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Lista capitoli: Capitolo 1: *** *Capitolo I. Quella che chiamiamo casa.* *** Capitolo 2: *** *Capitolo II. Redimersi* *** Capitolo 3: *** *Capitolo III. Ripercorrere i passi.* *** Capitolo 4: *** *Capitolo IV. Una visita che porta dubbi.* *** Capitolo 5: *** *Capitolo V. Scontri col passato.* *** Capitolo 6: *** *Capitolo VI. Quando il dolore muove il mondo (parte I)* *** Capitolo 7: *** *Capitolo VII. Quando il dolore muove il mondo (parte II)* *** Capitolo 8: *** *Capitolo VIII. Seconda possibilità (parte I)* ***
Capitolo 1 *** *Capitolo I. Quella che chiamiamo casa.* ***
TomorrowEccomi anche in questa parte di Efp. Che palle! xD Solo una cosa prima di lasciarvi al capitolo, non sono romana e mi scuso per gli eventuali errori non conoscendo il dialetto. Il resto in fondo al capitolo!
“Il fato ti dà sempre due possibilità”, aveva detto una volta George . “Quella che dovresti scegliere, e quella che scegli”.
[SHANTARAM - Gregory David Roberts]
Tomorrow
*Capitolo I. Quella che chiamiamo casa.*
“Mamma, dove
siamo?” La vocetta sottile, ed un po’ assonnata, del
piccolo Matteo risuonò nello scompartimento vuoto del treno
ancora in movimento. “Siamo quasi
arrivati tesoro.” Mormorò Paola posando il borsone dei
Carabinieri sul trolley per poi tornare a sedersi accanto al piccolo
che sbadigliando si metteva seduto sul sedile. “E dove siamo diretti?” Continuò a chiedere Matteo strofinandosi gli occhi con le mani. Paola trattenne il fiato
per qualche istante, poi tornò a respirare lentamente mentre il
treno frenava dolcemente ed una voce metallica scandiva la destinazione. “A casa
Matteo.” Scompigliò con affetto i capelli arruffati del
piccolo e lo prese in collo per uscire dal treno. La piccola stazione
ferroviaria brulicava di persone. Era diversa dalla caotica stazione di
Roma, ma era familiare ed era come se la ricordava, con il piccolo
chiostro di giornali all’angolo e le poltroncine rosse. Ringraziò con un
sorriso ed un semplice “Grazie” l’uomo che
gentilmente l’aveva aiutata a scaricare i pochi bagagli che aveva
con se, poi mentre il treno ripartiva, con le valige al seguito e
Matteo per mano, si avviò verso l’uscita. “Mamma…” “Cosa
c’è Matteo?” In quei giorni Matteo sembrava essere
in vena di domande. Lo capiva, ritrovarsi a cambiare città
così, da un giorno all’altro, non era semplice.
Soprattutto per un bambino di solo cinque anni. Ma la sua sembrava solo
curiosità per un cambiamento che non aveva mai avuto. Aveva
posto domande su domande su quella misteriosa meta senza però
mai chiedere quale luogo fosse, come se non gli importasse il nome di
quella città dove si sarebbero trasferiti. “Quand’è
che la zia verrà a trovarci?” Continuava a guardarsi
attorno curioso cercando di memorizzare più cose possibili di
quel posto a lui sconosciuto. A Paola scappò un sorriso, vederlo così concentrato le metteva sempre tenerezza. “Non lo so Matteo,
spero presto però.” Era riuscita a mantenere un posto
fisso di lavoro per più di quattro anni alla caserma di
Tarquinia, un po’ per merito proprio, il resto grazie ad un
piccolo aiuto dalle alte sfere. Quell’aiuto però non le
dava una certezza vera e propria. Quando aveva letto la
lettera di trasferimento immediato e la destinazione aveva sperato che
fosse solo un brutto sogno. Quella volta, quel suo contatto non era
riuscito a darle una mano e le sue certezza si erano sgretolate davanti
ai suoi occhi. Ma non era colpa di
nessuno in fin dei conti, soprattutto non lo era del suo contatto,
impegnato in una missione di cui non conosceva né la meta
né la durata. Sperava solo che quando fosse tornato a Roma
potesse in qualche modo aiutarla. Ma aveva dovuto fare le valigie in fretta con la speranza di riuscire a risolvere quella questione in pochi mesi. Rimanere a Città
della Pieve poteva portarle guai a non finire, erano sei anni ormai che
mancava da quella cittadina, ma quando le porte scorrevoli della
stazione ferroviaria si aprirono, le parve di tornare al giorno in cui
tornava lì, da Roma, per la prima volta. Vedere l’uomo,
che camminava nervosamente davanti alla macchina azzurra, in attesa
imbarazzante, le fece spuntare un sorriso nostalgico e la sensazione di
essere finalmente a casa propria. “Maresciallo Capello!” “Paola.” S’incontrarono a
metà strada, e mentre Capello prendeva in consegna buona parte
dei bagagli, Paola prese in collo Matteo che tuffò il volto tra
i suoi capelli neri nascondendosi alla vista di altre persone, ma
riuscendo benissimo a tenere sott’occhio quello che lo circondava. “Non ho avvisato
nessuno del tuo arrivo Paola.” Spiegò imbarazzato il
Maresciallo mentre caricava i bagagli in auto. “Volevo fare una
sorpresa agli altri, ma credo che di sorprese ce ne saranno due.”
Indicò il piccolo che ora lo osservava apertamente con gli
occhioni verdi curiosi. “Già,
c’è stato qualche piccolo cambiamento in questi
anni.” Mormorò di rimando lei scombinando i capelli scuri
del figlio e guardando l’espressione curiosa sul suo viso.
“Lui è Matteo. Matteo, saluta Giuseppe.” Lo
incalzò e dopo un lieve “Ciao” lo vide rituffare il
volto di nuovo tra i suoi capelli. “Allora non rimarrai in caserma.” Borbottò Giuseppe una volta sistemati in macchina. Di certo Paola avrebbe
voluto un po’ di spazio per se senza la presenza ingombrante di
alcuni soggetti. A Capello un po’ dispiaceva, ma la capiva.
Avrebbe dato ordini di disfare l’alloggio preparato in precedenza
proprio per il nuovo arrivo. “Non sono ancora
riuscita a guardarmi attorno per una casa. Il trasferimento è
arrivato cinque giorni fa e non ho avuto molto tempo per pensare
ad una sistemazione fuori dalla caserma.”£ confessò
Paola osservando dallo specchietto Matteo che guardava interessato il
panorama al di là del finestrino. “mi arrangerò da
Gemma per i primi giorni e vedrò di trovare una sistemazione per
noi due il prima possibile.” Per quanto Paola avesse
voluto tornare a dormire in caserma, magari nella sua vecchia stanza,
non voleva creare scompiglio. Non era più sola, c’era
anche Matteo con lei e le famiglie non erano ammesse nelle caserme.
L’unica soluzione possibile era quella di trovarsi un piccolo
appartamento possibilmente vicino alla caserma e con un affitto basso. C’erano già le spese di scuola di Matteo da sostenere. “Paola…”
Si affrettò a controbattere Capello. “Nel foglio del tuo
trasferimento c’era una nota scritta a mano, e ti è stata
preparato un alloggio singolo. Dirò a Bordi di far aggiungere un
lettino così potrete rimanere in caserma. So cosa significa
cercare da zero una casa. E poi mi sentirei più sicuro sapendovi
in caserma.” Giuseppe Capello aveva
considerato come dei figli ogni singolo Carabiniere che aveva varcato
la soglia della sua caserma. Molti li aveva visti crescere, sia in
ambito lavorativo che come persone, li aveva consigliati, aiutati,
sgridati quando necessario, proprio come un padre farebbe con i propri
figli. “Non vorrei creare problemi in caserma.” Tentò di ribattere Paola. “Vitali, non mi
dica che devo ordinarle di rimanere in caserma.” Ribatté
pronto Capello strappandole un sorriso e fermando la macchina davanti
al portone di legno. “Allora accetto volentieri.” Sorrise Paola alla vista
di quel portone e la mente volò ad anni prima, quando aveva
visto per la prima volta quella facciata. Erano passati ormai otto anni
da quel giorno eppure era come se ne fosse passato solo uno, come se il
tempo non fosse mai trascorso. Si guardò attorno aspettando di veder arrivare Leo, come quel giorno. Si riscosse da quel ricordo quando si sentì tirare i jeans ed una vocetta infantile la chiamava reclamando attenzione. “Mamma.” Giuseppe aveva già
preso tutti i suoi bagagli e a lei non rimase che prendere in braccio
Matteo che improvvisamente sembrava spaventato, o forse era solo
agitato. Gli sorrise e raggiunse il Maresciallo che si apprestava ad
entrare, dopo aver citofonato, in caserma. “Bordi, fai
preparare un altro letto nella stanza che ci sono due arrivati.”
Ordinò Capello senza dare il tempo al ViceBrigadiere di salutare
e facendo comparire un sorriso sul volto di Paola che raggiunse
l’uomo fermo davanti alla postazione di guardiola. “Comandi
Maresc…Paola!” L’esclamazione stupita di Bordi
risuonò nel silenzio che si era creato all’ordine
perentorio di Capello. “Paoletta?”
Domandò Prosperi uscendo di volata dall’ufficio comune.
Era stato il primo ad accorrere al suono di quel nome, ma non appena
inquadrò la figura di lei si arrestò in mezzo al
corridoio sorpreso vedendo che lei teneva in braccio qualcuno. “Carlo ma che
combini? Che ti blocchi in mezzo al corridoio a fare?”
Massaggiandosi il naso Leo riprese bonariamente l’amico contro
cui era andato a sbattere a causa del suo arresto improvviso.
“Non mi dire che non ti ricordi di Paola. Di certo non è
cambiata.” Continuò l’arringa mentre lentamente lo
aggirava. “Lei cambiata
no!”” Sbottò Prosperi continuando a fissare Paola
che scuoteva la testa esasperata e divertita al tempo stesso. “Ma
di certo un cambiamento l’ha fatto. Ah Paola, el pupo da dove
salta fuori?” “Prosperi!” lo riprese Capello mentre Leo finalmente incontrava con lo sguardo la figura di Paola. “Ma cosa…” “Ah
Marescià, questa è una sorpresa eh!” Si
affrettò a giustificarsi Carlo per poi indicare Bini di fianco a
lui stupito. “E che sorpresa.” “Quale sorpresa
Prosperi?” Brontolò Mura uscendo dall’archivio
assieme a Romanò già pronto a riprendere Carlo per
l’atteggiamento poco consono con cui si era rivolto al nuovo
arrivato. “Allora, Prosperi? Che c’è questa volta?
Non hai mai visto un bambino?” Fu Romanò a
bloccare quel fiume di parole tirando quasi una gomitata tra le costole
di Mura che lo guardò stralunato. “Ma Paola, sei in visita?” Domandò titubante Leo rimanendo ancora con i piedi ancorati al suolo. “Il Brigadiere
Vitali prenderà servizio domani mattina.” Spiegò
spiccio Capello. “Bordi, mi raccomando, voglio che Paola abbia un
altro letto nella propria camera. Magari prima di domani.” “Ma allora sei tu il nuovo Brigadiere?” Paola rise alla faccia
sorpresa di Leo. “Sì Leo, torno a prendere servizio qui. E
ti devo presentare qualcuno. Matteo, saluta Leo.” Al lieve saluto del
piccolo calò un silenzio quasi tombale. Forse era stata la
visione di quei due occhioni verdi, o forse solo il rendersi conto che
era vero quello strano quadretto. Immaginarsi la Vitali con un bambino
era una cosa, appurare che quella era davvero una realtà era
tutta un’altra faccenda. Paola aveva sempre lottato per avere
pari diritti con i colleghi maschi tralasciando le cose tipicamente
femminili, come appuntamenti, matrimonio e figli. “E quanti anni hai
Matteo?” Domandò Costanzo poi. Lui era quello che sapeva
più farci coi bambini visto la numerosa famiglia. “Cinque.”
Biascicò il piccolo guardandoli attentamente come ad imprimersi
per bene nella mente quei volti e mettendo una pulce
nell’orecchio ai due Carabinieri più giovani, i quali
fissarono più attentamente quel visetto incorniciato da capelli
neri e dagli occhi di un verde intenso. “Prosperi, da una
mano a Bordi col letto e portate su i bagagli di Paola. Romanò,
Mura, voi venite con me e Bini…” Dettò ordini
Capello togliendo inconsapevolmente Paola dai guai sottoforma di
domande o frecciatine da parte di Prosperi. “Porta Paola e Matteo
in cucina e vedi di offrire loro qualcosa. Sono sicuro che abbiano
fame.” Una serie di
“Comandi” si elevò e mentre Prosperi borbottava
qualcosa tutti tornarono alle proprie cose lasciando solo Paola, Matteo
e Leo nel corridoio. “Credo che tu mi
debba raccontare parecchie cose. Dai vieni Paoletta.” La prese in
girò Bini scortandola fino alla cucina. A Paola sembrava di
essere per davvero tornata a sei anni prima. Lì, in cucina con
Leo, seduti uno davanti all’altro con una tazza di the a
scambiarsi confessioni. Aveva passato così tante serate in sua
compagnia, in compagnia del suo migliore amico. Le era dispiaciuto
troncare quel loro magico rapporto quando aveva iniziato il corso per
ViceBrigadiere, ma all’epoca le era parsa la scelta migliore. Ora, ritrovarsi in quell’ambiente famigliare in sua compagnia le fece rimpiangere quella scelta. “Ti assomiglia
molto sai?” Le disse Leo osservando attentamente il piccolo che
mangiava dei biscotti seduto comodamente in braccio alla madre.
“Ha la tua stessa espressione dolce.” “Sì, quella
l’ha prese di certo da me.” Mormorò di rimando lei
anche se sapeva dove l’amico voleva andare a parare. “Leo,
ascolta.” Disse poi non appena Matteo era sceso dalle sue gambe e
si era diretto curioso verso il piccolo salottino con un biscotto in
mano. “Il padre non lo conosce, né lui né
tu!” Esclamò a voce dura. “È successo, punto
e stop.” Leo la fissò a
bocca aperta. Conosceva bene Paola per non capire che si stava
trincerando dietro un muro, un muro che ergeva sempre quando non voleva
essere ferita. “Paoletta…”
Le prese le mani e la fissò dritta negli occhi appuntandosi
mentalmente di fare un discorsetto a Carlo il prima possibile.
“Non ti sto accusando di nulla. Matteo è tuo figlio ed
è bellissimo come la mamma. Non voglio sapere nulla a meno che
non sia tu a volermelo dire. Non volevo offenderti.” Le sorrise
stringendole più forte le mani e facendo sorridere anche lei.
“Non mi importa niente, sono solo contento di rivederti e di
saperti felice. Perché lo sei, vero?” Paola annuì mentre
con lo sguardo cercava il figlio che stava tornando verso il tavolo.
“Sì Leo, lo sono.” Prese ancora una volta Matteo in
braccio ed il piccolo ne approfittò per tuffare ancora una volta
il volto tra i suoi capelli neri facendo sorridere entrambi a quel
gesto. Quel bambino sembrava un concentrato di tenerezza. “Ahò Luigi,
che c’è fai qui? Non era il tuo giorno libero? Ah, ho
capito, eri curioso di sapere chi fosse il nuovo Brigadiè. Nun
te preoccupà che la sorpresa sarà fenomenale.” “Carlo.”
Dissero assieme Leo e Paola divertiti, riconoscendo la voce che si
stava avvicinando alla cucina. Poi entrambi si voltarono verso la porta
e videro entrare Carlo e Luigi. “Anvedi, ce
stà Paoletta nostra!” Continuò a blaterare Prosperi
mentre Testa si bloccava dopo pochi passi stupito e Leo si alzava
velocemente per cercare di salvare il salvabile. “Ed è
anche in compagnia.” “Luigi.” Lo
salutò Paola mentre Matteo sbucava dal suo rifugio per osservare
chi la sua mamma stava salutando. “Paola.”
Mormorò Luigi dirigendosi a passo spedito verso il tavolo mentre
Leo spingeva a forza Carlo fuori di lì. “Ma allora sei tu
il nuovo arrivo. E quello è tuo figlio?” Domandò
squadrando il piccolo mentre Paola rideva. “Sì Luigi,
questo è Matteo.” Fece le presentazioni ancora una volta
mentre i due si fissavano negli occhi. “Ma tu che ci fai ancora a
Città della Pieve? Credevo fossi stufo di stare qua.” “Ormai questa
caserma è la mia famiglia. Anche se certi personaggi mi fanno
rimpiangere di essere ancora qua!” Si strinse nelle spalle
prendendo posto su di una sedia e fissando lo sguardo ora su Paola, ora
su Matteo. “Scherzo, ho un buon motivo per rimanere.”
Spiegò poi posando definitivamente lo sguardo sull’amica
mentre un sorriso si formava sul suo volto. “Il Brigadiere Testa finalmente ha trovato una donna.” Lo prese in giro lei. “E che
donna!” Sbottò Prosperi ricomparendo in cucina mentre Leo,
dietro di lui, scuoteva rassegnato la testa. Aveva messo in guardia
Carlo ma non era molto sicuro del risultato. “Ma dimmi di te
Paoletta. Dove sei stata tutto questo tempo?” Fortunatamente la
ramanzina di Leo sembrava aver sortito il suo effetto. Paola
ringraziò con uno sguardo l’amico che stava preparando
altre due tazze di the per gli amici e che le sorrise di rimando. “A Roma prima, poi
alla caserma di Tarquinia. È un bel posto sul mare ed è
tranquillo. Di certo più di Città della Pieve.”
Scherzò mentre le tornava alla mente i casi che avevano risolto
in quei due anni in cui aveva prestato servizio lì. “Ma
ditemi voi. Chi c’è qui a Città della Pieve?” Le raccontarono di Sonia
e del suo arrivo dopo la sua partenza, dell’arrivo del nuovo
magistrato dopo la partenza della Morresi e del nuovo Maresciallo
Andrea Sepi dopo la partenza di Gigante, venendo così a scoprire
che era di stazione proprio nella caserma di Tarquinia e che Paola
aveva così lavorato con qualcuno che conosceva. “Poi per il resto
siamo gli stessi.” Finì di raccontare Luigi mentre Carlo
si mordeva la lingua e Leo abbassava lo sguardo sulle mani intrecciate
sul tavolo. “È come se tu non fossi mai stata trasferita
Paola, a parte tuo figlio s’intende.” Le sorrise cauto
faticando a tenere lo sguardo puntato sul suo viso. A Paola sembrava che
Luigi stesse prendendo il discorso alla larga ma non riusciva a capirne
il motivo. “Luigi…” Cominciò ma Carlo la
interruppe prima che potesse concludere la frase. “Ahò,
è meglio che annemo perché qua altrimenti non se magna se
non assamo la cucina a Bordi. Ciao Paoletta, eh, non
sparì.” Cercò di salvarsi con poco successo. “Carlo!” Lo
riprese con tono duro tanto da costringerlo a tornare seduto.
“Luigi, non è da te fare tutti questi giri di parole. Chi
è che non mi hai detto?” Sbottò infine. “Paola calma.” Mormorò Leo che ora le sedeva accanto posandole una mano sulla spalla. “Leo! Anche tu, non
ti ci mettere per favore.” Ribattè stizzita sistemandosi
meglio Matteo sulle gambe che era rimasto in silenzio per tutto il
tempo. “Paola
ascolta.” Cercò di tranquillizzarla Luigi portando
così la sua attenzione su di sé. “La caserma
è come sei anni fa a parte Sonia e la Sepi. Tu sei tornata e
Gigante non c’è. Ci siamo noi tre, Capello, Mura, Bordi e
Romanò e Andrea.” La scrutò a lungo negli occhi
come a cercare qualcosa di strano, un guizzo in quegli occhi marroni. “E ci voleva tanto
a dirlo?” Ribattè lei tranquilla accarezzando i capelli di
Matteo mentre i tre rimanenti si scambiavano uno sguardo sgomento.
“La caserma è praticamente rimasta la stessa.” “Già Vitali, la stessa.” Paola e Carlo voltarono
lo sguardo verso la porta al suono di quella voce mentre Leo e Luigi si
scambiavano una muta domanda per poi tornare a fissare il volto di
Paola. “Bentornata
Brigadiere Vitali. Prosperi, Capello è in caserma?”
Salutò velocemente Andrea che non si era mosso dalla soglia
della porta. “È nel suo
ufficio Marescià.” Borbottò Carlo di rimando non
sapendo più da che parte volgere lo sguardo. “Grazie
Prosperi.” Rispose Andrea voltandosi per andarsene, ma poi si
girò come se si fosse ricordato qualcosa. “Luigi,
Alessandra mi ha chiesto di dirti di chiamarla.” Carlo rimase a fissare lo
spazio dove prima si stagliava la figura di Ferri con
un’espressione preoccupata in volto, poi guardò Leo come
se fosse alla ricerca di una spiegazione che non ebbe. Paola invece si
voltò verso Luigi con un’espressione curiosa dipinta sul
volto. “Alessandra?” Domandò canzonandolo. “E perché il Maresciallo ti porta i suoi messaggi?” Luigi sospirò
capendo che quello non era altro che un tentativo di cambiare discorso.
Il problema era che il discorso non sarebbe cambiato, anzi, si sarebbe
ancora più concentrato su Ferri. “Alessandra è la
ragazza con cui esco. Ed Andrea mi porta i suoi messaggi perché
è sua sorella.” Disse tutto d’un fiato. “Non sapevo avesse
una sorella.” Mormorò Paola rabbuiandosi un poco. Credeva
di aver conosciuto Andrea durante quel breve periodo che avevano
condiviso come coppia. A quanto pareva invece non ne sapeva molto della
sua vita. “Mamma.” La
vocetta di Matteo distese l’aria e Paola si concentrò sul
figlio per poi ridere vedendolo sporco di cioccolata. “Andiamo a cambiarci che è meglio.” Disse alzandosi tenendolo ancora in braccio. Carlo ne approfittò e saltò dalla sedia come se fosse stato punto da un moscone. “Viè
Paoletta, che te mostro cameretta tua.” Le sorrise facendole poi
strada lasciando Leo e Luigi fermi in cucina a scambiarsi sguardi
carichi di domande. Una in particolare sembrava essere quella più ricorrente: E ora?
