Tomorrow

di Bitter_sweet
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** *Capitolo I. Quella che chiamiamo casa.* ***
Capitolo 2: *** *Capitolo II. Redimersi* ***
Capitolo 3: *** *Capitolo III. Ripercorrere i passi.* ***
Capitolo 4: *** *Capitolo IV. Una visita che porta dubbi.* ***
Capitolo 5: *** *Capitolo V. Scontri col passato.* ***
Capitolo 6: *** *Capitolo VI. Quando il dolore muove il mondo (parte I)* ***
Capitolo 7: *** *Capitolo VII. Quando il dolore muove il mondo (parte II)* ***
Capitolo 8: *** *Capitolo VIII. Seconda possibilità (parte I)* ***



Capitolo 1
*** *Capitolo I. Quella che chiamiamo casa.* ***


Tomorrow Eccomi anche in questa parte di Efp.
Che palle! xD
Solo una cosa prima di lasciarvi al capitolo, non sono romana e mi scuso per gli eventuali errori non conoscendo il dialetto.
Il resto in fondo al capitolo!






“Il fato ti dà sempre due possibilità”, aveva detto una volta George .
“Quella che dovresti scegliere, e quella che scegli”.

[SHANTARAM -  Gregory David  Roberts]


Tomorrow


*Capitolo I. Quella che chiamiamo casa.*

“Mamma, dove siamo?” La vocetta sottile, ed un po’ assonnata, del piccolo Matteo risuonò nello scompartimento vuoto del treno ancora in movimento.
“Siamo quasi arrivati tesoro.” Mormorò Paola posando il borsone dei Carabinieri sul trolley per poi tornare a sedersi accanto al piccolo che sbadigliando si metteva seduto sul sedile.
“E dove siamo diretti?” Continuò a chiedere Matteo strofinandosi gli occhi con le mani.
Paola trattenne il fiato per qualche istante, poi tornò a respirare lentamente mentre il treno frenava dolcemente ed una voce metallica scandiva la destinazione.
“A casa Matteo.” Scompigliò con affetto i capelli arruffati del piccolo e lo prese in collo per uscire dal treno.
La piccola stazione ferroviaria brulicava di persone. Era diversa dalla caotica stazione di Roma, ma era familiare ed era come se la ricordava, con il piccolo chiostro di giornali all’angolo e le poltroncine rosse.
Ringraziò con un sorriso ed un semplice “Grazie” l’uomo che gentilmente l’aveva aiutata a scaricare i pochi bagagli che aveva con se, poi mentre il treno ripartiva, con le valige al seguito e Matteo per mano, si avviò verso l’uscita.
“Mamma…”
“Cosa c’è Matteo?” In quei giorni Matteo sembrava essere in vena di domande. Lo capiva, ritrovarsi a cambiare città così, da un giorno all’altro, non era semplice. Soprattutto per un bambino di solo cinque anni.
Ma la sua sembrava solo curiosità per un cambiamento che non aveva mai avuto. Aveva posto domande su domande su quella misteriosa meta senza però mai chiedere quale luogo fosse, come se non gli importasse il nome di quella città dove si sarebbero trasferiti.
“Quand’è che la zia verrà a trovarci?” Continuava a guardarsi attorno curioso cercando di memorizzare più cose possibili di quel posto a lui sconosciuto.
A Paola scappò un sorriso, vederlo così concentrato le metteva sempre tenerezza.
“Non lo so Matteo, spero presto però.” Era riuscita a mantenere un posto fisso di lavoro per più di quattro anni alla caserma di Tarquinia, un po’ per merito proprio, il resto grazie ad un piccolo aiuto dalle alte sfere. Quell’aiuto però non le dava una certezza vera e propria.
Quando aveva letto la lettera di trasferimento immediato e la destinazione aveva sperato che fosse solo un brutto sogno. Quella volta, quel suo contatto non era riuscito a darle una mano e le sue certezza si erano sgretolate davanti ai suoi occhi.
Ma non era colpa di nessuno in fin dei conti, soprattutto non lo era del suo contatto, impegnato in una missione di cui non conosceva né la meta né la durata. Sperava solo che quando fosse tornato a Roma potesse in qualche modo aiutarla.
Ma aveva dovuto fare le valigie in fretta con la speranza di riuscire a risolvere quella questione in pochi mesi.
Rimanere a Città della Pieve poteva portarle guai a non finire, erano sei anni ormai che mancava da quella cittadina, ma quando le porte scorrevoli della stazione ferroviaria si aprirono, le parve di tornare al giorno in cui tornava lì, da Roma, per la prima volta. Vedere l’uomo, che camminava nervosamente davanti alla macchina azzurra, in attesa imbarazzante, le fece spuntare un sorriso nostalgico e la sensazione di essere finalmente a casa propria.
“Maresciallo Capello!”
“Paola.”
S’incontrarono a metà strada, e mentre Capello prendeva in consegna buona parte dei bagagli, Paola prese in collo Matteo che tuffò il volto tra i suoi capelli neri nascondendosi alla vista di altre persone, ma riuscendo benissimo a tenere sott’occhio quello che lo circondava.
“Non ho avvisato nessuno del tuo arrivo Paola.” Spiegò imbarazzato il Maresciallo mentre caricava i bagagli in auto. “Volevo fare una sorpresa agli altri, ma credo che di sorprese ce ne saranno due.” Indicò il piccolo che ora lo osservava apertamente con gli occhioni verdi curiosi.
“Già, c’è stato qualche piccolo cambiamento in questi anni.” Mormorò di rimando lei scombinando i capelli scuri del figlio e guardando l’espressione curiosa sul suo viso. “Lui è Matteo. Matteo, saluta Giuseppe.” Lo incalzò e dopo un lieve “Ciao” lo vide rituffare il volto di nuovo tra i suoi capelli.
“Allora non rimarrai in caserma.” Borbottò Giuseppe una volta sistemati in macchina.
Di certo Paola avrebbe voluto un po’ di spazio per se senza la presenza ingombrante di alcuni soggetti. A Capello un po’ dispiaceva, ma la capiva. Avrebbe dato ordini di disfare l’alloggio preparato in precedenza proprio per il nuovo arrivo.
“Non sono ancora riuscita a guardarmi attorno per una casa. Il trasferimento è arrivato cinque  giorni fa e non ho avuto molto tempo per pensare ad una sistemazione fuori dalla caserma.”£ confessò Paola osservando dallo specchietto Matteo che guardava interessato il panorama al di là del finestrino. “mi arrangerò da Gemma per i primi giorni e vedrò di trovare una sistemazione per noi due il prima possibile.”
Per quanto Paola avesse voluto tornare a dormire in caserma, magari nella sua vecchia stanza, non voleva creare scompiglio. Non era più sola, c’era anche Matteo con lei e le famiglie non erano ammesse nelle caserme. L’unica soluzione possibile era quella di trovarsi un piccolo appartamento possibilmente vicino alla caserma e con un affitto basso.
C’erano già le spese di scuola di Matteo da sostenere.
“Paola…” Si affrettò a controbattere Capello. “Nel foglio del tuo trasferimento c’era una nota scritta a mano, e ti è stata preparato un alloggio singolo. Dirò a Bordi di far aggiungere un lettino così potrete rimanere in caserma. So cosa significa cercare da zero una casa. E poi mi sentirei più sicuro sapendovi in caserma.”
Giuseppe Capello aveva considerato come dei figli ogni singolo Carabiniere che aveva varcato la soglia della sua caserma. Molti li aveva visti crescere, sia in ambito lavorativo che come persone, li aveva consigliati, aiutati, sgridati quando necessario, proprio come un padre farebbe con i propri figli.
“Non vorrei creare problemi in caserma.” Tentò di ribattere Paola.
“Vitali, non mi dica che devo ordinarle di rimanere in caserma.” Ribatté pronto Capello strappandole un sorriso e fermando la macchina davanti al portone di legno.
“Allora accetto volentieri.”
Sorrise Paola alla vista di quel portone e la mente volò ad anni prima, quando aveva visto per la prima volta quella facciata. Erano passati ormai otto anni da quel giorno eppure era come se ne fosse passato solo uno, come se il tempo non fosse mai trascorso.
Si guardò attorno aspettando di veder arrivare Leo, come quel giorno.
Si riscosse da quel ricordo quando si sentì tirare i jeans ed una vocetta infantile la chiamava reclamando attenzione.
“Mamma.”
Giuseppe aveva già preso tutti i suoi bagagli e a lei non rimase che prendere in braccio Matteo che improvvisamente sembrava spaventato, o forse era solo agitato. Gli sorrise e raggiunse il Maresciallo che si apprestava ad entrare, dopo aver citofonato, in caserma.
“Bordi, fai preparare un altro letto nella stanza che ci sono due arrivati.” Ordinò Capello senza dare il tempo al ViceBrigadiere di salutare e facendo comparire un sorriso sul volto di Paola che raggiunse l’uomo fermo davanti alla postazione di guardiola.
“Comandi Maresc…Paola!” L’esclamazione stupita di Bordi risuonò nel silenzio che si era creato all’ordine perentorio di Capello.
“Paoletta?” Domandò Prosperi uscendo di volata dall’ufficio comune. Era stato il primo ad accorrere al suono di quel nome, ma non appena inquadrò la figura di lei si arrestò in mezzo al corridoio sorpreso vedendo che lei teneva in braccio qualcuno.
“Carlo ma che combini? Che ti blocchi in mezzo al corridoio a fare?” Massaggiandosi il naso Leo riprese bonariamente l’amico contro cui era andato a sbattere a causa del suo arresto improvviso. “Non mi dire che non ti ricordi di Paola. Di certo non è cambiata.” Continuò l’arringa mentre lentamente lo aggirava.
“Lei cambiata no!”” Sbottò Prosperi continuando a fissare Paola che scuoteva la testa esasperata e divertita al tempo stesso. “Ma di certo un cambiamento l’ha fatto. Ah Paola, el pupo da dove salta fuori?”
“Prosperi!” lo riprese Capello mentre Leo finalmente incontrava con lo sguardo la figura di Paola.
“Ma cosa…”
“Ah Marescià, questa è una sorpresa eh!” Si affrettò a giustificarsi Carlo per poi indicare Bini di fianco a lui stupito. “E che sorpresa.”
“Quale sorpresa Prosperi?” Brontolò Mura uscendo dall’archivio assieme a Romanò già pronto a riprendere Carlo per l’atteggiamento poco consono con cui si era rivolto al nuovo arrivato. “Allora, Prosperi? Che c’è questa volta? Non hai mai visto un bambino?”
Fu Romanò a bloccare quel fiume di parole tirando quasi una gomitata tra le costole di Mura che lo guardò stralunato.
“Ma Paola, sei in visita?” Domandò titubante Leo rimanendo ancora con i piedi ancorati al suolo.
“Il Brigadiere Vitali prenderà servizio domani mattina.” Spiegò spiccio Capello. “Bordi, mi raccomando, voglio che Paola abbia un altro letto nella propria camera. Magari prima di domani.”
“Ma allora sei tu il nuovo Brigadiere?”
Paola rise alla faccia sorpresa di Leo. “Sì Leo, torno a prendere servizio qui. E ti devo presentare qualcuno. Matteo, saluta Leo.”
Al lieve saluto del piccolo calò un silenzio quasi tombale. Forse era stata la visione di quei due occhioni verdi, o forse solo il rendersi conto che era vero quello strano quadretto. Immaginarsi la Vitali con un bambino era una cosa, appurare che quella era davvero una realtà era tutta un’altra faccenda. Paola aveva sempre lottato per avere pari diritti con i colleghi maschi tralasciando le cose tipicamente femminili, come appuntamenti, matrimonio e figli.
“E quanti anni hai Matteo?” Domandò Costanzo poi. Lui era quello che sapeva più farci coi bambini visto la numerosa famiglia.
“Cinque.” Biascicò il piccolo guardandoli attentamente come ad imprimersi per bene nella mente quei volti e mettendo una pulce nell’orecchio ai due Carabinieri più giovani, i quali fissarono più attentamente quel visetto incorniciato da capelli neri e dagli occhi di un verde intenso.
“Prosperi, da una mano a Bordi col letto e portate su i bagagli di Paola. Romanò, Mura, voi venite con me e Bini…” Dettò ordini Capello togliendo inconsapevolmente Paola dai guai sottoforma di domande o frecciatine da parte di Prosperi. “Porta Paola e Matteo in cucina e vedi di offrire loro qualcosa. Sono sicuro che abbiano fame.”
Una serie di “Comandi” si elevò e mentre Prosperi borbottava qualcosa tutti tornarono alle proprie cose lasciando solo Paola, Matteo e Leo nel corridoio.
“Credo che tu mi debba raccontare parecchie cose. Dai vieni Paoletta.” La prese in girò Bini scortandola fino alla cucina.
A Paola sembrava di essere per davvero tornata a sei anni prima. Lì, in cucina con Leo, seduti uno davanti all’altro con una tazza di the a scambiarsi confessioni. Aveva passato così tante serate in sua compagnia, in compagnia del suo migliore amico. Le era dispiaciuto troncare quel loro magico rapporto quando aveva iniziato il corso per ViceBrigadiere, ma all’epoca le era parsa la scelta migliore.
Ora, ritrovarsi in quell’ambiente famigliare in sua compagnia le fece rimpiangere quella scelta.
“Ti assomiglia molto sai?” Le disse Leo osservando attentamente il piccolo che mangiava dei biscotti seduto comodamente in braccio alla madre. “Ha la tua stessa espressione dolce.”
“Sì, quella l’ha prese di certo da me.” Mormorò di rimando lei anche se sapeva dove l’amico voleva andare a parare. “Leo, ascolta.” Disse poi non appena Matteo era sceso dalle sue gambe e si era diretto curioso verso il piccolo salottino con un biscotto in mano. “Il padre non lo conosce, né lui né tu!” Esclamò a voce dura. “È successo, punto e stop.”
Leo la fissò a bocca aperta. Conosceva bene Paola per non capire che si stava trincerando dietro un muro, un muro che ergeva sempre quando non voleva essere ferita.
“Paoletta…” Le prese le mani e la fissò dritta negli occhi appuntandosi mentalmente di fare un discorsetto a Carlo il prima possibile. “Non ti sto accusando di nulla. Matteo è tuo figlio ed è bellissimo come la mamma. Non voglio sapere nulla a meno che non sia tu a volermelo dire. Non volevo offenderti.” Le sorrise stringendole più forte le mani e facendo sorridere anche lei. “Non mi importa niente, sono solo contento di rivederti e di saperti felice. Perché lo sei, vero?”
Paola annuì mentre con lo sguardo cercava il figlio che stava tornando verso il tavolo. “Sì Leo, lo sono.” Prese ancora una volta Matteo in braccio ed il piccolo ne approfittò per tuffare ancora una volta il volto tra i suoi capelli neri facendo sorridere entrambi a quel gesto.
Quel bambino sembrava un concentrato di tenerezza.
“Ahò Luigi, che c’è fai qui? Non era il tuo giorno libero? Ah, ho capito, eri curioso di sapere chi fosse il nuovo Brigadiè. Nun te preoccupà che la sorpresa sarà fenomenale.”
“Carlo.” Dissero assieme Leo e Paola divertiti, riconoscendo la voce che si stava avvicinando alla cucina. Poi entrambi si voltarono verso la porta e videro entrare Carlo e Luigi.
“Anvedi, ce stà Paoletta nostra!” Continuò a blaterare Prosperi mentre Testa si bloccava dopo pochi passi stupito e Leo si alzava velocemente per cercare di salvare il salvabile. “Ed è anche in compagnia.”
“Luigi.” Lo salutò Paola mentre Matteo sbucava dal suo rifugio per osservare chi la sua mamma stava salutando.
“Paola.” Mormorò Luigi dirigendosi a passo spedito verso il tavolo mentre Leo spingeva a forza Carlo fuori di lì. “Ma allora sei tu il nuovo arrivo. E quello è tuo figlio?” Domandò squadrando il piccolo mentre Paola rideva.
“Sì Luigi, questo è Matteo.” Fece le presentazioni ancora una volta mentre i due si fissavano negli occhi. “Ma tu che ci fai ancora a Città della Pieve? Credevo fossi stufo di stare qua.”
“Ormai questa caserma è la mia famiglia. Anche se certi personaggi mi fanno rimpiangere di essere ancora qua!” Si strinse nelle spalle prendendo posto su di una sedia e fissando lo sguardo ora su Paola, ora su Matteo. “Scherzo, ho un buon motivo per rimanere.” Spiegò poi posando definitivamente lo sguardo sull’amica mentre un sorriso si formava sul suo volto.
“Il Brigadiere Testa finalmente ha trovato una donna.” Lo prese in giro lei.
“E che donna!” Sbottò Prosperi ricomparendo in cucina mentre Leo, dietro di lui, scuoteva rassegnato la testa. Aveva messo in guardia Carlo ma non era molto sicuro del risultato. “Ma dimmi di te Paoletta. Dove sei stata tutto questo tempo?”
Fortunatamente la ramanzina di Leo sembrava aver sortito il suo effetto. Paola ringraziò con uno sguardo l’amico che stava preparando altre due tazze di the per gli amici e che le sorrise di rimando.
“A Roma prima, poi alla caserma di Tarquinia. È un bel posto sul mare ed è tranquillo. Di certo più di Città della Pieve.” Scherzò mentre le tornava alla mente i casi che avevano risolto in quei due anni in cui aveva prestato servizio lì. “Ma ditemi voi. Chi c’è qui a Città della Pieve?”
Le raccontarono di Sonia e del suo arrivo dopo la sua partenza, dell’arrivo del nuovo magistrato dopo la partenza della Morresi e del nuovo Maresciallo Andrea Sepi dopo la partenza di Gigante, venendo così a scoprire che era di stazione proprio nella caserma di Tarquinia e che Paola aveva così lavorato con qualcuno che conosceva.
“Poi per il resto siamo gli stessi.” Finì di raccontare Luigi mentre Carlo si mordeva la lingua e Leo abbassava lo sguardo sulle mani intrecciate sul tavolo. “È come se tu non fossi mai stata trasferita Paola, a parte tuo figlio s’intende.” Le sorrise cauto faticando a tenere lo sguardo puntato sul suo viso.
A Paola sembrava che Luigi stesse prendendo il discorso alla larga ma non riusciva a capirne il motivo. “Luigi…” Cominciò ma Carlo la interruppe prima che potesse concludere la frase.
“Ahò, è meglio che annemo perché qua altrimenti non se magna se non assamo la cucina a Bordi. Ciao Paoletta, eh, non sparì.” Cercò di salvarsi con poco successo.
“Carlo!” Lo riprese con tono duro tanto da costringerlo a tornare seduto. “Luigi, non è da te fare tutti questi giri di parole. Chi è che non mi hai detto?” Sbottò infine.
“Paola calma.” Mormorò Leo che ora le sedeva accanto posandole una mano sulla spalla.
“Leo! Anche tu, non ti ci mettere per favore.” Ribattè stizzita sistemandosi meglio Matteo sulle gambe che era rimasto in silenzio per tutto il tempo.
“Paola ascolta.” Cercò di tranquillizzarla Luigi portando così la sua attenzione su di sé. “La caserma è come sei anni fa a parte Sonia e la Sepi. Tu sei tornata e Gigante non c’è. Ci siamo noi tre, Capello, Mura, Bordi e Romanò e Andrea.” La scrutò a lungo negli occhi come a cercare qualcosa di strano, un guizzo in quegli occhi marroni.
“E ci voleva tanto a dirlo?” Ribattè lei tranquilla accarezzando i capelli di Matteo mentre i tre rimanenti si scambiavano uno sguardo sgomento. “La caserma è praticamente rimasta la stessa.”
“Già Vitali, la stessa.”
Paola e Carlo voltarono lo sguardo verso la porta al suono di quella voce mentre Leo e Luigi si scambiavano una muta domanda per poi tornare a fissare il volto di Paola.
“Bentornata Brigadiere Vitali. Prosperi, Capello è in caserma?” Salutò velocemente Andrea che non si era mosso dalla soglia della porta.
“È nel suo ufficio Marescià.” Borbottò Carlo di rimando non sapendo più da che parte volgere lo sguardo.
“Grazie Prosperi.” Rispose Andrea voltandosi per andarsene, ma poi si girò come se si fosse ricordato qualcosa. “Luigi, Alessandra mi ha chiesto di dirti di chiamarla.”
Carlo rimase a fissare lo spazio dove prima si stagliava la figura di Ferri con un’espressione preoccupata in volto, poi guardò Leo come se fosse alla ricerca di una spiegazione che non ebbe. Paola invece si voltò verso Luigi con un’espressione curiosa dipinta sul volto.
“Alessandra?” Domandò canzonandolo. “E perché il Maresciallo ti porta i suoi messaggi?”
Luigi sospirò capendo che quello non era altro che un tentativo di cambiare discorso. Il problema era che il discorso non sarebbe cambiato, anzi, si sarebbe ancora più concentrato su Ferri. “Alessandra è la ragazza con cui esco. Ed Andrea mi porta i suoi messaggi perché è sua sorella.” Disse tutto d’un fiato.
“Non sapevo avesse una sorella.” Mormorò Paola rabbuiandosi un poco. Credeva di aver conosciuto Andrea durante quel breve periodo che avevano condiviso come coppia. A quanto pareva invece non ne sapeva molto della sua vita.
“Mamma.” La vocetta di Matteo distese l’aria e Paola si concentrò sul figlio per poi ridere vedendolo sporco di cioccolata.
“Andiamo a cambiarci che è meglio.” Disse alzandosi tenendolo ancora in braccio.
Carlo ne approfittò e saltò dalla sedia come se fosse stato punto da un moscone.
“Viè Paoletta, che te mostro cameretta tua.” Le sorrise facendole poi strada lasciando Leo e Luigi fermi in cucina a scambiarsi sguardi carichi di domande.
Una in particolare sembrava essere quella più ricorrente: E ora?


