It feels like I've been waiting for you

di Acinorev
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Lost between dreams and reality ***
Capitolo 2: *** Strange rumors ***
Capitolo 3: *** Think about it ***
Capitolo 4: *** I won't tell you ***
Capitolo 5: *** Nice to meet you ***
Capitolo 6: *** Close your eyes ***
Capitolo 7: *** Don't you have to go? ***
Capitolo 8: *** Can you just stop it? ***
Capitolo 9: *** There are different types of love ***
Capitolo 10: *** I'm going to kiss you ***
Capitolo 11: *** I'll wait for your decision ***
Capitolo 12: *** Melanie, look at me ***
Capitolo 13: *** You made me feel good ***
Capitolo 14: *** I don't want you to stay away from me ***
Capitolo 15: *** He came back for her ***
Capitolo 16: *** You have no idea ***
Capitolo 17: *** I missed you ***
Capitolo 18: *** Do you care about me? ***
Capitolo 19: *** You knew it ***
Capitolo 20: *** I don't trust you ***
Capitolo 21: *** What are you doing here? ***
Capitolo 22: *** Mine ***
Capitolo 23: *** Come here ***
Capitolo 24: *** It feels like I've been waiting for you ***
Capitolo 25: *** You know nothing about him ***
Capitolo 26: *** Go away ***
Capitolo 27: *** I got you ***
Capitolo 28: *** The truth, but not completely ***
Capitolo 29: *** I'd do everything again ***
Capitolo 30: *** Epilogue ***



Capitolo 1
*** Lost between dreams and reality ***




Lost between dreams and reality


 
«Melanie! Melanie!»
Quella voce insistente continua a chiamarmi senza che io possa capire da chi provenga: mi guardo intorno alla disperata ricerca di qualcuno, ma sono completamente sola, il che mi confonde parecchio.
«Chi sei? Cosa vuoi?» esclamo, voltandomi alla mia destra, da dove sembra provenire l’ennesimo richiamo.
«Mamma! Melanie è impazzita!» urla di nuovo quella voce, facendomi sussultare.
I miei occhi sono riluttanti all'idea di aprirsi, con la luce del sole che invade la stanza, e la mia mente fatica a capire che quello è stato solo un sogno dato dal dormiveglia, visto che mia sorella Fanny mi sta guardando a pochi centimetri dal mio volto.
«Sei impazzita o no?» chiede, sbattendo le lunghe ciglia e rendendo più luminosi i suoi occhioni nocciola.
«Eh? No, certo che no», le rispondo sbuffando, mentre si allontana per sedersi al mio fianco sul letto.
«Che ore sono?» domando, raggomitolandomi sotto le coperte per godermi ancora un po’ quel piacevole tepore.
«Lo sai che non so leggere l’ora», ribatte, giocherellando con il suo orsacchiotto. «Mamma mi ha detto di venirti a svegliare».
«Hai sette anni, non credi che dovresti imparare a leggere l’ora?» chiedo retorica dopo uno sbadiglio. Lei mi fa una boccaccia e scappa via nel suo pigiama cosparso di nuvolette rosa, lasciandomi sola nella stanza: mi sgranchisco le braccia preparandomi mentalmente per la giornata che mi aspetta. So per certo che quando mia madre mi fa svegliare da qualcuno è perché non ho sentito la sveglia, cosa che succede quasi sempre, e di solito ha il buon senso di mandarmi a chiamare un quarto d’ora prima dell’orario in cui solitamente esco di casa. Almeno impari a svegliarti in tempo, mi dice sempre ridendo, con la sua indole dispettosa: non serve a niente dirle che è stata lei a tramandarmi quel gene ritardatario.
 
«Gentile come sempre, cara mamma», esordisco entrando in cucina, dove tutta la famiglia è radunata per la colazione. Constance Benson, anche conosciuta come mia madre, distoglie lo sguardo dai fornelli per far scontrare gli occhi azzurri con i miei, fin troppo simili ai suoi: ha i capelli del colore del grano raccolti in una crocchia disordinata ed il corpo snello avvolto in una tuta di cotone. Mi sorride soddisfatta armeggiando ancora con qualcosa sul fuoco, qualcosa che ovviamente io non riuscirò a mangiare, dato il mio ritardo. Mi stupisce come sia riuscita a lavarmi e vestirmi così velocemente, ma forse è l’abitudine.
«Buongiorno tesoro», esclama, mentre le lascio un bacio sulla guancia.
«Melanie», mi saluta mio padre, sicuramente imbronciato per qualche notizia sul giornale che stringe tra le mani: lo sguardo duro è fisso tra quelle fitte parole e la bocca è stretta in una smorfia nervosa che di solito assume quando è davvero indignato.
«Bradford ormai non è più sicura», annuncia, citando probabilmente il titolo dell’articolo e passandosi una mano tra i capelli corvini. «Un altro furto! Non è possibile che in questa città non si possa stare tranquilli!» si lamenta infatti, chiudendo il giornale con fin troppa enfasi e bevendo in tutta fretta il caffè che ha di fronte.
«Ron, non cominciare», lo ammonisce mia madre, sapendo meglio di tutti che quando mio padre inizia a farfugliare sulla giustizia è capace di continuare per ore. «Piuttosto, perché non vai a controllare cosa sta combinando quella peste di Fanny?»
«Mamma, Emma dov’è?» chiedo, notando che la sedia di mia sorella è vuota.
«A letto», risponde alzando le spalle, mentre mio padre esce borbottando dalla cucina.
«Ma è il primo giorno di scuola», ribatto, in una debole protesta che non cova alcuna sorpresa: Emma ha sempre disprezzato quel periodo dell'anno ed il suo comportamento non è di certo una novità.
«Mel, sai benissimo com’è tua sorella: non le dispiace affatto perderselo».
«Sì, hai ragione», ammetto, sospirando appena. «Be’, io scappo. E tu dovresti sentirti in colpa per aver fatto saltare la colazione alla tua adorabile figlia», scherzo, dandole un altro bacio.
«Sai che non lo farei mai: la tua colazione è in quella busta sul tavolo», mi spiega con calore.
Sorrido soddisfatta e la afferro al volo mentre esco dalla stanza, ma non faccio in tempo a mettermi il cappotto né a prendere lo zaino da terra, perché un corpo paffuto si fionda su di me urlando il mio nome. «Mel! Papà vuole vestirmi!» grida Fanny, come se fosse la cosa più terribile del mondo, mentre mio padre fa capolino in salotto con il fiato corto e dei piccoli vestiti tra le mani.
«Non ho più l’età per queste cose», si lamenta lui, scuotendo la testa.
«Fanny, devi andare a scuola. Che problema c’è ora se papà vuole vestirti?»
«Non mi piacciono i vestiti che sceglie!»
Sorrido a quelle parole e mi volto a guardare che vestiti siano stati effettivamente scelti: non riesco a dire che cosa siano esattamente, se una gonna o un pantalone ed un maglioncino o una canottiera, ma di sicuro il verde pisello ed il fucsia non sono esattamente l'accostamento perfetto. Storco la bocca in una smorfia di disappunto divertito, mentre mio padre continua a guardare me e poi i vestiti. «Che c’è?» chiede confuso.
«È possibile che in tutti questi anni con quattro donne per casa, tu non abbia ancora imparato?» domanda retorica mia madre, sbucando dal nulla mentre si asciuga le mani sul grembiule da cucina che indossa. «Vieni qui, Fanny, ci penso io», continua rivolta a mia sorella, che si rifugia tra le sue braccia.
«Papà, sei senza speranze», lo prendo in giro, preparandomi per uscire ed ascoltando le sue proteste mormorate. «Ci vediamo oggi pomeriggio», saluto, lasciandogli un frettoloso bacio sulla guancia coperta da un sottile strato di barba.
L’aria gelida del mattino mi fa quasi sussultare, appena mi chiudo la porta di casa alle spalle, ed il pensiero di dover andare a piedi a scuola non migliora le cose: apro il sacchetto della mia colazione come per cercare conforto e non posso che sorridere di fronte al cornetto al cioccolato che mi aspetta.
 


«Prima o poi dovrai smetterla di diventare sempre più bella, o farai una strage!» sento alle mie spalle, riconoscendo una voce fin troppo familiare.
Sorrido mentre chiudo l’armadietto e mi volto, sicura che troverò davanti a me un ragazzo dalla pelle diafana ed i capelli fin troppo neri; i suoi occhi altrettanto scuri, infatti, mi scrutano pieni di nostalgia ed allegria. «Aaron!» lo saluto con entusiasmo, lasciandomi abbracciare. Il fisico asciutto è racchiuso in un maglioncino in lana nera non molto aderente ed in un paio di blue jeans a sigaretta, che gli fasciano le gambe sottile e forse più femminili delle mie.
«Fatti guardare!» esclama, afferrandomi per le braccia. «Sì, mi erano decisamente mancate le tue guanciotte rosse», dice dopo una veloce occhiata, strapazzandomi le guance come farebbe una vecchia zia d’oltreoceano. Forse sto arrossendo ancora di più a quell’osservazione, dato che è il vizio che non riesco a far scomparire: tutti quelli che mi conoscono sanno di questa mia caratteristica, del mio arrossire per ogni emozione che provo, ed il fatto che me lo facciano spesso notare finisce solo per peggiorare le cose.
«Dai, smettila», lo rimprovero, sorridendo e coprendomi le guance. «Piuttosto, quando posso rubarti un pomeriggio? Ho bisogno del mio amico super-gay».
«Il tuo amico super-gay è al tuo servizio», risponde, improvvisando un teatrale inchino. Se la mia timidezza è riconosciuta a livello mondiale, infatti, l’omosessualità di Aaron non è di certo meno popolare: al primo anno non ha esitato a farsi riconoscere come la persona più incline all'altro sesso e divertente che possa esistere, ed il suo coraggio è la cosa che mi ha sempre affascinato di lui. Non tutti avrebbero ostentato con tale sicurezza ciò che molti considerano una vergogna.
«Allora oggi pomeriggio tieniti pronto, perché pranzi con me, tanto le lezioni finiscono prima», esclamo, puntandogli un dito sul petto come per fargli capire che non ho intenzione di accettare un suo rifiuto. Lui, con i piedi ancora incrociati per l’inchino, mi prende la mano destra  e si affretta a lasciare un bacio delicato sul dorso. «Ogni tuo desiderio è un ordine, Melanie Clarke».
«Stai passando all’altra sponda, Wood?» domanda un ragazzo dell’ultimo anno, rivolgendosi ad Aaron e passandoci di fianco. Io ritraggo subito la mano dalla stretta del mio amico e sento il volto prendere fuoco, sia per la rabbia, sia perché quel ragazzo mi ha sempre intimorita con la sua aria beffarda: sono anche io una paladina della giustizia come mio padre, ma ho tutto un altro modo di fare. Spesso e volentieri la mia timidezza mi impedisce di dire qualsiasi cosa.
«Passerò all’altra sponda solo dopo averti assaggiato, pasticcino!» grida in risposta Aaron, sfoderando la sua arma di difesa: l’ironia.
«Sta’ lontano da me, frocetto», ribatte quello, facendo qualche passo all’indietro per guardarlo con un’espressione schifata.
«Guardati le spalle, Styles. O il culo», scherza ancora il mio amico, mentre l’altro si allontana.  Dire che si diverta a rispondere a tono ai bulletti sarebbe riduttivo: ama far vedere a tutti quanto sia fiero del proprio orientamento sessuale, perché lo trova "dannatamente divertente”, e qualche ragazzo troppo sicuro di sè, con i capelli ricci spettinati e gli occhi verdi da sbruffone non lo potrebbe di certo intimorire.
«Non capisco perché non possa lasciarti stare una volta per tutte. Non si è ancora stancato dopo due anni?» chiedo esasperata, ripensando a tutte le volte che ha rivolto ad Aaron commenti del genere.
«Tesoro, tu sei troppo buona per capire certe persone», mi assicura, passandomi un braccio intorno al collo per camminare al mio fianco nel corridoio affollato. Le vacanze invernali sono appena finite e tutti sembrano incontrarsi dopo anni di assenza: persino io ed il mio inseparabile migliore amico non siamo riusciti a vederci in quelle poche settimane, anche se solo perché lui è partito con la sua famiglia per un viaggio in Scozia.
«Parlando di persone con le quali sono troppo buona, hai visto Becka per caso?»
«Sarà nella foresta con i suoi amici spiritelli», sospira, facendomi ridere. Aaron crede che Becka, la terza componente del nostro piccolo gruppo, sia uno spiritello: la chiama così per via della sua lingua biforcuta e della sua iperattività, che la porta ad essere una fonte di energia pura. Credo possa essere definita il  mio contrario, dato che è spigliata e schietta a livelli estremi: eppure, l'abisso che sembra dividerci, in realtà non fa altro che tenerci unite.
«Becka!» esclamo, scorgendo i suoi capelli ramati tra la folla. Lei si alza sulle punte dei piedi ed avvista la mano che continuo ad agitare in aria per attirare la sua attenzione: inizia a spintonare le persone d'intralcio nel suo cammino, con la gonna che minaccia di scoprirle un po' troppo le gambe magre ed il cardigan bianco che si accosta alla sua carnagione. In un attimo me la ritrovo stretta tra le braccia, con il suo profumo a salutarmi.
«Grazie per la considerazione», borbotta Aaron, improvvisando un battito di mani falso e fingendosi offeso. Becka si allontana da me scrutandomi con i suoi occhi nocciola e mi sorride come se non mi vedesse da mesi, quando solo ieri abbiamo passato insieme l'intero pomeriggio. Poi si volta verso il nostro amico e gli fa una smorfia, che viene seguita da un caloroso abbraccio che mi fa sorridere.
Aaron non esita a trascinarmi con sé in quella stretta affettuosa, cogliendomi alla sprovvista, mentre Becka ridacchia un «Mi siete mancati, stronzetti», con la sua voce squillante.
 
Quando il telefono nella mia tasca prende a vibrare, mi affretto a leggere il messaggio di Becka: "Dannazione Mel, perché non mi chiami mai quando decidi di saltare una lezione?”
Sorrido tra me e me, riponendo nello scaffale un libro che non ha attirato la mia attenzione. “Perché tu devi seguire le lezioni!” rispondo velocemente, riferendomi al fatto che la mia amica sia una vera schiappa a scuola. Non che sia stupida, ma si potrebbe dire che, nel suo caso, la tipica frase “è intelligente ma non si applica” calzi alla perfezione. Per quanto riguarda me, invece, le lezioni mi annoiano: amo studiare, o meglio imparare, ma ascoltare le parole monotone di professori frustrati smorza qualsiasi possibile entusiamo; questo mi porta a collezionare numerose assenze, procurando un certo stupore nei docenti, che non si impegnano in rimproveri seri grazie ai miei ottimi voti.
Anche questa volta, infatti, ho deciso di evitare la parlantina fin troppo veloce della professoressa di matematica per dedicarmi a qualcosa che di sicuro non mi sognerei mai di mettere da parte: i libri. La biblioteca della mia scuola è il posto che più mi piace visitare: resto sempre affascinata dagli scaffali ricolmi di libri impolverati che quasi nessuno legge, dalle poltrone la quale comodità è sconosciuta a molti, dal silenzio in cui posso immergermi nello sfogliare pagine mai sfiorate.
“Sei ingiusta, stronzetta”, risponde Becka, facendomi ridere ancora. Ovviamente si diverte nel chiamarmi con un nomignolo che non mi rispecchia affatto, anche se è convinta che in realtà io abbia molto più coraggio di quanto dia a vedere: si ostina a sostenere che un giorno o l’altro dimostrerò la mia reale determinazione, ma io riservo ancora qualche dubbio in proposito.
Svolto l’angolo con due libri in mano, gli unici due che oggi sembrano potermi distrarre, e mi avvicino all’ennesimo scaffale alla ricerca di qualcos’altro dopo aver riposto il telefono in tasca.
«Mh… No, questo no», borbotto, scartando con lo sguardo un volume poco invitante. «E questo cosa ci fa qui?» chiedo a me stessa, in quanto responsabile della biblioteca. Questo posto è praticamente abbandonato a se stesso e probabilmente le persone che lo visitano si possono contare sulle dita di una mano, quindi sono io ad occuparmi di risistemare i libri nelle giuste sezioni, nonostante succeda raramente .
Un movimento alla mia sinistra mi fa sobbalzare per lo spavento: subito mi porto la mano libera al petto, voltandomi verso il posto da quale è provenuto il rumore. Il cuore rallenta subito nel constatare che non si tratti di nessun fantasma o creatura fantastica proveniente da qualche libro, ma solo di un ragazzo.
È seduto a terra con la schiena appoggiata al muro ed una gamba piegata, di poco distante da quella stesa sul pavimento. La testa è abbandonata sulla parete e tra le dita tiene una sigaretta con fin troppa cenere sul punto di cadere: sono i suoi capelli neri leggermente spettinati ed il suo sguardo scuro a farmi avvampare: mi guarda con una tale intensità e con una tale insistenza da mettermi a disagio, nonostante non sia poi tanto difficile. È a pochi metri da me ed è riuscito a far riprendere i battiti accelerati del mio stupido cuore, non oso immaginare cosa potrebbe succedere se lo avessi accanto.
Stupita dalla sua presenza, ed anche dalla sua insensata perfezione, mi soffermo a guardarlo per qualche istante: lo osservo mentre si porta alla bocca la sigaretta per poi aspirare a lungo ed osservo le sue labbra carnose e ben definite, mentre rilascia il fumo in una nuvola che nasconde parzialmente i suoi lineamenti. Non è da me fissare le persone, perché sostenere lo sguardo di qualcuno è qualcosa che mi riesce difficile, quindi distolgo gli occhi dalla sua figura, accontentandomi di qualsiasi altro particolare che non gli sia correlato.
«Non-non puoi fumare qui», sussurro, in preda alla mia solita timidezza. Torno per un attimo sul suo viso e lo vedo inclinare la testa da un lato, come se stesse cercando di capire quelle mie parole, eppure non risponde, anzi, continua a fumare indisturbato come se non avessi nemmeno aperto bocca.
Sbatto le palpebre più volte, stupita da quella reazione incurante, e mi volto velocemente tornando a fare quello che devo: non so se i suoi occhi siano davvero su di me o se sia solo la mia stupida soggezione a farmi avere questa sensazione, ma è una sensazione così intensa da farmi pensare che, se avessi il coraggio di voltarmi a guardare di nuovo quel ragazzo, li incontrerei senza ombra di dubbio.
Dopo un paio di minuti lo sento muoversi, ma non mi preoccupo di lui, aspettando che se ne vada da qui senza tante storie: eppure i suoi passi rallentano quando si avvicinano a me e sono quasi inquietanti se paragonati al silenzio che regna nella biblioteca. Posso avvertire la sua presenza alle mie spalle e proprio non capisco che cosa stia facendo, fino a quando mi sfiora il braccio con le dita, con una delicatezza irreale ed estranea: subito mi volto, con ancora i libri stretti al petto e gli occhi spalancati sia per lo stupore, sia per il brivido che quel semplice contatto mi ha provocato. Mi pento immediatamente di essermi mossa, però, perché quel ragazzo è più vicino di quanto pensassi e perché a questa distanza posso distinguere ancora meglio i suoi occhi bruni, incorniciati da ciglia scure e folte. Mi chiedo se tutto questo faccia ancora parte del sogno di questa mattina: forse quando Fanny se ne è andata io mi sono addormentata di nuovo e ho continuato a sognare; forse il sottile strato di barba che gli ricopre la mascella non è altro che un particolare onirico, così come il suo odore di tabacco che posso quasi definire profumo, dato l’effetto inebriante che ha su di me.
Sogno o non sogno, è fin troppo vicino a me con i suoi centimetri di altezza in più e le mie guance sono in fiamme. Solo per un attimo riesco a sostenere il suo sguardo, che mi scruta divertito come se stesse cercando di studiarmi: i miei occhi non possono sopportare i suoi, se vogliono impedire che scoppi un vero e proprio incendio sul mio volto, quindi continuano a spostarsi velocemente da un punto all’altro senza prestare davvero attenzione, e forse per questo decidono di limitarsi a seguire i movimenti della sua mano destra, che di nuovo si avvicina a me, sfiorando i miei capelli bruni e lisci sulle spalle.
Quasi rabbrividisco a questo secondo contatto, mentre nella mia testa continuano a suonare campanelli d’allarme e a rimbombare domande del tipo che non si capacitano delle sue intenzioni. O delle mie. Certo, la mia natura mi sprona ad allontanarlo, perché è un estraneo e sta invadendo il mio spazio vitale con una presunzione fastidiosa, ma il mio corpo si rivela tutt’altro che contrario alla nostra vicinanza.
Contro ogni forma di istinto di sopravvivenza, le mie iridi svettano di nuovo nelle sue come se volessi rivolgergli le stesse domande che mi ronzano in testa, ma appena li incontrano sento un sorriso farsi spazio sul suo volto ed in un attimo la distanza tra noi è annullata: le sue labbra sono premute sulle mie, leggere, facendomi assaporare il gusto della sigaretta fumata poco prima, e la sua mano fredda è sul mio collo.
I libri che stringevo al  petto fino a pochi secondi fa cadono a terra, forse perché il mio cuore ha battuto troppo forte sotto di loro, ed i miei occhi si spalancano mentre mi stupisco nel constatare che quel bacio assolutamente inaspettato, inopportuno ed insensato mi stia effettivamente mozzando il respiro.
È questione di pochi attimi, però, perché prima che possa abituarmi a quel contatto, il ragazzo si allontana da me, anche se non troppo. «La prossima volta fumerò da un’altra parte», sussurra con un sorriso beffardo sul volto, prima di spostare la mano dal mio collo e sparire nel corridoio della biblioteca.
Rimango immobile con ancora la sua voce nelle orecchie e la sensazione delle sue labbra sulle mie. Mi porto le dita sulle labbra, sfiorandole, come per accertarmi di non esser stata vittima della mia immaginazione ed il rumore della porta che si chiude sembra voler confermare la realtà nella quale mi trovo: eppure come posso spiegare che un completo sconosciuto mi abbia appena baciato tra gli scaffali della biblioteca solitamente deserta? Mi ha colta alla sprovvista e nella mia insicurezza l’ho lasciato fare senza dire nemmeno una sillaba per oppormi: forse perché le cellule del mio corpo si sentivano quasi a loro agio, mentre lui mi sfiorava?
Sospiro per scacciare quei pensieri e dopo qualche secondo mi piego per raccogliere i libri da terra, ancora scossa: realtà o immaginazione, per qualche strano e malsano motivo vorrei che quel ragazzo non se ne fosse già andato.
 
 

 


Ciaaaaaaaao!
(È tipo la 89457394° volta che scrivo questo spazio autrice perché ogni volta che arrivo alla fine si blocca tutto....) Comunque sì, sono di nuovo qui a presentarvi un altro prodotto della mia mente malata.
So che ho due storie da finire, una da iniziare a breve ed una raccolta di OS da mandare avanti, ma voi sapete che non ce la faccio a resistere. Per chi non lo sa, vi assicuro che imparerete a conoscere me e la mia forza di volontà e magari vi staremo simpatiche! Forse lei un po' di più, mentre di me penserete che sono una psicopatica ahhahah Basti pensare che oggi una mia amica mi ha definita "ossessionata dalla scrittura", quindi....
Comunque, io sono Veronica *ciao Veronica* e spero che questo primo capitolo non vi abbia fatto troppo schifo! Lo spero perché i primi capitoli sono sempre un trauma per me e questo non porta con sé grandi sconvolgimenti che potrebbero attirare la vostra attenzione, a parte il bacio di uno sconosciuto che la nostra Mel non ha di certo rifiutato :)
Avviso 1. Mel è diversa dalle altre protagoniste di cui ho scritto, è tutto l'opposto direi. Semplicemente perché ho sempre parlato di ragazze cazzute ed indipendenti e mi sono stancata.
Avviso 2. Sì, il protagonista è di nuovo Zayn e sì, sono noiosa e monotona. MAAA, c'è sempre un ma, è uno Zayn diverso e spero vi possa piacere :)
Avviso 3. È scritta al presente, il che è una novità per me, ma spero non sia venuta una cagata ahhaah
Cooooomunque, sarete voi a dirmelo, non è così? Potete dirmi se vi fa schifo o no, se ho sbagliato in qualcosa oppure no, quello che volete!
In ogni caso vi ringrazio lo stesso per essere arrivate fino a qui e per aver letto! Spero continuerete a seguire la storia (quante cose spero in questo angolo autrice!)!

E niente, vi saluto con un'immagine di Melanie (ho girato mari e monti per trovare la ragazza adatta) e con una gif di Zayn :)
(Per chi non mi conoscesse, è mia abitudine darvi il colpo di grazia con le gif di Zayn a fine capitolo ahhaha)

Un bacione,
Vero.



  

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Capitolo 2
*** Strange rumors ***




Strange rumors

 

«Ed io che speravo in qualcosa di meglio», borbotta Becka, abbandonandosi sullo schienale della sedia. I capelli raccolti in una treccia morbida ed il viso pulito.
«Avanti, non farne un dramma», provo a consolarla, spostando distrattamente delle foglie di insalata con la forchetta.
«Non capisci, Mel. È un dramma», sbotta, tornando ad appoggiare i gomiti sul tavolo della mensa. «Un rapporto si basa su quello e se non funziona… Addio rapporto!»
«Di cosa ti lamenti oggi?» esordisce Aaron, raggiungendoci. Gli sorrido mentre si siede al mio fianco, sistemando il vassoio davanti a sé: ha gli occhi assonnati ed un profumo diverso.
«Liam ha fatto cilecca», gli spiego brevemente, senza tener conto del calcio di Becka sotto il tavolo.
«Mel!» mi rimprovera infatti, fulminandomi con lo sguardo. 
«Oh, che peccato. Mi sarebbe piaciuto provarlo, ma se non ne vale la pena credo che metterò da parte l’idea», la prende in giro Aaron, armeggiando con il suo piatto.
«Sta’ lontano dal mio ragazzo», lo ammonisce lei, voltandosi a guardarlo in cagnesco. Io rido sonoramente, pensando a quanto siano divertenti nei loro continui battibecchi, e «Avanti, smettetela», li interrompo. «Becka, sono sicura che Liam saprà rimediare e non credo che Aaron sia nei suoi interessi», esclamo, senza smettere di mangiare con poco appetito. I due, come se io non avessi parlato, continuano a punzecchiarsi obbligandomi ad arrendermi alla loro perseveranza.
Avere un amico omosessuale ha molti vantaggi, che sia chiaro, tranne quando cerca di rubarti i fidanzati: non avendo avuto molti ragazzi non ho corso questo rischio, ma Becka ed Aaron hanno sempre avuto da ridire riguardo all’argomento. Liam frequenta la mia amica da più di un mese e lei non è di certo disposta a dividerlo con qualcuno, dato che per conquistarlo ha dovuto impegnarsi più del previsto: è molto possessiva con ciò che è suo, anche se non so quanto continuerà ad essere suo dopo questo “sfortunato evento”. Da come ne parla sembra una questione di vita o di morte, ed io non riesco davvero a capire come possa basarsi tutto su quello in una relazione: forse perché sono una delle poche in questa scuola a non aver ancora… fatto certe esperienze. 
Alzo un sopracciglio a quel pensiero e come sempre quel gesto non passa inosservato: mi chiedo come mai non riesca mai a tenere per me quello che penso, costantemente tradita dalle mie espressioni o da un mio movimento: "sei un libro aperto per noi", mi dicono sempre i miei due amici, ed ogni tanto mi trovo ad immaginare come sarebbe non esserlo.
«A cosa stai pensando, tesoro?» mi chiede infatti Aaron, con la sua solita dolcezza. Alzo lo sguardo su di lui, con la bocca piena di insalata, ed impallidisco. Reazione che sarebbe strana per una come me, ma che si rivela solo un preavviso dell’incendio che l’ha appena seguita: posso sentire le guance arrossarsi irrefrenabilmente ed il respiro bloccarsi in gola, quando scorgo il ragazzo della biblioteca passare di fianco al nostro tavolo.
Cammina stretto in jeans grigi ed in un giubbotto di pelle nero che gli dà l’aria di un motociclista dei bassi fondi: ride mentre una ragazza lo tiene a braccetto, accompagnandolo in mensa, ed i suoi occhi si riducono a delle fessure, mentre la lingua si intrufola tra i denti bianchi in quella che definirei la risata più affascinante che io abbia mai visto. Niente a che vedere con l’aria misteriosa che aveva in biblioteca. Avvampo ancora di più nel ricordare quel momento e, subito dopo, percepisco un moto di rabbia attraversarmi, quando la ragazza al suo fianco gli lascia un bacio sulle labbra prima di sedersi al suo fianco, due tavoli dopo di noi.
«Melanie Clarke, che diavolo ti prende?» sento chiedere, mentre Becka mi schiocca le dita davanti al viso.
«Eh?» domando confusa, mandando giù il boccone che mi ero persino dimenticata di avere in bocca. Ma le mie iridi, masochiste come sempre,  non riescono a concentrarsi sulla mia amica: sono fissi sulle labbra a qualche metro da me, mentre la mia mente è immersa nel ricordo di quando erano sulle mie.
«È tutta rossa! Chi sta guardando secondo te?» domanda Aaron, rivolto a Becka. Nonostante non sia in grado di muovere gli occhi dalla figura di quel ragazzo, vedo i miei amici spostarsi per capire dove sia diretto il mio sguardo.
«Oh, no», momora Becka, in tono preoccupato ed irremovibile. «No. No e ancora no».
«Non mi dire che…» sussurra Aaron.
«Di cosa state parlando?» chiedo, riscuotendomi da quello stato di completa assenza. Mi sono imposta di mettere da parte quella che sembra somigliare molto a pura gelosia: non voglio pensare al modo in cui quel ragazzo scherza con la sua amica, fidanzata, compagna di giochi o qualsiasi cosa sia. E non voglio chiedermi perché mi senta offesa dal fatto che solo ieri le sue labbra abbiano sfiorato me, mentre ora sono su di lei.
«Dimmi che non ti sei invaghita di Zayn Malik», esclama Aaron, voltandosi con il busto verso di me e gesticolando.
«Chi?» chiedo stupita, corrugando la fronte.
«Zayn!» risponde Becka, come se la cosa fosse ovvia, ma io non riesco a capire di chi stiano parlando. «E poi cosa ci fa lui, qui?» continua, rivolta ad Aaron.
«Non ne ho idea», confessa lui, alzando le spalle.
«Ragazzi!» li richiamo. «Potete rendermi partecipe?» chiedo esasperata.
«Zayn Malik è quello che stavi fissando fino ad un minuto fa: capelli neri, sguardo ipnotizzante ed un sacco di altre cose dannatamente sexy», spiega Aaron, mordendosi un labbro in modo provocante.
«Potresti saltare i dettagli da gay?» lo rimprovera la mia amica.
«Non sono dettagli da gay».
«In ogni caso», riprende Becka, ignorandolo, «non è forse lui quello che stavi mangiando con gli occhi?» mi chiede, indicandolo alle sue spalle. Io seguo il suo indice, ma mi soffermo solo per un millisecondo sul ragazzo.
«Sì, be’…» borbotto, abbassando lo sguardo sulle mani che si stanno torturando da sole, incastrate tra le mie cosce.
«Ecco, lui è Zayn Malik», conferma, sicura di sé. In pochi minuti, quel nome è stato ripetuto talmente tante volte da rendermi impossibile dimenticalo, come in un dispetto. «Ma continuo a non capire cosa ci faccia qui».
«Becka, puoi spiegarmi di cosa stai parlando? Perché non dovrebbe essere qui? E come fai a conoscerlo? Io non l’ho mai visto», le chiedo, curiosa di sapere quello a cui si riferisce.
«È normale che tu non l’abbia mai visto», interviene Aaron. «Veniva a scuola qui da prima che ci venissi tu». Io sono in questa scuola da soli due anni: non sono indietro con gli studi, ma il primo anno ho frequentato un altro istituto in cui c’erano fin troppi giudizi e pettegolezzi, che mi hanno portata a lasciarlo; i miei due amici, invece, hanno sempre studiato alla Lincoln High School, la nostra attuale scuola: Becka è un anno più grande, mentre Aaron ha sedici anni, proprio come me. Devono aver conosciuto quel ragazzo l’anno in cui io non c’ero.
«Comunque sia, ti proibisco di fartela con lui», riprende Becka, con un tono fin troppo serio ed autoritario.
«Io non… Io non me la faccio con lui», la correggo sussurrando, come se qualcuno potesse sentirmi. «E non capisco perché non dovrei».
«Non puoi perché non è il tipo per te», spiega la mia amica.
«Assolutamente», conferma Aaron, facendomi storcere il viso in un’espressione confusa.
«Mh, come posso spiegarlo? Ti basta sapere che è un poco di buono: girano strane voci su di lui», continua lei, abbassando la voce come se stesse raccontando un segreto di stato.
«Strane voci?» ripeto, curiosa e incredula.
«Furti, droga… Insomma, stagli alla larga».
«Sono sicura che molte cose non siano vere», ribatto con una certa fermezza. «Sai anche tu che la gente inventa stupidaggini: ricordi cosa si diceva di te? Che eri stata adottata in Sud Africa dato che il tuo vero padre non voleva riconoscere la sua figlioletta illegittima. Persino Aaron va in giro dicendo che la notte ti ritrovi nelle foreste con i tuoi amici spiritelli», concludo. La storia della sua adozione mi ha davvero sconvolta l’anno scorso, facendomi riflettere su quanto le persone si diano da fare per inventare menzogne: sono sempre stata scettica riguardo ai pettegolezzi, soprattutto perché durante il mio primo anno di superiori ero io ad esserne al centro, nonostante non riuscissi a capirne il motivo.
«Tu cosa?!» sbraita Becka, rivolgendosi al nostro amico mentre la sua mano stritola la forchetta di plastica.
«Andiamo, sai che scherzo!» si scusa lui, mettendo le mani avanti come per difendersi dalla sua ira funesta. «E comunque questo non c’entra: Zayn non è davvero un bel tipo» insiste. I suoi occhi preoccupati si posano su di me.
«Prima o poi te la faccio pagare», borbotta la mia amica fulminandolo con lo sguardo, ma noi la ignoriamo.
«Non è così male», sussurro, tornando a guardarlo in lontananza. Le sue labbra ancora inclinate in un sorriso spensierato, le sue mani che chissà se sono ancora tanto fredde.
«E tu come faresti a sapere che non è così male?» mi chiede Becka, riscuotendosi dall’istinto omicida nei confronti di Aaron.
«Oh, be’… Non lo so per certo… Io… È solo un’impressione, ecco» farfuglio, probabilmente arrossendo di nuovo.
«Mel, sputa il rospo», mi ammoniscono in coro. Perché devo essere sempre così cristallina? Perché non riesco a tenere qualcosa per me?
«Andiamo, ragazzi-»
«Cosa ci nascondi?» mi interrompe Aaron, avvicinandosi con uno sguardo indagatore. Io sospiro e li guardo come se li volessi implorare di darmi tregua, ma li conosco fin troppo bene e so che non mi lasceranno in pace fin quando non avrò detto tutta la verità e nient’altro che la verità.
«L’ho incontrato ieri», inizio, un po' riluttante. «E non mi è sembrato così male». A sostegno della mia frase, sento di nuovo i brivi che mi ha provocato con tanta facilità.
«E…?»
«E mi ha… Baciata, ecco. Non è stato nemmeno un bacio, in realtà-»
«Melanie Clarke! Perché non ce l’hai detto?!» mi rimprovera Aaron, spalancando gli occhi per la sorpresa.
«Le sua bocca ha toccato la tua?» chiede Becka, rimanendo quasi impassibile.
«Sì, ma-»
«E allora è stato un  bacio!» sbotta subito dopo. «Ma io lo ammazzo, lo giuro. Come osa baciarti?!»
«No, non lo ammazzare: sarebbe uno spreco buttare tanta perfezione», sussurra il mio amico, guardando Zayn con aria sognante e mordendosi nuovamente un labbro. Corrugo la fronte e gli tiro un buffetto sul braccio per imporgli un contegno.
«Becka, non esagerare: non mi ha stuprata».
«Non mi interessa! Non deve toccarti! Anzi, cercherò di ottenere un ordine restrittivo, così-» 
«Ok, ora stai davvero esagerando», la interrompo: il suo essere possessiva non si limita solo alla sfera sentimentale. «Quello che è successo non è niente e solo perché ci sono delle stupide voci su di lui non vuol dire che sia un demonio sceso in terra. Cos’avrà mai fatto di così grave?»
I miei due amici si guardano come se volessero decidere se possono parlare oppure no ed io non capisco cosa mi stiano nascondendo. «L’anno prima che tu venissi in questa scuola, lui era al terzo: verso la fine dell’anno, un certo signor Dambel è stato aggredito a casa sua per pochi spiccioli. È stato Zayn, insieme ad alcuni amici che nessuno ha mai riconosciuto, e ancora non capisco perché quel signore non abbia sporto denuncia: in ogni caso, dopo quell’episodio ha lasciato la città ed ora eccolo qui, per chissà quale strano motivo». Spalanco gli occhi nel sentire quelle parole e mi chiedo se sia tutto vero o se sia solo la solita enfatizzazione dei fatti, ma Becka continua prima che io possa dire qualcosa. L'espressione seria. «Si dice che gli servissero i soldi per la droga».
«Per questo preferiamo che lo lasci stare», rincara Aaron, con un tono più delicato.
«Non c’è motivo per cui dobbiate preoccuparvi. Per quanto riguarda questa storia il "si dice" non è una certezza: sapete che non credo ai pettegolezzi e da quanto ne sappiamo potrebbe anche non essere stato lui a picchiare quel signore, dato che non era da solo. Quindi smettetela di fare i maniaci del controllo: non c’è niente tra me e Zayn e non credo che ci sarà mai qualcosa», li rassicuro, sfoderando il mio lato razionale, quello sempre pronto ad analizzare e placare la situazione.
«Ah, tesoro: l’ho sempre detto che sei troppo buona», sospira Aaron, abbracciandomi. Io accenno un sorriso, felice che quella conversazione sia finita, ed i miei occhi vagano inconsciamente verso Zayn.
Il fatto che i suoi siano fissi su di me mi fa quasi sobbalzare per lo stupore: mi scrutano con la stessa intensità del giorno prima, mentre lui beve da una lattina. Ed io non voglio cominciare un’altra discussione con i miei amici, né ho intenzione di sottomettermi di nuovo a quelle iridi, quindi distolgo lo sguardo e ricambio l’abbraccio di Aaron, cercando di distrarmi.
 
Chiudo l’armadietto sospirando, finalmente libera di poter tornare a casa e di potermi rilassare sul mio letto: Becka ed Aaron mi hanno lasciata pochi minuti fa, chi per dare una seconda opportunità a Liam e chi per andare dal parrucchiere per provare quel “nuovo taglio mozzafiato”. Sorrido, ripensando al modo in cui Aaron ha pronunciato quelle parole, e mi volto con lo zaino in spalla per uscire: non credo di essere psicologicamente pronta ad affrontare il freddo che mi aspetta fuori, quindi cerco di rimediare sistemando meglio la sciarpa a trama larga che mi avvolge il collo.
Proprio mentre mi consolo nel tepore di quel tessuto, i miei occhi scorgono Zayn camminare nel corridoio quasi deserto.
Ora che sta fissando il pavimento davanti a sé, ho l’occasione di osservarlo senza dover distogliere lo sguardo: non so perché, ma non riesco a smettere di osservare ogni suo lineamento, come se cercassi sempre un particolare diverso da studiare. E potrei dire di trovarne uno ogni volta.
Continuo a non credere alle voci che girano sul suo conto, almeno non completamente: sono del parere che ogni storia debba essere ascoltata e valutata da entrambe le parti coinvolte.
Prima che mi raggiunga e prima che possa vedermi, mi incammino verso le porte di vetro della scuola per uscire, con la testa bassa e la sciarpa a tenermi calda: eppure Zayn riesce a precedermi, allungando un braccio per aprirmi la porta. Alzo lo sguardo su di lui, mentre l’aria fredda proveniente dall'esterno mi investe senza esitazioni, e lo trovo a guardarmi con un sorriso divertito sul volto. «Prego», esclama subito dopo, inclinando leggermente la testa da un lato.
«Oh, ehm… G-grazie», balbetto. Mi sento una stupida, quando lo vedo accennare una risata per quella mia risposta.
Allontano la vergogna provata 
e scuoto la testa per impormi un contegno, allontanandomi. «Non mi dici nemmeno il tuo nome? Questa è maleducazione», scherza dietro di me, obbligandomi a fermarmi.
Mi volto stupita e cerco di assicurarmi che abbia davvero pronunciato quelle parole. «Melanie», dico semplicemente, tenendo per me il “sei tu che ieri mi hai baciata come se mi conoscessi da anni, e sarei io la maleducata?”.
«Zayn, piacere», risponde, porgendomi la mano. Ho quasi paura di stringerla, perché conosco l’effetto che questo ragazzo ha su di me anche solo nello starmi accanto e non voglio peggiorare le cose, eppure dopo qualche secondo la afferro, spinta da un irrefrenabile istinto. Forse lo stesso che mi ha obbligata a non sottrarmi al suo bacio. Inutile dire che il sorriso che mi rivolge fa avvampare le mie guance, ed io ringrazio il cielo per avere uno sciarpone avvolto intorno al collo, che mi permette di celarle almeno in parte.
«Che fai, ti nascondi?» chiede divertito. Mi accorgo che le nostre mani sono ancora strette e, per quanto possa piacermi quel contatto - nonostante la mia mano scompaia nella sua - mi sento costretta a ritrarla: vorrei sprofondare in questo momento, sparire ed allontanarmi dal suo sguardo.
«Eh? No, certo che no», farfuglio, imponendo al mio sangue di scorrere in qualsiasi altra parte del corpo ma non nelle mie guance, non così abbondantemente e non in modo così imbarazzante. «Ho freddo», spiego poi.
Ma lui non sembra molto convinto. «Mh, peccato», esclama, prima di tirare fuori un pacchetto di sigarette dalla tasca dei pantaloni. Peccato? Che significa? È un peccato che non mi stia nascondendo perché ne avrrei motivo? È per caso un’offesa molto velata?
«Qui posso fumare?» chiede, distraendomi da quei vaneggiamenti. Se solo fossi schietta come Becka o ironica come Aaron, gli avrei già risposto per bene, ma sono Melanie Clarke, quindi mi limito ad annuire e ad accennare un sorriso per quella domanda che in fondo mi diverte.
Zayn per un attimo mi guarda serio, con la sigaretta tra le labbra secche e le mani che stringono l’accendino davanti al suo volto, poi sorride e scuote la testa. Non so perché io sia ancora qui o forse mi scoccia ammettere il vero motivo, ma sono come ipnotizzata mentre lo vedo espirare il fumo. Ogni suo movimento mi impone di non ignorarlo.
«Non parli molto, eh?» domanda, riponendo l’accendino nella tasca della giacca. 
«No. Cioè, sì. Sì che parlo molto. Voglio dire: non sono logorroica, è solo che-»
«Hey, frena, frena. Ho capito», mi interrompe sorridendo. Ed io mi lascio scappare un'impercettibile smorfia, pentita da quel mio comportamento: mi sento patetica e non voglio più stare qui con lui, non in questo modo.
«Io… Devo andare. Ciao», dico velocemente, voltandomi per allontanarmi. Mi costringo a non guardarlo e lo sento solo borbottare un «Ciao» stupito, confuso. 

 
 
Perché diavolo un monaco ha voluto dedicarsi agli esperimenti sulle piante di piselli? Quando io non ho niente da fare non mi dedico di certo a passatempi del genere: ascolto la musica, esco, leggo, faccio tutt’altro. Allora perché quel dannato Mendel ha scelto di fare esperimenti con le piante?
Dei colpi alla porta della mia stanza mi riscuotono da quelle imprecazioni mentali, facendomi alzare lo sguardo dal libro di scienze. «Sì?»
La porta si apre ed Emma, mia sorella, appare sulla soglia. «Qualcuno è venuto a trovarti» mi dice, scrutandomi con i suoi occhi di un blu scuro con fare annoiato. I capelli bruni le ricadono mossi sulle spalle, mentre il viso tondo da quindicenne nasconde nuovamente le lentiggini che lei tanto disdegna. La bocca carnosa è schiusa, altera.
«Qualcuno?» chiedo, sorpresa.
«Sì, qualcuno. Scendi, io devo uscire».
«Dove-» provo a chiederle. «Vai?» concludo in un sussurro, dato che se ne è già andata. Mi chiedo se questo suo atteggiamento cambierà mai o se sia normale che odi così tanto sua sorella maggiore. Sbuffo e scendo al piano di sotto, curiosa di sapere chi mi stia cercando.
Entrata in salotto, scorgo dei capelli biondi familiari: Niall è seduto sul divano in stoffa bordeaux con i gomiti appoggiati sulle gambe e lo sguardo fisso sul tappeto di fronte a sé.
«Niall?» lo chiamo, fermandomi a qualche passo da lui ed ottenendo la sua attenzione.
«Mel», sussurra lui. Non riesco a capire cosa possa significare quella sua espressione seria, né capisco perché sia a casa mia.
«Che cosa ci fai qui?»



 



Yeaaaaaaaaah eccomi qui finalmente!
Premetto che in questo momento sono un po' su di giri perchè sono immersa nell'ansia pre-esame, ma cercherò di fare la persona seria e controllata, sì.
...
...
.....
Waaaaaaaaaaaaaaaah vi adoro! 11 recensioni allo scorso capitolo! 18 persone hanno messo questa storia tra le preferite e 27 nelle seguite. Vi rendete conto?! Grazie, grazie e ancora grazie! Non credevo che vi sarebbe piaciuto così tanto quel capitolo e spero ovviamente che vi sia piaciuto anche questo!
Si scoprono un po' di cosucce: entra in scena Liam, il ragazzo di Becka, (Per chi me l'ha chiesto: sì, ci saranno tutti e cinque in questa storia :)) anche se non avrà un ruolo fondamentale nella storia! Poooi si viene a scoprire chi è il ragazzo misterioso della biblioteca, con un passato oscuro che forse non è nemmeno un vero passato, e con un ragazza/passatempo di cui non anticipo nulla!
Ah, entrano in scena anche Emma (e si capisce che non ha un bel caratterino) e Niall, con grande sorpresa di Melanie: secondo voi chi è questo baldo giovane? 
Tra l'aaaaltro, c'è un incontro ravvicinato tra Mel e Zayn eheheh Cosa ne pensate?
Beh, spero di essere stata all'altezza delle vostre aspettative! Grazie ancora per le bellissime cose che mi avete scritto e sono felice che il personaggio di Melanie
vi sia piaciuto così tanto :) Ho letto che molte di voi si immedesimano in lei :)
Ok, ora me ne vado davvero lol

*momento gifssssssss*

  

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Capitolo 3
*** Think about it ***




Think about it
                                                  

Niall indossa un maglione blu elettrico, forse di una taglia in più, ed un paio di jeans chiari e poco aderenti: ha i capelli biondi disordinati, forse a furia di infastidirli con le proprie mani, ed il viso luminoso, marcato dalle sue labbra rosee e dal naso dritto.
Continuando a guardarmi con i suoi occhi troppo azzurri, si alza dal divano e si avvicina a me. «Voglio  parlarti», dice semplicemente, con la sua solita determinazione. Io invece sono combattuta: dovrei buttarlo fuori a calci ed urlargli di non farsi più vedere, ma sono anche curiosa di sapere cos’abbia da dirmi.
«Di cosa vorresti parlare?» gli chiedo allora, incrociando le braccia al petto. Non mi va di essere gentile, di farlo accomodare o di offrirgli qualcosa da bere, non sono nemmeno sicura di volerlo così vicino.
Stare di fronte a lui, sotto il suo sguardo cristallino, non mi fa più lo stesso effetto di una volta, anche se riesce ancora a smuovere qualcosa dentro di me: preferirei che non fosse così, preferirei averlo completamente dimenticato.
«Lo sai benissimo», mi risponde, infilando le mani in tasca, un vizio che non credo riuscirà mai a togliersi. Sospiro ed inclino il capo da un lato, non intenzionata a dire qualcos’altro, e lui capisce di non avere molto tempo a disposizione. Abbassa per un attimo lo sguardo e dà un’occhiata intorno a sé, come se stesse cercando le parole da dire mentre io aspetto impaziente. «In realtà non so perché mi sia venuta questa idea, di venire qui a casa tua, intendo. È che qualche giorno fa ti ho vista al parco e…»
Ascolto le sue parole con attenzione, iniziando a farmi un’idea di quello che potrebbe essere il suo intento, e subito mille pensieri inondano la mia testa; non voglio perdere la calma, quindi mi impongo di non interromperlo.
Niall inspira profondamente e si passa una mano tra i capelli. «La verità è che mi manchi, Mel», dice alla fine, tornando a fissarmi. Il secondo dopo il mio cuore sta cercando di pompare tutto il sangue necessario al mio corpo per non svenire in quell’esatto momento: quelle parole mi stupiscono e mi innervosiscono contemporaneamente. La mia fronte si corruga leggermente, esprimendo la mia confusione, mentre vecchie ferite tornano ad aprirsi dolorosamente.
«Ti manco?» ripeto incredula, con un filo di voce, lasciando cadere le braccia lungo i fianchi. Lui si limita ad osservarmi, come se quegli occhi potessero dare una conferma alla mia domanda, ma io non riesco a crederci: è assurdo.
«Mel, io esco. Mamma mi ha detto di dirti che prima di tornare a casa passano dalla zia», esordisce la voce di mia sorella, appena entrata in salotto. Io non le rispondo e non distolgo lo sguardo dal ragazzo di fronte a me, sicura che Emma non se la prenda per così poco. La porta di casa sbatte quando se la chiude alle spalle e di nuovo rimango sola con Niall.
«Non avrei dovuto trattarti in quel modo-» riprende.
«Niall», lo interrompo, lasciandomi scappare un mezzo sorriso allibito. «Fermati».
Ho bisogno di riordinare la valanga di pensieri che mi ha appena travolto e non posso farlo con lui che parla e rincara la dose: ha appena confessato che gli manco ed ha una bella faccia tosta nel presentarsi a casa mia per dirmi qualcosa del genere. Non sono sicura di averlo completamente dimenticato, anzi, forse non ci sono nemmeno vicina, anche perché se così fosse non sentirei i brividi per la sua vicinanza e non sarei soggetta ai suoi occhi, non ancora: il problema è un altro, però, il problema è quello che ha fatto.
«Secondo te come dovrei reagire quando mi dici che ti manco?» gli chiedo, ed è una domanda sincera, perché devo ancora trovare una risposta adatta.
«Non so cosa dovresti fare, ma vorrei che tornassi da me», risponde deciso, continuando a scrutarmi. Chiudo gli occhi per qualche istante, mentre cerco di placare le sensazioni che quelle parole hanno causato in me: provo ad impedire alle mie guance di arrossarsi, perché non voglio dargli quella soddisfazione e perché non sono ancora sicura di volere che conosca l'effetto che è ancora in grado di avere su di me.
«Non puoi dirmi questo», affermo, raccogliendo un po’ di sicurezza. «Non-»
«Mel, guardami», mi interrompe, prendendo le mie mani tra le sue ed avvicinandosi di più a me. «Sono qui, davanti a te, e ti sto chiedendo di perdonarmi, perché sono stato un vero coglione. Ti sto chiedendo di tornare ad essere quelli di una volta, q-».
«Quelli di una volta?» ripeto, sfilando le mie mani dalle sue e respingendo le lacrime che stanno cercando di marcarmi il volto. Non voglio piangere, non devo farlo. «È solo colpa tua se non siamo più quelli di un mese fa!»
«Credi che non ne sia consapevole? Ma tu dovresti sapere che non è mai stata mia intenzione farti soffrire».
«No, Niall, non lo so», lo correggo. «L’hai fatto e non sai quante volte io mi sia chiesta il perché».
«Vuoi sapere il perché? Perché sei sempre stata tu, solo tu. Stavo con Kassandra e pensavo a te, ecco il perché. Ti volevo e mi sono comportato da stupido, ma era per stare con te che l’ho fatto». I suoi occhi cercavano di persuadermi, concedendosi a me carichi di rimorso.
«Avresti potuto stare con me dopo aver lasciato Kassandra!»
Le immagini di un mese prima mi sfrecciano davanti agli occhi, infliggendomi di nuovo lo stesso familiare dolore: posso rivedere Niall insieme a Kassandra, ignaro della mia presenza, le sue scuse, i miei pianti, la rabbia, la fine. Quel ragazzo mi aveva conquistata e per due mesi io l'avevo reso il mio centro: ma quando ho saputo della sua fidanzata, mi è crollato tutto addosso. Non so se si possa definire un vero e proprio tradimento quello nei miei confronti, perché ero io l’altra: ero io quella con cui stava tradendo la sua ragazza, di un paesino a chilometri di distanza da Bradford. Ed in questo momento, ogni singolo giorno passato a maledire lui e i suoi occhi azzurri, è proprio davanti a me, pronto a rinfacciarmi un passato fin troppo recente.
«Sei sempre stato bravo con le parole», sussurro, trattenendo dentro di me una quantità estenuante di emozioni. «Peccato che non tu non sia altrettanto bravo nel dimostrare quello che dici».
Troppe volte Niall mi ha ripetuto che in realtà ha sempre voluto solo me, ma sono sempre state solo parole: per quanto io sia ingenua, so che contano molto di più i fatti. Nel mio caso l'unico fatto è che Niall non ha mai lasciato Kassandra per me, preferendo tenere una all’oscuro dell’altra per divertirsi con entrambe. 
Lo vedo sospirare, mentre cerco di regolarizzare il respiro: una parte di me vorrebbe perdonargli tutto, ma sono troppo fragile per riuscire a fidarmi di nuovo di lui.
«Ho sbagliato, ok? Ho sbagliato e non ne vado fiero, ma tutti possono sbagliare», riprende. «Ti chiedo solo di darmi una seconda possibilità, di farmi perdonare». Abbiamo litigato riguardo questa storia innumerevoli volte, troppe ne abbiamo discusso e parlato, ed ora ci siamo già detti tutto: è come rivivere la stessa scena ancora e ancora, con sempre meno dettagli e sempre più ripetizioni.
«Vorrei tanto crederti, davvero: vorrei poterti dire che sono disposta a darti una seconda possibilità, ma la verità è che ho terribilmente paura che tu possa comportarti di nuovo in quel modo», confesso, torturandomi una mano con l’altra.
Vorrei anche potergli dire che in fondo, in un modo assurdo ed ingiusto, mi manca anche lui.
«Io posso solo dirti che voglio davvero ricominciare con te, solo con te questa volta. Non posso dire o fare nient’altro per convincerti».
Mi passo una mano tra i capelli, respirando profondamente: so già che non riuscirò a fidarmi di lui come una volta ed il fatto che sia ripiombato nella mia vita dopo tutto questo tempo mi confonde ancora di più.
«Dimmi almeno che ci penserai», continua, attirando il mio sguardo su di lui. Se solo sapesse che ci sto già pensando: sono sempre stata così, in fondo. Non sono mai stata capace di portare rancore, nemmeno verso le persone che mi hanno ferita di più: tendo a passare sopra a molte cose, anche se so bene che non dovrei, e mi chiedo se riuscirò mai a cambiare questo lato di me.
Lo guardo in silenzio e lui sembra comprendermi: si avvicina ancora di più ed alza una mano lentamente, portandola sulla mia guancia. La sfiora appena, mentre io lo lascio fare beandomi di quel contatto, e poi le sue labbra raggiungono la mia fronte, dove lasciano un bacio leggero. Chiudo gli occhi e sento le guance avvampare, nonostante tutti i miei sforzi: Niall si allontana e, dopo avermi rivolto un mezzo sorriso, «Pensaci, Mel» mi dice, prima di uscire di casa.
Fisso la porta per un tempo indeterminato, cercando di realizzare quello che è appena accaduto: tutto mi sarei aspettata da quella giornata, tranne Niall nel mio salotto o tanto meno le sue parole. Solo dopo qualche minuto mi sembra di tornare a respirare di nuovo e, come mi aspettavo, sento le lacrime scorrermi sulle guance: accade quando l’arrossire non basta più per svelare il mio stato d’animo.
 
«Mamma, allora io vado», esordisco, infilandomi la giacca.
«Ah, ecco: ovviamente lei può uscire», sbotta Emma, fissandomi in maniera truce dal divano su cui è seduta.
«Emma, smettila. Non voglio più sentire una parola su questo argomento», la ammonisce mio padre, con il suo tono duro.
«Certo, perché è un argomento che non sta in piedi!» ribatte lei, alzando le mani al cielo.
«Ho detto basta: sai benissimo che in questa casa le cose bisogna meritarsele».
«Meritarsele? Ho per caso ucciso qualcuno?!»
«Smettetela, avanti», esclama mia madre, la moderatrice nella nostra famiglia.
«È proprio questo atteggiamento che non ti farà andare da nessuna parte! Ed ora non voglio più sentirti parlare, o non uscirai nemmeno la prossima volta!»
«Al diavolo!» borbotta Emma, alzandosi dal divano con rabbia e correndo per le scale, probabilmente diretta verso la sua stanza. Sposto lo sguardo su mia madre che scuote la testa arresa, mentre mio padre si lamenta della sfacciataggine di sua figlia e mentre Fanny, sul tappeto, gioca tranquilla con delle bambole. Normale amministrazione, direi.
«Va’ pure, e fai attenzione», mi rassicura mia madre, rivolgendomi un sorriso.
«Mel, mi raccomando», rincara papà, interrompendo per un attimo la sua rabbia nei confronti di Emma.
«Sì, tranquillo: prenderò il pullman e tra dieci minuti sarò a casa di Becka», lo rassicuro.
Lui apre la bocca come per dire qualcos’altro, ma la richiude subito dopo, limitandosi a farmi un cenno con il capo per permettermi di uscire. Li saluto sorridendo, felice di essere scampata al solito discorso sul pericolo delle strade di sera.
Esco con il borsone sulle spalle e mi avvicino alla fermata del pullman a pochi metri da casa mia: mi dispiace per Emma e per i suoi continui litigi con i nostri genitori, e mi dispiace che non possa avere con me il normale rapporto che ci dovrebbe essere tra sorelle. Non so quando esattamente abbia iniziato a non sopportare nemmeno la mia presenza, ma sembra quasi che qualsiasi cosa io faccia le dia fastidio: credo che si senta trattata diversamente, in modo negativo, rispetto a me. Non è così ovviamente, perché i miei genitori non fanno differenze, ma ai suoi occhi è tutto il contrario: il problema è che più lei si ribella, più loro si irrigidiscono. Le consiglierei volentieri di cambiare atteggiamento, ma so già che non mi lascerebbe nemmeno parlare.
Immersa in quei pensieri quasi non mi accorgo dell’arrivo del pullman e, quando mi accomodo su uno dei sedili accanto al finestrino, non posso che ringraziare il cielo per quel leggero tepore che aiuta il mio corpo a sconfiggere i rimasugli del freddo gelido di Gennaio. Rabbrividisco ed aspetto pazientemente di tornare ad una temperatura degna di un essere umano: Bradford è quasi desolata alle otto e mezza di sera ed il buio invernale la rende ancora più cupa. Attraverso il finestrino del pullman tutto il paesaggio è quasi sfocato, sia a causa del tipico sottile strato di sporcizia, che nessun addetto ai mezzi pubblici sembra voler ripulire, sia a causa delle goccioline di umidità che lo ricoprono.
Mi incanto a fissare il marciapiede che fiancheggia la strada ed incontro con lo sguardo le prime due persone da quando sono su questo pullman: sono probabilmente due fidanzati, dato che il ragazzo sta stringendo a sé una ragazza di una decina di centimetri più bassa di lui. Dal modo in cui sono stretti l'uno all'altra sembrano davvero affiatati ed il bacio che lui le lascia tra i capelli mi fa quasi sorridere per la tenerezza: è una di quelle scene che ti fanno percepire la nostalgia di una quotidianità ricca di piccoli e significativi gesti, ricca di un affetto caloroso.
Mentre il pullman si ferma ad un semaforo proprio di fronte ai due ragazzi, mi viene subito in mente Niall: senza che potessi deciderlo, infatti, il mio dispettoso cervello mi ha proposto la soluzione più semplice. Se tornassi con lui, come mi ha pregata di fare, magari ottenerei quello che desidero: ricordo che nei momenti passati in sua compagnia tutto il resto scompariva. Nonostante ci vedessimo poco a causa dei nostri impegni e delle scuole diverse che frequentiamo, eravamo felici e sembrava che niente potesse intralciarci: avevo davvero creduto che saremmo rimasti insieme per molto tempo, perché Niall aveva la capacità di mettermi a mio agio in ogni situazione.
Ma ritornare con lui che costo avrebbe avuto? Un’altra delusione? Altra sofferenza?
Sento il bisogno di parlarne con Becka, l’unica che riesce a contenere il mio lato più più debole, quello che lei stessa ha una volta definito “permetto a tutti di fare di me quello che vogliono”.
Intanto la coppia sul marciapiede si separa: la ragazza si volta per andarsene, provocando in me una sensazione di familiarità grazie ai suoi capelli corvini e alla pelle olivastra, ed il ragazzo rimane in piedi a sorriderle. Nonostante lo strato di sporcizia sul vetro, nonostante le goccioline di umidità, nonostante il buio, riconoscerei quel sorriso anche in situazioni peggiori: non è un semplice ragazzo, è Zayn.
Zayn, con i pantaloni della tuta blu ed il maglioncino bianco che gli sta un po’ largo.
Zayn, con i suoi capelli neri disordinati.
Zayn, con la lingua incastrata tra i denti.
Zayn, con la stessa ragazza della mensa.
Il pullman riparte ed io continuo ad osservare quella figura a me tanto familiare, mentre percorre il vialetto di casa passandosi una mano tra i capelli: la tenerezza provata fino a poco prima, il senso di serenità che avevo sperimentato nel vederli insieme, sono ormai rimpiazzati dallo stupore e da un certo fastidio. Perché improvvisamente mi riconosco dannatamente gelosa e mi accorgo che vorrei essere stata al posto di quella ragazza, che vorrei vivere quelle scene quotidiane con Zayn, non con Niall. Un'idea folle, è vero, ma è come se fossi curiosa di sapere cosa si provi a stare tra le sue braccia, nonostante sia qualcosa di apparentemente irraggiungibile per me.
Scuoto la testa e mi ricompongo sul sedile, imponendomi di scacciare quei pensieri: quel ragazzo sta occupando le mie giornate più di quanto debba.
 


«Ah, eccoti!» esclama Becka, aprendomi la porta ed abbracciandomi affettuosamente.
«Hey», la saluto, ricambiando l’abbraccio.
«Dio, sei congelata», commenta la mia amica, spingendomi dentro e chiudendo la porta alle nostre spalle.
«Non mi dire?» scherzo, togliendomi la giacca un po’ controvoglia.
«Piuttosto, signorina simpatia, sai che Aaron voleva rovinare la nostra serata?» mi chiede, mentre si lascia sprofondare sul divano. «Ah, la borsa lasciala pure lì da qualche parte», conclude gesticolando, dopo avermi vista un po’ indecisa. Faccio come mi ha detto e la raggiungo, raggomitolandomi al fondo del divano con le ginocchia al petto. «Cosa aveva in mente?» le chiedo sorridendo.
«Voleva unirsi al nostro pigiama party», spiega. La nostra è una specie di tradizione, quasi sacra: Melanie Clarke e Becka Robinson si ritrovano nelle sere più scure a discutere dei loro piccoli grandi segreti a casa di una o dell’altra, ed ogni intruso viene punito severamente.
«E…?»
«E ovviamente gli ho detto che doveva tenere il suo rispettabile nuovo taglio di capelli da gay fuori da casa mia», risponde, come se fosse la cosa più ovvia del mondo, facendomi ridere con una mano ancora fredda davanti alla bocca.
«Dovremmo coinvolgerlo qualche volta. Lo so che in fondo gli vuoi un bene dell’anima».
«Ok, va bene: prometto che ci inventeremo qualche tradizione che comprenderà anche lui», concede sbuffando e mettendosi seduta. «Ma ora vieni qui», dice poi, sorridendo ed allargando le braccia per stringermi di nuovo a sé. Alzo gli occhi al cielo e la accontento, facendomi stritolare in una morsa giocosa, mentre il profumo del suo adorato bagnoschiuma ai frutti di bosco mi circonda.
«Ah, Liam si è ripreso», esclama all’improvviso. «Direi che mi ha smontata».
Scoppia a ridere insieme a me, per quell’affermazione poco raffinata ed io mi allontano da lei per guardarla in faccia. «Non voglio sentire i particolari!» la ammonisco, sapendo che se fosse per lei non esiterebbe a mettermi al corrente di ogni dettaglio.
«Almeno-»
«No», la anticipo, tappandole la bocca con le mani. «No», ripeto sorridendole.
«Piuttosto, devo raccontarti una cosa», continuo, lasciandola andare: conoscendo la sua sconfinata curiosità, so per certe che la sua attenzione è già completamente su di me.
«Che è successo?» chiede infatti, facendosi più seria.
«Oggi Niall si è presentato a casa mia».
«Niall?»
«Sì».
«Niall Horan?»
“In persona».
«Lo stesso Niall Horan che mi sono ripromessa di prendere a calci?»
«Sì, e ora che te ne sei accertata puoi farmi continuare?» domando ridendo, incredula di fronte alla sua reazione. Becka nei miei confronti è peggio di una madre iperprotettiva: crede di dovermi proteggere da qualsiasi pericolo potenziale o in atto e niente può fermarla. Inutile dire che Niall non le stia molto simpatico: aveva ingannato anche lei con le attenzioni che mi riservava, come se fossi l’unica per lui.
«Cosa voleva?» chiede, ancora a bocca aperta.
Quella domanda mi spinge a raccontarle tutto ciò che è successo e tutto ciò che Niall mi ha detto: le mie sensazioni ed i miei dubbi, le mie insicurezze ed i miei desideri. Parlo come se stessi scrivendo i miei pensieri su un diario segreto che sono sicura nessuno leggerà mai, un diario segreto che però è in grado di rispondere alle mie parole e di arrabbiarsi mentre le ascolta.
Un diario che ha un effetto terapeutico su di me e che non cambierei con nulla al mondo.

 

 




Heeeeeeeeeeeeyla! Buongiorno a tutte!
Mh, stranamente oggi non ho nulla da dire hahha A parte che EFP stamattina mi ha fatto innervosire parecchio, dato che aveva deciso di non funzionare, ma per fortuna ora è tornato in sè e mi permette di aggiornare :)
In teoria avevo in programma di pubblicare questo capitolo solo mercoledì/giovedì, ma come sempre non ci sono riuscita. (Ricordate quando vi avevo presentato la mia scarsa e dispettosa forza di volontà? Be', ecco a cosa mi riferivo)
Cooomunque: si è scoperto chi è Niall e direi che bene o male tutte avevate capito che era un ex o comunque una persona con qualche inciuccio con Melanie. Si è comportato un po' male, secondo voi cosa deciderà lei? 
Ah, poi si capisce un po' di più sulla sua famiglia: mi sono rotta delle famiglie che lasciano fare quello che vogliono ai propri figli etc etc. La sua è una classica
famiglia in cui certi comportamenti non sono ammessi e in cui esistono ancora le punizioni. Ma scoprirete altre cose più avanti :)
Zaaaayn: l'ha visto con la ragazza della mensa. Quante di voi si aspettavano che fosse lui? hahahah Non è finita qui tra di loro ehehhehe
Poi c'è un piccolo pezzo tra Becka e Mel che spero vi abbia fatto capire quanto siano legate in realtà :)
(Ah, Liam ce l'ha fatta hahahah Sara, se stai leggendo queste mie parole deliranti, hai visto che non è servita la foto di Zayn?! AHHAHAHAAHAHAHAH)
E niente, come sempre ho parlato fin troppo ._. Spero che questo capitolo vi sia piaciuto e che vi abbia invogliato a continuare a leggere la storia :)
Mi farebbe piacere sapere cosa vi aspettate che accada tra i vari personaggi e mi raccomando, ditemi se c'è qualcosa che non va :)

Vi ringrazio infinitamente come sempre per la vostra gentilezza e per tutto quello che fate!
Un grazie particolare anche ad arialynn (su EFP http://www.efpfanfic.net/viewuser.php?uid=98159 e
su twitter https://twitter.com/arialynns) che ha realizzato il banner per questa storia! Bello, vero? :)
Passate a leggere le sue storie, perchè ha davvero talento :)


Ciao a tutte! Vi lascio con la solita gif :3

  

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Capitolo 4
*** I won't tell you ***




I won't tell you
 

Sospiro e varco la soglia dell’aula improvvisando un sorriso, sorriso che diventa sincero quando mi rendo conto della confusione che ho davanti.
Jamie e Roxy, le gemelle dai capelli color pece, stanno riscaldando la loro voce per essere pronte per le prove: Roxy ha un timbro un po’ meno melodioso della sorella, mai i suoi lineamenti compensano il tutto conferendole un aspetto per niente paragonabile a quello di Jamie, nonostante gli occhi di un verde acceso di quest’ultima. Freddie le sta rimproverando perché non riesce a concentrarsi con i loro “lamenti”, come li chiama lui, nelle orecchie: è sempre stato il più ansioso ed il più pignolo tra di noi, infatti anche adesso sta ripassando per l’ennesima volta le battute del copione.
Valerie e John stanno ballando in modo scatenato sulle note di Greased Lightnin' senza badare alle persone che stanno loro intorno: saranno i protagonisti del musical, ma solo perché essendo già una coppia non si imbarazzano nel girare le scene più sentimentali. Carla, la costumista improvvisata, un anno più grande, cerca di evitarli mentre trasporta con sé i vari abiti ancora da finire: blatera qualcosa a proposito del poco tempo che le rimane, ma sta parlando da sola, dato che la sua aiutante, una ragazza del primo anno più timida di me, è quasi invisibile ed inutile per lei, nonostante la segua ovunque e cerchi di aiutarla in tutti i modi.
Max, con il suo solito ciuffo troppo lungo che gli copre completamente l’occhio destro, è seduto su un banco e sta parlando con Jeffrey e Celine, gli altri due tecnici delle luci e della musica: quei tre prendono il loro ruolo davvero sul serio e sono quasi più meticolosi di Freddie.
Prima che io possa fare un altro passo qualcuno si precipita nell’aula ridendo e scherzando. «Oh, ciao Mel!» mi saluta Sandy, arricciando il naso cosparso di lentiggini, seguita da Vin, che mi rivolge un sorriso divertito. Ricambio i saluti e li guardo raggiungere altri ragazzi al fondo dell’aula, ancora stupita dal loro improvviso arrivo.
«Ciao a tutti», esclamo, attirando l’attenzione di qualcuno su di me. Ovviamente tra le prove vocali delle gemelle e la musica proveniente dal piccolo stereo, la mia voce rischia di passare quasi inosservata. Dopo aver salutato alcuni dei miei amici sistemo le mie cose su una sedia libera e mi aggrego a Melissa, Jack ed Andy, gli unici che non stano discutendo del musical.
Ho sempre pensato che “Grease” fosse un po’ banale da mettere in scena, più che altro perché viene scelto più o meno ogni due anni da ogni scuola nei paraggi: ci sarebbero molti altri musical altrettanto interessanti, ma la maggioranza vince sempre. D’altronde io non dovrò recitare, quindi mi interessa relativamente: arrossisco nel parlare anche con persone che conosco, figuriamoci se dovessi recitare di fronte ad un pubblico. No, il mio ruolo è semplicemente quello di aiutare: aiutare in tutto, nell’allestimento del palco, nella creazione della scenografia, nel trovare le stoffe adatte per Carla e nel fornire supporto nei momenti di sconforto.
«Gente, un po’ di silenzio!» esordisce una voce familiare. Mi volto verso la porta e la mia ipotesi è confermata: Daphne si sta massaggiando le tempie in attesa che tutti si zittiscano. I capelli bruni sono raccolti in una treccia disordinata che le ricade sulla spalla destra, mentre il viso solitamente pallido è ravvivato da un lieve rossore sulle guance. Frequenta l’ultimo anno ed è la responsabile dell’attività di teatro, dato che la professoressa Darline è quasi sempre assente: cerca di avere tutto sotto controllo e per farlo ha chiesto il mio aiuto, coinvolgendomi con lei in quest’attività extrascolastica.
È una mia amica e non mi sognerei mai di lasciarla a gestire tutto da sola, nonostante ci siano anche altre persone a svolgere vari ruoli, quindi due volte a settimana, e a volte tre, partecipo alle prove e do una mano dove ce n'è bisogno: lo spettacolo sarà tra meno di due settimane e ci stiamo impegnando tutti al massimo.
Daphne riapre gli occhi, portandosi le mani sui fianchi, e si guarda intorno, sorridendo quando incontra il mio sguardo. «Allora», esordisce, tornando a guardare anche gli altri, «oggi deve andare tutto per il verso giusto. Quella stronza della Jones mi ha rifilato una D, quindi potete capire la mia incazzatura: alzate i culi e spostiamoci in auditorium. Prima cominciamo e prima finiamo», conclude, battendo le mani per incitare tutti a muoversi. Daphne non è l’esempio perfetto della finezza.
«Non sai quanto sia felice che tu sia qui», sospira, mentre mi avvicino a lei.
Le sorrido e lascio che mi stringa un braccio intorno alle spalle. «Lo dici ogni volta», scherzo.
«Una D. Ti rendi conto?» dice subito dopo, scuotendo la testa. «Solo perché la scorsa settimana le ho detto che l’astinenza le stava facendo un brutto effetto. Che stronza».
«Le hai detto davvero una cosa del genere?» rido, portandomi una mano alla bocca.
»Certo!» conferma, come se fosse la cosa più ovvia del mondo. «Bisogna sempre dire la verità, anche alla Jones».
«Anche se poi ti dà una D?» le chiedo divertita.
«Soprattutto se poi ti dà una D!» esclama, mettendosi a ridere.
 
Canticchio un motivetto che da questa mattina mi ronza in testa, mentre con un pennello dipingo il mare di cartone che fa parte della scenografia: sono quasi fiera della mia opera, nonostante mi manchi ancora molto per finire.
«Mel», mi richiama Daphne, a poca distanza da me. Mi volto e me la ritrovo di fronte, affiancata dallo stesso ragazzo che non mi sarei mai aspettata di trovare alle prove del nostro musical: Zayn. Si sta guardando intorno con un’espressione divertita ed io ringrazio il cielo per questo, perché vuol dire che non può vedere le mie guance di sicuro arrossate. Indossa dei pantaloni scuri che lo fanno sembrare ancora più magro ed una t-shirt bianca che gli sfiora la pelle, in contrasto con la sua carnagione.
«Mel, Zayn… Ti chiami Zayn, giusto?» chiede lei, attirando la sua attenzione. Zayn annuisce ed incontra il mio sguardo, per poi sorridermi apertamente. Dura un attimo però, perché subito dopo sposta la sua attenzione su Valerie e John, impegnati nel provare una delle coreografie insieme agli altri.
«Zayn ti aiuterà a finire questa dannata scenografia: è in punizione, quindi tienilo qui e fallo sgobbare», ordina. «Mel?» mi richiama dopo qualche istante, ed io mi riscuoto spostando la mia attenzione dalle labbra di Zayn alla sua figura. «Eh?» chiedo, mentre il pennello mi scivola dalle mani a causa della sorpresa.
«Tutto bene?» mi chiede divertita, mentre mi piego a raccoglierlo.
«Sì, tutto bene», rispondo imbarazzata. «Dannazione», impreco poi tra me e me, pensando alla grandiosa figura che ho appena fatto. Mi rialzo e trovo Zayn a guardarmi con un’espressione per me indecifrabile.
«Allora lo metto nelle tue mani», si liquida la mia amica, lasciandomi sola con lui.
Sono passati due giorni dall’ultima volta che abbiamo parlato, senza contare i suoi saluti nei corridoi, saluti che facevano arrossire me ed innervosire Becka ed Aaron: dopo averlo visto con quella ragazza mentre ero sul pullman, non riesco a non osservarli in mensa o ovunque li incontri. È come se fossi curiosa di carpire i suoi comportamenti, i suoi modi di fare.
I suoi lineamenti sono l’unica cosa che mi impedisce di pensare a Niall e al fatto che dopo essere venuto a casa mia non si sia fatto vivo: credo che voglia lasciarmi del tempo per pensare, e se da una parte apprezzo questa sua decisione, dall’altra sono molto preoccupata dal fatto che potrebbe essere l’ennesima presa in giro.
Un colpo di tosse mi riscuote da quei pensieri ed io torno alla realtà, maledicendomi di nuovo per la mia goffaggine: Zayn sta evidentemente aspettando che io gli dica qualcosa, mentre la mia mente è più occupata ad interrogarsi sui dilemmi esistenziali che mi affliggono.
«Oh, ehm…» borbotto, guardandomi intorno. «Tieni», dico semplicemente, porgendogli il mio pennello.
Lui alza un sopracciglio e lo afferra un po’ titubante. «Devo farlo davvero?» mi chiede.
Annuisco e mi volto per cercare un altro pennello, o forse per evitare di guardare i suoi occhi: sono sicura che se mi fermassi a scrutare quel colore tanto intenso mi incanterei di nuovo. Ne trovo uno un po’ più piccolo e mi rimetto all’opera, intingendolo nel secchiello di vernice acrilica azzurra alla mia sinistra.
Lo stesso fa Zayn, inginocchiatosi al mio fianco dopo aver sospirato sonoramente.
Dire che sono imbarazzata è un eufemismo: se penso che è a mezzo metro da me e che lo sarà per la prossima mezz’ora, non riesco a non agitarmi. Il problema è che vorrei chiedergli tantissime cose, ma la mia timidezza me lo impedisce. Mi ispira una strana curiosità: senza un apparente motivo, ogni parte di me freme per sapere come ha vissuto finora, quali cose lo divertono e quali lo fanno arrabbiare, quale sia il suo carattere e perché oggi sia in punizione; chi è quella ragazza e se la ama, se è vero che ha picchiato quel povero signore per pochi soldi, persino a cosa sta pensando in questo esatto momento.
Eppure, per una decina di minuti nessuno parla: ci limitiamo a dipingere in silenzio, anche se quel silenzio non regna di certo nella mia testa.
Poi, all’improvviso, lo sento canticchiare Summer nights, suonata in quel momento per le prove: forse per lo stupore o per il sollievo che mi dà sentire la sua voce, mi volto a guardarlo. Fino ad ora ho evitato di farlo per paura che se ne accorgesse, ma è più forte di me: lui fa lo stesso e smette di canticchiare, per poi accennare una risata. Indica il mio viso con l’indice e mi guarda divertito.
Non capisco perché si stia comportando così, quindi «Che c’è?» chiedo in un sussurro.
«Devi dipingere la scenografia, non la tua faccia», mi prende in giro, ridendo di nuovo.
Spalanco gli occhi per quell’affermazione e subito mi passo la mano sulla guancia sinistra, dove approssimativamente lui ha indicato: quanti momenti imbarazzanti riuscirò ancora a collezionare in sua compagnia?
«Hey, ferma, così peggiori solo le cose», sorride poi, bloccando la mano con la quale mi stavo strofinando freneticamente la pelle. La mia schiena viene subito percorsa da un brivido, che sembra dirigersi direttamente al mio volto: infatti, mentre Zayn intinge un fazzoletto nel secchiello d’acqua che abbiamo di fianco per poi cominciare a rimuovere la macchia, il sangue segue quello stesso brivido per concentrarsi sulle mie guance.
Con lui così vicino non ho intenzione di guardarlo negli occhi: l’ho fatto per i primi secondi ma mi sono accorta di non riuscire a reggere oltre, quindi i miei amici sul palco sembrano molto più interessanti.
«Ecco fatto», esclama, allontanandosi e riponendo il fazzoletto nella tasca da cui l’aveva tirato fuori.
«Grazie», mormoro, quando lui torna a occuparsi del mare di fronte a noi. Lo vedo sorridere e stringere gli occhi a due fessure, mentre si concentra sulla rifinitura di un onda. «Prego», risponde, senza guardarmi. Quasi mi dispiace che la macchia se ne sia andata così velocemente dalla mia guancia.
«Avanti, chiedimelo», dice qualche secondo dopo, voltandosi verso di me ed appoggiando il pennello su uno straccio a terra.
«Cosa?» chiedo stupita, ancora nella stessa posizione.
«Non so, dimmelo tu. Mi guardi come se volessi sapere qualcosa», spiega, alzando le spalle e sorridendo ancora. Vorrei proibirgli di sorridere quando ci sono io nei paraggi e dirgli che così facendo non fa altro che mandarmi in pappa il cervello, soprattutto se mi guarda con quelle iridi.
«No, io-»
«Vuoi sapere perché mi hanno spedito qui in punizione?» mi interrompe, inclinando leggermente il capo da un lato.
Apro la bocca come se volessi discolparmi e dire che no, io non sono assolutamente così curiosa e che di certo non sono io a voler sapere ogni piccolo particolare su di lui, ma Zayn non mi lascia parlare.
«O vuoi sapere perché ti ho baciata?» chiede ancora, infierendo un po' di più, con la sua voce lenta e bassa.
Certo che voglio saperlo: voglio sapere cosa gli è passato per la testa mentre si avvicinava in quel modo ad una sconosciuta e perché si è sempre comportato come se non fosse mai successo. Eppure l’imbarazzo si impossessa nuovamente di me, paralizzandomi e facendomi chiedere se prima o poi riuscirò a trovarmi a mio agio con lui: di solito quando conosco qualcuno riesco a sciogliermi entro poco tempo, appena presa un po’ di confidenza, ma con Zayn mi sembra quasi impossibile riuscirci.
«Sono in punizione perché mi hanno beccato a fumare nei bagni, dato che qualcuno mi ha proibito di fumare in biblioteca», spiega, abbozzando un sorriso. Ed io mi lascio andare ad una risata, per la prima volta in sua presenza, una risata che rilassa me e che stupisce lui.
«Melanie!» urla qualcuno che non riesco a riconoscere; mi volto e Carla si sta sbracciando dal fondo dell’auditorium per attirare la mia attenzione, sommersa da una decina di costumi: mi fa cenno di avvicinarmi a lei e, nonostante non vorrei muovermi nemmeno di un centimetro, mi sento in dovere di alzarmi.
Guardo per un attimo Zayn, che mi sorride e torna a dipingere come per lasciarmi andare: sospiro e mi allontano, maledicendo quella inaspettata interruzione.
 
Sono a pochi passi da lui, finalmente libera dalle richieste di aiuto di Carla, che mi pregato di darle una mano nel controllare che i vestiti ci fossero tutti, e Zayn si è appena voltato: incrocio per un attimo i suoi occhi e quasi mi innervosisco, quando Max mi ferma per chiedermi il numero del negozio in cui abbiamo ordinato le luci, dato che lui l’ha perso. Scorro la rubrica del mio telefono sperando di non averlo già cancellato e appena lo trovo glielo ripeto, ottenendo in cambio un abbraccio di gratitudine.
Finalmente posso tornare alla mia amata postazione, pensando che dipingere non mi è mai piaciuto così tanto.
Mi siedo con le gambe incrociate, cercando di non dare al mio ritorno l’importanza che invece ha ai miei occhi: sento le iridi di Zayn scrutarmi per qualche secondo e quella sensazione vorrei poterla provare ogni momento della giornata. Nonostante sia sbagliato, nonostante lui abbia una ragazza o qualcosa che le si avvicina, nonostante i miei amici mi abbiano avvertita su di lui, nonostante Niall abbia ancora il potere di confondermi, vorrei avere i suoi occhi su di me in ogni istante.
«Cosa ci fai esattamente qui?» mi chiede all’improvviso, stupendomi.
«In che senso?» gli chiedo subito, meravigliandomi del fatto che non abbia balbettato o esitato.
«Non provi il copione come gli altri, quindi non reciti; stai dipingendo la scenografia, ma ti occupi anche dei costumi e degli aspetti tecnici. Sei una tuttofare?» domanda incuriosito, dimostrandomi di aver prestato attenzione alle mie occupazioni.
«No», rispondo, lasciando che le mie labbra si curvino in un accenno di sorriso. «Daphne mi ha solo chiesto di darle una mano». Non capisco perché non riesca ad articolare più di una frase consecutivamente, non dovrebbe essere così difficile.
Zayn inclina leggermente la testa da un lato, alzando un sopracciglio in un segno di apprezzamento, ma veniamo interrotti da Roxy: «Mel, puoi venire un attimo? Ho bisogno di te», mi supplica, mordendosi il labbro inferiore.
«Non c’è qualcun altro che può aiutarti?» le chiede Zayn, senza darmi l’opportunità di risponderle. Lei spalanca gli occhi, sorpresa dalla sua intromissione. «Ehm.. Sì…», risponde insicura.
«Perfetto», esclama lui, sorridendole in modo falso. Io continuo a guardare prima uno e poi l’altra per capire cosa realmente sia successo, ma presto la gemella se ne va senza nemmeno ribattere ed io rimango di nuovo sola con Zayn.
«Perché?» gli chiedo semplicemente, ancora stupita.
«Non sei mica una serva», spiega alzando le spalle, senza guardarmi. Per qualche istante rimango a fissare i suoi lineamenti con l’accenno di un sorriso sul volto. Torno a fare il mio lavoro con ancora le sue parole nella testa e per alcuni minuti l’unico rumore è provocato dalle prove dei miei amici.
Rimuginando come al mio solito, mi accorgo che Zayn ha sorvolato sulla spiegazione di quel bacio: vorrei chiederglielo con tutta me stessa, quindi cerco di appellarmi a quel briciolo di coraggio che mi rimane per riuscire a farlo. Ci impiego un po’ per decidermi e dopo svariati tentativi risolti nell’aprire la bocca e nel richiuderla subito dopo, raggiungo il mio obiettivo. «Perché mi hai baciata?»
Subito vedo un sorriso farsi largo sul suo viso e Zayn si volta verso di me per trafiggermi con quegli occhi troppo intensi per esser veri. «Allora volevi davvero chiedermelo», scherza, assumendo l’espressione di chi la sa lunga.
Sentendomi scoperta, arrossisco e abbasso lo sguardo: «No, be’-»
«Non te lo dirò», dice semplicemente, interrompendomi.
Torno a fissarlo, sorpresa da quella risposta: che significa? Per un bacio non possono esserci tante motivazioni e se mi ha baciata cosa gli costa dirmi il perché?
«Non me lo dirai?» ripeto, alzando un sopracciglio.
«Esatto», risponde, posando il pennello a terra. «Ed ora scusami, ma ho già passato troppo tempo a dipingere. Mi copri tu se qualcuno chiede di me?»
«Certo…» borbotto, delusa dal fatto che se ne stia per andare.
«Ciao Melanie», sussurra sorridendomi.
Se ne va senza ulteriori indugi, lasciandomi a cercare di capire come faccia con un semplice contatto a farmi rischiare di andare in iperventilazione.

 


 





Heeeeere I am ladies!
Puntuale come un orologio svizzero, anzi forse anche in anticipo. In ogni caso, finalmente un capitolo in cui posso sbizzarrirmi tra Mel e Zayn :) È incentrato su di loro e spero che si sia capito un po' di più sul loro rapporto: Su Zayn credo invece che non si capisca molto hahah Nelle recensioni dite sempre che non riuscite a inquadrarlo bene o che comunque rimane avvolto da un alone di mistero, be'... Non so quando questo alone se ne andrà, ma intanto sono curiosa di sapere le vostre ipotesi :) Eeeeee sono davvero felice che Mel vi piaccia così tanto, davvero :) 
Ah, hanno parlato del bacio, finally! Oddio, hanno parlato... Diciamo che hanno accennato all'argomento! Secondo voi perché lui non vuole dirle il motivo? :) Vi do un indizio:  non è perché l'ha vista tra gli scaffali e si è innamorato di lei hahah
Per il resto non ho molto da dire.. .Niall è scomparso, ma non vi anticipo nulla, e si capisce un altro lato del carattere di Mel, ovvero la sua completa disponibilità nell'aiutare chiunque respiri.
Be', spero che questo capitolo non vi abbia deluse e che vi piaccia il rapporto che si sta creando tra di loro, che ovviamente è solo all'inizio.
Non mi resta che ringraziarvi: grazie a chi legge, a chi recensisce, a chi preferisce non commentare e a chi  è troppo gentile con me! Siete magnifiche :)

Mmmmmmmmh soliti saluti, a presto!

Ah, per chi volesse seguirimi su twitter sono @itstarwen_ :)


  

 

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Capitolo 5
*** Nice to meet you ***




Nice to meet you

 


Il professor Davies sta riordinando dei fogli sulla cattedra mentre gli ultimi ritardatari entrano in aula: io sono seduta al mio solito posto, un banco accanto alla finestra che di solito non condivido con nessuno. Aaron non frequenta con me questo corso, quindi la lezione è sempre più noiosa di quanto dovrebbe essere.
«Allora ragazzi», esordisce il professore, alzandosi in piedi, «oggi parleremo della divisione cellulare».
Subito un chiacchiericcio di disapprovazione conquista la classe: nemmeno io ho particolarmente voglia di seguire la lezione oggi, tanto meno se dovremo parlare di divisione cellulare. Sbuffo e continuo a giocherellare con la penna tra le mie dita, impaziente di poter finalmente tornare a casa, essendo questa l’ultima lezione del pomeriggio: intanto il professore è evidentemente imbarazzato dalla deludente reazione appena ottenuta e si sistema con l’indice l’orrendo papillon fuori moda, che non si addice assolutamente ai suoi trent’anni.
Sposto lo sguardo annoiato sulla porta quando intravedo qualcuno entrare e mi stupisco nel riconoscere la ragazza della mensa, la ragazza di Zayn: i capelli neri sono sciolti sulle spalle, dove si arricciano leggermente, mentre i suoi occhi di un colore simile alla giada guardano con indifferenza il professore. È davvero bella, in modo genuino ed indiscutibile, ed ogni volta che la vedo me ne convinco sempre di più: sono gelosa di lei, sono ormai arrivata ad ammetterlo.
«Lei sarebbe?» le chiede il professore, avvicinandosi con incertezza.
«Andrea Mills», risponde lei, annoiata.
Ha anche un bel nome. Non ho speranze.
E poi perché mi sto paragonando a lei? Tra me e Zayn non c’è assolutamente niente, quindi non vedo perché io stia intrattenendo questa rivalità nei suoi confronti.
«Non mi pare sia della mia classe», continua il docente, controllando l’elenco degli studenti per accertarsene.
«Ho cambiato corso pochi giorni fa», spiega Andrea, sistemando meglio i libri tra le sue mani. Non ha il sorriso che le illumina il volto mentre è con Zayn, anzi, è quasi inespressiva: di solito, quando la vedo con lui, è sempre raggiante e si comporta come se fosse la persona più spensierata e soddisfatta del mondo. Invece in questo momento sembra che non trovi nemmeno un motivo valido per stare a parlare con l’insegnante, tanto la sua espressione è dura.
«Be’, allora benvenuta: stavamo giusto iniziando la lezione», la accoglie lui, mentre Andrea gli porge un foglio dove probabilmente è scritto del suo cambio di corso. «Si sieda pure di fianco alla signorina Clarke, saprà accoglierla come si deve».
Istintivamente mi raddrizzo sulla sedia, nell'udire quelle parole, e arrossisco quando gli occhi della ragazza si fissano nei miei: certo, perché no? Facciamo sedere la nuova arrivata, se non fidanzata di Zayn, vicino a Melanie: tanto lei non è terribilmente gelosa e terribilmente timida. Ovvio.
Deglutisco e distolgo lo sguardo, aspettando che arrivi a sedersi al mio fianco: appoggia i libri sul banco mentre il professore inizia la lezione e, quando si siede, un dolce profumo arriva alle mie narici. Non saprei nemmeno riconoscerlo, ma è di sicuro inebriante.
Forse dovrei presentarmi, anzi, senza il forse: in fondo sarebbe scortese ignorarla completamente e, ancora più in fondo, so di essere curiosa di conoscerla. Mi sono spesso chiesta che tipo di persona sia e cos’abbia di tanto speciale da attirare Zayn.
«Ehm… piacere: Melanie», mi sforzo di dire, vincendo il mio imbarazzo. So già che le mie guance sono sul rossastro in questo momento, ma allungo lo stesso la mano verso di lei per cercare di presentarmi al meglio: Andrea si volta un po’ stupita, inchiodandomi con quegli occhi quasi assurdi, e osserva prima il mio viso e poi la mia mano.
«Andrea», dice semplicemente, stringendomi la mano debolmente. Ritrae subito la sua e torna a scarabocchiare sul libro di biologia senza dire altro: avrebbe potuto almeno sorridermi o dimostrarsi un po’ più gentile, in modo da compensare il mio stentato tentativo di essere socievole. La sua espressione mi è persino sembrata vagamente scocciata dalla mia vicinanza o dalle mie parole, quindi mi sento costretta a rinunciare a qualsiasi altra forma di contatto.
Per quanto in un certo senso mi dispiaccia, ho l’impressione di non poter arrivare a conoscerla sul serio, quindi mi concentro sulle parole del professor Davies, cercando di mettere da parte il mio sottile risentimento e la mia non altrettanto sottile curiosità nei confronti di Andrea.
 
Sono passati circa quaranta minuti dall’inizio della lezione, il mio già flebile entusiasmo si è spento dopo circa dieci minuti di spiegazione e Andrea è come se non esistesse: non mi ha parlato né guardato nemmeno una volta, ma stranamente non mi ispira antipatia. Potrebbe essere altrettanto timida a modo suo, oppure aver avuto una giornata davvero pessima e per questo non aver voglia di parlare.
Lasciando che le parole del professore arrivino in secondo piano alle mie orecchie, osservo la mia compagna di banco prendere in mano il cellulare che ha appena vibrato sommessamente sulle sue gambe: intravedo solo un “Vieni subito a casa” sullo schermo illuminato, al quale lei reagisce stringendo un po’ di più la penna nella sua mano destra. Non bisognerebbe impicciarsi degli affari degli altri ed io non l’ho fatto di proposito, ma la sua reazione stuzzica la mia curiosità: chiude gli occhi inspirando profondamente e la penna sembra sul punto di spezzarsi, per quanto la sta stritolando.
Mi impongo di smettere di guardarla e mi ricompongo sulla sedia, ma con la mia solita goffaggine colpisco il bianchetto con il gomito, spingendolo oltre il banco: sporgo una mano per prenderlo, cercando di sfruttare i pochi riflessi che madre natura mi ha donato, ma mi blocco quando Andrea sobbalza al mio fianco.
Leggermente piegata verso il basso, con il bianchetto ormai a terra, alzo lo sguardo su di lei e mi stupisco nel vedere i suoi occhi verdi spalancati per lo spavento: sembra… terrorizzata, da quel mio movimento improvviso, e il suo respiro ha accelerato leggermente.
«Sc-scusa», mormoro, mantenendo il contatto visivo, ma lei raccoglie in fretta le poche cose sul suo banco e si alza, facendo strisciare rumorosamente la sedia sul pavimento. Corre fuori dalla classe senza badare ai richiami del professore e lasciandomi completamente senza parole: non capisco perché si sia spaventata così tanto e perché sia scappata in quel modo. Magari tutto dipende da quel messaggio che ha ricevuto, magari quando mi sono mossa così velocemente si è spaventata perché era immersa nei suoi pensieri.
Raccolgo il bianchetto da terra e fisso la porta dalla quale Andrea è appena uscita: potrei dire che è quasi più misteriosa ed indecifrabile di Zayn, anzi, lo è di sicuro.
 
«Stronzetti!» urla Becka, avvicinandosi a me ed Aaron, accanto al mio armadietto.
«Quando smetterai di chiamarci così?» le chiede il nostro amico, scuotendo la testa arreso.
«Esattamente quando tu smetterai di essere gay», risponde lei, lasciandomi un bacio sulla guancia.
«Mel, allora siamo fottuti», mi informa Aaron con aria preoccupata, facendomi scoppiare a ridere.
«A me non dispiace come soprannome», ammetto, incamminandomi con loro verso l’uscita. «E poi abbiamo appena capito che non ce ne libereremo mai, tanto vale accettarlo».
«Staremo a vedere», mi sfida lui, sfiorandomi con l’indice la punta del naso.
«Piuttosto, vi va di venire con me al centro commerciale oggi? Devo assolutamente comprare quegli stivali che ho visto l’altro giorno», propone Becka, ravvivandosi i voluminosi capelli rossastri.
«Ci sto!» accetta Aaron. «Anche se… Mel? Credo che tu non possa venire», aggiunge subito dopo, facendomi corrugare la fronte per le sue parole.
«Perché no?» gli chiedo, confusa.
Lui indica con il capo un punto di fronte a noi: cerco di capire cosa stia indicando e poi lo vedo. Al fondo delle scalinate della scuola, Niall è appoggiato alla sua macchina accostata lungo il marciapiede, con le braccia incrociate al petto. Indossa un cappotto verde militare che gli arriva a metà coscia e i capelli sembrano un po’ più scuri a causa dell cielo nuvoloso di oggi. Rimango qualche istante a fissarlo, stupita dalla sua presenza lì davanti ed indecisa su come comportarmi: non lo rimango per molto, però, perché la curiosità di sapere dove diavolo sia finito in questi tre giorni è più forte di tutto.
«Che faccia tosta», borbotta Becka al mio fianco, evidentemente infastidita dalla visita inaspettata di Niall.
Sospiro e mi volto verso di lei. «Ti offendi se non vengo?» le chiedo, sicura della sua risposta.
«Solo se dici a quel… Deficiente, che la prossima volta deve saltare fuori dal nulla in un giorno in cui non abbiamo niente da fare», esclama, alzando un sopracciglio fine. Io la abbraccio e le sorrido, divertita da quella risposta.
«Chiamaci quando torni a casa», dice Aaron, stritolandomi una guancia tra il pollice e l’indice, nemmeno fossi una bambina.
«E avvertimi se devo ucciderlo», ribadisce la rossa.
«Ragazzi, non credo che faremo altro se non parlare», li tranquillizzo, esasperata dalla loro iperprotettività.
«Certo, certo…» mormora Becka, guardandomi per niente convinta, mentre li saluto con un sorriso e scendo le scale.
Gli occhi azzurri di Niall sono fissi su di me e lo rimangono anche quando arrivo a circa mezzo metro da lui. «Ciao», mi saluta semplicemente, avvicinandosi con un passo e sorridendomi dolcemente. Io non posso fare altro che ricambiare il gesto, imbarazzata ed anche un po’ nervosa, mentre con una mano mi sposta una ciocca di capelli dietro l’orecchio.
«Perché sei qui?» gli chiedo, per evitare che il contatto con le sue dita mi agiti ancora di più.
«Avevo detto che avrei cercato di riconquistarti, no?» ribatte, con le labbra ancora inclinate, come se fosse la cosa più ovvia del mondo.
«Sì, ricordo», rispondo. «Intendevo dire perché sei qui dopo tre giorni».
«Be’, all’inizio ho pensato di lasciarti un po’ di tempo per pensare. Conoscendoti avrai passato ore e ore a rimuginare sulla mia visita a casa tua”.
Vero.
«Poi però mi sono ammalato», continua, stringendosi nelle spalle. «Ma ieri sono guarito, quindi eccomi qui».
«Avresti potuto avvertirmi. Pensavo che… Che mi stessi prendendo di nuovo in giro», ammetto, abbassando il viso per nascondere il mio imbarazzo.
«Ma ti ho chiamata», mi corregge, costringendomi a riportare lo sguardo su di lui. «Ti ho chiamata un po’ di volte, a dir la verità, ma non hai mai risposto: ho pensato che non volessi più avere a che fare con me. Così oggi ho deciso di venire direttamente da te per parlarne a quattr’occhi».
A pensarci bene, effettivamente dovevano essere sue le chiamate che ho ricevuto da un numero sconosciuto: non ho mai risposto semplicemente perché ho perso l'abitudine di farlo, dato che durante l'anno trascorso nella vecchia scuola era frequente ricevere scherzi infantili da pesti immature.
«Sì, scusa, è che…» provo a scusarmi, sentendo le guance andare a fuoco. Come faccio a dirgli che ho cancellato il suo numero subito dopo aver scoperto di Kassandra?
«È che…?» ripete curioso.
«Non ho più il tuo numero da quando… Non sapevo fossi tu a chiamarmi», confesso infine, stringendomi nelle spalle. Improvvisamente sento le sue braccia circondarmi e stringermi a lui: sbatto le palpebre più volte per quel gesto inaspettato e lo sento sussurrare tra i miei capelli.
«Mi hai fatto prendere un colpo», mormora, mentre posso sentire un sorriso farsi largo sul suo volto. È da tanto tempo che non sto tra le sue braccia ed il ricordo non rende giustizia alla sensazione che quell’abbraccio ha ancora il potere di procurarmi: mi muovo lentamente e circondo la sua schiena, godendomi un po’ di più quel contatto. Nonostante la situazione in cui ci troviamo, è bello avere il suo respiro sul collo e sentire la sua presa intorno ai miei fianchi.
Dopo qualche istante scioglie la presa e mi guarda divertito. «Che ne dici di memorizzare di nuovo il mio numero?» mi chiede, facendomi sorridere.
«Ciao, Melanie», mi saluta qualcuno. Mi volto per vedere chi sia, anche se quella voce maschile mi è più che familiare: Zayn sta camminando dietro di me con la solita sigaretta tra le dita. Come se il mio inconscio avesse atteso per tutto il giorno di vederlo, di avere la sua dose giornaliera di lineamenti stranieri, non posso fare a meno di sentirmi sollevata, per qualche strano motivo. Tiene le sue iridi scure fisse nelle mie e per un attimo mi sorride, inclinando leggermente la testa di lato come per salutarmi. 
«C-ciao», ricambio, scombussolata da quel ritorno improvviso alla realtà.
Vedo il suo sguardo indurirsi quando si sposta su Niall, di fronte a me, e mi chiedo che cosa voglia dire, a cosa stia pensando dietro la sua figura eterea, ma cerco di non pensarci troppo e ricalibro la mia attenzione.
«Allora», esordisce Niall, quando cessa di osservare Zayn e ritorna a concentrarsi su di me, «posso rapirti per un pomeriggio?»
Annuisco e lo seguo in macchina, percependo una certa nostalgia infiltrarsi sotto la mia pelle. È questa la qualità migliore di Niall: con i suoi modi di fare riesce a farmi dimenticare tutto, persino quello che non dovrei.
 
«Grazie», sussurro alla cameriera che ci ha appena portato le due cioccolate calde. Niall non si è dimenticato la mia preferenza per quella bevanda ed è un particolare piacevole.
Il bar in cui mi ha portato, l’abbiamo visitato un paio di volte mentre stavamo insieme - se così si può dire: è quasi fuori Bradford ed è poco frequentato, ma accogliente. Poche persone sedute ai tavolini in ferro battuto ed il solito uomo sulla quarantina che non fa altro che tentare la fortuna alle slot machines nascoste in un angolo. La radio in sottofondo è sintonizzata su una stazione che trasmette musica poco conosciuta, ma in fondo il volume è così basso che basta parlare per sovrastarla.
«Mel?» mi richiama Niall, mentre con il cucchiaino mescolo la cioccolata calda: il vapore che esce dalla mia tazza mi riscalda il viso, allontanando il ricordo del freddo in cui sono stata immersa nel percorso dalla macchina al bar.
«Hm?»
«Io voglio davvero ricominciare con te», comincia, attirando su di sé il mio sguardo stupito. «Ma credo che prima dovrei raccontarti tutto quello è successo».
Per qualche istante rimango a fissarlo, per niente sicura di volere la stessa cosa. «Non-»
«Devi saperlo», mi interrompe. «Se vuoi tornare a fidarti di me, devi conoscere tutta storia».
Deglutisco a vuoto e sospiro, prima di annuire poco convinta. Non so se sono pronta ad ascoltare le sue parole, perché ho paura che possa farmi più male di quanto immagini: sono ancora confusa sui miei sentimenti nei confronti di Niall e di conseguenza mi spaventa l’idea di rivivere ancora una volta quegli avvenimenti, nonostante potrebbe davvero essermi utile.
Niall assaggia un po’ di cioccolata calda, leccandosi le labbra per assaporarla ancora, e poi torna su di me con l'attenzione delle sue iridi caute. «Quando ci siamo conosciuti, io stavo con Kassandra da quattro mesi, questo lo sai», esordisce, con il tono di voce basso e serio. «Non so cosa sia successo esattamente, ma da quel momento sei diventata una specie di richiamo per me, nonostante… Nonostante fossi fidanzato. Il fatto è che io tenevo a Kassandra, ma come sai abita lontano ed in quel periodo le cose non andavano molto bene, soprattutto perché ci vedevamo sempre meno. Invece tu eri qui e… Dio, non immagini nemmeno che effetto avessi su di me».
Arrossisco per quella confessione e mi precipito a spostare lo sguardo sulla tazza fumante tra le mie mani, incapace di sostenere ancora lo sguardo di Niall. Lui però non si ferma, probabilmente già abituato a queste mie reazioni.
«Ho sbagliato a mentirti in quel modo, lo so bene, e non voglio giustificarmi, perché avrei dovuto mettere fine alla mia storia con Kassandra prima di impegnarmi con te. Forse a quest’ora staremmo ancora insieme», ipotizza, abbozzando un sorriso amaro. Io torno a guardarlo, ma non rispondo: sì, forse staremmo ancora insieme. «In realtà ho pensato più volte di lasciarla, ma non ne ho mai avuto il coraggio, soprattutto perché le cose tra me e lei avevano iniziato a migliorare. Sapevo di dovermi muovere, di dover prendere una decisione, ma mentre ci pensavo non riuscivo a lasciar andare nessuna delle due: lei era la mia ragazza e-»
«Anche io lo ero» lo correggo, affrontando il suo sguardo più duramente.
Per un breve istante Niall mi guarda sconfitto e quasi senza parole, ma la sua loquacità riesce a salvarlo. «Sì, lo eri anche tu», conferma, sospirando. «Quello che vorrei farti capire è che non sono stato con te per divertirmi o perché non avevo niente di meglio da fare: semplicemente non ho avuto le palle di prendere una decisione. Mi piacevi davvero, Mel, e mi piaci ancora».
«Niall, io… Non dubito del tuo interesse nei miei confronti, almeno credo: le cose si fanno in due e quando stavamo insieme… Non penso di essermi immaginata tutto quello che abbiamo condiviso, però fa male sapere che per due mesi non sono stata l’unica, che ti sei comportato con me come se lo fossi: per quanto ne so avresti potuto continuare così per chissà quanto tempo ed io non l’avrei mai scoperto», rifletto, mantenendo un tono calmo. Entrambi stiamo cercando di evitare l'ennesima discussione.
«Quando hai scoperto tutto io l’ho lasciata», confessa subito, osservandomi così intensamente da mettermi a disagio.
Dopo quelle parole rimaniamo a fissarci in silenzio: lui aspettando la mia reazione, io cercando di capire quale sia la mia reazione.
«Sembra così ridicolo che probabilmente non mi crederai, ma quando mi hai lasciato ho finalmente capito che volevo te. Non ti avevo più e mi sentivo uno schifo: ho capito troppo tardi quello che avrei dovuto fare molto tempo prima. Quindi l’ho fatto, anche se tu non volevi più saperne di me».
Peso con cura questo suo discorso, mentre il suo sguardo insistente e pacato sembra volermi convincere della sua sincerità: non deve sforzarsi tanto con me, perché mi sta già convincendo. E devo ancora capire se sia un bene o un male.
«Se di te non mi fosse importato niente, avrei continuato a stare con lei. Non credi?»
Non ha tutti i torti: se davvero mi stava solo usando come un passatempo, non si sarebbe fatto problemi a continuare a stare con Kassandra anche dopo la nostra separazione. C’è una piccola parte di me, però, che non è ancora sicura di potersi fidare: ed è normale, anche se stancante, perché Niall mi ha tradita ed i dubbi su di lui sono qualcosa su cui dovrò lavorare molto.
«Non ti prometto niente» mormoro, portandomi alla bocca il cucchiaino ricolmo di cioccolata calda.
«Non ti chiedo niente», ribatte lui, inclinando le labbra in un largo sorriso. Mi conosce abbastanza da sapere che quella mia semplice affermazione è un via libera per lui: voglio buttarmi, per quanto il mio carattere me lo permetta, voglio dargli una seconda possibilità. Potrebbe prendermi in giro di nuovo, magari tutte queste parole sono false, ma potrebbe anche essere il contrario.
Accenno un sorriso e lo guardo negli occhi senza esitazione: è una cosa che riesco a fare con le persone con cui ho più confidenza.
Per esempio non riesco a guardare negli occhi Zayn.
Ma cosa c’entra Zayn, ora?
«Quindi accetti di ricominciare?» mi chiede Niall, distraendomi da quel pensiero fuori luogo.
«Accetto», rispondo annuendo, divertita dalla sua espressione speranzosa.
«Bene», mormora, evidentemente soddisfatto da quella risposta. «Piacere, io sono Niall Horan», dice poi, porgendomi una mano.
Mi lascio andare ad una fugace risata e lo osservo come per capire se voglia davvero coinvolgermi in quel teatrino: quando lui inclina il capo da un lato, dandomi un'implicita conferma, capisco che non è mai stato più serio. Alzo gli occhi al cielo ed allungo una mano verso il tavolo, per stringere la sua: non ricordavo che fosse così grande in confronto alla mia.
«Melanie. Melanie Clarke».
«Clarke? Come l’autore di 2001: odissea nello spazio?» mi chiede, certo di doversi aspettare una mia reazione. Io rido liberamente, senza deluderlo, perché quello è esattamente ciò che mi ha chiesto la prima volta che ci siamo visti.
Non sono sicura che questo nuovo inizio porterà effettivamente qualcosa di buono, di migliore: posso solo sperarlo, con il timore di soffrire di nuovo, e consolarmi all'idea di avere un'amica disposta ad uccidere Niall con atroci torture, nel caso ce ne fosse bisogno.