*******
Angolino di Bitter:
Allora, da quanto si
sarà capito, ebbene sì, ho guardato e ancora adesso, se
posso, guardo la fiction TV Carabinieri. Per vostra sfortuna sono
fissata con la seconda serie, il resto viene da sé. Come avrete intuito
questa è la classica “e se…” ambientata circa
sei anni dopo la fine della seconda serie. Un po’ mi dispiaceva
far uscire di scena Capello e altri personaggi, per cui qui li
ritrovate tutti xD Diciamo che mi
è piaciuta poco la conclusione della serie, senza particolari
spiegazioni, e un pochino ci sono rimasta male (un pochino tanto
direi), anche se poi gli autori hanno rimediato con “Carabinieri
sottocopertura”. In ogni caso questa è la mia versione di
quanto poteva accadere, che ci volete fare, la notte sogno troppo u.u
Ultima cosa, aspetto commenti, anche quelli negativi, sono utili anche quelli.
Ringrazio
particolarmente il forum su CC, dove ho potuto leggere molte ff e a cui
purtroppo non riesco ad iscrivermi ç_ç
Capitolo II. Redimersi.Ok, torno ad aggiornare nonostante le poche letture ç_ç Come sempre il resto a fine capitolo, buona lettura!
“Il fato ti dà sempre due possibilità”, aveva detto una volta George . “Quella che dovresti scegliere, e quella che scegli”.
[SHANTARAM - Gregory David Roberts]
Tomorrow
*Capitolo II. Redimersi*
Andrea guardò il
pallone arancione rotolare dopo l’ennesimo canestro. Aveva
cercato una valvola di sfogo quel mattino, tirare a canestro lo aveva
sempre aiutato a chiarirsi le idee ma in quell’ultima settimana
non sembrava sortire lo stesso effetto. Erano accadute troppe
cose in quegli anni che lo avevano, piano piano, portato a chiudersi in
se stesso. Ma nessuno lì, a Città della Pieve, sembrava
essersene reso conto, forse solo sua sorella Alessandra si era accorta
di questo cambiamento. Ma non ne era poi molto sicuro. Esternamente sembrava
essere il buon vecchio Andrea Ferri, il Maresciallo sempre pronto alla
battuta ed allo scherzo, l’uomo sempre contornato da donne e
sempre in libera uscita, il fratello geloso della propria sorellina
scapestrata. L’unica cosa che poteva denotare un suo cambiamento
era l’assiduità sul lavoro, si era ritrovato più
volte ad affrontare doppi turni, a buttarsi a capofitto nelle indagini
fino a dimenticarsi di mangiare. Cercava di tenere la
mente impegnata col lavoro, e cambiava compagnia per non ritrovarsi
ancora coinvolto in situazioni che lo avrebbero portato solo a sbattere
contro un muro e a farsi male. Luigi aveva provato a
farlo ragionare in un primo momento. Gli aveva urlato contro cercando
di farlo reagire ma aveva sortito l’effetto contrario. Poi ci
aveva provato Leo con una delle sue uscite psicologiche senza
però trovare un riscontro effettivo. Aveva ricevuto troppe
delusioni in un colpo solo per non rimanerne scottato. Aveva allentato
un po’ il ritmo solo dopo mesi trovando una sorta di equilibrio
ma mantenendo comunque un certo distacco. Ora, nemmeno la delusione di
una storia mai iniziata con il Maresciallo Sepi faceva più male.
Si era riscoperto a provare solo una sorta di delusione verso se stesso
per aver scambiato un’amicizia preziosa con l’amore.
C’era voluto un po’ di tempo e molti tiri a canestro per
capirlo. Ma ora quello sembrava non bastasse più. Ogni volta che aveva
incrociato lo sguardo di Luigi, in quella settimana, lo aveva visto
scuotere il capo desolato per quel suo ostentare freddezza apparendo
distaccato, a volte sembrando un vero e proprio stronzo. Aveva provato
a non badare a quello sguardo che lo rimproverava continuamente, ma
nemmeno il tirare a canestro fino a non sentire più le braccia
aveva aiutato. Era stato una sorta di
pugno nello stomaco scorgere in cucina la figura di Paola e di quel
bambino che aveva capito essere suo figlio. Credeva che anche quella
fosse una ferita rimarginata come lo era quella lasciata dalla Sepi. Si era sbagliato. Sospirò non appena
il pallone si fu fermato ai suoi piedi, ma lo lasciò lì
osservandosi attorno fino a scorgere la piccola figura di Matteo che lo
osservava a pochi passi dalla porta che portava dentro la caserma. Raccolse il pallone e poi
si avvicinò con passo lento giungendo ad una conclusione. Gli
era bastato posare lo sguardo su quel bambino per capire che non poteva
continuare a fuggire dai fantasmi del passato. “Ehi, ciao
piccolo!” Si abbassò alla sua altezza sperando che questi
non fuggisse. Era la prima volta che gli parlava, di solito se ne
andava quando si accorgeva di essere nella stessa stanza.
“Dov’è la tua mamma?” Continuò
incoraggiato dal fatto che il piccolo non si fosse mosso né
sembrasse spaventato. “Al
telefono.” Rispose Matteo spostando lo sguardo fino ad incrociare
gli occhi di Andrea che gli sorrise in imbarazzo. Paola in quella settimana
passava più tempo al telefono che altro. Sapeva, grazie a
Prosperi, che era alla ricerca di una scuola elementare, ma sembrava
non avere molto successo nella ricerca. Non deve essere facile crescere un figlio da soli si ritrovò a pensare. “Hai già
fatto colazione?” Gli chiese facendosi coraggio. Quel bambino
aveva praticamente affascinato l’intera caserma, compreso Pippo,
Gemma e Alessandra, con la sua dolcezza. Lui invece si era imposto di
non guardarlo nemmeno ed ora, si sentiva uno stupido. Quel bambino non
aveva nessuna colpa. “No.” Borbottò piano Matteo scuotendo il capo. “Allora andiamo.” Andrea si alzò e
tenendo il pallone sottobraccio allungò la mano libera come ad
invitarlo a seguirlo fino alla cucina. Si scoprì felice quando
sentì la piccola manina di Matteo stringersi attorno alla sua e
si sentì improvvisamente più leggero, come se un peso gli
fosse stato tolto dalle spalle. “Cosa bevi di solito?” Chiese una volta entrati in cucina ed abbandonato il pallone su di una sedia. “Latte e nesquik!” Sorrise a quella risposta
data di slancio, con il tipico tono da bambino e si apprestò a
mettere sul fuoco un pentolino. Mentre si muoveva tra gli scaffali
della cucina, raccattando tutto l’indispensabile per una
colazione coi fiocchi, si accorse che il piccolo non gli staccava gli
occhi di dosso ma che anzi, sembrava interessato ad ogni suo più
piccolo movimento. Una volta che tutto fu
pronto aiutò Matteo a sedersi su di una sedia e rinunciando alla
sua abitudine a prendere il caffè in piedi, si sedette
anch’esso al tavolo per poi scrutare quasi assorto ogni
più piccolo movimento della figura davanti a lui. Forse rimase troppo tempo
con lo sguardo fisso davanti a se, ma fu solo dopo un po’ che si
accorse che Matteo lo fissava da sopra la sua tazza di latte, come ad
aspettare qualcosa. “Tu sei un amico della mamma?” Andrea sorrise ancora una
volta. Quel bambino era davvero di una dolcezza unica e gli riportava
alla mente Paola in ogni suo singolo gesto. “Sì, io sono Andrea.” Si presentò sapendo di non averlo mai fatto fino a quel momento. “Come la ragazza bionda?” Domandò sorpreso Matteo spalancando gli occhi verdi. “Sì, proprio
come lei. E tu invece, come ti chiami?” Rispose posando la
tazzina ormai vuota del caffè sul piattino. “Matteo.” Ribattè orgoglioso ed Andrea ridacchiò a quello slancio. “Lo sai che hai
proprio un bel nome Matteo?” Mormorò soprapensiero Andrea
allungando un braccio fino a raggiungere la testa mora del piccolo e
scompigliandogli così i capelli. “Anche tu.” Rispose in sincerità il piccolo allargando un sorrisone. “Grazie.”
Ritrasse lentamente il braccio e rimase a guardarlo bere il rimanente
del latte. Rise quando vide comparire i baffi da latte sul visetto di
Matteo e cambiando sedia, avvicinandosi, si apprestò a
toglierglieli. Era la prima volta in
assoluto che si comportava così con un bambino. C’era
stato un tempo in cui si era preso cura di sua sorella Alessandra allo
stesso modo. Ma lui era il fratello maggiore e lei la sua sorellina da
proteggere da tutto e da tutti. Si trovò un po’ impacciato a compiere quel gesto ma gli era venuto naturale farlo. “Che cos’è quello?” Voltò il capo
seguendo la direzione che Matteo indicava con il dito fino a scoprire
che indicava il suo pallone da basket abbandonato sulla sedia. “Un pallone da
basket.” Riportò di nuovo la sua attenzione su Matteo e lo
vide con lo sguardo assorto, ancora intento ad osservare la palla
arancione. “Hai mai giocato a basket Matteo?” Chiese e
vedendo che il piccolo negava col capo si affrettò a concludere
quel pensiero che gli si era formato dal nulla nella testa.
“Allora un giorno di questi ti insegno.” “Davvero?” Gli occhi di Matteo sembrarono illuminarsi ed Andrea si ritrovò incantato ad osservarlo. Per la prima volta
riusciva a capire perché tutti sembrassero così presi da
quel piccolo spuntato dal nulla, anche se a ben pensarci non era poi
così strano. In fin dei conti era figlio di Paola, non poteva
essere altrimenti. “Matteo, che ci fai qui!” “Mamma.”
Andrea a quel richiamo voltò lentamente il capo verso la porta
dove la figura di Paola si stagliava. “Andrea ha detto che un
giorno mi insegna.” Il piccolo indicò ancora una volta il
pallone arancione mentre Andrea si alzava in silenzio e portava via la
sua tazzina vuota. Paola e Andrea
incrociarono per un attimo lo sguardo e lui si sentì in
imbarazzo. Avrebbe voluto spiegarsi, era stato lui a negarsi per tutta
quella settimana ed ora se ne usciva con quella proposta dal nulla. Un comportamento davvero adulto Andrea, complimenti, si disse mentalmente. “Caffè?”
Chiese infine tornando a trafficare tra i fornelli e senza aspettare
una risposta le preparò tutto l’occorrente posandolo poi
sul tavolo. “Andrè, che
lo prepari pure a me il caffè?” Prosperi, già in
divisa, fece il suo ingresso con Bini che scuoteva il capo esasperato. “Fa meno lo
spiritoso Prosperi.” Lo canzonò Andrea tornando ancora ai
fornelli mentre Paola salutava i due arrivati. “Paola, allora hai trovato?” Chiese Leo appoggiandosi ad una sedia. “No Leo, non so più dove guardare.” Borbottò Paola di rimando. “Hai provato a
chiedere a Romanò?” Tutti si voltarono verso Andrea che
ora si era appoggiato al ripiano. “Se non sbaglio il figlio
più piccolo ha circa un anno in più di Matteo. Potresti
chiedere a lui. Così potresti anche avere un aiuto in caso fossi
di turno.” Si affrettò a chiarire. “Hai capito el
Maresciallo.” Lo canzonò Carlo dandogli
un’amichevole pacca sulla spalla. “Allora non sei proprio
così scemo.” “Prosperi.” Lo riprese Andrea mentre invece Leo continuava a fissare Paola in attesa di una qualsiasi sua reazione. In quella settimana non
avevano mai toccato il tasto Andrea. Leo non aveva mai chiesto nulla a
Paola aspettando che fosse lei la prima a parlarne. L’unica volta
che si era sfiorato l’argomento era stato per un’iniziativa
di Alessandra, ma Luigi era stato bravo a glissare e a portare
l’attenzione su un episodio avvenuto in quegli anni. “Credo che sia la soluzione migliore.” Cedette infine Paola. “Prosperi, Bini.
Ancora qua? Su muovetevi.” Li apostrofò Capello entrando
nella cucina. “Ferri, vai con Testa in comune a parlare con
l’assessore Priadi. Vedi se ci sono novità.” “Comandi.” Risposero in coro i tre tornando alle loro mansioni. Una volta rimasti solo
Capello, Paola e Matteo in cucina, il Maresciallo si ritrovò ad
osservare attentamente l’espressione quasi persa nel vuoto di
Paola. Fissava Matteo intento a finire la sua colazione, ma sembrava
che la sua mente fosse persa in pensieri che la portavano anni luce
distante da lì. “Vitali? Tutto bene?” Paola sembrò
accorgersi solo in quel momento della presenza di Capello
all’interno della cucina. Annuì lentamente e bevve il
caffè ormai freddo. “Il Maresciallo Ferri mi ha consigliato di chiedere a Romanò per la scuola.” Gli spiegò con calma. “Mi sembra
un’ottima soluzione.” Annuì convinto Giuseppe
avvicinandosi al tavolo e prendere posto vicino a madre e figlio. Continuò ad
osservare l’espressione pensierosa di Paola intuendone i
pensieri. Quella proposta uscita dalle labbra di Ferri doveva averla in
qualche modo scossa. Non gli era passato inosservato il modo schivo del
suo secondo in quei giorni nei confronti di Paola, ma aveva preferito
starsene zitto avendo notato che Testa bastava per far capire al
giovane Maresciallo la stupidità del suo comportamento. “Ne parlerò
con Romanò oggi pomeriggio.” Borbottò sopra
pensiero Paola e Capello annuì in silenzio.
***
Luigi aveva passato buona
parte del tempo, trascorsa in comune a far domande, ad osservare Ferri.
Quella mattina lo aveva visto diverso, pensieroso ma diverso. Come se
ci fosse stato qualche avvenimento importante in quelle ore, un
cambiamento. Più volte, durante quell’amichevole interrogatorio, aveva dovuto intromettersi, trovandosi a condurlo lui. Non che la cosa fosse poi
così strana, era già accaduto in passato che Andrea gli
lasciasse condurre interrogatori e conversazioni. Si erano riscoperti
complici sul lavoro e se inizialmente la sua relazione con Alessandra
aveva quasi minato quel rapporto di amicizia, poi si erano accordati.
Andrea gli aveva praticamente dato il suo benestare, e sapendo della
sua spropositata gelosia nei confronti della sorella, Luigi si era
sentito sollevato sapendo che Andrea si fidava a tal punto di lui da
affidargli la sorella. In quegli anni aveva
fatto da spettatore, non essendo parte del suo carattere la
curiosità ed il fare domande. Aveva visto Andrea cambiare piano
piano fino a chiudersi in se stesso, lasciando solo scorgere quello che
gli altri volevano vedere, nascondendo a tutti, se stesso in primis, le
sue reali emozioni. Soprattutto in quell’ultima settimana si era ritrovato a scontrarsi con un muro. Lo aveva lasciato
“cuocere nel suo brodo” come gli aveva detto Alessandra una
sera dopo aver visto la reazione di Andrea alla vista di Paola. Ma non
gli aveva di certo risparmiato il suo disappunto ogni volta che lo
vedeva. Aveva assistito per mesi alle loro rappresaglie, non le
sopportava e non ne faceva mistero. Eppure, quel mattino lo vedeva diverso. “Luigi?”
Testa lo guardò di sottecchi continuando a guidare ed aspettando
che continuasse. “Sono uno stronzo.” Borbottò infine
Andrea e Luigi avrebbe voluto concordare, ma continuò a starsene
in silenzio. Non si dissero
nient’altro fino all’arrivo in caserma. Fecero rapporto a
Capello in quanto le indagini dovevano proseguire nonostante il clima
non propriamente disteso che aleggiava in caserma. Pure Mura, sempre
lì a borbottare, se ne stava buono, anche se l’idea di
avere un bambino piccolo a girare in quel luogo non gli andasse a genio. Passando davanti
all’ufficio comune vide Paola e Romanò parlottare, ma fu
Leo, una volta arrivato in cucina, a spiegargli. “Andrea che da consigli?” Mormorò sorpreso a bassa voce guardando Matteo giocare sul tappeto con Sonia. “Non chiedermi cosa
sia successo ma sembra che Andrea sia rinsavito.” Scosse il capo
Leo che per tutto il turno aveva ascoltato Carlo ipotizzare mille e
più situazioni che potevano aver portato a quel cambiamento
improvviso in Andrea. “Abbagliato dal piccolo?” Provò ad ipotizzare Luigi che seguiva attentamente il gioco sul tappeto. Di certo Matteo aveva
conquistato tutti quanti, se ne era accorto subito. Anche Alessandra,
l’aveva vista completamente presa da quel bambino anche se non
sembrava dare tanta confidenza a nessuno di loro al di fuori della
madre. Anche in quel momento si
accorse di quanto fosse reticente nei confronti di Sonia. Per quanto
lei si sforzasse restava comunque in disparte rimanendo più ad
osservarlo giocare che prendendo parte al gioco. Ora che ci pensava, non
lo aveva ancora visto stare in braccio a nessuno al di fuori di Paola.
Nemmeno in braccio a Romanò, il quale essendo padre aveva tutti
i requisiti giusti. “Leo, Vitali ti cerca.” Esclamò Andrea spuntando in cucina assieme a Prosperi. “Vado.” Mormorò Leo scambiandosi un’occhiata strana a Testa. A nessuno dei due era
passato inosservato il cambiamento del piccolo Matteo all’arrivo
del Maresciallo. Il bambino infatti aveva alzato la testa ed ora
guardava, con gli occhi verdi attenti, ogni singolo movimento di
Andrea. Rimase a fissare la porta, dalla quale Ferri era uscito, per
alcuni istanti prima di tornare al suo gioco. “Embè? Che c’è mò?” Domandò Prosperi che aveva visto Luigi pensieroso. “Nulla Carlo, nulla.” Celiò quello per poi uscire diretto verso il Bed & Breakfast di Gemma e Alessandra.
§
Angolino di Bitter: Strano ma vero, questa
storia riuscirò probabilmente ad aggiornarla abbastanza
velocemente :) praticamente i capitoli sono pronti, mancano solo gli
ultimi ma dovrei riuscire a scriverli in breve tempo visto che so
già cosa scrivere. Adesso entriamo nel vivo della situazione. Ferri finalmente si accorge di quanto scemo sia.
I ringraziamenti, speciali soprattutto per Clappy :) che ha aggiunto la storia tra le seguite, me è molto onorata.
Clappy:
guarda, sono sinceramente contenta che ti piaccia. Un po’ mi
dispiace che questa parte del sito sia spoglia di storie, io la trovo
veramente una bella fiction. Per quanto riguarda la ff, non dico nulla,
solo che ci saranno un bel po’ dio casini tra chiarimenti e mezzi
litigi e parole non dette. Praticamente i soliti Paola e Andrea :)
anche Luigi e Ale faranno la loro buona apparizione.
Capitolo 3 *** *Capitolo III. Ripercorrere i passi.* ***
Capitolo III.E rieccomi di nuovo e solo dopo tre giorni xD Sì, direi che questi aggiornamenti saranno abbastanza veloci. Per tutto il resto (c’è mastercard xD) in fondo al capitolo, sempre se riuscite ad arrivarci. Questo
capitolo è un pochino più lungo O__O e non ci posso
credere io per prima, credevo fosse più corto >__<
“Il fato ti dà sempre due possibilità”, aveva detto una volta George . “Quella che dovresti scegliere, e quella che scegli”.
[SHANTARAM - Gregory David Roberts]
Tomorrow
*Capitolo III. Ripercorrere i passi.*
“Il corso per Vicebrigadiere?” Mormorò sorpresa Paola osservando il volto luminoso di Sonia. Erano giorni ormai che
vedeva l’amica con la testa tra le nuvole e nonostante la
curiosità fosse forte, non era riuscita a trovare un momento per
parlarle. Matteo ed il caso di furto di opere d’arte che stavano
seguendo le lasciavano poco tempo libero e la sera si ritrovava esausta. “Sì. Ho
spedito la richiesta un paio di giorni prima del tuo arrivo e
stamattina mi è arrivata la conferma.” Esclamò
felice Sonia mentre abbracciava ancora Paola. “Paoletta colpisce ancora.” Esclamò Prosperi che aveva seguito tutta la conversazione. “Carlo ha ragione.” Annuì convinto Leo facendo i complimenti alla Martini. Sonia Martini era
diventata Carabiniere proprio grazie a Paola, anche se la circostanza
in cui si erano conosciute e che aveva fatto maturare quell’idea
non fu delle migliori. Il caso Dominici avvenuto quasi sette anni prima
era stato una batosta in primis per le due ragazze, che si erano
trovate coinvolte personalmente. Sonia per quel tentativo di stupro
andato a vuoto e Paola per l’inchiesta che ne era seguita a causa
del suo intervento per difenderla. Paola ricordava ancora la
sensazione d’impotenza provata dopo la sua sospensione dal
servizio attico ed i mille dubbi che le erano nati in testa. Ma il caso risolto e la
conseguente notizia che Sonia avrebbe seguito il corso per diventare
Carabiniere le era parsa come una bella gratificazione per quel buio
periodo. Aveva dato il buon esempio ed incrementato le file dei
Carabinieri con un valido elemento. Ora, sapere che Sonia
aveva chiesto di seguire il corso per diventare Vicebrigadiere la
riempiva di orgoglio. Il Carabiniere semplice Sonia Martini sembrava
averla presa come esempio da seguire e questo le faceva solo piacere.
