I Gioielli: Riconciliazione.

di nini superga
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Un nuovo inizio. ***
Capitolo 2: *** Conversazione n.4 ***
Capitolo 3: *** In cammino. ***
Capitolo 4: *** Nuove amicizie. ***
Capitolo 5: *** conversazione n.5 ***
Capitolo 6: *** Breakfast ***
Capitolo 7: *** Into the Mark. ***
Capitolo 8: *** La Compagnia riunita. ***
Capitolo 9: *** Edoras. ***
Capitolo 10: *** Litigio ***
Capitolo 11: *** Il rispetto per la tradizione. ***
Capitolo 12: *** Funerale. ***
Capitolo 13: *** Di nuovo in marcia ***
Capitolo 14: *** Verso Helm ***
Capitolo 15: *** Mia sorella ***
Capitolo 16: *** La quiete prima della tempesta ***
Capitolo 17: *** cap.17 ***
Capitolo 18: *** capitolo 18. ***
Capitolo 19: *** capitolo 19 ***
Capitolo 20: *** Capitolo 20 ***



Capitolo 1
*** Un nuovo inizio. ***


I Gioielli: Riconciliazione

Un nuovo inizio

 

 

I raggi di sole che si riflettevano sull’acqua mi bruciavano gli occhi, facendomi dolere la testa, eppure continuavo a guardarli; il rombo delle cascate di Rauros era così tonante da sovrastare qualsiasi altro rumore, compreso quello della mia testa. Pensieri sconnessi si aggrovigliavano, spezzoni di frasi e  ricordi si attorcigliavano gli uni con gli altri, rendendo il nesso logico impossibile. “ Sapevo che avrebbe fatto male. “ Mi dissi, socchiudendo gli occhi. Un pesce increspò l’acqua e il raggio si mosse con delicatezza. Distolsi lo sguardo e lo posai sul viso contratto dalla sofferenza di lui “ Lo sapevo, eppure ho deciso di affrontarlo. Sono stupida o coraggiosa? “ Oppressa da quel pensiero, mi alzai e andai vicino alla riva.

Mi faceva male pensare, eppure ricapitolai la situazione: Giulia era stata rapita dagli Uruk- hai di Saruman assieme a Merry e Pipino, i Valar sanno per quale scopo; Frodo e Sam aveva attraversato il Fiume e avevano deciso di andare a Mordor da soli, senza alcun aiuto, contando solo su se stessi, passando per il nord; noi eravamo quanto restava della Compagnia: Gandalf e Jadis ci avevano abbandonato a Moria, concludendo i loro giorni su Arda prima del tempo; Aragorn , Legolas e Gimli erano partiti all’inseguimento degli Uruk-hai, il compito di salvare mia sorella e gli Hobbit era loro, mentre io ero rimasta da sola con Boromir, ancora in stato di incoscienza a causa dello scontro con gli orchi di Saruman. Aveva rischiato la vita per proteggere i suoi compagni, infischiandosene delle frecce che lo trafiggevano e gli dilaniavano le carni, e ora ne pagava le conseguenze.

Anche io scontavo le mie scelte: mi ero messa contro Boromir per impedirgli di prendere l’Anello a Frodo. L’avevo fatto non per mia gloria personale, non per martirizzarmi: desideravo solo proteggere l’amore della mia vita dalla dannazione, dall’infamia di essere ricordato come colui che rubò l’Anello, colui che tradì un amico per la sete di potere e gloria, colui che aveva ceduto... Il taglio nella guancia mi diede una fitta, e gli occhi si fecero lucidi per il dolore. Sentivo ancora i suoi colpi, il pugno che mi aveva sferrato e che mi aveva rovinato zigomo e guancia, le dita che mi stringevano il collo… ne avevo prese tante, e i segni erano ancora ben visibili, eppure ciò che mi struggeva di più non era il dolore fisico.

Mi voltai a guardarlo, disteso fra le foglie, il mio bagaglio come cuscino. Lo guardai, e ripensai a come era quando ancora non era avvelenato, quando ancora era il mio Capitano e il mio cuore. Voleva chiedermi in sposa, Boromir, eppure mi aveva combattuto come si fa con un nemico, rischiando di ammazzarmi e riuscendoci quasi, se Giulia non fosse intervenuta. E ora lei, l’unica che poteva aiutarmi a sanare le ferite, era lontana da me, mente e corpo.

Boromir gemette e sospirò, la mascella contratta dal dolore. La febbre era scesa nel corso della notte, ma era ancora così pallido... Sarebbe sopravvissuto, ma quando avrebbe avuto le forze per camminare? Quanti giorni sarebbero passati prima che potessimo recuperare la distanza fra noi e gli altri? Le domande mi facevano pensare, e i pensieri mi facevano dolere il capo alla stregua dei ricordi.

 

Alba. Solo qualche ora prima. Appena svegli.

<< L’ho sentita. >> Sussurrai ad Aragorn, mentre gli altri si svegliavano << E’ viva. >>

Legolas mi fu subito addosso << Come sta? Sta bene? È ferita? >> “ Digli di calmarsi. “ La voce di Giulia suonava così lontana “ E comunque, anche se stessi male, mica ve lo direi. “

<< Dice di star bene. >> Bisbigliai, guardando di soppiatto Boromir. tornai a fissare Aragorn << Dovete assolutamente partire. >>Sentenziai.

<< E come facciamo a portarci dietro il peso morto di Boromir? >> Sbottò Gimli, controllando il filo dell’ascia << Ci intralcerebbe. Dobbiamo aspettare che si risvegli. >>

Feci una smorfia. Doveva essere un sorriso, ma avevo il viso indolenzito. << E chi ha detto che dovete portarvelo appresso? >>

<< Non vorrai mica restare qui con lui! >> Esclamò Aragorn, distogliendo la sua attenzione dal bagaglio << No, non te lo permetterò, non dopo… >>

<< I segni passeranno, Aragorn, e anche la rabbia e la paura. >> Conclusi senza mezzi termini, continuando a fissarlo << Boromir non si sveglierà prima di oggi pomeriggio, se le mie previsioni sono corrette, ma quel pallore non mi piace affatto. Potrebbe dormire addirittura sino a domani mattina, Aragorn! Se non partite ora, quelli arrivano a Isengard con tutto il bagaglio: mia sorella e gli Hobbit devono- essere- salvati! >>

Legolas diede una scrollata alla spalla del ramingo, impaziente << Ha ragione, Aragorn! >> Asserì << Se non partiamo adesso, non riusciremo più a recuperare terreno. >> << E gli orchi corrono assai veloci. >> Commentò Gimli con aria mesta << La ragazza ha ragione. >> Mi guardò dritta negli occhi << Figliola, ti dirò che nemmeno io sono tranquillo nel lasciarti da sola con Boromir ma, se davvero ami tua sorella e i tuoi amici, devi darci la tua benedizione. >>

<< E l’avete, Gimli, mia e di tutti i Valar: andate, riportatemi Giulia  e Merry e Pipino. Sono certa che il resto si aggiusterà… >> Aragorn continuava a guardarmi con aria truce e scontenta. << Non avete il lusso di aspettare Boromir, e lo sai bene. >> Gli dissi << Cosa vuoi fare, preferisci salvare tre vite da un destino in certo, o attendere che un uomo- che sopravvivrà- si risvegli, concedendoti una giornata di riposo? >>

La risposta era già pronta nel suo cuore, eppure Aragorn figlio di Arathon era contrariato << Cosa pensi di fare, una volta che si sarà svegliato? >>

Mi strinsi nelle spalle << Credo che vi seguiremo. Molto probabilmente, Boromir sarà abbastanza in forze per camminare solo domani mattina, quindi avremo ancora più distacco… lasciate tracce. Credo che Boromir le saprà distinguere, no? >>

Legolas ridacchiò, nervoso << Se continueremo a ritardare, non avremo nemmeno il tempo di ricoprirle, le nostre tracce! >>

Il Ramingo ignorò l’Elfo. Si avvicinò e mi prese per i polsi << Sei certa di quello che fai? >> Mi sussurrò << Non devi per forza restare. >>

L’idea mi attraversò come un fulmine: abbandonare Boromir? << Sarebbe l’errore più grande della mia vita. >> Dissi a caldo << Io e lui…abbiamo solo bisogno di parlare. >>

Aragorn mi  frugò l’anima con gli occhi, cercando di capire. << Sei così giovane, eppure così coraggiosa… >> Mormorò, scivolando via, verso il suo bagaglio, silenzioso. Gli altri rimasero a guardarlo, Leoglas che si torceva una treccia dorata. Quando non ce la fece più, dato che Aragorn non parlava, sbottò in maniera poco signorile << E allora? >>

Aragorn issò lo zaino in spalla e mi fissò con gli occhi di ghiaccio << E allora partiamo. >>

 

 

“ Stupida o coraggiosa? “ Mi chiesi nuovamente, intingendo la mano nell’acqua fresca per tamponarmi il labbro gonfio “ Se ero partita con un sacco di buoni propositi, coraggiosa come Jadis, adesso mi sento sola e sperduta come una pecora… “ Mille paura mi attanagliavano: e se gli altri fossero stati catturati? E se fossero già morti, o fatti schiavi, o seviziati e torturati? E se non fossero arrivati alla fine della loro missione, che fine avrebbero fatto i tre prigionieri? Che destino li attendeva? Se anche solo una di quelle paure si fosse avverata, io sarei stata sola al mondo, accoppiata a un malato di cui avevo paura. Perché si, nonostante il mio coraggio, i miei sforzi per levarmela di dosso, io avevo paura di Boromir. Sentivo le viscere torcersi quando stringeva la mano a pugno, preso dalla sofferenza; quello stesso pugno che aveva sferrato a me, la sua futura sposa. “ Sapeva almeno chi ero, durante il massacro? “ Si, lo sapeva: mi aveva intimato di spostarmi dalla sua traiettoria, mentre io gridavo a Frodo di dileguarsi- già, Frodo… chissà se anche lui era caduto nelle mani del Nemico, se il mio sacrificio era stato vano. Sicuramente non era con Giulia, e già questa era una consolazione. Vagava per gli Emin Muil, Sam a fargli da spalla e a dargli forza. Chissà se ce l’avrebbero fatta. Scossi il capo, sconsolata “ Troppe domande. E nessuna risposta. >>

Boromir mugolò ancora, perso nel suo sonno agitato. Ma quello fu un mugolio diverso. Tesi l’orecchio: invocava…chi? Mi avvicinai, accovacciandomi accanto a lui. Emise qualche suono articolato, prima di bisbigliare << Madre… >>

Mi stupii: un uomo grande e grosso come lui, nel momento del bisogno, invocava la madre! Mi fece sorridere il cuore e, per poco, vinsi la paura.  

<< Non c’è. >> Gli sussurrai, sfiorandogli lo zigomo fresco << La tua mamma non è qui. >>

Mai mi sarei aspettata di vederlo aprire gli occhi. Li schiuse come si schiude un fiore, con delicatezza, e per un attimo sembrò non capire dove si trovasse. Il mio stomaco si contrasse dall’emozione. << Boromir? >> Lo chiami piano, e lui si voltò. Mi guardò con aria perplessa, gli occhi ancora offuscati << Soldato…io… >>

“ Non mi riconosce. “ Constatai, sentendomi gelare “ Non mi… “

Calde lacrime mi rotolarono lungo il viso. Lui si schiarì la gola << Soldato…per i vivi…non si può piangere. >> Tacque, chiudendo di nuovo gli occhi << Dammi del vino. >>

Singhiozzai forte << Non ce n’è. >> Lui mugugnò qualcosa, per poi tornare tranquillo. Di riaddormentò, ma stavolta il pallore sparì, e  una lieve sfumatura rosa si impossessò del suo viso. Intinsi un fazzoletto nell’acqua del fiume e gli umettai le labbra. Sembrò apprezzare molto, e ne chiese ancora. Borbottò a lungo, chiamò persone e fece domande a cui non sapevo rispondere, ma in nessuna di esse io venni menzionata. Che si fosse scordato di me? Come avrebbe reagito trovando accanto a se una ragazzina di cui non ricordava l’esistenza, dal volto tumefatto e decisamente incapace di fare qualsiasi cosa? Come?

Un forte singhiozzo mi sfuggì dalle labbra, straziandomi il petto: quanto mi sentivo coraggiosa, in quel momento? Perché avevo lasciato andare via gli altri? Perché non ero rimasta a Gran Burrone, con Arwen, o direttamente a Isengard? Perché?

Piansi a lungo, tutte le lacrime che avevo le disseminai su quella riva dell’Anduin, vicino a Rauros, e le piansi per l’ombra dell’uomo che amavo, per me stessa e per il mondo ingiusto che mi aveva incastrata in quella situazione senza vie d’uscita. Mi sentivo come sepolta… o era solo il peso dell’acqua che mi aveva trascinato sul fondo della disperazione? Sarei dovuta risalire, prima o poi… ma quando, esattamente?

Una mano mi sfiorò il polso, facendomi trasalire. Mi sfregai gli occhi arrossati dal pianto e lo guardai: Boromir mi fissava, impietrito, terreo come se avesse visto un fantasma. Un nuovo singhiozzò mi ruppe il petto, nonostante cercassi di tranquillizzarmi. Stavolta non stava sognando, il mio capitano era sveglissimo, e mi fissava dritto in viso- anzi, no: mi fissava il collo. Improvvisamente intimidita, vergognandomi di quei segni, li coprii con la mano, abbassando lo sguardo.

Nessuno dei due disse niente per lungo tempo. La mattina e il primo pomeriggio scivolarono via, lenti e lunghissimi, senza che fra noi ci fosse anche solo una parola, o un gesto.

L’unico suono che disturbava il gorgoglio dell’acqua, lo stormire delle foglie, era il pianto della colpa di Boromir.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

D.I.F. ( cioè Dulcis In Fundo ): stimabili lettori, torno da voi con sommo piacere e tremenda fatica. Questa nuova storia sarà dannatamente complicata e terribilmente difficile da scrivere, me lo sento dal prufundis… ma, che dire, mi sembra più che giusto dare un seguito alla storia che ho più amato, con cui sono entrata in conflitto un sacco di volte e da cui comunque sono uscita arricchita- come d’altro canto spero sia successo anche a voi, o lettori.

Per scazzo mio non ho avuto la bontà di rispondere alle ultime recensioni, ed è una cosa di cui mi vergogno tantissimo: voi dedicate il vostro tempo a me, smacchinate su cosa scrivere, su cosa commentare, cosa dire, cosa non dire…e io? Non vi rispondo. Me tapina! Sono proprio una c ******a!!

Ma anche questa è una parte di me… chi non è un po’ cojomber inside?

Ma tornando al chappi…cosa ne dite? Siete convinti/e ? io mi sono impegnata un cifron, ed è stata davvero difficile, ma dovevo farlo. Il mio corpo lo richiedeva. Credo che scriverò con più lentezza, almeno questi primi chappi, sia per la densità della storia, sia per i sette esami che devo dare fra un paio di settimane ò_ò ma almeno dopo ho il mare…e fino a marzo gli esami li mando allegramente a fanchiurlo!

Quindi, signori, questo è un nuovo inizio. Sono ovviamente gradite recensioni, critiche e saluti, nonché semplici wow…alzerebbero un sacco l’autostima e renderebbero la storia sicuramente più rapida e spedita! Ma fate voi, o lettori: io sono alla vostra mercé!

Nini.  

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Capitolo 2
*** Conversazione n.4 ***


Conversazione n.4

 

 

 

Il tabacco l’avevo finito da un pezzo, ma avevo un bisogno assoluto di fumare. Mi costrinsi a frugare fra le cose di Giulia, e trovai un pacchetto ancora intatto di sigarette del suo mondo. Lo scartai  e sfilai una sigaretta, andando ad accovacciarmi vicino a Boromir, facendo attenzione a non incontrare il suo sguardo. Si era svegliato, e se ne stava ancora disteso a terra, il mantello dono di Galadriel steso sul corpo a mò di coperta. Accesi la sigaretta perfettamente dritta e aspirai una boccata, sentendo il taglio nella guancia bruciarmi forte: non era il massimo fumare nelle mie condizioni, ma ne avevo bisogno per affrontare la situazione. Avrei voluto anche una pinta di birra, anche due, per tirarmi su di morale, ma quella era davvero irreperibile: mi sarei dovuta accontentare delle sigarette forti di Giulia.

“ Fumala anche per me. “ Giunse la voce di lei, lontana. Ogni tanto Giulia diceva qualche frase, ma nulla di più: la distanza era tanta e lei era troppo indebolita per sostenere una conversazione telepatica. Ma non mi interessava: finchè parlava, era viva e, finchè era viva, c’era la speranza di rivederla. “ Vedrai, arriveranno presto. “ La rassicurai, guardando il fumo salire in spirali grigiastre. “ Arriveranno presto. “ Ma lei già non mi sentiva. Aspirai un’altra boccata e la lasciai uscire dalle narici piano, come se fossi un drago sputafuoco. Se fossi stata davvero un drago, avrei afferrato Boromir con delicatezza e l’avrei portato lontano da li, a casa, presso le amorevoli cure di Matilde, a guarire nel corpo e nello spirito. L’avrei lasciato parlare con suo fratello, avrei lasciato che Faramir lo purgasse da tutto il suo dolore e dalla sua rabbia, per poi farlo tornare a me come era un tempo: l’uomo forte e deciso, cocciuto e buono, d’onore e rispetto. L’uomo di cui mi ero innamorata. Sarebbe mai tornato?

Quello che giaceva accanto a me era un’ombra di Boromir: debole e ferito, sembrava la metà di com’era solo il giorno prima, mentre combattevamo; i begli occhi grigi erano arrossati dal pianto, le labbra erano rosse a causa dei morsi che egli stesso vi aveva dato, per imporsi di non gemere dall’angoscia. Chi era costui? In un gesto d’intimità, gli scostai una ciocca dal viso e gliela posi dietro l’orecchio, accarezzandogli piano la fronte. Lui seguì il mio gesto, ma non riuscì a guardarmi negli occhi: si vergognava per come mi aveva ridotto? Fattibile.

<< Avrai sete. >> Gli dissi finalmente, superando la barriera del silenzio << E anche fame. Mangia qualcosa. >> Teneva la testa dritta, lo sguardo vagava in un punto lontano, sul fiume, o anche oltre, perso nei meandri del passato. Non mi rispose.

Con un sospiro, mi alzai e andai alle barche: c’erano ancora delle scorte di lembas, quelle di Merry e Pipino, oltre che i loro bagagli. Vi frugai dentro finchè non trovai quello che cercavo: lembas ancora intatto e carne di cervo essiccata. Tornata a sedermi, il profumo del Pan di Via inebriò l’aria. Ne presi un boccone e lo assaporai, un sorriso soddisfatto sulle labbra. Ne staccai un boccone e lo porsi a Boromir << E’ uguale a quello che abbiamo mangiato a Lothlorien, non è nemmeno stantio! >> Esclamai, cercando di apparire normale. Glielo misi proprio sotto gli occhi << Non lo vuoi? Preferisci la carne? >> Anche allora, nessuna risposta, solo due grossi lacrimoni a rigargli le guance. Mi sentii morire dentro: aveva pianto per così tanto… << Oh no, amore, no… >> Gli sussurrai, poggiando il lembas e la stecca di carne sulle sue ginocchia << Perché piangi? Tu non… >>

<< Tu non dovresti essere qui. >> La voce rotta, gli occhi ridotte a due fessure scintillanti. Boromir mi stava parlando, mi stava guardando, e non guardava i miei occhi, ma il mio collo. << Io non dovrei essere qui. >>

<< Tu stai benissimo dove stai. >> Risposi seccamente, frenando l’impulso di coprirmi il collo << E guai se te lo sento ripetere. >>

Gli occhi grigi si posarono sui miei, occhi carichi di sofferenza << Io… io credevo di a-averti… >> Un forte singhiozzo gli squassò il petto. Rimasi sgomenta : l’avevo visto piangere, tempo fa, e la causa ero stata sempre io, ma il pianto di allora fu straziante e angosciato, come se davvero fossi morta… E invece no. << E invece no. >> Gli risposi con fierezza, sfiorandomi le labbra rotte << E invece sono ancora qui. >>

Lui tirò su col naso e tacque per un po’. << Dove sono gli altri. >>

<< Inseguono gli Uruk-hai che hanno rapito Giulia e Merry e Pipino. >>

<< Poteva restare Aragorn al tuo posto… >>

<< Non penso proprio. >> “ Sto diventando burbera… “ Pensai con un sospiro, accendendomi un’altra sigaretta. << Fammi fare un tiro. >> Ordinò Boromir. Gliela cedetti e me ne accesi un’altra.

Fece una boccata, due. Chiuse gli occhi << E… >> Iniziò piano, tentennante.

<< E cosa. >>

<< … E Frodo? >> Con quale difficoltà gli uscirono quelle parole, con quale sforzo le pronunciò! “ Mio coraggioso Capitano… “ << E’ andato. >> Risposi, asciutta, staccando un morso di carne essiccata con malagrazia.

<< Andato? >> Boromir era come interdetto.

<< A Mordor. >>

Tacque. La sigaretta si consumava piano fra le sue dita, la cenere andava accumulandosi sul mantello impiegato come coperta, ma non parlava. Era seduto, ora, e sul torace nudo splendevano le fasciature bianche, leggermente chiazzate di sangue. Guardava fisso davanti a sé, e non parlava.

<< Boromir… >> Dovevo dirglielo. Non sarei riuscita ad attendere un minuto di più << … Non eri tu. >> L’avevo detto per rincuorare entrambi, ma io lo credevo davvero? Mentre combattevamo, Boromir mi aveva fissata e mi aveva parlato, riconoscendomi come Anna, la sua donna… o forse no? << Non eri tu. >> Dissi ancora, per rafforzare il concetto.

<< Dici? >> Un sorriso sghembo comparve sul suo viso. Scosse la cenere della sigaretta quasi finita e aspirò gli ultimi tiri << Tutti abbiamo la nostra parte di oscurità, ma io ne ho più di altri. >>

<< Non è vero. >> Quanto disperatamente cercavo di attaccarmi alla mia bugia?

<< Hai visto il buio della mia anima. >> Proseguì lui, imperterrito << La belva che si annida dentro di me, quello che cela il mio spirito. Ebbene, che effetto ha avuto su di te? Più di uno, immagino. >> Di scatto, mi prese il viso e lo girò verso di se. Il movimento brusco mi fece sussultare. Negli occhi grigi, vidi un lampo di tristezza << Eccone uno: hai paura di me. >>

<< No. >> La voce mi ingannò, un leggero tremito.

Mi scostò una ciocca di capelli dalla guancia sana << Vedi? Non credi nemmeno tu in quello che dici. Io… ho ricordi confusi di quanto è successo. Ricordo… >> Si bloccò.

Il suo tocco era leggero. << Cosa ricordi? >>

<< Ricordo di aver preso Frodo. Di essere stato sbattuto a terra… >> Mi fissò il collo << Da te, e poi vedo te, le mie mani che… >> Lasciò andare la presa << Valar, cosa ho fatto… >>

<< Se fossi stato tu, ti ricorderesti. >> Argomentai. “ Ti ricorderesti le parole, le lame che si incrociano. Ricorderesti i pugni sferrati. “ Diceva una piccola speranza nel mio cuore. “ Se non ricordi, non eri tu. “

Si passò una mano sugli occhi << Ma ricordo quando ho cercato di strozzarti, di… >> Non uscì altro dalle sue labbra << E’ stata Giulia, vero? >>

Annuii piano, fissando la corrente del fiume << Già. >>

<< Nemmeno lei ho saputo proteggere. >> Sussurrò piano. << Che razza di uomo sono diventato? Ho tradito gli amici, te, ho infranto una promessa… non sono più degno di essere chiamato uomo! >>

<< E invece ti sei dimostrato proprio per quello che sei, Boromir. >> Gli posai una mano sul capo << Sei solamente un uomo, e gli uomini hanno debolezze. >>

<< Il Ramingo non ne ha. >> Ribadì secco. Ridacchiai: ecco la vecchia disputa, un’ombra dell’uomo che amai.

Tentai di sorridergli << Come no… e’ solo più bravo di te a nasconderle. >> Gli accarezzai i capelli << E comunque, se vuoi saperlo, io amo l’imperfezione. >>

<< Quest’imperfezione ha rischiato di ucciderti. >>

<< Ma non l’ha fatto. >>

Boromir tacque per un attimo, poi lo disse << Avevo… intenzione di chiedere la tua mano, Anna. >>

Abbassai lo sguardo: eccola li, la mia debolezza. Non ebbi il cuore di dirgli che già lo sapevo, che avevo sentito tutto nei boschi di Lorien, quando lui l’aveva detto ad Aragorn figlio di Arathon, suo futuro Re. Non sapendo che dire, tacqui.

<< Volevo sposarti, ma il destino ha scelto diversamente. >>

Lo fissai: mi fissava a sua volta, i suoi occhi erano pozze di sofferenza allo stato puro, carichi di dolore.

<< Che significa? >> Chiesi, con un fil di voce.

<< Che non posso più farti una domanda simile. >>

<< E perché? >>

Chinò il capo << Perché tu non mi ami più, vero? >>

Proprio in quel momento, una vampata di calore mi attraversò le viscere: lo amavo. Lo amavo con tutto il cuore, con tutta l’anima, con tutta me stessa…ma in quel momento non potei far altro che tacere. E smettere di fissarlo.

<< Devi darmi tempo, Boromir. >> Mi torsi le mani, attorcigliandole sotto le cosce.

<< Per cosa? >>

<< Per ritrovarti. >> Guardai la corrente del fiume << Per ritrovarci. >> Alla cieca, cercai la sua mano e la trovai, grande e callosa come sempre. Gliela strinsi forte e lui ricambiò, instaurando il primo ponte della riconciliazione.

 

 

In silenzio, ci riposammo fino al tramonto. Poi, mangiammo qualcosa e smistammo i bagagli: avremmo portato con noi solo lo stretto necessario. Il resto, andava nascosto sulle barche. << Aragorn dice di aver lasciato tracce per noi. >>

Boromir tirò da solo le barche in secca. Con un mugolio, si tastò il torace sotto la tunica  << Non ne dubitavo. >> Tirò fuori le dita sporche di sangue << Merda… >>

Gli volai accanto << Ti si è riaperta la ferita, vero? >> Lui annuì. Gli diedi una scappellotto, cosa che lui non si aspettava << Ti avevo detto di aspettare a tirare in secca le barche, stupido! >> Lo rimproverai, severa. Lui mi guardò, serissimo, per sorridere piano << Hai ragione, sono stato stupido. >>

Mi stupii: una volta non l’avrebbe mai ammesso, e adesso…

Andai a occuparmi di nuovo dei bagagli. << Credi che abbiano percorso grandi distanze? >> Gli chiesi dopo qualche tempo.

<< Certo che si. >>

Mi torsi le mani, nervosa << Come faremo a recuperare terreno, Boromir? sono troppo lontani, e tu ancora debole… >>

Mi guardò con un sopracciglio inarcato << Ne ho abbastanza dei tuoi debole e debole: sono Boromir di Gondor, figlio di Denethor, e sono Capitano della torre Bianca. E non sono debole! >>

<< Come se i titoli valessero qualcosa! >> Proruppi, divertita.

<< E’ la fama a precedermi. >> Boromir fece un sorriso smagliante << Nessuno ha mai dato a me del malatino… >>

Gli lanciai addosso il bagaglio, molto più alleggerito di come era prima, centrandolo in pieno. << E allora partiamo, mio capitano. >> Lo affiancai, sogghignando << Abbiamo già sprecato abbastanza fiato. >>

 

 

 

 

 

 

 

 

D.I.F.-E’ con grande piacere che ritorno a voi, stimabili lettori. Dato che gli esami sono stati posticipati al 5 luglio, mandando allegramente a fanchiurlo lo studio, io continuo nella mia opera, supportata dall’affetto dei miei cari e dalle vostre stupende recensioni Angie_Mars; Cordelia89 ( mi spieghi come hai fatto a mettere il draghetto?? ); elepaddy85 e l’immancabile ragazzapsicolabile91… grazie fes J

Mi raccomando, vi aspetto numerosi.

Pace e ammore,

Nini.

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Capitolo 3
*** In cammino. ***


In cammino

 

La notte era allietata dalla luna, ma avanzammo comunque a fatica sul pendio roccioso. Boromir camminava a stento, nonostante facesse finta di niente, e io dovevo stargli a fianco per sostenerlo. Seguimmo il sentiero che gli altri avevano tracciato, e arrivammo alla conca in cui aveva rischiato la vita. Gli orchi giacevano ancora lì. Nessun animale aveva osato avvicinarsi, ed erano ancora intatti. Imputridendosi, emanavano un lezzo atroce.

<< Fermati. >> Mi ordinò Boromir sul bordo della conca. Non mi mossi, ben felice di non avvicinarmi eccessivamente a quel puzzo. << Devo cercare una cosa. >> Si mosse con movimenti incerti, tappandosi il naso e la bocca, cercando alla luce della luna. Cosa cercasse, lo ignoravo: lo scudo era andato in frantumi, la sua spada era rotta e il corno… << Il corno! >> Esclamai, andandogli incontro << Stai cercando il corno! Dove… >>

<< Eccolo. >> Boromir sollevò qualcosa con entrambe le mani. Mi avvicinai: il corno di Gondor scintillava alla luce della luna, le sue guarnizioni d’oro e argento rilucevano, ma mai più avrebbe suonato, perché era spaccato in due metà perfette. << Non ho memoria di quando l’hanno rotto… >> Boromir strinse a sé i due pezzi << Mi è stato amico per tutti questi anni… Mi ha aiutato quando ero in pericolo, mi ha dato forza quando ero disperato e ha disperso i miei nemici quando ero in difficoltà. Si dice che, se suonato fra i confini di Gondor, porti subito aiuto. Ma ora non suonerà più. >>

Posai una mano sulle sue << Magari se troviamo un fabbro riusciamo a ripararlo, non credi? >> Proposi per rincuorarlo. Ma lui non mi ascoltò << Quest’oggetto appartiene alla mia famiglia da generazioni, e mai è stato ridotto in frantumi! Valar, ho tradito anche lui… >> Gli accarezzai una guancia irta di barba, portando la sua attenzione dal corno a me << Ti ha servito fino in fondo. >> Gli dissi con fermezza << E’ stato un valido alleato e ti ha servito fino alla morte, mio capitano. Non l’hai tradito. E ora dammelo: lo avvolgerò in una sciarpa e lo daremo al miglior fabbro di Minas Thirit, pur di sentirlo risuonare. Va bene? >> “ Dimmi di si. “

Lui continuò a guardarmi, beandosi per un attimo della mia mano sul suo viso. Repentino, diede un bacio al palmo e annuì << Sia come tu desideri. >>

 

L’alba ci soprese che avevamo appena superato la cresta del pendio che si ergeva a fianco dell’Anduin, teatro dello scioglimento della Compagnia. Ero stanca, ma non potevo darlo a vedere: Boromir era più stanco di me, era anche ferito, e non si lamentava. Eppure era così pallido… ma non volle saperne di fermarsi a riposare. Mangiammo carne secca e lembas continuando a camminare.

Davanti a noi, una magnifica vista si stendeva: le rocce, ricoperte da radi cespugli e qualche pino contorto, si stendevano nello spazio, ma verso l’orizzonte iniziavano a degradare in un mare verde. Boromir si fermò e lasciò che la brezza accarezzasse il suo viso. << Stiamo per entrare nel paese di Rohan. >> Mi disse, indicando l’orizzonte << E’ un paese amico, terra dei Signori dei Cavalli. Se saremo fortunati, troveremo una fattoria e ce ne faremo dare uno. >>

Ferma al suo fianco, lo guardai con aria scettica << E con quale denaro pensi di pagarlo, scusa? >>  

Lui fece spallucce << Un modo lo troveremo. >> Riprese a camminare e a parlare << Ho visitato il Mark, tempo fa. Venni assieme a mio padre per una visita diplomatica, una qualche alleanza con Re Theoden, che dovrebbe  regnare tutt’ora, sempre che sia vivo.>>

Decisi di far conversazione. Anche i lividi me lo consentivo:  andavano verso la guarigione, e ora dopo ora mi sentivo meno tumefatta. “ Devo avere comunque un aspetto orribile. “ Mi dissi, guardando Boromir al mio fianco “ Mi ha conciato proprio bene, e i lividi diventano di tutti i colori prima di guarire. “ << E come è questa terra, capitano? >>

<< Splendida. >> Rispose, aggirando uno spuntone di roccia << Montagne così alte da sembrar toccare il cielo, cielo così terso da rivaleggiare col mare, e prati a non finire. Hai mai visto un mare fatto d’erba? Ebbene, il Mark è proprio questo. Ed è stupendo. >>

<< Perché li hai chiamati Signori dei Cavalli ? >>

<< Perché per loro il cavallo è più di una bestia amica, ma che va comunque sottomessa, domata e cavalcata, oh no… la gente di qua crede che i cavalli abbiano un anima propria, esattamente come le persone, e tali le trattano, forse anche meglio delle persone! >>

Sbuffai, facendo attenzione a non inciampare nella radice contorta di un cespuglio << Ogni cosa ha un anima. >> Sbottai. Quello mi era stato insegnato a Isengard, e in quello io credevo: che fosse un animale, un uomo, un essere pensante o inanimato, aveva comunque un anima, qualcosa di più profondo della “ semplice “ vita. Anche a Boromir dovevano averlo insegnato. Lui si strinse nelle spalle << Be, io non ce l’ho, un anima. >>

<< Non dire assurdità! >> Esclamai << Tutto ce l’ha, e tu non sei così speciale da essere senza. >> Stavo diventando sfacciata e anche un po’ arrogante, ma non potevo farci niente: se una volta gli avrei risposto con gentilezza e avrei cercato di farlo ragionare, ora non più. Quei tempi erano finiti… sarebbero mai tornati?

<< Non ce l’ho più perché l’ho persa. >> Si fermò e mi costrinse a guardarlo << E solo tu puoi ridarmela. >>

<< Col tempo. >> Aggiunsi io, continuando a camminare, ignorando il fatto che io gli avessi rubato l’anima << Col tempo, la ritroverai. >>

 

 

Camminammo per tutto il giorno, fermandoci per una breve sosta al tramonto. Dormimmo finchè la luna non si alzò e solo allora riprendemmo la marcia. Le tracce lasciate dagli altri erano ben evidenti- almeno, così diceva Boromir- e lui le seguiva con agilità, mentre io arrancavo per stare al suo passo. Avrei voluto controllargli le ferite, ma ogni volta che le nominavo, asseriva di stare bene, di non aver bisogno di nessuna balia, nemmeno di me. Eppure andava facendosi sempre più pallido, sempre di più… un paio di volte fui io ad avvisarlo di un pericolo in agguato, una roccia insidiosa, una radice nascosta ma che poteva farlo inciampare, perché lui non vedeva: guardava fisso davanti a se, continuando a camminare. Era stremato, eppure mi ordinò di non fermami. Quale forza, quale coraggio era nel mio capitano...

Camminammo fino all’alba, il braccio di Boromir sulle mie spalle andava facendosi pesante, ma se l’avessi lasciato camminare da solo sarebbe stramazzato al suolo. “ Le ferite gli si sono riaperte di sicuro. “ Pensai “ Perché non ho abbastanza autorità su di lui per imporgli un controllo? “ << Abbiamo camminato a sufficienza. Ora riposiamo e tu mi fai vedere le ferite. >>

Per quanto debole, Boromir si oppose << No. >>

<< La mia non era una domanda di cortesia, Boromir: ORA ci fermiamo e ORA controllo la tue ferite. >> Lui cercò di scostarsi da me, ma rischiò di cadere. Gli misi una mano fra le costole e lui mugugnò, gli occhi che mandavano lampi di dolore- o era rabbia per essere tanto debole?

Lo feci sedere su una roccia e gli scostai la tunica. Era proprio come temevo: la camicia sottostante, un tempo bianca, era rossa di sangue. Bestemmiai un qualche Valar, e mi incazzainon poco con me stessa e col mondo che girava storto, ma decisi di chiudermi nel silenzio. Lo feci spogliare, srotolai le bende pregne di sangue e lavai le ferite con acqua della mia borraccia. Avrei dovuto cucirle, ma non c’era molto tempo. Non cosparsi la ferita di nessun unguento, dato che Aragorn aveva prosciugato le mie scorte: misi su ogni ferita una foglia di Atelas, prese dalla scorta che il Ramingo mi aveva lasciato. Era una buona soluzione, ma non la migliore: dovevo cucirlo, ma era un operazione lunga… “ Matilde saprebbe trovare un'altra soluzione. “ Mi dissi, scoraggiata “ Mi sento così inutile. “  Con movimenti regolari e asciutti, strinsi di nuovo il torace di Boromir in una fasciatura pulita. Non aveva detto una parola da quando avevo iniziato a curarlo, ma vedevo bene che soffriva: gli occhi erano due fessure, la mascella era contratta e la pelle slavata… chissà che dolore doveva sopportare. E io non avevo niente da dargli per stemperarlo. “ Inutile. “ Mi dissi di nuovo, aiutandolo a rimettersi la giacca “ Un essere inutile. “

 

Di Giulia non avevo più avuto notizie. La paura attanagliava il mio cuore, ma che potevo farci? Avevo già altro a cui pensare… ricominciammo a camminare che era mattino inoltrato. Il mare verde si stendeva dinanzi a noi, immenso, mentre sorpassavamo gli ultimi speroni rocciosi. Ormai, l’erba vinceva la roccia, e i nostri piedi traevano conforto dalla sua morbidezza, anche se da essa si alzava una cappa d’umidità che mozzava il fiato e ci faceva sudare, dato che nella pianura non vi era la dolce brezza che avevamo sentito sui rilievi. Costrinsi Boromir a fermarsi nel primo pomeriggio, gli diedi da bere e cercai di farlo mangiare, invano: il dolore andava facendosi strada in lui, ed era così stanco da faticare persino a deglutire l’acqua che gli versavo in bocca. << Non reggerai ancora a lungo. >> Gli dissi << Se andiamo avanti così, a questo ritmo, ci resterai secco! >>

<< Io…sono Boromir di Gondor. >> Trovò la forza di rispondermi << Devo trovare Giulia, devo… gli Hobbit, devo salvarli. Tutti. Tutti. Se salvo loro, salvo me stesso. >>

“ Sta delirando. “ Gli posai una mano sulla tempia, temendo la febbre. E aveva proprio la febbre << Fantastico! >> Esclamai, sarcastica << Anche questo ci voleva. >> Non me ne andava giusta una… che avessi offeso qualche Valar nella mia vita passata, per passare quello che stavo passando? Anche oggi me lo chiedo, e ne sono sempre più sicura: quella era l’espiazione dei miei peccati.

