PASSIONI

di angelady
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** INASPETTATE SITUAZIONI ***
Capitolo 2: *** TURBAMENTI DELLA MENTE ***
Capitolo 3: *** PAURA D'AMARE ***
Capitolo 4: *** INSIEME A TE ***
Capitolo 5: *** AMORE INFEDELE ***
Capitolo 6: *** I SENTIMENTI CHE SI PROVANO ***
Capitolo 7: *** IN AMORE...NON SI PUO' GIOCARE IN TRE ***
Capitolo 8: *** LA TUA MASCHERA DI CERA ***
Capitolo 9: *** QUALCOSA DI DIVERSO ***
Capitolo 10: *** IN QUESTO AMORE E' SCADUTO IL TEMPO ***
Capitolo 11: *** AMORE FOLLE NON LASCIARMI MAI ***
Capitolo 12: *** PER SEMPRE RESTERA' IL RICORDO ***



Capitolo 1
*** INASPETTATE SITUAZIONI ***


Come mai quando ti guardo sento una forte stretta allo stomaco? Perché il tuo sguardo è così tagliente? Perché mi ripete ogni volta che non sari mai mia…come ti vorrei, angelo dei miei sogni.
Tu, che scaldi ogni giorno le mie giornate e le rendi ardenti, se volerti bene è la mia condanna allora non esiterò a farlo, piuttosto la solitudine, ma non resisterei lontano da te…
Anima mia…
Anima mia, ricordi quei giorni, passati a rincorrere il futuro,
che si presentava astio ai tuoi occhi di fanciulla,
ora è solo il nostro passato.
Sento il sangue scendere a fiotti da una parte indistinta del corpo,
una ferita si fa viva dentro il mio animo, oh…sono il vampiro del mio cuore,
incapace di non amarti…




Erano entrambi seduti davanti al fuoco, fuori il tempo minacciava una tempesta di pioggia, e l’aria si era fatta già così fredda…che Oscar dovette rinunciare ad una cavalcata.
Aveva lo sguardo fisso su quello scoppiettare caldo, e pensava. La sua mente era un insieme di rimpianti e dolori; l’amore che aveva sempre cercato l’aveva respinta, il suo amore amava un’altra donna. Una donna, come lo era lei; con gli stessi capelli biondi, e i profondi occhi azzurri, le stesse emozioni e sentimenti, per lui, eppure non era nei sogni del suo amore, non l’aveva nemmeno valutata. Andrè cercò il suo sguardo quando la vide sorridere lievemente, per cosa? Cosa pensava la sua Oscar? La fissava e sapeva che i suoi pensieri si perdevano per lui, che soffriva per lui, il conte di Fersen. Non resisteva più, doveva sapere cosa pensava, quale dolore la lacerava, come avrebbe potuto aiutarla a continuare la sua vita, seppur non sarebbe stata una vita, rinnegando il suo essere donna, rinnegando tutti i sentimenti verso l’altro sesso, no, non resisteva, e decise di parlare.
-Oscar, dimmi cosa ti succede-
La ragazza girò a stento il volto, solo per fargli scorgere gli occhi umidi, Andrè socchiuse gli occhi, vederla piangere era doloroso per lui che l’amava più di qualsiasi cosa al mondo. Abbassò lo sguardo e si mise le mani tra i capelli, come se la sua disperazione potesse uscire dando sfogo ad un dolore che lo attanagliava da sempre. Quando staccò le mani e alzò il volto Oscar stava davanti a lui con occhi tristi. Si mordeva le labbra, e Andrè non poteva non notare, pensare, che quello era il gesto più sensuale che le aveva visto fare, come avrebbe voluto catturarle quelle labbra che da troppo tempo sognava.
-Oscar…-
La sua voce era sussurro, lei gli prese le mani, come non aveva mai fatto, lasciandolo attonito, mentre la guardava interrogativo, sentiva la pelle percorsa da brividi, aveva le mani fredde, o forse era il solo contatto che lo lasciava senza parole.
La mano di Oscar guidò quella di Andrè, portandola sul suo petto, Andrè non poté non spalancare gli occhi dallo stupore, si sentiva terribilmente a disagio, cosa stava facendo? Cosa aveva in mente?
-Andrè…-
Cominciò a parlare con le lacrime agli occhi, mentre la mano di Andrè tremava al contatto del suo seno. Tuttavia, represse le emozioni e fissandola negli occhi celesti non disse una parola.
-Senti, come batte questo mio cuore di donna…perché batte in questo modo, perché mi fa soffrire cosi? Perché…-
-Oh, Oscar-
Era tutto chiaro adesso, non era un allusione sul loro rapporto, semplicemente una confidenza, e Andrè non aveva il coraggio di dire nulla, non riusciva a dirle quello che pensava, perché l’avrebbe ferita. Lei lo guardava supplicante, aveva bisogno di parole, di conforto, quando Andrè strinse più forte la mano si accorse che Oscar soffocò un gemito di dolore.
-Oscar…-
La sua mano si era tinta del rosso del suo sangue, a quel punto la staccò e la prese per le spalle, scuotendola.
-Che cosa hai? Oscar…parla!-
-Ho cercato di soffocare il dolore che mi colpiva al cuore, ma continua a fare male Andrè, sto male!-
La strinse a se forte, e lei ricambiò quell’abbraccio che sembrò durare un eternità, finché scoppiò in un pianto ininterrotto, affondando il viso nel petto del ragazzo.
-Io, non ho un esistenza, come faccio a vivere se non so nemmeno come vivere! Se non posso amare, se so che rimarrò sola-
d’improvviso la stretta di Andrè si fece più forte, e la sua voce più roca, come se dovesse rivendicare una frase detta mille volte, come se dovesse sgridarla.
-Tu non sei sola dannazione! Puoi ancora vivere come vuoi, diventare una donna e innamorarti…e anche se non sarà Fersen, sarà un altro uomo.-
Un altro uomo non avrebbe occupato il suo cuore…non le avrebbe fatto brillare gli occhi, non le avrebbe ricordato che è una donna, una bella donna, piena di emozioni, e sentimenti.
Lo strinse più forte anche lei e chiuse gli occhi mentre si lasciava cullare dal petto di Andrè che si alzava regolare al respiro. Il ragazzo la prese in braccio e si avviò verso le stanze della giovane.
-Dove mi porti?-
-In camera-
Alzò lo sguardo di scatto per ribattere il suo, dissoluto. Andrè fece uno sguardo di convincimento quando lei cercò di divincolarsi.
-Hai bisogno di riposo…-
-No, ho bisogno di cambiare vita-
Entrò nella grande stanza dove vi era un grande letto a baldacchino e piano la appoggiò ad esso, ma Oscar non lo mollava, si era aggrappata alle sue spalle e soffocava il suo respiro tra il petto possente dell’uomo.
-Lasciami, che fai…-
-No. Voglio che resti con me-
-Ormai siamo grandi Oscar-
Si riferiva alle innumerevoli volte che da bambini dormivano insieme nella sua stanza, Andrè non lo aveva più fatto dal giorno in cui oscar era cresciuta. Vedendo il sangue sulla sua vestaglia e sul letto si era spaventato ed era corso da sua nonna, ed ella gli aveva spiegato che succede alle piccole donna, all’epoca il ragazzo aveva solo dodici anni.
-Resta con me-
Lo supplicava ora, tenendolo per il colletto della camicia.
-Se resto…non sarò in grado di dormire, e tu lo sai-
Gli occhi di Oscar, già lucidi di pianto si chiusero lasciando cadere pesanti lacrime silenziose. Poi, abbozzò un mezzo sorriso che incuriosì Andrè.
-Allora non dormiremo-
Lo spettacolo che Andrè si aspettava era tutto meno che il suo angelo si spogliasse davanti a lui, Oscar incominciò a togliersi la camicia…Andrè volle fermarla, non le avrebbe permesso di…
-Oscar! Ma che stai facendo?-
-A te che sembra? Non è forse così che bisogna fare? Per farsi amare…-
-Ma sei completamente folle! Perché dovresti farlo?-
-Perché tu, hai cercato di farlo l’altra sera!-
La sera in cui Andrè tentò di violentarla. Si era lasciato andare al desiderio represso vedendola infuocare, sentendola calda di rabbia sotto le sue mani, non ci aveva più visto, ma poi alla fine si era fermato, non le avrebbe fatto male, non lui, non sarebbe diventato un mostro ai suoi occhi.
-Io…-
Si fermò alle mani della ragazza che incominciò a togliergli la camicia bianca, ed accarezzargli il petto, poi le sue mani tremanti incontrarono il bordo dei pantaloni. Si fermò un attimo, come per pensare a come dovesse toglierglieli, invece il suo timore era un altro, aveva capito che mai sarebbe stata come un uomo, la dimostrazione gliela dava Andrè, con la sua corporatura possente, i suoi addominali, i suoi fianchi.
-Non ce la faccio…aiutami-
Andrè tirò un lungo sospiro e cominciò a togliersi i pantaloni, Oscar si lasciò cadere pesantemente sui cuscini, incapace di guardare una tale differenza, si mise un cuscino sul viso. Il ragazzo, ormai nudo stava davanti alla figura semivestita di lei, e la guardava intenerito, arrossendo un poco si avvicinò chinandosi piano sul suo corpo esile, e le tolse il cuscino. Il viso di Oscar non era più triste, ma divertito, quando Andrè le tolse il cuscino con uno sguardo divertito anche Oscar si mise a ridere.
Andrè le tolse anch’essa i pantaloni, lasciandola con solo la camicia che in precedenza le era stato negato togliersi. Ora poteva vederla; una figura snella dalla carnagione bianca, due gambe lunghe e magre, si soffermò a guardarle, accarezzandole con il pensiero, finché le sfiorò le dita dei piedi. Oscar rise ancora più convulsivamente, rotolandosi tra le lenzuola, fino a coprirsi con la coperta la testa e continuando a ridere, Andrè cercò di togliergliela.
-Non ce faccio, mi fa male lo stomaco se continuo a ridere-
Mugugnò da sotto la coperta, finche il ragazzo non riuscì finalmente a togliergliela, trovarsi in fine faccia a faccia con lei. Si guardarono sorridenti negli occhi, e un po’ intimoriti, la mano di Andrè incominciò a sfiorarle il viso, per passare poi alle labbra calde e delineate, Oscar cercò divertita di mordergli il dito, ma Andrè scaltro si spostò sui suoi capelli.
-Non ho ancora ben capito che gioco è, ma sembra divertente-
-Non doveva essere un gioco, ma appena mi tocchi mi fai ridere, mi vengono i brividi-
-Ti vengono i brividi? E se io azzardassi…-
Oscar lo guardava interrogativa e curiosa mentre Andrè andava scivolando con la mano tra le sue gambe tremanti, e sorrise al gemito che sentì udire dalle labbra di Oscar.
Si contorceva, sotto il tocco delle dita di Andrè che andavano via via esplorando il suo piacere, non riusciva a trattenere gemiti strozzati, e chinò la testa all’indietro, riprendendosi il cuscino e mordendolo soffocando gemiti sempre più audaci, finché gli prese la mano e lo fermò.
-Questo è peggio del solletico-
-Lo so-
rise Andrè, che le toglieva per la seconda volta l’ingombrante imbottitura dal viso.
-che facciamo?-
-Posso guardarti?-
-Puoi anche toccarmi…ma io intendo…è l’amore che cerchi, o…questo?-
Oscar lo guardava incerta, poi mise una mano sul volto dell’amico, per poi farla scendere sul petto. Lo contemplò, era la prima volta che toccava il corpo di un uomo, e rabbrividì quando arrivò all’estremità dell’ombelico, sentendo sfiorare la sua mano con la protuberanza di Andrè, allora alzò di colpo il viso e lo fissò negli occhi, terrorizzata. Non era pronta a questo. Non era pronta a diventare donna. Andrè lo sapeva, lo vedeva nei suoi occhi limpidi e lo sentiva nei suoi gesti tremuli.
-Perché non dormiamo? Domani sarà un altro giorno-
-No, io…vol…volevo…-
-Oscar tu non sei pronta per questo, non riesci nemmeno a guardarmi...-
-Dammi qualche istante, è la prima volta che vedo…-
abbassò lo guardo sul membro eretto del giovane e i suoi occhi si spalancarono, doveva dimostrargli che non aveva paura, così lo prese in mano e si appoggiò dolcemente sulle coperte, trasportandolo sopra di lei, Andrè chiuse gli occhi al tocco della mano che lo avvolgeva. Era nei suoi sogni tutte le notti, ed ora era realtà. Sarebbe stata sua.
-Così è solo sesso. Io voglio che tu sappia che ti amo davvero-
-Lo so Andrè…-
-Allora baciami, prima che io lo faccia baciami-
Sorridendo maliziosamente gli cinse le mani al collo e accarezzò i capelli lunghi e morbidi, poi incominciò a sfioragli le labbra, finché divenne un bacio più deciso. Ora la loro anima era unita in un bacio spassionato e lussurioso, che non lasciava tempo al respiro di interromperli, poi lei si staccò lievemente e gli parlò a fior di labbra.
-Toccami Andrè, fammi tua-
Non se lo fece ripetere, riprese ardentemente le sue labbra e con le mani scivolò sotto la camicia avvolgendo i suoi seni, finché si liberò dell’indumento. Da lì cominciò a succhiare un capezzolo, facendola contorcere e gemere, finché decise di mettere fine a quella tortura, le prese le gambe da sotto il cavo popliteo e gliele allargò per poi farle aderire ai suoi fianchi, e piano la penetrò.
Chiuse gli occhi ed emise un urlo soffocato cingendosi più forte alle sue spalle, mentre Andrè continuava a spingere più forte dentro di lei. Le mani di oscar trovarono rifugio in quelle di Andrè che si chiudevano disperate nelle sue, mentre il dolore era troppo forte da sopportare, cercò di divincolarsi cercando una posizione che non le facesse sentire male. Pensò a Fersen, e a come sarebbe stato con lui, e poi la sua mente ritornò su Andrè che spinto dalla passione aveva preso un ritmo smisurato, non ricordandosi che per lei era la prima volta. Oscar non poté più sopportare, e lo chiamò disperatamente.
-Andrè!-
Sentendola irrigidire sull’ultima spinta il ragazzo si staccò e cadde esausto al fianco della sua amata.
Non era più su di lei, invadendola con il suo corpo, eppure sentiva ancora pulsare il dolore dentro di lei. Si alzò con fatica e con la mano strinse forte l’apertura appena forzata e strinse le gambe, chiudendo gli occhi per soffocare il bruciore, quando li riapri vide che la sua mano era tinta di sangue, come anche una gran parte delle lenzuola sotto di lei.
Sentiva prepotentemente le lacrime uscire dagli occhi e non si trattenne, scoppiò in un pianto singhiozzando e si coprì il volto con le mani sporche di sangue, Andrè non poté che restare a guardare, quel momento era solo di una donna, una donna che ora non poteva più negare di esserlo.
Si rimise sdraiata e si raggomitolò con le coperte, dando le spalle ad Andrè, non si era mai sentita così in imbarazzo, così umiliata. Andrè, capendo il disagio della donna cercò tutti i suoi abiti e si avviò verso la porta, Oscar non lo fermò, e nemmeno gli parlò.

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Capitolo 2
*** TURBAMENTI DELLA MENTE ***


La domenica mattina era ancora più grigia e fredda, Oscar era ancora tra le lenzuola del suo letto a baldacchino, immersa nei suoi incubi d’amore, quasi si era dimenticata che era stata tra le braccia di un uomo. Si girò dall’altra parte del letto, e sentendo il corpo nudo sul lenzuolo freddo si svegliò.
A un tratto tutto era chiaro; i ricordi della notte passava le scorrevano davanti agli occhi, e la mano ancora sporca del suo sangue le diede la conferma. Decise di alzarsi per scendere a colazione, ma non appena si piegò seduta un dolore fastidioso al ventre la sorprese. Come era possibile che facesse ancora male? Cercò di non darci peso, così si lavò e cambiò per poi scendere.
A tavola c’erano tutti, compreso Andrè, che era l’unico dei suoi servitori che disponeva di questo privilegio, quando Oscar lo vide la fame venne meno, decise così di saltare la colazione e di fare una cavalcata, Andrè la raggiunse nelle stalle.
-Oscar-
Alla pronuncia del suo nome le venne una fitta allo stomaco, non aveva il coraggio di giare il volto per guardarlo negli occhi, perché sicuramente avrebbe visto nei suoi il grande disagio che la attanagliava. Irritato da quel comportamento impassibile la prese per un braccio e la voltò di scatto, Oscar trasalì e lo guardò quasi sconvolta.
-Andrè, lasciami in pace!-
-Che ti prende? Sono diventato un mostro adesso, da non poter più nemmeno degnarmi di uno sguardo?-
-Andrè…lasciami, ho bisogno di restare da sola-
-Perché ti sconvolge tanto il fatto che abbiamo fatto l’amore? Perché, ora sai che sei una donna e non lo puoi più negare a te stessa. Dannazione Oscar!-
Non rispose, prese le briglie del cavallo e si avviò verso il cotile. Ma il ragazzo la fermò di nuovo, prendendola per le spalle e stringendola a lui.
-Perché fai così…me lo hai chiesto tu, tu…-
-Dovrebbe essere una cosa bella, invece sento ancora quel dolore insopportabile dentro, ma è il mio cuore che sta male Andrè, non riesco a dimenticarlo, e…ieri sera, è come se lo avessi tradito-
-Ma cosa dici? Smettila di fare così, tu devi cercare di dimenticarlo, ti fai solo del male-
-Andrè, lasciami andare-
-No…io ti amo e tu lo sai-
Fece un lungo sospiro e lo abbracciò anch’essa.
-Ho bisogno di fare un giro…andiamo almeno al lago-
Il ragazzo sorrise teneramente, felice della risposta datagli, così partirono al galoppo verso il lago.
-E se andassimo a bere qualcosa?-
Oscar si meravigliò della proposta, aveva ancora la testa pesante di lacrime e il corpo stanco per la sera prima, gli sorrise e gli fece cenno di no, Andrè sospirò e prese un filo d’erba per farlo suonare, poi si mise sdraiato sull’erba chiudendo gli occhi, Oscar si mise a fissarlo pensierosa. Notava solo ora che era bello? Ieri non le aveva notate quelle piccole cicatrici sul suo volto, e nemmeno aveva notato le sue labbra arricciate in un broncio. Si chiese se era possibile che potesse innamorarsi di lui, vedendolo sotto un aspetto che mai prima di allora aveva visto. Il suo Andrè, come era bello, davvero bello, mise da parte i pensieri e si chinò silenziosa a catturare le labbra del giovane, che non aprì gli occhi quando se ne accorse.
Poi, guardarla era impossibile, per quanto gli fosse difficile con un occhio solo, voleva immortalare ogni attimo di quel momento.
Ad un tratto si staccò di scatto da quel bacio troppo audace, distolse lo sguardo e si getto come senza vita sul prato, Andrè non disse nulla, sapeva che qualsiasi cosa avesse detto non sarebbe servita, e comunque non avrebbe avuto risposta, finché fu Oscar a parlare.
-Stasera a Versailles danno un ballo, devo andarci-
-Devo venire con te?-
-Se vuoi…-
-Perché no-
Andrè trovava sempre parole da dire per ribattere, invece questa volta la sua mente era ancora annebbiata da quel bacio che non poteva dimenticare, non riusciva a capire il comportamento della ragazza, eppure avevano passato la notte insieme, lei si era donata per la prima volta a lui, era come se non fosse mai avvenuto.
-Oscar-
-Cosa c’è?-
-Stanotte…ne parliamo?-
-Oh…cosa vuoi dire?-
-Beh…anche se tu non ne vuoi parlare, non puoi fingere che non sia avvenuto!-
-Certo che no. Andrè, ascolta, tu sei…il mio migliore amico, e io ti voglio bene, e se è successo…-
Andrè la interruppe, sapeva come avrebbe concluso la frase, e non voleva sentire il peso di quelle parole.
-Ho capito cosa stai per dirmi, volevo solo…parlarne-
-Ok. Allora questo argomento si chiude qui, e non ne parleremo mai più in futuro-
-Come desideri-
-Bene, ora ritorno a casa, comincia a fare troppo freddo-
Andrè non aggiunse altro, prese il cavallo e insieme tornarono a casa.