 



Gooooooooodmorning sunshines!
Ieri sera ho scritto il capitolo e sinceramente non mi andava di aspettare fino a domani per pubblicarlo (sai che novità :)). Cooooomunque, ci sono un po' di cosette da dire! Innanzitutto è finalmente entrata in scena Andrea, yeaaah! È un po'... enigmatica? Con Zayn è un'altra persona, da come dice Mel, mentre con lei si è comportata non male ma comunque con poco spirito di socializzazione. Melanie è curiosa di conoscerla e possiamo immaginare il perché,ma non ne ha l'opportunità perché Andrea 
praticamente scappa dalla classe dopo quel messaggio e dopo essersi spaventata. Secondo voi? Come spieghereste il suo comportamento? Il suo personaggio si capirà più avanti e lo stesso per quanto riguarda lei e Zayn :) Ah, volevo precisare una cosa: loro due stanno davvero insieme. Cioè, non è la puttanella che il figo della scuola ha scelto per divertirsi bla bla bla. In ogni caso, ogni cosa al suo tempo, perché succederanno un po' di cosette :)
Zayn compare davvero poco in questo capitolo, ma mi farò perdonare! E lancia un'occhiatina a Niall, che però sarete voi a decifrare :)
E Niaaaaaaall: è tornato, ha spiegato come mai era scomparso, Mel non ha risposto alle sue chiamate e sono usciti insieme! Lui le ha raccontato la vera storia e Mel ha deciso di dargli una seconda possibilità: ha sbagliato o ha fatto bene? Deve fidarsi? E come finirà con Zayn?
Insomma, rivelatemi le vostre ipotesi! Sono davvero curiosa di sapere come pensate che continuerà la storia :)

Ancora una volta, grazie per le meravigliose recensioni e per tutto il resto!
Mi rallegrate le giornate :3

Ah, ho appena pubblicato una OS su Harry :) L'avevo già pubblicata nella mia raccolta, ma ho deciso di postarla al di fuori per farla leggere a tutti :)
Mi fareste sapere cosa ne pensate? Ecco il link: See you soon

Ora mi dileguo!
 
Un bacione,
Vero.

 
  

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Capitolo 6
*** Close your eyes ***


 



Close your eyes
 

Allontano il cellulare dell’orecchio con una smorfia, quando Aaron urla dei saluti confusi impregnati della sua solita allegria.
«Aaron, credo di aver appena perso un timpano», lo informo, rotolandomi sul letto e alzando i piedi per appoggiarli al muro in una posizione alquanto strana, ma ugualmente confortevole.
«Ho urlato troppo?» chiede lui dall’altra parte del telefono, con un tono vagamente preoccupato.
«No, figurati, ti ha solo sentito tutto il vicinato», gli rispondo, sorridendo tra me e me mentre gioco distrattamente con una ciocca dei miei capelli.
«Chissà se ha sentito anche il ragazzo che abita in fondo alla tua strada».
«Possibile che tu pensi sempre e solo ad una cosa?» domando, incredula e divertita al tempo stesso.
«Non è colpa mia se Dio ha creato certe opere d’arte», si discolpa, facendomi alzare gli occhi al cielo. Aaron ha la capacità di invaghirsi di qualcuno più o meno venti volte al giorno: chiunque abbia un bel visivo cade nei suoi interessi, rimanendovi più o meno a lungo.
«Piuttosto, come stai?» mi chiede dopo qualche istante, senza aspettare una mia risposta.
«Bene, grazie. Tu?»
«Non mi lamento. Ah, con Niall? Ha portato a qualcosa il weekend?»
Sorrido spontaneamente quando sento quel nome: sabato sera siamo usciti di nuovo e lo stesso è successo ieri, domenica. Posso dire che Niall sa come ricominciare con qualcuno, perché con me non ha ancora fatto un passo falso: e sì, so che è ancora troppo presto per parlare, ma non riesco a pensare in altri termini.
«Siamo usciti due volte», gli rispondo semplicemente, arrossendo anche se c’è un telefono a dividerci. So già che farà di tutto per cavarmi le parole di bocca e farmi raccontare ogni minimo particolare.
«Melanie Clarke, sai cosa sto per chiederti», esclama infatti, dandomi l’impressione di essere impaziente.
«Andiamo, non posso raccontarti ogni dettaglio: ti basta sapere che siamo usciti e che lui sta… Recuperando punti, ecco».
«Che vuole dire che sta recuperando punti? Ti ha detto qualcosa di carino? E dove ti ha portata? Spero abbia pagato lui qualsiasi cosa abbiate fatto!»
«Aaron, rallenta» lo interrompo ridendo, quando la velocità delle sue parole inizia a sfidare i limiti umani.
«Ok, rallento. Ma voglio sapere tutto, tanto sono solo le quattro e mezza, abbiamo un'intera giornata davanti a noi».
Spalanco gli occhi nell'udire quella frase e cerco di tornare frettolosamente in una posizione normale che non comprenda i piedi sulla parete che mi sta di fronte: ovviamente il mio tentativo fallisce mentre inciampo nelle mie stesse gambe, rotolando giù dal letto. Mi massaggio il fianco nel punto in cui ho sbattuto a terra e sento la voce di Aaron chiamarmi dal telefono, che non so dove sia finito.
«Aspetta!» dico ad alta voce, alzandomi a stento per cercarlo. Lo trovo sul letto e me lo porto all’orecchio. «Le quattro e mezza?» ripeto, passandomi una mano tra i capelli disordinati.
«Che diavolo stai combinando?» mi chiede Aaron, un po’ confuso.
«Sono caduta dal letto. Sono davvero le quattro e mezza?»
«Sei caduta dal letto?» mi prende in giro, scoppiando in una fragorosa risata. «Tesoro, sei sempre la solita! Comunque sì, sono le quattro e mezza, perché?»
«Perché oggi è lunedì, sono le quattro e mezza, i miei non sono a casa, Fanny è a scuola ed io a quest'ora dovrei essere già andata a prenderla!» rispondo in tutta fretta, maledicendomi per la mia sbadataggine. Come ho fatto a dimenticarmene?
«Ma-»
«Aaron, scusa ma devo proprio andare! Ti chiamo stasera!» lo liquido velocemente, attaccando senza aspettare una sua risposta.
«Dannazione», borbotto subito dopo, correndo per la stanza alla ricerca delle scarpe e di una maglietta decente da indossare. In fretta e furia mi precipito al piano di sotto, infilandomi il cappotto, e trovo Emma sdraiata sul divano intenta a guardare distrattamente la televisione.
«Non potevi dirmi che è così tardi?» la rimprovero, mentre lei non mi degna nemmeno di uno sguardo.
«Sono affari tuoi», risponde in tono annoiato.
Sospiro infastidita. «Quando smetterai di odiarmi fammelo sapere», commento, uscendo in fretta di casa per evitare di iniziare l’ennesimo litigio.
 


Sono quasi le cinque ed i miei polmoni sono sul punto di collassare, facendomi stramazzare al suolo. Non credo di aver mai corso così velocemente in vita mia: non potevo aspettare il pullman, così ho percorso mezza Bradford a piedi in un tempo record. Mi dispiace essermi dimenticata di Fanny, mi sento terribilmente in colpa.
La scuola elementare ha ancora i cancelli aperti e l’entrata è deserta, come per ricordarmi con crudeltà della mia mancanza: percorro il vialetto circondato dal prato verde brillante ed entro nel corridoio cosparso di disegni infantili. Una bidella sta pulendo il pavimento, accennando dei passi di danza che probabilmente seguono il ritmo della musica che proviene dalle cuffie nelle sue orecchie. Mi guardo intorno alla ricerca di una maestra, ma sembra non esserci nessuno: arrivo al fondo del corridoio ed entro nella classe di Fanny, sperando di trovarla ancora lì.
I banchi minuscoli mi fanno sembrare più grande di quanto in realtà sia ed i colori vivavi dell’aula mi pervadono di una strana tranquillità, mentre i miei occhi si posano su una testa bruna. «Fanny», la chiamo, vedendola seduta a terra, intenta a giocare con il solito orsacchiotto che porta ovunque. Lei si volta e mi osserva con gli occhi nocciola arrossati, per poi alzarsi e correre verso le mie braccia già pronte ad accoglierla.
La sollevo ignorando il suo peso e la sento piangere sommessamente sulla mia spalla. «Hey, sono qui. Scusa per il ritardo», sussurro, accarezzandole dolcemente i capelli. Fanny è praticamente uguale a me quando si tratta di sensibilità: basta un niente per farla piangere e mi dispiace esserne la causa in questo momento.
«Se ne sono andati tutti e io… Pensavo che non sarebbe venuto nessuno…» singhiozza, aumentando il mio senso di colpa.
«Non ti avremmo mai lasciata qui»,ri le spiego, mettendola a terra. Lei si asciuga gli occhi e raccoglie l’orsacchiotto dal pavimento, mentre dalla porta fa capolino quella che sembra una maestra. Deve essere sicuramente prossima alla pensione con i suoi capelli quasi completamente grigi e gli occhietti troppo piccoli rispetto al suo viso tondo.
«Signorina, buongiorno», mi saluta, con aria sospettosa.
«Buongiorno: sono Melanie Clarke, la sorella di Fanny», mi presento per tranquillizzarla, mentre mia sorella corre a prendere lo zainetto che aveva lasciato dall’altra parte dell’aula.
«Ah, mi scusi: sono la nuova insegnante, devo ancora imparare a riconoscere i vari parenti», dice, addolcendo l’espressione.
«Non si preoccupi, anzi, mi scusi lei se ha dovuto tenere sotto controllo mia sorella. Ho perso la cognizione del tempo».
«È tutto ok: avevo anche del lavoro da sbrigare, quindi sarei dovuta rimanere qui a scuola in ogni caso».
«Mel, voglio andare a casa», mi informa Fanny, prendendomi per mano.
Abbasso lo sguardo su di lei e le sorrido per assecondarla, poi torno sul volto della maestra. «Ora dobbiamo andare, grazie ancora e arrivederci», mi congedo, mentre lei mi saluta con un cenno del capo ed un sorriso cordiale.
Io e Fanny ci incamminiamo per il corridoio, dove la bidella sta ancora trattenendo il suo spirito ballerino, e stringo un po’ di più la sua mano per attirare la sua attenzione. «Allora? Come posso farmi perdonare?» le  chiedo, mentre le abbottono il giubbotto.
«Mmh… Mi porti al parco?»
«Fanny, si congela qui fuori», le faccio notare, mentre raggiungiamo il marciapiede appena fuori dal cancello della scuola. «Non preferisci qualcos’altro?»
«No: mamma e papà non vogliono mai farmi giocare al parco quando fa freddo, ed io voglio andarci», insiste, giocando con la mia colpevolezza e con il suo vittimismo. «Per favore», aggiunge, sbattendo le ciglia folte.
Sospiro e scuoto la testa, per poi nascondere il più possibile il mio viso nella sciarpa di lana. «E va bene, ma non più di mezz’ora».
Spalanco gli occhi quando Fanny inizia ad esultare saltellando: si accontenta per così poco…
 
Ho appena mandato un messaggio ad Emma, avvertendola di non aspettarmi prima di mezz’ora, e posso già sentire le dita congelarsi intorno al telefono a causa della temperatura assolutamente ostile: eppure, quando riconosco i capelli disordinati di Zayn, una sensazione di calore mi attraversa il corpo.
Siamo quasi al parco e Fanny sta canticchiando una canzone che le hanno insegnato a scuola, mentre tiene la sua piccola mano al caldo nella mia: i miei occhi invece sono fissi sul ragazzo che mi sta a pochi metri di distanza, immobile sul marciapiede mentre si porta una sigaretta alla bocca per accenderla, nonostante lo zippo sembri non voler funzionare. Ha gli occhi sottili ed il busto magro coperto da una giaccia in pelle nera: i blue jeans sono rovinati sulle ginocchia e le Vans in tela grigia forse non lo riscaldano abbastanza.
Inizio ad agitarmi mentre ci avviciniamo sempre più a lui, perché so che tra poco mi riconoscerà ed io mi scioglierò nonostante il freddo: mi sento improvvisamente a disagio, perché non dovrei sentirmi in questo modo, non con Niall vicino a me, non con Andrea al suo fianco.
Abbasso lo sguardo inspirando profondamente, nonostante l’aria sia congelata. Avanti Mel, lo saluti e passi avanti. Semplice, provo a dirmi ormai ad un metro da lui. Chiudo gli occhi per un secondo e percorro la distanza residua tra di noi, arrivandogli praticamente di fianco: non riesco a non cercare il contatto con i suoi occhi, nonostante li temi come poche cose.
Quando il suo sguardo si posa su di me, pensando di trovarsi davanti un normale passante, lo vedo sbattere le palpebre un paio di volte, un po’ stupito. «Ciao», borbotto, con le guance in fiamme ed il freddo completamente debellato.
«Melanie», mi saluta, togliendosi la sigaretta dalle labbra e rivolgendomi uno dei suoi soliti sorrisi. Fanny ha smesso di cantare e si sta avvicinando a Zayn per guardarlo meglio, come se avesse bisogno di studiarlo: sorrido nel vedere la sua espressione concentrata.
«Tu chi sei?» gli chiede, con la curiosità solita di una bambina di sette anni.
«Fanny!» la riprendo a bassa voce, strattonando piano la sua mano.
La mia attenzione però viene attirata di nuovo da Zayn, che si abbassa all’altezza di mia sorella per guardarla negli occhi. «Io sono Zayn, piacere», si presenta, inclinando leggermente il capo da un lato. «E tu chi sei?»
Il solo averlo incontrato in una circostanza assolutamente imprevedibile e grazie ad una strana alleanza cosmica, mi destabilizza più di quanto sia normale: come dovrei affrontare il fatto che stia socializzando tranquillamente con mia sorella minore?
«Sono Fanny», risponde lei, con la sua solita sicurezza. «Vieni con noi al parco?»
Spalanco gli occhi a quella domanda. «Fanny, sono sicura che Zayn avrà altro da fare», esclamo, percependo il cuore vacillare per la possibilità che Zayn possa passare del tempo con noi. E poi da quando la mia sorellina ha più sangue freddo di me nel parlare con gli sconosciuti?
Lui mi guarda per un secondo, sorridendo, poi torna su mia sorella. «Vuoi che venga?» le chiede divertito.
«Se vieni, Mel non dovrà stare da sola mentre io gioco», gli spiega praticamente, alzando le spalle. In cosa mi sto cacciando?
«Allora sarò felice di fare compagnia a tua… Sorella, giusto?» risponde Zayn, alzandosi in piedi per bloccarmi con quegli occhi fin troppo familiari, ammalianti.
Annuisco frettolosamente, mentre lo stupore e l’imbarazzo si impossessano di me. Di nuovo mi ritrovo a cercare di nascondere il viso arrossato nella sciarpa, mentre cammino al suo fianco.
 
I pochi minuti impiegati ad arrivare al parco sono stati forse i più imbarazzanti: abbiamo camminato in silenzio, nonostante Fanny continuasse a canticchiare e  a saltellare qua e là, rischiando di finire addosso ai passanti. Zayn si è concentrato sulla sua sigaretta ed io sul mio respiro un po’ troppo irregolare per essere accettabile: come sempre, non trovo qualcosa da dire e lui non sembra essere molto loquace.
Ci siamo appena seduti su una panchina di fronte alle altalene, dove Fanny si è precipitata dopo aver buttato a terra lo zainetto e persino l’orsacchiotto: sono in una posizione rigida, non tanto per il freddo, ma per il fatto che Zayn è a pochi centimetri da me ed ogni tanto il suo gomito sfiora il mio. Mi ritrovo a sospirare per queste sensazioni sbagliate che non dovrei provare e che proprio non riesco a capire.
«Non sei obbligato a rimanere qui. Se hai altro da fare puoi…» provo a dire, abbassando lo sguardo sulle mie scarpe, improvvisamente più interessanti di qualsiasi altra cosa.
«Non ho altri impegni», mi rassicura, attirando i miei occhi su di lui. Alza un sopracciglio e mi sorride, cosa che mi obbliga a spostare la mia attenzione su mia sorella, a qualche metro da noi.
«Vi somigliate molto, sai?» mi chiede, mentre io mi stringo nelle spalle.
Sorrido a quel pensiero e «Davvero?» domando senza pensarci.
Con la coda dell’occhio lo vedo annuire e spostarsi in avanti per appoggiare i gomiti sulle ginocchia: anche lui sta tenendo d’occhio mia sorella, e in quella posizione posso intravedere il suo viso senza per forza dover incontrare i suoi occhi. Ho parlato troppo presto, però, perché Zayn si volta verso di me per osservarmi, cogliendomi alla sprovvista. «Però i suoi occhi non hanno niente a che fare con i tuoi», aggiunge, per poi increspare le labbra in un sorriso.
Schiudo la bocca a quelle parole ed il mio respiro forma automaticamente una nuvoletta gelida davanti al mio viso. «G-grazie», balbetto, ricambiando un timido sorriso mentre lui torna a guardare verso le altalene.
Alzo gli occhi al cielo e trattengo un sospiro: mi sembra di ricominciare sempre da zero con Zayn. Non importa quante volte parliamo o quanto io riesca a sbloccarmi, ogni volta ritorno al punto di partenza: divento di nuovo incapace di formulare una frase in sua presenza ed è come se stessi parlando con lui per la prima volta. La cosa mi irrita non  poco, soprattutto perché non c’è motivo per cui questo ragazzo debba avere un effetto del genere su di me, quindi mi impongo di provare ad intrattenere una normale conversazione: o almeno è la mia intenzione.
Sto per dire qualcosa, ma Zayn mi anticipa voltandosi di nuovo verso di me. «È difficile farti parlare, eh?» mi chiede divertito, abbozzando una risata. Ed io arrossisco completamente perché ha appena colpito nel segno.
Abbasso lo sguardo sulle mie mani, che si stanno torturando a vicenda sulle mie gambe. «Io… Sono solo timida, ecco. Molto timida», confesso. Magari ora smetterà di pensare che io sia solo una pazza con difficoltà a relazionarsi con gli altri.
«Questo l’avevo capito» scherza, ridendo di nuovo. Eppure non è una risata beffarda, mi infonde tranquillità, come se potesse capirmi: non posso trattenere un sorriso per la situazione in cui mi trovo e lui non mi lascia trovare la parole per rispondergli. «Chiudi gli occhi».
Alzo lo sguardo su di lui e lo fisso stupita. «Cosa?» chiedo in un sussurro.
«Chiudi gli occhi, avanti. Rilassati», ripete, raddrizzando la schiena ed incoraggiandomi con un sorriso. «Controllo io tua sorella», mi rassicura poi, quando mi vede guardarla un po’ indecisa.
Sospiro profondamente, curiosa ed intimorita dalle sue intenzioni, ma poi mi appoggio allo schienale della panchina ed eseguo il suo ordine.
«Fai finta che io sia un tuo amico, o che tu sia da sola», esordisce, mentre io cerco di tranquillizzarmi. È una bella sensazione sentire solo la sua voce, così tiepida ed in contrasto con il freddo che mi sta penetrando nelle ossa. Nonostante lo senta muoversi e probabilmente appoggiarsi allo schienale come me, continuo a tenere gli occhi chiusi e a respirare regolarmente, finalmente vicina alla tranquillità.
«E ora parlami di te», dice all’improvviso, quando ormai mi sono abituata ad udire solo le parole giocose di Fanny e a percepire solo la brezza leggera sul viso. Spalanco gli occhi e mi volto a guardarlo, spaesata da quella richiesta.
«Hey, occhi chiusi!» protesta, quando se ne accorge. Apro la bocca per dire qualcosa, ma lui alza l’indice destro come per ammonirmi ed io sono costretta ad accontentarlo.
Abbozzo una risata e torno nella mia posizione, di nuovo con il buio a circondarmi. «Non saprei cosa dire», confesso.
«Quello che vuoi», mi risponde. In effetti è più facile parlare con lui se non ho i suoi occhi a scrutarmi, posso concentrarmi sulle parole che devo dire al posto di perdermi nei particolari del suo viso.
«Ehm… Mi chiamo Melanie Clarke-»
«Così sembri ad una riunione degli alcolisti anonimi», mi interrompe ridendo. Io lo seguo a ruota, trattenendo l’istinto di aprire gli occhi, per guardare la sua lingua incastrarsi tra i denti come al suo solito.
«Non mi sei d’aiuto se fai così», lo rimprovero, ancora con un sorriso.
«Hai ragione, scusa».
«Dicevo: mi chiamo Melanie Clarke-»
«Ciao Melanie», mi interrompe di nuovo, imitando la risposta che si dà ad una riunione degli alcolisti anonimi, per poi scoppiare a ridere.
«Zayn!» esclamo aprendo gli occhi, senza riuscire a trattenere le risate. Rimango incantata nel vedere l'ilarità sul suo volto, il modo in cui cerca di trattenersi con una mano sulla pancia, e mi meraviglio di come siamo arrivati a scherzare, quando fino a pochi minuti fa non riuscivo nemmeno a far fronte alla sua vicinanza.
«Ok, la smetto», dice poi, alzando le mani in segno di resa, ed io gli sorrido soddisfatta per poi tornare a chiudere gli occhi.
Dopo qualche secondo ricomincio. «Direi che il mio nome ormai lo sai», inizio, più a mio agio. «Ho sedici anni e vivo con i miei genitori e le mie due sorelle minori: Fanny, di sette anni, ed Emma, di quindici. Frequento la Lincoln High School solo da due anni, anni in cui ho conosciuto i miei due migliori amici, Becka e Aaron. E da grande vorrei fare la mantenuta… Per poter leggere tutto il giorno», concludo incerta quello che sembra più il bugiardino di un medicinale che il racconto della mia noiosa vita.
«La mantenuta, eh? Mi piace l’idea, ma non mi piace altrettanto quella di leggere tutto il giorno», commenta Zayn.
«Non ti piace leggere?» gli chiedo, beandomi del buio che mi circonda e della sua voce. È così rilassante.
«Non è esattamente il mio passatempo preferito, no», risponde, ed io posso immaginare il sorriso sul suo volto. «Ma non stiamo parlando di me», precisa subito dopo.
Non so davvero cos’altro dirgli, soprattutto perché la mia timidezza mi impedisce di parlare di cose anche solo un po’ più intime di quelle che gli ho raccontato, quindi spero che sia lui a farmi una domanda, una domanda alla quale io sia in grado di rispondere.
Non riesco ancora a credere di essere riuscita a parlare con lui come una persona normale.
«E il biondino in tutto questo che ruolo ha?» domanda all’improvviso, come se avesse scelto di accontentare le mie silenziose preghiere. Quasi mi strozzo con la mia stessa saliva, tornando subito sui miei passi: ho parlato troppo presto, perché questa è una domanda che mi impedisce di parlare con lui come una persona normale. Sbatto più volte le palpebre e mi irrigidisco, mentre sento le guance prendere fuoco come non succedeva da un po’.
Lui mi guarda un po’ confuso, o forse solo curioso, ed io vado in panico senza nemmeno un vero e proprio motivo. «N-Niall?» chiedo, balbettando e ravvivandomi nervosamente i capelli.
«Ehm… Niall?» ripete, cercando da me una conferma, dato che lui non può sapere il suo nome.
Sposto lo sguardo verso mia sorella, che intanto ha smesso di giocare sull’altalena per dedicarsi allo scivolo, e cerco qualcosa da dire. «Lui… Lui è il mio ex ragazzo, ecco», spiego semplicemente.
«Ex?» chiese Zayn, poco convinto.
«Sì, ex», annuisco, fissando l’orlo del mio giubbotto. «Sta cercando di… Riconquistarmi, diciamo».
«E ci sta riuscendo?»
A quella domanda mi volto spontaneamente verso di lui e quasi mi manca il fiato quando incontro i suoi occhi scuri. Ci sta riuscendo? La verità è che non lo so nemmeno io: vorrei rispondergli che sì, ci stava riuscendo fino a quel pomeriggio, ma che ora non ne sono più sicura perché se fosse vero non sentirei le famose farfalle nello stomaco, mentre sto seduta su una panchina con un altro.
Io non lo so: non so più se Niall ci sta riuscendo.
«Mel, Mel! Guarda cos’ho trovato!» grida euforica Fanny, correndomi incontro. Tiene tra le mani un fiorellino violetto, uno di quelli che resistono anche all’inverno e che sembrano quasi prendersi gioco delle temperature gelide di questo periodo. Mia sorella ha il naso leggermente arrossato per il freddo mentre mi porge il fiore per farmelo vedere. «Puoi tenerlo tu? Lo voglio far vedere alla mamma», mi spiega. Io sorrido e annuisco, prima di vederla scappare via verso il punto da cui è arrivata.
Guardo ancora per qualche secondo quel fiorellino, pensando che mi ha salvata dal rispondere a quella domanda, ma poi mi viene voglia di soddisfare una mia curiosità. Zayn mi sta osservando insistentemente come al suo solito quando mi giro verso di lui: deglutisco e boccheggio, prima di trovare il coraggio di fargli quella domanda. Basterebbe una parola sbagliata - forse anche meno - ed io potrei ripiombare nell’imbarazzo.
«E Andrea? È la tua… La tua ragazza?» gli chiedo, facendo attenzione ad ogni sua espressione. Ma lui rimane impassibile, anzi «La conosci?» mi domanda.
Stupita da quel cambio di argomento, annuisco. «Ci siamo presentate qualche giorno fa nell’ora di biologia, anzi, io mi sono presentata… Lei non sembrava molto felice di socializzare», confesso, ripensando ai suoi occhi verdi che mi scrutavano indifferenti.
«Non sai niente di lei», dice subito Zayn, come se stesse cercando di difenderla. Il suo sguardo si è indurito, ormai in grado di intimorirmi.
«S-sì, certo. Io non volevo…» borbotto, abbassando lo sguardo: non era un modo per screditarla o parlarne male, era solo un’impressione.
«Comunque sì», riprende poi, tornando a rilassarsi. «Noi… Stiamo insieme», risponde.
Posso sentire distintamente qualcosa confondersi dentro di me: sapevo già la risposta a quella domanda, perché i loro comportamenti insieme sono sempre stati inequivocabili, e allora perché sentirglielo dire è così… Fastidioso? Forse speravo che mi dicesse che era solo una storiella per divertirsi, invece il suo sguardo duro mentre la difendeva e la serietà con cui mi ha detto che stanno insieme mi hanno disarmata.
Abbozzo lo stesso un sorriso o qualcosa che gli assomiglia, più concentrata sulla mia confusione a riguardo che sulla risposta in sé. C’è qualcosa che non riesco a capire, che mi impedisce di inquadrare Zayn e i suoi modi di fare.
«Stavate insieme anche quando… In biblioteca tu…?»
«Sì, stavamo già insieme», conferma senza lasciarmi finire la frase, ed io non posso fare altro che guardarlo negli occhi, alla ricerca di una risposta più esplicativa, anche se lui sta osservando mia sorella Fanny senza preoccuparsi delle ripercussioni delle sue parole. Non lo capisco, io davvero non riesco a capirlo.
Sto per aprire la bocca per dire qualcosa, ma il telefono vibra nella tasca del mio giubbotto: lo afferro e mi accorgo del messaggio da parte di mia madre, nel quali mi ricorda che è tardi e che dovrei già essere a casa. Effettivamente lei a quest’ora rientra da lavoro ed io dovrei essere tornata già da tempo, senza tener conto del fatto che i miei non vogliono che Fanny prenda freddo al parco. Sospiro, digitando velocemente la risposta promettendole di arrivare presto.
«Fanny! Vieni, dobbiamo tornare a casa», chiamo mia sorella, che blatera qualcosa scontenta di quella notizia.
«Scusa, ma io devo andare adesso», dico a Zayn. Nonostante il mio imbarazzo e la piega che ha preso il discorso, vorrei rimanere qui ancora un po’, a sentirlo parlare mentre io tengo gli occhi chiusi.
Lui annuisce e si alza in piedi, mentre io faccio lo stesso.
«Grazie per la compagnia», sussurro, accennando un sorriso.
Fanny intanto ci raggiunge. «Ciao Chayn», esclama, prendendomi per mano.
«Ciao Fanny, anche se mi chiamo Zayn», la corregge bonariamente, accarezzandole una guancia con il dorso della mano. Lei si nasconde dietro di me ed io accenno una risata.
«Alla prossima riunione degli alcolisti anonimi, Melanie», mi saluta, sorridendo e avvicinandosi a me. Avvampo quando la sua mano destra arriva al mio collo, mentre lui mi mi lascia un bacio sulla guancia sicuramente di un rosso intenso. Sembra di essere di nuovo in biblioteca, quando le sue mani erano ugualmente fredde sul mio collo, anche se le sue labbra erano premute contro qualcos'altro.
Subito dopo si allontana, lasciandomi immobile ad osservarlo. I suoi sbalzi di umore mi confondono.
Ho l’impressione che il freddo possa congelare la sensazione delle sue labbra morbide sulla mia pelle. E sarebbe un bel problema.


 




Ciaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaao splendori!
È domenica e io sto cercando qualsiasi cosa che mi impedisca di andare a studiare, cosa che dovrei davvero fare ahaha Quiiiindi ecco il risultato della mia poca voglia di vivere di oggi ahhaha
Lo so, è una cacchetta questo capitolo :/ Non succede nulla di che, però ci sono alcune cosucce relativamente importanti :)
Per esempio, Zayn e Mel continuano a conoscersi e lui cerca di metterla a suo agio! A dir la verità mi piace come fa (come se non fosse stata una mia idea hahahah) e sembra piacere anche a Mel, che si trova a suo agio a parlare con lui in quel modo. Scherzano anche un po', e lui le chiede di Niall eheheh è qui che lei va in confusione: ovviamente Zayn la confonde in tutto e per tutto! Ma si prende la sua rivincita chiedendogli di Andrea e lui ha un comportamento
abbastanza... strano: la difende anche se Mel non aveva intenzione di offenderla o altro e dice chiaro e tondo che loro stanno insieme.
Poi è ora di andarsene e lui torna a scherzare con lei, stupendola di nuovo! Che ve ne pareeeeee? Ripeto che il rapporto tra loro si costruirà un po' alla volta, Niall avrà il suo ruolo ed il legame tra Zayn ed Andrea sarà più chiaro tra un po', anche se non so esattamente quando!
Come avete notato, anche questa volta Zayn rimane un completo mistero (e da come ho letto questa cosa vi piace :)), ma vi prometto che lo capirete :)
Be', non mi resta che ringraziarvi per tutto quello che fate e chiedervi di farmi sapere qualcosa su questo capitolo, anche se non è niente di che!

Per il resto vi lascio con la solita giiiif :)



 

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Capitolo 7
*** Don't you have to go? ***




Don't you have to go?
 

Ho come l'impressione di essere in una scena cinematografica, di quelle rese a rallentatore solo per evidenziare qualcosa, qualcuno.
Sono appoggiata con la schiena agli armadietti e Becka ed Aaron si stanno punzecchiando come sempre di fronte a me. Il corridoio è pieno di studenti: c’è chi cerca con tutte le sue forze di svegliarsi completamente per iniziare questa giornata, chi sbadiglia dopo aver perso ogni speranza, c’è chi mangia ciò che resta della sua colazione per non arrivare tardi a lezione e, infine, c’è chi semplicemente ha accettato il suo destino e si consola con poche chiacchiere con gli amici. Io non mi sento parte di nessuna di queste categorie, infatti la mia attenzione è concentrata solo su qualcun’altro.
Nonostante Becka ed Aaron ogni tanto mi chiedano qualcosa, decisi a rendermi partecipe, io rispondo con niente più che cenni del capo o monosillabi, scusata da una falsa stanchezza oltre i limiti: non sanno del mio rapporto, se così si può definire, con quel ragazzo e non voglio che ne entrino a conoscenza. Diventerebbero iperprotettivi senza nemmeno un valido motivo, probabilmente ergendosi a miei difensori.
Per questo mi limito a guardare alle loro spalle, fingendo disinvoltura, e a tenere il mio sguardo fisso su Zayn, che sta attraversando il corridoio con un'andatura regolare ed indifferente a tutti gli altri: non ha più la giacca di pelle, rimpiazzata da una maglietta a maniche corte bianca leggermente larga per il suo fisico, forse perché anche lui si è accorto di come la nostra scuola non mostri ritegno nell'impostare al massimo l'intensità dei riscaldamenti. Non guarda nemmeno dove cammina, troppo impegnato com’è a scrivere qualcosa sul cellulare, e questo obbliga tutti gli altri a spostarsi al suo passaggio, non senza sguardi di rimprovero e sorpresa. Le reazioni non vengono enfatizzate, perché nessuno ha voglia di iniziare una discussione a quest'ora del mattino.
O forse non proprio nessuno.
All’improvviso, infatti, qualcuno gli sbatte contro urtandogli una spalla: incantata com’ero nel guardarlo avanzare nella sua imperscrutabilità, quasi mi risveglio per quel brusco particolare di disturbo. Assottiglio lo sguardo e riconosco Harry Styles: stretto in jeans aderenti, sta sovrastando Zayn con i suoi pochi centimetri di altezza in più. Si guardano negli occhi e, per qualche interminabile secondo, nessuno dei due si azzarda a muoversi: credo di essere l’unica in questo corridoio ad essersi accorta di loro, della tensione tra i loro corpi, nonostante perseguitare qualcuno con lo sguardo non sia qualcosa di cui vantarsi.
Harry dice qualcosa, dandomi l’impressione di essere la solita vipera con quel suo sorrisetto beffardo dipinto sul volto, mentre Zayn continua ad osservarlo impassibile e per niente toccato dalle sue parole: vorrei poter sentire quello che gli sta rispondendo, ma c’è troppo vociare ed il passaggio degli studenti mi ostacola spesso la visuale, impedendomi di leggere il labiale. Non voglio che Styles prenda di mira anche lui: dovrebbe trovare qualcosa di meglio da fare piuttosto che sfogare la sua frustrazione sugli altri.
Poi succede qualcosa: mi allontano dall'armadietto con un movimento brusco quando Harry afferra Zayn per lo scollo della sua maglietta, avvicinandosi pericolosamente al suo viso.
«Che c’è?» sento Becka chiedere, evidentemente stupita da quel mio rianimarmi improvviso: eppure la mia attenzione è completamente concentrata su quei due ragazzi, mentre quasi mi meraviglio del senso di protezione che si scatena dentro di me nei confronti di Zayn.
Ora non sono più l’unica ad interessarsi a loro: ogni persona nel corridoio si è ammutolita, compresi Becka ed Aaron, che si sono voltati per capire cosa stia succedendo. Tutti gli sguardi sono puntati su di loro, con i visi ancora a pochi centimetri di distanza: c’è assoluto silenzio, perché sono tutti pronti a non lasciarsi sfuggire nemmeno un particolare di quella scena, per poi trarne una storia ingigantita e pettegola.
«Levami le mani di dosso, Hazza», ordina poi Zayn, cogliendomi alla sprovvista: la sua voce è calma, per quanto imperiosa, ma quello che più mi stupisce è l'appellativo che ha utilizzato. Da quanto ne so, quello è un soprannome riservato ai suoi amici più stretti: possibile che loro due si conoscano?
Harry quasi grugnisce di disappunto a quelle parole ed intensifica la stretta sulla maglia di Zayn, mentre un leggero brusio si diffonde tra gli studenti presenti. Prima che qualcuno possa pronunciare un'altra parola, però, vengono interrotti da un professore probabilmente dell’ultimo anno, dato che conosce entrambi: «Malik! Styles! Che diavolo vi prende?» urla, facendosi largo tra le persone. Harry tiene ancora per qualche secondo i suoi occhi verdi fissi in quelli di Zayn, per poi lasciarlo andare con più forza di quanta ne sia necessaria, forse per disprezzo.
»Venite con me», ordina il professore. «Subito. E voi tornate a quello che stavate facendo, lo spettacolo è finito», continua, rivolgendosi agli altri studenti.
Li seguo con lo sguardo ancora per qualche secondo, fin quando non spariscono dalla mia visuale, e poi torno a concentrarmi sui miei due amici.
«Con che voglia litigano a quest’ora del mattino?» borbotta Becka, scuotendo la testa e sbadigliando.
«Dio, il mio lato pettegolo sta scalciando per sapere cosa sia successo tra quei due», esclama Aaron, con un certo entusiasmo misto a delusione. Ovviamente lui era di spalle quando è successo tutto, quindi decido di consolarlo. «Credo che Styles abbia sbattuto contro Zayn mentre camminava. Sembra un po’ troppo irascibile».
Rimanere sul vago mi sembra l’idea migliore: non voglio che sappiano che potrei raccontare loro ogni particolare dell’accaduto, né sarebbero interessati a sentirmi enumerare ogni particolare del viso di Zayn, della sua andatura e del suo abbigliamento.
«Lo è, non c’è dubbio», conferma il mio amico, sospirando.
«Aspetta un attimo», si intromette Becka, assottigliando lo sguardo ed avvicinandosi a me. «Come fai a saperlo? Non sarai tornata alla fase passo il mio tempo a mangiare con gli occhi Zayn Malik
È questo il brutto di avere una migliore amica: intuisce tutto, anche quello che non dovrebbe.
«Eh? No», rispondo, fingendo di non capire. «No, stavo solo guardando in quella direzione e ho assistito alla scena».
Bugiarda.
«Piuttosto, quei due si conoscono? Ho sentito Zayn chiamarlo Hazza», continuo, cercando di sviare il discorso. Sono sicura che un po’ di sano gossip la distrarrà dal farmi l’interrogatorio.
«Se si conoscono?» risponde Aaron, cogliendo la palla al balzo come immaginavo e speravo. «Prima che Zayn se ne andasse, erano inseparabili: migliori amici, fratelli gemelli separati alla nascita, culo e camicia-»
«Sì, insomma: erano molto amici» lo interrompe Becka, bloccando quell’elenco che mi faceva sorridere.
«Ed ora non lo sono più?» chiedo curiosa.
«A quanto pare no. So che si conoscono da quando erano piccoli, ma non so perché siano arrivati al punto di azzuffarsi nei corridoi», spiega la mia amica, assumendo un’espressione dubbiosa, ma comunque non troppo interessata.
Mi rendo conto di sapere davvero poco su Zayn: basta pensare che Becka ed Aaron lo conosco molto meglio di me. Ho l’impressione che non gli piaccia parlare di sé, d’altronde ogni volta preferisce spostare il discorso su di me o comunque rispondere alle mie domande in modo sbrigativo, senza mai scendere nei particolari. Questo non fa che aumentare la mia curiosità nei suoi confronti, una curiosità sbagliata e assolutamente fuori luogo.
«Mel! Eccoti qui!» esclama qualcuno. Daphne si intrufola tra i miei due compagni e mi guarda con il fiatone, probabilmente dovuto ad una corsa.
«Ciao anche a te, Daphne», la salutano in coro Aaron e Becka, sorridendo per quella comparsa improvvisa. Lei alza una mano per ricambiare il saluto e poi torna a concentrarsi su di me- «Sono di fretta, ma devo chiederti un favore: oggi ci troviamo per delle prove extra, dimmi che puoi fermarti a darci una mano», mi prega velocemente, assumendo un’espressione supplichevole.
«Ehm, sì, certo», rispondo stupita, ritrovandomi subito dopo stretta tra le sue braccia mentre mi ringrazia in tutte le lingue del mondo. In realtà Niall mi aveva chiesto di uscire nel pomeriggio, ma credo sia possibile  rimandare di un giorno.
La campanella suona proprio mentre Daphne corre via, verso chissà quale impegno, ed il braccio sottile di Aaron trova posto intorno alle mie spalle: tutti insieme ci incamminiamo nel corridoio. «Ma ti paga almeno?» mi chiede, sorridendo e provocando in me una leggera risata.
Prendo il telefono dalla tasca dei miei pantaloni e scrivo velocemente un messaggio a Niall, per metterlo al corrente della necessità di un cambio di programma.

A: Niall
“Buongiorno :) È un problema se rimandiamo l’uscita di oggi a domani? Una mia amica mi ha chiesto di aiutarla con le prove per il musical nel pomeriggio"

«Stronzetti, ci vediamo a pranzo», ci saluta Becka, costretta a prendere una strada diversa dalla nostra. Le lezioni del quarto anno sono sempre più interessanti delle nostre e per questo la invidio molto.
Mentre la saluto con un sorriso, il telefono vibra tra le mie mani. 

Da: Niall
“Hei :) No, non è un problema, anche se mi sarebbe piaciuto vederti oggi”

Non posso che sorridere a quelle parole, mentre Aaron sbircia oltre il mio viso per leggere il messaggio in grado di farmi reagire in quel modo: inutile riportare i suoi gridolini - imbarazzanti - di tenera gioia.

A: Niall
"Sarebbe piaciuto anche a me... A più tardi"
 


La mia meta è il distributore automatico, nonché mia fonte di salvezza dalla morte per mancanza di nutrienti nel mio organismo: ho bisogno di qualcosa da mettere sotto i denti prima di stramazzare al suolo, priva di energie. Io e Daphne ci stiamo occupando degli ultimi particolari del copione, ma il mio cervello ha bisogno di una pausa.
La raggiungo in men che non si dica e mi ci pianto davanti alla ricerca di qualcosa che possa soddisfare il mio appetito, nonostante alla fine mi debba accontentare di una confezione di biscotti al cioccolato: avvicino la moneta all’apposita fessura, ma mi accorgo solo in quel momento del foglietto bianco che mi informa che “il distributore è fuori servizio”.
«Oh, ma dai. Stai scherzando?» mi lamento a bassa voce. Sospiro per la delusione e mi arrendo al fatto che dovrò aspettare di arrivare a casa per mangiare qualcosa: non ho mai capito perché in tutta la scuola ci sia solo un distributore automatico e perché, puntualmente, non funzioni ogni volta che è fondamentale che lo faccia. 
«Ti ha fregato i soldi?»
Sobbalzo nel sentire quelle parole e soprattutto nel sentire quella voce: mi volto alla mia destra e Zayn mi sta di fronte con un sorriso divertito stampato in faccia. Avvampo subito per la sorpresa e mi concedo un istante per perdermi nei suoi occhi, anche se subito dopo abbasso lo sguardo per riportarlo sul foglio bianco attaccato al distributore. «N-no, è fuori servizio», spiego, con un tono troppo esitante per i miei gusti.
«Questa è sfiga», sbuffa.
«Già… » sussurro. «Che ci fai qui?» gli chiedo di getto, a causa della sorpresa nel vederlo.
Lui sospira e si passa una mano tra i capelli, mentre io mi pento della mia domanda. «Scusa, non sono affari miei», mi affretto a precisare imbarazzata, per paura che quella reazione nasconda un leggero fastidio.
«Tranquilla», mi rassicura, rivolgendomi un sorriso incoraggiante. «Sono di nuovo in punizione»,  spiega, alzando le spalle e tranquillizzandomi con un sorriso.
«Per quello che è successo stamattina con Styles?» gli chiedo con prudenza.
Zayn annuisce, ma non scende nei dettagli- «C’eri anche tu?»
«Sì», rispondo semplicemente, e lui continua dopo un paio di secondi. «Il professore di guardia si è addormentato ed io devo stare qui ancora per un’ora, quindi ho pensato che mi avrebbe fatto bene cambiare aria».
È strano che io stia iniziando ad amare le punizioni e le prove per il musical dato che ci permettono di incontrarci? Sì, è strano. È strano e inappropriato.
Devo smettere di sentirmi in questo modo quando lui è nei paraggi.
«E tu invece?» mi chiede, riscuotendomi dai miei pensieri.
«Oh, io... Sto aiutando Daphne con il copione per il musical».
«Ti stanno schiavizzando di nuovo?» mi prende in giro, lasciandosi andare ad una leggera risata. I corridoi vuoti ed il silenzio che ci circonda sembrano amplificare quel suono, che arriva direttamente alle mie orecchie in modo dispetto, quasi con l'unico intento di farmi rabbrividire e chiedere ancora.
«Non mi stanno schiavizzando», lo contraddico, ridendo a mia volta ed infilando le mani nelle tasche posteriori dei miei jeans.
Lui sorride e per qualche istante nessuno dei due parla: di nuovo sento le guance andare a fuoco, mentre percepisco il suo sguardo fisso su di me.
«Ti va di fare due passi?» domanda poi, cogliendomi di sorpresa. Alzo gli occhi su di lui e cerco di non soffermarmi sulla curva delle sue labbra, annuendo velocemente e spostandomi al suo fianco per camminargli accanto.
A questa vicinanza riesco a sentire meglio il suo profumo: è fastidiosamente invitante, una di quelle fragranze che apparentemente non hanno nulla di speciale, ma che ti restano addosso con insistenza, come fossero una subdola tortura. Mi chiedo come si si possa sentire tra le braccia di Zayn, completamente in balia del suo profumo.
Sospiro, stanca di pensare a cose del genere, e mi metto alla ricerca di qualcosa da dire per smorzare il silenzio che ci avvolge.
«Zayn…» lo chiamo, attirando su di me il suo sguardo. «Posso chiederti una cosa?»
In fondo credo che non sia proprio sbagliato cercare di sapere qualcosa su di lui.
«Certo», risponde con disarmante semplicità.
Mi schiarisco la voce e deglutisco. «Perché te ne sei andato da Bradford?»
Una volta posta la fatidica domanda, mi resta solo da sperare che la sua risposta sia quella che spero: non mi convince a pieno la storia del furto e della droga, anzi, non mi convince per niente. Voglio solo raggiungere la verità, mettendo da parte i pregiudizi negativi degli altri e le mie impressioni sin troppo positive.
«Ti interessa davvero il perché o vuoi sapere se sono vere le cose che si dicono in giro?» ribatte, mettendomi in difficoltà. Per un attimo lo guardo negli occhi, stupita da quella risposta, ma poi torno a guardare di fronte a me passandomi una mano tra i capelli. Cosa voglio sapere?
«Entrambe le cose… Penso», borbotto.
«Tu credi a quelle voci?» indaga, attirando di nuovo le mie iridi sul suo viso. È come un costante richiamo, una fonte di chiarezza che talvolta sono obbligata a consultare.
«Se ti dicessi che non lo so, sembrerei una stupida?»
«No, perché potrebbero effettivamente essere vere», risponde, sorridendomi divertito. Questo suo modo di parlare per enigmi è snervante: nonostante l'argomento sia piuttosto delicato, lui sembra a suo agio nello sfiorarlo con discrezione.
«E lo sono?» azzardo, immaginando che insistendo potrei riuscire ulteriori chiarimenti.
Zayn mi guarda negli occhi per qualche secondo, esasperando la mia curiosità. «No», dice semplicemente, spostando lo sguardo davanti a sé. Non posso nascondere un sorriso di sollievo mentre una parte di me esulta nel profondo: forse partendo da basi infondate e cariche di una ingenua speranza, ho sempre sospettato che quei pettegolezzi fossero, appunto, solo dei pettegolezzi e stranamente, per qualche misterioso motivo, non riesco a mettere in dubbio le sue parole. Di norma, soprattutto su argomenti del genere, l’interessato potrebbe anche mentire e negare fino allo sfinimento, ma io non riesco proprio a credere che sia questo il caso: gli occhi scuri di Zayn mi ispirano fiducia e non mi sento in grado di contraddirli.
Forse sto commettendo un errore, anzi, quasi sicuramente, ma per adesso non riesco a fare altrimenti.
«Ti aspettavi un’altra risposta?» domanda qualche secondo dopo, probabilmente incuriosito dal mio silenzio.
«Io… Speravo in questa, ecco», confesso, abbozzando un sorriso. Quando lui ricambia, mi soffermo sui dettagli della sua espressione: sono consapevole che abbia evitato di rispondere alla mia domanda iniziale, ma non trovo giusto insistere: ho già ottenuto abbastanza e non voglio osare troppo, anche se probabilmente le mie sono solo paranoie infondate.
I nostri passi sono lenti, forse perché non abbiamo una destinazione precisa, eppure mi agitano meno di quanto temessi: sfioro la tranquillità mentre mi guardo intorno. Essendo pieno inverno, la luce del pomeriggio sta lentamente scomparendo e qualcuno ha deciso di accendere in anticipo le luci all’interno della scuola, per evitare che piombi nella penombra.
«Vuoi sapere altro?» chiede all’improvviso, rompendo la calma intorno a noi. Inarco le sopracciglia e sposto lo sguardo nei suoi occhi: mi stanno scrutando dall’alto ed io non so se posso sfidarli ancora. In realtà ci sono milioni di altre cose che vorrei chiedergli, ma non sono sicura che sia la cosa più predente in questo caso.
Ma la mia determinazione può essere facilmente smorzata, nelle occasioni giuste, soprattutto se attratta da inviti impliciti. Cedo inesorabilmente, nonostante i i buoni propositi vagliati solo poco fa.
«Mi diresti altro?» sussurro, cercando di riversare su di lui i miei dubbi.
«Mettimi alla prova», risponde, sorridendo come se mi stesse provocando. Ed io, nonostante la mia timidezza ed il mio perenne imbarazzo, non posso che cogliere al volo quella sfida.
Decido di non ribattere sul motivo per cui lui ha lasciato Bradford, dato che ha già evitato di parlarne, e mi concentro su quello che invece è successo con Styles: chissà che non riesca a capirci qualcosa di più.
«Come mai tu ed Harry non siete più amici?» domando, con tutta la sicurezza che riesco a raccogliere.
Continuo a tenere gli occhi puntati sul suo viso, solo perché i suoi vagano nel corridoio davanti a noi concedendomi la possibilità di scrutarli, e lo vedo respirare profondamente prima di accennare una risata. «Questo è qualcosa di cui non mi piace molto parlare», ammette. Una vaga delusione intorpidisce le mie intenzioni.
«Oh... Scusa, non sei obbligato a rispondere», cerco di rimediare.
«Posso provarci», mi rassicura, osservandomi con un’intensità quasi sconcertante. «Io… Diciamo che ho fatto qualcosa per Harry e lui non ha avuto problemi ad usarla contro di me». La sua espressione si incupisce appena, forse condizionata da ricordi non piacevoli.
Non posso dire di aver capito a pieno di cosa stia parlando, ma credo che dovrò accontentarmi: mi ha già detto che per lui non è un argomento facile, quindi penso non mi sia concesso altro. La mia immaginazione si dimenerà nel disperato tentativo di ipotizzare una possibile situazione tra di loro, nonostante gli elementi a mia disposizione siano davvero troppo pochi perché i miei sforzi risultino efficaci.
«Ora posso chiederti io qualcosa?» domanda qualche secondo dopo, impedendomi di rispondere qualcosa di sensato al breve racconto di poco fa. Spalanco gli occhi a quella richiesta e annuisco, curiosa di sapere cosa voglia sapere.
«Cos’ha fatto quel biondino per doverti riconquistare?»
Sento le mie guance prendere colore lentamente, ma inesorabilmente, quindi mi ostino a mantenere lo sguardo fisso di fronte a me: voglio dirglielo? Anzi, la domanda è: posso dirglielo?
Una parte di me vorrebbe raccontargli tutto, senza nemmeno un motivo preciso, ma l’altra parte di me è restia a farlo perché troppo timida per riuscirci: anche io ho degli argomenti di cui non mi è facile parlare.
«Nemmeno tu sei obbligata a rispondere», mi ricorda, probabilmente avendo notato il mio cambiamento di espressione.
Mi passo una mano tra i capelli e respiro profondamente, decisa a fare un piccolo sforzo. «Non sapevo di essere l’altra», dico semplicemente, fissando le mie scarpe per paura di incontrare il suo sguardo.
«Oh…», esclama, una volta compreso il senso amaro delle mie parole. «Che coglione», borbotta poi, scuotendo la testa.
Le mie iridi cercano le sue spontaneamente, incuriosite dal suo commento, ma prima che io possa dire qualcosa, sento la voce di Daphne richiamarmi. Catturata da Zayn e dai nostri passi costanti, mi ero dimenticata dei miei doveri.
«Mel, ecco dov’eri! Ti ho cercata ovunque», esclama, avvicinandosi svelta.
«Scusa, Daphne, non mi sono accorta d-»
«No, tranquilla: volevo solo dirti che per oggi abbiamo finito. Ce ne torniamo a casa, finalmente», mi interrompe, lanciando un’occhiata stupita a Zayn al mio fianco. Di sicuro si sta chiedendo cosa io stia facendo con lui nel bel mezzo di un corridoio deserto.
«Ah, allora vengo a darti una mano per mettere a posto», le rispondo, sorridendo per il sollievo di poter mettere fine a questa giornata.
«Ti aspetto di là», dice annuendo, poi si volta e si allontana lasciandomi di nuovo sola con Zayn.
Mi giro verso di lui stringendomi nelle spalle. «Io… Devo andare», borbotto banalmente: all'improvviso, la prospettiva di lasciare la scuola non è più così invitante, non se l'alternativa è restare con lui anche solo per altri scarsi minuti.
«Già, anche io», mormora, alzando un sopracciglio.
Non so perché non riesca a muovermi da lì, ma so altrettanto bene che non dovrei sentirmi in questo modo, che non dovrei aver voglia di rimanere qui con lui per tutto il giorno, che non è giusto nei confronti di quello che provo per Niall. Eppure, è più forte di me.
«Ci vediamo domani», lo saluto infine, respirando profondamente.
Zayn mi sorride genuinamente e annuisce. «A domani», ripete, nonostante io sperassi che mi fermasse.
Gli rivolgo un mezzo sorriso e mi volto per andarmene, ma qualcosa va storto: la mia immancabile goffaggine mi impedisce di camminare come una persona normale, perché i miei piedi mi fanno inciampare senza che ci sia niente ad ostacolare il mio passaggio. Barcollo, prima che la mano di Zayn si avvolga prontamente intorno al mio polso per tirarmi a sé ed impedirmi di cadere: ho gli occhi spalancati ed il respiro accelerato, mentre percepisco il mio cuore aumentare i suoi battiti per quella estrema vicinanza. Sento i nostri corpi aderire e ho quasi paura di alzare lo sguardo sul suo viso, ma quando lo faccio mi rendo conto dell’assurdità di questa situazione: mi lascio andare ad una risata, seguita a ruota da lui, ma non mi muovo dalla mia posizione. È bello avere una sua mano intorno al mio polso e l’altra dietro alla mia schiena, mi fa sentire protetta, e allo stesso tempo è strano, perché Zayn non mi tocca quasi mai, tranne quando in uno dei suoi sbalzi d’umore decide di baciarmi, sulle labbra o sulla guancia.
Dopo qualche secondo le nostre risate si spengono e lasciano il posto ad uno scambio di sguardi fin troppo ravvicinati, intimi: inspiro a fondo, mentre i suoi occhi mi studiano con meticolosa attenzione.
All’improvviso, la sua mano lascia il mio polso e si alza lentamente verso il mio viso: raggiunge una ciocca dei miei capelli, ribelle sul mio volto, e la sposta delicatamente mentre le sue iridi ne seguono il movimento. È una scena sin troppo familiare e le mie guance lo percepiscono, colorandosi nuovamente di porpora. «St-stai per… Baciarmi di nuovo?», sussurro spontaneamente.
A quella domanda il suo sguardo torna sul mio volto. «Vuoi che ti baci di nuovo?» mi chiede.
No.
O forse sì.
Rimango interdetta dalla sua domanda e mi ritrovo a sperare che il silenzio che ci avvolge non metta in risalto il mio battito cardiaco accelerato, anche se è possibile che Zayn lo percepisca lo stesso, essendo diviso da lui solo dalle nostre magliette.
Probabilmente questo mio limitarmi a guardarlo sembra un “sì”, perché vedo il viso di Zayn avvicinarsi sempre di più al mio, mentre la mia agitazione aumenta inesorabilmente: non mi muovo, non mi oppongo, dimostrando quanto in realtà io voglia che mi baci di nuovo, e non sulla guancia come l’altra volta. Aspetto quasi impaziente che le sue labbra sfiorino le mie e, quando finalmente succede, sento lo stomaco ingarbugliarsi insieme a tutto il resto: improvvisamente non mi interessa più di quanto tutto questo sia sbagliato.
Il suo tocco è delicato, leggero, ed il suo profumo è più intenso di quanto io possa sopportare, mentre la sua mano dietro la mia schiena mi stringe appena un po’ di più contro di sé. Eppure non approfondisce il bacio, allontanandosi troppo presto.
Apro gli occhi lentamente, insoddisfatta dal termine precoce di quel contatto.
«Non devi andare?» chiede poi in un soffio, ancora troppo vicino a me perché io possa concentrarmi su altro. Sembra capirlo, però, perché sorride ed interrompe lentamente il contatto tra i nostri corpi. «A domani, Melanie», mi saluta, voltandosi per andarsene.
Io non apro bocca, sconvolta dagli ultimi minuti, e mi ritrovo a sperare che anche lui inciampi mentre si allontana, in modo da avere la scusa per baciarlo ancora. Ma non succede, quindi rimango da sola nel corridoio con un vuoto troppo insistente nel punto in cui fino a poco fa giaceva la mano di Zayn ed il senso di colpa che mi attanaglia, superando addirittura la felicità che ho provato nel sentire di nuovo le sue labbra sulle mie.
Subito il mio pensiero vola a Niall, ad Andrea e a qualcos’altro.
Di nuovo, c’è qualcosa di terribilmente sbagliato in tutto questo.


 




Ciaaaaaaaaaaaaaaao! Come state? Io sto morendo di sonno... Però voglio vedere il concerto dei ragazzi, quindi mi sto sforzando di tenere gli occhi aperti!
Ma passiamo al capitolo: il secondo baciooooooooooooooooo! Ve lo aspettavate?? Scommetto che vi manda ancora più in confusione haha
Be', di sicuro Mel è più confusa di voi! Si sta cacciando in una situazione non delle migliori dato che il suo rapporto con Niall sta migliorando, ma vedremo come cercherà di risolverla :) Secondo voi??
Ah, poi c'è da dire che Zayn e Harry hanno qualcosa di irrisolto alle spalle che ovviamente il nostro Zayn non racconta. Eeeeeee ha smentito le voci che ci sono in giro riguardo la sua partenza da Bradford! Bisogna però vedere se c'è da fidarsi di lui e, nel caso fosse sincero, quale sia il vero motivo per cui  se ne è andato eheheh
Quanti misteri hahhaah Avanti, mi piacerebbe sapere le vostre ipotesi :)

Non ho molto altro da dire, quindi vi ringrazio come sempre. Siete davvero fantastiche e troppo troppo troppo troppo gentili con me :)
Un bacione.


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Capitolo 8
*** Can you just stop it? ***




Can you just stop it?
 

Apro la porta di casa, aspettandomi di trovare il viso sorridente di Aaron di fronte a me: è sera e come sempre è arrivato in perfetto orario. Mi aveva promesso di passarmi a trovare su mia esplicita richiesta.
Ho bisogno di parlare con qualcuno e, per quanto io voglia bene a Becka, sento di non poterlo fare con lei: non voglio farla preoccupare, ma soprattutto non voglio che dia in escandescenze.
«Tesoro!» mi saluta il mio amico, entrando in casa con spensieratezza.Io gli sorrido, per poi lasciargli un bacio sulla guancia e chiudergli la porta alle spalle.
«Aaron!» urla mia sorella Fanny, correndogli incontro ad una velocità invidiabile: si butta tra le sue braccia e lui si concentra per qualche secondo su di lei, facendola ridere con le dita a solleticarle l'addome. Quella piccola peste è praticamente dipendente da Aaron, e non so nemmeno il perché.
«Signor Clarke, buonasera. Signora», esclama poi, rivolgendosi ai miei genitori  e permettendo a Fanny di tornare ai suoi giochi, sparsi sul tappeto del salotto. Loro ricambiano il saluto, accogliendo l'ospite con le solite domande di cortesia: solo dopo diversi minuti riesco a rapirlo dalla loro compagnia per trascinarlo in camera mia.
«Allora? Di cosa volevi parlarmi? E poi cos’è tutta questa segretezza?» mi chiede Aaron, sedendosi sul mio letto a gambe incrociate; io copio la sua posizione, mettendomi di fronte a lui.
«Io… Devo dirti una cosa, ecco. Non è niente di importante o di clamoroso, però ho bisogno di un consiglio e Becka non riuscirebbe ad essere oggettiva e-»
«Mel, calmati», mi interrompe, ridendo piano. Lo guardo mordendomi il labbro inferiore, senza capire perché sia effettivamente così difficile per me dire quello che devo: respiro profondamente, alla ricerca di un equilibrio che possa rendermi meno ridicola e più decisa.
«Si tratta di Zayn», comincio, cercando di preparare lui all'argomento del discorso e me alle sensazioni che ne deriveranno. Lo vedo spalancare gli occhi e fissarmi sbigottito: evidentemente non si aspettava di udire quel nome.
«Zayn  Malik?» domanda incredulo.
Io annuisco e continuo. «Noi… Abbiamo parlato ancora, dopo quella volta». Mi interrompo per calmare il rossore sulle mie guance, ma riprendo qualche secondo dopo, per evitare che Aaron mi seppellisca con le sue domande curiose. «Oggi l’ho incontrato mentre ero alle prove per il musical e… Sì, insomma… Mi ha baciata, di nuovo. Ma non è stato un vero e proprio bacio, voglio dire, non l’ha… Approfondito…?» concludo, storcendo il viso in un’espressione insoddisfatta e preoccupata: sono sempre più convinta che parlare di Zayn non mi dovrebbe essere così difficile, e non ho idea di quale potrebbe essere la reazione del mio amico. 
Per qualche secondo Aaron si limita a sbattere più volte le palpebre, probabilmente elaborando quello che gli ho appena detto, poi però si riscuote. «Che cosa?! Perché non me l’hai detto? Com’è successo? Cosa ti ha detto? E poi lui non sta con quella ragazza?»
«Hey, hey, fermo», lo interrompo, sorridendo. La sua instancabile curiosità non smetterà mai di stupirmi. «Sì, lui sta con quella ragazza e questo mi rende ancora più confusa. Non te l’ho detto perché avevo paura che ti saresti arrabbiato, data l’opinione che tu e Becka avete su di lui, però credimi, Zayn non è affatto come lo descrivono le persone: non sembra un drogato, né una persona in grado di picchiare qualcuno-»
«Questo non puoi saperlo, Mel. Non credo tu lo conosca già abbastanza da poter dire qualcosa del genere».
«Allora nemmeno voi avete il diritto di credere a quelle voci», lo correggo, improvvisamente indispettita: mi sento in dovere di difendere Zayn, nonostante il nostro rapporto incerto e basato su una conoscenza troppo leggera.
Aaron sospira e alza un sopracciglio. «Ma quelle non sono voci, sono fatti».
«E se ti dicessi che lui le ha smentite?» gli chiedo, speranzosa. Una parte di me spera che il mio migliore amico riesca a cambiare idea a riguardo: vorrebbe farglielo conoscere, fargli vedere quanto sia diverso.
«Tutti sarebbero in grado di farlo», sorride Aaron, scuotendo la testa con un'arresa amarezza. «Ma torniamo al bacio: hai detto che sei confusa».
Il repentino cambio di argomento mi disorienta, per un istante. «Sì…» confermo, abbassando lo sguardo sul ricamo del mio piumino. «Mi è piaciuto», sussurro poi, avvampando al solo ricordo..
«Eh?»
«Mi è piaciuto», ripeto, senza però alzare la voce. Non so se sto cercando di nasconderlo a me stessa, o se ho davvero il timore di ammetterlo a qualcuno.
«Mel, non capisco un accidente se parli così», mi rimprovera Aaron, divertito.
«Mi è piaciuto, ok?» sbotto, spostando le mie iridi in quelle scure che mi stanno di fronte. «Quel… Mezzo bacio mi è piaciuto», ripeto, acquisendone sempre maggiore consapevolezza.
Lui spalanca gli occhi, corruga la fronte e schiude le labbra per dire qualcosa. Le chiude, come dopo aver cambiato idea, e ci riprova. «Ah», dice semplicemente.
Ottenuta la reazione che tanto temevo, mi sento subito in dovere di spiegare. «Non so che diavolo di problema io abbia, ma è come se… È come se Zayn fosse una calamita. E so che non dovrei pensare a lui in quel modo, ma è più forte di me».
«E Niall?» mi chiede, cogliendo subito nel centro.
«Ecco, è questo il punto… Sai anche tu quanto io tenga a Niall e non mi va di prenderlo in giro. Mi sento in colpa per quello che è successo con Zayn e per quello che sento: non voglio fare a lui quello per cui l’ho lasciato. Sarebbe ingiusto e ipocrita da parte mia».
«Anche se se lo meriterebbe…» borbotta lui.
«Aaron», lo rimprovero, alzando un sopracciglio ed incrociando le braccia al petto.
«Che c’è? Sai che ancora non mi va giù quello che ti ha fatto».
«Lo so, ma questo non vuol dire che io debba ripagarlo con la stessa moneta. E poi ora le cose stanno andando per il verso giusto con lui-»
«No, Mel: se stessero davvero andando per il verso giusto, non mi diresti che ti piacciono i mezzi baci di Zayn Malik», mi corregge prontamente, rivolgendomi un sorriso sornione.
«Infatti ho intenzione di parlare con Zayn e mettere delle distanze tra di noi», preciso, cercando nel mio tono di voce una maggiore sicurezza. Il pensiero di allontanarmi da Zayn e quel poco che rappresenta mi destabilizza, ma non posso lasciarmi condizionare da qualcosa che non dovrebbe nemmeno esser nato, in primo luogo. «Tanto sono sicura che quello che sento sia solo curiosità nei suoi confronti. Voglio cercare di far funzionare le cose con Niall, almeno questa volta», concludo, con uno strano senso di disagio ad annodarmi lo stomaco. Una delle due frasi che ho appena pronunciato è una menzogna, ma non voglio scoprire quale.
Aaron mi osserva con attenzione, sospetto. «Sei sicura?» mi chiede.
Per un attimo il mio inconscio mi suggerisce una risposta negativa, ma devo impormi e decidere per il meglio. «Spero di sì», borbotto, abbassando di nuovo lo sguardo. «Ma per favore, non dirlo a Becka: sai anche tu quanto si infurierebbe a sapere che non le ho dato retta per quanto riguarda Zayn. E poi domani mattina sarà tutto finito, quindi non c’è motivo per farla preoccupare».
«Come vuoi», mi rassicura, accompagnato da un sorriso e da una scrollata di spalle. « Sai, sono felice che tu abbia preso questa decisione: Zayn continua a non piacermi, però… Ora raccontami tutto: voglio sapere ogni particolare dei tuoi incontri segreti con Zayn-sono-figo-Malik», esclama, rivelando senza remore la sua natura pettegola.
Lo spintono ridendo, sollevata nell'aver lasciato uscire alcune preoccupazioni. «Non erano incontri segreti», lo correggo, pronta ad accontentarlo.


 
È la mia occasione: Zayn sta riponendo nel suo armadietto un paio di libri ed Aaron ha allontanato da me Becka, usando chissà quale strana scusa. Mi guardo intorno con il cuore che traballa nel mio petto, mentre il coraggio di andare a parlare a quel ragazzo si fa più debole e riluttante. O forse non è il coraggio a scomparire, ma il mio volere? Forse non voglio che Zayn smetta di cogliermi alla sprovvista con quei suoi baci?
Scuoto la testa per scacciare questi dubbi e respiro profondamente cercando di assumere un’aria determinata. Stringo a me il libro di inglese, mentre mi dirigo a passo svelto verso Zayn: stretto nel suo abituale abbigliamento scuro, il suo profumo mi colpisce prima che siano i suoi occhi a farlo. Quando gli sono abbastanza vicina, l’agitazione è pronta a tendermi una trappola.
«Zayn?» lo chiamo, attirando il suo sguardo su di me. È stupito di vedermi, posso capirlo dalla sua espressione.
Inspiro quanta più aria mi sia possibile e aspetto che dica qualcosa. «Melanie», mi saluta semplicemente, tornando a trafficare nel suo armadietto come se io me ne fossi già andata: questi suoi sbalzi d’umore mi disorientano.
«Hai bisogno di qualcosa?» chiede poi, chiudendo l’anta metallica e voltandosi verso di me.
«No… Ehm, sì. Sì, in realtà vorrei parlarti di una cosa», spiego goffamente, distogliendo lo sguardo dal suo viso.
Lui mi scruta minuziosamente, forse provando ad indovinare ciò ho in mente. «Dimmi pure», mi esorta.
All'improvviso, la mia capacità di parola sembra non essere mai esistita: non importa se la responsabile è la mia indole timorosa o se è Zayn a mettermi a disagio, in soggezione, perché devo dire qualcosa. Il ricordo del pomeriggio in cui io e lui abbiamo passato del tempo seduti su una panchina, a raccontarci non senza difficoltà, mi suggerisce di adottare la stessa strategia.
Mi schiarisco la voce e provo a chiudere gli occhi, inspirando profondamente. «Vorrei che smettessi di baciarmi», dico velocemente, ritornando subito dopo a guardarlo. Lui mi sta osservando vagamente confuso, anche se i suoi occhi scuri sono ben attenti a non rivelare troppo.
La sua espressione seria si rilassa un po’, mentre mi rivolge un mezzo sorriso. «Detto così sembra che io ti abbia molestata», scherza.
«No, non-»
«E credimi, se avessi saputo che baciarmi ti dispiaceva così tanto non mi sarei mai permesso di farlo», continua, senza lasciarmi parlare: la sua voce è impregnata di consapevolezza, nel ricordarmi quanto io mi sia sempre resa disponibile nell'accogliere quei gesti più intimi. Lo guardo per  qualche secondo, senza sapere come interpretare il suo carattere, ma di nuovo non mi dà il tempo di formulare una frase. «Perché da quanto ho capito ti è dispiaciuto, non è così?» domanda in conferma, in una sottile sfida alla mia sincerità.
«No… Voglio dire…» borbotto, mordendomi un labbro. Sono troppo cristallina per mentire così spudoratamente: risulterei patetica e assurdamente bugiarda, perché entrambi sappiamo quale sia la verità. Ho bisogno di ricompormi e prendere in mano la situazione. «Puoi semplicemente smettere d baciarmi?» chiedo di nuovo, riportando il discorso su un terreno più familiare e meno pericoloso.
«Se è quello che vuoi», risponde lui, dedicandomi uno sguardo distante, quasi risentito. È quello che voglio? Vorrei tanto saperlo, almeno in questo momento non dovrei fare da mediatrice tra la parte di me che vorrebbe rimangiarsi la mia richiesta e la parte di me che invece vola a Niall con il pensiero.
«Immagino ti debba delle scuse, quindi», esclama Zayn, dopo qualche secondo: l'atmosfera si è improvvisamente fatta più tesa, meno tollerabile.
Mi maledico in silenzio, irritata con me stessa: non voglio che pensi che io sia arrabbiata con lui per quello che è successo tra noi, non ho bisogno delle sue scuse, ma vengo interrotta prima di poterglielo dire.
Qualcuno si è avvicinato a noi e, quando sposto lo sguardo per capire chi sia, il respiro si blocca nella mia gola: Andrea, con i suoi capelli corvini e il suo viso di ceramica, sorride al fianco di Zayn, mentre il suo braccio destro si intreccia al sinistro del ragazzo. Gli lascia un bacio affettuoso sulla guancia, mormorando un saluto affettuoso, e lui le sorride serenamente.
Con uno sforzo immane, vieto a me stessa di provare gelosia.
«Hey», la saluta, con la sua voce bacca. «Ti ricordi di Melanie?» le chiede, indicandomi con un cenno della mano. Andrea segue il suo sguardo su di me e lo punta nei miei occhi, che la osservano increduli: è così diversa da come l’ho conosciuta io, così raggiante.
«Certo che mi ricordo! Frequenti con me il corso di biologia, non è così?» domanda, con un largo sorriso sul volto. L’immagine di lei che scappa dalla classe, quasi terrorizzata, continua a ripresentarsi davanti ai miei occhi, sottolineando il contrasto con l’Andrea totalmente diversa che mi sta di fronte.
«Sì, ci siamo conosciute lì», confermo, cercando di abbozzare un sorriso e di non fare troppo caso alla sua mano intrecciata a quella di Zayn. Nonostante io abbia appena posto delle distanze tra me e lui, nonostante il mio sguardo stia vagando su qualsiasi altro particolare, le loro mani sembrano essere circondate da insegne lampeggianti che mi invitano a guardarle.
«Non sapevo che voi due vi conosceste», continua Andrea, guardando me e poi Zayn. Lui si volta per risponderle ed io mi chiedo se la sua coscienza non gli rechi alcun problema: so che quello che è successo tra di noi non è praticamente niente - cosa della quale voglio convincermi - ma so anche che non è normale comportarsi così, quando si ha una ragazza. Inoltre, forse io sono paranoica, ma c’è qualcosa nello sguardo di Zayn che sembra volermi incatenare a sé e dissuadermi da tutti i miei sforzi: ogni volta che i suoi occhi si spostano nei miei, il mio corpo reagisce di conseguenza ed accentua ogni briciola di agitazione che quel ragazzo è in grado di scatenare in me. E lui sembra saperlo, perché sfrutta questo suo potere in ogni momento. Anche adesso. 
«Ora io devo proprio andare», mi congedo, senza nemmeno aver ascoltato la risposta di Zayn. «Ci vediamo a lezione, Andrea», la saluto, sforzandomi di rivolgerle un sorriso, che lei ricambia annuendo: è ignara di tutto e probabilmente non sospetterebbe nulla nemmeno con prove evidenti, ma il mio senso di colpa sta urlando per ricordarmi le mie responsabilità. «Ciao, Zayn», dico poi velocemente. 
Lui si limita a fissarmi serio, ancora stretto contro il corpo di Andrea.
Mentre cammino via da loro, i miei pensieri si soffermano spontaneamente sulla sua espressione: la sua mandibola sembrava leggermente più serrata del normale, come se si stesse sforzando di mantenere un certo contegno, mentre i suoi occhi erano diventati leggermente più scuri, più intensi. Ma io devo davvero smettere di analizzare ogni particolare del suo viso, o ne impazzirò nell'arco di pochi giorni.
Mi precipito in aula, quindi, e aspetto che l'ennesima lezione mi distragga e mi salvi.
 
Cerco Becka ed Aaron con lo sguardo e li trovo seduti ad un tavolo diverso dal solito: la mensa è già completamente piena ed io ringrazio il cielo di avere due amici che hanno la premura di tenere un posto occupato per la sottoscritta. Con il vassoio appena riempito in mano, mi dirigo nella loro direzione e sorrido  apertamente, mentre Becka sventola in alto una mano per salutarmi ed invitarmi a raggiungerli.
«Sono l'unica a non aver voglia di fare assolutamente niente, oggi?» borbotto con un sospiro, sedendomi di fronte ai miei due amici. Nemmeno le chiacchiere di diversi professori sono riuscite ad impedirmi di ripensare a Zayn, e questo ha decisamente smorzato il tono già danneggiato del mio umore.
«Tesoro, io non ne ho voglia dall’inizio dell’anno», mi rassicura Aaron, addentando il suo panino.
«Io invece vorrei stare a scuola ancora per ore: all’uscita devo andare a compare il regalo di compleanno per Liam e non so che diavolo prendergli», sbuffa Becka, passandosi una mano tra i capelli ramati ed assumendo un'espressione imbronciata.
«Quand’è il suo compleanno?» chiedo curiosa.
«Sabato… Ah, prima che mi dimentichi: siete entrambi invitati alla sua festa e vi direi anche dove la farà, se solo mi ricordassi il nome del locale»
Io ed Aaron ridiamo piano per lo strambo invito, ringraziando subito dopo: conosco Liam veramente poco e sarò stata in sua compagnia al massimo per mezz’ora, in tutto, ma mi fa piacere che abbia pensato a noi per la sua festa. O che Becka l'abbia costretto a farlo.
Prima che possa gustare il primo boccone di carne, dall’aspetto poco invitante, sento il telefono vibrare nella mia tasca.

Un nuovo messaggio: ore 13.12
Da: Niall

"Dove sei?"

Corrugo la fronte, stupita da quella domanda: sono certa che Niall sappia delle mie lezioni e che non sia così distratto da non poterlo immaginare, in caso se ne fosse dimenticato.

Messaggio inviato: ore 13.13
A: Niall

"In mensa... Perché?"

Fisso lo schermo del cellulare, aspettando una risposta che possa mettere a tacere la mia curiosità, ma i minuti passano e la mia casella di posta di rimane vuota. Vengo accontentata quando stavo ormai per arrendermi.

Un nuovo messaggio: ore 13.17
Da: Niall

"Girati"

Spalanco gli occhi a quella richiesta, ma le do ascolto: mi guardo intorno cautamente, cercando di capire cosa stia succedendo. Dietro di me, Niall sta tenendo aperta la porta della mensa con una mano: sembra avere il fiatone ed il viso arrossato, mentre i suoi capelli sono leggermente più disordinati del solito.
Mi alzo dalla sedia sotto gli occhi confusi di Becka ed Aaron e mantengo lo sguardo fisso su di lui, incredula dinanzi alla sua presenza: lui mi sorride ed inizia a camminare velocemente verso di me, arrivando quasi a correre, costretto a schivare studenti di passaggio. Non appena mi arriva di fronte, i suoi occhi chiari mi fanno irrigidire: è come se avessero parole proprie, come se mi avessero appena incantato senza possibilità di ribattere.
«Niall, cosa ci f-»
Qualsiasi mio tentativo di chiedere spiegazioni viene stroncato sul nascere: non perché lui stia parlando a sua volta, ma perché le sue labbra hanno coperto le mie con impazienza, mentre con le mani mi accarezza il viso e le guance. Arrossisco improvvisamente, nel percepire quel contatto dopo tanto tempo, ma non lo interrompo: è familiare, piacevole e di sicuro i brividi lungo la mia spina dorsale non sono casuali.
Niall si allontana dal mio viso, quanto basta per guardarmi di nuovo negli occhi, e  mi sorride sinceramente. «Non potevo più aspettare», confessa con semplicità, facendo sorridere anche me: l'idea di averlo portato ad una tale irruenza, di averlo obbligato a cercarmi nel luogo meno opportuno e senza alcun preavviso, mi fa sentire bene, giusta.
Non mi dà tempo di rispondere: afferra la mia mano con delicatezza, ma urgenza, e mi trascina via. So per certo che Aaron e Becka, in questo momento, mi staranno guardando andare via a bocca aperta - così come gran parte della mensa - ma non mi interessa, perché ho ancora il sapore delle labbra di Niall sulle mie ed il cuore troppo distratto per concedere attenzione a qualsiasi altro dettaglio.
Mentre lo seguo fuori dalla mensa, passo accanto ad un ragazzo dai capelli corvini e gli occhi fissi su di me: Zayn è immobile, con il suo vassoio di cibo tra le mani, e la sua espressione è indecifrabile. Le nostre iridi riescono ad incontrarsi per un solo istante, lungo abbastanza da essere vero, ma non a sufficienza per darmi modo di preoccuparmene.
Niall mi porta in corridoio, praticamente deserto a quest’ora della giornata, e fa aderire la mia schiena ad una schiera di armadietti: si avvicina a me fino a respirarmi sul viso, sulla pelle reattiva. «Sai da quanto volevo farlo?» mi chiede, accarezzandomi delicatamente il collo ed inumidendosi le labbra. Una strana sensazione si diffonde a livello del mio stomaco, condizionando anche il mio cuore, che batte ad una velocità troppo accelerata per essere normale, accettabile. «L’avrei fatto quando sono venuto a casa tua, se non fossi stato sicuro che mi avresti preso a calci», continua, abbozzando una risata che io imito: l'avrei sicuramente preso a calci. «E l’avrei fatto in qualsiasi altro momento da quel giorno in poi», continua più seriamente.
«Stupido. Cosa te l'ha impedito?» domando in un sussurro, sorridendo appena mentre il suo tocco sulla pelle del mio collo mi rende più debole. Il mio cervello non può fare altro se non ripresentarmi davanti agli occhi ogni istante in cui io e Niall siamo stati ad un passo dal baciarci, dopo tutto questo tempo, ogni istante in cui le mi guance si sono arrossate nella speranzosa attesa di un contatto, ogni istante in cui mi ha accompagnata a casa ed io ho sperato nel bacio della buonanotte, come una bambina alle prese con una fiaba.
«È quello che mi sono chiesto mentre uscivo da scuola per venire qui», ammette. «Ma possiamo recuperare, se vuoi», mi provoca, sfiorando delicatamente le mie labbra. Ed io sorrido sulla sua bocca, cercando per prima un nuovo bacio.
Mi mancava il suo calore, mi mancava il suo sorridere durante momenti come questi e mi mancava anche il modo in cui è solito stringermi a lui con un braccio intorno alla mia vita. Tutto questo mi mancava già dopo un minuto dalla fine della nostra storia e non posso essere che felice del fatto che finalmente l’abbia potuto provare di nuovo.
Premuta contro il suo corpo e con il respiro spezzato dal desiderio di non fermarsi, mi convinco delle mie intenzioni: io voglio che il mio rapporto con Niall funzioni. Tutti i miei dubbi, gli occhi di Zayn ed i suoi mezzi baci... Ogni cosa scivola via, lasciando il posto ad una sicurezza che mi dà coraggio e forza.


 



Heeeeeeeeeeeeeeei! Come state?? Spero bene :)
Scusate l'attesa per questo capitolo, ma per qualche strano motivo non mi è stato facile scriverlo. Soprattutto per le parti in cui c'era Zayn: non credo si capiscano bene le sue reazioni, ma tanto non le capisce nemmeno Mel, quindi è ok ahahha Lo so che probabilmente mi starete odiando per il "mistero" che avvolge Zayn dall'inizio della storia, ma posso consolarvi dicendo che siamo vicini ad una svolta, yup :3 Succederà qualcoooosa nei prossimi capitoli (ovviamente ahahah) che farà cambiare un po' il loro rapporto! In meglio o in peggio? hehehe
Coooomunque, analizziamo un po' nel dettaglio questa cacchetta di capitolo:
1. Mel è decisa a far funzionare le cose con Niall: ne parla con Aaron, perché Becka ha un bel caratterino e non vuole farla preoccupare.
2. La nostra Melanie passa quindi all'azione, e parla con Zayn chiedendogli di smetterla di baciarla: lui non si mostra particolarmente sconvolto da questa richiesta e acconsente senza troppi giri di parole. Anche se, lui sa che a lei i suoi mezzi baci non dispiacciono affatto!
3. Arriva la bellissima Andrea, totalmente diversa da come l'ha conosciuta Melanie. Mel però nota uno sguardo... strano, da parte di Zayn, che però mette da parte perché si crede paranoica!
4. Niall si dà una sveglia e finalmente la bacia ahahah (di nuovo uno scambio di sguardi con Zayn)
5. Melanie è davvero felice di questo riavvicinamento con Niall, ed è su questo che vorrei soffermarmi qualche secondo: penso anche io che sarebbe davvero un'ipocrita a continuare la sua "mezza relazione" con Zayn e infatti decide di farla finire proprio per evitare che la distragga da Niall. Voglio dire, lei ci tiene veramente a lui, Zayn o non Zayn :)
Per il resto non ho niente da dire! Mi dispiace che questo capitolo sia venuto così e se non vi piace lo capisco!
Vi ringrazio comunque per le magnifiche recensioni e per seguire questa storia! Mi raccomando, continuate a farmi sapere cosa ne pensate perché il vostro parere è importante :)

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Un bacione, a presto :)

        

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Capitolo 9
*** There are different types of love ***




There are different types of love
 

Il suono della sveglia è quasi assordante, nonostante il più delle volte non riesca nemmeno a sentirlo. Le palpebre rifiutano di alzarsi, mentre la mia voglia di iniziare la giornata si dissolve senza ripensamenti.
«Melanie…» sento borbottare al mio fianco.
Solo adesso mi ricordo del perché io mi senta così stanca: Fanny questa notte ha deciso di monopolizzare il mio letto, a causa di un brutto sogno che le impediva di dormire, e ha scalciato per metà del tempo, costringendomi a colpi ben assestati e determinanti per la mia insonnia. Mi chiedo perché non si usi più rifugiarsi nei genitori.
Mi sforzo di muovermi, per interrompere finalmente quel rumore fastidioso che cerca in tutti i modi di disturbarmi, ma il mio braccio destro sembra essere scomparso: non ne ho più la percezione e sono costretta a cercarlo a tentoni, con la mano che sono ancora sicura di possedere. Lo trovo sotto la testa di Fanny, che lo sta usando come comodo ed improprio cuscino, quindi sbuffo e sporgo la mano sinistra verso il comodino, per raggiungere comunque il mio obiettivo.
Finalmente il silenzio regna di nuovo sovrano nella stanza ed io rimango ancora per qualche minuto immobile nel letto, cercando almeno cinque buoni motivi per alzarmi: quando purtroppo la lista è completa, tento di spostare mia sorella in modo da liberare il mio braccio e di smuovere anche la mia determinazione. I suoi occhi addormentati sono così pacifici, da farmi sentire colpevole: quindi scivolo lentamente lungo il lato del materasso, fin quando non sono costretta a mettere i piedi a terra e a stare rannicchiata per tirarmi dietro il braccio ormai privo di vita. Fanny non sembra essersi accorta della mia lontananza, ed io mi ritrovo a giocare con il mio arto fantasma: usando l'altra mano, lo alzo e lo lascio ricadere a peso morto.
La mia testa sembra essere sul punto di esplodere, ricordandomi delle mie poche ore di sonno, e la schiena minaccia di bloccarsi da un momento all'altro, a causa della posizione scomoda nella quale stata costretta a dormire: cammino verso il bagno, mentre sento un leggero formicolio percorrermi il braccio destro, segno della sua imminente resurrezione. Mi pianto davanti allo specchio e mi gratto goffamente la testa, sperando che una doccia rigenerante possa riscuotermi in fretta dallo stato di intorpidimento in cui mi trovo: sospiro stancamente ed inizio a spogliarmi.
«Fantastico», borbotto poco dopo, alzando gli occhi al cielo. «Se il buongiorno si vede dal mattino, questa sarà proprio una giornata di-»
«Melanie! Melanie, ti sei svegliata?» mi interrompono le urla di mia madre, provenienti dal piano di sotto.
«Sì!» rispondo, tornando a concentrarmi sui miei slip sporchi di sangue. Ovviamente, a completare il mio lieto risveglio, mancavano le mestruazioni in arrivo con una settimana di anticipo.
Inspiro profondamente e mi precipito nella doccia, decisa a rilassarmi almeno un po’. Quasi mi addormento di nuovo mentre l’acqua bollente mi avvolge, e rischio un infarto quando diventa improvvisamente congelata dopo qualche minuto: un gridolino esce dalla mia bocca, mentre sposto il getto d’acqua lontano da me, e maledico chiunque abbia avuto la brillante idea di aprire un rubinetto in questo momento.
«Di bene in meglio», mi lamento, abbandonando il capo contro le mattonelle umide.
 


«Signorina Clarke! Pensa di impegnarsi, oggi, o preferisce continuare a girarsi i pollici?» mi rimprovera il professor Simons, incitandomi a correre battendo velocemente le mani. Annuisco semplicemente, riprendendo la corsa che ho interrotto per qualche secondo a causa della testa che mi gira: non è servito a niente avvertire il professore di educazione fisica del mio stato di salute discutibile, perché come sempre non ha voluto ascoltare giustificazioni. Mi porto una mano al basso ventre, come se questo gesto possa placare il male che le mestruazioni mi provocano, ma la mia attenzione viene catturata dalla voce leggermente stridula di Emily, una mia compagna. «Hey, Mel!» esclama, correndomi accanto. «Tutto bene?»
«Potrebbe andare meglio», rispondo con un sospiro. «Preferirei non dover correre come una deficiente per la palestra, per esempio».
Capisco che il professore voglia farci riscaldare prima di qualsiasi attività e capisco la motivazione “Almeno smaltirete quello che avete mangiato a pranzo oggi”, ma io odio la corsa con tutta me stessa e la odio anche di più, se possibile, quando la giornata può essere classificata tra le peggiori degli ultimi tempi.
«Non dirlo a me: in questo momento vorrei solo stare al calduccio sotto le coperte», sogna lei, sbattendo le lunghe ciglia chiare che riprendono il colore dei suoi capelli biondissimi. I suoi occhi di un azzurro quasi irreale rendono il viso paffuto un po’ più grazioso, mentre mi guarda sorridente.
Io cerco di ricambiare, ma ottengo solo una smorfia dovuta alla stanchezza.
«Ehm, Mel?» continua, dopo qualche secondo. Mi volto per guardarla, incuriosita dal suo tono cauto, aspettando di sentire cos’abbia da dire e pregando che non necessiti di una risposta .
«Perché quel ragazzo continua a fissarti?» mi chiede, indicando con un cenno del capo qualcuno dall’altra parte della palestra. Seguo il suo sguardo per capire di chi stia parlando, anche se ho già un vago presentimento: infatti, riconosco subito i capelli neri e la pelle olivastra di Zayn, persino i suoi occhi, che data la lontananza potrei solo immaginare, ma che è come se fossero a pochi centimetri da me.
Ebbene sì, un’altra pecca di questa giornata è l’essere capitata nella stessa palestra con il suo corso: a volte le lezioni diverse si sovrappongono, quindi la palestra viene divisa in due da una rete calata dal soffitto e le due classi possono sfruttarla contemporaneamente. È divertente quando capita di avere Becka o Aaron con me, ma lo è sicuramente meno quando Zayn Malik passa il tempo ad osservarmi senza alcuna distrazione.
Non arrossisco nemmeno nell’incrociare il suo sguardo, perché il mio stato di salute è fin troppo compromesso per permettersi di perdere ulteriori energie. «Non ne ho idea», rispondo semplicemente, per poi scusarmi e smettere nuovamente di correre. Mi manca il respiro ed il dolore al basso ventre è fastidiosamente intenso, quindi inizio a camminare tra le mie compagne, che mi guardano confuse: la mia destinazione è la porta, che mi condurrà fuori da questa dannata palestra.
«Clarke!» mi sento richiamare dalla voce del professore. «Dove sta andando?»
Mi fermo e porto una mano sulla mia pancia, respirando profondamente: una fitta di dolore troppo forte mi costringe a piegarmi in due e per qualche secondo rimango così, ignorando i richiami del signor Simons. Lo sento 
blaterare qualcosa a pochi passi da me, di sicuro irritato dalla mia presunta cattiva condotta, ma appena mi si para davanti sono costretta a guardarlo in faccia. «Non… Non mi sento bene», borbotto a fatica, sperando che anche lui sia dotato di un lato umano. Si limita ad annuire infastidito, lasciandomi libera di raggiungere la porta mentre lo ringrazio mentalmente. E lo maledico.

La mia meta è lo spogliatoio femminile, quindi mi preparo a percorrere il corridoio che mi separa da esso: con una mano mi appoggio alla parete, perché sento le gambe tremare, e muovo pochi passi ad occhi chiusi per cercare di limitare i capogiri e l'improvviso senso di nausea. Un nuovo crampo di dolore mi costringe a piegarmi su me stessa e, questa volta, porto entrambe le mani al basso ventre, contraendo il viso in un’espressione sofferente.
«Melanie?»
La voce di Zayn arriva ovattata alle mie orecchie e, per la prima volta da quando lo conosco, non ho voglia di parlargli o di avere i suoi occhi su di me: non avrei le forze di sopportare la sua presenza. Quindi non rispondo e cerco di fare un altro passo in avanti.
«Melanie, aspetta», insiste, mentre sento i suoi passi accelerare alle mie spalle. Dopo pochi istanti, la sua mano si avvolge intorno al mio braccio, obbligandomi a fermarmi, e la sua figura mi si para davanti.
Alzo lo sguardo su di lui, come a volerlo supplicare di lasciarmi arrivare allo spogliatoio, in modo da potermi sdraiare e riprendere fiato, ma è come se mi stesse impedendo qualsiasi movimento con i suoi occhi decisi. «Tutto bene?» mi chiede, con un’espressione preoccupata, se si può osare nel definirla così.
Se i dolori al basso ventre non fossero così insistenti, sono sicura che riderei per una domanda così stupida, ma quello che riesco a fare è sussurrare un semplice «No». Subito dopo sono costretta a chiudere di nuovo gli occhi, mentre le gambe smettono di reggere il mio peso: è come se tutto intorno a me fosse estremamente confuso e sfocato. Persino i richiami di Zayn arrivano in modo sconnesso al mio cervello, mentre l’ultima cosa che percepisco è la stretta delle sue braccia.
 
Ho ancora le palpebre abbassate e stanche, ma sono sicura di essere sveglia: non ho ben chiaro dove io sia e cosa sia successo, ma poco alla volta i ricordi mi tornano alla mente. Qualcuno sta parlando a poca distanza da me e, senza sforzarmi troppo, riconosco la voce di Zayn.
Ancora lui?
«Hmhm», dice, in tono pacato. Per un attimo mi chiedo se stia parlando da solo, ma poi distinguo un’altra voce, femminile, metallica e molto più bassa: la sento chiedergli dove sia finito e perché non si sia presentato all’appuntamento, e lui risponde mantenendo la stessa intonazione.
«Hai ragione, Andrea, scusa. Mi hanno messo di nuovo in punizione. Magari possiamo vederci stasera, ti va?»
Un «Sei sempre il solito» arriva alle mie orecchie accompagnato da una leggera risata. E solo adesso, dopo che lui stesso mi ha involontariamente aiutata, riesco a riconoscere la voce di Andrea.
«A stasera», ripete Zayn. E nonostante io non possa ancora vederlo, potrei giurare che in questo momento stia sorridendo. Decido di aprire gli occhi e di averne una conferma: mi guardo intorno per cercarlo e lo trovo alla mia destra, seduto su una sedia. Come immaginato, le sue labbra sono incurvate in un sorriso appena accennato, mentre ripone il telefono nella tasca dei suoi pantaloni: soddisfatta dall’aver indovinato, mi prendo qualche secondo per capire di essere in un letto dell’infermeria della scuola.
La stanza è illuminata dalla luce che filtra dalla finestra, ma probabilmente è già pomeriggio, data la sua scarsa brillantezza.
«Ah, ti sei svegliata», esclama Zayn, attirando il mio sguardo su di lui. Fisso i suoi occhi e mi sento subito sollevata.
«Cosa-»
«Sei svenuta», mi interrompe, stringendosi nelle spalle. «Ti ho portata qui e hai dormito per ben… Tre ore», conclude, dopo aver dato un’occhiata al suo orologio come per averne una conferma. Spalanco gli occhi a quella notizia e avvampo al pensiero che lui sia restato per tutto questo tempo qui, al mio fianco: ma probabilmente non c’è stato sempre, sarebbe impossibile e alquanto strano.
«Sei… Sei rimasto qui per tre ore?» gli chiedo, stringendomi nelle coperte del letto. Un vago timore della risposta mi fa pentire di aver posto la domanda.
«No.  Sono andato in bagno e mi sono assentato qualche minuto per mangiare», risponde ovvio, sorridendo fiero, o divertito. 
«Non ce n’era bisogno», borbotto, cercando di evitare il suo sguardo. Il solo pensiero di aver dormito sotto i suoi occhi mi imbarazza, come se mi fossi resa più debole e decifrabile senza nemmeno volerlo.
«Sì, invece», mi corregge. «Piuttosto, ora come ti senti?»
«Bene: sono solo un po’ intontita», rispondo, abbozzando un respiro: è un sollievo non percepire più alcun dolore.
Zayn annuisce piano. «Posso chiederti cosa avevi? Insomma… Eri un cadavere quando ti ho trovata nel corridoio», domanda, cauto e curioso allo stesso tempo.
Mi faccio forza nell’affrontare i suoi occhi che mi guardano spavaldi, e cerco di placare il rossore sulle guance, mentre rispondo: «Roba da ragazze».
Subito dopo, però, spalanco gli occhi e trattengo il respiro. «Roba da ragazze…» ripeto in sussurro terrorizzato.
Sono stata tre ore in un letto.
Senza cambiarmi.
C’è la possibilità che sia successo un disastro, lì sotto.
E Zayn è qui con me.
Non posso permettermi di fare una figura del genere.
«Zayn, puoi uscire un attimo?» chiedo con una certa urgenza, provando a mettermi seduta.
«Ehm… Hai bisogno di qualcosa?» mi chiede confuso.
«No, solo… Esci, per favore. Ho bisogno di qualche minuto», continuo, con una strana decisione nella mia voce.
«Oh… Ok», acconsente, per niente convinto da quello che sta succedendo. Si alza senza smettere di tenermi d’occhio: non indossa più i pantaloncini blu che gli arrivavano fino al ginocchio, né la canottiera bianca, ma uno dei suoi jeans stracciati ed un maglioncino blu notte. Si avvicina alla porta dell’infermeria, mentre io mi siedo con i piedi penzolanti dal letto: quando mi accorgo di non avere nulla con cui cambiarmi, sono obbligata a trattenerlo. 
«Zayn, aspetta», lo fermo, voltandomi per guardarlo. «Potresti… Potresti andare a prendere il mio borsone nello spogliatoio?» gli chiedo, mordendomi il labbro per quella richiesta apparentemente strana.
«È lì, sulla sedia: la bidella stava per pulire e chiudere lo spogliatoio, quindi ho pensato di portarlo qui», risponde lentamente, mettendo una mano sulla maniglia della porta. «Sicura che vada tutto bene?» chiede di nuovo.
«Roba da ragazze», affermo per la terza volta. Mi sforzo di sorridere e lui esce dalla stanza, esitante.
Scendo dal letto velocemente e scruto il materasso che mi ospitava fino a poco fa, in modo da rintracciare eventuali macchie di sangue, ma non ne vedo nessuna: recupero un assorbente dal borsone e mi fiondo in bagno, godendomi la sensazione di avere di nuovo un paio di gambe in grado di sostenermi efficacemente. Fortunatamente mi accorgo di non essermi sporcata, così mi cambio in fretta e torno nella stanza dell'infermeria, dove colgo l’occasione per mettermi dei vestiti puliti: una volta in ordine, mi pento del modo in cui ho praticamente cacciato Zayn, quindi apro la porta per richiamarlo con più delicatezza.
Lui è appoggiato al muro di fronte alla porta. «Puoi… Puoi rientrare», dico, sorridendogli in segno di scuse. Lui fa lo stesso e mi segue dentro, in silenzio.
Torno su letto e lui prende posto sulla sedia dove era prima, mentre l’imbarazzo si impossessa di nuovo di me: nonostante sia stato piacevole riuscire a parlargli con una certa sicurezza, il momento è durato troppo poco. Cerco di sistemarmi meglio, in modo da avere la schiena appoggiata alla testiera, e Zayn si muove in contemporanea, sporgendosi verso di me: è talmente vicino da permettermi di inalare il suo profumo, ma l'istinto mi porta a ritrarmi velocemente, come intimorita da intenzioni poco salutari.
Lui se ne accorge subito, infatti mi osserva per qualche secondo senza spostarsi di un centimetro: quando si muove di nuovo, io capisco che in realtà voleva solo aiutarmi a sistemare il cuscino dietro alla mia schiena. Mi sento una stupida per aver reagito in quel modo e di sicuro lui starà pensando che lo sono, così cerco di non guardarlo, mentre torna al suo posto con movimenti studiati.
Senza dire niente, con la coda dell’occhio lo vedo recuperare ed accendere una sigaretta, presa dal pacchetto nella tasca dei suoi jeans. Gli piace fumare ovunque, questo l’ho capito, e probabilmente anche lui sa che l’infermiera - paradossalmente - non sta praticamente mai in infermeria.
«Avevi paura che ti baciassi di nuovo?» mi chiede inaspettatamente, lasciando uscire il fumo dalle sue labbra socchiuse.
Avvampo per l’ennesima volta, ma opto per la sincerità. «Sì», sussurro, abbassando lo sguardo sulle mani che tengo in grembo. È snervante come Zayn riesca a capirmi senza alcuno sforzo, mentre ai miei occhi lui rimane un enorme punto interrogativo. Ed è snervante che il nostro rapporto si basi su baci rubati o che rimangono nell’aria.
«Se ti dicessi che sono stato tentato di farlo?” domanda dopo qualche secondo, reclamando la mia attenzione e scrutandomi intensamente. Il mio cuore per poco non implode e le mie guance non si sforzano nemmeno di tornare ad un colorito normale: cosa dovrei rispondergli? E perché si ostina a comportarsi così? Io… Mi è così difficile capirlo.
Decido di sforzarmi nel mantenere le distanze, quelle sante distanze che dovrebbero salvarmi da questo ragazzo dalla pelle ambrata. «Credo… Credo che ti risponderei che sono felice che tu non l’abbia fatto», mormoro, mantenendo il contatto visivo con un coraggio che non mi appartiene.
«Stai mentendo», ribatte sicuro: e la sua sicurezza non è come la mia, improvvisata ed instabile, è una sicurezza tenace, in grado di sostenere lui e di indebolire me. Ha ragione: non posso negare che una parte di me si sia imbronciata per quel bacio mancato e questa cosa mi innervosisce. È impossibile che sia in grado di confondermi a tal punto, ogni volta che parliamo: l'attimo prima sono impaziente di vedere Niall nel pomeriggio, l'attimo dopo spero che Zayn sia disposto anche solo a guardarmi ancora una volta. 
«Io non sto… Mentendo», lo contraddico. È comunque la mia parola contro la sua.
Zayn si limita a sorridere consapevole e continua a fumare indisturbato, mentre io non smetto di urlargli mentalmente contro. In un istante, però, mi ritrovo a dar voce ai miei pensieri senza nemmeno volerlo fare. «Non ti capisco», ammetto.
Lui alza lo sguardo su di me e espira altro fumo, che viene attirato dalla fessura creata dalla finestra socchiusa. Non voglio che risponda con una delle sue affermazioni enigmatiche, così continuo senza sapere nemmeno cosa dire esattamente. «Tu e Andrea state insieme, giusto? Perché ti comporti così… Con me?»
È questo l'interrogativo che mi tormenta ogni volta che io e lui condividiamo lo stesso spazio, il dubbio che pretendo abbia una risoluzione chiara, in grado di dare una chiave di lettura al nostro rapporto. 
Zayn per un attimo abbassa lo sguardo, ma non sembra voler rispondere.
Non è una novità, in fondo.
«La ami?» insisto, sperando che possa rispondere almeno ad una delle mie domande.
Torna a guardarmi, questa volta più intensamente. «Ci sono diversi tipi di amore», afferma, tacendo poi per qualche secondo. «Quindi sì: potrei dire di amarla».
Nonostante si sia sforzato di fare chiarezza, la sua risposta lascia in sospeso altri punti fondamentali: cosa significa che ci sono diversi tipi di amore? Ed il suo a che amore corrisponde? Cosa comporta, se gli permette di avere determinati atteggiamenti con me? Inoltre, a peggiorare la mia confusione, subentrano altri fattori che preferirei non esistessero e che dipendono unicamente dalla sua ammissione: dispiacere, gelosia… Delusione.
«Allora, se la ami non dovresti… Sì insomma, non dovresti baciare altre ragazze», borbotto, spinta da un risentimento innaturale.
«Non ho baciato altre ragazze. Ho baciato te», precisa, senza distogliere lo sguardo dai miei occhi. È quasi ipnotizzante. Ipnotizzante e dannatamente complicato.
«Hai comunque baciato qualcuno che non è lei», ribadisco, e questa volta Zayn non risponde. Si alza dalla sedia e per un attimo temo che voglia andarsene, infastidito dal mio comportamento: mi tranquillizzo quando capisco che il suo intento è solo quello di spegnere la sigaretta sul davanzale della finestra.
«E non dovresti mentirle…» aggiungo, con un tono di voce più basso. Non so perché, ma percepisco uno strano coraggio che mi spinge a dirgli tutto quello che penso, per una buona volta: probabilmente è soo un modo infantile di vendicarmi per il suo amore confessato, anche se non dovrei avere motivo di una tale necessità.
La sua aria interrogativa, mentre si volta per guardarmi, mi suggerisce di fornirgli delle spiegazioni. «Prima… Ho sentito la telefonata».
Le ha detto di essere in punizione, non di essere rimasto per tre ore con me in una stanza di infermeria.
Sorride, scuotendo la testa forse per l’incredulità, e per un istante sento di aver esagerato. «E tu invece?» replica, stupendomi. «Non dovresti lasciarti baciare da me mentre il tuo ex ragazzo cerca di conquistarti. Non è ugualmente ingiusto? Scommetto che lui non ne sa niente», continua, avvicinandosi al mio letto lentamente. Il suo sorriso accennato si indurisce leggermente nel pronunciare quelle parole e sembra che mi stia ammonendo, dimostrando quanto in realtà io mi sia spinta oltre nel dargli lezioni di vita.
«Se tu non avessi cercato di farlo, io non-»
«Oh, andiamo, Melanie: vogliamo davvero fare a gara di chi ha provocato chi?» mi chiede retorico, senza smettere di sorridere. Io resto in silenzio, nuovamente privata di ogni forma di caparbietà. Lo osservo farsi sempre più vicino, fino ad essere costretta al alzare il viso per poterlo guardare negli occhi: sento il mio cuore agitarsi, lamentarsi.
Zayn si piega lentamente in avanti, verso di me, e la sua voce esce in un sussurro caldo. «Sappiamo entrambi che ti lasceresti baciare anche ora, su questo letto dell’infermeria, se solo io mi avvicinassi un po’ di più. Quindi non giudicarmi, per favore».
Deglutisco a fatica, mentre mi arrendo all’idea che lui abbia completamente ed inesorabilmente ragione: se solo la distanza tra di noi fosse diminuita ancora un po’, sarei stata completamente in sua balìa, e a quel punto nulla mi avrebbe trattenuta dal lasciarlo fare, nemmeno il pensiero di Niall.
Provo disgusto per me stessa, per questo motivo.
Zayn si allontana e mi lascia libera di respirare.
«È vero, le ho mentito», ammette con tranquillità. «Ma a volte delle piccole bugie sono necessarie. Tu dovresti saperne qualcosa», continua, tirando di nuovo in ballo la storia di Niall. E vorrei che fosse in torto, lo vorrei con tutta me stessa. «Le ho mentito solo perché tu avevi bisogno di me, dato che sei praticamente svenuta tra le mie braccia in mezzo ad un corridoio: conosco Andrea, so che diventerebbe più che gelosa se io le dicessi la verità, e non ne ha davvero bisogno in questo momento».
Corrugo leggermente la fronte a quelle parole e mi maledico per la mia stupida ed irrefrenabile fantasia: gli ho dato contro senza nemmeno ricordare che è rimasto per tre ore al mio fianco, aspettando che mi svegliassi, e l’ho accusato di mentire alla sua ragazza senza sapere assolutamente niente. Mi stupisce come si sia districato tra tutti questi bisogni, cercando di accontentare tutti.
Il suo sguardo è più duro del solito, anche se sembra essere velatamente compiaciuto per la risposta che mi ha messa a tacere.
Zayn si muove ed io lo seguo con lo sguardo verso la porta dell’infermeria, incapace di dire qualcosa. «Ah, a proposito: siete proprio una bella coppia, tu e il biondino», dice ancora, voltandosi nella mia direzione, e questa volta sono sicura che l’ironia che ho percepito nelle sue parole non sia frutto della mia immaginazione.
Mi rivolge un cenno del capo in segno di saluto ed apre la porta per uscire dalla stanza.
«Zayn», lo chiamo, attirando nuovamente la sua attenzione.
«Grazie per avermi aiutata», esclamo, sperando che non ce l’abbia con me.
«Prego, Melanie», risponde, rivolgendomi un sorriso per poi scomparire nel corridoio.
Mi abbandono sul cuscino dietro la mia schiena, sospirando rumorosamente: vorrei non averlo mai conosciuto, vorrei non essere mai andata in biblioteca quel giorno, vorrei non aver provato niente quando mi guardava, vorrei non essere confusa da ogni suo movimento e da ogni sua espressione.
Ma soprattutto, vorrei saper mentire meglio.




