Are you sure?

di jelenascheeks
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** prologo. ***
Capitolo 2: *** CAPITOLO 1. ***
Capitolo 3: *** CAPITOLO 2. ***
Capitolo 4: *** CAPITOLO 3. ***
Capitolo 5: *** CAPITOLO 4. ***
Capitolo 6: *** ATTENZIONE, LEGGETE. ***



Capitolo 1
*** prologo. ***


non ero quel genere di adolescente che pensate. 

non ero quel ragazzo super figo che tutte le ragazze vorrebbero.

ero un povero ragazzo di provincia che studia per avere un futuro migliore.

ero un povero nerd che tutti prendono in giro, che tutti picchiano per essere lodati dai loro amici e rispettati.

se stavi con me, allora eri un perdente. non ho mai capito perché mi prendevano in giro. forse perché ero basso o perché non portavo un paio di nike? non ero un tipo atletico, non ero il capitano della squadra di football. un semplice nerd da prendere in giro, e a cui rubare la merenda o farsi fare i compiti perché si è troppo stupidi da poterci provare.

è per questo che non avevo amici, sono solo. sono sempre stato solo ma per me non era un problema. volevo solo ottenere buoni voti e una borsa di studio così da uscire da questa nostra situazione economica. volevo solo che mia madre avesse un futuro migliore. se lo merita. mi ha partorito a diciotto anni e mi ha cresciuto da sola, senza un marito accanto. amavo quella donna, era la mia vita. 

ma lei stava rendendo tutto più difficile, stavo rischiando la vita per lei. non ero sicuro di quello che stavo facendo. la droga non è un bel giro.








    

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vi dico subito che non ho mai scritto una ff quindi non mi criticate subito ahahah
anyway, vi piace il prologo? sono tipo troppo emozionata, oddio jfdh
volevo ringranziare prima di tutto l'autrice di skin che mi ha consigliato delle cose,
grazie <3
poi volevo qualche recensione, almeno una uu


 

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Capitolo 2
*** CAPITOLO 1. ***


"Justin, alzati, è pronta la colazione!"
La voce di mia mamma risuonò nelle mie orecchie come ogni mattina. Non feci in tempo a stiracchiarmi che piombò nella mia stanza urlando.
"Justin Drew Bieber, ti ho detto di alzarti!" urlò con tutto il fiato che aveva in gola. 
"Ti ho detto che sto arrivando, dammi solo cinque fottuti minuti, dio santo!" non feci in tempo a pronunciare tali parole che mia madre si avvicinò al letto, buttandomi le coperte per terra.
"Alzati, O R A."
Scattai in piedi come fanno i soldati poiché sapevo che se mi fossi trattenuto ancora a letto, mi avrebbe sicuramente rovesciato un secchio d'acqua gelida addosso.
Scesi giù per le scale insieme a mia madre che mi precedeva con un passo lento e triste. Pensai subito che fosse successo qualcosa, non si comportava mai così con me. Svegliarmi così bruscamente, essere così silenziosa. Doveva esserle capitato qualcosa.
La tirai per il braccio e la guardai con punto interrogativo. Potevo scorgere una piccola lacrima sul suo viso, proprio vicino alla sua guancia.
'Mamma, che succede?' sentii il mio stomaco contorcersi.
"Justin… io…" in quel momento il suo viso si bagnò di piccole goccioline d'acqua, ma continuò a parlare come se dovesse liberarsi da quel peso che le opprimeva il cuore. "Il capo non vuole pagarmi, dice che non ho svolto bene il mio lavoro. Justin, non so cosa fare, abbiamo l'affitto da pagare, le bollette…" iniziò a singhiozzare amaramente, nascondendo la sua testa nell'incavo del mio collo. Quel bastardo figlio di puttana. 
"Mamma, è tutto okay, si risolverà tutto, non preoccuparti. Sta calma, ci sono io con te" sussurrai.
In quel momento alzò gli occhi verso di me. Sapevo che si sentiva una mamma incapace di badare a un figlio, di trovarsi un lavoro, lo si poteva capire dai suoi occhi sofferenti. Per me, però, era una mamma forte e guerriera, capace di fare di tutto purché io stia bene. 
"Justin, sei un angelo, non so cosa farei senza di te. Ogni giorno mi dai forza per andare avanti, non so come ringraziarti".
Lasciai andare un sospiro dalle mie labbra e parlai. "Mamma, tu sei un angelo. Mi hai cresciuto da sola, senza nessuno. Hai sempre badato a me cercando di fare tutto il possibile per rendermi felice, per rendermi un bambino come tutti gli altri. Hai lottato per assicurarmi un tetto sulla testa, del cibo e del riscaldamento. Troveremo una soluzione come abbiamo sempre fatto, sta tranquilla. Non potrei desiderare mamma migliore".
Mi strinse più forte a sé e guardai l'orologio. Ero in ritardo. "Merda, è tardi! Credo che mangerò qualcosa a scuola, vado a prepararmi". 
"Certo. Vai, Justin."
Salii le scale velocemente e entrai in camera. Mi vestii rapidamente, presi lo zaino, il cellulare e mi diressi verso la scuola.
'Oggi non devono picchiarmi' pensai entrando in quell'inferno, comunemente chiamato scuola. 
Mi diressi subito verso il mio armadietto prendendo il libro di storia che mi sarebbe servito per la prima ora. Girandomi avvistai subito la persona che temevo di più. In fondo al corridoio c'era Mike, il classico capitano attraente della squadra di football che cercava solo sesso da quella che lui chiamava 'la sua ragazza', Alicia. Era davvero sexy. Sarò anche vergine ma nulla mi impedisce di fare certi pensieri su certe persone. E che persone. 
Fui risvegliato dai miei pensieri dal pugno sonoro di Mike sulla mia mandibola.
"Bieber, non guardare mai più la mia ragazza in quel modo altrimenti…"
"Altrimenti cosa? Eh Mike? Cosa puoi farmi più di questo? Mi rendi già la vita un inferno, non mi fai paura". Lo interruppi bruscamente. Oh no, forse non dovevo farlo.
Sferrò un pugno nella mia pancia. 
"Altrimenti ti faccio mangiare tutti i denti che ha in bocca. Sai che non ho paura di farlo, Bieber. L'ho già fatto in passato, non ho paura di uno stupido sfigato che serve solo per passarmi i compiti e a sfogare la mia rabbia". 
Si catapultò verso di me, prendendomi per la maglia e tirandomi un pugno sulla guancia destra. Mi scaraventò contro l'armadietto, colpendomi all'addome. Emisi un gemito di dolore. Potevo vedere la furia nei suoi occhi. Pensai che fosse davvero arrivata la mia fine. In un certo senso volevo davvero morire, almeno non avrei più sofferto. Ma poi pensai a mia mamma, alla donna che amavo tanto e che non potevo lasciare da sola.
In quel momento, stordito dalle innumerevoli botte subite, vidi una ragazza castana che si protendeva verso di me. Pensai che fossi in paradiso, che fossi davvero morto. La sua voce mi distolse dai pensieri formulati dalla mia testa.
"Ehi, stai bene?" mi prese le guance assicurandosi che non avessi la mandibola rotta.
"Ehm, sì, sto bene… Ma tu chi sei?" La scrutai per un secondo, ma ero sicuro di non averla mai vista in questa scuola. Capelli neri e lunghi raccolti in uno chignon, occhi marroni e vispi, un sorriso mozzafiato, labbra rosse e carnose con un filo di lucidalabbra e delle guance graziose. Era la ragazza più bella che abbia mai visto in tutta la mia vita.
"Non è importante chi sia ora. Vieni, che ti porto in infermeria."
Riuscii a mormorare uno strozzato 'grazie', e mi avviai appresso a lei. Strinse il suo braccio intorno al mio collo e si rivolse a Mike.
"E tu, non provare un'altra volta a picchiarlo, ci siamo intesi? Altrimenti non ci penserò un secondo di più a dirlo a papà." 
A papà? Chi era suo padre? Perché mi aveva difeso? Ma soprattutto, chi era lei? 




