La voce del vento

di lucifromearth
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Si chiude il sipario... ***
Capitolo 2: *** Esami e sensazioni. ***
Capitolo 3: *** Strani sogni. ***
Capitolo 4: *** Terribili rivelazioni ***



Capitolo 1
*** Si chiude il sipario... ***


Emma chiuse gli occhi, come faceva sempre, del resto, prima dell'inizio di ogni pezzo.

"Schiena dritta, pancia in dentro, petto in fuori, en dehors, ricordatevi di sorridere e... Andate, forza!". La Dubois, puntualmente vestita elegante,
dava le ultime raccomandazioni. Lo spettacolo di fine anno sarebbe dovuto andare bene, non c'era nessuna altra possibilità, dopotutto erano alla Royal Ballet School di Londra, una delle più prestigiose accademie di danza di fama mondiale, e lì non erano certo ammessi errori! Emma di solito non aveva mai parti importanti, come il ruolo della protagonista o giù di lì, però quell'anno il nuovo insegnante di danza di carattere Sergej "... venuto direttamente da madre Russia per insegnare voi tecnica di prodigiosa e profonda danza di carattere..." eccetera, eccetera, aveva deciso che Emma aveva una spiccata potenzialità per quel tipo di danza ed era essenziale per il loro balletto.

Ciò stava a significare che probabilmente se avesse sbagliato qualcosa, qualunque cosa, sarebbe sicuramente diventata carne da macello per quell'odiosa oca invidiosa di Kate, la piccola sfacciatella che oramai da sette anni rubava qualsiasi ruolo centrale al quale Emma avesse potuto aspirare. Ovviamente, quando aveva saputo del"... terribile errore che Sergej aveva fatto scegliendo quella tappetta senza talento..." invece di lei... Be', potete immaginare la scena: Kate che dava di matto e Emma che dietro di lei di piegava in due dalle risate. Non che lei si vantasse di quella parte, ma era terribilmente esilarante vedere la sua peggior nemica umiliata di fronte a lei.

E poi, Emma era sempre stata bravissima nella danza di carattere, solo che nessun insegnante l’aveva mai valorizzata abbastanza. La sua bravura era probabilmente legata al fatto che era molto emotiva e riusciva ad esprimere i suoi sentimenti meglio di chiunque altro, anche per questo era una pessima bugiarda.

Comunque, tornando allo spettacolo, Emma era agitatissima. Pretendeva perfezione assoluta, niente di meno e forse di più. Quando la musica iniziò aprì lentamente gli occhi ed entrò nel palco; guardando tutto il pubblico che aspettava solo lei, ebbe la sensatissima voglia di tornare indietro, ma poi la musica la portò lontano, in un mondo che solo le ballerine conoscono, solo quelle che capiscono qualcosa di danza. Nota dopo nota, si lasciò lentamente trasportare, come se fosse su un’onda. Non si sarebbe nemmeno resa conto di aver finito, se non fosse stato per l’applauso scrosciante del pubblico.

E anche questa è fatta, direi …” pensò mentre tornava a respirare normalmente. Sorrise facendo un semplice inchino e sgusciò dietro le quinte soddisfatta. Maestro Sergej la guardò compiaciuto bisbigliando un “Brava”, Emma ringraziò con un cenno della testa e si infilò nel suo camerino seguita dalle altre ragazze: quello era l’ultimo balletto e finalmente avevano finito.

Uscì dal teatro accompagnata da sua madre. I suoi genitori avevano divorziato quando lei aveva solo quattro anni e suo padre probabilmente non sapeva nemmeno che lei frequentasse l’accademia. A lei in fondo quella situazione non dispiaceva o almeno si era abituata a conviverci.

Ehi, grazie per averci aspettati eh?!” una voce allegra fece voltare Emma. “Scusate! Pensavo foste già andati via!” rispose lei. A parlare era stata Christine, la migliore amica di Emma dal primo anno alla Royal. Erano un duo inseparabile e quell’anno a loro si era aggiunto un altro elemento: Finn aveva sempre frequentato il loro stesso corso ma non si erano mai esageratamente calcolati, se non per vari pezzi a coppie e cose simili.