 




Lo soooooo, lo so: in questo momento mi state amando perché ho aggiornato molto in anticipo hahaha o forse non ve ne frega niente D:
Ma in ogni caso lol ecco il capitolo! Di nuovo Melanie e Zayn :)
Tralasciando quello che succede a Mel (poverina ahah), concentriamoci sul loro discorsetto :) Innanzitutto lei all'inizio ha paura che lui la baci di nuovo e Zayn  non smentisce la sua paura, anzi: e poi le dice chiaro e tondo che sa di non esserle indifferente! Theeeen: Mel continua a non capire il bel pakistano, e come biasimarla? Quindi glielo dice esplicitamente. A proposito di questo, voglio darvi una piccola dritta: fate attenzione alle esatte parole di Zayn, vi posso assicurare che dicono più di quello che sembra :) magari capirete tutto meglio più avanti :) In teoria lui è molto chiaro in quello che dice, ma ovviamente non lo è per voi che ancora non lo conoscete :)
Mi dispiace dovervi lasciare sempre con il fiato sorpreso, ma il rapporto tra Mel e Zayn è così, si costruisce un pezzettino alla volta! Comunque, tornando al capitolo... "Ci sono diversi tipi di amore. - Quindi sì, potrei dire di amarla." Ta daaaaaaan!!! Cosa ne pensate? ehehe poi Mel gli dà un po' contro e lui non si fa problemi a farla stare zitta haha effettivamente entrambi hanno qualcosa da rimproverarsi, anche per quanto riguarda le "piccole bugie" di cui parla lui :) Ma voglio che siate voi a dirmi come vedete tutto ciò (?) :)
Quiiiiiiiindi vi lascio con i soliti ringraziamenti! Siete fantastiche!
E con un piccolo spoiler: nel prossimo capitolo.. BOOOM :)

Ciao bellezze mie! Un bacione!

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Capitolo 10
*** I'm going to kiss you ***




I'm going to kiss you
 

È sabato sera e stranamente, per la prima volta dopo molto tempo, non sono reduce da un’analisi approfondita del mio armadio con lo scopo di trovare qualcosa di decente da indossare: forse perché il vestito che ho scelto aspetta da troppo tempo di essere provato. L’ho comprato circa un mese fa, dopo un’estenuante giornata di shopping con Becka: lo scollo non è accentuato ed il tessuto ricopre il mio corpo in maniera aderente fino a metà coscia; le maniche a tre quarti sono dello stesso color panna del resto del vestito e l’unica particolarità è il ricamo a grandi tratti che si estende su tutta la schiena. Me ne sono innamorata subito, probabilmente per la sua semplicità, ma per il colore mi sono affidata a Becka: secondo lei “mette in risalto i miei occhi”. In effetti, mentre mi guardo allo specchio dopo aver infilato dei normali tacchi neri, non posso fare a meno di notare il colore acceso delle mie iridi: brillano ancora di più, con i capelli raccolti in una coda alta che lasciano libero il mio viso.
Sento il telefono squillare sul comodino dove l’ho lasciato e mi affretto a leggere il messaggio che mi è arrivato: Niall mi sta aspettando in macchina ed io non posso fare altro che sorridere e precipitarmi di sotto per raggiungerlo. Raccolgo il cappotto nero dall’appendiabiti e mi reco in salotto, dove mio padre sta guardando dello sport in tv: mia madre è stata chiamata a lavoro per un turno straordinario, quindi non potrà difendermi se lui decidesse di imporsi con la sua iperprotettività, cosa molto probabile.
«Papà, io vado», annuncio, avvicinandomi per salutarlo con un bacio.
«Con chi vai?» mi chiede, per la trentesima volta nell'arco della giornata.
«Con un amico, te l’ho già detto», rispondo, cercando di nascondere la scocciatura.
«E dov’è questo amico?»
«Qui fuori ad aspettarmi», spiego, alzando gli occhi al cielo.
«Ed è affidabile?»
«Papà, non credo sia diventato meno affidabile di quando me l’hai chiesto esattamente un’ora fa».
«Mel, fai attenzione», ripete, guardandomi in apprensione. «E non tornare più tardi di mezzanotte».
«Ma papà, è una festa-»
«Mezzanotte e mezza, allora. Prendere o lasciare».
Sbuffo e gli lascio un bacio sulla guancia, salutandolo per l’ultima volta.
«E per l’amor di Dio, copriti quelle gambe», mi rimprovera. Arrossisco a quell’osservazione, nonostante io sappia che il vestito non è affatto troppo corto: lo tiro giù velocemente, per quanto mi sia possibile, e mi allontano prima di essere bloccata da altre sue infinite premure.
Quando apro la porta, impreco tra me e me per l’aria gelida che mi avvolge: i collant non offrono alcuna protezione contro il freddo. Avvisto subito la macchina di Niall, mentre mi stringo nel cappotto, e dopo qualche secondo lo vedo comparire sul ciglio della strada per venirmi incontro, lungo il vialetto di casa: per ora, a causa della sua giacca, posso solo notare i pantaloni grigi e le scarpe dello stesso colore, anche se i miei occhi sono attratti da qualcos’altro. Dal suo sorriso, per esempio.
«Mel», mi saluta semplicemente, avvicinandosi per baciarmi. Per quanto io voglia la stessa cosa, sono costretta a ritrarmi leggermente per impedirgli di farlo, perché sono sicura che in questo momento mio padre ci stia spiando dalle finestre: è un vizio al quale si è affezionato e non credo che lo abbandonerà mai.
«C’è mio padre», gli spiego infatti.
«Ah», esclama vagamente confuso. Getta la sguardo oltre le mie spalle ed alza la mano in segno di saluto, dandomi la conferma sulla posizione di mio padre. Mi cammina accanto, per poi aprirmi la portiera della macchina e seguirmi nell’abitacolo dopo averla richiusa. Senza dire altro, mette in moto e accelera per percorrere qualche decina di metri, mentre io mi godo il tepore dovuto ai riscaldamenti accesi. È naturale per me tenere lo sguardo fisso sul viso di Niall: mi piace spiare i suoi occhi attenti che si concentrano sulla strada e mi piace osservare il movimento appena accennato delle sue labbra rosee, mentre canticchia tra sé una canzone proveniente dalla radio. Sono sicura che lui si accorga ogni volta di questa mia abitudine, ma sono felice che non gli dia fastidio o che comunque non dica niente per farmelo notare.
Torno alla realtà quando mi accorgo che la macchina si è fermata: mi guardo intorno e noto che Niall ha accostato a poca distanza da casa mia. Si slaccia la cintura e si volta verso di me. «Ora posso salutarti come si deve?» mi chiede, abbozzando un sorriso provocante.
Arrossisco al pensiero di cosa intenda, ma acconsento annuendo con semplicità. Si avvicina a me poggiando la sua mano sul mio collo e facendomi venire i brividi per quanto è fredda, poi sfiora le mie labbra e subito cerca la mia lingua. Lo lascio fare, godendomi quel contatto e stringendo i suoi capelli con la  mano sinistra, come se potessi avvicinarlo ancora di più a me. Lo sento accarezzarmi una gamba mentre gioca con il mio labbro inferiore, mordendolo appena.
«Ciao», sussurro, con la fronte appoggiata alla sua ed un sorriso estasiato ad illuminarmi il viso.
«Adesso sì che si ragiona», commenta lui, sfiorandomi una guancia con il pollice. Mi lascia un bacio sulla punta del naso, facendomi ridere appena per la sensazione di solletico, e torna al suo posto, pronto a concentrarsi di nuovo sulla strada e a lasciarsi scrutare dai miei occhi curiosi.
 
«Dovrebbe essere questo il posto», annuncia Niall, trovando parcheggio a qualche metro dal locale che Becka ci ha indicato. Si chiama Red’s ed è un pub in cui il piano di sotto è adibito a pista da ballo: quando scendo dall'auto, posso già udire della musica ovattata.
«Lo spero», ammetto. «Non mi stupirei se avessi sbagliato di nuovo», scherzo poi, mentre Niall si avvicina a me per prendermi per mano ed incamminarsi al mio fianco.
«Che fai, sfotti?» chiede retorico, attraversando la strada.
«Io? No, per carità: mettevo solo in risalto il tuo scarso orientamento», gli rispondo, con una punta di dispettoso divertimento nella voce.
«Allora, se le cose stanno così, non ti farai problemi a tornare a casa con qualcuno che abbia un orientamento migliore», afferma, fingendosi offeso ed incrociando le braccia al petto. Rido apertamente e mi alzo sulle punte per baciargli una guancia, mentre entriamo nel locale.
Becka mi aveva detto che mi avrebbe aspettata all’entrata, quindi mi guardo intorno fin quando non avvisto dei capelli ramati spiccare a pochi metri da me.
«Becka!» urlo, per sovrastare la musica. «Becka, hey!» riprovo, tirando Niall per la giacca in modo da raggiungerla. Finalmente mi sente e si volta verso di me, sorridendo appena mi riconosce: il vestito che avvolge il suo fisico è più corto del mio, completamente nero, e le lascia le spalle candide scoperte. Mi abbraccia affettuosamente, esprimendo la sua felicità per il mio arrivo - sebbene io sia in ritardo - e poi si rivolge a Niall, stringendogli la mano in modo inespressivo: non credo che riuscirà mai a perdonarlo. Lui, d'altronde, non sembra nutrire speranze in un avvenimento simile e per questo mi rivolge uno sguardo arreso.
«Venite, sono arrivati quasi tutti», ci informa subito dopo. Niall mi prende di nuovo per mano ed insieme seguiamo Becka in mezzo alla folla, fino ad arrivare al piano inferiore: dire che sia affollato è riduttivo. Una massa di persone sta ballando sulle note di una hit del momento, riprodotta a tutto volume dagli altoparlanti che sembrano essere ovunque: l’aria è sporcata da fumi di scena e forse anche dal fumo delle sigarette, mentre alcune persone sono illuminate dalle luci verdi che si muovono velocemente per tutta la sala.
Avvisto Liam, che si sta facendo largo tra gli invitati dopo aver notato il nostro arrivo: indossa un pantalone grigio scuro ed una camicia bianca, con le maniche arrotolate fino ali gomiti per il caldo.
«Melanie!» mi saluta, dandomi due baci sulle guance.
«Tanti auguri, Liam!» esclamo, sorridendogli cordialmente: a volte penso che sia Becka il nostro unico legame.
«Grazie. E grazie di essere venuta!» dice compostamente, per poi rivolgersi a Niall. «Tu devi essere Niall, giusto?» gli chiede, porgendogli una mano per presentarsi.
«Esatto, piacere. E tanti auguri», risponde lui: la sua innata capacità di socializzare con qualsiasi essere vivente gli stia intorno è affascinante e demoralizzante, perché mi ricorda costantemente il contrasto con la mia indole. Ho chiesto io a Becka se sarebbe stato un problema farmi accompagnare da lui, ma non ha potuto opporsi, nonostante i suoi istinti: Liam ha acconsentito e questo l'ha messa a tacere.
«Be’, ragazzi, laggiù c’è da bere e da quella parte ci sono dei divanetti liberi, se volete sedervi: io devo tornare lì in mezzo… In un modo  o nell’altro», sospira, grattandosi la testa nel guardare la marea di gente che dovrà superare ancora una volta.
Lo salutiamo mentre si porta via Becka e ci dirigiamo verso i divanetti che ci ha indicato: mi tolgo il cappotto, cercando di porre fine al caldo che mi opprime, e subito gli percepisco gli occhi di Niall su di me.
«Ehm… Mel… Wow», borbotta, guardandomi allibito: arrossisco ed abbasso lo sguardo per il complimento inaspettato, mentre lui si avvicina pericolosamente. Le sue mani sono sui miei fianchi e le mie vanno spontaneamente a cingergli il bacino: mi piace il modo in cui Niall cerca sempre un contatto, mi piace la sua stretta affettuosa e sicura. Ricordo ancora come mi sentissi in imbarazzo le prime volte che succedeva.
«Con chi dovrò contenderti stasera?» mi chiede, sussurrando al mio orecchio per permettermi di sentirlo. Abbozzo un sorriso divertito, sia per quelle parole sia per il leggero bacio che mi ha lasciato sul collo, ed aspetto di avere i suoi occhi azzurri di fronte ai miei.
«Sicuro che non sarò io a doverti contendere con qualcuno?» replico, riferendomi al suo aspetto. Ora che si è tolto il cappotto, posso finalmente apprezzare il maglioncino blu che gli aderisce al petto, riprendendo il colore delle sue iridi, e stento a credere che un ragazzo tanto perfetto possa davvero volere me, Melanie Clarke.
Lui mi rivolge un altro dei suoi sorrisi, prima di lasciarmi un bacio veloce sulle labbra. «Mi concedi l’onore di un ballo?» mi domanda, improvvisando un inchino teatrale, ed io accetto senza esitare.
Raggiungiamo il centro della sala solo dopo esser stati costretti a districarci tra tutte quelle persone, e subito Niall inizia a muoversi in modo buffo per farmi ridere, mentre io lo imito imponendomi di passare una bella serata: mi blocco, però, quando noto degli occhi scuri fissarmi a qualche metro di distanza.
Zayn.
Perché è a questa festa?
Mi riscuoto solo quando lui si volta dall’altra parte e scompare dalla mia visuale.
 
Ormai è un paio d’ore che siamo qui e devo dire che Liam sa organizzare molto bene una festa: la musica è impeccabile ed io ho ballato per la maggior parte del tempo dividendomi tra Niall, Becka ed Aaron. Il primo alla ricerca di un contatto sempre più morboso ed i secondi nel tentativo di sabotare la mia relazione.
Niall mi sta stringendo a sé, rendendo più insistente il suo profumo, e le mie braccia sono allacciate dietro al suo collo, mentre ci muoviamo insieme senza seguire il ritmo della canzone: i nostri movimenti sono lenti, come se ci stessimo semplicemente godendo il momento, ed io mi concentro più sul battito del suo cuore che sulla musica. Posso distinguerlo senza fatica, avendo la testa appoggiata sul suo petto.
Quando riapro gli occhi, osservo le persone che ci circondano: sento l'ennesima morsa allo stomaco, quando mi ritrovo per l’ennesima volta gli occhi di Zayn addosso. Sospiro  e cerco di non guardarlo, pregando che prima o poi si stanchi e si decida a lasciarmi in pace: per tutta la sera mi ha tormentato con la sua presenza e la sua lontananza, credendo di avere il diritto di osservarmi in ogni istante. Più volte mi ha turbato con la sua insistenza ed altrettante mi sono irritata con me stessa, nel sentire la mancanza delle sue iridi se non potevo scorgerle.
Becka mi ha spiegato che Zayn e Liam sono amici di vecchia data: Aaron non ha esitato a rivolgermi con discrezione uno sguardo di ammonimento, probabilmente preoccupato per me.
Per distrarmi da quei pensieri, alzo il viso e cerco gli occhi di Niall.
«Ti ho già detto che sei bellissima stasera?» chiede, lusingandomi. Nonostante con lui il mio imbarazzo sia molto minore rispetto ad altre situazioni, ogni volta che mi fa un complimento non posso evitare di avvampare.
«Sì»,  rispondo, abbassando per un attimo lo sguardo: un sorriso a manifestare il mio reale stato d'animo. «Almeno cinque volte».
Lui abbozza una risata. «Be’, sei davvero bellissima stasera», ripete, sfiorandomi il naso con il suo.
«G-grazie», sussurro, senza preoccuparmi del fatto che probabilmente nemmeno mi ha sentito, a causa della musica alta. Niall cerca le mie labbra e la cattura in bacio dolce, uno di quei baci da godersi lentamente, uno di quelli che ti fanno sentire in pace con tutto il resto, anzi, che tutto il resto nemmeno te lo fanno notare.
 
Ho impiegato cinque minuti buoni ad arrivare al bagno, sia perché non lo trovavo sia perché ho dovuto praticamente scavalcare delle persone per poterlo raggiungere. In mezzo alla folla rischiavo di soffocare, quindi ho deciso di rinfrescarmi un po’. Mi fermo per un attimo davanti allo specchio ed osservo la mia immagine riflessa: non faccio in tempo ad aprire il rubinetto dell’acqua, però, perché l’entrata di qualcuno nel bagno mi distrae.
Mi volto per guardare chi sia, mossa da una più che naturale curiosità, e mi paralizzo nel vedere Zayn ad un metro da me.
Perché deve perseguitarmi? Perché deve avere degli occhi così imprescindibili?
Lo osservo con il cuore che scalpita per la sorpresa e rimango in silenzio, anche quando lo vedo chiudere a chiave la porta con un gesto lento: non perché il suo gesto mi rassicuri, ma perché mi terrorizza. Faccio un passo indietro, quando lui ne fa uno verso di me, e per un attimo nessuno si muove. È come se stessimo cercando di capire l’uno le mosse dell’altra, come se nei nostri occhi ci fossero tutte le risposte e noi ci stessimo impegnando a riconoscerle. 
«Zayn… Cosa… Cosa stai facendo?» chiedo balbettando: e non mi riferisco solo alla sua presenza in questo dannato bagno, ma anche al comportamento che ha assunto per tutta la serata e per ciò che sembra intenzionalmente provocare in me, senza possibilità di opposizione. Il timore che provo non scaturisce da lui, ma da me stessa: da quello che provo e dall'assurdo sollievo che percepisco nell'averlo accanto, nonostante tutto.
Zayn non risponde, limitandosi ad osservarmi intensamente: la sua espressione è seria, per niente rilassata, e la pelle ambrata contrasta con la maglietta a maniche corte nera. Si muove verso di me solo dopo qualche istante, mentre io indietreggio fino a sentire la parete contro la mia schiena: la maledico mentalmente per avermi offerto così liberamente alla vicinanza del ragazzo.
Zayn è ormai ad un passo da me ed i suoi occhi sembrano volermi incatenare a sè, impedirmi una fuga che non sono sicura di voler intraprendere: appoggia una mano alla destra della mia testa, contro la parete, ed io sussulto per quella scarsa distanza che ci divide. So che sta per fare qualcosa, lo posso sentire dal modo in cui mi fissa, e so anche che io, quasi sicuramente, non farò niente per impedirglielo.
«Smettila», mi ordina, con un tono di voce fermo e secco, ma non duro.
Corrugo la fronte, confusa. «Di… Di fare cosa?» chiedo, senza capire a cosa si riferisca: ho la gola secca ed ogni parola sembra ferirmi. Lui sospira e abbassa il capo per appoggiare la fronte sulla mia spalla: io rimango rigida, cercando di appiattirmi ancora di più contro la parete. Mi stupisce questo suo gesto e allo stesso tempo mi chiedo a che diavolo stia pensando.
«Ci sto provando», sussurra, ancora nella stessa posizione: nonostante la musica arrivi ovattata in questo bagno, nonostante la sua voce sia un sussurro, le mie orecchie sembrano fatte apposta per captarla. Poi alza la testa e torna ad una vicinanza eccessivamente ridotta dal mio viso, ripristinando il contatto visivo. «Mi hai chiesto di non baciarti ed io ci sto provando», si spiega meglio, quasi in un lamento. Per un istante mi manca il respiro, strappato via da quella confessione: la mano di Zayn si ferma sul mio fianco e lo stringe delicatamente, mentre io rabbrividisco. Succede ogni volta che mi sfiora, ogni volta che vorrei che lo facesse: tralasciando i baci che mi - ci - concede, quando mi è vicino mantiene sempre le distanze. Non mi tocca mai, se non ve ne è la necessità, e questo conferisce ad ogni contatto un significato. «Ma tu devi smetterla di essere così…»
Lascia in sospeso la frase, chiudendo gli occhi come se non trovasse le parole adatte ed appoggiando la fronte alla mia.  Il mio respiro è troppo accelerato, così come il battito del mio cuore, che corre quasi più veloce dei bassi della canzone suonata in questo momento: il mio corpo è praticamente in balìa di Zayn, come se non sapesse muoversi senza un suo esplicito comando.
Quando apre di nuovo gli occhi, questa volta davvero troppo vicini ai miei, rischio di affogarci dentro. «Zayn…» sussurro.
Non so se sia un ammonimento o un invito.
«Melanie», dice, stringendo di nuovo il mio fianco. «Sto per baciarti».
Quelle parole arrivano a me come una coltellata, una coltellata che non è mai stata così piacevole. Sento il suo respiro sulla pelle del viso ed il mio petto non fa che alzarsi ed abbassarsi velocemente, mentre aspetto che succeda qualcosa. Mi sento indifesa, incapace di muovermi: è come se Zayn mi paralizzasse, rendendomi vulnerabile ed impedendomi di ragionare lucidamente. Per questo non reagisco, quando lui si avvicina un po’ di più.
Improvvisamente, però, qualcosa si spezza.
Mi ricordo di Niall, che è venuto a questa festa con me e che probabilmente ora sta aspettando che io torni da lui, mi ricordo che Zayn… Che Zayn è sbagliato. Quindi alzo le mani per posizionarle sul suo petto e fermarlo, mentre lui ha ancora una mano sulla parete e l’altra sul mio fianco.
Per un istante troppo breve leggo lo stupore nei suoi occhi, ma di certo lui ha più forza di volontà di me: non si cura del mio gesto e torna ad avvicinarsi lentamente alle mie labbra. «Se vuoi che mi fermi, devi convincermi che sia davvero quello che desideri», sussurra. Il potere che ha su di me riprende il sopravvento, obbligandomi a lasciarlo fare: in questo momento non sono in grado di impormi, forse perché semplicemente non voglio. Quando le labbra di Zayn sfiorano caute le mie, come per verificare la mia reazione, il cuore rischia di scoppiarmi nel petto: le mie guance sono arrossate, sia per il caldo sia per la sensazione di avere lo stomaco contorto su se stesso, prova inconfutabile dei miei timori. Poi Zayn si allontana inconsapevolmente, prima di ristabilire il contatto con la mia bocca, e io potrei giurare di aver sentito la sua mancanza durante quell’istante.
Per la prima volta sento la sua lingua accarezzarmi le labbra, come se le stesse invitando a schiudersi, e ovviamente anche loro sono ormai asservite a questo ragazzo, quindi lo assecondano: stringo a pugno le mani ancora sul suo petto, mentre assaporo la fragranza della sua bocca. E non è un sapore particolare, non potrei definirlo in altro modo se non dicendo che è il suo sapore, accompagnato da un lieve rimando alla sigaretta che probabilmente ha fumato fino a poco fa.
«Zayn…» dico improvvisamente, facendo leva sul suo petto per scostarlo da me. Non so da cosa sia dipeso questo mio momento di lucidità, ma posso sentire ancora di più quanto tutto questo sia sbagliato. «Io… Non posso», continuo, cercando di resistere al suo sguardo tanto intenso. «Niall…»
Ma Zayn è riuscito a cogliere la mia esitazione, quindi bacia di nuovo le mie labbra, facendomi provare ancora una volta la loro morbidezza: le sfiora soltanto, come se volesse capire se quel mio ammonimento corrisponda effettivamente la mia volontà. «Non basta», conclude, dandomi l’impressione che abbia capito tutto tramite quel semplice contatto. Ed io lo so, so che non basta affatto, ma è tutto quello di cui sono capace in questo momento.
Sento che sta per rendermi di nuovo inerme nelle sue mani, quindi cerco di gestire la situazione appellandomi a quel briciolo di ragione che mi rimane: per la terza volta lo allontano debolmente. «E Andrea... Tu…» sussurro ancora, in un debole lamento. Ci sono così tanti motivi per cui noi non dovremmo essere in questo bagno né a questa distanza, ma non capisco perché sia tanto faticoso elencarli e crederci.
A queste parole Zayn mi guarda con più decisione e «Non basta», ripete, prima di coprire la mia bocca con la sua: è più sicuro nei movimenti, come se la motivazione che io gli ho servito sia una banalità, come se a lui non importasse niente di Andrea. Probabilmente sa meglio di me che i miei tentativi non erano così disperati ed insistenti come avrei voluto che fossero, come ho cercato di fingere.
A questo punto la mia forza di volontà si è ormai esaurita: non c’è più niente che voglia aiutarmi a resistere a questo ragazzo, così solo la mia parte razionale tenta di trattenermi. Tutto il resto è stato conquistato da Zayn, ogni cellula del mio corpo è disposta ad abbandonarsi completamente a lui, ed io non riesco ad oppormi.
Mi lascio andare, permettendo alla sua lingua di tornare a cercare la mia, mentre la sua mano sfiora il mio fianco per l’ultima volta prima di passare al mio collo. Le mie mani invece lasciano finalmente il suo petto, in segno di resa, e ricadono ai lati del mio corpo: eppure non rimangono a lungo in quella posizione, perché fremono desiderose di un contatto. Tremano quasi, mentre si alzano per accarezzare la schiena di Zayn: lui si muove contro il mio corpo in risposta a quel contatto ed io arrivo ad aggrapparmi con una mano alla sua maglia e con l’altra ai suoi capelli.
È possibile desiderare così ardentemente qualcosa che non dovrei avere?
È possibile che sia scomparso tutto intorno a noi?
Mi sento una stupida, perché è come se non mi mancasse nulla: niente ha più importanza, né la festa, né le persone che ogni tanto bussano alla porta, né il tipico odore sgradevole dei bagni pubblici, né il dolore atroce che i tacchi mi provocano ai piedi. Tutto quello a cui riesco a pensare è il bacio che Zayn mi sta regalando, il suo corpo premuto contro il mio,  il suo profumo che sembra penetrarmi ogni secondo di più.
«Melanie», mormora, lasciando dei baci leggeri sull’angolo della mia bocca per scendere fino al collo: la mano che ha tenuto fino ad ora sul muro si sposta sul mio fianco destro, mentre io muovo la testa per lasciargli una maggiore libertà di movimento. Ho gli occhi chiusi, perché mi viene spontaneo concentrarmi solo sul calore di Zayn, sulla delicatezza con la quale mi sfiora e sulla morbidezza delle sue labbra premute contro di me. «Ti voglio», sussurra sulla mia pelle, causando in me un turbinio di emozioni. Non so cosa rispondergli e, anche se lo sapessi, non credo che sarei in grado di articolare una frase: sono totalmente ed irrimediabilmente arresa a lui. In questo momento potrebbe fare di me qualsiasi cosa e sono sicura che io non opporrei alcuna resistenza.
Torna a baciare le mie labbra, spostando la mano dal mio fianco alla mia coscia, per stringerla appena, mentre io cerco di rimanere aggrappata alla realtà stringendo i suoi capelli tra le mie dita.
«Non mi piace vederti con lui», mormora sulla mia bocca.
Ed è proprio in questo momento che io mi irrigidisco: lui se ne accorge e mi guarda, respirando velocemente. Sto sbagliando tutto, sto… Sto ferendo Niall ed io non voglio. Non posso farlo. Non capisco nemmeno come tutto questo sia potuto succedere, come sia stato possibile essermi dimenticata di lui: cosa c’è che non va dentro di me? Ricordo di aver pensato che il bacio di Niall, al centro della pista, mi avesse fatto dimenticare tutto, ma non è così: purtroppo quel bacio non regge il confronto con quello che mi ha catturato fino a pochi secondi fa.
Il senso di colpa inizia a divorarmi, emergendo dalla sua tana nel mio inconscio: scosto Zayn e mi allontano da lui con il respiro accelerato.
«Tu...» provo a dire, portandomi una mano sulla fronte alla ricerca delle parole giuste. «Dio…» sospiro, correndo ad aprire la porta per precipitarmi fuori dal bagno. Lo sento richiamarmi, ma ho la sensazione di star per soffocare per quello che ho appena fatto.
Cerco Niall con lo sguardo e lo trovo a pochi metri di distanza, che balla con gli occhi chiusi: mi fa male vederlo così spensierato e mi fa male dovermi comportare come se andasse tutto bene, perché non ne sono capace. Per qualche secondo lo osservo da lontano, chiedendogli perdono in silenzio: non posso rimanere a questa festa con lui, né posso andarmene senza dirglielo e lasciarlo qui.
«Niall…» lo chiamo, toccandogli una spalla. Il mio corpo deve riabituarsi ad una pelle diversa. «Puoi accompagnarmi a casa? Non mi sento bene», dico semplicemente, cercando di non soccombere al sorriso che mi ha rivolto appena mi ha vista.
 
«Ti chiamo domani mattina», promette, lasciandomi un bacio sulla guancia. Io annuisco e scendo dalla macchina senza aspettare un secondo di più.
Credo sia stato il viaggio peggiore che io abbia mai fatto: ho cercato di evitare il suo sguardo, il suo tocco. Ho cercato di trattenere le lacrime; ho cercato di non pensare a quanto il tempo stesse passando lentamente. E lui ha probabilmente pensato che io stessi male sul serio.
Forse è vero, forse sto davvero male: per questo mi accascio a terra appena arrivo in camera, rannicchiando il viso sulle ginocchia piegate, e lasciando le lacrime a bagnarmi le guance.
Non voglio essere così, né sentirmi così: non voglio che Zayn abbia tutto questo potere su di me e che riesca a farmi perdere la ragione. Perché dovrebbe? Chi è lui, per piombare così improvvisamente nella mia vita e capovolgere tutto?
Io voglio solo stare con Niall, perché non posso?
Perché non ci riesco?



 




Eccoloooooooooooo!! Io l'avevo detto che sarebbe successo qualcosa in questo capitolo hahah
E alcune di voi sanno anche quanto io avessi voglia di pubblicarlo per farvelo leggere! Be', ora finalmente è qui, a vostra disposizione, e io non vedo l'ora di sapere cosa ne pensate, perchè ci tengo molto :) Non so perchè mi piaccia così tanto questo capitolo, sinceramente, ma forse è solo perchè io amo scrivere di Melanie e Zayn!
Cooooooooomunque, parliamo un po' di quello che è successo: Zayn è un amico di Liam, cosa che nessuno sapeva, quindi Melanie se lo ritrova
alla festa (tra l'altro io me la immagino come una strafiga con quel vestito) e lui passa il tempo a fissarla, praticamente! Poi  nel bagno succede il finimondo hahah Vorrei precisare un paio di cosette: quando Zayn chiude a chiave la porta, non è perchè voglia violentare la nostra Mel hahah vuole solo assicurarsi che nessuno entri, soprattutto Niall! Poooi, ammette esplicitamente come si sente: non riesce a starle lontano, nonostante abbia provato a rispettare la sua richiesta, e sa che anche lei prova qualcosa del genere. Infatti, quando Mel prova a fermarlo, lui insiste :) Ah, compare la gelosia, ma anche il  desiderio (Il "Ti voglio" non è un "Voglio fare sesso con te in questo momento" , è un "Ti voglio" diverso :))
Vabbè, sto straparlando come sempre hahah Lascio a voi i commenti, anche per quanto riguarda la fuga di Melanie! Stavolta sì che si sente in colpa per Niall,
e alla fine è più che normale! Ah, a proposito: è crudele il fatto che gli abbia chiesto di riaccompagnarla a casa, ma non poteva lasciarlo lì senza farlo insospettire, o continuare a comportarsi come se non fosse successo nulla, con Zayn nei paraggi tra l'altro! Ok, ora basta davvero, tanto poi scoprirete anche 
come si comporterà Melanie a riguardo :)
Credo che questo spazio autrice non abbia un filo logico, ma non fa niente hahah Ragazze, davvero, fatemi sapere cosa ne pensate e se questo capitolo vi è piaciuto :) Come avete visto la scena tra quei due è descritta nei dettagli, perchè voglio farvi capire cosa prova Melanie quando è in sua compagnia, in modo da poterlo paragonare con quello che prova mentre è con Niall :) Quindi aspetto i vostri commenti :3

Vi ringrazio immensamente per tutto quello che fate per me e per questa storia!
E sapete già che adoro le vostre recensioni! Quindi grazie per l'ennesima volta :3

 

 
   

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Capitolo 11
*** I'll wait for your decision ***


 



I'll wait for your decision
 

Potrei diventare un tutt’uno con il divano da un momento all’altro, sempre che non sia già successo.
Il mio corpo continua a sprofondare nei comodi cuscini in tessuto e non ho nessuna intenzione di muovermi: d’altronde sono in questa posizione da un tempo impreciso, quindi che motivo avrei per cambiarla? Non importa che la mia spalla ed il mio fianco sinistri, costretti a reggere tutto il mio peso, stiano chiedendo pietà, né che il mio orecchio si stia praticamente unendo alla mia testa irreversibilmente.
«Melanie?» mi sento chiamare dalla voce di mia madre. Credo sia la terza volta che passa dal salotto per controllare i segni vitali di sua figlia, ma anche questa volta la mia risposta è un semplice «Hm?».
«Sicura che vada tutto bene?» chiede, mentre i suoi passi si fanno più vicini. Il mio sguardo resta fisso sullo schermo del televisore, dove una signora paffuta sta cercando di convincermi a comprare un set di pentole di ultima generazione.
«Hmhm», borbotto, ignorando la sua figura nel mio campo visivo. Vorrei davvero dirle che no, non va affatto tutto bene; che il mio cervello rischia di esplodere da un momento all’altro senza che io possa fare niente per evitarlo; che vorrei non dovermi mai più alzare da questo divano e che vorrei non dover affrontare qualcuno che non sia la signora in tv.
«Vuoi parlarne?»
La risposta è sempre la stessa, ma per far capire a mia madre che sia un “no”, la accompagno con un rapido movimento della testa. La sento sospirare ed allontanarsi, arresa al mio stato d’animo.
Di nuovo sola, posso tornare a crogiolarmi nei miei pensieri: il punto è che ho avuto tutta la notte per pensare e ripensare a Zayn, ma non sembra essere bastato. Sì, perché quello che è successo in quei bagni mi ha letteralmente sconvolta, così come mi ha sconvolta la scoperta alla quale mi ha condotta la mia insonnia. Anzi, più che una scoperta è stata una presa di coscienza: un'amara, irreversibile e liberatoria presa di coscienza della mia dipendenza da Zayn Malik.
E non è una dipendenza dalla sua presenza, è qualcosa di più profondo, per mia sfortuna: io dipendo dai suoi più piccoli movimenti, perché il mio corpo li segue fedelmente come se fosse legato a loro in modo invisibile; dipendo dal suo sguardo e dalle sue parole, perché come nel peggiore degli asservimenti io non riesco a resistere loro, nonostante mi sforzi per riuscirci.
È ovvio ormai che quel ragazzo sia capace di mandarmi in completa confusione: è come se, quando sono con lui, qualcosa si scollegasse tra la mia ragione ed il mio istinto, e purtroppo non so proprio come poter evitare che succeda. Non so perché io abbia impiegato così tanto a rendermene conto, ma non posso più negarlo: ogni particolare parla chiaro, e forse ho solo voluto proteggermi da questa verità troppo scomoda.
Per tutta la notte ho analizzato ogni dettaglio del nostro incontro nel bagno, senza tralasciare Andrea e qualsiasi altra variante, e non posso dire di capire a pieno Zayn, ma ho una certezza alla quale aggrapparmi: lo svolazzare delle farfalle nel mio stomaco. È la sensazione che mi accompagna da ieri sera, come se il tocco delle sue mani fosse ancora sulla mia pelle, come se potessi ancora sentire i suoi sussurri ad una distanza ridicola dal mio viso: sono sicura che se mi concentrassi un po’ di più potrei percepirli anche adesso, ma mi rifiuto di mettermi alla prova.
Per non parlare del tonfo al cuore che ho sentito quando ho ripensato al suo “Ti voglio”, mormorato con tanto trasporto, alla sua gelosia, al suo non riuscire a starmi lontano: è come se fossi stata ubriaca ed il mio cervello non fosse stato in grado di compiere fino in fondo il suo dovere, limitandosi a registrare quelle informazioni per poi ripresentarmele in un momento di maggiore lucidità. In un certo senso è come se Zayn si fosse… Dichiarato, credo: ha esplicitamente detto quello che prova nei miei confronti e non posso nascondere di esserne quasi lusingata. E preoccupata.
È questa la conclusione alla quale sono giunta dopo tanti sforzi: Zayn Malik ha uno strano potere su di me, un potere a cui io non riesco a ribellarmi per chissà quale motivo, un potere che vorrei tanto poter contrastare.
E tutto questo non va bene, non va per niente bene.
«Melanie, Melanie, aiuto!» grida mia sorella Fanny, mentre la sento correre giù per le scale seguita da qualcuno. Non mi scomodo, però, a cambiare la mia posizione, ancora troppo sconvolta dalla consapevolezza dell’effetto che Zayn ha su di me.
«Fanny, non ti azzardare!» la avverte Emma, e nonostante io stia continuando a guardare la signora paffuta in tv, posso immaginare mia sorella con lo sguardo intimidatorio di quando vuole ottenere qualcosa.
«Ma oggi c’è la puntata speciale!» insiste Fanny.
«Non mi interessa, a pranzo ho detto chiaro e tondo che avrei dovuto guardare una cosa in tv!»
«Ma-»
«No, trovati qualcos’altro da fare!» la interrompe Emma.
«Melanie, dille di smetterla», mi prega la mia sorellina, mentre si arrampica su di me.
«Hmhm», ripeto per l'ennesima volta. Chissà se riuscirò mai a formulare una frase di senso compiuto.
«Mel!» mi richiama, probabilmente scontenta del mio inefficace intervento.
«Ragazze, smettetela di litigare!» urla mia madre dalla cucina, dove sta ultimando le pulizie.
«Se questa piccola peste smettesse di fare casino, sarebbe tutto più semplice!» borbotta Emma, avvicinandosi al divano. Credo che il suo obiettivo sia il telecomando che Fanny mi ha rubato e che io ovviamente non ho cercato di recuperare. La signora paffuta in televisione è appena stata rimpiazzata da un cartone animato in cui le protagoniste sono fatine… O streghe? Comunque, qualunque cosa siano, sono molto più magre e indossano degli abiti dai colori sgargianti mentre lanciano incantesimi a destra e a manca.
«Dammi quest’affare», ordina Emma, cercando di strapparle il telecomando di mano.
«No, vattene via!» risponde Fanny, risalendo il mio corpo fino ad arrivare ad accoccolarsi sotto il mio braccio destro, sdraiata sulla parte del divano lasciata libera dal mio corpo inerme. Io la lascio fare mentre la mia visuale viene oscurata dalla figura di Emma, pronta ad insistere ancora. Mio padre però fa capolino in salotto, anche se da questa posizione non riesco a vedere dove sia esattamente, e le interrompe: «Ora basta. Fanny, smettila di urlare, e tu, Emma, lascia in pace tua sorella! Ha sette anni, dannazione, falle vedere degli stupidi cartoni animati».
A quel punto inizia un battibecco tra mio padre ed Emma, su quanto sia giusto o ingiusto darle tutte vinte alla piccolina della casa, ma la mia attenzione sta già vagando su qualcos’altro. Perché certo, ho capito di essere attratta da Zayn, ma il problema è un altro.
Niall.
Anche lui ha occupato gran parte della mia notte insonne: il senso di colpa non accenna a diminuire e mi sento davvero una sporca ipocrita. Posso ancora sentire il dolore che Niall mi ha provocato nascondendomi la sua relazione con Kassandra, eppure con quale coraggio io gli sto facendo esattamente la stessa cosa?
Non posso nascondermi dietro all’insistenza di Zayn. Primo, perché le cose si fanno in due; secondo, perché se davvero io l’avessi voluto, avrei potuto evitare già il primo bacio, per non parlare degli altri due; terzo, perché se ho dimenticato tutto il resto mentre le labbra di Zayn erano sulle mie, un motivo ci sarà; quarto, perché se sono riuscita ad accantonare Niall così facilmente, deve esserci qualcosa che non va nel mio rapporto con lui. Ma cosa?
Non riesco a capire come mi senta, non a pieno: tengo molto a lui, mi sento bene quando mi sfiora o quando mi sorride e sono lontana dall’avere dubbi sulla nostra relazione. Eppure sono convinta che non dovrei trovarmi in questa situazione se andasse davvero tutto bene, e che non dovrei metterlo in secondo piano senza alcun minimo sforzo mentre sto con un altro ragazzo.
Ho sempre pensato che Niall fosse tutto quello che desideravo, e c’è una parte di me, la più grande, che continua a crederlo: eppure, da quando ho incontrato Zayn, c’è un dubbio che si sta facendo largo nel mio inconscio.
Chiudo gli occhi e sospiro, mentre mia sorella Fanny mi racconta aneddoti sui personaggi di quel cartone animato senza sapere che non la sto nemmeno ascoltando. Ho bisogno di fare chiarezza nella mia testa e nel mio cuore, perché dopo la scorsa notte alberga il caos dentro di me.


 
Si è alzato un vento gelido mentre, seduta alla fermata del pullman, aspetto che Niall arrivi.
Gli ho chiesto di vederci, scusandomi velocemente per non aver risposto alle sue chiamate nell’arco della mattinata, e lui ha accettato con un po’ di preoccupazione nella voce: probabilmente la mia non gli è sembrata molto rassicurante. In tutta la confusione che mi circonda, ho un’unica certezza: non voglio mentirgli, né prenderlo in giro. Qualunque siano i miei veri sentimenti nei suoi confronti, merita la mia sincerità ed è per questo che ho intenzione di dirgli cosa è successo nei bagni del Red’s.
Le mie mani continuano a torturarsi a vicenda sia per ripararsi dal freddo sia per l’agitazione che mi sta assalendo: odio pensare che da qui a qualche minuto gli occhi di Niall mi guarderanno sotto una luce diversa. Eppure devo farlo, no?
Il rumore di una macchina mi fa alzare lo sguardo sulla strada e subito riconosco l’auto di Niall: deglutisco a vuoto quando lo vedo parcheggiare per poi avvicinarsi a me. Mi alzo in piedi e le mie labbra si incurvano in una smorfia indecisa, che dovrebbe ricambiare il sorriso che lui mi ha rivolto. Mi abbraccia, sussurrandomi un caldo «Come stai?» mentre mi accarezza la schiena.
Chiudo gli occhi e sospiro, separandomi da quell’abbraccio. «Sto bene, grazie».
«Mi hai fatto preoccupare stamattina», mi rimprovera, riferendosi alle innumerevoli chiamate lasciate senza risposta.
Abbasso lo sguardo, colpevole. «Scusa, non… Niall, devo parlarti di una cosa», mormoro.
Non mi va di girarci intorno, anche perché non riuscirei a sopportare di tenermi ancora tutto dentro.
«Certo, dimmi», dice prontamente. «Vuoi andare in un posto più… Caldo?» chiede sorridente, indicando la sua macchina.
«No, preferisco fare due passi», lo rassicuro, incamminandomi al suo fianco. In realtà sto congelando, ma ho l’impressione di non riuscire a stare ferma, come se fermarmi comportasse la perdita di tutto il coraggio che stranamente sono riuscita ad accumulare.
Improvvisamente mi ritrovo senza le parole giuste da dire, quelle che avevo preparato con cura durante tutta l’attesa, ed il silenzio si sta prolungando un po’ troppo. Infatti è Niall a romperlo. «Hey, cosa c’è?» domanda in un sussurro, accarezzandomi un braccio con il dorso della mano. Rabbrividisco a quel contatto, mentre respiro profondamente per convincermi che quello che sto facendo è giusto e assolutamente necessario.
«Niall…» inizio. «Ieri sera…»
Come faccio? Come potrei dirglielo? Purtroppo non c’è un modo più semplice o meno doloroso, c’è solo la cruda verità.
«Quando sono andata in bagno io… Ho incontrato Zayn, ecco», farfuglio, stringendomi nel cappotto.
«Zayn?» ripete lui, stupito.
«Sì, lui è… Un mio amico, credo», spiego, costretta ad improvvisare una definizione. D’altronde non so nemmeno io chi sia Zayn per me.
«Ah», è il suo commento, che lascia trapelare un amaro sospetto.
«Lui…» Le parole non riescono proprio ad uscire dalla mia bocca, perché la paura è troppa: ho paura della sua reazione, di guardarlo negli occhi e dover affrontare il disgusto nel suo sguardo. Eppure questo è il risultato della mia stupida dipendenza da Zayn Malik e devo assumermene la responsabilità.
«Melanie, per favore», mi supplica Niall, attirando il mio sguardo su di sé. Posso già intravedere una sfumatura di preoccupazione nell’azzurro dei suoi occhi, così mi fermo e mi prendo qualche secondo per riordinare i pensieri.
«Ci siamo baciati», dico semplicemente, abbassando lo sguardo.
Il silenzio è così assordante da farmi chiedere se io abbia davvero pronunciato quelle parole o abbia solo sperato di farlo. Eppure Niall non parla, non reagisce, come se stesse aspettando qualcos’altro uscire dalla mia bocca. Cosa potrei dirgli ancora?
«Cosa?» domanda poi in un sussurro. Alzo gli occhi nei suoi e li trovo a fissarmi confusi, mentre la fronte sopra di loro si aggrotta riflettendo lo sforzo del ragazzo nel capire le mie parole. Non mi va di ripeterle, perché in fondo fanno male anche a me e perché dirle ad alta voce è più difficile di quanto pensassi, quindi mi limito ad annuire appena.
«Cos’è, uno stupido modo per farmela pagare?» chiede dopo qualche secondo, alzando di poco la voce. È piena di rabbia, di dolore, ed io me ne accorgo dalla sua intonazione, quella che ormai non è più dolce e comprensiva come al solito.
«No, certo che no. Io-»
«Tu cosa?!» mi interrompe, facendo un passo verso di me.
«Mi dispiace», sussurro, cercando di dimostrargli la mia sincerità. So di essere poco credibile in questo momento, ma è così: a me dispiace di non essere riuscita ad impormi e ad allontanare Zayn, dispiace di aver ferito Niall con la mia debolezza, dispiace di non essere abbastanza risoluta.
A me dispiace di provare qualcosa per Zayn.
«Ti dispiace…» ripete incredulo, tornando calmo all'apparenza e passandosi una mano tra i capelli biondi.
«Io… Non avrei dovuto farlo succedere, assolutamente, e non so perché l’abbia fatto. So solo che è terribilmente sbagliato e per questo ho deciso di dirtelo. Non voglio… Non voglio prenderti in giro», provo a spiegare.
«Mel, tu mi hai già preso in giro!» mi corregge, alzando di nuovo la voce. «Mi hai preso in giro quando sei tornata da me a chiedermi di portarti a casa perché non ti sentivi bene, quando quello era solo il tuo senso di colpa per essere stata con un altro! E per tutta la mattina mi sono preoccupato per te perché pensavo che stessi peggio, mentre  invece tu stavi solo pensando a quel coglione che hai baciato!»
«Stavo solo cercando di capire-»
«Capire cosa? Capire se ti è piaciuto baciare qualcun altro? Allora ti prego, illuminami: qual è la tua conclusione?»
Per un attimo trattengo il respiro a quella domanda, l’unica che avrei preferito non mi facesse: i suoi occhi mi stanno trapassando con qualcosa di simile al disprezzo misto al dolore, ed io so che devo essere sincera. Il mio silenzio, però, sembra avergli già dato la risposta.
Lo vedo accennare una risata incredula mentre infila le mani nelle tasche dei suoi jeans, seguendo il suo tipico vizio. «Davvero, Mel, non capisco. Cosa… Cosa c’è tra te e quello lì? Come… Come siete arrivati a baciarvi? Lui era ubriaco? Ti ha costretta in qualche modo?» chiede, aggrappandosi a quelle speranze.
«No, lui… Non mi ha costretta», confesso, abbassando lo sguardo. «Semplicemente io… Non l’ho fermato», ammetto, mentre il mio cuore scalpita al centro del petto. Probabilmente anche quello stupido organo sta capendo sempre di più quale sia la verità dietro alle parole “Non l’ho fermato”, ed io mi sento sempre più una persona orribile se anche in questo momento penso a Zayn.
Niall rimane in silenzio per qualche istante dandomi l’impressione di star cercando le parole giuste, poi riprende. «È successo altre volte?» domanda a bassa voce. Chiudo gli occhi e prendo un respiro profondo prima di annuire.
«Quante volte?» chiede con un tono più duro di quanto mi aspettassi, che mi porta a tornare a guardarlo.
«Che importanza-»
«Quante?!» ripete, quasi urlando.
Sento le lacrime insistere per uscire mentre gli occhi di Niall si fanno sempre più rabbiosi, sempre più intensi. «Due», sussurro.
A quella risposta Niall tace di nuovo e sposta lo sguardo sulla strada al nostro fianco, dandomi le spalle. Avrei così tante cose da spiegargli, da dimostrargli, ma non ci riesco: non riesco a trovare le parole giuste ed in qualche modo non mi sento in diritto di farlo.
«Niall, ascolta… So di essere stata una stupida, ma so anche che io voglio stare con te. Solo che… Sono così… Confusa…» Mentre pronuncio queste parole, sento qualcosa stonare, come se stessi mentendo inconsciamente.
«Melanie, cosa provi per lui?» mi chiede, ignorando quelle mie parole e distraendomi dai miei pensieri. È ancora di spalle e questo in qualche modo mi facilita le cose, perché i suoi occhi sanno intimorirmi più di quanto vorrei.
«Non lo so», rispondo, abbastanza sicura.
«Cosa provi per me?»
«Io...» Faccio una pausa. «Niall, io voglio stare con te. Ci sto provando, ti ho dato una seconda opportunità perché è quello che desidero: te lo giuro, Zayn… Lui mi confonde, mentre io vorrei solo essere felice con te», ammetto, nonostante io sappia quanto i miei pensieri siano un vero e proprio casino.
All’improvviso lui si gira, mostrandomi uno sguardo leggermente meno furioso, ma più sofferente. «Vorresti, ma a quanto pare ti è un po’ difficile», precisa, mentre io mi limito a fissarlo lasciando che una prima lacrima mi solchi la guancia.
«Sai cosa fa davvero schifo?» chiede subito dopo. «Il fatto che io ti capisca».
Quasi mi si blocca il respiro a quelle parole, ma non rispondo, lasciando che sia lui a continuare e a spiegare.
«Sono davvero incazzato, e deluso, ma una parte di me sa che non ne ho il diritto, perché io so perfettamente cosa ti sta succedendo, perché è quello che è successo anche a me con Kassandra. Fa schifo sapere che tu hai almeno avuto il coraggio di dirmi la verità, a differenza mia, e fa schifo sentire tutto quello che hai provato tu due mesi fa».
«Niall, mi dispiace, davvero», sussurro spontaneamente. Vederlo soffrire per una mia dannata debolezza non era certo quello che volevo.
«Quindi… Cosa succederà ora?» domanda, passandosi di nuovo una mano tra i capelli.
«Non lo so», ammetto. Ed è la verità, perché io non so cosa stia succedendo in me, né quello che proverò nel rivedere Zayn a scuola, cosa succederà tra di noi, né se la sensazione delle sue labbra sul mio collo se ne andrà presto.
Niall si avvicina e mi guarda in un modo incomprensibile: poi alza una mano e mi accarezza delicatamente il volto.
«Io ho fatto la scelta sbagliata due mesi fa», mormora. «Se davvero vuoi stare con me, non fare lo stesso errore».
Un’altra lacrima solca il mio viso, mentre vedo il suo avvicinarsi fino a sfiorare le mie labbra con le sue: il contatto è delicato, quasi timoroso.
«Aspetterò la tua decisione», dice, ancora a pochi millimetri di distanza da me, prima di baciarmi di nuovo.
Non gli rispondo, né mi muovo mentre lo guardo andare via lasciandomi sola sul marciapiede.
Rimango immobile per qualche minuto fissando il punto della strada in cui la sua auto è sparita dietro l’angolo, e solo dopo un po’ mi riscuoto. Cerco frettolosamente il telefono nella tasca del mio cappotto e quando lo trovo digito il numero di telefono di Becka. Ho bisogno di lei, della mia migliore amica: non importa se dovrò confessarle di averle nascosto il mio rapporto con Zayn, voglio solo che mi abbracci e che mi dica che andrà tutto bene.
«Becka, posso venire da te?» chiedo singhiozzando, appena risponde alla chiamata. Odio dover piangere per le mie emozioni, non riuscire a tenerle a bada, essere così confusa da non capire più quello che mi passa per la testa.
«Melanie? Stai piangendo?» domanda preoccupata.
«Per favore…»



 




Heeeeeeeei!
Come state? Spero bene! Stavolta vi ho fatte aspettare un'intera settimana, perchè stranamente sono riuscita a non cedere alla mia scarsa forza di volontà ahhaha La verità è che questo capitolo non mi piace per niente quindi  ho cercato di rimandare la sua pubblicazione ahaha Scusatemi se non è quello che vi aspettavate! Immagino che avreste voluto leggere di Zayn e Melanie, ma per quello dovrete aspettare il prossimo :) 
Come avrete visto, Melanie ha deciso di fare la cosa giusta: essere sincera con Niall e raccontargli tutto. Sì, lei è molto timida etc etc, ma imparerete a conoscere la sua risolutezza, in alcune situazioni :) Ovviamente l'irlandere ci è rimasto male, ma non può incazzarsi più di tanto perchè anche lui ha provato questa sorta di confusione di sentimenti (?) Quindi le lascia l'opportunità di decidere e di fare chiarezza :)
Mel dall'altra parte ha finalmente capito che non può sfuggire a Zayn, anzi, è convinta di esserne dipendente... Mentre scrivevo è questa la parola che mi è sembrata più adatta per descrivere come lei si sente: in fondo è vero, Mel è praticamente abbandonata a Zayn, quando c'è lui non capisce più una ceppa. Voi cosa ne pensate? 
Vi prometto che questa storia del triangolo si risolverà presto ahahha

Pooooi, vorrei ringraziarvi immensamente perchè siete fantastiche, meravigliose, stupende, gentilissime, super disponibili, divertenti e chi più ne ha più ne metta! Continuate a seguire in moltissime questa storia e avete lasciato 22 recensioni allo scorso capitolo, 22! Cioè, una cosa pazzesca!!
Aaaah a proposito :) Leggendo quella della bella tanger_gin mi ero ripromessa di farne leggere a tutte voi un pezzo: mi è piaciuto tantissimo e lo trovo molto adatto a Zayn e Melanie (Grazie di tutto Gin :3)

«E poi, SBEM, arriva Zayn. Zayn, che come un uragano, o un fuoco, o una qualsivoglia calamità naturale,
getta su Mel (così come su di noi) tutto quello che prova, tutte quelle sensazioni ed emozioni contrastanti,
tutto questo desiderio che pare diventato ormai quasi una necessità di averla con lui.
E Mel non può far altro che cedere a quel turbinio incomprensibile nel quale l'ha coinvolta Zayn,
anche se adesso si trova a fare i conti non solo con i suoi sentimenti, ma con un senso di colpa ancora più pesante.«


Bene, ora vi lascio con la solita gif e vi saluto!
Ah, un'ultima cosa :) Lunedì ho pubblicato una nuova FF «Unless you show me how»:  se aveste voglia di farmi sapere cosa ne pensate mi farebbe davvero piacere 

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Capitolo 12
*** Melanie, look at me ***




Melanie, look at me
 

È dal momento in cui mi sono svegliata che devo fare i conti con una certa agitazione dentro di me: continuo a chiedermi cosa succederà oggi, perché è lunedì e il lunedì si torna a scuola. E a scuola c’è Zayn, lo stesso Zayn con cui ho avuto un incontro ravvicinato sabato scorso, lo stesso Zayn con il quale non so come dovrò comportarmi.
Mentre varco i cancelli della scuola, stringendo al petto alcuni libri, ripenso a quanto sia imprevedibile per me quel ragazzo: certo, mettendo Aaron sotto interrogatorio ho scoperto che Zayn ha diciannove anni, che è di origini Pakistane, che è all’ultimo anno del liceo perché è stato bocciato ed altri piccoli dettagli insignificanti, ma per il resto rimane un completo mistero per me. Non so cosa aspettarmi da lui, né quali siano le sue intenzioni, e d’altronde non conosco nemmeno le mie.
«Tesoro, eccoti qui!» squilla la voce del mio amico, attirando la mia attenzione. Impegnata com’ero a scrutare i corridoi per scovare un certo qualcuno, non mi sono nemmeno accorta di Aaron a qualche metro da me. Gli sorrido mentre gli vado incontro e lo stesso faccio con Becka, al suo fianco.
«Allora, come stai?» mi chiede, scompigliandomi i capelli.
«Bene, voi?» rispondo un po’ impacciata. Sento lo sguardo di Becka su di me e posso dire con certezza che non sia molto accogliente.
«Non mi lamento», risponde secca lei. «Ma sono ancora arrabbiata con te, sappilo», decreta, guardando poi oltre di me con fare altezzoso e tamburellando con un piede a terra. So benissimo che è il suo modo di dimostrarmi quanto le sia dispiaciuto che io le abbia tenuto nascosto il mio “trascorso” con Zayn, quindi devo solo aspettare che le passi.
Quando ieri sono andata a casa sua, mi ha ascoltata blaterare senza interrompermi, spalancando appena gli occhi nel sentire dei baci rubati tra me e il ragazzo dalla pelle ambrata: si è limitata ad accarezzarmi la schiena durante tutto il mio racconto, lasciando che mi sfogassi, ed io ho apprezzato la sua reazione. Sono convinta che in un’altra situazione me ne avrebbe dette di tutti i colori, ma evidentemente il vedermi così scossa le ha imposto dei freni: solo dopo, quando mi ero ormai calmata, ha commentato l’accaduto. Mi ha ripetuto quanto Zayn non le piaccia e quanto io sia stata stupida a farmi abbindolare, soprattutto dal momento che lui sta con Andrea - cosa che, secondo lei, spiega molte cose sul suo conto; mi ha fatta sentire in colpa quando, con occhi leggermente delusi, mi ha chiesto come mai non le avessi detto niente; non ha nascosto una certa soddisfazione nel sapere della svolta nel rapporto tra me e Niall, data la sua antipatia irrefrenabile nei suoi confronti; ma si è dimostrata fiera di me, quando mi ha fatto i complimenti per essere stata sincera con lui.
«Cosa mi sono perso?» chiede Aaron, smarrito, guardando prima me e poi la mia amica. Mi sono proprio dimenticata di raccontargli quello che è successo, quindi «Oh, te le spiego dopo», lo rassicuro.
«Anche se a lui avrai meno da raccontare, non è così?» si intromette Becka. Sì, perché il fatto che io abbia preferito parlare con lui di Zayn l’ha infastidita abbastanza.
«Avanti, Beck, ti ho già chiesto scusa: per quanto tempo ancora vorrai rinfacciarmelo?» le chiedo esasperata. Ho apprezzato molto quello che ha fatto per me ieri, ma non pensavo che avrebbe continuato a tenere il muso così a lungo.
«Be’, fino a quando ne avrò voglia», risponde piccata, incrociando le braccia al petto. I suoi occhi scuri si assottigliano, guardandomi quasi con sfida, e so che questa espressione non sta a significare vero e proprio rancore: la mia migliore amica è solo… Indispettita, e come tutti gli spiritelli che si rispettino, sta tirando fuori gli artigli.
«Ragazze, potete-»
«Melanie».
Una voce profonda interrompe le parole di Aaron e qualcosa in me si muove, innescando un vero e proprio terremoto quando la riconosco in quella di Zayn. I miei amici, davanti a me, hanno gli occhi puntati alle mie spalle: Becka ha qualcosa di simile all’odio dipinto sul viso, mentre Aaron è più incuriosito e stupito.
Respiro profondamente e mi volto, non del tutto pronta ad incontrarlo: in piedi di fronte a me, Zayn mi sovrasta con i suoi centimetri di altezza in più. Il suo maglioncino blu scuro gli sta un po’ largo e la sua mano destra è impegnata a trattenere lo zaino sulla spalla. Ha gli occhi puntati nei miei prepotentemente, come se fossero nati per quello e non potessero farne a meno, come se ne avessero tutto il diritto: sento già le mie guance arrossire mentre per qualche secondo ci limitiamo a guardarci, e mi chiedo come mai abbia questa espressione tesa sul volto, al posto del sorriso che ho ormai capito essere il mio punto debole.
Più volte ho cercato di immaginare cosa avrei provato nel rivederlo, ma nessuna delle mie ipotesi si avvicina anche solo lontanamente al caos che mi sta travolgendo mentre lo guardo negli occhi.
«Posso parlarti?» chiede, per poi lanciare un veloce sguardo ai miei due amici. «In privato», precisa.
«C-certo», sussurro, quasi spaventata da quelle parole. Zayn annuisce ed io deglutisco, come se così facendo potessi mandare via il groppo che mi si è formato in gola.
«Ok, allora noi… Noi andiamo, eh? Ci vediamo dopo», dice Aaron dietro di me. Quando mi volto, lo vedo con le mani sulle spalle di Becka, intenta a  fulminare con lo sguardo il ragazzo che ci ha interrotti: sono quasi sicura che potrebbe tirargli un pugno da un momento all’altro. Senza un reale movente: solo così, per sicurezza.
«A dopo», dico semplicemente, rivolgendo un sorriso intimorito ad entrambi.
«Già, a dopo...» borbotta Becka poco convinta, mentre Aaron la trascina via. La vedo voltarsi verso di me ancora una volta prima di scomparire dietro l’angolo del corridoio, poi torno a concentrarmi su Zayn.
Lui mi chiede di seguirlo con un cenno del capo, quindi lo accontento: cammino al suo fianco senza guardarlo e senza nemmeno cercare di capire dove mi stia portando. C’è qualcosa di strano tra di noi, oggi, e non sono sicura che sia solo imbarazzo per quello che è successo l’ultima volta che ci siamo visti: le mie mani continuano a stringere i libri al mio petto, come se aggrappandomi a loro potessi restare calma e non lasciarmi andare ai brividi che la vicinanza di Zayn mi provoca.
Senza che me ne renda conto, sto guardando le sue spalle contrarsi mentre apre la porta della biblioteca, il posto in cui ci siamo conosciuti: la tiene spalancata per lasciarmi entrare ed io lo faccio con un vago timore, seguendolo poi tra gli scaffali di libri. Sento una fitta all’altezza del petto quando intravedo il punto esatto in cui le nostre labbra si sono sfiorate per la prima volta, ma mi costringo a non pensarci per evitare che il rossore torni a far visita alle mie guance.
Arriviamo ad un tavolo rotondo circondato da poche sedie, che forse solo io ho utilizzato nel giro di mesi, e lo vedo abbandonare il suo zaino su una di esse prima di appoggiarsi al bordo del tavolo con le gambe incrociate. Tira fuori una sigaretta, ma prima di avvicinarla alla bocca alza lo sguardo su di me: «Ti dispiace?» chiede. Sono le prime parole scambiate tra di noi da quando mi ha chiesto di parlare, e quasi mi stupiscono.
Scuoto la testa, abituata a questo suo vizio, e lo osservo aspirare il fumo nei suoi polmoni, con gli occhi ridotti a due fessure e contornati dalle ciglia scure. È quando mi concentro sulle sue labbra che sento il mio cuore dimenarsi al centro del petto: tutte le sensazioni provate nei bagni del Red’s, tutte quelle che fino ad ora sono rimaste nascoste nella parte più profonda di me, sembrano esplodere: sono troppo vivide ed intense per non significare nulla. Mi è impossibile non ricordare quanto la sua bocca rosea sia morbida e delicata, quanti brividi mi abbia provocato solo sfiorandomi. E da quei ricordi ne nascono mille altri, uno per ogni contatto tra il mio corpo e quello di Zayn, una per ogni sguardo e per ogni sussurro.
Ho sperato fino all’ultimo minuto che rivederlo non mi facesse nessuno effetto, ma a quanto pare la speranza non è sufficiente quando si tratta di lui.
Incapace di stare ad ascoltare ancora la cruda verità, mi muovo per posare i libri sul tavolo: non so cosa fare, né cosa dire. Zayn vuole parlarmi, ma di cosa? Anzi, la domanda giusta è: con quale intento?
Rimango in piedi al suo fianco, ascoltandolo fumare e analizzando ogni particolare del suo viso: il mio corpo freme per entrare di nuovo in contatto con il suo, ma non è il caso né il momento, quindi per qualche minuto regnano il silenzio e l’immobilità, tra di noi. Sembra quasi innaturale questa situazione, come se Melanie Clarke e Zayn Malik non siano fatti per stare semplicemente l’una accanto all’altro.
Mi dispiace Niall, ma credo di avere già scelto, è il pensiero improvviso che si fa spazio in me.
Non ho il tempo di rifletterci su, però, perché Zayn ha finito la sigaretta e si è allontanato per buttare quello che ne rimane: quando torna da me, fissa i suoi occhi scuri nei miei.
 
Mi guardo un po’ intorno, stringendomi nelle spalle mentre aspetto che dica qualcosa: quest’attesa e questo silenzio, interrotto solo dal suono della campanella che annuncia l’inizio delle lezioni, sono snervanti.
«Scusa», dice semplicemente, cogliendomi di sorpresa.
Batto le palpebre più volte, cercando di fare chiarezza, ma sono costretta a chiedere flebilmente: «Per cosa?»
«Sabato sera è stato un errore», spiega senza esitare, troppo diretto. «Non avrei dovuto seguirti in quel bagno, né baciarti o… Dirti quelle cose».
Le sue parole rimbalzano da una parte all’altra della mia testa mentre mi sforzo di capirle: non posso nascondere a me stessa che facciano male, in un certo senso. Ha definito quello che è successo un errore, e lo so, so che anche io ho pensato che fosse sbagliato, ma sentirlo da lui ha un effetto su di me che non mi sarei mai aspettata. In qualche modo speravo che per lui fosse diverso, forse perché avevo iniziato a convincermi che lo fosse anche per me.
«Ah…» sussurro, senza sapere cos’altro dire. Il battito del mio cuore intanto ha accelerato leggermente.
«Vorrei che dimenticassi quello che è successo», continua, approfondendo la sensazione spiacevole che mi sta pervadendo. «Andrea non se lo merita, e nemmeno il tuo ragazzo».
«Lui non è più il mio ragazzo», dico senza pensare. Mi immobilizzo subito, rendendomi conto delle parole che sono uscite dalla mia bocca e della sicurezza con la quale le ho pronunciate: sono state così istintive, così spontanee, da sembrarmi semplicemente giuste. Nonostante non siano del tutto vere, sembrano terribilmente giuste.
Zayn mi guarda confuso corrugando la fronte, mentre io ripenso al suo desiderio: non voglio dimenticare quello che è successo ed il fatto che me l’abbia chiesto è doloroso. Soffermarmi troppo su questa sensazione, però, non mi sembra una buona idea, quindi cerco di dire qualcosa. «Io… Gli ho detto di quello che è successo», spiego, abbassando lo sguardo sulle mie scarpe.
In questo momento mi sento una stupida: sento come se non fosse valsa la pena raccontare tutto a Niall, come se Zayn non se lo meritasse. Il che è strano, perché pensavo di averlo fatto per me, per fare la cosa giusta, non per… Zayn. E lui mi sta chiedendo di dimenticare tutto appellandosi ad un concetto di giustizia abbastanza insensato, come se l’avesse mai considerato una motivazione valida. Si sta scusando per avermi detto quelle cose a cui ora non so nemmeno se posso credere: per quale motivo?
«Mi dispiace», esclama, attirando di nuovo su di sé il mio sguardo. Il suo non è freddo, ma è così distante da farmi sentire a disagio. Non so perché io continui a scrutare ogni sua più piccola espressione, forse sono solo troppo confusa da quello che sento, forse sto aspettando speranzosa che mi dica che sta scherzando.
«Perché?» gli chiedo, senza riuscire a trattenermi. Sono stanca di essere un burattino nelle sue mani, di non riuscire a capire cosa pensi realmente. Lo ammetto, non mi aspettavo che dopo sabato sera lasciasse Andrea e dichiarasse amore eterno a me, ma non mi aspettavo nemmeno che volesse far finta di niente. Insomma è… Ingiusto, no?
«Perché cosa?» domanda, facendo un passo nella mia direzione. Il metro che ci separa mi conforta, perché so che se la distanza fosse minore non riuscirei a mantenere la concentrazione necessaria per affrontare questo ragazzo.
«Perché dovrei far finta di niente?» ripeto. «Perché vuoi che faccia finta di niente? Tu… Non ti è mai importato del fatto che io stessi con Niall, quindi perché ora lo tiri in ballo? Né la tua storia con Andrea è mai sembrata un problema». Faccio una pausa, mentre lui mi osserva stupito,  e poi riprendo racimolando un po’ di coraggio e stringendo i pugni. «Hai detto di volermi», gli ricordo sottovoce, vinta dall’imbarazzo. «Che sei… Geloso. Mi hai baciata, di nuovo. Perché ora mi stai chiedendo di far finta di niente?»
Zayn serra la mascella, ma non esita nel rispondere. «Perché non avrei dovuto farlo».
«Be’, nemmeno io, eppure… Eppure è successo», esclamo, distogliendo nuovamente lo sguardo. Sono arrabbiata, perché continua a ripetere le stesse parole come un disco rotto, e perché non capisco come mai questo mi faccia arrabbiare.
«Allora facciamo in modo che non succeda più», dice dopo qualche secondo, facendo accelerare il ritmo del mio respiro. Non voglio guardarlo negli occhi, non voglio scoprirci della sincerità, quindi abbasso le palpebre ed inspiro profondamente. Deve smettere di decidere per tutti e due, di fare quello che gli pare, ed io devo smettere di permetterglielo.
«No», mi impongo. Gli occhi fissi sul pavimento ai miei piedi.
«Cosa?» chiede, mentre lo sento avvicinarsi a me.
«No», ripeto a voce più alta, cercando di farmi sentire. Quando finalmente alzo lo sguardo su di lui, lo trovo più vicino di quanto non sperassi e per un attimo mi manca il fiato. Cerco di trattenere la sicurezza e la risolutezza che mi servono, in modo da impedire a Zayn di indebolirmi con la sua vicinanza. «Non puoi fare così», esordisco. «Non puoi… Non puoi baciarmi quando vuoi, comportarti come vuoi e poi decidere da un momento all’altro che sarebbe meglio far finta di niente. Da quando sei tornato qui a Bradford non hai fatto altro che… Confondermi: mi hai scombussolata, hai praticamente mandato all’aria la mia storia con Niall, e ora vuoi semplicemente dimenticare tutto. Non… Non è giusto».
Il mio petto si sta alzando e abbassando più velocemente di quanto non voglia, mentre Zayn sembra essere più tranquillo che mai: non ha il diritto di entrare e uscire dalla mia vita come meglio crede, o forse semplicemente non voglio che ne esca.
«Tu invece non puoi parlarmi come se fosse solo colpa mia, come se tu non c’entrassi niente. Non ti ho chiesto io di raccontare tutto al tuo ragazzo», ribatte, con un tono più duro, quasi nervoso. «Non ti ho mai chiesto né promesso niente, lo sai bene».
«No, certo, non mi hai promesso niente», rispondo piccata, ritrovando la sicurezza che le sue parole mi hanno tolto per qualche secondo. «Ti sei limitato a divertirti con me: che bisogno c’era di fare delle promesse?» La mia voce è più decisa, più alta, ma dentro di me sto crollando.
«Non… Non mi sono divertito con te», precisa con una punta di rabbia, calcando con quello che sembra disprezzo la parola usata da me ed avvicinandosi ancora. I suoi occhi sono più scuri del solito, più intensi del solito, e mi intimoriscono.
Trasalisco quando mi rendo effettivamente conto di quanti pochi centimetri ci siano a dividerci, e continuo a non capirlo, ad essere arrabbiata, quasi ferita.
«Qualsiasi cosa tu abbia fatto, non vuoi ripeterla», sussurro. «Quindi a cosa serve precisare?» Non so da dove provenga questa mia spavalderia, né da dove tiri fuori le parole: arrivano spontanee, impazienti di uscire dalla mia bocca, ed in un certo senso sono liberatorie. «D’altronde non l’hai mai fatto: hai sempre tenuto tutto per te, qualsiasi cosa succedesse, come se io non avessi alcun diritto di sapere. Tu… Non mi hai mai spiegato nulla, sei sempre rimasto a distanza, e anche stavolta non ti sei smentito».
Gli occhi di Zayn bruciano su di me, li sento ovunque, li sento penetrarmi e arrivare fino alle mie ossa: sono così insistenti, così attenti, che fatico anche solo a respirare per  paura che capiscano come io stia realmente. Ho bisogno che dica qualcosa, ma si limita a guardarmi, facendomi arrossire per l’ennesima volta.
«Melanie…» mormora, con un tono di voce indecifrabile. I miei occhi concentrati sulle cuciture del suo maglione.
«Zayn, dimmi solo… Pensi davvero le cose che mi hai detto in quel bagno?»
Credo di avere il diritto di sapere almeno questo: ne ho bisogno e non penso sia una richiesta troppo esigente. Il mio cuore batte più forte nell’attesa della risposta, forse per paura, forse per speranza, ma i secondi passano e Zayn non risponde, lasciandomi indecisa su come interpretare il suo silenzio.
Chiudo gli occhi inspirando, quando la sua voce arriva alle mie orecchie. «Non è questo…» dice, lasciando la frase in sospeso.
Come sempre, non è disposto a darmi una risposta, ed io sono stanca di stare ai suoi giochetti.
«Melanie, guardami», ordina, alzandomi il viso con un dito sotto il mio mento. I miei occhi sono costretti a tuffarsi nei suoi e a restare scoperti ed indifesi: ho paura che come al solito esprimano troppo bene quello che provo.
«Vuoi… Vuoi davvero che io dimentichi quello che è successo?» domando ancora, pensando che in realtà non saprei nemmeno come fare.
Zayn spalanca impercettibilmente gli occhi e per qualche secondo mi fissa intensamente: a cosa sta pensando? Pagherei oro per scoprirlo, per poter entrare nella sua testa e leggere ogni suo più piccolo pensiero, ogni sfumatura del suo carattere. Invece è tutto mascherato dalle sue iridi scure, che fungono quasi da barriera.
«Voglio che tu dimentichi quello che è successo», sussurra infine, indurendo la sua espressione.
Non sono sicura di aver realmente notato un velo di dispiacere e di forzatura nei suoi occhi: per quanto ne so, potrebbe essere l’ennesimo mio tentativo fallito di capirlo. Quello di cui sono certa è che ha espresso nuovamente quella volontà, dandomi il colpo di grazia.
Abbasso le palpebre, come se non vederlo potesse aiutarmi, e chino il capo mentre la sua mano torna lungo il suo corpo.
»Ok», è la mia risposta, appena mormorata ma fin troppo udibile nel silenzio di questa biblioteca. Posso persino percepire ogni respiro di Zayn, mentre la mia respirazione accelerata mi consiglia di allontanarmi da lui.
Mi muovo e mi preoccupo di recuperare la borsa e i miei libri dal tavolo, mentre sento il suo sguardo fisso su di me: le mie mani tremano leggermente per quello che è appena successo, dimostrando ancora una volta le mie emozioni. Non dovrei sentirmi così, perché alla fine tra me e questo ragazzo non è mai iniziato qualcosa di reale: eppure è come se fossi vuota, priva di energie.
Non lo guardo mentre mi allontano a passi svelti cercando di sfuggire ai suoi occhi, e questa volta mi stringo i libri al petto per evitare di tremare ancora di più. La biblioteca non mi è mai sembrata tanto immensa e quasi sussulto quando mi sento richiamare: i miei piedi continuano a muoversi mentre sento i passi accelerati di Zayn alle mie spalle, probabilmente perché sanno meglio di me che ho bisogno di andarmene immediatamente. Si fermano, però, quando una mano si avvolge intorno al mio braccio, pietrificandomi.
Apro gli occhi solo quando percepisco la sua presenza davanti a me: è troppo vicino, troppo per me perché possa sopportarlo in questo momento.
I suoi occhi si muovono velocemente su ogni particolare del mio volto e la sua mano gli si avvicina per sfiorarlo appena, facendomi rabbrividire. È immobile, davanti a me, con le sue iridi scure incatenate alle mie: una parte del mio inconscio spera con tutta se stessa che Zayn dica qualcosa, che si rimangi gli ultimi minuti passati insieme; un’altra si sta disperando mentre cerca di capire quali siano i miei sentimenti; e un’altra parte ancora continua ad urlarmi di andarmene.
Zayn però non dice niente, non una parola, ed io sento la presa intorno al mio braccio allentarsi gradualmente: forse il mio sguardo parla chiaro, come al suo solito, anche se nonostante tutto sono ancora qui. Sono ancora vicina a lui, aspettando una sua mossa, così come è sempre successo tra di noi: non capisco nemmeno perché mi abbia fermata se non ha niente da dirmi.
«Per favore, Zayn», sussurro, con tono implorante. «Smettila di…»
Di?
«Smettila!» ripeto a voce più alta, mentre mi divincolo dalla sua presa per uscire velocemente dalla biblioteca.
Smettila di confondermi.
Smettila di tenerti tutto dentro.
Smettila di guardarmi così.
Smettila di farmi sentire impotente.
Smettila di avere questi sbalzi di umore.
Smettila, per favore.



 




 
Heeeeeeeeeeeeeeeei! Innanzitutto: sì, sono in anticipo (sai che novità), ma solo perché le belle Alessia e Sara (che ho incontrato domenica c:) hanno intaccato
la mia forza di volontà ahha quindi ringraziate loro! 
Coooomunque: tan tan taaaaaaaaaaaaaaaan! Zayn si è rinconglionito! Lo so che in questo momento mi state odiando, lo so, e so anche che me ne direte di tutti i colori nelle recensioni ahaha ma vi vorrò bene lo stesso. Be’, che dire? Andiamo in ordine: Becka si è un po’ arrabbiata, come è giusto che sia, ma nemmeno più di tanto. Aaron continua a stare nel suo mondo fatato di unicorni e arcobaleni, visto che non sa niente di quello che è successo ahhah E poi arriva Zayn con le parole più preoccupanti che qualcuno possa mai dire: Posso parlarti? D:
In biblioteca lui e Mel rimangono un po’ in silenzio, e lei si accorge ancora di più dell’effetto che il bel pakistano ha su di lei, tanto che si ritrova a pensare alla scelta che prima o poi dovrà fare, senza nemmeno averne l’intenzione :) come dire, l’incoscio ha sempre ragione :)
Poi BAM: Zayn le chiede di dimenticare tutto con annessi e connessi, e finalmente Melanie chiede spiegazioni, cerca di imporsi (anche se non ci riesce pienamente), nonostante non riesca ad ottenere delle vere e proprie risposte da lui! Non scendo nei dettagli del loro discorso, perché mi piacerebbe che me ne parlaste voi: ripeto, attenzione alle parole che usa Zayn c:
Alla fine lui la rincorre ma non spiccica una parola, il che è un problema dato che Mel si rompe le palle e se ne va! Quindi ora cosa succederà? 
Lei in teoria aveva iniziato ad avvicinarsi a Zayn, ma lui ha troncato tutto da un momento all’altro!
Tornerà con Niall? Boh, chi lo sa? Aspetto le vostre ipotesi!
 
Momento ringraziamenti e cazziatone u.u
Ringraziamenti perché come sempre siete meravigliose e le vostre recensioni mi riempiono di gioia! Inoltre adoro anche tutte le lettrici silenziose!
Cazziatone perché COME DIAVOLO VI SALTA IN MENTE DI SMINUIRE LE VOSTRE RECENSIONI?!
Non voglio leggere cose del tipo: “In confronto a quelle delle altre la mia è una cacchetta etc etc”
Insomma, a me piacciono tutte! Dalla prima all’ultima! Anche e soprattutto perché sono tutte diverse!
Quindi non ditelo c:
 
Be’, per il resto non ho molto altro da dire!
Vi lascio il link alle altre mie storie se volete dare un’occhiata :)
Unexpected” (FF completa):
 http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1220989
Unless you show me how” (FF): http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1696804
See you soon” (OS su Harry): http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1601116&i=1

 

Solita gif di Zayn e vi saluto!!

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Capitolo 13
*** You made me feel good ***




You made me feel good
 

La casa di Aaron è invasa da un placido silenzio, dato che tutta la sua famiglia è uscita per delle compere: gli unici rumori sono quello della piccola palla da basket che lui si sta divertendo a lanciare contro il canestro in miniatura, e le parole appena accennate della canzone che Becka sta canticchiando tra sé e sé, mentre si concentra a mettersi lo smalto sulla mano sinistra.
Io, dal canto mio, sono distesa a pancia in su sul letto del mio amico con gli occhi fissi sul soffitto sopra di me: mi sono incantata a seguire attentamente una leggera crepa che si allunga per circa mezzo metro con un’andatura irregolare, ed i miei pensieri sembrano essere altrettanto incostanti.
«Hey, che diavolo fai?» sbotta spazientita Becka, facendomi quasi sobbalzare. Sposto lo sguardo su di lei, appollaiata su una sedia al fianco del letto: sta fulminando con lo sguardo Aaron, intento a raccogliere la palla che probabilmente le è andata a finire addosso per sbaglio. Quando è di nuovo tra le sue mani, rivolge un sorriso divertito alla nostra amica e fa finta di tirargliela di nuovo, facendola sussultare.
«Allontanati da me»,” borbotta lei, quando Aaron le si avvicina per abbracciarla affettuosamente.
«E dai, dammi un po’ d’amore», insiste lui, stringendola scherzosamente mentre Becka si dimena tra le sue braccia.
«No, non ci provare nemmeno», lo ammonisce ridendo, quando lo sente solleticarle i fianchi, il suo punto debole. Sorrido nel vedere la loro piccola lotta, ma ricomincio a guardare il soffitto quando Aaron torna ai suoi canestri e Becka alle sue unghie.
È passato un giorno da quando io e Zayn abbiamo parlato, ma il mio stato d’animo è sempre lo stesso: nella mia testa esiste solo la confusione, soprattutto quando il volto del moro e quello di Niall si sovrappongono per mettermi ancora di più in difficoltà. La verità è che penso che questo caos dentro di me sia solo un modo per non accettare la realtà, quella che si sta delineando sempre più chiaramente: per quanto io non possa capirne il motivo, Niall non appare più come la persona con cui voglio stare.
Sospiro sonoramente e mi porto il cuscino sulla faccia, emettendo un suono infastidito.
«Mel, sai a cosa stavo pensando?» chiede Becka, con un tono concentrato. Già me la immagino con i capelli rossi disordinati che le ricadono sul viso, mentre con la lingua si lecca le labbra e si impegna a non sbavare lo smalto blu.
«No», rispondo senza muovermi, con la voce ovattata a causa del cuscino.
«Un momento: stavi pensando?» si intromette Aaron, innescando la reazione della ragazza che, dal suono che ho sentito, devi avergli tirato uno schiaffo da qualche parte.
«Stavo pensando che magari tu hai sempre pensato di voler stare con Niall, ma in realtà non è mai stato così. Voglio dire, forse eri e sei legata solo al suo ricordo».
Corrugo la fronte a quella teoria, ma Aaron dà voce ai miei dubbi. «Non ho capito», dice infatti.
«Tutti sappiamo quanto tu stessi bene con Niall prima che succedesse quel casino con Kassandra: probabilmente quando si è ripresentato a casa tua, hai visto la possibilità di tornare ad essere così felice e l’hai perdonato senza troppi problemi. Non sto dicendo che tu non tenga a lui, ma forse non tieni a lui in quel senso: non ti sei mai chiesta perché tu non abbia mai dubitato della sua sincerità?»
Mi tolgo il cuscino dalla faccia e sposto lo sguardo sulla mia amica: i suoi occhi scuri mi fissano interrogativi mentre io rielaboro la sua ipotesi.
«Insomma, se tu avessi davvero voluto stare con Niall avresti avuto paura che ti prendesse in giro un’altra volta: invece non è stato così, sei sempre stata tranquilla. Lui ti ha spiegato le sue motivazioni, tu hai subito eliminato tutti i tuoi dubbi e pace fatta. Avrebbe potuto mentire spudoratamente e tu nemmeno te ne saresti accorta: forse perché non ti interessava così tanto?»
«Io…» sussurro confusa, mettendomi seduta sul letto con le gambe incrociate. «Pensi che sia possibile?» chiedo, guardandola speranzosa. Quella eventualità sembra fin troppo reale per non essere considerata: tutte le parole della mia migliore amica si sono cementate dentro di me, riportando la mia mente ad ogni momento con Niall. Pensandoci bene, mentre ero in sua compagnia, ho ricordato spesso quanto mi fossero mancate certe sensazioni, certi gesti: che mi importasse solo del suo ricordo, che volessi solo stare bene con lui come un tempo?
L’idea di essere stata così egoista e cieca mi disgusta.
«Cavolo, Beck, da dove tiri fuori questi discorsi filosofici?» domanda Aaron, avvicinandosi a noi. «Ed hanno anche un senso!»
«Perché, avevi dei dubbi? I miei ragionamenti hanno sempre un senso», ribatte lei sorridendo beffarda, per poi tornare con lo sguardo su di me.
«Se fosse davvero così…» esclamo. «Be’, questo spiegherebbe come mai Zayn… Come mai io non lo abbia mai respinto, nonostante stessi con Niall».
Spiegherebbe un sacco di altre cose in realtà, ma devo esserne sicura fino in fondo, perché non posso tornare da Niall per poi accorgermi di non volerlo. Forse quello che provo per lui è semplicemente affetto: in fondo gli voglio bene, sto bene in sua compagnia e non mi fa mancare niente, ma a rifletterci su non sento quella scarica di adrenalina che dovrei percepire quando mi sfiora. Il suo è un tocco piacevole, familiare: ed è questo ad essere sbagliato, perché non dovrebbe essere familiare, dovrebbe essere emozionante, mozzafiato, dovrebbe essere… Come quello di Zayn.
«Sì, se è così che vuoi metterla», risponde Becka, un po’ riluttante all’idea di Zayn.
«Ecco, parlando di lui», comincia Aaron, «io credo che possa succedere di mettere gli occhi su qualcun altro mentre si è già occupati, ma non penso sia normale lasciarsi coinvolgere così tanto. E tu sai che anche a me lui non piace, ma devo ammetterlo: ti ha proprio rincoglionita».
Spalanco gli occhi a quelle parole, lasciandomi scappare un sorriso divertito.
«E tu sei Melanie Clarke, di solito non ti rincoglionisci», riprende con allegria. «Sai sempre quali sono le cose giuste da fare, le cose adatte da dire. Mentre con lui sei un pesce fuor d’acqua, completamente diversa: non credi che sia questo l’effetto che debba avere su di te la persona che davvero ti interessa?»
«Aaron! Hai detto che Zayn non ti piace, ma la stai spingendo direttamente nelle sue grinfie!» lo rimprovera Becka, vedendo allontanarsi il suo unico alleato nella campagna contro Malik.
«Nelle sue grinfie?» ripeto indispettita. «Non è un mostro», cerco di difenderlo. È estenuante essere l’unica a non credere a quelle voci, nonostante io non sappia molto su di lui, e non avere l’appoggio dei miei migliori amici è ancora peggio.
«Questo è tutto da vedere», ribatte lei, chiudendo il tubetto dello smalto con attenzione, per poi muovere velocemente le mani per farlo asciugare sulle sue unghie.
«Ecco, diciamo che dovresti risolvere anche la questione Zayn Malik», sospira Aaron. Sbuffo e mi lascio cadere di nuovo sul letto: lo so.
«La fai facile tu», gli dico. «Quel ragazzo è peggio di una ragazza con le mestruazioni. Vi ho detto cosa è successo ieri, cosa mi ha detto, e poi? Avete visto anche voi come mi ha guardata all’uscita e come mi ha guardata oggi. Io… Non lo capisco affatto», concludo esasperata, mentre gli occhi di Zayn si dipingono nella mia mente. Non riesco ad allontanare la sensazione di averli addosso, insistenti come sempre: quando li ho incrociati dopo il nostro incontro in biblioteca sembravano volersi rimangiare tutto quello che ci eravamo detti, erano molto simili a quelli che mi avevano catturato nei bagni del Red's. E questo mi confonde ancora di più.
«Ti ha guardata come uno che vuole entrarti nelle mutande, ecco come ti ha guardata», precisa Becka. Questa sua convinzione mi fa arrossire, mentre mi copro il viso con le mani, intenzionata a non rendere visibile ai miei amici la mia reazione.
«Te lo dico io che è così», continua lei. «Ed è per questo che dovresti stargli alla larga. Poi non dimentichiamoci che sta con quella lì, qualsiasi sia il loro rapporto, e di certo tu non vuoi che si ripeta quello che è successo con Kassandra, non è così?» mi ricorda, facendomi deglutire a vuoto. In effetti non ho mai pensato all’eventualità che Zayn possa essere un doppiogiochista: cosa mi impedisce di farlo?
«No che non voglio», sussurro, ammettendolo a me stessa.


 
Oggi fa più freddo del solito e di sicuro il tutto è reso meno tollerabile dallo sbalzo di temperatura che esiste tra i quattromila gradi all’interno della scuola ed il gelo artico al di fuori. Vorrei potermi infilare un altro giubbotto se solo lo avessi, perché nemmeno il mio fidato sciarpone di lana grigia riesce a tenermi al caldo: sospiro profondamente mentre penso che dovrò arrivare a casa a piedi, probabilmente trasformata in un ghiacciolo.
Becka oggi aveva lezione solo fino all’ora di pranzo, mentre Aaron è rimasto a casa per un raffreddore che ha enfatizzato la sua poca voglia di venire a scuola: quindi, completamente sola, scendo i gradini dell’entrata della scuola. Mi guardo intorno, sfregando le mani per creare un po’ di calore, e cerco di rimanere impassibile quando incontro Zayn: appoggiato ad un muretto a qualche metro da me, sta fumando indisturbato, nonostante i suoi occhi siano fissi su di me per l’ennesima volta. Non ci salutiamo nemmeno più e questo provoca una spiacevole sensazione dentro di me.
Distolgo subito lo sguardo ed esco dai cancelli, ma appena inizio a percorrere il marciapiede che mi porterà più vicina a casa, scorgo Niall.
È in piedi a pochi passi da me, le guance rosse per il freddo e le mani infilate nel suo solito cappotto verde militare: mi fermo, stupita dalla sua presenza, e lo guardo per qualche secondo senza sapere bene cosa fare o dire. Dopo il discorso di ieri, con Aaron e Becka, ho pensato molto al da farsi e ho deciso che sarebbe stato meglio parlare al più presto con Niall: eppure ora è qui ed io ho perso tutta la mia risolutezza.
«Non ce la faccio più», dice semplicemente, avvicinandosi di un passo. «Ho bisogno di sapere cos’hai intenzione di fare, perché non riesco più ad aspettare. So che ti avevo detto che ti avrei lasciato tutto il tempo di cui avevi bisogno, ma non è per niente facile».
Le sue parole mi fanno sentire in colpa per quello che sto per dirgli, per come mi sono comportata e per quello che proverà tra qualche minuto. «Niall, possiamo parlare da qualche altra parte?» gli chiedo, indicando con un cenno del capo la sua auto parcheggiata vicino al marciapiede.
Lui annuisce e dopo qualche minuto sta già guidando verso chissà dove: nessuno dei due parla ed io sto cercando di elaborare i miei pensieri in modo da poter dar loro voce senza troppi problemi. L’auto si ferma quando arriviamo ad un piccolo parco vicino casa mia: al centro vi è un piazzale cementato in cui compaiono alcune panchine qua e là.
Maledico di nuovo il freddo di Febbraio quando scendo dalla macchina per seguire Niall verso una delle panchine: rispetto all’ultima volta che abbiamo parlato, sono più calma. Forse perché sono finalmente riuscita a capire quello che voglio.
Rabbrividisco quando mi siedo, constatando che il legno scuro è completamente ghiacciato, quindi mi rialzo subito: mi posiziono davanti al ragazzo, che invece riesce a sopportare lo stare seduto lì, e per qualche secondo lo fisso negli occhi.
«Di’ qualcosa», mi prega, appoggiando i gomiti sulle ginocchia, ed io non posso che accontentarlo: glielo devo.
«Niall, non voglio che tu pensi che io ti abbia preso in giro… Né che sia stata con te solo per fartela pagare, perché non è affatto così», dico, mentre una nuvoletta bianca prende vita dalla mia bocca a causa del freddo.
«Cosa stai per dirmi, Mel?» chiede, ignorando quelle mie parole.
Inspiro profondamente, cercando di formulare una frase, ma le parole non escono fuori. Ripenso ad Aaron che dice che Melanie Clarke sa sempre cosa dire e mi chiedo da dove prenda queste stupide idee, perché in questo momento non è affatto così.
Niall abbassa il capo e lo scuote leggermente, come se fosse incredulo: quando lo rialza, guardandomi dal basso, il mio cuore perde un battito. I suoi occhi sono così malinconici da togliermi il fiato e tutto il coraggio, rendendomi ancora più difficile il dire qualcosa.
«È colpa di quello, non è vero? Il tuo amato Zayn ti ha mandato in pappa il cervello, o sbaglio?» domanda con durezza, mentre si alza per sovrastarmi con la sua altezza.
«No, lui… Niall, quello che provo non ha a che fare con lui», spiego a fatica, mentre per la seconda volta qualcuno mi sbatte in faccia l’effetto di quel ragazzo su di me. È vero, Zayn mi confonde ed ogni momento passato con lui è ben vivido nella mia memoria, ma i miei sentimenti per Niall sarebbero stati gli stessi a prescindere da questo: probabilmente sarei arrivata a mettere fine alla storia con Niall solo più tardi, ma sono convinta che sarebbe finita lo stesso.
«Ah, no? E chi mi dice che non mi stai lasciando solo per fartela con lui?» mi accusa.
La sua voce si sta alterando e non mi rende affatto facile rispondere. «Te lo dico io!» esclamo sulla difensiva. «Perché dovrei mentirti?»
«Perché non dovresti?! D’altronde l’hai già fatto quando mi hai tenuto nascosti i vostri baci!»
Abbasso lo sguardo a quelle parole, perché effettivamente io li ho nascosti e non saprei come giustificarlo: lo sento sospirare, ma per qualche minuto nessuno parla.
«Mel, dimmi la verità», esclama infine, costringendomi a tornare con lo sguardo su di lui. I suoi occhi azzurri si sono dipinti di tinte più scure, come se tutti i suoi sentimenti si fossero concentrati nelle sue iridi.
«È vero, non ti ho detto subito di quei baci», ammetto. «Ma l’ho fatto solo perché non davo loro importanza e perché stavo cercando di costruire qualcosa con te. Poi sabato… Be’, è successo quello che è successo ed io… Ho iniziato a chiedermi perché non riuscissi ad impormi e a respingere Zayn. Credo… Sì, credo che io fossi legata solo al ricordo che ho di me e te insieme», concludo, abbassando il tono di voce sulle ultime parole.
Il suo sguardo confuso sembra quello che avevo io mentre Becka mi esponeva la possibilità che poi è diventata realtà, quindi cerco di spiegarmi meglio. «Tu… Tu mi hai fatta stare bene, Niall, sul serio. Prima che io sapessi di Kassandra, ero la ragazza più felice del mondo e… E ho pensato che avrei potuto esserlo di nuovo, ecco. Quindi ci ho provato, ho provato a dimenticare tutto e a ricominciare con te, ma non… Non è andata come doveva».
«Come doveva? Mel, non c’è un fottuto percorso da seguire! Devi volere che qualcosa succeda perché è quello che desideri, non perché è la cosa più giusta!»
Non rispondo al suo sfogo, perché effettivamente la risposta è già nelle sue parole: lui sembra capirlo, infatti abbassa per un attimo lo sguardo e si tranquillizza, o almeno ci prova.
«Immagino che tu non l’abbia mai desiderato», sussurra, rivolto più a se stesso che a me.
«Pensavo di desiderarlo, io… Volevo desiderarlo», confesso. Vorrei trovare un modo per fargli capire quanto io ci abbia provato, quante volte io abbia sperato di riuscire a vivere la storia con lui nel modo migliore e quanto mi dispiaccia che non sia andata così, ma immagino non ce ne sia uno.
«Niall…» mormoro, avvicinandomi a lui e posando delicatamente una mano sul suo petto. Lui non si ritrae, ma lo vedo chiudere gli occhi e respirare profondamente in risposta a quel contatto: prendo coraggio da questa sua reazione e, molto lentamente, mi faccio più vicina, fino a stringere le braccia intorno alla sua schiena per appoggiare il viso su di lui. All’inizio Niall non si muove e per qualche secondo resto a confrontarmi con la paura che possa respingermi, ma mi coglie di sorpresa quando mi stringe a sé con più fervore di quanto non sperassi.
La sua presa è forte, carica di sentimento, ed il suo capo è chino nell’incavo del mio collo mentre io sono costretta ad alzarmi sulla punta dei piedi per incastrarmi meglio con il suo corpo. Respirando il suo profumo mi rattristo al pensiero che questo sia praticamente un addio: avrei preferito che la nostra storia finisse per un motivo più decisivo, più invalicabile. Sarebbe stato più facile sia per me sia per lui.
Per me, perché lo sto lasciando per qualcosa che non sono riuscita a fare e per un atto di egoismo puro di cui nemmeno mi ero resa conto.
Per lui, perché probabilmente nemmeno comprende fino in fondo le mie motivazioni: neanche io lo farei.
«Mel», mi chiama sul mio collo, facendomi rabbrividire con il suo fiato caldo. «Hai detto che ti facevo stare bene: non puoi lasciare che ti renda felice ancora una volta? Io… Farei di tutto per te».
Stringo un po’ di più il suo cappotto tra le mie mani mentre le sue parole mi fanno vacillare. Non so cosa potrei rispondergli per farlo sentire meglio, quindi mi limito a sussurrare: «Mi dispiace così tanto».
Subito dopo Niall si muove ed il suo viso è davanti al mio. «È difficile lasciarti andare, lo sai?» chiede retorico, guardandomi negli occhi, ed in un certo senso la cosa è reciproca.
Annuisco leggermente. «Niall, tu mi credi, vero?», domando insicura. «Mi credi se ti dico che questo sarebbe successo anche se… Anche se non avessi incontrato Zayn? Io… Provo qualcosa per lui, voglio che tu lo sappia, ma non ci sarebbe stata l’occasione di provarlo, questo qualcosa, se tu… Se tu fossi stato davvero quello che volevo», concludo, sperando che la risposta sia affermativa.
Lui si avvicina lentamente al mio viso, dandomi l’impressione che il suo intento sia quello di baciarmi, ma io mi ritraggo impercettibilmente, non sicura che sia una buona idea.
«Per favore», dice semplicemente, immobilizzandosi per qualche secondo. Scruto i suoi occhi e non mi oppongo quando la distanza tra di noi diminuisce sempre di più. Le sue labbra sfiorano le mie in un bacio delicato che non viene approfondito: è semplicemente un contatto, un contatto che conferma i miei sentimenti. Improvvisamente, infatti, penso a Zayn e a quanto vorrei che qui con me ci fosse lui.
Dopo una manciata di secondi Niall si allontana dalla mia bocca. «Ti credo», sussurra a stento.
Sono felice di queste sue semplici parole: non voglio che il nostro rapporto finisca con una mancanza di fiducia, nonostante entrambi abbiamo commesso i nostri errori. Sciolgo la presa e lui fa lo stesso, tornando poi ad infilare le mani nelle tasche del suo giaccone, prima di salutarmi. «Mi perdoni se non ti accompagno a casa?» chiede, con uno sguardo che mi fa capire quanto abbia bisogno di stare lontano da me in questo momento.
«Certo, non preoccuparti», rispondo semplicemente, annuendo decisa.
«Allora… Ciao, Mel», esclama, senza sorridere o esprimere emozioni diverse dal dispiacere. È sempre stato così limpido, così comprensibile da spiazzarmi.
«Ciao», lo saluto, rivolgendogli un sorriso incerto e quanto più sincero possibile.
Lo guardo allontanarsi a passo lento, lasciandomi in questa piazzola poco lontana da casa, e mi sento quasi sollevata per quello che è appena successo. Sospiro e mi stringo nel cappotto per ripararmi dal freddo.
Ciao Niall.



 



 
Ciaaaaaaaaaaaaaaao!
È la mattina prima di pasqua, io sono sveglia dalle 9 (poi uno non si deve incazzare -.-) e siccome fuori diluvia (quindi uno si incazza ancora di più) e non ho niente di meglio da fare….
Ohhhh molte di voi saranno felici per questo capitolo! Melanie ha rotto le cose con Niall, chissà se definitivamente oppure no heheh :)
Becka le ha fatto aprire gli occhi in un certo senso, con la teoria della nostalgia per una passata felicità (?) e in effetti è proprio questo quello che legava Melanie
a Niall :) Io ogni tanto ho cercato di farvelo capire ma non potevo fare più di tanto! Comunque se rileggete alcune parti Nelanie (?) troverete una certa nostalgia da parte di Mel :) Se non è così vado a nascondermi in un angolino perché ho ciccato alla grande hahhaha
Aaron invece ha un’altra teoria, quella del “Melanie si è rincoglionita” ahhaha Quanto mi piace Aaron! E so che piace anche a voi, quindi THUMBS UP.
Zayn non compare molto in questo capitolo, se non quando Mel fa delle precisazioni sul loro nuovo rapporto e sui suoi sguardi. What do you think?
Vi avverto: ho già scritto il nuovo capitolo (sì perché questa settimana non ne avrei avuto tempo) e ci sarà un nuovo BOOOOOM eheheh un BOOOOOM leggermente diverso dal BOOOOOM dei bagni del Red’s ma sempre un BOOOOOM :) ok, ora basta ripetere la parola BOOOOOM D:
Tanto avete capito, no? hahha scusatemi, non mi fa bene svegliarmi «presto».
 
E niente, vi ringrazio come sempre perché siete meravigliose. Grazie a tutte quelle che leggono, che recensiscono etc etc (mi sono sempre chiesta se ci sia anche qualche maschio tra i miei lettori! Maschio (?), se ci sei batti un colpo (?))
Fatemi sapere cosa pensate di questo capitolo anche perchè, come sempre, non mi convince hahah La parte con Aaron e Becka sì, mi piace, ma quella con Niall no. Manca qualcosa. Comunque mi affido a voi :)
 
Bellezze vi lascio! Mi scuso in anticipo se in questa settimana scomparirò dalla circolazione (quindi da efp, twitter e fb), ma tra le feste, i parenti perennemente a casa etc etc è già tanto se riuscirò a respirare :) Cercherò comunque di passare ogni tanto :)
Sappiate che vi voglio bene comunque.
 
Ciao :)

 

  

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Capitolo 14
*** I don't want you to stay away from me ***




I don't want you to stay away from me
 

La cucina di casa mia è ancora pervasa dal profumo della torta che mia madre ha preparato nel pomeriggio: l’odore dell’impasto al cioccolato che ha usato sembra essersi legato ad ogni oggetto della stanza, ed io non me ne lamento di certo.
Mi siedo intorno al tavolo dove Fanny sta disegnando qualcosa, con i pennarelli sparsi tutti intorno a sé. Abbiamo finito da poco di cenare e ognuno è tornato alle sue occupazioni preferite: mamma e papà si stanno godendo un film alla tv, abbracciati come due giovani amanti sul divano; Emma si è chiusa in camera dopo aver ricevuto una telefonata che l’ha fatta sorridere ed io, invece, sono stata tentata dal ricordo della morbidezza di quella torta e sono sgattaiolata qui per godermene un’altra fetta.
Avvicino a me il vassoio su cui è riposta, con un tovagliolo a coprirla, e con il coltello ne taglio un pezzo: non faccio in tempo a morderlo, però, perché sento gli occhi della mia sorellina fissi su di me.
«Ne vuoi un po’ anche tu?» le chiedo. Lei annuisce più che entusiasta, quindi le passo la fetta che era destinata a me e «Non fare briciole o mamma ci uccide», le ricordo, per poi passare a ricavare una nuova porzione per me.
Non sembro destinata a mangiare questa torta, però, perché il mio telefono inizia a vibrare proprio nel momento in cui il coltello tra le mie mani sta per incidere quella bontà: sospiro infastidita e recupero il cellulare per capire chi mi stia cercando alle otto di sera. Osservo attentamente il numero che sta lampeggiando sullo schermo, ma non l’ho mai visto in vita mia.
Decido comunque di rispondere. «Pronto?»
Solo dopo qualche secondo sento qualcuno pronunciare il mio nome, e c’è solo una persona con questo timbro di voce, c’è solo una persona che riesce a farmi venire i brividi anche solo con una parola.
«Sono Zayn», continua, dandomi la conferma della mia ipotesi.
«Z-Zayn, ciao», lo saluto, colta alla sprovvista. «Come… Come hai avuto il mio numero?» gli chiedo, appena realizzo che effettivamente io non gliel’ho mai dato né lui me l’ha mai chiesto.
«L’ho chiesto alla tua amica, Daphne», risponde lui, con il suo solito tono di voce profondo.
Non è una novità per me essere confusa dai comportamenti di questo ragazzo, ma ora sto rasentando la pazzia: è ancora ben vivida in me la sensazione che ho provato mentre Zayn mi diceva di dimenticare quello che è successo tra di noi, potrei riprodurre senza problemi i suoi sguardi che hanno seguito quel momento e saprei descrivere con precisione il dolore che provo quando ci incontriamo e non scambiamo nemmeno una parola. Anche oggi infatti, per l’ennesima volta, è regnata l’indifferenza tra di noi, quando ci siamo incrociati nel corridoio della scuola.
Quindi davvero non capisco perché si sia sforzato di chiedere il mio numero a Daphne, né cosa voglia ora da me: ho quasi paura di saperlo, perché so che ogni volta che io e lui parliamo, qualcosa dentro di me viene completamente messo sottosopra.
«Ah», dico semplicemente, troppo impegnata a mettere ordine nei miei pensieri.
«Possiamo vederci?» chiede subito dopo, in modo deciso.
Spalanco gli occhi a quella richiesta ed il mio cuore comincia a battere più velocemente, come se fosse stato riportato in vita. «Ora?» domando spontaneamente.
«Tra mezz’oretta ai giardinetti dove ci siamo incontrati quando eri con tua sorella, se per te va bene».
Mi prendo qualche secondo per rielaborare la sua proposta, tanto che lui si sente in dovere di richiamarmi. «Melanie, ci sei ancora?»
«Sì, sì… Ci sono», rispondo frettolosamente. «Va bene, ci vediamo lì», dico soltanto, senza riuscire ancora a credere a quello che sta per succedere.
«A dopo, allora», è il suo modo di salutarmi, prima di chiudere la chiamata.
Rimango per un po’ di tempo con il telefono attaccato all’orecchio: confusa, agitata, arrabbiata, stupita, felice e con altre mille emozioni contrastanti dentro di me. È la voce di Fanny a riscuotermi. «Mel, ti piace?»” mi chiede, alzando il foglio su cui stava lavorando per mostrarmi un disegno confuso che non so bene cosa voglia rappresentare.
Annuisco sorridendo e mi alzo per andare in salotto. «Posso uscire stasera?» chiedo ai miei genitori, attirando la loro attenzione. «Becka sta male e mi ha chiesto se posso andare da lei. Prendo il pullman come sempre, non torno tardi». Non mi piace mentire ai miei, ma sono sicura che se dicessi loro che devo vedermi con un ragazzo mio padre non sarebbe molto d’accordo: tirerebbe fuori tutti gli ultimi casi di stupro nel giro di venti chilometri, improvvisando un discorso sulle ingiustizie che governano il mondo.
«Becka sta male?» chiede mia madre preoccupata.
«Devi uscire?» domanda mio padre contemporaneamente. Si può notare chiaramente quanto siano diversi i loro interessi.
«Ha solo litigato con Liam, mamma. Papà, per favore», lo supplico, cercando di essere il più convincente possibile.
«E va bene, ma-»
«Sì, farò attenzione», lo anticipo, regalandogli un sorriso sincero.
Salgo di corsa le scale e mi catapulto davanti all’armadio per scegliere qualcosa da mettermi: non so da dove cominciare, soprattutto perché il pensiero di dovermi vedere con Zayn sta oscurando tutto il resto. È azzardato dire che mi è maledettamente mancato in questi giorni?
Sospiro e mi impongo di calmarmi, nonostante la mia mente stia ancora cercando di capire cosa voglia questa volta Zayn da me: poi mi fermo per un attimo ed afferro di nuovo il mio cellulare.

Messaggio inviato: ore 20.05
A: Daph!

“Hei Daphne :) Hai dato tu il mio numero a Zayn?” 

Un nuovo messaggio: ore 20.08
Da: Daph!

“Sì, me l’ha chiesto oggi: spero sia riuscito a riportarti gli appunti che avevi dimenticato :)”

Guardo lo schermo per qualche secondo con la fronte aggrottata: e così avrei dimenticato degli appunti, eh?
 