*******

Angolino di Bitter:

Allora, da quanto si sarà capito, ebbene sì, ho guardato e ancora adesso, se posso, guardo la fiction TV Carabinieri. Per vostra sfortuna sono fissata con la seconda serie, il resto viene da sé.
Come avrete intuito questa è la classica “e se…” ambientata circa sei anni dopo la fine della seconda serie. Un po’ mi dispiaceva far uscire di scena Capello e altri personaggi, per cui qui li ritrovate tutti xD
Diciamo che mi è piaciuta poco la conclusione della serie, senza particolari spiegazioni, e un pochino ci sono rimasta male (un pochino tanto direi), anche se poi gli autori hanno rimediato con “Carabinieri sottocopertura”. In ogni caso questa è la mia versione di quanto poteva accadere, che ci volete fare, la notte sogno troppo u.u

Ultima cosa, aspetto commenti, anche quelli negativi, sono utili anche quelli.

Ringrazio particolarmente il forum su CC, dove ho potuto leggere molte ff e a cui purtroppo non riesco ad iscrivermi ç_ç

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Capitolo 2
*** *Capitolo II. Redimersi* ***


Capitolo II. Redimersi. Ok, torno ad aggiornare nonostante le poche letture ç_ç
Come sempre il resto a fine capitolo, buona lettura!



“Il fato ti dà sempre due possibilità”, aveva detto una volta George .
“Quella che dovresti scegliere, e quella che scegli”.

[SHANTARAM -  Gregory David  Roberts]

Tomorrow





*Capitolo II. Redimersi*

Andrea guardò il pallone arancione rotolare dopo l’ennesimo canestro. Aveva cercato una valvola di sfogo quel mattino, tirare a canestro lo aveva sempre aiutato a chiarirsi le idee ma in quell’ultima settimana non sembrava sortire lo stesso effetto.
Erano accadute troppe cose in quegli anni che lo avevano, piano piano, portato a chiudersi in se stesso. Ma nessuno lì, a Città della Pieve, sembrava essersene reso conto, forse solo sua sorella Alessandra si era accorta di questo cambiamento.
Ma non ne era poi molto sicuro.
Esternamente sembrava essere il buon vecchio Andrea Ferri, il Maresciallo sempre pronto alla battuta ed allo scherzo, l’uomo sempre contornato da donne e sempre in libera uscita, il fratello geloso della propria sorellina scapestrata. L’unica cosa che poteva denotare un suo cambiamento era l’assiduità sul lavoro, si era ritrovato più volte ad affrontare doppi turni, a buttarsi a capofitto nelle indagini fino a dimenticarsi di mangiare.
Cercava di tenere la mente impegnata col lavoro, e cambiava compagnia per non ritrovarsi ancora coinvolto in situazioni che lo avrebbero portato solo a sbattere contro un muro e a farsi male.
Luigi aveva provato a farlo ragionare in un primo momento. Gli aveva urlato contro cercando di farlo reagire ma aveva sortito l’effetto contrario. Poi ci aveva provato Leo con una delle sue uscite psicologiche senza però trovare un riscontro effettivo.
Aveva ricevuto troppe delusioni in un colpo solo per non rimanerne scottato. Aveva allentato un po’ il ritmo solo dopo mesi trovando una sorta di equilibrio ma mantenendo comunque un certo distacco. Ora, nemmeno la delusione di una storia mai iniziata con il Maresciallo Sepi faceva più male. Si era riscoperto a provare solo una sorta di delusione verso se stesso per aver scambiato un’amicizia preziosa con l’amore. C’era voluto un po’ di tempo e molti tiri a canestro per capirlo.
Ma ora quello sembrava non bastasse più.
Ogni volta che aveva incrociato lo sguardo di Luigi, in quella settimana, lo aveva visto scuotere il capo desolato per quel suo ostentare freddezza apparendo distaccato, a volte sembrando un vero e proprio stronzo. Aveva provato a non badare a quello sguardo che lo rimproverava continuamente, ma nemmeno il tirare a canestro fino a non sentire più le braccia aveva aiutato.
Era stato una sorta di pugno nello stomaco scorgere in cucina la figura di Paola e di quel bambino che aveva capito essere suo figlio. Credeva che anche quella fosse una ferita rimarginata come lo era quella lasciata dalla Sepi.
Si era sbagliato.
Sospirò non appena il pallone si fu fermato ai suoi piedi, ma lo lasciò lì osservandosi attorno fino a scorgere la piccola figura di Matteo che lo osservava a pochi passi dalla porta che portava dentro la caserma.
Raccolse il pallone e poi si avvicinò con passo lento giungendo ad una conclusione. Gli era bastato posare lo sguardo su quel bambino per capire che non poteva continuare a fuggire dai fantasmi del passato.
“Ehi, ciao piccolo!” Si abbassò alla sua altezza sperando che questi non fuggisse. Era la prima volta che gli parlava, di solito se ne andava quando si accorgeva di essere nella stessa stanza. “Dov’è la tua mamma?” Continuò incoraggiato dal fatto che il piccolo non si fosse mosso né sembrasse spaventato.
“Al telefono.” Rispose Matteo spostando lo sguardo fino ad incrociare gli occhi di Andrea che gli sorrise in imbarazzo.
Paola in quella settimana passava più tempo al telefono che altro. Sapeva, grazie a Prosperi, che era alla ricerca di una scuola elementare, ma sembrava non avere molto successo nella ricerca. Non deve essere facile crescere un figlio da soli si ritrovò a pensare.
“Hai già fatto colazione?” Gli chiese facendosi coraggio. Quel bambino aveva praticamente affascinato l’intera caserma, compreso Pippo, Gemma e Alessandra, con la sua dolcezza. Lui invece si era imposto di non guardarlo nemmeno ed ora, si sentiva uno stupido. Quel bambino non aveva nessuna colpa.
“No.” Borbottò piano Matteo scuotendo il capo.
“Allora andiamo.”
Andrea si alzò e tenendo il pallone sottobraccio allungò la mano libera come ad invitarlo a seguirlo fino alla cucina. Si scoprì felice quando sentì la piccola manina di Matteo stringersi attorno alla sua e si sentì improvvisamente più leggero, come se un peso gli fosse stato tolto dalle spalle.
“Cosa bevi di solito?” Chiese una volta entrati in cucina ed abbandonato il pallone su di una sedia.
“Latte e nesquik!”
Sorrise a quella risposta data di slancio, con il tipico tono da bambino e si apprestò a mettere sul fuoco un pentolino. Mentre si muoveva tra gli scaffali della cucina, raccattando tutto l’indispensabile per una colazione coi fiocchi, si accorse che il piccolo non gli staccava gli occhi di dosso ma che anzi, sembrava interessato ad ogni suo più piccolo movimento.
Una volta che tutto fu pronto aiutò Matteo a sedersi su di una sedia e rinunciando alla sua abitudine a prendere il caffè in piedi, si sedette anch’esso al tavolo per poi scrutare quasi assorto ogni più piccolo movimento della figura davanti a lui.
Forse rimase troppo tempo con lo sguardo fisso davanti a se, ma fu solo dopo un po’ che si accorse che Matteo lo fissava da sopra la sua tazza di latte, come ad aspettare qualcosa.
“Tu sei un amico della mamma?”
Andrea sorrise ancora una volta. Quel bambino era davvero di una dolcezza unica e gli riportava alla mente Paola in ogni suo singolo gesto.
“Sì, io sono Andrea.” Si presentò sapendo di non averlo mai fatto fino a quel momento.
“Come la ragazza bionda?” Domandò sorpreso Matteo spalancando gli occhi verdi.
“Sì, proprio come lei. E tu invece, come ti chiami?” Rispose posando la tazzina ormai vuota del caffè sul piattino.
“Matteo.” Ribattè orgoglioso ed Andrea ridacchiò a quello slancio.
“Lo sai che hai proprio un bel nome Matteo?” Mormorò soprapensiero Andrea allungando un braccio fino a raggiungere la testa mora del piccolo e scompigliandogli così i capelli.
“Anche tu.” Rispose in sincerità il piccolo allargando un sorrisone.
“Grazie.” Ritrasse lentamente il braccio e rimase a guardarlo bere il rimanente del latte. Rise quando vide comparire i baffi da latte sul visetto di Matteo e cambiando sedia, avvicinandosi, si apprestò a toglierglieli.
Era la prima volta in assoluto che si comportava così con un bambino. C’era stato un tempo in cui si era preso cura di sua sorella Alessandra allo stesso modo. Ma lui era il fratello maggiore e lei la sua sorellina da proteggere da tutto e da tutti.
Si trovò un po’ impacciato a compiere quel gesto ma gli era venuto naturale farlo.
“Che cos’è quello?”
Voltò il capo seguendo la direzione che Matteo indicava con il dito fino a scoprire che indicava il suo pallone da basket abbandonato sulla sedia.
“Un pallone da basket.” Riportò di nuovo la sua attenzione su Matteo e lo vide con lo sguardo assorto, ancora intento ad osservare la palla arancione. “Hai mai giocato a basket Matteo?” Chiese e vedendo che il piccolo negava col capo si affrettò a concludere quel pensiero che gli si era formato dal nulla nella testa. “Allora un giorno di questi ti insegno.”
“Davvero?” Gli occhi di Matteo sembrarono illuminarsi ed Andrea si ritrovò incantato ad osservarlo.
Per la prima volta riusciva a capire perché tutti sembrassero così presi da quel piccolo spuntato dal nulla, anche se a ben pensarci non era poi così strano. In fin dei conti era figlio di Paola, non poteva essere altrimenti.
“Matteo, che ci fai qui!”
“Mamma.” Andrea a quel richiamo voltò lentamente il capo verso la porta dove la figura di Paola si stagliava. “Andrea ha detto che un giorno mi insegna.” Il piccolo indicò ancora una volta il pallone arancione mentre Andrea si alzava in silenzio e portava via la sua tazzina vuota.
Paola e Andrea incrociarono per un attimo lo sguardo e lui si sentì in imbarazzo. Avrebbe voluto spiegarsi, era stato lui a negarsi per tutta quella settimana ed ora se ne usciva con quella proposta dal nulla. Un comportamento davvero adulto Andrea, complimenti, si disse mentalmente.
“Caffè?” Chiese infine tornando a trafficare tra i fornelli e senza aspettare una risposta le preparò tutto l’occorrente posandolo poi sul tavolo.
“Andrè, che lo prepari pure a me il caffè?” Prosperi, già in divisa, fece il suo ingresso con Bini che scuoteva il capo esasperato.
“Fa meno lo spiritoso Prosperi.” Lo canzonò Andrea tornando ancora ai fornelli mentre Paola salutava i due arrivati.
“Paola, allora hai trovato?” Chiese Leo appoggiandosi ad una sedia.
“No Leo, non so più dove guardare.” Borbottò Paola di rimando.
“Hai provato a chiedere a Romanò?” Tutti si voltarono verso Andrea che ora si era appoggiato al ripiano. “Se non sbaglio il figlio più piccolo ha circa un anno in più di Matteo. Potresti chiedere a lui. Così potresti anche avere un aiuto in caso fossi di turno.” Si affrettò a chiarire.
“Hai capito el Maresciallo.” Lo canzonò Carlo dandogli un’amichevole pacca sulla spalla. “Allora non sei proprio così scemo.”
“Prosperi.” Lo riprese Andrea mentre invece Leo continuava a fissare Paola in attesa di una qualsiasi sua reazione.
In quella settimana non avevano mai toccato il tasto Andrea. Leo non aveva mai chiesto nulla a Paola aspettando che fosse lei la prima a parlarne. L’unica volta che si era sfiorato l’argomento era stato per un’iniziativa di Alessandra, ma Luigi era stato bravo a glissare e a portare l’attenzione su un episodio avvenuto in quegli anni.
“Credo che sia la soluzione migliore.” Cedette infine Paola.
“Prosperi, Bini. Ancora qua? Su muovetevi.” Li apostrofò Capello entrando nella cucina. “Ferri, vai con Testa in comune a parlare con l’assessore Priadi. Vedi se ci sono novità.”
“Comandi.” Risposero in coro i tre tornando alle loro mansioni.
Una volta rimasti solo Capello, Paola e Matteo in cucina, il Maresciallo si ritrovò ad osservare attentamente l’espressione quasi persa nel vuoto di Paola. Fissava Matteo intento a finire la sua colazione, ma sembrava che la sua mente fosse persa in pensieri che la portavano anni luce distante da lì.
“Vitali? Tutto bene?”
Paola sembrò accorgersi solo in quel momento della presenza di Capello all’interno della cucina. Annuì lentamente e bevve il caffè ormai freddo.
“Il Maresciallo Ferri mi ha consigliato di chiedere a Romanò per la scuola.” Gli spiegò con calma.
“Mi sembra un’ottima soluzione.” Annuì convinto Giuseppe avvicinandosi al tavolo e prendere posto vicino a madre e figlio.
Continuò ad osservare l’espressione pensierosa di Paola intuendone i pensieri. Quella proposta uscita dalle labbra di Ferri doveva averla in qualche modo scossa. Non gli era passato inosservato il modo schivo del suo secondo in quei giorni nei confronti di Paola, ma aveva preferito starsene zitto avendo notato che Testa bastava per far capire al giovane Maresciallo la stupidità del suo comportamento.
“Ne parlerò con Romanò oggi pomeriggio.” Borbottò sopra pensiero Paola e Capello annuì in silenzio.

***

Luigi aveva passato buona parte del tempo, trascorsa in comune a far domande, ad osservare Ferri. Quella mattina lo aveva visto diverso, pensieroso ma diverso. Come se ci fosse stato qualche avvenimento importante in quelle ore, un cambiamento.
Più volte, durante quell’amichevole interrogatorio, aveva dovuto intromettersi, trovandosi a condurlo lui.
Non che la cosa fosse poi così strana, era già accaduto in passato che Andrea gli lasciasse condurre interrogatori e conversazioni. Si erano riscoperti complici sul lavoro e se inizialmente la sua relazione con Alessandra aveva quasi minato quel rapporto di amicizia, poi si erano accordati. Andrea gli aveva praticamente dato il suo benestare, e sapendo della sua spropositata gelosia nei confronti della sorella, Luigi si era sentito sollevato sapendo che Andrea si fidava a tal punto di lui da affidargli la sorella.
In quegli anni aveva fatto da spettatore, non essendo parte del suo carattere la curiosità ed il fare domande. Aveva visto Andrea cambiare piano piano fino a chiudersi in se stesso, lasciando solo scorgere quello che gli altri volevano vedere, nascondendo a tutti, se stesso in primis, le sue reali emozioni.
Soprattutto in quell’ultima settimana si era ritrovato a scontrarsi con un muro.
Lo aveva lasciato “cuocere nel suo brodo” come gli aveva detto Alessandra una sera dopo aver visto la reazione di Andrea alla vista di Paola. Ma non gli aveva di certo risparmiato il suo disappunto ogni volta che lo vedeva. Aveva assistito per mesi alle loro rappresaglie, non le sopportava e non ne faceva mistero.
Eppure, quel mattino lo vedeva diverso.
“Luigi?” Testa lo guardò di sottecchi continuando a guidare ed aspettando che continuasse. “Sono uno stronzo.” Borbottò infine Andrea e Luigi avrebbe voluto concordare, ma continuò a starsene in silenzio.
Non si dissero nient’altro fino all’arrivo in caserma. Fecero rapporto a Capello in quanto le indagini dovevano proseguire nonostante il clima non propriamente disteso che aleggiava in caserma. Pure Mura, sempre lì a borbottare, se ne stava buono, anche se l’idea di avere un bambino piccolo a girare in quel luogo non gli andasse a genio.
Passando davanti all’ufficio comune vide Paola e Romanò parlottare, ma fu Leo, una volta arrivato in cucina, a spiegargli.
“Andrea che da consigli?” Mormorò sorpreso a bassa voce guardando Matteo giocare sul tappeto con Sonia.
“Non chiedermi cosa sia successo ma sembra che Andrea sia rinsavito.” Scosse il capo Leo che per tutto il turno aveva ascoltato Carlo ipotizzare mille e più situazioni che potevano aver portato a quel cambiamento improvviso in Andrea.
“Abbagliato dal piccolo?” Provò ad ipotizzare Luigi che seguiva attentamente il gioco sul tappeto.
Di certo Matteo aveva conquistato tutti quanti, se ne era accorto subito. Anche Alessandra, l’aveva vista completamente presa da quel bambino anche se non sembrava dare tanta confidenza a nessuno di loro al di fuori della madre.
Anche in quel momento si accorse di quanto fosse reticente nei confronti di Sonia. Per quanto lei si sforzasse restava comunque in disparte rimanendo più ad osservarlo giocare che prendendo parte al gioco.
Ora che ci pensava, non lo aveva ancora visto stare in braccio a nessuno al di fuori di Paola. Nemmeno in braccio a Romanò, il quale essendo padre aveva tutti i requisiti giusti.
“Leo, Vitali ti cerca.” Esclamò Andrea spuntando in cucina assieme a Prosperi.
“Vado.” Mormorò Leo scambiandosi un’occhiata strana a Testa.
A nessuno dei due era passato inosservato il cambiamento del piccolo Matteo all’arrivo del Maresciallo. Il bambino infatti aveva alzato la testa ed ora guardava, con gli occhi verdi attenti, ogni singolo movimento di Andrea. Rimase a fissare la porta, dalla quale Ferri era uscito, per alcuni istanti prima di tornare al suo gioco.
“Embè? Che c’è mò?” Domandò Prosperi che aveva visto Luigi pensieroso.
“Nulla Carlo, nulla.” Celiò quello per poi uscire diretto verso il Bed & Breakfast di Gemma e Alessandra.



§

Angolino di Bitter:
Strano ma vero, questa storia riuscirò probabilmente ad aggiornarla abbastanza velocemente :) praticamente i capitoli sono pronti, mancano solo gli ultimi ma dovrei riuscire a scriverli in breve tempo visto che so già cosa scrivere.
Adesso entriamo nel vivo della situazione. Ferri finalmente si accorge di quanto scemo sia.

I ringraziamenti, speciali soprattutto per Clappy :) che ha aggiunto la storia tra le seguite, me è molto onorata.

Clappy: guarda, sono sinceramente contenta che ti piaccia. Un po’ mi dispiace che questa parte del sito sia spoglia di storie, io la trovo veramente una bella fiction. Per quanto riguarda la ff, non dico nulla, solo che ci saranno un bel po’ dio casini tra chiarimenti e mezzi litigi e parole non dette. Praticamente i soliti Paola e Andrea :) anche Luigi e Ale faranno la loro buona apparizione.

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Capitolo 3
*** *Capitolo III. Ripercorrere i passi.* ***


Capitolo III. E rieccomi di nuovo e solo dopo tre giorni xD
Sì, direi che questi aggiornamenti saranno abbastanza veloci.
Per tutto il resto (c’è mastercard xD) in fondo al capitolo, sempre se riuscite ad arrivarci.
Questo capitolo è un pochino più lungo O__O e non ci posso credere io per prima, credevo fosse più corto >__<




“Il fato ti dà sempre due possibilità”, aveva detto una volta George .
“Quella che dovresti scegliere, e quella che scegli”.

[SHANTARAM -  Gregory David  Roberts]