Era giunta al ballo ormai da due ore, eppure se ne era stata appoggiata al muro senza far niente, nonostante molte donne le avessero chiesto di danzare, perché, lei, agli occhi di tutti, non era una donna, ma un ragazzo dai lineamenti raffinati e delicati. Andrè invece non era venuto, restare al fianco della donna che amava era subire una tortura. Non l’avrebbe più avuta, non la avrebbe più baciata, sarebbe rimasto soltanto l’amico eterno.
Ad un tratto una figura alta, con capelli castani e il sorriso splendente si avvicinò a Oscar, che rimase stupita, mentre l’uomo avanzava non faceva che pensare alla notte scorsa, ad Andrè. Una donna, ora era una donna fino in fondo, fissando gli occhi azzurri di Fersen sentì di nuovo una fitta al ventre,e un desiderio che preferì ignorare. Cercò invano di cambiare strada, ma venne fermata dalla voce dell’uomo.
-Madamigella Oscar!-
-Fersen…ci rivediamo-
-Già, è passato poco tempo, pensavo che non vi avrei rivisto così presto-
-Ho dovuto venire-
-Certo, certo-
Era strano come le cose potessero mutare, come si potessero vedere le persone sotto un altro aspetto, pensare di loro qualcosa di diverso. Strano, che ora che la guardava sentiva un gran rimorso attorcigliarsi allo stomaco, era come se la vedesse per la prima volta, ammirando i suoi occhi lucidi, e il suo sorriso spento dal suo amore negato, si chiese se almeno una volta avrebbe mai…potuto immaginare un loro, scacciò via quei pensieri inquieti e ritornò ad essere l’amabile gentiluomo che era.
-Vi saluto ora, madamigella Oscar, spero di rivedervi presto-
-Lo stesso per me conte di Fersen, vi auguro un buon proseguimento-
La guardava andare via con il cuore in mano. Se il dolore che sentiva era il rimorso allora sarebbe passato presto, pensò, ma, se invece era un sentimento più nascosto, allora era solo l’inizio.
-Ecco il comandante delle guardie reali!-
Non poté fare dieci metri, che il conte di Varèn la chiamò con tutta la sua rauca voce, Oscar si girò a fatica.
-Venite comandante, voglio farvi conoscere il duca de Royal, duca…-
Oscar gli porse la mano e sorrise amabilmente.
-Piacere, Oscar Francoise de Jearjayes-
-Oh comandante, ho sentito parlare di voi da molti miei amici-
-Beh, comandante ancora per poco, presto mi accingerò a lasciare le guardie reali per disporre di un altro incarico-
-Non sapevo, posso chiedere, se non vi importuno, il motivo?-
-Il motivo è personale signore, e ora se volete scusarmi, dovrei andare-
-Certo, non vi intrattenerò oltre comandante-
-Allora buona serata duca-
-A voi-
Camminava imperterrita verso l’uscita della sala, sommersa dai suoi pensieri, quelli che la tormentavano da tutta la sera. Andrè, il modo in cui si era comportata, indifferente, fredda, come se non fosse successo nulla la sera prima, eppure, qualcosa era successo, avevano pure riso, erano stati bene, perché ora non lo guardava nemmeno? Poi un flash, il pomeriggio nel prato, il bacio…sempre lei, come la sera prima aveva fatto la prima mossa. Si sentiva più donna ora, le tremavano le gambe al solo pensiero, e le batteva più forte il cuore nel pensare che gli altri vedessero il suo cambiamento.
Tornò a casa, esausta, si spogliò, liberandosi della divisa che ormai era diventata troppo pesante. Si sentiva come senza pelle, si cinse le mani sulle braccia per difendersi dal freddo, guardando gli abiti sul pavimento, fece un passo verso lo specchio grande d’ottone. Guardava la sua immagine come non l’aveva mai guardata prima di allora, nuda, diversa, non si era mai soffermata a guardare il suo corpo allo specchio; era snello, bianco e sodo. Con una mano sfiorò la forma del suo seno, che le si mostrava piccolo e prepotentemente all’insù, per poi scendere a toccare il torace, poteva sentire le costole da quanto era magra, infine si girò lievemente di profilo per guardare il bacino, stretto e il ventre piatto. Si passò una mano tra le gambe, ricordando l’impudenza che si era permessa, si diceva che lo aveva voluto lei, pensava a come Andrè aveva toccato ogni sua forma e baciato la sua pelle, a come aveva goduto nel sentire quelle carezze, chiuse gli occhi cercando di immaginare tutti i dettagli di quella trascorsa notte, non si accorse che Andrè la stava guardando dalla soglia della porta. Si girò quasi indignata ad osservarlo, e scaltra si coprì con la camicia adagiata ai suoi piedi.
-Hai un corpo bellissimo, e non lo hai mai saputo-
-Che fai Andrè? Perché mi spii?-
-Non fraintendere, passavo per caso quando ti ho vista davanti allo specchio-
Cominciò ad avanzare verso la figura intimorita di lei.
-Fermo!-
Si fermò di scatto, era stata una supplica quella della donna, che ora lo guardava con gli occhi lucidi.
-Perché quel bacio?-
-Non dovevamo più parlarne, ricordi?-
-Ma io ho bisogno di sapere Oscar, ho bisogno di sapere!-
-Non lo so!
Gridò infine disperata tra i singhiozzi, lasciandosi cadere pesantemente a terra, lasciando travedere l curve perfette del suo corpo, lasciate libere dalla stretta dell’indumento. Le braccia stavano cedendo, Andrè corse da lei stringendola a se.
-No lasciami…lasciami-
-Tranquilla, non ti faccio nulla, non ti farò più del male-
Si sciolse in un abbraccio da lungo represso, gli cinse le braccia al collo stringendolo disperatamente, finché poi si staccò.
-Andrè…io…voglio rimanere da sola-
-Si, ti lascio sola, cerca di dormire-
La salutò cercando di darle un lieve bacio sulla fronte, ma la ragazza si scansò e non lo lasciò proseguire, Andrè fece un lieve sorriso e se ne andò.
Nello spazio infinito di quel letto a baldacchino si sentiva come una bambina sola, cercò conforto stringendo il suo corpo, ancora nudo, e freddo, non riuscendo a prendere sonno. I pensieri la tormentavano; vedeva Andrè, Fersen, la sera in cui aveva dovuto dirgli addio, sentiva le lacrime di quella sera, al ballo, quando per la prima volta nella sua vita aveva indossato un abito da donna, alla sensazione incredibile che aveva sentito quando entrando in sala tutti si erano fermati a fissare la sua bellezza. Lei bella. Doveva saperlo? Eppure glielo ripetevano sempre tutti, quanto lei fosse bella, con i suoi riccioli biondi, i suoi occhi azzurri…alla fine si addormentò.
-Andrè…Andrè…- la mano scivolava sicura su quelle curve e le faceva rabbrividire la pelle, prendendo sicurezza anche lei accarezzò il suo corpo muscoloso, scendendo sempre più audacemente verso il basso, l’impeto prese il giovane che la baciò con trasporto, finché non unì i loro corpi in un'unica figura.-Andrè!- un gemito strozzato, e il sudore che scendeva dalla sua fronte, chinò all’indietro il capo schiava dell’estasi…
La mano del giovane passava sulla sua pelle chiara, strizzandole i capezzoli, mordendoglieli, Oscar guardava l’infinito nei suoi occhi, che ad un tratto non erano più verdi, ma azzurri, si ritrovò a fissarli ed restare incantata…-Fersen?...- poi le immagini sparirono e una stanza semibuia, illuminata solo dalla fiacca luce della luna le si presentò davanti.
Era sudata, e ancora sentiva il suo corpo gemere dal desiderio, non era possibile che avesse fatto un sogno simile, non le era mai capitato. Ripensò alle immagini del sogno trovandole uguali alla notte passata con Andrè; ogni movimento, ogni gemito, poi si ricordò solo gli occhi azzurri di Fersen. Era lui che desiderava? Si rigirò nel letto, cercando di calmarsi, quando si accorse che era nuda. Non era da lei dormire in quello stato, se fosse entrata la nonna, o peggio suo padre, l’avrebbero vista in quella imbarazzante situazione, decise di vestirsi con l' uniforme e di fare un giro per i cortili della villa.
Era quasi l’alba, il sole si intravedeva appena, e faceva ancora abbastanza freddo, non aveva voglia di rientrare, sapeva che non era dell’umore per sopportare gli sguardi preoccupati di Andrè, decise di andare a Parigi, presto avrebbe ricevuto il nuovo incarico e non avrebbe più avuto tempo di permettersi una tranquilla giornata a cavallo, men che meno avrebbe potuto stare sola.

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Capitolo 3
*** PAURA D'AMARE ***


Invece di andare a Parigi decise di recarsi a Versilles per far visita alla regina Maria Antonietta, che ultimamente era sempre più sola e triste; il figlio stava male, e il conte di Fersen…beh, non le stava poi tanto vicino.
La reggia di Versailles era splendida sotto i raggi dorati del sole, che la rendevano ancora più spettacolare, ornata di decorazioni e sculture, Oscar vi giunse verso le otto, stupendosi nel vedere la regina nei giardini.
-Oh! Oscar!-
Maria Antonietta era una donna splendida, nel suo bel vestito ornato di pizzi e fiocchi, con un sorriso dolcissimo e commosso corse entusiasta verso Oscar.
-Siete venuta? Non mi avete abbandonata…come credevo…-
-Maestà, come potrei abbandonarvi? Ve l’ho detto o no, che sarei rimasta comunque al vostro fianco, per proteggervi?-
-Certo, ma raccontatemi, come vanno le cose? E Andrè…come sta?-
Andrè…si morse nervosamente il labbro al suono di quel nome, cosa doveva dirle? Che molto probabilmente Andrè stava soffrendo come lei? Il ricordo di quell’abbraccio, e di tutto il resto le annebbiava ancora la mente, poi d’un tratto le venne in mente Fersen, il suo amore per lui, Oh, Fersen, l’amore negato, il sentimento tradito. Ora sapeva cosa la affliggeva, sapeva dare un nome al sentimento che aveva verso Andrè. Come poteva guardarlo negli occhi, quando si sentiva terribilmente in colpa, verso se stessa, verso il suo essere donna, che aveva donato a lui senza nemmeno pensarci, quando il suo cuore lo voleva donare all’uomo che amava? Le sue labbra fecero una smorfia compiaciuta, ora aveva la risposta, e alzando lo sguardo sulla donna che ancora la guardava interrogativa le rispose.
-Va tutto magnificamente maestà, vi ringrazio-
-Bene, sapete Oscar, in questi giorni avevo paura che la nostra amicizia non sarebbe stata più come prima-
-Io sarò sempre con voi, non dovete temere-
-Già, che sciocca-
Lo sguardo della regina si fece più triste, Oscar notò le mani tremanti stringere il parasole saldamente.
-Maestà, voi siete la regina di Francia, siete una donna eccezionale, nessuno potrà mai abbandonarvi, men che meno la sottoscritta-
-Oh, Oscar! Vi ringrazio di cuore…-
Il viso le si illuminò quando sorrise, aveva la felicità impressa negli occhi, come non le capitava da molto tempo. Oscar la salutò baciandole la mano per poi avviarsi verso l’interno della reggia, ma ancora una volta due occhi chiari presero la sua attenzione, decise di non fermarsi, se lo avesse fatto non avrebbe più avuto il coraggio di rimanere impassibile, fece finta di non vederlo e cambiando direzione decise per il ritorno a casa, Fersen la vide solo di sfuggita e non si apprestò a raggiungerla.

Anima mia…
Anima mia, ricordi quando i nostri occhi si incontrarono?
quando i tuoi sguardi accarezzarono la mia pelle e i tuoi gesti danzarono con i miei?
Se il destino avesse mantenuto il segreto delle nostre anime,
forse staremmo ancora ballando sotto tutti quegli sguardi…Ma mi rinneghi, amore mio…

L’aveva sempre vista come un amico, il migliore amico. Si erano conosciuti alla tenera età di diciotto anni, al ballo in maschera dove vi era recata di nascosto il suo amore, ma ora i sentimenti erano così confusi, ieri sera aveva notato l’aria triste di Oscar, e non sapeva darsi pace, perché era colpa sua, ma non fu l’unica cosa, c’era un’aria diversa in lei, qualcosa di profondo. Cercò di capire cosa, cosa poteva essere successo a quella donna con lo spirito forte come quello di uomo? Si portò una mano sugli occhi, non gli era mai capitato di pensare a lei così intensamente. Eppure aveva notato lo sguardo triste, le labbra sottili e invitanti, ma non poteva pensare all’amore, la regina era l’unica donna che amava. Solo lei. Ma perché continuava a pensarla? La guardava andava via in lontananza e notava la sua figura snella e ondulante, dannatamente perfetta.

Quando arrivò alle stalle di casa Andrè la stava aspettando. Se ne stava appoggiato a un ammasso di fieno con le braccia conserte, gli occhi chiusi, aspettando il ritorno del suo angelo biondo. Oscar se lo aspettava, sicuramente doveva essersi preoccupato nel non trovarla a colazione, ma tutto ciò era superfluo, in quel momento non aveva voglia di fuggire da un ennesima conversazione, anche se sarebbe caduta sul loro attuale stato.
-Dove sei stata?-
-A Versailles-
Gli rispose spontanea, senza nascondere il tono superbo della voce, Andrè sogghignò.
-Di nuovo?-
-Ho incontrato sua maestà la regina…è mio dovere restarle sempre e comunque accanto-
-E già. Ed era il caso di sparire all’alba?-
fece un lungo respiro, se quell’interrogatorio fosse durato ancora a lungo non ce la avrebbe più fatta a resistere.
-Non vedo il perché debba interessarti Andrè-
-Già…non lo sai? Allora te lo ridico. Non faccio altro che aspettare da una vita, e finalmente l’altra notte…sei stata mia Oscar, e poi da li tutto è cambiato…-
Lo ascoltava in silenzio, rivolgendogli uno sguardo comprensivo, mentre il giovane avanzava verso di lei.
-Non mi guardi più, non ridi più, non mi chiedi nemmeno di allenarci con la spada…niente, e io sto male! Questo lo vedi? Perché come stai male tu, sto male anch’io Oscar!-
La prese per le spalle e incominciò a scuoterla, lei gli mise le braccia intorno al collo, cercando di calmarlo, ormai la sua disperazione era diventata un pianto ininterrotto.
-Andrè calmati…certo che lo so…lo so... amore mio, lo so-
Aveva detto…amore mio? No, non lei. Andrè smise d’un tratto di piangere, incapace di muoversi, mentre Oscar gli cingeva le labbra sulle sue.
Che calore immenso al cuore sentiva. Ancora una volta si ritrovò confusa sui suoi sentimenti, eppure sapeva di amare il conte di Fersen, e Andrè? Pian piano che la sua mente cercava in vano una qualsiasi risposta il suo corpo stava già bramando le carezze di quelle mani che per sempre avrebbe ricordato.
Si ritrovò a slacciargli la camicia, baciandolo ardentemente, senza lasciare spazio ai preliminari, questa volta sarebbe stata perfetta.
Pochi istanti e entrambi giacevano nudi sul fieno caldo e profumato, Andrè le regalava dolci sorrisi e lei li ricambiava con dolci baci. Non voleva pensare a nulla, solo a loro in quel momento. Si rigirò su di lui lasciandolo dolcemente schiacciato sotto il suo peso, il ragazzo gemeva senza riuscire a trattenersi, mentre Oscar scendeva con la lingua su tutto il suo petto, fino ad arrivare all’ombelico, e fu lì che Andrè la prese per i fianchi e la fece rigirare sotto di lui…
-Andrè…-
Non voleva sentirla, aveva paura di un suo rifiuto, e non doveva accadere in quel momento. Ma lei gli prese dolcemente il viso tra le mani dandogli un bacio innocente sulle labbra.
-Si dolce ti prego-
-Oscar…-
-Voglio che la nostra seconda volta sia migliore della prima-
-Cara…-
La baciò estasiato, e senza attendere altro tempo la fece sua, dolcemente, come gli aveva chiesto lei.
Un lieve dolore le afflisse il ventre, ma non era insopportabile, ne fastidioso, presto se ne sarebbe abituata, e consolata dall’aitante prospettiva si lasciò andare al piacere che la avvolgeva.
Qualche istante dopo i due amanti erano dolcemente abbracciati, Andrè teneva la testa sul seno di Oscar, mentre le gambe erano attorcigliate, gli occhi di entrambi rivolti verso l’alto.
-A cosa pensi?-
-A questo…a noi, alla regina, a Fersen. Sento la testa confusa. Oh Andrè è stato così bello…-
-Non piangere-
-No. La mia è felicità-
-Tra noi…cosa c’è? Solo passione, o amore?-
-Tu mi ami…io…non lo so Andrè, devo riflettere sui miei sentimenti, capire me stessa, ma non ti negherò più uno sguardo-
Si strinse più forte al suo petto e la baciò intensamente, doveva accettare la sua risposta e lasciarle tempo.

Anima mia…
Anima ferita, io ti ho curato, e ora c’è confusione nei tuoi occhi,
le tue mani mi tengono stretto e il tuo profumo mi ispira una tale vitalità che mi sento rinascere…
Oh, essenza del mio cuore, perché? Perché la tua mente mi fa tanta paura?
Perché non riesco a guarire la ferita del tuo cuore, seppellire il tuo amore,
rinnega quel dolore e abbraccia la mia anima.





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Capitolo 4
*** INSIEME A TE ***


Pochi giorni e finalmente il nuovo incarico le fu affidato, sarebbe diventata capitano dei soldati della guardia. E ora? Cosa ne sarebbe stata della sua femminilità? Un soldato si lascia alle spalle il passato, pensa solo al suo incarico, e l’amore cose era a confronto di una carriera che lei stessa aveva richiesto, per essere un uomo, per diventare qualcuno, per dimenticare il suo amore.
Se ne stava seduta vicino alla finestra che dava sul cortile, guardando fuori pensava a tutte le cose che avrebbe potuto avere, e a tutte quelle che avrebbe perso…Andrè…cosa ne sarebbe stato di lui?
Ora che non poteva più lasciar perdere quel sentimento ancora non definito, ma non lo avrebbe potuto respingere da se stessa. Fuori un tempo piovoso e freddo sembrava darle conferme, allunisolo con il suo stato d’animo. No. Non poteva più negargli quegli sguardi, quei sorridi, glielo aveva promesso quel giorno, dove gli aveva donato ancora una volta se stessa…l’avrebbe odiata, ne era certa.
-Ho saputo…-
Si girò lentamente verso lo sguardo assente del giovane, accasciato pesantemente sull’uscio della porta. La guardava con il cuore in mano, se avesse accettato l’incarico, tutto sarebbe finito, per forza. Oscar gli sorrise ottimista, lasciando da parte le insicurezze e i dubbi.
-Fra due giorni dovrò prendere il posto di capitano fra i soldati della guardia. Almeno, è quello che dovrei fare, quello che volevo…-
-Non è mai troppo tardi per cambiare idea-
-No…non so cosa fare-
-Oscar…-
-No, Andrè…ti chiedo solo…non odiarmi per la mia scelta-
-Non potrei mai, ma aspetto ancora quella risposta. Noi, tra noi…cosa c’è? Come va avanti?-
-Penso che il tempo lo deciderà, io non alcuna risposta, solo una gran confusione, la stessa dell’altro giorno…-
Il giovane sospirò lievemente. Cosa avrebbe dovuto fare? In realtà qualcosa lo aveva già fatto, e ora doveva dirglielo. Ma come? Avvicinandosi le mise una mano sulla spalla e abbassò la testa, timoroso della reazione che avrebbe avuto.
-Oscar…mi sono unito ai soldati della guardia-
Disse tutto d’un fiato, con la voce roca e le mani sudate, si strinse più forte alla figura di Oscar, lei si girò di scatto in piedi, lasciando rovesciare la sedia sulla postazione di Andrè, che dovesse scansarsi.
-Andrè!-
-Cosa dovevo fare? Io…voglio starti vicino-
-Ma che cosa hai fatto? Lo sai che un soldato non è mai a casa? E che se viene chiamato in guerra potrebbe morire?-
-Certo che lo so-
-E allora?-
-Ti starò vicino, per sempre, perché ti amo-
Lo sguardo azzurro della ragazza si addolcì, avanzando rassegnata verso di lui, lo baciò sulle labbra.
Andrè ricambiò quel dolce gesto più intensamente, accarezzandole una guancia, e passando con l’altra mano le dita tra i capelli, poteva sentire tutto il suo profumo di donna, come gli era sempre piaciuto. Si staccarono senza fretta da quell’intimità, e guardandosi negli occhi capirono che sarebbe passato il tempo, prima che i loro sguardi potessero ancora scrutarsi come ora.
-Ora devo andare a Versailles, per ringraziare sua maestà la regina del nuovo incarico-
-Lo so. Tu devi sempre correre dalla tua regina-
-Certo Andrè-
Già, lei doveva sempre andare dalla sua regina Maria Antonietta, sempre e comunque, non l’avrebbe mai abbandonata, era suo dovere starle vicino e proteggerla, anche se ciò significata andare contro i suoi sentimenti, era scappata da quella donna che Fersen amava, si era ripromessa di non frequentare più così assiduamente la reggia di Versailles, invece non poteva farne ameno.
Quando arrivò al palazzo reale si accorse subito che qualcosa non andava, un aria triste e preoccupata aleggiava tra i nobili presenti, si fece avanti fra la folla cercando una risposta a quel brusio di voci che la sommergeva.
-Cosa succede?-
Chiese ad una donna non poco più giovane di lei, che si stringeva un fazzoletto tra i denti.
-Oh…purtroppo il nostro principe sta molto male, da ieri notte la situazione è peggiorata ulteriormente-
-Povera la mia regina-
-E pensare che il piccolo Josephe ha solo sette anni-
Le venne una stretta allo stomaco che non riuscì a definire. L’aveva visto nascere quel bambino dai capelli dorati come sua madre e dalla carnagione chiara, ed ora, a solo sette anni stava per lasciare la vita. Tutto questo era ingiusto. Si convinse che era meglio non disturbare le sue maestà, avrebbe dato i suoi ringraziamenti in un altro momento, si fece spazio ancora una volta tra la folla, che situava intorno alle camere reali, cercando con la mano uno spazio vuoto, finchè non raggiunse un pilastro, vi si appoggiò esausta, e pensierosa.
-Madamigella Oscar?-
Sapeva già chi era, era così scontato che lo avrebbe incontrato in quella circostanza, sicuramente voleva stare più vicino alla sua amata, che stava passando un triste periodo. Quando alzò gli occhi sul giovane svedese si accorse che la stava fissando.
-Fersen…immaginavo che eravate voi, ho riconosciuto la vostra voce -
-Speravo di incontrarvi Oscar…venite con me-
Da qualche giorno non riusciva a darsi pace, continuando a pensare alle sue labbra fini, al suo sguardo triste, alla sua figura, che gli si proponeva davanti agli occhi prepotentemente. Solo ora riusciva a notare la perfezione dei suoi fianchi stretti e la sporgenza del suo seno.
-Dove?-
-Facciamo una passeggiata in giardino…-
L’aveva supplicata. Aveva sperato di trovarla li, lo aveva desiderato, senza saperne il motivo, anche se nel profondo sentiva che qualcosa stava nascendo in lui, un sentimento forte, incapace da ignorare.
E ora che lei eri li, insieme a lui, fianco a fianco le parole gli venivano meno, contrastate dalla paura di una timidezza che non gli era degna, cercò quelle parole in tutto se stesso, pensando che forse sarebbe stata lei a parlare per prima, invece entrambi se ne stavano silenziosi uno accanto all’altra.
Solo una parola, quello che sentiva, quello che doveva dire, altrimenti gli sarebbe esplosa la testa, si fece coraggio e iniziò.
-Ecco…vedete Oscar, io…penso continuamente a quella nostra conversazione-
La conversazione più umiliante nella vita di Oscar era sicuramente stata quella sera, quando aveva dovuto confessare obbligatamente il suo affetto per lui. Al solo pensiero si sentiva male, ricordare tutte quelle emozioni, di quella famosa notte…se il tempo potesse tornare indietro, avrebbe cancellato ogni attimo passato con lui, la sera del ballo. Cercò di rimanere impassibile, pensando ad una soluzione per uscire da quella situazione, ma più si sforzava più sapeva che non poteva scappare.
-E io…vi dissi che se avessi saputo che donna eravate forse…forse tra noi sarebbe stato diverso. Più ci penso, e più mi accorgo che avervi davanti agli occhi ora, non è lo stesso guardarvi. Vi vedo in un modo diverso, e non so farmene un quesito-
-Non aggiungete altro vi prego-
-Ho bisogno che mi aiutate a capire cosa mi sta succedendo-
Ricordò le emozioni che aveva provato la notte in cui era stata con Andrè. Vergogna, umiliazione, per lui, per l’uomo che amava, ma ora? I suoi pensieri erano ancora confusi, guardava l’uomo che aveva davanti, l’uomo che amava, e sapeva che non lo avrebbe mai dimenticato.
-Ora devo andare…-
-No…madamigella, aspettate un momento, non mi avete risposto…-
Come era triste vederlo piangere, per lei? Mille pensieri lo tormentavano dentro, si ritrovò sempre più confusa, cosa avrebbe dovuto dirgli? Che il suo grande e vero amore era una donna legata in matrimonio con il re di Francia, e che lui non avrebbe mai potuto amare alla luce del giorno? Lo fermò mettendogli una mano sulla spalla, sicura di quello che gli avrebbe detto.
Fersen trasalì, rimanendo incantato dal quel tocco, di nuovo quella sensazione lo avvolgeva, perché la vedeva così bella? Così dolce e raffinata, perché la vedeva non più come un amico, ma come una donna?
-Ascoltate Fersen, ora più che mai sua maestà ha bisogno di voi, perciò raggiungetela e statele vicino, per quanto riguarda quella notte, ve lo detto, ho già cancellato certi sentimenti dal mio cuore-
-Allora perché vi trema la voce mentre lo dite?-
No. Forse amore non poteva definirsi, ma sentiva un irrefrenabile desiderio di baciarla, presto o tardi non sarebbe più riuscito a trattenersi, se lo promise fra sé, intimamente, tra i pensieri più remoti nascosti tra la sua mente, decise che un giorno avrebbe dato un nome a quel sentimento.
Fece un passo avanti, ravvicinando la distanza col suo corpo, lasciandola basita, le mise una mano sul viso, perso ancora tra i suoi pensieri le sfiorò le labbra.
Come era potuto succedere forse nemmeno il cielo poteva spiegarlo, forse la confessione di quella notte aveva portato il giovane Conte di Fersen a rivalutare i suoi sentimenti verso Oscar.
Si staccò quasi indignata, rinnegando quel momento, con lo sguardo imbronciato, guardandosi dritti negli occhi, sapevano entrambi che ora era veramente cambiato il loro rapporto. Fersen non la fermò quando lei se ne andò senza il cenno di una parola, e nemmeno cercò di dare spiegazioni alla gente che li vide.