Ormai sono praticamente arrivata: riesco persino a distinguere Zayn in lontananza, illuminato solo dalla luce fioca dei lampioni. Riconosco i jeans neri e il familiare giubbotto di pelle, i suoi capelli corvini e la sua pelle nettamente più scura della mia: nonostante sia lontano, posso persino immaginare davanti a me l’incresparsi delle sue labbra mentre fuma la solita sigaretta.
Il mio cuore non si decide a calmarsi, mentre le mie guance sono già rosse, senza nemmeno un valido motivo. È come se ogni cellula del mio corpo si stesse sbracciando per urlare “Eccolo, è lui! È Zayn!”, ed io vorrei poter dire loro “Lo so, ora calmatevi!”, ma non credo che ci riuscirò mai.
Mi avvicino lentamente, forse perché tutto l'entusiasmo è scemato in un vago timore. Ho paura di incontrarlo, ed è una paura strana, incontrollabile e quasi troppo intensa da sopportare. Quando gli sono abbastanza vicina, lui si accorge di me e per un attimo mi fissa negli occhi senza esprimere alcuna emozione, come al suo solito: il suo sguardo è semplicemente duro, anche quando getta a terra la sigaretta per schiacciarla con un piede.
«Ciao», mormoro, respirando profondamente.
Zayn non mi risponde, limitandosi a guardarmi e provocando in me un certo disagio, ma dopo circa un minuto si riscuote dal suo silenzio. «Perché mi hai mentito?» chiede.
Sbatto le palpebre più volte, cercando di capire a cosa si stia riferendo, ma non mi lascia rispondere. «Avevi detto di non stare più con quello», riprende avvicinandosi a me. «Eppure ieri vi ho visti insieme, a scuola. Perché mi hai mentito?»
Improvvisamente ricordo quando ieri Zayn era appoggiato al muretto all’uscita della scuola e quando fuori dai cancelli c’era Niall ad aspettarmi: immagino mi abbia visto andare via con lui e che abbia pensato stessimo ancora insieme.
«Io non ti ho… Mentito», sussurro, enfatizzando l’ultima parola.
«Melanie», dice lui, come per spronarmi ad essere sincera. Questo suo comportamento non fa altro che innervosirmi: con quale diritto insinua una cosa del genere?
«Zayn, che ti prende adesso?» gli chiedo irritata. Non ho più voglia di gestire ogni suo cambiamento di personalità, ogni suo comportamento contraddittorio. Mi ha detto di dimenticare tutto, perché diavolo ora vuole sapere di Niall?
«Stai con lui?» domanda, senza dar peso alle mie parole, mentre fa un altro passo verso di me. La rabbia che sento mi spinge ad essere leggermente più coraggiosa e mi permette di far meno fatica a guardarlo in quegli occhi scuri: con il buio che ci avvolge, sono ancora più impenetrabili.
«Cosa te ne importa?» ribatto, nonostante il mio tono di voce non sia così deciso come vorrei.
«Pensi davvero che non me ne importi niente?» La sua espressione sembra quasi delusa, mentre i suoi occhi si assottigliano per guardarmi con incredulità.
«Non lo so Zayn, dimmelo tu», riesco a dire, arrendendomi completamente. Sono scoraggiata, perché sempre di più mi convinco di non essere capace di capirlo.
«Dovresti arrivarci da sola», è la sua risposta, più calma ma più delusa.
Le sue parole mi innervosiscono sempre di più, quindi mi decido a parlare. «Mi dispiace, non so arrivarci da sola», comincio, fissandolo negli occhi con un coraggio che in realtà mi manca. «Sono troppo impegnata a cercare di capire almeno uno dei tuoi… Comportamenti. Dio, Zayn…» sospiro, alzando gli occhi al cielo.
Lui mi ascolta parlare, probabilmente stupito dalla mia inusuale decisione, così io riprendo. «Perché non riesci a dirmi cosa ti passa per la testa?» gli domando, esasperata. «Insomma… Mi baci, ma stai con Andrea. Mi baci, ma subito dopo mi lasci lì come se non fosse successo niente. Mi baci ancora e poi… Poi mi chiedi di dimenticare tutto. E ora, dopo giorni che non ci parliamo, chiedi il mio numero ad una mia amica per rinfacciarmi la mia relazione con Niall? Come… Come dovrei riuscire a capirti?»
«Rispondimi, Melanie: stai con lui?» ripete, lasciandomi a bocca aperta. Che cos’ha di sbagliato questo ragazzo?
«No, Zayn, non sto con lui!» rispondo, alzando la voce. «E sai una cosa? Mi sento uno schifo per averlo fatto soffrire dopo avergli detto di quegli stupidi baci tra di noi! Mi sento uno schifo perché mi sono fatta manipolare da te, mentre tu non hai nessuna intenzione di fare un piccolo passo verso di me! Ti sto dicendo in tutti i modi possibili che ho bisogno che mi parli, che mi dica a cosa stai pensando, ma evidentemente non sei capace di farlo! E questo… Questo mi fa pentire ancora di più di averti lasciato fare quello che volevi, perché a questo punto non ne è valsa la pena! Quindi sì, ieri ci hai visti insieme perché stavo per chiudere definitivamente le cose con Niall, ma Dio solo sa quanto avrei voluto continuare a stare con lui piuttosto di essere così incasinata con te!»
Le parole sono uscite dalla mia bocca in un torrente che non sono riuscita nemmeno a rallentare, mentre il mio petto si muove secondo il mio respiro accelerato: ho le mani strette a pugno, come se potessi lottare contro i miei occhi, che stanno diventando lucidi mentre sono fissi nei suoi. Gli ho detto tutto, ho cercato di fargli capire tutto quello che sento, e sinceramente non so cos’altro fare.
Con il mio cervello che si deve ancora riprendere dalla sorpresa per questa mia leggera sfuriata che non aveva programmato, cerco di calmarmi e di mascherare le mie emozioni, nonostante io sappia sia un lavoro pressocché impossibile per me. Zayn è davanti a me, ci dividono solo un paio di passi, ma non ha ancora detto una parola.
«Lascia… Lascia perdere», mormoro, voltandomi per tornare a casa, quando mi accorgo che lui non accenna a rispondere. Non posso continuare così: rischio di impazzire.
Faccio qualche passo, ma la sua voce mi arriva alle orecchie peggio di una coltellata. «Non sono stati degli stupidi baci, per me», dice, facendomi fermare con il cuore in gola. «Non ti ho manipolata, non mi sono divertito con te, come hai detto l’altra volta. E anche io… Sei stata tu a fregare me».
Chiudo gli occhi e respiro profondamente mentre il mio cuore perde un paio di battiti: aspetto qualche secondo prima di voltarmi verso di lui per guardarlo in faccia, per trovare nei suoi occhi una conferma che possa far calmare il tumulto che c’è in me.
Zayn è fermo a poco più di due metri di distanza e mi sta scrutando in attesa di una mia reazione: ma non l’avrà, non ora, perché sono troppo sconvolta, troppo confusa per poter avere una vera e propria reazione.
«Pensi che sia stato tutto uno scherzo per me?» domanda, con un tono di voce che sembra ferito. «Ti ho fatta venire qui perché non sopportavo l’idea che tu fossi ancora con lui, che potesse ancora sfiorarti: ti sembra uno scherzo?»
Smette di parlare, forse perché sa che deve lasciarmi qualche minuto per metabolizzare le sue parole: sono tutte qui, conficcate al centro del mio petto, e non riesco proprio a smettere di pensarci. Rimbombano in ogni parte di me come se volessero farsi conoscere da ogni mia cellula.
«Per favore, torna qui», mormora poi, senza muoversi. Inspiro profondamente a quella richiesta, non sicura che sia la cosa più giusta da fare per garantire la mia salute mentale; eppure, come sempre, non riesco a resistere e a passi lenti ed indecisi mi avvicino a lui.
Continuo a tenere lo sguardo fisso sul suo viso, sperando che dica qualcosa, qualsiasi altra cosa, e per una volta sembra accontentarmi.
«Vuoi sapere a cosa sto pensando?» domanda, quando sono abbastanza vicina a lui. Mi sembra quasi un sogno che abbia davvero pronunciato queste parole, perché mi ero ormai arresa alla sua invalicabile riservatezza, quindi annuisco debolmente. «Sto pensando che quel giorno in biblioteca avrei dovuto solo baciarti di nuovo, al posto di dirti tutte quelle cazzate», comincia, mettendo a dura prova la resistenza del mio cuore. «Perché è questo l’effetto che mi fai: Dio, vorrei che tu potessi essere mia», sospira, abbassando il tono di voce ed allungando una mano verso il mio viso in fiamme.
«Non… Non posso esserlo?” oso chiedere, riscuotendomi dal silenzio in cui ero piombata e facendo fermare la sua mano a mezz’aria.
I suoi occhi mi guardano come se si fossero appena ricordati di qualcosa di fondamentale, mentre la sua mano ritorna lungo il suo fianco.
«Melanie…» mormora. «Andrea ha bisogno di me».
Andrea ha bisogno di me.
«Andrea?» ripeto con un fil di voce.
Zayn annuisce con il capo. «Non posso lasciarla da sola: la sua famiglia… Io non posso farlo».
«Zayn… Fammi un favore», esclamo, abbassando lo sguardo sul prato ai miei piedi per nascondere gli occhi lucidi. «La prossima volta che ti avvicini a me… Fallo solo se vuoi e puoi farlo, perché io non… Non reggo più tutta questa situazione».
È la verità: continuo ad essere sballottolata da una realtà all’altra senza che possa oppormi. Certo, finalmente mi ha detto quale sia il motivo per cui non riesce a lasciare andare Andrea, anche se non è sceso nei dettagli, eppure ci sono anche io in mezzo a tutto questo.
«Se davvero ti importa di lei… Smettila di giocare con me», continuo, nella stessa posizione. Non riesco più a sopportare il suo continuo cercarmi e poi respingermi, e ora che so che non può stare con me, è ancora peggio.
«Cazzo, Melanie, non è un gioco!» quasi urla, facendomi sobbalzare. Sono costretta ad alzare lo sguardo su di lui, trovandomi di fronte i suoi occhi spalancati e… Arrabbiati. «Non capisci? Non è un gioco», ripete, questa volta con più calma, quasi con rassegnazione.
Il vento gelido mi costringe a stringermi nel cappotto mentre non riesco a trovare qualcosa da dire: è come se fossi in attesa di un verdetto, come se dovessi solo aspettare una decisione che so non arriverà molto presto. Ed è inutile cercare di fare qualcosa a riguardo, perché quando si tratta di Zayn io sono completamente inerme.
La frustrazione che sento è tale da spingere una lacrima a solcarmi una guancia, nonostante non voglia farmi vedere in questo stato da lui.
«In biblioteca mi hai chiesto se le cose che ti ho detto in quel bagno erano vere», riprende. «Lascia che ti dia la risposta».
Quelle sue parole mi lasciano a bocca aperta, perché non capisco cosa intenda dire: eppure non dovrei avere dubbi del genere, perché, per l’ennesima volta, Zayn si sta avvicinando a me. La sua mano destra è sulla mia guancia mentre con il pollice asciuga un’altra lacrima scappata dai miei occhi, e la sua mano sinistra mi circonda il fianco per attirarmi a sé.
Non ho le forze per oppormi, non ho le forze per ribellarmi al suo tocco perché mi è mancato così tanto da mozzarmi il respiro. Non ho le forze di muovermi mentre il suo viso arriva a qualche centimetro dal mio, né ho le forze di impedire al mio corpo di fremere quando sento il suo profumo invadermi o il sapore della sigaretta quando le sue labbra entrato in contatto con le mie.
Non ho le forze di fare tutte queste cose perché non voglio averle.
Semplicemente lo lascio fare, di nuovo, contro ogni senso logico e contro ogni mia aspettativa: non posso fare altro che abbandonarmi a lui, perdendo ogni forma di credibilità, dato che fino a pochi secondi fa gli ho urlato in faccia. In un attimo ci ritroviamo ad approfondire il bacio, con il suo corpo che aderisce al mio e la sua stretta che cerca di trasmettermi tutto quello che prova in questo momento.
Mi mancava in modo quasi insopportabile, così come mi mancava sentire i brividi percorrere ogni centimetro del mio corpo o sentire il calore della sua pelle che si diffonde debolmente tramite i nostri vestiti.
Troppo presto si allontana impercettibilmente da me. «Erano vere», mormora sulle mie labbra, per poi tornare a baciarmi con passione, giocando con il mio labbro inferiore prima di cercare di nuovo la mia lingua.
«Melanie», sussurra ancora, stringendomi un po’ di più a sé. «Ti voglio con tutto me stesso, non devi dubitarne», continua, baciando ripetutamente la mia bocca, mentre io finalmente allaccio le braccia intorno al suo busto per accertarmi che sia realmente qui con me, che mi stia realmente parlando in questo modo.
«Ti ho detto di dimenticare quello che è successo perché so che non posso darti quello che… Quello che ti ho fatto credere avrei potuto darti», mormora, con la fronte appoggiata alla mia. «L’ho fatto per te, per allontanarti da me e da tutto questo casino. Ti ho chiesto di far finta di niente perché ho lasciato che le mie emozioni prendessero il sopravvento, quando avrei dovuto starti lontano».
«Zayn, io… Io non voglio che tu mi stia lontano», ammetto, fissando le iridi scure che ho di fronte.
A quelle parole le sue labbra sono di nuovo sulle mie, insistenti, cariche di sentimento. «Melanie, nemmeno io lo voglio», mi assicura, tornando nella posizione di qualche secondo prima. «Ma non posso chiederti di stare con me mentre con me c’è Andrea, lo capisci? Sarei un fottuto egoista, e lo sono stato già fin troppo. Lo capisci questo?»
Sì, lo capisco fin troppo bene e fa male: così come fa terribilmente male avere le sue labbra così vicino alle mie e le sue parole nelle orecchie. Fa male sentire quanto entrambi vogliamo stare l’uno accanto all’altra, quando non è possibile. E non mi importa se finalmente Zayn mi ha rivelato i suoi sentimenti, perché c’è qualcosa che gli impedisce di viverli e che impedisce a me di vivere lui.
«Zayn», lo chiamo, nonostante sia a pochi millimetri da me. «È solo questo che ti lega a lei? Solo un… Dovere?» gli chiedo. Ho uno strano progetto in mente, un progetto dannatamente stupido, impulsivo e sfortunatamente invitante.
«Sì», è la sua risposta, mentre la sua fronte si allontana dalla mia.
«Non la ami?» continuo, cercando di non far caso alla sua mano che mi accarezza il collo. Gli ho già fatto una domanda del genere quel giorno in infermeria, ma in questo momento sembra più giusta.
«Non in quel senso», ammette dopo qualche secondo, ed in un certo senso ora riesco a capire meglio cosa voglia dire.
«Se io… Se io ti aspettassi, tu… Torneresti da me?» domando, con le guance in fiamme e il cuore in subbuglio.
I suoi occhi si spalancano leggermente, mentre un sorriso sghembo appare sul suo viso dopo giorni che non lo vedevo. «Mi piace l’idea», mi assicura. «Ma non è giusto, non posso farti questo».
«No, non è giusto», confermo. «Non so nemmeno quale forma di pazzia mi ci abbia fatto pensare, ma credo… Sì, credo che ti aspetterei, ecco».
Un altro bacio mi viene rubato dalla sua bocca, mentre lo sento sorridere ancora sulle mie labbra. «Melanie Clarke, cosa sei?»
A questa domanda arrossisco nuovamente, come se fosse possibile, e non rispondo: so per certo che mi sto per cacciare in una situazione che non mi piacerà, ma sono mai riuscita a decidere qualcosa lucidamente quando si tratta di lui? Il nostro rapporto si basa praticamente su questo, sul mio totale abbandono ad un ragazzo che sembra non riuscire a starmi lontano e che è avvolto da un alone di mistero: nonostante sappiamo pochissime cose l’uno sull’altra, sembriamo essere legati indissolubilmente da qualcosa di più forte. È come se avessimo bisogno di stare insieme ora e subito, come se la conoscenza possa anche aspettare.
«Non posso chiederti una cosa del genere, lo sai no?» ribadisce, accarezzandomi il naso con il suo. Ogni nostro contatto si imprime in me in modo irreversibile, ognuno è unico nel suo genere, troppo prezioso perché io possa dimenticarlo. «Potrebbe passare molto tempo e… Be’, tu sai qual è il rapporto tra me e Andrea»,
Deglutisco mentre penso che effettivamente dovrei sopportare la loro relazione, per quanto malsana possa sembrare, ma «Stai cercando di scoraggiarmi?» gli chiedo. D’altronde sono sicura che in ogni caso la loro vicinanza mi darebbe fastidio, così come mi ha fatta ingelosire fino ad ora.
«No, ma devi sapere a cosa vuoi andare incontro», risponde, stringendosi nelle spalle. Chissà se riuscirò mai a mettere fine al nostro abbraccio.
«Zayn… Tu vuoi che io ti aspetti?» domando, con una spavalderia a me sconosciuta.
Sul suo viso appare un sorriso amaro, mentre gli occhi si assottigliano di conseguenza. «Questo non ha importanza», risponde, stringendomi ancora un po’ a sé per posare un leggero bacio sulla porzione di collo lasciata scoperta dalla mia sciarpa.
Chiudo gli occhi per qualche secondo, beandomi di questo Zayn: non so se lo rivedrò presto, non so quanto ci separa dal suo prossimo cambiamento improvviso di personalità, quindi devo riuscire a cogliere ogni suo dettaglio in questo momento.
«Melanie?» sussurra dopo qualche minuto di silenzio, riscuotendomi da una specie di trance.
«Hm?» mugolo semplicemente.
«Profumi di… Torta?» chiede, tra l’insicuro ed il divertito.
Spalanco gli occhi a quell’osservazione, immaginando che quell’odore sia rimasto su di me oltre che su ogni mobile di casa mia. Le mie guance avvampano improvvisamente e mi dimeno per sciogliere la stretta in cui io e Zayn ci stavamo riscaldando. Sposto i capelli dal mio viso in modo frettoloso ed impacciato, mentre lui mi guarda sorridendo per questa mia reazione, e «Scusa», mormoro, senza incrociare i suoi occhi.
«Non fa niente, mi piacciono le torte», è la sua risposta, ma io sono ancora imbarazzata quindi non lo guardo nemmeno quando sento l’accendino scattare per  un’altra sigaretta.
Di nuovo nessuno parla: mi ero quasi dimenticata di quanto siano frequenti i silenzi tra di noi.
«Quindi cosa… Voglio dire, noi due cosa…» balbetto, torturandomi le mani a vicenda.
La mia capacità di parlare sembra essere andata perduta, per l’ennesima volta.
«Non posso prometterti niente», mi interrompe, prima che io continui a balbettare come una stupida. «Non ti chiederò di aspettare in disparte per qualcosa che non so quando finirà, non posso farlo».
Ho alzato il mio sguardo per incontrare il suo e devo ammettere che quelle parole mi riempiono di dispiacere: sarebbe tutto relativamente più facile se lui me lo chiedesse, invece è come se stesse lasciando a me ogni decisione e di conseguenza ogni responsabilità. Continuo a pensare che se è così che la pensa, non avrebbe dovuto avvicinarsi di nuovo a me, ma evidentemente è combattuto tra quello che vuole e quello che deve fare: c’è qualcosa che me lo fa capire nel modo in cui mi tocca, nel modo in cui mi guarda. E forse sarò una stupida illusa, ma percepisco questo qualcosa perché è inverosimilmente simile a quello che provo io. Quindi sì, voglio credere che lui si senta davvero legato a me.
«Va bene», mormoro.
«Va bene cosa?» ripete, concentrandosi su di me.
«Va bene quello che mi hai detto: non chiedermi di aspettarti se non vuoi, ma sappi che… Che io lo farò lo stesso», spiego con risolutezza. «Tanto ormai… Sì , be’, ormai non è che io abbia molta scelta», borbotto, distogliendo per un attimo gli occhi dai suoi: non so perché o come io sia riuscita ad ammettere praticamente di non avere un briciolo di forza di volontà quando si tratta di scegliere di stare lontana da lui.
Zayn alza un sopracciglio, probabilmente stupito da quelle mie parole, e espira il fumo inspirato pochi secondi prima: lo vedo scuotere leggermente la testa e lasciare apparire sul suo volto un largo sorriso che si avvicina ad una risata, una delle sue, quelle in cui la lingua gli si incastra 
gentilmente tra i denti ed il naso si arriccia un poco.
Ed ora c'è una nuova fonte di luce, nel buio di una qualsiasi serata di Febbraio.


 



 

Hola!
Sono tornaaaaaaaaaaata!! E a voi magari non frega niente hahah 
Allora, come avete passato le vacanze? Spero bene! Io ho mangiato come una porcella e oggi i miei 329480128 parenti se ne sono andati, quindi ho trovato del tempo per pubblicate questo capitolo :)
Cheee ne dite? Zayn era un po’ incavolato all’inizio, tanto da voler vedere Mel per chiederle di Niall! Geloso il ragazzo eheheh Mel, poverina, tra poco finirà ricoverata in qualche centro psichiatrico a forza di sopportare Zayn ahahah Dev’essere davvero snervante avere a che fare con qualcuno come lui.
In ogni caso, finalmente lui ha ammesso che non l’ha presa in giro e che vuole davvero stare con lei! Il problema è che vuole ma non può, a causa di Andrea :)
Come molte di voi avevano ipotizzato, ha qualche problema in famiglia che Zayn non ha precisato ma che si scoprirà presto :) E Melanie, la nostra dolce e masochista Melanie, ha deciso di “aspettarlo”… Tanto alla fine lei è totalmente persa per Malik, quindi continuerebbe a stargli dietro in ogni caso e d’altronde lui le ha detto che sta con Andrea per non lasciarla sola, quindi Mel in un certo senso spera che prima o poi arrivi anche il loro momento (?) Ma io, che sono un’autrice crudele a cui piace incasinarvi la testa, vi dico che non sarà così facile e che il capitolo Zayn&Andrea non si chiude così facilmente, anche perché c’è da scoprire qualcos’altro su Zayn ehehhe :3 Be’, vi ho già detto troppo hahaha
Ah, avete visto la sfuriata di Mel? E che cavolo, ci stava proprio ahah
Mi piace come molte di voi abbiano notato la sua evoluzione nel corso della storia, e vi assicuro che il suo carattere si capirà ancora meglio :)
Mi dispiace aver concluso il capitolo con Zayn che sorride, ma siccome io AMO scrive i momenti Zelanie, rischiavo di scrivere altri 389472 fogli Word hahah
Quindi mi sono fermata lì, ma spero comunque che vi sia piaciuto :)
Ci sarebbero altre mille cose da dire sul loro discorso, ma vorrei che foste voi a commentarle :)
 
VI RINGRAZIO IMMENSAMENTE per tutto, TUTTO!
Per aver letto fino ad ora questa storia, per averla inserita nelle seguite, nelle ricordate e nelle preferite! Per aver recensito e per aver letto in silenzio!
Davvero, mi riempite di gioia.
 
Be’, ora devo andare perché ho dormito tipo 3 ore stanotte ahahah
Fatemi sapere cosa pensate di questo capitolo perché ci tengo molto, per favore :3
A presto, un bacione :*


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Capitolo 15
*** He came back for her ***




He came back for her
 

Credo che esista un modo per far tacere il caos primordiale che governa la mia intera persona in questo momento: ne sono sicura, ma devo ancora riuscire a trovarlo. Forse mi è difficile perché quello che sento è un vero e proprio disastro, una di quelle cose inspiegabili che ti stupisci anche di poter provare in una volta sola, qualcosa che se gli altri potessero vedere ti farebbe apparire pazza, da ricovero immediato in manicomio.
Il punto è che sono felice: sono terribilmente felice, perché finalmente ho potuto guardare oltre le mura che impediscono a chiunque di capire Zayn, anche se solo per un attimo; perché finalmente lui si è aperto, almeno un po’, e mi ha assicurato di non avermi presa in giro. Ma sono anche preoccupata, perché mi sono incastrata in una situazione che so già che non mi piacerà: quale persona, sana di mente, deciderebbe mai di aspettare un ragazzo fidanzato nella speranza che prima o poi, in un futuro indefinito e probabilmente lontano, ci sia spazio per una relazione con lui?
Eppure non sono solo felice e preoccupata: sono anche impaziente, impaziente di rivederlo e di poterlo osservare di nuovo. Voglio potermi specchiare di nuovo nei suoi occhi e sentire ancora una volta la sua voce: certo, ci siamo lasciati solo ieri sera, ma il mio corpo sembra già sentire l’astinenza da Zayn Malik.
All’impazienza, poi, si aggiunge la rabbia: sì, sono arrabbiata. Non riesco a capire perché io debba trovarmi sempre in situazioni così complicate. Io, che sono quello che di meno complicato esiste sulla Terra, che vorrei solo stare tranquilla con un ragazzo tranquillo in una famiglia tranquilla che vive in una città tranquilla. Io che invece sono legata a Zayn, che di tranquillo non ha nemmeno un particolare. Nemmeno il suo aspetto fisico è tranquillo, nemmeno la linea delle sue labbra lo è, o le sue iridi scure o le sue mani troppo grandi. Lui è l’opposto della tranquillità, e stranamente ne sono attratta.
Il suono della campanella mi libera dai miei pensieri e dalle mura della mia classe: sembrano imprigionarmi, starmi strette. Mi alzo in tutta fretta pronta a scappare in corridoio per raggiungere Becka e Aaron: all’entrata non li ho visti, a causa del mio ritardo, e devo proprio raccontare loro di quello che è successo ieri sera. Saluto velocemente Christina, la mia compagna di banco, e mormoro un “Arrivederci” rivolto al professore, che sta riordinando le sue cose sulla cattedra: la porta sembra essere l’entrata del paradiso, tanto mi sta invitando a sorpassarla, quindi accelero il passo rischiando di far cadere i libri che sto stringendo al petto.
«No, no, no», sussurro tra me e me, mentre varco la soglia e cerco di trattenere tutto tra le mie mani.
All’improvviso sbatto contro qualcuno, appena messo piede in corridoio, e borbotto delle scuse ancora prima di alzare lo sguardo su chi mi sta davanti: ma in fondo so già chi sia, perché questo profumo è rimasto impresso in me da ieri sera. Anzi, forse inconsciamente sapevo già che fosse lui quando i nostri corpi si sono accidentalmente scontrati: forse le mie cellule avevano già riconosciuto quel tipo di contatto prima ancora che il suo profumo arrivasse alle mie narici.
Alzo gli occhi davanti a me e mi prendo qualche secondo per analizzare Zayn… e Andrea. Deglutisco a vuoto e sposto lo sguardo da uno all’altra, per un attimo confusa. Devo cercare di non farmi incantare da quel viso a me tanto familiare, nonostante sia riuscita finalmente a rivederlo, e devo impedire ai brividi lungo la mia schiena di prendere il controllo su di me.
«Melanie», è il saluto stupito di Zayn, che risveglia ogni più piccola parte di me. È così che funziona: lui mi cerca ed io rispondo ancora prima di deciderlo. La ragazza al suo fianco si limita a sorridermi con cordialità, stupendomi ancora con il contrasto tra il suo comportamento in classe, poco tempo prima, e questo suo atteggiamento diametralmente opposto.
«Ehm… Ciao. Scusate, ero di fretta e non ho visto dove stavo andando, così… Ma ora devo proprio andare, sì. Scusate… Ancora», dico tutto d’un fiato, voltandomi per andarmene ancor prima di lasciar loro la possibilità di rispondere. Sospiro nervosa, chiudendo gli occhi, e cerco di tenere a bada il fastidio che ho provato nel vedere Zayn con Andrea.
L’hai voluto tu: dovrai sopportare questa situazione ancora per chissà quanto tempo, quindi farai meglio ad abituarti, mi avvisa la mia coscienza. Scuoto il capo per trattenermi dal darle ragione e dal darmi della stupida, poi una voce conosciuta mi richiama.
«Stronzetta!»
Mi guardo intorno e Becka è a qualche metro da me, con Aaron al suo fianco.
«Hey», li saluto, improvvisando un sorriso di sollievo.
«Dove sei finita stamattina?» mi chiede Aaron, dandomi un pizzicotto sulla guancia come al suo solito.
«Mia madre, per l’ennesima volta, non mi ha svegliata: sono arrivata pochi minuti dopo l’inizio delle lezioni», spiego sospirando, ripensando alla corsa sfrenata che ho dovuto fare.
Il telefono vibra nella tasca posteriore dei miei pantaloni, mentre Becka mi riprende. «Riuscirai mai a svegliarti in orario?»
«No, credo di no», rispondo sorridendo, concentrandomi sullo schermo del cellulare.
Le voci divertite dei miei amici passano velocemente in secondo piano quando leggo il mittente: Zayn. Non sono abituata a ricevere messaggi da lui, per niente.

Un nuovo messaggio
Da: Zayn

“Andrea mi ha chiesto se ti sentissi bene. Troppo imbarazzo nel vederci insieme?”

Imbarazzo? No, vera e propria gelosia.
Digito velocemente la risposta, mentre Becka mi racconta di quanto odi la professoressa di matematica.

Messaggio inviato
A: Zayn

“Secondo te?”

Mi chiedo ancora come sia possibile che riesca a capire esattamente quello che provo, mentre io non riesco a comprendere nemmeno un decimo di quello che lui ha dentro.
«Allora, stasera venite da me? Dobbiamo ancora vedere quel film che mi avevate promesso trent’anni fa», ci ricorda Aaron.
«Buffo come trent’anni fa la tua nascita non fosse nemmeno in programma, mentre noi avevamo già deciso di vedere un film», lo prende in giro la rossa, incrociando le braccia al petto e facendomi ridere.
«Buffo come tu debba sempre rompere le palle», le risponde lui, rivolgendole una smorfia scherzosa.
«Buffo come voi due non sappiate fare altro che rompervi le scatole a vicenda», continuo.
«Le scatole? Che c’è, tesoro, ti dà fastidio la parola palle
«Cosa? No-»
«Palle!» esclama Becka, avvicinandosi a me con aria divertita.
«Palle, palle, palle!» ripete Aaron.
Soffoco delle risate mentre torno a concentrarmi sul telefono, che ha di nuovo vibrato.

Un nuovo messaggio
Da: Zayn

"Se ti chiedessi di venire tra dieci minuti davanti alla palestra e di saltare le lezioni con me, accetteresti?”

Che domande stupide, penso, mentre il mio cuore freme per un attimo.
«E poi che palle, ogni giorno è sempre la stessa palla», continua la mia amica sbuffando, per prendermi in giro.
«La smettete? Vi ho già detto che non mi dà fastidio», sorrido, armeggiando con i tasti del telefono.
«Cosa? La parola palle? È una bella parola, non trovi? Palle. P. A. L. L. E.» insiste Aaron, mentre io rispondo a Zayn.

Messaggio inviato
A: Zayn

"A tra poco"

«Ok, allora mettiamola così: avete rotto le palle», esclamo, per mettere fine a queste loro prese in giro. Rido subito dopo, riponendo il cellulare al suo posto: in qualche modo mi sento sollevata, come se l’invito di Zayn avesse riaggiustato tutto quello che c’era di storto in questa giornata. O forse c’era qualcosa di storto solo perché Zayn non era ancora in programma.
«Come sei scurrile!» mi rimproverano in coro, guardandomi con un’espressione di disgusto.
Scuoto la testa sorridendo. «Siete irrecuperabili. Ma fortunatamente ora devo scappare, ci vediamo dopo».
«Ciao stronzetta!» mi saluta Becka, mentre Aaron mi stritola in un abbraccio.
 
La campanella è suonata da qualche minuto ed il cortile di fronte alla palestra si è svuotato lentamente: di Zayn non c’è traccia, quindi il mio cuore continua a scalpitare come un bambino che non vedo l’ora di aprire i regali la mattina di Natale. Mi mordo l’interno della guancia guardandomi intorno, sperando di vederlo arrivare da un momento all’altro.
Proprio quando inizio a chiedermi dove sia finito, lo vedo svoltare l’angolo con la sigaretta tra le labbra e gli occhi simili a due fessure: sta guardando verso di me ed immediatamente il mio corpo sa come reagire, pompando più sangue del normale alle mie guance.
Aspetto che sia abbastanza vicino continuando a spostare lo sguardo da lui alle mie scarpe, che sembrano essere sempre una valida alternativa quando sento l’imbarazzo farmi sua: la verità è che mi risulta difficile guardare per troppo tempo quel ragazzo, stretto come oggi in jeans chiari abbinati ad un maglioncino blu.
«Buongiorno», mi saluta, espirando del fumo che forma una nuvoletta davanti al suo viso.
Sorrido, ricambiando con un cenno del capo. «Scusa per prima», borbotto, pensando che effettivamente il mio comportamento non sia stato dei più normali.
«Oh, non preoccuparti», è la sua semplice risposta. «Allora, andiamo?»
Annuisco, nonostante non sappia dove mi voglia portare, e lo seguo per il cortile godendo della sua vicinanza.
 
Sono stranamente tranquilla mentre entro nella piccola yogurteria seguita da Zayn: non ricordavo nemmeno che esistesse, dato che è poco frequentata.
L’aprirsi della porta produce un cigolio strano e subito avverto un profumo invitante in tutto l’ambiente: la mano di Zayn è sulla mia schiena, come per guidarmi verso uno dei piccoli tavolini, e cattura tutta la mia attenzione, visto che è il primo contatto tra di noi da ieri sera.
Il locale è abbastanza piccolo, intimo direi: dietro il bancone una signora di non più di quarant’anni ci saluta cordialmente mentre pulisce con uno strofinaccio la superficie davanti a sé.
«Non sono mai venuta qui, sai?» lo informo, togliendomi la giacca per poi lasciarla appesa alla sedia su cui prendo posto. Zayn sta facendo lo stesso, dall’altra parte del tavolino rotondo in legno scuro.
Lo vedo sorridere appena prima di fissare i suoi occhi nei miei. «Credo che qui si possa mangiare il migliore yogurt della zona», afferma, quasi con fierezza. «Ah, non te l’ho nemmeno chiesto: ti piace lo yogurt, vero?»
Annuisco. «Sì, è il mio preferito, dopo la cioccolata calda ovviamente».
Lui sgrana gli occhi e per qualche secondo si limita a guardarmi con un sopracciglio alzato. «Che c’è?» chiedo imbarazzata.
«Melanie, io odio la cioccolata calda».
«Davvero?» domando sbalordita, chiedendomi come sia possibile che qualcuno la pensi così. Zayn prende il menù plastificato lasciato in mezzo al tavolo ed inizia a sfogliarlo, mentre annuisce per rispondermi. «Come fa a non piacerti?» continuo, imitandolo.
«No, come fa a piacere a te»” ribatte, come se avessi detto un’eresia. Ok, non mi sembra il caso di litigare per la cioccolata calda, anche se rimango comunque scandalizzata da questa notizia. Scuoto la testa sorridendo, sinceramente divertita dal nostro modo di rapportarci: è quasi strano stare con lui seduta ad un tavolo, a parlare normalmente, senza baci di mezzo o altro.
Dopo qualche minuto io ho fatto la mia scelta e, caso vuole, si sta già avvicinando una ragazza piuttosto giovane probabilmente per prendere le ordinazioni: i capelli rosso fuoco, evidentemente tinti, sono raccolti in uno chignon disordinato, mentre gli occhi scuri si fermano su di noi con fare annoiato, quasi scocciato.
«Avete già un’idea di cosa prendere?» chiede, appena arriva al nostro tavolo.
«Uno yogurt al fiordilatte e cioccolato, per me, e per lei…»
«Uno al caffè, grazie», completo la frase, sorridendole gentilmente. Lei non risponde, limitandosi a scrivere le ordinazioni su un piccolo block notes.
Quando se ne va, mi accorgo che Zayn mi sta guardando. «Non… Non ti piace nemmeno il caffè?» chiedo titubante. Il suo sguardo riesce sempre a mettermi in soggezione.
«Oh, no, il caffè mi piace», mi rassicura, appoggiando i gomiti sul tavolo. «Perché?»
«Non so, mi stavi guardando».
«Ti dà fastidio?» Sarebbe opportuna una bella risata in risposta: insomma, Zayn che mi guarda mi mette in soggezione, mi agita, mi scombussola, ma no, non mi darebbe mai fastidio.
Abbasso lo sguardo sulle mie mani, strette l’una all’altra sotto il tavolo, e cerco di nascondere le guance un po’ troppo rosse. «No».
Non lo guardo, per paura di affrontare il sorriso che di sicuro sta increspando le sue labbra: forse dovrei tutelarmi un po’ di più, smetterla di essere così cristallina e sincera. D’altronde è un gioco non alla pari, quello tra di noi.
A proposito di questo, c’è una cosa che vorrei chiedergli da ieri sera: sono sicura che se Zayn è così restio nel lasciare Andrea, la sua situazione non deve essere delle migliori, ma mi piacerebbe sapere con cosa ho a che fare. Sì, è un comportamento estremamente egoista, ma sarebbe più facile per me sapere cosa e chi devo affrontare, e aspettare.
«Zayn?» mormoro, con lo sguardo ancora fisso verso il basso.
«Hm?»
Decido di farmi forza e di incontrare le sue iridi scure, che trovo ad aspettarmi curiose e attente. «Volevo sapere… Sì, be’, se non è un problema… In che situazione è Andrea?» chiedo, senza riuscire a formulare una frase normale, come al mio solito. I suoi occhi si velano di un certo distacco, forse misto allo stupore, mentre tutta la sua figura arretra leggermente come se volesse prendere le distanze da me e da quella domanda. Mi dispiace averlo messo a disagio, ma nonostante io abbia ormai capito quanto lui sia riservato, ho bisogno di un po’ più di chiarezza. Quindi non gli chiedo scusa, limitandomi ad aspettare in silenzio una sua risposta.
«Non amo particolarmente parlare delle persone a cui tengo, soprattutto in casi del genere», risponde, abbassando lo sguardo sulle venature del tavolo. Prima che uno di noi possa aggiungere altro, però, la cameriera di prima ci consegna i nostri yogurt: nessuno parla mentre ci accontentiamo di assaggiare quelle delizie, ed io spero silenziosamente che Zayn sia disposto a rompere la sua barriera ancora una volta, per me.
Lo osservo con discrezione, soffermandomi sulla fronte corrugata a causa dei pensieri che probabilmente ora lo stanno pervadendo, e quasi mi stupisco quando i suoi occhi spostano velocemente la loro attenzione su di me: per un attimo trattengo il respiro, colta in flagrante.
«Ho conosciuto Andrea quando avevo sette anni, lei sei», inizia, con mia grande sorpresa. Le mie spalle si rilassano mentre torno a respirare stringendo tra le mani lo yogurt. Si conoscono da così tanto?
Continuo a guardarlo negli occhi: posso leggere tutta la loro sincerità.
«Praticamente siamo cresciuti insieme. Lei era una specie di sorella per me, una persona quasi più importante di Harry», riprende, facendo una piccola pausa dovuta probabilmente a quel secondo nome. «Quando… Quando sono andato via da Bradford è stata dura, per tutti e due. Qualche volte tornavo a trovarla, ovviamente, e durante una delle mie visite ho scoperto… La sua situazione, diciamo».
Deglutisco, catturata da quel racconto: sapere del loro legame, così intenso, procura in me una strana sensazione, simile in certi punti al senso di colpa.
«Il padre se n’era andato senza dare alcuna motivazione e Tracy, la madre, aveva iniziato a bere e ad essere… abbastanza violenta. Andrea quindi doveva occuparsi della sorella più piccola ed io.. Be’, ho iniziato a darle una mano».
A queste parole ripenso al nostro incontro a scuola, al messaggio che lei aveva ricevuto con l’ordine di tornare a casa, e mi sento terribilmente male per aver pensato che fosse una persona scortese: magari la madre era di nuovo ubriaca e lei doveva occuparsi di cose ben più importanti delle lezioni a scuola. E ripenso anche a quando Zayn mi ha rimproverato ricordandomi che io non conoscevo niente di quella ragazza, facendomi capire che non avevo il diritto di giudicarla.
«Quando ci siamo accorti che la nostra non era più una semplice amicizia, siamo diventati una coppia. Io ogni tanto tornavo qui, appena potevo, e le davo quello di cui aveva e ha ancora bisogno. Lei… È molto fragile, più di quanto sembri».
I suoi occhi si incupiscono, smettendo di osservarmi: sembrano turbati ed in un certo senso capisco che sia stato uno sforzo per Zayn raccontarmi queste cose, soprattutto dopo aver ammesso che non gli piace farlo. Per qualche secondo non dico niente, cercando di mettere insieme alcuni pezzi del puzzle: ora vari comportamenti sembrano avere più senso. Per esempio posso capire come mai Andrea sia così tranquilla in presenza di Zayn, cosa significhi lui per lei, e soprattutto quanto io sia egoista nel volerglielo portare via.
«Sei tornato a Bradford… Per lei?» chiedo, con un tono di voce più basso del previsto.
Zayn torna a guardarmi ed aspetta un momento prima di rispondere con un semplice. «Anche».
Lui è tornato per Andrea.
«Mi dispiace per quello che sta passando», sussurro, mordendomi il labbro inferiore. In qualche modo sto cercando di placare il mio senso di colpa pensando al fatto che Zayn in questo momento sta con lei solo per non lasciarla sola. Eppure non funziona: mi sento comunque una persona orribile, una persona davvero orribile. Se Andrea ha così tanto bisogno di Zayn, che diritto ho io di portarglielo via?
Ed è possibile che qualcuno sia così altruista? Questo ragazzo sta praticamente riorganizzando la sua vita per stare vicino ad una persona a cui tiene e per cui, evidentemente, non prova più quel tipo di amore che dovrebbe legare una coppia: le vuole bene, e questo gli basta per metterla al primo posto.
«Ora capisci un po’ di più tutta questa storia?» mi chiede, assaggiando ancora un po’ del suo yogurt.
Sì, certo che ne capisco un po’ di più, ma è ancora peggio.
Annuisco, cercando le parole giuste da dire: improvvisamente sembra tutto sbagliato, di nuovo.
«Non voglio… Portarti via da lei», sussurro, abbassando nuovamente lo sguardo. Lo faccio perché ho paura che con i suoi occhi indagatori sia capace di leggere dell’altro nei miei: perché sì, è ingiusto che io piombi così tra di loro, ma c’è una parte di me che scalpita per avere Zayn al suo fianco.
«Melanie, non mi stai portando via da lei», mi corregge, sporgendosi un po’ di più verso di me, con i gomiti ancora appoggiati al tavolo. «Ti ho già detto che ho intenzione di restare con Andrea per il tempo che le serve»
Queste sue parole dovrebbero farmi sentire meglio? Perché diavolo ho decido di aspettarlo? Insomma, per quanto ne so Andrea potrebbe aver bisogno di lui ancora per molto: eppure Zayn mi ha avvertita ieri. Mi ha detto chiaro e tondo che non mi garantisce niente, che sta a me capire cosa sia meglio fare, quindi non posso biasimarlo: al massimo posso prendermi a schiaffi da sola, perché come sempre, nonostante sia tutto sbagliato e ingiusto, aspettarlo è l’unica cosa che voglio fare.
«Te lo ripeto, spetta a te decidere», continua, alzandomi il mento con l’indice per farmi posare lo sguardo su di lui. La sua espressione è seria, ma anche comprensiva, e più osservo i suoi lineamenti più mi rendo conto di volerli per me; più do retta alla scossa che mi percorre il corpo per questo semplice contatto, più mi accorgo di quanto io sia destinata ad esserne dipendente; più penso a tutto questo, più capisco che con Zayn devo abbandonare ogni filo logico, perché non riuscirò mai a seguirne uno.
Mi sforzo di sorridere, nascondendo il mio turbamento, e lui in risposta fa lo stesso: incurva le labbra e mi lascia andare il mento, probabilmente sollevato dalla mia reazione.
«Ti odio, lo sai?» gli chiedo, mentre mi concentro di nuovo sul mio yogurt.
«E perché mai?» ribatte lui divertito, imitandomi.
«Lascia perdere», rispondo scuotendo la testa, pensando che sia meglio abbandonare questo argomento.
«Non puoi dire una cosa e poi tirarti indietro», mi riprende, assumendo un’aria da falso offeso.
Alzo le sopracciglia cercando di trattenere un sorriso, ma prima che io possa dire altro, è lui ad anticiparmi. «Ma forse le persone a cui piace la cioccolata calda sono tutte così strane».
A questo punto mi lascio andare ad una risata e «No, sono le persone a cui non piace ad essere strane», dico, dando vita ad un’atmosfera spensierata che forse non abbiamo mai sperimentato, un'atmosfera nettamente in contrasto con quella molto più seria di qualche minuto fa.
 
Due ore sono passate decisamente troppo in fretta ed è già ora di tornare a scuola per il pranzo.
Due ore sono passate decisamente troppo in fretta, ma sono anche state decisamente meno difficili di quanto pensavo: all’inizio temevo, come sempre, che sarei rimasta per tutto il tempo in imbarazzo ed in silenzio, vittima degli occhi di Zayn. Invece non c’è stato niente di più naturale di noi, seduti ad un tavolo in una yogurteria, a raccontarci aneddoti di quando eravamo piccoli, i nostri gusti, le nostre paure, le nostre vite. E no, non abbiamo parlato della sua partenza da Bradford, né di Harry né di tutta quella storia, ma a me va bene così: sono più che sicura che Zayn prima o poi riuscirà a raccontarmi tutto quando se la sentirà, e io non voglio insistere.
Due ore sono passate decisamente troppo in fretta ed io credo di aver ormai capito che Zayn non è una persona particolarmente affettuosa: al contrario di quello che succedeva con Niall, per esempio, lui non si avvicina mai più di tanto. Non cerca un contatto di continuo, né si perde in piccole smancerie. Certo, ha i suoi momenti, momenti in cui mi bacia all’improvviso o in cui mi tiene stretta a sé come ieri sera, ma questo è tutto: è proprio da ieri sera, infatti, che il mio corpo sta fremendo per sentire di nuovo il suo.
Siamo quasi davanti scuola ed io sto letteralmente impazzendo al pensiero di non poterlo sfiorare nemmeno oggi: ovvero, in teoria potrei, ma la mia timidezza è più forte della mia volontà. Quest’ultima, infatti, sta scalpitando per farmi provare di nuovo i brividi che solo Zayn è in grado di regalarmi, e sa essere molto convincente.
Camminare al suo fianco è quasi straziante, soprattutto perché le nostre braccia continuano a sfiorarsi e perché la scuola si sta avvicinando sempre di più, così come il momento di separarci. Inspiro profondamente e mi fermo, chiudendo gli occhi per un attimo per raccogliere un po’ di coraggio: com’è possibile che ogni mio gesto richieda così tante energie quando sono in compagnia di questo ragazzo?
Zayn fa ancora un paio di passi, ma poi si ferma e si volta verso di me con un’espressione leggermente confusa: «Qualcosa non va?» chiede, alzando un sopracciglio.
Non saprei che parole usare per fargli capire cosa non va in me, quindi mi limito a ricoprire la breve distanza che ci separa  con passi indecisi, cercando di non guardarlo negli occhi: so che farlo renderebbe tutto più difficile. Quando arrivo vicinissima a lui, sono pronta ad alzare lo sguardo sul suo viso: per un attimo lo scruto con le guance in fiamme, beandomi di tanta bellezza davanti a me.
«Zayn, posso fare una cosa?» sussurro imbarazzata, mentre lui mi guarda sempre più confuso.
«Cosa?» domanda semplicemente.
Non gli rispondo: porto le mani sul suo petto, ricoperto solo dal maglioncino, e mi alzo sulle punte per arrivare a sfiorare le sue labbra con le mie. Appena me ne approprio, in un bacio delicato e appena accennato, mi sento di nuovo in pace con tutto il resto. Una sensazione del genere non può essere sbagliata, quello che sento mentre sto con lui non può essere sbagliato:  basta per far svanire ogni mio dubbio ed ogni mia preoccupazione.
Così, mentre ritorno più bassa di lui, mi lascio sfuggire un sorriso appena abbozzato, perché finalmente ho potuto di nuovo sentire il suo sapore: i miei occhi, però, sono ancora puntati sul suo petto. Prima che me ne renda conto, Zayn mi avvolge con le sue braccia, stringendomi a sé con calore ed incastrando il suo viso nell’incavo del mio collo. «Mi chiedevo se mi avresti mai baciato», sussurra, appoggiando le sue labbra sulla pelle appena sotto il mio orecchio.
Rabbrividisco ed il mio cuore non fa altro che battere sempre più velocemente, mentre posso sentire Zayn sorridere su di me. «Me lo chiedevo anche io», rispondo, lasciandomi andare ad una leggera risata che lui imita.
Con la bocca continua a torturarmi la pelle, lasciando dei piccoli baci qua e là fino ad arrivare alla mia guancia: poi mi guarda per un attimo negli occhi, ad una vicinanza così insignificante che io ho l’impressione di essere dentro quelle iridi scure e tanto profonde.
Baciami, ti prego, mi trovo a pensare, e lui, come se mi avesse letto nel pensiero, non esita a farlo.
Di nuovo le nostre labbra giocano, si accarezzano, esaltate dall’essersi ritrovate: non so come il mio corpo possa contenere dentro di sé così tante emozioni, così tanta felicità. So solo che mi ritrovo a provare mille cose diverse, tutte per un semplice contatto, tutte solo per lui.
No, Zayn Malik non è affatto un tipo affettuoso, ma quando decide di esserlo è capace di farsi ricordare da ogni cellula del tuo corpo, come se avesse marchiato la tua pelle, o peggio il tuo cuore, con il suo nome.



 


 

 
Buoooooooooooongiorno splendori!
Come state? Io sto morendo di sonno. Ero decisa a scrivere il capitolo per poi fiondarmi nel letto, ma ci ho messo più del previsto. La verità è che i pensieri di Melanie spesso e volentieri sono un casino persino da scrivere.
Alloooora, premetto: il capitolo poteva venire meglio *si ripara dai pomodori che volete lanciarle* E credo che io pensi sempre questo perché, quando si tratta di Zayn e Melanie, vorrei raccontare di ogni minuto che passano insieme: per esempio, oggi sono stati due ore insieme, e io mi sento una cacchetta per non averle riportate per filo e per segno haha Forse perché il loro rapporto è così “lento” nello svilupparsi che mi sembra sia necessario descrivere ogni più piccolo cambiamento tra di loro! Ma vabbè, questi sono miei piccoli dubbi esistenziali hahah In ogni caso spero che a voi sia piaciuto :3
Il giorno dopo il BOOM (che sono felice voi abbiate gradito) Melanie è su di giri, si scontra con Zayn e Andrea e se ne scappa via. Zayn la invita ad “uscire” e la porta in una yogurteria :) Qui, le racconta finalmente la sua storia con Andrea WOOOOHO 
Come vedete il loro rapporto è più intenso di quanto possa sembrare e lui vuole fare tutto il possibile per lei :) Questo scoraggia un po’ la nostra Mel: anche io mi sentirei un po’ in colpa in effetti! Ma tanto, per l’ennesima volta, non riesce a tirarsi indietro (sai che novità lol)
Ok, ora le cose sono un po’ più chiare, ma io vi ripeto che questa storia non finisce così: mi spiego meglio, Zayn ha omesso un piccolo particolare nel parlare del suo rapporto con Andrea :) Non vi aspettate che io ve lo dica eheheh
Poooooooooooi: nella parte finale è Melanie a baciare Zayn, finallyyyyyyyyy hahahah Che carini che sono (Mi piace un sacco questo Zayn: riservato e “distante”, cioè, poco affettuoso)
Be’, questo è tutto e detto così mi accorgo che è davvero un capitolo un po’ povero di contenuti: Scusatemi :(
Ah, volevo fare un piccolo riepilogo: la coppia Andrea-Zayn ora è un po’ più chiara, ma appunto non molto chiara; però manca ancora da svelare il “passato” di Zayn, quindi il perché sia partito, e cosa è successo con Styles :)
Come sempre vi chiedo di farmi sapere cosa ne pensate, perché sapete che ne ho bisogno D:
 
Eeee come sempre (part 2) vi ringrazio immensamente perché siete meravigliose **
Sì. sono noiosa perché uso sempre le stesse parole ma non mi ineteressa.
No, davvero, grazie per tutte le recensioni, per aver letto e per tutto il resto.

 
(Ah, potete dirmi come vi chiamate? Molte di voi le conosco già, ma le altre no e mi dispiace lol)

Risponderò alle recensioni stasera, perchè ora, con il vostro permesso, me ne vado a dormire lol


                

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Capitolo 16
*** You have no idea ***




You have no idea
 

Un nuovo messaggio
Da: Zayn

“È stasera lo spettacolo, vero?”
 
Messaggio inviato
A: Zayn

“Sì, perché?”
 
Un nuovo messaggio
Da: Zayn

“Farò un salto: voglio vedere se l’averti schiavizzata è servito loro a qualcosa, alla fine. A che ora è?”

 

~~~


Le ultime battute sono state recitate con successo, il sipario improvvisato si è appena chiuso ed il pubblico sta applaudendo ai miei compagni: sono stati bravissimi, in tutto, e non posso fare altro che essere fiera di loro e del lavoro che abbiamo fatto tutti insieme. Un sorriso a trentadue denti mi increspa le labbra a questo pensiero, e continuo a guardarmi intorno per osservare le facce soddisfatte delle persone qui con me.
Il mio posto tra le prime file mi ha permesso di vedere bene l’intero spettacolo, sebbene avrei voluto scorgere anche qualcos’altro, o meglio, qualcun altro: Zayn, infatti, non si è fatto vivo. Certo, può darsi che in mezzo a tutta questa gente io non l’abbia visto, oppure, più probabilmente, ha pensato che il sabato sera avrebbe potuto fare qualcos’altro invece di sorbirsi l’ennesima rappresentazione di “Grease”. Sospiro e cerco di scacciare quel ragazzo dai miei pensieri, anche perché il sipario si è aperto di nuovo, lasciando apparire sul palco gli attori e tutte le altre persone che hanno collaborato dietro le quinte.
In mezzo agli inchini, Daphne afferra meglio un microfono e si rivolge al pubblico: i capelli arruffati per gli abbracci dei compagni e un’espressione finalmente allegra e spensierata ad illuminarle il volto. «Volevo ringraziare tutti voi per essere venuti qui, questa sera! E spero che lo spettacolo vi sia piaciuto!» esordisce, causando altri applausi entusiasti. «E vorrei ringraziare anche i miei amici, che mi hanno aiutata nel mettere in scena questo musical, sopportando il mio nervosismo ed impegnandosi al massimo durante le prove. Ringrazio, inoltre, tutte le persone che non hanno recitato, ma che hanno lavorato duramente per far sì che questa serata fosse possibile!»
Sorrido, pensando che questo potrebbe essere il discorso di ringraziamento alla prima di un grande film, anziché di un semplice spettacolo scolastico: il mio sorriso si allarga quando incrocio lo sguardo della mia amica, improvvisando un applauso di incoraggiamento.
«Ma c’è ancora una persona che vorrei ringraziare in particolare», riprende Daphne, continuando a fissarmi. «Melanie Clarke, sto parlando di te! Grazie per tutto il tuo aiuto, nonostante non fosse un tuo dovere. Credo di parlare a nome di tutti quando dico che senza di te ci saremmo arresi in più occasioni».
Arrossisco immediatamente mentre Daphne mi indica, soprattutto perché le persone intorno a me mi stanno guardando curiose. «Avanti, vieni qui», mi invita la mora, facendomi segno con una mano di raggiungerla.
Spalanco gli occhi e sprofondo lentamente sulla sedia non molto comoda: non se ne parla.
Scuoto la testa, ma Daphne insiste e, dopo l’ennesimo rifiuto, anche gli altri miei compagni iniziano a chiamarmi, intonando un vero e proprio coro che ripete il mio nome. In questo momento vorrei davvero scomparire e gli incitamenti di tutti non fanno altro che peggiorare la situazione: il fatto è che non ho via di scampo, perché se non salgo sul palco non smetteranno facilmente di richiamarmi, e se salgo dovrò stare in piedi davanti a tutta questa gente, con i riflettori puntati addosso.
Sospiro profondamente, chiudendo un attimo gli occhi per raccogliere un po’ di coraggio, e decido di alzarmi, nonostante il mio corpo sia riluttante a muoversi: salgo i gradini che portano al palco lentamente, quasi stessi andando al patibolo, ed il sorriso rassicurante di Daphne non ha l’effetto sperato su di me. Una volta arrivata tra i miei compagni, sono molti gli abbracci e le congratulazioni, sia da parte loro sia da parte mia: cerco di non guardare verso il pubblico, sperando che questo possa aiutarmi a rilassare le mani che si stanno torturando a vicenda, o a far sbollire le mie guance.
«Mel, grazie ancora per tutto», sono le parole di Daphne, dette ad alta voce nel mio orecchio mentre mi soffoca in un abbraccio.
«Non ringraziarmi», le rispondo, stringendola a me.
«E scusa se ti ho fatta venire qui sopra, ma il mondo doveva conoscerti╗, scherza, dandomi qualche pacca affettuosa sulla schiena.
«Il mondo? Daphne, sono solo parenti e amici», sorrido, sciogliendo l’abbraccio.
Lei abbozza una risata divertita prima di voltarmi verso il tanto temuto pubblico: purtroppo le luci accese mi rendono visibile ogni singola persona davanti a me, mentre io avevo sperato di essere accecata dai riflettori. Sento le guance colorarsi di un rosso ancora più acceso e mi stringo nelle spalle, cercando di non fermarmi a guardare nessuno dei volti che mi stanno di fronte.
Eppure, proprio mentre mi guardo intorno impacciata, scorgo un viso fin troppo familiare: Zayn è al fondo dell’enorme sala, appoggiato al muro e con lo sguardo su qualcosa tra le sue mani, forse il suo cellulare. Improvvisamente è come se non fossi più su un palco a fare i conti con l’imbarazzo, perché alla fine è venuto, perché non ci speravo più e perché la mia mente è completamente rapita da quel ragazzo. Nonostante sia lontano e nonostante le luci non arrivino al meglio a quella parte dell’auditorium, il suo volto mi incanta: è quasi in contrasto con l’atmosfera allegra che gli sta intorno, con i parenti che si sbracciano per salutare i figli che sono affianco a me, perché è concentrata, come se non fosse minimamente intaccata da ciò che la circonda. Poi, in un attimo, lo sguardo di Zayn si sposta su di me: i miei occhi si incatenano ai suoi, mentre le sue labbra mi dedicano un sorriso.
Non faccio in tempo a reagire, però, perché la vibrazione del mio telefono interrompe i miei pensieri.
 
Un nuovo messaggio
Da: Zayn

“Pensavo fossi una persona molto timida.”
 
Abbozzo una risata, per poi tornare a guardare Zayn: mi sembra di essere da sola in una stanza con lui, con il suo sorriso ad accogliermi, e questo mi fa sentire maledettamente bene.
 
Messaggio inviato
A: Zayn

“Grazie per essere venuto.”
 

~~~


Carla e Daphne sospirano per la stanchezza e per il sollievo mentre tornano in auditorium per poi uscirne. «Mel, sei sicura di non voler venire con noi?» chiede la prima, sistemandosi meglio sulla spalla il suo borsone.
«Avanti, non essere noiosa: magari riusciamo a convincere quel cazzone di Freddie ad offrirci da bere», rincara Daphne con la sua solita finezza.
Sorrido e scuoto la testa. «Non preoccupatevi, davvero: devo tornare a casa», rispondo, improvvisando un’espressione dispiaciuta ma anche in cerca di comprensione.
Loro sbuffano, rassegnate alla mia decisione, dato che è più o meno la decima volta che mi chiedono di uscire con tutti gli altri.
«Penso io a chiudere tutto», dico dopo qualche secondo, avvicinandomi a Carla per prenderle dalla mano il mazzo di chiavi: il guardiano della scuola ci ha raccomandato di chiudere tutte le porte con cura, una volta conclusa la serata. Lei mi guarda indecisa su come comportarsi, o forse sforzandosi di trovare un modo per convincermi ad accettare l’invito, ma mi lascia fare, con mia grande soddisfazione.
«Ricordati che ci devi un’uscita», mi ricorda Daphne, puntando l’indice contro di me.
«Ok, ok», sorrido esasperata. «Ma ora andate, o vi lasciano qui»
Mi salutano ed io rimango sola nell’auditorium, completamente vuoto: dopo qualche decina di minuti passati a fare foto e a congratularsi gli uni con gli altri, se ne sono andati tutti, sia gli attori, sia i “tecnici”, sia i parenti e gli amici. Mi chiedo se se ne sia andato anche lui.
Inspiro profondamente e mi stiracchio la schiena, allungando le braccia sopra di me: questa sala mi è sempre piaciuta, soprattutto se vuota. Forse sono particolare, se non addirittura strana, ma ci sono due cose che mi piace fare le rare volte che sono qui: sedermi su una delle poltroncine ed ascoltare il silenzio assoluto che mi circonda, oppure rannicchiarmi sul palco e lasciare che la musica inondi tutto l’auditorium. Due cose completamente opposte, certo, ma che rendono questo posto uno dei miei preferiti, anche se la biblioteca non verrà mai scalzata dal podio.
Quindi, grazie alla piccola bugia detta alle mie amiche, sono libera di ripercorrere quegli stessi gradini che poco fa sembravano volermi portare ad una morte certa: un piede dopo l’altro, con molta più tranquillità e serenità, mi ritrovo sul palco. L’unico rumore è il tentennare delle chiavi che tengo tra le mani.
Mi avvicino al grande stereo che abbiamo sempre usato per le prove e mi accorgo che l’unico CD orecchiabile è quello che contiene la colonna sonora di “Grease”: sinceramente ne ho la nausea, quindi decido di lasciar perdere la musica, per questa volta. Mi dirigo verso la parete al fondo del palco e mi lascio scivolare lungo di essa, sospirando profondamente. Ho intenzione di stare qui ancora per un po’, a crogiolarmi nella mia stranezza.
Lascio una gamba distesa a terra, mentre l’altra è piegata contro il mio petto, nonostante i jeans stretti limitino i miei movimenti: continuo a giocherellare con i miei capelli, raccolti sulla spalla destra, ed il mio pensiero raggiunge subito Zayn. Chissà se lo spettacolo gli è piaciuto, e perché no, chissà se è fiero di me. Non posso nascondere il mio dispiacere nel sapere che ormai deve essersene andato, perché avrei preferito passare del tempo con lui: allo stesso tempo, però, apprezzo che sia almeno venuto, come promesso.
«Hai deciso di dormire qui?»
Sobbalzo per lo spavento e mi guardo intorno per scorgere la persona a cui appartiene questa voce, una voce fin troppo familiare, fin troppo conosciuta dal mio cuore: infatti, quando i miei occhi si fermano su Zayn, mentre sale sul palco con la sua solita calma, mi tranquillizzo.
Allora è ancora qui, mi ritrovo a pensare senza poter nascondere a me stessa un moto di soddisfazione e di sollievo.
«Zayn», mormoro, senza uno scopo preciso, e lui abbozza un sorriso di risposta salutandomi con un cenno del capo.
«Posso?» mi chiede, indicando il posto al mio fianco. Se solo potessi, mi prenderei qualche minuto o qualche ora per osservarlo in ogni suo piccolo particolare: è di fronte a me, con la sua altezza a sovrastarmi ancora più del solito e con i lineamenti resi ancora più scuri dalla luce proveniente dalle sue spalle. Eppure non posso fermarmi a guardarlo, almeno non così apertamente, quindi annuisco velocemente ed aspetto di averlo al mio fianco.
Si sistema con entrambe le gambe piegate, in modo da poterle usare come appoggio per le sue braccia, mentre le mani sono strette l’una all’altra. «Come mai non sei andata a casa?» domanda dopo qualche secondo, voltandosi verso di me. Sento i suoi occhi perforarmi la testa, ma decido di ignorarli.
«A me piace… Stare qui», confesso, alzando le spalle in un gesto di difesa e sperando che non mi prenda per pazza.
«Sai, una volta ho visto un film horror che iniziava così», dice lui con nonchalance.
«Stai cercando di terrorizzarmi?» chiedo, stavolta girandomi verso di lui: è più vicino di quanto pensassi e per un attimo rimango spiazzata dal ritrovarmi i suoi lineamenti davanti. Arrossisco leggermente quando Zayn si lascia sfuggire una leggera risata scuotendo la testa, gli occhi puntati su un punto indefinito dell’auditorium. «No, assolutamente».
Sorrido a questa risposta e mi obbligo a spostare lo sguardo su qualcosa che non sia il suo viso, pronta a proteggere la mia sanità mentale. «E tu come mai sei ancora qui?»
Come in un gioco di calamite, però, sentire i suoi occhi su di me mi porta a voltarmi ancora una volta: in un secondo le nostre iridi si scontrano, facendomi mancare il respiro.
«Stavo aspettando te», risponde. «Non sei uscita e fuori fa abbastanza freddo, quindi sono venuto a controllare che non fossi davvero finita in un film horror».
Le sue labbra si incurvano in un sorriso divertito mentre il suo sguardo mi inchioda in questa posizione: sono sicura che non possa essere umano, o forse è solo la poca distanza che ci separa a farmi questo effetto. Il fatto che sia rimasto ad aspettarmi mi riempie il cuore, così come il sapere che sia rientrato per cercarmi: non riesco ad impedire ai brividi di percorrere tutto il mio corpo, quindi cerco di nasconderli sistemandomi meglio sul pavimento duro e solo parzialmente riscaldato.
«Grazie per esserti preoccupato», borbotto sorridendo.
«Melanie, mi stai davvero ringraziando per così poco?» chiede incredulo, scuotendo di nuovo la testa.
Se potessi sprofondare qui ed ora non esiterei a farlo, ma purtroppo il pavimento sembra impenetrabile e mi offre senza ritegno alle grinfie di Zayn. «Sì», sussurro, stringendomi nelle spalle. «E non guardarmi così… Sei tu quello che è tornato qui perché pensava che potessi essere… Uccisa da chissà quale personaggio dell’orrore», continuo, gesticolando.
«Ah, è così? Vorrà dire che la prossima volta eviterò di venire in tuo soccorso», ribatte, fingendo un tono offeso.
«Bene», concludo, incrociando le braccia al petto.
Per qualche minuto nessuno parla, come se fossimo due bambini che stanno giocando a chi resiste di più nel non parlare all’altro: io però sto già per perdere.
«Melanie?» dice all’improvviso, stupendomi. 
«Hm?»
«Facciamo pace?»
«Ok», acconsento soddisfatta, con un sorriso divertito. «E… Zayn?» lo chiamo dopo qualche secondo, mossa da una timida curiosità.
Lui non risponde, ma si volta verso di me guardandomi da sotto le lunghe ciglia nere. «Perché mi chiami sempre Melanie?»
Potrebbe sembrare una domanda stupida, e forse lo è davvero, ma ho notato che Zayn non mi chiama mai “Mel”, né con altri diminutivi. Non che mi dispiaccia, ma è come se continuasse a mantenere le distanze, o forse sono solo mie congetture dettate dall’influenza che lui ha su di me.
Lo vedo assumere un’espressione tra l’incuriosito ed il confuso per quella domanda, mentre appoggia la testa alla parete dietro di noi senza distogliere gli occhi dai miei. «Come dovrei chiamarti, scusa?»
«Ehm… Non so… Mel, per esempio», dico, leggermente imbarazzata nel rendermi conto che effettivamente sì, è stata una domanda stupida.
«Vuoi che ti chiami Mel?» chiede, lasciando apparire un sorriso sul suo volto.
«No… No. Cioè, puoi chiamarmi come vuoi. Era solo… Una curiosità, ecco».
Perché devo alternare momenti in cui parlo con lui come una persona normale, a momenti in cui non riesco a formulare una frase? È colpa delle sue labbra incurvate? O dei suoi occhi socchiusi mentre sorride?
«Mi piace il nome Melanie», spiega, alzando le spalle. «E poi anche tu mi chiami sempre Zayn».
Corrugo la fronte a quelle parole ed abbasso lo sguardo per qualche secondo. «Sì, ma Zayn… Zayn è un nome… Corto», provo a giustificarmi. In fondo come potrei abbreviarlo?
«Un nome corto?» ripete, trattenendo un sorriso.
«Ah, lascia perdere», mi arrendo, sbuffando ed appoggiando di nuovo la schiena sulla parete.
 
«Scusa, era mia madre. Non sono riuscita a rispondere, quindi credo che richiamerà», spiego, tenendo tra le mani il cellulare.
Non so quanto sia passato esattamente dal momento in cui ci siamo seduti su questo palco: sembra un eternità, ma un’eternità trascorsa troppo in fretta. Mia madre ed il suo tempismo ci hanno riportati alla realtà, proprio nel momento in cui Zayn mi stava raccontando di quando da bambino aveva fatto a botte con un suo compagno perché era sparita la figurina del suo calciatore preferito. Credo gli piaccia raccontarmi questi piccoli episodi del suo passato, così come gli piace ascoltare quelli che racconto io: per ora sembra preferire parlare di queste cose anziché toccare un passato troppo recente, come quello in cui lui non era a Bradford.
Non fa in tempo a rispondere alla mia affermazione, però, perché il mio telefono riprende a squillare: mi volto di spalle ed accetto la chiamata, aspettando che mia madre mi chieda le solite cose che interessano le madri. Sospiro quando la telefonata finisce e ripongo il cellulare nella tasca dei miei pantaloni. Mentre mi volto verso Zayn «Credi che prima o poi la smetterà di chiamarmi ogni du-», provo a dire.
Devo interrompermi, però, perché Zayn è davanti a me, ad una distanza davvero ridicola: deglutisco a vuoto mentre cerco di non rimanere letteralmente a bocca aperta, sotto il suo sguardo intenso.
«Dicevi?» domanda in un sussurro, avvicinandosi pericolosamente al mio viso fino a far sfiorare i nostri nasi. Ancora una volta sa quale sia il mio limite di sopportazione: sono abituata ormai al suo modo di essere, al suo rimanere a distanza, se così si può definire quella tra di noi. Ma mi sto abituando anche all’altro suo lato, quello che capisce quando io abbia bisogno di un contatto, quando lo stare insieme diventi quasi insopportabile per me: forse per questo ora si sta comportando così, o forse lo sta facendo perché è lui ad averne bisogno. Questa eventualità mi scalda il cuore.
Non rispondo alla sua domanda, ed in fondo potrei sfidare chiunque a parlare in questo momento: mi limito ad inspirare più aria del dovuto quando sento la sua mano destra sfiorarmi un fianco, la sua bocca che gioca ad avvicinarsi ed allontarsi dalla mia. Ma sono costretta a riscuotermi quando le sue dita smettono di accarezzarmi per solleticarmi la pancia: spalanco gli occhi e mi scosto da lui.
Io odio il solletico. Sono una di quelle persone che potrebbe morire per le risate, una di quelle sulle quali il solletico potrebbe essere usato come strumento di tortura. Il suo viso si illumina grazie ad un’espressione giocosa e forse anche un po’ minacciosa, mentre fa un passo verso di me.
«No, ti prego», mormoro, indietreggiando ancora un po’.
Eppure non mi ascolta, anzi, prende quelle mie parole come un invito a fare quello che vuole: ridendo si fionda su di me ed inizia a solleticarmi con tutt’e due le mani, questa volta, mentre io non riesco a parlare a causa delle risate. Credo sia la prima volta che rido così apertamente davanti a lui ed è una bella sensazione.
«Zayn… Zayn, basta!» lo supplico senza fiato, accorgendomi di quanto la mia forza sia scarsa rispetto alla sua: continuo a cercare di spingerlo via, me evidentemente non ho nessuna possibilità contro di lui.
Proprio durante uno di questi tentativi, inciampo disastrosamente sul suo piede: il mio equilibrio, già precario per natura, non è in grado di sostenermi e mi lascia cadere a terra seguita da Zayn, ingannato dal suo stesso scherzo. Continuo a ridere, cercando di ricompormi sul pavimento, e lo stesso fa Zayn, al mio fianco: è in questo momento che mi accorgo di quanto la sua risata sia irresistibile mentre viene amplificata dall’auditorium. Tanto irresistibile da farmi pensare che forse dovrei aggiungere una cosa tra quelle che mi piace fare mentre sono qui: ascoltare la risata di Zayn Malik.
Guardandoci negli occhi, riusciamo a calmarci e a trasformare la nostra ilarità in semplici sorrisi, sorrisi che servono a ricordarci il momento appena trascorso. Ma il loro intento è rovinato da Zayn, che si gira su un fianco per potermi guardare meglio, appoggiando la testa sul palmo della sua mano mentre puntella il gomito a terra: con i suoi occhi a fissarmi, ho dimenticato tutto il resto.
«Non farmi mai più il solletico, per favore», mormoro, scuotendo la testa come se volessi fargli provare pena per me.
«È divertente», è la sua risposta.
«No, è sadico», ribatto.
«E divertente», insiste, arricciando appena il naso per permettere all’ennesimo sorriso soddisfatto di comparire sul suo volto.
Alzo gli occhi al cielo, arresa a lui, e mi arrendo anche al desiderio che ho da quando l’ho visto salire sul palco: lo guardo, semplicemente ed inevitabilmente. Mi lascio catturare dalla linea dei suoi zigomi, dal sottile strato di barba che gli dà un’aria da adulto, dalle sue ciglia scure che sembrano volermi incantare con i loro movimenti. E dagli occhi. Quei dannati occhi.
La sua mano sinistra che si sposta verso di me mi distrae, mio malgrado, e raggiunge il mio viso per lasciarci una carezza delicata con il suo dorso: arrossisco all’improvviso, ma non mi muovo.
«Ti ricordi quando quel giorno, alle prove, mi hai chiesto perché ti avessi baciata in biblioteca?» domanda, spiazzandomi completamente. Il suo tono di voce calmo e quasi sussurrato non mi tranquillizza come dovrebbe. «Vuoi ancora saperlo?» continua, lasciando un’altra carezza sulla mia guancia.
Sento uno sfarfallio nel mio stomaco a questa domanda, perché sì, cavolo, sì che voglio saperlo. Così annuisco, impaziente.
«Ero curioso», dice dopo qualche secondo, ingabbiando i miei occhi chiari nei suoi.
Corrugo leggermente la fronte e «Curioso?» ripeto, senza capire a pieno cosa voglia dirmi.
«Quando mi hai visto la prima volta, sei subito arrossita, proprio come ora», spiega, facendo colorare di un rosso più acceso il mio viso. «Ed io non stavo facendo niente, insomma, ti stavo solo guardando».
Non stava facendo niente? Come potrei spiegargli che quel suo “non fare niente” mi stava logorando?
«Anche senza conoscerti eri cristallina, per me: da ogni tuo movimento si vedeva quanto fossi in soggezione, e la cosa mi piaceva. Quindi ho pensato: chissà come reagirebbe se la baciassi», continua.
«E mi hai baciata», concludo io al suo posto.
«E ti ho baciata», mi fa eco, sussurrando. La sua espressione è seria: è come se fossimo incantati l’uno dall’altra e dai nostri ricordi, e questo non mi permette di pensare lucidamente a quello che mi ha appena detto.
«Sei… Sei rimasto soddisfatto dalla mia reazione?» chiedo imbarazzata, deglutendo a vuoto.
Lui sorride e  «Oh, sì», risponde. «Sai? Mi piace vedere l’effetto che ho su di te».
Mi sento sollevata dalla sua risposta, anche se non so cosa implichi, e lascio che la sua mano scorra nuovamente e lentamente sulla mia pelle, fino ad arrivare al collo. Rabbrividisco per questo contatto estremamente delicato, mentre i suoi occhi seguono i movimenti delle sue dita.
«Melanie», sussurra, senza guardarmi. «Tu non hai idea di cosa provochi in me».
Le sue parole bloccano per qualche secondo il mio respiro, mentre sul mio cuore hanno l’effetto contrario, dato che inizia a battere più velocemente del normale: continuo a ripeterle dentro di me, nonostante gli occhi di Zayn, spostatisi su di me, cerchino ancora di confondermi con la loro profondità.
Se riuscissi a parlare, magari gli direi che di sicuro quello che lui provoca in me è mille volte più intenso.
Spontaneamente sposto la mia mano destra sulla sua, ancora sulla parte di pelle lasciata scoperta dal mio maglioncino: intreccio le nostre dita, godendo della sensazione di calore che questo ragazzo riesce a trasmettermi, e rimango in questa posizione anche quando il viso di Zayn si avvicina al mio, seguendo un percorso che ha già fatto più volte.
So bene cosa sta per succedere e, sinceramente, non aspetto altro: le mie labbra gioiscono quando entrano in contatto con le sue, mentre il mio respiro si adegua al caos di sensazioni che sto provando. Zayn si sporge su di me, facendo scontrare il suo petto con il mio e cercando un accesso alla mia bocca: non esito a darglielo, liberando la mia mano dalla sua per potergli accarezzare la schiena. Sento i suoi muscoli tendersi sotto al mio tocco, dandomi l’impressione che non sia io l’unica ad avere reazioni del genere quando siamo insieme, e mi lascio sfuggire un piccolo gemito quando sento i suoi denti mordermi il labbro inferiore.
«Quando arrossisci per me…» mormora, baciandomi ripetutamente sulla bocca. «Melanie, non ne hai idea».
«Zayn…» riesco a dire con chissà quale forza, cercando di nuovo le sue labbra. L’unica cosa di cui ora ho bisogno è sentire il suo sapore, il suo profumo così intenso. La sua mano vaga sul mio collo, questa volta con meno delicatezza e più passione, raggiungendo i miei capelli, ai quali si stringe come se volesse aggrapparsi a me per non lasciarmi più andare. Il suo corpo premuto contro il mio mi fa perdere la cognizione del tempo, dello spazio, della realtà: è come se stesse cercando di farci diventare una cosa sola, come se ne avesse bisogno.
Zayn si muove, spingendo con un ginocchio tra le mie gambe per farmele aprire un po’ di più, ed io lo lascio fare, completamente abbandonata a lui. Si posiziona meglio su di me e con la mano destra percorre il mio fianco, bramoso di un contatto: la sua lingua continua ad accarezzare la mia e le mie braccia sono allacciate intorno al suo collo, mentre le sue dita raggiungono l’orlo del mio maglioncino. Ci giocano un po’ prima di infilarsi al di sotto ed io rabbrividisco nel sentire la sua pelle a contatto diretto con la mia.
Soffoco un gemito quando Zayn lascia una scia di baci sulla mia mascella per raggiungere il collo e soffermarsi lì, mentre la sua mano si stringe sul mio fianco, in modo simile a come era successo nei bagni del Red’s. Sono sopraffatta da tutto questo, dal suo tocco, dai suo occhi socchiusi, dalla sue labbra… Sto talmente bene in questo momento, che quasi non riesco a respirare.
La suoneria di un telefono irrompe nell’auditorium, riscuotendomi da tutte le sensazioni che sto provando: è di Zayn, ma lui non sembra dargli importanza, infatti ritorna a baciare la mia bocca con dolcezza. Lo imito, scelgo di ignorare quell’interruzione, ma quando il cellulare prende a squillare di nuovo, sento Zayn fare un verso di disapprovazione, è costretto a separarsi da me. Mi sento quasi incompleta quando il suo corpo si allontana dal mio.
Lo vedo scrutare lo schermo del suo telefono e cambiare espressione, così mi metto seduta, passandomi una mano tra i capelli e la lingua sulle labbra, un po’ impacciata.
«Hey», risponde, senza guardarmi: gli occhi sono duri, concentrati. Per qualche secondo non parla ed io non riesco a sentire chi ci sia all’altro capo del telefono.
«Arrivo», dice soltanto, prima di interrompere la chiamata ed alzarsi in piedi. Una semplice parola è riuscita a rovinare il senso di completezza che mi pervadeva, così rimango per qualche momento spiazzata dalla piega che ha preso la situazione.
Zayn poi mi porge una mano per aiutarmi ad alzarmi ed io la afferro, sistemandomi la maglia appena sono in piedi.
«Era Andrea», esordisce. «Devo andare da lei».
Il suono di quel nome mi ferisce, forse per la gelosia, forse perché sento che Zayn non le appartiene realmente, o forse perché sono terribilmente egoista. La verità è che, per quanto sia brutto da dire, non voglio che vada da lei: non importa se per averlo chiamato a quest’ora deve esserle successo qualcosa che richieda il suo aiuto, non voglio che se ne vada.
«Mi dispiace», aggiunge, spostandomi una ciocca di capelli dietro l’orecchio.
«Non fa niente», mento, annuendo con finta decisione. Gli ho promesso che l’avrei aspettato un paio di giorni fa e mi sto già chiedendo per quanto ancora riuscirò a sopportare di non averlo per me: non pensavo sarebbe stata così dura, né che avrebbe fatto così male.
«Vuoi che ti accompagni a casa, prima?» chiede, con un tono di voce più che premuroso.
Scuoto la testa. «Tranquillo, viene mia madre a prendermi».
Lui annuisce, nonostante mi sembri poco convinto, e sposta la mano dietro la mia testa, accarezzando i miei capelli. «Buonanotte, Mel», dice, sorridendo in modo beffardo per come mi ha chiamata.
Il suo semplice sorriso mi strappa via dal turbamento che sento, anche se solo per pochi secondi. «Buonanotte», rispondo, sforzandomi di ricambiare il sorriso. Non gli chiedo un altro bacio: nonostante io lo desideri con tutta me stessa, è come se l’atmosfera fosse cambiata. Quindi mi limito a guardarlo scendere dal palco con un salto, per poi camminare velocemente verso l’uscita dell’auditorium.
Sbuffo sonoramente e mi siedo a terra con le gambe incrociate: mi guardo un po’ intorno e mi decido a mandare un messaggio a mia madre chiedendole di venirmi a prendere. I miei occhi, però, sono attirati dalla porta dietro la quale Zayn è appena scomparso: sento qualcosa contorcersi dentro di me al pensiero che stia andando da Andrea. L’idea che tra poco loro due saranno insieme, che lui la aiuterà, che magari la bacerà come ha fatto poco fa con me, mi sembra insopportabile.
Mi fa male essere così gelosa.
Mi fa male pensare che magari non sono così forte come pensavo.
Mi fa male pensare che forse non sono capace di aspettarlo.
Mi fa male sapere che se voglio farlo devo sopportare questo ed altro.
Mi fa male essere la seconda scelta di qualcuno, di nuovo.



 


 

 
Ciao bellezze! Come state?? Spero bene dai!
Ecco a voi, con un giorno di anticipo, il nuovo capitolo (siamo già al sedicesimo D: Sembra ieri che ho iniziato questa storia!) Cooooooomunque, non è un capitolo ricco di avvenimenti, ma di piccoli particolari :)
Innanzitutto Zayn le dice finalmente perché l’ha baciata in biblioteca la prima volta! Non si era preso una cotta per lei né cose del genere, era “solo” curioso di vedere la sua reazione :) Cosa ne pensate a riguardo? Vi aspettavate qualcosa di più?
Poooi ammette anche che gli piace vedere l’effetto che ha su Melanie: in effetti, anche a me piacerebbe vedere qualcuno che arrossisce per me eheh (vi ricordate quando nel secondo capitolo Zayn e Mel parlano per la prima volta? Ecco, lì lei cerca di nascondere le guance nella sciarpa e lui le chiede se si sta nascondendo: quando Mel risponde di no, lui se ne esce con un “peccato”. Be’, ora potete capire che non voleva
offenderla ahah  Semplicemente gli sarebbe piaciuto vederla reagire così per lui! Non so se mi sono spiegata)
Che altro c’è da dire? Ah, sì: diciamo che si lasciano andare un po’ alla passione. E a proposito di questo vorrei fare un “annuncio” e chiedervi un parere a riguardo: per com’è il rapporto tra Mel e Zayn, sarebbe interessante una scena a rating molto arancione/rosso. Mi piacerebbe scriverla, nonostante
non l’abbia mai fatto ahhaha Ma vorrei prima sapere voi cosa ne pensate: vi piacerebbe? O no?
Se volete potrei avvertire quando sta per iniziare la scena, così chi non se la sente salta il passaggio, Non so, ditemi voi :) In ogni caso questa ipotetica scena (forse ce ne sarà più di una) non sarà un porno, anche perché non saprei scriverlo hahah La vedo più come un’evoluzione del loro rapporto :)
Inoltre non so nemmeno a che punto della storia sarà! Comunque, sto divagando…
Il capitolo si chiude con Zayn che riceve una chiamata da Andrea e che deve raggiungerla: Melanie ovviamente inizia a farsi mille pippe mentali, perché evidentemente sopportare una situazione del genere le sembra più difficile di quanto si aspettava! L’ultima frase del capitolo è anche abbastanza importante :) Ci dice qualcosa in più su come lei si senta, tenendo conto del suo passato con Niall!
Quiiiiiiiiiiiiiiiindi aspetto i vostri pareri! È stato un capitolo molto tranquillo, ma chi lo sa, magari è solo la calma prima della tempesta ehehhe
(Ah, nessuno mi chiede mai che ruolo avrà Louis in questa storia! Vi siete dimenticate di lui? Comunque posso dirvi che comparirà tra pochissimo :))

Ragazze grazie infinite per tutto quello che fate per me. Siete meravigliose.

Ciaaaaao splendori :)


Salutate Zayn e quella dolcezza di Melanie!

  

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Capitolo 17
*** I missed you ***




I missed you
 

La voce di mia madre rimbomba in tutta la casa mentre mi chiama come se si trattasse di una questione di vita o di morte. Corrugo la fronte a questo richiamo improvviso e tempestivo, restando in attesa per qualche secondo.
«Melanie! Scendi!» urla ancora, costringendomi ad alzarmi dal letto sul quale mi stavo riposando dallo studio. La matematica sa essere molto noiosa.
«Cosa c’è?» chiedo, scendendo le scale. Lei mi sta aspettando in salotto, appoggiata all’uscio della porta della cucina.
«Dovresti andare a comprare qualcosa per la cena di stasera», afferma.
«Cosa? No, tocca ad Emma!» protesto, lanciando uno sguardo infuocato a mia sorella, che ridacchia sul divano.
«Mel, ti prego», mormora mia madre, massaggiandosi le tempie con le mani.
«Dai, mamma, non ho voglia», è la mia risposta supplichevole. Che senso ha istituire dei turni se poi nessuno li rispetta, eccetto me?
«Nemmeno io ho voglia di cucinare, se è per questo, ma tuo padre tornerà tra un’oretta e la cena dovrà essere pronta», risponde. «Quindi, per favore, vestiti e vai a comprare queste cose», dice, porgendomi un pezzo di carta scarabocchiato. Sposto velocemente lo sguardo dalla sua espressione implorante alla sua mano, sporta verso di me. 
«Non puoi preparare qualcosa con le cose che sono già in casa?» le chiedo, abbozzando un falso sorriso che magari potrebbe convincerla.
«Melanie», mi riprende sbuffando.
«E va bene», sospiro, afferrando il foglietto. «Però non è giusto. Che cavolo, perché non può andarci lei?» Vedo mia sorella mimare un “Mi dispiace” tutt’altro che sincero, che scatena in me un moto di rabbia. Evidentemente mia madre ha già provato a convincerla, ma non avendo voglia di discutere ha pensato bene di chiamare me. Perfetto.
«Grazie», mi sorride mamma, rientrando poi in cucina ed ignorando la mia domanda.
«Avanti, non fare così», dice Emma, riferendosi alla mia espressione indispettita. «Camminare fa bene».
Dannata.
Faccio un respiro profondo e «Sta’ zitta», borbotto, dando una veloce occhiata al foglio tra le mie mani: ci sono scritti diversi ingredienti, alcuni cancellati, altri quasi incomprensibili. Passo in rassegna il mio abbigliamento e decido di non cambiarmi: sono le sette del pomeriggio di un noioso lunedì sera, non credo che qualcuno farà caso alla mia tuta grigia o ai miei capelli raccolti in una crocchia disordinata. E poi, sinceramente, non ho nemmeno voglia di uscire, figuriamoci di prepararmi.
 
Una delle cose che odio di più è il freddo, quello pungente e fastidioso che sembra volerti penetrare nelle ossa. Quello che ti fa congelare le dita delle mani in una posizione e che ti fa diventare il naso rosso come un peperone. Un’altra cosa che non sopporto è la distanza da casa mia al piccolo supermercato di Bradford, che, sommata al gelo di questa sera, mi rende insopportabile il tragitto di cammino. Ma, di sicuro, la cosa peggiore per me è fare la spesa. Non sono mai stata brava a scegliere i prodotti giusti, quelli più convenienti, quelli più buoni: ci sono troppe marche, troppe offerte tra cui destreggiarsi, troppe cose tra cui scegliere, ed io non posso essere che un po’ confusa, di fronte agli immensi scaffali colmi di cibi in scatola o chissà cos’altro.
Sospiro, guardando l’entrata del supermercato con una certa indisposizione nei suoi confronti: mi consolo, però, nel percepire l’aria notevolmente più calda al suo interno, che potrebbe far tornare il mio corpo ad una temperatura normale. Le corsie sono quasi vuote, le casse aperte sono solo due ed in sottofondo posso sentire la voce dello speaker di una stazione radio a me sconosciuta.
Mi faccio coraggio, pensando che prima mi sbrigo prima posso tornare a casa mia, al caldo: inizio a cercare gli ingredienti della lista e subito ottengo dei buoni risultati, dato che li trovo quasi tutti al primo colpo. Stranamente. Faccio un po’ più di fatica nel raggiungere le bottiglie di sugo, che a mia madre servono per una cena in stile italiano, ma alzandomi sulle punte sorrido vittoriosa al pensiero di aver finalmente finito questa dannata spesa.
Mentre mi dirigo alla cassa, i miei occhi vengono attratti dalla corsia dedicata ai dolci e a tutte quelle cose che fanno ingrassare anche solo guardandole: il mio sguardo viene catturato da lei, la mia adorata cioccolata calda, alla quale mi avvicino, leccandomi le labbra al ricordo di quanto sia buona. Alzo un sopracciglio, pensando di averla finita qualche giorno fa, e scrollo le spalle per convincermi che di sicuro a mia madre non dispiacerà che io spenda parte dei suoi soldi per uno sfizio personale, dopo esser stata mandata al supermercato con questo freddo nonostante non toccasse a me.
Mi avvicino al punto dello scaffale dove l’invitante confezione blu notte sembra chiamarmi insistentemente, e sposto nella mano sinistra il cestello in cui ho raccolto tutte le altre cose: cerco di afferrare una delle scatoline di cartoncino, ma la mia presa fa cilecca. Succede tutto in un attimo: provando a recuperare la confezione che sta per cadere, mi muovo velocemente ed in modo sconnesso, andando a toccare e spostare i prodotti circostanti che cadono per incastrarsi tra il mio corpo e lo scaffale, nonostante alcuni siano finiti a terra.
«Oh, andiamo…» borbotto incredula, mentre con le mani cerco di trattenere scatole di impasti per torte e budini. Alzo gli occhi al cielo ed inspiro profondamente, cercando di non fare caso al manico del cestello che mi sta segando la pelle del polso sinistro.
«Hai intenzione di prendere tutte quelle cose?» chiede una voce, che sembra provenire da qualche metro di distanza. Corrugo la fronte, non riconoscendo a chi possa appartenere, quindi mi volto verso la mia sinistra e poi verso la mia destra: un ragazzo si sta avvicinando a me, con un sorriso divertito sul viso.
Arrossisco, per la figura da stupida che sto facendo, ed abbasso lo sguardo, nonostante i lineamenti dello sconosciuto siano rimasti impressi nella mia mente: porta i capelli castani in una cresta disordinata, mentre la pelle leggermente abbronzata crea un certo contrasto con gli occhi sottili e terribilmente azzurri, che sembrano seguire il sorriso formato dalle labbra sottili.
È davvero….
«Sai, non credo che così tanto cioccolato faccia bene», continua, ormai a qualche passo da me.
bello.
Scapperei a gambe levate se non dovessi evitare di far cadere queste benedette confezioni a terra e se l’imbarazzo non mi avesse paralizzata.
«Sì, lo so… È che…» farfuglio, cercando di rimettere a posto qualcosa.
«Aspetta, ti aiuto», mi interrompe. E improvvisamente, senza che possa prima accorgermi della sua effettiva vicinanza, le sue mani iniziano a prelevare dalla mia stretta una scatola alla volta per metterla al suo posto. Sfrutto questo momento per tornare a guardarlo, nonostante la poca distanza tra di noi mi faccia arrossire, come al mio solito: il suo sopracciglio destro si è alzato in un’espressione di concentrazione, spostando con sé anche il piercing nero che lo decora. Mi soffermo su altri particolari del suo volto, come ad esempio gli altri due, tre… Cinque piercing: due sotto il labbro inferiore – uno a destra ed uno a sinistra –, due ai lobi delle orecchie e l’altro al naso. Un septum come quello che Becka, poco tempo fa, era tanto risoluta a farsi.
«Ecco fatto», dice, mentre raccoglie da terra l’ultima scatola, di un verde chiaro abbastanza fastidioso.
«G-Grazie», sussurro, libera di allontanarmi dallo scaffale e di posizionare meglio il cestello tra le mie mani.
«Figurati», risponde, sorridendomi ancora. Il suo giaccone grigio gli arriva fino a metà coscia, ma è aperto e lascia in bella vista sia la maglietta nera sia alcuni tatuaggi sul petto, troppo coperti per permettermi di capire cosa rappresentino.
«Louis?» interviene un’altra voce. Prima di arrossire, questa volta, impallidisco: impallidisco perché so che quella voce appartiene a Zayn e perché immediatamente mi ritrovo a pensare al mio aspetto poco curato, quindi anche i miei muscoli si irrigidiscono all’istante, mentre il presunto Louis si volta alle sue spalle nel sentirsi chiamare. Mi sporgo oltre la sua figura ed intravedo il viso di Zayn, perfetto come al solito.
Aspetto in silenzio che si avvicini, osservando i jeans scuri, che lo fanno sembrare più magro di quanto non sia, ed una giacca marrone scuro che non gli ho mai visto addosso. «Melanie?» esclama stupito, vedendomi di fronte a quello che penso sia un suo amico, nonostante io non l’abbia mai visto prima.
«Ciao», lo saluto, abbassando per un attimo lo sguardo. Il sollievo inizia a pervadermi il petto, mentre ogni cellula del mio corpo si rilassa nel percepire la vicinanza di quello di Zayn.
Sono costretta a distogliere l’attenzione dal suo viso, però, quando il ragazzo di fronte a me prende la parola. «E così tu sei la famosa Melanie, hm?» chiede, assottigliando gli occhi ed incrociando le braccia al petto. Mi mordo l’interno della guancia nel sentire quelle parole: cosa significano? Zayn gli ha parlato di me? Cosa gli ha detto?
Torno a guardare il moro, forse in cerca di una risposta implicita o forse in cerca di un aiuto che possa mandare via la mia timidezza: lui, però, non sembra turbato né altro. «Melanie, lui è Louis. L’ho conosciuto a Londra, quando me ne sono andato da qui», spiega, accennando per la prima volta a qualcosa di quel periodo. Annuisco, cercando di contenere la mia fantasia e la mia curiosità, pronte a creare un film mentale su cosa possa aver fatto Zayn a Londra per tutto quel tempo.
«Piacere di conoscerti, splendore», esclama Louis, porgendomi una mano. I suoi occhi mi stanno scrutando incuriositi ed io vorrei poter nascondere loro le mie guance completamente in fiamme a causa delle sue parole. Splendore? ripeto dentro di me, scettica.
Afferro la sua mano con un po’ di timore, mentre sento la sua stretta calda avvolgermi completamente. Inizio a pensare che sia io ad avere una mano davvero troppo piccola rispetto alla norma, dato che quelle degli altri sembrano sempre due volte la mia.
«Piacere», dico in risposta, spostando di nuovo lo sguardo su Zayn. È come se i miei occhi fossero disturbati da Louis, come se non riuscissero a concentrarsi su di lui perché sono attratti da quelli scuri che conoscono fin troppo bene: forse perché, dopo sabato sera, io e Zayn ci siamo visti solo questa mattina a scuola, di sfuggita mentre lui camminava al fianco di Andrea; forse perché hanno sentito la nostalgia del loro oggetto preferito. I suoi occhi, d’altronde, sono ancora fissi su di me ed una parte di me spera che anche loro sentano lo stesso.
Rimarrei ancora qualche ora a guardare Zayn e a perdermi nelle sue iridi scure, ma devo assolutamente tornare a casa o mia madre saprà come farmela pagare; inoltre, gli occhi di Louis sono puntati su di me in modo tutt’altro che discreto, rendendomi quasi infastidita da questa situazione.
«Scusate, ma io devo proprio tornare a casa», mi congedo, stringendomi nelle spalle.
«Sei da sola? Lascia che ti accompagniamo», dice Louis, stupendomi e allo stesso tempo deludendomi. Avrei voluto che a pronunciare quelle parole fosse Zayn, invece lui si limita a guardarmi serio, celando le sue emozioni, sempre che ne stia provando. So che lui è così, che ci vorrebbe un apposito vocabolario per decifrarlo, ma da quando ci siamo incontrati non mi ha sorriso, né ha detto o fatto qualcosa che potesse farmi capire di essergli mancata. Credo che tutto di me, in questo momento, rifletta la mia agitazione nell’averlo davanti, mentre lui è così… Distante. Solo io sono felice di vederlo?
«Non preoccuparti, posso tornare da sola», borbotto, ancora confusa dai miei pensieri su Zayn. Sono paranoica, lo so.
«Insisto», mi interrompe, con voce più decisa, sporgendosi verso di me in modo da arrivare all’altezza del mio viso. I suoi occhi azzurri sono quasi ipnotizzanti, a questa distanza, e forse è per questo che acconsento, annuendo debolmente con il capo.
«Così mi piaci», commenta, scoprendo i denti per sorridermi. Poi si allontana, lasciandomi lo spazio per respirare e per togliere il rossore dalle mie guance, e si rivolge a Zayn. «Andiamo?» chiede soltanto, prima di superarmi ed avviarsi verso le casse.
Il moro alza gli occhi al cielo e sospira, quasi come fa una madre con il figlio pestifero, mentre io mi volto per seguire Louis. Passano pochi secondi prima che io possa percepire il profumo di Zayn e capire che il ragazzo sia al mio fianco. Con la coda dell’occhio noto la sua mano frugare nel cestello che sto reggendo e, quando la vedo afferrare la confezione di cioccolata calda, cerco di nascondere un sorriso.
Continuo a camminare, nonostante lui si sia fermato per qualche secondo ad osservarla, e, quando sento Zayn dietro di me, mi sento costretta a smettere di muovermi. «Cioccolata calda?» sussurra incredulo sul mio collo, permettendomi di sentire il suo respiro sulla mia pelle. «Non dovrebbe essere legale vendere certe oscenità», continua, mentre posso percepire un suo sorriso divertito. Rabbrividisco e mi impongo un certo contegno, in modo da non rimanere in mezzo alla corsia e lasciare che Zayn mi parli in quel modo ancora per giorni e giorni.
Sono messa a dura prova, però, quando le sue labbra si poggiano delicatamente sul mio collo baciandolo appena. Chiudo gli occhi per qualche secondo e mi abbandono alla sensazione che mi provoca il suo braccio intorno alla mia vita, o la mia schiena che aderisce al suo petto.
«Zitto», mormoro. «Non sai cosa ti perdi».
La sua bocca continua a lasciare teneri baci sulla mia pelle, arrivando fino all’orecchio: ne mordicchia il lobo, facendomi rabbrividire mentre una scarica di adrenalina percorre il mio corpo. «Louis ci sta aspettando», mi ricorda a pochi millimetri da me, prima di allontanarsi con un sorriso e dirigersi alle casse. Ancora scossa da quello che è appena successo, sento le guance in fiamme ed il cuore che pompa più sangue del dovuto nel mio corpo: i cambi di personalità di Zayn mi mandano sempre in confusione. L’attimo prima si limita a scrutarmi con i suoi occhi impenetrabili, senza lasciar trapelare alcun tipo di pensiero, di emozione; l’attimo dopo mi sconvolge anche solo sfiorandomi con le sue labbra.
 
Il cielo è ancora più scuro di prima, se possibile, mentre cammino sul marciapiede con Zayn alla mia destra e Louis alla mia sinistra. Quest’ultimo si è offerto di portare al posto mio la busta della spesa, nonostante abbia un peso insignificante e nonostante io abbia insistito per declinare l’offerta.
«Quindi… Hai solo sedici anni?» chiede il castano, interrompendo il silenzio. Da quando siamo usciti dal supermercato, circa dieci minuti fa, non ha fatto altro che pormi domande. Ah, no, ha anche mangiato la mela che ha deliberatamente rubato dal supermercato: a quanto pare ha una specie di fissa per quel frutto e, quando ne ha voglia, non esita a procurarselo. Sembra un tipo molto loquace - forse un po’ troppo - al contrario di Zayn: lui sta fumando indisturbato la sua solita sigaretta, il cui fumo ogni tanto arriva alle mie narici, facendomi tornare in mente alcuni nostri baci, caratterizzati dallo stesso odore.
«Sì», dico semplicemente, cercando di interpretare il suo solo.
«Cazzo, ne dimostri molti di più», è il suo commento. «Non è vero, amico?» continua, rivolgendosi a Zayn. Io sposto lo sguardo su di lui, curiosa di ascoltare la sua risposta, ma mi devo accontentare di una semplice scrollata di spalle. I suoi occhi sono puntati sulla strada davanti a noi, ridotti a due fessure per il fumo che sta aspirando.
La mia attenzione è costretta a tornare su Louis, quando parla di nuovo. «E poi, per avere solo sedici anni sei davvero… Voglio dire, complimenti alla mamma, splendore».
Quasi mi va di traverso la mia stessa saliva nel sentire quelle parole, mentre di nuovo, per l’ennesima volta nel giro di poco tempo, le mie guance prendono fuoco. Mi stringo nel giubotto e mormoro un «Grazie» che non sono nemmeno sicura sia stato udibile.
Louis è loquace, certo, ma anche molto diretto: potrei quasi pensare che in qualche modo ci stia provando con me, se Zayn non fosse con noi. Insomma, da quello che ho capito, il moro gli ha parlato di me: come può non farsi nessun problema ad essere così esplicito davanti a lui? Che Zayn non gli abbia parlato di me… In quei termini? Che a lui non importi nulla?
«Louis», esordisce la voce calda di Zayn, facendomi quasi sorridere. Il suo è un tono di richiamo ed il mio cuore sta nascondendo la speranza che sia intervenuto per far capire all’amico di stare esagerando.
Ma poi devo ricredermi.
«Smettila di dire che ha solo sedici anni. La fai sembrare una brutta cosa», dice.
Sì, ok, mi ha… Difesa, se così si può dire, ma… Non gli dà alcun fastidio che un suo amico mi faccia complimenti? Se un giorno Becka cominciasse a rivolgergli delle attenzioni, io non riuscirei a nascondere la gelosia. Però forse sto solo esagerando, anzi, sicuramente: forse Zayn si fida di Louis, in fondo è stato un semplice complimento, non ha cercato di stuprarmi. Sì, sto solo esagerando: credo che i due giorni di lontananza si stiano facendo sentire, costringendomi ad essere più paranoica del solito.
«Non è una cosa brutta», continua Louis, indisturbato. «È solo che io ne ho ventuno e per me… Be’, sono solo sedici anni», spiega divertito, ripetendo per l’ennesima volta quella frase, che sta diventando quasi fastidiosa per le mie orecchie. «Anche se credo che non mi farei problemi a provarci con la nostra piccola Melanie, se non fosse per ovvi motivi», aggiunge, sorridendomi tra il divertito ed il malizioso.
Io distolgo subito lo sguardo, sentendo il cuore battere un po’ troppo velocemente: io sarò anche paranoica, ma credo che a questo punto potrei dire quasi con certezza che Louis si stia spingendo un po’ oltre.
Non rispondo alla sua affermazione, limitandomi a deglutire a vuoto e sperando in una qualche reazione da parte di Zayn, o anche solo in un cambio di argomento. Quest’ultimo, però, accenna una risata, prima di buttare a terra la sigaretta per schiacciarla sotto il piede.
«Tommo», lo richiama, usando quello che mi sembra un soprannome. «La stai mettendo in imbarazzo», lo ammonisce. Io avrei preferito che uscisse qualcos’altro dalla sua bocca, ma immagino che dovrò arrendermi: spero solo di arrivare al più presto a casa, perché la schiettezza di Louis mi mette a disagio e l’indifferenza di Zayn mi confonde.
“Oh, non era mia intenzione», provvede subito il castano. «Mi dispiace, se è quello che ho fatto».
Sobbalzo quando sento qualcosa accarezzarmi una guancia, quindi mi volto verso Louis per accorgermi che quel qualcosa è il dorso della sua mano. Per qualche secondo fisso i suoi occhi azzurri, che stanno cercando di farsi perdonare – almeno credo -, ma la timidezza mi costringe a riportare lo sguardo sul marciapiede di cemento sotto i miei piedi.
«Stai tranquillo, non… Non fa niente», mormoro, sentendomi sollevata quando la sua mano abbandona la mia pelle. Come in un riflesso spontaneo, il mio corpo si allontana impercettibilmente da Louis, spostandosi verso quello di Zayn: per un attimo le nostre braccia si sfiorano ed io sono costretta a chiudere gli occhi, perché non posso negare che quel semplice contatto – seppur mediato dai nostri giubbotti – mi abbia fatto venire i brividi. Basta poco per riconoscere la preferenza che i recettori delle mie cellule hanno: a contatto con la pelle di Louis avrebbero quasi urlato per il disagio, mentre ora sembrano festeggiare allegramente.
Non mi muovo, cercando di mantenere il più a lungo possibile questa vicinanza, nonostante sia una cosa patetica.
Dopo qualche minuto, casa mia sembra essere un miraggio per quanto ho bramato avvistarla anche solo da lontano. I miei due accompagnatori si fermano, quando io mi volto verso di loro per ringraziarli e salutarli.
«Quando ci rivediamo, splendore?» mi chiede Louis, ridandomi la busta della spesa e sorridendomi in modo allegro. Le sue labbra tornano normali, mentre rispondo, e solo ora noto il piercing sulla lingua con il quale stanno giocando. Quanti altri ne ha?
«Ehm… Presto, credo», dico, evasiva. Nelle sue infinite chiacchiere, ha raccontato di essere qui a Bradford per una piccola vacanza: ha approfittato di una pausa dal suo lavoro da per tornare a trovare il suo caro amico Zayn, che lo ospita in casa sua. Mi sembra inevitabile, quindi, rivederlo presto.
«Lo spero», continua lui, avvicinandosi per stringermi in un abbraccio veloce. Io spalanco gli occhi e rimango immobile tra le sue braccia, stupendomi dell'esuberanza di questo ragazzo. Quando scioglie la presa, torno a respirare e strabuzzo gli occhi. «Magari la prossima volta lasciamo a casa questo muso lungo di Zayn», aggiunge, lanciandogli uno sguardo divertito che lui ricambia con una smorfia.
Io annuisco, poco convinta, e mi sforzo di sorridere cordialmente: il suo modo di porsi non mi permette di fare altro, è come se impedisse alla mia timidezza di andare via.
«Noi ci vediamo domani», dice invece Zayn, venendomi incontro mentre l’amico si fa da parte. Sento il respiro mancarmi quando il suo viso si avvicina al mio, ma devo accontentarmi di un bacio sulla guancia: le sue labbra contro la mia pelle mi danno i brividi, soprattutto se penso che hanno esitato un po’ prima di allontanarsi, così come la mano che Zayn ha portato dietro al mio collo per spingermi delicatamente contro di sé.
«A domani», replico semplicemente, guardandolo per un attimo negli occhi. E per quell’attimo, un brevissimo attimo, sento di aver avuto con lui quel momento di intimità che ho sentito mancare per tutto il tempo che siamo stati insieme.
 
Sono rientrata in casa da poco e ho già iniziato a rimpiangere la compagnia di Louis, cosa che è abbastanza grave. Questo perché preferirei passare un’intera giornata con lui, piuttosto che tornare allo studio. Mi butto sul letto con un braccio a coprirmi il volto, cercando la voglia di immergermi di nuovo nella matematica, ma la vibrazione del mio cellulare mi distrae ed io l’accolgo volentieri.
Lo cerco a tentoni sul mio comodino e lo tengo sopra il mio viso: qualcosa all’altezza del mio stomaco si muove quando leggo il suo nome sullo schermo.
 
Un nuovo messaggio
Da: Zayn

“Avrei voluto farti conoscere Louis in un’altra circostanza, non in mezzo agli scaffali dei dolci.”
 
Sorrido, sia per il messaggio sia per il fatto che Zayn avrebbe voluto farmi conoscere il suo amico. Potrò sembrare una stupida, ma le piccole cose mi mandano su di giri.
 
Messaggio inviato
A: Zayn

“Non sapevo nemmeno dovesse arrivare, ma è stato bello conoscerlo. Anche se tra gli scaffali dei dolci.”
 
Non sono sicura che sia davvero stato “bello” conoscerlo, ma in fondo è un tipo spensierato e oserei dire simpatico: forse è un po’ troppo diretto, ma mi ricorda Aaron, in un certo senso, con la sua vitalità ed i suoi soprannomi.
 
Un nuovo messaggio
Da: Zayn

“Per me è stato bello vedere te, invece.”
 
Mi porto velocemente il telefono al petto, dopo aver letto quel suo messaggio, e non posso non sorridere come un ebete: gli basta così poco per farmi cambiare umore che non sono nemmeno sicura sia una cosa positiva. Ora, per esempio, non riesco più a pensare al suo comportamento distaccato di poco fa, perché quella semplice frase ha spazzato via tutto il resto.
 
Messaggio inviato
A: Zayn

“Con i capelli disordinati e con indosso una tuta che uso per casa? Non credo.”
 
