento, la serata passò in un lampo e quando tornammo a casa, io e Joe, non ci staccavamo più di dosso. Fu così, che quella notte, si trasformò nella nostra notte.

Ritorna all'indice


Capitolo 15
*** He's My Sexy Chef ***


La mattina seguente, mi svegliai grazie a un ottimo profumo di cibo che arrivava direttamente dalla cucina. Mi alzai dal letto, andai a cercare qualcosa da mettermi addosso, dato che come previsto ero ancora senza niente dopo la notte passata. Trovai a terra la sua camicia blu e decisi di mettermi quella. Sotto la camicia leggermente abbottonata, misi uno dei miei completini intimi nuovi di pacca che avevo preso quando stavo ancora con Blake. Finalmente, era arrivata l'occasione di usarne uno, per vedere che reazione potessero creare agli uomini. Era nero, di pizzo e con qualche piccola rosa rossa sparsa qui e là. Sinceramente mi veniva un po' da ridere perché non sono mai stata brava a fare la ragazza sexy, anzi, sono sempre stata abbastanza goffa e impacciata, tranne quando ballavo. Dopo essermi messa tutto, mi avvicinai allo specchio per vedere in che stato fossi ridotta. Mi aspettavo peggio, onestamente. Mi diedi una sistemata veloce ai capelli, levai per bene tutto il trucco e mi diressi verso la cucina. C'era il bancone della penisola perfettamente apparecchiato a dovere. Piatti, bicchieri, tovaglioli di carta. Poi, il mio occhio non potè non cadere su di lui. Indossava semplicemente un paio di pantaloni della tuta. Era a piedi scalzi sul pavimento di marmo gelido della cucina. La cosa che amavo più di tutte, era la sua schiena. Il modo in cui aveva i muscoli sparsi un po' ovunque, il modo in cui rimaneva e specialmente, le fossette nella parte bassa della schiena. Con tutta la delicatezza che potessi avere, mi avvicinai a lui ed iniziai a baciargli le spalle. Amavo il profumo del suo bagnoschiuma, che aveva usato qualche ore prima di quando arrivai io. In ben che non si dica, mi ritrovai appoggiata al mobile accanto ai fornelli, con lui e mi baciava delicatamente il collo. Con la sua voce calda e suadente, mi ringraziava della notte passata. Dal collo, iniziò a salire lungo alla mascella, girando, fino a quando non raggiunse le mie labbra. Senza esitare, lo baciai. Fu un bacio lungo, molto lungo. Alla fine, dovevamo recuperare quello che ci eravamo persi nei mesi precedenti. Quando si staccò, ridendo mi disse: -Normalmente quella camicia la porterebbe un uomo ma a te, sta molto meglio che a un uomo! La porti con naturalezza! Domanda invadente. Porti qualcosa lì sotto? Io annuii ed iniziai a slacciare i bottoni. Ok, l'effetto che ebbe su di lui, era proprio come me la immaginavo. A stento riusciva a tener ferme le mani. Disse che era meglio che non mi guardasse perché non voleva sciuparmi e poi, doveva finire di preparare la colazione. Aveva appena sfornato una teglia di muffins ai mirtilli. Lui sì, che mi vizia. Amo i muffins, specialmente se appena sfornati. Poco dopo, eravamo seduti attorno alla penisola a gustarci la colazione preparata da lui. Io presi un muffin con un bicchiere di succo d'arancia, mentre lui prese un muffin e un bicchiere di latte. Mentre mangiavamo, mi disse che l'appartamento era bellissimo e che gli sarebbe dispiaciuto doverlo tenere chiuso per un po'. Non capivo il motivo di questa frase e allora chiesi il perché. La sua risposta fu: -Perché tu adesso vieni a vivere con me, a New York. Dato che io e i miei fratelli stiamo portando avanti abbastanza bene il progetto, abbiamo deciso di rimanere lì, finché tutto non sarà finito. Stava scherzando? Mi sarei trasferita da lui? Per di più a New York? Credevo di star sognando. Andare a vivere nella città che amo più di tutte, insieme al mio fidanzato. Quel pomeriggio stesso iniziai a preparare alcune valige con le cose che avremmo usato maggiormente. Avevo dovuto fare tutto io perché lui aveva avuto un importante meeting, quindi il compito era toccato tutto a me. Quella sera stessa a mezzanotte, partimmo. Atterrammo a New York più o meno verso le otto del mattino, ora locale. Quelle cinque ore di aereo erano passate velocissime. Intorno alle nove, eravamo davanti alla porta di quello che sarebbe stato il nostro appartamento per i mesi successivi. Prima di entrare mi disse: -Ah, piccola. Stasera siamo invitati a cena a casa dei miei genitori! Non vedono l'ora di conoscerti, sai? Poi aprì la porta. Io ero troppo pietrificata per entrare in casa. Oh, mamma mia! E adesso? Che avrei dovuto aspettarmi? Che avrei dovuto indossare? Come mi sarei dovuta comportare? La tensione che avevo addosso in quel momento, si poteva tagliare con un coltello. Lui capì che avevo paura e molto semplicemente, con il suo solito sorriso mi disse: -Ti adoreranno, credimi! Stai tranquilla, andrà tutto bene! Ci sono io con te! Cavolo, nessuna persona riusciva a rendermi così tranquilla in così poco tempo. Forse era proprio per questo, che lo amavo follemente.