Feci riposare Boromir fino al tardo pomeriggio, ascoltando i suoi deliri e ascoltando me stessa: che dovevo fare? Andare avanti? Tornare indietro? Stare ferma? Aragorn mi aveva detto di abbandonare Boromir, ma non ce la facevo… e il Capitano era troppo grosso per me, non sarei mai riuscita a trasportarlo, non con il mio bagaglio. Cosa avrebbe fatto Aragorn, al posto mio? Sicuramente avrebbe fatto un bel discorsetto edificante a tutti e due, per poi prendere Boromir sulle sue spalle e trascinarlo avanti, continuando a rincuorarlo col ricordo della Bianca Torre di Uthelion, delle mura della sua città, degli squilli di tromba che lo attendevano, una volta ritornato. E avrebbero camminato, oh si, fino a trovare Giulia e gli altri. Ma lui era forte, era un re, che diamine! Mi venne da piangere: io non sapevo fare tutte quelle cose! Perché era capitato, Valar, perché proprio a me!

“ Sorellina, non disperare. “ La sua voce mi giunse improvvisa. “ Siamo alla fine, ormai. “ La voce di Giulia mi giungeva forte e chiara, adesso. Da dove veniva? “ Dove sei? Stai bene? “ Domande spontanee, che mi fecero sorridere. “ Premurosa come una chioccia, eh? “ Mi scherzò Giulia “ Sto bene, si. “ Il contatto sembrava stabile. “ Sei ancora con gli orchi? “

“ Sono con gli altri. “ La rivelazione mi colpì come un fulmine: era…salva? << Sei salva. >> Dissi a voce alta, anche un po’ stridula. Gli occhi mi si erano fatti lucidi per la gioia e il sollievo << Salva! >>

“ Già. “ Mi parve di vederla sorridere e asciugarsi una lacrimuccia. “ Adesso devo andare. Dobbiamo trovare Merry e Pipino. “

Trovare?

“ Siamo stati separati. Ci addentriamo nella foresta di Fangorn. “

Avevo già sentito quel nome, e l’avevo anche già vista: era la foresta che si estendeva attorno a Isengard “ E’ stregata. “ La avvertii “ Gli alberi sono vivi, li dentro. Badate bene a come usate le armi, e a non perdervi… non si esce vivi, da lì. “

“ Ne abbiamo passate di cotte e di crude, credi che non riusciremo a cavarcela con qualche rametto? “ C’era allegria nella sua voce. E come darle torto? Era salva, e aveva ritrovato il suo Legolas… “ Qui la situazione non è altrettanto migliore. “

“ Cioè? “

“ Le condizioni di Boromir vanno aggravandosi di ora in ora… se continua così, morirà in questa landa desolata. “

“ Aragorn mi ha chiesto se hai pulito le ferite. “

“ Si, pulite, lavate e bendate di fresco. Vi ho posto anche delle foglie di Atelas, ma sono certa che non stanno facendo effetto. “ Toccai la fronte a Boromir “ E scotta di febbre, proprio come la prima notte. “

Ci fu silenzio “ Potrebbe non superare la notte. “ Disse infine Giulia. “ Devi farlo mangiare, farlo bere. E cercare di abbassare la febbre. Devi trovare qualche posto dove farlo riposare in un letto, almeno per una notte. ”

“ Ma qui non c’è un emerito cazzo, Giulia! “

“ Sei in un luogo riparato? Andrà bene anche quello, dice Aragorn. Dobbiamo andare, sorellina, ma cercherò di tenermi in contatto, d’accordo? “

“ Almeno tu sei salva. “ Quel pensiero mi rincuorò non poco. Dopo di ché, la conversazione finì.

 

 

Rimasi a guardia di Boromir. Avevo una spada e non avevo paura ad usarla. Il sole andava calando, e con esso tramontava la mia speranza. Il cuore andava riempiendosi di angoscia, ma decisi di scacciarla: se Giulia era con gli altri, voleva dire che non dovevamo più correre sulla scia di quei tre. Se non dovevamo più correre, significa che potevamo riposare, e questo a Boromir avrebbe sicuramente giovato. Andai a controllarlo: era disteso all’ombra di un masso, l’erba aveva inumidito i suoi vestiti. Gli sfiorai la fronte, e lui aprì gli occhi. << Giulia è con gli altri. >> Gli dissi << Non c’è più alcuna fretta. >> Lui mi guardò, forse senza riconoscermi. Continuai ad accarezzarlo << Amore mio… >> Quelle parole uscirono dalla mia bocca in un sussurro << .. amore mio, non mi resti che tu. Vivi. Vivi! E sta tranquillo. >>

Un rumore di zoccoli mi spaventò: erano vicini, vicinissimi. E sembravano tanti. “ Cavalli selvaggi? “ Mi chiesi. Salii in piedi sul masso e misi una mano a schermarmi gli occhi: scintillanti cavalieri si dirigevano proprio verso di me. << Merda! >> Esclamai, maledicendomi per la mia imprudenza: con Boromir ferito e il mio polso malandato, come avrei fatto a proteggerlo? Dovevo restare nascosta! Me idiota!

I cavalieri circondarono il masso. Erano almeno una ventina, e tutti con lance dalla punta affilata. Lingue di fuoco saettavano sulle loro armature, abbagliandomi. Il sole morente li faceva sembrare avvolti dalle fiamme. Avevano per vessillo un cavallo bianco in campo verde e oro, ma se fossero amici o nemici non lo sapevo.

Perciò, con lentezza, estrassi la mia spada e mi piantai a gambe larghe davanti a Boromir. Pensavo che sarei morta, senza più rivedere gli altri, senza il sorriso di Giulia, senza il l’abbraccio di Boromir.

Ma quello non era il mio giorno.

 

 

 

 

 

 

 

D.I.F. madonna che faticaccia! Che stupenda sfida, questo capitolo! Ebbene, eccoci al numero tre! Grazie per le recensioni e per i nuovi arrivati, nonché a tutti quelli che leggonoJ vi stimo assai!

 

Ora vi saluto che vado a prendere il sole… con mucho affetto,

Nini.

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Capitolo 4
*** Nuove amicizie. ***


Nuove amicizie.

 

Il tramonto era alle mie spalle, dietro il masso, ma la luce che si riverberava sulle armature dei cavalieri mi illuminava a giorno, accecandomi. I cavalieri ci avevano circondati, le lance in pugno indicavano me. Erano tutti uomini, alti e fulgidi, con elmi decorati di crine; i loro cavalli erano dei più svariati colori, e mi guardavano con occhi pieni di curiosità: si chiedevano  forse cosa ci facesse una ragazza con una spada in pugno? << Chi osa muoversi nel Mark senza permesso! >> Gridò uno dei cavalieri, facendosi avanti fra gli altri: era il più sfolgorante di tutti, e gli altri sfiguravano in suo confronto. In sella al suo destriero, sembrava un gigante di luce. << Parla. >> Mi ordinò con fare perentorio. Era avvezzo al comando, lo si sentiva bene. “ Proprio come Boromir una volta… “ Rimasi ferma nella posizione di guardia, neanche un accenno a cedere. << Gente buona. >> Risposi, secca: non avrei parlato della nostra missione col primo che passava.

<< Se siete gente buona, allora perché impugni la spada, ragazzo? >>

“ E anche stavolta sono un ragazzo… “ << Sarà perché sono circondata da venti cavalieri e ho altrettante lance puntate al petto? >> Ribadii, sarcastica, sorvolando sul mio aspetto fisico.

Il cavaliere mi guardò a lungo da sotto l’elmo, e infine smontò. Era alto, probabilmente superava Boromir di una spanna. Si tolse l’elmo e scosse i lunghi capelli biondi, tutti attorcigliati dal vento, che parevano anch’essi crine di cavallo. Il mento era coperto di barba ispida e i suoi occhi scuri sembravano lanciare lampi ad ogni movimento. << Chi siete. >> Chiese. Era un ordine detto in modo più gentile, ma ancora non bastava.

<< Non parlerò con una spada in pugno. >> Ribadii, gelida: non volevo che venti picche incombessero su Boromir incosciente e delirante per la febbre. L’uomo sgranò gli occhi, diversi cavalli si agitarono e le picche si mossero in avanti. Il cuore mi stava scoppiando in petto, ma non potevo permettere di avere Boromir sotto tiro. Proprio in quel momento, alle mie spalle, lui mugolò qualcosa, forse il mio nome. << Fategli abbassare le armi. >> Ringhiai, irrigidendomi ancora di più, una nota di disperazione nella voce.

Il cavaliere mi soppesò con gli occhi prima di fare un secco cenno al suo gruppo. Quando le lance si furono sollevate, anch’io abbassai la spada e mi chinai a terra, senza perdere di vista i cavalieri. Boromir aveva gli occhi aperti, ma erano lucidi di febbre; la fronte imperlata di sudore e i capelli incollati ad essa gli davano un’aria malata che non mi piaceva affatto. Mormorava qualcosa a mezza voce, ma erano frasi sconnesse.

Il cavaliere a terra incrociò le braccia sul petto << Quindi? >>

<< Il mio nome è Anna. >> Dissi, spostando lo sguardo su di lui. Non mi andava di svelare l’identità del Capitano, ma la situazione era completamente sfavorevole, e io avevo bisogno di aiuto. Andando contro il mio volere, borbottai << E lui è Boromir. >>

L’uomo aggrottò la fronte << Chi hai detto che è ? >>

<< Boromir. >> Ripetei, restando inginocchiata e serrando l’elsa della spada, sulla difensiva << Boromir di Gondor. >>

Gli occhi dell’uomo si fecero grandi dalla sorpresa. In due falcate, mi fu accanto. Tentai di sollevare la spada ma, con un secco cenno del capo, l’uomo mi fece desistere << Siamo amici, non nemici. >> Mi disse, inginocchiandosi << Io sono Eomer, figlio di Eomund, terzo maresciallo del Riddermark. >> Guardò Boromir con aria apprensiva, ascoltando i suoi borbottii << Conobbi Boromir, tempo fa, e adesso sembra l’ombra di sé stesso. Che gli è successo? >>

<< Orchi. >> Sputai con disgusto, mentre il sollievo mi invadeva << Ha cercato di proteggere degli amici, ma invano. Ha molte ferite infette e sta male. >>

Eomer mi guardò, un lampo di comprensione negli occhi << Ora capisco. >> Disse, più a se stesso che a me << Ecco a chi si riferiva l’Elfo. >>

I miei occhi si illuminarono e la mia bocca sorrise << Avete visto gli altri! >> Esclamai. << Non ne dubitavo! >> Quanto avrei voluto Aragorn accanto a me in quel momento… Eomer aggrottò la fronte << Lo sapevi? >>

<< Lo intuivo: l’unico elfo in viaggio per la Terra di Mezzo può essere solo Legolas! Era con un Uomo e un Nano, vero? O c’era già una ragazza che mi somigliava? >>

Mi guardò con aria confusa << Immagino di doverti le mie scuse, ti avevo scambiata per un ragazzo. >> Borbottò, guardandomi di sottecchi, vergognoso. << Sei piena di misteri, Anna, a partire dal come mai ti trovi in compagnia del Capitano della Torre Bianca, al perché sei nel Mark con una spada in pugno fino al motivo per cui conosci ben tre rappresentanti delle razze di Arda. Curioso esempio di donna! >> Mi strinsi nelle spalle, incalzandolo per sapere se avesse visto Giulia. << Una ragazza identica a te? Era prigioniera degli Uruk da noi sterminati stanotte, così almeno ci hanno detto i tuoi compagni, ma non l’abbiamo vista. E nemmeno i Mezzuomini di cui tanto ci hanno chiesto. Mi duole dirlo, ma non so se la rivedrai. >>

Sorrisi di nuovo, raggiante << Oh, io penso proprio di si. >> Sapevo che Giulia era sana e salva. Come si fosse ricongiunta agli altri, sarebbe stata un’avventura da raccontare accanto al fuoco.

Eomer interruppe il filo della fantasia << Ma dimmi, cosa vi porta per queste lande ? i tuoi amici non mi hanno dato delucidazioni, se non che dovevano salvare i tuoi compagni. Tu puoi dirmi altro? >>

“ E ora? “ Se gli altri avevano taciuto, forse anche io dovevo farlo << Eravamo una compagnia, una volta. >> Raccontai, soppesando le parole << Siamo partiti da Gran Burrone tempo fa. Molta strada è stata fatta in loro compagnia, avventure e imprese sono state compiute, ma non chiedermi altro, che sono legata da un patto segreto. >> Tornai a guardare Boromir << Siamo stati attaccati vicino a Path Galen, sull’Anduin. E’ li che i nostri amici sono stati rapiti e Boromir è stato ferito. Per un giorno è rimasto incosciente, ma alla sera abbiamo intrapreso il cammino. Abbiamo camminato a lungo, nonostante lui fosse ferito gravemente, per ricongiungerci hai nostri amici, e questi sono i risultati: la febbre è salita senza che potessi far nulla, e ora ho una paura che possa morirmi fra le braccia. >> Sentii gli occhi farsi lucidi, ma ricacciai indietro le lacrime. << Che posso fare, mio signore? >>

Lui mi guardò, serio << Trovare una soluzione, ecco cosa puoi fare. >> Si alzò e si rivolse ai suoi cavalieri. << Eorlingas, costui è Boromir figlio di Denethor, Capitano di Gondor, amico di Rohan. >> Dichiarò ai suoi soldati << In nome del vincolo di amicizia che unisce Rohan a Gondor, e me a lui, gli dobbiamo aiuto e riparo. Portatemi un cavallo: stanotte, Boromir e Anna saranno nostri ospiti. >>

 

Mi diede un cavallo dall’aspetto solido e l’occhio triste. << Ha perso il suo padrone. >> Mi spiegò Eomer << Ha pianto la sua scomparsa, ma sarà ben felice di aiutarti. >> Eomer caricò Boromir sul suo cavallo, Firefoot, e si lanciò alla testa dei suoi uomini, sostenendo Boromir sulla sella. Cavalcammo a lungo per le pianure insanguinate dal tramonto, fino al calare delle tenebre. Le stelle luccicavano alte sopra la mia testa, il cavallo grondava di sudore e sbuffava di stanchezza, quando Eomer decise di accamparsi e lasciare che il suo gruppo riposasse.

Nella cavalcata ci eravamo separati, e io non avevo ancora avuto notizie di Boromir. Andai a cercarlo, e trovai il Maresciallo del Mark in piedi davanti al fuoco al centro del campo, con Boromir steso in una barella di fortuna ai suoi piedi. Illuminata dalle fiamme, la sua pelle assumeva le tonalità calde del fuoco, ma le profonde occhiaie sotto gli occhi lasciavano intravvedere la malattia. Eomer mi vide arrivare e mi guardò con le sopracciglia aggrottate, salutandomi con un cenno del capo. << Mio signore. >> Ricambiai, chinandomi poi sul mio amore, prendendogli la testa e posandomela in grembo. Lo sentii gemere. << Non c’è un guaritore fra i tuoi uomini? >> Chiesi a Eomer, incrociando il suo sguardo.

<< No, purtroppo. >> Rispose, amareggiato << In caso contrario, molti sarebbero sopravvissuti. >> Si inginocchiò accanto a me << L’ho messo vicino al fuoco mentre preparano la tenda per la notte. Credo che la febbre vada facendosi sempre più alta, la sentivo distintamente mentre cavalcavamo. >> Mi spiegò che aveva vaneggiato a lungo << Chiedeva perdono, ma non so per cosa. >>

“ Lo so io, il perché. “ << E’ acqua passata. >> Ribadii << Non appena la tenda sarà pronta, gli pulirò le ferite e controllerò il loro stato. Può ancora essere salvato. >>

<< Non voglio allarmarti, ma già in molti sono morti per ferite più leggere delle sue. >>

<< Ma nessuno è come lui! >> Scattai, orgogliosa << Nessuno è come Boromir.>> Accarezzai la guancia dell’uomo che amavo con dolcezza, seguendo la linea della mascella << Egli non morirà, non stanotte. Morirà fra molti anni, nel suo letto, circondato dalle persone amate e a lui care. >> Per la prima volta dacchè lo conoscevo, il volto del maresciallo del Mark si addolcì << E’ amore quello che sento nella tua voce? >> Chiese << L’unico sentimento di infondere speranza anche nell’ora più buia. L’amore… >> Mi fissò negli occhi << Sei forte, e coraggiosa, per aver affrontato quello che hai affrontato e per sopportare quanto sopporti. Conosco una donna simile a te. >>

<< Mi sarebbe bastato essere più forte. >> Commentai << Avrai risparmiato un bel po’ di sofferenze ai miei cari. Chi sarebbe la donna di cui mi parlate? >>

Uno scintillio si accese nei suoi occhi << Eowin… >>

 

La tenda venne allestita accanto al fuoco. Era quella di Eomer, ma la concesse a me e a Boromir per riprenderci dalla fatica. Liberai il torace di Boromir dalle bende impregnate di sangue e analizzai le ferite, tirando un sospiro di sollievo: non erano infette, e la febbre era dovuta alle fatiche della marcia. Le lavai con cura, vi spalmai sopra i rimasugli dell’unguento cicatrizzante fatto da Matilde e le bendai con fasce pulite. Spazzolai i capelli al mio uomo e gli lavai la faccia, posandogli poi sulla fronte una pezza imbevuta di acqua. Una volta terminata la pulizia di Boromir, mi presi la briga di sentirmi stanca. Mi stesi nella branda che Eomer mi aveva concesso e cercai di contattare Giulia, ma invano: nessun segnale. “ Dove sarà? “ Mi chiesi “ Saranno riusciti a trovare gli Hobbit? “ Gli occhi andavano facendosi pesanti, e me li sfregai per restare sveglia “ Devo pensare a una soluzione. “ Pensai, sbadigliando “ Devo capire dove andare. Dovrei parlare con Eomer, forse, parlargli della situazione. Dovrei svelargli la missione, avere un consiglio…ma anche no, forse. Meglio attendere che Giulia e gli altri mi contattino. Magari dovremmo ricongiungerci, trovarci in un posto… bo. Non so. Come vorrei Jadis al mio fianco… e Boromir, come lo vorrei abbracciato a me. “ Mi voltai a  guardarlo: il viso stava riprendendo colore, il respiro era regolare e non farneticava più. Aveva chiesto perdono, dunque. “ Perdono a me? “ Allungai una mano e gli sfiorai il braccio nudo “ Che scemo… non sa che l’ho già fatto? “

   

 

 

 

 

 

 

D.I.F.

Hello people!!!finalmente sono tornata J scusate il ritardo con cui aggiorno, ma una serie di infausti e fausti eventi me l’aveva impedito- ma adesso sono qui, con un’estate di cazzeggio davanti a me e tanta voglia di scrivere la mia terza storia!! Mi sono resa conto di aver preso una piega un po’ banalotta, me ne dispiaccio ma non ho potuto farne a meno! In ogni caso, per lamentele, rivolgersi all’ufficio recensioni, che spero saranno di nuovo tantissime!!

Mi raccomando, non abbandonatemi e io darò il meglio di me!

De prufundis, Nini.

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Capitolo 5
*** conversazione n.5 ***


Conversazione n.5

 

 

Dormivo sonni senza sogni, avvolta nel velluto caldo dell’incoscienza , quando udii qualcuno chiamarmi per nome. La voce proveniva da molto lontano, e giungeva attutita nel nero: “ Anna… “ Mi chiamava. Era una voce femminile, quella? Ma che voleva? Ero così stanca… Sapevo che avrei dovuto rispondere al richiamo, che quella voce era di qualcuno a me noto, ma in quel momento il bisogno di dormire si fece più grande, immensamente più grande. << Sta zitta… >> Biascicai, girandomi sul fianco, la coperta sulla testa. La voce tacque allora, e la mia quiete andava ristabilendosi, quando mi giunse all’orecchio una voce diversa << Ma che fai? >> Una voce, stavolta, maschile, ma ancora molto distante. << Cerco di dormire. >> Borbottai di rimando, seccata. << Lasciami stare. >>

Sentii una risata sommessa. Dopo un attimo di silenzio, la voce disse << Lo vorrei, ma non posso. >>

<< Ma si, invece. >>

<< Anna. >> La voce era nettamente più vicina, ora. << Dobbiamo partire ora. >>

Senza pensarci, mi scoperchiai e mi voltai verso Boromir, gli occhi socchiusi e i capelli arruffati. << Senti un po’, mi hai svegliata e adesso pretendi anche mi alzi! Se fossi in Giulia, ti manderei a fanculo, Boromir! >> Mi ributtai a terra, le coperte di nuovo sulla testa e gli occhi feriti dalla luce che filtrava dall’imboccatura della tenda alle sue spalle. Poi feci mente locale, la mia mente elaborò quanto avevo visto attraverso le palpebre socchiuse e gli occhi si aprirono da soli, sgranandosi per lo stupore. Scattai a sedere, scalciai la coperta lontano da me e mi sfregai gli occhi cisposi, incredula: era davvero Boromir, quello in piedi sulla soglia della tenda? Mi feci schermo con una mano, dato che era in contro luce << Che ci fai in piedi? >> Chiesi, una volta appurato che si, era effettivamente il mio capitano, sorridente e sano come un pesce. << Sei debole. Stenditi. >>

Lui scosse le spalle << L’unica debole qui sei tu, piccola. Sei riuscita a dormire? >>

Sbadigliai, puntandogli addosso un indice accusatorio << Vedi di non cambiare argomento! Ti ho detto di stenderti, che sei debole. >>

Lui rise ancora, divertito << Senti senti, una novella Matilde… >> Si sedette sulla brandina accanto alla mia, ubbidiente, guardandomi con aria divertita << Ora che sono seduto, mi dici come ti senti? >>

<< Lo chiederò io a te, piuttosto… >> Sbadigliai di nuovo << Comunque, io sto bene, grazie. E tu? >> Lo guardai con attenzione: il colorito era ancora pallido, ma gli occhi erano limpidi e non segnati dalle occhiaie. Era decisamente migliorato, cosa che mai avrei detto la notte prima << Mi stupisci, Boromir: vederti in piedi, pimpante come un galletto, era una prospettiva che non contemplavo affatto, ieri sera. >> Lui sbuffò << Un galletto? Ma come ti permetti, ricorda che sono sempre il tuo Capitano. >> Alzai un sopracciglio ” Quanta voglia di scherzare, di prima mattina… “ << Be, questo non significa che debba tacere quanto penso. >> Mi protesi ad accarezzargli una mano << No, davvero: ti sei ripreso? >> Chiesi di nuovo, seria. Lui allargò le braccia, incrociandole poi dietro la testa, un gesto pieno di parole << Sono in piedi. >> Disse solo << E so di esserlo solo grazie a te. >> Si chinò in avanti, vicino al mio viso. << Eomer mi ha detto quello che hai fatto, quanto hai rischiato. Ha raccontato di come mi hai difeso mentre ero incosciente, la spada in pugno e la lingua pronta. >> Mi scostò una ciocca di capelli dal viso << Mi ha anche detto che deliravo, mentre mi portava sulla sella davanti a se. Mi ha detto che invocavo perdono, e io so per cosa andavo invocando… >> I suoi occhi si spostarono sul collo, e la bocca prese una piega amara << Perdonami, Anna, abbi pietà di me. I miei deliri erano pieni del tuo volto tumefatto, delle tue grida, delle tue espressioni mentre mi combattevi. Io…so che è difficile, probabilmente è impossibile da dimenticare, ma per il bene che mi volevi, ti prego… >> La voce gli morì in gola, l’ennesimo perdono che andava strozzandosi. Prese con delicatezza la mia mano nella sua e la tenne li, nel palmo aperto, come se fosse un uccellino. Le osservai: la sua era più grande della mia di una falange e mezza, rossa e callosa, le piaghe create dall’elsa della spada cicatrizzate e riaperte mille e mille volte; la mia era più piccola della sua, ancora soffice, ma si intravvedevano già i primi calli e le prime cicatrici dell’elsa. “ Questa è la mia via. “ Mi dissi, come colta da un’illuminazione “ Queste due mani unite, questa loro somiglianza, il fatto che sono l’una dentro l’altra… Sono come noi, come me e lui. “ Lo guardai di sottecchi. Incrociò il mio sguardo e lasciò scivolare la mano << Desidero che tu mi ricordi com’ero. >> Mi sussurrò << Come il Capitano della Torre Bianca, come l’uomo che voleva chiederti in sposa. >>

Gli sollevai il viso << E dov’è quell’uomo adesso? Perché parli sempre al passato? >> Domandai << E perché dovrei ricordare solo un’ombra di te, un te che non esiste più perché si è evoluto? Mi sono accorta di amarti solo a Osgiliath, Boromir, ma quella era solo una presa di coscienza: è assai probabile che ti amassi ancora prima… >> Stavolta fui io a prendergli le mani << Perché non avrei dovuto amarti ieri, e prima di ieri, e prima di ieri ancora, indietro, fino al momento in cui mi stavi strozzando? >> Feci scivolare le mani lungo il collo. Lo vidi irrigidirsi, ma non mi fermai, impietosa. << Vedi questi? Sono il mio più grande atto d’amore verso di te: io ho deciso di salvarti, ho cambiato il tuo destino. Perché io ti amo, oh si, e ti amerò ancora, e per intero. >> Gli sorrisi << E non mi interessa se ti resteranno i sensi di colpa per quanto hai fatto, anche quelli passeranno, curati dal tempo, curati da me. O almeno così credo… >>

Gli occhi sono davvero lo specchio dell’anima: quelli di perla di Boromir erano sgranati per la sorpresa, commossi dalle mie parole << Mi stai forse perdonando? >> Mi chiese in un soffio << Ma io non lo merito… >>

<< Non è questione di merito e no. >> Gli presi il viso fra le mani, e piantai lo sguardo nel suo, liquido di lacrime << E’ questione che non c’è niente da perdonare. >>

 

Le nostre labbra si toccarono ancora prima che finissi la frase. Erano screpolate e secche, la lingua ruvida, ma fu stupendo. Boromir allacciò le braccia attorno alle mie spalle, mi strinse a sé mentre io gli accarezzavo piano il viso e i capelli. Era così dolce…come tornare a casa.

 

 

 

 

 

 

 

D.I.F. ebbene, ecco a voi il nuovo chappi. Assai breve, certo, ma abbastanza intenso, oserei dire…c’è voluto parecchio per elaborarlo, ma alla fine ce l’ho fatta! Yeeeeeeee!!!

Nella mia vita è uno sclero continuo, e sta diventando maledettamente difficile ritagliare anche un angolino..ma ce la faccio, ce la devo fare per non impazzire. A me importa andare avanti!

Grazie a voi tutti che mi seguite e sostenete, che recensite o che semplicemente leggete. Grazie di cuore.

Una frastornata Nini.

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Capitolo 6
*** Breakfast ***


Breakfast

 

Che cosa strana, l’amore: fa sparire i giorni tristi nel tempo di un bacio. Così capitò a me, in quella radiosa mattina nel Mark, quando io e Boromir finalmente ci riappacificammo, e gettammo il secondo ponte verso la nostra riconciliazione.

Un frusciare di tende discreto ci distolse dal nostro ritrovarci, e ci trovammo con Eomer, Maresciallo del Mark, in piedi sulla soglia a fissare il nostro abbraccio. Un lampo di imbarazzo passò nei begli occhi fulgidi, e le sue guance si tinsero di rosso. Aprì la bocca per parlare, ma dovette schiarirsi la gola affinché ne uscisse qualche suono << Forse dovrei… >> Borbottò, terribilmente a disagio << …Passare dopo? >> Neanche il tempo di concludere la frase, Boromir era già scattato in piedi, radioso in viso << Non ho il permesso di cacciarti, mio signore, ma posso invitarti a sederti. >> Sogghignò, divertito << Fa pure come se fossi nella tua tenda, Eomer.. >> Ridacchiando assieme, il Maresciallo rispose che avrebbe accettato volentieri l’invito e si sedette sulla branda con Boromir, mentre io mi affaccendavo a rendermi presentabile. << Mia signora. >> Mi salutò il cavaliere, ancora un poco imbarazzato << Spero che i vostri sogni siano stati lieti. >>

<< Sinceramente, non ne ho proprio fatti. >> Risposi, sbadigliando << Ma va bene così. Confesso, però, che avrei dormito ancora, ad averne avuta la possibilità… >> Mi bloccai << A proposito, perché mi hai svegliata, Boromir? >> Dopo che le sue labbra si erano posate sulle mie, tutto era scivolato in secondo piano.

Fu Eomer a rispondermi << La verità è che io e i miei cavalieri dobbiamo muoverci. >> Disse << Stiamo controllando il confine, onde evitare che ondate di orchi ci arrivino addosso e devastino il paese. >> I suoi occhi si intristirono << Già mio cugino è caduto vittima di quei bastardi, ed è solo la vittima più illustre! Molti altri sono periti sotto le lame della Mano Bianca. Non possiamo permettere che altro sangue venga sparso. >>

Sentii il sangue inacidirsi << Saruman… >>

<< Già… Lo Stregone Bianco, si fa chiamare. Ma adesso di bianco non ha più niente. >> Eomer strinse le labbra, un gesto di rabbia furente << Una volta, in tempi lontani, lui era amico della nostra gente. Ma ora quel maledetto ci manda addosso i suoi abomini e i suoi mannari, e noi non facciamo niente, niente! >> Si sfogò, per poi passarsi una mano sul mento irto di barba << Cosa gli abbiamo fatto di male? Come siamo giunti a questo, come? >> Boromir, seduto accanto a lui,  gli mise una mano sulla spalla coperta dallo spallaccio di bronzo << Nessuno si merita questi tempi, Eomer. Possiamo solo fare il nostro dovere, e compierlo al meglio. >> Tacque, per poi ricominciare con voce più dolce << Mi addolora la perdita di tuo cugino: Theodred era un ragazzo, quando lo conobbi, ma aveva già la tempra e l’ardore di un grande guerriero. E’ morto in un’imboscata? >>

<< No…in battaglia. Ai guadi dell’Isen. >> Rispose Eomer << E’ morto da eroe, cercando di arginare l’invasione di Uruk- Hai. E’ morto per la sua gente. Ora è nella gloria, siede nella casa dei miei padri. E la lo rivedrò, presto o tardi lo decidano i Valar. >> Lo disse con una punta di orgoglio che mi fece sorridere: la gloria è il sole dei morti, e nessuno desidera scaldarsi ai suoi raggi. Ma questo mi trattenni dal dirlo. << Anche io sono addolorata. >> Concordai << Ma la vera pena è essere vivi: da morti, tutti i problemi si risolvono. >> Sbirciai fuori dalla tenda, decisa a cambiare argomento << Mi sembrate pochi, per sorvegliare un confine grande e ricco di nascondigli come il vostro, mio signore. >> Lo fissai << Siete forse divisi in squadre? >>

Lo sguardo di Eomer si incupì << Magari. >> Disse. << Magari fosse come dici tu, mia signora. >> Si alzò e ci diede le spalle << Se per i morti i problemi svaniscono, per i vivi restano, e si ingigantiscono: questi sono gli unici uomini di cui dispongo. >> Si voltò << E sto andando contro la volontà di mio zio. >>

Ci fu un attimo di silenzio attonito << Sei senza il permesso del Re? >> La voce di Boromir trasudava stupore << Ma Theoden sa della minaccia che incombe su Rohan? Sa perché suo figlio è morto? >>

La bocca di Eomer assunse una piega amara << Il re mio zio non è più l’uomo che conoscesti, Boromir. Egli è cambiato… vive un’esistenza grigia e piatta, in cui l’unica voce che ode è di quella serpe! >> Strinse i pugni << Quella di Grima! >>

<< Grima? >> Chiesi, anche se quel nome non mi giungeva nuovo. << E chi è costui? >>

<< E’ un essere che non può definirsi uomo. >> Eomer fece un passo avanti, il viso livido di rabbia. << E’ subdolo e viscido, proprio come un serpente. Riempie la testa di mio zio di ciance e falsità, facendogli credere che il Mark non è sotto attacco, che è giusto stringere alleanze con Isengard, che dobbiamo lasciar passare gli Orchi per il nostro regno, il mio regno! Ma mio zio è ormai un povero vecchio, che a fatica riconosce me ed Eowin, la mia dolce sorella. Fa esattamente quanto dice il Vermilinguo, impartisce gli ordini che egli gli sussurra nelle orecchie. >> La tristezza si impadronì dei suoi lineamenti << Giungendo addirittura ad esiliarmi. >>

Boromir scattò in piedi, posando le mani sulle spalle di Eomer << Esiliarti?  >> Sottolineò con veemenza << Esiliare il miglior guerriero tra la sua gente, il suo erede diretto? Tuo zio non è più in sé, amico mio. >>

Eomer rispose qualcosa a Boromir, ma non vi prestai orecchio: stavo scavando nella mia memoria, alla ricerca del viso di questo Grima Vermilinguo… avevo già udito quel nome, e mi ricordava qualcosa… << Da quanto è nella tua casa? >> Chiesi all’improvviso, fissando Eomer << Da quanto Grima è consigliere del Re? >>

Lui mi fissò, pensieroso << Saranno circa quattro anni che siede accanto allo scranno di mio zio. Perché? >>

Ignorai la domanda << Che aspetto ha? >>

<< Piccolo, gracile. Di carnagione pallida e malata, ma con gli occhi che luccicano per la brama di potere… Ma non vedo come possa esserti utile. >> Era la descrizione che mi aspettavo, ed era molto utile << E’ un servo di Saruman. >> Confermai << Lo conobbi tempo fa, quando giunse a Isengard. Rimase al servizio di Saruman per qualche tempo. A volte mi parlava, ma non apprezzavo la sua compagnia. >> Raccontai, mentre Eomer sgranava gli occhi: avevo dimenticato di dirgli da dove venivo. << Era…viscido, proprio come un serpente. Temeva Jadis, e non mi importunò mai. Poi, di colpo, sparì, e non lo rividi mai più. >>

<< Quindi opera per conto dello Stregone Bianco. >> Constatò Boromir << Tuo zio deve essere sotto qualche dannato sortilegio, Eomer, o mai ti avrebbe cacciato lontano da sé. >>

Annuii << Che ciò ti rincuori, mio signore: chi ti ha cacciato, non era tuo zio. >> Ma Eomer era troppo scosso per ascoltarmi << In tutti questi anni, non ero mai giunto a una simile conclusione. >> Sibilò << E ora quel bastardo siede sul trono di Rohan al posto di mio zio, il grande Theoden, diventato un burattino nelle mani di Saruman! Come ho potuto tollerare tutto questo?!? >> Il suo tono di voce si era costantemente alzato, e parecchi uomini si erano raggruppati all’entrata della tenda, incuriositi. Eomer fece dei respiri profondi per calmarsi ma, quando mi guardò, l’ira lampeggiava nelle iridi castane << Grazie per avermi aperto gli occhi, Anna. Anche se dici di aver condiviso il tetto con Saruman, io ti reputo una persona buona. E amica di Rohan. >>

Gli sorrisi e chinai il capo << Grazie. Ho vissuto a Isengard dalla più tenera età, e Saruman mi ha allevata come se fossi una figlia. Me ne andai due anni or sono, diretta a Gondor. Non ho più rivisto la mia casa, ma ormai è parte del passato: è corrotta, non è più il luogo felice di un tempo. >> Mi intristii << Quello è solo nei miei ricordi. >>

Boromir mi cinse le spalle in gesto protettivo e confortante << Tutto muta. >> Mi disse, baciandomi la fronte. E mi sentii subito meglio.