Non so perché io abbia risposto così, forse perché cerco delle piccole conferme, anche minuscole. Avrei dovuto scrivergli un semplice “Anche per me” e magari sarebbe stato meglio. Dopo un secondo, infatti, mi sono già pentita delle mie parole, perché può sembrare che io voglia farmi dare a tutti i costi una risposta positiva, quindi decido di rettificare.
Afferro il telefono per scrivere un altro messaggio, ma vibra prima che possa digitare la prima lettera.
 
Un nuovo messaggio
Da: Zayn

“Soprattutto con i capelli disordinati e la tuta.”
 
Quasi mi scappa un gridolino di gioia, ma cerco di trattenermi. Insomma, non posso avere reazioni del genere ogni santa volta: prima o poi dovrò imparare a regolarmi.
 
Messaggio inviato
A: Zayn

“Mi sei mancato...”
 
Arrossisco nello scrivere il messaggio, ma voglio che lui lo sappia. Che sappia quello che significa per me non vederlo per due giorni. Che capisca che degli sms non sempre mi bastano. Che sappia che sono disposta a passeggiare con lui e il suo amico strano che continua a farmi complimenti, piuttosto di stargli affianco.
 
Un nuovo messaggio
Da: Zayn

“Mi sei mancata anche tu, Melanie.”



 


 
 

Heilà!
Non so cosa mi tenga ancora sveglia, ma sono qui! Stamattina mi sono dovuta alzare alle 7 per andare all’università e poi fare solo tre ore di lezione... Poi uno non si deve incazzare... Ma vabbè, a voi non interessa ahahah
Piuttosto parliamo di questo capitolo: è arrivato Louuuuuuuuuisssssssssssssssssssssss! Allora, sappiate che io lo amo in questa storia! Spero a voi non dispiaccia :)
È un Louis particolare: molto schietto, sincero, e pieno di tatuaggi/piercing/figaggine allo stato puro. (Se non ve ne siete accorte, il mio sogno nel cassetto è un punk Louis come si deve) Mmmmh… cosa pensate delle sue attenzioni nei confronti di Melanie? Credete che si spingeranno oltre? c:
Nonostante ci sia Zayn, non si fa problemi nel farle complimenti e nell’ammettere che ci proverebbe anche volentieri. La nostra povera Mel, invece, è completamente in imbarazzo: sia perché la sua timidezza, soprattutto con gli sconosciuti, è risaputa, sia perché uno sconosciuto, appunto, si sta comportando con forse troppa nonchalance (si scrive così?!) nei suoi confronti :) Poi è anche un po’ turbata dal comportamento di Zayn: lui non commenta le parole dell’amico, secondo voi perché?  Nonostante questo, però, nei messaggi che le scrive torna ad essere il patatino piccino picciò che sa essere (?). Credo che prima o poi Melanie impazzirà ahahah
Comunque questa storia non finisce qua eheheh Pensate che il comportamento di Zayn sia dovuto
alla sua riservatezza e alla sua poca affettuosità? (Non so se questa parola esista, ma se non
esiste, l’ho appena inventata) Oppure secondo voi c’è dell’altro sotto? :)
Aspetto le vostre ipotesi!
Mi scuso se il capitolo non è il massimo: ho provato a descrivere al meglio la situazione, ma ho l’impressione di non esserci riuscita al meglio. Credo che avrei dovuto fare un po’ di più per farvi capire il “distacco” di Zayn e i dubbi di Mel.
In ogni caso vi ringrazio infinitamente per le recensioni, per aver letto, e per tutto il resto.

 
Ah, ho notato che siete tutte in attesa di un capitolo a rating rosso hahah
Be', grazie per la fiducia che mi date  e, siccome non vi dico quando ci sarà, vi avverto: se troverete un asterisco rosso prima di un paragrafo è perchè c'è un parte a rating rosso :)
Detto questo, me ne vado a dormire! Risponderò alle recensioni il prima possibile :)
Vi lascio con una gif e con una foto di Louis, così come lo immagino!
Ciaaaaaaaaaaaao!


  

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Capitolo 18
*** Do you care about me? ***




Do you care about me?
 

Guardo Becka ancora una volta, sperando di suscitarle un po’ di pietà.
«Dannazione, cosa devo dirti per fartelo capire?» sbotta dopo qualche secondo, picchiettando un piede a terra ed appoggiando le mani sui suoi fianchi.
«Becka, non puoi saperlo», le ripeto stancamente.
«Be’, nemmeno tu puoi!» replica con decisione. «A questo punto penso di avere dei motivi più che validi per pensare che Zayn Malik non sia la persona più affidabile su questo mondo!»
Ormai devo arrendermi all'evidenza: la mia migliore amica non ha mai digerito la mia decisione di aspettarlo, né vede di buon occhio il rapporto che si è creato tra me e lui, qualunque esso sia, e non sembra non esserci alcun modo per cambiare le carte in tavola.
«Mel, non guardarmi così», mi riprende, puntandomi l’indice al petto. «Sai che dico queste cose per te. Ti conosco, so che il suo bel faccino ti sta ingarbugliando il cervello, ma non voglio che questo ti impedisca di pensare razionalmente».
«Io sto pensando razionalmente…» borbotto, un po’ insicura. In realtà non credo ci sia mai stato un momento razionale nel mio rapporto con Zayn, che sia un bene o un male.
La mia amica solleva un sopracciglio, aspettando che mi renda conto della menzogna che le ho riservato consapevolmente.
«Senti, io… Lo conosco. Lo conosco meglio di te e posso assicurarti che non mi sta prendendo in giro», riprovo, forse cercando di convincere anche me stessa. La verità, però, è che non ho nessuna prova che me ne dia la conferma.
Becka, come pensavo, non si lascia scappare l’occasione di farmelo notare.
«Ah, lo conosci?» chiede con tono provocatorio. «Allora dimmi, cosa sai del suo passato? E non sto parlando degli anni delle elementari o del suo primo bacio, ma del perché se ne sia andato da qui. Del perché tutti, e ripeto tutti, sappiano che è stato lui a picchiare quell’uomo per pochi soldi, per della droga. Come mai non ti ha ancora raccontato la verità, dato che ha negato quella che conoscono tutti? Ti ha detto che sta con quell’Andrea perché lei ha non so quali problemi famigliari, ma chi ti dice che sia la verità? Che non si stia divertendo a prenderti in giro, dicendoti un mucchio di cazzate per tenerti buona? Senza parlare del fatto che ieri non ha detto una sola parola al suo caro amichetto, che potesse fargli capire che doveva stare alla larga da te. Mel, ci sono troppe cose che non sai, troppe cose che non tornano».
Torno a respirare solo quando Becka smette di parlare, mentre qualcosa dentro di me si agita: non posso negare che le sue parole corrispondano alla verità, che ci siano davvero troppe cose senza una risposta. Tutti questi interrogativi sono rimasti sepolti nella parte più profonda di me fino ad ora, ora che mi sono stati rovesciati contro in una volta sola, sconvolgendomi.
«Hey, cosa sono queste facce?» esordisce la voce allegra di Aaron, interrompendo i miei pensieri.
«Stavo cercando di far entrare alcune cose in questa testolina», risponde Becka, scompigliandomi i capelli.
«Zayn», spiego meglio, dopo aver notato l’espressione confusa del mio amico.
«Ah, questo Zayn... Da quando è arrivato non ha fatto altro che creare problemi, eh?» chiede ironico, mettendomi un braccio intorno alle spalle.
Sì, problemi. Moltissimi anche. E quello che fa più ridere - o piangere - è che sono talmente masochista da sentirmi pronta ad affrontarne altri mille al suo fianco. Il fatto è che non importa quante volte i miei amici mi sbattano in faccia la verità, per quanto preoccupante essa sia, perché io non riesco a dubitare di Zayn: o meglio, tutti i dubbi che mi sorgono spontanei combattono continuamente con la mia fiducia nei suoi confronti. Sono convinta che quello che sento mentre sto con lui non sia una bugia, così come sono sicura che anche lui senta qualcosa quando è con me. Non saprei spiegarlo, ma qualcosa c’è ed è un qualcosa che non può essere semplicemente finto, come in una recita.
Per distrarmi, alzo il viso verso quello di Aaron e mi godo i suoi occhi allegri mentre rido per una delle sue solite battute: tutti e tre insieme usciamo dalla scuola, imbattendoci in una leggera brezza che per un attimo sembra volermi schiarire le idee.
«Allora, oggi tutti a casa tua?» domanda il mio amico, spostando la sua attenzione su di me. Deve essersi ricordato che i miei genitori rimarranno fuori per tutto il giorno, lasciandomi casa libera: Emma è da una sua amica e Fanny resterà dai nonni, quindi avrò la casa tutta per me. Perché non sfruttare l’occasione?
«Posso venire anche io?» si intromette una voce a me familiare, prima che io abbia il tempo di rispondere. Sposto lo sguardo davanti a noi e, ad un paio di metri di distanza, appoggiato al cancello d’entrata, Louis mi sta osservando con i suoi occhi divertiti: alla luce del sole i suoi lineamenti risplendono, mai, però, quanto le sue iridi chiare.
Spalanco gli occhi, stupita dalla sua presenza e «Ehm… Louis, ciao», lo saluto, mentre sento il braccio di Aaron lasciare le mie spalle.
«Splendore, già mi tradisci?» chiede Louis, facendo un cenno del capo in direzione del mio amico e giocherellando con il piercing alla lingua.
«No. Lui… Lui è il mio migliore amico, Aaron», dico imbarazzata. Louis gli porge una mano, presentandosi con la sua solita spontaneità.
«E tu chi sei?» domanda poi, rivolgendosi a Becka. Lei reagisce esattamente come mi aspettavo: «Ma chi sei tu!» ribatte, incrociando le braccia al petto. Il punto è che non le piacciono affatto le persone troppo sfrontate, troppo dirette, nonostante questo fastidio la porti a comportarsi esattamente allo stesso modo nei loro confronti; inoltre, non le piacciono nemmeno quelle che ci provano con la ragazza che interessa ad un loro amico.
«Hey, hey, hey. Come ci scaldiamo in fretta!» constata Louis, mettendo le mani avanti e facendo una piccola pausa pensierosa prima di riprendere. «Mi piaci, credo che andremo d’accordo», afferma subito dopo.
«Dovremmo?» chiede lei, visibilmente scocciata, suscitando in lui un sorriso divertito.
«Questa è Becka», la presento io, immaginando che la mia amica non abbia alcuna intenzione di farlo da sé.
Lui annuisce e non perde occasione per tornare a parlare. «Allora, si parlava di andare da te, oggi».
«Sì, ma-»
«Sono sicuro che a Zayn non dispiacerà questa idea. E poi mi avevi promesso che ci saremmo rivisti presto: quale migliore occasione?» domanda, sfoggiando uno dei suoi soliti sorrisi.
In questo momento gli occhi insistenti di Becka non mi fanno alcuno effetto, soprattutto perché ho un unico pensiero in testa e sul quale riesco a concentrarmi: ho l’opportunità di vedere Zayn fuori da questa scuola, senza Andrea.
«V-va bene», mormoro, completamente arresa alla mia volontà così persuasiva.
«Cosa?!» chiede incredula la mia amica, spalancando gli occhi.
«Davvero?» esclama Louis in contemporanea. «Fantastico! A che ora?»
«Cinque… E mezza?» rispondo, correggendomi dopo aver pensato che sarebbe meglio riordinare casa prima di ricevere ospiti.
«Ci sto. Ed ora scusatemi, ma devo andare a recuperare Zayn. Non so dove cazzo sia finito. A più tardi!» ci saluta, superandoci e mischiandosi con gli studenti che stanno uscendo per tornare a casa.
Io ed i miei due amici lo seguiamo con lo sguardo, ancora sconvolti dalla sua estrema vitalità.
«Lo chiamavano finezza…» borbotta Becka, e subito dopo è Aaron ad interrompere il nostro silenzio. «Mel», mi chiama, con lo sguardo ancora puntato su Louis. Solo ora mi rendo conto del fatto che non ha spiccicato parola per tutto tempo. «Mel, credo di essermi innamorato», continua, facendomi ridere.
«Ah, no. Non ci provare nemmeno», interviene Becka, posizionandosi davanti a noi e facendo oscillare i suoi capelli ramati, per poi rivolgersi a me. «Mel, a che diavolo stavi pensando? Voglio dire, dovremo passare il pomeriggio con una sottospecie di drogato ed il suo amico strambo?»
«Becka, falla finita», la ammonisco, seriamente irritata dalle sue parole dure, soprattutto nei confronti di Zayn. «Dagli una possibilità, ok? Passa la giornata con noi e poi sarai libera di pensarla ancora come vuoi, o chissà, magari di ricrederti. Però ti prego, non partire prevenuta e non fare la… La stronza».
Lei sbuffa, probabilmente valutando la mia offerta, e poi «Tanto ha già perso in partenza», commenta, incrociando le braccia al petto. Io sorrido e la abbraccio, ringraziandola per l’opportunità.
«Vedrai che non sarà così male», le assicuro, sciogliendo la presa. «Puoi portare anche Liam, se vuoi: lui e Zayn sono amici, no? Magari potrebbe farti da sostegno morale se ti venisse voglia di scappare», scherzo.
«Mi sembra una buona idea», acconsente.
«No, davvero, io lo amo», ripete Aaron, con un'espressione a dir poco inimitabile.
Mi lascio scappare una risata e «Andiamo, dai», esclamo, trascinandolo via per un braccio.
 


Sono passate da poco le sei e di Zayn e Louis non c’è ancora traccia. Intanto la mia agitazione è cresciuta a dismisura, senza un apparente motivo: forse, l’unica spiegazione plausibile è che voglio a tutti i costi far cambiare idea ai miei amici su Zayn, voglio che qualcuno, oltre me, si fidi di lui. O forse voglio solo che i miei dubbi vengano abbattuti una volta per tutte.
Proprio mentre mi perdo tra questi pensieri, il campanello di casa suona meccanicamente, facendomi sussultare sul divano. Mi alzo rapidamente e lancio un’occhiata ad Aaron, che si sta aggiustando i capelli – troppo corti per essere modellati – davanti allo specchio: credo si sia preso una bella sbandata per Louis, nonostante il breve incontro.
Mi sistemo il maglioncino beige prima di aprire la porta e trovarmi davanti un Louis sorridente. «Eccoti qui!» mi saluta, abbracciandomi all’improvviso. «Da quanto tempo!» scherza, mentre io resto immobile tra le sue braccia, stupita per l’ennesima volta dai suoi modi di fare. In un batter d’occhio, senza aspettare una mia risposta, scioglie la presa e mi supera, dirigendosi verso il salotto.
Mi lascia quindi sola con Zayn, con il suo viso illuminato dalla luce pomeridiana e con i suoi occhi, intensi come pochi su questo mondo. «Ciao», mi saluta, regalandomi un sorriso sghembo.
«Hey», ricambio, un po’ impacciata.
«Scusa per il ritardo0», esclama, passandosi una mano dietro al collo. «Louis è molto… Lento, nel prepararsi».
Sorrido e «Non fa niente, non preoccuparti», lo rassicuro. Ormai non importa a che ora siano arrivati, l'importante è averlo di fronte a me.
«E scusa se si è auto-invitato. Lo fa sempre, con chiunque», continua, alzando le spalle come un padre che conosce sin troppo bene suo figlio.
«Vuoi continuare a scusarti o…?» lo prendo in giro, aprendo di più la porta e consigliandogli con un cenno del capo di entrare in casa.
Lui alza gli occhi al cielo e mi dà ascolto, lasciando dietro di sé il suo profumo un po’ troppo forte che mi dà sempre alla testa. Dopo aver chiuso la porta, mi volto per seguirlo, anche se il suo corpo mi impedisce il passaggio ad una vicinanza che non avevo previsto.
I suoi occhi studiano ogni particolare del mio volto, mentre i miei si perdono in ogni dettaglio delle sue iridi scure. Non ho il tempo di dire qualcosa, però, perché Zayn si avvicina fino a premere le sue labbra sulle mie in un bacio leggero e delicato, alzandomi il mento con due dita.
«Mi serve un portafortuna per affrontare i tuoi amici», confessa a pochi millimetri dalla mia bocca, conoscendo le loro idee su di lui.
Io rido e «Non ti basterà la fortuna», gli faccio presente.
 
Non va bene.
Non va assolutamente bene.
È passata circa un'ora da quando Zayn e Louis sono arrivati, ma le mie mani non smettono di torturarsi mentre Becka mi guarda con evidente disapprovazione. Non che i ragazzi si stiano comportando in modo strano o sconveniente, semplicemente lei si aspettava qualcosa di più, soprattutto da Zayn. Lui non ha sbagliato in niente, a dir la verità: ha ascoltato i nostri discorsi, è intervenuto quando l’ha ritenuto necessario, ha scherzato quando è stato il momento, mi ha accarezzata quando sul divano nessuno ci stava guardando, ma non è intervenuto mentre Louis si divertiva di nuovo con me. Ed io non so perché faccia così, non so perché non gli dia alcun fastidio o perché sia più distante del solito. So solo che questa tensione che mi attanaglia lo stomaco sta diventando insopportabile.
Do un’occhiata a Louis, impegnato a raccontare qualcosa ad Aaron – che pende dalle sue labbra – nonostante non sembri molto a suo agio con lui; poi mi soffermo su Liam e Zayn, concentrati su una sfida di calcio che hanno intrapreso dopo essersi complimentati per i gusti di mia sorella Emma in fatto di videogiochi. Sospiro profondamente e decido di cambiare aria. «Ragazzi, vado un attimo in camera. Torno… Torno subito», mi congedo, alzandomi velocemente dal divano. Camminando verso le scale incrocio gli occhi di Zayn, che mi guardano allontanarmi quasi con preoccupazione, ma io non posso farmi abbindolare da loro, non di nuovo, quindi continuo per la mia strada senza esitazioni.
Camera mia sembra più accogliente del solito mentre ci entro passandomi le mani tra i capelli: sono terribilmente confusa, terribilmente insicura. Ammetto di essere estremamente timorosa delle altre persone, della possibilità che mi possano prendere in giro – a causa del mio passato, immagino -, ma mi dispiace che io debba avere paura proprio di Zayn.
«Melanie?»
Chiudo gli occhi nel sentire la sua voce e, facendomi forza, mi volto senza alcuna sorpresa: lo trovo sull’uscio della porta, con uno sguardo confuso. Avrei dovuto immaginare che, come sempre, avrebbe capito che qualcosa in me non va. «Tutto bene?» domanda cautamente, facendo qualche passo verso di me e chiudendo la porta dietro di sé dopo avermi chiesto il consenso silenziosamente. La sua concentrazione è tutta su di me, non ha perso nemmeno un secondo per guardarsi intorno o cogliere qualche particolare della mia stanza, e questo in un certo senso mi tranquillizza.
Indietreggio, quando lui si avvicina lentamente, e vedo la sua espressione assumere una sfumatura di vago risentimento per quel mio gesto. «Che succede?» indaga, corrugando la fronte.
Il mio silenzio non è altro che un modo per accumulare un po’ di forze, perché non posso lamentarmi di non capire Zayn se poi non faccio niente per avere dei chiarimenti. «Zayn, tu…» provo a mormorare, ma le mie labbra si serrano in protesta. Non capisco perché, quando ne ho bisogno, la mia capacità di formulare una frase vada completamente persa.
Ritento solo dopo qualche secondo. «Tu tieni a me?» domando, dando voce a quella domanda che vorrei tanto avesse una risposta chiara ed inequivocabile. E non può scappare, perché può rispondere solo con un sì o con un no, niente di più e niente di meno.
I suoi occhi sembrano delusi mentre ribatte.  «Perché me lo chiedi?»
Io stringo i pugni e «Rispondi… Per favore», lo prego.
Fa un altro passo verso di me.«Pensavo di avertelo già detto», dice.
«Non basta dirmelo», replico, mordendomi il labbro inferiore. «Zayn… Perché non sei geloso?» chiedo, non sicura di volere davvero sapere la risposta.
«Geloso?» ripete lui, alzando un sopracciglio con scetticismo.
«Sì», confermo. «Perché lasci che Louis mi faccia tutti quei complimenti? Perchè non ti importa se qualcuno… Se qualcuno si interessa a me?» Il pensiero di avere ragione è fastidioso, quasi doloroso, e non so se io debba lasciargli altro tempo per rispondere, ma so che ho bisogno di sfogare le mie preoccupazioni.
«Io… Io sono qui, Zayn. Sono qui ad aspettarti, nonostante sia dannatamente difficile. Non ti chiedo niente sul motivo che ti ha portato a lasciare Bradford, non mi lamento quando ti vedo con Andrea, e cerco di fidarmi di te: mi affido ai tuoi comportamenti, perché sono tutto quello che ho. Ma tu… Ci sono delle volte che sei così… Distante, delle volte in cui mi è impossibile starti dietro».
Ancora nessuna reazione da parte sua.
«Io devo avere qualcosa  a cui aggrapparmi, per stare con te. Se non posso sapere la verità, se non posso essere la tua ragazza, devo avere qualcosa che mi faccia dire che sì, magari… Magari ci tieni a me. Non mi basta il messaggio in cui mi dici che ti manco, se quando mi vedi non fai niente per dimostrarmelo, perché alla fine della giornata non so… Non so a quale Zayn credere. E lo so, so che ti potrà sembrare un discorso senza senso o… O esagerato, ma io sono così, sono insicura. Molto. Quindi credimi, so che tu non sei affettuoso o cose del genere, però…» Mi interrompo per qualche secondo con un sospiro profondo, accorgendomi di avere le idee troppo ingarbugliate per poter essere espresse.
«Zayn, se mi sto illudendo e per te non significo niente, per-»
Mi blocco di nuovo nel bel mezzo della frase quando vedo Zayn sorridere. E no, non me lo sto immaginando: mi sta guardando con la fronte aggrottata e sta sorridendo, come se io gli avessi appena detto che mi piacciono i girasoli.
«Melanie, che diavolo stai blaterando?» domanda, avvicinandosi ancora. Mi sfiora una guancia con la mano e mi sposta una ciocca di capelli dietro l’orecchio, mentre mi osserva con un’espressione quasi divertita. Poi mi tira a sé lentamente, circondandomi con le sue braccia e facendo accelerare il battito del mio cuore: possibile che questo stupido organo dia più ascolto a lui che a me?
Lascia un bacio leggero tra i miei capelli, prima di ristabilire una certa distanza tra noi, e le sue mani si spostano sul mio collo per alzarmi il viso e potermi guardare meglio negli occhi.
«Vuoi sapere perché non sai il motivo per cui me ne sono andato da qui?» chiede, aspettando che io risponda con un cenno del capo per andare avanti. «Perché non riesco a dirlo, non ancora almeno, ma questo non significa che non lo saprai mai o che io non voglia parlarne perché ho qualcosa da nascondere».
Le sue parole mi consolano, in un certo senso: purtroppo non posso farci niente, ogni parola che esce dalla bocca di Zayn per me è la verità, è più forte di ogni mia briciola di razionalità. Non credo sia una cosa positiva, ma è così.
Dopo qualche secondo parla di nuovo, accarezzando la mia pelle con un pollice. «Vuoi sapere perché non ti bacio davanti ai tuoi amici o davanti ai miei?» domanda, questa volta senza aspettare una mia risposta. «Perché non è da me: non mi piace… Dare spettacolo. In realtà, anche perché se ti baciassi, sarebbe difficile smettere e questo... Be’, sì, questo potrebbe essere un problema», ride, incantandomi con le sue labbra inclinate a scoprire i denti bianchi e costringendomi ad imitarlo, con le guance leggermente più rosse. Non saprei nemmeno spiegare come mi sento: la verità è che queste cose le ho sempre credute, nel profondo, ma la mia insicurezza è riuscita a togliere loro la fiducia che meritano. Perché io dovevo immaginarlo, che Zayn fosse ancora meno affettuoso in presenza di altri.
Quando la sua risata si affievolisce in un sorriso, continua. «E vuoi sapere  perché lascio che Louis ti faccia tutti quei complimenti?» chiede, spostando per un attimo lo sguardo sulle mie labbra. «Perché è un mio amico, mi fido di lui. E perché lui… È gay. Fino al midollo».
Spalanco gli occhi a quelle parole, provocando un’altra risata in Zayn. «Gay?» ripeto, shockata dalla notizia.
«Più di Aaron, se vuoi saperlo», risponde lui, annuendo divertito. «Quindi sì, lo lascio fare, anche perché a lui piace essere diretto, sincero. Anzi, dovresti essere tu a preoccuparti per me».
Alzo gli occhi al cielo e sorrido di nuovo, pensando ancora a quanto Louis sembri tutt’altro che omosessuale. Improvvisamente capisco che gli “ovvi motivi” di cui parlava ieri e che gli impediscono di provarci seriamente con me non sono Zayn o il nostro rapporto, ma ben altri.
«Melanie, io sono geloso di te. Sono dannatamente geloso di te», riprende, spiazzandomi con la sua serietà e con l’intensità dei suoi occhi. «Lo sono quando i ragazzi nei corridoi si voltano a guardarti, e lo fanno in tanti, e lo sono anche quando c’è Louis ed io non posso stare con te come vorrei. Sono geloso, ma non sempre lo do a vedere, e mi dispiace di-»
Non gli permetto di terminare il pensiero. Sono arrivata al limite ed il mio autocontrollo mi ha ormai abbandonata, così lo interrompo premendo le labbra sulle sue, più volte, come se volessi scusarmi di aver dubitato di lui.
«Mi dispiace di averti fatto pensare che per me non significhi niente, perché non è affatto così», continua, finendo la frase lasciata in sospeso. Questa volta è lui a cercare la mia bocca, con più passione, con più urgenza, mentre le sue mani mi circondano i fianchi per stringermi a sé e le mie si intrecciano nei suoi capelli.
Non so se ne avrò mai abbastanza, di Zayn, se riuscirò mai ad esserne sazia: il fatto è che sento di avere bisogno di lui, più di quanto dovrei, di lui e delle sue mani a sfiorarmi, dei suoi occhi su di me e delle sue labbra sulle mie.
RR Cautamente mi fa indietreggiare, fino a quando non sento qualcosa di duro dietro di me, probabilmente il mio comò. Non interrompiamo il nostro bacio, nemmeno quando le mani di Zayn scendono sui miei fianchi per sollevarmi e farmi sedere sul ripiano, posizionandosi poi tra le mie gambe.
Non possiamo fare a meno di cercarci, di bramarci, con una dolcezza che sfiora l’avidità.
«Zayn», sospiro, quando sento la sua bocca percorrere il mio collo con una scia di baci delicati. Inclino il capo da un lato, per permettergli una maggiore libertà di movimento, e sento una serie di brividi percorrermi tutto il corpo quando percepisco la sua lingua sulla mia pelle.
«Credi che sia facile per me?» sussurra, tornando a baciare le mie labbra. «Starti lontano?»
Se riuscissi ad articolare una frase di senso compiuto, sono sicura che gli direi che di certo per me è più difficile, stargli lontana. Eppure non sono in grado di farlo, quindi mi limito a stringermi un po’ di più a lui, a concentrarmi sulla morbidezza delle sue labbra e sulla sua mano, che, lentamente e quasi con timore, è arrivata al mio seno per stringerlo appena.
«Non lo è per niente», si risponde.
Spontaneamente allaccio le gambe intorno alle sue, non per malizia o altro, ma semplicemente per averlo più vicino, per avere di più, nonostante io non sappia ancora a cosa corrisponda esattamente ciò che cerco. Sento Zayn sorridere mentre si allontana leggermente dal mio volto. «Melanie…» mi avverte, spingendosi leggermente verso di me con il bacino per farmi comprendere il motivo del suo ammonimento. Deglutisco a vuoto quando sento la sua eccitazione tramite i pantaloni, e torno a baciarlo solo per nascondere le guance in fiamme.
Sentire Zayn respirare più velocemente del solito, sentire le sue mani su di me, mi fa stare bene: mi invoglia a fargli provare le stesse cose, a fargli provare piacere. Per questo, imbarazzata dai miei stessi pensieri, continuo a baciarlo mentre la mia mano accarezza il suo petto, per poi passare sul suo addome piatto ed arrivare al bordo dei suoi jeans chiari. Con l’altra mano cerco di sbottonarli, ma senza successo.
Quando Zayn si accorge delle mie intenzioni, interrompe il bacio e mi guarda negli occhi come se stesse cercando nei miei una conferma; io sostengo il suo sguardo provando a dargliene una, catturata dalla sfumatura più scura che le sue iridi hanno assunto. Torna alla ricerca delle mie labbra dolcemente, mentre armeggia con i suoi bottoni per poi tirare giù i pantaloni, quel poco che basta.
Le sue mani tornano sui miei fianchi, anche se io le sento ovunque, e la mia sfiora timidamente e quasi tremando la sua eccitazione, sentendola premere contro la stoffa dei boxer. Zayn mugola qualcosa a denti stretti per quel contatto ed io percorro la sua mascella con dei baci leggeri, fino ad arrivare al suo collo.
Il suo respiro nelle orecchie mi dà coraggio e supero i boxer per avvolgere timorosamente la sua erezione con la mia mano.
«Dio…» mormora lui, stringendomi di più a sé mentre mi morde con cura la spalla, forse cercando di impedire a qualsiasi altro suono di lasciare la sua gola. Io inizio a muovermi, cercando di non stringere troppo e di regolarmi in base alle sue reazioni.
Mi lascio sfuggire un gemito, quando sento le dita fredde di Zayn intrufolarsi sotto il mio maglioncino per accarezzarmi la pancia, e ne lascio sfuggire un altro quando la sua mano stringe il mio fianco con un po’ più di forza, probabilmente a causa di qualcosa che ho fatto.
«Zayn, io non…»
Non ne sono capace, vorrei dirgli, presa dalla paura di non esserlo davvero. Lui cerca il mio viso, i miei occhi e «Tranquilla», sussurra, mantenendo il contatto visivo. Per qualche secondo rimango sconvolta dal suo sguardo: è così pieno di eccitazione, di passione, così pieno di me, che mi toglie il fiato. Avvolgendo la mano intorno alla mia, mi mostra i movimenti giusti, delicatamente e lentamente, permettendo a piccoli gemiti di uscire dalla sua bocca.
Riuscire a vedere i suoi occhi socchiusi per il piacere, sentire il suo respiro caldo sul mio viso, è qualcosa che semplicemente non avrei mai potuto immaginare, così come non avrei potuto farlo con l’intimità che stiamo condividendo.
«Così…» dice, quando inizio a muovermi da sola, più decisa. Torno a baciare la pelle del suo collo, attenta a non lasciare alcun segno, mentre la sua mano riprende il suo percorso risalendo fino al mio seno per accarezzarlo.
Sono completamente sopraffatta da lui, in questo momento. Sono sopraffatta dalla sua lingua, che disegna piccoli cerchi sulla mia clavicola; dalle sue carezze, dal suo respiro. Dalla sua pelle, che continuo a torturare e che ha il suo profumo. Sono completamente ed irrimediabilmente sopraffatta da Zayn Malik.
Non credo nemmeno che esista un nome per definire quello che sto provando, perché dovrebbe racchiudere troppe cose, troppe piccole sensazioni e piccoli gesti che mi stanno rendendo inerme tra le sue braccia.
«Di più», ansima al mio orecchio, invitandomi a velocizzare i movimenti. Ed io lo accontento, perché è come se la mia priorità fosse lui in questo momento: quello che stiamo condividendo è così intenso che mi chiedo come io abbia fatto a dare retta a quegli stupidi dubbi, alla razionalità che avrei già dovuto aver capito che non serve a niente tra di noi.
Non importa quanto sia il mio imbarazzo, non importa che io abbia le guance in fiamme, perché non riesco nemmeno a preoccuparmene mentre sento Zayn irrigidirsi sotto il mio tocco, tra le mie braccia. Né ci penso quando raggiunge l'orgasmo, gemendo sommessamente e stringendosi a me per qualche secondo, con la testa incastrata nell’incavo del mio collo, come se si stesse tenendo aggrappato alla realtà. Sorrido, non per la soddisfazione, ma per la felicità: perché sentirlo provare piacere, grazie a me, sentirlo così abbandonato a me, è una sensazione irripetibile.
Premo un’ultima volta le mie labbra sul suo collo, sfilando lentamente la mano dai suoi boxer, e bacio la sua mascella, la sua guancia, fino ad arrivare all’angolo della sua bocca, aspettando che il suo respiro torni regolare. Poi lui si volta e per un attimo mi guarda dritto negli occhi, o forse nell’anima, prima di avvicinarsi alle mie labbra con un mezzo sorriso sulle sue.
Appoggia la fronte sulla mia, mentre porta le sue mani sul mio collo. «Tu sei mia, Melanie Clarke», sussurra.

 

 


 



 
Surpriiiiiiiiiiiise!
Anche se alcune di voi sapevano che avrei aggiornato oggi! E sanno anche che ho dovuto riscrivere tutto il capitolo l’altro giorno perché la mia testolina bacata ha pensato bene di sovrascriverlo con un altro capitolo -.- Ma comunque, eccolo qui e… boh, credo che mi andrò a nascondere da qualche parte hahaha Lo so che non c’è niente di scandaloso, però sono timida e mi imbarazzo! Ma ne parliamo dopo!
Allora, partiamo dall’inizio :) Becka: so che a molte di voi piace e ne sono felice :) Solo, non vorrei che pensaste sia una rompicoglioni un po’ acida ahahha Alla fine credo che qualsiasi altra amica sarebbe pronta a fare un discorso del genere in una situazione simile: Mel si fida di Zayn, ma obiettivamente non ha niente su cui basare la sua fiducia. E se io non conoscessi il mio Zayn, avrei gli stessi suoi dubbi!
Poooi, Louis che si autoinvita a casa di Mel (avete visto che si è fatto un altro tatuaggio?! Cioè, io sto morendo hahah) E Aaron si è praticamente innamorato di lui hahah
Eeee niente, passiamo allo Zelanie va :) Non so se sono riuscita a descrivere bene come si senta lei: voglio dire, è insicura da morire e i comportamenti di Zayn, così distanti, non la aiutano per niente. Effettivamente lei deve “accontentarsi” di questo e se lui è un attimo più distante, Mel va in panico. Comunque gliene parla e lui le dà le sue motivazioni :) E Louis è gay ahahah Allora, vorrei spendere due parole riguardo questo: da quando ho iniziato la storia, Louis l’ho sempre immaginato omosessuale, con tutti i suoi tatuaggi e piercing. So che magari sono caduta un po’ nel banale e me ne scuso, ma il personaggio è nato così! Inoltre, non è… Vabbè, con l’andare avanti della storia capirete anche Louis :)) Ah, so già che ora qualcuna di voi inizierà a shippare Aaron e Louis, ma non ne siate così sicure :)
Quiiiindi abbiamo scoperto perché Zayn era così distante e perché non era geloso del suo amico, cosa ne pensate? Niente di che alla fine, pensavate ci fosse qualcosa sotto? :) In realtà è tutto dovuto al carattere di Malik: come vedete se ne scopre sempre un pezzo. E posso già dirvi che c’è ancora un pezzo da scoprire eheheh abbastanza importante anche!
Infiiiiiiiiiiiine la parte a “rating rosso”: ora, io ho una paura fottuta di aver rovinato tutto hahaha Non so,  magari voi pensate che non era ancora il momento, o che so io… Io mi sono ritrovata a scriverlo senza nemmeno pensarci, a dir la verità… Quindi, VI PREGO, VI SCONGIURO: se fa schifo, se vi è sembrato fuori luogo, se ho sbagliato qualcosa DITEMELO. Siate proprio spietate!
 
E niente, io vi ringrazio per aver letto e recensito o anche solo letto. Siete sempre di più a seguire questa storia e io ne sono felicissima. Un grazie particolare anche alla mia Mad (RealMudblood), lei sa per cosa hahaha 
Vi chiedo di farmi sapere cosa pensate di questo capitolo, perché sono un po’ complessata a riguardo ahhah
Ps. nel prossimo, o forse in quello ancora dopo (dipende), ci sarà un altro BOOOOOM, diverso dai precedenti, soooooo, STAY TUNED :)
Pps. vorrei scusarmi con chi segue anche “Unless you show me how” per il ritardo :/
Sono di nuovo in crisi ma cercherò di pubblicare entro la fine di questa settimana!
 
Vi lascio definitivamente :) Un bacione.


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Capitolo 19
*** You knew it ***




You knew it
 

Non ho mai pensato che il sabato sera potesse essere piacevole anche se passato con una persona con la bronchite, ma evidentemente ho dovuto ricredermi: forse perché quella persona è Becka, la mia inimitabile migliore amica; forse perché il film che ha scelto è più divertente di quanto pensassimo; o forse perché il caldo che scaturisce dal camino acceso rende tutto più confortevole. In qualsiasi caso, stare accoccolata insieme a lei sul piccolo divano del suo salotto è più piacevole che mai: mi stupisce come questa ragazza riesca a mantenere il suo spirito allegro anche in queste condizioni, con una tosse spaventosa, il naso che cola ed altri sintomi poco rassicuranti. 
Sorrido nel vederla imbacuccata fino al viso sotto la coperta di lana che sono andata a prenderle prima, ma che condividiamo, ed inizio a sgusciare fuori, dicendo: «Vado un attimo in bagno».
«Ricordati di tirare lo sciacquone», borbotta lei, senza distogliere lo sguardo dalla televisione.
Sbatto le palpebre, stupita dalla sua raccomandazione. «Come?»
«Non si sa mai», spiega, alzando le spalle.
«Ringrazia che hai la bronchite», la minaccio, alzandomi per raggiungere il bagno.
Dopo qualche minuto ho la vescica vuota e la faccia rinfrescata dall’acqua tiepida del lavandino: mentre mi asciugo il volto, la suoneria del mio telefono riempie il piccolo bagno. Accelero i miei movimenti, sperando che sia Zayn, ma quando osservo lo schermo e vi trovo il nome “Niall”, il mio cuore perde un battito.
Continuo a fissare le lettere illuminate, senza capire cosa fare o cosa io voglia effettivamente fare: perché mi sta chiamando? Aspetto troppo prima di decidere, però, perché il telefono smette di squillare: per un secondo mi è quasi dispiaciuto, forse più per curiosità di sapere il motivo di quella chiamata che per altro.
Eppure, il caso vuole che la suoneria torni ad inondarmi le orecchie: questa volta, senza pensarci due volte, rispondo istintivamente.
«Pronto?»
Subito riesco a distinguere un gran baccano provenire dall’altro capo del telefono: sembra musica, mischiata ad un diffuso chiacchiericcio. Riconosco a malapena la voce confusa di Niall, quindi sono costretta a richiamarlo più volte.
«Melanie!» esclama poi, con una voce storpiata da qualcosa che non mi è ancora chiaro.
«Niall! Dove-dove sei? Non sento niente», spiego, corrugando la fronte. Lui borbotta qualcosa ed io aspetto, distinguendo chiaramente il rumore farsi sempre più lontano, come se il ragazzo si stesse allontanando.
«Melanie, perché mi hai lasciato?» chiede. Spalanco gli occhi e per qualche secondo rimango in silenzio: lascio perdere la sua domanda, nonostante significhi molto, e mi concentro sul suo tono di voce.
«Niall, sei... Ubriaco?» domando, nonostante io sappia già la risposta.
«Sì», ammette, facendomi sentire l’abbozzo di una risata. «Sono venuto al Klensis e ho bevuto come una spugna. Cazzo, se sono ubriaco. Ma a te… A te non importa, non è così?»
Il mio cuore ha iniziato a battere più velocemente: mi fa male ascoltare le parole di Niall, soprattutto se lo immagino ubriaco in un pub, e sobbalzo quando sento dei clacson suonare rabbiosi, probabilmente contro di lui.
«Niall, rientra nel pub», gli ordino, cercando di addolcire la voce.
«Ho caldo», è la sua risposta, mentre riconosco il rumore delle macchine che sfrecciano sulla strada.
«Per favore, torna dentro», lo prego, mordendomi l’interno della guancia. Ho paura che possa succedergli qualcosa e mi sento terribilmente in colpa per questo.
Non risponde: le uniche cose che sento sono i motori delle automobili e qualche clacson, alcuni in lontananza altri vicini in modo spaventoso. Non ho il tempo di dire altro, però, perché la chiamata si interrompe. Resto per qualche secondo con il telefono attaccato all’orecchio, sperando che sia solo un scherzo, ma, quando mi arrendo al fatto che non lo è, non esito a richiamare Niall.
Provo più volte, ma l’unica risposta che ottengo è la segreteria telefonica. Non ci metto molto a capire cosa io debba fare: ha detto di trovarsi al Klensis e non è tanto lontano da casa di Becka, potrei arrivarci a piedi. Mi precipito fuori dal bagno e torno in salotto dalla mia amica: non posso dirle dove sono diretta perché non mi lascerebbe andare da sola, e, con la bronchite che ha, l’ultima cosa che voglio è farla uscire con questo freddo.
«Fatta tutta?» mi chiede, abbozzando un sorriso.
Io lo ricambio e mi stringo nelle spalle, cercando di mascherare al meglio il mio nervosismo. «Becka… Mi ha chiamata mia madre e… Devo tornare a casa».
«Cosa? Perché? Sono solo le undici e un quarto!»
«Lo so, il fatto è che è tutto il giorno che è un po’ nervosa… Mi dispiace».
«Ma-»
«C’è un pullman tra pochi minuti. Tornerò con quello», la anticipo, sperando di averla convinta. La sua espressione è tutt’altro che fiduciosa, ma io mi sto già infilando il giubotto pregando che non mi faccia altre domande. Sarà merito della bronchite, ma Becka si limita a salutarmi, un po’ dispiaciuta. «E va bene», sbuffa, mettendosi seduta. «Mandami un messaggio quando arrivi a casa».
Le lascio un bacio sulla guancia e mi scuso ancora per l’improvviso cambio di programma, mentre la mia testa è già fuori casa alla ricerca di Niall.
 
Ci ho messo più del previsto ad arrivare, soprattutto a causa della mia scarsa memoria che mi ha fatto sbagliare strada un paio di volte. Sono talmente preoccupata da non sentire nemmeno il freddo pungente, dato che il telefono di Niall continua a risultare spento o almeno irraggiungibile.
Per le strade di Bradford, ho cercato anche di contattare Aaron, sperando in un suo aiuto, ma la festa a casa del suo amico starà andando particolarmente bene dato che il suo cellulare squilla a vuoto.
Diversa, invece, è la situazione per quanto riguarda Zayn: ho pensato che magari avrebbe potuto accompagnarmi, ma dopo averlo chiamato un paio di volte ed essermi sentita staccare la chiamata per altrettante volte, ho rinunciato. Quello che mi ha convinta a lasciar perdere, in particolare, è stato il suo messaggio: “Sono con Andrea, non posso parlare”. Così ho mandato giù il rospo, maledicendo per qualche secondo quella ragazza e sentendomi subito dopo in colpa: anche io ho bisogno di Zayn certe volte, ma a quanto pare semplicemente non posso ancora averlo. Quindi gli ho risposto con un semplice “Chiamami appena puoi” e ho proseguito per la mia strada.
Ora mi trovo davanti al Klensis e ho appena parlato con il buttafuori all’entrata: a quanto pare è uno dei pub che non accetta persone più piccole di sedici anni, io ne ho quasi diciassette, ma non ho un documento, quindi quell’omaccione non ha intenzione di lasciarmi entrare. Inoltre, non ha nemmeno intenzione di provare a cercare Niall all’interno del pub, come gli ho chiesto: «Sai quanti ragazzi ci sono che corrispondono alla tua descrizione? E chi credi che prenderebbe il mio posto all'entrata?» è stata la sua motivazione.
Sospiro, formando una nuvoletta d’aria davanti al mio viso, e mi allontano di qualche metro dall’entrata, dato che alcuni ragazzi hanno iniziato ad osservarmi in modo poco rassicurante. Mi guardo intorno, nella speranza di avvistare Niall, e riprovo a chiamarlo.
Ancora niente.
Decido di attraversare la strada, immaginando l’ipotetico percorso che il ragazzo avrebbe potuto seguire mentre era al telefono con me, nonostante le possibilità di trovarlo siano davvero scarse: così mi ritrovo dall’altra parte delle larghe carreggiate, su un marciapiede illuminato da pochi lampioni e fiancheggiato da diverse macchine parcheggiate. Percorro qualche metro, continuando a guardarmi attorno, e, proprio quando sto per arrendermi, scorgo qualcuno seduto a terra, con la schiena appoggiata al muro.
È immobile e l’oscurità mi impedisce di riconoscerne i tratti, quindi mi avvicino, con la speranza che sia Niall e con la paura che non sia lui. Arrivata ad un paio di metri di distanza, non ho più dubbi.
«Niall!» esclamo ad alta voce, correndo nella sua direzione e ringraziando il cielo per averlo trovato.
Si volta lentamente verso di me e, quando mi fermo davanti a lui, cerca di rialzarsi appoggiandosi al muro. Lo aiuto, sorreggendolo come meglio posso mentre sento l’odore dell’alcol arrivarmi alle narici. Una volta in piedi, mi osserva con i suoi occhi azzurri, un po’ offuscati e quasi assenti, per poi abbozzare un sorriso tutt’altro che sobrio.
«Hey, come ti senti?» gli chiedo esaminando il suo viso, nonostante sia una domanda stupida. Sono davvero sollevata: finalmente la paura che gli potesse essere successo qualcosa è scomparsa. 
La sua espressione torna immediatamente seria ed il braccio si divincola dalla mia presa, facendolo barcollare. «Che ci fai qui?» domanda, quasi con disprezzo. Apro la bocca per ribattere qualcosa, ma lui mi precede. «Non mi vuoi più, no? Allora perché sei qui?»
«Niall-»
«A te non frega un cazzo di me!» urla, interrompendomi. Io trattengo il respiro, mentre lo guardo fissarmi con rabbia e passarsi una mano tra i capelli disordinati.
«Non è vero», dico semplicemente, facendo un passo verso di lui. Allungo una mano verso il suo viso, ma lui si ritrae bruscamente, facendomi quasi spaventare. Non l’ho mai visto in questo stato e mentirei se dicessi che so come comportarmi o cosa fare per farlo sentire meglio.
«Vattene via», mi ordina, barcollando per sedersi di nuovo a terra, nella stessa posizione in cui era quando l’ho trovato.
«Vieni con me», insisto, provando a convincerlo.
Niall per un secondo mi guarda quasi come se volesse accettare, ma subito dopo «Vattene, ho detto», ripete.
Inspiro profondamente l’aria gelida di Bradford e mi lascio scivolare lungo il muro dell’edificio, sedendomi al fianco di Niall, che non si volta per guardarmi né mi rivolge altre parole scostanti, forse troppo stordito dall’alcool. Non so nemmeno se sia qui da solo, anche se le possibilità sono due: o lo è, oppure i suoi amici sono ubriachi quanto lui, dato che l’hanno perso di vista nonostante lui fosse in questo stato.
Non so cosa dire, soprattutto perché l’alcool che ha in circolo lo rende molto imprevedibile, molto diverso da come è in realtà, quindi mi limito ad osservarlo: i capelli biondi sono lasciati disordinati sulla fronte e la sua espressione sembra quasi sofferente, tanto da farmi contorcere lo stomaco. È per me se sta così? Sono io la causa di tutta questa rabbia?
Abbasso lo sguardo e lo poso sulla sua mano, abbandonata sulla sua gamba destra, vicina alla mia: titubante, e forse anche timorosa di un suo rifiuto, allungo la mia mano fino a raggiungere la sua. Niall sobbalza per quel contatto, ma subito dopo si rilassa, lasciando che le nostre dita si intreccino.
«Mi dispiace», sussurro.
 
Forse sono passati quindici minuti, al massimo venti, da quando io e Niall ci siamo seduti qui: credo si sia addormentato, le nostre mani ancora intrecciate e forse congelate per il freddo. Io sto giocherellando con il mio cellulare nell’attesa che lui si senta meglio per poter tornare a casa, anche se non so di preciso quanto ci vorrà. Penso che sia il minimo che io possa fare: in qualche modo sento di essere la responsabile di tutto questo.
Il mio telefono squilla inaspettatamente e non posso nascondere una certa emozione nel leggere il nome di Zayn sullo schermo.
«Zayn», rispondo, guardando Niall con la testa abbandonata sulla mia spalla.
«Melanie, ciao». La sua voce mi infonde una tranquillità che negli ultimi minuti ho perso definitivamente, quindi chiudo gli occhi e respiro lentamente. Ho bisogno di lui.
«Scusa per prima», riprende. «Non potevo proprio parlare».
«Certo, ehm… Non fa niente», mormoro, nonostante non sia la verità. In realtà, ogni volta che mi dice qualcosa del genere, io devo impegnarmi per non pensare al fatto che Zayn sia stato di Andrea, per non lasciare che la gelosia mi divori.
«Tutto bene?» chiede con tono preoccupato. Probabilmente la mia voce non sembra tanto tranquilla.
Per qualche secondo rimango in silenzio. «Puoi… Venire a prendermi, per favore?»
«A prenderti? Dove sei?»
«Al Klensis», rispondo semplicemente.
«È successo qualcosa?»
«No...» dico spontaneamente, ma poi mi correggo. «Sì. Ero… Ero da Becka e Niall mia ha chiamata. Era ubriaco e a dir la verità credo lo sia ancora». Faccio una pausa, inspirando a pieni polmoni, poi continuo: «Sono venuta a cercarlo perché… Sì, be’, pensavo che sarebbe potuto succedergli qualcosa e ora… Sta dormendo, ma vorrei portarlo via da qui».
Zayn aspetta un po’ prima di rispondere. «Sono qui vicino. Arrivo», dice semplicemente, con un tono quasi duro.
«Grazie», sussurro con un sorriso, terminando la chiamata.
Sento Niall muoversi sulla mia spalla e deduco che si sia svegliato: quando lo vedo alzare la testa, infatti, i suoi occhi sono aperti e un po’ disorientati.
«Hey», lo chiamo, cercando la sua attenzione. «Riesci ad alzarti?»
Lascio la sua mano e mi alzo in piedi, guardandolo dall’alto: lui fa forza sulle mani, ma non ottiene dei buoni risultati, quindi gli tendo le mie lasciando che le afferri e che le usi per fare leva. Dopo alcuni tentativi lo ritrovo al mio fianco, con un braccio sulle mie spalle per sostenersi.
Non riesce a camminare dritto, quindi mi obbliga a procedere lentamente in direzione del Klensis: devo tornare all’entrata in modo che Zayn possa trovarci senza problemi.
«Amico, dov’eri finito?!» esordisce un ragazzo, venendoci incontro. Abbiamo appena attraversato la strada e le persone davanti al pub sono molte più di prima: in particolare, quello che ha appena parlato ha dei buffi capelli ricci e neri che gli coprono anche le orecchie e la fronte per quanto sono lunghi; la sua andatura non è rassicurante e nemmeno il bicchiere che stringe tra le mani, eppure sembra essere un amico di Niall. Questo significa che non era solo.
Niall non risponde ed io sto per aprire bocca quando un altro ragazzo si avvicina a noi: il suo viso sembra più sobrio, rispetto a quello dell’amico, che intanto ha trovato qualcun altro con cui distrarsi.
«Niall, ti stavamo cercando!» esclama, mettendogli una mano sulla spalla per poi spostare lo sguardo su di me. «E tu chi sei?»
«M-Melanie», mormoro, arrossendo. «Una sua amica. Mi ha chiamata prima e pensavo… No, niente, non fa niente». Non mi va di raccontargli tutte le mie preoccupazioni e le motivazioni ad esse collegate.
«Be’, grazie per avercelo riportato», mi sorride il ragazzo, facendo scintillare i suoi occhi verdi, che risaltano grazie ai capelli biondo cenere.
«Prego», borbotto, lasciando che recuperi Niall dalle mie braccia per sorreggerlo con una mano intorno al suo busto.
«Potrei offrirti da bere per ringraziarti, se ti va», dice ammiccando, ma prima che io possa rispondere, qualcuno lo fa al posto mio.
«No, non vuole da bere».
Riconosco la voce di Zayn ed il mio cuore inizia spontaneamente ad agitarsi, provocando dentro di me un turbinio di emozioni. Mi volto e lo trovo al mio fianco, con gli occhi puntati sul ragazzo di fronte a me ed i pugni chiusi. Sembra nervoso. Arrabbiato.
Senza dire altro, l’amico porta via Niall, che non sembra capire molto di quello che lo circonda: io lo guardo barcollare un po’, fino a quando scompare oltre le porte del pub, poi torno ad osservare Zayn. Inaspettatamente le sue iridi mi stanno studiando attentamente e non esitano a mettermi a disagio con la loro intensità: c’è qualcosa, in loro, che non riesco a riconoscere e che mi rende quasi nervosa.
«Andiamo», ordina Zayn, prima di voltarsi e dirigersi verso la macchina, quella che deve aver rubato ai suoi genitori, dato che gli avevano proibito di usarla dopo aver preso una multa. Io mi muovo solo dopo qualche secondo, sconvolta dalla sua freddezza e curiosa di sapere il perché di quel turbamento, come se il mio non bastasse. La faccia devastata di Niall, infatti, è stampata nella mia testa ed il senso di colpa continua a divorarmi.
Senza aggiungere altro e senza guardarmi, il suo piede pesa sull’acceleratore mentre io mi abituo al calore dell’interno dell’auto: ho paura di dire qualcosa perché ho paura di scoprire che Zayn sia davvero arrabbiato, eppure devo farlo, perché la tensione in quest’abitacolo è insopportabile.
«Zayn», lo chiamo timorosa. Sul suo viso è dipinta un’espressione concentrata, forse troppo, ed i suoi occhi continuano a fissare la strada davanti a noi, come se non potessero farne a meno.
«Che c’è?» chiede bruscamente, stringendo il volante tra le mani. Corrugo la fronte ed abbasso lo sguardo, incapace di decifrare il suo comportamento: non so cosa gli prenda, ma non sembra intenzionato a dirmelo, quindi non insisterò.
Nel silenzio più totale, la macchina continua a percorrere le strade di Bradford.
I miei pensieri vengono interrotti, però, quando si ferma improvvisamente, accostando: mi posiziono meglio sul sedile e mi guardo intorno, cercando di capire dove siamo e finendo per riconoscere un quartiere vicino al mio. Non so perché Zayn si sia fermato proprio qui, né perché ora sia sceso dalla macchina chiudendo la portiera con poca delicatezza: rimango qualche secondo a fissare la sua figura, in piedi fuori dall’auto, ed i suoi movimenti, mentre tira fuori una sigaretta dal pacchetto che tiene sempre in tasca, per accenderla. Deglutisco a vuoto e decido di scendere, di avvicinarmi e capire una volta per tutte che cosa gli passi per la testa.
Mi posiziono davanti a lui e scruto ogni particolare del suo volto, nonostante la fioca luce del lampione non illumini granché di quello che le sta intorno.
«Zayn-» riprovo, sperando di incontrare di nuovo i suoi occhi, di scorgerci quel calore di cui invece stasera mi hanno privato.
«A che diavolo stavi pensando, eh?» mi interrompe, per inspirare poi del fumo prima di puntare il suo sguardo su di me con rabbia.
«Cosa… Di cosa parli?» gli chiedo confusa, corrugando la fronte.
«Come ti salta in mente di uscire da sola a quest’ora per andare a recuperare un tuo ex, ubriaco marcio, da qualche parte in giro per Bradford?» domanda, assottigliando gli occhi.
Ci penso qualche secondo prima di rispondere. «È di Niall che stiamo parlando», preciso, leggermente offesa dalle sue insinuazioni. «E… E mi ha chiamata mentre era ubriaco in mezzo ad una strada. Cosa avrei dovuto fare? Lasciarlo lì come… Come se non fosse successo niente? Gli sarebbe potuto succedere qualcosa-»
«E a te non pensi?!» mi interrompe di nuovo, alzando la voce. «Cosa avresti fatto se io non fossi riuscito a liberarmi e a venire da te? Non pensi che qualcuno avrebbe potuto divertirsi nel vedere la piccola Melanie da sola per la città? O non ti sei accorta di come ti guardavano quei coglioni del pub?»
Mi accorgo di aver trattenuto il fiato solo quando Zayn smette di parlare, facendo ripiombare il silenzio tra di noi: il mio respiro si sta facendo sempre più veloce ed il suo comportamento mi stupisce sempre di più. È così arrabbiato da sembrare eccessivo.
«Io… No, non me ne sono accorta», rispondo, incredula ed irritata dal suo urlarmi contro. «Non me ne sono accorta perché forse… Forse ero impegnata a recuperare dalla strada una persona a cui tengo! Zayn, io dovevo farlo», cerco di difendermi.
«No, invece. Non dovevi farlo», ribatte, calcando quelle parole quasi con disprezzo. «Tu volevi farlo, che è diverso. Perché non hai nessun dovere nei confronti di quel Niall: non sei tu a dover uscire nel mezzo della notte per andarlo a raccogliere da terra mentre è ubriaco! C’erano i suoi amici, no? Tu saresti dovuta rimanere a casa».
Sbatto le palpebre più volte, mentre i nostri occhi continuano a fissarsi insistentemente: i suoi carichi di rabbia, i miei di risentimento e dispiacere. Come può essere così insensibile?
«C’erano i suoi amici, è vero, peccato che l’abbiano lasciato andare in giro nonostante non si reggesse in piedi! E peccato che io abbia dovuto sentire al telefono le macchine che gli sfrecciavano di fianco senza sapere cosa stesse succedendo!» replico, questa volta urlando.
«E allora hai avuto la brillante idea di andarlo a salvare da sola?» ribatte, tenendo la sigaretta tra le dita ed usando il mio stesso tono di voce.
«Ma qual è il tuo problema, Zayn? È perché si tratta di Niall? Non… Non credo che tu non avresti fatto lo stesso se in questa situazione ci fosse stato Louis!»
«No, il problema è che sarebbe potuto succederti qualcosa!» grida, mettendo in evidenza le vene del collo. «Ed io non…» conclude, abbassando di molto la voce. I suoi occhi si muovono velocemente nei miei, forse presi dal nervosismo, forse impazienti di farmi capire. Ma io ho capito, ho capito che Zayn si è preoccupato per me e la cosa mi fa sentire bene, però… Non potevo stare a casa senza sapere se Niall sarebbe stato meglio.
Zayn chiude gli occhi e respira profondamente, come se volesse calmarsi, ed io lo guardo mentre si porta la sigaretta alla bocca per aspirarne del fumo. Il mio petto si alza e si abbassa velocemente, riflettendo la mia agitazione ed i miei sentimenti contrastanti. Perché sì, mi fa piacere che lui si sia preoccupato per me, ma non mi piace per niente quando mi urla contro.
«Zayn», comincio, quasi sussurrando, «mi dispiace di averti fatto preoccupare, ma io non… Non potevo semplicemente far finta di niente», cerco di spiegarmi, sicura che lui potrebbe capire il mio punto di vista.
«Avresti dovuto farti accompagnare da qualcuno», ribatte serio, gettando la sigaretta a terra nonostante non fosse ancora finita.
Alzo un sopracciglio a quelle parole. «Becka ha la bronchite ed Aaron non rispondeva al telefono», spiego, per poi continuare scandendo bene le parole. «Ho chiamato anche te, ma eri con Andrea».
I suoi occhi quasi cambiano sfumatura mentre si spalancano leggermente. «Me lo stai rinfacciando?» mi chiede, con un filo di voce che sembra nascondere parecchio risentimento.
Sì, in un certo senso glielo sto rinfacciando,
«Ho solo detto che eri con Andrea», mormoro, abbassando lo sguardo.
Lui aspetta qualche secondo prima di rispondere: «Se mi avessi detto cosa stava succedendo, sarei venuto da te», dice, con una calma che secondo me è solo apparente. Rialzo lo sguardo su di lui ed osservo il suo viso. «Lo avresti fatto?» domando. «Ne sei proprio sicuro?»
Sappiamo entrambi che non è vero, che io rimarrò in secondo piano finché ci sarà Andrea. Lui infatti non risponde e mi dà implicitamente una conferma di quello che penso: credevo di essere in grado di sopportare questa situazione, ma forse semplicemente non lo sono. Probabilmente sono solo un’eogista a pensarla così, ma ho bisogno che Zayn mi dia di più: non riesco ad accontentarmi quando si tratta di lui e non riesco a stargli lontana, come invece dovrei essere in grado di fare, almeno per ora, per proteggermi e non illudermi.
«Zayn, io… Sono una persona, ok? Ho… Dei sentimenti e… Non puoi pretendere che me ne stia buona buona in un angolino ad aspettare te, senza che tu mi dia niente in cambio, niente di cui io possa saziarmi», provo a spiegare, consapevole della forma insensata sotto cui ho espresso la mia opinione.
«Non ti ho chiesto io di aspettarmi, quindi smettila di ricordarmi quanto tu stia soffrendo in tutto questo», sono le sue parole, dure e rabbiose. Fanno più male di quanto mi aspettassi, tanto male da farmi diventare gli occhi lucidi e da farmi sperare che nel buio della notte lui non li noti.
Deglutisco come per trattenere l’istinto di piangere. «Dici sempre così», sussurro, spostando l’attenzione sui miei stivali neri. «Non ti ho chiesto io di lasciare Niall. Non ti ho chiesto io di aspettarmi. Certo, tu non mi chiedi mai niente, ma io lo faccio lo stesso. Faccio tutto questo per te, perché voglio che tra noi ci sia qualcosa, ma tu… Tu nemmeno lo vedi! Non sono da sola in questa cosa, siamo io e te! Quindi perché non ti prendi le tue responsabilità?! Anzi no, perché non ammetti che in realtà non ti importa niente di questa situazione?! Perché se te ne importasse, a quest’ora avresti fatto qualcosa per venirmi incontro, per assicurarmi che non sono una povera illusa! Invece te ne stai qui ad urlarmi contro che non mi hai chiesto niente!» urlo, riportando lo sguardo nei suoi occhi e lasciando una lacrima a solcarmi il viso mentre il rancore ed il dolore si impossessano di me. Non aspetto un secondo di più e mi volto per andarmene, camminando velocemente e a testa bassa sul marciapiede freddo.
«Ma non capisci, cazzo?!» urla lui, afferrandomi per un polso per farmi girare verso di lui. «Non lo capisci da come ti bacio?! Da come ti guardo?! È tutto qui, davanti a te, come fai a non accorgertene?!» continua, mentre i suoi occhi mi divorano anche l’anima. Io ormai ho perso la lotta contro le lacrime, mentre i ricordi dei momenti passati con Zayn mi ritornano in mente uno alla volta.
Eppure c’è dell’altro.
«Io me ne accorgo, invece! Me ne accorgo e fa male, perché tu sei ancora con Andrea! Mi parli come se io fossi un’insensibile che non capisce i tuoi sentimenti, mi riempi di scuse, di parole, ma alla fine quello che conta sono i fatti! E l’unico fatto è che stai ancora con Andrea!» grido, buttando fuori quel pensiero che da troppo tempo mi sta rovinando. La verità è che io non sopporto più la gelosia di ogni giorno, il dolore di vederli insieme o di sapere che sono insieme. E mi dispiace averglielo rinfacciato in questo modo, in mezzo ad una strada e durante un litigio, ma credo di essere arrivata al limite, al capolinea.
«Ci sto perché io ho bisogno di lei!» urla-
L’istante successivo, tutto è immobile.
Zayn si blocca, quasi si irrigidisce mentre si accorge di essersi lasciato scappare qualcosa che forse avrebbe voluto tenere per sé. Io, invece, lo guardo scioccata da quella rivelazione, da quel dettaglio che mi ha tenuto nascosto per tutto questo tempo.
«Tu... Hai… Bisogno di lei?» ripeto, con un tono di voce quasi inudibile.
Cosa significa?
Il suo silenzio mi fornisce una risposta sin troppo chiara e troppo dolorosa, quindi «Perché?» sussurro.
Lui aspetta qualche secondo prima di parlare: «Perché sono fatto così», dice semplicemente, inchiodandomi con i suoi occhi profondi e terribilmente scuri, questa notte.
«Cosa… Io non…» balbetto corrugando la fronte, ma Zayn mi interrompe, riversando fuori di sé parte delle sue emozioni. «Perché sono un fottuto complessato che deve avere qualcuno che abbia bisogno di lui per andare avanti! Perché ho bisogno che Andrea sia dipendente da me, per andare avanti! Perché mi fa sentire utile, perché mi fa sentire bene!» spiega, alzando sempre di più la voce, mentre io perisco sotto il peso delle sue parole. Ci metto un po’ per capirle, per rielaborarle, per crederci.
Non mi sembra vero che l’abbia detto, non mi sembra vero che me l’abbia nascosto e non mi sembra vero che io non l’abbia mai capito. Non mi sembra vero che io debba dare ragione a Becka, perché Zayn mi ha mentito, perché c’era dell’altro oltre la situazione familiare di Andrea, qualcosa di ben diverso.
Improvvisamente ogni suo comportamento ha un senso ai miei occhi: tutte le sue preoccupazioni, i suoi sforzi per far stare bene Andrea o chiunque altro, il suo altruismo smisurato… Tutto è stato fatto con un unico scopo e Zayn in questo momento mi appare come la persona più egoista del mondo.
Altre lacrime mi rigano il volto quando realizzo cosa effettivamente stia succedendo, ma non dico altro: libero il mio polso dalla sua presa e me ne vado, incredula e ferita fin nel profondo.
«Melanie! Dove stai andando?» mi richiama, piazzandosi di fronte a me.
«Spostati», gli ordino, evitando di incrociare il suo sguardo. Ma lui non si muove. «Zayn, per favore… Spostati», mormoro, interrotta dai singhiozzi che non sono più riuscita a trattenere, alzando lo sguardo su di lui come per volerlo pregare.
Sembra essere sconvolto quando incontra le mie iridi: «Aspetta…» sussurra.
«Cosa? Cosa dovrei aspettare?!» sbotto, con la vista appannata dalle lacrime. «Mi hai presa in giro per tutto questo tempo! Mi hai raccontato bugie su bugie ed io ti ho creduto! Ti ho creduto e ti ho difeso con tutti i miei amici, perché mi fidavo ciecamente! Perché le tue parole sembravano così… Vere… E invece… Invece tu mi stavi mentendo! Mi hai fatto credere che stessi con Andrea per una sua debolezza, per aiutarla, ed io ero addirittura fiera di aver conosciuto un ragazzo come te, così altruista! Mentre ora penso solo che tu sia un enorme egoista, perché hai fatto tutto questo solo per te stesso! Mi hai legata a te con i tuoi baci e le tue belle parole, hai acconsentito quando ho deciso di aspettarti, mentre dentro di te sapevi… Tu sapevi che non avresti lasciato Andrea per niente al mondo!»
La gola mi fa quasi male nell’urlare queste parole, ma di sicuro non è ai livelli del mio cuore, anche se sono troppo scossa anche solo per pensare a quali danni io stia realmente riportando.
Zayn, immobile di fronte a me, non parla: non ribatte, non si muove, si limita solo a respirare velocemente, quasi con il fiatone. Ed io non riesco più a guardarlo negli occhi, perché fa davvero troppo male. È quasi… Straziante.
Per questo, per l’ultima volta, corro via.
Nessun richiamo da parte di Zayn.
Nessuna speranza da parte mia.



 



 

 
Buoooooooooooooongiorno! 
Credo di non aver mai aggiornato così presto, ma almeno vi faccio una sopresa!
Allooora: innanzitutto mi scuso se questo capitolo è venuto un po’ lunghetto, ma dovevo assolutamente farci stare tutto. Plus, mi scuso anche se in questi
giorni sono scomparsa, ma, come molte di voi sanno, ho il tirocinio di pomeriggio e di mattina devo studiare :/ Mi mancate tutte, sappiatelo!
Comunque, bando alle ciance! Parliamo di questo capitolo, che c’è un bel po’ da dire! Niall: avevo detto che sarebbe ricomparso, no? E credo che gran parte di voi pensasse che avrebbe fatto qualcosa per rovinare la storia tra Zayn e Mel: be’, in realtà non è proprio così. Il suo inconscio, da ubriaco, ha pensato subito a Mel! Quindi, lei, da buona crocerossina quale è, non ha esitato ad andare da lui… Per il resto potete dirmi voi cosa ne pensate :)
Poooooooooooi arriva Zayn, che si è fatto aspettare perché era con Andrea: ora, io spero che si capisca lo stato d’animo di Mel. Voglio dire, lei è praticamente cotta di lui e sapere di doverlo “dividere” con qualcun altro fa abbastanza schifo. Eeeee niente, Zayn è arrabbiato nero, perché si è preoccupato, ma – c’è sempre un ma – la litigata prende un’altra strada: per l’ennesima volta lui se ne esce con un “non ti ho chiesto io di aspettarmi” e Melanie scoppia, finally! Proprio questo porta Zayn ad ammettere qualcosa che stava tenendo nascosto. Lo so che per ora è una cosa buttata lì in un litigio, ma ovviamente se ne riparlerà e si capirà meglio il carattere del bel pakistano! Ogni suo comportamento avrà una spiegazione, I swear :)
Mmmh, non so se l'ho spiegato bene ahahh Però, ci sono delle persone che hanno costantemente bisogno di sentirsi indispensabili per qualcuno... Naturalmente, per ora, Melanie è ferita e anche arrabbiata, perché alla fine, se ci pensate, quello che ha fatto Zayn è stata una bella merdata!
Soprattutto perchè lei era lì ad aspettarlo mentre lui le stava mentendo! (ricordate quando lei ha deciso di farlo? Lui le aveva detto che stava con 
Andrea solo per un "dovere", ma in realtà...) Quali, tra le cose che ha detto, sono vere? E quali no? :)
Comunque sono curiosa di sapere cosa ne pensate, se ve lo aspettavate o se credete sia una cazzata. Io posso solo dirvi che questa storia del “bisogno” verrà approfondita :) Ah, ora che avete questo accenno alle motivazioni di Zayn, potete capire cosa intendevo dire quando vi dicevo di fare attenzione alle sue parole :)
Bene, questo spazio autrice sta venendo più lungo del capitolo D: Fatemi sapere cosa ne pensate, please! Soprattutto perché non so se sono riuscita a descrivere bene i sentimenti di Mel e il motivo che la porta a scoppiare!
 
Come sempre, vi ringrazio infinitamente per tutto. Ho visto che lo scorso capitolo vi è piaciuto molto e io ne sono altrettanto felice. Per chi lo voleva sapere,
sì, ci saranno altre scene a rating rosso, forse solo una :)
E niente, vi saluto!! Risponderò alle recensioni appena avrò un pochino di tempo, lo giuro :)
Un bacione!!

 



 

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Capitolo 20
*** I don't trust you ***




I don't trust you
 

Non credo di essermi mai sentita così. Nemmeno il tradimento di Niall mi aveva ferita in questo modo, il che è strano e allo stesso tempo spaventoso.
Ogni minuto, da quel dannato sabato sera, l’ho passato a pensare a Zayn. Sono così arrabbiata con lui, così delusa, che sono persino arrivata a rimpiangere ogni secondo trascorso in sua compagnia: certo, subito dopo me ne sono sempre pentita, ma non riesco a non pensarlo di nuovo, ancora e ancora.
La verità è che in questi due giorni l’unica cosa che ho realmente capito è che sono stata una stupida: avrei dovuto usare un po’ di più il cervello, proteggermi dal troppo mistero che ha sempre circondato Zayn. Invece ho agitato esattamente al contrario: ho lasciato che tra di noi si creasse un rapporto difficile da definire e capire, nonostante io abbia sempre saputo che era sbagliato, che c’era qualcosa che non andava.
Non posso prendermela solo con Zayn: gli ho sempre ripetuto che eravamo in due a fare le cose, a costruire una sorta di relazione, quindi questo implica che gran parte della colpa sia anche mia. La colpa è anche mia se lui è riuscito a mentirmi così facilmente. Se ieri sono rimasta chiusa in camera a rimuginare su tutto quello che è successo. Se le sue parole - “Ho bisogno di lei” - continuano a vorticarmi in testa, senza sosta. È anche colpa mia se questo lunedì mattina è più doloroso di quanto mi aspettassi. Se l’idea di rivederlo mi fa attorcigliare lo stomaco, persino il cuore.
«Tesoro, ti prego», mi riprende Aaron, distraendomi dai miei pensieri. «Sorridi un po’», cerca di incoraggiarmi, dandomi una leggera spallata e continuando a camminare alla mia destra nel corridoio già meno affollato. La campanella che segna l'inizio delle lezioni è suonata da poco e gran parte degli studenti è entrata nella propria classe per svolgere il proprio dovere, di sicuro con poca voglia. Il mio amico sta cercando di distrarmi parlandomi del più e del meno, delle sue fantasie su Louis, di come, secondo lui, quel ragazzo castano stia fingendo indifferenza nei suoi confronti solo per farsi desiderare di più. Ed io vorrei dirgli che in realtà penso proprio che quella di Louis non sia una tattica, ma non voglio infrangere i suoi sogni, né ho voglia di parlare.
Mi volto verso Aaron ed accenno un sorriso, che in realtà percepisco più come una smorfia. Se ne accorge anche lui, infatti scuote la testa per poi appoggiare il braccio intorno alle mie spalle, come al suo solito. «Odio doverlo ammettere, ma… Te l’avevamo detto», dice, guardando davanti a sé.
Sospiro a quelle parole e serro le labbra per cercare di sigillare le emozioni nel mio corpo: sì, me l’avevano detto, mi avevano avvertita, ed io, come una masochista testarda, li ho beatamente ignorati.
«Mi dispiace di… di non avervi ascoltati», sussurro, abbassando lo sguardo. Parlare con Aaron è stato più semplice del previsto: lui non è il tipo di amico che si arrabbia per delle decisioni sbagliate, piuttosto cerca di far capire come la pensa e lascia che gli altri facciano come credono sia giusto, sempre pronto ad aiutare nel caso quel “giusto” si riveli tutto il contrario. Proprio per questo non mi ha rimproverata quando gli ho raccontato di Zayn: anzi, mi ha abbracciata e mi è stato ad ascoltare, inveendo di tanto in tanto contro la fonte delle mie torture.
Il problema non è lui, però: quello che mi preoccupa è parlare con Becka. Lei è tutta un’altra storia: ha ben chiaro in mente cosa aspettarsi dai suoi amici e vuole che facciano le cose giuste, le cose migliori per loro. Si arrabbia molto quando non viene ascoltata e vede gli altri pagare le conseguenze dei loro sbagli: non lo fa per manie di protagonismo, ma perché vuole bene in un modo totalizzante ed intenso, e farebbe di tutto pur di proteggere le persone a cui tiene. Per questo motivo non le ho ancora raccontato niente, liquidando velocemente le sue chiamate ed i suoi messaggi. Ha ancora la bronchite e questo mi lascia un po’ di tempo per prepararmi alla sua reazione, ma voglio e devo dirle tutto al più presto.
«Tranquilla», risponde dolcemente Aaron. «Piuttosto, ora cos’hai intenzione di fare?»
Ah, bella domanda.
Non faccio in tempo a pensarci, però, perché, quando rialzo lo sguardo davanti a me, due persone al fondo del corridoio conquistano tutta la mia attenzione: mi immobilizzo sotto lo sguardo confuso del mio amico e continuo a scrutare Zayn e Andrea, l’uno di fronte all’altra. Il mio cuore è ormai fuori controllo, perché non riesce a sopportare la vista di quel ragazzo, né è in grado di gestire la presenza di Andrea.
«Mel, andiamo», mi incita Aaron, accortosi di quello che sta succedendo. «Vieni via».
Ma io non riesco a muovermi, perché fa male. Fa male vedere Zayn e dover ripensare a quello che mi ha detto, al modo in cui ci siamo lasciati e a quello che abbiamo perso: fa male dover ricordare ancora una volta che mi ha mentito.
Mentre il mio respiro accelera, stringo più forte al petto i libri tra le mie mani, sperando di alleviare in qualche modo la tormenta che c’è dentro di me: sono pervasa dai ricordi, dalle chiamate di Zayn alle quali ieri non ho risposto. Eppure, nonostante distogliere lo sguardo e scappare il più lontano possibile, nonostante vederlo insieme a lei mi provochi una fitta allo stomaco, né i miei occhi né le mie gambe vogliono obbedirmi. Resto immobile.
Quando all’improvviso lui si volta e mi vede, io sobbalzo: i nostri occhi si incatenano, come erano soliti fare fino a pochi giorni fa, ma esprimono qualcosa di diverso. Ed io, quel qualcosa, non posso proprio sopportarlo. Interrompo il contatto visivo senza aspettare un secondo di più e mi allontano velocemente, lasciando Aaron a richiamarmi, anche quando la porta del bagno delle ragazze si richiude alle mie spalle.
Lascio i libri sul davanzale della finestra e mi appoggio con le mani al bordo di uno dei lavandini, respirando velocemente e cercando di trattenere qualche lacrima: l’immagine riflessa nello specchio dovrebbe essermi più che familiare, ma la linea malinconica delle mie labbra stona con quello che vorrei invece vedere.
Mi sciacquo abbondantemente la faccia con dell’acqua fredda, sperando di lavare via anche parte dell’inquietudine: vorrei tanto sapere cosa rispondere alla domanda di Aaron, sapere esattamente come comportarmi e cosa fare, ma la verità è che non ho idea di come io possa lasciar perdere Zayn. È qualcosa che non sono mai riuscita a fare e che, ora che è diventata un obbligo, mi sembra essere al di sopra delle mie capacità.
«Aaron, lascia stare», esclamo quando sento la porta del bagno aprirsi, convinta che sia lui dato che più volte ha provato ad entrare. Non ricevo nessuna risposta, però, quindi mi volto incuriosita.
«Andrea…» bisbiglio, con i pezzi di carta che ho usato per asciugarmi il viso ancora tra le mani.
Gli occhi verdi della ragazza mi stanno guardando con serietà, quasi con malinconia, ed io non so davvero cosa dire, presa dal panico. Il modo in cui mi sta scrutando da un paio di metri di distanza mi suggerisce che lei sappia tutto, e questo presentimento mi mette a disagio.
«Ciao, Melanie», mi saluta, facendo qualche passo verso di me e lasciando i suoi capelli neri, raccolti in una coda alta, ad ondeggiare.
Sbatto più volte le palpebre e cerco di non rimanere lì impalata, sconvolta dalla sua bellezza e dal mio imbarazzo, dalla gelosia e dal senso di colpa. Getto nel cestino la carta e torno a guardarmi allo specchio per qualche secondo. «Scusami ma… Devo-devo proprio andare in classe, ora», borbotto, raccogliendo i libri dal davanzale e camminando a passo svelto verso la porta.
Lei non risponde, ma, quando sto per appoggiare la mano sulla maniglia della porta, la sua voce mi blocca. «Non portarmelo via», dice semplicemente, facendomi chiudere gli occhi in un impeto di sorpresa e… Paura.
Lascio cadere la mano lungo il mio corpo e mi volto lentamente verso di lei. «Io non-non so di cosa tu stia parlando», provo a mentire, sperando che, come sempre, il mio corpo e i miei gesti non mi tradiscano.
«Sto parlando di Zayn», continua lei, avvicinandosi di un passo. E se io non avessi la porta dietro di me, indietreggerei, perché in questo momento voglio solo allontanarmi il più possibile da questa ragazza, da Zayn, dalla verità, dalla sofferenza, dal senso di colpa, da tutto.
Non ribatto nulla alla sua affermazione, sia perché il mio stato d’animo è troppo sconvolto, sia perché Andrea non me ne dà il tempo. «Vedi, io lo conosco», riprende con voce calma, continuando a fissare i suoi occhi intensi nei miei. «So tutto di lui, ogni suo pregio e ogni suo difetto. So cosa gli piace, cosa odia. Conosco ogni sfaccettatura del suo carattere».
Ad ogni sua parola il mio cuore patisce un po’ di più, straziato da quella verità indiscutibile, dal modo in cui quella ragazza sembra pregarmi con gli occhi.
«Quindi so anche cosa prova per te», aggiunge, preceduta da qualche secondo di silenzio.
Sento gli occhi inumidirsi e il mio respiro bloccarsi in gola.
Andrea si avvicina ancora e «Lo vedo», riprende, inclinando leggermente la testa da un lato. «Mi accorgo di come ti guarda, di come ti cerca. So che c’è qualcosa tra di voi, perché solo uno cieco non se ne accorgerebbe».
«No, io-»
«Ma va bene», mi interrompe respirando profondamente, mentre io potrei giurare di scorgere delle lacrime sull’orlo di scivolarle sulle guance. «Melanie, a me va bene. Io… Posso continuare a far finta di niente, posso… Posso passarci sopra, davvero. Però, per favore, non… Non portarmelo via».
Si ferma, interrotta da piccoli singhiozzi, e la mia schiena ormai è completamente schiacciata contro la porta, come se stesse cercando di passarci attraverso pur di scappare. Perché Andrea è qui a chiedermi di lasciarle Zayn ed io mi sento così male, così in colpa, che mi vergogno anche solo di starle davanti. Una lacrima solca il mio viso e mi affretto ad asciugarla, perché non ho nessun diritto di piangere, non di fronte a lei.
«So perfettamente che lui non mi ama come vorrei. Lo conosco abbastanza bene e da abbastanza tempo da sapere che lui ha bisogno di me, almeno quanto io ho bisogno di lui. E… Sì, sono un’egoista, perché lo sto tenendo legato a me mentre dovrei lasciarlo andare, ma non ci riesco, e l’idea… L’idea che tu… Che tu possa dargli quello di cui ha davvero bisogno, mi spaventa. Perché Zayn potrà anche non amarmi, ma io amo lui. Lo amo davvero».
Le mie iridi ormai sono offuscate dalle lacrime ed il peso che sento sul petto mi sta schiacciando sotto di sé senza alcuna pietà: non riesco ad articolare alcuna parola, quindi mi limito a guardare Andrea a circa un metro da me, con le mani ad asciugarsi gli occhi mentre aspetta forse una mia risposta.
Cosa posso dirle? Come posso trovare delle parole che non mi umilino più di quanto questa situazione non stia facendo? Come posso trovare qualcosa da rispondere ad una persona che ha forse dovuto mettere da parte tutta la sua dignità, per parlarmi?
«Lui… Lui non prova nulla per me», sussurro, deglutendo a vuoto come per prendere tempo, per ignorare la fitta di dolore che le mie stesse parole mi infliggono. «Non devi preoccuparti, perché tra noi non… Non c’è niente, non c’è mai stato niente». Inspiro profondamente, sperando di risultare credibile, almeno un po’, ma mi accorgo di non riuscire più a sopportare il suo sguardo su di me.
«Mi dispiace», dico velocemente, prima di uscire di fretta dal bagno per correre via.
 
Il tragitto verso casa risulta essere un sollievo, forse perché mi sto finalmente allontanando dalla scuola ed in un certo senso da parte dei miei problemi.
Aaron ha insistito per accompagnarmi dopo aver notato il mio stato d'animo, ma gli ho impedito di farlo: sono ancora scossa da quello che è successo con Andrea nei bagni, ma non voglio parlarne. Devo riuscire a rialzarmi, ad affrontare quello che, in parte, ho causato da sola. Così, ad ogni passo che faccio, cerco di pensare a tutt’altro, come per esempio a mia sorella Emma: stamattina, mentre distrattamente facevo colazione, mia madre mi ha chiesto se sapessi cosa le stesse succedendo, dato il suo comportamento “più schivo e disobbediente del normale”, per citare.
Ecco, magari pensare alla mia famiglia riuscirà a distrarmi da Zayn e da tutto quello che lo riguarda.
Eppure sembra che il destino si diverta a prendermi in giro, perché all’improvviso una macchina si ferma al fianco del marciapiede su cui sto camminando: quando getto un’occhiata al suo interno, riconosco i tratti sin troppo familiari di una persona che non ho bisogno di vedere.
Abbasso lo sguardo e accelero il passo, sperando di non doverlo affrontare, pregando che mi ignori.
Ma, appunto, il destino ce l’ha con me.
«Melanie, fermati!» esclama Zayn alle mie spalle, dopo aver chiuso la portiera dell’auto dietro di sé. Io chiudo gli occhi con forza, mettendomi quasi a correre, ma sento i suoi passi farsi sempre più vicini ed il mio cuore pompare sempre più sangue in ogni mia vena. Anche lui mi sta chiedendo di fermarmi, ma il mio cervello, di certo più astuto e con più spirito di conservazione, continua a farmi muovere ed io, per una volta, vorrei dargli ascolto.
«Melanie!» ripete Zayn, afferrandomi per un braccio e bloccandomi. La sua voce non è calma, né implorante: sembra più imperiosa ed io non voglio ascoltarla, né voglio incontrare quelle iridi nocciola, quindi non mi volto verso di lui, nonostante la sua presa non sembri intenzionata ad allentarsi.
«Lasciami andare…» sussurro a denti stretti mentre cerco di liberarmi
, incapace di guardarlo.
«No», è la sua risposta, decisa e rabbiosa.
Inspiro profondamente e cerco di non pensare ai brividi che provo nel sentire la sua mano su di me. «Per favore, Zayn», dico flebilmente, questa volta implorandolo.
«No», ripete Zayn, immobile alle mie spalle.
Sospiro e rilasso tutti i muscoli, arresa ormai ad avere un confronto con lui. «Che cosa vuoi adesso?» chiedo, in preda all’esasperazione. Non capisco cosa voglia ancora da me, con che coraggio mi si avvicini ancora.
«Girati, Melanie», mi ordina con voce più calma, tirando leggermente il mio braccio verso di sé. Ed io sono stanca dei suoi ordini, quindi «Che diavolo vuoi?!» sbotto, voltandomi per guardarlo in faccia.
Mi ritrovo davanti i suoi occhi scuri, piantati come coltelli nei miei, e la sua mano lascia lentamente il mio braccio: Zayn aspetta qualche secondo prima di parlare, secondo che sembra un’eternità.
«Niente? Pensi davvero che tra di noi non ci sia stato niente?» domanda poi, riducendo gli occhi a due fessure, come è solito fare quando è arrabbiato o incredulo. Io spalanco per un attimo i miei e sbatto più volte le palpebre, senza comprendere a cosa si riferisca, ma subito dopo capisco: sta parlando di quello che ho detto ad Andrea, anche se non so come faccia a saperlo. Ha origliato? O è stata lei a dirglielo?
«Come… Come fai a saperlo?» gli chiedo, massaggiandomi la porzione di pelle intorno alla quale prima c’era la sua mano. Forse strofinando abbastanza riuscirò a cancellare il contatto che c'è stato, a dimenticarlo.
«Me l’ha detto, ma non è questo il punto», ribatte lui, duramente. «Voglio solo capire se lo pensi davvero».
Non so in che termini loro abbiano parlato di quello che è successo in quel bagno, ma la sua mascella serrata ed i pugni chiusi mi fanno intuire che l'inquietudine stia percorrendo ogni sua terminazione nervosa. «Che importanza ha, ora?» mormoro, cercando di sostenere il suo sguardo. Perché dovrebbe interessargli? E come fa anche solo a pensare che io possa davvero credere a quello che ho detto ad Andrea?
Zayn corruga la fronte, incredulo e offeso, ma io non posso e non voglio farmi abbindolare dai suoi occhi. Né ho le forze per affrontare un discorso con lui.
«Zayn… Lasciami stare», dico infine. Tento di camminare nuovamente verso casa, ma la sua mano si avvolge ancora una volta intorno al mio polso.
«Non c’è stato niente tra di noi?» ripete.
«Come lo definiresti tu?» ribatto io, voltandomi una seconda volta verso di lui. Per un attimo noto l’incertezza sul suo volto, ma non ci mette molto a rispondere. «Di certo non niente».
Mi concentro sul mio respiro nel sentire quelle parole, cercando di mantenere il controllo su me stessa e sui battiti del mio cuore. «È buffo, perché non ti sei fatto problemi a rovinare qualsiasi cosa fosse».
Non ho il tempo di dire altro, però, perché Zayn mi tira a sé dal polso, facendo aderire il mio corpo al suo. «Io non volevo rovinarlo», dice a denti stretti, ad una vicinanza che mi toglie il fiato. È insopportabile ed io mi sento scoppiare per le troppe emozioni che mi pervadono, perché non so più a cosa credere, a cosa pensare.
Devo difendermi, devo impedire a questo ragazzo di farmi vacillare ancora. «Che c’è?» sussurro, con il petto contro il suo a muoversi velocemente. «Hai intenzione di baciarmi? È… È così che fai, no? Be’, mi dispiace per te, ma non ci casco più», continuo, insistendo affinché Zayn mi lasci andare e ritrovandomi a mezzo metro da lui, finalmente libera di tornare a respirare. Lui non deve sapere che ho mentito, che se solo si fosse avvicinato anche solo di un millimetro in più, io avrei abbattuto tutto le mie barriere, come sempre e come devo imparare a non fare.
«Tu l’hai rovinato. E non dirmi che non volevi farlo, perché… Sì, perché, se fosse stato così, non mi avresti presa in giro per tutto questo tempo», riprendo, provando ad apparire più decisa di quello che in realtà sono. Il suo sguardo mi scruta severo ed io sono curiosa di sentire la sua risposta.
«Se tu mi avessi lasciato spiegare, a quest’ora avresti capito», mi accusa, con più calma di quanta mi aspettassi.
«Capito?» ripeto incredula. «Cosa c’è da capire, Zayn? Tu… Tu mi hai mentito su tutto. Tutti quei discorsi su quanto Andrea avesse bisogno di te, tutte quelle scuse-»
«Non erano scuse», mi interrompe improvvisamente. «E non ti ho mentito».
«Smettila!» quasi urlo, irritata dalle sue ultime parole. «Come ti viene in mente di dirmi una cosa del genere?! Non mi hai mentito? Credi che sia così ingenua da non capire che il tuo scopo era solo divertirti con entrambe?!»
«E tu credi davvero che io sia così stronzo?!» grida lui. gesticolando.
Aspetto qualche secondo prima di rispondere, turbata dal nostro urlarci contro ancora una volta. «Perché non dovrei?» domando, abbassando la voce come in segno di sfida.
«Lascia che ti spieghi. Ascoltami», dice semplicemente, avvicinandosi di un passo. Io non indietreggio, nonostante senta il bisogno di farlo, e cerco di capire cosa voglio. Zayn, però, prende il mio silenzio per un consenso.
«Devi fidarti quando dico di non averti mentito», comincia, rilassando in parte i lineamenti del volto, gli stessi che rimarrei ore a guardare, anche adesso, nonostante tutto. «Io tengo ad Andrea e la sua storia non è una palla inventata per farti impietosire o per prendermi gioco di te. Quello che ti ho raccontato è vero».
«Zayn».
«Fammi finire», mi precede. «Per favore».
Aspetta qualche attimo, probabilmente in attesa di una mia risposta, ed io, quasi inconsapevolmente, annuisco lievemente con il capo, dandogli il permesso di continuare. Voglio solo che tutto questo finisca il più in fretta possibile, perché non riesco più a sopportare i suoi occhi.
«Ti ho sempre detto la verità, Melanie», riprende. «Non era tutta, ma era la verità. E mi dispiace non aver avuto la forza di essere completamente sincero, mi dispiace davvero».
Altri secondi di silenzio.
Dentro di me sto lottando con l’istinto di credere a Zayn, così come ho sempre fatto: è una cosa naturale per me, ma non so quanto sia giusta, fin dove io possa lasciarmi trasportare da questa fiducia innata ed incondizionata.
«Sabato sera ho fatto un casino», continua, facendo un piccolo passo verso di me e soffocandomi con la sua vicinanza. «Ero incazzato perché sei andata da Niall, perché ci sei andata da sola e perché… Perché io ero con Andrea».
Spalanco gli occhi a quelle parole e mi mordo l’interno della guancia senza sapere come interpretare le sue parole: riuscirò mai a capirlo? A conoscerlo davvero? Ogni volta che succede qualcosa tra di noi, scopro dei pezzetti di lui che mi mandano in confusione, che mi paralizzano, ed è davvero stancante.
Ormai mi sono arresa all’andatura irregolare del mio respiro e con il cuore ho perso ogni speranza: di nuovo, non posso fare altro che rimanere immobile davanti a Zayn, in attesa che faccia di me qualcosa.
«Tu avevi bisogno di me ed io non c’ero», si spiega meglio, all’improvviso. Arrossisco violentemente e abbasso il viso per non farglielo notare, per non dare a vedere che quelle frasi mi hanno trafitta. Ma lui, che di certo mi conosce meglio di quanto io conosca lui, se ne è già accorto: con due dita sotto il mio mento, infatti, mi alza il volto e mi lega a sé con il suo sguardo, come per farmi capire molte più cose di quelle che mi sta dicendo.
«Se ti fosse successo qualcosa, sarebbe stata colpa mia e non me lo sarei mai perdonato», sussurra, provocando immediatamente una risposta del mio corpo, che viene percorso da un intenso brivido. «Non devi pensare che per me sia una passeggiata essere così… Bisognoso di altri. Fa schifo, in realtà, e sei stata tu a farmene accorgere, ma è anche difficile cambiare. Io… Non ci riesco».
«Perché non ci riesci, Zayn?» mormoro, soppesando ogni sua parola. Sembra che si senta in colpa per sabato sera, che abbia avuto paura che il suo modo di essere potesse mettermi in pericolo, ma in questo momento io non posso semplicemente dimenticare tutto.
Lui mi guarda intensamente per qualche secondo. «Non lo so. Immagino che sia più forte di me», risponde. «Sono sempre stato così: non c’è un motivo, un trauma o un avvenimento che mi ha cambiato. Sono io. Tu arrossisci, io sono dipendente dai bisogni degli altri».
Non sono sicura di aver capito a pieno quello che mi sta dicendo, ma ho l’impressione che si sia già arreso, che un suo cambiamento sia fuori discussione: e questo significa solo una cosa.
«Ok», bisbiglio, abbassando lo sguardo per nascondere gli occhi lucidi. «Allora… Basta così».
«Cosa?» chiede lui, ed io percepisco un pizzico di paura nella sua voce.
Rialzo lo sguardo sul suo volto. «Mi stai dicendo che non cambierai mai, quindi… Perché siamo ancora qui a parlarne?» domando, torturando le mie mani l’una con l’altra.
Zayn boccheggia per un attimo, ma poi «Perché io voglio cambiare», risponde, portando una mano ad accarezzarmi una guancia. Io chiudo gli occhi, come se quel contatto mi stesse ferendo, e lui forse se ne accorge, perché fa ricadere il braccio lungo il suo corpo.
«Melanie», mi richiama, facendomi rialzare le palpebre. «Voglio farlo davvero, per te».
Ma io non ci credo.
«No, Zayn», esclamo piano, indietreggiando leggermente per trovare le forze di dire quello che devo. «Non è così. Sai, anche io… Anche io sto bene quando aiuto gli altri, mi piace. Ma non… Non mi fidanzo con tutti quelli a cui do una mano. Tu, invece, perché lo fai? Credi che per star vicino ad Andrea ci sia bisogno di… Di starci insieme? Non pensi che tu possa esserle d’aiuto anche da amico? Non ti accorgi di quanto la vostra storia sia… Sbagliata? Le stai solo rendendo tutto più difficile, perché evidentemente non è in grado di affrontare i suoi problemi senza di te, e questo non è aiutare».
Faccio una piccola pausa, mentre la scena di Andrea che mi prega di allontanarmi da Zayn mi si ripresenta davanti: il loro rapporto è basato su una necessità, non sull’amore. È vero, lei prova qualcosa per lui, ma entrambi si sfruttano e continuano a vivere appoggiandosi l’una alle spalle dell’altro e viceversa.
Gli occhi del ragazzo di fronte a me mi guardano sconvolti, come se si fossero appena resi conto di qualcosa di estrema importanza.
«E sai perché non vuoi cambiare così tanto come dici? Perché, secondo quello che mi hai detto, avresti dovuto legarti a me, in qualche modo, proprio come hai fatto con Andrea, ma non è successo», riprendo, abbassando ancora un po’ la voce. «Perché io sono qui e… E ho bisogno di te. Ne ho sempre avuto, ma tu forse non hai mai voluto notarlo. Non ho problemi in famiglia, è vero, non devo fare i conti con una madre violenta o altro, ma… Zayn, se davvero non ti sei accorto di quanto io dipenda da te, sei solo… Sei solo uno stupido».
Chiudo per qualche secondo le palpebre ed inspiro profondamente, come se avessi appena alleggerito il peso che sento all’altezza del petto, poi i miei occhi sono di nuovo nelle iridi nocciola che mi stanno davanti. «Quindi no, non mi fido di te. E come puoi biasimarmi?» ribadisco. Potrei giurare che queste parole facciano più male a me, che a lui, perché è come se, di nuovo, io non fossi abbastanza, nemmeno per una presa in giro.
Zayn apre la bocca per dire qualcosa, avvicinandosi impercettibilmente a me, ma io faccio un passo indietro scuotendo la testa debolmente, con lo sguardo ancora incatenato al suo nella speranza di fargli capire che questa volta non deve seguirmi. Lui si immobilizza ed io sento gli occhi pizzicare, perché l’unica cosa che vorrei in questo momento è buttarmi tra le sue braccia e sentire il suo profumo, quindi, per resistere alla tentazione, mi volto lentamente e mi incammino verso casa.
Ogni passo è sempre più facile, forse solo perché voglio arrivare nella mia stanza prima di lasciare andare le lacrime, eppure mi sto muovendo contro la mia stessa volontà: per questo mi volto per guardare ancora una volta Zayn, cedendo al mio desiderio più nascosto. Lo trovo nella stessa posizione in cui l’ho lasciato, con gli occhi su di me e le braccia lungo i fianchi.
Bello come sempre.
Di Andrea, come sempre.

 



 

Ciao!!!
Lo so, ho fatto un casino (?) Credo di non aver spiegato bene quello che passa per la testa di Zayn e di Melanie! Se non si è capito una ceppa, mi scuso in anticipo lol Il fatto è che ho tutto molto chiaro nella mia testolina ma scriverlo e farlo uscire dalla loro bocca è tutta un’altra storia! Quindi, per farmi perdonare, cercherò di ricapitolare il tutto qui :)
Allooooora: Zayn tiene a precisare di non aver mai mentito a Melanie, ma di aver solo omesso quel “particolare”, tant’è che si arrabbia quando lei dice ad Andrea che tra loro non c’è stato nulla: evidentemente per lui non è così. Il suo carattere è un po’ complesso (non chiedetemi come abbia fatto a crearlo) e per lui è difficile cambiare: forse qualcuna di voi pensava che lui avesse un passato traumatico o comunque difficile, ma non è così. È semplicemente il suo modo di essere! Quindi, dicevo… per lui è difficile cambiare, nonostante – parole sue – voglia farlo per Melanie. (Preciso che non sto anticipando nulla,
ma solo ripetendo più semplicemente quello che viene fuori dal capitolo) In sintesi, quello che vuole farle capire è che sì, lui ha questo strano rapporto con Andrea per cui lui bisogno del bisogno che Andrea ha di lui (?) – scusate il giro di parole hahaah – ma è anche vero che la loro relazione non si ferma a quello: ovvero, non mentiva quando diceva di tenere a lei e di volerla aiutare. Ovviamente lo fa nel modo che conosce e che fa stare bene anche lui!
Ah, riguardo il sabato sera: Zayn era sì preoccupato per lei, ma era anche arrabbiato con sè stesso, per quello era così nervoso. Tant'è che aveva la coda di paglia quando Melanie gli ha detto che era con Andrea quando l'ha chiamato :)
Poi, Melanie non gli crede, nonostante una parte di lei voglia farlo: non so se sia sia capito il suo ragionamento, ma spero di sì lol È come se dicesse: “Visto che hai così tanto bisogno degli altri, perché non puoi avere bisogno di me, visto che io ne ho di te? Da quello che so potrebbe essere che tu non voglia davvero lasciare Andrea e che tutta questa sia una gigantesca bugia architettata per prendermi per il culo!” Qualcosa del genere ahahah
Spero di essere stata chiara! Tra l’altro, dalle scorse recensioni ho capito che avete iniziato ad odiare Zayn ahhaha Gliene avete dette di tutti i colori, poverino lol Come ho già detto, vi siete fatte prendere dal panico! Ragionateci bene, soppesate le parole di Zayn e i suoi comportamenti, vedrete che cambierete idea :) Avete dato per scontato che lui avesse mentito proprio su tutto! Il che è interessante, perché è la stessa cosa che è successa a Melanie!
Quindi Zayn dovrà riconquistare lei, ma anche voi ahhaha
Ah, prima di lasciarvi, vorrei parlare un attimo di Andrea: io la amo, nonostante ad alcune di voi non piaccia! Come avete visto, non ha fatto nulla per farli litigare o cose del genere, non è quel tipo di persona: anzi, è molto più debole di quanto vi aspettavate, no? Non è stupida, sa benissimo che tra Zayn e Mel c’è qualcosa, ma il suo amore per  lui è talmente forte da obbligarla a sopportare in silenzio pur di averlo ancora accanto. Diciamo che la loro relazione
è un po’ malsana ahah Voi cosa ne pensate?
Be’, questo spazio autrice è davvero TROPPO lungo, quindi vi abbandono!
Spero che il capitolo vi sia piaciuto, anche se non è niente di che! E mi farebbe piacere sapere le vostre idee, soprattutto ora che si stanno smuovendo un po’ le acque (?)
Grazie infinite per aver letto, per aver recensito e per tutti i complimenti! Come sempre siete troppo gentili!  Vi voglio bene fanciulle :)


        

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Capitolo 21
*** What are you doing here? ***




What are you doing here?
 

A pochi passi da casa di Becka, ho l’ultima occasione di riepilogare quello che ho da dirle: ho provato a selezionare le parole più giuste per non farla arrabbiare, più di quanto non farà di suo, e ho anche immaginato ogni sua possibile reazione. Mi sono sentita abbattuta quando ho ipotizzato che mi urlerà contro che sono una stupida - giustamente - ma ho percepito un certo senso di sollievo, quando ho pensato all’eventualità per la quale lei comprenderà il mio punto di vista.
Sospiro, nascondendo il volto nella mia solita sciarpa di lana, e aspetto qualche secondo prima di premere il dito congelato dal freddo sul campanello. Becka ha insistito molto perché la andassi a trovare e, quasi sicuramente, ha notato la mia distanza in questi giorni: è martedì ed è da quel sabato sera che io la evito.
Quando la porta si apre, appare suo padre ad accogliermi con un sorriso compiaciuto e sinceramente felice. «Melanie! Ciao!» mi saluta, lasciandomi lo spazio per passare. I suoi occhi sottili e scuri sono rimpiccioliti dagli occhiali troppo spessi che, probabilmente, non cambia da molti anni: le rughe agli angoli della bocca, quando parla, mostrano quanto sia lontana la sua giovinezza, aiutate dai capelli rossicci sempre più radi sulla sua testa.
«Vuoi qualcosa da bere? O da mangiare?» mi chiede gentilmente dopo alcuni convenevoli, mentre io gli sorrido.
«No, grazie. Dovrei solo parlare con Becka», rispondo, togliendomi il giubotto e godendomi il tepore della casa.
«Hm, lo immaginavo», commenta divertito. «Vado a chiamarla».
«Oh no, non preoccuparti, Charles, la raggiungo io», gli assicuro, impedendogli di fare un altro passo. Lui mi guarda un po’ stupito, ma poi «Va bene. La trovi in camera sua», dice, indicandomi il piano di sopra. Annuisco e salgo le scale lentamente, come se mi servisse ancora del tempo per rimuginare su quel discorso che ho preparato, ma che di sicuro dimenticherò.
Quando apro la porta della sua stanza, la trovo stesa supina sul letto ad occhi chiusi, con gli auricolari nelle orecchie e un libro di storia sul petto, forse abbandonato lì in un momento di sconforto. La sua bronchite sta migliorando lentamente, ma deve comunque continuare a studiare.
«Becka?» provo a chiamarla, chiudendomi la porta alle spalle. Lei, però, non risponde, limitandosi a muovere il piede a ritmo della musica che io posso distinguere a basso volume.
«Becka?» tento di nuovo, questa volta scuotendola leggermente per una spalla. La mia amica urla per lo spavento e sobbalza nel letto, sbarrando gli occhi mentre mi guarda terrorizzata. Io ridacchio, vedendola portarsi una mano al petto e respirare profondamente: con l’altra, si toglie le cuffie dalle orecchie.
«Che diavolo, Mel, mi hai fatto prendere un colpo!» mi rimprovera.
«Scusa», sorrido, mettendomi a sedere sul letto.
«Ti aspettavo più tardi», dice pensierosa, guardando l’orologio al suo polso.
«Sì, lo so. È che ho pensato di passare appena uscita da scuola…» le spiego, stringendomi nelle spalle. Lei mi fa la linguaccia e «Sfigata. Vai ancora a scuola».
«Tu ci tornerai tra poco, quindi non farei tanto la spiritosa se fossi in te», ribatto, alzando un sopracciglio. Becka mi fa un’altra smorfia e sorride divertita, mentre io ritorno seria al pensiero di doverle dire la verità.
«Allora, stronzetta, perché in questi giorni ti sei trasformata in una latitante?» mi chiede, tirando lei in ballo la questione. Diretta come sempre.
Improvvisamente mi sento a disagio, quindi abbasso gli occhi. «Be’, ecco… Sono successe delle cose…» mormoro.
«Che genere di cose?»
 
Tutto si è fermato nella stanza in cui ci troviamo: io ho smesso di parlare, di raccontare senza sosta e di scusarmi contemporaneamente. Becka, invece, sembra aver smesso di respirare.
I suoi occhi scuri mi guardano senza sbattere nemmeno le palpebre, tremendamente duri o forse increduli.
«Becka… Sei arrabbiata?» sussurro cautamente, avvicinandomi di poco a lei, inginocchiata sul materasso di fronte a me. Non risponde. «So che ora stai pensando che avrei dovuto darti ascolto e so anche che è vero, avrei dovuto farlo. Avrei dovuto stare più attenta e fidarmi un po’ di meno, però devi cercare di capirmi, io non-»
«Smettila», mi interrompe, mentre le sue iridi si riaccendono. Di rabbia.
Rimango stupita dal suo tono di voce, dalla serietà del suo viso, tanto da pensare che stia esagerando. Non ho il tempo di dire qualcosa, però, né di scusarmi ancora, perché lei mi anticipa.
«È vero», comincia, assottigliando gli occhi. «Sei stata una stupida a fidarti di quel coglione. È anche vero che vorrei andare a prenderlo a casa e sbattergli la testa contro il muro, perché, appunto, è un coglione. Ma sai cos’è che mi fa saltare i nervi?» Aspetta qualche secondo prima di continuare ed io trattengo il fiato, in attesa. «Il fatto che quella che dovrebbe essere la mia migliore amica mi tenga nascoste le cose».
Deglutisco a vuoto e sostengo il suo sguardo, cercando di decifrarlo, cercando di capire a pieno come si senta. «Quella che dovrebbe essere…?» ripeto con un filo di voce, corrugando la fronte.
Becka serra la mascella e mi risponde. «Esatto. Perché, in teoria, tu dovresti confidarti con me. Dovresti parlarmi di quello che ti succede, di cosa ti fa star male, di Malik che ti prende per il culo-»
«Sapevo che ti saresti arrabbiata e-» cerco di giustificarmi, interrompendola.
«Arrabbiata? Certo che lo sarei stata!» mi assicura, iniziando ad alterarsi. «Semplicemente perché ti sei fatta prendere in giro da quello lì, nonostante fosse chiaro che non era sincero con te! Semplicemente perché a me non piace vedere la mia migliore amica soffrire per qualcuno che non la merita, per qualcosa di cui io l’ho più volte avvertita! Non mi sembra tanto strano!»
Sbatto le palpebre, dispiaciuta, e rimango in silenzio mentre Becka fa lo stesso: le sue parole sono più che chiare e mostrano alla perfezione la sua voglia di far star bene le persone a cui tiene.
«Ma non è questo il problema», riprende, intensificando il suo sguardo. «Non il principale, almeno. Quello che mi rattrista è che non mi hai detto niente. E non è la prima volta. Lo fai sempre più spesso, ultimamente, e io non riesco a capirne il motivo. Quando c’è qualcosa che ti turba non me lo dici per paura che io mi arrabbi, e lo so, so che mi arrabbio, ma lo faccio solo perché ti voglio bene, perché voglio vederti felice. Invece tu ogni volta mi tieni all’oscuro di tutto e io non voglio che sia così».
«Ma-»
«Mi respingi e non lasci che ti aiuti, proprio come sabato sera, quando mi hai mentito e sei andata da sola a cercare Niall in giro per Bradford», dice, senza permettermi di parlare. «Allora lasciami perdere, continua a confidarti con Aaron, non venire a casa mia dopo qualche giorno per scusarti e lasciami perdere, tanto è quello che stai già facendo».
«Becka, sai benissimo che non è così», le assicuro, quasi pregandola. Mi dispiace che la pensi in questo modo, perché per me lei è e rimarrà una delle persone più importarti della mia vita.
«Non è così?» ripete, alzando un sopracciglio. «A me sembra il contrario. E sinceramente non mi va che tu ti senta obbligata a raccontarmi cosa ti succede, quando, evidentemente, non vuoi farlo per paura della mia reazione. Se non ti va bene il mio modo di essere, hai solo da dirlo», commenta, spostandosi sul letto per sdraiarsi a pancia in su. Il suo sguardo è freddo e ferito, mentre io la osservo senza parole.
Non riesco a trovare le parole adatte per farle capire che sta esagerando, che a me va bene così com’è e che se non le ho detto subito alcune cose era solo perché non volevo darle un dispiacere; la sua reazione e il suo tono di voce troppo duro mi hanno sconvolta.
«Devo studiare. Ci vediamo a scuola», esclama dopo qualche minuto, rimettendosi le cuffie nelle orecchie. Io spalanco gli occhi lentamente e aspetto qualche momento prima di realizzare che mi ha effettivamente cacciata di casa. La guardo recuperare il libro di biologia al suo fianco e mi alzo dal letto, troppo lentamente, quasi mi aspettassi una sua parola. La verità è che la conosco sin troppo bene e so che in questo momento sarebbe inutile provare a parlarci.
Mi trattengo ancora per qualche secondo in quella stanza, in piedi e immobile, poi mi mordo il labbro e sussurro l’ennesimo «Scusa» che non credo lei possa sentire.
«Vai già via?» mi chiede il padre di Becka vedendomi entrare in salotto. Alza gli occhi dal giornale che tiene davanti a sé, seduto sul divano.
«Ehm… Sì, ho… Delle cose da fare», mento, rimettendomi in fretta il giubotto.
«Ah, va bene», mi sorride comprensivo. «Di’ a tuo padre che un giorno di questi dobbiamo prenderci un caffè insieme».
«Lo farò», dico, abbozzando un sorriso. «Ciao», lo saluto cordialmente, prima di scappare da quella casa.
 