Ritorna all'indice


Capitolo 16
*** Work Instead of Love ***


Ormai da quasi due ci eravamo trasferiti ufficialmente a New York. Mi ero innamorata seriamente di quella città. Amavo il fatto che la mattina potessi andare a correre tranquillamente, amavo l'aria che mi circondava quotidianamente. Che dire, da quando avevo conosciuto la famiglia di Joe, tutto era un'altra cosa. Mi messaggiavano spesso per sapere come stessi, per invitarci a pranzo piuttosto che a cena, per essere sicuri che lui mi trattasse bene. Arrivò la settimana del suo compleanno e tutto era diventato frenetico. Avevamo deciso di fargli una festa a sorpresa, per il suo ventitresimo compleanno. Speravo con tutta me stessa, che questo compleanno fosse andato meglio di quello dell'anno prima. Avevamo trovato un locale dove avremmo fatto tutto quanto. Tutti si erano presi a carico di qualcosa. I suoi fratelli avevano il compito di chiamare tutti i suoi amici più stretti, Melanie doveva trovare un modo per "arredare" la stanza che avevamo noleggiato. A me, toccava il compito di scegliere e ordinare una torta. Tutti volevano che scegliessi una torta grossa, esagerata. Ma io credevo, che dato che eravamo i suoi amici e parenti più stretti, volevo fosse una cosa più sobria. Tutti mi diedero ragione. Ordinai una semplicissima torta di compleanno, con pan di spagna al cioccolato e crema. Il problema era scegliere il regalo. Sapevo che non volesse niente da parte mia, ma un minimo pensierino, dovevo farglielo. Arrivò la sera del 15 agosto. Andò benissimo. La sorpresa venne perfettamente. Lui era felicissimo di vedere tutti quanti, lì per lui. Quando arrivò il momento di scartare i regali, ero nervosa. Il regalo era semplice ma avevo speso troppo, mi sa. Gli avevo preso un braccialetto, da Tiffany. Era tutto d'oro bianco, con qualche inserto di platino. In fondo, anche se avevo speso una fortuna, era il minimo che potessi fare. Quindi, la serata fu perfetta. Ancora più velocemente, arrivò settembre e qualcosa era cambiato. Il nostro legame, era cambiato totalmente. Lui era totalmente preso dalle prove, dato che qualche settimana prima, lui e i fratelli avevano annunciato, per l'undici Ottobre, un concerto nella leggendaria Radio City Music Hall. Non ci vedevamo praticamente più. Lui si svegliava la mattina presto, usciva per i vari meeting con il resto della band e poi si rinchiudeva a far prove. Non mi aveva mai invitata alle prove. Questo mi aveva ferito moltissimo. Sapevo che Melanie, era presente praticamente tutti i giorni. Lei mi diceva sempre che le dispiaceva perché non trovava giusta questa cosa. Però, era una decisione di Joe, alla fine. Come se non bastasse, quando lui se ne tornava a casa, mi salutava e basta, senza nemmeno darmi un misero bacio e se ne andava a letto. E io, perennemente, piangevo. Era questo il prezzo dell'essermi trasferita con lui a New York? Fare la brava donna di casa, pulire, lavare, stirare tutto il giorno? Avevo ventidue anni e stavo facendo la vita di una di quaranta, sposata e con figli. In pratica, una casalinga disperata. I giorni passavano e la situazione andava sempre peggio. Alcune sere, nemmeno tornava a casa. Non mi avvisava neanche. Una sera, Melanie si presentò a casa mia e vedendomi in lacrime, mi strinse forte. Andammo in salotto e lei mi disse: -Lexie, lo so che lo ami tanto, ma non puoi stare così! Te lo impedisco! Non me ne frega niente se lui è mio cognato! Non me ne fotte proprio! Questo è quello che devi affrontare per essere venuta qui a New York, insieme a lui? Sai la cosa che mi fa star male per te, Lexie? Il fatto che tu, non essendoci alle prove, non vedi che fa, veramente. Fa il cascamorto con le ragazze. Forse lo fa per ridere, ma è fidanzato, cazzo! Lexie, lascialo. Vattene via da qui, ti prego. Sei stata già troppo male per rimanere ancora. Melanie aveva ragione. Perché dovevo sopportare questo? La mattina seguente, presi le mie cose e prenotai un volo per Houston. Volevo correre tra le braccia di mamma. Prima di lasciare l'appartamento, gli scrissi una lettera. C'era scritto: caro Joe, è questo il modo in cui devo venire ripagata? E' questo il modo in cui devo venire amata? Sono settimane che ti aspetto. Ma tu non ci sei, fisicamente. Non mi sento nemmeno più bene. Ho pianto giorni e notti infinite. Non credevo che mi avresti accantonata in questo modo, quando accettai di seguirti. Ed ecco perché ti scrivo questa lettera. Quando la leggerai, sarò praticamente in volo per una destinazione che non ti riguarda. Mi sono fidata di te ancora e ho sbagliato. Addio Joe. Questa volta non torno più indietro. Basta, tutto ha un limite. Buona fortuna per l'undici Ottobre. Ciao. P.s: ti ho lasciato nel cassetto tutte le cose che mi avevi regalato. Non le voglio più. Ed eccomi lì, di nuovo single. Dovevo dimenticarlo. E quella volta, mi ripromisi di farcela.