 
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volevo ringraziare tutti per aver recensito positivamente.
già ho avuto 113 visualizzazioni, vi amo asyudjkdhfz
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aggiorno lo stesso anche se non le raggiungo eh.

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Capitolo 3
*** CAPITOLO 2. ***


Elisabeth Rowen
 
 
Dio, con il sangue che usciva lateralmente dalla sua bocca a causa dei pugni di Mike era così fottutamente sexy. Sentivo l'odore del suo sangue sin da qui. Raggiungeva le mie narici rendendolo ancora più desiderabile.

No, Elisabeth, non pensare a Justin in quel modo, non puoi permettertelo. Tuo cugino potrebbe picchiarti a morte se sapesse che stai pensando a lui in quel modo. 

 

Ma andiamo, guardalo. È così bello e così sexy. 



Quelle sopracciglia corrugate gli conferiscono una sorta di sguardo misterioso che attrae, che invoglia ad averlo.

E poi vogliamo parlare dei suoi occhi color miele? Li ho incrociati per circa qualche secondo, ma, Dio, quelli non sono occhi normali, ti incantano, ti lasciano senza parole. Non lasciano trasparire nessuna emozione, nessun sentimento. 

Cristo Dio, Elisabeth, riprenditi.

Ma allora perché lo sto aiutando? Perché lo sto portando in infermeria? Sono solo buona, nient'altro. Non potevo di certo lasciarlo lì… Mike l'avrebbe ucciso se non fossi arrivata io.

Forse dovrei dirlo a papà…
 
"Allora… tu devi essere Justin Bieber. Sei di nuovo stato picchiato?" l'infermiera attendeva urgentemente una risposta da Justin e di certo non avrei potuto lasciar rispondere lui, avrebbe detto tutta la verità e quella era l'ultima cosa che doveva succedere.

"No, è caduto dalle scale dell'entrata, vero Justin?". Affermai sicura di me stessa e fulminandolo con gli occhi.

"S-sì, è come ha detto lei". Mi guardò negli occhi. Potevo vedere la confusione sul suo viso, ma non potevo permettere che si venisse a scoprire tutto quello che fa mio cugino. Era un rischio che non potevo correre.


"Levati la maglietta, devo controllarti". Justin deglutì guardando l'infermiera con un'aria decisamente spaesata. Vidi il suo pomo d'Adamo scendere e salire lungo la sua gola.

Era chiaramente evidente che si sentisse a disagio, sicuramente non si era mai sbilanciato così tanto in presenza di una ragazza.

"D-devo proprio?" Disse sforzandosi di non balbettare o almeno di non sembrare insicuro.

"Sì, Bieber, devi proprio. Non farmi perdere tempo e levati quella maglietta, ragazzino!"