Paola aveva sempre lottato per quella divisa che indossava e vedere
un’altra donna Carabiniere impegnarsi per farsi valere in quel
mondo maschilista la riempiva di orgoglio. “Però mi dispiacerà lasciare questa caserma.” Mormorò Sonia abbassando lo sguardo. Se davvero Sonia fosse
riuscita a diventare Vicebrigadiere, c’erano buone
possibilità che fosse trasferita come era successo
all’epoca a Paola. Ormai a Città della Pieve c’erano
troppi graduati, tre Marescialli, tre Brigadieri ed un Vicebrigadiere. Quella caserma stava diventando troppo affollata. “Nun dirme che te dispiace stà a Roma.” La canzonò Prosperi passandole un braccio dietro le spalle. Ormai tutti sapevano del
perché di quella scelta. Non era stato un colpo di testa quello
di Sonia, aveva sempre aspirato a fare carriera, ma dopo
l’incontro con Maurizio, giornalista coinvolto in una loro
vecchia indagine ma risiedente a Roma, la voglia di fare domanda si era
fatta più forte. “Carlo, lo sai che potrei sempre essere trasferita altrove.” Lo rimproverò lei bonariamente. “Embè, poi fà domanda.” Perorò la sua causa Carlo serio. “Come se fosse
semplice.” Sospirò Leo. Tutti sapevano che i trasferimenti
potevano portarli da un capo all’altro d’Italia. Non stava
a loro scegliere. “Ma magari sei fortunata.” “O si può avere un piccolo aiuto.” Borbottò soprapensiero Paola. “Cioè?” Chiese Leo mentre gli altri due drizzavano le orecchie. “Posso chiedere un
piccolo aiuto.” Paola alzò le spalle prendendo in mano il
cellulare. “Sempre se riesco a beccarla.” Brontolò
poi. Quel numero di cellulare
che provava a chiamare ormai da più di un mese, cioè da
quando le era arrivata la lettera di trasferimento, suonava sempre
spento. “Paoletta ha fatto
breccia nel cuore di qualcuno in alto?” espose piano Prosperi
scambiandosi uno sguardo allarmato con Leo. In quel mese nessuno
aveva mai toccato l’argomento uomini e Roma con Paola. Un
po’ per paura di venire a conoscenza di cose avvenute in quegli
anni, cose che potevano risultare scomode, un po’ per richiesta
della stessa. Anche l’argomento
più importante, Matteo, era stato accantonato dopo la piccola
sfuriata al suo arrivo con Leo. Leo d’altronde aveva ammonito
tutti al riguardo e la cosa era stata messa da parte nonostante ogni
tanto a qualcuno scappasse qualcosa. Nelle ultime due
settimane l’argomento era stato archiviato, merito anche
dell’improvviso cambiamento del Maresciallo Ferri nei confronti
di Paola e Matteo. Tutti si erano accorti dell’improvvisa
amicizia tra il bambino ed Andrea. Più volte li avevano sorpresi
a parlare o a giocare a canestro assieme. Cose piccole, ma che avevano
creato un clima disteso in caserma. Ferri sembrava sorridere
di più ed era arrivato a lasciare il formalismo iniziale
tornando ad essere lo scanzonato Andrea del primo periodo, quando era
appena arrivato in caserma. “Più che
altro breccia in un intero ufficio.” Scherzò Paola
chiudendo la chiamata e sbuffando sonoramente. “Ufficio?” Mormorò Sonia non riuscendo a collegare. “L’ufficio
del Capitano Scalchi. Non chiedetemi come ma a Roma ho trovato bei
buoni amici.” Sbottò infastidita. “Paola
calma!” Cercò di placarla Leo che non voleva si venisse a
creare l’aria tesa che con tanta fatica erano riusciti a
sbollire. “Nessuno dice niente.” “Scusate.”
Sospirò come se fosse esausta di una situazione rognosa.
“È che fa parte dell’unità investigativa ed
è in missione ormai da tre mesi.” Spiegò. “Preoccupata?” Chiese ancora Leo mentre gli altri due rimanevano in silenzio. Era meglio lasciare a Leo
quella patata bollente, di certo lui, laureato in psicologia, sapeva
affrontare meglio quel genere di situazioni, molto più di loro
per lo meno. Forse, poi, finalmente avrebbe scoperto qualcosa di quei sei anni. “Ci sono abituata
Leo. Solo che ora è più difficile, lì almeno
potevo fare un salto alla loro sede e chiedere. Ora invece non so
nulla.” Mormorò frustrata. Sapeva quali rischi
comportava quelle indagini svolte dal nucleo investigativo. I
Carabinieri coinvolti rimanevano per mesi lontano dalla sede e le
informazioni erano praticamente nulle, nessun contatto se non a
missione finita. Un po’ era come
giocare a moscacieca, si sapeva che c’erano ma non si sapeva
né dove, né quanto tempo sarebbe trascorso prima di
vederli tornare a casa. Ci aveva convissuto per
sei anni con l’ansia durante quelle indagini, ma c’era
sempre qualcuno pronto a rassicurarla. “Ci sei affezionata.” Carlo a quella affermazione di Leo trattenne il fiato. “Sono affezionata a
tutto l’ufficio. Mi sono rimasti accanto per tutti questi anni.
Soprattutto il Capitano. Leo, quando mi sono trovata incinta ero da
sola, loro sono state le persone che più mi sono rimaste vicine.
Non esagero nel dire che sono come una famiglia.” A quella tirata Prosperi
imprecò mentalmente mentre nella testa di Leo un piccolo dubbio
cominciava ad insinuarsi lentamente.
***
“Romanò, che succede?” Chiese esasperato Capello. Era da diversi minuti che
sentiva borbottare fuori dal suo ufficio, ed uscendo si era trovato
davnti Mura e Romanò intenti ad azzuffarsi a parole mentre
Matteo rimaneva in piedi a qualche passo da loro. Da quando la scuola era
iniziata il piccolo passava i pomeriggi dopo le lezioni a casa
dell’appuntato dati gli impegni lavorativi della madre. Per loro
fortuna sembrava che tra Matteo e Pio, il figlio di Costante, scorresse
una buona intesa e la scelta era ricaduta sul fargli passare il
pomeriggio a casa sua che in caserma. “Maresciallo,
purtroppo mia moglie ha avuto un imprevisto e non so come fare con
Matteo.” Si scusò Romanò che stava appunto
discutendo di questo con Mura. “La Vitali è
fuori di pattuglia.” Sembrò riflettere a voce alta
Giuseppe cercando un qualche modo per sbrogliare quella situazione. “Non
c’è qualcuno che si può occupare di lui?”
Domandò la Sepi che era uscita anch’essa
dall’ufficio del Maresciallo e che ora si era chinata davanti al
piccolo che manteneva lo sguardo basso. “Bini ha il giorno
libero.” Li avvisò Mura anche se sapeva bene che il
bambino non si trovava molto a suo agio con nessuno di loro. Aveva osservato in quel
mese come, nonostante Matteo fosse buono e tranquillo, non rivolgesse
particolari slanci di affetto a nessuno oltre a Paola. Al contrario di
sua nipote che, ogni volta capitasse lì in caserma col padre, si
facesse vezzeggiare e coccolare da tutti. Capiva che potesse essere
difficile per un bambino ambientarsi in un luogo nuovo, ma fino a quel
momento lo aveva visto elargire sorrisi, ma mai veri gesti
d’affetto tipici dei bambini della sua età. Se lo vedeva
in braccio a qualcuno era solo in braccio alla madre. Nemmeno Leo, che
era il migliore di Paola, c’era riuscito. “Che succede?” Ferri si avvicinò
al piccolo capannello che si era formato in mezzo al corridoio assieme
a Testa. Guardò perplesso i suoi compagni fino a vedere il
Maresciallo Sepi ginocchioni davanti a Matteo. In automatico
aggrottò le sopracciglia perplesso, e anche Luigi si chiese cosa
stesse succedendo. “Ah Ferri!” Lo salutò Capello. “Novità?” “Niente di nuovo
Maresciallo.” Rispose Andrea per poi riportare la sua attenzione
su Romanò. “Come mai Matteo è qui? E la
Vitali?” Luigi al suo fianco
rimase in silenzio ad aspettare l’evolversi della situazione. Se
Matteo era lì significava che la moglie di Romanò doveva
aver avuto un contrattempo, anche perché sapeva che Paola era di
pattuglia con Prosperi. Ora però era da
vedere chi avrebbe tenuto compagnia al piccolo Matteo. Poteva sempre
proporre di chiamare Alessandra, era sicuro che non si sarebbe tirata
indietro. Aveva una vera e propria venerazione nei confronti di Matteo. “Maresciallo, mia
moglie ha avuto un contrattempo e la Vitali è di
pattuglia.” Spiegò Romanò a disagio. “Non so
a chi lasciare Matteo.” Concluse dispiaciuto per quel disagio. Stava quasi per proporre di chiamare Alessandra, Luigi, quando Andrea parlò lasciandolo stupito. “Maresciallo, se non ci sono compiti importanti da svolgere ci penso io a Matteo.” Capello sembrò
pensarci per un istante, ma infine annuì mentre Romanò
tirava un sospiro di sollievo vedendo come la situazione si stesse
sbrogliando da se. “Ma sì Ferri, fai pure. Qui ci arrangiamo noi.” Borbottò Capello per poi ritirarsi nel suo ufficio. “Hai visto Mura che
si è trovata la soluzione?” Canzonò il compare
Romanò mentre Andrea Sepi si alzava rimettendosi eretta e
seguendo Capello nell’ufficio. Andrea scosse il capo
divertito mentre seguiva con lo sguardo i due più anziani
Carabinieri dirigersi verso l’ufficio comune discutendo
animatamente tra loro. Poi prese lo zaino posato a terra ed
allungò la mano libera verso Matteo. “Hai già
fatto merenda campione?” Gli chiese allegro e mentre Matteo gli
stringeva la mano scosse il capo in segno negativo. “Allora
andiamo a mangiare. Luigi che fai, vieni con noi?” Chiese poi
cominciando ad incamminarsi verso la cucina. Testa li seguì in silenzio a pochi passi dietro i due osservando quello strano quadretto. Alessandra in più
di un’occasione gli aveva messo la pulce nell’orecchio.
Conosceva tutta la storia, dall’arrivo di Luigi a Città
della Pieve, alla battaglia che avevano intrapreso, lui ed Andrea, per
Paola. Anche della breve storia tra il fratello e Paola. Aveva riso al
racconto delle schermaglie che i due si erano fatti per mesi. L’aveva anche vista
storcere il naso quando il fratello aveva intrapreso quella
‘storia’ con Andrea Sepi. Quando Luigi aveva chiesto il
motivo lei aveva risposto con un candido “Non fa per lui”
facendogli inarcare scettico un sopracciglio a quella affermazione. All’inizio aveva
semplicemente pensato che la sorella fosse solo protettiva nei
confronti di Andrea. Conoscendo le reazioni del fratello, quella
sembrava la soluzione più logica. Ma si era dovuto ricredere. Andrea Sepi non era la
donna adatta per Andrea Ferri. Incompatibili, aveva affermato per caso
Leo quasi sovrappensiero. Gli aveva dato ragione subito e ne aveva
avuto conferma solo qualche settimana più tardi, quando la voce
di un possibile avanzamento di carriera del Maresciallo Ferri si era
sparsa in caserma. La Sepi si era trovata in
disaccordo alla frase che Prosperi aveva buttato un po’ per caso,
un po’ invogliato dal lungo giro di parole di Leo. Seguire il proprio uomo per un avanzamento di carriera? No, se non era sicura dei
propri sentimenti aveva risposto, e non erano passati molti giorni
prima che Andrea ritornasse ad essere il cupo Maresciallo dei primi
tempi, quando Paola aveva preferito la carriera a lui. Anche se
all’epoca aveva pensato che fosse deluso per tutto quello. Luigi lo conosceva
abbastanza da poter affermare che l’unica cosa ferita era
l’orgoglio di Andrea Ferri. Certo, trovare ben due donne che
preferivano la propria carriera a lui doveva essere uno smacco. Ma
aveva ben visto come tutto fosse regolare durante i periodi gomito a
gomito tra i due. Eppure lo aveva visto chiudersi in se stesso,
lasciando poco spazio all’Andrea giocherellone e più
spazio al Maresciallo Ferri. Una cosa normale era stato il commento di Alessandra. Non gli era passata in
fretta, anzi, all’arrivo di Paola e del piccolo Matteo lo aveva
visto diventare ancora più cinico, freddo e distaccato. Alessandra aveva
sospirato a quel comportamento e Luigi aveva scosso il capo riuscendo
così a completare un puzzle di cui mancavano alcuni tasselli.
Andrea non doveva aver dimenticato Paola poi così in fretta come
era andato a ribadire a tutti. Anzi, quella storia doveva avergli
lasciato una cicatrice profonda che non si era mai del tutto
rimarginata e che si era riaperta quando la aveva vista in compagnia di
un bambino, suo figlio per essere precisi. Ma ora, mentre guardava i
due così complici mentre preparavano la merenda, sembrava che
quel periodo buio non fosse mai esistito. Forse spazzato via da quel
sorriso che aveva ammaliato tutti. Quando lo avrebbe
raccontato ad Alessandra si sarebbe fatto quattro risate, anche se lei
sosteneva che prima o poi il fratello si sarebbe sciolto, come un
cubetto di ghiaccio al sole, davanti a quel bambino. In una discussione tra
Leo, Alessandra e Carlo, a cui Luigi aveva dovuto prestare attenzione,
avevano ipotizzato qualcosa che ora sembrava avvicinarsi alla
realtà. Matteo sembrava essere più a suo agio con Andrea
che con tutti loro messi assieme. La pulce nell’orecchio
gliel’avevano messa loro, gli unici che sapevano cosa era
accaduto sei anni prima anche se Leo e Carlo facevano sempre orecchie
da mercante a riguardo. “Ti sei incantato?” Luigi si scosse a quel
richiamo. Non si era reso conto di essersi imbambolato come uno stupido
con una tazza tra le mani. Guardò per un attimo il liquido scuro
ormai tiepido, poi guardò i due che lo fissavano con la stessa
espressione divertita, il verde dei loro occhi brillava e sembravano
così simili. Uguali
si disse Luigi sbattendo le palpebre varie volte come per accertarsi
che fosse vero quello che gli era davanti e non una stupida suggestione
che quei tre cospiratori gli avevano insediato nella testa. “No, no, pensavo.” Biascicò stringendosi nelle spalle mentre Andrea bonariamente lo canzonava con lo sguardo, “Brigadiere Testa, lei pensa troppo.” “Mamma!”
esclamò Matteo balzando giù dalla sedia e fiondandosi da
Paola che era appena comparsa nella cucina. “Matteo, stai
diventando pesante.” Borbottò non appena il figlio le fu
in braccio. “Come mai qui?” Chiese poi spostando lo sguardo
verso i due uomini presenti. “La moglie di
Romanò aveva un impegno e non poteva portarsi dietro anche
Matteo, e lei Vitali era di pattuglia.” La risposta scanzonata di
Andrea fece comparire un sorriso a Luigi e a Carlo appena arrivato.
“Quindi ci siamo offerti come baby-sitter.” “Tu ti sei offerto, io sono stato tirato in mezzo.” Lo corresse Luigi. “Eddai Luigi, non
mi dire che hai paura di un bambino. Guarda che Matteo mi ha assicurato
che non mangia nessuno, nemmeno i musoni.” Lo prese in giro
divertito Andrea mentre Paola prendeva posto a tavola scuotendo la
testa. “Che scemi che
siete.” Li rimproverò divertita sistemandosi meglio Matteo
sulle gambe. “Vi ha dato problemi?” Chiese poi nonostante
immaginasse che la risposta fosse negativa. In quegli anni passati a
Roma prima e poi a Tarquinia, Matteo non le aveva mai dato problemi.
Anche le maestre lì a Città della Pieve le avevano detto
che era un bambino molto calmo e tranquillo, un po’ troppo forse
per la sua età, ma Matteo non dava tanta confidenza agli
estranei, tendeva sempre a rimanersene per i fatti suoi. Solo con i
colleghi a Roma si comportava liberamente. Lì aveva visto solo
sorrisi ma nulla di più. “Nemmeno uno Paola,
Matteo è il bambino più tranquillo che abbia mai
conosciuto.” A quell’esclamazione seria da parte di Andrea,
Paola sorrise mentre Luigi si ritrovò a cercare con gli occhi
Carlo. Sì, decisamente in
quelle ultime tre settimane Andrea sembrava essere più
rilassato. Era addirittura tornato a scherzare durante le ore di
lavoro. Anche le sue uscite serali sembravano aver subito una battuta
d’arresto e quando lasciava la caserma era solo se veniva
coinvolto in uscite tra uomini o perché Alessandra lo
costringeva con le cattive ad andare a cena da loro. “Allora ti
proporrò come Baby-sitter per il futuro.” Lo
canzonò Paola mentre il piccolo alzava gli occhi verdi
scintillanti sul viso di Andrea seduto davanti a loro. “Magari quando non
sono di servizio così ti insegno a giocare a pallacanestro, eh
Matteo?” Strizzò giocoso un occhio al piccolo e questi si
aprì in un sorrisone a quella notizia. “Ah no
Marescià.” Sbottò Prosperi fermo davanti al
fornello. “Già ce se deve sorbì lei con sto
pallone, pure la sua versione in miniatura. Un incubo.” “Prosperi.”
Lo redarguì con tono esasperato Andrea. “Che devo fare con
te? Metterti di turno con Mura?” “No no. Per
carità Marescià, de turno con Mura no!” Mise le
mani avanti Carlo facendo ridere gli altri. Eppure Luigi fissava ancora i tre seduti come lui al tavolo. C’era qualcosa
nell’aria, se lo sentiva e quel qualcosa forse poteva essere
quella cosa che sia lui che Alessandra aspettavano con impazienza da
parecchi giorni ormai e forse, prima o poi sarebbe potuta diventare
realtà. Dovevano solo portare ancora un po’ di pazienza.
***
Angolino di Bitter: Qualche informazione nuova in questo capitolo, ma chissà chi diamine è questo Capitano di Roma… Tornando
al capitolo, diciamo che la situazione migliora lentamente, e che
qualcuno si sta facendo un bel po’ di domande a riguardo. Tutta
la tiritera di pensieri da parte di Luigi è servita soprattutto
per spiegare la ‘storia-non-storia’ tra Sepi e Ferri,
storia che per me, anche nella fiction non aveva alcun senso. Mi duole
dirlo così ma mi sembrava davvero falsa ed ipocrita ed infatti
poi praticamente non c’è stato nulla di fatto visto che
Ferri se n’è andato a Roma senza la Sepi che
accidentalmente ci ha messo gran poco a conoscere qualcuno di nuovo
-__- mah, mi è piaciuto davvero poco tutto quel giro. Comunque,
quel pezzo ci voleva per riuscire un pochino a spiegare come abbia
passato quei sei anni Andrea, o almeno spero di esser riuscita
nell’intento. Dal prossimo capitolo la cosa comincia a farsi un po’ più movimentata :) quindi ci si rivede
LUNEDI’ 29
o al massimo il martedì, ma il capitolo è praticamente pronto.
Ultima cosa: una piccola recensione me la lasciate?????? Thank you!
Recensioni xD: Clappy:
quoto quanto dici e sto cercando di scrivere altre ff su questa
bellissima fiction, quindi credo che ci sarà qualcos’altro
da leggere anche da parte mia xD Sono contenta che ti piaccia e
sì, gli aggiornamenti saranno veloci, i capitoli sono scritti,
sto finendo l’ultimo in questi giorni e l’epilogo è
praticamente pronto nella mia testa, quindi a breve sarà
completa. Non che sia molto lunga come ff. Per il loro comportamento,
due scemi xD e diciamo che ci saranno alcuni ritorni e nuove scoperte
interessanti u.u
Capitolo 4 *** *Capitolo IV. Una visita che porta dubbi.* ***
Capitolo III.Ed eccomi qua, puntuale come un orologio svizzero xD Come sempre sta tutto in fondo al capitolo, buona lettura
“Il fato ti dà sempre due possibilità”, aveva detto una volta George . “Quella che dovresti scegliere, e quella che scegli”.
[SHANTARAM - Gregory David Roberts]
Tomorrow
*Capitolo IV. Una visita che porta dubbi.*
C’era fermento
quella mattina in caserma, non che fosse una cosa poi così
strana. Lì, ogni occasione era buona per spettegolare, eppure
Paola ed Andrea quando rientrarono dal giro di pattuglia si scambiarono
uno sguardo perplesso. Erano appena stati al bar e Pippo, che in quanto pettegolezzi era il numero uno, non aveva dato loro alcuna strana notizia. “C’è
il Capitano Ranieri ed un altro Capitano dell’Arma
nell’ufficio di Capello.” Fu Luigi a spiegare quel strano
fermento che sembrava aver colto soprattutto Bordi. “E che Capitano!” Disse infatti il Vicebrigadiere. Nessuno era riuscito a vedere in faccia questo fantomatico Capitano, solo Bordi che era di piantone ed aveva accolto i due. Non riuscivano a
trovare una ragione valida per una tale visita. Non c’erano in
corso indagini particolari, anzi, era qualche giorno che la caserma era
silenziosa, solo le schermaglie di Prosperi erano udibili. E non era
arrivata nessuna comunicazione urgente da Roma per poter giustificare
la presenza di questo Capitano. “Si può
sapere Bordi perché continui a ripeterlo? Mai visto un
Capitano?” Mura sembrava quello più infervorato tra tutti. Quando spuntava dal
nulla la visita di un ufficiale dell’Arma non erano mai buone
notizie. L’ultimo ufficiale che aveva messo piede lì, a
Città della Pieve, era stato il Colonnello Di Chiara, ex
superiore di Ferri quando ancora militava nei ROS. Il loro Maresciallo
si era trovato a seguire un’indagine di cui nessuno sapeva nulla.
Lo stesso Capello era rimasto all’oscuro di quanto accadeva. Quando poi il
Capitano Ranieri era venuto a conoscenza della cosa, Ferri era stato
ripreso duramente e costretto a trascorrere quasi due mesi a sistemare
l’archivio ed a svolgere i lavori d’ufficio. Una punizione forse troppo dura, ma Andrea aveva abbassato il capo ed aveva eseguito l’ordine. “Non è
per quello.” Tentò di giustificarsi Bordi mentre Luigi
scrutava l’espressione pensierosa di Andrea. “E allora per cosa?” Continuò ad attaccarlo Mura. “E dai Mura, stai tranquillo.” Cercò di calmarlo Romanò. A nessuno di loro
piaceva quella situazione, e tutti tranne Paola, stavano fissando chi
più, chi meno apertamente Andrea che di tutta risposta
alzò le spalle. Non aveva idea di
chi fosse questo fantomatico Capitano, ma di certo non si sarebbe
ripetuta la faccenda. Non aveva amato fare tutto di nascosto ai suoi
colleghi. In caso, avrebbe messo bene in chiaro le cose con tutti, gli
era bastata quella volta e non aveva nessuna intenzione di ricommettere
lo stesso errore per due volte di seguito. “Aho ragazzi, ma l’avete visto quello?” Prosperi per una volta intervenne al momento giusto. “Quello chi?” Chiese Leo vedendo l’amico ed Andrea Sepi sopraggiungere dalla cucina. “Ce sta un
tizio fuori, nel cortile. Alto, moro, un bel tipo.”
Cominciò a spiegare mentre la bionda annuiva. “E deve
avè un sacco di soldi.” “E cosa te lo fa pensare?” “C’ha na
Mercedes SLK nera.” Borbottò di rimando come se quello
bastasse a spiegare. Paola a quelle parole si avviò il
più in fretta possibile verso il cortile, sotto lo sguardo
stranito di tutti. “E mo che c’ha Paoletta?”