Ritorna all'indice


Capitolo 17
*** Broken Hearts ***


Ero arrivata a Houston da pochi minuti e già mi sentivo meglio. Sapevo che mamma avrebbe fatto tutto il possibile per farmi distrarre e rendermi un pochino felice. Non appena arrivò, mi abbracciò fortissimo. Scoppiai a piangere tra le sue braccia. Ero rimasta ferita, un'altra volta. Cercava di consolarmi ma sapevo che anche lei, stava ancora male, nonostante fossero più di sei mesi che si era lasciata con il suo compagno. Cavolo, era a pezzi. Però, era brava a nascondere il tutto. Non come me. Salimmo sulla sua macchina e ci mettemmo in viaggio, destinazione casa. Sentivo le lacrime pungermi dentro gli occhi. Non faceva bene trattenere ancora lacrime, quindi iniziai di nuovo. Mamma mi teneva una mano stretta. Stava piangendo anche lei. Piangeva per lei, piangeva per la sua unica figlia, la sua piccola stella. A un certo punto, accostò la macchina al lato della strada e mi strinse a lei. Con la sua voce spezzata dal pianto, disse: -Piccola mia, non piangere. Basta Lexie, ti prego. Basta piangere per Joe. E' il secondo anno che stai così per lui. Lascialo perdere, una volta per tutte. Meriti tanto più di questo, amore. Fammi un sorriso, dai. A casa ti aspetta una cosa. Quanto le volevo bene. Era stupenda. Arrivammo a casa e non appena mamma aprì la porta, mi corse incontro un cucciolo di labrador marrone. Era la cosa più dolce che avessi mai visto. Lo presi subito in braccio ed iniziai a coccolarlo. Vidi mamma sorridere. Le chiesi il motivo e lei mi disse che le sembrava di vedermi bambina, aveva rivisto la bambina che ero una volta. Mi disse anche che il mio amato gatto, Mr. Jiggles, era nella sua stanza a dormire sul letto. Corsi subito dal mio amore peloso. Appena mi vide, si svegliò e mi venne vicino, facendo le fusa. Mi era mancato così tanto. Mi stesi sul letto per un po' e in un attimo, mi addormentai. Un'ora dopo, venni svegliata dal mio cellulare che squillava. Guardai lo schermo e vidi il nome "Melanie". Avevo paura di sentire le sue parole. Risposi e lei mi disse: -Lexie, vedo che mi hai ascoltata.. Hai fatto la scelta migliore.. E io risposi che era quello che mi sentivo di fare ma mi importava di sapere come l'avesse presa lui. Melanie rispose: -Lexie, era arrivato a casa con un mazzo di rose enorme.. Io e Nick eravamo con lui.. Ti cercava ovunque per casa, fino a quando non è arrivato in camera e ha trovato la tua lettera sul cuscino.. Si è seduto sul letto ed ha iniziato a leggere ad alta voce.. Non appena ha letto le parole "sarò praticamente in volo", la voce ha iniziato a tremargli.. Poco dopo, ha iniziato a piangere, come un disperato.. Aveva gli occhi rossi, singhiozzava, implorava che tu tornassi.. Ha iniziato a urlare.. Il mazzo di rose, l'ha buttato a terra e si è praticamente disintegrato.. Diceva che era ancora colpa sua, che ti aveva trascurata per le prove.. Poi, Lexie.. Si è sentito male.. E' andato a terra, di colpo.. Mi sono sentita terribilmente in colpa.. Appena si è ripreso, si è chiuso in bagno.. Sentivamo ancora che stava piangendo, tanto.. E' stato dentro due ore e non appena è uscito, tremava come una foglia.. Lexie, aveva le mani sporche di sangue.. Aveva colpito lo specchio, con tutta la forza che aveva.. Noi ora l'abbiamo messo a letto ma purtroppo, sta piangendo abbracciato al tuo cuscino.. Scrivigli qualcosa, ti prego.. Io le risposi dicendo che non sapevo che dirgli e che mi dispiaceva. Poi riattaccai. Poco dopo, iniziarono ad arrivarmi messaggi, chiamate, notifiche di whatsapp. Era lui che mi implorava di tornare. Continuava a dire che senza di me, sarebbe stato malissimo e che se non tornavo, si sarebbe ammazzato. Non mi interessava, poteva fare quello che voleva. Da quel giorno in poi, dovevo cambiare e non perdere più tempo dietro di lui. Fu così che spensi il telefono e pensai a una cosa. Il giorno dopo, sarei andata in centro a compare una nuova sim card, con un nuovo numero di telefono. L'unica persona che aveva a che fare con lui e a cui avrei dato il nuovo numero, sarebbe stata Melanie. Non volevo perdere i contatti con quel tesoro di ragazza. Passai il resto della giornata in giardino a giocare con il nuovo arrivato in famiglia. Era l'unico modo per distrarmi. Non appena arrivò l'ora di cena, ebbi un momento di debolezza e scrissi un messaggio a Joe dicendogli di aspettare, forse saremmo tornati amici, tra qualche settimana, mese, o anno.. Doveva solo aver pazienza. Scese la sera su Houston ed io, ero in giardino, a piangere, sotto le stelle. Sarebbe stata la mia ennesima notte da single. Ma questa volta, non avrei dormito sogni tranquilli. Chissà, come stavano le cose a New York.. Lui non aveva risposto al messaggio, quindi può darsi che stesse dormendo, o mi avesse già dimenticata. Non mi restava che aspettare.