«Allora ti riaccompagna lui a casa?» mi chiede mia madre, mentre mi levo la cintura e recupero la borsa dal cruscotto.
«Hmhm», annuisco. «Non starò fuori molto», la rassicuro, con un sorriso incoraggiante.
«Melanie, è una cena. Mangia con calma, non c’è bisogno che ti ingozzi», scherza lei, con gli occhi azzurri fin troppo stanchi.
«Va bene», dico, prima di lasciarle un bacio sulla guancia. «A più tardi», la saluto, scendendo dalla macchina.
Quasi inciampo nei miei stessi piedi mentre mia madre si allontana, quindi mi rialzo fingendo indifferenza e guardandomi intorno per accertarmi che nessuno mi abbia vista: ovviamente, fortunata come sono, non posso non notare due passanti che ridacchiano tra loro osservandomi divertiti. Alzo gli occhi al cielo e salgo sul marciapiede, cercando di non pensare al freddo che penetra in ogni spiraglio lasciato libero dai miei vestiti. Niall dovrebbe arrivare a minuti ed io spero che non sia in ritardo.
Ieri pomeriggio mi ha chiamata, con mia grande sorpresa: sembrava un po’ impacciato mentre mi chiedeva come stessi e se potevamo vederci stasera per una cena. A quanto pare deve parlarmi ed io credo riguardi quello che è successo sabato: mi stupisce persino la possibilità che se ne ricordi.
Proprio mentre penso a questo, «Mel» dice qualcuno al mio fianco. Volto lo sguardo alla mia sinistra e mi trovo Niall davanti, con l’accenno di un sorriso a salutarmi e le mani in tasca, come sempre.
«Hey», lo saluto impacciata, provando ad abituarmi alla sensazione di passare di nuovo del tempo con lui, del tempo in cui non sia ubriaco. I suoi occhi azzurri brillano a causa delle luci della piccola pizzeria che illuminano quel pezzo di strada, ed io sono felice di vederli finalmente vivi, non più opachi come lo scorso sabato.
«È tanto che aspetti?» mi chiede, stringendosi nelle spalle. Io scuoto la testa e gli rivolgo un sorriso un po’ imbarazzato. «Sono appena arrivata».
Lui annuisce. «Perfetto. Allora che ne dici di entrare? Ho una certa fame», propone, indicando con un cenno del capo la pizzeria alle nostre spalle.
«Andiamo», acconsento sorridendo.
 
Osservo attentamente ogni particolare della saletta in cui la paffuta cameriera ci ha sistemati: è tutto molto semplice e familiare, se così si può dire. I tavoli rotondi, alcuni più grandi e altri piccoli come il nostro, sono ricoperti da tovaglie a quadri rossi e bianchi e le pareti sono tinte di un bordeaux non molto scuro, illuminato dalle luci soffuse dei lampadari in vecchio stile.
Mi soffermo su una famiglia intenta a chiacchierare animatamente al tavolo vicino al nostro, poi sposto la mia attenzione su Niall, di fronte a me, e lo guardo scorrere il menù con gli occhi, concentrato. All’improvviso le sue iridi si alzano su di me ed io quasi mi spavento, colta in flagrante. «Che c’è?» mi chiede divertito.
Scuoto la testa, appoggiando i gomiti sul tavolo. «Niente…» rispondo, cercando di sembrare sincera.
«Mel, penso di conoscerti almeno un po’, non credi?» mi riprende, alzando un sopracciglio con aria soddisfatta. «Scommetto che stai morendo dalla curiosità».
Corrugo la fronte, ammettendo a me stessa che in effetti sì, forse sono un po’ curiosa. Salterei volentieri la cena per ascoltare subito cos’ha da dirmi. «Ne sei così sicuro?» domando, fingendo indifferenza.
«Ammettilo. Vuoi sapere perché ti ho portata qui», afferma deciso, posando il menù sul tavolo.
«N-no», lo contraddico, mordendomi l’interno della guancia. «In realtà… Ho già un’idea su di cosa tu voglia parlare», confesso, abbassando lo sguardo mentre le mie guance si arrossano senza un valido motivo.
Veniamo interrotti dalla stessa cameriera che ci ha portati al tavolo, che, armata di block notes e penna mangiucchiata in punta, ci chiede cosa vogliamo ordinare: riferiamo velocemente cosa abbiamo scelto e dopo pochi minuti siamo di nuovo da soli.
«Allora…» riprende Niall, con i gomiti sul tavolo e le mani a giocherellare con un bicchiere davanti a loro. «Qual è la tua idea?»
Lo guardo per qualche secondo, improvvisamente insicura della mia ipotesi, e «Lascia perdere» mormoro, scuotendo la testa.
«Ok, vorrà dire che parlerò direttamente io», annuncia, appoggiandosi allo schienale della sedia e sospirando. Gli sono quasi riconoscente di non avermi fatta parlare e magari sbagliare.
«Ti ho chiesto di vederci perché ti devo delle scuse», dice subito dopo, stupendomi.
«Scuse?» ripeto, alzando le sopracciglia.
«Sì. Voglio dire, sabato sera non ero… Be’, non deve essere stato un bello spettacolo per te», spiega, abbassando lo sguardo. Lo rialza su di me solo quando io rispondo: «Quindi… Ti ricordi quello che è successo?»
«No», mi rassicura. «Almeno, non tutto. Ricordo di averti chiamata e di averti detto cose che… Mi scuso per averti trattata in quel modo. Non avrei dovuto, né volevo davvero farlo».
«È ok, Niall», dico sorridendo. «Non… Non c’è bisogno che ti scusi. Anzi, mi dispiace se l’averti lasciato ti abbia fatto così male». La mia voce è quasi un sussurro, forse per l’imbarazzo, forse per il senso di colpa.
Per qualche secondo Niall si limita a guardarmi, gli occhi azzurri a scrutarmi nel profondo. «Non cambierai mai», dice poi, assumendo un’espressione nostalgica. Probabilmente si riferisce al mio scusarmi in continuazione e al passare sopra a fin troppe cose.
«Sappi che non ce l’ho con te, comunque. Ci tengo a dirtelo», aggiunge, tornando serio e bloccandomi con il suo sguardo. «È vero, devo ancora accettare quello che è successo, ma non ti odio per questo».
«Sicuro?» chiedo titubante, mordendomi il labbro inferiore. Ho sempre temuto che Niall provasse del risentimento nei miei confronti, soprattutto dopo averlo visto in quello stato al Klensis, e sinceramente l’idea mi ha sempre spaventata, in qualche modo.
Lui distende le labbra a formare un sorriso, lentamente, e poi annuisce. «Sicuro», afferma, rendendomi impossibile dubitare della sua risposta. «Deve solo passarmi», aggiunge. Niall è sempre stato il contrario di me, per certi aspetti: non ha problemi ad esprimere chiaramente quello che pensa, quello che prova, e la sua spontaneità mi ha sempre colpita. Forse lo invidio un po’ per questo.
Apro la bocca, ma la richiudo subito dopo sospirando, quando mi accorgo che pronuncerei l’ennesimo “mi dispiace”.
«Sono felice che non mi odi», dico invece. Lui mi sorride di nuovo, come al suo solito, ed io mi sento più sollevata: è come se, con poche parole, avessimo trovato un nuovo equilibrio dopo tutta la nostra storia, come se questa cena ci fosse servita per tranquillizzarci a vicenda.
«Grazie, Mel», sussurra, allungando la mano verso la mia, sul tavolo, e stringendola appena. «Grazie anche per essere venuta sabato notte, nonostante tutto». Per qualche secondo mi limito ad osservare le nostre mani a contatto, un contatto inaspettato, ma piacevole: poi sposto lo sguardo sulle iridi di Niall e «Era il minimo che potessi fare» rispondo, ricambiando il sorriso.
 
«Credo che potrei rotolare fino a casa, per quanto ho mangiato», borbotto, massaggiandomi la pancia che sembra sul punto di scoppiare. Sono appena scesa dalla macchina di Niall, parcheggiata davanti casa mia, e lui mi sta raggiungendo sul marciapiede. Mi compare di fronte con un ghigno divertito sul volto. «Esagerata», esclama. Io gli faccio una smorfia e lascio che un silenzio non poco imbarazzante riempia la distanza tra di noi.
Passare del tempo con lui è stato meno strano di quanto temessi: abbiamo parlato, ci siamo divertiti e Niall si è scusato almeno altre tre volte. Deve essersi pentito parecchio, stando al modo in cui ha cercato di farsi perdonare. In realtà io non ho niente di cui scusarlo, né sono arrabbiata con lui: anzi, come gli ho già detto, anche io dovrei chiedergli scusa per come l’ho fatto sentire.
«Mel, posso chiederti una cosa?» dice all’improvviso, dopo circa un minuto. I suoi occhi sono terribilmente seri e mi colgono di sorpresa. «È che devo saperlo o rischio di impazzire»
«Ehm… Certo, dimmi», mormoro, incuriosita.
«Ecco, mi chiedevo… Ora stai con quel ragazzo? Zayn?» domanda. Mi spiazza e per un attimo mi trovo a fare i conti con l’effetto che quel nome, anche se solo pronunciato, ha su di me.
Improvvisamente mi rabbuio, costretta a pensare a Zayn e a quello che è successo, quindi abbasso lo sguardo e «No», sussurro. Mi accorgo che non è affatto la risposta che avrei preferito dare.
Niall aspetta qualche secondo prima di rispondere, forse perché ha cercato di decifrare la mia reazione. «Hey, è successo qualcosa?» mi chiede con voce comprensiva, accarezzandomi un braccio come per mettermi a mio agio. Il contatto fisico è qualcosa di cui non riesce a fare a meno ed è anche quello con cui è riuscito sempre a tranquillizzarmi.
Io continuo a non guardarlo, pensando che raccontare proprio a lui delle mie vicissitudini con Zayn non sia una buona idea: non voglio caricarlo anche di questo, sarei ingiusta. Certo, c’è una parte di me che vorrebbe dirgli tutto per il semplice bisogno di farlo: sento di dover esternare alcune mie emozioni, per evitare che mi consumino, ma non posso farlo ora né con Niall. Nonostante io abbia voglia di urlare a tutti che Zayn mi manca più di quanto sia possibile sopportare, non posso farlo.
«Mel…» mi richiama con un filo di voce. Non sta insistendo perché io risponda, sta solo cercando di capirmi o consolarmi, dato il mio silenzio e il mio sguardo ancora fisso sul marciapiede sotto i nostri piedi.
Quando raccolgo un po’ di coraggio per tornare a guardare Niall in faccia, i miei occhi sono ormai lucidi: lui se ne accorge subito, perché non esita ad avvicinarsi e a stringermi a sé. Vengo sommersa dalle sue braccia, dal suo profumo tanto familiare, e strizzo gli occhi per trattenere le lacrime. Mi aggrappo al suo giubbotto mentre sento la sua mano accarezzarmi i capelli. «Devo andare a picchiarlo?» propone, cercando di sollevarmi il morale.
Mi lascio sfuggire una risata e «No, non ce n’è bisogno» rispondo, mentre mi allontano da lui.
Niall mi sorride e mi scruta con le sue iridi troppo azzurre. «Avanti, non… Non guardarmi così», dico, spingendolo scherzosamente.
«Così come?» chiede lui, facendo il finto tonto.
Scuoto la testa divertita. «Non ho intenzione di trattenerti qui, davanti casa mia, mentre penso a Zayn», affermo, gesticolando. «E tu… Non dovevi raggiungere quei tuoi amici?» chiedo poi, ricordandomene all’improvviso.
«Sì, ma possono aspettare», mi rassicura, alzando le spalle.
«No, per favore, non voglio farti arrivare in ritardo. Va’ pure», insisto, sorridendogli come se dovessi fargli capire che sto davvero bene. Lui alza un sopracciglio, probabilmente cercando di valutare la situazione. «Sei sicura? Guarda che posso restare e-»
«Tranquillo», lo interrompo, annuendo e abbozzando un sorriso. So per certo che sto per riversare fuori parte delle mie emozioni e non voglio farlo davanti a Niall.
Sospira e «Va bene», concede. «Allora… Ci vediamo».
«Sì. Ci vediamo», ripeto. All’improvviso il momento dei saluti mi sembra un po’ imbarazzante, ma ci pensa Niall a fare il primo passo: di nuovo le sue braccia mi circondano e sento le sue labbra lasciarmi un bacio prolungato tra i capelli.
«Ciao Mel», mi saluta, accarezzandomi la schiena. Io sorrido e lo stringo un po’ di più, poi lo guardo salire in macchina dopo aver sciolto la presa.
Seguo ancora per qualche secondo la sua auto scura mentre si allontana, non sicura di quando riuscirò a rivederlo, ma anche soddisfatta dal livello a cui abbiamo portato il nostro rapporto.
Sospiro e chiudo per un attimo gli occhi, poi mi volto per percorrere il vialetto e rientrare in casa: ma è proprio mentre mi giro che scorgo qualcuno fermo sul marciapiede, ad una decina di metri di distanza. Assottiglio lo sguardo e cerco di capire chi sia, lottando contro il buio e quella che credo sia una leggera miopia che sto sviluppando. Riconosco una sigaretta accesa, che viene buttata velocemente a terra, e non ci metto tanto a riconoscere anche Zayn.
«Zayn…» sussurro, facendo un piccolo passo in avanti. Che cosa ci fa qui?
Lui mi guarda ancora per un secondo, poi si volta e si incammina dalla parte opposta alla mia. È impossibile per me ignorarlo, nonostante sia completamente illogico rincorrerlo: però lo faccio, accelero il passo e lo seguo.
«Zayn!» lo chiamo, vedendo che non sembra volermi ascoltare. Non ho intenzione di lasciarlo andare via così, senza dirmi nemmeno perché sia venuto, o forse ho solo bisogno di fermarlo, anche senza un motivo: mi metto davanti a lui, il respiro un po’ più accelerato ed il cuore impazzito dopo che i miei occhi si sono scontrati con quelle iridi, rese ancora più scure dalla luce della sera.
Non parla e sembra quasi volermi trafiggere con un semplice sguardo, mentre serra la mascella e stringe i pugni. Corrugo la fronte e «Cosa… Cosa ci fai qui?» azzardo. Non so quale risposta io voglia sentire, non ne sono sicura: in teoria non dovrei pensarlo, ma vorrei solo che mi dicesse che è venuto per me, per riprendermi, per convincermi che ci tiene davvero.
«Niente», è la sua secca risposta.
La mia piccola speranza è già andata in frantumi. Rimango in silenzio a rimuginare su quella semplice e dolorosa parola, cercando di decifrare il suo sguardo e di scorgerci qualcosa. Zayn non si muove, non sembra nemmeno che stia respirando, mentre io preferirei non farlo, dato che riesco a sentire solo il suo profumo che mi impedisce di rimanere calma.
Dopo qualche secondo di silenzio, in cui non riesco a trovare nemmeno una parola adatta, è proprio lui a parlare. «Vedo che ci hai messo poco a consolarti. Chi sta prendendo in giro chi, ora?» esclama duramente.
«Consolarmi?» ripeto, sbattendo le palpebre.
«Presumo ci sia stato un ritorno di fiamma con quel Niall, no? O forse sono stato io uno stupido a credere che tu non ci pensassi più», continua. Non capisco perché stia parlando in questo modo, perché sia così arrabbiato: probabilmente ci ha visti abbracciarci, ma non vedo come io abbia potuto dargli anche solo la lontana impressione di essere ancora interessata a Niall.
«Non… Non c’è stato nessun ritorno di fiamma», cerco di spiegare. «Ci siamo visti solo perché voleva scusarsi per sabato».
«E gli abbracci e i baci erano compresi nel pacchetto?» domanda retorico. È in momenti come questo che sento ancora di più l’istinto e il bisogno di credere che provi davvero qualcosa per me, perché non posso ignorare quegli occhi gelosi, né la sua espressione tesa. Non posso negare l’evidenza.
«No...» mormoro a bassa voce.
«Sei tornata con lui?» chiede subito dopo.
«Certo che no!» rispondo senza esitare, offesa dal fatto che lui possa ipotizzare una cosa del genere. «Zayn, come puoi anche solo pensarlo? Te l’ho detto, ci siamo visti esclusivamente per parlare di sabato e prima ci siamo solo salutati!» Decido di omettere la parte in cui Niall mi ha abbracciata perché io ero sul punto di piangere.
I suoi occhi sono concentrati su di me, forse stanno cercando qualche particolare che li spinga a credermi oppure no. «Zayn… Non sono tornata con Niall», ripeto, sperando di convincerlo. È inquieto, glielo si legge in faccia e lo si capisce anche dal suo accendersi un’altra sigaretta in modo nervoso.
«Non è quello che ho visto», dice in tono secco. Ed io per un attimo lotto con l’istinto di colpirlo con rabbia. «Per questo sabato sei andata da lui senza pensarci due volte, per questo appena ne hai avuto l’occasione-»
«Non è quello che hai visto?!» quasi urlo, davvero stufa delle sue parole, del suo comportamento. «Ti ascolti quando parli? Cos’hai visto? Un abbraccio? Be’, magari ora sai come ci si sente, magari ora capisci cosa abbia dovuto sopportare io mentre dovevo assistere a ben altre cose tra te e Andrea! Se proprio vuoi saperlo stavamo parlando di te, quando mi ha abbracciata! Ma tu vedi solo quello che vuoi e poi mi accusi di cose senza senso, senza sapere un bel niente!» concludo, urlando per davvero, sopraffatta dalle mie stesse emozioni. Non mi piace avere questo tipo di confronto con Zayn, ma ultimamente sembra essere l’unica cosa che ci resta.
«Per quanto ancora vuoi rinfacciarmi quella storia?!» grida lui di rimando, facendo un passo verso di me. «E credi di essere tanto migliore di me?! Anche tu vedi solo quello che vuoi, perché se no sapresti cosa provo, me lo leggeresti in faccia! Perché se no sapresti perché sono così arrabbiato per quel cazzo di abbraccio! Invece non fai altro che tirare fuori Andrea!»
«E cosa dovrei fare, dimenticarla? Far finta che non sia mai esistita?!» ribatto, avvicinandomi a lui istintivamente. «Cosa ti aspetti, che io torni da te come se non fosse mai successo niente di tutto questo?!»
«Mi aspetto che tu mi guardi negli occhi e che capisca che ci tengo, a te!» urla, praticamente davanti alla mia faccia.
Entrambi smettiamo di parlare, mentre l’unico rumore è quello dei nostri respiri, accelerati per le urla o forse anche per la nostra vicinanza. Rimango sconvolta dalle sue parole, dalla sua espressione, dal suo sguardo, tutti intenzionati, a quanto pare, a togliermi il fiato: le mie iridi si scontrano con le sue, desiderose di comprenderle, almeno per una volta, e poi si concedono alle sue labbra, che da troppo tempo non sento su di me. Sento il cuore scalpitare nel mio petto mentre cerca di capire cosa debba fare: ci sono particolari che mi portano a fidarmi ciecamente di Zayn, ma c’è anche Andrea e tutto quello che è accaduto tra di noi. C’è anche il suo carattere, il suo bisogno che io non sembro poter soddisfare. C’è il suo passato che non conosco. C’è il suo non avermi detto la verità. È tutto qui, dentro di me, e non vuole lasciarmi libera.
Zayn si avvicina impercettibilmente al mio viso, arrivando quasi a sfiorarmi il naso e schiudendo la bocca: posso già sentire il suo respiro sulla mia pelle e le mie guance prendere fuoco. Ogni cellula del mio corpo si ritrova a sperare in un bacio, ma rimane delusa quando quelle labbra tanto agognate si allontanano quasi controvoglia. E io, in tutta risposta, non decido di rincorrerle con un piccolo movimento proteso verso di loro, lo faccio e basta. I miei occhi sono ormai fissi in quelli di Zayn e, al loro interno, potrei leggervi quasi del tormento, soprattutto quando lo sento sussurrare a denti stretti un «Lascia stare».
Si volta improvvisamente, lasciandomi insoddisfatta e terribilmente turbata dalla sua lontananza: sta già camminando via mentre lo guardo allontanarsi sempre di più, e i miei richiami non servono a niente.
Non so nemmeno per certo se abbia davvero chiamato il suo nome o se sia stato il mio cuore a pronunciarlo silenziosamente.

                                                                                 
 



 

Buoooooooooonasera fanciulle c: Ecco qui il nuovo capitolo!
Ci sono un po’ di cose da dire, quindi, data la mia stanchezza e il poco tempo che ho, mi conviene saltare i convenevoli e andare dritta al sodo.
1. Becka: so che per alcune di voi la sua reazione sembrerà esagerata o quant’altro, ma nessuno è perfetto e ognuno ha il suo carattere, no? Lei è semplicemente protettiva e in qualche modo ci rimane male se Melanie non cerca il suo aiuto: tra migliori amiche succede spesso qualcosa del genere, almeno, a me è successo qualche volta. In ogni caso, Becka è così, quindi vedremo come si evolverà la cosa :)
2. Niall: quante si aspettavano che si sarebbero rivisti? lol L’avevo detto che non era sparito eheheh Comunque l’ha cercata solo per scusarsi e hanno chiarito alcune cosette, mettendo da parte rancori e sensi di colpa :) Inoltre le chiede anche se sta con Zayn: ovviamente doveva pensarci parecchio, data la loro storia lol E Melanie gli fa capire che le cose non vanno alla grande! Bene, abbracci di consolazione (tenero :3), saluti e tutto è bene ciò che finisce bene u.u
3. ZAAAAAAAAAAAAAAAAAAYNNN: io lo amo, sappiatelo. Credo che stia diventando uno dei miei personaggi preferiti, o forse IL mio personaggio preferito di sempre! Questo perché nella mia testa ho già finito questa storia e mi sono immaginata un sacco di cose che non posso riportare hahah Lasciatemi stare, sono pazza! In ogni caso, passiamo al capitolo! Melanie se lo trova praticamente sotto casa, ma lui l’ha vista con Niall, quindi cerca di andarsene: non le dice perché è andato lì (secondo voi? Comunque poi si scoprirà, anche se non so di preciso quando) ed è abbastanza arrabbiato. La accusa di farsela con Niall,
in poche parole hahah Ora, io so che molte di voi diranno: che cavolo vuole, lui ha fatto di peggio! Però, se guardiamo i fatti, la scena poteva essere equivocata e la sua reazione potrebbe farvi capire qualcosina in più. Mel si incazza quando lui fa quelle insinuazioni e Zayn la imita quando le dice praticamente che ha
le fette di prosciutto davanti agli occhi! Non dico altro perché vorrei che foste voi a commentare il loro dialogo e i loro comportamenti :) Alla fine Zayn ammette di tenerci, a lei, e i due rimangono lì, a pochi centimetri di distanza con un bacio nell’aria: eppure lui se ne va, lasciando l’amaro in bocca alla nostra piccola Melanie! (Io l’avrei rincorso e l’avrei obbligato a baciarmi, cioè! HAHAAH) Cooomunque spero che il capitolo vi sia piaciuto!

Ringrazio tutte le meraviglie che seguono questa storia e quelle che la recensiscono! Sappiate che ogni volta mi fate commuovere con quello che mi scrivete :3
Fatemi sapere cosa ne pensate, please! Prometto che Mel e Zayn non litigheranno ancora per molto lol Ma si sa, i problemi di fiducia non sono cose da poco u.u
 
Ok, ora me ne vado perché sto divagando davvero troppo D:
Ciao splendori!
Ci sentiamo su Twitter, se volete! Sono @istarwen :3


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Capitolo 22
*** Mine ***




Mine
 

Zayn mi manca. Forse troppo.
Ogni giorno è sempre più difficile convivere con la sua assenza e non sembra che riuscirò presto ad abituarmi a questa sensazione. Non sono capace di fingere indifferenza quando lo incrocio nei corridoi, quando i nostri occhi si cercano inevitabilmente, né sopporto di non vederlo. La verità è che io non voglio altro se non tornare con lui: voglio perdonarlo, voglio credergli di nuovo e mettere a tacere tutto questo vuoto che mi sta divorando.
In fin dei conti, non posso negare quello che c’è tra di noi: ci ho pensato parecchio in questi nove giorni, dall’ultima volta che io e Zayn abbiamo parlato, e sono arrivata alla conclusione che ha sbagliato. È innegabile e l’ha ammesso lui stesso, ma è anche vero che il nostro rapporto non si limita a quello sbaglio: c’è dell’altro, c’è sempre stato dell’altro, in ogni gesto o sguardo, ed io non voglio rinnegarlo, perché non ne sarei nemmeno capace. Quando Zayn mi ha praticamente urlato contro di tenere a me, il fiato mi si è bloccato in gola ed i suoi occhi si sono impressi nella mia mente: quella loro sfumatura sincera e la loro voglia di farmi capire quello che volevano dirmi mi hanno accompagnata per tutto questo tempo, e forse mi hanno anche tormentata.
Io voglio stare con lui e sono arrivata al punto di abbattere ogni forma di orgoglio personale per raggiungere questo obiettivo, tanto da essere riuscita a pensare di andare a pregarlo di tornare con me: sto cercando di resistere, però, perché allo stesso tempo c’è ancora Andrea tra di noi ed io non riuscirei a sopportare di nuovo una situazione del genere. Nell’ultima settimana li ho visti sempre di meno insieme, a volte a scuola non c’era nessuno dei due, ma, qualsiasi cosa stia succedendo tra di loro, è comunque riferita a loro due.
Non ho parlato a nessuno di questo mio tormento, sebbene stia diventando sempre più evidente: certo, Becka e Aaron pensano che io stia male per quello che è successo, cosa che è vera, ma non ho detto loro della mia voglia di ricominciare tutto da capo, di farlo con Zayn. Fremo per l'eventualità e so già che non capirebbero, che si infurierebbero con me per la mia “stupidità” e per la mia “cecità”, soprattutto Becka, che non mi ha ancora del tutto perdonata: eppure loro cosa ne sanno? Cosa sanno dei momenti passati con lui? Di come mi guarda, di come mi parla? Solo io posso davvero percepire quello che esiste tra di noi: questo non mi dà il diritto di fare la mia scelta? Senza alcuna interferenza da parte degli altri?
«Mel, è suonata da un pezzo. Non vai a lezione?» mi chiede Becka, riscuotendomi dai miei pensieri. Sbatto le palpebre e mi guardo intorno, ancora appoggiata ad un armadietto. Aaron è in ritardo e noi siamo arrivate giusto in tempo per prendere i libri ed i quaderni che ci servono, a pochi minuti di distanza.
Scuoto la testa, abbozzando quello che dovrebbe sembrare un sorriso, e mi volto per andarmene senza aggiungere altro.
«Mel!» mi richiama la mia amica, con un tono di voce che non ammette repliche. Io mi fermo e sospiro, cercando di mascherare in qualche modo il tormento che non mi vuole più lasciare, poi mi giro verso di lei, a nemmeno un metro di distanza: mi sta guardando come una mamma guarderebbe la figlia con il cuore spezzato, anche se lei sa essere molto peggio.
«Magari le chiacchiere di qualche stupido professore potrebbero distrarti», mi consiglia, chiudendo l’anta dell’armadietto. Io deglutisco e non rispondo, d’altronde questo metodo non ha mai funzionato nei giorni scorsi.
«Melanie!» mi sento chiamare ad alta voce. Corrugo la fronte e mi guardo intorno, nel corridoio quasi deserto. Alla mia destra, Andrea sta camminando velocemente verso di me, con un’espressione che non riesco a decifrare: rabbiosa? Sofferente? Entrambe le cose?
Mi volto nella sua direzione, confusa dal suo arrivo. «Andrea!» urla poi qualcuno. Anzi, non è semplicemente qualcuno, è Zayn. Potrei riconoscere la sua voce anche in una folla di gente, anche se lui stesse sussurrando: Andrea non si ferma, ancora a qualche metro da me, ed io guardo per un attimo alle sue spalle, scorgendo la figura di Zayn correrle dietro.
«Fermati!» urla di nuovo lui, arrivandole vicino ed afferrandola per un polso, impedendole così di avvicinarsi ancora a me. Io assisto alla scena, osservando come la ragazza stia cercando di lottare per liberare il suo braccio, come i due stiano discutendo a bassa voce: studio lo sguardo di Zayn, furioso ma anche supplichevole, e la sua mascella serrata. Continuo a guardarli, sconvolta e totalmente incapace di capire cosa stia succedendo, anche quando Zayn si volta per un istante verso di me, mentre Andrea abbassa la testa probabilmente per piangere: mi immergo per un secondo nelle sue iridi scure, mi scrutano fin nel profondo e, per l’ennesima volta, non riesco a decifrarle.
«Ma che diavolo fanno?» chiede Becka infastidita, affiancandomi. Non le rispondo, troppo occupata a parlare con Zayn tramite un solo sguardo, ma il tutto dura meno di quanto sperassi, perché l’attimo dopo lui sta trascinando via Andrea, allentando la presa sul suo braccio e spingendola dolcemente verso la direzione opposta.
Chiudo gli occhi ed inspiro profondamente, finalmente libera di respirare: che quella ragazza abbia saputo qualcosa? Ma cosa? D’altronde tra me e Zayn non è successo nient’altro, anzi, dovrebbe essere felice di non avermi più fra i piedi.
Sono stanca di tutti questi misteri, di tutta questa confusione, Zayn mi manca, ed io non so più cosa fare.
Senza esitare inizio a camminare ignorando la mia amica, come se non esistesse. «Mel, dove stai andando?» domanda, mettendomi una mano sulla spalla. Rimando indietro le lacrime con uno sforzo sovrumano e mi volto, cercando di non guardarla negli occhi. «A lezione. Sono in ritardo».
«Ma-»
«Ci vediamo dopo», la interrompo, accelerando il passo per sfuggirle: so benissimo che questo mio comportamento non le va a genio, che la ferisce, e nonostante il nostro rapporto non stia attraversando uno dei periodi migliori, lei rimane la mia migliore amica e di conseguenza conserva il potere di farmi venir voglia di parlarle di tutto, di sfogarmi su tutto. Eppure, in questo momento, ho solo bisogno di stare da sola, di mettere ordine tra i miei pensieri e di non sentirmi giudicata per quelli che sono i miei sentimenti: perché saranno stupidi, masochisti e chissà cos’altro, ma esistono, senza nessuna via di scampo.
 
I corridoi sono ormai completamente vuoti, se non fosse per quel bidello che con la scopa sta pulendo la sporcizia portata in pochi minuti dagli studenti, borbottando qualche maledizione: rallento stringendo i libri al petto, come se potessero consolarmi, e abbasso la testa.
Devo trovare un posto in cui possa crogiolarmi nei miei pensieri, ma fuori fa troppo freddo, i bagni sono un posto squallido, la palestra è occupata e la mia biblioteca sarebbe un colpo al cuore. Decido quindi di percorrere ancora qualche metro e svoltare l’angolo, in modo da allontanarmi dal bidello, per poi farmi scivolare lungo il muro gelido e sedermi a terra, con le braccia appoggiate sulle ginocchia piegate e la testa abbandonata su di loro.
Zayn. Zayn. Zayn. Zayn.
Ecco tutto quello a cui riesco a pensare ed è davvero stancante. Non riesco a capire cosa mi stia succedendo, o forse non voglio ammetterlo perché sarebbe un grosso, gigantesco problema.
Amare Zayn? Cosa può esserci di più catastrofico?
E poi non ne sono nemmeno sicura: come si fa ad esserlo? Per ora non voglio neanche prendere in considerazione quella che, più che un’idea, è quasi una realtà: devo solo fare i conti con questo peso sul petto, questa mancanza che mi attanaglia.
Lascio che le prime lacrime bagnino la felpa viola che sto indossando, le maniche della quale sono strette tra i miei pugni: chiudo gli occhi e cerco di calmarmi, di pensare lucidamente e di evitare che certi pensieri mi sconvolgano più di quanto non stiano facendo.
Il cellulare vibra nella tasca dei miei pantaloni, ma lo ignoro. Voglio rimanere sola per qualche minuto, senza nessuno e senza niente intorno, non chiedo tanto. Affondo la testa tra le mie braccia e seguo meticolosamente le cuciture dei miei jeans chiari, con la vista lievemente offuscata e con la mente assorta nei soliti problemi. Quando, però, il telefono vibra di nuovo, sbuffo infastidita e lo tiro fuori con un po’ di fatica, data la mia posizione: ho intenzione di spegnerlo, ma cambio idea appena leggo sullo schermo il suo nome. Il cuore ormai reagisce come se avesse una volontà propria, testardo come sempre, ed io mi asciugo le lacrime dal volto mentre leggo i messaggi.
 
Da: Zayn
“Sei a lezione?”
 
Da: Zayn
“Melanie, dove sei? Rispondi, per favore.”
 
Rileggo quelle parole almeno cinque volte, in panico.
Mentre cerco di scrivere una risposta spiegando dove mi trovo, mi tremano le mani, probabilmente al pensiero di rivederlo, di parlargli di nuovo, di ascoltare cos’ha da dire: o forse mi tremano semplicemente perché mostrano la mia impazienza, la voglia di dirgli “dimentichiamo tutto, lascia Andrea e stai con me, ti prego”.
Sto per inviare il messaggio quando sento dei passi in lontananza: risuonano chiaramente nello spazio vuoto intorno a me e attirano il mio sguardo. Mi volto alla mia sinistra e rimango immobile, a fissare Zayn a qualche metro di distanza. Anche lui smette di muoversi appena mi nota e forse, in tutto questo, solo il mio cuore sembra essere vivo.
Deglutisco a vuoto e appoggio il telefono a terra, preparandomi a qualcosa che non so nemmeno immaginare: non so cosa voglia Zayn e, se prima avevo ben chiare le mie necessità, ora sono governata solo da una gigantesca confusione.
Mentre ascolto ancora il rumore dei suoi passi che si avvicinano lentamente, mi alzo da terra, aggiustandomi la felpa già in ordine per rimandare il momento in cui i miei occhi saranno incapaci di concentrarsi su qualcosa che non siano i suoi. Eppure, quel momento arriva troppo presto, paralizzandomi. Zayn è ormai ad un metro circa da me ed io non ho saputo resistere alla tentazione di alzare lo sguardo sul suo viso: sono sollevata dalla sua espressione, totalmente diversa da quella tesa e irrequieta delle ultime volte in cui ci siamo parlati.
Le mie guance sono già in fiamme - probabilmente non hanno mai smesso di esserlo dal momento in cui ho letto quei messaggi - e le mie mani non tremano più, come se avessero finalmente ottenuto quello che volevano.
«Ti stavo cercando», esordisce con la sua voce calma. Mi beo per un attimo di quel suono e mi riprometto di fare di tutto per non ripetere la scena in cui io e lui ci urliamo contro. È da nove giorni che non ci rivolgiamo la parola, nove giorni che mi sento soffocare.
«Lo so. Ti stavo… Ti stavo rispondendo», balbetto, stringendomi nelle spalle.
Lui annuisce ed io mi lascio incantare dal movimento delle sue ciglia, che contornano quegli occhi in un modo quasi irreale, tanto li rende straordinari.
«Hai pianto?» mi chiede, distraendomi e mettendomi in imbarazzo: evidentemente è palese quello che ho fatto fino ad un minuto fa.
Per qualche secondo mi limito a fissarlo, facendomi consolare dalla sua espressione preoccupata, ma poi scuoto la testa e mento. «No».
Mentre abbasso lo sguardo, per impedirgli di scorgere altre verità così semplicemente, il silenzio piomba su di noi: io, nella mia testa, lo sto riempendo di tutte le cose che vorrei dire, di tutti i “mi manchi” che vorrei confessare. Chissà lui con cosa lo sta rimpiazzando, dentro di sé.
Posso provare a chiederglielo, però.
Racimolo un po’ di coraggio e torno a guardarlo. «Zayn-»
«Ho bisogno di te», mi interrompe lui tutto d’un fiato, prima che io possa dire qualcos’altro. Smetto di respirare e sbatto più volte le palpebre, forse cercando di capire se mi sia solo immaginata quelle parole. Ogni centimetro del mio corpo è stato percorso dallo stesso intenso brivido, mentre io sembro non essere più capace di parlare o muovermi.
Zayn non mi dà il tempo di rielaborare il significato di quello che ha detto e, tenendomi ferma con i suoi occhi puntati su di me, continua imperterrito. «E non è come con Andrea. Melanie, io ho bisogno di te in un modo completamente diverso».
Ho perso il controllo sulla mia respirazione e be’, sul mio cuore non ne ho mai avuto: non riesco a pensare razionalmente, perché le sue parole mi hanno colpita talmente nel profondo da stravolgere ogni forma di lucidità che conservavo. Vorrei implorarlo di aspettare un attimo, di lasciarmi il tempo di digerire quello che mi sta dicendo, ma lui non si ferma e mi seppellisce sotto un cumulo di emozioni da cui mi è difficile riemergere.
«Dal momento in cui ti ho vista in quella biblioteca ho sentito la necessità di starti accanto», riprende senza esitazione. «Senza sapere nulla di te, senza sapere se tu fossi una persona forte o se ti servisse qualcuno a cui appoggiarti, io mi sono sentito disposto a darti tutto».
Finalmente aspetta qualche secondo, permettendomi di respirare, di riempire i miei polmoni di ossigeno e di energie per affrontare quella nuova ed inaspettata verità. Era tutto quello che volevo sentire, ma l’impatto che ha su di me è più sconvolgente di quanto pensassi.
«Melanie, io ho bisogno di te, non della tua… dipendenza nei miei confronti», aggiunge, storcendo il viso in una smorfia mentre pronuncia le ultime parole, come se le disprezzasse. «Non riesco a starti lontano, per il semplice fatto che voglio sentire il tuo profumo ogni giorno. Voglio vederti arrossire quando ti parlo. Voglio stare a guardarti mentre mangi quella dannata cioccolata calda come se fossi una bambina. Ho bisogno di tutto questo, come non mi è mai successo, e la cosa mi spaventa a morte».
Per diversi istanti ci limitiamo a guardarci negli occhi, entrambi incapaci di dire qualcosa: io sto ancora cercando di comprendere a pieno le sue parole, ma, come sempre, la mia emotività prende il sopravvento, rendendomi più difficile l’impresa. Sento gli occhi farsi sempre più lucidi e mi impongo di non cedere.
Zayn fa un passo verso di me, mettendo a dura prova la mia capacità di resistenza. «Mi spaventa il pensiero che io possa avere così tanto bisogno di te a prescindere da quello che provi», continua. «Perché significa che potrei rimanere legato a te anche quanto tu non vorrai più avere niente a che fare con me. E non ho mai provato una cosa del genere, una paura così forte».
La paura a cui si riferisce è la paura di soffrire? Come posso dirgli che non mi sognerei nemmeno lontanamente di lasciarlo? E come è possibile che lui non riesca a capirlo?
Ancora una volta mi ha stupito, mi ha spiazzata con la sua fragilità: pensavo che Zayn fosse il tipo di persona che è forte, che è in grado di fornire un solido appoggio a chiunque, invece, a quanto pare, non è affatto così. Evidentemente tutto quello che prova è una novità per lui, qualcosa di ignoto, qualcosa che ha sgretolato ogni sua certezza e tutto il suo modo d’essere: cosa si prova ad aver bisogno di qualcuno per la semplice necessità di farlo? Senza uno scopo, senza un perché? Probabilmente fino a poco tempo fa non lo sapeva ed ora l’idea lo terrorizza.
Non so ancora come interpretare le sue parole, se mi stia dicendo che a causa di questa paura vuole allontanarsi da me, o tutto il contrario. Intanto, le lacrime stanno insistendo sempre di più affinché io le lasci libere.
«Per questo sono rimasto aggrappato ad Andrea, per questo sono stato un coglione e ti ho fatta soffrire. Perché lei era una certezza e tu invece eri così… Sei qualcosa di sconvolgente, per me», spiega, come se mi avesse letto nel pensiero. «E ti chiedo scusa, Melanie. Per tutto».
Schiudo le labbra, forse per dire qualcosa o forse no, mentre finalmente riesco a capire Zayn più nel profondo: mi sembra così strano, così assurdo avere ben chiaro in mente quale sia stato il suo tormento, riuscire a comprendere ogni suo comportamento, ogni sua parola. Ogni dettaglio del nostro rapporto, improvvisamente, sembra districarsi davanti a me con una facilità che non avrei mai pensato di sperimentare. Eppure, non posso ancora dire nulla, qualsiasi cosa mi stia frullando in testa, perché è di nuovo lui a parlare.
«Ho chiuso con lei», sono le sue parole, le stesse parole che rimangono sospese tra di noi per qualche secondo prima di colpirmi direttamente, non solo al cuore, ma anche ad ogni altro organo. «Ci ho messo un po’, ma l’ho lasciata», ripete. «Ho intenzione di starle vicino, ma non in quel modo, perché hai ragione tu, per tutto questo tempo non l’ho affatto aiutata, e perché non è quello che voglio. E prima… Be’… Non l’ha presa bene, mi dispiace».
Improvvisamente ripenso allo sguardo di Andrea mentre mi veniva incontro ed il mio inconscio si divide in due: da una parte c’è il senso di colpa, quello che mi accusa di aver rubato a quella ragazza tanto fragile l’unica sua salvezza, per quanto strana e malsana fosse; dall’altra parte, invece, c’è il sollievo, la pura felicità, quella che aspettavo di provare da chissà quanto tempo. È proprio questa felicità sconfinata a farmi cedere definitivamente: non riesco più a trattenermi e sento le prime lacrime rigarmi le guance.
«Io non voglio stare con lei, Melanie», aggiunge Zayn, come se quello che ha detto fino ad ora non fosse abbastanza, come se volesse darmi il colpo di grazia. «Ho bisogno di te», ripete.
Inspiro profondamente e mi lascio andare, completamente: abbasso il capo e stringo i pungi, lasciando che i miei capelli mi vadano davanti al viso. Non voglio reagire così, non voglio essere la ragazza che piange sempre, anche se credo semplicemente di esserlo, ma è più forte di me: sono qui, davanti a lui, e tutto quello che ho desiderato fino a due minuti fa si sta avverando. Come faccio a contenere tutto dentro di me? A confinare il sollievo dentro il mio corpo? Mi sembra impossibile riuscirci ed in qualche modo devo liberarmi dalle passate sensazioni.
«Io…» sussurro, senza sapere nemmeno cosa potrei dire, tra tutte le cose che mi stanno ronzando in testa.
«Melanie», mi richiama Zayn, notando il mio non riuscire a formulare una frase. «Hey».
Con un dito sotto il mento, mi alza il volto verso di lui, costringendomi a guardarlo e a fornirgli su un piatto d’argento ogni mio pensiero e ogni mia emozione: con il dorso dell’altra mano mi asciuga una guancia.
«Tu mi credi, vero?» chiede, con l’insicurezza negli occhi. Probabilmente ha interpretato questa mia reazione in maniera completamente sbagliata e vuole delle conferme, quindi io annuisco e tiro su con il naso: chiunque, se mi vedesse in questo momento, mi descriverebbe come una bambina che ha pianto perché non riusciva ad avere quello che tanto voleva, ma che cerca di calmarsi ora che l’ha finalmente ottenuto. Il problema è che il mio non è affatto un semplice capriccio, è più una necessità radicata dentro di me, con tanto di etichetta sulla quale è scritto il nome di Zayn.
Lui si avvicina ancora a me, sovrastandomi con la sua altezza, e la mano che aveva sotto il mio mento passa ad accarezzarmi i capelli, mentre i suoi occhi osservano dolcemente ogni particolare del mio viso, facendomi arrossire. Le lacrime si stanno facendo sempre più rade e, mentre se ne vanno, portano via anche il tormento che mi dominava fino a poco fa, lasciando al suo posto qualcosa di nuovo e di nettamente migliore.
Quando entrambe le sue mani arrivano alla base del mio viso e sul mio collo, Zayn appoggia la sua fronte alla mia, soffocandomi con la sua vicinanza pericolosa e con le sue iridi quasi nelle mie. «Dillo», sussurra.
Non so a cosa gli serva sentirmelo dire, dato che dovrebbe conoscermi abbastanza bene da saperlo, ma probabilmente è dovuto al fatto che negli ultimi tempi gli ho ripetuto più volte di non fidarmi di lui: forse dovrei anche dirgli che non ho mai smesso completamente di credergli.
Impavida, dopo qualche secondo, «Io ti credo, Zayn» mormoro, beandomi subito dopo del sorriso appena accennato che mi sta di fronte. Sento il suo respiro sulla mia pelle ed il mio cuore non vuole proprio rallentare: è così bello poterlo finalmente dire, poterlo sentire in ogni centimetro della mia anima.
Lentamente, le nostre labbra si avvicinano, e, quando finalmente si sfiorano, non posso contenere le emozioni che provo: sposto le braccia intorno alla schiena di Zayn, sentendo i suoi muscoli contrarsi al contatto con le mie mani, e lo stringo a me, mentre lui fa lo stesso con una mano tra i miei capelli e l’altra ancora sul mio collo: nessuno dei due ha intenzione di aspettare un altro secondo per approfondire il bacio, perché in fondo è quello che entrambi stavamo aspettando da sin troppo tempo.
Mi sento a casa nell’essere tra le sue braccia, immersa nel suo profumo, con le sue mani su di me: è una sensazione che non riuscirei nemmeno a descrivere.
Zayn fa un piccolo passo in avanti, obbligandomi ad indietreggiare fino a toccare il muro con la schiena: mi ritrovo bloccata tra lui e la parete fredda, mentre quella bocca a me tanto familiare percorre dolcemente le mie guance, ancora umide per le lacrime e forse un po’ più salate del solito, fino ad arrivare al collo, la sua meta preferita.
Mi mordo il labbro e con una mano stringo i capelli corvini di Zayn, avvicinandolo ancora a me.
«Zayn…» sussurro, chiamandolo. Lui continua a torturare lo stesso lembo di pelle, baciandolo più volte, così io sono costretta a ripetere flebilmente il suo nome.
A quel punto si ferma, forse un po’ spaventato dalla mia interruzione, ed alza il viso per guardarmi negli occhi. «Mi sei mancato così tanto», confesso, con la voce rotta dall’emozione. E lui sorride di nuovo, incantandomi con quei lineamenti ai quali non penso che riuscirò mai ad abituarmi. «Mi sei mancata anche tu», risponde, prima di tornare sulle mie labbra delicatamente, come se volesse godersi ogni secondo di quel contatto. «Più di quanto immagini», precisa, facendomi sciogliere tra le sue mani.
Mi sento una stupida in questo momento, perché ci sono così tante cose che vorrei dirgli, e invece non ho nemmeno parlato: lui mi ha spiegato tutto, si è finalmente aperto con me e io sono stata capace solo di piangere e rispondere con un paio di parole.
«Grazie», mormoro, approfittando di un momento in cui le nostre bocche si stanno semplicemente sfiorando, giocando tra di loro. Zayn mi guarda assottigliando gli occhi, stupito da quello che ho appena detto, così io decido di spiegarmi meglio. «Grazie per avermi detto la verità», dico, abbassando per un attimo gli occhi, ma riportandoli subito dopo su di lui. «Grazie per essere tornato da me».
Il suo sguardo si addolcisce, mentre con due dita mi sposta una ciocca di capelli dietro l’orecchio.
«E non… non devi avere paura», aggiungo, cercando le parole adatte. «Sì, insomma… Non credo che ti lascerò molto presto. A dir la verità, questa idea mi sembra abbastanza… impossibile, ecco».
Promesse troppo grandi? Previsioni azzardate? Non mi importa. È quello che sento, quello che provo, e non voglio essere frenata da niente e nessuno.
Zayn si passa la lingua  sulle labbra, per poi morderle mentre trattiene l’ennesimo sorriso: il pensiero di riuscire a rassicurarlo è in grado di rendermi felice più di qualsiasi altra cosa. Sorrido anche io, respirando profondamente ed ignorando il subbuglio che alberga dentro di me per il contatto con il suo corpo, ma trattengo il fiato quando Zayn si avvicina e bacia delicatamente il punto sotto il mio orecchio destro. Ne morde il lobo e poi bacia anche quello, respirando sul mo collo. «Allora mi affido a te, Melanie Clarke», sussurra, provocandomi dei brividi lungo la spina dorsale.
Giro il viso verso il suo e cerco le sue labbra, incapace di saziarmene: me ne approprio, mentre la mano sinistra di Zayn, dietro la mia schiena, mi stringe a sé, facendo premere il mio petto contro il suo. Ho quasi paura che, a questa vicinanza, lui possa percepire il mio battito cardiaco troppo accelerato, troppo forte: ho addirittura l’impressione che quest’organo al centro del mio petto si stia sforzando di avvicinarsi a quello di Zayn, per sincronizzarsi, per diventare una cosa sola.
In questo momento, in questo corridoio deserto, c’è solo una cosa su cui riesco a concentrarmi mentre bacio le sue labbra morbide: mio.
Perché sì, io credo in Zayn.
Credo in tutto quello che c’è tra di noi.
E credo nel legame inscindibile che ci tiene legati l’uno all’altra, inevitabilmente.

 




 

Eeeeeeeeee..... Ce l’hanno fattaaaaaaaaaaaaaaaa HAHAHAHAHAHAH
Finalmente, cavolo! Anche se, lo ammetto, io amo scrivere di litigi tra coppiette heheh 
Ma comunque, passiamo al capitolo: sono passati nove giorni dall’ultima volta in cui Zayn e Mel si sono parlati. Perché nove giorni? Lo scoprirete presto :)
Melanie è praticamente depressa. La mancanza di Zayn si fa sentire un po’ troppo e lei ne risente! Vorrei precisare una cosa, a questo proposito: so che durante il loro litigio lei ha iniziato a dubitare della sua sincerità, arrivando a credere che lui l’avesse presa solo in giro, però hanno parlato più volte e diciamo che le parole non sono le uniche cose importanti: ogni volta che loro due si sono confrontati, Zayn le ha dimostrato qualcosa, oltre che con delle spiegazioni, anche con dei semplici gesti, con uno sguardo. Si sa, gli occhi sono lo specchio dell’anima :) Quindi, non vorrei che pensaste che ho fatto “cambiare” idea a Melanie di punto in bianco! Anche perchè, penso sia abbastanza chiaro che lei non è mai riuscita a dubitare di lui fino in fondo!
Ma comunque, torniamo a noi: la quasi-scenata di Andrea viene bloccata in tempo e avete capito anche voi quale fosse il motivo. All’inizio cosa ne avete pensato? :)
Ah, mi sono dimenticata di Becka lol Come vedete non hanno smesso di parlarsi, non si sono dichiarate guerra e odio fino alla morte ahahah Si stanno riavvicinando, ma non è finita qui, tra di loro :) In ogni caso, Melanie se ne va per i fatti suoi e riceve i messaggi di Zayn!
Ora, non voglio ripetere tutta la storia e i dialoghi, ma solo fare un punto della situazione, o meglio, del carattere di Zayn :) Lui ha questo bisogno di persone che hanno bisogno di lui, ha bisogno di sentirsi indispensabile e fin qui ci siamo: per questo si è legato ad Andrea, nonostante non fosse l’unico motivo, dato che lui ci tiene davvero a lei (volevo ribadirlo, per sicurezza hahah); con Melanie, però, le cose sono diverse: Zayn si trova ad aver bisogno di lei senza un motivo, la vuole e basta, senza un secondo fine o una seconda necessità di base. Questo, ovviamente, lo spaventa, perché è qualcosa di nuovo per lui e anche per un’altra cosa: se Zayn si sente così a prescindere dai sentimenti di Melanie, c’è il rischio che soffra, perché continuerebbe a provare le stesse cose anche se lei decidesse di chiudere i rapporti. Non so se mi sono spiegata lol Questa sua paura l’ha frenato per tutto questo tempo, sommata anche al legame che aveva/ha con Andrea, ed è per questo che ha tribolato un po’ prima di decidersi a lasciarla e di tornare finalmente da Melanie :) È un casino, lo so ahhaha Non sono sicura che dal capitolo si capisca bene e non sono nemmeno sicuro di averlo spiegato meglio qui hahah Spero di sì! Il fatto è che è una situazione un po’ complicata (ma va??) e riportarla a parole è ancora più un casino! Scusate se vi ho mandato
in pappa il cervello con questa situazione e con queste spiegazioni D:
Vabbè, direi che questo spazio autrice si sta allungando un po’ troppo e il mio letto mi sta reclamando a gran voce ahah Spero che il capitolo vi sia piaciuto! Non so se la loro riappacificazione ve l’eravate immaginata così e se vi aspettavate questo nuovo lato del carattere di Zayn, ma spero in ogni caso di non avervi deluse!
Vi ringrazio infinitamente per tutto quello che fate per me ** Siete meravigliose, tutte!!
Anche voi, che leggete in silenzio! Grazie, grazie, grazie :)
 
Ah, molte mi hanno chiesto di Harry: ricomparirà presto, tranquille :) E avrà un ruolo abbastanza importante! Eheheh :)
 
Ora me ne vado sul serio hahhaha un bacione dolcezze!
 
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Capitolo 23
*** Come here ***




Come here
 

«Sei sicura che sia una buona idea?» mi chiede la voce calma di Zayn.
Io sospiro e mi concentro sulla mia mano, stretta alla sua: mi conforta, mi riscalda, nonostante stiamo camminando al freddo verso il Bowling.
Con noi c’è Louis e non è cambiato di una virgola nei miei confronti, ma ora accolgo i suoi complimenti con uno spirito tutto diverso. Con noi c’è Louis, ma Zayn continua ad accarezzare la mia mano, sebbene io conosca il suo parere a riguardo, ed il pensiero che si stia sforzando di tranquillizzarmi mi rilassa.
«Spero di sì», mormoro. La mia è una bugia, perché non sono affatto sicura che sia una buona idea.
Becka e Aaron hanno organizzato questa piccola serata in compagnia di alcuni amici per me, per tirarmi su di morale: non sanno ancora quello che è successo con Zayn, ho solo detto loro che avevo una novità. Zayn, quando questa mattina abbiamo parlato, mi ha praticamente rapita e portata via da scuola per passare del tempo insieme, quindi non ho avuto tempo di parlare con i miei amici. Certo, presentarmi qui con lui e Louis non è il massimo, ma, se davvero tengono a me, dovranno pur accettare le mie scelte e fidarsi delle mie decisioni.
«Forse però… Forse è meglio che voi aspettiate qui», esclamo all’improvviso, fermandomi ad un paio di metri dall’entrata. Louis sorride in modo incoraggiante e Zayn lascia la mia mano, facendomi sentire indifesa per un secondo, poi annuisce e «Se vuole, capirà» dice semplicemente riferendosi a Becka, la reazione della quale è quella che mi spaventa di più.
Inspiro profondamente e mi volto, assorbendo dentro di me il coraggio che gli occhi di Zayn mi hanno trasmesso: in fondo ha ragione, la mia amica deve solo volermi capire.
Varco le porte automatiche del Bowling e mi beo del caldo all’interno, mentre con lo sguardo osservo ogni angolo delle piste lucenti, nella speranza di vedere qualcuno di conosciuto: avvisto Sandy, una mia vecchia conoscenza, che sta scherzando rumorosamente con Vincent, il suo migliore amico e cotta da tempi immemori. Mi avvicino a loro e mi accorgo della presenza di tutti gli altri: ci sono i miei migliori amici, ci sono Liam, Elisa, Daphne, Andrew, Mike e Rachel, tutti qui, per me. Passo qualche minuto a salutarli uno alla volta, sinceramente felice di vederli, tanto che il sorriso che è nato spontaneamente sul mio viso non sembra volersene andare: poi, però, decido che è arrivato il momento di fare quello che devo.
«Hey, posso… parlarvi un attimo?» chiedo a Becka e Aaron, che mi guardano confusi mentre le mie mani si torturano a vicenda. Sono un fascio di nervi e c’è qualcosa di sbagliato in questo, perché non dovrei trovarmi così in difficoltà a parlare di ciò che mi rende felice.
Loro annuiscono e mi seguono, continuando a raccontarmi qualche aneddoto riguardante la pista da Bowling: mi fermo solo quando siamo abbastanza lontani dal chiasso dei nostri amici e anche dagli altri clienti.
«Allora, tesoro, cosa c’è?» domanda Aaron, con il suo solito sorriso incoraggiante.
Io abbozzo un sorriso, che in realtà assomiglia più ad una smorfia, e mi mordo il labbro inferiore, guardandomi intorno: vorrei saltare dalla gioia, abbracciarli e urlare quanto io sia felice, quanto Zayn mi renda felice, ma sono frenata da un peso sul petto che non dovrebbe nemmeno esistere.
«Mel?» mi richiama Becka, corrugando la fronte. Sposto i miei occhi nei suoi e per un attimo mi limito a fissarli.
«Stamattina, quando sono sparita… Sì, insomma… Ero… Ero con Zayn», dico a stento, maledicendomi per la mia insicurezza. Osservo attentamente i miei due amici per valutarne le reazioni: Aaron mi sta semplicemente guardando a bocca aperta, stupito, mentre Becka ha indurito la linea delle sue labbra serrate ed è tutt’altro che sollevata da questa notizia.
Proseguo, sperando per il meglio. «Abbiamo chiarito», continuo, abbassando per un secondo lo sguardo. «Ha lasciato Andrea e… Be’, ora-»
«Stai dicendo sul serio?» mi interrompe Becka, di fronte a me.
La guardo confusa o forse delusa. «Sì», mormoro.
«Dopo tutto quello che ha fatto, sei ritornata da lui come se non fosse mai successo niente?»
«Becka-» prova Aaron, ma io lo precedo. «Perché ti ostini a tener conto solo degli sbagli che ha fatto?»
«Dovrei forse ignorarli? Come hai fatto tu?» ribatte, assottigliando gli occhi.
«Io… Non li ho ignorati», preciso, innervosendomi. «Li ho affrontati, che è diverso, e, se solo tu volessi, capiresti che c’è dell’altro oltre quelli».
«Certo che c’è dell’altro! C’è tutto quello che non ti ha ancora detto! Tutto quello che ti sta tenendo nascosto!»
«Cosa ne sai tu di quello che mi tiene nascosto?! Del perché certe cose non me le dice?» rispondo, alzando la voce. «Il rapporto è tra me e Zayn! Tu non sei con noi! Pensi di sapere tutto su di lui, ma non sai un bel niente!»
«Ragazze, calmatevi…» riprova Aaron, alzando le mani come se potesse placare la tensione con un solo gesto.
«E di chi è la colpa se non so un bel niente?!» continua lei imperterrita.
«Di nuovo con questa storia?» chiedo esasperata. «Vedi perché non ti dico le cose? Perché reagisci in questo modo, sempre! Mi sforzo di raccontarti anche quello su cui non sei d’accordo, perché… perché sei la mia migliore amica, ma tu continui ad urlarmi contro! Sono qui a dirti che sono al settimo cielo perché finalmente le cose con Zayn vanno bene, ma non riesci a fidarti di me nemmeno per un secondo! Non riesci ad essere felice per me!»
Subito dopo, tra noi cala il silenzio: io e Becka continuiamo a guardarci senza riuscire a comprenderci, il che è davvero strano per noi, mentre Aaron probabilmente non sa cosa fare, dato che si limita a spostare lo sguardo da una all’altra, boccheggiando.
Inspiro profondamente e penso a qualcosa da dire per poter moderare la situazione, ma lo sguardo della mia amica, puntato alle mie spalle e a dir poco incredulo, mi confonde. «Li hai portati qui?» chiede infatti in un sussurro, prima di tornare a guardare me.
Io mi volto e, nel momento in cui le porte di vetro del Bowling si stanno chiudendo, scorgo Zayn e Louis, fuori, che fumano una sigaretta in silenzio. Deglutisco e riporto l’attenzione davanti a me.
«Becka, non credi di esagerare?» interviene finalmente Aaron, dopo svariati di tentativi. Lei lo fulmina con un solo sguardo, ma non le lascio l’opportunità di rispondere. «È giusto che ci sia anche Zayn, qui con me», sostengo, racimolando un po’ di sicurezza. Sorvolo su Louis, che ne ha solo approfittato per salutare tutti un’ultima volta prima di ritornare a Londra per chissà quanto tempo, anche perché sono sicura che a Becka non interessi nulla di lui, nonostante non le stia molto simpatico.
«Bene, allora me ne vado io», sbotta lei, facendo ondeggiare la chioma di fuoco. Corrugo la fronte e, mentre si gira per allontanarsi, la blocco per un polso senza dire altro: scommetto che la mia espressione ora è quasi supplichevole o forse sconvolta da quello che ci sta succedendo.
«Avrò il diritto di farmi stare sul cazzo la persona che ti ha fatto del male, no?!» mi rimprovera, liberandosi dalla mia stretta. Io rimango a bocca aperta e la guardo andare verso la pista per chiamare Liam, che sembra abbastanza confuso da quell’improvviso cambio di programma: mentre se ne vanno, lo vedo lanciarmi uno sguardo di scuse anche se, evidentemente, non sa ancora cosa sia successo.
Chiudo gli occhi quando scompaiono dalla mia visuale e faccio un paio di respiri profondi per calmarmi: tutto questo è… assurdo.
«Mel…» sussurra Aaron, rimasto con me, accarezzandomi una spalla con la mano. «Proverò a parlarle, ok?»
Annuisco e mi stringo nelle spalle, a disagio per quel litigio. «Tu non… non sei furioso con me?» chiedo poi, tenendo lo sguardo basso per paura di una sua risposta.
«No», è il verdetto che mi porta ad alzare i miei occhi timorosi e frastornati nei suoi.
«Davvero?»
Aaron scuote il capo con un’espressione rassicurante. «Non sono arrabbiato, ma non voglio che pensi che io sia totalmente d’accordo su questa tua scelta: Zayn ha dei pro e dei contro, e io, in quanto tuo migliore amico, mi devo preoccupare soprattutto dei contro. Però, come hai detto tu, non ci sono solo quelli, e se  sei così felice di stare con lui, credo tu abbia dei buoni motivi». Aspetta qualche secondo prima di continuare. «Resta il fatto che io non mi fido di lui: mi fido di te».
Le sue parole mi rilassano, mi tranquillizzano e non posso fare altro che avvicinarmi a lui e abbracciarlo. «Grazie», mormoro, strofinando la guancia sul suo maglioncino grigio.
Lo sento sorridere e baciarmi la testa. «E di cosa?» risponde. «E poi, dovrei essere io a ringraziare te: mi hai dato l’opportunità di rimettere gli occhi sul bel visino di Louis, per non parlare di altro».
Mi lascio sfuggire una risata e mi allontano da lui tirandogli uno schiaffo affettuoso sul braccio. «Falla finita». Lo guardo ridacchiare per la mia reazione, poi torna a farsi leggermente più serio. «Mel, lo sai che Becka la pensa come me, vero?» riprende improvvisamente. «Ha solo un altro modo di affrontare le cose, un modo un po’ più estremo».
«Lo so», ammetto, sospirando.
«Ti vuole bene, è solo questo il punto».
 
«Ok, penso sia chiaro, ormai, che il Bowling non fa per me», decreto, sconfitta, quando l’ennesimo tentativo di buttare giù anche solo uno di quei dispettosi birilli biancastri fallisce: torno a passo strisciante dai miei amici e getto una veloce occhiata al monitor che memorizza i punteggi. Io, ovviamente, sono in ultima posizione.
«Mel, datti all’ippica», mi consiglia Daphne, ridacchiando mentre recupera una palla della sua misura. Le faccio una smorfia e lascio che anche qualcun altro mi prenda un po’ in giro, poi mi concentro su di lui, seduto su una delle sedie in plastica arancione: Zayn mi sta guardando scuotendo la testa, arreso probabilmente al mio essere tanto scarsa.
«È facile guardarmi così, quando si è al primo posto», sbuffo, sedendomi al suo fianco e facendolo ridere: d’altronde lui e gli strikes sembrano essere diventati ottimi amici.
«Potrei darti lezioni private», propone, alzando un sopracciglio.
«Non lo ascoltare, dolcezza: intende darti lezioni private su palle e birilli di tutt’altro tipo», ci interrompe Louis, assumendo quell’espressione maliziosa che ho imparato a conoscere. Io abbozzo un sorriso, arrossendo improvvisamente, ed evito di guardare Zayn che ha riso borbottando un «Coglione, sta’ zitto».
Possibile che, in un posto tanto affollato e chiassoso, io riesca a distinguere ogni intonazione ed ogni sfumatura della sua risata?
«Tomlinson, questo strike lo dedico a te», annuncia Aaron, rigirandosi una palla viola tra le mani e preparandosi al suo turno. Louis alza gli occhi al cielo, facendomi sorridere. «Ho sempre pensato che tu fossi troppo… checca», dice, scegliendo accuratamente l’ultima parola.
Vedo il mio amico rimanere a bocca aperta, forse deluso. «Checca?» ripete. Nessuno l’aveva mai definito così, nemmeno Harry Styles, ed Harry aveva passato in rassegna diversi nomignoli poco carini.
Louis annuisce, pienamente convinto della sua affermazione. «È così palese…» continua, avvicinandosi a lui. «Ed io non me la faccio con le checche».
Aaron è interdetto, così come me, e direi, dai suoi occhi, che è persino offeso. «Fottiti, allora», gli dice, prima di voltarsi e andare verso la pista. Io seguo Louis con lo sguardo, mentre si siede davanti a me e Zayn sospirando. «Che c’è?» mi chiede, notando probabilmente la mia espressione.
«Eh? N-niente», borbotto. So che è abbastanza diretto nel dire le cose, ma non pensavo che lo fosse così tanto.
«Andiamo, non ho detto niente di male», si giustifica.
«L’hai detta, fidati», gli assicuro: lui guarda Aaron per un secondo, poi alza le spalle e sospira.
Una mano sulla mia schiena mi fa rabbrividire: mi giro verso Zayn, trovandolo più vicino di quanto pensassi.
«Vieni con me?» domanda a bassa voce: il tono che ha appena usato, il movimento ipnotico delle sue labbra, la strana luce dei suoi occhi ed il profumo insistente che fa parte di lui, spingerebbero chiunque ad esaudire ogni sua richiesta. Forse per questo mi sento in soggezione per quelle semplici parole e mi limito ad annuire.
«Tommo, continua per me», annuncia, indicando con un cenno del capo la pista. Louis sembra d’accordo, forse esaltato dal fatto di dover mantenere il primo posto dell’amico.
«Elisa!» esclamo, quando una massa di capelli corvini e ricci mi passa davanti allegramente. «Puoi… giocare anche per me? Torno tra poco», le chiedo, mordendomi l’interno della guancia.
«Certo», risponde lei, spostando i suoi occhi da me a Zayn con aria di chi la sa lunga. «Non fatevi denunciare per atti osceni in luoghi pubblici», si raccomanda, prima di allontanarsi sorridendo.
Zayn sorride e s’incammina verso l’uscita, infilandosi il parka blu, mentre io mi prendo un attimo per far sbollire le mie guance e per chiedermi cos’abbiano tutti questa sera.
 
Le mie mani cercano un po’ di calore nelle tasche del cappotto, mentre ci allontaniamo dal Bowling: Zayn ha appena acceso una sigaretta e, finalmente, posso sentire di nuovo l’odore del fumo mischiato al suo profumo. Non ho mai pensato che un mix del genere potesse essere piacevole, ma è come se mi mettesse a mio agio.
«Come stai?» mi chiede, interrompendo il silenzio che si fa sempre più sentire, man mano che il locale diventa lontano.
Mi stringo nelle spalle e  «Non so» rispondo: in fondo dentro di me c’è una vera e propria lotta, in questo momento. Una parte di me continua a rimuginare sul litigio con Becka, chiedendosi come sia possibile, in un’amicizia come la nostra, arrivare a non capirsi per niente; l’altra parte, invece, quella che ora sta prendendo il sopravvento, non può fare altro che infondermi tutta la felicità che possiede per quello che è successo tra me e Zayn.
«Mi dispiace», esclama, espirando il fumo e guardandomi negli occhi.
«Non preoccuparti», dico, distogliendo lo sguardo dal suo.
«Hey», mi ferma, mettendosi davanti a me e sovrastandomi con la sua altezza. «Mi dispiace sul serio: non volevo-»
«Lo so, Zayn», lo anticipo, cercando di sorridergli. Mi ha già detto quanto si senta in colpa per avermi fatto stare male, per averci messo tanto a lasciare Andrea e a capire quello che realmente voleva: immagino che ora senta anche il senso di colpa per la situazione creatasi con Becka. «Ma te l’ho già detto, non… non è colpa tua», ripeto, osservando il suo viso rilassarsi. Annuisce e aspira del fumo dalla sigaretta, mentre riprendiamo a camminare l’uno affianco all’altra: non abbiamo una vera e propria meta, ma non è importante, no?
Non conosco questo paese, distante pochi minuti da Bradford, quindi non so se la stradina in cui ci troviamo sia abbastanza frequentata di solito: in questo momento è deserta. Credo sia l’entrata di un piccolo parco, perché ne abbiamo appena varcato il cancello in ferro un po’ arrugginito e il cemento è stato sostituito da ghiaia di piccolo calibro: mi guardo intorno e poso lo sguardo su ogni particolare che la luce gialla di pochi lampioni mi lascia intravedere. È tutto molto… buio. E spettrale.
Avrei quasi paura di questo posto, se con me non ci fosse Zayn.
Istintivamente, mi avvicino a lui e cerco la sua mano, incredibilmente calda ed accogliente: lui forse si stupisce di quel contatto, ma lascia che io intrecci saldamente le mie dita alle sue e che le nostre braccia si sfiorino.
«Fifona», dice semplicemente, prendendomi in giro con un sorriso divertito.
«Non è vero», sussurro con voce da bambina, abbassando lo sguardo.
«Vieni qui», ordina tirandomi per la mano, per poi sciogliere la presa e stringermi a sé con un braccio intorno alle mie spalle. Butta la sigaretta ormai finita a terra e mi lascia un bacio leggero tra i capelli. Inutile dire che resterei così ancora per anni, se solo fosse possibile.
Camminiamo lentamente, come se avessimo tutto il tempo del mondo, anzi, come se il tempo non ci fosse più e noi potessimo fare quello che più ci piace senza doverci preoccupare di qualcosa: il parco non è molto grande, ma continua a mettermi un po’ di agitazione. Forse la causa è la scarsa illuminazione o i troppi film horror che ho guardato.
«Ci sediamo lì?» chiedo, indicando una panchina posta al lato sinistro della stradina che stiamo percorrendo: è in legno chiaro, sporcato dal tempo e dalle scritte realizzate con pennarelli indelebili. Zayn annuisce e dopo pochi secondi ci troviamo seduti vicini.
«Zayn…» dico flebilmente, attirando la sua attenzione. «C’è una cosa che… vorrei chiederti», ammetto, cedendo alla curiosità che mi divora da parecchi giorni.
Sento il suo sguardo su di me, ma continuo a fissare le mie mani, che sfregano l’una contro l’altra tra le mie gambe, in cerca di un po’ di calore. «Dimmi», mi sprona lui.
«Quando mi hai vista con Niall… Be’, ecco, cosa eri venuto a fare?»
È da quella sera che me lo chiedo e magari è anche una domanda stupida, però vorrei sentire la sua risposta: Zayn aspetta qualche secondo prima darmene una.
«Sapevo che prima o poi me l’avresti chiesto», dice, abbozzando una risata e attirando inevitabilmente la mia attenzione. «Avevo bisogno di vederti».
Tossicchio debolmente, forse cercando di nascondere i battiti del mio cuore che per un paio di secondi sono stati davvero troppo forti e veloci: i miei occhi scrutano i suoi, ritrovandoci la sicurezza che a me manca e che sono in grado di darmi.
«Volevo dirti che avevo intenzione di lasciare Andrea», continua, stupendomi.
«Tu… Avevi… Voglio dire, già allora….»
«Sì, avevo già deciso, quel giorno», mi anticipa, vedendo che non riuscivo a formulare una frase di senso compiuto. Io sbatto le palpebre più volte, colta alla sprovvista da quella notizia: Zayn quella sera era venuto per quello, ma avevamo finito per litigare per l’ennesima volta. Se solo entrambi ci fossimo concessi un minuto per ascoltarci, senza urlare, probabilmente a quest’ora le cose si sarebbero risolte da molto tempo.
In qualche modo quello che mi ha appena rivelato mi rincuora, anzi, non so nemmeno definire la sensazione che provoca in me.
«Perché non me l’hai detto?» domando, continuando a mantenere il contatto visivo.
Lui sorride. «Perché ti avevo appena vista tra le braccia di un altro», spiega. «Ero incazzato, ero geloso e stavo anche cercando di non andare a dirgliene quattro».
Cerco di trattenere un sorriso, ma smetto di lottare, incapace di trattenerlo oltre. «Per questo non mi hai… baciata?» chiedo ancora con voce bassa, forse per l’imbarazzo; tanto, con il silenzio che ci circonda, se anche bisbigliassi mi sentirebbe perfettamente.
«No», risponde, leccandosi le labbra. «Non ti ho baciata perché non dovevo farlo».
«Non dovevi?» ripeto, un po’ confusa.
«Melanie, se io ti avessi baciata, quel giorno, avrei fatto un casino», dice, con le labbra increspate in un mezzo sorriso che scompare lentamente subito dopo. «Tu mi avresti visto di nuovo con Andrea e cosa avresti pensato? Che ti stavo prendendo in giro, di nuovo».
«Ma-»
Ma avrei potuto dirti che se anche mi avessi visto con lei, io stavo cercando il modo migliore per allontanarla, lo so. Però, anche se te l’avessi detto, non ti avrei baciata», spiega, facendomi corrugare la fronte. Aspetto qualche secondo ed è lui stesso a riprendere. «Sapevo di averti ferita e non volevo continuare a farlo: non volevo dirti per l’ennesima volta che l’avrei lasciata, tenendoti legata a me per chissà quanto tempo. Mi ero ripromesso di avvicinarmi di nuovo a te solo quando sarebbe tutto finito».
Ora mi è tutto chiaro, finalmente: Zayn non voleva farmi sentire come aveva già fatto. Non voleva che io pensassi che mi stesse prendendo in giro e, in effetti, se mi avesse baciata in quel momento e io l’avessi visto nei giorni successivi con Andrea, sarei caduta in depressione, molto probabilmente. Certo, il metodo scelto in alternativa, ovvero quello di sparire per nove giorni, è stato molto più… drastico, ma finalmente mi è chiaro.
«Zayn, sei… Sei la persona più complicata con cui abbia mai avuto a che fare», ammetto, scuotendo la testa e sorridendo: ma d’altronde, ho mai smesso di sorridere da quando siamo seduti su questa panchina?
«Lo  prendo come un complimento», ribatte, incastrando la lingua tra i denti, come al solito.
Rabbrividisco quando un leggero venticello ci investe all’improvviso: prima o poi arriverà il caldo, no?
«Hai freddo?» mi chiede.
Annuisco e spingo ancora più in profondità le mani incastrate tra le mie gambe accavallate: la prossima volta dovrò ricordarmi di mettermi tre maglioni, le calze di lana e due cappotti. Come minimo.
Vedo Zayn tamburellare con una mano sui suoi pantaloni neri, mentre mi guarda tranquillamente: corrugo la fronte e lui, come per spiegarsi meglio, ripete quel gesto facendomi segno con il capo di avvicinarmi.
Evito di fare complimenti e mi muovo lentamente per sedermi sulle sue gambe magre: le mie sono leggermente piegate e distese sulla panchina, mentre mi accoccolo sul suo petto e le sue braccia mi circondano per stringermi a sé.
«All’inizio pensavo mi volessi dare la tua giacca», ammetto, godendomi il calore emanato dal suo corpo e il suo profumo.
«Nah. Non è meglio così?» ribatte, aumentando un po’ la presa. Io sorrido e annuisco, mandando a quel paese il freddo, che a questo punto non è più un mio problema.
Passa qualche minuto e noi due rimaniamo immobili: non so se il nostro modo di stare insieme sia normale, voglio dire, siamo così silenziosi che dovrebbe essere tutto molto imbarazzante, o strano. Invece non lo è, anzi, è tutto il contrario: semplicemente, ci sono questi momenti in cui nessuno ha niente da dire, come se il silenzio parlasse per noi, come se fosse pieno zeppo di tutte quelle cose che pensiamo ma che non è necessario esprimere a parole. E forse non è normale, ma è la cosa migliore del mondo.
Senza pensarci, alzo il viso e guardo quello di Zayn: lo osservo in ogni particolare, lo spio come se fossi in incognito o come se stessi rubando uno dei segreti più oscuri del mondo. Lui probabilmente se n’è accorto, ma non lo dà a vedere, anzi, continua a tenere la sua attenzione su qualcosa davanti a sé: i miei occhi si spostano dai suoi al profilo del suo naso, fino alle sue labbra, leggermente schiuse mentre respira. Ne sono attratta nel modo più banale e intenso che esista: come succede tra le api e il miele, tra due particelle di carica opposta o tra qualsiasi altra cosa che viva con questa costrizione. Forse per questo sposto lentamente la mia mano fino a sfiorare con la punta delle dita quelle labbra.
Solo ora Zayn mi guarda ed io per un attimo interrompo il contatto, colta in flagrante; poi, però, lui si avvicina e bacia quelle stesse dita che sono ancora sospesa in aria, timorose e allo stesso tempo impazienti: i miei occhi sono ipnotizzati da quel bacio delicato, prolungato, ma, come sempre, non possono evitare di seguire i movimenti di Zayn mentre si allontana e si concentra su di me.
Il suo sguardo è talmente intenso, talmente soffocante, da farmi arrossire, mentre ogni cellula del mio corpo, intorpidita dal freddo e dalla posizione, si risveglia come se stesse eseguendo un ordine ben chiaro: i brividi non sono più dovuti solo al freddo mentre il suo viso si avvicina al mio e la sua bocca sfiora la mia.
Sposto la mano che era a mezz’aria sul collo di Zayn e, con l’altra, mi aggrappo al suo parka come se volessi avvicinarmi di più a lui: in un attimo non ci stiamo più solo sfiorando.
Mi accorgo di avere il respiro affannato solo quando, dopo un paio di minuti, ci guardiamo negli occhi con le fronti appoggiate l’una all’altra. «Quella notte al Red’s, in quel bagno…» dice Zayn, con un tono di voce basso e roco. «Ti avrei fatta mia contro quel muro, se solo tu mi avessi fatto pensare di volerlo quanto me».
Trattengo il fiato e penso di aver sentito anche il mio cuore smettere di battere, a quelle parole: il ricordo di quella sera, di tutto ciò che è successo dopo, mi investe all’improvviso, senza contare la confessione che lui mi ha appena fatto.
Ritorno sulle sue labbra con più impeto di quanto pensassi e Zayn non si tira indietro, assecondandomi in ogni movimento, in ogni intreccio di mani e sentimenti, mentre mi ritrovo a pensare come sarebbe essere sua, completamente. Con piccoli baci percorro la sua mascella, mentre la sua mano destra scende lungo la mia coscia fino ad arrivare al mio sedere, stringendolo appena. Mi fermo sul suo collo, sul punto in cui incontra la spalla, e lo bacio beandomi del suo respiro pesante e delle sue carezze.
Non so quanti secondi o minuti siano passati, per quanto tempo io abbia scollegato il cervello e mi sia fatta guidare da qualcosa di molto meno razionale: vengo riportata alla realtà solo da Zayn, dall’accenno di una sua risata.
«Melanie Clarke, mi hai appena fatto un succhiotto nel bel mezzo di un parco?» chiede divertito, solo per prendermi in giro, dato che sappiamo entrambi che non c’è anima viva in questo posto. Io sbarro gli occhi e osservo la macchia rossastra sulla sua pelle, quella che gli ho provocato senza nemmeno rendermene conto. Le mie guance, come al solito, si colorano di una tonalità simile a quella.
«Ecco perché la tua amica ti ha detto di fare attenzione alle denunce», continua, ridendo e scuotendo la testa.
Io sorrido imbarazzata e mormoro un «Piantala» che dovrebbe intimorirlo. «E poi senti chi parla», dico, prendendo un po’ di coraggio. «Togli la mano da lì, prima di dire qualcosa», gli intimo, riferendomi alla sua mano ancora tranquillamente appoggiata sul mio sedere.
«Touchè», è il suo commento, accompagnato da un sorriso ma da nessun altro movimento.

 
 


 
 

 

SCUSATE SCUSATE SCUSATE SCUSATE SCUSATE SCUSATE SCUSATE
Davvero, sono in ritardo e mi dispiace un sacco D:
Come molte di voi sanno, sono stata un po’ incasinata tra il tirocinio in ospedale e lo studio :s In ogni caso, stamattina, svegliata da quell’obeso del mio cane che ha deciso di svaccarsi allegramente sul mio letto, ho iniziato a scrivere questo capitolo: l’ho appena finito e spero che vi piaccia, nonostante non sia nulla di che! Non succede niente di eclatante, ma ci sono dei piccoli particolari :)
Andiamo con ordine: Becka e Mel litigano di nuovo. Il discorso è sempre lo stesso, i caratteri sono sempre quelli e chi vivrà vedrà (?) Louis se ne torna a Londra, ma ricomparirà, prima o poi :) Aaron ci ha provato, ma Tommo gli ha detto esplicitamente che non è il suo tipo! Mi dispiace per il nostro Aaron, ma Louis è proprio TANTO diretto hahah Ci sarà un’altra occasione per loro, secondo voi?
Poi, poi, poi: ZELANIE ALL THE WAY hahahah In realtà del momento Zelanie non c’è moltissimo da dire: si scopre perché Zayn era andato a casa sua quella sera e perché non l’ha baciata (vi avevo detto che a tutto c’era un motivo haha); come avete visto stava solo cercando di non peggiorare il danno (?) E poi ammette di aver avuto… un certo impulso (?) nei bagni del Red’s ahahha
Be’, questo capitolo è un po’ la calma dopo la tempesta, questa volta, almeno tra Zayn e Melanie: vi avverto già che la loro storia non finisce qui e che ci saranno altri problemi, yup! (non odiatemi lol)
Harry apparirà presto e niente… Non voglio anticiparvi altre cose :)
Spero che il capitolo vi sia piaciuto, nonostante non sia ricchissimo di eventi!
 
Vi ringrazio, come sempre, per quanto siete meravigliose!
Non so più in che lingua dirvelo ahahah Non pensavo che questa storia vi sarebbe piaciuta così tanto, ma ne sono davvero felice!
Ora vi lascio, perché devo scappare via! Solita gif e un bacione!

 

"Potrei darti lezioni private."




 

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Capitolo 24
*** It feels like I've been waiting for you ***




It feels like I've been waiting for you
 

Scendo le scale canticchiando una canzone che ho sentito per la prima volta poco fa, mentre ero sotto la doccia: odio quando qualche nota mi rimane in testa e non riesco più a liberarmene, ma oggi potrei fare un’eccezione.
Arrivata in salotto, sbircio fuori dalla finestra: il cielo sopra Bradford è stranamente sereno, ma, in compenso, c’è un leggero venticello gelido che non lascia scampo a nessuno.
“Mel! – mi chiama mia madre, da chissà dove – Dove sei?”
“In salotto!” urlo, rimettendo le tende al loro posto e scrutando l’orologio da parete: segna le 16.25.
Sento i passi veloci di qualcuno percorrere il corridoio che porta alla stanza in cui mi trovo e, subito dopo, mia madre appare sulla soglia del salotto: “Mel, dobbiamo parlare.” dice, con un tono che mi fa preoccupare.
“Cos’è successo?” domando, corrugando la fronte e avvicinandomi a lei.
“Oggi mi ha chiamato la tua professoressa di matematica, la signora Santos.” annuncia, con le mani sui fianchi e gli occhi azzurri stanchi per la giornata di lavoro appena conclusa. Non so dove voglia arrivare, né cosa volesse la professoressa.
“Molti docenti si sono preoccupati per te: dicono che salti spesso le lezioni. – continua, facendo un passo verso di me – Soprattutto da quando esci con quel ragazzo… Come si chiama?”
“Zayn…?” sussurro, un po‘ confusa e irritata. Le ho raccontato parte della nostra storia, tralasciando il suo passato misterioso: sa quanto io mi fidi di lui.
“Sì, esatto. – conferma – Diciamo che mi hanno raccomandato di starci attenta, sostenendo non molto velatamente che sia lui la causa delle tue assenze a scuola.” Un moto di rabbia si impossessa di me, mentre penso a quanto siano stati infimi i miei professori: incolpare lui di un mio comportamento, chiamare la mia famiglia per comunicare voci di corridoio e supposizioni senza un fondamento… Come si permettono?
“Mi hanno raccontato in cosa è stato coinvolto un paio di anni fa e sinceramente non mi piace il fatto che tu frequenti certe persone: sai di cosa sto parlando?” chiede, probabilmente perché io non le ho mai detto nulla di quella storia.
Sospiro, nervosa, e “Sì, so di cosa stai parlando. – affermo – E sono solo pettegolezzi che i professori non dovrebbero fomentare.”
“Sicura che siano solo pettegolezzi? Comunque il problema è un altro: non puoi saltare tutte queste ore di lezione. Sai benissimo che teniamo alla tua carriera scolastica, quindi non vedo perché tu ti stia lasciando andare. Non segui i corsi con regolarità, esci con dei delinquenti, non parli più con Becka, sei sempre di meno a casa… Non ho ancora detto a tuo padre di questa telefonata, perché volevo prima parlare con te: cosa ti sta succedendo?”
Aspetto qualche secondo prima di rispondere, scossa da quelle accuse e dalla preoccupazione eccessiva e infondata di mia madre: “Zayn non è un delinquente. – preciso, calcando con disprezzo quella parola – Esco più spesso perché… perché sono felice, perché voglio vederlo e cerco di farlo appena posso: ho sempre saltato le lezioni, anche quando non lo conoscevo, ma non mi sembra che il mio rendimento scolastico sia cambiato. Continuo a portare ottimi voti a casa… Qual è il problema? E io e Becka non ci parliamo per un motivo preciso, non… non perché sono diventata una ribelle a causa del mio ragazzo delinquente, come pensi tu.” sbotto infine, amareggiata al pensiero della mia amica, con la quale non parlo da una settimana buona, e dalle insinuazioni di mia madre. Ho sempre odiato i pregiudizi, sin da quando, nella vecchia scuola, il mio essere timida e insicura veniva spesso scambiato con l’essere una sfigata che tutti potevano divertirsi a prendere in giro. Ora, quindi, li odio ancora di più dal momento che interessano Zayn.
“Non c’è bisogno di alterarsi. – mi rimprovera, indurendo il tono di voce – Sono solo preoccupata per te e non voglio che una decisione sbagliata possa compromettere il tuo futuro, quando sei ancora così giovane. Tuo padre non sarà contento di questa notizia.”
Alzo un sopracciglio, sempre più arrabbiata: “Quale notizia? Ho saltato un paio di lezioni e ai compiti ho preso tutte A: che comportamento deplorevole!” esclamo ironica, esasperata dalle aspettative sempre più insistenti dei miei genitori.
“Melanie! – mi riprende di nuovo, alzando un po’ la voce – Sai benissimo che ci aspettiamo molto da te!”
Faccio un respiro profondo e cerco di calmarmi, non intenzionata a litigare con mia madre: potrebbe impedirmi di uscire e io ho solo bisogno di andare da Zayn, come gli ho promesso.
“Lo so. – dico quasi sussurrando, dopo un minuto buono – E io non voglio deludervi.” aggiungo, avvicinandomi a lei.
“Non lo fare, allora.” dice dolcemente, abbracciandomi come se volesse riappacificarsi con me. D’altronde noi siamo così: a volte finiamo per urlarci contro, ma dopo pochissimo siamo più unite di prima.
So, comunque, che con mio padre sarà tutta un’altra storia: lui è molto più ferreo per quanto riguarda le sue pretese e i comportamenti che è disposto a tollerare. Scaccio questo pensiero dalla mente e sospiro, allontanandomi da mia madre.
“Dove stai andando, ora?” mi chiede, più tranquillamente.
“Da Aaron.” mento, pensando che sia meglio non tirare la corda: dopo una discussione del genere, dire che sto andando da Zayn non è di certo l’idea migliore.
“Torni per cena?”
“Non so, ti mando un messaggio più tardi.” rispondo, andando a prendere la giacca per infilarmela velocemente.
 
Sdraiata a pancia in su sul letto di Zayn, continuo a canticchiare il motivetto che ho ancora in testa e ad osservare la mia mano sinistra tesa verso l’alto, mentre gioca con la luce fioca del pomeriggio inoltrato che entra dalla finestra: ad ogni mio movimento, crea delle strane ombre sulla parete bianca. Zayn è al mio fianco, a pancia in giù e con la testa sul cuscino, pericolosamente vicina alla mia: il suo braccio destro è abbandonato sul mio ventre, come se volesse impedirmi di scappare via, ed entrambi siamo coperti da un lenzuolo azzurro.
Penso si sia addormentato, dato che siamo in questa posizione da un bel po’ di tempo: abbasso la mano e la lascio ricadere sulla coperta blu notte, stropicciata e spostata di lato perché troppo calda.
Per l’ennesima volta, mi guardo intorno: per l’ennesima volta, però, scorgo dei particolari nuovi in questa stanza. Sono felice di esserci entrata, di aver potuto scorgere tante piccole cose che la rendono sua, che mi dicono qualcosa su di lui: la foto della sua famiglia, appoggiata sulla scrivania e in bella vista, dove lui è solo un bambino di cinque anni tenuto in braccio dalla madre, ancora molto giovane e affiancata dal marito; gli innumerevoli dvd ordinati su una mensola sopra il piccolo televisore di fronte al letto, storto su un mobiletto con le ante leggermente asimmetriche; dei pantaloncini da basket viola lasciati su un puf bianco di fianco alla porta, gli unici oggetti in disordine; l’armadio mezzo aperto che lascia intravedere dei suoi vestiti, alcuni a me familiari, altri che non gli ho mai visto addosso.
Mi volto lentamente verso la mia destra, per spiare i lineamenti di Zayn, ma, con mia sorpresa, lo trovo a guardarmi intensamente: quasi sobbalzo nel vedere i suoi occhi aperti, fissi su di me, ma poi sorrido, posizionandomi meglio sul letto e girandomi un po’ di più nella sua direzione. È incredibilmente bello con una guancia schiacciata sul cuscino quasi appallottolato, che intrappola sotto di sé la sua mano sinistra: rimarrei ore a guardarlo e penso che lui mi lascerebbe fare, senza alcuna obiezione.
“Credevo ti fossi addormentato.” ammetto, abbozzando un sorriso. Raggomitolo le mani al petto, mettendomi su un fianco, con ancora il suo braccio a circondarmi.
“Ci ho pensato, ma poi ho trovato qualcosa di meglio da fare.” confessa lui. Arrossisco e non rispondo, abbassando lo sguardo sulla sua canottiera bianca.
Solo dopo qualche minuto parlo di nuovo: “Prima di venire da te, mia madre mi ha detto che i professori… Be’, sono preoccupati per me, perché salto le lezioni… Secondo loro sarebbe colpa tua.” dico, continuando a non guardarlo; per tutto il pomeriggio, da quando sono arrivata, mi sono chiesta se fosse meglio dirglielo oppure no. Ma, d’altronde, è giusto che lo sappia.
“Quindi tua madre ora ce l’ha con me?” chiede, stupendomi. Non gli interessa che quegli stupidi docenti sputino fango su di lui? Sposto i miei occhi nei suoi, indecifrabili come quasi sempre.
“Spero di no. – rispondo, corrugando la fronte a quel pensiero – Almeno, ho provato a spiegarle come stanno davvero le cose.”
“E come stanno le cose?” domanda, posizionandosi meglio sul cuscino.
“Io ho sempre saltato le lezioni... E poi, il tuo passato, quello di cui tutti parlano, non è…”
“La verità?” mi anticipa. Annuisco e per qualche secondo nessuno parla.
“Sai cosa mi piace di te?” chiede in un sussurro, avvicinandosi fino a far sfiorare i nostri nasi. La sua mano si ritrae, fermandosi sul mio fianco per accarezzarlo, passando sotto il maglioncino grigio che indosso. Rabbrividisco e aspetto che Zayn parli di nuovo, incuriosita e impaziente anche solo di sentire di nuovo la sua voce.
“Il fatto che tu mi creda.” mormora infatti, subito dopo. Continuo a ripetermi di mantenere la calma, di non farmi catturare dall’eccessiva vicinanza tra di noi e dal suo profumo, e, per riuscire nell’impresa, cerco di sdrammatizzare: “Quindi… Sì, insomma, ti piacciono tutte quelle che ti credono?” chiedo, trattenendo un sorriso divertito.
Lui non ricambia il sorriso, anzi, continua a guardarmi insistentemente, con la stessa intensità di pochi secondi fa: “No. – risponde semplicemente – Ho dei gusti molto particolari.” ammette.
“Ah sì?” domando, curiosa di sapere dove arriverà.
Zayn annuisce e continua a giocherellare con il mio fianco sinistro: “Sai cos’altro mi piace di te?” esclama, deviando di poco dal discorso che stavamo affrontando, come se avesse dato per scontato come si sarebbe concluso.
Trattengo il respiro mentre aspetto: “Mi piace il modo in cui mi guardi. – comincia, con una voce tranquilla e rilassante, pronta a mettermi a mio agio, per quanto sia difficile; mi bacia una guancia, quasi sfiorandola, poi riprende – Mi piace quando balbetti perché sei a disagio, quando distogli lo sguardo, quando finisci le frasi con un “ecco” imbarazzato o quando le inizi con un “sì, insomma”. – ammette, facendo avvampare le mie guance per le mille sensazioni che mi stanno attraversando; si avvicina ancora, per baciare l’angolo della mia bocca, facendo quasi combaciare i nostri corpi. La sua voce è un sussurro quando arriva di nuovo alle mie orecchie – Mi piace quando arrossisci, proprio come ora, e mi piace di meno quando lo fai per qualcun altro. Ma soprattutto, mi piace quando, appena ti sfioro, il tuo corpo reagisce: ti viene la pelle d’oca, il più delle volte, oppure ti muovi impercettibilmente, come se ti stessi riscuotendo.”
Deglutisco a vuoto, senza parole: come posso trovare quelle giuste per esprimere quello che sento?
“Sai cosa piace a me di te, invece?” sussurro, mentre la mia volontà scalpita per far capire a Zayn quanto io tenga effettivamente a lui. I suoi occhi aspettano in silenzio che continui, mentre io devo concentrarmi per farlo, dato che le sue iridi stanno cercando in tutti i modi di incantarmi.
“Mi piace quando… quando ti accorgi di tutte queste cose. – dico infine, prendendo un po’ di coraggio – Mi piace quando ti fermi a guardarmi, come poco prima, anche se sai che mi imbarazzi. Mi piace quando mantieni le distanze mentre ci sono altre persone con noi, ma riesco lo stesso a sentirti, più che mai. E mi piace… Piace anche a me quando mi sfiori e il mio corpo reagisce, perché è come se ti avessi aspettato: come se … Sì, insomma, come se, per tutto questo tempo, io fossi solo in attesa di incontrarti e ora il mio corpo stesse cercando di farmi capire che tu ci sei, che sei arrivato, finalmente.”
Mi stupisco da sola, mentre mi chiedo come abbia fatto ad ammettere qualcosa del genere: non pensavo sarei mai riuscita a dirglielo e non so nemmeno se mi sono spiegata o se sono apparsa come una pazza, ai suoi occhi. La sua mano si è fermata, mentre nel suo sguardo qualcosa è cambiato: c’è una sfumatura diversa che non riesco a comprendere a pieno.
Zayn non risponde, lasciandomi in sospeso per qualche secondo, ma all’improvviso si muove lentamente, riempiendo la poca distanza che ci divide: bacia le mie labbra e “Ci stavamo aspettando a vicenda, allora.” dice a bassa voce, prima di tornare a baciarmi.
Chiudo gli occhi, sporgendomi verso di lui e portando una mano tra i suoi capelli mentre approfondiamo il bacio: le nostre gambe si intrecciano, stropicciando ancora di più il lenzuolo, e Zayn abbandona per pochi secondi le mie labbra, solo per potermi sovrastare e posizionarsi sopra di me, con gli avambracci a sorreggerlo sul materasso, ai lati della mia testa.
Sento la sua collana, quella con una piastrina su cui è incisa la data di nascita di suo padre, pendere sul mio petto, facendomi rabbrividire: le mie mani vanno spontaneamente a circondargli la schiena, aggrappandosi a lui mentre il respiro mi viene tolto da altri due, tre, dieci baci.
Rimango con gli occhi chiusi anche mentre scende a baciarmi il collo, la clavicola, spostando l’orlo del mio maglioncino; mentre con la mano sinistra risale il mio corpo per arrivare fino al mio seno e stringerlo con passione; mentre mormoro qualcosa di incomprensibile, forse con la voglia di esprimere quello che mi sta facendo provare con dei semplici gesti ma senza la capacità di farlo davvero.
Quando Zayn mi morde il lobo dell’orecchio, sono io a cercare la pelle del suo collo, della sua spalla: ritorno sul punto in cui il succhiotto di una settimana fa è ormai sparito e bacio ogni millimetro di quella pelle olivastra e calda; lo sento muoversi sopra di me, in modo da incastrare una sua gamba tra le mie, e rabbrividisco quando la sua mano destra percorre la direzione opposta all’altra, fermandosi però sul mio fianco.
** RR La sua fronte si appoggia alla mia e percepisco il suo respiro sul mio viso, mentre mi bagno le labbra con la lingua: “Vorrei…” dice, come se si stesse trattenendo dal fare qualcosa. Ma io sento come se fossi disposta ad accontentarlo in ogni suo più piccolo desiderio, come se volessi solo liberare i suoi occhi da quel velo di impazienza che li sta caratterizzando sempre di più.
“Fallo.” lo anticipo quindi, con una sicurezza che non mi appartiene. Lui si immobilizza, quasi smette di respirare pur di assicurarsi che io abbia davvero pronunciato quella parola: però poi si riscuote e torna sulle mie labbra, accarezzandole dolcemente, quasi ringraziandole, mentre riprende il percorso che la sua mano aveva interrotto, fino ad arrivare al cavallo dei miei pantaloni. Il mio cuore scalpita e io sto perdendo lo scarso controllo che ho su di lui, come troppo spesso accade: avvampo, quando sento Zayn premere contro la mia intimità con un po’ di esitazione, come se volesse assicurarsi che sia quello che voglio.
Continuo a baciarlo, stringendolo a me, cercando di trattenermi dal gemere mentre le sue dita si fanno spazio sotto i miei pantaloni troppo stretti, mentre cercano di sbottonarli e mentre li abbassano di qualche centimetro per poi scavalcare i miei slip neri.
Strizzo gli occhi a quel contatto per me totalmente nuovo e Zayn si limita ad accarezzarmi, cercando forse di mettermi a mio agio: “Qualcuno ti ha mai toccata, così?” chiede con il respiro accelerato, dandomi l’opportunità di respirare, di riprendere fiato, nonostante sia molto difficile.
“N-no.” riesco a dire, sussultando per la sorpresa quando sento un suo dito entrare dentro di me. Dal modo in cui cerca ancora una volta le mie labbra, sembra che la mia risposta sia stata di suo gradimento: non so su cosa concentrarmi, se sul suo profumo o sui suoi movimenti delicati e decisi al tempo stesso; se sul mio petto che si alza e si abbassa freneticamente o sulla sua lingua, che sta disegnando piccoli cerchi sul mio collo. Per ora riesco solo lasciarmi andare, ad affidarmi completamente a lui.
Getto la testa all’indietro, mordendomi il labbro inferiore, perché Zayn ha aggiunto un secondo dito e io devo abituarmi a questa sensazione, anche se dubito che ci riuscirò tanto presto: è quasi doloroso, ma è sopportabile. Per questo rispondo con un flebile “sì”, quando mi chiede se mi piace.
Sposto la mia mano destra lungo il suo fianco e raggiungo l’orlo dei suoi pantaloni: spontaneamente lui si muove, allontanando il bacino dal mio, forse per lasciarmi un po’ più di spazio, mentre la sua bocca continua insistentemente a torturare la pelle lasciata scoperta dalla mia maglia. Gli abbasso la cerniera, timorosa come sempre, e tiro fuori dai boxer la sua erezione quasi formata: lo sento mugolare qualcosa e mordermi dolcemente, quando inizio a muovermi, cercando di ricordare cosa gli era piaciuto di più, quella volta. Voglio davvero farlo stare bene, farlo sentire come lui sta facendo sentire me: è l’unico bisogno che ho, ora.
Apro la bocca per urlare, quando Zayn si spinge più in profondità, ma la richiudo subito stringendo il labbro inferiore tra i denti, fino a farmi male: per un attimo mi immobilizzo, turbata dal ritmo più accelerato dei suoi movimenti. L’altra sua mano si avvicina al mio viso, accarezzandolo teneramente: “Non c’è nessuno in casa.” sussurra tra un bacio e l’altro, come se volesse rassicurarmi e dirmi di non trattenermi. Eppure non riesco a fare come mi dice.
Riuscirò a sopravvivere a Zayn? Riuscirò mai ad abituarmi a quello che provoca in me? A quello che mi fa provare con un semplice sguardo? In questo momento mi sembra impossibile anche solo pensarlo e non so nemmeno perché io lo stia facendo ora o perché mi faccia di questi problemi, ma non riesco a concentrarmi su altro: ogni parte del mio cervello è piena zeppa di pensieri su di lui, come se fossero gli unici ad avere il permesso di entrarci.
Dopo qualche minuto, si allontana da me, mettendosi in ginocchio sul letto e lasciandomi quasi confusa e insoddisfatta, in un certo senso. Lo guardo mentre i suoi occhi si abbassano sui suoi pantaloni e sui boxer bianchi, che si decide a togliersi completamente insieme ai calzini, e io mi costringo a guardare da un’altra parte, totalmente in imbarazzo. Mi stupisco quando sento le sue mani aggrapparsi ai miei jeans e tirarli giù con i miei slip, dopo aver aspettato un paio di secondi come per assicurarsi che io fossi d’accordo: chiudo gli occhi con forza, vinta dalla timidezza, e li riapro solo mentre le labbra di Zayn si posano delicatamente sulla mia coscia nuda. Lo osservo, piegato su di me, con la collanina a farmi il solletico, e arrossisco quando si avvicina troppo alla mia intimità: non mi sento affatto pronta a quel tipo di contatto, quindi ringrazio il cielo quando lui continua oltre con la sua scia di baci, risalendo il mio fianco fino a scontrarsi con il mio maglioncino: alza lo sguardo su di me e io deglutisco a vuoto, per poi tirarmi su con il busto fino a sedermi. Faccia a faccia con Zayn, in ginocchio tra le mie gambe, decido di concentrarmi sui suoi occhi mentre mi sfilo lentamente il maglioncino, sperando di vincere l’agitazione che mi attanaglia lo stomaco. Quando rimango in reggiseno, abbasso lo sguardo e mi fermo sul suo addome, ancora coperto dal tessuto chiaro della canottiera: allungo le mani tremanti e ne afferro i lembi, tirandola su quasi con timore; lui mi lascia fare, assecondando i miei movimenti, fino a ritrovarsi completamente nudo di fronte a me.
Devo lottare contro me stessa con tutte le mie forze, per non rimanere a studiare attentamente ogni suo particolare. Non pensavo di avvertire questo nodo alla gola nel posare gli occhi sul suo petto o sull’accenno di addominali che ho sempre e solo accarezzato alla cieca: non pensavo che Zayn potesse risultare ancora più bello ai miei occhi. Non riesco nemmeno a capire come sia possibile.
Non ho il tempo di darmi una risposta, però, perché il suo viso si avvicina al mio e le nostre labbra si incontrano di nuovo, insaziabili: mentre ritorno lentamente a poggiare la schiena sul letto, la sua mano armeggia con il gancetto dell’ultimo indumento che indosso, fino a slacciarlo. Con il suo corpo ad aderire completamente al mio, entrambi cerchiamo di sfilare il mio reggiseno, facendomi rimanere nuda sotto di lui: quando le nostre pelli entrano in contatto – la mia tanto tanto pallida rispetto alla sua – fremo, come se avessi ritrovato ciò che mi apparteneva e che avevo perso.
Non riesco a calmarmi: sono agitata, imbarazzata, impaurita dalla possibilità di non essere abbastanza, di deluderlo, di fare qualcosa di sbagliato. E Zayn è così tranquillo da farmi agitare ancora di più.
Mi irrigidisco quando apre un po’ di più le mie gambe per posizionarsi tra di loro, e forse se ne accorge: interrompe il nostro bacio, infatti, e rimane a qualche millimetro dal mio volto. Non potrebbe essere misurata in altro modo la distanza che ci divide, anzi, forse sarebbe più adatta un’unità di misura ancora più piccola.
“Sei così bella.” sussurra, con il fiato caldo sulla mia bocca. Un senso di sollievo mi invade, anche se per pochi secondi soltanto, poi sono io a cercare di nuovo le sue labbra, come se volessi testare la loro sincerità, come se avessi bisogno di una conferma da parte loro, le uniche di cui potrei fidarmi senza esitazioni: per un paio di minuti, Zayn si limita ad accarezzarmi, a tranquillizzarmi, e ci riesce. Mi dispiace essere così inesperta, così terrorizzata dalla possibilità di non rispecchiare le sue aspettative, ma forse dobbiamo solo conoscerci meglio anche sotto questo punto di vista, capire i tempi di cui necessitiamo, scoprire ciò che ci piace.
“Melanie… - mormora, lasciandomi un bacio leggero sulla mascella – Ho bisogno di sentirti mia.”
Uno sfarfallio a livello del mio stomaco mi impedisce di respirare per qualche momento, ma come posso negare di avere lo stesso bisogno? Quella che sento, oltre il desiderio, è solo paura, in ogni sua forma e sfumatura, eppure sono sicura di essere in grado di affrontarla, di nasconderla.
“Ma se tu non vuoi, dimmelo e io…”
“No, io… Lo voglio.” lo interrompo, affievolendo la voce e distogliendo lo sguardo dal suo volto. “Solo… Fa’ piano, per favore.” balbetto poi, incapace di dire altro. Sono disposta a darmi a lui, a concedergli tutto quello che è a mia disposizione e non ho mai sentito questo desiderio tanto intensamente quanto ora. Ormai sento che si è appropriato di tutto ciò che sono, in ogni più piccola parte: mi possiede, in tutti i modi possibili, e non c’è sensazione migliore.
Zayn si allontana per qualche secondo, per recuperare il preservativo dal comodino al fianco del letto, e subito dopo ci troviamo nella stessa posizione di prima.
“Fermami, se ti faccio male.” sussurra, posizionandosi meglio tra le mie gambe e spingendo piano la sua erezione contro la mia intimità. Chiudo gli occhi, senza sapere cosa aspettarmi da quella pressione che aumenta sempre di più, ma sono costretta a fermarlo, appena entra di poco dentro di me: “No, no, no, aspetta.” dico ad alta voce, stringendo il lenzuolo nel pugno della mia mano destra. Zayn è stato delicato, ma il dolore che ho sentito è stato troppo forte e inaspettato: si ritrae subito, forse spaventato quanto me, e mi bacia dolcemente una guancia.
“Scusa.” dice, appoggiando la fronte alla mia. Il suo respiro è accellerato, probabilmente si sta sforzando con tutto se stesso di trattenersi e fare piano: “Prova… Prova di nuovo.” dico dopo qualche secondo, con un tono di voce quasi inudibile. È talmente tanta la voglia di sentire Zayn completamente, che sono disposta a riprovarci altre mille volte, a sentire lo stesso dolore, pur di averlo.
Per la seconda volta, si spinge lentamente contro di me e io sto già serrando i denti, in attesa di qualcosa che ho già in parte conosciuto: mentre la sua erezione entra nella mia intimità, mi riprometto di non fermarlo, di resistere un po’ di più. Stringo gli occhi chiusi, sforzandomi di non urlare, con una mano incastrata tra i capelli di Zayn e l’altra ancora a stritolare il lenzuolo. Nel momento in cui sento il suo bacino aderire al mio, si ferma, lasciandomi il tempo per abituarmi: fa davvero male e, tra il mio cuore che ha perso ogni controllo e il mio respiro del tutto irregolare, sono travolta da cento sensazioni diverse, che spaziano dalla voglia di interrompere tutto al desiderio di unirmi al ragazzo che mi sta baciando il collo con tanta tenerezza.
“Stai bene?” domanda, ancora sulla mia pelle. Io aspetto un istante, prima di balbettare un “sì” stentato mentre sposto la mano sulla sua schiena nuda e contratta: “Tu?”
Percepisco il suo petto vibrare, a causa dell’accenno di una risata soffocata: “Sì.” è la sua risposta, seguita da un bacio leggero lasciato sulla punta del mio naso.
“Posso muovermi?” chiede allora, dolcemente. Io annuisco appena e lo sento indietreggiare leggermente per poi tornare nella posizione iniziale: mi lascio sfuggire un urlo, che cerco subito dopo di sopprimere, mentre le mie palpebre rimangono chiuse. Non riesco a guardarlo in faccia o, peggio ancora, negli occhi: l’idea mi terrorizza e non so nemmeno perché.
È di nuovo fermo, ansante su di me: “Melanie, apri gli occhi.” sussurra, accarezzandomi i capelli con una mano, ma io non gli do ascolto.
“Guardami.” riprova, sfiorandomi le labbra. Mi faccio coraggio e li apro lentamente: poco alla volta, il viso di Zayn compare davanti a me, più vicino di quanto pensassi, più bello di quanto temessi. Mi toglie il fiato e non so come fare per gestire tutto quello che sento.
“Hey…” mi saluta, increspando le labbra in un sorriso che in realtà nasconde il turbinio di emozioni che sono sicura di non essere l’unica a provare: io faccio una piccola smorfia di dolore, causata da un suo impercettibile movimento, ma poi ricambio il sorriso, iniziando ad abituarmi alla sensazione di averlo dentro di me. La sua pelle è leggermente più umida, forse per lo sforzo di rimanere in quella posizione, e i suoi capelli sono molto più disordinati del solito, di sicuro per colpa mia e del mio vizio di passarci le dita in mezzo: quando mi riscuoto dall’ammirare i suoi lineamenti, un improvviso imbarazzo mi conquista, nel pensare alla situazione in cui ci troviamo.
Sento il viso andare in fiamme, completamente, e, se potessi, cercherei di nasconderlo in qualche modo, prima che Zayn possa…
“Stai arrossendo.” sussurra, con una certa soddisfazione nel constatarlo. Come non detto.
Di nuovo sorride, infondendomi, però, una certa serenità. Lui ha questo particolare potere: riesce a destabilizzarmi e a tranquillizzarmi subito dopo. Le sue iridi scure, per esempio, mi mettono in soggezione mentre mi osservano dall’alto e, allo stesso tempo, sono le uniche in cui posso trovare un riparo, una via di fuga. In questo momento hanno perso ogni tipo di imperscrutabilità: sono cristalline, facili da leggere, da interpretare e sono inesorabilmente incatenate alle mie.
Una spinta inaspettata ma lenta, da parte sua, mi coglie alla sprovvista e mi obbliga a portare la testa all’indietro, soffocando un altro gemito di dolore e interrompendo il contatto visivo: aspetta qualche secondo prima di ripetere il movimento, forse cercando di moderare i suoi bisogni con i miei. Non lo fermo più: lascio che aumenti la velocità, poco alla volta, stringendo entrambi le mani sulla sua schiena e respirando pesantemente sul suo collo.
“Tu mi hai in pugno.” riesce a dire a fatica, rubando un pezzo di me con un solo sguardo. E non ha appena ribadito una proprietà, mi ha rivelato qualcosa che fino a poco fa pensavo potessi provare solo io nei suoi confronti: si è messo nelle mie mani e credo che, in qualche modo, anche io possegga qualcosa di lui. Zayn è così chiaro, in questo momento, così limpido, che mi sembra quasi indifeso.
Vorrei dirgli di smetterla di parlare, perché qualsiasi parola lui pronunci mi entra dentro e mi sconvolge completamente, mi debilita, mi indebolisce. Vorrei dirgli che se mi guarda in questo modo potrei perdere la ragione, ma non ci riesco: mi manca la voce e sembra che io abbia perso la capacità di formulare anche solo una piccola frase di senso compiuto.
Le spinte sono regolari, delicate, e il dolore è ostinato, mentre esita a scomparire del tutto. Eppure c’è qualcos’altro, qualcosa di più piacevole, qualcosa che mi invita a sopportare quelle fitte fastidiose, promettendomi un qualcosa di decisamente migliore: e io non so a cosa stia andando incontro, ma mi lascio guidare da Zayn, dal suo respiro affannoso, dai suoi muscoli che si irrigidiscono quando per qualche secondo si muove in modo più deciso, dai suoi occhi chiusi, completamente assorti dal piacere.
Mi lascio guidare da lui, perché non è importante il dolore, né il piacere: quello che mi sta invadendo è solo ed esclusivamente la sensazione di essere diventati una cosa sola. Non saprei nemmeno descrivere a parole cosa significhi condividere un momento del genere, condividere un respiro, un movimento. E forse non è indispensabile farlo.
Ormai non mi è più tanto difficile guardarlo: anzi, la situazione si è capovolta. In questo istante, è impossibile per me distogliere la mia attenzione dalla sua mascella tesa, dalla sua bocca schiusa che lascia uscire dei gemiti soffocati: sono costretta a guardare altro, però, quando la sua testa si incastra nell’incavo del mio collo e le sue spinte si fanno più intense, più veloci. Le mie iridi, quasi offese dall’assenza del loro soggetto preferito, mi obbligano a chiudere le palpebre, come se non volessero vedere nient’altro, come se tutto il resto avesse perso importanza.
“Cazzo.” impreca Zayn a denti stretti, stringendomi sotto di sé.
Non riesco a trattenere i suoni che stanno lasciando la mia gola e per un attimo posso percepire una punta di puro piacere: mi stupisce, mi stravolge, ed è talmente inaspettato e intenso che rimango quasi delusa quando Zayn si irrigidisce su di me, venendo; la delusione, però, è compensata dal suo respiro sulla mia pelle e dal battito del suo cuore, che si confonde con il mio. Per qualche secondo nessuno dei due si muove, se non fosse per i nostri petti che si alzano e si abbassano più velocemente del normale, poi lui alza il viso dal mio collo e bacia delicatamente le mie labbra, uscendo da me.
Mi muovo debolmente, sentendolo allontanarsi, ma continua a baciarmi, mentre, con una mano, raggiunge la mia intimità: gemo sulla sua bocca quando sento di nuovo le sue dita dentro di me. Questa volta il dolore è quasi scomparso e il piacere è nettamente più evidente, mentre percorre ogni centimetro del mio corpo: senza smettere di muoversi, Zayn scende dolcemente lungo il mio collo, sul mio petto, fino ad arrivare al mio seno, dove si ferma. Lo bacia delicatamente, provocandomi una serie di brividi che non so nemmeno capire da dove provengano: “Lasciati andare. Vieni.” dice semplicemente con voce bassa e roca, facendo apparire quelle parole non come un ordine, ma come una richiesta, un bisogno. E io ho smesso di pensare, di essere insicura, di lottare contro la timidezza. Ho smesso di fare qualsiasi cosa che non sia concentrarmi su Zayn: è come se tutto il mondo, al di fuori di questa stanza, fosse scomparso, come se, in questo momento, si fosse riassunto in lui e io ne fossi succube.
“Zayn…” mormoro, senza una vera intenzione di farlo, mentre le sue dita accelerano nei movimenti, portandomi a quello che mi sembra il limite.
Subito dopo, tutto quello che sento è la sua bocca sulla mia e la sensazione di essere scomparsa per qualche secondo, sotto il peso di quella stretta al basso ventre che mi ha appena mozzato il respiro.
E forse sarò una pazza a pensarlo, ma se il mondo può essersi racchiuso in Zayn, anche se solo per un momento, allora tutto quello che io provo per lui può essere racchiuso in una sola verità: io lo amo.
Con tutta me stessa.
 

