Missing Pieces

di alimanga
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Come il Grigio divenne Arancione ***
Capitolo 2: *** Due semplici parole ***
Capitolo 3: *** Perchè, Peter? ***
Capitolo 4: *** Il Corvo e la Neve ***
Capitolo 5: *** Ancient Tears ***
Capitolo 6: *** Buona Festa della Mamma ***



Capitolo 1
*** Come il Grigio divenne Arancione ***


Missing Pieces
Pezzi Mancanti
di Alimanga


001.Inizio. 002.Fine. 003.Perdere. 004.Interiorità. 005.Esteriorità.
006.Ore. 007.Giorni. 008.Settimane. 009.Mesi. 010.Anni.
011.Rosso. 012.Arancione. 013.Giallo. 014.Verde. 015.Azzurro.
016.Porpora. 017.Marrone. 018.Nero. 019.Bianco. 020.Senza colori.
021.Amici. 022.Nemici. 023.Amanti. 024.Famiglia. 025.Estranei.
026.Compagni di squadra. 027.Genitori. 028.Figli. 029.Nascita. 030.Morte.
031.Alba. 032.Tramonto. 033.Troppo. 034.Troppo poco. 035.Sesto Senso.
036.Olfatto. 037.Udito. 038.Tatto. 039.Gusto. 040.Vista.
041.Forme. 042.Triangolo. 043.Diamante. 044.Cerchio. 045.Luna.
046.Stelle. 047.. 048.. 049.Fiori. 050.Picche.
051.Acqua. 052.Fuoco. 053.Terra. 054.Aria. 055.Spirito.
056.Colazione. 057.Pranzo. 058.Cena. 059.Cibo. 060.Dimenticato.
061.Inverno. 062.Primavera. 063.Estate. 064.Autunno. 065.Mezze stagioni.
066.Pioggia. 067.Neve. 068.Lampo. 069.Tuono. 070.Tempesta.
071.Rotto. 072.Riparato. 073.Luce. 074.Oscurità. 075.Ombra.
076.Chi? 077.Cosa? 078.Dove? 079.Quando? 080.Perché?
081.Come? 082.Se. 083.E. 084.Lui. 085.Lei.
086.Scelte. 087.Vita. 088.Scuola. 089.Lavoro. 090.Casa.
091.Compleanno. 092.Natale. 093.Ringraziamento. 094.Indipendenza. 095.Capodanno.
096.Fratelli. 097.Sorelle. 098.Fotografia. 099.Bacchetta. 100.Dormire.

Contesto:Dopo la II Guerra Magica, nella Pace
Prompt:012. Arancione  
Primo Tassello

                                                                    Come  il grigio divenne arancione 


                                                             Prompt: 

Angelina Johnson era, nella vita, come nel Quidditch. Una persona determinata. Una persona forte.
Una ragazza - e poi una donna - che nessuno poteva fermare o spaventare. Ma era anche nostalgica, spesso incapace di dimenticare il passato, bello o brutto che fosse.
Era forse questo il suo più grande difetto; in fondo, la perfezione non appartiene agli uomini.
Non aveva nulla da rimpiangere, nella sua vita. Era stata una brava studentessa, un' abile cacciatrice e un' affidabile Capitano.
Poi, una fedele guerriera militante nell' esercito del Bene. Ora era una moglie affettuosa e una madre giusta.
Soprattutto, non aveva mai smesso la divisa di Quidditch. Ma c' era un ricordo, una faccia del diamante della sua vita, collegata proprio allo sport che amava tanto. Una fitta dolorosa ogni qualvolta i suoi piedi lasciavano la Terra viziosa per raggiungere la perfezione del Cielo.
Una differenza rispetto al passato che non riusciva ad accettare.
Mentre volava più veloce, sempre più veloce, con l' adrenalina a mille e l' urlo del vento nelle orecchie che pareva spronarla a raggiungere l' anello del Gol, in quel momento....
C' era sempre qualcuno - compagno o componente del pubblico - che le gridava "Forza, Johnson, vai!" come qualcun' altro aveva fatto, ad ogni partita, tanto tempo prima. Si voltava sempre a guardare chi l' aveva incitata con tanto vigore.
E non era mai lui. Non più.
Angelina desiderava vedere solo un ragazzo dai capelli rossi e spettinati dal vento, con un sorriso tale da scioglierle il cuore.
Anche se sapeva che non poteva succedere. Anche se sapeva che non l' avrebbe visto mai più.
Ricordava ancora il giorno in cui si era resa veramente conto di amarlo. Una sera del sesto anno, quando lui le aveva chiesto: "Verresti con me al Ballo del Ceppo?" aveva risposto "Si." senza neppure rendersene conto.
Perchè aveva finalmente compreso le farfalle nello stomaco ogni volta che lo vedeva. Aveva capito che desiderava ballare solo con lui perchè lo amava; si era insomma resa conto che il suo vecchio amico Fred le aveva rubato il cuore.



Quel giorno, molto tempo dopo la Battaglia di Hogwarts, si recò sulla collina dove lui dormiva, ormai da anni, senza respirare.
Angelina Johnson era in piedi, accanto alla tomba di Fred Weasley, il primo ragazzo che l' avesse fatta stare bene.
Non piangeva, perchè non aveva più lacrime.
Non parlava, perchè le parole era state dette tutte.
Ma di ricordi ne aveva a bizzeffe. E leggendo più e più volte il nome inciso sulla pietra grigia, Angelina lo ricordava.
Le tornavano alla mente sere passate a discutere di Quidditch. Ore ed ore ad allenarsi, insieme, sempre.
Pomeriggi trascorsi nella sala comune della loro Casa, a ridere, scherzare e bere succo di zucca. Era sempre stata la bevanda favorita di entrambi; Fred sosteneva che quel liquido zuccherino li rispecchiasse: era buono, come lei. Era arancione, come i suoi capelli.
Ad ogni visita a quella tomba speciale, aveva ricordato il periodo trascorso insieme al suo ragazzo. Momenti preziosi, come quella sera, quando dopo aver ballato per ore lui l' aveva finalmente baciata.
Poi, gli ultimi mesi passati insieme, prima che lui lasciasse Hogwarts in modo tanto rocambolesco e inusuale.
D'altronde, Fred Weasley era fatto così.
Soprattutto, la ragazza ricordava - anche se non avrebbe mai voluto farlo - quell' alba che, sorgendo, aveva illuminato tanto sangue innocente, proveniente dalla battaglia finale tra Bene e Male. Il sangue di tante persone che non meritavano di morire.
Come il suo. Nella sua mente tornava vivida quella scena orribile: gli occhi che conosceva tanto bene, sbarrati per sempre, ma sorridenti anche nella morte.
Angelina provava ancora un dolore immenso. E sentiva nuovamente - come fosse successo appena da un giorno - la sensazione che il tempo si fermasse. La certezza che la vita non avesse più un senso, perchè lui non c'era più. A che scopo continuare a vivere, dunque?



Angelina non era mai stata una persona indecisa. Una volta fatta una scelta, la seguiva fino in fondo. Senza tornare sui suoi passi, mai.
Alla fine di quella Battaglia, aveva desiderato morire. L' avrebbe fatto, se...
Se non avesse visto due occhi, così simili a quelli di Fred, colmi di disperazione. Non solo per la perdita della persona a lui più vicina, ma anche - e la giovane lo sapeva - per l' amore, non corrisposto, che provavano per lei. Così, era rimasta, perchè se il suo Fred era morto, George viveva ancora. In quel momento Angelina comprese che se fosse rimasta accanto al gemello, una parte del ragazzo che aveva amato sarebbe stata sempre con lei. Così aveva fatto. Aveva deciso di stare con lui, di creare una famiglia.
Quello che avrebbe voluto fare con Fred, se un angelo dalle ali candide non se lo fosse portato via troppo presto.
Ed ora, ora non le restava che una tomba grigia su cui ricordare.
Ma... quel giorno non fu come gli altri.
Perchè per la prima e ultima volta, Angelina parlò alla pietra, e le sue erano parole di commiato.