"O-okay, c-come vuole". Era adorabile quando balbettava, dio.

Con un gesto secco si sfilò velocemente la maglia e potei finalmente vedere i suoi addominali. Sembrava un dio greco, era perfettamente scolpito nei punti giusti e i suoi muscoli erano tonici. Chi lo avrebbe mai detto che sotto quell'aria da innocente nerd, c'era un corpo così?

"C'è qualcosa che n-non va?". Si era accorto che lo stavo fissando, potevo essere più stupida di così?

"No, nulla." Distolsi lo sguardo da un'altra parte con un evidente imbarazzo in volto. 

Sentii una risatina provenire dall'altra parte della stanza, così mi girai e potei vedere l'infermiera ridacchiare.

Indirizzò il suo sguardo verso Justin e aprì quella maledetta bocca.

"Allora, Bieber si è trovato la fidanzatina, o sbaglio?" 

"Si sbaglia, io e Justin non stiamo insieme". Intervenni bruscamente nella conversazione. Presi una sedia e mi andai a sedere vicino a lui, sempre con lo sguardo puntato sui miei piedi. Potevo sentire il suo sguardo seguire i miei incerti movimenti.

"Non so nemmeno come si chiama. A-a dire il vero non so nemmeno perché è qui".

"Avrei dovuto lasciarti picchiare" sussurrai così piano da non farmi sentire da nessuno, ma evidentemente Justin lo notò.

"C-cosa hai detto?"

"Nulla che tu debba sapere". Risposi acidamente e sciogliendomi lo chignon.
 


 
Justin Bieber

 
 

Quella ragazza era davvero un dilemma. Prima mi aiutava con Mike e ora diceva che avrebbe dovuto lasciarmi lì? Ma cosa le passava per la testa? Perché mi aveva tolto dalle grinfie di Mike? Forse le interessavo? Ma in fondo, cos'ero io? Solo uno stupido nerd. 

Però l'avevo sorpresa a guardare i miei addominali… Forse lo stavo solo immaginando. Era troppo bella per interessarsi a me. 

Aveva dei capelli splendidi che ricadevano dolcemente sulle sue spalle e ricoprivano la sua scollatura forse un po' troppo azzardata, ma che metteva in mostra il suo bel seno. La sua bocca era leggermente coperta da un rossetto di colore rosso sangue che risaltava le sue belle labbra carnose. I suoi occhi erano

vispi e furbi come quelli di una piccola volpe in cerca di prede. Il suo sorriso era costernato da denti bianchissimi in cui spiccava la sua dentatura perfetta e lineare. 

"Ora farà un po' male, ragazzo. Sta fermo." tali parole uscirono dalla bocca dell'infermiera, impedendomi di replicare. Mi stava fasciando il fianco sinistro poiché lì era presente un grosso livido che mi stava procurando dolore. 

Quando sarebbe finito tutto questo? Quando mi avrebbero lasciato in pace? 

Emisi un gemito di dolore e strinsi forte la mano di quella ragazza di cui ancora non conoscevo il nome. Era seduta di fianco a me e mi guardava con aria sofferente. Evidentemente provava solo pietà verso di me, nient'altro.

"Okay, ragazzo, abbiamo finito. Puoi andare".

Presi velocemente la maglia e mi rivestii. Mi sentivo estremamente in imbarazzo a petto nudo.

"Cosa più importante: sta attento quando scendi dalle scale". Aveva sicuramente afferrato che fossi stato picchiato.

"C-certo. Sarò più p-prudente la prossima volta. Grazie". Presi lo zaino e uscii velocemente da quella stanza che ormai mi procurava solo ansia. 

"Ehi, Justin, aspetta." Sentii soffocare quelle parole da dietro di me. Sapevo bene di chi fosse quella voce così non esitai a girarmi.

Mi guardò negli occhi e cominciò a parlare. "Comunque io sono Elisabeth, Elisabeth Rowen". Sgranai gli occhi al sentire pronunciare di quel cognome.

"S-sei la sorella di Mike?" balbettai. La sua presenza mi rendeva nervoso.

"No, sono sua cugina. Mio padre è il capo della polizia, non so se l'hai mai sentito nominare. Si chiama Charles Rowen." 

Il suono di quel nome ghiacciò completamente il sangue che era presente nelle mie vene. 

"S-si, l'ho sentito nominare…" Mi sentivo estremamente a disagio sapendo che suo padre era lo sceriffo della città e suo cugino il mio peggior nemico. 

"Volevo solo chiederti scusa. Mio cugino è parecchio impulsivo…". Potei notare il suo sguardo precipitare sulla punta delle sue scarpe.

"Eh, già… Parecchio impulsivo… Ehi, senti, magari ti va di venire a casa? A fare i compiti, ovviamente.." Cacciai quelle parole tutto d'un fiato. Non saprei spiegare dove avevo trovato il coraggio ma fu una cosa abbastanza naturale.

Un sorriso si espanse sul suo viso. "Ehm, certo… Andiamo con la mia macchina?"

"S-sì, certo… non ho una macchina, quindi accetto volentieri". Sorrisi energicamente. La conversazione stava degenerando, non ero bravo in questo genere di cose.

Fui trascinato da Elisabeth verso la sua macchina.

Quella ragazza mi piaceva, eccome se mi piaceva, ma ero consapevole del fatto che lei non si sarebbe mai innamorata di me. 