Quell’anno però durante una partita a calcio nelle ora di ginnastica, Finn si era offerto di insegnare a Emma e Christine qualcosa su quel gioco che per loro era estraneo quanto Marte e si erano così divertite che Finn era subito entrato in confidenza con le due ragazze.

Io e Christine pensavamo di andare a prendere un gelato per festeggiare la fine dell’anno, ti unisci a noi?”. Emma rivolse uno sguardo supplichevole a sua mamma che accettò senza fare troppe storie: ”Ti do la tua copia di chiavi, prendi il pullman e a casa entro le 11, tutto chiaro?”

Emma non l’aveva praticamente neanche provata ad ascoltare, le sapeva a memoria le raccomandazioni di Alice, sua madre.

Prese sottobraccio Finn e Christine e si diressero verso il bar più vicino ridendo e scherzando come solo tre giovani di diciassette anni sanno fare.”
Quest’anno classico è andato bene, non credete?” Finn era il più bravo tra i ragazzi e la Dubios impazziva per lui. Ci credevano che era andata bene! “No!”risposero all’unisono le ragazze, “è a te che va sempre bene! Qualsiasi cosa tu faccia hai la Dubois che ti copre!- continuò Emma - è matematicamente impossibile che a te vada male classico!” “Ed è matematicamente impossibile che tu ne capisca qualcosa di matematica!” ribatté Finn che era diventato rosso fino all’attaccatura dei capelli.

Emma e Finn continuarono ad insultarsi per un buon quarto d’ora, fin quando Christine scoppiò in una risata fragorosa, seguita dagli altri. Vedere quei due lanciarsi frecciatine era qualcosa di meglio di un film comico: avevano una fantasia infinita, se dicevano di tutti i colori e il bello era che si divertivano!

Chiacchierarono un altro po’ quando ad un tratto Finn si bloccò, si sistemò il ciuffo perennemente davanti agli occhi e rivolgendosi alle ragazze chiese:” Come sto?”. “Come un perfetto idiota!” Fu la dolcissima risposta di Christine. “Sapete di essere totalmente inutili, vero? Comunque io devo andare, ci si vede agli esami!” Finnsi allontanò visibilmente agitato. Emma e Christine si guardarono e poi si voltarono per capire l’oggetto dell’agitazione del loro amico. Quando lo videro chiacchierare con una ragazza di un tavolo poco lontano dal loro e allontanarsi con lei mano nella mano, gli lanciarono lo sguardo più offeso e assassino che avessero mai potuto fare: quell’idiota si era fidanzato e non aveva detto niente a loro?! Alle sue migliori amiche?! “Appena lo rivedo lo uccido!” erano furiose, ma allo stesso tempo felici che il loro piccolo Finn si fosse trovato una ragazza.

Rimasero un altro po’ al bar finché, troppo stanche per dire anche una sola altra parola, decisero di tornare a casa. Abitavano in due zone diverse di Londra, perciò, come tutte le volte che tornavano a casa insieme, presero un pullman che passava per quasi tutta la città. In questo modo, non solo facevano il tragitto insieme, ma si guardavano anche un po’ intorno per ammirare la splendida capitale inglese che, anche vivendo lì per trenta o quarant’anni, riserva sempre qualche vicoletto nascosto o qualche piazza che non avevi mai notato.