Ritorna all'indice


Capitolo 18
*** Radio City, They're Back ***


A quel messaggio, non ricevetti mai risposta. I giorni passavano e la situazione migliorava. Ero tornata a New York e mi ero cercata un appartamento tutto mio. Quella città, in autunno è meravigliosa, specialmente lo scenario di Central Park. I primi freddi, le foglie che cambiano colore. Già mi mancava mamma. Mi mancava tantissimo. Mi mancavano i suoi abbracci, le sue colazioni. Ma a New York, ero finalmente indipendente. L'appartamento era piccolino ma molto accogliente. Riuscivo anche a vedermi con Melanie, quindi mi sentivo bene. Era sempre più bella, cavolo. Da quando ero andata via, era diventata ancora più femminile di quanto lo fosse già. Un giorno ci trovammo insieme a Soho per un pranzo veloce. Lei portava un paio di leggins neri, una canottiera bianca abbastanza lunga e molto sbracciata e infine una giacchetta blu. Io invece avevo scelto un semplice vestito blu con una fantasia etnica bianca. Passammo quel pranzo a raccontarci cose, parlare, ridere, scherzare. Mi disse che le cose tra lei e Nick andavano una meraviglia, che erano andati a vivere insieme da qualche giorno. Non potevo essere più felice di così. Si meritavano tutto il bene di questo mondo. Si amavano, rispettavano tantissimo. Mi disse anche: -Joe sta iniziando a uscire di nuovo ma sta ancora un po' male. Insomma, ha sofferto abbastanza, credimi. Però credo che sia disposto a fare in modo di vedervi per parlarne. Io le risposi che mi faceva piacere che stesse meglio e che ci avrei pensato. Melanie ci tenne a dirmi che quel giorno, era il sette di Ottobre e che quattro giorni dopo, ci sarebbe stato il grande concerto. Insisteva sul fatto che dovessi andarci anche io. Io non sapevo che fare. Andare a supportare il mio ex ragazzo come se niente fosse accaduto? Era ovvio che mi sarei sentita strana. All'inizio dicevo che forse era meglio di no ma Melanie insistette, implorandomi. Accettai. Dopo quest'ultima chiacchierata, dovettimo andare a casa entrambe. Le diedi un passaggio fino al suo palazzom ci salutammo con un bacio sulla guancia e la lasciai andare. I quattro giorni successivi passarono in un batter d'occhio. Arrivò il fatidico giorno. La mattina la passai allenandomi, rilassandomi e dandomi una bella sistemata per quella sera. Intorno alle sei, ero pronta. Avevo scelto un vestito blu elettrico, abbastanza corto, aderente e scollato sulla schiena, da abbinare ad un paio di scarpe molto alte e color carne. Avevo lasciato cadere morbidi i capelli lungo alla schiena e mi ero truccata leggermente. Mi sentivo estremamente bene. Scesi ed aspettai qualche minuto prima di prendere un taxi, direzione Radio City. Non appena arrivai fuori, mi ricordai di aver un invito speciale. Lo feci vedere e mi dissero che dovevo entrare sul retro. Mi avevano accompagnata quelli della sicurezza. Quindi, era questa la sensazione che provava Joe molto spesso? Io non mi sarei mai abituata. Entrai dalla porta e la prima persona che vidi, fu Melanie che mi corse incontro e mi abbracciò fortissimo. Continuava a ripetermi di quanto fossi bella quella sera. Lei lo era veramente tanto. Per la prima volta, la vedevo con un paio di scarpe alte e stava una meraviglia. Mi prese per mano e ci adentrammo lungo i vari corridoi. Incrociammo gli altri componenti della band che mi abbracciarono e dissero che erano emozionati nel vedermi lì. A un certo punto, mi trovai davanti al camerino dei ragazzi. Avevo il cuore in gola. Non sapevo più che pensare, che provare, cosa percepire. Melanie, prima di entrare mi disse: -Senti, Lexie, devi sapere una cosa. C'è una ragazza qui con lui, va bene? Non starci troppo male. Io le risposi che non era un problema perché bastava semplicemente che lui fosse felice e sereno. Entrammo nello stanzino. Lui era seduto su una sedia, vicino allo specchio, a parlare con una ragazza. Wow, era davvero bella. Alta, un fisico da urlo. Portava un vestito rosso. Quando Joe mi vide, si alzò dalla sedia e venne da me. Ci abbracciammo un po' e io gli chiesi scusa. Melanie disse a tutti di lasciare la stanza perché dovevamo parlare. Quella ragazza che era con lui, mi guardò stranamente, prima di uscire. Non appena si chiuse la porta, lui mi prese il viso con le mani ed iniziò a baciarmi. Non me l'aspettavo, affatto. Dopo questo bacio, parlammo, forse per mezz'ora buona, prima che lui dovette andare in un'altra stanza per il meet&greet. Intorno alle otto e un quarto, il concerto iniziò. Dio mio, vederlo di nuovo sul palco, mi rendeva felice. Qualche volta, si girò verso il backstage e mi lanciò qualche occhiata. Quella notte fu infinita. Dopo il concerto, andammo tutti in un locale per finire la serata. Io feci conoscienza con la ragazza che era assieme a Joe. Era adorabile. Mi sentivo in colpa per quel bacio, successo qualche ora prima. Ma non ci pensai. Quell'undici Ottobre, sarebbe stata una notte indimenticabile.

Ritorna all'indice


Capitolo 19
*** I'm Alone ***


Ormai erano arrivate le vacanze natalizie. E io non sapevo come passarle. Essere single, era strano. Da Ottobre, erano successe un po' di cose, diciamo. Io avevo iniziato a studiare all'università. Alternavo lo studio alle prove di ballo. Ero stata scelta per una piccolissima parte in uno show a Broadway. Nulla di che, ero una ballerina di ultima fila ma per me, era un sogno che si realizzava. Adoravo questa vita ma mi mancava qualcosa, o meglio qualcuno. Da quell'undici Ottobre, avevo perso di vista tutti quanti. Ero rimasta da sola. Melanie aveva smesso di contattarmi. Le scrivevo, la chiamavo ma nulla. L'unica cosa che sapevo era che Joe, si era messo insieme a quella ragazza presenta quella sera, Blanda. Era una ragazza veramente eccezionale. Sapevo che era una persona che avrebbe trattato meravigliosamente il mio ex ragazzo. Sapevo che era andato a Zurigo, dalla famiglia di lei. Aveva già conosciuto la sua famiglia, wow. Sembrava una cosa seria. Lui era felice e questo mi rendeva serena. Ma io, ero rimasta da sola. Era il mio incubo. Stavo male, sul serio. Avevo anche litigato con Kim, la mia adorata sorellina.. Diceva che ero stata una cretina a lasciare un ragazzo del genere. Ma lei non poteva capire. Aveva mollato quello più grande di lei e adesso stava con uno della sua età, un ragazzo adorabile. Ero sola, letteralmente. Quel piccolo appartamento dove stavo, sembrava immenso. Freddo, triste, silenzioso. Mi ostinavo a studiare, fare le prove. Fare le prove e studiare, ancora. Stavo andando in depressione. Iniziai a prendere dei medicinali, per cercare di riprendermi. Ma stavo talmente male, che non funzionavano. Per la prima volta in ventidue anni, avrei passato il Natale da sola.. I giorni volavano, velocissimi. La mattina della vigilia di Natale, ricevetti un messaggio da parte di Melanie. Diceva che dovevamo vederci, quel pomeriggio stesso, perché mi doveva delle spiegazioni. Tirai un sospiro di sollievo. Quel pomeriggio, suonò il campanello. Non appena entrò dalla porta, mi abbracciò e scoppiò a piangere. Diceva: -Lexie, che ti è successo? Sei distrutta.. Mio dio.. E' tutta colpa mia, cazzo. Sono stata una pessima amica, lo so.. Ma sono stata presa da tutt'altro.. So che è brutto dirlo.. Ti voglio bene, Lexie.. Io iniziai a urlarle contro che se ne doveva andare perché non volevo vederla. Continuava a piangere, dicendo che non voleva. Ero arrabbiata con lei. Vedendo che non cambiavo idea, se ne andò a testa bassa, dicendo che mi avrebbe aspettata. Se l'avessi perdonata, magari avrei passato il Natale insieme a lei e a Nick, che mi mancava molto. Poco dopo, mi arrivò un suo messaggio dove diceva che stavano partendo per Dallas, dove avrebbero passato quei giorni, con la sua famiglia. Non appena lessi le parole "riprendi i contatti con mio fratello", non sapevo che fare. Lui si era consolato, alla fine. Mentre io, ancora pensavo a lui. Mi alzai dal letto e andai sul balcone. Avevo con me un bicchiere di vodka liscia e una sigaretta. Speravo che quello mi avesse fatta distrarre. Ed eccomi di nuovo.. Stavo piangendo. Mentre tutta la gente passava la vigilia di Natale insieme ai propri cari, o a comprare i regali dell'ultimo minuto, io ero a casa da sola, a bere per dimenticare. Mi ero rovinata la vita. Restai su quel balcone fino a mezzanotte. Mi era passata anche la fame. Entrai in casa barcollante. Mi infilai a letto e mi addormentai in poco. La mattina di Natale, mi svegliai da una chiamata. Era Kim. Da lei, a Los Angeles, erano le sei del mattino. Era già sveglia a scartare i regali con papà, sua mamma e Colin. Disse che gli dispiaceva e che mi voleva bene. Le dissi che le volevo bene anche io e le augurai un felice Natale. Andai in salotto e vidi una busta a terra, sotto alla porta. La aprii e le lacrime iniziarono e scendermi lungo le guance. C'era scritto: -Sei ancora in tempo, bellissima. Sei sempre la benvenuta. Buon Natale. All'interno della busta, c'era un biglietto aereo per Dallas. Avevo paura ma accettai. Presi un piccolo trolley e misi dentro qualcosa di caldo. Indossai un paio di jeans, un felpone enorme e un paio di Ugg. Ancora piangevo, dalla gioia. Il biglietto, era stato a scritto a mano, da Melanie, con la sua firma e quella di Nick. Forse mi consideravano parte della famiglia? Forse sì, forse no. Per me, erano diventati la mia famiglia. Alle 18, ora locale di Dallas, ero davanti al cancello di casa Jonas. Suonai e tutti corsero fuori ad abbracciarmi. Compreso Joe, da solo, senza la sua ragazza. Prese il mio trolley e mi fece strada. Quel piccolo gesto, mi aveva migliorato l'umore degli ultimi due giorni. Sapevo che sarebbe stato un Natale passato tra amore, felicità e dolcezza.