 
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ho cercato di fare il capitolo il più lungo possibile, 
spero vi piaccia uvdhjzf
comunque, andiamo al dunque (?) 
volevo ringraziare tutti quanti per le 220 visualizzazioni e per
tutte le recensioni che lasciate ogni volta.
per me è molto importante poichè io amo
scrivere.
scusate il ritardo ma non ci sono stata quasi per niente
questa settimana a casa.
comunque dovrei aggiornare martedì, quindi 
martedì connettetevi.
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Capitolo 4
*** CAPITOLO 3. ***


Elisabeth Rowen

 

 

Trascinai per il braccio Justin fino ad arrivare alla mia scintillante Mini Ray e lasciare la scuola. Mi era stata regalata dai miei genitori per il mio sedicesimo compleanno e la trattavo e amavo come si fa con un piccolo neonato.
 

Ogni settimana la portavo all'autolavaggio e così ritornava da me pulita come se fosse nuova. Era di un rosso vivo, infatti, per questo la si poteva notare tra tutte le altre macchine nel parcheggio.
 

Aprii accuratamente la portiera e saltai dentro. Justin fece la stessa cosa ma notai che qualcosa nel suo volto era differente da quando era impacciato, timido o imbarazzato. 
 

Pronosticai che qualcosa lo turbava, qualcosa lo infastidiva. 
 

Stava lì, seduto sul sedile, a guardarsi le scarpe come se ci fosse qualcosa di interessante nelle sue vecchie e rovinate snikers nere. Sapevo che non era un ragazzo che poteva permettersi l'ultimo telefono uscito o un paio di Nike. Mi era giunta voce che sua madre faceva diversi lavori per sbarcare il lunario alla fine del mese e nonostante tutto era difficile andare avanti.
 

Volevo tanto aiutarlo. 
 

Donavo insieme alla mia famiglia, ogni mese, una parte del guadagno di mio padre in beneficenza quindi quella parte potevo anche darla a lui. 
 

Ma si, lo avrei fatto. Fanculo a Mike. Fanculo ai miei principi, fanculo alla mia reputazione.
 

Lo avrei aiutato.
 

Distolsi dalla mente i miei pensieri ricordandomi che eravamo nella mia macchina e posai il mio sguardo su Justin.
 

Era seduto sul sedile e potei constatare dalla sua espressione che qualcosa lo turbava.
 

La sua mascella era contratta come anche le sue folte sopracciglia.
 

Decisi di aprire bocca, volevo davvero aiutarlo, risultava così dolce con me e non riuscivo a capire il motivo per cui era vittima di bullismo. 
 

"Justin, tutto okay?" Pronunciai quelle parole con un nodo in gola che non aveva intenzione di sciogliersi. Avevo paura che non si sarebbe mai aperto con me. Sapevo che per lui era difficile confidarsi con qualcuno.
 

"M-mh si, è tutto okay…" Il suo viso era controllato da un pizzico di imbarazzo misto a vergogna.
 

Schiarii la mia voce e parlai. "Justin, sei sicuro? Insomma, mi sembri turbato.."
 

Mi guardò negli occhi e iniziò a parlare. "N-nulla, è che… Non ho una macchina e mi dispiace che dobbiamo usare la tua."
 

Davvero era quello il motivo per cui stava così? Davvero si vergognava per non avere una macchina? 
 

"Justin, è davvero questo il motivo?" Guardai attraverso i suoi occhi per poi identificarne un sì. 
 

Il suo viso si colorò immediatamente di rosso, lasciando posto al suo essere timido ancora una volta.
 

Non sapevo cosa dire per farlo smettere di arrossire e per farlo sentire a suo agio con me.
 

"Ehi, non preoccuparti. Non importa, davvero… Non devi vergognarti di ciò che non hai, okay? Non devi avere nessun timore con me…". Iniziai a parlare frettolosamente quando mi strinse tra le sue braccia singhiozzando amaramente e lasciandomi sbigottita. 
 

Sgranai gli occhi per osservare se tutto ciò vero, e trovai la risposta nel sentire la mia spalla bagnate da lacrime calde e soffocate.

 

"Non so nemmeno perché ti sto abbracciando, perché sto piangendo davanti a una ragazza, perché ti sto confidando tutto ciò. Per me sei una perfetta sconosciuta, mi hai solo soccorso questa mattina strappandomi dai pugni di Mike. Però so che posso fidarmi di te, è una sensazione che ho provato fin da subito. E credimi, io non ho fiducia in nessuno, credo sempre che la gente

abbia intenzione di pugnalarmi alle spalle, di rendermi debole più di quanto io lo sia, di ferirmi. E in un certo senso qualsiasi persona che si sia mai avvicinata a me, lo ha fatto. Sai, ogni volta che mia madre mi chiede come sto, le parole mi muoiono in gola, non riesco nemmeno a parlare e… io so che questo la rende triste. Mi sento uno schifo anche come figlio". Pronunciò

quelle parole come se si stesse liberando da un peso che ormai lo opprimeva da anni. 

 

Sapevo, TUTTI sapevano che quello era il suo punto debole e proprio per questo Mike si era munito dei giusti attrezzi per colpirlo proprio lì.
 

Era così debole, così poco forte per affrontare mio cugino e i suoi amici idioti.
 

In qualche modo dovevo aiutarlo, aiutarlo a superare ciò che invadeva la sua buona e innocente anima.
 

Sentivo il suo cuore battere velocemente in sincronia con il mio che era ancora leggermente scosso dalle sue testuali parole.