 

 

<< Quindi, pensate di partire. >>

Eomer annuì, addentando una salsiccia. Eravamo usciti dalla tenda, seduti attorno ai rimasugli dell’ultimo fuoco acceso dell’accampamento, mangiando salsicce e birra chiara per colazione. Le tende erano state smantellate da un pezzo, e quella di Eomer veniva piegata proprio in quel mentre. << Gli uomini hanno già fatto colazione, manco solo io. >> Il Maresciallo sorseggiò della birra dal corno. << Dopodiché, farò rotta su casa. >>

“ Casa? “ << Ma non dovevate sorvegliare i confini? >> Chiesi, confusa, la salsiccia in una mano e il corno nell’altra: sarebbero tornati a Edoras? Eomer annuì, finendo la salsiccia e la birra << Ora so quanto devo fare. E’ una cosa che avevo già in mente da tempo, ma non potevo agire senza un motivo per non apparire ingiusto. Ma ora, Anna, tu me l’hai dato. >> Si alzò in piedi, i suoi uomini che lo guardavano, incuriositi. Sguainò la spada e la alzò al cielo << Ammazzerò il Vermilinguo e curerò mio zio! >> Gridò << Otterrò altri uomini e spazzeremo Rohan in lungo e in largo, a caccia di Uruk- Hai, fino all’ultima goccia di sangue! Yaaaaaaaaaah! >>

<< YAAAAAAAAAAH! >> Gridarono con lui i Rohirrim, alzando le spade all’unisono, mentre Boromir sorrideva, gli occhi scintillanti << Valar, in questi momenti rimpiango di essere legato a te e alla Compagnia. >> Mormorò. Lo guardai male, e lui si strinse nelle spalle << Se non ci fosse nessun legame, sarei già saltato a cavallo e galopperei alla testa dei Rohimmir assieme a Eomer, puoi giurarci! >>

“ Non possono farlo. “ Alzai il capo istintiva. << Che c’è? >> Mi chiese Boromir. << Ho sentito la voce di Giulia. >> Risposi concitata, cercando di ristabilire il contatto “ Sorella, mi senti? “

“ Forte e chiaro. “ La sua voce era forte e sicura. “ Stai bene? “

“ Si, e anche Boromir sta bene. Dove sei? “

“ Fuori da Fangorn… Anna, devi dire al tuo amico di non andare a Edoras. “ Guardai Eomer, perplessa; lui fece altrettanto << Qualche problema? >> Chiese, infastidito. “ Perché non devono andare a Edoras, Giulia? Vanno a salvare il Re dalle grinfie del servo di Saruman! Ne hanno pieno diritto! “

“ C’è il confine da sorvegliare, quello è il loro compito. “ Ribadì lei. << Giulia dice che non devono andare a Edoras. >> Dissi a Boromir, ma fu Eomer a rispondermi << E perché mai? >> Sbottò, infastidito, ma Boromir fu pronto a ribadire << La mia signora ha il dono di sapere sempre cosa è giusto e cosa è sbagliato, amico mio. Stalla a sentire, d’accordo? >>

Eomer spintonò Boromir << Non ho alcun bisogno che una ragazzina mi dica cosa devo o non devo fare: io devo andare a Edoras! >>

“ Giulia, l’atmosfera si scalda! “ Dissi in tono allarmato, guardando il viso di Boromir diventare pallido “ Qui scatta la rissa! “

“ Uh…wow! Be, qui mi dicono che c’è bisogno di tener sorvegliato il confine, che a Edoras ci pensiamo noi. “ Tacque un attimo “ Dicono di dirgli che, nel nome della promessa fatta al Grigio Pellegrino, deve fare quello che dici. “ << Eomer! >> Lo chiamai, mettendomi fra lui e Boromir, che si fissavano in cagnesco << In nome dell’amicizia che ti lega al Grigio Pellegrino, fa quello che ti dico! >> Piantai i miei occhi nei suoi << Ce ne occuperemo noi di Edoras. Lo sai che puoi fidarti. >>

Eomer mi fissava intensamente << Hai detto in nome della promessa… di quale promessa parli? >> Si mise a braccia conserte << Avanti, dimmelo. >>

“ Che cazzo gli dico, Giulia? “ “ Digli che è stata fatta tempo fa, da un bambino biondo, ed è sacra perché l’ha fatta sulla tomba di suo padre. Il bambino rpometteva di proteggere tutto ciò che era stato caro a suo padre, e di difenderlo fino alla morte. Diglielo, Anna, che non abbiamo tutto il giorno! “ Giulia sembrava assai confusa, ma non aveva perso il suo sarcasmo. << Tempo fa, un bambino promise sulla tomba di suo padre di proteggere tutto ciò che era stato caro a lui, anche a costo della vita. >> Dissi tutto d’un fiato, il cuore che martellava << Era biondo, quel bambino. E tu mi sembri biondo fin dalla nascita, mio signore. >> “ Digli che è il momento di adempiere a quella promessa. “ << E’ il momento di adempiere a quella promessa. >> Dissi, decisa.

“ Che deve pattugliare il confine. “

<< Devi pattugliare il confine, Eomer. >>

“ E fare attenzione al richiamo del Corno. “

<< E fare attenzione al richiamo… del Corno? >> Guardai Eomer e Boromir, confusa << Di che Corno parliamo? >>

Eomer sbuffò. << Io l’ho capito. >> Disse con enfasi. Alzò le mani in segno di resa << Sei piena di risorse, ragazzina. >> Prese l’elmo che un suo compagno gli porgeva e se lo calò in testa, il crine del pennacchio agitato dal vento del mattino << Farò come tu dici. Ma ti avverto: se non dovessi riuscire nella tua missione, guai a te. E anche a te, Boromir. So dove cercarti. >>

 

 

Eomer ripartì con i suoi uomini poco dopo, lasciandoci con un solo cavallo- lo stesso che aveva dato a me, la sera prima, quando ero ancora una ragazza disperata in cerca di aiuto. Montammo a cavallo, io attaccata alla schiena di Boromir, rotta su Edoras.

“ Come fai a sapere di quella promessa, Giulia? “ Chiesi a mia sorella, ancora in contatto con me. Mi sembrò di vederla sogghignare.

“ Sorella, non sai che sorprese ho qui con me. “

 

 

 

 

 

 

D.I.F. non so nemmeno io da dove è saltato fuori questo chappi! Non ho tempo di revisionarlo e non me ne capacitò! Devo ancora rispondere alle recensioni del chappi precedente- me tapina, ma capitemi: ho una nonna che scala gli armadi e qualcuno dovrà pur correrci appresso!

Vabbe, vi saluto! Adiossssssss!!!

Nini.

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Capitolo 7
*** Into the Mark. ***


Into the Mark.

 

Il cavallo era una splendida bestia, volava sull’erba del Mark, il rumore degli zoccoli attutito da essa. Saldamente stretta alla schiena di Boromir, seguivo ogni passo di quell’andatura veloce, conversando con Giulia, e guardandomi attorno. “ Sembra di stare sempre nello stesso posto. “ Le dissi, fissando il paesaggio. “ Cielo, erba e monti lontani. “ Mi rispose lei “ Erba, cielo e monti; monti, erba e cielo…che palle! “

Sorrisi “ A me piace quest’immobilità. Mi sembra di stare su uno di quei cavalli a dondolo, quelli che usano i bambini. “

“ L’avevi, sai? Da piccola. Ne avevamo uno entrambe. E il tuo si chiamava Lollo. “

“ Lollo? “ Ridacchiai, attirando l’attenzione di Boromir. << Stai ridendo di me con Giulia? >> Mi chiese. Mi strinsi più forte a lui, cercando di non toccare le ferite << No. Mi stava raccontando che da piccola avevo un cavallo a dondolo, il cui nome era Lollo! Non è un nome bellissimo? >>

Lui scosse le spalle << Non saprei. >> Disse << Se ti piace, dovresti chiamare così il nostro cavallo, anche se preferirei un nome più… >>

<< Più? >>

<< Importante… Il mio primo cavallo si chiamava Focoso, e anche il secondo e il terzo. >> Ridacchiò << Ho creato una dinastia. >>

<< Potremmo dargli due nomi. >> Proposi, ma Boromir disse che non gli interessava particolarmente decidere il nome del cavallo, e allora optai per Lollo.

Cavalcammo in silenzio per un po’, sia io che Giulia in contemplazione della natura di Rohan. Poi mi venne in mente: “ Di che sorprese andavi parlando prima? “ Le chiesi, incuriosita. Mi sembrò di vederla sorridere.

“ Non ne posso parlare, mi è stato tassativamente proibito. Quando ci incontreremo, vedrai. ”

“ Sono belle, almeno? “

“ Non sai quanto. “

 

Cavalcammo per tutto il giorno nelle verdeggianti terre del Mark, attraversando lande di infinito splendore e malinconia, lasciandoci alle spalle Eomer e i suoi biondi cavalieri. Andavamo verso l’interno del paese, seguendo il trotto di Lollo, che sembrava conoscere la strada meglio di noi. << Sembra quasi che risponda a un richiamo. >> Mi disse Boromir << Come se seguisse una voce che gli dice dove andare. >>

<< Io credo che stia tornando a casa. >> Ribadii << Non so dove ci troveremo con gli altri, ma ho la netta sensazione che Lollo lo sappia. Io dico di fidarci di lui. >>

Boromir annuì << Anche secondo me è la cosa giusta da fare. E, in ogni caso, se Lollo ci porta a casa, casa per lui è Edoras, la capitale del Mark. Per quanto possa essere sotto il dominio di Vermilinguo, l’ospitalità dei suoi abitanti non verrà meno. >>

<< Magari riusciremo a scacciare Saruman da quelle mura. >> Proposi, vendicativa << Ho proprio voglia di dare un calcio nel sedere a qualche viscido servo del vecchio zio! >> Boromir rise di gusto, mentre Lollo aumentava la velocità << Saprai fare il tuo dovere, amore mio, ne sono più che certo! >>

 

Il sole volgeva al tramonto, e l’erba grondava di luce sanguinante, quando in lontananza vedemmo dei puntini muoversi. Erano piccoli, e lontani, ma si muovevano a gran velocità. Uno più di tutti. Lollo si fermò, improvvisamente inquieto, impuntandosi con gli zoccoli per non andare avanti. E il punto si avvicinava: era bianco, veloce e guizzante; scattava nell’erba come se volasse sopra di essa. Vidi che alzava il muso e lanciava un ululato possente, così forte che riuscii a sentirlo nonostante la distanza ancora grande. A quel punto, Lollo nitrì e si impennò, per poi mettersi a sgroppare, terrorizzato, il bianco degli occhi bene in vista.  << Ma che gli è preso! >> Inveii Boromir, che cercava di riportarlo calmo strattonando le redini << E quello che diavolo è! >> Lollo sgroppò più forte e mi strappò dalla schiena di Boromir. Volai letteralmente a terra, e l’impatto con l’erba del Mark mi mozzò il fiato. Ero atterrata di pancia, e sentii un forte dolore al polso che Boromir mi aveva quasi rotto. Feci forza su quello e riuscii ad alzarmi, allontanandomi dal cavallo che sembrava ancora più imbizzarrito di prima, con Boromir che cercava di restare in sella, giocando a un gioco pericoloso. Molto, troppo pericoloso. << BOROMIR! >> Urlai, cercando di avvicinarmi per prendere le briglie di Lollo << Scendi da li! BUTTATI, o ti ammazzi! BUTTATI! >>

Poi qualcosa buttò me a terra. Qualcosa di simile a degli artigli mi graffiò sulla spalla lacerando la camicia già lisa. Ancora una volta caddi, ancora una volta finii sul polso rotto e sbattei il mento fra l’erba, sentendo i denti sbattere. Alle mie spalle, sentivo un forte ansare, poi qualcosa di umido che mi frugava fra i capelli e trovava l’orecchio. Lo annusò forte, facendomi il solletico, proprio come faceva Jadis… un’improvvisa consapevolezza mi fece sbarrare gli occhi. Guardai dietro di me, e lo vidi: un grande lupo bianco era a quattro zampe sopra di me, gli occhi di giada mi fissavano, felici di rivedermi. Le fauci erano aperte, la lingua penzoloni, e il fiato che ne usciva non era dei migliori, ma non mi interessava se quella bestia mi sbavava sulla camicia- quello era l’ultimo di una lista di pensiero, il primo dei quali era: ma quella era davvero Jadis?

<< Lo è. >> La lupa- perché era una femmina- alzò il capo e schizzò via da me, consentendomi di girarmi e rialzarmi. Boromir era smontato da Lollo, finalmente calmo, ed era con Aragorn, Gimli e Legolas, intento a raccontare le nostre mirabolanti avventure, con ogni probabilità. Il polso mi doleva, lo tenni stretto e lo massaggiai piano, senza guardare bene il mio interlocutore. << Dov’è Giulia, Gandalf? >> Chiesi, rendendomi poi conto di quanto avevo appena detto. Riportai gli occhi su chi avevo dinnanzi e spalancai la bocca in una perfetta “ O “ di stupore: Gandalf era in piedi davanti a me, sorridente, i piccoli occhi azzurri scintillanti di gioia- o erano lacrime? << Sei tu. >> Dissi solo, stupidamente. << Che constatazione idiota. >>

Il suo sorriso si allargò << No che non lo è. >> Ribadì lui. Era la sua voce. Era proprio lui. << E’ solo un dato di fatto. >>

Annuii, tacendo. << Sei un fantasma? >> Chiesi, all’improvviso, guardandolo bene: i capelli era puliti e pettinati, non più grigi, ma candidi come neve.; la barba era spuntata e anch’essa pettinata e lavata, di un bianco sfolgorante; indossava un mantello grigio, ma dall’allacciatura vedevo spuntare un colletto bianco; anche il bastone era cambiato: l’Istari aveva sostituito il suo nodoso bastone di quercia con un bastone bianco, levigato, dritto e dalla sommità finemente intagliata. Al sol guardarlo, emanava potenza. Si, conclusi, era il caro, vecchio Gandalf, ma aveva qualcosa in più, oltre la pulizia.

<< Anche io gli ho fatto la stessa domanda. >> Giulia interruppe le mie riflessioni, facendo capolino da dietro Gandalf, sogghignante << Ma avrai capito da sola che questo Gandalf è in carne ed ossa, sorellina! >> Mi piombò letteralmente fra le braccia, stritolandomi in un abbraccio strettissimo e di cui sentii tutto il calore. Giulia mi era mancata tanto, tantissimo, anche se eravamo rimaste lontane non più di tre giorni. Me ne rendevo effettivamente conto solo allora. Mi sciolsi con gentilezza dall’abbraccio e la guardai in viso: l’occhio destro era cerchiato di nero, il mento era sgrappato e il labbro tumefatto, ma per il resto sembrava in buono stato. Aveva i polsi segnati dalle corde della prigionia << Ti hanno fatto male? >> Le chiesi, controllandole l’occhio. Lei scrollò le spalle << Non più di quanto qualcuno l’ha fatto a te. >> Lanciò un’occhiata carica di diffidenza a Boromir << Come vanno le cose? >>

Sorrisi << Siamo sulla via di guarigione. >>

<< Entrambi? >>

<< Tutto quanto, Giulia: io, lui, le nostre ferite…abbiamo gettato parecchi ponti fra noi, ponti distrutti e ricostruiti e rinforzati, e che adesso potremo ricominciare a riattraversare. Assieme. Uniti. >> Il sorriso si allargò sul mio volto, e l’abbracciai di nuovo << Ah! Come sono contenta che tu sia qui, sorella mia! E come sono contenta di rivedere loro…voi…tutti quanti! >> Scoppiai a ridere, ma i miei occhi piangevano di gioia, e vedevo solo sagome sfocate attorno a me, sagome che però sapevo essere di gente amica, di gente amata.

<< Valar, che grande giorno è questo! >>

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

D.I.F. ebbene, dopo un prolungato silenzio, ritorno  a voi, stimati lettori. Con grande gioia, annuncio l’avvento di un nuovo chappi e di un periodo di ritrovata tranquillità- speriamo che duri.

Mi scuso davvero tanto con chi voleva assolutamente sapere l’andazzo della storia in tempi brevi e invece ha dovuto attendere, ma c’est la vie.

Spero di aver più tempo e meno preoccupazioni, più gioie e meno avversità, più sollazzo che scazzo.

Con ciò, o stimabili, vi saluto. Vi invito a recensire e a far sentire la vostra opinione.

Con affetto,

Nini.

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Capitolo 8
*** La Compagnia riunita. ***


La Compagnia riunita.

 

Jadis scodinzolava allegramente, annusandomi tutta. Emetteva i soliti versi di quando era felice e mi invitava a giocare con lei, alzandosi sulle due zampe e tirandomi per il polso con dolcezza. Mi sembrava strano, sentirla accanto a me, vederla comportarsi come suo solito: i suoi guaiti, le sue moine…tutti quei piccoli gesti che faceva per attirare l’attenzione. Mi inginocchiai e l’abbracciai forte, stringendo il collo di soffice pelliccia fra le braccia. Lei si sedette, senza smettere di scodinzolare, e mi leccò la guancia. << E’ bello rivederti. >> Le dissi piano, accarezzandole il pelo bianco e inspirando il suo odore selvatico << Bellissimo. >> Mi era mancata ma, ora che era nuovamente al mio fianco, sembrava non essersene mai allontanata. << Mi sei sempre stata vicina, vero? >> Le chiesi, slegando l’abbraccio e grattandola dietro le orecchie. La fissai negli occhi, quegli incredibili occhi, e vi lessi la certezza. Le sorrisi e l’abbracciai ancora << Non mi hai mai abbandonata, Jadis. Sei come una sorella per me. Giuro su tutti i Valar che non ti accadrà più nulla, che vivrai fino alla vecchia. Che sarai amata, e servita e riverita, se riusciremo a concludere quest’avventura. Comunque, per essere amata, lo sei già da ora. >> Mi staccai e le grattai il muso, guardandola mentre si godeva beata quella grattatina. Sghignazzai << E ora vai, Jadis, fammi vedere se sai ancora correre. >> La incitai battendo le mani << Vai, VAI! >> Al mio comando, la lupa scattò come una saetta fra l’erba, fendendola a metà. La compagnia interruppe i suoi discorsi per guardarla correre, anche più veloce di quanto ne serbassi memoria, mentre Boromir cercava di tenere tranquillo Lollo, accarezzandogli il collo. << Non puoi dire a Jadis di smetterla? >> Mi chiese, innervosito, mentre la lupa gli saettava accanto ai piedi << Lollo non ce la fa più! >>

<< Lollo? >> Chiese Aragorn, guardandomi male << Che razza di nome è? >>

<< Quello dell’unico cavallo che ho avuto. >> Risposi, ridendo assieme a Giulia. Mi alzai da terra e feci segno a Jadis di avvicinarsi. La lupa fece ancora qualche giro in tondo e infine si mise a pancia in su, stesa ai miei piedi, ansimante, pronta per farsi dare un’altra grattatina.

<< Le sei mancata davvero molto. >> Mi disse Gandalf, la voce tranquilla << Non vedeva l’ora di rivederti. >>

Gli sorrisi, lasciando che la mia mano scorresse sulla pancia rosa di Jadis, grattandole i piccoli capezzoli rosei. << Come ha fatto a tornare, Gandalf? Ho visto coi miei occhi la morte di Jadis, stroncata dal martello del Troll di caverna, a Moria. Per non parlare di te, Gandalf… sei caduto. >> Tacqui un attimo, ricordando quel momento, ma Gandalf mi fece cenno di proseguire << Sei caduto nel buio, lasciando la mia mano. >> Proseguii << Ma ora sei qui, tutti e due siete qui, anzi: siamo tutti qui! >>

Legolas sorrise alla mia allegria << Non tutti: Frodo e Sam sono a Mordor, Merry e Pipino a Fangorn. >> Constatò, accarezzando il suo cavallo sul muso. << Siamo rimasti solo noi, della vecchia Compagnia. >>

Giulia gli si avvicinò, posandogli una mano sulla spalla << Be, caro, questa sarà la nuova Compagnia, anche se non c’è alcun Anello da proteggere… ma va bene lo stesso, no? >>

Sorrisi in risposta a Giulia, alzandomi e lasciando Jadis a rotolarsi nell’erba << Cosa ci fanno degli Hobbit a Fangorn? >> Domandai, incuriosita. Boromir annuiva, d’accordo con me << Perché non sono con voi? E tu, Giulia, perché non sei con gli Hobbit? E come avete fatto a liberarvi degli Uruk? E perché vi avevano rapiti? >> Tutti mi guardavano, sorridenti, Boromir compreso. << Troppe domande, vero? >>

Gandalf annuì << Già, ma la curiosità e sintomo di intelligenza, quindi avrai le tue risposte. Ma non ora. >> Si rivolse alla Compagnia riunita << Ora dobbiamo andare di volata a Edoras. L’ombra che aleggia in questi luoghi altri non è che Saruman, corrotto da Sauron: è lui che permette il massacro del popolo di Rohan, che permette ai suoi Orchi di depredarequeste verdeggianti e fertili terre. Re Theoden non può far niente, stretto come è nella morsa dell’Isatri caduto. Spetta a noi liberarlo. >>

<< E Frodo? >> La domanda di Boromir aleggiò nell’aria per parecchio tempo, prima che Gandalf gli rispondesse. << Frodo e Sam sono ormai fuori dalla nostra portata, Boromir. Non possiamo più far niente per loro. >> La voce di Gandalf era perentoria, un ordine a non pensare più al Portatore. Mi avvicinai a Boromir e gli strinsi il polso << Se la caveranno, vedrai. >> Gli sussurrai piano, per poi dire a voce alta << Se per Frodo e Sam possiamo fare poco, mi sembra che qui ci sia fin troppo lavoro da fare. >>

Gimli annuì e indicò la sua ascia << Lavoro d’ascia, certo: non vedo l’ora che abbia inizio! >> Legolas lo guardò, le sopracciglia inarcate dallo scetticismo << Gimli, figlio di Gloin, tu sopravvaluti le tue doti: un’ascia non potrà mai colpire con la stessa precisione di una freccia, o con la fine purezza di un pugnale elfico. >> Disquisì con fare petulante. Sorrise << In conclusione, il mio lavoro sarà decisamente migliore del tuo! >>

<< Dannato Orecchieappunta! >> Esclamò Gimli, rosso in viso, parandosi davanti a Legolas e continuando a disquisire mentre Giulia rideva a crepapelle. Sorridevo anch’io, felice di sentire quelle voci familiari, finalmente riunite attorno a me. Boromir mi accarezzò il dorso della mano con le dita << E’ piacevole ritrovarsi, nevvero? >>

Gliela strinsi, mentre Aragorn cercava di riportare la calma e Gandalf se la rideva di gusto con Giulia. Lo guardai negli occhi grigi, leggermente più scuri data la sera imminente. Sussurrai << Si, lo è. >>, per poi posare le mie labbra sulle sue, stampandole con dolcezza. Con la coda dell’occhio, vidi Gandalf sorridere.

 

 

Dopo che la Compagnia riunita ebbe deliberato che, in fatto di armi, sia l’ascia di Gimli che le frecce e il pugnale di Legolas fossero altrettanto micidiali, si decise di partire. Gandalf emise un fischio acuto e prolungato, e, dopo poco, vedemmo emergere dalla folta erba un cavallo di meravigliosa bellezza, un Signore dei cavalli, e un mio vecchio amico: Ombromanto. Il signore dei cavalli nitrì piano e sbuffò, avvicinandosi a me e permettendomi di grattargli il muso << L’ultima volta che ti vidi mi portasti lontano da Gondor. >> Gli dissi, e vidi la consapevolezza nei suoi intelligentissimi occhi scuri. Gli sorrisi << Ma ora non più! Credo che questa sia una nuova avventura, e che passeremo più tempo assieme. E’ bello ritrovare anche te. >>

<< Fai bene a parlare a Ombromanto. >> Mi disse Gandalf, avvicinandosi << Egli è intelligente, ed è felice che qualcuno lo capisca. >>

<< E’ un animale meraviglioso, a cui manca solo la parola. >> Ribadii, dirigendomi verso  Boromir, già in sella a Lollo. Montai dietro, attaccandomi alla schiena e stringendo le gambe attorno ai fianchi del cavallo, ormai abituatosi alla presenza di Jadis, che scodinzolava ai miei piedi. Eravamo tutti in sella: Gandalf montava da solo Ombromanto, Legolas era con Giulia e Aragorn con Gimli. L’Istari ci guardò uno ad uno. << Arriveremo a Edoras domani. Faremo una pausa nella cavalcata per consentire ai cavalli di riposarsi e di riposare noi stessi. >> Tutti fummo d’accordo. Nuovamente a capo della Compagnia, Gandalf sorrise e incitò Ombromanto a partire. Questi nitrì e si impennò, e il mantello di Gandalf si scostò, riflettendo la bianca luce della luna << A Edoras! >> Gridò, saettando poi sull’erba, con noi al seguito.

<< Hai visto? >> Mi chiese Boromir << Era… bianco! >>

<< Già… ha qualcosa di diverso, non trovi? >> Lui ridacchiò << Certo che è diverso: non so cosa gli sia successo, ma credo che chiunque sarebbe diverso, se tornasse indietro dalla morte! >>

Scrollai le spalle << Oh be… non hai tutti i torti. Però non so, mi sembra più… >>

<< Potente? >>

Mi stupii << Come hai fatto a capire che cercavo proprio quel termine? >>

<< Perché lo penso anch’io. >>

 

Nella notte più nera, ci accampammo in mezzo alla piana di Rohan. Non accendemmo fuochi, non mangiammo niente. Lasciammo solo i cavalli liberi dai nostri pesi e ognuno di noi si stese sull’erba, a recuperare qualche ora di sonno. Io ero riuscita a dormire in sella, poco e male, ma quando vidi Gandalf, da solo, in piedi ai margini della compagnia, non potei resistere: mi scostai dall’abbraccio di Boromir, feci attenzione a non calpestare nessuno, e mi avvicinai.

<< Dovresti riposare. >> Mi disse, ancora prima che gli fossi accanto. Teneva entrambe le mani sul bastone, il mantello grigio lungo fino ai piedi ben chiuso attorno al collo. Aveva gli occhi chiusi, ma quando lo raggiunsi si voltò e li aprì << Figlia mia. >> Disse solo, staccando una mano dal bastone e accarezzandomi il collo << Sei stata coraggiosa, e forte, a sostenere la tua parte di peso. Hai compiuto la tua missione, hai fatto quel che dovevi. Sono molto fiero di te. >>

Gli sorrisi << Grazie. >>

<< C’è qualcosa che ti turba? >>

Ridacchiai << Tu e Jadis siete rispuntati davanti ai miei occhi per non so quale miracolo, quando avevo la certezza matematica di avervi visto morire. Questo non è un buon motivo per essere turbati? >> Incontrai il suo sguardo << Gandalf, io ti ho visto cadere, hai lasciato la mia presa, ho sentito la tua mano scivolare dalla mia. Ho visto Jadis schiantarsi contro quel muro a Moria, Gandalf! Cosa è successo? Perché siete tornati da me? >>

Gandalf sorrise << Ti disturba così tanto il nostro ritorno? >> Stavo per ribattere, ma lui mi fermò con un gesto << Stavo scherzando, figliola, solo scherzando… lo so benissimo quanto tu possa essere turbata, perché io stesso lo ero al mio risveglio. >> Mi guardò, poi iniziò a raccontare << Cadendo negli abissi, ho recuperato la mia spada. Mi sono fiondato sul Barlog come un falco, cadendo con lui sino alle radici della montagna. Da li in su, sempre più su, fino al torrione più alto, abbiamo combattuto senza tregua, una battaglia in cui io ho avuto la meglio. >> Le mani sul bastone si strinsero << Ho scaraventato la carcassa del Barlog lungo il fianco della montagna, per poi sentire la vita abbandonarmi. Ho fatto un sacco di esperienze nel mio cammino in Arda, Anna, ma quella mi fu nuova. >> Dovette fermarsi, come per rievocare ricordi, o sogni << Ho viaggiato, Anna. Viaggiato in posti lontani, oltre i confini di tempo e spazio. Ho visto le stelle, passato e futuro si confondevano. Ogni giorno che passava era lungo come una vita terrena. >> Lo fissavo negli occhi mentre raccontava, e mi sembrava di vedere miriadi di stelle nei suoi occhi. << E cosa hai visto? >> Gli chiesi, sottovoce << Hai visto il futuro? >>

<< Io credevo che si trattasse del futuro, ma tutto è incerto, nel labile confine fra vita e morte. >> Mi sorrise << Ma non mi hai chiesto questo. Mi hai chiesto come sono giunto a te, quindi ecco la mia storia. >>

<< Puntiglioso come al solito, nevvero? >> Sbuffai << Ne riparleremo? >>

<< Forse. >> Guardò il cielo trapuntato di stelle << Dopo anni di vagabondaggi, ho sentito nuovamente la vita dentro di me, e una consapevolezza: la mia missione non era ancora finita. E nemmeno quella di Jadis, a quel che vedo. >> Tornò a guardarmi << E ora siamo qui, al mutare della marea, pronti a dare aiuto agli ultimi popoli liberi, fino alla morte. >>

Restammo in silenzio, contemplando la leggera brezza che frusciava fra le erbe del Mark. << Dunque è così. >> Dissi , infine. << Dunque, siete tornati per mettere la parola fine a questa storia. >>

<< Esatto. >>

<< Ma dimmi, Gandalf… come è stato? >>

<< Come è stato cosa? >>

<< Morire… >> Mi passai le dita sul collo: i miei lividi erano ancora visibili? << Come è stato. Dimmelo, Gandalf. >>

Lui tacque << Ristoratore. >> Disse << Dolce e ristoratore, come il sonno che viene dopo una lunga giornata di lavoro. >> Mi posò una mano sulla spalla << Ma tu sei troppo giovane per morire, i Valar non l’avrebbero permesso. >>

Mi innervosì quella frase << Giulia non l’ha permesso, Gandalf! I Valar non mi hanno ascoltata, le mie preghiere si sono perse nel vento assieme alle mie grida d’aiuto. >>

Lui mi fissò intensamente, come per appurare se dicessi il vero o il falso << Tu non credi in quello che dici. >> Disse << Tu sei ancora accecata dalla rabbia. E dalla paura. Ma come darti torto, figlia mia, come darti torto! Hai visto il tuo mondo crollare, la persona a te più legata impazzire di rabbia. E quella rabbia si è sfogata su di te… Non accecarti da sola, mia giovane allieva: lascia che la rabbia fluisca, che la paura evapori. Hai già costruito nuovi ponti con Boromir, un mondo nuovo che sarà migliore di quello andato distrutto. Un mondo che migliorerà e migliorerà, qualcosa che lascerete ai vostri figli. >> Mi voltai di scatto, e lui annuì << Oh si, perché voi avrete dei figli, se tutto andrà bene. Vivrete anni felici. Certo, i dolori non mancheranno, ma saranno poca cosa, in confronto alle gioie di cui sarete ricolmi! E tutto grazie al mondo creato adesso, Anna, al mondo che tu stai costruendo con Boromir: l’atto di riconciliazione che tu hai iniziato, figlia mia, donna di Arda, porterà a tutto questo. >>

Rimasi senza fiato: una vita con Boromir. i suoi figli. Le sue gioie, i suoi dolori… nostro, nostro, tutto nostro.

<< Dici che succederà davvero? >>

Gandalf fece spallucce << Forse si, forse no. Sono tornato dalla morte, ma non prevedo ancora il futuro! >>

 

 

Rimontammo qualche ora dopo. I cavalli era riposati, mentre noi tutti eravamo doloranti e ammaccati, stanchi di cavalcare e con le gambe indolenzite.

“ Hai fatto conversazione con Gandalf, stanotte. “ Mi fece notare Giulia quando sbadigliai “ Avresti dovuto dormire. “

“ No. E’ stato un bene, fare quella conversazione. “

“ Perché? “

Sorrisi “ So che sto percorrendo la via giusta, Giulia. Con Boromir. Sta andando tutto per il verso giusto. “

 

 

Il mattino sorse e passò, portando seco la calura del primo pomeriggio. E li, nella tremolante aria umida dei colli, vedemmo erpicarsi su una collina Edoras.

 

 

 

 

 

 

 

D.I.F. rieccomi!!! Ciao a tutti e ben ritrovati! Spero che il chappi sia stato di vostro gradimento, e che soprattutto abbiate apprezzato le new entry! Ancora tante cose vanno chiarite, ma andiamo con calma…che fretta c’è? Siamo solo all’inizio di questa fantastica storia! Tra l’altro, mi stavo rifacendo tutta la trilogia in dvd e, si, devo proprio dirlo: e’ semplicemente SUBLIME. A quasi dieci anni di distanza da quando l’ho visto, il Signore degli Anelli mi mette ancora i brividi, mi inebria e mi riempie la vita e la fantasia, creando l’impulso per nuove, nuovissime idee. Non so voi, ma per me è la storia più importante di tutte, qualcosa che trascende la fiaba, l’epica, il romanzo cavalleresco… è qualcosa che ti entra dentro, qualcosa che mette radici e non lascia più la presa. Qualcosa che cerco di comunicare agli altri- cosa che esce anche bene, tra l’altro!

Si si, lo so, sembro un’invasata, ma non vogliatemi male per questo! Sono solo una fan sfegatata di questa meravigliosa storia che continua a incantarmi, nonostante la sappia a memoria.

Dopo di questo, sarei molto felice di sapere come state, e anche di comunicarvi che ieri, 22 agosto, sono diventata maggiorenne negli U.S.A.: ho ventun’anni, regas!! Wow, che figata!

Ringraziando i Valar per avermi fatto conoscere EFP e tutti i fantastici personaggi che si muovono al suo interno, vi saluto caldamente dicendo SAYONARA!

Una squinternata e neomaggiorenne,

Nini Superga.

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Capitolo 9
*** Edoras. ***


Edoras.

 

Decisamente più piccola rispetto a Minas Tirith, Edoras sembrava un cumulo di capanne circondate e protette da una palizzata. << Mica tanto fini, questa gente di Rohan. >> Sussurrai a Boromir, ma lui mi consigliò di tacere. << Vedrai quando arriveremo al Palazzo d’oro di Medusel, la reggia dei Signori di Rohan. Allora, dovrai rimangiarti le parole, piccola. >>

Fermi su quel colle, Gandalf ci avvisò << Non saremo i benvenuti quest’oggi a Edoras. Niente gesti avventati o parole di troppo, non farebbero altro che peggiorare la nostra precaria situazione. Intesi? >>

Sbuffai: certo che non saremmo stati i benvenuti! Edoras era sotto il controllo di Saruman, l’unico posto in cui potevamo essere accolti decentemente e con tutti gli onori, sarebbero state le celle della Reggia del Mark! I cavalli scesero il ripido fianco della collina con prudenza e agilità, senza sgroppate o cadute, seguendo con attenzione la strada aperta da Ombromanto. “ Si vede che è il loro signore. “ Constatò Giulia, chiamandomi col pensiero “ Lo seguono ciecamente. Anche se andasse in un burrone, incontro a morte certa, essi lo seguirebbero. “

“ Si segue solo colui che si ama. “ Risposi, stringendomi di più a Boromir, che parve apprezzare. Poco più avanti, vidi Giulia voltarsi sulla sella e sorridere. “ Lo vedo bene. “

 

Proprio come era apparsa da lontano, la città si rivelò nulla di ché. Le difese altro non erano che misere palizzate, fatte di grandi e robusti tronchi, ma pur sempre di legno: nulla, in confronto alle possenti mura della città del mio capitano. Per non parlare della grandezza: Edoras copriva a malapena il territorio occupato dalle case della prima cerchia di Minas Thirit, era proprio un buco! << E questa sarebbe la capitale di un regno? >> Sussurrai a Boromir, guardandomi attorno: le case si affacciavano sull’unica via principale, quella da noi battuta, polverosa e piena di erbacce, che conduceva alla reggia di Theoden; esse erano di legno, dal tetto basso, lunghe e larghe, più simili a stalle che a case- o almeno così deducevo; sull’architrave, svettava una decorazione, due cavalli incrociati, il simbolo di Rohan. Diverse persone si trovavano per la strada, affaccendate e concentrate nei loro compiti quotidiani, ma tutti si fermarono al nostro passaggio, additandoci e tacendo, fissandoci con curiosità e astio. Altra gente uscì dalle case, stupita dal nostro passaggio. Erano essenzialmente donne e bambini, constatai, assieme a qualche vecchio, che ci fissava cupamente dalle panche che si trovavano accanto agli usci delle case. Erano tutti vestiti di nero. “ Ma dove sono gli uomini? “ Mi chiese Giulia “ Non ne vedo neanche uno! “

Intercettai lo sguardo di una giovane madre che allattava il proprio figlio, seduta sulla panca assieme a un’anziana donna. “ In guerra, credo. “ Distolsi lo sguardo dai suoi penetranti occhi verdi: occhi grandi, acquosi, disperati. “ O peggio: sono tutti morti. “

<< Trovi più allegria in un cimitero. >> Sentii borbottare Gimli, che cavalcava con Aragorn accanto a noi << E’ vero. >> Ammisi << Sono tutti molto tristi, qui. >>

<< E credo bene! >> Esclamò Boromir << Chi non sarebbe triste, sentendo l’Ombra avanzare? >> Annuii, tornando poi a guardarmi attorno. Jadis camminava accanto a Lollo, le orecchie e la coda dritti, in segno di nervosismo: non c’era un abitante di Edoras che non l’avesse additata, procurandole un gran fastidio, e i bambini fuggivano davanti a lei. Avrei voluto dire a tutti di smetterla, di lasciarla in pace, perché Jadis non era un fenomeno da baraccone, ma non potevo farlo: avrei innervosito ancora di più lei e spaventato a morte gli altri. No, dovevo attendere. E dire che a Jadis piacevano tanto, i bambini…

 

Giungemmo alla fine della strada. Il palazzo si ergeva su uno spiazzo erboso in cima alla collina, con ogni probabilità creato da mani umane. Su una base in pietra più alta, raggiungibile attraverso scalini bassi e larghi, adatti agli zoccoli dei cavalli, si trovava l’ingresso del Palazzo d’oro. Simile in tutto e per tutto alle capanne di cui era costruita la capitale, era almeno cinque volte più grande e curato: i tronchi di legno che costituivano le sue pareti erano dorati e tutti della stessa misura; la paglia del tetto non era marcia di pioggia, ma ancora gialla, recente; lo spiazzo antistante all’entrata era pulito e ordinato, sorvegliato da guardie in uniforme completa. Smontammo tutti assieme, mentre un gruppo di persone risalivano la strada della città per vedere da vicino i nuovi arrivati. Anche sullo spiazzo davanti all’ingresso, sotto l’architrave, andava formandosi un piccolo gruppo di guardie, che probabilmente si chiedevano chi fossimo. Iniziammo a salire gli scalini, in silenzio, e ci fermammo davanti alle guardie. Fu Gandalf il primo a parlare.

<< Salute a te, Hama, custode della porta del Re! >> Esclamò, rivolgendosi all’unica guardia senza elmo, un uomo dai lunghi capelli rossicci e l’aria imbarazzata. << Giungiamo al cospetto del Signore del Mark, desiderosi di parlargli. >>

L’uomo parve come colto sul vivo, e le guardie alle sue spalle si mossero, a disagio. “ C’è qualcosa che non va. “ Mi disse Giulia. Io annuii, preoccupata: eravamo in netta minoranza, non potevamo permetterci un passo falso.