"Fred, ormai ho deciso. Non posso più tornare qui.
Il mio posto ora è con tuo fratello, se continuerò a venire da te, non potrò mai amarlo come vorrei.
Devo smettere. Sappiamo entrambi come ricordare quello che abbiamo fatto insieme non ti riporterà indietro. Posso solo amare George come ho amato te. Grazie dei bei ricordi, amore mio. Addio."
Nonostante tutto, riuscì a sorridere. Sapeva che il suo Freddie avrebbe capito.
Angelina Johnson non era mai stata una persona indecisa. Una volta fatta una scelta, la seguiva fino in fondo. Senza tornare sui suoi passi, mai.
E fu così anche quel giorno.
Posò un fiore sulla tomba e vi agitò un attimo la bacchetta. Poi la guardò un' ultima volta. "Addio, Freddie."
Scesa dalla collina, si smaterializzò. Senza voltarsi indietro. Senza tornare mai più, perchè così aveva deciso.
Il fiore che ha lasciato, sai, è ancora lì.
Puoi vederlo. Vai alla tomba di Fred Weasley, e vi troverai un dente di leone color arancio, che l' incantesimo di un cuore spezzato ha fatto crescere e mettere radici. La lapide, ora, è coperta da quei fiori.
Il fiore della fedeltà. Il colore della gioia. Perchè Fred era così, e lo rimarrà sempre.
Ed ora la tomba, coperta dal suo fiore preferito, non è più grigia, ma arancione.
Come la sua allegria.
Come il succo di zucca che tante volte aveva bevuto con la ragazza che amava.
Come i suoi capelli.
Come il loro amore.
Arancione. Prima, ora e sempre.   




 Comincia dunque questa raccolta, il cui obiettivo è tentare di colmare i dubbi e i vuoti che anche la più perfetta delle storie lascia inevitabilmente nei suoi lettori. Harry Potter non fa eccezione, così una sera di Maggio ho deciso che la mia prima Big Damn Table sarebbe stata proprio su questo fandom, per mostrare a chi vorrà come nella mia testa quei vuoti vengono colmati. Io spero che almeno qualcuno abbia gradito questo mio piccolo tributo a una coppia che, a mio parere, viene solo sfiorata dall' autrice. Il riferimento al Ballo del Ceppo l' ho preso dal quarto film, ricordando quando Fred chiede ad Angelina di andarci con lui. Inoltre, come scritto nel Lexicon, sarà proprio George che Angelina sposerà, e i due avranno dei figli. Se vi siete mai chiesti cos' abbia provato Angelina alla morte di Fred, o come sia arrivata a sposarne il fratello, la mia versione è quella che avete appena letto. Spero vorrete lasciare la vostra opinione, desidero migliorarmi e solo le critiche possono aiutarmi a farlo, quindi vi aspetto.

 Intanto grazie a te che hai letto l' inizio di quest' avventura che, spero, riuscirò a portare a termine anche con il tuo aiuto, se lo vorrai.

 Alimanga


 

 

  

 
  

  

   

 
 

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Capitolo 2
*** Due semplici parole ***


Missing Pieces
Pezzi Mancanti
di Alimanga

Contesto:VII Libro
Prompt:034 Troppo Poco
Secondo Tassello

                             Due semplici Parole

"Troppo poco."
Quante volte aveva pronunciato quelle parole.
Quando sua madre non gli regalava tante Cioccorane quante gliene avesse promesse. Quando vedeva scritto sulla pergamena del compito l' esito delle sue fatiche nello studio, o ancora durante gli scambi di figurine Streghe e Maghi Famosi con suo fratello Dennis.
Ma quella notte gli sembrò di usarle correttamente per la prima e unica volta.
Harry Potter.
Il suo mito, il ragazzo di cui certo non invidiava il passato, ma ammirava la forza ed il coraggio. L'uomo per cui si era sentito orgoglioso d' essere un Grifondoro, perchè era la Sua casa. L' unica persona che a volte temeva davvero di infastidire, perchè non avrebbe mai sopportato un insulto o - peggio - una fattura dal suo idolo. Per lui era stato preso in giro e mortificato dai crudeli Serpeverde, poi pietrificato da un male antico a soli undici anni. Ma non gli era mai importato, perchè - pensava - per Harry Potter avrebbe fatto qualsiasi cosa, anche morire.
Forse se lo aspettava.


"Sei al sesto anno, vero ragazzo? Hai sentito la nuova preside, solo gli studenti del settimo possono rimanere e combattere.
Tu seguirai i tuoi compagni fuori da qui." La secca risposta di Gazza alle sue suppliche gli era scivolata addosso come pioggia.
Non aveva avuto il minimo ripensamento quando, nascondendosi dietro una statua, era riuscito a rimanere nel castello per combattere l' ultima battaglia contro Lord Voldemort. Non aveva paura, non gli importava quanto quello che stava per accadere fosse pericoloso. Voleva solo poter aiutare veramente il suo mito almeno per una volta. E mentre la battaglia iniziava, aveva pensato solo:"Cos'hanno loro? Giganti, Acromantule e chissà cos' altro. E noi? Studenti, pochi maghi dell' Ordine della Fenice e armature che camminano! E' troppo poco. Devo dare una mano anch'io."
Aveva pronunciato di nuovo quelle due parole nella sua testa, sicuro d' essere nel giusto e convinto - quant' era ingenuo! - che questo bastasse per sopravvivere. Poco dopo, mentre la luce verde lo colpiva e nelle orecchie rimbombava la risata crudele del suo assassino, ripensò alla sua vita. Solo sedici anni.
Troppo poco per morire.
Ma abbastanza per farlo in quel modo. Così, nell' ultimo istante della sua vita, Colin Canon sorrise.
Perchè quello era il modo con cui aveva sempre desiderato andarsene. Combattendo per lui.
Per Harry Potter.  


Fu proprio il suo idolo a scegliere la frase da mettere sulla lapide.
I signori Canon non si opposero, sapevano che Colin avrebbe voluto questo.
Ed ora, nel cimitero di Godric's Hollow, dove sono stati sepolti tutti gli eroi della Seconda Battaglia di Hogwarts, c'è una piccola tomba, non lontana da quella dei Potter.
Dice:

                                         Colin Canon
                                        1981 - 1998
                                  Un piccolo grande eroe,
                                  a cui la vita ha concesso
                                          poco tempo.
                                         Troppo poco.
 

 

Questo capitolo è stato un pò ambiguo. Non appena ho visto il prompt "Troppo Poco", ho subito capito che sarebbe stato perfetto da dedicare al povero Colin, ma scrivere la fiction in se è stata un' impresa ardua. Tuttora non sono pienamente soddisfatta del risultato, spero vorrete darmi un' opinione; mi dispiace che il primo capitolo abbia ricevuto una sola recensione, comunque voglio ringraziare l' utente che ha inserito questa raccolta tra le sue Seguite e spero che vorrà darmi la sua opinione ora o nelle prossime one-shot.
Confido che questo tassello vi sia piaciuto di più del primo, in  ogni caso grazie a chiunque abbia letto fino a qui, spero vorrai dirmi cosa ne pensi.
Alla prossima,
Alimanga





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Capitolo 3
*** Perchè, Peter? ***


Missing Pieces
Pezzi Mancanti
di Alimanga

Contesto:Generale/VII Libro  
Prompt:080 Perchè?
Terzo Tassello

    

                                                                      Perchè, Peter?


Perchè, Peter?
Ti volevano bene. Erano i tuoi amici, gli unici che avessi mai avuto.
I soli, ricorda, che ti avessero accettato e amato, senza badare al tuo aspetto smunto, debole, squallido.
Come il tuo cuore, vero Peter?
 

Basta... Smettila...