Ritorna all'indice


Capitolo 20
*** A Wonderful Christmas ***


Quella serata, era stata fantastica. Ero ovviamente la benvenuta. C'era una tonnellata di cibo meraviglioso, la neve che imbiancava il giardino, la legna nel camino che scoppiettava. Tutti quanti erano gentilissimi con me, mi facevano sentire come a casa mia. Io ero seduta tra Melanie e Joe. Provavo due sensazioni insieme: tranquillità, dovuta a Melanie ma soprattutto disagio, dovuto a Joe. Alla fine, era Natale e lo stavo passando con il mio ex, a casa dei suoi genitori. Dopo quel generoso banchetto, o meglio chiamato cena, ci trovammo tutti in salotto intorno all'enorme albero di Natale. Io ero seduta per terra accanto a Frankie, il piccolo di famiglia. Ero stata con lui in poche occasione ma lo adoravo. Era una forza della natura. Tutti si scambiavano regali. Io mi sentivo in imbarazzo perché avevo preso dei semplici pensieri per tutti, all'aeroporto. Alla fine dei loro regali, diedi i miei. A Melanie avevo preso un profumo che sapevo le piaceva molto, mentre a Nick avevo preso una chitarra in miniatura, pensavo fosse ridicola ma lui disse che era adorabile. Ai loro genitori presi una bella cornice da appendere sul muro, insieme al resto delle foto di famiglia. Dopo questi regali, mi diedero il mio. Era da parte di tutti. Era un orologio a dir poco stupendo. Era di una marca prestigiossima, non volevo nemmeno pensare a quanto l'avessero potuto pagare. Aveva il quadrante in madre perla e il cinturino completamente in oro bianco e platino. Nessuno mi aveva mai fatto un regalo del genere. Mi trattavano ancora come se fossi loro parente stretta. Joe attirò la mia attenzione e mi disse con il labbiale "il mio regalo, te lo do più tardi". Mi aveva preso un regalo, tutto da sè? Non pensavo. Perché mi trattava ancora come se fosse innamorato di me? Non era fidanzato insieme a quella ragazza svizzera, Blanda? Dopo i regali, iniziarono a girare delle giganti tazze di cioccolata calda con panna sopra. Io chiesi scusa a tutti quanti ed uscii in giardino. Mi misi il mio giaccone e gli Ugg. Avevo iniziato a pensare e questo non mi piaceva. Dopo uno o due minuti, mi raggiunse Melanie e mi chiese se stavo bene. Io le risposi che grazie al suo invito, stavo veramente bene, anzi di più. Mi fumai una sigaretta veloce e poi rientrai. Tutti quanti stavano aiutando a riportare le tazze in cucina, prima di andare a letto. Denise mi fece vedere dov'era la mia stanza. Era enorme, accogliente. La ringraziai tantissimo per tutto quanto e lei rispose con un semplice "ma figurati tesoro, sei di famiglia". Amavo tutti quanti di quella famiglia. Iniziai a cambiarmi quando mi resi conto che avevo il telefono pieno di messaggi di Kim dove chiedeva che fine avessi fatto. La chiamai e le spiegai la mia giornata. Mentre ero al telefono, qualcuno bussò alla porta ed entrò poco dopo. Era Joe. Aveva in mano un pacchetto piccolino. Io riattaccai il telefono e gli sorrisi. Mi passò il pacchetto e lo aprii con curiosità. Era una collana. La collana che volevo da sempre. Quella di Tiffany, con il classico ciondolo a forma di cuore. Lo ringraziai tantissimo e lo abbracciai. Io gli dieci il mio. Era una maglietta che avevo preso a Houston. Era della squadra di football locale. Disse che era veramente bella. Ci tenne a precisare che se volevo cambiarmi, per lui non era un problema. Per me, nemmeno. Iniziai a spogliarmi e rimasi solo in intimo con le scarpe che ancora indossavo. Più che scarpe, erano trampoli, diciamo. Aveva un sorriso ammiccante. Si levò il maglioncino perché diceva che aveva caldo. Sì, era la sensazione che volevo provocargli. Lui era seduto sul letto. Io mi sedetti sulle sue gambe, rivolta verso lui. Iniziai a togliergli la maglietta. Lo spinsi sul letto, di schiena. Ero a cavalcioni sopra di lui. Io mezza nuda, lui solo in jeans. Avevo iniziato a guardargli i tatuaggi che aveva sul braccio destro. Mi piacevano tantissimo. Lui mi ripeteva che era fidanzato ma sentivo chiaramente che qualcosa, premeva contro la mia gamba. Volevo che quel Natale, fosse indimenticabile sul serio. Gli sbottonai i jeans e feci il resto necessario. Qualche minuto dopo, eravamo contro il muro, a terra, sul letto. Volevo averlo, in ogni parte della stanza. Sul letto, era la parte migliore. Io mi aggrappavo alla sua schiena e sentivo che le mie unghie, finte, sfregavano sulla sua schiena perfetta. Era la prima volta per me, così. Così spinto. Era una cosa lunghissima. Lui non era mai stato così. Sarà stato che era una cosa sbagliata? Una cosa da tradimento? Non pensavo fosse così, sotto sotto. Mi diceva sempre di continuare, di non smettere. Mi aggrappavo ai suoi capelli, facevo versi incomprensibili. Qualche ora dopo, ero sfinita, sotto la doccia. Erano quasi le cinque. Era stava una cosa di ore. Aveva capito che volevo? Sarà stato fidanzato ma aveva appena fatto sesso con me, la sua ex. Non appena uscii dal corridoio, vidi lui passare. Pure Joe aveva addosso solo un asciugamano. Lo appoggiai al muro e lo baciai. Lui mi morse delicatamente un labbro. Wow, che sensazione. Ci demmo la buonanotte ed ognuno andò nella sua stanza. Poco prima di entrare, aprì la porta Melanie e ridendo disse: -Un bel Natale, Lexie, vero? Io ridendo le dissi che era il migliore di sempre. Le mandai un bacio e le ricambiò. Entrai nella mia stanza e sistemai un po'. Mi misi addosso un completo intimo pulito e mi infilai a letto. Sarei riuscita a dormire? Cioè, a ventidue anni, avevo appena fatto sesso con un ex, ora mio amico. Chissà se l'avesse scoperto Blanda. A me piaceva molto ma non mi sentivo in colpa. Mi passò per la mente la frase di una canzone di Cher Lloyd, Want U Back "YOU MIGHT BE WITH HER, BUT I STILL HAD YOU FIRST". Scoppiai in una risata e poi, mi rilassai. Mi addormentai in poco, ripensando all'accaduto.