<< Salute a te, Gandalf il Grigio. >> Salutò Hama, con voce contrita << Non potete entrare al cospetto del re, non così armati. Dovete consegnarci le armi. >>

 

Alle mie spalle, sentii Boromir irrigidirsi: no, quello non era proprio un buon segno. Ma Gandalf non fece una piega: con un lieve cenno del capo, invitò tutti a lasciare le proprie armi nelle sicure mani delle guardie di Rohan. Aragorn fu alquanto restio a lasciare la sua spada nelle mani dei soldati, ma infine la lasciò, un’espressione nervosa sul viso. Lasciammo tutte le nostre armi ma, quando venne il mio turno, Hama impose di più. << Questa bestia non può entrare al cospetto del re. >> Disse, fissando Jadis, che ricambiava lo sguardo. << Ha l’aria pericolosa. >>

Inarcai un sopracciglio << Solo quando è lontana da me. >> Ribadii << E, se la lascio qui fuori, con voi, sarà decisamente lontano da me. >> Non era assolutamente vero, Jadis era pericolosa solo se fiutava il pericolo, ma non volevo separarmi per l’ennesima volta dalla mia lupa. Evidentemente, toccai il tasto giusto: Hama sgranò gli occhi, e io sostenni il suo sguardo finchè questi non annuì, acconsentendo affinchè passassi con Jadis.

Poi, fu il turno di Gandalf. << Il tuo bastone, Gandalf. >> La guardia sembrava terribilmente imbarazzata per quanto stava chiedendo, e lo si vedeva bene. “ Esegue ordini che non approva. “ Pensai, e Giulia mi diede ragione. Ma Gandalf sfoderò un’altra arma: la compassione. << Oh… >> Disse, rigirandosi il bastone fra le mani, come se fosse la cosa a lui più cara. << Non vorrai separare un povero vecchio dal suo appoggio per camminare, vero? >>

Restammo tutti a bocca aperta per lo stupore “ Dio, quel vecchio si merita l’oscar! “ Esclamò Giulia, giubilante e divertita, mentre i pesanti battenti della reggia venivano spalancati davanti a noi.

<< Ci siamo. >> Sibilai, mentre Boromir accanto a me emetteva un sospiro, nervoso.

 

 

L’interno del Palazzo d’oro era costituito da una grande sala rettangolare, a tre navate, con le pareti aperte su ariosi porticati e bracieri accanto alle colonne centrali per illuminare maggiormente l’interno. Un foro rotondo si apriva nel soffitto a capriate, in corrispondenza del focolare, creando un perfetto cerchio di luce sul pavimento scuro. Le colonne erano dipinte di verde ed oro, mentre i capitelli erano a forma di teste di cavallo stilizzate, d’oro e avorio. Alle travi del soffitto, erano appesi grandi stendardi, che sventolavano placidamente nel vento del pomeriggio. Rappresentavano guerrieri del passato, grandi uomini della Casa di Eorl, da cui i re di Rohan discendevano, fautori di chissà quali grandi imprese. Magari, un giorno lontano, anche io sarò immortalata in uno stendardo, spada in pugno ed elmo in testa: “ Anna delle battaglie “ mi chiameranno, e io andrò fiera di tale nomea.

Ci aprimmo come ali attorno a Gandalf, accorgendoci che nella penombra delle navate laterali si muovevano figure. L’Istari camminava con passo imperioso, facendo ticchettare il bastone sul pavimento di pietra ad ogni passo. << La cortesia del tuo palazzo è alquanto diminuita dalla mia ultima visita, Re Theoden! >> Disse, muovendo la mano in un cenno di saluto. Solo allora notai che, nel fondo della sala, su di un palco, vi era un trono verde e d’oro, su cui stava seduto un vegliardo canuto, piegato dall’età e dalla stanchezza. “ E quello sarebbe il Re? “ Chiese Giulia, scettica. Sentimmo dei sussurri, e qualcosa nell’ombra accanto al trono si mosse. “ No. “ Dissi a Giulia “ Quello è il re. “

Il vecchio sul trono mosse la testa con grande fatica, alzandola un poco, e biascicando << Perché dovrei essere gentile con te, Gandalf il Grigio… Corvo tempesta? >> Aveva parlato a fatica, come se qualcuno gli avesse scritto le parole su un biglietto e lui faticasse a leggere. Accanto a me, notai Boromir che si distanziava un poco e teneva d’occhio le navate laterali, l’aria nervosa e combattiva.

Un sussurro venne dal trono. << Una giusta risposta, mio signore. >> Disse una voce suadente. Una figura ammantata di nero si alzò, emergendo dalla penombra: era un uomo piccolo e gracile, dal viso pallido e i capelli corvini. Un moto di disgusto mi fece storcere la bocca “ Quello è il nostro nemico. “

<< Tarda è l’ora. >> Disse il  Vermilinguo, chiudendo molto la O e calcando molto sulla parola “ ora “ << In cui questo stregone si presenta davanti a noi. >> Scese gli scalini del trono e ci venne incontro, fissando Gandalf con sfrontatezza << Lathspell, io lo chiamo. >> Si fermò davanti a lui, fissandolo dal basso dato che Gandalf lo superava di una buona spanna << Il malaugurio è un cattivo ospite. >>

<< Silenzio. >> Ordinò Gandalf, imperioso << Tieni la tua lingua forcuta tra i denti. Non ho attraversato fiamme e morte per scambiare parole con una vile serpe. >> Gandalf alzò il bastone, sventolandoglielo davanti agli occhi. Grima sgranò gli occhi, spaventato. << Il bastone. >> Bisbigliò, indietreggiando, << Vi avevo detto di prendergli il bastone! >>

 

Si scatenò un putiferio: dalle navate laterali, uomini si avventarono su di noi, cercando di prendere il bastone dell’Istari. Boromir, Aragorn e Legolas gli fecero da scudo, vorticando attorno a lui mentre si avvicinava al trono. << Re Theoden, figlio di Thengel! >> Chiamava Gandalf, cercando di attirare l’attenzione sul vegliardo, incurante del movimento che aveva attorno a sé << Troppo a lungo sei rimasto nell’Ombra. >> . Jadis bloccò con un movimento fluido Grima, inchiodandolo a terra, e ringhiandogli contro. Accarezzai Jadis sul collo e mi chinai al suo fianco << Chi si rivede. >> Bisbigliai all’uomo spaventato << Ne hai fatta di strada. >> Riconoscendomi, Grima cercò di divincolarsi, ma Jadis snudò le zanne. Accanto a me, Gimli e Giulia ridacchiarono << Ti consiglio di restare fermo. >> Disse Gimli, tornando poi a guardare Gandalf, giunto ai piedi del palco reale.

In mezzo alla sala, giacevano diversi corpi, i nemici tramortiti dai colpi degli uomini, mentre altra gente usciva dalle navate, incuriosita e intimorita. Gandalf guardava Theoden dritto negli occhi opachi.  << Ascoltami! >> Ordinò, e il Re lo fissò. “ Ha una luce malvagia. “ Fece notare Giulia. Avrei ribadito, ma stava per accadere qualcosa di troppo straordinario per distrarsi: Gandalf stese la mano, aprendola con un palpito, calibrando bene le parole << Io ti libero dall’incantesimo. >>

Era un momento magico, in cui la potenza di Gandalf andava manifestandosi. Ci aspettavamo qualsiasi cosa, tranne la roca risata del Re. Rise dapprima piano, poi sempre più forte e sguaiato << Non hai alcun potere qui, Gandalf il Grigio… >> Biascicò, continuando poi a ridere di gusto.

Fu allora che Gandalf aprì le falde del suo mantello, lasciandolo cadere a terra, stupendoci tutti . Sembrò che un raggio di sole fosse entrato nella Reggia, illuminando la stanza di un bagliore bianco accecante: Gandalf si ergeva dinnanzi al Re, che aveva emesso un gridolino stupito e spaventato, completamente bianco, brillando di luce propria. Stupiti e spaventati, con la sensazione di trovarci dinnanzi a qualcosa di straordinario, mi avvicinai a Boromir, cercando la sua mano << Valar, è bianco! >> Sussurrai, mentre Boromir annuiva. Ma Gandalf non prestava attenzione a quanto accadeva alle sue spalle. << Io ti estirperò, Saruman, come il veleno viene estirpato da una ferita. >> Puntò il bastone contro il re, che andò a cozzare contro lo schienale del trono come se vi fosse stato sbattuto da mano umana. Aveva il viso sofferente, e mugolava di dolore. La battaglia era iniziata, e il campo scelto dai due stregoni era proprio Theoden.

Qualcosa di bianco mi passò davanti, ridestandomi: era una donna di bianco vestita, l’aria trafelata, che cercava di raggiungere il Re, ma Aragorn l’aveva bloccata, tenendola saldamente per un braccio.

Nella sofferenza, Theoden trovò il modo di parlare << Se io me ne vado, Theoden morirà. >> Minacciò, ma quella non era la sua voce. << E’ la voce di Saruman! >> Esclamai, mentre Gandalf si avvicinava col bastone teso. << Non hai ucciso me, non ucciderai lui. >> Ribadì, scaraventando ancora il re contro l’alto schienale. Questi si chinò in avanti, guardando con astio Gandalf << Rohan è mia! >> Disse, e stavolta si udì bene il timbro di voce di Saruman, ma Gandalf non si fermò << Vattene! >> Ordinò << VATTENE! >>

Theoden si lanciò con un urlo verso Gandalf, che lo colpì dritto sulla fronte con la punta del bastone, rimandandolo a sedere sul trono, mezzo svenuto. L’Istari annaspava per lo sforzo, ma sembrava soddisfatto. La donna che Aragorn aveva bloccato si divincolò dalla sua presa e corse verso il Re, afferrandolo al volo mentre cadeva dal trono. Lo appoggiò con delicatezza allo schienale e lo scrutò in volto. Un’altra magia era in corso: il vegliardo, da canuto e rugoso, andava ringiovanendo, mostrando un viso si anziano, ma ancora forte. La barba divenne bionda, i capelli radi e bianchi tornarono biondi e folti, gli occhi da opachi divennero attenti e scrutatori. Guardò la donna accanto a sé a lungo, cercando di ricordare. << Conosco il tuo viso. >> Disse infine, aprendosi a un sorriso << Eowin! >>

La donna annuì, piangendo di gioia. Poi il Re notò la presenza bianca dinnanzi a sé << Gandalf? >> Chiese, stupito. Questi annuì << Respira di nuovo aria libera, amico mio. >> Eowin aiutò il Re ad alzarsi e lo sostenne, mentre questi si guardava attorno, confuso << Cupi sono stati i miei sogni di recente. >> Si guardò le mani, aprendole e serrandole, come se non si ricordasse a cosa servissero. << Le tue dita riconoscerebbero meglio la tua forza se afferrassero la tua spada. >> Consigliò Gandalf, ammiccando. Prontamente, una guardia si fece avanti e porse il fodero al suo Re, inchinandosi profondamente. Il Re esaminò attentamente l’elsa, tastandola coi polpastrelli, per poi estrarla con un movimento fluido. La spada scintillò nella luce del tardo pomeriggio, e il Re la guardò a lungo. Poi, come un lampo, qualcosa attraversò il suo volto: con gli occhi ridotti a fessure, le labbra strette, livido di rabbia, Theoden si voltò verso Grima, ancora imprigionato da Jadis.

Sorrisi assieme a Giulia. “ E ora si che sono cazzi amari. “  Disse con voce suadente, fissando Grima. “ Anzi, amarissimi. “

 

 

 

 

 

 

 

 

D.I.F. weeeeeee!!! Dopo una lunga, lunga, luuuuunga settimana torno da voi. Avrei pubblicato prima, ma tutte le volte che cercavo di scrivere questo chappi venivo prontamente interrotta! Grrrrr, che rabbia!

Spero abbiate apprezzato i miei sforzi, dato che ce la sto mettendo tutta per fare qualcosa di decente J non so se questo sarà l’ultimo chappi per qualche tempo, dato che domenica prossima me ne vado ad Est in dolce compagnia e, visto l’andazzo, questo potrebbe essere l’ultimo chappi per un paio di settimane-spero che non vada così, anche perché volevo scrivere qualcosa di intimo sui nostri protagonisti, visto che adesso sono fra mura sicure e a Edoras sicuramente ci sono letti morbidi…mah, vedremo! Tenete gli occhi puntati sullo schermo, people!

 

A presto! Kalimera,

Nini.

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Capitolo 10
*** Litigio ***


Litigio

 

 

Le stelle brillavano alte sopra il Palazzo d’oro di Meduseld, in una sera carezzata dalla brezza. La Compagnia finalmente riunita sedeva nella Sala del Trono, in un tavolo fra le colonne dorate, servita da domestici silenziosi e diligenti vestiti a lutto. E come poteva essere diversamente? L’intera Rohan era in lutto, a causa della morte del principe ereditario, Theodred figlio di Theoden. Il Re in persona si era accomiatato da noi, l’aria distrutta e sofferente, lo sguardo spaurito e confuso di chi non capisce e non vuole capire perché il proprio figlio, nel fiore degli anni,  se ne sia andato prima del tempo. Gandalf l’aveva accompagnato nella camera del giovane principe, lasciandolo poi solo, conscio che certi uomini hanno bisogno della solitudine per esprimere al meglio i propri sentimenti.

Theoden, risvegliato da Gandalf proprio quel pomeriggio, aveva cacciato in malo modo Grima Vermilinguo, il suo astuto consigliere, nonché mia vecchia conoscenza. Quell’essere viscido sarebbe morto davanti all’intera Edoras, sugli scalini del Palazzo d’oro, sgozzato come un animale, se Aragorn non si fosse messo in mezzo.

Ricordai quella scena, mentre masticavo con lentezza del pane nero, sentendo in ogni fibra del corpo la stanchezza di quei lunghi giorni.

 

Theoden mi era sembrato basso, seduto sul suo trono, rattrappito dalla schiavitù di Saruman e reso innocuo dalle parole di Grima ma, quando si erse in tutta la sua altezza, vidi un uomo si anziano, nei cui occhi brillava il fuoco di chi era giovane dentro. Lo ammirai per questo.

<< Le tue dita riconoscerebbero meglio la loro forza se afferrassero la tua spada. >> Suggerì Gandalf, in piedi davanti al Re. Un soldato della Guardia Reale si fece avanti, e gli offrì una spada dalla guardia a cuore, con l’elsa di cuoio consumata dagli anni e dal sudore. Il Re la prese piano, con delicatezza, per poi afferrarla saldamente e sguainare la spada dal fodero, lasciando che i suoi occhi indugiassero sulla lama. Con ogni probabilità, stava pensando in quali occasioni l’aveva impugnata, quali battaglie aveva vinto, per poi ricordarsi della battaglia appena iniziata e ancora in corso. Un lampo si sprigionò dai suoi occhi, mentre le iridi saettavano dalla lama a Vermilinguo, ancora immobilizzato sotto Jadis.

“ Ora si che sono cazzi amari. “ Mi disse Giulia soavemente, scostandosi mentre Grima veniva afferrato da due guardie e trascinato fuori, sui gradini, piangente e uggiolante come un cane bastonato.  L’intera corte gli faceva da scorta, anche noi lo seguimmo nella sua dipartita. Re Theoden e Dama Eowin venivano per ultimi.

Le guardie gettarono Grima per terra in malo modo, quasi fosse qualcosa di immondo, facendolo rotolare lungo i gradini che davano accesso alla reggia. Gli fu concesso il tempo di alzarsi, poi Theoden gli si parò davanti, la spada stretta nella destra.

Grima cercò di attenuare la sua posizione << Perché mi fai questo? >> Piagnucolò << Io ti ho sempre servito… >>

A quella frase, la rabbia del Re esplose << Servito?! >> Proruppe, scendendo con fare minaccioso i gradini. Spaventato e confuso, Grima inciampò nel suo stesso mantello e cadde a terra, terrorizzato. Nel frattempo, una folla si era radunata sul terrapieno davanti al Palazzo, e tutti erano ammutoliti da quella scena. << Servito?! >> Ripeté Theoden, puntandogli l’arma contro << Con le stregonerie di Saruman, mi avresti fatto camminare a quattro zampe come una bestia! CHE TU SIA MALEDETTO! >> Con agilità innata, fece roteare la spada sopra la testa. Avrebbe spaccato in due metà precise il cranio di Grima, se Aragorn non si fosse messo in mezzo. Gli bloccò i polsi e lo fissò dritto negli occhi << No, mio signore, no! >> Lo ammonì, mentre il Re lo fulminava. Aragorn lasciò la presa, ma non distolse lo sguardo. << Troppo sangue è già stato versato a causa sua. >> Gli disse, indicando quell’essere immondo << Non versane altro. >>

Il Re rimase ancora a guardarlo ancora un poco, per poi annuire e fare un cenno a Grima, che si alzò e si fiondò fra la folla, apertasi in due ali quasi temesse un contatto con lui, diretto alle stalle.

<< Salute a Re Theoden! >> Proclamò Hama, custode della Porta del Re. Il popolo si inchinò profondamente, ma non emise un verso di giubilo: attese che il Re si voltasse per incrociare gli occhi della sua corte, per incrociare gli occhi di Eowin,  per incrociare gli occhi con suo figlio. Ma non lo vide, e allora pose la domanda. << Dov’è mio figlio? >> Chiese, a tutti e a nessuno << Dov’è Theodred? >>

 

<< Mi rammarica che siate giunti a Edoras in giorni così cupi. >> La voce di Dama Eowin mi risvegliò, facendomi sobbalzare. La donna, vestita a lutto, coi capelli raccolti, mi lanciò uno sguardo penetrante. << Vi ho forse disturbata nei vostri pensieri? >> Aveva una voce dolce e piacevole, la Bianca Dama. Doveva avere una risata superba.

Feci di no col capo << Ero solo assorta, e la vostra voce squillante mi ha sorpresa. Tutto qui. >> La Dama annuì, un debole sorriso sulle labbra, rivolgendosi poi a Boromir. << Non c’è niente di cui rammaricarsi, Eowin. >> La rincuorò questi, accarezzandole il dorso della mano << Anzi, siamo noi a doverci scusare. Stiamo disturbando il vostro lutto. >>

<< Ma dobbiamo restare. >> Intervenne Gandalf, che fumava la pipa con aria assorta, poggiato ad una colonna << Dobbiamo avvertire sua maestà dei pericoli che corre il suo paese. >>

Eowin si mostrò interessata << Gli orchi. >> Convenne. Non mi sfuggì la luce che scintillò nei suoi occhi per un attimo. Gandalf annuì << Già. Eomer sta sorvegliando i confini a nord, ma non so quanto potrà fare: troppo radi sono i suoi cavalieri, a meno che non si sia unito ad altre forze,  troppo ampio è il vostro confine e troppi sono gli orchi di Saruman, mia Dama. >> Gli occhi dell’Istari si fecero duri << Sta ingrandendo le sue forze, e tra poco saprà che Rohan non è più neutrale: il Re è stato svegliato dal suo sonno, e non lascerà passare per il suo paese neanche un orco. >> Lasciò che l’aria gli uscisse fra i denti, sibilando tutta la sua ansia << Tra poco, si scatenerà la guerra. >>

“ Di nuovo. “ Pensai, rivolgendo lo sguardo a Giulia.

“ Tu sei già stata in guerra, vero? “ Mi chiese lei, accendendosi una sigaretta sotto lo sguardo sconcertato di Dama Eowin. Mi fissò. “ Credi che sopravvivremo, Anna? Dico io: siamo in pochi, troppo pochi, e anche spaventati per giunta! Mentre loro sembrano così tanti… “ Era in preda allo sconforto, cosa strana per mia sorella. Io scossi il capo “ Non è vero, non siamo in pochi: vedessimo quanti soldati ha Gondor, e quanti di sicuro ce ne sono qui a Rohan! Certo, il Nemico sarà anche numericamente superiore, ma noi abbiamo la speranza dalla nostra, e anche la voglia di vivere… “

La risposta di Giulia mi giunse come un pugno in faccia “ E loro hanno la ferocia... ma dai, Anna, che stronzata! Lascia da parte i sentimentalismi e pensa in modo serio, per una volta. “ << No che non è una stronzata. >> Sbottai a mezza voce, il tono infastidito, facendo voltare tutti verso di me. << La speranza è quanto di più forte possediamo, Giulia. E’ così difficile da capire? >> Rendendomi conto di aver parlato ad alta voce, tornai a parlare nella mente “ Se hai così tanta paura della guerra, forse ti conveniva restare a casa, a Imladris. Come d’altro canto qualcuno ti aveva suggerito… “

Giulia non rispose subito. Prese una profonda boccata di fumo, espirò dalle narici- cosa che la fece assomigliare ad un drago- e continuò a fissarmi. << Brava sorellina, che belle paroline messe in fila! >> Mi schernì a voce alta, zuccherosa, mentre Legolas la guardava con aria allibita. Ma lei non sembrò farci caso: la voce si fece dura << Chi te le ha insegnate, lui forse? >> Indicò Boromir col pollice. Boromir mi fissò con aria confusa, domandando che stava succedendo, ma Giulia proseguì, imperterrita. << La verità è che nemmeno tu sai a cosa aggrapparti pur di non vedere la realtà: siamo- troppo- pochi, cazzo! E la speranza non fa certo aumentare il numero di soldati! Ne la voglia di vivere li rende invincibili! >>

<< Ma li rende più forti! >> Urlai, sbattendo il pugno sul tavolo, pentendomene subito perché sentii il polso scricchiolare. << La speranza di combattere per la vita, la propria vita, ti fa fare delle cose che neanche immagini, e non parlo di sentimentalismi, Giulia, o di leggende, ma di realtà che io stessa ho sperimentato quando ho combattuto a Osgilliath! >> La soppesai con lo sguardo << Tu di queste cose non sai niente, sorellina. Niente di niente. >>

Ma Giulia fece spallucce << Oh, scusami allora, penso che distruggerai un manipolo di orchi da sola solo perché combatti per salvarti la pelle… >> La sua voce trasudava sarcasmo <<  Ma se sono troppi, comunque finisci ammazzata! Lo capisci questo o no? >>

<< Mica sarò sola a combattere! >> Ribadii << E in ogni caso ci proverò lo stesso, io, ad ammazzare un manipolo di orchi, e lo farò per salvare anche te, stupida che non sei altro! >>

Giulia tacque, fremente. << Sei insopportabile quando vuoi aver ragione! >> Sibilò, alzandosi.

I miei occhi si ridussero a due fessure << Senti da chi viene la predica… >> Ribadii, lasciando che Giulia se ne andasse, fremente di rabbia.

 

Per qualche tempo nessuno parlò,  e l’unico rumore fu il via vai dei servi. Legolas, dopo aver scambiato uno sguardo con me, si alzò in silenzio, volteggiando su se stesso, per poi andare a sparire sulla terrazza, alla ricerca di Giulia. << Dovresti andare anche tu. >> Mi consigliò Gandalf, mentre Legghy spariva dietro una colonna.

<< A fare che, a reggere la candela? >> Risposi in malo modo.

<< Lo sai. >>

Gli puntai gli occhi addosso << Senti, Gandalf, se quella stupida di mia sorella ha deciso di farsi prendere dal panico e di tapparsi le orecchie, bene! Ma non mi venire a dire che io ho sbagliato. >> Sospirai, fissando ostinatamente il tavolo << E poi  odio le persone che credono di sapere tutto… >>

<< Allora dovresti odiare te stessa… >> Fu la voce di Boromir quella che mi stupì maggiormente. Lo fissai, allibita << Adesso stai dalla sua, di parte? >> Chiesi, stupita, indicando il portico col pollice. << Ma Boromir… >>

<< Cosa ne sai di cosa si agita nella sua testa? >> Mi interruppe il mio uomo. << Cosa ne sai delle sue ansie e delle sue paure? Non tutti sono come te, Anna, che si travestono da uomo e scendono in battaglia, senza neanche sapere quanti sono i nemici e quante le possibilità di sopravvivere. >> Sorrise a quel pensiero << Non tutti sono disposti ad affrontare la paura di morire per coloro che amano. >>

<< E allora che dovevo dirle? >> Sbottai, così arrabbiata che quasi piangevo << Che ha ragione, che di speranze ce ne sono davvero poche? >> Mi alzai dal tavolo, rischiando di schiacciare la coda a Jadis, che trotterellò via, guaendo. << Quando avrete una risposta, fatemela sapere. >>

 

 

Mi diressi sulla terrazza, lasciando che gli altri si sgolassero per richiamarmi. Non gli avrei dato la soddisfazione di vedermi frignare di rabbia e di paura. Perché si, un po’ era anche così: la paura mi attanagliava la viscere. Paura di morire, di non farcela, di lasciare che il mondo attorno a me crollasse…avevo odiato Giulia e mi ero abbattuta contro di lei perché io in primis avevo paura, e sapevo quanto flebili fossero le mie argomentazioni. Mi asciugai una lacrima, rabbiosa. << Sono un idiota. >> Mi dissi, contemplando le stelle assieme a Jadis. << E mi odio per questo. >>

Un fruscio alle mie spalle mi fece voltare di scatto, temendo per la mia intimità. Mi aspettavo di trovarmi faccia a faccia con Boromir, o con Legolas, o Gandalf, o Aragorn. Sarei rimasta meno sorpresa di trovare Gimli al mio fianco, che Dama Eowin che mi guardava con curiosità.

<< Forse non è il momento opportuno. >> Bisbigliò, tornando ad ammantarsi di ombra, ma la fermai. << No, mia signora. >> La richiamai << Dite. >>

Eowin si avvicinò, lenta e aggraziata, le mani incrociate sotto il seno, il viso rivolto alle stelle. << Le liti fra fratelli mi hanno sempre affascinata. >> Disse << Io ed Eomer ne avevamo poche, ma alla fine lui me la dava sempre vinta. >> Mi guardò con un sorriso dolcissimo sulle labbra << Sono la piccola di casa, la sua sorellina. >>

Sorrisi a mia volta, ma era un sorriso freddo << Ho scoperto si avere una sorella poco meno di un anno fa. >> Le raccontai, nemmeno io sapevo perché. << Giulia ed io abbiamo caratteri simili, molto simili. Ma non avevamo mai litigato… >>

Lei ridacchiò << Se questo è un litigio… >>

La fulminai con lo sguardo << E’ questione di punti di vista. >> La freddai, e lei rise più apertamente << Boromir mi aveva avvisato che siete permalosa, Anna, ma non pensavo fino a questo punto! >> Avevo ragione, la sua risata era meravigliosa. Poi si calmò, e riprese a parlare << Deve amarvi molto. >>

<< Chi, Boromir o mia sorella? >>   

<< Ma il principe, intendo! >>

Ridacchiai a mia volta << Per sopportarmi in tutte le mie stranezze? >>

Lei fece spallucce << Anche. >> La vidi farsi pensierosa. << Cos’è questa storia che vi siete travestita da uomo e siete scesa in battaglia? >> Eccolo li, il motivo per cui Eowin era venuta a cercarmi. Voleva sentire quella storia.

<< E’ proprio come ha detto Boromir. >> Le dissi << Mi sono travestita da uomo e sono scesa in battaglia per stargli a fianco. Solo che Jadis mi ha fatta scoprire. >>

Lei mi guardava, gli occhi scintillanti << E come è stato? >>

<< Un’esperienza terribile. >> Risposi subito, fissandola dritta negli occhi << Qualcosa che non ripeterei neanche se mi pagassero, ma credo che il Destino abbia deciso diversamente per me. >>

<< Non dite questo. >> Ribadì Eowin << Combattere è un grande onore. >>. Sbuffai << Onore dei miei stivali, Dama Eowin…si combatte solo per sopravvivere. >>

<< E non è questo il caso? >>

Annuii << E’ proprio questo il caso. >>

Restammo in silenzio a contemplare le stelle. <> Disse infine la Dama, il volto sempre fisso al cielo << Non c’è niente di male nel scoprirsi deboli e impauriti di fronte al Destino. >>

<< Ma come posso mostrarmi così davanti a qualcuno che ha anche il doppio della mia paura? >> Sbottai, sentendomi montare nuovamente dentro la rabbia. << Giulia mi ha fatto capire quanto deboli siano le mie speranze, gettando a terra il fragile castello che avevo costruito. Che dovevo fare, disperarmi con lei? Ditemelo! >> Mi accorsi di aver parlato a sproposito, e mi scusai. Dama Eowin sorrise, accettando le mie scuse. Mi poggiò una mano sulla spalla e la strinse piano. << Troverete tutte le risposte. >>

Annuii, ma non risposi. “ Dicono tutti così. “ La voce di Giulia mi giunse da molto vicino. “ Anche Legolas mi sta dicendo le stesse identiche cose. “

“ Non ne dubitavo. “

“ Anna… “

“ Senti, non mi va di parlarne adesso. “ Sbottai, mentre guardavo Eowin andarsene. Nelle tenebre fra le colonne, qualcosa di bianco si mosse, e Boromir comparì dal nulla, un sorriso appena accennato sulle labbra. “ Ho di meglio da fare. “

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

D.I.F. amabili lettori e care lettrici, rieccomi. L’ultimo aggiornamento risale a parecchio tempo fa, quando parlavo di un fantomatico originale… bè, anche quello è andato.

L’accademia è ricominciata, vado avanti e indietro tutti i giorni, il freddo è giunto, kick boxing è più tosto che mai e finalmente mi faccio viva. Come state voi? Spero che a voi la vita giri ugualmente bene.

In ogni caso, mi scuso per il disturbo arrecato a chi vuole sapere come va avanti la storia e  per le risposte non date alle recensioni- prometto solennemente di rispondere in tempi normali…

Spero che qualcuno vorrà ancora leggere questa ficci, questa storiaccia…e farsi sentire J

Con ciò vi saluto, vi auguro buona giornata e al prossimo aggiornamento.

Hasta la vista, ya!

Vostra, Nini.

 

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Capitolo 11
*** Il rispetto per la tradizione. ***


 

 

Il rispetto per la tradizione.

 

<< Non pensavo che tu e Giulia avreste litigato. >> Mormorò Boromir, poggiato alla colonna di fianco alla mia << Non stasera, la prima sera in cui vi trovate nuovamente vicine. >>

Scrollai le spalle << Che posso dirti? A volte capita. >>

<< Capita essere troppo simili al proprio sangue? >>

<< Forse. >>

Mi si fece più vicino << Io e Faramir abbiamo litigato spesso, quando eravamo bambini. Ma lui era il piccolo, e mia madre gli concedeva qualsiasi cosa. >>

Sorrisi a tale confessione << Tua madre faceva le differenze? >> Chiesi, stupita. << Mi sembra altamente improbabile. A volte l’avrà fatto, ma sono certa che avrà accontentato pure te, Boromir. >> Lui si strinse le braccia attorno al corpo, quasi per abbracciarsi, quasi ricercasse l’abbraccio perduto di sua madre, annuì e sorrise. << Già, credo proprio che tu abbia ragione. >> Tacque un attimo. Poi iniziò a raccontare << Una volta, prima che mia madre morisse, io e Faramir combinammo un bello scherzo alla balia: le infilammo delle bisce d’acqua nella cesta della biancheria. La sentirono urlare per tutta Minas Thirit, quella povera donna! >>

<< Foste molto crudeli. >> Ribadii io, quasi offesa per quel gesto compiuto nell’infanzia spensierata di Boromir. << Quella povera donna sarà morta sul colpo! >>

<< Macchè! >> Ribadì lui, ridacchiando a quel ricordo. << Ci beccò immediatamente perché eravamo dietro la porta a sbellicarci dalle risate. Ci portò al cospetto di nostra madre strattonandoci per l’orecchio- quella si, che era una balia come si deve! – e rovesciò tutto il fattaccio davanti a lei e alle sue ancelle, che cercavano di mantenere un comportamento decoroso ma che in realtà morivano dalla voglia di scoppiarci a ridere in faccia. >> Iniziò ridere. << Ricordo anche come concluse la vicenda, la povera balia: “ E dire che li ho allattati col mio latte! “ Aveva esclamato, puntando il dito al cielo, mentre anche mia madre la guardava con occhi sgranati. “ Vi ho visti venire al mondo, vi ho svezzati e accuditi sin dalla più tenera età, e voi come mi ripagate? Con BISCE! “ >> Era scoppiato a ridere, ma si trattenne subito perché non stava bene ridere in una casa a lutto. Comunque, il sorriso tardò ad andarsene dalle sue labbra. << A quel punto, mia madre non ha più resistito. Ha fatto tacere la balia e ha chiesto a me e a mio fratello di chi dei due era stata l’idea. Stavo per confessare, perché ero io la mente del piano, quando Faramir si è fatto avanti, tutto spavaldo. “ E’ stata mia. “ Aveva detto, per poi indicarmi “ Lui ha eseguito i miei ordini. “ >>

Ero incredula << Stiamo parlando dello stesso Faramir? >>

<< Certo! Mi aveva lasciato spiazzato, ma non privo di difese. Gli agguantai l’indice con una mossa rapida e guardai mia madre, che mi guardava a sua volta. “ Che significa, Boromir? “ Mi chiese. “ E’ stata una mia idea, madre. “ Le dissi. Mi stavo per scusare con tutti, adempiendo al mio ruolo di figlio maggiore, quando Faramir mi diede del bugiardo, che l’idea era sua e non mia. >>

<< Ma era sua l’idea? >>

<< Secondo te un bambino di quattro anni architetta da solo un piano diabolico come il mio? >> Sbuffò << Be, alla fine, io e Faramir stavamo per arrivare alle mani per decidere di chi dei due era l’idea, quando mia madre intervenne. Ci prese entrambi per un braccio e ci strattonò fino a farci tacere. “ Dico che l’idea è stata di entrambi. “ Decise. “ Dico che dovete chiedere scusa alla balia e che non dovrete più farle scherzi. Faramir, hai quasi cinque anni: devi crescere. Boromir, ne hai quasi dieci: cresci un po’ anche tu, e non metterti più in cattiva luce con la balia. “ Faramir continuò a frignare per un poco, ma mia madre gli impose di tacere. “ Faramir, non avrai mai sempre ragione nella vita. “ Gli disse “ Devi accettarlo. “ >>

<< Come pretendi che un bambino di cinque anni capisca perché la madre non gli dia ragione. >> Dissi, interrompendo il discorso. << E poi, che c’entra con me e Giulia, questo tuo litigio! Non capisco. >>

<< Ma come! Io e Faramir volevamo addossarci entrambi un’unica colpa, e mia madre al posto di dar ragione a Faramir l’ha data a me, dando una bella lezione al mio fratellino. >> Mi guardò come per vedere se avevo capito il concetto.

<< Peccato che qui non ci fosse nessuna madre a districare il litigio. >> Gli feci notare, e lui parve sgonfiarsi un attimo. << Se tu fossi intervenuto… >> Iniziai, ma lui mi bloccò subito, alzando le mani. << Attenta, io non sono tua madre… >>

Alzai gli occhi al cielo, esasperata. << E va bene, sei solo tu…E allora perché non è intervenuto Gandalf, eh? Me lo spieghi? >> Misi il broncio << E’ stato solo capace di mandarmi a reggere la candela a Giulia e a Legolas, ecco! >>

Boromir era alquanto divertito dal mio sfogo. Mi mise un braccio sulle spalle, avvolgendomi in qualcosa di simile ad un abbraccio. << Sai una cosa? >> Mi sussurrò, vicinissimo. << Credo che anche Legolas abbia raccontato una storia simile alla mia a Giulia, e adesso la sta convincendo a fare la pace con te. >>

<< Tu credi? >> Borbottai, senza guardarlo, ancora imbronciata. << Io credo che la stia baciando. >> Ecco, avevo parlato a vanvera. Mi voltai di scatto verso di lui, stupita di aver detto una cosa simile, e vidi la sua faccia col riflesso della luna, così simile a quando lo conobbi- o era soloil ricordo che si sovrapponeva alla realtà? << Baciando? >> Ripeté lui, raddrizzando la schiena. Mi si mise davanti, oscurando le stelle, passandomi un braccio attorno alla vita per attirarmi a sé. << Oh bè, non posso certo essere da meno… >>

<< Ma non so quello che andavo dicendo! >> Esclamai, cercando di mantenere il broncio, puntando le braccia contro il suo petto per non lasciarlo avvicinare. << Ho detto la prima cosa che mi passava per la testa, e poi non abbiamo ancora finito il discorso! >>

Lui aveva allentato di poco la presa, continuando a sogghignare. Poi mi aveva spinta contro la colonna, facendomi premere la schiena contro il legno dorato, e impedendomi di fuggire con la presa ferrea delle braccia. Aveva avvicinato il viso al mio, poggiando la fronte alla mia, fissando le mie labbra serrate in un broncio che andava sciogliendosi al suo calore. << Oh no. >> Mormorò solo, la voce mi fece vibrare l’anima << Abbiamo appena iniziato. >> 

 

 

Tornai nella Sala del Trono che ero rinata. Le torce si stavano esaurendo, ma vi era ancora luce a sufficienza per vedere Gandalf sorridermi e indicarmi col capo a destra. Li, vicino alla parete, avvolta nella penombra,  a braccia conserte, stava Giulia. Boromir lasciò la presa sulla mia mano e andò a sedersi con Aragorn e Gimli, mentre Legolas non si vedeva.

<< Dove l’hai perso? >> Chiesi a Giulia, poggiandomi accanto a lei.