Ti hanno salvato dalle grinfie dei Serpeverde cento, mille volte.
Hanno condiviso con te tutto, dalle discussioni sul Quidditch ai modi per barare agli esami.
Non ti hanno tagliato fuori mai, nemmeno una singola volta.
Quindi perchè Peter, perchè?

Io... non avevo scelta... lasciami in pace...

Non avevi scelta? Menti, lo sai.
Ti è stato imposto, il tradire l' Ordine della Fenice - soprattutto, tradire loro! - e diventare lo schiavo di un' anima nera?
Perchè lo hai fatto, Peter?
E' stata quella la causa di tutto, no?
E poi... una scelta l' avevi. Potevi morire, morire da eroe, rifiutandoti di parlare.
Loro sarebbero morti per te, e lo sai.
James, Sirius, Remus. Tutti quanti. Piuttosto di tradire te, sarebbero morti.
Perchè non hai fatto lo stesso?

N-non volevo.. io non volevo morire...

Per cosa? Per vivere come hai vissuto? La morte è meglio di questo, Peter.
Non è stato Voldemort a uccidere Ramoso. Sei stato tu. Tu e nessun' altro.
E sai cosa ha pensato il buon Lunastorta, quando ha saputo cosa avevi fatto?
Che se solo avesse potuto saperlo ai tempi di Hogwarts, ti avrebbe morso senza esitare e poi dilaniato con i suoi stessi artigli.

No, no! Non è vero... basta...

E Felpato? Non si trovava nella vostra vecchia scuola per uccidere il suo figlioccio, come tutti pensavano.
Oh si, tutti... Tutti tranne un topo di nome Crosta, non è vero?
Un viscido, abominevole ratto di fogna che sapeva di essere il vero bersaglio.
I Malandrini erano la tua famiglia.
Ora, la tua famiglia vuole il tuo sangue. E dato che hai scelto di vivere, vivi con questa consapevolezza per il resto della tua squallida vita, Codaliscia.

Nooooooooooo!!!

Peter Minus si svegliò di soprassalto, ansimando e piagnucolando.
Si prese la testa tra le mani e rimase immobile.
Non ne poteva più di quel sogno, una costante e perversa presenza nella sua mente da quella notte d'Ottobre di molti anni prima.
Forse, dopotutto, una coscienza l' aveva.
Ma sapeva che se fosse tornato indietro, se avesse rivissuto quel momento, avrebbe tradito i Malandrini una seconda volta. Perchè, come diceva il suo padrone, niente è peggio della morte.
Anche se cominciava a chiedersi se il suo fosse vivere.

                                                              
                                                                 ******

 

Peter Minus giaceva accasciato sul lurido pavimento del sotterraneo; i suoi occhi sbarrati non vedevano più, e il collo era spezzato dalla morsa di ferro della sua stessa mano.
Mentre morivi, non ti sei chiesto il perchè non riuscissi a controllare la tua mano d' argento, Peter?
Se anche lo hai fatto, certo non hai saputo risponderti.
Ma invero non è difficile, sai.
Perchè è quello che meritavi, Peter.

 

Non ho molto da dire su questo capitolo, poichè le domande che la coscienza di Minus gli rivolge sono semplicemente quelle che gli farei io, se mai avessi la sfortuna di incontrarlo. Vedo con dispiacere che, sebbene in molti abbiano visionato i due precedenti capitoli, solamente una di loro mi ha dato una sua opinione. Se state leggendo queste righe, vi prego, lasciate un piccolo commento. Sarei ben felice di vedere molte recensioni con bandierina arancione, poichè reputo le critiche come uno strumento per migliorarmi. Questo silenzio, invece, mi porta a pensare di scrivere così banalmente da non meritare neppure un commento.
E' così? Se lo è, almeno ditemelo, per favore.
In ogni caso al prossimo tassello, per chi vorrà seguirmi.
Alimanga

. Spero che abbiate . Non no





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Capitolo 4
*** Il Corvo e la Neve ***


Missing Pieces
Pezzi Mancanti
di Alimanga



Contesto:Dai Fondatori alla I Guerra Magica
Prompt:041 Forme
Quarto Tassello

Il Corvo e la Neve


Il Male, adesso lo sapeva, si celava sotto varie forme.
Per esempio nei panni di un falso ragazzo modello dagli occhi - e dal cuore - neri come ali di corvo.
Prima che tutto ciò accadesse, Hagrid aveva cambiato idea molte volte sulla definizione di quella parola, ma l' aveva sempre intesa come un qualcosa di unico.
Ora, capiva come Bene e Male non fossero due entità delimitate da precisi confini, bensì costituite da mille facce, come i diamanti.
Non era mai stato nelle sue intenzioni fare del male a nessuno, mai.
Ma.. fin da piccolo, aveva provato un amore infinito - o smisurato, come gli ripetevano i suoi insegnanti - per le Creature Magiche. Forse perchè possedevano, come lui, delle dimensioni anormali per gli standard umani; sapeva soltanto che si sentiva quasi compreso dagli Schiopodi Sparacoda o dagli Ippogrifi.
Era stanco di essere visto come "il figlio di una gigantessa", stanco di vedere sguardi intimoriti sui volti degli altri studenti nei corridoi e alle lezioni.
Quando era  con le creature che amava tanto non doveva sforzarsi di essere piccolo, poteva essere se stesso.
Così, quando quel giorno a Hogsmeade un viaggiatore gli aveva mostrato un candido uovo e spiegato cosa fosse di preciso un' Acromantula, lui non era riuscito a resistere.
Aveva speso fino all' ultimo zellino che aveva con se per poterlo acquistare, ed era tornato al Castello terrorizzato dall' idea che il custode potesse scorgere quel suo bizzarro rigonfiamento sotto il mantello. Ma in quel momento si era sentito felice come non mai.
Finalmente aveva una Creatura Magica tutta sua, sua e di nessun altro!
Ed era stato così facile, all' inizio. Nascosto nella vecchia credenza vuota nei Sotterranei, il suo piccolo Aragog era uscito dall' uovo e poi cresciuto.
Hagrid aveva insistito con il professor Kettleburn per farsi spiegare tutto ciò che si potesse sapere su quelle creature.
Lo nutriva con gli avanzi della mensa, passava ore a parlare con lui e ad accarezzargli le numerose zampine.
Ma poi erano iniziate le aggressioni.
Hagrid avrebbe potuto giurare che il suo cucciolo non si fosse mai mosso dal suo rifugio, ma era ben conscio di quale fosse la reputazione delle Acromantule tra gli umani.
Aveva capito che doveva portarlo via, non poteva più tenerlo con se o glielo avrebbero preso, prima o poi. Dopo aver rimandato a lungo, quella sera venne a conoscenza della morte di una giovanissima Corvonero. E seppe che era il momento, anche se privarsi di Aragog gli avrebbe spezzato il cuore.
Ma quella notte, niente andò come sperava.

"'Sera, Rubeus."
Riconobbe all' istante la voce disgustosamente suadente alle sue spalle, ma pensò di potersela ancora cavare.
Sbattè la porta del corridoio dove si trovava la credenza e si voltò, ostentando una falsa disinvoltura.
"Tom, che ci sei venuto a fare quaggiù?"
Tentò di sorridere.
"E' finita. Devo consegnarti, Rubeus. Non penso che tu volessi uccidere nessuno, ma i mostri non possono diventare animali domestici. Suppongo che tu volessi solo farlo uscire a sgranchirsi un pò le zampe e..."
Il suo sorriso si gelò. Era finita come aveva detto Riddle, e lo sapeva. Ma non voleva ancora arrendersi.
"Non ha ammazzato nessuno!" Urlò, con il fervore di chi sa d' essere nel giusto.
Ma la sua sincerità non lo aiutò.
Riddle riuscì a far uscire Aragog e per poco non lo uccise.
Ma se il suo cucciolo si era salvato, Hagrid ebbe una sorte peggiore.