 



 

SPAZIO AUTRICE

Buoooooooooooooooongiorno tutto il giorno (?) :3
A distanza di una settimana spaccata, ecco il nuovo capitolo jfsla
In realtà ero un po’ indecisa se pubblicarlo ora, perché, come sempre, pensavo di doverlo
modificare altre mille volte prima di farvelo leggere lol Infatti indovinate un po’?
Sono terrorizzata all’idea di aver scritto una schifezza hahah Voglio dire, non vorrei
aver fatto sembrare tutto una semplice scena di sesso: come vi avevo detto, ho voluto raccontare
questa parte della loro storia perché mi sembrava importante per Mel e Zayn, però
è anche la prima volta che scrivo qualcosa del genere e… e sono una complessata, punto.
Quiiiiiindi, io vi prego in ginocchio di dirmi se ho sbagliato qualcosa D:
A questo proposito, un grazie particolare alla mia Delia, che mi ha sopportato ultimamente lol (loveyou)
E alla gentilissima blondine, che molte di voi conoscono, e che mi ha incoraggiata quando
la mia bassa autostima mi stava facendo andare in pappa il cervello lol
Per il resto non c’è moltissimo da dire…. La storia dei professori e della “condotta” di Melanie
avrà un certo spessore nei prossimi avvenimenti, soprattutto per uno eheheh.
Ah, finalmente sono riuscita a spiegare il significato del titolo di questa storia hahah
Spero solo di essere stata chiara o.o
 
Graaaaaaaaazie a tutte per tutto fjdskla (scusate il gioco di parole)
Non so più che parole usare: sto diventando noiosa e monotona, non è vero? lol
Be’, tanto sapete quanto io vi ringrazi e tenga a voi, quindi per questa volta eviterò di dilungarmi :)
Scusate se questo spazio autrice è un po' corto, 
ma stanno per arrivare 8450713297432 colleghi di mio padre per pranzo
e mia madre reclama il mio aiuto nel preparare tutto :s
 
Un bacione bellezze! A presto fdjsal
 
ps. (Quante di voi si aspettavano il “ti amo” in questa scena? Io ho in serbo qualcos’altro, per quel momento :))
 
 

Quanto cavolo è bella? fjdsal La amo :3

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Capitolo 25
*** You know nothing about him ***




You know nothing about him
 

Avvisto Aaron da lontano e sospiro profondamente, cercando di prepararmi psicologicamente a quello che accadrà fra pochi minuti: sta chiacchierando con Sam, un ragazzo del secondo anno con il quale non sono mai andata oltre il saluto. Questo mi rassicura, quindi avanzo lentamente fino ad arrivare al loro fianco.
Tossicchio, mentre Sam si accorge di me e mi rivolge un sorriso: Aaron spalanca gli occhi e si volta di scatto nella mia direzione, poi si gira verso il suo amico e lo congeda velocemente senza troppe chiacchiere.
“Tesoro!” urla subito dopo, attirando l’attenzione della metà dei presenti e stritolandomi in un abbraccio fin troppo carico di enfasi.
Mi sta soffocando, ma sono sicura che una mia protesta non servirebbe a nulla. Rimane nella stessa posizione, quasi saltellando sul posto, mentre parla: “Come ti senti? Stai bene? E come è stato? Insomma, perché non rispondi?”
La sua eccitazione riguardo quello che è successo tra me e Zayn ieri è tanto assurda quanto divertente: gli ho promesso che gli avrei raccontato tutto, ma non pensavo sarebbe stato così impaziente.
“Perché non respiro. – stento a dire, ridendo – E perché stai parlando solo tu.”
Lui lascia libera una risata, proprio vicino al mio orecchio, poi si allontana e continua a tenermi per le spalle e a guardarmi con i suoi occhi pieni di trepidazione: “Avanti, dimmi tutto!”
Sposto lo sguardo da qualche altra parte, avvampando per il disagio e l’imbarazzo: in realtà, devo ancora accettare l’idea che sia realmente successo. È come se fosse stato solo un sogno e, se ripenso a quei momenti, non posso fare altro che sorridere e arrossire al tempo stesso. Mi sento talmente bene che stento a crederci.
Mi stringo nelle spalle, arricciando le maniche della felpa nei palmi delle mani: “Qui… Nel-nel corridoio? Non mi sembra il caso, ecco.” mi giustifico. So perfettamente cosa significa quando Aaron chiede di sapere tutto: non c’è un solo particolare del quale accetterebbe l’omissione e di certo, per come sono fatta io, non saprei accontentarlo. Non riesco nemmeno a pensare lucidamente allo scorso pomeriggio nella mia testa, figuriamoci doverlo raccontare a qualcun altro.
“Wood, levati di mezzo.” ordina qualcuno con tono beffardo, riferendosi al mio amico. Entrambi ci voltiamo stupiti verso quello che poi appare essere Harry Styles: un sopracciglio alzato in attesa e due suoi compagni che gli stanno impalati di fianco. Aaron non ci mette molto a rispondere.
“Pasticcino, io adoro il tuo culo, lo sai, ma sono convinto che possa passare per i restanti due metri di larghezza dal corridoio.” gli dice infatti, sorridendogli in modo divertito e sprezzante. Ho sempre ammirato questo lato di lui, questo suo saper ignorare qualsiasi  commento: all’inizio pensavo che, sotto il suo comportamento, nascondesse delle ferite, qualcosa che ricordasse gli sfregi subiti, invece niente. Aaron Wood era proprio come lo si vedeva: unico nel suo genere.
Harry scuote la testa, facendo ondeggiare i capelli ricci, mentre i suoi due amici inaspriscono gli sguardi, nemmeno fossero delle guardie del corpo: “Si dà il caso che il mio culo voglia passare di qua e che tu sia d’intralcio. Come sempre, d’altronde. Quindi fammi un favore: sposta il tuo, di culo, o ti fa troppo male dopo l’incontro con uno dei tuoi amichetti?”
Posso percepire Aaron irrigidirsi, proprio come sto facendo io, mentre rabbrividisco a causa del ribrezzo che il ragazzo che ho di fronte provoca in me: “Smettila…” sussurro inconsapevolmente.
Mi rendo conto di aver effettivamente parlato, quando gli occhi di smeraldo di Harry si spostano lentamente nei miei: sono stupiti, incuriositi, ma hanno il potere di intimorire, con la loro bellezza e la loro luce ambigua. Abbasso lo sguardo, pentendomi di aver aperto bocca e in attesa di una qualche offesa.
La voce che arriva alle mie orecchie, però, è quella di Aaron: “Andiamocene.”
Senza dire altro, con la coda dell’occhio lo vedo voltarsi e allontanarsi: per un attimo riporto la mia attenzione su Harry, che sta osservando il mio amico con un’espressione soddisfatta sul volto. Avrei voglia di prenderlo a schiaffi, qui e ora, urlargli di smetterla e di pensare a farsi una vita, piuttosto di interferire in quella degli altri: come poteva essere amica di Zayn, una persona del genere?
“Melanie Clarke… La nuova fiamma di Malik.” esordisce la sua voce, con una sfumatura ironica e a dir poco inquietante, mentre lo vedo passarsi la lingua sulle labbra. Con un gesto del capo, ma con gli occhi ancora fissi nei miei, ordina ai suoi due cani da compagnia di andarsene e loro obbediscono immediatamente, lasciandoci soli.
“Sono curioso: cosa ti ha raccontato del suo passato, per convincerti a stare con lui?” chiede, mozzandomi il fiato. Spalanco gli occhi e deglutisco a vuoto, mentre cerco di non guardarlo.
“Mel!” mi richiama Aaron da lontano: io mi riscuoto, quasi riprendendo a respirare, e mi volto verso di lui. Non so per quale motivo io lo faccia, ma gli rispondo di aspettare: il mio amico non sembra molto convinto, infatti rimane per qualche secondo a guardarmi interdetto, ma, quando io annuisco come per confermare la mia intenzione, lui la accetta di malavoglia.
Inspiro profondamente e ritorno a concentrarmi su Harry: mi sta ancora scrutando, in cerca, forse, di piccoli indizi, di debolezze, e io sono così trasparente da essere una preda più che facile.
Non riesco a parlare, anche perché non saprei cosa dire, quindi resto in silenzio, in attesa di una sua parola.
Perché sento il bisogno di starlo a sentire? Perché percepisco la necessità di avere una conferma o una smentita della fiducia che io ripongo in Zayn? Non basta credergli con tutta me stessa? Per quale motivo sto quasi aspettando che Harry mi sveli una verità che io non conosco? E soprattutto, perché ho paura che quella verità non corrisponda a quella che ho dipinto nella mia immaginazione più e più volte?
“Che c’è? Il gatto ti ha mangiato la lingua?” chiede Styles, imitando una voce intenerita che non combacia per niente con la sua espressione beffarda.
Cerco di trattenere il rossore che minaccia di invadere le mie guance e indurisco il mio sguardo, infastidita anche solo dalla sua presenza: “Cosa… Cosa sai tu?” provo a domandare, sfruttando una punta di quel coraggio che ogni tanto viene a farmi visita.
“Oh, so molte cose. – è la sua lenta risposta, accompagnata da un sorriso sornione – Tu cosa vuoi sapere?”
Tutto, risponde il mio inconscio più profondo.
La mia esitazione nel rispondere viene interpretata da Harry come un invito a parlare: “E va bene. – acconsente, sospirando, come se stesse recitando la parte del buono, di quello che ha l’incarico di distribuire la verità ai comuni mortali – Quello che si dice in giro, il bisogno di soldi per la droga, il povero signor Dambel… Sai, è tutto vero. Dalla prima all’ultima parola.”
Il mio cuore, che fino a pochi istanti fa aveva aumentato il ritmo dei suoi battiti per far fronte alla tensione sempre maggiore, sembra fermarsi improvvisamente solo per ripartire con una velocità superiore, se possibile: il mio respiro si blocca in gola e sento qualcosa, dentro di me, muoversi, quasi lamentarsi.
Ma Harry non mi dà il tempo di pensare alle sue parole, perché si avvicina a me, allungando una mano per spostare una ciocca dei miei capelli dal mio viso, portandola dietro il mio orecchio destro: “Che c’è, non mi credi?” chiede in un sussurro, senza togliersi quel sorrisetto ignobile dal volto. È proprio questo suo atteggiamento, però, a rassicurarmi, perché mi convince a non lasciarmi influenzare dalle parole di un ragazzo che non conosco, che non è degno di rivolgere la parola ai miei amici e che si comporta come se fosse il re del nulla: mi faccio più coraggio, al pensiero di dover resistere alle sue provocazioni, e serro la mascella, quando si avvicina ancora.
Sfiora il mio orecchio lasciato scoperto con la bocca e il mio respiro accelera: “Io ero lì, quella sera.” scandisce bene, prima di tornare a guardarmi negli occhi e mordersi provocatoriamente il labbro inferiore.
Corrugo la fronte, soppesando con meticolosa cura le sue parole: per un attimo la mia integrità vacilla, il mio cuore vede Zayn con occhi diversi e metto in dubbio tutta la mia fiducia riposta in lui. L’attimo dopo, però, la rabbia nei confronti di Harry mi pervade, riscuotendomi e facendomi tornare in me: provo vergogna per aver pensato, anche se solo per un istante, che questo ragazzo mi stesse dicendo la verità con i suoi modi viscidi e discutibili. Per quanto ne so, potrebbe avere tutti i motivi del mondo per cercare di farmi allontanare da Zayn o comunque per voler creare problemi fra di noi.
“Oh, andiamo. – esclama dopo qualche secondo, accompagnandosi con una risata incredula – Ancora non mi credi?”
Schiudo le labbra, indecisa su cosa dire: “Perché dovrei fidarmi di quello… delle cose che dici?” domando, cercando di mascherare il tono insicuro della mia voce.
“Perché io, mia piccola Melanie, potrei raccontarti per filo e per segno cos’è successo quella volta.  Ogni dettaglio.” mi assicura, assottigliando lo sguardo e smorzando il sorriso che non ha ancora mai lasciato del tutto le sue labbra. Ho l’impressione che si sia mosso impercettibilmente verso di me, mentre parlava, ma sono troppo occupata a confrontarmi con le sue parole per farci caso.
Rabbrividisco quando i suoi occhi si velano di un’emozione per me incomprensibile: “Potrei dirti come io e lui ci siamo buttati in quella storia senza pensarci due volte. Come sia stato vedere il tuo adorato Zayn prendere a pugni un innocente signore. Quanto ci sia voluto per farlo smettere e quanto fossimo delusi nel non aver trovato quello che cercavamo.”
Ogni sillaba pronunciata dalla sua lingua tagliente mi ferisce come non dovrebbe: sono qui, davanti a lui, a subire qualcosa che non sono sicura sia la verità, a chiedermi se sia normale pensare che esista una piccola possibilità che lo sia.
“Dovresti credermi, perché, evidentemente, tu non sai un cazzo di lui.” aggiunge, ormai totalmente serio e con gli occhi a inchiodarmi, a disarmarmi con la loro freddezza.
Trattengo il respiro, colpita da quell’insinuazione, ma non riesco a formulare una frase prima che Harry, congedandosi con un cenno della mano, si allontani da me: lo osservo camminare spensieratamente, mentre il chiacchiericcio degli studenti ancora assonnati, intorno a me, torna a inondarmi le orecchie, come se per tutto questo tempo fossi rimasta chiusa in una bolla.
La fugace probabilità che Zayn mi stia mentendo mi ha destabilizzata: il mio petto si alza e si abbassa lentamente, con movimenti ampi, e io chiudo gli occhi per qualche secondo, provando a fare ordine nella mia testa. Senza che io possa farci nulla, gli occhi scuri e rassicuranti di quello che ormai è il mio ragazzo si dipingono nella mia mente: mi mettono a mio agio, pronti  a tranquillizzarmi come al loro solito, nonostante non siano realmente davanti a me, e sembrano volermi ricordare che sono gli unici a poter garantire la propria sincerità. Quasi mi rimproverano, per aver dubitato di loro, della loro sfumatura fuori dal normale, della loro capacità di costituire, per me, un rifugio.
Scuoto la testa e mi guardo intorno, decidendomi a mettere da parte Harry Styles e le sue storie: sono certa che la mia reazione è stata causata solo dal mio non conoscere  la vera storia, qualunque essa sia, e, di conseguenza, ogni informazione che arriva alle mie orecchie è in grado di condizionarmi fino a questo punto.
C’è un piccolo dettaglio, però, che non è trascurabile: io ho piena fiducia in Zayn. Sarà merito dei sentimenti che provo nei suoi confronti o di chissà cos’altro, ma è la verità: quindi sì, ignorerò Harry e quell’ultima frase, che fa molto più male di quanto pensassi, perché è quello che voglio fare, quello che mi viene più spontaneo.
Giusto o sbagliato che sia.
 
“Zayn?” chiamo, chiudendomi la porta della biblioteca alle spalle.
Il silenzio di questo posto mi è sempre piaciuto, ma ora è fin troppo inquietante: mi guardo intorno nella speranza di intravedere dei capelli corvini e degli occhi altrettanto scuri.
“Zayn, ci sei?” riprovo, alzando un po’ la voce, sicura che in questo momento non ci sia nessuno, qui. Solo io e lui potremmo decidere di passare la pausa pranzo in questo posto: a quanto pare, entrambi lo amiamo per motivi diversi. O forse per gli stessi.
Sono impaziente di vederlo, perché stamattina non ce n’è stata l’occasione, ma sono anche spaventata: spaventata perché i ricordi di ieri sono sin troppo vivi in me e perché lo sono anche le maledette parole di Harry, con le quali sto combattendo da un po’ di ore, contro ogni migliore aspettativa.
Percorrendo ancora un paio di metri, mi volto verso la mia sinistra, cercando Zayn su alcune poltroncine quasi mai usate: un gridolino esce dalla mia bocca, però, quando, da dietro, sento un braccio circondarmi il ventre e attirarmi contro qualcuno.
“Eccoti, finalmente.” sento sussurrare sul mio collo, mentre riconosco quel tono di voce e mentre un sorriso si fa spazio sulle mie labbra.
“Mi hai fatto spaventare.” gli assicuro, beandomi della sua stretta sul mio corpo, del delicato bacio che ha lasciato subito sotto il mio orecchio.
“Sei sempre la solita.” dice, voltandomi verso di sé e rivolgendomi un sorriso, uno di quelli in cui inclina più un angolo della bocca rispetto all’altro, uno di quelli che conquista ogni giorno una nuova e sconosciuta parte di me. I miei occhi svettano nei suoi e improvvisamente tutto è al posto giusto: le sue mani su di me, risvegliano piccoli ricordi e vivide sensazioni che mi pervadono fin nel profondo, ma Harry Styles non esiste più. Mi butto nelle iridi di Zayn e mi chiedo come io abbia fatto anche solo a pensare che lui fosse capace di fare qualcosa del genere.
Il bacio che segue le sue semplici parole sembra quasi un ringraziamento per quel pensiero che mi ha rassicurata e io lo accolgo volentieri: non è normale che le sue labbra mi siano mancate dopo un solo giorno di assenza.
Quando il suo viso si allontana dal mio, gli sorrido spontaneamente. Quando le sue dita giocano delicatamente con le punte dei miei capelli, è come se le sentissi ovunque. Quando lo abbraccio, rifugiandomi nell’incavo del suo collo, mi rivedo stretta a lui nel suo letto, vittima indifesa del suo amore.
“Come mai hai scelto di mangiare qui?” gli chiedo, costringendomi a non perdermi in pensieri che in questo momento dovrebbero solo starmi alla larga.
Lui mi scompiglia i capelli, lasciando un bacio tra di essi, e mi sposta delicatamente per potermi guardare in faccia: la sua risposta, però, consiste in una semplice scrollata di spalle.
“Dai, vieni.” dice poi, camminando nella direzione opposta a quella in cui sono io, probabilmente verso il tavolo rettangolare dove più volte ci siamo fermati a parlare, in passato. La mia ipotesi viene confermata, quando lo scorgo a pochi metri da noi, alla fine degli scaffali e con due vassoi della mensa appoggiati su di esso: “Sei riuscito a… rubarli?” domando stupita, sedendomi su una delle sedie scomode. L’immagine delle signore della mensa che rimproverano chiunque cerchi di portare il cibo fuori dalla mensa, appunto, si dipinge nella mia mente: credo che, la nostra, sia l’unica scuola in cui è proibito mangiare da qualsiasi altra parte.
“Con chi credi di avere a che fare?” mi prende in giro lui, imitandomi nei movimenti. Abbozzo una risata, nascondendo a me stessa quanto quel commento mi abbia messo a disagio, visti i recenti avvenimenti.
Mi concentro sul piatto di carne e insalata che ho di fronte, che ispira poco appetito in me, ma, evidentemente, il mio tentativo di mascherare un più profondo turbamento non va a buon fine: “Melanie, cosa c’è?” chiede infatti Zayn, mentre posso sentire i suoi occhi indagatori su di me.
“Eh? N-niente.” farfuglio, stringendomi nelle spalle e stando attenta a non incrociare le sue iridi. Un passo falso e mi ritroverei a giocare a carte scoperte.
“Melanie.” mi riprende, questa volta più seriamente. Il mio nome, pronunciato in quel modo, non è una domanda, non è un invito o una richiesta di spiegazioni: è un semplice “sai che non puoi nascondermi nulla, lo sai benissimo”.
Sospiro e ammetto a me stessa di aver sbagliato strategia: più mi ostino a non guardarlo, più lui capirà tutto. Mi chiedo se avrò mai scampo alla facilità con cui riesce a decifrarmi.
Alzo lo sguardo su di lui, improvvisando un sorriso: “Sono solo stanca. – mento – E non ho ancora digerito la strigliata di mio padre.” In realtà, quest’ultima parte non è una completa bugia: sapevo che lui sarebbe stato meno malleabile, riguardo la telefonata dei miei professori, ma non pensavo che mi avrebbe tenuta circa venti minuti seduta sul divano rimproverandomi una fantomatica cattiva condotta. Le sue pretese sono sempre più pressanti e la sua testardaggine è in grado di farmi innervosire, soprattutto se si ostina a dichiare apertamente il suo odio profondo nei confronti di Zayn, l’ultimo ragazzo con cui avrebbe voluto vedermi mio padre, testuali parole.
I suoi occhi mi scrutano per qualche secondo, facendomi temere di essere stata scoperta: non voglio che lui sappia che, per dei piccoli istanti, ho dubitato della sua sincerità. Non voglio perché ne sono spaventata e perché non saprei come affrontare la situazione che ne deriverebbe.
Non sembra molto convinto, ma la suoneria del suo telefono interrompe questo momento carico di tensione: si riscuote e lo tira fuori dalla tasca dei jeans scuri, per leggere quello che credo sia un messaggio. Chiudo per un secondo gli occhi, respirando profondamente, e mi impongo di tornare a comportarmi normalmente: ho l’impressione di aver scambiato il mio ruolo con il suo, però, quando lo vedo corrugare la fronte e incupirsi.
“Qualcosa non va?” chiedo, curiosa di sapere cosa sia in grado di turbarlo in questo modo. Zayn scuote la testa, non molto deciso, poi alza lo sguardo su di me: “È Andrea: vuole parlarmi.” dice semplicemente, mentre le sue iridi cercano in me i segni di una qualsiasi reazione.
Spalanco gli occhi e boccheggio, per un attimo, stupita dalla richiesta inaspettata: “Parlarti?” ripeto, confusa.
Lui annuisce, ma sembra meno agitato di me a quel pensiero: “Adesso.” precisa.
“Ah…” è il mio commento, appena sussurrato. Avrei dovuto aspettarmi che prima o poi sarebbe ricomparsa.
“Melanie, non sono obbligato ad andare da lei. Anzi, preferisco di gran lunga stare qui, con te.”
Scruto il suo viso, mettendo a tacere la gelosia che ribolle nel mio corpo all’idea di Andrea e di quello che vuole dirgli. Io e Zayn eravamo stati chiari su questo, avevamo stabilito che lui avrebbe potuto starle ancora vicino, e io non posso di certo impedirglielo solo per paura che lei possa fare qualcosa che lo porti via da me: “No… Non fa niente. – dico, stringendomi nelle spalle – Va’ pure, magari ha bisogno di qualcosa.”
“Sei sicura?” domanda, incantando i miei occhi con i suoi, come se volesse assicurarsi di non lasciarsi sfuggire nemmeno il più piccolo movimento.
Annuisco, cercando di convincere anche me, e “Mangeremo insieme domani.” gli assicuro, rivolgendogli un sorriso forzato. Lui aspetta qualche secondo prima di fare o dire qualsiasi cosa, secondo in cui sembra voler prendere la decisione più giusta, poi si alza lentamente dalla sedia, quasi con riluttanza, e si avvicina a me, dall’altra parte del tavolo.
Continua a guardarmi negli occhi, per così tanto tempo che io perdo la lotta contro il rossore delle mie guance e contro l’imbarazzo del poter essere letta come un libro aperto, dal ragazzo di fronte a me: si piega sulle ginocchia, arrivando ad avere il viso alla stessa altezza del mio, e appoggia mi accarezza una coscia, facendomi rabbrividire per quel semplice contatto.
“Sai che ora ci sei tu, vero?” esclama in un sussurro, unendo le nostre mani e intrecciando le nostre dita. Avvicina il dorso della mia mano al suo volto e vi poggia le labbra in un bacio delicato, prolungato: “Solo tu.” ripete sulla mia pelle, quasi volesse imprimerci quella verità appena mormorata.
Lascio che la mia bocca si increspi nell’ombra di un sorriso, specchio del potere che Zayn ha su di me, e  mantengo la stessa espressione anche quando lui si rialza, dopo aver baciato dolcemente le mie labbra. Lo osservo mentre sospira, mentre raccoglie le sue cose e si allontana, avvolto dal maglioncino di lana grigia che profuma sempre di lui, e lo saluto con un cenno della mano quando si volta un’ultima volta a guardarmi, forse alla ricerca di un’ulteriore conferma che io non posso non concedergli.
Perché Harry Styles ha torto quando dice che io non so nulla di Zayn.
Perché la verità è che io non saprò tutto su di lui, ma è  come se, allo stesso tempo, sapessi molto di più: so che per stare con me ha messo da parte una parte della sua vita in cui era profondamente radicato, un modo d’essere che l’ha sconvolto quando se ne è allontanato.
Perché, tra le poche cose che conosco, so che non posso forzare quello che lui sta cercando di essere e che non posso imporgli di far finta che Andrea non sia mai esistita, con tutto quello che ha significato per lui.
Quindi no, non è vero che io non so niente di lui.
 

 



 

SPAZIO AUTRICE/VERONICA CHE STANOTTE NON HA DORMITO UNA CIPPA E ORA È ABBASTANZA NERVOSA
 
Ciaaaaaaaaaaaaaao fhsdkafhsak Sono in anticipo, lo so: il fatto è che
ieri ho finito di scrivere il capitolo e voi sapete che non riesco a tenerli chiusi nel pc lol
E poi sono sicura che a voi non dispiaccia ahahha
Questa volta, prima di parlare di quello che è successo, voglio iniziare con un enorme GRAZIE!
GRAZIE
per tutte le parole gentili che mi rivolgete nelle recensioni, per il tempo
che usate per farlo, per l’affetto che dimostrate per i personaggi e per tutto il resto fdsjhfals
Sappiate che mi rendete non felice, molto di più :3
Bene, smancerie a parte, passiamo al capitolo: è arrivato Harryyyyyyyyyyyyyyyyyyyyy! Wooho!
C’era chi se lo immaginava gay e chi pensava che ci avrebbe provato con Mel:
ebbene, io ho la bocca cucita, ma posso assicurarvi che non è gay e che Mel non è uno dei suoi interessi lol
In compenso però, il suo nome è sinonimo di guai: non sono sicura di averlo descritto come
in realtà è nella mia testa. In fondo è difficile esprimere a parole l’intonazione dellea sua voce o
ogni sua espressione, ma spero di non aver fatto proprio schifo ahhaha In sintesi, Harry ci tiene, a confermare
i pettegolezzi che girano su Zayn:  a questo punto, sono davvero solo pettegolezzi? Inoltre ammette di essere
stato con Zayn, quella notte: Melanie per un attimo gli crede, e come biasimarla? Lei si fida di Malik, ovvio,
ma se ci pensate bene, non sa assolutamente nulla di quanto è successo: solo lei, in mezzo
a tutta quella gente, sembra non credere alle voci che girano; è come se dovesse basarsi solo
ed esclusivamente su quello che Zayn le concede e che è veramente poco!
Voi cosa pensate di questa storia? Avete qualche dubbio? E che impressione vi ha fatto Harry?
Ammetto che, per quanto stronzo, io adoro anche lui (ma dai?) nel suo essere viscido nei modi di fare e beffardo :3
In ogni caso… momento Zelanie: Zayn, ovviamente, si accorge che qualcosa non va in Mel,
ma tutto viene messo in secondo piano quando Andrea fa la sua ricomparsa ehhehe
Cosa vorrà da lui? Ora, voglio precisare una cosa: so che dopo tutto quello che è successo, può
sembrare un po’ strano che Melanie acconsenta così “facilmente” a farli parlare, ma lo sarebbe ancora di più
se glielo proibisse. Insomma, stiamo parlando del complessato Zayn e della sua altrettanto complessata
ex ragazza, che fino a poco fa dipendevano gli uni dagli altri: penso sia più che giusta la sua
decisione di concedere del tempo ad entrambi, per abituarsi alla nuova situazione. O no?
Vabbè, ho parlato troppo ahhaah Fatemi sapere cosa ne pensate!
So che è un capitolo del cavolo, ma d’altronde è la calma prima della GRANDE tempesta,
quindi… PREPARATEVI :3
 
Grazie dell’attenzione fkfsjka Risponderò alle recensioni appena riesco! Un bacione **
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"Perchè io, mia piccola Melanie, potrei raccontarti per filo e per segno cos'è successo quella volta. Ogni dettaglio."


 

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Capitolo 26
*** Go away ***




Go away
 

Stranamente, questa mattina sono riuscita a svegliarmi in tempo per fare una colazione decente, al posto del solito cornetto al volo. La tazza con gli ultimi fiocchi di cereali è una specie di oggetto ipnotizzante per me, mentre continuo a mescolare il tutto con il cucchiaio, nella vana speranza che si raffreddi ancora un po’.
Mia sorella Fanny sta bevendo il suo thè come se non ci fosse un domani, ed Emma, seduta al suo fianco dall’altra parte del tavolo, le sta consigliando di fare con calma, se non vuole sporcarsi i vestiti e far urlare nostra madre.
Papà, a capotavola, ha finito già da un pezzo il suo caffè e, con gli occhiali sottili calati sul naso, legge il solito quotidiano locale, scuotendo la testa di tanto in tanto.
Sbadiglio, annoiata dalla monotona normalità di questa giornata e dall’idea di dover sostenere, forse, l’interrogazione di letteratura: devo ricredermi, però, quando i passi svelti e ravvicinati di mia madre irrompono nella tranquillità della cucina.
“Avete preso voi i soldi sul comò?” chiede a tutti, entrando velocemente nella stanza e guardandoci in trepidante attesa. Tutti alziamo lo sguardo sulla sua figura ancora in accappatoio, compreso mio padre.
“Quali soldi?” domando, ancora addormentata.
“Quelli che teniamo sotto il cofanetto. – risponde lei, riferendosi ai pochi risparmi che i miei genitori conservano in quel posto, in caso dovessero servire per qualche evenienza – Devo andare a comprare il regalo per il matrimonio di mia cugina Ester, ma non ci sono. Qualcuno di voi li ha toccati?”
“Sai che io te lo avrei detto. Controlla meglio.” la rassicura mio padre, con il suo tono di voce fermo.
“Ho già controllato, Ron. – ribatte lei, scocciata da quel consiglio pressocché inutile – Non ci sono.”
“È impossibile.” sostiene lui, grattandosi la testa leggermente brizzolata.
“Melanie, Emma, li avete presi voi?” continua mia madre, avvicinandosi al tavolo.
Scuoto la testa, stringendomi nelle spalle, e mia sorella ribatte: “No. Magari Fanny, per gioco.”
“Fanny nemmeno ci arriva, al comò.” precisa mamma, passandosi una mano tra i capelli, ancora umidi per la doccia.
“Ve lo chiedo per l’ultima volta: non è uno scherzo. C’erano trecentocinquanta sterline su quel comò: dove sono finite?”
“Mamma, non ne ho idea…” le rispondo, sincera, corrugando la fronte sotto le sue accuse.
“Se qualcuno li ha presi ha solo da dirlo: quei soldi non vengono mai spostati da lì, io e vostra madre parliamo di ogni sterlina che togliamo da quel gruzzoletto e, fino a prova contraria, nessun ladro è entrato in casa nostra. Avanti, chi è stato?” esordisce mio padre, posando il quotidiano e togliendosi gli occhiali: le sue iridi scure non preannunciano niente di buono e scrutano ognuna di noi, mentre nella cucina cala il silenzio più totale.
Non so davvero come fare a dire che io di certo non li ho presi e mi sembra assurdo che stiano davvero incolpando noi della sparizione di quei soldi, nonostante sia altrettanto assurda: sposto lo sguardo su mia madre, in piedi e con le mani sui fianchi, e la trovo a guardarmi con gli occhi quasi impauriti da un pensiero nascosto.
“Melanie…” dice poi, avvicinandosi di più a me. Spalanco gli occhi e aspetto un’altra sua parola, curiosa e intimorita: “Che c’è? Non… Non penserete che li abbia presi io?”
“Che ti prende, Constance?” chiede mio padre, stupito quanto me. Lei gli lancia un’occhiata veloce, ma si concentra su di me subito dopo: “Mel, ieri è venuto Zayn qui, no?” domanda, irrompendo in me come un fulmine a ciel sereno. Vorrebbe incolpare lui?!
“Come…”
“Me l’ha detto tua sorella.” mi anticipa, indicandola con un cenno del capo, mentre sento la rabbia nei confronti di Emma ribollirmi dentro: ieri pomeriggio mio padre era a lavoro, mia madre e Fanny erano al centro commerciale e mia sorella è rientrata prima dal suo appuntamento con un ragazzo di cui non vuole dirmi nulla; ha trovato Zayn in casa e, evidentemente, deve aver pensato fosse divertente l’idea di spifferare tutto ai miei genitori, per niente d’accordo a farlo entrare in casa nostra.
“Melanie, è la verità? Pensavo di esser stato chiaro riguardo quel ragazzo.” interviene mio padre, a quanto pare all’oscuro di tutto.
“Emma, sei…” provo a commentare, stringendo i pugni.
“Lascia stare tua sorella, ora. – mi riprende mia madre, con decisione – È stato qui, giusto?”
Mi scontro con le sue iridi, pressocché uguali alle mie, e cerco di regolare il mio respiro, accelerato dal nervosismo e dall’incredulità: “Sì, ma…”
“Allora non mi stupisce che siano spariti dei soldi.” borbotta papà, alzandosi in piedi di scatto e facendo raschiare la sedia sul pavimento.
“State davvero pensando che sia stato lui?” chiedo, sbalordita e quasi oltraggiata.
“E perché non dovremmo? Ti ricordo che non lo precede una bella fama e tu hai anche il coraggio di portarlo in casa nostra di nascosto: ovvio che i soldi siano scomparsi senza bisogno di un furto in grande stile, quando ci pensa già nostra figlia a facilitare l’impresa ad un ladruncolo da quattro soldi!”
Boccheggio, allarmata dall’alto tono di voce con cui vengono pronunciate le accuse contro Zayn: i miei occhi sono sbarrati, arrabbiati, confusi.
“Smettila, di parlare di lui come se fosse la feccia di questa terra! Non lo conosci, non sai niente di lui! E non siete nemmeno sicuri che quei soldi siano davvero scomparsi! Potreste averli spostati e magari esservene dimen…”
“Smettila tu, di alzare la voce con noi! Non ti permetto di difendere un ragazzo qualunque, rispetto alla tua famiglia! – tuona mio padre, sbattendo una mano sul tavolo, mentre Fanny comincia a piangere – Guarda in faccia l’evidenza una volta tanto.”
“Mel, non pensare che a noi faccia piacere ipotizzare una cosa del genere. – interviene mia madre, come per placare gli animi di entrambi – Però le cose stanno così: due giorni fa i soldi c’erano, li ho messi io stessa sul quel comò. Non abbiamo avuto ospiti da allora, se non quel ragazzo, e non ci sono segni di scasso sulle nostre porte: come puoi non avere il dubbio che sia stato lui, ieri? Magari quando si è assentato per andare in bagno, o quando l’hai fatto tu. Non ci vuole molto per entrare in una stanza e frugare dappertutto.”
Il cuore sta rimbalzando con troppa energia contro la mia cassa toracica, tanto da farmi temere che possa uscirmi dal petto e finire nella tazza di cereali che ho davanti, la stessa tazza su cui il mio sguardo perso si è appena posato: non riesco a rispondere al discorso di mia madre, perché sono troppo impegnata a pensare, a ragionare, a confrontarmi con l’impossibile.
Inspiro profondamente mentre mio padre dice qualcos’altro, che io non mi preoccupo di ascoltare, e cerco di ignorare il pensiero che ha appena attraversato la mia testa, sconvolgendo tutto dentro di me: se Harry mi avesse detto la verità, se tutta la scuola stesse dicendo la verità, se Zayn avesse davvero un passato del genere, vorrebbe dire che…
Scuoto la testa velocemente, imponendomi di pensare lucidamente, di non fare nulla di avventato: abbandono la schiena sulla sedia, mentre osservo Emma portare via mia sorella Fanny, in lacrime per chissà cosa.
“… insomma, devi parlare con lui.” sono le ultime parole di mio padre, le ultime di un lungo discorso in cui di sicuro ha ribadito la sua poca fiducia nei confronti di Zayn. E la mia, di fiducia? Che fine ha fatto?
La sento ancora, la sento nelle vene, in ogni cellula, ma è debole, affaticata: è costretta in spazi sempre più piccoli mentre io sono obbligata a far fronte ad un’eventualità dalla quale non posso nascondermi. I fatti sono fatti, le possibilità esistono e io non posso più sopportare tutto questo.
Mi alzo di scatto dalla sedia, mettendo a tacere le parole sovrapposte dei miei genitori, che ora mi guardano stupiti, e mi precipito fuori dalla stanza, alla ricerca del mio zaino e del mio giubotto: li sento seguirmi, farmi delle domande, ma io ho solo bisogno di scappare da questa casa e dalle loro accuse.
Senza dire una parola, esco dalla porta e inizio a camminare velocemente: vorrei che, insieme alle calorie che brucio nel muovermi, potessi eliminare anche questo disagio che sento nel profondo.
 
Sobbalzo per lo spavento, quando sento un clacson suonare più volte: mi guardo intorno, ricercandone la causa, ma quello che vedo mi coglie alla sprovvista. Zayn mi sta aspettando in macchina, sorridendo e salutandomi con un cenno della mano, fermo all’angolo del mio quartiere, proprio come mi aveva promesso di fare ieri per evitare che i miei genitori lo vedessero e si lamentassero. Mi ero dimenticata della sua proposta di accompagnarmi a scuola.
Mi fermo, deglutendo a vuoto mentre il mio petto stenta a seguire il ritmo dei miei respiri: non posso scappare, come vorrei fare, quindi devo solo continuare a camminare e rimanere calma, allontanare il turbamento per far spazio ad una maggiore lucidità.
Sono sicura che non potrei nascondere quello che mi sta divorando dall’interno, all’occhio attento di Zayn: quindi, mentre mi dirigo verso la sua macchina, tengo lo sguardo basso e cerco di racimolare del coraggio per chiedergli spiegazioni, per chiedergli un aiuto per uscire da questo immenso disordine di idee.
Apro lo sportello dopo aver stretto per un secondo interminabile la maniglia scura, poi sospiro mentre mi siedo al posto del passeggero, posando lo zaino ai miei piedi.
“Hei…” sussurra Zayn in tono interrogativo, probabilmente a causa del mio non parlare e guardare le mie mani raccolte in grembo. Posso già immaginarlo con la fronte corrugata, a scrutarmi: vorrei che questa giornata fosse solo uno scherzo, perché per niente al mondo vorrei dover dubitare del ragazzo che amo.
Quando noto con la coda dell’occhio la sua mano destra avvicinarsi al mio braccio per accarezzarlo, chiudo gli occhi per qualche secondo: sono sicura che se mi dovessi affidare solamente alle sensazioni che provo quando lui mi sfiora, non troverei il coraggio né la voglia di fare quello che devo. Eppure non ho via di scampo.
“Zayn… - balbetto, ispirando profondamente e sfruttando un’istintività data solo dalla voglia di sapere che mi sto sbagliando, che lui non ha fatto nulla – Puoi… Puoi raccontarmi quello che è successo prima che tu andassi via da qui?” chiedo infine, ritrovandomi a pregare infinite divinità affinché riceva la risposta che desidero.
“Perché questa domanda? – ribatte invece Zayn, con un tono di voce stupito e nettamente più integro rispetto al mio, appena mormorato – Cosa succede?”
Schiudo la bocca, alzando lo sguardo sul parabrezza e sulla strada deserta di fronte a noi, poi lo sposto su di lui: lo trovo a guardarmi con un’espressione confusa, ma indecifrabile come sempre.
“Dimmelo, per favore.” ribadisco, quasi pregandolo in silenzio.
I miei occhi, come previsto, mi ingannano, rivelando il mio stato d’animo, infatti Zayn non sembra intenzionato a raccontarmi nulla; non ancora, spero: “Melanie, che diavolo sta succedendo?” chiede di nuovo, girandosi meglio verso di me e appoggiando una mano sul voltante, mentre la sua gamba destra si piega sul sedile.
Mi chiedo come io debba interpretare questa sua riluttanza nel parlare: forse è solo l’agitazione, risultato del discorso di poco fa con i miei genitori, a farmi essere così paranoica; forse è la paura o forse è quella piccola parte di me che per tutto questo tempo ho ignorato nel migliore dei modi.
Per qualche secondo, forse un minuto buono, l’abitacolo rimane immerso nel silenzio, mentre io riordino le mie idee cercando di ignorare lo sguardo insistente di Zayn su di me: “Qualche giorno fa ho parlato con… con Harry…”
“Harry? Harry Styles?” ripete lui, incredulo, attirando la mia attenzione sul suo viso, contratto da un’espressione sbalordita.
Annuisco debolmente: “Lui mi ha detto che voi… Che era con te, quella notte. Mi ha confermato… sì, insomma, mi ha confermato le voci che girano sul tuo conto.” confesso, venendo assalita dal disagio causato dall’assurdità di quelle parole.
Zayn scuote la testa, sorridendo e sedendosi meglio sul sedile, pronto a mettere in moto l’auto: quando sento il rombo del motore, sto ancora studiando la sua reazione, accompagnata da un “Non ci posso credere.” appena mormorato.
“Zayn…” provo a dire, senza in realtà sapere quale frase far uscire dalla mia bocca. È tutto troppo confuso.
“Che c’è?” mi interrompe lui, appoggiando entrambi i polsi sul volante e voltandosi verso di me: i suoi occhi, ora, sono completamente diversi. La rabbia e la delusione albergano in quei pozzi neri.
“Hai avuto quello che volevi, no? La risposta ai tuoi dubbi. Be’, spero che tu ed Harry diventerete ottimi amici, tanto avete già qualcosa di cui parlare.” dice duramente, con l’ironia che a volte tira fuori quando è sul punto di arrabbiarsi sul serio.
“Perché te la prendi tanto? Non… non ho detto di avergli creduto: ti ho solo chiesto di dirmi la verità.” cerco di spiegare, per niente pronta ad affrontare un litigio del genere. Probabilmente, però, nemmeno lui lo è.
“Se tu non gli avessi creduto, a quest’ora non mi staresti parlando in questo modo.” sono le sue parole, pronunciate con rancore e delusione, la stessa che traspare dal suo sguardo.
Per qualche secondo mi concentro sul mio respiro, lasciando che l’unico rumore ad avvolgerci sia quello del motore malandato della vecchia auto su cui ci troviamo: le sue parole mi hanno colta alla sprovvista, forse solo perché non sono tanto lontane dalla realtà.
“Che ti prende, Melanie? – chiede in un sussurro, scuotendo la testa con gli occhi fissi su un punto indefinito del cruscotto, poi si volta nella mia direzione – Perché ti comporti come se io ti avessi mentito? Fino a pochi giorni fa mi hai ripetuto quanto ti fidassi di me, mi hai appena assicurato di non aver preso sul serio le parole di Harry: allora cos’è che ti ha portata a questo? Si vede lontano un miglio, che c’è dell’altro.”
Spalanco gli occhi e trattengo il fiato: come sempre, ha saputo toccare il mio punto debole, quello che le mie insignificanti iridi non hanno mai imparato a nascondere, nemmeno in altre circostante; come posso raccontargli quello che è successo in casa mia stamattina? Come posso fargli capire che le mie domande non vogliono essere un’accusa, ma una richiesta d’aiuto? Che ho bisogno di una risposta solo per poter mettere a tacere quel tarlo che i miei genitori hanno depositato in me e che, in coppia con Harry Styles, sta attaccando la mia fiducia nei suoi confronti in modo spietato, mettendo a dura prova la mia resistenza?
Abbasso lo sguardo, con gli occhi lucidi per la tensione e per le parole che dovranno uscire dalla mia bocca. Quello che più mi dà il tormento è la possibilità di deluderlo o di ferirlo.
Zayn aspetta in silenzio, ma sono sicura che, se mi concentrassi un po’ di più, riuscirei a sentire il suono dei suoi denti che spingono gli uni contro gli altri, a causa della mascella stretta per la rabbia, per l’impazienza. Se mi concentrassi un po’ di più su di lui, forse riuscirei ad ignorare il battito troppo forte del mio cuore.
“Sono… sono spariti dei soldi, in casa mia. – sussurro, con ancora lo sguardo fisso sulle mie mani – I miei conservavano trecentocinquanta sterline, nascoste sotto un cofanetto, in camera loro. Due giorni fa c’erano, ora… Ora sono scomparsi.” Non riesco ad incontrare i suoi occhi, perché ho paura di notare dei cambiamenti nel loro sguardo: ho paura di scoprire, sul suo volto, un’espressione colpevole.
Aspetto in silenzio che dica qualcosa e solo dopo qualche secondo lo sento parlare: “Non capisco…” dice lasciando in sospeso la frase, cogliendomi alla sprovvista. Sposto velocemente lo sguardo su di lui, nonostante fino ad un attimo fa non ne avessi il coraggio, e rimaniamo a guardarci come se nessuno avesse aperto bocca: io alla ricerca di un indizio che mi faccia capire a cosa stia pensando, lui forse impegnato a fare lo stesso.
Non mi va di pronunciare a voce alta quell’accusa insensata che vaga nella mia testa, ma è come se aleggiasse nell’aria, intorno a me: Zayn, infatti, la coglie al volo. Assottiglia lo sguardo, corrugando la fronte e sbattendo più volte le palpebre: “Stai accusando… me?” domanda lentamente, come se gli costasse un grande impiego di energie dover dire qualcosa del genere.
“N-No, io… - chiudo gli occhi, respirando velocemente e provando a nascondermi dallo sguardo di Zayn, davvero troppo carico di delusione perché io possa sopportarlo – Ho solo bisogno che tu mi dica la verità, io…”
Un movimento improvviso di Zayn interrompe le mie parole, vittime della mia agitazione: non mi guarda più, concentrandosi sulla strada, mentre parte senza aprire bocca un’altra volta. Il suo piede pesa sin troppo sull’acceleratore e io sono sicura che il suo silenzio sia solo l’inizio. Inspiro profondamente, osservando il suo viso teso e furioso, le sue nocche bianche a causa della forza con cui sembra voler stritolare il volonte, la linea della sua mascella, mai stata così dura, i suoi occhi ancora assonnati, ma costretti a svegliarsi sempre di più per affrontare tutto questo.
“Zayn…” mormoro, rabbrividendo per lo sforzo di trattenere le emozioni dentro di me. La sua reazione, però, è la semplice assenza di risposta: una condanna, per me.
 
“Scendi.” ordina duramente, una volta parcheggiata l’auto davanti scuola: è la prima parola che pronuncia da quando mi ha chiesto se lo stessi incolpando di aver rubato in casa mia, nonostante io abbia più volte provato a parlargli. Sobbalzo, quando lo sento chiudere lo sportello con troppa forza, e mi muovo lentamente per seguirlo: quando tocco piede sul marciapiede, lo vedo camminare verso l’edificio scolastico, con il telefono all’orecchio.
Accelero il passo, cercando di raggiungerlo e di capire chi stia chiamando: “Esci, subito. Ti aspetto nel cortile sul retro.” sono le sole parole che escono dalle sue labbra increspate, senza che la persona dall’altro capo della cornetta, chiunque sia, abbia il tempo di rispondere.
Zayn non ha intenzione di rallentare e ogni suoi passo sembra comprenderne due, dei miei, mentre io gli sto dietro quasi con la paura di arrivargli troppo vicino: lo seguo nel cortile sul retro, senza sapere cosa aspettarmi, e mi fermo quando lo fa anche lui, a circa due metri da me. Intorno a noi non c’è nessuno, dato che le lezioni sono iniziate poco fa, ma sono addirittura arrivata a sperare che compaia qualcuno, come se la compagnia potesse salvarmi dall’ira di Zayn, la stessa ira che so che farà la sua comparsa in pochissimo tempo.
Lo osservo camminare avanti e indietro, con la testa bassa e le mani nelle tasche del giubottino di pelle nero: io mi stringo nel mio, sicuramente più pesante e accogliente, e cerco un modo adatto per parlargli, per rassicurarlo, ma sono costretta a distogliere lo sguardo da lui, perché sento la porta antipanico aprirsi.
Entrambi alziamo gli occhi sul nuovo arrivato e il fiato mi muore in gola, quando riconosco Harry: inconsapevolmente, faccio qualche passo verso Zayn, mentre il ritmo del mio cuore riflette la mia confusione, la mia paura.
“Guarda un po’ chi abbiamo qui!” esclama Harry, attirando la mia attenzione: si sta avvicinando a noi, con le braccia aperte e un sorriso divertito sul volto, come se per molto tempo avesse aspettato solo l’arrivo di  questo giorno.
“Che bello rivederti, piccola Melanie.” mi saluta, lanciandomi un’occhiata loquace. Io abbasso lo sguardo, spostandolo sui pugni chiusi di Zayn, un passo più avanti e a sinistra rispetto alla mia posizione. Le mie guance arrossate non saranno vittime di Harry, non ancora.
“Cosa le hai detto?” gli domanda Zayn, con un tono di voce che non è pronto ad accettare nient’altro se non una risposta chiara e veloce. Una risposta che, evidentemente, non avrà facilmente.
“Non so di cosa tu stia parlando.” risponde infatti il riccio, scuotendo la testa e assumendo un’espressione quasi oltraggiata. Sento il respiro pesante di Zayn e lo confronto con il mio, così irregolare e spaventato da apparire ridicolo.
“Non fare il coglione. – gli intima, avvicinandosi a grandi passi a lui – Rispondimi.”
Anche io faccio un passo avanti, nel rendermi conto della ridotta distanza che li separa: “Avanti, amico…” esclama Harry sorridendo – di nuovo - e calcando quell’ultima parola.
“Che cazzo le hai detto?!” urla Zayn, afferrandolo per il maglioncino bianco e sbattendolo contro il muro alle loro spalle. Mi porto una mano davanti alla bocca, ,spalancando gli occhi, mentre osservo la scena a pochi metri: Harry, con i suoi pochi centimetri di altezza in più, guarda il suo vecchio amico  dall’alto in basso, con aria beffarda e con le mani troppo grandi sui suoi pugni, chiusi intorno alla sua maglia.
“La verità.” risponde lentamente, guardandomi per un secondo, come se volesse darmi un’ulteriore conferma. Le sue iridi, anche da lontano, sfoggiano sfacciatamente tutta la loro superbia, l’assoluto sprezzo per il pericolo o per qualsiasi cosa che potrebbe danneggiare il loro padrone: le sue iridi, anche da lontano, sono in grado di farmi congelare il sangue nelle vene.
Corro verso di loro urlando il nome di Zayn, quando lo vedo tirare un pugno in pieno viso ad Harry, che rimane per qualche secondo con il capo basso, forse stordito dal colpo appena ricevuto: i miei occhi saettano dall’ uno all’altro ripetutamente, mentre loro tornano alla posizione di poco prima.
Il riccio viene sbattuto di nuovo contro il muro: “Sei solo un pezzo di merda. – sibila Zayn, continuando a stringere il suo maglioncino – Potrei dire cose su di te che farebbero crollare tutto quello che ti sei costruito intorno con tanto impegno.” lo minaccia, avvicinandosi al suo viso. Inizio a dubitare che Harry abbia un’altra espressione, oltre quel ghigno onnipresente, nonostante la pelle intorno al suo occhio destro sia diventata più rossa, nonostante sia con le spalle al muro: mi chiedo, per l’ennesima volta, cosa sia successo in passato tra di loro che possa averli portati a questa situazione; cosa stia effettivamente succedendo ora, sotto il mio sguardo, dato che, evidentemente, c’è dell’altro oltre la semplice apparenza.
Inoltre, non riesco a capire se Zayn stia reagendo così per una scomoda verità venuta a galla o per l’ennesima menzogna da parte di Harry. E questa è la cosa peggiore.
“Ma non lo farai mai, non è vero? - chiede il riccio con fin troppa sicurezza, come se non avesse nemmeno l’ombra di un dubbio – Non ne avresti le palle.” continua, sprezzante, assottigliando gli occhi rischiarati da un raggio di luce.
Per un attimo, un solo millisecondo, tutto, in questo cortile, sembra fermarsi. Persino il mio dannato respiro.
L’istante dopo, però, io sto chiamando di nuovo il nome di Zayn, che ha ripreso a colpire il viso di Harry più e più volte, e quest’ultimo si accascia sempre di più a terra, senza difendersi o contraccambiare i colpi.
“Zayn, fermati!” urlo, arrivandogli vicino e afferrandolo per le spalle, nella vana speranza di farlo smettere. Lui, con un movimento incurante, mi scrolla via, afferrando di nuovo Harry per il maglioncino e premendo su di lui, schiacciandolo a terra: il viso del ragazzo sotto di lui è contratto in una smorfia di dolore, un dolore che però non può essere tutto lì. Sembra rassegnato, impassibile agli scossoni che riceve.
“Ti prego, Zayn…” mormoro, quasi senza accorgermi del mio tono di voce rotto dai pochi singhiozzi che stanno accompagnando le prime lacrime a bagnarmi le guance. Una mano davanti alla bocca e la paura negli occhi: paura per Harry, nonostante non se la meriti, paura delle conseguenze, paura… Paura di uno Zayn diverso. Sembra stia sfogando tutta la sua ira su di lui, come se volesse scaricare ogni fibra di rabbia dal suo corpo e riversarla su qualcun altro, e io non l’ho mai visto così. Per un attimo lo immagino nella casa di quel signore, in una scena simile, e sono costretta a fuggire da quella idea.
Trattengo il respiro, quando entrambi si immobilizzano: uno con il pugno sospeso in aria, l’altro con gli occhi chiusi, in attesa.
“Non ne vale nemmeno la pena.” sussurra Zayn con disgusto, alzandosi poco delicatamente dal ragazzo sotto di sé e passandosi il dorso della mano sulla bocca: gli occhi ancora fissi su Harry, che geme qualcosa, portandosi una mano sulla mascella su cui scorre un rivolo di sangue.
Il mio sguardo è incollato solo sul moro, in piedi di fronte a me, con il fiatone a smuovere ampiamente il suo petto: trattengo un singhiozzo e attiro la sua attenzione, involontariamente. Quando i suoi occhi si spostano su di me, ogni cellula del mio corpo rabbrividisce, si pietrifica e scalpita allo stesso tempo, come se l’occhiata che mi ha lanciato mi stesse bruciando fin nel profondo: non potrei interpretarla, o meglio, vorrei non poterlo fare, dato che tutto quello che riesco a leggerci è pura rabbia.
Un secondo dopo, Zayn mi supera, camminando velocemente verso la strada: io lo guardo per qualche istante, annebbiata da tutto quello che è successo nel giro di nemmeno un’ora. Con la coda dell’occhio vedo Harry cercare di alzarsi, lentamente e a fatica, mentre continua a massaggiarsi il viso, non più perfetto come poco prima: “Stai scappando, di nuovo!” urla, non soddisfatto.
L’altro, a quelle parole, si volta verso di noi e si avvicina a grandi falcate: “Chiudi quel cesso di bocca!” grida in risposta, mettendo in evidenza le vene del collo e obbligandomi a piazzarmi davanti a lui, per evitare che lo raggiunga per la seconda volta. Le mie mani sono sul suo petto a tenerlo fermo, per quanto la mia forza non sia paragonabile alla sua, e i miei occhi sono chiusi, mentre Zayn continua: “Tu mi devi tutto! Ogni giorno che stai vivendo, ogni passo che fai all’aria aperta!”
“Che aspetti a riprenderti tutto, allora? – ribatte Harry, senza mostrare alterazioni nel suo tono di voce roco e beffardo – Forse non ne sei capace?”
Sono costretta ad abbracciarlo, a circondarlo con le mie deboli braccia e a stringere il suo giubotto tra le mani, perché il passo in avanti che ha fatto era troppo minaccioso: “Sei solo patetico. – risponde Zayn a denti stretti, quasi stesse cercando di controllarsi – Prima o poi qualcuno ti toglierà quel sorrisetto di merda dalla faccia. E io non ci sarò.”
“Non esserci è la tua specialità.” sibila l’altro, questa volta quasi con disprezzo.
Sento i muscoli di Zayn contrarsi e il suo respiro accelerare ancora di più, così porto le mani alla  base del suo viso, abbassandolo verso il mio, per distogliere la sua attenzione da lui: “No.” riesco a sussurrare, scuotendo velocemente la testa. Lui mi ascolta, fissandomi per un secondo con le sue iridi torbide e irrequiete, ma con un gesto veloce scansa le mie mani e si volta per andarsene, di nuovo. Harry dice qualcos’altro e io smetto di ascoltarlo.
“Dove stai andando?” urlo, muovendo i primi passi verso Zayn e accelerando sempre di più, in modo da raggiungerlo prima che riesca a salire in macchina.
“Lasciami in pace.” sono le sue semplici parole, sibilate mentre si gira verso di me senza fermarsi, indicandomi con l’indice della mano sinistra: corrugo la fronte, asciugandomi delle lacrime ribelli dalle guance, e continuo ad avvicinarmi a lui, decisa  a non lasciarlo andare così, in questo stato e senza aver prima parlato.
“Fermati.” lo prego, con la voce che mi viene meno.
“Vattene, Melanie.” ordina di nuovo, tirando le chiavi dell’auto fuori dalla tasca stretta dei suoi pantaloni scuri. Improvvisando una piccola corsa, riesco ad afferrare il suo braccio, mentre l’occhio mi cade sulla mano destra, leggermente arrossata per i pugni scagliati fino a poco fa: Zayn si ferma, girandosi a guardarmi con le labbra serrate e, apparentemente, sul punto di parlare o urlare.
“Perché cazzo mi stai seguendo? – grida infatti, avvicinandosi di un passo a me – Fino ad ora sei stata con un bugiardo, no? Un fottuto ladro che ha avuto il coraggio di fregarti dei soldi da sotto il naso!”
“Non ho mai detto questo!” lo interrompo, alzando la voce, come se, così facendo, potessi fargli capire quello che sto provando, quello che non riesco ad esprimere a parole.
“Non lo hai detto, ma lo hai insinuato! Non hai fatto altro che ripetermi quanto credessi in me, solo pochi giorni fa ti sei concessa a me - abbiamo fatto l'amore, Melanie! - ed ora sei qui ad accusarmi di cose senza senso; quindi risparmiami le tue scuse del cazzo e passati una mano sulla coscienza: chi è stato il bugiardo, tra noi?!”
Trattengo il respiro a quelle parole, perdendomi per un attimo nei suoi occhi iniettati di rancore, e la mia mano lascia la presa sul suo braccio: la sua pelle calda quasi mi ustiona.
Le parole che vorrei dire o urlare sono tutte bloccate in una parte troppo profonda di me, per essere raggiunte, e Zayn se ne sta già andando via senza aprire di nuovo bocca, senza guardarmi un’altra volta, nemmeno per sbaglio.
Mi passo una mano tremante tra i capelli, guardando la sua auto allontanarsi velocemente lungo la strada, e, solo quando scompare dietro l’angolo del quartiere, torno a respirare, anzi, a boccheggiare alla ricerca di aria: le lacrime tornano nei miei occhi, più insistenti e irrefrenabili di prima, più dolorose che mai, mentre tutto sembra crollarmi intorno.
Mi nascondo il viso con le mani, nel sentire qualcuno correre lungo il marciapiede su cui mi trovo e imprecare per il ritardo: il suono dei miei singhiozzi, però, non mi impedisce di sentire quel qualcuno fermarsi all’improvviso e pronunciare il mio nome.
Mi volto di scatto, con la vista appannata e il cuore in frantumi che si sforza di battere pur di non lasciarsi andare al dolore: Becka mi sta di fronte, con lo zaino su una spalla e il maglione di lana spessa infilato in malo modo, forse a causa della fretta. Se lo sistema mentre mi guarda sconcertata e confusa, ma non si fa problemi ad accogliermi tra le sue braccia quando mi fiondo su di lei, incastrando il viso nel suo collo, respirando il suo profumo in cerca di un rifugio, di un riparo.


 



 

ANGOLO AUTRICE CHE IN TEORIA DOVREBBE STUDIARE PER GLI ESAMI
 
Lo so, lo so: sono moooooooooolto in anticipo! Però, la bella Caterina – aka malpensandoti
domani parte, quindi pubblicare il capitolo oggi mi è sembrata una buona idea
(Spero di essermi fatta perdonare per quelle foto ahahah)!
Hoooooowever: ecco la tempesta di cui parlavo u.u Ci sono un po’ di cose da dire,
quindi cercherò di andare con ordine lol Sono passati un paio di giorni dallo scorso capitolo
(per chi se lo sta chiedendo, dell’incontro tra Andrea e Zayn si parlerà tra poco) e in casa
Clarke sono spariti dei soldi: spero che sia abbastanza chiaro il perché i genitori incolpino Zayn
- ecco perché vi avevo detto che la telefonata dei professori avrebbe contribuito a qualcos’altro –
e in effetti i fatti sono quelli: secondo voi è stato lui?
Melanie è a dir poco confusa, divisa tra l’amore per Zayn e delle circostanze “sospette”:
decide comunque di chiedergli spiegazioni, senza incolparlo, ma riferendogli quello che è successo.
Ovviamente la sua reazione non è delle migliori, tanto che la porta a scuola e chiama Harry!
Oh, il mio Harry: ho visto che a molte di voi è piaciuto e ne sono davvero contenta jgkljhds
Comunque, il loro incontro parla da sé e io vi consiglio di studiare bene le loro parole,
quello che l’uno rinfaccia all’altro! Zayn è parecchio incazzato e magari qualcuna di voi
potrà pensare che abbia esagerato, però, come sempre, vi dico che ogni suo comportamento
ha una spiegazione :) Resta solo da vedere se si sia tanto arrabbiato perché Harry ha detto la verità
o perché ha detto una marea di bugie! E io non vedo l’ora di ascoltare le vostre ipotesi fjdkshaslk
Ah, per la parte finale: spero di essere riuscita a prensentare in modo chiaro perché
Zayn sia su tutte le furie con Melanie! Se non è così, scrivetemi sdjafsalk
Mel in questo capitolo è un po’ smarrita, ma d’altronde deve far fronte alla possibilità che il suo
ragazzo abbia rubato dei soldi in casa sua, abbia mentito pe molto tempo, senza contare
la rissa con Harry e le parole di Zayn: direi che, poverina, ha abbastanza a cui pensare hahahah
Aaaaaaaaaah dimenticavo: è tornata Becka dfkjsal Ovviamente le cose tra di loro non torneranno
subito alla normalità, ma è comunque un segno del legame che le lega, nonostante tutto :)
 
Ok, ho parlato troppo, come sempre D: Spero che il capitolo vi sia piaciuto fjsdakl
Ho già detto che amo scrivere di litigi, non è vero? hahah Davvero, fatemi sapere
cosa ne pensate, perché ci tengo :) Credo che nello scorso capitolo io abbia sbagliato qualcosa,
quindi cercherò di fare sempre meglio, perchè non so... mi siete sembrate diverse (?) :)
Grazie di tutte ragazze, siete fantasticherrime fjdksla
Un bacione <3
 
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Capitolo 27
*** I got you ***




I got you
 

Cammino lentamente e con le mani in tasca, godendomi la temperatura nettamente più mite che sembra voler accompagnare l'arrivo di Marzo: il pallido sole continua ad illuminare il mio volto, riscaldandolo teneramente, quasi volesse rassicurarmi.
Sono quasi arrivata, ma qualcosa dentro di me vorrebbe che mancassero ancora delle ore di cammino, interi chilometri da percorrere: sto mettendo un piede davanti all’altro quasi meccanicamente, perché i pensieri che mi ronzano in testa sono troppo opprimenti per lasciarmi la possibilità di concentrarmi su altro.
Inspiro a pieni polmoni, chiudendo le palpebre, e alzo la testa come per farmi coraggio: i miei occhi, alla ricerca del loro soggetto preferito, vagano agitati sul piccolo viale in cui faccio i primi passi. I ciottoli di pietra, di diverse tonalità di grigio, sono disposti senza un ordine preciso in una stradina di non più di tre metri di larghezza: è fiancheggiata da alti alberi con spesse foglie scure che, per la loro quantità e grandezza, impediscono al sole di raggiungermi, facendomi sentire quasi più sola, indifesa. Sulla mia sinistra, ogni quattro o cinque alberi, ci sono delle panchine in legno chiaro, rovinato dal tempo e dall’usura: di Zayn, però, non c’è traccia.
Mi fermo, guardandomi intorno, e decido di sedermi sulla panchina che ho di fianco, in attesa del suo arrivo: posso ancora percepire i brividi che ho sentito quando ho letto il suo messaggio, il suo invito a vederci. Poche parole essenziali, fin troppo, a dir la verità, dato che sono le uniche che mi rivolge da quando ci siamo visti l’ultima volta: oggi è sabato, sono passati due giorni, e le mie chiamate e i miei tentativi di avere un chiarimento con lui sono stati bellamente ignorati, almeno fino ad ora. Non saprei nemmeno descrivere il mio stato d’animo in questo momento, né quello degli ultimi giorni.
Dei passi non molto lontani attirano la mia attenzione, provocando uno scalpitio nel mio cuore: alzo lo sguardo e lo sposto alla mia destra, dove avvisto Zayn avvicinarsi lentamente a me, con le mani nelle tasche dei jeans neri e i capelli di pece più disordinati del solito. Trattengo il respiro nel trovarmi di nuovo di fronte il suo viso, nell’incrociare di nuovo il suo sguardo: raddrizzo la schiena, schiudendo le labbra come se stessi per pronunciare il suo nome, ma non faccio altro, completamente rapita dalla sua figura in piedi davanti a me.
Zayn non dice nulla: il suo sguardo si è perso per un attimo nel mio, quasi beffandosi di me nel dimostrarmi che non è intenzionato a rivelare nemmeno la millesima parte di quello che nasconde, e io ho dovuto deglutire della saliva inesistente, per mandare via anche il groppo in gola che ho sentito. Lui si siede sulla panchina, ben distante da me, facendomi chiedere se quella distanza corrisponda anche a quella che si è creata tra di noi, facendomi temere che sia esattamente così: lo guardo attentamente mentre si accende una sigaretta, scrutando i suoi occhi farsi sottili mentre aspira del fumo, e aspetto in silenzio, anche se non so cosa.
Sento il suo profumo invadermi le narici, riempire i miei polmoni, soffocare il mio cuore in una morsa, paralizzando ogni valvola e ogni atrio o ventricolo: lo sento mischiarsi all’odore delle sigarette, trasformarsi in quello che è davvero il suo profumo, un misto particolare che non saprei descrivere a parole.
Le mie mani sono strette tra di loro, stanno fremendo, quasi fossero in grado di parlare e non aspettassero altro: eppure io non riesco ad aprire bocca, perché la solo presenza di Zayn, il suo essere così distaccato, mi stanno torturando lentamente, non lasciandomi via di scampo.
Abbasso il capo, riportando lo sguardo davanti a me e lasciando che i miei piedi si incrocino senza toccare terra: rimango così per qualche secondo o forse minuto, ad ascoltare il fumo che entra ed esce dalla sua bocca, che riempie quella voragine che si è formata tra di noi e che non mi sento in grado di riparare.
Un piccolo raggio di sole si fa strada tra le fronde degli alberi e trova la mia mano, illuminandola solo in un piccolo cerchio: apro il palmo e lo richiudo, come se potessi afferrarlo, come se potessi incorporare il coraggio che vuole infondermi.
“I genitori di Harry hanno divorziato quando lui aveva quattro anni.” esordisce la voce di Zayn, calma e bassa: mi riscuoto, stupita da quel suono a solleticarmi le orecchie, il cuore. Mi volto verso di lui, con gli occhi ben aperti, quasi volessi accertarmi che abbia effettivamente parlato. Lui continua a guardare davanti a sé, con una gamba piegata in modo da appoggiare la caviglia sul ginocchio dell’altra: un braccio è appoggiato allo schienale della panchina, l’altro è abbandonato sul suo grembo.
Continua, lo imploro mentalmente: non sapevo mi avesse invitata qui per raccontarmi questa storia, anche se ci speravo con tutto il cuore, e non voglio altro che ascoltarlo.
E forse la distanza tra di noi è minore di quanto pensassi, perché lui mi dà ascolto: “La madre è sparita subito dopo e il padre si è fatto carico di Harry, lavorando sodo per garantirgli una vita dignitosa. – riprende, mentre io cerco di immaginarmi la scena, osservando le sue labbra muoversi lentamente – Due mesi prima di quella notte ha perso il lavoro e ha iniziato a cercarne un altro, senza però riuscirci.”
Fa una pausa, aspirando dalla sigaretta, e io quasi trattengo il respiro, in attesa: “Harry è cresciuto come un bambino viziato, abituato ad essere portato sul palmo della mano dal padre: non è cattivo, non lo è mai stato, ma è fatto così. Ha sempre avuto delle pretese, delle aspettative, ed è sempre stato consapevole delle proprie capacità: quando il padre ha perso il lavoro, lui è semplicemente andato fuori di testa.”
Mi concentro su ogni suoi più piccolo movimento, impregnandomi delle sue parole.
“Voleva aiutarlo, ma non ci riusciva, perché nessuno era disposto ad assumere un ragazzino per un lavoro da quattro soldi: si sentiva impotente e non sopportava quella sensazione. Il padre era sempre più abbattuto e lui sembrava seguirlo a ruota.”
La mia mente gioca ad immaginare Harry Styles in veste di figlio premuroso, prova a pensare a lui privo di quel sorriso ignobile che si porta dietro, ma è così strano parlarne in questi termini, almeno per me, che mi affido al ritratto che ne  fa Zayn.
“Non so a cosa pensasse esattamente, quando ha iniziato a circondarsi di amicizie… diverse. – continua lui, quasi assorto nel racconto, come se ce l’avesse davanti agli occhi e lo stesso solo descrivendo – Fatto sta che, quando quella sera mi ha chiamato, era ubriaco marcio.”
Aspira altro fumo e aspetta qualche secondo prima di riprendere: “Io ero a casa e lui continuava a ripetere che avrebbe fatto quello che doveva, che sarebbe andato a casa del signor Dambel e avrebbe aggiustato tutto. – sospira, passandosi una mano tra i capelli – Mi aveva già parlato di quel suo piano stupido, ma non pensavo che ci avrebbe davvero provato: voleva rubare dei soldi, in modo da aiutare il padre. Ho cercato di farlo ragionare, ma lui ha semplicemente chiuso la chiamata e spento il telefono, dicendo che, se io non ero disposto ad aiutarlo, ci avrebbe pensato da solo. Sono uscito subito dopo e l’ho raggiunto, facendo il più in fretta possibile: la finestra che dava sul giardino era ridotta in frantumi, e probabilmente era stato lui a ridurla in quello stato solo per entrare. Dentro era completamente buio, ma sentivo dei rumori: sono stato costretto a passare da quella finestra e ho trovato Harry che prendeva a pugni il signor Dambel, che evidentemente l’aveva scoperto subito, dato lo stato in cui era. Di certo non si era preoccupato di fare le cose con… discrezione. Appena sono riuscito a dividerli, io ed Harry siamo scappati: l’ho dovuto trascinare via con la forza.”
Sentendo le sue parole, il macigno sul mio petto, lo stesso che la notte mi ha impedito di dormire e di giorno mi ha reso difficile respirare, si dissolve poco alla volta: il sollievo prende piede e conquista tutto il mio corpo, centimetro dopo centimetro. Era questo quello che volevo sentire: volevo essere certa che Zayn non avesse fatto ciò che che si diceva, volevo che fosse lui a raccontarmelo. Era solo questo, quello che stavo aspettando.
“Ero sicuro che non ci avesse riconosciuti, perché, cavolo, era buio pesto là dentro. – riprende, assottigliando lo sguardo, quasi fosse ancora incredulo dinanzi a quell’evidenza – Invece, il giorno dopo, tutta Bradford lo sapeva, sapeva di Harry e della sua bravata.”
Di Harry, ripeto nella mia testa, corrugando la fronte.
“Lui era a pezzi: sapeva che il padre non l’avrebbe perdonato, che gli avrebbe solo dato un dispiacere in più; era quello che non avrebbe mai voluto e il post-sbornia non aiutava di certo. – spiega, scuotendo la testa e aspirando l’ultima boccata di fumo, prima di gettare la sigaretta a terra e spegnerla con un piede – Non sapeva come uscirne e io…”
“E tu hai deciso di prenderti la colpa, di far credere alla gente che fossi tu, il colpevole.” lo precedo, in un sussurro. Zayn si volta verso di me, quasi non si aspettasse quelle mie parole, e, per la prima volta da quando ha iniziato a parlare, i suoi occhi si fermano nei miei: mi leggono dentro, mi fanno domande, mi parlano, mi intrappolano.
Vorrei continuare, dirgli “L’hai fatto perché lui aveva bisogno di te e tu, come sempre, eri disposto a sacrificare te stesso; l’hai fatto perché sei così, perché non puoi farne a meno”, eppure non apro bocca: lascio che siano le miei iridi a parlare per me, sicura che lui non sbaglierebbe ad interpretarle, a capirle.
Tutto inizia a prendere forma, nella mia testa, tutto inizia ad avere un filo logico, ma c’è ancora qualcosa che non capisco: Zayn, d’altronde, non mi fa aspettare molto prima di accorrere in aiuto della mia curiosità malcelata.
Interrompe il contatto visivo, lasciandomi per un attimo smarrita, ma riprende subito il racconto: “Una volta sparsa la voce della mia colpevolezza, sono tornato dal signor Dambel: l’ho convinto a tenere la bocca chiusa, ad ignorare le domande della gente e a lasciare che le altre persone pensassero quello che volevano. Mi è costato parecchi soldi, più o meno tutti i miei risparmi, quelli che un diciassettenne può avere.”
Sbatto più volte le palpebre, a quella confessione: ecco perché non c’è mai stata una denuncia.
Ecco perché Zayn ha urlato contro di Harry rinfacciandogli quante cose gli dovesse.
Ecco perché Zayn si è infuriato a tal punto, quando, la persona che aveva aiutato così tanto, ha mentito così spudoratamente con la sua ragazza, provocando quel gran casino.
Ecco perché gli occhi di Zayn erano iniettati di rabbia, due giorni fa.
“L’opinione della gente non è una delle cose che mi preoccupa di più, ma all’epoca era diventata insopportabile: per questo me ne sono andato da Bradford. – ammette, abbassando il tono di voce – Non riuscivo a sopportare tutto, soprattutto perché io non c’entravo nulla in quella storia. Ma non potevo nemmeno tradire Harry, raccontando a tutti la verità.”
“Quindi… sei tornato solo dopo due anni, quando i pettegolezzi sarebbero dovuti essere scomparsi.” aggiungo, comprendendo sempre di più la storia.
Zayn annuisce lentamente e tira fuori un’altra sigaretta dal pacchetto malandato che porta in tasca: “Quando sono tornato, sapevo che Harry era cambiato. – continua, accendendola – Sapevo che, durante la mia assenza, si era divertito a rincarare la dose, ad incolparmi inventando sempre più particolari, come quello della droga. Ora penso di aver capito perché l’abbia fatto. Penso che sia solo… incazzato.”
“Perché?” sussurro, accigliandomi. L’unico che dovrebbe esserlo è Zayn.
“Perché Harry non è quello che sembra, anche se a volte si impegna per essere un vero coglione. – spiega, buttando fuori del fumo ma continuando a non guardarmi – È debole e… il fatto che io me ne sia andato, lasciandolo ad affrontare tutto da solo, deve averlo ferito. Almeno credo.”
“Ferito?” ripeto, sbalordita.
“Ha lasciato che mi prendessi la colpa, ma non significa che per lui fosse facile convivere con quello che aveva fatto al signor Dambel… e a me.”
Per qualche secondo nessuno parla: il mio cervello quasi fa rumore, per quanto sta lavorando. Sono impegnata a riordinare tutte le informazioni, tutti i pezzi del puzzle, e finalmente tutto torna: la frase di Harry, quel “Non esserci è la tua specialità”, ora ha un senso. Ogni parola che si sono scambiati due giorni fa, ce l’ha, persino la sfida del riccio rivolta al suo vecchio amico, che, a detta sua, non avrebbe avuto il coraggio di riprendersi quello che gli spettava. Evidentemente si riferiva al fatto che Zayn non avrebbe mai rivelato qualcosa che avrebbe potuto metterlo nei guai.
Mi chiedo, però, con quale coraggio si sia arrabbiato così tanto con Zayn, che gli ha dato praticamente tutto; con quale forza abbia continuato ad incolparlo, lasciando che le persone si facessero un’idea sbagliata su di lui; con quale dignità abbia parlato a me di qualcosa del genere, atteggiandosi a portatore della verità, quando invece voleva solo vendicarsi.
Allo stesso modo, mi sento in dovere di consolare Zayn: l’unico atto egoistico che è riuscito a compiere, andarsene da qui per proteggersi, si è rivelato uno sbaglio per il suo più caro amico. Quasi un tradimento. Evidentemente, quando si è reso conto che Harry aveva infangato di nuovo il suo nome, compromettendo anche la mia fiducia, ha perso la calma: deve esser stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso, dopo anni di sopportazione e silenzio.
“Perché non me ne hai mai parlato?” domando, curiosa.
Lui aspetta qualche secondo prima di rispondere: “Sapevo che tu non l’avresti detto a nessuno. – ammette – Ma l’avresti comunque saputo, ed Harry… Gli avevo promesso che l’avrei tenuto per me.”
Ancora una volta, mi sbatte in faccia il suo altruismo, la sua voglia di prendersi cura degli altri a costo di rimetterci, di penalizzare se stesso. Ancora una volta, è in grado di stupirmi. Per tutto questo tempo ha tenuto dentro di sé questa pesante verità, nonostante Harry non lo meritasse affatto.
Prima che io possa pensare a qualcos’altro, però, i miei occhi sono costretti a seguire i movimenti di Zayn, che si sta alzando dalla panchina, spegnendo anche la seconda sigaretta.
Corrugo la fronte, muovendomi impercettibilmente verso di lui; quando si volta per andarsene, mi assale il panico: “Dove vai?” chiedo, terrorizzata all’idea di vederlo allontanarsi. Dobbiamo parlare, chiarire e parlare ancora: ci sono troppe cose in sospeso tra di noi, perché se ne sta andando?
Lui si ferma e si volta per guardarmi in faccia: se prima avevo visto uno spiraglio di speranza riflesso nei suoi occhi, ora sono tornati a fissarmi impassibili.
“Ti ho detto la verità, quello che volevi sapere. Non ho altro da fare, qui.” sono le sue parole, taglienti e tanto fredde da mettermi a disagio.
“Certo che hai da fare! – lo correggo, alzandomi dalla panchina per avvicinarmi a lui – Dobbiamo…”
“No, Melanie.” mi interrompe, indurendo il tono di voce.
Rimango per un paio di secondi a fissare il suo volto, in cerca di un indizio, di un qualcosa che possa spiegarmi il suo comportamento. Quello che trovo, però, non è molto diverso da quello che ho incontrato due giorni fa. Improvvisamente la rabbia prende il sopravvento in me: stringo i pugni e, a passi decisi, mi piazzo davanti a lui in modo da ostacolarlo.
Lo fisso con tutta la determinazione che possiedo, cercando forse di mostrarmi più coraggiosa di quello che sono: “Smettila. – gli ordino, nonostante io, così minuta, sia quasi insignificante di fronte alla sua figura – Smettila di comportarti come se io avessi ucciso qualcuno. Non… non mi hai nemmeno dato la possibilità di parlare, di spiegare: sei semplicemente saltato a conclusioni affrettate, così sicuro che io ti abbia accusato di aver rubato in casa mia…”
“Non è forse così?” chiede nervosamente, interrompendomi.
“No, non lo è. – gli rispondo, tentando in tutti i modi di mettere le cose in chiaro – Sono venuta da te e… e ti ho solo chiesto di dirmi la verità. Non puoi davvero pensare che io non mi sia mai fidata di te, dopo tutto quello che abbiamo passato.”
“Melanie, tu sei entrata nella mia macchina con un’espressione che dimostrava tutt’altro: te ne stavi lì, incapace di guardarmi in faccia, a chiedermi la verità, come se ti aspettassi che da un momento all’altro ti dicessi che quelle cazzate sul mio conto erano tutte vere!” ribatte, iniziando ad alzare la voce.
“Stavo cercando di crederti! – esclamo esasperata, pestando un piede a terra – Nonostante tutto, nonostante le voci su di te, nonostante le bugie di Harry, nonostante i miei genitori che ti accusavano di essere un ladro! Non ti ho incolpato, non ti ho urlato contro di essere un bugiardo! Sono venuta da te e ti ho implorato di farmi continuare a credere, in te! Cosa c’è di sbagliato in questo?!” Il mio respiro si fa sempre più veloce, rispecchiando l’agitazione che mi attanaglia: non so perché non riesca a spiegarmi al meglio e non so perché Zayn si ostini a non capire.
Per qualche secondo si limita a guardarmi nel profondo, con il viso teso e gli occhi troppo scuri per essere quelli in cui sono abituata a trovare conforto: “Se tu ti fossi davvero fidata di me così tanto, mi avresti salutato e poi mi avresti raccontato come i tuoi genitori mi avessero accusato di una cosa tanto assurda, prendendoli per pazzi! Perché cazzo, Melanie, io non ho rubato in casa tua, né lo farei mai!”
“E io lo so! Lo so, che non lo faresti mai! – quasi urlo, per tenere testa al suo tono di voce, arrabbiato e ferito al tempo stesso – Volevo solo una conferma! Io…”
Mi fermo, inspirando profondamente e passandomi una mano tra i capelli. Devo sforzarmi di trovare le parole giuste, perché ora come ora mi sto lasciando trasportare dal sentimento, dall’impazienza e dagli occhi di Zayn, dalle sue labbra increspate: “Zayn, io ti ho sempre creduto. – comincio, riducendo il volume della mia voce, ormai stanca di relazionarmi con lui in questo modo – Mi hai detto che quelle voci non erano vere: io ho annuito e me ne sono convinta. Mi hai raccontato la storia di Andrea: ti ho detto “ok, ti aspetterò”, perché sapevo che eri sincero. Harry ha cercato di mettere in dubbio la mia fiducia nei tuoi confronti: io ho resistito e l’ho ignorato. Ogni tua parola per me è sempre stata l’unica che contava, la verità, qualsiasi cosa comportasse: ma non sono… Ho solo avuto bisogno di una conferma.”
“Capisci che non ha senso? Ti contraddici da sola: mi assicuri di avermi sempre creduto, ma subito dopo dici di aver avuto bisogno di una conferma! Non ha alcun senso!”
Di nuovo il suo tono è alterato, di nuovo il mio cuore accelera: “Cosa pretendi, Zayn? Cosa avrei dovuto fare? – sbotto, al limite dell’esasperazione – Ci ho provato con tutta me stessa! Ho ignorato tutto e tutti e mi sono affidata a te, completamente! Perché non lo apprezzi? Perché non mi lasci un margine di errore?! Mi sono dovuta accontentare di quello che mi davi, senza mai lamentarmi, dei tuoi “credimi” o “fidati di me”, e sono andata avanti! Se magari mi avessi detto la verità dall’inizio, a quest’ora niente di tutto questo sarebbe successo!”
“Ti ho già spiegato perché non l’ho fatto!” ribatte, come se volesse giustificarsi.
“No, invece! Me l’hai spiegato solo ora! Mentre per tutto questo tempo io sono dovuta rimanere a bocca asciutta sperando che avessi una buona motivazione per startene zitto!” urlo io, scaricando tra di noi tutta la tensione.
“Be’, mi dispiace, ma questo è quello che sono! E non posso cambiarlo!”
“Non ti sto dicendo di cambiarlo! Ti sto dicendo che per una volta - una sola volta - dovresti mettere me e te al primo posto, tra le cose a cui badare! Dovresti pensare prima a te stesso, al posto di coprire le bravate degli altri!”
“Sei tu, che pretendi troppo da me! – ribatte lui, gesticolando e avvicinandosi ancora un po’, sovrastandomi con la sua altezza e soffocandomi con quello che sento – E io non riesco a concederti tutto! Devi darmi  tregua, dannazione!”
Sbatto le palpebre più volte, arretrando impercettibilmente sotto il suono di quelle parole: fanno così male da farmi vacillare, per un attimo. Zayn sembra accorgersi di cosa ha appena detto e rilassa le spalle, continuando a guardarmi negli occhi come se stesse cercando di interpretare la mia reazione. I miei, intanto, diventano subito più lucidi, come se avessero raggiunto il limite di sopportazione.
Nella mia testa continuano a vorticare le sue ultime frasi, rimbalzando da una parte all’altra della mia anima, come se volessero torturarla: non riesco a comprenderle a pieno solo perché mi sembrano terribilmente assurde. Tanto assurde da farmi venire il voltastomaco e da farmi ribollire il sangue nelle vene: “Sai una cosa? – riprendo, con la voce roca a causa delle urla e il cuore sottosopra – Pensa… Pensa quello che vuoi.”
Gli volto le spalle, stanca, incamminandomi lungo il vialetto di ciottoli grigi: devo allontanarmi da lui, dalle sue parole che mi fanno male e da tutto questo, che sta decisamente degenerando. Quando, però, la sua mano si avvolge intorno al mio polso per bloccarmi, tutta la frustrazione che sento e tutto il dolore si riversano fuori senza che Zayn abbia il tempo di dire qualcosa.
Mi volto di scatto, liberandomi dalla sua presa e lasciando che le prime lacrime inizino a rigarmi il volto: “Lasciami stare! – grido – Tanto io non faccio che pretendere! Sono stata così…  così stronza e insensibile da obbligarti a lasciare Andrea, da costringerti a dirmi la verità su Harry sin dal primo giorno, sbaglio?! Sono stata così egoista da non pensare mai a te, da non aspettarti mai, nella speranza che prima o poi ti saresti aperto completamente, non è così?! Allora lasciami stare! Prenditi pure la tua tregua, o cosa diavolo è e lasciami stare!”
Zayn mi sta guardando con gli occhi sbarrati, quasi fosse sconvolto dalle mie parole, ma quello che non sa è che io lo sono più di lui: senza aspettare un secondo di più, mi giro per la seconda volta e cammino via da lui, da tutto questo amore che mi sta straziando il cuore e che non riesco più a contenere, perché sta diventando troppo doloroso.

 

▪ ▫ ▪ ▫


Un nuovo messaggio: ore 23.17
Da: Zayn

“Hai ragione, avrei dovuto raccontarti di Harry e di quella storia sin da subito, o almeno avrei dovuto farlo molto tempo fa. Se lo avessi fatto, tu non avresti avuto alcun dubbio o comunque non avresti dovuto ascoltare le sue bugie; non avresti dovuto affrontare la tua famiglia mentre mi accusava di aver rubato dei soldi. So perfettamente che ti sei sempre fidata di me, più di quanto avrebbe fatto chiunque altro: il problema, infatti, non sei tu, ma sono io.
Ti chiedo scusa per gli ultimi due giorni, per averti costretta ad assistere a quella scena patetica tra me ed Harry, per averti urlato contro, per averti fatto soffrire e per averti detto quelle cose oggi pomeriggio: la verità è che incolpavo te per non ammettere che la colpa di tutto questo è solo mia. Mia, perché sono un codardo e prendersela con qualcun altro è sempre più facile. Mia, perché, per quanto io ci provi, è difficile mettere da parte quello che sono stato fino a poco tempo fa. Mia, perché, per una mia debolezza, non ho fatto altro che farti del male. -“
 
Un nuovo messaggio: ore 23.18
Da: Zayn

“- Il fatto è che ero incazzato nero con me stesso, per non essere stato in grado di fare quello che era più giusto: per l’ennesima volta ho cercato di accontentare tutti, di rinunciare a me stesso pur di districarmi tra i bisogni degli altri, ma, come uno stupido, mi sono dimenticato di te e di quelli che sono i tuoi, di bisogni. Quello che più vorrei, Melanie, è mettere noi al primo posto, proprio come hai detto tu: anzi, mettere te. E credimi, ci sto provando con tutto me stesso, ma è difficile, e mi vergogno per questo, perché so che tu lo meriteresti più di chiunque altro.
Quando ti ho rinfacciato di pretendere troppo, stavo mentendo: tu non hai mai preteso niente. E stavo mentendo anche quando ho detto di aver bisogno di una tregua. Ho mentito per nascondere il fatto che io non sono stato in grado di darti nemmeno il minimo indispensabile, per nascondere il fatto che, nonostante tu mi abbia chiesto sempre così poco, io non sono mai stato capace di darti quello di cui avevi bisogno.
La mia non era un’accusa nei tuoi confronti, ma solo un rimprovero a me stesso, perché vorrei essere quello che tu meriti, ma continuo a provarci e a fallire.
Sono molto più debole di quanto sembri - credo che tu questo lo sappia - e ho cercato di far finta che non fosse così dandoti contro per qualcosa che non hai mai fatto: la verità è che io non sono ancora abbastanza, per te, nonostante tu mi abbia sempre dato tutta te stessa. Sono sicuro, però, che tu sia l’unica che possa farmi cambiare sul serio.
Quindi ti chiedo scusa, Melanie. La colpa non è mai stata tua.”
 
Un nuovo messaggio: ore 23.19
Da: Zayn

“E mi manchi.”
 
Un nuovo messaggio: ore 23.42
Da: Zayn

“Non so come farti capire che sei tu, la mia priorità, nonostante abbia qualche difficoltà a dimostrarlo.”
 
Messaggio inviato: ore 23.53
A: Zayn

“Mi manchi anche tu.”
 
Un nuovo messaggio: ore 23.54
Da: Zayn

“Mi dispiace, per tutto. Davvero.”

Un nuovo messaggio: ore 00.08
Da: Zayn

“Per favore, di’ qualcosa.”

Messaggio inviato: ore 00.12
A: Zayn

“Sei uno stupido.”
 
Un nuovo messaggio: ore 00.13
Da: Zayn

“È già qualcosa... Melanie, tu mi hai capito, vero? Sei ancora arrabbiata?”

Messaggio inviato: ore 00.15
A: Zayn

“Io ti ho capito, Zayn. Ti ho capito da parecchio tempo, ma tu continui a sfuggirmi e io sono sempre più confusa. Ogni volta che c’è qualcosa che non va, mi urli contro come se io fossi l’unica responsabile di quello che succede, come se volessi nasconderti.”
 
Un nuovo messaggio: ore 00.16
Da: Zayn

“Lo so. Non sono abituato ad aprirmi così tanto con una persona.”

Un nuovo messaggio: ore 00.16
Da: Zayn

“Non mi hai ancora detto se sei arrabbiata, però.”
 
Messaggio inviato: ore 00.17
A: Zayn

“No, non lo sono. Almeno credo.”
 
Un nuovo messaggio: ore 00.21
Da: Zayn

“Melanie?”
 
Messaggio inviato: ore 00.22
A: Zayn

“Sì?”
 
Un nuovo messaggio: ore 00.24
Da: Zayn

“Posso chiamarti?”


 


 
 
ANGOLO AUTRICE TROPPO BUONA CHE ULTIMAMENTE AGGIORNA SEMPRE IN ANTICIPO
 

Ciaaaaaaaaao fjksafjas Allora, bando alle ciance (?) perché ci sono un po’ di cose da dire
e questo capitolo è stato una vera  e propria tortura per me!
Innanzitutto mi scuso se è venuto un vero e proprio casino e se non sono
riuscita a trasmettere alcune cose: il fatto è che Zayn nella mia testa è un macello,
quindi riuscire a far emergere ogni sfaccettatura del suo carattere è stato molto difficile.
Ma comunque, partiamo dall’inizio e scusate il piccolo riassuntino: lo faccio solo
perché spero possa esservi utile! Mel e Zayn non si vedono/sentono da due giorni,
ma lui le ha chiesto di incontrarsi e le racconta la storia di Harry.
Ecco, punto uno: Harry fjslfsda Voi non potete capire quanto io sia affezionata a questo
personaggio ** (Vi avverto che ricomparirà c:) Ma a parte i miei feels, lol, finalmente
si capisce come sono andate davvero le cose! Zayn è sempre stato così, ha sempre
avuto bisogno di prendersi cura degli altri, anche di Harry! E voi direte: però che cavolo,
tutti lui li trova gli amici con i problemi? Be’, credo che ognuno scelga le proprie amicizie, no?
E ovviamente Zayn è più “propenso” verso un certo tipo di amici, nonostante non sia facile per lui!
Ma comunque, spero che ora tutte le parole di Harry e di Malik siano più chiare fjslk
Il ricciolino non è affatto meno complicato dell’amico, caratterialmente, quindi spero davvero
di avervi fatto capire qual è stato il suo “stato d’animo” e quale sia stato il motivo del suo
comportamento :) Se non è così, insultatemi pure hahah
Pooooooooi: Melanie cerca di dare una svegliata a Zayn, quando lui sta per andarsene,
e la lite, come sempre, degenera un po’! Ora, in questo capitolo c’è parecchio su Zayn:
innanzitutto c’è ancora una volta il suo bisogno degli altri (per esempio, anche il fatto che abbia
in qualche modo compromesso il suo rapporto con Mel solo per tener fede
ad una promessa fatta ad Harry, che non si meritava nulla di tutto quello che ha fatto per lui!),
ma anche il non sentirsi in grado di dare a Melanie quello che si merita: la frase che fa
incazzare lei – e per cui io gli avrei tirato un calcio nei cosiddetti lol – viene spiegata da Zayn stesso:
è chiaro, vero? Spero di sì, perché ci ho messo un po’ per scrivere quel pezzo ahahah
In realtà lui non vuole rinfacciare niente a Melanie, è solo che in un momento di rabbia
ammette di non riuscire a cambiare come vorrebbe (anche se lo fa in modo sbagliato):
in poche parole, si sente in colpa per tutto ahahah E si capisce anche perché
si sia arrabbiato tanto nello scorso capitolo: tra i sensi di colpa e la rabbia
nei confronti di Harry, è venuto fuori un pasticcio :) Non mi sto a dilungare su di lui, perché
davvero potrei scriverci un libro sul suo personaggio ahahah
Chiudo dicendo che non è stato Zayn a rubare a casa di Melanie, ovviamente :)
Quindi ora resta da capire chi sia stato e alcune di voi ci sono andate molto vicine :)
Vi avverto, ci sarà ancora un problemuccio fkjsaldf Ma comunque per ora vi lascio così,
con loro due che si scambiano messaggi (e lui è un patatino perché si sta
mangiando le mani da far schifo hahaha)!