<< E’ voluto restare nel portico, a guardare le stelle. >> Mi rispose lei, la voce neutra. Ebbi la sensazione dei sui occhi nei miei. << Che cosa avevi di meglio da fare, prima? >>

<< Non si vede? >> Mi indicai il collo, arrossato dalla barba di Boromir. All’oscurità non si vedeva, così sussurrai << Quello là e la sua maledetta barba… >>

Lei sbuffò << Che pretendi, che si rada tutti i giorni? >> Poi sospirò e si passò una mano sul viso. << Sentì. >> Partì << Ho appena capito. >>

<< Cosa? >>

<< Qualsiasi cosa dica stasera, va a finire che litighiamo. >> Mi guardò ancora << Quindi, finiamola qui: i nostri uomini volevano che ci scusassimo fra noi? Bene, eccoci qua. >> Mi diede un bacio su una guancia. << Ecco, fatto! >> Poi fischiò << Hai visto, Gimli? >> Il Nano ci guardò e applaudì, evidentemente soddisfatto << Ottimo lavoro, Giulia! >>

Mi ribellai a quello spettacolo << Ma cos’è, una presa in giro questa? >>

Stavolta, fu Aragorn ad intervenire << Ne abbiamo abbastanza di sentirvi litigare, almeno per stasera. >> Rispose, la voce stanca. << Separatevi, datevi la buonanotte e dormiteci sopra. Ci penserete domani a litigare ancora. >>

Stavo per rispondere ancora, quando dal nulla comparve Legolas: si stagliò nettamente sotto l’arcata del portico. Chiamò a sé Giulia, che si dileguò con una buonanotte veloce per poi correre da lui. Sempre più stupita, tornai a sedermi, poggiando la schiena ad una colonna. Sospirai << Che serata matta! >> Esclamai << Mai vissuta una serata così! >>

Gimli rise, alzandosi. << Nemmeno noi! >> Esclamò, finendo di bere la birra dal suo boccale. Dopo un sonoro rutto, diede la buonanotte a tutti e si dileguò anch’egli, lasciandoci soli.

Le torce andavano facendosi sempre più deboli, e l’unica cosa che brillava era il braciere della pipa di Gandalf. Ci fu silenzio, e in quel silenzio Boromir cercò la mia mano per stringerla piano. Stavo sgattaiolando vicino a lui, quando Gandalf esclamò << E’ una notte troppo bella per dormire! Credo che andrò sul portico a finire la pipa! >> E se ne andò, il mantello bianco svolazzante che sembrava emanare luce propria nelle tenebre. Mi aveva fatto prendere un colpo, e persino Aragorn se ne accorse. << Sei tesa come una corda d’arco, Anna. >> Constatò, la voce resa roca dalla stanchezza. << Dovresti andare a dormire. >>

Nell’oscurità quasi completa, annuii. Sbadigliai sonoramente, quasi ad avvallare tale idea << Quasi quasi… >>

<< Ti accompagno. >> Disse subito Boromir. << In fondo, sono stanco anch’io. Dormire in un letto non mi farà male, e nemmeno a te, Aragorn… >>

La risposta del Ramingo giunse dopo un attimo di silenzio. << Allora buonanotte. E cercate di dormire. >> Intuii i suoi movimenti nell’oscurità totale, e sentii i suoi passi perdersi nel buio.

 

Restammosoli.

<< Dunque? >> Chiesi, dopo un attimo di silenzio imbarazzato, ma nel buio totale quell’imbarazzo era invisibile.

<< Dunque cosa? >>

<< Il letto… >>

<< Sei proprio sicura di voler andare a dormire? >>

<< Boromir! E’ una casa in lutto questa! C’è un morto! >>

<< E allora? >> Lo sentii ridacchiare << Se ricordo bene che genere di persona era Theodred, credo sarebbe felice se noi… >>

<< Levatelo dalla testa! Io ho sonno, voglio dormire, e anche tu lo vuoi… >> Mi si fece più vicino, accarezzandomi un seno- gli diedi un piccolo schiaffo, e lui si scostò subito << Mi hai fatto male! >> Esclamò, offeso, ma si sentiva benissimo che fingeva. << Ma che c’è di male se voglio stare con te? >>

<< C’è che ci sono delle regole da rispettare, Boromir. Mai sentito parlare di tradizioni? >> Mi alzai, scivolando via dalla sua presa. << E ora andiamo. >>

 

 

Ci eravamo separati, avevo preteso che ci separassimo, ma li, in quel letto freddo ed enorme, non facevo altro che pensare a lui. A tutto, di lui. Ad un certo punto, stufa di rotolarmi nelle coperte, mi ero alzata e avevo camminato, tremante di freddo- indossavo una delle camice da notte di Eowin, un camicione di tela lungo fino al ginocchio, privo di qualsiasi raffinatezza - a piedi nudi sul coccio, cercando di farmi passare quelle dannatissime voglie, pensando al lutto e quella povera anima di Re Theoden che piangeva il suo povero figlio. Come potevo fare l’amore con Boromir sotto un simile tetto, sapendo che qualcuno dall’altro lato della casa piangeva disperatamente? E poi: era così giusto, fare l’amore? Si che lo era, ma ero pronta? Insomma, i lividi iniziavano a diventare appena visibili, ma come avrebbero reagito le mie ferite di dentro? Sarei ancora stata in grado di lasciarmi andare, senza paura, fra le braccia di Boromir?

“ Quanto tempo manca, affinchè la riconciliazione avvenga fra noi? “

Fu allora che aprii piano la porta, e sgattaiolai nella stanza in fondo al corridoio. Ma non bussai. Preferii restarmene fuori, tremante di freddo, fra mille dubbi e domande, scavando nella tradizione per sapere quanto fosse ingiusto quello che stavo per fare.

Poi, la porta davanti a me si aprì piano, proprio quando stavo pensando a quel tomo di Isengard, quello rosso sulle tradizioni di Gondor, in cui vi era scritto che se un uomo e una donna giacevano assieme mentre in casa c’era un morto, l’anima di questi andava a possedere il bambino generato nella notte. La porta si aprì, e trovai Boromir, nelle mie stesse condizioni: vigile e infreddolito. Era a torso nudo e sembrava sorpreso di vedermi. << Che ci fai qui! >> Mi sussurrò, sporgendosi per vedere se eravamo soli. Una volta accertatosene, mi fece entrare e chiuse la porta con il minor rumore possibile.

C’era buio, ma la luce della notte, dovuta alle miriadi di stelle, filtrava appena dalle imposte, accennando il volume dei nostri corpi, lasciandoli percepire più che vedere. Attesi di schiena, notando che anche il suo letto era sfatto e che la stanza era gelida come la mia. Aspettai che chiudesse la porta col chiavistello, per poi girarmi verso di lui.  Boromir mi venne addosso, scostandosi goffamente.

<< Che ci fai qui? >> Chiese di nuovo, ma la voce era più dolce.

<< Volevo farti una domanda. Tu conosci le tradizioni di Gondor, giusto? >>

Le sue mani mi cercarono, trovando dapprima il mio volto e poi i capelli. << Certo. Perché? >> Le mani esplorarono il mio corpo, e sentii che gli si mozzò il fiato nel sentirmi nuda accanto a sé. << Mi chiedevo, >> Sussurrai, allacciandogli le braccia attorno al collo e rabbrividendo al contatto con la sua pelle nuda. << Sarebbe così brutto, avere un bambino con l’anima di questo Theodred? >>

 

 

 

 

 

 

 

 

D.I.F. ebbene, eccomi qui, fulminea nella pubblicazione. Ho voluto fare qualcosa di più leggero, anche un po’ insulso, ma decisamente più sciallo, visto quello che ci aspetta…se nel prossimo chappi ci aspettano i funerali del povero Theodred, immaginerete dopo! Una tragedia vera e propria!

 

Tornando a noi: un grazie gigantesco a coloro che hanno recensito- cinque in un colpo solo dopo una luuuuunga assenza non è come dirlo J - la volta scorsa e a quelli che leggono senza lasciare traccia. Grazie. Grazie. Grazie.

Eternamente vostra, Nini.

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Capitolo 12
*** Funerale. ***


Funerale.

 

 

Il giorno dopo, l’intera Edoras partecipò al funerale del principe Theodred, tumulato lungo la via che portava alla città, accanto ai suoi antenati. << Egli è nella gloria. >> Sussurrò Legolas, lo sguardo fisso su quel giovane corpo avvolto nello stendardo di Rohan, quello sotto cui aveva combattuto fino a perdere la vita. << Ma quale gloria. >> Ribadì Gimli, grugnendo un poco. Ero perfettamente d’accordo con lui: quale gloria? Di cosa parlavamo? L’unica cosa che rimbalzava nella mia mente era il dovere per cui il giovane principe, di qualche anno più vecchio di me e Giulia, aveva sacrificato sogni, speranza e futuro: il dovere di proteggere la propria patria. Da quel punto di vista, Theodred aveva dato il meglio di sé, anche se credo avrebbe preferito amare, sposarsi, figliare e infine morire nel proprio letto, canuto, sorridendo alle lacrime dei figli. Avrebbe preferito vivere, e invece era morto.

Il mondo quel giorno era sovrastato da un cielo terso, cristallino, e il vento batteva le pianure del Mark e spazzava le strade di Edoras, vestita a lutto. La cerimonia iniziò nel primo pomeriggio, quando il sole più caldo riusciva a intiepidire appena la terra, spazzata dal gelido vento del nord.  La salma uscì dal Palazzo d’oro su una lettiga dorata, portata a spalla dalla Guardia Reale. Il giovane principe era stato rivestito della sua armatura migliore e il volto cereo era atteggiato ad un’espressione serena, un mezzo sorriso accennato sulle labbra. Il corpo era avvolto in uno stendardo enorme, tessuto con fili preziosi, raffigurante il cavallo di Rohah. Quello stendardo rappresentava tutto ciò per cui Theodred aveva combattuto in vita, tutto ciò per cui aveva amato e sognato, ed ora se lo portava nella tomba.

Il padre venne subito dopo il figlio, la testa cinta da una corona di cui volentieri avrebbe fatto a meno pur di vedere il proprio ragazzo vivo e vegeto, lo sguardo fisso a terra, mentre al suo fianco camminava Eowin, i capelli raccolti e il corpo fasciato dall’abito nero, il viso più pallido che mai e gli occhi gonfi di lacrime, che non rotolavano lungo le candide guance solo perché lei teneva la testa alta e gli occhi sbarrati.

Dietro di loro, venivano i dignitari di corte e i ministri. Fra loro, vi erano anche Gandalf il Bianco e Boromir di Gondor, anch’egli vestito di nero, che partecipava in quanto rappresentante di Gondor e alleato a quella triste cerimonia. Anche noi facevamo parte di quel gruppo in quanto ospiti del Re, ma tutti avremmo fatto volentieri a meno di assistere a un simile spettacolo.

La salma del principe fendette la folla ai piedi del palazzo, aprendo un varco per noi esattamente come la prua di una nave fa con le onde. Il popolo ci lasciò scivolare in mezzo a sé, osservandoci attentamente, lasciando scivolare sguardi incuriositi su Jadis, che zampettava al mio fianco silenziosa e quieta, tanto che non la sentivo nemmeno respirare. Sulla nostra scia, a qualche passo di distanza, il popolo si chiuse su se stesso e ci seguì, in perfetto silenzio, scivolando con noi per le gelide vie della città.

Fu un viaggio incredibilmente lento, ci impiegammo una vita per arrivare alla porta della città e dunque alla via su cui erano eretti i tumuli della gente di Theodred, i re della seconda linea. Sfilammo lenti davanti ad essi, piccole collinette sormontate dall’erba e da fiorellini bianchi, che si aprivano solo su di essi e non sulla pianura circostante. La lettiga sostò per qualche attimo davanti ad ogni tumulo, quasi dovesse presentarsi agli antenati che vi erano sepolti. “ Sembra che debba chiedere il permesso. “ Commentò Giulia, a qualche passo da me. Annuii, ammettendo che aveva ragione. Non riuscii più a scacciarla dalla mente: la litigata della sera prima si era risolta con una pace apparente, voluta dagli uomini della Compagnia, e ora cercavo di capire cosa fare per farla ragionare e non farle credere nella sconfitta imminente. Mi chiesi se anche Legolas la pensasse come lei o, piuttosto, come me. Lo spiai di soppiatto, mentre Aragorn mi osservava con fare curioso: cosa poteva pensare un elfo della sconfitta? Sconfitta significava morte, certo, ma lui in cosa credeva, lui, un essere immortale, l’essere da cui la morte era più lontana in assoluto?

<< Cosa guardi? >> Chiese Aragorn, e nell’avvicinarsi a me sentii profumo di vestiti lavati. << Qualcuno che non può capire la morte. >> Risposi sottovoce, notando lo sguardo stizzito di un dignitario. Aragorn fissò a sua volta l’uomo, che prontamente girò il capo per non voltarsi più. Meditò prima di rispondere. << Credo che tu ti stia sbagliando. >> Sussurrò, guardando dritto davanti a sé. << Legolas è proprio quello che meglio di altri capisce e conosce la morte. >>

Annuii, ma non ero convinta. << Pensaci. >> Mi sussurrò di nuovo Aragorn, e avrebbe continuato, se il corteo non si fosse fermato alla soglia dell’ultimo tumulo, la tomba di Theodred.

 

 

Il tumulo era stato eretto da parecchio tempo, dato che su di esso l’erba cresceva folta e i fiorellini bianchi aprivano i loro occhi, innumerevoli.  Sembrava una piccola collinetta naturale, ma l’entrata ad arco faceva capire la sua natura artificiale. Era una piccola camera, in cui la mattina erano stati portati gli effetti personali del principe, per accompagnarlo nel suo viaggio verso la Casa dei Padri, qualcosa che Giulia identificò con lo strano nome di Paradiso. Una volta che il corpo si fosse trovato all’interno del tumulo, la piccola entrata sarebbe stata murata dalle Guardie reali, tra i pianti delle donne di famiglia- che solo allora avrebbero dato sfogo al loro dolore- e lo sguardo fisso degli uomini, troppo orgogliosi per mostrare il dolore in pubblico. Tutto questo lo sapevo grazie ai libri di Saruman, ma mai mi sarei aspettata di trovarmi davanti ad un simile spettacolo. Non si trattava del funerale di un vecchio re, buono e saggio, severo al punto giusto per farsi amare dalla sua gente, che era morto lasciando spazio al figlio, no: si trattava di un principe in giovane età, tra l’altro l’unico figlio ed erede al trono di Rohan. Quella era proprio una disgrazia, l’ennesima che pareva abbattersi su quel paese martoriato.

Ecco perché non mi stupii affatto dal sentire singhiozzi e pianti sommessi alle mie spalle, e tutto attorno a me, perché era ovvio che l’intera Rohan piangesse la dipartita dell’ultimo erede della seconda linea, Theodred figlio di Theoden. Ma le sorprese non erano ancora finite.

Prima che la salma entrasse nella sua dimora, Dama Eowin si mise alla sinistra del tumulo, assieme ad altre donne più vecchie, e prese a cantare una melodia di addio, composta nella lingua del Mark. La voce le tremava un poco, ma ciò non tolse niente alla dolcezza cadenzata con cui cantava la dipartita di Theodred, l’amato cugino. Alle sue spalle, le donne vegliavano sulle sue parole, guardando il morto scivolare nel tumulo assieme ai cavalieri della Guardia, capitanati da Hama. Anche il Re guardava quella scena, e a pochi passi da lui Gandalf, Boromir e gli altri uomini facevano lo stesso, pensando a quanto fosse crudele il destino.

Io invece pensavo a come doveva essere questo Theodred in vita. Alla sua energia, alla sua vitalità. Era di poco più vecchio di me, ma il viso imberbe lo faceva apparire un ragazzino. Sparì ingoiato dalle tenebre, ascoltando la voce di Eowin  e sentendo su di se gli occhi di tutti, dispiacendosi probabilmente di dare un tale dolore al caro padre, che tutto gli aveva insegnato. Sentiva, il dolore che la sua morte aveva provocato? Il suo spirito era da qualche parte, in  viaggio verso la Casa dei Padri, oppure era ancora rivolto a noi, cercava di sussurrare parole di conforto al padre e alla cugina?

Hama sbucò dal buio, e con lui anche le guardie. Eowin terminò il canto, e le guardie si scostarono dalla tomba del figlio del Re. Theoden si mise davanti all’entrata, fissando lo sguardo nel buio per lunghi attimi. Poi si fece da parte, e consentì che i suoi uomini murassero i resti mortali della sua stirpe.

 

 

Alla fine di tale operazione, dopo che i vari dignitari e le eminenze di Edoras ebbero fatto le loro condoglianze a sua Maestà, assieme al resto del popolo, ci avviammo verso casa. La cerimonia era stata lunga e lenta, i nostri piedi dolevano e le schiene chiedevano pietà. Prima di arrivare alle difese della città, però, accadde un fatto insolito: Jadis rizzò le orecchie all’improvviso, e volse il bel capo a sud, dove un mare d’erba delineava l’orizzonte. Era tardo pomeriggio, e il cielo terso andava scaldandosi delle tonalità del tramonto. La lupa rimase ferma, fissa, e una piccola folla si fermò attorno a lei, per guardarla. “ Cos’ha? “ Chiese Giulia, ma non le seppi rispondere. << Jadis? >> Chiamai piano << Jadis, dobbiamo andare… >> Cercai di accarezzarle le orecchie, ma non fui abbastanza veloce: la lupa scattò in avanti come una saetta, correndo sull’erba come se volasse. Mi sorpresi a pensare che, da quando era tornata a me, Jadis era più spettro che lupo. Vederla correre e scivolare via fu uno spettacolo bellissimo, che lasciò in molti estasiati e me stupita fuor di misura: e adesso che le prendeva? Dove andava? Aveva fiutato qualcosa? Non ne avevo la minima idea.

Nel seguire Jadis, il mio sguardo cadde sul tumulo di Theodred, e vidi che il re sostava ancora davanti alla tomba del figlio. Poco lontano, vidi Gandalf e Boromir, gli unici rimasti a poca distanza dal Re, che sosteneva Eowin come se stesse per svenire. Avevo osservato da lontano il mio amato che andava a porgere le proprie condoglianze all’alleato, che però non aveva fatto il minimo segno di averle udite. Credo che Boromir e Gandalf parlassero proprio di quel gesto scontroso e delle sue cause- ma, d’altro canto, Theoden aveva appena perso il suo unico figlio, sentendosi responsabile per quella morte così inattesa.

Rimasi immobile, cercando di immaginare le parole che si scambiavano. La folla mi scivolò attorno, solo la compagnia mi rimase vicina. Tutti e cinque guardavamo verso il tumulo, verso i nostri due compagni e verso il re. Quando Boromir si accomiatò da Gandalf, accompagnando Eowin lungo la strada, non potei fare a meno di andargli incontro.

Avvicinandomi, vidi i suoi occhi farsi un po’ meno tristi << Eccoti, finalmente. >>

Mi inchinai davanti a Eowin, anche più pallida del solito, esile nel suo abito nero e per la prima volta la vidi debole, affaticata dalla giornata. Boromir le dava il braccio, sorreggendola come se fosse una sorella. Nel vedermi arrivare, la Bianca Dama mi sorrise nonostante gli occhi lucidi. Senza rivolgermi una parola, si staccò dal braccio di Boromir, che la richiamò. << So badare a me stessa. >> Rispose al principe di Gondor, la voce esilissima. Mi sorrise ancora, e continuò a camminare, mentre io e lui restammo in mezzo alla via sterrata, due figure in lutto a braccia conserte, che la guardarono dirigersi col resto della Compagnia verso casa . Restammo a lungo in silenzio, guardando ovunque tranne che negli occhi dell’altro. << Vieni qui. >> Mi disse infine Boromir. << Voglio abbracciarti un po’. >>

Fu così che andai a infilarmi nel suo abbraccio, e il tempo si fermò distintamente fra quelle braccia possenti. La memoria volò indietro, a una vita che sembrava di mille anni più vecchia, a quando Boromir e io ci eravamo ritrovati per la prima volta a Imladris, e indietro ancora, al nostro primo bacio, sotto la luna della Città delle stelle. In quel preciso momento, sentii che la riconciliazione andava saldandosi, lasciando che anche gli ultimi lividi si assorbissero, lasciando spazio alla speranza.

Nonostante tutto il male, nonostante la morte, la tristezza, la disperazione…l’amore riusciva ancora a intiepidire gli animi. Sorrisi a quel pensiero, e sentii la stessa emozione provenire da Giulia: da quando ci eravamo ritrovate, stranamente, la telepatia dono di Galadriel si era intensificata, andando ben oltre le parole. Ecco uno dei motivi per cui mi ero infiammata la sera prima, durante la discussione con lei: avevo sentito la sua paura, e ne avevo provata io stessa.

<< Devo chiederle scusa. >> Mormorai, più a me stessa che a Boromir.

Dopo poco, lui mormorò << A Giulia? >>

<< Si. >>

<< Te la sei presa molto. >>

<< Ho sentito tanta paura in lei, che ne ho avuta io stessa. >>

<< Adesso, oltre alle parole, vi scambiate anche le emozioni? >>

Annuii, alzando lo sguardo verso di lui. << Ti amo. >> Gli dissi, così, all’improvviso. Ne avevo sentito la necessità, e l’avevo detto. Boromir rimase interdetto un attimo, fissandomi con gli occhi grigi dilatati dalla sorpresa, per poi accarezzarmi il capo e stringermi ancora a sé. << Anch’io. >> Disse << Anch’io. >> . La sorpresa permeava ogni muscolo di quell’abbraccio.

 

Il sole stava tramontando, allungando l’ombra della città sulla via dei tumuli. Theoden e Gandalf erano ancora li, davanti alla tomba. Probabilmente parlavano, ma da quella distanza non si sentiva niente. Il vento aveva cessato di soffiare in modo insistente, trasformandosi in una brezza leggera e fredda.

Io e Boromir, stufi di stare fermi e contrari all’idea di rientrare a palazzo, ci avviammo fuori dalla strada, per i pascoli erbosi attorno alla città. Eravamo seduti a terra, le gambe incrociate, in uno degli ultimi spicchi di erba ancora baciato dal sole. Eravamo in silenzio, finchè Boromir non parlò.

<< Il Re non ha accettato le mie condoglianze. >> Disse, e il suo tono era lugubre.

La frase mi distrasse, e spezzai il filo d’erba con cui giocavo. << Cosa? >> Chiesi, stupita. << E perché? >>

Le parole gli uscirono a fatica << Ritiene sia colpa di Gondor. >> Tacque. << Ritiene che sia colpa di Gondor, se Theodred è morto. >>

<< E’ un’idiozia. >> Dichiarai immediatamente. << A Gondor sono anche messi peggio, col Nemico che preme alle porte. Che pretendeva? Che l’esercito della Città Bianca accorresse ai guadi dell’Isen per portare la vittoria? Ma per favore! >> Mi accorsi di aver fatto la figura della fanatica, parlando in modo eccitato e iroso. Arrossii a quella mia improvvisa fiammata. Boromir mi guardò e sorrise, triste. << Vedo che la diplomazia è sempre il tuo forte, Anna. >>

Sbuffai. << Non essere ironico, dico sul serio. >> Mi avvicinai a lui, posandogli una mano sulla testa. << Davvero, che poteva fare Gondor per Rohan? Siete sulla stessa barca. >>

Boromir annuì, ma non era convinto. << E’ vero, ma è proprio a tale scopo che servono le alleanze. >> Mi lanciò un’occhiata triste. << Le alleanze servono per darsi reciproco aiuto in momenti di difficoltà, Anna. Non serve elencare quanti problemi abbia questo o quel regno, conta il fatto che un regno non ha aiutato il proprio vicino e alleato, ignorandola sua richiesta di aiuto- un aiuto, tra l’altro, creato in base a un alleanza la cui mente è mio padre… >> Sgranai gli occhi << Vuoi dire che Theoden ha chiesto aiuto a Gondor e… >> Lui annuì, e la bocca prese una piega amara. << …e Gondor non l’ha aiutato. Già. >>

Vidi tristezza e rabbia mescolarsi in quell’espressione, come se Boromir stesse masticando bile. Il mio povero uomo, figlio di un padre che crea alleanze per poi distruggerle senza dare aiuto al proprio vicino… ma, almeno, Denethor era conscio della situazione? << Ma certo che no! >> Esclamai, facendo sobbalzare Boromir. Lo scrollai. << O no? Come poteva tuo padre sapere della situazione di Rohan, se Theoden era sotto l’effetto di Grima, che serviva Saruman…? >>

Gli occhi di Boromir si fecero un po’ meno tristi << Credi che sia così? >> Mi chiese, e io annuii con vigore. << Certo che è così! >>

Stavolta, Boromir annuì in maniera più convinta. << E va bene,  ma allora perché non accettare le mie condoglianze, quando a Gondor nessuno sapeva in che condizioni versava Rohan? Perché? >>

Mi accoccolai contro il suo braccio, modellandovi il corpo, prima di rispondergli. << Credo che non fosse arrabbiato con te, Bubu, ma con se stesso… insomma, pensa a un padre che perde il figlio e scopre che, forse, se non fosse stato sotto maleficio, avrebbe potuto salvarlo chiedendo aiuto al suo potente alleato. Io sarei molto arrabbiato, ad essere quel padre. Tu no? >>

Boromir stava per rispondermi, ma venne interrotto da un ululato lontano. Ci guardammo ed assieme scattammo in piedi. << Questa è Jadis. >> Dissi, cercando all’orizzonte un segno della mia lupa.

Poi, la vidi: sbucò da sotto l’orizzonte, stagliandosi nitida sul cielo terso e caldo di sole. Ululò di nuovo, inarcando il collo, e l’ululato fu più nitido. Boromir stava per formulare di nuovo la sua risposta, ma era destino che essa non dovesse essere pronunciata. Infatti, dopo poco, alle spalle di Jadis, comparve una nuova figura che attirò la nostra attenzione: un cavallo caracollò lento sulla linea dell’orizzonte, fermandosi vicino a Jadis. Sulla schiena, sedevano due cavalieri di bassa statura. << Ma quelli sono bambini! >> Esclamò Boromir, iniziando a correre verso Jadis.

Io rimasi ferma, e riuscii a muovermi solo quando uno dei bambini scivolò dalla sella come un peso morto.

Una fitta mi aveva attraversato il corpo, all’altezza del ventre, lasciandomi col fiato corto e una strana inquietudine. Non sapevo ancora che la guerra era giunta a Edoras.

 

 

 

 

 

 

 

 

D.I.F. gentilerrimi, eccomi di nuovo. Chappi nuovo, uscito abbastanza di getto ma che a causa delle giornate di sole ventiquattrore non sono riuscita a concludere prima di oggi, assieme al cambio dell’ora. Mamame, che sclero pazzesco!

A parte ciò, che mi dite? Il chappi è di vostro gradimento? Lo avete assaporato per bene? Perché, come Anna ha presagito, la guerra è giunta a Edoras…siamo circa a metà della nostra fortunata avventura, e non vedo l’ora di esplorare nuovi lidi :D beeeeeeeello!!!

Come sempre, vi esorto a recensire, o almeno a lasciare un similsegno…

Un grazie è d’obbligo, e anche un arrivederci. A presto, o stimati.

Vostra, Nini.

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Capitolo 13
*** Di nuovo in marcia ***


 

Di nuovo in marcia.

Erano un maschio e una femmina. Il ragazzino era crollato dalla sella del suo cavallo non appena aveva avvistato Edoras, troppo stanco ed affamato per spronare il suo cavallo, ora che la salvezza era a un passo. Accorremmo assieme a Gandalf, passando accanto a Re Theoden, che guardava la scena da spettatore, ancora davanti al tumulo di suo figlio. E come biasimarlo?

La bambina teneva saldamente la criniera del possente destriero nero, e guardava verso il basso, piangendo e chiamando il fratello per nome. Non si era accorta della nostra presenza. Jadis, che sedeva accanto al ragazzo svenuto, trotterellò verso di noi, scodinzolante. La accolsi con una carezza sul muso. << Erano loro, il motivo per cui sei scappata, vero? >> Le chiesi, e parve che la lupa annuisse. Sorridendo,  mi avviai verso la bambina, mentre Boromir e Gandalf si preoccupavano del ragazzo. La piccola era bionda, e i capelli le si erano annodati in un groviglio di nodi e sporco. Il visino era stanco e rigato dalle lacrime, che tracciavano solchi profondi sulle guance impolverate. Le tesi le braccia e lei vi si gettò, scoppiando in un pianto disperato, carico di terrore. << Sta tranquilla, >>  Le sussurravo, baciandole le guance, cercando di tranquillizzarla. << Sta tranquilla. >>  Incrociai gli occhi di Boromir, un misto di emozioni. Risposi con uno sguardo interrogativo, per poi rivolgermi a Gandalf  << Come sta il ragazzo? >> Chiesi.

<< E’ distrutto dalla stanchezza, >>  Rispose lui, alzandosi da terra. << Ma non è ferito.Una volta a Edoras, lo faremo riposare e gli daremo da magiare. >> Si avvicinò, e accarezzò la bambina sulla testa. << Tuo fratello si rimetterà in fretta, vedrai. >> La bambina sbatté le ciglia, lasciando scivolare le ultime lacrime. La posai a terra per lasciarla avvicinare al fratello, che giaceva fra le braccia di Boromir. Lo guardò con aria grave. << Hai visto la mia mamma? >> Chiese, pigolando.

<< No, piccola. >> Rispose Boromir, sincero. << Ma forse non l’ho vista io ed è in città. Cosa vi è successo? >>

<< Gli orchi. >> Disse subito la bimba, spaventata. << Gli orchi hanno attaccato il nostro villaggio, e la mamma ha messo me ed Eoded su Garull per venire qui… >> La voce le si incrinò. << Ha detto che ci avrebbe raggiunto qui, la mia mamma, e invece lei qui non c’è, e ho avuto così tanta paura quando Garull si è impennato ed Eoded ha rischiato di cadere, e poi… >> La strinsi a me, arrestando quel fiume di parole. << E’ tutto passato. >> Le sussurrai, prendendola di nuovo in braccio. << Adesso, tu e tuo fratello siete salvi. La tua mamma sarà in viaggio verso Edoras o qualche altro luogo sicuro. E’ tutto passato. >>

Ci avviammo verso la città senza scambiarci una parola. Il Re era rientrato e più nessuno vegliava sulla tomba di Theodred. Il sole si era completamente nascosto dietro le colline, e il vento spirava freddo sui campi. Il respiro della bambina si era fatto profondo. << Si è addormentata. >> Constatai. << Deve essere stata sveglia almeno tre giorni di fila per la paura. >>

<< Anche il ragazzino. >> Concordò Boromir. << Era semplicemente esausto. >>

<< Se è vero quanto ci hanno detto, gli orchi hanno invaso il Mark. >> Disse Gandalf, che camminava tenendo per le briglie Garul, con Jadis che gli trotterellava a fianco. << E, se hanno invaso il Mark, significa che la guerra è cominciata. >>

Rabbrividii. << Dunque, è così. >> Dissi, << E’ così che la guerra si affaccia sulle nostre vite. >>

<< Ma almeno noi abbiamo di che difenderci. >> Intervenne Boromir, accennando poi ai bambini. << Pensa a loro, al loro villaggio, alla loro madre. >> Si incupì. << Pensa a loro, che non hanno niente. E’ terribile. >> In quel preciso momento, avrei voluto abbracciarlo.

 

Lasciammo i bambini alle amorevoli cure di Eowin e delle donne di corte, per poi riunirci nella sala del trono. Theoden sedeva sull’alto scranno, rigido, ancora vestito a lutto. << Chi erano quei bambini? >> Chiese, flebilmente.

<< Il tuo popolo, Theoden, >> Rispose l’Istari, camminando a grandi passi per la sala. << La tua gente. >>

<< Da quello che abbiamo capito, >> Intervenni, << Il loro villaggio è stato attaccato da un manipolo di orchi. >>

<< Uno dei molti che scorrazzano per il tuo paese, Sire. >> Concluse Gandalf, fermandosi davanti a Theoden. << Sono esseri malvagi, che uccidono per il gusto del sangue e della devastazione. Esseri crudeli, che portano la Mano Bianca di Saruman. >>

<< Conosco benissimo il mio nemico, Gandalf, non ho bisogno che tu mi rinfreschi la memoria. >> Ribadì Theoden, alzandosi bruscamente dal trono. “ E’ molto nervoso. “ Commentai. Giulia, che accarezzava piano Jadis sulla testa, concordò con me. “ Oserei dire che è incazzoso come una faina. “ Mi trattenni dallo scoppiare a ridere. Non era ne il momento, ne la situazione adatta.

Theoden scese i gradini che separavano il trono dal pavimento, e camminò verso Gandalf, pensieroso. << Una guerra, tu dici. >> Disse. << Ma io non ho abbastanza uomini per affrontarla. >>

<< Si che li hai. >> Intervenne Aragorn, che fumava la pipa, seduto su una panca. Il Re lo guardò, perplesso. << E chi sarebbero, mio signore? >> C’era astio, nella sua voce, ma Aragorn non si scompose. << Parlo di Eomer, e della sua eored. Sono in molti, a quanto so. >>

<< Ma a noi ha detto di essere in pochi! >> Esclamai, ma Boromir mi zittì. << Il Mark è sempre stato ricco di uomini, sono certo che Eomer avrà reclutato brava gente per difendere i confini nord del paese. >> Disse, guardando poi Theoden, che lo fissava con aria scontrosa, le folte ciglia aggrottate. << Sembra che voi ne sappiate più di me, principe di Gondor. >> Disse, e la sua voce era una lama sottile. << Che gli occhi di Denethor si siano spinti tanto in là da sapere quanto è la forza del mio paese? >>

L’affermazione del Re fu pesante come un macigno. << Cosa vorreste insinuare… >> Boromir si avvicinò al Re con fare minaccioso, ma riuscii a metterti fra di loro. << Maestà! >> Esclamai, rivolta a Theoden. << Gondor ha problemi ben più grandi dei vostri da affrontare in questo momento, che venire a contare quanti contadini Eomer è riuscito a radunare. Non fate più affermazioni simili! >>

Gandalf mi guardò, severo. << Ragazza. >> Disse. << Non ci si rivolge così a un Re. >> Avrei voluto rispondergli che non me ne fregava niente: Re o meno, quell’uomo continuava a fare insinuazioni che rendevano Boromir cupo e in preda ai sensi di colpa… e poi: cosa aveva a che fare Boromir con quella storia? Era da quasi un anno che mancava da casa, e non aveva contatti col padre… avrei voluto mandare Theoden a quel paese, levargli il saluto, fargli lo sgambetto.  << Scusate. >> Dissi invece, chinando rigidamente la testa. << Non avrei dovuto rivolgermi così a voi. Maestà. >> Le ultime parole quasi le sputai. “ Maledetto bastardo! “ Esclamai nella mente, rivolta a Giulia. “ Non è possibile che non si accorga di quanto faccia male a Boromir! “

“ Concordo… è veramente incattivito, Theoden. “

 << Il principe di Gondor è lontano da casa da quasi un anno, Maestà. >> Disse Gandalf, rivolgendosi con aria grave a Theoden. << Egli non ha più avuto contatti col padre. Ha parlato solo perché conosce il Mark, e sa quanto il tuo popolo è coraggioso nelle avversità. >> L’Istari guardò Boromir, livido di rabbia, per poi riportare la propria attenzione al Re. << Dunque, se sapete quali sono le capacità della vostra gente e la portata del vostro esercito, illustrateci la vostra strategia, Maestà. >> Guardai di sottecchi Gandalf, stupita: non l’avevo mai sentito usare un tono così tagliente.

Il Re tornò sul suo trono, si sedette e si passò una mano sul viso, improvvisamente stanco. << Non ho la capacità per affrontare una guerra. >> Disse, parlando più a se stesso che a noi tutti. Alzò lo sguardo, e in quel momento venne Eowin ad annunciare che i piccoli si erano risvegliati. Alla sua vista, Theoden si alzò e ordinò. << Avverti i servi del Palazzo, nipote. Partiamo per il Fosso di Helm. >>

 

 

 

 

 

 

 

D.I.F.  cristo santo ce l’ho fatta! Finalmente ho trovato un buco di tempo per scrivere questo benedetto chappi!

Mi scuso per l’attese e per gli errori che sicuramente ci saranno, ma davvero…non avete idea di quanto sia impegnata! Comunque, ragazze mie, vi lovvo assai!

Pace e ammore a tutte voi- spero di risentirvi prima di Natale…

Bisbis, vostra Nini!

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Capitolo 14
*** Verso Helm ***


 

Verso Helm

 

Non fu difficile preparare i bagagli e sloggiare da Edoras, o almeno non lo fu per noi. Il nostro bagaglio era piccolo, a dir poco nullo: la spada e poco altro. << Non ho avuto il tempo di far riparare il corno. >> Dissi a Boromir, ripescando dallo zaino la sciarpa in cui avevo avvolto il Corno di Gondor, spezzato durante la battaglia sulle rive dell’Anduin. Accarezzai le due metà. << E’ un peccato. >> Lui si era avvicinato, prendendo l’oggetto amato con estrema delicatezza fra le sue mani. << No che non lo è. >> Ribadì, guardandomi negli occhi. << Questo corno… non è ancora pronto per suonare. >>

Inarcai un sopracciglio. << Cioè? >>

<< E’ andato in frantumi quando io stesso stavo andando in frantumi. >> Mi accarezzò il collo, sfiorandomi col pollice ruvido il mento. << Il momento della riconciliazione con me stesso non è ancora avvenuto. E questo ne è il monito. >>

<< Ma cosa dici. >> Lo interruppi, riprendendo il corno fra le mani e infilandolo nello zaino. << Ci siamo riappacificati abbastanza in questi giorni,  per non parlare di ieri notte… >> Gli scoccai un sorrisetto malizioso. << O non era abbastanza per te? >>

Lo sorpresi a ridacchiare. << E’ stato anche troppo. Dopo quello che ti ho fatto… >>

<< Smettila, ti stai facendo del male da solo a pensarla così. >> Gli sfiorai i capelli con una carezza. << Ripareremo il corno al Fosso di Helm. Ci sarà pure un fabbro, no? >>

<< Certo che si. >> Rispose Gimli, passandoci accanto. Eravamo nella sala del trono, dove fervevano i preparativi per la partenza. Un continuo via vai di servi e paggi la rendeva frenetica, mentre le donne accatastavano i beni di famiglia in cassapanche che sarebbero rimaste li, a Edoras, ad attendere il loro ritorno. Gimli sorrise, e i suoi occhi scintillarono. << Ne hai già uno al tuo servizio! >>

<< E’ vero! >> Esclamai, portandomi la mano alla bocca per lo stupore. << Per tutti i Valar, Gimli, non ci avevo pensato! >> Estrassi il corno dalla sciarpa e glielo mostrai. << Dici che è riparabile? >>

Il nano osservò a lungo la reliquia di Gondor, passata di generazione in generazione al capitano della Torre Bianca. << Per essere riparabile è riparabile. >> Borbottò infine, controllando col pollice i bordi delle due metà. << Il problema è il suono. >>

<< Non suonerà più come prima? >> Chiese Boromir, preoccupato.