Borbottò Prosperi incamminandosi anche lui dietro a Leo che era
partito subito alle calcagna dell’amica. Anche a Luigi quella
fuga improvvisa non piacque. Paola non era certo una che andava allo
sbaraglio così, senza un motivo valido. Aveva osservato la sua
espressione cambiare mentre Carlo descriveva quel misterioso uomo ed
aveva visto il suo sguardo accendersi di una luce strana. Speranza. Sì, poteva
dire di averci letto una sottile speranza nei suoi occhi marroni e la
cosa non gli piaceva. Poi, alla descrizione della macchina aveva letto
consapevolezza ed infine la frettolosa fuga senza dire una parola. Era scattato quasi
allo stesso tempo di Leo, preoccupato più che curioso. Aveva
come il sentore che qualcosa stesse per accadere, qualcosa che non
sarebbe piaciuto e che probabilmente avrebbe scatenato reazioni che era
certo non sarebbero riusciti a sedare facilmente. “Ammazza, guarda Paoletta.” Esclamò stupito Carlo una volta giunti all’esterno. La scena che apparve
loro poteva creare confusione e stupore allo stesso tempo. Paola era
stretta tra le braccia di quel ragazzo che Carlo aveva descritto e
sembrava, a ragione, che si conoscessero. Soprattutto perché non
avevano mai visto Paola lasciarsi andare in quel modo con qualcuno che
non conoscesse. Sì, decisamente doveva conoscerlo. Forse se avessero
potuto sentire le parole che sembravano sussurrarsi, avrebbero avuto un
quadro più completo della situazione. “Ma che
sia…” Borbottò Romanò confuso, cercando di
ricollegare il tutto. “Il famoso papà?” Fu uno sguardo terrorizzato quello che Prosperi lanciò a Leo. Fino a quel momento
aveva sempre pensato che quel famoso papà potesse essere una
loro vecchia conoscenza, nonostante Paola fosse stata chiara fin
dall’inizio mantenendo una difesa serrata e glissando
magistralmente ogni tentativo di entrare nel discorso. Magari era uno degli
elementi di quel famoso ufficio di cui Paola aveva loro parlato solo
marginalmente, o magari la persona che ogni tanto le scriveva al
cellulare. Se così fosse stato, poteva benissimo cominciare a
compilare la domanda di trasferimento, magari ad Aosta, o a Messina. Se
era come pensava, Carlo non voleva proprio trovarsi in mezzo tra due
fuochi. Mentalmente si
appellò al santo di cui tanto Romanò parlava, Padre Pio,
mentre con la coda dell’occhio continuava a tenere d’occhio
quella strana coppietta. “Ma che sia davvero lui?” Domandò più a se stessa che agli altri la Sepi. “Bhe, nessuno
sa chi sia.” Rispose Bordi che sinceramente non aveva idea di chi
fosse quel ragazzo e che nemmeno ricordava di averlo mai visto
lì, a Città della Pieve. Luigi non prese in
considerazione quello scambio di battute, aveva visto lo sguardo
terrorizzato di Prosperi e l’espressione incerta di Leo alla
vista di quella scena. Ma era un’altra espressione che gli
premeva vedere, quella di Andrea Ferri solo a due passi di distanza da
lui. Voltò il capo
senza curarsi di non farsi scoprire e lo vide lì, con lo sguardo
fisso su Paola ed il ragazzo moro che ancora si abbracciavano, lo
sguardo perso in un punto imprecisato. Sembrava che non vedesse quella
scena, ma lui ormai lo conosceva abbastanza da intuire che dietro a
tutta la facciata ci fosse un turbinio di emozioni tali da lasciarlo
senza fiato. Sgomento. Dei passi che si
avvicinavano fecero voltare tutti tranne Andrea che ancora rimaneva
immobile e Luigi che lo osservava. Luigi riuscì lo stesso a
scorgere il Maresciallo Capello in compagnia di una figura femminile
che lentamente camminò superando il gruppetto fino a fermarsi a
pochi passi da Paola. “Capisco che
non lo vedi da un po’ di tempo, ma credevo di mancarti
anch’io e non solo Gabriele.” Esclamò divertita la
ragazza creando così ancora più confusione in quanto
Paola aveva mollato Gabriele, il giovane che abbracciava, per gettare
di slancio le braccia al collo dell’altra. “Ma che ci fai qua? Come stai? Quando sei tornata?” Chiese velocemente facendo ridere la ragazza che abbracciava. “Sono tornata
stanotte, sto bene e secondo te che ci faccio qua?”
Esclamò canzonandola. “Auguri Paola.” All’ultima
frase a tutti fu chiaro che si conoscessero. Probabilmente dovevano
essere degli amici venuti a trovarla per il compleanno, e a giudicare
dalla foga con cui erano state poste le domande, doveva essere passato
parecchio tempo dall’ultima volta che si erano visti. E Paola,
doveva essere molto contenta per quella visita inaspettata. “Ma…” “Niente ma
Paola. Ascolta, vai a finire il turno e ci vediamo dopo, ok?” Le
disse dolcemente quella figura femminile. “Ci vediamo
alle quattro al bar Pippo.” Le sussurrò di risposta Paola
riabbracciando entrambi mentre Capello richiamava tutti
all’ordine. “Su, al
lavoro. Paola, c’è una signora che deve sporgere denuncia,
ci pensi tu?” Esclamò, poi, prima di tornare
all’interno si voltò verso Leo. “Bini, vieni con me
nel mio ufficio.” “Comandi.”
Rispose Leo anche se avrebbe voluto fermarsi a fare quattro chiacchiere
con Paola per poter fugare quei dubbi che quell’incontro gli
aveva fatto nascere. Luigi osservò
attentamente i due salire in macchina e ripartire, poi spostò la
sua attenzione sul gruppetto, che stava rientrando sotto lo sguardo
vigile di Capello, cercando Andrea ma non trovandolo. Probabilmente
doveva già essere entrato. Scambiò un ultimo sguardo perplesso con Leo prima di inforcare la porta anche lui e tornare al lavoro.
***
“Che ci fate
qui?” Domandò Paola voltandosi verso Virginia, la ragazza
della mattina, seduta accanto a lei su di una panchina. “Nel
senso…” Virginia rise
scuotendo il capo e facendo dondolare i lunghi capelli scuri.
“Paola, Paola, Paola.” La canzonò salutando con la
mano Matteo e Gabriele che si dondolavano pigramente sulle altalene del
parco. “Credevo che ti facesse piacere vederci. Forse mi sono
sbagliata.” “Virginia!” La redarguì spintonandola quando l’amica si mise a ridere ancora. “Paola.”
Cominciò seria Virginia una volta smesso di ridere.
“Quando mi hanno detto del tuo trasferimento sono partita.” Paola sospirò vedendo gli occhi castani di Virginia osservarla seria. Si stava scusando
per qualcosa di cui lei non aveva colpa. Sapeva bene che prima o poi
sarebbero riusciti a trasferirla, per quanto Virginia si fosse sempre
adoperata per tenerla il più possibile vicino a Roma, sapeva che
prima o poi avrebbero trovato il modo per trasferirla. L’ultima
missione a cui Virginia aveva partecipato era stata
l’opportunità perché quel trasferimento fosse
attuato. “Non è
colpa tua. Sapevamo che prima o poi sarebbe accaduto.”
Mormorò tornando a guardare Gabriele e Matteo. Erano andati a
prendere Matteo alla fine delle lezioni, ed il piccolo era stato
così entusiasta della sorpresa che sembrava che fosse il suo
compleanno e non quello della madre. Poi si erano spostati al parco, un
po’ per permettere a Matteo di godersi il pomeriggio tiepido di
metà Ottobre, un po’ per poter parlare in santa pace.
Quando si erano trovati da Pippo avevano detto poche parole per non
dare modo al barista di spettegolare. “Forse
però se qualcuno fosse rimasto.” S’intromise
Gabriele avvicinandosi dopo aver lasciato Matteo assieme ad alcuni suoi
amici. “Non sarebbe cambiato nulla.” Lo rimbeccò Virginia. “Il Generale doveva avvisarmi.” “Ha fatto bene a non dirti nulla. La tua missione era più importante.” Replicò Paola. Sapevano bene che le
missioni che affrontavano erano importanti e nonostante Paola non
sapesse di cosa si fosse trattato, non aveva alcun dubbio. Il suo
trasferimento passava in secondo piano. “Per quanto vi fermate?” Virginia sorrise a
quel cambio di discorso mentre Gabriele, in piedi davanti alla panchina
su cui erano sedute, sospirò pesantemente. “Solo oggi.
Gabriele deve terminare una pratica ed io devo presentare la relazione
della missione entro domani mattina.” Si strinse nella spalle
Virginia mentre vedeva comparire sul volto di Paola
un’espressione di rammarico. Lavorare
nell’Arma portava molte volte a non avere tempo per gli amici,
per le famiglie. A volte le ore a disposizione erano così poche
che non valeva nemmeno la pena pensare di intraprendere un viaggio
qual’ora la famiglia fosse in un’altra città. “E come hai
fatto ad avere così tanto tempo libero?” Paola di certo
non si aspettava quell’improvvisata anche se ne era contenta.
“Non mi dire che eri tu il famoso Capitano nell’ufficio di
Capello stamattina.” “Famoso?”
Virginia e Gabriele si scambiarono un’occhiata perplessa e
divertita. “Ho fatto da pony express. Il Generale mi ha
incaricato di consegnare delle carte al Capitano Ranieri e poi i
ragazzi hanno fatto in modo da lasciarmi il pomeriggio libero.” “Voi siete
tutti matti.” Gabriele ridacchiò a quell’uscita.
“Carte di che tipo?” Chiese poi sospettosa Paola. “Qualcuno da
voi ha fatto domanda per il corso da Vicebrigadiere. Ho portato gli
orari dell’inizio della lezione.” Spiegò. Paola
annuì mantenendo comunque un’espressione pensierosa.
“Sarete sotto organico per i prossimi mesi. Si stanno ingegnando
per mandarvi qualcuno, ma finché il corso non è finito
non ci sarà nessun vero e proprio trasferimento. Forse se siete
fortunati avrete un aiuto.” “Potresti dare
una mano a Sonia.” Vedendo l’espressione dubbiosa comparsa
sul volto di Virginia, Paola si affrettò a spiegare.
“Sonia è il Carabiniere Martini. È lei che
frequenterà il corso. So che è strana la mia richiesta,
ma potresti mettere una buona parola affinché rimanga a Roma
quando avrà finito?” “Devo dedurre
che ci sia di mezzo un lui?” Domandò divertita Virginia.
“Va bene, Paola. Vedrò cosa posso fare ma non ti assicuro
nulla.” Mise in chiaro, ma Paola sorrise a quelle parole. “Sapevo di poter contare su di te. Grazie.” Gabriele, che aveva
ascoltato tutta la conversazione in religioso silenzio, scambiò
un’occhiata con Virginia. Certo la visita in primis era per il
compleanno di Paola, ma oltre ad appurare di persona come stessero
madre e figlio, era il tema del trasferimento la loro croce personale. Di trasferimento avevano parlato, ma il soggetto era sbagliato. Sospirò piano
e con la coda dell’occhio vide Matteo raggiungerli correndo e con
un enorme sorriso stampato sulle labbra. Al piccolo quella visita era
piaciuta parecchio, anche se breve. “Andiamo a
mangiare qualcosa?” Chiese Virginia vedendo arrivare Matteo.
“Abbiamo ancora alcune ore a disposizione e qui qualcuno compie
gli anni.” Si ritrovarono tutti
a sorridere a quel tono scanzonato. Era come ritrovarsi indietro nel
tempo, quando ancora si ritrovavano tutti assieme e cenavano tra risate
e scherzi. “Ci hanno
consigliato la pizzeria di Gemma.” Propose Gabriele mentre tutti
e quattro s’incamminavano verso il centro di Città della
Pieve. “Pizza?” Virginia annuì con foga alla titubanza di Paola. “Dai, è
una vita che non mangio pizza. Nell’ultimo periodo ho mangiato
più panini che altro.” Borbottò risentita facendo
ridere Paola. “E pizza sia.” Acconsentì infine mentre Matteo si arrampicava in braccio a Virginia. “Tuo figlio
incomincia ad essere pesante.” Le fece notare una volta giunti
davanti alla pizzeria e posato il piccolo a terra che non perse tempo a
trascinare Gabriele all’interno del locale. “Tutto
ok?” Chiese poi vedendo Paola pensierosa per l’ennesima
volta in quella giornata. “Mi mancate.” Fu tutto quello che rispose lei in un sospiro. “Anche qua sei
in famiglia.” Commentò l’altra spingendola
all’interno della pizzeria per poi strizzarle un occhiolino
mentre quasi tutta la caserma esplodeva in una serie di auguri. C’erano tutti
o quasi. Anche Romanò si era unito con la famiglia al completo,
c’era anche Alessandra in quel coro tra Luigi e Andrea, e Leo
assieme a Elena, la famosa fidanzata che Paola aveva avuto occasione di
incontrare un paio di volte. “Quando hai
avuto il tempo di organizzare tutto questo?” Chiese Paola a
Virginia una volta liberatasi da tutte quelle persona che
l’avevano letteralmente sommersa di abbracci e baci. “Stamattina.” Celiò quella mentre Gabriele scuoteva il capo divertito. Se ne erano rimasti
un po’ in disparte durante gli auguri. C’era una sorta di
muro a dividerli, non conoscevano nessuno lì, ma avevano intuito
l’affiatamento che persisteva in quella piccola caserma. Paola lì, a Città della Pieve, era in famiglia e questo li tranquillizzava molto. “Non mi
presenti i tuoi amici Paola?” Alessandra si era avvicinata
curiosa di conoscere i due che al mattino avevano creato tanto
trambusto e chiacchiere con la loro presenza. Ma rimase stupita.
“Virginia?” “Alessandra, anche tu a Città della Pieve?” Fu la risposta pacata dell’altra. Aveva già
avuto modo di scoprire che lì prestava servizio Andrea Ferri, ma
non aveva idea che anche la sorella facesse parte di quella piccola
famiglia. “Vi conoscete?” Le due annuirono alla domanda di Paola mentre Gabriele pensava a quanto piccolo fosse il mondo. “Una persona
in comune.” Borbottò Virginia mentre scrutava qualcuno
alle spalle delle altre due che si stava avvicinando. “Credo di
essere io la persona in comune.” Ale e Paola si voltarono
trovandosi davanti Andrea, che aveva parlato, e Luigi. “Non avevo
fatto caso stamattina che fossi tu. A quanto pare ora sei un
Capitano.” “E tu sei in
una caserma.” Rimbeccò lei. “Ma non eri tu quello
allergico ai posti fissi?” Vedendo l’occhiata perplessa di
Paola si affrettò a spiegare come mai conoscesse i due fratelli
Ferri. “Sono originaria di Torino, per questo li conosco. Per di
più io e Andrea abbiamo frequentato lo stesso liceo.” “Piccolo il mondo.” Si ritrovarono a dire assieme Paola e Luigi mentre Gabriele ridacchiava. “Avvocato
Gabriele Gentilin.” Si affrettò a presentarsi Gabriele.
Aveva come l’impressione che ci fosse in atto un conto alla
rovescia e non voleva che la bomba scoppiasse proprio lì e
quella sera soprattutto. “Collabora con il nucleo investigativo a Roma.” Specificò per bene Virginia. “Lui è
il Brigadiere Luigi Testa.” Alessandra presentò
l’uomo al suo fianco prendendolo a braccetto. “Ti sei
sistemata?” Sbigottì Virginia facendo ridacchiare Andrea.
“Buona fortuna.” Augurò poi a Luigi beccandosi uno
spintone da Ale.
“Come vi siete
conosciuti?” Fu a cena conclusa che Leo si azzardò a porre
quella domanda approfittando di un momento in cui i due si erano
volatilizzati. “Erano a Roma
quando frequentavo il corso.” A quella frase i più giovani
tra i Carabinieri presenti in sala, si erano zittiti. Un po’
tutti avevano intuito l’amicizia genuina che li univano, ma
sentirselo raccontare era tutt’altra cosa. “Mi sono rimasti
accanto nonostante tutto.” Andrea e Alessandra
si scambiarono un’occhiata complice. Conoscevano Virginia
abbastanza da poter assicurare che Paola non era mai stata sola in
quegli anni. Nonostante il ruolo che ricopriva Virginia al nucleo
sapevano che c’era sempre stato qualcuno a vegliare su Paola e
Matteo. Quel giovane poi, l’avvocato Gentilin, doveva esserne la
prova materiale. “Ah
però. Quindi quello è il famoso Capitano.”
Esordì sorpreso Carlo e Paola scosse il capo divertita. “Virginia è il Capitano.” Lo corresse Alessandra. “A proposito.
Sonia, se ci sono problemi durante il corso chiedi pure a lei, ti
aiuterà.” Sonia la guardò sorpresa mentre Virginia
tornava al tavolo giusto in tempo per sentire quell’ultima frase. “Ormai faccio
il buon samaritano lì a Roma.” Scherzò divertita.
“Paola, noi dobbiamo andare.” Disse poi seria. Si stava facendo
tardi e la strada era lunga per tornare fino a Roma. Romanò e
famiglia se ne erano già andati ed il piccolo Matteo, fuori
assieme a Gabriele, cascava dal sonno. “Paola.”
Avevano speso dei saluti spicci, molti di loro non li conoscevano e
poi, l’argomento che più premeva a Virginia affrontare era
meglio affrontarlo da soli. “Posso già inoltrare domani la
tua richiesta di trasferimento per Tarquinia se vuoi.” Annuì con calma Paola mentre stringeva più forte la presa attorno a Matteo addormentato in braccio. Prestava servizio da
poco più di sei settimane lì a Città della Pieve e
sapeva che non appena Virginia fosse venuta a conoscenza della cosa
avrebbe smosso tutte le proprie conoscenze, in primis il Generale, per
farla tornare a Roma. Bastava una sua sola parola e quella richiesta di
trasferimento avrebbe fatto la sua comparsa sulla scrivania del capo il
giorno successivo. “Sto bene qua
Virginia, davvero.” Disse la verità, pensandoci bene lei
stava davvero bene lì nonostante i dissapori iniziali. “E
poi, trasferirmi tra qualche mese non conviene. Matteo ha la
scuola.” Virginia sorrise a quella frase accarezzando lievemente
i capelli a Matteo. Matteo era il primo
pensiero per Paola. In quegli anni aveva messo da parte i propri
desideri per il bene del figlio e questo lei lo sapeva ed aveva fatto
il possibile per aiutarla. Ma vederla lì, nella cittadina dove
tutto doveva essere iniziato, le metteva addosso una certa ansia. Aveva paura che
qualcosa potesse rovinare quella felicità che Paola aveva
raggiunto con fatica. Conciliare il lavoro e la famiglia non era
semplice e lo sapevano entrambe. “Va bene
Paola.” Annuì infine anche se non potè esimersi dal
lanciarle un’occhiata strana, quasi ad intimarle di prestare
attenzione. Si salutarono con un
sorriso ed un lieve abbraccio, poi Paola rimase a guardare l’auto
scomparire inghiottita dal buio della notte. Sospirò piano
rendendosi conto che sì, stava bene lì a Città
della Pieve, stava meglio di quanto potesse immaginare
all’inizio, ma c’era sempre l’ombra del passato a
gravare su di lei ed un po’ temeva quel confronto che sapeva che
prima o poi avrebbe dovuto affrontare. “Dai qua.
Ormai credo che Matteo sia diventato un po’ troppo pesante per
portarlo fino in caserma in braccio.” Andrea era comparso come
un’ombra e si era accollato il piccolo che, contro ogni
aspettativa, si accoccolò posando il viso tra la sua spalla ed
il collo. Camminarono in
silenzio lungo le vie fiocamente illuminate, uno affianco
all’altra. Paola osservava con la coda dell’occhio Andrea
che avanzava sicuro, un sorriso appena accennato sulle labbra e Matteo
stretto al petto. Un po’,
quell’immagine, le metteva confusione in testa. Il piccolo
sembrava essersi affezionato al giovane Maresciallo più che a
qualunque altro lì in caserma e nelle ultime settimane si era
accorta che c’era un forte legame a legare i due. Le faceva un po’ paura quella consapevolezza. Anni prima aveva
semplicemente scelto la carriera al posto di un possibile amore,
consapevole che forse, anche se fosse continuata quella storia tra
loro, poteva finire a causa di incomprensioni. Aveva appurato che era
stata la scelta giusta solo quando era giunta a Roma. Aveva perso un possibile amore, ma aveva guadagnato la felicità dell’essere madre e Matteo. “Tutto bene Paola?” La voce dolce di
Andrea la riportò coi piedi per terra. Aveva posato Matteo nel
suo letto poi aveva scorto Paola pensierosa ancora sulla soglia della
camera e aveva deciso di parlarle. Vederla lì, con quella luce,
che aveva già visto durante il caso Dominici, negli occhi di lei
lo aveva sciolto ed anche quel poco di rancore che ancora covava nei
suoi confronti, per quella storia finita in fretta e furia, era stata
cancellato. “Come?”
Aveva mormorato stranita Paola, e Andrea l’aveva afferrata
gentilmente per un braccio portandola fuori nel corridoio. “Pensieri?”
Chiese poi vedendo ancora quella luce strana nei suoi occhi. Sembrava
persa, impaurita e non riusciva a capirne il motivo. “Se chiedi a
Virginia di certo troverà un modo per farti avere il
trasferimento e Capello sono sicuro che ti darà una mano anche
lui.” La vide scuotere il capo ed aggrottò le sopracciglia
pensieroso. “Paola, non ce l’ho con te, non ce l’ho
mai avuta con te per come è finita tra noi.” Poggiò
le mani sulle sue braccia capendo per cosa lei si stesse angosciando.
“Forse nessuno dei due era pronto.” Le sorrise cercando di
rassicurarla e sfregando le mani sulle sue braccia come per darle
calore. “E poi, Matteo è un bambino dolcissimo. Come la
sua mamma.” Riuscì a farla ridere con quell’ultima
frase. “Non ce l’ho con te.” Sussurrò ancora
improvvisamente conscio della loro vicinanza. Alzò un
braccio e con il dorso della mano le carezzò la guancia mentre
lei si aggrappava al suo giubbetto in pelle chiudendo gli occhi a
quella lieve carezza. Entrambi avevano bramato quel contatto per anni. Fu questione di
pochi istanti, i loro occhi s’incrociarono ancora mentre la
distanza tra i loro visi si annullava. Sarebbe bastato poco per poter
riassaporare qualcosa che credevano perso, ma fu Paola a bloccarsi
abbassando il volto e sottraendosi al viso di Andrea. Stava per
scusarsi quando si sentì avvolgere in un abbraccio e le labbra
di Andrea posarsi in un lieve tocco sulla sua fronte prima di
stringerla a se facendole posare il volto sulla sua spalla e posando a
sua volta la guancia sui suoi capelli. Rimasero fermi per
alcuni secondi mentre Paola si rilassava tra le sue braccia e Andrea le
accarezzava lentamente la schiena. Entrambi avevano il cuore in tumulto
quando si staccarono e dopo un lieve “Buonanotte” Andrea se
ne andò lasciando Paola ad osservarlo scomparire dietro la porta
della sua camera, prima di rientrare nella propria.