Christine abitava a Piccadilly Circus una delle zone più belle e movimentate di Londra, mentre Emma e sua madre vivevano in una zona ben lontana dall’idea delle belle casette londinesi, era totalmente il contrario! Infatti la loro casa si trovava nel quartiere industriale della città, poiché Alice lavorava lì da ben quindici anni ormai. Emma odiava la sua casa. Era troppo grigia e triste e piena di cose terribilmente noiose. Anche per questo si era totalmente gettata sulla danza. Soprattutto quando era più piccola e sua madre lavorava moltissimo, spesso si ritrovava a subire le sue sfuriate o a lavorare lei stessa in casa, molto più di quanto una normale bambina di dieci anni dovrebbe fare, proprio per il fatto che Evanna passava la maggior parte del suo tempo fuori casa. Emma finiva quasi per essere più stanca di sua mamma e lei, che non era cieca, se ne accorse, anche se un po’ in ritardo. Notando che la piccola Emma, da quando aveva iniziato a camminare, si divertiva spesso a ballare un po’ maldestramente ma con molto impegno, un giorno la portò a fare una lezione di prova. Fu un successo clamoroso! Emma impazziva per quello sport, che tanto insisteva a chiamare arte, e anche la maestra era più che convinta che la bambina avesse un magnifico talento! Così, dopo un anno di lezioni in quella piccola scuola, l’insegnante fece alla sua ballerina prediletta una proposta che lei non avrebbe mai rifiutato: Emma sarebbe potuta entrare alla Royal Ballet School, certo avrebbe dovuto affrontare un piccolo esame ma la maestra era sicura che lei l’avrebbe passato senza problemi, come infatti accadde. L’entrata all’Accademia fu un fatto positivo non solo per Emma, ma anche per sua madre che non doveva preoccuparsi per la figlia che passava praticamente tutto l’anno in quella scuola, cosicché quando la rivedeva trascorrevano molto tempo insieme senza litigi o qualsiasi altro tipo di tristezza.

Insomma, sette anni dopo quel giorno, Emma era ancora pazzamente innamorata della danza come il primo e, come tutte le ballerine, sognava di diventare un étoil e di fare quel lavoro per sempre. Ovviamente sapeva di tutti gli ostacoli che avrebbe dovuto affrontare, del fatto che normalmente una ballerina fa la fame, dato che non ha un vero e proprio stipendio, che molte sono considerate frivole e inutili, poiché molta gente non dà a quella meravigliosa arte che è la danza, l’importanza che in realtà merita.

Di tutto questo non le importava nulla. Lei viveva per danzare. Lo sapeva, lo aveva sempre saputo. Niente e nessuno le avrebbe impedito di seguire e di raggiungere il suo sogno.

Emma si gettò sul letto. Sua madre già dormiva da un pezzo ma lei non aveva sonno, così cominciò a pensare. Vi è mai capitato di passare la notte a guardare il soffitto? A lei capitava molto spesso e anche quella, sembrava una di quelle notti in cui il sonno sembrava molto lontano dalla sua porta. Così chiuse gli occhi e il suo pensiero volò al giorno dell’esame all’Accademia, allo sguardo severo dell’insegnante, a quello inquisitorio delle altre ragazze, alle istruzioni degli esercizi alla sbarra, il ritorno a casa soddisfatta, l’attesa di quella maledetta lettera di risposta che sembrava non arrivare mai, quella mattina (le sembrava fosse un martedì) quando il postino portò un telegramma “per la signorina Emma May” seguito da un occhiolino divertito, le mani che le tremavano mentre l’apriva e poi la fatidica frase “… è stata ammessa alla Royal ballet School per l’impegno e la passione dimostrati durante l’esame di ammissione…”

Le sembrava fosse successo così poco tempo prima, eppure erano passati ben sette lunghi anni! Presto ci sarebbero stati gli esami per entrare all’ultimo anno e lei era convintissima di riuscire passarli senza difficoltà.

Senza neanche accorgersene, si addormentò. Forse il sonno non si era completamente dimenticato di lei, dopotutto …

È per questo che sono nata … Ne sono più che sicura …” disse con un sospiro appena prima di chiudere gli occhi.


N.D.A
Salve a tutti! Questa è la mia prima Fan Fiction e perciò vi chiedo un po' di comprensione, però accetto le cririche, tutte quelle che volete!
Comunque ecco il primo capitolo! Sperio vi piaccia!!