Tomorrow

*Capitolo III. Ripercorrere i passi.*

“Il corso per Vicebrigadiere?” Mormorò sorpresa Paola osservando il volto luminoso di Sonia.
Erano giorni ormai che vedeva l’amica con la testa tra le nuvole e nonostante la curiosità fosse forte, non era riuscita a trovare un momento per parlarle. Matteo ed il caso di furto di opere d’arte che stavano seguendo le lasciavano poco tempo libero e la sera si ritrovava esausta.
“Sì. Ho spedito la richiesta un paio di giorni prima del tuo arrivo e stamattina mi è arrivata la conferma.” Esclamò felice Sonia mentre abbracciava ancora Paola.
“Paoletta colpisce ancora.” Esclamò Prosperi che aveva seguito tutta la conversazione.
“Carlo ha ragione.” Annuì convinto Leo facendo i complimenti alla Martini.
Sonia Martini era diventata Carabiniere proprio grazie a Paola, anche se la circostanza in cui si erano conosciute e che aveva fatto maturare quell’idea non fu delle migliori. Il caso Dominici avvenuto quasi sette anni prima era stato una batosta in primis per le due ragazze, che si erano trovate coinvolte personalmente. Sonia per quel tentativo di stupro andato a vuoto e Paola per l’inchiesta che ne era seguita a causa del suo intervento per difenderla.
Paola ricordava ancora la sensazione d’impotenza provata dopo la sua sospensione dal servizio attico ed i mille dubbi che le erano nati in testa.
Ma il caso risolto e la conseguente notizia che Sonia avrebbe seguito il corso per diventare Carabiniere le era parsa come una bella gratificazione per quel buio periodo. Aveva dato il buon esempio ed incrementato le file dei Carabinieri con un valido elemento.
Ora, sapere che Sonia aveva chiesto di seguire il corso per diventare Vicebrigadiere la riempiva di orgoglio. Il Carabiniere semplice Sonia Martini sembrava averla presa come esempio da seguire e questo le faceva solo piacere. Paola aveva sempre lottato per quella divisa che indossava e vedere un’altra donna Carabiniere impegnarsi per farsi valere in quel mondo maschilista la riempiva di orgoglio.
“Però mi dispiacerà lasciare questa caserma.” Mormorò Sonia abbassando lo sguardo.
Se davvero Sonia fosse riuscita a diventare Vicebrigadiere, c’erano buone possibilità che fosse trasferita come era successo all’epoca a Paola. Ormai a Città della Pieve c’erano troppi graduati, tre Marescialli, tre Brigadieri ed un Vicebrigadiere.
Quella caserma stava diventando troppo affollata.
“Nun dirme che te dispiace stà a Roma.” La canzonò Prosperi passandole un braccio dietro le spalle.
Ormai tutti sapevano del perché di quella scelta. Non era stato un colpo di testa quello di Sonia, aveva sempre aspirato a fare carriera, ma dopo l’incontro con Maurizio, giornalista coinvolto in una loro vecchia indagine ma risiedente a Roma, la voglia di fare domanda si era fatta più forte.
“Carlo, lo sai che potrei sempre essere trasferita altrove.” Lo rimproverò lei bonariamente.
“Embè, poi fà domanda.” Perorò la sua causa Carlo serio.
“Come se fosse semplice.” Sospirò Leo. Tutti sapevano che i trasferimenti potevano portarli da un capo all’altro d’Italia. Non stava a loro scegliere. “Ma magari sei fortunata.”
“O si può avere un piccolo aiuto.” Borbottò soprapensiero Paola.
“Cioè?” Chiese Leo mentre gli altri due drizzavano le orecchie.
“Posso chiedere un piccolo aiuto.” Paola alzò le spalle prendendo in mano il cellulare. “Sempre se riesco a beccarla.” Brontolò poi.
Quel numero di cellulare che provava a chiamare ormai da più di un mese, cioè da quando le era arrivata la lettera di trasferimento, suonava sempre spento.
“Paoletta ha fatto breccia nel cuore di qualcuno in alto?” espose piano Prosperi scambiandosi uno sguardo allarmato con Leo.
In quel mese nessuno aveva mai toccato l’argomento uomini e Roma con Paola. Un po’ per paura di venire a conoscenza di cose avvenute in quegli anni, cose che potevano risultare scomode, un po’ per richiesta della stessa.
Anche l’argomento più importante, Matteo, era stato accantonato dopo la piccola sfuriata al suo arrivo con Leo. Leo d’altronde aveva ammonito tutti al riguardo e la cosa era stata messa da parte nonostante ogni tanto a qualcuno scappasse qualcosa.
Nelle ultime due settimane l’argomento era stato archiviato, merito anche dell’improvviso cambiamento del Maresciallo Ferri nei confronti di Paola e Matteo. Tutti si erano accorti dell’improvvisa amicizia tra il bambino ed Andrea. Più volte li avevano sorpresi a parlare o a giocare a canestro assieme. Cose piccole, ma che avevano creato un clima disteso in caserma.
Ferri sembrava sorridere di più ed era arrivato a lasciare il formalismo iniziale tornando ad essere lo scanzonato Andrea del primo periodo, quando era appena arrivato in caserma.
“Più che altro breccia in un intero ufficio.” Scherzò Paola chiudendo la chiamata e sbuffando sonoramente.
“Ufficio?” Mormorò Sonia non riuscendo a collegare.
“L’ufficio del Capitano Scalchi. Non chiedetemi come ma a Roma ho trovato bei buoni amici.” Sbottò infastidita.
“Paola calma!” Cercò di placarla Leo che non voleva si venisse a creare l’aria tesa che con tanta fatica erano riusciti a sbollire. “Nessuno dice niente.”
“Scusate.” Sospirò come se fosse esausta di una situazione rognosa. “È che fa parte dell’unità investigativa ed è in missione ormai da tre mesi.” Spiegò.
“Preoccupata?” Chiese ancora Leo mentre gli altri due rimanevano in silenzio.
Era meglio lasciare a Leo quella patata bollente, di certo lui, laureato in psicologia, sapeva affrontare meglio quel genere di situazioni, molto più di loro per lo meno.
Forse, poi, finalmente avrebbe scoperto qualcosa di quei sei anni.
“Ci sono abituata Leo. Solo che ora è più difficile, lì almeno potevo fare un salto alla loro sede e chiedere. Ora invece non so nulla.” Mormorò frustrata.
Sapeva quali rischi comportava quelle indagini svolte dal nucleo investigativo. I Carabinieri coinvolti rimanevano per mesi lontano dalla sede e le informazioni erano praticamente nulle, nessun contatto se non a missione finita.
Un po’ era come giocare a moscacieca, si sapeva che c’erano ma non si sapeva né dove, né quanto tempo sarebbe trascorso prima di vederli tornare a casa.
Ci aveva convissuto per sei anni con l’ansia durante quelle indagini, ma c’era sempre qualcuno pronto a rassicurarla.
“Ci sei affezionata.” Carlo a quella affermazione di Leo trattenne il fiato.
“Sono affezionata a tutto l’ufficio. Mi sono rimasti accanto per tutti questi anni. Soprattutto il Capitano. Leo, quando mi sono trovata incinta ero da sola, loro sono state le persone che più mi sono rimaste vicine. Non esagero nel dire che sono come una famiglia.”
A quella tirata Prosperi imprecò mentalmente mentre nella testa di Leo un piccolo dubbio cominciava ad insinuarsi lentamente.


***


“Romanò, che succede?” Chiese esasperato Capello.
Era da diversi minuti che sentiva borbottare fuori dal suo ufficio, ed uscendo si era trovato davnti Mura e Romanò intenti ad azzuffarsi a parole mentre Matteo rimaneva in piedi a qualche passo da loro.
Da quando la scuola era iniziata il piccolo passava i pomeriggi dopo le lezioni a casa dell’appuntato dati gli impegni lavorativi della madre. Per loro fortuna sembrava che tra Matteo e Pio, il figlio di Costante, scorresse una buona intesa e la scelta era ricaduta sul fargli passare il pomeriggio a casa sua che in caserma.
“Maresciallo, purtroppo mia moglie ha avuto un imprevisto e non so come fare con Matteo.” Si scusò Romanò che stava appunto discutendo di questo con Mura.
“La Vitali è fuori di pattuglia.” Sembrò riflettere a voce alta Giuseppe cercando un qualche modo per sbrogliare quella situazione.
“Non c’è qualcuno che si può occupare di lui?” Domandò la Sepi che era uscita anch’essa dall’ufficio del Maresciallo e che ora si era chinata davanti al piccolo che manteneva lo sguardo basso.
“Bini ha il giorno libero.” Li avvisò Mura anche se sapeva bene che il bambino non si trovava molto a suo agio con nessuno di loro.
Aveva osservato in quel mese come, nonostante Matteo fosse buono e tranquillo, non rivolgesse particolari slanci di affetto a nessuno oltre a Paola. Al contrario di sua nipote che, ogni volta capitasse lì in caserma col padre, si facesse vezzeggiare e coccolare da tutti.
Capiva che potesse essere difficile per un bambino ambientarsi in un luogo nuovo, ma fino a quel momento lo aveva visto elargire sorrisi, ma mai veri gesti d’affetto tipici dei bambini della sua età. Se lo vedeva in braccio a qualcuno era solo in braccio alla madre. Nemmeno Leo, che era il migliore di Paola, c’era riuscito.
“Che succede?”
Ferri si avvicinò al piccolo capannello che si era formato in mezzo al corridoio assieme a Testa. Guardò perplesso i suoi compagni fino a vedere il Maresciallo Sepi ginocchioni davanti a Matteo. In automatico aggrottò le sopracciglia perplesso, e anche Luigi si chiese cosa stesse succedendo.
“Ah Ferri!” Lo salutò Capello. “Novità?”
“Niente di nuovo Maresciallo.” Rispose Andrea per poi riportare la sua attenzione su Romanò. “Come mai Matteo è qui? E la Vitali?”
Luigi al suo fianco rimase in silenzio ad aspettare l’evolversi della situazione. Se Matteo era lì significava che la moglie di Romanò doveva aver avuto un contrattempo, anche perché sapeva che Paola era di pattuglia con Prosperi.
Ora però era da vedere chi avrebbe tenuto compagnia al piccolo Matteo. Poteva sempre proporre di chiamare Alessandra, era sicuro che non si sarebbe tirata indietro. Aveva una vera e propria venerazione nei confronti di Matteo.
“Maresciallo, mia moglie ha avuto un contrattempo e la Vitali è di pattuglia.” Spiegò Romanò a disagio. “Non so a chi lasciare Matteo.” Concluse dispiaciuto per quel disagio.
Stava quasi per proporre di chiamare Alessandra, Luigi, quando Andrea parlò lasciandolo stupito.
“Maresciallo, se non ci sono compiti importanti da svolgere ci penso io a Matteo.”
Capello sembrò pensarci per un istante, ma infine annuì mentre Romanò tirava un sospiro di sollievo vedendo come la situazione si stesse sbrogliando da se.
“Ma sì Ferri, fai pure. Qui ci arrangiamo noi.” Borbottò Capello per poi ritirarsi nel suo ufficio.
“Hai visto Mura che si è trovata la soluzione?” Canzonò il compare Romanò mentre Andrea Sepi si alzava rimettendosi eretta e seguendo Capello nell’ufficio.
Andrea scosse il capo divertito mentre seguiva con lo sguardo i due più anziani Carabinieri dirigersi verso l’ufficio comune discutendo animatamente tra loro. Poi prese lo zaino posato a terra ed allungò la mano libera verso Matteo.
“Hai già fatto merenda campione?” Gli chiese allegro e mentre Matteo gli stringeva la mano scosse il capo in segno negativo. “Allora andiamo a mangiare. Luigi che fai, vieni con noi?” Chiese poi cominciando ad incamminarsi verso la cucina.
Testa li seguì in silenzio a pochi passi dietro i due osservando quello strano quadretto.
Alessandra in più di un’occasione gli aveva messo la pulce nell’orecchio. Conosceva tutta la storia, dall’arrivo di Luigi a Città della Pieve, alla battaglia che avevano intrapreso, lui ed Andrea, per Paola. Anche della breve storia tra il fratello e Paola. Aveva riso al racconto delle schermaglie che i due si erano fatti per mesi.
L’aveva anche vista storcere il naso quando il fratello aveva intrapreso quella ‘storia’ con Andrea Sepi. Quando Luigi aveva chiesto il motivo lei aveva risposto con un candido “Non fa per lui” facendogli inarcare scettico un sopracciglio a quella affermazione.
All’inizio aveva semplicemente pensato che la sorella fosse solo protettiva nei confronti di Andrea. Conoscendo le reazioni del fratello, quella sembrava la soluzione più logica.
Ma si era dovuto ricredere.
Andrea Sepi non era la donna adatta per Andrea Ferri. Incompatibili, aveva affermato per caso Leo quasi sovrappensiero. Gli aveva dato ragione subito e ne aveva avuto conferma solo qualche settimana più tardi, quando la voce di un possibile avanzamento di carriera del Maresciallo Ferri si era sparsa in caserma.
La Sepi si era trovata in disaccordo alla frase che Prosperi aveva buttato un po’ per caso, un po’ invogliato dal lungo giro di parole di Leo.
Seguire il proprio uomo per un avanzamento di carriera?
No, se non era sicura dei propri sentimenti aveva risposto, e non erano passati molti giorni prima che Andrea ritornasse ad essere il cupo Maresciallo dei primi tempi, quando Paola aveva preferito la carriera a lui. Anche se all’epoca aveva pensato che fosse deluso per tutto quello.
Luigi lo conosceva abbastanza da poter affermare che l’unica cosa ferita era l’orgoglio di Andrea Ferri. Certo, trovare ben due donne che preferivano la propria carriera a lui doveva essere uno smacco. Ma aveva ben visto come tutto fosse regolare durante i periodi gomito a gomito tra i due. Eppure lo aveva visto chiudersi in se stesso, lasciando poco spazio all’Andrea giocherellone e più spazio al Maresciallo Ferri.
Una cosa normale era stato il commento di Alessandra.
Non gli era passata in fretta, anzi, all’arrivo di Paola e del piccolo Matteo lo aveva visto diventare ancora più cinico, freddo e distaccato.
Alessandra aveva sospirato a quel comportamento e Luigi aveva scosso il capo riuscendo così a completare un puzzle di cui mancavano alcuni tasselli. Andrea non doveva aver dimenticato Paola poi così in fretta come era andato a ribadire a tutti. Anzi, quella storia doveva avergli lasciato una cicatrice profonda che non si era mai del tutto rimarginata e che si era riaperta quando la aveva vista in compagnia di un bambino, suo figlio per essere precisi.
Ma ora, mentre guardava i due così complici mentre preparavano la merenda, sembrava che quel periodo buio non fosse mai esistito. Forse spazzato via da quel sorriso che aveva ammaliato tutti.
Quando lo avrebbe raccontato ad Alessandra si sarebbe fatto quattro risate, anche se lei sosteneva che prima o poi il fratello si sarebbe sciolto, come un cubetto di ghiaccio al sole, davanti a quel bambino.
In una discussione tra Leo, Alessandra e Carlo, a cui Luigi aveva dovuto prestare attenzione, avevano ipotizzato qualcosa che ora sembrava avvicinarsi alla realtà. Matteo sembrava essere più a suo agio con Andrea che con tutti loro messi assieme. La pulce nell’orecchio gliel’avevano messa loro, gli unici che sapevano cosa era accaduto sei anni prima anche se Leo e Carlo facevano sempre orecchie da mercante a riguardo.
“Ti sei incantato?”
Luigi si scosse a quel richiamo. Non si era reso conto di essersi imbambolato come uno stupido con una tazza tra le mani. Guardò per un attimo il liquido scuro ormai tiepido, poi guardò i due che lo fissavano con la stessa espressione divertita, il verde dei loro occhi brillava e sembravano così simili.
Uguali si disse Luigi sbattendo le palpebre varie volte come per accertarsi che fosse vero quello che gli era davanti e non una stupida suggestione che quei tre cospiratori gli avevano insediato nella testa.
“No, no, pensavo.” Biascicò stringendosi nelle spalle mentre Andrea bonariamente lo canzonava con lo sguardo,
“Brigadiere Testa, lei pensa troppo.”
“Mamma!” esclamò Matteo balzando giù dalla sedia e fiondandosi da Paola che era appena comparsa nella cucina.
“Matteo, stai diventando pesante.” Borbottò non appena il figlio le fu in braccio. “Come mai qui?” Chiese poi spostando lo sguardo verso i due uomini presenti.
“La moglie di Romanò aveva un impegno e non poteva portarsi dietro anche Matteo, e lei Vitali era di pattuglia.” La risposta scanzonata di Andrea fece comparire un sorriso a Luigi e a Carlo appena arrivato. “Quindi ci siamo offerti come baby-sitter.”
“Tu ti sei offerto, io sono stato tirato in mezzo.” Lo corresse Luigi.
“Eddai Luigi, non mi dire che hai paura di un bambino. Guarda che Matteo mi ha assicurato che non mangia nessuno, nemmeno i musoni.” Lo prese in giro divertito Andrea mentre Paola prendeva posto a tavola scuotendo la testa.
“Che scemi che siete.” Li rimproverò divertita sistemandosi meglio Matteo sulle gambe. “Vi ha dato problemi?” Chiese poi nonostante immaginasse che la risposta fosse negativa.
In quegli anni passati a Roma prima e poi a Tarquinia, Matteo non le aveva mai dato problemi. Anche le maestre lì a Città della Pieve le avevano detto che era un bambino molto calmo e tranquillo, un po’ troppo forse per la sua età, ma Matteo non dava tanta confidenza agli estranei, tendeva sempre a rimanersene per i fatti suoi. Solo con i colleghi a Roma si comportava liberamente. Lì aveva visto solo sorrisi ma nulla di più.
“Nemmeno uno Paola, Matteo è il bambino più tranquillo che abbia mai conosciuto.” A quell’esclamazione seria da parte di Andrea, Paola sorrise mentre Luigi si ritrovò a cercare con gli occhi Carlo.
Sì, decisamente in quelle ultime tre settimane Andrea sembrava essere più rilassato. Era addirittura tornato a scherzare durante le ore di lavoro. Anche le sue uscite serali sembravano aver subito una battuta d’arresto e quando lasciava la caserma era solo se veniva coinvolto in uscite tra uomini o perché Alessandra lo costringeva con le cattive ad andare a cena da loro.
“Allora ti proporrò come Baby-sitter per il futuro.” Lo canzonò Paola mentre il piccolo alzava gli occhi verdi scintillanti sul viso di Andrea seduto davanti a loro.
“Magari quando non sono di servizio così ti insegno a giocare a pallacanestro, eh Matteo?” Strizzò giocoso un occhio al piccolo e questi si aprì in un sorrisone a quella notizia.
“Ah no Marescià.” Sbottò Prosperi fermo davanti al fornello. “Già ce se deve sorbì lei con sto pallone, pure la sua versione in miniatura. Un incubo.”
“Prosperi.” Lo redarguì con tono esasperato Andrea. “Che devo fare con te? Metterti di turno con Mura?”
“No no. Per carità Marescià, de turno con Mura no!” Mise le mani avanti Carlo facendo ridere gli altri.
Eppure Luigi fissava ancora i tre seduti come lui al tavolo.
C’era qualcosa nell’aria, se lo sentiva e quel qualcosa forse poteva essere quella cosa che sia lui che Alessandra aspettavano con impazienza da parecchi giorni ormai e forse, prima o poi sarebbe potuta diventare realtà.
Dovevano solo portare ancora un po’ di pazienza.


***

Angolino di Bitter:
Qualche informazione nuova in questo capitolo, ma chissà chi diamine è questo Capitano di Roma…
Tornando al capitolo, diciamo che la situazione migliora lentamente, e che qualcuno si sta facendo un bel po’ di domande a riguardo. Tutta la tiritera di pensieri da parte di Luigi è servita soprattutto per spiegare la ‘storia-non-storia’ tra Sepi e Ferri, storia che per me, anche nella fiction non aveva alcun senso. Mi duole dirlo così ma mi sembrava davvero falsa ed ipocrita ed infatti poi praticamente non c’è stato nulla di fatto visto che Ferri se n’è andato a Roma senza la Sepi che accidentalmente ci ha messo gran poco a conoscere qualcuno di nuovo -__- mah, mi è piaciuto davvero poco tutto quel giro.
Comunque,  quel pezzo ci voleva per riuscire un pochino a spiegare come abbia passato quei sei anni Andrea, o almeno spero di esser riuscita nell’intento.
Dal prossimo capitolo la cosa comincia a farsi un po’ più movimentata :) quindi ci si rivede
LUNEDI’ 29
o al massimo il martedì, ma il capitolo è praticamente pronto.

Ultima cosa: una piccola recensione me la lasciate?????? Thank you!

Recensioni xD:
Clappy: quoto quanto dici e sto cercando di scrivere altre ff su questa bellissima fiction, quindi credo che ci sarà qualcos’altro da leggere anche da parte mia xD Sono contenta che ti piaccia e sì, gli aggiornamenti saranno veloci, i capitoli sono scritti, sto finendo l’ultimo in questi giorni e l’epilogo è praticamente pronto nella mia testa, quindi a breve sarà completa. Non che sia molto lunga come ff. Per il loro comportamento, due scemi xD e diciamo che ci saranno alcuni ritorni e nuove scoperte interessanti u.u

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Capitolo 4
*** *Capitolo IV. Una visita che porta dubbi.* ***


Capitolo III. Ed eccomi qua, puntuale come un orologio svizzero xD
Come sempre sta tutto in fondo al capitolo, buona lettura



“Il fato ti dà sempre due possibilità”, aveva detto una volta George .
“Quella che dovresti scegliere, e quella che scegli”.

[SHANTARAM -  Gregory David  Roberts]