***
Angolino di Bitter: Allora, finalmente si sa chi è questo Capitano. Certo però che il mondo è un po’ piccolino u.u A parte questo,
tornando al capitolo, parecchi risvolti, e Paola che finalmente capisce
che non è male essere a Città della Pieve quando invece
all’inizio credeva che fosse un inferno. Andrea ha fatto il
primo passo, ed ha anche ricevuto un bel due di picche. E ora? Che
farà? Manderà tutto al diavolo o continuerà a
provarci?
A parte tutto sto casino, il prossimo capitolo sarà on-line Giovedì 2.
Rispondiamo alla recensione: Clappy: sono
contenta che ti piaccia, di colpi di scena ce ne saranno ancora. Oh,
finalmente ho trovato qualcuno che la pensa come me su
Andrea&Andrea come coppia, senza nulla togliere ai fan di questa
coppia logico :) Per quanto riguarda il dialetto romano, aspettati
prima o poi quintali di messaggi in cui ti supplicherò di dirmi
la traduzione esatta xD Prosperi è un mito e di certo
sarà presente anche nelle prossime ff che scriverò.
Capitolo 5 *** *Capitolo V. Scontri col passato.* ***
Capitolo V. Scontri col passato.E rieccomi con l’aggiornamento come previsto. Il resto in fondo come sempre.
“Il fato ti dà sempre due possibilità”, aveva detto una volta George . “Quella che dovresti scegliere, e quella che scegli”.
[SHANTARAM - Gregory David Roberts]
Tomorrow
*Capitolo V. Scontri col passato.*
La notizia di un
momentaneo aiuto in caserma era stata accolta con gioia, ne avevano
bisogno in quel momento. L’assenza di Sonia cominciava a farsi
sentire e tutti sentivano il peso di quei casi che continuavano a
susseguirsi e quel nuovo arrivo, anche se solo per qualche tempo, era
stato visto come una manna dal cielo. Il Maresciallo che
il comando stava loro affiancando era in cerca di una pausa dopo un
periodo intenso nei ROS ed il fatto che cercasse un po’ di pace,
unita alla sua conoscenza di Città della Pieve, avevano giocato
a loro favore. Almeno quello era stato il pensiero del Capitano Ranieri. Non aveva dovuto
pensarci troppo su, il Capitano, aveva firmato quel foglio di
accettazione ed aveva avvisato la caserma affinché preparassero
una stanza per il nuovo arrivato. Anche il Maresciallo
Capello aveva tirato un sospiro di sollievo nel sapere di quel nuovo
arrivo per poi rabbuiarsi quando aveva letto il nome di quel
Maresciallo. Andrea Ferri aveva
assistito a quel cambio di espressione repentina ma non era riuscito a
capire il perché. Sapeva solo che era un ottimo elemento, in
quanto lavorava nei ROS e poteva ben capire quella richiesta di pausa.
Alle volte anche lui aveva pensato di prendersi una pausa quando ancora
lavorava alle dipendenze del Colonnello Di Chiara. Il fatto poi che
sapesse come muoversi lì, in quella cittadina, era un punto a
loro favore, non avrebbero sprecato tempo nel spiegargli il lavoro che
si svolgeva in una piccola caserma. Un gran colpo di fortuna. Ma era solo lui a
pensarlo dato che molti lì sembravano non apprezzare quel
Maresciallo, soprattutto Leo e Paola, anche se era riuscito a scorgere
una espressione preoccupata anche sul volto sempre sorridente di Carlo. A lui il nome Tommaso Palermo non diceva nulla. Si era scambiato
un’occhiata incerta con Luigi quando erano avvenute le
presentazioni, presentazioni più rivolte verso gli ultimi
arrivati, quali loro due, il Maresciallo Sepi ed il Magistrato. Gli
altri lo conoscevano anche se gli riservarono un tiepido saluto. Come
se quell’arrivo fosse un preannuncio di tempesta. “A Marescià, tutto a posto?” Era tornato presente
solo all’ennesimo richiamo di Prosperi di pattuglia con lui.
Negli ultimi dieci giorni, da quando Palermo era entrato
nell’organico, si trovava a vagare con la mente alla ricerca di
qualcosa, un indizio, una frase che potesse spiegargli quella strana
atmosfera presente in caserma. Aveva anche ripercorso mentalmente i
vari discorsi che aveva udito quando aveva appena preso servizio
lì, ma non era venuto a capo di nulla. L’unica cosa che era riuscito a capire era che Palermo se ne era andato e lui era arrivato. “Sì
Carlo, tutto ok.” Prosperi aveva inarcato un sopracciglio
scettico a quella sua risposta ma se ne era rimasto zitto tornando a
guardare la strada. Carlo sembrava
l’unico a far finta di nulla, cercava sempre di non rimanere in
stanza con quel nuovo Maresciallo, ma al contrario di Leo e Paola, era
tornato ad essere il burlone che realmente era. Invece quei due,
sembrava di entrare in una ghiacciaia ogni volta che Palermo era nelle
vicinanze, anche se aveva notato come Leo guardasse preoccupato Paola
ogni volta. Pensandoci bene, Leo
sembrava protettivo nei confronti dell’amica. L’aveva
coinvolta ogni sera libera in un’uscita, portandosi dietro anche
il piccolo Matteo. Come se cercasse di non lasciarli mai nello stesso
posto di Palermo. Addirittura era arrivato a portarli, la domenica
pomeriggio, in una piccola gita nei dintorni. Gita a cui aveva preso
parte anche lui. Lì, li aveva
visti finalmente rilassati e sorridenti, cosa che era svanita al
rientro e che era proseguita il lunedì. Con una scusa Paola, la
domenica sera, si era ritirata in camera per uscirne solo la mattina
successiva. Non era ancora
pronto, Andrea, per chiederle così apertamente cosa non andasse.
Aveva deciso, dopo una chiacchierata con Alessandra, di lasciare del
tempo a Paola sperando che le cose migliorassero, o che almeno lei
rassicurasse tutti loro. Ma quel “Tutto a posto” buttato
lì durante una discussione non lo aveva tranquillizzato. “Carlo.”
Prosperi sembrava quello più ragionevole da affrontare e lui era
in ansia per tutta quella situazione. “Se posso
dì la mia, Marescià, non ci voglio entrare.”
Sembrava quasi che Carlo avesse paura di affrontare quel discorso,
discorso che aveva intuito da solo anche se era facile capire la piega
che avrebbe preso. “Non guardarmi con quella faccia lì
Andrè. Tu non ci vuoi parlà con me, te devi farte
dì le cose da Paoletta. Magari chiedere a Leo.”
Continuò a sciorinare senza mai staccare gli occhi dalla strada.
“Anche perché io non so nulla. Solo che ce stò qua
da un po’ e qualcosa posso aver capito. Ma io non so nulla.” Andrea scosse il
capo divertito. Nonostante quanto Carlo andasse ad affermare era sicuro
che sapeva più di quanto credesse. Probabilmente anche il
Maresciallo Capello sapeva. Ricordava ancora il
primo periodo dopo la partenza di Paola per Roma e le occhiate
comprensive che Capello gli lanciava e le pacche incoraggianti che gli
dava. “Guarda che
Paoletta non te magna mica.” Continuò divertito Carlo
facendolo sorridere. “Anche perché mi pare che siete
tornati amici.” “Prosperi.”
Cercò di fare la voce dura, ma tutto quello che gli uscì
fu un tono esasperato per quella frecciata. Anche se, non aveva tutti i
torti. Nonostante quel
rifiuto, avvenuto ormai più di un mese prima, il suo rapporto
con Paola si era consolidato, anche e soprattutto grazie a quel legame
speciale che lo univa indissolubilmente a Matteo. Si era davvero
affezionato a quel bambino e si era ritrovato complice con Paola
durante le indagini. Come se lei non se ne fosse mai andata. Anzi, l’aveva
vista più di una volta cercarlo con lo sguardo e in alcune
occasioni cercare la sua compagnia, sia in presenza di Matteo che da
sola. “Per dire
l’ultima cosa, Leo stasera è fuori. Credo abbia un
appuntamento con Elena.” Gli sussurrò casualmente una
volta rientrati in caserma, ed infatti videro Leo correre verso le
camerate.
***
“Maresciallo.” Andrea salutò con un lieve cenno del capo Romanò di piantone quella notte. Nonostante tutte le
indicazioni di Prosperi, quella sera non era riuscito a trovare Paola
in cucina, per poi scoprire che aveva cenato a casa di Romanò.
Praticamente la sua idea di sondare il terreno era svanita ancor
prima di essere considerata. Poco male, aveva accettato l’invito di Luigi ed erano usciti a bere una birra. Quella sera
Alessandra era impegnata al Bed & Breakfast e loro due si erano
ritrovati a condividere una serata davanti ad un bicchiere di birra
gelida. Le parole erano state poche, un po’ per la mancanza di
argomenti, un po’ perché Luigi sembrava essere su di un
altro pianeta. Aveva faticato
parecchio per capire cosa angustiasse l’amico. Non che
solitamente fosse un gran chiacchierone, era Carlo l’anima della
festa, ma quella sera era più silenzioso del solito. Il filo alla fine? Il Maresciallo Sepi ed il Magistrato Cesari. E quel qualcosa che sembrava legarli. Andrea non se ne era
accorto e sentirlo da Luigi, che poteva considerare come il proprio
migliore amico, lo aveva lasciato stupito. Sì, stupito era la
parola giusta per descrivere la sua reazione a quella presunta
relazione, relazione che sembrava andare avanti da tempo a giudicare
dalla titubanza che aveva mostrato Luigi nel renderglielo noto. Non sapeva dare un
nome al sentimento che lo aveva pervaso. Ci aveva rimuginato sopra per
il resto della serata senza però venirne a capo. Delusione?
Rammarico? Gelosia verso quel qualcosa che poteva essere e che invece
non c’era? Indifferenza. Era pure e semplice
indifferenza quello strano sentimento che lo aveva pervaso. Certo era
felice per la collega, aveva sperato che lei trovasse qualcuno che
finalmente la facesse stare bene e sapeva che non poteva essere lui
quel qualcuno. Lo aveva capito solo
quando aveva messo piede in cucina ed aveva scorto Matteo, sdraiato sul
tappeto intento a guardare la tv, e Paola, rannicchiata sotto una
coperta sul divano. “Ehi.” Si era avvicinato velocemente lasciando il giubbetto sullo schienale di una sedia. “Ehi.”
Si erano salutati come due vecchi amici, ma Andrea aveva scorto bene
l’aria stanca sul viso di lei e si era seduto al suo fianco dopo
aver scombinato giocosamente i capelli al piccolo, che gli aveva
sorriso di risposta per poi riportare la propria attenzione allo
schermo. “Matteo non aveva sonno.” Aveva spiegato in un sussurro Paola facendo un po’ di spazio ad Andrea sul divano. “Tu invece sembri sfinita.” Aveva replicato dopo un paio di minuti Andrea tornando a prestare attenzione a Paola. Le fece una lieve
carezza sulla guancia riuscendo a strapparle un sorriso.
S’irrigidì mentre Paola si addossava contro di lui fino a
posare il capo sulla sua spalla e la mente tornò indietro nel
tempo e la sensazione di deja-vù diveniva sempre più
forte. Era già
accaduto e come allora, Paola cercava conforto e calore. La voglia di
baciarla lo stava sopraffacendo, sarebbe bastato poco, piegare un poco
la testa e sfiorarle le labbra. Solo un bacio che desiderava da quella
sera davanti alla porta della sua camera o forse da quando
l’aveva vista seduta in cucina, con Matteo in braccio e Leo
seduto davanti a lei. Si lasciò
andare rilassandosi sullo schienale del divano e passò un
braccio attorno alle sue spalle stringendosela addosso. Avrebbe
lasciato a lei la scelta, decidere se rimanere fermi a quel gradino,
che era l’amicizia, o se salirne un altro e aspirare a qualcosa
che lui sentiva ancora vivo e non morto e sepolto come invece aveva
cercato di convincersi per troppo tempo. “Come è
andata la cena da Romanò?” Chiese ad un certo punto in un
sussurro Andrea e Paola alzò il capo per poterlo guardare negli
occhi. “Come fai a
saperlo?” Gli chiese curiosa. Di quella cena lo sapeva solo lei,
Romanò ed il Maresciallo Capello. “Un uccellino.” Scherzò lui facendola sorridere. “La tua invece?” Chiese Paola senza dare una risposta, tornando a poggiarsi contro Andrea. “Una birra con
Luigi.” Tralasciò volutamente la chiacchierata che avevano
avuto, di certo Paola già sapeva. In quell’anno
in cui avevano lavorato assieme si era reso conto di quanto lei fosse
intuitiva. Era una delle sue doti che maggiormente lo avevano colpito,
assieme alla sua determinazione ed il forte senso di giustizia che la
guidava in ogni caso che affrontavano. “Problemi?” Andrea sorrise,
nonostante tutti i pensieri che doveva avere, Paola continuava a
preoccuparsi per lui. Probabilmente le riusciva difficile credere a
quella amicizia che lo legava a Luigi anche se, aveva appurato,
più di una volta, la veridicità di quel legame. Forse avrebbe fatto fatica pure lui a crederci, visti gli scontri avvenuti anni prima. “No, solo
un’uscita tra uomini. Alessandra era impegnata al Bed &
Breakfast.” La rassicurò mentre scivolava un poco sul
divano per farla stare comoda, anche se era lui poi a trovarsi scomodo.
“Tu?” La sentì
trattenere il fiato per poi rilasciarlo in un sospiro. Doveva avere
parecchi pensieri per la testa Paola per essere così stanca ed
un po’ accondiscende. Non era mai stato semplice farsi dare una
risposta che non voleva dare, e la maggior parte delle volte non la
riceveva. Era contento però, lui sembrava non rientrare tra i suoi problemi. “Qualche
pensiero.” Paola prese un attimo per se, come a voler riordinare
le idee. “È un periodo un po’ così.” Andrea annuì
silenziosamente anche se la risposta non lo soddisfava. Sapeva bene che
doveva esserci sotto qualcosa, anche se poteva ben capire Paola. Il
periodo di stress al lavoro, Matteo e la scuola. L’aveva vista
più di una volta al telefono, probabilmente con Virginia, e sua
sorella gli aveva fatto notare i vari malumori che spesso la coglievano. Avrebbe voluto
chiedere, ma sapeva che se lo avesse fatto potevano finire col
litigare. Paola avrebbe parlato solo quando se la fosse sentita e a lui
importava solo quello, anche se avesse preferito parlare con Leo
piuttosto che con lui. “Cosa ne pensi
del Maresciallo Palermo?” Si ritrovò a chiedere
soprapensiero mentre faceva scorrere una mano in una continua carezza
sulla schiena di lei. “Andrea, lo
conosco meglio di te.” Si diede mentalmente dello stupido per
quella domanda, ma sentendola rilassata contro di sé
continuò. “Hai ragione.
A volte dimentico che eri qui prima di me.” Sorrise. Era vero, a
volte dimenticava che era lui il nuovo arrivato lì, sette anni
prima, e non lei. “Il Maresciallo Ferri sta invecchiando.” Lo canzonò lei facendo voltare Matteo verso di loro. Trattennero entrambi
il fiato. Non sapevano quale potesse essere la sua reazione, certo, li
aveva visti altre volte vicini a parlare, a ridere o a scherzare. Aveva
accettato Andrea da subito, ma non li aveva mai trovati in un
atteggiamento così intimo. Anzi, per quanto
Paola ricordasse, Matteo non l’aveva mai vista in un
atteggiamento intimo con nessuno in quegli anni, se non con i colleghi
di Virginia, ma loro erano un po’ la loro famiglia. “Tuo figlio
è una continua sorpresa.” Mormorò piano Andrea dopo
che Matteo era tornato a guardare la tv senza battere ciglio o
proferire parola alla scena che gli si era prospettata davanti. “Virginia mi
diceva sempre che è troppo intelligente per la sua
età.” Più di una volta li aveva trovati a fissarsi
seri. Poi Virginia se ne usciva sempre con la stessa frase: “Per
me è un piccolo genio”. Non aveva mai preso
in considerazione quelle parole, anche perché poi li vedeva
rincorrersi ridendo per il salotto, come se entrambi fossero due
bambini. Era stata Elena, la moglie di Gigante a farle capire il senso
di quella frase. Matteo sembrava
intuire molto bene gli stati d’animo delle persone che lo
circondavano. Sensibile a detta sua, e molto più di qualsiasi
altro bambino della sua età. Anche se lei aveva sempre creduto
che tutti i bambini fossero sensibili alle emozioni all’interno
della famiglia. “Virginia ha
sempre avuto pensieri profondi.” Mormorò ironico Andrea
ripensando a molte delle discussioni strane che avevano intrapreso da
quando si conoscevano. “La conosci bene.” Era più un’affermazione che una domanda quella di Paola. “Come tu
conosci bene Palermo.” Sbottò Andrea e nemmeno lui
riusciva a capire perché fosse esploso. Forse aveva visto una
sorta di frecciata in quel ‘bene’, un’insinuazione. “Che centra il
Maresciallo Palermo adesso?” Si era scostata bruscamente dal
corpo di lui come se si fosse scottata e si ritrovò seduta sul
divano, con la coperta in grembo, a fissare negli occhi Andrea. “Paola.”
Si era accorto troppo tardi che quella sua frase avrebbe potuto
scatenare una reazione più simile ad un esplosione in lei. Anche il piccolo
Matteo si era reso conto della pesante aria che tirava alle sue spalle,
ed abbandonata la visione della cassetta, si era voltato ancora verso
il divano. Ma non ci fu tempo per le spiegazioni o per un eventuale
litigio. “Paola,
Andrea. Ma che ci fate ancora svegli?” Bini, di rientro dalla sua
serata con Elena, li aveva beccati in quella strana posizione. Paola
seduta scomposta sul divano che, letteralmente, sfidava con lo sguardo
un Andrea ammutolito, semisdraiato, con il piccolo Matteo sul tappeto
voltato verso di loro. “Nulla Leo, anzi è ora che andiamo.” Leo non ebbe il
coraggio di replicare, abbozzò un semplice
“Buonanotte” vedendo Paola con in braccio Matteo, battere
una strategica ritirata. Li osservò scomparire al di là
della porta per poi riportare la sua attenzione sull’unica
persona rimasta in cucina. Non ebbe cuore di
infierire ulteriormente vedendo Andrea, ancora sdraiato malamente sul
divano, con le mani a coprirsi il volto. Bastava già il suo
senso di colpa a farlo stare male, ma non poteva nemmeno rimanere
lì, come uno spettatore e lasciare uno dei suoi migliori amici
ai propri guai. Prese posto sul divano libero sedendosi obliquamente, in modo tale da avere Andrea davanti. “Andrea.”
Provò a chiamarlo, fu solo al secondo richiamo che lo vide
riemergere da dietro i palmi delle mani con espressione tormentata. “Ho fatto un
casino.” Confessò senza guardare Leo, puntando lo sguardo
verso il bianco del soffitto ma senza vederlo veramente. “Puoi sempre mettere le cose a posto.” Leo era tranquillo, tanto che Andrea lo fissò stralunato. Conoscevano entrambi
il carattere di Paola, estremamente infiammabile. Sapevano bene anche
quanto fosse difficile parlarle, o anche solo avvicinarla, quando era
arrabbiata. Molti degli avvenimenti, accaduti in passato, erano
successi anche a causa di questo. “Non è semplice.” Provò a replicare Andrea, ma Leo lo zittì sicuro di quanto affermasse. “Andrea, non
sto dicendo che sarà semplice. La conosciamo Paola e poi non
è un periodo semplice nemmeno per lei.” Cominciò
calmo dosando le parole. “Ma puoi sempre provare a
parlarle.” “E come potrei
farlo? Mi eviterà di certo.” Rispose Andrea ricordando
bene quanta fatica doveva fare per farsi ascoltare quando litigavano. “Tu non ti
preoccupare di questo, ci sarà un’occasione giusta prima o
poi. Magari sarà anche prima di quanto tu posso credere.”
Gli disse sorridendo. “Vado, notte Andrea.” Andrea rimase seduto
sul divano ripensando alle parole di Leo. Non sarebbe stato facile
parlare con Paola, ma era anche vero che questa volta non avevano
litigato nel vero senso del termine, e in più le cose erano
notevolmente migliorate tra loro in quell’ultimo periodo. Doveva solo aspettare il momento giusto come gli aveva suggerito Leo.
***
Angolino di Bitter: Spendo
poche parole oggi, anche perché credo che il capitolo parli da
sé. In tutti i casi, che bel casino che sono riuscita a creare
xD ma si sa che quei due si sono sempre fraintesi molto facilmente
purtroppo. Se ci penso mi vengono i nervi, quei due, nella fiction,
praticamente si sono creati realtà che non c’erano e le
ripicche poi…alcune davvero davvero mi hanno fatto morire dal
ridere. E pensare che basta parlare, chissà se questa volta lo
faranno. Il prossimo capitolo sarà on-line Lunedì 6
Ringraziamenti speciali a jessy1122 che ha aggiunto tra i preferiti questa ff e a Scoutina che l’ha aggiunta tra le seguite.
Risposta alle recensioni:
Clappy:
sono felice che il capitolo ti sia piaciuto, la parte più
divertente da scrivere è stata proprio quella che riguarda
Virginia e Gabriele. E dico solo che potrebbero esserci ancora in uno
dei prossimi capitoli. La parte finale, sì, non male u.u sono
contenta che ti sia piaciuta, non sono pratica nel scrivere scene come
questa ma sto facendo un po’ di allenamento.
Scoutina:
grazie intanto per la recensione, poi, felice che ti piaccia questa ff.
se ne trovano poche purtroppo su questa bellissima fiction. Il
fantomatico papà di Matteo tra un po’ si verrà a
sapere chi sia, e ci saranno i botti d’artificio in quel capitolo
xD Prosperi è un matto con la M maiuscola, lo adoro lui e le sue
uscite fuori di testa, e sinceramente dopo che è uscito dalla
fiction mi si è spezzato il cuore ç_ç
Capitolo 6 *** *Capitolo VI. Quando il dolore muove il mondo (parte I)* ***
*Capitolo VI. Quando il dolore muove il mondo (parte I)*
Ed eccomi qui ancora una volta, più o meno in orario. Il resto come sempre in fondo al capitolo.
“Il fato ti dà sempre due possibilità”, aveva detto una volta George . “Quella che dovresti scegliere, e quella che scegli”.