 

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Capitolo 2
*** Esami e sensazioni. ***


Emma aprì gli occhi di scatto.
Un rumore di cocci rotti l'aveva svegliata. Si stropicciò gli occhi ancora assonnata e si sedette sul letto.
Davanti a lei la sua gatta giocherellava con un vasetto di fiori che, probabilmente,  pochi secondi prima era sul davanzale.
Si rigettò nel letto sbuffando esasperata. Odiava quando quella gatta la svegliava in quel modo, anzi, in realtà erano proprio quegli animali stupidi e inutili che odiava.
I gatti sono indipendenti, gli puoi anche salvare la vita e loro cosa farebbero in cambio? Scapperebbero alla prima occasione.
Creature inutili... Come avrebbe voluto avere un cane! Quelli sono animali che si affezionano, che si affezionano veramente, che rimangono per sempre...
Peccato che vivesse in un appartamento, in un appartamento orribile fra l'altro.
Per fortuna c'era la danza! Un momento, danza, danza, danza...
ACCIDENTI QUELLO ERA GIORNO D'ESAME!
L'esame per rientrare all'Accademia!
Come aveva potuto dimenticarsene?
Era in ritardo, ritardissimo!
Il bus sarebbe partito tra soli dieci minuti e lei era ancora in uno stato pietoso con quel suo ridicolo pigiama!
Si vestì alla meno peggio e prese la borsa che aveva già preparato la sera prima. Corse in cucina prendendo un biscotto e ne uscì abbandonando lì l'idea della ricca colazione che avrebbe potuto gustarsi se... Oh, basta!  Doveva smettere si pensare e soprattutto doveva correre!
Accanto alla porta vide un biglietto, probabilmente di sua madre, e lo prese, decisa a leggerlo una volta seduta tranquilla in quel maledettissimo autobus.
Scese le scale quasi inciampando a ogni gradino, pregando che il pullman non fosse già partito, e, quando lo vide ancora lì sotto casa, tirò un sospiro di sollievo così forte che tutti i passanti potevano aver sentito.
Riprendendo a respirare normalmente, Emma capì che, quant'è vero che il buongiorno si vede dal mattino, quella sarebbe stata la giornata più fortunata e sfortunata della sua vita.
Sedendosi si ricordò del biglietto che Alice le aveva lasciato, così lo prese intenzionata a leggerlo, poiché  dei capelli totalmente in disordine e che in realtà avrebbero dovuto essere legati in un elegante chignon, avrebbe pensato durante l'abbondante mezz'ora di anticipo in cui sarebbe dovuta arrivare, sempre che non abbiano trovato traffico, ipotesi che cacciò velocemente dalla mente per non rovinare l'attimo di buonumore che le era preso.

Ben alzata dormigliona!
Ho aggiustato la sveglia,così ti alzerai presto e sarai fresca e pronta per l'esame!
Buona fortuna, mia piccola ballerina, anche se so che non ne avrai bisogno!
Mamma
ps. Spero che la sveglia abbia funzionato a dovere, sai che non sono molto brava a riparare gli oggetti.”


Emma sospirò rassegnata. L'idea della tranquilla colazione, dell'accurata scelta degli abiti per fare bella figura, della splendida passeggiata fino alla fermata dell'autobus che sua madre si era fatta era totalmente diversa da ciò che era successo in realtà e, anzi, l'unica cosa giusta che aveva detto era stata l'affermazione di non saper riparare gli oggetti, poiché la sveglia non le sembrava avesse funzionato così tanto, o meglio, non le sembrava avesse funzionato proprio per niente!
In quel  caso, quell'ammasso nero di peli pulciosi e il suo intervento apparentemente inutile e irritante, si erano rivelati a dir poco provvidenziali!
Non aveva neanche il coraggio di pensare a cosa sarebbe potuto accadere  se fosse arrivata in ritardo agli esami...
L'avrebbero cacciata a calci se solo avesse provato ad avere la malsana idea di avvicinarsi alla Royal, per non parlare di come si sarebbe sentita lei stessa, di come avrebbe fatto a non rivedere più i suoi amici tra i banchi di scuola o tra le scarpette e il profumo della lacca...
Si appuntò mentalmente di che, una volta tornata a casa avrebbe dovuto fare  una statua, anche bella brande se possibile, a quell'essere odioso, o almeno la promessa di non insultarlo più tutte le volte che entrava nella sua camera, che per lei era già un passo avanti.