Volevo solo tranquilizzarlo e assicurargli che tutto sarebbe andato per il verso giusto ma non potevo. 


Non potevo per il semplice fatto che non ne ero sicura.


Davvero Mike avrebbe smesso di tormentarlo costantemente? Davvero la sua situazione economica sarebbe migliorata?


Mi importava di lui e non ne riuscivo nemmeno a capire il motivo. In fin dei conti, lo conoscevo solo da poche ore.


Scostai il suo viso dalla mia spalla e lo guardai negli occhi, i quali mi avevano affascinato sin dal primo momento. Erano rossi e lucidi per le lacrime appena versate e potevo chiaramente vedere il suo sguardo perso e triste.


"Ascoltami, tu non fai schifo come figlio, okay? Tu sei un ragazzo gentile, premuroso, meraviglioso e a questa lista di aggettivi ne potrei aggiungere altri, fino all'infinito. Non ti conosco, conosco poco la tua storia ma permettimi di aiutarti, di consolarti qualsiasi cosa accada perché mi sento in dovere di farlo. Io ci tengo a te e non ne so nemmeno il perché sinceramente. Sei un

ragazzo speciale, lo so, l'ho sempre saputo. Non mi hai mai vista a scuola perché mi sono sempre nascosta da tutti, per paura di essere giudicata."


Presi il viso tra le sue mani e diedi un piccolo bacio sulla sua guancia sinistra asciugando le lacrime che ancora scendevano senza sosta sul suo volto. 


Presi la sua mano che giaceva sul sedile in pelle nera e la posai sul mio viso accarezzandola con la mia.


Potevo vedere il suo petto muoversi su e giù a causa della lacrime che gli rigavano il volto.


"Justin, andrà tutto bene, te lo prometto. Mantengo le promesse."


Cominciò a balbettare. "G-grazie, grazie di tutto."


Posai un dito sulle sue labbra sensualmente e cominciai a parlare. "Non devi ringraziarmi, non ce n'è bisogno."


"O-ora andiamo a casa." Ritrasse velocemente le sue mani e le posò sulle sue gambe.


Sospirai. "Si, andiamo a casa." 


Misi in moto velocemente e sfrecciai verso casa sua lasciandomi guidare dalle sue indicazioni.


 

 

 

Justin Bieber

 

 


Era davvero un sogno o cosa?


Sono in macchina con la ragazza più bella che abbia mai visto, wow. 


Io, lo sfigato della città, sono in macchina con la cugina del ragazzo più popolare della città. 


Eppure era così reale.


Era vicino a me e guidava. 


E quel bacio sulla guancia? Non mi ero mai avvicinato così tanto a una ragazza e per questo ero felice come un piccolo bambino a cui si regalano le caramelle.


Potevo scrutarla leggermente con la coda dell'occhio. Era così bella. 


Non avevo ancora trovato un'imperfezione in lei.


Ma cosa volevo dire con 'per paura di essere giudicata'? Come si fa a giudicare una creatura così perfetta?


Assorto dai miei pensieri, arrivammo a casa mia e scesi velocemente accompagnato da Elisabeth che si trovava alle mie spalle.


La mia casa era un piccolo e modesto appartamento che si trovava in un palazzo a sud di Stratford.


Non era di lusso ma a me non importava. La mamma aveva lavorato così tanto per ottenerlo e di certo non mi lamentavo. 


Sarebbe potuta andare peggio, saremmo potuti ritornare in quelle case per poveri e io non volevo sentirmi povero. Ci bastava già Mike a scuola tutti i giorni per ricordarmelo.


Presi le chiavi, affiancato da Elisabeth, girai velocemente la serratura ed entrammo in casa.


Appoggiai le chiavi sul pianerottolo e mi diressi verso la cucina, prendendo qualcosa da mangiare.


"Elisabeth, hai fame?". Le chiesi guardandola di sfuggita.


Si schiarì la voce e parlò. "Ehm, si…"


Girai il mio sguardo verso di lei. "Ti va un sandwich?"


"Certo. Grazie, Justin." Allargo ampliamente il suo sorriso e si girò verso di me. 


Non potei non sorridere di conseguenza.


Mi avvicinai a lei e portai una ciocca di capelli dietro il suo orecchio.


"Che c'è?". Le domandai aggrottando le sopracciglia.


"Niente, è che… Mi piaci." Il suo sorriso si trasformò in lieve imbarazzo e arrossii.


"In che senso ti piaccio?" Mi ritrassi da lei e andai a sedermi sul divano.


"Mi piaci come persona. Sei diverso." Disse affiancandosi a me e prendendomi il viso tra le mani. 


Ci avvicinammo ancora di più fin quando le nostre fronti non si toccarono. Potevo sentire il suo respiro caldo sul mio collo. Era così fottutamente bello averla così vicina, ma qualcosa nella mia testa mi diceva che non era ancora il momento. Dovevo aspettare. 


Mi piaceva ma non sapevo se fossi ricambiato o meno.


E poi la conoscevo da poche ore, non potevo già baciarla. Oltretutto, non avevo nessuna esperienza con le ragazze. L'unica fidanzata che ebbi fu Daisy Perez, primo anno di asilo. Ora era diventata la solita puttana che si porta a letto tutti.


Venni distratto dai miei pensieri dal lieve contatto delle sue labbra sulle mie. Eravamo a pochi millimetri di distanza e lei aveva intenzione di annullare le distanze con un bacio ma io mi ritrassi e andai in cucina, ancora scosso da tutto ciò.