<< Questo è un enigma. >> Rispose Gimli, ridandomi i pezzi. << Ma, se me lo permetterete, cercherò di fare il miglior lavoro che Nano abbia mai fatto! >> Scoppiò a ridere, e parecchi servi lo fulminarono con lo sguardo, ma il nano parve non farci troppo caso. << Lo farò tornare squillante come ai tempi d’oro! >> Ci promise, continuando poi per la sua strada.

<< Come hai tempi di Osghiliath. >> Vidi gli occhi del mio uomo scintillare. << Come quando ero Capitano della Torre Bianca. >> Sorrisi, nel vedere tanto entusiasmo.

 

 

Lasciammo Edoras nel pomeriggio terso, spazzato dal vento dell’Ovest, nel secondo giorno dal nostro arrivo. Andavamo al Fosso di Helm, la fortezza per eccellenza di Rohan. Ne avevo letto qualcosa, sui libri di Saruman. Sapevo che era uno fortezza inespugnabile, invitta, costruita secoli or sono da un Re della prima linea, Helm Mandimartello. Venni a sapere da Eowin che in essa era custodito il Corno di Helm, un enorme corno capace di far rimbombare l’intera fortezza e le campagne circostanti col suo suono profondo. << Non l’ho mai sentito suonare. >> Mi confidò Eowin, che camminava appiedata al fianco mio e di Giulia. << Questa potrebbe essere la prima volta. >>

<< Speriamo di no! >> Esclamò Giulia, che scacciò dal sentiero una pietra appuntita. << Dio me ne scampi, non voglio trovarmi sotto assedio. >>

<< Speriamo davvero. >> Intervenni io, guardandomi alle spalle. << Se no, che ne sarà di tutte queste persone? >> Viaggiavamo infatti con l’intera popolazione di Edoras e delle campagne circostanti, che lentamente andavano ad affluire al nostro gruppo. Ci ritrovammo così da poche centinaia di persone in più di mille. << In tanti sono o troppo vecchi o troppo giovani per combattere, per non parlare delle donne… >> Tornai a guardare Eowin. << Le donne di questo paese combattono, mia signora? >> “ Che razza di domande fai? “ Mi chiese Giulia, perplessa “ Ma l’hai vista? Questa qui è una che dorme col coltello sotto il cuscino. “

<< Certo che sanno combattere. >> Rispose lei, serena, per poi indurirsi. << Le donne di questo paese o imparano ad impugnare una spada o possono perire su di essa. >> Mi trapassò con gli occhi glaciali. << Non temono ne morte ne dolore. >>

“ E’ inquietante. “ Commentò Giulia, guardando Eowin con aria perplessa. “ Ma parla di sé o delle donne del Mark? “ << Dite così perché non avete mai combattuto. >> Ribadì Giulia. La fulminai con lo sguardo: non aveva ancora imparato a mordersi la lingua innanzi alle persone di alto rango.            “ Giulia! “ La richiamai, ma lei non mi ascoltò, anzi: andò avanti imperterrita. << Se avreste combattuto, spada in pugno e nessuna preparazione, come è capitato a me d’altro canto, >> Continuò, << Avreste temuto eccome sia la morte che il dolore, e non solo per voi… >> Accennò a me. << Ma anche per i vostri cari. >>

Eowin rimase in silenzio, la bocca stretta e affilata. << Anna ha già combattuto, e questo lo so. Ma voi, Giulia? >> La voce era tagliente.                 “ Ecco, te la sei inimicata. “ Rimproverai Giulia. Ma lei fece spallucce.      “ Mica è mia sorella, lei. “ << Si, signora. >> Rispose Giulia. << Ho già avuto le mie esperienze sul campo…e non sono state belle. >> E iniziò a raccontare: parlò di Moria e del suo Battesimo, quando aveva ucciso l’orchetto con un pugno; parlò della battaglia sulle rive dell’Anduin, quella in cui aveva difeso Boromir e aveva combattuto spalla a spalla con lui, che aveva appena attentato alla vita della sua preziosa sorella, ma questo non lo disse. << Quando ho visto Boromir trafitto da quelle frecce, e ferito non solo nel corpo, ma anche nell’anima, che continuava a combattere per proteggere Merry e Pipino… Mi sono sentita pronta a tutto. Mi sono scagliata sugli Uruk come un’incosciente, senza pensare a nulla che non fosse aiutare Boromir. E’ stato allora che mi hanno sollevata da terra, per portarmi via. In quel momento, mia signora, ho avuto la certezza di morire, certezza che non è mai sfumata finché i vostri cavalieri non mi hanno salvata. >> Fissò Eowin in maniera decisamente sfrontata. << Credetemi… non è stato affatto piacevole. >>

<< Ma avete compiuto un atto d’onore! >> Esclamò Eowin, che non voleva demordere. << Avete salvato Boromir, Principe di Gondor, da morte certa. Non sareste morta invano. Sareste stata nella gloria della casa dei vostri padri. >>

Giulia si lasciò scappare una risata gelida. << Nella casa dei miei padri, dite? Sinceramente, credo che quella possa attendere, e poi la gloria è il sole dei morti: chi vuole crogiolarsi ai suoi raggi volontariamente, è uno stolto.  >>    

Eowin si inalberò << Così offendete tutti gli uomini di queste terre! >> Esclamò, facendoci trasalire entrambe. << Tutti coloro che sono morti per la difesa di questo regno, delle loro famiglie…offendete la loro memoria facendo simili affermazioni! >>

<< Giulia non intendeva offendere nessuno, mia dama. >> Risposi, alzando a mia volta il tono per imporre la mia voce. << Mia sorella parla in modo troppo diretto con chi non è del suo rango, e a volte ha un linguaggio fraintendibile. Ella non voleva dire che gli uomini morti per difendere Rohan sono degli stolti perché sono morti per le loro case. Diceva semplicemente che cercare la morte, vantarsi di non temerla, senza prima aver sperimentato sulla propria pelle la paura di morire… è da stolti, tanto quanto coloro che vedono in una morte inutile il miraggio della gloria. >> Eowin mi guardava, sempre più pallida. << E’ questo, ciò che desiderava dire mia sorella. >>

Eowin mi fissava, vagamente adirata, ma non disse più una parola. Aumentò il passo e andò avanti, sorpassandoci, facendosi strada nella carovana, sino a giungere al Re, che era in prima fila. Io e Giulia ci guardammo di sottecchi. La fulminai, quando la vidi sogghignare. << Sei una stupida. >> Le sibilai. << Come ti permetti di rispondere così a una principessa? >>

Lei fece spallucce. << Che ti posso dire, da noi è così. E poi, fosse la mia principessa, colei che un giorno guiderà il mio popolo…ma non lo è. >> Sospirò. << E’ scandalosa, la sete di sangue di quella ragazza, non trovi anche tu? >>

<< Trovo più sconveniente il tuo atteggiamento poco rispettoso nei suoi confronti, che la sua fame di gloria. >> Le risposi, sferzante. Poi, mi costrinsi a darle ragione. << Eowin è… >>

<< Come una pantera in gabbia. >> Concluse Giulia. La guardai, perplessa. << Pantera? >> Lei fece un gesto vago con la mano. << E’ un animale feroce. Bello e feroce. Proprio come vorrebbe essere lei. >>

<< Oh be, bella è già bella. >> Commentai. << E di ferocia ne ha fin troppa, per essere una principessa. >>

<< Cosa l’avrà spinta a diventare così? >> Si chiese Giulia, << Cosa l’avrà portata a credere che non bisogna temere ne morte ne dolore, per non parlare di crogiolarsi al sole dei morti? Chi, dico, chi può essere così sciocco da credere a una cosa simile. >>

<< Credo che più che una vera e propria dottrina sia uno scudo. >> Le risposi, piano, << Un qualcosa con cui… spiegare, motivare le morti in battaglia. >> Mia sorella mia guardava, interessata. << Facci caso, tutti i guerrieri si lanciano in azioni incredibili, al confine fra la vita e la disfatta totale, per poi uscirne vittoriosi. Credo che Eowin vorrebbe un poco assomigliare, a quegli eroi. >>

<< Già, i cavalieri senza macchia e senza paura… >> Mormorò Giulia, perdendosi poi con lo sguardo lungo le praterie del Mark. << Chissà cosa ne direbbe Gandalf. >>

Era partito la mattina stessa, il Grigio Pellegrino, in sella a Ombromanto. << Vado alla ricerca di aiuti. >> Aveva detto, prendendo congedo. << Vado in cerca di Eomer e di tutti coloro che hanno ancora speranza nel cuore. >>

<< E voglia di combattere. >> Intervenne Gimli, accarezzando il manico della sua ascia. Gandalf sorrise, e parve un po’ stanco. << Quello è inevitabile, temo. >>

Ed era partito, in sella al Signore dei Cavalli, fendendo l’erba come fa il vento, senza neanche calpestarla.

 << Direbbe che stiamo sprecando fiato e che siamo rimaste indietro nella fila. >> Le dissi, accorgendomi che persino i carri dei malati andavano superandoci.

 

Ci volevano quattro giorni, quasi cinque, per raggiungere il Fosso di Helm da Edoras. Era una strada insidiosa, incastonata fra le montagne. Il Fosso ci si sarebbe parato innanzi a noi in una conca verde, con alle spalle una montagna. Sotto quella montagna, Gimli lo sapeva bene, vi erano delle grotte stupende, che convinse me e la Compagnia tutta a visitare, che sarebbe servite a ospitare la popolazione. La marcia era sfiancante perché forzata e lenta, ma almeno era tranquilla, anzi: il clima si era molto rilassato. Nonostante il litigio avuto il primo giorno, Eowin si era riappacificata con noi, e ci parlava con garbo, senza però mostrarsi troppo. Tuttavia, intratteneva lunghe chiacchierate con Gimli, e passava molto tempo al fianco di Aragorn, per quanto egli fosse assai taciturno in quei giorni.

<< Prova attrazione nei suoi confronti. >> Commentai con Boromir, che camminava al mio fianco tenendo Lollo per le redini. Durante la marcia, lo vedevo assai poco, dato che spesso andava in avanscoperta assieme alle guardie reali. Legolas, anche lui al mio fianco, anche lui visto raramente durante la marcia, annuì. << Hai occhi acuti, Anna, ma vediamo se sai rispondere al mio quesito. >> Si era avvicinato. << E’ attratta da lui o da ciò che lui rappresenta? >>

<< Che razza di domanda è? >> Protestai, ridacchiando, per poi rimuginarvi sopra. << E’ chiaro, >> Intervenne Boromir, << Quella donna vede in Aragorn qualcosa che l’attrae. >>

<< Non basta che sia un bell’uomo? >> Commentai. << Secondo me, andate troppo per il sottile. >> Ma Legolas scosse il bel capo biondo. << No, sei tu che sei cieca davanti a tanta evidenza. >> Mi indicò Eowin, che camminava a fianco di Aragorn, poco lontano da noi. << Guardala. >> Mi fece notare. << Guarda come luccicano i suoi occhi mentre gli parla. Guarda, come la sua bocca si atteggia al sorriso, come il suo colorito si fa più acceso. Non vedi? Quella donna è innamorata. >>

<< Questo lo vedo bene. >> Ribadii, voltandomi verso di lui. << Ma è innamorata di un uomo, non di un’apparenza. >>

Boromir sospirò. << Eh… quando riuscirai a non vedere tutto rose e fiori? >> Mi prese la mano e la baciò. << Tu mi ami perché sono Boromir e basta o perché sono Boromir, figlio di Denethor, Capitano della Torre Bianca e Generale di Minas Tirith, nonché principe di Gondor? >>

Lo squadrai, capendo dove voleva andare a parare. << Credi che Eowin si sia innamorata di Aragorn perché è un principe? >>

<< Ci vai vicina. >> Sentenziò Legolas. << Ma non abbastanza. Lei lo ama perché Aragorn rappresenta quello che lei vorrebbe essere ma non è. >>

<< Questa è una teoria che non approvo. >> Risposi, dopo averci pensato. << Anche se ammetto che è assai interessante. Aragorn come specchio di Eowin… devo assolutamente dirlo a Giulia! >>

In quel momento, un cavallo schizzò davanti a noi, privo di cavaliere. Un coro di risate si levò alle nostre spalle, e prima fra tutte si udiva quella di Giulia, che non aveva riusciva a contenersi. << Dannate bestie! >> Gridò Gimli, che giaceva a terra, alzando il pugno in direzione di Jadis e del cavallo, che lo guardavano a una certa distanza. << Quando la smetterete di mettervi in combutta contro di me? >>

<< Ma sono animali! >> Esclamò Giulia, ridendo di gusto. << Non possono mettersi in combutta per farti cadere dalla sella tre volte al giorno, Gimli! >>

<< La mia signora ha ragione. >> Ammise Legolas, che aveva sollevato l’amico da terra, e tratteneva a stento il riso. << Dovresti smetterla di dar la colpa ad altri se non sei un buon cavaliere! >>

<< Un buon cavaliere?!? >> Ruggì Gimli, scatenando la risata generale. << Io so cavalcare benissimo! >>

<< La modestia non è proprio il tuo forte, Gimli figlio di Gloin. >> Gli disse Boromir, sogghignando. << Cercheremo di non farci caso. >>

Gimli stava per ribattere, quando accadde qualcosa di strano: Jadis, che era vicino a Gimli per farsi accarezzare, rizzò le orecchie, improvvisamente inquieta. Restammo tutti a guardarla, mentre il pelo le si rizzava sulla schiena e puntava gli occhi di giada verso la testa della colonna. << Che ha? >> Chiese Gimli, guardandola preoccupato. << Sta arrivando qualcosa. >> Dissi, cercando di capire. << Qualcosa di pericoloso. >>

Ci passarono accanto Hama, custode della porta del Re, e un suo luogotenente di cui non conoscevo il nome. Ci passarono accanto a cavallo e proseguirono, per andare oltre la testa della colonna, oltre il Re, oltre la cresta che si stendeva davanti a noi. A quel punto, Jadis scattò. << E’ la dietro! >> Gridai, mentre Legolas e Boromir montavano a cavallo e andavano a vedere cosa succedeva. L’intera colonna rimase col fiato sospeso, finchè dalla cresta non sbucò nuovamente Jadis, il bel manto bianco schizzato di nero sangue. << Oh no… >> Sentii gemere Giulia, che corse avanti per raggiungere Aragorn e gli altri. Sbucò Boromir a cavallo e Legolas a piedi, il suo cavallo libero che trottava verso Giulia. << I Mannari! >> Gridò Boromir, sguainando la spada e roteandola sopra la testa. << I Mannari ci attaccano! >>

La paura si impossessò della colonna, che iniziò a disperarsi. << RESTATE UNITI! >> Ordinò re Theoden, e parve che l’ordine fosse ristabilito. << I guerrieri abili, con me! dobbiamo bloccarli ora, o non ci sarà scampo per il popolo. >>

<< Posso combattere! >> Gridò Eowin, che stava già per montare a cavallo, ma il Re le bloccò subito. << NO! >> Gridò, e la Dama di Rohan si bloccò. << Il popolo ha bisogno di te, Eowin, non puoi lasciarli soli. >> Il re si voltò a guardare noi, io e Giulia. << Anche loro resteranno qui. >>

<< A guardia della colonna. >> Risposi prontamente, per poi spostare lo sguardo su Boromir, che era tornato a noi. << Fa attenzione. >> Gli dissi. << Noi restiamo a guardia della colonna. >>

Lui annuì, guardandomi dalla sella, esattamente come quando venne a dirmi che si dava battaglia a Osgiliath, in un tempo lontanissimo da li. << Proteggi Legolas. >> Disse Giulia, << Fate attenzione tutti quanti. >>

Ero persa nei suoi occhi, e lui nei miei: mentre tutto attorno a noi vorticava e spariva, rapido, io e Boromir saremmo rimasti fermi a guardarci per l’eternità.

Poi, se ne andò, e lo salutai pregando tutti i miei Valar che lo risparmiassero.

 

 

 

 

 

D.I.F. ebbene, rieccomi! Ho impiegato un sacco più per gli impegni scolastici che per mancanza di ispirazione…oh, arriva il bello!!!!

Yeeeeeeeeeeeeeeeee!!!!

A presto, people, recensite e fatevi sentire!

Ciau!!

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Capitolo 15
*** Mia sorella ***


Mia sorella.

 

La colonna che da Edoras andava verso Helm si muoveva lungo le montagne come un serpente frettoloso, spaventato, continuamente in pericolo. Gli uomini abili erano andati a combattere i mannari che ci volevano assalire di sorpresa, e ora non restava più nessuno a guardia del popolo di Rohan, se non io, Giulia e qualche contadino appiedato, falce in mano e aria spaventata. E come non esserlo? Io stessa ero spaventata e nervosa, anche perché dentro di me qualcosa non era al suo posto. Il sangue mi ruggiva nelle orecchie. Il cavallo, un ronzino macilento offertomi da un contadino, percepiva il mio nervosismo, e scartava di lato come un giovane puledro. “ Ma che ti succede! “ Esclamò Giulia, che cavalcava su e giù per la colonna esattamente come me, ma dal lato opposto. “ Se continui così, farai imbizzarrire quella bestia. “

“ C’è qualcosa che non va. “ Le dissi, intercettando il suo sguardo preoccupato. “ Questo mio stato d’animo non è normale. “

“ Ti ricordo che siamo in guerra, sorellina, e che il nervosismo è uno stato più che consono a questa situazione. “ Sfuggì al mio sguardo, ma non alla mia mente. “ Se la caveranno. “

Giulia cercava di essere rassicurante, ma per quanto volessi credere in lei il viscido, lento dubbio si insinuava in me. “ Che mi succede? che… “ Una torsione dello stomaco, e rischiai di vomitare li, sulla sella, la colazione della mattina. Fui impossessata dalla paura. << Anna! >> Giulia mi fu subito accanto, sfiancando il cavallo. << Cosa c’è? Perché hai così paura? Cos’è quella nausea che senti? >>

Non riuscivo nemmeno a parlare. << Io… >> Sentii in bocca il sapore della bile, e un brivido mi scalò le vertebre. << Devo essere stanca. Questa situazione mi sta prendendo la testa. >> Le dissi, cercando di trovare sicurezza a sufficienza per entrambe. << Solo un lieve malessere. Tutto qui. >>

<< Lieve? Ti ho vista più pallida di Eowin, che quella è bianca di sua natura… >> Mi stette vicino ancora per un po’, mentre la colonna di contadini e fattori spaventati fluiva accanto a noi. << Anna… >>

<< Sto bene, Giulia. Davvero. >> La rassicurai, e stavolta la mia voce era più ferma. La fissai negli occhi, cercando di capire se fossi riuscita ad ingannarla. << Abbiamo un compito, giusto? Vediamo di portarlo a termine. >> Senza attendere una sua risposta, spronai il cavallo e la lasciai alle mie spalle, pregando i Valar che Giulia non mi rivolgesse la parola, non subito, almeno. In tal caso, mia sorella avrebbe capito che mentivo spudoratamente. Da quando gli uomini erano spariti oltre quella maledetta cresta, un’inquietudine crescente si era impossessata di me, lasciandomi nervosa e tesa come la corda di un arco. Sentivo la testa pulsare, e lo stomaco si torceva ad ogni sussulto della sella- una cosa inaudita, per Anna di Isengard. “ Valar… “ Implorai, lasciandomi trasportare dal cavallo lungo la colonna, la spada in pugno, concentrandomi sui battiti del cuore per calmarmi. “ Appena arrivati al Fosso, “ Mi dissi “ Devo trovare una guaritrice, o qualcosa di simile…devo capire che mi succede. “ Pensai a Matilde, e mi chiesi se fosse ancora viva. Invocai i Valar affinché fosse così.

Galoppai su e giù per la colonna più e più volte, cercando di non pensare a niente, rincuorando donne e sorridendo a bambini spaventati. Eppure, il mio cuore era là, oltre quella cresta, con Boromir e Jadis. “ Saranno vivi? “ Mi chiesi, per poi scacciare quel pensiero infausto lontano da me: era ovvio che fossero vivi. Tutti lo erano. Arrivai alla testa della colonna, guidata dalla sola Eowin, alta e dritta come la lama di una spada sulla sua sella. << Mia signora. >> La chiamai, e lei si voltò, il viso teso. I capelli erano mossi dal vento, e creavano un’aura dorata attorno al suo bel viso affilato. << Lungo i fianchi è tutto apposto. E anche alle nostre spalle. >> La informai, rassicurandola. << I nostri uomini hanno fermato l’avanzata dei mannari. >> Lei mi sorrise, annuendo, ma quel sorriso era triste e anche un po’ arrabbiato. “ Avrebbe voluto esserci anche lei. “ Pensai, stupita, e Giulia mi diede ragione.  << Mia signora, dovreste essere fiera di voi. >> La confortai, trottando al suo fianco. << State conducendo il vostro popolo in salvo da un pericolo gravissimo, cogliendo ogni granello di tempo che i nostri uomini strappano ai mannari. >> Lei mi guardò, ma non rispose. << Dovreste essere fiera di voi. >> Ripetei, ma quello fu come un sasso lanciato in un lago profondo: vidi Eowin annuire, conscia del suo ruolo, ma null’altro. << Io non sono nata per questo. >> Sibilò, e quella fu la conclusione della nostra conversazione.

Giulia arrivò di gran carriera: montava il cavallo di Legolas, che andava veloce come il vento << Quanto manca al Fosso? >> Chiese, tirando le redini e mettendosi al nostro passo.  << Aspettate di vedere cosa c’è dietro quella cresta rocciosa, Giulia, dopo mi direte. >> Eowin fece vorticare la sua puledra. << Aumentate il passo! >> Gridò << Siamo quasi arrivati! >>

E infatti, superata la cresta, eccolo li. Il Fosso di Helm dominava una vasta e verdeggiante conca. Si presentava come una costruzione rialzata, con una fortezza circolare che si fondeva con le radici delle montagne, a cui si univano svariate mura e camminamenti. Le mura erano spesse, blocchi granitici scuri la costituivano, nessuna feritoia si apriva su di esse. “ Un vero maniero. “ Commentò Giulia. << Sembra resistente. >> Disse, sorridendo. << Lo è. >> Rispose Eowin, scoccandole uno sguardo radioso. << Grandi sono i Valar per aver permesso ad Helm la costruzione di tale luogo! >>

<< Gande lui, piuttosto, per avercela fatta con le sole sue forze. >> Ribadì Giulia, << E grande la Natura, per aver creato un luogo tanto adatto allo scopo di proteggere questo popolo. Si si, non vedo l’ora di vederlo, questo Fosso! >> E mia sorella spronò il cavallo, lasciando che i suoi capelli ancora corti scivolassero nel vento. << Giulia è schietta. >> Commentò Eowin. << E a volte un poco irrispettosa. Ma credo che vada bene così. Tu che dici, Anna? >>

Le scoccai un sorriso divertito. << Che è mia sorella. >> Dissi, per poi spronare a mia volta il cavallo, lanciandomi alla rincorsa di Giulia. La Bianca Dama scoppiò a ridere, e la sua risata risuonò per tutta la piana mentre ci inseguiva, lanciando il suo purosangue sulla nostra scia in una corsa liberatoria e festosa che significava una sola cosa: il popolo di Rohan era ufficialmente in salvo, almeno per il momento.

 

Il Fosso era grande, ma già colmo. Infatti, le popolazioni dell’Ovestfalda erano già rintanate al suo interno, e poco spazio era rimasto per le genti di Edoras e delle sue campagne. << Gesù Cristo. >> Constatò Giulia, smontando dal suo cavallo, schiumante per la lunga corsa. << Quanta gente c’è? >>

<< Tanta. >> Ribadì Eowin, restando a cavallo. << Desidero parlare col vostro maresciallo. >> Disse al soldato che le teneva le redini. Questi le disse di dirigersi nel Trombatorione, il maniero nel maniero del Fosso di Helm. << Li, troverai le tue risposte, mia signora. >> Eowin si accomiatò da noi, lasciandoci sole in quella marea di gente sconosciuta.

<< Non siamo mai state così sole. >> Disse Giulia, guardandosi attorno. << Almeno, siamo unite. >> Le presi una mano. << Io non mi sento affatto bene, sorella. >> Dissi, riluttante: fare la figura della malata era l’ultimo dei miei desideri. Lei si allarmò << Cosa ti senti? >> La sua voce si era fatta protettiva, e anche il suo atteggiamento: mi aveva posato un braccio attorno alla vita, sorreggendomi, e mi scrutava con aria attenta. Ridacchiai << Ti stai già trasformando in una mamma chioccia, sorella? >> Mi scrollai di dosso tutti i suoi atteggiamenti, e le sorrisi. << E’ solo stanchezza. >>

<< Sti cazzi che è solo stanchezza! >> Sbottò lei, incrociando le braccia e rimproverandomi con lo sguardo. << Almeno vuoi sederti? >>

Ridiedi il ronzino al contadino che gentilmente me lo aveva offerto e seguii mia sorella nei meandri di Helm, alla ricerca di un posto comodo dove sedersi. Optammo per un gradino delle scale che conducevano ai camminamenti. << E’ davvero grande questo posto. >> Constatò Giulia, scrutando poi il cielo. << Questo giorno sta per finire, e gli altri non sono ancora tornati… >> Avvertii la sua pena. << Giulia, credi davvero che dei lupi potrebbero avere la meglio su di loro? >> Le chiesi, rassicurandola. << Fidati, torneran- >> Lo stomaco si contrasse, mozzandomi le ultime sillabe e impedendomi di proseguire. La bile mi arse la gola, costringendomi a vomitarla li, sulle scale, poco lontano dallo stivale di Giulia. << ANNA! >> Gridò lei, posandomi una mano sulla fronte e afferrandomi capelli con l’altra. “ Ma che ti succede! “ Lacrime scorrevano dai miei occhi, annebbiando tutto, mentre la nausea mi lasciava senza fiato. << Non lo so… >> Riuscii a biascicare, prima che un altro conato si facesse largo dentro di me. “ Non capisco. “ Disse Giulia, accarezzandomi il collo. “ Non capisco… “

<< Cerca una guaritrice. >> Le ordinai, tirando su il capo e pulendomi la bocca col dorso della mano. Sputai della saliva acida, distogliendo lo sguardo dalla pozzanghera giallognola ai miei piedi. <> Giulia annui e andò a cercare qualcuno, assicurandosi che riuscissi a sopravvivere durante la sua assenza.

Restai sola sul gradino, stringendomi le braccia attorno ai fianchi con aria protettiva. Cosa stava cambiando in me? perché stavo così male? Era solo l’assenza di Boromir oppure… scossi la testa, cercando di liberare la mente. “ Pensa. “ Mi imposi. “ Pensa: da quanto è che ti senti così? “ effettivamente, da qualche giorno non ero proprio in splendida forma, anche se le occhiate e gli atteggiamenti di Boromir potevano dire il contrario… “ Oh Valar. “ Una crepa si aprì nella mia testa. “ Oh Valar… “ Pensai a me e a Boromir: da quanto tempo facevo l’amore senza bere il filtro fatto da Matilde? La mia mente prese a lavorare febbrilmente, ricordando ogni particolare dei nostri ultimi incontri. Era accaduto una volta a Edoras, quando mi ero infilata nel suo letto per suggellare la pace, e prima ancora… a Lothlorien?

<< Sorella? >> La voce di Giulia mi spaventò, facendomi sobbalzare. Giulia era tornata dopo non so quanto tempo, e non era sola: aveva portato una donna anziana e robusta, dal viso rubicondo, l’espressione tranquilla e le mani enormi. Accennai un saluto. << Siete la guaritrice? >>

<< Mirthiwin è il mio nome. >> Si presentò, e la sua voce era melodiosa. << Lei mi ha detto che siete stata poco bene, mia signora. Posso sapere i sintomi? >> Glieli elencai: nausea, vomito, stomaco ballerino… Mirthiwin mi ascoltava con attenzione, e lo stesso faceva Giulia. Sui visi di entrambe andava dipingendosi un’espressione preoccupata. << Forse è solo indigestione. >> Concluse infine la guaritrice. << Forse è solo tensione. Ho qualcosa per voi, mia signora, ma fate bene attenzione: se i sintomi non passano, il vostro male potrebbe essere di altra natura. >> Mi trapassò con gli occhi. << Vado a prendervi le erbe. >>

Rimasi da sola con Giulia, che venne a sedersi al mio fianco, scavalcando la pozzanghera di vomito. << Hei. >> Disse, dopo un lungo attimo di silenzio. Mi piantò gli occhi addosso << Parliamoci chiaro. Da quanto tempo non hai il tuo ciclo? >>

“ Oh no… “ << Non sono mai stata regolare… >> Cercai di temporeggiare, ma Giulia mi diede un piccolo scappellotto sulla nuca, facendomi dolere la testa. << Mi hai fatto male! >> Esclamai, stupita e offesa. << Così impari a dirmi le bugie. >> Spiegò, puntandomi contro un indice accusatore. << E ora rispondi, e rispondi bene… da quanto? >>

Mi sentii sprofondare. << Non lo so nemmeno io… >> Borbottai, arrossendo fino alla punta delle orecchie. Giulia emise un verso di stupore. << Sei incinta. >> Constatò in un soffio. << Non è detto. >> Ribadii, ancora stupita dalla mia tranquillità in una situazione disperata come la nostra. << Forse è solo indigestione… >> Giulia mi posò una mano sul braccio, sorridendo piano. << Sei sicura o vuoi essere sicura che sia solo indigestione? >>

Rimasi un attimo in silenzio, soppesando le due ipotesi. << Dici ch- >> Ma Giulia mi interruppe. << Sta zitta un attimo, Anna. >>

<< No, Giulia, no! come faccio a stare zitta! Potrei esser- >>

<< Ti ho detto sta zitta! >> Giulia si alzò in piedi, correndo poi sui grandini, fino al camminamento. Scrutò l’orizzonte baciato dal sole del pomeriggio, per poi scoppiare in una risata. << Eccoli! >> Gridò, per poi farmi segno di salire. La raggiunsi, e il vento mi schiaffeggiò, portando con sé l’ululato di Jadis. << Stanno tornando! >> Gridò Giulia, abbracciandomi. Ricambiai il suo abbraccio, per poi fissarla negli occhi co aria serissima. “ Prometti che non dirai niente a Boromir. “ Le dissi. Lei rimase a fissarmi, in silenzio. “ Giuralo. “

“ Perché dovrei star zitta? “

“ Perché sei mia sorella. “

Giulia mi guardò ancora un attimo, per poi tornare a contemplare la piana del Fosso di Helm. Senza dire nient’altro, annuì.

 

 

 

 

 

 

 

 

D.I.F. yeeeeeeeeeeeee altro capitolo concluso!!!!!!!!ciao a tutti! Ritorno dopo un lungo esilio a voi, o stimabili! Avevo promesso un chappi prima di Natale: ho mantenuto l’impegno si o no?

Che voi possiate passare un felice e santo Natale, o stimabili lettori-lettrici- da passare con la vostra famiglia- che è e resterà il bene in assoluto più prezioso!

Persino Anna l’ha capito :D

Un saluto e un augurio di cuore, Nini.        

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Capitolo 16
*** La quiete prima della tempesta ***


 

La quiete prima della tempesta

Arrivammo che i corni squillavano con aria festosa, e le porte si stavano per schiudere. La prima creatura ad entrare nel Fosso di Helm fu Jadis, sbavante e così sporca di sangue da essere nera. Poi giunse Theoden, il re, e dietro di lui il resto degli uomini sopravvissuti a quella che sembrava essere stata una battaglia dalle molte perdite. Mi ressi a Giulia nel momento in cui non trovai Boromir alla prima occhiata, e sentii ancora lo stomaco attorcigliarsi, eppure riuscii ad evitare di vomitare li, in mezzo a tutti: dovevo assolutamente impedire che Boromir si preoccupasse per me. Avevamo altri problemi, oltre al mio stato ancora incerto. Eppure, il pensiero mi sfiorò: io, madre di un figlio suo. Sarebbe stato felice? Forse gli avrebbe fatto bene sapere che…

“ Non fare qualcosa di incredibilmente stupido. ” Mi impose Giulia, mentre fendeva la folla davanti a me. “ Non è il momento adatto, questo. ”

“ Ma forse… ”

“ Ma forse cosa? ” Si volse un attimo e i nostri occhi si incontrarono.        “ Non vuoi mai più lasciarlo senza di te, no? sorella, se Bubu sospetta qualcosa, ti costringerà a stare lontano da tutto questo: campi, battaglie, armi…persino un attizzatoio diverrà pericoloso se adoperato da te- se sei davvero incinta, dico io. Ti imporrà queste condizioni, fidati, e tu dovrai lasciarlo solo.”

“ Non è questo che voglio, ma… ”

“ E allora sta zitta! ” Sbottò Giulia. Poi, vide Legolas, il suo pensiero si scollegò dal mio e la sua mano mi abbandonò nella folla per andare a perdersi fra i capelli del suo elfo, con Gimli poco in disparte che fissava la sua ascia con aria perduta. Rimasi perplessa: cos’era quell’espressione? Mi guardai attorno, scorgendo lo stesso sconforto su molti volti- compreso quello di Theoden. La Bianca Dama era davanti a lui: veniva a rendergli omaggio e a sapere per chi portare il lutto. Non eravamo incolumi, lo sapevo bene, e nemmeno invincibili: era ovvio che ci sarebbero state delle perdite, ma non così tante come sembravano ad occhio nudo.

<< Così tanti sono partiti, eppure così pochi sono tornati. >> Disse Eowin con la voce fievole, frugando la stanca folla di superstiti con occhio via via più angosciato. Chi cercava? Anche io avevo notato che mancava qualcosa a quel quadro, ma cosa?

Qualcuno mi afferrò saldamente per un braccio, facendomi voltare. Le possenti braccia di Boromir mi avvolsero, e un’ondata di sollievo mi fece tremare le ginocchia. Anche lui espirò forte, lasciando andare un lungo respiro, come se per tutta la battaglia non avesse fatto altro che trattenere il fiato. Mi strinse più forte, e io ricambiai l’abbraccio con tutta la forza che avevo. Come sempre, fra quelle braccia sarei potuta invecchiare senza nemmeno accorgermi dello scivolare della vita.

All’improvviso, sentii tensione nelle spalle di Boromir, i muscoli si tesero come se sovrastati da un grande fardello. Pensai fosse a causa della stanchezza, o dell’abbraccio, ma non era così: cercai di scrutare il suo volto, ma lui me lo impedì. << Amore, cosa succede? >> Gli chiesi in un sussurro, accarezzandogli la clavicola. Alla fine, senza dire una parola, fu lui a dirmelo. << Aragorn >> Mormorò con immensa fatica, incrociando gli occhi coi miei: erano gonfi di lacrime. Lo disse in un singhiozzo << E’ caduto. >>

Fu come se il cortile del Fosso si zittisse all’improvviso, l’aria stessa sparisse, lasciando un immenso, enorme vuoto: Aragorn… caduto?         << No. >> Sussurrai, portandomi le mani alla bocca e allontanandomi un poco da lui << E’ impossibile. >>

Boromir iniziò a piangere, il dolore tutto concentrato nelle sopracciglia inarcate e contratte e nelle lacrime che, lente, rotolavano giù lungo le guance e si infilavano nella barba, quasi lui non ne fosse responsabile. Tirò su col naso, e notai che il cortile si era davvero zittito, e tutti ascoltavano il mio uomo. << L’ho visto, Anna, l’ho visto.  >> Disse solo.

Mi schiarii la voce. << Come è morto? >>

<< Combattendo… un orchetto l’ha trascinato con se, cadendo da un dirupo. >>

<< Ma hai visto il… >> Dire “cadavere” mi risultava impossibile. Ma come… no, la possibilità che l’erede di  Isildur fosse caduto prima del tempo, prima di essere re, prima di essere vecchio, e canuto, e sposato ad Arwen- oh Valar, Arwen… lei come avrebbe reagito?- mi sembrava quanto di più lontano dalla realtà.

Semplicemente impossibile.

La voce di Giulia mi giunse nella mente, spezzata dalle lacrime. “ Legolas mi ha detto…mi ha fatto vedere il suo gioiello… “ mi guardai attorno, cercando lo sguardo di mia sorella, incrociando quello di Gimli e Legolas, contriti e attoniti quanto me e Boromir. “ Gesù… “ mormorò Giulia, passandosi una mano sul viso, mentre li raggiungevamo con aria mesta.  << Questo deve essere un terribile incubo.>> Sussurrò mia sorella, abbracciandomi a sé. Io ricambiai la stretta, sfregando il viso nella sua spalla. Quando ci separammo, ci accorgemmo che eravamo sporche di sangue d’orco. << Quei vili bastardi! >> Imprecai, cercando di pulirmi il viso con la camicia. Mi dovevo essere sporcata abbracciando Boromir, ed ebbi un improvviso moto di repulsione verso il liquido nerastro che mi imbrattava. E dire che nella mia prima battaglia il sangue degli orchi mi aveva letteralmente lavata, ma non mi aveva nauseata come in quell’occasione…sentii la testa girare, e il cuore battere più forte nelle orecchie. “ Valar no… ” Implorai, prima di svenire.