Attraversando il giardino di casa le venne in contro suo padre, con aria alterata e offesa, lei non ci fece nemmeno caso al suo sguardo accusatore, quando si sentì arrivare sul volto lo schianto del suo schiaffo. Rialzando il volto lo guardò con sfida.
-Oscar! Si può sapere perché hai lasciato le guardie reali? Cosa ti ha spinto?-
-Padre, dovete perdonarmi, ma l’ho fatto per una ragione-
-Dimmi questa ragione!-
-Non posso padre, mi spiace-
Un altro schiaffo, e questa volta cadde a terra. Non cercò di difendersi, sapeva che gli aveva procurato un grande dolore, ma aveva dovuto farlo, anche se il gesto di pochi istanti prima aveva lasciato la sua testa ancora più confusa. Se ne era andata per colpa di Fersen, ma dopo quel bacio, lasciare le guardie reali le procurava un profondo rammarico.
-Mi hai profondamente offeso, come figlio mi hai deluso. L’ho saputo dal generale Bouè, che mi chiedeva un qualsiasi motivo, ed io che non avevo risposte mi sono reso ridicolo-
-Mi dispiace, non era mia intenzioni offendervi, tanto meno mettervi in ridicolo davanti ai vostri amici-
Da lontano scorse la figura di Andrè, che vedendo la scena era rimasto immobile, pronto ad intervenire in qualsiasi momento, Oscar non vedeva l’ora di correre tra le braccia del suo amante, e dall’altra avrebbe voluto non vedere più nessuno.
-Mi spiace davvero, ora scusate, ma vado a riposare-
-Oscar!-
Lei non si girò, non si fermò nemmeno davanti ad Andrè che la guardava stranito, proseguì lasciando il suo soprabito nelle mani della sua governante, la nonna di Andrè, il suo Andrè, e risalì la lunga scalinata verso la sua camera da letto. Ancora una volta si ritrovò davanti a quello specchio che l’aveva scoperta donna, una donna completa. Guardava il suo volto fine e femminile, i suoi capelli ricci e biondi, i suoi occhi, ancora innamorati di quell’uomo che l’aveva respinta, poi si sedette sul letto, mettendosi le mani sugli occhi, ripensando a quel bacio lieve, sfiorato, si impadronì di lei una strana sensazione di rabbia, legata a quel ricordo, per poi raggiungere la tristezza, poi la sua attenzione si posò sul piano, decise di reprimere quelle emozioni suonando, ma nemmeno il suono di quella armonia riuscì a scacciar via i pensieri dalla sua mente.

Anima mia…
Anima mia,
vorrei darti la mia vita, lo sai vero?
Dolce ragazzo dagli occhi lucidi, dolce anima, rimpiangi il tuo amore? corri verso i miei pensieri,
ma non esistono compromessi con il cuore, e promesse non ne feci, non con il tuo amore,
e ora resto qui accanto al tuo respiro. Ma come faccio a rinnegare il mio amore, per l’unico vero amore?
Come faccio a donarti il posto suo? Ragazzo mio…odiami se devi, stringimi se piango,
non rinnegare mai le mie carezze e non cercare spiegazione nei miei sguardi tristi,
non reclamare amore dalle mie parole…imponimelo, lo merito,
il mio amore ti è di diritto…ragazzo mio…

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Capitolo 5
*** AMORE INFEDELE ***


Le decisione sono importanti nella vita, seguono un percorso preciso della vita. Forse, fu un errore ma Oscar prese quella decisione senza alcun problema; quella stessa sera, in cui Fersen le aveva in un qual modo mostrato un sentimento d’amore, decise di recarsi a Versailles per ringraziare la regina, di sera c’erano meno probabilità di incontrare il conte di Fersen, impegnato sicuramente ad intrattenere qualche nobile al gioco da tavolo. E così fu, non lo incontrò più quella sera, tornando verso casa con un grosso rammarico, se lo avesse rivisto come si sarebbe comportata? Sarebbe caduta ai suoi piedi come è solito di tutte le donne? No. Lei non era tutte le donne, era un uomo con il cuore di donna, era sempre stato così…
Il mattino seguente si pronunciava allegro, nonostante tutto, si sentiva diversa, sarebbe stata una nuova Oscar, almeno, ci avrebbe provato. Si guardò in torno, ancora avvolta dalle pesanti coperte nel suo letto a baldacchino, si stiracchiò un poco, guardando fuori dalla finestra un sole che le scaldava l’animo, si ci avrebbe provato. Cercò di alzarsi piano, senza fretta, non ce ne era. Una volta in piedi, vicino al letto, cercò con lo sguardo ancora appannato un punto di riferimento, poi notò la divisa nuova poggiata sul manichino e decise di vestirsi. Mentre si infilava la giacca pensava ad Andrè, anche lui doveva essersi preparato per raggiungere i suoi compagni, non lo aveva sentito alzarsi, avrebbe voluto concludere la serata passata più dolcemente, invitandolo rimanere per la notte, invece lo aveva salutato con un lieve distacco e stanchezza. Una volta pronta si avviò verso il salone, dove la attendeva suo padre, sembrava meno sconvolto, forse con in mente dei buoni propositi per questo suo cambiamento, ma non se ne allegrò molto, poteva aspettarsi un sorriso, come uno schiaffo, finchè si ritrovò faccia a faccia con lui.
-Siediti Oscar-
-Di cosa volete parlarmi?-
-Già. Vorrei…che tu mi perdonassi, per la vita che ti ho obbligato a seguire, solo ora ci penso, e non posso fare ameno di pensare alla tua felicità, Oscar, cosa desideri veramente?-
Il vecchio generale si era messo le mani sul volto, chinandosi singhiozzante verso le ginocchia, Oscar lo guardava mestamente, incapace di udire parole simili da un uomo come suo padre.
-Io seguo di già la mia strada padre…-
-No. No…quella è la strada che ti ho imposto io! La tua felicità doveva essere un’altra, dovevi vivere le gioie che provano tutte le ragazze…sposarti, avere dei figli-
-Padre…in verità vi ringrazio per l’educazione che mi avete impartito. Se fossi stata una semplice donna ora non potrei comandare i soldati della guardia, non avrei sperimentato tutte quelle cose che alle donne non sono concesse, ho provato un privilegio unico, e di questo ve ne sono solo grata-
Detto questo si alzò orgogliosa e se ne andò dalla stanza, convinta più che mai della sua decisione. Sarebbe stata il comandante dei soldati della guardia, rinnegando quei sentimenti verso il suo amore, il resto sarebbe venuto da se.
-Madamigella Oscar!-
La vecchia governante le venne in contro amareggiata porgendole un grosso pacco, cercando di nascondere le lacrime.
-Su, non piangete…-
-Oh…state attenta madamigella Oscar, e dite a quello screanzato di Andrè che quando lo vedo gli tiro le orecchie. Arruolarsi così, senza dirmi niente-
-Già. Glielo dirò…vedrete sentirà la mancanza delle vostre pietanze-
-Così impara!-
La guardò dolcemente, stringendole una mano su una spalla per confortarla. Andrè era il suo unico nipote, lei si era sempre presa cura di lui fin da quando era piccolo, e nelle sue condizioni attuali, temeva per la sua vita.
-A presto. E non preoccupatevi per Andrè, non è solo-
-Eh, si madamigella…-

A fare entrare Andrè Graindie nel reggimento era stato un ragazzo conosciuto una notte in una taverna. Alain era un uomo robusto, con spalle larghe e la mascella pronunciata e grossa, tra il gruppo poteva definirsi il “capo”, tutti lo rispettavano e ammiravano. La mattina in cui fece il suo ingresso Andrè fu proprio lui a presentarlo ai compagni, che lo guardavano sorpresi, Andrè era molto diverso dagli altri; il suo viso era pulito e perfino i suoi abiti si presentavano perfettamente, senza strappi, ne buchi. Dopo esplicite occhiate e inappropriate battute riuscì a farsi accettare. Era sdraiato sul lettino, tra i suoi pensieri, mentre gli altri giovano a carte, lui, pensava tristemente la su amata. Quante cose avrebbe voluto dirle, quanta voglia che aveva di accarezzare i suoi capelli dorati, di scrutare l’infinito dei suoi pensieri in quegli occhi, imprimere nella mente ogni suo gesto. Il suo amore per sempre, in quello stesso momento, dalla porta della camerata entrò Oscar, in tutta la sua magnifica figura slanciata. Come un fulmine, tutti i soldati misero a posto il disastro e si schierarono in due file, Oscar vi passò in mezzo scrutandoli attentamente.
-Buongiorno. Io sono Oscar Francois de Jarjayes, e da oggi sono il vostro nuovo comandante!-
-Forza, salutate tutti il nuovo comandante!-
Fu Alain a parlare. Tutti si cinsero al saluto miliare in brevissimo tempo, Oscar pareva soddisfatta, quando si girò verso alcuni uomini notò il volto candido di Andrè. Le si illuminarono gli occhi alla sua solo visione, era come vedere una persona cara che si ha perso da tempo, come avrebbe voluto correre verso di lui e baciarlo con sentimento, ma si limitò ad arrossire allo schiocco delle labbra di Andrè che le aveva appena mandato un tenero bacio.
-Bene, ora riposatevi, presto ci sarò l’addestramento, e vi voglio tutti in forma, chiaro?-
All’unisono annuirono tutti tranne Andrè che stava ancora guardando la sua figura allontanarsi…l’avrebbe mai tenuta ancora fra le braccia? Da allora, sembrava passata un eternità.

…Se il tempo mi fosse amico, allora lo pregherei affinchè ci lasci anche solo un attimo,
per sentire ancora il vento soffiare sui nostri visi addormentati…
cullato dal pensiero che ora mi turba, una volta così dolce ai miei occhi, solitudine raccolta in un disperato urlo verso il mio amore…aiuta la mia anima, salva il mio cuore, malato di te, che ancora brama il desiderio del tuo sangue.


Verso il pomeriggiò si incontarono per un breve momento, dove poterono scambiarsi un tenero bacio, soffocato dal desiderio di stare insieme.
-Come va con gli altri Andrè? Ti trovi bene?-
-Ma si, certo Oscar, non preoccuparti, Alain è mio amico...non sono mai solo, anche se...mi manca starti accanto-
-Anche tu Andrè. Sapessi tua nonna cosa ti ha portato!-
Fece una faccia allegra e incominciò a guardarsi in giro...
-Calmati Andrè, ti ha fatto dei maglioni, qui fa freddo la notte, e...ah ecco, dei dolci-
-Biscotti! dille che la ringrazio che mi manca-
-Certo andrè, ora devo firmare dei documenti, torna pure in camerata con gli altri-
Le diede un ultimo e breve bacio sulla guancia, sfiorandole le dita della mano, oscar gli nascose un sorriso.

Il conte Hans Axel von Fersen era sempre stato un uomo deciso nei suoi sentimenti, verso lei, la sola, l’unica che gli incendiava il cuore, si, il cuore, ma Oscar occupava i suoi pensieri, nella testa. Era come un dolore acuto che non voleva andare via, che continuava a tormentarlo con pensieri poderosi, ed estasianti, ormai sapeva che aveva scoperto un tassello importante del suo animo, sapeva che il suo amore per la regina Maria Antonietta non sarebbe bastato a frenarlo, in quel gioco pericoloso. L’uomo è schiavo della passione, e se lui era caduto in quell’abisso, non ne sarebbe uscito. Non poteva farne ameno, deciso a incontrarla, fece chiamare una carrozza che lo avrebbe portato da lei.
Quando arrivò davanti alla palizzata del reggimento dei soldati comandati da Oscar, non sprecò più di due passi, che la vide, china a pulirsi con un fazzoletto lo stivale bianco, ne rimase estasiato. Oscar si rialzò velocemente, un poco indignata per l’inconveniente, quando finalmente vide il giovane svedese intento a fissarla. Cercò una soluzione, per non doverlo incontrare avrebbe fatto qualsiasi cosa, ma venne presa dall’istinto dei suoi sentimenti, che lesti le diedero il coraggio di avvicinarsi. Non lo aveva dimenticato. Quando gli fu abbastanza vicina gli sfiorò appena il volto col proprio, fissandolo intensamente, negli occhi.
-Sapete anche voi che non si può scappare a questo sentimento che ci spinge così vicini Oscar-
-Perché siete venuto qui? Fersen…perché?-
-Per voi Oscar, perché non riesco a dormire, mi tormenta la testa con la vostra immagine-
-Perché mi fate questo?-
Si strinse per la prima volta al suo petto, sentendolo caldo e invitante, Fersen le cinse le braccia, avvolgendola in una stretta che sapeva disperata. Non l’avrebbe lasciata, quel desiderio che si imponeva forte, in quel momento era ancora più forte. La prese tra le braccia e la condusse sulla carrozza, non avrebbero dato spettacolo anche li. Con lo spirito di un amante che da troppo aveva sofferto la gioia di quel momento, incominciò a baciarla deciso, passionale. Era così diverso dai baci di Andrè, più dolci e amorevoli, oscar si sentiva fremere dal desiderio, che ora tutti i suoi pensieri svanirono. Fersen si tolse subito la giacchetta, cercando una posizione comoda, gliela sfilò anche a lei, finchè non la trascinò per terra…le sue mani esperte le accarezzavano il collo, scendendo sulle spalle, ancora coperte dalla camicia. Scoprì un corpo leggero, e intravedeva dal pallore della camicia i seni pronunciati all’insù, ancora così piccoli, e poco esplorati. Oscar gli afferrò la cinta dei pantaloni, cercando un qualsiasi appiglio per reggersi, aveva una strana sensazione, come se dovesse essere la prima volta, fu in quel momento che il volto di Andrè le si presentò davanti agli occhi…il suo volto, il mio Andrè! Ma Fersen era sempre stato tutto quello che desiderava, era l’unico che potesse amare.
-Fersen…aspettate….-
Incapace di sentirla, stordito dalla passione che lo stava travolgendo, le tolse gli stivali e gli allentò i bottoni dei pantaloni, oscar lo fermò con una mano.
-Aspettate…-
-Non averi mai pensato una cosa simile…siete il mio migliore amico-
-No Fersen, la nostra amicizia è finita quella sera…se andiamo avanti, non saremmo più amici, ma amanti-
-Ti desidero così tanto…-
Era inutile negarlo, se amanti dovevano diventare, amanti sarebbero stati. Riprese a baciarla, sulle labbra, sul collo, sul corpo che fremeva e gemeva ad ogni sospiro, finchè in brevi istanti i loro corpi si unirono. Prendendola per le cosce la rialzò lievemente da terra ed entrò ardentemente in lei, si scoprì stupito che già un altro aveva violato la sua femminilità, Oscar si irrigidì leggermente, non appena sentì i colpi più forti. Nemmeno Andrè aveva mai osato andare così a fondo. Il suo Andrè, il suo ragazzo tradito da chi un tempo l’aveva rinnegata, cosa avrebbe fatto ora?
Quell’estasi era durata troppo, si era già fatta sera tarda, lei se ne stava seduta, nuda sul pavimento di una carrozza. Cercò di rivestirsi in fretta, ancora vogliosa di quegli abbracci da troppo tempo sospirati, Mentre Fersen se ne stava non poco più lontano con le mani tra i capelli, e le lacrime che silenziose cadevano dagli occhi, Oscar non era l’unica ad aver tradito qualcuno quella sera. Si avvicinò piano a lui con la mano, portandogli via l’amarezza di quel bagnato sulla guancia, lui la guardò tristemente, attirandola a se la ribaciò ancora.
-Non ne ho potuto fare a meno, ti volevo…e ti voglio anora…perdonami Oscar-
Non disse nulla, lo capiva, era lo stesso per lei, aprì la maniglia della porticina e scese senza fretta, si voltò di nuovo verso di lui, con rammarico, dopo di che se ne andò, e ancora una volta Fersen non fece nulla per fermarla.

Anima mia…
Anima mia…oh, i nostri sospiri legati a quel mesto aprile,
il tuo sorriso tristemente impresso nei miei occhi, cristallini quanto i tuoi,
che per poche ore mi hanno parlato di te, scoprendoti bella,
scoprendoti donna…ora la mia, per forza…non può essere altrimenti
legati entrambi per vita dai sospiri che insieme abbiamo creato…
e ora piangi anima mia…
per sempre asciugherò le tue lacrime.

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Capitolo 6
*** I SENTIMENTI CHE SI PROVANO ***



I SENTIMENTI CHE SI PROVANO

Per te, avrei scontato pene infinite, avrei tinto un mondo bianco di colori, solo per far risplendere i tuoi occhi.
Avrei seppellito il mio orgoglio, avrei amato ogni attimo, difendendoti da chi ti avrebbe offeso, sarei stata come un pilastro che ti sorreggeva, avrei rinunciato alla morte per te, ti avrei donato i miei respiri risuscitando il tuo animo,avrei folgorato il tuo volto, al ricordo dei miei occhi persi sulla tua figura…e sempre…sarei stata…tua.
Ed ora cosa è cambiato dal quel gesto che mi rinnegò l’esistenza di amarti, che fece di me una fiamma spenta, e mi riempì gli occhi di malizia verso un altro….
Cosa ne è stato, di quegli sguardi semplici, odiati dal mio essere, sguardi che vorrei cercare, se ancora sono vivi dentro le tue membra.
Vorrei strappare la pelle dal tuo corpo per trovare una sola goccia di sangue che scorre per me, vorrei prendere il tuo cuore per distruggere ogni sentimento che vi risiede, immortalando il mio ricordo, dei sospiri persi nell’aria di quella sera dove anche la ragione ha perso il suo peso.
Cosa ne è ora del mio respiro, sepolto sotto la tua immagine? Sono vuota, sono diventata una di quei personaggi che la regina ha nel suo villaggio a Versailles, un soldatino di plastica, se così deve essere la mia vita d’ora in avanti, allora anche la mia esistenza sarà finta, perché ora non posso tornare indietro, e rinunciare al desiderio che in ogni istante mi accompagna.