Un cancello interruppe il corso dei suoi pensieri e, quando si rese conto che era quello dell'Accademia u sorriso si appropriò automaticamente del suo volto.
Anche se era stato solo per una settimana, quella che ormai era la sua casa le era mancata da morire.
Scese velocemente dal bus ed entrò con il suo bel sorrisetto da ebete ancora stampato in faccia e corse verso l'edifico centrale, dove si trovava l'aula e i camerini maschili e femminili.
Entrando tese l'orecchio per ascoltare la musica dei saluti finali, probabilmente  i ragazzi e le raazze del corso precedente al loro avevano appena terminato l'esame.
Entrò nell'ampio camerino dove trovò Christine prontissima, ad a aggiustarsi degli invisibili e inesistenti capelli fuori posto davanti allo specchio. Emma le corse incontro abbracciandola e quando l'amica si accorse che lei era ancora in jeans e maglietta e che i suoi capelli sembravano quelli di qualcuno che si è appena svegliato, che poi in realtà era vero, poco ci mancò che cacciasse un urlo!
Già, Christine era fatta così, la sua precisione era maniacale.
Così, mentre Emma si cambiava e indossava le scarpette, Christine le sistemava i capelli e in dieci minuti lei era pronta.
Nel frattempo le altre ragazze del loro corso avevano affollato i camerino e ciascuna di loro mostrava una buona dose di ansia e agitazione, persino le più inflessibili, poiché quello non era come un semplice saggio, ma il passeportout per l'anno successivo, che non era un anno qualunque, bensì l'ultimo, il più difficile e solo le migliori potevano anche solo accarezzare il sogno di arrivarci.
Molti ragazzi e ragazze erano stati buttati fuori dall'Accademia, tanti quanti quelli che l'avevano lasciata di loro spontanea volontà, ma Emma c'era sempre riuscita, sempre riuscita senza nessun tentennamento né da parte dei professori né da quella del membro esterno, perché quel giorno non avrebbe dovuto farcela?
“O beh ci sono centinaia di motivi! Potresti farti prendere dalla paura e sbagliare tutto, potresti inciampare e sbagliare tutto, potresti romperti un piede e sbagliare tutto, potresti...”
“Ok, grazie, è chiaro...”
Emma era già abbastanza agitata per conto suo, stare anche a sentire le ipotesi a dir poco catastrofiche di Christine l'avrebbe fatta morire di una morte precoce e dolorosissima, senza contare che l'insegnante aveva appena invitato le ragazze ad entrare.

La sala era sempre la stessa, forse un po' più piccola e con meno aria per i più agitati, ma non per Emma.
Sapeva che sarebbe andato tutto bene, in fondo era come una normale lezione, no?
Cercò tra quelli dei ragazzi, gli occhi di Finn per augurargli buona fortuna con un sorriso, dato che a  voce non si poteva.
Dopo essersi sistemati tutti alle sbarre la musica iniziò.
Emma memorizzava tutti i passi che l'insegnante mostrava e li ripeteva con precisione.
Lentamente, la fatica prese il posto dell'agitazione, quella fatica che per ben sette anni  l'aveva accompagnata, quella fatica che le faceva salire un gradino in più ogni volta che la sentiva, quella che la portava sempre più in alto, quella che solo i veri ballerini capiscono veramente, quella che fa volare il tempo e, grazie alla quale, tre ore di lezione volano via senza dare il tempo di rendersene conto.
Ed era ora degli inchini. Finalmente Emma lasciò il cuore riprendere il normale battito e, ascoltando la musica, immaginò le ragazze del corso successivo che si davano gli ultimi ritocchi nel camerino, come lei e le altre avevano già fatto, e sorrise.
Sorrise perché sapeva di avercela fatta.
Ovviamente, quella pessimista della sua migliore amica, non era dello stesso parere.
“Ho fatto un disastro, mi butteranno fuori a calci nel sedere, ne sono più che sicura, me lo sento. Ma perché mai ho deciso di entrare nell'Accademia e di danzare dico io. Ma sono impazzita?” continuava infatti a ripetere Christine.
“Chris è tutti gli anni la stessa storia! Ti lamenti e ti deprimi e poi vieni ammessa con il massimo dei voti! La vuoi piantare?!” le rispose Finn quando furono nel piazzale esterno. Il ragazzo quel giorno era strano.
Be' riuscire a sopportare i poemi drammatici di Christine senza ribattere era difficile, certo, ma lui non dava mai rispostacce, anzi, la buttava sempre sul ridere!
Emma si avvicinò al suo migliore amico:”Finn cos'hai? Hai paura che l'esame sia andato male?”
“No, no, è che... Non lo so, sono preoccupato, è come se stesse per succedere qualcosa di terribile...”
“Terribile?! No, catastrofico! Verremo tutti bocciati e non ci rivedremo mai più!” gridò Christine, sperando di farlo ridere, o almeno sorridere, cosa che, nonostante le preghiere di Emma, non accadde.
Le due ragazze si guardarono preoccupate.
“Emma parlaci tu. Con l'umore che ho potrei solamente peggiorare la situazione.” Emma annuì, poi aspettò che la sua amica si allontanasse fingendo di fermarsi a guardare la vetrina di un negozio e prese sottobraccio Finn.
“Ok, ora mi spieghi esattamente che succede, perché la spiegazione di prima non...”
“EMMA ATTENTA!!!” la voce di Finn fu l'ultima cosa che sentì e un auto che sbandava fu l'ultima cosa che vide.
Poi il buio.