Grazie mille per tutto quello che fate per me! Siete fantastiche e super gentili fsjkldfa
Mi riempite sempre di belle parole e fkjsdlafjasdk :)
Risponderò a tutte le recensioni appena riesco e grazie ancora :D
 
Ah, ho pubblicato una nuova OS, se vi può interessare! Si intitola “Playing with the Moon”!
Fatemi sapere cosa ne pensate, se passete a dare un’occhiata fdjsak
 
Mi trovate per qualsiasi cosa su ask: http://ask.fm/AcinorevC
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Capitolo 28
*** The truth, but not completely ***




The truth, but not completely
 

“Mel, ti prego!” ripete mia sorella Fanny, saltellando sul posto mentre mi tira per la mano.
Alzo gli occhi al cielo, sospirando: “No, ti ho già detto che dobbiamo andare a casa” rispondo, facendo un passo avanti.
“Dai, per favore! - continua, rimanendo ferma dov’è – Guarda quanto si divertono… Voglio giocare anche io un po’!” continua, indicando con la manina pallida il parco al nostro fianco. Io sbuffo, seguendo la direzione delle sue piccole dita aperte, e osservo le persone che si stanno godendo il sole tiepido della domenica mattina, nonostante l’arietta fresca che si ostina a non andarsene. Alcuni bambini stanno giocando intorno allo scivolo e alle altalene riparate dall’ombra di alcune betulle, mentre i genitori rimangono seduti sulle panchine lì vicino a chiacchierare del più e del meno. Altri ragazzi, invece, evidentemente più grandi, stanno giocando a basket in un campetto poco più in là, con un canestro mezzo rotto che minaccia di cadere a pezzi da un momento all’altro.
Quando i miei occhi si posano su una figura sin troppo familiare, le preghiere di mia sorella passano immediatamente in secondo piano: assottiglio lo sguardo, per assicurarmi che sia davvero lui, e riesco ad averne una conferma. Con dei pantaloncini neri e una maglietta a maniche corte bianca infilata da sopra ad una a maniche lunghe dello stesso colore, i capelli ricci trattenuti in un cappellino di lana di un verde sporco, Harry Styles è proprio in quel gruppo di ragazzi nel piccolo campo da basket.
“Ok, ma solo dieci minuti” dico velocemente a Fanny, che prende ad esultare non molto silenziosamente, mentre entriamo nel parco. La accompagno vicino agli altri bambini, chiedendole di non allontanarsi e di stare attenta a non sporcarsi, poi le lancio un’ultima occhiata prima di dirigermi verso Harry, qualche metro più in là.
Lo osservo prendere possesso della grossa palla arancione e farla rimbalzare da una parte all’altra, cercando di evitare gli avversari che vogliono intercettare la sua azione: tossicchio, quando fa canestro suscitando i complimenti non troppo entusiasti dei suoi compagni. Mentre batte il cinque ad uno di loro, posso intravedere meglio il suo viso, madido di sudore ma ancora testimone dei pugni di Zayn, sebbene il rossore sia stato rimpiazzato da alcuni lividi violacei. Sto per chiamarlo e attirare la sua attenzione, ma qualcuno non me ne dà il tempo: un ragazzo con i capelli neri come la pece, schiacciati sulla fronte, muove le labbra sottili per dichiarare la fine dell’incontro, o qualsiasi cosa sia. Harry, quindi, rilassa i muscoli e si avvicina a testa bassa al bordo del campo dove sono io: quando arriva a circa due metri da me, alza lo sguardo e mi vede.
Gli occhi verdi sono più brillanti del solito e per un attimo si velano di una certa sorpresa, nel trovare me sul loro percorso: mi stringo nelle spalle e lo guardo avvicinarsi, mentre sul suo viso si dipinge un altro dei suoi sorrisi. È appena accennato, ma è come se non potesse fare a meno di mostrarsi: d’altro canto, però, sembra aver perso quella presunzione dell’ultima volta in cui l’ho visto.
“Ciao, Harry” lo saluto, cercando di nascondere la soggezione che la sua presenza provoca in me. Lui si sistema il cappellino e sventola una mano vicino al suo viso bagnato di sudore: “Buongiorno, piccola Melanie” ricambia, inclinando leggermente il capo da un lato.
Inspiro profondamente, guardando di sfuggita mia sorella che si diverte a spingere un bambino sull’altalena, solo per ignorare lo sguardo insistente di Harry su di me.
“Ti piace il basket?” mi chiede, interrompendo il silenzio e costringendomi a riportare l’attenzione su di lui.
“N-no – balbetto, scuotendo la testa. – Ho visto che eri qui e… Volevo parlarti” ammetto, sospirando. Non posso fare a meno di studiare con attenzione il suo viso, rovinato dai segni del litigio con Zayn, ma lui continua ad ostentare tutto con grande orgoglio, come se non fosse successo nulla.
“E di cosa vorresti parlarmi?” domanda, evidentemente incuriosito.
Mi mordo il labbro inferiore, passandomi una mano tra i capelli sciolti e ancora un po’ umidi per la doccia di poco fa, la stessa che ha avuto il compito di svegliarmi del tutto dopo che Fanny ha insistito tanto per una passeggiata: “Ho… parlato con Zayn” dico soltanto, cercando di decifrare la sua espressione. Eppure è più difficile del previsto, perché nemmeno un muscolo si muove sul suo viso.
“Mi ha raccontato la verità” dico, quasi calcando quell’ultima parola.
“Ah, la verità – sospira lui, scuotendo lentamente la testa. – Finalmente ce l’ha fatta” dice poi, lasciandomi interdetta: non so se prendere le sue parole come una presa in giro o come una costatazione orgogliosa.
“Che intendi dire?” chiedo, infilando le mani nelle tasche del giubottino in pelle.
Lui si mordicchia  il labbro inferiore, insistendo affinché alcune ciocche di capelli gli rimangano incastrate sotto il cappellino di lana: ci mette un po’ a rispondere, lasciandomi il tempo di farmi mille domande e di darmi altrettante risposte assurde.
“Perché pensi che io abbia inventato tutte quelle palle sul suo conto?” domanda, assumendo un’espressione quasi incredula, come se io dovessi sapere esattamente di cosa stia parlando. La testa inclinata da un lato e una mano a torturarsi per un attimo le labbra.
Corrugo la fronte e cerco di dargli una risposta: “Be’… Per proteggerti…” mormoro, tenendo conto del ritratto che Zayn mi ha fatto di lui, ieri.
Vengo bloccata da una sua piccola risata, in cui abbassa il viso e scuote il capo, di nuovo.
“Perché Zayn se ne è andato e tu… ce l’hai con lui per questo” riprovo, sbalordita dalla sua reazione. Harry, però, non sembra affatto d’accordo con le mie ipotesi, infatti torna a guardarmi in maniera divertita, con gli occhi a nascondere qualcos’altro, dietro quello spesso strato verde di sarcasmo.
“Te l’ha detto lui?” chiede poi, alla ricerca di maggiori informazioni.
Io annuisco e lui inspira profondamente: “Pensavo che mi conoscesse - afferma, passandosi una mano sul viso sudato. – Non è quello il motivo. O almeno, non il principale” continua, concentrandosi su un sassolino ai suoi piedi.
Sbatto le palpebre più volte, curiosa e confusa al tempo stesso, ma non c’è bisogno che io chieda spiegazioni, perché Harry sembra più che propenso a parlare senza alcun incitamento.
“Zayn avrebbe dovuto tenere la bocca chiusa – comincia, storcendo le labbra arrossate in un’espressione di fastidio, mentre gli occhi si puntano di nuovo su di me. – Non avrebbe dovuto prendersi la colpa. È stato un coglione.”
Fa una pausa, mentre io rimango stupita dalle sue parole, ma non ho il tempo di esprimere i miei dubbi, perché lui riprende: “Pensavo che sarebbe sbottato, prima o poi. Che sarebbe tornato e avrebbe detto a tutti come sono andate realmente le cose. Invece niente, ha lasciato perdere.”
Da quello che mi sta dicendo, sembra quasi che lui non abbia mai voluto che Zayn lo coprisse, però qualcosa non torna: perché non dirlo apertamente?
“È più testardo di un mulo, Cristo Santo. Lo è sempre stato” esclama, sospirando.
“Non capisco – ammetto, corrucciando le sopracciglia. – Se tu non volevi che si prendesse la colpa al posto tuo, perché non gliel’hai impedito al posto di… Di peggiorare solo le cose?”
Harry alza un sopracciglio e per qualche secondo rimane a guardarmi, tanto intensamente da costringermi a distogliere lo sguardo anche solo per un istante, mentre sento il sangue risalire verso le mie guance; respira profondamente, ma non risponde, e io a questo punto ho un disperato bisogno di sapere come stiano realmente le cose.
“Perché non hai semplicemente detto a tutti che sei stato tu, a picchiare il signor Dambel?” continuo, spinta da una curiosità fuori dal comune. La verità è che questa storia è arrivata a pesare troppo sulle mie spalle e non vedo l’ora di conoscerla per intero, in modo da poterla assimilare una volta per tutte.
“Perché sono un codardo, semplice” dice Harry, abbassando il tono di voce e lo sguardo.
Improvvisamente, le parole di Zayn riguardo la reale debolezza del suo vecchio amico sono molto più chiare ai miei occhi.
“Non so che cazzo mi sia passato per la testa, quando Zayn mi ha detto che aveva intenzione di prendersi la colpa. Io… - si ferma, corrugando la fronte come se stesse pensando alle parole migliori da usare. – Per un attimo ho lasciato che lui facesse quello di cui sembravo aver bisogno, ma me ne sono pentito subito dopo. Avrei voluto avere le palle per dire che era tutto sbagliato, invece non sono intervenuto” conclude, stringendo i pugni.
“Quindi hai rincarato la dose, sperando che Zayn perdesse la pazienza?” chiedo, finalmente in grado di comprendere Harry Styles, almeno per quanto posso.
Evidentemente, una volta costruita la menzogna su quella notte, Harry non ha avuto il coraggio di smentire tutto e di prendersi le sue responsabilità: forse anche perché in fondo sapeva che il gesto di Zayn l’aveva in qualche modo salvato dalle conseguenze per la sua irruzione in casa Dambel.
“Dopo un po’ ha prevalso la rabbia, però – esclama, cogliendomi alla sprovvista. – Se n’è andato lasciandomi qui a rimuginare su quanto fossi stato egoista e senza palle. E poi, che diavolo, perché non è capace di fare qualcosa per se stesso?” Il suo tono di voce è quasi frustrato, come se anche lui avesse fatto i conti con la personalità di Zayn e con il suo modo d’essere, con il suo altruismo esasperato e portato al limite dell’inverosimile.
“Già…” mi limito a mormorare, stringendomi nelle spalle e tenendo d’occhio mia sorella, incapace di dire qualcosa di più articolato. Molti pensieri mi affollano la testa, perché questa storia è talmente assurda da lasciarmi a bocca aperta: Harry è così diverso da Zayn da essere quasi il suo opposto, eppure, allo stesso tempo, sembra avere instaurato un rapporto con lui più profondo di quanto si pensi sia possibile. Glielo si legge negli occhi, tormentati nel parlare di quello che è successo, e nel viso, che porta ancora i segni di quei pugni che lui non ha ricambiato, perché evidentemente volevano essere la punizione che ha sempre pensato di meritare. Lo si capisce dal modo in cui mi sta parlando, come se io e lui ci conoscessimo da sempre: forse sta cercando di riscattarsi, in qualche modo, di riparare a ciò che ha fatto.
“Almeno, però, a te ha raccontato tutto” riprende, obbligandomi a riportare lo sguardo su di lui, mentre un alito di vento fresco ci investe in pieno, facendomi rabbrividire. Sembra quasi fiero di quella piccola constatazione, come se si fosse reso conto che i suoi sforzi, per quanto discutibili, siano serviti a qualcosa.
Lascio che i miei occhi vengano catturati dai suoi, che sembrano essere sempre pronti a cogliere il più piccolo segreto di chi hanno di fronte: “Avete… Sì, insomma, avete chiarito?”
Non capisco se l’espressione che ha assunto sia il riflesso di un reale interesse per ciò che riguarda il suo vecchio amico, o se sia solo una domanda di circostanza: nel dubbio, annuisco semplicemente.
“Credo che voi due dobbiate… parlare, ecco” ammetto, nonostante non siano affari miei. Entrambi hanno cercato di darsi una mano, in un certo senso, ma entrambi hanno finito per ferirsi, qualsiasi fosse la loro motivazione: trovo illogico che continuino a girare intorno alla questione, senza affrontarla realmente.
“E hai ragione – continuo, con la voce che tradisce la consapevolezza di non essere così spavalda come voglio sembrare. – Zayn non avrebbe dovuto prendersi la colpa di tutto”.
Per un attimo ho l’impressione che Harry si sia ritratto impercettibilmente, come se quella conferma l’avesse destabilizzato, eppure il suo viso rimane impassibile: non risponde nemmeno, forse per il troppo orgoglio, e si limita a scrutarmi con insistenza. Per quanto io stia cercando di capire il suo punto di vista, non posso provare piena compassione per la persona che ha scaricato tanta sofferenza su Zayn, nonostante anche lui abbia commesso i suoi errori.
Passa qualche secondo prima che il silenzio imbarazzante tra di noi venga interrotto: lo stesso ragazzo di prima, quello che ha dichiarato la fine della partita, è venuto a chiedere di iniziarne un’altra.
Harry annuisce, promettendo di raggiungerlo subito, poi si concentra di nuovo su di me: “È stato un piacere, piccola Melanie – dice, avvicinandosi a me. – Ci vediamo presto” mi saluta, lasciandomi un bacio umido sulla guancia e facendomi arrossire per quel gesto inaspettato.
Mi irrigidisco e aspetto che si allontani, eppure non succede. Le sue labbra, infatti, sono vicine al mio orecchio, proprio come quel giorno nel mezzo del corridoio della scuola: “Parla con tua sorella Emma – sussurra. – Ma sappi che l’idea di quei soldi non è stata mia” conclude, prima di riportare una certa distanza tra di noi e abbozzare una corsa verso i suoi amici nel campetto.
Spalanco gli occhi, con il cuore impazzito che cerca di distrarre il mo cervello da quelle parole: come fa Harry a conoscere mia sorella Emma? E a che soldi si riferisce? Quelli che sono spariti pochi giorni fa?
“Fanny! Vieni, andiamo a casa! Subito!”
 
Appena entrata in casa, lascio Fanny con mia madre senza dire una parola e mi tolgo il giubotto mentre salgo le scale: lo butto sul letto quando passo di fronte alla porta aperta della mia camera e procedo velocemente verso quella di mia sorella Emma.
A forza di pensare e ripensare, rischio di implodere.
Apro la porta senza nemmeno bussare ed Emma se ne lamenta subito: è sdraiata sul letto, con il cellulare tra le mani.
“Che ti prende?” mi chiede infastidita, mentre si mette a sedere: i capelli scuri sono raccolti in una crocchia disordinata e le iridi della stessa tonalità mi trasformerebbero in cenere, se solo potessero.
“Come fai a conoscere Harry Styles?” domando senza troppi giri di parole, solo per buttare fuori i dubbi che mi avvolgono.
Lei spalanca gli occhi, stupita dalla mia domanda, e per un attimo boccheggia, dando una specie di conferma all’idea che mi gira per la testa.
“È lui, il ragazzo con cui stai uscendo?” continuo infatti, mentre il cuore cerca di stabilizzare il suo ritmo, accelerato per la fretta con cui sono tornata a casa. Quando Emma esita di nuovo a rispondere, irrigidendosi, io faccio un passo avanti, sconvolta: ho sempre saputo che usciva con qualcuno, ma non avrei mai e poi mai immaginato che fosse lui.
“Emma, rispondi!” quasi urlo, sconvolta dalla possibilità che quello a cui sto pensando possa essere la verità. In realtà ne sono abbastanza certa, perché improvvisamente tutto sembra avere un senso, ma continuo ad aggrapparmi ad una speranza vana ed effimera.
“Sì, ok? Sto con Harry!” sbotta lei, alzandosi dal letto e gesticolando.
Quasi mi ritraggo, alle sue parole, come se, mettendo una maggiore distanza tra me e lei, potessi allontanarmi anche da quella verità scomoda che mi ronza in testa. I miei occhi continuano ad osservare i suoi, mentre per interminabili secondi rimaniamo a fissarci in silenzio.
“Dimmi che non hai preso tu quei soldi” dico a denti stretti, sperando con tutto il cuore che mi stia sbagliando. D’altronde, però, le parole di Harry non possono significare altro, anche se non capisco quale sia stato il motivo di un gesto del genere.
“Tu cosa ne sai?” ribatte lei. La vedo vacillare di fronte a me, ma la rabbia che provo mi impedisce di andarle incontro.
“Si dà il caso che il tuo amato Harry me l’abbia detto, stamattina” esclamo, incrociando le braccia al petto.
Emma corruga la fronte, aprendo la bocca come se volesse dire qualcosa, ma rimane in silenzio, abbassando lo sguardo. Vorrei dire talmente tante cose da avere l’imbarazzo della scelta, quindi lascio che nessuno parli in questi pochi metri quadrati, sperando che sia lei a darmi delle spiegazioni, nonostante io non sia pronta ad accettarle.
“Io… Volevo solo aiutarlo” mormora poi, cogliendomi alla sprovvista. Si stringe nelle spalle, continuando a fissare il pavimento che ci divide, e io spalanco gli occhi, mentre mille emozioni diverse si impadroniscono di me.
“Aiutarlo?” mi limito a ripetere, avvicinandomi a lei di un passo.
Mia sorella alza lo sguardo su di me, come se quella domanda l’avesse messa in difficoltà: la sua aria spaventata non le si addice per niente, dato che di solito non si fa problemi a trattarmi come uno dei suoi peggiori nemici. Evidentemente la sua coscienza si sta facendo sentire, o almeno spero.
“Aveva bisogno di soldi – ammette, inspirando profondamente. – Lui e suo padre non se la cavano bene” conclude.
Mi ritrovo a pensare che molto probabilmente le difficoltà finanziare di due anni fa non siano ancora scomparse dalla sua famiglia, e che, di nuovo, Harry abbia avuto bisogno di qualcosa che sapeva essere sbagliato: non credo, però, che il suo carattere si sia rafforzato, perché, proprio come con Zayn, lui non si è opposto al furto della sua ragazza in casa propria, nonostante l’abbia poi confessato a me.
Eppure, qualsiasi sia la situazione, qualsiasi siano le motivazioni di uno e dell’altra, è tutto terribilmente sbagliato.
“Mi stai dicendo che… che, per aiutare lui, hai rubato in casa tua?! - urlo, completamente abbandonata al risentimento. – Sei forse impazzita?!”
Mi passo una mano tra di capelli, cercando di riordinare i pensieri, ma alla fine mi arrendo, lasciando che escano dalla mia bocca come un fiume in piena: “Scommetto che hai calcolato tutto nei minimi dettagli, vero?! Hai colto l’occasione, quando Zayn è venuto qui, e ti sei incaricata di spiattellarlo in giro in modo che mamma e papà dessero la colpa a lui! Tanto per te non vale niente tua sorella, né il suo ragazzo, non è così? Devi esserti divertita a scaricare su di me le tue stupide frustrazioni!”
“Certo, come sempre ti senti al centro del mondo! Be’, notizia flash, non è così!”
“Sei tu che mi metti al centro del mondo! Sei tu ad essere fissata con questa storia e sei sempre tu ad essere convinta che tutti preferiscano me, nonostante ci abbia messo tutta me stessa, nel dimostrarti che non è così! – ribatto, furibonda. – Tu però hai continuato a pensare quello che volevi, e non credere che questo ti giustifichi, perché, cavolo Emma, hai rubato dei soldi alla tua stessa famiglia! Hai praticamente fatto incolpare un’altra persona al posto tuo! E ci sono andata di mezzo anche io!”
“Ragazze, che sta succedendo qua dentro?!” chiede allarmata mia madre, entrando nella stanza con mio padre al seguito. Evidentemente le nostre urla hanno attirato la loro attenzione.
Io respiro velocemente, scossa da quella situazione e dalla rabbia che provo nei confronti della mia stessa sorella: “Ve lo spiega lei” mi limito a dire, provando a tranquillizzarmi.
 
Seduta sul pullman, continuo a muovere nervosamente la gamba, segno dell’irrequietezza che non mi ha ancora lasciata in pace.
Il tragitto da casa mia a quella di Zayn non è mai stato così lungo o così snervante, e io non vedo l’ora di rivederlo. Nonostante avessimo deciso di vederci dopo cena, non posso più aspettare, e spero che per lui non sia un problema vedermi arrivare a casa sua con qualche ora di anticipo. Non l’ho avvertito di questa mia decisione, e mi sento un po’ infantile nel volergli fare una sorpresa del genere, ma ne ho bisogno.
Voglio stare con lui dopo tutto quello che è successo tra di noi, perché le parole che mi ha sussurrato al telefono la notte scorsa mi riempiono ancora le orecchie e il cuore.
Voglio raccontargli del mio discorso con Harry e spiegargli il vero motivo del suo comportamento.
Voglio dirgli che ho scoperto chi è stato a rubare quei soldi e voglio sfogare i rimasugli di rabbia che ancora mi tormentano, sicura che i suoi occhi sappiano come mettermi a mio agio e come tranquillizzarmi.
Voglio dirgli che i miei genitori mi hanno chiesto di incontrarlo per potersi scusare.
Voglio immergermi di nuovo tra le sue braccia e colmare la distanza che si è imposta senza alcun riguardo tra noi in questi ultimi giorni.
Il sollievo che sento, ora che tutta questa storia si è risolta e ogni verità è venuta a galla, deve ancora prendere piede in me, forse perché è contrastato da altri sentimenti e da altre sensazioni. Eppure, quando il pullman si ferma alla fermata a cui devo scendere, quasi non riesco a contenere l’entusiasmo: mi è impossibile non sorridere spontaneamente, nonostante l’autista mi stia guardando con un’espressione perplessa sul volto. Lo ignoro, scendendo i pochi gradini che mi dividono dal marciapiede e rabbrividendo a causa della differenza di temperatura.
Sospiro e aspetto che il pullman riparta con qualche rumore poco rassicurante, mentre il fumo nero che esce dalla sua marmitta mi arriva alle narici facendomi storcere il naso in segno di disgusto.
Tossicchio un po’ e mi sventolo una mano davanti al volto, poi mi giro e inizio a camminare per percorrere i pochi metri che mi separano dalla mia destinazione e dal profumo di Zayn.
Quando avvisto la sua casa dall’altra parte della strada, però, mi immobilizzo.
Assottiglio lo sguardo, corrugando la fronte mentre il respiro mi si blocca in gola. Zayn è sulla porta di casa e, sommersa nelle sue braccia, c’è una ragazza. Quei capelli corvini lunghi fino alle spalle e quella corporatura esile sarebbero impossibili da non riconoscere.
Mentre li osservo stringersi in un abbraccio, mentre vedo Zayn baciarle dolcemente una guancia e mentre lei si allontana con un largo sorriso sul volto, le mie mani si stringono in un pugno e il respiro mi si ferma in gola.
“Andrea” è tutto ciò che sussurro, con gli occhi rapiti da quella scena.


 



 

ANGOLO AUTRICE
 
Heeeeeeeeeeei bella gente fasjkl Come state? Spero bene :)
In realtà volevo aggiornare domani, però non sono riuscita a resistere (strano, eh? lol)
Allora, questo capitolo è un po’ “particolare”, nel senso che lo Zelanie non è presente, neanche un po’!
Si parte con Harry, che io spero davvero di essere riuscita a presentare al meglio!
Vi avevo detto che sarebbe ricomparso fdsjakl Comunque la sua personalità è più
contorta di quanto sembri: dietro i pettegolezzi che ha messo in giro, c’è un senso di colpa
che non lo lascia in pace, che però, mescolato all’essere un codardo, gli ha impedito di
dire semplicemente la verità! Ovviamente poi, come spiega anche lui, ci va di mezzo anche
la rabbia per la partenza di Zayn – che Harry vede come una specie di abbandono – e per
il suo carattere così fastidiosamente altruista! (capito perché non ha risposto
ai pugni di Zayn, nello scorso capitolo? :)) Lo so che il suo è un gesto un po’… estremo, ma
Harry è nato così, nella mia testa: uno stronzetto orgoglioso e codardo che tiene ai suoi
amici, ma che non riesce a mettere loro in primo piano quando ne avrebbero bisogno, nonostante ci provi.
Insomma, è davvero l’opposto di Zayn lol Mi fa tanta tenerezza, però :3
In ogni caso, se avete qualche perplessità (?) riguardo il suo personaggio, scrivetemi pure fdjksa
(Faccio i complimenti a Lou69, perché è stata l’unica ad inquadrare Harry un po’ meglio, nonostante
si sapesse così poco di lui (: Hai un grande intuito, ragazza dsljfa)
Pooooooi: è lui a dare un piccolo indizio a Melanie, riguardo il furto dei soldi!
Molte di voi avevano pensato ad Emma, come colpevole, o a Fanny (preciso che lei si mette a
piangere, quando i genitori ne parlano, perché il padre stava urlando, non perché si
sentiva colpevole c:) : non tutte, però, hanno ipotizzato che il misterioso ragazzo di Emma
fosse il nostro Styles fjdksal Ora, ovviamente non potevo scrivere tutta la loro storia, se no
non avrei mai finito questo capitolo lol Però, posso dirvi che stanno realmente insieme, cioè,
non è una storiellina così, e che Harry è sincero quando dice che non è stata una sua idea:
Emma ha semplicemente agito secondo l’amour (?), sfruttando la brutta reputazione di Zayn!
Cosa pensate del suo gesto? All’inizio della storia vi avevo detto che lei avrebbe avuto
un certo ruolo in questa storia, be’, alla fine l’ho svelato lol
Melanie è abbastanza incazzata con lei, sia per quello che ha fatto in casa, sia per le ripercussioni
che ha avuto su lei e Zayn: poi di mezzo ci vanno anche i problemi tra sorelle e il quadro è completo (?)
Ok, mi sto dilungando troppo, quindi passiamo al finale: Melanie va prima da Zayn perché
ha proprio bisogno di “digerire” la sua giornata, ma è lui a fare una sorpresa a lei!
Rullino i tamburi, ANDREA’S BACK BITCHES (?) Ok, questo era fuori luogo, ma il concetto
è lo stesso hahaha Aspetto le vostre ipotesi fdjskfhaksljd
 
Vorrei ringraziarvi ancora una volta per tutto quello che fate e dite!
Mi sono accorta che i personaggi vi piacciono molto e non potete capire quanto mi renda
felice questa cosa, davvero :) Significa molto per me, quindi GRAZIE!!!
 
Vi lascio con una gif di Harry, dalla quale ho preso il suo abbigliamento in questo capitolo,
e con una foto della bellissima Melanie fjdsla
Un bacione splendori!
 
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Le altre mie storie: UnexpectedUnless you show me howPlaying with the moon

  


 

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Capitolo 29
*** I'd do everything again ***




I'd do everything again
 

Guardo Zayn rimanere per pochi istanti ad osservare Andrea che si allontana: il cuore in gola e la tensione che torna a farsi sentire, più forte di prima.
Riprendo a respirare solo quando lui rientra in casa e, per forse un minuto, rimango immobile: i miei pensieri sono a dir poco offuscati, sia per quello che è successo a casa mia, sia per quello che ho appena visto.
Mi muovo meccanicamente, con una determinazione che non ho nemmeno scelto, e attraverso la strada, piantandomi di fronte alla porta di casa sua: suono il campanello e inspiro profondamente. Forse nell’aria c’è un consiglio? Un tranquillante?
Prima di quanto mi aspettassi, davanti a me appare Zayn: i suoi occhi riflettono lo stupore nel vedermi qui, mentre la sua fronte si corruga leggermente, prima di distendersi per accompagnare la comparsa di un sorriso. E io rabbrividisco nel vedere le sue labbra inclinarsi, dopo tutti questi giorni, ma cerco di ignorare il battito accelerato, i suoi capelli disordinati, i pantaloni della tuta blu scuri e la t-shirt nera che cade morbida lungo i suoi fianchi. Deglutisco e mando via tutto, perché la mia mente è concentrata su un’unica cosa.
“Hey” mi saluta lui, tenendo la porta di casa aperta con una mano.
Stringo i pugni ed espiro: “Andrea mi ha detto che scomparirà dalla mia vita - esordisco, ripetendo le parole che lui stesso aveva pronunciato, quando mi aveva raccontato cosa si erano detti lui e Andrea, quel giorno in cui lei gli aveva chiesto di incontrarsi. – Ha detto che non ce la fa, ad avermi vicino, senza pensare che non potrà avermi vicino in un altro modo – continuo, fissando gli occhi di Zayn, confusi. – Che vuole lasciarmi libero” concludo.
“Spiegamelo, Zayn – aggiungo dopo un paio di secondi, con la voce che trema per la troppa agitazione. – Spiegami perché mi hai dovuto mentire e spiegami perché Andrea era qui, fino a due minuti fa”.
“Melanie…” La sua espressione è stupita, confusa, indecisa su quale sfumatura assumere, e mi fa paura.
Forse per questo mi volto per camminare via, forse solo perché ho paura che quell’espressione possa tramutarsi in qualcosa di sgradevole, in qualcosa che non riuscirei a sopportare. Le mie azioni sono persino  contraddittorie, dato che gli ho appena fatto una domanda, ma non sono rimasta ad attendere una risposta.
“Dove vai? Fermati!” mi richiama lui, afferrandomi per un braccio e obbligandomi a tornare a guardarlo. Sento gli occhi bruciare per lo sforzo di rimanere asciutti, perché non riescono più a sopportare questa giornata, tutte queste emozioni che continuano a sommarsi dentro di me senza poter essere sfogate. Ero venuta qui per cercare di smorzarle, ma non ho trovato altro che qualcosa che ha peggiorato tutto.
“Avanti, dimmi un’altra bugia!” esclamo, divincolandomi dalla sua presa.
“La smetti?” mi chiede, guardandomi con rimprovero.
“Smetterla? E perché dovrei?” sbotto, irritata dal suo comportamento. Non capisce che vederlo con lei mi ha…
“Melanie, calmati” ripete, facendo un passo verso di me.
“Che… Che cavolo significa calmati?” domando, incredula.
“Significa che devi smetterla, di sputare sentenze senza nemmeno chiedermi delle spiegazioni” risponde, inchiodandomi con i suoi occhi, all’interno dei quali riesco a cogliere un accenno di rabbia, di risentimento. Ma questo non fa altro che infastidirmi di più, perché non ha nessun motivo per guardarmi in questo modo.
“Sono proprio curiosa di ascoltarle, le tue spiegazioni” dico in segno di sfida, appoggiando le mani sui miei fianchi e fissandolo in attesa; il mio tono di voce è provocatorio, portato all’esasperazione dal caos che ho dentro, ma tradisce un certo tremore.
“Quanto mi fai incazzare” borbotta a denti stretti, voltandosi e dirigendosi verso la porta di casa.
Spalanco gli occhi a quella sua reazione e per un attimo rimango a guardarlo allontanarsi: qualcosa dentro di me, però, mi spinge a seguirlo, quasi impaurita dal vederlo scomparire.
Prima che possa chiudere la porta, infatti, gli passo di fianco per entrare in casa, cosa che non avrei mai fatto se non avessi saputo che oggi i suoi genitori non ci sarebbero stati. Lui respira profondamente, fulminandomi con un’occhiata astiosa che precede un suo gesto brusco, con il quale chiude la porta.
“Sei tu, che fai arrabbiare me” preciso, quasi imbronciandomi.
Zayn alza un sopracciglio e mi supera, dirigendosi chissà dove.
“E perché… Perché continui ad andartene?” chiedo poi, esasperata dal suo atteggiamento. Siamo per caso tornati nel passato? Quando io non riuscivo a decifrare nemmeno un suo comportamento?
Gli vado dietro, cercando di tenere il suo passo: “Zayn…” È un richiamo flebile, il mio, un richiamo che riflette quanto io soffra a dover discutere con lui, quando pensavo che tra noi si fosse finalmente risolto tutto.
“Che c’è? Cosa c’è, Melanie?” esclama, fermandosi quasi fosse stufo.
Sbatto più volte le palpebre, ma lui non mi dà il tempo di replicare: “Se sei tanto incazzata, cosa ci fai ancora qui?”
Boccheggio, stupita dalle sue parole: dovrei essere io ad avere quell’espressione contrariata sul volto, io ad assumere quel tono duro e risentito.
“Cosa ci faccio qui? Sto… Sto aspettando le tue spiegazioni!” ribatto, con le guance in fiamme per la rabbia.
“Be’, mi è passata la voglia di dartele” risponde lui semplicemente, alzando le spalle. Fa per girarsi e riprendere il suo percorso, ma io mi metto davanti a lui, cercando di impedirgli il più piccolo movimento con la mia figura minuta. Per un attimo ho l’impulso di allungare una mano e sfiorargli il collo, la mascella tesa, ma sopprimo quel desiderio e mi concentro su altro.
Apro la bocca per dire qualcosa, ma la richiudo subito dopo, innervosita: continuo ad avere davanti agli occhi l’abbraccio di Zayn e Andrea, continuo a sentire quella sensazione fastidiosa allo stomaco che ho percepito quando ho visto le labbra del mio ragazzo sulla sua guancia, le sue braccia intorno alla sua vita.
E con ancora queste immagini di fronte, supero Zayn e mi dirigo verso la porta di casa a grandi passi: sono stanca, terribilmente stanca.
Prima che io possa mettere la mano sulla maniglia, però, sento di nuovo la presa della sua sul mio braccio, proprio come in un deja-vù.
Quando mi volto, trovo i suoi occhi a scrutarmi come se potessero trapassarmi con un solo sguardo, e forse ci riescono, perché sento l’aria mancarmi: “Dio, non hai idea di quanto mi fai incazzare!” sbotta Zayn, ripetendo le parole di poco prima. E io sono stufa di sentirglielo ripetere, per questo alzo di molto la voce, mentre gli rispondo con gli occhi che pizzicano: “Non ne hai nessun motivo!”
“Sì, invece!”
“No! E lasciami!” lo correggo, strattonando il mio braccio per liberarmi dalla sua stretta: il contatto con la sua pelle mi distrae, nonostante ci sia il giubotto a separarci.
“Vattene, allora! Io non ti trattengo di certo!” urla lui, questa volta, lasciandomi andare e voltandomi le spalle per allontanarsi. Quante volte è già successo in pochi minuti?
“Ma che diavolo hai per la testa?!” grido, esasperata e in cerca di una risposta. Vorrei urlargli contro di cancellare quello che ho visto dalla mia mente, vorrei pregarlo di rassicurarmi e dirmi che va tutto bene, ma sono completamente sopraffatta dalle emozioni, dall’agitazione, e la sua reazione mi confonde.
“Ho te per la testa, Cristo Santo! – sbotta Zayn, girandosi verso di me e venendomi incontro. – Mi fai saltare i nervi!”
“E perché?! Cos’ho fatto di tanto sbagliato? Sono stata io, fino a prova contraria, a vederti con la tua ex quando mi avevi detto che non si sarebbe fatta più viva!” ribatto. Le mani mi tremano, quasi volessero dimostrare il loro essere contrarie ad un ennesimo litigio con Zayn.
“Ecco cos’hai fatto! – urla ancora, gesticolando. – Mi stai accusando senza saperne niente! Mi fai incazzare perché Andrea è solo venuta a salutarmi, dato che si trasferisce a Liverpool con sua sorella! Mi fai incazzare perché non mi hai nemmeno chiesto cosa ci facesse qui e hai preferito insinuare che ti avessi mentito! E mi fai incazzare ancora di più perché io ti amo e tu ti ostini a mettermi in dubbio!”
“Ti amo anch’io, razza di stupido!”
Smetto di respirare appena finisco di parlare. Tutto, dentro e fuori di me, sembra essersi immobilizzato. Il mio petto non si muove più velocemente e forse anche il mio cuore si è fermato per ascoltare meglio le parole che sono effettivamente uscite dalla mia bocca. Quelle che sono uscite dalla sua.
Mi ama.
L’ha detto. Ho sentito distintamente quelle due parole, in mezzo alle altre, urlate contro di me con risentimento. Ho anche sentito altrettanto chiaramente qualcosa di me iniziare a fremere, come se il mio corpo avesse compreso prima di me cos’è successo.
E io gli ho risposto. Ho buttato fuori i miei sentimenti come se fossero ormai palesi, come se fosse naturale esternarli in quel modo.
Mi ama.
Niente ha più importanza. Né il nostro litigio, né le nostre voci troppo alte. Né Andrea, né la mia impulsività fuori dal comune. Niente riesce ad occupare la mia mente e il mio cuore, se non il viso di Zayn mentre urla di amarmi.
Non ho il tempo di formulare un altro pensiero, però, perché Zayn mi tira a sé velocemente, con la mano a stringermi il braccio, e unisce le nostre labbra con una passione che è in bilico tra l’urgenza e la disperazione.
Io passo le braccia intorno al suo corpo, le mie mani si muovono avidamente su di lui fino ad arrivare ai suoi capelli, che stringo tra le dita solo per avvicinarmi di più al suo viso. Lo sento circondarmi la vita con le braccia come se volesse intrappolarmi, come se avesse bisogno di sentirmi ancora più vicina, come se fosse possibile. E io non riesco a fare altro se non assecondare questo bacio pieno di noi, pieno del sentimento che ci unisce, della rabbia, del sollievo, del suo altruismo, della mia insicurezza. Sembra una muta lotta che vorrebbe fungere da continuazione al nostro battibecco, quasi ognuno di noi volesse inveire contro l’altro tramite quel tipo di contatto a noi molto familiare, ma che si riduce ad essere l’arresa consapevolezza dei nostri sentimenti. Sentimenti troppo urgenti, per poter essere intaccati da qualcosa.
Zayn mi fa indietreggiare, spingendomi contro la parete alle mie spalle, fino a far aderire la mia schiena alla parete: gemo qualcosa sulle sue labbra, mentre la sua mano arriva sul mio collo e l’altra mi stringe un fianco. Non so più come fare per aggrapparmi a lui, per averne di più: più di cosa? Zayn è già mio e mi chiedo come possa non bastarmi.
Lo sento abbassare la cerniera del mio giubotto e io mi dimeno per toglierlo, per diminuire gli strati di tessuto che mi dividono da lui, dalla sua pelle: le mie mani, però, tornano subito tra i suoi capelli, come se non sopportassero di non toccarlo.
Mentre Zayn scavalca la mia felpa per accarezzarmi la pancia nuda, facendomi rabbrividire, respira pesantemente, tra un bacio e l’altro: “Dillo di nuovo” sussurra, prima di baciarmi un’altra volta, ancora e ancora, quasi non ne avesse mai abbastanza.
“Di’ che mi ami” continua, premendo un po’ di più sul mio corpo.
Io ho il respiro accelerato, perché sono annebbiata dalle sue labbra, dalla sua mano che continua a stringermi il seno, dal suo profumo che, imperterrito, cerca di confondermi, di portarmi alla deriva. Per questo le mie parole sono quasi inudibili: “Ti amo” dico, arrossendo subito dopo e percependo un senso di leggerezza che non pensavo di poter sperimentare. Confessare qualcosa del genere significa questo? Significa sentirsi più liberi? Più… giusti?
Una gamba di Zayn si infila tra le mie, mentre torna a baciarmi con più foga, e io gioco con il suo labbro inferiore, passando ad accarezzare il suo addome; quando la sua bocca si sposta lungo la mia guancia, fino ad arrivare al collo, tengo gli occhi chiusi e gemo qualcosa: “Scusa - sussurro, cercando di mantenere un minimo di lucidità. – Mi sono… comportata da…”
“Devi fidarti di me - mi interrompe lui, parlando sulla mia pelle e mordendola subito dopo, quasi a volermi punire. – Non so più come fartelo capire”.
“Lo so” mugolo, stringendomi a lui. Ha ragione, ha perfettamente ragione e io ne sono consapevole: la verità è che mi sono lasciata andare a tutto quello che ho affrontato oggi e in qualche modo è come se, vedere Andrea tra le braccia di Zayn, fosse stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Semplicemente non ci ho visto più: mi sono rintanata nella gelosia per quel gesto affettuoso, nella paura e nell’insicurezza, sommando il tutto a ciò che già mi turbava. Il risultato non è stato di certo il più consono, dato che ho iniziato ad urlare contro Zayn come se fossi stata certa di quello che gli rimproveravo.
“Mi dispiace” aggiungo, stringendo il labbro inferiore tra i denti.
Gemo di nuovo, quando sento le sue mani scendere sui miei glutei e tirarmi su, in modo da farmi allacciare le gambe intorno al suo busto: ora posso guardarlo direttamente in faccia, senza dover fare i conti con i centimetri di altezza che ci separano costantemente, ma avere i suoi occhi così vicini mi provoca una strana sensazione in tutto il corpo, quasi non fossi pronta a quel contatto visivo tanto diretto, tanto profondo. Zayn continua a premere il suo corpo contro il mio, schiacciandomi contro la parete, tanto da farmi temere che il mio respiro accelerato sia dovuto anche al poco spazio che i miei polmoni hanno per dilatarsi: appoggia la fronte contro la mia e inspira ed espira velocemente, quasi con l’affanno.
“Fidati di me” sussurra soltanto, spostando il suo sguardo sulle mie labbra. Colgo quelle parole come una preghiera, sentendo il cuore fare una smorfia di dolore mentre si ritrova a fare i conti con il senso di colpa per aver dubitato così facilmente di Zayn: frastornata dal contatto tra di noi, non riesco a trovare qualcosa di adatto da dire, così scelgo di avvicinarmi a lui e di premere la mia bocca sulla sua, come se volessi sugellare una promessa che vale il mio onore, il mio tutto.
 
Inspiro a pieni polmoni, inebriandomi del profumo che mi arriva fin nelle ossa, con gli occhi chiusi e l’orecchio sinistro sul petto nudo di Zayn: il battito del suo cuore continua ad inondarmi, ad intontirmi con la sua regolarità e la sua calma. Scandisce ogni minuto e sembra voler fare da guida al mio, di cuore.
Le dita di Zayn hanno preso a sfiorarmi l’avambraccio, avanti e indietro, compiendo sempre lo stesso percorso: ogni volta che la punta dei suoi polpastrelli si distacca accidentalmente dalla mia pelle, ho paura che sia un allontanamento definitivo, ma, quando la sento ritornare su di me, un brivido si propaga lungo tutto il mio corpo, portandomi a sorridere. Chissà se quello di Zayn riesce a percepire l’effetto che ha su di me, dato che ormai io e lui siamo quasi una cosa sola, vista la posizione ingarbugliata in cui ci troviamo, dettata dal poco spazio offertoci dal divano.
Girata su un fianco, lo schienale dietro di me mi sorregge, e i miei piedi spingono contro il bracciolo, che mi fa ricordare come abbia premuto duramente contro i miei reni, mentre Zayn mi faceva sua ancora una volta: il suo tocco non è cambiato, è rimasto delicato e timoroso come la prima volta, ma ogni tanto ha lasciato trasparire dell’altro, una passione che forse ha cercato di celare malamente, a stento. Mentre i suoi muscoli si tendevano sotto le mie carezze, mi sono anche ritrovata a desiderare che lui si lasciasse andare completamente, che si prendesse tutto, perché io non avrei opposto alcuna resistenza: quello che mi chiedo, però, è se ci sia qualcos’altro che lui possa prendere di me.
Mi muovo leggermente su di lui,  maledicendo per un attimo la sua maglia, quella che mi sono infilata per sfuggire all’imbarazzo di essere completamente nuda e la stessa che ora mi impedisce di sentire a pieno la sua pelle contro la mia.
… perché io ti amo e tu ti ostini a mettermi in dubbio!
Sono queste, le parole che continuano a rimbombarmi nella testa mentre ricordo ogni minuto passato con lui, nel cuore che cerca di andare di pari passo con il suo, negli occhi che si sono aperti e che si sono alzati verso il suo viso, solo per spiarlo. Sono queste, le parole poco che mi fanno ancora arrossire: è normale stentare a crederci? O forse è solo l’emozione a giocare questo brutto scherzo? Più ci penso e più mi tormento, perché mi sembra dannatamente impossibile che una persona come Zayn possa amare me.
Non so a cosa sia dovuta questa sensazione: pensavo che, quando qualcuno mi avrebbe detto quelle due parole, io ne sarei rimasta sconvolta. Il che è vero, è successo, ma c’è dell’altro: c’è una parte di me che non è affatto sorpresa, come se io, dentro di me, avessi sempre saputo i reali sentimenti di Zayn. Come se lui mi avesse dimostrato il suo amore in ogni piccola cosa, in ogni piccolo sguardo, impregnando la nostra storia di una verità sottintesa, che poco fa è solo stata definita da parole.
Quando mi muovo di nuovo, scossa da questi pensieri, sento la sua voce bassa arrivarmi alle orecchie: “Che c’è?” chiede semplicemente, stringendomi un po’ di più a sé, probabilmente accortosi dei miei movimenti quasi nervosi.
Io sospiro e alzo la testa per appoggiare il mento sul suo petto, in modo da riuscire a guardarlo negli occhi: per qualche secondo mi limito ad osservarlo, poi abbasso lo sguardo solo per racimolare un briciolo di coraggio e trattenere il rossore che vuole invadermi le guance.
“Zayn… - dico, mordendomi subito dopo le labbra, quasi non volessi far uscire quelle parole dalla mia bocca. – Tu mi ami”. E non è una domanda, è una constatazione, una rivelazione a cui devo ancora abituarmi, una presa di coscienza che mi scombussola e mi impedisce di pensare razionalmente.
Lui sorride, nel modo più semplice e incantevole che avrebbe potuto scegliere, poi si avvicina al mio viso, sfiorando le mie labbra e facendo mischiare i nostri respiri: “Io ti amo, Melanie Clarke - sussurra, sicuro che io riesca a cogliere ogni singola sillaba a causa dei pochi millimetri che ci separano. – Con ogni fibra del mio corpo” aggiunge, accarezzando di nuovo la mia bocca con la sua.
Le guance ormai riflettono l’incendio che mi è divampato nel petto, ma poco me ne importa, perché sono arrivata alla conclusione che dovrò farci l’abitudine, che questa mia caratteristica continuerà ad accompagnarmi nonostante i miei tentativi di debellarla.
Quando quel contatto tra di noi si interrompe – troppo presto -, torno ad appoggiare il viso su di lui, pronta a lasciarmi cullare di nuovo dal suo battito cardiaco: c’è qualcosa, però, che continua a punzecchiarmi l’inconscio, che brama per venire allo scoperto, e io non vorrei rovinare questo momento con le parole, ma sento comunque il bisogno di farlo.
“Io mi fido di te” dico sulla sua pelle, accarezzandola con la mano destra. Voglio che lo capisca, che ne sia consapevole, perché è la verità, nonostante il mio comportamento di oggi avrebbe potuto far pensare l’esatto opposto.
“Davvero, io… - richiudo la bocca per un attimo, poi riprendo. – È che oggi non è stata una giornata… tranquilla, ecco” spiego, corrugando la fronte nel ripensare a tutte le cose che sono successe, a tutte le verità che sono venute a galla.
Io ti amo, Melanie Clarke. Con ogni fibra del mio corpo.
Zayn non risponde, nemmeno mentre riprende a farmi rabbrividire con le dita a solleticarmi la spalla, quindi io continuo, ringraziandolo tacitamente: “E Andrea… Non me l’aspettavo, non… Sì, insomma, mi sono ingelosita – dico con fatica, assumendo un’espressione corrucciata che so che lui non può vedere. – Parecchio” aggiungo, ripensando a quel sentimento dirompente che aveva invaso ogni cellula del mio corpo già scosso. Vorrei dire anche che non ho sopportato il contatto tra di loro, proprio come una bambina, e che ho dovuto stringere i pungi con tutta la mia forza per trattenermi dall’andare lì e frappormi tra loro per dividerli.
“Mi piace quando sei gelosa – afferma Zayn, stupendomi. – Sul serio.”
Il tono di voce che ha usato sembra introdurre un “ma”, che infatti non si fa attendere: “Ma preferirei che lo fossi quando ce n’è motivo – aggiunge infatti subito dopo, tranquillamente. – Se mi accusi subito, se mi urli contro, come hai fatto oggi, non fai altro che ferirmi”.
“Lo so, hai ragione – gli assicuro velocemente, quasi volessi evitare di sentire la continuazione di quella frase, quasi volessi allontanare il più possibile l’idea di essere la causa di una sua sofferenza. – Ti chiedo scusa, di nuovo”.
Subito mi torna in mente la gelosia di Zayn, il modo in cui anche lui mi accusava di mentirgli, quando mi vedeva con Niall: vorrei quasi rimproverarlo per questo, dato che lui in passato ha fatto lo stesso errore, eppure poi ci ripenso. La verità è che, per quanto noi possiamo fidarci l’uno dell’altra, non riusciremo mai a tenere a bada il fastidio causato dalla vicinanza di qualcun altro, nonostante i discorsi sulla fiducia e il resto: quando si tratta di dover condividere ciò che amiamo, anche in situazioni irrilevanti, la gelosia è impossibile da sopprimere, qualsiasi sia il rapporto in cui si insinua. Inoltre, la sua richiesta disperata di fiducia, è evidentemente il risultato di quello che abbiamo affrontato insieme: evidentemente, avrebbe voluto dirmi qualcosa come “dopo tutto quello che ti ho provato, dopo tutto quello che ci siamo promessi mutamente, dovrebbe venirti spontaneo, fidarti di me”.
“È tutto ok” mi rassicura lui, accarezzandomi una guancia e riscuotendomi da quei pensieri. Vorrei cambiare posizione e guardarlo in faccia, ma sono come paralizzata sul suo petto, sul suo cuore. Mentre batte, sembra quasi sussurrare il mio nome.
Accenno un sorriso, sollevata dal fatto che Zayn non sia ancora arrabbiato.
“Quindi… Ha deciso di andarsene?” chiedo, riferendomi ad Andrea e sicura che lui sia in grado di capirlo.
“Hmm -  è la sua risposta. – Lei e sua sorella staranno da uno zio”.
Annuisco lentamente, poi decido di esternare una curiosità: “Ti… Sì, insomma, ti dispiace? Che se ne vada, intendo” chiedo titubante, mettendomi in un ascolto attento. Sono preparata a qualsiasi risposta: entrambe sarebbero comprensibili.
Quando Zayn, infatti, “Un po’” ammette, io accolgo la sua confessione senza alcun risentimento: è normale che ne senta la mancanza, dopo tutto quello che hanno passato insieme.
“E a te? A te dispiace che lei se ne vada?” domanda, cogliendomi alla sprovvista. Riesco a percepire, nel suo, un tono divertito che cerca di mascherarsi con un sottile strato di reale interesse, ma io ho intenzione di essere sincera: “Mi dispiace che si senta costretta ad andarsene – rispondo. – Mi dispiace per la sua situazione, questo sì. Ma no… Non… Non mi dispiace che parta” continuo, affievolendo il tono di voce, mentre per un attimo mi sento una cattiva persona. D’altra parte, però, perché dovrei mentire?
“Peccato – ribatte lui. – Stavo pensando di farla tornare qualche volta per ripetere la scenetta di oggi, se poi serve a finire nudi sul divano di casa mia” aggiunge, smorzando una leggera risata.
Io avvampo e spalanco gli occhi, senza trattenere un sorriso divertito: “Zayn!” lo riprendo, pizzicandogli teneramente un fianco. Sento il suo petto vibrare per una risata e lascio che il silenzio torni tra di noi: non ne ho la necessità, ma sono così in pace con me stessa, da poter accettare qualsiasi cosa, in questo momento.
“Come mai la tua giornata non è stata delle migliori?” chiede dopo qualche minuto, muovendo una gamba per ingarbugliare ancora di più l’intreccio in cui siamo intrappolati.
“Oh, be’… Sono successe un po’ di cose” ammetto, sorridendo tra l’incredulità e la voglia di raccontargli tutto.
“Tipo?” indaga lui.
Mi mordicchio una guancia e riordino i pensieri, prima di cominciare a parlare: “Stamattina ero al parco con Fanny: ho incontrato Harry” dico. Prima che io possa riprendere, però, sento Zayn mormorare qualcosa in segno di disappunto: immagino come si possa sentire, ma spero di poter alleviare il suo malumore con quello che ho scoperto dal suo stesso vecchio amico. “Mi ha spiegato perché abbia infangato la tua reputazione – ammetto. – A quanto pare non ha mai voluto che tu ti prendessi la colpa per quello che ha fatto al signor Dambel. Lui… È stato troppo codardo per dire a tutti la verità, quindi ha pensato che se avesse peggiorato le voci che tu stesso avevi fomentato, ti avrebbe visto tornare da Londra e smascherarlo. Sperava che tu perdessi la pazienza e che facessi quello che lui non era riuscito a fare” concludo, chiedendomi se sia stata abbastanza chiara. Ripetendo ad alta voce le motivazioni di Harry, mi rendo conto di quanto effettivamente quel ragazzo sia complicato. Quasi più di Zayn.
Quest’ultimo inspira profondamente e io posso quasi sentire i suoi polmoni riempirsi d’aria: “Stupido” decreta, mentre vedo la sua mano stringersi in un pugno. Spero davvero che riescano a parlare, lui ed Harry, perché hanno davvero molte, molte cose su cui discutere.
“E mi ha confermato la tua ipotesi: era anche un po’ arrabbiato per la tua partenza” dico dopo qualche secondo, ricordandomene appena.
“Stupido” ripete, questa volta con più rancore. Sì, devono decisamente parlare.
Aspetto che Zayn risponda qualcosa, ma nessun suono esce dalla sua bocca per diversi minuti: ho l’impressione che si sia incupito, probabilmente pensando a tutta quella situazione. Provo quindi a smorzare la tensione che lo attanaglia: “Poi mi ha detto di parlare con mia sorella Emma, e di tenere a mente che l’idea dei soldi non è stata sua” affermo, aspettando una sua reazione.
Forse è un impercettibile sussulto, quello che ho appena sentito: stupore? Pezzi di puzzle che tornano al loro posto? Sollievo?
“È stata Emma a rubarli – decreto, rattristata da quella scomoda verità. – Sapevi che stanno insieme?”
“No – è la sua risposta, ricca di incredulità. – Dio, sembra una puntata di Beautiful” commenta, facendomi sorridere. In effetti, ora che ho l’occasione di ripensare a tutto con maggiore calma, sono completamente d’accordo con lui.
“Sì, be’, da quanto mi ha raccontato mia sorella, Harry e suo padre non se la passano ancora bene, a livello economico. Voleva… aiutarlo” dico, corrugando la fronte a quell’idea. Che lei sia tanto infatuata, o addirittura innamorata, da arrivare a compiere un gesto tanto estremo? Dal modo in cui ha pianto di fronte ai miei genitori, cercando in tutti i modi di giustificarsi e difendendo a spada tratta quello che è il suo ragazzo, la risposta sembra essere positiva.
“La storia si ripete: mi dispiace che questa volta ci sia andata di mezzo tua sorella – commenta Zayn, stringendomi a sé. – Spero che prima o poi Harry riuscirà ad uscirne”. Evidentemente, oltre alla situazione familiare, si riferisce al fatto che Harry sia tanto orgoglioso quanto debole, vittima degli aiuti degli altri, gli stessi che lui rifugge al solo pensiero ma che non riesce a rifiutare nel concreto per paura.
“Sì, lo spero anche io – dico, aprendo il palmo della mia mano sul suo addome piatto. – Solo… Non capisco mia sorella. Insomma… ha sbagliato”.
Passa qualche secondo prima che Zayn risponda, e io attendo curiosa: “Io avrei fatto lo stesso, se si fosse trattato di te” confessa, facendomi spalancare gli occhi per lo stupore, per l’amore.
“Stai cercando di giustificarla?” domando, cercando di capire i suoi pensieri.
“No, sto solo dicendo che io avrei fatto esattamente quello che ha fatto lei – ripete. – E tu sai che io non sono bravo in queste cose, quando si tratta di aiutare qualcuno, quindi sì, probabilmente avrei sbagliato, proprio come Emma”.
Mi fermo un attimo a ragionare, a dargli ragione, poi mi accorgo che sono stata un po’ ipocrita: se Zayn fosse stato in difficoltà, probabilmente io avrei fatto quello e altro. Improvvisamente mi ritrovo a pensare che forse non avrei dovuto biasimare tanto Emma per qualcosa che avrei fatto anche io: la rabbia, però, mi aveva accecata impedendomi di pensarci, e, d’altronde, qualsiasi siano le motivazioni, quel gesto rimane sbagliato.
“Già, probabilmente anche io non mi sarei comportata diversamente” sussurro, baciandogli delicatamente la pelle su cui ho appoggiato il viso. Ne sono convinta, farei di tutto per Zayn, per assicurarmi che il suo viso sia sempre ornato da un sorriso, dalla sua lingua incastrata tra i denti.
“Sai, Melanie, non sei tanto diversa da me” afferma lui, facendomi chiedere a cosa si riferisca. Mi sento costretta ad alzare il viso verso il suo, alla ricerca degli occhi dai quali sono stata fin troppo lontana. Li trovo a scrutarmi sereni, curiosi e impazienti di dire quello che sanno celare molto bene, così io mi limito ad immergermi in loro, aspettando che il loro padrone mi dia una spiegazione.
“Anche tu dai fin troppo peso ai bisogni degli altri – dice infatti Zayn, dopo un paio di secondi. – Certo, non esageratamente come me, ma lo fai anche tu”.
Deglutisco, inumidendomi le labbra, ma non ribatto, perché è di nuovo lui a parlare: “Ne ho avuto il sospetto quando ti ho vista lavorare come una schiavetta per Daphne, durante le prove per il musical”.
“Ancora questa storia? Non mi stavano sfruttando” preciso, imbronciandomi leggermente.
Lui alza un sopracciglio, ma ignora il mio commento, dato che sa bene dove andremmo a finire se gli venisse in mente di ribatte. Abbiamo affrontato questo discorso più volte, in passato: “Ne ho avuta una conferma quando ti sentivi in colpa nei confronti di Andrea, quando dicevi di non volermi portare via da lei e provavi a mettere i tuoi desideri in secondo piano, per una persona che nemmeno conoscevi – riprende, addolcendo il tono di voce. – Un’altra conferma, quella definitiva, l’ho avuta quando ti sei affidata a me”.
Arrossisco a quelle parole, distogliendo per un secondo gli occhi dai suoi, come se farlo mi potesse aiutare a respirare meglio: “Hai messo da parte la tua serenità, seguendo i miei bisogni come se fossero la tua priorità – spiega, guardandomi tanto intensamente da farmi sentire sul bordo di un burrone pronto ad inghiottirmi: il nero sotto di me, però, è la sfumatura scura dei suoi occhi. – Hai aspettato che io risolvessi la situazione con Andrea e sei persino passata sopra alla mia reputazione, preferendo lasciarmi del tempo, anziché pensare a te stessa”.
Ripensare a tutto quello che abbiamo affrontato mi provoca una sensazione strana a livello dello stomaco; pensare che sia tutto finito, solo per dare inizio a qualcos’altro, però, compensa tutto.
“Quale pazza masochista avrebbe fatto tutto questo?” domanda infine, inclinando gli angoli della bocca in un sorriso divertito.
Io alzo gli occhi al cielo, senza riuscire a trattenere un sorriso simile al suo: “Grazie per avermi dato della pazza” preciso, senza poter evitare di dargli ragione, sotto ogni punto di vista. Ho sempre guardato a Zayn come a qualcuno di estremamente complicato, senza mai rendermi conto di essere esattamente come lui.
“Non ho mica detto che non mi piaccia, il tuo essere pazza” tiene a farmi presente lui, accarezzandomi i capelli.
Ti amo, penso.
Mi avvicino a lui con gli occhi che potrebbero rivelare ogni mio più piccolo segreto, ma che cercano lo stesso di non sentirsi intimoriti da quelli che tanto bramano. Porto una mano sul suo viso e accarezzo la sua mascella, che si rilassa sotto il mio tocco, poi mi avvicino , puntando i piedi sul cuscino di stoffa del divano, e cerco le sue labbra.
Così tanto.
Zayn si muove al mio fianco, con le nostre pelli a sfregare l’una contro l’altra e a lamentarsi per tutto quel trambusto, quando avevano evidentemente trovato un equilibrio, un modo per combaciare perfettamente e non allontanarsi più. Passa una mano tra i miei capelli, afferrandoli e stringendoli nel suo palmo, e mi porta sotto di sé, mentre io allaccio le braccia intorno al suo collo. L’altra mano, la fa scivolare lungo il mio corpo, oltre la sua maglietta che vorrei non togliere più solo per rimanere con il suo profumo ovunque.
Le mie dita corrono sulla sua schiena, sui muscoli poco sviluppati che si irrigidiscono per non pesarmi addosso, sulle sue scapole e sulle sue spalle.
“Grazie” dico flebilmente, senza nemmeno rendermene conto. Lui per un attimo si ferma, mi guarda negli occhi, con i capelli disordinati sulla fronte e questa leggermente corrugata: “Per cosa?” chiede infatti.
“Non so… Per tutto, immagino” rispondo, accampando una frase che non ho preparato: la verità è che neanche io mi aspettavo di ringraziarlo così, senza un apparente motivo. Ma ora che ci penso, ora che l’ho detto, un milione di immagini mi affollano la mente: Zayn che mi ruba i baci, Zayn che mi guarda dall’altra parte del corridoio affollato di studenti, Zayn che mi sfiora la mano mentre con noi c’è Louis, Zayn che ride mentre inciampo nei miei stessi piedi come al mio solito, Zayn che è geloso, Zayn che è protettivo... E sì, forse sono queste, le cose che mi hanno spinta a pronunciare quella semplice parola; forse sono queste, le cose che mi costringono a ripeterla, questa volta con più convinzione: “Grazie”.
Lui mi rivolge un sorriso, uno di quelli un po’ storti, appena abbozzati, quasi increduli, e mi bacia, per l’ennesima volta. Mi bacia, cercando un contatto ancora più intimo tra di noi, facendomi chiedere se riuscirò a sopravvivere a quello che mi sta facendo provare.
“Melanie…” mormora sulla mia guancia, sfiorandola poi con il naso: io mugolo qualcosa in segno di risposta, con gli occhi chiusi a trattenere quel brivido che proprio non vuole darmi tregua. Quando sento la sua fronte posarsi sulla mia, mi costringo ad alzare le palpebre, in una pure negazione del mio istinto di sopravvivenza: trovo Zayn a fissarmi insistentemente, in silenzio, con il petto che si muove contro il mio.
“Mi prenderei la colpa al posto di Harry altre mille volte – sussurra, muovendo lentamente le labbra un po’ arrossate dai troppi baci. – Scapperei di nuovo a Londra e sopporterei di nuovo Louis che ci prova con me in uno squallido pub – continua, facendomi sorridere imbarazzata, mentre mi immagino la scena e allo stesso tempo cerco di capire cosa stia cercando di dirmi. – Rifarei tutto, dalla prima all’ultima cazzata, solo per innamorarmi ancora di te”.
Ti amo così tanto, che mi sento soffocare.


 



 

SPAZIO AUTRICE
 
LAAAAAAAAAAAAAAAADIES fdjsklafjas
Ciao splendori miei, come state? :3 Spero meglio di me ahhaha Sono in una specie
di “calma prima della tempesta”, dato che domani mattina ho un esame e sono fin troppo
calma: da un momento all’altro secondo me scoppierò in una crisi isterica haahah
Comunque, l’unico modo per “tranquillizzarmi” era pubblicare questo capitolo,
nonostante il mio intento fosse quello di postarlo domani, come voi sapete :)
A parte che l’ho modificato altre mille volte, mentre lo rileggevo hahah
E spero davvero che vi sia piaciuto, perché è il penultimo D: Vi risparmio i miei piagnistei
riguardo la fine di questa storia D:
Anyway: abbiamo scoperto cosa ci faceva Andrea lì con Zayn, e io non potevo resistere
alla tentazione di farli litigare ancora un pochetto hahaah Anche perché, da sempre,
avevo intenzione di far dire loro le due paroline magiche proprio durante un litigio :3
(Un po’ di tempo fa, avevo scritto su facebook il “Ti amo anch’io, razza di stupido” di Melanie,
ma nessuno aveva capito si riferisse a questa scena hahaha) In ogni caso, vorrei che fosse
chiara la reazione “esagerata” di Mel: ovviamente era ancora scossa da tutti gli avvenimenti
della giornata, e io ho cercato di far emergere questa sua agitazione, e comunque Zayn le aveva
assicurato che Andrea non gli si sarebbe più avvicinata! Ma il resto lo capite da voi :3
Come avete spesso notato, questi due finiscono per dirsi le cose importanti mentre litigano,
soprattutto Zayn, quindi non si sono affatto smentiti :)
Ah, anche la reazione di Zayn potrebbe essere un po’ rimproverabile, dato che anche lui
si incazzava parecchio quando vedeve Mel e Niall insieme, ma è lei stessa a pensare a questo,
e spero vivamente che sia chiaro :) C’è da dire che il loro rapporto è cambiato parecchio
dai “tempi di Niall”, quindi questo è un fattore da considerare!
Comunque, spero che il capitolo non sia risultato troppo sdolcinato D: È che, dopo tutti
questi casini, volevo lasciare un po’ di spazio ai nostri Zelanie, anche perché nello scorso capitolo
non sono proprio esistiti lol
 
E niente, io vi ringrazio tantissimo per tutto, sul serio ** Le vostre recensioni mi riempiono
il cuore di gioia ** E non ho parole per quanto siete gentili dfjsfklsad
Fatemi sapere cosa pensate di questo capitolo fdjskal Risponderò alle recensioni appena posso,
giuro :) Un bacione belle :D

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Capitolo 30
*** Epilogue ***




Epilogue
 

Il sole entra placidamente dalla finestra, in una striscia che riflette le tende leggermente scostate e che si districa sul pavimento, fino ad arrivare al mio viso: raggomitolata su me stessa, continuo a guardare il vetro trasparente che mi divide dalla giornata che mi attende.
Il fatto che sul mio volto regni l’accenno di un sorriso da più o meno cinque minuti, ovvero da quando mi sono svegliata,  è quasi imbarazzante, tanto da farmi coprire il volto con  le lenzuola mentre ripenso al motivo di questa mia espressione. Zayn questa notte ha fatto di tutto per impedirmi di dormire, perseguitandomi nei miei stessi pensieri e una volta anche in un sogno. Nella mia testa, rimbombano ancora le parole che ha pronunciato sul divano di casa sua proprio ieri.
Il trillare improvviso della sveglia è più fastidioso del solito, quasi fosse offesa dal mio avere già gli occhi aperti, dal mio averle rubato il lavoro: sbuffando, spengo quell’aggeggio infernale sporgendomi fuori dal letto e quasi razzolo giù, quando la porta di camera mia si spalanca l’attimo successivo.
Mi giro verso la porta, sgranando gli occhi quando intravedo Emma sulla soglia: mi guarda come se sapesse di aver appena fatto la figura della sorella appostata fuori dalla mia stanza in attesa che mi svegliassi. Per qualche secondo la osservo attentamente, scrutando i suoi occhi tanto scuri quanto eloquenti e i suoi capelli della stessa tonalità, che le incorniciano il volto in modo disordinato.
“Buongiorno” mormora, con ancora la mano sulla maniglia e l’altra a tirarsi verso il basso la maglia del pigiama azzurro. Si morde un labbro, evidentemente nervosa, e io non so come interpretare quello che sento nei suoi confronti.
Le rivolgo un cenno del capo, aspettando che dica qualcosa, ma lei non apre bocca: si volta velocemente per chiudere silenziosamente la porta alle sue spalle, poi sospira a lungo e torna a guardarmi, questa volta con più decisione. Io quasi trattengo il fiato, con il bordo delle lenzuola color pesca stretto nei pugni, come se fosse un antistress.
Emma si avvicina a me lentamente, stringendosi nelle spalle e accarezzandosi energicamente un braccio, come se volesse farsi forza: quella sua espressione, quel suo modo di guardarmi, completamente diverso e nuovo, è un indizio per capire le sue intenzioni. So anche, però, che mia sorella è una fuggitiva: se è in procinto di fare qualcosa, non bisogna mai forzarla o interromperla, soprattutto se è un qualcosa di difficile per lei, perché potrebbe cambiare idea in un batter d’occhio e mandare tutto all’aria. Proprio per questo non le dico niente, mentre si siede titubante sul bordo del letto, con gli occhi che hanno preso a fissare le sue mani.
“Io…” sussurra, richiudendo subito dopo la bocca, probabilmente pentita di quel suono insicuro e tremolante che ha appena lasciato uscire.
Avanti, Emma.
Poi si volta verso di me, inspirando profondamente, e in un istante me la ritrovo stretta al petto, con le braccia intorno al mio collo e il viso sulla mia spalla. Strabuzzo gli occhi, strozzandomi quasi con la mia stessa saliva: mia sorella non mi abbraccia da qualche anno, da quando era ancora una bambina poco più piccola di me, e io mi ero dimenticata di quanto fosse morbida la sua pelle o quanto profumasse di quel bagnoschiuma senza il quale non vive. Abbasso le palpebre e abbozzo un sorriso incredulo, finendo per abbracciare il suo corpo esile a mia volta, mentre la sento sistemarsi meglio per avere un contatto maggiore: so quanto sia difficile per lei aprirsi o dedicarmi qualcosa che non sia la solita frecciatina acida, ma so anche che questo semplice abbraccio sa esprimere molte più cose di quelle che potrebbero essere dette a parole.
Le bacio una spalla, mentre sento il rancore affievolirsi sempre di più, scacciato da un sentimento più forte, più caloroso: “Mi dispiace” sento mormorare, mentre nessuna delle due si muove di un solo millimetro.
Annuisco lentamente, ma le lascio altro tempo: “Ho sbagliato e l’ho sempre saputo – continua infatti, con la voce flebile a causa dell’orgoglio, ma comunque decisa, ferma. – Lo sapevo anche mentre prendevo quei soldi e mentre facevo sì che la colpa ricadesse su Zayn. Mi dispiace” ripete, staccandosi leggermente da me per guardarmi negli occhi.
“Volevo davvero aiutare Harry, e… È che avevi ragione tu – riprende, senza darmi il tempo di ribattere. – Sono convinta che mamma e papà ti vedano con un occhio diverso, rispetto a me: ma non perché sono una bambinetta viziata, è perché… Perché tu sei migliore, Mel”.
Schiudo le labbra, corrugando la fronte, e “No” sussurro, spiazzata dall’idea che Emma ha di me.
“Io ti ho sempre invidiata - aggiunge, ignorando quella mia interruzione. – Ma al posto di cercare di migliorare, mi sono arrabbiata, ho fatto di tutto pur di metterti i bastoni tra le ruote, come se potessi incolpare te per quello che sentivo”.
“Emma, non hai assolutamente niente da invidiarmi – ci tengo a precisare, scuotendo la testa. – Davvero, io non sono… migliore. E tu vai bene così come sei”.
“Non è vero – mi contraddice, abbassando lo sguardo. – Sono un completo disastro”.
“Hey, guardami – le ordino, accarezzandole i capelli. – Smettila, di dire queste cose. Non è affatto così e mi dispiace… Mi dispiace che tutto questo sia stata causa mia, in parte: se avessi saputo che era così, che ti sentivi, avrei fatto…”
“Vedi perché ti invidio tanto?” mi interrompe, accennando un sorriso che si spegne subito dopo. Mi mordo le labbra, dispiaciuta per lo stato d’animo di mia sorella, mentre mi sento colpevole per non aver capito subito cosa le passasse per la testa. Sono la sorella maggiore, quella che dovrebbe conoscerla meglio di tutti, eppure sono stata cieca sin dall’inizio.
“Scusa, davvero” dice poi, deviando il discorso sul tasto più dolente. Non ho ancora superato il suo aver dato la colpa a Zayn senza farsi troppi problemi, ma sto cercando di rielaborare il tutto e, di sicuro, le sue scuse mi aiuteranno molto.
“E chiedi scusa anche a Zayn” aggiunge dopo un paio di secondi, come se se ne fosse appena ricordata. Si morde l’interno delle guance con nervosismo, probabilmente a causa dell’imbarazzo e di quel dannato orgoglio di cui è munita. Almeno ce l’ha, una cosa in comune con Harry.
Annuisco e la guardo osservare il piccolo tappeto di fronte al mio letto, mentre il silenzio si fa spazio tra di noi: “Scuse accettate” dico poi, senza riuscire a trattenere un sorriso. Lei mi imita, continuando a non guardarmi: sicuramente il suo momento di apertura è giunto alla fine, ma io me lo faccio bastare.
“Melanie! Sei sveglia?” urla mia madre dal piano di sotto, nel quotidiano controllo che la sveglia abbia fatto il suo dovere, cosa che succede raramente. Le rispondo affermativamente, riportata alla realtà in modo un po’ brusco, e intanto mia sorella si alza per avvicinarsi a passo lento verso la porta.
Afferra la superficie in legno chiaro con la mano sinistra e si ferma, dandomi le spalle: alzo un sopracciglio, chiedendomi se abbia ancora qualcosa da dire, ma ci pensa lei, a dare una risposta alla mia domanda.
“Harry non è una semplice cotta, come ha detto ieri papà – esordisce, riferendosi alle parole furiose di mio padre di ieri pomeriggio: quando lui e la mamma hanno ascoltato la confessione di Emma, sono sbottati entrambi, rinfacciandole quanto fosse sbagliato quello che aveva fatto. E non hanno riservato parole carine nemmeno ad Harry, che per mio padre è solo un ragazzino per il quale si è presa una stupida sbandata. Evidentemente si sbaglia. – Non ho riportato subito i soldi al loro posto solo perché speravo che lui li accettasse, prima o poi. Sai, Harry… Sì è arrabbiato, quando mi ha visto arrivare con quei soldi – continua, mentre sento la sua voce inclinarsi nell’abbozzo di una risata incredula, mentre Emma scuote leggermente la testa. – Non mi ha parlato per un giorno intero” conclude, prima di uscire dalla mia stanza.
 
Esco dal bagno della scuola quando per i corridoi non c’è più il chiasso degli studenti, segno evidente dell’inizio inoltrato delle lezioni. Mi sposto i capelli legati in una treccia sulla spalla destra e respiro profondamente, lasciandomi scappare un sorriso di impazienza: do un’ultima occhiata in giro, poi percorro in silenzio i pochi metri che mi dividono dalla biblioteca.
Questa mattina, nonostante sia riuscita a svegliarmi addirittura in anticipo, sono arrivata comunque in ritardo a lezione: il professore di filosofia stava spiegando da cinque minuti buoni e il suo sguardo di rimprovero non è stato esattamente un buon inizio di giornata. Proprio per questo Zayn mi ha mandato un messaggio, alla seconda ora, chiedendomi di raggiungerlo qui alla terza, ovvero adesso: inutile dire che ho accettato l’offerta non appena ho letto le sue poche parole.
Mi sistemo velocemente la camicetta azzurro pastello che indosso, abbassando le maniche a tre quarti che avevo tirato su per il caldo eccessivo che regnava in aula: “Zayn?” chiamo, mordendomi un labbro mentre rimango all’entrata della biblioteca ad aspettare una risposta, con la porta che si chiude lentamente alle mie spalle.
“Sono qui” esclama infatti la sua voce, provocando subito una sensazione di sollievo in me. Muovo i primi passi cercando di capire da dove sia arrivata la sua risposta e “Qui dove?” chiedo, sbirciando alla mia sinistra, vicino al bancone dietro il quale dovrebbe stare un bibliotecario e non solo una sedia impolverata.
“Qui” ripete lui, facendomi alzare gli occhi al cielo divertita.
“Grazie tante” mimo con le labbra tra me e me, scuotendo la testa.
Prendo a camminare lungo il metro scarso che divide le due schiere di scaffali pieni zeppi di libri, cercando lui con lo sguardo, e lo trovo dopo una ventina di passi, alla mia destra.
Ancora ferma al centro del piccolo corridoio, i miei occhi, come se non potessero farne a meno, si soffermano sulla sua figura, illuminata dal debole sole che entra dalla finestra: in piedi in quel maglioncino grigio che troppe volte ho stretto tra le mie mani e nel paio di jeans scuri che fanno ormai parte di lui, è appoggiato al muro con il fianco sinistro, mentre il viso è rivolto verso la grande finestra che tappezza la parete di questa vecchia biblioteca. I capelli disordinati tremano impercettibilmente mentre Zayn muove il braccio destro per portarsi la sigaretta alle bocca e aspirarne del fumo: le labbra increspate e gli occhi sottili, con il petto a gonfiarsi un po’ di più per fare spazio a quell’aria insolita e allo stesso tempo tanto familiare.
L’organo al centro del mio petto è forse impazzito, più del solito, e ha preso a dimenarsi nella mia gabbia toracica quasi volesse sfondarla, perché ha riconosciuto ancora prima di me il luogo in cui Zayn si trova: l’esatto punto in cui l’ho visto per la prima volta, quel giorno a scuola.

Un movimento alla mia sinistra mi fa sobbalzare per lo spavento: immediatamente mi porto la mano libera al petto, voltandomi verso il posto da cui è provenuto il rumore. Il cuore rallenta subito nel constatare che non è nessun fantasma o creatura fantastica uscita da qualche libro a farmi compagnia, ma solo un ragazzo.
Anche se, guardandolo meglio, forse può anche essere considerato un personaggio di fantasia, uno di quelli fin troppo irreali per essere davvero in carne ossa: è seduto a terra con la schiena appoggiata al muro e una gamba piegata, leggermente allontanata da quella stesa sul pavimento. La testa è abbandonata sulla parete e tra le dita tiene una sigaretta con fin troppa cenere sul punto di cadere: sono i suoi capelli neri leggermente spettinati e il suo sguardo scuro a farmi avvampare, come al mio solito. Mi guarda con una tale intensità, con una tale insistenza, da mettermi a disagio, non che sia poi tanto difficile. È a pochi metri da me ed è riuscito a far riprendere i battiti accelerati del mio stupido cuore, non oso immaginare cosa potrebbe succedere se lo avessi accanto.

Mi è impossibile trattenere il sorriso che sta lottando con tutte le sue forse per apparire sul mio viso, così lo lascio andare, lo lascio invadermi non solo con la sua presenza ma anche con il suo significato: stringo i pugni e faccio qualche passo in avanti, mentre l’eco della suola delle mie scarpe che batte sul pavimento si insinua tra me e Zayn. Lui, d’altra parte, si accorge della mia presenza e si volta, facendo aderire la schiena al vetro che gli sta dietro e infilando la mano sinistra in tasca: mi guarda come se anche lui sapesse a cosa sto pensando e mi sorride come se io potessi resistere alle sue labbra inclinate o ai suoi zigomi, che, alzandosi  leggermente di conseguenza, stringono gli occhi in due fessure. La sua figura è resa più scura dalla luce che lo colpisce alle spalle, incapace di rischiarargli il viso e obbligata a sorpassarlo senza voltarsi indietro: e a me fa quasi pena, perché tutti dovrebbero avere la possibilità di stare di fronte a Zayn, di rimanere qualche secondo - o giorno - a scrutare ogni suo particolare, di specchiarsi nei suoi occhi tanto indecifrabili quanto rassicuranti.
Mi schiarisco la voce con un piccolo colpo di tosse e “Non puoi fumare qui” dico, mentre lo stomaco si accartoccia su se stesso per mille motivi diversi. E Zayn ride, ride tranquillamente lasciando passare la punta della lingua tra i suoi denti e scuotendo il capo in modo divertito.

“Non-non puoi fumare qui” sussurro, presa dalla mia solita timidezza. Torno per un attimo sul suo viso e lo vedo inclinare la testa da un lato, come se stesse cercando di capire quelle mie parole, eppure non risponde, anzi, continua a fumare indisturbato come se io non gli avessi detto niente. E io non sono Becka, né Aaron: non insisterò nè punterò i piedi per farmi dare ascolto.
Sbatto le palpebre più volte, stupita da quella reazione, e mi volto velocemente tornando a fare quello che devo: non so se i suoi occhi siano davvero su di me o se sia solo la mia stupida soggezione a farmi avere questa sensazione, ma è una sensazione così intensa da farmi pensare che, se avessi il coraggio di voltarmi a di guardare di nuovo quel ragazzo, li incontrerei senza dubbio.

Lo osservo mentre aspira di nuovo del fumo dalla sigaretta, questa volta più intensamente, quasi volesse finirla con un solo tiro mentre la tiene tra l’indice e il pollice: una nuvola semitrasparente si forma davanti alla sua bocca, quando schiude le labbra per lasciarla uscire, e, dopo aver aperto la finestra, butta il mozzicone in cortile.
Si volta di nuovo verso di me, alzando un sopracciglio come se volesse farsi fare i complimenti per l’avermi dato ascolto. Incrocio le braccia al petto, senza staccare gli occhi dai suoi, e lo aspetto, mentre si avvicina lentamente a me: è strano pensare come io sia in grado di non distogliere lo sguardo, di mantenere il contatto visivo nonostante le sue iridi non abbiano ancora abbandonato il progetto di farmi sgretolare proprio davanti a loro, sotto la loro intensità e la loro forza. Forse, però, è proprio questo il punto: io non sono capace di affrontarle, ma ne ho bisogno. Ho l’estremo bisogno di sentirmi in soggezione quando si fermano su di me, di arrossire quando mi guardano in modo un po’ più insistente, di sfidarle quando cercano di vincere contro la mia fragile resistenza. E sì, forse Zayn ha ragione quando dice che sono una masochista, in fondo.

Sogno o non sogno, è fin troppo vicino a me con i suoi centimetri di altezza in più, e le mie guance sono in fiamme. Solo per un attimo riesco a sostenere il suo sguardo, che mi scruta divertito come se stesse cercando di studiarmi: i miei occhi non possono sopportare i suoi, se vogliono impedire che scoppi un vero e proprio incendio sul mio volto, quindi continuano a spostarsi velocemente da un punto all’altro senza prestare davvero attenzione, e forse per questo decidono di limitarsi a seguire i movimenti della sua mano, che, di nuovo, si avvicina a me, sfiorando però i miei capelli bruni, lisci sulle spalle.

Ormai è ad un passo da me e io sono costretta ad alzare lo sguardo sul suo viso, soffermandomi per pochi istanti sulla pelle olivastra della sua mascella, di una sfumatura più chiara del solito perché, stranamente, Zayn si è ricordato di radersi, questa mattina: lo vedo inumidirsi le labbra rosee e sento le sue mani posarsi sulle mie braccia, ancora strette al petto, che si rilassano immediatamente a quel contatto, lasciandosi cadere lungo i miei fianchi. Non posso combattere contro quell’infimo brivido che ha percorso in un solo attimo tutto il mio corpo, ma lo sforzo si riflette nelle mie guance, che si arrossano improvvisamente: la bocca che mi sta davanti, così pericolosamente vicina, si apre in un sorriso, come se avesse aspettato solo questo momento, come se avesse sempre saputo che sarebbe successo, così io distolgo lo sguardo per non dare a Zayn un’ulteriore vittoria.
Le sue mani, intanto, risalgono lentamente le mie spalle, superando il colletto della mia camicetta per fermarsi sul mio collo e accarezzarlo dolcemente: a quel gesto torno a incontrare i suoi occhi, stupendomi nel trovarli più seri di quanto mi aspettassi, e anche la mia espressione divertita e un po’ imbronciata si affievolisce, mentre il suo viso si avvicina al mio, per baciarmi le labbra con tanta delicatezza da farmi arrossire ancora di più, oltre ogni limite umano.
Mi aggrappo al suo maglioncino, circondandogli il busto con le braccia, e mi avvicino ancora un po’, con il disperato bisogno di sentirlo, di percepire di più il suo profumo in modo da oscurare il sapore di fumo che sto sentendo e che è fin troppo familiare.

Contro ogni forma di istinto di sopravvivenza, i miei occhi svettano di nuovo nei suoi come se volessi rivolgere loro le stesse domande che mi ronzano in testa, ma, appena li incontrano, sento un sorriso farsi spazio sul suo volto e in un attimo la distanza tra noi è annullata: le sue labbra sono premute sulle mie, facendomi assaporare il gusto della sigaretta fumata poco prima, e la sua mano fredda è sul mio collo.
I libri che stringevo al  petto fino a pochi secondi fa sono caduti a terra, forse perché il mio cuore ha battuto troppo forte sotto di loro, e i miei occhi sono spalancati mentre mi stupisco nel constatare che quel bacio assolutamente inaspettato, inopportuno e insensato mi stia effettivamente piacendo.

Dopo pochi attimi, però, Zayn si allontana da me, lasciando pochi millimetri a dividerci, a torturarmi nel peggiore dei modi: la sua fronte si appoggia alla mia e posso sentire il suo respiro di sigarette sul mio viso, leggero e caldo.
“La prossima volta fumerò da un’altra parte” sussurra, sorridendo subito dopo con un angolo della bocca che si inclina di più, mentre io mi lascio sfuggire una risata. Gli occhi socchiusi e le sue mani ancora su di me, con il mio corpo a chiedere silenziosamente che non si allontanino più, che rimangano lì per almeno qualche giorno o settimana, fin quando non me ne sarò stancata.

È questione di pochi attimi, però, perché, prima che possa abituarmi a quel contatto, il ragazzo si allontana da me, mantenendo comunque una certa vicinanza: “La prossima volta fumerò da un’altra parte” sussurra con un sorriso beffardo sul volto, prima di spostare la mano dal mio collo e sparire nel corridoio della biblioteca.

“Deja-vù” dico, facendo schioccare la lingua sul palato e provocando l’ilarità di Zayn, che mi invade le orecchie mettendo a tacere per un attimo il mio cuore, che abbandona ogni sua funzione solo per poter sentire chiaramente la risata che tanto ama.
“Non esattamente” precisa lui, tornando sulle mie labbra senza darmi il tempo di rispondere: questa volta il bacio è più insistente, meno gentile, ma comunque irrimediabilmente delicato. La sua mano sinistra mi accarezza la testa, per poi scendere sulla mia schiena e arrivare al fondo, solo per premere su di me e farmi avvicinare al suo corpo, tanto da far scontrare i nostri petti.
“Quella volta non potevo fare questo” sussurra sulla mia bocca, per poi scivolare a baciare l’incavo del mio collo, facendomi il solletico mentre sfiora appena la mia pelle.
“Né questo” continua, con la voce ridotta ad un soffio appena accennato. Le sue mani stringono la presa sui miei fianchi e il suo viso si alza fino ad arrivare di fianco al mio, mentre lascia un bacio proprio sotto il lobo del mio orecchio destro solo per poi morderlo appena.
Chiudo gli occhi e respiro lentamente, provando a conservare un minimo di autocontrollo o comunque di lucidità: “Chi ti dice che-che ora tu possa farlo?” chiedo, prendendolo in giro. Lui si allontana subito da me, fermandosi con il volto a pochi centimetri dal mio, e i suoi occhi si riducono a due fessure, mentre mi scrutano come per decifrare la mia espressione.
“Ah, è così?” domanda poi, inclinando leggermente il capo da un lato. Si lecca il labbro inferiore, incastrandolo delicatamente tra i denti subito dopo.
Io alzo le spalle, incapace di dire qualcosa che possa effettivamente metterlo a tacere, dato che sta palesemente giocando sporco, in questo momento: “Melanie, per fortuna ti hanno tenuta solo dietro le quinte, in quel musical: fai pena a recitare” commenta, mentre io spalanco la bocca per quella sua affermazione, che però non mi fa trattenere una risata.
“Bene, allora porterò le mie scarse capacità teatrali da un’altra parte” dico io, annuendo velocemente come per dare una conferma a quelle parole. Mi libero dalla sua presa e mi volto per dirigermi verso l’uscita, con un sorriso sul volto che non aspetta altro che rivedere quello di Zayn: lui, infatti, non esita a circondarmi il ventre con un braccio, per fermarmi e attirarmi a sé, facendo aderire la mia schiena al suo petto.
“La stessa parte dove io dovrei fumare? – chiede, con le labbra a sfiorarmi il collo e il profumo a farmi girare la testa. – Possiamo andarci insieme” propone, facendo allargare il mio sorriso.
“Preferirei di no, grazie” ribatto, cercando di mantenere la mia posizione, nonostante sia inutile.
Zayn mi volta verso di lui, abbozzando una risata: “Te l’ho detto, recitare non fa per te” dice, allacciando le mani dietro la mia schiena, mentre i suoi occhi tornano a mettermi in soggezione. Quando poi le nostre labbra si incontrano di nuovo, sento il mio cuore spezzarsi e iniziare a raccogliere i mille pezzi in cui si è infranto, pronto a incollarli al loro posto uno alla volta, ancora e ancora, solo perché Zayn possa di nuovo distruggere tutto.
 
Inspiro l’aria fresca del primo pomeriggio, mentre esco dalle porte della scuola, finalmente libera di tornare a casa: Becka è già appoggiata al muretto in pietra chiara che sta alla fine dei pochi gradini, così sorrido e mi avvicino velocemente, impaziente di passare con lei anche solo pochi minuti.
“Stronzetta! - mi saluta, scuotendo i capelli ramati al sole, mentre i suoi occhi mi trasmettono la loro solita allegria. – Tu ed Aaron siete sempre i soliti! Sono qui che aspetto da almeno un quarto d’ora” afferma, incrociando le braccia al petto con divertimento.
“Becka, è suonata da sì e no cinque minuti: credo tu abbia sbagliato qualcosa” ammetto, facendola ridere, prima di ritrovarmi stretta tra le sue braccia. È più o meno la quarta volta che mi abbraccia, oggi, ma io la lascio fare: sembra quasi un modo come un altro per recuperare quello che, in tutti questi giorni di lontananza e tensioni, ci siamo perse. Da ieri sera, infatti, la mia migliore amica è finalmente tornata ad essere tale.

“Hey…” mi saluta Becka, in piedi sulla soglia della porta di casa sua, mentre mi guarda con aria stupita: il viso struccato e il pigiama con gli orsacchiotti che Aaron le ha regalato per scherzo un anno fa, per il suo compleanno.
“Ciao” ricambio, stringendomi nelle spalle mentre l’imbarazzo inizia a farsi sentire: lei non dice altro, ma rimane qualche secondo a guardarmi, prima di farsi da parte per invitarmi silenziosamente ad entrare in casa. Io le sorrido, cercando di mascherare il sollievo e la felicità, soprattutto perché ho notato come il suo sguardo si sia addolcito, dopo l’iniziale sorpresa.
“Sei da sola?” le chiedo, provando a smorzare la tensione, mentre Becka mi fa segno di sedermi sul divano, dove la coperta di lana mi fa presupporre che lei fosse sdraiata lì fino a pochi minuti fa.
“Cenetta romantica, per i miei” spiega lei, alzando un sopracciglio con fare malizioso. Prende posto al mio fianco e io mi tolgo il giubotto di pelle, riordinando le idee nella mia testa in modo da poter parlare liberamente: il nostro rapporto non è teso come lo era fino a pochi giorni fa. Da quando Becka mi ha lasciata sfogare tra le sue braccia, il giorno in cui io e Zayn abbiamo litigato, siamo riuscite ad avvicinarci un po’: nonostante questo, però, abbiamo ancora tante cose di cui parlare, tante cose di cui scusarci.
“Mi dispiace di essere piombata qui così… All’improvviso – inizio, tenendo lo sguardo sui miei pantaloni. – Ma devo assolutamente parlarti” ammetto, mordendomi un labbro. Tutto quello che è successo è impossibile da trattenere dentro di me: è inconcepibile che Becka non ne sappia niente, è tanto assurdo quanto fastidioso.
Lei annuisce, facendo oscillare la coda disordinata che intrappola i suoi capelli: “Tranquilla – mi rassicura, rivolgendomi un mezzo sorriso. – Avevo intenzione di venire io da te, più tardi, quindi…”
Sorrido liberamente, guardandola per un attimo negli occhi, e respiro profondamente, togliendomi le scarpe per poter incrociare le gambe sul divano: dopo qualche secondo, inizio a parlare.
Le racconto tutto quello che non sa, a partire dal mio incontro con Zayn su quella panchina: le descrivo la sua espressione mentre mi rivelava tutti i dettagli della storia di Harry, e la mia, quello che ho assunto mentre lui mi stava urlando contro cose senza senso. Le racconto della mia chiacchierata con Styles, dello stupore che mi ha assalita quando mi ha spiegato le sue motivazioni e della rabbia che ho provato nello scoprire che era stata Emma a rubare quei soldi. Le riporto le frasi di mia sorella, quelle dei miei genitori che urlavano furiosi contro di lei, e finisco per ammettere la mia gelosia nel vedere Zayn e Andrea insieme. Sospiro nel ricordare ad alta voce il piccolo litigio con lui e sospiro di nuovo, questa volta di felicità, quando riporto quel “ti amo” che ancora mi scalda il cuore.
E Becka rimane in silenzio, completamente: le sue uniche reazioni sono le espressioni che si susseguono sul suo volto e che si adattano ad ogni situazione da me descritta, ad ogni suo pensiero non espresso.
Così, quando io non ho più parole da dire e mi sembra di essere ritornata ai vecchi tempi, quelli in cui chiacchierate del genere si svolgevano più o meno ogni giorno, non posso non rimanere per qualche secondo in silenzio, con una voglia straziante di abbracciare la mia amica.
“Wow” commenta lei, riferendosi alla quantità di cose accadute in così pochi giorni.
“Già” confermo, arricciando un po’ il naso. Dentro di me, oltre al piacere di trovarmi qui con lei, c’è qualcos’altro che si agita: fremo dalla voglia di sentire il suo parere, di sapere cosa pensa di Zayn, ora che tutto è stato risolto e che ogni suo dubbio è stato spazzato via.
“Sono felice che ora sia tutto a posto – dice poi, cogliendomi alla sprovvista. – Sembri parecchio felice”
“Lo sono” le assicuro, ripensando a quella sensazione che non mi lascia stare da quando sono uscita da casa di Zayn.
“Anche se credo che in parte sia merito delle prestazioni di Malik, a quanto pare – continua, sospirando e facendomi spalancare gli occhi. – Magari ora capisci anche tu a cosa mi riferivo quando mi lamentavo di quelle di Liam”.
“Becka!” la rimprovero, nascondendo il viso arrossato con uno dei cuscini bordeaux. Mi erano mancate le sue allusioni.
“A parte gli scherzi, mi dispiace essermi comportata in quel modo” riprende, con un tono di voce più serio di quanto mi aspettassi, obbligandomi a poggiare sulle mie gambe il cuscino per tornare a guardarla in faccia.
I suoi occhi sono fissi nei miei e cercano di trasmettere qualcosa accompagnando quelle parole: “No, tu… Non avevi tutti i torti nel dirmi quelle cose. Certo, magari avresti potuto fidarti un po’ di più di me, ma so perché hai agitato così e… Sì, insomma, va bene”.
Becka scuote la testa, con l’ombra di un sorriso sul volto: “Hai fatto bene a non darmi ascolto – precisa, stupendomi. – Se l’avessi fatto, a quest’ora non saresti qui con questo sorriso inquietante sul volto, non saresti così fastidiosamente e irrimediabilmente felice. Quindi scusa: scusa per il mio comportamento da psicopatica con manie di protezione ossessiva: avrei dovuto credere in te – ammette, stringendosi nelle spalle. – È che l’idea di vederti soffrire mi faceva talmente incazzare che…”
Non le do il tempo di finire di parlare, perché mi rifugio tra le sue braccia, in un gesto automatico tra di noi: la stringo a me come avrei voluto fare già da molto tempo, e riassaporo il suo profumo, quello che ha sempre avuto un effetto calmante su di me.

“Lo so” sussurro, intensificando la presa su di lei.
“E io sapevo che saresti diventata una vera stronzetta, prima o poi” ribatte lei, ridendo subito dopo mentre io la imito. Non c’è sensazione migliore nel sentirla ridere di nuovo, nel sentire che le cose stanno tornando finalmente alla normalità, nel percepirla di nuovo al mio fianco, in tutti i sensi.
“Ma ora basta, o finirò per piangere – dice, sciogliendo l’abbraccio e sbattendo più volte le palpebre per via degli occhi lucidi. – Per quanto mi ci voglia ancora un po’ per accettare del tutto Malik, voglio sapere tutto: insomma, ha portato via la tua verginità, dannazione!” esclama, alzando un po’ la voce per l’enfasi con cui ha pronunciato quelle parole. Io arrossisco completamente e torno a nascondermi dietro lo stesso cuscino di prima, che lei prontamente cerca di togliermi dal viso con un divertito “Avanti, non fare la pudica! E guarda, hai anche un succhiotto, proprio qui!”

“Ragazze! - esclama Aaron, sbucando alle mie spalle e abbracciandoci entrambe. – Sapete da quanto aspettavo di vedervi di nuovo insieme?” ammette, ricordandomi di tutte le volte che ha cercato di spronarci a parlare e a chiarire.
Io e Becka ci lanciamo uno sguardo d’intesa, mentre lui ci lascia andare per incamminarsi con noi verso i cancelli dell’uscita: “Io… Devo aspettare Zayn” dico loro, stringendomi nelle spalle, un po’ imbarazzata.
“Oh, no” mormora Aaron, con lo sguardo perso davanti a sé. Corrugo la fronte, spiazzata da quel commento, e “Che c’è?” chiedo, un po’ titubante.
“No, no, no, no” continua lui, sbiancando.
“Ah, perfetto” borbotta Becka al mio fianco, scuotendo la testa. Cos’hanno che non va, questi due?
Quando mi decido a seguire i loro sguardi, mi accorgo con sollievo che le loro parole non sono affatto rivolte a Zayn, ma a qualcun altro, qualcuno che non mi sarei mai aspettata di rivedere tanto presto. Qualcuno che, con le mani nelle tasche dei jeans chiari e con il vistoso tatuaggio sul petto lasciato scoperto dallo scollo di un maglioncino blu, sta venendo verso di noi. Le labbra increspate in un sorriso e la lingua a giocare con il piercing che la decora, mentre il sopracciglio destro si alza per conferire a quel volto divertito un’espressione impaziente.
“Splendore!” quasi urla Louis, attirando l’attenzione di gran parte degli studenti presenti. In pochi secondi me lo ritrovo davanti, anzi, io mi ritrovo tra le sue braccia, che mi stanno stringendo tanto forte da interrompere il contatto dei miei piedi con il terreno. Strabuzzo gli occhi, con le guance che si tingono di porpora senza alcuna pietà, e deglutisco a vuoto quando Louis mi lascia finalmente andare, permettendomi di tornare a respirare.
“Hey…” borbotto, con l’ombra di un sorriso, mentre lui saluta velocemente anche Aaron, che continua ad aggiustarsi la giacca come per darsi una sistemata, e Becka, che non sembra particolarmente felice di vederlo, come sempre.
“Sei tornato” noto, incapace di contenere la sorpresa e forse anche un po’ di piacere: d’altronde, una volta appurata la sua omosessualità e superato l’imbarazzo causato dai suoi continui complimenti, la sua compagnia è più che gradevole.
“Sentivo la mancanza di quel coglione del tuo ragazzo – risponde annuendo, facendomi ritornare in mente la sua pacata finezza e stupendomi nel farmi capire di essere aggiornato sugli ultimi avvenimenti. – E tu sei sempre più bella, eh?” continua. Superare l’imbarazzo dei suoi complimenti? Certo, come no.
“Quanto rimarrai?” si intromette Aaron, guardando la sua cotta stratosferica dritto negli occhi azzurri ghiaccio.
Louis alza le spalle e “Qualche giorno” ammette, per poi spostare lo sguardo alle nostre spalle. Il sorriso che si allarga sul suo volto mi fa capire che deve essere arrivato Zayn, così mi volto e lo cerco tra la folla di studenti.
È più vicino di quanto pensassi: la giacca sbottonata e lo zaino su una spalla. Ed è con Harry.
Alzo entrambe le sopracciglia per la sorpresa e li osservo camminare insieme con molta calma, quasi fossero due semplici amici che escono da scuola come ogni giorno: quando arrivano a pochi passi da noi, si fermano e si salutano dandosi la mano in quello strano modo che si usa tra ragazzi.
Gli occhi verdi di Harry, mentre si allontana da lui, si spostano sui miei amici e poi sul mio viso: il disagio che erano soliti provocare in me si è affievolito, forse per merito della sua espressione quasi serena, così riesco persino ad abbozzare un sorriso mentre lui mi saluta con un cenno del capo che fa ondeggiare i capelli ricci. E non sembrava solo un saluto, sembrava qualcosa di più: una specie di segno di intesa o di ringraziamento, anche se, parlando di Harry Styles, è difficile da dire con certezza.
È Zayn a riscuotermi dai miei pensieri, quando si avvicina a noi e mi distrae con il suo profumo, mentre si fionda a salutare il suo amico: evidentemente nemmeno lui sapeva che sarebbe tornato. Dopo qualche momento di convenevoli, momento che io ho passato a studiare il sorriso sincero di Zayn, Louis diventa improvvisamente più serio: “Amico, dimmi la verità – esordisce, puntando un dito contro il petto di Zayn, al mio fianco. – Il ragazzo di prima, quello con cui sei uscito da scuola… Sì, be’, ti prego: dimmi che gli piace il cazzo” lo prega, provocando in lui un sorriso incredulo e in noi un’espressione a dir poco sconvolta.
Mai sconvolta come quella di pochi secondi dopo, però, ovvero quella che assumiamo nel momento in cui Aaron, con uno scatto improvviso, si fionda su Louis baciandolo con foga e sfacciataggine, con una mano a palpargli a dir poco tranquillamente il sedere: io spalanco gli occhi e sbatto le palpebre più volte, guardando Becka come per dividere lo stupore con lei, altrettanto sbalordita.
Aaron poi si allontana leggermente e, a pochi centimetri dal suo viso, mormora: “No, ad Harry non piace il cazzo”. E Louis ride, facendo schioccare la lingua sul palato con soddisfazione: “Allora non sei così checca” commenta, probabilmente piacevolmente stupito dal comportamento del mio amico, che sorride in modo provocatorio prima di fare un passo indietro per ripristinare uno spazio decente tra di loro.
Tossicchio sommessamente, distogliendo il mio sguardo da loro e cercando quello di Zayn, che li sta scrutando in maniera a dir poco divertita: lui si volta verso di me e mi sorride scuotendo la testa, mentre tira fuori una sigaretta dal suo pacchetto malandato.
“Ho sentito delle voci in giro per la scuola, oggi” gli annuncio, mordendomi le labbra per nascondere una piccola risata di allegria.
Lui alza un sopracciglio, accendendo la sigaretta, e dopo aver fatto uscire il fumo dalla sua bocca “Delle voci?” chiede, probabilmente già a conoscenza di quello che sto per dire.
Io annuisco e mi incammino con tutti gli altri, con la sua figura al suo fianco: “Sì – confermo. – Si dice che a picchiare il signor Dambel sia stato Harry, in realtà” spiego, come se fosse la prima volta che sento parlare di questa storia. In realtà ho ancora ben impressa in testa la mia reazione nell’ascoltare Beth, una mia compagna di corso, che spifferava tutto ad alcuni suoi amici, a pochi passi da me. Non ero riuscita a sopprimere un sorriso, nonostante mi chiedessi come fosse potuto succedere: dopo aver visto Zayn ed Harry insieme, però, penso che quel ragazzo orgoglioso e troppo codardo abbia finalmente iniziato a fare la cosa giusta.
“Ah, sì – risponde Zayn. – Ma chissà, le voci sono sempre poco affidabili” scherza, alzando le spalle in segno di indifferenza. Quella piccola battuta, pronunciata da lui e soprattutto pronunciata dopo tutto quello che è successo, è più divertente di quando non lo sarebbe di solito.
“Sì è scusato, comunque – aggiunge. – A modo suo” precisa, alzando un sopracciglio. Io annuisco, sinceramente sollevata da quella notizia. Era ora che quei due affrontassero la situazione e il fatto che Harry abbia cercato di riparare al danno è già un buon inizio.
Poi, dopo circa un minuto di silenzio, Zayn si piega all’improvviso verso di me, per sussurrare qualcosa al mio orecchio: “Ti amo” dice semplicemente, ritornando lentamente alla sua posizione iniziale con una risata silenziosa a divertirlo mentre aspira dell’altro fumo. E io arrossisco, sento le guance andare a fuoco mentre sprofondo nel mio giubottino di pelle, senza guardare altro se non il cemento sotto i piedi; e odio Zayn, perché lui lo sa: sa qual è la mia reazione a quelle due semplici parole, la conosce fin troppo bene, dato che ieri ha passato gran parte del tempo a prendermi in giro per quanto mi imbarazzavo mentre lo diceva. Si sta divertendo anche ora, mentre mi osserva attentamente con la sigaretta tra le mani, sospesa a pochi centimetri dal suo viso perché sta scuotendo la testa, con ancora un sorriso sul volto.
“Allora, tutti a casa mia?” esordisce al’improvviso Becka, comparendo alla mia destra e riscuotendomi da quell’istante tanto intimo e fuori dal tempo con Zayn.
“T-Tutti?” ripeto io, stupita, guardandomi intorno.
Becka alza gli occhi al cielo, sospirando, poi per un attimo guarda Zayn per tornare a concentrarsi su di me subito dopo: “Sì, tutti – precisa. – Il tuo ragazzo non mi sta ancora molto simpatico, per non parlare del suo amico, che potrebbe inaugurare una delle superfici di casa mia con Aaron, per come si stanno evolvendo le cose… - spiega, lanciando un’occhiata di disgusto a quei due, che stanno parlando chissà di cosa, a pochi passi da noi. – Ma sì, tutti”.
Io annuisco, rivolgendole un sorriso profondamente sincero, e lei ricambia, per poi tirare fuori dalla sua borsa il telefono e chiamare Liam, per avvertirlo della piccola rimpatriata.
Mi fa piacere che si stia sforzando di accettare finalmente la mia storia con Zayn e inizio a temere di non essere più capace a contenere tutte queste emozioni che mi stanno esplodendo nel petto. Tutta questa felicità.
Alzo lo sguardo sul volto di Zayn, alla mia sinistra, e lo trovo a scrutarmi con la sigaretta in bocca: mi rivolge un occhiolino, probabilmente dovuto a quello che Becka ha appena detto, e poi butta fuori del fumo, lasciando che quella nuvola bianca faccia apparire un sorriso rivolto a me, appena si dissolve. Gli occhi nei miei, a parlare più di quanto al loro proprietario piaccia fare, a paralizzarmi più di quanto sia normale, e le labbra umide che fanno male per quanto sono belle mentre formano quella curva così perfetta. Anzi, che fanno bene.
Io ricambio il sorriso, arrendendomi all’intensità dei miei sentimenti, e rabbrividisco immediatamente, senza alcuna via di scampo, quando la mano di Zayn sfiora la mia di proposito. Quando le sue dita giocano per un attimo con le mie e mi fanno il solletico, sfiorandone i polpastrelli. Quando lui si avvicina un po’ di più a me per far entrare in contatto le nostre braccia, mentre continua a torturarmi con quei semplici gesti che sanno di impazienza, di provocazione. Quando, contro ogni previsione, sento le sue dita incastrarsi alle mie: sposto lo sguardo su quell’intreccio di mani e un nodo allo stomaco mi paralizza.
I battiti accelerati del mio cuore rimangono tali, anche mentre Zayn stringe un po’ di più la presa sulla mia mano, anche mentre la lascia delicatamente dopo pochi secondi, ritornando a sfiorarla appena, perché io lo so che è un gesto che non gli piace compiere in pubblico – per quanto semplice -, ma so anche che ci penserà quando saremo soli. So che mi bacerà appena non ci sarà più nessuno, intorno a noi, che lo farà talmente tante volte da farmi chiedere se le mie labbra riusciranno mai a lasciare le sue, dopo essere diventate un’unica cosa con loro. So che mi dirà tutte quelle parole che si ostina a nascondere alla conoscenza degli altri, tutte quelle che al massimo, quando non riesce a trattenersi, lascia sfuggire dalla sua bocca in un sussurro che solo io posso sentire.
So che i suoi occhi, che ora si prendono gioco di me sforzandosi di mettermi a disagio, cambieranno velocemente il loro modo di guardarmi: diventeranno più vicini, più intensi, e si lasceranno decifrare. So che abbandoneranno quello strato di imperscrutabilità e si arrenderanno ai miei, in un privilegio che non avrei mai pensato di poter ottenere.
Quindi io ricambio la carezza di Zayn, sfiorando con il dorso della mano la sua, quella pelle un po’ fredda e in grado di riscaldarmi nonostante tutto: lo guardo sforzandomi di tener testa alle sue iridi, pregustando il momento in cui la distanza invisibile tra di noi verrà abbattuta definitivamente, e gli rivolgo un sorriso con il quale cerco di trasmettergli tutto, ogni parte di me. Con il quale cerco di fargli capire che io sono nelle sue mani e che lui è in me, in ogni centimetro del mio corpo, in ogni fibra, cellula, capillare, vena, arteria, in ogni millilitro di sangue che viene pompato da quel cuore che non sa ancora come controllare l’effetto che Zayn ha su di lui.
Ricambio quella carezza e sposto lo sguardo di fronte a me, sentendomi a mio agio mentre percepisco i suoi passi al mio fianco, che con il loro procedere calmi e regolari vogliono quasi scandire il ritmo della mia intera vita. L’odore di fumo che non mi dà più nemmeno fastidio e il suo respiro che vorrei sentire sulla mia pelle.

Ti amo anche io, comunque.
 


 





ULTIMO SPAZIO AUTRICE aka ORA PIANGO
 
Cioè, datemi due minuti per digerire il fatto che questo sia l’ultimo capitolo, che non scriverò mai più di Melanie e Zayn (i miei Zelanie T.T), che non comparirà mai più il Louis sfacciato e volgare pieno di piercing e tatuaggi, che non scriverò mai più dei litigi tra quei due che tanto amo, e… Oddio, non ce la faccio D:
Penso che lo sappiate già, ma questo capitolo è stato più difficile del previsto, per me: è un casino, è lunghissimo – mi scuso se vi siete annoiate nel leggerlo :( - e non è venuto come avrei voluto! Credo un po’ sia colpa del “blocco” che ho avuto: sembrava quasi che la mia mente stupida si rifiutasse di scrivere l’ultimo capitolo di questa storia lol
In ogni caso, eccolo qui, con tutti i suoi difetti e spero qualche pregio hahah Due paroline a riguardo e poi scappo a studiare D:
Ho cercato di creare un capitolo finale in cui molte cose si chiariscono e vengono a galla (spero di aver soddisfatto tutte, in questo modo c:), infatti è molto lungo, ma non mi andava di spezzarlo in due perché non avrei saputo cosa scrivere in due capitoli e non volevo forzare le cose.
Partiamo da Emma: è orgogliosa come Harry ed è anche molto semplice, in  realtà. È sempre stata invidiosa della sorella, cosa che succede spesso anche nella realtà, quindi la sua forma di ribellione era causata da una specie di frustrazione per il non sentirsi abbastanza: il gesto di incolpare Zayn è dovuto al fatto che ormai era talmente infognata nella missione “odiamo Melanie” che nemmeno si è resa conto di cosa comportasse davvero. Infatti si scusa etc etc :) Le ho fatto dire quelle cose su Harry per rimarcare il fatto che lui non è cattivo, né opportunista: è solo debole, e spero che vi piaccia fjdskafhs (come avete visto lui e Zayn hanno parlato ed Harry si è sforzato di far venire a galla la verità: ovviamente, io non l’ho scritto, ma è stato molto “discreto”. Di sicuro da uno come lui non ci si può aspettare che lo urli a squarciagola in mezzo ai corridoi ahhah È stato più un mettere in giro dell voci, vaghe… :))
Poi, Melanie e Zayn: la parte della biblioteca mi ha fatto sudare freddo ahhah È molto descrittiva, e spero non vi abbia annoiate, ma l’ho fatto apposta: volevo che si notassero i cambiamenti tra di loro, ma che venissero evidenziate anche le cose che non cambieranno mai. Volevo che ci fosse un contrasto tra quello che erano prima, con tutti i segreti, le parole non dette e i comportamenti ambigui, e quello che sono ora! spero di esserci riuscita, se no vado a sotterrarmi ahhaha Ho inserito i flashback perché mi piaceva l’idea di mettere a diretto confronto i sentimenti di Melanie e sinceramente sono stata presa da una morsa di malinconia non indifferente hahaha
Poooi: Becka e Melanie fjsk Chiariscono e non ho molto da dire su di loro lol Come tutte le migliori amiche troppo legate per tenersi il muso, fanno di tutto per mettere da parte i propri sbagli e andarsi incontro :) E anche Becka non aspettava altro che riappacificarsi con la dolce Mel :) D’altronde lei ha solo un modo tutto suo di dimostrare affetto!
Aaaaaaron fjksdlajf Louiiiiiiiiis fjksal Amo quei due, vi avverto ahhaha Spero vi abbiano fatto sorridere, sinceramente :) E mi dispiace di non essere scesa nei dettagli della loro storia, ma sinceramente preferisco così: non volevo farli stare insieme per forza, anche perché sarebbe stata un po’ forzata come cosa, soprattutto perché sappiamo cosa pensa Louis di Aaron! Però li ho lasciati in bilico, con la possibilità di inaugurare casa di Becka hahah
Eeeeeeeeee infine, di nuovo Zelanie :) Anche qui, una parte molto descrittiva che in realtà si commenta da sola! Zayn che dice "ti amo" a Melanie solo per vederla arrossire non poteva mancare lol
Io spero sul serio di non aver scritto una merdata e di non essere caduta nel banale e nel noioso D: Sono incapace di scrivere gli ultimi capitoli perché non mi piace mettere fine ad una mia storia e quindi vado in pappa con il cervello e non capisco più niente! (Mi dispiace non essere riuscita a dare un ruolo importante a Liam, sul serio T.T)
 
Per un’ultima volta, vi ringrazio immensamente fjdaklgjsd Non avete idea della felicità che mi avete procurato con tutte le vostre parole, lasciate qui, su fb, su twitter, su ask, per messaggi e chi più ne ha più ne metta hahah Davvero, non mi aspettavo che questa storia vi sarebbe piaciuta tanto e spero davvero di non avervi deluse!
Grazie a chi ha letto silenziosamente, grazie a chi ha recensito, grazie a chi ha messo questa storia tra le seguite, le ricordate e le preferite, grazie per chi ha segnalato la storia per le scelte e grazie a chi mi ha sempre supportata in ogni mio momento di difficoltà!
Seriamente, siete fantastiche e io sto diventando noiosa ahhah
 
Purtroppo devo mettere fine a questo spazio autrice, anche se non voglio D:
Sappiate che mi mancherete parecchio :( :( :(
Mi scuso per non aver risposto a tutte le recensioni del capitolo 28, ma non ho avuto davvero tempo! Risponderò a quelle delle scorso appena riesco, così come quelle che lascerete a questo! Per favore, fatemi sapere cosa ne pensate, perché ne ho davvero bisogno dfjsalfjds
 
Ciao fanciulle, vi voglio bene <33333

Del tipo: usciamo da scuola come se fossimo ad un servizio fotografico ahahha



E di nuovo i nostri Zelanie: addio T.T

  
 
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