Aveva una mano stretta sul petto, mentre piangeva al ricordo di quella notte appena trascorsa. La sua stanza era tinta di tenebre, poteva intravede con gli occhi offuscati dalle lacrime le ombre che gli oggetti proiettavano.
Avrebbe voluto correre da Andrè e abbracciarlo, avrebbe voluto fare l’amore con lui per cancellare il ricordo di Fersen, mentre si stringeva le ginocchia al petto sentì ancora il suo odore sulla pelle, se ne sarebbe mai andato? Si ridistese, cercando di lasciarsi andare al sonno, ma nulla le fu d’aiuto. Decise, che era inutile continuare con quei pensieri, cos’ si alzò, accese un lume. Lo appoggiò silenziosamente sul tavolino vicino al piano, poi si vestì, decisa ad andare dal conte.
Cercò di non fare alcun rumore che avrebbe svegliato il resto della casa, e furtivamente uscì dall’entrata secondaria, che si trovava accanto al forno delle cucine. Prese il suo cavallo bianco dalle stalle e galoppò verso la residenza di Fersen.
Quando si ritrovò davanti al suo portone il coraggio di bussare le venne meno, era certo che non gli avrebbe aperto lui, tentò di nuovo di convincersi, avvicinando di più la mano e stringendo il batacchio, ma era tutto vano, lo lasciò scivolare dalla stretta, e si rassegnò. Non avrebbe bussato alla sua porta. Si mise seduta per terra, accanto ad un vaso di fiori bianchi. Avrebbe passato la notte che rimaneva fuori, così andò in una locanda.
Quando vi entrò notò che tutti i clienti erano uomini, certo, le donne non frequentavano spesso taverne, ora doveva comportarsi come aveva sempre fatto, il suo cuore di donna doveva tacere lasciando spazio ai suoi modi maschili. Si sedette e ordinò da bere, accavallò elegantemente le gambe, come era solito fare tra i signori nobili, spostandosi un poco con la sedia all’indietro.
All’improvviso, la sorpresa che le si presentò davanti la lasciò stupita, dall’altra parte, in un posto poco più avanti del suo sedeva a bere proprio colui che voleva incontrare pochi istanti prima. Non poteva essere che le coincidenze si presentassero così schiette, trasalì nervosa, cercando di spostarsi dandogli le spalle, finchè tentò il tutto per tutto.
Alzandosi dalla sedia si avvicinò ad un gruppo di uomini, che forse quella sera avevano esagerato un po’ troppo col vino, Oscar colse in pieno l’occasione.
-Signori…vedo che siete dei buoni bevitori di vino, permettete che ve ne offri un giro io?-
-Eih, giovanotto, sei gentile...perchè non ti unisci a noi? Dai, vieni…-
Le fece gesto con la mano di sedersi accanto a lui, Oscar sorrise caparbiamente, soddisfatta della situazione.
-E dì un po’…che ci fa un ometto così signorile da queste parti?-
-Bevo come tutti del vino-
-Già, già…su ora brinda con noi….alla Francia che aspetta un futuro migliore-
Alzò il bicchiere insieme agli altri urlando quelle parole, da lontano la sua voce fu inconfondibile che Fersen si girò.
-Su, forza…un altro brindisi…eih, buon uomo porta da bere ai miei amici!-
Fersen la guardava impressionato, sembrava ubriaca proprio come uno di quegli uomini che le sedevano accanto, e sorrise a ciò, ripensando ai momenti passati a bere insieme.
-Coraggio, ora a chi tocca fare il brindisi?...tu?-
-Daccordo…brindo…a quella buona figlia di mia moglie, che sta per donarmi un figlio!-
-E sia…un brindisi alla moglie di quest’uomo-
Rialzarono i calici brindando ancora. I capelli biondi della giovane erano bagnati dal vino che brindando era uscito dai bicchieri, e la sua giacchetta verde mancava di uno o due bottoni.
-Allora qual è il vostro nome, giovane amico?-
Le chiese cingendole un braccio attorno al collo. Fersen non si perdeva un attimo di quel momento, fissava senza ritegno tutta la situazione, compiaciuto in un certo senso. Che donna che era la sua Oscar, unica nel suo genere, che riusciva a comportarsi in modo così audace con gli uomini, un’altra donna non avrebbe mai osato.
-Oscra Francois è il mio nome…e i vostri?-
-Ah, quello lì è Armand, è un grande idiota…-
-Io sono Stephan!-
Saltò in piedi un altro.
-E mia moglie presto mi darà un figlio! Un figlio…capite? Questa notte!-
-Ah, ecco perché siete qui a bere-
Ci fu un grande brusio di risate, dopo di che decisero di bere un altro bicchiere…
-E tu? Qual è il tuo nome?-
-Mi chiamano Michel…-
-Bene Michel, vi ringrazio per la serata, siete davvero un bel gruppetto, ora devo andare…a presto!-
-La prossima volta offriremo noi Oscar-
Gli sorrise, poi si recò verso la porta, inciampando nella sedia che le stava a pochi passi più avanti, si aggrappò con le mani agli stipiti, con la testa piegata verso il basso, poi si decise a muoversi, Fersen non perse tempo; si alzò di scatto nell’intento di raggiungerla, questa volta non l’avrebbe lasciata andare senza fare niente.
La raggiunse, fermando la sua caduta in avanti, Oscar si sentì attirare verso il suo petto e si riprese.
-State attenta…-
-Di solito mi sorregge Andrè, lasciatemi, ora sto in piedi-
Allentò la presa, Oscar si girò guardandolo in volto, non era lo stesso che aveva visto poche ore prima.
-Anche voi qui eh?-
-Già…non riuscivo a prendere sonno, così ho deciso…che forse un sorsetto mi avrebbe aiutato-
-Già-
-Ma il vostro è più di un sorsetto-
-Sono stata peggio, di solito ad una serata come questa si aggiungeva una rissa-
-Venite…vi accompagno a casa-
-Grazie-
Le strinse un braccio lungo la vita sottile, poteva sentire tutte le emozioni provate quel tardo pomeriggio al solo tocco, Oscar rimase rigida a quella stretta. Si sentiva ancora persa dal tocco delle sue mani, Si incamminarono senza attendere oltre, piano quei passi si facevano sempre più pesanti, la stretta della mano del giovane si era fatta più forte, quasi implorante, bisognosa di avvolgere quel corpo.
-Chi…prima di me? Chi vi ha avuta?-
Rimase in silenzio, ascoltando il rumore del fiume, non sapeva come rispondere, confessare…come poteva confessare che il primo uomo a renderla donna era stato Andrè, che ancora non poteva smettere di volerlo. Il suo Andrè. Sospirò lievemente mentre Fersen la guardava interrogativo e un poco triste. Dalle labbra fini della giovane si posò un sorriso debole.
-Andrè… -
-Come? Andrè?...io…io sono esterrefatto madamigella Oscar-
-Oh…-
-Perché? Se quanto mi avevate detto era vero, se nel vostro cuore c’ero io come…perché? E una cosa che una donna non dona…così-
-L’ho voluto fersen, appunto per il vostro amore che mi avete negato. E io…volevo avere un opportunità…di amare, di essere donna, e per sempre quel gesto lo avrebbe confermato-
-Siete innamorata di Andrè?-
-Io…io ero innamorata di voi, ma il nostro rapporto si spinge oltre l’amore, questo lo sapete anche voi vero? Perché non potete aver dimenticato anni d’amore per lei…-
-No Oscar, non lo negherò, io amo e amerò sempre sua maestà la regina. Voi…voi siete come…-
-Non aggiungete altro…-
abbassò il volto sconsolata, si staccò dalla stretta del suo abbraccio, erano arrivati nella piazza centrale di Parigi, ormai si era fatta l’alba. Lo guardava pensierosa.
-Non finirà in questo istante…non finirà domani…-
-Non si può comandare la passione che unisce due persone, e non…possiamo evitarlo. Io non ci riuscirei Oscar-
-Io nemmeno-
e alla fine, senza più tradire i suoi gesti la baciò intensamente, avvolgendola con le braccia. Si lasciò scivolare tra quelle braccia senza indugi, poi, poco dopo si staccò, la sua mano poggiata sul petto del conte, il suo sguardo languido e bramoso, lui la guardava allo stesso modo, provando le stesse emozioni, Oscar gli sorrise staccando la mano e abbassando il volto.
-Devo andare…il dovere mi chiama-
-Certo…vado anch’io-
-Ci rivedremo presto Fersen-
Alzò la mano in gesto di saluto per poi andare, come era possibile che la guardava ancora come quella volta, la vedeva andare via e fissava la sua andatura ondulante, guardava la perfezione di quel corpo che non si sarebbe mai stancato di vedere, e una strana sensazione gli strinse lo stomaco. Pensava a quel corpo avvinghiato a quello di Andrè, gli prese un fastidio che non riuscì a rimuovere, si strofinò gli occhi e finalmente si avviò verso Versailles, dove sarebbe stato vicino alla sua regina. Come Oscar, anche lui aveva un’altra persona, questo pensiero lo rese più sereno, e sapere di Andrè non gli diede più così fastidio.

Oscar arrivò verso le otto al suo reggimento, e si mise subito al lavoro, fece chiamare tutti per la parata di saluto in suo onore, mentre nel tempo che spettava si sedette nel suo ufficio. Chiuse gli occhi, pensando a cosa dovesse fare, se avesse detto di Fersen ad Andrè la avrebbe odiata, poi il bussare alla porta la distolse dai pensieri.
-Si, avanti-
-Comandante, volevo dirvi che gli uomini sotto tutti disposti nel cortile per il saluto…-
-Si, grazie Andrè arrivo subito-
-Oscar, ma cosa hai? Hai l’aria stanca-
-No, niente, è che stanotte non ho dormito, sono uscita per bere e ho fatto mattino-
-La solita incosciente, potevi almeno chiamarmi…-
Le sorrise beffardo, strofinandosi la nuca con espressione solare, Oscar ricambiò il suo sorriso.
-Vai dai tuoi compagni Andrè…io arrivo-
-Sai Oscar...sei bella ugualmente, anche con l’aria stanca-
-Sei così caroAndrè…-
-Per un uomo innamorato, la sua donna è sempre bella, e tu lo sei veramente Oscar-
-Oh Andrè…coraggio, ora vattene!-
Le fece il saluto militare e poi scomparve varcando la soglia della porta. Come era bello il viso di Andrè quando sorrideva, così dolce, così visibilmente innamorato, si decise a muoversi, aveva già fatto aspettare troppo tempo ai suoi soldati, quando arrivò le si presentò uno splendido comitato di benvenuto.

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Capitolo 7
*** IN AMORE...NON SI PUO' GIOCARE IN TRE ***


IN AMORE…NON SI PUO' GIOCARE IN TRE

Oscar se ne stava seduta accanto al fuoco, senza espressione, contemplando la luce di quel luminare che le scaldava la pelle. Era ormai passata una settimana da quando era diventata comandate dei soldati della guardia, una settimana in cui Andrè non tornava a casa. Le mancava, le mancava il suo viso solare quando la guardava, le mancavano i suoi abbraccii baci che le dava di nascosto, spiati solo dalla lieve luce del sole che penetrava dalle finestre del suo ufficio.
Più il tempo passava e più tutto diventava difficile, e confuso. Il suo animo era diviso tra un amore destinato all’oscurità, e una passione che bruciava più intensamente ogni giorno.
Si strinse più comodamente le spalle tra la coperta pesante che le aveva cucito la nonna, sentendo le palpebre chiudersi dal sonno, si lasciò andare inevitabilmente a quell’istinto che la trasportò in un sonno agitato.

Correva disperatamente in groppa al suo cavallo, mentre sentiva la voce di Andrè gridare, ma più cercava di raggiungerlo, più la sua corsa si faceva lenta, cercò di raggiungerlo, spingendosi sempre più avanti, ma ogni sforzo era inutile, poi una spada trafisse Andrè che cadde a terra sanguinando…
-Andrè…NO!-

Si svegliò di scatto, i battiti del cuore irregolari e le lacrime agli occhi, era stato tutto un sogno, eppure il cuore le batteva ancora forte. Il suo Andrè…e se il sogno fosse un presagio di un avvenimento che sarebbe dovuto venire? Non ci poteva pensare di perderlo. Andò in cucina e bevve un bicchiere d’acqua, la sua mano tremava mentre teneva il bicchiere, quando all’improvviso una voce la sorprese, questo le cadde in terra. Si girò ansante.
-Madamigella Oscar…ma cosa vi è accaduto?-
-Nanni…no, niente, mi hai solo spaventata-
-Mi dispiace, ho sentito dei rumori, pensavo fosse un ladro. Come mai non dormite?-
-Avevo bisogno di bere un po’ d’acqua…-
-Capisco…allora buona notte-
-Buona notte nanni-
La vecchia governante si avvicinò dolcemente, stringendole le spalle le diede un affettuoso bacio sulla guancia, Oscar chiuse gli occhi, ricordando un affetto materno.
Nanni, era sempre stata come una nonna per lei, l’aveva vista nascere e l’aveva cresciuta come una madre. La conosceva forse più di chiunque altro, guardandola negli occhi capiva che stava soffrendo, e questo le spezzava il cuore.

La mattina seguente Oscar decise di recarsi a Versailles, per far visita alla sua regina Maria Antonietta, appena entrò nella sala delle udienze il suo sguardo andò inevitabilmente cercando il suo amante. Forse non c’era ancora, e invece di incontrare il conte di Fersen si imbattè nel conte di Girodelle, che ora aveva preso il suo posto al comando delle guardie reali.
-Madamigella Oscar…che gioia vedervi dopo così tanto tempo-
-Oh, è solo da poco tempo che ho lasciato le guardie reali-
-A me sembra passata un eternità, comunque vi trovo bene-
-Anche voi Girodelle sembrate godere di buona salute-
-Già, è un periodo molto positivo per me, anche se…devo confessarvi che sentiamo tutti la vostra mancanza-
-Oh…-
-No, davvero-
Il conte di Girodelle era innamorato da tempo di lei, si conoscevano da così tanto tempo, e aveva dovuto reprimere i suoi sentimenti in quanto Oscar era il suo comandante, ma ora, non voleva più tacere, l’amava troppo profondamente, cercò di tentare…
-Madamigella Oscar, io…-
-Scusatemi Girodelle, ma ora devo andare. A presto-
La guardò col cuore infranto, mentre si stringeva una mano sul petto. Oscar si fece strada tra la coltre di nobili che aspettavano un udienza con la regina. Finchè una delle sue dame di compagnia annunciò che quel giorno non avrebbe più concesso alcun colloquio, desiderosa di restare accanto al figlio malato. La notizia non fu presa bene da parte di alcuni che se ne andarono lamentandosi, anche Oscar si rassegnò, quando alzando lo sguardo vide la sua figura avvicinarsi, quella del conte di Fersen. I loro sguardi si intesero subito, scrutandosi senza ritegno. Fersen la guardava abbagliato, vestita con la sua divisa blu.
-Fersen…-
Gli sussurrò trattenendosi dal aggiungere altro.
-Venite con me-

Si lasciò trascinare in una stanza affianco alla sala degli specchi, lo aveva seguito senza replicare, ne chiedere nulla, e ora lui le stava davanti con il desiderio di lei negli occhi, poi si avvicinò e lo baciò. Ad ogni suo gesto, ad ogni capo che le toglieva sentiva i brividi percorrerle tutto il corpo, sussultò quando le baciò l’incavo del collo, unendo le mani ai suoi fianchi, portò la testa all’indietro
chiamandolo più volte per nome. La prese prepotentemente in braccio e la adagiò sul divano, cominciando a pretenderla di più, voleva, doveva avere di più; con uno scatto felino la riprese in braccio, continuando a baciarla, Oscar aveva le braccia al suo collo, la fece sedere su di lui e la penetrò affrettatamente, senza lasciarle il tempo di rendersene conto. Il suo essere pulsava sempre più a fondo, cercando di oltrepassare l’infinito, e le sensazioni che sentivano erano inspiegabili, non aveva mai osato gridare tanto dal piacere, sentendo il calore di quell’atto pervaderla in tutto il corpo.
-Non ho mai perso il controllo in questo modo…-
Le confessò il ragazzo stringendola tra spasimi incontrollabili, Oscar non ebbe la forza di ribattere, il fiato le moriva in gola. Aveva atteso quel momento da l’ultima volta che si erano visti, una settimana prima, e ora che era avvenuto, non poteva pensare che sarebbe stato l’ultimo, lo avrebbe sicuramente rivisto.
Si lasciò scivolare al fianco dell’uomo, esausta, lui la strinse ancora ansimante a se, al suo petto che si alzava irregolarmente all’unisono con il suo respiro, incominciò ad accarezzarle i capelli, Oscar aveva la sensazione che l’avesse travolta una tempesta, si strinse una mano sul ventre, cercando di non pensare al dolore. Doveva essersi spinto a fondo per farle sentire così male, ma guardando non vide sangue, lo abbracciò baciandogli il petto, lui le cinse le labbra sulla fronte.
-Non riesco ancora a credere a quanto è successo. Non mi riconosco più quando sto con te Fersen-
-Già…non credevo di impazzire solo guardandoti negli occhi-
-Questo non è giusto, non oso pensare alle conseguenze se…Andrè venisse a saperlo-
-Eppure starebbe bene a tanti questa situazione, a mio padre, che mi prega di prendere moglie, e al vostro, perché siamo dello stesso rango sociale-
-Ma sappiamo entrambi che non è quello che vogliamo-
Si staccò stancamente, portandosi una mano sulla fronte sudata, si rialzò cercando con lo sguardo dove fossero i suoi abiti, Fersen la guardava ancora perso nell’istante prima. Se almeno una volta avesse ceduto all’istinto di fissarla, forse quel desiderio piano sarebbe sparito, invece la contemplava come ogni volta che la incontrava.
-Non riesco a smettere di guardarvi…siete indispensabile-
-Come lo siete voi per me. Eviterò di pensare a quanto è successo, non possiamo continuare a ricaderci-
-Già, ma quanto sarà difficile Oscar? Rinnegare tutti quei momenti, quando sono qui a pretenderne degli altri-
Oscar non gli rispose, si limitò ad annuire, poi si rivestì in fretta e uscì dalla stanza.

Andrè se ne stava straiato sul letto del dormitorio, leggendo un libro, quando la voce di Alain gli arrivò alle orecchie, alzò lo sguardo distrattamente, ancora con i pensieri rivolti alla lettura. L’amico gli parlava con tono allarmato, dicendogli che gli altri avevano scoperto che Oscar era una donna e che lui era stato il suo attendente, lo avvertì di stare sempre all’erta, quando si trovava solo.
Quando si ritrovò in quella situazione gli avvertimenti di Alain gli si ripresentarono saggi nella memoria., ma ormai era tardi per trovare una soluzione e i soldati gli si accanirono conto senza preavviso, tirandogli calci e schiaffi, Andrè cercò in vano di difendersi, ma i nemici erano troppi che alla fine cadde per terra sfinito.
Oscar lo raggiunse pochi istanti più tardi, aveva sentirsi due degli uomini vantarsi di averlo picchiato.
-Oscar…-
-Andrè, non dovevi batterti per me-
-Io…fare tutto per te, lo sai-
-Lo so Andrè, ma ti pregherei ti tornare a casa con me per qualche giorno-
-No, preferisco non peggiorare la situazione, se torno a casa con te la prossima volta me ne daranno il doppio.
-Non lo dicevo per quello che è successo…-
La guardò per un attimo basito, non aveva capito il sottinteso.
-Oh…io…-
-Il solito…non fa niente, divertiti a prenderle Andrè, ti saluto…-
Si rialzò in fretta cercando di raggiungere la donna che si stava allontanando; la raggiunse prendendola per il braccio, Oscar fece finta di nulla.
-Ti prego perdonami…non avevo capito…-
Le sue scuse furono interrotte dalla risa animate di Oscar, che non poteva più trattenersi.
-Stavo scherzando Andrè, pensavi che me la fossi presa?-
-Beh, io…-
-No, tranquillo, se preferisci rimanere qui per me va bene-
-Beh, magari sarà per un’altra sera, oggi è troppo imprudente, se me ne vado gli altri se ne accorgeranno-
-Va bene Andrè, allora io adesso vado a casa…-
-Aspetta…-
La trascinò verso di se senza fretta, abbracciandola per la vita, per poi baciarla. Si sentiva a disagio tra le braccia di Andrè, il suo corpo odorava ancora di quella passione che l’aveva travolta poche ore prima, e lasciarsi andare a quella lasciva le era difficile.
-Cosa c’è Oscar?...-
-Niente Andrè…niente-
Lo rassicurò riprendendo a baciarlo, finchè caddero in quel vizio d’amore che li aveva così uniti negli ultimi tempi.

Come è possibile dimenticare che pochi istanti prima la mia mano stringeva la tua? Ed ora, come è possibile che il cuore batta per te, che mi trascini nei meandri di questa dolcezza infinita,
salvando quella parte della mia anima che ancora si nutre del tuo respiro?
Amore mio, come posso allontanarmi da questo sentimento che ormai mi appartiene? Come posso…consumare la fiamma di questa voglia che si insidia nella mia carne, che non riesco a spegnere. Perché questa insana voglia di lui mi prende a tal punto, dopo che ho donato a te ogni mio attimo! La mia volontà è soggiogata dalla passione irrefrenabile di quel desiderio che spasima per lui, irrefrenabile, come la tempesta di questo momento.

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Capitolo 8
*** LA TUA MASCHERA DI CERA ***


Ciao a tutti! Chiedo scusa, sto mettendo capitoli a profusione, ma essendomi accorta di non aver più postato dal 2008 sto rimediando, dato che la storia ce l'ho finita sul pc. Grazie a chi ha seguito e aspettato.
Angelady

LA TUA MASCHERA DI CERA

Non poteva guardarlo, il suo volto gli mostrava un mondo che solo lui gli aveva fatto conoscere, limitato solo dalla consapevolezza, che sapeva da sempre; quella di essere una donna, ora viva tra le sue braccia, da quella notte…era la sua donna.
Si accoccolò più vicino al suo petto, che si alzava lento, danzando al ritmo del suo respiro; con la mano gli strofinò il viso ruvido dalla barba incolta, lo aveva già notato prima, quando si era chinata a baciarlo, un soldato non ha più tempo da dedicare ai suoi vizi?
Andrè restava inquieto, tormentato dal pensiero che qualcosa era cambiato, aveva desiderato riscoprire quel corpo che gli era stato negato da giorni, eppure sentiva come se non gli appartenesse, sentirlo così cambiato in breve tempo gli dava una strana sensazione, forse era solo lui che era cambiato. Come poteva immaginare che il destino e il fato avessero giocato coi loro sentimenti trasformandoli in una giostra che tracciava il suo percorso in gioco pericoloso, dove i giocatori erano in tre.
Si arrecò un braccio dietro la nuca sospirando al contatto del corpo caldo della sua dama che dolcemente lo invadeva.
-A cosa pensi Oscar?-
-A cosa dovrei pensare? Solo…a noi-
Strinse gli occhi liberando inevitabilmente le lacrime, che nascose allo sguardo scrutatore di Andrè.
Perché non poteva dirgli la verità?Confessargli che non era l’unico, che il suo amore per lui c’era ancora, che la invadeva nostlgico, che non se ne sarebbe mai andato.
-Credo che dovrei andare. Alain si chiederà che fine ho fatto!-
-Si Andrè-
Andrè si alzò inevitabilmente, spinto dall’istinto, e Oscar ne seguì l’esempio, ritrovandosi per l’ennesima volta ad incontrare lo sguardo sfuggente di lui, che con una mano tastava in cerca dei suoi indumenti, ignaro dello sguardo fisso della donna sul suo, quando si girò e lo incontrò l’intesa si fece stabile. Oscar lo guardava ammirata da quel verde che mostravano i suoi occhi, traendo respiri lenti e regolari dal calore che emanavano, cercando di mantenere il controllo di quella palpitazione, quando il ragazzo le prese il mento tra le dita, il suo istinto di donna le sussurrò sfuggenti parole, che le ordinavano qualcosa che proveniva dalla su passione per lui. Con il dorso della mano, stringendo appena le dita incominciò a trarre dolci sfioramenti che partivano dal viso e scendevano, questa volta sicuri fino all’ombelico; ad ogni tocco un gemito, ad ogni sguardo d’intesa entrambi leggevano il desiderio di entrambi, Oscar appostò la mano sul membro eretto di Andrè e la strinse dolcemente ad esso. Lui ricadde come senza vita, a terra, con gli occhi chiusi, e la lingua sulle labbra che ne delineava la forma. Quando si fu impadronita della situazione, le conseguenza avvennero da sole.
Non riusciva spiegare tanto trasporto nei confronti di quell’amore così tenero e casto ai suoi occhi, eppure era con lui che aveva scoperto il piacere di quell’atto d’amore. Lo guardava languida, bramosa di perdersi in quel peccato lussurioso. Lo desiderava più ardentemente di prima pretendendolo di più, la sua espressione, così prepotentemente affascinante la fece cedere dall’attendere ancora e con uno scatto felino si accavallò su di lui, poi entrambi furono spinti in un travolgente nuovo incontro amoroso.
Si era sempre costretta ad una vita in divisa, rinnegando il suo essere donna e tutti i piaceri che ne avrebbe tratto da questo, fino a quel giorno il cui il suo cuore battè per la prima volta, dopo anni, per l’uomo più affascinante che tutti decantavano e a cui nemmeno lei era riuscita a resistere.
Ed ora, lo stesso ardore lo scoperto in Andrè, ne era consapevole mentre gridava il suo nome tra gli spasimi incontrollati che uscivano la sua bocca.
Quando il tempo si fece breve al sorgere del sole,i due giovani amanti dovettero riaffiorare alla realtà dei propri doveri.
Notre Dame aveva appena annunciato che il tempo di coricarsi era ormai passato da tempo, presto sarebbe stato giorno.
-Buona notte Amore mio-
-Anche a te Andrè-
-Oscar!-
-Cosa c’è?-
-Non ho parole per spiegarlo…ma…non penso che riuscirò a dormire, ripensando a questa notte, ricorderò ogni istante…ogni emozione che mi hai fatto provare…-
Sorrise dolcemente, trasparendo un velo di imbarazzo.
-Buona notte Andrè-
Mentre si allontanava sentiva una strana sensazione che le strinse lo stomaco, la stessa sensazione che la avvolgeva ogni volta che incontrava il conte di Fersen.