 

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avevo deciso di cancellare questa ff ma poi ci ho
ripensato ed eccomi qui ahahahah
il prologo è arrivato a più di 300 visualizzazioni,
grazie a tutti sdzyghrjsf
volevo chiedere a qualcuno se può farmi un
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scrivetemi, mi raccomando ahahah
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CAPITOLO? CI HO MESSO UNA MAREA
DI TEMPO E IMPEGNO PER SCRIVERLO,
PER FAVORE.

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Capitolo 5
*** CAPITOLO 4. ***


Justin Bieber

 

"Portatela in sala operatoria, SUBITO!" le urla del medico si potevano sentire sin da fuori il suo studio, nella stanza d'attesa. Subito dopo uscì il dottore seguito da una barella e da due infermiere. Mi alzai subito in piedi e corsi verso il dottore impaziente di sapere tutto. Al mio fianco arrivò subito Elisabeth che strinse la mia mano fortemente.

 

"Dottore, cosa succede? Come sta mia madre?" 

 

Ero così confuso e preoccupato. Sapevo solo che mia madre era ritornata a casa con un fianco ferito da un coltello.

 

"Dobbiamo operarla subito, sta perdendo molto sangue. Si faccia da parte e aspetti qui, appena sarà finita l'operazione la avviseremo." Disse e subito dopo corse verso la sala operatoria insieme a mia madre.

 

Rimasi lì con un volto inespressivo, a pensare se domani avrei visto mia madre di nuovo o meno. Perché ogni volta che qualcosa stava andando per il verso giusto, succedeva qualcosa? Davvero non riuscivo a comprenderlo.

 

"Il destino di ognuno è stato scritto da Dio" diceva mia nonna. Allora Dio deve proprio odiarmi. La mia vita fa schifo. L'unica cosa bella nella mia vita è mia madre e ora credo che si sia aggiunta anche Elisabeth. Ma ora la mia vita è precipitata: mamma è stata pugnalata e non si sa nemmeno da chi. 

 

Potrebbe anche morire per quanto ne so io e non posso fare niente per evitarlo. Cosa sarebbe la mia vita senza quella donna che mi ha donato la vita, che ha fatto enormi sacrifici per me e che è entrata nel giro della droga per portare avanti questa famiglia?

 

Sapeva di rischiare tutto iniziando a spacciare, ma ha corso i rischi per me, per i soldi che ci avrebbero fatto andare avanti senza soffrire la fame. Quindi in un certo senso era anche colpa mia.

 

"Justin!" Elisabeth schioccò le dita davanti a me per cercare di attirare la mia attenzione. 

 

"Si, dimmi." Le lacrime minacciavano di sgorgare e la mia voce diventava sempre più rauca.

 

"Stai bene?". Mi chiese con un filo di voce, avvertendo la mia tristezza nelle mie parole.

 

"No, non sto bene." Dissi iniziando a singhiozzare e poggiando il mio viso sulla sua spalla bagnandola.

 

"Quando tutto sembrava andare per il verso giusto, mia madre è stata accoltellata. Non mi merito questo, cosa ho mai fatto di male?" Dissi balbettando e aspettando una sua risposta.

 

Mi prese il viso tra le mani e parlò. "Justin, calmati, ci sono io qui, per qualsiasi cosa ci sono io qui."

 

Mi guardava negli occhi come se stesse facendo una promessa, ma come potevo sapere che avrebbe mantenuto la parola e che non mi avrebbe abbandonato come tutti gli altri?

 

Alzai il viso e mi rivolsi a lei. "Come faccio a sapere che non stai mentendo?"

 

"Se stavo mentendo, non avrei mai fatto questo." Si avvicino lentamente a me e in quel momento pensai che mi volesse baciare ma non mi ritrassi, curioso di sapere cosa avrebbe fatto. Invece, con mio stupore posò le sue labbra calde e carnose sulla mia guancia, lasciandomi esterrefatto e sorpreso da quel gesto audace.

 

"Ora vuoi spiegarmi perché tua madre ha un coltello nel fianco?" Si strinse a me, facendo passare la sua mano nello spazio tra il mio braccio e la mia pancia.

 

"È una cosa complicata, sei sicura di volerla ascoltare?". Ero agitato e Elisabeth lo percepì poiché strinse la presa sul mio braccio.

 

"Certo, impiega tutto il tempo che vuoi." Accennò un sorriso e mi guardò attentamente, sicuramente per non perdere nessun dettaglio della storia.

 

"Mamma spaccia." Buttai tutto d'un fiato quelle parole dalla mia bocca, aspettando ansiosamente la sua reazione che sembrava non arrivare. Ero sicuro di averla allontanata da me in questo modo, di aver allontanato l'unica ragazza che si sia mai avvicinata a me.

 

 

Elisabeth Rowen 

 

 

Ero in uno stato di trance: non riuscivo a emettere suoni, non riuscivo a muovermi, non riuscivo a fare nulla.

 

Questo avrebbe complicato tutto. Se la mamma di Justin spaccia, significa quindi che è un nemico di mio padre, capo della polizia. E se mio padre viene a sapere una cosa del genere, mi lascerà frequentare Justin o mi proibirà di vederlo?