Tomorrow


*Capitolo IV. Una visita che porta dubbi.*

C’era fermento quella mattina in caserma, non che fosse una cosa poi così strana. Lì, ogni occasione era buona per spettegolare, eppure Paola ed Andrea quando rientrarono dal giro di pattuglia si scambiarono uno sguardo perplesso.
Erano appena stati al bar e Pippo, che in quanto pettegolezzi era il numero uno, non aveva dato loro alcuna strana notizia.
“C’è il Capitano Ranieri ed un altro Capitano dell’Arma nell’ufficio di Capello.” Fu Luigi a spiegare quel strano fermento che sembrava aver colto soprattutto Bordi.
“E che Capitano!” Disse infatti il Vicebrigadiere.
Nessuno era riuscito a vedere in faccia questo fantomatico Capitano, solo Bordi che era di piantone ed aveva accolto i due.
Non riuscivano a trovare una ragione valida per una tale visita. Non c’erano in corso indagini particolari, anzi, era qualche giorno che la caserma era silenziosa, solo le schermaglie di Prosperi erano udibili. E non era arrivata nessuna comunicazione urgente da Roma per poter giustificare la presenza di questo Capitano.
“Si può sapere Bordi perché continui a ripeterlo? Mai visto un Capitano?” Mura sembrava quello più infervorato tra tutti.
Quando spuntava dal nulla la visita di un ufficiale dell’Arma non erano mai buone notizie. L’ultimo ufficiale che aveva messo piede lì, a Città della Pieve, era stato il Colonnello Di Chiara, ex superiore di Ferri quando ancora militava nei ROS. Il loro Maresciallo si era trovato a seguire un’indagine di cui nessuno sapeva nulla. Lo stesso Capello era rimasto all’oscuro di quanto accadeva.
Quando poi il Capitano Ranieri era venuto a conoscenza della cosa, Ferri era stato ripreso duramente e costretto a trascorrere quasi due mesi a sistemare l’archivio ed a svolgere i lavori d’ufficio.
Una punizione forse troppo dura, ma Andrea aveva abbassato il capo ed aveva eseguito l’ordine.
“Non è per quello.” Tentò di giustificarsi Bordi mentre Luigi scrutava l’espressione pensierosa di Andrea.
“E allora per cosa?” Continuò ad attaccarlo Mura.
“E dai Mura, stai tranquillo.” Cercò di calmarlo Romanò.
A nessuno di loro piaceva quella situazione, e tutti tranne Paola, stavano fissando chi più, chi meno apertamente Andrea che di tutta risposta alzò le spalle.
Non aveva idea di chi fosse questo fantomatico Capitano, ma di certo non si sarebbe ripetuta la faccenda. Non aveva amato fare tutto di nascosto ai suoi colleghi. In caso, avrebbe messo bene in chiaro le cose con tutti, gli era bastata quella volta e non aveva nessuna intenzione di ricommettere lo stesso errore per due volte di seguito.
“Aho ragazzi, ma l’avete visto quello?” Prosperi per una volta intervenne al momento giusto.
“Quello chi?” Chiese Leo vedendo l’amico ed Andrea Sepi sopraggiungere dalla cucina.
“Ce sta un tizio fuori, nel cortile. Alto, moro, un bel tipo.” Cominciò a spiegare mentre la bionda annuiva. “E deve avè un sacco di soldi.”
“E cosa te lo fa pensare?”
“C’ha na Mercedes SLK nera.” Borbottò di rimando come se quello bastasse a spiegare. Paola a quelle parole si avviò il più in fretta possibile verso il cortile, sotto lo sguardo stranito di tutti. “E mo che c’ha Paoletta?” Borbottò Prosperi incamminandosi anche lui dietro a Leo che era partito subito alle calcagna dell’amica.
Anche a Luigi quella fuga improvvisa non piacque. Paola non era certo una che andava allo sbaraglio così, senza un motivo valido. Aveva osservato la sua espressione cambiare mentre Carlo descriveva quel misterioso uomo ed aveva visto il suo sguardo accendersi di una luce strana.
Speranza.
Sì, poteva dire di averci letto una sottile speranza nei suoi occhi marroni e la cosa non gli piaceva. Poi, alla descrizione della macchina aveva letto consapevolezza ed infine la frettolosa fuga senza dire una parola.
Era scattato quasi allo stesso tempo di Leo, preoccupato più che curioso. Aveva come il sentore che qualcosa stesse per accadere, qualcosa che non sarebbe piaciuto e che probabilmente avrebbe scatenato reazioni che era certo non sarebbero riusciti a sedare facilmente.
“Ammazza, guarda Paoletta.” Esclamò stupito Carlo una volta giunti all’esterno.
La scena che apparve loro poteva creare confusione e stupore allo stesso tempo. Paola era stretta tra le braccia di quel ragazzo che Carlo aveva descritto e sembrava, a ragione, che si conoscessero. Soprattutto perché non avevano mai visto Paola lasciarsi andare in quel modo con qualcuno che non conoscesse. Sì, decisamente doveva conoscerlo.
Forse se avessero potuto sentire le parole che sembravano sussurrarsi, avrebbero avuto un quadro più completo della situazione.
“Ma che sia…” Borbottò Romanò confuso, cercando di ricollegare il tutto. “Il famoso papà?”
Fu uno sguardo terrorizzato quello che Prosperi lanciò a Leo.
Fino a quel momento aveva sempre pensato che quel famoso papà potesse essere una loro vecchia conoscenza, nonostante Paola fosse stata chiara fin dall’inizio mantenendo una difesa serrata e glissando magistralmente ogni tentativo di entrare nel discorso.
Magari era uno degli elementi di quel famoso ufficio di cui Paola aveva loro parlato solo marginalmente, o magari la persona che ogni tanto le scriveva al cellulare. Se così fosse stato, poteva benissimo cominciare a compilare la domanda di trasferimento, magari ad Aosta, o a Messina. Se era come pensava, Carlo non voleva proprio trovarsi in mezzo tra due fuochi.
Mentalmente si appellò al santo di cui tanto Romanò parlava, Padre Pio, mentre con la coda dell’occhio continuava a tenere d’occhio quella strana coppietta.
“Ma che sia davvero lui?” Domandò più a se stessa che agli altri la Sepi.
“Bhe, nessuno sa chi sia.” Rispose Bordi che sinceramente non aveva idea di chi fosse quel ragazzo e che nemmeno ricordava di averlo mai visto lì, a Città della Pieve.
Luigi non prese in considerazione quello scambio di battute, aveva visto lo sguardo terrorizzato di Prosperi e l’espressione incerta di Leo alla vista di quella scena. Ma era un’altra espressione che gli premeva vedere, quella di Andrea Ferri solo a due passi di distanza da lui.
Voltò il capo senza curarsi di non farsi scoprire e lo vide lì, con lo sguardo fisso su Paola ed il ragazzo moro che ancora si abbracciavano, lo sguardo perso in un punto imprecisato. Sembrava che non vedesse quella scena, ma lui ormai lo conosceva abbastanza da intuire che dietro a tutta la facciata ci fosse un turbinio di emozioni tali da lasciarlo senza fiato.
Sgomento.
Dei passi che si avvicinavano fecero voltare tutti tranne Andrea che ancora rimaneva immobile e Luigi che lo osservava. Luigi riuscì lo stesso a scorgere il Maresciallo Capello in compagnia di una figura femminile che lentamente camminò superando il gruppetto fino a fermarsi a pochi passi da Paola.
“Capisco che non lo vedi da un po’ di tempo, ma credevo di mancarti anch’io e non solo Gabriele.” Esclamò divertita la ragazza creando così ancora più confusione in quanto Paola aveva mollato Gabriele, il giovane che abbracciava, per gettare di slancio le braccia al collo dell’altra.
“Ma che ci fai qua? Come stai? Quando sei tornata?” Chiese velocemente facendo ridere la ragazza che abbracciava.
“Sono tornata stanotte, sto bene e secondo te che ci faccio qua?” Esclamò canzonandola. “Auguri Paola.”
All’ultima frase a tutti fu chiaro che si conoscessero. Probabilmente dovevano essere degli amici venuti a trovarla per il compleanno, e a giudicare dalla foga con cui erano state poste le domande, doveva essere passato parecchio tempo dall’ultima volta che si erano visti. E Paola, doveva essere molto contenta per quella visita inaspettata.
“Ma…”
“Niente ma Paola. Ascolta, vai a finire il turno e ci vediamo dopo, ok?” Le disse dolcemente quella figura femminile.
“Ci vediamo alle quattro al bar Pippo.” Le sussurrò di risposta Paola riabbracciando entrambi mentre Capello richiamava tutti all’ordine.
“Su, al lavoro. Paola, c’è una signora che deve sporgere denuncia, ci pensi tu?” Esclamò, poi, prima di tornare all’interno si voltò verso Leo. “Bini, vieni con me nel mio ufficio.”
“Comandi.” Rispose Leo anche se avrebbe voluto fermarsi a fare quattro chiacchiere con Paola per poter fugare quei dubbi che quell’incontro gli aveva fatto nascere.
Luigi osservò attentamente i due salire in macchina e ripartire, poi spostò la sua attenzione sul gruppetto, che stava rientrando sotto lo sguardo vigile di Capello, cercando Andrea ma non trovandolo. Probabilmente doveva già essere entrato.
Scambiò un ultimo sguardo perplesso con Leo prima di inforcare la porta anche lui e tornare al lavoro.

***


“Che ci fate qui?” Domandò Paola voltandosi verso Virginia, la ragazza della mattina, seduta accanto a lei su di una panchina. “Nel senso…”
Virginia rise scuotendo il capo e facendo dondolare i lunghi capelli scuri. “Paola, Paola, Paola.” La canzonò salutando con la mano Matteo e Gabriele che si dondolavano pigramente sulle altalene del parco. “Credevo che ti facesse piacere vederci. Forse mi sono sbagliata.”
“Virginia!” La redarguì spintonandola quando l’amica si mise a ridere ancora.
“Paola.” Cominciò seria Virginia una volta smesso di ridere. “Quando mi hanno detto del tuo trasferimento sono partita.”
Paola sospirò vedendo gli occhi castani di Virginia osservarla seria.
Si stava scusando per qualcosa di cui lei non aveva colpa. Sapeva bene che prima o poi sarebbero riusciti a trasferirla, per quanto Virginia si fosse sempre adoperata per tenerla il più possibile vicino a Roma, sapeva che prima o poi avrebbero trovato il modo per trasferirla.
L’ultima missione a cui Virginia aveva partecipato era stata l’opportunità perché quel trasferimento fosse attuato.
“Non è colpa tua. Sapevamo che prima o poi sarebbe accaduto.” Mormorò tornando a guardare Gabriele e Matteo.
Erano andati a prendere Matteo alla fine delle lezioni, ed il piccolo era stato così entusiasta della sorpresa che sembrava che fosse il suo compleanno e non quello della madre. Poi si erano spostati al parco, un po’ per permettere a Matteo di godersi il pomeriggio tiepido di metà Ottobre, un po’ per poter parlare in santa pace. Quando si erano trovati da Pippo avevano detto poche parole per non dare modo al barista di spettegolare.
“Forse però se qualcuno fosse rimasto.” S’intromise Gabriele avvicinandosi dopo aver lasciato Matteo assieme ad alcuni suoi amici.
“Non sarebbe cambiato nulla.” Lo rimbeccò Virginia. “Il Generale doveva avvisarmi.”
“Ha fatto bene a non dirti nulla. La tua missione era più importante.” Replicò Paola.
Sapevano bene che le missioni che affrontavano erano importanti e nonostante Paola non sapesse di cosa si fosse trattato, non aveva alcun dubbio. Il suo trasferimento passava in secondo piano.
“Per quanto vi fermate?”
Virginia sorrise a quel cambio di discorso mentre Gabriele, in piedi davanti alla panchina su cui erano sedute, sospirò pesantemente.
“Solo oggi. Gabriele deve terminare una pratica ed io devo presentare la relazione della missione entro domani mattina.” Si strinse nella spalle Virginia mentre vedeva comparire sul volto di Paola un’espressione di rammarico.
Lavorare nell’Arma portava molte volte a non avere tempo per gli amici, per le famiglie. A volte le ore a disposizione erano così poche che non valeva nemmeno la pena pensare di intraprendere un viaggio qual’ora la famiglia fosse in un’altra città.
“E come hai fatto ad avere così tanto tempo libero?” Paola di certo non si aspettava quell’improvvisata anche se ne era contenta. “Non mi dire che eri tu il famoso Capitano nell’ufficio di Capello stamattina.”
“Famoso?” Virginia e Gabriele si scambiarono un’occhiata perplessa e divertita. “Ho fatto da pony express. Il Generale mi ha incaricato di consegnare delle carte al Capitano Ranieri e poi i ragazzi hanno fatto in modo da lasciarmi il pomeriggio libero.”
“Voi siete tutti matti.” Gabriele ridacchiò a quell’uscita. “Carte di che tipo?” Chiese poi sospettosa Paola.
“Qualcuno da voi ha fatto domanda per il corso da Vicebrigadiere. Ho portato gli orari dell’inizio della lezione.” Spiegò. Paola annuì mantenendo comunque un’espressione pensierosa. “Sarete sotto organico per i prossimi mesi. Si stanno ingegnando per mandarvi qualcuno, ma finché il corso non è finito non ci sarà nessun vero e proprio trasferimento. Forse se siete fortunati avrete un aiuto.”
“Potresti dare una mano a Sonia.” Vedendo l’espressione dubbiosa comparsa sul volto di Virginia, Paola si affrettò a spiegare. “Sonia è il Carabiniere Martini. È lei che frequenterà il corso. So che è strana la mia richiesta, ma potresti mettere una buona parola affinché rimanga a Roma quando avrà finito?”
“Devo dedurre che ci sia di mezzo un lui?” Domandò divertita Virginia. “Va bene, Paola. Vedrò cosa posso fare ma non ti assicuro nulla.” Mise in chiaro, ma Paola sorrise a quelle parole.
“Sapevo di poter contare su di te. Grazie.”
Gabriele, che aveva ascoltato tutta la conversazione in religioso silenzio, scambiò un’occhiata con Virginia. Certo la visita in primis era per il compleanno di Paola, ma oltre ad appurare di persona come stessero madre e figlio, era il tema del trasferimento la loro croce personale.
Di trasferimento avevano parlato, ma il soggetto era sbagliato.
Sospirò piano e con la coda dell’occhio vide Matteo raggiungerli correndo e con un enorme sorriso stampato sulle labbra. Al piccolo quella visita era piaciuta parecchio, anche se breve.
“Andiamo a mangiare qualcosa?” Chiese Virginia vedendo arrivare Matteo. “Abbiamo ancora alcune ore a disposizione e qui qualcuno compie gli anni.”
Si ritrovarono tutti a sorridere a quel tono scanzonato. Era come ritrovarsi indietro nel tempo, quando ancora si ritrovavano tutti assieme e cenavano tra risate e scherzi.
“Ci hanno consigliato la pizzeria di Gemma.” Propose Gabriele mentre tutti e quattro s’incamminavano verso il centro di Città della Pieve.
“Pizza?” Virginia annuì con foga alla titubanza di Paola.
“Dai, è una vita che non mangio pizza. Nell’ultimo periodo ho mangiato più panini che altro.” Borbottò risentita facendo ridere Paola.
“E pizza sia.” Acconsentì infine mentre Matteo si arrampicava in braccio a Virginia.
“Tuo figlio incomincia ad essere pesante.” Le fece notare una volta giunti davanti alla pizzeria e posato il piccolo a terra che non perse tempo a trascinare Gabriele all’interno del locale. “Tutto ok?” Chiese poi vedendo Paola pensierosa per l’ennesima volta in quella giornata.
“Mi mancate.” Fu tutto quello che rispose lei in un sospiro.
“Anche qua sei in famiglia.” Commentò l’altra spingendola all’interno della pizzeria per poi strizzarle un occhiolino mentre quasi tutta la caserma esplodeva in una serie di auguri.
C’erano tutti o quasi. Anche Romanò si era unito con la famiglia al completo, c’era anche Alessandra in quel coro tra Luigi e Andrea, e Leo assieme a Elena, la famosa fidanzata che Paola aveva avuto occasione di incontrare un paio di volte.
“Quando hai avuto il tempo di organizzare tutto questo?” Chiese Paola a Virginia una volta liberatasi da tutte quelle persona che l’avevano letteralmente sommersa di abbracci e baci.
“Stamattina.” Celiò quella mentre Gabriele scuoteva il capo divertito.
Se ne erano rimasti un po’ in disparte durante gli auguri. C’era una sorta di muro a dividerli, non conoscevano nessuno lì, ma avevano intuito l’affiatamento che persisteva in quella piccola caserma.
Paola lì, a Città della Pieve, era in famiglia e questo li tranquillizzava molto.
“Non mi presenti i tuoi amici Paola?” Alessandra si era avvicinata curiosa di conoscere i due che al mattino avevano creato tanto trambusto e chiacchiere con la loro presenza. Ma rimase stupita. “Virginia?”
“Alessandra, anche tu a Città della Pieve?” Fu la risposta pacata dell’altra.
Aveva già avuto modo di scoprire che lì prestava servizio Andrea Ferri, ma non aveva idea che anche la sorella facesse parte di quella piccola famiglia.
“Vi conoscete?” Le due annuirono alla domanda di Paola mentre Gabriele pensava a quanto piccolo fosse il mondo.
“Una persona in comune.” Borbottò Virginia mentre scrutava qualcuno alle spalle delle altre due che si stava avvicinando.
“Credo di essere io la persona in comune.” Ale e Paola si voltarono trovandosi davanti Andrea, che aveva parlato, e Luigi. “Non avevo fatto caso stamattina che fossi tu. A quanto pare ora sei un Capitano.”
“E tu sei in una caserma.” Rimbeccò lei. “Ma non eri tu quello allergico ai posti fissi?” Vedendo l’occhiata perplessa di Paola si affrettò a spiegare come mai conoscesse i due fratelli Ferri. “Sono originaria di Torino, per questo li conosco. Per di più io e Andrea abbiamo frequentato lo stesso liceo.”
“Piccolo il mondo.” Si ritrovarono a dire assieme Paola e Luigi mentre Gabriele ridacchiava.
“Avvocato Gabriele Gentilin.” Si affrettò a presentarsi Gabriele. Aveva come l’impressione che ci fosse in atto un conto alla rovescia e non voleva che la bomba scoppiasse proprio lì e quella sera soprattutto.
“Collabora con il nucleo investigativo a Roma.” Specificò per bene Virginia.
“Lui è il Brigadiere Luigi Testa.” Alessandra presentò l’uomo al suo fianco prendendolo a braccetto.
“Ti sei sistemata?” Sbigottì Virginia facendo ridacchiare Andrea. “Buona fortuna.” Augurò poi a Luigi beccandosi uno spintone da Ale.

“Come vi siete conosciuti?” Fu a cena conclusa che Leo si azzardò a porre quella domanda approfittando di un momento in cui i due si erano volatilizzati.
“Erano a Roma quando frequentavo il corso.” A quella frase i più giovani tra i Carabinieri presenti in sala, si erano zittiti. Un po’ tutti avevano intuito l’amicizia genuina che li univano, ma sentirselo raccontare era tutt’altra cosa. “Mi sono rimasti accanto nonostante tutto.”
Andrea e Alessandra si scambiarono un’occhiata complice. Conoscevano Virginia abbastanza da poter assicurare che Paola non era mai stata sola in quegli anni. Nonostante il ruolo che ricopriva Virginia al nucleo sapevano che c’era sempre stato qualcuno a vegliare su Paola e Matteo. Quel giovane poi, l’avvocato Gentilin, doveva esserne la prova materiale.
“Ah però. Quindi quello è il famoso Capitano.” Esordì sorpreso Carlo e Paola scosse il capo divertita.
“Virginia è il Capitano.” Lo corresse Alessandra.
“A proposito. Sonia, se ci sono problemi durante il corso chiedi pure a lei, ti aiuterà.” Sonia la guardò sorpresa mentre Virginia tornava al tavolo giusto in tempo per sentire quell’ultima frase.
“Ormai faccio il buon samaritano lì a Roma.” Scherzò divertita. “Paola, noi dobbiamo andare.” Disse poi seria.
Si stava facendo tardi e la strada era lunga per tornare fino a Roma. Romanò e famiglia se ne erano già andati ed il piccolo Matteo, fuori assieme a Gabriele, cascava dal sonno.
“Paola.” Avevano speso dei saluti spicci, molti di loro non li conoscevano e poi, l’argomento che più premeva a Virginia affrontare era meglio affrontarlo da soli. “Posso già inoltrare domani la tua richiesta di trasferimento per Tarquinia se vuoi.”
Annuì con calma Paola mentre stringeva più forte la presa attorno a Matteo addormentato in braccio.
Prestava servizio da poco più di sei settimane lì a Città della Pieve e sapeva che non appena Virginia fosse venuta a conoscenza della cosa avrebbe smosso tutte le proprie conoscenze, in primis il Generale, per farla tornare a Roma. Bastava una sua sola parola e quella richiesta di trasferimento avrebbe fatto la sua comparsa sulla scrivania del capo il giorno successivo.
“Sto bene qua Virginia, davvero.” Disse la verità, pensandoci bene lei stava davvero bene lì nonostante i dissapori iniziali. “E poi, trasferirmi tra qualche mese non conviene. Matteo ha la scuola.” Virginia sorrise a quella frase accarezzando lievemente i capelli a Matteo.
Matteo era il primo pensiero per Paola. In quegli anni aveva messo da parte i propri desideri per il bene del figlio e questo lei lo sapeva ed aveva fatto il possibile per aiutarla. Ma vederla lì, nella cittadina dove tutto doveva essere iniziato, le metteva addosso una certa ansia.
Aveva paura che qualcosa potesse rovinare quella felicità che Paola aveva raggiunto con fatica. Conciliare il lavoro e la famiglia non era semplice e lo sapevano entrambe.
“Va bene Paola.” Annuì infine anche se non potè esimersi dal lanciarle un’occhiata strana, quasi ad intimarle di prestare attenzione.
Si salutarono con un sorriso ed un lieve abbraccio, poi Paola rimase a guardare l’auto scomparire inghiottita dal buio della notte. Sospirò piano rendendosi conto che sì, stava bene lì a Città della Pieve, stava meglio di quanto potesse immaginare all’inizio, ma c’era sempre l’ombra del passato a gravare su di lei ed un po’ temeva quel confronto che sapeva che prima o poi avrebbe dovuto affrontare.
“Dai qua. Ormai credo che Matteo sia diventato un po’ troppo pesante per portarlo fino in caserma in braccio.” Andrea era comparso come un’ombra e si era accollato il piccolo che, contro ogni aspettativa, si accoccolò posando il viso tra la sua spalla ed il collo.
Camminarono in silenzio lungo le vie fiocamente illuminate, uno affianco all’altra. Paola osservava con la coda dell’occhio Andrea che avanzava sicuro, un sorriso appena accennato sulle labbra e Matteo stretto al petto.
Un po’, quell’immagine, le metteva confusione in testa. Il piccolo sembrava essersi affezionato al giovane Maresciallo più che a qualunque altro lì in caserma e nelle ultime settimane si era accorta che c’era un forte legame a legare i due.
Le faceva un po’ paura quella consapevolezza.
Anni prima aveva semplicemente scelto la carriera al posto di un possibile amore, consapevole che forse, anche se fosse continuata quella storia tra loro, poteva finire a causa di incomprensioni. Aveva appurato che era stata la scelta giusta solo quando era giunta a Roma.
Aveva perso un possibile amore, ma aveva guadagnato la felicità dell’essere madre e Matteo.
“Tutto bene Paola?”
La voce dolce di Andrea la riportò coi piedi per terra. Aveva posato Matteo nel suo letto poi aveva scorto Paola pensierosa ancora sulla soglia della camera e aveva deciso di parlarle. Vederla lì, con quella luce, che aveva già visto durante il caso Dominici, negli occhi di lei lo aveva sciolto ed anche quel poco di rancore che ancora covava nei suoi confronti, per quella storia finita in fretta e furia, era stata cancellato.
“Come?” Aveva mormorato stranita Paola, e Andrea l’aveva afferrata gentilmente per un braccio portandola fuori nel corridoio.
“Pensieri?” Chiese poi vedendo ancora quella luce strana nei suoi occhi. Sembrava persa, impaurita e non riusciva a capirne il motivo. “Se chiedi a Virginia di certo troverà un modo per farti avere il trasferimento e Capello sono sicuro che ti darà una mano anche lui.” La vide scuotere il capo ed aggrottò le sopracciglia pensieroso. “Paola, non ce l’ho con te, non ce l’ho mai avuta con te per come è finita tra noi.” Poggiò le mani sulle sue braccia capendo per cosa lei si stesse angosciando. “Forse nessuno dei due era pronto.” Le sorrise cercando di rassicurarla e sfregando le mani sulle sue braccia come per darle calore. “E poi, Matteo è un bambino dolcissimo. Come la sua mamma.” Riuscì a farla ridere con quell’ultima frase. “Non ce l’ho con te.” Sussurrò ancora improvvisamente conscio della loro vicinanza.
Alzò un braccio e con il dorso della mano le carezzò la guancia mentre lei si aggrappava al suo giubbetto in pelle chiudendo gli occhi a quella lieve carezza.
Entrambi avevano bramato quel contatto per anni.
Fu questione di pochi istanti, i loro occhi s’incrociarono ancora mentre la distanza tra i loro visi si annullava. Sarebbe bastato poco per poter riassaporare qualcosa che credevano perso, ma fu Paola a bloccarsi abbassando il volto e sottraendosi al viso di Andrea. Stava per scusarsi quando si sentì avvolgere in un abbraccio e le labbra di Andrea posarsi in un lieve tocco sulla sua fronte prima di stringerla a se facendole posare il volto sulla sua spalla e posando a sua volta la guancia sui suoi capelli.
Rimasero fermi per alcuni secondi mentre Paola si rilassava tra le sue braccia e Andrea le accarezzava lentamente la schiena. Entrambi avevano il cuore in tumulto quando si staccarono e dopo un lieve “Buonanotte” Andrea se ne andò lasciando Paola ad osservarlo scomparire dietro la porta della sua camera, prima di rientrare nella propria.