[SHANTARAM - Gregory David Roberts]
Tomorrow
*Capitolo VI. Quando il dolore muove il mondo (parte I)*
“Non lo avrei mai creduto possibile.” Ripetè ancora una volta in tono stupido Tom. Lui e Paola erano usciti
a cena approfittando che Matteo dormiva a casa di Romanò quella
sera. Da quando Palermo era arrivato in caserma, Paola aveva cercato in
tutti i modi di non trovarsi mai da sola con lui. Era ancora turbata
per come era andata tra loro, ma non arrabbiata. Aveva avuto parecchio
tempo per pensare a quella storia che non era mai iniziata tra loro, ci
aveva messo un po’ per capire che la sua era stata solo
un’infatuazione e non amore verso Tom. Ci aveva messo una pietra
sopra, ma sapeva che prima o poi il momento delle spiegazioni sarebbe
arrivato. Ognuno di loro due doveva delle spiegazioni all’altro. “A cosa ti riferisci?” Chiese Paola, anche se poteva immaginare a cosa lui si riferisse. “A tuo
figlio.” La risposta diretta e schietta di Tom la fece sorridere.
“L’ultima volta che ti ho visto eri dell’idea di far
carriera come Carabiniere e la famiglia sembrava l’ultimo dei
tuoi pensieri, invece torno e ti trovo Brigadiere e con un
figlio.” Paola sorrise a quelle
parole. Tom aveva perfettamente ragione, non aveva mai pensato ad una
famiglia sua, o almeno, non nell’immediato futuro. Ritrovarsi a
soli ventisette anni con un figlio non era tra i suoi desideri. Non che
fosse pentita, a parte i primi giorni, quando aveva scoperto di essere
incinta e non era certa di cosa volesse fare, non si era mai pentita
della decisione presa alla fine. Forse, se non avesse
conosciuto Virginia, la sua vita sarebbe stata diversa. Ma Virginia era
stata la roccia solida a cui aggrapparsi per tutto quel tempo, le aveva
dato forza e fiducia, le aveva anche dato un aiuto materiale sia nel
privato che nel lavoro. Se suo figlio Matteo era
lì, e la sua vita poteva essere definita felice, gran parte del
merito doveva darlo proprio a lei. “Non è stato
facile.” Mormorò rigirando la forchetta nel piatto.
“All’inizio non ero sicura di riuscire a conciliare
tutto.” “Ma ce l’hai fatta.” Tom le sorrise incoraggiante. La donna che lui
conosceva e ricordava era una persona forte, tenace e decisa. Ricordava
nitidamente gli sforzi che Paola aveva compiuto per essere accettata
come Carabiniere. Se all’inizio aveva pensato ad una pazzia,
quella di avere una donna in caserma, si era dovuto ricredere. Paola si era dimostrata più forte di lui in molte occasioni. “Ho avuto una
mano.” Mormorò di rimando lei rispondendo con un timido
sorriso. “Quando è successo tutto ero sola, in un luogo
che non era la mia casa ed attorniata da persone che non avevo mai
visto.” Prese un attimo di pausa cercando di scacciare la sottile
malinconia che le portava alla mente quel periodo. “Ero a Roma
per seguire il corso e non avevo nessuno. Chiamare i miei significava
solo litigare e litigare. Non ero nemmeno sicura di volerlo
tenere.” “Ma alla fine lo hai tenuto.” Le disse piano Tom come a volerle far continuare il discorso. Per la prima volta Paola
si trovò serena a raccontare quella piccola parte di vita che
nessuno sapeva. Non aveva mai raccontato a nessuno, nemmeno a Gigante
che le era rimasto accanto durante quegli anni trascorsi a Tarquinia, i
suoi pensieri più intimi. Ora si trovava a parlarne
proprio con Palermo il quale sembrava solo curioso di capire come lei
stesse e non sembrava riservarle alcun rancore. “Matteo è
stata la cosa migliore che potesse accadermi.” Lo disse col
sorriso sulle labbra. “Certo, non è stato semplice
affrontare la gravidanza ed il corso assieme. Ma ho conosciuto
Virginia, un Capitano dell’Arma. Mi ha offerto una spalla su cui
piangere, mi ha aiutato, soprattutto col lavoro.” “Col lavoro?” Chiese ancora Tom dopo che Gemma ebbe portato via i piatti. “Questi anni ho
prestato servizio nella caserma di Tarquinia. È vicino a Roma e
poi Gigante lavora lì.” Spiegò stringendosi nelle
spalle. Se non fosse stato per
Virginia, non osava immaginare dove poteva essere trasferita. Quando le
aveva detto la sua meta e chi avrebbe trovato lì si era sentita
sollevata. Quando poi le aveva detto di aver preso una casa in affitto
proprio a Tarquinia, in modo da poterla aiutare quando non fosse stata
in missione, e che quella casa era anche per lei ed il bambino, si era
sentita fortunata ad avere trovato un’amica come lei. Virginia non aveva mai
fatto troppe domande o pressioni. Si era sempre limitata ad ascoltarla,
a ripeterle che non sarebbe mai stata sola ed aveva sempre rispettato
le sue decisioni. “Come mai allora
sei qui?” Chiese disorientato ad un certo punto Tom. “Nel
senso, perché il trasferimento a Città della Pieve.” “Potrei chiederlo a te.” Lo rimbeccò sorridendo lei, tanto che Tom scosse il capo divertito. “Mi mancava la
caserma, anche se ci sono state incomprensioni prima che me ne
andassi.” Parlò con calma osservando attentamente il viso
di Paola, come a voler capire cosa quelle parole suscitassero in lei.
“Mi dispiace Paola.” Esclamò poi. “Non è nulla
Tom. E poi era giusto che andasse così.” Sì, le
cose tra loro dovevano andare come erano andate e Tom sembrava
tranquillo quanto lei nell’affrontare quell’argomento. “Già, ma era
giusto che mi scusassi.” Continuò lui continuando a
fissarla. “Avrei dovuto farlo anni fa ma lavorare nei ROS non
lascia molto spazio.” “Lo so.”
Rispose sincera lei. Capiva perfettamente Tom, il lavoro di Virginia
era molto simile al suo e sapeva quanto poco tempo a disposizione
avessero. “Quindi hai bisogno di staccare dalle missioni e hai
deciso di fare un salto qui.” “Sì, una
pausa. Magari un paio di mesi, poi mi ributterò nel solito
tram-tram.” Risero entrambi divertiti. Tutte le incomprensioni
erano diventate solo un ricordo, come se non fossero mai accadute ma
facessero parte di un sogno che entrambi avevano vissuto. Non poteva
cancellare quanto accaduto in passato, ma ora potevano davvero
definirlo passato e concentrarsi sul presente senza vecchi rancori. “So che siete solo
tu e Matteo.” Cominciò ad un tratto Tom mentre tornavano
in caserma. “Non voglio impicciarmi della tua vita privata Paola,
ma entrambi sappiamo i rischi che comporta il nostro lavoro.” “Lui non lo sa.” Sapeva Paola dove Tom voleva arrivare. “Tom, non voglio che lo sappia e nessuno sa.” Palermo annuì comprensivo. Conosceva Paola e si
aspettava una simile risposta. Durante quei giorni trascorsi in caserma
non aveva mai sentito alcun riferimento verso il possibile padre di
Matteo. A ben pensarci, da quello che lei gli aveva raccontato, il
possibile papà non era nemmeno a conoscenza di avere un figlio. Forse quello era il risultato di un’avventura, una notte di pura passione. “Non sarò di
certo io a chiederti chi sia.” Mormorò una volta arrivati
nel cortile davanti al portone della caserma. “Solo, stai attenta
Paola. Tuo figlio merita solo il meglio.” Palermo l’abbracciò e Paola lo lasciò fare. C’erano giorni in
cui sentiva opprimente la mancanza della presenza rassicurante di
Virginia, o l’abbraccio solido di Gabriele. Per quanto li
sentisse per telefono, si sentiva sola, senza loro con cui parlare.
Sospettava che conoscessero la verità, lei aveva raccontato loro
del suo passato come Carabiniere semplice a Città della Pieve ed
avevano visto con i loro occhi la caserma ed i Carabinieri al suo
interno. Durante le chiacchierate
telefoniche con Virginia aveva colto più di una volta il tono
ansioso di lei mentre le chiedeva se ci fossero novità. Quando
appurava che tutto andava bene per davvero, la sentiva più
rilassata. Non le aveva più
nemmeno chiesto cosa intendesse fare, se voleva chiedere il
trasferimento e quando. Sembrava diventata consapevole, ma non aveva
mai fatto alcuna domanda rispettando ancora una volta la sua decisione
di mantenere il silenzio. “Sto attenta Tom.
Non ho nessuna intenzione di far crescere mio figlio senza
madre.” Lo guardò fisso negli occhi sciogliendo
definitivamente l’abbraccio. “Cresce senza il padre,
è già dura così per lui.” Rientrarono in silenzio
salutando Bordi di piantone. Davanti alle scale che portavano agli
alloggi si salutarono e mentre Palermo raggiungeva la sua stanza, Paola
andò verso la cucina. La fredda serata di metà Novembre
le era entrata nelle ossa e non avendo Matteo con lei, decise di bere
qualcosa di caldo. Nonostante l’ora
non proprio tarda, fu sorpresa di trovare la luce accesa. Entrò
lentamente e si stupì di trovare Andrea. Erano almeno quattro
giorni che non parlavano. Dopo quella sera durante la quale avevano
sfiorato argomenti spinosi, non erano più riusciti a parlare e
risolvere i loro dubbi. Ma le indagini li avevano tenuti occupati. “Ciao.”
Salutò timidamente non sapendo bene come affrontare l’uomo
che da canto suo non si voltò nemmeno sentendola. Andrea rimase nella
posizione in cui Paola lo aveva visto appena entrata in cucina, seduto
su di una sedia coi gomiti poggiati al tavolo e la fronte posata sul
palmo di una mano. Sembrava assorto in chissà quali pensieri e
avvicinandosi, Paola si accorse che aveva gli occhi chiusi. “Tutto bene?”
Domandò preoccupata prendendo posto accanto a lui. Forse non
stava bene, già una volta lo aveva trovato in una posizione
simile, ma all’epoca si trattava solo di un po’ di tosse.
“Senti Andrea.” Doveva scusarsi con lui per la brutta
reazione che aveva avuto sere prima, non le piaceva essere in tensione
con lui. Avevano passato troppi mesi a rimbeccarsi per una stupida
incomprensione. “Mi dispiace per l’altra sera.” Non ci fu nessun
cambiamento nella posa di Andrea, tanto che sembrava quasi non avesse
sentito le parole di Paola, né che si fosse accorto della sua
presenza. Paola ora credeva che
Andrea stesse male, magari aveva qualche linea di febbre.
Allungò una mano e facendo un po’ di pressione
riuscì ad allontanare la mano su cui lui poggiava la fronte. Con
la mano libera riuscì a tastargli la fronte, ma non era calda. Andrea la lasciò
fare. All’inizio, non appena aveva sentito la mano di Paola sulla
sua, aveva aperto gli occhi di scatto, già pronto a divincolarsi
dalla sua presa, ma non appena aveva sentito l’altro mano posarsi
delicatamente sulla sua fronte, aveva desistito tornando a chiudere gli
occhi. “Sto bene.” Mormorò piano riaprendo gli occhi. Si trovò il volto
di lei davanti al suo, l’espressione concentrata e preoccupata.
Rimasero in quella posizione per alcuni istanti, poi Paola
allontanò la mano dalla fronte di Andrea solo per posarla sulla
mano che ancora era intrecciata alla sua, costringendolo, lentamente, a
distendere il braccio sul tavolo. “Mi dispiace Andrea, per l’altra sera.” Si scusò ancora lei mantenendo il contatto visivo. “Non mi devi alcuna
spiegazione.” La risposta di Andrea fu un po’ brusca, si
divincolò dalla presa di lei e si alzò velocemente dal
tavolo andando poi a riporre il bicchiere usato nel lavandino. Paola rimase a stringere
l’aria con lo sguardo corrucciato. Il tono brusco usato da Andrea
e la sua reazione dissociava con quanto affermava. Lo conosceva
abbastanza da poter capire che nonostante tutto qualcosa non andava. Eppure, durante quei
giorni le era parso di capire che lui non se l’era presa per
quell’infelice scambio di battute e che fosse ben disposto verso
un futuro chiarimento. “Andrea!” Lo chiamò cercando di riordinare le idee. “Che c’è?” “Nulla.” Fu la risposta sbrigativa di lui, ma non bastò a Paola. “Non cominciare
ora.” Sbottò stizzita alzandosi e parandosi di fronte a
lui che cercava di andarsene dalla cucina. “Credevo che fossi ben
disposto verso un chiarimento.” Lo aggredì guardandolo
duramente negli occhi. “Non credo che ci
sia nulla da chiarire.” Rispose Andrea dopo aver preso un respiro
profondo e tentando di superarla. “Io invece credo
che si sia, anche perché stai cercando di scappare.” Lo
riprese bloccando ancora una volta il suo tentativo di fuga. “Non sto scappando.
E mi sembra chiaro ormai il perché di quello scatto.”
Rinunciò all’idea di lasciare la cucina e si voltò
tornando verso la penisola, poggiandosi poi. “Non
c’è nulla da spiegare.” Ripetè ancora,
stanco, passandosi una mano tra i capelli corti. “Si può sapere di cosa stai parlando?” Paola si avvicinò fermandosi ad un paio di passi da Andrea. Da quanto aveva affermato
Andrea, sembrava quasi che avesse capito quel gesto di stizza da parte
di Paola. Ma nessuno dei due conosceva il tipo di rapporto che legava
loro a Virginia e Tom, e Paola era sicura che nessuno lì, di
quelli che conoscevano bene il Maresciallo Palermo, avesse parlato con
Andrea. Forse, l’unico
abbastanza chiacchierone, era Prosperi. Lui a maggior ragione doveva
aver almeno intuito quanto accaduto in quei mesi, quando ancora Andrea
non era presente in caserma. Ma non le era mai parso che Carlo andasse
a raccontare fatti altrui, anche se a volte faceva battute alquanto
imbarazzanti. Leo di certo non ne avrebbe mai e poi mai parlato, non
senza il consenso di Paola. Che la storia gli fosse stata raccontata da Gioia? No, probabilmente se
davvero Gioia avesse raccontato qualcosa, Andrea si sarebbe dimostrato
freddo e scostante ancora prima di quella sera, probabilmente lo stesso
giorno in cui Palermo aveva messo piede in caserma. Non era di certo il
suo solito comportamento quello, gentile e poi scontroso tutto ad un
tratto. E poi, di certo Gioia non aveva motivo di sbandierare ai
quattro venti quella storia andata male. Non avevano mai nemmeno loro due toccato quell’argomento, e sia Paola che Gioia ne erano invischiate. “Paola.” Provò ancora una volta Andrea a richiamarla. Non voleva proprio entrare nei particolari. “No Andrea!”
Fu categorica la risposta di lei. “Non cercare di
rabbonirmi.” Gli puntò ancora una volta gli occhi sul
volto ed Andrea sospirò pesantemente. “Ti sei fatta la
tua vita Paola. Lo capisco.” Non aveva idea nemmeno lui di cosa
stesse dicendo, ma non voleva litigare, preferiva ignorare ed essere
ignorato. In quel caso almeno nessuno lì in caserma ne avrebbe
risentito. Aveva voluto provarci
Andrea, aveva aspettato, aveva creduto che forse quella poteva essere
la volta buona, che forse finalmente sarebbe riuscito a dare un
po’ di sollievo al suo animo tormentato dai rimorsi. Non
l’aveva dimenticata e se ne era accorto solo quando l’aveva
vista abbracciata a Gabriele, il giorno del suo compleanno. Quella sera aveva preso
il coraggio a due mani ed aveva scoperto che in fin dei conti lei non
lo odiava, nonostante l’avesse respinto. Aveva creduto che
lasciandole un po’ di tempo, senza insistere, senza opprimerla,
lei si sarebbe riavvicinata creando di nuovo quel legame particolare
che li legava. “Di che stai parlando?” Paola non riusciva a capire. Stava parlando di Matteo? “Non far finta.
È inutile.” Si stava scaldando. Vederla lì, di
fronte a lui, con quell’aria innocente di chi non ci stava
capendo nulla, lo stava alterando. “Ma vuoi essere chiaro per una volta?” Si ritrovò a rispondere con rabbia Paola, quasi aggredendolo. Le frasi enigmatiche, i
doppi sensi, i riferimenti a qualcosa di non chiaro. Le sembrava un
deja-vù, e li avevano già vissuti, ritrovandosi a
combattere una guerra fredda che si erano creati da soli e che era
andata avanti per mesi. “Vuoi che sia
chiaro? Tu ed il Maresciallo Palermo.” Scoppiò Andrea
avanzando di un passo, colmando quella esile distanza e facendoli
così trovare solo ad una manciata di passi l’uno
dall’altra. “Cosa centra Tom adesso?” Fu la replica stupita di Paola. “Vi ho visti, fuori.” La risposta masticata tra i denti fu una sorta di rivelazione per Paola. Andrea doveva aver visto
l’abbraccio che si erano scambiati fuori, probabilmente dalla
finestra della sua stanza che si affacciava proprio sul davanti della
caserma. Le parole che si erano scambiati però non doveva averle
sentite. “E con
questo?” Si ritrovò a ribattere leggermente spaesata.
“Andrea, che centra scusa?” Provò a posargli una
mano sul braccio, ma lui fuggì al suo tocco facendo aumentare di
nuovo la distanza che li separava. “Nulla, hai
ragione. Non centra nulla. Tu hai scelto la tua strada.” Aveva
ripreso un po’ di lucidità Andrea, ma Paola invece
sembrava infervorata. “Non venirmi s dire
ora che in questi anni tu non hai avuto altre storie.” Lo
aggredì a viso aperto spintonandolo. “Non venirmi a
raccontare che tu sei rimasto solo, ad aspettare che tornassi o che non
hai cercato di lasciarti tutto alle spalle.” “E che dovevo
fare?” Gli uscì in un soffio quella domanda mentre ad
occhi spalancati guardava Paola di fronte a lui. “Sei stata tu ad
andartene, sei stata tu a decidere che la tua carriera fosse più
importante di noi due.” Aveva di nuovo alzato la voce
afferrandola per le spalle. “Non hai chiesto niente a me. Tu hai
deciso, tu hai messo fine alla nostra storia e te ne sei andata. Poi
torni dopo sei anni e con un figlio.” Si guardarono negli
occhi. Paola ora sembrava essere tornata calma, consapevole di dove
tutta quella conversazione potesse andare a parare al contrario di
Andrea, il quale sembrava non ragionare più. “Lascia fuori mio
figlio da questa storia.” Si divincolò dalla sua presa,
con il chiaro intento di far finire lì tutta la conversazione,
allontanandosi da lui. “Centra anche
lui.” Fu la risposta rapida di Andrea che in pochi passi la
raggiunse afferrandole un braccio e costringendola a fermarsi in mezzo
al corridoio appena fuori dalla porta. “E centra anche il tuo
caro Maresciallo Palermo.” “Matteo non centra
nulla con me e Tom.” Provò a divincolarsi dalla presa di
Andrea, ma ottenne solo di ritrovarsi ancora più vicina a lui,
intrappolata. “Ah no?” Fu
ironico il tono di Andrea. “Non venirmi a raccontare frottole
Paola. E quell’abbraccio? Magari siete andati anche a cena,
magari proprio per raccontargli di suo figlio.” Lo schiaffo che
seguì quell’affermazione risuonò come se fosse uno
sparo nel corridoio. Non poteva crederci Andrea, eppure la guancia
destra bruciava. Se la toccò lentamente e tornò alla
realtà, come se quello che aveva appena vissuto fosse stato solo
un sogno, un incubo tremendo. Ma la guancia bruciava ed il volto, tra
il furioso e l’incredulo di Paola, era ancora davanti a lui, come
il suo braccio alzato. “Quello che
c’è stato tra me è Tom è accaduto prima del
tuo arrivo.” Soffiò lentamente Paola. “Non
c’è stato nessuno di importante in questi anni.” “Che vuoi
dire?” Domandò sbattendo le palpebre Andrea, ma Paola gli
aveva voltato le spalle. “Paola!” Provò a chiamarla
riafferrandola di nuovo per un braccio. Tutto ad un tratto dalla
sua mente era svanita l’immagine di lei e Palermo abbracciati,
sostituita dallo sguardo attento e scrutatore di Virginia la sera del
compleanno di Paola, quando si era avvicinato assieme a Luigi. Non ci aveva fatto caso
più di tanto quella sera, come non aveva mai badato agli strani
sguardi, attenti e pensierosi, che sua sorella gli lanciava quando era
assieme a Paola. Quella frase detta da Paola glieli aveva fatti tornare
alla mente, come se fossero collegati tra loro ma non riusciva a
trovare cosa li unisse. “Niente Andrea,
niente.” Ripetè spossata lei fermandosi di scatto, come se
un enorme peso le fosse piombato improvvisamente sulle spalle. “Paola, ti
prego.” La supplicò piano Andrea avvicinandola a
sé. Paola si lasciò guidare fino a trovarsi così
vicina ad Andrea da poter percepire l’odore del dopobarba che
usava. Chiuse gli occhi quando lo sentì appoggiare la fronte
contro la sua. “Non facciamoci ancora del male.” Paola sentì la
gola secca mentre cercava di deglutire. Per un attimo, nel sentire
quella supplica da parte di Andrea, aveva sentito le gambe tremare ed
un brivido percorrerle la spina dorsale, come quando esisteva ancora un
‘noi’ tra loro, quando ancora erano semplicemente due
innamorati a cui poco importava delle rigide regole imposte
dall’Arma. “Non posso Andrea,
non posso.” Lo ripeteva come una cantilena, reprimendo a stento
le parole che ora premevano per uscire. “Guardami
Paola.” Mormorò ancora Andrea e lei aprì piano gli
occhi ritrovandosi a specchiarsi in quelli verdi di lui.
“C’è qualcun altro?” Combattuta Paola
mormorò un flebile “No” anche se avrebbe voluto
annuire in modo tale da creare di nuovo quel muro fatto di silenzi e
segreti che era riuscita a mantenere eretto per tutti quegli anni fino
a quel momento. “Paola.” Mormorò di nuovo Andrea mentre alzava la mano libera per carezzarle la guancia. A quel lieve tocco lei
chiuse gli occhi assaporando la dolcezza di quel gesto. Era consapevole
a cosa avrebbe portato tutta quella dolcezza, anche la sera del suo
compleanno era consapevole, ma allora la sua volontà era stata
più forte ed il muro era ancora solido. Avrebbe ceduto, ma un piccolo spazio nella sua mente sperava che Andrea si fermasse da solo. Il suo profumo la
inebriava stordendole i sensi, portandola a desiderare un contatto
più intimo, desiderando che lui non si fermasse. Non le
importava in quel momento dove si trovasse, aveva dimenticato tutto,
tutto quello che era accaduto sei anni prima, rilegandolo in un angolo
sperduto della sua testa. “Andrea.” Provò un esile resistenza trovandosi però incerta nel pronunciare il suo nome. “Shh.” Andrea
le carezzò ancora la guancia facendo una lieve pressione e
costringendola a piegare un poco il volto mentre lui abbassava
lentamente il viso verso il suo. Lasciò scivolare
la mano che ancora le tratteneva il braccio fino a posarla sul suo
fianco, riuscendo ad accostarla completamente contro di sé.