Ritorna all'indice


Capitolo 21
*** I Want Him Back ***


Da quella sera, erano praticamente passati quasi sei mesi. Quei mesi passati, erano decisamente stati i migliori della mia vita. Una festa di compleanno indimenticabile, un lavoro perfetto, un appartamento nuovo che condividevo con Kim (avevo deciso di venire da me e frequentare una scuola a NYC), io che iniziavo a godermi la vita da ragazza di ventitre anni. Avevo già mollato gli studi. Sentivo che non ero la ragazza adatta da laurearsi in legge, per niente. Il mio legame con Melanie migliorava di giorno in giorno. Ci dicevamo sempre che se io o lei, fossimo state uomini, ci saremmo innamorate dell'altra. Lei ormai era troppo presa da Nick. Non passavano qualche ora lontani senza mandarsi messaggi a raffica, chiamate dolci. Lo ammetto, queste cose non sono mai state adatte a me, però ammetto che mi avrebbe fatto piacere. Io le dicevo sempre che se andavano avanti così, finivano per consumarsi a vicenda. Insomma, entrambi erano perfetti l'uno per l'altra. Avevo sempre la sensazione che un giorno non molto lontano, avrebbero fatto quel piccolo passo avanti. Piccolo, insomma, sposarsi non è cosa da niente. Io avevo iniziato ad uscire spesso. Mi trasformavo dal giorno alla notte. Di giorno ero tranquilla, spigliata e pronta a lavorare, mentre la sera, diventavo tutt'altro. Uscivo, andavo nei locali, bevevo. Mi divertivo, insomma. Conquistavo ragazzi, forse anche troppi, per i miei gusti. Il fatto è che la maggior parte, non mi piaceva. O erano trentenni in stadio avanzato di depressione da "sto invecchiando allora mi faccio quelle giovani" o erano dei nerd super disadattati che uscivo di corpo anche solo con una birra. Una sera era successa una cosa. Avevo rivisto Blake, quel mio ex ragazzo. C'era stato un riavvicinamento, che era durato qualche giorno, giusto il tempo che lui restasse a New York per lavoro. Poi, una volta ripartito, stop. Una sera di metà giugno, dovevo esibirmi con le mie compagne di corso in un locale molto conosciuto in città. Ero nervosissima perché erano mesi che provavamo il tutto e c'era sempre qualche piccola sbavatura. Io ero troppo precisa per accettare qualche errore banale, magari compiuto proprio da me. Arrivò quella sera e tutte ci trovammo in quel locale. Eravamo nei bagni a prepararci. Dovevamo indossare degli shorts a vita alta color verde salvia e un top nero, abbastanza corto e trasparante. Per non parlare del trucco a dir poco eccentrico. Labbra rosso fuoco, eyeliner a volontà, glitter ovunque. Quella sera, l'ingresso era per tutti, quindi venne anche Kim, per darmi sostegno. Sapevo nella presenza sicura di altre due persone che come per repertorio, erano accanto a Kim. Anche Kim era molto legata a loro, ormai. Quell'esibizione fu qualcosa di perfetto. Andò benissimo. Tutte eravamo sicure di noi stesse, eravamo spontanee. Avevamo fatto un ottimo lavoro e dovevamo essere orgogliose di noi stesse. Corsi subito nel bagno per cambiarmi, il più velocemente possibile, in modo da raggiungere i miei sostenitori. Non appena mi avvicinai, notai che tutti e tre stavano parlando insieme ad una coppia, giovane. Prima feci caso alla ragazza, che di spalle mi parve familiare. Era in compagnia di un ragazzo non molto alto, anche lui di spalle. Portava i capelli rasati e aveva un corpo un po' troppo "allenato" per quella statura. Non so per quale motivo ma abbassai lo sguardo. Mi resi conto che quel ragazzo, al di sotto del gomito destro, aveva un tatuaggio che conoscevo molto bene. In quel momento, avrei solo voluto inboscarmi in mezzo alla gente per non farmi vedere ma fu talmente tanto il tempo che ci misi ad elaborare quel pensiero che la coppia di girò. Ecco, il mio incubo era giunto. Il mio ex ragazzo con la sua nuova ragazza. Nuova, non molto, stavano insieme da mesi ormai. Avevo un groppo alla gola. Mi era tornata in mente quella notte di Natale del 2012. Mi sentivo male, malissimo. Possibile che ogni volta che rivedevo quel maledetto ragazzo, era sempre più bello del sole? Poi, in quel momento, così, era da mozzare il fiato. Era assolutamente un uomo come si doveva. Strinsi forte il pugno della mano destra fino a quando non sentii le mie unghie premere dolorosamente contro la carne. Perché l'avevo lasciato? Che mi aveva preso, a Settembre dell'anno prima? Entrambi mi fecero i complimenti dicendo che ero bravissima, come sempre. Joe disse: -Proprio come ai vecchi tempi? Un pochino sì, dai! Mi abbracciò forte, come suo solito. Stavo per piangere, lo sapevo. Erano cambiate un sacco di cose. In quei secondi di abbraccio, dentro di me pensai senza molti indugi: LEXIE, DATTI UNA MOSSA E RICONQUISTALO. LUI E' TUO DA DUE ANNI. Sì, la mia voce interiore aveva ragione. DOVEVO RIAVERLO INDIETRO, A QUALUNQUE COSTO.