***

Angolino di Bitter:
Allora, finalmente si sa chi è questo Capitano. Certo però che il mondo è un po’ piccolino u.u
A parte questo, tornando al capitolo, parecchi risvolti, e Paola che finalmente capisce che non è male essere a Città della Pieve quando invece all’inizio credeva che fosse un inferno.
Andrea ha fatto il primo passo, ed ha anche ricevuto un bel due di picche. E ora? Che farà? Manderà tutto al diavolo o continuerà a provarci?

A parte tutto sto casino, il prossimo capitolo sarà on-line Giovedì 2.

Rispondiamo alla recensione:
Clappy: sono contenta che ti piaccia, di colpi di scena ce ne saranno ancora. Oh, finalmente ho trovato qualcuno che la pensa come me su Andrea&Andrea come coppia, senza nulla togliere ai fan di questa coppia logico :) Per quanto riguarda il dialetto romano, aspettati prima o poi quintali di messaggi in cui ti supplicherò di dirmi la traduzione esatta xD Prosperi è un mito e di certo sarà presente anche nelle prossime ff che scriverò.

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Capitolo 5
*** *Capitolo V. Scontri col passato.* ***


Capitolo V. Scontri col passato. E rieccomi con l’aggiornamento come previsto.
Il resto in fondo come sempre.


“Il fato ti dà sempre due possibilità”, aveva detto una volta George .
“Quella che dovresti scegliere, e quella che scegli”.

[SHANTARAM -  Gregory David  Roberts]

Tomorrow


*Capitolo V. Scontri col passato.*

La notizia di un momentaneo aiuto in caserma era stata accolta con gioia, ne avevano bisogno in quel momento. L’assenza di Sonia cominciava a farsi sentire e tutti sentivano il peso di quei casi che continuavano a susseguirsi e quel nuovo arrivo, anche se solo per qualche tempo, era stato visto come una manna dal cielo.
Il Maresciallo che il comando stava loro affiancando era in cerca di una pausa dopo un periodo intenso nei ROS ed il fatto che cercasse un po’ di pace, unita alla sua conoscenza di Città della Pieve, avevano giocato a loro favore.
Almeno quello era stato il pensiero del Capitano Ranieri.
Non aveva dovuto pensarci troppo su, il Capitano, aveva firmato quel foglio di accettazione ed aveva avvisato la caserma affinché preparassero una stanza per il nuovo arrivato.
Anche il Maresciallo Capello aveva tirato un sospiro di sollievo nel sapere di quel nuovo arrivo per poi rabbuiarsi quando aveva letto il nome di quel Maresciallo.
Andrea Ferri aveva assistito a quel cambio di espressione repentina ma non era riuscito a capire il perché. Sapeva solo che era un ottimo elemento, in quanto lavorava nei ROS e poteva ben capire quella richiesta di pausa. Alle volte anche lui aveva pensato di prendersi una pausa quando ancora lavorava alle dipendenze del Colonnello Di Chiara. Il fatto poi che sapesse come muoversi lì, in quella cittadina, era un punto a loro favore, non avrebbero sprecato tempo nel spiegargli il lavoro che si svolgeva in una piccola caserma.
Un gran colpo di fortuna.
Ma era solo lui a pensarlo dato che molti lì sembravano non apprezzare quel Maresciallo, soprattutto Leo e Paola, anche se era riuscito a scorgere una espressione preoccupata anche sul volto sempre sorridente di Carlo.
A lui il nome Tommaso Palermo non diceva nulla.
Si era scambiato un’occhiata incerta con Luigi quando erano avvenute le presentazioni, presentazioni più rivolte verso gli ultimi arrivati, quali loro due, il Maresciallo Sepi ed il Magistrato. Gli altri lo conoscevano anche se gli riservarono un tiepido saluto. Come se quell’arrivo fosse un preannuncio di tempesta.
“A Marescià, tutto a posto?”
Era tornato presente solo all’ennesimo richiamo di Prosperi di pattuglia con lui. Negli ultimi dieci giorni, da quando Palermo era entrato nell’organico, si trovava a vagare con la mente alla ricerca di qualcosa, un indizio, una frase che potesse spiegargli quella strana atmosfera presente in caserma. Aveva anche ripercorso mentalmente i vari discorsi che aveva udito quando aveva appena preso servizio lì, ma non era venuto a capo di nulla.
L’unica cosa che era riuscito a capire era che Palermo se ne era andato e lui era arrivato.
“Sì Carlo, tutto ok.” Prosperi aveva inarcato un sopracciglio scettico a quella sua risposta ma se ne era rimasto zitto tornando a guardare la strada.
Carlo sembrava l’unico a far finta di nulla, cercava sempre di non rimanere in stanza con quel nuovo Maresciallo, ma al contrario di Leo e Paola, era tornato ad essere il burlone che realmente era. Invece quei due, sembrava di entrare in una ghiacciaia ogni volta che Palermo era nelle vicinanze, anche se aveva notato come Leo guardasse preoccupato Paola ogni volta.
Pensandoci bene, Leo sembrava protettivo nei confronti dell’amica. L’aveva coinvolta ogni sera libera in un’uscita, portandosi dietro anche il piccolo Matteo. Come se cercasse di non lasciarli mai nello stesso posto di Palermo. Addirittura era arrivato a portarli, la domenica pomeriggio, in una piccola gita nei dintorni. Gita a cui aveva preso parte anche lui.
Lì, li aveva visti finalmente rilassati e sorridenti, cosa che era svanita al rientro e che era proseguita il lunedì. Con una scusa Paola, la domenica sera, si era ritirata in camera per uscirne solo la mattina successiva.
Non era ancora pronto, Andrea, per chiederle così apertamente cosa non andasse. Aveva deciso, dopo una chiacchierata con Alessandra, di lasciare del tempo a Paola sperando che le cose migliorassero, o che almeno lei rassicurasse tutti loro. Ma quel “Tutto a posto” buttato lì durante una discussione non lo aveva tranquillizzato.
“Carlo.” Prosperi sembrava quello più ragionevole da affrontare e lui era in ansia per tutta quella situazione.
“Se posso dì la mia, Marescià, non ci voglio entrare.” Sembrava quasi che Carlo avesse paura di affrontare quel discorso, discorso che aveva intuito da solo anche se era facile capire la piega che avrebbe preso. “Non guardarmi con quella faccia lì Andrè. Tu non ci vuoi parlà con me, te devi farte dì le cose da Paoletta. Magari chiedere a Leo.” Continuò a sciorinare senza mai staccare gli occhi dalla strada. “Anche perché io non so nulla. Solo che ce stò qua da un po’ e qualcosa posso aver capito. Ma io non so nulla.”
Andrea scosse il capo divertito. Nonostante quanto Carlo andasse ad affermare era sicuro che sapeva più di quanto credesse. Probabilmente anche il Maresciallo Capello sapeva.
Ricordava ancora il primo periodo dopo la partenza di Paola per Roma e le occhiate comprensive che Capello gli lanciava e le pacche incoraggianti che gli dava.
“Guarda che Paoletta non te magna mica.” Continuò divertito Carlo facendolo sorridere. “Anche perché mi pare che siete tornati amici.”
“Prosperi.” Cercò di fare la voce dura, ma tutto quello che gli uscì fu un tono esasperato per quella frecciata. Anche se, non aveva tutti i torti.
Nonostante quel rifiuto, avvenuto ormai più di un mese prima, il suo rapporto con Paola si era consolidato, anche e soprattutto grazie a quel legame speciale che lo univa indissolubilmente a Matteo. Si era davvero affezionato a quel bambino e si era ritrovato complice con Paola durante le indagini.
Come se lei non se ne fosse mai andata.
Anzi, l’aveva vista più di una volta cercarlo con lo sguardo e in alcune occasioni cercare la sua compagnia, sia in presenza di Matteo che da sola.
“Per dire l’ultima cosa, Leo stasera è fuori. Credo abbia un appuntamento con Elena.” Gli sussurrò casualmente una volta rientrati in caserma, ed infatti videro Leo correre verso le camerate.

***

“Maresciallo.”
Andrea salutò con un lieve cenno del capo Romanò di piantone quella notte.
Nonostante tutte le indicazioni di Prosperi, quella sera non era riuscito a trovare Paola in cucina, per poi scoprire che aveva cenato a casa di Romanò. Praticamente  la sua idea di sondare il terreno era svanita ancor prima di essere considerata.
Poco male, aveva accettato l’invito di Luigi ed erano usciti a bere una birra.
Quella sera Alessandra era impegnata al Bed & Breakfast e loro due si erano ritrovati a condividere una serata davanti ad un bicchiere di birra gelida. Le parole erano state poche, un po’ per la mancanza di argomenti, un po’ perché Luigi sembrava essere su di un altro pianeta.
Aveva faticato parecchio per capire cosa angustiasse l’amico. Non che solitamente fosse un gran chiacchierone, era Carlo l’anima della festa, ma quella sera era più silenzioso del solito.
Il filo alla fine?
Il Maresciallo Sepi ed il Magistrato Cesari. E quel qualcosa che sembrava legarli.
Andrea non se ne era accorto e sentirlo da Luigi, che poteva considerare come il proprio migliore amico, lo aveva lasciato stupito. Sì, stupito era la parola giusta per descrivere la sua reazione a quella presunta relazione, relazione che sembrava andare avanti da tempo a giudicare dalla titubanza che aveva mostrato Luigi nel renderglielo noto.
Non sapeva dare un nome al sentimento che lo aveva pervaso. Ci aveva rimuginato sopra per il resto della serata senza però venirne a capo. Delusione? Rammarico? Gelosia verso quel qualcosa che poteva essere e che invece non c’era?
Indifferenza.
Era pure e semplice indifferenza quello strano sentimento che lo aveva pervaso. Certo era felice per la collega, aveva sperato che lei trovasse qualcuno che finalmente la facesse stare bene e sapeva che non poteva essere lui quel qualcuno.
Lo aveva capito solo quando aveva messo piede in cucina ed aveva scorto Matteo, sdraiato sul tappeto intento a guardare la tv, e Paola, rannicchiata sotto una coperta sul divano.
“Ehi.” Si era avvicinato velocemente lasciando il giubbetto sullo schienale di una sedia.
“Ehi.” Si erano salutati come due vecchi amici, ma Andrea aveva scorto bene l’aria stanca sul viso di lei e si era seduto al suo fianco dopo aver scombinato giocosamente i capelli al piccolo, che gli aveva sorriso di risposta per poi riportare la propria attenzione allo schermo.
“Matteo non aveva sonno.” Aveva spiegato in un sussurro Paola facendo un po’ di spazio ad Andrea sul divano.
“Tu invece sembri sfinita.” Aveva replicato dopo un paio di minuti Andrea tornando a prestare attenzione a Paola.
Le fece una lieve carezza sulla guancia riuscendo a strapparle un sorriso. S’irrigidì mentre Paola si addossava contro di lui fino a posare il capo sulla sua spalla e la mente tornò indietro nel tempo e la sensazione di deja-vù diveniva sempre più forte.
Era già accaduto e come allora, Paola cercava conforto e calore. La voglia di baciarla lo stava sopraffacendo, sarebbe bastato poco, piegare un poco la testa e sfiorarle le labbra. Solo un bacio che desiderava da quella sera davanti alla porta della sua camera o forse da quando l’aveva vista seduta in cucina, con Matteo in braccio e Leo seduto davanti a lei.
Si lasciò andare rilassandosi sullo schienale del divano e passò un braccio attorno alle sue spalle stringendosela addosso. Avrebbe lasciato a lei la scelta, decidere se rimanere fermi a quel gradino, che era l’amicizia, o se salirne un altro e aspirare a qualcosa che lui sentiva ancora vivo e non morto e sepolto come invece aveva cercato di convincersi per troppo tempo.
“Come è andata la cena da Romanò?” Chiese ad un certo punto in un sussurro Andrea e Paola alzò il capo per poterlo guardare negli occhi.
“Come fai a saperlo?” Gli chiese curiosa. Di quella cena lo sapeva solo lei, Romanò ed il Maresciallo Capello.
“Un uccellino.” Scherzò lui facendola sorridere.
“La tua invece?” Chiese Paola senza dare una risposta, tornando a poggiarsi contro Andrea.
“Una birra con Luigi.” Tralasciò volutamente la chiacchierata che avevano avuto, di certo Paola già sapeva.
In quell’anno in cui avevano lavorato assieme si era reso conto di quanto lei fosse intuitiva. Era una delle sue doti che maggiormente lo avevano colpito, assieme alla sua determinazione ed il forte senso di giustizia che la guidava in ogni caso che affrontavano.
“Problemi?”
Andrea sorrise, nonostante tutti i pensieri che doveva avere, Paola continuava a preoccuparsi per lui. Probabilmente le riusciva difficile credere a quella amicizia che lo legava a Luigi anche se, aveva appurato, più di una volta, la veridicità di quel legame.
Forse avrebbe fatto fatica pure lui a crederci, visti gli scontri avvenuti anni prima.
“No, solo un’uscita tra uomini. Alessandra era impegnata al Bed & Breakfast.” La rassicurò mentre scivolava un poco sul divano per farla stare comoda, anche se era lui poi a trovarsi scomodo. “Tu?”
La sentì trattenere il fiato per poi rilasciarlo in un sospiro. Doveva avere parecchi pensieri per la testa Paola per essere così stanca ed un po’ accondiscende. Non era mai stato semplice farsi dare una risposta che non voleva dare, e la maggior parte delle volte non la riceveva.
Era contento però, lui sembrava non rientrare tra i suoi problemi.
“Qualche pensiero.” Paola prese un attimo per se, come a voler riordinare le idee. “È un periodo un po’ così.”
Andrea annuì silenziosamente anche se la risposta non lo soddisfava. Sapeva bene che doveva esserci sotto qualcosa, anche se poteva ben capire Paola. Il periodo di stress al lavoro, Matteo e la scuola. L’aveva vista più di una volta al telefono, probabilmente con Virginia, e sua sorella gli aveva fatto notare i vari malumori che spesso la coglievano.
Avrebbe voluto chiedere, ma sapeva che se lo avesse fatto potevano finire col litigare. Paola avrebbe parlato solo quando se la fosse sentita e a lui importava solo quello, anche se avesse preferito parlare con Leo piuttosto che con lui.
“Cosa ne pensi del Maresciallo Palermo?” Si ritrovò a chiedere soprapensiero mentre faceva scorrere una mano in una continua carezza sulla schiena di lei.
“Andrea, lo conosco meglio di te.” Si diede mentalmente dello stupido per quella domanda, ma sentendola rilassata contro di sé continuò.
“Hai ragione. A volte dimentico che eri qui prima di me.” Sorrise. Era vero, a volte dimenticava che era lui il nuovo arrivato lì, sette anni prima, e non lei.
“Il Maresciallo Ferri sta invecchiando.” Lo canzonò lei facendo voltare Matteo verso di loro.
Trattennero entrambi il fiato. Non sapevano quale potesse essere la sua reazione, certo, li aveva visti altre volte vicini a parlare, a ridere o a scherzare. Aveva accettato Andrea da subito, ma non li aveva mai trovati in un atteggiamento così intimo.
Anzi, per quanto Paola ricordasse, Matteo non l’aveva mai vista in un atteggiamento intimo con nessuno in quegli anni, se non con i colleghi di Virginia, ma loro erano un po’ la loro famiglia.
“Tuo figlio è una continua sorpresa.” Mormorò piano Andrea dopo che Matteo era tornato a guardare la tv senza battere ciglio o proferire parola alla scena che gli si era prospettata davanti.
“Virginia mi diceva sempre che è troppo intelligente per la sua età.” Più di una volta li aveva trovati a fissarsi seri. Poi Virginia se ne usciva sempre con la stessa frase: “Per me è un piccolo genio”.
Non aveva mai preso in considerazione quelle parole, anche perché poi li vedeva rincorrersi ridendo per il salotto, come se entrambi fossero due bambini. Era stata Elena, la moglie di Gigante a farle capire il senso di quella frase.
Matteo sembrava intuire molto bene gli stati d’animo delle persone che lo circondavano. Sensibile a detta sua, e molto più di qualsiasi altro bambino della sua età. Anche se lei aveva sempre creduto che tutti i bambini fossero sensibili alle emozioni all’interno della famiglia.
“Virginia ha sempre avuto pensieri profondi.” Mormorò ironico Andrea ripensando a molte delle discussioni strane che avevano intrapreso da quando si conoscevano.
“La conosci bene.” Era più un’affermazione che una domanda quella di Paola.
“Come tu conosci bene Palermo.” Sbottò Andrea e nemmeno lui riusciva a capire perché fosse esploso. Forse aveva visto una sorta di frecciata in quel ‘bene’, un’insinuazione.
“Che centra il Maresciallo Palermo adesso?” Si era scostata bruscamente dal corpo di lui come se si fosse scottata e si ritrovò seduta sul divano, con la coperta in grembo, a fissare negli occhi Andrea.
“Paola.” Si era accorto troppo tardi che quella sua frase avrebbe potuto scatenare una reazione più simile ad un esplosione in lei.
Anche il piccolo Matteo si era reso conto della pesante aria che tirava alle sue spalle, ed abbandonata la visione della cassetta, si era voltato ancora verso il divano. Ma non ci fu tempo per le spiegazioni o per un eventuale litigio.
“Paola, Andrea. Ma che ci fate ancora svegli?” Bini, di rientro dalla sua serata con Elena, li aveva beccati in quella strana posizione. Paola seduta scomposta sul divano che, letteralmente, sfidava con lo sguardo un Andrea ammutolito, semisdraiato, con il piccolo Matteo sul tappeto voltato verso di loro.
“Nulla Leo, anzi è ora che andiamo.”
Leo non ebbe il coraggio di replicare, abbozzò un semplice “Buonanotte” vedendo Paola con in braccio Matteo, battere una strategica ritirata. Li osservò scomparire al di là della porta per poi riportare la sua attenzione sull’unica persona rimasta in cucina.
Non ebbe cuore di infierire ulteriormente vedendo Andrea, ancora sdraiato malamente sul divano, con le mani a coprirsi il volto. Bastava già il suo senso di colpa a farlo stare male, ma non poteva nemmeno rimanere lì, come uno spettatore e lasciare uno dei suoi migliori amici ai propri guai.
Prese posto sul divano libero sedendosi obliquamente, in modo tale da avere Andrea davanti.
“Andrea.” Provò a chiamarlo, fu solo al secondo richiamo che lo vide riemergere da dietro i palmi delle mani con espressione tormentata.
“Ho fatto un casino.” Confessò senza guardare Leo, puntando lo sguardo verso il bianco del soffitto ma senza vederlo veramente.
“Puoi sempre mettere le cose a posto.” Leo era tranquillo, tanto che Andrea lo fissò stralunato.
Conoscevano entrambi il carattere di Paola, estremamente infiammabile. Sapevano bene anche quanto fosse difficile parlarle, o anche solo avvicinarla, quando era arrabbiata. Molti degli avvenimenti, accaduti in passato, erano successi anche a causa di questo.
“Non è semplice.” Provò a replicare Andrea, ma Leo lo zittì sicuro di quanto affermasse.
“Andrea, non sto dicendo che sarà semplice. La conosciamo Paola e poi non è un periodo semplice nemmeno per lei.” Cominciò calmo dosando le parole. “Ma puoi sempre provare a parlarle.”
“E come potrei farlo? Mi eviterà di certo.” Rispose Andrea ricordando bene quanta fatica doveva fare per farsi ascoltare quando litigavano.
“Tu non ti preoccupare di questo, ci sarà un’occasione giusta prima o poi. Magari sarà anche prima di quanto tu posso credere.” Gli disse sorridendo. “Vado, notte Andrea.”
Andrea rimase seduto sul divano ripensando alle parole di Leo. Non sarebbe stato facile parlare con Paola, ma era anche vero che questa volta non avevano litigato nel vero senso del termine, e in più le cose erano notevolmente migliorate tra loro in quell’ultimo periodo.
Doveva solo aspettare il momento giusto come gli aveva suggerito Leo.


***


Angolino di Bitter:
Spendo poche parole oggi, anche perché credo che il capitolo parli da sé. In tutti i casi, che bel casino che sono riuscita a creare xD ma si sa che quei due si sono sempre fraintesi molto facilmente purtroppo. Se ci penso mi vengono i nervi, quei due, nella fiction, praticamente si sono creati realtà che non c’erano e le ripicche poi…alcune davvero davvero mi hanno fatto morire dal ridere. E pensare che basta parlare, chissà se questa volta lo faranno.
Il prossimo capitolo sarà on-line Lunedì 6


Ringraziamenti speciali a  jessy1122 che ha aggiunto tra i preferiti questa ff e a Scoutina che l’ha aggiunta tra le seguite.

Risposta alle recensioni:

Clappy: sono felice che il capitolo ti sia piaciuto, la parte più divertente da scrivere è stata proprio quella che riguarda Virginia e Gabriele. E dico solo che potrebbero esserci ancora in uno dei prossimi capitoli. La parte finale, sì, non male u.u sono contenta che ti sia piaciuta, non sono pratica nel scrivere scene come questa ma sto facendo un po’ di allenamento.

Scoutina: grazie intanto per la recensione, poi, felice che ti piaccia questa ff. se ne trovano poche purtroppo su questa bellissima fiction. Il fantomatico papà di Matteo tra un po’ si verrà a sapere chi sia, e ci saranno i botti d’artificio in quel capitolo xD Prosperi è un matto con la M maiuscola, lo adoro lui e le sue uscite fuori di testa, e sinceramente dopo che è uscito dalla fiction mi si è spezzato il cuore ç_ç

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Capitolo 6
*** *Capitolo VI. Quando il dolore muove il mondo (parte I)* ***


*Capitolo VI. Quando il dolore muove il mondo (parte I)*
Ed eccomi qui ancora una volta, più o meno in orario.
Il resto come sempre in fondo al capitolo.


“Il fato ti dà sempre due possibilità”, aveva detto una volta George .
“Quella che dovresti scegliere, e quella che scegli”.