Quando rincasò, l’alba aveva già dato il suo saluto, senza preoccuparsene si recò nella sua stanza; si spogliò sbrigativamente dei propri abiti, che appoggiò non curante sul manichino, poi la sua attenzione cadde sul livido pallido che aveva sotto il capezzolo destro, e un graffio ancora sanguinante che si mostrava non poco sopra la spalla. Era una sensazione nuova, diversa, unica…all’improvviso il suo corpo era diventato un campo di battaglia, in cui poteva permettersi le lotte più ardue. Chiuse gli occhi e sorrise beata, incapace di redimere tale emozione, poi si vestì per andare a dormire, e risognando a occhi chiusi l’avventura appena vissuta, si gettò tra i soffici cuscini, affondando il volto in essi e stringendoli con le braccia, finchè infine, cadde nel sonno.
Poche ore più tardi i suoi sogni furono interrotti da una voce maschile che risuonava famigliare. La chiamava più volte, ma i sogni non si aprivano, “un sogno”, si disse, girandosi supina, le coperte le lasciavano il busto scoperto, e la camicia da notte si aprì un poco, lasciando chiaramente in mostra uno dei suoi seni. La stessa voce la richiamò più insistentemente, così si costrinse a svegliarsi. La sua memoria andava cercando di lineare i profili del volto dell’uomo che aveva davanti, mostrando un espressione non poco stupita e imbarazzata.
-Oscar…per l’amore di Dio, copriti!-
Sussultò inaspettata alle parole del padre, coprendo in fretta la sua evidente femminilità.
-Scusate padre…è sucesso qualcosa?-
-Oscar, vestiti e raggiungimi in salotto, devo parlarti-
Suo padre l’aspettava seduto accanto al tavolino con le rose, l’espressione seria e indifferente, la mano che stringeva la tazzina da tè. Si sedette di fronte a lui con disinvoltura, rapendo dal mazzo una delle rose si mise a giocare coi petali, accarezzandone la morbidezza. Poi il vecchio generale incominciò a parlare.
-Oscar, una volta ti dissi di perdonarmi per la vita che ti feci percorrere, con il mio egoismo ti ho impedito tante belle cose, momenti preziosi, importanti che tutte le ragazze vivono, e tu mi risposi che ti ritenevi fiera di tali insegnamenti…ma Oscar, tu sei una ragazza, una splendida ragazza…-
-Padre…-
-No, lasciami finire Oscar…io voglio…desidero che tu abbandoni l’uniforme e che ti sposassi, come fanno tutte le donne-
-Padre, io…-
-L’altro giorno, il conte di Girodelle è venuto a chiedermi la tua mano Oscar, dicendomi di essere innamorato di te-
Victore Plamand de Girodelle, il loro incontro era avvenuto anni prima, si erano battuti per decidere chi avrebbe dovuto prendere il posto di capitano delle guardie reali, e Oscar ne era uscita vittoriosa, ora quell’uomo che per tanto tempo aveva preso ordini da lei voleva sposarla, in un certo senso l’avrebbe domata, come marito e come uomo, Oscar si mise a ridere, si ricordò dell’incontro avvenuto a Versailles il giorno prima, e lo rivide nei suoi ricordi con lo sguardo perso ad ammirarla e a cercare di dirle qualcosa, che in quel momento non aveva avuto il tempo di ascoltare.
-Lo trovi buffo che un uomo si sia innamorato di te?-
-No padre…ma non intendo sposare il conte di Girodelle, ne tanto meno abbandonare i miei soldati, scusatemi ora…-
L’uomo si dovette rassegnare a quelle parole, Oscar lo salutò per poi svanire da dietro la porta.
Aprile aveva fatto spazio a maggio, che col primo sole caldo riscaldava tutti gli eventi che turbinavano nella vita di Oscar, dopo aver parlato con suo padre, si impose una volta per tutte di ottenere un udienza con la regina, quando arrivò ella le corse incontro felice.
-Madamigella Oscar!-
-I miei ossequi maestà, come state?-
-Oh, Oscar…siete qui…non immaginate quanto stia soffrendo il mio piccolo Josefe, chiede sempre di voi, ve ne prego, andate a trovarlo, anche solo per un minuto-
-Certo maestà-
-Vi ringrazio madamigella Oscar. Venite, vi accompagno…-
-Grazie-
La regina rimase un po’ pensierosa, cercando le parole per chiederle ciò che il suo cuore desiderava domandare, e chi se non Oscar poteva sapere qualcosa.
-Ditemi Oscar…che cosa sapete del conte di Fersen? E’ da qualche giorno che non lo vedo qui a Versailles, ne sento suo notizie, voi siete amici, dovrete pur sapere qualcosa-
-Maestà…purtroppo non ho nessuna notizia di Fersen-
Tristemente la regina abbassò il capo, giungendo le mani una sull’altra, Oscar poteva vedere ogni sentimento che traspariva dai gesti di quella donna, sapeva cosa provava, conosceva il suo amore per il conte di Fersen, un amore impossibile per una regina. Arrivata alle stanze del piccolo principe una strana sensazione di inquietudine le si istaurò sullo stomaco, un bambino di appena sette anni aggrappato al filo della vita, quando quest’ultimo le chiese un ultimo desiderio lei non si tirò indietro, spinta dallo sguardo supplichevole della madre che piangeva silenziosa nascosta dietro a un fazzoletto.
Lo portò in galoppo fino al lago, mostrandogli la meravigliosa realtà della natura, finchè alla fine dovette riportarlo a palazzo, si era lasciato trasportare sull’erba dalla stanchezza.
Quando se ne andò si portò via un po’ di quel dolore che apparteneva alla sua regina, se fosse stata madre, e stesse per perdere un figlio anche lei si sarebbe aggrappata ad ogni speranza, anche se minima, e soprattutto si sarebbe attaccata a l’unica persona che le dava sostegno e sicurezza… al suo più grande amore, ma in quel caso ero lo stesso di entrambe, e non poteva confessarglielo.

Più tardi si recò al reggimento per l’addestramento settimanale, dove fu molto difficile farsi ubbidire dagli uomini in quanto non le prestavano attenzione. In quel periodo in città non si parlava altro che delle nuove consolazioni della regina; in poco tempo aveva acquistato abiti costosissimi, e organizzato una gita al lago per gli amici più stretti, e tutti ne schermivano il fatto che a lei non importasse della povertà che regnava a Parigi.
-Eih, tu! Ti sembra il modo di cavalcare quello? Dove hai la testa?-
-Scusate comandante-
-E tu Alain, di hai tuoi compagni che se non eseguiranno bene l’addestramento possono scordarsi di mangiare…Andrè insomma, su dritto quel fucile!-
-Si può sapere come mai è tanto nervosa Andrè?-
Alain si stava facendo spazio tra le prime file, per raggiungere Andrè, che si stava sistemando il fucile sulla spalla, per tenerlo dritto.
-E io che ne so Alain, di certo sarà per qualcosa che è successo a Versailles, so che è andata a far visita al figlio della regina-
-Capisco…-
L’addestramento finì due ore dopo, i soldati si recarono alle camerate distrutti, tutti meno Andrè, che decise di aspettare Oscar nel suo ufficio. Quando arrivò il ragazzo si mise sull’attenti, finchè non gli fu fatto segno di entrare.
-Che c’è Andrè?-
-E a te, cosa succede? Perché sei così dura?-
-A marciare siete degli incapaci…farebbe più bella figura un asino…-
-Smettila, non è per questo che sei nervosa-
-Sono stanca Andrè, vorrei restare da sola-
-Come vuoi Oscar…ma attenta, potresti riperdere facilmente la fiducia dei tuoi soldati.-
Rifece il saluto militare e ne andò. Oscar si sedette sulla sedia e allungò le braccia sulla scrivania, affondando la testa su esse, i suoi pensieri correvano verso Fersen, era passato solo un giorno dal loro ultimo incontro, eppure sembrava una vita.
Al solo pensiero sentiva ancora i brividi di quelle mani sulla sua pelle, non potendo più trattenere quel sentimento, si alzò, andando alla finestra, guardò fuori, lo spettacolo dei raggi solari che brillavano tiepidi sulla strada le fecero pensare ancora una volta al suo tradimento verso la regina, come aveva potuto mentirle in quella maniera? Dirle che non aveva notizie di lui, quando lei ne aveva più bisogno. Aveva deciso, sarebbe andata da Fersen e gli avrebbe parlato, non importandosene di ciò che sarebbe potuto accadere, ciò che era inevitabile.
Andrè la vide andare via poco dopo il suo congedo, mille dubbi gli si formavano nella testa, qualcosa era cambiato, ora ne era certo, perché la sua Oscar era così triste ultimamente? Forse lo era sempre stata da quella prima notte insieme, e lui se ne accorgeva solo ora, poi la mano di Alain sulla spalla lo riportò alla realtà, distogliendolo dai pensieri, si girò per notare l’amico con le lacrime sugli occhi.
-E’ più difficile dover nascondere al tuo cuore un amore impossibile, piuttosto che rimpiangere il fatto che stia finendo…-
-Alain che dici?-
-Credimi Andrè, non potrà durare per sempre, se nel suo cuore c’è un altro. No, non guardarmi con quello sguardo, non so nulla, ho solo intuito…-
-Non è così-
-Andrè apri gli occhi, quando una donna è sempre nervosa e più volte la sorprendi che pensa a chissà che cosa…vuol dire che nel suo cuore c’è un uomo, e a quel punto, non sei più tu-
-Smettila Alin…perché poi dovrei…-
-Si capisce benissimo che ne sei innamorato, che tra voi c’è qualcosa…non negarlo con me, sono pur sempre tuo amico-
-Già-

era di nuovo davanti al quel batacchio, con la mano tesa per scuoterlo, ma ancora una volta il coraggio le veniva meno. Doveva farlo, se lo era imposto, non doveva ritornare sulle sue decisioni, esitò ancora un istante, poi finalmente lo sbattè due volte sulla porta. In un attimo quella si aprì, lasciando intravedere una donnina che la guardava interrogativa.
-Si…posso esserle d’aiuto?-
-Sono Oscar Francois de Jarjayes, vorrei parlare con il conte, se è possibile-
-Aspetti un attimo per favore, vedo se il conte è disponibile-
Sembrava così altezzosa e sicura di se nella sua bella uniforme blu, sembrava proprio un uomo, forte, indipendente, autoritario, e invece nel suo cuore si nascondeva una tristezza infinita, un amore sofferto, proprio per lui, che tradiva il suo vuol essere uomo. La cameriera tornò pochi minuti dopo e la accompagnò nel salone dove avrebbe incontrato il conte di Fersen. Appena la vide i suoi occhi si illuminarono a tanta bellezza, non poteva scordare…non lo avrebbe mai fatto.
-Grazie, ora può pure andare-
-Si signore-
Oscar si avvicinò silenziosamente, senza pronunciare parola, lo guardava con quello stesso sentimento che li aveva uniti il giorno prima.
-Pensavo che non sareste più venuta…e ora che siete qui, non vi lascerò andare…come l’ultima volta-
-Sono qui per la mia regina Fersen…la vostra regina-
-Oh…-
-Perché siete sparito dalla sua vita? Sono giorni che non vi vede, e Dio solo sa, quanto le mancate-
-Io…io devo sistemare la mia vita, lei è la regina di Francia, e anche se la amo più di qualsiasi cosa non potrò mai stare veramente con lei-
Si appoggiò una mano sul volto, chiudendo gli occhi, come poteva essere così sensuale anche quando soffriva? Cercò di fissare un punto indefinito della casa, per evitare di pensarci, ma poi sentì il respiro dell’uomo troppo vicino al suo volto e si girò di scatto, lui le rubò un bacio che non fu in grado di respingere. La abbracciò, stringendola al suo corpo, continuando a baciarla, poi Oscar cercò di divincolarsi, spingendolo per il petto lontano dal suo.
-No, Fersen ascoltate, ve ne prego. Tutto questo non deve più accadere, mai più…-
Allora perché si ritrovò un’altra volta a baciarlo? Stringendo i seni sul suo petto, accarezzando la sua schiena. Fersen si chinò a baciarle il collo, scivolando con la lingua, le sue mani si facevano strada alla ricerca del suo seno, con gesti sbrigativi le slacciò l’uniforme, finchè non trovò un capezzolo. La donna si dimenava languida tra le sue braccia, non sapendo resistere a tale trasporto, lo liberò anche lei della camicia, ma qualcosa fu capace di fermarla per un momento…
-No! Fersen…-
-Perché?...non è nulla di male, se ci pensi, i veri intrusi sono le persone che amiamo-
-Ma è appunto perché le amiamo che non possiamo ferirle-
-Oh…io, divento matto al solo pensiero di stringerti, di averti tra le mie braccia, e se tu ora te ne vai, non potrò più vivere…-
-Fersen…non dite così-
-L‘ultima volta Oscar, l’ultima…-
Riprese a baciarla impunemente, impossessandosi del suo corpo; la prese tra le braccia e la portò nella sua camera, adagiandola dolcemente sul letto, la liberò del resto dei vestiti, scendendo a baciarle il ventre, per poi insinuarsi tra le sue gambe. Oscar tirò convulsivamente indietro la testa, e inarcò leggermente la schiena, permettendo all’uomo di esplorare più a fondo la sua femminilità, finché poi risalì a baciarle le labbra. Lei lo strinse ansimante al suo petto, donandogli ogni spasimo, ogni sospiro…facendo impazzire il suo corpo di desiderio, fino al momento in cui alla fine il giovane non poté più aspettare, e la fece sua con foga, lasciando scivolare i loro corpi, che si strofinavano sulle lenzuola di seta.
Era successo ancora, era stato inevitabile, niente può comandare la passione che spinge due persone a cercarsi tramite essa. Guardava il suo amante e si sentiva più in colpa di prima, sdraiata sul suo petto, sentiva di aver rubato qualcosa di importante al suo amore, che la aspettava al reggimento col cuore in mano, ogni battito, ogni gemito…si strofinò pensierosa sui suoi pettorali, lasciando che il giovane si svegliasse ai suoi movimenti. Prese dolcemente a sfiorale la schiena, trovando le pieghe ricce dei suoi capelli biondi li intrecciò alle dita, mentre le baciava istintivamente la fronte umida dal sudore.
-Vorrei restare così per sempre-
Sorrise dolcemente e le donò un altro bacio nello stesso punto, stringendola più forte.
-Questa è l’ultima…non riaccadrà più…mai più-
-Non so se sono pronto a lasciarti andare per sempre, ho bisogno di tutto questo-
-Fersen…io, io amo Andrè, ora lo so…-
Stavolta fu lui a non rispondere, ora che aveva udito ciò che sospettava da tempo, da prima non aveva nemmeno immaginato che lei potesse amarlo, il solo fatto che si fosse concessa ad Andrè gli sembrava una ripicca nei suoi confronti, perché non l’aveva voluta. Oscar si sedette sul bordo del letto, mentre si rivestiva sentiva che quella non poteva essere veramente l’ultima volta, almeno chè non fosse stata lei a cercarla.
-Te ne vai di nuovo, ed io rimango ancora una volta in silenzio, senza fermarti-
-Torna dalla tua regina Fersen…e dimentica noi due-
si era appena infilata la camicia, quando le braccia del conte la presero per la vita, trascinandola di nuovo sotto il suo corpo ancora spoglio.
-Non potrò mai dimenticare questo…e nemmeno tu. Guarda, non si possono cancellare i segni di quello che è appena successo-
Aveva una mano sulla sua coscia, appena poco distante dalla sua femminilità. Con la testa cercò di vedere cosa stesse facendo, poi si accorse di quel livido bluastro e rosso che sfoggiava da sotto quella mano, si morse amaramente il labbro inferiore, quando lui risalì verso quell’entrata, lasciandovi scivolare le dita. Ricadde stancamente all’indietro, soffocando le grida con un braccio, che si strinse fra i denti, mentre Fersen continuava a trascinare la lingua sui suoi seni, scoperti appena dalla camicia slacciata. Poi ad un tratto si fermò, Oscar rimase con gli occhi chiusi a rimpiangere quel distacco.
-Vedi? Siamo schiavi delle nostre passioni-
-Lasciami andare…-
Si staccò definitivamente da lei, lasciando quel corpo che ancora vibrava sotto i suoi sguardi. Oscar si rivestì in fretta e se andò, come sempre, senza che lui le dicesse nulla o la fermasse.
Quella stessa sera, se ne stava sdraiata, come senza vita sul suo letto, con un libro tra le mani, appoggiato quasi interamente su un cuscino. Le lunghe gambe ricadevano all’infuori del letto, e la sua spalla era scoperta, finchè un bacio non la sfiorò dolcemente, si svegliò subito a quel contatto.
-Andrè? Che ci fai qui?-
-Sono tornato a casa per stasera…te lo avevo promesso-
si chinò a baciarle le labbra, e con le braccia, la cinse per la vita, stringendo il suo corpo contro il proprio.
Non era mai stata più bella e spontanea, e sentirla ora così stretta era un emozione che andava al di là del piacere. Abbassò lo sguardo, che ricadde sulle sue gambe bianche, sembrava come la prima volta. Con la mano le sollevò l’abito, lasciandole scoperto, ora, anche il ventre, accarezzò ogni centimetro, ogni piccola forma, per poi arrivare all’infinito del suo corpo.
Non si era accorta che con la testa Andrè era sceso spudoratamente tra le gambe, e un brivido le spezzò il respiro. Con la lingua faceva piccoli cerchi che andavo via via ad ingrandirsi, finchè arrivò alla macchia bluastra che situava affianco l’entrata, e si irrigidì pensieroso. Quando rialzò lo sguardo su quello di lei si accorse che piangeva silenziosa, soffocando con la mano i singhiozzi.
Andrè sapeva che non poteva averli fatti lui, non si era mai spinto così audacemente.
-Oscar…-
-Mi dispiace Andrè…mi dispiace…-
-Di cosa? Che cosa è successo?-
Come poteva non capirlo? La prova era palese, e il suo pianto doveva mostrargli la vergogna che provava in quel momento, si era dimenticata di quel livido che Fersen aveva inciso sulla sua carne, ed ora doveva spiegarlo al suo amore.
Andrè la perse per le spalle facendola sedere, nei suoi occhi c’era un misto di smarrimento e paura, ma non di rabbia.
-Dimmi che…che tu non…-
Le parole gli morivano in gola, e quando Oscar annuì alla domanda, si sentì invaso da una tempesta che lo avrebbe ucciso.
-No…no, non puoi avermi fatto questo…-
-Io…non ti amavo quella sera. E poi è arrivato lui, e si è donato a me, come avevo sognato…
-Fersen…-
-E io lo desideravo così tanto, finchè non ho capito…di amarti Andrè. Oh, ti prego perdonami, è stata l’ultima volta-
Si gettò tra e sue braccia che a suo malgrado la reggevano ancora. Come aveva potuto fargli questo? Usarlo per poi sbattergli in faccia le parole che aveva sempre voluto sentire da lei, parole che da anni aveva sempre donato a lui. Come non poteva non perdonarla, ora che la teneva stretta a se mentre si liberava dalle lacrime della sua colpa, strinse forte gli occhi appoggiando il mento sulla sua spalla.
-Dimmi che mi ami davvero…che anche questo non è una bugia, che no dovrai più cercare le sue carezze…-
-Io ti amo Andrè…ma non riesco a liberarmi di lui, non odiarmi te ne prego…-

Come posso portare il peso di questa confessione che mi divide a metà?
Come hai potuto lasciare che questo amore diventasse così fragile, donando ogni istante e lui?
Perché anima mia hai tradito questo sentimento, mutandolo in fiele, che desta emozioni forti al mio cuore, che ora vorrebbe odiarti, ma che non riesce a staccarsi da te.
Perché? Perché? Hai seminato di spine un sentiero incolto, lasciato libero per noi, per liberare il nostro amore, anche esso ormai dissolto dal tuo pianto.
Piangi, se devi, se ti far stare meglio, ma come puoi chiedere perdono, e poi dimenticare che ancora una volta sono rimasto al tuo fianco.