N.D.A
E ecco il colpo di scena iniziale!
Bene, in ogni caso ho deciso di spostare la storia nei thriller, dato che la trama che ho immaginato ha avuto dei risvolti inaspettati anche per me!
Spero di riuscire ad aggiornare presto!

 

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Capitolo 3
*** Strani sogni. ***


Emma era nel vuoto.
Vuoto.
Completamente vuoto.
Non c'era niente di niente.
Niente.
Vuoto.
Che parole orribili.
La ragazza a volte si chiedeva perché esistessero parole tanto brutte, strazianti e desolate.
Si alzò in piedi e una fitta di dolore le attraversò la gamba. Non ci badò più di tanto dato che il suo problema principale era: dove si trovava in quel momento?
Iniziò a girare per quel posto che probabilmente non aveva nè inizio nè fine. Erano passate ore e a lei sembrava di essere ancora al punto di partenza.
Iniziò ad avere paura.
Il suo battito cardiaco aumentò vertiginosamente.
No! Doveva stare calma, solo stare calma.
Sarebbe finito tutto.
Si impose di ricacciare indietro le lacrime che le pizzicavano gli occhi sia per il terrore che stava lentamente prendendo possesso di lei, che per il dolore alla gamba che si stava facendo sempre più forte.
Cercò di tranquillizzarsi ancora una volta: in fondo, finchè lì c'era solo lei, non c'era neanche nessuno che l'avrebbe attaccata, ferita o peggio.
Annuì, come ragionamento non faceva una piega, si sentiva molto soddisfatta, almeno finché una risata amara non la fece trasalire.
Una risata di scherno che metteva i brividi.
Emma sentì il suo cuore chiudersi in una morsa e di colpo iniziò a correre e a scappare il più lontano possibile da lì, ovunque si trovasse.
La gamba ora le faceva malissimo, ma a lei non importava, voleva solo allontanarsi da quella terribile risata.
Il suo piano non aveva però nessuna intenzione di funzionare, la risata continuava a starle dietro e più che andarsene, pareva avvicinarsi sempre di più.
Ad un tratto una mano le afferrò il polso costringendola a fermarsie lei si sentì perduta.
Si voltò lentamente, preparandosi al peggio.
-Finn?!-
La ragazza lo abbracciò d'istinto.
-Ehi, perché non ti fermavi?- chiese lui stupito. Aveva il respiro affannato, probabilmente aveva corso per raggiungerla.
-Ma come non l'hai sentita?! Quella risata, sì! Era terribile!
Della risata non c'era più traccia.
-Io non ho sentito niente...
La guardò scettico, probabilmente pensava stesse impazzendo.
Probabilmente aveva ragione.
I due si sedettero uno di fanco all'altro, un po' per la stanchezza, un po' perché dovevano trovare una spiegazione logica a tutto quello che era appena successo.
Infatti, anche Finn si era ritrovato in quella landa desolata e quando aveva visto Emma aveva provato a chiamarla, ma lei era scappata. Emma non accennò neanche alla risata e al dolore alla gamba che, almeno per il momento, sembrava essersi placato.
Rimasero un po' a ragionare sul da farsi e arrivarono alla conclusione che stare lì a non far nulla era terribilmente inutile e che ,probabilmente, la cosa migliore era alzarsi e muoversi verso un qualsiasi posto.
Si erano appena alzati, e la gamba di Emma aveva appena ricominciato a dolergli, quando la ragazza sentì un rumore indistinto, troppo simile all'inizio di una risatina, troppo.
Deglutì nervosamente e strinse i pugni, ignorando la gamba che pulsava dal gran male, cercando di pensare che si era sbagliata, che non era nulla.
Tutto inutile.
La risata tornò più terribile di prima.
Emma impallidì e rimase impietrita.
Terrorizzata, guardò verso Finn che però sembrava non essersi accorto di nulla, lui era come sempre.
Tranne che per un particolare: un piccolo foro sulla camicia.
Il foro aveva cominciato ad espandersi con l'aumentare delle risate, per questo le ci volle poco per capire che non era un semplice foro su di una semplice camicia...
Pareva che qualcosa stesse bruciando il ragazzo, come se lui fosse un semplice foglio di carta, era la cosa peggiore che lei avesse mai visto.
Emma impallidì e gridò, terrorizzata: Finn sembrava non accorgersi di nulla, nè della terribile risata, nè del fatto che lui stesse scomparendo, nè del dolore terribile alla gamba della ragazza che l'aveva costretta ad inginocchiarsi.
Emma gridava sempre più forte, era un incubo, non capiva più nulla, immagini di persone attorno a lei, altre grida, sirene e poi...