[SHANTARAM -  Gregory David  Roberts]

Tomorrow


*Capitolo VI. Quando il dolore muove il mondo (parte I)*

“Non lo avrei mai creduto possibile.” Ripetè ancora una volta in tono stupido Tom.
Lui e Paola erano usciti a cena approfittando che Matteo dormiva a casa di Romanò quella sera. Da quando Palermo era arrivato in caserma, Paola aveva cercato in tutti i modi di non trovarsi mai da sola con lui. Era ancora turbata per come era andata tra loro, ma non arrabbiata.
Aveva avuto parecchio tempo per pensare a quella storia che non era mai iniziata tra loro, ci aveva messo un po’ per capire che la sua era stata solo un’infatuazione e non amore verso Tom. Ci aveva messo una pietra sopra, ma sapeva che prima o poi il momento delle spiegazioni sarebbe arrivato. Ognuno di loro due doveva delle spiegazioni all’altro.
“A cosa ti riferisci?” Chiese Paola, anche se poteva immaginare a cosa lui si riferisse.
“A tuo figlio.” La risposta diretta e schietta di Tom la fece sorridere. “L’ultima volta che ti ho visto eri dell’idea di far carriera come Carabiniere e la famiglia sembrava l’ultimo dei tuoi pensieri, invece torno e ti trovo Brigadiere e con un figlio.”
Paola sorrise a quelle parole. Tom aveva perfettamente ragione, non aveva mai pensato ad una famiglia sua, o almeno, non nell’immediato futuro. Ritrovarsi a soli ventisette anni con un figlio non era tra i suoi desideri. Non che fosse pentita, a parte i primi giorni, quando aveva scoperto di essere incinta e non era certa di cosa volesse fare, non si era mai pentita della decisione presa alla fine.
Forse, se non avesse conosciuto Virginia, la sua vita sarebbe stata diversa. Ma Virginia era stata la roccia solida a cui aggrapparsi per tutto quel tempo, le aveva dato forza e fiducia, le aveva anche dato un aiuto materiale sia nel privato che nel lavoro.
Se suo figlio Matteo era lì, e la sua vita poteva essere definita felice, gran parte del merito doveva darlo proprio a lei.
“Non è stato facile.” Mormorò rigirando la forchetta nel piatto. “All’inizio non ero sicura di riuscire a conciliare tutto.”
“Ma ce l’hai fatta.” Tom le sorrise incoraggiante.
La donna che lui conosceva e ricordava era una persona forte, tenace e decisa. Ricordava nitidamente gli sforzi che Paola aveva compiuto per essere accettata come Carabiniere. Se all’inizio aveva pensato ad una pazzia, quella di avere una donna in caserma, si era dovuto ricredere.
Paola si era dimostrata più forte di lui in molte occasioni.
“Ho avuto una mano.” Mormorò di rimando lei rispondendo con un timido sorriso. “Quando è successo tutto ero sola, in un luogo che non era la mia casa ed attorniata da persone che non avevo mai visto.” Prese un attimo di pausa cercando di scacciare la sottile malinconia che le portava alla mente quel periodo. “Ero a Roma per seguire il corso e non avevo nessuno. Chiamare i miei significava solo litigare e litigare. Non ero nemmeno sicura di volerlo tenere.”
“Ma alla fine lo hai tenuto.” Le disse piano Tom come a volerle far continuare il discorso.
Per la prima volta Paola si trovò serena a raccontare quella piccola parte di vita che nessuno sapeva. Non aveva mai raccontato a nessuno, nemmeno a Gigante che le era rimasto accanto durante quegli anni trascorsi a Tarquinia, i suoi pensieri più intimi.
Ora si trovava a parlarne proprio con Palermo il quale sembrava solo curioso di capire come lei stesse e non sembrava riservarle alcun rancore.
“Matteo è stata la cosa migliore che potesse accadermi.” Lo disse col sorriso sulle labbra. “Certo, non è stato semplice affrontare la gravidanza ed il corso assieme. Ma ho conosciuto Virginia, un Capitano dell’Arma. Mi ha offerto una spalla su cui piangere, mi ha aiutato, soprattutto col lavoro.”
“Col lavoro?” Chiese ancora Tom dopo che Gemma ebbe portato via i piatti.
“Questi anni ho prestato servizio nella caserma di Tarquinia. È vicino a Roma e poi Gigante lavora lì.” Spiegò stringendosi nelle spalle.
Se non fosse stato per Virginia, non osava immaginare dove poteva essere trasferita. Quando le aveva detto la sua meta e chi avrebbe trovato lì si era sentita sollevata. Quando poi le aveva detto di aver preso una casa in affitto proprio a Tarquinia, in modo da poterla aiutare quando non fosse stata in missione, e che quella casa era anche per lei ed il bambino, si era sentita fortunata ad avere trovato un’amica come lei.
Virginia non aveva mai fatto troppe domande o pressioni. Si era sempre limitata ad ascoltarla, a ripeterle che non sarebbe mai stata sola ed aveva sempre rispettato le sue decisioni.
“Come mai allora sei qui?” Chiese disorientato ad un certo punto Tom. “Nel senso, perché il trasferimento a Città della Pieve.”
“Potrei chiederlo a te.” Lo rimbeccò sorridendo lei, tanto che Tom scosse il capo divertito.
“Mi mancava la caserma, anche se ci sono state incomprensioni prima che me ne andassi.” Parlò con calma osservando attentamente il viso di Paola, come a voler capire cosa quelle parole suscitassero in lei. “Mi dispiace Paola.” Esclamò poi.
“Non è nulla Tom. E poi era giusto che andasse così.” Sì, le cose tra loro dovevano andare come erano andate e Tom sembrava tranquillo quanto lei nell’affrontare quell’argomento.
“Già, ma era giusto che mi scusassi.” Continuò lui continuando a fissarla. “Avrei dovuto farlo anni fa ma lavorare nei ROS non lascia molto spazio.”
“Lo so.” Rispose sincera lei. Capiva perfettamente Tom, il lavoro di Virginia era molto simile al suo e sapeva quanto poco tempo a disposizione avessero. “Quindi hai bisogno di staccare dalle missioni e hai deciso di fare un salto qui.”
“Sì, una pausa. Magari un paio di mesi, poi mi ributterò nel solito tram-tram.” Risero entrambi divertiti.
Tutte le incomprensioni erano diventate solo un ricordo, come se non fossero mai accadute ma facessero parte di un sogno che entrambi avevano vissuto. Non poteva cancellare quanto accaduto in passato, ma ora potevano davvero definirlo passato e concentrarsi sul presente senza vecchi rancori.
“So che siete solo tu e Matteo.” Cominciò ad un tratto Tom mentre tornavano in caserma. “Non voglio impicciarmi della tua vita privata Paola, ma entrambi sappiamo i rischi che comporta il nostro lavoro.”
“Lui non lo sa.” Sapeva Paola dove Tom voleva arrivare. “Tom, non voglio che lo sappia e nessuno sa.”
Palermo annuì comprensivo.
Conosceva Paola e si aspettava una simile risposta. Durante quei giorni trascorsi in caserma non aveva mai sentito alcun riferimento verso il possibile padre di Matteo. A ben pensarci, da quello che lei gli aveva raccontato, il possibile papà non era nemmeno a conoscenza di avere un figlio.
Forse quello era il risultato di un’avventura, una notte di pura passione.
“Non sarò di certo io a chiederti chi sia.” Mormorò una volta arrivati nel cortile davanti al portone della caserma. “Solo, stai attenta Paola. Tuo figlio merita solo il meglio.”
Palermo l’abbracciò e Paola lo lasciò fare.
C’erano giorni in cui sentiva opprimente la mancanza della presenza rassicurante di Virginia, o l’abbraccio solido di Gabriele. Per quanto li sentisse per telefono, si sentiva sola, senza loro con cui parlare. Sospettava che conoscessero la verità, lei aveva raccontato loro del suo passato come Carabiniere semplice a Città della Pieve ed avevano visto con i loro occhi la caserma ed i Carabinieri al suo interno.
Durante le chiacchierate telefoniche con Virginia aveva colto più di una volta il tono ansioso di lei mentre le chiedeva se ci fossero novità. Quando appurava che tutto andava bene per davvero, la sentiva più rilassata.
Non le aveva più nemmeno chiesto cosa intendesse fare, se voleva chiedere il trasferimento e quando. Sembrava diventata consapevole, ma non aveva mai fatto alcuna domanda rispettando ancora una volta la sua decisione di mantenere il silenzio.
“Sto attenta Tom. Non ho nessuna intenzione di far crescere mio figlio senza madre.” Lo guardò fisso negli occhi sciogliendo definitivamente l’abbraccio. “Cresce senza il padre, è già dura così per lui.”
Rientrarono in silenzio salutando Bordi di piantone. Davanti alle scale che portavano agli alloggi si salutarono e mentre Palermo raggiungeva la sua stanza, Paola andò verso la cucina. La fredda serata di metà Novembre le era entrata nelle ossa e non avendo Matteo con lei, decise di bere qualcosa di caldo.
Nonostante l’ora non proprio tarda, fu sorpresa di trovare la luce accesa. Entrò lentamente e si stupì di trovare Andrea. Erano almeno quattro giorni che non parlavano. Dopo quella sera durante la quale avevano sfiorato argomenti spinosi, non erano più riusciti a parlare e risolvere i loro dubbi. Ma le indagini li avevano tenuti occupati.
“Ciao.” Salutò timidamente non sapendo bene come affrontare l’uomo che da canto suo non si voltò nemmeno sentendola.
Andrea rimase nella posizione in cui Paola lo aveva visto appena entrata in cucina, seduto su di una sedia coi gomiti poggiati al tavolo e la fronte posata sul palmo di una mano. Sembrava assorto in chissà quali pensieri e avvicinandosi, Paola si accorse che aveva gli occhi chiusi.
“Tutto bene?” Domandò preoccupata prendendo posto accanto a lui. Forse non stava bene, già una volta lo aveva trovato in una posizione simile, ma all’epoca si trattava solo di un po’ di tosse. “Senti Andrea.” Doveva scusarsi con lui per la brutta reazione che aveva avuto sere prima, non le piaceva essere in tensione con lui. Avevano passato troppi mesi a rimbeccarsi per una stupida incomprensione. “Mi dispiace per l’altra sera.”
Non ci fu nessun cambiamento nella posa di Andrea, tanto che sembrava quasi non avesse sentito le parole di Paola, né che si fosse accorto della sua presenza.
Paola ora credeva che Andrea stesse male, magari aveva qualche linea di febbre. Allungò una mano e facendo un po’ di pressione riuscì ad allontanare la mano su cui lui poggiava la fronte. Con la mano libera riuscì a tastargli la fronte, ma non era calda.
Andrea la lasciò fare. All’inizio, non appena aveva sentito la mano di Paola sulla sua, aveva aperto gli occhi di scatto, già pronto a divincolarsi dalla sua presa, ma non appena aveva sentito l’altro mano posarsi delicatamente sulla sua fronte, aveva desistito tornando a chiudere gli occhi.
“Sto bene.” Mormorò piano riaprendo gli occhi.
Si trovò il volto di lei davanti al suo, l’espressione concentrata e preoccupata. Rimasero in quella posizione per alcuni istanti, poi Paola allontanò la mano dalla fronte di Andrea solo per posarla sulla mano che ancora era intrecciata alla sua, costringendolo, lentamente, a distendere il braccio sul tavolo.
“Mi dispiace Andrea, per l’altra sera.” Si scusò ancora lei mantenendo il contatto visivo.
“Non mi devi alcuna spiegazione.” La risposta di Andrea fu un po’ brusca, si divincolò dalla presa di lei e si alzò velocemente dal tavolo andando poi a riporre il bicchiere usato nel lavandino.
Paola rimase a stringere l’aria con lo sguardo corrucciato. Il tono brusco usato da Andrea e la sua reazione dissociava con quanto affermava. Lo conosceva abbastanza da poter capire che nonostante tutto qualcosa non andava.
Eppure, durante quei giorni le era parso di capire che lui non se l’era presa per quell’infelice scambio di battute e che fosse ben disposto verso un futuro chiarimento.
“Andrea!” Lo chiamò cercando di riordinare le idee. “Che c’è?”
“Nulla.” Fu la risposta sbrigativa di lui, ma non bastò a Paola.
“Non cominciare ora.” Sbottò stizzita alzandosi e parandosi di fronte a lui che cercava di andarsene dalla cucina. “Credevo che fossi ben disposto verso un chiarimento.” Lo aggredì guardandolo duramente negli occhi.
“Non credo che ci sia nulla da chiarire.” Rispose Andrea dopo aver preso un respiro profondo e tentando di superarla.
“Io invece credo che si sia, anche perché stai cercando di scappare.” Lo riprese bloccando ancora una volta il suo tentativo di fuga.
“Non sto scappando. E mi sembra chiaro ormai il perché di quello scatto.” Rinunciò all’idea di lasciare la cucina e si voltò tornando verso la penisola, poggiandosi poi. “Non c’è nulla da spiegare.” Ripetè ancora, stanco, passandosi una mano tra i capelli corti.
“Si può sapere di cosa stai parlando?” Paola si avvicinò fermandosi ad un paio di passi da Andrea.
Da quanto aveva affermato Andrea, sembrava quasi che avesse capito quel gesto di stizza da parte di Paola. Ma nessuno dei due conosceva il tipo di rapporto che legava loro a Virginia e Tom, e Paola era sicura che nessuno lì, di quelli che conoscevano bene il Maresciallo Palermo, avesse parlato con Andrea.
Forse, l’unico abbastanza chiacchierone, era Prosperi. Lui a maggior ragione doveva aver almeno intuito quanto accaduto in quei mesi, quando ancora Andrea non era presente in caserma. Ma non le era mai parso che Carlo andasse a raccontare fatti altrui, anche se a volte faceva battute alquanto imbarazzanti. Leo di certo non ne avrebbe mai e poi mai parlato, non senza il consenso di Paola.
Che la storia gli fosse stata raccontata da Gioia?
No, probabilmente se davvero Gioia avesse raccontato qualcosa, Andrea si sarebbe dimostrato freddo e scostante ancora prima di quella sera, probabilmente lo stesso giorno in cui Palermo aveva messo piede in caserma. Non era di certo il suo solito comportamento quello, gentile e poi scontroso tutto ad un tratto. E poi, di certo Gioia non aveva motivo di sbandierare ai quattro venti quella storia andata male.
Non avevano mai nemmeno loro due toccato quell’argomento, e sia Paola che Gioia ne erano invischiate.
“Paola.” Provò ancora una volta Andrea a richiamarla. Non voleva proprio entrare nei particolari.
“No Andrea!” Fu categorica la risposta di lei. “Non cercare di rabbonirmi.” Gli puntò ancora una volta gli occhi sul volto ed Andrea sospirò pesantemente.
“Ti sei fatta la tua vita Paola. Lo capisco.” Non aveva idea nemmeno lui di cosa stesse dicendo, ma non voleva litigare, preferiva ignorare ed essere ignorato. In quel caso almeno nessuno lì in caserma ne avrebbe risentito.
Aveva voluto provarci Andrea, aveva aspettato, aveva creduto che forse quella poteva essere la volta buona, che forse finalmente sarebbe riuscito a dare un po’ di sollievo al suo animo tormentato dai rimorsi. Non l’aveva dimenticata e se ne era accorto solo quando l’aveva vista abbracciata a Gabriele, il giorno del suo compleanno.
Quella sera aveva preso il coraggio a due mani ed aveva scoperto che in fin dei conti lei non lo odiava, nonostante l’avesse respinto. Aveva creduto che lasciandole un po’ di tempo, senza insistere, senza opprimerla, lei si sarebbe riavvicinata creando di nuovo quel legame particolare che li legava.
“Di che stai parlando?” Paola non riusciva a capire. Stava parlando di Matteo?
“Non far finta. È inutile.” Si stava scaldando. Vederla lì, di fronte a lui, con quell’aria innocente di chi non ci stava capendo nulla, lo stava alterando.
“Ma vuoi essere chiaro per una volta?” Si ritrovò a rispondere con rabbia Paola, quasi aggredendolo.
Le frasi enigmatiche, i doppi sensi, i riferimenti a qualcosa di non chiaro. Le sembrava un deja-vù, e li avevano già vissuti, ritrovandosi a combattere una guerra fredda che si erano creati da soli e che era andata avanti per mesi.
“Vuoi che sia chiaro? Tu ed il Maresciallo Palermo.” Scoppiò Andrea avanzando di un passo, colmando quella esile distanza e facendoli così trovare solo ad una manciata di passi l’uno dall’altra.
“Cosa centra Tom adesso?” Fu la replica stupita di Paola.
“Vi ho visti, fuori.” La risposta masticata tra i denti fu una sorta di rivelazione per Paola.
Andrea doveva aver visto l’abbraccio che si erano scambiati fuori, probabilmente dalla finestra della sua stanza che si affacciava proprio sul davanti della caserma. Le parole che si erano scambiati però non doveva averle sentite.
“E con questo?” Si ritrovò a ribattere leggermente spaesata. “Andrea, che centra scusa?” Provò a posargli una mano sul braccio, ma lui fuggì al suo tocco facendo aumentare di nuovo la distanza che li separava.
“Nulla, hai ragione. Non centra nulla. Tu hai scelto la tua strada.” Aveva ripreso un po’ di lucidità Andrea, ma Paola invece sembrava infervorata.
“Non venirmi s dire ora che in questi anni tu non hai avuto altre storie.” Lo aggredì a viso aperto spintonandolo. “Non venirmi a raccontare che tu sei rimasto solo, ad aspettare che tornassi o che non hai cercato di lasciarti tutto alle spalle.”
“E che dovevo fare?” Gli uscì in un soffio quella domanda mentre ad occhi spalancati guardava Paola di fronte a lui. “Sei stata tu ad andartene, sei stata tu a decidere che la tua carriera fosse più importante di noi due.” Aveva di nuovo alzato la voce afferrandola per le spalle. “Non hai chiesto niente a me. Tu hai deciso, tu hai messo fine alla nostra storia e te ne sei andata. Poi torni dopo sei anni e con un figlio.”
Si guardarono negli occhi. Paola ora sembrava essere tornata calma, consapevole di dove tutta quella conversazione potesse andare a parare al contrario di Andrea, il quale sembrava non ragionare più.
“Lascia fuori mio figlio da questa storia.” Si divincolò dalla sua presa, con il chiaro intento di far finire lì tutta la conversazione, allontanandosi da lui.
“Centra anche lui.” Fu la risposta rapida di Andrea che in pochi passi la raggiunse afferrandole un braccio e costringendola a fermarsi in mezzo al corridoio appena fuori dalla porta. “E centra anche il tuo caro Maresciallo Palermo.”
“Matteo non centra nulla con me e Tom.” Provò a divincolarsi dalla presa di Andrea, ma ottenne solo di ritrovarsi ancora più vicina a lui, intrappolata.
“Ah no?” Fu ironico il tono di Andrea. “Non venirmi a raccontare frottole Paola. E quell’abbraccio? Magari siete andati anche a cena, magari proprio per raccontargli di suo figlio.”
Lo schiaffo che seguì quell’affermazione risuonò come se fosse uno sparo nel corridoio. Non poteva crederci Andrea, eppure la guancia destra bruciava. Se la toccò lentamente e tornò alla realtà, come se quello che aveva appena vissuto fosse stato solo un sogno, un incubo tremendo. Ma la guancia bruciava ed il volto, tra il furioso e l’incredulo di Paola, era ancora davanti a lui, come il suo braccio alzato.
“Quello che c’è stato tra me è Tom è accaduto prima del tuo arrivo.” Soffiò lentamente Paola. “Non c’è stato nessuno di importante in questi anni.”
“Che vuoi dire?” Domandò sbattendo le palpebre Andrea, ma Paola gli aveva voltato le spalle. “Paola!” Provò a chiamarla riafferrandola di nuovo per un braccio.
Tutto ad un tratto dalla sua mente era svanita l’immagine di lei e Palermo abbracciati, sostituita dallo sguardo attento e scrutatore di Virginia la sera del compleanno di Paola, quando si era avvicinato assieme a Luigi.
Non ci aveva fatto caso più di tanto quella sera, come non aveva mai badato agli strani sguardi, attenti e pensierosi, che sua sorella gli lanciava quando era assieme a Paola. Quella frase detta da Paola glieli aveva fatti tornare alla mente, come se fossero collegati tra loro ma non riusciva a trovare cosa li unisse.
“Niente Andrea, niente.” Ripetè spossata lei fermandosi di scatto, come se un enorme peso le fosse piombato improvvisamente sulle spalle.
“Paola, ti prego.” La supplicò piano Andrea avvicinandola a sé. Paola si lasciò guidare fino a trovarsi così vicina ad Andrea da poter percepire l’odore del dopobarba che usava. Chiuse gli occhi quando lo sentì appoggiare la fronte contro la sua. “Non facciamoci ancora del male.”
Paola sentì la gola secca mentre cercava di deglutire. Per un attimo, nel sentire quella supplica da parte di Andrea, aveva sentito le gambe tremare ed un brivido percorrerle la spina dorsale, come quando esisteva ancora un ‘noi’ tra loro, quando ancora erano semplicemente due innamorati a cui poco importava delle rigide regole imposte dall’Arma.
“Non posso Andrea, non posso.” Lo ripeteva come una cantilena, reprimendo a stento le parole che ora premevano per uscire.
“Guardami Paola.” Mormorò ancora Andrea e lei aprì piano gli occhi ritrovandosi a specchiarsi in quelli verdi di lui. “C’è qualcun altro?”
Combattuta Paola mormorò un flebile “No” anche se avrebbe voluto annuire in modo tale da creare di nuovo quel muro fatto di silenzi e segreti che era riuscita a mantenere eretto per tutti quegli anni fino a quel momento.
“Paola.” Mormorò di nuovo Andrea mentre alzava la mano libera per carezzarle la guancia.
A quel lieve tocco lei chiuse gli occhi assaporando la dolcezza di quel gesto. Era consapevole a cosa avrebbe portato tutta quella dolcezza, anche la sera del suo compleanno era consapevole, ma allora la sua volontà era stata più forte ed il muro era ancora solido.
Avrebbe ceduto, ma un piccolo spazio nella sua mente sperava che Andrea si fermasse da solo.
Il suo profumo la inebriava stordendole i sensi, portandola a desiderare un contatto più intimo, desiderando che lui non si fermasse. Non le importava in quel momento dove si trovasse, aveva dimenticato tutto, tutto quello che era accaduto sei anni prima, rilegandolo in un angolo sperduto della sua testa.
“Andrea.” Provò un esile resistenza trovandosi però incerta nel pronunciare il suo nome.
“Shh.” Andrea le carezzò ancora la guancia facendo una lieve pressione e costringendola a piegare un poco il volto mentre lui abbassava lentamente il viso verso il suo.
Lasciò scivolare la mano che ancora le tratteneva il braccio fino a posarla sul suo fianco, riuscendo ad accostarla completamente contro di sé. L’altra mano la posò sul suo collo, carezzandolo lentamente col pollice e sentendo sotto di esso il pulsare veloce del battito del suo cuore.
Chiuse gli occhi Andrea mentre la distanza tra i loro visi veniva resa nulla e le labbra si posavano su altre labbra in un tocco lieve ed esitante. La sentì aggrapparsi al suo maglione, come se lui fosse un’ancora in grado di non farla cadere, mentre le stuzzicava con la lingua le labbra fino a farle schiudere e riuscendo a trascinarla in un bacio profondo.