Non guardò mai in volto il preside Dippet mentre gli spiegava, il più gentilmente possibile, come il suo comportamento fosse stato sconsiderato e avesse causato la morte di una ragazza.
Non reagì neppure quando seppe di essere stato espulso. Se lo aspettava.
Ma il giorno dopo, mentre faceva i bagagli e lacrime silenziose scendevano lungo le sue gote, il giovane ricevette una visita del tutto inattesa.
"Buongiorno, Rubeus."
Si voltò di scatto. Ed eccolo, un mago alto e dai lunghi capelli castani, la barba fluente e un sorriso comprensivo.
Il suo professore preferito. "Bu-Buongiorno, professor Silente. Temo che" e represse a fatica un singhiozzo "Che sarà l' ultima volta che ci si vede, oggi."
Silente annuì appena, e sedette sul letto accanto a quello di Hagrid.
Sembrava sinceramente dispiaciuto. "Caro Rubeus, mi dispiace davvero molto. Ho parlato a lungo con il preside, ma.." "No, no, ci mancherebbe!" Rubeus si sentì quasi in colpa per aver causato problemi all' insegnante.
Sedette anche lui e per un pò nel dormitorio regnò il silenzio.
Poi Rubeus alzò timidamente lo sguardo sul professore, e lo vide accarezzare le tende del baldacchino con uno strano interesse. "Sai, non ho mai amato particolarmente queste tende. Al quarto anno, ci ho dato fuoco. Naturalmente.." e rivolse al ragazzo un sorriso sornione "per sbaglio." Malgrado tutto, Hagrid scoppiò a ridere.
Il professor Silente e la sua capacità di rendere buffa anche la peggiore delle situazioni era la cosa che più gli sarebbe mancata, una volta lasciato il castello.
Poi però il mago assunse un' espressione più seria e guardò il giovane negli occhi.
"Ascoltami bene, Rubeus. Non sono riuscito ad impedire la tua espulsione, ma in compenso ho ottenuto qualcos'altro, per te. Anche il preside sa ciò che ti è successo l' anno scorso. Sa che non hai più una famiglia, di conseguenza saresti in grandi difficoltà una volta uscito da Hogwarts. Tuttavia, per ovvie ragioni non può permettere che tu rimanga in qualità di studente. Ma il professor Kettleburn mi ha aiutato a spiegargli come la tua conoscenza sulle Creature Magiche sia immensamente superiore a quella di qualsiasi altro studente del terzo anno.
Così, io e il professor Dippet siamo giunti ad un accordo."
Hagrid aveva seguito il discorso dell' insegnante con estrema attenzione, mentre sentiva la speranza crescere sempre di più nel suo cuore. Alla fine chiese, con voce tremante: "Q-Quindi, professore? Che ne sarà di me?"
Silente sorrise, e disse:"Non lascerai il castello, Rubeus. Temo che non concluderai il tuo corso di studi, ma diverrai l' apprendista del nostro Guardiacaccia. Ti insegnerà tutto ciò che sa e così, un giorno, prenderai il suo posto.
L' idea è di tuo gradimento?" congiunse le lunghe dita, e attese la risposta.
Hagrid sentì il petto esplodere di gioia, mentre un pensiero continuava a martellargli la testa. Non avrebbe lasciato Hogwarts, sarebbe rimasto e avrebbe avuto a che fare tutti i giorni con le Creature che adorava.
Non poteva crederci, tanto che lacrime di gioia cominciarono a cadere copiose dai suoi occhi.
"Oh, professore, è... insomma... non posso crederci! Certo che mi va bene, vedrà che ci starò benissimo come Guardiacaccia! Le prometto che imparerò tutto a dovere e sarà fiero di me!"
Il sorriso del mago si aprì ancor di più, e mentre raggiungeva la porta del dormitorio pensò compiaciuto a quanto la sua idea fosse stata buona. "Ne sono sicuro, Rubeus. Bene, ora che tutto è deciso, puoi finire i tuoi bagagli e scendere nel salone d' ingresso. Il Guardiacaccia ti aspetta lì. Arrivederci, Rubeus."
Hagrid sorrise, poi gli venne in mente una cosa.
"Professore! Ecco... potrebbe chiamarmi Hagrid? Non mi piace molto il mio nome, sa..." Arrossì vedendo l' espressione stupita di Silente, ma poi l' uomo tornò a sorridere benevolo.
"Se preferisci così... Arrivederci, Hagrid." "Arrivederci, professore!" esclamò il giovane con fervore, mentre l' uomo lasciava la stanza.
Per un attimo, pensò solo all' immensa fortuna che aveva avuto.
Poi si riscosse, asciugò le lacrime e riprese a riempire il baule con tutti i suoi oggetti. Non smise mai di sorridere.
Perchè il Bene, adesso lo sapeva, si celava sotto varie forme.
Per esempio nei panni di un mago bizzarro e dalla lunga barba che un giorno sarebbe diventata come il suo cuore: candida come la neve.

Contesto: 

Il Male, adesso lo sapeva, si celava sotto varie forme.
Per esempio nei panni di un falso ragazzo modello dagli occhi - e dal cuore - neri come ali di corvo.
Prima che tutto ciò accadesse, Hagrid aveva cambiato idea molte volte sulla definizione di quella parola, ma l' aveva sempre intesa come un qualcosa di unico.
Ora, capiva come Bene e Male non fossero due entità delimitate da precisi confini, bensì costituite da mille facce, come i diamanti.
Non era mai stato nelle sue intenzioni fare del male a nessuno, mai.
Ma.. fin da piccolo, aveva provato un amore infinito - o smisurato, come gli ripetevano i suoi insegnanti - per le Creature Magiche. Forse perchè possedevano, come lui, delle dimensioni anormali per gli standard umani; sapeva soltanto che si sentiva quasi compreso dagli Schiopodi Sparacoda o dagli Ippogrifi.
Era stanco di essere visto come "il figlio di una gigantessa", stanco di vedere sguardi intimoriti sui volti degli altri studenti nei corridoi e alle lezioni.
Quando era  con le creature che amava tanto non doveva sforzarsi di essere piccolo, poteva essere se stesso.
Così, quando quel giorno a Hogsmeade un viaggiatore gli aveva mostrato un candido uovo e spiegato cosa fosse di preciso un' Acromantula, lui non era riuscito a resistere.
Aveva speso fino all' ultimo zellino che aveva con se per poterlo acquistare, ed era tornato al Castello terrorizzato dall' idea che il custode potesse scorgere quel suo bizzarro rigonfiamento sotto il mantello. Ma in quel momento si era sentito felice come non mai.
Finalmente aveva una Creatura Magica tutta sua, sua e di nessun altro!
Ed era stato così facile, all' inizio.
Nascosto nella vecchia credenza vuota nei Sotterranei, il suo piccolo Aragog era uscito dall' uovo e poi cresciuto.
Hagrid aveva insistito con il professor Kettleburn per farsi spiegare tutto ciò che si potesse sapere su quelle creature.
Lo nutriva con gli avanzi della mensa, passava ore a parlare con lui e ad accarezzargli le numerose zampine.
Ma poi erano iniziate le aggressioni.
Hagrid avrebbe potuto giurare che il suo cucciolo non si fosse mai mosso dal suo rifugio,
ma era ben conscio di quale fosse la reputazione delle Acromantule tra gli umani.
Aveva capito che doveva portarlo via, non poteva più tenerlo con se o glielo avrebbero preso, prima o poi.
Dopo aver rimandato a lungo, quella sera venne a conoscenza della morte di una giovanissima Corvonero.
E seppe che era il momento, anche se privarsi di Aragog gli avrebbe spezzato il cuore.
Ma quella notte, niente andò come sperava.