 

Non devo dire a nessuno di me e Justin, tantomeno a Mike, nessuno deve sospettare niente. Si, perché io tengo terribilmente a Justin anche se lo conosco da poche ore. È diverso dagli altri ragazzi, posso sentirlo ogni volta che mi guarda, ogni volta che mi parla, ogni volta che elabora un ragionamento. Non guarda il mio corpo, guarda me, Elisabeth Rowen. E credo che questa sia la cosa che gli fa più onore.

 

Aprii bocca non appena mi accorsi che Justin era davanti a me che aspettava un segno di vita da parte mia. 

 

"Continua." Dissi lentamente vedendo Justin che aggrottava un sopracciglio.

 

"Sei sicura?" 

 

"Certo, continua". Mi strinsi a lui ricordandomi la promessa che gli avevo fatto pochi minuti prima. 

 

Mi sorrise notando il mio gesto e intrecciò la mia mano con la sua.

 

Cominciò a parlare. "È iniziato tutto due anni fa, quando mamma ritornò a casa dicendomi che aveva trovato un nuovo lavoro. All'inizio non sapevo di cosa si trattasse e sinceramente non me ne importava più di tanto ma lo scoprii quando venne il suo capo a casa dicendo che la sua commissione doveva esser portata a termine entro domani. Dopo questa piccola visita, chiesi a mamma spiegazioni e lei mi raccontò tutto quanto. Credimi, ero scioccato quanto te se non di più. Non approvai fin da subito questo lavoro ma lei mi disse che ormai entrata nel giro, non poteva più uscirne. Così, quando lei non poteva spacciare per via del suo lavoro, dovevo andare io."

 

Trattenni il fiato pensando a quali rischi potesse andare incontro Justin a causa di questo lavoro. 

 

Alzai la testa verso di lui e parlai. "Tu hai fatto questo per tua mamma?"

 

Sospirò. "Farei di tutto per lei, è il mio angelo, l'unica persona che mi ha voluto bene fino ad ora, l'unica che non mi ha mai abbandonato, l'unica che si è sempre presa cura di te."

 

Alzai il sopracciglio confusa. "E tuo padre?" mi azzardai a dire.

 

"Mio padre? Mio padre è scappato quando seppe della gravidanza di mia mamma, lasciandola da sola. Avevano tutte e due appena diciott'anni ma non posso di certo perdonarlo per ciò. Ritornò da noi diverse volte per scusarsi e per convincerci a ricostruire una vita insieme a lui, ma noi rifiutammo sempre consapevoli del male che aveva procurato a tutte e due. Se siamo in questa situazione, è solo colpa sua."

 

Lasciò andare la presa intorno al mio braccio e portò le mani agli occhi strofinandoseli fortemente. 

 

Provai ad avvicinarmi, ma lui si ritrasse girandosi dall'altra parte.

 

"Justin, cosa succede? Ho detto qualcosa di sbagliato?". Lo guardai negli occhi e lessi chiaramente quanto fosse amareggiato per tutto ciò.

 

"No, tu sei perfetta, credimi, ma… mi fa sempre male ricordare il passato. Non ne parlo mai a nessuno, né tantomeno a una ragazza." Si girò verso di me e mi guardò con aria preoccupata.

 

Presi la sua mano audacemente e la intrecciai con la mia.

 

"Da ora in poi dovrai abituarti allora." Risi nervosamente insieme a lui per poi essere interrotti dal medico.

 

Davvero un bel medico, pensai. Era alto, robusto, occhi azzurri e capelli marroni che ricadevano sulla spalla in una chioma riccia. Avrà avuto sulla trentina.

 

Fui distratta dalla sua voce.

 

"L'operazione è andata bene. Sua madre ora sta bene, non ha perso molto sangue."

 

Justin si mise una mano sul cuore alzandosi e tirò un sospiro di sollievo.

 

"Possiamo vederla?"

 

"Certo, è lì." Il dottore indicò con la mano una stanza non molto distante da noi e posò a Justin il foglio di ricovero che firmò velocemente.

 

Dopodichè, Justin prese la mia mano raggiungendo la porta. Titubante di volerla vedere in quello stato, aprì la porta. Entrammo e trovammo sua madre tra le braccia di Morfeo. Justin si avvicinò cautamente a lei, facendo attenzione a non svegliarla. Prese una sedia, la posò vicino al suo letto e si sedè. Mi fece cenno di andare vicino a lui ma mi rifiutai e stetti sulla porta ad aspettarlo. Prese la mano di 

sua madre e l'avvicinò alla sua bocca, baciandola. 

 

Chissà a cosa stava pensando in quel momento. Insomma, si era fidato di me e questo mi rendeva davvero serena ma era ancora così insicuro di sé.

 

Vidi sua madre agitarsi nel letto, probabilmente si stava svegliando ma sicuramente era ancora molto debole a causa dell'operazione. 

 

La sua insicura voce confermò tutte le mie supposizioni.

 

Era la prima volta che la vedevo. Era davvero una bella donna: giovane, con dei bei occhi azzurri, cappelli marroni e lisci. Pensai a come qualcuno avesse il coraggio di farle del male.

 

Si strofinò gli occhi ancora scossa e sorrise vedendo Justin davanti a sé. Prontamente Justin l'abbraccio sussurrandole qualcosa all'orecchio, a me incomprensibile.

 

"Mamma, pensavo che non ti saresti più svegliata." Justin strinse la mano di sua madre alla sua, accennandole un sorriso.