***

Angolino di Bitter:
Allora, capitolo lunghino questo e come si è visto dal titolo il prossimo sarà la seconda parte. Se avessi messo il capitolo intero allora sì che era davvero lungo da leggere, ma è stata anche una scelta quella di dividerlo in due.
Tornando al capitolo, che già dice tutto, dico solo che ci voleva il chiarimento tra Paola e Tom. Non mi era molto piaciuto come avevano lasciato in sospeso tutto il discorso, quindi è stato un chiarimento d’obbligo senza alcun ritorno di fiamma. Per la parte che riguarda i nostri due simpaticoni, evvai, le incomprensioni vanno a nozze xD ma posso dire che il peggio deve ancora arrivare, o il meglio, dipende dai punti di vista dire. In tutti i casi, nel prossimo ci saranno parecchie cosucce interessanti.

E con questo, il prossimo aggiornamento a Giovedì 9

Risposte alle recensioni:

Scoutina: felice che questa ff ti abbia appassionata e lieta di sapere che sei una fan della coppia :)
Clappy: il ritorno di Palermo è stato premeditato ancor prima di pensarlo praticamente, anche perché in qualche modo dovevano venir fuori determinati discorsi. Leo ha sempre ragione, la forza di uno psicologo, ma purtroppo sappiamo quanto testardi sono quei due. Scrivendo mi è giusta giusta tornata in mente proprio quella scena :)

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Capitolo 7
*** *Capitolo VII. Quando il dolore muove il mondo (parte II)* ***


Capitolo VIII: Quando il dolore muove il mondo (parte II)
Eccomi con il seguito dello scorso capitolo :)
Come sempre il resto in fondo.

“Il fato ti dà sempre due possibilità”, aveva detto una volta George .
“Quella che dovresti scegliere, e quella che scegli”.

[SHANTARAM -  Gregory David  Roberts]

Tomorrow


*Capitolo VII. Quando il dolore muove il mondo (parte II)*

Andrea aprì di scatto gli occhi stranito mentre sentiva le mani di Paola fare pressione sul suo petto nel tentativo di allontanarlo da sé. La lasciò fare, ponendo fine al bacio ed allentando la presa attorno alla sua vita ed indietreggiando di un passo per poi lasciare scivolare le mani lungo le sue braccia distese.
“Non posso Andrea.” Ripetè Paola dopo aver preso fiato, cercando di non far tremare la voce. “Mi dispiace.” Mormorò mentre faceva un passo indietro senza fissare Andrea negli occhi.
“Perché?” Gli uscì in un soffio quella parola mentre lasciava cadere lungo il corpo le braccia.
Andrea l’aveva sentita abbandonarsi a lui durante quel bacio, ricambiarlo completamente, come spesso accadeva quando ancora stavano assieme. Poi, non era riuscito a capire cosa fosse accaduto, ma Paola lo aveva respinto con decisione, come se quello che era appena accaduto fosse stato uno sbaglio enorme, qualcosa che non doveva capitare.
“Non posso Andrea.”
“Spiegami.” Fu la risposta rabbiosa all’ennesimo non posso di Paola. “Spiegami perché Paola. Se davvero non c’è nessun altro nella tua vita, perché non darci una possibilità?”
“Ci sono cose che non posso dirti Andrea.” Fece per andarsene, ma la supplica di Andrea sembrò fermarla.
“Ti prego, non andartene.” Fece lentamente quei passi che li separavano arrivandole alle spalle. Allungò un braccio per toccarla, ma lo bloccò a mezz’aria mentre lei tornava a fronteggiarlo con lo sguardo.
“È meglio così Andrea. è meglio per entrambi.” Aveva riassunto un’aria decisa mentre lentamente pronunciava quelle parole.
“È per Matteo?” Provò a chiedere Andrea, sperando quasi che la paura, che riusciva a leggere negli occhi di Paola, fosse solo un timore che suo figlio non fosse in grado di accettare un possibile compagno per la madre. Ma Paola scosse il capo negando. “Paola, se non è per lui, perché allora?”
“Mi odierai Andrea.” Replicò lentamente abbassando lo sguardo, non riuscendo più a sostenere quegli occhi verdi che sembravano essere in grado di scrutarle l’anima.
“Non potrei mai odiarti Paola. Non sono riuscito ad odiarti nemmeno quando te ne sei andata.” L’afferrò per le spalle mantenendo la presa salda. “Dimmi perché dovrei odiarti, Paola.” La vide scuotere il capo mordendosi il labbro inferiore. “Paola.” La chiamò ancora scrollandola un poco. “Qualsiasi cosa sia non potrò mai odiarti.”
“È tuo.”
“Cosa?” Domandò non riuscendo a capire. “Cosa è mio?”
“È tuo figlio Andrea.” Paola alzò lo sguardo riuscendo finalmente a guardarlo negli occhi. Sentiva la presa sulle sue spalle allentarsi mentre ripeteva ancora quelle parole. “Matteo è tuo figlio.”
Andrea non rispose troppo sconvolto. La presa sulle spalle di Paola si sciolse definitivamente e lasciò cadere ancora le braccia lungo i fianchi mantenendo lo sguardo fisso sul volto di lei, ma non vedendola realmente.
La vide voltargli le spalle velocemente, non appena era stata libera dalla sua presa, ed uscire dalla porta che dava sul cortile, ma non provò a fermarla.
La guardò semplicemente andarsene.


***


“Pronto.” Borbottò Luigi mettendosi a sedere sul letto. Alessandra, al suo fianco, accese la luce posta sul comodino osservandolo prima ascoltare in silenzio, poi alzarsi cercando i pantaloni della tuta. “Sì, no, ascolta. Nessun disturbo, vieni qua. Ti aspetto.”
“Che succede Luigi?” Chiese non appena lo aveva visto chiudere la chiamata.
“Non ne ho idea.” Rispose tornando verso il letto e chinandosi per rubarle un bacio. “Paola sta venendo qui.” La informò poi invitandola ad alzarsi.
“E non ti ha detto il motivo?” Continuò Alessandra alzandosi ed indossando qualcosa di comodo. Vedendo il segno negativo da parte di Luigi sospirò pesantemente. “Allora è colpa di Andrea.”
“Come fai ad esserne così sicura?” La fissò sorpreso immobilizzandosi in mezzo al corridoio.
“Perché Andrea è un idiota?” Rispose sarcastica continuando a dirigersi verso la cucina. “Stasera Paola usciva con Palermo.”
“E tu credi che Andrea abbia tratto conclusioni sbagliate?” Cominciava a capire dove Alessandra volesse arrivare e lo sguardo che gli lanciò gli fece intuire che probabilmente era sulla strada giusta.
“Non sarebbe la prima volta, e lo sai anche tu.” Gli fece notare lei.
Alessandra aveva ragione si disse Luigi. In passato Andrea aveva più volte tratto le conclusioni sbagliate, soprattutto nei confronti di Paola. Ora non gli veniva difficile credere che l’uscita di Paola e Palermo, avesse in qualche modo pilotato una sua qualsiasi reazione negativa.
Sia Luigi che Alessandra erano giunti alla conclusione che Andrea fosse ancora innamorato di Paola. Ma probabilmente era proprio Andrea a non rendersene conto. Un po’ Luigi poteva capirlo, gli era rimasto accanto, nonostante Andrea li avesse allontanati tutti, e non sapeva quanto quella decisione da parte di Paola lo avesse fatto soffrire.
Non aveva mai creduto alle parole di Andrea quando ripeteva che tutto andava bene e che Paola era una storia passata.
Il sommesso bussare alla porta lo distrasse. Paola doveva essere arrivata.
Si scambiarono uno sguardo lievemente preoccupato non sapendo bene come comportarsi in quel caso. Poi Alessandra si diresse in cucina mentre Luigi andava ad aprire la porta ritrovandosi davanti la figura tremante di Paola.
“Scusami Luigi.” Fu la prima cosa che disse non appena lo vide.
“Entra dai, fuori si gela.” Si scostò per farla passare, poi le passò un braccio attorno alle spalle spingendola gentilmente verso la cucina.
Alessandra le sorrise mentre, dopo che Luigi le aveva preso il giubbotto pesante, si sedeva su di una sedia intrecciando tra loro le dita della mano. Imbarazzata Paola abbassò lo sguardo tenendolo ostinatamente sulle proprie mani, senza accorgersi che Luigi era tornato nella stanza e la fissava appoggiandosi allo stipite della porta.
“Tutto bene Paola?” Alessandra posò la tazza fumante davanti a Paola, prendendo poi posto dinanzi a lei.
“No.” Mormorò scuotendo il capo. Luigi e Ale si scambiarono uno sguardo preoccupati. “Non c’è nulla che vada bene.”
La guardarono stringere le mani attorno alla ceramica in una morsa ferrea, poi tornarono a guardarsi ancora negli occhi ponendosi una muta domanda ma non trovando una risposta negli occhi dell’altro.
Il cellulare che vibrava nella tasca dei pantaloni di Luigi lo distrasse da quel gioco di sguardi. Lo estrasse per controllare e non fu sorpreso di leggere il nome di Andrea. inarcò le sopracciglia mentre le lettere comparivano davanti ai suoi occhi.
Paola è da te?
Sospirò piano. Alessandra ancora una volta aveva avuto ragione.
Sì.
Rimase a fissare lo schermo illuminato ma non apparve nessun messaggio di risposta. Gli bastò un semplice sguardo per capire che Alessandra doveva aver intuito chi era. Scosse il capo rimettendosi il telefono nella tasca e facendo capire alla donna, che ancora lo fissava, che non aveva idea di cosa fosse successo.
“Io vado a dormire.” Le salutò impacciato Luigi, intuendo che forse la più adatta per far sfogare Paola fosse Alessandra.
“Mi dispiace avervi disturbato.” Borbottò piano Paola.
Era piombata ad un orario indecente a casa loro, ma non ci aveva pensato, in quel momento non si era nemmeno accorta di essere uscita dalla caserma. Luigi era stata la prima persona che le era venuta in mente, ma forse aveva sbagliato ad andare lì.
Alessandra era la sorella di Andrea.
“Nessun disturbo Paola.” Cercò di tranquillizzarla sorridendole. “Siamo amici e gli amici si aiutano quando ce n’è bisogno.” La vide stringersi di più in sè stessa, somigliando ad una bambina timorosa di ricevere una sgridata. “Ascolta, Paola, non voglio chiederti cosa sia successo, ma se hai bisogno siamo qui.”
Paola le sorrise riconoscente, le piaceva quella ragazza, solare ed allegra. Così simile ad Andrea nel carattere. All’inizio era rimasta un po’ perplessa, sapendo quanti screzi c’erano stati tra Luigi ed Andrea, si era chiesta come fosse possibile che Luigi si fosse innamorato proprio della sorella.
Si era ricreduta, anche se ora, una sorta di timore misto a rimorso la stava cogliendo.
“Credo che accetterò la proposta di Virginia.” Buttò lì in un soffio tornando a posare lo sguardo sulla tazza che ancora stringeva tra le mani.
“Trasferimento?” Domandò Alessandra consapevole della risposta e quando la vide annuire lentamente col capo sospirò. “Non so come funzionino queste cose Paola, ma sono sicura che Virginia ti aiuterà, se davvero vuoi essere trasferita altrove.”
“Sarebbe la soluzione migliore.” Tenne ostinatamente lo sguardo fisso sul liquido scuro non riuscendo ad alzare il capo ed incrociare gli occhi di lei.
“Per chi Paola?”
Quella domanda detta a bruciapelo le fece trattenere il fiato e rafforzare la stretta attorno alla tazza. Alzò lo sguardo trovando Alessandra intenta a fissarla, seria e con lo sguardo acceso.
“Io…” Le parole le morirono in gola.
Per chi sarebbe stato meglio quel trasferimento?
Per lei no di certo. Già una volta aveva preso una decisione simile, sapendo bene che finito il corso le possibilità di tornare a Città della Pieve erano nulle. Non le aveva giovato quel corso e anche Virginia se ne era accorta.
Una volta le aveva chiesto se voleva tornare lì, a Città della Pieve. Aveva risposto di no, sicura che quella fosse una parte della sua vita che doveva dimenticare. Ma dimenticare era impossibile. Ogni volta che guardava Matteo i ricordi la sommergevano, togliendole il fiato e trascinandola in un vortice di inquietudine.
“Io…” Lo ripetè ancora mentre lentamente si rendeva conto che di certo non era quella la soluzione giusta. “Non lo so.”
Alessandra le prese una mano, stringendola forte e sorridendo lievemente a Paola. Poteva comprendere la sua confusione, anche lei l’aveva vissuta quando si era accorta di provare qualcosa di più di un’amicizia verso Luigi.
“Ne sei ancora innamorata?”
Paola non rispose e quello bastò ad Alessandra.
“Mi odia.” Fu un brontolio quello di Paola.
“Ne sei sicura?” Domandò di rimando Alessandra non riuscendo a capire da dove uscisse una simile affermazione. “Lo so che mio fratello è un cretino, e che a volte parla senza prima collegare il cervello.” Provò a farla ridere ma il lieve sorriso che era comparso sul volto di Paola stonava con lo sguardo triste nei suoi occhi.
“Ha tutte le ragioni per farlo.” Scosse il capo mentre la discussione avuta con Andrea tornava a fare capolino nei suoi pensieri.
“Hai qualcuno che ti aspetta a Tarquinia?” Le era costato molto porle quella domanda, ma quella sembrava essere l’unica cosa che poteva indurre Andrea ad odiare la donna che le sedeva di fronte.
“No, ed è questo il problema.” Paola ritrasse la mano che ancora era stretta tra quella di Alessandra.
“Non riesco a capire allora.” Fu la risposta frustrata a quell’affermazione.
Per un secondo solo pensò che Paola avesse deciso di provare ad avere una vita con Palermo, ma lo scacciò violentemente. Leo le aveva raccontato a grandi linee quanto accaduto in quella sorta di quadrilatero ed aveva capito che probabilmente c’era stato più di un fuoco di paglia.
“Se ci fosse stato qualcun altro non avrei avuto questi problemi.” Si passò lentamente una mano tra i capelli scuri. “E tutto sarebbe stato più semplice.”
Non sapeva più che fare ed ancora una volta si trovava ad affrontare quell’argomento che aveva taciuto per tanto tempo.
“Paola, niente è semplice e tu dovresti saperlo.” Tentò di rassicurarla Alessandra, ma c’era un'altra cosa che le premeva sapere. “Come farai con Matteo?” Domandò invece ingoiando a fatica la domanda che voleva fare.
E se la cena con Palermo avesse avuto un risvolto diverso?
“Era per quello che non avevo preso in considerazione l’offerta di Virginia.” Tornò a fissarla negli occhi, chiedendo silenziosamente aiuto.
“Allora non chiederlo.” Fu la pratica risposta. “Rimani qui, fai finire l’anno scolastico a Matteo e poi chiedi a Virginia di farti trasferire.” Lo snocciolò velocemente mentre lentamente prendeva consapevolezza della stupidità del suo ultimo pensiero.
Matteo era il primo pensiero di Paola e non Palermo o chissà quale altro uomo.
“Non so più cosa fare.” Borbottò di rimando Paola.
Rimanere ancora a Città della Pieve era solo un enorme problema per lei, soprattutto dopo aver sganciato quella bomba. Non sarebbe riuscita a sostenere la tensione che era certa si sarebbe creata tra lei ed Andrea, già era stato difficile quando era tornata, ma allora lei era determinata e sicura del suo presente e futuro.
Non ce l’avrebbe fatta, non dopo quel bacio che prepotentemente le aveva fatto capire che non aveva dimenticato quel passato come aveva sperato, né quei sentimenti che credeva e sperava di aver cancellato.
“Lo so che Andrea è un po’ una testa calda, ma vedrai che non succederà nulla.” Man mano che Alessandra parlava vedeva Paola scuotere il capo.
“Non posso lavorare ancora con lui, mi odierà e tu non sai cosa significa lavorare fianco a fianco con lui quando ci sono dei problemi.”
Ma Ale sapeva, Luigi le aveva raccontato quel periodo, dei silenzi imbarazzanti, delle schermaglie e delle litigate furiose. Gliele aveva raccontate e conoscendo il carattere del fratello, non aveva avuto dubbi sul fatto che fosse realmente accaduto.
“Puoi sempre chiedere al Maresciallo Capello di non metterti di pattuglia con lui.” Provò a dire, anche se come soluzione le faceva pena. “E poi non è detto che Andrea ti odi. Non ne vedo il motivo Paola.” Il pensiero corse ad una frase.
Se non c’era nessuno nella vita di Paola, Andrea di certo non poteva provare odio nei suoi confronti, ma non era tanto quello che la preoccupava, era più quell’affermazione sugli uomini a turbarla. Non di meno le sporadiche telefonate con Virginia.
Le era sempre sembrata sul chi va là, sempre attenta a quello che diceva e le domande che le poneva, su Matteo ed il rapporto che aveva con Andrea, le avevano fatto scattare una lampadina. Ma era certa che nemmeno Virginia fosse a conoscenza della verità, ma che avesse dei dubbi.
Poi un particolare le venne alla mente.
“Quando è nato Matteo, Paola?”
Il cuore di Paola perse un battito, poi cominciò a battere furioso. Alzò lo sguardo terrorizzata per quell’affermazione fino ad incrociare gli occhi seri di Alessandra che la fissavano insistentemente.
“Paola, quando è nato Matteo?” Scandì ancora Alessandra capendo dalla sua espressione che era sulla strada giusta. “È figlio di Andrea, vero?” Le chiese poi addolcendo il tono della voce e prendendo di nuovo le sue mani, stringendogliele per darle sicurezza.
“Mi dispiace.” Paola si morse il labbro inferiore chiudendo gli occhi nel tentativo di respingere le lacrime.
“Credi che Andrea ti odierà per questo? Perché gli hai detto che è suo figlio?” Chiese ancora intuendo finalmente come fossero andate le cose tra quei due quella sera. Vedendola abbassare lo sguardo, cambiò sedia prendendo posto accanto a lei. “Quando l’hai scoperto?”
“A Roma, e sapevo ancor prima che il medico mi confermasse di essere incinta, che lo ero e che era di Andrea.”
“E non glielo hai detto.” Esordì Alessandra cominciando ad assemblare i pezzi del puzzle.
“No, non ne avevo il coraggio.” Paola abbassò lo sguardo vergognandosi di quell’ammissione. “Ero stata io a lasciarlo e a decidere di andare  a Roma. Che diritto avevo di complicargli ancora di più la vita?”
“E Virginia?” Domandò Alessandra non sapendo come fare per tranquillizzarla. Ed un po’ era curiosa di capire come si fossero svolti i fatti.
“È stata lei a portarmi a fare le analisi. Mi aveva trovata stravolta un giorno in bagno e non ci ha messo molto a capire e a portarmi in ospedale.” Sorrise appena a quel ricordo. Virginia, dopo una iniziale protesta da parte sua, le aveva ordinato di seguirla e l’aveva trascinata fino all’ospedale ascoltando in silenzio le sue lamentele.
“Virginia è sempre stata molto persuasiva.” Rise Alessandra immaginando la scena. “Poi, ti ha aiutato.” Disse seria immaginando cosa potesse essere successo.
“Sì, ha lasciato a me la decisione assicurandomi che qualsiasi cosa avessi deciso lei ci sarebbe stata.” Annuì piano mantenendo quel lieve sorriso sulle labbra.
“Non eri sicura di volerlo tenere?” Stupita Alessandra la guardò, il sorriso malinconico che aveva Paola le faceva tenerezza.
“No. Per un momento ho preso in considerazione l’idea di abortire.” Si passò stancamente una mano sul volto. “Ero confusa e sola. Non potevo chiedere aiuto a nessuno, né ai miei genitori, né a tuo fratello. Con che coraggio lo avrei chiamato ponendolo di fronte a tutto questo? L’avevo ferito, non potevo certo dirglielo.”
“Luigi mi ha raccontato.” Le disse in un sussurro riferendosi alla loro storia. “E conoscendo mio fratello so per certo che c’è rimasto male. Ma se tu glielo avessi detto, Paola, non si sarebbe tirato indietro.”
“Non volevo che si sentisse costretto.” Rispose in sincerità Paola.
“Ne sarebbe stato felice Paola.” La riprese seria. “Andrea avrebbe fatto carte false per riportarti indietro, anche se tu non fossi stata incinta.”
“Ma non l’ha fatto, mi ha lasciato andare senza dire nulla.” Sbottò guardandola fissa negli occhi.
Quando era arrivata la comunicazione dal comando per dirle che era stata accettata al corso per Vicebrigadiere, Andrea l’aveva lasciata scegliere e lei aveva scelto il corso. Quando non aveva ricevuto una risposta da parte sua per quella decisione, aveva pensato che Andrea non l’amasse. Non era da lui rimanersene in silenzio.
L’aveva lasciato e se ne era andata a Roma per seguire il corso.
Andrea non aveva provato a fermarla e non l’aveva mai chiamata.
“Capello lo ha consigliato di lasciarti andare.” Le rivelò Alessandra. “All’epoca io non c’ero, ma da quello che mi hanno raccontato Luigi e Leo, Andrea non voleva separarsi da te, ma sapeva anche quanto contasse per te quella divisa e pensandoci bene ha deciso di lasciarti scegliere.”
Paola abbassò lo sguardo imbarazzata. Lei quella parte della storia non la conosceva ed ora si sentiva una stupida per aver creduto che ad Andrea non importasse nulla di lei.
“Mi sento tanto una stupida.” Disse nascondendo il volto dietro ad una mano.
“Non potevi saperlo.” La consolò Alessandra posandole una mano sul braccio. “Luigi e Leo sono gli unici a sapere dello scambio di battute tra Andrea ed il Maresciallo Capello. Se non fosse stato per loro due io non avrei mai saputo nulla di te.”
“Andrea non ti ha raccontato nulla?” Esclamò stupita, ma poi si rese conto che nemmeno lei aveva mai raccontato nulla della sua storia con Andrea.
Parlarne le avrebbe fatto solo del male.
“No, Andrea preferisce affrontare tutto da solo e si chiude dietro ad un mutismo che a volte da sui nervi.” Alessandra le strinse appena il braccio per poi sorriderle radiosa. “Quindi Matteo è, mio nipote?”
“Sì.” Rise Paola vedendo Alessandra comportarsi come una ragazzina.
“Ma tu? Cosa farai ora?”
Nonostante tutto, la questione principale era proprio Andrea. Anche se ora, Alessandra era consapevole e si rendeva conto che era molto improbabile che Paola raccontasse la verità, soprattutto se quel testone di suo fratello decideva di non voler più avere a che fare con lei.
Aveva un nipote e non poteva chiamarlo così.
“Non lo so.” Fu la sincera risposta di Paola.
“Posso darti un consiglio?” Chiese titubante e Paola annuì. “Aspetta qualche giorno, guarda come si evolve tutta la situazione e in caso chiedi a Virginia di trasferirti.”
“Lei non lo sa.” Fu la replica, ma Ale sorrise.
“Se conosco Virginia, e la conosco da parecchio credimi, ha già fatto due più due. Già dalla sera del tuo compleanno.” Vide l’espressione confusa di Paola e ridacchiò. “Matteo ha lo stesso colore degli occhi di Andrea.”
“Credi che quella sera abbia capito?” Chiese timorosa Paola.
“Sì, fidati.” Annuì convinta. “E conoscendola, scommetto che non ti ha chiesto nulla.” L’espressione sorpresa di Paola le fece capire di avere azzeccato. “Vedi? Direi che conosco bene Virginia.”
Risero entrambe mentre si rendevano conto della delicatezza che Virginia continuava a dimostrare nei confronti di Paola.
“Dai Paola. Ora ce ne andiamo a letto a dormire e domani vedrai che andrà tutto bene.” La tranquillizzò ancora Alessandra riuscendo a strapparle finalmente un sorriso sereno.