                                                                         *****

"'Sera, Rubeus."
Riconobbe all' istante la voce disgustosamente suadente alle sue spalle, ma pensò di potersela ancora cavare.
Sbattè la porta del corridoio dove si trovava la credenza e si voltò, ostentando una falsa disinvoltura.
"Tom, che ci sei venuto a fare quaggiù?"
Tentò di sorridere.
"E' finita. Devo consegnarti, Rubeus. Non penso che tu volessi uccidere nessuno, ma i mostri non possono diventare animali domestici. Suppongo che tu volessi solo farlo uscire a sgranchirsi un pò le zampe e..."
Il suo sorriso si gelò. Era finita, proprio come aveva detto Riddle, e lo sapeva. Ma non voleva ancora arrendersi.
"Non ha ammazzato nessuno!" Urlò, con il fervore di chi sa d' essere nel giusto.
Ma la sua sincerità non lo aiutò.
Riddle riuscì a far uscire Aragog e per poco non lo uccise.
Ma se il suo cucciolo si era salvato, Hagrid ebbe una sorte peggiore.

                                                                            *****

Non guardò mai in volto il preside Dippet mentre gli spiegava, il più gentilmente possibile, come il suo comportamento fosse stato sconsiderato e avesse causato la morte di una ragazza.
Non reagì neppure quando seppe di essere stato espulso. Se lo aspettava.
Ma il giorno dopo, mentre faceva i bagagli e lacrime silenziose scendevano lungo le sue gote, il giovane ricevette una visita del tutto inattesa.
"Buongiorno, Rubeus."
Si voltò di scatto. Ed eccolo, un mago alto e dai lunghi capelli castani, la barba fluente e un sorriso comprensivo.
Il suo professore preferito. "Bu-Buongiorno, professor Silente. Temo che" e represse a fatica un singhiozzo "Che sarà l' ultima volta che ci si vede, oggi."
Silente annuì appena, e sedette sul letto accanto a quello di Hagrid.
Sembrava sinceramente dispiaciuto. "Caro Rubeus, mi dispiace davvero molto. Ho parlato a lungo con il preside, ma.." "No, no, ci mancherebbe!" Rubeus si sentì quasi in colpa per aver causato problemi all' insegnante.
Sedette anche lui e per un pò nel dormitorio regnò il silenzio.
Poi Rubeus alzò timidamente lo sguardo sul professore, e lo vide accarezzare le tende del baldacchino con uno strano interesse. "Sai, non ho mai amato particolarmente queste tende. Al quarto anno, ci ho dato fuoco. Naturalmente.." e rivolse al ragazzo un sorriso sornione "per sbaglio." Malgrado tutto, Hagrid scoppiò a ridere.
Il professor Silente e la sua capacità di rendere buffa anche la peggiore delle situazioni era la cosa che più gli sarebbe mancata, una volta lasciato il castello.
Poi però il mago assunse un' espressione più seria e guardò il giovane negli occhi.
"Ascoltami bene, Rubeus. Non sono riuscito ad impedire la tua espulsione, ma in compenso ho ottenuto qualcos' altro, per te. Anche il preside sa ciò che ti è successo l' anno scorso. Sa che non hai più una famiglia, di conseguenza saresti in grandi difficoltà una volta uscito da Hogwarts. Tuttavia, per ovvie ragioni non può permettere che tu rimanga in qualità di studente. Ma il professor Kettleburn mi ha aiutato a spiegargli come la tua conoscenza sulle Creature Magiche sia immensamente superiore a quella di qualsiasi altro studente del terzo anno.
Così, io e il professor Dippet siamo giunti ad un accordo."
Hagrid aveva seguito il discorso dell' insegnate con estrema attenzione, mentre sentiva la speranza crescere sempre di più nel suo cuore. Alla fine chiese, con voce tremante: "Q-Quindi, professore? Che ne sarà di me?"
Silente sorrise, e disse:"Non lascerai il castello, Rubeus. Temo che non concluderai il tuo corso di studi, ma diverrai l' apprendista del nostro Guardiacaccia. Ti insegnerà tutto ciò che sa e così, un giorno, prenderai il suo posto.
L' idea è di tuo gradimento?" congiunse le lunghe dita, e attese la risposta.
Hagrid sentì il petto che esplodeva di gioia, mentre un pensiero continuava a martellargli la testa. Non avrebbe lasciato Hogwarts, sarebbe rimasto e avrebbe avuto a che fare tutti i giorno con le Creature che adorava.
Non poteva crederci, tanto che lacrime di gioia cominciarono a cadere copiose dai suoi occhi.
"Oh, professore, è... insomma... non posso crederci! Certo che mi va bene, vedrà che ci starò benissimo come Guardiacaccia! Le prometto che imparerò tutto a dovere e sarà fiero di me!"
Il sorriso del mago si aprì ancor di più, e mentre raggiungeva la porta del dormitorio pensò compiaciuto a quanto la sua idea fosse stata buona. "Ne sono sicuro, Rubeus. Bene, ora che tutto è deciso, puoi finire i tuoi bagagli e scendere nel salone d' ingresso. Il Guardiacaccia ti aspetta lì. Arrivederci, Rubeus."
Hagrid sorrise, poi gli venne in mente una cosa.
"Professore! Ecco... potrebbe chiamarmi Hagrid? Non mi piace molto il mio nome, sa..." Arrossì vedendo l' espressione stupita di Silente, ma poi l' uomo tornò a sorridere benevolo.
"Se preferisci così... Arrivederci, Hagrid." "Arrivederci, professore!" esclamò il giovane con fervore, mentre l' uomo lasciava la stanza.
Per un attimo, pensò solo all' immensa fortuna che aveva avuto.
Poi si riscosse, asciugò le lacrime e riprese a riempire il baule con tutti i suoi oggetti. Non smise mai di sorridere.
Perchè il Bene, adesso lo sapeva, si celava sotto varie forme.
Per esempio nei panni di un mago bizzarro e dalla lunga barba che un giorno sarebbe diventata come il suo cuore: candida come la neve.



Sono molto affezionata a questo capitolo, perchè adoro Hagrid e mentre lo scrivevo ho provato una gran tenerezza per questo personaggio tanto buono quanto sfortunato.
Spero davvero che la mia versione sull' espulsione del nostro caro Guardiacaccia vi risulti credibile;
tengo a precisare che se le frasi di Hagrid risultano sgrammaticate, è una cosa voluta.
Nei libri l' inglese di questo personaggio è tutto fuorchè corretto, quindi ho cercato di fare la stessa cosa nella mia fiction per rendere più credibile il mio Hagrid.
Inoltre, ammetto che il dialogo tra Tom Riddle e il giovane Rubeus è copiato quasi parola per parola dal secondo libro, sempre per rendere tutto più solido e coerente con la storia originale.
Infine, nel quarto film, Silente racconta a uno sconsolato Harry di come dette fuoco - per sbaglio, naturalmente - al baldacchino del suo letto quando era al quarto anno. Così ho pensato che la situazione di Hagrid fosse abbastanza simile a quella da inserire la stessa battuta nel dialogo. Spero che l' idea vi sia piaciuta. Al prossimo tassello,
Alimanga
 


 

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Capitolo 5
*** Ancient Tears ***