 

Mi risvegliai che ero a terra, fra le braccia di qualcuno, circondata da visi spaventati e ansiosi. Doveva essere passato pochissimo tempo da quando avevo perso i sensi. << Anna! >> Mi chiamò Boromir, la voce stridula di paura. Mi voltai a guardarlo: era lui a sostenermi, e il suo era il viso più spaventato di tutti. << Sto bene… >> Cercai di dire, ma Boromir si era già messo a sbraitare e ad ordinare che un medico accorresse in mio aiuto, mentre lui mi sollevava da terra quasi fossi un fuscello. Mi sorpresi di quanto fosse bello stare raggomitolata contro i suoi pettorali ben tesi, simile ad un uccellino nelle sue mani, anche se l’odore del sangue di orco mi faceva ribollire lo stomaco. << Boromir… >> Cercai di calmarlo          << Mettimi giù, dai… >>

<< Solo quando avrò trovato un posto dove farti stendere. >> Ribadì lui, fendendo la folla e urlando << Fate largo! >> come se fossi il primo dei moribondi. Sorrisi a quell’atteggiamento iperprotettivo, ma dovetti insistere: l’odore era così pungente che sentivo lo stomaco ribaltarsi, la bile in gola. Iniziai a divincolarmi. << Boromir, il sangue…mi fa venire da vomitare… lasciami scendere, se no… >> Repressi un conato, e finalmente lui si fermò, degnandosi di osservarmi. Lo vidi angosciato.    << Valar, sei pallidissima… che ti succede piccola? >>

<< Non lo so. >> Risposi, cercando di staccarmi dal suo petto. << E’ bello stare qui, credimi, ma il sangue mi da il volta stomaco. Per favore, fammi scendere. >> Lo guardai negli occhi. << Per favore, Boromir... >>

Lui mi lasciò andare senza una parola, ma fece passare un braccio possente attorno alla mia vita e mi portò sotto i porticati del Trombatorrione, facendomi sedere su un giaciglio di paglia. Legolas, Gimli e Giulia ci seguivano con aria tutt’altro che serena: i primi due erano vivamente preoccupati, mentre mia sorella era livida di paura. “ Sempre più segni… “ Pensò, cupa. “ Non posso andare avanti così. “ La fissai, decisa a prendere in mano la situazione. “ Devi andare a cercare quella donna, Mirthiwin, e farla venire qui. Devo parlarle da sola… come faccio a liberarmi di Boromir? “

Un’espressione allarmata si fece largo sul viso di mia sorella. “ Che intenzioni hai? “

Sorrisi a Boromir, che mi accarezzava il capo, e mi si strinse il cuore nell’esporre il mio piano. “ Voglio abortire. “

 

 

Mirthiwin giunse a me dopo poco, salutandomi con un cenno. Squadrò Boromir da capo a piedi. << Tutto quel sangue non può essere solo d’orco, mio signore. >> Constatò la donna, bloccando le proteste di Boromir con una mano. << Ma a voi penserò dopo. Lei per prima. Di grazia, andate a prendere qualcosa da bere per la signora. >>

All’inizio, Boromir fece un po’ di resistenza, ma quando lo pregai di andare si piegò come un giunco: lo ringraziai di tutto cuore e in silenzio per amarmi così tanto.

Eccomi dunque sola con la guaritrice. Giulia aveva portato via Legolas e Gimli, e si era presa anche Jadis: aveva intenzione di darle una bella lavata nella pozzanghera che si raccoglieva vicino al canale di scolo del Fosso. << Fa un po’ schifo. >> Confessò << Ma è sempre meglio che averla attorno coperta di interiora d’orchetto! >> Benedetta sia quella ragazza…

<< Mia signora, ho saputo. >> Disse la donna, incrociando le braccia sul petto, il viso severo. Mi vidi costretta a fare spallucce << Voi cosa ne pensate? >> Lei si accarezzò il mento con fare pensieroso << Ho comprato cinque figli, signora, e da disturbi come i vostri sono stata risparmiata. >> Commentò << Eppure molte donne gravide sono soggette a svenimenti, nausee…ma forse per voi è troppo presto. >>

<< Troppo presto per cosa? >>

<< Per sapere se siete incinta o meno. >> Vista la mia espressione perplessa, Mirthiwin proseguì. << Voi state viaggiando da tempo, ormai, ed è risaputo che il corpo delle donne è molto sensibile allo sforzo: forse, il vostro ciclo di luna è saltato a causa della fatica, o del poco cibo, o del poco riposo. Certo, visto chi vi ritrovate a fianco >> ,e qui il viso della donna si aprì ad un sorriso malizioso, << anche io, con qualche anno di meno, mi sarei data da fare. >>

La risata mi sorse spontanea dal profondo e sgorgò fuori, cristallina e pura. Mi sopresi di essere scoppiata a ridere: non credevo di esserne più capace. Anche la guaritrice ridacchiò << Bene, vedo che sapete ancora come si fa a ridere. E’ un sollievo, dopo tutto quello che avete passato. >> Il mio pensiero volò ad Aragorn, e il sorriso mi morì sulle labbra. << So che avete perso un vostro compagno nella scaramuccia con gli orchetti. Me ne rammarico. >> Mirthiwin si sedette a gambe incrociate davanti a me, e iniziò a sminuzzare delle erbe, prese da un sacchetto, in una ciotola di legno che portava appesa al collo. << Dunque, che volete fare? >>

Ci pensai un po’ prima di rispondere. << Voglio guarire. >>

Lei ridacchiò << Ma non sapete nemmeno se siete “malata” di quella malattia…mia signora, date retta a questa povera vecchia: non fate niente di immensamente stupido. E’ un dono, quello che portate in grembo, se davvero siete gravida, e i doni non vanno mai gettati via: è peccato verso i Valar. >>

Mi sfiorai il ventre ancora piatto. << Ma in che mondo potrebbe nascere… lui o lei? >> Fissai Mirthiwin e rividi Matilde. << Io…non me la sento. No. >>

<< E allora dovevi pensarci prima, mia signora. >> Ribadì seccamente la donna, così dura da ferirmi. << Ci sono modi per non restare incinta, eppure voi l’avete ignorato. Siete stata abbastanza grande per fare quello che avete fatto, ed ora ne dovete pagare le conseguenze. >> Si volse, e vide Boromir in lontananza. << Entrambi. >>

<< Vi prego, non glielo dite. >> La supplicai, allarmata, afferrandole il polso. Lei storse la bocca, guardandomi con aria scettica. << Lui non deve sapere nulla. >>

<< Non è una cosa saggia… >>

<< Non me ne frega. >> Sbottai, e lei mi fissò con aria stupita: avevo usato un’espressione di Giulia, ma il tono era chiaro, e non ammetteva repliche. Boromir giunse poco dopo, reggendo un boccale di peltro ammaccato e colmo d’acqua, osservando in silenzio mentre Mirthiwin univa l’acqua alle erbe sminuzzate. << Cosa ha la mia signora? >> Chiese quando non ne poté più di quel silenzio.

Mirthiwin mi fissò prima di rispondere. << Oh, la signora sta bene. >> disse con aria bonaria la vecchia. << E’ solo stanca e affaticata, ma si riprenderà. >> Accennò al contenuto della ciotola << Erbe di campo, salvia e dente di leone fanno sempre miracoli. >>

Bevvi l’intruglio di Mirthiwin e la ringraziai per l’aiuto. Lei si dileguò con un inchino, concedendomi i suoi servigi ogni volta che lo desideravo.

<< Di cosa avete parlato mentre ero via? >> Chiese Boromir, facendomi attanagliare le viscere: che sospettasse qualcosa? << Di niente in particolare. >> Ribadii, stando sul vago. << Ma davvero? Strano, quando sono arrivato qui, la tensione era così palpabile da poterla tagliare con la spada. >> Mi prese con delicatezza il mento, girandomi verso di lui: i suoi occhi si erano fatti scuri nella penombra della sera, e profonde occhiaie si facevano largo sotto di essi. Per la prima volta, mi accorsi di quanto fosse cambiato dal Boromir conosciuto a Minas Tirith. << Cosa mi nascondi, Anna? >>

<< Cosa dovrei nasconderti? >> Risposi dopo una lunga riflessione su cosa dire. Mi liberai dolcemente dalla sua presa, e baciai il palmo pulito della mano di Boromir. << Parlavamo di vita, di come essa sia un dono e di come oggi soffi nel vento simile a polvere, senza importanza. >> Mi complimentai con me stessa: le mezze verità erano le bugie migliori. Boromir annuì, appoggiandosi poi al muro e chiudendo gli occhi.            << Aragorn è morto. >> Disse sottovoce, << E io ho il mio vecchio posto nel mondo. >>

<< Ma sei certo che sia morto? >>

<< L’ho visto cadere, ti ho detto. >> Mi riservò un’occhiata indispettita. << E io non ho fatto nulla per salvarlo. >>

Scossi il capo. << Non colpevolizzarti… >>

<< Era mio compito tenerlo d’occhio, Anna, lo capisci? Io sono il suo luogotenente, colui che agisce in suo vece. >> Si passò una mano sul volto. << Sai il motivo per cui nacquero i Sovrintendenti? Perché governassero il paese facendo le veci del loro re che, una volta tornato, avrebbe ripreso il suo posto. Ma non è solo questo un Sovrintendente. Egli è la spada del suo re, la sua giustizia, la sua legge, il suo esercito, il suo sangue. >> Mi fissò << La sua ombra… e io l’ho lasciato cadere. >> Un singhiozzo spezzò la sua voce. << Senza far niente, senza salvarlo, senza tentare… >>

Lo strinsi forte a me, incurante del fatto che fosse ancora tutto sporco si sangue << Oh Boromir… >> Gli sussurrai alle orecchie, baciandogli lo zigomo alto. << Non fare così, Boromir, non è stata colpa tua... e Aragorn lo sa. Ne sono certa. >> Lui taceva. <<  Spada o giustizia, legge o esercito, ombra o guardia…per quanto tu possa essere il Sovrintendente di diritto, Boromir, sei e resti comunque un essere umano! >> Ancora nessuna reazione. Iniziai a sentire la rabbia montarmi dentro. << Sono certa che non sei rimasto senza far niente, mentre Aragorn moriva… >> Accennai alla sua camicia, e mi accorsi che Mirthiwin se ne era andata senza controllare se Boromir fosse ferito o meno. << Dai, levati la camicia che ti pulisco le ferite. >>

<< Non ho bisogno di cure, e tu devi stare tranquilla. >>

<< Non starò tranquilla finché non constaterò la tua salute, Boromir. >> Gli feci un imperioso cenno col capo.  << Spogliati. Ora. >>

Boromir ridacchiò, sfilandosi la camicia lercia e mostrando il petto nudo. Era incrostato di sangue, ma a parte qualche graffio sulle braccia non aveva niente di grave. << Sei stato fortunato. >> Commentai, strappando un lembo pulito della camicia sporca, inzuppandola d’acqua e pulendolo con cura. << Non ti sei fatto niente. >>

<< E’ tutta bravura. >>

<< Ma sta zitto… >>

Andammo avanti così a lungo, e completai l’opera di pulizia del mio amato che le fiaccole ardevano sopra di noi. Nel lavargli la schiena, mi accorsi di quanto fosse  dimagrito: i muscoli erano tesi, e le costole sporgevano un poco sotto di essi. << Hai perso peso. >> Constatai, accarezzandogli un fianco. Lui sbuffò << Tutto colpa del pan di via. Se trovassi un cinghiale, me lo mangerei senza nemmeno spellarlo! >>

Ridacchiai a tutto quell’appetito, e anche il mio stomaco brontolò. Boromir sembrò accorgersene. << Anche tu sei affamata, vero? E’ un buon segno, no? >>

Feci spallucce. << Credo di si… >>

Mi fissò intensamente. << Anna, si può sapere che ti prende? Sei strana >>

<< Trovi? >>

<< Si, per tutti i Valar! E sono sicuro che tu mi stia nascondendo qualcosa di importante. >>

Scossi il capo, sfuggendo al suo sguardo per prendere dal mio bagaglio una camicia pulita. << Non dire idiozie. >> Ribadii sotto voce, sorridendo a tanta determinazione: non pensavo che i miei segreti potessero essere letti così facilmente… << Io non ho niente da nasconderti. E’ solo che sono un po’ debilitata, sai com’è… il viaggio, la tensione… e poi, la notizia di Aragorn… >> Scossi più forte il capo. << E comunque io non ci credo che sia morto! No e no! >>

<< Adesso sei ancora più strana! >> Esclamò Boromir, puntandomi un dito contro. Un lampo di comprensione apparve nei suoi occhi, ma quello che pensò se lo tenne per sé. Decise di lasciar perdere la battaglia contro di me, si infilò la camicia e rimase al mio fianco per il resto della serata, finché il ritorno di Jadis non preannunciò l’arrivo dei nostri tre amici.

<< Come ti senti? >> Chiese Gimli con aria cortese. << Mi hai fatto prendere un colpo quando ti sei afflosciata come un sacco vuoto oggi pomeriggio! >>

Dissi che stavo bene, ed effettivamente era così: le erbe di Mirthiwin avevano fatto il loro effetto. Forse mi ero davvero sbagliata riguardo al mio stato. Poggiai la testa sulla spalla di Boromir, mentre gli altri si sedevano per terra davanti a noi e Jadis poggiava il muso ben pulito sul mio grembo.

Inevitabilmente, parlammo di Aragorn. Ma di quei brutti momenti non desidero parlare: il ricordo di quella notte di disperazione è ancora vivo nella mia mente. Dirò solo che fu lunga e buia, quella notte, e l’unico conforto era sapere che almeno noi eravamo sani e salvi.

Per quanto, però, non sapevo ancora dirlo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

D.I.F. gentili lettori, eccomi. Da quanto tempo nevvero? Spero che sarete ancora li per leggere la mia storia- mi riferisco alle mie care accolite, ovviamenteJ

Un ringraziamento speciale va a Jhonny Nicotine: senza di lei, non avrei più ricominciato.

Spero di aver superato lo stallo di questi mesi, e di ricominciare a scrivere con una certa lena. A presto, carissime J ditemi che ne pensate del mio ritorno, ughei? Pace e ammore, Nini!

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Capitolo 17
*** cap.17 ***


Cap.17

 

Mi svegliai la mattina dopo che il cielo era ancora scuro. Nell’ora prima dell’alba, regnava il silenzio più profondo e irreale: centinaia di persone erano raccolte assieme in un tentativo disperato di salvezza, eppure nessuno fiatava- non ora, almeno: era tutto così calmo… mi sfilai dall’abbraccio di Boromir, che mi guardò con fare assonnato mentre mi allontanavo e iniziai a muovermi sul pavimento lastricato di corpi, in cerca delle latrine.

La testa mi scoppiava, il ventre mi doleva e la nausea era così intensa che potevo sentire lo sgradevole odore del reflusso nelle narici. Mi chiesi se anche mia madre si fosse sentita così quando aspettava me e Giulia, ma non volli pensarci: non sapevo nemmeno se ero in uno stato interessante e pensarci non faceva che aumentare il senso di malessere. Stanca di girare a vuoto, chiesi informazioni ad una sentinella e questa mi indirizzò verso l’esterno della fortezza, nella zona ovest, dove la latrina comune era situata. L’idea non mi piaceva affatto, ma non potevo fare la schizzinosa, non con quel terribile mal di pancia…si, ne avevo assolutamente bisogno.

Entrai nella latrina vuota, e la trovai stranamente pulita. Sentii anche rumore di acqua corrente, e mi stupii: evidentemente, doveva esserci qualche fiumiciattolo sotterraneo, e questi doveva portare con se i liquami.  “ Helm man di martello sei un genio “ pensai, mentre mi calavo le brache e mi sedevo su un buco. Rimasi li a lungo, tanto che la sentinella di guardia dovette bussare per chiedere se stavo bene. Gli risposi che non ero caduta nel buco, ma che avevo bisogno di tempo. Lui non mi chiese più niente.

Il male non cessava, pulsava e bruciava nella parte bassa del ventre e serpeggiava su per lo stomaco, fino a prendermi i lombi e lambirli col suo calore. Sudavo freddo, mentre spingevo, ma non accadeva niente. “ Che mi succede? “ continuavo a chiedermi, preoccupata, “ Che succede al mio corpo? “ Avrei voluto Giulia al mio fianco, ma dovetti accontentarmi di quei pezzi di carta che avevo sgraffignato dal suo zaino. L’avevo vista usarli spesso, quei fazzoletti di carta ( così li chiamava lei ), e quindi la imitai: stufa di star seduta, certa che il male sarebbe passato nel corso della giornata, mi passai un fazzoletto fra le gambe, sentendolo dopo un attimo viscido di qualcosa che sicuramente non era urina. Lo portai davanti agli occhi, a poca distanza da essi a dir la verità, e trattenni il respiro: era sangue, quello?

Fissai il fazzoletto sporco, appoggiandomi alla parete alle mie spalle, certa che di li a poco sarei svenuta: Valar… era davvero sangue? Per quanto fossi ignorante in materia, sapevo benissimo cosa comportasse una perdita di sangue in una donna. Le opzioni erano due: o il mio ciclo aveva ricominciato a presentarsi, o avevo appena abortito.

Senza nemmeno accorgermene, inizia a piangere, di felicità o tristezza non lo so, dato che la mia mente era completamente confusa: ero terrorizzata dall’idea di avere un figlio in un clima così incerto, eppure ora che avevo la certezza di essere fuori pericolo… la cosa mi dispiaceva da morire. Ecco, era quella la sensazione: morire. Senza volerlo, mi ero già immaginata madre felice di uno splendido lattante androgino, né maschio né femmina, fiera di allattarlo al mio seno e crescerlo nell’amore per me e il proprio padre. E Boromir … lui nulla sapeva. Povero amore mio, quasi padre, all’oscuro di tutto! Gettai il fazzoletto sporco nel buco e posai l’altro sul cavallo dei pantaloni, sperando di non macchiarmi. Quando mi alzai per sistemarmi mi sentii svuotata. Aprii la porta e tornai indietro, mentre la vita nel Fosso di Helm iniziava a svegliarsi.

 

Boromir se ne stava disteso sul suo mantello mentre il mio era gettato con non curanza sulle spalle, gli occhi chiusi, eppure mi sentì arrivare. << Che fine avevi fatto? >>Mi chiese, facendomi segno di andargli vicino. Mi stesi al suo fianco e poggiai la testa nell’incavo del suo braccio, con gli occhi alla stessa altezza. Nella prima luce, lo vidi preoccupato e addolorato. << Cos’hai piccola? >> mi sussurrò, accarezzandomi i capelli annodati. << Non ne vuoi parlare? >> Me lo sussurrò in un modo così tenero, così dolce, che non potei fare altro che raggomitolarmi contro di lui e sospirare piano, le lacrime tristi che mi bagnavano il viso. Sentii la sua confusione per quelle lacrime, mentre mi sfuggiva un debole singhiozzo. Senza dire una parola, Boromir mi strinse a sé e mi lasciò li, contro i suoi pettorali, a sentire il suo cuore battere impazzito e confuso esattamente come il mio. Piangevo per tutto: per la disperazione, la rabbia, l’impotenza. Piangevo per il mio bambino che forse non era nemmeno esistito, piangevo per non averlo detto a lui, piangevo perché stavo così dannatamente male e non sapevo che altro fare. Invocai Giulia, e la sentii gemere nel sonno da qualche parte dietro di me. ma no, forse no, stavolta non avevo bisogno di Giulia: avevo bisogno di stare un po’ da sola o, magari, con Boromir.

Lentamente, i nostri cuori ricominciarono a battere normalmente, le lacrime si asciugarono, e restammo  così, abbracciati, avvinghiati, stretti l’un l’altro come un baluardo. Scostai appena il capo dal petto di Boromir, e lui subito cercò i miei occhi.

<< Non ti chiederò di dirmi cos’hai. >> mi disse. << Non te lo chiederò perché so che ogni tanto si ha bisogno del silenzio. Ma sappi,>> mi prese il viso fra le mani, << Sappi, amore mio, che io sono qui. E anche Giulia è qui. Se non vuoi parlare con me, almeno fallo con lei. Io mi accontento di non vederti così. >>

Quelle parole mi furono fatali: mi aveva dato incondizionatamente il suo appoggio, e io non avevo il coraggio di dirgli che fino a poco prima aspettavo un figlio da lui? mi sciolsi come un ghiacciolo al calore del sole, e gli rivelai ogni cosa.

Boromir non ebbe la reazione che mi aspettavo: non pianse; non se ne andò; non mi abbracciò. Rimase semplicemente li, a guardarmi, il suo braccio come mio poggiatesta, i miei sussurri nelle sue orecchie, i tumulti a lambirgli il cuore. Gli dissi ogni cosa, gli spiegai i sintomi, lo istruii su cosa significava l’aborto e come esso avveniva, eppure lui rimase li, senza battere ciglio, continuando a fissarmi coi suoi occhi che, lentamente, divenivano sempre più chiari. Alla fine, quando gli dissi del fazzoletto fra le gambe, non riuscì a trattenere un sorriso. << L’ho sempre detto che sei una donna intraprendente … >> Mi sussurrò, accarezzandomi i capelli e fissandomi come se fossi qualcosa di strano, << Ma guardati, Anna. Sei una donna, la mia donna … e potevi darmi un figlio. >>

<< Non ne ero affatto certa, Boromir … >>

<< Fa niente, ne hai avuto la potenzialità. Tu hai la potenza di diventare madre, lo capisci questo? >> Mi posò un bacio in fronte << Tu vivrai ancora a lungo, piccola mia, e riuscirai a darmi un altro figlio. Non temere, >> Si lasciò sfuggire un sorriso malizioso, << Mi darò da fare per fartene avere almeno dodici! >>

Anche io sorrisi, sollevata e confortata dalla tenerezza con cui Boromir cercava di consolarmi della mia perdita. Perché si, anche se non ne ero sicura, io mi sentivo come se un pezzo di anima si fosse staccato da me- che fosse scattato in me l’istinto materno? Strofinai il naso contro la fronte di lui, sospirando. << Hei. >> Mi chiamò, << Anna. >>

<< Si? >>

<< Ti amo. >>

 

Quando il sole fu sorto dalle cime dei monti, illuminando il cortile del Fosso, venne data la sveglia generale a suon di squilli: per quell’ora, tutti dovevano essere in piedi, anche i bambini, per aiutare e preparare la resistenza- perché si, era chiarissimo che Theoden avrebbe usato il Fosso come baluardo per proteggere il suo popolo, ed era disposto a restare chiuso dietro quelle mura fino alla morte per fame, pur di non essere sconfitto. << Come è possibile che abbiano le provviste per un assedio? >> Si domandò Legolas, mentre facevamo colazione. << Domanda arguta. >> Constatò Giulia, dandogli di gomito, << Effettivamente, me lo domando anch’io. >>

<< Ce lo domandiamo tutti. >> Ribadì Boromir, azzannando con voracità la carne secca presa ad Edoras. << E soprattutto: di quanti uomini effettivamente dispone per la difesa? >>

<< Dovresti andare a chiederglielo. >> Intervenni, << Hai una lunga esperienza alle spalle, Capitano: Theoden potrebbe aver bisogno dei tuoi consigli. >>

Boromir sembrò rabbuiarsi << Theoden ha molta più esperienza di me in questo campo. >> Borbottò. Giulia scacciò quel pensiero con la mano. << Che vuol dire questo? Si, ok, avrà più esperienza, ma fidati di me, a volte serve una mente giovane per concepire buoni piani. Secondo me dovresti seguire l’idea di Anna, la nostra saggia Anna… si, vai a parlarci. >>

<< Renditi disponibile. >>  Intervenni con garbo.

<< Ma sii cauto. >> Lo avvisò Gimli, ridacchiando << Theoden ha la spada facile. >>

<< Ha il carattere difficile di tutti i re >> Ribadì Boromir, alzandosi in piedi << Ma non più difficile di quello di mio padre. Si, credo che seguirò i vostri consigli. >> Si chinò verso me, accarezzandomi il capo e scendendo a massaggiarmi la nuca. << Tu stai bene? >> Mi chiese, colmo di riguardo. Sorrisi a tutte quelle preoccupazioni, ed annuii in silenzio. << Vai, e fai ciò per cui sei nato. >>

 Se ne andò con un sorriso, sparendo nel mezzo della folla.

Gimli mi chiese del corno, e si fece accompagnare da Legolas nella ricerca di fucine dove potersi mettere all’opera. Rimasi da sola con Giulia che, da quando cin eravamo svegliate, non mi aveva staccato gli occhi di dosso. << Sei molto silenziosa, questa mattina. >> Iniziai << Come vanno le cose con Legolas? >>

Lei sbuffò << Come devono andare, male? E’ strano, stare assieme ad una persona così vecchia…antica, oserei dire. Si, comunque le cose vanno abbastanza bene, non posso lamentarmi, anche se sembriamo più amici che amanti. >> Ridacchiò << Ma va bene così… è la prima volta che mi capita una relazione simile. >>

<< E’ così strana, questa vostra relazione? >>

<< E’ molto…platonica. >> Vedendo la mia espressione perplessa, Giulia si spiegò << Significa immaginaria, un amore non consumato! Hai capito adesso? >>

<< Si. >>

Dopo un momento di silenzio, Giulia mi fece un cenno col mento << E tu? Come stai? >>

Strinsi le labbra << Io… >>

 << E a te sono venute le tue cose, lo so. >> Ribadì Giulia, sorridendo con aria triste della mia espressione stupita. << Ti ho sentita, questa mattina, mentre piangevi. >>

Chinai il capo << Io…io non volevo svegliarti. >>

<< E non l’hai fatto. In compenso, mi hai fatto venire degli incubi pazzeschi. >> Ridacchiò, mentre Jadis le metteva il muso in grembo per farselo grattare. << Povera sorella mia…come ti senti adesso? >>

Come dovevo sentirmi? Il ventre era in subbuglio, in mezzo alle gambe mi doleva come se vi fosse un palo e la testa mi pulsava. Non riuscivo a guardare la carne essiccata per più di cinque minuti, la trovavo disgustosa, nonostante mi piacesse tantissimo. << Bene, no? >> Risposi, sporgendomi per carezzare le orecchie pulite di Jadis. Giulia rise più apertamente.<< Sei una bugiarda, Anna. >> Mi fece un cenno col capo. << Avanti, passami lo zaino che ti do un busco pan. >>

Lasciai che mia sorella estraesse dallo zaino un sottile rettangolo bianco, pieno di gobbe regolari; la osservai mentre ne schiacciava una e, con un piccolo “ crac”,  vidi comparire una piccola briciola nella sua mano. << Che briciola è quella? >> Le chiesi, incuriosita. << Non è una briciola, Anna, ma una pillola. >> Se la rigirò fra indice e pollice. << Vedi, questa cosina è un concentrato di cose buone che ti farà sicuramente passare il male sia alla pancia che la sotto… >> Giulia me la posò con delicatezza sul palmo della mano. La guardai in controluce, stupita da questa novità del mondo di Giulia. << E da voi questa è una cosa…normale? >>

<< Cosa? >>

<< Prendere… pillole invece di erbe. >>

Lei fece spallucce. << Strano, vero? Per noi è l’esatto opposto: prendere erbe invece di pillole… sarebbe una cosa fuori di testa! >> Rise della mia espressione sconvolta, per poi invitarmi a mangiare un po’ di pan di via e a bere dell’acqua per ingoiare la pastiglia. Dopo varie peripezie, un principio di soffocamento e un sacco di risate, riuscii a ingoiarla. Dopo qualche ora, i dolori erano cessati e sembrava che il mio corpo stesse meglio. Anche io stavo meglio: non avevo più tormenti, più malinconie per il mio bambino mai nato. Era stato prematuro pensare che fossi incinta, anche se avevo imparato a fare attenzione: non mi sarei più esposta a simili rischi. La guerra era lungi dall’essere conclusa, e Boromir non aveva il tempo di correre dietro ad una donna incinta, anche se quella donna era la sua. Mi offrii volontaria per aiutare delle donne che contavano e ammonticchiavano in un angolo delle dispense dei sacchi di grano.

Passò buona parte della mattinata e del primo pomeriggio, quando un improvviso trambusto si fece largo nel Fosso, simile ad una scarica prodotta da un fulmine. Un nome solo viaggiava di bocca in bocca, sempre più veloce, sempre più veloce: quel nome era Aragorn.

La notizia la portò un ragazzino, che era corso dalla madre per dirle della grandiosa novità. << Madre! Madre! >> La chiamò, passandomi accanto mentre trascinavo sul terreno un sacco di grano particolarmente pesante. Attorno al ragazzino e alla madre si fece un piccolo gruppo, e non una delle donne trattenne grida di stupore e felicità. Curiosa, mi avvicinai anch’io al gruppo, e subito colsi il nome di Aragorn. << Che succede? cosa c’entra Aragorn? >>

Una donna mi prese per le mani, stringendomele forte. << Mia signora! È vivo! Il bambino dice che è appena giunto al Fosso su di un cavallo nero, lacero e stanco, ma vivo! >>

Mollai tutto senza che nessuno mi desse il permesso, e raggiunsi il Trombatorione fendendo la folla e cercando Giulia con la testa. La trovai in mezzo alla folla, diretta nella sala delle armi per vedere se era vero. Ma certo che era vero: a meno che Aragorn non fosse stato un fantasma, tutti l’avevano visto! Entrammo nella sala come fulmini, interrompendo la conversazione. Vidi Boromir sorridermi e Legolas guardare Giulia, mentre Aragorn si volse verso di noi e aprì le braccia.

<< Cristo santo. >> Sbottò Giulia, passandosi una mano sul viso, << Ma allora è vero! >>

Gli corremmo incontro, abbracciandolo. Era lacero, sporco e ferito, ma era assolutamente, incredibilmente vivo. << Sei…incredibile. >> Sorrisi, nel constatare che al collo portava il ciondolo di Arwen. << I Valar devono amarti in particolar modo, se ti hanno salvato anche questa volta! >>

La voce lugubre di Theoden venne ad insinuarsi fra noi, gelida. << Non ne sarei così sicura, mia signora. >> Disse, << Digli cosa hai detto a noi, Aragorn. >>

La felicità passò sul volto del ramingo rapida come un soffio di vento. << Nel tronare, mi sono imbattuto in un esercito di Uruk-hai. Saranno qui prima del calar delle tenebre. >>

<< Bene! >> Esclamò Giulia, attirando su di sé sguardi scandalizzati. << Vengano pure! Si infrangeranno come onde sugli scogli >> Lanciò uno sguardo di approvazione  a Theoden << Dico bene, no? >>

<< Dici bene. >> Ammise Theoden. << Ma questa fortezza non ha mai visto un esercito di diecimila orchi. >>

Strabuzzai gli occhi << Die-diecimila? >> Tornai a guardare Aragorn, scuotendo il capo << No, è…è impossibile! Non può esistere un tale esercito! >>

<< Fidati. >> Fu tutto ciò che mi disse Aragron, posandomi una delicata mano sulla spalla << Esiste. >>

 

 

 

 

D.I.F.

Cosa sarà stato…natale, forse? Oh Valar, da quanto tempo manco su questi schermi! La primavera è giunta, ho concluso il mio primo stage e sono più strong che mai! I capelli stanno crescendo, la pelle abbronzando e va profilandosi una sessione d’esami very very strong- oh yeah…fatto sta che non è colpa di nessuno se non mi sono chiù fatta viva- la colpa è solo mia. Me pigra! Sono veramente una socca… vabbe, vedrò di rimediare- anzi: HO Già RIMEDIATO!  Se siete ancora li, se siete ancora interessate a leggermi, se siete ancora interessate a recensire questa pelandrona…bè, fatelo.

Un giga kiss a chi c’è stato, c’è ancora e sempre ci sarà.

XOXO, una soffice Anna.

 

 

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Capitolo 18
*** capitolo 18. ***


Capitolo 18.

 

Senza nemmeno sapere perché, mi ritrovai sui bastioni, a contemplare la valle che si stendeva ai piedi del Fosso: eravamo incastonati fra le montagne, in posizione rialzata, protetti da ampie e forti mura, ma pur sempre incastrati. La mente elaborò da sola un mare nero, fatto di lance e picche oscillanti al vento, da cui provenivano grida alte e rozze, che invocavano morte e distruzione per noi, uomini e donne dell’Ovest, per le nostre terre e i nostri figli. Trassi un profondo respiro, improvvisamente gelata al sole del primo pomeriggio. Saranno qui al calare della notte, aveva detto Aragorn, e il sole correva inesorabile verso il tramonto. Non ce la faremo.

“ E’ disperazione quella che sento nella tua mente? “ La voce di Giulia mi colse di sorpresa, facendomi sobbalzare, cosa che mi procurò l’occhiata curiosa di un paio di guardie reali. Facendo finta di niente, mi poggiai alle mura con le mani, adocchiando un paio di nuvole particolarmente scure. “ Ho le stesse sensazioni di quando ho combattuto per la prima volta, solo che… “ Giulia attese in silenzio che proseguissi. Sospirai. “ Quella volta avevo così tanta rabbia in corpo…”

“ Rabbia? “

“ Si. Ero così arrabbiata… perché Boromir mi trattava come qualcosa da proteggere, qualcosa da salvare, qualcosa di indifeso, senza capire che sotto questa scorza di femmina ci sono unghie e denti capaci di graffiare e mordere. “

“ E perché non hai questa rabbia adesso? “ La domanda mi lasciò spiazzata: perché non c’era? “ Ad essere in te, io sarei molto arrabbiata. “ Sentii le emozioni di Giulia crescere, forti, e insinuarsi in me come tentacoli rosso sangue. “ Questi figli di puttana vengono ad uccidere tutto quello per cui hai vissuto e amato, vengono a distruggere la tua terra e a prendersi la tua vita e tu non sei arrabbiata? Io sono furente! “ Percepii l’ira crescente di mia sorella, sentendo sorgere anche in me la scintilla della rivolta. “ Sono furente perché questo mondo è troppo bello per essere mandato a puttane da un branco di orchi puzzolenti, capitanati da uno stronzo che non ha nemmeno un corpo! “  

<< Sono così furiosa che stanotte trafiggerò ogni orco che mi si parerà davanti, solo per ricordarmi che ogni orco preso sarà un bambino risparmiato! Combatterò fino allo stremo delle forze, finché la vita non mi abbandonerà, finché la spada non mi cadrà di mano! >> La voce di Giulia mi giunse forte e chiara non più nella mente, bensì dal cortile alle mie spalle. Mi affacciai e la vidi, faccia a faccia con Legolas, con una piccola folla attorno a loro. La sentii più arrabbiata che mai, ma cos’era quella punta di rimpianto che sentivo in fondo? << Potranno anche essere un milione, ma non mi nasconderò dietro la disperazione, mi rifiuto di farlo! E dovresti rifiutarti anche tu! >> Continuò mia sorella, gesticolando e alzando sempre di più il tono di voce. Legolas le prese con delicatezza le mani, ma lei lo respinse in malo modo, spingendolo lontano da lei. << Dovresti rifiutarti di cedere, dovresti combattere con me, e invece ti lasci andare alla paura! Non ti voglio attorno a me! Va via! >> Legolas la guardava, ferito. Le disse qualche parola in elfico, ma Giulia girò sui tacchi nonostante i richiami di lui.  “ Giulia! “ La chiamai nella mente, incrociando lo sguardo dell’elfo. Scesi i gradini, avvicinandomi mentre la folla si disperdeva. << Che è successo stavolta? >> Chiesi, mentre Legolas aveva ancora lo sguardo fisso sulla schiena di Giulia sempre più lontana. << Quell’essere ribelle. >> Borbottò, sospirando piano. << Sei già stata nell’armeria? >> Chiese, fissandomi con gli incredibili occhi cangianti, così intensi da far male. << No…perché? >>

<< In quella stanza, la gente di Rohan è in fila per avere un’arma e una protezione. >> Incrociò le braccia sul petto. << Vedrai ragazzini che puzzano ancora di latte e vecchi piegati dall’età, ma non un solo uomo abile a combattere questa dannata battaglia! Aragorn è dell’opinione che riusciremo a superare la notte, bene o male, ma io ho molta più esperienza sulle spalle e ti posso assicurare che non uno di quella fila vedrà l’alba di domani, e noi con loro. >> Sospirò ancora, rassegnato. << Questa è la nostra fine. >> Annuii, capendo solo allora veemenza con cui Giulia aveva ribadito le sue posizioni. Sorrisi, dando una pacca sulla schiena dell’elfo, che sussultò di sopresa. << Stai in campana, Legolas Verdefoglia. >> Gli dissi, << Mia sorella non è arrabbiata con te ma col mondo intero, in particolare con l’esercito di Uruk Hai che si avvicina alle nostre porte! Rammenti quando io e lei abbiamo litigato ad Edoras? >> Aspettai che lui annuisse, mentre iniziava a capire. << Ecco, con te è stata la stessa cosa. >>

<< E’ irritata dalla mia paura? >>

<< Si, perché è lei stessa terrorizzata. >> Strinsi i pugni, determinata. << Dobbiamo trasformare questa paura in rabbia, nutrircene a sazietà, fino a scoppiare di odio. >> Gli afferrai il braccio, scuotendolo piano. << Quei figli di puttana vengono ad uccidere la nostra gente, a distruggere la nostra terra, a toglierci un futuro! Per tutti i Valar, non starò a guardare con le mani in mano questo scempio, e nemmeno tu dovresti. >> Lo lasciai andare, fissando la pavimentazione, conscia che attorno a noi una grande folla si muoveva, frenetica, sentendo più che mai cara la vita. La vita...pensai a quello che forse c’era stato nel mio ventre fino quella mattina, a quanto avevo pensato al futuro, a quanto mi aveva detto Boromir. Pensai a lui, a Matilde, a Giulia, a Faramir, a Frodo e Sam… mi costrinsi a sorridere. << Magari invece la scampiamo. >> Dissi, sorprendo Legolas. << Magari, un qualche intervento divino ci salverà. Che ne so, magari una pioggia di fulmini… >> Legolas sorrise piano, passandomi un braccio attorno alle spalle. << Tu e tua sorella vi assomigliate parecchio, e non solo fisicamente. >> Feci spallucce, indicandogli con un cenno del capo di andare a cercare Giulia. << Avrà bisogno di parlarti civilmente, e di essere consolata. Ti consiglio di andare, adesso che la rabbia è sbollita… >> Mi svincolai dalla sua presa e Legolas mi sorprese con un inchino. << Sei più saggia di quanto credi. >> Disse solo, per poi avviarsi fra la folla. Onorata da tale complimento, chiusi la mente ai singhiozzi di Giulia  e mi avviai all’armeria.