Ritorna all'indice


Capitolo 22
*** Fucking Friends ***


Dopo quelle parole dette a me stessa, chiesi l'aiuto delle ragazze che avevano fatto con me l'esibizione. Ci permisero di fare un'altra coreografia. Questa volta, molto sexy. Ero arrivata addirittura a quel punto, pur di riconquistare il ragazzo per cui avevo un debole da due anni. In quel momento avevo addosso un vestito a dir poco corto e mi aiutava molto. Le scarpe erano tacco 16 cm, giusto per complicarci per bene i movimenti. Sia Melanie che Kim, sapevano che volevo fare e ne erano totalmente d'accordo. Io e le ragazze iniziammo con dei movimenti lenti, sensuali. Poi arrivò il mio momento di gloria. Mi accertai che Joe stesse guardando. Sì, stava guardando. Era pure da solo, quei minuti. Perfetto. Sembrava proprio preso da quella coreografia. Aveva un sorriso furbo, parecchio. Chissà che gli passava per la testa. Appena tutto finì, Melanie e Kim, mi fecero l'ok con il loro pollice. Erano sempre state accanto a lui e sembrava quasi soddisfatto. Scesi dal palchetto e mi avvicinai. Lui stava battendo le mani e questa cosa mi fece ridere. Era sempre il solito ragazzino, sotto sotto. Non riuscivo a staccargli di occhi di dosso. Era stupendo, meraviglioso, bellissimo. Avevo sempre pensato che con i capelli ricci fosse perfetto ma ora, che era li portava così corti, lo era ancora di più. Parlavamo tutti tranquillamente quando misi un braccio intorno alle sue spalle. Kim appena se ne rese conto, mi diede un pizzicotto e mi fulminò con lo sguardo. Sì, aveva ragione, stavo esagerando. Però, alla fine, la sua ragazza era uscita a parlare con delle amiche che aveva trovato qui. Non feci in tempo a smettere di pensarlo, che Blanda tornò dentro. Kim aveva il sesto senso?! Per poco, non facevo un danno. La serata andò avanti una meraviglia. Non appena tornai a casa, Kim corse subito a letto. Mentre mi cambiavo, ricevetti un messaggio. Era un messaggio di Joe, dove mi diceva che Blanda sarebbe partita qualche ora dopo e che se mi andava, potevamo uscire a cena. Accettai, senza pensarci due volte. Ecco, quello sì che era un bel modo di addormentarsi. La mattina, venne a svegliarmi Kim. Non appena le feci leggere il messaggio, le scappò un urletto. Disse che il piano della sera prima, era andato a buon termine. Il pomeriggio andammo per negozio perché dovevo trovare qualcosa da mettersi per quella agognata cena. Trovai un vestito color corallo che mi faceva impazzire. Abbracciava le curve al punto giusto e arrivava poco sopra il ginocchio. Kim, appena tornate a casa, mi aiutò con tutto il resto. Lei avrebbe passato la serata a casa con un'amica, che poteva restare da noi a dormire, tutte le volte che le faceva piacere. Intorno alle 20, mi trovai davanti al ristorante scelto. Lui mi raggiunse poco dopo, dicendomi che ero una vista meravigliosa, quella sera. Non appena entrati, ordinammo da mangiare e da bere. Quando tutto ci venne portato, parlavamo già in continuazione. Non appena lui prese l'ultimo boccone, mi disse: -Senti, Lexie.. Io te lo devo dire.. Sono stati i mesi più belli ma anche più brutti della mia vita. Ho una ragazza stupenda ma ogni suo minimo movimento o fatto, mi ricordava te. Continuo a pensare a quella notte, cazzo. Non avevo mai provato una sensazione del genere. Vabbè, ma non è questo quello che conta. Quel giorno di settembre.. Quando disse quelle parole, la sua voce si spezzò ed iniziai a vedere delle lacrime sul suo viso. Mi avvicinai a lui e gli chiesi che succedeva. Lui disse: -Lexie, avrei voluto morire.. Eri e sei tutt'ora, la persona che mi rende così.. Ti amavo, ti amo e ti amerò per sempre. Ma mi hai lasciato.. Lo so, ti avevo accantonata.. Però, per me era importante.. Lexie, se fossimo stati insieme a Natale, il mio regalo non sarebbe stato quella misera collana. Sarebbe stato un anello, legato a una promessa. Ti avrei chiesto di sposarmi.. A quelle parole, provai una sensazione di dibrezzo nei miei confronti. Le lacrime pungevano negli occhi, la gola tirava. Voleva sposarmi.. Di già.. Le lacrime uscirono.. Vedendomi piangere, disse di calmarmi.. Io dissi: -Come posso calmarmi? Guarda che t'ho fatto!! Come puoi amarmi ancora, Joe..? Mi prese la mano e la baciò, come il giorno in cui ci eravamo riavvicinati, in ospedale. Mi strinsi a lui. Decidemmo di andare da lui. Sapevo quello che sarebbe successo, di nuovo. Secondo tradimento, da parte sua. Ma non mi importava. Avevo bisogno di lui. In quel momento, più che mai.