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Capitolo 9
*** QUALCOSA DI DIVERSO ***


QUALCOSA DI DIVERSO

Era tutto iniziato come una specie di gioco, una ripicca, ma ora era diventata una storia seria, che non poteva più negare. Si stringeva ancora fra le braccia di Andrè, sdraiato al suo fianco. Come poteva abbracciarla ancora, dopo tutto quello che era successo? Si mosse un poco, spostando un braccio dietro la nuca, Oscar si svegliò confusa, gli incubi non la lasciavano dormire, cercò con lo sguardo il viso di Andrè, sotterrato sotto le coperte, le spostò piano.
-Andrè-
Il ragazzo mugugnò qualcosa, girandosi a pancia in giù. Non voleva sentirla, ne vederla, eppure si chiedeva perché si trovasse ancora lì. Oscar lo richiamò, ma il risultato fu lo stesso, si mise seduta con le braccia incrociate sulle ginocchia, si sentiva sporca, cattiva…sapeva che Andrè non stava dormendo. Cercò di riprovarci, lo richiamò una terza volta, questa volta scuotendolo per le spalle, Andrè aprì appena gli occhi per scorgere lo sguardo limpido della donna che lo guardava supplichevole di ascoltarla.
-Cosa c’è Oscar?-
-Non riesco a dormire-
-Già, i sensi di colpa fanno male, devi imparare a conviverci-
-Andrè…io-
-Lascia perdere, non ho voglia di starti a sentire-
Ricadde pesantemente all’indietro, sospirò piano, i pensieri le scorrevano veloci nella testa, cosa poteva fare ora che Andrè sapeva tutto? All’improvviso nella sua voce si istaurò un tono acido e distaccato. In quel momento fu la rabbia a parlare.
-Senti Andrè…se devi stare qui con quel muso lungo sei pregato di andartene, inoltre…sono affari miei quello che faccio e con chi!-
Andrè si girò di scatto verso di lei, incredulo da quelle parole, cercò di rimanere calmo, non accennando ad una parola, rimase per un momento a fissarla basito, abbassando la testa e strofinandosi i capelli con le mani, come per dover scacciare via tutta la sua confusione, quasi non si accorse che il peggio di quelle parole doveva ancora venire.
-Su, coraggio, vattene dal mio letto, un servo non dorme con un nobile!-
-Oscar…-
-Vattene!-
Aveva le mani sulla testa, non riusciva a controllare le sue parole, quando le pronunciò non potè evitare le lacrime. Andrè rimaneva immobile, la fissava pensieroso, sapeva che era solo rabbia quella che aveva nella voce, sapeva che lo amava, non poteva dimenticare che glielo aveva detto poche ore prima. Non avrebe mai creduto che fosse stata una bugia.
-No, resto qui-
-Cosa?-
-Ascolta, io…io non posso cancellare quello che è successo con Fersen, e non so nemmeno…Oscar, tu lo rivedrai?-
-Andrè…io…io…-
Poteva confessargli la verità, che l’avrebbe rivisto sicuramente, oppure mentire ad entrambi. Si strinse le mani nervosamente, e mordendosi le labbra decise che non avrebbe più negato nulla, si costrinse infine a rispondere; il capo chino e le lacrime che ancora non riusciva a colmare.
-Si Andrè…penso di si-
-Perché?-
-Non lo so…non è amore, ne sono sicura, ma…non riesco a stare lontana da lui, io non ci riesco!-
-Non posso stare a guardare la donna che amo tra le braccia di un altro, ma non posso nemmeno andare via, abbandonandoti…-
-Andrè, io non so cosa accadrà, non posso prometterti una vita felice in questo modo-
-Una vita felice…non l’avremo mai Oscar-
Si voltò a guardarlo, perplessa, poi con la mano incominciò a sfiorargli la guancia, sotto a quel tocco la pelle di Andrè sembrava tremare. Si avvicinò sempre più vicina finchè i loro corpi combaciarono, con un gesto disinvolto cercò le sue labbra, Andrè distolse il volto, abbassando lo sguardo. Aveva nella testa il pensiero di quelle mani che sfioravano il suo amore, le sue labbra che la baciavano, i suoi sorrisi…per lei, per la sua donna.
-No Oscar, non ci riesco-
Ignorò le sue parole, e ritentò di catturargli un bacio, questa volta il ricordo di Fersen con lei non si fece sentire, e si lasciò trascinare dall’evento, ricambiando audacemente un bacio appassionato, finchè non si ritrovarono distesi sul letto immersi nella loro estasi.


E’ bastato così poco a cancellare quel tradimento?
Mi hai attirato nella tua trappola lussuriosa per far cedere i miei sensi alla tua sensualità,
vorrei odiarti, ora più di prima.
Si, è bastata la tua bocca infuocata a far svanire il ricordo di te avvinghiata a lui,
e ora che sei tra le mie braccia, si ripropone più astio che mai,
sei l’angelo nero della mia vita, sei l’ombra del mio corpo.
Vorrei odiarti, vorrei mandarti via…solo cancellarti!


La giornata si pronunciò ancora più dura; Andrè non si presentò a pranzo, e nemmeno si preoccupò di pulire le stalle. Cercarlo era inutile, una notte non avrebbe cancellato il suo tradimento.
Oscar era distesa sul prato del giardino di casa Jarjayes, e guardava pensierosa un cielo senza sfumature, ascoltando il rumore del vento che non cessava di soffiare fra il fogliame degli alberi, sospirò debolmente, ripensando a quello che le era accaduto nell’ultimo periodo, sicuramente sarebbe andata diversamente se quella notte non avesse ceduto al suo lato sensibile, le si chiusero gli occhi al ricordo di quei momenti, liberando le lacrime che scivolavano sulla tempia e scomparivano fra i ricci dorati, d’improvviso si sentiva così sola, confusa…strinse forte un sasso fra la mano che poggiava a terra, e con forza se lo gettò sulla fronte, un istinto che dominava il suo dolore, già una volta soffocato con la lama di un pugnale che le aveva ferito il petto.
Sentendo il dolore che pulsava si alzò di scatto, non avrebbe più permesso che il dolore si impossessasse dei suoi gesti, decise che sarebbe stata una donna autoritaria, convinta di ciò che voleva e di ciò che avrebbe rifiutato.
-Vorrei solo…non essere qui-
Si voltò meravigliata alla voce conosciuta che proveniva da dietro un l’albero, non pensava che sarebbe mai venuto proprio lì, non aveva ne ancora previsto di rimanere così incantata allo sguardo del suo viso, cercò di ritrarsi indietro, ma l’uomo si stava avvicinando troppo in fretta, che alla fine capì; non sarebbe mai più scappata dalla passione dei suoi sentimenti verso di lui. Fersen le appoggiò una mano sulla spalla, chinando basso il capo.
-Ho…ancora voglia di te…ho sempre voluto…e più cerco di frenare questa voglia, più non riesco a togliermi il tuo ricordo tra le mie braccia, e sento il desiderio di correre da te-
-Fersen, cosa mi dite?-
-Che forse non è amore, ma è talmente forte questa passione che ho per voi, che non posso rinunciarvi-
-Ieri Andrè ha scoperto tutto. Io…-
Sembrò assentarsi per un attimo, mentre giocava con le dita di Fersen riprese a piangere, ricordando il volto del suo dolce Andrè, ripensando che solo ieri l’aveva perdonata tenendola ancora una volta fra le sue braccia, regalandole i suoi sorrisi. Lo guardò tristemente per un attimo, mentre il conte si avvicinava alle sue labbra rosate, lei si scansò lentamente, per poi abbracciarlo.
-Oscar…-
Singhiozzava soffocando il dolore tra il suo petto, mentre con le braccia gli stringeva la vita, Fersen la strinse istintivamente più dolcemente lasciando scivolare il mento sulla sua testa. Poteva sentire le sue stesse emozioni tenendola così stretta al suo petto, sapeva in cosa andava in contro.
-Io…Andrè lo amo…non voglio più tradirlo-
-Vorrei dirti che finisce tutto qui, con questo abbraccio, ma non voglio e non può accadere, io ti desidero, e non so più come dirlo-
-Perché? Per della maledetta passione fisica, rischio di perdere il mio amore!-
-Allora l’unica soluzione è tornare in Svezia, anche se ciò significherebbe, non tornare mai più-
-Non dovete partire Fersen! Non potete lasciarmi così…non voglio-
-Oscar! Voi mi state dicendo addio…-
Lo guardò disperata, dalle lacrime che le bagnavano le guance, non sapendo più nemmeno cosa stesse dicendo, ma se sene sarebbe andato non avrebbe più potuto rivederlo, toccarlo…non pensò più a nulla e con decisione unì le loro labbra, per poi ricadere insieme al suo amante sul terreno umido, e per un istante, il volto del suo Andrè svanì dalla sua testa, quando Fersen le bloccò le mani con le sue, e incominciò a baciarle il collo, fino a che non arrivò all’incavo del seno.
-Non riesco a lasciarti andare-
-Oh…Oscar-
Si era fermata e lo aveva riabbracciato lasciandosi andare ancora al pianto. Il giovane la guardava amaramente negli occhi, provando una fitta allo stomaco, che cosa aveva portato quel cambiamento tra loro? Come era successo che il suo migliore amico fosse diventata la sua amante? Si rialzò a malincuore, ricomponendo la sua figura disordinata, continuando a guardare i suoi lineamenti svogliati, i lineamenti della perfezione, ai suoi occhi.
-La prossima volta che ci rivedremo…sarà come amici Oscar-
-Fersen?-
Sussultò stupita, continuando a sentire quelle parole nella testa, non si accorse che lui era già andato.
Verso sera, dopo mangiato si mise accanto al fuoco, in mano teneva un bicchiere di vino. Non era stata capace di dire basta, e così lo aveva fatto lui per lei? Perché? Aveva ancora il sapore delle sue labbra in bocca, nemmeno il vino riusciva a toglierlo, mi mise una mano sulla fronte, massaggiando dolcemente il livido che si era procurata, poi una figura situata dietro di lei le tolse il bicchiere dalla mano, Oscar non si girò per vedere chi fosse, annuì solamente un sorriso beffardo.
-Io conosco posti migliori dove andare a bere-
-Dove sei stato tutto il giorno?-
-Con Alain…avevo bisogno di stare con un amico, e tu, che hai fatto?-
Prima di rispondere si fermò un attimo a pensare; avrebbe voluto dirgli che con il conte di Fersen era finita, che sarebbero stati solo amici, ma in cuor suo sapeva che non sarebbe stato mai più così, non quando ci si desidera ancora, distorse il viso in un espressione disinvolta, girandosi verso Andrè.
-Niente di particolare…ho letto-
-Capisco…senti Oscar, che ne pensi se…se passiamo la notte fuori di casa?-
-In che senso?-
-Se andiamo fuori tutta la notte, come ai vecchi tempi-
-No Andrè, ti ringrazio, ma domani ho molto da fare, e sono alquanto stanca-
-Come desideri, allora buona notte-
-Andrè?-
-Si Oscar?-
-Se vuoi dormire insieme a me…io…-
Il volto di Andrè si illuminò tutto d’un tratto, si avvicinò alla ragazza e la prese in braccio, tirandola a se bruscamente, Oscar cercò di mantenere un equilibrio precario, spostando il braccio dalla vita al collo, ma perse l’equilibrio e insieme ricaddero sulla poltroncina accanto al fuoco. Proprio in quel momento stava passando la vecchia governante, che si accingeva a chiudere tutte le porte della casata, quando Andrè alzò il viso la vide in una smorfia scandalizzata.
-Andrè! Ma che stai facendo?-
-No…nonna? Io…-
Oscar lo scansò bruscamente.
-Nanni, Andrè è inciampato-
La guardò deluso di quella risposta, perché non poteva dirlo a nessuno? Perché non doveva ancora accettare che stavano insieme, o forse era lui che lo pensava. Si avvicinò alla nonna, che se ne stava ancora con gli occhi sbarrati e incredula, la strinse a se dolcemente.
-Sono uno sbadato a volte…-
-Andrè!-
Oscar si alzò un poco seccata dalla situazione e decise di ritirarsi nella propria camera, passando di fianco ad Andrè gli fece cenno di raggiungerla, appena si fosse liberato. Andrè entrò in camera della giovane pochi minuti dopo, trovandola addormentata, sembrava rivivere la stessa scena della sera passata, si avvicinò silenziosamente e la scosse con dolcezza.
-Oscar? Svegliati..-
Si rigirò tra le coperte, portando un braccio dalla parte opposta del letto, e sentendolo vuoto si costrinse a svegliarsi, Andrè le prese la mano, e Oscar si girò sussultando verso di lui, gli sorrise audacemente trascinandoselo accanto a se. Andrè ebbe un brivido lungo la schiena appena la mano della ragazza si intrufolò fra la chioma bruna, si alzò mettendosi sulle ginocchia, e attorniando le sue curve al corpo di Andrè lo baciò passionalmente sul collo, per risalire fino al lobo. Era ancora così strano sentire quel corpo dopo la notte trascorsa, un corpo violato da un altro, lo sentiva diverso sotto le sue mani, era possibile che Fersen riuscisse a darle di più? appoggiò il mento alla sua spalla bianca, domandandosi mille cose...d'un tratto si ritrovò a guardarla, immerso nell'azzuro dei suoi occhi.
-Andrè…fai l’amore con me-
La strinse per la vita e la portò su di lui, mentre si appoggiava sul letto, sfilandole la camicia da notte, si soffermò a guardarla, con la mano sfiorava i suoi seni, il suo ventre, fino ad arrivare alle coscie, poi la visione di quel livido scuro lo fermò. Oscar vi si portò una mano, cercando di nascondere la vergogna che sentiva, gli mise le braccia intorno al collo, baciandogli la fronte, il suo fiato era debole mentre si perdeva tra i suoi capelli, riscaldandolo.
-Io, oggi l’ho visto. E non è successo niente, niente Andrè-
-Allora prima mi hai mentito-
-Avevo paura di dirtelo. Andrè, non mi conosco più, chi è questa nuova Oscar che si perde tra le braccia di un uomo?-
-Oscar?...-
-Andrè, appena torno a casa, appena mi corroco sento il desiderio di questo…di te-
-Non solo me…anche di lui, non negarlo-
-Andrè! È con te che sono adesso, lui non c’è più…-
-Oh Oscar-
La strinse di nuovo per i fianchi stretti, facendola ricadere all’indietro e sommergendola con suo peso, le allargò le gambe sistemandogliele al fianco delle sue, poi cominciò a scivolare con la lingua sul suo petto, mentre le sue mani correvano lungo il bacino, sfiorando il sotto dell’ombelico, era strano, il suo profilo sembrava diverso, come se le sue mani non la toccassero da una vita,era l'effetto dei suoi sensi, dei pensieri che aveva concepito poco prima? eppure la sera prima non lo aveva notato... Oscar si inarcò con la schiena lasciando che i baci trascinati di Andrè si spingessero ad essere più audaci, alla fine si ritrovarono in perfetta sintonia tra quelle coperte che li aveva fatti scoprire per la prima volta.
Quando la mattina Andrè si svegliò la trovò davanti allo specchio d’ottone; se ne stava di profilo e segnava con la mano le sue curve, tastandosi i piccoli seni, come in cerca di qualcosa, poi si sfiorò il busto, scendendo sul ventre, e arrivando ai fianchi. Il giovane la guardava interrogativo, con l’occhio ancora appannato cercò di mettere bene a fuoco la scena.
-Oscar? Che stai facendo?-
Oscar si girò di scatto verso di lui; lo squadrava perplessa, stringendosi nervosamente le mani al petto.
-Andrè…mi vedi diversa?-
-Diversa in che senso Oscar? Da questa notte?-
-No. Diversa…il mio fisico, ti sembra cambiato?-
-Non mi sembra, perché?-
-Non so, sento i miei seni più gonfi, e anche il resto…-
Andrè rifletteva pensieroso, cercando una risposta, si strofinò ancora gli occhi, Oscar lo raggiunse sedendosi sul letto.
-Oscar, non è che…beh, tutte le donne una volta al mese…-
-Già…-
Si portò un dito fra le labbra mordendosi la pelle ai lati delle unghie, chinando appena la testa verso il basso, pensierosa, Andrè la guardava guardingo.
-Già, quello non mi viene da un po’-
-In che senso?-
-Che non mi è più venuto da quando abbiamo passato la notte insieme un mese fa-
-Quindi?-
-Quindi…Andrè…io…ho paura-
Oscar si gettò fra il petto, singhiozzando, come aveva potuto non prevedere una cosa simile? In realtà non ci aveva mai pensato. Andrè chiuse gli occhi, sospirando stancamente, la strinse a se più forte.
-Ho capito…non piangere…-
-Andrè, io…non voglio pensarci...non so come...-
-E’ normale dopo che...una donna sta un uomo-
-No, non per me! Io…io sono comandante dei soldati della guardia, io sono diversa...non ci avevo mai pensato, inoltre…non so se sei tu-
-E’ questo che mi far star male-
Si staccò lentamente da lui, lo guardava amaramente, poi si alzò dirigendosi verso l’uniforme appoggiata sul manichino, Andrè rimaneva silenzioso a guardarla, scrutando ogni suo singolo movimento, osservando ogni profilo, nella sua testa c’era la consapevolezza che quel profilo appena vedibile fosse suo. Si portò tristemente una mano sul volto, mentre stringeva a pugno l’altra.
-Andrè, dobbiamo andare, oggi eseguiremo un addestramento-
-Mi parli di addestramento? Oscar!-
-Muoviti, siamo già in ritardo…io vado di sotto, non dimenticarti di sellare i cavalli-
-Oscar…-
-Andrè, non voglio ripetermi!-
La guardò mesto e pensieroso, alzandosi di malavoglia per andare a compiere il suo dovere.


-Coraggio, ora distribuitevi in due file…Alain, tu starai a capo della prima-
-Si comandante!-
-E tu, invece…metti quel piede nella staffa, e raggiungi la tua di fila-
Ultimamente il tempo era cambiato incredibilmente, faceva sempre più caldo, e eseguire l’addestramento sotto il sole era estremamente faticoso. Cercò di ripararsi dal sole, spostandosi sotto l’arcata del portico. Si sentiva estranea, il sangue le pulsava nelle tempie al pensiero di quel ventre gonfio, con lo sguardo, cercò di individuare Andrè che si era appena spostato nella fila di Alain, sapeva che la stava guardando.
-Bene…per oggi può bastare, potete tornare ai vostri alloggi-
Si incamminò stancamente verso il suo ufficio, mentre udiva le voci di due dei suoi uomini lamentarsi, Andrè si affrettò a raggiungerla.
Quando entrò nel suo ufficio, la trovò intenta a rovistare delle lettere, non poteva vederla più bella, col sole che la illuminava, si avvicinò silenziosamente, mettendole una mano sulla spalla, la ragazza si irrigidì, poi girandosi nervosamente gli urlò di andarsene.
-Oscar!-
-Andrè, ora non ho tempo per ascoltarti…-
-Si può sapere che ho fatto?-
-Oh…non vedi che sono piena di cose da fare? Non ho tempo per te-
-Oscar….-
-Senti Andrè, adesso devo recarmi a Versailles, quando torno forse ho tempo per ascoltarti!-
-Già…perché a Versailles?-
-Ho ricevuto una richiesta da parte della regina…-
-Per il piccolo Josefe?-
-Suppongo-
-D’accordo, allora…ci vediamo più tardi-
Si girò per andarsene, quando la voce della donna lo bloccò, sorrise compiaciuto, rigirandosi verso il suo viso illuminato dai raggi dorati che entravano dalla finestra.
-Un bacio non me lo dai?-
Si strinse le labbra incerta di ciò che aveva appena detto, Andrè le si avvicinò senza lasciarle ti tempo di capire la sua reazione, e con ardore le catturò le labbra.
-A dopo amore mio-
-Amore mio?-
-Sei solo tu il mio amore Andrè-
-A dopo Oscar-

Amore mio, segno indellebbile dei miei giorni, indimenticabile compagna dei miei momenti,io, che li ho scritti in ogni tuo gesto,
nascondi i tuoi segreti dietro a uno specchio, cela l’immagine della tua purezza e cancella la tua essenza, non puoi essere tu.
Amore mio, recati senza timore fra i dubbi di questa incertezza, ma non negarmela, ora che mi aggrappo a questa speranza, non convincere il mio sguardo a odiarla, quella figura che ti appartiene, quel riflesso che è parte di te.

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Capitolo 10
*** IN QUESTO AMORE E' SCADUTO IL TEMPO ***


IN QUESTO AMORE E’ SCADUTO IL TEMPO…

A volte le nostre azioni provengono da ciò che il fato ci preannuncia. A volte anche un solo sguardo può significare mille parole, forse, siamo solo vittime delle coincidenze.
Un uomo guardava pensieroso al di fuori delle vetrate che imponenti si mostravano su uno dei giardini più belli e regali, i giardini di Versailles.
Gli occhi azzurri guardavo senza peso le sfumature rosate del cielo, tra le mani teneva una tazza di tè, le sue labbra non l’avevano ancora sfiorata, e il lieve fumare era sparito, ormai era molto che se ne stava fermo in quella posizione. Aspettava un segno? Forse avrebbe dovuto far tacere i propri istinti quel giorno, invece di correre tutti i rischi annessi a ciò che aveva fatto; amare una donna, che non era una donna, se amarla era il termine giusto. La sua era un ossessione, eppure aveva ancora il sapore delle sue labbra in bocca, e l’odore della sua pelle aleggiava ancora sulla sua, su ogni indumento, il suo sorriso si apriva ancora al solo pensiero della sua chioma dorata distesa sulle lenzuola del suo letto, l’ultima volta che l’aveva avuta tra le su braccia, i suoi occhi brillavano alla consapevolezza del piacere che provava nell’accarezzare le sue forme. Si chinò leggermente, portandosi la tazzina alle labbra, arricciò il naso, ormai era freddo, guardò di nuovo fuori, sperava di vederla arrivare? Poi i suoi pensieri lo portarono sulla donna che stava nella cappelletta a pregare tutti i giorni. La sua donna, quella che amava. Era tanto ormai che non passava una giornata con lei, che non la stringeva tra le sue braccia, decise di raggiungerla, dopo tutto quello che era successo, dopo che aveva dettato la sua amicizia alla fiamma che ardeva i suoi sensi, era disposto a ritornare da lei, la sua dolcezza, semplicemente il suo amore.
Le si avvicinò accanto, stringendole la mano che teneva gelosamente al petto, quasi nascosta tra il viso, e umida dalle lacrime, la regina si girò di scatto per immergere lo sguardo in quello dell’uomo, dolce e sensuale.
-Oh Fersen…-
Era passato così troppo tempo, che il ricordo del suo respiro era quasi estraneo, la stringeva disperatamente, come bisognoso dell’acqua, mentre i suoi pensieri correvano verso il suo tradimento, verso le sue parole…quelle che aveva detto tra spasimi indimenticabili, a lei, alla sua Oscar.
-Fersen…mi siete così mancato…-
-La mia regina Maria Antonietta…-

Il cuore, il mio spirito, quell’ardore che mi tiene vivo davanti al tuo sguardo…tutto si fa spazio dentro me, i sentimenti, le emozioni, il mio amore…la mia passione, per te, unico amore.
Amore ingannato, ti ho ucciso, tradendo il tuo sorriso per rifugiarmi in un posto più comodo, vergogna, ora posso addossarmi di questo nome, io, che sono solo un frutto marcio, che si è preso gioco di noi…noi, che ora desidero disperatamente. Oh…la mia anima non riesce a lasciare quella passione…perdonami amore caro, non sei tu che tradisco, ma me stesso.