Effettivamente, la situazione non era delle più rosee: c’erano ragazzini che non riuscivano nemmeno a reggere una spada e vecchi curvi che imbracciavano le armi per la prima volta, avvezzi solo agli aratri e alle falci. << Valar… >> Mormorai, mettendomi in fila per far affilare la lama della mia spada. Sentii su di me molti occhi, parole sussurrate in un qualche dialetto a me sconosciuto, ma la cosa non mi disturbò particolarmente: in fondo, ero una donna,  e il posto di una donna di Rohan era con la prole, nelle Caverne sotto il Fosso. Ma io non sono una donna di Rohan… sorrisi a quell’affermazione, rilassandomi. Sono una donna e basta. Lasciai che la fila scorresse lentamente, scegliendo con cura armi e protezioni adatte alla propria taglia. Presi per me una cotta di maglia lunga fino a metà coscia, buona per proteggere l’inguine e il torace. L’ indossai sopra la camicia e sopra di essa misi un farsetto in cuoio, reso duro dagli anni e dal sangue nemico. Presi anche dei para polsi della stessa foggia, fissandoli con delle cinghie alle braccia. Lasciai che la mia spada- la prima spada, quella donatami da Boromir quando lui era maestro e io allieva- venisse analizzata dai fabbri e affilata a dovere, per poi dirigermi fuori, all’aria, per constatare che il tempo stava volando.

Mentre guardava il cielo e sentivo l’ansia insinuarsi nello stomaco, ecco che qualcuno mi prese per le spalle, facendomi voltare. Boromir mi guardò dalla testa ai piedi, toccando con mano la qualità della cotta di maglia e il filo della spada. Prese il farsetto e lo strattonò un paio di volte, stringendolo meglio. << Niente elmo? >> Chiese, accarezzandomi la testa. Scossi il capo. << Non ho più alcun bisogno di nascondermi. >> Lui sorrise a quella frase, invitandomi a seguirlo. Stava ispezionando assieme al Re e agli altri le mura, per decidere una strategia difensiva. Quando Theoden mi vide arrivare, mi squadrò da capo a piedi. << Non avrete mica intenzione di combattere! >> Esclamò, quasi offeso dalla mia visione. Alzai il mento, punta su un argomento a me caro. << Preferite che me ne stia nascosta in una grotta assieme alle altre donne? >> Domandai, scontrosa. Il Re inarcò un sopracciglio, perplesso. << A meno che non abbiate delle capacità nascoste, questo sarebbe il mio consiglio. >>

Mi sarebbe piaciuto sputare per terra tutto il mio disprezzo, ma lui era pur sempre un Re e alleato di Boromir, quindi fui costretta a trattenermi. Gli rivolsi un sorriso a trentadue denti e, nonostante tutto, era un sorriso freddo.<< Sarò pure una donna, ma sono già stata in guerra e non ho paura di perdere la vita per ciò che amo. >> Feci un passo avanti, la mano sull’elsa della spada. << Grazie per il consiglio, preferisco morire con una spada in pugno piuttosto che nascosta dietro un sasso. >> Il silenzio era calato su di noi:  Aragorn e Boromir spalancarono così tanto gli occhi che credetti gli sarebbero usciti dalle orbite, Gimli mi scoccò un’occhiata sorpresa e Legolas sorrise, divertito dalla situazione. Theoden mi guardò con aria dura ancora per un attimo, prima di voltarsi e proseguire con il percorso attorno le mura, superandomi senza più guardarmi. Quando se ne fu andato, uno ad uno i miei compagni lo seguirono: Legolas mi passò accanto leggero, gli occhi scintillanti di divertimento; Aragorn mi guardò con aria di rimprovero, ma la bocca sorrideva; Gimli mi passò accanto, dandomi di gomito sulla coscia. << Ben fatto figliola! >> Sussurrò, facendomi ridacchiare. Per ultimo, venne Boromir, che mi scoccò un bacio in fronte e sull’orecchio, guardandomi con gli occhi scintillanti di fierezza. << Brava la mia ragazza. >>

 

L’unica difesa di Rohan era fatta di coraggio, sassi e pietre imponenti. Guardai il cielo farsi incandescente per il tramonto, seduta sui gradini che portavano alla sala del trono del Fosso. Senza preavviso, Giulia si sedette al mio fianco. Mi sorpresi di vederla armata circa come me, con un elmo calato in testa e fissato sotto il mento. << Ti prego, non metterti  ridere. >> Mormorò, vedendomi già sogghignare. << Legolas e Boromir hanno voluto a tutti i costi che lo mettessi. >> Annuii, approvando in pieno. Giulia sospirò, poggiando i gomiti sul gradino retrostante. Si guardò attorno. << Mi dispiace di aver litigato con Legolas, oggi. >>

<< Avete fatto pace? >> Chiesi, delicata. Non volevo sapere i dettagli, mi bastò il cenno di Giulia. << Io e lui…siamo molto, troppo diversi, a volte non riusciamo a comprenderci. >> Annuii, comprensiva. << E’ difficile anche con Boromir, ma ultimamente sta migliorando. Oggi, l’ho visto quasi orgoglioso di me vedendomi vestita così. >> Giulia mi sorrise, il viso incorniciato dall’elmo. << Non quasi, Anna: Boromir è orgoglioso di te. Finalmente, ha capito che deve lasciarti andare. >> Feci spallucce, fingendo di non essere sorpresa per quelle parole. “ Ha capito che per amarti davvero deve lasciarti libera di fare le tue scelte, di sbagliare forse, ma di farlo con la tua testa. Ormai, sei libera. “  Guardai mia sorella, che mi fissava sorridendo. << Sono certa che se passeremo la notte, ti chiederà di sposarlo! >>

Risi, un suono che credevo di non udire mai più. << Oh Valar, me ne stavo quasi dimenticando! >> Mi alzai, sfregandomi la schiena. Giulia si alzò con me, accennando al ventre. << Come va…lì? >>

<< Va stranamente bene. >> Dissi, ricordandomi delle spiacevoli sensazioni di quella mattina. Mi sembravano passati secoli da allora. << Effettivamente, mi sento benissimo. >> Constatai, stupendomi. Giulia annuì, soddisfatta. << Ti darò un’altra pastiglia prima che inizi lo scontro, così non sentirai niente mentre ammazzerai orchi a tutto spiano. >> Le posai una mano sulla spalla, sorridendole. << Prima, però, abbiamo bisogno di cibo. Andiamo. >>

Ci stavamo avviando, quando un corno lontano ci fece gelare il sangue nelle vene. “ …sono già qui? “ Mormorò Giulia, voltandosi, il viso spaurito. Il corno risuonò di nuovo e curiosamente mi fece pensare ad un altro corno, già udito tempo fa, ma dove? << Non sono orchi. >> Disse qualcuno alle mie spalle. Ci voltammo per vedere Legolas, più radioso che mai, tendere la mano a Giulia e invitarci a seguirlo. << Sono arrivati i rinforzi. >>

 

 

 

 

 

D.I.F.

Curioso che io scelga Natale per tornare a voi, ma con tutto il pòpò di roba sul Signore degli Anelli e Tolkien che sta girando adesso, non ho potuto fare a meno di tornare con un chappi si scarno, ma pur sempre un chappi. Mi sono sentita in dovere di scrivere, ecco tutto.  Spero che ci sia ancora qualcuno disposto a leggere… e a dire la sua :D besos, people, e felice anno! Che sia proficuo e che la seconda parte de Lo Hobbit giunga presto!      

 

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Capitolo 19
*** capitolo 19 ***


Capitolo 19

 

Le tenebre strisciavano lungo le mura antiche e solo la luce delle fiaccole rendeva visibili i visi degli uomini presenti. Le pozze di luce, che fino a qualche attimo prima avevano illuminato smorfie di paura, adesso sfiguravano davanti alla luce degli Eldar che Haldir di Lorien e la sua compagnia irradiavano nella piazza d’armi del Fosso di Helm.

Legolas era stato il primo ad accogliere i membri della sua razza, salutando Haldir con parole di gioia e vigorose strette sulle spalle. Io e Giulia, appena dietro il principe del Reame Boscoso, non eravamo riuscite a trattenerci dall’abbracciare il capitano elfico, di solito freddo e serafico, imbarazzandolo con la nostra confidenza esplosiva. Gli elfi che aveva condotto con sé facevano parte della guarnigione di Lothlorien, e sicuramente si erano staccati dal loro popolo per ordini di diretti superiori. Pensai a Galadriel, e le resi omaggio nella mente: se avevamo degli amici e alleati, sicuramente era anche merito suo. Nel frattempo, l’intero esercito di Rohan ammirava i guerrieri elfici dall’aria efebica, dotati di archi tanto eleganti quanto micidiali, vestiti di farsetti blu e dorati, ritti come betulle sui sassi della piazza. Theoden, Re di Rohan, giunse poco dopo fra due ali di guardie reali, così stupito che a stento riusciva a trattenersi dallo spalancare la bocca per la meraviglia. Mentre si guardava attorno, disorientato come un cerbiatto, Haldir gli si parò davanti, inchinandosi. << Tempo fa, un’alleanza esisteva fra Elfi e Uomini. >> Disse l’elfo con aria solenne davanti al Re che, fino a qualche attimo prima, si credeva completamente solo. Haldir gli sorrise con fare speranzoso. << Siamo qui ad onorare tale alleanza e siamo pronti a morire assieme a voi, per contrastare l’Oscurità. >> Un movimento alle nostre spalle ci fece voltare e vedemmo scendere di volata gli altri: Aragorn e Boromir giungevano assieme, già vestiti per la battaglia, la speranza che brillava nei loro occhi, mentre Gimli stava poco lontano, le mani rigidamente nascoste dietro la schiena. Con un cenno del capo, il nano mi fece segno di seguirlo. Incuriosita, mi avvicinai e lo trovai assieme a Jadis, che non vedevo da quella mattina. Si era infilato in una viuzza che correva accanto la piazza, ingombra di ceste piene di sassi, fiocamente illuminata da pigre fiaccole. << Ho qualcosa per te. >> Disse il nano, sorridendomi da sotto la folta barba. Da dietro la schiena fece apparire un fagotto, e mi invitò con gli occhi scintillanti a svelare il segreto che racchiudeva. Capii solo dopo aver toccato il tessuto cosa Gimli mi stesse donando: prendendo l’oggetto fra le mani, lasciai che la sciarpa scivolasse a terra, dove Jadis andò ad annusarla. Il Corno di Gondor era fra le mie mani, pesante e maestoso. La luce delle torce, nonostante fosse tenue, dava agli orpelli che lo ornavano un’aria orgogliosa. << Oh Valar… >>  Mormorai, rigirandomelo fra le mani. << Ho fatto del mio meglio. >> Spiegò Gimli, indicandomi la saldatura scura che aveva realizzato fra le due metà. << Ho utilizzato il metallo migliore che ho trovato, cercando di rendere la saldatura il più resistente possibile ed esteticamente poco invasiva. Si tratta di un oggetto antico, e la sua bellezza va rispettata. >> Annuii, sfiorando col polpastrello la sutura. Mi ricordai di quando Boromir l’aveva trovato tra i resti degli Orchi, di come era a pezzi, di come entrambi eravamo a pezzi… quanto tempo era passato? Nemmeno un mese, eppure dalle rive dell’Anduin ad allora sembravano essere scivolati anni, secoli, millenni. Il peso della Storia con la S maiuscola aveva schiacciato sia me che Boromir, facendoci invecchiare prima del tempo. Serrai le mani attorno al Corno, capendo che quello era l’ultimo tassello della Riconciliazione: ora, il mio Capitano poteva tornare ad essere quello che era. << Il suono è quello che mi preoccupa maggiormente. >> Disse Gimli, distogliendomi da quei pensieri profondi. Lo guardai, interdetta, per poi chinarmi e abbracciarlo stretto, mentre Jadis mi metteva il naso nell’orecchio. << Non sai quanto ti sono grata, Gimli figlio di Gloin, non sai cosa questo significhi per me e Boromir. >> Lo guardai negli occhi, sorridendo al suo lieve imbarazzo. << Questa è l’ultima saldatura fra passato e futuro, l’ultimo ponte che porterà Boromir a riscattarsi completamente da quello che ha fatto. Per lui, questa saldatura è molto più che semplice metallo: è la cauterizzazione di una ferita che finalmente si chiude. >>

<< Tu esalti il mio lavoro. >> Commentò con un certo orgoglio il nano. Mi sorrise, impacciato. << Ma non è grazie a me e a questa saldatura che il Corno tornerà a suonare, signorina. Se suonerà ancora, è solo grazie a te e al tuo coraggio, con cui hai salvato l’Uomo che ami a costo della tua vita. >> Sospirò. << Beato colui che ha il tuo cuore. >> Mi accorsi solo allora dei lacrimoni che scorrevano lungo le mie guance, e un respiro rotto mi uscì di bocca. Gimli parve ridestarsi, e persino alla luce delle torce lo vidi arrossire. << Scusa, non era mia intenzione essere scortese e annoiarti con i pensieri di un vecchio, sciocco nano… >> Gli posai la mano sulla spalla, facendolo tacere. << Nessun perdono per Gimli figlio di Gloin, non per queste parole e per questi pensieri, non per queste lacrime. >> Gli sorrisi, tirando su col naso, per poi scoccargli un bacio in fronte e alzarmi. << Nessun perdono perché non c’è niente da perdonare, solo da ringraziare. >>

 

Mentre le tenebre incombevano e il Fosso rigurgitava Uomini ed Elfi, cercai Boromir. La mia mente era come sconnessa ed era chiusa alla voce di Giulia, che con ogni probabilità mi stava cercando. Dopo lo scambio di battute con Gimli, vagavo per il Fosso come inebetita, con Jadis al mio fianco. In una mano impugnavo l’elsa della spada, mentre nell’altra stringevo il Corno. Il laccio di cuoio per il collo mi batteva sulla coscia, mentre cercavo in lungo e in largo il mio Capitano. Infine lo trovai, attorniato da uomini di Rohan, che lo ascoltavano con interesse. Mi unii a loro, restando però in disparte, osservandolo con attenzione: i vestiti erano sgualciti e il viso stanco, ma la cotta di maglia che indossava sotto al farsetto e la spada che portava di traverso sulla schiena gli davano un’aria da eroe dei Tempi Antichi. Gesticolava, Boromir, mentre raccontava una delle sue imprese da Capitano della Torre Bianca, probabilmente qualcosa riguardo la presa di Osgiliath, e mi stupii di vedere come i suoi occhi scintillavano e come coloro che lo ascoltavano pendessero dalle sue labbra. Pensai a quante volte in passato Boromir avesse arringato i suoi uomini prima della battaglia, a come doveva aver paura e a come riusciva a tramutare quella paura in coraggio, forza e determinazione. Pensai a quando l’avevo visto andare alla guerra su quell’enorme cavallo nero, appena fuori la casa di guarigione di Matilde… a come riluceva di luce propria. Sospirai, quando una mano si posò sulla mia spalla. Mi voltai, vedendo gli occhi gentili di Aragorn. Gli sorrisi, tornando poi a guardare Boromir. << Hai fatto un ottimo lavoro. >> Mormorò Aragorn, osservando a sua volta l’amico. Chinai il capo, ridacchiando a quelle parole. << Io? No, lui ha fatto un ottimo lavoro, smettendo di piangersi addosso come un marmocchio e riprendendo le redini della sua vita. >>

Il ramingo sbuffò, indispettito. << La modestia non ti si addice, Anna, quindi smettila. >> Aragorn cercò i miei occhi. << Se non fosse stato per te, si sarebbe ammazzato con le sue stesse mani. >> Dopo un attimo di silenzio, accennò al Corno che mi ero portata al petto. << E quello? >>

<< E’ una lunga storia… >>

<< Mi piacciono le lunghe storie. >>

Sorrisi apertamente, scoccandogli un’occhiata divertita. << Lo trovammo la prima notte che iniziammo a seguire le vostre tracce. Lo cercò Boromir fra gli orchi in putrefazione, trovandolo spaccato  a metà. Fu un brutto colpo, per lui. Era emotivamente a pezzi, si sentiva il traditore del mondo intero! L’unica cosa che potei fare fu prendere il Corno e convincerlo che, una volta che vi avremmo trovati, l’avrei dato a Gimli per ripararlo. >> Aragorn annuì, toccando con mano quell’oggetto antico. << Gimli ha fatto un ottimo lavoro, anche se non sa che suono avrà… solo Boromir può suonare nel Corno di Gondor. >> Aragorn lo prese dalle mie mani con delicatezza, soppesandolo. << Lo donò la mia stirpe alla sua. >> Mormorò, fissandolo. << E’ un dono degno di un Re, che sancisce l’unione delle nostre casate. >>

<< Allora dovresti essere tu a donarglielo, di nuovo. >> Dissi, convinta e sincera. << Sei il suo Re, è un tuo diritto. >> Fu allora che Aragorn mi guardò dritta negli occhi, schiudendo le labbra come se gli avessi rivelato il più grande segreto del mondo. Non disse una parola, ma rimase a lungo a fissarmi, come se non trovasse le parole per dire quello che gli si agitava nel cuore. Riprese fiato, accorgendosi di aver stretto il Corno così forte da avere le nocche bianche. Solo allora capii: gli avevo appena dato conferma che aveva la fiducia del suo diretto sottoposto, il suo capitano e sovrintendente, colui che all’inizio l’aveva visto come un usurpatore e che ora lo vedeva come suo signore e padrone. Aragorn sapeva che i sentimenti di Boromir nei suoi confronti erano cambiati, l’aveva intuito, ma non fino a quel punto. Aragorn mi porse il Corno, stringendomi le mani per trasmettermi tutta l’emozione che sentiva. << No, Anna, mia signora. >> Trasalii a quell’appellativo, inadatto a una ragazza come me. << Sei tu che deve dare il Corno a Boromir, perché io non sono ancora il suo Re e non ho dominio sul suo cuore, non come lo hai tu. Sei tu ad avere questo diritto perché tu l’hai salvato, tu hai scacciato le tenebre da lui, tu l’hai fatto rinascere a nuovo vita. >> Tornò a guardare Boromir, che si era accorto di noi fra la folla. << Gli hai ridato un motivo per combattere e onorare la propria razza. >>

Boromir ci raggiunse con aria incuriosita e vidi distintamente i suoi occhi spalancarsi di meraviglia alla vista di ciò che reggevo fra le mani. Lo vidi dischiudere le labbra, pronto a parlare, ma tacque, perdendosi nella contemplazione di ciò che pensava irrimediabilmente perduto. Con le mani delicate, avvicinai il Corno a lui, aspettando che lo cogliesse. Al contrario, Boromir non si mosse, inebetito e confuso. Lanciai un’occhiata ad Aragorn, chiedendogli silenziosamente di intervenire, ma il Ramingo tacque, invitandomi a parlare. Dopo un attimo di panico, le parole iniziarono a sgorgare dalle mie labbra, solenni e improvvise. << Boromir di Gondor! >> Lo chiamai, facendogli alzare lo sguardo, sorpreso. << Figlio di Denethor, nipote di Ecthelion, Capitano della Bianca Torre, Generale degli eserciti di Gondor, principe del tuo regno! >> Senza sapere perché, posai un ginocchio a terra. << Io ti dono ciò che era rotto ed è stato ricostruito, il simbolo della libertà per le tue genti, ciò che chiama a raccolta il tuo popolo e che da speranza a chi non ne ha. >> Alzai di più le mani, offrendoglielo. << Prendilo, e ritorna ad essere ciò che sei, che fosti e che sempre sarai, mio Capitano e Signore. >>  “ Mio amore, mio tesoro, mio amante, mio eroe… “ Sentii un nodo alla gola e chinai il capo per nascondere gli occhi velati di lacrime emozionate. Dopo poco, sentii il peso del Corno abbandonare i miei palmi. Alzai il viso e vidi Boromir che ammirava il suo amato Corno, ricco di ricordi e significati. Sorrisi, nel vederlo assorto, ammirando il suo volto che nonostante stanchezza e tensione era sempre bellissimo. Boromir levò lo sguardo su di me, invitandomi ad alzarmi. Rimasi col capo chino, finché il Capitano della Torre Bianca compì un gesto inaspettato e fuori dalle regole: dopo un attimo di esitazione, passò il laccio di cuoio attorno al mio collo, posandomi il Corno di Gondor con infinita delicatezza sul petto. << Non merita di essere posato sul mio petto. >> Disse Boromir, bloccando la mia prevedibile protesta con una mano aperta. << Il Corno è mio di diritto, mio in quanto figlio di Sovrintendenti e di principi di Gondor. Esso veniva donato ad ogni primogenito della casata, passato di padre in figlio, motivo di orgoglio e vanto per la nostra gente. Chi lo indossa deve essere coraggioso, forte e deve essere un punto di riferimento per coloro che lo circondano. >> Mi sorrise. << Queste, assieme a molte altre caratteristiche tu possiedi, Anna di Isengard, ora Anna di Gondor, mia futura sposa. Tu mi hai curato quando ero ferito, rincuorato quando ero affranto, risollevato quando ero caduto. Questo Corno è tuo di diritto. >> Chinò il capo innanzi a me, e così vidi fare anche ad Aragorn e a molti altri mentre mi guardavo attorno, confusa e rintronata. Tra la folla che si era riunita attorno a  noi, incrociai gli occhi raggianti di Giulia.

“ Fa quello che ci si aspetta che tu faccia, sorella mia. “ Mi invitò con voce carica di emozione. “ Soffia.”

Poggiai le labbra dove per tante volte si erano poggiate quelle di Boromir e soffiai con quanto fiato avevo in corpo. Ebbi la sensazione di tremare quando il Corno muggì con vigore, con maggiore intensità di quando l’avevo sentito suonare prima della spaccatura. “ Gimli ha fatto un ottimo lavoro. “ Constatai, soffiandoci ancora finché non rimasi senza fiato, lasciando che le note profonde del Corno si perdessero nell’aria. Mi guardai attorno, vedendo che in molti mi guardavano ( io, la donna guerriera, la ragazzina testarda, la bambina smarrita ) e improvvisamente mi sentii carica di vita e di speranza,  così intense da farmi sentire immortale.

In risposta al mio corno, in lontananza, udimmo distintamente un latrato ben diverso, lugubre e astioso, che ci chiamava a combattere. Jadis, sempre rimasta al mio fianco, rispose al corno degli orchi con un ululato prolungato e acuto, un grido di battaglia. Improvvisamente, alla speranza che scorreva assieme alla paura si unì una rabbia bruciante, così profonda da essere ira. << Quei figli di puttana non distruggeranno il nostro mondo! >> Dissi, senza accorgermi di parlare a voce altissima. << Quei figli di puttana non avranno le nostre vite, i bambini e le donne, ma solo il nostro ferro! >>

Un’ovazione si alzò dagli uomini attorno a noi, mentre Boromir mi guardava con occhi scintillanti di orgoglio e fierezza. In quel preciso momento, capii che era fatta: la Riconciliazione fra noi era finita.  

 

 

 

 

 

 D.I.F.

 

Uh ok, quanto mi piace questo capitolo lo so solo io. Chi mi legge da un po’ sa che non sono per niente modesta nelle mie cose, dunque dico che questo capitolo è uno dei migliori della serie. Spero solo di non aver fatto diventare Anna una Mary Sue ( pericolo che ho corso dal primo chappi della prima storia ) facendola diventare una donna forte e battagliera. Non so, io credo di aver fatto un buon lavoro e di aver reso questa storia abbastanza plausibile, anche con queste “ sbandate” ( siamo sicuri che Boromir darebbe il suo preziosissimo corno ad una donna, davvero? !? ). By the way, chi se ne frega: io lo trovo un gesto bellissimo! Spero che a vostra volta anche voi apprezziate, lettrici e lettori ( lo so che sotto sotto ci siete pure voi maschietti! ) e, anche se disapprovate, ditemelo: sono qui a battibeccare :D

 

Vi lovvo fes, e ovviamente vi auguro buon anno. Che sia proficuo e ispirato, che ci dia belle storie e piacevoli compagnie, spalle su cui piangere e pacche sul sedere di cui ridere. Best wishes, Anna.

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Capitolo 20
*** Capitolo 20 ***


Capitolo 20

Sui camminamenti, noi attendevamo. Gli elfi di Haldir erano disposti lungo le mura-fossato e dentro lo spiazzo terroso retrostante, ridotto a poltiglia dalle innumerevoli impronte, silenziosi e freddi come solo gli elfi possono essere; gli uomini di Rohan erano sopra la porta del trombatorrione, capitanati da Theoden di Rohan, pronto a morire e a trascinare con sé l’intero suo popolo, pur di non lasciare prigionieri alla Bianca Mano di Saruman.

Non un sospiro veniva dal Fosso di Helm, persino le pietre e l’umidità che da esse trasudava sembravano attendere l’imminente fine perché si, quella notte saremmo morti tutti: lo sapevano gli uomini di Rohan, lo sapevano gli elfi di Lothlorien, lo sapevano i miei amici e lo sapevo io, in piedi sui camminamenti, in prima fila per la battaglia. Se proprio non lo sapevo, almeno lo intuivo: come potevo pensare ad altro quando mi oscillava davanti agli occhi una forza cento volte superiore alla nostra, un oceano nero, fitto di picche ondeggianti e irto d’asce di grezzo ferro? Come potevamo credere di sopravvivere a guerrieri creati appositamente per combattere, frutto di incroci bestiali pur di ottenere quella particolare ferocia, quella peculiare crudeltà, quelle caratteristiche che li rendeva Uruk hai?

Nonostante la vicinanza dei miei amici, di mia sorella, del mio uomo, non potevo pensare ad altro che alla morte imminente e a quanto suonassero vuote le parole dette solo qualche ora prima. Sfiorai con la mano il Corno di Gondor, posto di traverso sul mio fianco, pensando a come mi ero sentita invincibile mentre lo suonavo. E ora? Un lampo invase il cielo, illuminando la marmaglia nera e micidiale che si avvicinava a noi, inevitabile, inarrestabile. Letale.

Il mondo intero tratteneva il fiato, e noi con lui.

 “ Tremi anche tu, vero? “ La voce di Giulia mi riscosse. La guardai, a qualche passo da me, notando le mani stese lungo i fianchi chiuse convulsamente a pugno, le labbra strette di paura.

“ Mi sto chiedendo per quale motivo non sono rimasta nelle grotte con le altre donne. “

Mi concessi un sorriso. “ Forse perché non sei una semplice donna? “

Giulia si aggiustò per l’ennesima volta la fibbia dell’elmo, stretta sotto al mento, e incrociò i suoi occhi coi miei. “ Ormai è andata. Se moriremo, almeno lo faremo portando con noi qualche bestia nemica. “

 Annuii, tornando a fissare la vallata. “ Non ti lasceremo da sola, Giulia. Jadis e io ti proteggeremo. “ Un lampo squarciò il cielo buio, ingombro di nuvole e gonfio di pioggia, dandoci l’ennesima visione dell’esercito che ci veniva incontro, così chiara da far male. Sentii il cuore contrarsi nel petto e, involontariamente, cercai la mano di Boromir, in piedi accanto a me, stringendola forte. Lui non mi guardò, ma ricambiò la stretta con altrettanta forza.

<< Non abbiate alcuna pietà! >> Gridò la voce di Aragorn, così improvvisa da farmi trasalire. << Perché loro non ne avranno di voi. >> Mi chinai in avanti, cercando il ramingo tra le fila di guerrieri con lo sguardo. Lo vidi avvicinarsi, la spada in pugno, e passare in rassegna ogni singolo elfo pronto a colpire, per  poi fermarsi accanto a noi.

<< Siete pronti? >> Ci chiese, la mascella così contratta da sembrare roccia e la spada rigidamente stretta nel pugno destro. Legolas e Gimli annuirono, gravi, le mani sulle proprie armi, mentre Boromir gli concesse un sorriso senza allegria, sguainando la spada lunga dal fodero e scivolando dalla mia presa.

<< Sempre. >> Sussurrò, e lo adocchiai nel preciso momento in cui una fugace espressione gli attraversò il volto: era gioia, quella? Gioia? Conoscevo quell’espressione…Gli occhi scintillanti, la contrazione della mascella, quella particolare piega delle labbra…

 “ Sei sempre stata una pessima schermitrice, Anna, ma oggi dai il peggio di te! “ Le parole che Boromir mi aveva urlato sulle rive dell’Anduin, reso pazzo e assassino dall’Anello, mi rimbombarono forti e chiare nella testa, così forti da sovrastare il rombo del tuono che diede il via alle prime gocce del temporale sulle nostre teste. Sentii lo stomaco contrarsi, mentre ricordavo come mi ero sentita debole in quel frangete, come la spada era pesante, come mi ero sentita inutile e sciocca, proprio sciocca, a volermi mettere contro un destino già scritto, proprio come questa volta, questa notte, questa battaglia. Capii che il panico mi stava invadendo e che non avevo alcuna arma per contrastarlo. Serrai gli occhi, cercando di pensare ad altro, ma quella voce, quelle parole, quell’espressione non faceva altro che ripresentarsi, ancora e ancora, centuplicata, e la folle paura che mi attanagliava le viscere stava montando come la marea nel mio cervello. Oh Valar…

 Una scrollata improvvisa mi ridestò da quell’incubo, facendomi trasalire. Guardai la mano guantata che mi stringeva appena sopra al gomito, risalendola sino a incontrare gli occhi grigio perla di Boromir- occhi fermi, occhi decisi, occhi attenti e preoccupati. << Non potrò proteggerti sempre, stasera, e se ti lascio combattere al mio fianco è perché confido nelle tue capacità. >> Mi disse, senza allentare la presa. << Sei pronta per questa battaglia, Anna, lo sei dalle Rive dell’Anduin. Mi hai tenuto a bada in quell’occasione, saprai tenere a bada qualche orco. >> Sorrise amaramente a quelle ultime parole e mi sentii stranamente sollevata, quasi senza peso. Boromir si chinò al mio orecchio. << Dobbiamo farcela, Anna, lo dobbiamo a noi, al sentimento che ci lega. >> Tacque, prima di parlare, emozionato come un bambino. << Io…io voglio sposarti, Anna. Quando questo sarà finito, voglio essere una cosa sola con te, davanti agli Uomini e ai Valar, uniti per sempre. >>

Mi scostai un poco, concedendomi il lusso di spendere tempo a guardarlo.

Ricordai quando ci eravamo conosciuti, quanto ci odiavamo e quanto ci eravamo amati. Pensai a quanto ancora avevamo da vivere, mentre un lamento si alzava dal mio profondo per dire che no, non era giusto, non dovevamo finire così, ammazzati da un manipolo di orchi, lontani da casa e dagli amici. E come doveva finire, se non così?

“ Decidiamolo noi, sorella.” Le parole ed un leggero fruscio metallico mi fecero voltare verso Giulia, che teneva la spada nella destra, perfettamente conscia di ciò a cui andava incontro, eppure determinata ad andare fino in fondo. “ Scriviamolo noi, questo cazzo di finale. “

 Sorrisi alla solita ruvidezza di mia sorella, tornando a guardare Boromir. << Lo voglio con tutto il cuore. >>

Gli occhi grigi scintillarono di gioia, mentre il viso si apriva al più felice dei sorrisi. << Combatterò per te, stanotte. >> Sguainai a mia volta la spada, stringendola saldamente nel palmo nudo, e tornai a fissare la massa nera ma non con paura, bensì con sfida. << Combattiamo per noi. >>

 

 

L’esercito di Saruman si fermò a qualche metro dalle mura, ondeggiando picche e stendardi, mentre ordini venivano sbraitati in versi gutturali. Feci un profondo respiro, sentendo ogni pelo del mio corpo rizzarsi per la paura e la tensione. Mi chiesi come stesse Jadis, giù con gli altri elfi, nello spiazzo dietro le mura. Sbirciai i miei amici, ormai fratelli: Legolas e Gimli erano alla mia sinistra, le mani strette così saldamente alle proprie armi da avere le nocche bianche; Giulia era al mio fianco, la spada ben dritta in avanti, le spalle rigide, le gambe aperte per avere maggiore stabilità; Boromir e Aragorn erano alla mia destra, il primo leggermente più alto e massiccio del secondo, entrambi con la spada sguainata e lasciata a riposare lungo il fianco. << E’ un onore combattere al tuo fianco. >> Disse Boromir all’improvviso, così alla sprovvista da far trasalire Aragorn. Si scambiarono una lunga occhiata di intesa, prima che Aragorn facesse un inchino col capo. << Il piacere è tutto mio, fratello. >>

Fu allora che un leggero mugolio arrivò dal nemico. Osservammo con più attenzione quella marmaglia fetida, fissando i loro elmi bitorzoluti e chiusi, coì chiusi da non sembrare nemmeno lasciare spazio per il respiro. Un ruggito venne da qualche parte sulla destra, un verso di sfida, subito seguito da un altro verso più profondo. Le picche iniziarono ad ondeggiare come flessuose canne, pestando la terra con così tanta forza da credere di spaccarla, mentre i grugniti si trasformavano in urla e si riusciva a percepire un solo, unico nome, un inno al padre e signore, così ritmato da essere un canto di guerra: Saruman!Saruman!Saruman!Saruman!

Gli archi accanto a noi si tesero, gli elfi avevano incoccato la prima freccia, l’inizio era più che prossimo. Vidi Legolas tendere l’arco e lo sentii dire a Giulia di abbassarsi e di stare ferma, ma non ebbi il coraggio di voltarmi, ipnotizzata dal grido di battaglia degli Orchi. Aragorn aveva portato la spada al volto, baciandone la lama, e sembrava di pietra mentre fissava il nemico. << Ci siamo. >> Sibilò Boromir e vidi con la coda dell’occhio Aragorn alzare la mano per dare l’ordine di tirare. Ma dai camminamenti sopra la porta un sibilo giunse alle nostre orecchio. Senza alcun motivo, un orco si accasciò a terra grugnendo di dolore, sferragliando nella rovinosa caduta. Il piumaggio di una freccia sbucava da sotto il corpo, conficcata all’altezza della gola. Aragorn gridò forte di stare fermi e quello fu l’ultimo rumore prima del silenzio: gli orchi, infatti, avevano interrotto il loro canto di battaglia, gli occhi fissi sul compagno caduto. Poi, il silenzio si spezzò in mille versi di sfida, mentre  gli orchi iniziavano a caricare le mura.

 

Li vedemmo partire tutti assieme, in una massa di ferro che sembrava un oceano. Sentii Aragorn dare l’ordine di tirare. Lasciai che le frecce mi sfiorassero, conscia che nessuno mi avrebbe mai colpita se non un nemico. Con la coda dell’occhio vidi Giulia immobile, tesa in mezzo allo stormo di frecce. “ Tranquilla “, la rassicurai. “ Non ti colpirà nessuno. “

“ Non ho mica paura degli elfi, io… “ Precisò mia sorella. Qualcosa saettò appena sopra la mia testa, facendomi restare così scossa da ammutolirmi. Sentii un liquido caldo colarmi sulla fronte e, quando lo toccai con l’indice, capii che era sangue. “ Vedi? “ disse Giulia, gli occhi sgranati dallo spavento. << E’ di quello, che ho paura. >>

Le raffiche di frecce iniziarono a diminuire, mentre Aragorn alzava la spada. << Le scale! >> Gridò, muovendosi per i camminamenti. << Sguainate le spade! >> Vidi Gimli gongolare come un ragazzino, passandosi l’ascia di mano in mano, mentre io sentivo il sapore del sangue in bocca: era sempre così, prima di una battaglia. Combattiamo per noi, mi dissi, cercando un briciolo di coraggio e, quasi per caso, mi ricordai del Corno al mio fianco. Afferratolo, ci soffiai dentro con quanto fiato avevo in corpo, godendomi le occhiate dei miei compagni e non solo. << Spediamoli all’INFERNO! >> Gridò Giulia mentre l’eco si spegneva e il primo orco faceva capolino dalle mura merlate. Con un urlo, lo colpì nella zona scoperta del ventre, squarciandolo. Sangue caldo e nero si riversò a terra, sporcandole gli stivali, ma non c’era tempo per badare ai dettagli: dove se ne uccideva uno, eccone altri tre.

 

 

 

 

D.I.F.

Ciao giovani! Come andiamo? Qui nel mio altrove, be…le cose sono cambiate. Parecchio. Diciamo che… non sono più vergine del mondo. Mi dispiace per la prolungata attesa, nonché per il chappi assai loffe e magari impreciso, ma spero di aver superato bene il blocco della noia/ansia/nonsochecazzomièpreso! Spero di ricominciare a scrivere con regolarità (pfff! Non ci credo nemmeno io!) e di porre fine a questa storia… perché merita di essere conclusa. Almeno questa.

 

Ringrazio chi ci sarà ancora e chi vorrà nuovamente recensire le mie sporche parole. Saluti e benedizioni, un’Anna diversa.

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