 

"Come avrei potuto lasciarti solo?" Si fermò un attimo per poi riprendere a parlare. "Ti voglio bene, Justin."

 

"Anche io, mamma. Mi hai fatto preoccupare così tanto." Justin la strinse a sé facendo attenzione a non farle male ma purtroppo sua madre emise un gemito di dolore. "Scusa mamma, non volevo farti del male." 

 

"Non devi scusarti, bocciolo." Justin si colorò immediatamente di rosso dando un colpetto sulla spalla della mamma.

 

Si scusò immediatamente con lui guardandomi "Owh, scusa Justin. Non avevo ricordato che qui ci fosse la tua fidanzatina." Arrossii violentemente posando lo sguardo sulle mie scarpe. Tutt'un tratto avevano un qualcosa di interessante.

 

"Mamma, non è la mia fidanzata." La rimproverò Justin guardandomi e mimando uno 'scusa' con le labbra. Risi e portai una ciocca di capelli dietro il mio orecchio.

 

"Certo, farò finta di crederci." Sua madre mi guardò facendomi l'occhiolino e causando il mio colore rossastro sulle mie guance di nuovo.

 

Justin la rimproverò nuovamente. "Seriamente, non stiamo insieme."

 

Alzò di nuovo le mani in segno di difesa e parlò. "Okay, okay, mi arrendo. Però presentamela, fai il gentiluomo per una volta."

 

Mi avvicinai al letto e posai la mia mano verso di lei. "Sono Elisabeth, Elisabeth Rowen."

 

La donna raggelò immediatamente al suono del mio cognome, ricollegandomi sicuramente a mio padre.

 

Justin parlò. "Sta tranquilla, le ho già spiegato tutto e terrà la bocca chiusa."

 

"Oh, allora, in questo caso…" Esitò prima di parlare, scrutandomi attentamente. "Sono Pattie, Pattie Mallette." Strinse la mia mano con sicurezza e mi sorrise.

 

"Piacere, signora Mallette." Dissi calcando fortemente su 'signora'.

 

"Oh no, per favore, chiamami Pattie, dammi del tu. Non farmi sentire vecchia, dolcezza." Annuii e sorrisi a Justin. 

 

Guardai l'orologio per poi accorgermi di quanto fosse tardi. "O mio dio, si sta facendo tardi. Justin, devo scappare." Presi velocemente la mia borsa che avevo posato prima sul letto e andai verso la porta ma Justin mi fermò.

 

"Ti accompagno io. Mamma, ritorno subito." Disse a sua madre generando un sorriso sulle mie labbra.

 

"Certo, Justin. Rimarrò sveglia ad aspettarti." Pattie ci salutò con la mano e lasciammo la stanza, arrivando fino alla mia macchina. Era il momento di salutare Justin, anche se io non volevo. Sarei voluta restare con lui per sempre. Sarei voluta restare con le sue forti insicurezze per l'eternità.

 

"Allora…. Ci vediamo domani a scuola." Balbettai insicura di me e di quello che Justin provasse nei miei confronti.

 

"Certo, ci vediamo domani a scuola." Mi girai per entrare in macchina ma Justin mi prese il polso e mi girò velocemente verso di lui. Avvicinò la sua fronte alla mia, in modo da toccarmi, e disse: "Posso?". 

 

Come rifiutare un ragazzo così dolce? Annuii dolcemente e sorrisi. Si leccò le labbra e mi baciò. Subito sentii un piccolo formicolio formarsi nella mia pancia e all'improvviso sentii il mio corpo andare letteralmente a fuoco. Le sue labbra erano così morbide, così baciabili. Dio, stavo facendo i pensieri meno casti del mondo sulla sua bocca. Leccai il suo labbro chiedendo l'accesso e lui acconsenti subito stupendomi. Non esitò a intrecciare le nostre lingue che ormai si toccavano scontrandosi. Volevo davvero che tutto questo non finisse mai ma, contro la mia volontà, Justin si staccò sorridendomi. 

 

"Allora, ci vediamo domani." Dissi ricambiando il sorriso.

 

"Certo, ci vediamo domani." Salutai Justin con la mano ed entrai in macchina più felice che mai. 

 

Non riuscivo ancora a credere che mi avesse baciato. Dove aveva trovato tutto quel coraggio? Era il ragazzo più timido che conoscessi, non pensavo che fosse in grado di baciarmi di sua iniziativa.

 

Assorta nei miei pensieri, tornai a casa e lì trovai una brutta sorpresa ad aspettarmi.

 

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davvero non so come ringraziarvi.
46 recensioni in soli tre capitoli e un prologo.
19 persone oltretutto seguono questa ff e 10 l'hanno tra i 
preferiti.
non so davvero come ringraziarvi.
avrei dovuto postare ieri ma non funzionava internet D:
quindi, eccomi qui con un nuovo capitolo ricco di 
avvenimenti, eh eh. 
ho impiegato circa tre ore per scrivere questo capitolo, quindi
vorrei ottenere circa 10 recensioni, sul serio. per favore, 
voglio 10 recensioni.

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Capitolo 6
*** ATTENZIONE, LEGGETE. ***


so di deludervi, ma questa non è la storia.
so che non aggiorno da una marea di tempo ma ho avuto parecchio da fare.
lunedì parto per la scozia e ritorno il 29, quindi sto una settimana lì.
di conseguenza, il capitolo lo posterò direttamente quando ritornerò.
scusatemi davvero tanto. mi sento davvero in colpa.

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