Missing Pieces
Pezzi Mancanti
di Alimanga



Contesto:Dopo la II Guerra Magica, nella Pace
Prompt:093. Festa
Quinto Tassello

001.Inizio. 002.Fine. 003.Perdere. 004.Interiorità. 005.Esteriorità.
006.Ore. 007.Giorni. 008.Settimane. 009.Mesi. 010.Anni.
011.Rosso. 012.Arancione. 013.Giallo. 014.Verde. 015.Azzurro.
016.Porpora. 017.Marrone. 018.Nero. 019.Bianco. 020.Senza colori.
021.Amici. 022.Nemici. 023.Amanti. 024.Famiglia. 025.Estranei.
026.Compagni di squadra. 027.Genitori. 028.Figli. 029.Nascita. 030.Morte.
031.Alba. 032.Tramonto. 033.Troppo. 034.Troppo poco. 035.Sesto Senso.
036.Olfatto. 037.Udito. 038.Tatto. 039.Gusto. 040.Vista.
041.Forme. 042.Triangolo. 043.Diamante. 044.Cerchio. 045.Luna.
046.Stelle. 047.. 048.. 049.Fiori. 050.Picche.
051.Acqua. 052.Fuoco. 053.Terra. 054.Aria. 055.Spirito.
056.Colazione. 057.Pranzo. 058.Cena. 059.Cibo. 060.Dimenticato.
061.Inverno. 062.Primavera. 063.Estate. 064.Autunno. 065.Mezze stagioni.
066.Pioggia. 067.Neve. 068.Lampo. 069.Tuono. 070.Tempesta.
071.Rotto. 072.Riparato. 073.Luce. 074.Oscurità. 075.Ombra.
076.Chi? 077.Cosa? 078.Dove? 079.Quando? 080.Perché?
081.Come? 082.Se. 083.E. 084.Lui. 085.Lei.
086.Scelte. 087.Vita. 088.Scuola. 089.Lavoro. 090.Casa.
091.Compleanno. 092.Natale. 093.Festa. 094.Indipendenza. 095.Capodanno.
096.Fratelli. 097.Sorelle. 098.Fotografia. 099.Bacchetta. 100.Dormire.

Ancient Tears


Veniva definita da gran parte della gente come una donna "bizzarra"; le malelingue insinuavano fosse strana, addirittura malata di mente, mentre i più gentili si limitavano a ritenerla "una persona particolare".
Eppure ad Ottery St Catchpole, paesino sperduto tra le colline inglesi, era molto rispettata e nessuno aveva mai avuto il coraggio di rivolgerle un qualche impropero se trovatosi alla sua portata d'orecchio. La signora Scamander era pur sempre una degli eroi di Hogwarts, coloro a cui il mondo doveva la fine del più grande mago oscuro di tutti i tempi, e questo non andava dimenticato.
Dolcezza, potere e saggezza; queste le caratteristiche che facevano, prima o poi, innamorare chiunque incontrasse sul suo cammino.
Quella sera, il quieto paesino fu animato da una numerosa Materializzazione Congiunta; in un istante, nella strada deserta comparvero undici persone, di cui cinque bambini. Il gruppo si diresse verso una modesta casa color indaco leggermente isolata rispetto alle altre e l'uomo in testa suonò il campanello. Una deliziosa donna bionda aprì la porta, e il suo sorriso sembrò illuminare l' intera via buia.
L'uomo le porse un pacchetto e sorrise a sua volta. "Buon compleanno, signora Scamander." "Anch'io sono lieta di rivederti, signor Paciock." I due si abbracciarono affettuosamente. "Mi sei mancata, Luna." "Anche tu Neville, anche tu." Luna Lovegood Scamander si rivolse al resto della comitiva. "Benvenuti, signori Potter e Weasley. Spero che troverete piacevole questa serata." Ron si avvicinò e ammiccò. "Lo sarà, Luna, purchè tu non serva infuso di Radigorda!" Con una fragorosa risata generale, il gruppo varcò la soglia.
                                                                    +++++++++++

"Luna? Luna, sei qui? Temo che Lorcan sia caduto a terra durante un finto duello dei maghi con mio figlio e... Luna?!?"
Ginevra Molly Potter si bloccò di scatto e spalancò gli occhi, con una mano ancora poggiata sulla maniglia della porta.
Nella camera immersa nella penombra, una figura di donna era rannicchiata a terra, in un angolo.
Dalla finestra, un raggio di argentea luce lunare cadeva proprio su di lei, facendo splendere i capelli chiari come se emanassero una luce propria. A quel bagliore, Ginny vide sul volto dell' amica il baluginare delle lacrime.
"Luna... che cos'hai?" la rossa si avvicinò cautamente, spaventata e preoccupata allo stesso tempo.
L'altra si alzò immediatamente da terra e con un cenno della bacchetta accese un' abatjour sul comodino.
Fregò via le lacrime rapidamente e ostentò un falso sorriso. "Non è nulla, stavo solo..."
"Che sta succedendo?" Ginny si voltò e vide Hermione varcare la soglia a sua volta con uno sguardo interrogativo.
"Non lo so. Sono entrata per cercare Luna e l' ho vista a terra in lacrime..." Venne però interrotta precipitosamente da quest'ultima. "Non è vero! Stavo solo..." Gli sguardi che la colpirono, però, l'uno stupito e preoccupato e l' altro severo e penetrante di chi aveva visto troppo la fecero cedere. Luna sedette sul suo grande letto, mentre le lacrime ricominciavano a scorrerle lungo le gote. "Va bene. Stavo piangendo... Sto piangendo, ok? Ma mi hai detto che mio figlio è caduto, Ginny. Si è fatto qualcosa? E' molto più importante delle mie lacrime!"
La rossa fece per rispondere, ma fu preceduta dalla voce saggia di Hermione. "No, Luna. Lorcan non si è fatto nulla di grave, e comunque ora è con tuo marito. Il tuo pianto, invece, mi sembra un fatto ben più degno di nota. Siamo venute a cercarti soprattutto perchè da più di mezz'ora non ti vedevamo al piano di sotto. Che c'è che non va? Fino a poco fa, sorridevi come sempre, e stiamo passando una magnifica serata, no?"  
"Si, e poi oggi è il tuo compleanno, il tuo giorno! Dovresti essere felice!" Aggiunse Ginny con veemenza.
All' improvviso i suoi lineamenti si fecero duri. Con voce controllata, ma che celava a malapena una rabbia enorme, esplicò i suoi dubbi. "Non è... Non c' entra con... con Rolf, vero? Tra voi due le cose vanno bene, non è così? Non ha... beh.. commesso qualcosa che non avrebbe dovuto?" Luna la guardò, preoccupata.
"Ma che ti viene in mente? Io e Rolf siamo felici, ed è un marito meraviglioso! Almeno quanto lo è Harry per te, ti assicuro! Non farebbe mai... Accidenti, Ginny, ti è forse entrato un Nargillo nell' orecchio?" tentò di sorridere, ma fu inutile. Ginny sospirò, sollevata, e si scusò. Hermione si avvicinò sorridendo dolcemente, e notò il rametto di minuscoli fiori gialli tra le mani di Luna.
"Mimosa?" guardò l' amica con occhi stupiti, sedendosi al suo fianco.
Lei annuì, stringendo ancora più forte la povera piantina. "Si. Il fiore della donna. Oggi è anche la festa della mamma, ricordate? Il mio compleanno, e la festa della mamma. Il giorno più tremendo di tutti, per me. Le lacrime che avete visto hanno origini ormai passate. Potrei dire antiche, e tuttavia non per questo meno dolorose."
Un lampo di comprensione passò negli occhi della signora Weasley, che abbassò lo sguardo e non disse altro che un sommesso: "Oh." Ginny intanto si era accomodata a sua volta sul letto blu pervinca, e per qualche istante le tre donne rimasero strette l' una accanto all' altra, senza parlare.
Poi Hermione ruppe il silenzio. "Non ricordavo quanto oggi fosse un brutto giorno per te, perdonami. Ma quando il tuo nome era Lovegood non avevi problemi a parlare neppure delle cose più tristi o tremende. Quindi, Luna Scamander, se ti vuoi sfogare noi siamo qui." Ginny annuì, ed entrambe presero le mani di Luna, che sorrise tristemente e le abbracciò. "Lo so, amiche. E credo che in effetti sia il momento di dirvelo, ci conosciamo da troppo tempo. Forse, mi sentirò meglio. Quello che devo dirvi risale a tanto tempo fa, non vi annoierete?" Ginny sorrise ironicamente. "Impossibile annoiarsi con te, mia cara. Sputa il rospo, avanti!"
Così Luna scoppiò suo malgrado a ridere, e rigirando tra le mani il rametto giallo cominciò a raccontare: " La mia vita smise di essere completamente felice esattamente ventisei anni fa, in questo stesso giorno; il giorno in cui per la prima volta vidi un Thestral..."