Poi si svegliò.
Era davvero un incubo.
Impiegò un po' di tempo per capire che non si trovava a casa sua...
Quel letto era molto meno comodo del suo e la camera troppo illuminata per i suoi gusti, ma allora dov'era?
Fece per mettersi seduta e si accorse solo allora di avere qualcosa sul braccio che le dava fastidio: una flebo.
Vide sua madre seduta su una sedia con la testa appoggiata al tavolino di fronte, appisolata, vicino ad un armadietto con all'interno quelli che sembravano dei medicinali e a fianco al suo letto, su un comodino, dei fiori freschi e profumati.
Per un'attimo la chiarezza apparve lampante davanti ai suoi occhi.
-Ma... Ma sono in osp...
Non riuscì a finire la frase che Alice, che si era alzata di scatto, le si fiondò al collo per abbracciarla e scoppiò a piangere, felice.
-Stai bene! Ti sei svegliata! Bambina mia, non sai che spavento mi hai fatto prendere! Ti prego non farlo mai più! Ma devo chiamare il dottore! Tu non ti devi assolutamente riaddormentare, stai tranquilla, non ti alzare e... Aspetta!
Poi corse via, veloce come un fulmine; sbattendo la porta e lasciando Emma con un'espressione sbalordita sul volto.
Parlandole, l'aveva riempita di abbracci, baci, baci, abbracci, non che le dispiacesse ma...
Era impazzita?!

***

Nel frattempo, molto lontano da Emma e dai suoi problemi, in una casa semidistrutta e arroccata un uomo accendeva tranquillamente una sigaretta.
Saranno state più o meno le undici di sera, alla luce luce di una candela scriveva quella che sembrava una lettera di dimissioni.
Quando terminò, imbustò la lettera e l'appoggiò sul tavolo, riprendendo la sigaretta tra l'indice e il medio e assaporò il fumo appoggiandosi allo schienale della sedia.
Un ghigno si dipinse sul suo volto: tutto stava procedendo secondo i suoi piani.