L’altra mano la posò sul suo collo, carezzandolo
lentamente col pollice e sentendo sotto di esso il pulsare veloce del
battito del suo cuore. Chiuse gli occhi Andrea
mentre la distanza tra i loro visi veniva resa nulla e le labbra si
posavano su altre labbra in un tocco lieve ed esitante. La sentì
aggrapparsi al suo maglione, come se lui fosse un’ancora in grado
di non farla cadere, mentre le stuzzicava con la lingua le labbra fino
a farle schiudere e riuscendo a trascinarla in un bacio profondo.
***
Angolino di Bitter: Allora, capitolo lunghino questo e
come si è visto dal titolo il prossimo sarà la seconda
parte. Se avessi messo il capitolo intero allora sì che era
davvero lungo da leggere, ma è stata anche una scelta quella di
dividerlo in due. Tornando al capitolo, che
già dice tutto, dico solo che ci voleva il chiarimento tra Paola
e Tom. Non mi era molto piaciuto come avevano lasciato in sospeso tutto
il discorso, quindi è stato un chiarimento d’obbligo senza
alcun ritorno di fiamma. Per la parte che riguarda i nostri due
simpaticoni, evvai, le incomprensioni vanno a nozze xD ma posso dire
che il peggio deve ancora arrivare, o il meglio, dipende dai punti di
vista dire. In tutti i casi, nel prossimo ci saranno parecchie cosucce
interessanti.
E con questo, il prossimo aggiornamento a Giovedì 9
Risposte alle recensioni:
Scoutina: felice che questa ff ti abbia appassionata e lieta di sapere che sei una fan della coppia :) Clappy:
il ritorno di Palermo è stato premeditato ancor prima di
pensarlo praticamente, anche perché in qualche modo dovevano
venir fuori determinati discorsi. Leo ha sempre ragione, la forza di
uno psicologo, ma purtroppo sappiamo quanto testardi sono quei due.
Scrivendo mi è giusta giusta tornata in mente proprio quella
scena :)
Capitolo 7 *** *Capitolo VII. Quando il dolore muove il mondo (parte II)* ***
Capitolo VIII: Quando il dolore muove il mondo (parte II)
Eccomi con il seguito dello scorso capitolo :) Come sempre il resto in fondo.
“Il fato ti dà sempre due possibilità”, aveva detto una volta George . “Quella che dovresti scegliere, e quella che scegli”.
[SHANTARAM - Gregory David Roberts]
Tomorrow
*Capitolo VII. Quando il dolore muove il mondo (parte II)*
Andrea aprì di
scatto gli occhi stranito mentre sentiva le mani di Paola fare
pressione sul suo petto nel tentativo di allontanarlo da sé. La
lasciò fare, ponendo fine al bacio ed allentando la presa
attorno alla sua vita ed indietreggiando di un passo per poi lasciare
scivolare le mani lungo le sue braccia distese. “Non posso
Andrea.” Ripetè Paola dopo aver preso fiato, cercando di
non far tremare la voce. “Mi dispiace.” Mormorò
mentre faceva un passo indietro senza fissare Andrea negli occhi. “Perché?” Gli uscì in un soffio quella parola mentre lasciava cadere lungo il corpo le braccia. Andrea l’aveva
sentita abbandonarsi a lui durante quel bacio, ricambiarlo
completamente, come spesso accadeva quando ancora stavano assieme. Poi,
non era riuscito a capire cosa fosse accaduto, ma Paola lo aveva
respinto con decisione, come se quello che era appena accaduto fosse
stato uno sbaglio enorme, qualcosa che non doveva capitare. “Non posso Andrea.” “Spiegami.”
Fu la risposta rabbiosa all’ennesimo non posso di Paola.
“Spiegami perché Paola. Se davvero non c’è
nessun altro nella tua vita, perché non darci una
possibilità?” “Ci sono cose che non posso dirti Andrea.” Fece per andarsene, ma la supplica di Andrea sembrò fermarla. “Ti prego, non
andartene.” Fece lentamente quei passi che li separavano
arrivandole alle spalle. Allungò un braccio per toccarla, ma lo
bloccò a mezz’aria mentre lei tornava a fronteggiarlo con
lo sguardo. “È meglio
così Andrea. è meglio per entrambi.” Aveva
riassunto un’aria decisa mentre lentamente pronunciava quelle
parole. “È per
Matteo?” Provò a chiedere Andrea, sperando quasi che la
paura, che riusciva a leggere negli occhi di Paola, fosse solo un
timore che suo figlio non fosse in grado di accettare un possibile
compagno per la madre. Ma Paola scosse il capo negando. “Paola,
se non è per lui, perché allora?” “Mi odierai
Andrea.” Replicò lentamente abbassando lo sguardo, non
riuscendo più a sostenere quegli occhi verdi che sembravano
essere in grado di scrutarle l’anima. “Non potrei mai
odiarti Paola. Non sono riuscito ad odiarti nemmeno quando te ne sei
andata.” L’afferrò per le spalle mantenendo la presa
salda. “Dimmi perché dovrei odiarti, Paola.” La vide
scuotere il capo mordendosi il labbro inferiore. “Paola.”
La chiamò ancora scrollandola un poco. “Qualsiasi cosa sia
non potrò mai odiarti.” “È tuo.” “Cosa?” Domandò non riuscendo a capire. “Cosa è mio?” “È tuo
figlio Andrea.” Paola alzò lo sguardo riuscendo finalmente
a guardarlo negli occhi. Sentiva la presa sulle sue spalle allentarsi
mentre ripeteva ancora quelle parole. “Matteo è tuo
figlio.” Andrea non rispose troppo
sconvolto. La presa sulle spalle di Paola si sciolse definitivamente e
lasciò cadere ancora le braccia lungo i fianchi mantenendo lo
sguardo fisso sul volto di lei, ma non vedendola realmente. La vide voltargli le
spalle velocemente, non appena era stata libera dalla sua presa, ed
uscire dalla porta che dava sul cortile, ma non provò a fermarla. La guardò semplicemente andarsene.
***
“Pronto.”
Borbottò Luigi mettendosi a sedere sul letto. Alessandra, al suo
fianco, accese la luce posta sul comodino osservandolo prima ascoltare
in silenzio, poi alzarsi cercando i pantaloni della tuta.
“Sì, no, ascolta. Nessun disturbo, vieni qua. Ti
aspetto.” “Che succede Luigi?” Chiese non appena lo aveva visto chiudere la chiamata. “Non ne ho
idea.” Rispose tornando verso il letto e chinandosi per rubarle
un bacio. “Paola sta venendo qui.” La informò poi
invitandola ad alzarsi. “E non ti ha detto
il motivo?” Continuò Alessandra alzandosi ed indossando
qualcosa di comodo. Vedendo il segno negativo da parte di Luigi
sospirò pesantemente. “Allora è colpa di
Andrea.” “Come fai ad esserne così sicura?” La fissò sorpreso immobilizzandosi in mezzo al corridoio. “Perché
Andrea è un idiota?” Rispose sarcastica continuando a
dirigersi verso la cucina. “Stasera Paola usciva con
Palermo.” “E tu credi che
Andrea abbia tratto conclusioni sbagliate?” Cominciava a capire
dove Alessandra volesse arrivare e lo sguardo che gli lanciò gli
fece intuire che probabilmente era sulla strada giusta. “Non sarebbe la prima volta, e lo sai anche tu.” Gli fece notare lei. Alessandra aveva ragione
si disse Luigi. In passato Andrea aveva più volte tratto le
conclusioni sbagliate, soprattutto nei confronti di Paola. Ora non gli
veniva difficile credere che l’uscita di Paola e Palermo, avesse
in qualche modo pilotato una sua qualsiasi reazione negativa. Sia Luigi che Alessandra
erano giunti alla conclusione che Andrea fosse ancora innamorato di
Paola. Ma probabilmente era proprio Andrea a non rendersene conto. Un
po’ Luigi poteva capirlo, gli era rimasto accanto, nonostante
Andrea li avesse allontanati tutti, e non sapeva quanto quella
decisione da parte di Paola lo avesse fatto soffrire. Non aveva mai creduto alle parole di Andrea quando ripeteva che tutto andava bene e che Paola era una storia passata. Il sommesso bussare alla porta lo distrasse. Paola doveva essere arrivata. Si scambiarono uno
sguardo lievemente preoccupato non sapendo bene come comportarsi in
quel caso. Poi Alessandra si diresse in cucina mentre Luigi andava ad
aprire la porta ritrovandosi davanti la figura tremante di Paola. “Scusami Luigi.” Fu la prima cosa che disse non appena lo vide. “Entra dai, fuori
si gela.” Si scostò per farla passare, poi le passò
un braccio attorno alle spalle spingendola gentilmente verso la cucina. Alessandra le sorrise
mentre, dopo che Luigi le aveva preso il giubbotto pesante, si sedeva
su di una sedia intrecciando tra loro le dita della mano. Imbarazzata
Paola abbassò lo sguardo tenendolo ostinatamente sulle proprie
mani, senza accorgersi che Luigi era tornato nella stanza e la fissava
appoggiandosi allo stipite della porta. “Tutto bene Paola?” Alessandra posò la tazza fumante davanti a Paola, prendendo poi posto dinanzi a lei. “No.”
Mormorò scuotendo il capo. Luigi e Ale si scambiarono uno
sguardo preoccupati. “Non c’è nulla che vada
bene.” La guardarono stringere
le mani attorno alla ceramica in una morsa ferrea, poi tornarono a
guardarsi ancora negli occhi ponendosi una muta domanda ma non trovando
una risposta negli occhi dell’altro. Il cellulare che vibrava
nella tasca dei pantaloni di Luigi lo distrasse da quel gioco di
sguardi. Lo estrasse per controllare e non fu sorpreso di leggere il
nome di Andrea. inarcò le sopracciglia mentre le lettere
comparivano davanti ai suoi occhi. Paola è da te? Sospirò piano. Alessandra ancora una volta aveva avuto ragione. Sì. Rimase a fissare lo
schermo illuminato ma non apparve nessun messaggio di risposta. Gli
bastò un semplice sguardo per capire che Alessandra doveva aver
intuito chi era. Scosse il capo rimettendosi il telefono nella tasca e
facendo capire alla donna, che ancora lo fissava, che non aveva idea di
cosa fosse successo. “Io vado a
dormire.” Le salutò impacciato Luigi, intuendo che forse
la più adatta per far sfogare Paola fosse Alessandra. “Mi dispiace avervi disturbato.” Borbottò piano Paola. Era piombata ad un orario
indecente a casa loro, ma non ci aveva pensato, in quel momento non si
era nemmeno accorta di essere uscita dalla caserma. Luigi era stata la
prima persona che le era venuta in mente, ma forse aveva sbagliato ad
andare lì. Alessandra era la sorella di Andrea. “Nessun disturbo
Paola.” Cercò di tranquillizzarla sorridendole.
“Siamo amici e gli amici si aiutano quando ce n’è
bisogno.” La vide stringersi di più in sè stessa,
somigliando ad una bambina timorosa di ricevere una sgridata.
“Ascolta, Paola, non voglio chiederti cosa sia successo, ma se
hai bisogno siamo qui.” Paola le sorrise
riconoscente, le piaceva quella ragazza, solare ed allegra. Così
simile ad Andrea nel carattere. All’inizio era rimasta un
po’ perplessa, sapendo quanti screzi c’erano stati tra
Luigi ed Andrea, si era chiesta come fosse possibile che Luigi si fosse
innamorato proprio della sorella. Si era ricreduta, anche se ora, una sorta di timore misto a rimorso la stava cogliendo. “Credo che
accetterò la proposta di Virginia.” Buttò lì
in un soffio tornando a posare lo sguardo sulla tazza che ancora
stringeva tra le mani. “Trasferimento?”
Domandò Alessandra consapevole della risposta e quando la vide
annuire lentamente col capo sospirò. “Non so come
funzionino queste cose Paola, ma sono sicura che Virginia ti
aiuterà, se davvero vuoi essere trasferita altrove.” “Sarebbe la
soluzione migliore.” Tenne ostinatamente lo sguardo fisso sul
liquido scuro non riuscendo ad alzare il capo ed incrociare gli occhi
di lei. “Per chi Paola?” Quella domanda detta a
bruciapelo le fece trattenere il fiato e rafforzare la stretta attorno
alla tazza. Alzò lo sguardo trovando Alessandra intenta a
fissarla, seria e con lo sguardo acceso. “Io…” Le parole le morirono in gola. Per chi sarebbe stato meglio quel trasferimento? Per lei no di certo.
Già una volta aveva preso una decisione simile, sapendo bene che
finito il corso le possibilità di tornare a Città della
Pieve erano nulle. Non le aveva giovato quel corso e anche Virginia se
ne era accorta. Una volta le aveva
chiesto se voleva tornare lì, a Città della Pieve. Aveva
risposto di no, sicura che quella fosse una parte della sua vita che
doveva dimenticare. Ma dimenticare era impossibile. Ogni volta che
guardava Matteo i ricordi la sommergevano, togliendole il fiato e
trascinandola in un vortice di inquietudine. “Io…”
Lo ripetè ancora mentre lentamente si rendeva conto che di certo
non era quella la soluzione giusta. “Non lo so.” Alessandra le prese una
mano, stringendola forte e sorridendo lievemente a Paola. Poteva
comprendere la sua confusione, anche lei l’aveva vissuta quando
si era accorta di provare qualcosa di più di un’amicizia
verso Luigi. “Ne sei ancora innamorata?” Paola non rispose e quello bastò ad Alessandra. “Mi odia.” Fu un brontolio quello di Paola. “Ne sei
sicura?” Domandò di rimando Alessandra non riuscendo a
capire da dove uscisse una simile affermazione. “Lo so che mio
fratello è un cretino, e che a volte parla senza prima collegare
il cervello.” Provò a farla ridere ma il lieve sorriso che
era comparso sul volto di Paola stonava con lo sguardo triste nei suoi
occhi. “Ha tutte le
ragioni per farlo.” Scosse il capo mentre la discussione avuta
con Andrea tornava a fare capolino nei suoi pensieri. “Hai qualcuno che
ti aspetta a Tarquinia?” Le era costato molto porle quella
domanda, ma quella sembrava essere l’unica cosa che poteva
indurre Andrea ad odiare la donna che le sedeva di fronte. “No, ed è questo il problema.” Paola ritrasse la mano che ancora era stretta tra quella di Alessandra. “Non riesco a capire allora.” Fu la risposta frustrata a quell’affermazione. Per un secondo solo
pensò che Paola avesse deciso di provare ad avere una vita con
Palermo, ma lo scacciò violentemente. Leo le aveva raccontato a
grandi linee quanto accaduto in quella sorta di quadrilatero ed aveva
capito che probabilmente c’era stato più di un fuoco di
paglia. “Se ci fosse stato
qualcun altro non avrei avuto questi problemi.” Si passò
lentamente una mano tra i capelli scuri. “E tutto sarebbe stato
più semplice.” Non sapeva più che
fare ed ancora una volta si trovava ad affrontare quell’argomento
che aveva taciuto per tanto tempo. “Paola, niente
è semplice e tu dovresti saperlo.” Tentò di
rassicurarla Alessandra, ma c’era un'altra cosa che le premeva
sapere. “Come farai con Matteo?” Domandò invece
ingoiando a fatica la domanda che voleva fare. E se la cena con Palermo avesse avuto un risvolto diverso? “Era per quello che
non avevo preso in considerazione l’offerta di Virginia.”
Tornò a fissarla negli occhi, chiedendo silenziosamente aiuto. “Allora non
chiederlo.” Fu la pratica risposta. “Rimani qui, fai finire
l’anno scolastico a Matteo e poi chiedi a Virginia di farti
trasferire.” Lo snocciolò velocemente mentre lentamente
prendeva consapevolezza della stupidità del suo ultimo pensiero. Matteo era il primo pensiero di Paola e non Palermo o chissà quale altro uomo. “Non so più cosa fare.” Borbottò di rimando Paola. Rimanere ancora a
Città della Pieve era solo un enorme problema per lei,
soprattutto dopo aver sganciato quella bomba. Non sarebbe riuscita a
sostenere la tensione che era certa si sarebbe creata tra lei ed
Andrea, già era stato difficile quando era tornata, ma allora
lei era determinata e sicura del suo presente e futuro. Non ce l’avrebbe
fatta, non dopo quel bacio che prepotentemente le aveva fatto capire
che non aveva dimenticato quel passato come aveva sperato, né
quei sentimenti che credeva e sperava di aver cancellato. “Lo so che Andrea
è un po’ una testa calda, ma vedrai che non
succederà nulla.” Man mano che Alessandra parlava vedeva
Paola scuotere il capo. “Non posso lavorare
ancora con lui, mi odierà e tu non sai cosa significa lavorare
fianco a fianco con lui quando ci sono dei problemi.” Ma Ale sapeva, Luigi le
aveva raccontato quel periodo, dei silenzi imbarazzanti, delle
schermaglie e delle litigate furiose. Gliele aveva raccontate e
conoscendo il carattere del fratello, non aveva avuto dubbi sul fatto
che fosse realmente accaduto. “Puoi sempre
chiedere al Maresciallo Capello di non metterti di pattuglia con
lui.” Provò a dire, anche se come soluzione le faceva
pena. “E poi non è detto che Andrea ti odi. Non ne vedo il
motivo Paola.” Il pensiero corse ad una frase. Se non c’era
nessuno nella vita di Paola, Andrea di certo non poteva provare odio
nei suoi confronti, ma non era tanto quello che la preoccupava, era
più quell’affermazione sugli uomini a turbarla. Non di
meno le sporadiche telefonate con Virginia. Le era sempre sembrata
sul chi va là, sempre attenta a quello che diceva e le domande
che le poneva, su Matteo ed il rapporto che aveva con Andrea, le
avevano fatto scattare una lampadina. Ma era certa che nemmeno Virginia
fosse a conoscenza della verità, ma che avesse dei dubbi. Poi un particolare le venne alla mente. “Quando è nato Matteo, Paola?” Il cuore di Paola perse
un battito, poi cominciò a battere furioso. Alzò lo
sguardo terrorizzata per quell’affermazione fino ad incrociare
gli occhi seri di Alessandra che la fissavano insistentemente. “Paola, quando
è nato Matteo?” Scandì ancora Alessandra capendo
dalla sua espressione che era sulla strada giusta. “È
figlio di Andrea, vero?” Le chiese poi addolcendo il tono della
voce e prendendo di nuovo le sue mani, stringendogliele per darle
sicurezza. “Mi dispiace.” Paola si morse il labbro inferiore chiudendo gli occhi nel tentativo di respingere le lacrime. “Credi che Andrea
ti odierà per questo? Perché gli hai detto che è
suo figlio?” Chiese ancora intuendo finalmente come fossero
andate le cose tra quei due quella sera. Vedendola abbassare lo
sguardo, cambiò sedia prendendo posto accanto a lei.
“Quando l’hai scoperto?” “A Roma, e sapevo ancor prima che il medico mi confermasse di essere incinta, che lo ero e che era di Andrea.” “E non glielo hai detto.” Esordì Alessandra cominciando ad assemblare i pezzi del puzzle. “No, non ne avevo
il coraggio.” Paola abbassò lo sguardo vergognandosi di
quell’ammissione. “Ero stata io a lasciarlo e a decidere di
andare a Roma. Che diritto avevo di complicargli ancora di
più la vita?” “E Virginia?”
Domandò Alessandra non sapendo come fare per tranquillizzarla.
Ed un po’ era curiosa di capire come si fossero svolti i fatti. “È stata lei
a portarmi a fare le analisi. Mi aveva trovata stravolta un giorno in
bagno e non ci ha messo molto a capire e a portarmi in ospedale.”
Sorrise appena a quel ricordo. Virginia, dopo una iniziale protesta da
parte sua, le aveva ordinato di seguirla e l’aveva trascinata
fino all’ospedale ascoltando in silenzio le sue lamentele. “Virginia è
sempre stata molto persuasiva.” Rise Alessandra immaginando la
scena. “Poi, ti ha aiutato.” Disse seria immaginando cosa
potesse essere successo. “Sì, ha
lasciato a me la decisione assicurandomi che qualsiasi cosa avessi
deciso lei ci sarebbe stata.” Annuì piano mantenendo quel
lieve sorriso sulle labbra. “Non eri sicura di
volerlo tenere?” Stupita Alessandra la guardò, il sorriso
malinconico che aveva Paola le faceva tenerezza. “No. Per un momento
ho preso in considerazione l’idea di abortire.” Si
passò stancamente una mano sul volto. “Ero confusa e sola.
Non potevo chiedere aiuto a nessuno, né ai miei genitori,
né a tuo fratello. Con che coraggio lo avrei chiamato ponendolo
di fronte a tutto questo? L’avevo ferito, non potevo certo
dirglielo.” “Luigi mi ha
raccontato.” Le disse in un sussurro riferendosi alla loro
storia. “E conoscendo mio fratello so per certo che
c’è rimasto male. Ma se tu glielo avessi detto, Paola, non
si sarebbe tirato indietro.” “Non volevo che si sentisse costretto.” Rispose in sincerità Paola. “Ne sarebbe stato
felice Paola.” La riprese seria. “Andrea avrebbe fatto
carte false per riportarti indietro, anche se tu non fossi stata
incinta.” “Ma non l’ha fatto, mi ha lasciato andare senza dire nulla.” Sbottò guardandola fissa negli occhi. Quando era arrivata la
comunicazione dal comando per dirle che era stata accettata al corso
per Vicebrigadiere, Andrea l’aveva lasciata scegliere e lei aveva
scelto il corso. Quando non aveva ricevuto una risposta da parte sua
per quella decisione, aveva pensato che Andrea non l’amasse. Non
era da lui rimanersene in silenzio. L’aveva lasciato e se ne era andata a Roma per seguire il corso. Andrea non aveva provato a fermarla e non l’aveva mai chiamata. “Capello lo ha
consigliato di lasciarti andare.” Le rivelò Alessandra.