Dopo una lunga pausa, rieccomi a mettere le mani su questa raccolta. Mi scuso per l' assenza, ma l' ispirazione non viene a comando, sfortunatamente. :) Prima che rimaniate delusi, vi dico subito che leggerete il seguito di questo tassello nel prossimo, che prometto uscirà in pochi giorni. Ho voluto spezzare la vicenda di Luna in due parti per poter distinguere al meglio ciò che vive nel presente dai suoi ricordi. Per quanto concerne la trama, forse non tutti sanno che Luna Lovegood pochi anni dopo aver lasciato Hogwarts sposò il naturalista Rolf Scamander, nipote del famosissimo Newt Scamander (autore di "Gli animali Fantastici: dove trovarli) e i due ebbero due figli: Lysander e Lorcan Scamander.
Basandomi su questo, ho ricostruito la vita di Luna nel periodo equivalente all' epilogo del settimo libro, diciannove anni dopo la caduta di Lord Voldemort. Nel suddetto epilogo Luna non compare a King's Cross, così ho supposto che i suoi figli non fossero abbastanza grandi da frequentare Hogwarts. Volevo inoltre che fossero amici dei figli dei Potter e Weasley, così ho immaginato che il più grande avesse dieci anni e Lorcan avesse l'età di Hugo Wesley, otto anni.
Grazie per aver letto fin qui, spero vorrai lasciare un commento al mio scritto, in ogni caso al prossimo tassello, in cui leggerai cosa successe alla signora Scamander ventisei anni or sono.
Alimanga


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Capitolo 6
*** Buona Festa della Mamma ***


Missing Pieces
Pezzi Mancanti
di Alimanga

Contesto: Dopo la II Guerra Magica, nella Pace
Prompt:052. Fuoco
Sesto Tassello

Buona festa della Mamma



Alla fine,

Mentre svaniamo nella notte,

Chi racconterà la storia della tua vita?

E chi ricorderà il tuo ultimo addio?



"Devi stare attenta, tesoro. Il fuoco non è nostro amico: brucia la carne, arde la vita e spegne l' amore. 
Al suo passaggio, niente è più com'era prima. Questo vale anche per le persone, Babbani o Maghi che siano. Quindi stanne alla larga quanto più possibile potrai, me lo prometti?"
La bambina alzò gli occhi e li fissò in quelli della madre; il suo sguardo di cielo e il mare indaco delle iridi materne si incontrarono, e per un attimo rimasero uniti. "Si, mamma, te lo prometto." Helen sorrise e abbracciò la figlia. Poi si alzò, spense la luce e mormorò dolcemente: "Buonanotte, piccola mia."
"Buonanotte mamma."
Luna abbracciò il suo pupazzo preferito, Spruzzo il Drago sputa-acqua, e disse fra sè e sè: "Ora so che il fuoco è cattivo, non voglio più vederlo se non quando sarò proprio costretta a farlo. Per fortuna Spruzzo non è come tutti gli altri draghi, non vorrei mai doverlo mandare via. Tu non sei cattivo, vero Spruzzo? Tu sei mio amico!" Poco dopo, era placidamente addormentata.
Senza sapere che presto avrebbe dato l' addio alla persona che più amava al mondo.
Helen non raggiunse mai il marito nel grande letto di piume di Diricawl*, quella notte. Xenophilius era stanco, ed Helen gli promise che sarebbe andata a riposare a sua volta più tardi.. solo un pò, dopo aver finito quell' esperimento. Il marito non protestò, ormai abituato agli assurdi orari che la scienza magica dettava alla consorte, e con un bacio le augurò la buonanotte.

L' ultima.  
                                                                                                                  ********

Il suo volto era accaldato, gli occhi splendevano di gioia ed eccitazione. Finalmente, finalmente stava per farcela... poteva aver trovato la formula per creare  un Ardemonio innocuo alle persone! Da più di un' ora lavorava febbrilmente nel laboratorio, consultaldo tomi di antichi saperi, tritando erbe e minerali e mischiando i più diversi ingredienti nelle provette: squame di Petardo Cinese, sangue di salamandra, quarzi delle montagne dei Giganti... 
Dopo mesi di studio e vani tentativi, aveva individuato la corretta - e rischiosissima - procedura per fare avverare il suo sogno.
Helen era una studiosa dell' alchimia da molto tempo: conosceva a fondo i rischi di ciò che stava per fare. Ma non poteva fermarsi. Non ora.
E mentre stava per aggiungere al calderone l' ultimo ingrediente, quello che avrebbe determinato un miracoloso successo o un assassino fallimento, la donna pensò alla sua vita e a quanto avesse atteso quel momento, l' istante che le avrebbe dato la prova del suo talento. Dimenticò il marito. Dimenticò la sua bambina.
Pensò a se stessa e alla coronazione dei suoi sforzi, grandi quanto il mare color indaco che dimorava nei suoi occhi. Perchè era una moglie e una madre, ma prima di tutto una donna; una donna e una strega che aveva il diritto di nutrire ambizioni. Non per la gloria, ma per poter aiutare. Per dare alla comunità magica conoscenzeutili a migliorarne l' eistenza. Era stanca di vedere vite spegnersi, arse dalle fiamme del fuoco maledetto evocato dai malvagi o dagli stolti. Poteva essere lei a porvi fine, e questa volta sentì di esserci tanto vicina da non poter più sbagliare. Così, versò le ultime gocce di succo di Mandragora nel composto incadescente.
E Ardemonio fu.                                      
 
                                                                                                                    ********                  
 
Non fu il rumore a svegliarla. Un fumo acre le penetrò le narici, facendo scattare le palpebre.
Luna si tirò su a sedere, senza lasciare il suo Spruzzo, disorientata e confusa. Poi l' odore la raggiunse ancora e ancora, mischiato a qualcosa di ben più rivoltante: un tanfo nauseabondo che a Luna ricordò il fetore del manzo bruciato.Qualcosa di organico e vivo ardeva. Non ebbe neppure il tempo di preoccuparsi: un urlo squarciò le tenebre della notte. Poi un altro, e un altro ancora.
"Mamma!" Piena di terrore, la bambina corse fuori dalla stanza, urlando a pieni polmoni per non sentire la voce che amava tanto graffiare l'aria, deformata dal dolore.
Correva, le dita serrate attorno al povero pupazzo, unica ancora di lucidità nelle oscure spire della paura che la stavano avvolgendo.
"Papà! PAPA'!"
Xenophilius era balzato giù dal letto da tempo, ma non riuscì ad impedire alla figlia di precederlo al laboratorio della signora Lovegood. Luna splalancò la porticina d' abete, e le si fermò il cuore.
Fuoco e fiamme. Rosso e arancio ovunque. Un caldo opprimente, insopportabile, accompagnato da un fetore insostenibile che le bruciava le narici, correva lungo la laringe e poi nella trachea, fino a divorare i polmoni con violenza inaudita. Creature diaboliche di braci e fiamme bruciavano qualunque cosa si trovasse sul loro cammino. Ma tutto questo Luna lo vide appena, perchè qualcos' altro aveva colto la sua attenzione sin dal suo arrivo in quell' inferno.
Un corpo riverso a terra, lucido e sanguinante, con le braccia ormai ridotte a tizzoni anneriti. Il volto sconvolto dalla sofferenza, le pupille scioccate che fissavano lei, lei e nient' altro. E il mare in quegli occhi stava ormai morendo: la bambina poteva vederne l' acqua scorrere via, lungo le gote e il mento, mentre l' indaco sbiadiva sempre di più, come l' astro di cui portava il nome alle prime luci dell' alba.
  
  E il fuoco bruciò la carne.