N.d.A. Ehm, ok, lo so sono sparita per più di due mesi e mi dispiace, molto ma... Non avevo idee!
Comunque se vi piace, se non vi piace, se volete dirmi che devo ritirarmi, almeno fatemelo sapere!
RIngrazio i lettori silenziosi dell'ultimo capitolo e... Niente, spero di riuscire presto ad aggiornare.
Baci, Vera

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Capitolo 4
*** Terribili rivelazioni ***


Emma si mise lentamente a sedere.
Si sentiva terribilmente stanca e non riusciva a capire perché si trovasse in ospedale.
Delle voci e dei passi fuori dalla porta attirarono la sua attenzione: una sembrava quella di sua madre, l'altra non riusciva a riconoscerla.
Nella sua stanza entrò però solo un uomo.
Pareva sulla sessantina, capelli bianchi e radi, un volto inespressivo che non lasciava trasparire nulla, probabilmente ormai abituato a mantenere una maschera d'indifferenza dove le emozione scivolavano senza lasciare traccia.
La visitò velocemente, senza rivolgerle una sola parola o un sorriso, tranne che per qualche mormorio che doveva assomigliare a un "tutto bene"...
Soltanto alla fine, il viso leggermente addolcito dallo sguardo confuso della ragazza, disse :" Ora ti spiegheranno tutto quello che è successo tranquilla.".
L'uomo uscì velocemente avvertendo un'infermiera di entrare nella stanza insieme alla madre della paziente mentre lui sarebbe andato in ufficio per controllare alcuni documenti.
Attraversò velocemente i corridoi, le voci che rimbombavano nella sua testa.
Chiuse la porta dell'ufficio alle sue spalle e di sedette alla scrivania, la testa fra le mani.
Stava succedendo di nuovo e lui non era riuscito a fare nulla, ma il passato era passato e doveva restare dov'era: nei pensieri, nei ricordi, nelle immagini.
Alzò gli occhi sulla cornice sopra la porta che conteneva una foto.
C'era una ragazza, aveva sedici anni e gli occhi del colore del mare.
Sedeva su una sedia in paglia, in un prato e aveva un sorriso triste che sembrava rivolto all'infinito, più che all'obiettivo della telecamera.
L'anziano medico la prese tra le mani lasciando che le lacrima bagnassero il vetro.
Strinse forte al petto la foto, ascoltando la risata di quella ragazza, perché se la ricordava benissimo quella risata, quel sorriso. Quel sorriso vero, non quello della foto.
Quello di sua figlia, che aveva deciso di andarsene perché credeva di aver distrutto tutto, quando invece c'era ancora tutto da costruire.
Si chiamava Mary a aveva i capelli del colore del grano che legava in una coda bellissima quando danzava.
Si chiamava Mary e l'uomo non capiva, probabilmente perché non sapeva, la motivazione dei suoi gesti e delle sue decisioni.
Si chiamava Mary, aveva gli occhi del colore del mare, i capelli del colore del grano, sedici anni quando si era suicidata, lui non aveva potuto fare niente per salvarla ed era sua figlia.
Ma lui non sapeva niente di lei. 

Alice raggiunse Emma sul letto stringendole le mani come a voler essere sicura che lei c'era, che non era una sua fantasia.
Una volta assicuratasi che la figlia non fosse un miraggio, rivolse all'infermiera uno sguardo che chiedeva tutto il suo appoggio. Emma colse quello scambio di occhiate e di rese conto che quello che le dovevano dire non era semplice.
Il suo cuore aumentò il battito.
"Purtroppo, piccola mia, è successo qualcosa di molto brutto ad una persona a cui tu tieni molto. Quando eravate in strada un'auto vi ha investito e Finn... Finn, lui..."
Emma si portò le mani alla bocca, incapace di articolare qualsiasi pensiero.
Non poteva, non poteva essere vero.



N.D.A
Sssalve, non ho scuse, lo so.
Il capitolo era pronto da un po' ma non ho potuto aggiornare e mi sento terribilmente in colpa perché è pure corto...
In ogni caso, ringrazio chi ha recensito l'ultimo capitolo, chi segue la storia e tutti i lettori silenziosi.
Al prossimo capitoloo!!
Vera.

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