Chi poteva immaginare che un giorno lo sarebbe stata anche lei? Già, non ci aveva mai pensato, da sempre aveva badato ai figli della regina, la sua regina, e le piaceva, era come essere una vera donna, un piccolo spazio dove evadere quando gli abiti del soldatino perfetto le andavano troppo stretti, ma non è un gioco la realtà, e fa paura. Pensando a quel dubbio che le martellava la testa fin dalla mattina, non poteva cercare di trattenere le lacrime, cercò di reprimere quel sentimento, deglutì e sospirò a fondo, stringendosi le braccia al busto, si impose ad andare avanti, doveva presentarsi impeccabile alla sua regina. Era quasi giunta a destinazione, quando lo vide, appoggiato alla colonna intento ad ascoltare i rumori della natura, non si era accorto di lei. Sorrise nervosamente, stringendosi ancora di più le braccia al busto, quando raggiunse l’entrata del palazzo.
Era passata anche questa, un altro ostacolo, se lui si fosse accorto l’avrebbe lasciata andare? Strinse gli occhi, senza pensare ad una risposta, quando, invece poi, si fece spazio quello inevitabile, riguardante il suo stato, doveva dirglielo. Non quel giorno, ma prima o poi avrebbe dovuto.
Quando la regina la vide arrivare le corse in contro, ringraziandola, Oscar si chinò gentilmente, sporgendosi a baciarle la mano.
-Madamigella Oscar, sono così felice che siate venuta…ormai…manca poco-
-Mi dispiace maestà, vorrei poter fare qualcosa-
-Vi ringrazio…mio figlio è tutto per me, non posso pensare di perderlo…-
Si portò le mani al volto, singhiozzando silenziosamente, anche in quella situazione rimaneva regale nei suoi gesti, poi una stretta allo stomaco cominciò a farsi sentire, nella sua testa continuavano a pronunciarsi le parole della regina, si fece tutto più difficile quando entrò in camera per porgere i suoi saluti al piccolo principe, poteva essere suo figlio ad essere in quella situazione.
Quando tornò a casa quella stretta allo stomaco si fece risentire più forte che mai, non poteva restarsene davanti a un fuoco che non riusciva a scaldarla, o a suonare su un pianoforte che non faceva che aumentare la su malinconia, decise di sellare il cavallo e concedersi qualche bicchiere alla taverna.
Si ritrovò ancora una volta a fare i conti con l’uomo che era il lei, con quella parte che non sarebbe mai morta, si guardò intorno confusa, la mente annebbiata dall’alcol, si scoprì seduta allo stesso posto dell’ultima volta, e l’idea la fece sorridere, un brivido di freddo le percorse la schiena mentre buttava giù un altro sorso di vino. Erano già passate diverse ore da quando aveva ordinato il primo bicchiere, ed ora non ne contava nemmeno più, era sola, si sentiva triste, vuota…si alzò barcollando, cercando dove attaccarsi per reggersi, in fine usci dal locale. Percorse la stradina che dava sulla Senna, davanti a lei sorgeva un paesaggio sfuocato, con la mano si spostò una ciocca dal viso, strofinandosela sulla fronte, per cercare di recuperare lucidità, ma aveva bevuto troppo, si fermò per riposare un attimo, poi il conato di vomito si fece sentire. Si accasciò a terra, stravolta, asciugandosi con il braccio la bocca, poi due braccia famigliari la presero per la vita, rialzandola, quando Oscar si girò diede conferma al suoi dubbi.
-Oscar…ma come vi siete conciata?-
-Fersen, siete voi…-
-Venite con me-
Le prese un braccio e se lo appoggiò alle spalle, sorreggendola con l’altro per la vita, Oscar lasciò ricadere stancamente la testa sulla sua spalla, poi la condusse vicino a un lavatoio, dove si sedettero.
-Cosa è successo? Vi ho vista oggi, a palazzo-
-Ero certa di no…io…oh, Fersen, per me le cose non si mettono bene-
-Perché? Ditemi cosa è successo!-
Alzò lievemente la testa, per guardarlo, poi, appoggiandosi pesantemente al muretto si alzò rimanendo davanti all’uomo che la guardava interrogativo, si strinse le mani sul ventre, mentre abbassava il capo singhiozzando, Fersen le mise una mano sulla sua.
-Oscar…-
-Fersen, non so nemmeno di chi sia-
-Per Dio, Oscar-
Si alzò ad abbracciarla, bisognoso di quel contatto, tute le emozioni che provava tornavano tormentose ad impadronirsi dei suoi sensi, dei suoi gesti, le prese il viso fra le mani, fissandola in quegli occhi lucidi di dolore.
-Se io vi sposassi…se quella creatura fosse mia…-
-Fersen…-
-Oscar, potrebbe essere l’unica soluzione-
-Io amo Andrè…lo amo Fersen…-
-Ma non potrete mai stare insieme. Lui è diverso per la società, non è nobile-
-Non posso sposarvi, non è giusto-
-E per quel bambino, sarà giusto?-
-Non lo so, non voglio pensarci…-
-Oh Oscar-
Fu un attimo, che lo riportò inevitabilmente a baciare le sue labbra, a cercare un contatto più profondo, Oscar non si oppose a quell’istinto che conosceva troppo bene.
-No, no…lo stiamo facendo di nuovo. Avevate detto che la prossima volta che ci saremmo visti sarebbe stata da amici, allora perché mi baciate?-
-E perché voi rispondete al mio bacio?-
Si guardarono silenziosamente negli occhi, cercando la risposta ognuno nell’altro. Le rimise la mano sul viso, accarezzandolo lievemente, Oscar abbassava la testa, poi la mano andò ad intrecciarsi con i capelli biondi, premendo leggermente sulla nuca la riportò a se ribaciandola, e lei non disse ancora nulla, lasciandosi trasportare alla sensazione meravigliosa che la avvolgeva, finché alla fine si arrese a qualcosa di più intenso. Un altro peccato, un’altra colpa.

-Fersen…fersen!-
Una voce ancora debole e fievole lo chiamava insistentemente da pochi minuti, si girò istintivamente verso quel richiamo, e a poco a poco aprì gli occhi, trovandosi la ragazza intenta a fissarlo.
-Oscar…non ditemi che è già mattina-
-Certo che lo è!-
Si strinse nervosamente a se, proteggendo il suo corpo nudo con le braccia, Fersen la abbracciò calorosamente a se, affondando il volto tra l’incavo del suo collo, respirando il suo odore di donna, sapeva ancora di lui, del sudore della loro passione.
-La mia proposta è sempre valida Oscar-
-Io amo Andrè-
-E io amo la regina di Francia, ma…sono amori impossibili-
-Se io rinunciassi al mio grado non sarebbe più impossibile-
-Rinunceresti a tutto? Rinunceresti alla tua vita? Sarebbe così facile cercare di vivere in questo modo, senza problemi, purtroppo non ci è concesso di amare liberamente...la cosa giusta da fare...la soluzione più sensata-
-Lo so, sarebbe tutto più semplice, ma non posso più rinnegare i miei sentimenti.-
-Allora che farete? Tra noi non potrà mai esistere l'amore?-
Lo guardava tristemente, pensando che si, sarebbe stato facile, semplice vivere accanto a lui, accettare la sua proposta.
-Oscar...se non c'è niente ci rimane solo...questo. Non potremo essere più amici e io non vorrei perdervi, quidi...ve lo ripeto; che farai?-
-Non lo so, per adesso voglio godermi gli ultimi minuti che ci rimangono-
-Non saranno mai gli ultimi…-
Si guardò intorno, osservando la stanza da letto del conte, illuminata appena dalla luce del sole che penetrava sfuocata tra le fessure delle tende, non si ricordava di essere andata a casa sua, scacciò dalla testa ogni pensiero e si strinse più forte al suo amante.
Si addormentò ancora tra le sue braccia, come lo era stato per la notte precedente, lasciandosi cullare dalla quiete del suo respiro e dal calore del suo corpo, immaginando che tutto fosse frutto di un sogno, Fersen restò immobile a fissare il vuoto davanti a lui, catturando ogni attimo di quella situazione, riflettendo su ciò che era successo nell’arco della sua vita, riprese il possesso della realtà appena la sentì muoversi; con disinvoltura si stava strofinando gli occhi, si era spostata dal suo torace, la fissava silenzioso, scrutando il suo profilo ancora snello, rimanendo incredulo che dentro quel corpo che conosceva così bene potesse svilupparsi una vita, una creatura che forse lui stesso aveva generato, abbassò lo sguardo su un dettaglio insignificante, e poi rialzandolo la vide in piedi al letto, intenta a mettersi gli stivali, fece un lungo respiro e si buttò sui cuscini, Oscar si girò di scatto a guardarlo, senza proferirgli parola: parlare era inutile, tutto quello che dovevano dire se lo erano già detto, tra loro era sempre stato così, a comunicare erano i loro corpi…lo guardò amorevolmente, lasciandosi sfuggire un sorriso, osservò incantata, forse per la prima volta ogni dettaglio del suo viso; era invecchiato di un poco in quegli anni che si conoscevano, mantenendo pur sempre la sua impeccabile bellezza, pensò che tutto quello che aveva sempre bramato era stato suo, che lo aveva avuto…il suo unico grande amore, eppure le cose erano cambiate, si era ritrovata innamorata di un altro, e di lui rimaneva solo il ricordo di quell’amore che ancora non conosceva, se il suo bambino avrebbe avuto un padre lui sarebbe stato perfetto, per lui, certo, ma non per lei, il suo cuore era di un altro. Finalmente, una volta per tutte trovava il suo posto nel suo cuore, Fersen sarebbe stato per sempre quell’amore impossibile, come se tra loro non fosse mai successo niente, si sentiva libera da quel peso, non lo avrebbe più cercato, non lo avrebbe più amato, stavolta per sempre. Si avvicinò a lui appoggiandogli la mano sulla fronte e lasciandola scivolare sul viso, strofinandoglielo, Fersen la fermò afferrandola per il braccio.
-Addio Fersen…stavolta è per sempre-
-Addio? Ma Oscar…io…-
-Sarai per sempre nei miei ricordi, sei il primo uomo che ho amato-
-Lo volevo veramente sai…? Vivere con te, avere quel bambino-
-Forse se ci fossimo conosciuti prima in questo modo…forse…ma non lo sapremo mai-
Le lasciò il braccio, voltandole il volto, entrambi smisero di parlare, ormai il loro addio era definitivo, era guarita da quell’insana passione carnale che l’aveva travagliata nel profondo della sua carne, ora sarebbe stata libera di vivere come le dettava il suo cuore, con l’unico uomo che amava. Pronunciò ancora un addio, quasi a labbra serrate e poi se ne andò.

Per te avevo cancellato me stesso dal mondo,
ti avevo scoperto mia all’improvviso, e ti avevo trovato bellissima,
mia, eri mia in ogni gesto,
in ogni sguardo,
il cielo aveva i tuoi colori,
il tempo, non aveva età, perdendosi tra i tuoi abbracci…
mia, per sempre sarai mia, e per sempre lo ricorderò, anche ora che hai battuto l’ultimo minuto,
ora, che hai lasciato che anche queste lenzuola si macchiassero della tua essenza,
ora mi libero dal tuo ritratto di amante, ti rendo la libertà dei tuoi sentimenti,
ora, che hai distrutto ogni mia certezza sull’amore, perché forse quello che facevamo era amore.
Mio amore…mai lascerò il ricordo di te, che vivo affiora nella mia mente.

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Capitolo 11
*** AMORE FOLLE NON LASCIARMI MAI ***


AMORE FOLLE…NON LASCIARMI MAI
Passarono diversi giorni da quell’addio, nessuno ne fece più parola, nemmeno quel dubbio fu più messo in discussione, come se ogni attimo vissuto fosse stato cancellato, così anche il frutto di quella passione aveva indossato i panni di “unico”.
Tutto procedeva come se nulla fosse mai accaduto, in quell’arco di tempo la Francia aveva perso un principe, ed era entrata in un clima tempestoso e rigido. Di conseguenza tutto il reggimento comandato da Oscar doveva adempiere ai doveri di stato, gli era stato ordinato di sorvegliare la sala dell’assemblea, per giorni e giorni, sotto la pioggia tutti gli uomini si erano impegnati in meglio.
Oscar se ne stava appoggiata stancamente ad una colonna, teneva gli occhi chiusi, sentendo scivolare sul viso la pioggia fredda e pungente, a tratti le venivano in mente i ricordi, quelli più dolorosi e crudi della sua infanzia; gli insegnamenti di suo padre, severi e duri, fino al giorno in cui era arrossita davanti al corpo nudo di Andrè. Era cambiata d’allora, era una donna a tutti gli effetti, forse solo più forte rispetto alle altre, non immaginava che quello che Andrè amava in lei era proprio questo, la sua forza, il suo coraggio…scosse la testa dai brividi, scrollandosi di dosso la pioggia che le aveva lisciato i ricci capelli, si guardò in giro, niente di strano, il piazzale era deserto, gli uomini non si muovevano per nulla al mondo, persino il suo Andrè era un perfetto soldato, gli sorrise debolmente da lontano, cercando di nascondersi dagli altri, chissà fino a quanto sarebbero dovuti rimanere li. Si portò davanti alle porte principali, quando d’un tratto sentì il fiato mancarle; il respiro affannoso, e infine una tosse sfibrante, si accasciò a terra tenendo una mano sulla bocca, non voleva cessare, colpa di quel brutto tempo freddo e piovoso, quando la crisi finì e ritrasse la mano notò quelle macchie rosse del suo sangue che sporcavano il guanto bianco. Rimase basita a guardarla, incapace di credere a un tale male, sapeva che molto probabilmente si trattava di tubercolosi, in quel momento i suoi pensieri andavano per il bambino che aveva in grembo, come sarebbe vissuto? Avrebbe visto l’orrore della rivolta, e infine la malattia di sua madre, si rialzò lentamente, imponendosi di eseguire i suoi doveri, non doveva pensare a quella creatura, non doveva pensare a una malattia, sicuramente era un po’ di stanchezza, si incamminò fino ad raggiungere Andrè, che quasi dormiva in piedi.
-Andrè-
-O…Oscar, che c’è?-
-Niente, stavi dormendo!-
-No, che dici, sono solo un po’ stanco…tu piuttosto, non hai una bella cera-
-Siamo stanchi tutti, è giorni che stiamo qui sotto la pioggia, senza fare una pausa-
-Non dovresti stancarti così…-
Lo fulminò all’istante, non voleva che le si parlasse della sua gravidanza, non voleva essere trattata come una semplice donna che aspetta un bambino, dove tutti si preoccupano e dicono quello che è meglio o no. No, non lo avrebbe mai permesso, anche se era il suo uomo a dirglielo.
Andrè si ricompose, prendendole una mano, Oscar alzò lentamente il volto verso di lui, incrociando i suoi occhi verdi lucidi di commozione.
-Andrè…tu…mi capisci…-
-Oscar, tu sei la donna che amo, mi preoccuperei in ogni caso, come sempre-
-Oh Andrè-
Avrebbe voluto abbracciarlo, avrebbe unito le sue labbra alle sue, avrebbero fatto l’amore come non lo avevano mai fatto, solo per donargli tutto di lei, del suo amore. I suoi sguardi dicevano molto di più, Andrè le strinse la mano più forte, i sentimenti che provava erano gli stessi, lo sapevano entrambi, ma si limitarono a quel minimo contatto, quando la donna stette per ritrarsi, Andrè la bloccò stringendole la mano, avvicinandosi al suo orecchio le sussurrò debolmente.
-Lo farei mille con te, adesso, sotto questa pioggia…-
Quasi pietrificata da quelle parole non si mosse per un poco, finché si staccò da lui e andò a prendere il cavallo.
-Bene, uomini, mi assenterò per poco, nel frattempo prenderete ordini dal soldato Alain!-
-Dove andate comandante?-
Alain la guardava basito, mentre si sistemava la casacca zuppa.
-Alain, prendi il comando e non preoccuparti, vado a chiedere informazioni su quanto ancora dobbiamo stare qui-
Quando tornò ordinò ai suoi uomini di ritornare al reggimento, mentre i rappresentanti dei vari stati si approntavano a lasciare la sala dell’assemblea.

Fianco a fianco si stavano dirigendo verso villa Jarjayes, ormai ogni giorno era diventato prezioso, quasi inesistente, da tempo non si immergevano nel loro amore, lasciandosi alle spalle il passato, quel passato travagliato da incomprensioni, tradimenti e sofferenza. Mentre svoltavano il sentiero Andrè la osservò malinconico, ricordandola bambina, quando alle prime cavalcate teneva le redine nel modo sbagliato, sbucciandosi le dita, e poi da ragazza, mentre cresceva sempre più bella e orgogliosa, quasi incapace di esternare un sentimento. Quanto tempo era passato da allora, non si sarebbe mai aspettato tutto quello che era avvenuto dopo, la sua cecità ad un occhio, il suo amore per Oscar…un figlio, che poteva essere di un altro, questo proprio non se lo spiegava, come era stato possibile arrivare a tutto questo? Avrebbe potuto evitare tante cose, invece aveva taciuto, per vent’anni, si tirò un leggero pugno sulla nuca, ripetendosi che solo uno stupido poteva pensare a certe cose, Oscar si avvicinò al cavallo e gli prese la manica della divisa guardandolo interrogativa.
-Che c’è?-
-Che hai tu…Andrè-
-Mah, niente. Pensavo-
-Siamo quasi arrivati, mi raccomando vai subito da tua nonna appena entriamo in casa-
-Come?-
-Non ti vede da tempo e sarà in pensiero-
-Tutto quello che vorrei…è fare un bel bagno caldo…con te-
Assotigliò gli occhi, arrossendo di un poco, poi finalmente entrarono nel cortile della villa.
La vecchia governante gli venne in contro piangendo, abbracciando il nipote disperatamente, Andrè si lasciò sfuggire un grande urlo di gioia.
-Nonna!-
-Andrè…Andrè…-
Oscar entrò pochi istanti dopo, con la mano spostò dietro all’orecchio una ciocca di capelli bagnati, aveva proprio bisogno di un bagno caldo, fece per andare in camera quando il padre la fermò, abbracciandola come non si era mai permesso prima di fare, lasciandola stupita da tale gesto. Non riusciva a muoversi, dopo tanto tempo aveva ricevuto quell’affetto che suo padre non le aveva mai dato, un semplice abbraccio può essere molto di più di mille parole, non riuscì a trattenere una lacrima, e lo abbracciò anch’essa, soffocando quel pianto tra la spalla del padre.
-Eravamo tutti così preoccupati…se ti fosse successo qualcosa, io…-
-Padre, va tutto bene-
Si allontanò lentamente da quella stretta, fissandola tristemente notò il volto stanco e diafano della figlia. Mille pensieri tormentavano la sua mente, i dolori che le aveva impartito, gli schiaffi che le aveva dato, non si sarebbe mai perdonato di nulla, le strofinò una mano sulla spalla.
-Bene, sei stanca, vai pure a dormire-
-Buona notte padre-
Sorrise lievemente, commossa da un sentimento che per troppo era rimasto sepolto, spostando lo sguardo più in fondo si accorse che la nonna stava ancora stringendo Andrè, era incapace di lasciarlo andare; per giorni era stata in pena, pensando al suo unico nipote sotto la pioggia, stanco, affamato, ed ora che lo aveva con se non poteva più lasciarlo solo. Si incamminò verso la propria stanza, sapeva che Andrè l’avrebbe raggiunta più tardi.