***


Angolino di Bitter:
Eccomi con il seguito. Allora, finalmente si scoprono gli altarini, direi anche in maniera un pochino drastica.
Ma secondo me, la scena andava bene così, per cui, la tengo così com’è sperando che vada bene anche a voi lettrici/lettori :)
Direi che Alessandra è fin troppo intelligente :) però adesso c’è la cosa più importante da chiedersi, e ora? Che succederà dopo che la bomba è stata sganciata?

Il prossimo capitolo Lunedì 13

Risposta recensioni:
Clappy: direi che in cucina se ne sono viste di tutti i colori nello scorso capitolo, ma quei due sono due teste calde e di certo dovevano sbranarsi prima di parlare tranquillamente :) chissà che in questo capitolo tu non rivaluti la tua posizione.

Scoutina: forse mi perdo un po’ troppo nei particolari, ma direi che questo mio sprecarmi dia un po’ più la giusta visuale del tutto. Direi che Paola e Tom hanno avuto abbastanza tempo per capire come mai la loro storia non sia andata, anche perché sette anni servono per riflettere.

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Capitolo 8
*** *Capitolo VIII. Seconda possibilità (parte I)* ***


Non ci sono scuse, sono essenzialmente pessima. Lo so.

Vi lascio al capitolo, il resto sotto come sempre….dico solo: ragazzi/e, sempre avvisare quando si decide di invitare qualcuno a casa ;)

 

 

 

“Il fato ti dà sempre due possibilità”, aveva detto una volta George .
“Quella che dovresti scegliere, e quella che scegli”.

[SHANTARAM -  Gregory David  Roberts]

 

Tomorrow

 

 

*Capitolo VIII. Seconda possibilità (parte I)*

 

“Si può sapere cos’ha Andrè?”

Leo sospirò pesantemente alla domanda di Carlo. Andrea nelle ultime tre settimane era strano, perso sempre nei suoi pensieri e distratto. Anche quel giorno lo avevano più di una volta dovuto chiamare e rispiegargli le cose. Il Maresciallo Capello aveva provato a dirgli di prendersi un paio di giorni di licenza, ma inutilmente, Andrea aveva scosso il capo rifiutando la gentile offerta.

Era un comportamento nuovo, e nessuno di loro sapeva spiegarsi cosa avesse scatenato tale reazione.

Ma il Maresciallo Ferri non era l’unica persona strana in quelle settimane. Paola in quei giorni era silenziosa e se non era di turno in caserma, usciva sempre più spesso con il piccolo Matteo e molte volte proprio con Alessandra, la quale invece sembrava la felicità in persona, come se fosse la mattina di natale ed avesse ricevuto il regalo più ambito.

Forse avevano litigato, aveva pensato in un primo momento Leo. Paola non era più di turno con Andrea e quando capitava che si trovassero nella stessa stanza, l’aveva vista abbassare lo sguardo colpevole.

“Non ne ho la più pallida idea Carlo.” Borbottò di rimando per poi zittirsi di colpo.

Si scambiarono l’ennesima occhiata perplessa della giornata mentre Andrea rientrava nell’ufficio comune, prendeva un foglio e riusciva scontrandosi quasi contro Luigi che stava entrando.

Leo sospirò ancora mentre Luigi lo raggiungeva con sguardo perplesso.

“Ah Luigi, non te pare che Andrè abbia la testa altrove?” Gli chiese Carlo non appena li ebbe raggiunti. “Insomma, parla poco, si dimentica le cose.” Snocciolò velocemente.

“Prosperi.” Lo rimproverò quello, ma aveva anche lui notato lo strano comportamento dell’amico.

Embè, che c’è?” Si difese quello. “So preoccupato.”

Lo era anche Luigi, e dovette dare ragione a Carlo. Aveva provato più volte a parlare con Andrea, ma tutto quello che aveva ricevuto in risposta erano state delle frasi evasive. Aveva come l’impressione che fosse accaduto qualcosa quella sera dell’improvvisata di Paola a casa sua, ma Andrea non aveva detto nulla e a Paola non aveva chiesto.

Alessandra gli aveva fatto capire che non doveva farle pressioni e lui, oltre a chiederle la mattina successiva come stava, non aveva fatto domande, rincuorato anche dal sorriso sereno che lei gli aveva rivolto.

Era all’oscuro, ma era certo che le due avessero parlato a lungo quella notte.

“Prosperi, vai con la Sepi da Carletti.” Il Maresciallo Capello era sbucato  dal nulla per poi scomparire senza aspettare risposta.

“Che fretta.” Borbottò Prosperi uscendo per raggiungere la Sepi.

“Leo, hai parlato con Paola in questi giorni?” Domandò Luigi non appena rimasero soli in ufficio.

“No.” Scosse il capo Leo. “Praticamente Paola è quasi sempre con Alessandra.” Gli fece notare, ma era certo che anche lui se ne fosse accorto. “Perché, è successo qualcosa?” Chiese preoccupato.

“Non lo so.” Rispose sincero Luigi scuotendo il capo.

Anche lui aveva notato quell’improvviso avvicinamento delle due donne. Non che prima non andassero d’accordo, ma in quelle ultime settimane le aveva viste più unite e complici, come se qualche evento le avesse unite. Ma non sapeva cosa fosse accaduto e Alessandra era una tomba in merito. Anche se lo aveva rassicurato, assicurandogli che tutto si sarebbe risolto nel migliore dei modi. Già il fatto che non avesse ucciso suo fratello era una buona cosa, ma Luigi rimaneva comunque preoccupato.

“Dove vai?” Gli chiese Leo vedendolo uscire.

“A cercare di capire cosa ha Andrea.” Borbottò di rimando uscendo dall’ufficio comune alla ricerca di Andrea.

Fu semplice per Luigi trovarlo, nell’ultimo periodo si trovava sempre lì durante le ore di servizio. Si chiuse la porta dell’archivio alle spalle cercando di non fare rumore, ma anche il lieve clic dello scatto della serratura bastò ad attirare l’attenzione di Andrea che sorpreso, si voltò di scatto verso di lui con uno sguardo allarmato per poi riportarlo sui documenti sparsi sul tavolo dopo aver appurato chi fosse.

A Luigi non passò inosservato quella reazione.

Prese posto sulla sedia libera, dal lato opposto a quello su cui era seduto Ferri, in assoluto silenzio. Non sapeva come iniziare il discorso che si era preparato mentalmente negli ultimi giorni. Conosceva abbastanza Andrea da sapere che solo con una parola poteva ritrovarsi ad affrontare un’impresa impossibile e non aveva alcuna intenzione di litigare con lui.

“Cosa vuoi Luigi?”

Luigi sorrise a quella domanda. Poi sospirò pesantemente cercando di riordinare i pensieri. Era svanito, tutto il discorso che si era preparato ora non aveva senso, gli sembrava un discorso vuoto, privo di senso e le parole che aveva preparato ora sembravano suonare come un’accusa nei suoi confronti.

Rischiava solo di incasinare ancora di più quella situazione che sembrava così delicata.

“Sto bene Luigi.” Fu di nuovo Andrea a parlare togliendo dall’imbarazzo l’amico. Posò i fogli cercando di abbozzare un sorriso convincente. Non ottenne però il risultato sperato. “Devo solo…metabolizzare.”

Metabolizzare?

Ora Luigi era, se possibile, ancora più confuso di prima. Tutte le rassicurazioni da parte di Alessandra ora avevano ancora meno senso. Aveva un vuoto in testa e la sentiva pesante. Di una cosa doveva esserne certo, qualsiasi cosa fosse accaduto tra Paola ed Andrea doveva essere stata importante, di dimensioni atomiche, pensò.

“Metabolizzare.” Ripeté lentamente Luigi più a se stesso che ad Andrea.

“Già.”

Si guardarono negli occhi e Luigi poté finalmente scorgere il turbamento che Andrea provava da tre settimane. Lui stesso rimase turbato da quello che riusciva a leggere in quegli occhi verdi su cui ora sembrava sceso un velo di malinconia misto a consapevolezza.

“Luigi sto bene, davvero.” Tentò di rincuorarlo Andrea sforzandosi un po’ di più e riuscendo questa volta a sfoggiare un sorriso convincente.

“Vieni a cena da noi Andrea.” Gli uscì spontanea quella frase. Ma si accorse che probabilmente quella fosse la cosa migliore che potesse dirgli.

“Luigi…”

“Hai bisogno di staccare un attimo la spina.” Bloccò sul nascere la sua protesta. “Un paio d’ore solo. Vieni da me e Ale, ti rilassi un po’ e poi magari…” Si bloccò un po’ incerto su cosa dire e a dire il vero non aveva la più pallida idea di cosa dirgli.

“Non voglio intromissioni però.” Mise le mani avanti Andrea.

Luigi sorrise sapendo bene a che genere di intromissioni Andrea si riferisse. Alessandra e la sua innata propensione ad intromettersi nella vita privata del fratello.

“Ok. Stasera alle otto. Sii puntuale.” Lo redarguì scherzosamente mentre si alzava.

 

 

***

 

 

“Cos’hai fatto?” Luigi sbattè perplesso le palpebre a quella domanda.

Non riusciva a capire la reazione di Alessandra, gli sembrava esagerata e totalmente fuori luogo.

“Ho invitato tuo fratello a cena.” Replicò semplicemente.

Non trovava nulla di sbagliato nella sua affermazione. Altre volte era capitato che invitasse Andrea a cena senza avvertire Alessandra e mai, fino a quel momento, aveva ricevuto un simile trattamento. Dove ho sbagliato? Si chiese.

“Ok, va bene. A tutto c’è rimedio.” Borbottò scuotendo la testa Alessandra sotto gli occhi di un Luigi ancora più perplesso. “A che ora hai detto che arriva?”

“Alle otto.” Mugugnò seguendola lungo tutta la casa. “Ma si può sapere che cosa c’è?” Sbottò frustrato ad un certo punto bloccandosi in mezzo al corridoio.

“C’è che stasera avevo invitato Paola a cena.” Rispose di rimando Ale senza nemmeno voltarsi a guardarlo e proseguendo spedita.

Ecco qual’è il problema si disse Luigi alzando gli occhi al cielo e maledicendosi mentalmente per quell’iniziativa. Sospirando riprese a seguire Ale fino a ritrovarsi in cucina, dove la tavola era già apparecchiata per tre persone.

“E Matteo?” Domandò perplesso.

“Da Romanò.” Fu la risposta secca che gli diede.

“Che si fa ora?” Chiese sorvolando sulla risposta appena ricevuta.

La risposta, di certo acida, da parte di Alessandra fu bloccata dal suono del cellulare di Luigi. Sotto il suo sguardo di fuoco Luigi lesse lentamente cercando di guadagnare un po’ di tempo e guardando contemporaneamente l’ora accorgendosi che ormai era troppo tardi per disdire qualsiasi cosa.

“Andrea sta arrivando.” Mugugnò rimettendo il cellulare in tasca. “Spiegami perché non possiamo fare la cena lo stesso.” Sbottò ancora.

“È più complicato di quanto tu possa credere Luigi.” Sospirò pesantemente Alessandra passandosi una mano sul volto.

“Quanto complicato?” Replicò sospettoso Luigi incrociando le braccia al petto.

Dallo sguardo basso di Alessandra capì che forse era davvero più complicato di quanto loro pensassero. Però, le cose non tornavano in ogni caso. Andrea e Paola non erano i soliti, né quando andavano d’accordo, né quando erano in tensione, era una situazione nuova quella.

“Ale, cosa è successo?” Le chiese gentilmente avvicinandosi e prendendole le mani. La vide mordersi il labbro e sospirò mentre lentamente la sua mente finalmente riusciva a collegare tutto.

I loro comportamenti delle ultime settimane, il non voler parlare di Andrea da parte di Paola agli inizi, e soprattutto il comportamento diverso di Alessandra dopo la visita notturna di Paola di tre settimane prima. Chiuse gli occhi mentre finalmente capiva anche il motivo di quella visita.

“È una decisione di Paola, deve essere lei a parlare.” Gli disse dolcemente Alessandra stringendo la presa attorno alle sue mani.

“Allora vediamo di sfruttare questa situazione incasinata.” Replicò Luigi sorridendole. “A che ora deve arrivare Paola?”

“Alle otto e mezza.” Rispose scrutandolo. “Lo sai che qualunque cosa tu abbia in mente rischiamo solo di far complicare ancora di più le cose.” Lo redarguì, ma Luigi le sorrise stringendosi nelle spalle.

“Noi diamo loro la possibilità di incontrarsi in terreno neutro. Andrea sta metabolizzando.” La informò ripetendole quanto Andrea gli aveva detto. “Io credo però che si stia semplicemente incolpando. Se continua così non parleranno mai e le cose non si sistemeranno da sole.”

Alessandra annuì ancora un po’ perplessa. Aveva promesso che non si sarebbe impicciata in tutta quella storia e così aveva fatto. Non aveva mai detto nulla ad Andrea, lasciandogli così il tempo necessario perché potesse assimilare quella notizia, ma Luigi aveva ragione.

Se avessero lasciato ancora suo fratello a rimuginare avrebbe potuto anche prendere decisioni stupide. Conoscendolo si stava creando tutta una serie di domande totalmente stupide ed inutili.

“Credi che potrebbe funzionare?” Chiese ben sapendo però che quella al momento poteva essere la soluzione migliore.

“Proviamo, al massimo se ne andranno.” Cercò di buttarla sul ridere, ma non era semplice tutta la questione. Correvano il rischio di peggiorare le cose tra quei due e di litigare anche loro.

Il campanello suonò.

Alessandra guardò l’orologio che segnava le otto e un quarto passate. Sorrise ironicamente scuotendo il capo senza alcun dubbio su chi fosse. Suo fratello aveva l’insana abitudine ad arrivare sempre in ritardo. Ma forse quella volta poteva giocare a loro favore.

“Ciao.” Lo salutò allegramente facendolo entrare.

“Ciao Ale, Luigi.” Li salutò con calma Andrea togliendosi giubbino e sciarpa ed attaccandoli all’attaccapanni vicino alla porta. “Scusate il ritardo ma sono venuto a piedi.” Si scusò mentre seguiva Luigi fino in soggiorno.

“Non ti preoccupare Andrea, tanto ormai siamo abituati ai tuoi ritardi.” Lo canzonò divertita sua sorella strappando così un sorriso ad Andrea. “Sei fortunato, non è ancora pronto.”

Luigi la scrutò attentamente riconoscendo poi quel brillio particolare nei suoi occhi. Si era già studiata un piano ne era sicuro, sperava solo che andasse tutto bene. Guardò l’orologio accorgendosi che ormai avevano pochi minuti prima che arrivasse anche Paola. “Vado a prendere il vino.” Li informò guardando Alessandra che annuì soddisfatta.

“Tu vai a lavarti le mani.” Ordinò senza mezzi termini lei dopo aver sentito la porta d’ingresso chiudersi. “Cinque minuti e si mangia.”

“Comandi.” Rispose di rimando Andrea dirigendosi verso il bagno scuotendo il capo.

Aspettò qualche secondo, poi prese la giacca e la sciarpa mentre il suo cellulare squillava. Lesse il messaggio mentre si vestiva poi aprì la porta nello stesso istante in cui Paola si apprestava a bussare.

“Ciao.” Esclamò fingendo sorpresa. “Entra, entra.” La invitò poi. “Io vado a prendere una cosa in garage. Tu mettiti pure comoda, due minuti e torno.”

Paola guardò perplessa in direzione della porta dove Alessandra era sparita, poi scosse la testa divertita liberandosi della giacca che indossava. Sbirciò in cucina in cerca di Luigi ma non c’era. Sentì qualcuno muoversi in direzione del bagno, probabilmente Luigi si stava preparando.

Alessandra doveva averlo avvisato all’ultimo minuto. Luigi aveva finito il turno assieme a lei ma non era riuscita a parlargli.

Forse avrebbe fatto meglio a rinviare l’invito, ma Matteo rimaneva a dormire da Romanò e non aveva voglia di rinchiudersi in camera per tutta la sera. Poi Alessandra aveva insistito così tanto che alla fine aveva accettato esasperata, ma anche divertita, da tanta insistenza. Di certo, una serata tra amici le avrebbe solo fatto bene, aveva bisogno di staccare un poco la spina. Il lavoro era diventato pesante in quell’ultimo periodo.

Andò in soggiorno, tanto Ale sarebbe tornata a breve e le aveva praticamente ordinato di mettersi comoda. Curiosò tra le foto esposte sul mobile che torreggiava al centro della stanza. Una in particolare attirò la sua attenzione, era l’unica a non trovarsi all’interno di una cornice e mostrava il lato bianco e non il soggetto. La girò lentamente fino a scoprire chi fosse ritratto. Due giovani Andrea e Alessandra facevano bella mostra.

Sorrise tristemente nel vedere Andrea così piccolo. Ora riusciva a capire perché Alessandra fosse così sicura che Matteo fosse suo nipote, era la fotocopia di Andrea, solo coi capelli più scuri.

Il rumore della porta del bagno che si apriva la fece tornare coi piedi per terra. Ripose la foto al proprio posto lasciando però questa volta che i due soggetti fossero ben visibili.

Non sapeva se Alessandra l’avesse mostrata a Luigi, le aveva promesso il suo totale ed assoluto silenzio anche se poteva immaginare quanto le costasse mantenere quella promessa e quanto, soprattutto, le costasse non dirlo a Luigi. Magari quella sera sarebbe riuscita a dirglielo, sapeva che poteva contare su di lui.

“Ciao Luigi. Mi dispiace fare l’intrusa stasera ma Ale ha insistito.” Si voltò con un sorriso ma rimase spiazzata quando al posto di Luigi si trovò davanti Andrea.

Quella era la prima volta, dopo quella sera in cucina in caserma, che si trovavano in una stanza da soli. Paola aveva sempre cercato di evitarlo per una sorta di timore che nutriva nei suoi confronti. Quella chiacchierata con Alessandra le aveva aperto gli occhi facendole capire quanto stupida fosse stata sei anni prima.

Chiuse gli occhi mentre le tornava alla mente la reazione di lui.

Se solo avesse avuto il coraggio di chiamarlo quando aveva scoperto di essere incinta di Matteo. Forse ora non si sarebbe trovata in quella situazione, forse le cose sarebbero andate diversamente e si sarebbe risparmiata tutta quella tensione che le irrigidiva i nervi.

Avrebbe dovuto parlargli, spiegargli i suoi motivi.

Si sarebbe di certo tolta quel peso che sentiva gravarle addosso, ma aveva paura. Aveva paura di come lui potesse reagire ed era stanca di tutta quella situazione.

“Mi dispiace.” Balbettò prima di voltargli le spalle ed incamminarsi, quasi correndo, verso il corridoio per raggiungere la porta d’ingresso.

 

 

 

***

 

 

Angolino di Bitter:

 

 

Uhm, sì….mi prostro in ginocchio e imploro perdono!!!!!

Pessima come sono, dovrei fare ammenda, spero che questo capitolo sia stato di vostro gradimento.

Poche parole a riguardo.

Io non credo nelle coincidenze, ma nemmeno nel destino. Però credo che tutto abbia uno scopo e che la strada giusta da percorrere prima o poi la imbocchiamo. Che poi ci siano grandi problemi prima di incamminarci, o mentre la percorriamo, bhè, la vita è strana.

Karma?

No, semplicemente c’è qualcuno lì in alto che si diverte a farci dannare.

In questo caso, Ale e Luigi, accidenti a loro, ne combinano una delle loro. Che succederà???

 

Vorrei darvi una data per quando posterò la seconda parte del capitolo, ma non rispetterò il tempo. Ma giuro, giurin, giurello, che posterò il prima possibile!

 

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