Ritorna all'indice


Capitolo 23
*** Come With Me To Houston ***


La mattina seguente mi svegliai abbastanza presto, intorno alle sette. Aprii gli occhi lentamente, feci un bello sbadiglio e girai lo sguardo verso quella meravigliosa creatura che stava accanto a me. Era coperto leggermente dal lenzuolo fino sotto l'ombelico, le braccia sotto il cuscino e un'espressione tremendamente beata. Rimasi a guardarlo per un po'. Amavo troppo il suo viso. La mascella ben definita, il naso fatto perfettamente, quelle labbra carnose. Poi mi avvicinai, gli schioccai un bacio delicato sulle labbra e poi decisi di andarmi a fare una bella doccia. Mi diressi verso il bagno e non appena entrai, mi fermai davanti allo specchio. Mi guardai e mi resi conto che avevo un sorriso enorme. Era stata una notte stupenda. Ma nello stesso istante, mi venne in mente solo una cosa. Blanda. Insomma, con lei andavo abbastanza d'accordo ed ero stata a letto con il suo ragazzo, nonchè mio ex, qualche ora prima. Corsi sotto la doccia e come molto spesso, persi la condizione del tempo, per un po'. Non appena uscii dal box doccia, notai che ero stata sotto solo venti minuti. Molto meno del mio solito. Presi un asciugamano pulito e me lo avvolsi intorno al corpo. Ero terribilmente nervosa. Decisi di raggiungere la camera da letto, dove Joe dormiva ancora beato. Cercai la mia borsa e presi una sigaretta, che ormai era la mia compagna di nervosismo. Andai sul balcone dell'appartamento, che aveva una vista mozzafiato sulle colline di Hollywood. Accesi la mia sigaretta ed iniziai a pensare. Brutto segno. Ero sulle mie, quando mi accorsi che due braccia mi stavano circondando in modo dolce. Mi chiese che stessi facendo e io dissi che era abbastanza ovvio. Lui rispose dicendo che era una sensazione strana e ridendo disse che non aveva mai provato. Io gli risposi che non si era perso niente, assolutamente. A un certo punto, corse dentro perché gli stava suonando il telefono. Considerando l'ora, capii subito che era lei. Vedo la sua espressione mentre le parlava. Aveva un sorriso enorme. Non lo avevo mai visto così sorridente. Una lacrime mi scese lungo una guancia. Provai la sensazione di una pugnalata nello stomaco. Qualche ora prima, eravamo a letto insieme e ora aveva scordato tutto? Mi guardò e vide che piangevo. Disse che doveva andare e riattaccò. Venne da me e disse: -Lexie.. No, non piangere. Mi dispiace che ci sia rimasta così, ok? Solo che io la amo, tanto. Credo sia quella giusta. A quelle parole, io risposi: -Credevo di essere io quella giusta. Dicevi sempre così.. Mi baciò, non appena finii la frase. In preda alla rabbia, mi staccai. Non volevo stare vicina a lui, affatto. Entrai in casa e lui mi venne dietro. Sembrava triste, abbastanza. Mi stavo vestendo quando mi disse di non andarmene, perché voleva star con me. In quel momento, vidi a terra una scatoletta. Mi avvicinai, la raccolsi. Decisi di aprirla. All'interno c'era un anello. Quello che sarebbe dovuto essere il mio. Alzai lo sguardo, che si incrociò con il suo. Mi disse con il labbiale semplicemente che era proprio quello. Decisi di provarlo. Era stupendo. Piccolo, raffinato. Lo vedevo benissimo sulla mia mano minuta. Gli dissi semplicemente: -Lo amo. Si avvicinò, mi diede un bacio e disse di tenerlo perché lo adorava addosso a me. Dire che lo amavo, era poco. Finimmo ad abbracciarci sul divano. Lui mi parlava in modo dolcissimo e io mi sentivo assolutamente benissimo. Mi strinsi a lui ed iniziai a baciarlo, da innamorata. Mi passava una mano sulla pancia e diceva che avrebbe voluto una famiglia con me. Fu a quel punto che gli dissi che ero rimasta incinta. Lui disse che immaginava che non fossi pronta ad averlo. Mi alzai dal divano e lo portai con me in camera. Ci cambiammo i vestiti e scendemmo con l'ascensore. Avevamo deciso di trovarci a pranzo con Nick e Melanie. Dovevo raccontarle assolutamente tutto quanto. Chissà come l'avrebbe presa. Arrivammo a pranzo e loro già ci aspettavano. Sembravano felicissimi. Notai un anello al dito di Melanie e capii che era arrivato il loro momento. Corsi ad abbracciare entrambi. Sprizzavano gioia da ogni poro. Erano dolcissimi. La giornata andò benissimo. Ebbi un'idea. Decisi di partire per Houston. Mamma doveva conoscerlo. Tornammo a casa di entrambi a preparare le valige e ci diressimo verso l'aeroporto. Houston, ci aspettava. Chissà se a mamma, sarebbe piaciuto Joe. Ero un po' nervosa all'idea di farglielo conoscere perché sapevo che lei, lo criticava per come mi aveva trattata. Però, non mi restava che aspettare, prima di partire negativa.

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=2004341