In quel momento, Helen capì ciò che aveva appena fatto. Il suo corpo perse la sensibilità, perchè il dolore che ora sentiva veniva dal cuore. E bruciava più delle fiamme che lambivano le sue membra.
Guardando il cielo azzurro negli occhi della figlia, troppo scioccati per fare altro se non continuare a fissarla, comprese il suo egoismo. Perchè era una donna e una moglie, ma prima di tutto una madre; una madre che aveva appena distrutto con le sue mani la vita della propria bambina, senza averne il diritto alcuno.
E all' improvviso la donna con la falce che sentiva arrivare non la spaventava più; la morte le avrebbe dato sollievo, le avrebbe dato pace.
Ma le avrebbe tolto la sua piccola, perchè ogni cosa ha il suo prezzo.


Perché questa è la fine e non ho paura,


non ho paura di morire.


"Luna." Poco più di un soffio. Ma la bambina lo udì ugualmente. La trance in cui si trovava si spezzò, e finalmente una pioggia di lacrime riuscì a sgorgare dalle sue iridi celesti. Prima di raggiungere la madre, però, uno schianto e un grido di dolore la fecero voltare: suo padre era a terra, sotto le travi della soglia che lo schiacciavano.
Inerme, privo di coscienza. Incapace di agire e salvare. Incapace di vedere sua moglie lasciarlo e l' anima di sua figlia spezzarsi per sempre.
"Pa.." "LUNA!" Si voltò nuovamente verso la madre, terrorizzata. "Luna, non c'è tempo! Sto... andando via... Ma prima devo dirti..." "Mamma!" La piccola singhiozzò, accasciandosi al fianco della sua mamma.
Incurante delle bestie infernali che la occhieggiavano sinistramente, senza però avvicinarsi. "Luna, queste creature non ti toccheranno, non possono. Sapevo che potevo fallire.. Ieri ho messo nel tuo bicchiere e in quello di papà un antidoto al mio incantesimo, il mio Ardemonio non può farvi male." "Ma perchè? Perchè il tuo esperimento è fallito? Perchè non hai preso anche tu l' antidoto?"
"L' ambizione mi ha resa cieca, non ho potuto vedere una lacuna nel mio lavoro. E l' antidoto... non lo merito."
Un sorriso deformato dal dolore si dipinse sulle labbra della donna.
"Sono pronta ad assumermi le responsabilità del mio gesto, lo sono sempre stata. Ma prima di andare... Luna, perdonami. Ti prego. Ti sto facendo vivere questo inferno che rovinerà il  tuo sonno per molto tempo.. Scusami."
Con un gemito, Helen reclinò ancor di più il capo. "No, no!" Luna abbracciò il corpo della madre, incurante del sangue che arrossava il suo pigiama.  Poi, forzando se stessa con uno sforzo immane, riuscì ad alzare fieramente la testa e trattenere per qualche istante la piena inarrestabile di lacrime. "Te lo prometto. Non ti odierò mai, mamma. Per nessun motivo."
Un debole sorriso si dipinse sulle labbra della donna, per l' ultima volta. Mentre l' indaco dei suoi occhi cominciava a sbiadire, riuscì a dare un ultimo bacio carico d' amore sull' umida guancia della sua piccola.
"Grazie, amore mio. Dì a papà che lo amo tanto. Addio."
I muscoli si rilassarono. La testa cadde all' indietro. L' indaco scolorì del tutto, e le palpebre arrossate dal calore si chiusero definitivamente,
sigillando per sempre un mare puro e bellissimo che aveva pagato caro il suo egoismo.


Alla fine,

mentre la mia anima giace e riposa, cos'è rimasto del mio corpo?

O sono solo un guscio?

Attraverso tutto, ho dato la mia casa per un momento di gloria.

Ho dato tutto.


Mentre le rosse creature figlie di Ardemonio divenivano polvere, svanendo con la loro creatrice, la bambina non si mosse.
Continuò a stringere il corpo inerme della persona che più amava al mondo.
Mentre le sembrava che tutta l' acqua presente nel suo corpo lo stesse lasciando, sotto forma di minuscole gocce salate, qualcosa in Luna si spezzò. E seppe che la sua vita non sarebbe più stata la stessa.
Ma continuò a cullare quel guscio ormai vuoto, perchè non c'era nient' altro che potesse fare.
E il fuoco arse la vita.

Il silenzio regnava nella stanza, interrotto solamente dal ticchettio di un singolare orologio a cucù. Gli occhi di Luna erano vacui, il suo sguardo perso nel vuoto di dolore che era appena stata costretta a far riemergere.
Quanto a Ginny ed Hermione, non potevano fare altro che continuare a stringere la loro amica, con lacrime di commozione che scorrevano lungo le guance e un nodo in gola che impediva di dire alcunchè. Difficile dire quanto tempo passarono così, senza muoversi, alzarsi, parlare.
Poi, incredibilmente, Luna si scosse e riuscì a sorridere. Un sorriso vero, privo di alcuna amarezza.
"Ora sapete. Mi dispiace di avervi fatto piangere. Ma sono felice di avervelo raccontato: mi sento più leggera, davvero. E poi, siamo amiche da vent'anni ormai! Avrei dovuto farlo prima."
Le due donne la fissarono per un momento, attonite. Poi, però, anche loro si aprirono in un sorriso. Si, era quella la Luna che conoscevano.
Incapace di essere triste per più di poche ore. Lovegood o Scamander, non sarebbe mai cambiata.
"Capisco quanto sia difficile per te parlare di questo, Luna. L' importante è che tu finalmente ti sia aperta con noi. E adesso" Ginny lanciò un' occhiata all' orologio "meglio tornare di sotto, se te la senti, prima che i nostri mariti pensino che siamo scappate di nascosto!"
Hermione si asciugò rapidamente le lacrime e scoppiò a ridere, imitata da Luna.
"Tranquille, Rolf sa tutto. Avranno capito che avevamo bisogno di un pò di tempo fra noi, e.."
Un improvviso scoppio, seguito da numerose strilla infantili, troncò la conversazione.
Dopo un istante di sorpresa, Hermione sospirò con rassegnazione. "Immagino che Rose abbia di nuovo rubato la bacchetta di suo padre per provarla su suo fratello. Mi chiedo dove Ron abbia la testa, a volte!" Ginny sorrise divertita. "Conosci mio fratello da sufficiente tempo per conoscere la risposta, cara. Direi che è davvero il caso di andare, prima di trovare qualcuno dei bambini con un arto o due in più."
L' espressione di Luna era di nuovo traquilla, come la sua voce. "Si, lo credo anch' io. Ma.. andate prima voi, per favore. Ho bisogno di un altro minuto." Le due annuirono con dolcezza, e scesero le scale di corsa per dare man forte ai propri consorti che, a giudicare dal rumore, stavano tentando di riparare ai danni di qualche incantesimo sbagliato.
La signora Scamander, rimasta sola, rimase immobile per qualche secondo, assorta.
Poi, lentamente, si avvicinò alla cassettiera di chiaro legno d' abete. Dalla lucida superficie di una foto magica, una Helen di molti anni prima l' osservava con tenerezza, stringendo una deliziosa bimba bionda addormentata. La donna mandò un bacio alla figlia ormai cresciuta, che non potè fermare lo scorrere un' ultima lacrima lungo la guancia.
L' asciugò in fretta, e posò l' ormai avvizzito rametto di mimosa davanti alla cornice. Con un cenno di bacchetta ridonò un allegro giallo alle piccole corolle, quindi spense la luce. "Buona festa, mamma." sussurrò.
Prima di lasciare la stanza esitò, e si fermò sulla soglia. Si voltò. "Hai visto?"



Il fuoco non ha spento l' amore.


Alla fine,

Mentre svaniamo nella notte,

Chi racconterà la storia della tua vita?

E chi ricorderà il tuo ultimo addio?

Qualcuno lo farà.


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