Lo spazio sembrava infinito, disperso tra i pensieri e le emozioni, il corpo era come se si stesse dissolvendo con l’acqua, un'unica cosa, si irrigidì ad un brivido di freddo che le percosse la schiena, ormai doveva essere immersa in quella vasca da molto, ma non aveva la forza di muoversi, né di aprire gli occhi, quello spazio infinito dentro la sua testa era l’unica dimora da tutto quello che la feriva, poteva sembrare diversa, una donna nuova, fatta, ma dentro si sentiva come neve al sole. Scattò di colpo quando un flotto di acqua calda le scivolò sulla testa, rovesciando l’acqua della vasca al di fuori, si ricompose i capelli, tirandoseli indietro, quando alzò gli occhi vide una figura tonica e snella postarle dietro, con una caraffa tra le mani, e l’espressione divertita. Si girò agilmente verso di lui, sfidando il suo sguardo.
-Andrè! Ma sei impazzito!-
Il ragazzo non rispose, la guardava incantato, ammirando ogni suo singolo dettaglio; in poco tempo il suo corpo stava cambiando, il piccolo seno si era gonfiato di un poco, e la figura estremamente magra era più corposa, delineata, poggiò la caraffa per terra ed entrò anch’esso nella vasca, sistemandosi comodamente di fronte alla donna.
-Andrè…-
-Sei bellissima, lo sai? Sono giorni che sogno questo-
-Sono giorni che non facciamo un bagno-
-Ho una gran voglia di te…-
Si avvicinò malizioso alle labbra di Oscar, catturandole dolcemente, assaporando ogni brivido che quell’atto gli portava, la mano che andava scivolando sulla spalla, fino ad immergersi nell’acqua e a toccare le dita tremanti, Oscar si spostò leggermente verso di lui, facendo combaciare ancora di più le loro figure.
-Non ne ho voglia Andrè-
-Mi hai chiesto tu di venire-
-Non esiste solo…questo-
-Già, scommetto però che a Fersen non disdegnavi rifiuti-
-Andrè!-
Lo guardò con disprezzo, perché rivangare il passato, quando sembrava che non esistesse più? Non proferì altro, cercando di aggrapparsi ai bordi della vasca si rialzò ed uscì.
-Oscar?-
-Sapevo che me lo avresti rinfacciato prima o poi…io…vado a dormire-
-Oscar, aspetta…-
Uscì a fatica dalla vasca, cercando di raggiungerla, Oscar si girò volutamente al contatto con la mano di Andrè che le stringeva il polso, lo avrebbe preso a schiaffi in quel momento, ma si limitò a fissarlo risoluta e offesa, Andrè abbassò lo sguardo sulla stretta che si faceva più forte, lei non si lamentava di nulla, ma non era capace di lasciarla andare, aveva la sensazione che se lo avrebbe fatto se ne sarebbe andata.
Continuava a cercare una via d’uscita, una qualsiasi frase, un gesto, gli faceva male sentire il suo sguardo tagliente che lo incolpava. No, non aveva colpe, lui non l’aveva mai tradita, eppure era riuscito a perdonarla, nonostante tutto, lo aveva rivisto, perdendosi ancora una volta nei suoi abbracci, e glielo aveva perdonato, perché l’amava più di qualsiasi torto, vendetta…sgarbo.
La voce di Oscar gli arrivò coincisa e tremante alle orecchie, quasi dovesse spezzarsi all’istante.
-Era…era tutto risolto, no? Non dovevamo parlarne più, eppure tu…tu ci pensi ancora-
-Si-
-Perché? Se è tutto finito, perché?-
-Perché…perché…-
-Andrè!-
-Non posso dimenticarlo, per tutti gli sforzi che faccio, non posso, non ci riesco a dimenticare-
-Andrè, ascoltami…-
Si avvicinò a lui, liberandosi dalla stretta, appoggiò il mento sul suo collo, chiudendo gli occhi le immagini del sorriso di Fersen si fecero vive; un immagine che dapprima era nitida andava col sfuocarsi, cancellando ogni emozione che poteva provare.
-Quando io e te, siamo stati insieme, la prima volta, non lo avevo dimenticato. Anzi, lo volevo…lo desideravo, e poi è successo Andrè, tutto poi è successo così velocemente…-
-Non posso farci nulla-
-Andrè…io poi è di te che mi sono innamorata-
-Ma avete fatto l’amore-
-No, quello non era amore, i sentimenti che mi univano a lui erano solo una stupida attrazione fisica, niente a che vedere con l’amore-
-Non riesco comunque a dimenticarlo, ogni volta che ti guardo vedo le sue braccia che ti stringono, e sono consapevole che ti ha avuta!-
-Non esiste più, smettila di pensarci!-
La rabbia che sentiva dentro ardeva come legna sul fuoco, non bastava più giustificarsi, ad ogni parola sentiva le tempie esplodere, le mani sudavano,era impensabile che non capisse, che non dimenticasse…lei ci era riuscita, era guarita, e tutto quello che voleva era stare con il suo amore. Si allontanò freddamente da lui dirigendosi verso il letto.
-Buonanotte Andrè-
Andrè rimase immobile, in silenzio davanti alla figura della donna che si allontanava sempre più da lui. Cosa poteva dire ora? Aveva rovinato tutto, solo perché non riusciva a capacitarsi che la sua Oscar era stata di un altro, un uomo che lei aveva sempre amato, prima di lui, un uomo che ora aveva dimenticato.
-Oscar, io…dimenticherò. Buonanotte-

Mi sono persa dentro un sentiero grigio,
ho voluto andare avanti, anche se la tua voce echeggiava da lontano il mio ritorno,
amore, questa strada ci ha condotti all’esilio dalla realtà, incapace di resistere al suo fascino incompleto.
Vorrei sentire ancora la tua voce chiamarmi da lontano, pregarmi di tornare indietro,
invece ora si è spenta tra i colori diafani di questa immagine,
un quadro vuoto, privo di colore ha impresso il suo stato triste nella mia esistenza,
cerco un uscita che non riesco trovare, e ancora sto ferma, ad aspettarti, per salvarmi.
Salvami dal passato che ha inciso una croce sulla mia persona,
marchiata per sempre dal tuo disprezzo,
no, non odiarmi più,
compiangimi…ma non abbandonare il mio amore.


Si copriva gli occhi dalla luce accecante della mattina, una giornata tranquilla, senza lavoro, né impegni, come era passato veloce il tempo, scandendo ogni singolo minuto di quella guerra che combatteva con se stessa, si rigirò tra le coperte respirando pesantemente, come se non avesse dormito, le giornate si erano allungate. Si alzò nervosamente, immersa nei suoi pensieri, tirando le tende dalla finestra, avrebbe dato oscurità alla stanza, restando tra se accovacciata nel suo letto, un pensiero che le martellava la testa, un tarlo che non andava via, si guardò intorno, in cerca di qualcosa che non aveva nome, era la noia ad agire, poi d’improvviso la porta si aprì, Oscar sussultò ritraendosi istintivamente verso la finestra.
-Chi c’è?-
-Oscar?-
-Andrè?-
-Andrè? E perché mai Andrè dovrebbe entrare in camera tua?-
-Nanni…mi hai spaventata, pensavo che…-
-Oggi è una bellissima giornata-
-E’ vero-
-Oh, madamigella perché non andate a divertirvi un po’? dopo tanto lavoro…-
-Divertirmi…-
La sua voce si spezzava in un sussurro, si fece avanti verso la donna che dolcemente rifaceva il letto sfatto.
-Hai ragione, penso che farò una passeggiata-
-Certo, però non andate da sola, portatevi dietro Andrè, almeno avrà qualcosa da fare-

Ormai l’immagine di loro fianco a fianco era un quadro che nessuno poteva ridipingere. Non si erano ne’ancora rivolti la parola, nella sua testa Andrè continuava a pensare alla discussione della sera precedente, ogni tanto si girava verso di lei, per scrutare ogni cambiamento di espressione, ma il suo viso aveva sempre lo stesso sguardo pensieroso e cupo. Si avvicinò un poco, tirando il cavallo verso di lei, Oscar si girò al nitrito dell’animale, incontrando lo sguardo di Andrè.
-Allora, non hai ancora detto una parola oggi-
-Non mi va di parlare-
-Già, capisco-
Oscar aumentava la velocità, cercando di spostarsi verso la boscaglia, ma Andrè la fermò strappandole le briglie dalle mani.
-Smettila di fare la ragazzina viziata, se c’è un problema risolviamolo-
-Sei tu che devi risolvertelo…-
-Oscar!-
-Andrè, ti ho detto ormai mille volte che è finita con Fersen e tu continui a rinfacciarmelo. Lo sai, lo sai, dannazione, che lo amavo, che quella notte era lui che volevo…ma ora le cose sono diverse, io è di te che mi sono innamorata!-
Non aspettò un secondo di più, e con slancio si catapultò sul cavallo della donna, ippenandolo, prese saldamente le briglie tra le mani, e lo calmò.
Ancora una volta, erano faccia a faccia, i loro sguardi si incrociavano, perdendosi nell’incantesimo di quell’attimo, le sfiorò una guancia, e le accarezzò i capelli, poi la baciò.
Sembrava passata una vita, quanto tempo era passato da chè erano sdraiati l’uno accanto all’altra? La teneva stretta sotto il suo corpo atletico, protetta da ogni turbamento esterno, nessuno avrebbe varcato o disturbato quel momento, si sentiva libera, immersa da mille emozioni, ancora tremante dal piacere, percorsa da quell’estasi che era la passione. Moriva dentro di lei, e rinasceva nello stesso tempo, le sue mani la accarezzavano, ricordando ogni singola emozione, conoscendo quelle curve, fu un attimo che si guardarono negli occhi, appena prima di raggiungere l’apice, un grido che sembrava l’ultimo varcava il silenzio del bosco.

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Capitolo 12
*** PER SEMPRE RESTERA' IL RICORDO ***


PER SEMPRE RESTERA’ IL RICORDO

Si era svegliata con un peso allo stomaco quella mattina, un pensiero che non voleva lasciare, forse una sensazione…arrivata al reggimento le fu dato l’ordine di unirsi agli altri soldati per pattugliare le strade di Parigi e fermare i rivoltosi. Una rivolta, la fine.
La testa poggiava pesantemente sul tavolo, non era mai stata così confusa in vita sua, non aveva mai dovuto fare scelte simili; avrebbe dovuto seguire il suo dovere di comandante, i principi della sua famiglia nobile, o seguire l’uomo che amava in una causa in cui lui si batteva? L’avrebbe perso se si fosse imposta diversamente alle sue aspettative, perché era ovvio che pensava che lei sarebbe restata insieme a lui.
Per un attimo, ma solo per un vacuo momento, le ritornò alla mente la proposta di Fersen, in quel caso non avrebbe dovuto scegliere con chi schierarsi, semplicemente limitarsi a combattere contro i suoi ideali e l’uomo che amava.
Non si accorse della porta che si aprì finchè non ne sentì il cigolio, si girò di scatto guardando perplessa un viso dai lineamenti duri e marcati, Alain abbassò lo sguardo, come impaurito di un qualsiasi contatto.
-Che c’è Alain?-
-Tutti gli uomini sono riuniti comandante…-
-Mh-
-Comandante…noi, noi abbiamo deciso che non combatteremo contro il popolo-
Le era tutto sembrato un brutto sogno, fin dall’inizio, l’idea di poter tradire la fiducia delle persone che le stavano vicino l’avevano fatta sentire una foglia persa, invece da quella confessione le spuntò un sorriso, incoraggiata dal fatto che ora sapeva da che parte stare. Alain la guardò perplesso, non capendo tra se e se, a cosa illudeva quel sorriso, le sue mani tremavano, aveva paura che quanto detto la avrebbe fatta arrabbiare, cercò una risposta in più guardandola negli occhi, e ne vide soltanto la sua bellezza, un immensità dove specchiarsi dentro, un mondo irraggiungibile, almeno per lui.
-Alain, a questo punto ho preso la mia decisione: ci uniremo al popolo e combatteremo per la libertà-
-Comandante!-
-Dillo agli altri!-
-Si…certo, agli ordini!-
Si rigirò verso la luce che proveniva dalla finestra, il suo sguardo immobile sul piazzale deserto, quanti ricordi, chiudendo gli occhi poteva rivedere quella stessa scena come se stesse accadendo in quel momento, la prima volta che lo aveva avuto, un ricordo lontano ormai, da dimenticare.
Dimenticare…dimenticare che era stata felice, che si era sentita viva per la prima volta, dimenticare che nel cuore celavano ancora nascosti i suoi sentimenti, ma ad Andrè non lo avrebbe mai detto…dimenticare che dentro di lei poteva crescere il frutto di quei sentimenti.
Non era mai stata una donna con un gran senso materno, e la consapevolezza che presto lo sarebbe stata non la sfiorava minimamente, eppure prima o poi avrebbe dovuto confessare a suo padre che era la donna di Andrè e che aspettava un figlio, soprattutto avrebbe dovuto dirgli che non avrebbe combattuto per la stessa causa. Socchiuse gli occhi, riparandoli dalla luce che si era spostata e che ora la colpiva in pieno viso.


In quello stesso momento un uomo dai lineamenti fini e la carnagione chiara se ne stava sdraiato sul letto, le braccia gli coprivano il volto, portava ancora le scarpe ai piedi, e la camicia era slacciata per metà, al suo fianco rovesciato situava un bicchiere, il contenuto si era versato sul copriletto macchiandolo di rosso.
La sua mano si avvicinò piano ad uno dei cuscini, stritolandolo a se come in cerca di un appiglio, sfogando un dolore che lo stava distruggendo da mesi. Un uomo può ridursi in questo stato? Lui, che di donne ne aveva fatto una collezione di conquiste, ora piangeva per chi l’aveva respinto.
Una proposta di matrimonio, la decisione di passare l’intera vita con lei, la rinuncia all’amore vero per lei, tutto per un rifiuto. Si sentiva usato, offeso nel suo ego maschile, dalla persona che un tempo non pensava minimamente che si sarebbe coinvolto in quel modo.
L’unica soluzione a tutti problemi ora ce l’aveva in mente, doveva ripartire, voleva e lo avrebbe fatto, si sarebbe lasciato alle spalle tutto il resto, si sarebbe tolto dalla testa un amore con la regina di Francia e lei, l’unica con cui sarebbe stato disposto a passare tutta la vita e da cui avrebbe avuto un figlio.
Si, l’avrebbe dimenticata, sarebbe rimasto il ricordo sfuocato e senza senso, perché non averla accanto era come non averla mai avuta. Si alzò di scatto come se un insetto lo avesse punto, si strofinò le tempie coi pollici e cercò di cancellare definitivamente la sua immagine.
Si diresse verso la finestra, osservando in lontananza la carrozza che stava venendo a prenderlo, e che lo avrebbe accompagnato al porto, non sarebbe più tornato, pensava, non avrebbe nemmeno salutato quelli che un tempo erano i suoi amici, si sistemò la giacca e le maniche, un ultimo aggrado alla finestra, l’ultima volta che avrebbe visto la vista da quella angolazione, poi girò i tacchi e si diresse alla carrozza.
-Buon viaggio signore-
La governante gli passò i guanti bianchi, gli occhi lucidi tradivano la sua voce, tenuta prepotentemente controllata, quando Fersen le posò una mano sul viso, quest’ultima scoppiò in lacrime.
-No, non dovete piangere-
-Oh signore, è stato un onore lavorare per voi-
-Addio, e grazie di tutto-
Salì sulla carrozza che non perse tempo ad andare, mentre la donna rimaneva con le mani impugnate al petto a guardare il conte che se ne andava per sempre.
Quando Oscar tornò a casa trovò una lettera da parte di Fersen: stava per togliersi gli indumenti militari per indossare abiti quotidiani, quando la vite, la busta bianca sul tavolino coi fiori, si avvicinò lentamente, con disinvoltura, la prese debolmente in mano, si aspettava una lettera dall’ordine superiore, ma lo stemma era quello del conte di Fersen. Si bloccò un istante, indecisa sul da farsi; se avesse aperto e letto quella lettera il ricordo del suo amore per lui sarebbe tornato, ma se non l’avesse letta se ne sarebbe pentita. Si sedde sul letto guardando la busta bianca, aveva il desiderio di aprirla, di immortalare ogni parola che vi era scritta, di pensare a lui. Strappò decisa il sigillo e poi la lesse, poche righe, per tutto quello che avevano passato erano troppo poche.
Furono le prime parole che le fecero male, più di quanto aveva immaginato…
Se ne era andato, per sempre, per amore di lei, quell’amore che non le aveva mai dimostrato, detto, non sarebbe tornato, quella frase continuava a ripetersi nella sua testa, il resto della lettera era inutile, strizzò gli occhi bagnati, e si portò le mani al viso, non aveva la forza per finire. Poi il pensiero, l’idea di poterlo raggiungere prima che fosse già imbarcato prese il suo istinto, di precipitò a prendere il cavallo e a correre verso il porto, non aveva mai corso così veloce, quasi che il vento potesse ferirla. Si ritrovò al porto in brevissimo tempo, non voleva perderne di più, scese dal cavallo e cominciò a correre verso la folla radunata a salutare i propri cari che stavano partendo, ma non c’era l’ombra di Fersen, si fece spazio attraverso dei marinari, continuando a cercare…non poteva essere già partito, non senza salutarlo, dirgli addio, non se lo sarebbe mai perdonato, non sarebbe più riuscita a pensare al suo ricordo senza stare male, senza accorgersene, in preda al panico all’idea di non riuscire a salutarlo, incominciò a chiamarlo. Ormai era allo stremo delle forze, i passeggeri stavano già salendo sulla passerella, e lei continuava a chiamarlo senza sosta, da lontano un uomo teneva il capo basso, fingendo di non sentire.
Quando la nave partì con Fersen a bordo, lei si ritrovò sola in mezzo al piazzale. Non lo avrebbe mai più rivisto.
Sdraiata sul letto pensò che forse era stato meglio così, quelle lacrime che ora cadevano sul cuscino presto sarebbero cessate e lei non avrebbe più pianto per lui, eppure un nodo le si stringeva al petto lasciando la sensazione che non se ne sarebbe mai andato.
I giorni seguenti furono tragici, per lei, per Andrè, e per tutti gli altri soldati; quando Oscar se ne andò insieme al suo uomo per affiancarsi al popolo, il loro destino fu segnato in modo indelebile, presto la metà degli uomini da lei comandati furono uccisi in uno scontro frontale con altri soldati, lasciando i superstiti afflitti e delusi, che dovettero nascondersi.
-Cerchiamo di goderci gli ultimi giorni comandante-
-Gli ultimi…gli ultimi giorni-
-Ormai siamo rimasti solo noi, e Dio solo sa se ce la caveremo, se ne usciremo vivi…perciò, meglio se ci godiamo quel poco che rimane-
-Rinchiusi qua dentro, la vedo un po’ dura Alain. Non abbiamo nemmeno di che sfamarci, stiamo finendo le munizioni, e le spade non ci aiuteranno per molto, non contro i fucili dei nostri nemici, che non esiteranno a spararci!-
-Allora lottiamo Oscar, come abbiamo sempre fatto-
Si girò stupita verso Andrè, incredula che nei suoi pensieri c’era ancora la forza di lottare.
-Andrè…-
-Dobbiamo lottare per far si che la Francia diventi migliore-
Si avvicinò a lui, sedendosi accanto, Andrè le circondò le spalle con un abbraccio, e un lieve bacio che scivolò sulla fronte. Si avvicinò al suo orecchio, con la mano se accarezzò la guancia.
-Dobbiamo resistere e combattere per noi, per il bambino-
-Andrè-
Lo strinse più forte nascondendo il volto sul suo torace, incapace di farsi vedere debole.
La decisione che perse non fu facile, sapeva che sarebbero morti altri uomini, sapeva che nulla era certo, che rischiava di perdere tutto quello che aveva in un minuto, ma non poteva fare altrimenti; si alzò in piedi e sguainò la spada, guardava orgogliosa i suoi soldati, era fiduciosa, sapeva che erano uniti e che avrebbero combattuto fino all’ultimo, con tutte le loro forze.
-Non moriremo in una lurida fogna! Quindi alzatevi e andiamo a combattere! Cosa state aspettando?-
-Ma…comandante…-
-Preferisci morire di fame? Aspettare che ci trovino?-
Alain sorrise mesto, si alzò in tutto il suo vigore, l’avrebbe seguita in capo al mondo .
-No comandante, non ci arrenderemo proprio adesso-
Anche gli altri superstiti del gruppo si aggregarono, e senza esitazione si precipitarono contro i nemici…

Accanto al fiume due figure guardavano con occhi lontani un paesaggio cambiato dagli eventi. Il ricordo furente dei cannoni e degli spari risuonavano ancora in quella quete rossa, accolta dal tramonto del sole, come se il tempo non avesse cancellato nulla. Il dolore della perdita, di quegli amici caduti, di una Francia che stava cambando erano impresse nella memoria, per sempre. Nonostante gli anni fossero passati il suo viso era sempre lo stesso, segnato appena dai suoi anni, il corpo stanco era diventato più magro e i suoi vestiti non erano più abiti da nobile, ma stracci comuni che si asssicevano alla sua nuova vita. Prese per mano una bambina che distratta guardava il sole che moriva nel lago, dirigendo uno suardo sorridente strinse più forte quella presa e si alzò da terrà, dove erano state sedute fino a poco prima. Oscar ricambiò quel sorriso innocente e si incamminò verso casa, ora al centro del paese dove si era trasferita.
-Cosa vuoi fare domani?-
La bambina si arricciolava una ciocca di capelli castani contanto i passi che faceva. Oscar si avvicinò dolcemente picchiettando con le dita la piccola mano.
-Che vuoi fare allora?-
-Voglio tornare qui-
-Vuoi che ti racconti ancora la storia?-
La bimba annuì, oscar la guardava pensierosa; quel viso, quei capelli castani, e gli occhi verdi erano ciò che le ricordavano il passato, tutto quello che avrebeb potuto raccontare stava nel foturo di quella bambina, la sua bambina.
Mentre si allontanavano un uomo le guardava da lontano con indosso un cappello vecchio e un mantello che gli nascondeva la figura imponente, e anche se Oscar se ne accorse, non si girò a guardarlo, lasciò che il suo sguardo continuò a fissarla malinconico. Il ricordo ormai si era perso col tempo e anche se faceva male reprimere lui lo sapeva. Un sorriso gli sfuggì da sotto il mantello saldamente stretto sul volto, si sistemò per un attimo il cappello e se ne andò. Non l'avrebbe più spiata, non l'avrebe più cercata, eppure nel suo profondo l'avev aamata e forse l'amava ancora...un sentimento che aveva portato alla luce troppo tardi.


Se chiudo gli occhi, in questo istante, posso ancora vedere la fine di quella battaglia, posso ancora sentire il rumore dell’incrocio delle spade, e il rombo dei fucili…
Posso ancora vedere i volti fieri e alteri di quegli uomini che lottavano per la vita, senza esitare ad avanzare contro la morte, se stringo le mani, sul petto, sento ancora il cuore battere forte e le mie tempie pulsare dall’eccitazione di quel momento…
Anima mia, ora posso dirlo con certezza, il mio amore per te mi ha spinto fino a qui, alla salvezza delle nostre anime.
Cammino inerme su questo sentiero e so che tu sei al mio fianco, che mi stringi la mano e che ancora, come allora mi baci le labbra.

Anima mia percorro questo momento pieno di ricordi, il nostro ricordo, il tuo, di quando sei stata mia. Ma il tempo cambia e modifica tante cose, e anche se in quel dubbio non ebbi mai una risposta, provo a rassegnarmi. Perchè tu sei felice, perchè tu sei innamorata e io mio malgrado tolgo il disturbo.
Ora lo so come si vive un amore, ora so che amare non è solo passione...potessi ancora stringere il tuo cuore non lo farei sanguinare, ma vivere...potessi perdonarmi amore, ora stringerei la tua mano.


Questo è l'ultimo capitolo, magari un pò lasciato dubbioso, mi sono lasciata ispirare da quello che potrebbe essere successo se Fersen si fosse innamorato poi alla fine di Oscar, e a mio avviso, avrebbe perso ogni previlegio. Per quanto riguarad Andrè...spero sia capibile nelle ultime righe...ma lascio comunque l'immaginazione a voi lettori.
Grazie per averla seguita. A presto!
Angelady

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