“All’epoca io non c’ero, ma da quello che mi hanno
raccontato Luigi e Leo, Andrea non voleva separarsi da te, ma sapeva
anche quanto contasse per te quella divisa e pensandoci bene ha deciso
di lasciarti scegliere.” Paola abbassò lo
sguardo imbarazzata. Lei quella parte della storia non la conosceva ed
ora si sentiva una stupida per aver creduto che ad Andrea non
importasse nulla di lei. “Mi sento tanto una stupida.” Disse nascondendo il volto dietro ad una mano. “Non potevi
saperlo.” La consolò Alessandra posandole una mano sul
braccio. “Luigi e Leo sono gli unici a sapere dello scambio di
battute tra Andrea ed il Maresciallo Capello. Se non fosse stato per
loro due io non avrei mai saputo nulla di te.” “Andrea non ti ha
raccontato nulla?” Esclamò stupita, ma poi si rese conto
che nemmeno lei aveva mai raccontato nulla della sua storia con Andrea. Parlarne le avrebbe fatto solo del male. “No, Andrea
preferisce affrontare tutto da solo e si chiude dietro ad un mutismo
che a volte da sui nervi.” Alessandra le strinse appena il
braccio per poi sorriderle radiosa. “Quindi Matteo è, mio
nipote?” “Sì.” Rise Paola vedendo Alessandra comportarsi come una ragazzina. “Ma tu? Cosa farai ora?” Nonostante tutto, la
questione principale era proprio Andrea. Anche se ora, Alessandra era
consapevole e si rendeva conto che era molto improbabile che Paola
raccontasse la verità, soprattutto se quel testone di suo
fratello decideva di non voler più avere a che fare con lei. Aveva un nipote e non poteva chiamarlo così. “Non lo so.” Fu la sincera risposta di Paola. “Posso darti un
consiglio?” Chiese titubante e Paola annuì. “Aspetta
qualche giorno, guarda come si evolve tutta la situazione e in caso
chiedi a Virginia di trasferirti.” “Lei non lo sa.” Fu la replica, ma Ale sorrise. “Se conosco
Virginia, e la conosco da parecchio credimi, ha già fatto due
più due. Già dalla sera del tuo compleanno.” Vide
l’espressione confusa di Paola e ridacchiò. “Matteo
ha lo stesso colore degli occhi di Andrea.” “Credi che quella sera abbia capito?” Chiese timorosa Paola. “Sì,
fidati.” Annuì convinta. “E conoscendola, scommetto
che non ti ha chiesto nulla.” L’espressione sorpresa di
Paola le fece capire di avere azzeccato. “Vedi? Direi che conosco
bene Virginia.” Risero entrambe mentre si rendevano conto della delicatezza che Virginia continuava a dimostrare nei confronti di Paola. “Dai Paola. Ora ce
ne andiamo a letto a dormire e domani vedrai che andrà tutto
bene.” La tranquillizzò ancora Alessandra riuscendo a
strapparle finalmente un sorriso sereno.
***
Angolino di Bitter: Eccomi con il seguito. Allora, finalmente si scoprono gli altarini, direi anche in maniera un pochino drastica. Ma
secondo me, la scena andava bene così, per cui, la tengo
così com’è sperando che vada bene anche a voi
lettrici/lettori :) Direi
che Alessandra è fin troppo intelligente :) però adesso
c’è la cosa più importante da chiedersi, e ora? Che
succederà dopo che la bomba è stata sganciata?
Il prossimo capitolo Lunedì 13
Risposta recensioni: Clappy: direi
che in cucina se ne sono viste di tutti i colori nello scorso capitolo,
ma quei due sono due teste calde e di certo dovevano sbranarsi prima di
parlare tranquillamente :) chissà che in questo capitolo tu non
rivaluti la tua posizione.
Scoutina: forse
mi perdo un po’ troppo nei particolari, ma direi che questo mio
sprecarmi dia un po’ più la giusta visuale del tutto.
Direi che Paola e Tom hanno avuto abbastanza tempo per capire come mai
la loro storia non sia andata, anche perché sette anni servono
per riflettere.
Capitolo 8 *** *Capitolo VIII. Seconda possibilità (parte I)* ***
Non ci sono scuse, sono essenzialmente
pessima. Lo so.
Vi lascio al capitolo, il resto sotto come
sempre….dico solo: ragazzi/e, sempre avvisare quando si decide di invitare
qualcuno a casa ;)
“Il fato ti dà sempre due possibilità”, aveva detto una
volta George .
“Quella che dovresti scegliere, e quella che scegli”.
[SHANTARAM - Gregory David Roberts]
Tomorrow
*Capitolo VIII.
Seconda possibilità (parte I)*
“Si può sapere cos’ha Andrè?”
Leo sospirò pesantemente alla domanda di Carlo. Andrea
nelle ultime tre settimane era strano, perso sempre nei suoi pensieri e
distratto. Anche quel giorno lo avevano più di una volta dovuto chiamare e
rispiegargli le cose. Il Maresciallo Capello aveva provato a dirgli di
prendersi un paio di giorni di licenza, ma inutilmente, Andrea aveva scosso il
capo rifiutando la gentile offerta.
Era un comportamento nuovo, e nessuno di loro sapeva
spiegarsi cosa avesse scatenato tale reazione.
Ma il Maresciallo Ferri non era l’unica persona strana in
quelle settimane. Paola in quei giorni era silenziosa e se non era di turno in
caserma, usciva sempre più spesso con il piccolo Matteo e molte volte proprio
con Alessandra, la quale invece sembrava la felicità in persona, come se fosse
la mattina di natale ed avesse ricevuto il regalo più ambito.
Forse avevano litigato, aveva pensato in un primo momento
Leo. Paola non era più di turno con Andrea e quando capitava che si trovassero
nella stessa stanza, l’aveva vista abbassare lo sguardo colpevole.
“Non ne ho la più pallida idea Carlo.” Borbottò di
rimando per poi zittirsi di colpo.
Si scambiarono l’ennesima occhiata perplessa della
giornata mentre Andrea rientrava nell’ufficio comune, prendeva un foglio e
riusciva scontrandosi quasi contro Luigi che stava entrando.
Leo sospirò ancora mentre Luigi lo raggiungeva con
sguardo perplesso.
“Ah Luigi, non te pare che Andrè abbia la testa altrove?”
Gli chiese Carlo non appena li ebbe raggiunti. “Insomma, parla poco, si
dimentica le cose.” Snocciolò velocemente.
“Prosperi.” Lo rimproverò quello, ma aveva anche lui
notato lo strano comportamento dell’amico.
“Embè, che c’è?” Si difese
quello. “So preoccupato.”
Lo era anche Luigi, e dovette dare ragione a Carlo. Aveva
provato più volte a parlare con Andrea, ma tutto quello che aveva ricevuto in
risposta erano state delle frasi evasive. Aveva come l’impressione che fosse
accaduto qualcosa quella sera dell’improvvisata di Paola a casa sua, ma Andrea
non aveva detto nulla e a Paola non aveva chiesto.
Alessandra gli aveva fatto capire che non doveva farle
pressioni e lui, oltre a chiederle la mattina successiva come stava, non aveva
fatto domande, rincuorato anche dal sorriso sereno che lei gli aveva rivolto.
Era all’oscuro, ma era certo che le due avessero parlato
a lungo quella notte.
“Prosperi, vai con la Sepi da Carletti.”
Il Maresciallo Capello era sbucatodal
nulla per poi scomparire senza aspettare risposta.
“Che fretta.” Borbottò Prosperi uscendo per raggiungere
la Sepi.
“Leo, hai parlato con Paola in questi giorni?” Domandò
Luigi non appena rimasero soli in ufficio.
“No.” Scosse il capo Leo. “Praticamente Paola è quasi
sempre con Alessandra.” Gli fece notare, ma era certo che anche lui se ne fosse
accorto. “Perché, è successo qualcosa?” Chiese preoccupato.
“Non lo so.” Rispose sincero Luigi scuotendo il capo.
Anche lui aveva notato quell’improvviso avvicinamento
delle due donne. Non che prima non andassero d’accordo, ma in quelle ultime
settimane le aveva viste più unite e complici, come se qualche evento le avesse
unite. Ma non sapeva cosa fosse accaduto e Alessandra era una tomba in merito. Anche
se lo aveva rassicurato, assicurandogli che tutto si sarebbe risolto nel
migliore dei modi. Già il fatto che non avesse ucciso suo fratello era una
buona cosa, ma Luigi rimaneva comunque preoccupato.
“Dove vai?” Gli chiese Leo vedendolo uscire.
“A cercare di capire cosa ha Andrea.” Borbottò di rimando
uscendo dall’ufficio comune alla ricerca di Andrea.
Fu semplice per Luigi trovarlo, nell’ultimo periodo si
trovava sempre lì durante le ore di servizio. Si chiuse la porta dell’archivio
alle spalle cercando di non fare rumore, ma anche il lieve clic dello scatto
della serratura bastò ad attirare l’attenzione di Andrea che sorpreso, si voltò
di scatto verso di lui con uno sguardo allarmato per poi riportarlo sui
documenti sparsi sul tavolo dopo aver appurato chi fosse.
A Luigi non passò inosservato quella reazione.
Prese posto sulla sedia libera, dal lato opposto a quello
su cui era seduto Ferri, in assoluto silenzio. Non sapeva come iniziare il
discorso che si era preparato mentalmente negli ultimi giorni. Conosceva
abbastanza Andrea da sapere che solo con una parola poteva ritrovarsi ad
affrontare un’impresa impossibile e non aveva alcuna intenzione di litigare con
lui.
“Cosa vuoi Luigi?”
Luigi sorrise a quella domanda. Poi sospirò pesantemente
cercando di riordinare i pensieri. Era svanito, tutto il discorso che si era
preparato ora non aveva senso, gli sembrava un discorso vuoto, privo di senso e
le parole che aveva preparato ora sembravano suonare come un’accusa nei suoi
confronti.
Rischiava solo di incasinare ancora di più quella
situazione che sembrava così delicata.
“Sto bene Luigi.” Fu di nuovo Andrea a parlare togliendo
dall’imbarazzo l’amico. Posò i fogli cercando di abbozzare un sorriso
convincente. Non ottenne però il risultato sperato. “Devo solo…metabolizzare.”
Metabolizzare?
Ora Luigi era, se possibile, ancora più confuso di prima.
Tutte le rassicurazioni da parte di Alessandra ora avevano ancora meno senso.
Aveva un vuoto in testa e la sentiva pesante. Di una cosa doveva esserne certo,
qualsiasi cosa fosse accaduto tra Paola ed Andrea doveva essere stata
importante, di dimensioni atomiche, pensò.
“Metabolizzare.” Ripeté lentamente Luigi più a se stesso
che ad Andrea.
“Già.”
Si guardarono negli occhi e Luigi poté finalmente
scorgere il turbamento che Andrea provava da tre settimane. Lui stesso rimase
turbato da quello che riusciva a leggere in quegli occhi verdi su cui ora
sembrava sceso un velo di malinconia misto a consapevolezza.
“Luigi sto bene, davvero.” Tentò di rincuorarlo Andrea
sforzandosi un po’ di più e riuscendo questa volta a sfoggiare un sorriso
convincente.
“Vieni a cena da noi Andrea.” Gli uscì spontanea quella
frase. Ma si accorse che probabilmente quella fosse la cosa migliore che
potesse dirgli.
“Luigi…”
“Hai bisogno di staccare un attimo la spina.” Bloccò sul
nascere la sua protesta. “Un paio d’ore solo. Vieni da me e Ale, ti rilassi un
po’ e poi magari…” Si bloccò un po’ incerto su cosa dire e a dire il vero non
aveva la più pallida idea di cosa dirgli.
“Non voglio intromissioni però.” Mise le mani avanti
Andrea.
Luigi sorrise sapendo bene a che genere di intromissioni
Andrea si riferisse. Alessandra e la sua innata propensione ad intromettersi
nella vita privata del fratello.
“Ok. Stasera alle otto. Sii puntuale.” Lo redarguì scherzosamente
mentre si alzava.
***
“Cos’hai fatto?” Luigi sbattè
perplesso le palpebre a quella domanda.
Non riusciva a capire la reazione di Alessandra, gli
sembrava esagerata e totalmente fuori luogo.
“Ho invitato tuo fratello a cena.” Replicò semplicemente.
Non trovava nulla di sbagliato nella sua affermazione.
Altre volte era capitato che invitasse Andrea a cena senza avvertire Alessandra
e mai, fino a quel momento, aveva ricevuto un simile trattamento. Dove ho sbagliato? Si chiese.
“Ok, va bene. A tutto c’è rimedio.” Borbottò scuotendo la
testa Alessandra sotto gli occhi di un Luigi ancora più perplesso. “A che ora
hai detto che arriva?”
“Alle otto.” Mugugnò seguendola lungo tutta la casa. “Ma
si può sapere che cosa c’è?” Sbottò frustrato ad un certo punto bloccandosi in
mezzo al corridoio.
“C’è che stasera avevo invitato Paola a cena.” Rispose di
rimando Ale senza nemmeno voltarsi a guardarlo e proseguendo spedita.
Ecco qual’è il problema si disse Luigi alzando gli occhi al
cielo e maledicendosi mentalmente per quell’iniziativa. Sospirando riprese a
seguire Ale fino a ritrovarsi in cucina, dove la tavola era già apparecchiata
per tre persone.
“E Matteo?” Domandò perplesso.
“Da Romanò.” Fu la risposta secca che gli diede.
“Che si fa ora?” Chiese sorvolando sulla risposta appena
ricevuta.
La risposta, di certo acida, da parte di Alessandra fu
bloccata dal suono del cellulare di Luigi. Sotto il suo sguardo di fuoco Luigi
lesse lentamente cercando di guadagnare un po’ di tempo e guardando
contemporaneamente l’ora accorgendosi che ormai era troppo tardi per disdire
qualsiasi cosa.
“Andrea sta arrivando.” Mugugnò rimettendo il cellulare
in tasca. “Spiegami perché non possiamo fare la cena lo stesso.” Sbottò ancora.
“È più complicato di quanto tu possa credere Luigi.”
Sospirò pesantemente Alessandra passandosi una mano sul volto.
“Quanto complicato?” Replicò sospettoso Luigi incrociando
le braccia al petto.
Dallo sguardo basso di Alessandra capì che forse era
davvero più complicato di quanto loro pensassero. Però, le cose non tornavano
in ogni caso. Andrea e Paola non erano i soliti, né quando andavano d’accordo,
né quando erano in tensione, era una situazione nuova quella.
“Ale, cosa è successo?” Le chiese gentilmente
avvicinandosi e prendendole le mani. La vide mordersi il labbro e sospirò
mentre lentamente la sua mente finalmente riusciva a collegare tutto.
I loro comportamenti delle ultime settimane, il non voler
parlare di Andrea da parte di Paola agli inizi, e soprattutto il comportamento
diverso di Alessandra dopo la visita notturna di Paola di tre settimane prima.
Chiuse gli occhi mentre finalmente capiva anche il motivo di quella visita.
“È una decisione di Paola, deve essere lei a parlare.”
Gli disse dolcemente Alessandra stringendo la presa attorno alle sue mani.
“Allora vediamo di sfruttare questa situazione
incasinata.” Replicò Luigi sorridendole. “A che ora deve arrivare Paola?”
“Alle otto e mezza.” Rispose scrutandolo. “Lo sai che
qualunque cosa tu abbia in mente rischiamo solo di far complicare ancora di più
le cose.” Lo redarguì, ma Luigi le sorrise stringendosi nelle spalle.
“Noi diamo loro la possibilità di incontrarsi in terreno
neutro. Andrea sta metabolizzando.” La informò ripetendole quanto Andrea gli
aveva detto. “Io credo però che si stia semplicemente incolpando. Se continua
così non parleranno mai e le cose non si sistemeranno da sole.”
Alessandra annuì ancora un po’ perplessa. Aveva promesso
che non si sarebbe impicciata in tutta quella storia e così aveva fatto. Non
aveva mai detto nulla ad Andrea, lasciandogli così il tempo necessario perché
potesse assimilare quella notizia, ma Luigi aveva ragione.
Se avessero lasciato ancora suo fratello a rimuginare
avrebbe potuto anche prendere decisioni stupide. Conoscendolo si stava creando
tutta una serie di domande totalmente stupide ed inutili.
“Credi che potrebbe funzionare?” Chiese ben sapendo però
che quella al momento poteva essere la soluzione migliore.
“Proviamo, al massimo se ne andranno.” Cercò di buttarla
sul ridere, ma non era semplice tutta la questione. Correvano il rischio di
peggiorare le cose tra quei due e di litigare anche loro.
Il campanello suonò.
Alessandra guardò l’orologio che segnava le otto e un
quarto passate. Sorrise ironicamente scuotendo il capo senza alcun dubbio su chi
fosse. Suo fratello aveva l’insana abitudine ad arrivare sempre in ritardo. Ma
forse quella volta poteva giocare a loro favore.
“Ciao.” Lo salutò allegramente facendolo entrare.
“Ciao Ale, Luigi.” Li salutò con calma Andrea togliendosi
giubbino e sciarpa ed attaccandoli all’attaccapanni vicino alla porta. “Scusate
il ritardo ma sono venuto a piedi.” Si scusò mentre seguiva Luigi fino in
soggiorno.
“Non ti preoccupare Andrea, tanto ormai siamo abituati ai
tuoi ritardi.” Lo canzonò divertita sua sorella strappando così un sorriso ad
Andrea. “Sei fortunato, non è ancora pronto.”
Luigi la scrutò attentamente riconoscendo poi quel
brillio particolare nei suoi occhi. Si era già studiata un piano ne era sicuro,
sperava solo che andasse tutto bene. Guardò l’orologio accorgendosi che ormai
avevano pochi minuti prima che arrivasse anche Paola. “Vado a prendere il
vino.” Li informò guardando Alessandra che annuì soddisfatta.
“Tu vai a lavarti le mani.” Ordinò senza mezzi termini
lei dopo aver sentito la porta d’ingresso chiudersi. “Cinque minuti e si
mangia.”
“Comandi.” Rispose di rimando Andrea dirigendosi verso il
bagno scuotendo il capo.
Aspettò qualche secondo, poi prese la giacca e la sciarpa
mentre il suo cellulare squillava. Lesse il messaggio mentre si vestiva poi
aprì la porta nello stesso istante in cui Paola si apprestava a bussare.
“Ciao.” Esclamò fingendo sorpresa. “Entra, entra.” La
invitò poi. “Io vado a prendere una cosa in garage. Tu mettiti pure comoda, due
minuti e torno.”
Paola guardò perplessa in direzione della porta dove
Alessandra era sparita, poi scosse la testa divertita liberandosi della giacca
che indossava. Sbirciò in cucina in cerca di Luigi ma non c’era. Sentì qualcuno
muoversi in direzione del bagno, probabilmente Luigi si stava preparando.
Alessandra doveva averlo avvisato all’ultimo minuto.
Luigi aveva finito il turno assieme a lei ma non era riuscita a parlargli.
Forse avrebbe fatto meglio a rinviare l’invito, ma Matteo
rimaneva a dormire da Romanò e non aveva voglia di rinchiudersi in camera per
tutta la sera. Poi Alessandra aveva insistito così tanto che alla fine aveva
accettato esasperata, ma anche divertita, da tanta insistenza. Di certo, una
serata tra amici le avrebbe solo fatto bene, aveva bisogno di staccare un poco
la spina. Il lavoro era diventato pesante in quell’ultimo periodo.
Andò in soggiorno, tanto Ale sarebbe tornata a breve e le
aveva praticamente ordinato di mettersi comoda. Curiosò tra le foto esposte sul
mobile che torreggiava al centro della stanza. Una in particolare attirò la sua
attenzione, era l’unica a non trovarsi all’interno di una cornice e mostrava il
lato bianco e non il soggetto. La girò lentamente fino a scoprire chi fosse
ritratto. Due giovani Andrea e Alessandra facevano bella mostra.
Sorrise tristemente nel vedere Andrea così piccolo. Ora
riusciva a capire perché Alessandra fosse così sicura che Matteo fosse suo
nipote, era la fotocopia di Andrea, solo coi capelli più scuri.
Il rumore della porta del bagno che si apriva la fece
tornare coi piedi per terra. Ripose la foto al proprio posto lasciando però
questa volta che i due soggetti fossero ben visibili.
Non sapeva se Alessandra l’avesse mostrata a Luigi, le
aveva promesso il suo totale ed assoluto silenzio anche se poteva immaginare
quanto le costasse mantenere quella promessa e quanto, soprattutto, le costasse
non dirlo a Luigi. Magari quella sera sarebbe riuscita a dirglielo, sapeva che
poteva contare su di lui.
“Ciao Luigi. Mi dispiace fare l’intrusa stasera ma Ale ha
insistito.” Si voltò con un sorriso ma rimase spiazzata quando al posto di
Luigi si trovò davanti Andrea.
Quella era la prima volta, dopo quella sera in cucina in
caserma, che si trovavano in una stanza da soli. Paola aveva sempre cercato di
evitarlo per una sorta di timore che nutriva nei suoi confronti. Quella
chiacchierata con Alessandra le aveva aperto gli occhi facendole capire quanto
stupida fosse stata sei anni prima.
Chiuse gli occhi mentre le tornava alla mente la reazione
di lui.
Se solo avesse avuto il coraggio di chiamarlo quando
aveva scoperto di essere incinta di Matteo. Forse ora non si sarebbe trovata in
quella situazione, forse le cose sarebbero andate diversamente e si sarebbe
risparmiata tutta quella tensione che le irrigidiva i nervi.
Avrebbe dovuto parlargli, spiegargli i suoi motivi.
Si sarebbe di certo tolta quel peso che sentiva gravarle
addosso, ma aveva paura. Aveva paura di come lui potesse reagire ed era stanca
di tutta quella situazione.
“Mi dispiace.” Balbettò prima di voltargli le spalle ed
incamminarsi, quasi correndo, verso il corridoio per raggiungere la porta
d’ingresso.
***
Angolino di Bitter:
Uhm, sì….mi prostro in ginocchio e imploro perdono!!!!!
Pessima come sono, dovrei fare ammenda, spero
che questo capitolo sia stato di vostro gradimento.
Poche parole a riguardo.
Io non credo nelle coincidenze, ma nemmeno nel
destino. Però credo che tutto abbia uno scopo e che la strada giusta da percorrere
prima o poi la imbocchiamo. Che poi ci siano grandi problemi prima di incamminarci,
o mentre la percorriamo, bhè, la vita è strana.
Karma?
No, semplicemente c’è qualcuno lì in alto che
si diverte a farci dannare.
In questo caso, Ale e Luigi, accidenti a loro,
ne combinano una delle loro. Che succederà???
Vorrei darvi una data per quando posterò la
seconda parte del capitolo, ma non rispetterò il tempo. Ma giuro, giurin, giurello, che posterò il prima
possibile!